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RIVISTA
DI
PATOLOGIA NERVOSA E MENTALE
RIVISTA
Patologia nervosa e meotale
DIRETTA Di
S. T^NZI
(nsxvza)
A.. TAMSXJRim S. MORSSniilil
(iojca) (osnota)
E. liU&AJlO
(modsxa)
Redattorlt
0. ROSSI
O. SANDBI - M. ZALLA
Anno XIII — Volume :^III
FIEENZE
Tipografia Galileiana
54 — Via S. Zanobi -> 54
1908
iiOLooi un.
Rivista di Patoiogia neivosa e mentale
DI BETTA DA
E. TANZI
(fibbkzx)
A. TAÌdBJJJUNl E. MORSEUU:
(soma) (qexova)
E. LUO-AJIO
(modbn'a)
Redattori:
0. ROSSI
O. 8ANDBI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TAMZI, Clinica di San Salvi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, G-ennalo 1808 Fase. 1
COMUNICAZIONI ORIGINALI RC3Z^
Manicomio di 8. Maria della Pietà di RoDia, diretto dal prof. 6. Mingazzini
(Laboratorio anatomo-patologico, diretto dal prof. A. (iiannelli)
Una cisti emorragrica del corpo calloso
per il dott. Odoardo Asoenzi, medico-chirurgo negli Ospedali
6I0L06T
UBRARY
La casuistica delle lesioni del corpo calloso non è certamente delle più
ricche, né delle più uniformi. Mentre da una parte assai scarso è il contri-
buto che la clinica e l'anatomia patolojjica hanno portato alla soluzione delle
intricate questioni che si agitano sulla fisiologia della trave, d'altro canto le
difficoltà e le incertezze aumentano per l'incostanza e per la varietà della
sintomatologia. Qualunque caso quindi di lesione del corpo calloso acquista
valore, specialmente se ben studiato in vita e seguito da reperto anatomico.
Ed invero il caso che presento di una piccola cisti emorragica dell'irradiazione
sinistra della trave, riveste una discreta importanza sia per la rarità della
lesione, inquantochè non ne ho riscontrato simili nella letteratura, sia per la
sua netta delimitazione nello spessore del corpo calloso, senza alcuna compar-
tecipazione delle formazioni vicine.
Storia clinica. — Silvano Giuseppe, di anni 64, da Cuneo, cuoco. Mancano
notizie anamnestiche complete. Nei precedenti personali non risultano smodati abusi
di alcoolici né l'infezione sifilitica. Si ammogliò a 35 anni ed ebbe 10 figli, compresi
851
0, Ascenzi
due aborti ed uno nato morto. Una figlia all'età di 11 anni fu ricoverata nel Mani-
comio di Roma per chorea insamens e vi rimase circa 5 anni ; ora gode buona salute.
Il paziente non ha presentato disturbi apprezzabili fino ai primi mesi del 1908
(anni 61 ), quando una mattina tornò a casa trascinandosi tutto tremolante ed irre-
quieto. Non riuscì a parlare, né a dare alcuna spiegazione. Rimase qualche giorno
in letto in uno stato di subcoacienza, poi si calmò; però da allora T incesso si fece
titubante, spesso il malato cadeva; gli arti di destra divennero quasi di continuo
animati da un tremore ora più, ora meno intenso. Nello spazio di due o tre anni si
andò inoltre stabilendo un vero, e proprio stato di demenza. Pu ricoverato dapprima
al Policlinico Umberto I, dove presentò ad intervalli periodi di eccitamento con
verborrea e disturbi sensoriali, e poi, il 10 gennaio 1906, venne trasferito al Mani-
comio.
EsAiiE OBBIETTIVO. — Individuo all'apparenza di età maggiore di quella reale.
Arco corneale senile. Denutrizione intensa. Condizioni generali molto scadenti. Di
notevole presenta evidenti segni di arteriosclerosi : le arterie temporali superficiali
sono prominenti, grosse, dure, serpiginose; le femorali si palpano come due grossi
cordoni rigidi ed in esse non si avvertono aiFatto le onde secondarie di elasticità; il
cuore non apparisce ingrandito, i toni cardiaci sono deboli, il polso ritmico; la
temperatura è normale ; le urine contengono traccie di albumina. L' infermo si lamenta
soltanto di cefalea; egli mantiene costantemente il decubito dorsale.
Esame del sistema nervoso. — Nulla a carico della oculomozione. I movimenti
della faccia avvengono a destra meglio che a sinistra; la differenza è più apprezza-
bile per la notevole asimmetria della faccia. Nell'atto di digrignare i denti la plica
naso-labiale destra si fa molto più profonda della sinistra, e l'angolo della bocca
viene stirato molto meno da questo che da quel lato. La lingua è incompletamente
protrusa; essa accenna a deviare a destra e presenta discreti tremori alla punta.
Gli arti superiori sono per lo più in lieve flessione ed addotti, le mani quasi
sempre addossate all' addome, essi presentano un aumento di resistenza ai movimenti
passivi, più forte a destra. Dei movimenti attivi l'elevazione di tutto l'arto e la
flessione dell' antibraccio sono effettuati in modo più pronto e più completo a destra
anziché a sinistra. Del pari più completi sono a destra i movimenti fini delle dita
(adduzione, abduzione, opposizione del pollice alle altre dita). I muscoli del collo
e del tronco sono in uno stato ipertonico permanente.
Gli arti inferiori presentano, come i superiori, un aumento di resistenza ai movi-
menti passivi, maggiore a destra. I movimenti attivi sono limitati d'ambo i lati.
La forza muscolare bruta è scarsa; a destra tanto nell'arto superiore che nell'arto
inferiore è meglio conservata che a sinistra. La deambulazione non è possibile nem-
meno sostenendo l'infermo, il quale riesce appena a rimanere nella stazione eretta.
Nulla a carico degli sfinteri della vescica e del retto.
Il paziente presenta uno speciale tremore nell' arto superiore destro, tremore che
talora si diffonde, ma in grado molto minore, all'arto superiore opposto. Esso non
ricorda affatto il tipo di Parkinson; la volontà non lo domina, le dita non eseguono
alcun movimento sui metacarpi. E l'arto in toto che si muove animato da oscilla-
zioni, le quali sono di ampiezza variabile e non mantengono sempre lo stesso ritmo.
In un momento in cui l'arto superiore sinistro è del tutto immobile, nel destro si
contano circa 200 oscillazioni al minuto, le quali si susseguono con ritmo di fre-
quenza variabilissimo. I muscoli della coscia destra poi, specialmente il quadricipite
ed il sartorio sono colpiti in tutta la loro estensione da tremori fascicolari, i quali,
Una cisti em&rragica del colepo calloso
irrt!golari nel ritmo come quelli degli arti superiori, sì diffondono poco alla gamba
omonima e non colpiscono mai l'arto inferiore sinistro.
Per quanto lo permette lo stato mentale dell* infermo non si rilevano per lo
meno grossolani disturbi di ordine aprassico-motorio.
Biflessi, — Le pupille sono uguali. Le iridi reagiscono con sufficiente prontezza
alla luce. A destra non si provoca alcun riflesso tendineo superiore, a sinistra si provoca
solamente il tricipitale e il bicipitale i quali sono fiacchi. Entrambi i rotulei sono
deboli, quello di destra in grado maggiore di quello di sinistra. Alluci plantari d' ambo
i lati. Visus pressoché normale. Normale la reazione agli stimoli dolorifici cutanei.
Fra. 1.
Sezione vertlco-trasversale attraverso il gena corporis calloai.
S = Scissura intermisferica.
V = Como anteriore dei ventricoli laterali.
0 = Genu corporis callosi.
/. -= .Cisti emorra^ea.
Non esistono disturbi disartrici, non disfasie, né disfagia. Mancano sintomi di pianto
0 di riso spastico; non vi è maschera parkinsoniana, né facies hutchinsontana.
Mentalmente si hanno i segni di uno stato demenziale. L'infermo presta scar-
sissima attenzione, non percepisce che domande semplici, esegue soltanto i comandi
più elementari. È disorientato completamente, mostra enormi lesioni della memoria.
Non ha alcuna coscienza del proprio stato, non si interessa di nulla, nulla domanda.
Esistono disturbi sensoriali acustici a contenuto ostile, contro i quali manca qual-
siasi reazione da parte del paziente. Questi passa quasi tutto il giorno in uno stato
di apatia e di sonnolenza. Nella notte quasi sempre è insonne e clamoroso, facilmente
cade dal letto. È sudicio. Talora rifiuta il cibo.
Il 27 febbraio 1906 muore con sintomi adinamici cardio-polmonari.
Reperto necroscopico. — 24 ore post mortem. (Prof. Giannelli) Nulla a carico
del cranio. Normali gli involucri cerebrali per colorito e spessore ; la pia facilmente
si distacca dai giri. Le circonvoluzioni sono di sviluppo, disposizione e consistenza
normali. Divaricando gli emisferi nulla si osserva di patologico. In un taglio vertico-
0. Ascenzi
trasversale che passa per il genu corporis callosi ed attraversa T estremità anteriore
dei ventricoli laterali, si trova una cisti emorragica rotondeggiante grande quasi come
un osso di ciliegia (fig. 1). Essa è situata neir irraggiamento sinistro del ginocchio
del corpo calloso, sopra all'estremità anteriore del corno anteriore, distante tre mil-
limetri dalla volta del ventricolo laterale e circa un centimetro e mezzo dalla super-
fice mediale dell' emisfero. La superficie della cisti è liscia ed ha limiti netti, uniformi.
Il cuore è di peso e di volume normale. Le valvole sono sufficienti. Di poco
aumentato lo spessore della parete ventricolare sinistra. Aorta liscia in tutta la sua
estensione. Reni affetti da atrofia cronica; capsula fibrosa difficilmente asportabile,
sostanza corticale diminuita di spessore, arterie renali rigide. Milza e fegato normali.
Eiassumendo si tratta dunque di un infermo di 64 anni, arteriosclerotico, in
stato di demenza il quale, dal punto di vista neurologico, ha presentato sintomi
motori bilaterali consistenti in:
a) tetraparesi, poco marcata a destra, spiccata a sinistra, specialmente nel-
l'arto superiore, con partecipazione in questo lato del facciale e dell' ipoglosso.
h) ipertonia diffusa dei muscoli del collo, del tronco e degli arti, molto più
spiccata a destra e nell'arto superiore.
e) speciale tremore in toto dell'arto superiore destro che si diffonde pochis-
simo neir arto superiore sinistro ; colpisce i muscoli della coscia destra sotto forma
di tremore fascicolare e non interessa affatto l'arto inferiore sinistro.
d) riflessi tendinei fiacchi nel lato più paretico, ancora più fiacchi o mancano
del tutto nel lato meno paretico.
* *
Prima di riferire le considerazioni che il caso presentato mi porge occa-
sione di fare, credo opportuno dare un rapido sguardo sintetico alla casuistica
delle lesioni del corpo calloso. Rammento che le lesioni più numerose osser-
vate sono i tumori; vengono' poi le emorragie e i rammollimenti, tanto le une
che gli altri rarissimi. Lesioni speciali, in forme d^ degenerazioni probabil-
mente sistematiche, sono state descritte dal Marchiafava e Bignami negli
alcoolisti e da Pelnar e Skalicka nello splenio. Altre lesioni rappresentano
la localizzazione di processi diffusi o disseminati, quali la sclerosi a placche,
la encefalite diffusa non suppurativa ecc. Abbiamo infine alcuni casi di man-
canza 0 di deficienza congenita della trave ed un caso di lesione traumatica.
I tumori del corpo calloso descritti fino ad oggi sono circa una quaran-
tina; in 10 dei 25 casi raggruppati dallo Schupfer (20) fino al 1899 il tumore
interessa la parte anteriore della trave. Su tale lesione principalmente è stata
studiata la sintomatologia del corpo calloso. I tumori però invadendo quasi
costantemente gli emisferi o da uno o da ambedue i lati, producono fenomeni
di compressione o guasti locali, che complicano ed oscurano il quadro morboso,
onde divergenze numerose sulla esistenza o meno di alcuni sintomi e sulla
interpretazione di altri. Non è qui il caso di riportare i criterii indicati dagli
autori (Bristow(2) Ramson (19), Schupfer) per la diagnosi di sede dei
tumori del corpo calloso. In una recente analisi di essi, a proposito di un
Una cisti emorragica del corpo calloso
neoplasma della parie anteriore della trave, Mingazzini (15) ne fa rilevare
il carattere poco determinato e piuttosto accidentale e mette in evidenza i
j^intomi di bilateralità. Nel suo caso nota che soltanto la emiparesi doppia
senza partecipazione dei nervi cranici e senza disordini della sensibilità, mentre
da un lato rendeva molto improbabile una neoformazione alla base degli emi-
sferi, dall'altra indicava piuttosto il corpo calloso come sede del neoplasma.
Per Duret(5) la coincidenza di questi due segni in parte positivi in parte
negativi, è patognomonica dei tumori della trave; per Mingazzini essa ha
un valore molto più certo del criterio indicato da Bruns (3), cioè della man-
canza di sintomi i quali indichino un'altra localizzazione. Ad ogni modo dalla
sua minuta disamina il Mingazzini conclude che il quadro fenomenologico
dei tumori del corpo calloso ed in particolare modo quello dei neoplasmi
localizzali nel genu^ riposa su una base oscillante tanto che nessun clinico
oserebbe pronunciare un giudizio diagnostico deciso utilizzando i criteri dati
dagli A A.
Per quanto concerne i rammollimenti nella letteratura si trovano soltanto
registrati i casi di Kaufmann, di Marie e Guillain, e Giannelli.
11 caso di Kaufmann (11) ha un valore molto relativo, sia per la vastità
dalla lesione, sia perchè non fu possibile studiarlo intra vitam. Si tratta di
un uomo di 45 anni giunto moribondo all'ospedale e morto poche ore dopo.
All'autopsia si trovò un aneurisma trombizzato nel punto in cui Varteria
comiinicans anterior Sì si^cc^ d^LÌV arteria carporis callosi dextera e un esteso
rammollimento del corpo calloso. — Più importanti sono gli altri due casi.
In quello di Marie e Guillain (13^' si tratta di un individuo di 62 anni
afletto da: l"" emiplegia destra con tendenza spasmodica associata non ad
emianeslesia, ma a difetto di localizzazione e di interpretazione delle sensa-
zioni dolorose nel lato emiplegico. 2** Emianopsia sinistra. 3*" Scosse e movi-
menti coreiformi nell'arto superiore sinistro. Qualche scossa nell'arto infe-
riore sinistro, interessante l'arto in toto. Nessun accenno di paralisi nel lato
sinistro; non scosse nell'arto emiplegico ma solo qualche contrazione fasci-
colare nella coscia destra (quadricipite), che in seguito scomparve.
All'autopsia si riscontrarono:
A sinistra: a) Rammollimento bianco recente del genu^ largo quanto un
pezzo da cinquanta centesimi ed esteso per un centimetro e mezzo nella*
sostanza bianca dell'emisfero sinistro, non del destro. 6) La testa del nucleo
caudato sinistro distrutta in parte da una lacuna un po' più antica del ram-
mollimento recente, e) Rammollimento grande quanto una noce, vicino al polo
occipitale sinistro.
A destra: a) Cimeus quasi interamente distrutto da un rammollimento da-
tiinte da qualche mese ed esteso nello spessore del lobo linguale, b) Piccolo foco-
laio di disintegrazione lacunare all'estremità posteriore del nucleo lenticolare.
Gli AA. hanno messo in rapporto l'emianopsia con l'antica lesione del
cuneo e del lobo linguale e l'emiplegia col rammollimento del corpo cal-
loso. Riguardo alle scosse muscolari e ai movimenti coreiformi si limitano a
0. Ascenzi
metterne in rilievo la presenza, ma non credono di dare alcuna spiegazione
del fenomeno clinico.
Nel caso di Gian nel li (7) si tratta di una donna di 55 anni, con tutta
probabilità sifilitica, affetta da rìso spastico, la quale dopo circa due anni dal-
r insorgenza di tale alTezìone è colpita da un ictus e diviene afasica e tetra-
paretica (emiplegia sinistra, paralisi dell'arto inferiore destro, paresi dell'arto
superiore destro). All'autopsia eseguila venti giorni dopo V ictus, si constatarono
due lesioni, una di data antica nel braccio anteriore della capsula interna
vicino al nucleo esterno del talamo (riso spastico); l'altra recentissima sotto
forma di rammollimento bianco del ginocchio del corpo calloso e del setto
lucido (tetraptiresi).
Il Gian nel li, analizzando questo caso e passando in rassegna la sintoma-
tologia dei neoplasmi del corpo calloso nonché quella presentala dall'infermo
di Marie e Guillaìn, deduce queste due conclusioni: 1^ La emiparesi doppia
di uguale intensità o più accentuata in un lato con tendenza spasmodica o la
emiparesi con sintomi di stimolazione motrice dell'altro lato (contrazioni fasci-
colari, movimenti coreiformi, ecc.), senza partecipazione dei nervi cerebrali,'
indica con sufficiente esattezza il corpo calloso come sede della lesione. 2" La
mancanza di anestesia nelle parti colpite da paresi o paralisi con un difetto
di sintesi psicologica delle sensazioni dolorose provocate artificialmente sulle
parti paralizzate; ciò che serve a corroborare il criterio precedente e forse
deve essere tenuto presente come indizio di lesione della parte anteriore del
corpo calloso.
Di scarso valore per lo studio della trave è la sintomatologia dei casi
fin'ora noli di emorragia della medesima. Tali casi sono assai rari. Gintrac(8)
(1869) sopra 560 casi di emorragia del cervello ha trovato un solo caso di
emorragia del corpo calloso. Erb per il primo ne pubblicò un esempio al
quale si aggiunsero più tardi quelli di Hougberg e di Infeld.
Nel caso di Erb (6) si trattava di un nefritico di 61 anni il quale mostrò
al reperto alterazioni croniche delle meningi ed una leplomeningite cerebro-
spinale acuta. L'emorragia della trave era complicata da emorragia meningea.
All'ultimo si aggiunse una emorragia del mesocolon ascendente. Il corpo cal-
loso si mostrava quasi tutto spappolalo dall'emorragia; soltanto la sezione
anteriore era intatta in parte. La distruzione colpiva la trave anche in tutto
il suo spessore ; soltanto le sezioni inferiori fiicevano riconoscere la loro forma,
ma erano infiltrate di emorragia. Le parti vicine erano poco interessate.
Nel caso di Hougberg (8) si avea a fare con una donna di 32 anni, la quale,
ilopo due anni da che si era iniziato un delirio di persecuzione, fu improv-
visamente colpita da vomito, cefalea, vertigine, abbattimento generale. Non si
poterono dimostrare disturbi della sensibilità, motilità o coordinazione. La
Iticcia era pallida, le urine senza albumina; temperatura normale; polso non
frequente. Il giorno seguente il vomito cessò; lo stato generale andò sempre
peggiorando, si ebbe decubito supino passivo, sonnolenza, perdita involontaria
di feci e di urina; dopo qualche giorno il respiro divenne superficiale, il
Uria cisti emorragica del corpo calloso
ventre avvallato. La motilità e la sensibilità degli arti erano conservate, le
pupille pigre. Sopravvenne delirio, si stabilirono dei decubiti e al Quindicesimo
giorno di malattia, l'inferma mori con fenomeni di paralisi di polso e di
respiro. Alla sezione, oltre una cisti, grande quanto un fagiolo, situata nel plesso
coroideo, si trovò in corrispondenza del corpo calloso, circa un centimetro
dietro al setto pellucido, una tumefazione lunga 4 cm., larga 3, alta 2,5 la
(}uale si estendeva fino alla parte posteriore dello splenio ; e racchiudeva
tutta la parte posteriore del corpo calloso che ne era per una grande esten-
sione distrutto. Tale tumefazione, costituita da una massa sanguigna, bruno-
scura, granulosa, raggrumata, verso l'alto si estendeva molto poco sulla super-
ficie superiore del corpo calloso, ai due lati terminava nettamente nel punto di
passaggio negli emisferi; verso il basso si estendeva fino alla superficie interna
e superiore dei talami, i quali presentavano frulla loro superficie Interna l'epen-
dima di colorito leggermente rugginoso. Nei ventricoli non vi era sangue.
Ponte, cervelletto, quarto ventricolo normali.
Infeld (10) infine riferisce di un'emorragia primaria del corpo calloso, la
quale interessò la parte posteriore della trave e si estese al quarto ventricolo
e ai ventricoli laterali. La paziente, giovane di 19 anni di costituzione linfatica
e senza precedenti di sorta ebbe improvvisamente un ictus con vomito e per-
dita di coscienza, seguito da convulsioni generali che facevano pensare ad un
accesso isterico. Nessun movimento volontario, pupille da principio dilatate e
immobili; riflessi rotulei presenti. Nessuna reazione alla voce o a stimoli della
pelle anche dolorosi. Nell'ulteriore decorso non avvennero cambiamenti nello
stato della coscienza. Le convulsioni cessarono negli arti inferiori che diven-
nero totalmente flaccidi, diminuirono per frequenza e forza nelle estremità supe-
riori. Si manifestò trisma, strabismo, miosi, ed iridoparesi. Dopo quattro ore
e mezzo la paziente mori con sintomi di edema polmonare. All'autopsia si
trovò iperemia cerebrale, circonvoluzioni molto ravvicinate, compresse, appia-
nate; ventricoli laterali e lY ventricolo dilatati e pieni di sangue nero di
recente coagulato. Acquedotto di Silvio otturato dal sangue. Tutta la parte
posteriore del corpo calloso era distrutta dalla emorragia.
Come si vede, in nessuno dei casi di emorragia della trave si trova alcun
sìntoma che si possa legittimamente riferire al corpo calloso, inquantochè i
sìntomi presentati di carattere generale possono meglio attribuirsi alle gravi
lesioni concomitanti che determinarono un quadro morboso d'intensa gravità,
n malato di Erb sopravvisse dopo lo stabilirsi dei sintomi minacciosi due
settimane e mezza; quello di Hougberg due settimane. Nella paziente di
Infeld il decorso fu più rapido e quasi fulmineo per la maggiore estensione
dell'emorragia. I tre casi hanno di comune che l'emorragia ha risparmiato,
sebbene in grado difìerente, la parte anteriore del corpo calloso. Infeld fa
dipendere ciò dal fatto che la parte posteriore del corpo calloso non è irro-
rata dall'arteria omonima, bensi dall'arteria cerebrale posteriore, come dimo-
strerebbero il caso di Anton e l'esperienza di Koliska (iniezione di carminio
nell'arteria cerebrale posteriore).
0, Ascenzi
Erb concordemente alle risultanze sperimentali di Allbutt e di Koranyi,
trae dal suo caso la conclusione che nell'adulto senza pregresse malattie cere-
brali quasi tutto il corpo calloso può andare distrutto, senza che ne consegua
alcun disturbo della motilità o della coordinazione o delia sensibilità generale
0 speciale e senza alcun notevole disturbo della intelligenza.
In quanto ai casi di agenesia e di aplasia (completa od incompleta) del
corpo calloso, parecchi ne sono stati descritti (^Bruce, Reil, Sander, Malìn-
verni, Maclaren, Mingazzini, Giannelli, Sklarek, ecc.), ma anche di
essi il quadro fenomenologico è vario e incostante poiché, mentre in taluni
sono stati osservati disturbi motori sotto forma di emiparesi ed emiplegie
bilaterali più o meno accentuate, in altri sono completamente mancati disor-
dini di tal genere. Però è da notare che nei casi noti di agenesia totale o
parziale esistorio lesioni concomitanti più o meno grandi a carico degli emi-
sferi cerebrali, specialmente della zona ove decorrono le vie piramidali ; non
si può quindi escludere, anzi è lecito supporre, che i disturbi della motilità
non debbano attribuirsi almeno in parte alla lesione o alla mancanza delle
fibre della trave; cosi come nei casi di tumore del corpo calloso che invadono
più 0 meno il centro ovale, essi debbano riferirsi a compressione o a distru-
zione delle vie piramidali decorrenti nella capsula interna (Mingazzini).
A complemento di questa rapida rassegna debbo accennare alle partico-
lari lesioni del corpo calloso osservate da Ma re hi a fa va e Bignami, e da
Pelnar e Skalicka.
Marchia fa va e Bignami (14) hanno descritto in tre cervelli di alcoolisti
una speciale lesione estesa a tutto il corpo calloso. Questo si presenta alla se-
zione di un colorito grigio diffuso, mentre nelle sue parti superficiali, cosi nella
superficie dorsale come nella ventrale, conserva l'aspetto bianco madreperlaceo
della sostanza bianca normale. Questa alterazione cessa in modo brusco, con
limiti abbastanza netti, pochi millimetri di là dalla emergenza dei fasci che
costituiscono la trave dalla sostanza bianca degli emisferi, e consiste princi-
palmente in una degenerazione delle guaine midollari, con formazione di cel-
lule granulose e proliferazione di nevroglia, mentre i cilindrassi sono, almeno
in massima parte, conservati.
La particolare lesione osservata da Pelnar e Skalicka (18) in due de-
menti consiste in una speciale colorazione bruna limitala alla parte inferiore
dello splenio, dove il tessuto nervoso è rimpiazzato da una sostanza molle
avente nel centro una piccola cavità cistica, grande quanto un grano di miglio.
La colorazione brunastra si seguiva in un caso fino allo strato sotto ependimario
della parete interna del corno posteriore destro e sinistro.
Queste ultime osservazioni, come si vede, non rivestono che un interesse
puramente anatomico e soltanto per completare la casuistica della trave accenno
infine al malato descritto da Chipault con una lesione del corpo calloso dovuto
a proiettile di arma da fuoco e ai due casi di Kocher nei quali il trauma
aveva prodotto lacerazione della trave insieme con altre gravi lesioni dell'en-
cefalo. •'■
Uìui cisti emorragica del corpo calloso
La letteratura oggi nota non ci mostra adunque che dati clinici scarsi ed
incerti che possono essere riferiti al corpo calloso, tanto che la diagnosi di
lesione in questa località potrebbe essere fatta con ogni probabilità da un dili-
irente osservatore, ma non mai con certezza. L'unico complesso sintomatico al
quale i neuropatologi hanno assegnato il maggior valore diagnostico è la bila-
teralità dei sintomi motori senza compartecipazione dei nervi della base; e
questo carattere vale tanto per i tumori, come ha messo maggiormente in rilievo
Mingazzini, quanto per i due casi di rammollimento conosciuti. Infatti nel
caso di Gian nel li si ebbe una tetraparesi, e nel caso riferito da Marie e
Guillain la sindrome era data da un'emiplegia con tendenza spasmodica a
destra, e da scosse muscolari e movimenti coreiformi nell'opposto lato. Questi
ultimi autori rilevarono soltanto la presenza dì tali sintomi irritativi del lato
opposto a quello emiplegico; Gian nel li li ritenne di sufficiente valore dia-
gnostico come la doppia emiparesi.
Vero è che quando il clinico si trova dinanzi a questa doppia sintoma-
tologia corre col pensiero ad un doppio focolaio morboso, come nella capsula
interna di un lato e nucleo lenticolare dell'altro o nella capsula interna di
un lato e talamo dell'altro e così via; in una parola ad una lesione bilaterale
capsulare o pericapsulare. Ma in questo caso, come appunto nel nostro, soc-
correrà l'assenza dell'uno o dell'altro di quei sintomi di paralisi pseudobulbare
che non mancano mai, e che per l'appunto insorgono quando le formazioni
accennate vengono lese nei due lati; non troveremo cioè né disartrie, né
disfagia; né pianto spastico, né infine quello speciale atteggiamento della mi-
mica (facies hutchinsoniana) peculiare di siffatta sindrome.
Il mio caso si presta pure a qualche considerazione anatomica non priva
di importanza; esso era caratterizzato da una emiparesi con fatti di stimola-
zione motrice dell'altro lato. Corrisponde però ad essa una lesione unica ben
circoscritta nell'irradiazione sinistra del corpo calloso; e ciò mi obbliga alla
interpretazione della sindrome da me notala. A tale scopo non saranno qui
inopportuni alcuni ricordi anatomici.
È accertato che le fibre del corpo calloso costituiscono un sistema com-
misurale 0 di associazione interemisferica uniente fra loro tutte le circonvo-
luzioni del mantello cerebrale, ad eccezione del lobo olfattivo e dell'estremo
anteriore del lobo temporale, regioni queste associate reciprocamente dalla
commissura anteriore.
L'origine delle fibre del corpo calloso è stata studiata da Cajal, il quale
applicando nelle sue indagini il metodo Golgi, ha potuto stabilire che men-
tre alcune di esse rappresentano i cilindrassi diretti delle cellule della sostanza
grigia corticale (cellule grandi e piccole piramidali, e forse anche cellule poli-
10
0. Ascenzi
morte), le altre nascono un po' al disotto della corteccia e rappresentano le
collaterali delle lunghe fibre di proiezione o sono collaterali o branche di
biforcazione delle lunghe fibre di associazione (fig. 2).
Qualunque sia la loro origine, costituiscano cioè fibre cilindrassili dirette
0 semplici collaterali o branche di biforcazione di altre fibre del centro ovale,
le fibre del corpo calloso convergono come tanti raggi verso l'angolo esterno
del ventricolo laterale, donde riunite in fascio più compatto, si dirigono verso
la scissura interemisferica, costituendo così la radiazione callosa (dalla corteccia
all'angolo esterno del ventricolo laterale).
Attraversano quindi la linea mediana dove si incrociano con le fibre del
lato opposto formando il corpo calloso propriamente detto. Lungo il tragitto,
Fio. 2.
Schema della disposizione delle fibre commessurali secondo Cajal.
1. eorpo calloso. — 2. Fibra cilindrassile diretta. — 3. Collaterale di una fibra
di proiezione. — 4. Collaterale di una fibra di associazione. — 6. Collaterali delle
fibre callose. — 6. Due fibre di proiezione. — 7. Commessura anteriore.
prima e dopo il loro incrociamento, emettono numerose collaterali o anche
rami terminali di biforcazione, e raggiungono la corteccia del lato opposto
risolvendovisi in arborizzazioni libere. Macroscopicamente le fibre del corpo
calloso appariscono disposte in lamine trasversali del tutto regolari, parallele,
uniformemente stratificate; al microscopio però esse si vedono incrociarsi in
tutti i sensi, e, al punto di emergenza sul lato opposto a quello della loro
origine, prendere le direzioni più varie e deviare in modo che i fasci superfi-
ciali divengono profondi, le fibre della regione anteriore di un emisfero si
irradiano, dopo l' incrociamento sulla linea mediana, nelle regioni posteriori
dell'altro emisfero e cosi via. Per questa loro disposizione e sopratutto per le
numerose collaterali che emettono dopo il loro incrociamento, collaterali che
terminano con arborizzazioni nella corteccia, il campo di azione di ciascuna
Uìia cisti emorragica del corpo calloso ìi
fibra callosa non solo può o no corrispondere a quello occupato dalla sua
cellula di orìgine, ma è sempre più esteso di esso.
Reil, Arnold e specialmente Meynert hanno sostenuto per il passato
che le fibre del corpo calloso associano funzionalmente territori omologhi e
simmetrici dei due emisferi; ma le più recenti ricerche non lasciano dubbio
che le associazioni siano in parte simmetriche ed in parte asimmetriche. E in
favore di questa asserzione parlano non solo le indagini col metodo Golgi,
fatte da Cajal, ma anche i risultati ottenuti col metodo sperimentale delle
degenerazioni, e le osservazioni dei casi patologici. Le degenerazioni del corpo
calloso conseguono alle lesioni corticali. Casi assai istruttivi sono quelli di
Onufrowitsch e di Muratow. È facile riprodurle sperimentalmente ledendo
le circonvoluzioni; e molti autori hanno fatto indagini in questo senso (Gudden,
Monakow, Langley,. Grunbaum, Muratow, ecc.) e sono giunti alla conclu-
sione che focolai molto circoscritti provocano fatti di degenerazione non solo
al punto corrispondente dell'altro emisfero, ma anche nei territori corticali
adiacenti. Si deve quindi accettare completamente la conclusione formulata
da Cajal che « la fibra callosa è un sistema di associazione trasversale molto
complesso nel quale la fibra nata per esempio da un punto dell'emisfero, può
mettersi in rapporto di contatto non solo con le cellule simmetriche del
lato opposto, ma anche con altri numerosi elementi delle diverse regioni e
strati della corteccia >.
Ma sopra un altro punto non meno importante dobbiamo soffermarci per
interpretare il nostro caso ed è quello che riguarda i rapporti tra le fibre del
corpo calloso e le vie motrici.
L'antica opinione di Foville e di Hamilton che il corpo calloso rap-
presenti un sistema d' incrociamento delle fibre della capsula interna, è ormai
del tutto abbandonata: nessun fatto può essere invocato in appoggio di questa
ipotesi, e le ricerche ulteriori tendono anzi a negare recisamente tali rapporti.
Muratow (17) sezionando sperimentalmente il corpo calloso nei cani, ha mo-
stralo che nessuna fibra di esso penetra nella capsula interna. Inoltre è accer-
tato che le lesioni corticali di un emisfero non si riflettono afl'atto sulla capsula
interna dell'emisfero del lato opposto. Con i risultati di queste indagini con-
cordano le esperienze di Mott e Schafer(lO). Questi autori osservarono che
stimolando la superfìcie intatta del corpo calloso, si producevano movimenti in
entrambi i lati del corpo, mentre eccitando la superficie sezionata si manife-
stavano dei movimenti soltanto nel lato opposto. Tali movimenti non avveni-
vano se si estirpavano i centri motori. Da tali esperienze logicamente dedus-
sero che i movimenti ottenuti dalla stimolazione del corpo calloso a cervello
intatto, dipendevano da eccitazione indiretta dei centri del moto attraverso le
fibre callose e non per eccitazione diretta delle vie motrici. Inoltre è stato
notato (Ferrier, Lo Monaco) (^12) che sezionando il corpo colloso non si
hanno. sintomi appariscenti di lesioni motorie.
Il corpo calloso non contiene dunque fibre motrici, ma soltanto fibre di
associazione.
12 0. Ascenzi
Orbene, tenendo conto delle cognizioni anatomiche esposte sia sul modo
di decorrere e di distribuirsi delle fibre callose, sia intorno al fallo ormai
accertalo che nella trave non decorrono vie motrici, a me pare verosimile data
la ubicazione del focolajo, spiegare nel modo seguente la sindrome offerta dal
mio caso. Per quanto concerne la deficienza motoria bilaterale è chiaro che unii
lesione come quella riscontrata nel nostro paziente, la quale risieda propria-
mente nel punto di passaggio fra il margine sinistro del genu e la sua radia-
zione laterale, deve distruggere fibre callose provenienti dalla corteccia sia del
medesimo emisfero dove sta la lesione, sia dell'altro emisfero. Ne seguiranno
lesioni di funzione da ambo le parti, ed è logico pensare che esse tanlo più
saranno simili o differenti nell'un lato e nell'altro, per quanto più vicina e
rispettivamente più lontana dalla linea mediana sarà la zona del corpo cal-
loso distillila. Se la lesione stesse propriamente sulla linea mediana della
trave, i sintomi bilaterali dovrebbero essere identici. Le esperienze di Ferrier
e di Lo Monaco le quali stabiliscono la nessuna influenza esercitata sulla
motilità dalla sezione del corpo calloso negli animali, non possono costituire
obbiezioni di valore alle nostre argomentazioni, le quali data la integrità della
corteccia cerebrale, del centro ovale e delle vie motrici nel decorso, più basso,
ci autorizzano nel nostro caso ad ammettere di necessità rapporti di causa ed
effetto tra la lesione e la deficienza motoria. Negli animali i sistemi associa-
tivi sono più semplici, più difficili le indagini semiologiche, e sarebbe illo-
gico ritenere che, se nel cane o nella scimmia sezionando il corpo calloso
nella linea mediana non si hanno sintomi appariscenti di lesione motoria,
tali sintomi debbano mancare anche nell'uomo quando in questo è possibile
rilevare alterazioni itnche minime, e la lesione, nel caso speciale, non è un
taglio, ma qualche cosa di ben diverso. È quindi verosimile supporre che la
distruzione di parte delle fibre callose, dovuta al piccolo focolaio emorragico,
abbia sottratto alla corteccia di un emisfero quell'influenza anche minima ma
pure apprezzabile, che su essa esercitava la corteccia dell'emisfero opposto.
Di qui una diminuzione dell'eccitabilità corticale che doveva, per la ubicazione
della lesione, risentirsi essenzialmente dalle due zone motrici di destra e di
sinistra, in quanlochè le fibre decorrenti nel genu corpanis caUosi provengono
da cellule le quali sono situate vicino ai centri psicomotori e con queste cer-
tamente in rapporto per mezzo delle vie corte di associazione.
Per spiegare poi come la deficienza di eccitazione sia slata maggiore
nella corteccia di destra (lato opposto alla lesione) tanto da produrre la mag-
giore paresi sinistra, bisogna tenere presente il modo già ricordato di distri-
buzione delle fibre callose, le quali una volta uscite dal margine laterale della
trave, inviano numerose collaterali che permettono a ciascuna di esse di eser-
citare sulla corteccia verso la quale si dirige, un campo di azione più esteso
di quello occupato dalle sue cellule di origine. La piccola cisti situata nella
irradiazione sinistra avrà dunque messo fuori azione insieme con le fibre pro-
venienti dalla corteccia sinistra, anche tutte le collaterali che da essa origi-
nale dopo l'incrociamenlo, andavano ad influenzare la corteccia di destra (e
Una cisti emorragica del corpo calloso
13
ciò per il fatto di essere situata rispetto a tali libre prima dell' incrociainenlo)
invece le fibre callose provenienti dalla corteccia di destra, essendo state inte-
ressate dal focolajo dopo il loro incrociamento, non avranno perdute tutte le
loro collaterali, ma una parte se ne sarà risparmiata donde la loro funzione
in minor grado ridotta sulla corteccia sinistra (fig. 3).
Questa secondo me è l'ipotesi più verosimile per spiegare come la paresi
destra fosse meno evidente di quella sinistra.
Con più facilità e con più rigore si possono interpretare lo spasmo e i
tremori, i quali erano più intensi nel lato della lesione; valgono a ciò gli
slessi rapporti già ricordati dei neuroni delle fibre callose con i centri psico-
Qìotori.
Noi possiamo escludere che i disturbi spasmodici siano dovuti alla vici-
nanza 0 alla compressione a distanza delle vie piramidali decorrenti nella
Fio. 3.
S, D =z Emisferi sinistro e destro.
_F z= Focolaio morboRo neir inizio mediale della radiazione callosa sinistra, il
quale per la sua ubicazione interessa tutte le collaterali che dipendono dalle fibre
provenienti da S, e risparmia alcune collaterali {e, e) delle fibre provenienti da I^.
capsula interna, inquanlochè essi ei*ano a carattere squisitamente cloniro, fatto
questo peculiare deireccilamenlo corticale. Bisogna quindi ammettere secondo
i dati della fisiologia una irritazione da parte del focolaio, o delle vie pira-
midali nel loro decorso nel centro ovale, o direttamente dei centri corticali.
In quest'ultima ipotesi ci conforta anzitutto il fatto che lo spasmo interessava
mollo l'arto superiore destro, poco l' inferiore, per nulla il facciale, era cioè
dissociato (segno questo di irritazione piuttosto corticale che capsulare); in
secondo luogo il fatto del suo diffondersi, per quanto in minima parte, all'arto
superiore dell'opposto lato, circostanza questa mal conciliabile con una irri-
tazione della capsula interna. Il focolajo morboso riscontrato nel nostro in-
fermo deve perciò essere considerato come una lesione sottocorticale, che
agiva a distanza e direttamente sui centri della corteccia, cosi come qualunque
foeolajo del centro ovale, per mezzo delle fibre che gli passavano vicine; ciò
che del resto si comprende bene dato un focolajo con pareti cosi nette e ben
14 0. Ascenzi
delimitate. Le esperienze di Moti e Schafer i quali stimolando la super-
ficie sezionata del corpo calloso ottenevano movimenti nel lato del corpo opposti»
a quello slimolalo, trovano cosi una conferma nell'uomo. È poi chiaro che
la ubicazione della lesione a sinistra porti di conseguenza la maggiore irrita-
zione della corteccia di questo lato, donde il maggiore spasmo a destra.
Dopo quanto ho esposto non sostengo che la genesi delle paresi che si
osservano nei casi di tumore del corpo calloso, debbano sempre addebitarsi
alla mancanza della reciproca influenza delle fibre callose sopra i centri psico-
motori; ho giù ricordalo che spesso, come Mingazzini ha dimostrato nel suo
caso e nella recensione della letteratura, la doppia paresi e quella maggiore da
un lato, sono dovute alla compressione o alla partecipazione al processo neoplo-
stico della capsula interna, quando il tumore si estende o comprime tale
formazione.
Le nostre osservazioni pertanto mentre da un lato vengono ad illustrare
fatti già assodati dalla fisiologia sulle connessioni del corpo calloso coi centri
psicomotori, dall'altro indicano come la bilateralità dei sintomi motori senza
alcun altro segno di paralisi pseudobulbare, e senza alcun sintomo di afTezione
dei nervi cerebrali (Bruns) deve valere come il principale criterio che ci
additi essere il corpo calloso sede di una lesione.
Non sarà infine inopportuno ricordare che nel nostro infermo non fu-
rono riscontrati né a carico della mano destra, né della sinistra disturbi
aprassico-motorii. Per altro è mio dovere confessare che una esatta ricerca
da questo punto di vista io non ho praticalo, specialmente per le condizioni
mentali del paziente; ed è perciò che non mi permetto di asserire che una
lesione del corpo calloso in corrispondenza dell'estremità anteriore del gcnu
di sinistra può non portare disturbi disprassici, quali Liepmann, Hartmann
ed altri hanno riscontrato nelle lesioni per Io meno della parte media della
trave.
Letteratura.
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Una cisti emorragica del cor^x) calloso 45
(14) MAscHurATA e BiaxA». Sopra, un'alterazione del corpo calloso osservato in no^getti
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(10) Ramsov. On tumours of the corpus callosum. (Brain, 1895).
(20) ScBurrsK. Sui tumori del corpo calloso, ecc. (in « Rivista sperimentale di Freniatria »,
voi. XXV).
Manicomio ProA'inciale di Bergamo, diretto dal dott. 8. Marzocchi
Un caso di sclerosi a placche tardiva a localizzazione spinale
con reperto istologrico
per il dottor P. P. Benifirni
Anamnesi. — Pietro Radici, di anni 58, falegname, ammogliato, con
prole; madre moria di parto; padre morto a 62 anni per polmonite; era
discreto bevitore di vino; ha un fratello deficiente ed infermo fin da bam-
bino, pare per paralisi infantile, e due sorelle viventi e sane.
Il paziente condusse sempre vita sobria e laboriosa, non pati mai mali
venerei, né altre malattie d'importanza fino a 52 anni; a questa età fu amma-
lato di forma infettiva, con temperatura alta, periodi di delirio e di depres-
sione, diarrea e, come complicanza, catarro bronchiale. In principio si sospettò
una meningite ma poi fu fatta diagnosi di tifo. Fu degente per un mese e
mezzo e parve poi guarito perfettamente, cosi da poter riprendere le sue ordi-
narie occupazioni. Gli residuò soltanto una sensazione di debolezza agli arti
inferiori, che avvertiva quando doveva lavorare più del consueto e che svaniva
dopo un breve riposo. Per tutto il resto egli si sentiva perfettamente bene.
A 55 anni ammalò di polmonite destra a decorso regolare, della quale si
rimise in una quindicina di giorni, ripigliando poi il lavoro colla consueta
iena. Soltanto due mesi dopo s'accorse che la debolezza agli arti inferiori
andava aumentando, ed avverti anche sensazioni di formicolio. Quasi un anno
dopo compan^e senso di tremilo agli arti inferiori e superiori specie negli
sforzi che faceva pel maneggio degli attrezzi del suo mestiere. Formicolio e
tremore si andaron man mano intensificando, così da renderlo ben preste ina-
bile al lavoro. Fu inviato all'Ospitale nell'aprile del 1905.
Stato presente. — Ad un accurato esame d'importante si nota: Nel ri-
poso e nel sonno l'ammalato è perfettamente quieto, ma se lo si invita ad ese-
16 P, F. Benigni
jruire dei movimenli coordinati volontari, come portare un bicchiere d'acqua
alla bocca, toccarsi la punta del naso coli' indice, portare alternativamente i
calcagni sulle rotule, interviene un tremilo, che si accentua tanto più quanto
più l'ammalato si sforza di eseguire l'ordine, e le oscillazioni si fanno più ampie
e si estendono a tutto l'arto. Sono impossibili i movimenti di diadococinesi.
Posto l'ammalato nella posizione eretta ed invitato a camminare sorretto,
egli getta avanti le gambe, ma i piedi strisciano sul suolo, poi riesce ad appog-
giare la pianta ed allora iperestcnde la gamba sulla coscia; quando il passo è
fatto il piede di un lato si trova davanti a quello del lato opposto. Vi è anda-
tura atassica paralitico-spastica. Alcune mosse muscolari degli arti inferiori
sono floscie e notevolmente atrofiche. Cosi a destra i muscoli del gruppo poste-
riore della gamba ed i peronei laterali risaltano già all'osservazione molto
diminuiti nella loro massa, e la circonferenza dell'arto in questo punto è
minore della corrispondente dell'altro lato. Alquanto atrofici pure i muscoli
della coscia, ma molto meno che a sinistra, dove i gruppi anteriore, mediano
e posteriore sono evidentemente ridotti di volume, cosi che la circonferenza
totale dell'arto risulta molto diminuita. Non fu saggiata la reazione degene-
rativa.
Esistono leggeri disturbi della sensibilità, con diminuizione del senso del
tatto, del dolore e del calore, specie al lato destro del corpo e più manifesta
agli arti inferiori.
Per quanto riguarda i riflessi tendinei, quelli patellari sono presenti
d'ambo i lati, esagerati a destra, mentre il riflesso del tendine d'Achille è
diminuito da questo lato. Strisciando sulla pianta dei piedi, l'ammalato risponde
con una contrazione e flessione dorsale dell'alluce (Babinsky).
Non si può verificare il sintomo di Romberg.
Manca il vero nistagmo, però, invitato l'ammalato a fissare il dito nelle
varie posizioni, il suo occhio eseguisce, non sempre, delle piccole vibrazioni
rapide e susseguenti. Il visus è normale; mancano gli scintillìi, manca il sin-
toma di ArgiU-Robertson. Non fu fatto l'esame oftalmoscopico. Persiste il
riflesso laringeo. Da parte della fonazione manca la vera loquela scandente, però
la parola è alquanto lenta. Al dire dell'ammalato esiste assoluta impotenza e
difficoltà nell'orinare. Non vi è diminuizione della memoria e dell'intelligenza,
non accessi convulsivi di risa o di pianto; soltanto il tono sentimentale è
depresso perchè l'ammalalo riconosce le proprie misere condizioni. Non soffre
cefalee ne vertìgini; non ebbe mai accessi convulsivi epilettiformi o apo-
plettiformi.
Dal complesso sintomatico positivo e negativo sopra esposto, ci parve di
poter trarre la diagnosi di sclerosi a placche con localizzazione spinale, potendo
escludere la sifilide pregressa, come resulta dairanamneslico; la tabe per la
mancanza di sintomi capitali, comequolli di Argill-Robertson e di Westphal
e per la presenza dei riflessi patellari e achillei; la pseudosclerosi per la qualità
del tremito e per la sua localizzazione agli arti superiori ed inferiori, per
l'atassia, per la mancanza della contrazione paradossa del piede e dei parti-
Un caso di sclerosi a placche tardiva, ecc. 17
colari disturbi psichici; in line la malattia di Parkinson in cui il tremito
è ben diverso, non intenzionale ma continuo, anche nel riposo e localizzato
prevalentemente a gruppi muscolari delle dita e delle mani.
La localizzazione spinale ci parve confortata dal modo d'insorgere della
malattia e dalla speciale fenomenologia, quasi intieramente a carico del
midollo.
Dopo pochi giorni di degenza l'ammalato mori per emorragia cerQbrale
avvenuta, pare, in seguito ad uno sforzo fatto per scendere, senza aiuto, dal
letto per raccogliere qualche cosa.
Dopo 16 ore dalla morte fu da me praticata la necroscopia, di cui riporterò
le note più importanti, riscontrate nel sistema nervoso centrale.
Nell'emisfero sinistro si scopre un vasto focolaio emorragico recente che
interessa il centro ovale e il nucleo lenticolare, con perforazione *nel ventri-
colo laterale. Il focolaio è di colore rosso scuro, coagulato in parte ed in
parte poltiglioso, con frustoli di tessuto mescolati a grumi di sangue, ed alla
periferia si trovano lacinie di sostanza cerebrale e piccoli vasi lacerati. Nelle
vicinanze si notano sparse qua e là piccole emorragie puntiformi.
Alcuni vasi cerebrali appaiono cosparsi di piccole placche di arterioscle-
rosi. Nella restante sostanza dell'emisfero sinistro, e nel destro, nel cervel-
letto, nel ponte e n«l bulbo non riesco, coli' occhio munito di lente, a sco-
prire vestigia di placche di sclerosi.
Levato il midollo spinale, questo mi offre un reperto anatomo patologico
evidente. Le pie meningi sono opacate ed inspessite nella loro totalità e cosparse
di numerose placche sclerotiche, quasi calcificate, più piccole nella regione
cervicale, grandi come una moneta da un centesimo nella regione lombare.
Praticando tagli in serie nel midollo si possono scorgere già ad occhio nudo,
e molto meglio con una lente, piccole macchie grigiastre, translucide, legger-
mente prominenti, sparse a focolai non sistematizzati, ma distribuite irregolar-
mente nella sostanza grigia e nella bianca, con grande prevalenza però in questa.
Man mano si sale in alto, nei limiti fra il midollo cervicale ed il bulbo,
queste chiazze sclerotiche diminuiscono grandemente di numero fino a scom-
parire.
Posi il midollo, il bulbo e qualche cubetto di sostanza cerebrale nella
serie degli alcool per il fissaggio ad allestii molti preparati di sezioni, prese
nelle varie regioni del midollo e del cervello. Le colorazioni preferite, dato anche
il fissaggio in alcool, furono quelle di Nissl, Van Gieson, carniino-picrico,
ematossìlina, tionina ed cosina, orange, ecc.
All'esame microscopico del midollo ho potuto rilevare numerosi ma pìc-
coli focolai di sclerosi calcificante, cosi che le zone lese erano occupate da
sostanza amorfa, quasi trasparente, non colorabile, senza il minimo as])ello di
struttura nervosa, isolata in mezzo a tessuto apparentemente sano. In taluni
punti queste zolle amorfe, per i maneggi della tecnica, erano state asportate
e lasciavano dei vuoti che al microscopio si rivelano come piccole lacune
irregolari (fig. 1).
i8
P. F. Benigni
Esistevano anche pccoli focolai molli, costituiti veramente di nevroglia
iperplastica, in cui, nel centro, persistevano fibrille nervose senza mielina.
Fio. 1.
mentre alla periferia alcune libre conservavano ancora la jrnaina mielinica. Il
cilindrasse ora è tumefatto, ora è normale. La nevroglia di sostituzione, sein-
Fio. •-».
pre in grande sviluppo, a volle presenta, nel centro del nodo, l'aspetto di
avanzata sclerosi, ed alla periferia sì possono trovare gocciole di mielina ed
adipose, cellule degenerale e cellule granulo-adipose.
Un caso di sclerosi a placche tardiva, ecc.
19
Ilo notato in grande numero i così detti « corpora aniylacea » piccoli,
rotondi ed ovoidali, spessq concentricamente stratificali, distribuiti irregolar-
mente 0 riuniti a piccoli mucchi, occupanti per lo più la sostanza bianca,
ina giacenti anche fuori di essa, non derivanti da cilindrjissi rigonfiati (Stroebe).
Un reperto degno di nota è quello riguardante specialmente i vari gruppi
cellulari, situati nella sostanza grigia lombare. Qui gli elementi cellulari si
presentavano in preda a marcatissimo processo degenerativo. La sostanza tigroide
era talvolta in completa dissoluzione, o si scorgeva rarefatta notevolmente, o
spostata verso una estreuìità del corpo. Talora la cellula risultava composta
Fto. 3.
soltanto di materiale granuloso, proveniente dal disfacimento, o riunito a zolle
0 con tendenza a spandersi negli spazi pericellulari; oppure si aveva l'aspetto
come se il corpo fosse scoppiato e ne uscisse questa sostanza granulosa (fig. ^).
Altri elementi erano corrosi per buona parte, cosi da non residuare che il
nucleo, od anche solo uno spazio quasi vuoto, da cui sì partivano i prolunga-
menti proloplasmatici ancora intatti. Il processo distruttivo spesso incominciava
alla periferia del cor])0 cellulare, che appariva come corroso, avanzando mano
mano verso il nucleo o verso Testremità da cui parte il cilindrasse (fig. 3).
11 nucleo od era scomparso, o atrofico o raggrinzato; oppure persisteva di
asjmtto normale in mezzo ad un ammasso informe di protoplasma, col nucleolo
lM?n colorato. Conseguenza di questo esteso processo atrofico degenerativo, fino
a totale scomparsa degli eh^menti, era una diminuzione del numero delle cel-
lule, al posto delle quali residuava talvolta uno spazio vuoto.
«20 P. F. Benigni
Ilo insistito alquanto sulla descrizione di questo processo distruttivo, n'si>
evidente nelle fotografie annesse a questo lavoro, perchè non l'ho trovato ben
marcato che nella regione lombare, e perchè può spiegare alcuni fatti riferii!
nella sintomatologia, come chiarirò, in seguito.
I vasi molto spesso avevano le pareti notevolmente inspessite, ialine, vm
accumuli di cellule rotonde nelle guaine linfatiche avventiziati.
Ho notato anche proliferazione dell'epitelio ependimale nei canale cen-
trale del midollo, dove si notavano vari strati cellulari irregolarmente concen-
trici, ostruenti quasi il canale stesso.
Le lesioni sclerotiche erano, come ho già notato, senza confronto preva-
lenti nelle parti bianche, mentre scarse, e talora mancanti, si notavano nelle
parti grigie del midollo.
Le poche porzioni di sostanza cerebrale e di bulbo da me esaminate, non
mi lasciarono scorgere placche di sclerosi. Se ciò non autorizza ad affernuuT
che mancassero totalmente all' infuori del midollo, si può per lo meno asserire
che qui esse esistevano in grandissima prevalenza, dove si potevano già scor-
gere anche ad occhio nudo. Il caso brevemente esposto mi pare meritevole
di qualche considerazione per la età insolita in cui si sviluppò la malattia,
per l'eziologia, per la localizzazione midollare bielle lesioni e per qualche dato
istopatologico riguardante la regione lombare.
Riguardo all'età è noto che la sclerosi a placche si suole manifestare più
frequentemente nell'età giovanile fra i 20 ed i 30 anni, meno fra i 30 ed
i 45 anni. Era ritenuta mollo rara nei bambini, ma oggi le statistiche ne
sommano già un discreto numero di casi: Pollali (i880) pubblicò un caso
di sclerosi a placche congenita; Marie (i883) Jie raccolse 13 casi; Unger,
nel 1887 riferiva una statistica di 18 casi, e iNolda, nel 1891, di 26 casi.
Mensi nel '93 pure 26 casi; poi Totzke due casi; uno Massalongo e Sil-
vestri. Oppenheim tre casi fra i 13-15 anni. Eichorst, nel 1892 riferi
un caso di sclerosi in un bambino di 8 mesi. Zenker, Scluìle, Raymond,
Humphrey riferirono altri casi.
È senza dubbio molto più rara la sclerosi a placche nell'età inoltrala,
cosi che fra i 45 ed i 59 anni furono fatte forse non più di 9 osservazioni.
[jn caso solo fu osservato in un uomo ai 60 anni e riferito da Strumpell.
Nel mio ammalato si palesarono i sintomi veri inerenti alla malattia solo
dopo i 55 anni, perciò in un'età molto tardiva ed insolita. È un altro caso
da aggiungere alle nove osservazioni già fatte.
L'eziologia della sclerosi a placche è stata ed è ancora molto discussa.
Charcot, Krafft Ebing e Probst la collegano spesso a cause reumatiche.
Cosi Probst, sopra 58 casi, trovò che 19 volte si era sviluppata in seguilo
a forte raflreddamenlo, mentre Krafft Ebing, sopra 53, incolpò il raffredda-
mento in 40 casi.
Kaiser, Mendel ed altri autori affermano che il semplice trauma può
essere causa prima della malattia agendo sul liquido cerebrospinale (Mendel)
e producendo rotture di vasi con piccole emorragie nella sostanza nervosa.
Un caso di sclerosi a placche tardiva, ecc. 21
Lo Slriìmpelt ritiene la sclerosi a placche come una malattia endo-
gena, sTiluppanlesi su un terreno predisposto, come in vari membri della
sli'ssa famiglia.
Ziegler pone una causa anatomica, da ricercarsi nelle anomalie conge-
nite di costituzione istologica del sistema nervoso, centrale, e dipendenti da
rudimenti di nevroglia sparsi in numero grande nella sostanza nervosa.
La sifilide fu incolpata poco come causa della malattia (Michailow e
Jacobson).
Oppenheim propende per le cause tossiche, da alcool, piombo, rame,
arsi^nico ecc., che egli riscontrò in il casi sopra 28.
Kahler, Pich, ma soprattutti Marie hanno dato grande importanza alle
malattìe acute da infezione, come la malaria, il morbillo, la scarlattina, il
reumatismo articolare, il colera, la polmonite, il tifo, ecc.
Alle volte durante la convalescenza di queste malattie infettive si osserva
Ih sindrome della sclerosi a placche, sindrome che può durare qualche giorno
e poi scomparire del tutto, per poi ricomparire, molto più lardi, in modo
stabile e progressivo.
Nel caso in trattazione abbiamo avuto due infezioni pregresse : la tifosa
prima e, dopo qualche anno, la pneumonica. Dalla prima l'ammalato parve guarito
bene, salvo una sensazione di debolezza agli arti inferiori quandaera costretto,
per lavorare, a stare in piedi più del solito. Questo disturbo in più di tre
anni non peggiorò mai, e difficilmente si può considerare come una precoce
manifestazione della sclerosi, anche perchè spesso il tifo lascia disturbi con-
simili ed anche postumi ben peggiori, che non si collegano poi a malattie del
sistema nervoso. Dopo la polmonite invece l'ammalato incominciò ad avvertire
realmente disturbi rimarchevoli e patologici agli arti inferiori, e precisamente
qui iniziarono le lesioni funzionali, forse perchè trovarono una minorata resi-
slenza organica residuata alla prima infezione. Quindi non s; potrebbe nel caso
presente che incolpare l'infezione pneumonica, oppure questa come determinante
e la tifosa come preparatoria, venendo cosi a portare un sicuro contributo in
appoggio alla teoria di Marie sulla causa infettiva della sclerosi.
Riguardo alla patogenesi della sclerosi multipla, le opinioni degli AA.
sono anche qui discordi. Predominano due teorie: l'una sostenuta principal-
mente da St rum peli, secondo la quale l'alterazione anatomica nella sclerosi
a piastre prende il punto di partenza dalla nevroglia: perciò si tratterebbe di
gliosi multipla primaria su terreno congenitamente predisposto, mentre le
alterazioni delle fibre e dei vasi sarebbero fatti secondari. L'altra teoria soste-
nuta prima da Kindfleisch e seguita da Riber Wiliamson, Marie ed
altri, ammette trattarsi primitivamente di una alterazione vasale con fatti di
ondoarterite, eridoperiarterite nel centro del nodulo sclerotico o nei vasi vicini
e queste alterazioni infiammatorie dei vasi essere dovute alle tossine elaborate
da microrganismi circolanti nel sangue, per modo che la lesione si inizi prima
alle pareti vasali e poi si propaghi alla sostanza nervosa; oppure, secondo
alcuni, i veleni passino per diapedesin attraverso le pareti vasali ed alterino
!22 P. F, Benigni
prima la sostanza nervosa. Io non mi senio, dair esame di un solo caso, di
portare qualche concludente contributo alla quistione. Ho notato alterazioni
vasali rimarchevoli, accanto a evidenti proliferazioni patolojfiche della nevroglia.
Mi preme invece di rilevare le notevoli e caratteristiche alterazioni da cui
erano colpite le cellule delle colonne grigie lombari, che ho più sopra bre-
vemente descritte. Io crederei che tali lesioni cellulari possano bastare por
dar ragione dei notevoli fatti di atrofia riscontrati agli arti inferiori.
Soltanto Probst ha descritto diminuzione del numero delle cellule e rag-
grinzamento delle medesime nel midollo ceiTicale, in un caso riguardante un
individuo il quale da un anno presentava fenomeni di atrofia muscolare e paresi.
In pochi altri casi in cui esistevano atrofie muscolari (casi di Jolly, di Leube,
di Hess, di Claus e di Furstner) non si sono trovate alterazioni delle cellule
gangliari del midollo spinale.
Nel mio caso mi sembra fondata l'ipotesi che mette in relazione di causa ed
effetto le particolari alterazioni cellulari con le atrofie muscolari, anche perchè
le lesioni sclerotiche avevano poco o nulla interessate le parti grigie lombari.
Per quanto sia diffìcile nella sclerosi a piastre localizzare anatomicamente
i fenomeni clinici, perchè la mancanza o la presenza di taluni sintomi può
tradire circa la localizzazione delle placche (Probst, Oppenheim, Babinsky),
pure mi è parso nel caso presente di poterlo fare già dopo l'esame clinico
dell'ammalato perchè qui era assente ogni sintonia cerebrale, (vertigini, inde-
bolimento mentale, alterazioni visive, vera bradilalia, riso e pianto spasmodico,
accessi apoplettiformi od epiletteformi ecc.) per la esclusiva prevalenza invece
di fatti a carico del midollo spinale.
Inoltre il sintoma capitale, cioè il tremito intenzionale agli arti, era cosi ma-
nifesto e caratteristico, che sarebbe bastato da solo a dare l'indirizzo diagnostico.
A proposito di questo speciale tremito, proprio della sclerosi a placche,
furono immaginati» varie ipolesi per ispiegarlo. Secondo Charcot esso derive-
rebbe dal fatto che, essendo conservati i cilindri dell'asse e distrutta le guaina
mielinica, che ha per compito di localizzare le eccitazioni centrifughe soltanto
alla sua fibra nervosa, l'onda volitiva si troverebbe male guidata lungo la
fibrilla, inceppandosi ed arrestandosi nei punti dove manca la guaina, ed accu-
mulandosi come l'acqua di un rigagnolo nei punti sbarrati. Per superare T in-
toppo bisogna che l'eccitamento sia ripetuto parecchie volte di seguito, d'onde
l'effetto periferico di tremito susseguente alT invito centrale. Secondo altri per
la mancanza della guaina mielinica si avrebbero diffusioni trasversali dell'onda
nervosa, in modo che la regolare trasmissione resterebbe impedita e richie-
derebbe una ripetizione continuala dell'impulso volitivo.
Altri ancora ammetterebbero il tremilo intenzionale solo quando le plac-
che si localizzano al bulbo, nel punto d'incrocio delle piramidi, o al ponte
0 in corrispondenza della capsula interna, donde una irritazione delle fibre
motorie, con trasmissione irregolare degli eccitamenti alla periferia.
Romberg asserì che il tremito non è che il punto di passaggio fra lo
stato normale e lo stalo paralitico del muscolo.
Un caso di sclerosi a placche tardiva y ecc. 23
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Spiefirazione delle flflrure.
FiecRA I. — Ocul. 2, Obb. 3, Korltska. Fotografia di una metà di una sezione di midollo spi-
nale = a) placche di sclerosi ; 6) solco anteriore.
FiecBA II. — Ocul. 3 comp., Obb. Vi» imm. omog., Korltska. Cellule della regione lombare in
disgregazione.
FiorBA ni. — Ocul. S, Obb. 5*, Korltska. Regione lombare = a) cellule corrose in via di dlstru-
zioi^e ; b) spazi vuoti lasciati da elementi cellulari scomparsi.
KECENSIONI
1. Arbeiten aus dem Neurologrischen Institute von prof. Obersteiner
(Wien), Bd. XV-XVI.
A cura del dott. Marburg, e coi tipi dell* editore F. Deuticke (Wien), sono usciti
due voluini contenenti i lavori pubblicati in occasione dei festeggiamenti fatti ad
Obersteiner nel 25** anno dall' apertura del suo Istituto. La veste tipografica ha la
nitidezza consueta all'editore di Vienna, ed un bel ritratto di Obersteiner adorna
il primo di questi due volumi che contengono numerosi ed importanti lavori, dei quali
diamo un riassunto.
24 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Bd. XV:
E. FucHS, Oculomotoriuslàhmung ohne Beteiligung der Binnenmuskeln bei peri-
pheren Làsionen. — S. 1.
L'A. fa UDa rassegna critica dei casi di oftalmoplegia interna registrati nella
letteratura nei quali si sia tenuto conto dello stato di funzionalità della muscolatura
interna: ad essi ne aggiunge cinque di osservazione personale.
Nella maggior parte dei casi la pupilla presentava un contegno normale anche
air accomodazione : in tre casi la pupilla partecipava scarsamente alla paralisi : ma
l'A. è del parere che la immunità della innervazione pupillare è soltanto relativa
ed essa non si osserva più quando la lesione ha raggiunto un certo grado : del che
sarebbe una dimostrazione il decorso del suo quinto caso dove la pupilla dapprincipio
non era paralizzata mentre piti tardi lo divenne: in altri casi col regredire della
lesione principale tornò anche normale il contegno pupillare che era all' inizio un
po' alterato.
A questo punto l' A. si domanda il perchè le fibre nervose destinate all' inner-
vazione della muscolatura intrinseca dell' occhio possiedano una resistenza maggiore
di quella della muscolatura estrinseca. Egli non accetta l'idea più comune che ciò
dipenda dal fatto che queste fibre, decorrano al centro del tronco del terzo paio
epperciò sono più protette, perchè noi non conosciamo con certezza questo dato
anatomico, poi se la loro posizione può difendere queste fibre dai fatti infiammatorii
che si propaghino dai tessuti circostanti essa non può avere alcuna influenza nei casi
nei quali si tratta di forte compressione del nervo. L' A. crede invece che la ragione
del fenomeno si debba attribuire ad una minore vulnerabilità di queste fibre desti-
nate alla muscolatura intrinseca. 0. Rossi,
E. ZucKERKANDL, ZuT Anatomie und Enttcickenlungsgeschichte des Indusium gri-
seum corporis callosi. — S. 17.
Il lavoro verte sopratutto sulla parte intermediaria dell' indusium corporis callosi,
perchè appunto a proposito di questa vigono delle discussioni sulla sua presenza in
tutte le classi degli animali e sul suo modo di sviluppo.
Per ciò che si riferisce al primo problema, l' A. ha studiato da questo punto di
vista i cervelli di Marsupiali, Edentati, Carnivori, Roditori, Ungulati, Cetacei, Inset-
tivori, Chiropteri, Proscimmie, Scimmie e Rettili : dalle sue ricerche risulta che tutti
i mammiferi debbono avere un' « indusium intermediarium » : in alcuni per altro è
così sottile che si sottrae all'indagine: ad ogni modo l'A« iion crede in verun modo
che esso possa interamente far difetto, perchè è una formazione che appartiene al
più antico e costante tipo d' architettura cerebrale : le fibre di questa formazione
provengono in parte dal Gyrus supracallosus : esse formano una continuità col sottile
strato di fibre che sta tra questa circonvoluzione ed il corpo calloso.
Lo sviluppo è stato dall' A. studiato nel ratto, nella cavia, nel gatto, in varii
vespertilionidi, e nell' uomo. Secondo queste ricerche la parte intermediaria dell' indu-
sium, come la sua porzione laterale, appartiene alla struttura tipica del cervello;
essa sarebbe indipendente dalla formazione del corno d' Ammone, e invece deriverebbe
in parte dal setto e in parte dalla circonvoluzione arcuata ; tuttavia l' A. ha potuto
dimostrare questa ultima origine, che egli generalizza, solo nel ratto.
0. Rossi.
Recensioni 25
G. B1KELE8 und W. Promowicz, Ueber den (radikulàren) Verìauf des centrtpetalen
Teiìes einer Anzahl von Reflexbogenf besonders von Beflexen des untersten
Bùekenmarlcsabschnittes. — S. 52.
Gli AA. allo scopo di determinare il tragitto della parte centripetale dell'arco
riflesso dei riflessi che appartengono alle parti più basse del midollo spinale proce-
dettero in un primo tempo alla sezione del midollo — nei cani ai quali lo studio
si riferisce — all' altezza dell' ultimo tratto del midollo dorsale 0 dei primi segmenti
lombari : dopo questa operazione studiarono accuratamente i riflessi che in queste
condizioni si possono avere nel cane, sia cutanei che tendinei, dividendoli in costanti
ed incostanti : nel lavoro tutti questi riflessi — e non sono pochi — sono descritti
minutamente. Quindi, in secondo tempo, procedettero al taglio successivo delle varie
radici posteriori, osservando mano mano quali dei riflessi, che prima esistevano, veni-
vano a mancare.
Per i riflessi normali (gruppo A) che hanno loro sede nelle parti inferiori del
midollo concludono che :
1. Il riflesso proprio delV ano ha :
come conflne distale = la I rad. coccigea
» » prossimale zz: I e II rad. sacrale
2. Il riflesso anale-cutaneo ha :
come confine distale z= la I rad. coccigea
» » prossimale z= I e II rad. sacrale
3. Il riflesso perineale della coda ha:
come confine distale = la I ed event. la II rad. coccigea
» » prossimale = la II rad. sacrale
4. Il riflesso^ della parte terminale della coda ha :
III rad. sacrale e I coccigea
come confine distale = f ^t
{ II e
» » prossimale = (
5. Il riflesso scrotale ha :
con confine prossimale z= 1 rad. sacrale
6. Il riflesso della faccia intema del prepuzio ha :
come probabile confine prossimale =z I rad. sacrale
7. Il riflesso ano-vaginale ha:
come confine prossimale = I rad. sacrale
Per gli altri riflessi (gruppo B) gli AA. constatarono :
1. Flessione riflessa delV alluce
confine prossimale = VI rad. post, lombare
26 Rivista di Patologia nervosa e mentale
2. Movimenti riflessi di flessione dorsale in corrispondenza dell' articola-
zione tibio astragalea
a) Riflesso dorsale del piede : ha il suo confine prossimale nella V radice
post, lombare.
h) Riflesso plantare: ha generalmente il suo confine prossimale nella VI radice
posteriore lombare: solo una volta soltanto per alcuni movimenti circoscritti all'alluce
e al medio, si trovò come limite la V radice.
8. Riflesso del tendine di Achille, La VII radice lombare posteriore è quella
che ha la maggiore importanza per questo riflesso. 0. Rossi.
C. BiEHL, Beitrag zur Lehre von der Beziehung zwischen Labyrinth und Auge. —
S. 71.
La Clinica e la Patologia sperimentale hanno ormai assodato che gli stimoli o
altri stati morbosi del labirinto hanno un' influenza sui movimenti oculari : ma invece
rimane ancora a determinare sopra a quale speciale, determinata funzione dei muscoli
oculari venga a spiegarsi questa influenza.
Molti AA., e da lungo tempo, hanno messo in evidenza che stimoli di questo
genere producono nistagmo prevalentemente orizzontale. Più recenti sono le osserva-
zioni che si riferiscono alla comparsa di alterazione della posizione normale dei
globi oculari (strabismo) e all' insorgenza di transitorie paralisi della muscolatura
estrinseca.
Del resto Hunter (1776) aveva già descritto nell'uomo un arrovesciamento di
amendue gli occhi accompagnato da inclinazione della testa. L'A. nel suo lavoro ha
anche posto particolare attenzione al sintoma conosciuto sotto il nome di « sintonia
dello strabismo di Hertwig-Magendie », il quale consiste in una divergenza nel
senso verticale e una deviazione laterale associata di entrambi gli occhi. Questo sin-
toma, insieme al nistagmo, venne dapprima osservato direttamente nelle lesioni spe-
rimentali del peduncolo cerebellare inferiore e medio e rispettivamente in quelle del
midollo allungato. L' occhio del lato leso è deviato in basso e in dentro, quello del
del lato opposto in alto ed all'esterno.
L'A. si è proposto di verificare le conseguenze della stimolazione e della reci-
sione del nervo vestibolare isolato alla base cranica, sopratutto in riguardo al con-
tegno dell'apparato motore oculare, e quindi di studiare col metodo della degene-
razione secondaria il modo di distribuirsi delle fibre vestibolari nei nuclei terminali.
Egli condusse le sue esperienze sul cavallo e sulla pecora perchè in questi animali
le due porzioni dell' Vili nervo entrano separatamente nel midollo allungato : la
tecnica da lui seguita viene descritta minutamente in una comunicazione anterior-
mente fatta (Sitz. der K. Ac. d. Wiss., Wien, Bd, CIX, Ab. Ili, S. 324, 1900).
Lo stimolo meccanico del tronco vestibolare diede nella pecora e nel cavallo, ed
in tutti gli individui, i medesimi risultati : l' irritazione produce nistagmo orizzontale
più rapido e più spiccato dal lato stimolato, più t^rdo e meno ampio dal lato
opposto: nello stesso tempo i due occhi deviano dal lato stimolato e divergono in
senso verticale.
La recisione non fa scomparire il nistagmo e dà luogo alla manifestazione del
sintoma di Hertvig-Magendie.
Recensioni il
È però a notare che colla tecnica seguita dall' A. è necessario per arrivare a
scoprire il n. vestibolare di far precedere l'ablazione del corrispondente lobo occipitale,
il che se dà all' A. modo di verificare i fatti da lungo t^mpo noti, sulla funzione
visiva di questa parte della corteccia, porta certo una grande complicazione dell'atto
operativo e forse qualche impedimento all'apprezzamento delle manifestazioni dei movi-
menti oculari quando si accetti la teoria, da vari AA. sostenuta, che nella corteccia
occipitale abbiano sede anche i centri per i movimenti oculari che sono direttamente
collegati all'atto della visione.
Lo studio delle degenerazioni consecutive conduce l'A. ad approvare quanto
in proposito alle connessioni della branca vestibolare dell' VHI hanno stabilito Held
e R. y Cajal.
In due suoi casi avrebbe trovato delle fibre degenerate anche nella radice ascen-
dente del V che egli interpreta come esponenti di una degenerazione retrograda
dovuta ad una leggiera lesione della branca motrice del trigemino durante l'operazione.
Infine l'A. cerca di dare una spiegazione fisiologica dei fatti osservati, sopratutto
della divergenza verticale. Bicorda le opinioni in proposito espresse da alcuni AA.
e dai dati raccolti formula una conclusione di probabilità, che cioè nei tubercoli qua-
drigemini, oltre ai centri pei movimenti associati degli occhi, si trovi anche una
disposizione per la deviazione in senso contrario dei due globi oculari nella dire-
zione verticale: questo congegno anatomico, così come quello che serve per la rota-
zione in senso contrario, non è soggetto alla volontà, ma viene messo in azione da
stimoli riflessi che hanno fondamento nelle impressioni visive e che vengono tra-
smessi per mezzo del cervello o da stimoli labirintici. La funzione che verrebbe spie-
gata lungo le vie di questa disposizione anatomica sarebbe essenzialmente una fun-
zione regolatrice del tono muscolare.
Del resto l'A. espone la sua spiegazione in forma di possibilità e si augura
nuove osservazioni, sopra tutto cliniche, a questo proposito.
0. Bossi.
R. Hatschek, 2jur vergìeichenden Anatomie des Nucleus ruher tegmenti, — S. 89.
Mentre si sono moltiplicate le osservazioni anatomiche, anatomo-patologiche,
attorno al nucleo rosso, il quale ha acquistato e va acquistando tuttodì importanza
clinica per le sue connessioni, manca ancora uno studio di anatomia comparata che
potrebbe gettar luce su varie quistioni e spigare vari risultati. L'A. approfittando
della ricca raccolta posseduta dal Laboratorio di Obersteinersiè proposto di colmare
questa lacuna: ed in uno studio minuto, accurato, ci descrive queste formazioni in
vari animali, svolgendo parecchie questioni collaterali, e traendo delle conclusioni
fondamentali.
Il nucleo rosso dei mammiferi risulta, dice l'A. di due parti: un N. rosso a
grandi cellule, ed uno a piccole cellule : il primo è molto sviluppato nei mammiferi
più bassi, tende già alla regressione nell'ordine delle scimmie, nell'uomo si trova
soltanto come un rudimento. Il secondo segue nella scala zoologica una strada inversa
e nell'uomo è quello che forma il N. rosso in senso stretto.
Il nucleo rosso a grandi cellule è il nucleo di origine del fascio di Monakow.
Il nucleo rosso a piccole cellule può essere considerato come la parte cerebrale
del N, rosso ed è una stazione importante intermedia tra cervelletto e cervello, e
sta con probabilità in relazione genetica colla possibilità della coordinazione dei
28 Rivista di Patologia nervosa e mentale
movimenti delle estremità. Nei rappresentanti delle scimmie platirine è assai più
sviluppato che nelle scimmie catarìne che occupano nella scala zoologica un gradino
inferiore. Con questo, appoggiandosi anche alle ricerche di Zuckerkandl, si può con-
cludere che il N, rosso parvi cellulare è in relazione col lobo parietale.
Parallelamente allo sviluppo del nucleo rosso parvicellulare decorre quello del
nucleo dentato del cervelletto, mentre i nuclei più intenii dell'emisfero cerebellare
che nell'uomo sono rappresentati dal nucleo globoso e dal nucleo dell'embolo corri-
spondono, nel loro sviluppo al nucleo rosso magni cellulare.
Con ogni probabilità bisogna separare nel peduncolo cerebellare superiore una
parte interna, rispettivamente dorsale, da una esterna, ventrale : delle quali la prima
costituisce r unione dei nuclei cerebellari interni col N, rosso magnicellulare, la se-
conda quella del N. dentato con il nucleo rosso parvicellulare: la prima nell'uomo
appare impicciolita mentre la seconda è assai sviluppata.
Si può riconoscere che la parte dell' incrociamento verticale della calotta (Mona-
kow'sche Anteil der ventralen Haubenkreuzung) immette direttamente nel fasci-
colo laterale aberrante (aberrierendes Seitenstrangsbttndel). 0. Rossi,
H. Dexler, Zur Anatomie des Zentralnencensystems von Elephas indicus, — S, 137.
Questo lavoro rappresenta una notevole e pregevole monografia, di circa 150
pagine, corredata da molte figure nel testo e da due tavole, sul sistema nervpso cen-
trale dell'elefante.
L'A. ha studiato sia dal punto di vista macroscopico che da quello microscopico,
usando dei principali metodi compatibili colla scarsezza del materiale, l'encefalo ed
il midollo spinale di un giovane elefante (Elephas indicus) di sesso femminile morto
in età di 25 giorni nel giardino zoologico di Berlino per causa di enterite proba-
bilmente in relazione coll'al lattamento artificiale.
Trattandosi di uno studio analìtico minuzioso delle varie regioni è impossibile
darne un riassunto. O. Rossi,
A. PiLCZ, Beitrag zum Lehre roti der Hereditài, — S. 282.
L'A. ha preso in esame i dati commemorativi di 2000 pazienti, le storie dei quali
gli pervennero in grande parte da altri osservatori.
Secondo Pilcz la disposizione trasmissibile ereditariamente ad ammalare di una
malattia mentale si deve, in riguardo ai quadri morbosi che oggidì noi siamo incli-
nati a distinguere, studiare dal punto di vista qualitativo e da quello quantitativo.
Da un punto di vista quantitativo sui casi di paralisi progressiva, di demenza
senile ed arteriosclerotica ed infine fino ad un certo punto sui casi delle forme non
catatoniche di demenza precoce e su quelli di Amenza graverebbe una tara ereditaria
minore che non sulle altre forme di malattie mentali.
Da un punto di vista qualitativo l'eredità ha un influenza diversa nelle varie
malattie.
Per ciò che si riferisce all' eredità dirette di forme di psicopatia in generale
vale la legge dell'eredità similare: la malattia cioè si riscontra spesso negli ascen-
denti e compare nei collaterali colla stessa fonna.
Un'eccezione degna di essere rilevata è rappresentata dai casi di demenza pre-
coce a forma non catatonica, nei quali la tara ereditaria si trova spesso negli ascen-
Recensioni "![)
denti sotto forma di paralisi progreBsiva: nelle forme catatoniche invece si trovano
spesso negli ascendenti forme da alcoolismo: questa ultima osservazione viene data
dall^A. con riserva a cagione dello scarso numero dei casi sui quali ebbe opportunità
di eseguirla.
Accanto alPeredità similare spiegano poi IK maggiore influenza: i disturbi psi-
chici di origine alcoolica in tutte le psicosi fatta eccezione della paralisi progressiva,
la demenza senile e Tarteriosclerotica : le psicosi affettive nella melancolia e nelle
forme periodiche, la demenza senile nella paralisi progressiva, gli stati di semplice
difetto mentale nella demenza precoce.
Le forme epilettiche e le psicosi alcoolica devono pure essere annoverate tra le
forme eredo-d^enerative : però qui l'eredità similare spiega una scarsa influènza. Negli
ascendenti degli alcoolisti troviamo spesso emicrania ed epilessia: negli ascendenti
dei malati di forme affettive si riscontra con frequenza il suicìdio. La tabe si trova
colla massima frequenza nelPascendenza degli ebefrenici e dei paralitici, l'apoplessia
in quella della paralisi progressiva, l'arteriosclerosi e la demenza senile nei melancolici.
Nel grande gruppo delle forme alcooliche conviene distinguere le forme di deli-
rium tremens, di paranoia alcoolica, di stati di ubbriachezza patologica : negli ultimi
depone per la loro relazione coll'epilessia il trovare con grande frequenza negli ascen-
denti l'epilessia e l'emicrania: l'eredità diretta psicopatica ha la maggiore frequenza
nella paranoia alcoolica e negli stati di ubbriachezza patologica. 0. Bossi,
F. SCHLAGEXHAUFER, Ueber Ruckenmarkslàsionen nach osteoporotisckev Wirbel-
prozessen. — S. 310.
L'A. riporta due casi, dei quali, a cagione della mancanza di esatti dati anam-
stenici, egli stesso riconosce la non grande importanza.
Essi starebbero a dimostrare che l'osteoporosi senile può come la carie verte-
brale ecc., dare luogo a lesioni midollari: e per altro a notare come nel primo caso
l'osteoperosi sarebbe stata causa indiretta della lesione midollare la quale avvenne
per rottura delle vertebre di già malate, per una caduta.
L'A. avanza l'ipotesi che alcune delle cosiddette paraplegie dei vecchi possano
trovare la loro origine in questa affezione osteoporotica delle vertebre.
0. Rossi.
E. Redlich, Ueber diffuse Himrindenverànderungen bei Himtumoren, — S. 820.
È nozione acquisita che i tumori cerebrali si accompagnano spesso, secondo
alcuni AA. sul 50 % dei casi, a spiccati fatti di disturbo psichico. La ragione di
questo fatto viene da alcuni riferita alla sede del tumore ma questa spiegazione non
è in ogni caso plausìbile : neppure si può generalizzare l'altra osservazione che i
disturbi psichici siano in rapporto coi fatti generali a carico della circolazione ecc.
che il tumore provocava, perchè spesso i disturbi mentali compaiono inizialmente quando
ancora i fatti generali sono poco spiccati e d'altra parte si osservano talora disturbi
psichici imponenti e concomitanti a piccoli tumori: la teoria di Reichardt che il
volume del tumore debba da questo punto di vista essere valutato non come dato a
sé ma comparato alla capacità della scatola cranica, può spiegare qualche caso di più
ma non tutti. Infine la teoria tossica può essere invocata ma solo in taluni casi per
esempio quando si tratti di carcinomi.
30 Rivista di Patologia nervosa e meìUale
Vengono poi altri AA. i quali attribuiscono i fatti mentali a lesioni istologiche
diffuse che il tumore cagiona nel cervello: Red li eh riassume le principali osserva-
zioni di quest'ultimi AA. e quindi espone le alterazioni da lui osservate in quattro casi.
La pia era in generale ispessita e presentava qua e là delle piccole emorragie.
Le alterazioni del T. nervoso erano, nei quattro casi, della stessa natura, diffuse
a tutta la corteccia ma predominanti nelle zone frontali ed occipitali. Le cellule
nervose presentavano fatti di cromatolisi: ma il fatto più spiccato era un grande
aumento delle Trahantzellen, Invece non vi era uno spiccato aumento delle fibre di
nevroglia, e non vi erano cellule giganti di nevroglia. Le vie brevi associative pre-
sentavano fatti di degenerazione.
L'A. riconosce che le emorragie intrapiali possono essere in relazione cogli accessi
epilettici dei quali i malati soffrivano a cagione del tumore.
Le altre, TA. le ritiene in nesso col tumore e tali da spiegare i disturbi psichici
osservati in vita. 0. Rossi.
R. Sand, Etne neue elektive Nervensystemfàrbung. — S. 339.
Partendo dalie ricerche di Lugaro il quale pel primo indicò come mezzi fissatori
adatti allo studio delle neurofibrille di cilindrassi, l' acetone e V ac. nitrico, FA. dà
un nuovo metodo di colorazione elettiva del cilindrasse. Come ognuno intende è im-
possibile riassumere dei dettagli di tecnica istologica : il metodo essenzialmente consta
di fissazione in miscela di acetone (90%) acido nitrico (10%): impregnazione delle
sezioni in nitrato d'argento prima, in nitrato d'argento ammoniacale poi, viraggio
all'oro, fissaggio.
Avrebbe sui metodi diCajalediBielschowskv il vantaggio di dare costan-
temente delle buone reazioni: ed il vantaggio, veramente apprezzabile, di permettere
d'ottenere cogli stessi pezzi le colorazioni più importanti cioè quella della nevroglia
alla Weigert, del connettivo col metodo Weigert-V. Gieson, delle zolle di Ni ss l,
delle infiltrazioni peri-vasali.
Anche le colorazioni comuni al carminio ecc. riescono bene, e così il metodo Benda
e il Mallory per la nevroglia.
Sfortunatamente l'A. non dà alcuna figura dei suoi reperti. 0. Hossi,
W. G. Spiller, Paralysìs of uptcard Associated Ocular Movements, — S. 352.
L'A. ricorda le opinioni da lui espresse in proposito alla paralisi dei movimenti
associati in direzione verticale dei globi oculari e le conforta coi lavori di AA, che
ne scrissero posteriormente.
Rammenta come si debba ammettere un centro corticale per questi movimenti
associati, la lesione del quale peraltro produce paralisi transitorie.
Le paralisi durature sarebbero invece una conseguenza di lesioni che interessano
le vicinanze dei nuclei del 111 paio: secondo T Od ter però si dovrebbe fare una distin-
zione : la lesione sarebbe nucleare quando la paralisi interessa solo i movimenti asso-
ciati volontarii mentre quando la lesione risiede nella vicinanza dei nuclei mancano
anche i movimenti associati riflessi.
Spiller non crede che il centro pei movimenti associati in alto coesista con
quello dei movimenti pure associati verso il basso, perchè la paralisi di queste due
sorta di movimenti suole apparire isolata ed è quella dei primi assai più frequente.
Becensioiil 34
L*A. riferisce un nuovo caso a sostegno della propria tesi. Si tratta di un tumore
(sarcoma alveolare) che arriva in basso al luogo ove i filetti radicolari del III paio
escono dai nuclei, si spinge di lato fino alla linea mediana ; ha una larghezza mas-
sima di 2 mm. e una lunghezza nel senso dorso-ventrale di 5 mm.
L'A. esaminò i nuclei di nervi oculari e trovò che alcune cellule di entrambi i
nuclei del VI presentavano dei fatti degenerativi: così pure parecchie cellule di
entrambi i nuclei del IH paio, mentre la parte periferica di uno di questi nervi si
dimostrò all'esame microscopico, normale.
0. Bossi,
W. Serbsky, Die Korsakowsche Krankheit. — S. 389.
Il lavoro dell*A., nel quale sono registrati tre nuovi casi, in uno dei quali Tori-
giae della malattia era dato da una setticemia (da un dermoide suppurato degli
annessi), nel secondo da erisipela, nel terzo da alcolismo, è una difesa del concetto
di Korsakoff seguito dalla scuola russa, che la malattia che dal nome di questo
A. si intitola sia un quadro morboso nettamente individualizzato, con un decorso
e una sintomatologia tutta propria. Però non vengono portati nella discussione argo-
menti nuovi che possano validamente contraddire alle obbiezioni mosse a questa
maniera dì intendere il detto quadro sintomatologico.
0. Rossi,
E. Straxsky, Beitràge zur kenntnis des Vorkommens von Veràndeningen in
den peripheren Nerven bei der progressiven Paralyse und einzelnen anderen
Pstfchosen. — S. 425.
L'A. non si propone di prendere in esame la forma di Korsakoff, né di stu-
diare quei casi nei quali secondo l'opinione di alcuni A A. una alterazione delle
terminazioni nervose può provocare delle alterazioni organiche che poi conducono a
disturbi psichici, sibbcne di studiare, come hanno già fatto altri AA. le alterazioni
dei nervi che compaiono in alcune forme determinate di malattie mentali.
Ha studiato istologicamente 29 casi di paralisi progressiva trovandovi delle note
di nevrite parenchimale, però di vario grado nei varii individui : l'A. constata che
in molti casi erano in atto processi di decubito, od erano preceduti traumi ai quali
si potrebbero alcune delle lesioni riferire : tuttavia, benché abbia anche trovato
che, coteris paribus, queste alterazioni sono più marcate negli individui marasmatici,
crede che queste lesioni stiano a sostenere la tesi (Kraepelin) che la paralisi pro-
gressiva sia una malattia che aggredisce tutto il sistema nervoso: un caso di Lues
cerebri nel quale si trovò in qualche nervo un aumento dei corpuscoli di Elzholz:
otto casi di demenza senile, nei quali si trovarono pure, ma non in tutti, aumentati
codesti corpuscoli e in qualcuno proliferazione del connettivo: quattro casi di de-
menza arteriosclerotica, nei quali le lesioni trovate sono pure lievissime.
Seguono altri casi di — paranoia — a reperto in maggioranza negativo: in
qualche caso aumento dei corpuscoli di Elzholz, e questo fa dubitare del valore
che a questo stesso reperto ottenuto in alcuni dei casi di paralisi progressiva l'A.
concede : di epilessia, di amnesia.
O. Rossi.
32 Ri vista di Patologia nervosa e mentale
H. F. Grùnwald, Zur Frage des Bromgehaltes im Epileptikergehime. — S. 455.
L*A. dosò il contenuto di bromo di un cerrello appartenente ad un giovane epi-
lettico di 21 anno il quale in circa 6 mesi aveva introdotto gr. 1356 di Bromuri :
ancora il giorno della morte ne avea preso cinque gr. : i suoi risultati che svelano
la presenza di piccole quantità di Bromuro di sodio (il paziente aveva usato di Bro-
muro di potassio) lo autorizzano a concludere che non si potè nel suo caso trovare
una particolare affinità del cervello per il bromo, ed a supporre che anche la piccola
quantità di Bromuro di sodio trovato stia in stretto legame chimico colla sostanza
cerebrale. 0. Bossi,
M. Sachs, Ueber absolute und relative LakaltHation. — S. 463.
È fuori dell' indole di questa rivista il sottile studio dell'A., il quale sulla scorta
delle varie teorie fino ad ora emesse circa la cosidetta localizzazione nello spazio,
viene a concludere che quelle funzioni visive che vengono contrassegnate col nome di
localizzazione assoluta (localizzazione di un oggetto in rapporto alla nostra persona)
e localizzazione relativa (localizzazione di un oggetto, da noi fissato, per mezzo delle
sue relazioni spaziali con altri oggetti) sono da ritenere come funzioni di differente
meccanismo.
Del resto il lavoro analitico e critico con molte citazioni di passi di altri AA.
non consente un riassunto. O. Rossi.
L. E. Bregmann, Ueber den spontanen Ausfluss von Cerebrospinalflussigkeit durch
die Nase, — S. 474.
Che il liquido cerebro-spinale fuoresca dal naso in caso di frattura della base
del cranio è constatazione tanto generalmente accettata che i trattati la danno come
uno dei sintomi della lesione ossea.
Invece è rara la circostanza della fuoriuscita spontanea, ed è si può dire raris-
sima se si vogliono tenere in conto soltanto quei casi nei quali il liquido scolante
dal naso venne con criterii adatti identificato col liquido cerebro-spinale.
A questa categoria appartengono due casi riferiti dall'A. Nel primo il deflusso
durava da lungo tempo: si trattava di una bambina la quale presentava inoltre cefalea
accessuale, accessi di vertigine, diminuzione dellMntelligenza: atrofia dei due ottici,
strabismo, atassia statica, tremore agli arti superiori: esagerazione dei riflessi tendinei:
segno di Babinsky: sintomi che condussero TA. alla diagnosi di un tumore risie-
dente nella fossa cranica anteriore. V identità del liquido fu stabilita sulla base di
esame fisico-chimico per confronto di liquido cefalorachidiano ottenuto dalla paziente
colla puntura alla Quincke.
Anche nel secondo caso — una donna — coesistevano sintomi tali da giustifi-
care una diagnosi di tumore cerebrale.
L' A. passa in rassegna, confrontandoli coi propri, i casi registrati nella lettera-
tura: da essi risulta che non sempre la fuoriuscita del liquido cefalo-rachidiano dal
naso in casi di tumore cerebrale produsse una attenuazione dei sintomi generali.
Quanto alla relazione di causa ad effetto V A. pensa che talora il tumore possa
produrre una così forte pressione da usurare le ossa oppure modificarne i rapporti.
O. Rossi.
Recensioni 33
F. Spieler, Zur Pathogenese der postdifterischen Làhmungen und des Herztodes
bei Jhphterie, — S. 512.
Dopo la esposizione delle principali teorie espresse al proposito, TA. passa allo
studio di tre suoi casi : i risultati ottenuti lo conducono alla conclusione che la morte
subitanea per paralisi cardiaca che si osserva non raramente dopo T infezione difte-
rica trova la sua spiegazione nel reperto isto-patologico di lesioni a tipo degenera-
tivo del N, vago che compaiono precocemente nel decorso della difterite.
Anche le altre paralisi post-difteriche sono sostenute da una nevrite periferica
come fanno supporre le alterazioni locali delle fibre terminali dei nervi che inner-
vano i focolai di malattia e confermano i fatti di nevrite che si trovano nei nervi
in stadii precoci della difterito. 0. Bossi,
Ch. e. Beevor, a Case of Pseudo-Bulbar Paralysis with Complete Loss of
Voluntary Bespiration, — S. 537.
L^A. descrive il caso di un paziente il quale ebbe, a breve distanza, degli attacchi
apoplettici, peraltro non molto marcati, in seguito air ultimo dei quali egli perdette
la facoltà di compiere volontariamente i movimenti respiratorii, e per conseguenza
non poteva neppure volontariamente tossire : invece ì movimenti riflessi di ridere,
^dare, tossire, starnutire e sbadigliare erano conservati.
L' A. ricorda come in un suo lavoro precedente ha stabilito che il muscolo
latissimo del dorso prende parte al movimenti dì tossire, ed in un^ altro ha emesso
Topinione che quando questo muscolo non può moversi nei movimenti di tosse volon-
taria la lesione risiede al disotto del talamo ottico cui Nothnagel considera come la
sede dei movimenti emozionali : questo caso suffraga V ipotesi perchè, mentre il detto
muscolo non era capace di movimento volontario, gli altri fatti riflessi emozionali
erano, come sopra si è detto, ancora conservati. 0. Bossi,
Bd. XVI:
L. V. Frankl-Hoghwart, Zur Differenlialdiagnose der juvenilen Blasenstorun-
gen, — S. 1.
L'A. riporta due casi di disturbi vescicali, stranguria prima, incontinenza poi,
i quali per il loro modo di insorgere nelFetà giovanile, il loro decorso, i sintomi di
deficiente sviluppo organico ai quali si accompagnavano, sono da classificarsi tra i
disturbi vescicali della giovinezza che alcuni vogliono attribuire a difetti di sviluppo
delle valvole o dei canali escretori.
. Senonchè avendo avuto 1* A. opportunità di eseguire la necroscopia a uno dei
due pazienti trovò accanto a uno scarso sviluppo della prostata ed a qualche anor-
malità valvolare anche delle alterazioni nelle cellule del 111 e IV segmento sacrale
del midollo spinale, cioè in corrispondenza della regione ove viene dagli autori col-
locato il centro della vescica orinaria.
L'A. crede che due ipotesi possano venire in campo per spiegare queste altera-
zioni cellulari: o si tratta di un fatto secondario come quelli che compaiono nelle
colonne cellulari che corrispondono ad arti amputati, oppure, il che è più probabile,
sono conseguenza di circoscritti poliomieliti.
Ad ogni modo è da ritenere che le anomalie valvolari da sé sole non siano in
grado di provocare gravi disturbi della minzione. 0, Bossi,
34 Rivista di Patologia nervosa e mentale
H. SCHLBSINGER, Zur Kenntìs der spondylitis tnfecttosa (nach Dengue-Fither),
— S. 13.
L^A. riporta il caso di an aomo. di 36 anni il quale in seg^^iito ad un attacco
di febbre Dengue, presentò dei disturbi del sistema nervoso indicanti un' infiamma-
zione delle meningi specialmente spinali, e poscia una affezione delle vertebre lom-
bari, verificata anche coli' esame radioscopico, che l'A. classifica nella categoria delle
spondiliti infettive delle quali è oggidì assai bene conosciuta quella che succede
spesso al tifo.
Le affezioni meningee ed ossee di natura infiammatoria che s^uono a queste
infezioni sogliono essere di una relativa benignità, ed hanno tendenza a regredire
epperciò comportano una prognosi discreta.
0. Eoasi.
S. Erben, Wird der stehende durch das Lagegefuhl der Glieder {dureh die
Nachricht Uber Gelenkeimtellungen) tot dem Faìlen Betcahr? — S. 23.
Secondo alcune ricerche proprie che l' A. riassume in breve scritto 1' organo di
ricezione della sensazione dei mutamenti della linea che passa pel centro di gravità,
nei limiti del piano di sostegno, è rappresentato dalla pianta del piede, e non dalle
superfici articolari.
0. Bossi.
E. Levi, Das graphische studium des Fussclonus und seine Bedeutung in der
Klinik, — S. 27.
Come è noto si trovano nella letteratura registrati dei casi nei quali, accant<»
ad una sindrome che depone per una forma funzionale, si trovò clono del piede:
questi reperti i quali toglierebbero a questo fenomeuo una parte del suo valore semio^
logico, sono stati contradetti da alcuni A.A., e sopratutto da Babinsky, nel senso
che qui si tratterebbe non di un vero clono del piede ma di un pseudo clono. Babinsky
avea già dato alcuni criterii differenziali tra queste due sorta di clono, così l'essere
permanente e provocabile senza alcun intervento della volontà del paziente depor-
rebbe pel vero clono : più tardi Claude e Rose pensarono di studiare nei due casi la
grafica del clono e il loro studio li condusse a stabilire che le escursioni del clono
vero sono regolari ed uniformi (da 4 a ^ al secondo) mentre l'ampiezza delle oscil-
lazioni nello pseudo-clono varia entro limiti assai ampii nello stesso tempo che la
loro frequenza sarebbe assai più grande (circa il doppio).
L'A. ha ripreso in esame questo argomento: egli pure trovò che le escursioni nel
clono vero sono più regolari e di uguale altezza: invece egli dissente dagli autori
precedenti per ciò che riguarda la differenza numerica, e neppure consente con Ba-
binsky che un carattere distintivo si possa riporre nella facilità maggiore o minore
colla quale si riesce a provocare il clono poiché egli ha riscontrato delle forme cer-
tamente organiche in cui era difficile il rendere manifestò il fenomeno: il tracciato
dello pseudo-clono presenterebbe invece escursioni irregolari sopratutto nella loro
ampiezza ma talora anche nella loro frequenza.
In una paziente che presentava i sintomi della sclerosi multipla l'A. ebbe agio
di osservare come il clono del piede non si potesse più suscitare quando essa avesse
Recensioni 35
nuLutiìuato per un certo tempo la posizione seduta: TA. emette l'ipotesi che questo
fatto si possa spiegare con le variazioni di circolazione che sono legate alle varie
posizioni.
Come ha già osservato Boeri per i tremori in generale, anche nei tracciati del
clono del piede il numero delle oscillazioni appare indipendente dalla loro ampiezza
Un'altra constatazione degna di rilievo nei riguardi pratici si è che, mentre è
possibile la simulazione dello pseudo-clono, non lo è quella del clono vero coi suoi
caratteri distintivi di regolarità. R, Righetti.
I. Zappert, Der Himtuberkel im Kindesalter, — S. 79.
L'A. ha studiato da varii punti di vista 62 casi di tubercoli encefalici : la com-
parazione del quadro clinico dei varii casi conduce TA. ad una prima conclusione
abbastanza importante che cioè il tubercolo encefalico decorre nei bambini, nella
grande maggioranza dei casi, senza dare sintomi che permettano di riconoscerne la
presenza: in generale hanno un tale decorso latente i piccoli tubercoli ma spesso
rimangono pure silenziosi tubercoli grossi come una nocciola, una noce, od anche
qaanto una prugna: quando si tratta di tubercoli multipli il decorso è assai meno
di frequente latente: il rimanere più o meno latenti dipende come è facile imma-
ginare dalla localizzazione, così quelli del cervelletto, del cervello, dei gangli della
base sono quasi in uguale misura latenti o manifesti, mentre quelli che hanno sede
nel ponte, nei peduncoli cerebrali, nei tubercoli quadrigemini assai di rado durano
senza manifestazioni.
Inoltre l'A. ha constatato che questi tubercoli rimasti a lungo latenti possono
dare luogo ad una meningite tubercolare con sintomi a focolaio : talora questi tubercoli
possono rapidamente condurre a morte col quadro di una meningite mentre poi al
tavolo anatomico si constata che la meningite non esisteva.
Talora i tubercoli encefalici decorrono unicamente col quadro clinico di un
idrocefalo aumentante.
Xei tubercoli cerebrali spesso appare il solo quadro delle manifestazioni generali
di un tumore intracranico senza alcun sintomo a focolaio.
Quando i* tubercoli sono multipli talora se ne può localizzare qualcuno, mentre
non riesce di determinare la sede di altri anche più grossi.
Dal punto di vista diagnostico FA. riconosce come indìzii assai preziosi e spesso
iniziali le emiplegie che compaiono accompagnate da convulsioni, il tremore uni-o-
bilaterale, fatti a carattere atassico o coreico.
A cagione dell' incertezza, nella quale si rimane il più spesso, riguardo alla sede
evvi poca speranza per un intervento operatorio. 0. Rossi,
M. (ÌR088MANN*, Das Verhalten des Blutdruckes und der Herzarheit bei der
Arteriosklerose. — S. 151.
L'A. in questo suo lavoro ribadisce con la esperienza propria la constatazione
che la pressione sanguigna non è in nessun modo nell'arteriosclerosi sempre aumen-
tata ma anzi è non di rado normale e talora anche abbassata.
Il cuore in quest'affezione vasaio viene a trovarsi di fronte a due difficoltà : da
un lato il restringimento del lume vasale, dall'altro la perdita dell'aiuto che per
36 Rivista di Patologia nervosa e mentale
la facilità e la continuità della circolazione dà Telasticità vasale : e difScilmente è
capace di un sopralavoro che annulli o soprayanzi questi due scapiti.
Tanto pili che molto di frequente sono malate le arterie che nutriscono il muscolo
cardiaco: e che avendo le arterie perdute la loro cedevolezza anche viene ad essere
frustrata la cosidetta autoregolazione del circolo. 0. Rossi.
E. Raimann, Homizide Melancholiker. — S. 167.
L'A. riporta ampiamente quattro casi di omicidii compiuti da melancolici facen-
doli seguire da alcune considerazioni per dimostrare la necessità di una sorveglianza
attiva in ogni caso di melancolia. 0. Rossi.
R. Neukath, Angeborene Herzfehler und organische Hirìikrankhetten {cerebrale
Kinderlàhmung). — S. 185.
È da tempo noto come in alcune malattie del sistema nervoso ad esempio il
morbo di Friedreich si trovino spesso dei vizii cardiaci congeniti: invece è piti
di recente stato rilevato questa coincidenza in altri stati ove le manifestazioni di
malattia cerebrale compaiono presto, p. es., nel mongolismo (Garrod) e in qualche
caso di paralisi cerebrale infantile (Ibrahim-Wachsmuth).
Interessanti poi sono i casi nei quali il vizio cardìaco congenito provoca le cosi-
detta « embolie paradosse delle arterie » nelle quali cioè Tembolo proviene dal cir-
colo venoso a causa della persistenza del foro di Botallo.
L'A. ha raccolto quattro casi, uno dei quali corredato dal reperto necroscopico,
nei quali vizii cardiaci congeniti erano concomitanti a paralisi cerebrali infantili :
in due casi le manifestazioni a carico del sistema nervoso erano con ogni verisimi-
glianza di natura congenita, negli altri due casi comparvero più tardi (10 mesi e
4 anni) con sintomi apoplettiformi,
L'A. sulla scorta dei due casi crede che, a differenza di quanti altri AA. hanno
sostenuto, non si possa decidere se si tratti di difetti di sviluppo primarii sia del
cuore che del cervello, oppure di malattie intrauterine che affliggano i due organi
e che possono essere tra loro indipendenti (endocardite ed encefalite o meningite)
oppure in relazione causale (embolia da endocardite).
L'A. afferma ancora che i vizii cardiaci congeniti creano anche per la vita inol-
trata una certa disposizione alle malattie del sistema nervoso, per esempio producend»
le già nominate embolie paradosse. 0. Rossi.
A. ScHiiLLER, Keimdrusen tmd Kervensystem. — S. 208.
Il problema può essere considerato da due differenti punti di vista: si può cioè
studiare l'influenza del sistema nervoso sullo sviluppo delle ghiandole genitali e
quella di queste su quello.
Riguardo al primo problema VA. passa in rassegna i lavori, piuttosto scarsi,
pubblicati in argomento: poscia espone le osservazioni da lui eseguite sopra 120
idioti, di sesso maschile in età dai 5 ai 16 anni : comparando questi suoi dati con
quelli di altri AA. e completando le sue osservazioni colle altrui, VA. conclude che:
clinicamente pare che il cervello non eserciti sulle condizioni delle ghiandole sessuali
Recensioni 37
un'azione degna di nota mentre spiegano su di esse unMnfluenza trofica il midollo
spinale, ì nervi periferici e il sistema nervoso simpatico.
A loro volta le ghiandole sessuali esercitano una influenza sul sistema nervoso
COSI come su tutti gli altri organi : in alcuni casi che appartengano al cosidetto
— disgeni tal ismo primario — le affezioni delle ghiandole genitali appaiono affatto
primitive non in dipendenza cioè di malattie di altre ghiandole.
Così si trovano queste forme nel gigantismo infantile che ha appunto per carat-
teri fondamentali : la piccolezza dei testicoli, lo scarso sviluppo dei caratteri sessuali
secondarli, un esagerato sviluppo scheletrico, un difettoso sviluppo psichico.
Secondo alcuni AA. anche il gigantismo acromegalico rientrerebbe in questo
gruppo poiché le anomalie ipofìsarie sarebbero in relazione a quelle degli organi
genitali.
Come secondo tipo di disgenitalismo primario si possono considerare quei casi
che sono caratterizzati dalla combinazione deir ipoplasia degli organi genitali, con
l'adiposità e un certo grado di imbecillità (Fettkinder),
Il terzo tipo è quello del cosidetto « mongolismo ». Secondo Topinione dell'A. lo
sviluppo esagerato dello scheletro sarebbe da riportare ad una malattia del midollo
osseo la quale potrebbe essere conseguenza dello stato delie ghiandole sessuali, oppure
essere con questo coordinata.
L'A. crede ancora che converrà istituire in queste forme delle ricerche sulla
influenza deiropoterapia, ricorrendo o a preparati di ghiandole o ad innesti delle stesse.
0. Rossi.
H. Frey, Bildungsfehler des .Gehòrorganes bei der Anencephalie, — S. 231.
L'A. dopo aver posto in rilievo, col riassumerli, gli scarsi dati forniti dalla
letteratura a questo proposito, descrive un caso di osservazione personale. Macrosco-
picamente le malformazioni interessavano soltanto la configurazione esterna dell'osso
temporale, e lo sviluppo dei muscoli auricolari, nel senso di un non trascurabile
aumento nel diametro orizzontale.
Delle variazioni istologiche dal normale sono da ricordarsi : la presenza di nume-
rosi vasi e dilatati nel condotto uditivo interno: lo scarso sviluppo del ganglio di
Scarpa, dello spirale e del vestibolare.
Le alterazioni di questi ganglii sono probabilmente in relazione col difetto di
sviluppo del sistema nervoso : quelle riferite dei vasi poi possono essere conseguenza
dell'alterazione dei ganglii : anomalie vasali simili sono state riscontrate anche nei
sordomuti.
0. Rossi,
A. FucHS, Periphere Faci ali sldhmung, — S. 245.
In questo lavoro l'A. espone le vedute cliniche che sono comunemente accettate,
in riguardo alle paralisi periferiche del VII, confrontandole coi risultati della propria
esperienza personale fondata sulla osservazione di 593 casi.
La paralisi del facciale sarebbe la piti frequente tra quelle che interessano i
nervi periferici, la sua frequenza sarebbe ancora maggiore di quella che si verifica
pei muscoli estrinseci dell'occhio.
38 Rivista di Patoloffia nervosa e mentale
Le forme nelle quali bì può con sicurezza assoluta parlare di una paralisi del
VII congenita sono assai rare: così l'A. a prima vista ne trovò 11 casi ma in uno
solo fu possibile ottenere e discriminare i dati anamnestici in modo da escludere che
la paralisi non fosse insorta per processi morbosi nei primi giorni di vita.
Come si sa riguardo alla etiologia dura ancora grande discussione: fatta astra-
zione di pochi casi nei quali una causa appare manifesta, per gli altri si discute
ancora se si tratti d' una anormale, congenita strettezza del canale di Falloppio o di
una paralisi a frigore: l'A. nei suoi casi ha trovato che 43 volte coesistevano ma-
lattie deirorecchio, in 14 era pregressa la sifilide, in 17 un trauma,. in 8 erano coe-
sistenti paralisi di altri nervi cranici e negli altri casi non si potè accertare l'etiologia.
Dei 503 casi 308 appartenevano al sesso maschile e 285 al femminile: degli
uomini 114 esercitavano professioni che non espongono a cause speciale di raffredda-
mento, 125 invece erano addetti a mestieri dove si presentano spesso cause di questt>
genere, 125 erano a cagione del loro mestiere esposti a cause tossiche: gli altri erano
individui a professione sconosciuta o fanciulli (nel testo deve essere incorso un errore
di stampa perchè così come le dà l'A. le cifre non tornano, forse a pag. 253 invece
di 308 M&nner si deve leggere 398, tornerebbe anche meglio il conto col numero dei
malati dati al principio del lavoro in 593 e non 503 come risulta a detta pagina).
D'accordo con altri AA. che trattano la quistione dal punto di vista anatomico
l'A. ritiene pure che dal punto di vista clinico si possa con verisimiglianza stabilire
che il Vn non ha che fare coli' innervazione del palato molle.
Un'altra quistione discussa è quella dei disturbi -di senso che spesso concomi-
tano alla paralisi facciale, l'A. crede dipendano da compartecipazione di altri nervi
di senso al processo morboso.
L'A. ha anche osservato spesso una deviazione non apparente, relativa cioè alla
deformazione della bocca, ma reale della lingua dal lato della paralisi : egli l' inter-
preta appoggiandosi all' opinione di quegli AA. che sostengono come il M. stiloglosso
riceve alcune fibre dal nervo facciale.
Forse molti casi di paralisi del VII sono un fenomeno di una polineurite che
negli altri nervi dà dei fenomeni poco appariscenti: infatti spesso i malati hanno
dei disturbi generali, si lagnano di dolore alle membra, di parestesie, ecc.
Infine l'A. raccomanda molto come mezzo diagnostico ed anche a scopo di cura
l'elettricità.
Un ricco elenco bibliografico chiude il lavoro. 0. Bossi,
Shuzo Kube, Medizinischer Bericht des Sugamo-Hospitah, der Irrenanstalt der
Stadi Tokio filr d^n Zeitraum ^889 bis 1901. — S. 279.
Rendiconto statistico, ricco di tabelle, ed irto di cifre, che potrà essere consul-
tato da coloro che si dedicano al confronto dello sviluppo delle malattie mentali
presso le varie razze e civiltà.
Dal complesso risulta che anche i figli del sole levante non sfuggono alle forine
di malattia mentali comuni nella vecchia Europa: la demenza precoce, frequente da
noi, pare laggiù più scarsa: forse può dipendere dai criteri diagnostici, infatti l'A.
non ne fa menzione a parte, ma ne raggruppa una forma — l'ebefrenia — sotto
il nome di demenza secondaria, e questo gruppo rappresenterobbe nel totale un
percento dell' 11.
Recensioni 3^
KoiCHi MiYÀKE, lugendirresein. — S. 315.
Avendo VA. studiati moltissimi casi delle cosidette psicosi della pubertà di
quelle cioè che scoppiano tra i 14 e i 22 anni, potè stabilire che esse rappresentano
circa r 8, 5 7© ^^ì casi di pazzia ; che la maggioranza di questi casi clinicamente
appartengono alla demenza precoce; segue quindi la forma maniaco-depressiva: mentre
Tepilessia e V isteria non sono tanto frequenti.
D 77 **/o di questi malati soffriva di tara ereditaria, in circa un sesto essa era
data dall'alcool ismo nei genitori: la tara ereditaria sarebbe più frequente e più grave
nella forma maniaco-depressiva che non nella demenza precoce.
L'A. fa poi altre considerazioni statistiche sullo scoppio della malattia, la du-
rata, ecc. : infine ci dice di non avere potuto stabilire una differenza degna di nota
tra le psicosi della pubertà che si verificano negli europei e quelle dei giapponesi,
in questi però gli stati depressivi appaiono in generalo meno profondi.
0, Rossi.
W. Mageb, Zur Kenntis vdsomotorischer Symptomen bei Himtumoren, — S. 340.
Quasi a sostegno della tesi che ammette l'esistenza dei centri vasomotori corti-
cali, l'A. riporta due osservazioni, dove un tumore, risiedente nella zona motrice cor-
ticale, avea dato luogo anche a spiccati sintomi vasomotori (abbassamento notevole
della temperatura, dermografia, ecc.). 0. Rossi,
A. Spitzer und I. P. Karplus, Ueber experimentelle Làsionen an der Gehirn-
hasis. — S. 348.
Gol metodo già in altro lavoro pubblicato gli AA. hanno ora proceduto nelle
scimmie, nei cani, nei gatti, a lesioni sperimentali di parti del metencefalo.
La tecnica del metodo varia da caso a caso, le degenerazioni secondarie e le qui-
stioni di anatomia clinica che ad esse si ricollegano non si possono utilmente stu-
diare senza il soccorso delle figure che accompi^ano il lavoro, del quale, per questa
sua peculiare indole, siamo costretti a dare solo un cetino.
0. Rossi.
F. PiNELES, Zur Behandlung der Tetanie n^it Epithelkòrperpràparaten. — S. 437.
L'A. partendo dall'opinione che la tetania che sussegue alla strumectomia sia
dovuta all' ablazione delle paratiroidi, dall'altra che nella tetania spontanea si tratti
della stessa forma di intossicazione che si ha in quella operatoria, tentò di curare
quella spontanea con preparati di paratiroidi di cervello ottenute seccando la ghiandola
a 40 gradi, polverizzandola, mescolandola con uguale quantità di cacao e facendone
delle tavolette del peso di 0,30 gr. ciascuna, contenenti cioè ognuna 0,15 gr. di sostanza
paratiroidea.
Somministrava in media tre di queste pasticche ogni giorno a tre malati ma
senza alcun risultato oggettivamente constatabile. L'A. mette in guardia contro pos-
sibili equivoci sull' influenza di questa terapia perchè la tetania spontanea degli adulti
è una malattia che tende di per sé alla guarigione.
AO liivìsUi di Patologia nei^osa e mentale
Se si considera che la tetania paratireopriva sperimentale viene invece favore-
volmente influenzata dalla terapia ghiandolare nasce il dahbio che quella spontanea
degli adulti debba in ogni caso riportarsi ad un analogo meccanismo.
A noi piace ricordare come i primi esperimenti in proposito siano stati fatti da
un italiano, il Va ss a le, il quale nei bambini ottenne dei buoni risultati coi suoi pre-
parati di paratiroidina.
0, Rom.
V. WiDAKOWiCH, Ueher Entirickelungsdifferenzen des Zentralnerwensystems dreier
gleichalteriger Emhryoìien von Cavia cobaya, — S. 452.
Mentre negli animali inferiori si osserva che i piccoli di una covata o di un
parto sono presso a poco ugualmente sviluppati, negli animali a sangue caldo si os-
serva in genere tra i piccoli di una stessa gravidanza una grande differenza di svi- '
luppo : queste differenze sono già manifeste in periodi precoci dello sviluppo fetale
e sogliono anche interessare in maniera molto spiccata il sistema nervoso.
Le differenze sono spiccatissime nei roditori, e la descrizione che V A. dà del
t-istema nervoso di tre embrioni di cavia, presi allo stesso stadio, sono una conferma
di questo interessante fatto.
0, Rossi,
E. HuLLES, Zur vergleichenden Anatomie der cerehrahn Trigeminuswurzeì, —
S. 469.
Secondo le ricerche dell' A., condotte nelle varie classi di animali, la radice cere-
brale del V è una delle formazioni più costanti del sistema nervoso : essa comincia
in quasi tutti gli animali in vicinanza della commessura posteriore ; già nei Marsu-
piali e negli Artiòdactili essa ha un grande sviluppo sino dal suo inizio e si trovano
cellule già nel talamo. La sua terminazione spinale coincide coir uscita della radice
motrice: soltanto nei carnivori, nei roditori, negli artiòdactili, si possono seguire
ancora alcune fibre più in là. Le cellule stanno talora negli stessi tubercoli quadri-
gemini, e anche qui si vede che negli animali più bassi, fatta eccezione dei roditori,
si trovano in queste formazioni molte più cellule. Un dato interessante è quello che
riguarda un possibile incrociamento delle fibre di questa radice attraverso il Veluni:
questo fatto nell' uomo non è certo, ma nelle scimmie con grande probabilità avviene
e negli altri animali è molto bene riconoscibile. Quanto ai rapporti col IV la sua
uscita di regola sta negli animali superiori medialmente, negli inferiori ora medial-
mente ora lateralmente.
La formazione della radice cerebrale in riguardo alle cellule ed alle fibre è
assai più sviluppata nell'uomo, nelle scimmie, nei chirotteri, nei pinnipedi che non
nei carnivori, negli insettivori e roditori.
Ma da questo sviluppo nulla si può dedurre circa una correlazione con lo svi-
luppo di speciali funzioni: soltanto è possibile una constatazione di ordine negativo
che ciò negli animali che hanno molto sviluppato 1' apparato della masticazione, è
poco bene sviluppata.
O. Rosasi,
Recensioni 41
V. BiACH, Das Riickenmark der Ungtiìaten. — S. 487.
Sarebbero qualifiche del midollo degli ungulati: 1) La disposizione simile a
quella di una circonvoluzione della sost. gelatinosa di Rolando e della parte corri-
sp«)ndente dei nuclei del corno posteriore. 2) La manifesta partecipazione del processus
reiicularis all' architettura del nucleo delle coma posteriori. 3) La presenza di un
sistema, analogo a quello della colonna di Clark, con piccole cellule. 4) La brusca
comparsa della sost. gelatinosa centrale col difetto delle formazioni nervose. 5) Il
notevole sviluppo della sost. bianca e la ricchezza di fibre della sost. gelatinosa di
Rolando. 0. Rossi.
G. BoxviciNl und 0. POTZL, Einiges iiber die « reine Worthlindheit ». — S. 522.
Gli AA. riferiscono un caso di cosidetta alesala sottocorticale o pura, nella quale
i'ioè il malato, il quale non può leggere una parola, ha però conservata la facoltà
di leggere e di indicare con esattezza le vocali, (coesisteva emianopsia omonima la-
terale destra).
Alla necroscopia trovarono dei rammollimenti alla faccia interna del lobo occi-
pitale: uno alla parte inferiore del lobulo linguale, un altro nel sulcus cunei, i
quali avevano determinato degenerazioni secondarie nelle radiazioni ottiche, nel tape-
tam : erano pure presenti delle degenerazioni nelle fibre dello splenium però meno
marcate di quelle trovate in casi simili da AA. precedenti. 0. Rossi,
K. V. Orzechowski, Zur Frage der Pathologischen Anatomie und Pathogenese der
Chorea minor. — S. 530.
In un suo caso 1 A. descrive molte alterazioni istologiche riferibili sia alle
cellule che alle fibre, delle quali per altro egli crede che nessuna sia da ritenere
senz' altro come il fondamento anatomo-patologico della corea.
Richiama V attenzione sopra il grande accumulo di nuclei attorno alle cellule
dei nuclei talamici e sullo sviluppo di questi relativamente scarso in confronto di
quello del resto del sistema nervoso.
Quanto alla patogenesi V A. crede che la corea minore sia da riferire ad un' infe-
zione setticemica o piemica : l'apparente localizzazione del processo, sostenuto da alcuni
AA. deriva da peculiarità circolatorie: essendo nell'età giovanile preponderante il
circolo proveniente dalla basilare si comprende come i microorganismi e le loro tossine
abbiano modo di spiegare la loro azione in special modo nell' istmo dell' encefalo e
sul cervelletto. 0. Rossi.
0. Marbubo, Beitràge zur Kenntis der Grosshirnrinde der Affen, — S. 581.
Studio anat4>mo-istologico, delle conclusioni del quale sono degne di nota: 1) Che
la ricchezza della corteccia in cellule è proporzionale allo sviluppo nella scala
zoologica della scimmia. 2) Che nella zona motrice vi sono in ogni caso cellule
giganti. 8) Che le differenze nella proporzione delle cellule è meglio rilevabile nei
lobi frontali. 0. Rossi.
42 Rivista di Patologia nervosa e mentale
M'evropatologla.
2. Q. Etienne, Des ecchymoses zoniformes spontanées. — « Nonvelle Icono^aphie
de la Salpètrière », n. 5, 1907.
In una donna di 80 anni, ancora valida e ben conservata, sono sorte improvvi-
samente, senza causa apparente, delle chiazze bluastre, contuslformi, raggruppate sul
lato destro della fronte, estendentesi ai lati della regione malare sino alla linea fron-
tale mediana, in alto sino al cuoio capelluto, in basso occupanti con una vasta echi-
mosi la palpebra superiore. Nella regione occupata dalle echimosi i dolori spontanei
sono vivissimi, la benché minima pressione non è tollerata. In breve tempo la colo-
razione bluastra scompare e dopo poco cessano pure le sensazioni dolorose. LW. fa
notare che la disposizione strettamente zonale delle echimosi occupa nettamente il
territorio del nervo frontale, si può quindi ritenere questa manifestazione emorragica
come un' echimosi zoniforme oftalmica sviluppatasi sul territorio del nervo frontale.
L'A. crede che il caso presente rientri nella categoria dei fenomeni zoniformi di
tipo nevritico, i quali si possono manifestare con fenomeni di vasodilatazione o coi
disturbi trofici dell'eruzione zosterriana. Per spiegare come la nevrite sensitiva o
mista possa determinare il fenomeno simpatico della vasodilatazione TA. emette
due ipotesi: a) La nevrite del nervo sensitivo interessa anche le fibre simpatiche
che V accompagnano, b) Le cellule ganglionarì, lese per la nevrite sensitiva, funzio-
nano in modo difettoso agendo snll' apparato simpatico annesso.
Sandri,
3. Italo Rossi et G. Boussy, Contribution anatomo-patologique à Vétude de»
localisations motrices corticales, A propos de trois cas de sclerose laterale
amyotrophique aree dégénératton de la vaie pyramidale suivie au Marchi
de la moelle au cortex, — « Revue neurologique », n. 15, 1907.
Secondo i dati classici, sino a pochi anni fa indiscussi, si ammetteva che la
zona motrice corticale occupasse le circonvoluzioni parietali e frontali ascendenti,
il lobulo paracentrale e forse pure il piede di inserzione delle tre circonvoluzioni
frontali. Questa dottrina fu attaccata per la prima volta nel 1901 dalle ricerche
sperimentali di Grflnbaum e Sherrington, i quali poterono dimostrare che la
zona motrice corticale, alla convessità del cervello, sarebbe localizzata esclusivamente
o quasi, nella sola circonvoluzione frontale ascendente. Altre ri ceree sperimentali,
anatomo-cliniche ed istologiche vennero a confermare la teoria dei due fisiologi in-
glesi.
La sclerosi a placche è malattia essenzialmente sistematica che colpisce il neu-
rone motore centrale e periferico : si può comprendere dunque V importanza che può
avere per la suddetta questione un esame dettagliato che segua la degenerazione del
neurone motore in tutta la sua lunghezza. A questo scopo gli AA. studiarono tre
casi di sclerosi laterale amiotrofica seguendo col metodo Marchi e Weigert la
degenerazione della via piramidale dal midollo sino alla corteccia.
J/ esame istologico, oltre all'aver messo in evidenza le lesioni caratteristiche
della sclerosi laterale, ha dimostrato come in questa aifezione morbosa le due cir-
convoluzioni rolandiche si comportino in modo affatto differente l' una dall' altra.
Ne vro patologia i^
Xella frontale ascendente si notava degenerazione notevole delle fibre trasversali,
più evidente ancora nelle fibre di proiezione, alterazioni qualitative e quantitative
delle grandi cellule piramidali e particolarmente delle cellule di Betz. Nella pa-
rietale ascendente non esisteva alcuna alterazione cellulare, e col metodo Marchi,
in due soli casi si notava qualche rara fibra degenerata.
Le deduzioni che, a proposito della topografia della zona corticale motoria, si
possono trarre dalle suesposte osservazioni prendono anche maggior valore se si met-
tono in confronto non solo alle esperienze di Sherrington e Grùnbaum, ma an-
che a un certo numero di fatti e di considerazioni d* ordine sperimentale, anatomo-
clinico ed istologico. Dal punto di vista sperimentale già Hit zig, aveva localizzata
la zona motrice della scimmia solo nella frontale ascendente, altri sperimentatori e
chirurghi sia col metodo deir ablazione, sia con quello dell'eccitazione fecero la
stessa constatazione nella scimmia e nell' uomo. Dal punto di vista anatomo-clinico
non si poterono trovare validi appoggi a questa teoria perchè più che altro erano
presi in considerazione i focolai da rammollimento, i quali benché in apparenza H-
mitati e superficiali molto, difficilmente possono dare una lesione di una parte qua-
lunque di una di queste due circonvoluzioni rolandiche senza interessare nella pro-
fondità le fibre appartenenti all' altra. Dal punto di vista istologico gli studi fatti
in questi ultimi anni concordano nel dimostrare che esistono tra la frontale ascen-
dente e la parietale ascendente delle differenze spiccate di stratificazione, di volume,
e di forma delle cellule. Le quali differenze istologiche concordano coi risultati for-
niti dallo studio della mielinizzazione che permettono al Flechsig di distinguere un
tipo motore ben delineato nella frontale ascendente, ed un tipo sensitivo corrispon-
dente alla parietale ascendente.
Gli AA. basandosi sui risultati delle loro ricerche anatomiche, sulle ricerche
sperimentali di GrAnbaume e Sherrington, Vogt et Brodmann, sui lavori di
Probst e di Campbell, sono indotti a credere che si debba ritornare sui dati,
fino ad oggi ritenuti come classici, della topografia motrice corticale. Sono convinti
che, contrariamente alla dottrina classica, la zona motrice nell' uomo sia quasi esclu-
sivamente limitata alla frontale ascendente. Tuttavìa fanno qualche riserva in favore
di una leggera partecipazione della parietale ascendente alla zona corticale motrice.
Sandri.
4. Raymond et P. Insonne, Syringomyélie avec phénomènes bulhaires et trou-
hles trophiques intenses. — « Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 4,
1907.
In un giovane di 18 anni si riscontra una sintomatologia complessa costituita
da fenomeni di origine bulbare e da sintomi motori sensitivi e trofici, insorta da
quattro anni, a decorso continuo e progressivo. — I sìntomi motori consistono in una
paraplegia spastica con trepidazione spinale e fenomeno di Bah inski, e d'una paresi
dell' arto superiore destro accompagnata da indebolimento dei riflessi. — I disturbi
sensitivi sono dati da una emi-ipoestesia con dissociazione siringomielica in zone
molto limitate. I disturbi trofici da una scoliosi a convessità destra, una artropatia
della spalla destra ed una ipertrofia della mano accompagnata da disturbi vaso-
motori. — I fenomeni bulbari sono rappresentati da una emiatrofia linguale destra,
da una paresi del velo del palato e della corda vocale di destra. — Secondo gli A A.
Ai Rivista di Patologia nervosa e mentale
resistenza di una siringomielia bulbo-cervicale estendentesi probabilmente sino alla
regione dorsale superiore, è sufficiente per spiegare tutti i sintomi presentati dal
paziente.
Dopo aver fatta rilevare la gravità dei disturbi trofici riscontrati, gli A A.
discutono sulla patogenesi delle scoliosi. Nel caso attuale essa è da imputarsi ad alte-
rato trofismo d'elle ossa stesse. — La chiromegalia riscontrata, localizzata ad una
sola mano, è sintoma raro. Nel caso presente era formata tanto dall' ipertrofia del
tessuto osseo come da ipertrofia delle parti molli, senza che la pelle partecipasse
notevolmente all' alterazione. — Gli AA. credono impossibile, col sussidio delle attuali
cognizioni, localizzare in un dato punto del sistema nervoso la lesione che può essere
causa di questa chiromegalia.
Sandri.
5. H. Claude, Syphih's médullaire et mal de Poti, — « Encéphale >, n. 9, 1907.
Un uomo di 40 anni presentava sintomi (andatura tabetica, sintoma di Romberg,
dolori folgoranti....) di localizzazione spinale d' un processo sifilitico in evoluzione.
Queste manifestazioni scomparvero in seguito a trattamento specifico. Ma dopo qualche
tempo si manifestò un morbo di Pott, ed in sei mesi l' ammalato morì per tuberco-
losi polmonare. L'esame del midollo rivela due- sorte di lesioni. Le une, di origine
tubercolare, constano di : fungosità ed ispessimenti della dura, dalla regione dorsale
alla regione lombare inferiore, di infiammazione ed aderenze delle meningi molli.
Le radici anteriori, inglobate nel processo infiammatorio subacuto, non presentano
traccia di degenerazione degli elementi nervosi o di sclerosi interfascicolare. Le altre
lesioni di origine sifilitica sono localizzate a varie radici posteriori e consistono
in una infiltrazione sclerosa delle radici e del nervo radicolare; il quale è avvolto
in un manicotto fibroso spesso, ed il fondo di sacco aracnoideo forma su qualcuno
di questi nervi una vera sinfisi fibrosa. L'A. dopo aver riportato e comunicato due
casi affini, già illustrati da altri, fa notare che le alterazioni, abbastanza strane,
del fondo di sacco aracnoideo e dei nervi radicolari, ricordano abbastanza esattamente
la modificazione anatomica descritta da Nageotte, al livello delle radici, come lesione
iniziale della tabe. Questi fatti possono portare un utile contributo alla questione
sui possibili rapporti esistenti tra tabe e sifilide spinale.
Sandri.
6. J. Lhermitte et Artom, Tln cas de syringomyélie aree cheiromé galle suiri
d' autopsie, — « Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 5, 1907.
Gli AA, illustrano un caso tipico di siringomielia. — La cavità siringomielica
si estende dal IV segmento cervicale sino al IX dorsale. I disturbi motori come
i disturbi sensitivi permettevano già intra vitam di localizzare con abbastanza pre-
cisane l'estensione del processo cavitario. L'esame macroscopico e microscopico dei
centri permette agli AA. di spiegare esattamente la sintomatologia presentata dal-
l' ammalata.
Il fenomeno più degno di nota, consiste in una ipertrofia manifesta della mano,
e della estremità inferiore dell'avambraccio destro. Questa ipertrofia, incominciata un
anno circa prima della morte dell' amm. portava ad un aumento in spessore più
Nevropatologia 4.">
che in lunghezza della mano. L'esame radiografico dimostra la assolata mancanza
di qualunque lesione ossea od articolare. L'esame istologico rileva che T ipertrofìa
della roano è dovuta all'aumento dello strato epidermico e dermico, senza che le
ghiandole sebacee, sudoripare ed i vasi partecipino in alcun modo al processo. I mu-
scoli presentano lesioni di atrofia semplice con leggera infiltrazione adiposa. I nervi
del braccio destro mostrano solamente un' abbondanza di fibre sottili ed una dimi-
nazione numerica delle medie e grosse fibre. I nervi della mano invece presentano
fenomeni di nevrite in atto con corpi granulosi. Gli AA. discutono sui caratteri ti-
pici della chiromegalia: per quanto possa lontanamente somigliare all'acromegalìa,
non si può mai con essa confondere. La questione che attualmente resta ancora in-
soluta è la patogenia della chiromegalia. Gli AÀ. sono convìnti con P. Marie,
Schlesinger, Fischer ecc. che costituisca un sin toma della sìringomielia e sia
affatto indipendente da qualunque altra aifezione sovrapposta, ma non possono spie-
gare l'origine di questo disturbo trofico.
Sandri,
7. H. Claude et P. Lejonne, Sur un syndrome spasmodique associé à ce rt ai ne
mouvements voìontaire» et attribué à un irritation unilaterale du faisceau
géniculé, — < Encéphale », n. 9, 1907.
In una donna di 47 anni insorsero bruscamente, ma senza perdita di coscienza,
uno spasmo facciale e delle paralisi oculari, poi verso sera una leggera emiparesi
sinistra piii accentuata all' arto superiore ; dopo 48 ore sopravvenne un ictus seguito
da coma, durante il quale si manifestò un' emiplegia sinistra accompagnata d' afasia
e da turbe mentali. Dopo otto giorni l'emiplegia era ridotta a un'emiparesi, i di-
sturbi mentali durarono circa tre mesi, 1' afasia andò scomparendo. Otto mesi dopo
r ictus l'ammalata presenta: un' emiparesi sinistra, più accentuata all' arto superiore,
delle paralisi oculari (3^ paio completamente paralizzato a destra e parzialmente a si-
nistra), uno spasmo che interessa, dal lato destro, faccia, faringe, laringe, un certo
indebolimento intellettuale.
Gli AA. discutono sulla natura, sulla sede del focolaio o dei focolai patologici,
credono che la sintomatologia complessa che 1' ammalata presenta si possa spiegare
solo con r esistenza di due lesioni : di cui 1' una situata nel peduncolo cerebrale de-
stro, r altra nella r^ione juita-talamica sinistra. Quest' ultima irritando il fascio
genicolato dà origine alla contrattura spastica osservata, che gli AA. considerano
come una varietà speciale dello spasmo genicolare, che si presenta contemporanea-
mente a certi movimenti volontari.
Sandrì,
8. M. Klippel et P. Bouohet, Hémimélie avec atrophie numerique des tissus.
Étude anatomique et pathogenique de V hémimélie, — « Nouvelle Icono-
graphie de la Salpétrière », n. 4-5, 1907,
Illustrano un caso di emimielia in un giovane di 17 anni con infantilismo spic-
cato, lesione mitiale congenita, palato ogivale, disposizione difettosa degli incisivi.
L'arto superiore destro è formato da un segmento omerale normale, e da un segmento
antibracchiale cortissimo terminato da una specie di paletta, che tiene luogo della
40 Rivista di Patologia nervosa e mentale
mano, la quale è munita di cinque tubercoli. Il piccolo segmento antibrachìale è
perfettamente mobile, le due ossa dell'antibraccio sono complete, ma la loro epifisi
è bruscamente ridotta ed interrotta, non esiste né carpo né metacarpo né falangi.
L' accurata disseccazione dell' arto, riferita dagli AA. in tutti i più minuti particolari,
mostra non solo un arresto di sviluppo, ma anche moltissime anomalie massime del
sistema muscolare.
Per mettere meglio in evidenza le differenze che esistono tra amputazione con-
genita e emimielia, gli A A. riportano 41 osservazioni raccolte sulla letteratura del-
l'argomento. Espongono poi le modalità dello sviluppo embriologico dell'arto supe-
riore, insistono sul concetto che l' emimielia é da interpretarsi come un semplice
arresto di sviluppo.
L' esame macroscopico del cervello nulla rileva di anormale, nel cervelletto è
notevole la mancanza del corpo dentato destro. Nel midollo già macroscopicamente
si nota che nella regione cervicale inferiore la sostanza grigia di destra è diminuita
di circa un terzo. All'esame microscopico si nota che le cellule del corno anteriore
destro sono normali per dimensioni e struttura, ma il loro numero è notevolmente
diminuito dalla regione media cervicale al quinto segmento dorsale. Pure l'esame
microscopico dei nervi e muscoli dell' antibraccio destro rivela elementi di struttura
e volume normale ma numericamente diminuiti. Le lesioni sono dunque quantitative
non qualitative. Il che, secondo gli AA., viene a confermare la opinione da essi so-
stenuta: che cioè l' emimielia è causata da lesioni multiple prodottesi prima dello
sviluppo completo dell'individuo le quali hanno prodotto un'atrofia numerica degli
elementi.
Sandri,
9. F. Raymond et L. Alquier, Sur un cas de paralysie pseudo-bui bai re. —
« Nouvelle Iconographie de la Salpétrière >, n. 5, 1907.
Riferiscono il caso di un vecchio di 77 anni dove oltre ai sintomi classici di
una paralisi pseudo-bulbare se ne aggiungevano altri che avrebbero potuto rendere la
diagnosi difficile se l' ammalato non fosse stato in età così avanzata e se i disturbi
mentali e degli sfinteri non fossero stati così accentuati. L'ammalato presentava
nistagmo, parola lenta e scandita, tremito intenzionale agli arti superiori.
All' esame anatomo-patologico gli AA. non trovarono altre cause della sindrome
clinica osservata che delle lacune di disintegrazione multiple, poco estese nel cer-
vello, più numerose e più estese nella calotta protuberanziale. Dai fatti suesposti
si possono dedurre le conclusioni seguenti.
1" La sìndrome pseudo-bulbare indica semplicemente resistenza di lesioni
situate al disopra dei nuclei bulbari. Queste lesioni, di solito cerebrali, possono
essere localizzate anche nella protuberanza.
2^ In tali casi, si può veder apparire a lato dei disturbi intellettuali, i quali
indicano resistenza di lesioni cerebrali, altri sintonH come il nistagmo, la parola
scandita, il tremore intenzionale, che fanno pensare alla partecipazione della protu-
beranza al processo morboso.
Sandri.
Psichiatria 47
Psicliiatria.
10. Kleist K., Ueber die psy chischen Stòrungen bei der Chorea minor, nehst
Bemerkungen zur Symptomatologie der Chorea. — « Allgenieine Zeitschrift
far Psychiatrie », Bd. 46, H. 5, 1907, S. 769.
Ili questo esteso ed accurato lavoro TA. riassume le osservazioni fatte in 154 casi
<ìi chorea minor, tenendo conto sia dei fatti somatici sia, in modo speciale, dei disturbi
psichici; e a questo studio fa seguire alcune considerazioni sopra la eventuale base
anatomica dei disturbi psichici stessi. Tra i fenomeni somatici vengono analizzati i
movimenti coreici, la distribuzione di questi movimenti nei diversi distretti musco-
lari, i disturbi della coordinazione, le condizioni del tono muscolare e dei riflessi ten-
dinei, le alterazioni della sensibilità e i fenomeni vaso-motori. Per quel che riguarda
i disturbi psichici, essi mancarono soltanto in 21 casi (13 7o)» furono piuttosto lievi
in 92 casi, e assunsero il carattere di vere psicosi in 29 casi. Nella grande maggio-
ranza dei casi, tali disturbi interessavano la sfera affettiva, presentandosi più spesso
sotto forma di stati angosciosi, più di rado sotto forma di stati di gaiezza e di ira-
scibilità: talora esisteva un miscuglio delle due forme. Non così frequenti come le
anomalie affettive, ma meno rare di quanto non si sia finora creduto, si manifesta-
rono delle alterazioni dell' intelligenza (disattenzione, perdita della memoria, lentezza
nelle associazioni complesse ecc.), talora tanto accentuate da simulare uno stato demen-
ziale. Non di rado si notò pure un certo difetto della motilità spontanea. Le alte-
razioni psichiche più gravi e le vere e proprie psicosi apparivano come lo svolgimento
dei germi contenuti nelle forme più lievi sopra ricordate (gravi stati di depressione
e di eccitamento, psicosi motorie acinetiche, stati deliranti etc); talora per altro esse
rappresentavano l'effetto di cause accidentali, indipendenti dalla corea per sé stessa
(infezioni intercorrenti, esaurimento, febbre, azione dei narcotici). Queste forme men-
tali che accompagnano la corea hanno sempre una durata relativamente assai breve
e non hanno mai una sintomatologia identica a quella dei quadri morbosi analoghi
contemplati in psichiatria, per cui deve ritenersi inesatta l'affermazione di Zinn, che
tutte le psicosi possono come tali accompagnarsi alla corea; e priva di fondamento
risulta pure l'ipotesi del Mobius secondo la quale tutti i disturbi psichici della
corea rappresenterebbero in realtà un' unica psicosi, la così detta « confusione allu-
cinatoria » (halluzinatorische Verwirrtheit).
Quale è la sede delle lesioni che detenninano i disturbi psichici nella corèa?
8i capisce che un tale quesito non è finora suscettibile di una soluzione sicura, poiché
tutt' altro che ^sicura è anche la base anatomica dei sintomi coreici veri e propri
(movimenti coreici, disturbi della coordinazione, ipotonia); si potrebbero però spiegare
molti di quei disturbi ammettendo con Atton che esista nella' corea una esagera-
zione funzionale morbosa del talamo ottico, e che quest' ultimo rappresenti, conforme
all'ipotesi diMeynert-Nothnagel, un centro di coordinazione dei movimenti espres-
sivi. Se supponiamo infatti che la corteccia cerebrale riceva solo mediatamente da
questi centri subcorticali tutta quella serie di stimoli capaci di produrre uno stato
emozionale, si capisce facilmente come una lesione di tali centri possa, determinando
degli stimoli morbosi, provocare degli stati affettivi che sono patologici come è pato-
i8 Rivista di Patologia nervosa e mentre - Psichiatria
logico il meccanismo col quale essi si producono; ed anche i processi ideativi dovreb-
bero venire sfavorevolmente influenzati dall' alterazione funzionale dei centri sottocor-
ticali in parola.
D'altra parte molti sintomi psichici della corea non si possono spigare senza
ammettere una contemporanea lesione di alcuni sistemi corticali, e si può logicamente
supporre che sia prevalentemente alterata la funzione di quelli che si trovano in un
rapporto psicologico più intimo con i centri sottocorticali lesi.
Zalla.
11. S. Wladyòzko, Troubles mentaux pendant le siége de Pori-Arthur, —
« Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 4, 1907.
L'A. accenna brevemente all'ambiente, alle stragi, alle sofferenze fisiche, alla
depressione morale causata dall'isolamento e dall'attesa, alle privazioni d'ogni sorta
sofferte dai russi assediati a Port-Arthur. Descrìtte caso per caso le forme mentali
sviluppatesi durante l'assedio e subito dopo la resa della fortezza, viene a con-
cludere che il numero di militari affetti da malattie mentali durante 1' assedio fa
di 39 su 52000 uomini formanti la guarnigione. Su tutti questi ammalati l'A. ha
notato stigmate di degenerazione fisica e psichica, o alcoolismo, o sifilide, o tara
ereditaria. Le psicosi predominanti furono: amenza di Meynert 7 casi, psicosi perio-
dica sotto forma di melancolia periodica, 6 casi, psicosi neurastenica 4 casi, psicosi
alcoolica 4 casi. L' ambiente diede a tutte queste forme una spiccata impronta di
depressione.
Sandri.
12. A. Marie, Folies pellagreuses des Arabes, — « Nouvelle Iconographie de la
Salpétrière », n. 4, 1907.
Nell'Egitto la pellagra regna come nei paesi turchi dove si fa largo uso di
mais. In certe regioni tra i contadini si ha una percentuale del 15 % in altre
del 62%. Il numero dei pellagrosi va di anno in anno sempre aumentando. L'eri-
tema invece di lasciare una pigmentazione bruna come succede nei bianchi, per l'in-
spessimento dell'epidermide arida e secca, dà una tinta grigiastra molto più chiara
della pelle presso i negri. Il clima ed i costumi arabi pure influiscono sulla sua
localizzazione, e fanno sì che l'eritema sia molto più intenso e diffuso che da noi.
In Egitto è frequente l'associazione dell'intossicazione maidica con quella dell' ha-
schic, con infezioni come il paludismo e la sifilide: pure frequenti sono i casi di
pseudo paralisi generale pellagrosa, la quale, come già disse Bail 1 a rger, può realiz-
zare un quadro clinico clinicamente e patologicamente identico alla vera paralisi
progressiva.
Sandri.
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia neniosa e mentale
DIRETTA DA
(fibknzb)
A. TAMBURINI E. MORSEIL.1^
(soma) (obkota)
(modxna)
Redattori i
0. ROSSI
O. SANDBI — M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TAMZI, Clinica di San SaM, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Febbraio 1908 Fase. 2
COMUNICAZIONI ORIGINALI
CliDica medica generale del R. l8tituto di Studi Superiori di Fireuze
diretta dal prof. Or oc co
Esiste una reazione pupillare alla convergenza o airaccomodazione?
per il dott. Luigri Siciliano, Assistente
Neiresame seiiiiologico dei movimenti dell'iride si studia, accanto ad un
rillesso alla luce, un riflesso che indifl'erentemente si chiama alla convenienza
0 air accomodazione : normalmente la convei^j^enza è talmente legata all'acco-
modazione che non ha nessuna importanza il decidere se il movimento della
pupilla sia consensuale con l'una o con l'altra. Ma esistono dei casi, in cui
si ha la paralisi isolata di una delle due funzioni, e allora, si presenta spon-
tanea la questione: a quale delle due sai-à legato il riflesso pupillare? Que-
sto quesito ha interessato valorosi oftalmologi e neuropatologi; con esso si
rìconnetle T illustrazione delle vie e del meccanismo, con cui si compie lo
speciale atto nervoso. E gli AA. si divisero in due gruppi : secondo alcuni
il restringimento della pupilla avveniva per il fatto della convergenza degli
assi visivi, secondo altri invece per il solo slbrzo accomodativo. Essendo in
condizioni fisiologiche inseparabili convergenza e arco moda z lo tw, si dovette
ricorrere a degli artifizi o allo studio di casi patologici per risolven^ il pi*o-
blema: ma non tutti i ricercatori sono slati ugualmente rigoi'osi nelle loro
50 A. Siciliano
prove e nelle loro conclusioni, tanto che i dispareri hanno tenuta semprt
viva la disputa.
Tra i più illustri specialisti troviamo il Weber, il quale, cercando di
separare la funzione accomodativa da quella di convergenza per mezzo di
lenti concave e convesse, concluse che la pupilla si muove solo insieme ad
una modificazione degli assi visivi.
Lo slesso risultato, adoperando lo stesso metodo, ebbe Lyder-Borthen;
il Donders invece concluse diversamente, sospettando che rimmobilìtiì della
pupilla fosse dovuta ad una contemporanea dilatazione, da lui trovata, che
poteva mascherare il restringimento. L'opinione opposta sostenne il Wecker
avendo su se stesso osservato di potere accomodare per differenti distanze,
pur fissando sempre lo stesso punto dello spazio; ma al tempo stesso egli
riteneva che la sola convergenza bastasse anche per far contrarre la pupilla.
Nel trattato di fisiologia del Landois troviamo invece detto che i movi-
menti pupillari sono concomitanti alTaccomodazione, poiché tanto il muscolo
tensore della coroide che lo sfintere dell'iride sono entrambi innervati dal-
l'oculomotore comune.
Il Verwoort si è occupato partitamente della questione, ed ha potuto
dimostrare che è l'atto della convergenza, non quello dell'accomodazione, legato
alla contrazione dell'iride: faccio a meno di riportare la descrizione del pro-
cedimento adoperato dall'Autore, che in ultima analisi è fondato sulla possi-
bilità di ottenere, mercè sforzi accomodativi di un occhio, la fusione di due
immagini retiniche leggiermente disuguali.
. Anche il Marina ha illustrato il problema con delle prove sperimentali.
L'esperienza che fiì l'A. è la seguente : trapianta sul moncone periferico del
retto interno, tagliato a metà, il moncone centrale di un altro muscolo, non
innervato dal S"" paio; il risultato di questa delicata operazione, eseguita sulla
scimmia, è che si ripristina dopo un certo tempo Tatto della convergenza e
che si ha sempre un restringimento della pupilla, ogni qualvolta si abbia la
convergenza, prodotta ora non più dalla simultanea contrazione dei due retti
interni, ma dal retto interno di un lato e da un altro muscolo (retto esterno
0 grande obliquo) dell'altro lato. Queslo fatto è possibile per la facoltà che
ha l'animale di imparare di nuovo a convergere, servendosi di un meccanismo
nerveo-muscolare del tutto difl'erente dal normale. L'A. ne conclude che il
centro per la convergenza non ha nessuna connessione speciale col centro
pupillare : a conferma di ciò il Marina invoca anche la mancanza di reazione
pupillare, quando si invitava l'animale a guardare a destra, nel caso che il
retto interno di destra era trapiantato sul retto esterno dello stesso occhio
(di modo che nel movimento di lateralilà si aveva la simultanea azione dei
due retti interni). Un'altra osservazione dell'A. è che basta la sola rotazione
dell'occhio all'indentro per portare la contrazione pupillare, sia essa provo-
cata per via fisiologica, sia coll'eccilazione elettrica del retto interno o colla
trazione meccanica del bulbo all'indentro. Il fenomeno non è indipendente
dal sistema nervoso, poiché la reazione manca sotto l'influenza dei miotici o
Esiste una reazione pu pillare alla convergenza, ecc. 51
dei midrìatici ; in conclusione il Marina animelle, basandosi anche su alcuni
casi clinici, che la reazione pupillare alla convergenza può essere indipendenle
da quella all'accomodazione, e non crede che si possi\ parlare di un cenlro
speciale per la convergenza, come neanche di cenlri speciali per i movimenli
di lateralità ; il suo pensiero si riassume nelle parole « la innervazione volon-
taria non conosce nò nuclei, né vie, uè muscoli, ma solo movimenli e dire-
zioni >.
Nelle esperienze del Marina invece THeddoeus vede una conferma della
propria opinione che cioè la convergenza, l'accomodazione e la contrazione
pupillare siano alti comandali contemporaneamente dal centro corticale della
convergenza.
Il Lodato è tornato sulla questione, prendendo occasione dallo studio di
un caso di morbo di Erb: egli, avendo osservato che nel suo soggetto il guar-
dare vicino (essendo abolita la convergenza e normale quasi l'accomodazione)
portava a restringimento della pupilla, mentre il fatto non succedeva per la
visione monoculare, torna all'opinione professala dal Verwoorl, che cioè la
reazione pupillare sia legala all'impulso centrale per la convergenza.
A proposilo di questa osservazione del Lodalo, il Marina, combattendo
ripotesi del dello autore, richiamò ancora l'allenzionc sulla sua riferita espe-
rienza (la miosi che si produce nell'occhio che guarda o che è portato all'inden-
Iro), esperienza che potè ripetere anche in alcuni casi patologici: difatli in tre
maiali differenti di sistema nervoso osservò che nei movimenli di lalcralilà
!^i restringeva solo la pupilla dell'occhio che guardava la linea mediana. L'A.
slesso si arresta però davanti all'interpretazione del fallo, che, se non è fre-
quente a riscontrarsi, non è neanche tanto raro: si astiene dall'emeltere una
ipotesi, non potendo accettare quella di una problematica e in ogni caso ecce-
zionale connessione tra un cenlro corticale per i movimenli di laleralità e
quella pupillare: del resto, secondo lui, è più che dubbia l'esistenza di sifl'alli
centri nell'uomo. È strano che l'A. in quest() secondo lavoro non accenni più
ad un'altra possibile ipotesi, all'eccitazione cioè dei nervi ciliari brevi durante
la deviazione diell'occhio all'interno: nella sua prima pubblicazione egli l'aveva
scartata appunto per la mancanza di modificazioni pupillari nei movimenti di
lalcralilà del bulbo (ciò che i casi suddetti contraddicono).
Più recentemente il Wlolzka dopo avere rifalla la storia dell'argomento
si associa anch' egli all'idea dell'indipendenza tra accomodazione e reazioni
pupillari: le sue conclusioni sono fondale sulla possibilitJi di mantenere fissa
I» convergenza degli assi oculari, pure accomodando lo sguardo per distanze
differenti : in tali condizioni non avrebbe trovato modificazioni della pupilla.
Riferisce anche un'esperienza simile di Hering, ma che porlo ([uest'A. a con-
seguenze opposte: l'Hering metteva davanti a ciascun occhio uno schermo
con tre buchi disfiosti in linea retta. Orbene bastava uno sforzo (raccomoda-
zione, perchè il soggetto vedesse impiccolirsi i due buchi estremi, segno che
ora avvenuto^ un restringimento del lume pupillare.
54 /.. Siri lui no
*
Come si vede da questa .scorsa nella lelteralura, Topinione prevalente è
quella che i movimenti pupillari siano legati piuttosto alla converfcenza che
all'accomodazione. Prima di far la critica delle esperienze istituite dai vari AA.
per girare le diflìcoltìi che si oppongono alla soluzione del problema, credo
utile dare uno sguardo all'anatomìa dei centri che presiedono ai movimenti
oculari. Come si sa, i diversi nuclei d'origine dei nervi che animano i muscoli
intrinseci ed estrinseci dell'occhio sono disposti in serie e in piani differenti
a livello dei tubercoli quadrigemini, al disotto dell'acquedotto di Silvio. Diversi
schemi sono stati immaginati in base a esperienze sugli animali più prossimi
all'uomo ed anche in base ad osservazioni anatomo-cliniche. Limitandoci a quella
parte che solo c'interessa, notiamo subito come tanto nello schema di Ileusen
e Volkers, quanto in quello di Kahler e Pick, di Staar, di Perlia e di
Romano-Catania i nuclei per l'iride e per l'accomodazione stanno sempre
in prima linea (all'estremità frontale della colonna grigia), e subitu dietro sì
trova il centro per il retto interno. Anche nel trattato del v. Monakow tro-
viamo accettate le stesse conclusioni: vi sono riferite le esperienze fisiologiche
di Hensen e Volkers, i quali stimolando la sezione anteriore del nucleo
del HI, al pavimento del 3*" ventricolo, produssero dei movimenti di accomo-
dazione e contrazione dell'iride; e cosi pure il taglio delle radici più ante-
riori distrugge l'azione sull'iride e sull'accomodazione. Il detto A. ammette
come sicure delle connessioni fra il centro pupillare e quello per l'accomoda-
zione. In quanto al centro per la convergenza si tende a localizzarlo nel nucleo
impari mediano.
Nel recentissimo trattato di fisiologia del Nagel troviamo discussa dal
lato anatomico e fisiologico la questione dei rapporti fra convergenza e ac-
comodazione: l'A. parla di un centro coordinatore che tiene sotto la sua
dipendenza l'innervazione del muscolo ciliare, dei retti interni e dello sfin-
tere della pupilla. Per spiegare il fatto che convergenza e accomodazione,
pur essendo due funzioni concomitanti, non sono però indissolubilmente legate
fra di loro, ammette che nel centro coordinatore l'atto di innervazione sia
duplice; esclude quindi che l'eccitazione comunicata ad uno dei centri sotto-
messi si propaghi all'altro. Si domanda ancora se sia un legame innato o
acquisito, e riferisce a questo proposito l'ipotesi di He ring che si attiene alla
prima opinione, perchè anche nei neonati si hanno dei movimenti associali.
A base di (juest' associazione funzionale starebbe anatomicamente il rapporto
di vicinanza tra i due centri ; bisogna però riconoscere che i più inlimi rap-
porti anatomici esistono fra il centro dell'accomodazione e il centro pupillare.
Ora, se i rapporti anatomici fra due centri hanno una considerevole impor-
tanza per quel ohe riguarda la loro patologia, non hanno un identico valore
neir interpretazione fisiologica della loro funzione. D'altra parte non si può
dare soverchio peso all'esperienza di Ileusen e Volkers, perchè è facile capire
Esiste lina reazione pupi! lare alla roiwerffenza, ecc. 53
quanlo possa essere poco decisivo i! risultalo dell'eccitazione portata su regioni
tanto delicate. Cerchiamo invece se è possibile trovare migliori argomenti in
qualche considerazione d'indole fisio-patologica.
È un fatto che in condizioni normali una strettissima sinergia esiste fra
convergenza, accomodazione e costrizione pupillare: e, se è evidente il nesso
fisiologico che lega le prime due, non lo è altrettanto quello che si riferisce
ai movimenti pupillari. Peraltro anche per essi è stata data una spiegazione
teleologica : si è detto che, siccome neiravvicinarsi di un oggetto all'occhio
Paperlura del fascio di raggi che parte da ciascun punto di esso aumenta più
presto della distanza dell'oggetto stesso, ne verrebbe di conseguenza che gli
oggetti vicini apparirebbero molto più illuminati che quelli lontani : ora è
appunto il restringersi della pupilla, nella visione in vicinanza, che si oppone
a questo inconveniente. La spiegazione è ingegnosa, ma è stato altresì trovato
che la costrizione pupillare sarebbe superiore al bisogno, secondo quanto
dovrebbe avvenire stando all'ipotesi suddetta.
Due fatti di un certo interesse in questa discussione sono i seguenti :
secondo il Donders, il movimento pupillare succede all'accomodazione con
un piccolo rilardo, e cosi pure l'Angelucci avrebbe trovato che la durata del
movimento dell'iride, sotto lo sforzo accomodativo, è maggiore (1") della durata
dell'atto accomodativo (0",37). Tanto l'una che l'altra particolarità parlereb-
bero in favore di una indipendente innervazione dei due atti.
D'altra parte con l'esercizio è possibile, molti AA. l'affermano, rendere
raccomodazione indipendente dalla convergenza: è cosi che riesce vedere una
immagine unica di un punto fissato, anche se davanti agli occhi si ponga una
lente o un prisma, in modo da rendere necessaria la correzione della sola
accomodazione o della sola convergenza per evitare la diplopia. Su questa pos-
sibilità sono appunto basate, come s'è visto, le prove di alcuni AA. surriferiti,
ma, data la troppa subbiettìvità del metodo, si giustifica come non tutti abbiano
concluso nello stesso senso.
Che cosa ci insegnano le esperienze del Marina? A quel che mi pare,
esse tendono a farci allontanare dai nuclei del mesencefalo ed a farci prendere
invece in maggior considerazione i centri superiori. Risulta infatti in modo
abbastanza evidente da esse che il restringimento pupillare resta legato all'atto
della convergenza, qualunque sia il meccanismo con cui questo viene eseguito;
ma nulla esse ci dicono intorno ai rapporti fra pupilla ed accomodazione.
È da presumere che, ripristinatosi l'atto della convergenza, ad essa si
accompagni sempre quello dell'accomodazione : quindi il problema resta insoluto.
Se ben si riflette, molto speciale dovrebbe essere nel suo modo di fun-
zionare il centro per la convergenza ammesso nella regione bulbo-protuberan-
ziale, centro che necessariamente rappresenta per noi il nucleo coordinatore dei
movimenti dei due retti interni. In certe direzioni dello sguardo, per esempio
mentre 'si segue il movimento di un oggetto che si avvicina, talvolta uno degli
occhi resta fermo e solo l'altro è obbligato a ruotare in dentro; in tali con-
dizioni dunque è necessario per la convergenza la sola innervazione di uno
L. Siciliano
(lei retti interni. Voglio con ciò dimostrare che l'ammissione di un centro per
la convergenza non semplifica per nulla la comprensione del meccanismo di
questa funzione. IVisognerebbe difiitti pensare che sifliUto centro mandasse degli
impulsi differenti su ciascuno dei nuclei dei due retti, perchè estremamente
variabili sono le inclinazioni che possono assumere gli assi visivi nei movimenti
combinati di lateralità e di convergenza; e allora quale il vantaggio di pen-
sare alla funzione di un centro coordinatore?
Un vero centro coordinatore per l'atto della convergenza dobbiamo riporlo
piuttosto nella corteccia, là dove sono i congegni dell'innervazione volontaria,
dove è la sede di quegli elevati atti mentali, che noi chiamiamo atti inten-
zionali, sforzi volontari. Soltanto risalendo agli emisferi possiamo parlare di
un centro per la convergenza, presumendolo da ciò che l'atto volontario di
rivolgere lo sguardo su di un oggetto vicino è un atto semplice, indivisibile,
elementare dal punto di vista psìchico.
Se questa ragione non avesse valore, verrebbe in nostro soccorso il fatto
che tali centri corticali per i movimenti oculari sono stali confermali anche
sperimenlalmenle : nel piccione Steiner trovò che reccitazione delle regioni
posteriori del cervello produce dei movimenti associati degli occhi, e si ha
anche la contrazione della pupilla del lato opposto. Secondo Kries l'accomo-
dazione e la convergenza sono dipendenti dal territorio corticale della visione.
Bechterew ha descritto i centri corticali per la pupilla (2* circonvoluzione
occipitale nel cane e nel gatto); i centri per l'accomodazione e quelli pupil-
lari sarebbero quasi confusi nella corteccia. Ma, a quanto pare, i centri irido-
costriltori e irido-dilatatori (che stanno ordinariamente accanto) sono disse-
minati in diverse zone della corteccia : cosi ne esiste anche uno nel giro
angolare (nella scimmia), uno nel lobo frontale. Non manca dunque certo di
base anatomica l'ipotesi del Crassei, secondo cui .la costrizione pupillare
accomodativa sarebbe sotto la dipendenza del centro corticale per T accomo-
dazione, che è pure un centro irido-coslrittorc. Ma, anche risalendo fino alla
corteccia, non troviamo nessun argomento probativo per decidere se si possa
individualizzare l'atto accomodativo da quello della convergenza, riferendo
all'uno piuttosto che all'altro i movimenti pupillari.
Solo la patologia può permetterci di analizzare e scindere ciò che fisio-
logicamente è indissolubile. Le paralisi della convergenza non sono necessa-
riamente legate alla paralisi dell'accomodazione, ciò tanto nel caso più semplK'e
che esista solo una paralisi o paresi dei retti interni, quanto se si tratti di
una paralisi sopra-nucleare. È da tutti riferito il caso di Graefe, in cui faceva
difello la convergenza, mentre persisteva normale il rillesso all'accomodazione;
un caso di Parinaud è simile al precedente: in ambedue la cjìusa era a sede
centrale. L'Oppenheim all'erma che, anche essendo paralizzati i retti interni,
la reazione all' accomodazione può persistere, benché talvolta sia diminuita.
Nei casi di difettosa convergenza in malati di morbo di Erb si sono* trovati
lutti i diversi gradi di reazione pupillare: dal caso del Murri e da quello del
Govvers, dove le pupille non reagivano sotto gli sforzi della convergenza, a
Esiste una reazione pupUlare alla convergenza, ecc. 55
quell'altro pure del Gowers, presso cui la reazione era conservata, ma inde-
bolita (con accomodazione normale), a quello molto specioso del Lodato, dove
la reazione all'accomodazione era normale, se il paziente guardava coi due
occhi, mancava, anzi si aveva una dilatazione, se egli guardava con uno (il
paziente accomodava fino a 8-9 diottrie). In un caso del Brissaud di paralisi
della convergenza per una forma di atrofia muscolare a tipo Charcot-Marie
non era abolita la reazione all'accomodazione. Si sa inoltre che nelle paralisi
difteriche dell'accomodazione è conservata la reazione pupillare (Oppenheim,
Parinaud), benché altri affermi che può anche mancare. In uncaso diParinaud
con abolizione della convergenza e dell'accomodazione era invece abolito il
riflesso pupillare (in tutti, s'intende, era normale il riflesso luminoso). Gli AA.
parlano ora di riflesso alla convergenza, ora di riflesso all'accomodazione, ma
in fondo è lo stesso, poiché in ogni caso essi non potevano che invitare i
pazienti a guardare un oggetto vicino.
Voglio accennare ancora ad alcuni pazienti di paralisi progressiva di Gil-
berl-Ballet e di Goffroy, in cui c'era l'inverso del fenomenoo di Argyll-
Robertson, cioè conservazione del riflesso alla luce e difettosa reazione
all'accomodazione, con potere accomodativo conservato. È interessante pure il
caso riferito dal Brasert, di un paziente che in seguito ad una frattura della
colonna vertebrale (2* vert. cerv.) presentava miosi con immobilità pupillare
alla convergenza: l'A. ne trae argomento per sostenere l'ipotesi di Dreyfus
che la rigidità riflessa della pupilla sia dovuta a lesione spinale.
Ma, come è facile vedere, neanche dall'esame di tutti questi casi è pos-
sibile concludere in un senso o nell'altro: e la ragione sta in ciò che la para-
lisi della convergenza o dell'accomodazione può esser data da tante cause,
periferiche o centrali, di cui non sempre la diagnosi è sicura, e quindi nes-
suna meraviglia che sia diverso il modo di comportarsi delle pupille. Non ci
siamo fermati sui casi citati dal Marina, nei quali egli avrebbe trovato assente
il riflesso all'accomodazione e presente invece quello alla convergenza: non
sappiamo quale artificio abbia impiegato l'A. per giungere a questa distinzione.
L'unica conclusione che si può trarre è che ne Tatto periferico della
convergenza né quello dell'accomodazione sono in alcun modo legati alla rea-
zione pupillare.
*
Mi è sembrato che alla soluzione del problema che ci occupa possa portare
un contributo lo studio dei riflessi pupillari in quei soggetti, che, avendo d'antica
data perduto l'uso di un occhio, si fossero abituati alla visione monoculare.
È molto diflerente il caso di un individuo, che momentaneamente sia costretto
a guardare con un solo occhio, da quello di chi, per un difetto dei mezzi
trasparenti o per cecità, deve per sempre utilizzare solo le immagini dell'oc-
chio sano. Si sa che molti strabismi, molti difetti di convergenza hanno appunto
per causa una siffatta condizione di cose; a poco per volta si rallenlano i legami
nervosi tra l'apparecchio motore di un occhio e quello dell'altro, onde alla
50
L. Siciliano
fine l'individuo vede non solo, ma guarda solo coli' occhio superstite. Ho avuto
occasione di osservare 16 individui che per una ragione o per l'altra rispon-
devano alle condizioni suddette: in tutti la convergenza era molto difettosa,
talvolta completamente abolita. Orbene in tutti la reazione pupillare all'acco-
modazione era molto deficiente, talvolta mancava affatto, mentre normale era
la reazione alla luce.
Bisogna che io metta subito in evidenza un punto che potrebbe costituire
un'obbiezione contro le mie conclusioni, cioè il non aver controllato in modo
obbiettivo il potere accomodativo dei pazienti. Mi contentai, come del resto si
suol fare nei comuni esami clinici, dell'affermazione da parte del paziente
che l'alto visivo si compiva normalmenteT dall'occhio superstite; riconosco che
il metodo non è rigoroso ma credo sia sufficiente per il mio scopo. Il fatto
che non esisteva nessun altro disturbo dei movimenti oculari all'infuori di
quello accennalo, e la mancanza di qualsiasi altro precedente morboso mi
sembrano ragioni abbastanza valide per fare allontanare il sospetto di un
disturbo accomodativo. D'altra parte devo far notare che per le mie conclu-
sioni sarò portalo a prendere in considerazione più lo sforzo accomodativo
che l'atto periferico dell'accomodazione, ed è facile capire che dello sforzo
accomodativo non avrei potuto in nessun modo rendermi conto obbiettivamente.
OASI OLINIOI.
Visione monoculare sinistra:
Convergenza Reazione pupiUare
i) Leucoma della cornea destra assente assente
2) Strabismo dell'occhio destro assente assente
3) Exenteratio bulbi da 16 anni scarsa presente
i) Cecità per opacità corneale a deslra. . . incerta scarsa
5) Perdita dell' 0. D. a destra per vainolo da
15 anni incerta dubbia
6) Enucleazione da 3 anni assente scarsissima
7) Cecità a destra, strabismo divergente. . . dubbia scarsa
8) Leucoma bilaterale, strabismo divergente . assente scarsissima
9) Macchia corneale a destra assente assente
Visione monoculare deslra :
1) Occhio sinistro atrofico presente presente
2) Occhio sinistro atrofico assente scarsissima
3) Coroidite sinistra, exenteratio bulbi da un
mese incerta scarsa
4) Opacità dei mezzi trasparenti da molti anni, presente presente
5) Cecità a sinistra dall'infanzia assente scarsissima
6) Cataratta a sinistra da 15 anni .... assente dubbia
7) Exenteratio bulbi dall' infanzia dubbia scarsa
Esiste una reazione impillare alla conveìujenza, ecc. 57
A questi casi va aggiunta un'osservazione simile di P. Janet, il quale
riferisce di una signora, a cui era siato tagliato il nervo ottico di sinistra, e
nella quale si era stabilito uno strabismo divergente e con ciò le pupille non
davano un riflesso consensuale normale.
Io non saprei trovare altra spiegazione che la seguente: se si cerca quale
e la causa del difetto di convergenza in questi casi, non sì può pensare che
ad un progressivo affievolimento dell'impulso volontario alla convergenza, in
modo che gradatamente esso viene a mancare, non restando che l'atto acco-
modativo, solo richiesto per la netta visione coli' occhio sano. Quella stretta
associazione, che si crea fisiologicamente tra il centro della convergenza e
quello accomodativo, viene a rallentarsi per il non uso: ciò è più favorevole
all'idea che questo nesso tra i due centri abbia sede nelle regioni più elevate
dell'encefalo, anziché nel tratto bulbo-protuberanziale, dove tali legami ana-
tomici sarebbero forse più fissi e meno facilmente rilasciabili. Solo nei casi
suddetti possiamo dire che manchi la convergenza per la soppressione del suo
meccanisno centrale: e dal veder mancare anche la reazione delle pupille mi
pare che si possa concludere con abbastanza fondamento che questa non è una
reazione accomodativa, ma è legata all'impulso centrale per la convergenza.
Nessuna meravìglia quindi se nei casi, in cui dubbia era la persistenza di
movimenti di convergenza degli assi oculari, non fosse completamente abolito
quell'atto ad essi consensuale.
Con questa ipotesi si riconnette il quesito se il centro corticale per la
convergenza sia unilaterale (e allora in quale emisfero risieda) o se sia bila-
terale. Ho qualche argomento per credere che possa essere piuttosto localizzato
nell'emisfero sinistro: mi spinge a credere ciò l'avere osservato che è possìbile
trovare ancora accennato il riflesso pupillare nell'occhio destro (ossia nella
visione monoculare destra), pur essendo del tutto abolita la convergenza, il che
non m'è occorso di vedere a sinistra. Ora nella visione monoculare destra è
l'emisfero sinistro che vien chiamato in funzione in modo preponderante:
e si potrebbe pensare cha da questo lato, dove supponiamo che esistano le
vie associative fra i diversi centri, si siano stabiliti dei rapporti, sia pure indi-
retti, tra le pupille e l'accomodazione.
Anche in base dunque alle precedenti osservazioni siamo portati ad appog-
giare l'ipotesi sostenuta del Verwoort, dal Lodato e dall' Ileddoeus, che
cioè si debba parlare di una reazione pupillare alla convergenza, determinala
dall'atto che noi eseguiamo volendo dirigere gli assi visivi su dì un oggetto
vicino.
Si capisce da ciò che nel rendersi ragione delle modificazioni subite da
questa reazione nei disturbi della convergenza si debba preoccuparsi della
natura di essi: è difatti prevedibile che il riflesso pupillare debba persistere
nei casi, in cui sia leso il meccanismo periferico della convergenza, ne ci
meraviglieremo se in qualche caso di morbo di Erb invece le pupille restino
immobili, poiché non sappiamo fino a che punto sia interessato, in questa
forma morbosa, il meccanismo centrale dell' innervazione oculare.
58 L Siciliano - Esiste una reazione pupillare alla convergenza, ecc.
Nel caso studiato dal Lodato, che apparteneva allo stesso genere, sappiamo
che si era stabilita la visione monoculare (onde l'assenza di diplopia); e quindi
rientriamo in un condizione di cose simile a quella da noi indicata. È certo
un po' difficile spiegare perchè bastasse chiudere un occhio per veder cessare
la costrizione pupillare stabilitasi sotto lo sforzo di convergenza: prima di
ammettere che si aveva la visione monoculare (ossia mancava lo sforzo di
convergenza) tutte le volte che il paziente guardava con un solo occhio, biso-
gnerebbe sapere se il fenomeno si produceva ugualmente da un lato e dal-
l'altro, ciò che FA. non dice.
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Dictionnair de Physiologie. Richet - Art. Accomodation.
Istituto di Patologia medica dimostrativa, in Firenze
Epilessia Jacksoniana da lesione frontale extra rolandica.
Osservazioni e considerazioni cliniche
del prof. Ferruccio Schupfer, direttore dell'Istituto
Il Dieulafoy pubblicò nel 1901 un cnso di jroninia .sifilitica dol lobo
frontale con attacchi di epilessia Jacksoniana, e sostenne che la sua osser-
vazione portava un grave colpo alla teoria delle localizzazioni cerebrali.
Nella discussione che ne segui, in seno alPAccademia di medicina di Pa-
rigi, anche il Raymond espresse l'opinione che alle convulsioni Jacksoniane
non si debba accordare un valore troppo forte per la diagnosi di sede di una
lesione cerebrale, essendoché esse sì possono avere anche per lesioni extra-
rolandiche, p. e. in quelle del lobo frontale, del ponte, del bulbo, ecc., e so-
F. Srhupfev - Epilessia Jacksuninna da lesione froniale, ecc. 51)
slenne che anche alle paralisi che seguono le convulsioni suddette non si deve
dare molto valore per la diagnosi di sede, a meno che esse non persistano
neir intervallo tra gli accessi, o non si associno ad altre manifestazioni, per
così dire specifiche, di questa o quella parte del cervello.
Contro queste idee sorsero vari clinici asserendo che se per porre una
diagnosi certa di lesione della zona rolandica, e quindi se per intervenire
chirurgicamente si dovessero sempre attendere le condizioni enunciate dal
Raymond si rischierebbe molte volte di operare troppo lardi.
La questione come si vede è molto importante, e quindi ci pare oppor-
tuno riprendere tale studio, che però noi limiteremo per ora a quei casi in
cui l'epilessia Jacksoniana si svolse per lesione frontale exlrarolandica; ed in
essi cercheremo se si può trarre qualche criterio che ne caratterizzi gli accessi
convulsivi.
A tale studio ci spinge una osservazione che avemmo occasione di fare
nella nostra Clinica, e che, tanto dal lato clinico, quanto da quello analomo-
patologico, è quasi identica a quella del Dieulafoy.
Prima però di riferirne la storia diamo un breve cenno dei più impor-
tanti tra i casi descritti dagli altri autori, e riferentesi al lobo frontale.
Nell'inferma del Lépine esisteva un antico ascesso caseificato, della gran-
dezza di una grossa noce, situato nella prima circonvoluzione frontale destra,
vicino alla scissura interemisferica, un po' più verso il polo frontale che verso
il solco rolandìco, e l'inferma da 10 anni soffriva di attacchi convulsivi pre-
valenti a sinistra, ed inoltre di accessi tipici Jacksoniani, e di altri che con-
sistevano in piccole scosse delle dita e dell'avambraccio sinistro, con rigidità
del braccio stesso. Il giorno prima di morire, dopo molti accessi epilettici,
presentò emiplegia completa destra, con integrità del facciale.
In un caso del Dan ilio, in cui una gomma distruggeva completamente
la prima e la seconda circonvoluzione frontale di destra, si avevano accessi di
epilessia Jacksoniana tipici.
Nel malato del Brissaud e De Massary esisteva un tumore aderente
alle meningi ad un centimetro dal polo frontale destro ed a 8 cm. dal lobulo
paracentrale, tumore che, per una lunghezza di 6 cm. ed una larghezza di 3,
occupava la prima frontale ed in piccola parte anche la seconda, e si estendeva
un po' anche sulla faccia interna della prima frontale. Da vari mesi il malato
solTriva di accessi epilettici, prevalenti a sinistra e specialmente nel braccio.
Nell'intervallo fra gli accessi si manifestavano ogni tanto leggere trafitture nel
braccio sinistro.
Nella malata del Faguet e Lowitz una gomma, grossa come una noce,
occupava il terzo posteriore della seconda frontale destra, in avanti della piega di
passaggio, la quale conservava tutti i suoi caratteri. In essa si notavano accessi
di epilessia limitati al lato sinistro del corpo; quali si iniziavano alla mano,
e poi si diffondevano al braccio, alla faccia, alla palpebra superiore ed all'arto
inferiore dello stesso lato. Cessavano prima alla faccia, poi al braccio, poi
alla gamba ed infine alla mano. Gli accessi non si associavanc» a perdita di
60 F. Sr.hu pfer
coscienza; la memoria, rinlelligenza e la parola erano integre. La cura anti-
sìfìlitìca a nulla giovò, ed anche la trapanazione riusci in bianco.
Neirinfermo dello Chipault esi{?teva un glioma, grande come una ciliegia,
situato nella seconda circonvoluzione frontale destra, e si avevano accessi di
epilessia Jacksonìana limitati al braccio ed alla gamba sinistra, i quali furono
poi seguiti da sintomi paralitici. Inoltre ogni mattina, nello svegliarsi, l'in-
fermo avvertiva un movimento involontario di estensione del braccio, del-
Tavambraccio e della mano sinistra, nel mentre le dita si divaricavano e si
estendevano. Se il malato riceveva qualche impressione improvvisa aveva un
tremore della parte paralizzata.
Nel caso del Dieulafoy l'infermo era affetto da gomme AA polo frontale
sinistro, le quali occupavano il terzo anteriore delle circonvoluzioni frontali, e
si estendevano nella faccia orbitale, occupando, per una estensione di 3 cm.,
la parte esterna della circonvoluzione olfattiva, ed estendendosi indietro fino
a 1,5 cm. dal corno anteriore. Orbene in questo ammalato, otto giorni prima
della morte, si presentarono convulsioni Jacksoniane a destra, le quali si asso-
ciarono a perdita non completa della coscienza e ad emissione involontaria,
e non costante, di orina. Dopo alcuni di tali accessi si notò una emiparesi
destra, con partecipazione anche della faccia, ed emiipoestesia da questo lato.
Un accesso, presenziato dal medico, si vide iniziarsi con un grugnito, cui segui
uno stiramento della faccia e delle labbra verso destra, nel mentre la mano
destra si contraeva, e le dita si curvavano ad artiglio. Dopo pochi istanti si
iniziarono le scosse convulsive, che ben presto invasero quasi contemporanea-
mente braccio e faccia. À sinistra si ebbe appena qualche scossa comunicata.
Durante la crisi parve che il malato non avesse completamente perduta la
conoscenza. L'accesso durò appena 40 secondi, lasciando l'infermo cianotico,
con respirazione difTìcile. Gli accessi si andarono ravvicinando, e, nonostante
una energica cura mercuriale, il malato, dopo otto giorni, mori.
Infine in un caso di focolare giallastro, caseoso, abbastanza esteso del
lobo frontale destro l'Urquhart ed il Robertson osservarono un'andatura
incerta, ed una deficenza mentale, alla quale per lungo tempo si accompagna-
rono accessi epilettici iniziantisi con senso di leggerezza al capo e di debo-
lezza alle ginocchia, cui seguirono poi convulsioni, che si iniziavano nel braccio
sinistro, si propagavano alla faccia dello stesso lato, e quindi si generalizza-
vano, rimanendo però sempre più forti a sinistra. Durante l'accesso la testa
e gli occhi venivano deviati verso sinistra.
Ed ecco ora la nostra interessante osservazione:
Di Vittorio VergiliOf d'anni 20, pescivendolo, da Borgo Velino (Aquila), entra
nella nostra Clinica il 3 settembre 1906.
L'infermo è in istato subcosciente e quindi le notizie anamnestiche ci ven-
gono, solo dopo un giorno, fornite dal padre. Questi racconta che suo figlio ebbe da
bambino i comuni esantemi; ma che poi stette sempre bene. Air età di 8 anni fu
operato di ernia. Tre anni fa contrasse la sifilide, per la quale fu ricoverato varie
Epilessia Jacìisoniana da U's'wne frontale extra rolandica IVI
volte all'ospedale. Oltre a ciò, ebbe due volte la blenorragia. È forte bevitore di al-
c<K)lici, modico fumatore. Il 30 ottobre, dopo un periodo di malessere, debolezza ed
anoressia si presentò un modico grado d' ittero, il quale tuttora perdura. Aveva febbre
non molto alta ; ma ciò nonostante accudiva alle sue faccende, avendo però la precau-
zione di nutrirsi solamente di latte ed uova.
La notte dal 2 al 8 settembre, verso le 3 ant., il padre si accorse che V infermo
era in preda a convulsioni, con perdita di coscienza, bava dalla bocca ed emissione
involontaria di orine, le convulsioni, a carattere tonico clonico, erano diffuse tanto agli
arti inferiori quanto a quelli superiori. Si deve però notare che il padre non assistette
air inizio delFaccesso, e che la descrizione che ce ne dà è molto incompleta. Dalle 3
alle 8 ant. continuò lo stato convulsivo, alternato ogni tanto da pause di 8-10 mi-
nuti, durante le quali il malato rimaneva in stato di profonda prostrazione. Alle 8
ant. fu portato all'ospedale. Il padre assicura che l'infermo non aveva mai sofferto di
convulsioni, e che da un paio di mesi emetteva orine intensamente colorate; però
nulla ci sa dire sui caratteri delle feci. Tre giorni fa aveva preso un purgante oleoso,
e da allora non aveva più defecato.
Esame obbiettivo. — (3 settembre 1906). L' infermo è in istato semisoporoso, e
si lamenta di intensa cefalea, e di un forte indolenzimento generale, accompagnato
da senso di bruciore all'addome. Al momento dell'esame obbiettivo viene preso da
vomito, ed il vomito si presenta acquoso, striato di sangue. Alle domande che gli
si rivolgono risponde con parole monche, e in modo breve, vago ed incompleto, come
persona che venga risvegliata da un sonno profondo; ed infatti appena risposto alle
domande si volge di lato, e generalmente su quello destro, e ritoma nel suo stato
soporoso.
Sulla cute e sulle sclerotiche è evidente una tinta leggermente itterica. All'esame
del torace nulla si nota a carico degli organi respiratori, né del cuore. L'addome
è abbastanza trattabile, e non è dolente alla palpazione. L'ottusità relativa del fegato
arriva in alto, nella parastemale, alla quinta costola, nella mammillare al quinto
spazio. In basso il margine inferiore si determina colla percussione: nella mammil-
lare un centimetro sotto l'arcata ipocondriaca, nella mediana sette e mezzo centimetri
sotto lo zifos e otto centimetri sopra l'ombelico, nella parastemale sinistra a livello
dell' arcata. L' altezza dell' area di ottusità relativa nella mammillare è di centimetri
quindici.
La milza in alto arriva, nella ascellare media, a cent. 3.5 sopra l'arcata, ed in
basso giunge a centimetri 3 sotto l'arcata. Non si palpa.
All'esame del sistema nervoso, oltre ai fatti già segnalati a carico del sensorio,
si ha il seguente reperto : bulbi oculari mobili in tutte le direzioni senza nistagmo ;
movimenti delle palpebre e dei due facciali integri. Lingua non deviata, e mobile
in tutte le direzioni. Non vi è rigidità della nuca. Movimenti del collo e del tronco
ben conservati, sebbene l'infermo, quando è messo a sedere, presenti una spiccata
tendenza a ricadere sul letto. Il tronco però non oscilla. Nei movimenti passivi de-
gli arti superiori ed inferiori non si riscontra alterazione alcuna della resistenza. I
movimenti attivi, per quanto si può giudicare, dato lo stato dell' infermo, sembrano
completi in tutti 4 gli arti, ed anche la forza muscolare è uguale dai due lati. I
riflessi patellari sono un po' vivaci, ma uguali dai due lati. Non vi è il fenomeno
del Babinski. I riflessi degli arti superiori non si provocano. I riflessi superficiali
sono pigri. Nel parlare, alle volte pare che vi sia un lieve grado di disartria, ma
non è facile rendersi esatto conto di tale fenomeno, perchè alle volte pare piuttosto
ir! F, Srhupfcr
che il distarbo possa rassomigliarsi a quello che presenta ehi si desta incomplèta-
mente da un sonno profondo.
La sensibilità dolorifica, a giudicare dai movimenti di difesa compiuti dall' in-
fenno, pare conservata su tutto il corpo, ed eguale dai due lati. Non si ricercano le
altre forme di sensibilità, dato lo stato dell'infermo.
Le orine non presentano albumina, né zuccaro, in esse però è dimostrabile la
presenza di pigmenti biliari in modica quantità. Alle 10 ant. il malato ha una sca-
rica abbondante solida, in parte scolorata, in parte verdastra.
La temperatura alle 12 fa 38.8; alle 15, 38.3; alle 18, 37.2; alle 21, 37.4;
alle 24, 37. Alle 12 ed alle 15 furono praticate due iniezioni di olio canforato, ed
alle 16 una ipodermoclisi di 300 ce. di soluzione fisiologica di cloruro sodico.
Alle 18 lo stato soporoso era alquanto diminuito, però V infermo era molto irrequieto,
e presentava iperestesia e dolenzia ai due polpacci. Il numero delle pulsazioni era 92,
quello delle respirazioni 28. Il polso era piccolo e molle, l'espettorato sanguinolento.
Alle ore 20,30 il polso era 64 regolare e valido, e l'infermo riposava tranquil-
lamente.
4 settembre. La temperatura fu alle 3, 37.1; alle 6, 37; alle 9, 36,6: alle 12,
36.8; alle 15, 37.4; alle 18, 37.3; alle 21, 36.6; alle 24, 36,8.11 numero delle pul-
sazioni fu di 56, alle 8 ant.; di 64, alle 17: però ponendo il malato a sedere, il
loro numero aumentava notevolmente.
Il polso era pieno, ritmico, regolare. Il numero delle respirazioni fu di 24 alle 8,
e di 22 alle 17.
L'infermo passò tranquillamente la notte dal 3 al 4; od ora risponde abbastanza
bene alle domande che gli si rivolgono e racconta con sufficente chiarezza la storia
della sua malattia, senza però aggiungere nuovi particolari a quelli raccolti dal
padre. Ebbe una scarica di feci poltacee, sufficentemente colorate: si pratica una
iniezione di un centig. di sublimato corrosivo.
5 settembre. Il malato nella mattina fu apirettico, il sensorio era quasi com-
pletamente libero, lo stato generale e quello del polso buono. Si pratica un' altra
iniezione di sublimato corrosivo.
6* settembre. Da ieri a mezzogiorno l'infermo cominciò ad esser colpito, ad inter-
valli sempre più brevi, da accessi epilettiformi, i quali fino a stamane furono in
numero di 26. La coscienza fra un attacco e l'altro, ieri era perfettamente integra,
però il malato si lagnava di intensa cefalea. L'accesso era limitato al lato destro
del corpo, si associava a deviazione del capo e degli occhi verso destra, ed aveva
la durata di 2-3 minuti: però dal racconto degli infermieri non si potè stabilire
da dove esso si iniziasse. Pare che talora l'accesso si diffondesse anche al braccio
sinistro. La temperatura di ieri alle 15, fu 38.2; alle 18, 37.7; alle 21, 37.4; alle 24,
37.8: quella di oggi fu alle 3, 37.3; alle 6, 37.8; alle 12, 38.5; alle 15, 37.9; alle 18,
37.2; alle 21 37.1; alle 24 37.2.
Alla mattina del 6 il sanitario giunse alla fine di uno di tali accessi; e trovò
il malato in stato stuporoso, con evidente paralisi flaccida del braccio destro, e, seb-
bene in minor grado, anche dell'arto inferiore destro e del facciale. Mentre il
malato era in stato stuporoso era anche evidente l'incolnpleta chiusura della palpe-
bra superiore destra. Inoltre vi era emianalgesia destra diffusa al tronco, alla fac-
cia ed agli arti di destra. I riflessi tendinei erano alquanto esagerati da questo lato,
e da esso esisteva anche il clono del piede ed il fenomeno del Babinski. L'infermo
non aveva avuto perdita involontaria di feci, ne di orine.
Epilessia Jaeksoniana da lesione frontale extra rolandica (Vò
Dieci minati dopo T accesso suddetto se ne presenziò nn altro, che si iniziò
prima che il malato uscisse dallo stato di semisopore. Esso si iniziò con una con-
trazione tonica del facciale di destra, cui seguì la deviazione del capo verso destra,
e la perdita totale della coscienza, seguirono poi scosse cloniche, le quali iniziatesi
nel facciale di destra, si diflFusero tosto al braccio ed alla gamba dello stesso lato.
Uaccesso durò due minuti, ed in esso non si ebbe diffusione all'altro lato, né contra-
zioni toniche all' infuori di quella iniziale. Le convulsioni cessarono prima nell'arto
inferiore, e si attenuarono nel braccio e nella faccia, dove si spensero poco dopo quasi
contemporaneamente. Durante V accesso gli occhi non erano costantemente rotati verso
destra; anzi talora essi eran deviati verso sinistra. Le pupille erano midriatiche, e non
reagivano alla luce. I fenomeni postaccessuali furono identici a quelli già segnalati.
Si pratica lyia iniezione endovenosa di cgr. 1 di sublimato corrosivo.
Ore 17. Da due ore gli attacchi convulsivi sono cessati ; la paresi degli arti di
destra è scomparsa, e così pure il fenomeno del Babinski, e l'infermo ha ripreso,
sebbene non completamente, la coscienza.
7 settembre. Ieri sera sono ricomparsi gli accessi epilettici, i quali fino al
mattino del 7 sommarono a 28. Essi furono sempre del tipo già descritto: qualche
volta si associarono a perdita d'orina. L'ittero pare leggermente aumentato; ma le
feci sono discretamente colorate.
L'infermo stamane risponde tardamente alle domande; il numero delle pulsa-
zioni è di 84, persiste l'emiparesi destra; la quale colpisce un po' anche il facciale
superiore destro. La lingua è leggermente deviata verso destra. Le temperature furono:
aUe 6, 36.8; alle 9, 36.2; alle 12, 38; alle 15, 37.9; alle 18, 38.1; alle 21, 38.2;
alle 24, 38.1.
Nella giornata del 7 si praticò un'altra iniezione endovenosa di 1 cgr. di su-
blimato corrosivo; ciò nonostante continuò lo stato epilettiforme e l'infermo entrò
in stato di sopore, presentando impossibilità della deglutizione, scosse nistagmifomii
dei bulbi oculari, con direzione prevalente verso sinistra, respiro rumoroso, irregolare
e polso teso, ma regolare. Gli accessi convulsivi si succedevano ogni 10'-12.'
8 settembre. Nella notte pros^uì ininterrotto lo stato epilettiforme. Il malato
stamane ha la coscienza un po' obnubilata, comprende però bene le domande, e risponde
ad esse con cenni.
Si presenzia un altro attacco epilettiforme, il quale si inizia con deviazione
coniugata della testa e degli occhi verso destra, ma senza contrazione tonica della
faccia, e che del resto si svolge precisamente come quello suddescritto. Verso la fine
dell'accesso si ha la deviazione dei bulbi oculari verso sinistra. Durante questo
accesso la coscienza rimase sufficientemente integra, e subito dopo il malato deglutì
bene dell'acqua.
Si praticò un'altra iniezione endovenosa di 1 cgr. di sublimato corrosivo, e si
diedero gr. 6 della miscela dei bromuri per bocca.
Le temperature furono: alle 3, 38; alle 6, 36.4; alle 9, 38.5; alle 12, 40.1;
alle 15, 38.9; alle 18, 39.1; alle 21, 39; alle 24, 39.1.
Alla base del torace destro si odono rantoli secchi, e rantoli fini catarrali.
Alle 19, persistendo lo stato epilettiforme, si praticò un'altra iniezione endo-
venosa di 1 cgr. di sublimato corrosivo.
.9 settembre. Gli attacchi si sono diradati, ma il malato è in stato semisoporoso.
Gli accessi ora si presentano ogni mezz'ora. Le domande elementari sono ancora
comprese. Si nota però un'emiplegia flaccida destra completa.
Si pratica un'altra iniezione endovenosa di cgr. 1 di sublimato corrosivo, e si
danno altri gr. 6 di polibromuri per bocca.
Le temperature furono: alle 3, 39.1; alle 6, 37; alle 9, 38.1; alle 12, 39;
alle 15, 40.5; alle 18, 39.1; alle 21, 40,9.
In istato epilettico il malato morì alle ore 22.
Assunte informazioni dai direttori dei vari ospedali e dispensari, dove il Di Vit-
torio fu curato per la sifilide, ecco quanto ci risultò:
13 magffio 1901. Ulcera sifilitica a fondo indurito del solco balano-prepuziale.
8 luglio 1901. Rupia sifilitica.
2 novembre 1901, Placche mucose al frenulo.
1 settembre 1902. Ulceri molli del solco balano-prepuziale. Linfoadenite ingui-
nale destra. ^
6 maggio 1903. Balanopostite. Condilomi acuminati. Vertigini.
Autopsia. — Aperta la scatola cranica si trova che su essa non esistono alterazioni.
La dura madre non è molto tesa, è di struttura normale, ed il liquido sottoaracnoideo
non è aumentato.
Suiremisfero di sinistra si nota una congestione venosa maggiore che a destra,
e verso il polo frontale sinistro, nella faccia orbitale, esiste, per una estensione di
un millimetro quadrato, una aderenza della dura al cervello.
Le carotidi interne, la basilare, IVsagono del W i 1 1 i s e le altre arterie cerebrali
non sono alterate.
Praticando un taglio verticale, subito innanzi al corpo calloso, si trova, nel lobo
frontale sinistro, nella sua faccia orbitale, un focolare grigio giallastro di rammol-
limento, il quale air indietro si estende fino quasi alla punta del corno anteriore
del ventricolo laterale. L' aderenza della dura madre già segnalata è precisamente in
corrispondenza di questo focolare. Ma, oltre a ciò, nella part<e più mediale di questo
rammollimento, si nota un tumoretto della grandezza di una piccola noce avellana,
grigio splendente, il quale al taglio presenta una cavità ripiena di sostanza caseosa.
Un altro tumoretto simile al precedente, ma più piccolo (grande come un chicco di
granturco) si trova nella parte inferiore della zona rammollita, in corrispondenza
della aderenza della dura. Tale tumoretto è situato nel limite fra sostanza bianca
e grigia.
Intorno a queste masse caseose si nota un tessuto sclerotico grigio giallastro
molto spesso.
In tagli verticali praticati a 30 mm. dal polo frontale, avanti al ginocchio del
corpo calloso, si vede che i due piccoli noduli, dall'aspetto di gomme, sono situati
intomo al solco che divide la parte orbitale della prima circonvoluzione frontale
dalla parte più orbitale della terza frontale. La massa di rammollimento, circostante
alle gomme, occupa parte di queste due circonvoluzioni approfondendosi per 17 mm.
fino a venire a contatto del piede della corona raggiata e del fasciculus occipito-
frontalis (fig. 1).
In tagli praticati a 33 mm. dal polo frontale, in corrispondenza della parte
più anteriore del ginocchio del corpo calloso, si nota un solo nodulo caseoso, il quale
occupa la parte orbitale della prima frontale, in vicinanza del gyrus rectus, ed è
circondato da una zona di rammollimento che si approfonda per circa 1 cm. nella
sostanza bianca, fino a raggiungere la parte più orbitale del piede della corona rag-
giata (fig. 2).
Epilessia Jacksoniunn dei lesiotie frontale extra rotandica 05
In tagli praticati a 37 mm. dal polo frontale la lesione è quasi del tutto scom-
parsa, persistendo solo una piccolissima zona di rammollimento, la quale non sì
ritrova più in tagli fatti a 39 mm. dal polo frontale.
In preparati microscopici, fatti in corrispondenza della zona rolandica di sini-
stra, non è dato rilevare che un notevole grado di congestione. Anche le arterie cere-
brali presentano struttura normale, sia nei tronchi grossi, sia in quelli più piccoli.
I noduli caseosi suddetti hanno tutte le note caratteristiche delle gomme antiche, e
sono circondati da un tessuto sclerotico compatto, intomo al quale la sostanza cere-
brale è ranunollita.
Nei polmoni, specie in quello di destra, si nota, alla base, un grado piuttosto
notevole di congestione e di edema.
Il cuore e l'aorta non presentano alterazioni di sorta.
La milza è ingrandita, pesa gr. 140, ha la capsula alquanto raggrinzita, ed al
taglio mostra una superficie rosso bruna, con follicoli poco appariscenti.
Pro. 1. Pia. 2.
Il fegato, del peso di gr. 1180, è un po' molle, a superficie liscia, senza cicatrici,
DÒ segni di periepatite. Al taglio i lobuli sono poco distinti, e, specie nel lobo sini-
stro, si notano chiazze di putrefazione.
La cistifellea non è turgida, e comprimendola si vede la bile, di aspetto normale,
ascire dalla papilla del Vater.
Nel punto di unione del cistico e dell'epatico esiste, a ridosso delle vie biliari,
un ganglio rosso brunastro, della grandezza di una nocella, il quale però non è
aderente alle vie biliari, ma solamente ad esse contiguo. La mucosa del coledoco e
quella della cistifellea hanno aspetto normale.
Il pancreas è sano.
Le glandule mesenteriche non sono ingrandite.
Lo stomaco e l'intestino sono normali, però nel duodeno si notano, intorno alla
papilla del Vater, per una estensione di circa quattro dita trasverse, delle chiazze
più 0 meno grandi di iperemia, la quale in alcuni punti impartisce alla mucosa un
aspetto addirittura emorragico.
Nei reni la capsula si distacca facilmente, la distinzione fra sostanza corticale
e piramidale è molto marcata, causa il colorito scuro intenso di quest'ultima; ma
del resto non si notano altre alterazioni.
I testicoli sono sani.
65 F. Schupfer
Questo nostro casosi presta ad alcune importanti considerazioni:
il quadro clinico dell' ittero, che era associato a stato stuporoso, a milza
debordante, a dolenzia dei polpacci, ed a feci non scolorate, ci fece pensare
all'ittero sifilitico; ma la mancanza di qualsiasi notizia anamnestìca, il non
ritrovare pleiadi ganglìonari ingrossate, e la mancanza d'albuminuria e dì
ogni manifestazione sifilitica alla cute, alle ossa, ai testicoli ecc. non ci auto-
rizzò ad iniziare fin dal primo momento la cura antiluetica. Appena il giorno
dopo ci fu dato raccogliere l'anamnesi, allora, essendo certi della diagnosi,
incominciammo una energica cura mercuriale. Però, nonostante questa, dopo
circa 60 ore comparvero di nuovo le convulsioni, le quali si presentarono
subito a tipo Jacksoniano, e furono cosi numerose che in 20 ore si conta-
rono 26 accessi. Nonostante le iniezioni endovenose di sublimato, praticale
alla dose di cgr. 1 ognuna, gli accessi continuarono frequentissimi, e dopo
4 giorni l'infermo mori. Dal momento della prima convulsione fino alla morte
trascorsero solo 7 giorni.
Da notizie anamnestiche avute dopo la morte dell' infermo risultò che
l'infezione sifilitica era stata contratta 5 anni e 3 mesi prima della morte,
che il malato aveva avute manifestazioni secondarie evidenti, che si era sotto-
posto varie volte a cure mercuriali ed iodiche; ma che ciò nonostante, dopo
due anni, era stato colto da vertigini, le quali erano scomparse solo in seguito
ad una nuova cura antiluetica.
Da questi dati si desume un fatto molto interessante, e cioè che, sebbene
il Di Vittorio si sia curato opportunamente, la sifilide cerebrale si presentò
precocemente, essendo più che verosimile che le vertigini, dalle quali fu mole-
stato, siano state l'espressione di una lesione cerebrale sifilitica, la quale per
conseguenza si sarebbe presentata due anni dopo la sclerosi iniziale. E sic-
come, considerando il reperto anatomo patologico, è probabile che le gomme
riscontrate esistessero fin d'allora, cosi si può dire che già in quel tempo il
Di Vittorio fosse entrato nel cosi detto periodo terziario. L'alcoolismo, al quale
egli era dedito, può, almeno in parte, spiegarci la precocità della localizza-
zione cerebnile.
In seguito l'infermo fu colpito da ittero sifilitico, e, durante il decorso
(li (juesto, si ebbe trombosi di uno dei rami arteriosi coinvolti nel tessuto
sclerotico circostante alle gomme, e quindi rammollimento, sebbene piuttosto
limitato, della sostanza cerebrale intorno all'antico focolare sifilitico. Pochi
giorni dopo la comparsa dell' ittero si presentarono anche accessi convulsivi,
a tipo nettamente Jacksoniano, che, dopo un intervallo di circa due giorni,
si ripresentarono sempre più frequenti, e Ubassero a morte l'infermo.
Ora ciò che rende sommamente interessante questo caso è appunto il
fatto che tali convulsioni Jacksoniano si ebbero per una lesione poco estesa
situata nella parte anteriore del lobo frontale sinistro, ben lungi quindi dalle
zone motrici.
Prima di discuterne la patogenesi ci piace ripetere qui la descrizione di
tali convulsioni: cominciava una contrazione tonica del tacciale inferiore destro,
Epilessia Jiicksonuma da lesione frontale extra rolandica 67
cui seguiva deviazione del capo verso destra, e contrazioni cloniche del fac-
ciale destro, le quali poi si ditl'ondevano al braccio ed alla gamba dello stesso
lato. L'accesso durava circa 2 minuti. Le convulsioni cloniche (mai toniche)
cessavano prima nell'arto inferiore destro, poi, quasi contemporaneamente,
nel braccio e nella faccia. Alle volte dopo l'accesso rimaneva per qualche
tempo emianestesia ed emiparesi destra, la quale aveva la sua massima inten-
sità al braccio, tanto da raggiungere quivi alle volte il grado di vera paralisi.
Dal lato destro in questo momento si aveva anche esagerazione dei riflessi
tendinei, e fenomeno del Babinski. La coscienza dell'infermo, fin dal momento
del suo ingresso in Clinica, fu sempre alquanto obnubilata. Durante le convul-
sioni suddette, alle volte non si presentarono in essa modificazioni ris[R'tto al
periodo interaccessuale, altre volle però, specie quando gli accessi erano ravvi-
cinati, il malato perdette completamente la coscienza, e presentò midriasi ed
abolizione del riflesso pupillare alla luce. Durante l'accesso qualche volta, ma
non sempre, si ebbe perdita involontaria di orine. Anche la deviazione coniu-
gala degli occhi e del capo non fu un fatto costante, nò sempre iniziale, che
talora si ebbe la deviazione verso sinistra, ed essa comparve molto più spesso
verso la fine dell'accesso anziché al suo inizio.
La emiparesi e l' emianestesia avevano carattere molto transitorio, tanto
die bastava che l'infermo rimanesse un paio d'ore senza accessi perchè la
motilità e la sensibilità ritornassero normali, e scomparisse anche l'esagera-
zione dei riflessi tendinei ed il fenomeno del Babinski.
Il modo con cui le convulsioni s'iniziavano, e quello con cui si svolgevano
potevano far supporre una lesione sifilitica in vicinanza del centro del facciale,
e quivi certo avrebbe praticata la trapanazione chi si fosse deciso ad un intcr-
Tenlo chirurgico. L'autopsia invece ci dimostrò delle piccole gomme ed un
focolare di rammollimento nella" parte orbitale del lobo frontale sinistro, in
avanti del corno anteriore, ossia ben lungi dalla zona rolandica. L'intervento
chirurgico sarebbe quindi riuscito completamente negativo, essendoché, anche
allargando la breccia cranica, non si sarebbe giunti sul focolare morboso.
Giova quindi discutere alquanto sul valore semeiologico di tali convul-
sioni Jacksoniane.
Volendo raggruppare i sintomi che si danno come caratteristici, perchè
ie convulsioni Jacksoniane abbiano valore per la diagnosi di lesione della
zona rolandica, si può dire che in tal caso:
1^ l'inizio dell'accesso è in generale contraddistinto da una fugace
contrazione tonica di quel gruppo muscolare, dal quale poi si inizieranno le
convulsioni cloniche;
2"* l'accesso spesso consiste solo in contrazioni cloniche isolate dei
muscoli che corrispondono al focolare corticale irritativo, e nei singoli accessi
l'inizio avviene sempre nello stesso modo;
3® le contrazioni cloniche possono bensì dilTondersi a tutta una metà
del corpo; ma ciò avviene in un ordino determinato, e sempre costante per
un dato infermo;
()8 F. Schupfer
4® nel principio dell'accesso, e durante gli accessi limitati, la coscienza
deve rimanere integra. Solo se le contrazioni cloniche cominciano dalla faccia,
t» si diffondono all'altro lato del corpo, può aversi la perdita della coscienza;
5"* gli accessi generalmente durano pochi minuti; eccezionalmente si
sono visti durare anche più ore, però anche in tal caso le convulsioni loca-
lizzate che li iniziano, durano pochissimi istanti;
6° dopo un accesso di epilessia Jacksoniana vera, prima o poi com-
pare una transitoria paresi o paralisi, a carattare generalmente monoplegico,
la quale dura ore od al più pochi giorni, e che colpisce i muscoli che furono
i primi a contrarsi nell'attacco;
7** in tali muscoli prima o poi compaiono anche fenomeni di paresi o
di paralisi permanente\
8"* l'ordine, col quale cessano le convulsioni, segue anch'esso una legge
costante, e le convulsioni cessano per ultimo in quei muscoli dai quali si
iniziarono.
Giova però riflettere che, se i criteri più sopra esposti, come anche la
mancanza del grido iniziale e di altre modalità dell'accesso, sono importanti,
specie quando si presentano tutti insieme, per la diagnosi differenziale fra
una epilessìa parziale od unilaterale sine materia, ed una parziale od unila-
terale sintomatica di malattia cerebrale, viceversa, siccome essi (tranne le
paralisi permanenti a carattere progressivo), possono, sebbene eccezionalmente,
osservarsi anche nella epilessia essenziale, e siccome anche nelle convulsioni
da lesione rolandica non sempre i sintomi suddetti sono tutti costanti e pre-
senti, cosi ne consegue che ad essi non si possa attribuire soverchio valore,
per la diagnosi di ogni singolo caso, e che molte volte si sia costretti a dare
maggior peso tanto a sintomi concomitanti o collaterali, che indubbiamente
depongano per una lesione organica a focolare del cervello, quanto alla man-
canza di tutti quei sintomi anamneslici e del periodo intcraccessuale, che
difficilmente mancano nell'epilessia essenziale anche quando essa si presenta
a tipo emilaterale.
E la cosa si presenta anche più complessa nei casi simili al nostro, nei
quali l'acume del clinico non solo deve escludere una epilessia sim materia;
ma deve anche stabilire i caratteri differenziali, che distinguono 1«^ convul-
sioni Jacksoniane da lesione rolandica da quelle, parimenti parziali, che si
iianno per lesioni organiche situate all' infuori, e talora ben lungi dai centri
corticali motori.
Ora se si riflette che l'epilessia Jacksoniana in questi ultimi casi può
presentarsi sotto modalità diverse, che talora ravvicinano persino all'epiles-
sia emilaterale essenziale, e talora a quella parziale da lesione rolandica, si
comprende quanto cauti bisogna procedere nel vagliare questi criteri diffe-
renziali.
Cosi, per citare solo il caso nostro, noi vediamo come l'accesso si ini-
ziasse con una contrazione tonica del facciale, cui seguivano convulsioni clo-
niche del facciale stesso, le quali si diflondevano poi con un ordine perfel-
Epilessia Jacksonkinn da lesiona frontale extra rolandira 60
lamenlc consono colla dislribiizione corticale dei centri motori, e cessavano
nell'Ordine inverso di quello con cui erano incominciate. Raramente qualche
scossa clonica si diffondeva all'altro lato. Gli accessi avevano breve durata, e
dopo r accesso rimaneva una paresi od una paralisi nei muscoli che eran stati
sede di convulsioni, ricordando per tal modo le convulsioni sintomatiche di
una lesione rolandica. Vero è che il comportamento della coscienza fu vario:
perchè, mentre si presentarono accessi in cui lo stato della coscienza non si
modificava rispetto al periodo interaccessuale, viceversa si ebbero anche accessi
in cui, fin dall'inizio, ossia subito dopo la contrazione tonica del facciale, si
presentò perdila completa della coscienza; ma a questo vario comportamento
non possiamo attribuire troppa importanza, sia perchè esso può osservarsi
anche nella più tipica epilessia da tumore rolandico, specie quando le convul-
sioni si iniziano dalla faccia o ad essa si diffondono, sia perchè nel nostro
infermo esistevano altri accessi, in cui non si aveva perdita completa della
coscienza. E lo stesso potrebbe dirsi per qualche altro dei caratteri delle con-
nilsioni del nostro infermo. Il Dieulafoy richiamò già l'attenzione sul fatto
che in questi casi dì lesioni frontali extrarolandiche le convulsioni non si ini-
ziano mai dagli arti inferiori, e noi non solo confermiamo questa sua osser-
zionc; ma aggiungiamo anche che esse possono non iniziarsi dall'arto infe-
riore anche in quei maiali (casi del Lépine e del Brissaud e De Massary)
in cui la lesione risiede più vicino al centro della gamba, che non a quello
del braccio o della faccia. Ma evidentemente per una diagnosi topografica il
valore di tale constatazione si limiterà a quei casi in cui le convulsioni Ja-
cksoniane si inizieranno da un arto inferiore, e nei quali per conseguenza noi
potremo con maggior probabilità escludere una lesione extrarolandica ; ma lo
stesso non può dirsi per tutti quei casi di lesioni frontali extrarolandiche in
cui le convulsioni si inizieranno dalla faccia o dal braccio, ed in cui furono
descritte anche parestesie e scosse isolale che, nei periodi inleraccessuali, col-
pivano i muscoli dai quali poi si iniziava l'accesso convulsivo; il che viem-
maggiormente serviva ad ottenebrare la diagnosi. E se si considerano tutti i
casi di convulsioni Jacksoniane determinate da lesione frontale extrarolandica,
si potrà facilmente convincersi come dal loro studio non risulti alcuna par-
ticolarità che caratterizzi queste convulsioni, rispetto a quelle che si hanno
per lesioni delle zone motrici. Però maggior luce si può avere se i casi sud-
detti non si studiano tutti insieme ma suddivisi in due gruppi: a seconda cioè
che il focolare morboso è prossimo o molto lontano dalle zone motrici.
Nei casi della prima specie, come anche in quelli in cui la lesione è
molto estesa tanto da poter esser probabile una compressione sulle zone ro-
landiche, si può comprendere comc^^ l'epilessia Jacksoniana possa alcune volte
presentarsi con caratteri identici o quasi a quelli che si osservano per lesione
rolandica. Ed infatti questi sono i casi in cui convulsioni limitate furono osser-
vate anche per lunghi anni prima della morte, ed in cui si ebbero paralisi
permanenti e progressive anche nel periodo interaccessuale. Di tali osservazioni
noi qui non ci occuperemo.
70 F. Srhupfer
Vediamo invece se nei casi della seconda specie, in quelli cioè in cui il
focolare morboso era poco esleso e situato nel lobo frontale molto lunp dalle
zone motrici (tra. i quali molto tipico è il caso del Dieulafoy ed ancor più
quello nostro) ci sia dato metter in evidenza qualche modalità delle convul-
sioni stesse, che possa far sospettare la sede extrarolandica della lesione, e
quindi servire se non altro a trattenerci da un intervento chirurgico.
Studiando tali casi noi fummo colpiti da queste particolarità:
1^ in essi non si nota quella serie prolungata di accessi Jacksoniani,
che si presentano ad intervalli più o meno lunghi gli uni dagli altri, e che
generalmente solo alla fine possono dare anche uno stato di male epilettico.
Nei casi, dei quali ora ci occupiamo, in generale mancano accessi isolati, e
le convulsioni Jacksoniane hanno, fin dalla loro comparsa, la tendenza a dive-
nire subentranti, cosicché facilmente conducono dopo pochi giorni alla morte:
si ha cioè facilmente fin dall'inizio uno status hevmpileptieiis ;
2^ in qualche accesso la perdita della coscienza avviene appena si inizia
la fase clonica, ed è totale. Accessi in cui il malato assista alle convulsioni
con coscienza perfettamente integra non furono ancora descritti; si hanno, è
vero, accessi in cui il malato non perde completamente la coscienza; ma, sic-
come essi si presentano in generale quando il malato non è ancora comple-
tamente ristabilito dall'ottundimento del sensorio che conseguì agli accessi
precedenti, cosi non si può parlare di coscienza veramente integra;
3® la paresi o la paralisi consecutiva agli accessi convulsivi non riveste
il carattere della monoplegia, ma bensì quello dell'emiplegia; né sempre è più
paralizzato il gruppo muscolare dal quale si iniziarono gli accessi : infatti p. e.
nel caso nostro gli accessi da noi presenziati si iniziarono dalla faccia; mentre
la paralisi postaccessuale fu più forte al braccio. Ora, siccome la paralisi
temporanea postepiletlica colpisce in prima linea i territori che per primi
furono sede di contrazione, cosi la paralisi maggiore nel caso nostro avrebbe
dovuto aversi alla faccia. E se nel caso del Dieulafoy si può dire, a spie-
gazione di tale comportamento, che le contrazioni della faccia precedettero di
tanto poco quelle del braccio da potersi ritenere queste quasi contemporanee
a quelle, e che durante l'accesso i muscoli del braccio erano scossi molto più
di quelli della faccia, per il caso nostro tale spiegazione non può invocarsi che
in parte;
4^ l'ordine, col quale le convulsioni cessano, presenta anch'esso qualche
anormalità, in quanto che, mentre esse si erano iniziate dalla faccia, e poi si
erano diffuse al braccio, invece la loro cessazione fu simultanea nel braccio
e nella faccia;
5° mentre qualche volta le conviUsioni nel nostro caso si iniziarono
con una contrazione tonica del facciale, altre volte questa contrazione mancò,
e si ebbe subilo la deviazione coniugala del capo e degli occhi.
6° in ((uesti casi, subito dopo l'accesso, fu spesso notata una transi-
toria emianalgosia diffusa a tutta la metà del corpo che fu sede di convul-
sioni, mentre i disturbi postaccessuali della sensibilità nella epilessia Jackso-
Epilessia Jacksoniana da lesione frontale extra rolatidica 71
niana da lesione delle circonvoluzioni centrali sono rari, od almeno non
colpiscono quasi mai in modo notevole la sensibilità dolorifica e quella tèrmica,
limitandosi per lo più a disturbi del senso tattile, e di quello muscolare.
Non ci nascondiamo che ad ognuno di questi criteri differenziali si po-
trebbero muovere serie obbiezioni, contrapponendovi casi di tumori delle zone
rolandiche nei quali si ebbe un comporUimento analogo; ma noi riteniamo
che l'importanza loro non risieda nel loro valore singolo, ma nel presentarsi
raggruppati nel medesimo soggetto.
Il Du re t, discutendo il caso del Dieulafoy, dice che l'accesso non era
tipico, perchè si iniziava con spasmi della faccia o delle labbra, cui seguivano
convulsioni del braccio, le quali, in modo troppo rapido, si diffondevano dalla
periferia al centro; ma, chiunque legga la descrizione delle convulsioni nel caso
nostro, si conviYicerà come esse avessero una evoluzione perfettamente tipica.
Evidentemente la diagnosi topografica potrebbe essere rischiarata dalla
presenza in questi infermi di sintomi, i quali si presentassero solo nelle le-
sioni dei lobi frontali, e non in quelle di altre parti del cervello. Ed infatti
per la diagnosi di lesione frontale alcuni danno valore alla presenza di disturbi
psichici, i quali però, quasi senza eccezione, non furon rilevati nei casi sud-
detti, e neanche nel nostro. La piccolezza del tumore in molte delle suddette
osservazioni e la sua lenta evoluzione, potrebbero giustificare tale mancanza agli
occhi di coloro i quali ammettono nei lobi frontali l'unico centro, od almeno
il centro principale dei fenomeni psichici; ma a noi basta per ora il consta-
tare che tali fenomeni non possono in questi casi venir utilizzati per una
diagnosi differenziale.
Cosi pure mancò in generale nelle suddette osservazioni quella tituba-
zione, simile a quella cerebellare, che pur fu descritta in casi di tumore dei
lobi frontali, e che in mancanza di altri sintomi avrebbe potuto servire per
la diagnosi. Vero è che nel caso nostro si parla di vertigini 'sofferte anni prima ;
ma, senza contare che esse erano scomparse molto tempo prima che si inizias-
sero le convulsioni, si deve anche notare che il fenomeno della vertigine in
una neoformazione cerebrale in genere, ed in ispecie in una di natura sifili-
tica, non può certo giustificare il sospetto di una lesione dei lobi frontali.
Dopo constatato il reperto necroscopico si può con quasi certezza affermare
che la vertigine sofferta anni prima era nel caso nostro l'espressione delle
gomme trovate nel lobo frontale ; ma ben diversa sarebbe stata la cosa quando
si fosse voluto nei primi tempi della malattia concedere a detto fenomeno un
valore di localizzazione cerebrale.
Anche i disturbi dell'olfatto non sono mai accennati nelle storie di questi
infermi, sebbene, se fossero stati ricercati, si sarebbero forse trovali, almeno
in quelli in cui la lesione era localizzata alla parte orbitale del lobo frontale.
Ad ogni modo anche un risultato positivo in questo senso si dovrebbe pur
sempre valutare con prudenza, perchè i tratti ed i nervi olfattivi facilmente
soffrono per l'aumento di pressione endocranica, determinata anche da tumori
molto lungi dalle zone frontali.
72 F. Schupfer
Si potrebbe dire, come in realtà qualcuno ebbe ad asserire, che, se i
tumori risiedono nel piede della seconda circonvoluzione frontale, l'accesso si
deve iniziare colla deviazione coniugata della testa e degli occhi; ma troppi
dubbi esistono tuttora sull'esistenza di questo centro, e troppo frequente è la
deviazione del capo e degli occhi in tumori collocati all' infuori di delta re-
gione (casi del Dentan, dell'Erb, del Mac Burney, dell'Alien Starr, ecc.),
perchè a questo sintomo si possa accordare un valore diagnostico importante
e decisivo per una diagnosi e per un intervento chirurgico.
Se ora ci domandiamo quale possa esser la patogenesi delle convulsioni
nel nostro caso, ed in quelli simili ad esso, dobbiamo subito riflellere a quello
che ci insegna la fisiologia sperimentale. Le esperienze sugli animali dimo-
strano che alle volte irritando la corteccia cerebrale, anche lungi dalle zone
motrici, si producono convulsioni a tipo Jacksoniano, purché l'eccitazione sia
eccessiva, oppure la corteccia, p. e. per la prolungata esposizione all'aria, si
trovi in uno stato di ipereccitabilità. Ed è per questa ragione che alcune volle,
mentre si praticano nei cani resezioni di lobi frontali, lungi dalle zone mo-
torie, si vedono svolgersi accessi convulsivi, i quali di regola si Iniziano come
scosse cloniche dei muscoli controlaterali del muso o della spalla, e che poi
si fanno generali.
Ora può ammettersi che anche nell'uomo possa avvenire ad un dato
momento un aumento tale dell'eccitabilità della corteccia per cui, in seguito
ad una lesione extrarolandica, scoppi un accesso epilettico? Ed in tal caso,
perchè esso è unilaterale, e si inizia dalla faccia o dall'arto superiore, ma
mai, 0 quasi mai, da quello inferiore?
Esaminando la storia del caso nostro, e quelle dei casi consimili non dure-
remo fatica a persuaderci che in essi varie cause possono esser invocate per
spiegare una tale disposizione epilettogena della corteccia cerebrale. E per limi-
tarci al caso nostro diremo che quali momenti di questo genere si posson
riguardare :
i** l'alcoolismo cronico, in seguito al quale fu da alcuni autori de-
scritta anche una forma di epilessia essenziale;
T la sifilide, la quale, a prescindere da alterazioni grossolane delle
arterie, delle meningi cerebrali, ecc., può portare ad una forma di epilessia
sifilitica generale o parziale sine materia;
3° la localizzazione frontale della lesione, sapendosi che le convulsioni
epilettiche nei tumori dei lobi frontali sono molto frequenti, e, secondo alcuni,
più frequenti di quel che non si osservi per tumori di altre regioni;
4^ l'itterizia, per quanto nel caso nostro fosse di modico grado.
Non può quindi esservi dubbio alcuno che, coesistendo nel nostro sog-
getto tutte queste cause, egli non fosse in particolar modo disposto all'epi-
lessia. E se noi esaminiamo i casi degli altri autori ci convinceremo che, se
non tulle, certo quasi tutte queste cause vi concorrevano; cosicché possiamo
dire che forse si tratta di individui epilettici in potenzialità, in cui il tumore
rappresenta la causa occasionale perchè l'epilessìa si svolga.
Epilessia Jacksoniana da lesione frontale extra rolandica 73
Ma ciò ancora non spiega perchè in alcuni soggetti l'epilessia non si
presenti generale ma talora sìa solo parziale, e non si iniziì mai o quasi mai
dall'arto inferiore.
Sapendo per gli studi fisiologici, e specialmente per quelli del Fano, che
i lobi frontali esplicano un potere inibitorio suUa zona rolandica oraolaterale,
si potrebbe pensare che, quando tale potere diminuisce per la distruzione di
una parte di questi lobi, i centri motori del lato leso possano presentare uno
st^to dì maggiore eccitabilità rispetto a quelli del lato opposto, rendendo cosi
ragione dell'unilateralità delle convulsioni.
Né contro tale supposizione potrebbe invocarsi il fatto che l'epilessia
Jacksoniana non fu descritta in casi di emorragie ò di rammolimento dei lobi
frontali, perchè in tali casi manca in generale il momento epilettogeno che
agisca sulla corteccia rendendola ipereccitabile, come invece si può osservare
nei tumori, nelle gomme, nei tubercoli, ecc.
Ma quello che a noi. fa abbandonare tale supposizione è l'aver potuto
osservare accessi di epilessia Jacksoniana anche in tumori situati in regioni
lontane da quelle rolandiche, e da quelle frontali. Cosi p. e. il Binswanger
cita un caso di colesteatoma del lobo temporale sinistro, in cui i sintomi irri-
tativi, e quelli di deficit motorio, si ebbero per primi, ed esclusivamente, nel-
l'arto superiore destro, ed a noi stessi, in un caso di gliosarcoma del lobo
temporale destro, fu dato assistere ad accessi di epilessia unilaterale, i quali
talora erano limitati all'arto superiore sinistro, talora a questo ed a quello
inferiore, e più raramente sì diffondevano anche alla faccia. E casi simili si
ebbero anche per tumori di altre parti del cervello non solo; ma anche in
casi di tumori del cervelletto furono descritti dall'Osborne, dal Mayei*, dallo
Stewart e Holmes, dal Collier e da altri, convulsioni unilaterali, le quali
però in tal caso colpivano la parte omolaterale del corpo, e non quella con-
trolaterale. Ora questi fatti stanno secondo noi ad indicare che, nei tumori
cerebrali extrarolandici la sede del tumore ha una grande importanza per far
si che invece delle ordinarie convulsioni generalizzate, si abbiano le più rare
convulsioni emilaterali. E che la sede in cui si trova il tumore abbia questa
importanza è dimostrato dal fatto che in tali casi le convulsioni sono omo-
laterali nei tumori del cervelletto, controlaterali nelle neoformazioni delle altre
parti del cervello. In altri termini il comportamento delle convulsioni è ana-
logo a quello dei fenomeni dì defi>cit che tali tumori potrebbero in seguito
produrre. Tutto ciò fa pensare che in questi casi le vie piramidali .di un lato
ed i loro centri si trovino in uno stato di maggior eccitabilità rispetto a
quelle dell'altro lato, e che quindi i momenti epilettogeni possano agire sul-
l'uno a preferenza che sull'altro. E ricercando le ragioni per le quali un
tumore cerebrale, anche se situato nelle zone cosi dette ineccitabili del cer-
vello, possa ciò produrre, noi crediamo si possano invocare varie cause e cioè :
i** l'idrocefalo interno, che spesso è maggiore dalla parte del tumore;
2** i fenomeni di turbata circolazione, che il tumore può determinare
in uno degli emisferi cerebrali e non nell'altro; siano essi di natura mcc-
74 F, Schupfer
canica, siano essi di natura vasomotoria, facentcsi risentire od in vicinanza od
a distanza del tumore slesso;
3° un conseguente stato di ipereccitabilità delle vie piramidali di un
lato, determinata sia dalle predette ragioni, sia da alterazioni di centri ini-
bitori (p. e. frontali), o da soppresione dell'azione del cervelletto (nei tumori
del cervelletto), o da distruzione di altre vie di associazione, ecc.
4° alterazioni, non ancora dimostrabili cogli odierni metodi di tecnica
microscopica, determinate dall'azione dell'alcool o della sifilide sui centri
motori di un lato piuttosto che su quelli dell'altro lato, ecc.
Il momento occasionale dello scoppio di un accesso convulsivo molte volte
sfugge, però spesso è determinato da un brusco aumento della pressione endo-
cranica (p. e. nei ti\mori molto vascolarizzati, nel qual caso l'aumento di pres-
sione si deve far sentire maggiormente dal lato del tumore), oppure da emor-
ragie 0 da rammollimenti come avvenne nel caso nostro; fenomeni tulli che
in molti individui determinano epilessie generali, mentre in altri inducono
piuttosto convulsioni a tipo Jacksoniano.
Resta a spiegare perchè queste convulsioni non si iniziano mai o quasi
mai dall'arto inferiore. E si noti che anche nel caso del Brissaud e De Mas-
sa ry, sebbene la lesione fosse in vicinanza del lobulo pararolandico, le con-
vulsioni si iniziarono dal braccio, e Io stesso inizio si ebbe nei casi di tumore
del lobo temporale descritti dal Binswanger e da noi slessi, sebbene anche
qui la lesione fosse più prossima al centro del facciale, che non a quello del
braccio. Questo comportamento si spiega bene coli' idea da noi sopra espressa,
che cioè in tali casi non si tratti in generale di una semplice irritazione o
compressione determinala del tumore sul centro prossìmiore; ma che si tratti
di uno stimolo più generale il quale per le ragioni suindicate si fa sentire
sulla zona rolandica di un lato solo. E se si pensa che le due metà della
faccia e specialmente le due gambe sono spesso obbligate a movimenti siner-
gici, e che molte ragioni inducono a pensare che siano sotto l'azione anche
dell'emisfero omolaterale, mentre ciò non è o è solo in minimo grado per gli arti
superiori, si potrà comprendere come le cause della unilaterale ipereccitabi-
lità corticale, determinale nel modo suddescritto, possano agire maggiormente
sul centro del braccio spiegandoci cosi come nell'epilessia parziale cxtraro-
landica le convulsioni si inizino o siano più forti nell'arto superiore.
Ed ora alcune considerazioni sulla cura.
Da quanto siamo venuti fm qui esponendo risulta in modo molto evidente
che, siccome le osservazioni di epilessia unilaterale da lesione extrarolandica
non sono affatto rare, cosi chi voglia avere l'assoluta certezza che un inter-
vento chirurgico riuscirà a colpire la causa dell'epilessia, dovrà limitarsi ad
operare solo quando esistano le condizioni volute dal Raymond, e da noi
esposte in principio di questo lavoro. Però seguendo tali regole è indubbio
che ci esporremo molle volte al pericolo di intervenire troppo lardi. Gli è
perciò che secondo noi, nel mentre è giustificato il non intervento quando
esista fin dall'inizio la subenlranza degli accessi, o quelle altre note che se-
Epilessia Jacksoniana da lesione frontale extra rolandica 75
condo noi sono indizio di epilessia parziale extrarolandica, viceversa si può
ammettere che sia §:iiistificato l'intervento operatorio anche nei casi in cui,
pur mancando le paralisi permanenti e progressive, esistano i sintomi gene-
rali di un tumore endocranico, e gli accessi Jacksoniani si svolgano con tutte
le caratteristiche da noi ricordate parlando dell'epilessia da lesione rolandica.
E tanto più saremo indotti ad operare se nell'intervallo tra gli accessi sì
avranno fenomeni irritativi motort o sensitivi nella regione dalla quale si ini-
ziano gli accessi stessi. È vero che in tal modo e cioè non attendendo le para-
lisi manifeste e durature, si correrà il rischio di fare qualche craniotomia in
bianco; ma secondo noi è meglio esporsi qualche volta a tale contingenza,
anziché a quella di intervenire molte volte troppo tardi. E del resto al giorno
d'oggi una craniotomia esplorativa non deve troppo spaventare, senza contare
che p. e. in casi simili al nostro essa talora potrebbfe giovare anche se per
suo mezzo non si riuscisse ad estirpare il tumore. Prendendo infatti ad esempio
il nostro malato, noi vediamo che le più energiche cure antisifilìtiche non val-
sero a salvarne la vita perchè lo stato epilettico era troppo immanente, ed i
nostri rimedi antisifilitici non potevano guarire le gomme con quella rapidità
che sarebbe stata necessaria, né erano capaci di opporsi ad un rammollimento
già avvenuto. Certamente se gli accessi convulsivi fossero stati meno frequenti,
il mercurio introdotto nelle vene avrebbe trionfato; ma nel nostro caso si
aveva nei centri nervosi una condizione in cui oramai la scarica epilettica si
manifestava per cosi dire indipendentemente dalla causa che prima la aveva
determinata. Ora, se noi riflettiamo allo stato in cui abbiamo trovato le zone
rolandiche di destra, noi crediamo dì non andar errati dicendo che, se colla
craniotomia si fossero potuti togliere i fatti congestizi e l'aumento di pres-
sione endocranica, forse lo stato epilettico sarebbe migliorato e le nostre cure
avrebbero potuto aver il tempo di agire. La craniotomia in questi casi avrebbe
giovato, non togliendo il focolare morboso, che non si sarebbe con essa rag-
giunto, ma combattendo la congestione. E ciò noi asseriamo memori sempre
di un giovane operaio sifilitico, il quale fu portato nella nostra clinica con
fenomeni di convulsioni epilettiche Jacksoniane a destra, inìziantìsi dal braccio
e con sintomi paretici interaccessuali del braccio slesso. Essendo sorto in
noi il sospetto di sifilide cerebrale fu iniziata una energica cura antiluetica,
ma senza alcun risultato, che anzi gli accessi a mano a mano andarono rav-
vicinandosi, e la paresi si andò aggravando invadendo tutto il lato destro del
corpo. Data la gravità del caso fu praticata la trapanazione in corrispondenza
della zona rolandica di sinistra, e, sebbene non si fosse riscontrata che una
fortissima iperemia della corteccia cerebrale, pure dopo l'operazione gli accessi
si diradarono, ed in seguito ad una prolungata cura antisifilitica ogni sintomo
scomparve, cosicché il malato dopo 5 mesi potè ritornare alle sue occupazioni.
Certo non si può asserire in modo assoluto che le convulsioni non sarebbero
cessate anche senza l'intervento chirurgico, ma da quanto abbiamo riferito ci
pare più logico l'ammettere che la craniotomia abbia veramente giovato. Cer-
tamente poi non nocque.
76 F, Schup/'cr - EpUessia Jacksoniuna da lesione frontale, ecc.
Sopra un ultimo fatto vogliamo richiamare l'attenzione, ed è sulla com-
parsa del fenomeno del Babinski durante il periodo della emiparesi postac-
cessuale e la sua scomparsa collo scomparire di tale paralisi.
Ora ciò è importante in quanto colle idee dominanti in molti, riguardo
alla patogenesi di tale fenomeno, si potrebbe asserire che, quando il segno
del Babinski si presenta nelle paralisi consecutive ad un attacco di epilessia
Jacksonìana ciò debba significare una lesione delle vie motrici, mentre la sua
assenza stia ad indicare una causa extrarolandica.
Il caso nostro dimostra che per determinare il fenomeno bastano quei
disturbi transitori dei centri corticali motori che conseguono anche ad epi-
lessie da causa extrarolondica, e che quindi si deve essere mollo cauli nel-
Tannettere ad esso un significato diagnostico troppo decisivo.
Noi perciò non possiamo accettare senz'altro le idee del Mirallié, il
quale, avendo visto comparire il riflesso del Babinski subito dopo gli attacchi
apoplettici, ritiene che esso sia un sintomo precoce importantissimo per la
diagnosi differenziale fra lesione organica ed alterazione funzionale.
Noi non abbiamo esperienza per dire se il fenomeno del Babinski si pre-
senti anche in quelle paralisi che talora conseguono ad epilessie unilaterali
essenziali o siiie. materia; ma lo studio del caso nostro, in cui sui centri motori
non esisteva altro che congestione, ci indurrebbe a ritenere che ciò possa av-
venire; e che quindi d'innanzi ad un maialo in istato soporoso presentante
emiplegia e segno del Babinski non si possa senz'altro, come vorrebbe il
Mirallié, porre la diagnosi di lesione organica del cervello.
Quello poi che risulta evidente dalla osservazione nostra e da quelle del
Mirallié è che il riflesso del Babinski non ha sempre il significato di de-
generazione del fascio piramidale.
Bibliofirrafla.
#
DiEVLAvor. « Presse medicale », 1901.
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A. Ma^saglia - Contributo alla patoyeiiesi dd mixedema 11
Dair Istituto di Patologia generale della R. Università di Modena
diretto dal prof. G. Vassale.
Contributo alla patogenesi del mixedema
per il dott. Aldo Massagrlia, Aiato
L'esperimento in sullo scorcio del secolo passato potè risolvere uno dei
problemi più importanti della medicina col dimostrare la funzione specifica
delle glandole paratiroidi indipendente da quella della tiroide. La glandola
tiroide una volta era considerata come un organo pressoché inutile; solo dopo
che lo Sebi rr nel 1859 ebbe stabilito il fatto importante che la sua ablazione
nei cani è di regola causa di morte, molti autori si misero a studiarne la fun-
zione, facendola oggetto di lunghe e pazienti ricerche cliniche e sperimentali.
Nel campo clinico l'Ord per il primo, nel 1877 alla Società Clinica di Londra,
in base a reperto anatomo-patologico potè dimostrare che la malattia già stata
descritta da Gull alla medesima società il 24 ottobre 1873 coi sintomi carat-
teristici di edemi solidi alla faccia ed alle mani, di oligoemia, di diminuzione
progressiva della forza muscolare e dell'attività cerebrale, conducente in modo
lento ma progressivo ad un vero stato cretinoso, era dovutìl all'atrofia della
glandola tiroide; egli chiamò, come è noto, la sindrome morbosa col nome di
mixedema ([ibìgx= muco, otJi^jia gonfiezza) perchè le regioni tumefatte, cute e
connettivo sottocutaneo, erano infiltrate di una grande quantità di mucina.
In seguito i Reverdin (1) riconobbero (e le loro ricerche ebbero conferma
poco dopo dal Kocher) che i fenomeni di speciale cachessia, i quali susse-
guono nell'uomo all'estirpazione del corpo tiroide, sono del tutto simili a
quelli riscontrali da Ord e poi da altri nei casi di atrofia della tiroide. Essi
chiamarono questa sindrome morbosa col nome di mixedema post-operatorio
come contrapposto all'altro, il mixedema spontamo od idiopatico. Ma la chia-
rezza del concetto dì una funzione specifica della tiroide restava sempre offu-
scala dal fatto che in vari casi, male spiegati coli' attribuire il diverso decorso
clinico ad una differente predisposizione individuale, nei pazienti operali di
estirpazione completa del gozzo insorgevano rapidamente, invece dei solili
disturbi trofici cronici propri del mixedema, dei gravissimi accidenti nervosi,
il cui complesso presentava l'aspetto di una vera e propria telania (tetania
cosi delta strumipriva). Il quesito fu risolto dal Vassale, che ci rivelò come
nell'apparecchio liro-paratiroideo accanto ad una funzione tiroidea ne esista
un'altra, la paraliroidea e che quindi la tetania cosi detta strumipriva o tireo-
priva nell'uomo e negli animali non era altro se non una tetania paratireo-
priva, dovuta alla contemporanea ablazione delle glandole paratiroidi. Le glan-
liolette paratiroidi, situate in numero per lo più di quattro ai lati del corpo
tiroide, erano state scoperte dal Sandstrom (2). 11 Gley (JJ) per il primo
richiamò su di esse l'attenzione degli sperimentatori ed emise l'ipotesi che
78
A. Massafflùi
avessero l'ufficio di sostituire funzionalmente la tiroide. L'ipotesi del Gley
fu abbattuta dal Vassale (4), che dimostrò, mediante resperinienlo, che mentre
la tiroide col suo prodotto di secrezione interna ha una funzione trofica sulla
nutrizione jrenerale, donde il mixedema per abolita funzione tiroidea, le para-
Fio. 1.
tiroidi invece con il loro prodotto di secrezione interna hanno una funzicuie
elevatissima, anlilossica, donde la tetania mortalo per abolita funzione para-
tiroidea. Se qualche animale sfugge alle conseguenze fatali più o meno acute
Fifl. 2.
della paratiroidectomia è perchè possiede paratiroidi aberranti o soprannume-
rarie. Non è infrequente infatti di trovare per es. nel cane oltre alla solita
paratiroide interna, visibile attraverso la capsula tiroidea, un'altra paratiroide
situata nello spessore della glandola tiroide in modo da non essere visibile e
da sfuggire alPestirpaziono, oppure qualche paraliroide ectopica nella regione
sopra-joidea o solto-joidea o nel mediastino. E basta la presenza di una sola
Contributo alla patotjeuesi del mlxedema 79
paratiroidc, perchè di redola sia evitato ogni fenomeno morboso acuto (stato
di insuflìcienza paratiroidea latente dilTusamente illustrato dal Va ssale). Dimo-
strata cosi l'esistenza nell'apparecchio tiro-paratiroideo di due l'unzioni, la
paratiroidea e la tiroidea, il prof. Vassale, considerando che la mancanza di
(juesf ultima, destinata ad attivare il ricambio, deve farsi sentire con tulli i
suoi efl'etti dannosi molto più precocemente su di un giovane organismo, dove
i processi di attività cellulare sono molto più intensi, che su di uno già svi-
luppato, mi consigliò di provocare sperimentalmente il mìxedema su di un
giovane soggetto.
Due cagnette gemelle nate il ^ febbraio 1906, essendo in oltime condi-
zioni di salute, dopo essere state fotografate, vennero operate il 18 maggio
dello stesso anno, Tuna di asportazione delle due paratìroidi esterne e della
paratiroìde interna di sinistra, risparmiando la tiroide, l'altra di asportazione
Fio. 8.
rompicla della tiroide colle due paratiroidi interne, lasciando in sito le \\y\^
paratìroidi esterne. Al momento dell'operazione la prima pesava gr. 1300
(flg. i.), la seconda gr. 2900 (fìg. 2). Quattro mesi dopo cioè il 25 settembre
la prima aveva raggiunto il peso di gr. 5900 e si era sviluppata normal-
mente (flg. 3), la seconda aveva raggiunto solo il peso di gr. 5300 e presen-
tava tipico l'aspetto del mixedema sperimentale, caratterizzalo da depressione
psichica, da un arresto di sviluppo dello scheletro, accompagnato da un esage-
rato impinguamento e da debolezza agli arti con formazione di veri edemi
solidi, specialmente al collo ed alla parte inferiore del muso. L'animale si
mostrava allora così lento ed impacciato nei suoi movimenti da assumere ad-
dirittura un aspetto cretinoide (cretinismo mixedematoso di Moussu), come
risulta anche dalla fotografia presa in quell'epoca (fig. 4). Cinque mesi dopo,
cioè ai primi di febbraio del 1907, gli animali vengono sacrificati, essendo
sempre invariato il rapporto tra le diil'erenti condizioni di salute delle due
cagne: rapporto che sta a dimostrare all'evidenza come il mixedema speri-
mentale per estirpazione della tirciide, mentre negli animali adulti compare,
come risulta dalle esperienze del Vassale e del Moussu, molto tardivamente.
80 A. Massaylia
nei giovani soggetti invece compaia in tempo relativamente breve. Infatti la
cagna tiroidectomìzzata, che al momento dell'atto operatorio aveva un peso
di un terzo superiore di quello della cagna parzialmente paratìroidectomiz-
zata, nel breve intervallo di A mesi presentava già manifesto il quadro del
mixedema sperimentale ed aveva già subito un tale arresto di sviluppo da
restarne superata in peso: mentre essa era aumentata di soli gr. 2400, l'altra
si era accresciuta di gr. 3600.
Fio. 4.
Questi risultali da me ottenuti nei giovani cani si accordano con quelli
già ottenuti dall'Eiselsberg (6) nelle giovani pecore e capre, nelle quali
l'Autore notò, in seguito alla tiroideclomia totale, l'arresto di sviluppo e
precoce il mixedema. E si comprende che le esperienze di tiroidectomia di
Eiselsberg nelle giovani pecore e capre rientrino nelle esperienze mie di
tiroideclomia nel cane, rispellando le due paraliroidi esterne, perchè, come
è nolo, nei citali erbivori le glandole paraliroidi esterne sono situate ad una
certa distanza dal corpo tiroide. Sicché l'Eiselsberg, a sua insaputa, nel
praticare la tiroideclomia nei suddetti erbivori, risparmiò certamenle le due
glandole paraliroidi esterne, analogamente a quanto feci io di proposito
nel cane.
Bibliogrrafla.
(1) Revekdin. < Revue raédicide de la Suisse romande », Deuxlème et Troixlème année,
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Contributo alla jmtoyen^si del mixedemn 81
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RECENSIONI
l<fevropatologia.
1. Brb Wilh., Ueber die Diagnose und Fruhdtagnose der syphilogenen Krkran-
kungen des zentralen Nervensystems, — « Deutsche Zeitschrift fiir Nervenheil-
knnde >, Bd. 33, H. 5-6, 1907.
La diagnosi precoce della tabe ha un' importanza pratica tanto notevole, che
tutti i segni atti a renderla possibile meritano di essere studiati col massimo inte-
resse. Tra questi segni il primo posto è occupato senza dubbio dalla rigidità pupil-
lare riflessa e dai fenomeni pupillari analoghi, fatti il cui rapporto con la tabe e
con la sifilide non è ancora ben definito. L'osservazione clinica dimostra che la rigi-
dità pupillare può precedere anche di molti anni (15-20 e più) la comparsa degli altri
sintomi tabetici (Oss. I-VII), e questo fatto conforta piuttosto T opinione di coloro
per cui essa rappresenterebbe soltanto un segno di lue pregressa (Babinski) e non di
tabe incipiente (Mobius). In altri casi osservati dall'A. (Oss. VIII-XIII) esiste rigidità
pupillare già da tempo più o meno lungo, né si sa se e quando si manifesteranno
gli altri sintomi della tabe. Sebbene la pratica non autorizzi a considerare questi
casi come forme di tabe incipiente, è nostro dovere tuttavia di ricorrere a tutti quei
mezzi che sono in grado di render possibile una diagnosi. Quali siano questi mezzi
tutti i trattati di neuropatologia lo dicono ; deve solo esser ricordato come abbia un
gran valore pratico la dimostrazione di accentuate e circoscritte iperestesie pel freddo
in corrispondenza del tronco, dell'addome e del dorso e come facendo l'esame dei
riflessi tendinei non ci si debba limitare al riflesso patellare, ma si debbano esten-
dere le ricerche ai riflessi del Jtendine d'Achille, del tricipite e dell'avambraccio,
tenendo conto in special modo delle eventuali difTerenze tra i due lati. (Oss. XVI). —
Nella maggior parte dei casi si arriva con questi mezzi a stabilire la diagnosi, ma
non sempre; e perciò è stata accolta con tanto favore la diagnostica citologica del
liquido cerebro-spinale, già da alcuni anni utilizzata per la tabe (e la paralisi prò-
84 Rivista di Palolo(jia nervosa e mentale
gressiva). L'aumento degli elementi cellulari (specialmente linfociti) nel liquido che
si estrae con la puntura lombare è un reperto presso che costante nella tabe (e nella
paralisi) e per quanto molto oscuro sia finora il suo meccanismo di origine e non
assolutamente costante la sua esistenza nella tabe (Oss. XXIII) è certo tuttavia che nei
casi in cui alcuni sintomi destano il sospetto della tabe stessa e in cui si possono
escludere altri processi capaci di determinare una linfocitosi del liquido cefalo-rachi-
diano (sclerosi multipla, herpes zoster, meningite tubercolare ecc.), la dimostrazione
del fatto ricordato è della massima importanza per poter affermare la diagnosi
(Oss. XVII-XXII); non solo, ma il reperto della pleocitosi del liquor, sebbene talora
fallace (Oss. XXIV e XXV), rende in alto grado verisimile, quando tutti i momenti
clinici siano esattamente valutati, la precedenza del contagio sifilitico.
Per quel che riguarda la rigidità pupillare devesi ancora osservare che essa non
è costante, come spesso si dice, nella tabe, specie nel periodo iniziale, tanto che negli
ultimi tre anni sono stati descritti non meno di 27 casi in cui, malgrado l'esistenza
sicura della malattia, la reazione pupillare appariva conservata (in 20 casi bilateral-
mente, in 7 casi da un lato soltanto).
Dai fatti ricordati emerge pertanto una quantità di quesiti che attendono tut-
tora la loro soluzione. Quali rapporti reciproci intercorrono tra la rigidità pupillare,
la tabe e la pleocitosi del liquor 9 SulF intimo legame tra questi fenomeni e la sifi-
lide non cade dubbio, ma in qual modo e su quali strutture anatomiche deve essa
agire per determinarli? Quali fattori influiscono sulla cronologia della loro com-
parsa? Ecco un vasto campo aperto all'attività degli studiosi.
Dobbiamo infine ricordare come di notevole utilità pratica si sìa già dimostrato
il metodo siero-diagnostico recentemente applicato alla sifilide, alla tabe ed alla para-
lisi progressiva, metodo che senza dubbio non deluderà le grandi speranze in esso
concepite. * Zolla,
2. EUeist K., Ueher nachdauernde Muskelkontr alimi en, — « Journal ftlr Psy-
chologie und Neurologie », Bd. X, H. 3, 1907.
L' osservazione clinica che serve di base a questo interessante studio si riferisce
ad una donna di 29 anni che presentava i seguenti sintomi principali: durata ec-
cessiva {Naclidauer) delle contrazioni muscolari volontarie; reazione miotonica elet-
trica e meccanica, prevalente in alcuni gruppi muscolari; scosse a tipo coreico;
debolezza generale e grande stancabilità, con prevalenza della paresi in alcuni mu-
scoli; parziale atrofia muscolare senza reazione degenerativa; contratture muscolari
e deformazioni scheletriche (cifoscoliosi, piede equino varo ecc.); ipotonia; abolizione
di tutti i riflessi tendinei; lievissime turbe della sensibilità e frequenti fenomeni
vasomotori. La malattia era insorta all'età di 7 anni, in coincidenza con una corea
infettiva, ed aveva avuto un decorso lentamente progressivo, intercalato da rapidi
peggioramenti. Era giustificato qualche sospetto di lue congenita.
Questo caso si avvicina per la sua sintomatologia alle così dette miotonie ati-
piche, essendo atipico soprattutto pel fatto che il fenomeno della durata eccessiva
delle contrazioni non scompariva, ma al contrario si accentuava col ripetersi dei
movimenti; e rassomiglia specialmente a quel grif))po illustrato da Hoffmann e
Pelz, in cui la durata eccessiva delle contrazioni si associava appunto a debolezza
muscolare generale, stancabilità ed atrofie. Queste forme morbose hanno con grande
probabilità una base anatomica diversa da quella della vera miotonia, poiché mentre
Nevrojxitoloffia 83
qaeef ultima Tiene considerata dai più come un* affezione muscolare, le prime invece
richiamano la nostra attenzione sopr^t il sistema nervoso centrale, non accordandosi
i loro sintomi col concetto dì una miopatia.
D'altra parte la clinica dimostra come anche nelle affezioni del sistema nervoso
centrale si osservi talora il fenomeno della durata eccessiva delle contrazioni nei
movimenti volontari : esso fu infatti descritto in rari casi di * siringomielia, in un
caso di mielite trasversa e in altri su cui torneremo. Un fenomeno simile alla mio-
ionia si osserva anche nelle lesioni delle vie piramidali, ma in realtà si tratta qui
di uno stato di ipertonia che deve essere nettamente distinto dalla durata eccessiva
delle contrazioni. — L'ipertonia in genere rappresenta la risultante di tre fattori
che sono i seguenti: la contrazione muscolare riflessa durante l'estensione del mu-
scolo; l'aumento della tensione muscolare che si manifesta anche allo stato di riposo
ed è giustamente considerato da Forster come l'effetto di un riflesso; e infine il
riflesso proprio dei muscoli, che fa parte dei così detti riflessi propriorecettivi di
Sherrington e consiste nella tensione riflessa dello stesso muscolo che viene messo
in azione dalla volontà. Una mancata inibizione di questo riflesso proprio {Eigen-
reftex) potrebbe spiegare in certi casi patologici la durata eccessiva delle contrazioni
muscolari volontarie.
Quando è interrotta la via piramidale si esagera notevolmente il riflesso di
estensione, in minor grado quello di fissazione, in grado minimo e non in tutti i
casi il riflesso proprio; mentre i fenomeni miotonici di origine centrale dipendono
invece dall' esagerazione del riflesso proprio, vale a dire dalla interruzione di quelle
vie discendenti che normalmente esercitano un'azione inibitrice su questo riflesso e
sono rappresentate da quei fasci motori che vanno dal cervello al midollo spinale
attraverso al cervelletto. Tale concetto patogenetico dei fenomeni analoghi alla mio-
tonia trova appoggio in diverse osservazioni cliniche. Nell'atassia di Friedreich,
che dipenderebbe da una lesione delle vie cerebellari ascendenti e discendenti, si os-
serva, sebbene raramente, un aumento del tono simile alla miotonia, come dimostra, tra
gli altri, un caso descritto dall'A.; e fenomeni analoghi si riscontrano spesso nella
eredoatassia cerebellare di Marie. È specialmente importante il fatto che sintomi
simili alla miotonia sono stati osservati anche in affezioni circoscritte al cervelletto,
sì da potersi escludere un interessamento del fascio piramidale (alcuni casi di atrofia
cerebellare con o senza ereditarietà), e nelle atrofie cerebellari del tipo Déjérine-
T ho mas, che, come è noto, sono caratterizzate da una degenerazione sistematica
delle vie ponto-olivo-cerebellari. Questo sistema di fibre contiene delle vie ascendenti
e delle vie discendenti: dalla interruzione delle prime dipendono senza dubbio i
sintomi principali della malattia; quella delle seconde ha per effetto di liberare il
riflesso proprio spinale dei muscoli dalla influenza inibitrice degli stimoli corticali,
e forse anche di determinare, con l'abolizione di eccitamenti motori corticali,
la debolezza muscolare generale e la stancabilità che si osservano nelle affezioni ce-
rebellari
Queste osservazioni conducono ad ammettere che molti casi di miotonia atipica,
come quello descritto dall'A., non rappresentino, come le vere miotonie, una affezione
muscolare, ma abbiano bensì per substrato anatomico una lesione dei fasci cerebellari
discendenti.
È anche probabile che da una lesione dello stesso sistema di fibre, comprese
naturalmente quelle che dalla corteccia del lobo frontale vanno al ponte, dipendano
i fenomeni muscolari simili alla durata eccessiva delle contrazioni, che sono stati
8i liiviski di Palolotjia ìwrvosa e mentale
(»sservati in diverse malattie cerebellari, nell' atassia acuta, nella paralisi agitante,
nella sclerosi multipla, nelle affezioni del talamo ottico e nella corea. Si comprende
iiltresì come gli stessi fenomeni possano dipendere da una lesione della corteccia del
lobo frontale, quando cioè vengano lese alla loro origine le fibre fronto-pontine : e
ciò che sembra essersi verificato in qualche . caso di aprassia corticale. Forse deb-
bono ascriversi ad un disturbo funzionale delle vie fronto-pontine anche alcuni feno-
meni muscolari che si osservano negli stati catatonici di certi alienati e nelle psi-
cosi motorie di Wernicke. Zalla.
3. A. Souques, Tumeur cerebrale de la région des circonvolutions pariétaìes su-
périeures. Hémiplégie spasmodiqae bilaterale par campressiofi des faisceaux
pyramìdaux, — « Nouvelle Iconographie de la Salpetrière >, n. 5, 1907.
Si tratta di un sarcoma molto voluminoso della falce del cervello. Il tumore,
perfettamente mediano, si è sviluppato al di sopra delle circonvoluzioni parietali
superiori ed al di sotto della dura madre ; in un punto la dura è perforata ; la volta
cranica infiltrata e spinta in fuori forma sul vertice del cranio un tumore osseo
chiaramente visibile. E notevole il contrasto tra V ingente volume del tumore, la
assoluta mancanza di ogni sintoma psichico, la tardiva comparsa dei sintomi di loca-
lizzazione. Sandri.
4. Rossi O., Clintcal and Experimental Contribution io the Knowledge of the
Anat&my of Trigeminal Nerve, — « Journal ftir Psycologie und Neurologie »,
Bd. IX, 1907.
Questo lavoro dimostra una volta di pili come dalPesame attento dei casi cli-
nici e dalla esatta valutazione dei sintomi possano ricever luce delle questioni che
interessano non solo la clinica, ma ben anche Tanatomia e la fisiologia. Le osserva-
zioni che hanno suggerito all'A. alcune interessanti ricerche sugli animali, si riferi-
scono a due uomini che presentavano in complesso i seguenti sintomi principali,
dairA. stesso riassunti dopo Fesposizione dettagliata delle rispettive storie :
1. Disturbi della sensibilità, con dissociazione a tipo siringomielico, localizzati
in corrispondenza della regione innervata della 1* branca del nervo trigemello nel
primo caso, dalla 2^ branca dello stesso nervo nel secondo caso : le aree in cui è
abolita la sensibilità dolorifica e termica hanno per altro una estensione minore di
quella che gli studi più recenti attribuiscono alle regioni provviste dalle corrispon-
denti branche periferiche del V nervo ;
2. Disturbi della motilità a carico del nervo oculomotore esterno, a destra nel
primo caso, a sinistra nel secondo, accompagnati da miosi con rigidità pupillare nel
primo caso, da lentezza della reazione pupillare alla luce nel secondo ;
8. Altri disturbi più lievi, diversi nei due casi, alcuni dei quali vengono presi
in considerazione nel corso del lavoro.
Questi due casi sono adatti per dimostrare come possano aversi nel dominio del
V nervo delle turbe della sensibilità a tipo siringomielico, limitate all'una o all'altra
delle regioni innervate dalle sue branche, anche quando la lesione interessa le fibre
di detto nervo priina della loro emergenza dal ponte di Varolio. Uno studio diretto
a determinare la sede della malattia nei casi ricordati, dimostra infatti come essa
non possa trovarsi nel tratto periferico del V^ nervo. I sintomi presentati non si con-
Nevropatologiu 85
cìlìano con una forma di nearite, sia acuta che cronica, di nearite apoplettiforme,
di neurite multipla dei nervi cranici, né si spiegherebbero d' altra parte ammettendo
l'esistenza di un tumore o di una placca di meningite basilare; ed è soprattutto
l'alterazione della sensibilità a tipo siringomielico quella che ci impedisce di ammet-
tere la sede periferica della lesione, poiché la dissociazione siringomielica è oltre-
modo rara nelle malattie dei nervi periferici e riesce fisiologicamente spiegabile sol-
tanto nelle forme di neurite, forme che nei nostri casi possiamo escludere con piena
certezza.
D'altra parte è facile dimostrare come gli ammalati in esame non possano consi-
derarsi colpiti da una di quelle malattie tuttora oscure nella loro essenza, quali
Vemierania comitata, la paralisi recidivante del nervo oculomotorc e il morbo di
Erb-Goldflam.
Ciò premesso TA. viene a parlare dell'anatomia del tratto bulbo-spinale del nervo
trigemello, passando in rassegna la letteratura sull'argomento ed esponendo i risul-
tati delle sue ricerche personali, eseguite sui conigli col mezzo della così detta dege-
nerazione walleriana indiretta. Egli potè in tal modo confermare in genere l'esat-
tezza delle osservazioni di Bochenek, salvo alcuni dettagli riguardanti il decorso
delle fibre appartenenti alla prima branca: è giusto infatti, come dice Bochenek, che
« alle tre branche periferiche del trigemello corrispondono tre regioni distinte nella
sua radice bulbo-spinale», ma secondo Rossi le fibre della branca oftalmica non
arrivano allo stesso livello di quelle provenienti dalla 2" e dalla 3* branca, come
questo A. vuole: in realtà, esse si arrestano, nel coniglio, prima di arrivare all' altezza
del primo nervo cervicale.
La disposizione del tratto bulbo-spinale del nervo trigemello spiega la possibi-
lità che, come nei casi descritti dal Rossi, vengano lese separatamente le fibre che
provengono da ciascuna branca periferica; ma in quei casi i disturbi della sensibilità
avevano, oltre ad una peculiare topografia, anche un tipo peculiare, quello cioè della
dissociazione siringomielica. È spiegabile questo ultimo fatto ammettendo una lesione
che colpisca alcune fibre del tratto bulbo-spinale o la sostanza grigia in cui esse
terminano?
Il decorso delle vie che suppliscono alle diverse sensibilità è stato oggetto di
molte controversie, ma sembra ormai accertato, per i nervi spinali, che le fibre desti-
nate alla sensibilità termica e dolorifica una volta arrivate al midollo penetrano
nella sostanza grigia del corno posteriore e nel fascio di Gowers; non solo, ma
le osservazioni di v. Gehuchten, Piltz, ecc. hanno stabilito che quando è lesa la
sostanza grigia i disturbi della sensibilità occupano lo stesso lato della lesione ed
hanno una topografia radieolare, mentre quando è leso il fascio di Gowers esse
hanno sede nel lato opposto di cui occupano tutta la superficie al disotto del livello
della lesione.
Queste nozioni permettono di affermare che nei due casi sopra ricordati la lesiono
interessava la sostanza grigia in cui terminano le fibre del tratto bulbo-spinale del
nervo trigemello, ipotesi che è confortata anche da altre osservazioni cliniche pub-
blicate (E. Mailer, Hun, Ira V. Gieson, L. R. Mailer).
Con questa diagnosi di sede si accordano bene gli altri sintomi offerti dagli
ammalati in esame. La paralisi del muscolo retto esterno dello stesso lato in cui era
alterata la sensibilità si può logicamente attribuire ad una lesione nucleo-rad icolare
del VI nervo; e i disturbi a carico della muscolatura interna dell'occhio (miosi con
rigidità pupillare nel primo paziente, miosi con pigrizia del riflesso alla luco nel
8tì Rivista di Patologia nervosa e mentale
secondo) sia che si debbano attribuire ad una lesione del colltculus superior dei
carperà quadrigemina, sia a quelle del corpus geniculatum laterale o del nucleo
del m nervo o del centro cilio-spinale di Budge, non sono affatto incompatibili
con la diagnosi sopra formulata.
Per ciò che riguarda la natura delle lesioni l'A. dopo aver fatto notare, il
che è nel caso singolo importante, come si possa escludere la tabe o la paralisi pro-
gressiva, inclina ad accettarne Torigine arteriosclerotica.
Dallo studio brevemente riassunto, che è corredato di numerose figure illustra-
tive e di una ricca bibliografia, si possono trarre pertanto le conclusioni seguenti :
1. Nella radice discendente del trigemello (tractus bulbo-apinalis) le fibre
provenienti da ciascuna branca periferica decorrono in regioni distinte ed è possibile
trovarle lese separatamente;
2. Le vie che le differenti sensibilità seguono nel tratto bulbo-spinale debbono
avere una disposizione tale da spiegare l'evenienza clinica della dissociazione sirin-
gomielica, e questa disposizione deve essere analoga a quella che è stata riconosciuta
per i nervi spinali. Zaila,
Psicliiatria.
5. E. Lugaro, I problemi odierni della psichiatria, — «Un volume di 378 pa-
gine con 13 figure nel testo. — Editore Remo Sandron, Palermo, 1907 ».
Lo studioso che leggerà questo volume dedicato ai cultori d' idee generali im-
parerà a frenare le ipotesi prive di scopo e di precisione, accogliendo invece senza
soverchia diflidenza quelle utili e ragionevoli. Forse più d' una teoria perderà qual-
che credente. Non è male che ciò avvenga : in psichiatria forse vi sono troppi dogmi,
certo parecchi dogmatici. Il campo della psichiatria è tanto vasto che di necessità
ogni singolo studioso non ne può esplorare che una parte: perciò capita a qualeuno
di pensare che la parte di cui si occupa sia la più importante, la sola essenziale e
di formulare soluzioni e teorie unilaterali: queste pseudo-soluzioni sono, in virtù
del loro stesso difetto intrinseco, più facili ad essere afferrate. Così la teoria acqui-
sta terreno e si fonda la « scuola » a cui accorrono discepoli semplici e convinti
ed altri meno convinti ma più accorti che mirano a loro volta a diventare maestri,
volgarizzando, esagerando e sfruttando la teoria originaria.
La psichiatria è male conosciuta dai profani, ai quali tanto interessa per i pro-
blemi pratici che ad essa si collegano, e non bene dagli stessi medici che non si
occupano della specialità: le teorie più sempliciste e insieme più presuntuose pene-
trano nelle masse colle appassionate perizie forensi, coli' articolo di terza pagina del
giornale quotidiano, con quello, in veste più scientifica, della rivista quindicinale o
mensile.
Come il Lugaro scrive nella prefazione al suo volume, questa psichiatria com-
merciale non ha nulla di comune con gli studi seri, coscienziosi che si svolgono
senza chiasso nei laboratori e nelle cliniche. Ma appunto perchè questi studi sono
ignorati, non vi è da meravigliarsi se la reazione del buon senso travolge nella me-
desima corrente di diffidenza, di scherno, di disprezzo tutto ciò che ha attinenza
alla psichiatria : i più prudenti giudizi clinici come i responsi delle sibille.
Psichiatria 87
È meritato dalla psichiatria questo disprezzo? è logico questo scetticismo che
accarezza una delle passioni più radicate, V ignavia, o piuttosto la psichiatria ha
messo germogli che lasciano sperare vigorose piante ?
n Lugaro non vuole essere profeta: nelle sue pagine egli si propone soltanto
di esporre quale è lo stato dell* odierna psichiatria, di riassumere le questioni che
attorno ad essa attualmente si agitano, di abbozzare il programma pratico del la-
voro deir oggi. Nel dare un breve riassunto dei capitoli svolti nel volume ci lusin-
ghiamo di dimostrare come questi scopi siano stati pienamente raggiunti.
Il primo capitolo è dedicato a uno sguardo generale sulV argomento e vi sono
delineati i periodi attraverso ai quali si svolse lo studio dei malati di mente ed in-
dicate le difficoltà contro le quali uno studio siffatto viene ad urtare ancora oggidì.
Per r importanza che ha nei riguardi sociali, per 1* imponenza rumorosa delle
manifestazioni, quello che dapprima venne studiato fu lo stato psichico dei malati
di mente ; perciò si impose V indirizzo psicologico, del quale anche oggidì riman-
gono epigoni fedeli che non si sono ancora persuasi che col solo studio psicologico non
si possono trovare dati concreti circa V essenza della malattia.
La dottrina di Morel della degenerazione aprì un periodo nuovo e fecondo in
quanto si accostava allo studio somatico del malato e riavvicinava la psichiatria
alla medicina ; ma poco a poco il concetto di degenerazione si trasmuta e divenne
unilaterale nella concezione della scuola antropologica.
Oggidì si tende ad interpretrare il disturbo mentale come una manifestazione
patologica, e di essa si ricercano le cause ed il substrato anatomo-patologico : gli
albori sono lieti ma le difficoltà sono gravi : giovane è il nuovo indirizzo, imperfetti
i mezzi tecnici di cui dispone : una psicologia normale che metta in relazione il fe-
nomeno psichico cogli organi nei quali si compie è da farsi ; le ricerche di anatomia
patologica sono rese difficili dalla complessità e delicatezza del cervello.
Certi processi capaci di dare un grave perturbamento della funzione lasciano
traccie assai leggiere ; queste poi possono essere sopraffatte e mascherate da altre
lesioni più grossolane indotte da altre malattie o dagli stati organici. Le cause sono
imperfettamente note ed oscuro è il loro meccanismo di azione: spesso organi lon-
tani, alcuni fino a poco addietro ritenuti di poca importanza danno luogo a sindromi
mentali gravi : si rifletta aìV influenza che spiega V apparato tiroideo.
Per superare tutte queste difficoltà è necessario che gli alienisti si occupino di
molti studi collaterali, che parrebbero non avere colla psichiatria nesso alcuno, ma
che sono necessari alla costituzione di una psichiatria integrale.
Problemi psicologici: è il titolo del capitolo secondo. L'A. si propone il que-
sito < fino a qual punto Tesarne psicologico dei malati di mente ci può far cono-
scere il determinismo della pazzia? »
Per risolvere questo quesito occorre naturalmente di vedere prima quale valore
possa essere concesso alle leggi psicologiche normali.
Comincia V A. dal fare notare come il concetto di « causa » non si possa per
varie ragioni, e sopratutto per quella che gli stati di coscienza non sono riducibili
a misure quantitative, applicare ai fenomeni psichici almeno nel suo più moderno
aspetto di determinismo meccanico. A questo punto sorgono altri problemi, quelli
cioè che si riferiscono al problema metafisico dei rapporti tra il soggetto e T oggetto,
tra il mondo psichico ed il mondo fisico : V A. dimostra mano mano insufficienti le
tesi del monismo materialista, del monismo idealista, del monismo relativista, del
dualismo, dello scetticismo. Egli nega la legittimità di un problema metafisico come
88 Rivista di Patologia nercosa e mentale
viene dì consueto formulato : la filosofia dovrebbe far convergere i suoi sforzi a per-
fezionare la nozione del realismo, di un realismo che ha molti punti di affinità
con quello primitivo, che anzi non ne differisce se non pel fatto che un maggiore
corredo di conoscenze può permettere un' analisi più sottile. Noi dobbiamo conside-
rare la legge del parallelismo psico-fisico non come una conseguenza di dottrine me-
tafisiche, ma solo come un portato dell'esperienza, la quale ci dimostra un nesso
costante tra stati di coscienza e condizioni organiche speciali ; ed allora si comprende
anche come il determinismo dei fatti psichici si possa studiare iiidirettamente at-
traverso i fenomeni che si svolgono nel corpo e specie nel cervello. I processi men-
tali morbosi non differiscono dai normali se non perchè a disturbare il nesso sopjra
accennato sono intervenute delle azioni insolite le quali fanno sì che il fenomeno
si svolga in tessuti che non si trovano più in condizioni normali.
Dimostra quindi l'A. come in base alla legge dell'adattamento ed a quella
della corrispondenza (di Spencer), si possano interpretare biologicamente i fenomeni
psichici e come si spieghi la loro disformità nelle varie specie animali, nei vari in-
dividui, nello stesso individuo in varie contingenze, e la molteplicità degli stati
affettivi in contrapposto ad un'unica realtà estema.
Questi concetti però non sono senz' altro applicabili allo studio delle malattie
mentali, nelle quali 1' anormalità non risulta dall' alterazione di uno o di un altro
ordine di adattamenti, ma piuttosto dalle alterazioni di funzioni elementari ;che en-
trano a far parte di molti atti di adattamento e per sé non ne rappresentano uno
completo : perciò l' indagine psicologica in psichiatria dovrebbe essere diretta a se-
parare le singole funzioni elementari e metterle in rapporto con date alterazioni
anatomiche.
Tuttavia è d' uopo riconoscere quanto sia difficile lo studio dei malati di mente
in base a criteri di questa natura : notizie anamnestiche scarse od inesatta, deficienza
di mezzi tecnici ci rendono difficile il cammino. Alcune ricerche, che vorrebbero es-
sere più delicate ed esatte, come quella a base di tests mentali, danno risultati me-
schini ed incerti ; ed in psichiatria sono quasi inapplicabili. Migliore è l' indirizzo
seguito da Eraepelin nello studio di singole funzioni psichiche.
Criteri importanti possono essere desunti dallo studio degli effetti di tossici del
sistema nervoso, perchè spesso queste sostanze hanno una certa azione elettiva su
determinati sistemi o funzioni. A ricerche metodiche si prestano assai bene le afasie.
Dati importanti può infine fornire lo studio delle modificazioni viscerali nelle
emozioni.
Segue l'interessantissimo capitolo dei problemi anatomici nel quale Lugaro
passa in rassegna critica le conoscenze sulla struttura dei centri nervosi. Mette in
evidenza i risultati di Cajal, Nissl, Brodraann e Vogt che dimostrano come
nelle varie aree corticali si riscontrino delle strutture istologiche differenti, appog-
giando con ciò il concetto fisiologico delle localizzazioni. Difende, contro varie obie-
zioni, il metodo embriologico di Flechsig, e sostiene come anche per ragioni psi-
cologiche si debba ammettere una distinzione tra centri di percezione e centri di
associazione.
Un paragrafo è dedicato alla descrizione dell'elemento nervoso secondo i dati
meglio accertati ; un altro alla difesa della teoria del neurone e alla discussione
delle questioni che ad essa si collegano più o meno direttamente, cioè quelle sulla
legge della polarizzazione dinamica, sul modo di terminazione degli axoni, sul retì-
colo endo-e pericellulare e sui loro rapporti. In un altro paragrafo sono studiate le
Psichiatria 89
oonnessionì degli elementi nervosi sia durante lo sviluppo che più tardi: secondo
Lugaro l'ipotesi di Cajal del neurotropismo spiega bene T orientamento dei sistemi
di fibre nello sviluppo embrionale, come pure le connessioni che si sviluppano più
tardi con la funzione: il neurotropismo, sanzionato dalle esperienze sulla rigenera-
zione dei nervi, è capace di spiegare il gioco dell'attività nervosa, anche nelle più
complesse funzioni intellettuali.
Prosegue cercando di mettere in evidenza quello che dalla struttura dei singoli
elementi noi possiamo dedurre circa la loro funzione ed espone una nuora ipotesi
sulle funzioni delle cellule ad axone corto. Dati i criteri circa la funzione dei pro-
lungamenti della cellula nervosa, noi dobbiamo ritenere questi elementi ad axone
corto come organi di distribuzione locale degli stimoli: a seconda dei rapporti di
sviluppo tra dendriti ed axone possiamo dividerli in elementi con dendriti poco svi-
luppati in confronto all' axone e che compiono quindi una diffusione di stimoli, ed
elementi con dendriti molto sviluppati in proporzione al prolungamento nervoso e
che perciò concentrano gli stimoli. Talora le fibre afferenti non riescono a portare
il loro stimolo su di un altro elemento se non passando attraverso a questi elementi
ad axone breve, tale altra questa via forma solo una via indiretta accanto ad una
diretta. Cajal basandosi su questi fatti, da lui messi in particolare evidenza nel
cervelletto, credette di potere assegnare a queste cellule una funzione di condensa-
tori od accumulatori che agirebbero aumentando l'energia della scarica: Lugaro
non respinge questa ipotesi, ma osserva che le scariche nervose passando per una via
più lunga e complicata non solo possono essere modificate nella loro intensità, ma
sono anche modificate nella loro durata; gli stimoli vengono cioè protratti. Così si
spiega come le reazioni non siano sempre subitanee, cloniche, ma possano essere con-
tinue, toniche. Questi elementi sono in maggiore quantità negli organi le cui rea-
zioni hanno più spiccato il carattere di continuità; così nel cervelletto che tanto
infiuisce sul tono muscolare; nel corpo striato che è sede, secondo Pagano, della
innervazione viscerale, processo essenzialmente tonico; nella corteccia cerebrale. Delle
funzioni corticali quella che presenta più spiccato il carattere di continuità è la
volontà; ed è degno di nota che nella demenza precoce, dove sono comuni i disturbi
di questa funzione, si trovano alterazioni più marcate negli strati corticali dove
hanno sede prevalente questi elementi ad axone corto.
La legge della valanga di Cajal è esposta in forma breve e chiara. Con essa
l'A. cerca di spiegare alcuni sintomi di malattie mentali; così le amnesie verbali ,
che non sarebbero dovute ad una interruzione di ipotetici legami tra i centri della
parola ed un centro ideativo pure ipotetico, bensì a lesioni dirette ma parziali dei
centri stessi in cui risiedono le trame anatomiche che sono sede delle rappresenta-
zioni uditive e articolatorie verbali.
L'A. espone le vedute di Tanzi circa al criterio obbiettivo della coscienza;
dato che non vi è coscienza senza distinzione, si può giudicare che un centro sia sede
di processi coscienti, ove in questo si realizzino le condizioni anatomiche necessarie
per la distinzione.
In base a tale criterio si deve ammettere che nel sistema nervoso dei mammi-
feri solo la corteccia cerebrale è sede di processi coscienti. Procedendo di un passo,
l'A. formula un'ipotesi sulla localizzazione distinta dei processi organici che for-
mano il substrato dei fenonnni della coscienza e dei fenomeni affettivi. Le im-
pressioni esteme determinano in noi « conoscenze » che hanno rapporto col mondo
esterno e < stati affettivi » che sono più specialmente riferiti al nostro « io >. Nei
90 lìivista di Paloloffia nervosa e mentaie
centri nervosi avvengono forse due distinte elaborazioni degli stimoli: una più spe-
cialmente legata a condizioni anatomiche, che si svolge tra le terminazioni delle
fibre afferenti ed i centri ed è perciò « intemeuronica »; l'altra in ispecial modo
legata a condizioni dinamiche, che si svolge nelP intemo dei corpi cellulari, ed è
perciò « intraneuronica ». La prima corrisponde ai processi di conoscenza, la seconda
ai fenomeni affettivi. Un carattere dei fatti di conoscenza è la tendenza alla stabi-
lità, alla invariabilità, invece le reazioni affettive sono variabili anche nello stesso
individuo ; ora noi vediamo come le connessioni intemeuroniche tendano appunto ad
essere costanti, invece il corpo cellulare ha caratteri fisico-chimici diversi nelle va-
rie specie animali e nello stesso individuo si modifica, entro certi limiti, nei diversi
stati dinamici e di nutrizione. Questa ipotesi spiega come forme lievi di psicosi af-
fettive possano dipendere da una causa generale organica. L'A. riassume cosi il suo
concetto: « le impressioni esterne giungono alle arborizzazioni pericellulari e peri-
dendritiche e vi assumono rapporti corrispondenti ai rapporti obbiettivi; donde il
fatto della conoscenza ; il prodotto elaborato e ricevuta) dai dendriti giunge al corpo
cellulare ove produce un nuovo effetto, una modificazione intema in rapporto alla
costituzione specifica di esso ed allo stato di nutrizione; da ciò il fenomeno affet-
tivo; a seconda del carattere che assume il processo di elaborazione intracellulare
si hanno infine le varie modalità della scarica che dal corpo cellulare esce per
r axone >. ^
Dopo aver fatto notare come le dispute tra associazionisti ed appercezionisti si
riducano spesso a questioni di parole, e dopo avere dimostrato che esiste un* azione
dei centri superiori la quale, mentre dalle vie sensoriali arrivano delle impressioni,
ò capace di provocare correnti che vanno loro incontro ed esercitano su di esse una
azione coordinatrice ed elettiva, pone in rilievo come appunto la fine anatomia ab-
bia dimostrato che in qualunque tratto di una via di senso esistono delle fibre re-
trograde che nascono da cellule situate negli stessi nuclei ai quali arrivano le fibre
afferenti e che tra centri e centri della corteccia corrono fibre nei due sensi.
Le nozioni esposte, sopratutto quelle riguardanti le connessioni dimostrano come
soltanto V esame su sezioni in serie possa darci dei risultati probativi nei casi di
lesioni cosidette a focolaio.
Circa le lesioni delle cellule nervose l'A. passa in esame i resultati ottenuti
col metodo di N issi esponendone la vera portata, e quelli più recenti sul modo di
comportarsi delle neurofibrille: tanto le lesioni della sostanza di Nissl che quelle
delle neurofibrille sono Vindice di un disturbo nutritivo della cellula.
Chiude il capitolo l'esposizione di una ipotesi circa la funzione della nerro-
glia, che Lugaro ritiene capace di esercitare un'azione antitossica in due sensi
differenti: arrestando i prodotti nocivi che giungono dal sangue, e distruggendo i
prodotti catabolici del chimismo cellulare.
Il quarto capitolo e dedicato ai problemi patogenetici. L' A. studiali nesso che
intercede tra i fenomeni che si presentano nelle malattie mentali ed i disordini fun-
zionali e le lesioni anatomiche degli elementi nervosi corticali; e cerca in qual modo
le lesioni possano in via primaria turbare il funzionamento di sistemi speciali, ed
in qual modo questo disturbo primario possa dare luogo a dei disturbi secondari.
La lesione primitiva, dati i rapporti che intercedono tra il cervello e tutti gli
altri organi, potrebbe risiedere anche fuori di quello: arrivando al cervello stimoli
non normali perchè raccolti da organi alterati si potrebbero avere manifestazioni
cerebrali patologiche: però è assai dubbio ed anche poco verisimile che con questo
Psichialria 01
meccanismo si possano avere forme di vera pazzia quando il cervello è perfetta-
mente sano.
Le alterazioni, a seconda delle cause che le producono, possono essere circoscritte
o diffuse : esse producono sempre dei fenomeni diretti ed indiretti, primitivi e secon-
dari. Degli effetti alcuni sono negativi, « fenomeni di difetto », producono nel
contenuto psichico una lacuna e provocano una dissociazione delle funzioni ancora
attive: dissociazione dovuta a puro difetto associativo od anche a difetto appercet-
tivo: difetti di quesf ultima natura, che noi possiamo hene spiegare ricordando
quello che TÀ. ha detto nel capitolo precedente circa la funzione che ha ciascun
centro di agevolare quella di altri per mezzo di vie anatomiche che decorrono dal-
Tuno air altro centro e nei due sensi, possono aiutarci a comprendere un problema
che ha oggidì una grande importanza, quello cioè che si riferisce ai disturbi psi-
chici degli a fasici motori: è verisimile che il centro di Broca sia collegato a
quello di WeTuicke anche per mezzo di fibre che da quello vengono a questo eser-
citandovi una certa azione che lo rende meglio adatto a fissare prima e per conse-
guenza ad evocare poi le imagini uditive verbali : il disturbo psichico degli afasici
si ridurrebbe secondo questa spiegazione alla « diminuzione della capacità di co-
gliere le impressioni uditive verbali ed ancora più di fissarle nella memoria ed evo-
carle ».
Quindi TA. esamina brevemente in base a questi concetti la demenza senile e
la paralisi progressiva dove le lesioni sono diffuse o quantomeno asistematiche e la
demenza precoce ove invece si ha che fare con una forma che arieggia ad una certa
sistematizzazione.
Passando allo studio degli effetti che stimoli abnormi applicati alla corteccia
possono produrre, VA. ritiene che uno stimolo portato sugli elementi corticali per
via extra-associativa non può dare luogo a formazione di immagini configurate e ciò
tanto più quanto più è forte e diffuso: tuttavia questo stimolo può in seguito per
altre vie normali di associazione, influenzare altri centri e spiegasi così la possibi-
lità che la coscienza, per via indirotta, venga modificata da stimoli extra-associativi.
Collo stesso meccanismo si spiegano le convulsioni prodotte da lesioni che risiedono
fuori della zona motoria.
Anche le azioni chimiche che si esercitano sugli elementi corticali possono dare
Iu(^o a fenomeni di difetto o di aumentata eccitabilità, sì gli uni che gli altri
ugualmente dannosi air intelligenza perchè danneggiano il delicato equilibrio tra i
fattori dei quali essa risulta.
È altresì assai verosimile che agli stimoli chimici diffusi siano dovuti altri per-
turbamenti, quelli dell'affettività.
Passando a parlare delle allucinazioni Lugaro accetta il meccanismo indicato
da Tanzi. A proposito dell'importanza che le allucinazioni possono avere nel de-
terminare particolari stati mentali, egli crede che possano bensì concorrere ad ag-
gravare alcuni disordini psichici, ma in ogni caso il disturbo sensoriale sarebbe se-
condario.
Anche l'origine dei delirii non può ricercarsi in lesioni distruttive né in eccita-
menti grossolani localizzati; questi possono produrre dei fenomeni di difetto e di
disordine ma non possono costrurre: i delirii sarebbero invece da riferire a fattori
che perturbano l'equilibrio affettivo, determinando un cambiamento nell'orientazione,
un'unilateralità nella scelta delle immagini e per conseguenza una falsa conoscenza
della realtà.
92 Rivista di Patologia nerwsa e nicntak
Qnanto alle idee fisse FA. riconosce che il determinarne la genesi è assai diffi-
cile; inclina tuttavia ad accettare anche qui quella teoria che pone a base dì esse
un perturbamento affettivo.
I Problemi eziologici sono trattati nel quinto capitolo. L*A. passa in rassegna
le cause esogene e quelle cosidette endogene: degno di nota il paragrafo che si ri-
ferisce ai disturbi ehc si ritengono in relazione con alterazioni delle ghiandole a se-
crezione intema e quello che tratta dell' < esaurimento » così spesso e non sempre a
ragione invocato come causa di malattia mentale. In questo paragrafo si tratta an-
che della Ersatztheorie di Edinger alla quale Y A. muove qualche critica.
Al giusto limite è riportato il valore da concedersi alle cause psichiche le
quali agirebbero in modo indiretto, intervenendo soltanto nei fenomeni secondar! della
lesione cerebrale, mentre da sole, senza una preesistente condizione anormale della
corteccia, non riuscirebbero a provocare uno stato di malattia.
Alla predisposizione è dedicato un altro paragrafo nel quale si sostiene che
tutte le gracilità di dati organi o sistemi sono riportabili a cause esteme che hanno
influito sugli elementi embrionali dal concepimento alla fine della gravidanza. In
questo modo dal concetto di anomalia, di predisposizione si passa a quello di de-
generazione, intesa come una malattia della stirpe, come un processo morboso pro-
dotto da cause esterne, che si svolge non in un organismo solo nla in una serie
di organismi, in due o più generazioni.
Ma il paragrafo più interessante di questo capitolo è certamente quello che
tratta dell' eredità : lo apre uno studio sulla eredità dei caratteri acquisiti per la
quale si dimostrano insufficienti le varie teorie mano mano formulato a spiegarla. Per
quello che riguarda le variazioni qualitative Lugaro crede che si tratti non tanto
di adattamenti diretti resi ereditari quanto di un fatto dovuto alla selezione di va-
riazioni fortuite del germe: né la pangenesi darviniana, anche nella veste più mo-
derna datagli da Galeotti, né altre teorie sono capaci di spiegare come un fattore
che agisca modificando il corpo di un individuo possa anche in modo correlalivo
influenzare le sue cellule sessuali in guisa da renderle capaci di trasmettere nei
figli proprio quella stessa variazione qualitativa; invece si può comprendere come le
azioni esteme che modificano i tessuti in modo indifferente per l'organismo possano
modificare allo stesso modo anche gli elementi germinali, sia pure in grado imper-
cettibile, e che poi queste modificazioni minime ripercuotendosi nello sviluppo suc-
cessivo delle cellule somatiche diano luogo a caratteri nuovi or utili or nocivi sui
quali la selezione naturale fa sentire i propri efi'etti eliminando i dannosi. Tuttavia
si può pure ammettere la tesi dell'ereditarietà dei caratteri acquisiti in senso stretto
per ciò che riguarda le variazioni quantitative nello sviluppo dei tessuti e che
hanno pure una grande importanza. Il fattore darwiniano, la selezione delle varia-
zioni fortuite, è il movente primo di ogni adattamento; solo secondariamente si
aggiunge il fattore lamarckiano, l'ereditarietà delle ipertrofie funzionali.
Così intesa l'eredità, si comprende come essa si venga a mano a mano conso-
lidando solo in quanto è utile. Se in base a questi criteri si torna allo studio dei
fenomeni patologici si deve tosto concedere che le lesioni si trovano in grande svan-
taggio al confronto delle modificazioni utili agli organismi. Una lesione non è mai
utile, non è mai diretta verso {^mqW optimum di struttura che si tende a raggiun-
gere perchè l'organismo sia in grado di vivere in un dato ambiente: ammesso che
talora la lesione riesca a determinare nei dipendenti una malformazione, questa sarà
da considerare come qualche cosa che perturba il processo ereditario inteso nel si-
PsiehùUna 03
unificato di un processo utile; si rientra cioè nel campo della degenerazione; e
queste variazioni per virtù della selezione dovranno essere eliminate nelle genera-
razioni successive. La degenerazione sarebbe una malattia dell' eredità della quale,
comedi ogni altra malattia, l'organismo tende a liberarsi. Quindi TA. combatte il
concetto che accorda a molte di queste variazioni il significato di reversioni ataviche.
Del resto in patologia mentale si osserva di rado un'eredità similare: forse è
sostenibile solo per tré forme: l'isterismo, la demenza precoce, la frenosi maniaco-
depressiva, forme che non conducono ad alcun carattere atavico e che non trovano
riscontro né nella evoluzione della specie né in quella dell'individuo. Per l'iste-
rismo occorre ancora notare che, secondo alcuni, esso non è se non l'esagerazione di
dati caratteri psichici del sesso femminile : se si ammette ciò si toma nel campo del
meccanismo dell'eredità fisiologica.
La demenza precoce si avvicina per quello che è fattore intemo alle labilità conge-
nite di dati sistemi di neuroni, labilità che può rientrare nel campo delle degenera-
zioni. Conclude Lugaro: « non vi è malattia ereditaria che si perpetui in modo con-
tinuo come si perpetua un carattere morfologico o fisiologico specifico : nelle generazioni
la malattia fa la sua comparsa ad un tratto e si ripete per qualche generazione, e poi
infine si estingue. >
I Prohletni nosologici formano argomento del capitolo sesto: l'A. vi indica per
molte foraae morbose le ricerche più opportune. Espone il concetto di Tanzi sulle cere-
broplegie ed accenna all' importanza di verificare se in casi di cosiddetta immoralità
costituzionale si trovino, come quest' ultimo A. sospetta, degli indizi di cerebropatia.
Circa l'epilessia Lugaro è sostenitore del concetto che in realtà non esista la epilessia
essenziale se non nel senso che di molti casi di epilessia sfugge al nostro esame la
causa, ed espone la convinzione, perfettamente opposta a quella della scuola antro-
pologica, che la epilessia come malattia a sé sarà un giorno cancellata dai quadri
nosografie i.
Per l'isterismo egli opina che sìa da considerare come un'anomalia, l'essenza
della quale è ancora a noi sconosciuta: forse in questa malattia si è finora con-
cesso troppo poco posto alle ricerche del substrato organico.
Circa le psicosi afiettive l' A. fa notare come non in tutti i casi e non da tutti
i punti di vista si possa accettare senz'altro il concetto kraepeliniano che riunisce le
due più opposte sindromi in un' unica forma morbosa, la frenosi maniaco-depressiva.
Le demenza precoce viene dall'A. considerata come una forma nella quale sono
riuniti quadri che sintomatologicamente ed anatomo-patologicamente hanno molti
punti di contatto; le ricerche anatomo-patologiche, ancora al loro inizio, ten-
dono a dimostrare che si tratta con probabilità di una affezione di sistemi di neu-
roni corticali forse congenitamente deboli che, aggrediti da una causa esterna alla
quale non sanno opporre valida resistenza, reagiscono dapprima in qualche modo
dando luogo ai quadri iniziali nei quali si trovano commisti sintomi di difetto con
altri di eccitazione, e poscia definitivamente alterati danno gli stati più avanzati
nei quali sono predominanti i sintomi di difetto psichico. Ma per ciò che riguarda
l'eziologia non si può ammettere che le cause siano sempre le stesse. Il fattore pre-
disponente può da caso a caso variare, di maggiore o minore intensità ed estensione
può essere la lesione, ma le cause endogene ed esogene sono con probabilità di diffe-
rente natura ed efficacia.
L'ultimo capitolo quello dei Problemi Pratici è quello che interessa più da
Ticino anche i profani. Vi è sostenuta la necessità dei miglioramenti dei manicomi.
V)4 Rivista di Patologia nervosa v, mentale
della laicizzazione del personale di assistenza, della istituzione di piccoli istituti
circondariali per T accettazione dei malati nuovi e la cura di quelli acuti.
Ma oltre alla cura qui come in altri campi si impone di pensare alla profilassi:
contro l'alcoolismo e la pellagra dovrebbero essere diretti sforzi concordi e vigili;
degna di molta considerazione è Tapplicazione della profilassi tiroidea contro il cre-
tinismo endemico, profilassi che viene già tentata in altri stati, p. es. in Austria,
dove Tesperienza ne ha dimostrata Tefficacia e la facile attuabilità.
Un problema pratico attinente alla psichiatria è quello che si riferisce ai rap-
porti tra delitto e malattie mentali, quindi VA. lo tratta nel suo ultimo paragrafo
mettendo in rilievo le esagerazioni di alcune scuole, specie di quella antropologica,
e facendo anche notare come molte questioni si riducano in fondo a divergenze, fa-
cilmente eliminabili, di terminologia.
* *
Le più ardue controversie si trovano riassunte in questo libro con forma lim-
pida, piana e soprattutto serena; sintesi succose su vari argomenti danno al lettore
un concetto chiaro dello stato presente delle varie indagini che alla psichiatria di
necessità si connettono ; ipotesi non inutili, né inverosimili, anzi utilissime per la
compressione di molti fatti illuminano con potente originalità nuove vie d'indagine,
che saranno certamente t fruttuosamente percorse.
O. Rossi.
(). G. Deny et A. Barbe, Lésions Syringomyéliques cliez une catatonique. —
< Encéphale », n. 9, 1907.
Joffroy e Gombault, Redlich, P. Marie e Guillaim, Dupré e Camus
ed altri hanno già fatto rilevare in varie pubblicazioni come non sia rara la con-
comitanza di psicopatie e di lesioni midollari. Gli AA. illustrano un altro di questi
casi. Si tratta di una donna con spiccata tara ereditaria, la quale da sette anni pre-
sentava il quadro tipico d' una demenza catatonica. Quantunque il negativismo ed
il mutacismo dell' ammalata presentassero un grave ostacolo all' esame somatico, gli
AA. poterono accertarsi che la forza ed il volume muscolare erano normali, i riflessi
tendinei vivaci, che gli eccitamenti cutanei erano avvertiti, che le pupille erano sim-
metriche e reagenti, che non esisteva nistagmo, né fenomeno di Babinski, né clono
del piede. L' ammalata morì in stato di grave cachessia presentando negli ultimi tempi
una spiccata rigidità muscolare. All' esame anatomo-istologico si riscontrò una notevole
asimmetria della sostanza grigia midollare, dovuta ad anomalia congenita, nella re
gione cervico-dorsale. Allo stesso livello incominciava, nella commessura grigia po-
steriore, una cavità di forma e dimensioni variabili, che si estendeva sino al midollo
lombare e si confondeva poi col canale dell' ependima. Le pareti di questa cavità
non erano completamente ricoperte da epitelio ependimale, ma in molti punti solo
da tessuto edematoso di nevroglia. All' intorno della cavità esisteva uno spesso strato
di nevroglia che si infiltrava nel tessuto nervoso circostante. Secondo gli AA. la ca-
vità suddescritta doveva la sua origine alla fusione centrale di questo lungo glioma.
Sulla patogenia e concomitanza di queste forme morbose non si possono avanzare
che ipotesi.
Sandri,
Ihkhiatiia 05
7. Boeere, Psychosen mit Herderkrankungen, — « Allgemeine Zeitschrift ftlr
Psychiatrie und Psychisch-gericht. Medizin >, Bd. 46, H. 5, 1907.
L'A. riferisce la storia clinica e il reperto anatomo-patologico di cinque casi di
lesioni cerebrali a focolaio, in cui si erano manifestati, durante il decorso della ma-
lattia, dei notevoli disturbi psichici: nel 1° caso si trattava di una cisticercosi cere-
brale, nel 2" e nel 5** di un glioma; nel S'' di una porencefalia, nel 4° di un sarcoma
deir ipofisi. Lo studio di questi casi, come pure quello degli altri riferiti nella let-
teratura, dimostrano come dalla natura dei disturbi psichici non si possa trarre alcun
aiuto per stabilire la sede della lesione cerebrale. I disturbi osservati consistono di
solito in uno stato di ottusità mentale che ad un esame poco attento potrebbe simu-
lare la demenza, ma si distingue da questa perchè il difetto intellettuale non è reale,
ma solo apparente, come ci si può convincere interrogando con insistenza gli amma-
lati : è uno stato di pseudo-demenza. In molti . casi di tumori cerebrali sono state
osservate anche dell$ psicosi vere e proprie, le quali per altro potevano rappresentare
delle coincidenze morbose accidentali. Zalla.
8. Th. Ziehen, Psychiatrie. — « Dritte Auflage ». Un voi. in 8** gr. di pag. 801,
con 16 fig. nel testo e 3 tavole. — S. Hirzel, Leipzig, 1908.
Questa terza edizione, che ci si annunzia come completamente rimaneggiata e conta
una cinquantina di pagine più della seconda, presenta in realtà ben lievi modifica-
zioni nei suoi particolari, nessuna nella struttura generale del libro. Ciò è ben note-
vole, essendosi l'A. tenuto fermo ai principi che sempre lo inspirarono, e che lo spin-
gono a guardare la psichiatria da un punto di vista generalmente psicologico. Veramente
TA. dice di attenersi ad un principio « clinico > nel modellare i suoi quadri noso-
grafie!, ma egli ha delle predilezioni tali per T indirizzo psicologico, che la clinica
per luì si identifica quasi del tutto con la psicologia patologica.
Noi non siamo entusiasti di quella psichiatria che si aggrappa al malato e col
vecchio mezzo dell'osservazione protratta e coi nuovi, ma non molto fruttuosi, espe-
dienti della psicologia sperimentale cerca di trovare — sempre per via psicologica —
nuovi criteri nosografici e prognostici. E riconosciamo d'altra parte che le induzioni
sulla patogenesi, sull'eziologia e sull'anatomia patologica — dalle quali la psichiatria^
ha molto di più da sperare — sono oggi appena iniziate. Ma crediamo ormai passato
il tempo in cui, volendo raggruppare e classificare gli stati psicopastici, bisognava
adottare — in mancanza di meglio — un unico criterio, magari riconoscendone aper-
tamente l'artificiosità. La psichiatria clinica utilizzando i risultati degli studi di
laboratorio, può già tentare la classificazione naturale e mirare alla definizione di
vere malattie più che a quella di sindromi psicopatiche. Gli sforzi diretti in questo
senso da Kraepelin dapprima, e ormai con lui da quasi tutti i militanti della
psichiatria, non sono stati infruttuosi, e non foss' altro hanno permesso di bandire
dalla nosografia un inutile ciarpame di distinzioni e sottodistinzioni sintomatiche.
Insistere ancora nel dare un assoluto predominio al criterio psicologico è dunque
urmai fuor di luogo, e nuoce dal punto di vista didattico, mostrando agli studenti
una psichiatria artificiosa, inferiore a quella vera. Non è certo un criterio didattico
opportuno quello che spinge a trattare separatamente e a grande distanza degli stati
crepuscolari epilettici, della costituzione epilettica e della demenza epilettica, mentre
poi non 8i trova in alcun parte una trattazione approfondita della patogenesi dell'epi-
IH) Rivista di Pa^jtoloia mrvosa e mentale - Psichiatria
lessìa, del suo valore sintomatico, dei suoi rapporti con le cerebropatie. Lo stesso
criterio permette una netta separazione della mania e della raelancolia dalle fonue
periodiche e circolari e fa creare degli « stati eknoici » tutte le volte che le oscil-
lazioni affettive sono accompagnate da disturbi intellettuali. E non si dà certo un
giusto concetto della psichiatria moderna trattando delle cerebropatie infantili coi
vecchi clichés dell'idiozìa, dell' imbecillità e della deficienza, e cacciandovi dentro
per incidenza e in poche righe il cretinismo. E soltanto adottando un sistema artifi-
cioso di classificazione può succedere che in un' edizione si tratti in due o tre pagine
di una categoria di « psicosi composte aperiodiche » (paranoia secondaria allucina-
toria, stupore postmaniaco o postmelan colico, melancolia ipocondrica postneuraste-
nica, paranoia semplice, ipocondriaca, postmelancolica, ecc.), che nell'edizione succes-
siva — per fortuna — scompaiono di botto. Possa almeno questa scomparsa preludere
ad altre consimili nelle edizioni future ed accennare ad un riavvicinamento alla
corrente odierna unificatrice della psichiatria.
Lugaro.
NOTIZIE
- La Società Piemontese d^ Igiene nella sua seduta del 1° febbraio 1908 ha
deliberato di indire un concorso per un manualetto di Igiene destinato alle scuole
rurali, di non oltre 50 pagine di stampa, formato 16**. Il manoscritto deve essere
consegnato alla Presidenza della Società, Via Po 18, prima del 31 dicembre 1908. Il
manualetto sarà giudicato da una Commissione composta dal Presidente e da due
membri nominati dalla Assemblea dei. Soci. Al manoscritto scelto sarà accordato un
premio di L. 400.
La Società si riserva di pubblicare il manualetto, di diffonderlo nelle scuole
rurali. Si intende che l'autore cederà qualsiasi suo diritto alla stessa Società. I mano-
scritti non premiati saranno restituiti dietro richiesta ai loro Autori, e quando non
venissero reclamati dopo tre mesi dal giudizio resta inteso che la Società disporrà
di questi nel modo che crederà migliore. È lasciata facoltà agli Autori di segnare
il loro nome sul manoscritto, o di firmarlo con un motto ripetuto sopra una busta
chiusa racchiudente il nome. La Commissione giudicherà i manoscritti ricevuti non
oltre due mesi dal termine del concorso, riferendone all'Assemblea dei Soci.
— Dal 3 al 9 dell'agosto prossimo avrà luogo in Bigione il 18° Congresso degli
Alienisti e Neuropatologi francesi, al quale possono partecipare gli studiosi di qua-
lunque nazione. Le adesioni e la tassa (L. 10) devono essere inviate al dott. S. Gamier,
Médecin-Directeur de l'Asile d'Aliénés - Dijon.
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patolopnefvosa e mentale
OIBETTA DA
:m. T^Nzi
(viKRfXs)
A. TA3SJBTTEIIN1 S. MORSXILLI
(soma) (osmota)
E. LUG-AJIO
(modina)
Redattori t
0. BOSSI
O. 8ANDRI — M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Ammi/iiatrazione: Prof. TMZI, Clinica di San Sa/vi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Marzo 1908 Fase. 3
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Manicomio provinciale di Cagliari
Ricerche urologriche ed ematologriehe nei psicopatici
per il dott. Q. Scuma Salaris, libero docente e direttore
Ho fatto oggetto delle presenti ricerche lo studio delle modificazioni quan-
titatiye dei globuli bianchi in rapporto delle emazie circolanti nel sangue dei
psicopatici (epilettici, amenti, dementi, paralitici, frenastenici, ecc.). Ho ricer-
cato inoltre il tasso emoglobinico e le alterazioni qualitative degli eritrociti,
non che le variazioni nel rapporto numerico fra le varie specie dei globuli
bianchi, e contemporaneamente ho raccolto dai rispettivi soggetti esaminati
Purina emessa nelle 24 ore, ricercandone, oltre alle proprietà fisiche, i clo-
ruri, l'urea, Tindacano, la diazoreazione, l'albumina e lo zucchero; degli epi-
lettici inoltre ho raccolto a parte la prima urina eliminata dopo l'accesso
del male. Devo far notare che non in ogni coso, nei malati agitati od inco-
scienti, ed anche nei deliranti di persecuzione, è slato possibile raccogliere
tutta l'urina emessa nelle 24 ore, non solo, ma talvolta pur di averne
la quantità sufficiente per l'analisi ho dovuto ricorrere al cateterismo.
Per la determinazione del tasso emoglobinico ho adoperato l'emometro del
Fleischl; gli eritrociti venivano numerati con l'apparecchio di Thoma, ed
i globuli bianchi contati simultaneamente ed a parte, usando in questo caso
98 G, Sanila Solaris
l'apposita pipetta, nella quale venivano disciolte le emazie con la soluzione
acetica; il dosaggio dell'urea veniva fatto con l'apparecchio di Esbach; la
ricerca quantitativa dei cloruri secondo il metodo di Mohr; dell'indacano
usando il procedimento di Jaffè, è la reazione diazobenzoica col reattivo di
Ehrlich(l).
Ho preso il sangue — usando tutte le precauzioni consigliate in simili
ricerche — la mattina prima di colazione, tranne che per gli epilettici, ai
quali l'esame veniva praticato pure durante l'accesso, epperò in qualunque
ora del giorno, e su soggetti ai quali non erano stati somministrati farmachi
capaci di apportare modificazioni nella formula emoleucocitaria ; nelle donne
poi l'esame non veniva praticato nel periodo mestruale. Ho preferito al pol-
pastrello del dito il lobulo dell'orecchio, perchè meno dolorosa l'incisione fatta
con bisturi, ed il sangue veniva lasciato sgorgare liberamente, senza alcun
massaggio o compressione della parte, lavata in precedenza con alcool ed etere.
Ho raccolto il sangue, come suggerisce Grawitz(2), direttamente su un
vetrino coprioggetti che ho applicato sulla goccia di sangue e poscia sovrap-
posto su di altro coprioggetti, sostenuti entrambi con pinzette; allontanando
rapidamente per strisciamento i due vetrini il sangue si dispone su di essi
in sottile strato che rapidamente si essica all'aria, il che non sempre si ottiene
raccogliendolo sul portaoggetti, come usa praticare Schleip(3).
Come mezzi di fissazione ho adoperato il liquido di Nikiforow, o la
fissazione a secco — secondo Éhrlich — sulla lamina di rame (4); la nume-
razione delle varie specie dì globuli bianchi è stata fatta su preparati, l'uno
— per il rilievo delle granulazioni neutrofile ed acidofile, dei linfociti e dei
mononucleati — colorato preferibilmente con la soluzione di Jenner, ovvero
con quella di Leishman o di May Grilnwald; l'altro con l'eosina-ematos-
silina di Ehrlich per un più chiaro rilievo dei nuclei, ed un terzo preferi-
bilmente col bleu policromo di Unna o con la soluzione di Gìemsa, anziché
col triacido di Ehrlich per le granulazioni basofile ; la formula leucocitaria
era desunta dal confronto e dal risultato del conteggio dei singoli preparati
colorati nei modi su esposti, avvertendo che per la classifica dei globuli bianchì
ho seguito il Lazarus (5).
Di ogni soggetto studiato ho fatto in generale non meno di cinque saggi
di sangue e dì urina; dì molti ho ripetuto il doppio esame a più o meno
lunghi intervalli di tempo perfino 15 a 20 volte, secondo che l'afl'ezione men-
tale decorreva cronicamente, ovvero si avevano dei brevi e ripetuti periodi dì
remissione ; sugli epilettici poi gli esami furono saltuariamente praticati nei
periodi ìntervallarì fra un accesso e l'altro e durante la crisi di grande o pic-
colo male, e ripetuti nei giorni consecutivi ad essa, e talora — caso raro e
fortunato — qualche secondo prima dello scoppio di un attacco convulsivo.
Ometto le storie cliniche dei singoli ammalati e i dati numerici, limi-
tandomi a riassumere le deduzioni che se ne possono trarre.
Psicosi da tossinfezione, — Frenosi setisoria, — I dati che si ricavano
dall'esame di dodici casi possono essere compendiati nel modo seguente:
Ricerche urologiche ed ematologiche nei psicopatici 99
1^ Air inizio della psicosi da tossinfezione la ricchezza globulare non
discende che licTemente al disotto della norma; cospicuo abbassamento nel
contenuto in emoglobina si ha inyece nel fastìgio della malattìa, nella quale
fase coesìste in generale una diminuzione numerica degli eritrociti, che può
discendere a cifre assai basse, e protrarsi a lungo nei casi ad esito infausto.
L'olìgocromemìa e l'oligocitemiasono ancora sensibili all' afTaccìarsi della
convalescenza, e l'aumento numerico delle emazie e l'innalzamento del tasso
emoglobinico seguono di pari passo l'andamento benigno della malattia, e si
arrestano e ridiscendono ancora, quando il miglioramento non è progressivo o
si è avuta una ricaduta, e riprendono la via ascendente fino a raggiungere ed
anche sorpassare di poco le cifre normali, quando l'affezione è avviata sta-
bilmente verso la guarigione.
2® Gli eritrociti non presentano — meno in quei casi nei quali si
appalesa una forte anemia, ed allora le alterazioni sono dovute a questa con-
comitanza — modificazioni rilevanti di forma, dì volume, di struttura, di colo-
rabilità. L'anisocìtemia è bensì frequente, ma non cospicua; più rara ancora
è la poichìiocitosi, e del tutto eccezionale è il rinvenire qualche erìtrocìto
che tinto colla tionìna o col bleu dì metilene mostri delle granulazioni basofile.
3* In tutto il decorso dell'affezione psicopatica, a preferenza nei casi
cronici accompagnati da forte anemia, non è difficile riscontrare dei mielociti
0 grandi mono, ripieni di granulazioni neutrofile, e ciò a fianco di qualche
mègaloblasto e dì piastrine, numerosissime queste nella fase iniziale della
malattia.
4*" L'inizio della psicopatia è accompagnato il più delle volte da un
aumento notevole del numero dei globuli bianchi, tanto più rilevante, quanto
più grave e di lunga durata è l'affezione mentale. L'iperleucocitosi scompare
coli' affacciarsi della convalescenza e ricompare nelle ricadute; la leucopenia
si è osservata assai dì rado, ed in modo del tutto transitorio.
5** La formula leucocitaria h modificala nel decorso della psicosi; talora
sì osserva il caso del ristabilirsi deirequilibrìo leucocitario, pur stazionarie o
quasi restando le manifestazioni psicopatiche; affatto eccezionale è il feno-
meno opposto.
L'inizio della psicosi, come pure le ricadute, sono caratterizzate dalla
iperleucocitosì neutrofila, la quale può raggiungere cifre elevale (93, Vj^)^
mentre i linfociti possono ridursi ad Vis del normale (4, Vj^). Tale iperleu-
cocitosì è sempre formata quasi esclusivamente da leucociti adulti, a nucleo
polimorfo.
A questa leucocitosi neutrofila, in più o meno breve spazio di tempo — in
ragione diretta della resistenza organica, ed a seconda della prognosi più o meno
favorevole — tiene dietro una mononucleosi, specialmente una lìnfocitosi,
cosicché la leucopenia neutrofila può toccare cifre bassissime (267o\ mentre
i mononucleati ed i linfociti possono subire modificazioni quantitative tali da
portare il loro numero al doppio e quasi al triplo del normale. Essi sono più
0 meno grossi, con protoplasma ora scarso, ora abbondante.
100 G. Sanim Solaris
L'aumento nel sangue circolante delle forme giovani appare quindi tar-
divamente nel decorso della psicopatia, e sono specialmente i linfociti che
allora aumentano sensibilmente, mentre in tenue misura crescono pure le
forme di transizione.
I neutrofili in una fase avanzata della malattia, e specialmente quando
vi ha tendenza alla cronicità, presentano una notevole varietà d'alterazioni
nucleari che stanno a denotare la vecchiaia fisiologica degli stessi nuclei.
Questi infatti appaiono lobati, frammentati in parecchi nuclei -staccati e disposti
a catena, ad anello, o riuniti da un sottile ponticello; talora si osserva la
picnosi del nucleo, caratterizzata da frammentazione di esso in un gran numero
di granuli isolati, e fortemente tingibili.
6° Un fenomeno costante è la scomparsa degli elementi eosinofili nella
fase acuta della psicosi, e la loro ricomparsa nella fase di defervescenza nella
quale le cellule acidofile possono raggiungere rapidamente percentuali relati-
vamente elevate (16,7), per poi gradatamente e lentamente scendere fino alla
norma nei casi ad esito favorevole. Il brusco abbassamento numerico delie
cellule eosinofile, dopo il loro riapparire nel sangue, e soprattutto la nuova
loro scomparsa, denotano il riacutizzarsi del processo tossinfettivo.
Nell'eosinofilia, accanto alle cellule giovani, vigorose, a protoplasma gra-
nuloso, se ne rinvengono altre diverse per morfologia e per varia affinità alle
sostanze coloranti acide, il cui protoplasma si appalesa poco diflerenziato e
meno tingibile con i colori acidi (pseudoeosinofili). Per contrario sonvene altre
le quali presentano il protoplasma sparpagliato irregolarmente attorno ad uno
0 più nuclei, i cui granuli protoplasmatici mostrano anche essi varia affiniti)
per le sostanze coloranti; altre cellule poi mostrano nel corpo cellulare ed
anche nei nuclei degli spazi chiari, dei vacuoli (tav. 2*, fig. 4).
7"^ I dati urologici sono anche essi abbastanza costanti come gli ema-
tologici; la policitemia, che si riscontra nel corso dell'affezione, coincide con
un'abbondante secrezione urinaria, ed è quindi da mettersi in relazione con
uno stato transitorio di diminuzione della parte acquosa del sangue.
I cloruri sono in generale abbondanti al manifestarsi della malattia e
durante la convalescenza; nell'acme discendono al disotto della norma fino
ad aversi talvolta l'acloruria; col ritorno allo stato normale scompare la lieve
ipercloraria che accompagnava la convalescenza.
L'urea eccezionalmente raggiunge il tasso fisiologico, o di poco lo sor-
passa nei primordi della psicosi; col progredire del morbo la cifra si abbassa
sino a riscontrarsi nell'urina la metà dell'urea che si ha in condizioni fisio-
logiche; coir affacciarsi della convalescenza e col ripristinarsi dello stato nor-
male la secrezione dell'urea tende a raggiungere il tasso fisiologico.
Demenza paralitica, — Se da soli tre casi esaminati — i soli esistenti
era 360 ricoverati — mi fosse consentito di trarre delle conclusioni, queste
potrebbero essere cosi formulale :
i"* Nel secondo periodo della paralisi generale e nella fjise di remis-
sione il tasso emoglobinico non è molto basso.
Ricerche urologiche ed ematologiche nei psicopatici lOi
2** li rapporto percentuale fra globuli rossi e bianchi non è alterato,
mentre lo è nella fase terminale per la tendenza alla leucocitosi.
3** 1 poHnucleati neutrofili sono numericamente normali ; gli eosinofili
lievemente al di sopra della norma, assenti talvolta ; i mononucleati sono
aumentati di numero ; in proporzioni fisiologiche o appena al disotto della
norros rìnvengonsi i linfociti.
Nella fase terminale al contrario i polinucleati sono diminuiti di numero,
ed aumentati i linfociti, mentre non subiscono rilevanti modificazioni quanti-
tative le altre varietà leucocitarie.
Epilessia. — Riepilogando i risultati ottenuti in tredici osservazioni, si
ha quanto segue :
Sotto l'accesso convulsivo o immediatamente dopo si osserva diminuzione
più 0 meno notevole del tasso emoglobinico, tuttoché si riscontri il più delle
volte aumento numerico degli eritrociti nella unità di volume ; in altri ter-
mini, la ricchezza globulare può talvolta essere alquanto diminuita, mentre lo
è discretamente e sempre il valore globulare.
Sotto l'accesso e subito dopo v'ha aumento costante di globuli bianchi,
i quali alla distanza di otto ore, e sopratutto 24 ore dopo la crisi, già sono
assai scemati di numero, per risalire gradatamente nel secondo e terzo giorno
dopo l'accesso, senza però che venga raggiunto il grado di iperleucocitosi che
si nota sotto le crisi convulsive.
La formula leucocitaria subisce anche essa modificazioni degne di nota.
L'avvicinarsi immediato di un attacco di convulsione è contrassegnalo da mar-
cata diminuzione numerica dei polinucleati neutrofili, e dei mononucleati;
identico risultato dà l'esame emalologico praticato durante le crisi convulsive,
0 appena esse sono cessate. L'indomani della crisi, od anche prima delle suc-
cessive 24 ore, l' ipoleucocitosi neutrofila tende progressivamente a diminuire,
cosicché verso il -terao giorno i neutrofili hanno raggiunto la percentuale nor-
male — mentre i mononucleati l' hanno di gran lunga superata — per poi
ridiscendere al disotto della norma all'approssimarsi di un nuovo attacco.
I linfociti seguono un movimento diametralmente opposto a quello tenuto
dai neutrofili : cioè numericamente aumentano immediatamente prima^ durante
0 dopo gli attacchi convulsivi, per diminuire progressivamente sino alla norma
nei giorni successivi.
Nel sangue degli epilettici circola un numero di cellule eosinofile supe-
riore al normale. A misura che si approsima una crisi convulsiva gli eosinofili
circolanti si rendono assai spesso più scarsi, e T ipoeosinofilìa assoluta si appa-
lesa più spiccata sotto l'attacco convulsivo, o appena cessata la crisi. Alla
distanza di molte ore dall' accesso, e sopralulto al termine di 24 ore, si nota
la percentuale più forte di eosinofili, e questa ipereosinofilia si mantiene
ancora, ma in proporzione minore, nei giorni successivi alla crisi fino al terzo,
quarto giorno.
A fianco di queste modificazioni quantitative nella formula emoleucoci-
taria, si riscontrano nel sangue degli epilettici svariate alterazioni di struttura
102 G. Sanm Salaris
rìfletlenti tanto i globuli rossi che i bianchi. Infatti si osservano piastrine più
numerose ed in modo più costante alla distanza di parecchie ore dall'accesso
che non sotto la crisi convulsiva; eosinofili a protoplasma sparpagliato ; qual-
che erilrocito nucleato, grosso il doppio del normale (megaloblasto), con nucleo
centrale poco colorato; qualche raro linfocito, con protoplasma sparpaglialo;
finalmente si osservano numerosi mielocitì, qualcuno a protoplasma neutrofilo.
L'analisi della urine mostra che i cloruri sono per lo più in diminu-
zione nell'urina emessa dopo 1.' attacco convulsivo ; l'urea, al contrario, è in
aumento; un comportamento inverso invece hanno questi due componenti
all'esame dell'urina emessa in un periodo di tempo lontano dagli accessi;
allora i cloruri sono in aumento, e l'urea in diminuzione.
Demenza precoce, — Nelle forme croniche della demenza ebefrenica e
paranoide (sei osservazioni) non si hanno modificazioni rilevanti della formula
emoleucocitaria ; non è cosi nella forma catatonica. All' apparire infatti della
sindrome catatonica, sia essa sotto forma di stupore o di agitazione, ho riscon-
tralo nei tre casi studiati marcata iperleucocilosi che persisteva lungo il decorso
della malattia e subiva oscillazioni parallele all' imponenza della sintomatologia.
Nello stupore catatonico ho rilevato inoltre polinucleosi neutrofila; linfo-
citosi al contrario nella varietà agitata ; in quello accentuata mononucleosi,
ed in un caso costante e spiccata eosinofilia ; nella varietà agitata i mono-
nucleali sono al disotto della norma e gli eosinofili ora scomparsi, ora nume-
ricamente quadruplicati; il lasso dei cloruri basso nello stupore catatonico,
elevalo nella varietà agitala, mentre l'urea ha un comportamento inverso.
Nell'acme della forma catatonica stuporosa ho verificato nei globuli bianchi
le modificazioni più gravi di struttura, sia nucleari che protoplasmatiche. 1
nuclei infatti dei neulrofili sono frammentali in quattro, talora sei parli,
disposti ora a catena, ora ad anello, ora raggruppali, ora riuniti da esile
ponticello.
Nella fase eosinofila non è raro di rinvenire molti eosinofili in via di
degenerazione, taluno grosso sei, otto volte un erilrocito, con granulazioni
sparpagliale e fra di esse uno o più nuclei disposti irregolarmente.
Nel periodo di defervescenza, sempre nello stupore catatonico, gli eosi-
nofili sono in sensibile diminuzione, ma in essi è apparso un nuovo feno-
meno. Il loro citoplasma mostra dei vacuoli, varii per numero e dimensioni,
di cui, solamente in casi eccezionali, vedesi taluno anche sopra una parte di
un nucleo o dei nuclei. Inoltre lo slesso citoplasma è in qualche punto della
periferia corroso, ovvero è attornialo da un alone — il quale eccezionalmente
è completo, il più delle volte occupa Vs o poco più di tutta le periferia cel-
lulare — di protoplasma colorato intensamente dalle sostanze basiche. Tale
vacuolizzazione citoplasmatica e nucleare, come la reazione basica di una parte
— la periferica — del protoplasma, si nota esclusivamente negli eosinofili, e
ne vanno alfalto immuni le altre specie polinucleari.
Cessala la sindrome catatonica, scompaiono le alterazioni suddescrilte, e
(li patologico non si rinviene che qualche linfocito con nucleo bipartito.
fìwerche urologiche ed ematotogiche nei psicopatici iÓ3
Frenastenie. — In questo gruppo di anomalie degenerative (imbecillismo,
idiozia volgare e cerebroplegica) non si hanno alterazioni rilevanti nella for-
mula emoleucocitaria, come non se ne hanno nel tasso dell'emoglobina. Talora,
è vero, riscontrasi aumento numerico dei polinucleati, che va di pari passo
con quello degli eosinofili, ma questo fenomeno è del tutto transitorio ed
insignificante.
Anche l'analisi delle urine non rivela nulla di speciale, astrazione fatta
da una cresciuta eliminazione dei cloruri (dovuta all'abbondante nutrizione
di questi soggetti) alla quale non sempre corrisponde una proporzionale elimi-
nazione di urea.
È certamente degno di nota il fatto che in queste forme degenerative
(ma non esclusivamente in esse) è stata rinvenuta la presenza di elementi
che nel sangue normale mancano o non si trovano in cosi forte proporzione,
alludo cioè ai mielociti neutrofili, ai polinucleati basofili a nuclei vacuoli-
formi, ai mielociti eosinofili, agli eritrociti ripieni di granulazioni basofìle,
cosi frequenti questi nltimi nelle anemie e in ispecie negli avvelenamenti da
piombo.
All'oligocitemia ed all'oligocromcmia, che si riscontrano nelle psicopatie
oggetto del presente studio, e sopratutto fin dall' inizio delle psicosi da tossin-
fezione e che sono più accentuate all'acme di esse, va attribuito il significato
di un'azione nociva esercitata sulla produzione ed il regolare sviluppo dei cor-
puscoli rossi del sangue, i quali inoltre non sono provveduti di quella quantità
di emoglobina che allo stato fisiologico posseggono.
L'aumento numerico dei globuli bianchi del sangue, che si verifica in ragione
diretta della gravità di ogni tossinfezione, rappresenta, secondo Leube (6),
un meccanismo di difesa dell'organismo contro qualsiasi causa morbosa, giacché
dall'insieme delle ricerche di Maurel(7) sembra risultare che le azioni tos-
siche nocive si esercitano sull'organismo per il tramite dei leucociti e che
vi ha una relazione diretta fra la morte di questi e quella dell'organismo.
Oltre alle variazioni nel numero dei globuli bianchi, sia assoluto che rela-
tivo per rispetto ai globuli rossi, si hanno pure modificazioni qualitative, nella
proporzione cioè percentuale fra i singoli tipi di globuli bianchi, vale a dire
iperleucocitosi neutrofila, assenza di cellule eosinofile, linfocitosi, eosinofilia.
Secondo Bezancon la leucocitosi neutrofila, che si osserva all'inizio di ogni
infezione banale o specifica, al momento di ogni poussée evolutiva di qualsiasi
infezione cronica, e finalmente durante tutto il decorso dell'infezione dovuta
ai germi autoctoni, appare come la reazione messa in giuoco dall'organismo
ogniqualvolta un'infezione, per la sua acuità, necessita uno sforzo precoce e
rapido. Ma questa reazione iniziale, la polinucleosi, sufficiente nelle infezioni
superficiali dovute a germi poco resistenti, si mostra insufficiente quando trat-
tasi di sbarazzare l'organismo da germi più resistenti, che offrano maggiore
difficoltà alla loro distruzione.
La polinucleosi cede allora il posto alla mononucleosi, reazione questa
più lenta a prodursi, ma più duratura, la sola capace di trionfare di un'in-
104 fi. Sauna Salaris
fezione profonda e di assicurare la distruzione dei germi resistenti. Si sa infatti
che i mononucteati rappresentano le forme giovanili, vigorose della cellula
bianca, all'opposto dei polinucleati che ne rappresentano la forma adulta e
vecchia ; nel primo caso quindi l'organismo reagisce vigorosamente e combatte
l'infezione con mezzi potenti e tali da assicurargli la vittoria; nel secondo
caso invece le forze che entrano in campo sono fiacche ed insufficienti a debel-
lare il nemico.
La comparsa adunque della mononucleosi ha un valore prognostico impor-
tante, giacché essa denota che l'organismo va acquistando l'immunità di fronte
all'infezione ed essa sarà solida e persistente, e l'avviamento alla guarigione
sarìi sicuro quando la mononucleosi si manifesta precocemente, ed in modo
intensa e duratura; mentre al contrario l'immunità è debole e passeggera, e
la convalescenza è ancora lontana, allorquando la mononucleosi è tardiva, lieve
e transitoria, poiché prevale l'opinione che accorda ai mono (macrofagi) una
funzione fagocitica assai più forte che non ai neutrofili (microfagi), e si attri-
buisce inoltre ai primi la capacità di produrre le antitossine, cosi necessarie
per l'immunità dell'organismo.
L'aumento numerico dei globuli bianchì del sangue dipende da cresciuta
loro produzione da parte degli organi emopoietici (milza, gangli linfatici, mi-
dollo delle ossa), ovvero da diminuzione di quei processi distruttivi cui queste
cellule vanno soggette durante tutta la vita fisiologica dì un individuo? Non
è facile affermare con sicurezza se dipendano da questa o da quella causa le
variazioni quantitative dei globuli bianchi, e tanto meno facile é dare una
spiegazione sicura sulla causa dello spiccato aumento proporzionale in primo
tempo dei leucociti neutrofili sui mono e sui linfociti, e poscia di questi sui
primi. Sì potrebbe pensare anzitutto che ciò fosse la conseguenza della cre-
sciuta loro produzione nel midollo delle ossa, rimanendo invariata la cifra dei
linfociti generati nel tessuto linfatico del corpo e nel tessuto adenoide del
midollo osseo, ovvero che le variazioni numeriche nel rapporto fra le differenti
forme di globuli bianchi dipendano dalla forte diminuzione di produzione
dei linfociti, cioè che il relativo aumento dei polinucleati sia dovuto alla
persistenza invariata della loro produzione nel midollo osseo, mentre è dimi-
nuita la produzione dei linfociti negli organi linfatici. Contro tale spiegazione
sta il fatto che nell'inizio delle psicosi tossinfettive, per esempio, circola
nel sangue un numero di cellule bianche superiore alla norma, il che si
desume pure dall'osservazione del rapporto numerico fra globuli rossi e
bianchi, cosicché le variazioni quantitative di questi ultimi rappresentano la
conseguenza dì un disordine nella loro genesi, dovuto ad una causa morbosa
specifica la quale eccita un'abnorme iperattività formativa nei tessuti emato-
poietici del corpo, e specialmente quella che riguarda la neoproduzione dei
leucociti. In conseguenza di ciò avviene un'enorme invasione dì globuli bianchi
nel sangue (leucocitosi), ora con la varietà linfocìtica (linfocitosi), ora con la
leucocitica e con le loro forme mature ed immature (leucocitosi neutrofila) (3)
dovuta all'azione chemiotattica dei batteri e dei loro prodotti di ricambio, tos-
Ricerche urologiche ed ematologi^he nei psicopatici 105
sìne e nucieoproteidi, che sono in grado di attirare mediante stimoli chimici
i globuli bianchi ammassati negli organi ematopoietici (chemiotassi positiva),
ovfero di respingerli (chemiotassi negativa), cosicché ne resta diminuito il
loro numero circolante nel sangue, mentre poi si danno sostanze che influi-
scono in modo chemiotattico positivo solamente . per una varietà di globuli
bianchi (i polinucleati neutrofili, per es.), mentre restano indifferenti per tutte
le altre, o magari agiscono su queste ultime in senso chemiotattico nega-
tivo (5).
Ma l'aumento numerico dei globuli bianchi nel sangue può avere per sé
un'altra genesi: la diminuzione cioè di quéi processi distruttori cui queste
cellule vanno soggette durante tutta la vita fisiologica di un individuo, ed
a ciò sarebbe collegato il fatto della frammentazione eccessiva dei nuclei
(v. tav. I, fig. 1) in parecchi nuclei staccati che ne denotano la vecchiaia
fisiologica, al pari della loro vacuolizzazione e di quella del protoplasma cel-
lulare (V. fig. 2).
11 Lustig(8) attribuisce una grande importanza nel ricambio materiale
alle sostanze che appariscono come granulazioni della cellula eosinofìla, la
quale scompare dal circolo all'inizio di ogni tossinfezione, e ricompare in
una percentuale più o meno forte alla fase terminale di tutte le reazioni
leucocitarie tipiche ; epperò all'eosinofilia si dà il valore di una vera stigma
di convalescenza, che rappresenta il trionfo che l'organismo sta per conseguire
nella lotta ingaggiata contro la tossinfezione. Anche qui, come nella polinu-
oleosi neutrofila, potranno osservarsi gli indizi della vecchiaia fisiologica della
cellula acidofila nella vacuolizzazione del nucleo e del protoplasma cellulare,
■ il cui sparpagliamento deve essere interpretato quale la conseguenza dì un
processo distruttivo di una cellula divenuta fragile, poco resistente per vec-
chiaia.
I dati ricavati dall'analisi dell'urina si prestano a questa interpretazione,
che cioè coll'acme di un' intossicazione, quando più forte è il grado di anemia
e più scadente è la nutrizione del malato, coincide la scarsità dell'urea e dei
cloruri eliminati per le urine, mentre il loro tasso aumenta nell' affacciarsi
della convalescenza, quando cioè il malato si nutrisce abbondantemente.
Lo studio adunque delle variazioni dell'equilibrio leucocitario nelle psico-
patie ha un grande interesse pratico ed una importanza notevole dal lato pro-
gnostico ; non solo, ma la formula emoleucocitaria può chiarire ancora il dia-
gnostico in contingenze difficili, od in casi dubbi, nei quali si sospetti entri
in giuoco la simulazione, come allorquando trattisi di differenziare d'emblée
un episodio di esaltamento maniaco, o paralitico, o magari amenziale, da un
accesso di esaltamento che può osservarsi negli epilettici quale equivalente,
0 come prodromo o conseguenza d'un attacco convulsivo; oppure quando av-
venga di chiarire se la crisi convulsiva — alla quale il medico non ha pre-
senziato — che riferiscesi scoppiata qualche o parecchie ore prima, sia vera
0 simulata, e tutto ciò, sebbene non rimanga più dubbio alcuno — dopo le
ricerche del D'Abundo (9), del Bianchi e Piccinino (10) e di molti e molti
106 G. Sanila Sataris
altri, fra cui ì dottori Morselli e Pastore (li), che nel sangue dei maniaci,
dei paralitici, degli amenti (forma lieve o gravissima), degli epilettici circolino
delle to<5SÌne, le quali però devono influire in modo chemiotattico differente
sulle varie specie di globuli bianchi, producendo le rispettive varianti carat-
teristiche nella formula emoleucocitaria.
Bibliofirrafia.
(1) SicvMiAHi. Tecnica uroscopica in tavole sinottiche. Milano, 1905.
(2) GaAwm. Methodik dcr klinischen Blut^Untersuchungen. Berlin, 1902, pa^. 15.
(3) BoRLBip. Atlas der Blutkrankheiten nebst einer Technik der Blutuntersuchung. Berlin
und Wien, 1907, pag. 3.
(4) Enqkl. Guida air esame clinico del sangrue. Torino, 1905, pag. 37.
(5) LAZA.RCS. Il sangue ed i suoi metodi di ricerche in Leyden e Klemperer. « La cli-
nica contemporanea », voi. Ili, pag. 285.
(6) LscBB. Sulla leucemia, in Leyden e. Klemperer, loc. cit., voi. Ili, pag. 182.
(7) Bbcak^ow et Labbì. Trai té d'Hematologie. Paris, 1904, pag. 454.
(8) hvÈTia. Trattato di Patologia generale, seconda edizione, pag. 594.
(9) D'ÀBinriK). Sull'azione battericida e tossica del sangue degli allenati. «Rivista di Fre-
niatria », 1892, pag. 292.
(10) Bianchi e Piccikiko. Sulla origine infettiva di una forma di delirio acuto. « Annali di
Nevrologia », 1893, pag. 1.
(11) Bollettino della R. Accademia medica di Genova. Anno XX, n. 1, 1905. Recensione
negli « Annali di Nevrologia », 1905, pag. 891.
Spiegazione delle flsrure.
TAVOLA I.
Fi0. 1. — Leucocitosi neutroflla; oligocromemia ed oligocitemia; acloruria. — Metodo di
Jenner. Zeiss, oc. 3, obb. 1/12 ad immers. omog. (770:1).
Donna di anni 85, affetta da f renosi sensoria. L'esame del sangue venne praticato 11 4 gen-
naio 1907 dopo una ricaduta, quando T inferma era in preda ad iUusioni palingnostiche e ad
allucinazioni acustiche e visive. — Emoglobina 65; eritrociti 3,672,000; globuli bianchi 10,600;
rapporto 346:1; polinucleati neutroflli 92,8; eosinofili 0; basoflli 0: mononucleati 1,"^; forme di
passaggio 0,8) linfociti 4,7. — Urina delle 24 ore 975 ; peso specifico 1026 ; cloruri assenti ; urea 25,8.
Sotto il campo del microscopio si osservano 12 polinucleati neutroflli, di cui 2 appaiati,
gli altri isolati, con nuclei polimorfi, ora sferici, ora allungati, o isolati o riuniti da piccoU
ponticelli ; tal* altra il nucleo è unico, ma più o meno lobato, a seconda della maggiore o minore
età della cellula. Il citoplasma globulare è neutrofilo ed è finemente grranuloso. Oltre a questi
corpuscoli descritti vedonsi nel campo del microscopio 3 linfociti di dimensioni piuttosto piccole,
a nucleo sferico, avvolti da un sottile alone protoplasmatico.
Fio. 2. — Oligocromemia; linfocitosi; ipoclorurla. — Metodo di Jenner. Zeise, oc. 8, obb. 1/12
ad immers. omog. (770:1).
Sangue della stessa inferma, esaminato il 1» febbraio 1907, alla distanza di poco meno di
un mese dal precedente saggio, quando non sono più evidenti i disturbi psico-sensoriali, sebbene
sia tuttora notevole la confusione mentale. — Emoglobina 60; globuli rossi 4,200,000; globuli
bianchi 9,200; rapporto 463:1; polinucleati neutroflli 26; eosinoflli 0,8; basoflli 0: mononucleati 22,2;
forme di passaggio 0; linfociti 50. — Urina 180; peso specifico 1030; cloruri 2,50; urea 26.
Sotto il campo del microscopio vedonsi 4 linfociti, di dimensioni piuttosto grandi, con
nucleo per lo più rotf)ndo e centrale, od ovale e periferico, intensamente colorato, circondato in
tutto od in gran parte da un alone più o meno abbondante di massa protoplalmatica.
hicerche urotogiche ed ematoiogiche nei psicopatici 107
TAVOLA II.
Pro. 3. — Leucocitosi cosinofila. — Metodo di Jenner. ZeÌB8, oc. 3, obb. 1/12 ad inimera.
omog. (770:1).
Donna di 83 anni, affetta da frenosi sensoria, n sangue è stato esaminato il 21 dicembre 1906,
quando i disturbi sensoriali e la confusione erano cessati; ma T inferma era ancora decaduta di
fisico. — Emoglobina 56; eritrociti 4,100,000; globuli bianchi 12,800; rapporto 822:1; polinucleati
nentrDflli42,7; eosinofili 12,7; basoflli 0; mononudeati 16,6; forme di passaggio 0,5 ; linfociti 27,2.
— Urina 1260; peso specifico 1020; cloruri 10,8; urea 18,3.
Accentuata oligocromemia, e lieve oligo ed anisocitemia con iperleucocltosi ; eritrociti nor-
mali per struttura e colorabilltà ; notevole aumento numerico delle cellule eoslnoflle, di cui 6 sono
visibili nel carni» del microscopio. Tre di esse hanno protoplasma a granulazioni grosse, ro-
tonde, intensamente colorate con Teosina; due Invece sono fomite di granuli scarsi, meno evi-
denti e meno tingibili (pseudo-eosinoflli) : in parecchi eosinofili osservansi dei granuli osslflli
anche nei nuclei. Questi sono lobati o frammentati, ed in questo caso i frammenti sono separati
0 congiunti da un sottile tratto di unione. Inoltre nel centro del campo si notano due linfociti
di varia dimensione, appena provvisti entrambi di protoplasma.
Fio. 4. — Eosinofilia con eosinofili in fase degenerativa, e lieve leucopenia. — Metodo di
Jenner. Zeiss, oc. 4, obb. 1/12 ad immers. omog. (940:1).
Donna di 85 anni, affetta da demenza precoce paranoide, in fase catatonica. L'esame del
sangue è stato praticato il 24 marzo 1907, quando le manifestazioni catatoniche eransi appena
dileguate, e residuavano neir inferma le parestesie, le pseudo-allucinazioni acustiche ed i disturbi
intestinali. — Emoglobina 87; eritrociti 8,920,000; globuli bianchi 5,900; rapporto 644:1; polinu-
cleati neutrofili 68,2; eosinofili 14,2; basofili 0,1; mononudeati 6; forme di passaggio 0; linfo-
citi 18,3. — Urina 660; peso specifico 1015; cloruri 5; urea 20,6.
Botto il campo del microscopio si nota a sinistra un grosso linfocito, con nucleo circondato
da una larga fascia pro^oplasmatica ; a destra si osserva un eosinofilo, contenente 5 vacuoli nel
citoplasma. Tale vacuolizzazione, che talora non risparmia neppure i nuclei, osservasi solamente
negli eosinofili, e ne sono affatto privi gli altri corpuscoli sanguigni. Il citoplasma delle cellule
aeidofile non è più denso, come normalmente, e come appare nella figura precedente; gli stessi
granuli ossifili sono meno ammassati, quasi trasparenti, e tale rarefazione, che è P esponente
deir iniziata disgregazione, della degenerazione del globulo bianco, trovasi pure accennata nei
nuclei.
Manicomio di 8. Maria della Pietà di Roma, diretto dal prof. O. Mingazzini
(Sezione medico-pedagogica - Primario dott. O. Montesano)
Due casi di '' dementia praecocissima
per il dott. F. Costantini
La demenza precoce così come viene intesa dal Kraepelin nelle tre forme,
ebefrenica, catatonica e paranoide, costituisce un quadro clinico di proporzioni
molto vaste, tanto da comprendere secondo questo A. il 14-15 7o ^^i ri-
coverali nei Manicomi e secondo Tanzi il 25 o/o almeno.
Accanto alle tre forme classiche sono state descritte delle varietà, le quali,
pur manifestandosi con i comuni sintomi della demenza precoce, sì distinguono
per alcune caratteristiche.
108 F. Costantini
Una di tali varietà, descritta dal De Sanctis, che le ha dato il nome,
è la «e dementia praecocissima > termine giustificato dall'età prematura in cui
si manifesta.
Come contributo alla casuistìca di questa varietà, casuistica ancora molto
scarsa, io trovo opportuno di riferire i due casi seguenti osservati nel nostro
Istituto.
Osservazione I. — Anamnesi: M,.„ Romolo, di anni 8, di Arsoli. L'avo pa-
terno morì alienato; Tavo materno è vivente e presenta segni di demenza senile. Il
padre del bambino è vivente ed è un bevitore impenitente; non ha avuto sifilide o
altre malattie degne di nota. La madre pure è vivente e gode buona salute ; ha avuto
due aborti e altri 4 figli, 2 maschi e 2 femmine, tutti in vita e sani.
Esiste ereditarietà tubercolare sia in linea diretta che collaterale.
Il bambino nacque a termine e il parto fu regolare. Lo sviluppo fisico fu nor-
male sino all'età di due anni, quando egli cominciò a soffrire di attacchi convulsivi
generalizzati della durata di pochi secondi con perdita di urine, piuttosto frequenti
e prevalentemente notturni. Fu dal sanitario locale, al quale debbo i presenti dati
anamnestici, sottoposto a una cura bromica, durata circa 20 mesi, in seguito alla
quale detti accessi scomparvero completamente. All'età di 5 anni questi si riafiac-
ciarono e divennero molto frequenti, tanto da verificarsi parecchie volte in una stessa
giornata.
Lo sviluppo psichico invece apparve normale fino verso i 4 o i 5 anni : il bam-
bino si mostrava abbastanza intelligente, ubbidiente, affezionato ai suoi. A questa
età i genitori cominciarono a notare in lui i primi sintomi dell'attuale malattia che
si sono poi andati svolgendo gradatamente rendendosi sempre più manifesti e nume-
rosi. Ripeteva le domande più e più volte, i suoi movimenti erano incerti e goffi, la
parola stentata ; ogni tanto dava in risate fugaci ; spesso fuggiva di casa e girova-
gava per il paese e per la campagna, correndo spesso dei pericoli, come quello di
rimanere schiacciato sotto le ruote di un carro, di precipitare in un burrone. Più
volte si è provato a metter fuoco ai mobili di casa, o ai vestiti dei suoi fratelli, ai
quali non di rado cercava di recar danno con quant'altro gli capitava nelle mani.
Per questi motivi fu internato in questo Manicomio il 12 marzo u. s.
Qui ha presentato frequenti attacchi convulsivi e le sue condizioni psichiche in
questo periodo di tempo relativamente breve sono state presso a poco sempre iden-
tiche a quelle che descriverò in appresso.
Esame obbiettivo : Note antropologiche , — Cranio trapezoide : plagiocefalia
occipitale destra, frontale sinistra. Fronte bassa con bozze manifeste, divaricate. Ca-
pelli di color castagno-chiaro, inseriti normalmente, con vortice unico spostato alquanto
verso destra: vi è pure un accenno ad altro vortice frontale destro.
Misure del cranio e della faccia:
Col centimetro. — Periferia orizzontale del cranio cm. 51 ; semi-curva poste-
riore cm. 29; semi-curva anteriore cm. 22; linea biauricolare cm. 31; periferia lon-
gitudinale (glabello-iniaca) cm. 30 ; linea biauricolo-mentoniera cm. 25.
Col compasso di spessore. — Diametro antero-posteriore cm. 17; diametro tra-
sversale massimo cm. 14; distanza degli orifici dei condotti uditivi cm. 11; distanza
dal condotto uditivo esterno alla pinna nasale dello stesso lato cm. 10 da ambo le
parti. Indice cefalico zz: 82,35.
Du^ casi di '' dementia praecocissima " 109
Cranio subrachicefalo. — Diametro frontale minimo cm. 9.5 ; larghezza frontale
massima cm. 12; altezza della fronte cm. 4.5; diametro bizigomatico cm. 9.5: dia-
metro bigoniaco cm. 8.5; lunghezza totale della faccia cm. 16. Indice facciale =: 59.37.
Leggera asimmetria della faccia ; aperture palpebrali regolari, simmetriche ; iridi
castagno-chiare t;on papille di ampiezza normale, centrali. Naso diritto ; apertura orale
di media grandezza con labbra piuttosto carnose. Arcate dentarie elissoidali corri-
spondentisi secondo la norma. Denti sani : gli incisivi, superiori e inferiori, presentano
Torlo libero seghettato ; notevoli diastemi tra i superiori. Palato ogivale. Mento rego-
lare. Orecchie grandi ad impianto asimmetrico (la sinistra è inserita alquanto più
in alto della destra), tendenti alla forma ad ansa ; lobuli semisessili, carnosi.
Tiroide normale. Nulla a carico del tronco. A carico degli arti superiori si nota
che r indice di ambedue i lati sorpassa in avanti Tanulare. Nulla di notevole a carico
degli arti inferiori. Pieghe di flessione della mano, incurvatura del piede, unghie
normali. Organi genitali normali. Scarsa peluria al pube. Statura m. 1.20. Apertura
delle braccia m. 1.15.
Esame somàtico. — Costituzione scheletrica abbastanza regolare, so si eccettua
un leggero ingrossamento dei capi articolari del ginocchio. Pannicolo adiposo un poco
scarso. Masse muscolari discretamente sviluppate. Colorito della cute e delle mucose
visibili roseo. Si notano tre cicatrici rotondeggianti, a contomo irregolare, del cuoio
capelluto. Micropoliadenia di£fusa. La lingua non presenta cicatrici ai bordi. Appa-
rato respiratorio sano. Cuore nei limiti normali: toni netti; leggero rinforzo del 2^
polmonale. Polso normale per frequenza, ampiezza e pressione, ritmico. Addome non
meteorico, trattabile, indolente. Fegato e milza nei limiti normali. Alvo regolare.
Urine normali per quantità e componenti.
Esame neyrolooico. — Nistagmo orizzontale sia allo stato di quiete che nei
movimenti dei bulbi. Nulla a carico dei facciali. La lingua viene bene protrusa e
non appare tremula. I movimenti attivi degli arti sono tutti possibili, ma si com-
piono un pò* lentamente. I movimenti passivi oppongono notevole resistenza (psichica).
La forza muscolare è bene conservata. La deambulazione per lo più si compie solo
se il bambino viene condotto a mano ; se lo si lascia a sé, qualche volta fa pochi
passi in avanti, qualche altra indietro, ma per lo più rimane nello stesso punto sol-
levando alternativamente i piedi. Non esistono tremori. Riflessi pupillari normali.
Riflessi comeo-congiuntivali e faringeo bene conservati. Riflessi periostei e tendinei
vivaci. Riflessi epigastrici e addominali normali; vivaci i cremasterici e i plantari.
Non esiste Babinski, non clono della rotula e del piede. La sensibilità tattile e ter-
mica appare normale; mentre sembra diminuita la sensibilità dolorifica su tutta la
superficie del corpo, tanto che si può passare con uno spillo una plica cutanea senza
che r infermo reagisca in modo adeguato. I sensi specifici appaiono normali, almeno
per quanto si può dedurre da un esame fatto con ogni scrupolo, ma, come facilmente
ai comprende, oltremodo difficile a praticarsi.
Esame psichico. — Il soggetto, come già ho ricordato, per lo più cammina se
condotto a mano, e anche allora oppone una certa resistenza. Una resistenza mag-
giore oppone ai movimenti passivi (negativismo). L* andatura spontanea, nei pochi
casi in cui si verifica, appare incerta e goffa. Stando il malato a sedere, la sua atten-
zione vaga di continuo; egli continuamente si muove, ma in modo torpido; non è
raro che ripeta uno stesso movimento con la mano sinistra che alternativamente incrocia
con le dita la destra, poi viene abdotta mentre le medesime fanno un movimento simile
a quello che si produce allorché si vogliono fare scoccare. Ogni tanto a questi movi-
110 F, Costantini
menti segno nn sorrÌBo fatno. Insieme & questa stereotipia notasene an*altra verbale con
parole pressoché incomprensibili e dette con un tono di voce monotono, e con tale
lentezza da arrivare quasi allo scandimento. Frequenti sono pure delle smorfie con
gli occhi che ogni tanto vengono socchiusi con molte pieghe della fronte, delle tempie
e del naso.
Bivolgendo all'infermo qualche domanda, questa viene ripetuta più volte (per-
severazione); ingiungendogli degli atti motori a mezzo di un comando verbale, egli
resta la prima volta immobile, ma ripetendo il comando, comincia a dare una esecu-
zione al medesimo sospendendo i soliti atti stereotipati, ma non solo l'inìzio è molto
lento, ma ben presto il movimento si arresta senza che esso sia stato es^uito secondo
il comando dato. Se dopo aver dato un comando di una specie ed ottenuto l'esito
di cui sopra se ne dà un altro, avviene non di rado che il soggetto esegua il primo,
ma sempre in modo incompleto.
In qualche momento però egli esegue il comando ri^pidamente, poi subito comincia
a fare dei gesti goffi come derivazione del comando stesso ; più tardi toma ad ese-
guire uno dei comandi prima ingiunti.
Da notarsi ancora il fatto che il malato non interrompe i suoi movimenti ste-
reotipati, nemmeno quando si tratta di rimuovere sensazioni molto fastidiose come
delle mosche negli occhi. Tra gli altri fenomeni che si osservano allorché gli si
ingiunge di prendere qualche oggetto, si rileva anche quello che l' oggetto medesimo
non ' viene preso, e in ogni caso con la solita incertezza iniziale e lentezza di esecu-
zione, se non quando é a portata di mano.
È a ricordare infine, che facendo vedere al bambino un oggetto e domandandogli
come si chiama, in primo tempo egli ripete come di consueto più volte la domanda,
anche se questa viene rifatta sotto altra forma, poi all' improvviso quando l' ingiun-
zione è cessata da vario tempo dà la risposta giusta.
Da una serie di ricerche e di manifestazioni spontanee del soggetto appare chiaro
che egli possiede il patrimonio ideativo normale in rapporto all' età e alla condizione
sociale. Egli sa dare esattamente le sue generalità, possiede le nozioni dell' ambiente
ordinario (oggetti di uso comune, parti più comuni di un edificio ecc.), quelle riguar-
danti le principali parti del corpo, possiede anche sufficientemente le nozioni di tempo
e di spazio ecc.
È interessante anche il fatto che il bambino non solo riconosce una cosa quando
gli se ne dice il termine, ma è anche capace di rievocare questo spontaneamente
alla vista della cosa medesima.
La vita sentimentale appare enormemente ridotta; il soggetto di nulla si inte-
ressa, nulla lo commuove ; ogni affetto, anche per i suoi, tace. Quale manifestazione
dell'ottundimento emotivo debbo anche ricordare la perdita di ogni sentimento di
convenienza e di pudore : così egli soddisfa ai propri bisogni corporali dappertutto
e senza alcuna preoccupazione.
Osservazione II. — Anamnesi: F.... Elsuy di anni 11, nata a Lucca. I geni-
tori sono viventi e non sono consanguinei ; ambedue godono buona salute. Il padre
è dottore in lettere, ha 47 anni, non è bevitore ; non ha avuto lues né altre malattie
degne di nota; solo va soggetto di tanto in tanto a disturbi intestinali. La madre
ha 50 anni e neanche essa è dedita all' alcool : non ha avuto mai aborti ; ha invece
un'altra figlia di 16 anni sana e robusta. La nonna paterna morì alienata. Una so-
rella della madre morì anch' essa in un Manicomio ; questa definisce i suoi congiunti
quasi tutti « eccentrici ». La bambina nacque a termine e il parto fu regolarissimo ;
Due casi di '' dementia praecocissima'' ili
fa allattata dalla madre stessa e per an periodo di circa un anno; cominciò a par-
lare e A camminare molto presto; a' due anni soffrì di morbillo che ebbe un decorso
regolare.
A dire della mamma, nei primi tre anni la bambina mostrava un* intelligenza
non comune, apprendeva con molta facilità, recitava delle poesie, cantava delle arie
che le erano state insegnate. Era affezionata ai suoi, socievole, ma non molto ubbi-
diente ; amava i giocattoli, era piuttosto golosa, ambiva di vestire bene e nello stesso
modo della sorella maggiore.
Air età di tre anni cominciarono ad apparire i primi segni delF attuale malattia
che si andarono poi facendo sempre più manifesti con periodi di leggere remissioni.
La bambina era insonne; non apriva più bocca né per parlare né per cantare; mo-
strava però di capire benissimo tutto ciò che le veniva detto; dagli altri essa si
faceva intendere a gesti ; a tratti però improvvisamente parlava e speditamente. I
vestiti belli, i giocattoli, le piccole amiche più non la interessavano. Tra gli altri
fenomeni, i genitori notarono in lei anche quello delle stereotipie specialmente mo-
torie; come quella, durata parecchi anni, di prendere con la bocca dell'acqua per
versarla sul davanzale della finestra.
Per consiglio dei sanitari la bambina fu sottoposta a cure ricostituenti, bro-
miche, idroterapiche, elettroterapiche, ma a nulla giovarono, finché i genitori allo
scopo precipuo di curarla e di educarla più convenientemente che a casa non potes-
sero o sapessero, si decisero a internarla circa un anno fa.
Esame Obbiettivo : Note antropologiche. — Cranio rotondeggiante. Pronte alta
con bozze pochissimo pronunciate. Capelli di colorito castagno chiaro, inseriti nor-
malmente: accenno ad un vortice frontale destro.
Misure del cranio e della faccia :
Col centimetro. — Periferia orizzontale del cranio cm. 51 ; semicurva ante-
riore cm. 27 ; semicurva posteriore cm. 24 ; linea biauricolare cm. 32 ; periferia lon-
gitudinale (glabello-iniaca) cm. 31 ; linea biauricolo-mentoniera cm. 30.
Col compasso di spessore. — Diametro antero- posteriore cm. 17; diametro
trasversale massimo cm. 15; distanza degli orifici dei condotti uditivi cm. 12 \/,;
distanza dal condotto uditivo estemo alla pinna nasale dello stesso lato cm. 10, sia
a destra che a sinistra; indice cefalico 88,23.
Cranio brachicefalo. — Diametro frontale minimo cm. 10; larghezza frontale
massima cm. 16 V^; altezza della fronte cm. 6; diametro bizigomatico cm. 9 */s» dia-
metro bigoniaco cm. 9; lunghezza totale della faccia cm. 81; indice facciale 52,77.
Viso simmetrico, sopracciglia folte nella metà nasale, molto assottigliate nella
metà temporale. Aperture palpebrali regolari, eguali. Iridi castagne, eguali, centrali.
Naso diritto, r^olare. Labbra piuttosto carnose. Denti normali per inserzione, forma
e grandezza. Nulla di anormale a carico del palato. Orecchie inserite allo stesso livello,
simmetriche, tendenti al tipo di Wildermuth. Tiroide normale.
Nulla a carico del tronco e degli arti, solo è da notare, come nella prima osser-
vazione, che l'indice sorpassa in avanti l'anulare in ambedue i lati. Genitali estemi
normali. Scarsa peluria al pube. Statura m. 1.36. Apertura delle braccia m. 1.33.
Esame somatico. — Costituzione scheletrica regolare. Pannicolo adiposo abbon-
dante. Masse muscolari bene sviluppate. Colorito della cute e delle mucose normale.
Organi toracici e addominali sani. Urine normali per quantità e componenti.
Esame nevrologico. — Oculomozione nomiale. Nulla a carico dei facciali. La
lingua è bene protrusa, non tremula. Movimenti attivi degli arti noraiali. I movi-
112 F, Costa atini
mentì passiri oppongono notevole resistenza (psichica). Forza muscolare bene conser-
Tata. Non tremori, non atassie. Deambulazione normale. Non Romberg. I riflessi perìo-
stei e tendinei degli arti superiori si provocano con difficoltà. Riflessi tendinei d^li
arti inferiori scarsi. Riflessi cutanei vivaci. Nessun accenno al clono della rotula e
del piede. Non Babinski. Riflessi comeo-congiuntivali normali. Riflesso faringeo assente.
Iridi bene reagenti alla luce e all'accomodazione. Nessun disturbo apprezzabile a carico
della sensibilità tattile, doloriflca e termica e dei sensi speciflci.
Esame psichico. — La bambina dacché è all'Istituto ha mostrato sempre uno
stato dì lieve agitazione; quando è lasciata sola tende a correre, a raccogliere oggetti
0 sassolini, a toccare tutto; a tratti rompe ciò che le capita sotto le mani con rapi-
dità straordinaria; spessissimo si mette a correre oppure a fare dei salti sempre
identici e nello stesso punto. Quando vede qualche persona, specialmente il dottore
0 la superiora, ripete stereotipatamente le stesse parole (la caramella, la caramella)
con un fare manierato e un tono di voce tutto speciale. Caratteristico è pure il
modo rigido con cui pòrge la mano e con cui prende gli oggetti, il vagare continuo
del suo sguardo.
Se le si fa qualche domanda, quasi sempre ripete la medesima più volte; ogni
tanto poi canticchia o dà in una risata fugace. Ingiungendole qualche comando, se
il medesimo si riferisce a qualche cosa che essa debba dire, di solito resta muta;
non è raro però che più tardi, dopo vario tempo che il comando è cessato, essa dia
la risposta esatta.
Molto spesso quando dovrebbe rispondere e resta invece muta, si vede fare qual-
che piccola smorfia cogli occhi e con l'angolo labiale destro.
Dai saggi fatti in vario tempo si vede che il patrimonio ideativo non è al disotto
della norma rispetto all'età e alla condizione sociale, e che la bambina è capace anche
di fissare le nuove nozioni dell'ambiente tanto che mostra dì riconoscere benissimo
in date circostanze compagne, superiori ecc., come ha saputo riconoscere i suoi geni-
tori dopo sei mesi e più dacché non li aveva visti.
Qualche volta vedendo all' improvviso una cosa, anche non comune (per es. una
boccetta di tamarindo Erba) ne dà spontaneamente il termine, poi mostrandole altri
oggetti persevera nel dire quello che ha veduto prima e la perseverazione dura per
un pezzo.
Quale espressione di manifesto negativismo è a ricordare la energica resistenza
che oppone ai movimenti passivi e in generale alle pratiche dell'esame obbiettivo, sì
da riuscire questo molto difficile, nonché la disobbedienza abituale ai comandi che
le vengono ingiunti sia con parole che con gestì, sia in modo imperioso che lusin-
ghiero.
Infine é da notare la scarsezza dell' aflettività e dell' emotività : la bambina è
completamente incurante di tutto e di tutti ; nulla la interessa, nulla la commuove ;
la vista stessa dei suoi genitori che da molti mesi non ha piti veduti, la lascia del
tutto 0 quasi del tutto indifferente, pur mostrando di riconoscerli benissimo (1).
(1) La bambina è uscita dall' Istituto circa 15 giorni fa. I genitori scrivono che ella, appena
arrivata al suo })aeMe, ha cominciato a parlare, a ragionare, mostrando di capir tutto. Ha ricono-
sciuto benissimo 1 luoghi, le iiersone, tanto da dare la mano ad alcuni bambini con 1 quali qual-
che volta si era trastullata. I genitori dicono: «ha subito una trasformazione addirittura straor*
dinarla ».
Due casi di '' dementia praecocissima'* iVò
Non può cader dubbio che ambo i casi rientrino nel (fuadro della de-
menza precoce. Non tutti i sintomi da noi messi in evidenza sono facilmente
rilevabili nei due soggetti, e chi li esaminasse superficialmente potrebbe forse
confonderli con gli idioti: infatti ambedue presentano abitualmente lo sguardo
vago, incerto, che solo di rado fissa spontaneamente; ambedue presentano delle
manifestazioni molto analoghe agli automatismi degli idioti ; e soprattutto un
grande difetto di attenzione, che difficilmente si riesce a richiamare anche
con stimoli potenti; dall'assenza di risposte infine potrebbe sembrare che il
loro patrimonio idealivo fosse enormemente povero. Ma è proprio qui che si
hanno le maggiori sorprese ; in quanto che mentre i due soggetti sembrano
non capir nulla, all' improvviso poi offrono delle manifestazioni dolile quali
risulta un patrimonio di idee che non è certo al disotto di quello che com-
porta l'età, la condizione sociale, l'ambiente speciale in cui vivono; si trova
anzi che gli oggetti, le persone, le azioni proprie di questo ambiente sono
stati da loro fissati sufficientemente in modo da poter essi dare a tratti giu-
dizi esattissimi. Ma vi ha di più: le nozioni vengono ritenute per lungo tempo
come si è visto nel secondo caso in cui il soggetto tornando al suo paese
dopo l'assenza di oltre un anno, ha mostrato dì riconoscere non solo i luoghi
e le persone che erano state ad esso familiari per molti anni, fha anche alcuni
bambini con i quali aveva solo qualche volta giocato negli ultimi tempi. Ap-
punto il contrasto dell'estensione del patrimonio ideativo e della capacità di
fissazione con tutti gli altri segni che potrebbero stare ad indicare una defi-
cienza mentale, è quello che mette in guardia contro la diagnosi dì idiozia.
Ripetendo invece più volte gli esami, senza fermarsi ai primi risultati
negativi e sorprendendo i soggetti nelle loro manifestazioni spontanee in mo-
menti diversi, vengon fuori quasi tutti i sintomi caratteristici della demenza
precoce.
Infatti nel primo caso abbiamo : negativismo, goffaggine, stereotipie ver-
bali e motorie, manierismi, smorfie, ecolalia, apatia abituale, segni evidenti di
intoppo psichico in genere, difetto di attenzione all'ambiente, mancanza di
affettività e del sentimento del pudore.
Nel secondo caso: stereotipie, manierismi, negativismo spiccato, ecolalia,
smorfie, impulsi motori rapidi, impulsi che sono stati descrìtti dagli AA.
nella demenza precoce e che hanno appunto la caratteristica della grande ra-
pidità di azione. Agli altri sintomi si aggiunga ancora la scarsezza dell'atten-
zione e la mancanza di affettività.
A tutta questa sindrome corrispondono ì dati anamnestici.
Nel primo caso infatti lo sviluppo psichico del soggetto appare normale
fino ai 4 0 5 anni. A questa età incominciano a manifestarsi in luì i primi
sintomi della psicopatia attuale che si va poi svolgendo a gradi : ecolalia, pa-
rola stentata, risate fugaci, tendenza ad atti insensati, tendenza alle fughe che
per le circostanze che l'accompagnano ricordano assai da vicino i caratteri
delle fughe non rare a manifestarsi nei dementi precoci, particolarmente negli
ebefrenici.
ii4 F, Costantini
Nel secondo caso la bambina nella primissima «là parla, canta, giuoca, è
socievole, si mostra di una intelligenza non comune, a 3 anni comincia a sof-
frire di insonnia, non rara a 'verificarsi nello sviluppo della demenza precoce
(Kraepelin); quindi ammutolisce; a tratti però parla e speditamente; amiche,
giocattoli più non la interessano ; per anni interi ripete i medesimi atti. A
questi sintomi hanno seguito tutti gli altri ricordati nell'esame psichico.
I dati anamnestici, qui brevemente riassunti, parlano tanto chiaramente
che oserei dire basterebbero da soli a farci convìnti della forma con cui si ha
a fare.
Dimostrata ora la diagnosi di demenza precoce veniamo alla- particolarità
che i casi presentano. L'interesse è più che altro nell'età prematura in cui
si è avuta la manifestazione, nell'un caso a 4 o 5 anni, nell'altro a 3 anni.
Gli AA. sono d'accordo nel ritenere che la demenza precoce, fatta ec-
cezione della forma paranoide che spesso si sviluppa più tardi, per Io più si
manifesta nell'età giovanile dai i5 ai 25 anni, tanto che qualcuno preferi-
rebbe dare ad essa il nome di Demenza giovanile, Psicosi della pubertà, Psicosi
dell'adolescenza (Gilbert Ballet), Cosi Christian ha notato di 104 casi di
demenza precoce, 56 prima dei 20 anni (di cui 12 dai 15 ai 16 anni) e 48 sopra
i 20 anni. •
Serieux su 46 casi ha trovato la seguente proporzione: Prima di 20 anni,
6 casi; dai 20 ai 25 anni, 11 casi; dai 25 ai 30 anni, 12 casi; dai 30 ai
35 anni, 7 casi; dai 35 ai 40 anni, 8 casi; dai 40 ai 50 anni, 2 casi.
Kraepelin su 296 casi, nota una proporzione di 60% avanti i 25 anni
cosi ripartita: forma ebefrenica, 72°/©; forma catatonica, 68 7©; forma pa-
ronoide, 40 fo-
cosi pure Ifecker e Kahlbaum descrissero la ebefrenia come una psico-
patia puberale che si sviluppa dai 16 ai 20 anni. Altrettanto affermano Schùle,
Krafft-Ebing, Sander, Mendel, Kirchhoff, Ziehen, Marro, che vollero
negare alla ebefrenia la dignità di entità clinica; Aschaffenburg, Fink,
Daraszkiewicz, Sommer, Scholz che riconobbero invece nella ebefrenia una
fisionomia indipendente (1).
Ma nessuno dei citati AA. accenna alla possibilità che la demenza pre-
coce possa manifestarsi prima dei 12 anni. Solo nella Statistica di Bertschinger
compaiono casi, sebbene molto rari, di demenza precoce a 10 anni.
Al De Sancì is invero spetta il merito di aver richiamato l'attenzione
degli alienisti su questa forma di demenza precoce in età prematura, che egli
chiama, come abbiamo già detto, < dementia praecocissima ».
II De Sanctis già in una prima pubblicazione apparsa nel 1905, nel di-
stinguere 5 tipi di mentalità nei frenastenici, fa alcune riserve intorno ad
uno di essi e precisamente intorno al tipo di mentalità ebaidofrenica o vesa-
(1) Cfr. Da Sawctis. 8u alcuni tipi di mentalità inferiore. «Atti del V Congresso interna-
zionale di Psicologia ».
_ Due casi di '' dementia praecocissima'' ii5
nica: FA. infatti pensa che di fronte alle più spiccate mentalità vesaniche
pìuttostochè con frenastenie si abbia a che fare con una demenza preco-
cissima. E su tale concetto ha egli insistito anche nella R. Accademia me-
dica di Roma nella seduta del 28 gennaio 1906 nel riferire tf sopra alcune
Tarietà della demenza precoce j». Bisogna però ricordare che anche il Krae-
pelin accenna alla probabilità che alcune forme ritenute sino ad ora come
idiozie e che presentano dei caratteri della demenza precoce siano da consi-
derarsi quali forme precoci di < dementia praecox j^ e simile supposizione
fanno pure il Masoin e il Modena.
Fa d'uopo notare invero che il Weygandt nel suo recente lavoro sui
rapporti fra l'idiozia e la demenza precoce mette in dubbio la esistenza della
demenza precocissima. Egli asserisce che se in alcuni casi di demenza pre-
coce sì potè dimostrare che nella prima infanzia esistevano segni di deficienza
mentale, questi avevano il carattere di una semplice imbecillità o idiozia, e
non avevano quindi rapporto alcuno con la forma sviluppatasi successivamente,
salvo quello di una associazione fortuita. Egli fa pure notare che in tipi net-
tamente idiotici si possono avere alcuni sintomi che ricordano la demenza
precoce senza che si possa dire provata in tali casi l'esistenza di detta forma;
essi invece, secondo l'A., si debbono attribuire piuttosto a una semplice ano*
malia di sviluppo e all'arresto ad uno stadio frequente a manifestarsi nella
fanciullezza normale, stadio che si caratterizza per una facilità a impulsi
motori ancora non coordinati. Il Weygandt stesso però conviene che vi sono
dei casi in cui, nell'età infantile e dopo alcuni anni di vita normale, si
manifesta un indebolimento mentale che in alcuni tratti ricorda la demenza
precoce senza però che l'analogia sia completa: in mancanza di una deluci-
dazione di questi casi egli crede che i medesimi debbano essere indicati come
demenza infantile.
Non sappiamo fino a che punto l'A. voglia l'analogia perchè si possa
parlare non di una demenza infantile semplice, ma di una demenza precoce
infantile; è certo però che nei nostri casi si ha più che un'analogia, in
quanto non si tratta di un sintonia isolato, ma del quadro quasi completo*
caratteristico della demenza precoce. Notisi che non vi hanno neppure, nel
secondo caso almeno, sintomi nevrologici di cerebroplegia, che possano favo-
rire l'ipotesi di una idiozia e quindi far rientrare i nostri casi nel secondo
gruppo di Weygandt. Manteniamo perciò il nostro concetto diagnostico.
Non mi paiono intanto privi di interesse i fenomeni nevrologici che si
osservano nel primo caso, cioè gli attacchi convulsivi, il nistagmo, l'aumento
dei riflessi tendinei e l' ipoalgesia diffusa a tutta la superfìcie del corpo. Quanto
ai primi, da ciò che mi è stato riferito dal personale di assistenza, non aven-
doli potuti io mai constatare de. visti, mi sono convinto trattarsi di veri attac-
chi epilettici, piultostochè di quegli accessi epilettiformi che qualche volta si
osservano nella demenza precoce e che furono così bene descritti da Kahlbaum
e da Jensen. Anche il Kraepelin parla di attacchi nettamente epilettici in
individui che poi ammalarono di demenza precoce, ma rimane in dubbio se
116 F. Costantini - Due casi di '* dementia praecocissima "
vi sia 0 no relazione tra quelli e ì disturbi mentali che poi si manifestarono.
Certo non altrimenti potrei pensare io. Gli AA. parlano anche di aumento di
riflessi tendinei in questa psicopatia, ma essi nel nostro caso potrebbero slare
anche in rapporto con la epilessia. Infine sì conoscono anche casi, e non molto
rari, in cui si è trovata diminuita la sensibilità dolorifica come nel nostro.
Nessun autore però, almeno per quanto io ho potuto riscontrare, parla
di un nistagmo nella demenza precoce ; questo nel nostro caso è netto, ma
nemmeno per esso saprei e potrei dire se abbia o no relazione con i fenomeni
psichici.
Bibliogrrafla.
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Schwnchslims ». Iena, 1907.
Ospedale di S. Giov. Batt. di Torino (Sezione medica, diretta dal prof. dott. B. Pese aro lo)
Sopra il sesrno di Crassei e Gaussel
nelle lesioni di motilità degli arti inferiori
per il dott. Alberto Gramefirna
Nel i905 (i) Grasset e Gaussel attiravano T attenzione sopra un sialomo
delle paresi degli arti inferiori d'origine organica, che non era stato d€bScritto
ancora: T impossibilità di mantenere sollevati contemporaaeaoLente ambedue
gli arti.
Bychowski (2) nel 1907 pubblicò un lavoro sul medesimo seguo, da
lui scoperto indipendentemente dagli AA. francesi. I due AA. sono però in
A. Gramegna - Sopra il segno di Grasset e Gausset, ecc. ii1
disaccordo sopra due punii : la patogenesi del segno da loro descritto, e la
sua presenza in qualunque forma di paresi degli arti inferiori, oppure nella
sola emiplegìa cerebrale. Ancora recentemente (3), (4) essi sono ritornati sul-
l'argomento ripetendo però press'a poco le medesime proposizioni. Per Gras-
se! e Gaussel il segno in questione è dotuto ad una minore forza di stabi-
lizzazione del tronco ed è la conseguenza di una pura é semplice diminuzione
di forza muscolare, e di più si potrebbe trovare in tutte le deficienze motrici
degli arti inferiori. Secondo Bychowski la causa del segno sta in una supposta
supplenza che l'emisfero sano fornisce all'emisfero malato: si tratterebbe di un
Ersatzphchwmen, che si troverebbe solamente nelle paresi d'origine cerebrale.
Noica e Cohen alTatto recentemente (5) studiarono la questione e si arre-
starono alle idee di Grasset e Gaussel, aggiungendo in più che essi avreb-
bero trovato il segno in alcuni vecchi, esenti da lesioni spinali.
Io ho cercato il sintomo di Grasset e Gaussel si può dire in tutti gli
ammalati del sistema nervoso, che ho potnto esaminare durante il 1906-907
nelh sezione del Prof. Pescatolo all'Ospedale di San Giovanni, ed alla se-
zione nevropatologica della Poliambulanza generale di Torino, diretta dallo
stesso. Oli ammalati esaminati, qualche centinaio, erano affetti dalle forme
morbose più svariate, emiparesi organiche, emiparesi funzionali, monoparesi
fimfionali, cerebrali, midollari, nevritiche, miopatie, atrofie muscolari, ecc.
Fin dalle prime ricrerche dovetti convincermi che solo uno dei metodi
proposti da Grasset e Gaussel per lo studio del loro sintomo si prestava
ad una ricerca un po' seria. Essi dicono come si possa ricercare il loro segno
in due modi : od invitando il paziente ad alzare ambedue gli arti contempo-
raneamente, oppure invitandolo ad alzarne uno, dopo che l'operatore solleva
passivamente l'altro; in caso di positività del loro segno o l'ammalato non
riesce a sollevare contemporaneamente ambedue gli arti, o lascia cadere l'altro
fe. lui attivamente tenuto sollevato appena il ricercatore solleva l'opposto. Il
primo modo proposto è poco adatto per le ricerche che volevo compiere. In-
nanzi tutto quasi tutti gli ammalati riescon ad alzare gli arti inferiori assieme
(e ciò è ammesso pure da Bychowski); sarà per molti un sollevamento di
soH pochi centimetri ma in tal modo il sintomo diventa troppo soggettivo,
giacché si tratta dì giudicarne la positività dal grado di elevazione dal piano
del letto. Secondariamente tale elevazione dipende da altri fattori estranei, vale
a dire maggiore o minore adduzione degli arti, durezza del letto, posizione del
rapo ecc. Il secondo modo proposto è invece mollo più semplice e sicuro, è
completamente oggettivo ed apprezzabile da tutti.
Era cosa naturale che studiassi prima il segno in individui normali dal lato
del sistema nervoso ; scelsi perciò alcuni convalescenti in tali condizioni. In
essi il sintomo non fu mai riscontrato e ciò è notevole in quantochè fra di
essi ve ne erano alcuni in istato di debolezza muscolare accentuatissima.
Nei soggetti con lesioni del sistema nervoso non trovai il sintomo in
nessun caso di' paresi funzionale, devo però notare che tali paresi furono so-
fameftte sei. In tutti gli altri ammalati, esclusi gli emiplcgici, il segno lo
ÌÌ8 A, Gimmegmi
riscontrai due o tre volte solamente. Negli emiplegicì invece il sintomo è molto
frequente: io l'avrei trovato nelTSO^o nei casi studiati.
Se si vuol tener conto delle varie condizioni morbose di questi ammalati,
posso dire che non vi è alcun rapporto fra il grado di paralisi e la positività
del segno. Si può trovare il sintomo di Grasset in emiplegici appena pareticì
mentre non si trova in individui colpiti in grado maggiore. "
Nemmeno col grado di contrattura avrei trovato un rapporto ed ho potuto
riscontrare il segno tanto in casi di emiparesi flaccide che in casi di contrat-
tura. Rispetto alla precocità del segno io posso ricordare un caso in cui era
nettissimo a poche ore da un ictus leggero.
Riguardo alla costanza ho potuto osservare parecchie volte come esso
possa essere mancante e presente nel medesimo individuo a poche ore di
distanza.
Alcune condizioni poi avrei osservate che permettono di ottenere la pre-
senza del segno in modo molto più netto e costante. Se si comanda all'am-
malato di tener alzato Tarlo guardando il soffitto e poi, bruscamente, senza
che l'ammalato possa prevedere la manovra si alza l'arto opposto si ottiene,
si può dire in quasi tutti gli emiplegici, la caduta più o meno completa del-
l'arto paretico. Si può facilmente vedere come la manovra cerchi di mettere
l'ammalato in condizioni di non prevedere ciò che si va facendo, distraen-
dolo, ed alzando bruscamente l'arto. L'importanza di tale tecnica è notevole
perchè basta talora invitar l'ammalato a far attenzione a ciò che si va facendo,
oppure basta compiere la manovra 4 o 5 volte di seguito perchè la positività
del segno scompaia. Succede quindi una certa educazione dell'ammalato; qual-
che cosa di simile a quanto avrebbe constatato Rychowski, che vide il segno
scomparire dopo qualche seduta di meccanoterapia.
Queste sono le considerazioni cliniche suggerite dalle mie ricerche, esse
ci conducono naturalmente a ricercare la patogenesi del segno in questione.
Come abbiamo ricordato, per Grasset tutto si riduce ad una questione di forza
muscolare, egli dimostra con ricerche sperimentali che ci vuole più forza ad
alzare un arto inferiore quando l'altro è pure alzato di quella che è neces-
saria per elevarlo mentre l'altro è sul piano del letto. In una paresi se ci può
essere forza sufficiente, egli afl'erma, per alzare un arto mentre l'altro è sul
letto, tale potenzialità manca appena esso viene pure elevato. PerBychowski
l'emisfero sano funziona per il leso quando il paziente alza la gamba amma-
lata, ma se tale lavoro vicario esso lo può compiere mentre l'arto sano è in
riposo, non è poi capace di compiere il duplice lavoro di tener sollevati am-
bedue gli arti contemporaneamente. Si può leggere la vivace critica di Grasset
all'ipotesi di Bychowski come pure la recente risposta dell'Autore russo e
vedere che in fondo ambedue ammettono che ognuna delle loro ipotesi non è
sufficiente a spiegare tutte le particolarità del fenomeno, ed anzi Grasset
crede che ulteriori ricerche possano condurre a modificare il suo pensiero.
Evidentemente se fosse vera l'ipotesi di Grasset il segno dovrebbe tro-
varsi nella grande maggioranza dei casi nei quali vi è debolezza' motrice dei
Sopra ii segno di (ìrasset e tìaussel, ecc, ll9
dne 0 di uno degli arti inferiori. Invece Bychowski non Tha mai riscontralo
air infuori delle emiplegie, io posso dire quasi altrettanto. Grasse! cita un
solo caso di paraplegia midollare col segno positivo e solo Noica e Cohen
l'avrebbero trovato quattro o cinque volte al di fuori delle emiplegie. Nello
slesso ordine di idee la presenza del segno dovrebbe essere in rapporto col
grado della paralisi motrice, mentre io non l'ho riscontrato in casi di emi-
plegie gravi mentre era nettissimo in emiparesi leggerissime.
Di più non sarebbe neppure spiegabile come si possa trovare mancante
il segno in un individuo stesso a brevissima distanza di tempo.
Dall'altro canto alcune delle obbiezioni di Crassei alla teoria di By-
chowski sono realmente gravi: per esempio il ricordare come contro il modo
di pensare dell'Autore russo stia la provata maggior facilità degli emiplegie!
ai movimenti associati.
Per mio conto credo che, analizzando quali fatti succedono nella musco-
latura di un individuo che tiene un arto inferiore alzato quando gli viene
sollevalo passivamente l'arto opposto, si possa giungere a comprendere la pa-
togenesi del segno in questione. Quando un soggetto disteso sopra un letto
alza un arto inferiore, il bacino è prevalentemente stabilizzalo dall'arto infe-
riore opposto, e sul bacino cosi fissato agiscono le potenze muscolari che al-
zano Faltro arto. Se passivamente si eleva l'arto che stabilizza il bacino, l'arto
opposto non può mantenersi sollevato se non alla condizione che il bacino
venga fissato dalla stabilizzazione istantanea della colonna vertebrale in tutta
la sua estensione. In un individuo normale tale seconda stabilizzazione avviene
così rapida ed opportuna che non si hanno nemmeno delle pìccole oscillazioni
dell'arto elevato.
In un individuo paretico col segno di Crassei la deficienza sta certa-
mente in tale seconda stabilizzazione, per Crassei è difettosa nel senso che
è insufficiente, secondo me è difettosa perchè non succede con l'opportunità
necessaria; per Crassei si tratta di un fenomeno legalo alla pura paresi
motrice, per me si tratta di un fatto mollo più complesso. Noi sappiamo per
esempio come in un emiplegico si debba fare una netta distinzione tra la forza
muscolare misurata al dinamometro e la forza mwscohre funzionale. Un emi-
plegico con una notevole forza muscolare dinamometrica può essere incapace
ad infilare un ago, operazione che non richiede la centesima parte dell'energia
che egli può sviluppare. Nel caso particolare un emiplegico potrà avere la forza
sufficiente per stabilizzare il suo bacino per mezzo della gamba sana e tener
quindi sollevata la gamba lesa; potrà anche esser capace di fissare il suo ba-
cino più 0 meno completamente per mezzo della colonna vertebrale e tener
rialzati, più o meno, i due arti inferiori contemporaneamente, ma sarà inca-
pace di far succedere a tempo opportuno e colla regolarità necessaria la se-
conda alla prima stabilizzazione. Qui sta secondo me la spiegazione del sintomo
di Crassei e da questo viene chiarito perchè tale fenomeno sia molto più
frequente nelle paresi d'origine cerebrale, perchè non sia in rapporto col grado
della debolezza motrice, perchè non sia costante, sia più evidente se il pn-
120 A. Gramegna - Sopra il segìxo di Grasset e Gaussel, ecC,
ziente è distratto e non prevenuto e più di tutto viene spiegato come esso
possa scomparire dopo poche sedute di mecc^noterapia o dopo che se ne sìa
fatta la ricerca parecchie volte di seguito. E pure la constatazione di Noica
e Cohen, cioè che il segno di Grasset si puJ trovare in vecchi non paretici,
contrasta molto di più colle tefxrie di Bychowski che non T ipotesi da me
esposta.
Si vede quindi come con tali ipotesi non solo si può dare un'interpre-
tazione generale del segno di Grasset ma pure ne riescono abbastanza spie-
gate tutte le particolarità cliniche.
In conclusione: Dei due modi di ricercare il segno di Grasset uno solo
è realmente pratico, quello che si basa sulla caduta dell'arto leso all'elevazione
passiva dell'arto opposto. — Tale segno si trova esclusivamente nella paresi
d'origine cerebrale, dove è positivo neir80°/o dei casi. — Il segno non si
troverebbe nelle paresi funzionali. — Nelle emiplegie organiche esso non è
in rapporto nò col grado della paralisi, né collo stato di contrattura, uè col-
reta della lesione. — Esso non è talora costante nel medesimo ammalato
anche a poche ore di distanza. — Non è funzione esclusiva del grado di pa-
ralisi dinamometrica, nò è conseguenza di una supposta supplenza cerebrale,
ma è piuttosto in rapporto col grado di paralisi funzionale e collo stato men-
tale del soggetto. — Clinicamente la sua importanza è molto relativa e si
riduce forse ad aiutare la diagnosi difTerenziale fra emiparesi organica ed
emiparesi funzionale.
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1907, n, 12.
Lo stato presente della sierodiasrnosi nella tabe
e nella paralisi progressiva.
Sìntesi critica per il dottor O. Rossi
Il metodo, indicato dapprima da B:)rdet e Gengou ed adoperato anche
da Neisser e Sachs per il differenziamento delle albumine, vale a dire il
metodo della deviazione del complemento {Komplementablenkun^-'KomplemetU-
bindìiìuj), fu, con qualche modificazione, reso da Wassermann e Bruck sn^
scettibile di rendere grandi servigi nella sierodìagaosi delle malattìa infettive.
Ò. Rossi - Lo staio presente della sierodia^nosi nella tabe, ecc. 12i
Menlre Bordai e Gengou adoperavano come antigeno delle colture di
batterii, Wassermann e Bruok trovarono che si possono impiegare anche
estratti di microrganismi e di organi affetti da malattie infettive determinale:
questo metodo fu adoperato con successo nella diagnosi del tifo, del mal rosso
dei suini etc.
Ma quello che a noi niù interessa è che esso è stato dimostrato capace
di essere applicato, con notevoli vantaggi, in Clinica delle malattie nervose e
mentali, epperciò riesce non inutile questa recensione nella quale si riassu-
mono i principali lavori in argomento.
Per comprendere il meccanismo di questa reazione sono indispensabili
alcuni accenni, relativi sia alla teoria sulla quale si fonda, sia ai metodi pra-
tici impiegati per ottenerla.
Dovendo spesso in questo articolo parlare dì antigeno, di anticarpi, di am-
boMtori, ecc., premetteremo qualche parola a spiegazione di questi vocaboli.
Col nome di antigeno vengono indicate quelle sostanze sia organizsate
che sciolte, cellule o partì dì cellule, di origine vegetale od animale, che
introdotte in un organismo animale vi spiegano la proprietà di provocarvi la
formazione di prodotti specifici di reazione (anticorpi).
Secondo l'origine e il modo col quale viene trattato il materiale impie-
i^ato e secondo la particolarità dell'organismo cosi trattato, i f^ttì di questa rea-
zione si manifestano in modo tale che nel siero dell'animale iniettato compaiono
delle sostanze che agiscono sul materiale della natura di quello che ha ser-
vito per il trattamento, in modo da provocarvi fenomeni di lisi (citolìsi-
emolisi) 0 di agglutinazione o di precipitazione: questi fatti sono, fino ad un
certo punto, specifici nel senso che un determinato antigeno produce degli
anticorpi che hanno azione su questo e non su altri antigeni : gli anticorpi
dei quali noi dovremo far parola appartengono a uuel gruppo che Ehriich
ha chiamato col nome di amhocettori.
Cosi quando- ad un coniglio si iniettano dei globuli ro^ssi di castrato, il
siero di sangue del primo animale acquista uno spiccato potere emolitico contro
i globuli rossi del secondo. Le teorie correnti ammettono che lo siero del
coniglio sia capace di provocare il fenomeno mercè due sostanze, l'una
chiamata camplemento che si trova nel sangue anche degli animali normali,
la seconda ambocettore che viene prodotta nel sangue del conìglio in seguito
alla iniezione di eritrociti di castrato. Le due sostanze sì distinguono per il
loro contegno di fronte al calore essendo l'una termostabile, Taltra termolabile.
Globuli rossi di castrato, siero di sangue di coniglio non riscaldato, e con-
tenente perciò complemento e ambocettore, formano un cosi detto sistema
emolitico: ora Wassermann e Bruck e Bordet e Gengou hanno tro-
vata che se si fa una mescolanza di un liquido che contenga un antigeno
con un altro che possieda il corrispondente anticorpo, e si mette la miscela
a contatto con un complemento il complesso antigeno -+- ambocettore è capace
di legare il complemento dimodoché aggiungendo poi ì componenti di un
sistema emolitico, eccetto il complemento, non si ha più F emolisi.
122 0. Rossi
Ed ecco come si applicò il fatto alle malattie che ci interessano : noi
sappiamo che della tabe e della paralisi generale viene comunemente incol-
pata la sifilide : ora si trovò che una mescolanza di un estratto di fegato di
neonato sifilitico, che di regola contiene molti Trepomeni pallidi, con siero di
sangue di un individuo che abbia avuto la sifilide, è capace di fissare il com-
plemento impedendo l'emolisi nel modo già detto. Gli autori hanno supposto
che il primo estratto contenesse a preferenza Vantigeno il secondo gli anti-
corpi: tuttavia Wassermann e quelli della sua scuola non si pronun-
ciarono mai definitivamente sulla questione se fosse veramente Tantigeno
come tale che cooperava alla produzione del fenomeno oppure sostanze da
esso prodotte negli organi malati od anche prodotti di questi stessi organi.
Supposta la tabe e la paralisi progressiva di origine sifilitica, si trovò ap-
punto che P estratto di fegato sifilitico, lo siero di sangue o il liquido cerebro-
spinale di individui tabetici o paralitici, dava luogo alla deviazione del com-
plemento, mentre ciò non accadeva mai con Io siero di sangue o col liquido
cerebro-spinale di pazienti che non aveano mai avuto la sifilide e che erano
0 sani 0 ammalati di altre forme anche di malattie nervose.
Non posso entrare in dettagli di tecnica sia perchè porterebbe troppo in
lungo, sia perchè una semplice esposizione teorica di questa tecnica, che è
abbastanza delicata, avrebbe davvero poco vantaggio: tuttavia io ricorderò come
i cinque componenti il sistema sono :
1) L'antigeno luetico (estratto di organi fetali sifilitici).
2) Il liquido che contiene gli anticorpi (siero o liquido cerebro-spinale).
3) Complemento (complemento fresco di siero di sangue di cavia).
i) Ambocettore emolitico (siero inattivato di sangue di coniglio trattato
con eritrociti di castrato).
5) Corpuscoli rossi di sangue dì castrato.
Si mescolano dapprima in date proporzioni i liquidi indicati al N. 1 e 2
e 3 e dopo un certo tempo, avendoli lasciati alla temperatura di 37^ e, si aggiun-
gono gli elementi di cui ai numeri 4-5: se nel liquido o siero in esame erano
contenuti degli anticorpi luetici allora il complesso antigeno + anticorpo
(N. 1+2) assorbe il complemento (N. 3) e i corpuscoli rossi di castrato
aggiunti dopo, insieme al liquido di cui al N. 4, rimangono indisciolti. In
questo caso le reazione si dice positiva e sì è autorizzati a concludere che
l'individuo ha avuto la sifìlide, non solo, ma andando un poco più in là che
è affetto da tabe o paralisi progressiva, quando la reazione positiva sia data
dal liquido cefalo-rachidiano, perchè, almeno secondo gli studi di Plaut ed altri,
questo liquido dà risultato negativo in quegli individui che hanno bensì avuta la
sifilide mu non hanno manifestazioni a carico dei sistema nervoso. Citron anzi
ritiene che da questo punto di .vista, contrariamente ai risultati ottenuti da
Schultze, si possa verificare una certa differenza tra la tabe e la paralisi gene-
rale, perchè in questa malattia assai più di frequente che in quella il liquido
cefalo-rachidiano dà resultato positivo.
Importanti sono, anche per gli argomenti che possono fornire alla spie-
Lo stato presente della sierodiagnosi nella tabe, ecc. 123
gazione di questa speciale reazione, le conclusioni di Marie e Levaditi i quali
afTermano che la sifilide da sola è incapace di produrre l'apparire di anti-
corpi nel liquido cefalo-rachidiano : perchè questi compaiano occorre che vi
sia la localizzazione cortico-meningea di un processo infiammatorio sifilitico o
parasifìlitico, intenso e prolungato : esiste un parallelismo tra il progredire di
questo processo e i risultati della reazione di Wassermann; quando il processo
è appena iniziato questa può mancare, mentre proprio allora, quando anche
i sintomi clinici sono ancora indecisi, sarebbe più necessario un sicuro mezzo
diagnostico.
La scoperta di Wassermann poteva avere un doppio valore: uno pratico,
quello cioè di olTrire un mezzo sussidiario di diagnosi per la sifìlide, la tabe,
la paralisi progressiva, di permettere (Citron) di seguire i risultati della cura
antiluetica, ed un altro, forse più importante, di dare una base più sicura
alla relazione che, per argomenti clinici e dati statistici etiologici, viene dai più
ammessa tra la sifilide e le due forme nervose. Le pubblicazioni che sull'ar-
gomento si sono succedute con grande rapidità, hanno, fatta eccezione di qualche
voce rimasta isolata (Michaelis), confermato il valore pratico della reazione,
anzi, se alcuni dei reperti più di recente ottenuti saranno sanzionati dall'espe-
rienza, esso verrà ancora accresciuto permettendoci una tecnica più facile. Quanto
al valore, dirò cosi, teorico, i risultati più recenti impongono invece qualche
riserva : se dovesse essere definitivamente provato il concetto che le sostanze
che danno luogo all'impedimento dell'emolisi, compaiono nei liquidi organici
in seguito alia distnizione o come risultato di processi morbosi di dati elementi
morfologici ^Levaditi), che cioè non sono dei veri ambocettori battericidi
(Haendel) allora si dovrà verificare se quei fattori morbosi che alcuni clinici
ritengono capaci di produrre, all' infuori dell' infezione sifilitica, la tabe e la
paralisi generale, non siano anche capaci di alterare, nello stesso modo della
sifìlide, quei dati elementi, provocando cosi nei liquidi in esame uguali proprietà
di fronte al fenomeno « emolisi >. In rapporto a questo problema sono da
ricordare le esperienze di Michaelis che avrebbe trovato positiva la reazione di
Wassermann collo siero di sangue di un tifoso, e collo siero di sangue di
un coniglio immunizzato contro il tifo : questa infezione è dunque forse capace
di produrre sostanze che agiscono nel senso di impedire l'emolisi?
Già abbiamo detto come Wassermann ed i suoi collaboratori, indicando
nel complesso antigeno-anticorpo il fattore capace di legare il complemento,
facessero però le più ampie riserve circa la natura delle speciali sostanze
dell' antigeno : anzi avendo osservato che talora estratti di organi non luetici
sono capaci di produrre — sebbene a dosi assai più elevale — lo stesso feno-
meno, Plaut scrive «noi possiamo dire soltanto che quello che noi chia-
miamo antigeno luetico, è una sostanza che si trova negli organi luetici e
che si può riconoscere per mezzo dei corrispondenti anticorpi solo nei liquidi
organici di quelli che hanno avuto sifìlide o metasifìlide. Ma sulla natura di
questa sostanza nulla si può fino ad ora dire. Evidentemente gli estratti di
organi luetici, cosi come quelli di organi normali, contengono tutte le possibili
UÀ 0. iìossi
sostanze albuminoidì e i prodotti del disfacimento delle molecole albuminoidi,
che da parte loro possono funzionare da antigene. D' altra parte si sa che lo
siero animale può occasionalmente contenere degli anticorpi per i più svariati
corpi. Perciò si deve tener presente la possibilità che talora un tale siero
possa in un estratto di un organo qualsiasi trovare un antigeno corrispon-
dente ad un anticorpo che egli contiene e che non è di natura luetica, e che
perciò si abbia un impedimento dell'emolisi di origine non sifilitica. Queste
coincidenze sono però assai rare.... >. Cosi scriveva Plaut, ma pia tardi si sus-
seguirono ricerche (Levaditi, Landsteiner, Moller, Pòtzl, Porges, Meier)
le quali dimostravano che nell'allestimento della prova di Wassermann si può
^sostituire all'estratto di fegato luetico, un estratto — preparato dai varii aotori
in diversa maniera — di un fegato nomale di uomo o di un altro mam-
mifero (cavia-coniglio) o anche dì altri organi (cuore). Cosi si cominciò a du-
bitare che si trattasse d'un legame tra un antigene ed un anticorpo battericida
propriamente detto ed a rivolgere il pensiero a possibili fatti ftsic(H^himici
capaci di spiegar la devianone del complemento: in un lavoro, in collabo-
razione con Marie, Levaditi espone i! sospetto che il glicogene, il quale si
trova in maggiore abbondanza nel fegato sifUrtico, possa avere qualche parte
nel determinare la reazione. Proseguendo le esperienze in roilaberaaionc con
Yam»nouchi egli trovò che all'estratto di fegato si possono sostituins vart
prodotti estrattivi, come, certi sali biliari (glicocolato di soda 1%) e lipetdi
analoghi alla lecitina^ concludendo che l' impedimento della emolisi sarebbe
da attribuire alla presenza nel siero o nel liquido cefalo-rachidiano dei sifi-
litici, e rispettivamente tabetici o paralitici progressivi, di certi composti nan
proteici allo stato colloidale, che in presenza di sali biliari e lipoidi del fegato
precipitano e determinano la fissazione del complemento emolitico: egli crede
ancora che i composti che provengono dall'organismo e si trovano nei Kqnidi
organici degli individui sifilitici o metasifilitici possano essere degli eteri di
colesterina e degli acidi grassi (per lo siero). In un altro lavoro ritorna sulla
influenza dei lipoidi, da lui ottenuti in vario modo, osservando che forse essi
devono la loro influenza alla lecitina che contengono.
Ricerche di questo genere sono state fatte dai collaboratori di Wasser-
mann e con risultati pure positivi, perciò lo stesso in un recentissimo articolo,
nel quale rivendica alla sua scuola la priorità degli studi eseguiti in questo
indirizzo, conclude appunto col mettere in rilievo l' influenza dei lipoidi : al-
trove egli scrisse: « noi ora sappiamo che nella sifilide si ha nell'organismo
la presenza di speciali sostanze le quali hanno affinità verso i lipoidi, sopra-
tutto verso la lecitina, che sono perciò in grado di legare ». — A qifesto
proposito sono degne di nota le ricerche di altri autori (Breton, Petit) i
quali esperimentando col veleno del Cobra ottennero risultati importanti:
noi sappiamo che l'azione emolitica del veleno del Cobra sugli eritrociti lavati
non si ha se non in presenza di lecitina o di siero : ora alcuni liquidi oMkh
rachidiani, ricavati da individui o normali o malati, sarebbero capaci di fissare
la lecicina e di impedire con eie Pemolisi: d'altra parte, e questo è quello^ che
Lo stato presente della sierodiagiwsi nella tabe, ecc. 125
pia specialmente riguarda il nostro problema, non sempre il risultato positivo
di questo esperimento coincide con uno positivo ottenuto, in confronto d'un
medesimo liquido, col metodo Wassermann: discordanza che non dovrebbe
esistere qualora stesse veramente che essa è dovuta al legame di deterroi-
oate sostanze con la lecitina.
Queste interessanti ricerche nulla* hanno tolto al valore pratico del me-
todo della deviazione del complemento, perchè anche con estratti di organi
normali, o con determinati preparati chimici, la reazione non riesce positiva
se noa nei casi di pregressa sifilide, o di tabe, o paralisi progressiva : invece
rimane aperto un problema notevole: compaiono queste sostanze che impe-
discono l'emolisi e che non possiamo più considerare senz'altro come anti-
corpi battericidi, nei liquidi organici — nel caso che più ci interessa nel
liquido cefalo-rachidiano — in quanto è in atto una alterazione di determinati
elenìenti di natura sifilitica o si formano soltanto in quanto in un dato modo,
con un determinato processo, vengono questi elementi alterati da una causa
che può essere varia? Come in clinica furono osservati casi di tabe e di pa-
ralisi generale senza pregressa sifilide, può darsi che esistano altre cause che,
come producono lesioni anatomiche che si manifestano con uguali lesioni fun^
zionali, provochino anche, così come la sifilide, la comparsa di sostanze uguali
nel liquido cefalo-rachidiano? Ecco un altro problema che aspetta la sua so-
luzione dalla patologia sperimentale.
Prima di abbandonare questo argomento è ancora da ricordare come con
quest'ultima teoria per spiegare il fenomeno della deviazione del comple-
mento, si torni, in certo modo, alla spiegazione che di esso avea dato il ntistro
Moreschi. Egli infatti non credeva ad un legame specifico tra antìgeno, an-
ticorpo e complemento, ma tenendo presente il fatto che mescolando un liquido
contenente albumina con un siero-immune si poteva produrre un precipitato,
concepiva il meccanismo del fenomeno nel senso che per il fatto della pre-
cipitazione, il complemento, in virtù di fenomemi fisici o chimici, soffrisse
un'alterazione.
*
Ed ora veniamo a parlare di un'altra serie di lavori nei quali è studialo il
problema di rendere più facile in pratica la sierodiagnosi in queste malattie.
Ponendo mente agli stretti rapporti che intercedono tra i fatti che si
svolgono nella « precipitazione > e quelli che sì hanno nella deviazione del
cenpleiaento, poteva venire facilmente fatto di supporre che mescolando dei
lìpidi organici oMitenenlt « antigeno % con altri contenenti anticorpi si
potessero produrre dei fenomeni di precipitazione.
Con questo presuppest» teorico, appoggiandosi anche ai risultati ottenuti
ia altre malattie (tifo), Fornet, Schereschewsky, Eisenzimmer eRosen-
feid cercadrotto di forairei una sierodiagnosi basata sulla preci{»tazione. Essi
126 • 0. Rossi
hanno osservato che quando si pongono in contatto reciproco siero dì sifilitico
nelìo stadio florido dell' affezione e siero di paralitici o di tabetici, colla tecnÌ4a
indicata da Ascoli per la prova della stratificazione, compare nel piano di
contatto dei due liquidi un intorbidamento ad anello. Fornet sostenne che
questa sorta di anello compare soltanto quando si adoprano sieri di individui
che soffrono di sifìlide o di malattie ad essa conseguenti, dimodoché si tratta
di una precipitazione specifica. Egli fa ancora un passo più in là ed afferma che
dei due elementi che entrano in azione nella reazione precipitante l'uno, il
cprecipitinogeno)», si trova nello siero dei sofferenti di sifilide allo stato florido,
l'altro, la € precipìtina )i, si trova nello siero degli affetti da forme post-sifilitiche.
Io, in collaborazione con Plaut e Heuck, mi sono pure occupato di
questo problema, ma le nostre esperienze ci condussero a concludere che la
prova proposta da Fornet non è per nulla specifica: il fenomeno da questi
indicato compare talora realmente, ma compare anche e con frequenza mag-
giore ponendo a contatto siero di sifilitico e siero di normale, siero di nor-
male e siero di paralitico ed infine siero di normale con siero di normale.
Anche mettendo a contatto delle diluizioni a titolo diverso di uno stesso siero
normale si può avere la formazione di anelli: questo richiama l'osservazione
già fatta da Ascoli il quale avea cercato di spiegarla colla formazione di
< auto-precipitine » : in un suo breve articolo Fornet ammette questo fatto
da noi osservato, ma afl'erma, senza darne alcuna prova, che in questo caso il
precipitato non ha gli stessi caratteri che ha quando venga prodotto con siero
di paralitico e siero di luetico : attendendo questi caratteri differenziali mi
auguro che siano meno enigmatici di quelli da lui già descritti a proposito
del modo di distinguere i precipitati specifici nella reazione tra siero di tifoso
e tifo-immunsiero da quelli non specifici!
Fornet ed i suoi collaboratori avevano anche studiato i fenomeni di pre-
cipitazione che si possono avere mettendo a contatto estratto di organi luetici
collo siero di individui che avevano avuto la sifilide^ ma abbandonarono tosto
questo metodo volendo nelle loro esperienze evitare di porre a contatto dei
liquidi eterogenei. Tuttavia ripensando al fatto che l' antigeno è assai frequente
negli estratti degli organi luetici mentre eccezionalmente si trova nel sangue,
può parere che una prova di precipitazione eseguita con questa seconda tec-
nica possa dare risultati più evidenti. Michael is ha in questo senso ese-
guito delle ricerche con esito positivo: mettendo a contatto siero di sangue
di un individuo che avea avuto la sifilide con estratto di fegato luetico, egli
ottenne, col metodo della prova a strati, una precipitazione che mancò cimen-
tando lo stesso siero con estratto di fegato normale.
Ma le ricerche eseguite da me, Plaut ed Heuck con questo metodo ci
hanno dimostrato che anche in questo modo la reazione non è punto speci-
fica, perchè essa compare con grande chiarezza anche ponendo a contatto
estratto di fegato normale e siero di individuo sifilitico.
Le più recenti concezioni circa il meccanismo che conduce, nella prova
di Wassermann, alla deviazione del complemento, scuotono naturalmente le
Lo stato presente della sierodiaynosi nella tabe, ecc. 127
basi teoriche sulle quali si appoggiava la ricerca di una reazione per mezzo
della precipitazione : i fatti da noi raccolti restano però nella loro chiarezza
ed anzi il fatto che anche l'estratto di organi normali è capace di dare impe-
dimento dell' emolisi suffraga di una base teorica il fatto della non specificità
— nel senso di Fornet — della reazione precipitante.
Lo studio di questa venne ripreso sul fondamento dei nuovi lavori circa
la Komplementablenkung, Cosi Porgese Meier e poscia Fritz e Kren avreb-
bero trovato che mescolando siero di luetico con una emulsione di lecitina
od una soluzione di glicocolato di sodio si ottiene un precipitato fioccoso, ma
questi stessi autori ed altri trovarono poi che basta aumentare la quantità
di queste sostanze perchè compaia un precipitato anche coi sieri normali.
Klausner avrebbe ottenuto una precipitazione mescolando lo siero di
luetico con acqua distillata in determinati rapporti : egli riferisce il fenomeno
ad una supposta maggior ricchezza di globulina del siero dei luetici oppure ad
una maggiore precipitabilità di questa sostanza. Anche questo metodo però
non può essere ritenuto specifico: nelle esperienze già citate io, Plaut e
Heuck avevamo già accennato alla formazione di precipitati che si fanno
mettendo a contatto diluizioni di sieri anche normali, anzi talora dello stesso
siero, a titolo assai differente: quello indicato da Klausner forse non è se
non un'esagerazione di questo fatto.
Concludendo: la prova offerta da Wassermann mantiene tutto il suo
valore pratico, anzi se le esperienze proveranno che coi lipoidi si ottiene
davvero una reazione specifica, essa sarà resa assai facile essendo tolta di
mezzo la difficoltà di dovere avere un fegato luetico per preparare l'estratto:
a questa prova che, senza alcun giudizio in rapporto al suo meccanismo, si
può chiamare ancora della deviazione del complemento, non si può per ora
sostituirne un'altra più facile, fondata sul metodo della precipitazione.
Marzo 1908.
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KECENSIONI
Anatomia.
1. "W. Mine£f, Le plancher du quatrième ventricule chez Vhomme (étude mor-
phologique). — « Névraxe », voi. IX, fase. 2.
L'A. 8i propone di ampliare le nozioni che del pavimento del quarto ventricolo
ha dato soprattutto Re t z i n s (Das Menschenhim) basandosi sull'osservazione di 49 pezzi
anatomici di cui 9 di feti sopra 5 mesi. Alla descrizione del pavimento che riporta
da Retzius aggiunge quanto segue. Le strie acustiche che raramente si osservano
nel feto, sono invece quasi costanti neir uomo, nel quale però possono esser rappresen-
tate da piccoli rilievi discontinui, oppure anastomizzarsi, incrociarsi, ed addossarsi fra
loro: mai traggono origine dal solco mediano. Nel trigono delV ipoglossoy distinto
secondo Retzius in area medialis e area plumiformiSf VA. osserva esternamente
kWarea plumiformis una superficie triangolare perfettamente liscia che chiama ala
bianca interna. Delle creste che si partono dal tronco delV area plumiformiSf le in-
teme più lunghe, qualche volta biforcate, si perdono insensibilmente nell'area mediale]
le esteme più corte, si perdono rapidamente prima di raggiunger Vaia grigia. Il tronco
dell' areo plumiformis talora manca, e spesso, specie nei feti, manca la disposizione
plumiforme. In un caso ha osservato la fusione delle aree mediane^ naturalmente con
interruzione del solco mediano a quel livello. Il funicolo cinereo dell' ala grigia
come può esser distinto, per mezzo di solchi, dal funiculus hypoglossi e dall' emt-
nentia postrema (Wilson), così può esser fuso con essi, dando luogo ad una com-
missura intercinereale nel qual caso l' ohex sovrasta due cavità, una ventrale l'altra
dorsale, la prima delle quali forma una specie di tunnel in continuazione col solco
mediano. Però tal connessione non è molto frequente (12 per cento). Il funiculus
separanSf ispessimento di nevroglia ependimale che limita il bordo esterno del funi-
colo cinereo, è raramente indistinto, e raramente prende parte alla formazione della
comissura intercinereale. Frequentemente (69 per cento) sulla superficie dell'area
postrema o ala grigia ecc., trovasi un cordoncino biancastro che, a partire dal solco
130 Rivista di Patologia nervosa e mentale
mediano, percorre */,, deir area parallelamente al funiculus separane, dividendo
r area in dae saperfici e termina o alla fossetta che è air estremità dell* area, o,
ricurvandosi, presso il funiculus separane. Le dimensioni assolnt« e relative del-
V area postrema sono variabili. Riguardo ali* obex espone e analizza la questione che
occapa gli anatomici (Retzins, Wilson, Blake, Staderini, Strecter) sai signi-
ficato, i rapporti, le varietà dell' obex : per conto proprio osserva che tal prodazione
raramente si presenta come obex vero, mentre non manca Vobex falso, membrana
sottile attaccata al bordo posteriore dell* area postrema : sebbene fra questa e quelli
esistano sempre rapporti intimi non è fàcile osservare coalescenza fra i due. Il tri-
gono acustico 0 ala bianca interna, ben visibile nel feto o nei casi ove le strie son
poco visibili, consta di due superficie talora ben distinte sebbene anatomicamente e
fisiologicamente appartengano al dominio dell* Vili paio. Il solco limite, da prima
parallelo al solco mediano, s' incurva poi per segnare ali* indentro col bordo concavo
la regione acustica. V eminentia teres ha aspetto variabile, è più o meno pronun-
ziata, non è sempre divisa nei due tubercoli interno ed estemo, e si prolunga in
avanti a forma di cordone, il quale, nel feto, è interrotto da 2-3 solchi che si par-
tono dal solco mediano. Il solco mediano offre poche varietà : talora è attraversato
da ponti di gracili fibre bianche che probabilmente appartengono alle strie acustiche
e che talora si incrociano a forma di X; solo raramente si osserva 1* interruzione cui
è già accennato (per la fusione delle due aree mediane). Il solco limite è sempre
molto marcato alle sue due estremità, specialmente nel feto. L*A. infine raccoglie
i sinonimi per le regioni del pavimento. Turchi,
2. P. Fleohsifir, Bemerkungen Uber die Hòrsphài e des menschlichen Gehims. —
« Neurologisches Centralblatt >, N. 1-2, 1908.
Già in pubblicazioni antecedenti Flechsig aveva sostenuto in base ai dati del
metodo mielogenetico, che le fibre di proiezione uditive vanno a finire principal-
mente nella circ. trasversa anteriore, nascosta nella fossa di Silvio, e nella parte im-
mediatamente adiacente della prima circonvoluzione temporale. Le ulteriori ricerche
gli hanno mostrato che la partecipazione della circonvoluzione temporale è notevol-
mente minore. Nei fetji di 50 era. si vede che le fibre di proiezione uditiva vanno
in massima parte nei due terzi interni della circ. trasversa anteriore ; il terzo esterno
ne riceve assai meno, e pochissime vanno alla superficie libera della P temporale. Il
numero delle fibre di proiezione è più che doppio a destra che a sinistra.
Queste fibre di proiezione vengono evidentemente dal corpo genicolato interno.
Nelle lesioni della circonvoluzione trasversale anteriore non solo queste fibre
degenerano, ma scompaiono anche gli elementi cellulari del corpo genicolato intemo.
Nell'adulto i limiti strutturali della circonvoluzione trasversa anteriore non sono
così netti come nella sfera visiva ; nel neonato il distacco è più netto, perchè la cor-
teccia della circonvoluzione trasversa ha uno spessore doppio della corteccia adiacente.
La lesione della circonvoluzione trasversa anteriore di sinistra dà sordità verbale du-
revole, la lesione bilaterale dà anacusia totale. La circonvoluzione trasversa anteriore
si puì) considerare come territorio esclusivo della proiezione uditiva, e può quindi
essere chiamata « circonvoluzione uditiva ».
La circonvoluzione trasversa anteriore è limitata posteriormente dal solco di
Heschl. Questo solco non è costante. Secondo Heschl è 5 volte più frequente a
sinistra che a destra, e più nell'uomo che nella donna. Flechsigha notato il solco
Aimtomla 131
non di rado anche nelle donne. La part« di corteccia che sta dietro al solco di
H esc hi presenta caratteristiche differenze tra il lobo destro e il sinistro. A sinistra
è pili estesa, ma non forma una manifesta circonvoluzione trasversa posteriore; questa
in?ece c'è di regola a destra. Flechsig osservò un'inversione di rapporti in un man-
cino e il tipo destro bilateralmente in tre musicisti.
Oltre all'esporre questi nuovi dati sulla sfera uditiva, Flechsig ribatte in
questa pubblicazione varie obiezioni mosse al metodo mielogenetico. Egli riconosce
che non vi è rigoroso parallelismo tra la mielinìzzazione e la legge filogenetica dello
sviluppo corticale. Lo sviluppo del corno di Ammone è più precoce di quello delle
circonvoluzioni centrali, pure la mielinìzzazione in questi territori è più precoce che
nel corno di Ammone. Ciò mostra che la legge mielogenetica è più che altro in rap-
porto con lo sviluppo funzionale.
Vogt ha affermato che la mielinìzzazione non .è simultanea in tutte le fibre di
ogni sistema di proiezione. Prima si mielinizzerebbe una parte centrale, alla quale
gradatamente si aggiungerebbe, in circoli concentrici, la mielinìzzazione di altre fibre
parimente di proiezione. La parte mielinizzata nei feti non rappresenterebbe dunque
che una parte della proiezione. Ciò è erroneo: specialmente nella sfera visiva si vede
chiaro come la mielina compaia simultaneamente in tutto il territorio caratterizzato
dalla stria di Vicq d'Azyr.
Brodmann ha rilevato che i territori mielogenetici non corrispondono a quelli
cito-àrchitettonici, egli vorrebbe perciò rigettare i risultati di Flechsig. Cita in
particolare il fatto che la mielinìzzazione accomuna i due giri centrali, che sono
invece distintissimi per struttura e funzioni. Flechsig replica che la distinzione strut-
turale, ben nota anche prima degli studi di Brodmann, sta senza dubbio in rap-
porto con differenze funzionali, ma ciò non toglie che abbia anche un significato fisio-
logico non equivoco il fatto che la proiezione del lemnìsco giunge ad ambedue le
circonvoluzioni. In queste due circonvoluzioni sono miste funzioni diverse di senso e
di moto, e prevalgono or l'una or l'altra nelle varie parti. La circonvoluzione cen-
trale anteriore merita il nome di < circonvoluzione motrice della sfera sensitiva del
corpo » ma ciò non toglie che essa abbia anche funzioni sensitive. Le funzioni sen-
sitive prevalgono ad ogni modo nella circonvoluzione centrale posteriore, e ciò sta in
ac(iordo coi dati mielogenetici che mostrano come la proiezione del lenmisco giunga
per 3/4 a 4/5 sulla circonvoluzione posteriore e solo per 1/4 a 1/5 sull'anteriore.
In complesso il metodo mielogenetico è ancora il più adatto a fornire dati circa
alla funzione, mentre i dati cit^-architettonìci possono confortare quelli della mie-
logcnesi e dell'esperimento, ma nulla possono dire per sé stessi circa la funzione dei
vari territori corticali. Lugaro.
3. G-. Marinesco und J. Minea, Ueber die vukro-simpatischen, hypospinalen Gan-
glien. — « Neurologisches Centralblatt », N. 2, 1908.
In casi di tabe, dì compressione del midollo spinale ed anche in casi normali
gli AA. hanno osservato in vicinanza delle parti subganglionari dei nervi spinali
l'esistenza di pìccoli gangli simpatici talora microscopici, e talora grossi fino come
un chicco di miglio, di forma e di numero variabili, più o meno distanti dalle parti
snbganglionari dei nervi spinali fino ad esser a livello del polo inferiore dei gangli,
0 in diretto contatto col ramo comunicante che talora si osserva fra la parte sub-
ganglionare dei nervi e il ganglio spinale. Tali piccoli gangli posson esser fra loro
432 Rivista di Patologia nervosa e meniate
aniti da microscopici fasci come un sistema microsimpatico. Sono formati di celiale
di tre tipi : 1) Cellule di grossezza Tariabile con dendriti corti che finiscono nella
capsula, e con un cilindrasse : lo spazio fra i prolungamenti è riempito di cellule inter-
stiziali; 2) Cellule grosse/per lo più poligonali, con lunghi prolungamenti protoplasma-
tici extracapsulari ; 3) Cellule con prolungamenti parte intra e parte extracapsulari;
prolungamenti che posson fare corona dendritica attorno alla cellula. Raramente le
cellule del 1. e 3. tipo presentano nel loro corpo il « glomerulo ». I gangli micro-
simpatici sono in intimo rapporto coi gangli e nervi spinali e sono un equivalente
anatomico e fisiologico del gran simpatico: però non si può precisare a che si col-
l^hino i fasci che ne escono. Turchi,
4. B. Pusateri, Sopra una nuova origine del fascio peduncolare del Tùrck. —
« Rivista italiana di Neuropatologia, Psichiatria ed Elettroterapia », voi. I,
fase. 1, 1907.
In una donna di 59 anni, affetta da frenosi maniaco-depressiva, e venuta a morte
per marasma, si riscontrò airautopsia, sulla faccia esterna del lobo temporale destro^
in corrispondenza della sua estremità anteriore, una placca di rammollimento giallo
interessante la prima, la seconda e la terza circonvoluzione temporale, e approfon-
dantesi per circa due centimetri nella sostanza bianca.
L'esame metodico dei tagli seriali del cervello mise nettamente in evidenza un
fascetto di fibre degenerate, che prendendo origine dalla zona corticale lesa si appro-
fondiva nella corona raggiata del lobo temporale per portarsi in corrispondenza del
segmento sottolenticolare della capsula intema nel fascio del Tarck e di lì nel
piede del peduncolo cerebrale.
Nell'assenza di ogni lesione dei gangli basali, dei nuclei, dei cordoni posteriori,
del nastro di Reil, questo fascio degenerato non può, secondo TA., interpretarsi che
come un piccolo fascio proiettivo, che prendendo origine dall'estremo del lobo tem-
porale entra nella costituzione del fascio del Tttrck.
L'A. si crede perciò, in base alla sua osservazione, autorizzato ad affermare che
il fascio del Tflrck prende origine non solo dalla parte media della seconda e terza
circonvoluzione temporale, ma in piccola parte anche dalla parte anteriore delle cir-
convoluzioni temporali : esso perciò avrebbe un'area di origine ancora più estesa di
quella ammessa da Dejerine. Sirigo.
Fisiologia.
5. Weber, Neue Beohachtungen Uber Volumschwankungen des menschlichen
Gehirns bei bestimmten Einwirkungen, — « Monatsschrift fiir Psychiatrie und
Neurologie », Bd. 22, H. 3, 1907.
Riferisce di una serie di esperienze eseguite su di un bimbo di 10 anni che
presenta una breccia di cm. 2 X ^>5 sulla fronte all' attaccatura dei capelli. Fa il
tracciato del polso cerebrale e sottopone il soggetto ora riposato, ora già stanco a
diversi lavori mentali più o meno a lunghi. A soggetto riposato, per tutto il tempo
dell'esperimento, si nota un aumento del volume cerebrale accompagnato da aumento
del polso. Se il lavoro si protrae, o si inizia quando il bimbo è già stanco, o in dete-
Fisiologia 133
minate condizioni (p. e. dopo mangiato), a un piccolo aumento del Tolume e del polso,
segne, cessato il laToro, prima del ritorno allo stato normale, una diminuzione del
Tolume e del polso sotto la norma, diminuzione tanto più noteTole quanto più stanco
è il soggetto. Tal fatto finora non avvertito da alcuno (e perchè le esperienze non
furono protratte, e perchè i soggetti non erano così facilmente esauribili come il
bambino) è da ritenersi come manifestazione di stanchezza. Rievocata la teoria del
biotono di Verworn, attribuisce T aumento di volume ad una dilatazione attiva vasale
(per azione diretta sui vasi ? per riflesso ?) allo scopo di portare maggior pabulum
alle cellule funzionanti, e la diminuzione consecutiva ad una costrizione attiva vasale
allo scopo di limitare e frenare i processi disintegrativi legati alla funzione. Osserva
poi che con stimoli forti e ben localizzati può ottenere (sugli animali) aumento
generale della pressione con aumento del volume di certe parti del corpo (p. e. delle
estremità) e diminuzione di certe altre (p. e. dei visceri addominali). Col bimbo già
stanco ottiene diagrammi che insieme a un piccolo aumento del volume cerebrale
dimostrano la diminuzione, sotto un dato stimolo, del volume delle orecchie. Consi-
derando lo stimolo elettrico simile allo stimolo che induce il movimento volontario,
arguisce che tutti i fenomeni vitali di movimento siano accompagnati da varie mo-
dificazioni di volume e di pressione nei vari organi. Turchi,
6. A. CHardina, I muscoli metamerici delle larve di anuri e la teoria segmentale
del Loeb. — < Archiv fùr Entwicklungsmechanik der Organismen », Bd. XXIII,
H. 2, 1907.
Secondo J. Loeb tutta la vita nervosa si risolve in un insieme di riflessi
segmentali; ciò che v' ha di specifico nelle diverse reazioni e nei differenti riflessi è
dovuto agli organi di senso periferici ed alla disposizione dei muscoli e nulla ha da
vedere con la struttura dei gangli ; il sistema nervoso non ha per conseguenza altro
valore che quello di un insieme di conduttori pronti e sensibili degli stimoli dalla
periferia ai muscoli. '
Questa dottrina ardita paradossale e intransigente rappresentò un' utile reazione
alla tendenza a localizzare in particolari centri ogni fenomeno di coordinazione ner-
vosa. Ma peccò a sua volta di eccessivo semplicismo e interpretò i fatti in modo
unilaterale. Le esperienze ingegnose di Loeb e dei suoi allievi se pure dimostrano
che l'asportazione di certi centri non annienta le funzioni ad essi attribuite, non
valgono peraltro a far escludere l' intervento attivo di tali centri nelle funzioni
come si svolgono in condizioni normali. Le esperienze di Giardina lumeggiano assai
bene l'importanza relativa dell'autonomia segmentale- quale può esser messa in evi-
denza sperimentalmente di fronte ai meccanismi strutturali ed alle funzioni non seg-
mentali quali si presentano nell'organismo integro o in gruppi di numerosi segmenti.
Se si taglia trasversalmente in due parti un embrione o una larva giovanissima
di Discoglossus, ciascun pezzo può svilupparsi per conto proprio. Le larve decapitate
diventano capaci di movimenti spontanei di traslazione. Le code o le parti di code
non presentano movimenti spontanei, tuttavia diventano anch' esse capaci di movi-
menti riflessivi coordinati, che possono anche giungere a dei movimenti di trasla-
zione. Ciò si dimostra meglio se, invece di lasciar crescere isolati i piccoli pezzi, si dà
loro il modo di svilupparsi completamente innestandoli sul corpo di altre larve.
Ciò sembra deporre in favore della teoria segmentale. Ma se in un girino già
avanti nello sviluppo, con coda pienamente funzionante, si isola una parte della coda
134 lìivista (li Pafolofjia nervosa f mtnkde
e anche la coda intera» questa parte di coda isolata non è.capace di riflessi gene-
rali coordinati né di movimenti di traslazione. Ciò non dipende da uno t^hock ope-
rativo, ma dalla soppressione delle connessioni nervose col tratto anteriore dd midollo
spinale, ossia dello stato di subordinazione funzionale in cui normalmente si trova
il midollo codale rispetto al lombare.
Quando vengono mantenute in vita abbastanza a lungo, col metodo degli innesti,
queste code e porzioni di code possono acquistare la capacità di eseguire movimenti
coordinati come i pezzi corrispondenti che fossero cresciuti isolatamente. Esse acqui-
stano dunque un processo di autoregolazione simile a quello che si manifesta nei
pezzi cresciuti isolatamente a misura del differenziarsi degli organi.' Più tardi, ja
questo periodo di autoregolazione, subentra una fase in cui tutti i muscoli metamerici
presentano soltanto movimenti ritmici spontanei non coordinati fra loro. Questi movi-
menti sono di natura neurogena, dipendono dal midollo spinale e non si manife-
stano affatto nei pezzi lasciati sviluppare senza midollo.
Si possono provocare contrazioni ritmiche spontanee nei muscoli metamerici della
coda di girini di qualunque età, anche di quelli prossimi alla metamorfosi; per otte-
nere ciò bisogna innestare la coda alla rovescia in senso antero-posteriore ; innestan-
dola invece in posizione naturale si stabiliscono tra V innesto e il porta- innesto rap-
porti anatomici e funzionali che impediscono il manifestarsi dei movimenti ritmici.
I movimenti ritmici spontanei sono gli unici movimenti dei muscoli scheletrici
veramente segmentali nel senso di.Loeb.
I riflessi spinali e il loro substrato anatomico si stabiliscono in modo indipen-
dente nei singoli segmenti del corpo. Questo è il solo elemento di verità contenuto
nella teoria segmentale di Loéb. Di pari passo col differenziarsi degli organi e dèi
tessuti si stabiliscono fra i centri segmentali delle dipendenze reciproche e delle subor-
dinazioni. La vita nervosa normale non è costituita dalla semplice somma delle fun-
zioni segmentali. Le dipendenze reciproche e le subordinazioni che entrano in iscena
fin dai primi passi dello sviluppo sono un fattore funzionale non segmentale legato
a meccanismi strutturali non segmentali, costituiti in parte dalle vie lunghe del
midollo. Questi meccanismi rendono possibili le coordinazioni e le regolazioni dirette
alla coordinazione. Lugaro,
7. A. Van GTehuchten, Le mécmiiame des mouvements réflexes. — « Névraxe »,
voi. Vili, n. 2.
Ogni riflesso provocato da stimoli cutanei o tendinei o periostei ha il suo centro
spinale. I riflessi tendinei sono movimenti mono-muscolari. I cutanei possono essere
mono-muscolari (riflessi cutanei dei clinici) provocabili stimolando determinate regioni
(p. e. cremasterico, plantare) e poli-muscolari provocabili in qualunque regione. Se la
sostanza grigia spinale è il centro primordiale necessario alla produzione del riflesso
non è suftìciente l'integrità di tal sostanza, ma è necessaria ancora l'integrità delle
connessioni col centro superiore come dimostra p. e. 1* abolizione dei r. cutanei e
tendinei nelle affezioni del midollo cervicale. Il midollo come organo di trasmissione
consta (sostanza bianca) di fibre bulbopete, fibre spino-cerebrali, e fibre discendenti per
le vie piramidali: come organo autonomo poi consta della sostanza grigia i ctii diversi
piani sono posti in comunicazione da fibre di sostanza bianca (fibre spino-spinali) e
dei nervi periferici. Il movimento riflesso richiede la presenza di un arco diastaltico
atto a commutare la corrente sensitiva centripeta in motoria centrifuga. Ora Testre-
Visiolo(jiu \ *)5
mità della fibra centrìpeta può articolarsi direttamente colla estremità della fibra
centrifuga (arco rifl. monosinattico di Sherrington) rendendo possibile il riflesso
(semplice scossa muscolare) qualunque lesione esista nel midollo, o può articolarsi mercè
l' interposizione, fra le due estremità, di fibre spino-spinali (arco bisinattico) inducendo
un riflesso complesso, coordinato ad uno scopo. E poiché inoltre esistono delle fibre
che raccordano ogni tri^tto di sostanza grigia spinale coi centri bulbarì (nucleo del
n. vestibolare) mesencefalici (nucleo rosso) e corticali (circonvoluzione centrale anter.)
in ogni ganglio spinale, nei comi dei vari segmenti esistono fasci di fibre spino-spi-
nali, yestibulo-spinali (che mantengon 1* equilibrio del corpo nello spazio, e il tono
muscolare) rubro-spinali (che innalzano il tono nervoso ed esagerano l'attività reflessa
del midollo) e cortico-spinali (che moderano la stessa attività spinale, e inducono i
riflessi cutanei dei clinici). L'azione inibitrice cort^ale lascia latente il riflesso pu-
ramente midollare che può esser mésso in evidenza nel sonno, in certi stati depres-
sivi nervosi, o in caso di lesione delle atease flbre corticali.
I riflessi posson dunque distinguersi in r. cutanei inferiori (dei fisiologi) d'ori-
gine midollare, r. tendinei d'origine mesencefalica, r. cutanei superiori (dei clinici)
d'origine cortico-spinale. Talora in una lesione trasversale completa della midolla si
ha invece che esagerazione, abolizione dei riflessi, contrariamente a ciò che vorreb-
bero i fisiologi, che oltre a voler applicare all' uomo le lesioni verificate sugli animali,
non tengon conto della distinzione fatta dall'A. In realtà sono esagerati i riflessi mi-
dollari cui vien sottratta l'azione inibitoria corticale, e aboliti quelli cui sono in-
terrotte le vie di conduzione. Il midollo spinale è un organo eminentemente recettivo,
che raccogliendo stimoli sensoriali da ogni parte li muterebbe in incessanti moti di
difesa, se non intervenisse l'azione moderatrice corticale, ma d'altra parte solo gli
stimoli sensoriali inducono le reazioni riflesse che costituiscono tutte le manifestazioni
di vita. Turchi,
Pà^tologia sperimentale.
8. Q-. G-arbini e R. Rebizzi, Ricerche sperimentali sulle malformazioni ed eie-
rotopie artificiali del midollo spinale, — « Nota preventiva », Tip. Umbra, 1907.
9. Q-. Gkarbini e R. Rebizzi, Le malformazioni ed eterotopie artificiali del mi-
dollo spinale. — « Annali del Manicomio provinciale di Perugia », anno I,
fase. 102, 1907.
Per opera di Van Gieson era stato dimostrato che si provocano artificialmente,
col maltrattamento del midollo spinale, immagini di malformazione e di eterotopia
in questo organo. Ma ancora non si conoscevano i dati istologici per distinguere con
sicurezza l' immagine prodotta per un maltrattamento da quella originatasi per vera
e propria alterazione di sviluppo.
Gli autori, sperimentando nel cadavere, hanno prodotto alterazioni da maltrat-
tamento del midollo, che simulano grossolanamente quelle date da sviluppo abnorme.
Hanno ottenuto sempre il tipo delle eterotopie extramidollari, mai eterotopie intra-
midollari. E hanno rilevato fatti caratteristici delle lesioni artificiali.
Intanto non è così facile come sosteneva Van Gieson, provocare eterotopie ar-
tificiali, n midollo ha notevole potere di resistenza e un certo grado di vera e pro-
pria elasticità. Solo quando il maltrattamento è eccessivo si altera la compagine
della sostanza bianca e grigia. È caratteristico l'insieme della alterazione, il com-
i3() Rivista di Patoìofjia nervosa e mentale
portamento della pia madre, dei setti, dei vasi, delle fibre radicolari, il decorso
abnorme delle fibre dei fasci e la disposizione delle celiale nervose, che tradisce la
causa meccanica. Decisivi, per la costanza e per le loro apparenze, sono i tre fen<^
meni che seguono. Lesione meccanica del canale centrale. Particolare immagine data
dal metodo Marchi, che può dirsi una reazione specifica al maltrattamento, la quale
consiste nella presenza di zolle nere assai numerose con forma e disposizione parti-
colari. Fragmentazione diffusa delle fibre nervose e delle cellule, che si comportano
come corpi fragili. Per questa alterazione, nella sostanza grigia, anziché il reticolo
netto di fibre, come normalmente, si osserva una struttura a piccole zolle disposte
secondo il decorso delle fibre in maniera che soltanto coi deboli ingrandimenti le
fibre appaiono pressoché integre. Per la stessa alterazione le cellule nervose si pre-
sentano spezzate nettamente in più parti. La presenza di questi segni in una etero-
topia, evidentemente garantisce T origine artificiale. Camia,
10. O. Righetti, Delle alterazioni cellulari nervose consecutive ad ustioni cir-
coscritte della cute, — «Lo Sperimentale », voi. VI, n. 6, 1907.
Pratica delle ustioni sulla cute di conigli e di cani in modo che nella zona
lesa la temperatura sottocutanea salga a 44"c. (fa agire dell'acqua bollente rispettiva-
mente per 35-60"). Sacrificando gli animali dopo 5-20 giorni riscontra che i gangli
spinali corrispondenti, presumibilmente, per la topografia alla regione lesa, presentano
cromatolisi, alterazione del citoplasma, deformazione delle cellule con propulsione del
nucleo alla periferia.
In tempi successivi riscontra: disintegrazione e scomparsa degli elementi alte-
rati con proliferazione dei nuclei capsulari che ad essi si sostituiscono e con prolife-
razione del connettivo circostante : tentativi di < restitutio ad integrum » compiuta
solo al 60' giorno. Nel simpatico qualche fatto cromatolitico con qualche rara rea-
zione dei nuclei della capsula.
Poiché la lesione centrale é tanto più lieve quanto più periferica é la lesione del
cilindrasse, o il trauma ustione va considerato un trauma grave (non si hanno alte-
razioni simili a questa per il semplice taglio della cute), o i materiali di meta-
morfosi regressiva che, come é noto, per V ustione si formano, risalendo per le guaine
delle fibre, giungono alla cellula che risente nel modo descritto dell'azione tossica:
tanto più probabile ciò in quanto che V alterazione è limitata a quei pochi elementi^
il cui neurone è stato interrotto. Però poiché le cicatrici che l'A. ha ottenuto non
presentarono mai il decorso clinico atipico che soglion complicare le comuni ustioni
(scarsità o esuberanza di granulazioni) non crede che tale decorso atipico sia dovuto
alle lesioni cellulari da lui descritte. Turchi.
11. L. Roblnovitch, Resuscitation of electrocuted animals, ecc. (Preliminary
communi cation), — « The Journal of mental Pathology », voi. Vili, n. 2.
Nei casi di accidentale elettrizzazione, il corpo umano sottostà ad una corrente
di 1500-2000 volts- che non sono necessariamente letali. Crede quindi applicabili
air uomo i metodi dall' A. usati sui conigli. Se il coniglio è sottoposto ad una cor-
rente non molto forte (12 volts) per un tempo non lungo (20") si osserva una alte-
razione profonda nel ritmo respiratorio e cardiaco, alterazione che dilegua appena
I^afolofjia sperhneiitale Ì8t
apeH» il circuito. Sottoponendo Inanimale ad una corrente più forte (14 volts) per
un tempo più lungo (32") si presenta ' uno stato di inibizione respiratoria per cui
r animale muore : in alcuni casi il battiti cardiaco si mantiene quasi inalterato, in
altri sin cronicamente alla respiratoria si presenta T inibizione cardiaca.
Ma se si sottopone Tanimale dopo la elettrizzazione, ad eccitazioni ritmiche,
usando la stessa corrente che ha servito alF elettrizzazione, per un secondo ogni 3-4-
si osserva che per questo stimolo si presentano da prima delle respirazioni artificiali,
cui seguono le respirazioni spontanee, sempre più ampie, mentre toma ad elevarsi la
pressione sanguigna. Tali respirazioni spontanee riappaiono anche in un tempo abba-
stanza lontano dalla prima chiusura del circuito (69"). Però perchè esse riappariscano
è necessario che le stimolazioni elettriche siano quanta più si può immediate alla
applicazione prima. Riguardo al sistema da scegliersi in tali eccitazioni ritmiche,
TA. dice che un comune apparato Leduc stimola una lieve contrazione dei muscoli,
eccettuati quelli della respirazione, mentre un apparato dMnduzione stimola una
contrazione dei muscoli in generale e in particolare grave trepidazione muscolare e
tetano dei muscoli respiratori, anche se è usata lieve quantità di corrente. Consiglia
quindi l' uso di moderate correnti indotte, e propone, in caso d' accidente, di sotto-
porre la vittima, fin che è pronto V apparecchio, alla respirazione artificiale, poi alle
eccitazioni ritmiche provocate con un comune interruttore legato ad una batteria di
2-5 rolts e a due elettrodi che vengono applicati al ventre e alla fronte.
Turchi.
12. P. Tello, Dégénération et régénération des plaques motrices après la section
des nerfs. —^ « Travaux du Laboratoire de Recherches biologiques », tomo V,
fase. 3, 1907.
Quando venga sezionato il nervo corrispondente, come VA. ha praticato nel co-
niglio, nella rana, nella lucertola, ecc., le placche motrici e il nervo nel suo mon-
cone* centrale degenerano, passando per una serie di modificazioni, che si iniziano
nelle varie placche quasi contemporaneamente e che sono già bene manifeste nove
ore dopo la sezione del nervo: tuttavia se l'inizio è contemporaneo non è più pa-
rallelo il decorso, poiché molte fibre e placche resistono più a lungo di altre ; circa il
3' giorno dopo la lesione per le placche e circa il 5** pei nervi muscolari più pic-
coli, la degenerazione è completa e non si vedono che dei grumuli argentofìli sparsi;
soltanto dei nervi più grossi si può, ancora dopo due mesi, trovare qualche reste.
I fenomeni rigenerativi^ preceduti da proliferazione di nuclei della guaina di
Schwann che si ordinano in bande di Bilngner, cominciano assai tardi, cioè da
due mesi e mezzo a tre dopo avvenuta la lesione. Studiando i pezzi tre mesi dopo
l'operazione si possono ricostruire le fasi e le modalità di questo processo.
Le fibre rigenerate nascono dal moncone centrale e cominciano ad arrivare al
muscolo circa tre mesi dopo Toperazione nel coniglio adulto e circa un mt^se e mezzo
dopo nel coniglio neonato: le fibre di nuova formazione percorrono i tubi rimasti
vuoti attratte dalle azioni chemiotattiche positive spiegate dalle cellule di Schwann;
le fibre terminano sempre con mazze: le fibre rigenerate si dividono a più riprese
formando un gran numero- di fibre più sottili che arrivate in contatte col muscolo
perdono ogni guaina terminandosi con un bottone dal quale avrà poi origine Tarbo-
rizzazione che forma la placca nervosa. Alcune fibre già arrivate in vicinanza del
l38 fìloista di Patologia nervosa e mentale
mascolo possono rivolgersi indietro come attratte di naoTo da stimoli chemiotattici
e coisi si trovano delle fibre che descrivono dei tragitti complicati.
Questi fatti osservati a proposito delle terminazioni nervose dei muscoli, sodo
una nuova conferma della teoria che sostiene essere la rigenerazione delle fibre ner-
vose devoluta al moncone centrale. O. Rossi,
Anatomia patologica.
18. H. Vogt, Zur Patholoffie und pathologisehen Anatomie der verschiedenen
Idiotie-Formen, — < Monatsschrift fftr Psychiatrie und Neurologie », Bd. 22,
H. 5-6, 1907.
14. K. Soha£fer, Ueher die Pathohistologie eines neuren Falles {Vili) von
Sachsscher familiàr-amaurotischer Idiotie mit einem Ausblick auf das Wesen
. der sogenannten Neurofibrillen. — « Journal ftlr Psychologie und Neurologie »,
Bd. X, H. 3, 1907.
15. M. BielsohO'WBky, Ueher die fibrillare Struktur der Oanglienzellen, - Be-
merkungen zur Arheit des Herm Prof. Schaffer uber die Pathohistologie etc, -*
« Ibid. », Bd. X, H. 6, 1908.
16. L. Huismans, Kurze Bemerkungen zur Tay-Sachsschen familiàren amaurotif-
chen Idiotie. — < Ibid. », Bd. X, H. 6, 1908.
LMdiozìa amaurotica familiare, che Waren Tay e Sachs per i primi, indipen-
dentemente Tuno daiiraltro, riconobbero come entità morbosa a sé, è stata studiata
negli ultimi anni, tanto dal punto di vista clinico che da quello anatomo-patologieo,
in nun^erosi lavori, alcuni dei quali sono già stati riassunti in questa rivista. Chi
volesse farsi un concetto preciso dello stato attuale delle nostre conoscenze intomo
a questa malattia può leggere lo studio sintetico di Yogt, condotto con grande chia-
rezza e competenza.
Clinicamente l'idiozia amaurotica di Sachs è caratterizzata dall'aggruppamento
di tre sintomi principali, la cecità, la paralisi e la demenza, ai quali nella forma
tipica di Sachs si associa uno speciale reperto oftalmoscopico in quanto che la regione
della macula lutea appare occupata da una macchia bianca, nel cui centro si vede
un punto di colorito rosso ciliegia. L'affezione colpisce i bambini nella più tenera
età (dai primi mesi al secondo anno di vita), ha carattere familiare e progressivo ed
ha una spiccata predilezione per la razza israelìtica. Accanto a questa forma infan-
tile della idiozìa amaurotica troverebbe posto, secondo Yogt, una forma giovanile
della stessa malattia, che differisce dalla prima perchè compare in epoche più avan-
zate della vita (dai 6 ai 14 anni), ha un decorso più lento ed offre all'esame oftal-
moscopico una semplice atrofia della papilla senza il caratteristico reperto maculare.
L'individualità del quadro clinico della idiozia amaurotica familiare di Tay-
Sachs quale abbiamo or ora tracciato, sostenuta, tra gli altri, da Schaffer e Yogt,
non è riconosciuta per altro da tutti gli autori: Huismans p. es. afferma che tale
quadro clinico non è affatto caratteristico, poiché tutti i sintomi, compreso il reperto
del fondo dell'occhio, possono presentarsi riuniti o isolati anche in altre malattie
familiari ed ereditarie, come pure in malattie affatto eterogenee del sistema nervoso
centrale; si tratterebbe in realtà di una sindrome a base anatomica tutt' altro che
costante e caratteristica.
Àìiaimiìia palolofftra i\ì^)
Qaesta affennazione è diretta in special modo contro Schaffer, che in ana serie
di pregevoli lavori ha descritto per il morbo di Tay-Sachs un quadro istologico a
caratteri - nettamente definiti e i cui risultati ricevettero una conferma dagli studi
di Frey, Sacbff, Poynton, Parson, Holmes, Spielraayer, Vogt ed altri. Negli
otto casi di idiozia amaurotica familiare illustrati da Schaffer, il sistema nervoso
centrale appariva macroscopicamente del tutto normale, non presentando ne anomalie
di sviluppo, né fatti flogistici, né altre lesioni d^ne di nota ; e questa integrità
dell'aspetto macroscopico è considerata dall' A. come una conditio sine qua non
per potere ammettere una vera malattia di Tay-Sachs. Nel caso di Huysmans
invece; cha presentava diversi sintomi di questa malattia, esisteva anatomicamente
trombosi dei seni, ependimite cronica, pachi e leptomen ingite cerebro-spinale cronica,
encefalite e mielite cronica: è inùtile dire che Schaffer esclude questo caso dalla
vera idiozia amaurotica di Sachs, della quale avrebbe presentato solo accidentalmente
alcuni sintomi.
Le alterazioni anatomiche che stanno a base della malattia di Sachs sono rile-
vabili soltanto col microscopio e sono, secondo Schaffer, estremamente caratteristi-
che: in tutti J casi da lui studiati esse si ripetevano con « fedeltà fotografica »: non
mancavano del resto, sebbene associate con gli altri fatti sopra ricordati, neppure nel
caso di Huysmans. Esse colpiscono tutte le cellule nervose dell'asse cerebro-spinale,
nessuna parte esclusa, e consistono essenzialmente nel rigonfiamento del corpo cellu-
lare e dei prolungamenti dendritici, mentre il cilindrasse non prende una parte di-
retta all'alterazione patologica. Schaffer distingue le imagini ottenute con i metodi
per le neurofibrille (Bielschowsky) da quelle ottenute col metodo di Ni s si e trae
dal loro confronto delle conclusioni sopra il normale significato morfologico e fun-
zionale delle neurofibrille : vedremo fn seguito come a queste conclusioni si opponga
Bielschowsky con validi argomenti.
Nelle sezioni trattate col metodo Bielschowsky, il corpo cellulare e i prolun-
gamenti dendritici rigonfiati lasciano riconoscere in modo evidentissimo, quando
l'alterazione non sia molto avanzata, la loro struttura reticolare; e facilmente si
distingue il delicato reticolo endocellulare, o rete di Don aggio, col suo addensa-
mento perìnucleare, dalla piti grossolana rete estema o di Golgi. Quando l'altera-
zione è più grave, il corpo cellulare appare totalmente o parzialmente occupato da
un detrito granuloso che rappresenta il prodotto della distruzione parziale o totale
del reticolo intemo: la rete di Golgi è assai più resistente che non quella di Do-
naggio, ma essa pure va talora soggetta a distruzione, per modo che la cellula ner-
vosa appare ridotta ad un cumulo di granuli, nel quale si conserva il nucleo solo
leggermente alterato. Si deve notare che il rigonfiamento colpisce prevalentemente
la parte periferica del corpo cellulare: difatti le maglie del reticolo sono qui molto
più ampie che non nella parte centrale.
Le imagini che si ottengono col metodo Nissl al bleu di toluidina sono, secondo
Schaffer, esattamente sovrapponibili a quelle ottenute col metodo Bielschowsky.
Nel corpo cellulare e nei dendriti rigonfiati si mette in evidenza un reticolo ai cui
punti nodali aderisce la sostanza tigroide come una massa incrostante ; le maglie di
questo reticolo sono, come quelle della rete di Don aggio, più strette in vicinanza
del nucleo, più larghe alla periferia, ed è appunto a questa densità del reticolo in-
tomo al nndeo che si deve, nelle sezioni spesse (10-15 (i), l'imagine della così detta
omogeneizzazione perinucleare. Col progresso dell'alterazione cellulare avviene una
riduzione della sostanza di Nissl, la quale non si frammenta, ma diminuisce a poco
iiÓ tìivista di Patologia ìieriH>s(t e mentale
a poco per consumo, fino ad aversi Timagìne del reticolo intracellalare nudo. Suc-
cessivamente scompaiono i filamenti reunienti del reticolo, così che rimangono solo
dei punti nodali stellati, infine anche questi ultimi si distruggono e in tal modo si
produce il detrito granuloso. Così descrivendo lo svolgersi dell'alterazione cellulare,
Schaffer modifica la sua prima opinione, condivisa da Sachs, secondo la quale il
detrito granulare avrebbe preso origine dalla frammentazione della sostanza tigroide.
Per quel che riguarda la parte puramente morfologica delle alterazioni istolo-
giche nella malattìa di Tay-Sachs, T ultimo lavoro di Schaffer conferma piena-
mente quelli precedenti. In proposito si deve notare che alterazioni qualitativamente
analoghe, solo più lievi per grado, sono state riconosciute da Spielmeyer e da Vogt
nella forma giovanile della idiozia amaurotica familiare, per cui anche sotto il punto
di vista isto-patologico appare giustificato ravvicinamento di questa forma a quella
infantile cui si riferiscono i casi di Sachs e di Schaffer.
Nuove sono invece le applicazioni che Schaffer fa dei suoi studi alla morfo
logia normale della cellula nervosa. Egli nota anzitutto che le immagini da lui otte-
nute col metodo Bielschowsky nella malattia di Sachs sarebbero inconcepibili
senza la normale preesistenza del reticolo esterno ed intemo ed afferma, in base al
confronto tra le imagini ricordate e quelle ottenute col metodo Nissl, che la rete
endocellulare di Donaggio e quella colorabile col bleu di toluidina (spongioplasma
di Cajal) rappresentano la medesima struttura, poiché durante tutto il decorso del
processo cellulare patologico la refe toluidinica si comporta in modo identico alla rete
endocellulare di Donaggio messa in evidenza dal metodo della riduzione argentica.
Questa affermazioni di Schaffer hanno provocato una risposta di Bielschowsky
il quale ammette che le formazioni colorate da Schaffer con vari procedimenti
rappresentino delle strutture identiche, ma si domanda se esse corrispondano real-
mente alle fibrille che il suo metodo mette in evidenza nelle cellule nervose normali.
La riduzione argentica rivela negli elementi nervosi, oltre alle neurofibrille, anche
altre strutture che complicano notevolmente le imagini, vale a dire le zolle di Nissl
e le strutture alveolari {WahenRtruhturen) del protoplasma. Le zolle di Nissl pos-
sono apparire, a seconda dei procedimenti tecnici, sia come serie di granuli neri
accanto alle fibrille, sia come depositi aderenti ai loro punti d' incrocio, disposti in
modo da simulare non di rado delle connessioni reticolari tra le fibrille stesse, abi-
tualmente indipendenti Funa dalFaltra. Le strutture alveolari poi (spongioplasma di
Cajal) appaiono sotto forma di un vero reticolo a maglie poligonali, più strette in
vicinanza del nucleo che non nelle altre parti ^el corpo cellulare: i rapporti delle
neurofibrille con queste formazioni alveolari sono stati esattamente illustrati da Eco-
nomo. Ora Bielschowsky è d'opinione che le reti intracellulari e dendritiche di
Schaffer non abbiano niente a che fare con le sue neurofibrille ma rappresen-
tino solo una formazione alveolare plasmatica : questa formazione rimane per lo più
invisibile negli elementi nervosi normali, mentre assume l'argento ridotto in alcune
condizioni morbose (paralisi progressiva a rapido decorso ed altre) tra cui l'idiozia
amaurotica familiare.
Oltre a queste obiezioni morfologiche si può fare a Schaffer anche un'obiezione
dal punto di vista chimico, quella cioè che né il cilindrasse né le fibrille intracel-
lulari si colorano con i semplici colori di anilina come la toluidina, mentre assu-
mono, sebbene per lo più debolmente, questi colori e riducono i sali d'argento le
trabecole che circoscrivono gli alveoli plasmatici: così appunto si comportano le reti
di Schaffer.
Anatomm palolotjica 141
Dallo studio delle imagini microscopiche ottenute nella malattia diTay-Sachs,
rìsoltano, secondo Se baffer, alcuni argomenti favorevoli air ipotesi per cui non alle
neurofibrille bensì airjaloplasma interfi brillare privo di struttura sarebbe devoluta
la funzione di condurre gli stimoli nervosi. Tali argomenti sarebbero : V il fenomeno
del rigonfiamento discontinuo dei dendriti, che dimostra come Taffezione primaria della
cellula consista in un aumento morboso del protoplasma anisto e non in una alte-
razione della sostanza fibrillare; 2° il fatto generale che in elementi nervosi con
corpo cellulare più p meno alterato appaiono dendriti con struttura fibrillare affatto
normale. Inoltre Schaffer trova un appoggio a questa sua ipotesi nelle nuove veduto
di Becker pel quale le fibrille della cellula nervosa non sarebbero altro che le zolle
cromofile di Nissl che assumono un* apparenza fibrillare in seguito ad alcune mani-
polazioni di tecnica.
Anche a queste considerazioni risponde Biel sebo wsky nel suo lavoro già ricor-
dato. Egli non esclude, anzi ammette che li^ funzione conducente degli stimoli non
spetti alle neurofibrille, ma osserva che gli argomenti addotti da Schaffer sono
tutt* altro che probativi. Il fatto notato da Schaffer, che in elementi nervosi cop
corpo cellulare già ammalato le fibrille dei dendriti possono apparire normali, dimo-
stra soltanto che le fibrille endodendritiche sono più resistenti di quelle endocellu-
lari, forse perchè la loro nutrizione si compie più facilmente. Per quel che riguarda
le ipotesi di Becker, Bielschowsky le considera del tutto prive di fondamento,
poiché in esse non si tien conto di una quantità di fatti ben dimostrati che le ren-
dono insostenibili; del resto esse sono in aperto contrasto con le imagini microscopiche
di Schaffer, perchè i preparati ottenuti da questo A. col metodo Nissl dimostrano
che dopo la scomparsa dei granuli riesce evidentissimo il reticolo interno nudo, che
secondo lui è identico alla rete neurofìbrillare : ora se si accettano le idee di Becker
non si comprende come possa apparire ancora conservata questa rete quando più non
esistono i materiali da cui essa sarebbe costituita, vale a dire i granuli. La contrad-
dizione in cui è caduto Schaffer e le conseguenze che ne derivano sono così evi-
denti che dispensano da ogni commento. Zalìa.
17. Angrlcuie et Latreille, Le» lesiona du cerve! et dans la paralysie generale. —
« Encéphale », n. 10, 1907.
Gli studi sul cervelletto dei paralitici generali sono ancora poco numerosi; Taty
e Jeanty stabilirono la gravità e la frequenza delle lesioni nelle cellule del Pur-
kinje; l'atrofia cerebellare con la demielinizzazione della sostanza bianca fu osser-
vata da Straussler; le modificazioni della nevroglia da Weigert, Raecke, Strauss-
ler. Gli AA. hanno studiato sotto tutti questi punti di vista il cervelletto di quasi
tutti i paralitici di cui poterono fare V autopsia negli ultimi sette anni. Dalle osser-
vazioni fatte, possono affermare che circa un terzo dei paralitici non off'rono, al T in-
fuori di una leggera infiammazione della pia, lesioni degne di nota al cervelletto
(gli AA. non tengono in gran conto le cromatolisi cellulari e la mancanza di qualche
cellula del Purkinje). In questa pubblicazione però si limitano a trattare solo delle
modificazioni della nevroglia e del tessuto connettivo, le quali si associano tra loro
intimamente. I pezzi sono fissati e colorati col metodo Anglade. Dopo di aver ac-
cennato air anatomia normale della nevroglia cerebellare, come la si osserva col
metodo loro, gli AA. passano a descriverne le modificazioni patologiche nella paralisi
generale. Le meningi sono costantemente alterate, ma in grado differonte e senza
142 Rivista di Patolotjia nervosa e ìnentale
alcuna predominanza regionale; queste meningiti Bono caratterizzate non solo dalla
presenza di tutti gli elementi dell* infiammazione connettivale, ma anche da quelli
della reazione infiammatoria nevroglica. Meninge e glia corticale reagiscono simul-
taneamente formando Borente sinfisi meningo-corticali molto estése.
Nello strato molecolare si nota una gliosi di grado differente, a seconda delle
varie regioni, la quale è situata di solito attorno ai vasi, e può variare dal sem-
plice aumento numerico delk fibre sino alla formazione di placche di sclerosi corti-
cale. Questo processo è il più caratteristico di quanti si osservano nei differenti strati.
Attorno alle cellule di Purkinje si trovano fitte maglie di nevróglia che di solito
invadono da una parte lo strato molecolare, dalPaltra i granuli; iu questo strato
molte volte la sclerosi è diffusa e predomina notevolmente. Dopo lo strato dei gra-
nuli, la sostanza bianca è la più colpita; benché anche in essa la glia sia diffusa,,
ha tendenza però a formare placche le quali non arrivano tuttavia a formazioni lacu-
nari. Nella regione in cui la sostanza bianca confina con Tependima si osserva che
le maglie di nevróglia. si fanno più fitte, e le fibre di stratificazione sotto epeudi-
mali aumentano di volume, l'epitelio è sollevato e rovesciato da neofornìazioni di
glia, che non sono altro che granulazioni ventricolari. Le Stàbckenzellen si trovano
numerose sia nel parenchima cerebellare sia nelle meningi ; secondo gli AA. non sono
di origine nevroglica ma mesodermica.
Il cervelletto partecipa dunque frequentemente alle lesioni della paralisi gene-
rale, queste lesioni sono caratteristiche perchè non si riscontrano né nel cervelletto
senile né nelle atrofie cerebellari di qualunque origine esse siano.
Una sola forma morbosa potrebbe dare delle alterazioni cerebellari analoghe:
r idiozia per meningo-encefalite. Gli A A. constatarono all'autopsia di una di codeste
forme lesioni macroscopiche identiche a quelle della paralisi generale: potrebbe darsi
che anche la stessa somiglianza esistesse nelle alterazioni microscopiche cerebellari.
Sandri,
18. Anglade et Oalmettes, Sur le cervelet senile. — « Nouvelle Iconographie de la
Salpétrière », n. 5, 1907.
Sono ricerche microscopiche praticate su cervelletti senili. Gli AA. dimostrano
che la senilità cerebellare non si manifesta con un'atrofia diffusa, ma è caratterizzata
invece da atrofie molto limitate, rappresentate da placche di sclerosi ordinariamente
perivascolari, tendenti a necrosarsi per formare delle lacune. Queste formazioni scle-
rotiche e lacunari si possono formare in qualunque parte del cervelletto, ma a pre-
ferenza si localizzano sulle zone più interne delle circonvoluzioni semilunari all'al-
tezza del loro bordo posteriore, ed a questo livello sono situate profondamente,
di solito in fondo ai solchi o nella sostanza bianca attorno al nucleo dentato. I loro
caratteri distintivi sono : la localizzazione del processo che non si diffonde all' in-
torno, la predominanza delle lesioni attorno alle cellule del Purkinje, l'assenza di
meningite concomitante e delle Stdbchemellen di Nissl. Per questi caratteri il cer-
velletto senile si potrà sempre differenziare dal cervelletto atrofico e àH paralitico.
Nel cervelletto atrofico ì fatti d'atrofia sono diffusi presso a poco con uguale intensità,
solo con qualche leggera predorainanza regionale, un reticolo di nevróglia occupa
lo strato dei granuli e la sostanza bianca, non v'ha poi alcuna tendenza 'alfa forma-
zione di lacune. Nel cervello paralitico si notano fatti infiammatori mfeningo-corti-
cali, la sclerosi colpisce soprattutto la superficie libera delle circonvoluzioni e va
Anatomia jxilologica 143
diminuendo dalla periferia allo strato molecolare, le Stàhchenzellen sono numerose,
e non esiste tendenza al formarsi di lacune.
Il tipo delle lesioni che permette di distinguere nn cervelletto senile da uno
atrofico o paralitico provano anche, secondo gli AA., che la senilità del sistema
nerroBo è il risaltato non di una necrobiosi semplice ma di una infiammazione
sclerosa. SOftidri,
19. O. Mauro^ Ricerche ematolo^iche in bambini epilettici, — « La Pediatria »,
anno XV, n. 11, 1907.
L^A. ha esaminato il sangae in otto bambini affetti da epilessia in perìodi più
0 meno lontani dall'accesso. Mentre in tatti gli esami il tasso emoglobinico, il valore
globulare, il numero dei globuli rossi si mantenevano normali o presso a poco, invece
si aveva sempre una notevole leucocitosi, la cui formula variava a seconda del grado
della malattia e del momento in cui si praticava Tesame.
Xei bambini epilettici, infatti, con attacchi frequenti e in quelli in cui Pesame
del sangae era praticato a breve distanza dall'accesso, si notava mononucleosi e ipo-
eosinofilia; in quelli invece in cui il quadro della malattia era leggero e per con-
seguenza gli attacchi si ripetevano a lunghi intervalli, l'esame del sangue praticato
a distanza dall'accesso mostrava polinucleosi e ipereosinofilia notevole.
L'A. pensa pertanto che l' ipereosinofilia dei bambini epilettici sia legata alle
tossine circolanti nel sangue ed appaia come l'espressione dello sforzo fatto dall'or-
ganismo per opporsi all'invasione di queste tossine.
Quando l'equilibrio tra tossine e leucocitosi venga turbato noi avremo la mani-
festazione epilettica per mezzo dell'accesso. Strigo,
20. B. Di Mattel, Le alterazioni cadaveriche del reticolo fibrillare endocellulare
€ delle fibrille lunghe nelle cellule del midollo spinale,
21. B. Di Mattel, Le- alterazioni cadaveriche del reticolo neurofibrillare della
cellula nervosa nella morte per asfissia rapida meccanica. — € Rivista spe-
rimentale di Freniatria », voi. XXXIII, fase. 1.
Il jeticolo fibrillare e le neurofibrill^ oppongono una grande resistenza allo svol-
gimento dei processi putrefattivi, tanto che a ben 48 ore dalla morte si può ancora
stabilire se negli elementi esistono o no alterazioni patologiche, e determinarne la
natura. Dopo un tal periodo i processi putrefattivi prendono il sopravvento, ren-
dendo impossibile la diagnosi differenziale fra alterazioni patologiche e cadaveriche.
Kè esiste una differenza nell'entità e specie delle lesioni cadaveriche riscontrabili
nelle cellule normali e in quelle più o meno alterate dai vari generi di asfissia (im-
piccamento, strangolamento, annegamento): l'unica differenza sta nella rapidità con cui
il processo patrefattivo si svolge e giunge al suo acme (7-8 giorni nelle cellule normali,
4-5 in quelle di animali asfittici). Le asfissie per impiccamento e strangolamento
portano (metodo Don aggio) una rarefazione nella rete fibrillare e talora la scom-
parsa del cercine perinucleare, zone giallastre, forse di formazione pigmentaria, e
anche, nello strangolamento, imperfetta differenziazione del nucleo che è colorato
e granuloso. Nell'annegamento le stesse lesioni, e inoltre minor delicatezza del re-
ticolo, fattosi indistinto specie alla periferia, mentre le fibre decorrono tortuose e la
rarefazione del reticolo giungt alla vacuolizzazione. Tali semplici alterazioni dimo-
strano come le asfissie meccaniche portino la mort^ per un disordine più che anato-
144 HiiHsta di Puloloijia rwrvosa e mentale - Aaaioiida jxilolof/icii
niico, funzionale d^li «lenienti nervosi. Iniziato il processo pntrefattivo dtk prima i
le fibrille si ispessiscono (metodo Don aggio) alla periferia della celiala, come t^'y
ispessisce il reticolo divenuto discontinuo dando alla cellula un aspetto timbecolare:
poi, progredendo il processo, la cellula perde la nettezza dei contorni^ alla sua perìfei
esistono granulazioni, avanzi del reticolo in via di disfacimento : il cercine perimi'^
cleare è scomparso, il con tomo nucleare indeciso, il nucleo granuloso, il nucleolo va
lizzato, mentre il reticolo si riduce in granuli mal colorabili, sempre più grossolani,^
fintanto che, resi irriconoscibili i contorni delle cellule, gli elementi si riducono a i
amasso informe in cui è ancora riconoscibile solo il nucleolo. In uno stesso preparatoci
però gli elementi non mostrano di subire in modo uniforme gli effetti del proceawj
putrefattivo. I piccoli elementi sono meno resistenti dei medi e del grandi, ne gÙi
elementi di ogni singola specie sono allo stesso stadio di putrefazione di altri ele-^
menti della stessa specie. Turc'kL
22. A. Souques et A. Barbò, Tabes et syringomyelie, — € Revue neurulogique ».
n. 18, 1907.
Ksame clinico, necroscopia macroscopica e microscopica di una donna di 42 annL
In vita si erano rilevati i sintomi caratteristici di una tabe a decorso abbastansa
rapido, nessun sintoma che potesse far supporre resistenza di una siringomielia.
Airautopsia oltre alle lesioni tabetiche si riscontrò un glioma superiore, cavi-
tario, che si estendeva dalla VII cervicale alla V dorsale, e un altro più piccolo e sema.
cavità che si estendeva dalla VII alla IX dorsale. Il processo gliomatoso sviluppa-
tosi a spese della sostanza bianca dei cordoni posteriori è formato da due zone:
una centrale più lassa e sottile, Taltra periferica spessa e densa. La cavità presenta
una forma ovale scavata nel centro del glioma e può considerarsi come una distru-
zione della parte centrale del glioma per rarefazione e necrosi del tessuto neoplastico»
La scarsità dei casi in cui si osserva la concomitanza di queste due affezioai
morbose farebbe pensare ad una associazione fortuita; potrebbe darsi però che la tabe
e la siringomielia avessero per loro origine comune la sifilide. Sandri,
23. 1. Montesano, Perivasl-ulàre Plasmazelleninlfitration im Zentralnervensystem
der alkoholi sieri en Kaninchen, — € Zentralblatt ftlr Nervenheilkunde und
Psychiatrie », N. 249, 1907.
Seguendo l'esempio di Bessley, TA. somministra per via gastrica ad una serie
di conigli dosi giornaliere crescenti da 2 a 12 ce. di alcool. In un certo gruppo
aggiunge iniezioni endovenose di ^/j-^ gocce di soluzione 1 ^j^ di adrenalina p* d. I
soggetti morirono o in istato di ubriachezza (durato fin 12 ore) o per bronco-polmo-
nite. Oltre ad alterazioni delle cellule nervose, ipertrofia della nevroglia e dell'in-
tima, in quattro casi trattati rispettivamente con 422, 161, 132, 100, ce. di alcool e
con 0,57,184,48 gocce di adrenalina osserva un' infiltrazione di Plasmazellen attorno
ai vasi cerebrali, midollari e piali. Già Alzheimer ha descritto la presenza di
Plasmazellen nell' alcool ismo cronico dell'uomo; non può però arguire che l'orga-
nismo umano reagisca all'alcool nel modo descritto nei conigli, nò può escludere che
per la breve durata e la gravità dell'intossicazione non si tratti di alcoDlismo cro-
nico nei conigli. Si limita quindi a costatare il fatto e a invitare a ulteriori ricercbr
Turchi,
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsàbile.
Rivista di Patologia nervosa e mentale
DIRETTA DA
A.. Ti\.MBTTIlINI E. MORSBILXJ
(soma) (obnota)
E. LUG-AJIO
(modska)
Redattori s
0. BOSSI
O. SANDBI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amminiatraiiofte: Prof. TANZI, Clinita di San Salvi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, i^prile 1808 Fase. 4
COMUNICAZIONI OEIGINALI
Manicomio di 8. Maria della Pietà, in Roma, diretto dal prof. O. Mingazzinl
Sulla morte improvvisa nella demenza precoce
per il dott. A. GiannelU, Primario anatomo-patologo
Recentemente Tetzener e Dreyfus hanno richiamato l'attenzione sulla
possibilità dell'esito rapidamente mortale della demenza piecoce durante gli
accessi convulsivi più o meno solenni. Anche nel trattato di istopatologia ce-
rebrale del Nissl se ne trova riferito un caso nel quale la morte è avvenuta
dopo alcune contrazioni muscolari. Come dimostrano alcune mie osservazioni
esiste però anche la possibilità che la morte sopravvenga rapidamente, senza
alcuna manifestazione convulsiva, sorprendendo il malato nel pieno benessere
fisico. Il paziente improvvisamente presenta i) quadro fenomenico della sin-
cope; in pochi secondi le manifestazioni della vita si arrestano, e tutti i
tentativi fatti per richiamarle in attività rimangono senza efletto.
OsBenrazioiie I. — Mon. F., da Formelle, di anni 19, cattolico, celibe, di col-
tura elementare, entrò nel Manicomio il 19 novembre 1894. La malattia si iniziò quat-
tro mesi avanti (25 luglio); di notte improvvisamente il paziente si mise a gridare
chiamando aiuto: il padre accorso lo trovò seduto sul letto, con disordini circola-
tori intensi; accusava un vecchio di avergli preparato una " fattura *\ Si tranquillizzò
poco dopo. Ha continuato a lavorare lamentandosi di quando in quando col padre
10
StiUa morte improvvisa nella demenza precoce i47
L* esame microscopico delle varie regioni della corteccia cerebrale, come pure
quello del bulbo e del midollo spinale non fa rilevare l'esistenza di plasmacellule.
Osservazioiie n. — Tru, G., di Camillo e dì Giacinta, da Rajano (Àquila),
celibe, d'anni 22, sarto, cattolico, entra nel Manicomio il 19 luglio 1903.
Le notizie anamnestiche mancano, e dal paziente nulla si può sapere. Pare che
nella famìglia non esìsta eredità psicopatica. La malattìa sarebbe sorta acutamente ;
il paziente fu trovato disteso in terra ; interrogato rispondeva di essere morto : aveva
anche accessi di pianto non motivato, i quali si prolungavano alcune ore.
L' esame obiettivo fece rilevare V esistenza di alcune note degenerative. Nulla
dì anormale fu constatato nella funzione degli organi interni: negativo fu l'esame
neurologico. Le note psìchiche predominanti erano : espressione attonita della faccia ;
attenzione scarsissima; il paziente non rispondeva alle domande o si limitava a doman-
dare pèrdono; rimaneva immobile in letto; quando era condotto nel giardino rima-
neva fermo in piedi senza prendere parte alla conversazione; negativismo accen-
tuato; rifiuto f>stinato dei cibi; crisi di pianto senza scopo; raramente grida senza
che se ne sapesse il motivo; forse esistenza di allucinazioni.
In seguito il paziente ha attraversato alcuni periodi di agitazione, durante i
quali faceva movimenti senza scopo, era impulsivo, tendeva a battere il capo in
malo modo, faceva discorsi incoerenti; in altri periodi era tranquillo, silenzioso, con
fenomeni catatonici.
Ai 27 dicembre 1906, di sera, il paziente improvvisamente si fece pallido; il
polso era filiforme : constatata una lieve intumescenza del ventre, si praticò un ente-
roclisma, che fu seguito da una scarica di feci di colore nero : furono prescrìtte
iniezioni di olio canforato e di etere. Dopo pochi minuti secondi però avvenne la
morte senza alcun accenno di convulsioni.
Autopsia, eseguita 24 ore post mortem. Ispessita la diploe della calotta. Il
peso dell'encefalo, colle meningi molli, è dì grammi 1450; la c^acità della cavità
cranica ascende a 1472 centimetri cubici di acqua. Le meningi molli hanno ì vasi
tutti ripieni ; esse sono lievemente opalescenti lungo il decorso dei vasi, e si levano
bene senza che si producano decorticazioni. La disposizione dei giri e dei solchi
cerebrali è normale. I giri cerebrali si presentano come compressi: essi sono larghi
e addossati gli uni agli altri. I ventricoli cerebrali sono dilatati e contengono
alcune cucchiaiate di liquido trasparente. Normali i vasi delfa base. Il midollo spi-
nale riempie bene il canale vertebrale. Vi è un piccolo residuo della glandola timo.
Esiti di pleurite bilaterale. Nulla di notevole nell' apparecchio respiratorio. Il cuore
pesa gr. 310: lo spessore del ventricolo sinistro è di 15 mm.; esistono placche arte-
riosclerotiche in vicinanza degli orifici delle coronarie; non vi è traccia di coro-
narite. Il fegato, la milza ed i reni sono normali. La mucosa gastrica e quella
intestinale presentano le note caratteristiche di ui^ catarro cronico, che si fa più
intenso come si passa nell' intestino crasso. In nessun punto della mucosa del sistema
digerente esistono lesioni di continuo od emorragie.
L'esame microscopico della corteccia cerebrale (giri frontale ascendente, fron-
tale primo, temporale primo, calcarino e retto), come pure quello del bulbo e del
midollo spinale non fa rilevare la presenza di plasmacellule.
Riassumendo, si tratta' di due casi di demenza precoce classica nei
quali è avvenuta improvvisamente la morte; e precisamente nel primo dopo
13 anni, e nell'altro dopo quattro anni dalle prime manjfestazìoni morbose.
148 A. Gianiulli
I pazienti non hanno precedentemente presentato alcun fenomeno che facesse
sospettare la fine subitanea. II sanitario, che nel Manicomio di Roma visita
due volte al giorno i malati, e gli infermieri sperimentati nulla hanno potuto
rilevare di modificato nel contegno dei due pazienti, fino al momento in cui
questi sono siali sorpresi dalla sincope mortale. Tutti e due i malati, senza
alcuna causa apprezzabile, sono stati veduti abbandonarsi nel letto, impalli-
dire, morire, nel breve volger di pochi secondi, non ostante le cure sollecite,
coi segni della paralisi cardiaca e respiratoria.
L'esame microscopico dei vìsceri non ha fatto rilevare la causa della
morte.
L'esame microscopico del sistema nervoso centrale ha fatto constatare
non ispessila la pia, normali i vasi, mancanti le plasmacellule. Le cellule
nervose della corteccia cerebrale presentano alcune alterazioni, le quali cer-
tamente non possono spiegare la morie avvenuta.
Scrive Brouardel che la morie subitanea è la fine rapida ed imprevista
di una malattia acuta o cronica che evolve il più delle volte in una forma
latente: si muore pel cuore, pel polmone, per il cervello, e soprattutto pel
rene. Ma nei casi da me riferiti è mancata quella malattia acuta o cronica,
in forma acuta o latente, capace di produrre per sé la morte improvvisa; e
l'esame dei grandi sistemi anatomici (apparecchio circolatorio; apparecchio
cerebro-spinale; apparecchio polmonare; tubo digestivo e glandole annesse,
sistema genito-urinario) è stato completamente negativo.
Si dovrebbero perciò ascrivere i due casi miei a quel gruppo di morti
improvvise, nel quale le ricerche anatomo-patologiche macro e microscopiche e
chimiche non lasciano ritrovare la caiisa della morte. (Secondo Brouardel
iO 7o delle morii improvvise; secondo Ascarelli il S^o)-
Vi è però un fatto da prendere in considerazione, e sul quale ha richia-
mato l'attenzione il Dreyfus.
Quest'osservatore, nel suo caso di demenza precoce ad esito mortale in
seguito ad un accesso convulsivo, ha trovato che la differenza fra il contenuto
cranico ed il peso dell'encefalo era solo di 4,2 °/o, mentre normalmente esso
oscilla tra il 10 ed il 15 7o; il peso dell'encefalo era cioè di 1592 grammi,
mentre la capacità cranica, misurata con acqua, era di 1610 centimetri cubici.
Nei miei due casi di morie improvvisa nel corso della demenza precoce,
nel primo si aveva una capacità cranica di cmc. 1394 di acqua, mentre il pesò
dell'encefalo era di grammi 1330 (colle meningi molli), nel secondo si aveva una
capacità cranica di cmc. 1472 ed il peso dell'encefalo ascendeva a grammi 1450.
Nei due casi miei la difl'erenza tra il contenuto cranico ed il peso dell'ence-
falo si trovava dunque essere quasi uguale a quella rilevata dal Dreyfus nel
suo caso, e quindi molto al disotto del rapporto normale. Come nel caso di
Dreyfus vi era nei miei un rigonfiamento cerebrale non trascurabile, al quale
si doveva sia l'aspetto delle circonvoluzioni cerebrali molto larghe, ravvicinale
le une alle altre, sia il volume aumentalo del midollo spinale, tanto da riempire
la cavità vertebrale.
Sulla morte improvvisa nella demenza precoce 149
Il Dreyfus, riflettendo che un eguale stato di rigonfiamento cerebrale si
ritrova in certi epilettici e paralitici progressivi, nei quali l'esito morlale è
avvenuto durante un attacco convulsivo (come ho avuto occasione di consta-
tare ripetute volte anche io), conclude c|ie nel suo caso il rigonfiamento ce-
rebrale e l'attacco convulsivo stanno in stretto rapporto.
Nei miei due casi, come in quello di Dreyfus, fino a poco tempo avanti
la morte, non vi era alcun segno di aumentata pressione cerebrale, però men-
tre nel caso Dreyfus la morte è stata preceduta da un accesso convulsivo,
nei mici è mancata qualunque scossa anche limitata ad un solo territorio
muscolare. Si potrebbe forse pensare che il rigonfiamento cerebrale sia stato
nei casi miei cosi rapido, da paralizzare immediatamente i centri bulbari del
respiro e del circolo.
Quali cause sieno intervenute a produrre un tale rigonfiamento cerebrale
non si può sospettare. Il rigonfiamento cerebrale è. stato constatato finora, per
quanto riguarda la demenza precoce, in alcuni casi nei quali la morte è so-
pravvenuta allo stato acuto della malattia, cioè poco dopo l'inizio di essa: in
un caso di Oupré riferito dal Dreyfus per comunicazione orale avutane, in
un caso del Reichardt, ed in uno del Weber (nel primo) nel quale, dopo
uno stato di forte eccitamento, insorse un grave e rapido esaurimento, con
aumento serale di temperatura e progressivo sopore sino alla morte; qui il
rigonfiamento fu cosi rilevante che la porzione postero-inferiore del cervel-
letto si trovò spinta nel foramen magnum. Il caso del Tetzener e quello del
Dreyfus mostrano che il rigonfiamento cerebrale si può constatare anche in
casi di demenza precoce avanzata, nei quali la morte è avvenuta colla mani-
festazione di accessi convulsivi.
Le osservazioni mie dimostrano però che un simile rigonfiamento cere-
brale può costituire il solo dato positivo del reperto anatomo-patologico di casi
di demenza precoce avanzata, nei quali la morte è sopravvenuta bruscamente,
nel pieno benessere fisico, e senza alcuna scossa convulsiva.
Letteratura.
Akaulli. Contributo allo studio delle morti improvvise. « Bollettino della Società Lancisiana »,
1907, anno XXVII.
BwmAMDML, Mort et mort subite. Paris, Baillière et Fils, 1895.
Disrrvi. Ueber Tod im katatoniscben Anfall bei alter Dementia praecox. « Centralblatt fiir Ker-
venheilkunde und Psychiatric », 1907, 8. 451.
Rucbabut. Ueber Todesfàlle bei funktionellon Psychosen. « Centralblatt fùr Kervenheilkunde und
Psychiatrìe », 1905, 8. 1.
TniKRn Citato da Dreyfus*. «Neurolog. psych. Wochenschrift », Bd. VII, 8. 225.
WnxB. Ueber akute todlich verlaufende Psychosen. « Monatsschrift fùr Psychiatrie und Neuro-
logie », Bd. 16.
WsTOAnr. Atlas der Psychiatrie. Miinchen, 1902.
KBAXPBi.ai. Psycliiatrie. Sechste Auflage. Leipzig, 1899.
NutL. « Histologische und Histopathologische Arbeiten », 1904, S. 179.
150 5. Ricca
Clinica delle malattie nervoBe e mentali della R. Università di Genova
diretta dal prof. Enrico Morselli
Esperienze e considerazioni suirergrogfrafia
usata a scopo clinico nei pazzi
per il dott. Silvio Riooa, Assistente volontario
Più un metodo diventa perfetto, meno esteso si rende il campo delle sue
applicazioni complete. Questo che si verifica in tulle le attività umane suc-
cede pure nei metodi sperimentali della scienza. Si rende quindi necessaria,
tutte le volte che si vuol adoperare un procedimento di laboratorio, una in-
dagine severa sui suoi pregi e sui suoi difetti, come pure sulle limitazioni
del suo campo di studio. E questo deve essere fatto con maggiore attenzione
quando la tecnica sperimentale viene portata in sussidio della Clinica, sia per
la complessità maggiore dei fatti da studiarsi, sia perchè ci si trova quasi
sempre in un ambiente meno adatto dei puri gabinetti scientifici.
Naturalmente queste considerazioni debbono venir fatte anche a propo-
sito della ergografia. In questo lavoro le esperienze furono eseguite coll'er-
gografo di Mosso, nuovo modello. E perciò di esso mi occuperò in modo
speciale in queste considerazioni preliminari.
Scopo delle medesime è il formarsi un concetto del valore sperimentale
deirergografo nelle sue varie applicazioni alla Fisiologia, alla Patologia, alla
Clinica, concetto che risulterà abbastanza chiaro da una breve indagine sto-
rica dell'argomento, non completa certo, ma esauriente per il nostro scopo.
Innanzi tutto una domanda: essendo Tergografo un metodo grafico,
quale ne è la esattezza come strumento di registrazione? Per avere una buona
curva muscolare è necessario che l'altezza di questa sia proporzionale in
ogni sua parte alla contrazione muscolare. Ma siccome il muscolo nell'espe-
rimento lavora su leve ossee che si spostano nella flessione del dito medio,
ne viene di conseguenza che la curva ora registra in modo più ampio, ora
in modo più ristretto la contrazione attiva del muscolo. Il Mosso, per avere
una trasmissione più uniforme^ propose la fissazione dell'anello di cuoio alla
falangina, tenendo il medio in leggera flessione, ma il Treves (1), propo-
nendo la sua modificazione all'ergografo colla rotella, e in seguito il Gran-
dis (2) dimostrarono che ne il metodo di Mosso, né il procedimento di
Treves erano sutficienti per ovviare completamente a questo inconveniente
tecnico. Alcuni autori lo considerano però come fonte di errori trascurabili,
mentre altri credono che per minuti studi fisiologici sia necessaria una esat-
tezza maggiore.
Ma siccome l'ergografo è anche ergometro alcuni fecero delle obbiezioni
riguardo al reale valore del peso sollevato, che sarebbe la somma del peso
Esperienze e considerazioni stiir ergografia, ecc. 151
voluto e deirattrilo dovuto allo spostamento del carrello. Anzi il Panta-
netli(3) propose una modificazione dell' ergografo in questo senso, che però,
credo, non ebbe diffusione. Ma questo è un difetto, nella pratica, trascurabile.
L'ergop^rafo inoltre vuol registrare il lavoro isolato di un muscolo. Se
l'esperienza viene eseguita a dovere non si registra infatti che la contrazione
del flessore del medio. Ma il Mosso (4) dimostrò, ed altri confermarono, che la
fatica è non solo un fenomeno locale del muscolo, ma anche e sempre, un
fenomeno generale. Ora, sia nell'eccitamento volontario, sia nell'elettrico,
mai si contrae solo il flessore del medio. Quindi non si registra il lavoro
isolato di questo muscolo, bensì il lavoro di questo, influenzato dal lavoro di
altri. Ma è un inconveniente trascurabile, qualora si pensi che nell'organi-
smo umano vivente è impossibile ottenere il funzionamento isolato di una
parte in senso assoluto: l'importante è l'isolamento relativo.
Obbiezioni più gravi furono fatte all'ergografo di Mosso circa la tec-
nica dell'esperimento. Il muscolo all'ergografo lavora in charge o in sur-
chnrge, mentre nell'individuo, in condizioni normali, il muscolo lavora un
po' nell'una, un po' nell'altra condizione. Inoltre un muscolo non lavora mai
isolatamente in modo non dico continuo, ma costante. Nel nostro organismo
il muscolo lavora alternando il suo lavoro con quello di altri muscoli, modi-
fica il suo sforzo e il ritmo del suo lavoro. Quindi la curva della fatica che
si ottiene coU'ergografo di Mosso è una curva di fatica artificiale.
Fu primo il Treves(5) a notare queste condizioni speciali dell'esperi-
mento. Volendo quindi avvicinarsi il più che fosse possibile alle condizioni
fisiologiche, bisognava cambiar metodo. E il Treves propose di cercare per
ogni individuo un peso massimo, farlo lavorare con questo peso e diminuirlo
man mano che sopravveniva la stanchezza per il peso stesso. Con questo pro-
cedimento si arriva ad un lavoro praticamente quasi indefinito. E questo è
in fondo il risultato del lavoro umano comune. Cosi il Treves studiava la
sua curva del lavoro muscolare e implicitamente la curva della fatica, ma di
una fatica ottenuta in condizioni diverse da quella del Mosso.
L'esperienza ergografica può essere eseguita in modi diflerenti: a ritmo
spontaneo e comandato, in charge o surcharge, con pesi maggiori o minori,
coll'eccitamenlo volontario o coll'elettrico. Riguardo all'eccitamento volontario,
è necessario che l'individuo in esperimento faccia sempre il massimo sforzo
possibile. È questo uno dei punti difficili dell'esperienza, che necessita perciò
un allenamento lungo e paziente, senza contare che spesso i due cilindri cavi
in cui si mettono l'indice e l'anulare, producendo un po' di dolore, impedi-
scono il massimo sforzo. Ma di questo parleremo in altra parte. Riguardo al-
l'eccitamento elettrico è impossibile impiegare lo stimolo massimo, come si
fa nell'eccitamento volontario, perchè l'applicazione riescirebbe troppo dolo-
rosa: le curve volontarie e le elettriche non sono perciò perfettamente para-
gonabili.
Inutile fermarsi sulle imperfezioni tecniche dell'ergografo di cui abbiamo
parlato: esciremmo dai limiti del presente lavoro. Più importante per noi
152 S. Ricca
sono questi due quesiti : a) come si deve impiantare una esperienza ergogra-
fica coirergografo di Mosso? - b) quale è il campo di studio dell'ergografo?
Occupiamoci per ora del secondo quesito. È ovvio che col semplice er-
gografo di Mosso non si possono indagare tutti i problemi relativi al lavoro
e alla fatica muscolare. Basta pensare alle modificazioni di Treves per con-
vincersene. Ma è pur vero che coll'ergografo di Mosso si sono ottenuti ri-
sultati notevoli. Li passerò brevemente in rassegna.
Innanzi tutto è necessario notare che è successo all'ergografo di Mosso
la sorte riduttiva comune a molti altri metodi sperimentali; la maggior parte
degli autori usarono lo strumento del Mosso più come ergometro che come
ergografo. E di questo va cercata la ragione probabilmente nel fatto seguente:
si cerei) principalmente d'indagare coir ergografo come si comportava l'or-
ganismo umano in varie condizioni naturali ed artificiali: a questo scopo ba-
stavano i risultati ergometrici.
Infatti nel campo della Fisiologia gli studi ergografici possono distinguersi
in due grandi categorie: quelli che toccarono l'intimo funzionamento del
muscolo e gli altri che cercarono di scoprire l'influenza di certe condizioni
speciali sul rendimento in lavoro del medesimo.
Ecco i risultati più importanti della prima serie. La scoperta fondamen-
tale del Mosso fu quella della curva personale della fatica. Come ciascun
uomo ha un modo di camminare, di parlare suo proprio, cosi ha un modo
speciale di stancarsi, ben inteso lavorando in certe condizioni speciali. Note-
vole scoperta per la sempre agitata questione dei rapporti tra l'individuo e
la specie.
Si studiò inoltre la fatica centrale e la periferica, arrivando all'interes-
sante dimostrazione di una unione talmente intima tra le varie parti del
nostro organismo, per cui il lavoro psichico, ad es., diminuisce il lavoro del
muscolo, fatto anche coU'eccitamento elettrico.
Si studiò il fenomeno della contrattura da fatica (6), la curva di contra-
zione muscolare (7), il ritmo spontaneo nel lavoro muscolare, ecc.
La seconda categoria di studi è più numerosa e fu in questa che si fece
specialmente dell'ergometria. Si studiò da una parte il lavoro ergografico in
molte condizioni dell' organismo e dall'altra si cercò di scoprire coll'ergo-
grafo l'azione fisiologica di certe sostanze chimiche.
Già nei lavori citati del Mosso e del Maggiora si erano studiate le mo-
dificazioni del lavoro ergografico sotto l'influenza della fatica fisica, intellet-
tuale, del sonno, del massaggio, del ritmo, del peso, ecc. Ugolino Mosso (9)
studiò l'influenza della digestione, Zenoni (10) quella dell'aria compressa,
ecc. Riguardo all'azione di sostanze chimiche U. Mosso (11) esperimentò collo
zucchero, coH'ossido di carbonio. Cesare Rossi (12) con vari veleni del si-
stema nervoso, ecc.; si studiò ancora l'azione della cocaina, di estratti orga-
nici, della nicotina (13), ecc.
Le applicazioni dell'ergografo alla Fisiopatologia non furono molte, né
molto fruttuose. La ragione di questa deficienza va probabilmente cercata nel
Esperienze e considerazioni sidV ergografìa, ecc, 153
fatto che la Fisiopatologìa studia fenomeni in genere molto complessi, mentre,
come abbìam veduto, l'ergografo applicato alla fisiologia muscolare cercò di
indagare fenomeni relativamente semplici, quali la curva della fatica, il fe-
nomeno della contrattura, ecc.
Infatti Kraepelin (14) e i suoi allievi cercarono di distinguere, a mezzo
dell' ergografo, i fenomeni della fatica periferica e della centrale, sorpassando
nelle conclusioni le limitazioni dei loro mezzi sperimentali.
La Joteyko(i5), ultimamente, a mezzo di calcoli matematici, cercò di
risolvere lo stesso problema, con quali risultati sicuri non saprei dire.
Servì più efiQcacemente l'ergografo in studi particolari. È notevole il la-
voro di Murri(16) sopra un caso di malattia di Erb-Goldflam fatto in
gran parte a mezzo dell' ergografo, studio che permise all'autore una nuova
ipotesi sulla malattia stessa.
Altre osservazioni furono fatte, quali ad es. quella del Pantanetti, che
trovò in un caso di itterizia catarrale un aumento della forza ergografica, ecc.
Passiamo ora alle applicazioni alla Clinica. Questa si preoccupa essen-
zialmente di avere dei sintomi, sintomi spiegabili nella loro genesi e nel loro
significato, quando può, ma che hanno sempre il loro valore massimo come
dati semeiologici. Inoltre la Clinica ha bisogno di metodi relativamente sem-
plici e rapidi. Poteva soddisfare l'ergografo a queste due condizioni?
Riguardo al primo quesito si può rispondere in parte basandosi sulle
considerazioni fatte. L'ergografo, usato sia come ergografo che come ergo-
metro, studiando la curva della fatica, il fenomeno della contrattura, la forza
di un individuo, ecc. viene a studiare fatti che evidentemente possono alte-
rarsi nelle malattie. E infatti se ne ottennero dei risultati clinici alcuni dei
quali passerò brevemente in rassegna.
Il Borri (17), ad es., studiò la curva della fatica nei traumatizzati con
disturbi nevrosici, arrivando a conclusioni abbastanza interessanti; il Ronco-
reni e il Diettrich (18), studiando gli alienati trovarono frequentissimo il
mancinismo, la curva del mattino più forte di quella della sera, coll'eccita-
zìone elettrica una cuna più lunga, anzi, in un certo senso, inesauribile, ecc.
Il Pantanetti (3), si occupò anche della forma della curva in un isterico, ecc.
Il Ferrari (19), studiò l'ergografia nella donna normale e patologica, occu-'
pandosi a lungo del mancinismo. Il Par fa ni (20) studiò gli effetti dell'ecci-
tamento faradico tetanizzante sulla curva ergografica in alcune malattie men-
tali. Si studiò anche la curva muscolare, di cui si vollero fare vari tipi, ecc. (21\
Parlerò tra poco delle difficoltà tecniche dell'applicazione clinica dell' ergografo.
Scopo del presente lavoro fu di studiare sistematicamente, in un certo
numero di malattìe mentali, la curva ergografica. A questo scopo, principale
come vedremo, se ne aggiunsero degli accessori.
Mi si presentarono subito le difficoltà di ordine tecnico. Innanzi tutto
dovetti rispondere a questo primo quesito. Che cosa vuol dire una buona curva
ertpgrafìca, a scopo clinico?
154 S. Ricca
Il metodo clinico ha bisogno di esattezza, non tanto assoluta quanto re-
lativa. Ad es. Tanalisi per l'albumina delle urine fatta coH'ebolIiztone non è
metodo perfetto, eppure tutti i medici la eseguiscono e se ne servono util-
mente per la loro pratica. Una buona curva ergografica a scopo clinico doveva
esser fatta naturalmente con un individuo in rstato di relativo riposo, a una
certa distanza dai pasti, coll'arto ben fissato in modo da trasmettere solo e
il più esattamente possibile i movimenti del dito medio. Il lato dubbio con-
sisteva nel grado di allenamento necessario per fare sempre lo sforzo massimo.
Ma subito ebbi a convincermi che era impossibile usare coi malati quel pro-
cedimento perfetto, che, ad es., adoperavano il Mosso e il Maggiora nelle
loro prime esperienze. Sarebbe stato necessario che il soggetto fosse comple-
tamente conscio del valore dell'esperimento e che vi avesse posta tutta la sua
buona volontà; ad es., tutti naturalmente, alla fine dell'esperienza, quando
sono stanchi, tendono, per il dolore stesso della stanchezza, ad eseguire qualche
contrazione meno energica. L'importante era ottenere una curva fatta con
sufficiente attenzione e nozione dell'esperimento.
Data questa limitazione era prevedibile che un individuo sufficientemente
intelligente avrebbe potuto eseguire presto una buona curva. Volli però stu-
diare l'argomento in un modo più diretto e confrontai metodicamente le prime
curve di vari malati colle successive, quando erano più esperti del metodo.
Non trovai differenze degne di nota, riguardo alla forma della curva. Si poteva
perciò arrivare a questa importante conclusione pratica: in un malato (ben
s'intende colle facoltà mentali relativamente in ordine) si può ottenere quasi
subito una buona curva ergoqrafwa.
Naturalmente le difficoltà pratiche di un esperimento sono aumentate
quando si passa dal malato comune al malato di mente, e nelFergografia
aumentate maggiormente in quanto si tratta di un metodo in cui il malato
non è strumento passivo, ma attivo. Ad ogni modo mi convinsi che i mìei
timori erano esagerati. Scartando i malati profondamente dementì o deficienti,
gli agitati e i negativi, in genere si riesce ad ottenere delle buone curve,
senza troppe difficoltà.
Risolto cosi il problema dell'applicabilità dell'ergografo agli alienati ecco
gli scopi che mi proponevo di ottenere.
Innanzi tutto scartai deliberatamente il dato ergometrico, tenendone nota
soltanto in certi casi particolari. Infatti l'esame ergometrico ha un valore uni-
camente comparativo. L'esame della forza in uno stesso individuo, in epoche
e condizioni differenti, l'ergometria usata a scopo di svelare, per es., dìflerenze
di forza nei due arti, ecc. hanno il loro scopo, più o meno importante, a se-
conda dei casi. Ma lo studiare l'ergometria in vari individui, per confrontarne
ì dati non individuali ma collettivi, mi sembrò opera poco utile, dal momento
che bisognava partire sempre da un dato molto variabile da individuo ad
individuo, quale è la costituzione muscolare di ciascun uomo, indipendente
spesso da malattia, ma dovuta ad inlimi e sconosciuti processi biologici. Ad
ogni modo notai in ciascuna curva il lavoro ergografico. Ma il computo
Esperienze e considerazioni sulV ergografiu, enc, 155
lo feci col nastro melrico, unito all'ergografo, metodo non esattissimo, perchè
il nastro nei sollevamenti minimi spesso non si muove, e nei sollevamenti
energici, rimbalzando il carrello, si sposta e segna più del sollevamento otte-
nuto in realtà dal movimento del medio.
Tra le scoperte fisiologiche delPergografo notai a suo tempo, prima tra
tutte, la curva personale della fatica. Infatti il Mosso dimostrò che, indipen-
dentemente dal lavoro ergografico compiuto, ciascun individuo ha una modalità
di esaurirsi sua propria. Pensai perciò che sarebbe stato interessante inda-
gare se la malattia mentale avesse potuto produrre nell'organismo delle modifi-
cazioni speciali in questo suo modo di esaurirsi, modificazioni particolari a
ciascuna malattia, se cioè accanto, anzi sopra alla curva individuale avesse
potuto esistere una curva patologica. Scelsi perciò un certo numero di malattie
e di ciascuna vari esemplari.
Siccome nelle mie esperienze eseguivo tre serie di curve (a ritmo volon-
tario, comandato, con eccitamento elettrico) mi si presentarono varie que-
stioni interessanti da poter esaminare. Di alcune tenni conto, altre trascurai.
Cosi trascurai in genere i confronti tra curva volontaria ed elettrica per
quanto ha rapporto alla parte psichica, trattandosi di argomento troppo deli-
cato e da studiarsi con esperienze più complete e numerose; mi occupai in-
vece del ritmo volontario che ha una certa importanza nelle curve ergografiche.
Le esperienze le feci eseguire in surcharge, sempre, e non mi occupai espres-
samente del fenomeno della contrattura, ecc. Notai invece il peso, paragonandolo
alla costituzione di ciascun malato, il che, come vedremo, può avere un certa
importanza.
Tra le tre curve eseguite, le essenziali sono la volontaria e la elettrica.
La curva a ritmo comandato ha una importanza minore, perchè spesso si tro-
vano individui i quali non sanno seguire il ritmo di un metronomo, sempli-
cemente perchè mancano di senso musicale. Però dovendo confrontare le curve
volontarie di vari individui si poteva obiettare che, data la possibile differenza
del ritmo, le esperienze venivano eseguite in condizioni sperimentali differenti
e non erano perciò tra loro comparabili. Ma quasi tutti ì malati hanno un
ritmo volontario abbastanza simile; ad ogni modo nel confronto delle curve
si può e si deve tener conto anche delle differenze del ritmo, nel considerare
le differenze della forma totale.
Trattandosi di malati di mente, e con curve fatte volontariamente, era
possibile ottenere anche qualche dato psicologico. E mi convinsi subito che
bisognava tener calcolo di due fatti: a) delle possibili manifestazioni grafiche
a significato psicologico; h) del contegno del malato durante F esperimento.
Infatti è difficile che il melancolico umile si lamenti di dolore o di
stanchezza neiresperimento: aspetta fino airultimo per domandare la cessa-
zione delPesperienza. Invece il paralitico con delirio di grandezza fa sforzi
evidenti di tutta la persona per ottenere una curva massima, ecc.
Riguardo alle manifestazioni grafiche di natura psicologica certamente
non ebbi mai il pensiero di poter scoprire qualche cosa di nuovo. Volli solo
156 S. Ricca
registrare graficamenle certi fenomeni morbosi. E questo mi sembrò deside-
rabile, sia perchè è merito di una esperienza l'ottenere il maggior numero
di risultati possibili, sia perchè molti fatti morbosi psichici non avevano mai
ottenuta una rappresentazione grafica, ma solo una verbale. Ad es. il negati-
vismo oscillante di certe demenze precoci fu svelato molto elegantemente da
una curva che pubblico in seguito. Nulla di nuovo, si può obiettare. È veris-
simo: ma perchè allora studiare la scrittura dei paralitici, la quale non ci
rivela che il tremore e le deficienze intellettuali, fatti altrimenti già noti?
E perchè si pubblicano nei trattati di Psichiatria le impronte del passo di
certi alienati? Perchè la grafica riproduce stabilmente un fenomeno e ne per-
mette molto meglio i confronti. E poi è una caratteristica del nostro tempo,
quella di esprimere tutto o in formule matematiche o in melodi sensìbili.
Riepilogando ecco la tecnica delle mie esperienze.
Fatto fissare il malato, che non aveva compiuto alcun lavoro notevole nelle
ore precedenti e che aveva mangiato da 2*/,-^ o**^i ^^' spiegavo brevemente
quello che doveva fare e all'uopo gli facevo contrarre alcune volte il medio
a vuoto. In seguito saggiavo rapidamente i pesi finché arrivavo a quello che
mi sembrava adatto, pensando che questo lavoro preliminare, seguito da breve
riposo, di poco avrebbe potuto alterare la curva della fatica.
Infatti come avrei potuto escludere che l'ammalato poco prima avesse
fatto qualche lavoro col braccio in esperimento?
Consideravo perciò la prova dei pesi come fonte di inesattezze trascurabili.
Scelto il peso facevo eseguire la curva a ritmo volontario, prima con un
braccio, poi coll'altro.
Nei giorni successivi la curva a ritmo comandato e la elettrica. La curva
a ritmo volontario era fatta prima per avere più spontaneo il ritmo. Di cia-
scuna curva facevo in genere vari esemplari; ma, come dissi, due o tre
esemplari al massimo bastano.
A proposito di ciascuna curva notavo ciò che mi sembrava più notevole
sul contegno dell'infermo.
Ed ecco i resultati più notevoli delle mie esperienze. Esaminai i8 ma-
lati appartenenti alle seguenti forme morbose:
a) Melancolia N. 5
b) Paralisi o Psetido paralisi generale progressiva . > 5
e) Epilessia > 3
d) Paranoia » 3
e) Demenza precoce » 2
Passerò in rassegna brevemente ciascuno di questi malati.
a) Melancolia,
i. - Giacomo C, anni 40. Racconta di essere stalo forte bevitore e di
aver solTerlo per il passalo di allucinazioni terrifiche, in seguito ad abusi
Esperienze e considerazioni suir ergografia ^ ecc.
157
alcoolici. Piuttosto denutrito. Da circa 6-7 mesi molto depresso: sta solo o
seduto 0 passeggiando a capo chino. Risponde un po' lentamente e piano. E
umile, ma non pare nutra deliri speciali. Non ansioso. Nessun segno fisico che
possa far pensare ad una forma organica: memoria buona.
Fu il malato su cui raccolsi il maggior numero di curve, sia perla sua
docilità, sia per la regolarità del suo lavoro all'ergografo.
fi
Curva N. i. — 6 aprile 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario - Pe«o 3,50 kg.
La curva continua cogli stessi caratteri per tutto U giro del cilindro.
Innanzi tutto si confronti la curva N. 1 e N. 2. Sono la prima e l'ul-
lima curva fatte a ritmo volontario. Come si vede non vi sono differenze
notevoli. Questo per dimostrare quanto asserii precedentemente : che in molti
infermi basta una sola curva, senza previo allenamento.
Curva N. S. — 27 aprile 1907 - Desprez 2' - Ritmo volontario.
La curva continua cogli stessi caratteri per metà del cilindro.
Passsando all'esame delle curve limitiamoci per ora alla curva N. 1
(ritmo volontario).
Peso: kg. 3,50. Piuttosto piccolo, anche tenendo conto della denutri-
zione dell'infermo.
Forma: la curva discende in modo piuttosto lento. Segue un periodo ter-
minale lungo, che dura quanto il giro del cilindro.
Ritmo-, è di circa 2' ed è regolare.
158
S. Ricca
Altezza delle singole contrazioni: decrescono in modo sufficienlemente
regolare. L'ultima contrazione è dell'altezza di circa 2 mm.
Confrontando le curve della m. d. e della s. si nota in genere un lavoro
maggiore compiuto dalla sin. L'infermo dice d'esser destro.
Le curve a ritmo comandato di 2' presentano gli stessi caratteri fonda-
mentali.
Curtn y. 8. — 24 maggio 1»07 - Eccitamento elettrico ogni 2* - Peso 1,50 kg.
La curva continua, per tutto il cilindro, presso a poco colla stensa altezza.
Fu terminata artificialmente.
La curva N. 3 fu eseguita coll'eccitamento elettrico. In essa si nota una
maggiore irregolarità nell'altezza delle singole contrazioni.
A notare che l'infermo non accusava stanchezza che all'estremo. Soppor-
tava l'eccitamento elettrico, anche doloroso. QuevSti fatti vanno messi in rap-
porto col suo stato di umiltà.
]RAAJUlf\Anjuiiu\iiA/mnJuiniin/iJi/iAfir%n/in
Curva X. 4. — 27 maggio 1907 - Eccitamento elettrico ogni 2' - Peso 1,50 kg.
Il periodo terminale si esaurisce a circa metà cilindro.
2. - Chiara M,^ anni 55. Melancolia involutiva nel senso Kraepeliniano.
Idee deliranti, specie di colpa. A volte ansia.
Le curve sono in complesso molto simili a quelle del malato precedente.
Vanno però notati due fatti: «) che la curva al principio è meno alta, rela-
tivamente al periodo terminale; 6) che la curva elettrica (N. 4) presenta una
discesa piuttosto rapida. È però presente e lungo il perìodo terminale.
Esperienze e considerazioni suir ergografia , ecc.
159
3. - Regina T,^ anni 39. Sofferse di altri accessi melancolici nel passalo.
La malattia iniziò da due anni con deliri di colpa ed allucinazioni.
Vedeva un maiale con cui credeva a volte di identificarsi. Ebbe ansia. Ulti-
mamente, durante il periodo delle esperienze, presentava un certo grado di
arresto psichico. Le idee deliranti erano passate in seconda linea, predomi-
nava la depressione semplice.
Le curve si comportano come nell'ammalata precedente. Non si potè otte-
acre la curva elettrica essendosi l'ammalata rifiutata.
4. - Geronima i?., anni 41. È un'altra melancolica involutiva nel senso
Kraepeliniano. Il fatto predominante è lo stato ansioso, quasi continuo.
In questa inferma le curve furono sempre fatte in istalo ansioso, ora più,
ora meno intenso. Differiscono molto dalle precedenti.
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r.nnJ^nru,4ifipnpf>iMiKfMM
Curva y. 5. — 10 inaggio 1907 - Desprez 2' -
Ritmo volontario - Peso 2 kg.
Curva a ritmo volontario (N. 5) :
Peso : 2 kg. adatti al sesso e alla denutrizione deir inferma.
Foima: discende rapidamente; non si ha periodo terminale.
Ritmo: di circa 1', regolare.
Altezze delle singole contrazioni: abbastanza regolarmente decrescenti.
L'esame della curva a ritmo comandato (2*) dimostra che l'inferma non sa
(o meglio dato il suo stato ansioso non può e non vuole) seguire il ritmo.
Ad ogni modo si ha un ritmo più lento, di circa 1 */»*• La curva, che è più
irregolare, forse per la parziale attenzione al ritmo, è nei caratteri fonda-
mentali simili alla precedente.
La cuna elettrica dimostra un po' di periodo terminale, brevissimo (una
diecina di contrazioni): nuli' altro di notevole.
L'ammalata dimostra ripugnanza per l'esperimento, vorrebbe esser lasciata
in pace (sensibilità dolorosa dei melancolici).
160
S. Ricca
5. - Teresa M.^ anni 67. La malattìa cominciò da alcuni anni con tri-
stezza, idee deliranti di colpa e persecuzione, ansia. Si ebbe in seguito qual-
che raro intervallo maniaco. Ultimamente mentre per un giorno è ansiosa e
ribelle, nel successivo è relativamente quieta. In genere in questo secondo
periodo è leggermente depressa: qualche volta però è allegra, balla e canta.
Curva y. e. — 15 aprile 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario - Peso 2 kg.
La curva decresce lentisHÌipamente e termina a circa Va del cilindro.
Le sue curve non furono mai eseguite in istato ansioso, l'ammalata rifiu-
tandosi allora a qualsiasi esperimento. Le curve eseguite nei periodi tran-
quilli somigliano moltissimo a quelle della malata 2. Nella Teresa M. però
si può quasi dire che manca il periodo iniziale di discesa.
Curta N. 7. — 17 aprile 1907 Desprez 2« - Ritmo volontario - Peso 5 kg.
Tutta la curva ha l'aspetto di un lungo periodo terminale.
Anche qui la curva elettrica diflerisce dalie altre : si ha un periodo ini-
ziale di discesa più visibile.
Presento la curva a ritmo volontario (i\. 6). Fu eseguita col peso di 2 kg.
adatto al sesso e alla denutrizione dell' inferma.
Esperienze e camideraziani stUV ergografìa, ecc.
161
II lavoro compiuto coi braccio sinistro è maggiore : l'ammalata dice di
esser destra.
b^ Paralisi o pseudoparalisi generale progressiva,
6. - Luigi B., anni 47. È una paralisi generale progressiva al periodo
di stato, con delirio assurdo di grandezza e tutti i segni somatici della malattia.
È un uomo molto robusto, senza alcun fatto paretico o paralitico. Le
sue cury€ non hanno alcun carattere degno di nota (N. 7). A notare che
durante l'esperimento faceva grandi sforzi per eseguire una bella curva, muo-
?endosi con tutto il corpo. Bisognava star molto attenti perchè restasse fissa
la mano e fermo l'apparecchio (delirio di grandezza).
7. - Giustiniano R, anni 50. Alcoolista. Da qualche anno spendereccio,
vizioso, violento in famiglia. Presenta un'euforia un po' vacua e accenni gran-
Curta N. 8. — 17 aprile 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario - Peso 4 kg.
La curva continua per circa */g di cilindro presso a poco coUa stessa
altezza e termina improvvisamente.
diesi. Resta nel Manicomio senza resistenza, benché affermi di esservi rin-
chiuso ingiustamente. Riflessi pupillari molto torpidi alla luce, con miosi.
Esagerazione dei riflessi patellari. Niente sifilide nell'anamnesi. (Pseudoparalisì
generale alcool ica).
Le sue curve somigliano a quelle della maggior parte dei melancolici
esaminati (N. 8). Presentano però una maggiore irregolarità nell'altezza delle
singole contrazioni. É uomo robusto : furono usati 4 kg. .
Anche qui gli stessi sforzi per eseguire una bella curva. Questo fu un
dato che mi fece sospettare la diagnosi enunciata, non conoscendo ancora suf-
ficientemente l'ammalato.
Lavoro maggiore col braccio sinistro. Nega d'essere mancino.
8. - Cesare C, anni 45. Stato demenziale avanzato. Segni somatici evi-
denti (pupille, disartria, tremore, ecc.). Euforico. Crede di cantar bene, di
essere ricchissimo, ecc. Ebbe qualche raro e leggero ictus.
Le sue curve non presentano nulla di notevole. Simili a quelle del malato 6,
ma più deboli e irregolari.
11
162
5. Ricca
9. - Giuseppina F., anni 33. Demenza avanzata. Debolezza fisica piuttosto
accentuata, tenuto conto della costituzione robusta dell'inferma. Segnai soma-
tici evidenti. Vari ictus. Euforica.
Le sue curve {\n quelle a ritmo comandato non riesci a seguire affatto
il ritmo) sono irregolarissime nell'altezza delle contrazioni. Si ha un accenno
di contrattura (N. 9). L'ammalata credeva di far delle belle curve.
Currn N. 9. — 16 maggio 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario •
(Malata molto debole).
Peso 1,50 kg.
10. - Vittorio F., anni 43. È una tabe-paralisi avanzata. Artropalia tabetica
al ginocchio destro, atassia, disartria, segno di Argyll-Róberlson, ecc. De-
presso,, ipocondriaco, demente.
Le sue curve sono addirittura degli sgorbi.
Curva N. IO. — l^ maggio 1907 - Desprez 3* - Ritmo volontario
Peso 3 kg.
c) Epilessia.
11. - Fritz Jf., anni 13. Accessi convulsivi tin dai primi anni. Al presente
3-4 accessi al mese. Cattivo, impulsivo.
Fa le curve molto irregolari per ritmo ed altezza. Credo non vi prestasse
tutta la possibile attenzione. Non sa seguire il ritmo comandato.
12. - Alessio B., anni 17. Epilettico e deficiente. Atti impulsivi, violenti,
per cui fu condotto al Manicomio.
EsperUnze e considerazioni suìV ergografia, ecc.
163
Le sue curve sono pìuUoslo irregolari nell'altezza delle singole contra-
zioni e nel ritmo. Ritmo in genere accelerato (N^ 10). Non sa seguire il ritmo
del metronomo.
13. - Celestina il., anni 20. Epilettica dai 14 anni.
Nulla di notevole. Non sa seguire il ritmo comandato.
d) Paranoia,
14. - Domenico Z)., anni 61. Da circa 30 anni crede di esser figlio di Dio.
Son fu mai violento, benché pretendesse .che tutti i beni ecclesiastici fossero
suoi. Nessun segno di demenza.
Le sue curve presentano di notevole una certa irregolarità nell'altezza
delle singole contrazioni, una discesa iniziale piuttosto lenta e un breve periodo
terminale (N. Ili.
Curro W IL — l^ maggio 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario - Peao kg. 3,60.
15-16. - Pietro G.^ anni 36. Sembra una forma paranoica (o paranoide?),
con delirio di grandezza e di persecuzione, sorta in prigione. L'ammalato è
molto reticente.
Vincenzo /?., anni 27. Mania religiosa, erotica. Ebbe allucinazioni ero-
tiche persecutorie per cui commise scene violente che ne determinarono l'invio
al Manicomio. Carattere squilibrato.
Nulla di notevole.
e) Demenza precoce.
17. - Luigia B.^ anni 35. La malattia incominciò 3 anni or sono con de-
lirio di gelosia verso il marito. Al principio sembrava una psicosi distimica,
con periodi di melancolia e mania. Comparvero in seguito i segni della de-
menza precoce. Al presente strana, piuttosto stupida, a volte agitata, più spesso
calma ed euforica. Spesso negativista, qualche tic, ecc.
Fece degli sgorbi, incompleti: si rifiutò di proseguire.
18. - Luigia T., anni 44. Ha delirio di colpa e nello stesso tempo crede
d'essere una specie di apostolo. Spesso negativisla. Atteggiamenti strani, smorfie,
riso fatuo, ecc. Inizio della malattia da alcuni anni.
164 5. Ricca
Non potei fare la curva elettrica, essendosi T inferma rifìutata. La cuna
a ritmo comandato è perfettamente simile alle altre, non badando l'inferma
al ritmo.
La curva N. 12 è a ritmo volontario.
Peso: kgr. 2, adatto all'inferma.
Forma: leggera discesa iniziale, discreto periodo terminale.
Ritmo: si hanno interruzioni volute. L'ammalata si arresta, a volte sor-
ridendo COR una certa malignità, a volte senza motivo apparente. A un co-
mando energico riprende la curva. Al principio il ritmo è più Tento che
alla fine.
Altezza delle contrazioni: abbastanza regolare.
A notare che durante l'esperimento l'inferma di tanto in tanto si rifiuta
di proseguire. Cessò dicendo di essere stanca.
i;iiiJMiiii]iliJii;iJiii;jffliiJiriiij:iii,
Curro X, 18. — 10 maggio 1907 - Desprez 2* - Ritmo volontario - Peso 2 kg.
Prima di esaminare i risultati delle esperienze eseguite è bene fare una
considerazione preliminare. 11 numero dei malati esaminati fu di 18, e di
alcuni non si poterono ottenere curve o se ne ottennero solo delle incom-
plete. Quindi, anche nel caso che si potesse arrivare a delle conclusioni po-
sitive, queste sarebbero più una traccia per studi ulteriori che risultati defini-
tivi. Per questi sarebbe stato necessario un numero di esperienze maggiore,
che non ebbi il tempo di eseguire. Stabilito questo punto di logica sperimentale
veniamo all'esame dei fatti riscontrati.
Scopo precipuo del lavoro era di esaminare se esistesse nelle malattìe men-
tali una curva "patologica. Ad es. l'esame psicomelrico nella nevrastenia con-
genita e in quella da esaurimento permise di formulare in ambedue una spe-
ciale curva del lavoro psichico, curva che nella prima malattia è irregolare,
mentre nella seconda è rapidamente e regolarmente decrescente: questo almeno
secondo gli studi di Weygandt. Non era quindi impossibile che esistesse una
curva ergografica patologica nelle malattie mentali.
Al principio delle mie esperienze, (cominciai sui melancolici) fui colpito
da certi caratteri comuni alle curve di questi infermi, caratteri ch'io non
avevo mai trovato nelle curve di persone normali, ottenute collo stesso metodo.
Esperienze e considerazioni stUl' ergografia, ecc, 165
Tali particolarità consistevano principalmente nella discesa iniziale lenta e
nel lungo periodo terminale. Infatti sperimentando coirergografo di Mosso è
con un peso discreto, il muscolo in genere si esaurisce relativamente presto
e definitivamente. Mi venne il dubbio perciò che si potesse trattare di una
cuna speciale dei melancolici.
L'ipotesi era per lo meno seducente. Il melancolico è torpido, non fa
quindi sforzi massimi, si esaurisce perciò lentamente. Inoltre in un malato,
il primo, il quale faceva delle curve tipiche, avevo notato che il peso con cui si
doveva eseguire l'esperienza, per ottenere curve sufficientemente alte, sem-
brava inferiore a quello richiestb dalla costituzione e dallo siato generale del
malato. E la diminuzione del peso, nell'individuo normale, è appunto uno
dei mezzi per ottenere una lunga curva. Caratteri della curva, caratteri della
inalattia corrispondevano in modo soddisfacente.
Ma per arrivare ad una conclusione definitiva, erano necessari non tanto
dei ragionamenti quanto il confronto delle curve dei melancolici e degli altri
maiali.
Riguardo al peso debole (dato del resto molto dubbio perchè valutato in
UD modo molto empirico) lo si notò solo in un infermo. Troppo poco per
arrivare a una qualsiasi conclusione. Resta quindi a considerare la forma della
carva: discesa lenta e lungo periodo terminale. Questa forma di curva si ebbe
in 4 melanconici su 5. Mancò in una melanconia ansiosa in cui era evidente
il biso^o, nell'ammalata, di far presto e quindi la necessità di una discesa
rapida e definitiva.
Riguardo al ritmo e alla regolarità non si trovò nulla di notevole.
Esaminando le curve degli altri malati trovai una cuna pilli o meno
simile alle precedenti: in un paralitico (l'S), in un paranoico (rii), in una
demente precoce (la 12). Su 12 malati non melancolici, o per meglio dire
su 10 (non essendosi potuto ottenere su due malati curve utilizzabili) si eb-
bero tre curve, diciamo provvisoriamente, a tipo melancolico.
A proposilo di queste ultime curve si deve notare che soltanto l'ammalata
della curva N. 12 presentava dei sintomi di depressione; degli altri malati
uno, (l'8) era euforico, l'altro, (l'il), il figlio di Dio, era piuttosto allegro nella
sua rassegnazione.
Quindi, limitandoci ai fatti, dobbiamo arrivare a questa prima conclusione:
che l'esame di un numero modesto ma non esiguo di malati diede per risul-
talo: che nei melanconici si ha in prevalenza e molto più frequentemente che
negli altri malati una curva ergog^rafica caratterizzata da una lenta discesa
iniziale e da un lungo periodo tei^minale, È interessante, come parentesi, far
notare che la curva elettrica dei melanconici differisce spesso per l'uno o
l'altro di questi caratteri dalle curve volontarie. Questo fatto potrebbe forse
senire per indagare meglio la natura della curva.
La relativa frequenza della curva speciale nei melancolici e la relativa
scarsità negli altri malati, anche tenuto conto del numero limitato delle espe-
rienze, mi pare autorizzi a dare alla slessa una certa importanza. Questo ani-
166 S. Ricca
messo, sono giustificate alcune considerazioni spìegative a titolo unicamente
ipotetico.
Innanzi tutto la nostra cuna mancò in una melancolica ansiosa. Tre dei
melancolici esaminati presentavano molto spiccata la depressione, l'amma-
lata 5 nei periodi in cui fu esaminata era forse in uno stato misto, di leg-
gera euforia con depressione. Il fatto fondamentale in questi malati era la
depressione. Quale rapporto si può stabilire tra questa e la forma della curva?
Premesso, come risulta dai confronti fatti colle altre curve, che il ritmo
nella curva dei melancolici non jìresenta nulla di speciale, dobbiamo scartare
subito l'ipotesi che il melancolico si esaurisca lentamente perchè lavora con
rapidità minore. La spiegazione che rimane è quindi la seguente: la lun-
ghezza della curva è dovuta alla piccola intensità dei singoli sforzi. In questo
caso l'arresto psichico (chiamiamolo così in senso lato) non si manifesterebbe,
come negli esami psicometrici, colla lentezza della funziono, ma colla debo-
lezza di questa. Ma se pensiamo che ciascuna funzione nostra, tanto nel suo
ritmo quanto nella sua intensità, dipende da fiitti inibitori e dallo sviluppo
intimo delle sue energie, il fenomeno, nella sua apparenza diverso, ci si di-
mostra però identico nella sua sostanza. Si potrebbe formulare ancora una
domanda più alta, di ordine biologico: se cioè il cervello dei melanconici
venisse ad assumere un funzionamento più simile a quello dei centri infe-
riori, cioè un funzionamento ritmico. La risposta ci porterebbe in questioni
troppo teoriche.
Accennerò di passaggio al mancinismo ergografico trovato così di frequente
in malati che sì dichiarano e si dimostrano destri nel loro lavoro.
Altri risultati, puramente ergografici, degni di nota, non ottenni. L'ac-
cenno a contrattura della curva N. 9 potrebbe esser dovuto al lavoro ergo-
grafico mal eseguito, trattandosi di una demente.
Passando ora al secondo quesito, di studiare cioè, colla grafica dell'ergo-
grafo, alcuni sintomi psichici, altrimenti rilevabili, i miei risultati furono
piuttosto scarsi.
11 trovare curve mal fatte in paralitici avanzati o in dementi precoci nega-
gativisti è cosa troppo banale per fermarcisi sopra.
Più notevole mi sembra il fatto che nessuno dei tre epilettici (di cui due
abbastanza intelligenti) riesci a seguire il ritmo del metronomo. Che ci sia
in genere nell'epilessia una deficienza del senso musicale?
Abbastanza interessante è la curva dell'ammalala 18. Le interruzioni
irregolari della sua curva corrispondono ad altrettanti periodi di negativismo.
È interessante il fatto che il demente precoce, anche quando sembra docile
ed ubbidiente, cova in seno sempre questo bisogno di opposizione, che viene
elegantemente dimostrato dalla curva. Anche le differenze del ritmo, al prin-
cipio e nel mezzo della curva, potrebbero dipendere dallo stato speciale della
volontà.
Riguardo al contegno dell'infermo durante le esperienze notai solamente
questi due fatti degni di nota:
Esperienze e considerazioni suW ergografia, ecc. 167
i) il melancolico, depresso, senza notevoli idee deliranti ed ansia, non
si lamenta della stanchezza o dell'applicazione elettrica, che all'estremo.
2) il paralitico, con idee di grandezza, se non è jrià demente avanzato,
fa sforzi evidenti in tutta la persona per far delle belle curve.
Ed ora alla conclusione.
Quale valore ha la scoperta di A. Mosso della curva personale ergografica
applicata alla patologia? Rispondendo per la patologìa mentale e nervosa si
può dire che il suo valore è probabilmente scarso, ma non nullo. Infatti se
i risultati di questo lavoro verranno confermali da ricerche più ampie, si
avrebbe nna curva melancolica, mentre pare si abbia già una curva speciale
(li certe forme di nevrosi traumatiche e stati affini. Per le altre malattie a dir
vero non si trovò nulla di notevole. Sulle applicazioni" alle altre parti della
medicina poco si può per ora dire, non essendosi ancora lavorato sistematica-
mente in proposilo.
Ma, come abbiamo visto in principio, dell'ergografo non si limita l'ap-
plicazione alla forma della curva. L'ergografo applicato alla clinica sarà sem-
pre mezzo ergometrico utilissimo: utilissimo per la sua finezza, utilissimo per-
chè il confronto tra la curva volontaria e l'elettrica potrà svelare o eliminare
supposte simulazioni, specie nel campo della medicina legale. Inoltre, per
mezzo suo, si potranno studiare molti mezzi terapeutici, seguire più da presso
il decorso di molte forme paralitiche, ecc.
Infine l'ergografo di Mosso e le sue vàrie modificazioni potranno servire
utilmente, specie in molle forme nervose. Citerò ad es. il fenomeno della
contrattura nella tetania, negli spasmi professionali, ecc.; la curva del lavoro
nelle varie forme paralitiche: organiche, miasteniche, isteriche, ecc. (22).
Il futuro quindi è abbastanza ricco di speranze.
Biblioierrafla.
(1) Trxteb Z. Compte»-ReDdus du V Congrèt» International de Ph.vsiologìe. « Archives itallennes
de Biologie », 1901.
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contrazione -per mezzo deir ergogn^fo. « Archivio per le Scienze Me diclie », 1902.
(8) PàitTAsmn O. Saggio di ricerche »uir affaticamento muscolare in alcuni casi patologici.
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(5) Tbetks Z. Modiflcations à Tergographe. «Archivio italiano di Biologia», 1901. — Sur les
lois du travail muaculaire. « Archives Italiennei* de Biologie », 1898.
(6) Mosso A. Loc. cit. — Maooiora A. Les lois de la fatigue étudiées dans les muscles de
rhommCé «Archives italiennes de Biologie», 1890.
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gografo neU'uomo. « Rivista di Patologia ner\'Oi*a e mentale », 1904. — Belmondo E. Curva mlo-
grmflca e curva ergografica. « Rivista di Patologia nervosa e mentale », 1904.
(8) Tasm Z. Sur Ics conditions qui déterminent le rythme spontané dans le travail ergogra-
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(9) Mosso U. Sulla tossicità dei primi prodotti della digestione e suir influenza degli alimenti
(•olla contrazione muscolare. « Rendiconti della R. Accademia dei Lincei », seduta del 3 marzo 1907.
168 S. Ricca - Esperienze e considerazioni sull' ergografia, ecc.
(10) ZsHOHi e. Recherches expérimentalcs sur le traTail musculaire daos l'air comprìme.
« Arehives italiennes de Biologie », 1897.
(11) Mosso II. L'asphixie daiw le» tunnels et expérìenccs avec Toxide de carbone faites sur
rhomme. « Arehives italiennes de Biologie», 1901. — Mosso e Paqurti. Inflaenza dello zucchero
sul lavoro dei muscoli. « Rendiconti della R. Accademia dei Lincei », 1808.
(12) Rossi C. Ricerche sperìmentali sopra la fatica dei muscoli umani sotto l'azione dei veleni
nervosi. < Rivista sperimentale di Freniatrìa e Medicina Legale », voi. XX.
(18) Tatxbiiaki L. Ricerche intomo all'azione di alcuni nervini sui muscoli affaticati. Reggio
Emilia, Calderìni, 1897. — Mosso IT. Azione della cocaina sulla contrazione dei muscoli. « Giornale
della R. Accademia di Medicina di Torino », 1890. - - Vaugad Hasubt. The value of sugar and
the eflTect of smoking on muscular work. « Journal of Physiology », 1894. — Zoth, Zwei ergo-
graphische Versuchsreihen ùber die Wirkung orchitischen Extraktes. < Archlr fiir die gesammte
Physiologie », 1896.
(14) KBASPXLnr. Ueber die Wirkung der Theebestandtheile auf korperliche und geistige Ar-
beit. « Separat'-Abdruck aus Kraepelin's psychologischen Arbeiten », Bd. I, Leipzig, 1895.
(15) loraYKo Ml. Les lois de T ergographie. (Bnixelles, 1904). — L'analyse mathématique des
courbes de fatique comme procède de diagnostic dans les maladies nerveuses. « Arehives de
Keurologrie », 1906.
(16) Mvbbi a. 8opra un caso di malattia di Erb. « Policlinico », voi. II.
(17) BoBKi L. Sul modo di prendere cognizione obiettiva dei disturbi nevrosici nei traumatiz-
zati. « Rivista sperimentale di Freniatrìa e di Medicina Legale », 1904.
(18) RoMcoBOKi L. e DixmfOH G. L'ergografia negli alienati. « Archivio di Psichiatrìa, Scienze
Penali ed Antropologia Crìminale », voi. XV, fase. 6.
(19) Fbbbabi G. C. Ricerche crgograiiche nella donna. « Rivista sperìmentale di Freniatrìa e
di Medicina Legale », voi. XXIV, fase. 1.
(20) Pabiaki G. Il tetano faradico in alcune malattie mentali. «Rivista di Patologia, nervosa
é mentale », 1905.
(91) CoLucci C. L'allenamento ergograflco nei normali e negli epilettici. « Atti dell» R. Acca-
demia Medico-Chirurgica di Napoli », anno LV, n. V. — Per la Semeiotica della fona musco-
lare dal punto di vista clinico e psico-fisiologico. « Atti della R. Accademia Medico-Chirurgica
di Napoli », anno LVI, n. I.
(22) G. Baluet et J. Philippe. De la fatiguo chez l'hommc sain, le neurasthenlque, le myopa-
thique et dans l'atrophie musculaire névrìtique (Comptes-Rendues du troisième Congrès ftan^als
des Mèdecins aliénistes et neurologistes). Bruxelles, 1903, « Semaine Medicale, 19011.
RECENSIONI
A.natoxnia.
1. P. Oavatorti, Di* una rara variazione delle arterie della base delV encefalo
nelVuomo. — «Monitore zoologico italiano», anno XVIII, n. 12.
Si tratta di una variazione estremamente rara delle arterie basilari riscontrata
air autopsia di un uomo di 78 anni. Le arterie vertebrali, invece di unirsi per dare la
basilare, decorrevano da prima quasi parallelamente, e giunte in corrispondenza del
solco bulbo-protuberanziale, divergevano assumendo un decorso tortuoso, per continuare
come arterie cerebrali posteriori.
Le due arterie cerebrali anteriori avevano la disposizione normale nel loro tratto
caudale, unite come di regola fra di loro da una comunicante anteriore, ma al davanti
di questa, anziché procedere indipendenti, si erano fuse in un ramo unico che decorreva
lungo la linea mediana, biforcandosi poi in due rami terminali che si distribuivano ai
territori normalmenle irrorati dalle arterie cerebrali anteriori. Strigo.
Rivista di Patologia nervosa e mentale - Anatomia 169
2. S. R. Oajal, Nouvelles observatians sur revolution des neuroblastes, —
€ Travanx du Laboratoire des Recherches biologìques », tomo V, fase. 4.
A proposito del cortese rìmproyero fattogli da Held di avere nei suoi lavori
troppo trascarata V ipotesi altra volta espressa da Hensen e poscia da lai rivivifi-
cata, Cajal ha intrapreso delle nuove ricerche sa embrioni per poter dare anche a
qaeet^Aatore una risposta soddisfacente.
Il metodo di stadio impiegato fa ancora qaello al nitrato di argento ridotto,
ma con qaalche modificazione di dettaglio: trattandosi di preparazioni che richie-
dono ima tecnica molto accurata esporremo qui il metodo per intero.
1. L'embrione viene posto per alcuni minuti in un cristallizzatore con alcool
a 60** e viene qui ripulito e liberato dalle membrane.
2. Per 24 ore si lascia in alcool 96-97'^ : (si può usare anche alcool assoluto).
3. Si taglia l'embrione in due metà, si pone in soluzione di nitrato d'argento
1,5 % e si lascia sei giorni nella stufa a 35^-37°. Se dopo questo tempo i pezzi non
hanno assunto un colore brunastro bisogna rimetterli nella stufa ancora per qualche
giorno.
4. Riduzione in acido pirogallico l % addizionato del 6 % di formolo.
5. Disidratazione ed inclusione in celloidina: la paraffina non è conveniente.
Quando si desidera di ottenere una colorazione molto nera del reticolo dei neu-
roblasti e dei giovani neuroni, è buona cosa tenere circa 6 ore le uova alla tempe-
ratura ordinaria prima di levarne l'embrione.
La piridina usata come fissatore non ha speciali vantaggi.
Anche pei lettori sarà bene riassumere, sulla guida di Cajal, la teoria Hensen-
Held, che si può esprimere nelle tre proposizioni seguenti:
1. Lo sviluppo del sistema nervoso dell'embrione è il risultato della collabora-
zione di due ordini di cellule; a)ì neuroblasti, che producono l'axone e le fibrille;
b) le cellule conduttrici (LeiUellen) all'interno delle quali camminano e si accre-
scono le fibre nervose embrionarie.
2. Il cilindrasse primordiale nasce da un polo del neuroblasta e termina con
no bottone di accrescimento: ma né questo rigonfiamento terminale, né la stessa
fibra nervosa progredisce liberamente negli spazii intercellulari: in realtà questi
prolungamenti sono contenuti nell'interno di un sistema di trabecole preesistenti,
rappresentate nei centri nervosi dal reticolo degli spongioblasti (neurospongio) : e nel
mesoderma dalle espansioni anastomotiche (plasmodemi) dei corpuscoli stellati o cel-
iale conduttrici.
3. Questi ultimi elementi, che forse sono di origine ectodermica, avrebbero la
missione di nutrire e di proteggere i cilindrassi, divenendo poi delle cellule di
Schwann: essi non sarebbero capaci di produrre delle neurofibrille.
4. Infine né nelle prime fasi né nell'adulto esiste una indipendenza del
neurone perchè le neurofibrille di un neuroblasta penetrano spesso nell'interno di
un secondo, dando luogo ad un reticolo diffuso : nell' adulto questo retìcolo può subire
delle modificazioni, ma non scompare mai completamente: anche tra i cilindrassi
primordiali esisterebbero di t«li anastomosi.
Cajal invece sostiene che dall'esame dei preparati risulta ad evidenza che «i
neuroblasti possiedono un corpo ed una espansione libera, vale a dire sprovvista di
anastomosi: i coni di accrescimento, così come i cilindrassi, passano sempre, nei centri
nervosi, per gli interstizi i interepiteliali od interneuronali ».
170 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Passando in rassegna le varie osservazioni alle quali egli appoggia questa sua
conclusione, Cajal ricorda la precoce comparsa delle neurofibrille rilevata da Besta
e confermata da lui, anzi egli accetta ancora i reperti di Held secondo il quale il
reticolo fibrillare apparirebbe già nella fase di neuroblasta primario, vale a dire
prima delle espansioni polari.
Il corpuscolo nervoso rudimentario percorrerebbe cinque fasi : la prima corrisponde
al corpuscolo germinativo di His, ed è qualificata da evidenti segni di prolifera-
zione: in questa fase il protoplasma granuloso non attira punto deposito di argento:
seconda fase — cellula apolare o poligonale — neuroblasta primitivo di Held: —
nella retina e nella vescicola cerebrale anteriore dell' embrione di pollo elementi in
questa fase sono già frequenti verso la 5P-60* ora: mancano ancora le espansioni,
ma alla parte distale del protoplasma si differenzia già un reticolo neurofibrillare
perfettamente localizzato. Segue la fase bipolare: mentre la cellula va progressiva-
mente emigrando verso lo strato dei neuroblasti (placca midollare di His) si formano
due prolungamenti, a struttura fibrillare, i quali, almeno in parte, derivano dall' ac-
crescimento del reticolo neurofibrillare della fase precedente che, dopo aver contor-
nato il ' nucleo, si sporge dai due poli del corpuscolo. I due prolungamenti, dapprima
uguali, cominciano tosto a presentare nel loro sviluppo delle differenze.* Cajal ha
studiato minutamente, sopratutto nella retina, i fatti di questa fase ed ha messo in
evidenza molti reperti, ad es. cambiamento di direzione provocato da ostacoli mecca-
nici, ricerca da parte dei cilindrassi degli interstizii interepiteliali, divisioni a livello
di qualche ostacolo etc, che implicano, contrariamente» alle vedute di Hensen-
Held, una libertà di movimento nel protoplasma nervoso. Viene quindi le fase mono-
polare dovuta all'atrofia di uno dei prolungamenti e allo sviluppo progressivo del-
l'altro: di questa fase l'A. dà qualche dettaglio ma in genere si riferisce ai lavori
precedenti. L'ultima fase è quella della cellula multipolare.
Cajal soffermandosi quindi sulle più importanti particolarità di questo pro-
cesso afferma di non avere mai trovato le connessioni intemeuronali descritte da
Held e francamente afferma che apparenze di tale natura sono dovute all'azione
dei reagenti usati e sopratutto al loro potere coagulante. Ancora mette in evidenza
che anche le cellule epiteliali sono libere e non mostrano la minima traccia d'una
disposizione reticolare (neurospongio di His) che possa servire come via presta-
bilita al progredire dei cilindrassi. Questi sono liberi nella loro progressione da
ogni via prestabilita : lo dimostrano i fatti più sopra citati, ed inoltre la presenza di
coni di accrescimento colossali, che . divengono tali quando, incontrando un ostacolo,
non possono progredire, di cilindrassi sviati, di neuroblasti invertiti (neuroblasti cioè
che hanno subito un'inversione polare iniziale) che mandano il loro cilindrasse in
direzione opposta alla normale: questi neuroblasti sono certamente forme patologiche
ma si incontrano spesso, specie nel bulbo, nell'embrione di pollo di 3-4 giorni:
un'altro reperto contro l'opinione di Held è quello dei cosidetti neuroblasti interven-
tricolari.
I bottoni di accrescimento sono anche completamente liberi nel loro passaggio
attraverso lo spazio vaginale o perimidollare, ossia quello spazio circolare che appare
nelle sezioni esistere tra la membrana limitante esterna e il primo strato di cellule
connettivali, destinate a produrre le meningi (membrana Umitans meningea di His).
In questo spazio Cajal non ha mai trovato traccia ne delle fibre unienti descritte
da Hensen, né di prolungamenti di Leitzellen in continuità coli' apparecchio di
Anatomia 171
sostegno del midollo embrionale ; malgrado questo le fibre nervose nude sono capaci
di ritrovare la loro via.
Attraverso il mesoderma le cellule nervose progrediscono approfittando degli in-
terstizi! tra le cellule: qui Leitzellen con i loro prolungamenti anastomizzati stanno a
fianco dei cilindrassi i quali, per effetto dei reagenti usati, si accollano o si agglutinano
parzialmente al tessuto mesodermico ambiente. Cajal descrive minutamente ed illustra
con figure questa progressione delle fibre, sia delle motrici che delle sensitive. Infine
intrattenendosi sulle cellule simpatiche migranti fa notare come dal comportamento
di queste si possa trarre un altro argomento contro la teoria Hensen-Held.
À questa si possono opporre anche degli argomenti di natura induttiva : tra gli
altri che i coni di accrescimento spesso sono più grossi che le travate di connettivo
(plasmodemi) onde riesce diflicile pensare che questi sieno stati perforati da quelli:
che le cellule nervose simpatiche, allo stadio bipolare, sortono dal midollo ed emi-
grano verso le radici anteriori : siccome questi elementi migratori sono più grossi
delle Leitzellen come comprendere che si possano situare nell'interno di queste?
contraddice ancora F ipotesi di Held il fatto che il nervo è composto di fasci
compatti senza interposizione di cellule o di prolungamenti cellulari : coli' opinione
di Held occorrerebbe pensare, o che ogni nuovo cilindrasse penetri nello stesso tubo
intercellulare preformato e già occupato da una fibra, o che ciascun cilindrasse
possieda una guaina cellulare speciale: possibilità che l'esame costringe a respingere.
Anche i fatti di rigenerazione patologica, quali sono stati in questi anni stu-
diati, stanno contro l'ipotesi di Hensen-Held.
Si può perciò conchiudere: •
1. Le fibre nervose embrionali sono il risultato dell' accrescimento continuo
dell'espansione principale del neuroblasta di His.
2. Il reticolo neurofibrillare si differenzia prima della fase di neuroblasta.
3. Il prolungamento cilindrassile possiede un bottone di a^rescimento che si
insinua negli spazi intercellulari.
4. I fatti sui quali si basa la teoria di Held sono in massima parte prodotti
artificiali.
5. Si deve ammettere la presenza di un'azione chemiotattica (sostanze se-
crete dai miot4)mi, dagli epitelii, dagli stessi corpuscoli nervosi) capace di favorire
ed orientare l'accrescimento. 0. Rossi,
3. R. Oollin, Remarques sur certaines aspects présentés par la cellule nerveuse
embryonnaire pouvant faire croire a Vexistence d*une zone fihrìllogène à
développement tardi f, — « Bibliographie anatomique », tomo XVII, fase. 4, 1908.
E noto come per Fragnito le neurofibrille non sarebbero, come vogliono Cajal,
Best a, Held e la maggior parte degli osservatori, un prodotto precoce di differen-
ziazione cellulare, ma deriverebbero da una massa fibrillogena risultante dalla tra-
sformazione di uno dei nuclei dei due neuroblasti di cui si comporrebbe la cellula
nervosa.
Senza fermarsi a criticare la concezione di Fragnito, che ha ricevuto un nuovo
colpo dagli ultimi lavori di Cajal, i cui principali risultati morfologici, special-
mente per quanto riguarda lo sviluppo precoce delle neurofibrille, confermano e
completano i risultati ottenuti anteriormente da Best a, Held e Paton, l'A. si oc-
i72 Rivista di Patologia nervosa e mentale
cupa di spiegare quanto si vede nei preparati e nelle tavole dimostrative che F ra-
gni to mette avanti, a sostegno della propria tesi.
Esaminando dei preparati d^ embrione di pollo, trattati col metodo delVargento
ridotto, TA. ha ottenuto delle immagini perfettamente uguali a quanto si osserva
nei preparati di Fragnito. Anche qui si osserva a lato del nucleo eccentrico una
massa ovoide, fortemente colorata dal nitrato, dalla quale le neurofibrìlle si dipar-
tono confusamente. Il resto del protoplasma rimane più scolorito e le fibrille vi sono
appena disegnate, salvo in qualche prolungamento protoplasmatico. La massa neuro-
fibrillare non presenta contomi netti, ma dirada insensibilmente e le neurofibrille
che la costituiscono si continuano a poco a poco, impallidendo, con la parte acro-
matica. Ora r aspetto di questi preparati, che potrebbero essere invocati come una
conferma della tesi di Fragnito, è considerato dairA. come un risultato artificiale.
Gli elementi cellulari che presentano l'aspetto sovra, descritto non sarebbero che
elementi parzialmente ed imperfettamente impregnati. Come infatti il metodo Caj al
non impregna contemporaneamente tutte le cellule, anche anivate a maturità da un
pezzo, cosi pure tutte le cellule impregnate non lo sono in egual misura. E perciò
è lecito domandarsi se l'aspetto rivelato dal metodo Donaggio non sia pur esso
dovuto ad errori di tecnica.
L'A. presenta altri due disegni, presi da alcuni suoi preparati, per ribattere
l'interpretazione di Fragnito sulla presenza nel citoplasma dì eostABxe di nAtara
e di origine nucleare.
In queste figure, che rappresentano cellule di gangli spinali d'embrioni di pollo,
si osservano alla periferia dei corpi di N issi circondanti una zona centrale perinu-
cleare di citoplasma ove la sostanza cromofila non è ancora apparsa. In questa zona
centrale, che corrisponde alla zona fibrillogena dei preparati di Fragnito, si trova
una formazione cromatica corrispondente ai blocchi cromatici di Fragnito che
non sarebbe altro' che un nucleolo basofilo emigrato dal nucleo.
É errato quindi credere che questi blocchi di sostanza nucleolare siano residui
di un nucleo scomparso per dar luogo alla formazione di una zona fibrillogena, né
quindi possono «ervire di argomento in favore della teoria sinciziale, né, in secondo
luogo, in appoggio della ipotesi di una zona fibrillogena proveniente dalla trasforma-
zione d' un nucleo. Strigo.
4. A. Giannelli, The Heltceg-Westphal traci. {Fasciculus circumolivarius). —
« Journal of mental Pathology », voi. VIII, n. 1.
Per portare un contributo allo studio del tratto di Helweg-Westphal {fasci-
cìilus circumolivarius) cosi poco conosciuto, perchè riconoscibile solo in casi di ìpo-
plasie congenite, l'A. ha esaminato il midollo allungato di un idiota, del quale ha
praticato tagli orizzontali a partire dall'estremità distale della decussazione delle
piramidi. A tale altezza egli nota, alla periferia dei cordoni laterali, un'area dege-
nerata triangolare, accolta fra le fibre radicolari che emergono dal corno anteriore,
attorno alla quale è una zona di fibre marcatamente rarificate e separata dalla so-
stanza grigia da un fascio circolare di fibre normali, senza netta demarcazione fra
tessuto sano e normale. Nell'area triangolare la degenerazione è completa, e le fibre
sono esilissime. Tal disposizione si mantiene per tutto il tratto di decussazione delle
piramidi, però all' inizio doWoUva accessoria, l'area triangolare si porta verso la parte
estema, e l'area, rarificata, più arrotondata, al di dietro di essa oliva, essendo ben
Anatamia 173
Tisibile la zona di fibre nonDali fra le due. Al punto di completa decussazione dei
tratti sensori, avanti T oliva inferiore, l'area triangolare è cambiata in un piccolo
cerchio contenente fibre normali e, immediatamente dopo, in un semicerchio visibile
a occhio nudo, che abbraccia un fascio di fibre normali, che parte dall' estremo estemo
dell'oliva acessoria mediale, colla convessità rivolta verso la parte antero-estema. Poi
la convessità si rivolge verso la parte postero-esterna : tale area degenerata è limitata
esternamente da un segmento di fibre spesse, oblique e dalle fibre arciformi ventrali
superficiali.
Coir aumentare dell'oliva bulbare il /a«ctcttZtfs diviene più sottile e allargato, e
alla sua estremità prossimale diviene ramificato, disposto a semicerchio attorno
alla parte estema dell'oliva bulbare, la quale presenta una tessitura normale come
quella dell'oliva mediale e dorsale. Il fasciculus nei piani sovrastanti divien sempre
più indistinto, finché scompare completamente, senza estendersi al cervello : quel fascio
descritto da Helweg come continuazione del fascicuìus nel cervello non ha, secondo
TA. col fasciculus che rapporti dì contiguità: qualche volta può estendersi al di là
del corpo olivare ma la sua denominazione più propria è quella appunto di fasci-
culus circumolivarius. Le fibre del fasciculus si rivestono di guaina mielinica da
ultimo, dopo il tratto piramidale, come l' A. ha potuto verificare esaminando il mi-
dollo di bambini di 1 e 19 giomi. Nota il disaccordo degli anatomici, per cui non
è possibile stabilire esattamente il principio, il decorso, e la fine del fasciculus t
stabilire i quali potranno servire solo gli studi ulteriori sulle degenerazioni del tratto
Turchi.
5. A. Zanola, Sulla decussazione di alcune fibre del fascio piramidale nel
corpo calloso. — « Rivista italiana di Nevropatologia, Psichiatria ed Elettro-
terapia », voi. I, fase. 4.
A contributo della questione, ancora discussa, se il corpo calloso oltre che una
via di associazione interemisferica, rappresenti anche un punto in cui vengono ad
incrociarsi alcune fibre del fascio piramidale, l'A. riferisce il reperto istologico di
on caso da lui osservato, in cui ad una lesione unilaterale della zona motrice di
sinistra (focolaio di rammollimento recente di quasi tutto il lobulo pararolandico)
corrispondeva la degenerazione discendente di ambedue i fasci piramidali. Mentre
infatti l'esame delle diverse sezioni dell'emisfero destro faceva escludere qualsiasi
lesione di esso, nelle sezioni praticate attraverso la regione peduncolare superiore dello
stesso Iato, si notavano sparse fibre degenerate, che nel loro insieme costituivano una
zona di forma triangolare, di cui l' apice penetrava nel lemniscus profunduSf mentre
il resto di essa occupava il 3® medio del peduncolo. L'A. crede che queste fibre de-
generate che, attraverso la via peduncolare del lato opposto alla lesione corticale, si
potevano seguire fino al livello dell' incrociamento motorio, debbano avere attraversato
il corpo calloso, poiché non esistono altre vie anatomiche probabili. Sirigo.
6. B. R. Oajal, Quelques formules de fixation destinées à la methode au nitrate
d'argent. — « Travaui du Laboratoire de Recherches biologiques », tomo V, fase. 4.
Ai metodi al nitrato d' argento già descritti, l' A. ne aggiunge in questo lavoro
di nuovi : sono frutto di alcune ricerche dirette a trovare dei fissatori che rendessero
più precisa la reazione dell' argento, abbreviassero il tempo di maturazione dei pezzi
174 Rivista di Patologia mrvosa e mentale
nella stufa e infide non presentassero V inconveniente del rag^nzamento prodotto
dair alcool ammoniacale o del rigonfiamento dei pezzi provocato dalla fissazione in
formolo. Vari agenti neutri ed alcalini, come V anilina, la nicotina, la piperìdina,
la toluidina, la formamide, Tacetamide, ecc. aggiunti air alcool rendono facile la
reazione ed agiscono come acceleratori non modificando in nessuna maniera i risul-
tati finali. Così pure tutti gli alcool-: per questi sembra che la funzione accelera-
trice e la proprietà di favorire V impregnazione elettiva delle neurofibrille colPargento
colloidale sia in rapporto con il loro contenuto in carbonio.
L' A. riporta una serie di formolo che possono v^ire utilmente» usate per diversi
scopi; poiché a seconda del metodo impiegato si potrà ottenere una colorazione più
netta e più fine di uno piuttosto che di un altro dei diversi elementi del sistema
nervoso. Papadia.
inisiologla.
7. A. Herlitzka, Ricerche cronografiche mi movimenti rolontan bilaterali. —
€ Archivio di Fisiologia », voi. V, fase. 3, 1908.
Se V impulso volitivo alFesecuzìone di movimenti bilaterali contemporanei sorga
in una sola zona della corteccia e si irradi di là — direttamente o indirettamente
— alle due zone motrici destra e sinistra o si origini in due centri distinti bilate-
rali, noi non siamo in grado di determinare. Certamente è suggestivo il pensiero di
estendere a tutti i movimenti volontari quanto sappiamo dei muscoli che servono al
linguaggio articolato e quindi ammettere che neiremisfero sinistro esistano per tutti
i movimenti i centri gnostici, riuniti da un lato con i centri mnemonici, dalF altro
con le zone di proiezione psicomotrici destra e sinistra: ma finora ciò non può es-
sere che una ipotesi.
L^A. ha cercato di portare qualche lume su questo problema, studiando se i mo-
vimenti che si compiono volontariamente con i due lati e che si credono e si vo-
gliono contemporanei, presentino un ritardo l' uno di fronte all' altro. Gli esperimenti
furono eseguiti sull'A. stesso che raccolse in tal modo 556 determinazioni utili, dalle
quali risulta, che per la massima parte dei casi la mano destra eseguisce il movi-
mento prima della sinistra. La spiegazione più semplice del ritardo di quest'ultima,
e quella che sembra all'A. l'unica accettabile, si è che l'impulso motore volitivo
parta da un centro superiore unico, posto più vicino al centro psicomotorio dell'emi-
sfero sinistro che a quello di destra, cioè che i centri gnostico e mnemonico per i
movimenti dei due arti abbiano sede nelV emisfero sinistro e che il ritardo nella mano
sinistra sia dovuto unicamente alla maggior lunghezza delle vie che l'impulso mo-
tore ha da percorrere, prima di giungere ai muscoli dell'arto corrispondente.
Strigo.
8. A. SteflEUii, Azione del vago sugli scambi e sulla temperatura intema. —
« Archivio di Fisiolc^ia », voi. V, fase. 3, 1908.
In questa nota l'A. riassume i risultati delle ricerche che da alcuni anni si vanno
facendo, nel suo laboratorio di Fisiologia a Padova, intomo all'azione del vago su-
gli scarabi organici. Prima che si iniziassero queste ricerche, era noto che nel fegato
delle rane ibernanti si trova accumulata notevole quantità di glicogeno,' il quale
Fisiologia 1 75
subisce nna rapida diminazione al momento del risveglio sia naturale, sia pro-
vocato da innalzamento della temperatura ambiente. Dagli esperimenti praticati dai
suoi alati Vasoin e Farinie dair assistente Soprano, risulta che dopo il taglio del
vago, nelle rane ibernanti si osserva, in sonito al riscaldamento, una diminuzione
Dot6volmente maggiore del glicogene e del peso del fegato, e l'aumento dell' eli-
minazioDe del CO,. Quest'azione moderatrice del vago sulla trasformazione del
glicogene epatico promossa dall'innalzamento della temperatura e l'azione pure
moderatrice sulla produzione del CO,, con tutta probabilità sono fra loro coor-
dinate e inducono ad ascrivere al vago un'azione moderatrice degli scambi e
quindi anche del calore, funzione che dovrebbe proteggere gli animali a tempe-
ratura costante contro l'innalzamento della temperatura intema, frenando la pro-
duzione del calore. A convalidare simile supposizione il Dr. Pari ha fatto delle
ricerche dirette a dimostrare se il vago negli animali a sangue caldo spieghi real-
mente quest'azione sugli scambi. Nei conigli vagotomizzati, posti insieme a conigli
di controllo, in ambiente saturo di umidità e di temperatura pressoché uguale alla
loro temperatura intema, trovò che questa cominciò a salire più rapidamente che nei
conigli normali, e che venivano a morte prima che questa loro temperatura intema
raggiangesse l'altezza. cui, prima della morte, saliva la temperatura interna dei co-
nigli di controllo. £ in base a questo fatto egli conclude che l' innervazione dei
vaghi costituisce non solamente un mezzo di difesa dell'organismo contro l'aumento
della temperatura intema, frenando la produzione del calore, ma dà anche all' or-
ganismo la possibilità di meglio resistere all'ipertermia confermando così l'azione
protettrice dei vaghi sul cuore.
Coordinando fra loro questi risultati non si può a meno di attribuire al vago
un'azione regolatrice oltre che sulla circolazione, sulla respirazione e sulla dige-
stione, anche sugli scambi e quindi sulla produzione del calore e sulla temperatura
intema degli animali a sangue caldo e di considerare quindi il vago come il r^o-
latore di tutte le funzioni fondamentali per la vita degli animali superiori.
Strigo.
Patologia sperimentale.
9. Q. Donzello, Gli effetti dell'azione dei raggi Rontgen sulle cellule nervose
del midollo spinale. — « Pisani », voi. XXVn, fase. 3.
Le esperienze furono condotte sulle cavie, servendosi di correnti di diversa in-
tensità. Le applicazioni venivano praticate in corrispondenza della colonna vertebrale,
per un- tempo progressivamente crescente, che andava da 60 minuti nella prima
applicazione a 180 nella quinta. Sacrificati gli animali, subito dopo sospesa l' appli-
cazione dei raggi, mediante il dissanguamento, se ne prelevava il midollo che veniva
trattato coi metodi Nissl, Cajal-Pusateri, Donaggio. Le alterazioni rilevate
Bella massa protoplasmatica consistono principalmente in un progressivo impallidi-
iQento delle zolle cromatiche, le quali sembra tendano a fondersi in una sola massa:
Don molto frequente è lo spezzettamento granuloso della sostanza cromatica. Il nucleo
d& prima indeciso nei contomi, si mostra, negli stadi più avanzati della lesione
^Hnlare, più voluminoso, quasi idropico, col reticolo cromatico non più nettamente
^sibile. Dopo un' applicazione prolungata dei raggi X, il contenuto nucleare assume
^n aspetto più omogeneo e si tinge, più o meno diflFusamente, in violetto rosso: in
176 Rivista di Patoloffia nervosa e mentale
ultimo scompare ogni traccia di nucleo. Le alterazioni del nucleolo sono le prime a
manifestarsi e consistono da prima in un cambiamento di forma e in fine nella sua
scomparsa. La struttura fibrillare è quasi sempre conservata. Soltanto nelle fasi più
avanzate le neurofibrille si presentano più addensate e formano una rete a maglie
granulose.
L'A. si limita per ora a rilevare, come alterazioni consimili siano state descritte
recentemente nelle cellule nervose di conigli morti per insolazione. Egli è quindi
portato ad ammettere nei raggi solari la presenza di raggi X, alF azione dei quali si
debbano in parte gli effetti del colpo di sole. Strigo,
10. Mcurinesoo et Minea, Lésions des centres nerveux produites par l'tnjeetion
locale de bile. — « Comptes-Rendus de la Société de Biologie », n. 9, 1908.
Gli ÀA. hanno iniettato nel cervello e nel ganglio plessìforme del cane della
bile dello stesso animale pura o diluita in siero fisiologico. La maggior parte delle
cellule situate in mezzo o vicino al punto d' iniezione non presentavano più, all'esame
istologico, la minima traccia di sostanza cromofila e di reticolo protoplasmatico :
il nucleo era scomparso o in istato di atrofia e il corpo cellulare, per lo più atrofico,
era ridotto ad un blocco di sostanza fortemente acidofila con delie cavità occupate
da un numero più o meno considerevole di cellule satelliti. Cinque giorni dopo*
un' iniezione di bile, diluita in parti eguali nel siero, al posto delle cellule nervose,
quasi completamente scomparse, furono riscontrati dei noduli cicatriziali in generale
costituiti da cellule satelliti. Papadia.
11. R. Shlxna, Zur Frage der nach Adrenalinwirkung auftretenden Verande-
rungen des Centralnervensystems, — « Neurologisches Centralblatt», N.4, 1908»
Con iniezioni d' adrenalina in giovani conigli V A. ha riscontrato nel sistema
nervoso centrale varie alterazioni riguardanti sia le cellule nervose, sia i vasi e la
pia madre. Le cellule nervose si presentavano raggrinzate, con i dendriti ritorti a spi-
rale. Nei vasi oltre ad una degenerazione e ad un ispessimento della parete, anche nei
capillari, vi erano degli accumuli perivascolari di cellule rotonde con plasmatociti
e non rare emorragie. La pia madre si mostrava qua e là infiammata, Tependima
dei ventricoli fortemente proliferato. Papadia,
12. G. Mlnfirazzlni and A. Polixnanti, Phystologic effect following successive
ablation of one frontal lobe and one cerehellar hemisphere. — < Journal of
menta] Pathology », voi. Vili, n. 1.
L'estirpazione di un lobo frontale (che di per sé porterebbe tendenza a movi-
menti di maneggio, e lieve atassia dell'arto anteriore del lato opposto all'estirpazione)'
seguita dall'estirpazione dell'emisfero cerebellare dello stesso lato, porta atassia e
astenìa omolaterale con aggravamento dell'atassia esistente all'arto del lato opposto.
L'estirpazione di un lobo frontale seguita dall'estirpazione dell'emisfero cerebellare
del lato opposto porta atassia e astenia delle estremità omolaterali coli' estirpazione
cerebellare e aggravamento dell'astenia e atassia dell'altro lato, collegate all'abla-
zione del lobo frontale. L'estirpazione del lobo frontale preceduta dall'estirpazione
dell'emisfero cerebellare dello stesso lato o del lato opposto induce gli stessi effetti
Patologia sperimentale i77
sopra descrìtti in inverso ordine di tempo. Gli AÀ. concludono che il lobo frontale ha
azione indiretta sui movimenti coordinati, specie dell'arto superiore della sede opposta,
che i sintomi atassici e astenici differiscono solo d' intensità nelle varie condizioni di
estirpazione: dissentono dall'opinione che i sintomi che seguono T ablazione del lobo
frontale siano effetti a distanza, perchè i disturbi atassici dovrebbero esser transitori
e solo dallo stesso lato delPablazione, mentre non dovrebbero aggravarsi i disturbi di
coordinazione al lato opposto, nelle estirpazioni contro-laterali ; né presentarsi disturbi
simili a quelli consecutivi alP estirpazione cerebellare completa, nelle estirpazioni
omolaterali. Turchi.
13. F. Tello, La régéneration dans Ub voies optiques. — « Travaux du Laborstoire
des Recherches biologiques », tomo V, fase. 4.
Le ricerche ed i risultati dell* A. portano un nuovo fatto contro alcuni dettagli
della teoria della rigenerazione autogena delle fibre nervose: perchè Tello nel nervo
ottico, sezionato nella cavità orbitale, avrebbe trovato degli evidenti fatti rigenera^
tivi. Qui però, come per altre parti del sistema nervoso centrale, pare che i fatti di
rigenerazione non si compiano con altrettanta vivacità e regolarità che nei nervi
periferici.
Forse dipende da ciò che mancano le cellule di Schwann, le quali esercitano una
azione direttiva chemiotattica sulle fibre rigenerate. Appoggerebbe questa spiega-
zione il reperto ottenuto da Tello il quale nella retina sorprese, dopo il taglio del-
l' ottico, delle fibre di nuova formazione che prèndevano un cammino retrogrado diri-
gendosi verso lo strato dei coni e dei bastoncini.
Le ricorche sono state condotte sul coniglio: il metodo usato fu quello di
Cajal al nitrato di argento ridotto: nel moncone distale dell' ottico sezionato i fatti
a carattere rigenerativo compaiono abbastanza tardi: (cominciano al tredicesimo giorno
e sono più marcati al 40^): anche i fatti descritti nella retina sono manifesti con
qualche chiarezza solo al quarantesimo giorno. 0. Rossi,
j^natomia patologica.
14. Ij. Brefirniann et J. Steinhaiis, Deux cas de tnmeurs de Vhypophyse et de
la région hypophysaire. — « Journal de Neurologie », voi. 12, n. 16-17, 1907.
Si tratta di due casi studiati dal punto di vista clinico ed ana tomo-patologi co,
dai quali gli AA. prendono occasione per esporre le loro vedute intomo alla natura
di alcuni tumori dell' ipofisi ed alle conseguenze, ancora così poco note, della lesione
di quest'organo. La prima osservazione si riferisce ad una donna di 48 anni che
presentava ì sintomi seguenti : disturbi della coscienza e apatia profonda ; obesità ;
debolezza generale; disturbi visivi; emiplegia alterna del tipo W e b e r ; atassia del-
l'arto superiore paretico ; lievi disturbi della fonazione e della deglutizione. Si restò
incerti nella diagnosi tra un tumore cerebrale ed una encefalite del ponte e del
peduncolo. La morte avvenne sei settimane circa dopo la comparsa dei primi sintomi.
All'autopsia fu trovato un tumore che occupava il posto dell' ipolìsi e comprimeva il
peduncolo sinistro, il ponte e la bandelletta ottica sinistra. Istologicamente esso pre-
sentava la struttura di quelle neoplasie che, secondo Erdheim, prendono origine dagli
avanzi epiteliali del condotto ipofisario e per le quali gli AA. prQpongono il nome
i78 Rivista di Patologia nervosa e mentale
di « epiteliomi pavimentosi dell' ipofisi ». La seconda osservazione riguarda nna bam-
bina di 7 anni che presentava i seguenti sintomi principnli: amanrosi a destra e
grave ambliopia a sinistra, con atrofia avanzata bilaterale dei nervi ottici ; emiparesi
sinistra ; aumento dei riflessi agli arti inferiori, più accentuato a sinistra ove esiste
il segno di Babinski; tremore degli arti, più notevole a destra. Anche in questo
caso si notava un esagerato sviluppo del pannicolo adiposo. La morte avvenne dopo
oltre un anno dall'inizio della malattia. All'autopsia fu trovato un grosso tumore
cistico che occupava tutta la regione tra il chiasma e il ponte e si estendeva dai due
Iati fino ai lobi temporali : l' ipofisi era rimasta intatta. Anche in questo caso, come
nel precedente, il punto di partenza della neoplasia era rappresentato dai resti del
condotto ipofisario.
Queste osservazioni dimostrano come i sintomi caratteristici delle lesioni delle
ipofisi e della regione ipofisaria siano rappresentati dai disturbi visivi e dai disturbi
trofici : i primi sono dovuti alla compressione del chiasma dei nervi ottici, i secondi,
con grande probalità, all'eccesso o al difetto funzionale della ghiandola pituitaria.
Gli AA. credono che non sia da abbandonarsi la teoria di Marie sopra la genesi
ipofisaria dell'acromegalia e trovano, d'altra parte, nei loro casi una conferma delle
ipotesi che mette in relazione l' ipofisi con l'obesità. La natura di questi rapporti è
ben lungi dall'esser chiarita, ma questo non deve che incoraggiare gli studi tendenti
a determinarla. Zalìa,
15. V. Porli, Su di un caso di rammollimento traumatico del corpo calloso. —
« Rivista sperimentale di Freniatria », voi. XXXIII, fase. 2-3.
L'A. prende occasione dal caso, unico nella letteratura, per richiamare tutte le
questioni, ben lungi dall'esser risolte, riguardanti l'anatomia del corpo calloso e il
suo rapporto colle funzioni somatiche e psichiche, quale si può stabilire coi dati della
patologia (agenesia, tumori, lesioni d'origine vasale, degenerazione delle guaine midol-
lari). Pone poi la questione se i disturbi psichici presentati dall'individuo osservato
(in cui un piccolo focolaio emorragico era ben localizzato sulla linea mediana, a livello
dell'estremità anteriore dei talami ottici) siano dovuti al trauma o alla emorragia
che ne conseguì. Le psicosi di origine traumatica sono tutt' altro che uniche,
(sebbene la forma più comune sia la demenziale) e tutt'altro che rare. L'A. sebbene
riconosca che le lesioni del corpo calloso inducono frequentemente disturbi psichici,
propende per l'origine traumatica di quelli ossservati, senza trarre però deduzioni
sull' importanza del corpo calloso nella genesi dei fenomeni psichici. Turchi,
16. A. Qlannelli, Softening of the genu corporis callosi. — « Journal of mental
Pathology », voi. Vm, n. 2.
Il caso descritto, di rammollimento embolico del ginocchio del corpo calloso,
costituisce una rarità anatomo-patologica, esistendo nella letteratura due soli casi
di tal localizzazione del rammollimento, uno dei quali (di Kaufmann) non studiato
clinicamente. L'altro caso (di Marie-Guillain) e il presente permettono di rias- .
sumere la fenomenologia in: assenza o non gravità dei fenomeni generali; asso-
ciazione di lieve emiplegia di un lato con paralisi dell'altro lato; disturbi gra-
dualmente accentuantisi come in casi di emorragia cerebrale; lento e graduale
mutamento psichico (irritabilità, allucinazioni); integrità dei nervi cranici; spasmi
Anatoìnia patologica 179
bilaterali più accentuati da un lato; lieve diminnzione dei riflessi tendinei. L^A.
osserva ancora che i sintomi da rammollimento o compressione del corpo calloso non
offirono criteri snfScienti per la diagnosi precisa di sede: le tetraplegìe sono dovute
a compressione o distruzione delle fibre che passano per la capsula intema o per il
nucleo lenticolare, ma se esistesse dissociazione dei sintomi, cioè paresi di uno degli
arti superiore o inferiore, di una o di ambedue le parti, la lesione avrebbe sconfinato
e lederebbe le fibre del centro ovale. Segno patognomonico di tumore del ginocchio
del corpo calloso potrebbe essere la deviazione del capo dal lato emiplegico, con
contrattura dei muscoli della nuca e del collo: inoltre un criterio per localizzazione
più precisa sarebbe la natura dei disturbi psichici che sempre si osservano in questi
casi e consistenti in sintomi d' indebolimento psichico se la lesione è anteriore, com-
parsa di idee deliranti se la lesione è posteriore. Ancor più sostenibile la localizza-
zione anteriore se, mancando ogni anestesia delle parti paretiche, esistesse un difetto di
sintesi psichica per le sensazioni dolorifiche provocate. Nel caso descritto oltre al
rammollimento embolico, recente, esiste una vecchia lesione della parte anteriore del
putamen destro e del crus anterior capsulae intemae, lesione che aveva portato il
riso spastico, scomparso dopo Inaccesso apoplettiforme con cui si iniziarono i sin-
tomi motori. Turchi,
17. T. Cortesi, Tumore cerebrale del lobo pre frontale sinistro. — « Il Mor-
gagni », n. 8, 1908.
Si trattava d* un grosso endotelioma della dura madre che schiacciava i due
terzi posteriori della prima circonvoluzione frontale e spostava e comprimeva le cir-
convoluzioni adiacenti, seconda e terza frontale ascendente, il centro ovale e i nuclei
della base. Sìntoma fondamentale in vita il deperimento lento e continuo dell'in-
telligenza: su questo fondo demenziale si disegnavano i sintomi di focolaio, quali
accessi epilettiformi, emiparesi destra, disturbi del. linguaggio. I sintomi psichici
consistevano in un profondo torpore intellettuale, una specie di letargo, dal quale
r infermo era ridestato solo per gli stimoli vivaci e diretti ed una emotività esage-
gerata. Nessuno di tali sintomi presentati dal malato poteva ascriversi in particolar
modo ai lobi prefrontali e, d' altra parte, non se ne presentava alcuno di quelli che
si ritengono caratteristici dei tumori di questa regione, quali il cambiamento di carat-
tere, la tendenza al motteggio, l'euforia. Strigo.
:N'evropatologla.
18. K. Abraham, Beitràge zar Kenntnis der motori Hchen Apraxie giuf Grand
eines Falle» von einseitiger Apraxie. — « Centralblatt fiir Nervenheilkunde und
Psychiatrie », N. 232-233, 1907.
L'A, riferisce dettagliatamente la storia clinica di un individuo di 60 anni, che
ha presentato dopo un insulto apoplettiforme, cui segui una emiparesi transitoria,
una serie di accessi passeggieri durante i quali presentava, con una certa varietà
nella durata, nella entità e quantità dei sintomi, un complesso consistente in : dif-
ficoltà a intendere, trovare e anche a ripetere le parole ; difficoltà alla lettura e sua
comprensione; quasi completa agrafia; disartria nel senso di sgrammaticatura del
linguaggio; emianopsia e incapacità di riconoscere col tatto gli oggetti che pure
180 Rivista di Patologia mrvom e mentale
riconosce otticamente e sa nominare: si nota inoltre che i moYimenti delle estre-
mità sinistre si compiono regolarmente mentre quelli delle destre sono disadatti, e
disordinati. Il paziente comprende ordini scritti e verbali, neir obbedire all'ordine
non dimentica il proposto come in caso di aprazia ideatoria. L' attenzione e la memo-
ria sono intatte perchè se fosser lese dovrebbero notarsi disordini dalle due parti.
Così p. e. dovendo pulire una scarpa, il paziente colla mano sinistra penetra nella
scarpa stessa, tentando di obbedire al comando colla mano nuda invece che colla spaz-
zola che ^lì ha riconosciuta e nominata. Dovendo indossare una veste da camera,
dopo aver bene eseguito il movimento col braccio sinistro, non sa fare altrettanto
col destro, perchè cerca la manica o nelF estremità inferiore della veste, o nella tasca,
inquietandosi per non riescire air intento di indossare la veste. Il paziente, che nei
periodi interaccessuali si meraviglia dei propri errori, commettendoli non cerca di
correggerli, perchè non si accorge della propria aprassia, come se fosse un demente
unilaterale che, astrazion fatta dall'errore secondario, compia eupratticamente i pro-
pri movimenti e conservi la memoria del fine proposto. Esaminata la letteratura dei
Casi di aprassia, TA. dice che non crede di poter unire il proprio caso a nessuno
dei gruppi delle aprazie quali sono stati stabiliti p. e. da Heilbronner e ritiene che
si tratti di una alterazione psichica che si manifesta nell' agire della parte destra del
corpo, alterazione che consiste nell'isolamento della parte stessa dal normale con-
trollo psichico, e che non è, perciò, una lesione a focolaio, della quale, inoltre, dovreb-
bero riscontrarsi anche sintomi a distanza. Se una lesione interessa un centro legato
a una determinata funzione non ne segue soltanto 1' alterazione di quella funzione,
ma, poiché tal centro partecipa con altri centri a regolare altre funzioni, segue an-
che una alterazione della funzione regolata da tal insieme dì centri {diaschisis di Mo-
nakow). E ad un disturbo per diaschisis della funzione d'insieme, cui partecipa il
centro leso attribuisce il complesso di sintomi dell'aprassia mentre alla lesione del
centro attribuisce gli altri disturbi concomitanti. La sezione non ha rivelato nulla
di notevole oltre a una spiccata atrofia arteriosclerotica del mantello cerebrale, atrofia
ben più marcata all' emisfero sinistro e in ispecial modo al lobo centrale. Conclude,
contro Liepmann che localizza l'aprassia al lobo occipitale, che ogni localizza-
zione è assai discutibile, potendo l'aprassia interpretarsi, secondo le sue manifesta-
zioni, che sono o gradualmente crescenti, o accessuali, o come effetto di un progres-
sivo avanzare di un processo diflfuso, o come effetto di lesione limitata, come deve
supporsi si sia verificato nel caso, il quale insegna come 1' aprassia non si presenti
mai pura, ma come ad essa possano uni]:si molti altri componenti, e fra questi anche
un componente psichico che finora non ha sufficientemente richiamato l'attenzione
degli osservatori. Turchi.
19. O. F. V. Vleuten, Linksseitige motorische Apr accie. Ein Beitrag zur Phy-
Biologie des Balkens. — Allgemeine Zeitschrift fflr Psychiatrie ». Bd. 64,
H. 2-3, 1907.
In un individuo di 55 anni, sano per l'innanzi, si stabilì una sindrome cere-
brale che andò progressivamente aggravandosi ed ebbe esito letale pochi mesi dopo
il suo inizio. Trai. sintomi della malattia, che l'A. espone in una storia molto esatta
e dettagliata, meritano di essere rilevati i seguenti. L'intelligenza, dapprima ben
conservata, andò lentamente deperendo, fino ad aversi uno stato di torpore intellet-
tuale profondo ; a carico della loquela si notava, nei primi tempi, una certa difficoltà
Nevropatoloqia \ 81
a trovare i Tocaboli adatti, in seguito si fece eTidentissimo il fenomeno della eco-
lalia; in special modo importanti sono i fatti che riguardavano la motilità : disturbi
aprassie! ben distinti, dapprima limitati agli arti di sinistra, in seguito diffusi, però
in grado assai minore, agli arti di destra; tremore delFarto superiore destro, il quale
presentava altresì molto accentuato il fenomeno della persever azione tonica (Liep-
mann) delle contrazioni volontarie. I fatti di paralisi mancarono per quasi tutto il
decorso della malattia: solo negli ultimi tempi divenne paretico l'arto superiore di
destra.
Alla necroscopia si trovò un grosso tumore (sarcoma) che si estendeva preva-
lentemente nella parte mediana dell'emisfero cerebrale sinistro ed aveva distrutto la
sostanza bianca del gyrus calìosus-marginalis, il corpo calloso quasi nella sua tota-
lità e la sostanza midollare della prima circonvoluzione frontale sinistra.
La imponente sindrome clinica deve quindi mettersi in rapporto con la distru-
zione del corpo calloso, poco avendo potuto influire nel determinarla il lieve inte-
ressamento della sostanza bianca del lobo frontale. Tra i componenti di questa sin-
drome l'A. prende in speciale considerazione il fenomeno aprassia che si aveva dallo
stesso lato in cui prevalevano le lesioni cerebrali e doveva essere attribuito alla sem-
plice interruzione della comunicazione tra i due emisferi.
La spiegazione di questo fenomeno appare evidente quando si ammetta con Liep-
mann che il centro cerebrale sinistro per l'arto superiore di destra agevoli, attra-
verso al corpo calloso, la funzione del centro cerebrale destro per l'arto di sinistra:
infatti essendo interrotti i fasci del corpo calloso mancherà questa azione del centro
sinistro sul destro e si avrà una aprassia isolata dal lato sinistro. In questo senso il
caso descritto realizza esattamente la interruzione 4 dello schema ipotetico di Li e p-
mann. Esso contraddice anche alla ipotesi di Pierre Marie, che cioè l'aprassia
rappresenta sempre un disturbo dell'intelligenza, una perdita di idee.
Il lavoro brevemente riassunto, che è corredato di numerose figure semische-
matiche e di una tavola fuori testo, porta senza dubbio un notevole contributo alla
dottrina dell'aprassia ; sarebbe stato desiderabile per altro che l'A. avesse un po' in-
sistito sul fenomeno della perseverazione tonica dalle contrazioni volontarie, il quale
pure si sarebbe prestato a importanti considerazioni. Zalla,
2<). N. Nonne, Ueher Falle von benignen Himhauttumoren ; iiher afypisch ver-
ìaufene Falle von Hirnabzess sowie tveitere klinische und anatomische
lìeitràge zur Frage vom € Pneudotumor cerehri ». — « Deutsche Zeitschrift
fflr Nervenheilkunde », Bd. 33, H. 5-6, 1907.
È una esposizione sincera di errori diagnostici, imputabili alla deficienza degli
attuali metodi d' indagine, fatta con lo scopo di dimostrare la necessità di uno studio
diretto a permettere il riconoscimento di forme morbose di fronte alle quali la terapia
non sempre riuscirebbe impotente. — L'A. comincia col descrivere quattro casi di
endotelioma della dura madre che, ove fossero stati diagnosticati in vita, avrebbe^»
potuto essere operati con grande probabilità di successo ; dal loro studio risulta che
nella diagnosi di tumore endo-cranico superficiale si deve dar molto valore alla dolo-
rabilità del cranio alla percussione, quando essa sia e rimanga costantemente circo-
scritta, e che d'altra parte non deve mai trascurarsi, nei casi sospetti, la trapanazione
esplorativa del cranio. — In un'altro caso, in cui pure l' intervento chirurgico sarebbe
stato indicato, l'autopsia rivelò un ematoma pachimeningitico della dura madre,
182 Rivista di Patologia nervosa e mentale
mentre in vita era stata fatta la diagnosi di tumore cerebrale maligno : era notevole
in esso la mancanza di ogni causa apprezzabile di meningite emorragica (sifilide, al-
coolismO; tubercolosi, trauma). — Seguono due casi in cui non potè essere riconosciuta
in vita resistenza di un ascesso cerebrale ; nel primo mancava per l'ascesso ogni causa
riconoscibile, nel secondo l'ascesso, che occupava il lobo frontale, doveva essere messo
in rapporto con una atite media guarita già da molti anni, in ambedue i casi era
esistita un tipica papilla da stasi, fatto eccezionale negli ascessi cerebrali. — Altre
forme morbose che offrono alla diagnosi delle difficoltà insormontabili sono quelle
che decorrono col quadro clinico di un tumor cerebri e che o, contro ogni aspet-
tativa, volgono a guarigione, oppure conducono a morte dando all'autopsia un reperto
affatto negativo. L'A. descrive 6 di questi casi, tre guariti e tre con esito letale: in
questi ultimi era esistita papilla da stasi ; degna di menzione è pure la frequenza
della paralisi di alcuni muscoli oculari. L' ipotesi di Hoppe che questi casi di
pseudo-tumor cerebri dipendano da un idrocefalo acquisito, non è confermata dai
reperti delle autopsie. È sperabile che i molti fatti analoghi, osservati dai neurologi,,
vengano pubblicati, perchè dal loro insieme si possano trarre dei caratteri utilizzabili
per la diagnosi. ZaUa,
21. M. 'EggeTy La bare»théHÌe. — « Revue neurologique », n. 12, 1907.
I disturbi della sensibilità alla pressione sono frequenti, ma molte volte non ven-
gono rilevati perchè possono coesistere con una sensibilità tattile in apparenza nor-
male. La maggior parte dei fisiologi e clinici che si sono occupati delle alterazioni
barestesiche, le considerarono come disturbi della sensibilità tattile: per essi la pres-
sione non sarebbe che una modificazione quantitativa del tatto. Questo modo di ve-
dere fu combattuto da Strflmpell il quale separò decisamente la sensibilità tattile
dalla sensibilità alla pressione, concludendo però che la pelle ha un'importanza affatto
trascurabile nella valutazione della pressione, la quale è avvertita dai tessuti profondi
come le aponeurosi, i tendini, i muscoli, il periostio. L'A. invece, dopo una serie di ri-
cerche minuziose, trovò che la recettività alla pressione, sta in ragione inversa della
densità del tessuto, è massima cioè nella pelle e minima nell'osso. E questo avviene
perchè più il tessuto è elastico, più il corpo che esercita la pressione affonda in esso
det^ìrminando una serie di linee radiali di trazione che servono ad aumentare indi-
rettamente la superficie stimolata.
Le esperienze di Strftmpell, secondo l'A, non possono avere un valore decisivo
perchè fatte sollevando in pliche la pelle lassa dell' addome di donne multipare» il
qual tessuto non si può considerare certamente in condizioni fisiologiche normali. Se
poi la barestesia si dovesse considerare tra le sensibilità profonde, la sua mancanza
coinciderebbe naturalmente con l'abolizione del senso delle posizioni e delle sensi-
bilità ossee, il che non è dimostrato dalla pratica.
L'A. riservandosi di ritornare sulla questione conclude affermando che la bare-
stesia è una sensibilità superficiale; il suo organo fisiologico è la pelle; la sensazione
della pressione è data dal contatto diretto e dai punti di trazione eccitati indiret-
tamente. I tessuti profondi come i muscoli, i tendini, il periostio, sono solamente
sensibili alle pressioni brutali determinanti una sensazione, che si avvicina alla sen-
sazione generale di dolore. La via conduttrice della barestesia è il cordone posteriore.
Sanati,
Nenropatologia \S3
22. P. SoUier, Hystérie et Sommeil, (Théorie physiologiqne de rhysterie). — « Ar-
chives de Neurologie », n. 5-6, 1907.
L*A. dichiarata l'insostenibilità della teoria psicologica dell' isterismo, quale è
stata fonnulata soprattutto da Claparède, poiché mal si spiegano con tale teoria
certi fatti del grande isterismo, quali i disturbi vasomotori, secretori, trofici, e gli
accidenti viscerali, si propone di enuncianie una che possa invocarsi a spiegazione di
tutte le manifestazioni di tal malattia. Ricordato come possiamo distinguere il cer-
vello in cervello organico, postero-laterale (sede dei centri motori, sensitivi, senso-
riali ecc.) e cervello psichico, anteriore, (sede di appercezione, memoria, evocazione, sintesi
della personalitÀ) dice che se supponiamo interrotto uno dei centri organici, p. e. quello
del braccio, poiché tal centro è motore, sensitivo e psico-motore, ne verrà di conseguenza
la paralisi, la perdita della sensibilità e della rappresentazione mentale del movi-
mento. Se tale interruzione è solo parziale, gli stimoli periferici giungeranno ad
eccitare le reazioni subcoscienti, insufficienti alla produzione del movimento e della
sensazione cosciente. Con tal interruzione sono lese le comunicazioni e colla periferia
e col centro psichico, mentre le altre vie sono pervie e funzionano regolarmente,
così che r individuo ha la sensazione come di sdoppiamento della propria personalità,
mentre il campo di coscienza è diminuito, e la sintesi delle impressioni incompleta.
Nelle manifestazioni isteriche accade che più centri siano inibiti, tutti in mag-
giore 0 in minor grado fino a inibizione completa, mentre di altri continua il retto
funzionamento. Dalle svariatissime combinazioni possibili sia per numero di centri
lesi, sia per grado, ed estensione di lesione nei centri singoli, dipendono le molte-
plici manifestazioni dell'isterismo, transitorie, parossistiche e permanenti. Ma la
grande isteria, a manifestazioni multiple, è accompagnata costantemente da insonnia.
Ora, poiché nessuno può resistere per tanto tempo all'insonnia, senza risentirne grave
danno, conviene ammettere che tali malati godano di un sonno patologico. E lo spe-
ciale stato di torpore, di anestesia, di vigilambulismo provano che l'individuo si
trova in istato di sonno patologico. Non solo, ma provocando un sonno più profondo
coir ipnosi, sì hanno dai pazienti risposte che attestano lo stato loro di sonno, e
ridestandoli con brusche eccitazioni, cercando di ricondurre colla suggestione il paziente
a vivere una vita che si ricolleghi direttamente colla sua vita normale, quella vissuta
prima dell'inizio della grande isteria, mentre si guarisce l'ammalato, se ne ricosti-
tuisce la personalità morale, come se la vita fosse decorsa regolarmente, attraversata
da un sonno di mesi e di anni, invece che di poche ore. E i pazienti hanno la stessa
sensazione, vivendo la vita normale, che avremmo noi se dormissimo 48 ore: che
non sapremmo convincerci di non esser all' indomani del giorno in cui ci coricammo.
E nell'individuo ridestatosi alla vita normale, riprendono le funzioni vegetative e
psìchiche, pur provocando un senso di torpore, reazioni sensitive motrici o sensoriali,
quasi le parestesie che si soffrono al ritorno della funzione a un braccio intorpidito
P- e. dal freddo.
E ad ogni centro. leso, ossia torpido, inibito, addormentato, corrisponde uno spe-
ciale sintoma obbiettivo e soggettivo più o meno persistente e grave a seconda della
persistenza e gravità della lesione. E la somma di varie inibizioni costituisce appunto
1 isterismo, concepito dunque dall' A. come uno stato di sonno patologico dei centri,
non uguale al normale (ne ripete infatti una causa diversa: shock traumatici, difetto
di funzione periferica, emozioni) ma che come il nonnaie può esser interrotto da ecci-
^zioni esteme fisiche (meccanoterapia ecc.) e psichiche (suggestione) più o meno vio-
i84 Rivista di Patologia nervosa e mentale
lente, a seconda della profondità del sonno stesso, durante il quale i centri torpic
non sono esclusi dalla partecipazione dell* attività cerebrale generale, come prova 1
persistenza della funzione subcosciente. In conclusione l' isteria è uno stato di dim
nuita attività (da leggera diminuzione a inibizione completa) dei centri funziona
della corteccia cerebrale, esagerazione del fatto fisiologico del sonno, nel senso che pi:
occupare tutta la corteccia, e durare indefinitivament^. Turchi.
23. P. Timpano, A case of hysteria simulating the sindrome of Brofcn-Si
quard. — « Journal of mental Pathology », voi. Vili, n. 1.
Donna di 20 anni, da madre nevropatica, essa stessa di carattere irritabile
impressionabile. Riceve una forte impressione vedendo inferire un colpo di colteli
alla spalla di un uomo, per cui cade priva di sensi: ritornata in sé offre: l)a]la mei
destra del corpo una totale emianestesia tattile, dolorifica e termica dell' arto inf
riore e dell'addome fino all'altezza di 8 cm. sopra l'ombellico: il senso muscolai
è normale, come il riflesso alla luce ed accomodazione; assente il riflesso piantar
diminuito il rotuleo : normali i movimenti attivi e passivi delle due estremità, co
lieve diminuzione della forza muscolare dell' arto superiore : 2) alla metà sinistra un
emiplegia di tutto l'arto inferiore; le sensibilità sono normali, fuorché qualche pi<
cola zona di ipoestesia al torace e all' arto paralizzato, nel quale è diminuita)
senso muscolare; è accentuato il riflesso alla luce e accomodazione, esagerato il rifles^
rotuleo, diminuito il plantare; si nota inoltre: campo visivo ristretto, discromatopsi
per il verde, abolizione del riflesso faringeo: psichicamente depressione, preoccupi
zione, con fobia per le malattie contagiose e la solitudine.
Il quadro comparso improvvisamente è scomparso improvvisamente dopo 20 giom
Se fosse dovuto a lesione organica essa dovrebbe localizzarsi nel midollo spinale
sinistra, fra l' ultima vertebra toracica e la prima lombare. Nello stesso punto deve 1(
calizzarsi la lesione funzionale, a determinare la quale ha contribuito, secondo' l'A.
una tara ereditaria neuropatica, e lo spavento subito per cui la paziente riport
una emozione tale come se essa fosse realmente stata passiva del colpo di colteli
alla schiena: e dovendosi escludere un disturbo funzionale locale di natura rifless
per la mancanza di traumi diretti o indiretti, la lesione funzionale che ha portat
tal sindrome di Brown-Sé quard d'origine psichica, consiste in un fatto di inibi
zione dei centri sensitivo-motori. Turchi.
24. B. Bycho'wski, Zur Phànomenoìogie der cerehralen Hemiplegie, — « Neun
logisches Centralbatt », N. 4, 1907.
25. J. Grasset, Un signe de paralysie du memore in férieur : possibili fé de san
lever isolément le memore paralysé, aree impossihiliié de soulever simulto
nément les deux memhres inférieurs, — « RcH'ue neurologique », n. 6, 1901
Nelle emiparesi organiche l'ammalato stando supino sul letto non riesce mai
sollevare contemporaneamente i due arti inferiori, mentre può benissimo sollevarn
prima l'uno e poi l'altro. Questo sintonia, che è rilevabile anche in emiparesi d
lieve grado e che si riscontra secondo Grasset e Gaussel tanto nelle paresi ceri
brali, come in quelle midollari e secondo Bychowski solo nelle cerebrali, fu ossei
vato dai suddetti AA. quasi contemporaneamente. Ora Grasset ritorna sull' argc
mento per spiegare la patogenesi del fenomeno e combattere la teoria emessa i
Nevropatologia 1 85
proposito dal Bychowskì. Quest* ultimo sostiene che nelle lesioni organiche di un
emisfero, l'altro emisfero supplisce il primo esercitando un'azione omo e contro-la-
terale, e perciò nel sollevare un sol arto inferiore tutta l' attività dinamica dell'emi-
sfero sano si porta su questo movimento, nel sollevare invece contemporaneamente i
due arti inferiori, l'attività si divide tra i due arti e per questo produce risultati
meno intensi e quindi insufficienti allo scopo.
Grasset è di opinione assolutamente contraria. La patogenesi del sintoma è pura-
mente meccanica. Quando un ammalato sta in posizione supina sul letto e solleva un
arto inferiore, prende come punto d'appoggio l'altro arto ed il tronco, quando invece
solleva contemporaneamente i due arti deve prendere come punto d'appoggio solo il
tronco. In questo modo si può comprendere come tale prova riesca a mettere in ri-
lievo una diminuzione di forza anche di lieve grado e quindi una emiparesi.
Sandri.
26. P. Bonnler, Trouhles oculomoteurs par intoxicaiion rachi-labirintique, —
« Révue neurologique », n. 6, 1907.
In un recente articolo sulla paralisi dell' oculomotore estemo da iniezioni per
la via cefalo-rachidea F. Lévy e A. Baudain riportano un certo numero di osser-
Tazioni di paralisi transitorie del VI paio, in seguito ad iniezioni lombari di stovaina
e di novocaina e due casi personali per iniezioni nel lago basilare di alcool, cloroformio,
cocaina. Gli AA. non sanno trovare la ragione di questa speciale suscettibilità del
VI paio, e richiamano su di essa l'attenzione dei nevropatologi e degli oculisti.
L'A. ili modo semplicissimo spiega le ragioni di questa vulnerabilità. Il tossico
iniettato in un punto qualunque della massa liquida cefalo-rachidea penetra nella
cavità labirintica, e si trova colà in contatto con l'ampolla del fondo dell'orecchio che è
^ piti sensibile, la più nuda e la meno difesa delle parti nervose che bagna il liquido
intossicato. Nulla di strano dunque che un'irritazione speciale dell'ampolla vesti-
ci are si ripercuota direttamente, per l'intermediario del nucleo di Deiters, sull'ap-
parecchio motore oculare che è con esso immediatamente collegato, e cioè sul VI paio
dello stesso lato. Sandri,
27. Xj. B. Bregrmann, Ueber aleute Ataxie, — « Deutsche Zeitschrift fftr Nerven-
leilkunde », Ed. 33, H. 5-6, 1907.
Sotto il nome di atassia acuta viene compresa una serie di quadri morbosi che
"*nno per carattere comune l'atassia, ma che si distinguono per molti riguardi
^^* oni dagli altri. Da un lato vi vengono annoverati dei casi di neurit« multipla
^^^tyneuritis ataxica\ dall'altro dei casi in cui le lesioni, vascolari o encefalitiche,
h*iiiio una sede centrale: talora si tratta di lesioni del cervello {Ataxia cerebrali»
^C9€ta\ talora di lesioni cerebellari {Ataxia cerehellaris acuta). Esiste anche una
^orxiia cerebro-spinale di atassia acuta (Luthje), caratterizzata dalla paralisi degli
^nnt^ri, da disturbi della sensibilità e dalla mancanza dei riflessi patellari. I casi di
'^ta.&gia cerebellare acuta hanno per carattere comune l'assenza di alterazioni della
**^^sibilità, specie della sensibilità profonda, la quale .è sempre colpita nelle forme
P^^ferica e cerebrale. Per stabilire un diagnostico differenziale tra queste due ultime
^*^Tnie di atassia acuta valgono i criteri seguenti : i riflessi tendinei sono aboliti nella
donila periferica, conservati nella centrale ; nella prima sono dolenti alla pressione.
186 Rivista di Patologia nervosa e mentale
e talora anche spontaneamente, i tronchi nervosi ed i muscoli, ed esistono inoltre
dei fenomeni paralitici, sia pur lievi, a tipo periferico ; le alterazioni della sensibi-
lità sono poco accentuate nella forma periferica e interessano la sensibilità cutanea
a preferenza della sensibilità profonda. A queste considerazioni generali intorno al-
r atassia acuta, V À. fa seguire la descrizione di due casi clinici, dei quali il primo
si riferisce ad una forma cerebellare ed il secondo, che presentava dei caratteri in-
termedi tra la forma cerebrale e la periferica, è atto a dimostrare come in pratica
non siano sempre sufficienti i criteri clinici indicati per stabilire una sicura diagnosi
differenziale. Zalìa,
28. Fortunati e Q. Mingrazziiii) Contributo clinico allo studio della ^neuritis
optica familiaris (hereditana) ». — < Policlinico », anno XV, n. 3, 1908.
Intorno alla neuritis optica here ditari a poco &ncoT& si è scritto: in Italia poi,
nessuno, fatto eccezione di Rampoldi, se ne è occupato. Così che lo studio di questa
malattia è ancora pieno di incertezze e lacune. Gli AA. che ebbero occasione in
Roma di curarne diversi casi, riferiscono la storia di quattro di essi, (due coppie di
fratelli), interessantissimi in special modo perchè né negli antecedenti dei malati ne
nei discendenti vi era alcuno che avesse sofferto di tale malattia. Donde gli AA. cre-
dono più corretto parlare, nei casi loro occorsi, di neurite ottica famigliare, tenendo
conto specialmente che una tale denominazione potrà forse in seguito servire di base
per indagare più profondamente le cause ancora misteriose di questo male. Nei quattro
malati non è stato possìbile scoprire alcuna causa plausibile, non alcoolismo dei ge-
nitori 0 dei pazienti, non abuso di tabacco, né strapazzo di sorta.
Solo nella coppia B. si parla di una costituzione neuropatica della famiglia.
Del resto, quantunque si trovino spesso nei pazienti affetti da neurite ottica ere-
ditaria altre malattie (o sintomi) a carico del sistema nervoso, come emicrania, ver-
tìgine, cardiopalmo e persino attacchi epilettici, qui non se ne trovò traccia.
Sirigo.
29. H. Haupt, Ein Beitrag zur Kenntniss der idiopathiscken Athetose (athétose
doublé). — « Deutsche Zeitschrift fùr Nervenheilkunde », Bd. 33, H. 5-6, 1907.
La così detta atetosì bilaterale idiopatica o primitiva è una forma morbosa
tutt'altro che frequente, la quale deve esser tenuta nettamente distinta dall' atetosì
doppia che tanto spesso sussegue alla diplegia spastica infantile (Lewandowskv, Op-
penheim). L'A. ne descrive un caso, seguito da autopsia, che forse chiarisce alquanto
Tanatomia patologica, tuttora molto oscura, di questa malattia. Si tratta di una
bambina che aveva sofferto a 3 anni di difterite con conseguente paralisi e nella
quale cominciarono a manifestarsi verso il decimo anno i primi movimenti atetosici.
La morte avvenne due anni dopo per polmonite. All'autopsia furono riscontrati, come
unico reperto positivo degno di nota, dei piccolissimi focolai, residui di antichi fatti
encefalitici, in corrispondenza della corteccia del lobo parietale sinistro : non pu^
escludersi che altri focolai simili esistessero anche in altre parti dell'encefalo. Queste
alterazioni anatomiche, che forse debbono esser messe in rapporto con la difterite
pregressa, possono, malgrado la loro poca entità, essere considerate come la causa del
grrave quadro morboso quando si ammetta con Lewandowsky che tutte le affezioni
corticali, sofferte nell' infanzia, abbiano una tendenza spiccatissima alla produzione
dell' atetosì tardiva. Zalla,
Psichiatria 187
Psichiatria.
30. H. di Gasparo, Ver psychische Infantilismus. — « Archiv far Pyschiatrie
und Nervenkrankheiten », Bd. 43, H. 1.
L'A. passa in breve rassegna i lavori, ormai numerosi, apparsi sopra T infanti-
lismo : dallo stadio dì essi emerge come, allo stato attuale della quistione, si possa
dar dei casi di questa forma morbosa la seguente classificazione :
L Mixinfantilismo — tipo Brissaud-Meige ossia Infantilismo tiroideo.
U. Infantilismo distrofico — tipo Lasègue-Lorain: indipendente dall'appa-
rato tiroideo : quest'ultimo si può suddividere in :
.4. Forme congenite*, dipendono da cause endogene, vale a dire:
1. fattori ereditari (heredo-lues, tubercolosi, alcoolismo, senza tipici arresti di
sviluppo dell'apparato cardio-vascolare).
2. nascita precoce o altre circostanze non favorevoli nella generazione (età troppo
giovane della madre, senilità dei genitori).
3. Particolari* arresti di sviluppo dell'apparato cardio-vascolare (forme anangio-
plastiche e cardiodistrofiche).
4. Lo stato cosidetto timico-1 infatico.
B. Forme acqmmte: hanno origine da danni sofferti nel primo periodo della
vita, cioè:
5. Infantilismo da indigenza.
6. Alterazioni precoci del ricambio materiale senza sviluppata ipoplasia vasale.
7. Malattie precoci da infezione od intossicazione (alcool, tubercolosi, malaria).
8. Fattori traumatici.
Quando tutti i caratteri siano bene sviluppati sì possono così riassumere le qua-
lifiche che distinguono i due tipi.
I. Tipo Brissaud: forme tozze, come rigonfie: statura piccola: faccia larga di
colorito pallido-scialbo, con tratti nettamente infantili, naso schiacciato, labbra tumide,
palpebre edematose: testa grossa: collo corto (di regola grosso): dentatura di latte:
voce alta : tronco corto e cilindrico: addome sporgente: estremità corte e molto volu-
minose: bacino infantile: marcata lordosi lombare: organi sessuali rudimentali, man-
«^«nza di tutti i caratteri sessuali secondarii: apertura delle suture epifisarie. Il corpo
^* le proporzioni di quello di un fanciullo.
II. Tipo Lorain: piccola statura, corporatura delicata, slanciata: scheletro
molto gracile : pelle sottile, pallida: forme angolose: arti inferiori lunghi e sottili:
borace sottile, sterno infantile : bacino di forma infantile : suture epifisarie normal-
mente ossificate : tratti del viso ben marcati, da impubere : voce alta : collo lungo :
compiuto il mutamento della dentizione (quantunque talora sia ritardato): atrofia
coìtale (utero infantile), scarsi o mancanti i segni sessuali secondarii con anomalie
^^Ha mestruazione: misure del corpo di piccola dimensione (uomini in miniatura):
relatÌTaraente conservata l'armonia dei sìngoli segmenti.
L'A. mette quindi in evidenza le somiglianze che esistono tra l'infantilismo mixe-
^^«matoso e il mixedema vero. Accetta quindi l' opinione di De Sanctis ed Ausset
che ogni età della vita possa presentare dei particolari stati di infantilismo.
188 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Quindi passa alla trattazione dei disturbi psichici che si riscontrano in questi
soggetti, ricordando gli studi in proposito compiuti dai varii autori, sopratutto da
De Sanctis. A questo punto egli aggiunge le sue osservazioni personali minuta-
mente condotte sopra cinque soggetti. * •"
Questi, dal punto di vista delle imperfezioni somatiche, appartengono alcuni al
tipo Brissaud, altri al tipo Lorain: ma nella valutazione dei loro disturbi psi-
chici TA. prescinde da questi criteri di classificazione e li divide in due gruppi : in
uno predomina una completa psiche infantile, sia nelle manifestazioni generali che
nel dettaglio, con scarso sviluppo dei mutamenti affettivi che compaiono nel periodo
della pubertà: infantilismo psichico nello stretto senso della parola. Gli individui
che appartengono a questo gruppo sono fanciulli maturi e adulti affatto immaturi.
Negli individui del secondo gruppo si ritrovano le linee fondamentali di una costi-
tuzione psichica qualitativamente normale, però commisti con importanti ed in parttf
caratteristiche proprietà della mentalità infantile. Anche i fenomeni psichici consi-
derati dal punto di vista quantitativo, hanno delle dimensioni puerili : si trova una
« psiche in miniatura ». Gli individui di questo gruppo sono metà adulti e metà
fanciulli.
Interessante la patologia di queste psiche infantili : nel primo gruppo si trova
con facilità: 1) omissione di particolari anche quando sono di grave momento; 2) esa-
gerazione e insistenza immotivata sopra alcuni particolari; 3) false testimonianze,
fondate su una non corretta appercezione dell'ambiente ; 4) false ricordanze: nascono
queste o per sovrapposizione volontaria di ricordi o per confusione di questi.
Tutti questi fatti si basano sopra: 1) disturbi della facoltà di attenzione e so-
pratutto sulla mancanza di capacità di afferrare presto e concisamente delle perce-
zioni complesse; 2) incompleto potere di astrazione; 3) insufficienza dell'energia e della
fedeltà della memoria ; 4) mancanza di indipendenza ed incompletezza del potere di
formulare giudizii; inclinazione ai giudizii categorici, analogici, con incapacità di giu-
dicare della vera portata di un'asserzione ; 5) vividità della fantasìa che si sviluppa
oltre il giusto limite; 6) aumentata suggestionabilità; 7) disposizione a stati affet-
tivi ansiosi.
Nel secondo gruppo il modo di riferire è nel suo contenuto, essenzialmente
esatto e critico: la rappresentazione in linea generale si avvicina alla verità: e i ri-
cordi sono accuratamente usati: i fatti più importanti vincono sulle circostanze se-
condarie: l'omissione di particolari è rara e si riferisce sopratutto alle circostanze
secondarie. Però delle asserzioni inesatte — che si spiegano o con non esatte perce-
zioni 0 con una alterazione del ricordo di queste durante il volgere del tempo —
si presentano ancora abbastanza di frequente, ma le vere falsificazioni di ricordi sono
eccezionali. Qui si verifica spesso il fatto che l'individuo confessa di non sapere o
dà risposte indeterminate, il che lascia adito al controllo e alla correzione indi-
viduale.
Quindi l'A. si occupa, riportando alcuni suoi casi, delle forme di malattìa men-
tale che possono sorgere in alcuni di questi soggetti affetti da infantilismo : e in
altro breve capitolo, pure corredato di osservazioni personali, della morbilità e della
mortalità di questi esseri. '
In un ultimo si occupa dell' Infantilismo psichico jìarziale, nel quale, accanto
a fatti che dimostrano una psiche abbastanza sviluppata, se ne trovano altri che
hanno le qualifiche di quelli infantili.
0. Rossi,
Psichiatria 189
31. J. 8. Hermann, Ueher organische Kontrakturen bei progressi l'er Paraìyse, —
« Centralblatt fùr Nervenheilkunde und Psychiatrie », N. 230, 1907.
Ricordato come nella paralisi progressiva siauo frequenti le alterazioni motorie
(alterazioni dei movimenti e reazioni oculari, tremori, disfasie, episodi epilettiformi,)
l'A. osserva come non siano frequenti le contratture flessone unite a immobilità della
colonna vertebrale che ostacolino, fino a renderle impossibili, e l'andatura e la disten-
sione passiva. Perciò riferisce le storie cliniche di sei casi pei quali la diagnosi
di paralisi progressiva emerge da evidenti e numerosi sintomi fisici e psichici, casi
nei quali si è appunto verificata una più o meno estesa e intensa contrattura fles-
soria, che in tutti i casi interessa le estremità inferiori (in un caso per la contrattura
degli adduttori si son verificati decubiti al ginocchio) e in tre casi anche le. estre-
mità superiori. Tali contratture sono più o meno invincili e irriducibili con movi-
menti passivi, e si accompagnano ad atrofia muscolare che a volte colpisce anche il
tronco, mentre la colonna vertebrale è rigida. Contratture, atrofie e rigidità aggra-
vano il quadro morboso, senza però influire sulla sua durata, solo esse si fanno tanto
più spiccate quanto più vanno inveterando, e si presentano in una fase già avanzata
della paralisi. Accennato in quali affezioni morbose si avverino le contratture con
atrofìe muscolari, ricorda che nella anatomia patologica della paralisi progressiva
figurano alterazioni vasali, delle cellule nervose corticali, dei gangli subcorticali, delle
cellule delle coma anteriori, specialmente della regione lombare (B erger). E poiché
la gravità delle atrofie, la specie delle contratture in flessione invece che in estensione,
la mancanza del Babinski, stanno contro alla natura cerebrale delle alterazioni
descritte, deduce che esse siano dovute a lesioni delle cellule delle coma anteriori,
specie della r^one lombare, lesioni che sono sufficienti al quadro speciale stesso.
Turchi,
32. M. RoBenfeld, Ueher Beeiehungswahn, — « Centralblatt fftr Nervenheilkunde
und Psychiatrie », N. 231, 1907.
L'A. descrive alcuni casi di delirio di relazione, che si manifesta in modo acuto
e consiste in una alterazione dell'identificazione secondaria. I pazienti credono che
ad essi si riferiscano e si colleghino tutte le possibili evenienze del mondo esterno:
credono di esser oggetto della altrui osservazione e dei discorsi e degli scherni altrui :
perciò r animo è in una disposizione consona all'idea delirante, che però non si ac-
compagna ad altre manifestazioni. Mancano perciò sintomi catatonici o ipocondriaci,
né la psiche né l' habitus risentono alcun danno. Tale stato dura per un tempo va-
riabile, (qualche anno) con remissioni di qualche mese. Kraepelin descrive tali
forme come manifestazioni acute, abortive, di paranoia: però VA. propende a con-
siderarle come una speciale manifestazione non comune (forse non sempre la si osserva
n^li ospedali) di follia maniaco-depressiva. Infatti i pazienti non sono queruli, dis-
simulano, tendono a sottrarsi all'ambiente, a rinchiudersi in casa, a sfuggire i cono-
scenti, mentre, per la speciale disposizione d'animo, non posson più attendere ai
propri uffici, né posson più concentrarsi, come appunto nelle forme maniaco-depres-
sive. Colpiti di preferenza sono gli individui nevrastenici, isterici o alcolizzati : non
si hanno criteri suflicienti per stabilire una prognosi.
Turchi.
190 lìivhta di Patolof/ia nervosa e mentale
33. A. Mézie et P. Bailllart, Contribution à Vétude de Voeil chez les aliène».
— « Archi ves de Neurologie », n. 1, 1907.
Gli A A. hanno determinato il campo visivo in più di 200 alienati e, presa, come
normale l'estensione media del campo di 50 individui normali, hanno stabilito che :
1) Negli stati di delirio con allucinazioni, (deliri sistematizzati, d'interpretazione,
d'intossicazione) e negli stati depressivi, (melancolia delirante, melancolia ansiosa)
il campo visivo è costantemente ristretto, restringimento che perdura tutto il tempo
dello stato allucinatorio o depressivo. 2) Negli stati di eccitamento, (mania sfmplice,
continua, intermittente) il campo è allargato in ragion diretta dell'agitazione, per
la durata dell'agitazione stessa. 3) Nelle forme maniaco-depressive, nei paralitici
progressivi i periodi di eccitazione e depressione si accompagnano con oscillazioni
del campo visivo al disopra e al disotto della norma. Queste variazioni dell'esten-
sione del campo visivo che accompagnano disturbi allucinatori, e disturbi dell'atti-
vità generale, che sono in rapporto diretto coli' intensità dei disturbi stessi, che li
precedono da poche a 24 ore, li accompagnano e cessano da poche a 24 ore dopo, con-
sistono 0 in un restringimento in alto, talora in alto e in fuori, o in un allargamento
circolare concentrico. L' esame delle pupille e del fondo dell' occhio non permette di
stabilire nulla di positivo.
Tirchi.
34. E. E.'Moravosik, Ueber einzelne motorische Erscheinungen Geisteskranker
(mit 32 Textfiguren). — « Allgemeine Zeitschrift ftìr Psychiatrie und Paychisch-
gerichtliche Medizin », Bd. 64, H. 5, 1907.
Le malattie mentali in cui si osservano i fenomeni motori più svariati sono la
demenza precoce e la paralisi progressiva. Nella forma catatonica della demenza pre-
coce, oltre alla posa statuaria ed alla flessibilità cerea degli ammalati, già più volte
descritte, merita di esser ricordata la tendenza alla suddivisione in fasi (Ergoschizifi)
di alcune azioni complesse e inoltre quel fenomeno per cui i malati interrompono
nel bel mezzo un'azione cominciata e non la portano al fine (ErgotripsiSf Krgodia-
lepsis). Gli stessi fenomeni possono verificarsi nei discorsi {Logoschizis, LogodialepsiSf
Logotripsis). Le pose assunte da questi ammalati sarebbero caratterizzate da una
certa eleganza ed artisticità.
Gli impulsi motori a ricorrenza periodica, immotivati e quindi automatici, carat-
terizzano specialmente le varietà ebefrenica e paranoide della demenza precoce; ed
anche i fenomeni psichici sogliono svolgersi in queste malattie con una certa perio-
dicità, come ad accessi. In genere gli atti dei dementi precoci non sono determinati
da allucinazioni, illusioni od idee deliranti ; alcuni trovano la loro spiegazione nella
mancanza del senso di posizione e del senso del dolore provocato dalla tensione
muscolare.
Negli epilettici, specie in quelli di lunga data, si osservano talora dei fenomeni
acinetici, ipercinetici o paracinetici, dovuti probabilmente alle oscillazioni della
cenestesi.
Nella paralisi progressiva si verificano i più svariati fenomeni motori : sono stati
descritti il tremore, le convulsioni, le contratture, i movimenti atassici, coreici,
ritmici, mioclonici ecc. Negli stadi avanzati si vede spesso che, quando sono in letto,
i malati tengono il capo molto sollevato e piegato in avanti, per una forte contrat-
Psichiatria 191
tura unilaterale o bilaterale del ni. stemo-cleido-mastoideo. Anche nella paralisi pos-
sono riscontrarsi delle attitudini stereotipe o catatoniche che si distinguono da quelle
della demenza precoce per la loro grossolanità e insensatezza.
Frequenti sono negli alienati, specie nei dementi precoci, i disturbi vasomotori
<arros8amento e pallore, dermografia ecc.): in questi ammalati un arrossamento intenso
del volto accompagna spesso ogni esacerbazione della malattia.
Notevoli sono pure nella demenza precoce le oscillazioni della temperatura del
corpo e del ritmo cardiaco.
I fenomeni motor! sopra ricordati sono l'esponente di una demenza irrimediabile
e spesso rappresentano una regressione agli atti primitivi dell'età infantile (movi-
menti riflessi ed automatici).
Zalla.
Terapia.
35. A. V. Gtohuohten, Les tumeurs cerebrale» au point de rue du traitement
opératoire, — « Névraxe », voi. IX, fase. 1, 1907.
Premesso come non siano accessibili al chirurgo che i tumori in rapporto colla
faccia estema degli emisferi, stabilisce come teoricamente operabili il 20 7o ^^i casi.
Di questi però, poiché non sempre è possibile far diagnosi esatta di sede, e per la
incertezza dei sintomi e, anche, per la loro mancanza, poiché d'altra parte occorre
tener conto della natura, profondità e rapporti del tumore, dell'esito e delle com-
plicanze dell'operazione, solo il 2-3 ^/^ sono realmente operabili con esito in guarigione
0 in miglioramento.
Riferisce le storie cliniche di cinque casi : Del V (tumore del lobo temporale sin.),
€ del 2^ (del lobo occipitale destro) non fu possibile la diagnosi di sede o di operabi-
lità in vita. Nel 4° caso non fu possibile l'intervento trattandosi di sarcomi multipli
delle ossa del cranio. Nel 3° caso si tratta di una cisti dell'aracnoide che fu vuotata
per parecchie volte e che si è sempre riformata in un periodo più o meno lungo di
tempo, con alternativa di miglioramento più o meno reale e durevole, quantunque
esistesse atrofìa delle vie cortico-spinali. Nel 5° caso fu asportato un glioma sarco-
matoso dall'emisfero destro : quantunque l'emisfero fosse profondamente interessato si
è ottenuta la guarigione completa, eccezione fatta di una diminuzione della facoltà
nsiva, più spiccata a destra, e ciò forse, benché le ipotesi soddisfacciano poco, per
in adattamento dell'emisfero alla compressione gradualmente crescente, o per una
finzione vicaria dell'emisfero sinistro..
Turchi.
^* R. Sixnoncini, Sulla patogenesi e cura della corea volgare, — « La Pedia-
tria », anno XVI, n. 1, 1908.
In questi ultimi tempi in cui si va sempre più radicando l'opinione che diverse
^Jilattie del sistema nervoso siano da ascrivere ad alterazioni del ricambio materiale,
M abnormi prodotti suoi e ad insufficienza di organi naturali di difesa, ò stata spesso
rilevata l'importanza dell'apparato tiroide e in particolar modo dell© paratiroidi.
Oli accidenti sopravvenuti in individui operati di gozzo, l'osservazione clinica
^ anatomopatologica di casi di ipoplasia tiroidea, i fenomeni conseguenti sempre alla
192 Rivista di Patologia nervosa e mentale - Terapia
ablazione sperimentale della tiroide, sia totale che parziale, e che vanno dalla tetania
nel primo caso, al tremore, movimenti a scatto, ìncoordinati, involontari nel secondo
caso, fanno ritenere a diversi osservatori che alcune dì quelle affezioni che vanno
sotto il nome di nevrosi motorie, cóme la tetania, le mioclonie, la paralisi agitante,
le miastenie, possano essere in rapporto coir insufficienza parziale delle paratiroidi^
sia congenita, sia acquisita per intossicazioni endogene o esogene.
La partecipazione delFapparecchìo tiro-paratiroideo a processi infettivi dell'orga-
nismo è invero fatto accertato anche per ricerche di Tassale, Bayon, Koger e
Garnier. ^
In base pertanto a queste considerazioni ed a quanto si conosce relativamente
alla funzione delle paratiroidi, e tenendo conto come la corea si presenti spesso in
Bruito a processi tossico-infettivi, l'A. crede non improbabile che essa possa rite-
nersi un risultato di deficiente funzione paratiroidea, per cui verrebbe a mancare la
necessaria trasformazione di materiali regressivi dei ricambio, dovuti a processi di
origine batterica o chimica e che in determinate circostanze circolano aumentati nel-
l'organismo.
A conferma della sua ipotesi TA. riferisce Tosservazione di sei casi di corea trat-
tati esclusivamente colla paratiroidìna Tassale e in cui si ebbe la completa gua-
rigione.
Strigo,
37. G. D'Abiindo, Della scrittura associata come metodo terapico della mogi-
grafia. — « Rivista italiana di Neuropatologia, Psichiatria, ed Elettrote-
rapia », voi. 1, fase. 4, 1908.
Nella mogigrafia sono stati indicati vari rimedi, quali il massaggio, V elettrote-
rapia, la meccanoterapia, V intervento chirurgico, la psicoterapia, che spesse volte
s'infrangono in casi assolutamente ribelli. Lo scrivere con la mano sinistra, se in
determinate circostanze riesce di grande aiuto, abbastanza spesso è di transitoria
efficacia per lo sviluppo della manifestazione spasmodica anche a sinistra. L'A. ha
da qualche tempo adottato un metodo che egli chiama di scrittura associata e
che, in casi ribelli ad ogni precedente trattamento, gli ha dato risultati veramente
insperati. Tale metodo, abbastanza semplice consiste nel servirsi nello scrivere di
ambo le roani contemporaneamente, in modo che l' impulso volitivo si diffonda in
tutti e due gli arti senza concentrarsi esclusivamente nella mano destra. Perchè
esso sia efficace è necessario che il soggetto si metta di proposito ad apprenderlo^
facendo prendere parte attiva anche all' arto superiore sinistro, poiché, se questo
segue passivamente il destro, il metodo riesce addirittura inefficace. L' interpretazione di
esso pare all' A. debba essere fondamentalmente psicologica: la sparizione dello spasmo
avverrebbe perchè l'impulso volitivo si sdoppia in ambo gli arti superiori entrando
in azione la zona motrice dei due emisferi cerebrali, per cui non si determina più
la concentrazione dell' energia nervosa in un numero limitato di muscoli, che sarebbe
la causa dello spasmo. Nessun vantaggio si ottiene colla scrittura associata nella
forma di mogigrafia tremolante.
Strigo,
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia nervosa e mentaie
DIRETTA DA
E. TA.NZI
(ri1lKN7.1l)
À. Tì^MBURU^I S. MORSSIilil
(roma) (ofmova)
(modkna)
It o d a 1 1 o r i X
0. ROSSI
O. SANDRI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TAMZI, Clinica di San SaM, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Maggio 1908 Fase. 5
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Contributo allo studio delle atrofie muscolari congenite
e particolarmente della atrofia numerica di Klippel
per il dott. Emilio Ferrerò
Docente in Neuropatologia nella R. Università di Torino
In duo grandi gruppi si dividono le atrofie niuscohiri: atrofìe degenerative,
atrofie semplici. Le prime, che ripetono )a loro eziologia dalle infezioni acute
0 croniche, dai gravi traumi fisici e chimici, conducono alla scomparsa diretta
Wla fibra muscolare.
Nelle atrofìe semplici l'elemento complesso costituente la fìbra striata ha
lendenza a ritornare al suo stato primordiale di protoplasma non diflerenziato:
regressione plasmodiale e cellulare.
Questa regressione plasmodiale dapprima, poi cellulare passa per diverse
f^si, la risultante delle quali è in ultima analisi la scomparsa, Cfualche volta
totale, delle fibre muscolari, costituenti un l'ascio muscolare.
Il primo periodo delTalrofìa senij)lice è caratterizzato dalla divisione lon-
gitudinale, da una vera dissociazione delle fibrille; onde avviene che le fibre,
Piir conservando la loro struttura normale, pur presentando la striatura lon-
gitudinale e la trasversale, presentano un diametro minore della norma. Per ciò
SJ pnò parlare di atrofm volumetrica della libra muscolare.
194 E. Ferrerò
In tale fase il numero delle fibre muscolari non è diminuito; anzi, per
la suddivisione delle fibre, si è aumentalo.
È nel 2o periodo della regressione cellulare che le fibre si trasformano
e scompaiono. Allora il numero di queste, anche cessata la causa perturbatrice,
può apparire ridottissimo.
All'atrofia volumetrica si aggiunse V atrofia numerica. Queste due forme,
corrispondenti a due stadi di un medesimo processo, sono per lo più con-
comitanti.
Appartiene a queste atrofie semplici l'atrofia che tempo addietro era cono-
sciuta col nome di atrofia ri/lessa^ e che oggidi è chiamati! atrofia per irri-
tazione periferica.
Quest'atrofia si manifesta in seguito ad arlriti traumatiche od infetlive,
fratture delle epifisi e delle diafisi e quasi esclusivamente nei muscoli a
monte del punto leso.
Fu pure osservata nei muscoli toracici dei vecchi pleuritici, precocemente
nei casi di pleurite acuta (Lasigné, Raymond). Furono inoltre descrìtte
atrofie diffuse leggere in seguito a lesioni cutanee superficiali. (G. Ball et e
Bernard) (2).
Il decorso di tali atrofie è talvolta rapidissimo. Il grado è tale da con-
durre ad un'impotenza assoluta di certi muscoli. Né sempre havvi riparazione,
che molte volte l'atrofia dura tutta la vita come a testimonio della lesione
che ne fu la causa.
All'esame anatomico i muscoli sono più molli, più pallidi; le dimensioni
delle fibre sono ridotte del 15-30 perfino del 40 7o- Istologicamente esse
si mostrano diminuite di calibro, con striature evidenti, con moltiplicazione
dei nuclei (Klippel) (3). Il tessuto connettivo è in aumento: notansi abba-
stanza numerose le cellule adipose (Cazin). Puplay e Ciad o hanno descritto
delle fibre in degenerazione vitrea ed adiposa; ma con molta probabilità la
degenerazione era da ascriversi non al processo primario, ma ad un'infezione
sopravvenuta.
Varie teorie patogenetiche si sono succedute per spiegare tale atrofìa: dalla
teoria delFinattivìtà funzionale di Cruveilhier, da quella della compressione
dei vasi per il liquido contenuto nelle articolazioni (Koux), alla teoria delle
miositi per propagazione. Gosselin ammetteva come causa la denutrizione
delle fibre muscolari da eccessiva collaterale ipernutrizione richiesta dalla
riparazione dei tessuti lesi.
Secondo Durante non servono queste teorie a spiegare la rapidità evo-
lutiva di queste atrofie. Onde è che è accettata volentieri la teoria riflessa di
Vulpian e Charcot, secondo i quali l'irritazione dei nervi centripeti lesi
influirebbe sul dinamismo delle cellule radicolari delle corna anteriori.
Vulpian e Charcot ammettevano insomma una lesione dell' arco trofico
riflesso. E talvolta non si tratterebbe soltanto di semplice dinamismo funzio-
nale, ma bensì di una vera e propria lesione organica di queste cellule ra-
dicolari, centri trofici riconosciuti della fibra muscolare.
Contributo allo studio delle atrofie muscolari coìvfenite, ecc. i95
Ed infatti Klippel (4) nel 1887 in un caso di tumor bianco del ginocchio
osserTÒ atrofia delle corna anteriori.
Che esista tale influsso trofico riflesso dai nervi centripeti lo dimostrò
nel 1890 Ra ymond, che non ottenne l'atrofia riflessa in animali a cui sezionò
le radici posteriori corrispondenti ad un membro sperimentalmente leso. Le
ricerche recenti di Mignot e Mally(5) avvalorano tale asserto.
Queste cause produttrici dell'atrofia riflessa o per irritazione periferica
possono agire in un soggetto, i tessuti del quale non hanno ancora percorse
tutte le fasi del loro sviluppo.
Le atrofie, prodottesi in queste circostanze, rivestono talvolta caratteri
speciali, messi in evidenza da Klippel.
Esse sono appunto conosciute col nome di atrofie numeriche di Klippel.
Nel 1893 Klippel (6) descrisse la lesione dell'atrofìa numerica. Le sue
ricerche furono pure verificate nei lavori di lacquel e Sambon (7), di
Hallopeau e Tostivint(8) e di Rénaud (9). Furono ampiamente discusse
nella tesi di Daniel (10). All'atrofia muscolare numerica di Klippel dedica
Durante (11) un capitolo nella nuova edizione dell'Istologia patologica di
Cornil e Ranvier.
Secondo Klippel l'atrofia numerica è un arresto di sviluppo d'un organo
vessa, nervi, muscoli) senza altre lesioni che la diminuizione del numero degli
elementi anatomici; senza paralisi, contratture, modificazioni elettriche e dei
riflessi.
Si può soltanto notare nei muscoli una limitazione dell'estensione dei mo-
vimenti, per la sola brevità dei fasci muscolari. Si possono così osservare defor-
mità, ad esempio <c un piede equino )», che non sarà né paralitico, né spasmodico.
Tale atrofia si manifesta, ad esempio, in un arto che fu sede di grave
trauma, di frattura, di artrite, di scottatura, avvenute nei primi anni della
vita extrauterina. Questa atrofia é subordinata a due fattori importanti:
\, L'età del soggetto. Tanto maggiore sarà il grado dell'atrofia, quanto
più giovane é il soggetto;
2. La predisposizione individuale, la degenerazione. Tali fenomeni si
osserveranno nei soggetti a labe neuropatica accentuata.
L'atrofia muscolare numerica (ci imponiamo di trattare specialmente di
questa, che si presenta con sintomi più salienti) dipende, secondo Klippel,
non da mancato sviluppo, da agenesia di fibre muscolari, ma bensì da distru-
zione totale di un certo numero di elementi muscolari. Corrisponde insomma
perfettamente aL significato della parola «atrofia».
Si appoggia l'A. sulle sue osservazioni e su quelle di Meck (11), dalle
quali emerge indubbiamente che il numero delle fibre muscolari nel feto e
nell'adulto è uguale. Anzi, secondo Meck sarebbe maggiore nel tessuto musco-
lare fetale.
Per concepire l'atrofia muscolare numerica è d'uopo l'intervento d'un
fattore distruttore di certe fibre che preesistevano. L'esame istologico di questi
196 E. Perrero
muscoli nulla più svela del processo che portò a tal esito d'atrofìa: non atrofia
semplice, non degenerativa, non aumento del tessuto connettivo, non accumulo
nucleare, non infiltrazione adiposa. Sola si manifesta la riduzione del numero
delle fibre muscolari.
Per la spiegazione di questo reperto istologico della mancanza d'ogni
traccia cicatriziale del processo dissolutivo, occorre riportarsi allo studio delle
peculiari condizioni del tessuto muscolare in via di sviluppo. La fibra musco-
lare si sviluppa dalle cellule mesoderniiche a lato della corda dorsale e del
canale midollare. Nei vertebrati inferiori queste cellule, conlenenti un solo
nucleo centrale, si allungano a forma di cilindro; alla periferia sono percorse
da fibrille striate, mentre la parte assiale mantiene l'aspetto suo protopla-
smatico.
Questa forma è conosciuta col nome di ir sacco muscolare di Schneider».
Nell'uomo si nota invece che ai due poli della primitiva cellula muscolare
appare una sostanza omogenea, che si diffonde e si trasforma in fibrille.
Questo fibre, che appaiono al terzo mese della vita intrauterina, al
quinto già presentano la doppia striatura longitudinale e trasversale, perì) la
parte centrale permane protoplasmatica. Il nucleo od i nuclei si fanno eccen-
trici. Gih al quinto mese le fibrille hanno il volume che conserveranno sem-
pre. L'accrescimento della fibra è dunque dovuto più che all'aumento quali-
tativo, all'aumento dì numero delle fibrille elementari.
È d'uopo quindi ritenere che la fibra muscolare del feto e del bambino
si accresce per la produzione di nuove fibrille elementari. Nel muscolo adulto
la parte protoplasmatica (sarcoplasma) si è quasi completamente trasformala
in fibrille (mioplasmaì.
Questo tessuto muscolare, che non ha ancora raggiunto il suo completo
sviluppo, disturbato nella sua nutrizione, reagirà in modo peculiare.
Fibre muscolari cadranno preda all'atrofia; molte andranno perdute; ma
le perdite di queste fibre saranno mascherate dall'evoluzione delle fibre sfug-
gite al processo atrofico. Queste fibre si svilupperanno trasformando in fibrille
il sarcoplasma non ancora differenziato. Cosi l'aumento di volume delle fibre
superstiti colmerà le lacune prodottesi.
L'attività dei processi regressivi e dì riparazione nei tessuti fetali e gio-
vani è grande di fronte ai medesimi fenomeni che succedono nella vita adulta.
Or bene l'aumentato sviluppo volumetrico delle fibre sane, la rapida eli-
minazione dei detriti dell'atrofìa, concorrono a spiegare come unica traccia
del processo dissolutivo possa essere l'atrofia numerica.
La teoria riflessa di Vulpian e Charcot si deve applicare alla spiega-
zione della patogenesi di queste atrofie muscolari, di cui Klippel ha dato
esempi. Estendendo il medesimo principio jigli altri tessuti (ossa, nervi) si
deve ammettere che furono lesi nella loro funzionalità i centri trofici cor-
rispondenti a questi tessuti.
Questa teoria di Klippel, accettata da Durante, è simpatica ed accet-
tabile, benché con qualche riserva.
Coìitributo allo studio delle atrofia muscolari congenite , ecc. 197
Ghè non sempre il processo deiratrofla numerica sì mostrerà al nostro
esame accurato in tutta la sua purezza. Quest'atrofia numerica infalli non è
da ritenersi come una forma di atrofia peculiare, che si possa paragonare alle
due forme classiche: la degenerativa e la semplice. Essa, nel caso di Klip-
pel, non corrisponde che ad un esito dell' atrofìa semplice. Se la causa pro-
vocatrice dell'atrofia semplice fu leggera e di breve durata, può ben darsi
che tutte le fibre perdutesi siano compensale dallo sviluppo* biologico delle
fibre superstiti. Ma ove il trauma o l'artrite abbiano operato intensamente
in modo da produrre grave disintegrazione, allora, pur manifestandosi l'atrofìa
numerica, saranno pure visibili le tracce del processo d'atrofia semplice.
Possiamo cioè trovare, oltre alla diminuizione del numero delle fibre, i
reperti comuni delle gravi atrofìe, onde il processo fu spento: infìllrazione
t-onnettivale, adiposa, proliferazione nucleare ecc. ecc.
Nella sua slessa osservazione (con autopsia) Klippel parla di fibre con
slriature gialle, adipose, olire che dell'atrofìa numerica.
Tali riserve ad accettare integralmente le idee di Klippel, benché più
mitigate, si debbono mantenere nella disamina delle Atrofie numeriche congenite.
Il momento eziologico ed il meccauismo palogenetico, che abbiamo dimo-
jilralo nelle atrofie numeriche di Klippel, svoltesi nei primi anni della vita
extra-uterina, possono pure agire nella vita fetale d'un individuo.
Si possono cosi comprendere i fenomeni, per cui si produce un'atrofìa
numerica congenita. Cause provocatrici di tale disturbo di nutrizione possono
essere tutte le anomalie degli involucri fetali: la scarsezza del liquido amnio-
tico (Martin), le briglie amniotiche (Dareste), il cordone ombelicale stroz-
zante (Guerniol), il processo della trasformazione fìbrosa del derma cutaneo.
(Lannelongue).
Le atrofie per irritazione peri/erica nel periodo fetale si presenteranno
coi medesimi caratteri di quelle sopra descritte: minor volume dell'arto, dei
muscoli, che conserveranno pressoché normale la loro forza, la loro reazione
alla corrente elettrica, con conservazione dei riflessi. Si potranno notare defor-
mità non paralitiche, né spastiche o da retrazione, ma dovute unicamente
alla minor lunghezza dei muscoli.
Istologicamente le fibre costituenti i fasci muscolari hanno il volume nor-
male, le slriature evidenti.
La diminuzione. del numero di queste fibre unicamente determina Talrofìa.
La perdila di questi elementi muscolari è subordinala a tutti i fenomeni
(iescrilti dell'atrofìa semplice.
Ma la lacuna lasciala dalie fibre scomparse fu colmala dalle sane, che
hanno seguitato il loro processo evolutivo ed hanno aumentalo di volume.
Più rigidamente si deve qui applicare la legge suesposta sulla vivacità dei
processi di distruzione e di compenso nei tessuti in via di accrescimento.
I tessuti fetali invero offrono esempi di gravi lesioni avvenute senza che
minima traccia ne permanga.
198 E. Ferrerò
Gilles de la Tourette(12) infatti, studiando la patogenia dì certi pieds
bots congeniti senza impotenza, afl'ernia che tale deformazione potè restare
come solo segno d'una lesione midollare, che operò durante la vita intraute-
rina e che si spense al punto che nulla, se non il pied hot^ la può svelare.
Molte volte questi stessi pied$ bots presentano muscoli in atrofia numerica
semplice, senza traccia dei processi regressivi svoltisi precedentemente.
Recentemeftle Klippel(13) ha pubblicato un esempio di queste forme
atrofiche congenite col titolo: Atiomalies multiples congènilales par atrophie
numérique des tissus.
L'esame clinico dell'ammalata di Klippel scopre un complesso di
sintomi:
1. Arresti di sviluppo localizzati.
2. Deformazione delle estremità.
3. Slato neuropatico.
Credo utile, per maggior chiarezza, riportare per sommi capi l'osserva-
zione, puramente clinica, di Klippel.
B.y 24 anni. Antecedenti ereditan: madre nervosa, fratello neuropatico,
padre cardiopatico.
Antecedenti ])ersonali: è nata con deformazioni ed atrofie ossee.
Camminò a 4 anni; cadeva sovente e nel cammino si appoggiava sul
bordo interno del piede.
A i8 anni prima mestruazione; le successive irregolari. A 19 anni feno-
meni isterici. Viene accettala alla SalpcHrière per nevralgia intercostale.
Esame dell' ammalata :
A) Disturbi trofici per arresto di sviluppo.
1. Piedi. Globosi con esagerazione della volla plantare, specialmente al
lato interno. Parte anteriore del piede deviata all'esterno. Su questa s'impian-
tano 5 dita anormali. 11 4^ e 5** sono meno sviluppati e misurano appena i cni.
L'alluce è piriforme. Dita a griffe per esagerala flessione dorsale, dovuta a
brevità maggiore degli eslensori. La pelle è liscia; mancano le unghie.
2. Gambe. Minor sviluppo muscolare. Gena valgum. Tibie lunghe 35 cm.
3. Arti superiori. Mano: mentre il 5^ dito è arrestato nello sviluppo
le altre dita paiono aumentale in lunghezza. Avambraccio: i tendini dei fles-
sori sono molto corti, si che è impossibile all'ammalata allargare e distendere
le ultime falangi. Le masse muscolari sono ridottissime di volume.
4. Altre deformità: sterno corto, carenato, lungo .15 cm. Scoliosi de-
stra cervicale. Volta palatina ogivale.
B). Sintomi del sistema nervoso: anestesia della pianta dei piedi. Riflessi
consenali. — Reazione elettrica normale.
Klippel presenta il suo caso come un esemplare della medesima forma
di atrofia numerica, che si svolge nella vita extrauterina.
Riconosce ad esso la medesima patogenesi: l'azione d'un trauma ha per
riflesso indotto la perdila di elementi muscolari non solo, ma ha provocato
pure l'arresto di sviluppo degli arti.
Contributo allo studio delle atrofie mmeolari com^enite, ecc. 199
II processo che condusse all'atrofìa numerica muscolare fu quello del-
l'atrofia semplice. E fu grave si che non completo avvenne il compenso non
solamente anatomico, ma anche funzionale.
Ma noi dobbiamo amplificare il concetto di Klippel.
Le polinevriti, le encefalopatie, le poliomieliti della giovane età produ-
cono l'atrofia muscolare e l'arresto di sviluppo d'un dato segmento. Le due
prime entità morbos»; agiscono indirettamente sui centri trofici midollari, che
sono sede diretta della lesione poliomielitica. Anche nell'atrofia per irritazione
periferica, come quella descritta da Klippel è invocato, come affermammo,
W medesimo meccanismo da Charcot e Vulpian.
Identiche sono le lesioni muscolari, caratterizzate dall'atrofia semplice.
Ammessi questi principi e dimostrate le attitudini speciali dei tessuti fetali,
adiludini ristauratrici esagerate di fronte a quelle dei tessuti giovani extraute-
rini, è logico ammettere che possa essere risultante dei sopradetti processi
morbosi, svoltisi nella vita intrauterina, l'atrofia numerica di Klippel: l'atrofia
muscolare ed arresto di sviluppo di dati segmenti: con tutte le riserve già
accennate.
Cosi può un'atrofia congenita da poliomielite o da polinevrite rivestire i
caratteri che essa presenta allorquando succede nella vita extrafetale; ma se
gli agenti perturbatori del trofismo agirono nei primi momenti della vita in-
trauterina, se non furono tanto intensi, può svolgersi il procedimento che
port-3 alla semplice atrofia numerica.
Tutta la serie dei pieds bots^ legali ad alterazioni dei centri trofici midol-
lari, nelle sue varie manifestazioni anatomiche, è la riprova di quanto fu
affermato.
Infatti Durante (14) descrive nei muscoli dei pieds bots le seguenti varietà:
1. Nei casi più gravi atrofia completa dei muscoli, ridotti a tratti fibrosi.
2. I muscoli sono ancora riconoscibili ed infiltrati di tessuto adiposo.
3. Manca l'adiposi interstiziale. Tutte le fibre sono cilindriche e giustap-
poste, ma con striature indistinte ed aumento dei nuclei. All'esame istologico
risultano costituiti da protoplasma granuloso non diflerenziato.
4. Non aumento di connettivo interstiziale. Semplice atrofia volumetrica.
5. Fibre muscolari di volume normale. II muscolo è sano istologica-
mente, ma è macroscopicamente atrofico. Non vi ha riè sclerosi, ne degene-
razione, ne atrofia di fibre, ma assenza di un certo numero di elementi;
insomma atrofia numerica.
A dimostrazione di quanto fu detto che altre cause oltre Tirritazionc
Friferica possano produrre la sindrome di Klippel, riferisco un caso che
^^ ho potuto studiare nella mia sezione dell'Ambulatorio Policlinico.
Olivero Felicita, d'anni 13, di S. Maurizio Canavese, è 1* ultima figlia di geni-
eri sani, di antecedenti insospettabili.
I suoi fratelli non presentano nessuna anormalità.
200
E, Perrero
Essa nacqae a termine, in presentazione podalica. Fu su lei notata, appena nata,
una lunghezza eccessiva degli arti, si che era oggetto di curiosità. Così pure non
sfuggirono ai parenti un certo grado di retrazione delle dita, retrazione in flessione,
ed una posizione viziosa del piede che presentavasi rivolto indietro ed esteso sulla
gamba. ^
Col crescere in età queste alterazioni si fecero più evidenti, allorquando i mo-
vimenti poterono essere suggeriti dalla volontà. Si tentò allora, e si riuscì, di cor-
reggere per mezzo d' un apparecchio protesico il piede varo-equino. Questa correzione
fu fatta air età d^un anno e mezzo circa, nella quale epoca pure si fecero appari-
scenti due altri sintomi: l'insellatura lombare e la sporgenza delle scapole.
Fio. 1.
Nello stesso periodo di tempo si osservò che tutto il sistema muscolare era molto
meno sviluppato del normale.
Fatto importante da fissare è che, ad onta di tali anomalie, la piccola 0. svi-
luppava una forza ed una sveltezza di movimenti non comume. Tanto è vero che la
chiamavano il clown. La psiche si sviluppò in modo soddisfacente.
Presentemente lavora in uno stabilimento di filatura e compie bene le mansioni
a cui è adibita.
Esame oggettivo. — Ad uno sguardo sommario due fatti s'impongono all'at-
tenzione: le anomalie scheletriche, lo stato di nutrizione dei muscoli.
Scheletro. Mentre apparentemente la lunghezza delle ossa sembrerebbe maggiore
del normale, le misure prese danno i seguenti risultati:
Contributo allo studio delle (itro/ie muscolari coiujeaite, eco.
20i
Altezza del corpo, ni. 1,55.
Apertara della braccia, m. 1,60.
Omero: dalla testa al condilo esterno, 29 em.
Avambraccio: dalFolecrano alVapofisi stiloide del cubito, cm. 28,5.
Femore: dalla testa al condilo esterno, 42 era.
Tibia: dal condilo interno del femore al malleolo interno, 3(3 cm.
Colonna vertebrale: dall'atlante alfcocci^fe, 65 cm.
Fi«. 2.
^ano: dall'interlinea carpea alla punta del 3'* dito, cm. 17,5.
Piede: 22 cm.
Orbene, confrontando queste misure colle tavole di Manouvrier, (15) il rapporto
^ra la lunghezza delle ossa e l' altezza del corpo risulta normale.
L'aumento del diametro longitudinale e la disarmonia dei vari segmenti è dun-
*lie fenomeno illusorio per l'atrofia nmscolare diffusa.
Sola eccezione si deve fare per la lunghezza delle mani e dei piedi, veramente abnorme.
J^amt radioscopico: Mano in posizione dorso-ventraie, — Metacarpi. S'os-
'^«rva un'esilità marcatissima delle ossa metacarpee. Si vede evidente la linea epifi-
202
A'. Penero
sarìa, specialmente nei quattro ultimi metacarpi. La permeabilità del tessuto os
appare maggiore che nel normale. Il canale midollare si presenta in modo regoh
La linea articolare metacarpo-falangea si presenta nel suo insieme situata
pò* obliquamente, in modo che le prime falangi scappano un pò* verso il lato cu
tale della mano.
F~--
_^^
Fw. 3.
Prime falangi, — 8ono enormemente lunghe, meno permeabili che non i m
carpi; la linea epifisaria inferiore è meno netta, il canale osseo meno marcato e <
trastano in modo speciale colla 2^^ e 3* falange che appaiono come monche in
confronto. (Forse questo fatto è in parte dovuto alle flessioni della 2'^ falange, e
descriveremo).
Piede (posizione dorso- ventrale). Accentuata lunghezza del quinto metatari
evidente la linea epifisaria, specialmente de* quattro ultimi. Il primo raetatar
enorme, si presenta colla sola linea epifisaria superiore.
Contributo allo studio delle atrofie muscolari congenite, ecc. 203
Falangi, Normali le prime: esilissime tutte le altre.
Diafisi delle ossa lunghe - più sottili del normale.
Deformità. Le deformità delle mani e dei piedi saranno più ampiamente descritte
alteriormente.
Grado leggero di doppio genu valgum.
Doppio gomito valgo.
Cifosi cervicale. Scoliosi dorso-lombare. Per la scoliosi dorsale le scapole sono
molto avvicinate fra di loro.
Le anomalie del sistema muscolare si presentano più o meno pronunciate, secondo
i dÌTersi segmenti. Mentre nei segmenti prossimali degli arti superiori ed inferiori
Fu». 4.
1 disturbi nutritivi dei muscoli si manifestano meno accentuati, per cui è inutile
^^ minuta disamina, notiamo invece nelle avambraccia un assottigliamento dei fasci
DJUBcolari, specialmente dei flessori, una gracilità marcata dei tendini che si dise-
^^0 tesi sotto la cute.
Questa salienza dei tendini alla regione anteriore deir avambraccio, si esagera,
wlorquando si cerca di provocare passivamente l'estensione delle falangi.
Né questa passiva distensione è completamente possibile, poiché i muscoli fles-
^ri profondi e superficiali appaiono come più brevi, come si avvera nella griffe
<^«bìtale.
Mentre i movimenti volontari d'estensione delle prime falangi sono limitati
P^r tale accorciamento ed unicamente per questo, al contrario la flessione delle sin-
204 E. Penero
gole dita sul metacarpo e la formazione del pugno sono validissime, tanto che, V Oli-
vero può servirsene ne* suoi lavori ed esercitare un dinamismo non comune.
I muscoli delle eminenze tenar ed ipotenar sono pure notevolmente atrofici, al-
meno nel significato puramente morfologico. Sulla faccia dorsale della mano dì ambo
i lati risalta la gracilità dei tendini estensori. Fra il quarto e il quinto spazio in-
terosseo si scava unMmponente depressione. La figura unita illustra questo stato
atrofico e la deformità delle mani.
Questa deformità ricorda la mano a griffe da lesione del cubitale. La prima
falange del terzo, quarto, quinto dito è in leggera flessione palmare, la prima del
secondo dito in estensione: le seconde falangi di tutte le quattro ultime dita sono
Fio.
in flessione palmare piìi accentuata. Le terze falangi sono in lederà estensione sulle
seconde.
La faccia palmare della mano appare molto allargata ed appiattita : quest*aspetto
non è soltanto dovuto alla lunghezza eccessiva dei metacarpi, ma è anche relativa
ad un abozzo di membrana interdigitale.
Ora, interrogando il meccanismo dei muscoli brevi della mano si è maravigliati
di notare come tutti i movimenti complicati si compiano bene.
Infatti r adduzione, T abduzione Topposizione del pollice e del quinto dito sono
attive, è ampia la divaricazione delle dita, e allorquando siano mantenute flesse le
prime falangi — per elidere artificialmente la coartazione dei flessori — anche l'esten-
sione delle seconde e terze falangi è possibile.
Adunque, se la defonnità delle mani si assomiglia alla Klauenhand da lesione
del cubitale, il processo meccanico risulta differente.
Contributo allo studio delle atrofie muscolari con{ienite, ecc, 205
Lo schema seguente servirà luminosamente a porne in rilievo le differenze:
Mano in grìtte da lesione del cubitale
Mano della Olivfro
Mancanza di movimenti di lateralitA delle
dita, dei movimenti del mignolo, dell'ad-
duiione del pollice. Mancanza del movi-
mento di estensione della 2» e 3* falanKc
e di flessione della 1».
Per l'azione degli antagonisti (estensore co-
mune delle dita e lunghi flessori 4° e 5*>)
iperestensione della la falange, forte fles-
sione della 2<^ e S». ^
I musc/)li flessori profondi sono retratll ma
voluminosi.
Con8er\'azioìie di ciuesto ftinzionf.
Le prime falangi sono in lieve fles-
secondn.
I muscoli flessori sono atrofici e rac-
corciati.
Perciò la deformità descritta nel nostro caso è dovuta essenzialmente a questa
coartazione dei muscoli flessori: coartazione non attiva, non spastica, per deficenza
de^Ii antagonisti lombricali ; ma puramente anatomica per minor lunghezza dei fasci
vascolari.
La mano così alterata nella sua forma corrisponde a quella forma di pieds
^is congeniti senza impot-enza, descrìtti daGillésdelaTourette. È unamatn botte.
Kei piedi si ripete, benché attenuata, la deformità descrìtta nella mano; perchè
81 Dota la disposizione delle dita in griffe: prime falangi in estensione, seconde e
terze in marcata flessione plantare. Si ha un abozzo di pieds bots.
Tralasciamo la discussione degli altri muscoli; rìpeteremo che 1* atrofìa va di-
^nulando dalle estremità alle radici e che tutti i movimenti si compiono pertetta-
"lente: cammino, corsa salti ecc. ecc.
inflessi: achilleo, patellare, del pugno, olecranico normali. Nessuna modifica-
tone o&ono i riflessi cutanei: plantari, ipo ed epigastrico.
I nervi ed ì muscoli rìspondono fisiològicamente alla corrente indotta e continua.
Organi dei sensi in perfetta funzione.
Pupille di media ampiezza; reagiscono prontamente alla luce ed alla accomoda-
*»<*iac. Le varie sensibilità sono inalterate.
Il carattere della congeniti! delle altenizioni descritle aprevola mirabil-
'"^^lìlc il compito diagnostico.
Sono quindi fuori del dibattito diderenziale quelle malattie che si svi-
^^^ppano nella vita extrauterina e clie a tutta prima presentano rassomiglianze
<^Vìniche col caso descritto.
Perciò Iralascierò di discutere delTatrofia muscolare progressiva Du-
chenne-Aran, delPatrofia muscolare Landouzy-Dejerine, della sclerosi late-
rale amìotrofica, della poliomielite acuta e cronica, della polinevrite, della
206 E. Ferrerò
sirin^omielhi, della pachimeningite ipertrofica, dell' atrofia neiirotica Charcol-
Marie, della nevrite interstiziale ipertrofica di Dejerine, ecc. ecc.
Le alterazioni e le deformità provocate dai vari processi morbosi ac-
cennati, ripetono la loro pato^renesi da due fenomeni essenziali: la paralisi
atrofica e la preponderante azione degli antap^onisti sani o meno colpiti dalla
lesione.
Ho dimostrato die l'atrofia AoXV Olivero non era paralitica e che la defor-
mità ripeteva l'essenza sua, non da preponderanza di azione degli antago-
nisti, ma bensì da accorciamento anatomico, congenito dei muscoli flessori.
Ho paragonato le main$ bottes onde è affetta l'ammalata ai pitds bots
congeniti senza impotenza. Vi ha identità. Infatli anche nei pieds bots conge-
niti senza impotenza, la forza muscolare è valida, normali i riflessi e la rea-
zione elettrica; solo fenomeno è la deformità permanente dei piedi. Anche
nei pieds bots può notarsi un grado più o menò elevato di atrofia muscolare.
Ora questi pieds bots senza impotenza, secondo Gilles de la Tourette,
sono alle dipendenze d'una lesione del sistema nervoso centrale o periferico,
lesione intrauterina spentasi al momento della nascita, o che è sparita senza
lasciar traccia.
Neppure le alterazioni trofiche delle fibre muscolari sono in attività, poiché
nel processo d'atrofia andarono distrutte fibre e le lacune da queste lasciate
furono colmate dall'aumento di sviluppo delle fibre finitime e valide: unico
residuo cicatriziale di tale disintegrazione è, insomma, l'atrofia numerica.
Troviamo noi ora nel caso descritto i caratteri fissati da Klippel per le
atrofie numeriche dei tessuti? È bene ricordare che le atrofie dipendenti da
lesione del sistema nervoso congenite, o sviluppatesi nei primi momenti della
vita extrauterina, sono indissolubilmente legate all'arresto di sviluppo di date
parli del corpo, sede dell'atrofia muscolare.
Nel nostro caso invece lo anomalie dello sviluppo sono di ben altra
natura.
V Olivero alla nascita presentava una lunghezza eccessiva delle ossa.
Questa anormale lunghezza noi possiamo ancora allo stato presente rilevare
nelle mani e nei piedi, ccdl'esame radiografico e colle misure riferite. Non si
notarono le anomalie osservate da Klippel nel suo caso: vere anormalità per
difetto e per assenza di segmenti ; ma furono descritte la cifosi cervicale, la
scoliosi dorso-lombare, il (jenu ed il gomito valffurn, la riduzione del diametro
trasversale delle ossa lunghe.
Le deformità delle mani, dei piedi e della colonna vertebrale si fecero
più evidenti nello svolgersi della vita dell'ammalata. Or bene, se noi vogliamo
ammettere che anche lo sviluppo anomalo in lunghezza e le altre deformità
descritte siano l'espressione d'un disturbo trofico, in rapporto con alterazioni
del sistema nervoso, spente alla nascita, allora dobbiamo classificare il nostro
caso fira le atrofie numeriche, cui pure appartiene l'osservazione di Klippel.
Che tale aumento in lunghezza, delle ossa possa considerarsi come feno-
meno di alteralo trofismo, lo ammette Klippel (16) nella sua memoria, affer-
Contributo allo studio delle atrofie muscolari congenite, ecc. 207
mando egli che nello svolg^ersi dell' atrofia numerica si può osservare un
aumento rapido in lunghezza delle ossa. Ma, secondo l'Autore, questo aumento
non sarebbe che temporaneo e dovulo all'irritazione riflessa del centro trofico;
sarebbe destinato a cessare, allora che il midollo spinale abbia esaurito il suo
potere sopra questo esagerato accrescimento. Ad ogni modo tali allungamenti
esagerati possono diventare definitivi e continuare.
Nella nostra osservazione si è appunto verificalo un aumento in lunghezza
(Ielle ossa, che si notò alla nascita e nei primi anni della vita della Olivero,
Quest'accrescimento eccessivo non ha continualo ed all'esame presente non
potè pili essere rilevato. Almeno per le ossa dei segmenti prossimali; poiché
la radiografia e le misure stabiliscono per la mano e per il piede un tale
abnorme sviluppo in lunghezza.
Possiamo quindi affermare che nella vita fetale di 0. abbia agito una causa
rapace di produrre atrofia semplice : una causa cioè che operando direttamente
od indirettamente sui centri trofici abbia da una parte condotto all'atrofia nume-
rica muscolare, dall'altra allo sviluppo anomalo del sistema osseo.
Naturalmente è opera ardua di difficoltà il ricercare la causa speciale alte-
rante l'equilibrio trofico.
Noi, in questa ricerca, dobbiamo dapprima considerare che tutta la musco-
latura dello scheletro risenti di questa modificazione della funzione di nutri-
zione e che, per l'opposto, fu la gravità dell'atrofia in rapporto inverso colla
sua estensione.
Il trauma a noi pare la causa meno probabile, appunto per questi carat-
teri, riguardanti l'estensione. Nel caso di Klippel fu invece ammesso un
traumatismo fetale.
Mancano i sintomi spastici, l'esagerazione dei riflessi, i disturbi mentali,
l'epilessia: non è da discutersi una alterazione cerebrale.
Le poliomieliti fetali diffuse costituiscono una lesione troppo grave, non
suffragata dal grado leggero di diminuita funzione.
Due momenti eziologici sono ancora da discutersi : la polinevrite, e la
miopatia precoce.
Riguardo a questa forma noi possiamo bene supporre, — come del resto
s'è fatto per la spiegazione patogenetica delle mancanze di muscoli — che
si ordì nella vita fetale un processo di miopatia essenziale (intimamente legato
alle alterazioni del sistema nervoso, secondo le moderne teorie), che si spense
precocemente e che permise la riparazione, se non completa, almeno suffi-
ciente per la dinamica muscolare.
Però tale ipotesi è da accettarsi con tutte le riserve, conoscendo noi le
leggi regolatrici dell'atrofia muscolare, fra le quali la più importante è la
progressività.
L'ipotesi più logica, più razionale è quella che si fonda sulla polinevrite.
Prima di lutto perchè nella vita fetale non sono rare le polinevriti, di cui
diedero esempi Gilles de la Tourette ed altri: secondariamente perchè la
polinevrite spiega la grande estensione dell'atrofia e la relativamente conser-
208 E. Ferrerò
vata funzionalità dei muscoli, spiega infine il grado più intonso dell' atrofia
alle estremità distali: le mains bottes ed i pieds bots.
Qui torna a proposito ricordare un sintomo presentalo dalla nostra amma-
lata nei primi mesi della vita: un sintomo, che, mentre distrugge ri|»olesi
dell'agenesia ed avvalora quella della polinevrite, ci può illuminare sopra
l'epoca approssimativa in cui si svolse il processo polinevrilico. Abbiamo
accennato al piede equino -varo, che si corresse fiicilmente cedi' apparecchio
protesico.
Il piede equino -varo era con ogni probabilità paralitico; T atrofia sem-
plice all'arto inferiore en» ancora in attività al momento della nascita e si
risolse gradatamente.
La polinevrite operava ancora negli ultimi momenti della vita fetale.
Ricordando le leggi che regolano il processo dell'atrofia numerica di
Klìppel, da noi discusso precedentemente, diremo che la lesione ammessa,
probabile agi in modo che i processi di riparazione e di compenso da parte
del restante tessuto sano, date le peculiari condizioni del tessuto fetale, furono
sufficienti a mantenere la funzione muscolare, se pure non poterono impedire
lo svilupparsi delle deformità, dovute sia alla lunghezza eccessiva delle ossa,
del metacarpo e del metatarso, sia alla brevità dei muscoli numericamente
atrofici.
Il caso descritto è la prova che l'atrofia numerica di Klippel congenita
non ripete soltanto l'origine sua da traumi operanti sul tessuto fetale. Molti
fra i processi morbosi, che nella vita extrauterina provocano da una parte
atrofia muscolare e dall'altra arresto di sviluppo in tato d'un dato segmento,
possono colpire il feto. Risultante di questi fenomeni patologici è in date
circostanze la medesima atrofia numerica prodotta per irritazione pt»riferica.
Le atrofie numeriche di Klippel risultanti di diverse malattie dell'asse
cerebro-spinale, direttamente o mediatamente colpito, sono adunque secondane
ad un processo di atrofia semplice. A ([ueste debbono contrapporsi le atrofu
numeriche primarie, che ripetono la loro essenza da un fenomeno teratidogìco
di aijenemu Più propriamente si possono chiamare aplasie.
Si producono qiu^ste nei primi mesi della vita intrauterina, ^lUorquando
il numero degli elementi costituenti il dermatomiomero non è ancora completo.
Tali aplasie sono certamente le più rispondenti alla definizione di Klippel:
gli elementi, onde è formato \\n dermatomiomero in deficiente sviluppo nu-
merico, non presentano alcuna alterazione istologica. Queste aplasie muscolari
si associano ad agenesia di altri tessuti, come osservarono Klippel e Rou-
chet(i7) in un caso di emimielia con atrofia numerica dei tessuti.
Ma accanto a queste forme complesse è opportuno ammettere forme pare
di atrofia muscolare numerica, ove solamente il muscolo è colpito.
Gli esempi di tali limitate atrofie si possono moltiplicare. Habs descrisse
un caso di abd^mien obstipum \ìev raccorciamenlo congenito del muscolo grande
retto dall'addome. La camptodattilia (flessione permanente ad uncino delle
Contributo allo studio delle atro/ìe muscolari coìmenite, ecc. :209
dita) di Landouzy e la gampsodattilia di Reclus e Kirmisson (i8) (ipere-
stensione della prima falange del pollice sul metacarpo sono talora idiopati-
che e, secondo Brissaiid, dovute a brevità congenita dei muscoli. Sono fre-
quenti le asimmetrie del viso per deficienza dei muscoli di una mola della
faccia, la difficoltà notata in taluni alla protrusione della lingua fuori della
arcala dentaria per accorciamento dei genio-glossi, ecc. ecc.
Queste atrofie puramente muscolari, senza partecipazione di altri tessuti
possono bensì essere un esito di atrofie semplici (ad es. nevriti limitate ai
soli rami muscolari d'un neno); ma per lo più ripetono la loro origine da
due cause principali: Tatrofia muscolare degenerativa e Tagenesia.
i. Atrofie numeriche da der/enerazione muscolare, — Mentre i processi
d'atrofìa semplice muscolare in ultima analisi implicano sempre la lesione
diretta od indiretta dei centri trofici del midollo spinale, per cui è agevole
spiegare la compartecipazione degli altri tessuti all' atrofia numerica, le
atrofia degenerative muscolari possono ritenersi indipendenti da lesione dei-
Tasse grigio.
Le atrofie degenerative possono essere prodotte da infezioni acute, da
anemie gravi, da stati cachettici, da avvelenamento, da cause traumatiche gravi
locali, da infiammazione, da lesioni muscolari.
La degenerazione delle fibre muscolari (cerea, grassa, pigmentaria) pro-
duce l'atrofia per distruzione di elementi muscolari. Sono adunque queste
atrofie essenzialmente numeriche.
Avvengano questi princessi degenerativi nelle fibre muscolari letali ed
allora, cessata la causa, si ripeteranno nella cicatrizzazione i medesimi feno-
meni già descritti nelle atrofie semplici: rigenerazione parziale di fibre ed
accrescimento fisiologico delle fibre immuni.
Questi muscoli cosi riparati ci appariranno, bensì più gracili, più corti,
ma istologicamente normali.
La funzione di questi sarà in rapporto diretto col grado della lesione
avvenuta, colla compensazione più o meno completa della rigenerazione e
dell' aumento. di volume delle fibre in via di sviluppo.
È naturale quindi che non sempre il reperto istologico sia quello di un
muscolo normale.
Queste atrofie pure muscolari numeriche sono per lo più limiinte a pochi
muscoli e talora solamente a fasci muscolari.
2. Atrofie muscolari numeriche pure per ancnesia. — (ìià superior-
mente accennammo ad una forma di atrofia juusccdare primaria, con compar-
tecipazione degli altri tessuti airaj)lasia. Possiamo ora concejìire che il solo
tessuto miiscolare embrionario si presenti in mancato sviluppo ed ammettere
cosi un'aplasia pura muscolare.
Accenniamo ancora, pcuchè sono anche teratologiche, alle atrofie musco-
lari per arresto di sviluppo^ in cui F anomalia consiste nelle dimensioni mi-
nori delle fibre muscolari, dovulo a numero minore di fibrille-elementi. Questa
specie di atrofie si può chiamare volumetrica congenita.
14
2i0 E. Ferrerò
Conclusione. — Molle deile cause, che sono produttrici delFalrofia semplice
e dejjenerativa muscolare nella vita extrauterina, possono ag^ire sul tessuto
muscolare fetale, provocando le identiche alterazioni istologiche.
Queste alterazioni possono ancora essere in atto alla nascita ed allora
l'atrofia congenita per nulla si differenzia dall'atrofia della vita extrauterina.
Ma allorché questi processi sono spenti alla nascita, noi possiamo notarne
gli esiti.
Fra questi affatto singolare è l'atrofia numerica muscolare, che si pre-
senta con caratteri speciali e che si può spiegare ammettendo che i muscoli
fetali, preda dell'atrofia, abbiano due mezzi validi per conservare la loro
costituzione istologica e la loro funzione: la rigenerazione più attiva e la coo-
perazione degli elementi risparmiati dalla lesione; i quali possono sviluppare
vivace la riserva potenziale del loro sarcoplasma non ancora differenziato.
Nei muscoli adulti questo potere è pressoché spento: manca pertanto a
questi un fattore di compenso non indifferente.
Però nei muscoli fetali questo compenso ha limili subordinali all'esten-
sione del processo dissolutivo, all'età dei feto ed alla attività delle fibre sfug-
gite alla lesione. Perciò i muscoli del feto possono presentarsi a processo
spento coi caratteri, meno vistosi per altro, dei muscoli adulti colpiti da
atrofia.
Le atrofie numeriche esito dell'atrofia semplice e degenerativa sono dunque
secondarie.
Le atrofie congenite per agenesia o aplasie sono invece primarie.
Sono teratologiche come le atrofie volumetriche congenite.
Blbliogrrafia.
(1) F. Raymond. Pathogénie dea atrophies musculaires conséoutives aux arthrites traumatiques.
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(4) MioxoT et MALtv. Recherches exp»^rimentales sur Ics amyotrophies réflexes. « Arch. gén.
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^5) Klippel. « Rev. de Méd. », 1893.
(6) .Iacqvet et 8A.MB0X. « 8oo. méd. des Hopitaux », 1898.
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(8) Maurice Rénacd. Troubles de la croissance caractérisé.s par Tatrophie numerique. « XXXVI*
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(9) Daniel. « Thè?*e de Parin », 1899.
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(11) Meek. On the post embryonal histor>' of voluntarj'^ muscles in mammal.s. « Journal of
anat. and phisiol. », 1899.
(12) Gilles de la Toubette. Pathogènie et traitement des pieds bots. « Le^on de Clinique the-
rapeutique .sur les maladies du sysiénie nerveux », pag. 309.
(13) Klippel. « Xouvelle Icoiiographie de la .Salpétrière », 1906, pag. 136.
(14) Durante. Loc. cit.
Contributo allo studio delle atrofie muscolari congenite, ecc. 2H
(15) ^LàKoirrsisK L. Sur la détermination de la taille d'après les grrands os des membres.
« Memoirea de la Société d^Anthropologle », 2o sez., t. IV, pagg. 347, 408. — Étiide sur les rapport8
anthropometriques en general et sur Ica priiicipales proportiona du corps. < Memoirea de la 8o-
ciété d'Aiithropologie », 3o sèrie, t. II, faac. 3, 1902.
(16) Klippel. Loc. eit., 1893.
(17) Kltppsl e Bouchst. Hémimélie avec atrophie numérìque des tiaaua. « Nouvelle Iconographie
de la Salpètrìère », 1907, pag. 413.
(18) CasvRTXB. De la gamiModactylie. « Arch. gén. de Méd. », n. 3, pag. 226, 1907.
Istituto di Anatomia patologica della R. Università di Parma
diretto dal prof. P. Guizzetti
Degli effetti della ipertermia e ipotermia
sul reticolo neuroflbrillare della cellula nervosa di animali adulti
(metodo Ramon y Cajal)
per il doti. Francesco Lasagrna, Aiuto
Lo scopo di questo mio lavoi-o sperimentale è di contribuire alla l'isolu-
zione della complessa e dibattuta questione della resistenza del reticolo fibril-
lare della cellula nervosa ag:li agenti fisici chimici e ti*aumatici.
Tale questione ha in questi ultimi anni vivamente interessato i neuro-
patologi, perchè essi considerano che solo la sua risoluzione possa condurre
ad una giusta valutazione delle alterazioni dell'apparecchio fibrillare nelle
malattie nervose.
Mi sono per ora limitato a studiare quella parte della questione che
ritarda l'azione della ipertermia e ipotermia sul reticolo nervoso, serven-
domi per metterlo in evidenza del noto metodo della impregnazione argentica.
Perchè si possano meglio interpretare i dati che mi vennero Ibrniti dalle
mie esperienze, credo utile ricordare prima brevemente quanto è stato fatto
in questi ultimi anni dagli istologi suH'argomento di cui mi sono qui occu-
pato e i rapporti esistenti fra tutta la questione e quella parte da me trattata.
il Ramon y Cajal sottopose la sanguisuga all'aziime del calore e colo-
rando col suo metodo osservò in essa un evidente assottigliamento e uno
scolorimento del reticolo fibrillare: la sottopose a basse temperature e ottenne
in essa T ispessirsi delle fibrille.
Il Cajal e il Tello notarono negli animali superiori neonati sottoposti
ad alle temperature rassottigliamento e la distruzione delle fibrille ed attri-
buirono questi fatti ad una esagerazione, nella ipertermia, e a una diminuzione,
nella ipotermia, della funzione moli*ice.
Il Mari n esco osservò che le temperature elevate, sia che dipendano da
stufa 0 insolazione, pi'ovocano una specie di dissociazione delle neiirofibrille che
212 F. Lasagna
si assoUigliano quando si oltrepassano i 20"*: lo slesso A. vide formarsi delle
specie di ispessimenti afgentofili, la associazione degli elementi fibrillari nelle
cellule nervose degli animali sottoposti a temperature più basse di iO"* C.
Anche questo A. ebbe delle alterazioni del reticolo in neonati di conigli e
cani: verificò invece solo delle leggiere modificazioni negli animali adulti.
Lo Scarpini studiò l'azione della ipertermia sulle neurofibrille col metodo
di Donaggio, servendosi nelle esperienze di cani e conigli giovani; e negli
animali morti per sovrariscaldamento (45**) notò: una tortuosità delle fibrille,
l'addensamento delle maglie costituenti il reticolo fibrillare, poi frammenta-
zione e riduzione del reticolo in granuli più o meno confusi e agglutinati fra
loro: nella ultima fase delle modificazioni, omogeneità di colorazione della
cellula, colorabilità anormale del nucleo e nucleolo. Il Donaggio non trovò
mai modificazioni di sorta nel reticolo di animali adulti sottoposti all'azione
del freddo.
Come risulta adunque da questo breve riassunto, dalle indagini dei diversi
sperimentatori, sia che essi si servissero del metodo di Cajal che di Donag-
gio, è stalo dimostrata una serie di lesioni nel reticolo neurofibrillare in
rapporto a variazioni di temperatura negli animali inferiori della scala zoo-
logica (sanguisughe, lucertole), e negli animali superiori neonati (cani, coni-
gli): non e stata trovala invece alterazione apprezzabile alcuna del retìcolo
negli animali adulti.
L'apparecchio fibrillare della cellula nervosa completamente formalo,
stando a questi risultali, avrebbe dunque una grande resistenza alla azione
delle alte e basse temperature.
Con tulle le altre numerose esperienze compiute con altri agenti allo
scopo di saggiare la resistenza del reticolo cellulare usando il metodo Cajal
si dimostrò che l'apparecchio fibrillare era al contrario estremamente labile,
come risulta dai lavori di Cajal, Marinesco ed altri sulle sue lesioni in
rapporto allo strappo dello sciatico, alla inoculazione di telanolossina, alla
decomposizione cadaverica.
Nelle prove fatte invece allo slesso scopo, colorando il reticolo col melodo
Donaggio, risultò che l'apparecchio fibrillare era difficilmente alterabile e
così fu dimostrala la resistenza del reticolo da Fragni lo con strappo dello
sciatico, da Riva con T inanizione, avvelenamento da stricnina, picrotossina,
idrato dì cloralio, da Cerlelli e Sambalino con avvelenamento da cloruro
di etile, nelle alterazioni cadaveriche.
Mentre adunque col metodo del neurologo italiano si era riusciti sempre
a dimoslrare la grande resistenza delle fibrille, col melodo della impregna-
zione argentica si è solo in un caso provala la loro resistenza in opposi-
zione a lutti gli altri in cui ne era stala dimostrata la grande labilità.
Sono appunto tali rej)erli istologici contraddittori ottenuti dai vari speri-
mentatori che usarono del melodo Cajal che mi hanno indotto a intrapren-
dere nuove ricerche sulla resistenza del reticolo fibrillare alla iper e ipoter-
mia, perchè mi è sembralo che tale contraddizione fosse imputabile alle poche
Degli effetti della ipertermia e ipotermia, ecc. 213
prove compiute e che solo dopo nuove esperienze metodiche e numerose si
potesse dire chiarito tale punto della questione e si potesse addivenire a una
conclusione riguardo alla alterabilità dell'apparecchio fibrillare messo in evi-
denza col metodo Cajal.
Ilo fiìlto a tale scopo due serie di esperienze con animali adulti, i quali
hanno un apparecchio fibrillare completamente formato e difficilmente alte-
rabile; con una prima serie di prove ho studialo l'azione del freddo, con una
seconda quella del caldo sul reticolo nervoso.
Esperienze colla ipotermia. — Ho scelto per le mie esperienze il coni-
glio: ho mantenuto gli. animali nelle 7 prove compiute, dopo averli tosati,
a temperature di 0^*0, in «rhiacciaia o di 0,G-0,i6^, nell'ambiente (inverno i907):
ho ucciso col soflocamcnto 5 conigli e due li ho lasciati morire spontanea-
mente: ho sempre preso la temperatura rettale, osservando che diminuiva di
vnri gradi sotto il 37° durante le esperienze. Infine in ogni caso ho estratto
tutto il sistema nervoso centrale e conservati segmenti di midollo lombare e
dorsale, di bulbo e di corteccia cerebrale e trattati col noto metodo della
impregnazione argentica per la colorazione delle neurofibrille di Ramon
y Cajal.
Come mi sia poi comportato in ogni singolo caso, risulta dalla seguente
tavola :
Coniglio \. i peso 1770 i ora a 0°C ucciso mediante soffocazione
» JD 2 j> 1550 2 ore a » » '
» j» 3 » 1270 3 » » »
» )» 4 » 1510 i )) » »
> > 5 > 1350 24 )► )> »
» » 6 » 1500 30 y^ 0,0** sino alla morte
^ » 7 » 1300 16 » 0,12° »
F*er l'esame istologico ho trovato molto utile seguire il metodo seguente,
indicato da Rebizzi: prendevo una a una le sezioni, le mettevo su un ve-
trino porla-oggelti, le bagnavo con xilolo e osservavo al microscopio, anno-
iando le particolarità più importanti e tenendo calcolo del numero di ele-
menti alterati: potevo così stabilire le lesioni esistenti fondandomi sopra un
numero grande di sezioni : conservavo poi i preparati più dimostrativi in
balsamo.
Ora dirò dei risultati istologici ottenuti in ogni singola esperienza.
1. Cervello — In alcune cellule piramidali le neurofibrille primarie, che discen-
dono dai prolungamenti nel corpo cellulare, si mantengono integre nei prolungamenti,
e invece nel corpo sono trasformate in tanti granuli neri, splendenti, piccolissimi,
disposti in fila, occupanti, in qualche elemento, tutta la cellula. In altri elementi, in
cui non vi sono alterazioni fibrillari tanto avanzate, le fibrille sono assai addossate,
ipertrofiche e qua e là trasformate in grossi bastoncini ingrossati a clava alla estre-
mità 0 rigonfiati a fuso.
iìA F, Lasagna
Lungo ì bordi della cellula poi vi sono sempre fibrille grosse e unite in fasci, e
nei prolungamenti esse sono pure sotto questa forma. Negli altri tipi di cellule della
corteccia cerebrale, le alterazioni sono uguali a quelle riscontrate nelle piramidali,
per un terzo presentano le lesioni ricordate per prime: negli altri due terzi quelle
descritte in seguito.
Bulbo. — Qui r impregnazione non ha dato buoni risultati e colla ricerca mi-
croscopica nulla si può stabilire riguardo alle alterazioni fibrillari.
Midollo lombare, — Nella massima parte delle cellule, le neurofibrille hanno
quelle varie disposizioni che ne provano lo stato normale: solo verso la periferia si
sono costituiti grossi nastri non continui ma rotti a tratti. In un numero limitatis-
simo di elementi neri esse appaiono un po' più grosse e formate qua e là di fram-
menti tortuosi ben distinti. Il nucleolo è assai pallido: nei prolungamenti vi è
qualche grossa fibrilla.
Anche nel dorsale esistono gli stessi fatti che nel lombare.
2. Cervello, — Attorno al corpo cellulare sono ammassati fini granuli neri do-
vuti a precipitazione dell' argento e che mascherano completamente la struttura endo-
cellulare.
Bulbo, — Nella maggior parte delle cellule si hanno le fibrille rotte a tratti
abbastanza lunghi cogli estremi ingrossati.
Lungo le fibrille rotte a tratti si vedono rigonfiamenti a fuso. Le primarie sono
molto tortuose e distribuite irregolarmente.
Il reticolo, negli elementi che normalmente lo posseggono, è distrutto quasi in
foto e la disgregazione, confrontando i diversi elementi, pare iniziarsi al centro. I pro-
lungamenti sono normali.
Mi'dollo lombare e dorsale. — Quando si tratta di fibrille primarie queste
appaiono tortuose, grosse, rade e frammentate a lunghi tratti fusiformi distribuiti
qua e là nel protoplasma. Il reticolo è di solito a maglie ampie e grosse, con punti
di incrocio molto grossi: si mantiene integro solo verso l'origine dei prolungamenti;
nelle altre parti è disgregato. Qualche elemento cellulare è però ancora completa-
mente integro. I prolungamenti sono sempre integri:
3. Cervello, — Le fibrille primarie delle grosse cellule piramidali, sia nel
corpo come nei prolungamenti, presentano una trasformazione a tratti in granuli
a file: in qualche raro elemento, specie alla periferia e nei prolungamenti, esi-
stono ancora dei bastoncini e dei tratti lunghi fibrillari ipertrofici, che assumono
l'aspetto di piccoli nastri. Negli altri elementi della corteccia si trovano le stesse
alterazioni.
Bulbo, — La degenerazione granulosa si riscontra a piccole zone in quasi tutte
le cellule, accoppiata allo spezzettamento delle fibrille in lunghi tratti grossi e ri-
gonfi agli estremi.
Attorno alla zona nucleare rimangono le fibrille quasi normali. In 2 o 3 ele-
menti per sezione le neurotìbrille sono ridotte di numero, perchè collabite e il reti-
colo permane conservato quasi in totalità con maglie voluminose e tortuose.
Midollo lombare e dorsale, — Le neurofibrille sono tortuose, grosse, color nero
carico, spezzettate, il reticolo non è che in pochi casi integro; di solito si osserva
solo qualche maglia distribuita alla periferia. Nelle cellule in cui la alterazione è
più progredita si nota un principio di degenerazione granulosa.
Nei prolungamenti gli elementi argentofili si presentano integri solo dopo un
breve tratto che si può chiamare radicolare.
Degli effetti della ipertermia e ipotermia, ecc.
215
In»r. «'
Fio. 1 - Cellula bulbare.
14 Imm. om. 4 eomp. oc. Koristka.
4. Cervello, — Le poche cellule in cui la impregnazione badati buoni risul-
tati hanno la degenerazione granulosa delle fibrille. Solo qualche fibrilla esiste an-
cora attraverso al citoplasma e alla sua periferia un po' ipertrofica è qua e là rotta. Nel
nucleo e nucleolo nessuna alterazione.
Bulbo. — In generale le neurofibrille sono molto rare, più grosse alla periferia,
lungo i bordi della cellula: sono poi tutte tortuose con ingrossamento a fuso lungo
il decorso, in qualche parte ridotta a grossi
granuli e bastoncini. Nei prolungamenti si hanno
delle fibrille tortuose e rotte. Il reticolo non
rimane integro che in piccole zone, qualche ma-
glia esiste all'origine dei prolungamenti e alla
periferia.
A maggior dimostrazione delle alterazioni
in esse esistenti, riproduco colla figura 1 una
cellula bulbare.
àSi osserva in essa un protoplasma colorato
in scuro e sopra questo spiccano poche maglie di
reticolo ancora integre in vicinanza del prolun-
gamento ^4, ampie e a travate grosse; nelle re-
stanti parti fini e grossi granuli distribuiti ir-
regolarmente al centro, in fila alla periferia e
nei prolungamenti. Intrecciantesi in vario senso si notano delle fibrille tortuose e
grosse e rotte a forma di bastoncini. Specialmente hanno
tali caratteri 4 o 5 che decorrono verso il prolungamento A
ed un'altra attonio al nucleo.
Midollo lombare e dorsale. — Vi ha una fitta rete
di fibrille le quali appaiono solo a tratti ipertrofiche : sono
quasi sempre tortuose e rotte in lunghi pezzi, sia nel corpo
della cellula che nei prolungamenti.
5. Cervello. — Le neurofibrille presentano in tutti
gli elementi della corteccia una ipertrofia alla periferia,
mentre nelle altre parti sono normali.
Bulbo. — In tutte le sezioni osservate si hanno le
seguenti alterazioni: fibrille primarie ingrossate, a forma
di nastri, tortuose, ridotte a granuli e bastoncini, a zone,
reticolo pure in degenerazione quasi totale, nucleolo evi-
dente e d'aspetto granuloso.
Nella figura 2 troviamo rappresentate queste lesioni :
si hanno infatti dei fasci o nastri costituiti di fibrille
lungo i bordi della cellula e attorno al nucleo; mentre
nel resto del citoplasma si trovano fibrille grosse, tortuose,
spezzettate, molto rare e qualche granulo grosso.
Midollo lombare e dorsale. — Poche sono le alterazioni; ingrossamento delle
neurofibrille attorno al nucleo, degenerazione, in qualche piccola zona totale, parziale
in altre.
(). Cervello. — Abbiamo qui fatti di precipitazione dell'argento sotto forma di
granuli che si raccolgono in ispecie attorno alle cellule per cui non si può stabilire
se esistano o meno fatti di alterazione delle fibrille.
Fio. 2 - Cellula bulbare.
210
F, Lasmjna
Bulbo, — Le cellule presentano dei vacuoli che in taluni casi sono ^andi come
la zona nucleare, altre volte come il nucleolo; attorno ad essi le fibrille sono colla-
bite: ai bordi esistono strie a nastro e al centro degli
ammassi irregolari costituiti dalla sostanza acromatica:
vaste zone sono occupate da granuli. Non esiste che qual-
che traccia di reticolo, i prolungamenti hanno gli elementi
trasformati in bastoncini o in lunghi pezzi tortuosi e grossi.
Midollo lombare e dorsale. — Le alterazioni qui
esistenti, sono rappresentate neir elemento del midollo dor-
sale della figura 3. Lungo i bordi della cellula esistono
le fibrille grosse e tortuose, spezzettate a lunghi tratti,
nelle restanti parti, esse sono rotte a bastoncini, a granuli
k1//KÌ.:^il*^^i grossi e molto rari. Verso il prolungamento A esistono
\^lr-'!^^^-^^//J, alcune cavità vacuolari, ampie, ripiene di plasma limpido.
Nei tre prolungamenti alla origine, si trovano le iden-
ticlie alterazioni che nel corpo della cellula; esse poi vanno
diminuendo, come di solito, di gravità nella part^ distale.
7. Cervello. — Alcuni fibrille grosse sono raccolte
attorno al nucleo e grossi granuli sono sparsi per tutto
il citoplasma.
Bulbo, — Anche qui le lesioni sono arrivate al mas-
simo grado di intensità e gli elementi sono tutti in dege-
nerazione granulosa riprendendo lo stato normale solo nei
prolungamenti a distanza dall'origine.
Midollo lombare e dorsale. — Esistono qui ancora nel citoplasma bastoncini a
clava e qualche fibrilla grossa tortuosa e spezzettata a lunghi tratti; verso la peri-
feria le fibrille si sono raccolte a fascio e cos'i raccolte si continuano nei prolungamenti.
^M
Fio. 3 - CoUula dorsale dol
corno ant<»rioro del mi-
dollo dornale.
Esperienze colla ipertemna, — In selle di questo esperienze ho temilo
i conig^Ii tosati in un bagno di acqna calda per un tempo più o meno lungo
e a temperatura di 38o in 5 casi, di 500 in ± In una 8*^ esperienza, ho te-
nuto r animale in una stufa a secio a 50^ In 0 rasi i coni{j;li vennero uccisi
colla soflocazione; nejrli altri 2 morirono spontaneamente.
Sempre ho estratto il sistema nervoso centrale e ho proceduto poi. come
nelle esperienze della ipotermia.
Nella tabella seiìuente riporto le modalità sperimentali di ogni sin-
golo caso:
N. i peso gr. 1*200 temp. 38-10" per \l^l ora ucciso mediante soflocazione
ti
iir>o
»
»
»
1 »
»
»
1500
»
»
»
2 »
»
»
1250
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»
3 »
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15(K)
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1300
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f>
5 min.
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morto spontaneamente
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1230
»
))
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•io »
»
Degli e/l'eUi della ipertermia e ipotermia, ecc. 217
Esporrò ora i reperii istologici:
1. Cervello. — Le cellule presentano neurofibrille completamente regolari per
disposizione e dimensione sia nel corpo che nei prolungamenti : nessun fatto patologico
risulta a carico del nucleo e nucleolo.
Bulbo. Tranne una grande esilità delle fibrille sìa primarie, che costituenti i
reticoli, nulla si ha di anormale: prolungamenti, nucleo e nucleolo regolari.
Midollo lombare e dorsale. Le cellule sono identiche a quelle del bulbo.
2. Cervello. — Le cellule presentano rade fibrille disposte specie alla peri-
feria, esili e diritte continuantisi nei prolungamenti e venendo a costituire attorno
al nucleo uno spazio triangolare.
Bulbo. In '/;| circa delle cellule, per sezione, le neurofibrille sono esilissime e
granulose a tratti ; in ^/g esse si conservano normali : i reticoli hanno le maglie ampie
e regolari, il nucleo e nucleolo non sono alterati.
Neireleraento bulbare rappresentato nella figura 4 si hanno appunto sopra un
fondo rosso delle esilissime fibrille primarie decorrenti da un prolungamonto all'op-
posto a tratti lineari integri, a tratti
rotti, con qualche piccolo granulo,
conservando la integrità completa solo
nei prolungamenti. Midollo lombare
e dorsale: presentano le stesse lesioni p^,,. 4 - Cellula bulbare.
del bulbo e nelle stesse proporzioni.
8. Cervello. — In quasi tutte le cellule dei diversi strati della corticale, le
■ neurofìbrille sono fine e regolari : solo in qualche caso esse sono rotte, tortuose e a
brevi tratti trasformate in file di granuli: non sono mai aumentate di numero e il
reticolo non ha subito modificazioni di sorta.
Bulbo. Qui le fibrille decorrono un po' irregolarmente, esìli, tortuose: trasformate
verso il centro in piccoli granuli, conservano, alla periferia e nei prolungamenti, la
loro integrità. Nel retìcolo cominciano a notarsi fatti di disgregazione però ancora
assai limitata, cosicché esso è nonnaie verso i prolungamenti e non verso il centro.
Midollo lombare e dormle. Nei pochi elementi in cui la impregnazione ha dato
buoni risultati si osservano gli stessi fatti riscontrati nel bulbo.
4. Cervello. — Solo nella parte centrale delle cellule vi ha attorno al nucleo
^na zona gremita di granuli, nel rimanente spazio le fibrille decorrono un po' tor-
tuose, sempre esili. Si notano poi elementi in cui esse occupano in toto il citoplasma.
" nucleo e nucleolo sono regolari.
Bulbo. Anche qui risulta in massima parte la presenza di fibrille sottilissime,
intrecciate, qua e là spezzettate a brevi tratti, trasformate in piccoli granuli.
Midollo lombare e dorsale. Reticolo irregolare, fibrille tortuose e spezzettate a
lunghi tratti, atrofiche nel corpo della cellula con più evidenza che nei prolungamenti:
**'a pt^riferia degenerazione granulosa a piccole zone,
5. Cervello. — Vi ha quasi in tutte le cellule uno stato normale: in '4
circa per sezione si ha V iniziarsi di rotture a lunghi tratti, di spezzettamenti a
bastoncino, di disgregazione in fini granuli : nei prolungamenti perdura ovunque lo
stato di assottigliamento delle fibrille.
Bulbo. Nei pochi elementi in cui la impregnazione è ben riuscita, si notano gli
smessi fatti descritti pel cervello: inoltre il reticolo presenta uno stato di dissolvi-
^18 F. Lasagna
mento abbastanza avanzato in alcuni casi, in altri completo : il plasma e la sostanza
argentofila sono poco colorati.
Midollo lombare e dorsale. Tranne le fibrille perinucleari, le altre sono alterate,
granulose, spezzettate, tortuose e mentre in una zona di sezione esistono lesioni più
avanzate, in altra si trovano le iniziali (assottigliamento, tortuosità, spezzettamento). I
prolungamenti non presentano mai alterazioni tanto profonde come il corpo cellulare.
La figura 5 rappresenta un elemento in cui le lesioni
hanno raggiunto il più alto grado di intensità, cosicché tutto
il plasma è pieno di granuli. Nel prolungamento le neuro-
fibrille sono esili, tortuose e qua e là interrotte dalla pre-
senza di qualche granulo e bastoncino.
6. Cervello. — Le fibrille in generale sono esilissime
e presentano a diversi gradi la degenerazione granulosa, che
però non si spinge mai nei prolungamenti, e nei V5 circa dei
casi si hanno zone degenerate e zone in cui vi ha spezzet-
tamente in pezzi più 0 meno lunghi. I nucleoli sono evidenti
e rigonfi in qualche elemento, in altri normali.
Fio. 5 - Cellula della Bulbo. Il reticolo è in */;, dei casi integro, in */, è in
eortwcla cerebrale. via di dissolvimento e qui esistono delle travate esilissime
sparse pel citoplasma e delle aree ove tanto il reticolo che
le fibrille primarie sono trasformate in granuli piccolissimi di solito in fila: pure
in questi elementi sempre vi ha un cercine granuloso attorno al nucleo. 11 nucleolo
è appena visibile, i prolungamenti solo all'inizio hanno alterazioni uguali a quelle
del restante protoplasma: nell'altra part« sono normali.
■Midollo lombare e dorsale. Qui le alterazioni, sebbene la impregnazione sia ben
riuscita, appaiono poco numerose : le fibrille sono esilissime, tortuose, pallide, in
qualche piccolo tratto solo vanno dissolvendosi nei granuli.
I prolungamenti e il nucleo sono regolari. ;ì^
7. Cer l'elio. — Tutti gli elementi sono colpiti in foto ^^^^.j^,.^
dalla degenerazione granulosa, che si continua anche per un ^^V^?^'^>!V.
buon tratto neir interno dei prolungamenti: il nucleolo è im- ^HV'v ?• *^«J'n
pregnato fortemente e rigonfio, il nucleo è pure visibile. X'-*^?^ ^ 'Ì''/'^
Bulbo. Nella maggior parte dei casi le neurofibrille sono ^f^^ kV-%
esili, tortuose alla periferia, in degenerazione granulosa nelle "^'^'^vVJ*.
altre parti compresi i prolungamenti : vi sono in alcuni punti '^x
granuli in fila, in altri a distribuzione irregolare.
Nella cellula qui sotto rappresentata (fig. «) appunto si ^'''' ^ ' ^'^"''^* bulbare.
vedono i granuli in fila e disordinati, e alcuni tratti fibrille
finissime, tortuose e intreeciantisi fra loro attorno all'area nucleare e verso il pro-
lungamento A : il nucleolo grosso e fortemente impregnato.
Nel gruppo di 2 elementi invece rappresentati nella figura 7, il reticolo è total-
mente scomparso: le fibrille sono diversamente e in vario grado alterate; in A esi-
stono ancora rare fibrille finissime, varicose, dall'aspetto a rosario, spezzettate, che
dal nucleo si portano ai prolungamenti e si continuano in essi cogli stessi carat-
teri limitando delle specie di vacuoli: attorno al nucleo vi ha cercine irregolare
granuloso.
In B la degenerazione è completa e n-m si trovano che fibrille esili, e solo
spezzettate a una certa distanza dall'origine dei prolungamenti. I nucleoli sono for-
Degli elmetti della ipertermia e ipotermia, ecc.
^19
temente impregnati. Devo infine notare che tanto in questi elementi come negli altri
studiati in molte sezioni si ha un rigonfiamento e la perdita della forma regolare.
Midollo lombare e dorsale, —
Si può ripetere per queste parti del yM'^^^t.
sistema nervoso centrale quanto è stato <^^t^^.J^^i:4ifSÙ^
detto pel bulbo, solo è da osservarsi ^"^^i^^^- , ' ; y'i^i^-
che qui vi ha un numero maggiore ^ ~
di cellule in cui esistono elementi non
totalmente degenerati.
8. Cervello. — Meno qualche
rara fibrilla esile, tortuosa, spezzettata
e che in tale stato passa da un pro-
lungamento ad un altro, tutte le altre
sono ridotte in polvere finissima, il Fio. 7.
nucleo è grosso e fortemente impregna- Cellule bulbari.
to, il nucleolo pure visibile nettamente.
Bulbo. — In massima parte le cellule sono impregnate in loto: però dall'esame
di quelle riuscite bene e colorite, risultano quei fatti di alterazione fibrillare che
ho già esposto pel N. 7.
Midollo lombare e dorsale. — Solo attorno al nucleo vi hanno delle fibrille
esili e spezzettate; nel resto del citoplasma si ha la completa degenerazione, il nucleo
anche qui è ben evidente, il nucleolo grosso, la cellula sfiancata.
Le lesioni del reticolo aeurofibrillare che ho pollilo dimoslrare nelle di-
verse parli del sistema nervoso cenlrale col metodo di Ramon y GajaI, pos-
sono venire cosi riassunte, disposte in ordine di pravità.
Per la ipotermia: ipertrofia delle neiirofibrille primarie, ingrossamento
delle maglie reticolari, formazione di grossi fasci nastriformi disposti ora alla
periferia, ora attorno al nucleo, ora attraversanti la cellula in vario senso,
lorluusitii e rottura a tratti lunghi, a bastoncino delle fibrille; degenerazione
granulosa con granuli talv(dta disposti a lìle tutte uguali, di varie dimensioni,
i'Hre volte a zone alternantisi con quelle occupate da fibrille tortuose e ba-
stoncini. I prolungamenti presentano di solito alterazioni delle altre parti
«iella cellula alTorigine, mentre nel resto hanno sempre lesioni di intensità
"minore. Il nucleo non si presenta di solito impregnato, il nucleolo è talora
impregnato e grosso.
IVr la ipertermia : atrofia delle neurofìbrille e debole colorazione, tor-
Iwosità, spezzettamento a tratti di varia lunghezza, disgregazione del reticolo,
degenerazione granulosa con granuli finissimi disposti a lìle o sparsi irrego-
larmente nel protoplasma, rigonfìamend) della cellula e formazi(uie di vacuoli,
impregnazione del nucleolo ingrossato e granuloso. I piolungamenti sono sempre
^iterali in ugual grado del corpo cellulare alTiMigine, meno intensamente in
^eituilo.
Ilo in questo breve riassunto tenuto presente la evoluzione del fenomeno
Palologìco che venne da me stabilita osservando le varie l'orme di lesioni cel-
lulari che ho visto comparire man mano che si andavano aggravando le con-
!24() F, LascKjìM
dizioni (leirli animali con una durala sempre crescente delia ipertermia e della
ipotermia.
Le modificazicmi e le alterazioni delle neurofibrille, messe in evidenza
col metodo Cajal nelle mie esperienze, mentre da un lato servono a provare
ancora una volta la jrrande labilità dell'apparato neurofibrillare, dall'altro
venjrono a dimostrare che anche il caldo e il freddo sono capaci di turbare
profondamente la struttura del reticolo nervoso in animali adulti alla stessa guisa
di agenti chimici, Usici, e traumatici, e questo in opposizione a quanto ave-
vano dimostrato le ricerche ili altri sperimentatori. Le lesioni incominciano
inoltre assai presto e vanno anche peggiorando rapidamente.
Infatti le semplici modificazioni allo stato fisiologico delle fibrille, consi-
stenti in ipertrofia pel freddo, ed atrofia pel caldo, appena che lo stalo di ipotermia
e ipertermia dell'animale continui per un'ora, cedono il posto a vere alterazioni,
come risulta ajipunto dai reperti istologici delle esperienze N. 1 della i* serie
e N. !2 della ^2"^. Nello stesso elemento cellulare vi hanno fibrille modificale,
*^pezzet lamento e formazione di bastoncini, di zone con degenerazione gninu-
l(»sa. Quando poi l'animale sia per 2 ore raffreddato o riscaldato rimangono
rare fibrille modificate e 1e cellule vanno invece riempiendosi di granuli.
Quando poi T animale venga a morte, per causa di assideramento o di sovra-
riscaldamentis non esiste più traccia di integrità della sostanza argontofila.
Ma altri fatti pure interessanti risultano dimostrati dalle mie esperienze e cosi:
che le alteraziimi delle fibrille sono sempre più gravi e avanzate nel corpo
cellulare jche nei prolungamenti ^ che esse sono meno diffuse nel cervello
che nelle restanti parti del sistema nervoso. Il primo di questi fatti forse
può spiegarsi ammettendo col Rebizzi che le alterazioni delle neurofibrille
siano in rapporto con certi scambi che avvengono fra queste e il plasma,
scambi di sostanza ar^entofila che sarebbero influenzati da tutti gli agenti
capaci di alterare la cellula: nei prolungamenti, meno che nella 1*. parte,
esiste uno scarso j)lasnìa e, gli scambi di sostanza argentofìla compiendosi
con meno facilità, le alterazioni delle fibrille devono esser più scarse e di
minor entità.
Il secondo fatto poi, che trova un riscontro in quanto è stato dimostrato
per la sostanza cromatofila, fa supporre una maggiore resistenza nelle cel-
lule della corti(ale anche per parte del reticolo in confnmto degli elementi
delle altre regioni, all'azione di certi agenti fisici.
Osservaiìdci poi i rapporti che corrono fra la durata della iper e ipoter-
mia e le alterazioni delle fibrille, si nota che non vi ha fra di esse un co-
stante parallelismo: si arriva presto, dopo un'ora, a provocare nella cellula
nervosa un dato stato istopat(dogico del suo reticolo, ma esso poi rimane quasi
invariato per una durata mollo lunga dello stato s))erimentale; e per avere un
radicale mutamento dei reperti istologici, bisogna arrivare a provocare col
freddo e col caldo la morte degli animali. Si vede cosi avvenire nel nostro
caso il fatto noto deiradattamento della cellula e dei suoi componenti allo
stato patologico.
Deijli eli etti della ipertermia e l/X)termia, ere. 221
Perquaiito riguarda il numero delle fibrille, debbo Far osservare che non
ho mai riscontrato un aumento o una diminuzione in rapporto all'aumento o
alla diminuzione del volume di esse: questo a confermare quanto il Rebizzi
ha detto a spiegazione del fenomeno, che cioè in tali casi si abbiano veri feno-
meni di scomparsa e neoformazione di sostanza argentofila.
Tutte le alterazioni che ho trovato nella 2* serie di esperienze non hanno
mai assunto carattere alcuno di specificità perchè i nostri reperti istologici
sono identici a quelli ottenuti facendo esperienze su animali con tossine di-
verse. E questo a conferma di quanto già è slato ammesso dagli istologi che
osarono il metodo Ramon y Cajal e il Donaggio. D'altra parie, il fatto di
trovarsi le identiche lesioni nella ipertermia ed in stati tossici dell'organismo
appare molto naturale quando si pensi a ciò che è stato dimostrato da diversi
sperimentatori e specie dal Vincent, che il calore determina la formazione
nel sangue e in maggior quantità nel sistema nervoso di prodotti tossici: egli
inoltre inoculando animali con estratti acquosi di organi di conigli e cani
sovrariscaldali, ne determinava la morte coi fenomeni di sovrariscaldamento e
con lesioni nei diversi organi identiche a quelle trovate in animali morti per
ipertermia.
Per quanto riguarda l'identità di lesioni trovate in animali in ipotermia
e in quelli intossicati, nessuna spiegazione è possibile poiché tinora non esi-
v^tono dati per ammettere che si abbiano anche per il freddo fenomeni di
autointossicazione.
Infine debbo far rilevare per il metodo Cajal che io ho usato in queste
mie esperienze, che esso non sempre riesce perfettamente, ma che però dà
J^pesso risultati buoni, in alcuni casi solo, negativi.
Succede poi abbastanza spesso che in una stessa sezione, una metà sia
diiferente di aspetto dall'altra, e che in una slessa zona si avvicendino cel-
l»le in cui la impregnazione metallica delle fibrille è in giusto grado o ecces-
siva 0 parziale o nulla: ma una diagnosi giusta delle alterazioni esistenti si
può farla ugualmente, quando si fondi il reperto istologico su \in gran nu-
mero di sezioni o sopra gli elementi, suiricienteniente numerosi in ogni taglio,
sicuramente alterati.
Con ciò intendo però solo alfermare che può il metodo Cajal servire
abbastanza bene a mettere in evidenza le alterazioni del reticolo neurolibril-
larc e non voglio certo escludere uè che esso presenti quei difetti che dagli
istologi gli vengono attribuiti, uè che altri metodi, specialmente il Donaggio,
Mano migliori tecnicamente per \o, ricerche sul reticolo neurolìbrillare.
Condmioni, — Riassumendo le mie ricerche, posso formulare le coiìcl.i-
sioni seguenti:
1. il freddo e il caldo da soli sono caj)aci di determinare alterazioni pro-
fonde nell'apparecchio neurofibrillare delle cellule del sistema nervoso cen-
trale di animali adulti.
2. Il reticolo neurolìbrillare jn'esenta una grandr labilitii di fronte a ((nei
due agenti tìsici.
4ii2 F, Lasagna - Degli e/fetti della ipertermia e ifjotenììia, ecc.
3. Le alterazioni non decorrono sempre progressivamente in rapporto
(liretlo della ipo e ipertermia.
4. Le lesioni riscontrate non hanno carattere alcuno di specificità.
5. Il metodo di Ramon y Cajal dà buoni risultati per diagnosticare le
alterazioni del reticolo fibrillare.
Biblioerrafla.
Balli. Legioni del reticolo neuroflbrillRre endocellulare In mammiferi adulti totalmente o par-
zialmente privati dell* apparecchio tiroparatiroideo. «Rivista sperimentale di Freniatria»,
n. 32. 1906.
Cajal. Variazioni morfologiche del reticolo neurofibrillare in certi stati normali e patologici.
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Cajal. Un metodo semplice di colorazione selettiva del reticolo protopla?>matico, ecc. * Trab. lab.
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Primo Coìifiresso della Società italiana di Neurologia 22Ii
Primo Congresso della Società Italiana di Neurologia
Napoli 8-11 aprile 1908
Alle ore 10 del giorno 8 aprile 1908, nel Salone Principe di Napoli, alla pre-
senza del Prefetto di Napoli, in rappresentanza del Ministro della Pubblica Istruzione,
e. del Sindaco, viene inaugurato il I Congresso della Società Italiana di Neurologia.
Il prof. Bianchi, presidente della Società, dice il discorso inaugurale nel quale espone,
con elevate parole,, gli scopi della nuova associazione.
Quindi sotto la presidenza del prof. Bianchi si iniziano i lavori colla:
Relazione sul primo tema generale: Le afasie. Rei. prof. G. Mingazadni (Roma).
Nella complessa questione delle afasie i lavori recenti di P. Marie e di alcuni
suoi collaboratori hanno portato delle idee nuove circa la sede della lesione anato-
mica che dà luogo all'afasia motoria, negando al piede della F. 3 di sinistra il
significato di centro delle immagini motrici della parola articolata, come, dopo Ero e a
era, quasi senza eccezione, ammesso. Il R. non potendo, in brevi limiti, trattare di
tutti i problemi delle afasie dirige i suoi sforzi a questo punto che può dirsi il fon-
damentale. Mingazzini si palesa tosto contrario ai concetti di Marie, accingendosi
alla confutazione dei principali argomenti da questo Autore invocati per combattere
la dottrina classica sull'afasia motrice. Marie a sostegno della propria tesi avea
ricordati dei casi di afasia motrice (afemia di Broca) nei quali alla necroscopia si
trovò integra la circonvoluzione di Broca, e rispettivamente altri casi nei quali
malgrado la distruzione di detta circonvoluzione non si erano manifestati in vita
sintomi afasici. Mingazzini osserva che dei casi della prima categoria alcuni si pos-
sono spiegare con fenomeni di JHaschisis nel senso di Monakow, altri ammettendo
che gli elementi cellulari del lobulo di Broca si trovassero in condizioni tali da non
potere funzionare o per disordini di circolo nel territorio del primo ramo della sil-
viana o per l'azione di sostanze tossiche circolanti nell'organismo; ad altri casi infine
si può obbiettare che non essendo stato fatto l'esame microscopico degli elementi
cellulari della regione in questione siano sfuggite delle alterazioni che poteano abo-
lirne la funzione. Circa i casi della seconda categoria Mingazzini crede che possa
essere invocata a spiegarli la funzione vicariante della circonvoluzione corrispondente
dì destra. Il R. espone quindi alcuni dati circa l'afasia cosidetta sensoriale: vari suoi
casi clinici seguiti da reperto necroscopico lo avrebbero indotto ad accettare le teorie
della scuola inglese ; ad ammettere cioè che la distruzione della zona corticale del-
l'area di Wernicke, purché essa sia limitata all'emisfero di sinistra o non sia com-
plicata da altre lesioni del cervello, così da aversi integrità funzionale ed organica
del resto del cervello, è capace di sopprimere la comprensione del senso delle frasi
e dei concetti complessi e talvolta anche di quelli più elementari. Tuttavia il malato
può ancora comprendere il senso di alcune parole e più specialmente di quelle che
esprimono un oggetto concreto. La sordità verbale diviene assolutamente totale quando
siano lese ambedue le zone di Wernicke, la destra e la sinistra. Mingazzini si
occupa in seguito della sede che Marie ha indicato come quella capace di dare
luogo alla sindrome afasia motrice^ la quale secondo!' A. francese sarebbe il risul-
224 Rivista di Patologia nervosa e mentale
tato di afasia sensoriale -i- anartria, esponendo le sue personali vedute. Egli, partendo
dal fatto che anche quando sono distrutte ambedue le zone di Wernicke il paziente
ha sempre la facoltà di emettere V uno dopo Taltro i più svariati monosillabi e tal-
volta anche qualche parola bisillaba a carattere parafasico, crede che nel lobulo di
Broca non siano depositate le immagini motrici delle parole bensì vi siano registrati
i ricordi (engrammi) delle immagini motorie (glossocinestetiche) delle sillabe cui esso
ordinerebbe in serie determinate a formare i vocaboli, sotto V influenza di speciali
stimoli provenienti dalle aree di Wernicke. Le vie anatomiche che rendono possibili
queste funzioni sono così tracciate dal R: Il lobulo di Broca del lato sinistro sarebbe
collegato 1) al centro di Wernicke dello stesso lato per mezzo di fibre che, partendo
da questo centro e passando vicinissime alla circonvoluzione dell* insula, arrivano
alla parte opercolare della terza circonvoluzione frontale sinistra; queste fibre sono
chiamate dal R. verbo-acustiche \ 2) al centro di Wernicke di destra; 3) al lobuln
di Broca del lato destro. Il cosidetto centro di Broca avrebbe insomma per fun-
zione di trasformare le immagini verbo-acustiche ricevute dalle due zone di Wer-
nicke in immagini verbo-motrici. Infine da questo lobulo partono delle fibre fasico-
motrici che, passando per l'estremità anteriore della zona lenticolare e rispettivamente
per il putamen, %\ mettono in relazione colle fibre verbo-articolari destinate all'ar-
ticolazione delle sillabe e delle parole. Tutte queste vie possono essere comprese in
un quadrilatero così delimitato ; su una sezione orizzontale del cervello bisogna
tracciare due linee trasversali e parallele: l'anteriore che parte dalla circonvoluzione
anteriore dell'insula (sinistra), la posteriore dalla parte media di questa stessa cir-
convoluzione; r una e l'altra arrivano fino al ventricolo laterale. La terza linea, per-
pendicolare e parallela alla superficie libera dell'insula, le taglia e va al margine
interno (mediano) del nucleo lenticolare, mentre una quarta linea antero -posteriore,
sarebbe tangente alla superfìcie libera dell' insula : perciò il E. dà a questo tratto
il nome di quadrilatero delle vie del lingtmggio. Questa è la zona le lesioni della
quale possono produrre dei fatti di afasia con integrità della F. 3 di sinistra: a seconda
della sede e della estensione della lesione si hanno sindromi difierenti: quando la
lesione risiede nella parte anteriore del putamen si ha per conseguenza un'incapacità
assoluta e totale di parlare come si osserva dopo la distruzione del lobulo di Broca;
quando esiste una lesione che prende anche l' insula si constata della disartria e dei
disturbi dovuti ad un'afasia motrice che dipende dall'interruzione delle vie che par-
tono dalle due zone di Wernicke e dal lobulo di Broca di destra : in questo caso
le immagini delle sillabe e delle lettere registrate nel lobulo di Broca non possono
più ricevere gli stimoli che vengono dai centri verbo-acustici e la conseguenza e una
limitazione del linguaggio spontaneo che si trova ridotto all'emissione di qualche
sillaba o di di qualche parola a carattere parafasico. Ma si avrà un'afasia totale nel
caso che fosssoro distrutte le zone di Wernicke, le vie fasi co-mot ri ci ed insieme le
immagini motrici delle sillabe per distruzione della parte antero-laterale del nucleo
lenticolare : questa afasia è davvero, come dice Marie, dovuta alla lesione simultanea
delle zone di Wernicke e del nucleo lenticolare sinistro con integrità della F. 3, ma
non insorge indipendentemente da questa circonvoluzione, essendo in realtà dovuta ad
interruzione delle libre che vi arrivano e di quelle che ne partono. Quando un foco-
laio avanzandosi verso l'insula occupa })r<^ssoehè esclu^^ivamente la parte ])osteriore
del putmiìfìì, restano libere le vie fasico-motrici, mentre si trovano più o meno lese
le verbo-acustiche ed allora si avrà una sordità verbale con parafasia e della disar-
tria. Passa quindi il li. a trattare brevemente della sordità verbale, mettendo in
Primo Congresso della Società italiaìm di Neurologia 225
speciale rilievo la distinzione che occorre sempre di stabilire tra la forma vera e la
falsa, e rilevando T importanza che hanno in qaesta i disturbi deir adito. L* ultima
parte della dotta relazione è dedicata allo stadio dei fenomeni di cecità verbale.
Chiude il R. avvertendo della necessità di esami di cervelli di afasici, che siano
stati accuratamente studiati dal punto di vista clinico, col metodo dei tagli in serie
e avendo riguardo anche alle strutture cellulari.
La discussione su questo téma viene rimandata alla seduta pomeridiana che viene
aperta alle ore 14.
Seduta pomeridiana {Presidenza prof, Tànzi).
Bianchi (Napoli). Condivide l'opinione del R. che non si possa accettare la dot-
trina di Marie in tutta la sua estensione e riferisce in proposito qualche caso di
osservazione personale. Quindi, suffragando il suo dire colla presentazione di pezzi
anatomici, si trattiene sui disturbi psichici presentati dagli afasici. Pur ammettendo
che in ogni afasico, anche motore, vi possa essere qualche fenomeno di deficit, intel-
lettuale, rimane assodato che la forma di afasia nella quale i disturbi psichici sono
più accentuati è quella sensoriale; su questo punto Bianchi avea da lungo tempo
richiamata l'attenzione parlando di una forma di demenza afasica: le lesioni del
loho temporale danno sempre luogo a fatti demenziali che sono in proporzione alla
gravità ed estensione della lesione: anche le lesioni del giro angolare e della piega
curva si accompagnano a fatti di difetto intellettuale che sono più spiccati negli
individui più colti, specie in quelli che si sono fatta una cultura a base di imma-
gini visive. Però Bianchi combatte energicamente la tesi di Marie che F afasia
sensoriale non sia altro che il risultato di fenomeni demenziali.
Sossi (Firenze). Domanda se, data una lesione limitata alla parte più anteriore
della zona indicata dal R., in modo che sia possibile la lesione isolata delle fibre che
partono dal centro di Broca, nel paziente si verifichino i fenomeni di Dej orine,
(altrettanti sforzi respiratori quante sono le sillabe della parola) e di Lichtheim:
in questo caso si rientrerebbe nel quadro della afasia motrice sottocorticale quale è
sostenuta da Dejerine. Inoltre domanda se, data una lesione più posteriore della stessa
wna che leda le vie che il B. chiamò verbo-acustiche, rimanendo l'area di Wer-
i^icke intatta, il malato abbia coscienza dei suoi disturbi parafasici ; perchè se questo
i^on accadesse, i fatti che il R. ha indicati potrebbero anche essere interpretati come
"i parafasia letterale, dovuti cioè ad un difetto di funzione del centro di Wernicke
'piegabile col meccanismo invocato da Lugaro per interpretare i disturbi psichici
^egli afasici motori, vale a dire colla interruzione di vie che decorrono dal centro
di Broca a quello di Wernicke portandovi degli eccitamenti che ne regolano e faci-
litano la funzione.
Lugaro (Modena). In questo momento di revisione delle questioni delle afasie
crede opportuno richiamare una legge troppo negletta dai patologi, quella della
^f^langa (Cajal), la quale applicata in questo campo potrebbe fornire la spiega-
zione dei più caratteristici disturbi del linguaggio: p. es. l'afasia amnestica, la legge
^i disintegrazione sistematica del patrimonio verbale, la legge dell'afasia nei poli-
glotti^ la possibilità della parola cantata in casi di afasia motrice grave, la soprav-
vivenza di singole parole in casi di afasia grave di ogni forma, la comprensione del
proprio nome nella sordità verbale, la capacità di scrivere il proprio nome nell'agrafia ecc.
15
226 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Secondo detta teoria gli stimoli che alla periferia sono per così dire pantiformi si
vanno nel loro percorso allargando in modo da interessare un numero di elementi
nervosi sempre maggiore fino alla loro stazione terminale nella corteccia cerebrale.
Più abituale è un^ immagine e tanto più numerose saranno le cellule e più esteso il
territorio in cui sono distribuite. Ciò induce a credere che in ogni lesione a focolaio
si abbia una perdita globale di funzione, la quale potrà interessare in tota quei
ricordi che sono depositati in una piccola area corticale, mentre lascierà sopravvivere
in grado più o meno notevole quelle immagini, tra le quali saranno naturalmente
quelle di uso più comune, che sono distribuite in area più vasta. Può darsi anche
che in seguito ad una lesione circoscritta si abbia la sopravvivenza di alcuni ricordi,
dei quali però la rievocazione può avvenire soltanto dietro stimoli insolitamente ener-
gici : così si spiegherebbero i fatti della cosidetta afasia aranestica.
Schnpfer (Firenze). Dice di non sapersi spiegare come dei fatti di semplice
intossicazione possano produrre disturbi della loquela di lunga durata, quando, s'in-
tende, non abbiano prodotto delle lesioni anatomiche.
Mingazzini. Si dichiara in accordo con Bianchi intorno alla esistenza di una
demenza afasica purché si riferisca all'afasia sensoriale, non alla motrice : e a spie-
gazione di questi fatti richiama i concetti .di Sachs circa la fusione che coll'andare
del tempo si stabilisce tra pensiero* ed immagini acustiche delle parole; a Bossi
risponde spiegando i suoi concetti circa la funzione del lobulo di Broca e le con-
seguenze della sua lesione ; e svolgendo più ampiamente i sintomi che si presentano
in casi di lesioni delle vie verbo-acustiche. Fa notare a Schupfer che egli parlando
di afasie tossiche avea appunto inteso di riferirsi a casi di afasia transitoria.
Comunicazioni. — De Sanctis (Roma). Infantiìismo e Puerilismo — Nuon
contrihuti. — Mette in evidenza come in pressoché tutti i casi di infantilismo si
trovino delle alterazioni delle ghiandole a secrezione interna : ciò rende verosimile
che nella patogenesi dell'infantilismo queste ghiandole abbiano una parte notevole,
pur non potendo precisare quale sia la ghiandola più specialmente incriminabile.
Appoggia la esistenza à&ìVinfantiìifimo parziale; si sofferma su quello degli organi
genitali : tratta quindi della sintomatologia delle varie forme di infantilismo.
Ceni richiama i suoi studi sperimentali sui polli nei quali l'asportazione di
parti del cervello conduce talora a dei fenomeni simili a quelli dell'infantilismo;
crede perciò non bisogni dare soverchia importanza alle ghiandole a secrezione in-
tema. — Lugaro fa osservare a Geni che in animali giovani altre lesioni all' in-
fuori di quelle del cervello e persino la semplice trapanazione del cranio possono
dare luogo ad arresti di sviluppo, il che impedisce di accettare nel loro semplicismo
le sue conclusioni. — Bossi richiama gli studi di Soli, il quale ha trovato che
l'asportazione del timo in giovani galli produce sempre arresto di sviluppo dei ca-
ratteri sessuali secondarli e talora anche difetto di sviluppo somatico.
De Sanctis risponde a Geni che poiché le lesioni cerebrali inducono alterazioni
delle ghiandole a secrezione interna, specie dei testicoli, gli arresti di sviluppo da lui
osservati potrebbero essere di natura secondaria.
Levi (Firenze). Nuot^e indagini sul valore diagnostico dello studio grafico del
clono del piede, — Con numerose grafiche, nelle quali sono tradotte le sue personali
osservazioni, illustra l'importanza del metodo grafico nello studio dei fenomeni clo-
nici, specie del clono del piede ; senza questo metodo non si possono fissare caratteri
diflerenziali tra il clono del piede nelle forme organiche e quello delle funzionali.
Le qualifiche del clono vero sarebbero : regolarità delle oscillazioni nel tempo e uni-
Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 227
fornì ita nell'ampiezza delle escursioni ; invece il tracciato dello pseadoclono presenta
escursioni irregolari nelFanipiezza e talora nella frequenza. Meno probativi sarebbero
i caratteri che si riferiscono alla maggiore o minore facilità colla quale il clono può
essere provocato; infatti la facilità con cui questo ultimo si provoca può variare
anche nelle forme organiche a seconda della posizione nella quale il soggetto in esame
viene posto, fenomeno che forse si deve riferire a variazioni di circolazione nel midollo
spinale.
Baschieri-Salvadori (Roma). Il clono del piede come sintoma obbiettivo pre-
coce della sclerosi in placche. — L'O. insiste sull'importanza dello studio grafico
del clono del piede-per la diagnosi differenziale tra forme organiche ed inorganiche.
Riferisce minutamente un proprio caso nel quale con questo mezzo si potè stabilire
precocemente la diagnosi di sclerosi in placche.
Oapriati fa notare come, anche per il fatto che il clono del piede pure in forme
organiche può variare da momento a momento, sì debba essere molto cauti nell'at-
tribuire a questo fenomeno un valore eccessivo nella diagnosi differenziale, sopratutto
quando questo sintoma sia isolato. — Colncci crede che anche nell' isterismo il clono
del piede possa mentire esattamente le caratteristiche di quello che si osserva nelle
forme organiche.
Leyi e Baschieri rispondono a Oapriati e Colucci.
Ceni (Reggio Emilia). Sugli intimi rapporti tra cervello ed organi sessuali.
— Volendo precisare il meccanismo col quale lesioni del cervello danno luogo ad
alterazioni del testicolo, argomento del quale si è occupato in precedenti lavori, l'O.
ha istituito una nuova serie di ricerche praticando non più la decorticazione ma
l'emiscerebrazione nei polli. Così egli ha trovato che il testicolo subisce, come risulta dai
preparati, un'atrofia che interessa quasi esclusivamente la parte parenchimatosa ; le
alterazioni del tessuto interstiziale sarebbero secondarie.
Lugaro osserva che Ceni usa come termini equivalenti, a proposito delle lesioni
del cervello dei polli, i termini « decorticazione » e « sccrebrazione » ; ora questa
indeterminatezza è da evitare sopratutto in considerazione dei rapporti che colle sue
esperienze il Ceni si provò di stabilire tra i fatti da lui rilevati nella prole dei polli
a cervello leso e la ereditarietà delle malattie mentali. La sede di queste ultime
neir uomo è essenzialmente corticale, mentre negli uccelli da un lato il mantello
cerebrale è una formazione insignificante, dall'altro Ceni colle sue operazioni veniva
ad intaccare i grossi nuclei della base. I risultati di Ceni, più che illustrare dei
fenomeni specifici di eredità, hanno valore in quanto illustrano dei fenomeni generici
di degenerazione. — Mingazzini vorrebbe conoscere quali fossero le alterazioni che
in seguito alla lesione cerebrale si trov^^io nelle altre parti dell' encefalo. — Tanzi
crede utile far notare come volendo applicare alla patologia umana le lesioni pra-
ticate da Ceni, si debbano, per la loro entità, paragonare piuttosto alle gravi cere-
broplegie che non alle forme mentali vere e proprie.
Ceni risponde a Lngaro che talora parlò di decorticazione essendosi limitato a
passare col Pacquelin sulla superficie del cervello; a Mingazzini che il resto del-
l'encefalo appariva illeso.
Calligaris (Roma). Studi sulla metameria sensitiva spinale. — Riferisce di
alcuni suoi studi sulla distribuzione della sensibilità sulla cute del corpo umano.
Tracciando delle linee speciali, egli sarebbe riuscito a stabilire che la distribuzione
delle sensibilità superficiali è molto più simmetrica e geometrica di quel che si
supponeva.
228 Rivista di Patologia nervosa e mentale
De Sanctifl si oppone yiyacemente all' interpretazione di Calligaris, dimostrando
la poca 4^Hcatezza dei metodi di indagine da lui esperiti ; dice che, avendo ripetute
le esperienze diCalligaris colla stessa tecnica, ha trovato il fenomeno assai incostante
e riscontrabile prevalentemente in individui assoggettati molte volte air esame. —
Tanzi consiglia di estendere le ricerche alle altre sorta di sensibilità superficiali, non
limitandosi a quella tattile e dolorifica.
9 aprile - Seduta antimeridiana (Presidenza prof. Paladino).
Relazione sul secondo tema generale : Fisiologia e patologia dei lobi frontali.
Rei. prof. Leonardo Bianchi.
La teoria secondo la quale i lobi frontali sarebbero sede di funzioni intellettive,
sostenuta da Bianchi, Hitzig, Ferrier, trovò seguaci ed oppositori altrettanto ar-
denti. Il dibattito dura tuttora, benché dal tempo trascorso dalle prime comunicazioni
(26 anni) molte esperienze e molte osservazioni cliniche si sieno al riguardo accumu-
lata. Perciò il R. ha creduto opportuno di istituire delle nuove ricerche, tanto più
essendo convinto che molte controversie dipendano dalF improprietà e dalla differenza
dei metodi usati dai vari osservatori. Per quello che si riferisce alla parte sperimen-
tale del problema il R. comincia dal far rilevare come tra gli animali Punico adatto
a questo genere di studi sia la scimmia, sopratutto perchè nei cani e nei gatti, a
cagione della poca estensione dell*area frontale, è molto facile ledere neir operazione
anche la zona motrice e il lobo olfattorio, mentre in queste esperienze è necessario
rispettare gli apparati sensoriali per non privare gli animali di stimoli ai quali erano
abituati. Inoltre è regola di scegliere degli animali appena tolti dallo stato selvag-
gio e dei quali l'osservatore deve studiare con grande cura, avanti l'operazione, i
costumi, gli affetti etc. in modo da ricostruirne per cosi dire la personalità psichica.
Quindi il R. definisce i limiti che nella scimmia si devono assegnare alla r^ione
frontale. Parla in seguito dei metodi di esplorazione delle funzioni della corteccia
cerebrale e passa ad esporre i risultati da lui ottenuti nella regione frontale coi
principali di essi: quello della stimolazione per mezzo dell'elettricità e quello del-
l'ablazione di parti di corteccia. Colla stimolazione elettrica egli ottenne da determi-
nati punti della regione in discorso movimenti dei globi oculari, variazioni nel dia-
metro delle pupille, movimenti degli orecchi ; ricordando come movimenti simili si
provochiifo stimolando le aree visive ed acustiche, il R. crede che questi da lui
osservati siano movimenti legati con le funzioni sensoriali. Venendo poi a parlare dei
risultati ottenuti col metodo dell'asportaziope, premette di essersi, in questa serie di
ricerche, limitato a togliere la parte esterna dei lobi frontali. I fenomeni di decifit
si osservano solo quando la mutilazione sia estesa e bilaterale. Questi fenomeni sono
in parte transitori ed in parte permanenti. Tra i primi si annoverano i disturbi
visivi ; qualche volta questi disturbi possono divenire permanenti e furono talora spie-
gati con alterazioni che secondariamente si stabiliscono nei lobi occipitali. Negli
animali operati non si osservarono mai disturbi di sensibilità o di motilità. I disturbi
permanenti e notevoli sono invece quelli a carico delle funzioni intellettuali. Gli
animali operati hanno talora l'aspetto di dementi senili, il tronco incurvato in avanti
come quello di persona stanca, fatto che non è dovuto a paralisi ma a mancanza di
tono; molte altre volte hanno uno speciale aspetto melancolico. Notevole è il nervo-
sismo degli animali così mutilati, l'irrequietezza motoria, della quale già altri AA.
Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 229
hanno fatto menzione. Oltre a ciò in queste scìmmie manca quello che potrebbe defi-
nirsi il tono mentale; è come se si estìnguesse il senso della dignità; la memoria
6i trova gravemente compromessa sicché questi animali cadono molte volte nello stesso
errore; i giudizi sono più superficiali, le reazioni motrici più immediate. LMnsieme
di questi disturbi produce una incapacità dì nuovi adattamenti. L'affettività è pure
colpita in notevole grado; gli animali divengono brutali neiramore, imbecilleschi nei
tentativi di conquista della femmina. Insomma, memoria, attenzione, capacità di
associazione sono le facoltà più lese. Alcuni AA. hanno cercato dì spiegare questi
fatti interpretando la funzione dei lobi frontali come una funzione di inibizione; ora
dice il R., cos'è mai T inibizione se non un processo intellettuale? Secondo il Flechsig
il lobo frontale è un centro associativo delle immagini tattili; ma Bianchi dalle
sue esperienze è indotto a ritenere che il lobo frontale sia un vero centro di associa-
zione e poiché Tassociazione deve essere interpretata come una risultante delle imma-
gini più svariate, bisogna ammettere che da ogni parte della corteccia cerebrale queste
immagini convergano nella corteccia dei lobi frontali, facendo di questa regione un
centro di attenzione e di inibizione, un organo regolatore della diverse funzioni delle
altre regioni della corteccia. Nell'ultima parte della relazione Bianchi riferisce
circa i casi di patologia umana, alcuni dei quali di osservazione personale, che dimo-
strano come le conclusioni della patologia sperimentale coincidano con quello che ci
è dato di osservare in clinica. L' interessante relazione viene chiusa coU'accenno ai
prol>lemi che in questo difficile campo della fisiologia, nel quale la scuola italiana
portò contributi notevoli, rimangono ancora da risolvere.
Discussione, — Tamburini (Roma) richiama un suo lavoro nel quale viene messo
in evidenza il contributo che l'anatomia patologica delle demenze può portare alla
soluzione del problema delle localizzazioni cerebrali. Fa rilevare come il quadro
presentato dagli animali operati da Bianchi abbia molte somiglianze con quello dei.
dementi ed in speciale modo dei dementi paralitici nei quali appunto l'anatomia
patologica mette in evidenza alterazioni che sono prevalenti nella corteccia dei lobi
frontali e tanto più gravi quanto maggiore è il decadimento intellettuale.
Lngaro ritiene che i risultati delle esperienze di Bianchi si integrino bene coi
dati anatomici e con le illazioni fisiologiche e psicologiche tentate da altri, soprat-
tutto da Flechsig, a patto di non far rientrare tutti i processi di intelligenza nelle
funzioni attribuite da Bianchi ai lobi frontali. Nel contenuto della coscienza si può
fare una distinzione tra ciò che si riferisce al mondo esterno e ciò che si riferisce al
corpo. Da un altro punto di vista il corpo si contrappone alla personalità psichica e
può essere considerato come un oggetto. Bisogna anche distinguere ciò che è dato
attuale dei sensi, percezione, da ciò che è ricordo, rappresentazione: a questo modo
il presente si contrappone alle reminiscenze del passato ed alle previsioni del futuro.
I processi organici corrispondenti a queste diverse categorie di stati psichici possono
trovar sede nella corteccia cerebrale in territori corticali distinti. Vi sono centri di
proiezione, percettivi, e centri di associazione, rappresentativi. La percezione del pro-
prio corpo è funzione della regione rolandica. Tutta la corteccia posta all' indietro di
questa zona ha rapporto con la percezione e la rappresentazione del mondo estemo.
La corteccia posta all' innanzi può considerarsi come l'area rappresentativa del corpo
e dei processi intemi, la sede della complessa rappresentazione della personalità soma-
tica e psichica. L' intelligenza è una funzione rappresentativa ; devesi perciò ammet-
tere che essa non ha una sede unica, ma è distribuita in queste due grandi regioni
corticali : la posteriore che elabora le immagini obiettive ed ha rapporto quindi
230 Rivista di Patologia nervosa e mentale
con la comprensione del mondo estemo e con le previsioni obiettive ; l'anteriore che
registra la storia degli atti di tutta la vita, che sente gli impulsi più intimi dell'or-
ganismo e che elabora il particolar modo personale di reagire agli stimoli estemi.
Gli esperimenti sul lobo frontale mostrano appunto che la personalità viene grave-
mente offesa, mentre la rappresentazione obiettiva rimane inalterata.
Mingazzini ritiene che alcuni dei fatti che sono stati ricordati dal B. a che
si tende a spiegare con concetti poco precisati di diaschisiSf legge della valanga, ecc.,
si possano interpretare molto più semplicemente colle nostre cognizioni anatomiche.
Così è dei disturbi visivi conseguenti a lesioni del lobo frontale che potrebbero
essere dovuti sia a lesione diretta del tratto ottico, sia a lesione dei centri visivi
che si spingono, come è noto, molto avanti. Domanda al B. se possa precisare quale
sede e quale estensione debbano avere le mutilazioni del lobo frontale perchè si
abbiano difetti di funzione permanenti. Altri fatti potrebbero dipendere da lesioni
del fasciculus arcuatus ed anche del ginocchio del corpo calloso.
Tanzl-Tonnini-Oatola muovono al B. delle obbiezioni che si possono essenzialmente
ridurre ad una; essi cioè espongono l'idea che anche lesioni di altra regione della
corteccia possano dare luogo a sintomi di difetto intellettivo simili a quelli notati
nelle scimmie optrate da Bianchi. Tanzi a questo proposito richiama le esperienze
di Golz, il quale considerava i lobi frontali come la sede del carattere. Ora Tana
domanda al B. se alcuni dei fenomeni da lui osservati nelle scimmie operate non
possano eventualmente considerarsi come alterazioni del carattere.
Seduta pomeridiana.
Bossi domanda se allo scopo di precisare la funzione e le connessioni dei centri
oculomotori dal relatore trovati nel lobo frontale, egli non creda opportuno di appli-
care il metodo, già usato da Munck per studiare i movimenti oculari che insorgono
dietro la stimolazione elettrica delle zone visive, che consiste nella separazione, me-
diante tagli, delle singole aree corticali e nello studio successivo del comportamento
dei movimenti in esame.
De Sanctis prega il B. di dirgli qualcosa circa lo stato generale delle scimmie
operate perchè è noto che un turbamento della cenestesi può determinare delle alte-
razioni del carattere che si manifestano sotto forma di una specie di demenza apa-
tica. Si associa a Mingazzini nel domandare quale sia la parte del lobo frontale
alla quale il prof. Bianchi dà importanza per la produzione dei disturbi intellettivi.
Chiede infine quale sia il significato che il relatore attribuisce al vocabolo < intel-
ligenza ».
Belmondo (Padova) e Patini (Napoli) espongono alcuni loro concetti sul signi-
ficato di quel complesso di fatti psichici che si chiama « intelligenza ».
Oolella (Palermo) cita alcuni fatti clinici che convalidano l' opinione che i lobi
frontali siano la sede dei più elevati processi psichici.
Bianchi è d' accordo con Tamburini circa il contributo che può in questo pro-
blema portare l' anatomia patologica delle malattie mentali ; cita, oltre alla paralisi
generale, l'encefalite lobare dei bambini e la demenza precoce. A Lngaro risponde
che egli non condivide le idee di Flechsig; così la zona associativa posteriore di
questo autore altro non sarebbe secondo le proprie esperienze che una zona di per-
cezione. A Mingazadni risponde che, a suo modo di vedere, la zona visiva non oltre-
Primo Coìigresso della Società italidiia di Neurologia 231
passa mai la zona rolandica ; il corpo calloso fu sempre risparmiato ; il cingolo quasi
sempre degenera. Ammette con Tanzi e Toxmini che anche lesioni di altre parti della
corteccia possano dare luogo a fenomeni di deficit parziale intellettivo, cosi quelle
dei lobi occipitali che producono la perdita delle immagini visive. À Bossi risponde
che i risultati del metodo seguito da Munck possono essere passibili di qualche
critica, ma che in successive esperienze terrà conto di questa tecnica. A De Sanctis
risponde che ammetta alterazioni del ricambio prodotte da lesioni cerebrali, ma non
crede che i fenomeni psichici presentati dalle scimmie operate si debbano ad esse
collegare; infatti mentre le alterazioni del ricambio hanno carattere transitorio, quelle
deir intelligenza invece sono uniformi e durature. Risponde infine esaurientemente a
quelli tra gli oratori che lo avevano interpellato circa il suo modo di interpretare
il significato della parola intelligenza.
CoMUMiCAZiONi. — OodivUla (Bologna). La chirurgia ortopedica nella cura
delle paralisi, — Parla dei trapianti tendinei e di quelli nervosi, dimostrando i
primi preferibili ai secondi ; stabilisce le indicazioni dell' artrodesi e della tenodesi ;
spiega come nella cura di alcune paralisi si possa con successo far entrare in scena
razione dei muscoli antagonisti a quelli paretici. Espone un fatto degno di nota
che segue abbastanza spesso air applicazione di un apparecchio gessato nei diplegici,
la comparsa cioè di accessi convulsivi che riuscirebbero mortali senza la pronta
rimozione deir apparecchio.
Giannem (Roma). JSrcdo lue ; sindrome di Friedreich — Riferisce un caso
che clinicamente presentò i sintomi di una forma di Friedreich mentre dal punto
di vista an atomo-patologico le lesioni erano molto diverse da quelle che si attri-
buiscono di regola a questa sindrome.
Sciati (Napoli). Un caso di paralisi progressiva giovanile. — (Con dimostra-
zione di preparati). Illustra il caso mettendo in evidenza la sua importanza dal punto
di vista deir etiologia e della anatomia patologica.
Biancone (Roma). Sopra un caso di meningo-encefalite sifilitica. — Espone
dettagliatamente il caso indugiandosi specialmente sopra la diagnosi difierenziale e
sopra il reperto necroscopico.
Ck>lacci (Napoli). Un caso di traumatismo cerebrale. Contributo allo studio
delle anestesie traumatiche. — Trauma alla r^ione parietale di destra con infos-
saniento dei frammenti che produsse svariati disturbi tra i quali V 0. illustra spe-
cialmente quelli a carico delle sensibilità.
Ascenzi (Roma). Alcune osservazioni cliniche ed anatomo-patologiche su un
caso di morbo di Pott. — Di questo caso, clinicamente era degna di nota la pre-
coce comparsa della paralisi retto-vescicale che venne in scena ancora prima dello
stabilirsi della paraplegia, l'esistenza di dissociazione della sensibilità a tipo sirin-
l^omielico ed il manifestarsi di fenomeni trofici a carico della cute e dei muscoli. I
fatti riscontrati air esame anatomico e sopratutto le degenerazioni midollari possono
porgere argomenti circa l'origine ed il decorso dei fasci di LOwenthal, Schultze,
ovale diFlechsig. Partecipano ad una breve discussione su questo caso Medea e Levi.
Bioglio (Roma). Sali di calcio ed epilessia. — In venti epilettici curati con
iniezioni di cloruro di calcio si ebbe in circa i due terzi un miglioramento; in un
quinto circa, essendovi soppresso, per iniziare questa cura, il bromuro, si ebbe un
rapido peggioramento.
Panegrossi (Roma). Contributo allo studio clinico ed anatomo-patologico dei
ìHmori del corpo calloso. — Riferisce dettagliatamente il caso in questione; fa
232 Rivista di Patologia nervosa e mentale
notare come i disturbi verificati, sia psichici che interessanti le funzioni di senso o
di moto, abbiano caratteri ben poco peculiari, in modo che la diagnosi di tumori di
questa sede è sempre assai, dubbia.
Seppilli (Bergamo) espone un caso di osservazione personale, i risultati del quale
in parte concordano in parte discordano da quelli indicati da Panegrossl.
Oostantini (Roma). La deviazione del complemento nelV infezione sifilitica
e nelle affezioni par osi fili ti che. — Col contributo di casi di osservazione personale
1*0. mette in evidenza l'importanza clinica del metodo di Wassermann nella
diagnosi delle forine sifilitiche e parasifilitiche.
Bossi discute coirO. sopratutto per ciò che riguarda il meccanismo della prova
di Wassermann e T interpretazione che di essa, allo stato attuale delle conoscenze,
si può dare.
Ayala (Roma). Audizione musicale iconografica, — Un soggetto osservato
da>r 0. ogni volta che ascolta della musica, invece di rappresentarsi delle percezioni
sonore, quasi disegna mentalmente una forma architettonica ben definita, segnando i
diversi momenti del pezzo sulle linee architettoniche. Il soggetto in questione non
sa disegnare e la traduzione grafica che 1* 0 espone di queste rappresentazioni archi-
tettoniche è di conseguenza opera di terzi. L' 0. passa in esame le varie teorie esposte
per spiegare questi fatti di sinestesie concludendo che nessuna è del tutto soddisfa-
cente e che però la ragione del fenomeno si debba spiegare sulla base di vie ana-
tomiche colleganti* i vari centri sensoriali.
Parlano in proposito Oolucci, Tamburini, Taim, quest* ultimo facendo notare
come i fenomeni di questa natura debbano essere ridotti a semplici fatti di asso-
ciazione, senza bisogno di invocare l'esistenza di speciali vie anatomiche.
10 aprile - Seduta antimeridiana (Presidenza prof D' Abundo).
Relazione sul t^rzo tema generale: Struttura della cellula nervosa. Rei. prof.
Fraguito (Sassari).
Il R. dichiara che limiterà la sua trattazione alle questioni più discusse. Tra-
lascierà anzitutto ciò che si riferisce alle strutture pericellulari e, di quelle endo-
cellulari, prenderà in considerazione in modo speciale T apparecchio fibrillare q\^ale
viene messo in evidenza con metodi specifici per le neurofibrille. Riferisce gli studi
di Bethe, Apathy, Cajal, ed in ispecial modo quelli di Donaggio.
Don aggio sostiene che oggidì si deve senz'altro ammettere l'esistenza di una
rete endocellulare di natura nervosa, alla quale mettono capo le fibrille dei prolun-
gamenti protoplasmatici e dalla quale originano, con varie modalità, quelle che for-
mano il cilindrasse. Però oltre a questa rete si deve ammettere la presenza di fibrille
— cosidette lunghe — le quali non fanno che attraversare la cellula senza prendere
connessioni coll'apparato reticolare interno: se alcuni osservatori (Cajal ed altri)
negano questo fatto ciò dipende, a giudizio del relatore, dall'avere essi usato di un
metodo che presenta delle deficienze, quale è quello fotografico al nitrato d'argento.
A questo proposito il relatore fa ancora notare che la presenza di queste fibrille
lunghe non contrasta in modo assoluto il postulato della polarizzazione dinamica.
Il R. ritiene che le apparenze neurofibrillari sieno di natura nervosa e destinate a
funzioni di conduzione; le riserve formulate da Golgi non sono a suo parere suffi-
cientemente giustificate. A proposito di apparenze reticolari endocellulari il relatore
Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 233
ricorda il reticolo descrìtto da Golgi col suo metodo e che il Cajal crede sia la
stessa cosa di quello di Holmgreen; riconosce che T istologo di Pavia non si è mai
pronunciato recisamente sulla natura del reticolo endocellulare da lui scoperto ma
gli sembra che in uno dei suoi lavori si sia espresso in modo favorevole alla ipo-
tesi che lo ritiene di natura nervosa. Passa quindi a trattare delle genesi delle
fibrille; premette che le cellule nervose hanno, secondo il euo modo di- vedere, una
origine pluricellulare, ed afferma che le neurofibrille non compaiono se non dopo quel
perìodo in cui i neuroblasti sì sono riuniti a formare la cellula: le neurofibrille sa-
rebbero dunque un prodotto di differenziazione tardiva e questo l'autore basa sui
propri preparati di embrione di pollo trattati col metodo di Donaggio. Ricorda i lavori
di Cajal, Besta, Held che ammettono una differenziazione precoce, ma crede che
i resultati dei loro studi non siano probativi perchè ottenuti con un metodo che
non è elettivo ; non si ha alcun argomento per affermare che le formazioni descritte
da questi AA. sieno delle vere neurofibrille. Illustra quindi uno speciale suo reperto,
cioè la comparsa ad una data epoca di una speciale zona che si colora metacromati-
camente col metodo Donaggio e che egli interpreta come zona fibrillogena', con
proiezioni di disegni dimostra l'evoluzione delle neurofibrille dalla massa granulosa
di sostanza fibrillogena. Passa quindi a parlare della patologia dell'apparato retico-
lare della cellula nervosa, facendo notare tutta l'importanza dei due canoni stabiliti
per opera di Donaggio: 1) la grande resistenza che la rete endocellulare offre agli
agenti nocivi, contrariamente a quello che si verifica per la sostanza cromatica: 2) la
vulnerabilità di questo reticolo quando più cause alteranti si associno nella loro
azione.
Diseussione. — Donaggio fa osservare al R. che la teoria della polarizzazione
dinamica gli sembra molto scossa dal reperto della presenza delle neurofibrille lun-
ghe. Si associa con nuove argomentazioni a Fragnito nel fare rilevare la grande
importanza dei due canoni che riguardano la patologia del reticolo ; canoni che pos-
sono spiegare l'etiologia di svariate malattie nervose e devono essere ritenuti come
i cardini della futura patologia nervosa. Mette pure in evidenza come il metodo foto-
grafico Cajal dia risultati così incerti da farlo ritenere non opportuno per le ricer-
che di anatomia patologica.
Lngaro : le differenze di risultato tra i vari metodi per la colorazione delle neu-
rofìbrille sono verosimilmente dovute alla plasticità di queste formazioni, costituite
da colloidi, ed all'azione precipitante leggermente diversa dei diversi reagenti. Atte-
nendosi alle immagini microscopiche, si può affermare che non esistono fibrille indi-
pendenti nel senso di Bethe: le fibrille costituiscono in tutte le parti della cellula,
e persino nel cilindrasse, un reticolo. Riguardo allo sviluppo del reticolo l'O. ritiene
pienamente giustificata l'opinione di Cajal sull'origine precocissima di esso. Osser-
vazioni fatte nella Clinica di Firenze collimano perfettamente coi risultati di Cajal.
L'O. presenta inoltre a nome del socio G. Levi preparati di embrione di pecora
di 22 mm. e dì embrione di trota di 15 mm. nei quali le cellule del ganglio di
Gasser e dei gangli spinali, ancora alla fase bipolare, sono fomite di una massa
argentofila a struttura finamente reticolata che si continua coi prolungamenti. Nei
centri si vedono cellule con evidenti reticoli in continuità col cilindrasse, e i cilin-
drassi si possono seguire per lunghi tratti perfettamente continui ed uniformi. L'O.
rigetta l' ipotesi dell' origine della cellula nervosa da un sincizio. I preparati del R.
sono suscettibili di altre interpretazioni : e per altro non è stata dimostrata per nulla
la diminuzione numerica dì nuclei, come chiedeva Bethe. Se il metodo di Donaggio
234 Rivista di Patologia nervosa e mentale
svela le neurofibrille soltanto in uno stadio avanzato, ciò non dimostra che esse
non esistano già in uno stadio più precoce. Non esistono metodi specifici in senso
assolato, specialmente di fronte ad elementi in via di sviluppo, che subiscono una
evoluzione chimica parallelamente alPevoluzione morfologica. Quanto alla sostanza di
Nìssl, non si può ammettere che essa sia identica, e neppure simile chimicamente
alla nucleina: di fronte ai reagenti essa si comporta in modo del tutto diiferente.
Le varicosità osservate da Fragnito nelle fibre della commissura anteriore deir em-
brione di pollo di 18 giorni non hanno V aspetto di nuclei, non sono tingibili coi
colori nucleari: del resto in questo periodo avanzatissimo dello sviluppo non si do-
vrebbe più parlare di formazione della commissura anteriore, dal momento che essa
è già formata e costituita di cilindrassi perfettamente continui nell' embrione di tre
giorni. In complesso V 0. ritiene tutt'altro che scossa la dottrina embriologica di
His; le ricerche del metodo di Cajal T hanno rafforzata, fornendo immagini della
massima evidenza.
Oolncci riferendosi ad un embrione umano di 5 mesi, da lui studiato quando
ancora non esistevano metodi elettivi per la dimostrazione delle neurofibrille, ritiene
di poter affermare: 1) che le neurofibrille hanno origine endogena; 2) che le zolle
di Nissl non prendono origine da masse nucleari; 3) che i neuroblasti formano dap-
prima un sincizio il quale si scinde poi dando luogo ad altrettante cellule nervose
quanti erano i nuclei dei neuroblasti primitivi.
Perrondto si duole che, certo per la ristrettezza del tempo, il R. si sia limitato
ad una delle strutture della cellula nervosa, forse non la più importante. Dice che
non esistono argomenti per sostenere la natura conduttrice delle neurofibrille. Retti-
fica quanto il R. ha detto circa il significato che Golgi attribuisce all'apparato re-
ticolare intemo.
La Pegna dice che anche col metodo di Cajal dai suoi studii gli risulta essere
le vere neurofibrille una formazione tardiva.
Sciuti porta il contributo della sua esperienza anatomo-patologica in favore della
resistenza del reticolo e della esistenza di neurofibrille lunghe.
Mingazzini riferisce qualche dato intorno alla patologia delle neurofibrille;
esse in suo suo caso di paralisi progressiva erano gravemente alterate : egli pure crede
air esistenza' di neurofibrille lunghe.
Seduta pomeridiana (Preindenza prof. Belmondo).
Continua la discussione sul tema generale.
Geni ricorda, in appoggio della teoria che sostiene la comparsa precoce delle
neurofibrille, i risultati ottenuti da Resta nel suo laboratorio.
Ansalone accenna ad alcuni suoi studi sulla struttura fibrillare, eseguiti sul-
r embrione di vacca.
Bossi non crede che il R. abbia portato degli argomenti che dimostrino sen-
z'altro come le apparenze neurofibrillari cheli metodo di Cajal mette in evidenza
in epoche precoci dello sviluppo embrionario della cellula nervosa siano da conside-
rare come differenti da quelle che lo stesso metodo rivela più tardi.
Fragnito rispondendo ai vari oratori svolge più ampiamente i suoi concetti sulla
struttura e lo sviluppo della cellula nervosa; per ciò che riguarda l'epoca di com-
parsa delle neurofibrille insista specialmente sul fatto che la comparsa tardiva della
Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 235
zona fibrìllogena, dalla quale secondo i suoi stadi prendono origine le nearoiibrille,
rappresenta un argomento di grande importanza contro le vedute di coloro che am-
mettono la comparsa di neurofibrille in epoca nella quale questa zona non si vede
ancora. Crede di avere esattamente interpretata Topinione di Golgi a proposito del
reticolo endocellulare. Insiste nel suo concetto che il metodo di Cajal non sia spe-
cifico per le neurofibrille.
Comunicazioni. — Gerletti (Roma). Sopra speciali corpuscoli perivasali nella
sostanza cerebrale, — Nel cosidetto spazio di retrazione che sta intomo ai vasi jsan-
gnigni della corteccia l'O. ha trovato dei corpuscoli isolati, di forma semilunare od
ad ovoide smusso, a struttura omogenea, ovvero granulare: discute' circa T origine ed
il significato dì queste formazioni. Accenna anche a speciali aspetti che presentano
certe fibre di nevroglia della corteccia cerebrale.
Ceni domanda se TO. ha eseguito osservazioni anche su cervelli in condizioni
patologiche.
Oerlétti risponde che ha iniziato studi in questo senso.
Negro e Boasenda (Torino). Nuove ricerche sulla fisiologia del cervelletto. —
Studiarono, con correnti indotte unipolari, l'eccitabilità del cervelletto; stabilirono
così che eccitando la corteccia cerebellare si ottengono negli animali delle contrazioni
muscolari omolaterali; stabilirono poi che i centri motori cerebellari conservano
una propria individualità indipendente dalla regione motoria rolandica. Questi reperti
spiegherebbero le epilessie determinate da lesioni cerebellari. Hanno pure osservato che
in cani nei quali si aveva ipertono muscolare in seguito a lesioni delle zone rolan-
diche, questo cessava dopo T ablazione della metà omonima del cervelletto.
Mingazzini crede che in questo genere di studi che sconvolgono le nozioni
classiche sulla funzione dei centri nervosi si debbano moltiplicare le ricerche, procu-
rando di perfezionare la tecnica in modo da sfuggire ad ogni causa di errore. Così
nel caso attuale egli crede non si possa escludere l'ipotesi che le convulsioni otte-
nute colla stimolazione del cervelletto dipendano da trasmissione dello stimolo alle
piramidi dell'altro lato per mezzo delle fibre cerebello-bulbari.
Bianchi muove pure osservazioni ed obbiezioni ricordando i suoi studi sui rap-
porti tra cervelletto e corteccia cerebrale.
Belmondo riferendosi ad alcuni risultati dell' 0. mette in rilievo l'importanza
della cocainizzazione preventiva della corteccia allo scopo di escludere la funzione
degli elementi di senso quando si vogliono studiare le funzioni di quelli di moto.
Negro risponde a Mingazzini che se non si può escludere la sua interpreta-
zione, può anche darsi però che la trasmissione dello stimolo avvenga lungo il fascio
di Marchi.
E. Leyi (Firenze). Porta un notevole contributo clinico alla conoscenza delle forme
tredo-familiari delVatassia spinale e cerebellare e della paraplegia spinale spa-
stica ; espone, sotto forma di nota preventiva, le sue conclusioni al riguardo che si
riferiscono sopratutto alla frequente mancanza dei fattori eredità, famigliarità, e
al tempo di comparsa dei sintomi che non è sempre così precoce come generalmente
si ritiene. Accenna inoltre alla coesistenza dì deviazioni antropologiche (mongolismo),
alla presenza di fenomeni trofici e di disturbi delle sensibilità.
Boasenda. Ricerche clinico-sperimentali sulla miastenia di angine nervosa
periferica. — Gli studi dell'autore portano nuova conferma alle conclusioni di Ne-
gro che lesioni dei nervi periferici di moto possano manifestarsi con fenomeni di
miastenìa. La comunicazione è corredata da grafiche.
236 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Oatòla (Firenze). Sopra una serie di mieliti sperimentali. — L'O. è rìascito
a provocare mieliti acute iniettando microrganismi neir aorta senza ricorrere alla
ischemia midollare prolungata preliminare od alle embolie asettiche sussidiarie.
Per differenze anche minime del materiale iniettato il quadro sintomatologico ed
il reperto anatomo-patologico offrono variazioni notevoli. Le lesioni sono di regola
prevalenti nella sostanza grigia; le lesioni del tessuto nobile e le lesioni di quello
interstiziale, benché spesso assai diverse per grado, sono contemporanee nel loro
sviluppo. Spesso, quando l'infezione non è stata grave, i fenomeni morbosi com-
paiono solo quando si richieda alF animale dispendio di energia neuro-muscolare.
Quando gli animali muoiono rapidamente, nel tessuto del midollo si trovano gli stessi
microrganismi iniettati. In regioni midollari lontane dal segmento lombo-sacrale e
nelle quali Pesame bacteriologico non mise in evidenza dei microrganismi, si trovavano
pure alterazioni accentuate, il che depone in favore della loro natura tossica e non
infettiva nello stretto senso della parola.
Alessandrini (Roma). Contributo allo studio delV atrofia muscolare a tipo
Charcot-Marie. — Comunica alcuni suoi risultati sul modo di comportarsi delle sensi-
bilità in un caso di questa natura, che tenderebbero ad appoggiare la sede spinale e
non periferica dell' affezione e darebbero argomenti in favore della metamerìa spinale.
Patini. Una nuova teoria delV illusione di riconoscimento. Propone per questo
fenomeno la denominazione di « illusione del già vissuto ». Ritiene che si possa spie-
gare come risultante di un processo di associazione mediata sul tipo di quelli de-
scritti da Aschaffenburg, Claparéde ed altri.
Tanzi ricorda come lensen abbia dato del fenomeno una spiegazione basata
sulla non concordanza, rispetto all'intensità, delle immagini che la sensazione pro-
voca, nei due emisferi, quando uno di questi si trovi, per transitorio disturbo, (fre-
quentemente disturbi circolatori) in condizione di meno squisita funzionalità.
Oacciapnoti (Napoli). Espone le sue osservazioni sul Cammino laterale e retro-
grado nella emiplegia. Conclude che nella maggior parte dei casi il malato cam-
mina meglio verso il lato paretico (tipo Schiiller)] in altri meglio verso il lato sano
{tipo Grasset): in una piccola minoranza infine il cammino laterale riesce dai due
lati ugualmente difficile.
Bossi (Firenze). Osservazioni sulla rigeneì azione del tessuto nervoso, — Un
primo gruppo di esperienze si riferisce ai fatti rigenerativi del midollo spinale ; l'O.
dopo avere accennato alla comparsa tardiva, alla scarsità, alla labilità di questi
fatti, richiama l'attenzione sullo stato delle cellule nervose vicine alla lesione;
quindi su alcune alterazioni che si osservano nelle regioni lontane. Da queste ultime
prende argomento per istituire delle ricerche le quali dimostrano come la interru-
zione delle vie cortico-midollari eserciti un'influenza ritardatrice sui fatti rigenera-
tivi dei nervi periferici. Espone quindi le esperienze sulla rigenerazione del nervo
ottico, del quale ha eseguito il taglio intracranico, ed osserva come con questo me-
todo i fatti di rigenerazione compaiano in periodo più precoce e siano piti abbondanti
che non credesse Tello sezionando il nervo nell'orbita. L'asportazione della retina
ha per conseguenza l'assoluta mancanza di fatti rigenerativi del nervo ottico. Un
ultimo gruppo di esperienze contraddice ad alcuni postulati della legge della pola-
rità della fibra nervosa (Bethe), dimostrando come un tratto intermedio di nervo
periferico, anche quando sia rovesciato, venga invaso dalle fibre neoformate prove-
nienti dal moncone centrale. L' 0. ha presentato dei preparati che dimostrano le sue
conclusioni.
. Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 237
Mingazzini ricorda alcune esperienze del dott. Alessandrini sulla satura
crociata dei nervi.
Zalla (Firenze). Osservazioni relative ad alcune ghiandole a secrezione in-
terna negli ammalati di mente. — Riferisce i risultati di molti esami praticati,
con vari metodi, sulla tiroide e sulF ipofisi di dementì senili, dementi paralitici ed
epilettici. Accenna alla grande frequenza delle lesioni tiroidee nei dementi senili
ciò che secondo V 0. potrebbe concorrere a spiegare alcuni dei fenomeni episodici che
si danno nel decorso di questa malattia. In alcuni individui giovani, che in vita erano
affetti da epilessia, la tiroide appariva notevolmente atrofica. Mette in rilievo la
grande abbondanza di elementi cromofili neir ipofisi dei paralitici, fatto che, in ac-
cordo colle recenti vedute sulla funzione delP ipofisi, crede di poter mettere in rap-
porto collo stato di intossicazione cronica delP organismo. Alcuni reperti deirO. sono
illustrati da micro-fotografie di preparati.
Cernili (Palermo). Espone i risultati dei suoi studi sulla fisiopatologia della
pallestesia mettendo in evidenza il loro valore pratico e scientifico.
11 aprile - Seduta antimeridiana {Presidenza prof. Colellà).
U arteriosclerosi del sistema nervoso centrale. — Rei. 0. Bossi. La prima
parte della relazione è dedicata ad uno studio clinico e dì fisiopatologia dei feno-
meni che appartengono kW arteriosclerosi^ tAV angiospasmo ed alla ipertensione.
Dopo avere citato ì fatti che dimostrano come i due vocaboli arteriosclerosi ed iper-
tensione non vadano considerati come termini che indichino uno il fatto anatomico
l'altro il fatto clinico più importante di una stessa alterazione, il R. tratta con
qualche dettaglio del quadro di — ' ipertensione primitiva — (quadro clinico che
ha caratteri propri e che venne individualizzato da Fori ani ni) mettendone in par-
ticolare evidenza i sintomi che spesso vi si incontrano a carico del sistema nervoso.
In questa parte viene pure trattato àéiV angiospasmo in quanto ha relazione colle
forme di cosiddetta claudicazione intermittente dei centri nervosi. La seconda parte
della relazione si occupa delle alterazioni anatomiche che sono proprie delV arte-
riosclerosi, della sua patogenesi e delle alterazioni vasali sperimentalmente pro-
vocate : le varie alterazioni descritte come arteriosclerotiche sono prese in considera-
zione per stabilire quelle peculiari a questa forma vasale, come appartenenti alla quale
aono indicate alterazioni di natura molto differente ; sulla base dei suoi reperti e dei
lavori dei più autorevoli anatomo-patologi, il R. conchiude che V alterazione più ca-
ratteristica di questa malattia è T ispessimento deir intima con lesioni della lamina
elastica e tocca sobriamente dell* origine degli elementi che entrano a far parte di
questo ispessimento. Quanto alle alterazioni vasali sperimentalmente ottenute negli
animali il R. illustra il suo concetto che la maggior parte di esse, sia dal punto di
vista anatomo-patologico sia da quello della fisiopatologia, non possano essere iden-
tificate colla vera arteriosclerosi. V arteriosclerosi dei vasi intracranici in parti-
colare e le conseguenze anatomo-patologiche che essa induce nel tessuto nervoso sono
prese in considerazione nella terza parte; il R. illustra i fatti di alterazioni sia a
focolaio che diffuse alle quali la malattia vasale dà luogo {focolai di distruzione,
etice/aZife «ot*ocoHtca?c di Binswanger, lacune di disintegrazione, gliosi e scle-
rosi perivascolare). Segue l'esposizione delle forme di malattie del sistema nervoso
alle quali l'arteriosclerosi dei vasi intracranici può dare luogo; dapprima vengono
238 Rivista di Patologia nervosa e mentale
prese in considerazione le forme nelle quali prevalgono i disturbi delle funzioni
psichiche: la sindrome di Winscheidy la demenza presenile arteriosclerotica, la
pseudoparalisi generale arteriosel erotica. A proposito della forma demenziale il R.,
dopo accurata disamina della letteratura e sulla base di osservazioni cliniche ed
anatomo-patologiche personali, viene alla conclusione che una separazione netta di
una speciale forma di demenza arteriosclerotica dal gran quadro della demenza se>
nile non è per ora possibile; piuttosto si deve ritenere che quest'ultima sia, nella
grande maggioranza dei casi, sostenuta da alterazioni dovute alla malattia vasale.
Spiegando alcuni- concetti di psicopatologia e riferendosi in modo speciale ai fatti
messi in evidenza da Lugaro circa i fenomeni intellettivi e gli aftettivi, cerca di
dimostrare come le lesioni arteriosclerotiche del cervello per la loro natura e per
la loro sede siano le meglio adatte a dar ragione dei sintomi cardinali della demenza
senile. Quindi il R. parla delle sindromi di malattie da arteriosclerosi cerebrale con
prevalenza di disturbi a carico delle funzioni di senso e di moto; tratta partita-
mente; a) dell' epilessia arteriosclerotica'; b) della sindrome lacunare; e) del-
l'astasia-ahasia senile. Trattando della sindrome lacunare il R. fa notare come
essa non sia sempre in rapporto con alterazioni arteriosclerotiche dei vasi, discute
quelle che di regola si trovano, parla della patogenesi della lacuna. Dell' astasia-
abasia senile il R. dà una interpretazione personale, ritenendola dovuta a fatti di
alterata od impossibilitata associazione delle funzioni corticali necessarie allo svol-
gersi dell'atto complesso della deambulazione, sostenuta da lesioni anatomiche di
vie nervose. In ultimo il R. si occupa dell'arteriosclerosi midollare: espone prima
i fatti di anatomia patolo;j:ica che sono riferibili alla forma vasale in discorso e
quindi tratteggia le sindromi cliniche che possono ad essi essere riferite, conclu-
dendo come, allo stato attuale delle cognizioni, si possano descrivere a due quadri
clinici: a) w II ri forma paraplegica semplice; h) una forma di parapresi sjmsmo-
dica degli ateromatosi.
La relazione ebbe carattere essenziaMiiente obbiettivo; il R. illustrò i reperti
che andava esponendo con numerose proiezioni di preparati originali.
Seduta pomeridiana {Presidenza prof. Tonnixi).
Si apre la discussione sulla relazione BOBSi.
Oolella. Richiama l'attenzione del congresso su speciali corpuscoli da lui osser-
vati attorno ai vasi in casi di arteriosclerosi cerebrale e domanda al R. che cosa
pensi circa la loro natura. Rileva come nell' etiologia dell'arteriosclerosi debba essere
concessa una grande importanza all'alcool. Si associa al R. per ciò che riguarda
l' epilessia arteriosclerotica.
Belmondo. Conforta della sua esperienza l' asserto del R. che non sempre sì ha
ipertensione negli arteriosclerotici ; mette in evidenza i disturbi che le crisi di iper-
tensione possono produrre anche a carico delle funzioni psichiche.
Bianchi. Dichiarandosi in accordo col R. nell' escludere una forma a sé di
demenza arteriosclerotica, fa notare come non sempre l'arteriosclerosi, almeno come
fattore unico, possa essere la base anatomica delle demenze senili. In molte di queste
bisogna tenere conto dello stato dei visceri, specie il fegato ed i reni. Critica il
termine di pseudo-paralisi arteriosclerotica usato dal R.
Primo Congresso della Società italiana di Neurologia 239
Mingazzini. Fa notare come a dare la fisionomia al quadro clinico della forma
arteriosclerotica possa concorrere Vagente che ha provocata questa malattia vasale.
Ricorda i casi di alterazione diflPusa dell'elemento nervoso senza lesioni vasali. Ri-
chiama r attenzione sul fatto che 1* angiospasmo non è sempre di natura arterioscle-
rotica.
Oolncci. Osserva che dalla sua esperienza gli risulta come i vasi della retina
siano molto adatti per lo studio dell'arteriosclerosi anche in periodi precoci della
malattia.
Sciati. Domanda al R. se nella produzione del quadro clinico dei lacunari egli
concede maggior valore alla speciale alterazione anatomica od alla sede di questa.
Domanda ancora come mai si verifichi che essendo le alterazioni anatomiche a ca-
rattere cronico T inizio dei fatti clinici sia spesso hrusco.
Gerletti. Avrehhe desiderato qualche osservazione sullo stato dei capillari :
mette in evidenza l'importanza degli studi di microchimica applicati a questo genere
di alterazioni del sistema nervoso.
Medea. Domanda al R. se ahhia esperienza personale sulle cosiddette mieliti
funicolari.
Bonfigli (Roma). Chiede al R. se creda che le forme di necrosi miliare descritte
da Fischer possano essere ritenute specifiche della demenza senile. LO. ricorda di
averle trovate anche in casi di sifilide del sistema nervoso.
Bossi. Risponde a Colella che forse i suoi corpi corrispondono alle mazze ter-
minali di cilindrassi alterati descritte da Fischer; approfitta dell'occasione per
rispondere a Bonfigli che, come è detto nella relazione, le necrosi miliari non pos-
sono, per quanto ora ne conosciamo, essere considerate come il substrato anatomico
ilella demenza senile. Circa al valore etiologico dell'alcool nell'arteriosclerosi il R.
ricorda come i dati della patologia sperimentale siano su questo punto in disaccordo.
Al prof. Bianchi il R. risponde di non avere escluso che nell'età avanzata possano
darsi delle forme demenziali di origine tosbica. Né si può escludere che talora l'ar-
leriosclerosi non sia sufficiente a provocare lesioni del sistema nervoso ; volendo trat-
tare di questo argomento si rientra in quello più vasto del meccanismo col quale
Il vaso leso produce intomo a sé la distruzione del tessuto nervoso ; in questo campo
si è forse troppo trascurato di por mente alle proprietà difensive che contro gli
algenti nocivi paiono possedere il tessuto connettivo ed i cosiddetti endotelii vasali;
ricorda in proposito le esperienze di Pagano. Richiama l'attenzione di Bianchi
«ul fatto che nella relazione è detto che si usa il termine pseudo-paralisi arterio-
sclerotica per evitare circonlocuzioni. Al prof. Mingazzini risponde che a seconda
del fattore che ha provocato l'arteriosclerosi il quadro clinico cui essa dà luogo
può bene presentare qualche variazione; ma che dalla trattazione delle forme arte-
riosclerotiche si devono escludere, come è detto nella parte generale della relazione,
quei casi nei quali l'agente che produce la malattia vasale è anche capace di dan-
neggiare per sé, in modo notevole, il sistema nervoso (alcolismo, sifilide). Mingazzini
ha ragione quando dice che l' angiospasmo non è sempre di natura arteriosclerotica ;
il R. si è appunto studiato di metterne in evidenza la frequenza nella forma di
ipertensione primitiva (ipertensione di Forlanini). Terrà conto delle notizie di
Colncci per ciò che riguarda i vasi della retina. A Scinti risponde che la mag-
giore importanza deve essere concessa alla sede delle lacune. L'ipotesi da Scinti
formulata circa 1' edema circoscritto che si produce in corrispondenza della lacuna
potrebbe spiegare l'inizio brusco dei fatti clinici. A Gerletti dice di essersi nella
240 Rivista di Patologia nervosa e mentale
relazione occupato anche dei capillari, dimostrando con proiezioni i preparati rela-
tivi ad alcune alterazioni di questi. A Medea infine dice di non avere alcuna espe-
rienza personale sulle mieliti funicolari.
Quindi si passa alla trattazione dei seguenti oggetti:
Nomina del Consiglio Direttivo della Società» — In seguito a votazione a
scheda risultano eletti i professori: Bianchi, Oolgi, Mingazzini, Tanzi,
Morselli, D'Ahundo, De Sanctis, Belmondo, Colella, Tonnini, Pellizzi,
Lugaro, Donaggio, Negro.
Data e sede del prossimo Congresso. — Viene stabilito di tenere il nuovo
Congresso in Genova nell'ottobre 1909.
. Assegnazione dei temi generali pel Congresso del 1909, — Vengono stabiliti
i seguenti temi: 1) Sulle mieliti acute dal punto di vista clinico e sperimentale.
Rei. Catola (Firenze). — 2) Sulla fisiopatologia del talamo ottico. Rei. D'Abundo
(Catania). — 3) Sulla sierodiagnosi nelle malattie nervose, — Rei. Moreschi
(Pavia).
Dopo di che il Presidente della Società prof. Bianchi dichiara chiuso il Con-
gresso, facendo rilevare T importanza dei temi in esso svolti e traendo dal risul-
tato felice di questa prima prova i piif lieti auspicii per T avvenire della nuova
Associazione.
NB. — La ristrettezza del tempo ha impedito che tutte le comunicazioni annun-
ciate venissero svolte.
l^OTIZIS
— Dal 24 agosto al 4 settembre 1909 avrà luogo in Budapest il XVI Congresso intemazionale
di Medicina. - Le sezioni XI e XII si occuperanno rispettivamente della NeuroptUologia e della
Ptiehiatria. Sono già annunziate relazioni e comunicazioni importanti anche di italiani (Bianchi,
Lugaro, Levi G.).
Per le adesioni e schiarimenti dirigersi al prof. dott. Enille de Qròti, Etterkatft^icta, 7,
Budapest VII.
Firenze, Tip. Galileiana, Via S. Zanobi, 54, Prof. E. TaNZI, Direttore responsabile.
di Patologia nervosa e mentaie
DIRETTA DA
(riBBVZB)
A. TA:MBXrRXNl B. MORSBIJLI
(boxa) (osxova)
E. LUG-ARO
(xodxma)
Redattori*
0. BOSSI
O. SANDBI — M. ZALIjA
Ufficio di Direzione ed Amminiatraiione: Prof. TAMII, C Unica di San Salvi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, G-iugno 1908 Fase. 6
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Clinica delle malattie nervose e mentali deiristltuto di Studi saperiori in Firenze
diretta dal prof. E. Tanzi
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali
per il dott. G. Oatòla
Assistente della Clinica ed Assistente del Manicomio
Libero Docente in Neuropatologia nel R. Istituto di Studi Superiori
Storia. — Già fino dal 4847 Flourens aveva intrapreso una serie di
esperienze per studiare quale fosse l'effetto di svariate sostanze introdotte
'^^ir aorta senza essersi prefìsso lo scopo preciso di provocare delle embolie
^0 altre lesioni midollari. Cominciò con l'iniettare etere nell'arteria crurale
^ nell'aorta di alcuni animali per provare se questa sostanza estrinsecasse per
^ia emalogena la stessa azione narcotizzante che per inalazione. Ottenne delle
l^araplegie più o meno complete ma non le considerò come dipendenti da una
lesione spinale. Continuò le sue ricerche, iniettando nell'aorta acido solforico
allungato, terebentina, alcool assoluto, estratto acquoso di belladonna e bella-
tJonna polverizzata ottenendo ancora delle paraplegie ora spastiche, ora flaccide.
Fu però meravigliato di osservare che mentre con l' iniezione di radice pol-
\erizzala di belladonna e con altre sostanze polverulenti (licopodio e farina di
IG
242 G, Catòla
su^rhero) otteneva quasi sempre la paralisi del treno posteriore, invece reslratlo
fluido di belladonna, iniettato con la stessa tecnica, non portava a nessuna
paralisi. Nel 1849 pubblicò un'altra serie di esperienze, fatte con iniezioni
endoaortiche di olio di bergamotto, olio di garofani, cloroformio, creosoto ecc.,
ottenendo ugualmente paralisi flaccide e paralisi spastiche, ma nemmeno allora
seppe darne una esplicazione.
Nel i86i Vulpian ripetè le esperienze di Flourens iniettando polvere
d'amido e di licopodio nell'aorta di alcuni animali e localizzò per il primo
la causa dei fenomeni paralitici nel midollo spinale.
Panum nel 1862 e più lardi Schrotter, Singer (1897), Lamy (1895),
Rothmann (4898) ripeterono le esperienze di Flourens e Vulpian variando
materiale embolizzante e tecnica operatoria e riproducendo clinicamente i solili
fenomeni di paralisi e anatomicamente il quadro istologico del rammollimento
ischemico nelle sue diverse fasi evolutive. Questo metodo delle embolie speri-
mentali fu utilizzato più tardi da alcuni autori nelle loro ricerche sulla
mielite sperimentale.
I primi tentativi di riprodurre sperimentalmente una mielite infettiva si
devono a Charrin e Babinski (1887-1888).
Questi due AA. iniettarono nelle vene di conigli culture e tossine di
bacillo piocianeo e ottennero, dopo un periodo di incubazione variante tra i 15
e i 60 giorni, paralisi spastiche con alterazione della sensibilità e degli sfin-
teri. L'esame del midollo di questi animali riusci sempre completamente ne-
gativo.
Nel 1888 Manfredi e Traversa facendo su rane, conìgli e cavie delle
iniezioni con culture sterili di streptococco ottennero accidenti convulsivi e
paralitici, ma non riuscirono nemmeno loro a trovare all'autopsia una lesione
qualsiasi del sistema nervoso centrale. Infatti, come vedremo più tardi, si può
dire che fino al 1892 lesioni del midollo spinale negli animali divenuti para-
litici in seguilo ad iniezioni di culture o di tossine microbiche, non furono
messe in rilievo da nessuno.
Nello stesso anno (1888) Roux e Yersin dimostrarono che il bacillo di
Loeffler inoculato nei conigli determina delle paralisi che appariscono 2-5 giorni
dopo l'inoculazione intravenosa e 3 settimane dopo l'innesto faringeo di detto
microrganismo. All'autopsia degli animali, quando la malattia non aveva avuto
un decorso molto lungo, trovarono congestione dei gangli spinali e dei diversi
visceri compresa una steatosi epatica evidente. Solo in qualche caso la consi-
stenza del midollo spinale sembrava diminuita.
Nel 1889 vennero alla luce gli sperimenti di Achard e Guinon, di Rouy
e Yersin. I due primi AA. fecero varie serie di esperienze. Ad alcuni ani-
mali iniettarono nel midollo delle masse lubercolan disfatte ed oltcmiero
meningite con formazione di tubercoli ed atrofia delle cellule delle corna an-
teriori della sostanza grigia, anche indipendentemente dalla presenza di tuber-
coli: ad altri animali inocularono invece il bacillo di Eberth ed il bacillo
di Escherisch ottenendo spesso un rammollimento dìff'uso del midollo spi-
.4 proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 243
naie. Le cellule nervose e le cellule di nevroglia presentavano lesioni più o
meno manifeste; nella sostanza bianca e nelle radici spinali si trovavano molti
cilindrassi più o meno rigonfi. Roux e Yersin, mentre nelle prim'e esperienze
già citate avevano riprodotto le paralisi difteriche con V iniezione di culture
specìfiche, più tardi invece arrivaroi^o agli stessi risultati inoculando soltanto
la tossina.
Nel 1891 Gilbert e Lion iniettarono in vari animali, per via endove-
nosa, 1 ce. di una cultura dell'età di circa 12 giorni, proveniente da un mi-
crorganismo trovato in un caso di endocardite infettiva. Gli animali presenta-
vano dapprima dei fenomeni morbosi generali, ma poi miglioravano e sembravano
guariti quando dopo un certo tempo ricadevano, diventavano paralitici e mo-
rivano più 0 meno rapidamente. L'esame del sistema nervoso centrale di questi
animali fu sempre negativo. Questi stessi AA. ripresero Tanno successivo
le loro esperienze inoculando a 13 conigli il bacterium coli in cultura per
via venosa. Uno di questi conigli divenne emiplegico 12 giorni dopo la ino-
culazione e morì, 19 giorni dppo, tetraplegico ; altri tre ebbero dapprima
diarrea e dimagramento, poi si ristabilirono assai bene in salute, ma dopo
28-49 giorni divennero paraplegici e morirono rapidamente. All'esame del mi-
dollo spinale fu riscontrato oi'a leggera congestione ed ora lesioni della so-
stanza grigia (mielite centrale). Le cellule delle corna anteriori della sostanza
grigia erano completamente sane nel primo coniglio; negli altri invece il mi-
dollo sembrava leggermente rammollito. Nella regione lombare alcune cellule
avevano protoplasma granuloso, non colorato, e nucleo atrofico ; altre, invece,
erano atrofiche, raggrinzate senza prolungamenti ed intensamente colorate.
Anche le cellule di nevroglia si presentavano granulose e molto tinte dal car-
mìnio. Non è menzionata in questo studio istologico nessuna lesione vascolare.
Questi stessi AA. videro anche manifestarsi fenomeni paralìtici in una cavia
inoculata con tubercolosi animale ed in alcuni conigli nei quali avevano iniet-
tato culture di stafilococco piogeno aureo proveniente da un'acne pilare.
Nello slesso anno (1891) Roger iniettò ad un coniglio una cultura atte-
nuata di streptococco proveniente da un'eresipela e vide prodursi in que-
st'animale un'atrofia marcata dei muscoli degli arti posteriori. Fece allora
iniezioni intravenose di questa stessa cultura ad altri 14 animali ed ottenne
in ognuno di essi una paraplegia posteriore. I conigli stavano bene 2-3 set-
timane dopo l'inoculazione e poi cominciavano a dimagrare, ad essere impac-
ciati, a camminare con difficoltà. Allo slesso tempo nei muscoli atrofici si
osservavano delle contrazioni fibrillari sia spontanee che provocate. Le lesioni
midollari colpivano sopratutto le cellule delle corna anteriori del midollo
spinale. In corrispondenza della regione lombare di quest'organo le cellule
gangliari erano rigonfie, arrotondate, con prolungamenti poco visibili e pro-
toplasma chiaro, colorato in rosa dal carminio. Il loro nucleo però non
offriva all'esame lesioni apparenti. Solo in un periodo più avanzato delle altera-
zioni anatomiche, le cellule apparivano vescicolari o vacuolizzale e finivano
per perdere il nucleo, divenendo delle masse arrotondale, omogenee, senza
244 G. Catòla
prolungamenti, colorate in rosa dal carminio. Le cellule di glia erano tume-
fatte ed in massima parte vescicolari. I vasi erano dilatati e ripieni di san-
gue. Qua e 1à esistevano piccoli focolai emorragici a livello delle corna ante-
riori. Le radici anteriori erano anch'esse leggermente lese.
Grancher, Martin e Ledoux-Lebard (1891-1892) fecero delle inie-
zioni intravenose di giovani culture di tubercolosi in alcuni animali riuscendo
a produrvi delle paralisi degli arti posteriori, paralisi che gradualmente anda-
vano aggravandosi e trasformandosi in vere e proprie paraplegie complete. Gli
animali soccombevano lentamente in preda ad un dimagramento estremo.
L'esame istologico del midollo non rivelò mai lesioni manifeste. Ritennero che
queste paralisi fossero dovute a una sostanza solubile tossica per il sistema
nervoso e contenuta nelle culture, cioè ad una tubercolina.
Nel 1893 abbiamo i lavori di Bourges, di Stcherback e di Vincent.
Il primo di questi autori inoculò in un coniglio (nella quantità di 1 ce. nel
tessuto cellulare sotto-cutaneo e di 1 ce. nella vena marginale dell'orecchio)
una cultura di eresipelococco. Due giorni dopo ebbe paralisi e cinque giorni
dopo paraplegia posteriore completa, diarrea, paralisi degli sfinteri e dimagra-
mento rapido. L' animale mori al 15" giorno con escara alla regione glutea
destra. Il midollo fu studiato su frammenti dissociati e colorati col picro- car-
minato di ammonio. Quasi tutte le cellule delle corna anteriori della sostanza
grigia apparivano rinfrangenti e vacuolizzate, arrotondate, senza prolungamenti,
coi nuclei mal colorati. Le cellule delle corna posteriori sembravano dimi-
nuite di numero, ciò che del resto accadeva anche per le cellule delle corna
anteriori, spesso vacuolizzate e mal colorabili. La sostanza bianca era quasi
intatta in ogni parte del midollo, salvo qualche cilindrasse ipertrofico* e di
aspetto vitreo disseminato qua e là. Le cellule di nevroglia erano frequente-
mente vacuolizzate e la disposizione fibrillare della glia meno appariscente che
in condizioni ordinarie. In alcuni punti come, per esempio, in corrispondenza
del midollo dorsale e del rigonfiamento lombare, la sostanza bianca era infil-
trata di corpi amilacei.
Esistevano delle lesioni vascolari manifeste sopratutto nella regione dor-
sale, ma sempre poco importanti. Nella sostanza grigia gli orifizi dei vasi san-
guigni erano spesso obliterati da blocchi giallastri, rifrangenti. Qua e là esi-
stevano piccole emorragie. Le radici anteriori e posteriori erano normali
salvo a livello del rigonfiamento lombare ove i cilindrassi delle radici ante-
riori erano rigonfi, granulosi e mal colorati. Queste alterazioni si verificavano
esclusivamente in quei tratti in cui le radici costeggiano i gangli rachidei.
La maggior parte delle cellule dei gangli spinali erano vacuolizzate. Intatti i
nervi periferici.
Stcherback fece iniezioni di culture di b. di Loeffler, e di tossine,
ottenute per filtrazione, in conigli e cavie producendo fenomeni paralitici a
carico degli arti e molteplici lesioni anatomiche che si possono compendiare
cosi: emorragie meningee, poliomielite, degenerazioni radicolari, neuriti, lesioni
parenchimalose e interstiziali nei muscoli. L'A. ripone la parte principale
A proposito di alcune mkliti infettive sperimentali 245
del processo anatomo-patologico nei nervi periferici e considera come secon-
darie le lesioni del midollo.
Vincent, inoculando nella vena marginale dell'orecchio di un conìglio
un miscuglio di 3i4 ce. dì cultura di b. di Eberth e 1(3 ce. di quella di
un bacillo indeterminato (dolienenteria), vide svilupparsi in quest'animale una
specie di paralisi ascendente acuta, che cominciò 12 giorni dopo l'iniezione,
quando l'animale pareva già ristabilito dai sintomi generali di malattia (diarrea,
anoressia, dimagramento). La paralisi iniziò dal treno posteriore ed era accom-
pagnala da un'amiotrofia che andò estendendosi al tronco e poi al treno ante-
riore. Anche la sensibilità sembrava attutita. Negli ultimi giorni comparve
incontinenza degli sfinteri. Non si videro mai scosse fibrillari nei muscoli
atrofici. L'animale mori ìi giorni dopo l'inoculazione delle culture microbiche.
Il midollo spinale dell'animale non presentava niente di abnorme all'esame
macroscopico salvo un certo grado di rammollimento a livello del midollo
lombare. Con l'esame microscopico si vedeva in questa regione una scomparsa
quasi completa delle cellule delle corna anteriori della sostanza grigia e so-
prattutto di quelle del gruppo antero-interno. Le cellule delle corna posteriori
erano meno colpite. Al posto delle cellule non si vedevano che degli spazi
vuoti arrotondati od ovali, gli uni incolori, gli altri ti-nti in rosa chiaro
dal carminio. I cilindrassi della sostanza bianca erano qua e là alterati ;« si
presentavano più o meno tumefatti e pallidi. Alcune guaine mieliniche erano
mote, altre allargate. Con la colorazione all'ematossilina si notava che la
nevroglia era aumentata nella sostanza grigia. L'endotelio dei capillari era
natevole per ricchezza insolita di nuclei. I vasi erano un po' dilatati e pre-
sentavano qualche rottura. Le radici apparivano quasi normali: poche fibre si
coloravano male col picro-carminio; qualcuna sembrava atrofica o vuota. Nei
gangli spinali si osservava qualche fenomeno di irritazione, ma nessuna lesione
cellulare. Nel midollo facevano oompletamente difetto le cellule granulose.
Anche i nervi periferici avevano qualche alterazione.
Babinski, Dessy, Enriquez e Hallion, Thoinot e Masselin pubbli-
carono nel 1894 altri interessantissimi lavori sulla mielite sperimentale.
Babinski fece in alcuni conigli delle iniezioni di tossina difterica ed
ottenne in due dì essi delle paralisi, ma non potè scoprire nessuna lesione
sia nei nervi che nel midollo spinale.
Dessy ricorse a un nuovo metodo di esperimento. Introdusse nell'ad-
dome dì cavie dei tubi filtranti formati da pezzi di candela di Kilasato con-
tenenti gli uni culture pure di b. di Koch, gli altri b. di Koch mescolati
a streptococchi e vide svilupparsi negli animali cosi trattati una paralisi mo-
trice completa degli arti posteriori con atrofia muscolare. All'autopsia trovò
meningite tubercolare cronica difTusa con numerosi tubercoli nella sostanza
grigia del midollo (tubercolosi nodulare del midollo, analoga a quella descritta
da Baymond e Hascovec). Le altre lesioni consistevano in atrofia cellulare
con difetto di cromatina; distruzione quasi completa dei nuclei; emorragie
puntiformi sopratutto nelle corna anteriori; atrofia muscolare. I nervi erano illesi.
246 G. Catòla
Enriquez e Hallìon provocarono mieliti sperimentali con tossine dif-
teriche iniettate sotto la pelle. Clinicamente ottennero delle paralisi ed ana-
tomicamente delle lesioni del midollo spinale rappresentate da focolai mieli-
tici, congestione, emorragie e rare alterazioni vascolari. Le emorragie, poco
estese, erano localizzate quasi esclusivamente nella sostanza grigia, mentre i
focolai mielitici risiedevano prevalentemente nella sostanza bianca del cordone
anteriore e del cordone laterale. A forte ingrandimento constatarono : prolife-
razione di glia; fibre mieliniche a differenti gradi di distruzione; figure con
l'apparenza di cellule nucleate ma che probabilmente erano dei corpi granu-
losi; capillari dilatati in gran numero. I focolai mielitici variavano assai nella
loro grandezza ed erano disseminati senz'ordine. Il più importante aveva circa
16 millimetri d'estensione. Nessuna lesione meningea. Le radici spinali pre-
sentavano segni manifesti di alterazione.
Thoinot e Masselin, che già net 1891 erano riusciti a provocare una pa-
raplegia posteriore in un coniglio iniettandogli nella vena marginale dell'orec-
chio, una goccia di cultura virulenta di bacteriurn coli, ripresero nel 1894 le
loro ricerche estendendole ad un gran numero di conigli. Ne iniettarono 43
servendosi del b, coli comune: 11 di essi furono inoculati col residuo bacil-
lare della filtrazione di cultura; 3 ricevettero il residuo di filtrazione lavato
lei^tamenté con acqua distillata; gli altri furono tutti inoculati con Ì{i-Ì2
gocce di una cultura di 3 giorni. Nove conigli morirono per infezione gene-
rale acuta, 34 divennero paralitici e spesso amiotrofici. Frequente fu l'inizio
con una monoparaplegia posteriore. In parecchi casi la paralisi si localizzò
prevalentemente da un lato soltanto. Non rara la diffusione della paralisi a^li
arti anteriori che in generale venivano ad esser colpiti poco tempo avanti la
morte dell'animale. Quasi tutti presentarono diarrea, dimagramento enorme e
talora iscuria : 21 di questi conigli morirono; 8 soli guarii'ono. La paraplegia
posteriore amiotrofìca, una volta stabilita, durò nei 21 casi mortali da 2 a 52
giorni. La guarigione fu sempre una guarigione senza difetto. L'esame istolo-
gico del sistema nervoso di questi animali fu fatto da GombauU. Le radici
e i nervi periferici si mostrarono sempre intatti. Invece i midolli presentarono
sempre delle alterazioni differenti tra loro solo per la loro intensità. Lesioni
cellulari: a) cellule vacuolizzate ; 6) cellule vitree con protoplasma refran-
gente ed omogeneo e nucleo indistinto; e) cellule arrotondate, rigonfie con
protoplasma a granulazioni sparse con nucleo ora visibile ed ora no. I pro-
lungamenti delle cellule sembravano divenuti enormemente fragili. Anche le
cellule di nevroglia erano colpite da degenerazione vacuolare. In nessun punto
del midollo si ebbe a constatare accumolo di cellule emigrate, uè prolifera-
zione di elementi fissi.
La parete dei vasi midollari era normale. Solo eccezionalmente la sostanza
grigia si presentava congesta. Abitualmente invece il reticolo capillare era
meno apparente che d'ordinario e il calibro dei vasi piuttosto ristretto: ec-
cezionali i piccoli focolai emorragici perìvascolari. Quantunque non costanti
si osservarono anche lesioni anatomiche della sostanza bianca. I cilindrassi
A proposito di alcwie mieliti infettive sperimentali "ìil
di alcune fibre presentavano slato inonilìforme e vacuoli. Sulle sezioni tra-
sverse colorate col carminio il cilindrasse rigonfio appariva come un disco o
molto pallido o più intensamente colorato che d'ordinario. In altre fibre il
cilindrasse assumeva un aspetto moriforme o si presentava scavato nel centro
da una lacuna circondata da una sostanza omogenea o granulosa colorata in
rosa od in rosso dal carminio. In un gran numero di fibre la guaina mieli-
nica era cosi modificata da non presentar più separazione distinta dal cilin-
drasse. Non riscontrarono mai corpi granulosi. I nervi e i muscoli furono
trovati sempre illesi.
I due autori studiarono anche la relazione che può intercedere tra la
gravità della malattia e la sostanza inoculata iniettando, come si è veduto^
ora la cultura tale quale, ora il residuo bacillare della filtrazione, ora questo
slesso residuo accuratamente lavato. Nei primi due casi non constatarono nes-
suna differenza. Invece gli animali iniettati col residuo lavato e privato per-
ciò dalle tossine, divennero paralitici ma guarirono.
Nel 1895 gli autori che si occuparono delle mieliti sperimentali furono
I seguenti: Ballet e Lebon, Bianchi-Mariotti, Bouchard, Crocq (fils),
Enriquez e Hallion, Mayet, Masse (de Toulouse), Moret e Rispai,
Roger, Sabrazès e Mongour, Vaillard, Widal e Bezancon.
Ballet e Lebon furono i primi ad impiegare in queste ricerche lo pneu-
mococco. Iniettando culture virulente di questo microrganismo in cavie e co-
nigli ottennero paraplegie più o meno complete del treno posteriore. All'esarne
anatomico videro enormi dilatazioni vascolari, emoiragic e lesioni parenchi-
matose nella sostanza grigia. Le alterazioni delle cellule quantunque non gravi
erano pur sempre riconoscibili col metodo di Nissl.
Adoprando, invece dello pneumococco, lo stafilococco piogeno aureo, otten-
nero manifestazioni sintomatiche e lesioni analoghe a quelle sopra descritte.
Di 12 conigli cosi inoculati 4 soli presentarono fatti di paralisi, uno a forma
di paralisi ascendente, uno a forma emiplegìca e due a forma paraplegica.
Bianchi-Mariotti avrebbe riprodotto nel coniglio il quadro clinico ed
anatomico della poliomielite acuta iniettandogli tossina tifica.
La poliomielite fu ottenuta anche da Enriquez e Hallion con l'inocu-
lazione di tossina difterica. Infatti mentre in alcuni casi questi due AA. non
provocarono che una mielite diff'usa, in una scimmia riuscirono invece a ri-
produrre una poliomielite acuta mediante due iniezioni sottocutanee di cul-
tura in brodo filtrata nella quantità l'una di 3 ce. e l'altra di i ce. Clinica-
mente ottennero una paresi amiolrofica localizzata principalmente agli arti
posteriori. L'animale mori circa 10 mesi dopo l'inoculazione.
L'esame istologico dimostrò che le regioni lombare e sacrale erano col-
pite da poliomielite più accentuata nelle corna anteriori che in quelle poste-
riori e disegualmente ripartita nelle due metà del midollo. 1 vasi non erano
né ispessiti né infiltrati.
Crocq (fils) con iniezioni sottocutanee di culture vecchie (4 mesi) di
difterite, sterilizzate o no, provocò nel coniglio, nei casi in cui l'animale so-
248 G. Catòla
pravvisse un tempo sufficientemente lungo, un indebolimento degli arti poste-
riori che andava poi aggravandosi ed estendendosi anche agli arti anteriori.
La sensibilità in generale non veniva compromessa. Le lesioni istologiche con-
sistevano in tumefazione delle cellule con perdita dei prolungamenti proto-
plasmatici, scomparsa dei nuclei, proliferazione enorme delle cellule ependimali.
Raramente riscontrò fatti di mielite acuta. Le lesioni midollari nel coniglio
precedevano sempre le lesioni dei nervi periferici. Crocq pensa che le para-
lisi generalizzate nell'uomo (non quelle localizzate all'apparecchio bucco - fa-
ringe - laringeo) siano d'origine midollare.
Sabrazès e Mongour inocularono a un coniglio una cultura dì strepto-
cocco estratto dal fegato di un malato affetto da ittero infettivo benigno. La
iniezione fu fatta nella vena marginale dell'orecchio e fu seguita dopo pochi
giorni da una paraplegia amiotròfica anteriore che si estese in breve agli arti
posteriori. Si ebbero pure dei disturbi sensitivi. L'animale mori 12 giorni
dopo l'iniezione con 230 gr. in meno di peso. All'esame anatomico si rico-
nobbe l'esistenza di una mielite degenerativa diffusa subacuta localizzata so-
pratutto alle cellule delle corna anteriori ed un po' anche alle cellule delle
corna posteriori e dei gangli spinali. La sostanza bianca, le radici spinali, ì
nervi periferici non mostravano nessuna alterazione. Non esisteva alcun mi-
crorganismo nei midollo.
Roger con iniezioni d'eresipelococchi nel coniglio ottenne lesioni cellu-
lari nel midollo (degenerazione vacuolare o vitrea; scomparsa dei nuclei) e
lesioni vascolari rappresentate da dilatazione e da piccole emorragie.
Mayel provocò una paraplegia flaccida e deformazione della colonna ver-
tebrale in un topo con l'iniezione dì liquido canceroso non sterilizzato. L'au-
topsia rivelò l'esistenza di una meningo-mielite. In un coniglio fece invece
una iniezione intravenosa di succo sterilizzato di un carcinoma del seno, pro-
vocandovi una paraplegia completa senza corrispondenti lesioni midollari. Un
altro coniglio inoculato con liquido proveniente dalla macerazione di un sar-
coma osseo ebbe una paraplegia spastica di cui guari parzialmente.
Moret e Rispai ottennero paralisi di orìgine midollare con l'iniezione
di streptococco piogeno nella vena marginale dell'orecchio di conigli. Ammet-
tono con iManfredi e Traversa, Vaillard e Vincent, Bourg etc. che
le alterazioni midollari siano di natura tossica. Ritrovarono in un caso lo
streptococco nel midollo e ritennero che lo streptococco può colonizzare e
pullulare nei vasi sanguigni del midollo e nel canale ependimario.
Vaillard nel suo rapporto sulle mieliti infettive al congresso di Bor-
deaux (1895) dice che le lesioni si concentrano in maniera preponderante,
se non esclusiva, sulle cellule gangliari del midollo e specialmente sulle grandi
cellule delle corna anteriori. La sostanza bianca è spesso, ma non sempre,
colpita; la nevroglia generalmente intatta; i vasi tutt'al più iperemici, ma
con parete integra.
Masse di Tolosa in un caso di mielite sperimentale trovò dopo 6 giorni
microrganismi nei vasi e nel canale centrale del midollo.
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 249
Thoinot e ì^asselin trovarono virulento il midollo non solo negli ani-
mali morti in seguito ad infezione subacuta ma anche in quelli che divennero
paralitici a un'epoca mollo distante dalle inoculazioni. Il bacterium coli e lo
stafilococco, che essi iniettavano, persistevano nel midollo anche quando erano
scomparsi da tutti gli altri organi. Il midollo lombare e il dorsale restavano
virulenti un tempo più lungo degli altri segmenti.
Nel 1896 vennero pubblicate le ricerche di Claude, Homén e Lebon.
Claude iniettò culture filtrate di streptococco e stafilococco direttamente
nel midollo di 2 cavie. Nella prima si manifestò una paresi spastica delle
estremità posteriori che si trasformò poi in letraplegia; nella seconda una pa-
raplegia posteriore semplice. Come reperto midollare constatò: piccole emor-
ragie, dilatazione vascolare, proliferazione di leucociti e di cellule di glia,
lesioni delle cellule gangliari nella sostanza grigia. I piccoli vasi mostravano
segni evidenti di flogosi fino alla trombosi. La sostanza bianca ed i nervi pe-
riferici erano risparmiati.
Anche Homén fece iniezioni midollari dirette di streptococco e di re-
spettive tossine nei conigli. Tanto negli animali iniettati con batteri quanto
in quelli iniettati con tossine riscontrò all'esame anatomico le seguenti alte-
razioni: iperemia meningea e midollare, piccole emorragie, piccoli accumuli
di leucociti, piccoli focolai di fibre nervose alterate principalmente verso la
periferia del midollo, lesioni delle cellule gangliari fino a distruzione com-
pleta. Trovarono sempre streptococchi nelle meningi, nelle radici posteriori e
nel midollo che scomparivano se l'animale sopravviveva al di là del decimo
giorno.
Lebon dedicò la sua tesi di dottorato allo studio delle mieliti sperimen-
tali utilizzando lo pneumococco, lo stafilococco ed il bacillo tifico come agenti
infettivi; il coniglio e la cavia come animali di esperimento. Una prima cavia
inoculata con lo pneumococco divenne paraplegica all'ottavo giorno terminando
con la morte al decimo. All'autopsia esisteva intensa congestione del midollo
spinale e anche i vasi piali erano molto dilatati. A livello della regione dorso-
lombare il midollo era reso come difHuente da un'esteso focolaio mielilico. Le
sezioni furono colorate col bleu di metilene (Nissl) e con la dalia. Quasi tutte
le cellule del midollo si presentavano vacuolizzate. I prolungamenti ne erano
scomparsi, i contorni vaghi, i nuclei poco visibili o rappresentati dal solo nu-
cleolo. Le zolle cromatiche erano disperse senz'ordine nell'interno della cel-
lula e ridotte in piccoli grani.
Di parecchi conigli inoculati con lo pneumococco uno solo divenne para-
litico poiché questo animale, che è mollo sensibile allo pneumococco, in genere
non sopravvive all' infezione che brevissimo tempo. Trovò'le solite lesioni delle
cellule gangliari con congestione della sostanza grigia e piccole emorragie dis-
seminate. Mancavano lesioni della parete dei vasi e infiltrazioni perivasali. La
sostanza bianca, i gangli spinali, le radici si presentavano intatti. Con lo sta-
filococco non riusci mai ad ottenere fenomeni paralitici nelle cavie. Ne ot-
tenne invece su 4 conigli insieme agli altri sintomi già descritti quali: il dima-
250 G. Catòla
j^rimento, Talrofia muscolare, la diarrea, i disturbi sfinter\pi eie. In uno di
questi la paraplegia si manifestò sette giorni dopo l' inoculazione e la morte
all'undicesimo giorno; nel secondo la paraplegia insorse al nono giornee la
morte al quindicesimo. L'A. fissò i frammenti di midollo di questi due animali in
alcool e liquido di MQller colorando poi anche col metodo di Nissl e trovò
le stesse alterazioni che nelle mieliti da pneumococco. Nel terzo coniglio la
paralisi iniziò dal treno posteriore al nono giorno e poi si diffuse alle estre-
mità anteriori. Morì al diciannovesimo giorno ed all'autopsia, oltre le solite
lesioni, si notarono anche alcuni cilindrassi della sostanza bianca ipertrofici,
colorati in rosso vivo. Nel quarto la paralisi cominciò all'undecìmo giorno a
forma unilaterale e la morte avvenne al trentunesimo giorno. All'autopsia fu
trovalo un piccolo focolaio di rammollimento a livello della regione lombare.
Gli elementi nervosi vi apparivano dissociati, molto congesti, con pareli molto
alterate, ispessite, infiltrate di cellule embrionali e qua e là rotte da piccoli
focolai emorragici. I corpi granulosi vi si vedevano abbondantissimi.
Nelle cavie l'iniezione intraperitoneale di culture di b. di Eberth portò
all'esito letale in 12-24 ore senza nessun fenomeno nervoso e senza alterazioni
istologiche dei centri nervosi.
Sopra 60 conigli uno solo ebbe fenomeni paralitici con l'iniezione di
1 ce. di cultura in brodo di due giorni; in esso il periodo preparalilico durò
21 giorno; il paralitico il. All'autopsia esistevano lesioni del midollo lom-
bare. Le cellule delle corna anteriori erano globose, con contorno irregolare,
vacuolizzate, con spazi pericellulari più marcati che d'ordinario. I vasi non
erano abnormemente ripieni; le radici non erano lese ed intorno ai gangli
rachidei esisteva leggera infiltrazione parvicellulare. Marcate invece si presen-
tavano le lesioni dei nervi periferici.
Lebon non ritiene improbabile che le cosi delle mieliti post-infettive
siano dovute ad infezioni secondarie. Ricorda che Ausset, avendo inoculato
un coniglio con sangue estratto poco prima della morte da una donna affetta
dì febbre puerperale, vide manifestarsi in detto animale una paraplegia flac-
cida; ma fsicendo culture col tessuto midollare non ottenne che il b. eoli in
cultura pura. Aggiunge che anche le mieliti blenorragiche non sono dovute
forse al gonococco ma ad agenti infettivi secondari : cosi pure le mieliti grip-
pali. Secondo lui i microbi inoculati agli animali possono arrivare al midollo sia
attraverso i vasi linfatici sia attraverso i vasi sanguigni. Possono impianlarvisi
e colonnizzarvi. La tossina microbica può da sola produrre le stesse lesioni
midollari con la sinlomalomogia corrispondente.
Pubblicarono nel 1897 memorie sulla mielite sperimentale i seguenti au-
tori: Ballel, BalleH e Lebon, Gharrin e Glande, Glande, Hochhaus,
Remlinger.
Ballel dice di aver 'riprodotto in un coniglio, con l'iniezione di stafilo-
cocco, delle alterazioni analoghe a quelle della poliomielite. L'animale che
divenne paralitico al ventesimo giorno dopo l' inoculazione prima all'arto po-
steriore sinistro e poi anche all'arto anteriore dello stesso lato e nei muscoli
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 451
del collo, mori 11 giorni dopo l'inizio dei fenomeni paralitici. Alla sezione si
trovò un focolaio mielilico nel corno anteriore sinistro delh sostanza grigia
del midollo lombare che invadeva anche il cordone anteriore fino alla peri-
feria del midollo. Wickmann (1905) ritiene che si trattasse di un focolaio
di rammollimento giacché dalla descrizione risulta che gli elementi nervosi
erano dissociati e la nevroglia proliferata e che vi si trovavano numerose
infiltrazioni perivascolari.
Charrin e Claude iniettarono in conigli culture filtrate di piocianeo (28 ce.
in 2 mesi) ottenendo paralisi ed atrofie muscolari. Nella sostanza grigia del
midollo lombare rinvennero focolai di rammollimento ed emorragie. I due au-
tori ritengono che le lesioni riscontrale abbiano per base un duplice mecca-
nismo: l'azione diretta delle tossine sul tessuto nervoso e l'arterite trombo-
tica. Pongono il loro reperto in parallelo con le lesioni della poliomielite
acuta e subacuta.
Nelle sue lezioni di clinica medica Rallet riporta i resultati ottenuti
insieme a Lebon iniettando a dei conigli lo pneumococco e dà la seguente
descrizione delle alterazioni anatomiche del midollo. La mielite è localizzata
in particolar modo in corrispondenza dei rigonfiamenti e sopratutto in quello
lombare. La sostanza bianca è generalmente poco lesa ; molto più gravemente
è invece colpita la sostanza grigia. Le lesioni consistono: per i vasi in dila-
tazione ed emorragie, mentre la trombosi e la infiltrazione delle loro pareti
appartengono alle rarità; per il parenchima in lesioni cellulari (atrofia, va-
cuolizzazione, aspetto vitreo, cromatolisi etc). Per lo più queste lesioni sono
dilTuse ma si possono mostrare anche localizzate in punti determinati. Secondo
fiallet le alterazioni sopra descritte somigliano completamente a quelle della
poliomielite acuta infantile.
Quest'autore ritiene che i microi'ganismi possano fissarsi nel midollo
agendo sugli elementi nervosi con le loro tossine, ma non esclude che possano
anche risiedere in un altro organo qualsiasi e che le tossine arrivino al midollo
per via ematogena.
Remlinger riprodusse il quadro della paralisi ascendente in un coniglio
iniettandogli nelle vene degli streptococchi estratti dal pus di un ascesso di un
indivìduo affetto da setticemia. Il quadro sintomatico fu quello di una paralisi
ascendente acuta che terminò con paralisi respiratoria al quinto giorno. Dal mi-
dollo dell'animale fece culture che dettero lo stesso cocco che aveva iniettato.
L'esame anatomico mostrò solo iperemia della sostanza grigia senza emorragie.
Le ricerche di Hochhaus furono dirette a riprodurre sperimentalmente
le mieliti mediante un intenso raffreddamento della regione rachidea : ottenne
nel midollo sopratutto dei fatti necrotici.
Luisada, Pacchioni e Murawjefi", fecero nel 1898 altre pubblicazioni
sia sulle lesioni del sistema nervoso centrale, comprese le lesioni midollari,
sia su quelle dei nervi periferici in seguito ad infeifioni sperimentali.
Luisada e Pacchioni scelsero le applicazioni dirette di tossina difte-
rica sul sistema nervoso centrale, constatando che nel midollo essa si propaga
252 G, Catòla
rapidamente a tutto lo spessore delP organo e per tutta la sua altezza prefe-
rendo come vìa di trasmissione i cordoni posteriori, la sostanza grigia ed il
canale centrale. La lesione dei fasci di sostanza bianca aveva i caratteri di
una lesione primitiva e la lesione delle libre nervose era più grave di quella
degli altri elementi. Dei vasi non vi è parola.
MurawjefT fece diverse serie di esperienze e riscontrò che la tossina
difterica e le sue antitossine a forti dosi producono identiche lesioni nervose
mentre che l'iniezione contemporanea dì tossina e antitossina lascia il sistema
nervoso quasi intatto.
In altre ricerche vide che tossina difterica e streptococcica esercitano
sul sistema nervoso un'azione antagonista. La prima lede dapprima le cellule
gangliari anteriori, la seconda la sostanza midollare bianca.
Nel 1899 Hoche pubblicò un nuovo importantissimo lavoro su questo
argomento, valendosi sopratulto dell'iniezione intraortica dei microrganismi
patogeni seguendo il metodo di Lamy (iniezione aortica attraverso l'arteria
crurale mediante una sottilissima sonda).
Hoche cominciò a fare delle iniezioni di microrganismi patogeni nella
carotide di conigli e di cani spingendole verso il cuore (stafilococco piogeno
aureo, pneumococco di Fraenkel), ma non ottenne nessun resultato in rapporto
alla mielite. Allora applicò il metodo di Lamy. I microrganismi impiegati
furono lo pneumococco di Fraenkel, lo stafilococco piogeno aureo, il ba^te-
rium coli. Resultati:
N. 2 esperienze col microrganismo di Fraenkel: negative.
N. 4 esperienze con lo stafilococco su cani. Iniezione lombare attraverso
l'arteria crurale di 3-5 ce. di cultura in brodo con l'aggiunta di una piccola
quantità di amido di mais sterile o di licopodio.
N. 0 esperienze col bacterium coli su cani con la stessa tecnica.
N. 5 esperienze, a scopo di comparazione, con l'iniezione di qualche ce.
di emulsione di olio di croton secondo la formula seguente: olio di croton
0,25, olio di ricino 5,0, gomma arabica q. b., acqua distillata e. 50.
N. 4 esperienze con l'iniezione nell'aorta lombare di una polvere inerte
allo scopo di determinare delle embolie ed iniezioni sotto-cutanee di micror-
ganismi patogeni. Due di queste ultime esperienze furono fatte col coli bacillo
e due con lo pneumococco di Fraenkel.
Tutte le esperienze dimostrarono che i piccoli infarti favoriscono la loca-
lizzazione dei microrganismi e che la probabilità dell'infezione aumenta col
numero e colla estensione delle lesioni midollari determinate dalle embolie. I
microrganismi andrebbero, cioè, arrestandosi nei punti meno resistenti ciò che
del resto è stato dimostrato anche con altri artifizi (raffreddamento, trauma
etc.) da Hochhaus, Schmaus, Kirchgasser.
L'autore considera il canale centrale del midollo del cane come una via
linfatica longitudinale destinata a trasportare e a diffondere i microrganismi
come avevano sostenuto Morel, Rispai, Homén e Babes.
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 253
Per lo studio istologico di questi midolli colorò i pezzi con ematossilina,
emalossilina-eosina, v. Gieson. Trascurò lo studio delle alterazioni cellulari.
L'A. parlando delle differenze Ira le lesioni midollari emboliche pure e
quelle emboliche con in più l'azione concomitante di microrganismi patogeni^
fa notare che tanto nelle une come nelle altre esistevano necrosi ischemiche
sia nella sostanza grìgia che nella sostanza bianca, alterazioni vascolari (stasi,
rotture) e manifestazioni irritative in prossimità immediata degli emboli incu-
neati ; alterazioni della sostanza bianca (rigonfiamento del cilindrasse, distru-
zione di fibre). Nei casi in cui furono impiegati anche i batteri si avevano
manifestazioni di lepto-meningite, frequentissima infiltrazione parvicellulare
dei piccoli e piccolissimi vasi, frequenza di focolai più piccoli a cellule rotonde
e di focolai più grandi, occupanti talora una metà di sezione trasversa del
midollo, formati da cellule rotonde di media grandezza. Secondo la specie
batterica adoperata si ebbero differenze in questo che nell'infezione da b. coli
si aveva meningite, mentre nell'infezione da stafilococchi si ottenevano piut-
tosto dei focolai disseminati che ricordavano la formazione dell'ascesso.
Coir iniezione di emulsione di olio di croton le alterazioni midollari erano
simili a quelle ottenute con l'iniezione di microrganismi infettivi.
Le lesioni dei vasi nel caso delle iniezioni batteriche si distìnguevano da
quelle provocate dagli emboli asettici solo per la loro estensione e per la loro
frequenza: qua e là in tutta la parete dei piccoli vasi e, nei più grandi, solo
nelle tuniche più esterne, si vedevano elementi •cellulari a forma rotonda, el-
littica 0 fusiforme che potevano circondare anche completamente, a mo'di
anello, i vasi slessi.
Il metodo di Weigert riuscì negativo. Nello sviluppo dei grandi focolai
prodotti con lo stafilococco e con l'olio di croton la nevroglia prendeva
una grande partecipazione, non con aumento di fibre, ma sotto forma di una
ragguardevole moltiplicazione degli elementi cellulari. Infatti le cellule costi-
tuenti questi focolai erano solo in piccolo numero dei leucociti a nucleo lobato
o multiplo e grandi cellule cpitelioidi (di origine connettivale); in gran
numero erano rappresentate invece da cellule piccole e medie, rotonde o poli-
gonali, che per forma e grandezza somigliavano alle cellule di nevroglia. Era
raro incontrare cellule granulose nei primi giorni: esse comparivano più
tardi, all'inizio del processo distruttivo della sostanza nervosa.
Le alterazioni che si manifestarono nel cane in seguito alle embolie mi-
dollari batteriche offrivano una grande rassomiglianza con quelle osservale
nella mielite infettiva umana. Lo stesso si dica del quadro clinico.
L'autoie stabili anche che il quadro istologico dei focolai da stafilococchi
era analogo a quanto si osserva nei preparali di Furstner in un caso di
mielite acuta da pneumococchi.
Nel 1903 Babonneix pubblicò un nuovo lavoro sulle paralisi acute speri-
iiientali. Fece delle iniezioni intravenose e sottocutanee di difterite ottenendo
fenomeni paralitici 2-9 giorni dopo le iniezioni. In generale l'apparizione delle
254 G, Catòla
paralisi era brusca. Si trattava in' generale di una paralisi eslenso-progressiva,
iniziante agli arti posteriori ed invadente gradualmente tronco, arti anteriori
e collo, conducente a morte l'animale per paralisi cardiaca e respiratoria. Non
osservò mai reazione meningea, ciò che concorda coi fatti clinici recente-
mente pubblicati da Vidal e Le Sourd (Bull, de la Societé méd. des Hop.,
2 dee. 1902). Del resto è un fatto che le paralisi difteriche sperimentali assu-
mono quasi sempre il tipo ascendente come dimostrano i casi di Roux e
Yersin (1889), Martin (1893), Escherisch (1894), Crocq(1895), Madsen
(189G) etc.
Le lesioni trovate da Babonneix erano piuttosto complesse. In un cane
le cellule delle corna anteriori della sostanza grigia presentavano: rigonfia-
mento, disintegrazione molecolare, cromatolisi, atrofia acuta, alterazioni nu-
cleari. Inoltre più qua e più là esistevano veri e propri focolai flogistici
della sostanza grigia. In un altro cane non si avevano focolai poliomielitici,
ma le radici anteriori presentavano lesioni piuttosto gravi a carattere dege-
nerativo (radiculite consecutiva).
(ihilarducci nel 1904 studiò T influenza dei disturbi della circolazione
spinale sulla genesi della mielite acuta sperimentale da streptococco. Su 33
conigli praticò, per un tempo variabile da 5 a 30 minuti, la compressione
dell'aorta addominale: 19 volte servendosi del metodo incruento e 14 volte
afferrando e stringendo Taorta addominale con una pinza del Péan. Subito
dopo iniettava nella vena marginale dell'orecchio degli animali culture vini-
lente di streptococco. Alla compressione aortica conseguiva una paraplegia
posteriore da ischemia che guariva completamente; ma dopo parecchie ore
(12-24), e, talora, dopo 3 o 4 giorni, insorgeva una paraplegia posteriore tardiva
permanente a tipo ascendente. In quasi tutti gli animali il midollo lombare
e sacrale risultò all'autopsia in preda ad un processo flogistico acuto. L'esame
microscopico mise in evidenza alterazioni gravi ed estese delle cellule, dei
cilindrassi e delle guaine mieliniche. Nel midollo di parecchi di questi ani-
mali esistevano degli streptococchi che non erano invece presenti nel san-
gue. L'A. conclude che forse i fenomeni paralitici tardivi erano dovuti ad
un'azione locale dei microrganismi e non ad un'azione tossica a distanza.
Lo stesso A. nell'anno seguente (1905) pubblicò un nuovo lavoro sulle
mieliti sperimentali utilizzando lo stesso microrganismo e la compressione
incruenta dell'aorta addominale. Fece in tutto 37 esperienze. Ottenne una sinto-
matologia clinica analoga a quella che aveva potuto studiare nelle esperienze
antecedenti ed in quanto alle alterazioni anatomo-patologiche si può dire che
in tutte le esperienze riscontrò quasi costantemente fatti di flogosi. Questi si
mostrarono di buon'ora (12-18 ore dopo 1' inizio dell'esperimento) se la com-
pressione fu di media durata (15-20 minuti) ed associati a degenerazione degli
elementi nervosi. Se la compressione invece fu più prolungata i fatti dege-
nerativi aprivano la scena e quelli infiammatori, appena accennati al principio,
si accentuavano al terzo o quarto giorno per manifestarsi in tutta la loro inten-
sità al quinto e sesto.
A projjosito di alcune mieliti infettive speriwentali 255
L'A. fece al suo lavoro le seguenti conclusioni : i) Comprimendo per 5-iO
minuti l'aorta addominale del coniglio ed iniettando subito dopo nelle sue
Tene una cultura virulenta di streptococco si ottiene costantemente la lìssa-
2Ìone di questa nel midollo spinale; 2) Il quadro clinico è quello della mielite
<ì della poliomielite ; 3) L'esame istologico dimostra tutta la gamma delle
lesioni descritte nelle affezioni acute del midollo, dalla semplice degenerazione
degli elementi nervosi con slato lacunare della nevroglia alle lesioni mielitiche
più gravi (congestione intensa, emorragie, infiltrazione perivasale ed inter-
stiziale, rammollimento). In molti tasi le lesioni si estendono sino al bulbo ed
alla protuberanza; 4) Le alterazioni degli elementi nervosi sono in molti casi
evidentemente primarie, talora contemporanee a quelle dei vasi e del tessuto
di sostegno; 5) La varietà e gravità delle lesioni e delle sindromi dipendono:
a) dalla fase della malattia; ò) dal grado di resistenza del tessuto; e) dalla
quantità di cultura iniettata. Se questa fu sufficiente si osservano costante-
mente al quinto-sesto giorno nelle regioni lombo-sacrali le lesioni caratteristiche
della infiammazione, mentre nella regione cervicale e bulbo-protuberanziale
sono evidenti soltanto fatli degenerativi degli elementi nervosi (particolarmente
a carico del citoplasma) con stato lacunare della nevroglia. Se la quantità di
cultura fu poca le lesioni. sono soltanto rappresentate da fatti degenerativi;
6) Queste esperienze dimostrano la strettissima parentela tra le cosi detle
forme flogistiche e le forme degenerative della mielite rappresentanti o due
fasi diverse di uno stesso processo morboso o la manifestazione di un'azione
patogena di identica natura variabile nella sua intensità.
In questo stesso anno (1905) Panichi intraprese un'altra serie di espe-
rienze sulle mieliti servendosi dello pneumococco. Esperimento su 6 conigli,
una pecora, e due cavalli, iniettando nelle vene di questi animali virus di
Fraenkel (varietà edematogena.) Nei conigli morti in modo acuto trovò lesioni
predominanti a carico delle cellule nervose con limitata alterazione dei vasi.
Quando il decorso della malattia fu più lento le alterazioni cellulari erano
le stesse che nel caso antecedente e cioè: scomparsa parziale delle zolle di
-N'issi, aspello più o meno omogeneo del protoplasma, deformazione o sposta-
mento del nucleo, mancanza del nucleolo, colorazione diffusa o più intensa
del normale, mancanza di prolungamenti, retrazione con ampliamento dello
spazio pericellulare. Però l'aumento dei nuclei tanto nella sostanza bianca che
in quella grigia era lo slesso tanto nei casi cronici che negli acuti. La diffe-
renza Ira le lesioni del processo acuto e quelle del processo cronico era rap-
presentata principalmente dallo stato dei vasi. Nei casi a decorso lento i vasi
forano quasi sempre alterati: costanti le emorragie. 1 focolai emorragici erano
più numerosi nella sostanza grigia che in quella bianca e prediligevano, per
ordine di frequenza, la regione dorsale, poi la lombare ed infine la cenic^ìle.
Le emorragie erano sempre piccole e contenevano anche dei leucociti. La
parete dei vasi, in corrispondenza delle emorragie, presentava segni manifesti di
alterazioni. Infatti spesse) i vasi si trovavano separati dal tessuto circostante me-
diante uno spazio vuoto attraversato da trabecole: i nuclei propri della parete
256 G. Catòla
vasale, specialmente in corrispondenza dei capillari, erano aumentati di nu-
mero. Le lesioni delle fibre nervose erano disseminate e qua e là si notavano
spazi vuoti corrispondenti ad elementi distrutti.
I nervi ed i muscoli partecipavano limitatamente alle alterazioni.
Nella pecora la lesione spinale era localizzata in corrispondenza del mi-
dollo cervicale inferiore ove si notavano principalmente iperemia dei capillari
delle corna anteriori della sostanza grigia ed emorragie. Nei punti nei quali
la lesione aveva raggiunto la massima intensità era scomparsa ogni traccia di
corna anteriori e posteriori. Nelle corna anteriori, a questo livello, non esiste-
vano quasi più cellule nervose e le poche rimanenti erano più o meno note-
volmente alterate nella forma, volume e struttura. La sostanza bianca, specie
in quelle parti che erano a contatto coi focolai emorragici, presentava aspetto
alveolare {blasiger Zustand di Leyden, Lilckenfeld di Mayer). Secondo TA.
questi focolai emorragici si formerebbero per rexim, come avvenne nella capra
ove esistevano tipici focolai apoplettici. Sulla eziologia degli accidenti emorragici
tutti gli osservatori che se ne sono occupati, sperimentando con vari germi,
sono di accordo nell' ammettere che essi si manifestino allorché i micror-
ganismi sono già scomparsi dai tessuti. L'A. invece ritiene che pur non
esistendo in questi casi germi specifici nei focolai .spinali, questi si costitui-
scano quando detti germi, sia pure in numero limitatissimo, circolano sempre
nel sistema vascolare. Ammette però con gli altri AA. che le alterazioni
vasali siano di origine tossica.
Riassumendo, secondo TA. i disturbi motori sarebbero un effetto delle
emorragie spinali. Queste dipenderebbero da lesioni vasali (arterie e vene)
aventi in generale un carattere proliferativo con un rapporto, di fronte al
decorso della malattia, di successione ritardata.
Dopter (1905) fece iniezioni sotto-cutanee nei conigli di culture virulente
di bacillo della dissenteria e poi di sole tossine dissenteriche ed osservò:
1) che i conigli inoculati presentavano quasi sempre (80^/^ dei casi) paralisi
più specialmente a forma paraplegica, paralisi che comparivano al terzo giorno
circa dopo l'iniezione, conducendo, dopo cinque o sei giorni di malattia, gli
animali a morte per intossicazione generale; 2) che l'esame microscopico del
sistema nervoso di questi animali fece rilevare lesioni ora diffuse ora a focolaio
localizzate esclusivamente alla sostanza grigia (poliomielite) a cui talvolta
si aggiungeva polioencefalite; 3) che le alterazioni provocate colle sole tossine
erano identiche a quelle ottenute con microrganismi virulenti.
Questi sono, in riassunto, i dati principali che la letteratura sulle mieliti
infettive sperimentali ci offre. Si può dire che quasi tutti i microrganismi più
noti 0 le loro tossine siano stali utilizzati in questo genere di esperienze
seguendo metodi molto diversi. Le conclusioni più importanti che possono
desumersi dai lavori sopraricordali si possono ridurre alle seguenti: a) Inie-
zioni di batteri e tossine, qualunque sia la via prescelta (endovenosa, intraorlica,
sottocutanea, sotto-meningea) per provocare la infezione midollare sperimen-
A proposto di alcune mieliti infettive sperimentali 257
tale, possono produrre lesioni mielìtiche più o meno gravi ; b) le alterazioni
anatomo-patologiche e, conseguentemente, la sintomatologia presentata in vita
dagli animali operati, offrono varietà più o meno notevoli nella loro esten-
:>ione, nella loro gravità e nella loro localizzazione, ma ciò non tanto in rap-
porto con la specificità delle varie infezioni, quanto con la durata della
malattia, della quantità e della virulenza della cultura o della tossina adoperata
e della resistenza dei tessuti; e) tutte le cause che possono diminuire la resi-
stenza dell'organo midollare (ischemia, traumi, radVeddamenti, embolie aset-
tiche), favoriscono la localizzazione nel midollo spinale dei germi patogeni;
d) varie sono le opinioni circa la propagazione dell'infezione da un punto
all'altro del midollo spinale: i vasi sanguigni, gli spa^i linfatici ed il canale
centrale costituirebbero le vie di trasporlo più ordinarie; e) risulta in modo
sicuro provato che le tossine sono capaci di provocare le identiche lesioni
dei batteri e che, per conseguenza, le lesioni midollari debbono attribuirsi
all'azione dell'intossicazione pura e semplice e non all'influenza dell'infezione
inlesa come un'azione diretta dei vari germi sul tessuto nervoso, (ricerche
di Roux e Yersin, Stcherback, Henriquez e Hallion, Morel e Rispai,
Grancher, Martin e Ledoux, Lebard, Vaillard e Vincent, Rourg,
llomén, Lebon etc); e) che i microrganismi iniettati nel midollo spinale
scompaiono dall'organo abbastanza rapidamente (otto-dodici giorni dopo) quan-
tunque le lesioni anatomiche continuino ad evolvere; (/) niente si è potuto,
stabilire, in modo definitivo, circa i rapporti intercedenti tra lesioni parenchi-
malose e lesioni vascolo-interstiziali, tra loro e l'intossicazione.
Passo ora alle esperienze personali. Queste hanno avuto principalmente
(li mira la riproduzione di mieliti acute od acutissime cercando di mettere a
profitto una tecnica che contenesse il minor artifìcio topico possibile. Non
ho voluto, per consequenza, né utilizzare il metodo della ischemia midollare
preliminare prolungata (Ghilarducci), ne quello delle embolie asettiche, dirò
cosi, preparatorie (Roche). >li è parso anche che il metodo di Lamy (intro-
duzione nell'aorta addominale di agenti patogeni o di materiale embolizzanl*
asettico mediante una sonda attraverso l'arteria crurale e compressione con-
secutiva dell'aorta al di sotto del punto in cui l'iniezione endaortica è avve-
nuta) non fosse esente da inconvenienti tecnici e per questo non credetti
bene d'adottarlo.
Il metodo da me prescelto e che si discosta alquanto dai metodi fino ad
ora seguiti, è, in breve, il seguente. Eseguita la laparatomia con tutte le
regole antisettiche si mette allo scoperto l'intero tratto aortico che va dalle
arterie renali alle biforcazione delle iliache. Ciò fatto si afferra con un pic-
colo klemmer l'aorta stessa subito al disotto delle prime e poi, subito dopo,
anche al di sopra delle seconde. Nel segmento vuoto, interposto tra le due
occlusioni, si inietta rapidamente una determinala quantità di cultura o in
brodo 0 in agar stemperata in una soluzione fisiologica di cloruro di sodio.
Per praticare l'iniezione intravasale è necessario adoperare un ago molto sottile
17
258 G. Catòla
ed infìggerlo molto obliquamente dall'alto al basso in modo da passare quasi
tra tunica e tunica, per evitare l'emorragia della piccola ferita della parete
aortica. Spinta la cultura nel tratto vasale suddetto si toglie il klemmer supe-
riore e, dopo poche battute cardiache dell'animale, anche il klemmer infe
riore. Per tutte queste diverse manovre l'occlusione dell'aorta non deve
durare più di due minuti a fine di ovviare all'inconveniente della paraplegia
precoce da ischemia. L'operazione riesce sempre bene specialmente nei co-
nigli, animali di cui mi sono quasi esclusivamente servito in questa serie di
esperienze.
I microrganismi da me utilizzati furono lo stafilococco piogeno aureo, lo
stafilococco emorragico ed il bacilllo di Eberth.
Sui cani ho fatto anche alcune esperienze, iniettando culture in brodo dei
microrganismi sopra ricordati sotto la dura madre, con resultati positivi; ma,
data la uniformità di reperto, non ho tenuto conto che di una sola di esse
(Osserv. 1»).
Non riuscii ad ottenere fenomeni paralitici ne lesioni spinali in due
conigli alimentati con sostanze infettate con bacilli dissenterici (Ruhr e pseudo-
Ruhr) e sottoposti poi ad alcuni artifici (raffreddamenti, traumi della regione
rachidea) allo scopo di creare un locus mitioris resìslentiae del midollo spinale,
avendo voluto ricercare in questo modo se era possibile con tal metodo ri-
. produrre sperimentalmente paralisi mielitiche di origine dissenterica.
Esperienza I. — Cane giovane e robusto, peso 5 kg.
Si pratica la cloronarcosi con iniezioni intraperitoneali di cloralio e morfina
e poi si procede alla rachiotomia in corrispondenza del midollo lombare asportando
due archi posteriori di yertebra. Messa allo scoperto la dura madre si pratica al di
sotto di essa una iniezione di circa 1 ce. di cultura giovane in brodo di bacillo di
Eberth e si richiude la ferita operatoria con doppia sutura, muscolare e cutunea.
Passato l'effetto della cloronarcosi l'animale si mostra abbastanza vivace e cammina
in modo completamente normale. Il giorno appresso, 24 ore dopo l'operazione, l'ani-
male è febbricitante, diarroico e presenta paralisi della gamba destra. La ferita non
•iBuppura.
Nel secondo e terzo giorno i sintomi variano come segue: l'arto posteriore de-
stro è sempre paralizzato e sta in posizione estensoria ; il sinistro è leggermente pa-
tetico; gli sfinteri sono paralizzati; i riflessi tendinei non si provocano o per lo meno
non sembrano esagerati; la sensibilità è diminuita nettamente in corrispondenza di
tutto il treno posteriore. L'animale è sempre febbricitante e diarroico. Viene ucciso
nel pomeriggio del terzo giorno di malattia, 72 ore circa dopo l' iniezione sotto-durale.
Autopsia, — Tra la pelle e l'aponevrosi delle masse muscolari sacro-lombari si
ha un po' di liquido siero-purulento. Le meningi, compresa la pia madre, sono ar-
rossate nel punto ove è avvenuta l' iniezione.
II midollo spinale all'esame macroscopico non appare alterato salvo che per un
certo tratto a contatto con la pia madre congesta. Ivi si nota un arrossamento piut-
tosto accentuato della sostanza bianca posteriore.
Frammenti di midollo A^engono fissati in liquido di Mtìller, alcool a 95**, al-
cool assoluto, sublimato-acido picrico, acetone-acido nitrico ; si includono parte in
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 259
paraffina e part« in celloidina. Tra i metodi di colorazione più importanti si prati-
cano il metodo di Nissl, quello di Lugaro per i cilindrassi, il Pappenheim, il
Weigert per le fibre nervose e le doppie colorazioni.
Esame microscopico. — Non si trovano alterazioni che in una porzione di 3-4
centim. di altezza del midollo dorso-lombare. A questo livello si ha leggera pachi-
leptonieningite limitata alle meningi della parte posteriore dell'organo. Le lesioni del
midollo sono specialmente accentuate in tutta la sostanza grigia, nei cordoni poste-
riori, nella parte posteriore dei cordoni laterali e nelle zone radicolart Esaminando
le sezioni colorate, per esempio, col metodo di Nissl o col metodo delle doppie co-
lorazioni, a piccolo ingrandimento, si nota subito un notevole aumento di elementi
cellulari neir interno della sostanza grigia e nella sostanza bianca dei cordoni poste-
riori. Ivi le maglie di nevroglia sono più o meno fortemente dilatate, i cilindrassi
ipertrofici, alcune fibre distrutte, i vasi infiltrati e contornati da anelli di elementi
cellulari (fig. 1). ».
In alcuni punti dei cordoni posteriori ed anche dei cordoni laterali si incon-
trano diverse zone a placche nelle quali le fibre nervose sono profondamente alterate
6 non più colorabili dairematossilina col metodo di Weigert. Queste zone sono co-
stantemente separate dal tessuto sano in modo brusco e netto (fig. 2). Tutt' al più
nella zona di transizione non si vede che qualche fibra nervosa.rigonfia col cilindrasse
anch'esso più o meno ipertrofico e tumido. Delle cellule gangliari a questo livello
non esiste più alcuna traccia, come ben risulta dalla (fig. 3), messa a confronto
con una figura tolta da una sezione fatta molto più in alto, dove il midollo appa-
risce sano. I vasi della sostanza grigia sono quasi tutti infiltrati insieme alle loro
guaine avventiziali : in taluni per altro l'infiltrazione è tenuissima. A questo stesso
livello, ma anche più in alto del focolaio, la sostanza bianca che circonda la sostanza
grigia e, specialmente, quella delle corna anteriori, presenta uno stato lacunare assai
evidente (fig. 4). Gli spazi lacunari talora sono completamente vuoti talora invece
contengono ancora resti di guaine mieliniche o cilindrassi più o meno rigonfiati. Il
canale centrale è normale in tutta l'altezza del midollo. A forte ingrandimento si
conferma che le parti più lese sono la metà posteriore del midollo e la sostanza grigia.
Nella parte più bassa del midollo lombare, a confine col midollo sacrale, tutta la so-
stanza bianca dei cordoni posteriori è profondamente alterata, le fibre sono tumefatte
0 distrutte o sostituite da un detrito granulare : non vi rimane che qualche fibra
nervosa rigonfia e varicosa e delle cellule di nevroglia pure rigonfie.
Gli elementi cellulari che formano le infiltrazioni vasali e perivasali sono costi-
tuite da qualche leucocita polinucleato o a nucleo polimorfo, da elementi avventi-
ziali (fibroblasti) ed endoteliali, da numerose cellule grandi rotonde od ovali disse-
minate nel tessuto anche a distanza dai vasi e da nuclei rotondi granulosi circondati
da scarsissimo pratoplasma. Le cellule grandi e rotondeggianti suddette posseggono
nucleo pittosto piccolo, ben colorato dai colori basici^ contenente pochi granuli cro-
matinici, spostato generalmente verso la periferia o ad uno dei poli se si tratta dì
cellule ovali. In molti di essi sono nettamente visibili uno o due nucleoli intensa-
mente colorati coi colori nucleari. Il corpo cellulare è in generale rappresentato da
protoplasma abbondante ben delimitato alla sua periferia, colorato col bleu di to-
luidina più pallidamente del nucleo. La struttura dominante di questo protoplasma
è la granulo-reticolare. La maggior parte di queste cellule contiene anche delle la-
cune rotonde od ovali di varia grandezza : solo in poche cellule si hanno piccole
lacune alveolari tutte della stessa grandezza.
260 G. Catòla
Nelle cellule che hanno quest* aspetto alveolare il corpo cellulare rimane sempre
colorato in modo piuttosto pallido. In pochissime cellule il protoplasma è più colo-
rato alla periferia ; nella gran maggioranza di esse, invece, e specialmente in quelle
a struttura granulosa o granulo-reticolare, la colorazione è diffusa, in maniera uni-
forme, a tutto il corpo protoplasmatico. Ho già detto che queste cellule hanno ordi-
nariamente forma rotondeggiante: si può aggiungere che qualche volta posseggono
anche una forma più o meno allungata o poligonale in quei punti ove si trovano a
contatto le une con le altre. Tra gli elementi grandi non mancano cellule piccole
con nucleo simile al loro e protoplasma scarsissimo, d'aspetto granuloso. Rispetto
alla loro distribuzione si vede che in generale sono disseminate qua e là nel tessuto
senza regola e che intomo ai vasi esistono in numero relativamente scarso.
Volendo stabilire a quale categoria di cellule appartengono questi elementi non
potremmo certamente mettere in discussione né i flbroblasti né cellule d'origine en-
doteliale, né i linfociti, né le Mastzellen di cui esiste qua e là qualche rarissimo
esemplare. Non rimarrebbe quindi che discutere tra le Gitterzellen e le Plasma-
zellen. Ma il metodo di Pappenheim ci dà subito il modo di sormontare la dif-
ficoltà di diagnosi istologica differenziale non dando la colorazione specifica carat-
teristica.
Nella pia madre che riveste il midollo dorso-lombare si ha, come risultava anche
dall'esame microscopico a piccolo ingrandimento, una leggera meningite con molti
leucociti polinucleati, meningite che si accentua in prossimità dei gangli spinali.
Le meningi della metà anteriore del midollo sono integre. L' endotelio dei vasi piali pre-
senta spesso picnosi. In qualche punto si ha anche infiltrazione della parete vasale
e della guaina avventiziale costituita da qualche linfocita e leucocita, da fibroblasti,
e da cellule poligonali o rotondeggianti aventi tutti i caratteri delle cellule pla-
smatiche.
Se si esamina il midollo al di sopra ed al di sotto del focolaio mielitico sopra-
descritto vediamo che tutte quante le lesioni or ora enumerate si attenuano gradual-
mente. A livello della regione dorsale media non si ha più che un leggero stato la-
cunare della sostanza bianca contigna a quella grigia e qualche leggerissima e sparsa
infiltrazione vascolare. Le cellule gangliari anteriori son tutte di aspetto normale
meno qualche gruppetto di 4 o 5 rigonfie e cromatolizzate. Nessuna lesione apparente
dei vasi. Nelle meningi non si ha più che una leggerissima pachimeningite in-
terna con pochi leucociti a nucleo polimorfo, meningite che non oltrepassa in alto
la regione dorsale media ed in basso il midollo lombare.
Nei gangli spinali, a part43 la infiltrazione cellulare spesso assai marcata, della
meninge piale vicina e qualche segno di risentimento del tessuto vascolo-intersti-
ziale, non si notano alterazioni degne di menzione : le cellule appaiono tutte quante
normali.
Per constatare se il tessuto midollare contenesse microrganismi patogeni e come
si fossero eventualmente diffusi ho seminato frammenti di midollo, tolti a varie al-
tezze, su differenti terreni nutritivi. Non ottenni resultati positivi che coi frammenti
di organo escisi in pieno focolaio mielitico o nelle parti ad esso contigue : il micror-
ganismo che si sviluppò da queste culture fu un bacillo avente i caratteri analoghi
a quelli del microrganismo iniettato sotto la dura madre. Le culture preparate coi
frammenti di midollo dorsale superiore e cervicale rimasero completamente sterili.
Quindi è evidente che i microrganismi restarono localizzati nella zona ove avvenne
la inoculazione e che lo stato della sostanza bianca contigua alla sostanza grigia e
A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 204
la leggera cromatolisi di qualche cellula nelle regioni più alte del midollo erano
dovute all'azione di tossine trasportate verso Talto. Risulta, in conclusione, che i veri
fatti flogistici erano in atto solamente in quelle zone di tessuto ove si trovavano
presenti i microrganismi, là dove cioè, dovevano esser più abbondanti e più concen-
trate le tossine da loro elaborate.
In questa esperienza il processo mielitico era localizzato, come abbiamo
veduto, tanto nella sostanza grigia che in quella bianca, ma quelle che pre-
valevano erano certamente le lesioni poliomielitiche, specialmente alle estre-
miti) del focolaio flogistico. Anzi in alcuni punti, 5-6 cent, al di sopra di esso, le
alterazioni midollari non consistevano che in un leggero stato lacunare della
sostanza bianca ed in una scomparsa completa delle cellule gangliari delle
corna anteriori della sostanza grigia. La mancanza di infiltrazione intorno ai
vasi sanguigni delle corna anteriori a quest'altezza sembra costituire un buon
argomento contro la teoria del Moenckeberg sul modo di formazione della
infiltrazione. Secondo quest'autore, che per la poliomielite anteriore acuta
ammette una lesione primaria delle cellule nervose, della nevroglia e delle
sottili fibre nervose della sostanza grigia, i prodotti di degenerazione del
tessuto leso estrinsecherebbero azioni chemiotattiche determinando la fuoriu-
scita dei leucociti dai vasi e la locomozione dì cellule avventiziali, mentre solo
più lardi anche gli elementi fissi del tessuto prenderebbero parte al processo
anatomo-patologico. La varietà delle forme istologiche, dalla infiltrazione grave
alla mancanza di lesioni interstiziali, dipenderebbe dalla intensità dello sti-
molo chemiotattico. Or bene nei nostri preparati alla scomparsa completa delle
cellule gangliari anteriori della sostanza grigia non abbiamo veduto conseguire
nessun fenomeno di infiltrazione vasale e perivasale ne comparsa di elementi
d'infiltrazione nei punti presumibilmente occupali prima dalle cellule gan-
gliari. Se un aumento di elementi cellulari esisteva, era sopralatto visibile
nella sostanza intermedia ed in corrispondenza della commissura. Invece la
distruzione delle cellule gangliari motrici, il leggero stato lacunare deJla so-
stanza bianca contigua a quella grigia, le rare e tenui infiltrazioni perivasco-
lari riscontrate a questo livello potrebbero benissimo dimostrare che tutte
queste alterazioni dipendono dall'azione diretta e contemporanea del tossico
microbico sulle diverse parti del tessuto. Il prevalere delle alterazioni nelle
cellule gangliari non significherebbe che maggior vulnerabilità di questi ele-
menti, in confronto degli altri, dinanzi alla stessa causa nociva. Se in questo
caso le lesioni anatomiche fossero state localizzate esclusivamente, o quasi, alla
sostanza grigia in modo da trovarsi in presenza di una poliomielite, non v'ha
dubbio che i sostenitori della teoria parenchiniatosa vi troverebbero degli ar-
gomenti in loro favore, ma se si tenesse conto soltanto del segmento midol-
lare ove risiede il vero focolaio mielitico si potrebbe sostenere l'avviso con-
trario 0, per lo meno, data la gravità delle lesioni inlestiziali, restare fortemente
imbarazzati per decidere quale delle due lesioni, parenchimalosa o interstiziale,
dovesse esser considerata come primaria.
262 G, Calala
£s]>erienza n. — Coniglio grigio, peso kg. 2.
Si pratica la laparatomia mettendo allo scoperto l'aorta addominale dalle arterie
renali fino all'origine delle aa. iliache e si procede nel modo già descritto. Si inietta,
nel segmento interposto tra le due chiusure, mezzo centim. cubo di cultura in brodo,
vecchia di circa un mese, di stafilococco piogeno aureo. Dalla puntura aortica non
esce che qualche goccia di sangue solamente. L'aorta, durante tutte le manualità
per r iniezione della cultura, non rimane occlusa che un minuto e mezzo. Si chiude
la ferita laparotomica con una doppia sutura. Sciolto il coniglio dal tavolo opera-
torio e messo sul pavimento, essa cammina speditamente senza traccia di paresi.
La mattina seguente l' animale è paretico negli arti posteriori e nel pomeriggio,
cioè 24 ore dopo l'operazione, completamente paraplegico. Gli arti posteriori sono
immobili; gli sfinteri incontinenti. L'animale è in preda a delle scosse cloniche di
tutti i muscoli del tronco e specialmente di quelli delle doccie vertebrali. Sono
scosse ritmiche, delle specie di sussulti che si susseguono con molta frequenza (50-
60 al minuto) accompagnate da un leggero rumore laringeo. L'animale muore 36 ore
dopo l'operazione senza presentare sintomi motori nuovi.
Aiitoima. — La ferita operatoria ed il peritoneo non presentano traccia di rea-
zione infiammatoria. L' aorta non è trombizzata nel punto della puntura per l' inie-
zione della cultura; è pervia completamente in tutto il suo tragitto toraco-addomi-
nale. Aperto lo speco vertebrale non si osserva niente di notevole in corrispondenza
del midollo cervico-dor«ale, ma a livello del midollo lombare la pia madre apparisce
cosparsa da parecchi punti emorragici tanto sulla superficie anteriore che su quella
posteriore. Diviso il midollo di questa stessa regione in piccoli pezzi le superficie di
sezione presentano anch'esse dei punti emorragici sia nella sostanza bianca che in
quella grigia macroscopicamente ben visibili.
I pezzi vengano fissati in alcool a 95°, in alcool assoluto, in acetone-acido ni-
trico, in sublimato, in liquido di Mtìller, nella miscela sublimato-picrica.
Inclusioni in paraffina ed in celloidina.
Esame microscopico, — Nel midollo lombo-sacrale si hanno alterazioni estre-
mamente gravi che colpiscono tanto la sostanza grigia che quella bianca. Il tessuto
è 0 fortemente lacunizzato fino alla disgregazione o cosparso di noduli abbastanza
grandi aventi la struttura di focolai a^icessuali (V. Tav. 3, fig. 5-6). Frequentemente
queste formazioni nodulari occupano esclusivamente la sostanza grigia come apparisce
evidentemente dalla fig. 5, ma altre volte si trovano invece localizzato soltanto nella
sostanza bianca più o meno a distanza dalla superficie midollare. Esse flpno costi-
tuite da linfociti e da leucociti a nucleo polimorfo o multiplo sempre intesissima-
mente colorato. Molti di questi elementi sono in via di degenerazione coi nuclei di-
sgregati in granali di varia grandezza.
In alcuni punti del midollo lombare tutta la parte centrale della sostanza gri-
gia è profondamente infiltrata e assai disgregata salvo una parte delle corna ante-
riori ove non soltanto si vedono persistere alcune cellule gangliari, ma tra le molte
cioraatolizzate, non è raro incontrarne alcune aventi ancora delle zolle cromatiche
intatte. In altri punti, sebbene le corna anteriori siano disgregate e contengano
dei noduli d' infiltrazione e per quanto la. sostanza bianca che le circonda sia infil-
trata e disgregata, le cellule gangliari motrici, pur mostrandosi sempre più o meno
alterate nella loro forma e struttura, nondimeno rimangono ancora al loro posto in
numero presso che normale (fig. 6). È questo un fatto degno di essere rilevato, giac-
che rappresenta tutto il contrario di quanto abbiamo veduto verificarsi nell'esperienza
-4 proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 263
prima ove si potè osservare una scomparsa completa delle cellule gangliari motrici
delle coma anteriori senz' altre lesioni nel resto del tessuto nervoso salvo un leggero
grado di stato lacunare della sostanza bianca che circonda dette coma (fig. 3). Ciò
dimostra evidentemente che T alterazione delle cellule gangliari è subordinata, oltre
che alla quantità dello stimolo tossico e alla gravità delle lesioni del tessuto circo-
stante, alla natura ed alle qualità di detto stimolo.
L' infiltrazione è costituita, si può dire, quasi esclusivamente di leucociti e di
linfociti. Solo qua e là, specialmente nella sostanza grigia, si vedono cellule grandi
con nucleo finamente granuloso ed uniformemente colorato e con protoplasma rap^
presentato da un esilissimo reticolo granuloso a maglie rotondeggianti e di varia
grandezza, analoghe, quando se ne eccettui la maggior vacuolizzazione^ a quelle de-
scritte nella prima esperienza. Detta infiltrazione è disposta ora a zone, più o meno
nettamente limitate dal tessuto circostante, ora è invece distribuita in modo molto
sparso. Non è frequente poter osservare in mezzo ai nodlili di infiltrazione sopra ricor-
dati, 0 in prossimità di essi, qualche vaso sanguigno ; tuttavia vasi circondati com-
pletamente da manicotti di elementi cellulari si incontrano spesso specialmente in
quei vasi che partono dalla periferia. In questo caso i focolai d^ infiltrazione assumono
spesso forma a cuneo con T apice rivolto verso la parte centrale del midollo e non è
neppure infrequente constatarvi degli stravasi sanguigni più o meno cospicui (fig. 7),
Altri focolai emorragici si incontrano qua e là in diversi punti, tanto nella sostanza
bianca che in quella grigia, anche indipendentemente da ogni fatto d' infiltrazione.
Le cellule gangliari anteriori presentano, a seconda delle località, tutta la gamma
delle alterazioni: dalla più tenue tigrolisi alla distruzione completa.
A partire dalla regione dorsale inferiore ed ascendendo verso Talto le lesioni
midollari vanno gradualmente attenuandosi in modo che a livello del midollo cervicale
non residua che un leggerissimo stato lacunare.
La pia madre è solo leggermente compromessa dal processo infiammatorio. An-
che nella regione lombo-sacrale tutto si riduce ad una tenue iperemia con qualche
vaso appena infiltrato. Invece tra gli interstizi che separano le varie radici lombo-
siacrali, che, com'è noto, stanno applicate alla superficie del midollo, si osservano
delle dense raccolte di linfociti e di leucociti. Le radici spinali, tanto le anteriori
che le posteriori, non sono sempre normali. Spesse volte, oltre che infiltrate, presen-
tano gruppi di fibre con cilindrassi rigonfi o totalmente scomparsi (almeno non più
colorabili dalle colorazioni ordinarie e nemmeno coi metodi elettivi).
I gangli spinali della regione dorso-lombare sono in parte anch'essi più o meno
leggermente alterati. Alcuni di essi infatti presentano infiltrazioni interstiziali e
numerose cellule in varie fasi di cromatolisi.
Vasi, — Abbiamo dedicato uno studio tutto speciale ai vasi sanguigni coi
seguenti risultati: La maggior parte dei vasi, sia della pia madre che della sostanza
nervosa, non presenta alterazioni chiaramente apprezzabili né riguardo alle tuniche
che ne costituiscono la parete né rispetto alla guaina avventiziale.* La membrana
elastica colorata col metodo Weigert e con Torceina, applicandovi anche la modi-
ficazione Livini, appare sempre normale. Soltanto alcuni vasi piali grossi ed alcuni
rami midollari periferici sono più o meno profondamente infiltrati. In questi V en-
dotelio vasale è spesso in istato di picnosi, ma le altre tuniche, salvo l'avventizia
più 0 meno mascherata dalla infiltrazione, non presentano lesioni ben nette.
In conclusione noi vediamo che in questo caso le lesioni del parenchima nervoso
Bono straordinariamente più gravi di quelle dei vasi (meno alcuni) quantunque si
264 G, Catòla
sia certi, data la tecnica seguita nelle esperienze, che i microrganismi con le loro tos-
sine debbono essere arrivati al perenchima medesimo attraverso il sistema vascolare.
Non abbiamo fingerà tenuto parola della nevroglia. Di questa possiamo dire
soltanto che meno poche cellule più o meno rigonfiate alla periferia dei focolai
d'infiltrazione, anch'essa presentava segni non dubbi di degenerazione nei punti di
alterazione maggiore.
Per ricercare l'eventuale presenza di stafilococco piogeno aureo nel tessuto midol-
lare abbiamo fatto culture come nella esperienza antecedente e di più abbiamo appli-
cato alle sezioni il metodo di E brìi eh. Riuscirono positivi ambedue. Col metodo di
colorazione dell'Ehrlich si è visto che i microrganismi erano abbondantissimi, nel
loro aggruppamento caratteristico, specialmente nelle infiltrazioni localizzata nella
regione del canale centrale, regione ove anche i vasi erano profondamente infiltrati.
Esperienza in. — Coniglio N. 2, peso kg. 2 circa.
Si pratica la stessa operazione che nel coniglio antecedente miettando nell'aorta
Vj ce. della medesima cultura. Liberato l'animale dal tavolo operatorio si mette a
camminare liberamente senza traccia di paralisi. Il mattino seguente, 14 ore circa
dopo l'operazione, l'animale sta col muso appoggiato al suolo e con l'arto superiore
sinistro notevolmente paretico. Ha 39.8** di temperatura rettale. Muore spontanea-
mente il dopo pranzo, 22 ore circa dall'iniezione della cultura.
Autopsia, — Macroscopicamente né il sistema nervoso centrale né i visceri
toraco-addominali presentano alterazioni di qualche entità.
Esame microscopico, — Le lesioni principali che si osservano nel midollo spi-
nale di quest'animale sono dei piccoli focolai d' infiltrazione localizzati isolatamente
qua e là sopratutto nelle corna posteriori e nella sostanza bianca specialmente in
corrispondenza dei rigonfiamenti cervicale e lombare.
Questi focolai visibili anche ad occhio nudo su preparati col metodo di Nissl,
sono costituiti quasi esclusivamente da leucociti e da linfociti. Intorno ad essi vi è
quasi sempre una zona non molto estesa di degenerazione lacunare del tessuto. Ripeto
che il numero di tali focolai è assai scarso.
Delle cellule gangliari delle coma anteriori della sostanza grigia, a livello dei
rigonfiamenti midollari, alcune sono cromatolizzate, altre normali, altre intensamente
colorate con nucleo anch'esso molto tinto e limiti poco distinti. In alcune di queste
cellule esiste un anello chiaro perinucleare. Poche cellule sono rigonfie e disgregate
nella loro struttura. Nel midollo sacrale e in tutto il midollo dorsale le cellule si
possono dire tutte quante normali.
La pia madre è generalmente intatta : solo in qualche punto é leggermente
infiltrata. Noduli di infiltrazione più gravi s' incontrano, per quanto relativamente
di rado, tra le varie radici del midollo lombo-sacrale o tra queste e la superficie
del midollo. Qualche nodulo isolato si ritrova anche tra la dura e la pia madre.
I vasi appaiono generalmente intatti salvo qualcuno un po' infiltrato e con l'en-
dotelio picnoticò sia nella pia madre, sia nelle radici spinali, sia anche nella so-
stanza bianca.
I gangli spinali, eccettuata qualche cellula con evidente tigrolisi, non presen-
tano nel loro interno altra lesione degna di nota. Solo qualcuno di essi si trova
circondato da zone di infiltrazione che, in genere, non oltrepassano la capsula fibrosa.
Da questa esperienza parrebbe scainrire netta la conclusione che la slessjì
iniezione fatta nello slesso animale nelle slesse circostanze ha prodotto effetti
A proposito di alcune' mieliti infettive sperimentali 265
molto meno gravi che nel primo coniglio ove abbiamo notato intenso stato
lacunare del tessuto fino alla sua disgregazione, fortissima infiltrazione fino
alla formazione di veri e propri noduli ascessuali, lesioni celhilari, meningee,
Tascolari e radicolari. La differenza del reperto si potrebbe spiegare col fatto
che nel primo caso, prima di riempire la siringa di Pravaz per l'iniezione
ìntraortica, abbiamo agitato la cultura e ridotto uniformemente sospeso il de-
posito culturale sedimentato al fondo della provetta, mentre in questo secondo
caso abbiamo iniettato la cultura decantata prima accuratamente: tra i due
«sperimenti non esistono altre differenze di procedimento tecnico. È quindi
])robabile che la maggior corpuscolarità della prima cultura abbia favorito l'ar-
resto di un numero maggiore di microrganismi nell'interno del midollo provo-
candovi più estese e più numerose lesioni.
Anche in questa esperienza come nella prima abbiamo ricercato lo stafilo-
cocco piogeno aureo nel midollo e lo abbiamo rintracciato con la prova culturale.
Esperienza IV. — Coniglio grigio, peso 2 kg.
Si sottopone alla stessa operazione iniettandogli nell'aorta addominale Vj cent.
cabo di emalsione di una patina di stafilococco piogeno aureo, coltivato in agar,
fatta con brodo sterile. L'animale appena sciolto dai legacci cammina rapidamente
senza presentare fenomeni motori degni di nota.
Dopo 12 ore ha 39.5° di temperatura e si muove lentamente dietro ripetuti sti-
moli. Non mostra nessun fenomeno paralitico a carico degli arti. Ma siccome è
tiitito imbrattato di urina e feci così c'è il sospetto che siano paralizzati gli sfinteri
vescicale e rettale.
Muore 20 ore circa dopo l' operazione senza presentare nuovi sintomi.
Autopsia. — Visceri toraco-addominali apparentemente normali. Congestione
l^S'gera della pia madre nella metà inferiore del midollo. I frammenti di midollo,
oltre che nei fissatori già citati, vengono fissati anche nel liquido di Carnoy.
Esame istologico, — Le minute alterazioni che abbiamo potuto osservare nel
iftidollo di questo animale sono molto simili a quelle ricordate nell' esperienza ante-
cedente, salvo la differenza essenziale che nel caso attuale i focolai di infiltrazione
intramidollari sono localizzati esclusivamente nella sostanza grigia e più propria-
mente nelle corna posteriori come dimostra la fig. 8. Nella sostanza bianca invece
n<^n abbiamo incontrato che qualche focolaio periferico contiguo a focolai meningei
^ l^alche zona, pure periferica, con rigonfiamento di fibre e di cilindrassi anch'essa
^^^lifi Haute con tratti di meninge più o meno infiltrata. È infatti in parecchi punti
^'^a pia madre e tra la pia e la dura madre, specialmente in prossimità dei gangli
pillali, che si osservano placche di infiltrazione più o meno considerevoli. I vasi, ec-
^tto qualcuno alla periferia midollare moderatamente infiltrato, non offrono in ge-
^^^le nessuna alterazione svelabile coi metodi ordinari di ricerca: tutt'al più s'in-
^tru picnosi endoteliare.
frammenti di midollo seminati su vari terreni nutritivi hanno dato sviluppo di
^^lococco piogeno aureo.
esperienza V. — Coniglio grigio, peso 2 kg. circa.
Previa ,1' operazione già descritta si procede ad una iniezione di Vj ce. di una
J^ltura di stafilococco piogeno aureo di 3 giorni di età nell'aorta addominale del-
^^ìiuale. Al solito l'ischemia midollare momentanea, inerente al metodo adottato,
266 G. Cntòla
non altera la funzione motoria del treno posteriore dell* animale che liberato dalla
legatura cammina senza traccia di sintomi paralitici. La mattina seguente, 16 ore
dopo l'operazione, l'animale è paretico negli arti posteriori e nell'arto superiore si-
nistro. Stimolato a muoversi tenta di trascinarsi sul suolo ma non vi riesce.
Non mangia; ha 39° di temperatura. L'animale muore 23 ore dopo l'operazione
senza nuovi sintomi.
Autopsia, — Niente di notevole nei visceri toraco-addominali, nel cervello e nel
midollo all'esame macroscopico: solo la pia madre spinale è leggermente congesta
nel suo tratto dorso-lombare.
Esame microscopico. - Pia madre qua e là leggermente infiltrata. Nel tessuto
midollare, al contrario, non si osservano che ì seguenti fatti: cromatolisi di qualche
cellula gangliare motrice e leggero stato lacunare della sostanza bianca nella zona
più vicina alla sostanza grigia esteso a tutto il midollo cervicale (fig. 9).
Le culture latte con tessuto midollare danno sviluppo di stafilococco piogeno aureo.
Esperienza VI. — Coniglio grigio, peso kg. 2.
La stessa operazione. Iniezione di uh mezzo ce. di cultura in brodo di 24 ore di
stafilococco piogeno aureo. Nessun fenomeno motorio dopo l'operazione.
La mattina seguente l'animale sta completamente bene e comincia a mangiare;
non ha temperatura.
Dopo una settimana il coniglio è in piena salute tranne un certo grado di di-
magramento. La ferita addominale è completamente cicatrizzata. Il coniglio continua
a godere buona salute per parecchi giorni mangiando regolarmente e migliorando
nello stato di nutrizione generale. La mattina del 20° giorno è trovato morto nella
sua gabbia. Pesa 1,900 gr.
Autopsia, — Ferita operatoria completamente cicatrizzata. Peritoneo, visceri
toraco-addominali completamente normali.
All'apertura dello speco vertebrale si nota che il canale rachideo è pieno di
sangue coagulato che cinge il midollo a mo' di manicotto tutto all'intorno e spe-
cialmente nella sua metà anteriore. Questa raccolta sanguigna che dà l' impressione
di un emato-rachide si prolunga in alto fino al bulbo. Subito al di sotto di questo
il sangue aderisce ed infiltra la pia madre in modo da sembrare il punto di origine
di una emorragia che partendo dalle meningi avrebbe riempito di sangue tutto lo
speco vertebrale dando luogo alla morte improvvisa dell'animale.
Tutto il midollo, ad eccezione di una piccola porzione, viene fissato nel liquido
di Mailer. Un'altra piccola parte viene fissata in alcool a 95^
L' esame microscopico del midollo spinale non fa rilevare nessuna lesione apprez-
zabile: negativo l'esame batteriologico.
Esperienza VII. — Coniglio grigio, peso kg. 2.
La stessa operazione. Iniezione di 1 ce. di cultura in brodo di 24 ore di stafi-
lococco piogeno aureo.
Dopo l'operazione il coniglio non presenta alcun fenomeno motorio. H giorno dopo
sta benissimo e comincia a mangiare. Tranne un leggero grado di dimagramento nei
primi 15 giorni successivi all'operazione, l'animale non ha presentato alcun altto
fatto degno di menzione ed è morto circa un mese dopo l'operazione senza presen-
tare sintomi speciali dal lato del sistema nervoso. Andò progressivamente dimagrando
mantenendo però sempre molta vivacità. Fu trovato morto una mattina senza che
il giorno innanzi avesse fatto prevedere una fine così prossima. Negativo V esame del
sisteina nervoso sia dal lato istologico che dal lato batteriologico.
-4 proposito di alcwie mieliti infettive sperimentali 267
Eaperienza Vili. — Coniglio grigio, peso kg. 2.
Identica operazione. Iniezione nell'aorta di mezzo cent, cubo di una cultura di
stafilococco p. aureo, molto vecchia, con deposito di patina giallastra in fondo al
tubo da cultura. La compressione dell'aorta, durante la iniezione, si fa solo appena
per un minuto. Sciolto l'animale dal tavolo operatorio cammina subito senza incer-
tezza e senza sintomi paralitici.
La puntura dell' aorta ha dato luogo ad una emorragia insignificante.
Sintomi» — Dopo circa 10 ore dall'operazione il coniglio ha un certo grado di
paresi spastica del treno posteriore e un'oja avanti la morte una paraplegia spastica
completa; gli arti posteriori sono estesi in tutte le articolazioni e sono talmente ri-
gidi che non è possibile fletterne i vari segmenti. Gli arti anteriori sembrano intatti
quantunque in qualche momento l'animale presenti piccoli movimenti a carattere
convulsivo nell'arto anteriore sinistro. Muore 22 ore dopo.
Autopsia. — Il cavo peritoneale contiene un po' piìi di liquido che in condi-
zioni normali e qua e là, sulla superficie degli intestini contìgua alla parete addo-
minale, si nota qualche straccetto fibrinoso. Niente altro di notevole per riguardo
agli organi toraco-addominali.
Il midollo lombo-sacrale apparisce più congesto della metà superiore-, niente altro
di notevole all'esame macroscopico del sistema nervoso.
Fissazione dei frammenti di midollo nei segmenti liquidi; alcool a 95°, alcool
assoluto, liquido di Muli e r, sublimato saturo, miscela sublimato-picrica,' liquido
del Carnoy.
L' esame microscopico del midollo lombare mette in evidenza estese lesioni della
sostanza bianca e della sostanza grigia paragonabili in tutto e per tutto, salvo dif-
ferenze di distribuzione, a quelle descritte nel coniglio N. 1. Anche qui si notano
gravi lesioni parenchimatose con vasi relativamente poco alterati e persistenza di cel-
lule gangliari, il più spesso, a dire il vero, discretamente alterate, in mezzo a tessuto
profondamente leso. Qua e là, in mezzo a piccoli vasi gravemente infiltrati e talmente
disgregati da essere appena riconoscibili, si vedono numerosissimi stafilococchi riuniti
negli aggruppamenti caratteristici.
Esperienza IX. — Coniglio piccolo grigio, peso kg. 1,400.
Si pratica la stessa operazione e si inietta */.j di ce. di cultura in brodo di sta-
filococco emorragico, vecchia di circa 20 giorni. .•
Sciolto l'animp.le dal tavolo operatorio esso cammina regolarmente, ma a salti
più piccoli che d'ordinario.
Dopo circa 24 ore dopo compare paraparesi del treno posteriore che va gradual-
mente accentuandosi fino a paraplegia completa.
Dopo 44 ore l'animale è paralizzato completamente nei due arti posteriori e
negli sfinteri: è dispnoico. La paralisi degli arti posteriori non è flaccida, ma leg-
germente spastica.
L'animale muore 48 ore circa dopo l'operazione.
Autopsia. — Visceri toraco-addominali normali. Anche il sistema nervoso all'esame
macroscopico non presenta fatti degni di menzione salvo un certo grado di iperemia
a livello del cono terminale.
Fissazione dei pezzi in alcool a 95^, alcool assoluto, liquido di Flemming.
Esame microscopico: meningo-mielite difi*usa come nel caso antecedente compren-
dente il midollo lombo-sacrale. Al di sopra del midollo lombare fino a quasi tutto
il midollo dorsale' non si ha che uno stato lacunare pariigonabile a quello verifica-
268 G. Catòla
tosi nel coniglio N. 4. La descrizione in dettaglio di questo caso non sarebbe
quindi che la ripetizione dei due casi già brevemente analizzati.
Le cultare fatte con frammenti di sostanza midollare danno risaltato positivo.
Esperienza X. — Coniglio di pelo fulvo, peso circa 2 kg.
Operato lo stesso giorno del coniglio N. 8 con la stessa tecnica gli sì inietta
Vi ce. di brodo intorbidato con una patina di cultura di tifo su agar. Dopo Pope-
razione r animale non presenta traccia di paresi .del treno posteriore e cammina spe-
ditamente con andatura a tipo normale. Il mattino seguente presenta paresi della
gamba destra e, nel pomeriggio, paraparesi. La sera verso le 8, cioè 28 ore circa dopo
Toperazione, è completamente paraplegico.
Al mattino è trovato morto in piena rigidità cadaverica.
Autopsia, — Intensa congestione del midollo lombare; visceri toraco-addomi-
nali apparentemente normali. Anche in questo caso Pesame istologico non rivela le-
sioni anatomiche dissimili da quelle osservate nel coniglio V inoculato con lo sta-
filococco piogeno aureo.
Esperienza. XI. — Coniglio grigio, peso kg. 1,400.
Si pratica la stessa operazione che nei conigli precedenti iniettando nella
aorta ^/^ ce. di cultura giovanissima (24 ore) di stafilococco piogeno aureo. Termi-
nata r operazione T animale liberato dalla contenzione si mett« a camminare senza
traccia di paresi. Per due giorni rimane torpido, abbattuto, col pelo un po' arrufiTato
e non mangia quasi punto.
Temperatura rettale 39®. Poi si ravviva, comincia a mangiare e si rimette com-
pletamente. Al 15° giorno viene tolto dalla gabbia apparentemente guarito e lasciato
libero in una stanza in mezzo ad altri animali. Dopo poche ore fu trovato morto
senza che V autopsia riuscisse a dimostrare la ragione di questa rapida fine. Negativo
l'esame batteriologico.
Si può riassumere nelle conclusioni che seguono quel che più di impor-
tante si può dedurre dalle esperienze che brevemente abbiamo più sopra riferito.
i) Iniettando nell'aorta addomino-lombare culture batteriche in brodo
od in patine stemperate in questo liquido od in una soluzione fisiologica di
Nacl, mentre essa è per brevi istanti occlusa nel punto di biforcazione nelle
arterie iliache, è possibile provocare sperimentalmente delle mieliti acutis-
sime senza ricorrere alla ischemia midollare prolungata preliminare o alle
embolie asettiche sussidiarie.
2) Clinicamente il quadro sintomatologico può variare in modo notevole
ad onta di un identico procedimento sperimentale: basta che la cultura pre-
senti una diversità, anche leggera, di etfì di sviluppo, per produrre effetti
assai diversi.
3) La slessa considerazione vale per le alterazioni anatomiche: da una
leggera o quasi trascurabile infiltrazione con uno stato lacunare {Ltickenfeld),
più 0 meno accentuato, si può arrivare sino alle forme emorragiche ed alla
formazione di veri e propri noduli ascessuali.
4) Le lesioni prevalgono generalmente in seno alla sostanza grigia. E
spesso notevole la sproporzione Ira le lesioni interstiziali e le lesioni paren-
chimatose: accanto a gravi lesioni vascolari con intensissime infiltrazioni le
.4 proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 269
cellule gangliari vicine possono apparire soltanto leggermente modificate nella
loro struttura e viceversa. Conseguentemente, secondo la nostra opinione, il
dato della maggior gravità di lesione non potrebbe costituire un criterio suf-
ficiente a stabilire la primarietà di localizzazione del processo anatomo-pato-
iogico in una categoria dì elementi di tessuto, avvalorandosi sempre più il con-
vincimento che le lesioni interstiziali e le lesioni del parenchima (e in questo
caso le cellule gangliari) siano, in tali casi, tra loro contemporanee.
5) Con culture molto giovani non si ottennero fenomeni paralitici e gli
Minimali morirono repentinamente dopo che sembravano completamente rista-
biliti dalla leggera malattia sofferta, allorché, tolti dalla gabbia, cominciarono
a camminare ed a correre per la stanza, cioè quando cominciarono nuova-
mente a spendere energia nerveo-muscolare.
6) In tutti i casi, eccetto in quelli in cui non si verificarono delle
paralisi e nei quali la sopravvivenza raggiunse parecchi giorni, si trova-
rono nel tessuto midollare gli stessi microrganismi che erano stati iniettati
nella aorta.
7) In parecchie esperienze, studiando il sistema nervoso centrale (mi-
dollo) a diversi livelli, e basandosi .specialmente sui reperti batteriologici
positivi 0 negativi, si potè constatare in modo assai chiaro che le alterazioni
nervose sono di natura tossica e non infettiva.
8) Non si riscontrarono mai trombosi vasali ad onta di aver esaminato
un numero grandissimo di sezioni in serie per ciascun midollo. Solo in qualche
punto, ove le infiltrazioni e le lesioni del tessuto erano più gravi, si pote-
vano osservare grandi accumuli di batteri (stafilococchi p. aurei) in rapporto
ai vasi e dipendenti probabilmente da embolie micotiche.
Spiegazione delle flgrure.
Fio. I. - Infiltrazioni perì vascolari intonio ai vasi dei cordoni posteriori [Cp). Aumento notevole
dei nuclei nelle coma posteriori {Cpg). — Metodo di Nissl. IngraDdiinento: oc. 4 conip.»
obb. A Zeiss.
Fio. II. * Placca di degenerazione nel cordone laterale del midollo lombare. Or = ganglio spi-
nale. — Metodo di Weigert. Lo stesso ingrandimento.
Fie. III. • Scomparsa delle cellule gangliari motrici nelle coma anteriori. In corrispondenza
della commissura grigia (Cg) notevoli infiltrazioni perivasc4)lari. Aumento di nuclei special-
mente nella sostanza grigia intermedia. — Metodo di Nissl. Lo stesso ingrandimento.
Fi«. IV. - Stato lacunare [Lucìe mfeld) intorno alla sostanza grigia delle coma anteriori. Ematos-
silina cosina. Lo stesso ingrandimento.
Fio, V. - Grosso nodulo di infiltrazione (leucociti e linfociti) in un corno anteriore della sostanza
grigia del midollo lombare. Ematossilina-eosiua. Lo stesso ingrandimento.
Fm. vi. - Un piccolo nodulo d* infiltrazione nel corno anteriore con cellule gangliari ancora net-
tamente visibili. Stato lacunare ed infiltrazione diffusa nella sostanza bianca contigua alla
grigia. £mato8siliua cosina. Lo stesso ingrandimento.
Fio. VII. - Infiltrazione (a cuneo) ed emorragia di un vaso periferico penetrante nel midollo:
stato lacimare del tessuto circostante. Ematossiliua-eosina. Ingrandimento: oc. 4 comp.,
obb. no, Zeiss.
Fio. Vili. - Nodulo d'infiltrazione nella parte interna del corno posteriore (T/?). Metodo di Nissl.
Ingrandimento: oc. 4 comp., obb. À, Zeiss.
Fio. IX. - Leggero stato lacunare intomo alle coma anteriori. Flemming. Lo stesso ingrandimento.
270 G. Catòla
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Clinica delle malattie nervose e mentali dell'Istituto di Studt superiori in Firenze
diretta dal prof. E. Tanzi
Sulla specificità della reazione -di Wassermann.
(Metodo della deviazione del complemento)
per il doti. O. Rossi, Aiuto e Libero Docente
In altro dei miei lavori (i) sulla reazione di Wassermann date le ri-
sultanze delle conoscenze in argomento, le quali dimostravano che la reazione
non parca più doversi attribuire al fatto dell'assorbimento del complemento
da parte del complesso antigene-ani worpo — prendendo questi vocaboli nel
loro più stretto sìgrnilìcato — io esprimeva l'opinione che convenisse istituire
delle ricerche sperimentali per sludiare se potesse artificialmente venire pro-
vocata nei liquidi organici la presenza di sostanze capaci di dare luogo alla
deviazione del complemento.
Da tempo ho intrapreso delle ricerche in questo senso, i risultati delle
quali, se avranno qualche significato, farò conoscere più tardi; ora voglio sol-
tanto comunicare un fatto, il quale non mi consta sia stato da altri rilevato,
che mi è occorso di verificare nelle ricerche di controllo che ho fatto prece-
dere alle ricerche sopradelle. Allo stato attuale delle discussioni in argomento
il mio reperto può avere qualche valore.
Che neirallestimento della prova di Wassermann Testratto acquoso di
fegato sifilifico possa venire soslituito da estratti acquosi od alcoolici di oi*gani
normali (sopratutlo dall'estralfo alcoolico di cuore di cavia) o da emulsioni
di speciali sostanze (in modo speciale lecitina) è cosa nota da parecchio tempo
e confermata, nonostante alcune riserve, da molti studiosi. Anzi lo stesso Was-
sermann, il quale per altro non si era neppure nei precedenti lavori reci-
samenle pronuncialo sulla natura di quelle sostanze che egli chiamava anli-
0, Rossi - StUla specificità della reazione di Wassermann, ecc. 273
gene, dopo queste constatazioni si accostava all'idea che l'origine della reazione
si dovesse ricercare nella presenza, nello siero dei sifilitici e nel liquido ce-
rebro-spinale dei tabetici e paralitici progressivi, di speciali sostanze (eteri
di colesterina-acidi grassi secondo l'ipotesi di L'evaditi) che hanno speciale
affinità verso i lipoidi e sopratutto verso la lecitina.
Questo per altro non toglieva alla reazione proposta nulla del suo valore
pratico perchè anche con gli estratti di organi normali o colle emulsioni di
lecitina, si otteneva risultato positivo solo coi liquidi organici di individui
sifilitici 0 sofferenti di metasifilide; vale a dire che le sostanze speciali che
producono, in unione all'estratto, il fenomeno deviazione del complemento e che
potremmo ancora per brevità chiamare anticoiyi — quando si dica però chia-
ramente che con questo vocabolo non si vuole parlare di anticorpi nel senso
classico, di veri ambocettori — si sarebbero trovate soltanto nei soggetti che
avevano contratto la sifilide.
Ma recentemente sono state comunicate delle ricerche le quali, da questo
lato, infirmano la specificità della prova di >\asserniann; e queste nuove ri-
cerche ne hanno fatte rivivere altre che dapprima, per essere rare e sparse,
non erano state prese nella considerazione che meritano.
Landsteiner, MùUer e Pótzl (2) fecero conoscere che l'estratto di fe-
t^ato sifilitico dava luogo all'impedimento dell'emolisi se mescolato con lo
siero di conigli infettati di Tri])anó^oma equiperdum (Dourine-Mal du coitj o
(li Tripanosoma gambiense; nel loro lavoro notavano come talvolta anche lo
siero di conigli normali può dare luogo, con l'estratto di fegato sifilitico, ad
impedimento dell'emolisi però di grado leggiero. Più tardi Fleischmann (3)
comunicava che lo siero di sei su sette conigli normali, studialo da questo
punto di vista, dava luogo ad impedimento dell'emolisi con estratto acquoso
di fegato sifilitico o con estratto alcoolico concentrato di fegato normale
mentre non produceva questo fenomeno con l'estratto acquoso di fegato nor-
male. La stessa constatazione in alcuni casi era stata fatta da Michael is.
Ma Hartoch e Jakimoff (4) confermando i risultati di Landsteiner e colla-
boratori per ciò che riguarda la tripanosomiasi, negano che lo siero di conigli
normali possa dare luogo alla deviazione del complemento. Eisler(^5) è dello
stesso parere benché abbia visto dei risultati positivi collo siero di coniglio
normale procedendo col metodo della precipitazione della lecitina. \Veil e
Braun avendo ottenuto la reazione di Wassermann con Io siero precipi-
tante di alcuni conigli considerarono già questa reazione come non specifica
anche dal punto di vista degli anticorpi: tuttavia Eisler (1. e.) ottenne sempre
esito negativo da sieri precipitanti di coniglio; anche Micheli e Borelli (6)
avendo eseguite delle ricerche con parecchi sieri precipitanti di coniglio (siero
umano, ovo-albumina, siero di cavallo) dimostrarono che essi alla dose di 0,1
non sono attivi o non sono più aitivi dello siero normale.
Toyosumi (7) avrebbe osservato che lo siero di bue si comporta, in al-
cuni casi, come quello di sifilitico; ma le sue ricerche, per essere stale ese-
guile col metodo della precipitazione della lecitina, sono meno probative perchè,
16
274 0. Rossi
*
come hanno recentemente fatto notare Plaut (8) e Wassermann (9), questa
reazione è assai meno specifica del metodo originario di Wassermann.
Interessanti sono le ricerche che Bruck e Stern (10) eseguirono sullo
siero delle scimmie: essi trovarono che quello delle scimmie inferiori dà ta-
lora luogo alla deviazione del complemento mentre questo non succede mai
con quello delle scimmie superiori.
Altri autori hanno trovato positiva la reazione di Wassermann in ma-
lati di malattia del sonno (anche col liquido cefalo-rachidiano), in altri affetti
da framboesia tropicale. Speciale importanza hanno le ricerche di Much ed
Eichelberg(li) i quali, procedendo colla tecnica originaria di Wassermann,
hanno avuto esito positivo dalla reazione in 10 su 25 bambini malati di scar-
lattina; all'obbiezione che in questi casi potesse coesistere lue ereditaria
(Schottmiiller) gli autori rispondono citando qualche caso nel quale la rea-
zione, negativa al principio della malattia, divenne più tardi positiva. Finora
però non sono state eseguite ricerche le quali verifichino per quanto tempo
dopo cessata la scarlattina lo siero dell'individuo che ne fu affetto reagisca
positivamente: queste ricerche sono, come facilmente si intende, di impor-
tanza eccezionale anche per il valore che in pratica si deve accordare alla
reazione. Questi stessi autori avrebbero pure riscontrato un leggiero impedi-
mento dell'emolisi con lo siero di malarici.
Nel lavoro citato di Much ed Eichelberg è ricordato come qualche au-
tore abbia trovata positiva la reazione con lo siero di cani infetti da Pira-
plasma e con quello di polli iniettati con Spirochete dei polli.
*
<e Ile
Da questa rapida rassegna si rileva come contro la specificità della prova
della deviazione del complemento, quale fu applicata da Wassermann alla
diagnosi della sifilide e delle forme metasifilitiche, oggidì si siano accumulate
parecchie osservazioni. Per l'interesse, sopratutto teorico, che può avere ho
creduto opportuno di qui riferire un'altrd eccezione da me riscontrata, quan-
tunque le mie ricerhe siano ancora al loro inizio e mi sia necessario atten-
dere il risultato di più vasta esperienza per interpretarle decisamente: l'ec-
cezione è la seguente: In molti cani che avevano apparenze affatto
normali, di differente razza ed età, provenienti da regioni di-
verse, nel sangue dei quali non riscontrai emosporidii, che non
presentavano sintomi di infezione da parte di questi protozoi,
io ho trovato che lo siero di sangue dà luogo, quando venga me"
scolato ad estratto acquoso di fegato sifilitico, ad un completo
impedimento dell'emolisi: la reazione riesce invece neg'ativa col
liquido cefalo-rachidiano.
Trattandosi di ricerche delicate nelle quali una variazione di tecnica può
portare qualche differenza nei risultali, credo non inopportuno esporre quella
da me seguita.
Sulla specificità della reazione di Wasserrìiann, ecc. 275
Come antigene mi sono servito di nn estratto acquoso di fegato di neonato sifi-
litico (nel quale sia coli' esame a fresco per mezzo del condensatore paraboloide, sia
col metodo di Giemsa che con quello diLeyaditi erano dimostrabili numerosissimi
Treponemi) preparato secondò il processo indicato da Wassermann e Plaut.
Dei liquidi da esaminare lo siero di sangue di cane Tenne ottenuto talora per
separazione, tale altra per centrifugazione; lo siero di uno stesso animale diede
sempre identico risultato sia che fosse preparato nel primo che nel secondo modo:
ogni liquido venne inattivato e sperimentato subito senza aggiunta di acido fenico.
Per il sistema emolitico avea a disposizione un < amhocettore » di coniglio,
attivo, contro i globuli rossi di castrato, alla diluizione di 1: 1500 (a questo titolo
emolizzava completamente, senza previa sensibilizzazione, 1 cm.' di una sospensione
5/100 di eritrociti di castrato): nelle mie esperienze ho usato dì soluzione di amho-
cettore assai più forte diluendo solo a 1 : 500. Come < complemento » mi servii di
regola di siero fresco di sangue di cavia.
Introdotti in provette sterilizzate prima la voluta quantità di antigene, poscia
il liquido in esame, quindi il complemento, dopo avere portato il liquido contenuto
in ciascun tubo ad uguale volume con soluzione fisiologica, ponevo il tutto alla tem-
peratura di 37^c. per un' ora, dopo di che aggiungevo la miscela amhocettore piii
sospensione di eritrociti di castrato, che era stata prima tenuta per 15 minuti a 37°c.:
i tubi venivano per altre due ore rimessi nel termostato a 37®c. e dopo 2 ore si
osservavano i risultati.
Per le proporzioni nelle quali furono usati i diversi liquidi in esame e perciò
che riguarda i controlli mi riferisco, per amore di brevità, alla seguente tabella
nella quale è riassunta una serie delle mie ricerche {vedi tabella i).
In altre esperienze mi sono servito di complemento di cane o di coniglio nor-
male: i risultati ottenuti furono uguali, come risulta dalla tabella IL
Infine avendo a disposizione parecchi saggi nei quali mescolando cm.' 0,2 di
estratto acquoso di fegato sifilitico con uguale quantità di siero di sangue di cane
gli eritrociti di castrato del sistema emolitico aggiunto erano rimasti completamente
indiscìolti, ho centrifugato la sospensione di ogni provetta, ho lavato tre volte gli
eritrociti, quindi gli ho sospesi in cm.' 4 di soluzione iisiologica, aggiungendo poi
in ogni provetta differente quantità di complemento fresco di cavia: così ho potuto
constatare che con cm.' 0,5 di nuovo complemento si otteneva, dopo un'ora alla
temperatura di 37^c. una completa emolisi.
Con estratto acquoso di fegato di cavia e di coniglio ho ottenuto dei risultati
negativi; finora non ho esperimentato l'estratto alcoolico di cuore di cavia.
*
Come ho più sopra riferito i cani da me esaminali non presentavano
alcun sintoma rilevabile di malattia; sopratutto mancavano affatto i sintomi
dell'infezione da Piroplasma canis (ittero, elevazione della temperatura, feno-
meni generali): con ciò non foglio conchiudere senz'altro che lo siero dei
cani normali abbia sempre la proprietà di dare luogo alla reazione di Was-
sermann; prima di arrivare a questa conclusione occorrerà un paziente
lavoro di statistica, al quale mi propongo di modestamente contribuire. In
Tabella L
Estratto acquoso
di fegato sifilitico
Liquido
organico in
esame
Complemento
Ambocettore
di conìglio
attivo contro
gli eritrociti
di castrato
Eritrociti
di
castrato
Emolisi
dopo 2 ore a 87* C.
Siero di cane
Siero fresco
di cavia
1 0,2
0,2
0,1
1: 600
lem' di una so-
spensione <^/ft
nulla
2 0,2
0,1
»
»
>»
nulla
1
8 0,1
0,2
n
n
»
quasi nulla !
4 0,1
0,1
»
»
»
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5 0,4
-
n
»
»
completa 1
6 0,2
-
y»
»
»
completa '
7 -
8 0,2
0,4
»
compleU 1
Liquido ce-
falo-rachi-
diano.
0,2
1
completa
9 -
Cont
10 0,2
0,4
»
»
completa
rolli
"l
Siero
di sifilitico
i
0,2
nulla
11 -
0,4
»
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12 —
—
»
»
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completa
13 —
-
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1: 1000
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—
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l: 1200
(senza sensi-
bilizzazione)
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—
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nulla
Tabella IL
Bistratto acquoso
di fegato sifilitico
Siero
di sangue
di cane
Comple-
mento di
cane
Comple-
mento di
coniglio
Ambocet^
tore
Eritrociti
di
castrato
Emolisi
dopo 2 ore
a87«C.
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icm'di una so-
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0,2
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»
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»
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6 —
0,4
»
»
»
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7 -
-
0,1
-
—
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8
-
—
0,1
—
>»
nulla
0. Rossi ' SiUla specificità della reazione di Wassermann, ecc. 277
argomenti di questa natura sì impongono le più grandi riserve anche perchè
qualche malattia meno conosciuta potrebbe indurci in errore.
Intanto si può ancora affermare che le ricerche recenti orientano sempre
più verso il concetto (Moreschi) che la ragione della deviazione del com-
plemento si debba a preferenza cercare in fenomeni fisico chimici, forse in
fenomeni di precipitazione di sostanze colloidali. Prove, oramai discretamente
numerose, raccolte contro la specificità di reazioni di questa natura, ci ricor-
dano anche come Moreschi avesse sostenuto, contro Wassermann, che il
metodo della deviazione del complemento non è sempre adatto a dimostrare
che un dato microrganismo è l'agente patogeno di una data forma morbosa.
È stata già emessa l'ipotesi che le sostanze che compaiono nei liquidi
organici dei sifilitici (histaffine Stoffe di Land Steiner) possano essere pre-
senti anche nell'individuo normale e che alcune malattie (quelle da Protozoi?)
non facciano altro che provocarne l'aumento.
Nonostante queste nuove constatazioni, che serviranno a rischiarare l'es-
senza del fenomeno, il valore pratico della prova di Wassermann rimane
ancora notevolissimo, sopratutto per ciò che riguarda le sue applicazioni alla
neuropatologia; si può dire che in nessun caso sospetto si deve trascurare
l'applicazione di questo prezioso sussidio diagnostico.
Blbliofirrafla.
<1) O. Roni. Lo stato presente della sierodlagnosi nella tabe e nella paralisi progressiva.
« Rivista di Patologria nervosa e mentale >», anno XIII, fase. 3, pag. 120.
(2) V. Lamdstkthkr, R. Mùllkb, O. Potzi.. Ueber Komplementsbindungsreactionen mit dem
Senim von Donrinetieren. « Wiener klinischc Wochenschrift », 1907, N. 46, 8. 1421. — « Zur Frage
der Komplementsbindungsreactionen bei Sypbilis. « Ibidem >», 1907, N. 50, 8. 1565.
(3) FLsiiiciniAinr. Zur Theorie und Praxis der 8erumdiagnose der Sypbilis. « Berliner kllniscbe
Wochenschrift », 1908, N. 10, 8. 490 e « Mùnchener medizln. Wocbensohrift », 1908, N. 8, 8. 427.
(4) P. Habtoch und W. jAxuorr. Zur Frage der Komplementbindung bei experlmentellen
Trypanosomosen. « Wiener klinische Wochenschrift », 1908, N. 21, 8. 753.
(5) M. T. EiBLBR. Ueber Komplementablenkung und Lezithinausflockung. « Wiener kliniscbe
Wochenschrift », 1908, N. 13, 8. 423.
(6) F. Micheli e L. Bobsllt. Osservazioni e ricerche sulla sierodlagnosi della sifilide. « Ri-
vista critica di Clinic* Medica », 1908, n. 19-20.
(7) H. ToTosimi. Ueber den Mechanismus der Lezithinausflockung durch Rinderserum. «Wiener
klinischc Wochenschrift », 1908, N. 17, 8. 611.
(8) F. Plaitp. 8erodiagno8tik der 8yphilis. « Zentralblatt fiir Nervenheilkunde und Psychia-
trle », 1908 (Aprii), H; 8, 8. 289.
(9) A. WAMSRMAnif. Ueber die Serodlagnostik der 8yphilis und ihre praktische Bedeutung.
« Wiener klinische Wochenschrift », 1908, N. 21, 8. 745.
(10) C. Barci und M. 8TEB3r. Die Wassermann — Neisser— Brucksche Reaction bei 8yphilis.
«Deutwhe mediz. Wochenschrift», 1908, N. 11, 8. 459.
(11) ìivm und EiGHSLBKBo. Zur praktischen Verwertbarkeit der Wassermaniischen 8erum*
reaktion auf Lues und ti ber das Vorkommen derselben bei Scharlach. Biolog. Abt. dea arztl.
Vereins in Hamburg. « Officielles Protokoll Miinchener medizin. Wochenschrift» 1908, N. 22,
8. 1206, e « Medizin. Klinik. », 1908 (Mai).
V
278 Rivista di Patologia nervosa e mentale
RECENSIONI
N'evropatologia.
1. G-. Mincrazziiii, Lezioni di Anatomia clinica dei centri nervosi. — Un vo-
Inme di 650 pagine con numerose figure nel testo. (Unione Tipografica Editrice
Torinese, 1905-1908).
Di recente è uscito T ultima puntata di questo volume del Mingazzini. Il ti-
tolo datogli dairA. se rispecchia forse la genesi del volume stesso, è certo troppo
modesto in riguardo al suo contenuto : poiché esso forma un vero Trattato che riempie
una lacuna sentita della letteratura nostra, dandoci un'opera che, in minor mole ma
con non minore completezza, presenta i vantaggi e le applicazioni di quella oramai
classica del Monakow.
Il lettore comprende come non sia possibile, nei limiti di una recensione, i!
presentare un sunto di un trattato: solo si può tentare, coli' accennare ai vari capi-
toli dei quali si compone, di dare un'idea della struttura e dell'importanza del-
l'opera.
Nel primo capitolo si trova un succoso riassunto della fine anatomia del si-
stema nervoso e vi sono toccate anche alcune questioni di patologia generale della
cellula nervosa : importante è la conclusione che l'A. espone sopra il significato della
cromolisi : se non si può, egli dice, ritenerla come una alterazione volgare, però non
le si può neppure concedere un significato specifico, essa non corrisponde cioè ad un
determinato complesso sintomatico ed etiologico e neppure esiste un parallelismo fra
le alterazioni anatomiche cellulari ed i disturbi funzionali.
Nel secondo capitolo dopo un rapido accenno ai metodi usati per lo studio del
decorso delle vie nervose, dove viene messo in bella evidenza l' importanza dello studio
delle alterazioni che spontaneamente si danno nell' uomo, l'A. espone lo sviluppo del
sistema nervoso centrale, dal quale trae i criteri per la divisione fondamentale dei
centri nervosi dell'uomo.
Alla costituzione macro-microscopica del midollo spinale è dedicato il capitolo
terzo. (Lezioni 3* 4* 5*).
Il lettore troverà in questo capitolo, laddove si tratta della sostanza grigia, ri-
ferite importanti esperienze dell' A. per ciò che riguarda le cellule radicolari, le cel-
lule dei cordoni, le cellule aventi rapporto colle radici posteriori e circa le loro con-
nessioni: degna di rilievo è la constatazione che le cellule cordonali quantunque non
siano in rapporto diretto né colle radici anteriori né con le posteriori, non si possono
considerare come indipendenti dalle medesime perchè tagliando tutte le radici di un
metaraero esse degenerano: i fatti di cromolisi che Mingazzini mette in evidenza
in alcune cellule delle corna anteriori quando vengono sezionate le radici posteriori
sono degni di nota in quanto hanno rapporto con un problema a lungo discusso, e
sul quale è di recente tornato con un minuto lavoro Lapin sky, quello dei disturbi
di moto che si accompagnano alle lesioni delle radici posteriori.
Tratta quindi l'A. partitamente dei vari sistemi di fibre midollari. A proposito
del fascio piramidale anteriore, l'A. inclina verso l'idea che esclude una decussa-
zione completa: tutt'al più ammetterebbe un parziale incrociamento nel cervello: con
Nevropatologia 279
Dejerine esclade la possibilità, sosteDuta da Marie e Gaillain, che. i fatti dege-
nerativi nel territorio di questo fascio abbiano sede differente a seconda della sede
della lesione che li produce. Parla del fasciculus sulco-margtnalis ancora poco cono-
sciuto, e la cui origine par si debba cercare nella regione dei corpi quadrigemini
anteriori. Trattando del fascio piramidale crociato espone come> secondo le proprie
esperienze, esso contenga fibre discendenti che provengono dal corpo restiforme del
lato opposto.
Circa al fascio ovale mediano, al fascio a virgola che si trovano nella parte cen-
trale dei cordoni posteriori TA. si pronuncia recisamente in favore della loro origine
endogena.
Passa quindi a trattare delle illazioni fisiologiche e cliniche che si possono trarre
dalla architettura del midollo spinale, svolgendo le principali teorie che sono state
esposte circa i rapporti tra la musculatura del corpo e le cellule delle corna ante-
riori ( — teoria dell'origine non circoscritta di Marinesco — teoria nucleare di
Sano-Edinger — teoria della disposizione a colonna di Dejerine) e le quistioni
che si fanno circa la topografia midollare delle fibre di senso.
Nel capitolo quarto, si occupa l'A. del cervello posteriore, medio ed intermedio
e nel quinto (Lez. 7*-8*) del ' prosencefalo. Egli espone i risultati delle ricerche
di Sergi circa alle leggi che regolano lo sviluppo dei solchi della corteccia cere-
brale: ricorda la legge dalFA. stabilita, che il cervello dell'uomo si distingue da
quello dei primati per il predominio di sviluppo del lobo frontale in confronto di
quello del lobo parieto-occipitale, non tacendo per altro la constatazione che per al-
cuni primati ad es. V Hylohates sindactylus esiste a questa legge un'eccezione.
Pagine interessanti sono in questo capitolo dedicate alla quistione del genio: VA.,
aperto contradittore della dottrina lombrosiana, ricorda alcuni dati in favore della
supposizione che la genialità debba essere riferita a speciale sviluppo di strutture ana-
tomiche: riconosce che non è ancora raccolta tale messe di fatti da poter costrurre
una teoria. Quindi sono esposte le principali anomalie dei solchi: l'A. ricorda i
propri studi dai quali risulte che i solchi fondamentali e le disposizioni delle cir-
convoluzioni e dei solchi si comportano nei delinquenti come nel normale. Tuttavia
alcune disposizioni insolite si riscontrano più di frequente nei delinquenti.
Segue il capitolo sesto che tratta (Lez. 9* fino alla 16*) dell' architettura del
tronco cerebrale: l'A. segue il piano didattico di Schwalbe modificandolo nel senso
di riunire in una unica descrizione quella dei due piani tegmentum e tetto.
Nella descrizione delle singole vie egli tiene come punto di partenza la corteccia
cerebrale. Di questa dotta parte del trattato è particolarmente impossibile, per la
natura delle cose esposte, un sunto, e ci limiteremo a toccare qualcuna tra le più
importanti delle molte quistioni svolte con chiarezza efficace.
Di regola all'esposizione della parte anatomica va unito un quadro delle sin-
dromi cliniche alle quali le alterazioni di dette strutture possono dare luogo: così
laddove si parla dell'anatomia del bulbo sono tratteggiate le varie sindromi alle
quali possono dare luogo le lesioni di questa regione: una merita speciale attenzione
ed è quella che l'A. propone di chiamare € sindrome di Goukowsky-Giannuli »
(paralisi degli arti di un lato con paralisi ed atrofia della lingua dal lato opposto —
lesione che si limiti a colpire una piramide fino al sulcus paraolivaris anterior).
Trattando della porzione ventrale del tegmento del bulbo espone il proprio con-
Tincimento, basato anche sopra un'osservazione personale, che il nucleo di Roller
non partecipi per nulla a formare le fibre radicolari del XII paio; ed a proposito
280 Rivista di Patologia nervosa e mentale
dei rapporti fra questo e il nervo vago, TA. accertando qnesti rapporti, li crede, con-
trariamente air ipotesi, di V. Gehnchten, stabiliti da fibre che dal nucleo di quello
arrivano al tronco di questo. Vedute personali che l'A. ora modifica avvicinandosi di
più a Eolliker, sono pure esposte a proposito della terminazione delle fibrae peii-
piramidales.
A proposito del tegmento del pon^f lumeggia Mìngazzini alcune questioni che
si riferiscono alla radice bulbo-spinale del Trigemino : sopratutto mette in evidenza
r importanza clinica di un quesito, la cui soluzione egli dice è ancora al suo inizio: cioè
se le fibre delle tre branche del trigemino decorrano lungo la radice bulbo-spinale me-
scolate tra loro od in determinate aree : alla soluzione di questo quesito, di recente,
posteriormente alla pubblicazione della puntata del Trattato di Mingazzini che ne
tratta, io ho portato un contributo clinico-sperimentale che mi pare non indifferente.
In questo capitolo si tratta anche delle vie motrici pei muscoli estrìnseci del
globo oculare e delle discussioni vive che attorne^ ad esse durano tuttora.
Parlando del cervelletto (Lez. 12) Mingazzini accenna a varie ad importanti
discussioni : circa i rapporti tra cervello e cervelletto ricorda gli studi compiuti con
Po limanti. Esposta la dottrina del Luciani circa la funzione del cervelletto, egli
passa a studiare quanto appoggio essa trovi e fino a dove essa sia applicabile nella
clinica.
Dei tre sintomi fondaroentili ammessi dal Luciani V astasta è indiscutibile
(forse sarebbe più opportuno parlare dì distasta alla quale si aggiunge un certo
grado di disbasia) : il siutoma astenia è invece raro ; per spiegarlo V A. presenta
uno schema suo proprio; sarebbero delle fibre cerebellari che pel corpo restiforme
arrivano a rinforzare la via piramidale dello stesso lato; V atonia è anche sintoroa
quasi costante.
Nello studio del tegmento del mesencefalo trovano posto i problemi che si
riferiscono ai nuclei del III paio sia in quanto hanno rapporto colla musculatura
estrinseca dell' occhio sia in quanto intervengono nei fatti di motilità della pupilla ;
riporta i reperti di Pacetti sull' ìncrociamento delle fibre destinate all'elevatore
della palpebra superiore che spiegherebbe il BÌntx)raa della cosidetta « ptosi a bilan^
eia >. Esauriente è la discussione sulle varie teorie esposte da Marino, Maiano,
Monakow circa le vie pel riflesso pupillare alla luce. Alle varie forme di oftal-
raoplegia sono pure dedicate alcune pagine.
Nel trattare (Lez. 14) del talamencefalo espone l'A. i dati più recenti circa la
la sintomatologia delle lesioni del talamo: su questo sono sorte molte discussioni
non tutte risolte neppure dal recente lavoro, ricco di esperienze e di dati clinici,
del Roussy: Mingazzini crede che tra i vari disturbi descritti quelli a carico
della sensibilità e della visione siano i più caratteristici.
Nella lezione che tratta delle rie ottiche (Sez. 15) Mingazzini illustra anche
la localizzazione corticale della funzione visiva e parla dell' emianopsia^ d«lla cecità
corticaUj della cecità psichica : poiché egli richiama a proposito di quest'ultima le
esperienze dì Muuk sui cani, mi permetto di osservare che le mie ricerche in pro-
posito escludono che nel cane l'ablazione di parte di corteccia occipitale, anche più
vasta dell'area AA^ di Munk, produca tali disturbi che siano qualificabili come cecità
psichica.
Molto utile riesce, anche pel pratico, la lezione 16* sulla patologia di alcuni
punti delle vie ottiche: in queste lezioni sono anche esposte interessanti nozioni per
ciò che riguarda la funzione dell' ipofisi e le sue relazioni coli' acromegalia.
Nevropatologia 281
Neir altro Tasto capìtolo del trattato sono esposte le cognizioni che riguardano
la struttura anatomica, le alterazioni» le funzioni della corteccia cerebrale: in una
lezione (20^) è pure illustrata la fisiopatologia dei gangli basali (nucleo caudato e
lenticolare).
À proposito della struttura della corteccia merita d'essere richiamata l'atten-
zione sull'esposizione, che manca di necessità nei trattati meno recenti, delle ricer-
che cito-architettoniche di Vogt e Brodmann, le quali hanno una grande impor-
tanza sopratutto in riguardo alla dottrina delle localizzazioni funzionali, e di quelle
eseguite in rapporto alla maggiore o minore ricchezza di fibre mieliniche nei diffe-
renti territori corticali.
Nella lezione che concerne la « patologia della corteccia cerebrale » sono
riassunte alcune regole generali e sono in modo speciale considerate le alterazioni
che sommate costituiscono il quadro anatomo-patologico della ^araZm^jropresw'ra ;
quelle della lues cerebri; i reperti di cervelli di microcefali; forse, avendo TA.
iniziato la trattazione di questo argomento, poteva in questo paragrafo includere
qualche periodo sopra ad altre forme di malattie mentali delle quali l'anatomia
patologica è ora abbastanza conosciuta, ps. le forme demenziali senili.
Nella lezione nella quale l'A. prende a studiare la sostanza bianca degli emi-
sferi bì trovano accennati i problemi che riguardano la fisiologia e la fisiopatologia
del corpo calloso.
Importanti sono le osservazioni personali dell' A. circa la fisiopatologia del nu-
cleo lenticolare: una parte di queste lo autorizza a concludere che quasi sempre una
lesione del segmento medio del nucleo lenticolare e rispettivamente del putamen
dà luogo a paresi dissociata o totale dal lato opposto ed a disartria: il nucleo len-
ticolare ha una propria funzione motrice < supplemciitare » ed i difetti di moto che
in seguito a lesioni di esso si osservano non possono essere interpretati come effetti
di azioni a distanza o di diaschisi nel senso di Monakow. Mingazzini ammette
anche che il nucleo in parola possieda un'azione cenestetica nel senso indicato da
Bechterew ed Oslankow, i quali trovarono che nell'uomo lesioni limitate al
nucleo lenticolare possono dare luogo a una sensazione abnorme della posizione degli
arti — Pseudomelia parestenica, —
Di notevole interesse, sopratutto oggidì, riesce la lettura delle lezioni 21*, 22*,
23*, 24*, 25* nelle quali si tratta dei disturbi del linguaggio.
A proposito àeW afasia amneMica riporta un caso proprio che sta contro la
dottrina che localizza la lesione capace di produrre questa sindrome nel gynis sì^pra-
marginalis di sinistra: l'A. si accorda all'idea di Pitres che questo speciale di-
sturbo non sia forzatamente legato ad una distruzione localizzata dei centri del
linguaggio né abbia un significato topografico.
Accetta l' individualità clinica della sordità verbale pura ma dimostra come
ancora non si possa determinarne il substrato anatomico.
Là dove parla àeW afasia motoria entra nella questione della sua localizza-
zione combattendo con numerosi argomenti, ora già noti da altre pubblicazioni del-
l'A., la recente dottrina di Marie: i suoi concetti al riguardo vengono precisati
nelle lezioni che riguardano le afasie di conduzione dove Mingazzini espone
quella che secondo lui è la funzione del lobulo di Broca e dimostra, come e in
qual modo la zona lenticolare possa dare luogo a sindromi afasiche: concetti già
da noi in questa Rivista riassunti riportando per smnma capita la Relazione che
in argomento il Mingazzini ha fatto al Congresso di Napoli.
282 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Nella lezione che tratta delle afasie trascorticali è fatta menzione àéìVaudi-
mutismo e viene messo in evidenza come le anomalie macroscopiche descrìtte in
corrispondenza della zona temporale di sinistra non possano essere, fino ad ora, con-
siderate come caratteristiche di questa forma.
Parlando dei disturbi del linguaggio scritto^ VA. si dimostra incline a negare
l'esistenza di uno speciale centro verbo-ottico quale viene ammesso da De j eri ne
per spiegare Valexia (lexotiflia) e ritiene più corretta la opinione di Monakow
che la spiega con una lesione che interessi la sostanza bianca che sta sotto il girus
angtilaris e che interrompe quindi oltre alle radiazioni ottiche, la commissura ottico-
acustica-bilaterale, anche le vie associative che legano il lobo temporale sinistro col
campo di proiezione oculo-motorio del lato destro. Per ciò che riguarda Vagrafia l'A.
riconosce come finora non esista un caso, corredato del reperto anatomico, che dimostri
la esistenza di uno speciale centro grafico. Ai rapporti tra la parola ed il pensiero^
è dedicata la lezione 26*, dove sono prese in speciale esame la opinione di Flechsig
e quelle di Sachs- Ziehen. Alla fine di questa lezione si parla pure della sordità
verbale falsa {Pseudo-sprachtaubheit di Liepmann) e vi sono indicati i criteri
atti a rivelarla.
Nella lezione 27* sono studiate le ine di senso e le loro terminazioni. La 2&*
è dedicata allo studio dei giri cerebrali sede delle piii elevate funzioni psichiche^
prendendo sopratutto in considerazione quelle che sarebbero legate ai lobi prefrontali.
L'ultima lezione si occupa degli emisferi cerebrali quali disciplinatori degli
atti e della mimica facciale: e qui trova posto la trattazione di un sintoma lo
studio del quale ha assunto oggidì grande interesse, <V aprassia i^. Mingazzini
pone in chiaro rilievo le difierenze che esistono tra V aprassia motoria {aprassia
in senso stretto) e V aprassia ideatoria e si indugia nel rilevare le analogie che
esistono tra questi disturbi e le afasie. Le vedute, si può dire opposte, di Liepmann
e di Monakow riguardo alla localizzazione dell'aprassia motoria sono pure qui
esposte. Interessante l'esposizione delle osservazioni di Liepmann che un disturbo
dei movimenti della mano destra dà luogo spesso a disprassia della mano sinistra,
fatto che Liepmann tende a spiegare ammettendo che nell'emisfero sinistro esista
un centro prevalente per 1' aprassia di amendue gli arti.
Per ciò che riguarda il pianto spastico Mingazzini dalle sue personali osser-
vazioni formula il seguente corollario : « quando in seguito a distruzioni a focolaio
dell' encefalo insorge il sintomo « pianto spastico » si trova quasi sempre una lesione
del nucleo lenticolare associata a quella di altri territori (corticali o basali) di rado
si rinviene la distruzione isolata di una parte degli emisferi cerebrali o della capsula
intema ». Per questo sintoma e per l' altro del riso spastico V A. dà una spiegazione
personale. 0, Rossi.
2. Italo Bossi et Q. Boussy, Syndrome de Weber avec liémianopsie datant
de 28 ans. — « Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 3, 1907.
In un sifilitico di 32 anni è comparsa, cinque anni dopo l' ulcera, in dieci giorni,
senza un vero ictuSf un'emiplegia destra accompagnata da paralisi quasi completa
del 3° paio di sinistra e da emianopsia omonima laterale destra. Nei mesi seguenti
l'emianopsia e la paralisi migliorarono leggermente. All'esame fatto 27 anni dopa
l'inizio dell' aifezione si potè rilevare: paralisi quasi completa dell' oculomotore
sinistro ; emianopsia omonima laterale destra, emiplegia spastica a destra con parte-
Nevropatologia 283
cipazione del facciale e àeìV ìpoglosso. Nessun disturbo obbiettivo o subbiettivo della
sensibilità generale; fondo delF occhio normale; spiccata, diminuzione del volume
degli arti paretici; nessun disturbo degli sfinteri e del linguaggio; psiche integra.
U ammalato muore per un* ernia strozzata.
Le sezioni microscopiche seriali dei centri dimostrarono l'esistenza di un foco-
laio di rammollimento antico che occupava la parte estema del tronco encefalico si-
nistro e si estendeva dalla regione sotto- tal amica superiore sino al limite inferiore
del peduncolo. Questo focolaio aveva distrutto : nella regione sotto-ottica la metà po-
steriore del segmento posteriore della capsula intema: a liveHo della regione pe-
duncolare superiore il corpo genicolato esterno ed interno quasi completamente, e la
benderella ottica. Nel peduncolo propriamente detto : i fasci dei tubercoli quadrige-
mini antero-posteriori, il nastro laterale del Re il, i tre quarti esterni del nastro
medio del Reil e una parte della sostanza grigia della calotta. In dentro la lesione
penetra nel locus niger ed arriva a interrompere le fibre esterne della capsula del nu-
cleo rosso ed una gran parte delle fibre radicolari del 3^ paio di sinistra. In avanti
si nota la distruzione quasi completa del piede del peduncolo. Come degenerazioni
secondarie, a parte quelle delle benderelle ottiche e dell' oculo-motore comune si
nota una degenerazione della via piramidale che nel midollo sì può seguire sino al
terzo segmento sacrale, ed una degenerazione retrograda notevole del nastro del
Reil medio nella protuberanza e nel bulbo. Il campo del Wernicke e le radiazioni
ottiche sono spiccatamente atrofiche.
Il caso descritto è il primo di sindrome del Weber studiato a tagli in serie. L'ori-
gine della lesione proveniva dalla alterazione delle arterie peduncolari antero-esterne.
L'emianopsia è dovuta al rammollimento del corpo genicolato esterno e della ben-
derella ottica e non ad alterazioni del lobo occipitale che è immune di qualsiasi
lesione primitiva. Gli AA. dopo aver paragonato il caso presente con altri sei che
la letteratura riporta analizzano minutamente la sintomatologia e ne fanno rilevare
le interessanti caratteristiche. Sandri,
3. O. Franoioni, Le sindromi motorie della prima infamia in rapporto con
le condizioni di sviluppo del sistema nerveo-muscolare. — « Rivista speri-
mentale di Freniatria », voi. 33, fase. 4, 1907.
Premesse alcune considerazioni sopra l' importanza che l' imperfetto sviluppo
dell'organismo infantile deve avere nel determinare la fisionomia delle manifestazioni
fisiologiche e patologiche, l'A. si ferma a descrivere le condizioni anatomiche, chi-
miche e funzionali del sistema nervoso centrale e periferico e dell'apparato musco-
lare nei primi tempi della vita, delineando con ordine e chiarezza il carattere essen-
zialmente spinale delle prime attività nervose e il successivo svolgersi delle più
elevate manifestazioni vitali; accenna quindi ai limiti e all'intento del suo lavoro,
nel quale si propone di analizzare le forme di ipercinesi e di paracinesi più fre-
quenti a riscontrarsi nella prima età e di indagarne il meccanismo patogenetico in
rapporto con le speciali condizioni di sviluppo degli organi colpiti.
In un primo capitolo vengono studiati le ipertonie, gli spasmi, la miotonìa
di Hochsinger e lo pseudotetano di Escherich, forme che hanno una stretta
analogia tra loro e con la tetania, trattandosi di manifestazioni di una ipereccita-
bilità di quel tratto del sistema nerveo-muscolare che è posto sotto la dipendenza
diretta del centro spinale: le differenze che si osservano tra le forme infantili e la
284 Rivista di Patologia nervosa e mentale
tetania dell'adulto trovano la loro spiegazione naturale nelle condizioni anatomiche
e funzionali del sistema nervoso nella prima infanzia.
Nel capitolo seguente vengono studiati la miotonia di Thomsen e gli stati
miotonici di cui sono minutamente descrìtti la sintomatologia fondamentale, i di-
scordanti reperti anatomo-patologici e le varie teorie patogenetiche.
Segue un importante studio sopra la sindrome tetanoide, di cui ogni manifesta-
zione viene largamente discussa, e terminano la parte analitica del lavoro, che per
la sua indole stessa non si presta ad essere riassunto, due capitoli sopra i fenomeni
eclampsici ed i fenomeni d* ìpereccìtahìlità meccanica del muscolo.
Degna di speciale interesse è T applicazione che VA. fa ai fenomeni patologici
da lui studiati della teoria del Bottazzi sopra la funzione del sarcoplasma nei
tessuti muscolari: a questo proposito deve esser notato, poiché da altri in seguito
fu fatta un'applicazione analoga, che il lavoro del F ranci oni fu consegnato al-
l'accademia Medico-Fisica fiorentina, dalla quale ottenne il premio della fondazione
Galligo, nel jnarzo del 1905. Zalla,
4. Q. Btienne, Phénomènes oculomoteurs d'origine cutanee, labyrintique et
cochléaire chez un tahétique. Leurs significations. — « Revue neurologique »,
n. 19, 1907.
In un tabetico che presentava il sin toma di Romberg a tipo labirintico, con
diminuzione dell'acutezza visiva, disturbi dell'udito, esiste strabismo sinistro con di-
plopia. L'esame elettro-diagnostico ha permesso di escludere l'esistenza di lesioni ne-
vritiche o muscolari all' apparecchio oculo-motore. Lo strabismo ineguale e variabile
non può essere attribuito che a spasmo dell' oculo-motore esterno dello stesso lato,
per l'azione del nucleo dell' oculo-motore estemo funzionalmente leso dai disturbi
labirintici secondo il meccanesimo studiato da Bon net. Per un analogo meccanesimo
(rapporto tra il nucleo dell' oculo-motore esterno, patetico ed oculo-motore comune
dello stesso lato ed oculo-motore comune del lato opposto) si producono dei movi-
menti nistagmiformi dei due globi oculari quando, chiudendo le palpebre, l'ammalato
cessa di fissare gli occhi con la visione diretta. Il nistagmo si produce pure quando
si impressiona fortemente l'apparecchio acustico dell'ammalato. Questo fenomeno si
spiega per i rapporti che esistono tra il nucleo anteriore del nervo cocleare ed il
nucleo dell' oculo-motore esterno.
Lo stesso nistagmo si provoca eccitando energicamente la pelle del torace, del
braccio, del collo. Questi movimenti sono prodotti per la reazione del nucleo del
Deiters il quale trasmette lo stimolo ricevuto dalle cellule della colonna di Clark e
ai nuclei dell' oculo-motore esterno, patetico, oculo-motore comune dello stesso lato
e fascio longitudinale posteriore dell' oculo-motore comune del lato opposto.
Sandri,
5. P. Salecker, Ueher segmentare Bauchmuskellàhmungen. — « Deutsche Zeit-
schrift fùr Nervenheilkunde », Bd. 34, H. 2, 1908.
L'A. descrive due casi di lesione circoscritta del midollo spinale, in cui esi-
steva una paralisi segraentaria dei muscoli addominali; riferisce minutamente le
rispettive storie cliniche e, del primo caso, anche i risultati dello studio anatomo-
patologico. Le conclusioni che si possono trarre dall'esame di questi casi hanno un
Nevropatologia 285
notevole interesse scientifico e pratico; esse si possono riassumere nel modo seguente:
1) In seguito a lesioni midollari si può ayere una paralisi non solo totale ma anche
parziale dei muscoli deir addome; 2) L'innervazione dei muscoli addominali non è,
come supponeva Oppenheim, multiradicolare, ma ha carattere segmentano; 3) I
nuclei midollari dei muscoli retti dell'addome non arrivano così in basso come
quelli dei muscoli obliqui; 4) La localizzazione midollare dei singoli riflessi delle
pareti addominali sembra coincidere con quella dei rispettivi segmenti muscolari;
5) Il rilievo di paralisi segmentarle di muscoli addominali, specie quando esse si
associno con disturbi dei riflessi e della sensibilità, ha importanza per stabilire la
sede delle lesioni nel midollo dorsale. Zalla.
6. "W. Lasare'Wi Beitrag zur Kenntniss der Meralgia paraesthetica anterior
(itoih). — « Deutsche Zeitschrift fflr Nervenheilkunde », Bd. 34, H. 2, 1908.
Il complesso sintomatico descritto da Both sotto il nome di meralgia paraes-
thetica è stato osservato con unn certa frequenza nel territorio innervato dal nervus
cutaneus femoris exiemus, mentre soltanto tre casi si trovano riferiti nella lettera-
tura nei quali esso interessava anche il dominio del «. cutaneus femoris medius,
senza risparmiare del resto il territorio sopra ricordato. L'osservazione che forma
l'oggetto del presente lavoro si distingue da tutte le altre pubblicate perchè la sin-
drome meralgica era puramente anteriore. Essa era determinata con grande probabi-
lità dalla compressione esercitata sul nervo crurale da parte di alcune ghiandole
linfatiche ingrossate. La ragione per cui di tutti i rami sensitivi di questo nervo sol-
tanto il n. cut, med. fosse colpito non è ben chiara : l' ipotesi più verosimile è che le
fibre dei nervi risparmiati abbiano nel tronco del crurale una sede molto profonda,
81 da potere sfuggire ad una compressione non troppo violenta.
Zalla.
JLnatoznia patologica.
7. M. Soluti, Le varie forme lacunari del sistema nervoso nelle malattie mentali.
— « Annali di Neurologia », fase. 1-2, 1907.
L'A. studia le varie forme di lesioni lacunari primitive del sistema nervoso nelle
malattie mentali e più specialmente in quelle a lesione anatomica. Riporta breve-
mente le storie cliniche dei cento casi presi in esame, accenna agli studi già fatti
intorno alle varie forme di lacune, descrive le sue ricerche istologiche sperimentali
e batteriologiche illustrandole con numerose figure. Arriva alle seguenti conclusioni.
I. Lacune da disintegrazione. — Sono frequenti nella demenza senile. I sintomi
principali sono presso che gli stessi che si riscontrano nelle lesioni del nucleo lenti-
colare il quale nella maggior parte dei casi si trova alterato. Tali sintomi si accom-
pagnano ad una grave demenza a decorso progressivo. Anatomicamente si presentano
come cavità a margini frastagliati, a pareti irregolari di colore grigio roseo, spesso
ripiene di un liquido gelatinoso. Hanno sede più comunemente nel nucleo lenticolare.
All'osservazione microscopica si presentano formate da una cavità principale
circondata da altre di minori dimensioni. Le pareti della cavità sono costituite da
tessuto gliomatoso ricco di cellule di glia iperplastiche e con grosso nucleo. Dentro
le cavità si riscontra un vaso sempre permeabile e con notevole periarterite e vagi-
280 Rivista di Patologia nervosa e mentale
nite cronica. La guaina linfatica in alcuni tratti è allontanata dal vaso» in altri pre-
senta aderenze con r avventizia. Quando la lesione è recente il tessuto è ricco di
cellule granulose. L^ aderenza della vaginale col vaso è causa della disintegrazione
del tessuto per T ostacolato corso della linfa e T edema circoscritto a cui può dar
luogo. L' encefalite cronica, che segue a questo processo è un fatto reattivo alla ne-
crobiosi del tessuto, è da considerarsi quindi come un processo secondario. Le lacune
da disintegrazione si possano ritenere come una entità anatomo-patologica, ma non
come un' entità clinica, perchè nel maggior numero dei casi danno sintomi non diffe-
renti da qualunque lesione (emorragia, rammollimenti limitati) localizzati nel nucleo
lenticolare o in un altro nucleo della base.
IL Dilatazione degli spazi linfatici attorno alle arterie dei nuclei della
base. — È frequente negli epilettici e nei paralitici generali, più rara nei dementi
senili. Si trova nella porzione più bassa dei nuclei della base. Gli spazi linfatici
dilatati hanno pareti lisce, bianche, margini netti, e fanno osservare nel loro interno
una piccola arteria. Il tessuto nervoso circostante non è alterato. Dipendono da
stasi linfatica.
in. Stato cribroso. — Si trova per lo più negli epilettici, paralitici generali,
dementi senili. Ha sede più frequente nelle' circonvoluzioni dell' insìdia e nel polo
temporale. Consiste nella dilatazione degli spazi linfatici attorno alle piccole arterie
della sostanza bianca. Anch'esso dipende da stasi linfatica.
in. Dilatazione delle vie linfatiche proprie del sistema nervoso. — È pro-^
dotta da un edema cerebrale grave frequente a riscontrarsi negli epilettici morti in
stato di male. Tale lesione si presenta sotto forme di piccole cavità rotond^gianti,
ripiene di una sostanza omogenea, sparse in tutto il cervello e qualche volta nel
midollo, tanto nella sostanza bianca che nella grigia, ma con predominio della prima.
Le cavità non presentano microrganismi nel loro interno, si accompagnano a dila-
tazioni degli spazi perivasali e pericellulari e a gravi lesioni delle cellule nervose.
In alcuni casi i margini delle piccole cavità sono lacerati, il tessuto circostante
per piccolissimo tratto è disgregato; segno del notevole aumento della linfa.
V. Stato cribroso di V assai e. — È frequente nella paralisi progressiva ed in
tutti i casi di marasma del tessuto nervoso. Dipende da degenerazione della guaina
mielinica delle grosse fibre nervose. È facile a riscontrarsi nel ponte. Si presenta
sotto forma di piccole cavità visibili solo al microscopio ripiene di una sostanza
ialina nella quale si trova il cilindrasse per lo più tortuoso, alterato. Per diffe-
renziarlo dallo etato cribroso del Duran-Fàrdel l'A. propone di chiamarlo stato
puntiforme.
VI. État vermoulu. — Si riscontra nei soli dementi senili, ed anche in questi
è un reperto non tanto frequente. Si presenta come ulcerazioni, a forma di placche
gialle, delle sola sostanza grigia. Consiste in un rammollimento limitato a piccoli
tratti della corteccia, per capillarite sclerotica, cui segue un'attiva proliferazione
di nevroglia la quale racchiude nella sua trama delle piccole cavità.
VII. Porosi. — È un alterazione cadaverica che si presenta sotto forma di
numerose cavità sparse per tutta la sostanza bianca del cervello e del cervelletto,
della grandezza variabile da un grano di miglio ad un fagiolo : sono a pareti lisce,
di colore bianco, a margini netti e prive di alcuna membrana di rivestimento. Il
tessuto nervoso circostante presenta solo lesioni cadaveriche. Le pareti degli spazi
perivasali sono tapezzate da microrganismi capaci di produrre gas. Tali batteri per
il loro numero eccessivo, danno origine ad abbondanti prodotti gassosi, i quali non
Anatomia patologica 287
potendosi aprire una via air estemo per la resistenza opposta dagli strati più super-
ficiali che putrefanno con maggior ritardo rispetto alle altre porzioni del cervello,
esercitano la loro tensione sul punto dove si originano dando luogo alle cavità poro-
tiche. La grandezza delle lesioni, V assenza di qualunque sintomatologia in vita
del soggetto che presenta la porosi, la facilità di produrle anche esperiraentalmente
convalidano V idea che le cavità porotiche siano di natura cadaverica.
Sandri,
8. O. ROBSl, Ueber einige morphologische Besonderkeiten der Spinalganglien
bei den Saugethieren-Benierkungen iiber die sogenannte Colìateralregenera-
tion. — € Journal fùr Psychologie und Neurologie », Bd. XI, H. 1-2, 1908.
In una breve introduzione l'A. definisce chiaramente i limiti e gli intenti del
sao lavoro: esaminare, sulla guida dei propri e degli altrui risultati, quali tra
le strutture rilevate nei gangli spinali siano normali o meglio costanti e quali invece
proprie delF uno o delV altro stato di malattia ; studiare se alcune di queste strutture
presentino tali caratteri da poterle senz'altro ritenere come espressione di una atti-
vità rigenerativa. Chiunque abbia un po' seguito la recente letteratura sui gangli
spinali comprenderà tutta l'importanza delle questioni trattate da Rossi, il quale
ha confrontato i risultati offerti dalla anatomia patologica e dalla patologia speri-
mentale con quelli che, specialmente per merito di G. Levi, sono stati ottenuti
dall' anatomia comparata, ed ha messo in giusta luce ciò che metodi tecnici a torto
da qualche ricercatore un po' trascurati, avessero fatto conoscere, anche in questo
campo di studi, prima dei recenti procedimenti dell'impregnazione argentica.
Nella prima parte del lavoro vengono presi in considerazione alcuni tipi di
cellule gangliari recentemente descritti e le così dette arborizzazioni pericellulari.
A proposito delle così dette celulas desgarradas di Cajal, che questo A.
ha rit;enuto proprie della senilità e Marinesco ha descritte in individui giovani
affetti da gravi malattie del sistema nervoso. Rossi afferma, in base ai suoi prepa-
rati, che esse possono trovarsi in giovani affatto immuni da lesioni del sistema
nervoso e fa notare come tipi cellulari analoghi fossero già stati veduti col metodo
Golgi in Mammiferi adulti e siano stati di recente descritti da Levi nei gangli
di Chelonii e di Teleostei; concludendo, come aveva già accennato in una prece-
dente memoria, che essi debbano essere considerati come strutture costanti.
Lo studio delle arborizzazioni pericellulari costituisce una parte notevole
del lavoro di Rossi. Egli descrive i tipi principali di queste arborizzazioni e dopo
aver fatto rilevare come già prima delle ricerche di Nageotte sul trapianto dei
gangli fossero già noti due di questi tipi e precisamente i nidi di Dogiel e le
arborizzazioni pericellulali aventi origine da ramificazioni del cilindrasse della cellula
medesima, descritte da Levi nei Cheloni ed illustrate dall' A. stesso nei Mammi-
feri, passa a discutere il significato di tali singolari strutture. Nageotte sostiene
che esse sono molto scarse in condizioni normali ed emette l' ipotesi che esse abbiano
una funzione trofica a favore dell'intero neurone, senza prender parte alla funzione
nervosa propriamente detta: ora questa ipotesii oltre al difetto di origine di essere
basata sopra altre ipotesi tutt' altro che iDdiscntibili, ha contro di sé il fatto bene
stabilito da Rossi nell'uomo e da Levi negli animali, che cioè tali arborizzazioni
rappresentano un reperto costante, e, per quel ohe riguarda l'uomo, indipendente
dall'età e dalle condizioni in genere dell'organiamo. L'osservazione di Nageotte,
288 Rivista di Patologia nervosa e mentale - Anatomia patologica
che nei gangli trapiantali le fonnazioni in discorso appaiono assai più numerose e
complicate che non in condizioni normali, potrebbe spiegarsi ammettendo che la
riduzione argentica si compia più facilmente quando la maggior parte delle cellule
gangliari si trovi profondamente alterata, possibilità che le esperienze di Veratti
hanno messo in evidenza. Concludendo, allo stato attuale delle nostre cognizioni
sarebbe prematuro un giudizio decisivo sopra il significato funzionale di queste com-
plicate reti pericellulari.
Un'altra importante questione connessa alla morfologia delle cellule dei gangli
spinali è quella della cosi detta rigenerazione collaterale, ammessa da Nageotte
in base air esistenza di speciali fibre che procedono dal contomo o dal prolungamento
della cellula gangliare e terminano con un rigonfiamento {boia di Cajal). L*A. si
indugia in special modo a discutere se queste formazioni siano in realtà, come vuole
Nageotte, l'esponente di una attività rigenerativa. Egli osserva anzitutto che non
si è ancora autorizzati a considerare come di natura rigenerativa le fibre terminate
da rigonfiamento che si trovano nelle, cicatrici dei nervi; ricorda come gli studi dì
Levi abbiamo dimostrata la freqviente presenza e la precoce comparsa di tali appen-
dici nei gangli di molti animali; riferisce i risultati delle proprie osservazioni^
le quali dimostrano come queste fibre davate si trovino numerose in soggetti gio-
vani e vecchi, venuti a morte in seguito a svariatissime malattie, anche in connes-
sione con cellule profondamente alterate ; e in base a tutti questi fatti bene accertati
conclude che la « rigenerazione collaterale » di Nageotte rappresenta una ipot^i
ingegnosa sì, ma soggetta a numerose e gravi obbiezioni, in disaccordo con i dati
dell'anatomia umana normale e patologica e dell'anatomia comparata. Dal punto
di vista morfologico le fibre rigonfiate delle cellule gangliari si possono riavvicinare
alle formazioni analoghe che si osservano nel moncone periferico dei nervi recisi.
Riguardo a quelle strutture simili alle precedenti, che Nageotte ha descritto
nel cervelletto e nel midollo spinale, l' A. ne conferma l' esistenza, ma inclina a con-
siderarle, le ultime soprattutto, sia per il loro aspetto sia per le condizioni del tessuto
in cui si trovano, di natura puramente degenerativa.
Il lavoro di Rossi è corredato di numerose figure, sì che ogni affermazione di
fatto viene ad essere chiaramente documentata. Zalla.
N^OTIZI£
Nel passato fascicolo, riportando la lista degli eletti a far parte del Consiglio direttivo della
Società italiana di Neurologia, siamo involontariamente incorsi in una inesattezza alla quale ripa-
riamo trascrivendo relenco dei nomi: Bianchi, Golgi, Mingazzini, Tanzl, Morselli,
Tamburini, D'Abundo, De Sanctis, Belmondo, Colella, Tonnini, Pellizzi,
Lugaro, Donaggio, Negro.
' II,
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobl, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia nervosa e mentale
DIRETTA DA
E. TANZI
A. TAIMBTJiaiU. B. MORSBLU
(boma) (aaNovA)
B. r.U<3-AJlO
(■dobva)
Redattori:
0. BOSSI
O. 8ANDBI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TAMZI, Clinica di San SaM, Firenze.
VoL. XIII Firenze, I^uglio 1908 Fase. 7
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Gabiuetto Elettroterapico del Policlinico di Rotna, diretto dal Primario dott. Pancgros^i
Contributo allo studio della cura elettrica e chirurgica
delle paralisi periferiche del facciale
por il dott. G. Fumarola, Assistont»*
Ho avuto occasione di os.s(»rva!'o nel (lahinollo Elellrolerapico del Poli-
clinico, dal dicembre del 190G al febbraio del 1908, circa 40 casi di paralisi
periferiche del facciale, difl'erenti lutti per natura e per grado, e di seguire,
nella più gran parte di essi, i risultati della cura elettrica prescritta. Credo
intanto di far cosa utile, sopratutto dal lato pratico, esponendo brevemente i
criteri generali e speciali che sono stati applicati, per la cura stessa, nei sin-
goli casi, e i principali risultali otienuti.
Erb, com'è noto, distinse, dal punto di vista dei dati forniti dall'esplo-
razione elettrica, una forma leggera, una forma di media gravezza e una grave
di paralisi periferica del facciale. Si parla di forma leggera quando, passati
circa 10 giorni dall'inizio dei fenomeni, l'eccitabilità elettrica, sia faradica
che galvanica, nel nervo e nei muscoli colpiti, si conserva del tutto normale
0 si dimostra solo lievemente diminuita; si parla di forma di media gravezza
quando, trascorso questo stesso periodo di tempo, si riscontra reazione dege-
nerativa p<nrziàle; di forma grave quando esiste reazione degenerativa completa.
10
290 G. Fumarola
Ora, il criterio comunemente adottato in elettroterapia, relativamente alla
cura delle paralisi periferiche del facciale, consiste nel soddisfare alle due se-
guenti indicazioni:
a) agire innanzi tutto sul tronco nervoso per cercare di modificare i
disturbi nevrìtici, onde restituire al nervo la sua conducibiliti) interrotta;
b) sottrarre i muscoli da questo innervati alla inattività, per impedire
la loro degenerazione e la loro atrofia.
Alla prima indicazione soddisfa l'impiego della corrente galvanica; alla
seconda quello della fanidica, quando reccitabilità è rispettiva conservata, e
queHo della galvanica nei casi in cui la faradica sia abolita.
Però tutti gli AA. mettono in guardia dai perìcoli della faradizzazione
troppo precoce e intensa dei muscoli, perchè hanno constatato ch'essa è causa
molte volte di contratture secondarie.
Il Larat, in vista appunto di questi pericoli, dice ch'è forse meglio atte-
nersi all'uso esclusivo della galvanizzazione, perchè con essa si evita il più
spesso questa complicazione.
Lo Zini me rh ritiene che le eccitazioni troppo violente, come si possono
appunto produrre colla faradica, sono suscettibili di aumentare la tendenza
naturale alla contrattura, specie nelle forme gravi. In queste poi il tratta-
mento dev'essere sempre ed esclusivamente galvanico.
Il Bordier consiglia di trattare i disturbi nevritici con la galvanizza-
zione per una decina di giorni, quindi fi»r contrarre i muscoli paralizzati ad
uno ad uno servendosi di una corrente galvano-faradica. Avverte però di badare
a non afTaticare (juesti muscoli con un'eccitazione troppo forte, o con una
seduta troppo lunga: « il faut beaucoup de prudence dans cette electrisation ».
Il Guilleminot, seguendo gli slessi precelti del Bordier, dù anch'egli
la preferenza alla galvano-faradizzazione dei muscoli, ma soggiunge che « ici
plus que jamais il faudra évìter la fatìgue musculaire en faisant des séances
courtes et très prudentes ».
Il Ghilarducci, strenuo sostenitore delle correnti deboli in elettroterapia,
si attiene, come i due precedenti AA., alla galvano-faradizzazione dei mu-
scoli. Riferisco testualmente le sue parole: « La scelta del metodo elettrote-
rapico è determinata dalla topografia e dalla gravità dei disordini trofici. Se
questi sono egualmente estesi a tutti i muscoli facciali, e se non sono molto
gravi, si ricorrerà con vantaggio alla galvano-faradizzazione che costituisce il
metodo più energico per rialzare la nutrizione muscolare: ma se vi sono gruppi
muscolari profondamente offesi ed altri sui quali la lesione appaia meno grave,
bisognerà volgere ogni cura alla guarigione dei primi, cercando di localizzare
ad essi soli lo stimolo elettrico (meglio in forma di debolissime correnti galva-
niche) e rispettando completamente i secondi ; perchè, più del danno di una leg-
gera paresi, è maggiore quello di una contrattura, sia sotto il riguardo estetico
che funzionale ».
Nel Gabinetto elettroterapico del Policlinico, Panegrossi, seguendo i
consigli della prudenza, ha fatto usare in ogni caso la corrente galvanica,
Contributo allo studio della cura elettrica e chirurgica, ecc, 291
anche quando si poteva ricorrere alla faradica perchè conservata : ciò sempre
allo scopo di evitare il più possibile le contratture secondarie.
Per ciò che concerne la tecnica seguita nel trattamento elettrico mi sono
attenuto alle seguenti regole:
Nei casi gravi ho fatto uso, in principio, di una larga piastra di forma
quadrata, del diametro di il cm., in rapporto col polo negativo della galva-
nica, e tenuta fissa sulla metìt corrispondente della faccia, immediatamente
air innanzi del trago; Taltro elettrode, più piccolo (5 cm. di diametro), di
forma rotonda, era applicato sul tronco del facciale, all'uscita del forame
stilo-mastoideo. Appena iniziatosi il miglioramento, e messo al sicuro dallo
svolgersi di una contrattura secondaria, ho sostituito la larga piastra quadrata
con una rotonda, di 7 cm. di diametro, che strisciavo successivamente sul
nervo, sulle sue branche e sui muscoli, evitando ogni interruzione della corrente.
Nei casi lievi, o con reazione degenerativa parziale, quando la guarigione
era già avviata, e il pericolo della contrattura scongiurato, mi son servito,
come elettrode differente, di un piccolo bottone del diametro di 2 cm.,
che portavo successivamente sul nervo e sui punti motori dei muscoli che
avevano bisogno di essere particolarmente eccitati. In qnesli casi ho anche
prodotte interruzioni della corrente, ma non troppo frequenti.
La corrente è stata adoperata sempre in senso discendente, riservandc»
l'ascendente a combattere, con risultato per vero assai scarso, la conlrailura
secondaria.
Intensità della corrente: 2-4 milliampóres.
Durata delle applicazioni: iO minuti circa.
Frequenza delle applicazioni: tre per settimana, e a giorni allenii.
La durata della cura è stata in genere in rapporto con la gravità della
paralisi.
Riguardo all'epoca in cui è stata iniziata la cura stessa ho adottato in
genere il seguente criterio: nei casi nei quali mancava ogni dolore spontaneo
e alla pressione del nervo affetto, la cura si è cominciala subito; negli altri,
dove questa dolorabilità ancora esisteva, si è atteso che scomparisse definiti-
vamente, consigliando nel frattempo, con molto vantaggio, l'applicazione di
un vescicante o di una sanguisuga all' innanzi dell' apofisì mastoide.
Nessuna regola fissa ho potuto stabilire rispetto all'ordine con cui i sin-
goli muscoli hanno riacquistato la motilità. Certe volte questa è riapparsa nei
muscoli del facciale superiore; altre volte la metà inferiore della faccia era
quasi completamente mobile, quando l'infermo non riusciva ancora a chiuder
l'occhio. In genere quest'ordine è stato subordinato alle varie modificazioni
deir eccitabilità elettrica rilevate con l' elettrodiagnosi.
Contro le contratture secondarie l'elettroterapia si è mostrata ordinaria-
mente impolente. Appena notati i primi segni, cercati sempre diligentemente,
annunziane l'insorgere della contrattura, ho subilo sospeso ogni trattamento
elettrico, e, come consiglia lo Zimmern, l'ho ripreso soltanto quando questi
piccoli segni accennavano a regredire o a restare stazionari. Nei casi di con-
292 G. Fumarola
trattura secondaria conclamata ho fatto tentativi di applicazioni anodiche gal-
vaniche sui muscoli colpiti, con intervalli di otto giorni, con debole intensità
di corrente (1-2 milliampères), e per la durata di non più che tre minuti.
Ora, con questo metodo, io ho ottenuto in qualche caso dei discreti risultati;
però nel tempo stesso non ho trascurato di consigliare agli infermi il mas-
saggio locale, eseguito con manovre molto delicate. In genere queste contrat-
ture secondarie sono state estremamente ribelli, ed io credo col La rat che il
lieve miglioramento ottenuto si debba piuttosto riferire al breve tempo tra-
scorso, e meno al trattamento usato.
Nei casi gravi di paralisi periferica del facciale, con reazione degenerativa
più 0 meno completa, e specialmente di origine traumatica, olitica e in per-
sone adulte, sono riuscito ad ottenere soltanto dei miglioramenti, spesso note-
voli, non mai la guarigione completa. Ne credo che questa si potrà più rag-
giungere, perchè, dopo un anno circa da che sono in cura, nessun progresso
ho più constatato nella funzionalità dei muscoli colpiti. In questi stessi casi
|)oi, qualche volta, nonostante la più grande attenzione messa nella cura, è
insculta ugualmente la conlrattura secondaria. Ciò è avvenuto sopratutlo in
individui di età avanzata, che avevano superato i 50 anni, anche se con forme
di media gravezza. Nei giovani la contrattura si è avuta soltanto, ma mollo
raramente, quando vi era completa reazione degenerativa.
Nei casi di media gravezza, e in persone giovani, la guarigione si ò avola
dai 3 ai 5 mesi dopo l'inizio del trattamento elettrico.
Nelle forme lievi, infine, con semplici alterazioni quantitative dell'ecci-
labilità faradica e galvanica nel nervo e nei muscoli colpiti, sono occorse, per
il ripristino della funzione, da un minimo di otto applicazioni ad un massimo
di 24. A questo proposilo credo anzi opportuno di esporre la storia di un
bambino di 14 mesi, affetto da paralisi periferica de! facciale destro, di ori-
gine reumatica, guarito completamente dopo sole 10 applicazioni galvaniche.
T.... Felice, di mesi 14, con nessuna eredità morbosa, nato a termine, di parto
normale. La madre racconta che la mattina del 3 ottobre 1907, nel prendere in
braccio il proprio bambino appena sveglio, ai accorse che l'occhio destro era gonfio,
e che nel piangere la metà corri spondent-e della faccia restava completamente immobile.
Air esame obbiettivo dell' 8 stesso mese si nota:
A destra: sopracciglio più basso del sinistro; rima palpebrale più ampia della
sinistra; epifora; lieve appianamento della plica naso-labiale. Quando il bambino
piange si vede che mentre la metà sinistra della faccia si contrae normalmente, la
destra invece resta del tutto immobile. Non è possibile seguire il movimento di
rotazione dei bulbi oculari nell'atto di chiusura degli occhi, né esaminare lo stato
della lingua, causa T irrequietezza del piccolo infermo. Per la stessa ragione nemmeno
è possibile praticare l'esame elettrodiagnostico.
Il 23 stesso mese di ottobre si inizia la cura galvanica che si sospende, perchè
l'infermo è guarito, dopo sole 10 applicazioni.
Questa osservazione è inoltre interessante par le seguenti particolarità :
1) la paralisi periferica del facciale a quest'epoca della vita è poco frequente;
Contributo allo studio della cura elettrica e chinirgica, ecc. 293
2) la sua sintomatologia è frusta, secondo T espressione dì Weill e Péhu,
perchè è impossibile ricercare con precisione lo stato della mimica volontaria;
3) allo stato di riposo, nonostante l'abolizione funzionale completa dei muscoli
(Iella metà colpita, si riescono ad apprezzare pochissimo le differenze fra i due lati ;
• 4) la paralisi è specialmente apparente quando il bambino ride, piange, grida.
Ffo. 1. - Paralisi iHMiforica del facciale Pro. 2. - Panilisi i^Tilorica del facciale
destro. Neir atto di piaiijffre. (Primi destn». Nell'atto di piangere. (Dopo
Kionii della paralisi). la cura elettrogalvanira).
La cura, però, delle paralisi perileriche del facciale, che fino a pochi anui
fa era di spellanza esclusiva dell' elellroterapia, da circa un decennio è pas-
sata sotto un nuovo dominio, quello della chirurgia. S'intende che sono sol-
tanto le forme molto gravi, specie se di origine traumatica, e certamente
inguaribili, quelle suscettibili di un trattamento chirurgico. Mai si dovrh ten-
tare una cura cruenta quando vi sia, pur lontanamente, speranza di un sem-
plice miglioramento, l risultati funzionali infiìtti ottenuti in seguito alle ope-
razioni di tal genere sono riusciti spesse volte incompleti, e perfino sono
apparsi più gravi degli inconvenienti che si volevano evitare.
Due melodi sono stati proposti ed eseguiti nella cura chirurgica di queste
paralisi, e cioè:
a) l'innesto spino-facciale;
h) l'innesto ipoglosso-facciale.
Pochi tentativi, presto abbandonati, sono stali fatti di anastomosi col
glosso-faringeo.
Ora io credo che possa molto interessare l'esposizione particolareggiata
di uno dei casi occorsimi di paralisi periferica del facciale, il quale, per la
sua certa inguaribilità, fu appunto trattato con l'innesto spino-facciale. Si
vedrai cosi se i risultali ottenuti incoraggino ad altre operazioni consimili, o
se piuttosto non consiglino la scelta del secondo metodo operatorio.
294
G, Fumarola
B,.„ Annay di anni 20, sedi ara. Nel novembre del 1906 si esplose, a scopo di
suicidio, un colpo di rivoltella all'orecchio destro, immediatamente seguito da para-
lisi completa del facciale dello stesso lato.
AlV esame obbiettivo del 20 dicembre successivo si nota;
A destra, pliche frontali completamente spianate; sopracciglio abbassato ; occhio
largamente aperto; lieve ectropion paralitico; epifora. Nel tentativo di chiudergli
Fin. 3 - Paralisi periferica del facx*ialo destro.
(Allo stato di riposo).
Fio. 4. - Primi risultati postoporativi.
Atrofia del trapezio e dello st. ci. m. di des^tL
(Vista anteriormente).
occhi, lo sguardo tenuto orizzontale, si vede, dal lato ammalato, il bulbo ruotare
direttamente in alto, e le palpebre corrispondenti restare pressoché immobili. La
plica naso-labiale destra è spianata; l'angolo boccale, anche a destra, è abbassato;
tutta la rima orale è fortemente stirata verso sinistra. Nel digrignare i denti la
metà destra della faccia resta completamente immobile.
I movimenti del velopendulo sono tutti normali.
II gusto è ben conservato d'ambo i lati; l'odorato è ottuso a destra; l'udito è
notevolmente diminuito anche a destra.
Il resto dell'esame nevrologico è negativo.
Esame elettrico. — Abolizione dell'eccitabilità faradica e galvanica nel nervo fac-
ciale destro; abolizione deireccitabìlità faradica in tutti i muscoli da questo inner-
vati; notevole diminuzione della galvanica negli stessi muscoli, con evidente inver-
sione della formula normale di contrazione.
Contributo allo studio della cura elettrica e chirurgica, ecc. 295
n 22 dicembre 1906 V iofenna iniziò una cura elettrogalvanica, che continuò a
li alterni fino al febbraio del 1907. In quest'epoca le fu proposta, come cura
ale della sua paralisi, un'operazione chirurgica, ch'essa accettò ben volentieri,
avendo ritratto fino allora alcun vantaggio dalla cura elettrica. Le condizioni
onali del facciale destro erano rimaste infatti completamente immutate, e
trodiasrnosi aveva dato gl'identici risultati di tre mesi ffrima. Il 26 febbraio 1907
>. - l*rimi risultati postoperativi.
1 trapezio e dello 8t. ci. in. di destra.
(Vista posteriormente).
Fi«. «. - Quando T inferma solleva l' arto 8Ui>eriore
destro contrae contemi>oraiieameiite la metà co]>
rispondente della faccia.
in un reparto di chirurgia del Policlinico, ove fu operata dal Prof. Basti a-
i di anastomosi del facciale con lo spinale di destra.
Si perde completamente di vista l'ammalata fino all'agosto successivo, quando
si presentò nuovamente al gabinetto di Elettroterapia richiamando la nostra
2Ìone Ru un abbassamento e un appiattimento della spalla destra, insorti con-
ivamente all'operazione. L'esame obbiettivo infatti fece rilevare che la spalladi
a era abbassata e portata in avanti; che le fosse sopra e sottospinose, sopra e
clavicolari dello stesso lato erano molto più profonde che a sinistra; che la
•la destra era leggermente allontanata dal torace.
[noi tre fu notato che tutte le volte che l'inferma sollevava il braccio di destra
aeva anche, contemporaneamente e involontariamente, la metà corrispondente
faccia. E viceversa: quando cercava di contrarre la metà destra della faccia
aeva, pure contemporaneamente e involontariamente, lo sternocleidomastoideo, e
inor grado, il trapezio.
296
G, Fumarola
Si procede subito ad un esame elettrodiagnostico di tutti i muscoli del mon-
cone della spalla destra, con speciale attenzione allo sternocleidomastoideo e al trapezio ;
ma, tranne una lievissima diminuzione dell'eccitabilità faradica e galvanica in questi
ultimi, null'altro ci fu dato rilevare. Nei muscoli della metà destra della faccia invece
persisteva immutata la reaziono degenerativa già constatata fin dal febbraio precedente.
Furono allora fatte riprendere air inferma, a giorni alterni, come per lo passato^
le applicazioni galvaniche per i muscoli innervati dal facciale destro, e contempo-
..M0à
Fin. 7. - Qusiiido rinlVnna oontiat' i iniistoli d«'lla
metà destra della fuecia, motte eonteiiiporanea-
meiite In contrazione lo st. ci. in. »? il trHp4'/.Io
dello 8te.««o lato.
Fio. 8. - Paralisi iH>ril'<nea del facciale destro.
Allo «tato di riiioso. Doi>o V innesto spino-faoclAl
rancamente furono iniziate altre applicazioni galvaniche per lo sternocleidomastoideo
e per il trapezio dello stesso lato.
Dopo 5 mesi circa di questa cura elettrica, riesaminando la paziente si consta-
tarono i seguenti fatti:
A destra : atrofia sempre notevole del trapezio e dello sternocleidomastoideo ;
fosse sopra e sottospinose, sopra e sottoclavicolari accentuate quasi nello stesso grado
di prima (fig. 4 e 5); sinergia spiccatissima tra i muscoli innervati dal facciale e
quelli innervati dallo spinale (fig. 6 e 7). Si notò inoltre che mentre V inferma riu-
sciva volontariamente, e in modo isolato, a contrarre i muscoli della metà destra
della faccia, in associazione sempre con lo sternocleidomastoideo e il cuculiare, quando
metteva invece in giuoco la mimica involontaria del viso, la stessa metà destra della
faccia, prima mobile, restava completamente immobile. Lo st^to del facciale superiore
Contributo allo studio della cura elettrica e chirurgica, ecc.
297
destro appariva notevolmente migliorato, tanto da consentire ali* inferma di avvi-
cinare per '/, le palpebre. L'asimmetria del viso erasi modificata soltanto di poco.
Importanti furono poi i risaltati deir esame elettrodiagnostico praticato in questa
epoca, e che credo utile di esporre in modo particolareggiato.
Nervo facciale
1 MuAcoli del mento
» zigomatici
Orbicol. palp.
1 Muscolo fh>ntale
Stemo-cleido ma-
1 stoideo
1 Cuculiare
CORBEKTE FÀBADICA
CORRENTE GALVANICA
A destra
A sinistra
A destra
A sinistra
100 mm. Contrazioni evi-
denti, ma un po' pigre
in tutto il territorio del
facciale.
105 mm. Contrazioni toi^
pide.
96 mm. Contrazioni tor-
pide.
106 mm. Contrazioni pronte
112 mm. » »
155 mm. » »
160 mm. » »
105 mm.
120 mm.
llOmm.
110 mm.
120 mm.
150 mm.
150 mm.
5 ma. et. CCCa=CC An.
8 ma. et. CCCa < CC An.
4 ma. et. CCCa < CO An.
3 ma. cp. CCCa > CC An.
3 ma. cp. CCCa > CC An.
1 ma, cp. CCCa > CC An.
1 ma. cp. CCCa > CC An.
2 ma.
2 ma.
8 ma.
3 ma.
4 ma.
1 ma.
1 ma.
Da tulio ciò si scorge in modo assai chiaro che la continuità del facciale
destro, a più che un anno di distanza dal trauma dopo T innesto spino-fac-
ciale, erasi completamente ristabilita. Ma se si considera l'operazione dal
punto di vista dei risultati funzionali, appariranno subito i gravi inconvenienti
derivatine. Dopo un anno circa dall'operazione stessa persistevano infatti
sempre immutate, l'atrofia dello sterno-cleido-mastoideo e del trapezio, e la
sinergia di questi muscoli col facciale. L'unico risultato positivo, veramente
indiscutibile, era una certa tonicità dei muscoli della metà destra della faccia,
tonicità per vero che veniva a correggere, in parte, allo stato di riposo, la spiccata
asimmetrìa del viso prima esistente; ma funzionalmente, nel senso di una
funzione volontaria ed isolata, il guadagno era stato minimo. Se si pensa in-
fatti, come giustamente fa rilevare il Munch, che il giuoco della fisionomia
è dovuto alla contrazione dei muscoli della faccia che riflettono, per così
dire, il pensiero del soggetto, si comprenderà facilmente come un movimento
della spalla possa dare alla fisionomia un'espressione del tutto differente da
quella che corrisponderebbe allo stato psichico dell'operalo. E purtroppo que-
sto grave inconveniente in nessun caso di anastomosi spino-facciale è mai
stato evitalo. Il concetto poi della rieducazione muscolare, cosi seducente in
teoria, manca di ogni sostegno pratico, almeno per quello che si può rilevare
dai risultati comunicati finora.
298 G. Fumarola
11 Pascale, che ha operalo (1905) e pubblicato in Italia (i906) il primo
caso d'innesto spino-facciale, ha ritardato a bella posta di circa un anno la
sua pubblicazione per far meglio apprezzare i risultati ottenuti con dati si-
curi ed accertati. Egli dice che, nonostante il notevole miglioramento avve-
nuto, il movimento associato del sollevamento della spalla coi movimento
volontario nel campo del facciale non si è mai perduto completamente, e che
ad un esame attento lo si poteva constatare, ad mi» che si fosse richiamato
su questo fatto l'attenzione dell'infermo. Questo, infatti, per quanti sforzi
facesse non riusciva ad evitare del tutto tale movimento che si compiva in-
volontariamente, e nonostante lo sforzo evidente perchè non accadesse.
Il Munch, che ha raccolto i 22 casi in proposito pubblicali fino al 1904,
nega a quest'operazione ogni attributo di radicale, e la considera essenzial-
mente come un'operazione estetica. Ora se si vuole giudicare in base alla
presente osservazione conviene confessare che l'estetica in essa ben poco vi
ha guadagnato, perchè l'inferma mostra ancora, chiaramente apprezzabili,
tutti i segni di una paralisi della faccia.
E che tutti gl'inconvenienti or ora ricordati non siano invero di poca
importanza lo dimostra il fatto che gli autori, mentre prima preferivano l'in-
nesto spino-facciale, in seguito hanno più di frequente praticato quello ipo-
glosso-facciale.
Il Ballance che fu il primo ad eseguire nel 1895 l'anastomosi spino-
facciale, che praticò poi successivamente in altri 6 casi, in un settimo invece
esegui l'innesto ipoglosso-facciale, concludendo che non vi era per questo
una difficoltà dì tecnica maggiore, ma che anzi si doveva preferire.
Il Pascale, il quale ha integrato tutta la letteratura dal 1895 al 1907,
dice che nei 22 casi riportati dal Munch (fino al 1904) figurano 7 casi sol-
tanto di anastomosi spino-facciale, mentre negli altri 27 comunicati dopo si
trova che il numero di quelli curati con l'innesto dell' ipoglosso è maggiore.
E cioè, che mentre nei primi anni aveva il predominio l'innesto collo spi-
nale, in questi ultimi tempi invece è stato prescelto l' ipoglosso. Ciononostante
egli stesso ha eseguito nel suo caso l'anastomosi spino-facciale, e la stessa
operazione è stata praticata nella mia inferma.
Recentemente il Vidal ha comunicato due casi di paralisi periferica del
facciale curati chirurgicamente. Nel primo (distruzióne del facciale per sup-
purazione otitica prolungata) ha eseguito l'anastomosi spino-facciale; ma i
risultati, se buoni dal lato esletico, sono stati pessimi invece dal punto di
vista dinamico (spiccata sinergia tra VII e XI). Nel secondo (paralisi ostetrica
completa in una ragazza di tre anni) ha praticato l'anastomosi ipoglosso-fac-
ciale; e qui gli eflelti funzionali ottenuti hanno di molto superato quelli del
caso precedente.
La letteratura ha quindi bisogno di altre o&servazioni prima di potere
stabilire in base ad esse i vantaggi dell'una piuttosto che dell'altra opera-
zione; ed io, comunicando i risultati avuti nella mia operata, credo di aver
portato un modesto contributo allo studio dell'argomento.
CoìUributo allo studio della cura elettrica e chirurgica, ecc. 399
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300 P. F. Benigni
Manicomio provinciale di Bensamo, diretto dal doti. 8. Marzocchi
Claudicazione cerebrale psichica?
per il doti. P. F. Benigni
Cbarcol illustrò prima nel 1858 e poi nel 1887 il concetto della claudi-
cazione intermittente iielFuomo, dovuta, come nel cavallo (Boulay e Gaubeaux),
a lesioni arteriose obliteranti degli arti inferiori.
Molti casi furono poi pubblicati di claudicazione intermittente dovuta ad
endoarterile progressiva, ed in tutti si riconferma l'analogia del fenomeno,'per
il quale è caratteristica ed essenziale la cessazione temporanea della funzio-
nalità dell'arto affetto.
Ma non si tardò ad allargare il concetto classico della claudicazione, per
estenderne il significato fìsiopatologico anche a funzioni speciali di speciali
organi o sistemi, creando il concetto di una claudicazione viscerale.
Così fino dal 1866 Potain paragonò le crisi di ischemia cardiaca, dovuta
a stenosi delle coronarie, alla claudicazione intermittente dei cavalli, conse-
cutiva a stenosi delle arterie iliache, e più tardi (1879) riprese di nuovo e
completò la teoria ^aWangiìia pectoris legata ad ischemia del mii>cardio.
Potain sostituì al termine di claudicazione quello, da lui coniato, di
meiopragki, con cui si designa appunto lo stato di un organo, la cui attività
fisiologica è Tuori della norma.
Senza tener conto, pel momento, dell'ordine cronologico, ricorderò come
Crocco nel 1892 abbia richiamato l'attenzione sopra alcuni casi di vera
atassia renale, con oscillazione del tasso ureico e comparsa di albuminuria da
un giorno all'altro.
Parla quindi di una vera claudicazione renale intermittente, che prean-
nunzia frequentemente lo sviluppo di una nefrite cronica. L^albuminuria o la
vera nefrite intercorrente possono complicare altri processi morbosi acuti,
mentre negli intervalli gli individui sono afflitto immuni da nefrite. Si trat-
terebbe di persone o che furono già ammalate in gioventù di nefrite, oppure
che abusarono di alcoolici o di cibi stimolanti, ecc.
Essendo quindi applicabile il concetto della claudicazione alla funziona-
lità di qualunque organo vi fu chi studiò il fenomeno in rapporto ai centri
nervosi.
Grasse! infatti già nel 1890 parlando^ delle vertigini degli arterioscle-
rotici diceva come, rispetto ai centri nervosi, si possano osservare le stesse
manifestazioni arleriosclerotiche già rilevate a proposito di altri organi (rene
e cuore). Dapprima, egli afferma, si ha la fase della vera claudicazione inter-
mittente, con sintomi passeggeri e parossistici e poi un periodo caratterizzato
da lesioni anatomiche irrimediabili.
Claudicazione cerebrale psichica? 301
Grasset parla propriamente di claudicazione intermittente sintomatica
dell'arteriosclerosi, claudicazione che può manifestarsi in ciascuna delle parti
costituenti il sistema nervoso centrale: il cervello, il bulbo ed il midollo spinale.
Io non prenderò in considerazione quanto fu scritto sulla claudicazione
del bulbo e del midollo da Grasset stesso, da Dejerine, da Elsholz, da
Erb e da altri, ma mi fermerò di preferenza sulla claudicazione intermit-
tente del cervello studiata pure, fra i primi, da Grasse! fin dal 1901.
La claudicazione intermittente del cervello si manifesta, secondo Grasset,
con un insieme di sintomi di cui i principali sono : l'amnesia, la stanchezza
intellettuale, l'afasia.
Egli cita il caso di un individuo nefritico, il quale fu preso improvvisa-
mente da formicolio ad una mano, poi, senza perdita della coscienza divenne
afasico, non trovando le parole per esprimere i suoi pensieri : dopo parecchie
ore questi disturbi scomparvero.
Mette quindi in relazione un tale disturbo cerebrale con una insufficienza
passeggera della circolazione nel territorio della III^ circonvoluzione frontale
sinistra.
Egli vede quindi nel fatto una vera claudicazione cerebrale in rapporto
con lo spasmo delle artefìole della regione di Broca.
Ma Grasset accenna anche, molto fugacemente, ad una forma psichica
di claudicazione cerebrale, la quale si produrrebbe dopo periodi di surmenage
psichico, dopo eccessi di lavoro intellettuale, sarebbe cioè l'espressione di un
cervello stanco.
Come si vede se non siamo ancora entrati nel campo della patologia
mentale, siamo però giunti sulla soglia. Grasset accenna al cervello stanco,
non ancora al cervello malato.
La stanchezza però è già uno stato patologico, sebbene temporaneo e su-
scettibile di risanarsi, ed è dovuta, per il cervello, non tanto all'azione di
tossici prodotti dal consumo cerebrale, quanto all'azione di quelli che, durante
un lavoro psichico, si accumulano nel circolo sanguigno, come contributo de-
gli altri organi (Tanzi).
Ma prima di arrischiare il passaggio dalla Clinica generale alla Patologia
mentale vediamo quali siano il significalo, la patogenesi e la base anatomica
del fenomeno claudicazione intermittente.
Per claudicazione intermittente di un'organo s' intende un disturbo od
una soppressione transitoria di una funzione speciale, per causa di una in-
sufficiente irrigazione sanguigna, legata ad arteriosclerosi (Grasset).
La patogenesi è legata all'ischemia transitoria per rallentamento o sop-
pressione temporanea del circolo, per cui l'organo, non ricevendo il suffi-
ciente pabtUum vitae non si nutre e gli viene a mancare la capacità al diu-
turno lavoro.
L'anatomia patologica del fiuto causale, cioè dell'arteriosclerosi, non me-
rita una distinzione speciale. Sia esssi di origine infiammatoria o degenerativa
è identica tanto nei vasi del cervello quanto in quelli di un arto.
304 P. F. Benigni
A proposito della interruzione funzionale transitoria si potrebbe forse fare
quìstione se la diminuzione temporanea del cìrcolo possa, per via diretta e per
sé sola, essere sufficiente a disturbare od anche a sopprimere la funzionalità
di un organo, oppure se questo disturbo di nutrizione non possa invece riper-
cuotersi sui centri nervosi e di là partire, per via riflessa, il comando d'arresto.
Io penserei, circa la patogenesi della claudicazione intermittente, che
anche se realmente la causa prima del fenomeno sta nel disturbo circolatorio,
esso non possa però aver luogo se non per impulso inibitorio centrale, perchè
la circolazione sanguigna, per quanto necessaria, ha pur sempre una importanza
secondaria in confronto all'impulso nervoso, rispetto all'esplicarsi della fun-
zione di un organo. Infatti se noi ad un arto leghiamo un vaso importante,
l'abolizione del movimento non è istantanea ma graduale e, se può stabi-
lirsi il circolo collaterale, l'abolizione può anche mancare, mentre se inter-
rompiamo la più importante via di conduzione nervosa la paralisi è istantanea
e completa, né vi può essere un pronto compenso per vie collaterali.
Che la funzione di- una data parte dell'organismo sìa principalmente sotto
il dominio nervoso anziché sotto il dominio circolatorio é pure provato dal
fatto che i centri e le diramazioni nervose possono temporaneamente funzio-
nare anche senza nutrimento: ciò si vede quando il cuore della rana pulsa
anche dopo asportato, per vitalità ìnsita nei suoi gangli nervosi ; oppure quando
i vari segmenti dì insetti e di rettili sopravvivono per impulso nervoso, anche
se staccati dal corpo.
Dunque l'ischemia di un organo richiamerebbe per reazione l'impulso
nervoso che ne ordina l'arresto funzionale. In questo nuovo stato l'organo
vive fin che gli é permesso di vivere, lino a quando cioè si esaurisce l'azione
inibitrice o cessa la causa che l'ha provocala. Cosi come avviene p. es. quando
volontariamente vogliamo trattenere il respiro: noi possiamo interrompere la
funzione respiratoria, ma viene il momento in cui, anche contro la nostra
volontà, la funzione riprende. La volontà cosciente tiene qui il posto dell'ini-
bizione incosciente.
Dn organo ìschemìco può continuare a vivere pur non funzionando, men-
tre un organo che, sotto l' impulso nervoso, entra in funzione, necessaria-
mente vive.
Ma forse può anche avverarsi il fenomeno della claudicazione con per-
fetta integrità di circolo, cioè per sola influenza nervosa. Infatti se sì ammette
la claudicazione per semplice spasmo vasale (Crassei), questo spasmo esprime
appunto un fatto di origine nervosa, che può certo avverarsi anche quando le
pareti arteriose siano del tutto sane (angiospasmo nervoso). Gracco afferma
che, seguendo Huchard, si sia data troppa importanza, per ispiegare Vangim
pectoris, agli inspessìmenti delle coronarie, dimenticando cosi ogni altra fonte
della malattia. Crocco stesso ha infatti illustrato due casi in cui la malattia
era nei nervi del cuore, mentre i vasi sanguigni erano perfettamente immuni.
Ma anche dopo questa digressione, mancandomi rautorilà per sostituire
le mie vedute a quelle fino ad ora accettate, mi atterrò, nello svolgimento di
Claudicazione cerebrale psichica? 303
questo lavoro, alla dottrina comune che lega la claudicazione intermittente u
disturbi puramente e primieramente di ordine vascolare.
Dunque il concetto della claudicazione si può trasportare nel campo della
patologia mentale? ossia si può applicare alla funzione cerebrale psichica? A
priori parrebbe che nessuna difficolth logica né materiale vi si opponesse. In-
fatti se una sclerosi di vasi cerebrali può dare la sospensione della funzione
di un'area corticale con fenomeni di ordine motorio (afasia, paresi, paralisi
transitorie, capogiri ecc.), perchè una identica soppressione di circolo nella
stessa zona od in una. zona vicina non potrà dare una sospensione della fun-
zione psichica?
Le aree psichiche, siano distinte dalle motorie, come vogliono le moderne
vedute, o non lo siano, come vuole il concetto classico antico, possono an-
ch'esse andare soggette a disturbi di circolo per lesioni vasali e rispondere
morbosamente con l'interruzione passeggera della loro funzione specifica.
Anche la funzione mentale è, come la motoria, Teffetlo di un lavorio
meraviglioso e coordinato di innumerevoli cellule nervose le quali soffrono per
eventuali disturbi circolatori. Noi possiamo ritenere, fino a dimostrazione con-
traria, che la cellula psichica viva e muoia come la motrice e perciò sia pur
essa passibile di diminuire o sospendere la sua attività di fronte a vicende
fisiopatologiche che ne compromettano, direttamente o indirettamente, la nu-
trizione.
I caratteri peculiari del fenomeno claudicatorio sono, come s'è visto, la
transitorietà di esso, e la sua dipendenza da lesioni vascolari, ma questi fat-
tori sono indipendenti dal genere di funzione, sia essa psichica o motoria.
Rispetto alla patogenesi, legata, come si è detto, ad un disturbo circola-
torio, quando si trasporti il fenomeno nel campo delle malattie mentali, può
essa sussistere identica?
Senza tornare alle idee di Meynert, il quale cercava di spiegare i vari
stati morbosi mentali soltanto coi disturbi del circolo cerebrale, non si può
tuttavia escludere che i processi psichici non risentano gravemente di ogni
patològica modificazione di circolo. Tanto l'aumento dell'afllusso sanguigno
al cervello, come si ha ad esempio nella febbre o per l'azione di veleni che
provocano dilatazione dei vasi cerebrali, quanto la diminuzione dell'afllusso,
dovuto a fatti meccanici o pure a tossici che provocano angiospasmo, sono
tutti fattori che senza dubbio influiscono dannosamente sopra l'elemento ner-
voso, inducendovi alterazioni più o meno gravi e durature. Ma anche e prin-
cipalmente le malattie vasali, che si riscontrano in molte forme morbose
mentali, hanno, come è ^ammesso, una parte importante, diretta o indiretta,
nell'origine delle gravi alterazioni circolatorie, le quali, a loro volta, possono
produrre i disturbi funzionali del cervello.
Queste malattie vasali, che tanta parte hanno nel fenomeno claudicatorio,
possono conseguire tanto ad un eccesso di funzione quanto ad alterazioni del
ricambio acute o croniche. Inoltre l'integrità delle pareli vasali è anche mi-
nacciala dalle impurità del sangue, quali sì possono originare da intossica-
304 P, F. Ben'ujni
zioni e da malattie infettive. Allorché entrano in giuoco queste cause morbose
si può sviluppare anche wn'arteriosderosi giovanile^ Questo fatto ha la sua im-
portanza in quanto se condizione unica e necessaria per l'esplicazione del
fenomeno claudicazione devono essere le lesioni arteriosclerotiche, questa con-
dizione si potrebbe avverare anche nell'età giovanile e presenile, epoche in
cui si manifestano la maggior parte delle forme morbose mentali progressive
0 transitorie.
L'arteriosclerosi però, come si è detto, non è nemmeno l'unica condi-
zione necessaria per l'insorgenza dei disturbi circolatori, perchè questi pos-
sono anche essere dovuti a spasmo o dilatazione vasale, fatti dipendenti da
eccitamento dei centri bulbari e midollari vasocostrittori e vasodilatatori.
Inoltre abbiamo una forma di claudicazione intermittente (di Roth) in
cui entrano bensì come elemento causale i disturbi circolatòri nel tronco del
nervo femoro-cutaneo, ma essi sono provocati non da alterazioni vasali, ma
soltanto da disturbi meccanici (contrazioni muscolari, stazione eretta, ecc.).
Comunque le lesioni vasali del cervello entrano frequentissime ed in
larga misura nel substrato anatomo-patologico delle malattie mentali: sono
veri processi di arterite, di endoarlerite e di arteriosclerosi che colpiscono i
grossi ed i piccoli vasi cerebrali.
In fine le cause prime delle lesioni anatomiche che stanno a base del
fenomeno si confondono in gran parte con quelle stesse che foi^mano l'ezio-
logia di molte malattie mentali.
Infatti tra le cause tossiche dell'arteriosclerosi ricorderò l'alcool, il ta-
bacco, il piombo, la diatesi urica. Fra le malattie infettive sta in prima linea
la sifilide e non raramente le alterazioni vasali che da essa dipendono pre-
sentano caratteri differenziali in confronto di quelle dell' arteriosclerosi senile
tipica. Guadagna sempre maggior terreno l'opinione che anche ad altre ma-
lattie infettive di natura diversa (tifo, scarlattina, influenza ecc.) spetti un'im-
portanza eziologica nell'arteriosclerosi. I veleni batterici e forse anche i bat-
teri stessi sarebbero da considerare in tal caso come l'agente patogeno.
Ed a base eziologica di molte malattìe mentali che cosa troviamo? tro-
viamo appunto infezioni, intossicazioni, avvelenamenti, processi infiammatori,
autointossicazioni, insomma tutto quel complesso di fattori che non solo pre-
dispongon^j all'arteriosclerosi ma veramente la determinano.
Quanto può durare la claudicazione intermittente di un organo? Il con-
cetto della durata della claudicazione o, meglio, della durata della sua causa
(disturbo di circolo) può infirmare il concetto fondamentale del fenomeno?
In altre parole la sospensione della funzione di un organo claudicante deve
essere necessariamente di corta durata e quindi il fenomeno fugace, oppure
può esso durare ore e giorni senza pregiudicare il significato della claudica-
zione intermittente?
Io riterrei che la durata della causa, e quindi del fenomeno, debba avere
una importanza secondaria: infatti accanto a fenomeni claudicatori rapidi,
fugaci, ne furono descritti altri di lunga durata. Cosi per la claudicazione
Claudicazione cerebrale psichica? 305
renale Crocco parla di oscillazioni funzionali rilevabili da un giorno all'altro
e della durata di molte ore. Anche Vangitia pect&ris può durare molte ore.
Né si può dire che la vitalità di un organo claudicante sìa così compromessa
da dovere il fenomeno essere della massima rapidità, poiché un organo può
funzionar male od anche non funzionare, senza cessare per questo di vivere.
Cosi mentre la bradicardia, la tachicardia ed anche l'aritmia possono essere
disturbi dipendenti da claudicazione intermittente del bulbo (Grasset), pure
cuore e bulbo continuano a vivere anche se — come può accadere — la ta-
chicardia, la bradicardia e l'aritmia durano ore e giornate.
Dunque parrebbe che il fenomeno della claudicazione intermittente, con-
siderato in base al suo significato ed alla sua patogenesi, si possa trasportare
nel campo della funzionalità psichica cerebrale, perché le condizioni neces-
sarie per l'esplicazione del fenomeno trovano il loro fondamento anche, e
forse più, nel cervello di molti psicopatici.
Finora ho trattato della claudicazione intermittente come fenomeno a sé.
Vediamo se, in rapporto alla Clinica, sia possibile ravvisare un tale fenomeno
in qualche forma o in qualche quadro nosologico mentale.
Intanto si deve notare come ì disturbi claudicatori cerebrali di ordine
psichico si incontrino già con abbastanza frequenza nel decorso di comuni
malattie mediche. Cosi non è raro notare in individui pletorici, iperlensivi, arte-
riosclerotici delle crisi di vera amnesia -7- espressione negativa di un pro-
cesso psichico — accompagnata 0 no da disturbi motori passeggeri. Vi sono
delle anemie cerebrali, dell'età senile 0 presenile, in cui accanto a emipa-
resi, eraianestesie, cefalalgie ecc., si notano dei veri disturbi allucinalori ed
episodi di confusione mentale più 0 meno grave, dipendenti da arteriti obli-
teranti nei vasi cerebrali ed aventi carattere di vera intermittenza, onde sono
paragonabili alla claudicazione intermittente di Charcot (Brissaud). La
maggior parte delle manifestazioni cerebrali transitorie degli uricemici, dei
gottosi appartengono, secondo Grasset, alla claudicazione intermittente del
ceiTello, il quale ha le sue arterie malate.
Tali manifestazioni sono spesso di ordine motorio ma non raramente
anche di ordine psichico: cosi i deliri nefritici possono essere tali da con-
fondersi con quadri di forme vesaniclie (Jolly e Lecorché). Inoltre Dieu-
lafoy ammette che molti episodi 0 forme di alienazione mentale — delirio
acuto, mania, lipemania ecc. — possano riscontrarsi negli uricemici come
manifestazioni passeggere di lesioni dei vasi cerebrali.
Per alcuni Autori questi fenomeni transitori psichici sono legati diretta-
mente all'elemento tossico, per altri invece il materiale tossico lederebbe
prima i vasi cerebrali, donde le manifestazioni mentali intermittenti dovute
a vera clandicmnone ceretrale.
Rispetto alle vere forme nosologiche mentali si propende ritenere che
Tra lesioni vasali e talune manifestazioni psicopatiche esista relazione di
causa ed effetto e non soltanto di concomitanza. Pertanto le forme in cui
H riscontrano estese e costanti le dette alterazioni dei vasi cerebrali, sono
306 P. F. Benigni
l'alcoolisino cronico, lu paralisi progressiva di origine sifilitica o no, la demenza
senile ed i disturbi mentali legati propriamente ad arteriosclerosi cerebrale.
Nell'alcoolismo cronico si ammette che l'alcool induca alterazioni gene-
rali ed ignote del ricambio le quali si ripercuotano sul sistema nervoso, ma
ciò spiega benissimo la progressiva degenerazione psichica con decadenza
morale, perdita della intelligenza, della volontà, dei poteri inibitori ecc., ma
spiega meno bene quegli episodi di confusione con agitazione psicomotoria
che hanno una insorgenza quasi improvvisa, breve durata e rapida scomparsa
in ammalati ricoverati da mesi o da anni. Si potrebbe pensare ad una repen-
tina entrata in circolo di materiale tossico, donde T effetto impro\'viso, cla-
moroso ed insolito. Ciò non è impossibile, ma è forse meno probabile in con-
fronto di una causa d'origine vascolare, data la costante e larga presenza
negli alcoolisti cronici di lesioni vasali nel cervello.
Nella paralisi progressiva come si devono interpretare quelle crisi che
sono abbastanza frequenti all'inizio e durante tutto il decorso della malattia?
Accanto all'accesso epilettiforme od apoplelliforme con emiplegia, emiparesi
0 monoparesi di corta durata, accanto all'afasia motrice tempoi-anea, alle con-
gestioni del capo, alle vertigini, alle sindromi bulbari affatto transitorie, ac-
canto a questi « attacchi paralitici » di natura motoria troviamo spesso slati
di offuscamento mentale più o meno profondi che compaiono e scompaiono
con la stessa rapidità dei fatti motori, a cui per lo più si accompagnano. Ora
sono molteplici allucinazioni terrifiche che insorgono d'improvviso e portano
ad una pronta confusione mentale con viva agitazione; ora sono impulsi ino-
pinati per cui l'ammalato si precipita minaccioso o esterrefatto; oppure ver-
bigerazione con delirio caotico e disorientamento completo senza perdita della
coscienza; o, in fine, veri arresti psichici con offuscamento e perdita com-
pleta della coscienza, che si accompagnano a veri attacchi motori. Tutti que-
sti disturbi psichici hanno il carattere speciale dell'insorgenza improvvisa o
quasi, della temporaneità è della scomparsa più o meno rapida.
Come i fatti di ordine motorio anche questi ^ attacchi psichici » si po-
trebbero legare a condizioni di stasi o di alterata pressione linfatica (Bian-
chi, Bechterew). Ma anche queste sarebbero ipotesi. Io li riterrei piuttosto
esponenti clinici legati alle speciali condizioni organiche in cui si trova il
cervello dei paralitici, nel quale le lesioni gravi e molteplici degli elementi
nervosi danno ragione dell'andamento progressivo e demenziale della malattia
fino alla completa dissoluzione psichica, mentre le alterazioni vasali, che pure
sono tanta parte della anatomia patologica della paralisi, coi loro processi
progressivi e regressivi, potrebbero spiegare l'insorgenza delle citate manife-
stazioni motorie e psichiche, che per il loro modo éi insorgere e per la* du-
rata farebbero pensare appunto a fatti di claudicazione cerebrale.
Non altrimenti si potrebbe pensare di quei sintomi amenziali che so-
gliono intercorrere nel decorso delle demenze senili. Sono veri attacchi con-
fusionali, come stati di sogno passeggeri, in cui gli ammalali diventano cosi
disorientati da perdere perfino la nozione della propria personalità. A questi
Claudicazione cerebrale psichica? 307
stati confusionali sì possono associare gravi illusioni, agitazione motoria, an-
goscia, spavento e gli ammalati vi restano per lunghe ore, per una giornata
intera e poi, con una certa rapidità, si rassen^nano ricuperando la loro rela-
tiva lucidità. I vasi cerebrali nei dementi senili presentano evidenti altera-
zieni ateromatose nelle grosse e nelle piccole arterie, onde i dijiturbi circo-
latori possono essere di facile insorgenza e portare con sé disturbi intermittenti
d'indole funzionale, tanto più facili in cervelli già debilitati per un processo
di atrofìa diffusa degli elementi nervosi.
I disturbi mentali legati all'arteriosclerosi si confondono con quelli pro-
pri delle forme in cui le lesioni vasali sono gravi e diffuse. Ma vi sono
forme presenili di arteriosclerosi cerebrale in cui, a lato dei fenomeni di
lesione a focolaio e di natura motoria, che insorgono bruscamente e possono
svanire, si notano fatti psichici, pure transitori, come stati deliranti più o
meno gravi, stati depressivi o di agitazione psicomotoria con impulsività. Poi
in breve passa la burrasca e gli ammalati tornano apatici e dementi più di
prima. Stabilendo un parallelo fra L disturbi psichici da claudicazione cere-
brale che si possono osservare nelle malattie mediche e quelli pure intercor-
renti che si hanno nelle vere forme mentali risalta subito la stretta analogia
dei fatti, onde cessa ogni distinzione scolastica ed i quadri in effetto si con-
fondono tra loro, sia che essi insorgano nella frenosi vera, oppure siano sol-
tanto episodi psicopatici di malattie mediche. Cosi per es. quei disturbi allu-
cinatori e quegli episodi di confusione mentale intermittenti che si possono
notare nel corso di affezioni cerebrali senili, cui accenna Brissaud, si pos-
sono paragonare ai disturbi accessuali mentali, agli attacchi confusionali o
amenziali che sogliono intercorrere nel decorso delle vere demenze senili.
Inoltre gli stati deliranti, anche gravi, con allucinazioni gravi a tipo acces-
sionale, che possono insorgere nella forma medica della sifilide cerebrale sono
pure paragonabili a quegli attacchi o crisi di ordine psichico che si sogliono
verificare nella paralisi progressiva, nelle psicosi luetiche od arteriosclerotiche
in genere. I deliri nefritici descritti da Jolly e Lecorcé sono analoghi ad
alcuni disturbi psichici delle vere psicopatie uremiche. E cosi via. Dal con-
fronto, anzi dall'identificazione delle due serie di fenomeni risulterebbe la
possibilità di considerare anche i disturbi accessuali vesanici come veri fatti
di claudicazione cerebrale psichica. A me sembrerebbe che i due ordini di
futti, identici nella loro espressione, si possano ritenere identici anche nella
loro patogenesi, se non sempre nella eziologia, specie quando coesistano le
slesse condizioni (alterazioni vasali) necessarie all'esplicarsi dei fenomeni:
per modo che se i primi — disturbi mentali nel corso di malattie mediche —
sono da ritenersi effetto di claudicazione, anche i secondi — alcuni episodi
acuti intercorrenti nel corso di malattie mentali — si possono pure rite-
nere prodotti da claudicazione cerebrale psichica. Il paragonare, l'identificare
tra loro tali manifestazioni, comprendendole in un ordine di fenomeni rife-
ribili a disturbi funzionali intermittenti, non pregiudica per nulla l'eziologia
di ognuno o di ogni gruppo di essi. L'eziologia infatti può essere varia nelle
308 />. F. Benix^ni
varie forme morbose fondamentali, come sifilitica o d'altra infezione, tossica
per alcool o per altri veleni introdotti o formati dentro l'organismo per alte-
rato ricambio, ecc., ma la patogenesi dei fenomeni intercorrenti può essere
ugualmente quella vascolare, ammessa fin qui per tutti i fatti considerabili
come espressione di claudicazione intermittente di dati organi.
10 crederei però, come ho gih accennato, che non la sola diminuzione
dell' afdusso del sangue ad un organo, cioè l'ischemia, ma qualunque disturbo
del circolo cerebrale transitorio, come l'aumento dell'afflusso sanguigno, possa
portare una claudicazione intermittente di un organo. Ma pur volendoci atte-
nere all'unica causa ischemica devo ripetere come per provocarla non sia
necessaria sempre una lesione vasale: anche stati transitori di grave debo-
lezza cardiaca possono dare ischemìa cerebrale; cosi pure quegli stati emotivi
gravi che producono contrazioni spasmodiche dei vasi cerebrali e che non
sono infrequenti in certe forme psicopatiche. Efletti simili possono anche es-
sere prodotti da veleni circolanti.
11 decorso delle varie malattie cerebrali dipende certamente più dalla qualitii
del sangue circolante, mentre quegli episodi transitori di cui ho parlato è più
facile dipendano dalla quantità, per il modo d'insorgere, la breve durata, la
più 0 meno rapida scomparsa, sebbene anche i tossici possano entrare indi-
rettamente in causa.
A questo punto vorrei azzardare un'altra ipotesi. Quegli acuti sconcerti
psichici che si notano non di rado nella dementia praecox, nella frenosi sen-
soria, i raptus di certi stati melancolici e forse anche certi equivalenti epi-
lettici inon potrebbero essere paragonabili a fenomeni di claudicazione cere-
brale psichica? Qui si tratta spesso di individui giovani, ma noi sappiamo
che l'arteriosclerosi si trova abbastanza spesso in gioventù, quando agiscano
cause tossiche od infettive. Inoltre poco più sopra ho citato altre cause tran-
sitorie capaci di ischemizzare il cervello, onde sarebbe possibile che l'una o
l'altra di quelle potesse intervenire, specie gli stati emotivi e la tossicità del
sangue, che portano angiospasmo cerebrale e che tanta parte hanno nello svi-
lupjio delle forme nosologiche mentali. Infatti nel decorso delle demenze
precoci insorgono, spesso improvvisamente, episodi fugaci dì confusione men-
tale con agilazion(5 per cui gli ammalati, prima tranquilli ed apatici, balzano
in piedi inferociti o spaventati, si avventano sopra un vicino o verso la fine-
stra, rompono vetri e suppellettili, sono in preda a viva emozione, gridano
parole e frasi incoerenti, rifiutano il cibo, si ribellano a tutto ed a tutti.
Poi rapidamente si calmano e, domandati, non sanno dire il perchè di que-
sta improvvisa agitazione, o dicono che si era loro ofliiscata la vista improv-
visamente, che avevano sentilo come un colpo sul capo, mentre ricordano
poco 0 nulla dell'accaduto.
Accessi consimili si notano in vari stali psicopatici giovanili: così un
giovane alcoolizzato, che sofl'riva di queste crisi psicomotorie, diceva che si
sentiva salire « il mercurio » alla testa. Egli una volta tentò afferrare per il
collo l'inferniiere di guardia; altra volta scaraventò piatti e scodelle contro
Claudicazione cerebrale psichica? 300
il muro. Restava confuso ed inquieto per qualche tempo e poi tornava nor-
male, ricordando quello che aveva fatto e riferendolo sempre al « mercurio >
che gli prendeva il cervello.
Per queste pretese forme di claudicazione cerebrale di origine tossico-
emotiva sarebbe forse più esplicativa la ipotesi dell'inibizione centrale, perchè
qui il fatto fisiopatologico che' provoca l'ischemia o, se si vuole, anche la con-
gestione per angiospasmo od angioparesi, potrebbe essere di origine riflessa.
Comunque noi non conosciamo ancora il meccanesimo che presiede allo
svolgimento di molti fenomeni psicopatici, dai singoli episodi accessuali di
cui ho parlato alle vere e ben definite forme nosologiche. Vaghiamo sempre
nel campo delle ipolesi e se fra queste oggi sono le teorie tossiche quelle
che meritano maggior credito, esse tuttavia spiegano abbastanza bene il de-
corso, l'andamento fatale di una malattia ma meno bene le crisi accessionali.
Bisognerebbe per queste immaginare una ondata di tossine entrate in circolo
in tale quantità e di tale potere tossico da sopprimere o deviare la già
compromessa funzionalità della cellula cerebrale, mentre per lo più l'azione
dei tossici da. alterato ricambio, per quanto fatale, è lenta e di lento effetto.
Mi sembra che un disturbo circolatorio cerebrale transitorio, quando
fosse ammissibile, spiegherebbe meglio i disturbi transitori psichici, i quali,
di solito, hanno poca influenza sul decorso della malattia fondamentale.
Si potrebbero conciliare le due vedute col supporre che le tossine, en-
trate in circolo improvvisamente in quantità maggiore del solito, possano
agire direttamente o indirettamente sulle pareti vasali e portare angiospasmo
0 paresi.
Se si potesse ammettere che la causa fondamentale di quei disturbi psi-
chici accessuali di cui ho parlato, risiedesse, come per le motorie, in transi-
tori disturbi del circolo cerebrale, non riuscirebbe poi impossibile considerare
gli stessi disturbi come fenomeni di chmdicazione cerebrale psichica inter-
mittente.
Del resto anche questa è soltanto un'ipotesi.
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310 G. Fichera
Istituto chirurgico della R. Università di Roma, diretto dal prof. F. Durante
Per lo studio della struttura normale e patologica
del sistema nervoso.
Nuovi metodi di indaghine microscopica
per il dottor G. Fiche ra
Lo studio della struUura normale e patologica del sistema nervoso ha
provocato la ricerca di svariati procedimenti di tecnica microscopica. Di guisa
che, in breve tempo, accanto ai metodi fondamenlali, di Ranvier, Heiden-
hain, Golgi, Weigert, Ehrlich, Marchi, Nissl, Apàthy, che lianno por-
tato un vero incremento nello studio dei tessuti nervosi, ne sono stati proposti
molti altri ; i quali costituiscono ora una modificazione, ora un complemento
dei primi.
Il numero veramente notevole dei metodi di preparazione in uso, già,
denota la difficoltà che presentano le ricerche sulla fine struttura degli organi
nervosi centrali e periferici; e la necessità di ricorrere a procedimenti diversi,
per mettere in evidenza dettagli molteplici e minuti.
Però la grande maggioranza dei metodi finora avanzati mira alla dimo-
strazione di un elemento o di un particolare dì struttura ; mentre fan difetto
i metodi atti a porre in rilievo i vari costituenti delle cellule e delle fibre
nervose nella stessa sezione.
Effettivamente i processi d'impregnazione fondati sulla riduzione di sali
metallici, e quelli più recenti detti fotografici, basati su principi analoghi, spesso
mostrano solo la configurazione e i contorni delle cellule nervose e dei loro
prolungamenti, senza rivelarne la intima tessitura. Ed i metodi di colorazione
il più delle volte sono semplici, e indicano parzialmente la struttura delle
cellule e delle fibre nervose; ovvero, non raramente, se policromi, richiedono
procedimenti complicati, lunghi e incostanti.
Date queste condizioni di fatto, mi permetto di esporre brevemente due
metodi di tripla e quadrupla colorazione; i quali pur essendo di semplice e
rapida esecuzione, dimostrano con linzioni elettive i vari costituenti degli ele-
menti nervosi.
E volendo paragonare questi nuovi procedimenti a taluni altri già noti,
enumero prima in modo schematico, quali sono i metodi finora esistenti ; pre-
mettendo che riesce difficile riunirli tutti, perchè sparsi in pubblicazioni e in
periodici numerosi e non sempre diffusi; ed avvertendo che è poco agevole
il distribuirli in categorie con precisione rigorosa. Poiché se per la classifica-
zione si adotta il criterio della unicità o molteplicità di tinzione, si trova che,
processi i quali dovrebbero considerarsi semplici, e impiegati a rendere evi-
dente, mediante una colorazione, un solo elemento, per diflerenza di tonalità
Per lo studio della struttura normale e p(\tolo(jica, ecc., 311
0(1 anche per metacroinasia ne dimostrano altri. Allo stesso modo, se si pre-
ferisce il principio delT affinità di colorazione, si constata che, procedimenti
designati come elettivi per un costituente delle cellule o delle fibre nervose,
non colorano soltanto quello indicato.
Tuttavia, tenendo conto delle difficoltà sopra cennate, si possono dividere
i metodi noti a secondai del numero delle sostanze coloranti adoperate ; ovvero
a ,^econda delle strutture che vengono dimostrate.
1. — Metodi di colorazione semplice, fondati in gran parte sulP azione
delle seguenti sostanze coloranti: carminio, ematossilina, bleu di metilene,
dalia, safrunina, tionina, violetto e verde di metile, nigrosina, bleu di anilina.
Metodi di Ranvier, Heidenhain, Lenhossèk, Gerlach, Lìssauer» v.
Gehuchten e Nèlis, Grenach^r, Aronson, Lustgarten, Sanky, Luys,
Weigert, Wolters, Kaiser, Mallory, Kultschi'tzky, Burckhardt, Meyer,
Beale, Haug, Upson, Nikiforoff, Schmaus, Csokor, Roncoroni, Benda,
Altman, Galli, Platner, Exner, Adamkiewicz, Marchi, Eller, Rober-
tson, Allerhand, Frankel, Sahii, Beneke, Rawitz, Monti, Nicholl, Te-
Ijaniksche, Ilberg, Healdsche, Bethe, Relm, Sadowsky, Stoeltzner,
Schaffer, Jamagiva, SchrOtter, Harris, Johansson, Segali, Cox, Rothig,
Azoulay, Fritsch, Honneger, Znppinger, Vaasale, Benczur, Mercier,
I)onaggio,'Hoinèn, Lugaro, Da Fano, Breglia.
Metodi di impregnazione semplice o doppia fondali in prevalenza sulla
lussazione in acido cromico, o in soluzioni di composti di esso, e la succes-
siva riduzione di sali di argento, mercurio, rame, zinco, cadmio, platino, pal-
ladio, oro.
Metodi di Golgi, Cajal, KoIIiker, Flechsig, Greppig, Ziehen, Obre-
gia, Cox, KalliuB, Tal, Bebizzi, Fusari, Sala, Apàthy, LOwit, Ran-
vier, Cohnheim, Giaccio, Cipollone, Magini, Paladino, Hogganj Raf-
fini, Arnold, Vassale e Donaggio, Upson, Keiffer, Monti, Joris, Nabias,
Marinesco, Lavdowsky, Dèkhuyzen, Rawitz, Bolton e Bari, Schreiber,
List, Mosse, Lev-aditi, Bielschowsky.
Motodo di preparazione semplice al calore. Cappa rei li, per lo studio del
sistema nervoso centrale e periferico, si serve di materiale fresco strisciato
0 dissociato su un vetrino coprioggetti riscaldato alla fiamma, sino a che gli
estremi di esso accennino a fondere.
Metodo di Cappa rei H.
Metodi di colorazione doppia fondali, principalmente, sulla consecutiva o
contemporanea azione di violetlo di genziana ed cosina, ematossilina ed cosina,
ematossilina e benzopurpurina, ematossilina e nero d'anilina, enialossilina e
fucsina, ematossilina ed erilrosina, eiiiato'^silina e carminio, acido picrico e
carminio, indaco e carminio boracico, carminio e bleu di anilina, cosina e
3li G. Fichera
dalia, cosina e verde di melile, nigrosina e dalia, emaleina e bruno di nafli-
lamina, blu di metilene e fucsina, blu di metilene ed eosina, blu di metilene
e safranina, blu di metilene ed erìtrosina, blu policromo e orange-tannino.
nigrosina e acido picrico, fucsina e verde di metile.
Metodi di Goodhall, Fritscb, Stroebe, Ziegler, Duval, Apàthy, Her-
mann, Bolles-Lee e Henneguy, Edinger, Mercier, Kaiser, Sahli, Adara-
kiewiz, Held, Boccardi, Levi, Martinetti, Mann, Medea, Guizzetti, Besta.
Metodi di colorazione tripla fondati, specialmente, sulla combinazione trd
nero d'anilina e picrocarminio; verde di metile e picrocarminio; carminio
d'indaco e picrocarminio; ematossilina, fucsina e acido picrici»; fucsina, orange
e verde di metile; fucsina, orange e blu di anilina.
Metodi di Rosin, v. Gieson, Finotti, Ernst, Mallory,
IL — Metodi per lo studio istologico delle celltde nervose. — Cellule ner-
vose e loro prolungamenti:
a) Metodi di colorazione di Banvier, Schmaus, Loewenthal, Lenhos-
sék. Ève, Held, Rosin, Rehm, Gerlach, Beale, Upson, Nikiforoff, Ho-
yer, Nissl, Orth, Roncoroni, Mallory, Benda, Goodhall, Bewan-Lewis,
Erlitzky, Merk, Holmgren, Fritsch, Rawitz, Allerhand, Gottard, Te-
Ijaniksche, Ilberg, StOr, Honneger, Csokor, Henle e Merkel, Dnval.
Zuppinger, Hermann, Benczur, Griesbach, Apàth3% Bolles-Lee, e Hen-
neguy, Edinger, Luys, Gaule, Jelgersma, Mercier, Martinetti, v. Kah-
Iden, Tassale, Pighini, Bùngner, Rossolimo e Mourawieff, Boccardi
Levi, Mann.
h) Metodi di impr epilazione di Golgi, Cajal, KOlliker, Hoggan,
Schultze, Martinetti, Cox, Callius, Monti, Giaccio, Cohnheim, Ran-
vier, Kallius, Smirnow, Kolossow, Bohm, Sala, Oppel, Berkley, Freud,
Upson, Strong, Keiffer, Kopsch, Schwald, Greppin, Tassale, Obregia,
Tal, Arnold, Vassale e Donaggio, Magini, Flechsig, Ziehen, Dekhuy-
zen, Paladino, Rebizzi, Fusari, Rawitz, Bolton e Bari, Cipollone,
Luwit, Marinesco, Kodis, Schreiber, Ruffini, List, Kronthal, Corning,
Hollenstein, Mirto, Robertson e Macdonald.
e) Metodiy per i reticoli delle cellule nert^ose di Kopsch, Vassale, Be-
the, Apàthy, Joris, Lugaro, Donaggio.
Metodi per lo studio istologico delle fibre nervose, — Cilindrasse:
a) Metodi di colorazione di Heidenhain, Ziegler, Gerlach, Finotti,
Strube, Benda, Schmaus, Sadowsky, Stoeltzner, Johansson, Schwalbe,
Scarparetti, Auerbach, Sargent, Kodis, Chilesotti, Ciaglinski, Czokor,
Vassale, Homen, Medea, Striihuber, Platner, Kaplan, Kadij, Lugaro,
Fajersztain.
h) Metodi di impregnazione : quelli precedentemente citati per le cellule
nervose ed i loro prolungamenti.
Per lo studio della struttura noì^nale e patologica, ecc. 318
Neurofibrilìe. — a) Metodi di colorazione di Kopsch, Apàthy, Don ag-
gio, Cox, Kupffer, Mockenberg e Bethe, Dogiel, Becker, Simon, Tirelli,
Lugaro, Meyer; h) Metodi di impregnazione di Apàthy, Cajal, Bethe,
3Iosse, Levaditi, Nabias, Ziehen, Joris, Bielschowsky.
Neurocheratina. — Metodi di colorazione di Golgi, Platner, Galli,
Beer, Gedoelst, Corning, Besta.
Guaina mielinica, — Metodi di colorazione di Ranvier, Bezzo ni co. Tiz-
zoni, Jakimowitch, Schiefferdecker, Bolton, Ciecharaowski, Bellonci,
Hang, Rossi, Mitropanow, Lissauer, Walsem, Huber, Rabl, Tirelli,
Fischel, Segali, Marchesini, Weigert, Pai, Kultschitzky, Wolters,
Flechsig, Benda, Exner, Finotti, Bing, Ellerniann, Mallory, Bensdoff,
Breglia, Aronson, Allerhand, Ruffini, Frankel, Strfihuber, Lustgarten,
Vassale, Nikiforoff, Mercier, Robertson, Hill, Azoulay, Marchi, Busch
e Rossolimo, Langley, Anderson, Starlinger, Rehra.
Cilindrasse e guaina mielinica. — Metodi di colorazione di Paladino,
Cajal Sahli, Adainkiewicz, Ciaglinsky, Martinotti, Aronson, Held,
Sanky, Luys, Kaiser, Rehm, Wolters, Allerhand, Stroebe, Sargent,
Nicholl, Chilesotti, Besta, Medea, Guizzetti.
Metodi per lo studio istologico della nevroglia, — a) Metodi di colorazione
di Weigert, Kultschitzky, Burckhardt, Sahli, Beneke, Petrone, An-
glade e Morel, Jamagiwa, Labrazés e Letessier, Mallory, Monti, Scaf-
fer, Benda, Mercier, Robertson, Rubaschkin, Held (inedito), Krause,
Aguerre, Wart, Durai, Bartel, Flint, Da Fano; h) Metodi di impregna-
zione : quelli precedentemente citati per le cellule nervose.
Metodi per lo studio istologico del sistema nervoso centrale e periferico
mediante colorazioni « intra ritam », o su tessuti non inclusi, - Metodi di
colorazione di Meyer, Cajal, Catois, Bethe, Ehrlich, Dogiel, Ravenna,
Harris, Segali, Luzzatto.
I due metodi di colorazione che qui espongo, si possono adottare tanto
nelle indagini istologiche sugli organi nervosi centrali, quanto in quelle sul
sistema nervoso periferico. Ma i risultati mip:liori si hanno preferendo il primo
per il nevrasse, il secondo per i tronchi nervosi.
Metodo I. — Fissazione dei pezzi in soluzione di acido cromico o di sali di
t^sso: liquido di Marchi, Flemming, Bayerl, Rabl, Perényi, Fol, soluzione
acquosa di bicromato potassico al 5 per cento, miscela di Miller, di Ehrlich,
di Ortb, di Zenker. Inclusione in paraffina.
Colorazione con violetto di genziana, secondo le formule di Bizzozero: vio-
letto di genziana gm. 1, alcool assoluto cmc. 15, olio d'anilina cmc. 3, acqua di-
stillata cmc. 80; ovvero con la mescolanza di soluzione satura di violetto di genziana
parte 1, e soluzione di cloruro di sodio al 0.75 per cento parti 3000.
Nel primo tempo si può anche colorare con dalia, secondo la formula di Ehr-
lich: soluzione acquosa concentrata di dalia parti 3, alcool assoluto parti 4, acido
acetico parte 1.
314 G, Vichera
Colorazione con soluzione alcoolica di eritrosina: eritrosina gin. 3, alcool a 90^
cmc. 100.
Dopo la prima tinzione si tengono i tagli in alcool sino a che non perdono più
colore ; indi si passano nella seconda soluzione, ove si lasciano 1 o 2 minuti ; poscia
s* immergono per 30 o 40 secondi in alcool leggermente acidulato, mediante acido
idroclorico, a&pettando il momento in cui, avvenuta una tenu€ decolorazione deir eri-
trosina, la sezione assume un brillante color rosa.
In ultimo si diafanizzano e montano i tagli con i comuni metodi.
Tra i liquidi fissatori sono "preferibili le soluzioni cromiche e le osmio-cromiche,
perchè esse, senza manipolazioni speciali, portano il contributo di una terza e di
una quarta colorazione; dimostrando la struttura e le alterazioni degenerative della
guaina mielinica.
Col metodo ora indicato ho studiato casi di tabe, di ematomielia, di
siringomielia, di metastasi neoplasiche spinali. In lutti questi casi ho colo-
rato con il violetto di genziana o con la dalia: i nuclei delle cellule nervose,
delle cellule ependimali, delle cellule di nevro^lia, delle guaine di Schwann,
delle pareli vasali, dei leucociti, delle cellule connetlivali. Mentre con l' eri-
trosina ho colorato il protoplasma dei vari elementi cellulari, le fibrille ne-
vrogliche, i cilindrassi e le guaine di Schwann, il tessuto connettivo fibroso.
La guaina mielinica è rimasta tinta in giallo dall'acido cromico o dai
sali di esso.
L) mielina degenerata, le cellule adipose e i granuli di grasso sono ap-
parsi in nero, per azione dell'acido osmico.
Metodo II. — Fissazione e inclusione come per il metodo già descritto.
Colorazione con emateina: emateina Geigy 1, alcool a 90® cmc. 10, acqua di-
stillata cmc. 100; ovvero con eraallume secondo Mayer: emateina gm. 1, alcool a
a 90^ cmc. 50, allume gm. 50, acqua distillata cmc. 1000, cui si può aggiungere il
20 per cento di acido acetico. Altrimenti si può procedere nel primo tempo colo-
rando con ematossina Delafield: soluzione satura di allume ammoniacale crac. 400,
ematossìlina gm. 4 in alcool assoluto cmc. 25, glicerina cmc. 100, alcool metilico
cmc. 100.
Colorazione con soluzione acquosa di fucsina acida: fucsina acida gm. 1, acqua
distillata cmc. 500.
Colorazione con soluzione alcoolica di orange: orango gm. 3, alcool a 90^
cmc. 100.
Per allestire i preparati, con questo metodo, dopo la prima colorazione con ema-
teina, 0 email urne od ematossilina si immergono i tagli nella soluzione di fucsina
per 1 minuto; indi si lasciano in soluzione di acido fosfomolibdico 1 per cento per
circa 10 minuti, ed anche oltre se le sezioni abbandonano ancora fucsina, o non
appaiono abbastanza differenziate. Per accelerare la decolorazione, conviene rinno-
vare almeno una volta la soluzione fosfomolibdica, tosto che sarà tinta intensamente
per la fucsina di più sezioni.
Il differenziamento riesce anche con soluzione acquosa 1 per cento di cloruro di
anilina; ma in questo caso occorre una più diligente sorveglianza delle sezioni, poi-
ché la decolorazione è relativamente rapida, e non sempre uniforme.
Per lo studio della struttura normale e patologica, ecc. 3i5
L'ultima colorazione con l'orange si compie in 2 minuti, dopo i quali sì tra-
sportano i tagli rapidamente attraverso le vaschette contenenti alcool ordinario, al-
cool assoluto, xilolo. Nei primi due passaggi i tagli lasciano Torange rimasto in
eccesso.; però è necessario non prolungare la dimora dei preparati nell' alcool, perchè
potrebbe avvenire un'intensa decolorazione.
Ho impiegalo questo secondo metodo nello studio della degenerazione e
rigenerazione di fibre nervose periferiche, di alterazioni di tronchi nervosi da
Iraumi, o da compressioni lente e protratte per esostosi, per calli ossei esu-
beranti, per tumori.
In ogni caso i nuclei della guaina di Schwann, delle pareti vasali, dei
leucociti, delle cellule connettivali son rimasti colorali dall' emateina, dal-
Temallume o dall' ematossilina.
Il cilindrasse, lo guaina di Schwann ed il connettivo fibrillare, sono
apparsi in rosso per azione della fucsina.
La guaina mielinica è risultata tìnta in giallo dall' orange.
La mielina degenerata, le cellule adipose ed i granuli di grasso han
presentato colore oscuro, nero ad essi conferito dall'acido osmico.
^ *
Riguardo il primo metodo rammento che, per la colorazione del tessuto
nervoso, l'eritrosina è stata preferita da Held, Boccardi, Holmgren, Besta.
Ma questi Autori l'hanno impiegata in seguito a fissazioni ed assieme a colo-
razioni complementari differenti da quelle da me indicate; onde sorge una
diversità di risultati.
Circa il secondo metodo ricordo che, allo stesso scopo, la fucsina è stata
prescelta da Ernst, Finotti, Ziegler, Levi, Vassale, Kaiser. Però i pro-
cessi degli Autori citati in confronto con quello da me esposto, restano distinti
per la fissazione, per la differenziazione, e per l'associazione con le altre
sostanze coloranti; da ciò derivano effetti differenti.
In entrambi i procedimenti illustrati in questa nota per i fissatori, per
la combinazione dei colori, per il differenziamento, per la successione delle
varie fasi mi son attenuto alìe norme stabilite da Weigert e da Pollack,
e da loro reputate Fndispensabili affinchè un processo di colorazione sia rite-
nuto opportuno ed utile.
Ed invero, sol perchè possiedono gli attributi richiesti, mi sono indotto a
pubblicare i due metodi sopra descritti. Di cui ho ripetutamente constatato:
la elettività delle diverse sostanze coloranti; la molteplicità delle azioni spe-
cifiche sui vari elementi, di cui vengono messi in evidenza i singoli costi-
tuenti; la semplicità di procedimento; la rapidità di esecuzione; la costanza
dei risultati.
316 G. Fichera
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Rivista di Patologia ìiervosa e meìUale - Anatomia 321
RECENSIONI
A.natoinia.
1. A. Qlaimelll, A new method of preserving the centrai nervous system for
morphologic study. — « Journal of mental Pathology », voi. Vili, n. 8.
L'À. propone di usare per gli etudi morfologici, in sostituzione dei comuni fissa-
tivi che presentano qualche svantaggio, una soluzione al 10-15 7o di idrato di cloralio.
Tale soluzione avrebbe il vantaggio di conservare al cervello la consistenza che aveva
air autopsia, facilitando così gli studi di circonvoluzioni e regioni interne (p. e. del-
l'incula della scissura calcarina, del cervelletto). Inoltre tal soluzione non altera il
volume del cervello, non dà evaporazioni irritanti, non macchia, e permette 1* ulte-
riore applicazione di altri metodi. Riguardo alla tecnica suggerisce di liberare accu-
ratamente il cervello dalle meningi, evitando abrasioni e deformazioni artificiali, di
dividere possibilmente i due emisferi, prima di porli nella soluzione, che va cambiata
ripetutamente dopo 6-24-48 ore, fino a che il liquido rimanga chiaro (ripete il cambio
8-10 volte).
Volendo dare al tessuto una certa consistenza sopperisce la formola seguente:
Cloralio idrato gr. 200. Acqua stillata litri 2. Formolo al 10 ""i^ ce. 100.
Turchù
2. M. de Montet, Einige Bemerkungen zur Untersuchung der Ganglienzeìlen
in frischem Zustand. — « Centralblatt fflr Nervenheilkunde und Psychiatrie »,
Bd. 18, N. 238, 1907.
L*A. premesso come sia stato a torto abbandonato o quasi il metodo d^ esame
delle cellule allo stato fresco, che egli ritiene utilissimo per chi dovendo esaminare
le cellule di una regione, deve, senza grave perdita di tempo, determinare tal regione,
come è necessario nelle ricerche sperimentali, descrive un metodo da lui usato, che
egli ritiene ottimo, permettendo lo studio delle cellule in uno stato quasi vitale, e
che consiglia a chi non ha necessità di conservare a lungo il preparato, per la qual
cosa è certamente necessario il metodo di inclusione di pezzi colorati o da colorare.
Il metodo consigliato consiste nel colorare i preparati ottenuti per strisciamento
e dissociazione con una soluzione di rosso neutro in soluzione fisiologica leggermente
riscaldata (30M0°). Cosi si ottiene una bella colorazione del nucleo che è in rosa
scuro, mentre la sostanza acromatica è in rosa leggero e il nucleolo in rosso intenso
come i granuli di Ni ss 1. Il pigmento appare più ricco ed occupa molto spazio nella
cellula: nel protoplasma si osservano granuli molto minuti. Consiglia di compiere
la dissociazione su di un largo portaoggetti riscaldato pure a 85-40^, e di aggiungere
a goccio il colore. Sostiene che le manipolazioni meccaniche necessarie alterano assai
meno le forme cellulari che non i cambiamenti di temperatura, pressione osmotica
che si uniscono agli altri metodi, e che perciò le immagini riescono piìi corrispon-
denti alla realtà. Turchi,
21
322 Rivista di Patologia nervosa e mentale
3. V. Bianchi, Sulle prime fasi dello sviluppo dei centri nervosi nei verte-
brati. — « Annali di Nevrologia », fase. 1-2, 1907.
La esistenza degli spongioblasti afifemiata per la prìma volta da Golgi e da Hii>,
trovò conferma in ricerche ulteriori praticate da diversi autori. Se però si fu in
massima d* accordo neir ammetterne la esistenza e la speciale funzione di tessuto di
sostegno, non lo si fu nella determinazione dell' origine e del modo di accrescimento.
L'A., dopo aver riferito dettagliatamente la letteratura dell' argomento, passa a descri-
vere i risultati delle esperienze personali praticate specialmente su embrioni di pollo.
Per la tecnica VA. trova che l'azione delle soluzioni osmio-bromiche, osmio-bicromiche,
ed osmiche sono di gran lunga superiori alle altre. Tra le sostanze coloranti trovò che
più rispondevano allo scopo la safranina, il rosso magenta, il rosso di magdala ed il
miscuglio di ematossilina e scarlatto. L' A. ha potuto dimostrare la spiccata diversità
degli elementi che costituiscono il canale midollare nei primi stadi di sviluppo, la
esistenza cioè di elementi cellulari allungati in rapporto con le superficie int<erne
ed esterne del tubo midollare, e quella di elementi tondeggianti con poco protoplasma
intorno al nucleo; chiama con His spongioblasti i primi, neuroblasti i secondi. Ri-
guardo alla sede degli spongioblasti trovò che molti sono situati quasi sotto alla
superficie meningea e che mandano all'interno un lungo prolungamento che si perde
alla superficie del tubo midollare, ed all'esterno un breve prolungamento che non
di rado si biforca per raggiungere la superficie meningea. I neuroblasti, secondo l' A.,
oltre al trasformarsi in cellule nervose ed a contribuire alla formazione della nevroglia,
possono ancora subire altre trasformazioni, andare cioè incontro a processo di cariolisi.
Questo fenomeno si può osservare su vasta scala in tutto il sistema nervoso centrale
e potrebbe essere interpretato come un semplice processo di selezione. Non è da esclu-
dersi però la possibilità che il materiaie proveniente da questa lisi nucleare sia uti-
lizzato a benefizio degli altri elementi che costituiscono i centri nervosi.
Sandri.
Fisiologia.
4. O. Polixnanti, Contributi alla fisiologia ed aW anatomia dei lobi frontali, —
Tip. Nazionale. di G. Bertero e C, Roma.
Le ricerche dei vari osservatori sulla funzione dei lobi frontali hanno condotto
alle idee più disparate. In questo lavoro l' A. analizza le opinioni di quanti s' occu-
parono di questo argomento e porta un contributo interessante di fatti sperimentali
allo studio dell'importante questione.
Dalle sue esperienze risulta che facendo nei cani l' ablazione di un lobo frontale,
subilo dopo si vedono questi animali eseguire dei movimenti di maneggio dal lato
sano al lato dove è stata praticata la lesione cerebrale. Tali movimenti non durano
indefinitamente, ma cessano entro un periodo di tempo più o meno lungo e si
possono compiere sia spontaneamente sia anche artificialmente col richiamare l'atten-
zione dell'animale. I movimenti compiuti dal cane, al quale siano stati levati am-
bedue i lobi frontali, hanno sempre il carattere dell'irresistibilità, ossia l'animale
è in continuo moto. Inoltre in molti cani operati si notava un leggero grado di
atassia a carico del lato opposto a quello operato, ma più specialmente a carico
dell' arto anteriore, dove e' era anche una esagerazione del riflesso del ginocchio. Da
Fisiologiu 323
tutto ciò risulterebbe, che i lobi frontali esplicano nn* influenza sui muscoli del
dorso, dei quali sarebbero il vero centro, ma concorrono anche indirettamente ai mo-
vimenti del collo, della testa e degli arti.
Nella seconda parte del lavoro TA. descrive gli effetti fisiologici consecutivi
alle estirpazioni successive di un lobo frontale e di una metà del cervelletto. Que-
ste ricerche furono eseguite in collaborazione con Mingazzini. Gli AA. si propo-
sero di studiare quale influenza esercita T estirpazione del lobo frontale sui disturbi
motori consecutivi alle estirpazioni del cervelletto e viceversa. I risultati furono
molto importanti. L^ ablazione emifrontocerebellare ed emicerebellofrontale omolaterale
si esplicava con atassia ed astenia in ambedue i lati del corpo, in maggior grado
però nel lato delle operazioni cerebellari, e T animale presentava una sindrome
fenomenologica quasi del tutto simile a quella consecutiva all'estirpazione bilaterale
del cervelletto. L'estirpazione emifrontocerebellare (od emicerebellofrontale) contro-
laterale si esplicava con atassia da un lato solo, cioè da quello dell'estirpazione
cerebellare; i disturbi però erano molto piii gravi che in seguito all'estirpazione
isolata del lobo frontale o di una metà del cervelletto.
Poi passa a trattare nella parte terza dell'influenza dei lobi frontali sopra i
processi psichici. Dall'esame dei risultati ottenuti si rileva, che almeno nelle scim-
mie, su cui furono es^uite queste ricerche, i lobi frontali non hanno sopra le ma-
nifestazioni psichiche un'influenza tanto spiccata da essere autorizzati a ritenerli
come la sede delle attività psichiche superiori.
Nella parte quarta espone le ricerche fatte su cani per vedere quale influenza
esercitano i lobi frontali sulla respirazione e sulla pressione sanguigna venendo alle
seguenti conclusioni : il lobo frontale è sede di centri che esplicano una funzione
inibitoria sopra i movimenti respiratori e sulla pressione del sangue; nel bordo fron-
tale della fessura presilvyina esistono centri per l'acceleramento del ritmo respiratorio
e per l'aumento delle escursioni respiratorie e della pressione sanguigna; nella zona
cerebrale, situata fra il margine frontale della fessura presilviana e il margine po-
steriore della fessura frontate posteriore, esistono dei centri, gli uni capaci di arre-
stare la respirazione, e gli altri di aumentare contemporaneamente la pressione
sanguigna.
Infine (parte quinta) descrive il quadro delle d^enerazioni consecutive alla abla-
zione di un lobo frontale. Kel cane operato l'A. riscontrò, per mezzo del metodo di
Marchi, una degenerazione della capsula interna, meno estesa nel segmento ante-
riore, più nel posteriore, e prevalente nella metà ventrale dei tre quarti mediali del
pes peduncoli dei fasci piramidali del ponte e della piramide.
Papadia,
5. H. Renauld, Sensibilité du cerveau aux pressions osmotiques, — « Travaux du
Laboratoire de Physiologie de l'Institut Solvay » t. Vili, fase. 3, 1907.
Una serie di lavori compiuti nell'Istituto Solvay hanno dimostrato che le cellule
del fegato, dei reni, dei polmoni, sono sensibili alle pressioni osmotiche e reagiscono
alle variazioni di queste pressioni. Era interessante di vedere se il cervello, e in special
modo le cellule nervose, presentano la stessa forma d'irritabilità: a tale studio ap-
punto è dedicato il presente lavoro. L'azione delle pressioni osmotiche viene inda-
gata attraverso alle variazioni di volume dell'organo e ai cambiamenti di rapidità della
circolazione: si tratta dunque di fare la pletismografia del cervello in circolazione
324 Rivista Ui Patologia nervosa e mentale
artificiale: questa sì effettua mediante soluzioni di cloruro di sodio a pressione iso-
tonica (0,9 7o)> ipertonica (1,5 %) o ipòtonica (0,6 %).
Sarebbe troppo lungo esporre la tecnica seguita per ottenere le curve pietismo-
grafiche del cervello nelle condizioni accennate : ci limitiamo a dire che Tapparecchio
scrivente viene applicato direttamente ad una breccia praticata nella scatola cranica.
Ecco i risultati principali di questa serie di esperienze, che sono state eseguite
sui cani. Sotto V influenza delle soluzioni ipotoniche si osserva dapprima un aumento
di volume del cervello cui segue una costanza di volume (plateau d*adaptation); la
rapidità della circolazione diminuisce. L^ aumento di volume è dovuto in massima
parte, come dimostra l'esame istologico, al rigonfiamento delle cellule nervose; il
rallentamento della circolazione dipende dalla reazione delle cellule endoteliali dei
vasi, bagnate dal liquido ipotonico.
Sotto l'influenza delle soluzioni ipertoniche il cervello dapprima diminuisce di
volume, soprattutto per il rimpiccolimento delle cellule nervose, poi si osserva un
plateau di adattamento, infine il cervello si rigonfia leggermente, fatto che è do-
vuto all'imbibizione dell'organo e corrisponde alla morte degli elementi nervosi.
La rapidità della circolazione aumenta in rapporto con la diminuzione di volume
delle cellule endoteliali dei vasi sanguigni.
Questi fatti si osservano soltanto se il cervello è ancora vitale : quando esso sia
morto si lascia imbibire passivamente e non reagisce più alla variazione delle pres-
sioni osmotiche ; la circolazione si rallenta progressivamente, qualunque sia la solu-
zione adoperata, a misura che l'imbibizione si accentua.
Facendo circolare alternativamente delle soluzioni ipotoniche ed ipertoniche, il
cervello reagisce ad ogni sostituzione nel modo suddetto, ma le reazioni di volume
non sono sempre le stesse : la seconda o la terza reazione sono in genere più forti
della prima, ma bentosto le variazioni di volume si fanno più deboli, finché si giunge
ad una fase in cui il cervello non reagisce più affatto: sembra che ciò dipenda da
uno stato di esaurimento della cellula nervosa.
I tracciati pletismografici presi separatamente dai due emisferi cerebrali non sono
identici l'uno all'altro: le prime reazioni sono più intense nell'emisfero sinistro che
nel destro ; il maximum di reazione è raggiunto in genere più rapidamente dall'emi-
sfero sinistro che dal destro ; l'esaurimento è più rapido nel primo emisfero che nel
secondo. Questi reperti, sebbene suscettibili di molte critiche, meritano di essere
ricordati perchè potrebbero essere l'espressione di un accenno al diverso valore fun-
zionale dei due emisferi cerebrali che è così marcato nell' uomo. Sarebbe interessante
verificare tale ipotesi estendendo le ricerche a una serie di animali di specie diversa.
Zalla.
iLnatoxnia patologica.
6. M. Luden, Absence dee bandelletteSf du chiasma et des nervs optiques,
Agénéste du corps calìeu^r, du t rigane f des commessure» bianche s antérieure
et posterieure. — « Revue neurologique », n. 24, 1907.
Un bambino di quattro mesi muore in seguito a gastro-enterite, all'autopsia si
riscontra un complesso di malformazioni cerebrali che riguardano massime l'appa-
recchio della visione.
A sinistra manca completamente il globo oculare, si osserva solo al posto suo
una massa fibrosa circondata da tessuto adiposo. I muscoli oculo-motori, benché
Anatomia patologica 325
atrofici sono tutti presenti. A destra esistono tutte le varie parti componenti il globo
oculare, ma la retina è rimasta in uno stato embrionarie e le sue cellule sensoriali
non sono differenziate. Il nervo ottico si continua assottigliandosi per breve tratto
fuori dal globo oculare ; alla sezione si osserva che è composto d* un mantello fibroso
e di una grossa arteria centrale obliterata per un processo dì endoarterite cronica.
Osservando T encefalo colpisce la piccolezza del cervelletto^ la mancanza completa
del chiasma, delle benderelle ottiche, dei nervi ottici e del corpo calloso. Praticando
dei tagli orizzontali si osserva che il cervello è di consistenza inferiore alla norma,
che i limiti tra la sostanza bianca e la grigia sono poco distinti. Le cellule nervose
sono abbastanza ben conservate, ma le piramidali medie e le polimorfe sono notevol-
mente diminuite di numero; la scarsità di queste cellule unitamente allo stato va-
cuolare della corteccia sembra essere in relazione con la mancanza di sviluppo del
corpo calloso.
In vicinanza del globo oculare si nota una cavità tubolare le cui pareti sono
costituite da due strati paragonabili a quelli della lamina intema della retina.
Questa formazione rappresenta le vestigia del peduncolo ottico primitivo. La presenza
di un abbozzo di retina e dei residui embrionari della vescicola ottica primitiva
dimostra che T assenza del chiasma e delle benderelle ottiche dipende da un arresto
di sviluppo avvenuto circa al terzo mese della vita uterina. I nervi cranici hanno
aspetto e rapporti normali. I tubercoli quadrigemini sono male differenziati, manca
la ghiandola pineale. Sandri
7, A. Benedetti, Contributo allo studio delle alterazioni del corno d'Ammone
negli epilettici e del loro probabile significato, — « Annali del Manicomio
di Perugia », anno I, fase. 4.
E noto come le alterazioni del corno d^Ammone siano state riscontrate molto
frequentemente nei cervelli degli epilettici. L'A. partendo dal concetto che secondo
diversi ricercatori, fra i quali il Luciani ed il Flechsig, nel corno d'Ammone
sarebbe localizzato un centro olfattivo, ha voluto stabilire se veramente negli epi-
lettici si trovino dei perturbamenti del senso dell'olfatto che possano eventualmente
essere messi in relazione con la lesione del corno d' Ammone. Nel S4 ^/^ degli epilet-
tici esaminati il senso delP olfatto è stato trovato prevalente a sinistra.
Strigo,
8. Oh. Ladaxne, Quelques considérations sur la syphilis cerebrale diffuse, —
« Encéphale », n. 10, 1907.
L'A. passa in rapida rivista la letteratura della paralisi generale e della sifilide
cerebrale diffusa. Tratta diffusamente delle alterazioni anatomiche di queste due
forme morbose, osserva che le note istologiche caratteristiche di queste due affe-
zioni non sono state sinora così precisamente delineate da poter sempre permettere
di differenziare una forma dall'altra. Clinicamente la sifilide cerebrale diffusa ha
dei caratteri che le sono propri, ma ne ha pure alcuni che sono comuni con altre
forme di lue cerebrale e con la paralisi generale.
Dopo aver illustrato dal lato clinico ed istologico un caso di sifilide cerebrale
diffusa, l'A. dimostra che la diagnosi anatomica differenziale tra le due forme mor-
bose suddette si deve basare sopratutto sulle caratteristiche delle alterazioni vasali.
326 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Nella paralisi progressiva si ha un' iovasione leucocitaria della gaaioa linfatica peri-
vascolare. Nella sifilide cerebrale diffusa si ha una infiltrazione delle pareti vasali^
dovuta in parte alla proliferazione delle cellule • fisse del- tessuto connettivo, delle
cellule muscolari e delle cellule endoteliali, ed in parte all'invasione linfocitaria
delle pareti vasali. Queste alterazioni portano alla obliterazione del lume vasale ed
hanno l'apparenza di una infiammazione banale che non ha nulla di specifico. Per
affermare l'origine specifica di queste lesioni si deve ricorrere ad argomenti più gene-
raliy alle lesioni degli altri organi, all'insieme clinico ed anatomico del caso, o alla
presenza dell'agente microbico nel tessuto alterato. La sifilide cerebrale diffusa è
dunque una meningo-encefalite interstiziale diffusa. Sandri,
9. Q. Pemsini, Ueher besondere Abbauzellen des Zentralnervensystems. — «Folia
neuro-biologica », 1908, n. 3.
L'A. tratta in questa nota di speciali cellule di disfacimento del sistema ner-
voso centrale non ancora descritte, che egli tende a mettere in rapporto con le forme
degenerative dei plasmatociti. Queste cellule colorate col metodo di Nissl si con-
traddistinguono per il loro speciale aspetto morfologico ; per l' aspetto vitreo, per la
speciale rifrangenza alla luce, talora per una lieve metacromasia ; hanno grandezza
variabile e forma variabilissima. Il mezzo più semplice per differenziarle da altri
simili elementi è quello di colorarle con il metodo di Best per il glicogene. Sia la
colorazione di Best, sia il modo con cui questi elementi si comportano di fronte ai
comuni mezzi di fissazione, permettono di distinguerli dalle cellule granulo-adipose.
Questi elementi si trovano in processi cronici e di speciale gravità: paralisi
progressiva, meningite tubercolare, rammollimenti cerebrali, ecc. È possibile secondo
l'A. che esistano speciali rapporti fra le forme terminali di questi elementi ed i cor-
puscoli amiloidi. Papadia,
10. Olarence B. Farrar, On the Phenomena of Bepair in the cerebral cortex —
A study of mesodermal and ectodermal activities following the tntroduction
of a foreigìi body, — « Nissl's histotologische und histopathologische Arbeiten »,
Bd. 2, S. 1.
L'A. ha eseguito questo studio sui conigli introducendo nel loro cervello un pic-
colo dischetto di midollo di sambuco : i fenomeni osservati con maggiore attenzione
ed estensione sono quelli che si verificano nelle prime ore dopo l' operazione e nei
primi giorni : l'A. crede che in queste epoche si palesino i fatti più interessanti,
tanto che muove appunto al recente riassunto del BOrst in argomento di avere co-
minciato i suoi studii in epoca troppo avanzata (4** giorno). Come del resto lascia
già supporre il titolo del lavoro, sono dei fenomeni quasi esclusivamente studiati quelli
a carico degli elementi di origine mesodermica : è però fatta menzione dei fenomeni
regressivi che si presentano nelle cellule nervose : ma non si trova alcun accenno a
eventuali fatti di rigenerazione del tessuto nervoso.
I processi che appaiono in seguito all' introduzione di corpo straniero asettico nel
cervello possono essere distribuiti in tre periodi.
1) Periodo passivo che arriva fino alla 24* ora dopo l'operazione: aumento di
corpuscoli bianchi provenienti dal sangue: rare Mastzellen probabilmente derivanti
dai leucociti (eosinofili?) e Plasmazelìen che rappresentano una modificazione dei lin-
Anatomia patologica 327
fociti: tra qnesti ultimi e le giovani Plasmazellen si osservano talora delle forme mito-
tiche. I leucociti spariscono in breve; alla 24^ ora si trovano già miriadi di forme
regressive di essi; tuttavia non si può negare che durante il tempo di loro presenza
possano adempiere anche ad un ufficio di fagocitosi , ma le vere cellule che hanno
spiccata questa proprietà sono le Gitterzellen che compaiono soltanto verso il termi-
nare di questo primo periodo. I leucociti possono anche moltiplicarsi nel tesssuto dove
si sono accumulati. Dalle sue osservazioni TA. crede di poter negare che questi ele-
menti sieno suscettibili di trasformazioni ulteriori a quelle che danno luogo alla
formazione di Mastzellen e di Plasmazellen. I primi processi proliferativi si osser-
vano nella pia madre della quale gli elementi connettivali proliferano : fino dalle
prime ore si trovano in questa membrana Mastzellen e Plasmazellen : poscia si svi-
luppano fihrohlasti e Gitterzellen che rappresentano modificazioni delle cellule ori-
ginali del connettivo.
Al cominciare del secondo giorno si può dire che cominci il secondo periodo o
periodo della proliferazione. Gli elementi ematogeni cominciano a scomparire» mentre
i fibroblasti e le fibre collagene tendono ad avanzarsi dalla pia ed invadere la ca-
vità della cicatrice : nella pia madre si trovano numerose Plasmazellen : poco a poco
queste formazioni mesodermali arrivano a circondare tutto il corpo straniero: fibro-
blasti derivano anche dai capillari della sostanza cerebrale : compaiono a quest'epoca
anche numerose cellule giganti che vanno rapidamente aumentando di numero.
I vasi offrono pure delle modificazioni : proliferamo i loro elementi endotelialì^
che poscia si dividono e si allungano in vario senso, dando luogo, con meccanismi
che sono nel lavoro dettagliatamente illustrati, a nuovi capillari. La nevroglia offre
pure dei fatti di proliferazione, sopratutto si trovano numerosi i cespi di nevroglia
{Gliarasen di Nissl: Glia nebulae dell'A.). Fino a questo punto — 4 settimane dopo
r operazione — non si vede alcun elemento di origine ectodermica che abbia oltrepas-
sato la guaina formata dai suddescritti elementi d'origine mesodermica.
L' ultimo periodo è caratterizzato da fatti di involuzione.
Importanti sono nel lavoro i passi che riguardano V origine di parecchi degli
elementi mesodermali descritti e la loro funzione.
Per le Plasmazellen viene ammessa, forse con troppa facilità, la loro origine
^dai linfociti del sangue: TA., che pare non abbia nella dovuta considerazione i lavori
che contraddicono questa ipotesi, aggiunge in realtà argomenti ne nuovi né incon-
trovertibili in favore della propria tesi ; bisogna anche notare che per V identifica-
zione dei plasmatociti vengono presi in quasi esclusiva considerazione i caratteri
nucleari il che, per parecchie ragioni che sarebbe qui fuori di luogo svolgere e che
sono messe in bella evidenza nel lavoro di Veratti sulF « Origine delle Plasmazellen »,
può essere meno opportuno.
Le Gitterzellen derivano secondo FA, dalle cellule dell' endotelio vasale : infatti
esse non compaiono che allorché si è iniziata la proliferazione di questo: nei primi
stadii sono intimamente attaccate alle pareti del capillare e talora si possono sorpren-
dere cellule che hanno i caratteri delle Gitterzellen che si sporgono dalle pareti
vasali. Nella pia si possono con la migliore evidenza seguire gli stadii di trasfor-
mazione.
Del resto l'A. ammette una certa parentela tra fibroblasti e cellule endoteliali.
Infatti parlando della neoformazione di capillari scrive «.... i fibroblasti delle pareti,
gli elementi intemi che sono senza dubbio endoteliali e le cellule esterne simili a
quelle dell'avventizia, sono apparentemente nuli' altro che forme modificate di un
328 Rivista di Patologia nei^osa e mentale
solo tipo cellulare e derivano dalla semplice serie di fibroblasti fnsati che delimitano
in orìgine lo spazio dove si svilupperà il vaso nuovo » e più oltre « noi dobbiamo
considerare le così dette cellule del T. connettivo come si trovano nella pia come
strutture elementari, forme specializzate o modificate delle quali si presentano come
fibroblasti j Gitterzerlenj cellule giganti, cellule vagali endoteliali avventiziali.
Di questi elementi le tìitterzellen hanno funzione prevalentemente fagocitarìa, le
cellule giganti riempitiva, i fibrobasti sono legati alla formazione di vasi nuovi e
alla produzione del tessuto collageno.
Un reperto negativo merita di essere messo in rilievo cioè l'assenza in queste
cicatrici di Stàbchemellen {Rod-like cells),
0, Bossi,
11. A. Devaux, Etude histologique des foyers de nécrose de Vécorce cerebrale. —
« Nissl's histologische und histopathologischen Arbeiten », Bd. 2, S. 115.
L'A. ha prodotto dei focolai circoscritti di necrosi, nel cervello di conigli, af-
fondandovi un ago riscaldato.
Gli elementi dei quali egli si è più occupato nel suo minuzioso studio sono
quelli nervosi. Egli, con qualche vivacità, comincia dal sostenere che del vocabolo
cromatolisi si è fatto un grande abuso: che il fatto dell'alterazione delle zolle ti-
groidi è un'apparenza banale che si riscontra nelle più svariate affezioni: anche la
distinzione tra cromatolisi periferica e centrale non ha molto valore. Da ciò la
necessità di studiare attentamente tutte le altre parti della cellula nervosa : secondo
uno studio di questo genere l'A. è condotto ad assegnare alle lesioni brusche ed in-
tense della cellula nervosa il seguente quadro : il nucleo diviene omogeneo, le varie
parti del reticolo di linina sì disgregano e si distribuiscono nella massa nucleare
sotto forma di granuli : il nucleolo è più resistente, esso conserva i suoi caratteri ed
i suoi rapporti coi corpuscoli polari presso a poco fino a quando la cellula è scom-
parsa. Poco a poco i nuclei si fanno sempre più chiari, i granuli si dissolvono e spa-
riscono nel tessuto ambiente. In stadii ulteriori i nuclei di quelle cellule che sono
destinate a sparire si ingrandiscono considerevolmente: la membrana diventa meno
visibile, meno regolare, il suo contenuto diviene più chiaro, finisce per sparire ed
infine della cellula non resta che una specie di ombra.
Il protoplasma si modifica in modo assai variabile; il più spesso appaiono in
esso dei vacuoli: una speciale alterazione ha trovato l'A., in alcune cellule, che è
assai simile alla kronische Erkrankung di N issi e solo ne differisce pel fatto che
il protoplasma è completamente omogeneo.
Speciale attenzione è dedicata alla descrizione della metamorfosi che subisce
quella incrostazione, ora a granuli ora ad ammassi, che talora il metodo Nissl mette
in evidenza intorno alla cellula nervosa e che l'A. considera senz' altro, come ipotesi
non soggetta a dubbio alcuno, l'equivalente della rete extracellulare descritta da
Golgi.
Poco è detto degli elementi di origine mesodennica : per le Plasmazellen, Git-
terzellen l'A. parteggia, con fede di discepolo, le vedute di Nissl. Sopratutto l'A.
vuole mettere in evidenza che i leucociti nelle lesioni della sostanza cerebrale non
hanno affatto funzioni fagocitarie.
0. Bossi,
Anatomia patologica 329
12. Wi8^7e, Etne Neuhildung des verlàngerten Markes mit kliniachen und ana-
tomisehen Besanderheiten, — « Deutsche Zeitschrìft fflr NervenheilkuBde »,
Bd. 34, H. 2, 1908.
Ecco in breve la sintomatologia offerta dal paziente al quale il lavoro si rife-
risce: dolorabilità alla pressione ed alla percussione delle regioni temporale, parie-
tale e occipitale di destra, ipoosmia bilaterale, ma prevalente a sinistra; neurite
ottica bilaterale, più accentuata a destra; limitazione (per paresi) dei movimenti dei
bulbi oculari verso sinistra; reazione pupillare torpida ; assenza bilaterale del riflesso
corneale; ipoestesia ed ipoalgesia nel territorio del trigemello sinistro; lieve paresi
del facciale inferiore di sinistra; diminuzione dell'udito da ambo i lati, a sinistra
più che a destra; emiparesi degli arti a destra; ipotonia bilaterale delle estremità
inferiori; atassia cerebellare con asinergia; acceleramento del polso. Data questa sin-
drome morbosa, fu stabilita la seguente diagnosi, che gli ulteriori reperti dimostra-
rono erronea: lesione a focolaio, probabilmente neoformazione, nella fossa cranica
posteriore, con punto di partenza nel cervelletto o nell'angolo ponto-cerebellare,
estesa in prevalenza dal lato sinistro. Non fu esclusa in modo assoluto la possibi-
lità di un idrocefalo acquisito.
La puntura e la trapanazione del cranio dettero esito negativo. L' ammalato morì
circa un anno dopo la comparsa dei primi disturbi. All' autopsia fu riscontrata la
presenza di una neoformazione che percorreva il midollo allungato nelle sue parti
centrali, sporgendo verso il quarto ventricolo; essa si estendeva in senso caudale fino
air incrociamento delle piramidi, in senso craniale fino a circa 3 cm. dall' orlo poste-
riore del ponte; dall'esame macroscopico non era possibile stabilire se e quanto il
tumore si estendesse nel cervelletto.
Lo studio istologico, che fu praticato sul midollo spinale, il bulbo e il tronco
cerebrale e di cui l'A. riferisce con molta accuratezza i risultati, dimostrò trattarsi di
xin gliosarcoma ricco di vasi, caratterizzato dalle seguenti particolarità : la ricchezza
di fibre di nevroglia ben differenziate, le metamorfosi regressive e, fatto molto raro
trattandosi di un glioma, l'esistenza di un certo incapsulamento, sì da aversi un
confine abbastanza netto tra le parti sane e quelle invase dal tumore. Nella vici-
nanza di questo si era svolta una attiva proliferazione di cellule di nevroglia, con
proliferazione reattiva del tessuto della pia e dei vasi piali. Il midollo allungato era
uniformemente ingrossato per l'aumento della nevroglia e l'edema del tessuto.
Tra i sintomi clinici presentati dal paziente quelli più difScilmente spiegabili
sono i disturbi unilaterali di diversi nervi encefalici, la emiparesi destra delle estre-
mità e il fatto dell'essere prevalenti a sinistra la papilla da stasi e l' ipoosmia:
«videntemente la pressione cerebrale, che può spiegare alcuni di questi fenomeni, era
più forte a sinistra che a destra, come dimostravano anche le modificazioni reattive
4ella pia e del plesso coroideo, ma sfugge la causa di questa differenza tra i due lati.
Zalla.
K'evropatologia.
13. M. Oourtellemont, Paraplegie spasmodique familiaìe. — «Revue neurolo-
gique». n. 16, 1907.
Esame clinico di un uomo di 51 anni affetto di paraplegia spastica familiare.
La madre, la sorella ed un fratello sono affetti dalla stessa malattia. I primi sintomi
33Q Rivista di Patologia nervosa e mentale
insorsero in modo subdolo da circa quindici anni, e continuarono con decorso lento
e progressivo. L'ammalato presenta disturbi uro-genitali e vasomotori, paresi dello
orbicolare sinistro, senza alterazioni della sensibilità degli organi dei sensi, della parola,
della intelligenza, senza atrofie muscolari o disturbi della reazione elettrica, senza leu-
cocitosi cefalo-rachidea. L'A. dopo aver discussa la diagnosi, e fatta rilevare Vassenza
della consanguineità, e T inizio tardivo della malattia (85, 49, 50 anni) nei tre
membri della stessa famiglia, insiste su tre particolari poco o punto conosciuti in
questa forma morbosa: il lagoftalmo, la presenza dei disturbi uro -genitali, ed il
risultato della puntura lombare. Quesf ultimo dato, che dimostra la mancanza d'una
reazione meningea, conferma resistenza di una lesione unicamente fascicolare.
Sandri,
14. F. Rasrmond et F. Rose, Myopatie pseudo-hypertrophique des nwllets et de
ceintures scapulaires ; atrophie du grand pectoral. — « Nouvelle Iconogra-
phie de la Salpètrière », n. 3, 1907.
Gli AA. vogliono dimostrare una volta ancora che tutte le forme di miopatia,
anticamente descritte come forme speciali, possono combinarsi e confondersi tutte
in uno stesso ammalato. Riportano il caso clinico di un ragazzo in cui i muscoli
della gamba presentavano V aspetto caratteristico della paralisi pseudo- ipertrofica, il
deltoide, sottospinoso e grande dentato una notevolissima ipertrofia, il grande petto-
rale una atrofia spiccata. Esisteva pure ipertrofia dei grandi obliqui dell' addome
e del vasto esterno della coscia destra. L'aspetto dell'ammalato, la mancanza dì
contrazioni fibrillari, di reazione degenerativa, di disturbi agli sfinteri rendevano
certa la diagnosi di miopatia. Il caso è interessante perchè offre riuniti vari degli
antichi tipi di miopatia e cioè: il tipo pseudo-ipertrofico di Duchenne (muscoli
della gamba), il tipo Zimmerlin (atrofia del grande pettorale) ed il tipo giovanile
di Erb. Sandri,
15. L. Battistelli, Un caso di pseudo peritonite isterica, — «Annali del Mani-
comio provinciale di Perugia », anno I, fase. 3-4.
•
Una donna ammalò ai primi del febbraio u. s. improvvisamente presentando
febbre, conati di vomito e dolori diffusi in tutto l' addome. In pochi giorni tali sin-
tomi andarono aggravandosi e venne a stabilirsi il quadro completo di una peritonite.
Temperatura 39.1; polso a 120, filiforme, malgrado le ripetute iniezioni di caffeina;
vomito costante e tenace, singhiozzo insistente, dolori intensi alla regione addominale,
che si presentava enormemente distesa, dura, timpanitica; alvo chiuso. Respiro corto,
frequente, superficiale. Mancava solo la facies hyppoòratica. Le condizioni della
malata andarono ben presto peggiorando, in modo da aspettarsi da un momento
all'altro una catastrofe. Dopo quattro giorni di malattia il medico, una mattina,
mentre si aspettava di dover constatare il decesso dell' inferma, se la vide venire
incontro, ridendo, completamente guarita.
L'A. riporta le indagini da lui fatte sui precedenti della donna e l'esame psi-
chico di essa, da cui si rileva un numero assai scarso di stigmate isteriche. Ciò
nondimeno non può cader dubbio sulla natura isterica della malattia da essa pre-
sentata, specie per il modo rapidissimo quasi istantaneo con cui avvenne la crisi, in
seguito ad una visione mistica che la donna dice di aver avuto e per avere nei
NevropQtologia 331
giorni precedenti alla sua malattia continuamente assistito una giovinetta morta
per peritonite tubercolare.
In questi casi in cui manca assolutamente qualsiasi dato anamnestico ricor-
dante r isterismo è assai difficile formulare una diagnosi precisa, mancando affatto
ogni criterio differenziale. Strigo.
16. J. Dejerine, A propos de l'agnosie tactile. — « Revue neurologique », n. 15, 1907.
L' A. ritoma sull'argomento, già altre volte discusso, confutando le teorie emesse
in proposito da Max Egger (La fonction gnosique, Revue neurogique n. 9, 1907).
Per aver la nozione chiara di un oggetto è necessaria, sia V integrità deir apparec-
chio sensitivo e sensoriale periferico, sia T integrità dell'intelligenza. L'A. non ha
mai osservato casi di agnosia in cui non esistessero alterazioni della sensibilità o
dell'intelligenza. Max Egger vuol dimostrare che la perdita della nozione della
forma degli oggetti non deve attribuirsi a disturbi della sensibilità tattile, ma a
disturbi dell'associazione. L'A. osserva che i casi illustrati da Egger non possono
in nessun modo sostenere la sua teoria peròhè in essi si osservava un notevolissimo
ingrandimento dei circoli di Weber, la normalità dei quali è necessaria perchè ci si
possa fare un concetto esatto della fonna degli oggetti palpati. Per dimostrare la
esistenza di questa nuova varietà d' agnosia bisognerebbe trovarla in soggetti in cui
la sensibilità periferica fosse assolutamente normale ed intatte le immagini mnemo-
niche e l'intelligenza. Così pure l'A. nega l'esistenza di un'afasia tattile. Se gli
ammalati pur conservando la facoltà di riconoscere alla palpazione la natura, la pro-
prietà, l'uso degli oggetti che tengono in mano non possono indicarne il nome, si
devono chiamare afasici motori; ma quando gli ammalati non sanno indicare il nome
degli oggetti perchè la sensibilità periferica è insufficiente a dare loro una nozione
esatta di essi, non si può parlare di afasia, ma solo di agnosia o asimbolia tattile,
poiché il disturbo sta nel riconoscimento dell'oggetto e non nel linguaggio.
Sandri.
17. M. RoBenfeld, Ueber einige AusfalUsymptomen bei Verletzungen dea ìinken
Grosshirnhemisphàre, — « Centralblatt fiir Nervenheilkunde und Psichiatrie »,
Bd. 18, N. 240, 1907.
Poiché generalmente si sovrappongono a sintomi da focolaio sintomi secondari,
sì posson prestare per separare i sintomi afasici, transitori, dai sintomi di difetto
dovuti a lesione della regione del linguaggio, talora durevoli, i casi di afasia trau-
matica, sebbene tal separazione non sia facile, essendo possibile la confusione dei
cintomi di difetto con sintomi demenziali, indotta tal confusione anche dall'abitu-
dine nostra di intendere la parola come un meccanismo che si pone a disposizione
dell'intelligenza, sènza esseme parte essenziale. L'A. presenta due casi nei quali
jsi è verificato un trauma grave con frattura della regione del cranio sovrastante alla
legione del linguaggio, seguita nell'un caso da non grave commozione cerebrale (per-
«lita della coscienza durata alcune ore) mentre nell'altro caso mancò ogni segno di
commozione, tanto che il colpito volle continuare alle proprie occupazioni. Nei due
casi si presentò afasia transitoria, ma dopo il ristabilimento della funzione della
parola rimasero numerosi sintomi di difetto di natura psichica. Oltre a incapacità
di attenzione verbale, incapacità di ritenere cose lette, difficoltà della lettura, lentezza
332 Rivista di Patologia nervosa e mentale
nel trovare i vocaboli, difettosa riproduzione di serie (alfabeto, nameri) era notevole
l* incapacità di riprodurre verbalmente concetti geometrici e trigonometrici in pre-
cedenza assai familiari ai pazienti.
Era avvenuta una lesione dei lobi temporali, lesione di cui non si può precisare
la entità, ma che presumibilmente non è grave, data la guarigione e la mancanza
di sintomi da parte della capsula interna. Sintomi parafasici si riscontrano anche
in casi di commozione cerebrale (trascurabile o mancante in questi casi) né è certo
se sintomi di difetto si presentino solo per lesione del lobo temporale sinistro o anche
per lesione altrove localizzata, anche sull* emisfero destro. Inoltre sintomi di difetto
posson riscontrarsi anche senza concomitante afasia, e pure di tal complesso sinto-
matico r À. descrive un caso, ricordando ancora come sono possibili alterazioni della
capacità di attenzione anche nelle cosiddette afasie sensorie transcentrali. L'A. con-
clude che nei tre casi da lui illustrati non debba ritenersi che il complesso sinto-
matico sia complesso demenziale, sebbene non sia possibile stabilire se non tutto il
cervello abbia primariamente o secondariamente sofferto per il trauma. Sostiene
quindi che nei casi si tratti di sintomi di difetto, d'origine traumatica, dovuti a
lesione della regione del linguaggio.
Turchi,
18. P. MiUau, Forme bulbaire de la paralysie generale (syndrome du vague ti
d^angoisse), — « Le Progrés Medicai >, année XXXVII, n. 14, 1908.
A lato delle forme puramente cerebrali della paralisi progressiva generale sono
state descritta delle forme spinali, in cui lesioni precoci del midollo o del bulbo
danno dei sintomi mielopatici vari. Klippel distingue, tra le forme spinali, la ta-
betica, la forma di sclerosi laterale o spasmodica, la amiotrofica e la bulbare, di cui
distingue due varietà: quelle a forma di paralisi glosso-labio-laringea e quella a
forma di morbo di Basedow. L'A. illustra un caso di paralisi generale a forma bul-
bare che non rientra nella varietà descritta da Klippel, ma in cui ciò non di meno
un gran numero di sintomi imprimenti alla malattia un carattere e una gravità spe-
ciale rivelano una localizzazione bulbare. Si trattava di un'individuo di 30 anni,
che aveva contratto la sifilide 10 anni avanti, il quale a lato dei sintomi classici
della paralisi progressiva presentava delle alternative di scialorrea e secchezza della
bocca, delle crisi di vomito con digestione diflìcile, palpitazioni, tachicardia e dispnea
permanenti. Questi fenomeni prendevano nel decubito orizzontale un'intensità straor-
dinaria e s'accompagnavano a una sensazione di costrizione alla gola e d'angosciasi
grave che il malato doveva alzarsi precipitosamente per respirare. Tali sintomi non
potevano essere in relazione che con un'alterazione del nucleo del pneumogastrico
che presiede alla funzione dei tre visceri gastrico, polmonare e cardiaco. A questi
sintomi pneumogastrici bisogna inoltre aggiungere le crisi parossistiche d'angoscia che
sopravvenivano indipendentemente da qualsiasi manifestazione psichica e con tutti i
caratteri delle crisi d' ansietà parossistica pura descritte da Brissaud nelle affezioni
bulbari. L'A. insiste sul carattere di gravità che assume questa forma di paralisi
generale e sulla sua evoluzione rapida tosto che si manifesta la sindrome del vago.
Strigo,
Psichiatria 333
Psichiatria.
19. Th. Zahn, Ahute Hautablòsungen bei progresstver Paralyse. — « AUgemeine
Zeitschrift far Psychiatrie », Bd. 64, H. 4, 1907.
Che nella paralisi progressiva si osservino non di rado svariate alterazioni trofiche
della ente è un fatto già da tempo noto ; ma lo stadio di questi fenomeni è sempre
interessante, in special modo in rapporto con la questione del significato del così
detto decubito acuto. Dopo aver accennato, in base alla letteratura, quali siano le
forme di lesione cutanea osservate in unione con la paralisi progressiva, VA, porta
un contributo di 11 osservazioni personali che divide in quattro gruppi : nel 1** gruppo
descrive 7 casi di lesioni cutanee comparse poco tempo prima della morte, per lo
più precedute da una alterazione delle condizioni generali; nel 2^ sono compresi due
casi in cui dette lesioni comparvero a grande distanza dalla morte, senza apprezza-
bile alterazione dello stato generale ; nel 3° e nel 4® gruppo accenna a due casi, uno
di herpes zoster, T altro di edema associati alla paralisi progressiva.
Prescindendo da questi due ultimi casi, sui quali non insìste in modo speciale,
l' A. osserva che le ricordate lesioni cutanee, consistenti per lo piti in forme bollose
non di rado seguite da necrosi, si verificavano indipendentemente da ogni azione
esterna nociva, talvolta in soggetti in buono stato di nutrizione generale, sempre con
ana distribuzione affatto irregolare. La sensibilità, la motilità e i riflessi erano in
alcuni casi normali, in altri più o meno gravemente alterati. Dal punto di vista ana-
tomo-patologico non esistevano reperti caratteristici o costanti: i cordoni posteriori
del midollo spinale in qualche caso apparivano estesamente degenerati, in qualche
altro erano normali o quasi, i cordoni laterali erano talvolta integri, talvolta più o
meno sclerosati. In un caso molto grave si notavano delle accentuate alterazioni flogi-
stiche dei gangli spinali inferiori, corrispondenti alle zone cutanee colpite dalle le-
sioni cutanee, mentre i nervi periferici si presentavano normali.
Questi fatti, confrontati con quelli analoghi che si possono trovare nella lette-
ratura, dimostrano che le lesioni cutanee dei paralitici non possono mettersi in rap-
porto né con alterazioni midollari ne con alterazioni dei nervi periferici; e neppure
il reperto positivo ottenuto nei gangli spinali potrebbe invocarsi a spiegarle, poiché
appunto nella paralisi progressiva sono abbastanza frequenti le alterazioni di questi
gangli (specialmente emorragie), anche in casi in cui nulla si osserva a carico
della cute.
La gravità dei fenomeni in esame e la frequente coesistenza di imponenti sin-
tomi generali bastano a farci escludere la natura puramente nevrosica, funzionale
delle lesioni cutanee; mentre ci conducono ad ammettere che queste ultime siano
determinate dall'azione di sostanze tossiche circolanti nel sangue, alle quali pure
sono dovute la febbre, la diminuzione di peso, le eventuali alterazioni dei gangli spi-
nali e via dicendo.
Nei casi senza apprezzabili modificazioni dello stato generale, le bolle cutanee
potrebbero essere causate da prodotti tossici che limitano la loro azione ai vasi della
pelle, oppure dipendere da disturbi trofì co-vasomotori in rapporto più o meno diretto
con la malattia fondamentale.
Le lesioni cutanee di cui ci occupiamo hanno una certa parentela col così detto
decubito acuto, perchè come questo si producono indipendentemente da cause mec-
caniche estrinseche e non di rado arrivano ad una profonda distruzione del tessuto;
334 Rivista di Patologia nervosa e mentale
Cf nei casi di grave compromissione dello stato generale, offrono un quadro molto
simile a quello del Pemphigus acutus febrilis: la loro patogenesi è, come quella
delle forme ora ricordate, fino ad oggi molto oscura; il loro rapporto con la para-
lisi progressiva, comunque debba essere interpretato, è ormai sicuro e praticamente
importante. Zalla.
20. P. Acchloté, Bhumatisme chronique et insuffisance thyroidienne. — « Revue
neurologique >, n. 10, 1907.
Una ragazza di 28 anni subì diciotto applicazioni di raggi X per liberarsi di
di una ipertricosi del mento e del collo. Dopo qualche tempo incominciò ad avver-
tire dolori intensi alle articolazioni accompagnati da tumefazione. À poco a poco si
manifestarono edemi notevoli agli arti ed al viso, la pelle si fece pallida, dura ed
elastica, l'ammalata divenne apatica, depressa, sonnolente e presentava l'aspetto di
una mixedematosa. La ghiandola tiroide si presentava alla palpazione notevolmente
diminuita di volume. L'aspirina, il salicilato di soda, il jodo, l'arsenico non appor-
tarono alcun giovamento all'ammalata. L'A. curò la paziente con tabloidi di tiroi-
dina. In breve scomparvero i dolori articolari e l'edema. Dopo aver trattato del-
l'influenza dei raggi X sulle ghiandole, e della loro conseguente atrofia, parla dello
stretto legame che si riscontra in molti casi tra reumatismo cronico ed ipotiroidismo.
Dallo studio del caso surriferito e da altre osservazioni personali l'Autore può de-
durre le conclusioni:
L'azione dei raggi X sul collo è sempre dannosa perchè provoca uno stato di
ipotiroidismo temporaneo od anche cronico, che può esser seguito da mixedema.
Si può affermare con certezza che molti reumatismi sono causati da perturba-
zioni funzionali della ghiandola tiroide, e possono anche rappresentare l'unico sin-
toma di un ipotiroidismo. Sarebbe utile quindi tentare l'opoterapia tiroidea non solo
nel reumatismo cronico accompagnato da altri sintomi di ipotiroidismo, ma anche
nei casi di reumatismo cronico ribelle in cui non esiste alcun altro sintomo di
insufficienza tiroidea. Sandri.
21. S. G. Dreyfùs, Ueber Tod im katatonischen Anfall bei alter Dementia
praecox, — € Centralblatt far Nervenheilkunde und Psychiatrie >, Bd. 18,
N. 239, 1907.
Un individuo di 32 anni, pel quale è posta la diagnosi di demenza precoce,
improvvisamente entra in accesso epilettiforme e muore. Ricordando come possa
facilmente la paralisi progressiva simulare la demenza precoce fino al momento in
cui scoppia qualche fenomeno che la svela, l'A. riferisce che nel caso mancava qua-
lunque elemento obiettivo, e, quel che piti importa, qualunque reperto anatomo-pato-
logico che deponesse per tal malattia, meno per qualunque altra lesione organica
del cervello. Il genere di morte osservato nel caso è unico in forme a decorso cro-
nico, essendo descritti esiti simili solo in casi a decorso acuto, o in casi a decorso cro-
nico su cui si impianta qualche processo cerebrale acuto, che la necroscopia svela.
Ora la necroscopia del caso ha fatto rilevare la diminuzione del rapporto fra capacità
cranica e massa cerebrale dal 10-15% (come è la norma) al 1,2%. Il rapporto
diminuisce per un aumento del volume del cervello, aumento che sta in stretto rap-
porto colla morte in accesso, tanto più che lo si riscontra in epilettici o paralitici
morti pure in accesso. Non si conosce il meccanismo di produzione dell'ingrossa-
Psichmtria 335
mento cerebrale, ma è da ritenersi che gli stati di eccitamento che si verificano nel
decorso della demenza precoce siano dovuti a modificazioni del volume simili a
quella che nel caso invece che una semplice fase acuta ha portato la morte. L' A.
consiglia di misurare sistematicamente il rapporto fra capacità cranica e volume
cerebrale seguendo le tecnica che egli ha usato (metodo Wttrzburger modificato)
e che non impedisce le ricerche ulteriori, e V applicazione dei vari metodi istologici.
Turchi.
22. J.Longrard, Ueber €mor al insaniti/*. — cArchiv fttr Psychiatrie », Bd. 43, H. 1.
Lungo lavoro sulla « pazzia morale > nel quale TA., dopo un esame critico della
letteratura di questo argomento e sulla base delle osservazioni proprie, viene alla con-
clusione che in alcuni casi, peraltro rari, si debba ammettere come quadro a sé stante
questa forma.
Il difetto della vita sentimentale e della coscienza etica che distingue ed im-
pronta la forma, sarebbe rilevabile nel soggetto già durante l'infanzia: per lumeg-
giare le sue affermazioni VA. riporta la storia dettagliata di quattro individui.
Per altro VA. riconosce che ì casi di questa forma sono assai rari e che di essa
s'è fatto, sopratutto nella pratica forense, un abuso che pienamente giustifica le attuali
diffidenze. Giudicando con una critica serena ed accurata si può verificare che molti
dei casi considerati come di follia morale rientrano invece nei quadri di malattie
meglio note, quali l'epilessia, la demenza precoce, la frenosi maniaco-depressiva nel
senso di Kraepelin, oppure rappresentano periodi iniziali di altre forme quali la
paralisi progressiva o la demenza senile. 0. Bossi.
Terapia.
23. Biissaud et Sicard, Traitement des nevralgie du trijumeau par les injec-
tion profonde d^ alcool. — « Revue neurologique », n. 22, 1907.
Le nevralgie del facciale, cosidette essenziali, hanno resistito sino ad ora a tutti
i tentativi terapeutici. La cura chirurgica stessa, lunga e dolorosa, in molti casi
non riesce che ad aumentare le sofferenze del paziente. Contro queste nevralgie
SchOssler, quattro anni fa, provò con successo le iniezioni profonde di alcool a li-
vello delle branche d' emergenza del trigemino. Gli AA., che già si sono occupati
molto della quistione, riportano una statistica di 44 casi di nevralgie curati con
iniezioni profonde di alcool seguendo però una tecnica speciale. Gli aghi adoperati,
a differenza di quelli usati da SchCssler, sono finissimi (sette decimi di millimetro
di diametro) e senza mandrino. L'iniezione di alcool a 80^ è preceduta da iniezioni
di stovaina all' 1 % por l' anestesia locale. Descritta minutamente la tecnica e il
modo di aggredire le branche del trigemino ai loro punti d'uscita, gli AA. passano
a descrivere i possibili incidenti operatori, le reazioni locali provocate dal medica-
mento, le anestesie del territorio innervato dalla branca operata, gli ottimi risultati
terapeutici ottenuti. Gli AA. studiarono poi la distruzione, per mezzo dell'alcool,
del ganglio di Gasser, la quale rappresenterebbe l' intervento ideale nelle nevralgie
in cui per qualche motivo speciale non fosse stato possibile aggredire le diverse
branche. Sperimentata nel cane quest' operazione, riscontrarono all' esame microscopico
eseguito circa un mese dopo, la degenerazione completa delle branche del trigemino
336 Rivista di Patologia nervosa e mentale - Terapia
e delle cellule gaDglionari. Stttdìatane poi la tecnica sul cadavere poterono consta-
tare che, dopo la sezione dei piani cutanei e muscolari superficiali della regione
sotto-apofisaria zigomatica, P intervento riesce facile e non ofire alcuno dei pericoli
gravissimi che suole sempre presentare T operazione di Kraus e. Per le numerose
esperienze fatte possono concludere che:
Tutte le nevralgie essenziali del facciale, che non sono state già prima operate,
devono guarire con le iniezioni profonde di alcool. La tecnica operatoria deve avere
per scopo dì distruggere una o più branche dolenti del trigemino con iniezioni pra-
ticate il più vicino che sia possibile al punto d' emergenza dal foro cranico, altre
iniezioni poi si possono fare al livello dei canali periferici. Ogni iniezione riuscita
deve provocare anestesia nel territorio cutaneo o mucoso del nervo iniettato. La
scomparsa dei dolori nevralgici può a volte essere indipendente dalP anestesia susse-
guita immediatamente air atto operatorio, ma di solito la perfezione della guarigione
e la sua durata sono proporzionali air intensità ed alla durata di questa anestesia
cutanea e mucosa. La durata della guarigione può essere molto lunga (in media dai
15 ai 18 mesi). Ripetendo poi le iniezioni le recidive si allontanano e la guarigione
diventa definitiva. L* alcool izzazione profonda non dà solo degli ottimi risultati nelle
nevralgie essemziali del facciale, ma anche nelle secondarie (cancro della lingua o
del mascellare della parotide ecc.). Può essere pericoloso generalizzare questo me-
todo a certe altre nevralgie e in specie d'applicarlo alle nevralgie dello sciatico.
Sandri,
24. Terrien, L'hystérie est-elle curableP, — « Progrós medicale», n. 3, 1908.
L'A. sostiene che se è possibile liberare i pazienti dai disturbi isterici, non è
possibile liberarli dair isterismo, e a prova di quanto afferma invoca la possibilità,
da lui osservata, di provocare colV ipnosi, in individui apparentemente guariti, p. e.
le stesse paralisi che V ipnosi aveva risolto molti anni prima. Sostiene ancora che non
è possibile assoggettare al sonno ipnotico altri che individui o isterici, o che almeno,
con una qual si voglia altra malattia, soffrano lanche di isterismo. Come non è pos-
sibile guarire un artritico o un eredo-sifilitico, ma solo liberarlo dalle manifestazioni
della sua malattia, così è solo possibile porre gli isterici al sicuro da ulteriori mani-
festazioni di una malattia per sé inguaribile. Turchi.
lO^OTIZIS
Dal 9 al 28 novembre 1908 avrà luogo presso la Clinica psichiatrica deir Università di Mo-
naco (Baviera) un Corso di perfeeionamrnto in Psichiatria.
Nel programma sono incluse lezioni di psichiatria (Kraepplin), anatomia normale e pato-
logia del cervello (dudden -Alzheimer), psicologia sperimentale (Specht) cito- e sierodia^
ipnosi (Plaut) psicoterapia e psicodiagnostica (Isserlin) ctc.
Per !e Iscrizioni, il versamento della tassa di frequenza (Mk. 60) e Informazioni rivolgersi
al dott. prof. Alzheimer, aiuto della Clinica, Rùckerstrasse l/II.
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia nervosa e mentale
DI BETTA DA
E. TA.NZI
(riBBMXS)
A.. TAMBURINI E. MORSELLI
(boxa) (gxnota)
E. LUGARO
(modbwa)
Rodattori :
0. ROSSI
O. SANDRI — M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TAMZI, Clinica di San Salwi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, j^gosto ld08 Fase. 8
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Manicomio di 8. 8c^r\'olo, in Wnozia, diretto dal prof. L. Cappelletti
Un caso di afasia totale per lesione sottocorticale della zona di Broca
e della zona di Wemicke.
Osservazione clinica ed anatomica del dott. T. Oorteei
Dal giorno in cui P. Marie è sreso in campo contro « tutti i dogmi»
della dottrina classica della afiisia negando ogni valore alla circonvoluzione di
Broca nella funzione del linguaggio, negando la classica distinzione in afasia
motrice e sensoriale, afl'ermando che l'afasia non è che uno stato particolare
di demenza e istituendo una zona lenticolare per Tanarlria, gli studi intorno
a questo bellissimo capitolo della patologia cerebrale si sono andati intensifi-
cando e molti illustri neurologi hanno portato nuovi contributi di fatti e di
idee. E di ciò dobbiamo essere grati al dotto neurologo francese: che se le sue
teorie sono ai^cor lungi dall' esser dimostrate e sembrano anzi contraddette dal
maggior numero dei fatti nuovi, è però suo merito aver promosso, col suo au-
dace tentativo di demolizione, quest'utile opera di critica, aver suscitato questo
nuovo ardore di ricerche. Tutti conoscono, dopo gli articoli di P. Marie (1)
sulla Semaine medicale, le risposte di Dejerìne(2), Mingazzini (3), Bian-
chi (4), Heilbronner (5) ecc. e i recenti lavori di Dejerine (6), Liep-
338 7. Cortesi
mann (7), Mahaim (8), Mingazzini (9), Ladame e Monakow (10). Ma non
ostante tanta alacrità di studi, la questione è ancora insoluta e molti punti
oscuri rimangono a chiarire.
< Nous pensons — concludono Ladame e Monakow nel loro diligentis-
simo studio sopra un caso di afemia pura "— que les symptónis de deficit de
la destruction de la circonvolution de Broca ne pourront étre fixés qu'à la
suite d'un grand nombre d'observations complète» >.
Ogni caso nuovo dunque, purché convenientemente esaminato dal punto
di vista clinico ed anatomo-patologico, potrà riuscir utile per la interpreta-
zione definitiva dei fatti. Per questa ragione io mi sono indotto a pubblicare
l'osservazione seguente:
Giacomo N,, di anni 49, fu ricoverato in Manicomio il 10 aprile 1907. Si sa
dalla storia ch'egli fu sempre un forte alcolista e che da sette o otto anni so&ìyr
di mal perforante plantare, tanto che dovette subire T amputazione delle dita del
piede sinistro. Inoltre egli si lagnava da qualche tempo di cefalea, di capogiri e
appariva confuso e disorientato; non riconosceva più i luoghi, sbagliava spesso strada,
camera e letto: contemporaneamente i famigliari si erano accorti ch'egli non com-
prendeva più bene le parole come per T addietro, usava spesso una parola per un'altra
e faceva talvolta discorsi incomprensibili. Questi disturbi si aggravarono rapidamente
nei giorni che precedettero il suo ingresso in Manicomio: egli mostrava di non com-
prendere affatto ciò che gli si diceva e balbettava poche parole senza senso. Ciò
avvenne senza che si presentassero ictus né paralisi.
Al suo ingresso in Manicomio egli presentava evidentissimi e gravi i disturbi
della favella e un profondo indebolimento mentale: le condizioni generali erano cat-
tive per una diffusa ateromasia delle arterie, per le gravi lesioni cutanee agli arti
e per vaste e profonde piaghe da decubito ai trocanteri e al sacro. Tali condizioni
andarono progressivamente aggravandosi e la morte avvenne il 26 maggio 1907.
Esame obbiettivo del 29 aprile 19^7: Costituzione scheletrica regolare; stato
di nutrizione molto decaduto. La cute dell'arto inferiore sinistro dal ginocchio al
piede ha un colore bruno cianotico ed è sottile, avvizzita, inelastica: il piede sinistro
poi manca di tutte le dita (per amputazione chirurgica) e presenta sulla pianta una
ulcera a margini callosi. All'arto inferiore destro la lesione è meno grave; la cute
della gamba ha aspetto pressoché normale ; solo intomo al ginocchio esistono chiazze
circolari scutate, arrossate e lievemente edematose: al piede però la pelle è bruna,
secca e sottile come a sinistra e presenta due ulcere a margini callosi, una sulla
pianta e l'altra sul dorso del secondo dito. Al sacro e al trocantere destro esistono
vaste piaghe da decubito.
Apparecchio circolatorio : Cuore: toni squillanti e metallici; arterie periferiche
dure e serpiginose; polso teso, piccolo, della frequenza di 70 pulsazioni al minuto;
pressione omerale destra con lo sfigmomanometro di Riva Rocci millim. 215 di Hg.
Apparecchio respiratorio e addome : nulla di notevole.
Sistema nervoso: l'infermo sta sempre a letto con gli arti inferiori fissati in
flessione per contrattura passiva. La motilità attiva e passiva é conservata agli arti
superiori (l'infermo è destrimano), quasi abolita agli inferiori per l'atrofia e la re-
trazione dei muscoli; conservata nei muscoli della faccia, della lingua e del faringe:
la lingua viene sporta diritta; il facciale inferiore di sinistra ha invece una lieve
Un raso di afasia totale per lesione sottocorticale, ecc. 339
prevalenza su qaello di destra. La coordinazione dei movimenti è conservata negli
arti superiori.
La sensibilità tattile, termica e dolorifica è conservata (per quanto si può com-
prendere) su tatto l'ambito cutaneo: l'ammalato reagisce vivacemente anche a lievi
stimoli dolorifici.
Reflessi : R. plantare assente a sinistra, flessione dorsale di tutto il piede a de-
stra; R. cremasterici e addominali deboli d'ambo i lati; R. tendinei deboli agli
arti inferiori, normali ai superiori; R. congiuntivali presenti; R. faringeo presente;
R. irìdei molto deboli. Trofismo: muscoli ancor validi agli arti superiori (al dina-
mometro 40 a destra e a sinistra); atrofici agli arti inferiori, sopratutto alle gambe.
Sensi specifici: gusto, olfatto, udito normali; vista molto indebolita; non è pos-
sibile per le condizioni mentali dell'infermo un esame accurato del campo visivo.
Favella: L'ammalato se ne sta di solito quieto e silenzioso; solo di tratto in
tratto emette un profondo sospiro. Le rare volte ch'egli parla spontaneamente non
pronuncia che qualche sillaba senza senso o una o due parole di nuovo conio e in-
comprensibili e sempre le stesse; talvolta tutto il suo discorso è composto di una
sola parola ripetuta di tratto in tratto ad es. : « dia >, « aspetta ». Queste due parole
sono le sole ch'egli dica esattamente.
La comprensione del linguaggio parlato è quasi nulla: egli si rivolge pronta-
mente ai richiami e anche ai rumori perchè l'udito è normale, ma non comprende
ciò che gli si dice all' infuori del saluto e di due o tre domande semplicissime,
ad es.: « come ti chiami? » « Giacomo » (mal pronunciato). « Come stai? « mejo ».
A qualsiasi altra domanda o non risponde o ripete la risposta data prima, o ri-
sponde invariabilmente con una parola fuori di proposito come « dia », € aspetta ».
Xon eseguisce nessuno degli ordini che gli si danno a parole, ma se gli si fanno com-
prendere coi cenni, qualche volta li eseguisce. Non sa dare il nome a nessuno
degli oggetti che gli si mostrano ; dapprima egli crolla il capo senza rispondere, ma
insistendo a mostrargli l'oggetto sembra che egli si sforzi di nominarlo, ma non
dice che i suoi soliti monosillabi sensa senso. Non sa ripetere le parole dette da altri;
se vi si prova non pronuncia (e male) che le prime sillabe. È completamente abolita
la facoltà di leggere sia mentalmente che ad alta voce. Altrettanto può dirsi della
scrittura; egli non riesce a scrivere nulla di ciò che gli si detta: non sa nemmeno
scrivere la propria firma : traccia lentamente sulla carta « Rove » (forse per € No-
vello » suo cognome) e « estre » (per Mestre sua patria) e qualche geroglifico senza
significato.
Solo una parola riesce a scrivere intera: « Tutti », che non ha alcun rapporto
con ciò che gli si domanda e di cui egli probabilmente non comprende il significato.
Assolutamente nulla è la scrittura per copia.
Esame psichico: L'infermo è molto confuso, disorientato nel tempo e nello
spazio, profondamente apatico. Non si mostra preoccupato della sua malattia, non
s' interessa della famiglia né dell' ambiente ; sembra che non riconosca le persone che
lo circondano. Durante gli esami obbiettivi riesce molto difficile fissare la sua atten-
zione; e dopo breve tempo egli si mostra stanco e sospira profondamente. La afasia
totale non permette di indagare il campo dei ricordi e delle idee; certo egli non dà
segno di averne alcuna. Negli ultimi giorni fu sempre soporoso e morì in coma.
NecToscopia eseguita il 27 maggio 1907 (15 ore dopo la morte).
Cranio: Calotta cranica molto spessa; dura madre fortemente aderente alla pia
lungo il margine interno degli emisferi ; arterie della base e silviana profondamente
340 T. Cortesi
ateromatose. La pia madre è sottile, mediocremente iniettata e si stacca facil mente
dalla corteccia in ogni punto. Il cervello è assai voluminoso, le circonvoluzioni ben
sviluppate, i solchi molto evidenti. Nessuna lesione si osserva all'esame estemo; la
corteccia degli emisferi è integra; integri pure il cervelletto e il bulbo. Tutto l'en-
cefalo vien posto in liquido di Mailer.
Dopo indurimento parziale si praticano sugli emisferi i seguenti quattro tagli
vertico-trasversali :
Il primo sul piede della circonvoluzione F,; il secondo sul piede della parie-
tale ascendente; il t«rzo sull'estremo posteriore delle circonvoluzioni temporali, il
quarto sulla piega curva.
Sulla prima sezione si osservano nell'emisfero sinistro due piccoli rauinuil-
limenti sottocorticali estesi ciascuno per un centimetro e mezzo circa parallelamente
alla corteccia, dei quali uno occupa la sostanza bianca della Fj e l'altro abbraccia
il solco che divide la F^ dalla F,. Nella sezione corrispondente dell'emisfero destro
nessuna lesione.
Sulla seconda sezione non si nota alcuna lesione.
Sulla terza si notano sia nell'emisfero sinistro che nel destro due focolai *di
rammollimento pure sottocorticali e paralleli alle superficie libera della corteccia,
dei quali il primo, lungo un centimetro e mezzo circa, occupa la sostanza bianca
della circonvoluzione parietale inferiore e l'altro, lungo due centimetri e mezzo circa,
occupa la sostanza bianca delle F, e Fj.
Sulla quarta sezione si osserva a sinistra un piccolo rammollimento triangolare
nel centro ovale sotto la piega curva, e a destra un'altro simile ma alquanto più
piccolo.
Esame microscopico : Dopo indurimento completo in Mflllersi procede all'esame
microscopico dell'emisfero sinistro col metodo dei tagli in serie secondo gli insegna-
menti di Dejerine (11) e della sua scuola.
Ecco i risultati di questo esame:
Emisfero sinistro; metodo Weigert-Pal.
a) Lobo frontale: le prime sezioni che cadono sull'estremità anteriore del
lobo frontale sono normali : solo a centimetri due e mezzo dal polo frontale si comincia
a vedere nel centro ovale, alla base della circonvoluzione F,, una piccola zona sco-
lorata che va aumentando gradatamente nelle sezioni successive assumendo forma di
un triangolo (a) con la base verso il centro ovale e l'apice insinuantesi nella sostanza
bianca della F,, Contemporaneamente appare nella sostanza bianca della F, un pic-
colo focolaio lacunare (6).
Questi focolai vanno aumentando nelle sezioni posteriori, soprattutto il primo {a)
che si estende nella sostanza bianca della F, tagliando tutte le fibre che ne irra-
diano, meno un fascio inferiore che scende nelle circonvoluzioni orbitarie; raggiunge
la massima dimensione in corrispondenza del capo o pars triangularis della F^ ove
distrugge tutte le fibre comprese fra la base delle circonvoluzioni seconda e terza
frontale e la corona raggiata (C. R.) che è illesa ; poi va diminuendo di nuovo e non
oltrepassa indietro il piede della F-^ (fig. 1).
Così rimangono distrutte quasi tutte le fibre di proiezione della F3 e Fj e le fibre
di associazione comprese tra la corona niggiata e la base delle circonvoluzioni fron-
tali, fra le quali importantissimo il fascio arcuato 0 longitudinale superiore. Interi
sono tutta la corteccia, la corona raggiata, la capsula interna, il fascio occipito-fron-
tale, V insula e il nucleo lenticolo-caudato.
Un caso di afasia totale per lesione sotlocorticale, ecc.
341
h) Corpo calloso: Il corpo calloso è sede di una singolare alterazione: dal
ginocchio all'orletto in senso sagittale, dalla linea mediana all'angolo estemo del
ventricolo laterale in senso trasversale, le sue fibre centrali sono quasi completamente
scolorate, mentre le fibre dello strato dorsale e dello strato ventrale sono perfetta-
mente integre e si continuano, le prime con la sostanza bianca del gyrus forntcatusy
,,%: F.C
Fio. 1.
Sezione vertleo-trasversale dell'emisfero sinistro passante per il piede della 3» circon-
voluzione frontale (primo segmento, n. C87). Metodo Weigert-Pal (grandezza
naturale), a, 6, e, focolai di rammollimento; AM, antimuro; re, corico calloso;
Deg. Fc, degenerazione delle fibre callose; /•», Fj, F„ 1», 2» e 3» circonvoluzione
frontale; AV, nucleo caudato; XL^. S** segmento (putamen) del nucleo lenticolare;
Ti, T^: 1» e 2* circonvoluzione temi>orale.
le seconde, all'angolo supero-esterno del ventricolo laterale, con le fibre della corona
raggiata e del centro ovale.
Al microscopio queste fibre centrali degenerate s'intravedono ancora e non appa-
iono né frammentate né varicose, ma soltanto scolorate. Col metodo di Van Gieson
esse si colorano in rosso e si mostrano poco compatte, smagliate, sottili, ridotte ai sem-
plici cilindrassi con poche tracoie di guaina niielinica e disseminate di vasi pieni di
342 r. Cortes
sangae, con parete spesso in preda a degenerazione ialina e nevroglia perivasale pure
in preda a degenerazione ialina. Invece gli strati di fibre dorsali e ventrali si colorano
in un bel giallo intenso e sono compatti e assai meno vascolarizzati. In nessun
panto, nemmeno nella zona centrale si osserva proliferazione della nevroglia e infil-
trazione parvicellulare.
Questa singolare lesione del sistema calloso si mantiene invariata dal ginocchia
all'orletto. In corrispondenza dell'orletto la degenerazione è più accentuata nella parte
superiore (pur rispettando lo straterello dorsale) che neir inferiore e nelle sezioni che
cadono ali* indietro dell'orletto occupa quasi esclusivamente la parte superiore del
forceps o forceps major e si estende sopra la volta del ventricolo laterale raggiun-
gendone l'angolo supero-esterno (fig. 2). Indietro tale degenerazione va rapidamente
diminuendo e cessa coli' esaurirsi del forceps.
Nel maggior numero delle sezioni che cadono sul corpo calloso si osservano inol-
tre, fra il margine superiore della trave e la sostanza bianca del g^yrtés fomicatuft,
piccoli focolai lacunari che ledono in parte il cingulum e toccano in basso la zona
degenerata del corpo calloso ; in essi l'esame microscopico rivela i soliti caratteri dei
focolai encefalo-malacici (detriti, globi granulo-adiposi, spazi vuoti).
e) Zona rolandica : Tutte le sezioni comprese fra il piede della F3 e il terzo
medio della T^ non presentano alcuna lesione all' infuori di quella del sistema cal-
loso già descritta. I focolai (a) e (h) trovati sotto le circonvoluzioni frontali, non si
riscontrano più sotto Fa e P» ; solo si trova al loro posto una piccola zona poco colo-
rata tra la C. R. e la base delle Fa, P». Il segmento anteriore e posteriore e il
ginocchio della capsula intema, i nuclei lenticolare e caudato, la capsula esterna,
tutta Vinsulaf l'antimuro, il fascio uncinato e il talamo ottico sono perfettamente
normali. Così pure i due terzi anteriori delle circonvoluzioni temporali.
d) Lobo parietO'temporale : Nelle sezioni che cadono all' unione del terzo
medio col terzo posteriore delle circonvoluzioni temporali cominciano ad apparire due
nuovi focolai di rammollimento; uno sotto la T, e T^ e precisamente compreso fra
queste circonvoluzioni e le radiazioni talamiche (R. t.) di Gratiolet che sono inte-
gre e un altro piccolissimo sotto la parietale inferiore e precisamente fra questa
circonvoluzione e la C. R. (fig. 2) Tali lesioni aumentano rapidamente nelle sezioni
posteriori distruggendo tutta la sostanza bianca della prima piega di passaggio pa-
rieto-temporale. All' indietro di questa, il focolaio temporale s'impicciolisce assai,
mentre il parietale aumenta ancora estendendosi dalla base della circonvoluzione pa-
rietale inferiore al mezzo del centro ovale, un centimetro circa al disopra del corno
occipitale del ventricolo laterale e prolungandosi in basso fino a congiungersi col
focolaio temporale ridotto oramai a una semplice lacuna verticale fra il fascio lon-
gitudinale inferiore (Fli.) e la corteccia temporale. Procedendo nelle sezioni verso il polo
occipitale questi focolai cessano, ma in corrispondenza della piega curva ve n'è un
altro di mezzo centimetro di diametro nel mezzo del centra ovale.
All' indietro, fino al polo occipitale, non si hanno più lesioni.
Questi focolai parieto-temporali distruggono quasi completamente l'irradiazione
del terzo posteriore della Tj e Tj e della parietale inferiore e in piccola parte della
piega curva e le fibre di associazione proprie della regione. Illesi rimangono il fa-
petuniy le radiazioni talamiche, il fascio longitudinale inferiore e tutta la cor-
teccia.
Emisfero destro: L'emisfero destro fa esaminato semplicemente coi tagli macro-
scopici e si potè constatare che non presentava altra lesione che i focolai sotto la
Un caso di afasia totale per lesione sottocorticale ^ ecc.
343
corteccia parieto-temporale e la piega curva simmetrici con quelli di sinistra e aventi
le stesse dimensioni e gli stessi limiti anteriori e posteriori.
Fio. 2.
Sezione vertico-trasvewale dell'emisfero sinistro passante per il 3<» posteriore della
1& circonvoluzione temporale (3« segmento, n. 562). Metodo Weigert-Pal (gran-
dezza naturale), a, 6, estremità anteriore dei focolai di rammollimento temporale
e parietale; Cing, cingrulum; Deg Fc, degenerazione delle fibre callose (forceps
major); Pli, fascio longitudinale inferiore; Fus, lobolo fusiforme; Op, gynis for-
nicatus; Z/n^, lobulo lingruale ; Pi, P^t circonvoluzioni la e 3& parietale; Ht, radia-
zioni talamiche; r», Z,, 7*,, circonvoluzioni 1», 2» e 3» temporali.
I peduncoli cerebrali, il ponte^ il bulbo e il midollo furono esaminati col
»netodo di Marchi e non vi si osservò alcuna alterazione notevole: solo nei pendu-
coli cerebrali si notarono a destra e a sinistra numerose fibre degenerate nel quinto
estemo del piede cioè in corrispondenza del fascio di Thtirck; qualche rara fibra dege-
nerata si trovò anche nei fasci piramidali.
344 T, Cortesi
Questo caso ha un notevole interesse analonio-patoloj^ico e un magjiiore
interesse clinico.
Dal punto di vista anatomo-patoIoi;;ico va notata dapprima la molteplicilù
delle lesioni e la loro sede esclusivamente sottocorticale. La molleplicilà delle
lesioni non è strana in un individuo che presentava una cosi grave ateromasi;»
delle arterie cerebrali ; e la lor sede sottocorticale dimostra che un sistema di
arteriole era più gravemente colpito: quello delle arterie lunghe o midollari
che si staccano dalle arterie della pia madre ed irrorano la sostanza bianca
degli emisferi fino a breve distanza dai nuclei grigi centrali. Le lesioni si tro-
vavano nel territorio vascolare della silviana e precisamente de' suoi rami fron-
tale inferiore, parietale inferiore, temporali e della piega curva e nel territorio
della cerebrale anteriore (rami del corpo calloso).
Un particolare interesse anatomo-patologico ha poi la lesione del corpo
calloso.
Abbiamo visto che si trattava di una degenerazione dello strato medio dello
fibre callose estesa dal ginocchio all'orletto e dalla linea mediana alfangolo
supero-esterno del ventricolo laterale. Tale degenerazione non poteva essere
dovuta ai piccoli focolai lacunari situati fra la trave e la sostanza bianca del
gyrus fornicatus perchè questi non si trovavano sul decors4) delle fibre cal-
lose; e tanto meno poteva dipendere dai focolai sottocorticali dei lobi front-ale
e parieto-temporale perchè questi non avevano dato nemmeno nel centro ovale
notevoli degenerazioni secondarie. Si trattava quindi di una degenerazione pri-
maria, come d'altra parte i caratteri istopatologici della lesione, cioè l'abbon-
danza dei vasi e la degenerazione ialina delle loro pareti e della nevroglia pe-
rivasale, faci^vano supporre.
Una simile degenerazione delle fibre callose centrali con integrità delle
fibre dorsali e ventrali fu descritta altra volta da Marchiafava e Rignami (12)
nei cervelli di tre alcoolisti e recentemente dal Muggia(2(») pure in un al-
coolista. Ma in tali casi la lesione era visibile anche macroscopicamente sul
cervello fresco ed appariva come uno strato grigio e gelatinoso nel centro del
corpo calloso, contrastante col colore bianco normale delle lamine dorsale e
ventrale; mentre nel nostro caso non fu svelata che dalla colorazione col
Weigert-Pal e col Van Gieson. Tuttavia il reperto microscopico non fu nei
quattro casi citati molto diverso dal nostro : anche lì si aveva una degenera-
zione primaria delle guaine mieliniche con parziale conservazione dei cilin-
drassi, minor compattezza delle fibre, abbondanza e ripienezza dei vasi, dege-
nerazione ialina della nevroglia perivasale; si aveva poi in più proliferazione
della nevroglia e in alcuni punti infiltrazione parvicellulare che mancavano del
tutto nel nostro caso.
Un caso di afasia totale per lesione sottocorticale, ecc, 345
Date queste analogie e queste dilTerenze è naturale chiedersi : la lesione
nel nostro caso era della stessa natura che le precedenti, sebbene in uno stadio
più iniziale, od era invece di natura diversa? lo non saprei risolvere la que-
stione : noto però che anche nel nostro caso, come in quelli di Marchiafava e
Bignami e di Muggia si trattava di un alcoolista inveterato. Esisterebbe forse
negli alcoolisti una particolare disposizione alle lesioni sistematiche del corpo
calloso? Il problema è degno di studio.
Passiamo ora a discutere dei sintomi clinici e del loro rapporto colle le-
sioni anatomiche descritte.
Le lesioni che esistevano nel nostro caso si possono riassumere cosi:
i) Distruzione quasi completa delle fibre irradianti da tutta la F., e
4Ìai due terzi posteriori della Fj nelT emisfero sinistro, con distruzione quasi
completa della parte frontale del fascio arcuato o longitudinale superiore.
2) Distruzione quasi completa delle fibre irradianti dal terzo posteriore
«ielle circonvoluzioni Tj T, e P. inferiore e dalla piega curva sia nell'emisfero
ministro che nel destro.
3) Degenerazione di tutto lo strato medio delle fibre del corpo calloso.
Queste lesioni dettero per sintomi una afasia totale e un profondo disor-
<line psichico caratterizzalo da confusione, disorientamento, apatia, demenza.
Discutiamo dapprima il disordine psichico.
Ognun sa che nella afasia e specialmente nella afasia totale si ha sempre
un considerevole defiàt intellettuale, sopratutto a carico, come dice P. Marie,
<lelle cose apprese per processi didattici (13).
Ma nel nostro caso vi era assai di più ; vi era fin dal principio della ma-
lattia quella agnosia per cui il malato non riconosceva più i luoghi, si smar-
riva per via, sbagliava camera e letto; vi era disorientamento nel tempo, con-
fusione, profonda apatia, perdita degli affetti. Tutto questo esorbita assai dal
quadro della demenza afasica quale è descritto concordemente dai clinici, da
Bianchi (14) a P. Marie; e la sola lesione della zona del linguaggio, sia questa
considerata come un centro sensoriale o come un centro intellettuale, non
può darcene completa ragione.
Evidentemente la gi*ave lesione del corpo calloso dimostrata dall'esame isto-
logico deve aver contribuito a determinare la sindrome psicopatica.
Sebbene le osservazioni intorno alla fisiologia della trave non siano del tutto
roncordi, pure numerosi fatti (Giannelli (15), Schuster(16), Raymond (17),
Liepniann)(18) inducono a credere che essa abbia un'alta importanza nelle
l'unzioni psichiche.
La nostra osservazione, per la presenza contemporanea di lesioni emisfV-
riche, non può avere un grande valore dimostrativo; ma se si considera che
346 T. Cortesi
la lesione della zona del linguaggio (zona di Wernicke)era bensì bilaterale,
ma assai limitata e solamente sottocorticale, si ha ragione di pensare che quella
grave confusione, quella profonda apatia fossero più che altro in rapporto con
la quasi completa degenerazione del corpo calloso.
Veniamo ora ai sintomi afasici. Stabilire con esattezza in un demente
la forma e il grado di una afasia, non è cosa ne facile né sicura; ma pure
nel nostro caso la diagnosi di afasia totale si imponeva colla maggiore evi<
denza desiderabile. Già la storia ci dice che il malato cominciò col commettere
degli scambi di parole, delle parafasie, col non comprendere ciò che gli si di-
ceva e col fare discorsi incomprensibili. Più tardi insorse in lui, quasi improv-
visamente, una incapacità a parlare per cui non riusciva che a balbettare qual-
che monosillabo senza senso. Afasia sensoriale, dunque, ed afasia motrice,
insorte in tempi diversi e con nettissima sintomatologia. L'esame obbiettivo,
come vedemmo, confermò la diagnosi. La afasia sensoriale era grave ma non
assoluta. L'infermo comprendeva due o tre domande semplicissime. «Come ti
chiami? », « Come stai ?» e il saluto. Null'altro. Altrettanto e forse più grave
era l'afasia motrice: non sopravvivevano che due o tre parole esatte : «dia»,
K aspetta » e qualche monosillabo usati fuor di proposito e sempre quelli.
Quindi afasia totale.
Abbiamo visto quali lesioni anatomiche vi corrispondevano: lesione sot-
tocorticale della zona di Broca a sinistra e lesione sottocorticale della zona
di Wernicke d'ambo i lati.
La lesione della zona di Wernicke è la causa, ognun lo sa, della afasia
sensoriale: su questo punto sono tutti d'accordo, anche P. Marie. Noi ci li-
miteremo ad osservare che la sordità verbale grave, ma non assoluta, nel nostro
caso, non ostante la lesione bilaterale della zona di Wernicke, si può spie-
gare con la misura non grande delle lesioni.
Ma l'afasia motrice a che cosa era dovuta? Non certo alla lesione della
zona di Wernicke; perchè se (come dice il Mingazzini)(19) la distruzione
bilaterale del centro verbo-acustico può dare, oltre a una afasia sensoriale
completa, anche una notevole diminuzione del linguaggio parlato, non può per
altro abolire tutto il vocabolario; e la verborrea parafasica o gergoafasica del-
l'afasico sensoriale si può sempre distinguere dal mutismo, interrotto appena
da qualche mono o bisillabo stereotipato, dell'afasico motore. E nemmeno si
vorrà pensare che l'afasia motrice, nel nostro caso, fosse dovuta all'alterazione
del corpo calloso, perchè esistono numerose osservazioni (Erb, Hongberg,
•Kaufmann, Giannelli, Schuster) che dimostrano che la lesione della trave
non dà luogo a disturbi della parola.
Non resta dunque che la lesione sottocorticale della F,. P. Marie non
vuole ammettere che la F, abbia alcuna parte nel determinare l'afasia mo-
trice, ma il nostro caso dimostra ancora una volta ch'egli ha torto.
P. Marie (20) afferma che la lesione produttrice dell'afasia motrice pura
(ch'egli chiama anartria) ha sede nella zona lenticolare « costituita », son sue
parole, «dalla sostanza bianca compresa fra le circonvoluzioni deWitisula e
Un caso di afasia totale per lesione sottoeorlieale, eoe, 347
il nucleo lenticolare e dag;lì strati esterni di questo ganglio j», ma nel nostro
caso questa regione era perfettamente integra; integra tutta l'insula e la so-
stanza bianca sottoposta (capsula estrema ed esterna); integro Tantimuro e il
nucleo lenticolare, integri i segmenti anteriore e posteriore e il ginocchio della
capsula interna, integra la sostanza bianca e grigia delle circonvoluzioni mo-
trici (F\ e Pa) alle quali P. Marie ha esteso da ultimo (21) il limite superiore
della zona lenticolare; ed erano lese invece le fibre irradianti da tutta la F, e
dai due terzi posteriori della h\ e il fascio arcuato sottoposto. Dobbiamo quindi
necessariamente concludere che a questa lesione era dovuta l'afasia motrice.
Cosi il nostro caso Viene ad accrescere il numero delle osservazioni in
(!ui un rigoroso esame anatomo-patologico praticato col metodo dei tagli in serie
microscopici, ha permesso di localizzare l'afasia motrice nella F,.
Recentemente Dejerine(22) ha descritto due casi di afasia motrice in
cui l'esame microscopico eseguito col metodo suddetto, ha dimostrato una le-
sione circoscritta in un caso ai due terzi anteriori e nell'altro al terzo medio
della frontale terza.
Mahaim (23) ha dimostrato che si può avere una distruzione assai estesa
deìV insula e della sostanza bianca sottoposta fino al putamen senza che si
abbia afasia, motrice o anartria; ed ha descritto un caso di afasia totale in cui
la F„ apparentemente integra, si mostrò invece lesa nella sua sostanza bianca,
all'esame microscopico seriale.
Liepmann (24) pure ha osservato un caso di afasia motrice dovuta a una
lesione esclusiva della F, con lieve partecipazione della F^ e della piega di
passaggio verso l'opercolo rolandico; e di più in un caso in cui pareva man-
casse l'afasia, mentre esisteva una distruzione dei tre quarti anteriori della
circonvoluzione di Broca, venne a conoscere, con un interrogatorio più accu-
rato dei parenti dell'infermo, che questo dieci anni addietro aveva sofferto di
afasia, afasia che aveva durato sei mesi.
Queste osservazioni dimostrano che il centro motorio del linguaggio ha
veramente sede nella F, ; non però ch'esso sia strettamente limitato al terzo
posteriore di questa come aveva ammesso Broca. Forse la localizzazione cor-
ticale di tal centro è alquanto più estesa (27): la recente osservazione di La-
dame e Monakow (25) mi sembra che conforti tale ipotesi.
Questi AA. hanno descritto un bellissimo caso di afasia motrice pura
(perdita della parola spontanea e ripetuta e della lettura ad alta voce, inte-
grila completa del linguaggio interiore, conservazione della scrittura spontanea
e sotto dettato, della facoltà di copiai'e, della comprensione della parola letta
0 parlata e della lettura mentale) durata immodificata per ben undici anni,
in cui l'esame anatomico col metodo dei tagli in serie microscopici dimostrò
una lesione che distruggeva completamente il terzo posteriore della F3 e la
metà inferiore della F» e che si estendeva in forma di cisti sotto la corteccia
atrofizzata del terzo medio della P» a del gyì^us supramàrginalis.
In questo caso dunque la distruzione del piede della F, fu sufficiente per
dare l'abolizione del linguaggio parlato all' infuori di ogni paralisi dei muscoli
348 r. Cortesi
della fonazione; non bastò invece per dare i disturbi del lingfiiaggio interno
e della scrittura che sono propri della afasia di Broca; il che prova che Testen-
sione corticale del centro motorio del linguajrgjio oltrepassava i limiti della re-
gione lesa.
*
* *
Ritornando al nostro caso, abbiamo un'ultima considerazione da aggiungere.
Abbiamo visto che i sintomi presentati dal nostro malato furono quelli
dell'afasia totale d'origine corticale (perdita della parola spontanea e ripetuta,
sordità e cecità verbali, agrafia per la scrittura spontanea e sotto dettalo) mentre
Fesa me anatomico mostrò l'assoluta integrità di tutta la corteccia e lesioni sot-
tocorticali della zona di Broca e della zona di Wernicke.
Come si spiega questo fatto?
Esistono nella letteratura numerose osservazioni di afasia motrice pura
per lesione sottocorlicale della zona di Broca e una ne esiste di sordità ver-
bale pura per lesione sottocorticale del lobo temporale sinistro (Liepmann 1898),
ma nessuna ne esiste, che io sappia, in cui si trovassero contemporaneamente
le due lesioni e le due sindromi. A noi manca perciò ogni termine di con-
fronto e non sappiamo se una afasia totale di origine sottocorticale possa cli-
nicamente distinguersi da una afasia totale di origine corticale.
Certo che nel nostro caso tale distinzione non sarebbe stata possibile:
l'agrafia e l'alessia che complicavano l'afasia motrice e la sordità verbale ci
facevano credere che il linguaggio interno fosse del tutto abolito. Ciò dipen-
deva esclusivamente dalle lesioni sottocorticali della zona del linguaggio o era
in parte dovuto anche all'alterazione del corpo calloso che aveva aggravalo
assai il deficit intellettuale proprio della afasia? lo non saprei risolvere questo
quesito: per ora mi limito a porre in rilievo il fatto che lesioni sottocorticali
delle zone di Broca e di Wernicke possono dare una afasia totale uguale a
quella che si ha per lesioni corticali delle stesse regioni. E se si pensa che,
d'altra parte, la citata osjjervazione di Ladame e Monakow dimostra che si
può avere una afasia motrice pura per lesione corticale del centro di Broca,
si avrà ragione di dubitare che la distinzione fra afasie corticali e sotlocorti-
cali sia poi cosi semplice e netta come si è creduto da Lichteim in poi.
Bibliosrra^a.
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Hòpitaux », 15 febbraio 1907.
(22) Dbjerikr. « Encéphale », loc. cit.
(23) Mahaim. Loc. cit.
(24) LIBPKA.NK. Loc. cit. (7).
(25) Lasamk et Mokaeow. Loc. cit.
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sches Centralblatt », 1908, 1 aprile, n. 7.
Le lesioni primarie delle fibre nervose nell'urinemia, studiate in
condizioni sperimentali con la colorazione positiva di Do-
naggio per le degenerazioni.
Coraunicazione preventiva del dott. Vincenzo Scarpini
Fra i vari processi {inora noli per lo studio delle alterazioni delle fibre
nervose, mancava il modo con cui ottenere una colorazione esclusiva della
fibra nella fase iniziale della degenerazione primaria. Dobbiamo a Donaggio (1)
la prima e l'unica indicazione di un metodo cbe risponda veramente a questo
scopo, e che possa quindi rivelare lesioni cbe rimarrebbero sconosciute con
altri mezzi.
Vari AA. si sono già interessati di questo argomento; nonostante, dato
il suo grande vantaggio per lo studio istologico delle alTezioni nervose, vorrei
darne una descrizione completa, avendo constatato che non è di pratica mollo
350 V, Scarpini
comune: ma l'indole dì questa prima nota mi consiglia di riassumerne qui i
dati principali, che sono i seguenti: fissazione dei pezzi in soluzione di bicro-
mato potassico al 4 0/^ o in liquido di Moller, colorazione con ematossìlina,
mordenzatura (contemporanea in una 1* modalità o in seguito nella 2* e nella 3*)
ottenuta con sali metallici e cioè, rispettivamente, cloruro doppio di stagno
e. ammonio, acetato neutro di rame, o percloruro di ferro. Quindi decolora-
zione con il metodo di Pai spinto oltre la differenziazione. Ora appunto le
fibre che trovansi all'inizio della degenerazione primaria o secondaria resi-
stono all'azione del permanganato potassico e dell'acido ossalico, fino a rimanere
intensamente colorate in mezzo alle fibre sane divenute incolore. Si possono
usare pezzi immersi da molto tempo nelle soluzioni cromiche, come pure
enuti in queste anche per un solo mese in termostato. Si ha una colorazione
meno intensa, come io stesso ho constatato ; per es. in questo caso con la 2'
modalità le fibre lese in sezione trasversale restano colorite in azzurro, mentre
appaiono generalmente come zolle nere se l'immersione fu prolungata. Non
per questo i preparati riescono meno evidenti.
Ho utilizzato per queste prime ricerche alcuni frammenti del materiale
destinato ad altro studio e riferisco per ora soltanto su ciò che ho potuto
osservare in alcuni preparati riguardanti tre conigli morti -per urinemia fra
la 36' e la 48* ora, in seguito a legatura degli ureteri. Ho applicato i primi
due procedimenti di Donaggio ad alcune sezioni di midollo cervicale, bulbo,
cervello e cervelletto (*).
Più interessante è l'esame delle sezioni del midollo spinale. In esse, nelle
prime due esperienze, ho potuto riscontrare un discreto numero di fibre alte-
rate disseminate nei cordoni posteriori, ma più numerose in vicinanza della
linea mediana; l'intensità della lesione presenta una disposizione presso a poco
simmetrica. Nel 3"" coniglio notasi, sempre nella regione cervicale del midollo
spinale, un certo numero di fibre lese nella periferia del cordone antero-late-
rale; esse, per la loro localizzazione, sembrano risiedere quasi esclusivamente
nella zona appartenente ai fasci di Flechsig e di Gowers e nella regione
radicolare anteriore. Manca quasi affatto in queste sezioni la lesione del cor-
done posteriore poc'anzi descritta. Le fibre lese, a differenza di ciò che notasi
nei preparati riguardanti le prime due esperienze, sono in questo caso note-
volmente ingrossate e spesso deformate (fig. 1).
Nel bulbo, in sezioni condotte a livello della parte media dell'olìvri, non
si notano fibre alterate sezionate trasversalmente altro che in corrispondenza del
taglio dei corpi restiformi, ove esistono fibre lese relativamente numerose (fig. 2).
Più si osserva anche la lesione di alcune fibre arciformi. Qui torna opportuno
ricordare un fatto su cui già Donaggio richiamò nella citata memoria l'at-
tenzione degli studiosi; voglio dire del diverso comportamento delle fibre in
degenerazione primaria, secondo che esse sono sezionate trasversalmente o lon-
(•) Questa coiiiunicHzioiie con J relativi preparati fu presentata alla R. Accademia dei Fisio-
cri tifi in Siena, nella i^eduta del 24 giugno u. .«i.
Le lesioni primarie delle fibre nervose nelV urinenia, eco, 351
gitudinalnient(^. Mentre nelle fibre in sezione trasversale la resistenza alla
decolorazione supera notevolmente qnella delle fibre sane, questa differenza è
meno spiccata quando la fibra è colpita dal taglio in senso longitudinale. Però
anche in questo caso possiamo riconoscere con esattezza le fibre anormali, uti-
lizzando alcuni dati morfologici da Donaggio già messi in rilievo. Infatti
nelle fibre normali si hanno, lungo il loro percorso, piccoli ingrossamenti o vari-
cosila come in tutte le fibre mielinìche sprovviste di guaina di Schwann; ma
è ben diverso da ciò quanto si osserva nelle fibre in degenerazione iniziale.
Queste infatti si possono considerare rappresentate da blocchi fusiformi, disposti
in serie, riuniti talora da un esilissimo filamento. Con questo criterio ho in-
terpretato le lesioni delle fibre arciformi del bulbo, ove soltanto poche presen-
tano tali caratteri. Le alterazioni del bulbo sono quasi simili nelle tre esperienze.
Nelle sezioni del cervello e del cervelletto non ho potuto riconoscere
resistenza di fatti sicui^mente morbosi.
Mi sono servito, come ho detto, per queste ricerche, delle prime due fra
le tre modalità indicate da Donaggio. La 1* ci rende consapevoli anche dei
più minuti particolari sulla costituzione della fibra alterata ; la 2% dandone una
colorazione uniforme, permette di isolarla con precisione dagli elementi nor-
mali. Ho usato per la maggioranza delle sezioni la modalità 2*^, ma in alcune
ho applicato anche la 1*^ che mi ha servito di controllo alle osservazioni fatte
con quella, e mi Fia fatto conoscei'e le più svariate immagini microscopiche
derivanti dal disfacimento della guaina miclinica. Così infatti la sezione tra-
versale della fibra è rappresentata da un disco a contorno spesso irregolare
colorito in rosso violaceo; nell'interno di esso, con un tono di colore ordinà-
riamente più cupo, si notano granuli minutissimi raggruppati qua e là in modo
vario: talora sono blocchi più o meno grossi, o strie, talora zone più pallide
della rimanente sezione della fibra. Insomma si hanno tante varietà, che si
prestano mala ad una precisa e completa descrizione, ma servono a confer-
mare in modo sicuro i risultati avuti con la 1^ modalità.
Ho creduto bene pubblicare fin d'ora queste prime osservazioni, perchè per
quanto incomplete, offrono per varie ragioni un certo interesse. L'origine
tossica di molte lesioni sistematiche o diffuse nei centri nervosi è un fatto su
cui non è il caso d'insistere, però oggi è più diffusa la nozione dell'importanza
patogenetica, a questo riguardo, di intossicazioni esogene chimiche o micro-
biche: così Donaggio (2) dimostrò per primo le degenerazioni sistematiche
consecutive all'intossicazione difterica sperimentale e all'avvelenamento per
nitrato d'argento; liberti (3) col metodo di Donaggio descrive lesioni dif-
fuse nel midollo spinale di animali tetanici, Cevidalli (4) negli avvelena-
menti da fosforo e stricnina. Sereni (5) in una intossicazione alimentare. Meno
noto )ivv««e è il rapporto Iva autointossicazione e degenerazioni primarie; infatti
per ora si conoscono solo le osservazioni di Donaggio e Va ssale (6) negli
animali sottoposti, all'ablazione delle glandole paratiroidee; inoltre Riva (7)
descrisse lesioni delle fibre nervose riscontrate col metodo Donaggio in varie
contingenze morbose, fra cui l'inanizione, ciò che può pure ritenersi fattore
352 V, Scarpini - Le lesioni primarie delle fibre nervose, ere.
di prodotti tossici d'origine organica. Ora dalle mie esperienze è nuovamente
dimostrata l'influenza di un'intossicazione autoctona, Turinemia, per l'origi-
narsi di una degenerazione primaria, che tende a rivestire quasi carattere di
lesione sistematica.
Degna di npta nelle lesioni da me descritte è anche la singolare simmetria
nella loro distribuzione; è questo un fenomeno costante osservato da tutti gli
AA. che si sono occupati di questo argomento e forse ha relazione con l'even-
tuale produzione di degenerazioni fascicolate. Sembra, per ragioni che per ora
sfuggono alla nostra investigazione, che determinati gruppi di fibre abbiano
una speciale inferiorith di resistenza di fronte a determinati agenti tossici e.
anche quando le lesioni appaiono diffuse, questa speciale sensibilità che si
riscontra nelle fibre di un lato, si manifesta identica sulle fibre corrispondenti
del lato opposto.
Infine un'altra considerazione deriva da questa breve nota: essa (limosini
nuovamente l'immensa utilità dell'introduzione di questo metodo nella tecnin
istologica, se pure di tale dimostrazione havvi ancora bisogno. Istituirò iu
seguito anche ricerche comparative con altri processi, ma fin d'ora credo poter
sicuramente affermare, che nessun metodo poteva mettere in luce le lesioni
che ho potuto descrivere con quello di Donaggio, e che la sua applicazione
alle ricerce di anatomia patologica porterà un contributo notevole alla cono-
scenza di fatti rimasti fino ad oggi ignorati ; giacche dobbiamo riconoscere die
molti reperti negativi spesso in realtà non lo sono, ma derivano dall'insuffi-
cienza degli stessi nostri mezzi d'indagine.
Bibliofirrafla.
(1) DoKAooio. Colorazione positiva delle libre nervoso nella fase iniziale della degenerazione
primaria e secondaria. « RivÌ8ta sperimentale di Freniatria », voi. XXX, fase. 1. 1904.
(2) Doi»A«oio. Loco citato ; « Rivista di Patologia nervosa e mentale *, 1808 : « Rivista speri-
mentale di Freniatria >», voi. XXIV, 1898.
(3) TiBKKTi. Le degenerazioni primarie delle fibre ner\'0{»e del midollo nella intossicazione
tetanicii sperimentale. « Rivista di Patologia nervosa e mentale », 1906.
(4) Cevipalli. Studf clinici e sperimentali sulla intossicazione da fosforo. « Nuovo Raccogli-
tore medico ». 1W)5.
(5) Skreni. Alterazioni istologiche nel midollo spinale causate da veleni maidici. « Rivista
sperimentale di Freniatria», voi. XXXIII, fase. 1, 1907.
(6) Va.ssale e I)osao«io. « Rivista sperimentale di Freniatria », 1896.
(7) Riva. Lesioni primarie delle fibre nervose spinali prodotte da varie condizioni sperimen-
tali ed esaminate col metodo Donaggio per la degenerazione.^* Rivista sperimentale di Frenia-
tria», voi. XXXIir, fase, l, 1JK)7.
G, Boschi - Ricerche sui centri nervosi di un embrione, ecc, 35»S
Arcispedale di 8. Anna, in Ferrara
(Dal Lalioratorio annesso alla Sezione Medica, diretta dal prof. dott. A. M . Luzzatto)
Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi
p6r il dottor G-aetano Boschi
Non sono ancora molto nnmerose le ricerche compinle sui centri nervosi
ili embrioni umani nei primi stadi del loro sviluppo, per quanto non man-
chino certamente alcune ricerche in proposito, riiteremo fra esse le classiche
indagini compiute da His (1), ed anche altre, come, p. es., quelle di Colucci
e Piccinino (2), di Lache (3), di van Biervliet (4), di Smirnow (5), di
Sibelius (C), di Becbterew (7) e di qualche altro. Dobbiamo però dire che
queste ricerche non sono certo molto numerose, che si riferiscono natural-
mente di rado ad embrioni dei primi mesi di vita intrauterina, che solo rara-
mente si può ritenere di avere a che fare con embrioni normali, mentre assai
più spesso è liicile dover lavorare su feti espulsi per fatti paloìo^ri e sopra
lutto per sifilide, la quale, come è noto, lede con una certa predilezione i
centri nervosi. Oltre a ciò, buona parte di queste ricerche è stata compiuta
con colorazioni semplici, non con quei miscugli di sostanze coloranti i quali
|)erniettono una analisi elettiva delle varie parti costituenti la cellula nervosa.
Si aggiunga che oggi, riguardo alla istogenesi delle cellule gangliari, le opinioni
sono ancora molto varie e controverse. Accennerò, p. es., al dibattito anche
oggi assai vivo tra i sostenitori della natura unicellulare e i partigiani dell'ori-
gine pluricellulare della cellula nervosa. Cosi pure siamo molto all'oscuro
ancora, ed anzi, si può dire, all'inizio delle nostre cognizioni, per quel che
riguarda la composizione microchimica del nucleo e l'origine dei corpi di NissK
se cioè essi sieno costituiti da cromalina analoga alla nucleare e se proven-
gano 0 no da sostanze elaborate e scerete dal nucleo.
Per tutte queste ragioni non mi parve inutile studiare un feto umano ai
primordi del suo sviluppo. L'indagine mi parve in un certo senso tanto più
interessante, in quanto il feto in questione non era stato espulso per aborto, ma
proveniva dal cadavere di una donna ventottenne morta quasi istantaneamente
per un colpo di rivoltella che aveva perforalo il polmone destro; il cadavere
non presentava veruna lesione oltre a quella dipendente dal trauma; e l'au-
topsia venne eseguita nella stagione fredda trenta ore circa dopo la morte.
L'embrione . era lungo quattro centimetri e presentava gli organi sessuali non an-
tujra bene differenziati. Ritengo perciò che si potesse ammettere che Tetà del feto si
aggirasse attorno all'inizio del terzo mese.
Quanto al liquido fissatore da scegliere, ho creduto più opportuno valermi di un
metodo unico, onde potere paragonare fra loro i risultati ottenuti nelle varie parti
detrasse cerebro-spinale. Fra i vari fissativi ho creduto utile adottare l'alcool, perchè
i8
35 i • G. Boschi
questo reattivo è quello che meglio si presta allo studio delle reazioni microchimiche
dei tessuti, in quanto che esso fissa coagulando semplicemente Talbumina senza in-
trodurre nella molecola albumìnoide radicali metallici, come fanno, ad es., il subli-
mato e l'acido osmico, i qijali modificano, spesso sensibilmente, le proprietà micro-
chimiche degli elementi. D'altra parte, lo studio di queste proprietà era forse il lato
più interessante della ricerca in un embrione di questa età, poi che sarebbe stato cer-
tamente vano, 0 quasi, uno studio delle guaine mieliniche con il metodo di Weigert:
e la dimostrazione delle neurofibrille con i metodi di Cajal e di Don aggio pre-
sentava forse meno interesse in quest' epoca di sviluppo e si prestava forse meno ad
essere soggetto di indagini su materiale cadaverico.
I -pezzi furono tolti da numerosi tratti di tutto Tasse cerebro-spinale; furono
inclusi in parafBna ; se ne eseguirono numerose sezioni di spessore variante fra i
5 ed i 10 micromillimetri. La colorazione fu eseguita in part« con la triacida di
Ehrlich per le granulazioni neutrofile, in parte con il metodo di van Gieson:
però ho adoperato preferibilmente e sulla massima parte delle sezioni la pironina e
verde di metile preparati secondo la formula di Unna-Pappenheim, metodo di colo-
razione rapido e sicuro che permette una differenziazione molto netta dei vari tipi
di cromatina a seconda della loro maggiore o minore basicità, e che ha dato gin
degli eleganti risultati in mano di altri ricercatori (Luzzatto(8), Rossi) (9). Espone*
ora partitamente quanto ho potuto vedere, riservandomi poi di trame alcune con-
clusioni.
Gangli spinali. — Nei gangli spinali le capsule endoteliali sono assai più
larghe che nell'adulto, e comprendono non una sola, ma parecchie cellule nervose.
Queste si trovano negli stadi piti svariati di sviluppo ; in certi gangli predominano
le cellule poco sviluppate, in altri quelle più evolute. Nei gangli meno sviluppati si
vede qualche raro elemento pressoché privo di protoplasma; però nella grandissima
maggioranza di essi il nucleo è rivestito da uno strato più o meno abbondante di
protoplasma eritrofilo omogeneo. Esso si dispone attorno al nucleo in modi abbastanza
svariati; e cioè, ora come un sottile strato circolare, ora (molto più spesso) sotto
forma di un cappuccio collocato talvolta ad un polo solo, tale altra ad ambedue i
poli del nucleo. L'apice del cappuccio è talvolta ottuso, tale altra appuntito e ter-
minante con un prolungamento. I nuclei di queste cellule sono tinti in verde, però
sensibilmente più pallidi e meno ricchi di cromatina che non le cellule endoteliali^
Non si vedono in questo stadio nuclei racchiusi da una stessa massa di protoplasma i.
ma in uno stadio un po' più avanzato il protoplasma si fa più abbondante ed assum^^
per lo più una forma triangolare o poligonale, più di rado rotondeggiante, e per lo
più uniforme, spesso più chiaro che nello stadio precedente. Si osserva talvolta qualch^^
forma di apparenza sinciziale. Il nucleo va perdendo sempre più la cromatina verde,
e negli stadi un po' più avanzati si presenta quasi chiaro con piccoli cumuli verdi
e qualche nucleolo rosso. Non vi è sempre però un parallelismo assoluto tra lo stato dei
nucleo e quello del protoplasma; come pure in qualche elemento si può vedere che il
protoplasma è più chiaro al centro, più carico alla periferia. In alcuni gangli prevale h
disposizione rotondeggiante del protoplasma in stadi relativamente poco avanzati; in
altri invece essa si mantiene anche in cellule molto evolute. In queste ultime il nu-
tìirerc/ie siti centri net-vosi di un embrione limano di due mesi 355
eleo è per lo più eccentrico e rivolto alla estremità opposta a quella da cui esce un
prolungamento lungo e sottile; nel protoplasma dì queste cellule si va già manifestando
una differenziazione in granuli che in certi elementi è assai piti manifesta alla perir
feria che non al centro, mentre in altri assume un aspetto diffuso come di granulazioni
che incrostassero un reticolo. Nelle radici posteriori di qualcuno dei gangli spinali sì
possono vedere, un po' al di fuori, ma sopratutto dentro il canale rachideo, air interno
della pia madre, cellule nervose assolutamente analoghe a quelle dei gangli spinali nel
massimo della loro evoluzione.
Nei gangli posti piìi in alto, e più precisamente in quelli situati a livello del
bulbo, la differenziazione è un po' meno avanzata, nel senso che sono più numerosi i
neuroblasti, più scarse le cellule grandi ad abbondante protoplasma.
Midollo, — A piccolo ingrandimento si vede come si sia già bene sviluppata la
fessura mediana anteriore, come vi sia già un accenno alla formazione del solco me-
diano posteriore, in corrispondenza del quale il tessuto si fa un po' più ricco di cel-
lule. Le parti periferiche della midolla sono omai poverissime di elementi cellulari
e costituite da un tessuto omogeneo molto povero di nuclei, eccettochè nei due an-
goli postero- estemi, ove i nuclei corrispondenti alle future coma posteriori arrivano
fino quasi alla periferia della midolla. Il canale centrale, non sempre ben conservato
nella sua forma, si presenta però sempre assai più largo che nell'adulto ed è talvolta
irregolarmente circolare, talvolta quadrangolare con due lunghe espansioni laterali,
talvolta irregolarmente triangolare. A piccolo ingrandimento si riconosce già abba-
stanza bene la differenziazione tra coma anteriori e posteriori, per il fatto che le
anteriori appaiono molto meno ricche di elementi, ma con cellule più rosse, più
grosse, nelle quali si può già riconoscere un accenno alla futura disposizione in
gruppi. Invece le cellule delle coma posteriori sono molto più numerose, più piccole,
tinte in azzurro. Non vi si riconosce altra tendenza alla differenziazione e disposi-
zione in gmppi, che quella che si può vedere in un punto situato nella regione an-
teriore del comò posteriore (probabilmente cellule corrispondenti alle future colonne
di Clarcke). Le cellule che rivestono il canale centrale sono allungate, fornite di
un orlo di protoplasma eritrofilo e di un sottile prolungamento periferico, pure eri-
trofilo. Non vi si può scorgere traccia di ciglia vibratili.
In certe sezioni di midollo spinale, nelle coma posteriori si osservano numerose
cellule fusate a nucleo di un colore verde uniforme, a nucleolo non visibile, rivestite
sopratutto verso i due poli da protoplasma eritrofilo in cui si nota spesso una certa
tendenza alla striatura longitudinale e talvolta anche qualche cumulo di granuli più
intensamente colorabili in rosso. Alcuni di questi elementi ,anzichè f usati, sono trian-
golari, pur mantenendo le medesime caratteri e^tiche cromatiche. Sono assai rari e non
sicuramente dimostrabili gli elementi totalmente sprovvisti di protoplasma. Questi ele-
menti fusati e triangolari sono spesso disposti in catene longitudinali.
Non è difficile scorgere dei nuclei molto vicini e pressoché uniti tra loro ; però
riesce assai difficile poter affermare con sicurezza che si tratti di forme sinciziali,
benché vi sia qualche rara figura che potrebbe prestarsi a tale interpretazione. Accanto
a questi elementi ve ne sono altri in cui il nucleo subisce evidenti metamorfosi. Com-
pare in esso un nucleo eritrofilo. Il nucleo spesso s'ingrandisce, pur rimanendo uguale
la quantità di cromatina in esso contenuta, di modo che esso assume un colore sen-
sibilmente più pallido che nelle cellule più grandi; con il successivo diminuire della
cromatina, va diventando addirittura violaceo. L'apposizione di sostanza erìtrofila
attorno al nucleo precede certamente la formazione del nucleolo, perchè non è raro
356 G. Boschi
vedere cellule prive di nucleolo e già fornite di protoplasma. Nelle cellule un po' più
grandi si osserva quasi sempre la differenziazione di due o tre «olle verdi perinu-
cleolari (zolle di Levi). In alcune cellule queste zolle sono distribuite in modo più
diffuso. Anche nelle cellule più grandi delle corna posteriori non si riesce a scorgere
con sicurezza resistenza di forme sinciziali. Però si nota che nei punti in cui tali
cellule sono più numerose, esse sono fortemente addossate le une alle altre, però sempre
in modo da poter essere sufficientemente distinte. In queste cellule non vi è sempre
un completo parallelismo tra la differenziazione del nucleo e T apposizione del pro-
toplasma, perchè si possono vedere gruppi cellulari con protoplasma abbondante e già
tendente alla differenziazione in granuli, e col nucleo di un verde chiaro, ancora
privo di nucleolo. Le cellule più sviluppate si trovano nelle coma posteriori in un
gruppo situato circa alla estremità anteriore del corno, separate dalla parete postero-
esterna del canale centrale per mezzo di un gruppo di cellule a nucleo verde e scar-
sissimo protoplasma. Si tratta dunque verosimilmente di cellule che formeranno lo
future colonne di Clarcke. Il protoplasma di questi elementi è abbastanza svilup-
pato; ve ne sono invece parecchi con il nucleo ancora privo di nucleolo. Attorno alla
parete postero-esterna del canale centrale le cellule hanno tutte nucleo verde e scar-
sissimo protoplasma; così pure nel resto del corno posteriore. Però entro le coma
posteriori si vede qua e là, sopratutto in*, vicinanza del margine posteriore della mi-
dolla, ma anche nell' interno delle corna stesse, qualche elemento molto più altamente
differenziato dei circostanti. Così pure se ne vede qualcuno di analogo molto grand<>.
ma con protoplasma molto pallido, di forma triangolare od irregolarmente poligonale,
presso il margine posteriore della midolla (elementi nevroglici rigonfi ?).
Venendo al corno laterale, si osserva un altro piccolo nucleo di cellule di forma
triangolare molto addossate, con protoplasma abbastanza bene sviluppato e nuclei»
chiaro privo di nucleolo, situato nella regione esterna del tratto intermedio fra corno
anteriore e posteriore, e corrispondenti verosimilmente al così detto tractus infer-
medio-laterali fi. Anteriormente al canale centrale, presso alla commessura anteriore,
si comincia a vedere qualche cellula con nucleo abbastanza bene differenziato e tal-
volta anche con protoplasma discretamente abbondante. Cellule analoghe si riscontrano
in tutta la zona che corrisponde alla base del corno anteriore. Anche qui non è pos-
sibile scorgere forme sicuramente sinciziali, per quanto le cellule abbiano una spic-
cata tendenza a disporsi in catene.
Quanto alle corna anteriori, si vede che in certe sezioni del midollo è più dif-
ferenziato il'gruppo cellulare antero-intemo, in altre Tantero-estemo. Queste cellule
hanno per la massima parte il nucleo bene differenziato con nucleolo eritrofilo e pre-
senza di zolle di Levi, hanno forma per lo più poligonale; in qualche punto si osser-
vano delle figure le quali tenderebbero a dare l'idea di forme sinciziali (due a tre
nuclei che sembrano compresi in un unico strato di protoplasma nettamente eritro-
filo e già con tendenza alla differenziazione in sostanza fibrillare e granuli croma-
tici). Così pure, in altre sezioni si può scorgere l'esistenza di un'unica sostanza gra-
nulo-fibrillare che va circondando dei nuclei a cromatina violacea e con nucleolo
assente o appena accennato. Nelle cellule più grandi si può vedere già un accenno a
spiccata differenziazione dei corpi di Nissl, spesso alla periferia della cellula. In
parecchi elementi, non però in tutti, il nucleo è spiccatamente eccentrico.
In alcuni elementi delle corna anteriori si può riscontrare la fusione di due o
tre grosse cellule a protoplasma bene sviluppato ed a nucleo violaceo; in essi si può
vedere come la distinzione tra cellula e cellula si vada formando con il differenziarsi
Ricerche stii centri nervosi di un embrione umano di due mesi 357
dei corpi di Nissl alla periferia. In altre cellule invece la distinzione fra elemento
^•d elemento sembra avere luogo durante tutto lo sviluppo. Qualche fatto di fusione
cellulare si può osservare anche verso la base del corno anteriore, ove si vedono due nuclei
allungati, piccoli, verdastri, non ancora provvisti di nucleolo e riuniti da una sostanza
eritrofila comune ad ambedue le cellule e che si appone alle estremità polari dei due
nuclei. Non è però frequente il poter dare la dimostrazione sicura di questi fatti,
mentre sono numerosissime le cellule in cui la apposizione di protoplasma attorno al
nucleo avviene elemento per elemento senza tracce di fusione. Sopratutto nelle corna
anteriori appare assai netta la distinzione fra le cellule di glia, piccole, verdi, prive
di protoplasma eritrofilo e di nucleolo, da un lato, e le cellule nervose, più o meno
sviluppate, dair altro.
Bulbo, — Il bulbo presenta già dei caratteri macroscopici molto analoghi a
quelli deir adulto, e cioè la presenza di un canale midollare allargato a triangolo
.interiormente, ristretto e allungato posteriormente, nelle sue sezioni più basse; mentre
più in alto esso si è già aperto per dare luogo al quarto ventricolo. A piccolo ingran-
dimento si vede come siano già individualizzate parecchie formazioni, e più preci-
samente le seguenti : nelle sezioni più basse, lo strato periferico di nevroglia, il rafe
mediano, le colonne cellulari corrispondenti ai nuclei di Goll e di Burdach, il
nucleo delle fibre arciformi, i nuclei corrispondenti alla testa del corno anteriore;
nella regione delle olive si nota invece la presenza di cellule corrispondenti alla fu-
tura formazione olivare, ma senza individualizzazione ben definita, e sopratutto senza
la loro disposizione caratteristica.
Le cellule epéndimali hanno l'aspetto che abbiamo già descritto nella midolla,
ed anche qui sono prive di ciglia vibratili. Nelle olive la massima part« delle cel-
lule ha forma fusata, nucleo ovoide azzurro verdastro senza nucleolo o con nucleolo
appena accennato; esse sono provviste di un protoplasma eritrofilo, sviluppato solo o
4iua8i ai due poli della cellula e provvisto di lunghi e sottili prolungamenti eritro-
tili per lo più omogenei e manifestamente tortuosi, provvisti di qualche rigonfiamento
e ohe si intrecciano variamente fra loro. E notevole nelle olive la grande uniformità
di sviluppo dei singoli elementi cellulari; anche qui si vedono nuclei strettamente
addossati Tuno all'altro, quasi gemmanti e, apparentemente almeno, compresi in un
unico strato di protoplasma. Le cellule nei nuclei di Goll e di Burdach hanno
press' a poco le stesse caratteristiche già notate nelle olive; però in qualcuna delle
j^ezioni più alte vi si nota qualche elemento un poco più differenziato fino ad arri-
vare, per quanto raramente, al tipo delle piccole cellule adulte; lungo la scissura
mediana posteriore si notano in continuazione del canale centrale piccole cellule a
nucleo azzurro violaceo con nucleolo assente o appena accennato e scarso protoplasma
eritrofilo. Vi si nota qualche figura sinciziale e qualche rarissima mitosi, non è fa-
cile decidere se in cellule nervose o in cellule di nevroglia. Ai lati del canale cen-
trale si notano due gruppi cellulari più evoluti e, più precisamente, uno ai lati del
prolungamento posteriore, l'altro un po' più avanti: in essi il protoplasma è, sopra-
tutto in alcune cellule, discretamente abbondante e presenta alcune tracce di diffe-
renziazione; il nucleo ha già i caratteri di quello della cellula adulta. Si nota pure
una certa differenziazione delle cellule corrispondenti alla testa del corno anteriore,
ove in qualche punto si notano cellule già abbastanza differenziate. Nelle sezioni più
alte si osserva che le cellule dei nuclei del vago accessorio e dell' ipoglosso sono
ornai bene differenziate, però senza formazione di corpi di Nissl. Anche qui si nota
qualche figura che potrebbe forse venire interpretata come sinciziale.
358 Ci. Boschi
Ponte, — Nella maseima parte della superficie di sezione si vedono celiale a
nucleo azzurro privo di nucleolo con scarso protoplasma eritrofilo fusiforme raccolto
ai poli dpi la cellula. Però qua e là in mezzo a queste se ne vedono altre più o meno
differenziate, fino a che per qualcuna si arriva al grado di differenziazione raggiunto
dalle cellule delle corna anteriori. Sono piìi rari gli aggruppamenti ; se ne vede perù
qualcuno, e, più precisamente, in corrispondenza del nucleo del facciale, e qualche
altro piccolo gruppo sulla faccia anteriore del ponte. Nella parte posteriore si osserva
un tratto di valvola di Vieussens composta unicamente di cellule piccole, nume-
rose, rotonde, a nucleo quasi omogeneo verde, circondate da una cappa fornita di
prolungamenti sottilissimi costituita da protoplasma eritrofilo.
Cervelletto, — Non si nota la differenziazione degli strati normali della cor-
teccia cerebellare; nella superficie esterna si nota solo un cumulo di cellule a nucleo
verde, vescicolare, privo di nucleolo, con scarsissimo protoplasma eritrofilo, spes*^
tendenti alla forma di sincizi e che ricordano lontanamente le cellule ependimali.
Più sotto le cellule si fanno più rare, mentre nello spessore della sostanza cerebel-
lare, evidentemente in corrispondenza dei futuri nuclei grigi, si notano dei cumuli
di cellule pure di aspetto sinciziale, attorno ai quali va differenziandosi il proto-
plasma eritrofilo.
Cervello. — Nel cervello si osserva press' a poco la stessa disposizione già no-
tata nel cervelletto; soltanto che sono più abbondanti le cellule a nucleo verde,
quasi prive di protoplasma. Oltre a ciò le cellule superficiali hanno conservato molto
di più il carattere di cellule ependimali. Qui pure nello spessore della sostanza bianchi
si osservano dei cumuli sinciziali, analoghi a quelli già descritti per il cervelletti»
ma con cellule anche meno differenziate.
* *
lo mi credo aulorizzato a disciilere i reperii sopra descritti e a trarne
alcune conclusioni. Infatti, benché si tratti di un solo caso, i dati da me os-
servati mi sembrano in vari sensi abbastanza probativi, e, d'altra parte, per
quel che riguarda i centri nervosi, anche un caso soltanto può offrire messe
abbastanza larga di fatti. Come è ben noto, i vari segmenti dell'asse cerebro-
spinale raggiun|,^ono una nuova differenziazione completa ed il loro definitivo
sviluppo entro periodi di tempo molto diversi; potendosi dire in linea gene-
rale che l'estremo caudale dei centri si sviluppa più presto dell'estremo cefa-
lico: di modo che in uno stesso embrione noi possiamo riscontrare gli stadi
più diversi di sviluppo della cellula nervosa; il che permette di allargare la
portata delle conclusioni riscontrate su di un solo esemplare. Cosi, p. es., ho
potuto vedere nei mio caso come le cellule dei gangli spinali avessero già
raggiunto un grado abbastanza cospicuo di sviluppo, mentre esso era mìnimo
nelle cellule della corteccia cerebrale, e stadi intermedi si riconlravano nelle
corna anteriori e posteriori.
Venendo ora a particolari più minuti^ debbo dire anzitutto come nel mio
embrione nessun elemento avesse ancora raggiunto lo stadio di sviluppo defi-
nitivo. Infatti anche nei gangli spinali, ove pure la differenziazione era più
Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi 359
avanzata, gli elementi presentavamo sempre delle dimensioni molto inferiori a
quelle delle cellule adulte e nel protoplasma vi era appena un accenno alla
individualizzazione dei corpi di Nissl, i quali si presentavano indistinti sotto
forma di granulazioni male individualizzate. Cosi pure posso dire che in questo
stadio anche la disposizione degli elementi nei gangli non presentava quella
spiccala regolarità ch^ si riscontra nell'adulto, perchè in molti punti non una
sola, ma più cellule, erano racchiuse da una sola capsula endoteliale. Oltre a
ciò, molti elementi erano ancora piccoli, meno differenziati degli altri. Questo
fatto ci può dare forse una spiegazione delle varietà di sviluppo e di struttura
(•he sì osservano anche nell'adulto fra elemento ed elemento, e che mollo pro-
babilmente sono la conseguenza della ritardala evoluzione di alcune fra queste
cellule. Lo stesso, a più forte ragione, può dirsi per le cellule delie corna an-
leriori. Quanto alle corna posteriori, debbo notare come esse, anche per quel
che riguarda la forma e la disposizione di elementi, fossero assai meno vicine
al tipo dell'adulto che non le cellule delle corna anteriori ; ma come gli ele-
menti cellulari vi fossero assai più numerosi ed assai meno differenziati. Debbo
pure far osservare come ìììì\ bulbo e nel ponte la differenziazione e io sviluppo
degli elementi nervosi avessero raggiunto uno stadio press'a poco uguale a
quello che si osservava nella midolla spinale e come anche qui gli elementi
corrispondenti a quelli del corno anteriore (nuclei del vago accessorio e del-
l'ipoglosso) avessero raggiunto uno sviluppo superiore a quello degli elementi
corrispondenti al corno posteriore, (p. es. i gruppi rispondenti ai nuclei di Goll
e di Burdach). È pure notevole in questo stadio la scarsa differenziazione
dei nuclei olivari, sia come disposizione che come grado di evoluzione degli ele-
menti cellulari. Contrastava poi fortemente con questo sviluppo relativamente
avanzato della midolla e del bulbo lo stato assolutamente embrionale della cor-
teccia cerebrale e cerebellare, in cui quasi lutti gli elementi avevano l'aspetto
di semplici neuroblasti con nucleo pochissimo differenzialo e scarso protoplasma
perinucleare.
Tra i molti argomenti ancora soggetti a discussione e suscettibili di venire
studiati sui centri nervosi di un embrione, ho creduto opportuno, per l'età
dell'embrione stesso e per il modo in cui era sialo fissato, di rivolgere la mia
attenzione sopratulto a due, controversi; e cioè all'origine del protoplasma da
elementi o da sostanze di provenienza nucleare, ed alla genesi uni o pluri-
cellulare dell'elemento nervoso adulto.
Quanto alla prima questione che, come vedremo, si riconnette poi in
certo senso con la seconda, ricorderemo come parecchie ricerche, sopratulto
recenti, tendano a' dimostrare un inlimo rapporto di dipendenza fra le modi-
ficazioni che il nucleo delle cellule somalocrome subisce durante lo sviluppo
di queste e la formazione dei componenti basofìli del protoplasma. Questa dot-
trina riconosce la sua base nelle ricerche microchimiche di Scott (10), il
quale avrebbe trovalo che la sostanza delle zolle di Nissl è un nucleoproleide,
contiene ferro e fosforo organico e deriva dalla cromatina nucleare. Essa infatti
non è disciolta ne dalla pepsina cloridrica né dagli alcali e dagli acidi, i
3m G. lioschi
quali però ne soUrapjfono il ferro alterandone le proprietà cromatiche. Anche il
nucleolo contiene ferro e fosforo, ma gli alcali estragjrono da esso il ferro mollo
più lentamente che dai granuli di Nissl. Per conseguenza nella cellula nervosa
vi sarebbero tre sostanze di natura nucleinica, ma differenti tra loro per alcum^
proprietà microchimiche, e cioè per il diverso modo di comportarsi rispetto
agli alcali ed agli acidi, e per la maggiore o minore facilità di liberarsi dal
ferro. Secondo PA., tutti e tre questi composti nudeinici (Priverebbero dalla
cromatina mitotica della cellula germinativa, e perciò i granuli di Nissl sa-
rebbero costituiti da cromatina diffusa dal nucleo nel citoplasma. Questi fatti
sarebbero confermati anche dalla circostanza che quegli animali le cui cellule
nervose sono prive di questo materiale hanno la cromatina nucleare simile a
quella esistente nei nuclei cellulari degli altri tessuti, ciò che non avviene
per le altre cellule gangliari. Tutti i risultati ottenuti finora appoggiano l'opi-
nione che i composti nucleinici conlenenti Fé derivino da sostanze preesi-
stenti nella cellula, e che nelle mitosi tutta la sostanza contenente ferro consista
nella cromatina nucleare.
Coli in (11) non crede provata invece l'esistenza di un legame genetico
fra la cromatina nucleare ed i corpi di Nissl. Però egli ritiene che il nucleo
abbia grande importanza nella differenziazione del protoplasma : i caratteri ci-
netici che il nucleo dimOvStra durante la differenziazione delle zolle di Nissl
farebbero ritenere che l'ipotesi della loro origine nucleare debba essere presa
in molta considerazione. Cameron (12) crede pure che la sostanza dapprima
acromatica che circonda il nucleo dei neuroblasti derivi dal nucleo stesso, il
quale darebbe origine a buona parte della cellula nervosa. Alla stessa opinione
sottoscrive anche Shinkishi Hatai (13), il quale avrebbe visto nelle cellule
dei gangli spinali del topo bianco la formazione di processi pseudopodici, i
(fuali si estendono verso il protoplasma. La membrana di questi pseudopodi è
perforala. 1 corpi di Nissl deriverebbero dalla diffusione della nucleina del
nucleo 0 dalla migrazione di nucleoli accessori entro il citoplasma. 1 mate-
riali per la formazione della nucleina sarebbero assorbiti dal nucleo per mezzo
dei pseudopodi ed in uno stadio fetale più avanzato, come nell'adulto, la nu-
cleina si troverebbe nel nucleo in islalo di dissoluzione, come è dimostrato
dalle reazioni del ferro e del fosforo. Questa nucleina passerebbe poi nel cito-
plasma per diffusione, specialmente dai due poli del nucleo ovale.
Invece Olmer (14) esclude che la sostanza delle zolle di Nissl sia di
origine nucleare, poiché quando lo sviluppo del nucleo è finito, non si è an-
cora completato quello degli elementi cromofili.
Secondo van Biervliet (4), le zolle cromofile appaiono nelPuomo verso
il terzo mese di vita intrauterina; però la cellula anche prima non sarebbe
del tutto s|)rovvisla di sostanza cromofila, ma ne esisterebbe una certa quan-
tità non raggrup|)ata ma disciolta in modo da dare al citoplasma una colora-
zione omogenea.
Volendo ora riassumere quanto risulta dalle mie osservazioni e parago-
narlo con quanto altri hanno osservato ed io più sopra ho cercalo di esporre,
Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi 361
dirò anzitutto che i dati cromatici da me osservati giustificano l'ipotesi di
Scott, che nella cellula nervosa vi siano varie speci di cromatina. Difatti,
come ha già notato da parecchio tempo A. M. Luzzatto, sia con la colora-
zione a fresco, sia su pezzi lissati, la cromatina del nucleo assume con il me-
todo di Unna-Pappenheim un colore violaceo, mentre solo alcuni granuli
(zolle di Levi) presentano una colorazione verde dimostrando cosi una baso-
tilia assoluta. Invece il nucleolo ed i corpi dì N issi si colorano in rosso, di-
mostrando cosi un grado mollo meno spiccato di basofilia. È invece molto
meno facile poter ritenere con la sicurezza di cui sembrano dotati parecchi
AA., che la cromatina della cellula nervosa derivi dal nucleo. Infatti io ho
potuto vedere che fra cromatina del nucleo e sostanza dei corpi di Nissl vi
devono essere sensibili differenze di reazione chimica, poi che queste forma-
zioni si colorano in modo spiccatamente diverso, il che depone già, fino ad un
certo punto, contro T ipolesi di una origine comune. In secondo luogo, i cam-
biamenti microchimici che il nucleo subisce durante l'evoluzione embrionale
della cellula, non sono tali da giustificare pienamente lale ipotesi. Infatti si
comprenderebbe facilmente la genesi delle zolle di Nissl dalla cromatina del
nucleo se, diminuendo la basofilia assoluta della sostanza nucleare per dar
posto ad una basofilia relativa, aumentasse invece la basofilia assoluta delle
parti costituenti il protoplasma. Noi dovremmo p. es. vedere in tale caso che
con il diminuire e lo sparire della colorazione verde del nucleo questa appa-
risse invece nella sostanza basofila del protoplasma. Invece ciò non succede;
anzi i corpi di Nissl hanno una basofilia sensibilmente minore di quella degli
elementi nucleari. Devo aggiungere poi che in nessun momento ho potuto ve-
dere nessun fatto che giustificasse V idea di un passaggio della sostanza cro-
matica dal nucleo nel protoplasma. Debbo però riconoscere come nessuno di
questi argomenti possa dirsi realmente perentorio contro la dottrina della ori-
gine nucleare del protoplasma. E invero potrebbe darsi benissimo che la cro-
matina del protoplasma, pure presentando caratteri di colorabilità diversi da
quelli originari, non fosse altro che una semplice e leggera trasformazione
della cromatina nucleare. A questa possibilità, sostenuta anche con argomenti
microchimici da Scott e da Shinkishi Hatai ncvn potrei opporre argomenti
assolutamente decisivi ; debbo però far notare i fatti seguenti, che ho notato
ri|>etutamente e sicuramente, e che mi paiono in forte e completa opposizione
a tale ipotesi. Ho osservato, p. es., che nelle cellule più sviluppale, come
quelle dei gangli spinali e quelle delle corna anteriori, il nucleo aveva già
assunto l'aspetto caratteristico delle cellule adulte (nucleolo rosso, una o due
zolle verdi perinucleolari spesso appena distinguibili,* cromatina nucleare di un
violaceo tendente al rosso), mentre il protoplasma era molto meno abbondante
rbe non nelle cellule adulte, e i corpi di Nissl cominciavano appena, e non
>iempre, a differenziarsi verso la periferia. K dunque evidente che tale incoor-
«linazione di sviluppo tra nucleo e protoplasma depone fortemente contro la
dottrina che quest'ultimo sia un prodotto deiratlività cinetica del nucleo stesso.
In secondo luogo debbo nolan* come la differenziazione delle zcdle cromatiche
362 G. Boschi
non avvenga già, per quanto almeno io ho potuto vedere, per l'apposizione di
queste zolle bell'e formate attorno al nucleo del neuroblasta, ma rome invece
esse vadano difì'erenziandosi per l'addensa mento circoscritto di un protoplasma
che ora appare omogeneo ora sembra incrostare una specie di reticolo. Anche
questa omogeneità iniziale del protoplasma non mi sembra troppo in armonia
con l'ipotesi della uscita di elementi cromatinici dal nucleo nel protoplasma,
ove, se tale t'osse la loro origine, essi dovrebbero apparire verosimilmente già
dìfTerenziati, non sotto forma di masse omogenee. E non credo nemmeno inop-
portuno di aggiungere che non vi è assolutamente proporzione fra la quantità
di cromatina che può essere contenuta nel nucleo e quella che si trova nel
protoplasma, specialmente in quello delle grandi cellule somatocrome; in queste
ultime converrebbe supporre che il nucleo elaborasse sempre materiali nuovi
per riversarli poi nel protoplasma. Questo fatto non è certo inverosimile a
priori. Debbo però dire che non vi è alcun fatto il quale sia in c^so di dimo-
strarci l'esistenza di un processo cosi complicato. Debbo anzi dire che l'aspetto
del nucleo non muta affatto quando esso abbia raggiunto un certo grado di
difl'erenziazione, malgrado che il protoplasma si ingrandisca e subisca quelle
metamorfosi che fanno assumere all'elemento il tipo di cellula adulta: solo
Shinkishi Hatai avrebbe visto la presenza di pseudopodi nucleari incaricati
appunto di favorire tale elaborazione della sostanza nucleare; io posso diredi
non aver visto nulla di analogo, né di aver riscontrato nella letteratura rela-
tivamente vasta che possediamo di questo argomento, nulla di analogo o che
possa venire interpretato in questo senso. D'altra parte ho osservato abbastanza
spesso che vi erano cellule il cui nucleo completamente verde e privo di nu-
cleolo (ossia completamente analogo a quello dei neuroblasti) era ornai cir-
condato da quantità abbastanza notevoli di protoplasma eritrofilo intensamente
colorato, il che depone pure contro l'ipotesi che la formazione del protopla-
sma sia l'espressione di una attività cinetica del nucleo. In queste osservazioni
io sono perfettamente d'accordo con Golucci e Piccinino e con Besla (io),
i quali hanno pure veduto i neuroblasti circondati da una zona sottile di pro-
toplasma. Sfortunatamente, a questi dati negativi, sfavorevoli alla dottrina che
fa derivare il protoplasma da una attività secretoria del nucleo, non posso
aggiungere alcuna nozione positiva riguardo alla origine del protoplasma delle
cellule nervose. Posso dire soltanto che dallo studio dei miei preparati avrei
riportato l'impressione che essa avvenga per una apposizione di materiale dai
tessuti circostanti attorno alla periferia del nucleo stesso. Solo uno studio
comparativo eseguito in serie su embrioni della medesima età, colorando in
alcuni la sostanza cromatica, in altri, con i metodi più moderni, il reticolo
fibrillare, potrà mollo probabilmente recare un po' di luce su tale questione
tanto importante quanto complessa.
Si sa che recentemente parecchi AA. hanno voluto far derivare la cro-
matina del protoplasma della cellula nervosa, non, come i precedenti, da tra-
sformazioni particolari delia cromatina nucleare della cellula stessa, ma bensi
dalla trasformazione del nucleo di altre cellule nervose che nel corso delio
Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi 363
sviluppo sì addosserebbero fortemente a quella fornita dal nucleo principale
formando con essa una specie di sincìzio; per tale processo il nucleo della
cellula principale formerebbe in seguito il nucleo della cellula gangliare defi-
nitiva, mentre ì nuclei delle cellule gangliari costituenti il sincìzio darebbero
luogo ai corpi di Nissl e, secondo recentissime ricerche di Fragnito (16)
nella midolla e nei gangli del pollo, anche alla sostanza fibrillare. Questa
teorìa è stata sostenuta con buona copia di argomenti sopra tutto da due A A.
napoletani, il Fragnito ed il Capobianco (47). Essi ritengono cioè, che la
cellula nervosa, al pari della fibra nervosa, abbia una origine pluricellulare
anziché unicellulare, constatazione la quale non mancherebbe certamente di
interesse anche da un punto di vista dottrinale, in quanto che essa conti^sta
fino ad un certo punto, con la dottrina unitaria del neurone; tanto più che in
base ad essa gli AA. ammettono la esistenza di connessioni delle cellule ner-
vose tra loro. Gli AA. fondano questa loro teoria sopratutto sulla dimostra-
zione di sincizi cellulari, sincizi i quali avverrebbero tanto per quel che riguarda
i semplici neuroblastì, quanto in cellule già evolute e abbastanza fornite dì
protoplasma. Cosi, p. es., in recenti ricerche il Capobianco (i8) ha potuto
vedere nei gangli spinali di gatto e di uomo la fusione dei neuroblastì e, in uno
stadio successivo, la colorazione sempre più pallida dei nuclei; più tardi il
nucleo si fa quasi evanescente, finché non ne rimane più traccia. In taluni casi
rimane solo un lembo della membrana nucleare; in altri, residui di fili cro-
matici orientati attorno ad un avanzo del nucleolo anch'esso sempre più pal-
lido; in altri ancora, pochi granuli nello spazio chiaro limitato dalla membrana
nucleare. L'A. avrebbe pure constatato con metodi di conteggio degli elo-
menti dei gangli che il numero degli elementi che sì sviluppano nei gangli
spinali è sensibilmente inferiore a quello dei neuroblastì che sì hanno in stadi
anteriori di sviluppo.
Secondo Colucci e Piccinino i quali hanno studiato la midolla dì un
embrione umano dì cinque mesi, lo sviluppo dei neuroblastì ha luogo in due
modi, e cioè: talvolta la sostanza protoplasmatica che circonda il neuroblasta
ne completa la figura cellulare, tale altra invece, in luogo dì includere un
solo neuroblasta, la medesima sostanza ne include due o più, ed allora la figura
cellulare sì completa dopo una serie più lunga di fasi: si ha cioè una con-
crezione dì sostanza protoplasmatica attorno a due o più neuroblastì, con sepa-
razione successiva di tanti elementi cellulari quanti sono i neuroblastì inclusi ;
gli AA. hanno osservalo fino a quattro elementi in una stessa massa dì pro-
toplasma ; quando questa dimostra traccìe dì organizzazione, essa apparisce in
grado differente attorno a ciascun neuroblasta dì uno slesso aggregato, e la
sostanza cromatica nel suo sviluppo segna i limiti fra ì diversi elementi ili
una slessa concrezione cellulare. Più tardi fra due o più neuroblastì di uno
stesso aggregato si trovano delle striscie più o meno complete di sostanza cro-
matica, le quali sì continuano con quelle della periferia. Lungo le linee cro-
matiche si vedono poi disegnale delle insenature più o meno profonde, fino ad
aversi la separazione degli elementi. Qua e là si vedono elementi uniti da
364 G. ììoschi
i
ponti di soslanzu protopiasniatica nei quali si sorprende con facilità una strut-
tura finamente fibrillare. Invece altri AA., come Bombicci (19) e Besta,
non hanno potuto constatare nessun fatto favorevole né all'origine pluricellu-
lare, ne alla origine sinciziale delle cellule nervose, quantunque il primo abbia
potuto vedere nei primi stadi di sviluppo la formazione di catene cellulari
che si propagano fin dentro le radici; egli però in queste catene costituite
solo da neuroblasti non ha potuto vedere fenomeni di fusione degli elementi,
già che tutti i neuroblasti erano circondati da uno strato sottile di protoplasma.
Per cui, riassumendo, alcuni AA., come, p. es., quelli già citati, e, fino ad un
certo punto, il Bethe(20), ammettono che ogni cellula nenosa derivi dal
fondersi di più neuroblasti con trasformazione di alcuni dei nuclei in proto-
plasma cellulare, altri, come Colucci e Piccinino, ammettono l'esistenza di
fatti sinciziali, però con la conservazione della individualità cellulare di cia-
scun nucleo con il suo contorno protoplasmatico; altri infine (Besta, Bom-
bicci e qualche altro) non ammettono nemmeno la formazione di sincizi.
Nelle ricerche da me eseguite ho potuto vedere anch'io, sopratutto nei
punti in cui la difl'erenziazione degli elementi era meno progredita ed in cui
si notavano sólo cumuli di neuroblasti, delle catene cellulari analoghe a quello
descritte da Besta nell'embrione di pollo, da Stefanowska (2i) nella cor-
teccia cerebrale del topo neonato. In questi punti gli elementi erano molto
strettamente addossali gli uni agli altri, ed in certi punti potevano sembrare
come racchiusi in una specie di sincizio formato da un protoplasma eritrofìlo
circondante i nuclei dei neuroblasti; però, come ho potuto osservare al pari
di altri AA. che tutti i nuclei erano circondati da un alone di protoplasma
eritrofilo, cosi non ho nemmeno mai potuto persuadermi con assoluta sicurezza
che vi fosse vera fusione fra il protoplasma che circondava i vari nuclei. Debl)o
anzi dire che anche quando i limiti proloplasmalici fra cellula e cellula non
erano bene segnati, non ho mai potuto sottrarmi alla impressione che ciò
apparisse, non per una reale fusione tra gli elementi, ma piuttosto per un
effetto ottico doviito, sia allo spessore delle sezioni, sia a parte del protoplasma
di altri neuroblasti il cui nucleo non era compreso nella sezione stessa. Assai
più spesso invece ho potuto sicuramente dimostrare la indipendenza assoluta
di un buon numero tra questi elementi. Per quel che riguarda le cellule soma-
tocrome, e cioè tanto quelle delle corna anteriori, quanto quelle dei gangli
spinali, debbo dire che di gran lunga la massima parte di esse si presentava
assai bene individualizzata anche là dove vi erano intimi rapporti di raggrup-
pamento e di vicinanza tra cellula e cellula. Però qualche volta ho potuta
vedere due cellule dei gangli intervertebrali col protoplasma intieramente e,
a quanto mi parve, indubbiamente fuso, di modo che i due nuclei erano cir-
ccuulati da una massa unica di citoplasma con corpi di Nissl non ancora bene
differenziati. Cosi pure ho visto qualche rara cellula media delle corna ante-
riori riunita ad un elemento omologo per mezzo di un ponte protoplasmatico
non troppi) sottile costituito di sostanza eritrofila. Questi ultimi fatti mi appar-
vero non dubbi: debbo p^M'ò dire che non ho potuto, per ragioni indipendenti
Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi 365
dalla mia volonth, seguirli complelaiiienle sopra sezioni in serie, e debbo anche
(lire come essi mi siano apparsi fenomeni eccezionali che ho potuto vedere con
sicurezza solo due o tre volle sopra una lunga serie di preparati. Invece posso
affermare con sicurezza di non avere mai visto alcun fatto il quale assomi-
gliasse, anche lontanamente, ad una scomparsa graduale di nuclei secondari
nei rarissimi sincizi da me osservati e di cui poc'anzi ho parlato. Ambedue i
nuclei si presentavano di aspetto assolutamente identico e perfettamente ana-
loghi a quelli che si osservano nelle cellule nervose già differenziale, tanto
meno ho potuto notare accenni alla trasformazione del nucleo in zolle di
Nissl. E a questo proposilo mi sia lecito emettere il dubbio, se la diminu-
zione di cromatina notata da Fragnito e Capobianco nei nuclei cosi detti
accessori e transitori dei loro sincizi non fosse altro se non T espressione di
quel fenomeno fisiologico per cui la cromatina fortemente basotila va grada-
tamente sparendo con l'evolvere del neuroblasta in cellula nervosa.
Non ho neppure mai osservato quei fenomeni di riproduzione amitotica
del nucleo che Giaccio (22) avrebbe visto nella corteccia cerebrale del topo e
nel simpatico dei mammiferi e che egli mette pure in rapporto con la for-
mazione dei corpi d» Nissl, i quali derivererebbero dalla involuzione dei nu-
clei secondari.
Come si vede da quanto ho esposto, la questione della origine del pro-
toplasma della cellula nervosa è tult' altro che facile, in quanto che le ipotesi
oggi più discusse, e cioè quella della origine dal nucleo della cellula stessa e
quella della derivazione sinciziale non hanno ne l'una nò l'altra per se né
tal numero né tale evidenza di fatti probativi da poter venire accettate. Reste-
rebbe solo l'ipotesi che l'apposizione del protoplasma attorno al nucleo del
neuroblasta avvenisse per deposizione di una sostanza proveniente dal tessuto
circostante. Dirò per altro che, se nei miei reperti non ho trovato nulla che
contraddicesse questo modo di vedere, non ho nemmeno constatato alcun fatto
che fosse in caso di dimostrarlo con sicurezza, per cui mi limito ad enunciare
anche questa supposizione, riservandomi forse di controllarla in avvenire su
più largo materiale e con metodi più sottili di indagine.
Ringrazio vivamente il Prof. A. M. Luzzatto, per cui consiglio e sotto
la cui direzione ho eseguito le presenti ricerche.
Bibliofirrafia.
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RECENSIONI
Psicologia e Psicologia sperimentale.
1. B. Morselli, Psicologia e ** Spiritismo '\ — 2 voi. di compleesive pagg. l(Hh
con 45 tavole e XIX figure. (Ed. Fratelli Bocca, Milano, 1908).
Il prof. Enrico Morselli, che ottre ai suoi meriti di scienziato e di clinico,
ha quello di aver divulgato con mirabile chiarezza e con verità inconfutabile di
interpretazione i fenomeni dellMpnotismo, si è accinto, dopo vari anni di esitazione
superata soltanto in seguito ai numerosi ed accurati esperimenti da lui intrapresi a
Genova sopra la notissima medium Eusapia Paladino, ad illustrare i fenomeni
medianici. La sua opera, che per quanto dedicata al gran pubblico non perde mai i
caratteri di opera rigidamente scientifica, ha un doppio scopo, descrittivo e critico:
Rivista di Patol. ìierv. e meni, - Psicologia e Psicologia s})€riin, 367
della descrizione formano oggetto essenziale gli esperimenti che abbiamo menzionati;
e la critica tien conto di forse tutte le teorie scientifiche o pseudoscientifiche che
furono formulate o che fino ad ora si possono immaginare a spiegazione degli oscuri
prodotti del medianismo.
È bene dirlo subito: un riassunto per quanto coscienzioso di questa opera vera-
mente fondamentale della letteratura spiritica (sii venia verbo) non può in alcun
modo sostituirne la lettura attenta e completa, sia per la ricchezza delle nozioni e
delle considerazioni che in essa sono contenute, sia perchè è impossibile dare un* idea
adeguata di quello stile facile e brillante con cui Enrico Morselli sa esporre i
fatti, commentarli e rappresentarli con tutto il calore dell'attualità. Ci limiteremo
pertanto a dare un* idea schematica del lavoro, cercando soprattutto di stabilire quale
sia 1* atteggiamento che un eminente scienziato ha voluto assumere di fronte ad una
questione che, malgrado 1* estrema difiidenza non a torto per tanti anni dimostrata
dalla scienza ufficiale, ha oramai il diritto di essere seriamente considerata, non fos-
s*altro per indagare se e in quanta parte essa sia meritevole di studi ulteriori.
Nella prima parte del suo lavoro, dopo aver riportata una estesa bibliografia delle
pubblicazioni riguardanti lo spiritismo e, in genere, la metapsichica, bibliografia che
potrà essere ottima guida per chi voglia approfondirsi in questa specie di studi,
Morselli traccia una breve ed interessante storia dello spiritismo moderno, accen-
nando anche a quei fatti che, già osservati in epoche più o meno remote, potrebbero
essere battezzati oggi come « fatti spiritici >. Seguono poi alcuni capitoli dedicati
allo studio delle varie dottrine spirìtiche, con tutte le loro complesse divisioni e sud-
divisioni, nelle quali 1*A. è riuscito a portare un ordine ed una chiarezza non facil-
mente raggiungibili da chi non possegga una estesa cultura ed una singolare facilità
di esposizione. In queste pagine come in quelle seguenti occupate dallo studio del
medianismo e dei medi, in particolare di Eusapia Paladino, TA. compie una vera
vindemiatio prima, cercando di dare una solida base di positivismo scientifico a
quella massa informe di osservazioni e fors* anche di aspirazioni, dalla quale è balzato
fuori per un acrobatico sforzo di integrazione psichica il barcollante edifizio dello
«Spiritismo-sistema, o, se si vuole, dello Spiritismo pseudo-religione : barcollante prima,
ora, dopo 1* opera poderosa di cui ci occupiamo, smantellato ben bene e forse abbattuto
per sempre.
E questo lavorìo di demolizione non è certo il merito minore di Morselli, poiché
oltre che un omaggio alla scienza esso costituisce anche un vantaggio per la morale
e per l* umanità, alle quali non potrebbe senza dubbio che riuscir dannoso 1* instau-
rarsi di una fede così povera di contenuto etico ed intellettuale, destinata ad avere
per sacerdoti officianti delle persone troppo spesso disposte alla frode o candidate alla
follia e per oggetto di venerazione una sequela di scherzi burattineschi, di dispet-
tucci infantili e, solo di rado, di manifestazioni un pò* più elevate ma mai superiori
a ciò che può attendersi da una elevata mentalità prettamente umana. Non varrebbe
davvero la pena di liberarsi dalle vecchie religioni per cadere in uno spiritualismo
di così pessima lega.
Del resto lo spiritismo scientifico non deve occuparsi per ora di tali astruserie ; i
suor intenti sono più modesti r accertare la realtà ed autenticità dei fenomeni media-
nici; studiare la fisio-psicologia e la psicopatologia dei medium in rapporto con le
manifestazioni della loro attività specifica: 1* interpretazione dei fenomeni sarà una
conseguenza legittima di studi spregiudicati e coscienziosi diretti in questo senso.
Purtroppo tali studi sono tutt'altro che facili. Specialmente il secondo intento, quello
308 Rivista di Patoloffid nervosa e mentale
che sì riferisce alla personalità dei medium è attraversato da difficoltà estreme: ì
pochi eletti a congiangere il mondo dei viventi con quello degli invisibili non ve-
dono di buon occhio, anche quaudo non sono in mala fede, le pratiche scientifiche
dirette a sondare il loro corpo e la loro psiche, preferiscono, non senza ragione pni-
tiòa, di rimanere circondati da queir aureola di sapemormalità alla quale devono in
buona parte la loro fortuna; ed anche P^usapia Paladino, sebbene un po' più accon-
dilBcendente di tanti altri, non rinuncia al misoneismo nel quale T hanno cristalli-
zate i suoi iniziatori. Malgrado ciò, con la sua indiscutibile valentia di psicologo e
di neurologo. Morselli è riuscito a stabilire tra personalità e fenomenalogia eusa-
piana una serie di rapporti interessantissimi, ampliando così la via che dovrà con-
durre ad una spiegazione puramente naturalistica delF attività medianica.
L*A. ha assistito a oltre 30 sedute di E usapi a Paladino, divise in 4 serie, fatte
in epoche e in locali diversi, con varia assistenza : è inutile dire che sempre furon»
prese tutte le cautele atte ad assicurare la massima serietà dei procedimenti: ^i
volevano vedere i fenomeni per studiarli e il metodo seguito, compatibilmente con
le esigenze della liturgia spiritica, dava tutte le garanzie desiderabili. Nelle 28 ce-
dute, di cui r A. dà ragguagli particolareggiati nei due volumi della sua opera, la
Paladino ha vuotato tutto il sacco della sua potenzialità medianica: dalle più
elementari manifestazioni tiptiche alle più complesse materializzazioni tangibili e
visibili, parziali e totali, attraverso ai più svariati fenomeni di telecinesia e di
telefania. Di tutti questi fenomeni, rispondendo al primo quesito dello spiritismo
scientifico, VX. afferma la realtà e T autenticità : lo afferma e dobbiamo credergli,
perchè il suo objettivismo, il suo scrupolo nelP indagine, la saa esperienza di osser-
vatore freddo ed acuto ci garantiscono da ogni errore di giudizio: dove esiste il dubbio
0 la frode Morselli se ne accorge e ce lo dice: chi supponga, dopo aver letto il sm»
libro, che egli fosse illuso o allucinato o comunque in condizioni tali da non poter
valutare il significato dei fenomeni deve avere una corazza di preconcetti impermea-
bile alla verità non solo, ma deve logicamente attribuire alla fenomenologia me-
dianica un carattere ancor più meraviglioso della sua stessa autenticità.
Le pagine dedicate ad ogni seduta offrono un interesse grandissimo: sono note
scritte subito dopo la seduta stessa né più rimaneggiate; vi si sente il calore delie
percezioni e delle impressioni immediate; vi si riconosce da lontano la sincerità. Oltre
alla descrizione minuta dei fenomeni trovan posto in queste note, che occupano la
maggior parte dei due volumi, tutte le osservazioni fatte sulle condizioni della me-
dium e degli assistenti, sul significato delle cose percepite, sul loro eventuale deter-
minismo, in breve su tutti i problemi che possono affacciarsi alla mente di una persona
intelligente e colta messa in presenza di manifestazioni così singolari.
Sulla descrizione dei fenomeni dobbiamo sorvolare: è il solito repertorio abba-
stanza monotono delle sedute paladiniane, leggermente modificato dalle condizioni di
ambiente. Diciamo solo, ad esempio, che, malgrado la buona volontà della medium,
VA, non ha potuto assistere ad un < apporto » insospettabile, né mai ha potuto iden-
tificare alcuna delle creazioni fantomatiche comparse nelle migliori serate delFattivita
eusapiana: le sue affermazioni in proposito sono decise ed esplicite, e alcune riserve
espresse ultimamente da spiritisti anche di grido, sono tentativi infruttuosi di trovare
il Morselli, che è osservatore coscienziosissimo ed espositore lucidissimo, in con-
traddizione !
Ciò non toglie che i fatti accertati siano numerosi ed impressionanti: ora quale
è la loro spiegazione? Ed anzitutto, è possibile spiegarli in base alla conoscenza che
Psicologia e Psicolo{fi/i sperimentale 369
fino ad oggi ne abbiamo? Per un positivista serio la risposta a questa domanda non
può essere che negativa, ma è certo che fin da ora si possono scegliere tra le infinite
ipotesi che sono state escogitate quelle che meno si discostano dalla possibilità e che
hanno, come tutte le ipotesi ben fondate, il vantaggio dì poter servire di guida alle
investigazioni future. Si capisce come di questo requisito facciano completamente di-
fetto tutti i tentativi di spiegazione metafisica che possono variare all'infinito e che
8ono incontrollabili come ogni dogma di fede.
Neir ultima parte del lavoro di cui ci occupiamo si trovano appunto sobriamente
esposte ed ottimamente classificate le principali ipotesi fino ad oggi formulate per
spiegare i fenomeni medianici. Esse possono raccogliersi in tre divisioni fondamentali :
ipotesi extrascientifiche, ipotesi ultrascientifiche ed ipotesi prescientifiche, ciascuna
delle quali comprende a sua volta numerosi sottogruppi. Manca tuttora come si vede,
un grappo di ipotesi prettamente scientifiche; ma tra quelle dell' ultima divisione ve
ne sono alcune non prive di qualche attendibilità, alle quali anche TA. si accosta
senza troppa diffidenza.
« Licenzio lo spiritismo di Eusapia e ne trattengo la medianità»; in questa
frase si compendia l'opinione dell'insigne psicologo di Genova sopra il valore della
dottrina spiritica. Niente intervento di agenti superterrestri, niente comunicazioni
con nn piano più o meno elevato dall'« Al di là»: i fenomeni medianici (volendo
conservare un nome che implica già un preconcetto) sono dovuti all'azione del me-
ilinm^ il quale, in determinate condizioni intrinseche ed estrinseche, diventa capace
di agire entro o a distanza del proprio corpo con speciali forze psichiche tuttora
ignote nella loro essenza; essi sono pertanto «gli effetti o le risultanti di uno
psico-dinamismo di natura indefinibile ». Molto spesso il fenomeno è pensato e voluto
dal medtuniy passa cioè in atto dopo essere stato una rappresentazione cosciente; non
di rado esso appare anche del tutto automatico, estraneo alla volontà cosciente di chi
l'ha determinato, ma in questo caso pure non si può eseludere e talora anzi sì può
dimostrare l'infiuenza di impressioni ed imagini che furono coscienti in una epoca
piti o meno lontana e si depositarono poi nell'io subcosciente del medium^ d'onde
possono ridestarsi in quello stato di trance simile sotto tanti riguardi (e Morselli
lo dimostra) ad un parossismo isterico. àSiamo ben lontani, come si vede, dal troppo
ardito sebbene geniale concetto del «subliminale» di Federico Myers.
Le volontà del medium e «juindi l'ordine e la natura dei fenomeni detti spiri-
tici possono essere anche influenzati dalla volontà degli individui formanti la catena,
sia che tale volontà venga rivelata nei modi abituali, sia che il medium riesca, per
così dire, a carpirla, mediante un'azione telepatica, fatto quest'ultimo non impos-
sibile ma difficilmente accertabile almeno per quel che riguarda Eusapia Paladino.
Non si può neanche escludere a priori che il medium riesca ad utilizzare delle forze
psichiche analoghe a quelle in esso tanto sviluppate, emananti dalle persone dell'as-
sistenza: in realtà le misure manometriche prese prima e dopo la seduta rivelano
una più 0 meno notevole diminuzione dell' impulso motorio al termine della seduta,
ma se si pensa a tutte le condizioni capaci di spiegare questo fatto (veglia, sforzo
dell'attenzione, emozione, attività nmscolare spiegata per verificare i fenomeni, per
esercitare il controllo etc.) sì dovrà essere estremamente cauti nel valutarne l'im-
portanza.
L'ipotesi dello « psicodinamismo » non esaurisce naturalmente Ja spiegazione dei
fenomeni medianici : la natura di questa forza è ancora un mistero che forse non si
riuscirà mai a svelare: i dottrinar! dello spiritismo potranno dunque sbizzarrirsi,
370 Hwista di Patoloffia nerrom e mentale
seguendo le loro aspirazioni più o meno mistiche, a crearsi delle ipotesi e delle cre-
denze che li accontentino, ma la questione della medianità, così come EnricoMor-
selli rha posta e definita, entra con passo sicuro nel dominio sereno della scienza
positiva. Zalla.
2. P, HartenberfiT, Psychologie des Neurasthéniques. — Un voi. in-16'', F. Alcan,
Paris.
La neurastenia ha ormai una letteratura imponente, anzi ingombrante : ne scrivono
i medici e ne scrivono, talora con altrettanta competenza e spesso con più arte, gli
ammalati, indugiandosi sopra la ricchissima e proteiforme sintomatologia, fonte inesau-
ribile di descrizioni più o meno attraenti. Malgrado ciò, questo lavoro di Hartenberg,
non è un^ aggiunta inutile, in quanto che considera il neurastenico non dal punto di
vista puramente clinico, ma soprattutto dal punto di vista psicologico : la descrizione
dei sintomi, fatta anche in base a documenti personali e letterari bene scelti, vi trova
posto solo in quanto serve a lumeggiare il loro determinismo, a costruire una sin-
tesi dello stato mentale degli ammalati. La neurastenia vien concepita dalFA. come
uno stato funzionale difettoso del sistema nervoso per insufficienza di attività: una
sola funzione è esagerata, V emotività, per difetto di inibizione. I disturbi psichici e
fisici del neurastenico sono la conseguenza diretta di questa depressione nervosa ag-
giunta alla irritabilità organica. Quanto poi a quei disturbi psichici che stanno sulle
frontiere della pazzia e che tanto spesso si osservano nei neurast.enici (fobie, impulsi,
pervertimenti sessuali, ossessioni etc.) essi devono essere considerati come complici-
zioni, come l'espressione di stigmate degenerative risvegliate o esagerate da quello stato
di depressione nervosa che favorisce tutte le tendenze anormali e morbose dello spirito.
Zalla,
3. P. Janet, Le renversement de Vorientation ou allochirie des repréaenta-
tions. — « Journal de Psicologie normale et pathologique », année V, n. 2, 1908.
Una donna di 29 anni, in seguito a non gradite emozioni e strapazzo fisico, ha
la sensazione che gli oggetti, le case, le strade, tutte le cose si trovino in posizione
rovesciata. Ella cammina lasciandosi guidare dal nome delle strade, dall' ordine degli
oggetti famigliari che vede, ma avendo T illusione che la direzione è errata e che con-
verrebbe tenere l'opposta. L'ammalata si reca in campagna di cui non conosce af-
fatto le direzioni, e si libera dal disturbo : però un nuovo strapazzo corporeo lo ricon-
duce, sebbene con minore insistenza. L'A. paragona l'illusione a quella che si può
osservare in noi stessi, in ferrovia, di notte, alquanto stanchi, viaggiando all' indietro:
in tali condizioni ci può sembrare che, mantenendo il treno lo stesso movimento ri-
spetto a noi (all' indietro), la direzione della nostra meta sia rovesciata: solo la ra-
gione ci convince dell'illusione;
Esclusa la possibilità di una illusione sensoriale, essendo integri gli organi della
vista e dell'udito (scrupolosamente esaminato al riguardo di una lesione dei canali
semicircolari) l'A. emette quattro ipotesi, prediligendo la 4*. 1) L' ammalata pensa
sempre al suo stato, e ne soffre e tenta di sfuggirgli recandosi in luoghi mal cono-
sciuti, come se si trattasse di un'idea fissa: però oltre a non sapersi quale è stata
l'illusione che ha portato l'idea fissa, talora l'ammalata riesce a sfuggire all'idea
stessa, col portarsi in luoghi mal conosciuti. 2) L'ammalata crede di fare il con-
Psieoloyia e Psicologia sperimentale 371
trario di ciò che doTrebbe, come un' inversione della meta, dovuta a alterazione della
volontà: però l'ammalata dice che è T insieme degli oggetti che è rovesciato, men-
tre è conservata la relazione fra essi. 3) L' iniziarsi del disturbo in seguito a strapazzo
corporeo, e la concomitante angoscia possono far pensare ad una alterazione della per-
cezione : però il soggetto presenta questa isolata alterazione. 4) Il soggetto affenna
di trovar a sinistra tutto ciò che dovrebbe trovare a destra: si può ritenere quindi
che si tratti di una inversione laterale degli oggetti, una specie di allochiria da
assomigliarsi alle altre forme di allochiria, alle allocinesie, alla scrittura a specchio,
anche se manca ogni inversione dì qualunque sensazione, ammettendo una inversione
puramente delle imagini, come una rappresentazione a specchio dei ricordi visivi
degli oggetti, che il soggetto vede realmente in altro senso e che paiono perciò rove-
sciati. Ad ogni modo FA. conviene che le ipotesi non spiegano i fatti.
Turchi.
Anatomia.
A. N. Beocari, Ricerche sulle cellule e fibre del Mauthner e sulle loro con-
nessioni in pesci ed anfibi, {Salmo fariOy S, irideus e Salamandrina perspi-
cillata). — < Archivio di Anatomia e di Embriologia », voi. VI, fase. 4, 1907.
È uno studio molto ben condotto, corredato da nitide microfotografie, da uno
schema e da bellissime figure riprodotte da disegni dell' A., il quale si è servito in
special modo del metodo della impregnazione aigentìca di R. y Cajal, da nessuno an-
cora adoperato in queste ricerche, per indagare la morfologia ed i rapporti delle fibre
del Mauthner (fibre acustico-sacrali di Edinger) e delle loro cellule di origine:
oltre ad alcune specie di pesci, TA. ha studiato anche sotto questo punto di vista
un anfibio urodelo, la Salamandrina perspicillata, nella quale pure è riuscito a
dimostrare la presenza del sistema di Mauthner, negata da EoUiker.
Dopo aver accennato brevemente alla letteratura dell'argomento ed ai metodi
tecnici usati, l'A. passa a descrivere i reperti ottenuti nei pesci (Salmo fario e S. iri-
deus) insistendo anche su alcune disposizioni anatomiche del sistema nervoso di questi
animali, aventi rapporto con le parti più specialmente prese in considerazione. Le
fibre del Mauthner prendono origine dal lato mediale di due grosse cellule che
occupano la parte più cefalica della oblongata e dopo essersi incrociate sulla linea
mediana, scendono, gradatamente assottigliandosi, fino all'estremo distale del midollo
spinale. I limiti di una rivista non consentono di seguire l'A. nella minutissima de-
scrizione che egli ci dà delle cellule e delle fibre ricordate: diciamo solo dei rap-
porti che esse assumono: risulta dalle osservazioni del Beccari che alla cellula di
origine delle fibre del Mauthner possono giungere stimoli nervosi dalle fibre del-
l'acustico e, indirettamente, dagli organi della linea laterale e della sensibilità cutanea
generale e, forse, anche dal cervelletto ; le fibre poi sì mettono in rapporto, mediante
collaterali, col cilindrasse degli elementi motori del midollo allungato <' del midolla
spinale.
Nella Salamandrina le cellule di origine delle fibre del Mauthner occupano
nella oblongata una sede molto più laterale che nei pesci : sembra ptT altro che as-
sumano con le altre parti del sistema nervoso, gli stessi rapporti stabiliti nella trota:
le fibre emettono lungo il loro decorso numerose collaterali che si comportano conn*
quelle osservate nella trota. Specialmente degno dì nota è il confronto che l'A. sta-
372 Rivista di Patologia nervosa e mentale
bilisce tra il modo di comportarsi dell'apparato di Mauthner nella larva e neirani-
raale adulto: tale apparato comincia a differenziarsi quando le larve cominciano a
compiere i movimenti coordinati caudali, e 8Ì riduce, almeno relativamente, dopo la
metamorfosi, quando cioè l'animale assume abitudini terresti, prevalendo quindi i
movimenti degli arti su quelli della coda. L'A. osserva in fine che il sistema del
Mauthner segue, nelle varie specie di anfibi, l'identico destino del nervo della linea
laterale, riducendosi e scomparendo là dove detto nervo si riduce e scompare : ora questa
circostanza conferma sempre più nel concetto che la fibra del Mauthner rappre-
senti un sistema destinato a connettere funzionalmente i centri cui fanno capo gli
organi della linea laterale, esclusivamente inerenti alla vita acquatica degli animali,
con i centri da cui partono gli impulsi motori. L'A. non crede che la cellula di ori-
gine della fibra del Mauthner possa essere omologata a qualche nucleo della regione
acustica dei vertebrati superiori : né si pronuncia ancora sulla supposta analogia tra
le fibre del Mauthner e le fibre del Mtiller dei Ciclostomi. Zalla.
5. "W. Larìonoff, Die feine Structur und eine yieue Farbnuffsmethode de^i
Gehirnfi des Menschen und der Thiere, — < Archiv fur Psychiatrie und Ner-
venkrankheiten », Bd. 43. H. 1.
Il metodo proposto dall'A. è in sostanza una modificazione di quello di Golei.
Il cervello, estratto il più fresco possibile, viene posto in formolo IO % : dopo 8-4
giorni una circonvoluzione od anche una intera metà del cervello, se si tratta di
cervello di piccoli animali, viene passata in un barattolo di vetro con una piccoli
quantità di soluzione, 0,5, — 1,-2 7o» di bicromato di potassa : si tiene in un teniio-
stato per 7 giorni alla T. 27*^-30*^ C. Le soluzioni più deboli di bicromato danno i
risultati migliori. Quindi si sostituisce alla soluzione del sale di cromo una soluzione
3*^'^ di nitrato d'argento e si rimette nel termostato per altri 4-7 giorni.
Il pezzo viene poscia lavato, asciugato con carta da filtro e quindi, senza inclu-
sione, sezionato col microtomo facendo sezioni di 10-20 tacche del microtomo stesso:
le sezioni, non lavate, devono essere rapidamente disidatrate con alcool a 90** C. f
montate in balsamo assai duro che contenga poco xilolo.
I risultati sono più sicuri quando si tenga il pezzo, levato dal termostato, an-
cora per parecchi giorni nella soluzione di sale d'argento alla T. di lO'-lS'^C. poscia
si passi per altrettanti giorni in formolo.
Per ottenere una colorazione della sostanza bianca bisogna lasciare il pezzo assai
più a lungo nella. soluzione di nitrato di argento e nell'indurimento aggiungere, alla
soluzione di bicromato, del liquido di Mtiller. O. Rossi.
(). L. Edingrer, Vorlesungen ùher den Bau der nerròsen Zefitralorgane des Men-
schen und der Tiere. II Band : Vergleichende Anatomie des Gehirns. — ^Sie-
bente umgearb. und vermeh. Auflage », F. C. W. Vogel, Leipzig, 1908.
Con questo volume Edinger soddisfa alla promessa espressa nel primo volume
di questa settima edizione del suo trattato: volume uscito nel 1904 e che trattava
dell'organizzazione del sistema nervoso nell'uomo e nei mammiferi. Così viene ad es-
sere completato, nel suo nuovo piano, questo libro che, per consenso unanime, deve
essere annoverato tra i più pregevoli trattati didattici. Nelle edizioni che rapidamente
si succedettero, a testimoniare dei pregi intrinseci e della utilità dell' opera, la mole
Aìiatomia 373
di essa sì era andata mano mano aumentando, perciò arrivato alla settima FA. credè
opportuno di dividerla in due parti: una prima, quella edita nel 1904, che trattava
della generalità del sistema nervoso e della sua struttura negli animali superiori ed
una seconda, quella ora completata, che studia T anatomia comparata del sistema
nervoso.
L'estensione di questa seconda parte è assai maggiore di quella che aveano i
capitoli corrispondenti nelle prime edizioni. Forma da se un hel volume di circa 500 pa-
gine, edito colla consueta cura da Vogel, arricchito da ben 285 figure.
La scuola di Edinger, coi lavori di Holmes, K. Goldstein, Kappers, Wal-
lenberg ha fornito molto e prezioso materiale perla redazione di questa parte; ma
la letteratura straniera non vi è punto trascurata.
Ogni particolare di anatomia comparata riceve adeguata trattazione, persuaso
come è FA. che l' anatomia comparata dà la chiave per interpretare la struttura degli
animali superiori: essa ci può anche guidare, ed è questo compito che le rimane in
maggior parte ad assolvere, nello studio delle funzioni del sistema nervoso.
La materia è svolta in diciottò paragrafi : nei primi due si tratta dello sviluppo
dei nervi periferici, nel terzo di quello dei nervi branchiali: al midollo e midollo
allungato sono dedicati il quarto, quinto, sesto e settimo: nel nono si parla del nervo
facciale e del trigemino: importantissimo il decimo il quale tratta delle connessioni
del midollo allungato : V undecimo tratta del cervelletto: del cervello medio il dodi-
cesimo e il tredicesimo: il quattordicesimo ò dedicato al cervello intermedio, gli altri
parlano del cervello anteriore. 0. Rossi.
Anatomia patologica.
7. li. Alquier et Sohmierfiréld, Deux tumeurs de Vhypophyse. — « Encéphale »,
n. 3, 1907.
Studio istologico di due ipofisi umane ipertrofiche. La prima del peso di grammi 8
apparteneva ad una donna di 32 anni affetta da acromegalia tipica, la seconda del
peso di grammi 7 apparteneva a una donna di 52 anni, non acromegalica, morta
per rammollimento cerebrale a focolai multipli. Gli AA. riferiscono i risultati degli
studi sui tumori ipofisari di Paulesco, Benda, Buchecker, Bayley, Lak, Paviot
e Beutler; dividono i tumori ipofisari in due classi a seconda che si sono o no for-
mati a spese delle cellule ghiandolari. Il difficile sta nel distinguere quando 1* iper-
plasia semplice debba essere considerata come un vero tumore (un adenoma nello
stretta) senso della parola) o invece come una semplice ipertrofia da esagerata fun-
zione. La letteratura non fornisce in proposito alcun elemento differenziale sicuro;
anzi da alcuni autori sono chiamati adenomi i tumori che da altri sono considerati
come semplici iperplasie da iperfunzione. Neppure gli AA. credono di poter emettere
sull'argomento giudizi sicuri.
L'aspetto delle due ghiandole studiate è ben differente nei due casi. Nel primo
le cellule eosinofile, che contengono abbondante colloide, sono numerosissime, i nu-
clei sono vescicolari, non si osserva alcun fatto (Jegenerativo, l'aspetto generale è
identico a quello che si può osservare negli animali tiroidectomizzati, nella gravi-
danza, nei neonati, in tutti i casi cioè dove esiste un' iperfunzione ghiandolare.
Nel secondo caso, le cellule sono poco voluminose e povere di colloide, i nuclei pic-
coli e densi, le granulazioni basofile abbondantissime, caratteri tutti assegnati dalla
1374 Rivista di Patologia nervosa e mentale
maggior parte degli aatori alle cellule non funzionanti. La struttura di queste due
ghiandole sembrerebbe indicare due stati assolutamente differenti di funzione.
Gli AA. non discutono dei rapporti possibili tra iperfunzione ipofisaria ed acnv
megalia. Sandri.
8. Bd. Forster, Expertmentelle Beitràge zur Lehre der Phagozytose der Him-
rindenel emente. — < Nissl's histologische und hystopathologische Arbeiten »,
Bd. II, S. 173.
L*A. ha sperimentato col metodo delle iniezioni di sospensione di inchiostro di
china nel cervello di conigli: ai lati del tragitto delFago da iniezione si dispone
il colore in forma di rete a larghe maglie: tutti gli elementi costituenti del T. ner-
voso, ad eccezione delle cellule muscolari dei vasi, si caricano più o meno di granali
di inchiostro: la nevroglia è quella che ne assume la parte maggiore: essa tosto pre-
senta sintomi di reazione ed aiuta le cellule nervose, che non sono state tanto lese
da soccombere, a liberarsi dei granuli estranei: ma tosto va incontro essa stessa a
processi regressivi: compaiono invece altre cellule alle quali spetta una vera azione
fagocitarla: sono queste le Gitterzellen cui l'A. ritiene sicuramente originate dal-
l'endotelio dei vasi: le cellule avventiziali di questi offrono invece un comporta-
mento passivo.
Compaiono durante il processo anche dei leucociti polinucleati e dei linfociti:
questi ultimi sarebbero privi di qualsiasi capacità di migrazione attiva.
Rare si presentano le Plasmazellen : talora assumono qualche granulo, ma non
hanno funzione fagocitaria. O. Ro9»i.
9. P. Schròder, Zur Lehre con der àkuten hamorrhagischen Poliencephalitis su-
perior (Wernicke). — * NissFs histologische und hystopathologische Arbeiten >,
Bd. II, S. 145.
Sulla scorta del reperto di un proprio caso TA. giudica che Tentità clinica della
poliencefalite superiore di Wernicke debba essere cosi compresa: Falcoolismo cro-
nico cagiona delle alterazioni vasali; in alcune condizioni non ancora ben note ma
che coincidono con quelle nelle quali si producono altre gravi alterazioni cerebrali,
si formano nel cervello delle piccole emorragie le quali danno luogo a sintomi a fo-
colaio: quando questi focolai risiedono nelle regioni dei nuclei dei nervi motori del
globo oculare si ha, tra le altre manifestazioni, il quadro descritto da Wernicke:
le caratteristiche di questo sono dovute più alla particolare localizzazione che non
alla natura del processo la quale è ancora meno bene conosciuta : alcuni la ritengono
infiammatoria, altri no : tra questi ultimi si schiera decisamente il nostro A. : il fatto
primo del processo è una emorragia che ha i caratteri delle comuni emorragie del tes-
suto nervoso, poscia succede uno stadio di riparazione con comparsa di Gitterzellen
e poscia proliferazione di nevroglia : ma questi fatti si svolgono come nei focolai di
distruzione di tessuto ai quali in nessun modo arrivino degli agenti infiammatori.
O, Rosfd.
10. N. De Paoli, V azione del freddo e delV elettricità sul reticolo neurofibril-
lare. — « Rivista sperimentale di Freniatria », voi. XXXIV, fase. 1-2.
L'A. riferisce succintamente il reperto microscopico fornito dall'esame del sistema
nervoso trattato con diversi metodi (Donaggio, Cajal, Bielschowski, Nissl") e
Anatomia patologica 375
tolto a conigli uccisi o col freddo, o colla elettricità, o coi due agenti combinati. Nei
conigli morti per freddo, oltre alle lesioni descritte da altri AA., VA, osserva gruppi
di piccoli punti colorati, come brevi fibrille spezzate per lesioni trasversali delle stesse.
Queste lesioni che altri non ha osservato, come quelle comunemente descritte dagli
osservatori, non sono estese a tutti gli elementi, alcuni dei quali hanno V aspetto nor-
male. Negli animali morti per V azione associata del freddo e della elettricità non si
notano fatti nuovi, né evidente aggravamento di fatti già riferiti: né è nuovo un
reperto negativo per gli animali uccisi coir elettricità. Conclude che le sue ricerche
non portano che ad un resultato negativo forse perchè la corrente agisce più rapi-
damente sul tessuto muscolare che non sul nervoso. Turchi.
M'evrapatologia.
11. K. Heilbronner, Zur Symptoìnatologte der Aphasie (mit besonderer Beriick-
sichtiffung der Bezieliungen ztvischen Sprachverstàndniss, Nachsprechen und
Wortfindung), — < Archiv fur Psychiatrie und Nervenkrank. », Bd. 43, H. 1-2.
Lungo, minuzioso lavoro analitico del quale riportiamo le conclusioni.
1) Nelle afasie non motorie non esiste un regolare rapporto tra l'intensità del
disturbo che presentano la comprensione, la ripetizione, il ritrovamento dei vocaboli.
2) Il miglioramento dell'afasia sensoriale non si verifica secondo la legge che
si reintegri prima la facoltà di ripetere le parole che quella di comprendere la pa-
rola parlata; e neppure avviene di regola che migliori assai più rapidamente la capa-
cità di comprendere il significato dei vocaboli che quella di ritrovarli.
3) Quando la capacità di comprendere il significato della parola è conservata
può la ripetizione delle parole essere disturbata anche in assenza di disturbi motorii.
4) L'afasia di conduzione nel senso di Wernicke come complesso clinico si
deve ammettere.
5) Non solo nei casi nei quali le parole sono ripetute comprendendole, ma
anche in quelli nei quali la ripetizione viene eseguita senza alcuna relazione colla
comprensione, ^ auf Anhieh ^, la ripetizione di parole straniere ignote oppure d'ag-
gruppamenti sillabici senza senso, si compie spesso assai peggio che nei sani e peggio
anche della ripetizione, da parte degli stessi malati, di parole correnti.
6) Anche nei casi nei quali la comprensione delle parole è assai disturbata e,
a quanto si rileva, la ripetizione avviene senza comprensione, cagionano a preferenza
gravi difficoltà quelle categorie di parole che secondo l'esperienza provocano difficoltà
anche nel loro ritrovamento.
7) Nella ripetizione quando è conservata la capacità di comprendere la pa-
rola parlata ma anche in casi dove la conservazione di questa capacità non si può
apprezzare, compaiono delle parafasie verbali che sono analoghe agli errori che com-
mette l'afasico sensoriale o l' afasico amnestico nei tentativi di denominazione degli
oggetti.
8) Eccezionalmente quando il potere uditivo è conservato possono, nella ripe-
tizione delle parole, darsi casi analoghi a quelli che si hanno quando quello è com-
promesso.
9) Il disturbo nella ripetizione può essere reso evidentissimo nelle proposi-
zioni brevi.
376 Rivista di Patologia nervosa e meiitaie
10) La comprensione dei vocaboli singoli e quella delle frasi possono essere
alterate in grado diverso ed in proporzione variabile.
11) Anche in casi nei quali si deve ammettere, oltre al disturbo nella com-
prensione del significato della parola, anche un disturbo nella comprensione del suono
della parola, può essere in certo grado conservata la facoltà di comprendere delle
combinazioni non consuete foggiate a guisa di vocaboli stranieri.
12) I malati si trovano in condizioni migliori per ciò che riguarda le cifre,
nel leggere, nello scrivere non solo ma anche rispetto alla comprensione, alla ripe-
tizione e air uso di esse per indicare gli oggetti. O. Roiuti,
12. A. liippmann, Zur Symptomatologie und Pathologie der Ball'entumoren. —
« Archiv ffir Psychiatrie und Nervenkrankheiten », Bd. 43, H. 3.
Relazione di un caso anatomo-clinico di glioma del corpo calloso. Il quadro sin-
tomatico si era iniziato con cefalea progressivamente crescente senza alcun altro sin-
toma generale di tumore endocranico. Si svilupparono più tardi i seguenti altri feno-
meni: parola lenta e diflBcile; deglutizione stentata; tendenza dei resti di cibo a
rimanere lungamente in bocca; indebolimento intellettuale; stupore; tendenza, di
quando in quando, a far motti di spirito; neurite ottica; impossibilità di camminare
senza appoggio per diminuzione generale delle forze, e tendenza a cadere all' indietro.
Nessun disturbo di sensibilità e di coordinazione. Questo caso concorda solo in parte
con la sintomatologia fissata dal Bristowe; poiché mentre vi figuravano alcuni sin-
tomi generali quali la cefalea e le lesioni del fondo dell' occhio, al contrario i fatti
emiparetici vi erano appena accennati. Notevole il sin toma della mania di far motti
di spirito ( Witzehucht) è V impossibilità di reggersi in piedi e di camminare.
L' autopsia dimostrò che si trattava di un tumore che pur ledendo il corpo cal-
loso, occupava estesamente gli emisferi cerebrali. Catola,
13. M. Nonne und P. Apelt, Ueher fractionirte Eiweissauffàllung in der Spi-
nalflussigkeit von Gesunden, Luettkernf functionelì-und organisch-Nerven-
kranken und iiber ihre Verwerthung zur Differentialdiagtiose der Dementia
paraìytica^ Tabes dorsalis, tertiàren und abgelaufenen SyphiUs. — « Archif
fur Psychiatrie und Nervenkrankheiten », Bd. 45, H. 2.
Gli AA., dopo aver brevemente riassunta la letteratura in argomento, espongono
i risultati delle loro ricerche comparative tra i risultati fomiti dalla citodiagnosi e
dal metodo della precipitazione frazionata dell'albumina. Riguardo a questo metodo
essi distinguono due fasi : una prima durante la quale, e nel tempo di tre minuti,
compare una opalescenza, nei casi positivi, quando al liquido cerebro-spinale si ag-
giunga una soluzione di solfato di ammonio. Il liquido cerebro-spinale deve avere
reazione neutra o debolmente alcalina; la soluzione del sale è così preparata: 85 di
solfato di ammonio purissimo Merck vengono bolliti con 100 gr. di acqua distil-
lata fino a che non si scioglie più sale : si lascia raffreddare e si filtra : nella se-
conda fase si ottiene la precipitazione delle sostanze albuminoidee col calore.
Le indagini eseguite hanno dato i seguenti risultati:
Per la paralisi progressiva : il metodo citodiagnostico è di grande importanza:
ha dato agli A A. nel 98 % dei casi risultato positivo.
NevropcUologia 377
Nella maggiore parte dei casi le albumine contenute nel liquido cefalo-rachideo
sono aumentate : la prima fase della reazione è sempre positiva e questo secondo ri-
sultato è assai importante perchè negli individui che hanno avuto la sifilide e sono
sani per ciò che riguarda il sistema nervoso, o sono soltanto neurastenici, la citodia-
gnosi dà, nel 40 7n) aumento dei linfociti mentre questa prova dà in questi casi
risultati sempre negativi. ^
Anche nella tabe si ebbero colla prova delle albumine il 90 'Vo ài casi con ri-
sultato positivo.
In altre malattie {epilessia^ tumori cerebrali ^ meningite) la prova dell'albumina
diede pure risultato negativo. 0. Ro88t.
14. Q. Sanaa Salaria, Su di un caso di epilessia jacksoniana. — «Rivista italiana
di Neuropatologia, Psichiatria ed Elettroterapia », voi. I, fase. 5, 1908.
Si tratta d'un antico sifilitico in cui air autopsia venne riscontrato in corri-
spondenza del solco rolandico di destra un tumore grosso quanto un pisello, bianca-
stro, coriaceo, situato sulla pia che aderiva alla corteccia. Questa era assottigliata
e la sottoposta sostanza midollare presentava un focolaio di rammollimento, grosso
<luanto un uovo dì piccione, diretto nel senso antero-posteriore ed approfondantesi
posteriormente nel territorio della parietale ascendente.
In vita erano state riscontrate emiparesi sinistra e convulsioni unilaterali, limitate
alla stessa parte del corpo. Gli accessi convulsivi si seguivano negli ultimi tempi
con grande frequenza (anche 130 nelle 24 ore) e in uno di questi stati epilettici
r ammalata) veniva a morte sette mesi dopo il primo insorgere delle convulsioni.
L' esame istologico del nodulo riscontrato nel cervello fa ritenere all' A. che si
tratti d'una gomma sifilitica che ha portato l'occlusione d'un vaso appartenente al
2" ramo della silviana. Sirigo,
15. B. Redlich und G. Bonvioini, Ueber das Fehlen der Wahrnemkung der ei-
genen Blindheit bei Hirnkrankheiten, — « Jahrbttchern fUr Psychiatrie und
Neurologie >, Bd. XXIX, 1908.
In questo lavoro viene diffusamente studiato un singolare fenomeno messo in evi-
denza alcuni anni or sono da Anton: quello cioè che individui ciechi, affetti da ma-
lattie cerebrali, non si accorgono della loro cecità, pur non essendo dementi né pre-
sentando gravi disturbi della coscienza. Il sintoma viene studiato attraverso ai pochi
casi riferiti nella letteratura e, molto dettagliatamente, in tre casi di propria osser-
vazione sottoposti ad un accurato esame specie sotto il punto di vista psicologico :
nei due primi casi, in cui la diagnosi fu confermata dall' autopsia ,8Ì trattava rispet-
tivamente di un tumore del corpo calloso e di un tumore che partendo dalla metà
sinistra del clivo comprimeva la metà sinistra del ponte; nel terzo caso, non seguito
<la autopsia, si doveva ammettere un focolaio di rammollimento in corrispondenza
del lobo parietale di sinistra oppure una lesione del braccio posteriore della capsula
intema. Senza estenderci a riassumere le numerose considerazioni tratte dallo studio
dei casi ricordati, ciò che sarebbe incopatibile coi limiti di una rivista, riportiamo
le principali conclusioni che si riferiscono allo speciale sintoma, oggetto fondamen-
tale del lavoro :
378 Rivista di Patologia nervosa e mentale
1. La mancanza del riconoscimento della propria cecità è un fenomeno non
troppo raro, che merita maggiore attenzione di quanto finora abbia avuta;
2. Questo fenomeno si presenta prevalentemente nei casi di emianopsia cere-
brale bilaterale con cecità assoluta, ma può osservarsi anche quando esistono traccie
di sensibilità alia luce nelle parti periferiche del campo visivo;
3 II sintoma si osserva non solo nei casi di cecità corticale consecutiva a le-
sione bilaterale dei lobi occipitali, ma anche in casi di cecità dovuta a malattie dif-
fuse del cervello ;
4. Il sintoma può essere anche incostante, assumere cioè il carattere dell* in-
termittenza ;
5. Il sintoma non è dovuto né ad un annientamento permanente di tutte le
percezioni e rappresentazioni visive, né ad una completa distruzione dei centri e delle
vie ottiche e delle loro connessioni associative, né a disturbi della memoria e del-
r associazione, né a fenomeni allucinatori o di confabulazione {Konfahulation)\
6. Malgrado la sua notevole frequenza nelle lesioni bilaterali dei lobi occipi-
tali, questo sintoma non ha alcun significato per la diagnosi di sede e non è legato
ad alcuna determinata lesione di centri o di vie ; esso rappresenta piuttosto un feno-
meno parziale di una grave e generale alterazione delle funzioni cerebrali:
7. Spesso invece del ricordato sintoma si nota una grande rassegnazione o in-
dolenza di fronte al difetto;
8. In casi di restringimento concentrico del campo visivo conseguente ed emia-
nopsia cerebrale bilaterale manca invece spesso, specie air inizio della malattia, la
coscienza del residuo del campo visivo ancora esistente. Zalla,
16. A. Knoblauoh, Das Wesen der My astenie und die Bedeutung der « hellen >
Muskelfasern filr die menschìiche Patlwlogie {Mit 16 Abb,). — « Frank-
furter Zeitschrift fùr Pathologie », Bd. 2, H. 1, 1908.
Se r individualità clinica della Myastenia gravi» può considerarsi ormai net-
tamente definita, non é men vero che sulla sua intima natura i concetti che fino ad
ora sono stati enunciati hanno il valore di ipotesi più o meno ingegnose e nulla più.
Per altro le ricerche anatomo-patologiche e cliniche, già abbastanza numerose, hanno
messo in evidenza tre dati di fatto bene accertati, dei quali deve tener conto chiunque
si accinga a indagare la vera essenza della malattia di £rb. Tali dati di fatto sono:
1. La frequente coesistenza della malattia con anomalie congenite di sviluppo (tu-
mori, malformazioni) ; 2. La presenza di una infiltrazione parvicellulare perivascolare
nel tessuto muscolare; 3. La eliminazione di acido lattico nel sangue e uelV orina
degli ammalati.
Per quel che riguarda V infiltrazione parvicellulare nei muscoli, fatto che ha in
modo speciale richiamata l'attenzione degli osservatori più recenti e che l'A. ha po-
tuto confermare in due casi tipici di propria osservazione, sorge spontanea la do-
manda se essa abbia qualche rapporto con la miastenia. In realtà si tratta sempre
di accumuli di cellule relativamente minimi che non possono spiegare la grave .sin-
tomatologia clinica e tanto meno la morte improvvisa che così di frequente colpisce
gli ammalati, per cui è ragionevole ammettere che i ricordati accumuli cellulari
rappresentino solo una conseguenza dell'azione dannosa esercitata dalla fatica sopra
la muscolatura che si trova in uno stato di continuo esaurimento: difatti è stata
dimostrata una infiltrazione parvicellulare anche nei muscoli di animali sperimen-
talmente iperaffaticati.
Nevrojxitoloffia 379
Ma Tesarne istologico dei muscoli di individui colpiti da miastenia grave di-
mostra un fatto assai più interessante, del quale nessuno fino ad ora aveva ricono-
sciut>a r importanza: accanto alle comuni fibre < rosse » si trovano, spesso in numero
prevalente, delle fibre muscolari « pallide ». Da questo fatto che ha costantemente
osservato nei preparati riferentisi ad otto casi di Myastenia gravisy TA. ha preso
le mosse per stabilire un nuovo e seducente concetto patogenetico della malattia in
questione.
La esistenza di muscoli diversamente colorati nei Vertebrati è nota già da lungo
tempo, e bene studiate sono le proprietà fisiologiche che caratterizzano le due specie
di fibre muscolari: le fibre pallide iniziano il movimento e si stancano rapidamente,
le fibre rosse continuano il movimento iniziato ed hanno una resistenza molto grande
di fronte alla fatica ; le fibre pallide reagiscono prontamente allo stimolo faradico e
si esauriscono con grande facilità, le fibre rosse reagiscono lentamente, ma la con-
trazione ha una lunga durata; le fibre pallide hanno una tenue capacità di ridu-
zione per cui durante Inattività contengono una quantità di acido lattico superiore
a quella contenuta nelle fibre rosse. Oltre a ciò le due specie di fibre sono carat-
terizzata da una speciale struttura istologica dalla quale, più che dalla loro diver-
sità di colore, sono rese riconoscibili nei diversi animali : tale struttura non è identica
per tutte le specie zoologiche, ma abbastanza numerosi sono i caratteri comuni che
la rendono riconoscibile.
La presenza di fibre pallide nella muscolatura dell'uomo è ricordata solo in
pochissimi lavori: dégna di uno speciale interesse appare la descrizione di Arnold,
riferentesi ad una donna già operata di un cistoadenoma ovarico e morta improvvisa-
mente senza che V autopsia rivelasse le cause di tale esito repentino. In questo caso
le fibre muscolari pallide erano estremamente numerose e dall' ananmesi, raccolta
diligentemente da Knoblauch, si potè stabilire che con la massima probabilità la
donna in questione era stata affetta da « miastenia grave » malattia che natural-
mente, data l'epoca in cui il caso era stato studiato (anno 1886), non aveva potuto
essere diagnosticata.
Le poche osservazioni fatte sinora non bastano per affermare che la prevalenza
delle fibre muscolari pallide sia esclusiva della miastenia, poiché troppo scarse sono
ancora le nostre nozioni in proposito; è certo per altro che un aumento patologico
delle fibre pallide a scapito di quelle rosse dovrebbe, teoricamente, determinare nel-
l'uomo delle manifestazioni cliniche identiche a quelle che caratterizzano la malattia
di Erb-Goldflam: facile esauribilità, reazione miastenica ecc.; e questi fatti dovreb-
bero con maggiore evidenza riscontrarsi a carico di quei muscoli (cuore, muscoli ocu-
lari, muscoli adibiti alla masticazione ed alla deglutizione) che in tutti i Mammi-
feri risultano quasi esclusivamente costituiti da fibre rosse ed hanno una massima
attività: è quello che si verifica appunto nella miastenia grave.
Per quel che concerne la causa prima della prevalenza della muscolatura pal-
lida, che rappresenterebbe la base anatomica essenziale della malattia di Erb, di-
versi fatti lasciano sospettare che si tratti di una anomalia cojigenita dello sviluppo:
depongono in questo senso le nozioni che possediamo intorno alla evoluzione della
fibra muscolare striata e la frequente concomitanza della malattia in questione con
altre anomalie di sviluppo e con neoplasie di varia specie.
A questo concetto non contraddice in modo assoluto la comparsa spesso relati-
vamente tardiva dei sintomi morbosi, spiegabile con la sommazione graduale delle
azioni nocive (iperaffaticamento, autosintossicazione delle fibre pallide iperaffaticate)
380 Rivista di Patologia nervosa e mentale
e col graduale aumento delle fibre che vengono ad atrofizarsi in seguito al conse-
guente processo di miosite cronica degenerativa quale è testimoniato dalle infiltra-
zioni intramuscolari.
In base a questi concetti, di cui dobbiamo limitarci a dare un breve sunto, si
potrebbe forse spiegare la patogenesi di un'altra malattia di cui finora ben poco
sappiamo: la Myotonia congenita o morbo di Thomsen. Ammettendo infatti una
prevalenza patologica delle fibre muscolari rosse, si spiegherebbero agevolmente tutti
i sintomi clinici di questa malattia: la reazione miotonica è appunto la reazione
della muscolatura rossa.
Non dobbiamo maravigliarci infine se la reazione miastenica non è esclusiva
della miastenia grave, poiché ammettendo che in tutti i muscoli scheletrici deiruomo
si trovino delle fibre pallide si capisce teoricamente come tale reazione possa osser-
varsi nei casi in cui è lesa la maggioranza delle fibre rosse, ^nche senza che sia
avvenuto un aumento delle fibre pallide: se questo fatto realmente, si verifichi do-
vranno stabilire esami istologici condotti sulla guida che le nuove e seducenti ve-
dute dell' A. hanno tracciata. Zalla,
17. I. Wickinann, Beitràge zur Kenntnis der Heine-Medinschen Krankheit
{Polyomielitis acuta und verwandter Erkrankungen). — Un voi. di 300 pagg.,
Berlin, 1907 (S. Karger).
Il libro di Wickmann, uscito sul finire del decorso anno, offre un pregio che è
assai rilevante in questa nostra epoca di enorme, forse eccessiva, produzione : quello
cioè di coordinare le cognizioni acquisite e sparse in varie pubblicazioni, attorno ad
un dato argomento. Quello scelto dall' A. è certamente uno dei più importanti, ed
egli vi porta la competenza derivante da una larga esperienza personale; perciò il
lettore oltre a un chiaro riassunto delle cose conosciute, molte altre ve ne trova di
nuove ed originali.
Lo studio è svolto con intendimenti sopratutto clinici e dell'anatomia patolo-
gica ex-professo poco si trova benché non manchino qua e là nei vari capitoli ac-
cenni non privi di interesse.
Col nome di malattia di Heine-Medin l'A. distingue un gruppo di malattie le
quali hanno un'unica etiologia: al centro di questo sta la poliomielite acuta dei bam-
bini, attorno varie altre forme e dei bambini stessi e degli adulti. Della malattia
l'A. distingue, clinicamente, otto forme: 1) forma spinale; 2) forme che decorrono col
quadro clinico della paralisi di Landry; 3) forme nelle quali sono interessate se-
zioni più alte del nevrasse (forma bulbare Medin), (forma pontina Oppenheim):
4) forme cerebrali; 5) forma atassica; 6) forma polineuritica ; 7) forma meningitica:
8) forme abortive.
Uno dei più interessanti capitoli è il terzo il quale contiene un vero studio epi-
demiologico sulla forma in discorso. I risultati degli studi personali permettono
air A. di concludere che la poliomielite acuta è da annoverarsi fra le malattie
contagiose: nel capitolo seguente che tratta dell' etiologia l'A. riconosce però che
l' agente ne è tuttora sconosciuto : le ricerche da lui istituite a questo riguardo die-
dero risultati completamente negativi.
L'ultimo capitolo e dedicato alla prognosi: questa è sempre grave anche quoad
rìtam e più grave negli adulti che non nei fanciulli.
O. Rossi,
Psichiatria i)8i
Psicliiatria.
18. K. Abraham, Ueher die Bedeutung sexueller lugendtraumen fiir di Symp-
tomatologie der Dementia praecox. — « Centralblatt ftir Nervenheilkunde und
PsTchiatrie », Bd. 18, N. 238, U>07.
Freud aveva affermato come certe forme di isteria prendessero origine da un
trauma psico-Bessuale delP età antecedente alla pubertà, ma poi ha corretto la teoria
soggiungendo che il trauma psichico ha influenza in quanto esiste già neir in-
dividuo una sessualità abnorme, attribuendo così una importanza secondaria al
trauma : e poiché sono molteplici i punti di contatto fra isteria e demenza pre-
coce, l'A. tenta di dimostrarne uno nuovo fra le due malattie, in base al significato
che può avere un trauma psico-sessuale dell'età giovanile, in individui che divennero
poi dementi precoci. E per i casi clinici che egli presenta può affermare che esiste
una perfetta analogìa fra il trauma psico-sessuale e il contenuto delle allucinazioni
visive e uditive, senza però che tal trauma possa aver avuto una qualche influenza
causale sulla demenza e sulle sue allucinazioni. Inoltre osserva che all'epoca del
trauma esisteva già una anormalità sessuale che potrebbe anche interpretarsi come
precursoria della demenza precoce stessa. L'A. ricorda ancora che Freud ha rilevato
che gli avvenimenti della fanciullezza hanno una influenza sul contenuto dei sogni,
e conclude affermando l'esistenza di analogia fra sogni, isteria e demenza precoce:
aggiunge che non sempre si può stabilire o escludere che non si sia verificato
nella prima giovinezza un fatto che eserciti una certa influenza sul contenuto delle
allucinazioni dei dementi precoci. Turchi,
19. Dr. Jahrm&rker, Zur frage der AmenUa, — « Centralblatt ftir Nervenheil-
kunde und Psychiatrie », Bd. XVIH. N. 242, 1907.
20. E. Stransky, Zur Amentiafrage. — « Centralblatt ftìr Nervenheilkunde und
Psychiatrie », Bd. XVm. N. 248, 1907.
Jahrmàrker parte dal principio della necessità che siano abbracciati dalla
stessa designazione malattie identiche e non stati simili e richiama un suo lavoro
nel quale ha stabilito che l'amenza si presenta colla frequenza del 1^% degli uomini
e O^/o delle donne meatecatti. Osserva in questo nuovo lavoro che tal cifra è esagerata
perchè stati acuti che simulavano l'amenza furon poi riconosciuti come iniziali di una
fonna maniaco-depressiva, o di una demenza precoce: casi in cui una più accurata
osservazione dei sintomi avrebbe fatto accorto dell'errore; sebbene spesso (ed accenna
a due casi osservati) una differenziazione fra amenza e forma maniaco-depressiva,
amenza e demenza precoce sia assai difficile. Alle percentuali suaccennate oltre a
queste occorre detrarre le psicosi acute da infezione e quelle che si presentano du-
rante la gravidanza, il puerperio, e l'allattamento, di modo che si può stabilire che
l'amenza è una malattia molto rara di cui l'A. non osserva da qualche anno nessun
caso puro.
Stransky pur concludendo che l'amenza non è tanto frequente come si crede,
trova esagerato il pessimismo di J ah r marker, a determinare il quale hanno forse
concorso cause d'errore diverse. Obbietta infatti prima di tutto che il non aver l'A.
osservato da qualche anno casi di vera amenza, non autorizza jv dichiarar per ciò
Ì382 lìivista di Patologia nervosa e mentale
rara la malattia: inoltre i inalati di amenza non tutti giungono alla clinica psi-
chiatrica, trattenuti nelle cliniche di malattie nervose, nelle generali, e a domicilio e
perchè spesso l'amenza si unisce ad altre malattie fisiche, e perchè la prognosi
favorevole fa evitare un* ammissione generalmente non veduta di buon occhio, e
perchè alcuni psichiatri non credono opportuno per gli amenti il ricovero in clinica.
A queste cause di errore pel computo della frequenza si aggiunga che molti casi di
amenza sono designati come forma mista di psicosi maniaco-depressive, che se una
forma acuta si presenta due volte in uno stesso individuo si tenta di applicarne i
sintomi cardinali allo schema della psicosi maniaco-depressiva, come se non fosse
possibile una recidiva dell'amenza pura. Non trova giusta l'esclusione dal gruppo
« amenza» fatta da Jahrm&rker delle forme infettive a carattere amenziale e dei
deliri di colasso: né è da negarsi la cosidetta forma cronica di amenza che può
esser periodica (ed esistono criteri per differenziarla dalla demenza precoce) o può
condurre a morte: dell'una e dell'altra particolare forma cronica riferisce in succinto
la storia clinica.
I due AA. concludono concordemente che la questione non può dirsi definita
e il secondo particolarmente al riguardo della possibilità della forma cronica del-
l' amenza. Turchi.
21. Boegre, JJie periodische Paranoia, — « Archi v ftlr Psychiatrie und Nerven-
krankheiten », Bd. 43, H. 1.
L'A. dopo aver definita la paranoia in base ai concetti, ormai noti, di Kraepe-
lin, escludendo da essa i casi nei quali ci sono delle allucinazioni nel senso stretto
della parola, quelli nei quali le idee deliranti sono di una assurdità assoluta, ma-
nifesta, quelli nei quali il sistema delirante è sconnesso, variabile, a tema frivolo,
passa in esame i vari casi pubblicati nella letteratura di paranoia cosidetta pe-
riodica e conclude che nessuno di essi presenta le qualifiche della paranoia vera.
Trattasi di demenza precoce (casi di Mendel) di psicosi maniaco-depressiva (caso
di Kausch) di confusione mentale (casi di Greidenberg) di alcoolisrao ecc. Perciò
fino ad ora non sono state raccolte osservazioni, nelle quali la diagnosi non sìa dubbia,
che appoggino il concetto dell'esistenza di una paranoia periodica.
0, Bossi.
22. R. Mifirnot, B. Schrameck, L. Parrot, Valeur diagnostique des troubles
oculaires dans la paralysie generale. — « Encéphale », n. 6, 1907.
Già in un'altra nota gli AA. hanno riferito i risultati di numerosissime osserva-
zioni sull'esame dei disturbi oculari nei paralitici progressivi ed in altri ammalati
di mente. Ora si propongono di studiare quale valore diagnostico possono avere
questi sintomi nella paralisi progressiva. Dopo aver esposto e commentato le statistiche,
gli AA. possono formulare le conclusioni seguenti:
I disturbi morfologici dell'occhio non hanno alcun valore diagnostico per la loro
incostanza e la loro apparizione tardiva. — I disturbi della sensibilità sono comuni
anche alle altre malattie mentali e diflìcilmente si possono rilevare con esattezza viste
le condizioni mentali dei pazienti. Pure lo studio dei disturbi sensoriali ha pochissima
importanza. — L'alterata funzione dei muscoli esterni dell'occhio, quando non sopraT-
viene per causa di qualcuno dei fattori etiologici abituali (tumore, infezioni, intos-
Psichiatria 383
sicazioDi) stanno ad indicare l'esistenza della sifilide cerebrale, della tabe e della
paralisi generale. — Il loro significato è dunque sempre grave, ma non possono mai
rivelare con sicurezza a quale tra queste malattie essi appartengono. — Fra tutti i
sint<»mi oculari osservati nella paralisi generale i disturbi pupillari sono quelli di
maggior importanza diagnostica: a) L* ineguaglianza pupillare è un sintoma molto
frequente, ma se non s'accompagna ad altri sintomi ha poco valore perchè può essere
provocato anche da fattori svariati e banali; h) La miosi, malgrado la sua poca
frequenza ha un vero valore diagnostico ed è particolarmente utile qualora soprav-
venga durante il decorso di nevrastenie o di melancolie ; e) La midriasi ha poca
importanza massime se non s' accompagna all'abolizione dei riflessi ; d) La diminu-
zione del riflesso alla luce ha grande importanza: se però moltissime volte è da im-
putarsi alla paralisi generale, allft tabe, od alla sifilide cerebrale, accade tuttavia che
sia causata da un'alterazione passeggera della innervazione dell' iride ; e) L'abolizione
del riflesso alla luce è il più importante di tutti i sintomi sino ad ora descritti; si
deve ricordare però che può trovarsi anche negli alcoolisti ed eccezionalmente anche
in altri ammalati di mente esenti da sifilide e da lesioni oculari; /) La diminuzione
e 1' abolizione del riflesso all' accomodazione hanno lo stesso significato e la stessa
importanza della diminuzione e dell'abolizione del riflesso luminoso.
Gli AA. concludendo osservano che i disturbi pupillari più importanti non sfug-
gono alla legge di patologia generale che impedisce di considerare come patognomo-
nico di una data malattia qualunque fenomeno: la diagnosi si deve dedurre non
dalla constatazione di un sintoma ma da tutto un insieme sintomatico.
Sandri,
23. O. Kòlpin, Ueber Dementia praecox, insbesondere die paranoide Form der-
selben, — « Allgemeine Zeitschrift fùr Psychiatrie », Bd. 65, H. 1, 1908.
Le osservazioni seguenti sono state eseguite sopra 100 individui, tutti di sesso
femminile, aiFetti da demenza precoce nel senso di Kraepelin, che l'A. ha potuto
studiare dall' inizio della malattia fino allo stadio terminale di essa: furono presi in
considerazione soltanto i casi in cui si potè stabilire una diagnosi sicura.
Riguardo all' etiologia, esisteva una ben manifesta tara ereditaria nel 50% di
tutti i casi: essa era più frequente nella forma catatonica (61, O^o) che non nelle
forme ebcfrenica (45, 2 ^q) e paranoide (43, 6 %) ; minima nelle forme a sviluppo
tardivo.
Tra le cause occasionali, di cui si aveva notizia in 33 casi, figuravano in prima
linea i più svariati shok psichici, qualche volta i parti e diverse malattie infettive.
In 5 casi preesisteva l'imbecillità.
L'età in cui la malattia si era iniziata variava entro limiti molto estesi: il
maggior numero dei casi si era sviluppato tra i 26 e i 30 anni per la forma ebe-
frenica, tra i 21 e i 25 per la forma catatonica, tra i 36 e i 50 per la forma pa-
ranoide.
Il quadro clinico delle tre forme di demenza precoce deve essere studiato sepa-
parstomente: noi ci limiteremo a rilevare alcuni dati più importanti.
La forma ebefrenica aveva avuto nella quasi totalità dei casi uno sviluppo subdolo
e graduale: solo in due casi si poteva parlare di un inizio subacuto; il decorso fu
sempre progressivo; nulla la tendenza a remissioni di qualche rilievo; esito in uno
Btato di profonda demenza e di assoluta apatia.
384 Ricista di Patologia ìiervosa e mentale - Psichiatria
Nei casi del gruppo catatonico la malattia ebbe quasi sempre un inìzio acuto o
subacuto, con stati depressivi, stuporosi o di eccitamento, con allucinazioni, spesso
con idee deliranti di persecuzione, di colpa, talora anche ipocondriache. Nel decorso
della malattia le allucinazioni ebbero sempre una parte predominante. In circa un
terzo dei casi si osservarono remissioni di lunga durata, ma V esito fu sempre, come
per la forma precedente, un grave stato demenziale.
I casi appartenenti alla forma paranoide ebbero quasi tutti uno sviluppo più i»
meno cronico: in quattro soltanto l'inizio fu acuto o subacuto. Le allucinazioni domi-
navano spesso tutto il quadro morboso nel periodo iniziale; in qualche caso conser-
varono la loro importanza anche negli stadi successivi, ma per lo più andarono a
poco a poco diminuendo di numero e d'intensità. Per quel che riguarda il decA)rs4>
e l'esito della forma paranoide si possono distinguere i tre tipi seguenti: a) il pri-
mitivo sistema delirante diviene sempre più complicato, più ampio, più astruse» e
inverosimile, esistono numerose allucinazioni, ma i pazienti rimangono lucidi e affet-
tivi, senza subire gravi perdite intellettuali; 6) anche in questo gruppo si costruiscf
un sistema delirante, il quale non subisce apprezzabili modificazioni. Le allucina-
zioni esistono ma sono poco avvertite dagli ammalati. L' intelligenza non va soggetta
a perdite grossolane, ma i discorsi divengono spesso affatto incoerenti; e) le idef
deliranti non si ordinano in un sistema, ^ouo confuse e mutevoli. L' affettività dimi-
nuisce molto. Il contegno e i discorsi divengono sempre più assurdi. Accentuatissimo
ò il difetto intellettuale.
Dall'osservazione di tutte le varie forme di demenza precoce risulta che questa
malattia non è suscettibile di una vera guarigione, che in ogni cas<» essa è l' espres-
sione di un processo morboso distruttivo.
I rapporti tra le forme ebefrenica e catatonica della demenza precoce sono ormai
ben definiti: molto discussa è invece tuttora la posizione nosologica della forma pa-
ranoide. Kraepelin distingue in questa forma due sotto-gruppi, di cui uno corri-
sponde al tipo e, l'altro ai tipi a e h sopra ricordati. Ora, se il tipo e ha con le
altre forme di demenza precoce dei rapporti strettissimi, tanto che talvolta è assai
difiicile stabilire una diagnosi differenziale, lo stesso non può dirsi dei tipi h e e:
questi da un lato si allontanano dalla demenza precuce per la lentezza con cui s^i
stabilisce il difetto intellettuale, il quale inoltre si mantiene sempre in limiti mwle-
derati; dall'altro si difterenziano dalla paranoia pura, quale è definita da Kraepelin,
per il contenuto assurdo delle idee deliranti, per l'importanza che vi assumono le
allucinazioni, per l'esito in difetto intellettuale più o meno accentuato. Tenendo
conto di tutti questi caratteri appare giustificato il considerare questo gruppo della
forma paranoide come un quadro morboso a sé, al quale soltanto dovrebbe riservarsi
il nome di demeiìza paranoide^ mentre i casi appartenenti al nostro tipo e dovreb-
bero indicarsi semplicemente come « forme paranoidi della demenza precoce ». Anche
questa classificazione non ha certo la pretesa di essere immutabile: è in accordo con
le osservazioni cliniche, ma solo l'anatomia patologica potrà dire in proposito l'ul-
tima parola. Un' ultima considerazione relativa alla nomenclatura. Il termine « de-
menza precoce » è stato molto criticato perchè l'aggettivo « precoce » non è esatto
per un gran numero di casi: si potrebbe sostituirlo, tenendo conto del sintoma fon-
damentale della malattia, con quello di « demenza dissociativa ».
Zolla,
Fireii/.e, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. TanZI, Direttore responsabile.
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Rivista di Patologia neniosa e mentale
DIRETTI DI
E. TANZI
(fIBBM7.s)
(boma) (obuova)
(hodbxa)
Redattori t
O. ROSSI
O. SANDBI — M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof, TANZI, Clinica di San Salvi, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Settembre 1808 Fase. 9
COMUNICAZIONI OEIGINALI
Clinica delle malattie nervose e mentali deir iHtituto di Studi superiori in Firenze
diretta dal prof. £. Tanzi
La '' precipitazione della lecitina "
nella sierodiagnosi della sifilide e delle atfezioni metasifllitiche
per il dott. M. Zalla, Assistente
11 metodo della deviazione del complemento (Bordet e Gengou) appli-
calo da Wassermann, Neisser, Uruck e Plaut alla sierodia^nosi della si-
filide e delle affezioni metasifllitiche del sistema nervoso, lia dato in mano di
numerosi ricercatori risultati così sodisfacenti, che il suo valore pratico non
può più esser messo in dubbio; sebbene l'interpretazione teorica della prova
di Wassermann sia molto discussa e da pochi accolta nella forma schema-
tica sostenuta dai primi AA. che si occuparono dell'argomento, nel senso cioè
del legame tra un anticorpo specifico contenuto nel siero degli ammalati e il
corrispondente antigene estratto dal fegato di feti sifilitici. Se per altro l'at-
tendibilità del metodo può considerarsi presso che assoluta, è certo che la sua
esecuzione è complessa e difficile, richiedendo uno strumentario abbastanza com-
plicato e delle estese cognizioni teoriche e tecniche.
386 M. Zalla
Si capisce quindi come siano giustificati i vari tentativi che, anche in base
a considerazioni di ordine teorico, furono fatti per trovare un procedimento
che arrivasse al medesimo fine con una maggiore semplicità di mezzi. La so-
stituzione dell'estratto di fegato sifilitico con estratto acquoso di fegato nor-
male (Marie e Lèvaditi), con estratto alcoolìco di organi di animali sani, in
special modo di cuore di cavia (Landsteiner), con una emulsione di lecitina
(Porges) semplificava alquanto il metodo originale ma non riduceva il nu-
mero delle operazioni tecniche né, d'altra parte, si dimostrò del tutto indif-
ferente per la specificità della reazione; per cui fu presto abbandonata nella
pratica.
Della massima semplicità e quindi alla portata di tutti sarebbero invece
quei metodi, recentemente esposti da vari AA., fondati sul fenomeno della « pre-
cipitazione »: se non che alcuni di essi sono già stati riconosciuti fallaci da stu-
diosi di non dubbia competenza, altri, come quello di cui mi occupo in questa
nota, vanno pure dimostrandosi, con l'estendersi delle ricerche, privi di ogni
specificità.
Il primo di questi metodi fu indicato da Fornet e Schereschewsky,
i quali trovarono che mettendo in contatto il siero di un sifilitico di data re-
cente col siero dì paralitici o di tabetìci compare al limite tra i due liquidi
un intorbidamento ad anello: il fenomeno sarebbe dovuto secondo Fornet alla
reazione di due elementi, il precipitinogeno contenuto nel siero dei sifilitici nello
stadio florido dell'infezione e la precipitina che si troverebbe nel siero dei me-
tasifiiitici. Questo metodo, sottoposto ad esperienze di controllo da Plaut, Heuck
e Rossi, è risultato non specifico e quindi privo di valore pratico; né la re-
cente risposta di Fornet e Schereschewsky contiene argomenti abbastanza
probativi contro le conclusioni dei ricordati AA. E lo stesso può dirsi della
prova dì Mìchaelis, secondo la quale si avrebbe una precipitazione mettendo
in contatto l'estratto acquoso di organi sifilitici con siero dì sifilitici (Plaut,
Heuck, Rossi), e di quella ancor più semplice di Klausner che si fa me-
scolando dell'acqua distillata con i sieri luetici, ciò che determinerebbe la
precipitazione di una globulina (Citron, Nobl e Arzt, ecc.).
Di maggior fiducia sembrò meritevole il metodo della precipitazione della
lecitina indicato da Porges e Meier (1907). Questi AA. trovarono che mesco-
lando in eguale quantità un siero di sifilitico con una emulsione di lecitina
si verifica dopo un certo tempo una precipitazione in fiocchi (Àusfìockung)
della lecitioa. stessa: il fenomeno non avverrebbe, in presenza, dfil siero di in-
dividui non sifilitici, per cui la reazione avrebbe il carattere della specificità.
In seguito altri AA. (Plaut, Nobl e Arzt) provarono il metodo, e Plaut lo
applicò con discreti risultati al liquido cefalo-rachidiano di individui affetti da
paralisi progressiva. Ricerche successive di Mtìller, Stemmo, Fritze, Kren,
V. Eisler, Sachs e Altmann ed altri dimostrarono non assoluta la specificità
della reazione in parola: cosi ad es. Meier osservò la precipitazione in tre
casi in cui non esisteva sifilide, Wechselmann e Meier in un caso di lebbra,
La ''precipitazione della lecitina'' ecc, 387
Plaut in un bambino scrofoloso, in un osteomielitico ed in un tifoso. Malgrado
ciò le possibilità di errore non parvero cosi gravi e numerose da fare abban-
donare senz'altro l'uso del metodo nella pratica: infatti Porges eMeierin
un recente artìcolo (4908\ pur riconoscendo la necessità di estendere le ri-
cerche sul valore della loro prova, affermano che essa può sempre servire per
orientamento nei casi dubbi, salvo poi, se il risultato sia incerto, a control-
larlo col processo classico di Wassermann.
Pur astenendoci per ora da considerazioni di ordine teorico, e ognun sa
del resto di quante incognite sia finora seminato questo interessante campo di
studi, è certo che sarebbe molto dosiderabile poter disporre di un metodo sem-
plice e rapido per la diagnosi sicura della sifilide e delle affezioni metasifili-
tìche, e questo desiderio si fa sentire in modo affatto speciale e con una no-
tevole frequenza nel dominio della neuropatologia e della psichiatria dove in
genere ci troviamo di fronte ad individui che non presentano alcun segno so-
matico della infezione subita: quanto in tali casi ci sia da fidarsi dei dati anam-
nestici è a tutti noto.
Ora io ho cercato appunto, con la serie di esperienze di cui sto per esporre
ì risultati, di formarmi una convinzione personale sul valore pratico della prova
di Porges e Meier nella siero-diagnosi della sifilide e della paralisi progres-
siva: non ho fatto ricerche col glicocolato di sodio, che secondo i ricordati AA.
si comporterebbe come la lecitina, perchè esso non ha qualità speciali che lo
rendano preferibile a quest'ultima.
Per quel che riguarda la tecnica usata mi limiterò a pochi cenni : essa è
del resto molto semplice. In genere, seguendo le indicazioni di Porges e
Meier, ho mescolalo il liquido in esame con una eguale quantità (cm.'0,2o0,4)
di una emulsione di lecitina al 0,2^0 ^° soluzione fisiologica contenente il
0,5°/<j di acido fenico; ho provato anche a variare le proporzioni dei reagenti
ma senza ottenere modificazioni degne di nota dei risultati fondamentali. Mi
sono sempre servito della lecitina fresca di Merck, che anche Plaut designa
come la più adatta per queste ricerche, con la quale è facile ottenere delle
emulsioni molto omogenee. Il siero di sangue, ottenuto per separazione spon-
tanea, e il liquido cefalo-rachidiano venivano mescolati con l'emulsione di le-
citina in piccoli tubi ben trasparenti e sterilizzati, mediante pipette graduate
pure sterilizzate. Ho sperimentato sopra sieri inattivali 0/j ora di riscaldamento
a 56^ C.) e non inattivati, ma non ho osservato differenze apprezzabili nell'esito
della prova. L'andamento della reazione veniva seguilo per un periodo di 48
ore, ripetendo le osservazioni a brevi. intervalli nelle prime ore, ad intervalli
più lunghi nelle ore successive. In genere il precipitato, dove la reazione è
positiva, compare dopo 2-3 ore e raggiunge un massimo dopo 5-6 ore: Porges
e Meier affermano che esso può formarsi anche dopo 48 ore e che in qualche
caso è bene servirsi, per riconoscerlo, di una lente d'ingrandimento: nelle mie
esperienze esso era sempre riconoscibile ad occhio nudo, né mai compane dopo
le prime 7-8 ore. Ho compiuto tutte le ricerche sotto la guida del dott. 0. Rossi,
388 J/. Zalla
(lai quale veniva contemporaneamente eseguila sui liquidi in es;ime la prova
orijrinale di Wassermann.
I casi studiati sono 36: non molti, ma sufficienti per trarre delle conclu-
sioni sull'imporlanza pratica del metodo; in alcuni furono sottoposti ad esame
il siero di sangue e il liquido cerebro-spinale, in altri il solo siero: vi figu-
rano: 8 casi di paralisi progressiva; 6 casi riferentisi ad individui sicuramente
sifilitici, con 0 senza manifestazioni da parte del sistema nervoso; 10 casi in
cui la sifilide veniva negata, ma non poteva essere esclusa; 12 casi infine in
cui l'infezione sifilitica si poteva escludere con certezza morale presso che as-
soluta.
Negli 8 casi nei quali era stata posta la diagnosi di paralisi progressiva
in base ad una sintomatologia clinica completa e tipica, la reazione fu posi-
tiva nel siero di sangue 7 volte, sempre completamente negativa nel liquido
cefalo-rachidiano. Debbo ricordare a (questo proposito come da Plaut sia stata
osservata in qualche caso la precipitazione della lecitina anche nel liquido
cerebro-spinale dei paralitici: però il fenomeno sarebbe tutt' altro che costante.
In tutti i casi ricordati si ebbe con la prova di Wassermann T impedimento
deir emolisi e quindi la conferma della diagnosi clinica.
II siero dei sei individui sicuramente sifilitici dette una reazione positiva
in 2 casi, negativa in 3: in un caso la reazione fu negativa in una prima prova,
positiva in una seconda prova eseguita sullo stesso siero pochi giorni dopo. In
tutti questi casi l'infezione luetica non solo era confessata, ma era stala an-
che diagnosticata da specialisti e la diagnosi confermata dall'esito della cura
jodo-mercuriale : il caso in cui la reazione fu diversa in due diverse prove si
riferisce ad una donna che presentava una eruzione papulosa sifilitica in alto.
La prova di Wassermann dette sempre risultati positivi..
Nei 10 casi in cui la sifilide non si poteva escludere con sicurezza, per
quanto mancassero i dati per affermarla, col metodo della deviazione del com-
plemento si ebbero costantemente risultali negativi, col metodo di F^orges e
Meier invece la reazione fu negativa in 5 casi, chiaramente positiva negli
altri. Tra questi ultimi figurava un caso in cui era stata fatta diagnosi di
pseudo-paralisi arteriosclerotica, diagnosi che avrebbe forse potuto essere erro-
neamente moditicata ove si fosse prestata fede al risultato ottenuto con la
prova di Porges e Meier.
Specialmente degno di nota è l'esito degli esami praticati sul siero di
sangue di soggetti certamente immuni da sifilide. Ho eseguito in proposito delle
ricerche relativamente numerose perchè esse rappresentano per così dire la
pietra di paragone della speci ficith di un metodo quale è quello di cui ci oc-
cupiamo: finche esso non rivelasse sempre l'infezione dove questa esiste, po-
trebbe ancora servire come mezzo di orientamento, ma perderebbe ogni uliliti^ì
pratica quando anche dove l'infezione non esiste desse talvolta una reazione
positiva: quest'ultima possibilità si è verificata appunto nelle mie ricerche. Si
trattava per Io più di individui giovani, all'etti da svariate malattie funzionali
La '' precipitazione della lecitina ,, ecc..
389
od orpniche del cervello, dei quali era nota esattamente l'anamnesi: per mag-
gior chiarezza esponj^o la casistica in una tabella riassuntiva mettendo a con-
fronto i risultati della prova di Porjres e Meier con quelli della prova di
Wassermann.
Età
-n
s
e
oe ^
S '7.
«- 95
Nome
Sesso
Diagnosi clinica
-3 %
Prova di Wa
(Dott. 0.
.
autii
1
F. B.
19
m.
demenza precoce
4-
■
IK I.
50
f.
idiozia
—
Z. M.
26
demenza precoce
H-
1. C.
29
demenza precoce
"
0. B.
16
tu.
demenza precoce
-
~
M.I.
21
f.
imbecillità
+
-
T. A.
53
cretinismo
-h
-
O.B.
18
m.
demenza precoce
+
-
E.T.
8
idiozia
+
—
M. B.
50
arteriosclerosi cerebrale
+
—
A.C.
13
in.
epilessia
+
-
L. M.
12
ra.
epilessia
+
-
Si vede pertanto che anche usando sieri di individui non sifilitici la pre-
cipitazione della lecitina si verifica con una notevole frequenza: può darsi che
aumentando il numero degli esami questa frequenza risulti minore di quanto
si dovrebbe desumere dai pochi casi di cui io dispongo, ma il fatto resta ed
è un grande argomento contro la specificità del metodo.
Riassumendo i fatti esposti in questa nota per trarne una conclusione sopra
il valore clinico della prova di Porges e Meier, si può dire che essa, appli-
cata al siero di sangue, dà molto spesso, ma non costantemente, risultati po-
sitivi nei casi in cui esiste T infezione sifilitica, ma riesce pure positiva in molti
casi in cui tale infezione si può escludere; applicata al liquido cefalo-rachidiano
riesce quasi sempre negativa, anche nei casi conclamati di paralisi generale :
fino ad ora sarebbe dunque prematuro e pericoloso mettere questa prova al
servizio della clinica. Con ciò non si viene a negare la sua importanza scien-
tifica: perchè il fenomeno della precipitazione della lecitina avvenga, perchè.
390 M. Zalla - La '' precipitazione della lecitina ** ecc.
in identiche condizioni, avvenga in presenza di alcuni sieri e di altri no, deve
essere ancora stabilito; ed è sperabile che quando l'intimo meccanismo del
processo sia conosciuto, si possa anche modificare la prova in modo da farne
un valido e semplice sussidio diagnostico. Perora il metodo di Wassermann
resta l'unico utilizzabile per la sierodiagnosi della sifilide e delle affezioni post-
sifilitiche.
Manicomio di 8. Maria della Pietà, in Roma, diretto dal prof. 6. Mingazzini
Contributo alla fisiopatologia del nucleo lenticolare
per il doti. G. Biancone, Medico-Primario
Bechlerew nel 4^4 e OstBukow nel 1904 in una affezione dei cor-
doni laterali della midolla allungata e del midollo cervicale superiore oltre a
sintomi di paralisi descrissero un fenomeno speciale che da Ostankow venne
denominato Pseudomelia paraesthetica, e che, secondo Min gaz zi ni, dovrebbe
chiamarsi più correttamente parestesia pseudomelica. In ambedue i casi il
disturbo era limitato agli arti paralizzati, consisteva in un falso senso di
pesantezza e di posizione ricurva dei medesimi, non veniva eliminato dal
controllo della vista e persistè invariato fino alla morte. In seguito lo stesso
Bechterew nel 1905 e il Giannuli nel 1907 descrissero il detto sintoma in
due casi di lesione del nucleo lenticolare. Il malato di Bechterew da qualche
anno soffriva di allucinazioni uditive a contenuto insultante e di idee di per-
secuzione. In seguito ad un ictus presentò a sinistra emiplegia associata a
diminuzione del senso muscolare e ad emiatrofia che venne osservata alla
distanza di un mese e qualche giorno àMHctus. La pseudowelia paraesthetica
in questo caso consisteva in una falsa sensazione di movimento del braccio
sinistro: infatti, sebbene quest'arto fosse paralizzato, al malato pareva che si
muovesse ora all' indietro ed ora al davanti verso il petto o verso il ventre.
Egli riconosceva di avere il braccio completamente paralizzato, ma ciò non
valeva a liberarlo dalla molesta sensazione ; e riusciva inefficace anche il
controllo della vista che gli mostrava l'arto immobile davanti ai suoi occhi.
11 paziente morì dopo circa un anno e mezzo dall'ictus. All'autopsia si
constatò a destra un focolaio di rammollimento neMa parte anteriore del ven-
tricolo laterale; era inoltre rammollita una gran parte del nucleo lenticolare
ad eccezione di un piccolo segmento anteriore. Nulla a carico del talamo e
del nucleo caudato. Nella porzione dorsale del midollo spinale si notava una
marcata atrofia del corno anteriore di sinistra.
Nel caso di Giannuli si trattata di un malato di 4^2 anni che fu colpito
da un ictus a cui seguì a destra emiparesi associata ad emianestesia tattile,
G. Biancone - Contributo alla fisiopatologia del nucleo lenticolare 3*.H
(iolorifica e termica e ad emiatrofia iniziata 20 giorni dopo Victus, II malato
si lamentava dì una intensa cefalea, di vomito e di attacchi di epilessia jakso-
niana a destra. 11 fenomeno della pseudomelia paraesthetica era rappresentato
dalla fastidiosa sensazione di avere al posto del braccio e della gamba paretici
due MUtthì pieni di j)Iio iJie, a dire^eJ paziente, col loro peso erano di im-
paccio alla motilità generale del corpo e gli rendevano pesanti e completa-
mente immobili gli arti di destra, quantunque fosse in grado di eseguire con
questi dei limitati movimenti. Il malato mori dopo due anni. All'autopsia si
riscontrò a sinistra una cisti emorragica che aveva distrutto la capsula esterna,
i due terzi posteriori del putamen e la parte più esterna del globus pallidtis.
Fra le alterazioni microscopiche accuratamente descritte dal Gian nuli ricordo
la sola atrofia del lemnisco mediale di sinistra e del corno anteriore destro
del midollo spinale.
Dopo questo caso, per quanto è a mia conoscenza, non ne furono pub-
blicati altri in cui venisse osservalo il detto fenomeno. Per l'interesse clinico
che questo presenta ed anche per la sua rarità mi sembra importante la
pubblicazione della osservazione seguente nella quale esso si riscontrò. Tale
osservazione è degna di nota anche perchè porta un piccolo contributo alla
lìsiopatologia del nucleo lenticolare, lo studio della quale si può dire appena
. abbozzato.
Storia clinica, — Fui,... Maria, di anni 72, donna di casa. Il padre e la madre
non erano alcoolisti, e morirono rispettivamente alFetà di 40 e 45 anni, di malattia
che non sa precisare. Maritata a 28 anni ha avuto una sola figlia che gode ottima
salnte : mai aborti. È stata sempre bene, non ha sofferto di lues e non ha abusato
di alcoolici. Nella seconda decade di aprile dell'anno corrente fu colpita airimprov-
viso da ictus con perdita di coscienza e con consecutiva emiplegia sinistra. Eicove-
rata all'Ospedale di S. Giovanni venne trasferita dopo qualche giorno al manicomio,
ove venne ammessa il 4 maggio.
Esame obbiettivo (5 maggio 1908). — Il colorito della cute è bruno; il panni-
colo adiposo piuttosto abbondante; flaccide le masse muscolari. Palpabili le ghian-
dole linfatiche cervieri. La punta del cuore batte al 5^ spazio intercostale alP in-
temo della linea mammaria; V ictus è alquanto difl^uso. Il 1° tono è accompagnato
e seguito da un soffio che acquista la sua massima intensità in corrispondenza del
focolaio aortico: il 2^ tono aortico è squisitamente rinforzato. Polso ritmico, a bassa
pressione. Pulsazione carotidea più evidente a destra che a sinistra. Polmoni sani.
Addome trattabile; fegato e milza nei confini normali. Urine prive di albumina.
Edemi al piede sinistro e ai */$ inferiori dell'arto superiore dello stesso lato: decu-
biti al sacro.
Nulla a carico dei movimenti dei globi oculari. Allo stato di riposo la plica
nasolabiale sinistra è completamente appianata, e il sopracciglio sinistro più basso
del destro. Nell'atto di digrignare i denti l'angolo boccale destro è stirato all'esterno
meglio del sinistro, e la plica nasolabiale corrispondente è manifestamente più pro-
fonda della sinistra che è appena accennata. Energica d'ambo i lati la costrizione
delle rime palpebrali. La lingua protrusa tende a deviare verso siuistra; non è tre-
mula. Il palato molle è ugualmente mobile dai due lati nell'atto della fonazione.
Nulla a carico degli arti di destra.
392 G, Biancone
V&rto saperiore sinistro è edematoso e giace completamente abbandonato sul piano
del letto ; quando venga sollevato e poi abbandonato a sé stesso vi ricade pesantemente.
I movimenti passivi non offrono una apprezzabile resistenza neir articolazione della
spalla e del gomito; la offrono lievissima nell'articolazione della mano, in corrispon-
denza della quale sono alquanto limitati e dolorosi. I movimenti attivi sono comple-
tamente aboliti in tutti i segmenti dell'arto.
L'arto inferiore sinistro, che è edematoso in corrispondenza del piede, giace an-
ch'esso immobile sul piano del letto. I movimenti passivi non offirono alcuna resistenza
e riescono dolorosi, come lo sono anche quelli dell'arto inferiore destro e del tronco :
gli attivi sono completamente aboliti, e i tentativi della paziente per sollevare l'arto
si risolvono in una limitata contrazione di alcuni muscoli che non produce però il
benché minimo spostamento di esso.
Pupille leggermente anisocoriche (s* l> d*) e bene reagenti alla luce ed all'ac-
comodazione. Deboli i riflessi tendinei superiori ed il rotuleo di destra, abolito quello
di sinistra : l'achilleo assente d'ambo i lati. Mancano gli addominali superiori ed in-
feriori. Strisciando sulla pianta del piede si ottiene a sinistra la flessione dorsale di
tutte le dita, e la flessione plantare a destra.
È del tutto impossibile la stazione eretta e la deambulazione.
La sensibilità tattile, dolorifica e termica è manifestamente diminuita su tutta
la uìetÀ sinistra del corpo. L'esame dei sensi specifici non lascia svelare alterazioni
apprezzabili. La paziente si lamenta di un fastidio insopportabile alla gamba e al
piede di sinistra, come se qualcuno le toccasse di continuo le dette parti o gravi-
tasse su di esse col peso del proprio corpo. Tale sensazione di toccamento e di pesan-
tezza è così molesta da produrre nella paziente uno stato di continua irrequietezza
e talora di vero eccitamento caratterizzato da irritabilità, da vivaci proteste, da la-
menti, grida e pianti.
L'attenzione della inalata è oscillante e in genere è rivolta alle sue sofferenze:
però quando venga opportunamente eccitata la rivolge anche all'ambiente estemo.
Percepisce correttamente e risponde con precisione alle varie domande. È bene orien-
tata per il luogo, non così per il tempo, ed ignora in che anno e mese ci troviamo.
Ha una nozione esatta della propria malattia e riconosce gli attributi delle persone
che la circondano. La memoria appare incerta e infedele in ispecie per le date: la
paziente difatti non riesce a dare ragguaglio di alcuni suoi parenti; ricorda i prin-
cipali avvenimenti della sua vita ma non l'epoca in cui si verificarono. Non mani-
festa idee deliranti, ne allucinazioni; presenta però una interpretazione illusionale
delle sensazioni moleste che prova all'arto inferiore sinistro e che riferisce ad una
donna che ora caratterizza per una bambina, ora per una adulta, ma il più spesso
per sua figlia. Dice che questa donna giace nel suo letto e che ora tocca con i piedi
la sua gamba sinistra paralizzata, ed ora gravita su di questa con tutto il peso del
corpo producendole una insopportabile pesantezza all'arto e impedendone i movimenti.
Esiste inoltre un vero disturbo illusionale; invitata difatti la paziente ad indicare
la persona che così la infastidisce, essa dice di non vederne la faccia e il tronco, ma
soltanto i piedi, ed invitata a toccarli tocca invece il suo arto inferiore sinistro. Il
controllo della vista non esercita alcuna influenza sulle moleste sensazioni. La pa-
ziente abitualmente non manifesta alcun interesse per l'ambiente e non si preoccupa
del suo avvenire. L'alfettività è quasi del tutto spenta.
27 ma(j(jio 1908. — I sintomi tanto somatici quanto psichici sono persistiti in-
variati. Si sono però aggravati i disturbi trofici : è aumentato l'edema al braccio ed
Contributo alla fisiof Mitologia del nucleo lenticolare 393
alla gamba di sinistra ; i decubiti al sacro si sono rapidamente diffusi in superficie
ed in profondità, e sono precocemente comparsi altri decubiti ai malleoli, ai condili
e in tutti i punti degli arti di sinistra che venivano sottoposti ad una compressione
anche lieve. Dal 18 al 22 maggio si ebbe una febbre continua che raggiunse il massimo
di 39^. Venne in seguito constatata nelle orine la presenza di una discreta quantità
di albumina. Si ebbe inoltre qualche conato di vomito, e il 24 e il 25 maggio si ma-
nifestarono a destra due attacchi di epilessia jaksoniana di breve durata e con per-
dita della coscienza. Il polso divenne sempre più piccolo e irregolare e la temperatura
non superò i 36,7. Quesfoggi la malata è caduta in coma nel quale è morta.
Autopsia, — Dura madre normale. Le meningi molli sono leggermente opacate
sulla convessità e si distaccano con facilità senza produrre decorticazioni. Le arterie
Fio. 1.
della base presentano numerose placche ateromasiche le quali si riscontrano anche
nelle diramazioni della silviana e della cerebrale anteriore. Praticati i soliti tagli la
sostanza cerebrale appare leggermente edematosa e lucente; i ventricoli cerebrali non
sono dilatati e contengono una discreta quantità di liquido rossastro.
In corrispondenza di un taglio frontale a livello dell'estremità prossimale del
corno anteriore del ventricolo laterale si trova a destra che le sue pareti hanno acqui-
stato un colorito ocraceo e che è alquanto rammollita l'estremità anteriore del nucleus
caudatus. In un taglio frontale a livello della parte media del nucleus caudatus si
osserva, sempre a destra, una vasta emorragìa che ha distrutto parte del segmento^
anteriore della capsula interna e il puiamen lasciando integra la sostanza grigia e
bianca dei giri dell' twsu/a. In un taglio praticato poco al davanti del genu cap-
mlae (fig. 1) si nota la continuazione del focolaio emorragico che a questo livello ha
nettamente tagliato la punta dorso-laterale della capsula interna, ha distrutto il mar-
gine laterale del putamen, la capsula esterna e il claustrunij ed ha per limite estemo
la sostanza grigia dei giri deìV insula. In un taglio a livello del tuherculum anterius
thalami il focolaio emorragico si è molto rimpiccolito ed ha acquistato un aspetto
lineare; esso distrugge tutta la sostanza del putamen ed è limitato internamente dal
segmento posteriore della capsula intenia integro, ed esternamente dalla sostanza bianca
394 G. Biancone
dell» corona r»ggi»tii. Pochi millimetri indietro cessa il focolaio emorragico. Questo
è costituito da un coagulo sanguigno compatto e di colorito rosso brunastro. Nulla
a carico del talamo e delle altre parti deirencefalo.
Nel cuore è aumentato il grasso sottoepicardico ; i pizzi della yalvola mitrale sono
alquanto inspessiti. L'aorta ascendente è dilatata, e tanto essa quanto l'aorta discen-
dente nella loro superficie interna presentano delle placche ateromasiche. Nei polmoni
si hanno segui di ipostasi. Nulla di notevole nel fegato, La milza è aumentata di
peso e di volume, ed è di consistenza molle; In capsula inspessita. Nei reni si os-
servano numerosissime cisti di varia grandezza contenenti un liquido trasparente;
esse si trovano a preferenza alla superfice dell'organo ma anche in corrispondenza della
sostanza piramidale.
NulU di notevole nell'intestino e negli organi genito*urinari.
Diagnosi anatomica. — Arteriosclerosi diffusa; d^enerMione cistica dei reni;
tumore acuto di milza con perisplenite ; emorragia cerebrale destra di data relativa-
mente recente.
Considerazioni, — L'alterazione cerebrale riscontrata nei mio caso con-
siste in una emorragia che ha distrutto la porzione anterolaterale del puUimen,
la capsula esterna, T antimuro, parte del 3egmento anteriore della capsula in-
terna e r estremità anteriore del nudeus caudatus. La sede dell'emorragia fa
ritenere che questa sia a carico di uno dei rami delle lenticqlostriate, e pro-
priamente di quella arteriola che decorre lungo il margine esterno del pula-
men, attraversa il segmento anteriore della capsula interna e termina nella
testa del nucleo caudato; arteriola che per la fVequenza con cui dà luogo ad
emorragie venne denominata da Charcot «arteria delle emorragie j».
I sintomi verificatisi sono identici a quelli constatati nel secondo caso
di Bechterew e in quello di Giannuli di sopra ricordati e che rappresen-
tano le due sole osservazioni di lesione del nucleo leniicolare in cui si ebbe
il fenomeno della pseudomelia paraesthetica.
Ricordo innanzi tutto la emiplegia che nq] mio caso era completa, a dif-
ferenza degli altri due casi di Bechterew e di Giannuli nei quali era con-
servato qualche limitato movimento. A determinarla, essendo essa recente, non
si può certo escludere l'influenza dell'edema e della compressione esercitala
dal focolaio emorragico sui due terzi posteriori del segmento posteriore della
capsula interna. È difficìlo però spiegare la emiplegia completa solo coll'ani-
mettere la esistenza di questi due fattori, poiché di regola allorché essa è un
sìntoma indiretto del focolaio emorragico, dopo alcuni giorni o al più dopo
qualche settimana migliora sensibilmente, mentre nel mio caso si è mante-
nuta completa e invariata fino alla morte della paziente. Il che fa fondatamente
ritenere che in esso si sia verificata anche una lesione diretta almeno di parte
delle fibre motrici, le quali per la sede della emorragia non possono essere
che quelle le quali passano attraverso il nucleo lenticolare, e la cui esistenza
è stata pel primo dimostrata dal Mingazzini e confermata poi da numerosi
altri osservatori fra cui il Dercuni, Mills e Spiller Dana, ed in Italia da
w^ciuti e Piazza.
Contributo alla fmopatologia del nttcleo lenticolare IW*)
Altro sìntoma è la emipoestesia che, come negali altri due casi, era loca-
lizzata dallo stesso lato della emiplegia. Nel caso mio e in quello di Gi annuii
era molto diminuita la sensibilità tattile, dolorifica e termica, mentre in quello
di Bechterew era colpito il solo senso muscolare, che appariva fortemente
diminuito nell'arto inferiore e completamente abolito nel superiore.
Riguardo alla genesi della emipoestesia si possono applicare le stesse con-
siderazioni fatte per la emiplegia. Quando si pensi infatti che emorragie con
distruzione dei due terzi posteriori del segmento posteriore della capsula in-
terna si limitano sovente a produrre semplice emiplegia non accompagnata da
emipoestesia o al più solo da una lievissima e transitoria diminuzione della
sensibilità, non ostante la vicinanza immediata del talamo e del carrefour sen-
sUif, è da ritenere che nel mio caso la emipoestesia accentuata e persistente
sia da riferirsi, almeno in gran parte, alla lesione diretta di quelle fibre sen-
sitive che Mingazzini, Giannuli ed altri hanno dimostrato decorrere nel
nucleo lenticolare. E questa conclusione appare tanto più giustificata in quanto
che la sede della emorragia era in un punto quasi diametralmente opposto a
quella porzione della capsula interna in cui si sostiene passino le vie sensitive.
Un terzo sintoma è rappresentato dai disturbi trofici che nei casi di Be-
chterew e di Giannuli erano sotto forma di emiatrofia, precocissima in
quest'ultimo, nel quale si manifestò 20 giorni dopo V ictus.
Nel mio caso Vemiatrofia non venne direttamente ricercata a causa di un
edema che era diffuso ai due terzi inferiori dell'arto superiore e al piede di
sinistra e che la mascherava : il che non autorizzai certo ad escluderla assolu-
tamente. Esistevano però senza alcun dubbio disturbi trofici sotto forma del-
l'edema ricordato, e dì decubiti al sacro, ai malleoli, ai condili ed in tutti i
punti in cui gli arti di sinistra subivano una compressione. Anche qui tali
disturbi del trofismo furono precoci; l'edema difatti si sviluppò qualche giorno
dopo V ictus, e i decubiti comparvero solo un poco più tardi, e non ostante
tutte le cure andarono rapidamente peggiorando.
Tali disturbi trofici nel mio caso, come negli altri due, non possono met-
tersi in rapporto che colla lesione del putamen. Questo reperto quindi ancora
una volta conferma il concetto che al detto nucleo spettino funzioni trofiche
degli arti, che gli vennero attribuite in base specialmente alle osservazioni rife-
rite dall'Homen, da Dejerine, Monakow, Darkschewitsck, Kirchoff,
Mingazzini ed altri.
Il sintoma però più importante e sul quale io voglio in modo speciale ri-
chiamare l'attenzione è quella particolare e fastidiosa sensazione limitata alla
gamba e al piede dell'arto inferiore sinistro paralizzato, in corrispondenza delle
quali regioni la paziente si lamentava di avvertire ora dei toccamenti chele
producevano un tormento insopportabile, ed ora una forte pesantezza come se
qualcuno col proprio corpo gravitasse su di esse. Tale disturbo, del quale la
paziente dava un'interpretazione falsala e delirante presentava tulli i caratteri
della pseudomelia paraesthetica descritta per la prima volta da Bechterew
e cosi denominata da Ostankow.
31H) G. biancone
Il renonieno, a giudicare dai rarissimi casi finora pubblicali, si manifesta in
modo diverso: con un senso di falsa posizione degli arti paralizzali (i* caso Bech-
terew, caso Oslankow), o di pesantezza (1** caso Bechterew, casi Ostankow
e Gian nuli); tale al Ira con un falso senso di movimento ai medesimi (2° caso
Bechterew) od invece con la sensazione inversa di completa immobilità degli
arti che sono soltanto parelici (caso Giannuliì. Queste false sensazioni sono
in genere tra loro variamente combinale e possono essere anche differenti da
quelle finora descritte, senza che ciò alteri menomamente l'essenza del feno-
meno. Caratteristiche però di esso, e che lo fanno facilmente riconoscere sono:
che è persistente, che ha sede solo negli arti colpiti da paresi o da paralisi
od in alcuni segmenti di questi, e che il controllo della vista non lo elimina:
caratteri questi che si sono tutti verificati nel mio caso.
Il detto sintonìa non si deve confondere colle comuni parestesie dovute
ad un disturbo subbiettivo della sensibilità superficiale. Esso si deve anche di-
stinguere dalle alterazioni della sensibilità profonda (tendinea, articolare, os-
sea,...) la quale costituisce quello che i fisiologi chiamano senso muscolare. Con
queste ultime specialmenle può talora presentare spiccate analogie; il che forse
spiega perchè Bechterew lo mise in rapporto colla lesione delle vie di con-
duzione del senso muscolare. Però egli stesso dovette ammettere che il feno-
meno in discorso ha poco da vedere col disturbo del senso muscolare che si
ha nella tabe, poiché le illusioni sulla posizione degli arti che nella labe sono
spiegate per Tanestesia del senso muscolare, si osservano solo ad occhi chiusi,
e scompaiono non appena il malato li apre. A me poi sembra che i comuni
disturbi del senso muscolare e in genere delle varie forme della sensibilità
generale sieno di natura più semplice e direi quasi più elementare della psett-
domelia paraesthetiea, \ cui caratteri invece la fanno ritenere di natura molto
più complessa ed elevala e tale da poterla considerare come un disturbo della ce-
nestesi. Questa dipende dalla somma delle molteplici sensazioni che partono
dal nostro corpo, e che convenientemente elaborate ed associale ci danno la
coscienza generale e confusa ma spesso assai attiva della nostra esistenza, della
funzionalità dell'organismo nelle singole sue parli, del loro stato di benessere
0 di malessere, e in genere di tutte le modificazioni che in esso avvengono.
Fra i segni dell' alterazione di questa funzione gli AA., oltre tostato cataletti-
fornìe, la perversione del senso di fatica, l'ipercinoslesia e l'iperalgesia cine-
tica (crampi, akinesia alcfera di Mòbius), fanno rientrare anche alcune sen-
sazioni anomale avvertite durante il movimento attivo o passivo degli arti ed
il senso di peso, di leggerezza o di resistenza dei medesimi; disturbi questi
che si verificano appunto nella pseudomelia fxiraeslhetica. Alcuni, fra cui ri-
cordo Grasse t, vi fanno rientrare anche le paralisi provocate dall'oscurità o
dair occlusione degli occhi, il senso di falsa posizione degli arti e l'atassia
dei tabetici: ma questi disturbi a mio modo di vedere hanno una origine
differente.
Tralasciando tale questione e ritornando alla pseudomelia paraesthetiea
è certo che in essa il disturbo della cenestesi per i caratteri che presenta
Coniribtito alla fisiopatologia del nticleo lenti colare 397
non può consìstere nellu sua abolizione, il che porterebbe alla negazione
delle singole parli del corpo; ma deve consistere in un vero e proprio per-
vertimento. Solo taJe interpretazione ci può spiegare perchè i pazienti credono,
ad esempio, che i loro arti paralizzati si muovane, mentre in realtk riman-
jrono immobili ; o che non si muovano affatto mentre compiono dei movimenti
sebbene limitati; che siano ricurvi mentre sono diritti; che sieno diventali
pesantissimi per la presenza di dati corpi che vi gravitino sopra; o che
esistano ancora mentre sono stati amputati, e cosi di seguilo.
Se si pensi poi che la cenestesi ci dà il senso intimo e fondamentale della
nostra esistenza, si comprende facilmente che il pervertimento di essa deve
profondamente alterare la personalili) del paziente; il ohe ci spiega come questi,
pur servendosi di un senso cosi importante come la vista, non sia in grado
di correggere le false sensazioni che prova.
Un'altra ragione della inefficacia del controllo della vista, almeno negli
ultimi tre casi con lesione lenticolare, si deve ricercare nella presenza di di-
sturbi psichici. Questi erano evidentissimi nel secondo malato di Bechterew,
che era sotto il dominio di varie ed accentuate allucinazioni uditive a conte-
nuto prevalentemente ostile. Il malato dì Gian nuli presentava un eccitamento
maniacale accompagnato da disorientamento, da disturbi della memoria e da
allucinazioni elementari visive. Ed infine la mia paziente presentava anch'essa
uno stato di continua irrequietezza e spesso di vero eccitamento con disorien-
tamento parziale, memoria lacunare e interpretazioni illusionali. £ naturale
che ih pazienti con cosiffatti disturbi psichici dovesse essere molto deficiente
la critica e scarso il potere di controllo sulle anormali sensazioni che pro-
vavano.
La inefficacia del controllo della vista, e forse anche la limitazione del
disturbo ai soli arti paralizzati fanno rientrare nella pseudomelia paraesthe-
tica anche la falsa sensazione che hanno gli amputati dell'esistenza e del mo-
vimento dell'arto mancante, sensazione che può essere straordinariamente te-
nace e tormentosa come in un caso di Bechterew, e che non viene corretta
né per la coscienza della avvenuta amputazione, nò per la visione diretta che
dimostra la mancanza dell'arto. In questo caso speciale il fenomeno viene spie-
galo da una irritazione dei nervi sezionali in corrispondenza del moncone del-
l'arto amputato e dalla reviviscenza delle immagini corticali dell'arto stesso,
la quale ha luogo egualmente sia che l'eccitamento parta dall' eslremilìi ter-
minale dei nervi, sia che parta da un punto qualunque dei loro tronco.
Venendo ora a parlare della natura dell'alterazione nervosa con cui ò in
rapporto la pseudomelia paraesthetica è da notare che nei pochissimi casi finora
osservati è stata riscontrata una allerazione nervosa organica. Il comparire del
fenomeno immediatamente do|)o io stabilirsi di quest'ultima, e il non trovare
nessun'altra causa che lo possa spiegare, fa fondatamente ritenere che sia in
rapporto diretto di causalità colla detta alterazione. Esso dunque si dovrebbe
considerare di natura organica e non funzionale. Per tale origine depone an-
che la sua tenacia e persistenza, la quale contribuisce a differenziarlo dai mol-
398 G. Biancone
teplici disordini funzionali della ceneslesi che si possono a?ere nei malati di
mente per alterazioni puramente psichiche, e che d'ordinario rivestono il ca-
rattere della variabilità, della incostanza e della transitorietà.
Sulla sede poi della detta alterazione nen^osa devo far osservare che nel
mio caso si verificò una emorragia che distrusse la testa del nucleo caudato,
la parte anterolaterale del putamen e le formazioni all'esterno di questo fino
air antimuro. Mettendo in rapporto tale reperto con quello del secondo caso
di Bechterew e coU'altro di Giannulì se ne deduce, che il fenomeno in
questi tre casi è legato alla lesione del nucleo lenticolare e propriamente del
putamen, come nel primo caso di Bechterew e in quello di Ostankow si
deve mettere in rapporto colla lesione dei cordoni laterali nel bulbo e nel
midollo cervicale superiore.
Uno dei punti più importanti della interpretazione da me data al feno-
meno cioè considerandolo un disturbo della cenestesi, sta in ciò, che tali re-
perti ci indirizzano alla localizzazione di così importante e complessa funzione.
È noto che gli ÀA. hanno localizzato le vie anatomiche della cenestesi nel loro
decorso cerebrale in vicinanza delle vie centrifughe della motilità volontaria.
Essi propriamente hanno stabilito due gruppi di lesioni legate a disturbi ce-
nestesici : il gruppo delle lesioni capsulo-talamiche e il gruppo delle lesioni
corticali. Per le prime il disturbo della cenestesi fa parte della sindrome de-
scritta da Charcot per la parte posteriore della capsula interna. Ne pubbli-
carono dei casi con autopsìa Grasset, Oppenheim, Anton, Rediich, Aba,
Glaparède e Long. Per le lesioni corticali sembra dimostrato che esse hanno
sede nella zona perirolandìca a lato dei neuroni motori e dei neuroni della
sensibilità generale. Si trovano delle prove anatomo-cliniche di ciò nelle os-
servazioni di Vetter, Grasset, Darkschevitsch, Lamacq, Kahler e Pick,
Dejerine, Madden e Anton, Alien Starr, Dana, Aba, Muratow e Long.
Fino ad ora però solo il Minga zzi ni, per quanto io mi sappia, nelle
sue lezioni di Anatomia clinica dei centri nervosi, aveva attribuito al putanitn
anche una funzione cenestesica, e nessuno aveva affermato che le vie di con-
duzione di questa potessero decorrere nel bulbo in corrispondenza dell'area
dei cordoni laterali. Riferendomi al solo nucleo lenticolare, alla cui lesione
nel mìo caso si deve il disturbo, è da osservare che l'attribuire ad esso anche
questa complessa funzione è in perfetta armonia colle altre funzioni motoria,
sensitiva e trofica, che antecedentemente molti AA. hanno dimostrato risiedere
in esso. Il che prova ancora una volta di più la sua intima parentela colla
corteccia, sulla quale anche recentemente hanno insistito alcuni anatomici.
Bisogna però riconoscere che i tre casi finora osservati di lesione del pii-
tamen con disturbi della cenestesi rappresentano una base troppo meschina
per attribuire senz'altro ad esso una funzione cenestesica. A mio modo di ve-
dere sono necessarie ancora osservazioni più numerose e rigorose che la con-
fermino. Né bisogna poi dimenticare che attorno al detto nucleo, specialmente
nella regione retro e sotto-lenticolare decorrono numerose e importanti vie,
la cui integrità è difficile concepire con una vasta lesione del medesimo come
Contributo alla fisiopatolorfia del nucleo lenticolare 399
si è rerificata nei Ire casi descritti ; il che non può far escludere assolutamente
che vie ceneslesiche passino anche alfraverso queste regioni.
Il fenomeno della pseudomelia paraesthetica è importante non solo in sé
stesso e per la localizzazione, della cenestesi,. ma amiche perchè può riuscire di
valido sussidio nella diagnosi di sede di una lesione cerebrale. Da quanto so-
pra ho detto si comprende difatti che nei casi, nei quali alla triade fenome-
nica che ha sede dallo stesso lato del corpo e che è caratterizzata da emipa-
resi, da emipoestesia, e da emiatrofia (o da altri disturbi trofici) si aggiunga
il sintoma della pseudornelia paraesthetica si hanno elementi abbastanza sicuri
per localizzare la lesione nel nucleo lenticolare. In questi casi mi sembra per-
ciò giustificato parlare di una vera e propria sindrome lenticolare, che per il
primo descrisse il Mingazzini.
BibUoflrrafla.
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400 r. GaUetUt
Istituto (li Patologia speciale medica della R. Ùniv. di Messina, diretto dal prof. G. Viola
Sclerosi laterale amiotroflca d'origine emozionale
per il dott. V. Ghalletta, Assistente volontario
Credo utile illustrare il presente caso clinico di sclerosi latenUe aniio-
Irofica, d'origine emozionale, ad inizio bulbare, e decoi-so cronicissimo, che
sotto parecchi' punti di vista si dimostra interessante. Eccone senz'altro la
storia clinica:
P. K, d'anni 38, da Catanzaro, già scrivano presso una banca, ed insegnante
privato, aramogliato, con figli. Abitò spesso case umide e mal aerea te; si è sempre
nutrito bene.
Precedenti famigliari. — I genitori gli morirono già da tempo; il padre, avvo-
cato, 24 anni fa, air età di 71 anni, per polmonite, al 4^ giorno; la madre 11 anni
addietro, a 61, per flemmone all'antibraccio destro, al 25** giorno di malattia. Quella
superava di 18 anni Tetà della moglie; nessun vincolo di parentela fra loro. Un fra-
tello maggiore del nostro infermo morì 9 anni addietro, a 35 anni, per tisi polmonare;
altri tre fratelli, più grandi anch'essi di lui, sono viventi e godono buona salute; tutti
accasati, hanno prole sana.
Nulla da parte degli avi e degli zii, sia paterni, che materni; non alcoolismo,
né tabagismo, né avvelenamenti cronici d'altra natura; non malattie del ricambio ma-
teriale, 0 nervose; non sifìlide.
Anamnesi personale remota, — Nacque da parto regolare, ma prematuro (T'^mese),
e fu allattato, quantunque scarsamente, al seno materno sino all'età di due anni, nella
quale epoca mise i primi denti; a tre anni cominciò a fare i primi passi, e sino ai
venti fu piuttosto gracile e debole. Sofferse il morbillo a nove anni, e lo superò feli-
cemente, e due anni dopo le febbri malariche, che, ribelli al chinino, gli durarono
per ben tre mesi.
Sino a diciassette anni se la passò bene, se si eccettui qualche febbre gastrica, e
in tale epoca, conseguita la licenza liceale, si arruolò nel corpo delle guardie di finanza.
Dopo sei mesi, trovandosi ancora qui a Messina, alla scuola degli allievi sottufficiali,
sofierse d'eczema alle regioni inguinale e perianale, per cui fu curato all'Ospedale mi-
litare, donde uscì guarito dopo dodici giorni.
Continuò a far la guardia per cinque anni, durante i quali dalla vita attiva ri-
cavò dei benefici, nel senso che si sviluppò meglio che prima non fosse stato, e si
sentì relativamente forte; non ebbe a contagiarsi mai di malattie veneree, o di sifilide.
Trascorsi i cinque anni, si congedò, perchè quella vita, malgrado fosse già vice-
brigadiere, non gli andava più.
Da ragazzo non smodatamente onanista; non abusò di donne nell'età adulta. Usò
moderatamente del fumo (non più di 2-3 sigari al giorno), abitudine smessa già da
nove anni, avendola però sostituita con Tuso del tabacco da fiuto; bevette discretamente
(circa litro 1 '/, al giorno di buon vino). Durante tutto il tempo della vita militare si
espose al freddo ed alle intemperie.
Sclerosi laterale amiotrofica d' orifjine emozionale 401
A ventidue anni, dopo poco tempo cioè dal suo congedo, sposò donna sana e robusta,
dalla quale ebbe sette figli, dei quali il primo morì di appena 15 giorni per bronchite
diffusa; gli altri sei, quattro maschi e due feminc, son viventi e sani. Mai aborti.
Dopo appena due mesi dal matrimonio s'ammalò di pleurite sinistra, della quale
guarì dopo un meee, ed eccettuata qualche febbre effimera, non ebbe a soffrire d'altro
per cinque anni e mezzo, dopo il qual tempo contrasse di nuovo le febbri malariche,
che gli durarono un mese, e delle quali si liberò coir uso del chinino.
Continuò a star bene per altri cinque o sei anni, quando, tramutato a Cosenza
per ragioni d'impiego, vi contrasse ancora una volta la malaria, e in forma grave;
la febbre s'iniziava con forti brividi', la temperatura raggiungeva alti gradi e ces-
sava con profusi sudori. Il tipo era quotidiano e, per esser vinto, richiese l'uso di
forti dosi di chinino, nonché di altri medicinali. La durata fu in tutto di venti giorni.
Anamnesi personale prossima, — Il nostro infermo, all'età di 35 anni, cioè circa
5 anni fa (1903), abitando a Siena, ebbe a subire un fortissimo spavento, nelle se-
guenti eccezionali condizioni.
L'ammalato, insieme con tre amici, si recò, per scommessa, la notte del dì dei
morti, e propriamente alle undici e mezzo, al camposanto.
L'infermo asserisce che la notte era bella e serena e per nulla fredda, tanto
ch'egli portava al braccio il mantello, che pose sulle spalle soltanto dopo che giunse
al luogo stabilito, per aver libero l'uso delle braccia. Ad un tratto gli amici, che lo
sapevano timoroso, e volevano esporlo ad una situazione che gli riuscisse paurosa, scap-
parono, ed allora egli, non volendo rimanere solo, volle fuggire, ma si sentì come
afferrato per il mantello, posteriormente. Ne provò un grandissimo spavento, e rimase
fisso sul posto, non osando voltarsi indietro, o far tentativi per liberarsi, perchè ter-
rorizzato dal pensiero d'essere prigioniero d'uno spirito malefico, che tentò invano di
scongiurare. Continuò a rimanere inchiodato là, tutto allibito, fino al mattino seguente,
ed altro non ricorda che sul far del giorno, avendo acquistato coraggio, osò voltarsi
per esaminare la causa che lo teneva prigioniero, e in tal modo s'accorse che il man-
tello s'era impigliato in una delle croci di ferro, che ivi sorgevano. Ruppe allora su-
bitamente' in rìsa spasmodiche, e, liberato il mantello, se ne tornò a casa ancora at-
territo, e sotto l' impressione del forte spavento.
D'allora egli non fu più in grado d'accudire come prima alle proprìe faccende
nelle quali cominciò subito a commettere errori grossolani, come p. es. dare lire mille
e cento, invece di mille soltanto.
Siffatte condizioni psichiche perdurarono per circa una ventina di giorni, durante
i quali si ripeterono crìsi più o meno complete di risa spasmodiche, ma dopo ripigliò
il suo abituale umore.
Trascorsi appena i venti giorni suddetti, egli avvertì lungo la colonna vertebrale
e proprìamente alla regione dorsale, un dolore intenso, fisso, senza cioè irradiazione
di sorta, che durò acuto per tre giorni, trascorsi i quali, esso diminuì ma non sparì
del tutto e fin' oggi, ad intervalli, continua a molestarlo, quantunque leggermente.
Contro il dolore usò subito carte senapate, che tenne tanto che gli si formarono bolle
sulla cute. Egli assicura in mòdo formale che nessun traumatismo subì alla colonna
vertebrale, né per caduta, né per altra ragione. Non accusò febbre, od altro e potè,
malgrado un po' di difficoltà, continuare ad accudire al proprio impiego ; non accusò
disturbi né nella defecazione, né nell' urinazione ; non emise renella.
Si noti intanto che, appena qualche giorno dopo l' insorgenza del suddetto dolore
alla colonna vertebrale, ventun giorni circa cioè dopo lo pavento, l' infermo ^ accorse
26
402 V. Galletta
d'avere la voce rauca, nasale e di parlare con una certa difficoltai cose queste notate
anche dai suoi medesimi compagni, che cominciarono a non capir più bene le parole
di lui. Contemporaneamente si manifestò un senso di debolezza agli arti inferiori, per
cui gli riusciva un po' impacciata la deambulazione. Un giorno anzi, mentre accom-
pagnava i suoi scolari per una passeggiata, si sentì ad un tratto venir meno le gambe,
e cadde a terra, senz'aver provato vertigine, né obnubilamento della vista, né ronzii
alle orecchie, né altro.
Dopo 15 giorni da ciò, 36 dallo spavento, cominciò ad accusare difficoltà a de-
glutire i liquidi e ben presto debolezza agli arti superiori, egualmente distribuita,
mentre andava aumentando quella agli arti inferiori.
Tutti questi sintomi andarono progredendo, per cui egli dovette smettere di fare
scuola, non riuscendo più a scrivere e farsi comprendere dai suoi scolari.
Coir aiuto d'un bastone, a stento e col continuo pericolo di cadere, si sforzava
a camminare qualche poco e nella deambulazione, com' ^li stesso dice, non posava
sempre sul terreno tutta la pianta del piede, ma bene spesso soltanto la punta, e i
passi erano piccoli, brevi, strisciando i piedi. Nessun disturbo del retto, né della ve-
scica. Erezione debole e di poca durata. Per ridursi in queste condizioni, dal giorno
del trauma psichico erano bastati circa tre mesi.
L'infermo subì parecchie visite di vari medici, ma non praticò per un bel pezzo
nessuna delle cure suggeritegli. Nel marzo del 1904, dopo aver peregrinato di qua e
di là, seguì il consiglio di recarsi al paese nativo, dove fece uso del joduro di potassio.
In seguito praticò bagni minerali, bagni di sabbia, ma inutilmente, poiché i
sìntomi su descritti aumentarono sempre più; la deglutizione si rese assai difficile,
tanto che spesso il cibo gli andava di traverso, e gli provocava la tosse e i liquidi gli
fuoruscivano dalle narici ; gli arti, a loro volta, lentamente, ma continuamente dima-
gravano.
Verso gli ultimi di febbraio del 1905 si recò a Napoli, dove fu accolto nell'Ospe-
dale di Gesù e Maria. Quivi fu assoggettato a varie cure : elettricità, iniezioni d'ar-
seniato di ferro, in numero di 62, infusi di china, vitti tazione sostanziosa ed abbon-
dante, ma dopo tre mesi fu costretto a ritornare in famiglia, residente da circa due
anni a Reggio Calabria, presso la quale perdette il discreto miglioramento già otte-
nuto a Napoli, dov'era migliorato sia nel parlare, che nel deglutire e financo nella
deambulazione, tanto che coll'aiuto del bastone andava girando per le sale.
Dopo un anno, cioè il 15 maggio del 1906, chiese ricovero in quest'Ospedale, dove
fu ammesso e destinato a questa sala di Patologia.
Presenta : Scheletro bene sviluppato ; muscoli però generalmente atrofici ; nutri-
zione scadente; pelle e mucose visibili ben colorate; decubito supino, immobilizzato;
gli arti superiori addossati al torace, ed incrociati sul petto; le coscie flesse sul ba-
cino; le ginocchia in flessione, e sollevate; i piedi in atteggiamento .un po' varo. T.
ascellare 36,7 ; P. debole, un po' raro, a 60 pulsazioni al 1' ; respiro a 14 atti al 1'.
Capo. — Nulla a notare,- oltre a quello che sarà detto nell'esame del sistema
nervoso ; e nulla parimente al collo, al toracCf vAVapparecchio cardio-vascolare^ al-
l' addome.
Colonna vertebrale. — Si rileva una lieve lordosi nella sezione dorsale, con sco-
liosi destra.
Sistema glandolare linfatico, — Da notare soltanto che alla r^ione latero-cer-
vicale sinistra del collo si palpa una ghiandola linfatica, grande quanto un lupino,
mobile, indolente, coperta da cute normale; nulla alle regioni epitrocleari.
Sclerosi laterale amwtrofi^^a d'origine emozionale 403
Organi genitali, — Normali. Però Terezione è molto indebolita e di breve durata.
Arti. — I superiori richiamano subito Vatt^nzione dell* osservatore per il loro ac-
centuato stato di denutrizione.
Il braccio destro ha di circonferenza: al terzo superiore cm. 21 ; al terzo medio 20 ;
al terzo inferiore 19; contro 22, 21, 19 Vs del lato opposto; l'antibraccio destro mi-
sura: al terzo superiore cm. 19, al medio 17; all'inferiore 14; contro 20, 18 */j, 15
di sinistra.
Atrofia dei muscoli della spalla, specie del sopra-spinoso e del deltoide; nonché
dei grandi pettorali, del tricipite, degli estensori dell'antibraccio, dell'eminenza to-
nare ed ipotenare, degl'interossei, più accentuata a destra che a sinistra.
Le mani si mantengono in continuo stato di flessione; possibili in parte, ma sten-
tati e lenti i movimenti di flessione ed estensione delle antibraccia sulle braccia; molto
difficoltato il movimento d'estensione del braccio; le mani difficilmente s'estendono,
discretamente si flettono.
I muscoli degli arti superiori son tutti ipotonici.
Gli arti inferiori sono relativamente nutriti, e si mantengono in stato di per-
manente spasmo.
La tonicità dei muscoli estensori è normale; quella dei flessori aumentata.
Si notano movimenti fibrillari nei muscoli sia degli arti superiori che inferiori.
La circonferenza delle coscie misura: a destra, al terzo superiore, cm. 43; al terzo
medio cm. 40 ; all' inferiore 35; contro 43 V/j, 41, 36 della coscia sinistra. Quella delle
gambe; a destra, terzo superiore, cm. 28 Vi"» terzo medio cm. 26; terzo inferiore cm. 20*/,;
contro cm. 29, 27, 21 di sinistra.
Negli arti superiori sono possibili tutti i movimenti passivi, che però negli infe-
riori sono limitati, a causa dello spasmo muscolare.
L'esame particolareggiato della motilità ci dà quanto segue:
A) Arti superiori.
1. Mano, — Forma ad artiglio: prime falangi estese; seconde e terze forte-
mente flesse ; eminenza ipotenare scomparsa, a) V estensione è abolita completamente
alla mano destra, non così alla sinistra; b) la flessione è quasi abolita a destra, con-
servata in parte a sinistra; e) i movimenti di lateralità limitatissimi.
2. Dita, — Circa i movimenti funzionali d'esse si nota: a) per l'estensione,
che sono stese le prime falangi, mentre sono flesse le rimanenti ; 6) per la flessione,
ch'essa, quantunque molto diminuita, purtuttavia è conservata.
3. Pollici. — Aboliti i movimenti.
4. Avambraccio, — a) flessione conservata; 6) l'estensione s'effettua, ma de-
bolmente; e) la pronazione e la supinazione discretamente conservate.
5. Braccio. — P elevazione: a) lateralmente, quasi completamente abolita; 6) in
avanti, molto ridotta; e) indietro, ridotta al minimo. 2° Abbassamento del braccio:
s'effettua discretamente. 3^ Adduzione del braccio : molto ridotta. 4° Rotazione del brac- ^
ciò verso l'interno, abolita. 5° Rotazione del braccio verso l'esterno, parimente abolita.
Movimenti della scapola, — V Innalzamento della scapola, discretamente con-
servato; 2** abbassamento, meno; 3° adduzione, quasi abolita; 4'^ abduzione, parimente
quasi abolita.
Estremità inferiori, — Movimenti dell' articolazione coio-f emorale. 1° Possibile
il sollevamento della coscia; 2^ come anche l'abbassamento; 3^ impossibile la rota-
zione all'interno; 4° come anche all'esterno ; 5*^ possibile l'adduzione; 6** come anche
l'abduzione. I movimenti ancora possibili sono però lenti e deboli.
404 V. Galletta
Movimenti delV articolaziùìie del ginocchio, — V flessione della gamba, pos-
sibile; 2° come anche Pestensione; 3*^ impossibile la rotazione alF interno; come anche
air infuori.
Movimenti delV articolazione del piede, — P la flessione dorsale del piede è im-
possibile; 2° come pure I-estensione (flessione plantare) ; e parimente : 3** T abduzione;
4** l'abduzione; 5° l'elevazione del margine interno; 6° l'elevazione del margine
esterno.
Movimenti delle dita del piede, — V la flessione è possibile; 2^ come pure
l'estensione; S*' abolita l'adduzione; 4** ed anche l'abduzione.
Movimenti delV alluce, — l*' flessione limitata; 2^ come anche l'estensione;
3° abolita l'adduzione; 4° come pure l'abduzione.
Movimenti del piccolo dito del piede, — V flessione mantenuta; 2** abduzione
abolita; 3° parimente l'opposizione.
Andatura, — L' andatura, facendo tenere ben sorretto dai due lati l' infermo, è
la seguente: passi piccoli, stentati, strisciando sul pavimento. Su questo vengono pog-
giate soltanto le dita e la metà anteriore della pianta dei piedi, mentre questi sono
rotati in dentro (posizione varo-equina). Le gambe si mantengono rigide, e difficil-
mente si discostano l'una dall'altra, talché le ginocchia strisciano o battono l'uno
contro l'altro (incesso paretico-spastico).
Fenomeni bulbari e parola, — L'infermo presenta l'angolo boccale destro de-
viato un po' all'esterno; labbra con nutrizione scaduta; lingua umida, bosselée, i»
preda a movimenti fibrillari, con punta deviata un pochino verso destra. Egli la sporge
con una certa difficoltà, e non la può mantenere fuori del cavo boccale che per bre-
vissimo tempo; solo in maniera molto limitata può eseguire i movimenti di latera-
lità verso sinistra; niente affatto verso destra; non riesce a cacciarla contro il pa-
lato duro.
Egli è impossibilitato a gonfiare le gote, od a fischiare, o a sporgere verso al-
cuna direzione gli angoli della bocca, dalla quale però non cola affatto saliva.
Ugola senz' alcuna deviazione; fauci normali; deglutizione difficile, ma più pei
liquidi che pei solidi, i quali però non refluiscono verso la faringe nasale, né ven-
gono rigettati nel naso.
11 malato parla stentatamente, da farsi spesso capire con grandissima difficoltà,
o niente affatto.
Ha la voce nasale; la parola molto anartrica, per fusione dei suoni articolati.
Trova maggiore difficoltà a pronunziare in un primo momento le parole e, supera-
tolo, riesce piuttosto meglio a proseguire oltre, specie quando è calmo.
Spesso e per le piti piccole occasioni, è preso da accessi di riso $p<Mtico, cessato
il quale prova molto maggiore difficoltà a parlare.
Eiflessi, — I riflessi congiuntivale, corneale, e pupillare sono presenti; la pu-
pilla destra reagisce meglio, e più prontamente della sinistra.
Presente il riflesso faringeo.
Per quel che concerne i cutanei, è a notarsi che riguardo al plantare o del cavo
del piede, che dir si voglia, si rileva l'esistenza del fenomeno del Babinski; riflesso
cremasterico presente, come pure l'addominale ; sono invece assenti l' interscapolare, il
gluteo e l'anale.
I tendinei sono esagerati. Esiste il clono, o fenomeno del piede; esageratissimo
quello del ginocchio; presenti, e forse un po' esagerati, quelli dell' estremifÀ superiori,
ma non si riesce ad ottenere il così detto clono della mano.
I
Sclewsi laterale ayniotrofica d* orUjine emozionale 405
Non 8Ì provoca il riflesso masseterìno.
I riflessi periostei ed articolari della cresta della tibia, dell'ulna e del radio
sono presenti.
Battendo sul tendine del quadricipite estensore, oltre a rilevare esageratissimo
il fenomeno del ginocchio, si riesce a provocare la trepidazione epilettoide della
gamba.
Conservati e normali i riflessi profondi (retto, vescica).
Non disturbi vasomotori.
Le varie sensibilità, tattile, termica, dolorifica, barica, elettrica, generalmente
conservate.
Riguardo alla reazione elettrica, è stata generalmente riscontrata normale, cioè
K C C ;> An C C ; soltanto nel supinatore rotondo di sinistra venne rilevata reazione
degenerativa, cioè An CC > K C C.
II muscolo e il nervo corrispondono ad una eccitazione elettrica quantitativa-
mente normale.
Colonna vertebrale, — Pigiando su d' essa, anche con forza, non sì riesce a su-
scitarvi in alcun punto il benché menomo dolore.
L'esame psichico dtlVin fermo non fa rilevare gran che. L'infelice si rende esatto
conto del suo miserevole stato e conserva abbastanza bene la memoria. Asserisce che
vorrebbe frenare quegli accessi di riso spasmodico, che lo disturbano grandemente,
ma non vi riesce.
Esame del sangue, — Globuli rossi per mmc. 5200000 ; bianchi 4800 ; emoglo-
biiàa al Fleischl 85%.
Urine, — In un primo esame si riscontrò; quantità nelle 24 ore dagli 800 ai
1300 cmc. Colorito giallo; aspetto leggermente torbido; odore sui generis'^ consistenza
fluida; reazione acida; P. S. 1030. Urea gr. 24 ^j^. Albumina, Glucosio, Pigmenti bi-
liari assenti.
Cloruri, solfati, fosfati normali — . A = — 2.13.
Il sedimento (previa centrifugazione) lascia vedere al microscopio qualche cel-
lula vescicale ; rari globuli bianchi e rossi, qualche cristallo d'acido urico ; numerosi
cristalli d'ossalato di calcio; abbondanti granulazioni di urati amorfi.
Un altro esame, fatto a circa un mese di distanza, dette: «Quantità nelle 24 ore
ce. 1100. Colorito giallo. Reazione debolmente acida P. S. 1021. Aspetto appena ap-
pena torbido. Glucosio, Pigmenti patologici assenti, Albumina tracce. Urea gr. 23,8%^.
Cloruri, solfati, fosfati normali. A =:z — 2.
Il sedimento fa vedere qualche cellula delle basse vie urinarie ; numerosi cristalli
di fosfato triplo. Qualche cristallo d'ossalato di calcio.
L'ultimo esame, eseguito alcuni giorni fa, non fece riscontrare traccia alcuna
d'i|lbumina.
Feci, — L'esame d'esse non fece rilevare nulla degno di nota.
Cura, — Essa consistè nell' uso protratto del joduro di potassio per bocca, e del-
l'elettricità.
Il 25 maggio 1906 furono praticate dieci punte di fuoco, cinque per ogni lato,
lungo la nuca, dalla protuberanza occipitale in giù, senza però alcun esito.
Del diario clinico ben poco è a dire.
Uscito dalla sala per la chiusura di questa a cagione delle vacanze, l'infermo
vi rientrò 1' 11 febbraio 1907, dopo cioè otto mesi, mostrando più pronunziati l'atrofia
muscolare.
406 V, Galletla
Il riso spasmodico è meno frequente, mentre l'articolazione delle parole è più sten-
tata, e la pronunzia nasale più rimarchevole.
I movimenti della lingua sono più difficili; qualche volta gli alimenti liquidi
fuoriescono dalle narici.
Nel decubito laterale, il malato perde qualche volta saliva dagli angoli boccali.
. La temperatura, il polso ed il respiro si sono mantenuti senapre fisiologici.
I movimenti degli arti superiori andarono diventando sempre più difficili. Spe-
cialmente la motilità dell'avambraccio, della mano e delle dita dell'arto sinistro sono
notevolmente compromessi.
La forma ad artiglio delle mani è più marcata.
Riosservando l' infermo poco tempo fa, notai ancor più pronunziata V atrofia mu-
scolare ; la voce più nasale ; la parola molto più indistinta, e a momenti difficilissima,^
0 a dirittura incomprensibile.
Gli accessi di riso spastico sì mantengono diminuiti ; l' intelligenza continua ad
essere chiara.
La deglutizione s'effettua relativamente bene pei solidi, un po' difficile pei liquidi.
L'appetito è eccellente; le funzioni digestive normali.
Le urine e le feci non presentano nulla di patologico.
Considerazioni. — SulT esattezza della diagnosi del nostro caso a me pare
che nessun dubbio possa cadere, e perciò su d'essa sorvolo completamente.
Nella presente osservazione sono, a mio giudizio, degni di studio, e d'es-
sere quindi illustrati, quattro punti, e cioè: ì^ U etiologia; 2*" La probabile
debolezza congenita del soggetto; *ò^ U inizio bulbare acuto, associato ad un
cronicissimo decorso; 4° La rachialgia,
Etiologia, — Oscura è a lutt'oggi la vera causa della sclerosi laterale
amiotrofica. Ora s'incolpano i raffreddamenti, od i traumatismi; ora l'eccessu
di lavoro fisico; ora lo spavento; ora le iniezioni, specie di tifo e di sifìlide;
ora le intossicazioni, per es. di piombo e di pellagra; ora gli sforzi muscolari,
specie in quella forma che comincia coli' atrofia.
Gharcot, Brissaud e Leyden affermano che molti dei casi di sclerosi
laterale amiolrofica non hanno una causa evidente.
Raymond e Gestan dichiarano nei loro casi negativa rinchiesla etiolu-
gica sulla possibile causa efficiente. Malgrado attente ricerche, essi non rin-
vennero una causa etiologica univoca, né nell'anamnesi remota, né nella pros-
sima dei malati, dei quali la professione era tutt' affatto diversa. In un caso
dicono ch'era da rilevarsi la febbre tifoide, e in due la sifilide, ma al micro-
scopio non rinvennero differenze istologiche Ira questi casi, e quelli esenti da
ogni precedente infettivo importante.
Il Berger ammette la possibilità del trauma; la nega lo Gharcot; l'Eri»
nel suo trattato non esprime la propria opinione, e lascia la questione indi-
scussa; il Giese se ne occupa nei suoi recenti lavori. Non meno che al trauma
fisico si suole tiare importanza allo psichico.
Seguiti a profonde emozioni psichiche, descrissero casi BlumenthiìU
Adamkievicz, Eisenlohr. In un caso, osservato dall'Oppejiheim, i sinlomi
Sclerosi laterale amiotro/U*a d'origine emozionale i()l
si manifeslarofio immedìataroente dopo nn forte spavento^ durante il quale
r indivìduo era stato costretto a vogare con tutte le sue forze.
Il De Renzi ebbe ad osservare un malato li quale, prima della malattia,
subì una forte collera, ma non fa risultare il tempo trascorso tra Tuna e
l'altra.
Il Raymond in un suo caso, in persona d'una domestica dì 55 anni,
dice che uno shock morale ebbe gran parte nello svolgersi della malattia.
Lo shock consistè in ciò: la donna, prestato a persona di sua fiducia tutto
il danaro che rappresentava le sue economie di lunghi anni di lavoro, lo per-
dette per la fuga di essa. Vistasi cosi priva di mezzi, provò tanto dolore che
n'ebbe compromessa la salute; divenne triste e piangeva continuamente.
Durante questo periodo doloroso subì un'angina, sembra però non grave
e poi fu assalita dalla malattìa.
Non risulla il tempo trascorso tra l'angina e l'ulteriore comparsa della
sclerosi laterale amiolrofica. A forti patemi d'animo il Pennato attribuisce il
suo caso, ma non precisa dì quanto essi precedettero l' insorgenza del morbo.
Da notare che nel decorso di questo accadde un aggravamento, sul quale, se-
condo la paziente, avrebbe influilo anche un forte patema.
Nel caso dello Schlesìnger, che mi piace di riferire succintamente, la
malattia cominciò dopo una forte emozione e con sintomi bulbari.
Si tratta d'un operaio di 72 anni, senza antecedenti ereditari, ne perso-
nali. Nel settembre del 1896, in seguito ad una forte emozione, risentì imba-
razzo della parola, ed emiparesi destra.
In novembre, cioè dopo due, tre mesi, accessi di riso e di pianto forzati,
Irequentissìmi e con molta facilità provocabili.
Verso il mese di febbraio del 1898, cioè dopo circa due anni e cinque
mesi, avviene un grande miglioramento di tult'i sintomi, che del resto non
dura, ma è seguito da un nuovo aggravamento, tre mesi dopo del quale l'in-
fermo mori, per cui tutto il decorso del morbo fu di due anni e otto mesi.
Il Bonardi pubblicò un caso di sclerosi laterale amiotrofica ad inizio
hulbare, in persona d'una bambina di dieci anni nella quale la malattìa sa-
rebbe cominciata improvvisamente in seguito ad un'abbondante epistassi, du-
r»t3L-parecchì giorni, a cui sussegui un forte spavento, detcrminato dall'essersì
la bambina trovata rinchiusa in una stalla con un grosso cane, che le si av-
ventò contro ringhiando.
Altri casi ad inizio bulbare, registrati nella letteratura, sono i seguenti:
uno dello stesso Raymond in persona d'un uomo di 55 anni; il secondo ed
il tereo dei quattro del Gurcio; uno del De Renzi che per due anni pre-
sentò la sindrome di paralisi bulbare, a cui poi seguirono i sìntomi di sclerosi
laterale araiotrofica; uno di Reevor in persona d'una donna, che come primi
sintomi presentò ditììcoltà della parola e della deglutizione; uno del France-
schi in cui aprirono la scena ì sintomi propri della paralisi labio-glosso-fa-
ringea; uno del Gordon in persona d'una donna dì 50 anni, nella quale la
malattia cominciò con una debolezza dei muscoli della nuca e con difficoltà
4()8 V, Galletta
a deglutire e a parlare; cinque sui loru dìciolto casi di Raymond e Cestan,
quattro donne^ un solo uomo, col tipo di paralisi labio-glosso-faringea.
Venendo ora al mio infermo, ho stimato prima dì ogni altro necessario
occuparmi dell' etiologia, poiché ogni nuovo caso di sclerosi laterale amiotro-
fica, accuratamente studiato, può forse contribuire a vantaggio della conoscenza
d'un processo morboso la cui causa e natura sono tuttavia avvolte in un'atmo-
sfera d'incertezze.
Il nostro malato visse bene sino all'età di 35 anni. Fu da quest'epoca
e propriamente dopo il fortissimo spavento avveratosi nelle condizioni ecce-
zionali già descritte, che cominciò l'iliade delle sue vicende dolorose, il cui
epilogo è facile prevedere.
Riflettendo sui dati della storia clinica, la prima considerazione che ne
scaturisce è che il traumatismo psichico, così come s'avverò, dovette turbare
iVemblée e profondamente la psiche dell'individuo, producendovi uno squi-
librio veramente enorme. Il nostro infermo difatti dovette perdere la nozione
del tempo e non dovette potersi rendere ragione alcuna delle condizioni nelle
quali trovavasi, dominato, soggiogato, ossessionato com'era da una idea terro-
rizzante e violenta, l'idea che uno spirito lo trattenesse là, inchiodalo in pieno
camposanto.
E se cosi non fosse successo, noi mal sapremmo spiegarci come mai un
individuo ancor giovane e sano avesse potuto trascorrere varie ore della notte
immobile, senza il coraggio di voltarsi indietro, per vedere da che cosa mai
fosse stato trattenuto, o meglio, senza neppur pensare di sbarazzarsi del man-
tello, onde diventare libero e quindi facilmente fuggire.
Egli invece, perdurando nel suo notevole obnubilamento psichico, non fece
altro che scongiurare l'immaginario spirito e fu solo al mattino, quando la
luce ebbe fugate le tenebre e con esse il terrore, ch'egli finalmente seppe
rendersi esatto conto di quel che in realtà gli era accaduto.
Malgrado ciò è da ritenersi ch'egli non sia riuscito a veramente rasse-
renarsi, ne a ben riordinare le sue facoltà psichiche, il che ci viene attestato
dal fatto che, malgrado allontanatosi dal camposanto, continui» tuttavia, lungo
il ritorno a casa, ad essere atterrito. Lo stesso riso di lui non fu che la prima
solenne nota del processo morboso, che s'iniziava con questo fenomeno spa-
smodico, tuttora persistente.
Quantunque trascorsi dei giorni dallo spavento subito, l'individuo non ri-
torna più al suo primitivo grado di capacità intellettuale, ma mostra invece
chiaramente segni di disordine mentale. Egli infatti, nei contare il danaro
commetle errori grossolani e dà mille e cento lire, invece di sole mille.* Nes-
sun dubbio dunque che il forte e prolungato spavento avesse scosso profon-
damente il sistema nervoso del soggetto.
Questi, in realtà, dopo soli venti giorni dal suddetto traumatismo psìchico,
comincia a mostrare fatti somatici subbiettivi ed obbiettivi: notevole la forte
rachialgìa alla regione dorsale, per mitigare o combattere la quale ricorse ad
uno smodato uso di carie senapate. Non era trascorso ancora che un giorno
Sclerosi laterale amiotrofwa d'orìgine emozionale 409
ila essa, che già l' individuo preséntiiva falli bulbari, come a dire voce rauca
e nasale, insieme con una certa difficoltà di parola, nonché senso di debolezza
;igli arti inferiori, d'onde impaccio nella deambulazione.
Dopo appena quindici giorni da ciò, trentasei dal forte spavento, insorsero
«lifficoltà alla deglutizione dei liquidi e debolezza agli arti superiori, mentre
quella degl'inferiori, già quindici giorni prima cominciata, andava sempre più
aumentando.
È questa una rigorosa successione cronològica di fatti morbosi, la cui ori-
gine non può a meno d'addebitarsi al trauma psichico subito dall'infermo.
Se un intervallo più o meno lungo di vero benessere fosse intercorso tra l'av-
venimento al camposanto e la comparsa dei fenomeni morbosi, ovvero un'altra
nuova, importante cagione fosse intervenuta, forse potremmo dubitare d'un
nesso etiologico tra i fatti già descritti, ma cosi come avvennero nessun dubbio,
a mio giudizio, può esistere circa un rapporto diretto tra di loro di causa ad
effetto.
Dirò anzi di più e cioè che forse in qualcuno soltanto dei casi già re-
gistrati nella letteratura, lo spavento appare in maniera cosi evidente, come
nel nostro, quale causa della malattia. Di fatti nel malato dell'Oppenheim ci
fu un forte spavento si, ma in pari tempo un non trascurabile sforzo fisico,
quale appunto si richiede per vogare con tutte le forze.
Nella donna del Raymond figura chiaro lo shock moràìe^ ma non se ne
deve dimenticare l'angina patita quantunque sembrala non grave, poiché Préo-
brajensky dà molto peso all'influenza degli agenti tossici, l'azione dei quali,
secondo lui, è facilitata dagli abituali momenti etiologici (raffreddamento, trau-
matismo ecc.), che vi giocano una parte importante.
Nel caso del Bonardi vero è che ci fu un forte spavento, ma bisogna
riflettere che, prima di questo, la malata subì un'abbondante epistassi, che per
di più durò per ben parecchi giorni.
Il solo caso che più specialmente dal punto di vista etiologico e si noti,
che anche in parte sinlomatologico e del decorso, collima col nostro è quello
dello Schlesinger il cui malato, in seguito soltanto ad una forte emozione,
risenti subito imbarazzo della parola ed emiparesi destra.
Dopo due, tre mesi, presentò, come già si è detto, accessi di riso e di
pianto forzali, frequentissimi e con molta facilità provocabili ed infine, an-
ch'egli, come il nostro, godette d'un grande si, ma fugace miglioramento di
tutti i sintomi.
Dietro ripetute domande il nostro malato continua tuttora ad affermare
che quella notte, in cui per varie ore rimase all'aperto, il tempo era ecce-
zionalmente bello e non facea affatto freddo, tanto che indossò il mantello
soltanto quando giunse cogli amici, sulla inezzanotte, al luogo stabilito, ma non
per bisogno, sì bene per avere libere le braccia. Assicura inoltre che quando
ritornò in sé, non provò che una lievissima sensazione di freddo, che ben presto
non senti più appena cominciò a muoversi e a camminare. Per cui nessun
dubbio esiste che nel nostro caso l'influenza emozionale domina, come momento
•iiO V. Gali et la
eziologico di gran lunga prevalente, l'insorgenza del processo morboso. Non
m'è riuscito di dimostrare in modo soddisfacente l'influenza del freddo come
coadiuvante, sia pure secondario, ma tuttavia sicuro, dell'eziologia.
Ciò non di meno, tenendo presenti recentissimi studi sperimentali sul-
l'azione combinata degli agenti morbosi sulla fina struttura delle cellule ner-
vose (Donaggio ed altri), non mi credo assolutamente autorizzato ad esclu-
dere che, per quanto piccola sia stata l'azione del freddo, essa tuttavia abbia
potuto in qualche modo aver coadiuvato l'azione di gran lunga più evidente
e certamente violentissima, del trauma psichico.
D'altronde, mentre voglio rilevare che dai casi sopra citati risulta effet-
tivamente molto frequente l'azione combinata di due momenti eziologici, nel
caso mio, anche senza invocare il freddo, è da considerarsi che un secondo
momento eziologico non mancherebbe, essendo esso costituito probabilmente
dalla congenita debolezza del sistema nervoso, in causa della nascila prema-
tura dell'individuo (vedi sotto).
Credo degno ancora di rilievo, riguardo al trauma psichico, che, riandando
la casistica, risulta che dov'esso apparve come causa brusca, improvvisa e no-
tevole. Ih con meravigliosa frequenza insorsero forme di sclerosi laterale amio-
trofica proprio ad inizio bulbarc, il che ci viene luminosamente attestato dai
casi dello Schlesihger, del Bonardi, nonché dal nostro. Ed è davvero sor-
prendente constatare come iif tutti e tre i casi allo spavento impi'ovvìso e fovr
tissimo sia segnila la forma ad inizio hulbare, nei primi due subito dopo, nel
nostro con lieve intervallo di tempo.
Tutto ciò però non esclude che, pur senza una causa apparente possano
benissimo insorgere casi di sclerosi laterale amiotrofica ad inìzio bulbare, come
chiaramente risulta dalla stessa casistica succitata.
Debolezza congenita, — Per la sclerosi laterale amiotrofica, al pari die
per l'atrofia muscolare progressiva, si pensa ch'esista una predisposizione or-
ganica particolare, una condizione di maggiore morbilità di date parli del si-
stema nervoso, derivanti dal modo di sviluppo embrionale, concetto che Gowers
sintetizzò nella parola abiotrofìa.
Lo Slrumpell emise l'ipotesi di una debolezza congenita del sistema
4notore, ch'è stata ben accolla dall'Eichhorst, dall'Oppenheim ecc.
11 Pilcz pubblicò un caso di cui fece un minuto studio isto-patologico
e discutendo la patogenesi della sclerosi laterale amiotrofica conchiuse coli' am-
mettere una debolezza primitiva del sistema motore corlico-muscolare.
Préobrajensky dice che a base della malattia si trova la debolezza con-
genita e talvolta acquisita delle vie motrici le quali, per questa ragione^ sono
molto facilmente soggette all'influenza d'un agente tossico.
Anche il Testi, a proposito dei suoi due casi in persona di due fratelli,
l'uno di tredici, l'altro di diciolto anni, appartenenti a famiglia pellagrosa
ed essi stessi affetti da pellagra, ammette che questa non può essere causa
unica delia malattia e che l'azione elettiva del virus pelbagrogeno cosi spic-
cala e netta sui neuroni motori e cosi identica in ambo i fratelli, non può
Sclerosi laterale amiotrofìca d' orUjine emozionale ili
spiegarsi se non si fa intervenire l'altro coefficiente della morbosa predispo-
sizione congenita, o mal conformazione ereditaria, con localizzazione negli stessi
elementi.
Noi nella storia clinica abbiamo già notato che l'infermo nacque da parto
prematuro, a soli sette mesi e che venne sn gracile e debole, dei quali due
difetti, a suo dire, si corresse discretamente durante la vita attiva del servizio
di guardia di finanza. Orbene, di speciale considerazione io stimo la circo-
stanza riferibile alla nascita prematura dell'individuo, perchè questa, a mio
giudìzio, può avere sinistramente influito sulla normale evoluzione e mieliniz-
zazione dei fasci spinali, d'onde una debolezza confjenita d* essi e quindi la
facile posfjibilità dell' insorgenza, a causa dello spavento, della grave malattia
nervosa sistematica dalla quale è miserevolmente afllitto l'infermo.
Nulla nel nostro caso risulta di ereditario ed al proposito è bene ricor-
dare che, malgrado che il concetto della predisposizione individuale trovi quasi
un generale consenso, non egualmente chiara risulta l'influenza di una ragione
ereditaria diretta dello stesso tipo morboso.
Raymond e Gestan afl'ermano che nei loro diciotto casi fu sempre as-
sente l'eredità diretta o familiare, e lo stesso viene confermalo da vari altri AA.
Gowers dice che l'eredità non conta che in meno di metà dei casi ed
in genere quale disposizione neuropatica indiretta e che di rado la malattia
stessa è direttamente ereditata; ammette però che soltanto nei casi di soggetti
vecchi pare che l'eredità diretta sia comunissima.
Il Curcio trovò nel primo dei suoi quattro casi che il padre dell'infermo
era stato affetto da un'amiotrofia parasifilitica, per cui lo fa rientrare fra quelli
(li eredità dissimilare eterologa.
Inizio btUbare amilo, associato ad un cronicissimo decorso, — Nei comuni
trattati di Patologia interna, come si sa, è solito distinguere la sintomatologia
della sclerosi laterale amiotrofìca in tre periodi, all'ultimo dei quali si asse-
gnano ì sintomi bulbari.
Lo stesso Charcol ebbe a scrivere: « la troisième pérìode étant marquée,
uinsi que nous allons le voir, par l'apparition des phénomènes bulbaires >►.
Il Leube dice: «Talora l'afl'ezione può propagarsi anche in alto, al mi-
dollo oblungato, massime negli stati più inoltrati della malattia (spesso dopo
alcuni anni dall'inizio), ed allora compaiono fenomeni bulbari.
Piuttosto raramente il processo comincia dal midollo allungato ed allora
la malattia non si distingue per nulla dalla paralisi bulbare progressiva ed a
tal uopo è bene dire che ci sono osservatori, i quali si dicono autorizzati a
domandarsi se, nella sua forma tipica, la paralisi labio-glosso-laringea non di-
penda sempre dalla sclerosi laterale amiotroOca ».
Credo perfèttamente inutile fare il nome di altri AA., poiché essi su per
giù ripetono le stesse cose.
Uno solo però, per quanto mi sappia, cioè il Gal lei, si dfscosta da que-
sto comune modo di vedere. Egli di fatti in un suo recente lavoro « Los dif-
férents débuts de la sclerose laterale amyolrophique » dice che i disturbi bulbari
M-2 V. Galletta
si osservaìw frequentissimamente all'inizio della sclerosi laterale amiotrofica.
Sì vede subito, secondo luì, la paresi delle labbra e della lìngua; dopo sono
invasi la faccia, il velopendolo, la laringe.
11 Préobrajensky, gii) citato, dice invece che la malattia comincia così
sovente dall'estremità superiori, che inferiori: più raramente con fenomeni
bulhari.
Raymond e Cesta n sui loro diciotto casi ne osservarono soltanto cinque
(quattro donne, un solo uomo) col tipo di paralisi labio-glosso-laringea.
Il Franceschi afferma che T insorgere del processo morboso con sintomi
bulbari, per quanto non appartenga all'eccezione, costituisce tuttavia una delie
modalità d'inizio meno frequenti.
Stando dunque alla comune degli AA., l'inizio bulbare del nostro c^iso è
degno di nota.
Riguardo all'evoluzione della sclerosi laterale amiotrofica, classicamente
s'insegna ch'essa è breve e non oltrepassa guari i tre anni, tuttavia la let-
teratura medica ci offre al proposito delle notevoli eccezioni.
I casi a marcia più rapida sono i seguenti: uno di Emilio Puscariue
Alessandro A. Lambrior, quattro dì Raymond e Cestan, uno del Santini,
uno del Pinganaud e infine quello già citato, del Bonardi. Nel primo caso,
un operaio di 40 anni, la malattia cominciò nell'agosto del 1904 e fini il
19 febbraio 1905, con un decorso quindi di appena sei mesi circa. i
Negli altri quattro casi il tipo fu l'amiotrofico, ma gli AA. tuttavia non
vogliono attribuire la rapidità del decorso, rispettivamente di sei, otto, otto,
dieci mesi, al tipo morboso poiché in un altro caso la durata fu di ben cin-
que anni.
Degno di noia è il caso pubblicato nel 1906 dal Santini nel quale questi
riscontrò inizio brusco, quasi acuto, decorso progressivo rapidissimo; la loca-
lizzazione delle contratture solo ai flessori degli arti inferiori, la profonda amio-
trolia localizzata a questi ultimi, l'assenza dei riflessi tendinei, la paralisi retlo-
vescicale, i disturbi trofici della pelle ecc. e la cui durata totale fu di soli
otto mesi.
II decorso della malattia nell'individuo, osservato dal Pinganaud, fu di
appena sei mesi. La malata del Bonardi non visse che circa tre mesi.
Il caso a più lungo decorso che sì conosca è quello del Dancourt, che
avrebbe impiegato più di venti anni nella sua evoluzione, la qual cosa sarebbe
slata dovuta ad un arresto di lunga durala.
Notevole è anche il casp di Mally (de Clermont Ferrand) e Mira-
moni de La Roquetle in persona d'un arrotino di 39 anni, nel quale erano
già trascorsi 13 anni dall'inizio della malattia.
Vengono poi il caso del Flora nd che durò dieci anni e quello di T.
A. Valdès Anciano il quale, malgrado trascorsi dieci anni e malgrado un
nolevole slato atrofico e spasmodico, presentava tuttavia buono sUUo generale
senza nessun fenomeno bulbare.
Sclerosi laterale amiptrofica d'origine emoziomile iVS
Il caso del Pennato evolvette in sette anni e in sei quello di Moulier
e Grasset, nonché l'altro di Dercum e William G. Spiller; in cinque quello
del Senator.
Pel resto dei casi il decorso s'aggirò in generale tra il primo e il secondo
anno, o un po' più in li).
Riguardo quindi al decorso anche il nostro caso, che oramai data da quasi
cinque anni, è interessante tanto più che, malgrado lo stato atrofico e spa-
smodico, le condizioni generali si mantengono tuttavia soddisfacenti, anche
esposto com'è, il povero infermo, alle privazioni ed alle sofferenze d'ogni ge-
nere, alle quali è sottoposto dalla miseria veramente squallida in cui versa.
Valore prognostico dei fenomeni bulbari. — Come un elemento di prognosi
(li molto valore sì suol ritenere la comparsa di fenomeni bulbari nella sfera del
pneumo-gastrico (Brissaud).
Lo stesso Charcot insegnava che quando comparivano quei sintomi, la
malattia non poteva durare più di sei ad otto mesi: il centro del X paio era
quasi sempre affetto e si moriva per asfissia: regola questa alla quale erano
da attribuirsi ben poche eccezioni. H. Claude e P. Lejonne però in un lavoro
che data appena dal 190t>, ritengono troppo pessimista l'opinione suddetta ed
affermano che non bisogna considerare l'attacco del nucleo del X paio come
indicante sempre la morte a breve scadenza, e quindi come l'avanguardia della
Une fatale.
Essi basano il loro giudizio su d'una loro osservazione, che può breve-
mente riassumersi così : ^ Donna di trent'anni affetta da sclerosi laterale amio-
trofica, già da cinque. La malattia cominciò alla fine del 1900 con crampi
dolorosi alle braccia ed alle spalle. Tre anni più tardi, cioè nel 1903, s'ini-
ziarono i sintomi bulbari : voce più rauca e a momenti difficile. Dopo circa
altri due anni i suddétti sintomi erano già importantissimi, perchè esistevano
gravi disturbi nel dominio dello pneumogastrico. La malata difatti si lagnava
di palpitazioni di cuore sopravvenienti a un movimento un po' vivo da lei
ese|[uito; nello, stesso stato di riposo ella presentava il polso irregolare, ordi-
nariamente rapido, 90 a 100 pulsazioni al minuto primo. La tensione arteriosa
era bassa, 15 cm. di Hg. allo sfigmomanometro di Pota in. Respiro normale:
14 a 17 atti respiratori al minuto primo.
Qualche volta la malata impallidiva, le sembrava che il cuore cessasse di
battere, ed aveva come un abbozzo di sincope.
In questo caso, dicono gli AA., i fenomeni bulbari sì sono mostrati pre-
cocemente e tuttavia la loro marcia è stata, dopo la loro apparizione, delle più
lente, rimontando a più di tre anni.
Raymond e Cestan, riguardo ai loro casi, s'esprimono colle seguenti
testuali parole: < D'altra parte è curioso segnalare che le forme a tipo di para-
lisi labio-glosso-laringea, cioè a dire ad inizio bulbare, non hanno avuto una
durata più breve (24, 14, 24, 20, 26 mesi) di quella ad inizio spinale, coni-
plicantesi più tardi con disturbi bulbari, (24, 26, 24 mesi) >. Nella maniera
414 V. Gallelta
dì giudicare di Raymond e Cestan, nonché degli altri, manca, secondo me,
una distinzione interessantissima e cioè die nei vari casi fu valutata soltanto
la durata della malattìa complessivamente, ma non si badò a precisare invece
quella che segui alla comparsa dei sintomi bulbari, ne in quale periodo della
malattia questi insorsero, se cioè all'inizio, o in un periodo più o meno inter-
medio, 0 verso la fine.
Prendendo in esame di fatti i casi di Raymond e Cestan, risalta facil-
mente l'inesattezza del rilievo da essi fatto, perchè, giudicandoli secondo la
mia maniera di vedere, ne segue che il significato dei disturbi bulbari tar-
divi è ben diverso da quello dei disturbi dì precoce insorgenza, chiaramente
apparendo differente la durata loro propria. Quella dei primi di fatti risulta
breve in confronto di quella dei secondi, pur rimanendo eguale la durata
complessiva di tutta la malattia; gli uni, in una parola, servono dì chiusa,-gli
altri soltanto d'inizio ul quadro morboso.
Così valutando il significato prognostico della sindrome bulbare, a me sem-
bra che la contraddizione, che a prima vista sorge tra i vari AA., sia più
apparente che reale e inoltre che dalla casistica clinica si possa generalmente
inferire che ?" sintomi bulbari, comparenti alV inizio, o in periodi iìUermedi
del male, importano un prognostico molto meno grave di quelli del periodo
tardivo, vuoi perchè in quest'ultimo P individuo è già malandato o a dirittura
defedato dalla malattia, vuoi perchè l'attacco del bulbo s'effettua in maniera
più intensa, più difliisa, e più fatalmente progressiva.
Ed io penso che il mio asserto, oltre che dai casi già delti di Raymond
e Cestan e da quello di Claude e Lejonne, sia dimostrato anche da altri
già da me stesso raccolti nella letteratura. Così il malato del Sarbo, che durò
in tutto circa un anno e mezzo, per diciassette mesi presentò ben chiaramente
i sintomi della sclerosi laterale amiotrofica, eccetto dei bulbari; quando questi
insorsero l'individuo non visse che appena per qualche altro mese.
Il caso di Puscariu e Lambrior, interessante per l'intensità tutt'aflTatto
speciale dei fenomeni spasmodici che dominarono il quadro clinico, malgrado
la notevole amìotrofia alle nvembra superiori, fini a causa dei fenomeni bulbari
intervenuti dopo.
La malata del Reevor, nella quale l'affezione era già da due anni inco-
minciata con fenomeni bulbari, al momento dell'osservazione non presentava
nulla di grave.
Di nove malati a tipo amiotrofico, degli stessi Raymond e Cestan, in
tre il decorso fu più rapido dei rimanenti (24, 25 mesi), e la morte soprav-
venne quando appunto comparve la sindrome bulbare. La malattia era comin-
ciata dalle mani.
E finalmente dimostrativo mi sembra il mio medesimo caso.
Ren a proposito poi sono da ricordare qui tutti quei casi, i quali, comin-
ciali come di paralisi labio-glosso-laringea, o bulbare progressiva che dir si
voglia, soltanto dopo un tempo più o meno lungo, di uno, due anni (De Renzi)
Sclerosi laterale arniotrofica d' arùjìne emozionale iìTì
0(1 anche più, completarono la sintomatologia propria della sclerosi laterale
amiotrofìca.
Non Ta però taciuta, la già citata ossenazìone del Bonardi nella quale,
quantunque l'inizio sia stato bulbare, tuttavia il decorso fu oltremodo ra-
pido, ma ciò credo che non infirmi il mio asserto perchè non è certamente
detto che un caso, perchè iniziatosi con sindrome bulbare, non possa o non ^
debba eccezionalmente presentare un decorso anche rapidissimo.
Conchiudendo ^ me sembra che valga ben la pena di valutare l'importanza
prognostica dei fenomeni bulbari, in tutt'i casi che ulteriormente cadranno
sotto l'osservazione, secondo queslo mio nuovo modo di vedere, per stabilire
in maniera più o meno definitiva se esso abbia veramente un fondamento di
realtà.
Rachialgia. — Carattere proprio e costante della malattia di Charco!
si ritiene l'assenza completa di qualsiasi disturbo della sensibilità. Anche a tal
riguardo però la casistica offre notevoli eccezioni.
Di casi infatti di sclerosi laterale amiotrofica accompagnantisi a dolori
s'occuparono Chartier e Kojevnikoff (Società di Neurologia, 6 luglio 1906);
Préobrajensky, Lejonne e Lhermitte, Raymond ed altri che citerò ap-
presso.
Il caso dei primi due AA. appartiene a un uomo di 31 anni al quale
dolorosissime contratture interrompevano il sonno e non permettevano un
riposo un po' prolungato nella medesima posizione.
Quello di Lejonne e Lhermitte si riferisce a una cuoca di 50 anni, in
cui la malattia s'accompagnò a dolori profondi, terebranti, parossistici, somi-
glianti a quelli della polinevrite.
Nel servizio del prof. Raymond su 2i casi ne furono osservati quattro
nei quali esistevano crampi dolorosissimi.
Anche Flora nd, nella sua tesi, aveva segnalati questi fenomeni sub-
biettivi.
Un malato di Max Egger, di 53 anni, oltre ai sintomi della sclerori late-
rale amiotrofìca, presentava anche anestesia profonda e dolori folgoranti loca-
lizzati nelle due tibie.
Si trattava d'una associazione della malattia colla sclerosi dei cordoni
posteriori,
J. L.Georgesco, nel servizio del Marinesco, osservò un caso con disturbi
della sensibilità tattile, dolorifica e del senso muscolare; intatta la sensibilità
termica.
Crampi dolorosi alle braccia f*d alle spalle presentò, come già si disse, la
malata di Claude e Lejonne sin dall'inizio dell'affezione.
Da ricordarsi è anche il caso di A. A. Lambrior pel suo inizio, consistito
in scosse muscolari diventate ben tosto dolorostr.
. Il Pennato dice che nella sua osservazione la malattia si iniziò con dolore
localizzato al sacro ed alla parte esterna della coscia, che durò per circa un
416 V, Galletta
anno e mezzo, che parve militalo alquanto da una cura termale, ma che poi
si riaculizzò, estendendosi anche all'altro lato, lungo lo sciatico. Egli crede che
con tutta probabilitii tali fenomeni dolorosi siano da attribuirsi alla cronica
lesione meningea e alle parziali atrofìe radicolari rilevate all'autopsia.
Nel malato del Santini, oltre ai sintomi già ricordati, esistettero anche
fenomeni dolorosi consistiti in un dolore vivissimo, continuo, a riacutizzazioni
accessionali, dapprima al piede destro, diffusosi ben presto in alto, alla gamba,
poi alla coscia, poi a tutti e quattro gli arti con tale rapidità che il paziente
non seppe dire con quale progressione furono colpiti i quattro membri. Tale
dolore perdurò per tutta la malattia.
Per l'interpretazione d'esso il Santini condivide la stessa opinione, che
pel proprio caso emise il Pennato, avendo anch' egli riscontrato all'autopsia
del suo infermo un cronico e lentissimo processo di leptomeningite.
Infine il già citato Lejonne, insieme con Claude, fece nolo più lardi
un altro caso di sclerosi laterale amiotrofica, in cui furono rilevati vìvi dolori
alla pressione moderata delle masse muscolari delle gambe e, quantunque meno
vivi, a quella dei muscoli delle coscie, sia alla faccia anteriore che posteriore.
Ed a proposito dei dolori nella sclerosi laterale amiolrofica i due AA. dicono
di attribuirli alla medesima malattia, avanzando due ipotesi: una che il pro-
cesso di sclerosi laterale, considerato oggidì come assolutamente non sistematico,
ha esercitato la sua azione non soltanto sull'asse cerebro-spinale, ma anche
sulle dipendenze d'esso, cioè sui nervi periferici; l'altra che si tratti d'un feno-
meno centrale, non legato ad alcuna lesione dei nervi, la quale ultima ipolesi
ammettono pel caso loro, in cui lo studio più minuzioso non ha loro permesso
di scorgere a livello dei nervi alcuna lesione apprezzabile.
Potendo dunque essere così oscura la patogenesi dei fenomeni dolorosi nella
sclerosi laterale amiolrofica e non disponendo io di ricerche anatomo-patolo-
giche essendo ancora vivente il mio malato, credo bene di non occuparmi
della patogenesi della rachialgia già descritta, bastandomi di farla semplice-
mente rilevare come sintonia precoce e raro e quindi importante.
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Manicomio provinciale di Parma, in Colomo
Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva coll'epilessia
per il dott. P. Ufirolotti
Le nostre conoscenze sulla etiologia della psicosi maniaco-depressiva e della
epilessia sono tuttora cosi scarse e poco sicure, e ancor più scarse ed incerte
quelle sulla loro patogenesi, che riesce assai ardua una esatta e rigorosa deter-
minazione degli eventuali rapporti fra quelle due frequentissime malattie.
È noto tuttavia che fin dagli antichi psichiatri, dal Morel fra ì più auto-
revoli, fu ammessa una intima affinità fra le così dette psicosi periodiche ed
il mal comiziale, e che questa affinità andò via via per opera di alcuni A.i
trasformandosi addirittura nel concetto di una vera identità.
Si trovarono le analogie etiologiche specialmente nell'eredità sotto tutte
le sue forme; le analogie cliniche nel fatto essenziale della periodicità delle
manifestazioni morbose e della invariabilità di queste presso lo stesso soggetto,
inoltre in peculiari caratteri del temperamento; ed ora si stanno anche ricer-
cando le analogie anatomo-patologiche, ad esempio da Anglade e Jacquin(l)
in abnormi proliferazioni della nevroglia.
Perfino si tentò di sostituire sperimentalmente l'una forma all'altra, ed il
Devay(2) al XV Congresso dei neurologi ed alienisti francesi tenutosi a Renues
nell'agosto del 1905, comunicò di essere riuscito in due infermi di pazzia pe-
riodica per mezzo dell'intossicazione di belladonna a sostituire il mal comiziale
all'accesso di agitazione maniaca, traendo da ciò l'autorizzazione ad assegnare
a quest'ultimo un valore di equivalente epilettico.
Xon mancarono d'altra parte autorevoli AA. i quali negarono questa inti-
mità di rapporti fra l'epilessia e la psicosi periodica, sicché l'interessante
questione merita la fatica di ulteriori ricerche. Di questo parere si mostrarono
ad esempio il Tanzi e, parci, anche il Bianchi nei loro recenti trattati; il
Kraepelin in\x»ce, per quanto non faccia nel suo testo esplicite dichiarazioni
F. Ugolotti ' Std rapporti della psicosi maniaco- depressiva, ecc. 419
in proposito, ci sembra proclive al concetto di una certa stretta parentela fra
le due anzidette malattie.
Orbene, essendocisi presentata l'occasione, piuttosto rara, di osservare un
caso nettissimo di psicosi circolare o psicosi maniaco-depressiva associata ad
accessi convulsivi generali, ci siamo proposti di prenderne motivo per entrare
nell'esame della questione in discorso, ed esprimere in proposito il nostro
modesto parere.
Prima però di descrivere il caso crediamo necessario premettere qualche
parola di schiarimento, onde evitare facili equivoci sui termini della questione
che ci siamo proposti di studiare, e tanto più ci pare necessaria questa intesa
preliminare in quanto che ci capitò parecchie volte, scorrendo la letteratura
deirargomento, di rilevare molta confusione specialmente in riguardo al signi-
ficato delle espressioni di periodicità, intermittenza e simili.
Senza volere entrare in merito alle dibattute questioni sulla esistenza o
meno della mania e malinconìa sia a tipo acuto che a tipo cronico con accessi
periodici, e sulla esattezza del concetto unitario kraepeliniano della psicosi
maniaco-depressiva, perchè qui tutto ciò poco c'importa, intendiamo ad ogni
modo di riferirci a quella malattia mentale che il Kraepelin descrisse pre-
cisamente sotto la denominazione di psicosi maniaco-depressiva, comprendente
quindi quelle forme morbose che altrimenti vanno sotto i nomi di mania perio-
dica, melanconia periodica e mania e malinconia alternantisi, cioè la classica
pazzia circolare o a doppia forma di Fai re t e Baillarger.
Resta inteso perciò che a nessun'altra malattia mentale che possa avere
più 0 meno il caratter»; di periodicità intendiamo dì riferirci all' infuori della
psicosi maniaco-depressiva e di nessun'altra studiare gli eventuali rapporti col-
r epilessia.
Ciò premesso riferiamo il caso che ci fu dato di osservare.
Esame anamnestico. — De Giacomi Luigia, contadina, di anni 46, nata a
Monchio nella provincia di Parma.
Sui precedenti famigliari nulla è da notare tranne che uno zio della madre fu
alienato. IL padre, sano ed intelligente, morì nonagenario, la madre morì a 65 anni.
Ebbe 12 fratelli di cui 6 sono ancora viventi e nessuno, tranne la paziente, ebbe a
soffrire disturbi mentali; una sorella però, morta nubile a 23 anni, si mostrò stramba
ed originale.
La Luigia stette a Monchio, suo paese nativo, fino allieta di 8 anni; dopo andò
a Parma presso uno zio sacerdote fino a 14 anni, indi ritornò a Monchio e quivi ri-
mase sempre.
Nulla è da notarsi circa la sua infanzia; fu allattata dalla madre. La deam-
bulazione, la dentizione, il linguaggio si svilupparono normali. Le mestruazioni com-
parvero a 17 anni e continuarono regolari. La pubertà passò normale.
Non ebbe mai convulsioni.
A 24 anni andò a marito ed ebbe 7 gravidanze condotte a termine benissimo;
^5 figli sono ancora viventi e sani, esenti da convulsioni e da deficienze mentali.
-i20 F, Uyolotti
Fu abitualmente di salute fisica sana; però a 14 anni ebbe un'infezione tifosa^
che, pare, siasi ripetuta nel settembre del 1903, immediatamente prima di essere am-
messa in questo Manicomio. A 21 anni ebbe anche una lieve infezione reumatica;
nessun reliquato né dell'una né dell'altra.
D' intelligenza si mostrò comune, di carattere buona, di condizioni economiche
piuttosto miserabile. Non pare che abbia soiFerto di pellagra.
Il giorno 20 maggio 1901 ebbe l'ultima sua bambina dopo gravidanza decorsa
normalissima; il parto invece sembra essere stato un po' laborioso. Allatt<> essa la
neonata senza soffrire, almeno sensibilmente, e ancora non l'aveva divezzata, quando
la mattina del 3 giugno 1902 — aveva allora 40 anni — fu presa senza causa ap-
prezzabile da un primo accesso convulsivo che aveva tutti i caratteri dell'accesso
epilettico.
Da quel giorno le convulsioni non cessarono più, anzi si fecero col tempo mag-
giormente frequenti, tanto che una volta ne ebbe — pare — ben 22 nel termine di
24 ore.
Naturalmente, appena manifestatasi la prima convulsione smise di allattare la
propria bambina, che del resto aveva già più di un anno di vita.
All' infuori delle convulsioni sopra ricordate la De Giacomi non soffriva altri
disturbi di sorta, per cui continuava nel suo lavoro di buona massaia, né si sarebbe
per questo presentata la necessità dì ricoverarla in Manicomio. Ma circa un anno
dopo, cioè nell'estate del 1903 — l'epoca precisa non si potè stabilire — cominciò a
dar segni di forte eccitamento a carattere accessuale alternati con brevi periodi di
malinconia; fu per l'insorgere di questi disturbi mentali, che richiedevano una con-
tinua e sicura sorveglianza dell'inferma, che questa fu mandata nel Manicomio di
Colorno il giorno 19 ottobre 1903.
Si notino queste coincidenze di date; che la disgraziata De Giacomi rimase ve-
dova nel giugno 1903 perchè una epidemia tifosa le ^eva portato via il marito,
uomo robustissimo e regolato in tutto ; e che dopo la morte di lui essa stessa, come
si accennò più sopra, pare sia stata colpita dalla medesima infezione.
Si noti infine che dall' ultima sua gravidanza, cioè da 39 anni, in poi la pazienta
non ebbe più mai mestruazioni.
£ntrò adunque in questo Manicomio il 19 ottobre 1903 in un stato di tipico
eccitamento maniaco ; cantava, gridava, si muoveva continuamente girando qua e là
senza meta; a stento si riusciva a farle prestare attenzione, perché presentava una
forte distraibilità; d'umore era allegra, vivace, ridente spesso; non eccessivamente ir-
ritabile, né violenta né scontrosa, ma invece bonaria ed in fondo innocua; i suoi ra-
gionamenti, affrettati ed abbondanti, erano molto disordinati ed inconcludenti ; nelle
sue risposte e nel suo contegno si dimostrava piuttosto sgarbata, poco rispettosa e
spesso anche scorretta ed erotica. Talvolta appariva disorientata, ma il più spesso
non lo era e dimostrava di avere coscienza del luogo, del tempo e delle principali
circostanze su quanto accadeva. Non aveva disturbi sensoriali né idee deliranti. Di
notte non dormiva, non stava quieta, si alzava dal letto e disturbava le vicine. I bi-
sogni organici erano ben conservati.
Nel novembre successivo l'eccitamento andò man mano diminuendo, finché l'am-
malata in breve tempo si fece calma, ordinata, docile, rispettosa, anzi senza limiti
netti di demarcazione passò in uno stato evidentemente depressivo. Parlava pochis-
ìjimo, stava sola, appartata, inoperosa o quasi, colla testa china sul petto in attitu-
Sui rapporti della psicosi-maniaco depressiva coW epilessia 421
dine melaDConica. Interrogata rispondeva con poche parole ma in modo affatto corretto
ed ordinato, ricordando tutto e dimostrando di essere bene orientata e lucida ; di notte
dormiva discretamente, ma anche quando non dormiva se ne stava quietissima e non
disturbava nessuno; mangiava con discreto appetito.
Questo stato depressivo continuò fino ai primi del marzo seguente (1904),, e poi
r inferma rientrò gradualmente in un accesso di eccitamento maniaco come il so-
praccennato senza T interposizione, almeno sicura, di uno stato di completa normalità.
Ricominciò quindi a diventare loquace, allegra, impertinente, erotica, insonne;
a ridere, gridare, saltare come se fosse ringiovanita, senza alcun cenno a deliri né a
disturbi sensoriali, senza offuscamento della coscienza.
Dopo circa due mesi Teccitamento scomparve e di nuovo V inferma entrò in un
periodo di depressione che durò quattro mesi, e così via continuò fino al presente at-
traverso ad accessi altemantisi nettamente maniaci e depressivi, ed immediatamente
susseguentisi.
Per parecchi mesi non ebbe alcun accesso convulsivo (si noti che non prendeva
alcuna medicina), tanto che s'incominciava a dubitare dellfc esattezza dei dati storici
riferiti in proposito dalla famiglia e dalla relazione medica : ma ecco che durante un
accesso maniaco fu presa da una convulsione generale con tutti i caratteri della con-
vulsione epilettica. Gli effetti immediati di questa convulsione scomparvero in breve, .
che l'ammalata ritornò quasi subito in sé, nelle precise condizioni anteriori all'ac-
cesso convulsivo, cosicché questo non ebbe alcuna influenza sopra il decorso dell'accesso
maniaco.
In seguito gli accessi convulsivi ricomparvero (caduta improvvisa abitualmente
senza grido iniziale, qualche volta aura, contrazioni generali toniche e cloniche,
bava alla bocca, cianosi, rigidità pupillare, incoscienza, amnesia, lieve sopore susse-
gui»nte), ma ad intervalli di qualche mese, ora in periodo di eccitamento .ora in quello
depressivo e sempre senza alcuna influenza modificatrice sugli accessi circolari.
La mattina del 23 marzo u. s. ebbe due convulsioni — le ultime fino ad
oggi — quando si trovava al termine di un accesso maniaco ; come al solito si riebbe
in breve, accusando poi solamente un po' di dolore al capo, lieve stordimento e so-
pore, e nello stesso tempo dimostrando buona memoria dei fatti anche immediata-
mente anteriori all'accesso convulsivo e giusto orientamento.
Esame dell'ammalata allo stato presente:
1) Esame somatico-antropologico : Sviluppo scheletrico regolare; Peso Kg. 53;
Statura cm. 144; Grande apertura delle braccia cm. 142; Craniometria: Diametro
antero-posteriore mm. 180: id. biparietale massimo 150; id. bifrontale minimo 100;
curva antero-posteriore 310; curva biauricolare 315; circonferenza totale 540; semi-
curva anteriore 285, posteriore 255; altezza della fronte 65: larghezza 120; altezza
della faccia 110; diametro bizigomatico 120; distanza dal mento al condotto uditivo
estemo di destra 120, di sinistra 120; indice cefalico 83. — Ispezione del cranio e
della faccia. Nulla di anormale. Idem pel tronco, arti e genitali.
2) Esame fisiologico. Funzioni della vita vegetativa:
Apparecchio circolatorio, — L'area cardiaca è normale; la punta batte al
4® spazio; il 1** tono al focolaio mitralico è quasi completamente sostituito da un
rumore aspro che si prolunga in parte anche nella piccola pausa; al focolaio polmo-
nare il 2** tono è forse un po' prolungato; al focolaio aortico i toni sono normali, il 2^
non è accentuato né squillante.
422 F. Uijolotti
^ Il polso è un po' debole, ritmico; pulsazioni medie 65.
Alla palpazione delle arterie accessibili a questo esame non risulta che esse siano
indnrite, almeno in modo chiaramente manifesto.
La pressione sanguigna misurata collo sfigmomanometro Biva-Roccl, dà a
destra 128, a sinistra 120.
Esame del sangue, — Emoglobina airemometro di F lei schl 86; globuli rossi
all'apparecchio di Thoma-Zeiss 3.200.000; globuli bianchi 54.400, rapporto 1:599;
esame morfologico sostanzialmente negativo.
Apparecchio respiratorio, — Respiro ampio, normale.
Apparecchio digerente, — Nulla di notevole; digestione, alvo pressoché re-
golari.
Apparecchio uropoietico e genitale, — Idem ; mestruazioni scomparse già da pa-
recchi anni.
Esame delle urine, — Quantità media in 24 ore gr. 1300; colorito giallo lim-
pido; reazione acida; peso specifico medio 1018; albume e glucosio assenti; cloruri
un po' scarsi; solfati in quantità normale; fosfati un po' abbondanti ; esame dei se-
dimenti negativo.
Funzioni trofiche e vasomotorie, — Normali.
Temperatura media all'ascella 36,4.
Stato dei tnsceri addominali, — Normale.
Funzioni della vita di relazione:
Tonicità muscolare, — Buona.
Dinamometria, — A destra 40 a sinistra pure 40.
Eccitabilità meccanica e alla corrente faradica dei muscoli, lievemente indebolita.
Riflessi cutanei e tendinei, — Plantare ed addominale normali; del tendine
d'Achille ed olecranico normali; rotulei lievemente aumentati da ambedue i lati.
Motilità, — Alla faccia, agli arti e dovunque normale. Le pupille sono uguali
e reagiscono bene allo stimolo luminoso.
Sensibilità^ tattile, topografica, termica, dolorifica allo stimolo meccanico e al-
l'algometria elettrica, buonissime. Anche tutte le sensibilità profonde sono in condi-
zioni normali.
Sensibilità specifiche : acutezza visiva un po' indebolita.
Campo visivo : non si potè determinare con esattezza perchè l'ammalata non si
presta convenientemente.
Senso cromatico discretamente bene sviluppato.
Sensibilità uditiva, gustativa ed olfattiva normali.
3) Esame psichico:
L'ammalata trovasi attualmente in una fase depressiva ; è sempre sola, con fisio-
nomia triste, non parla se non quando è interrogata, non esprime alcun desiderio,
non si lamenta mai, non presenta né disturbi sensoriali né cenni di trame deliranti.
Quando la s'interroga presta attenzione, comprende bene tutto quanto le si dice v
risponde con poche parole, a testa china, a voce bassa, con scarsissima mimica, ma
sensatamente ed in modo garbato.
Se le si domanda quali disturbi avverte, accenna vagamente a dolori al capo e
ad altre parti, a mala voglia, a debolezza generale.
Non lavora mai o quasi mai e passa quindi tutta intera la giornata per lo più
seduta in un angolo appartato della sala; si muove sol quando viene chiamata, ed
allora obbedisce e si mostra buona e docilissima.
Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva coir epilessia 4^23
Ha sempre lucida coscienza del tempo e del luogo in cui si trova, non cosi della
ragione per la quale fu ricoverata in Manicomio ; o almeno essa suole affermare
quando è interrogata in proposito di non essere affatto ammalata di mente, ma solo
di soffirire lievi transitori disturbi che attribuisce a qualche causa banale. La me-
moria è perfettamente conservata anche nei più" piccoli particolari della sua vita
recente e passata.
Gli affetti verso la famiglia, verso i propri figli non sembrano, almeno note-
volmente, deteriorati. Essa però si è bene adattata alla vita manicomiale ed in com-
plesso è innocua e di animo bonario. Si nutre discretamente, è pulita, dorme per
molte ore della notte, non disturba.
Nessuno, crediamo, potrebbe dubitare che la nostra De Giacomi sia affetta
da una forma tipica di psicosi maniaco-depressiva; si tratta di accessi netta-
mente maniaci a durata discretamente lunga, che si alternano con ritmo rego-
lare e senza manifesti intervalli di normalità, con accessi nellamenle depres-
'sìvi a durata pure piuttosto lunga, anzi più lunga di quella degli accessi
manìaci.
Tutta la sintomatologia fondamentale di quella strana forma morbosa si
trova rappresentala nel caso presente con intensità però non fortemente grave.
Esaltamento psico-motorio negli accessi maniaci, arresto in quelli depressivi;
umore allegro nei primi, triste nei secondi ; percezione, memoria, coscienza
pressoché inalterate; assenza di disturbi psico-sensoriali e di idee deliranti.
Però, come è noto, la psicosi maniaco-depressiva si sviluppa generalmente
nell'età giovanile, dai 20 ai 25 anni, ed è quasi sempre legata ad una pre-
disposizione ereditaria. Nel caso nostro invece manca qualunque indizio di
questa predisposizione e la malattia si è sviluppata quando la paziente aveva
circa 41 anni.
Che può significare luttociò? nulla di contrario alle conoscenze acquisite
dalla esperienza, poiché è fuori dubbio che la psicosi maniaco-depressiva può
essere legala ad altri fattori oltre che all'eredità, come é fuori dubbio che essa
può svilupparsi anche nell*età involutiva. E che l'età involutiva si fosse iniziala
nella De Giacomi, per quanto precocemente, sarebbe dimostrato dal fatto che
essa, ancor prima che compisse i 40 anni, senza causa morbosa particolare,
cessò completamente di avere le mestruazioni.
Ma una considerazione che potrebbe avere una grande importanza non
dobbiamo dimenticare e sulla quale Kraepelin ha richiamato spesso l'atten-
zione degli studiosi. La psicosi maniaco-depressiva quando si sviluppa nel pe-
riodo involutivo può avere qualche rapporto, per quanto ancora assai poco
chiaro, coll'arteriosclerosi diffusa, tanto é vero che in tali casi coesistono non
di rado attacchi apoplettiformi ed accessi convulsivi (3).
Ora nella nostra paziente abbiamo appunto visto precedere a breve distanza
eppoi coesistere colla psicosi maniaco-depressiva accessi convulsivi che anche
presentemente si ripetono a lunghi ed irregolari intervalli; il che adunque
farebbe pensare che gli accessi psichici circolari da cui è affetta la De Giacomi
4-24 F. ihjoloUi
e sviluppatisi in periodo di menopausa siano, insieme cogli accessi convulsivi,
legati in qualche modo con uno stato di arteriosclerosi precoce.
Ma è duopo subito avvertire che segni certi di arteriosclerosi non con-
statammo mai agli esami obbiettivi. Manca quella speciale rigidità delle arterie
facilmente rilevabile al tatto, manca l'accentuazione del V tono al focolaio
aortico, manca la ipertensione arteriosa saggiata collo sfigmomanometro del Riva
Rocci — per quanto quest'ultima possa essere ostacolata o comunque alterata
dallo stato depressivo dell'inferma ed anche forse da qualche eventuale lesione
mitralica rispondente al rumore riscontrato al 1** tono alla punta — cioè a
dire mancano i segni fondamentali dell'arteriosclerosi, la quale d'altra parte,
si noti bene, può anche sfuggire al più rigoroso esame obbiettivo (4). In con-
clusione, non ci è possibile ritenere con sicurezza che all'arteriosclerosi si
debba riferire la psicosi maniaco-depressiva presentata dalla paziente, tanto
più se si pensa che malgrado gli sforzi degli studiosi, sono tuttora poco noti
i momenti etiologici di detta malattia ed ignoto affatto il meccanismo pato-
genetico.
Comunque, noi non indagheremo più oltre, che sarebbe infruttuoso, per
scoprire a qual causa possa essere legato nel nostro caso lo sviluppo della
malattia in discorso; accontentiamoci di poter affermare che la paziente è affetta
da una forma tipica di psicosi maniaco-depressiva sviluppatasi in periodo di
precoce menopausa.
Ma se una tal diagnosi è ovvia, altrettanto non ci par facile stabilire la
natura degli accessi convulsivi di cui pure è affetta la nostra malata.
Abbiamo visto che questi accessi convulsivi comparvero senza causa apprez-
zabile e per la prima volta all'età di 40 anni per mai più scomparire, e che
avevano ed hanno i caratteri del noto accesso convulsivo epilettico. Si tratte-
rebbe adunque di una così detta epilessia tardiva comparsa contemporanea-
mente 0 poco prima degli accessi circolari anzidetti.
Ma è proprio dimostralo che una serie di accessi convulsivi generali è
sufficiente da se sola per potere stabilire la diagnosi di epilessia, quando si
voglia intendere con questa denominazione una entità morbosa, chiamiamola
pure epilessia essenziale, o almeno qualche cosa di più che non sia il semplice
fatto di una o più scariche motorie? E la cosi detta epilessia tardiva è proprio
una forma di epilessia essenziale che si differenzia solo per il suo sviluppo ad
un'età matura?
Evidentemente la questione fondamentale risiede nello stabilire con chia-
rezza che cosa dobbiamo intendere per epilessia ; perchè oggi allo stalo
delle cose possiamo ancora chiederci : la epilessia è una malattìa od entità
nosologica autonoma, indipendente, ben netta e definita? o è una sindrome
e quindi un'espressione sintomatologica che può appartenere alle più varie
malattie ?
In questa guisa noi entreremmo in un interessantissimo e vasto campo
ancora assai fertile d'indagini psicologiche e cliniche, in un campo però dal
quale non potremmo uscire per ora con una chiarezza di concelti che fosse
Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva colV epilessia 4^5
majrgiore di quella oggidì già acquisita; tuttavia non voglio lasciare di diro
qualche breve parola in proposito.
Intorno all'epilessia si sono scritti dei volumi; gli italiani in modo spe-
ciale — chi non ricorda fra i più autorevoli i nomi di Lombroso, Tonnini,
Roncoroni, Ceni? — hanno portato un grande contributo alla indagine di
questo terribile morbo: tuttavia fino a tanto che non saremo riusciti ad avere
delle conoscenze sicure sopra la etiologia e la patogenesi di esso, non arrive-
remo mai a mettere un po' d'ordine nella confusione tuttora imperante.
Dobbiamo però ritenere provato che l'accesso motorio non ha più quella
capitale importanza che una volta gli si dava per la diagnosi di epilessia, e
difatti questa può esistere anche senza di quello ; e sopratutto dobbiamo osser-
vare che l'antica unità clinica di essa pare vada via via sfasciandosi e risol-
vendosi in un gruppo di sindromi appartenenti a differentissime malattie.
Se però in questo lavoro di sfasciamento potrà, come crediamo fermamente,
sopravvivere resistendo alla critica una speciale entità nosologica che si potrà
chiamare senza equivoci col nome di epilessia, ci pare che dessa dovrà risul-
tare costituita di caratteri essenzialmente psicopatologici o meglio ancora di
ben determinate deviazioni della evoluzione mentale. Se fra l'umana famiglia
degli ammalati o dei non normali potrà sopravvivere, come crediamo, un tipo
caratteristico che si potrà chiamare senz'altro col nome di epilettico, ci pare
che desso dovrà corrispondere nella sua essenza a quel tipo di degenerato che
particolarmente studiò e delineò con genialità di vedute la scuola antropolo-
gica italiana.
Ma anche non volendo partire da questi concetti che esprimono solo una
particolare opinione, e partendo invece dalle idee e dalle denominazioni che
corrono allo stato presente delle cose, dobbiamo notare nel caso nostro che la
De Giacomi cominciò a soffrire di convulsioni generali e per la prima volta
all'età di 40 anni, cioè che essa sarebbe afletta, come si è detto, da una epi-
lessia tardiva. Orbene, oggi si tende a considerare l'epilessia tardiva non come
una vera epilessia essenziale, ma una espressione sintomatologica dell'arterio-
sclerosi, sia pure, secondo alcuni, sviluppantesi sopra una originaria disposi-
zione nevropatica (5).
Di più si noti che all' infuori degli accessi convulsivi la nostra paziente
non presentò mai ne presenta alcun' altra manifestazione comiziale, nessun
segno caratteristico della cosi detta costituzione epilettica ; onde queste circo-
stanze di fatto, a parte la particolare opinione di sopra esposta, ci inducono
ad ammettere che le anzidette convulsioni non siano sutficienti per poter sta-
bilire nella De Giacomi la diagnosi di epilessia essenziale, ma costituiscano
solo un sintonia di qualche condizione morbosa che ci sfugge. La prima idea
che sorge è quella che tale condizione sia data da uno stato arteriosclerotico,
al quale, come si è visto, potrebbe essere legata anche l'insorgenza tardiva della
psicosi maniaco-depressiva; ma a vero dire abbiamo già osservato che segni
sicuri ed evidenti di arteriosclerosi non ne constatammo.
Ad ogni modo, qualunque sia questa condizione causale ed anche qualunque
426 F. Ugolotli
sia il significato che si voglia dare ai delti accessi convulsivi, certo è che non
esistono fra essi e gli accessi maniaco-depressivi tali rapporti da apparire gli
uni e gli altri reciprocamente subordinali; e difatti si è visto che l'accesso
convulsivo capita in qualunque fase o maniaca o depressiva e a qualunque
stadio della fase, senza modificarla e tanto meno sostituirla. Questo fatto, di
considerevole importanza, deporrebbe per una semplice coesistenza di due varie
manifestazioni morbose non necessariamente equipollenti.
Da tutte queste considerazioni ci pare che il caso nostro, al contrario di
quanto forse potrebbe apparire a prima vista, non costituisca una prova in fa-
vore dell'opinione di coloro che ammettono un'identità od almeno un'intima
affinità fra la psicosi maniaco-depressiva e la epilessia.
E prescindendo ora dal caso presente, consideriamo la questione da un
punto di vista generale e vediamo in breve se questa pretesa identità od in-
lima affinità trovi realmente riscontro nella sintomatologia clinica delle due
malattie, non potendosi per ora, come si è già dello, stabilirne sicuri raffronti
etiologici e patogenetici.
Sta il fatto che tanto la psicosi maniaco-depressiva quanto la epilessia
— intendiamo sempre, per comprenderci più che sia possibile, quella che va
sotto la comune denominazione di essenziale — sono due forme morbose emi-
nentemente ereditarie; di più, è malattia periodica per eccellenza la psicosi
maniaco-depressiva, come è a manifestazioni periodiche hi epilessia, tanto che
potè dire il Kraepelin — non però, crediamo, colla sua abituale esaltezza —
che la diagnosi di epilessia si basa a innanzi tutto sulla esistenza di una pe-
riodicità di disturbi, indipendente da influenze esterne fino dal primo inizio
della malattia » (suo trattato voi. Il, p. 546).
Ma se questi due caratteri, ereditarietà e periodicità, sono in realtà comuni
alle due forme morbose* in discorso — e sono i soli comuni che abbiano una
vera importanza — ciò non basta per dimostrare la inlima affinità e tanto
meno la identità di esse, che crediamo invece nettamente distinte e a fisio-
nomia tutto affatto differente.
L'accesso maniaco e quello depressivo della prima non rassomigliano per
nulla agli accessi della epilessia di qualunque forma questi .siano, epperò non
avendo i caratteri della manifestazione epilettica non possono razionalmente
rappresentarne degli equivalenti, come invece fu ammesso.
A parte il fatto che l'accesso epilettico è in genere più improvviso e a
durata più breve di quello maniaco o depressivo, esso ha caratteri ben chiari
che lo distinguono da questi ultimi; l'accesso epilettico è accompagnato quasi
sempre da disturbi sensoriali, della memoria e specialmente della coscienza,
il che non è per l'accesso della psicosi maniaco-depressiva; l'accesso epilettico,
se è di eccitamento, non rappresenta un semplice esaltamento del tono senti-
mentale, quasi un'allegrezza sfrenata dell'animo come nel maniaco, ma un esal-
tamento degli istinti bruti dell'organismo, epperò antipatico, ostile e pericoloso;
così la depressione epilettica ha quasi sempre una tinta -ipocondriaca, torva e
quasi minacciosa, mentre l'accesso depressivo della psicosi maniaco-depressiva
Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva coW epilessia 4:27
è un semplice arresto psico-motorio. L'accesso epilettico ha i caratteri dell'atto
impulsivo e si svolge coli' aspetto di un vero automatismo, il che non è per
l'accesso della psicosi maniaco-depressiva.
E che dire delle grandi differenze che esistono fra l'epilettico ed il circo-
lare ad difuori dell'accesso? Chi non conosce ormai il temperamento passionale,
eccitabile, impulsivo, irascibile, scontroso, bigotto, violento del primo ed il
temperamento privo di qualunque nota veramente caratteristica, diremo nor-
male, del secondo?
In fine, mentre la psicosi maniaco-depressiva esprime forse, a nostro avviso,
Tesagerazione morbosa del ritmo di qualche recondilo processo fisiologico, l'epi-
lessia rappresenta una anomalia della costituzione mentale ^6).
Ben s'intende che non sempre fra l'infermo di psicosi maniaco-depres-
siva e quello di epilessia esistono tutti e bene spiccati i caratteri differenziali
sopra riferiti, e che anzi praticamente esistono tutte le gradazioni e le sfuma-
ture possibili tanto da dare talvolta la parvenza di una sensibile somigli:jnza
fra quei due infermi. Ma ciò, oltre che essere conforme a quanto succede in
tutta la patologia ed in specie alla patologia mentale, potrebbe indicare tutt'al
più la eventuale pertinenza delle due anzidette malattie, insieme all'imbecillità,
alla paranoia, alla pazzia morale, ecc. — pur tutte forme mentali nettamente
distinte — al grande gruppo, e ancora mal circoscritlo, delle cosi dette forme
degenerative; potrebbe quindi indicare se mai l'origine da un ceppo co-
mune, una remota parentela, ma non un'intima affinità e tanto meno una
identità.
Né vale ad infirmare questa nostra opinione il fatto che tal volta in malati
di psicosi maniaco-depressiva si può riscontrare qualche sintonia isolato ad
aspetto epilettico, od anche in rari casi gravi un vero e rapido offuscamento
della coscienza con disturbi sensoriali e confuse idee deliranti (7). Tutto ciò,
ripetiamo concludendo, potrebbe servire a dimostrare una remola comunanza
di rapporti fra la psicosi maniaco-depressiva e la epilessia, ma non toglien-
done affatto le differenze caratteristiche che sopra menzionammo, non può di-
mostrarne l'identità o l'intima affmità, e però crediamo, fino a tanto che non
possederemo nuove e più sicure cognizioni sulla loro eliologia e patogenesi,
che le due forme morbose rispondano a due quadri clinici nettamente distinti
ed individualizzati con fisionomia completamente differente.
Note e BibllogrrafLa.
(1) AxaLADK et jAquni. Psychoses pèriodiques et épilepsle. «< Encéphale », 1907, n. 6.
(2) Dkvay. Folies Intermittentes et èpilepsie. « Revue neurologique », 1905, n. 16.
(3) Anche rALBBscHT (Manisch-depressives Irresein und Arterioskiorose « AUgemeine Zeit-
schrift fùr Psychiatrie », 1906, H. 3-4) ha recentemente assegnato molta influenza all'arteriosclerosi
nella patogenesi della psicosi maniaco-depressiva.
(4) Vedi a proposito di pressione sanguigna e di arteriosclerosi nella neuropatologia e psi-
chiatria, oltre il lavoro di Roncoroni e Oei.andi del 1897 (« Gazzetta medica di Torino ») i recenti
lavori di Lcoiato e Ohankessian (« Rivista sperimentale di Freniatria », 1906, pag. 220 e 787), di
428 F. [/{jolotti - Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva, ecc.
Besta (8tes80 giornale, 1906, pag. 306 e 665), di Comdulmeb e Bokdon («Giornale di Psichiatria
clinica », 1906, pag. 61), di Perazzolo (stesso giornale, 1906, pag. 401, e 1907, pag. 570), e la recen-
tissima relazione di O. Rossi suir arteriosclerosi dei centri nervosi al l'* Congresso dei neurologi
italiani, Napoli, 8-11 aprile, 1908. — 8i noti che il Perazzolo nell'ultimo dei suoi citati lavori
conclude, fra T altro, che durante gli stati melanconici dei maniaco-depressivi la pressione arte-
riosa è superiore al valore massimo della media fisiologica, durante gli stati di eccitamento escia
oscilla intomo ai limiti fisiologici.
(5) I rapporti fra T arteriosclerosi e T epilessia tardiva sono sempre oggetto di numerose
ricerche. Il Luth (* AUgemeine Zeitschrift fiir Psychiatrie », 1899, H. 4) ad esempio sostiene che
la base anatomica delV epilessia tardiva è V arteriosclerosi. Il Mamik (« Annales médico-psycolo-
giques», 1902, n. 2) e fors* anche Mabchaxd e Xovst (« Oazette des Hopitaux », n. 104, sept 1907)
danno invece a questa ultima un'importanza assai minore; T Hubert (stesso griornale, aprile 1902)
quasi nessuna. Il Csistiani (« Archivio di Psichiatria », 1895, pag. 90) che ha fatto ricerche sullo
sviluppo dell'epilessia tardiva negli ammalati cronici di mente, sostiene che detta epilessia sta
in rapporto diretto colla malattia mentale preesistente o meglio col substrato anatomico di que-
st'ultima. Questa interpretazione evidentemente non può valere nel nostro caso perchè tanto la
psicosi maniaco-depressiva quanto gli accessi convulsivi comparvero quasi contemporaneamente
intomo ai 40 anni, anzi comparvero prima gli accessi convulsivi.
(6) Confronti sul ricambio, sul sangue, sulla pressione sanguigna non si possono stabilire
non essendovi nelle numerose ricerche in proposito che continue contraddizioni.
(7) Si noti che Krabpslin (« Trattato di Psichiatria », voi. II, pag. 4SI) attribuisca queste
forme con affuscamento della coscienza ecc. alla psicosi maniaco-depressiva « solo con una certa
ri8er\'a ».
Il KBArFT-EBiMG (« Trattato delle malattie mentali », trad. ital., voi. II, pag. 305) nel capi-
tolo della pazzia pi^riodica parla di una speciale varietà di essa a forma di delirio, che ha
molti caratteri comuni cogli equivalenti psichioi dell'epilessia, massime con quelli protratti;
tuttavia, osserva l'A., bisogna tenerla distinta dall'epilessia. Ne riporta un caso, nel quale invero
non riscontriamo le note della psicosi maniaco-depressiva ma vediamo solo dei brevi accessi
confusionali-deliranti in un epilettico. Cosi nel capitolo della pazzia epilettica riporta un caso
interessante di pazzia circolare epilettica (pag. 226), caso che pur non ci sembra molto dimostra-
tivo e chiaro. Ad ogni modo si sa che esistono, per quanto rare, anche le così dette -psicosi com-
' binate senza che pen*iò sia necessaria l' esistenza di un' intima jNirentela fra le due malattie che
si associano nello stt^sso individuo.
11 Deutrebentb (« Annales médico-psycologiques », 1886, pag. 177) ne descrisse pure un bel
caso che rassomiglia in molti punti al nostro.
Anche il Mugoia (« Bollettino del Manicomio provinciale di Ferrara », 1902, pag. 63) descrisse
un caso di un uomo affetto da psicosi circolare sviluppatasi piuttosto tardivamente, il quale
Ijoi a 55 anni ebbe un solo accesso convulsivo generale. Noi crediamo che un solo accesso con-
vulsivo per di più comparso in età presenile, non sia affatto sufficiente per ammettere un'epi-
lessia in quell'individuo affetto da psicosi maniaco-depressiva.
Finalmente il Fbatiki (« Giornale di Psichiatria clinica », 1906, pag. 251) si occupò delle
sindromi comiziali nella frenosi maniaco-dc]iressiva e all'uopo raccolse diligentemente 6 casi.
Crediamo però che in complesso essi non riescano a dimostrare fra detta frenosi e TepileMia
ciò che dice l'A., cioè « la stretta affinità e parentela, che si afferma e si precisa sopratutto dal
punto di vista della patogenesi » (pag. 270). Ad esempio nel caso 2^ non vediamo che si tratti
sieununente di una i>sicosi periodica e nemmeno ci par molto chiara la epilessia; nel caso 4*
non troviamo affatto manifestazioni epilettiche, come nel caso 5*^ non troviamo la sintomatologia
della psicosi maniaco-depressiva; infine nel caso 6** non ci sembra dimostrata in modo assoluto
resi?*tenza di fenomeni a natura epilettica.
Rivista di Patologia nervosa e mentale - Anatomia 4:29
RECENSIONI
A.natoxnia.
1. A. Bethe, Ist die primàre Fdrhbarkeit der Nervenfasern durch die Anwe-
senheit einer besonderen Suhstanz bedingt 9 — « Anatomischer Anzeiger »,
Bd. XXXn, N. 14, 1908.
Contro r ipotesi messa avanti da Hober e da Auerbach, che la colorabilità
primaria degli elementi nervosi possa essere considerata come una proprietà fisica o
fisico-chimica, e non sia dovuta alla presenza di una particolare sostanza, TA. porta
nuove prove assai dimostrative.
La differenza tra pezzi di centri nervosi trattati in alcool e pezzi trattati in etere
dipende dal fatto che P alcool scioglie la sostanza primariamente colorabile. Se si
pone un pezzo di midollo di coniglio per 20-30 minuti in alcool e poi in etere, si
trova che nelle parti marginali le fibre sono ecolorate, ma nelle più profonde, ove
Talcool non era ancor giunto, tutte le fibre sono colorate. Nella zona intermedia si
ha ogni sorta di gradazioni. Se si pone un pezzo di midollo in una miscela di 1 parte
di alcool e 4 d'etere e si passa poi dopo 24 ore in etere, si ha che le fibre sono scolorate,
ma in una zona periferica, ove Palcool, più diffusibile e carico di sostanze disciolte,
si è incontrato con l'etere a forte concentrazione, si notano dei precipitati di so-
stanza colorabile.
L'alcool estrae dal midollo la sostanza- colorabile primariamente (acido fibrillare
di Bethe) che si trova libera. Ma un'altra quantità di questa sostanza si trova
legata in combinazione non colorabile. Gli acidi inorganici in soluzione acquosa
liberano questa parte, la « attivano » (V. in questa Rivista, voi. XI, p. 223). L' A.
ha fatto dei tentativi per isolare chimicamente tanto la sostanza libera, quanto
quella che vien messa in libertà dagli acidi, e che con la massima verosimiglianza
è chimicamente la stessa.
L' « acido fibrillare » libero ha questi caratteri : si tinge metacromaticamente col
bleu dì toluidina, è solubile in alcool, nelle soluzioni acquose di alcali, e dà col
sublimato una combinazione insolubile negli alcali. Dall'estratto alcoolico di mi-
dollo fresco si ottiene col sublimato un precipitato, dal quale sì può per scissione
isolare una sostanza che possiede almeno in parte queste proprietà; ma vi è ragione
di credere che questa sostanza, ben colorabile, facilmente solubile negli alcali, ab-
bastanza difficilmente nell'alcool, ma non più precipitabile col sublimato, sia un pro-
dotto di scissione.
M^lio si viene ad identificare la sostanza posta in libertà dall'azione « atti-
vante » degli acidi in soluzione acquosa. L'A. trattò dapprima il midollo con alcool
caldo e poi con cloroformio in un estrattore, finché l'estratto non lasciava più alcun
residuo colorabile ; mise poi la massa in acqua, la « attivò » con acido solforico, la
disidratò e la sottopose ad estrazione con alcool e acido solforico che libera e discio-
glie la sostanza colorabile. Dall'estratto precipitò con alcali una sostanza, in forma
di sale alcalino, che si scioglie in acqua e dà con gli acidi un precipitato ben co-
430 Rivista di Patologia- nervosa e mentale
lorabile, che si scioglie difficilmente nelP alcool neutro, ma facilmente in alcool leg-
germente acido, e combinato con ammoniaca è insolubile in alcool e in acqua.
È degno di nota che i preparafi « attivati » e trattati poi con acqua alcalina o
alcool acidulato, perdono per sempre la colorabilità, che non ritoma malgrado una
nuova attivazione. La spiegazione più verosimile di questo fatto sta nelF ammettere
che la sostanza colorabile è stata portata via.
Lugaro,
2. H. Evensen, Beitràge zu der normalen Anatomie der Himgefàsse, — « NissTs
histologische und histopathologische Arbeiten >, Bd. H, S. 88.
Lavoro analitico sulla struttura dei vasi cerebrali. La parte veramente originale
del lavoro è quella che concerne la lamina elastica intima: VX, sostiene che le
cosidette finestre che furono in essa descritte, in realtà non sono vere finestre ma
soltanto cavità contenenti corpuscoli speciali: questi sono di forma assai varia, al-
cuni hanno la grossezza di un globulo gro^o, altri sono fino a quattro volte più grossi:
alcuni sono rotondi, altri ovali, altri ancora a bastoncello: spesso se ne incontrano
molti in una sola cavità: talora giacciono due a due. Con T illuminazione obliqua e
scarsa apertura del diaframma si possano vedere come in rilievo: del resto si colo-
rano in vario modo : in bruno con soluzione argentea, coU'acido osmico in rosso cre-
misino, coir ematossilina in turchino: non si colorano col Weigert per le fibre ela-
stiche né col metodo Heidenhain.
Circa la natura di questi corpi VA, crede che sieno resti nucleari.
O. Rossi,
IN'evropatologia.
3. F. Moutier, UAphasie de Braca. — Un voi. di circa 800 pagg., con nume-
rose figure nel testo. G. Steinheil, Paris, 1908.
Discepolo di P. Marie, FA. difende in questo volume le concezioni del suo mae-
stro: erudito nella letteratura deirargomento, sottile nella critica, paziente nelPanalisi,
egli approfondisce sopratutto T indagine sul materiale fino a qui raccolto, ne vaglia
l'attendibilità, corregge alcuni errori di interpretazione ; a quelli del maestro aggiunge
altri casi, e così rinsalda Tedificio di nuovo costrutto: caustico talvolta, ma di una
causticità non partigiana, ha saputo, il Moutier, pure jn quest'ora di polemica, of-
frire sopratutto una raccolta di documenti.
Come ben si comprende quello che è pregio del libro, l'analisi, impedisce un vero
riassunto: cercheremo di offrire in pochi cenni un'idea della costruzione dell'opera.
Nella prima parte si tratta della storia dell'argomento: interessante è la riunione
degli schemi, spesso invero bizzarramente complicati, che sono stati mano a mano,
tracciati dai vari AA., per spiegare le varie alterazioni della funzione del linguag-
gio. Nella seconda parte si parla dell'afasia di Broc a e della sua localizzazione cere-
brale: nel primo capitolo sono presi in considerazione i risultati dei nuovi studi istituiti
dal Marie sui cervelli che suggerirono a Broca la sua localizzazione. Ma più interes-
santi e veramente impressionanti sono i dati raccolti nei capitoli II e III. L'A. ha
Nevropatoloijia 431
raccolto tatti i casi d* afasia motrice, segaiti da necroscopia, pubblicati dal 1861
al 1906. 1 casi sono 304 : ma di questi ben 201 non sono' utilizzabili per uno studio
rigoroso perchè sono incompleti od errati i dati clinici o gli anatomici (26 casi),
oppure si tratta di lesioni assai estese (175 casi). Bimangono così 108 osservazioni
nelle quali si trattava di lesioni abbastanza circoscritte : di esse sono favorevoli alla
terza frontale o almeno considerate tali, 19:
a) Lesioni corticali, 8;
6) > sottocorticali, 11.
Delle otto corticali TA. imprende una critica minuta, risultato della quale è
la conclusione che nella letteratura non esiste alcuna osservazione di afasia di Broca
nella quale alla necroscopia si sia potuto constatare una lesione unica, rigorosamente
localizzata al piede della terza frontale sinistra.
Invece ben 84 osservazioni tra le utilizzabili sono contrarie alla dottrina di Broca:
in alcune — 57 — si trova in vita afasia, mentre al tavolo anatomico il piede della Fj
è intatto : in altre — 27 — il piede della Fj è distrutto senza che si fosse osservata
in vita afasia.
Svolge quindi TA. altre considerazioni sulle obbiezioni mosse a Marie. Del lavoro
conviene riassumere le conclusioni come quelle che riuniscono quello che attualmente
sul contrastato argomento può dirsi la concezione della scuola di Bicétre, alla quale,
nel calor della polemica, furono attribuite opinioni che in realtà essa non ha mani-
festato.
Secondo le idee già espresse dagli AA. classici in argomento. Marie comprende col
nome di — afasia di Broca — un'alterazione del linguaggio di natura non para-
litica e caratterizzata da disturbi nell'articolazione della parola, nella comprensione
della stessa, da disturbi della lettura e della scrittura, accompagnata da fenomeni di
deficit intellettuale, variabili nella loro intensità, ma costanti.
L'afasia di Broca non è una malattia con un quadro clinico rigido, una entità
anatomo-patologica ristretta ad un unico determinato centro: essa rappresenta invece
una sindrome che conviene scindere da un doppio punto di vista sintomatico ed ana-
tomico.
Localizzazione cerebrale: per ciò che riguarda la localizzazione. Marie ed i
suoi collaboratori rigettano completamente le idee di Broca. U afasia di Broca non
è che V afasia di Wernickcy piti qualche cosa, cioè Vanartria: essa è un disturbo
della rappresentazione e della comprensione delle parole alla quale si aggiunge un
difetto nell'articolazione della parola. Essa dipende da una lesione della zona di
Wernicke e da una lesione della zona lenticolare : la terza frontale non ha
nulla che fare colV afasia.
La lesione della zona lenticolare si trova alla necroscopia di tutti i malati che
aveano presentato in vita la sindrome di Broca: per zona lenticolare si deve com-
prendere quella zona di cervello che è compresa nel quadrilatero di Marie: esso è
limitato all'avanti e all' indietro da due piani frontali che passano l'uno a livello del
solco marginale anteriore, l'altro a Uvello di quello marginale posteriore dell' insula;
all' infuori è limitato dalla pia meninge che riveste la regione à^dV insula: all'interno
arriva fino al ventricolo laterale: sembra che l'anartria sia più particolarmente legata
alla lesione dei due terzi superiori della regione.
La terza frontale resta dunque esclusa anche dal centro dell'anartria: la sua
lesione è un epifenomeno: essa è perù frequente e naturalmente, se vi fu afasia, coe-
siste sempre colla lesione della zona lenticolare: il piede della terza frontale sembra
432 Rivista di Patologia nervosa e mentale - NevropatologUi
presentare una morbilità speciale, ciò dipende con probabilità dalla irrorazione, rela-
tivamente scarsa, che esso possiede.
Nei casi studiati da Moutier, con sezioni microscopiche seriate, quattro volte^
runa in un caso di anartria pura, tre in casi di afasia di Broca clinicamente non
discutibili, lo studio microscopico ha messo in evidenza V integrità del piede della F^.
Delle interpretazioni proposte in alcuni casi, quelle del mancinismo cerebrale,
della supplenza, e della rieducazione non sono che ipotesi contradette da alcune
necroscopie.
Per ciò che riguarda Tafasia che coesìste colla anartria essa dipende dalla lesione
della zona di Werni cke (^yrus supramarginaUs - piega curva): questa è separata
dalla zona lenticolare dall* istmo temporo-parietale : ogni lesione in avanti di questo
determina Tanartria, ogni focolaio allMndietro Tafasia.
Sindrome clinica,
L* afasia di Broca è V afasia di W e mi eie e, piii V anartria, U anartria è un
disturboy piti o meno spiccato, delV articolazione delle parole, indipendente da
ogni fatto paralitico,
Neiranartrico si trova una gravissima incoordinazione dei movimenti muscolari
necessari alla parola: mentre lo pseudo-bulbare non pud, Panartrico non sa parlare.
L'incoordinazione motrice si 'rivela non soltanto nella parola, ma anche nell'atto di
sporgere la lingua e nell'emissione del grido. Questa anartria può essere semplice od
accompagnata da afasia.
Uàfa»ia può essere definita come un disturbo del linguaggio interiore con
alterazione di tutti i suoi modi di esteriorizzazione ; i disturbi della comprensione,
della lettura, della scrittura, sono rigorosamente identici nell'afasia di Broca ed in
quella di Wernicke: nei vari individui vi sono differenze quantitative, ma non qua-
litative: in nessuna parte si può trovare un sintoma, che non sia arbitrariamente
scelto, il quale permetta di classificare un determinato caso nell'uno piuttosto che
nell'altro quadro.
In ogni afasico vi è un deficit intellettuale generale e uno speciale del linguaggio:
certo Vafasia non è una demenza, ma ne differisce sempre per un deficit intellet-
tuale speciale per il linguaggio.
Il disturbo generale si riflette sulla meimwia, sulla mimica descrittiva, sull'asso-
ciazione delle idee, sulle conoscenze professionali: quello speciale sulla lettura, la
scrittura, la comprensione dei segni verbali e grafici. Le alterazioni del calcolo di-
pendono e dal primo e dal secondo. Le alterazioni di tutte queste facoltà si presentano,
si evolvono, regrediscono seguendo le leggi ordinarie dei disordini psichici in ge-
nerale.
I pretesi sintomi sensoriali dell'afasia non esistono : la cecità, la sordità verbale
sono dei disturbi intellettuali della comprensione del linguaggio.
Oramai bisogna rinunciare all'antica teoria delle immagini e dei loro centri:
questa la chiusa dell 'A., la quale, se ha sapore di iconoclastia, è a lui suggerita da
fatti che gli paiono non confutabili.
0, Rossi,
Firenze, Tip. Galileiana, Via 8. Zanobi, 54. Prof. E. TàNZI, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia neiYosa e mentale
DIRETTA DA
E. TA.NZI
(pibbhzb)
A. T^MSTJRINI E. MORSELLI
(eoua) (qknova)
E. LXJGARO
(modxka)
Itocl»ttorls
0. BOSSI
O. SANDRI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amminiatraiic/ie: Prof. TAMZI, Clinica di San SaM, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Ottobre 1908 Fase. 10
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Sul decorso delle vie cerebro-cerebellari nell'uomo.
Ricerche anatomo-patologiche del dott. G. Mlnfirazzini
Professore di Neuropatologia nella R. Università di Roma
Venuta a morte nel nostro Manicomio una donna affetta da j^clerosi atro-
fica di un emisfero cerebrale (sinistro) ed avendo studialo le sezioni in serie
del rispettivo tronco cerebrale, mi è parso opportuno segnalarle. Riferirò da[)-
prima la storia clinica e alcune parti del reperto istologico, concernenti il
decorso delle vie cerebro-cerebellari.
Storia clinica, — Cascapera Cristina, di anni ò'ò, nacque con gli arti di
destra paralizzati. La modula la descrive di carattere eccentrico, bizzarro, volubile, e
di temperamento linfatico nervoso. Ha sofferto fin dalla nascita di accessi epilettici
che si andarono sempre ravvicinando; alla fine di ogni attacco rimaneva dapprima
sbalordita, quindi cupa cogitabonda; spesso si scagliava contro le compagne e ten-
tava anche di ucciderle, perciò verso i diciassette anni (1888) fu ricoverata nel Mani-
comio di Roma.
Esame obiettivo (giugno 1891). — Nulla a carico dei movimenti del facciale di
sinistra. Il facciale inferiore destro è paretico. Normali i movimenti attivi e passivi
d^li arti di sinistra. Gli arti superiori ed inferiori di destra sono più corti e di
volume minore dei rispettivi arti di sinistra. *
28
-itJi G. MiiKiazzinl
L'ipotrofia dell'arto superiore destro risulta evidente dalle misure seguenti:
Braccio destro 3^ medio 195 nim,
» sinistro » 228 »
» destro 3** superiore 225 »
> sinistro » . 250 »
L'inferma non può portare l'arto superiore destro al di sopra della testa: gli
altri nroviraenti di adduzione, di rotazione, sono sufficientemente mantenuti, ma in-
completi; i movimenti passivi sono limitati al pari dei volontari. Quanto all'anti-
braccio, la paziente è capace solo dell'estensione completa, la flessione sul braccio
non oltrepassa l'angolo retto; aboliti i movimenti di supinazione e di pronazione.
I movimenti della mano e delle dita sono completemente aboliti; la mano è cadente
con prevalenza dei flessori delle dita, le quali stanno flesse fortemente contro la palma
della mano; si riesce ad estenderle in parte, impiegando una mediocre forza: però
lasciate tornano subito nella posizione primitiva.
Arto inferiore destro. — I movimenti attivi della coscia e della gamba sono
tutti limitati, meglio conservati quelli di flessione e di estensione delle dita. Il piede
è in posizione varo-equina. Nella deambulazione l'arto poggia sulla pianta del piede,
viene poco sollevato dal suolo e descrive un mezzo cerchio in fuori (andatura eli-
copode). L'arto in parola è atrofico, come risulta dalle misure seguenti prese in cor-
rispondenza delle coscie.
3" inferiore 340 mm. I).
» > 348 » S.
» medio 385 » D.
» » 416 » 8.
» superiore 431 » I>.
» » 455 » S. \
I riflessi tendinei dell'arto inferiore e superiore destro sono appena accennati.il
riflesso rotuleo di sinistra è più vivo del destro. La vista è normale d'ambo i lati;
«►ttimo i; udito. Nessun disturbo afasico o disartrico.
Psichicamente si nota un indebolimento generale delle facoltà intellettuali. Due,
tre volte al mese, e talvolta più volte al giorno, l'inferma è presa da scosse cloniche
che colpiscono contemporaneamente gli arti del lato destro ed i muscoli del settinid
inferiore dello stesso lato. L'attacco non è preceduto da alcuna aura; l' inferma tutto
ad un tratto perde la coscienza; poi sopravvengono scosse cloniche che colpiscono gli
arti di destra soltanto; non si morde la lingua ne fa bava dalla bocca; spesso si
accorge dell'attacco. Durata degli accessi 8 minuti primi.
Status (gennaio 1904). — L'esame neurologico è identico a quello praticato
nel 1901. Le scosse convulsive hanno continuato a ripetersi con i soliti caratteri.
Morte 16 marzo 1906, lieperto, — Aperto il cavo del cranio si nota: nomiale
la dura; la pia apparentemente normale d'ambo i lati. L'emisfero cerebrale destn»
è di aspetto e volume normale; il sinistro apparisce notevolmente diminuito di vo-
lume e di lunghezza.
II diametro antere posteriore dell'emisfero cerebrale destro è di 15 cent, il sini-
stro è di 13 cent.
I giri dell'emisfero cerebrale di sinistra sono più piccoli e molto più consistenti
che a destra; tale differenza è più spiccata in alcuni giri.
Sul decorso delle rie cerebro-cerebellari nelVtiomo 435
Una enorme durezza si nota in corrispondenza della parte anteriore del giro
fronto-parietali^ medìalis, nel giriis angularis e nei giri occipitali secondo e terzo;
i giri più mediali della parte convessa dell' emisfero, il girus occipitalis superiora
la parte superiore delle pararolandiche sono relativamente meno dure. Nella parte
anteriore della porzione opercularis dd gim» frontalis tertius si trova una piccola
♦escrescenza ben limitata; facendo un taglio attraverso la medesima si vede costituita
da una piccola nocchietta di sostanza fibrosa, dura, insinuata nella sostanza grigia.
Praticando un taglio orizzontale si trovano a sinistra : il ventricolo laterale molto dila-
tato, il talamo ottico piccolissimo, il coUictilus caudatus invece raggiunge una gran-
dezza quasi uguale a quella del lato destro. Il corpo calloso è ben sviluppato; manca
Fio. 1. — Fofofjrfnnwa di un inf/lio frontnlf tifi tfvzo auttriorr (Iti collirnlttg
cnuflotus.
In questa, cmne in tutte le tìgrure sepruenti, la metà destra della
figura con-isponde alla metà sinistra [malata] dell' encefalo e viceversa.
Nel lato destro della ti^ra (cio('« nella metà sinistra del cervello) si
vede sensìbilmente ridotta l'area del nuclms caudatus; l'area della
capsula interna rafcgiunge appena V, di quella dell'altro lato; l'area
del putamfu e del filobus pnìlidxis è uniformemente ridotta specialmente
in direzione latero-mediale.
la commissura molli». L'emisfero cerebellare destro è meno voluminoso di quello di
sinistra, come si vede dalle seguenti misure:
Emisfero cerebellare destro diam. ant. p. mass. cent. 4
Emisfero cerebellare sinistro diam. ant. p. mass. cent. 5*.,
L'oliva (bulbare) di destra è più grande di quella sinistra; la metà destra del
ponte più piccola della sinistra.
Diagnosi, Sclerosi atrofica dell'emisfero cerebrale sinistro.
Le sezioni in serie dell'encefalo, praticate a partire dall'estremità prossimale
del Hucleus caudatus, fino al midollo spinale furono colorite con ematossilina Pai
e con fucsina v. Gieson. La corteccia cerebrale fu colorata anche con tionina e hleu
di metilene secondo i precetti di Nìssl.
In corrispondenza del terzo anteriore del nucleus caudatus (fig. 1), si trova a
sinistra atrofia lieve del putamen e dei due membri del glohus pallidus: scomparse
480
6r. Mimjazziiii
quasi iìì foto le laminae medullares nuclei lenti fonnis (iig. 2). Ridotte ad ' ., le
fibre del segineuto anteriore della capsula interna; specialmente la metà dorsale è
quella che è assorbita. Altrettanto si nota lungo i tagli del genti cajjsulae ; qui però
V impiccoliniento dai vari membri del nucleo lentiforme si rende semyre meno evidente.
In corrispondenza del terzo medio del tàlamo (fig. 3) questo ganglio si trova a
sinistra quasi completamente mancante; non si vedono altro che poche fibre midol-
lari appartenenti al segmento inferiore del nucleus lateralis; inoltre l'area dei membri
del nucleus lenti formis si va avvicinando a quella dell'altro lato.
A livello del terzo distale del talamo si notano le stesse alterazioni notate nei
tagli precedenti, risalta, unica formazione bene conservata, il corpus Luysii, le cel-
Fio. 2. — Taglio frontale del terzo anteriore del coUiculus caininins. — ci, capsula in-
terna; gp, globus pallidus; pu. putamen; eh, chiasma. La figura è disegnata allo
scoiK) di mettere in rilievo dal lato sinistro del cervello, T enorme rarefazione del
line intreccio delle fibre nervose che percorrono il globus pallidns e l'assottigliamento
della capsula intenta; le laminae medulla/fs di questo lato sono quasi completa-
mente scomparse sopratutto la lamina medul. mediali» e la medialis accessoria; la
metà destra del chiasma è più sottile della sinistra.
lule e le fibre del quale sono ben costituite. Si nota a sinistra ridotta di * ^ Taren
del nucleus ruher, assottigliata la sua capsula midollare e Virradiato tegmentali^
corrispondente. Infine nel corpus genicuL laterale di sinistra si riscontrano notevoli
e grossolane alt^^razioui, specialmente nelle porzioni corrispondenti alla pars calcarina
e alla pars hyli. Le grosse cellule ventrali sono tutte ben conservate; invece le grandi
cellule, poste sulla superficie dorsale e specialmente verso il margine dorso laterale,
sono rimpiccolite e debolmente colorate con fucsina. Inoltre l'intreccio delle fine
fibre nervose, le laminae medullares e soprattutto la porzione ventrale del rivesti-
mento midollare (in corrispondenza dell' /ty?w^) sono costituite da un numero di fibre
assai inferiore a quelle corrispondenti del lato destro.
A misura che si procede coi tagli distali (fig. 4), l'area del pcs pedtincM/i sini-
stro apparisce ridotta a poco piii della metà rispetto a quella del lato dtjstro; le fibre
Sul decorsi» delle vie cereOro-rerehellari nelT uoìno
437
nervose di quest'area cosi ridotta sono niielinizzate soltanto nella porzione ventrale
dei due terzi mediali, laddove nella porzione dorsale esse sono piuttosto rare e pallide.
Fio. 3. — Fotogramma di uu tat/ìio frontale a Urtilo d^l terzo medio del t/ietlantus. —
Nel lato destro della tìgiira (cioè nella metà sinistra del cer\'ello) spicca la
mancanza quasi completa della sostanza del thalamtn; si vede appena qualolie
traccia dell'area del uucletu medinli» tlmlami: la capsula intema è completa-
mente mancante salvo qualche fibra appartenente all'irradiazione t4»jni™en-
tale; l'area del glohus pallidus e del putamtn ra^^iunge la medesima esten-
sione di quella dell'altro lato; il corno inferiore del ventricx)lo laterale ♦•
enormemente dilatato.
L'area ove trovansi fibre mielinizzate non occupa soltanto parte dei due terzi mediali
del pes^ ma si estende a mò di cono affilato che si estingue insensibilmente sul
Fi«. 4. — Fotof/riniiHìU di un t<if/lio frontale del meseurefilo a livello delhi
parte media del pes peduncoli {cóìorRyÀoiìO con emat<K*'SÌlina Pai). —
Nella metà destra della fifoira (metà Mini^*tra del cervello) si vede
rimpiccolita di circa la metà l'area del uucleug ruher, e assottigliata
alquanto la rispettiva capsula midollare; dell'area del pes peduutuli
manca quasi totalmente la metà laterale, nei due quinti mediali
appariscono mielinizzate numerose fibre, evidenti s])ecialmente lunf^o
i due terzi dorsali. Il rorpng Lui/sii è completamente sviluppato.
Tutti fcli altri nuclei del talamo sono del tutto mancanti. Manca
«lunlsiasi traccia del segmento iHìsteriore della capsula intema, salvo
alcune fibre dell'irradiazione te/cnnentale che iiercon-tmo l'area del
medesimo.
nìurgine dorsale del terzo medio. Le cellule della subst. ìn'grn di sinistra mancano
in parte in corrispondenza del terzo laterale del pes; nel terzo medio e mediale le
4:38
G, Miuf/azzini
cellule esistono naiiierose senza però raggiungere il numero di quelle di destra; molte
sono più piccole e scarseggiano di pigmento, altre però sono ben conservate. Il tìne
intreccio di fibre nervose che serpeggiano entro le cellule della .'tubst. ni(jra è quanto
mai ridotto a sinistra.
L'area del nucleus rnher sinistro è ridotta a circa la metà di quella del lato
destro; assottigliate le poche fibre che corrono entro il nucleo, e c«>utrastanti con
quelle grosse e numerose che traversano il nucleo delFaltro lato: la capsula midul-
'^'
%-
fjca
\p5/J
om ».
r
Fio. 5. — Taglio /mutai f attrartrso In pari* tiudia tifi poni* (eolorazioue all'emato-Hf^ilina-
fucsina). — sff, subst. Kriì<ea (e<iuivaleiite airari'a parala te rale) polita in iiiezzn alle
llhn' «lello stratuin profunduin ; r, raphe tegrinentale ; xco, stratum coni pie xum ; psp, imn*
subpyramidalis; pco, pars eorticalis (queMto duo por/.ioui costituincnno lo stratuin supt^rfi-
oiale); f/pm, cellule e tìbrc nervose dell'area parauiediale; hpr, brachium ponti;»; n,\
^frappo ventro-mediale e gruppi ventrali dei fasci piramidali. Nella ni<'tà sinistra
(lato destro della ti^ura) sono mieliniz/atl incompletamente i fasci ventro-mediali e
i fasi'i ventrali; tutti prli altri grossi fasci mancano completamente; scomparse in
parte, sjieoie nella regione ventrale, le cellule deirai*ea iwiramediale. Nella metà dotra
(sinistra della tigura) sono scompai*se molte tìbre della iiars subpyramidalis e della cor-
ticalis. come pure è ridotto di V , il bracbium p<nitis. sul margine ventrale del quale ìv
fibre sono assai scarse. N«'lla stessa metà destra (sinistra <iella figura) le tibi-e dell»
stratum pnìfuiìdum sono alquanto ridotte di numero e di volume; le cellule nervose
della substantia grisea pontis, spai*se in mezzo alle tilire di detto strato, sono minori
cbe a sinistra; le fibn* corticali del raphe teginentale sono alquanto ridotte n sinistnv
(nel lato destm della figura).
lare del medesimo è quasi completamente scomparsa lungi» il margine mediale:
ridotta, ma tuttavia conservata in parte, la porzione dorsale e ventrale della mede-
sima. LMrradiazione tegmentale dal nucleiis rnher sinistro è uguale per numero e
grandezza a quella dell'altro lato.
Nei tagli a livello dei piani di passaggio del pea peduKciilì al ponte, appare
a sinistra mancante la maggior parte delle fibre piramidali; si trovano mielinizzati,
e non completamente, i soli fasci dorso-mediali, quelli cioè posti in vicinanza del
fasciciihiH certicalis. Non vi è alcuna differenza apprezzabile fra le fibre degli strati
Sul decorso delle vie cerebro-cerebellari nell'uomo i39
complexum e profondum; solo la porzione marginale dello stratum superficiale di
destra si presenta alquanto rarefatta.
A misura che si procede distalmente verso la metà del ponte, quando cioè è
ben costituito il brachium pontis (fig. 5), si vede che questo ultimo è a destra note-
volmente ridotto di volume (circa di \ ',), manca a destra una porzione apprezzabile
delle fibre costituenti la 2^(^rs corticah's e la pars subpyramidaUs, A sinistra man-
cano molte cellule nervose della snbst. grisea posta in mezzo alle fibre della jmrs
mbpyramidalis, e molte cellule nervose dell'area laterale (posta cioè fra V estremità
laterale della pars !iubpyramidalis)y come pure qualche fibra dello tttrntuììì pro-
fnndum ed una parte discreta delle cellule e delle fibre situate nella metà ventrale
dell'area paramediale (chiamo, brevitatis ergo, area paramediale. tutta quella porzione
della metà ventrale del ponte compresa fra il fasciculufì verticaltH e i gruppi me-
diali dei fasci piramidali).
A misura che si discende verso il terzo distale del ponte si nota che a sinistra
i fasci piramidali contenenti mielina non sono piìi quei dorso-mediali, ma i veutro-
iiiediali e i ventrali (quelli cioè decorrenti al di sopra delle fibre della />ar.<? snbpì/m-
midnlis), ^
Dai piani distali del bulbo fino a livello della decussatio pìjramidaìifi, Tart-a
dflla pyramis destra è ridotta ad \\ di quella sinistra e non contiene alcuna fibra
mielinizzata. Al livello del corno occipitale spiccano notevolmente ridotti il /"asr.
long, inf, e le radiazioni ottiche.
Praticando tagli orizzontali attraverso ciascuno degli emisferi cerebellari, si
trovano le sezioni di sinistra completamente normali per quanto concerne sia le
cellule e le fibre dei vari strati della corteccia, sia il niicìeu.^ dentatus^ il vello
e la sostanza midollare. Nelle sezioni corrispondenti dell' emiì^fero cerebellare destro
(opposto cioè all'emisfero cerebrale malato) si nota invece dove una spiccata rare-
fazione dove una vera mancanza delle fibre nervose; qui le cellule del Purkinje sono
a.«jsai scarse, e rattrappite e deformate o a forma ellittica: in altre lamelle le fibre
nervose, le cellule di Purkinje, come pure quelle degli altri strati (molecolare e
granuloso) si presentano bene sviluppate. Il nucleus dentatufi e il nucleus enìbolì-
f'onnis di destra sono più piccoli che a sinistra, la differenza è specialmente spic-
cata nel nucìetia dentatusy le lamelle del quale sono più sottili e meno ondulate:
il vello è atrofizzato e debolmente colorato nei tagli coloriti alla Pai.
L'aspetto istologico dei giri cerebrali di sinistra non è dappertutto uniforme.
In quei giri, che anche macroscopicamente presentavano il maggior grado di durezza
(come ad es. nel girus frontoparietalis medialis e nell'a^^e-r lobi uccip. sin.) scar-
seggiano di molto le cellule nervose specialmente quelle piramidali. Esse si presen-
tano sotto forma di elementi rotondi (nuclei) contenenti uno o due nucleoli e li
circonda un velo di protoplasma incoloro con limiti poco netti. In corrispondenza
degli stessi giri cerebrali si trovano anche alterazioni molto grossolane a carico dei
vjisi e delle fibre nervose, poiché colorando le sezioni con l'ematossilina (Weigert-
Pal) si trovano nel centro dell'asse midollare spesso vasi pieni zeppi di emazie e
circondati da grossi spazi lacunari, traversati da briglie connettivali formanti una
rete a larghe maglie. Intorno alle medesime le fibre nervose sono completamente
degenerate e al loro posto trovansi frammenti o zolle di mielina; le fibre costituenti
l'intreccio infra-e sopraradiario sono in alcuni punti mancanti, in altri ben conser-
vate. Un fitto feltro di glia occupa lo strato superficiale della corteccia cerebrale.
Invece nei giri frontali superiore (fig. (5) e medio, che anche al tatto apparivano
meno duri degli altri, si trova un discreto numero di cellule nervose piranìidali
444>
(f. Miiujazzinì
Fu». H. — T»ifiììu /matalt nttrnrtmo In corttcria rtrt-
hrnìt tifi fi. ft'WìtiilU iiuflhis ffi sinistra (metodo
X i s!*l, oolonixiono alla tioiiìna). Hi vedono, quasi
in tutti kIì strati, elementi cellulari pi-es-so che
rotondi e circondati da un velo di protoplasma;
nello strato delle cellule piramidali se ne vedono
IMU'lu', sparse qua e là, e non sempre bene orien-
tate, e ben lunfi^i dal presentare la fonna tipica
triangolare delle cellule piramidali: inoltre il
protojda.sma è scarf<o e mancante da per tutto di
corpi tiffrodi.
grandi e piccole circondate da nn sbot-
tile alone di protoplasma, povero di
cromatina; però poche si presentano
di aspetto e grandezza normale : molte
hanno un orientamento diverso dal
normale.
Il processo morboso che colpiva
in alcuni punti piìi, in altri meno,
tutto l'emisfero cerebrale sinistro cor-
risponde microscopicamente alla scle-
rosi atrofica cerebrale diffusa. L'essere
diminuito di volume in foto tutto
quanto l'emisfero cerebrale; essere le
circonvoluzioni assottigliate, rimpic-
colite e ridotte a un velo; essere in
corrispondenza del lobo occipitale au-
mentata la profondità dei solchi senza
alterazioni della forma e dell'archi-
tettura dei giri ; presentarsi la super-
ficie dei medesimi straordinariamente
dura e tempestata da numerosi infos-
samenti; la dilatazione enonne dei
ventricoli specialmente del ventricolo
laterale sinistro; l'aumento straordi-
nario della glia che sulla superficie
dei giri cerebrali formava un fittissimo
feltro; tutto ciò, ripeto, costituisce il
reperto classico dell'atrofia sclerotica
cerebrale (unilaterale). Ad integrare
meglio il quadro patologico del morbo
in quistione concorre anche l'aspetto
che mostrano le arteriole della so-
stanza grigia di alcune circonvolu-
zioni : alludo al fatto già segnalato da
lendrassik e P. Marie: cioè che gli
spazi peri vascolari (intomo alle rispet-
tive arteriole) erano ingross|iti note-
volmente e contenevano una rete con-
nettivale a larghe maglie.
Hiiis.siijiiiondo: in sommilo ad una .sclerosi ah'ofica ji^ravissima di quasi tulli
i jiiri (IcircuiisIVro cei'obi'alo sinisti'o (mono jrravc nei giri frontali) sviluppatasi
durante la vita inti'auterina, si è avuta dal medesimo lato agenesia di eirea la
im'tà (in direzione dorso-ventrale) delle libre del segmento anteriore e del ffenii
della eapsula interna; dei Va (iorsali del segmento posteriore della medesima;
dri tre (juinti laterali del pes ; di molle cellule del Jocus nkier; delle fibre
piramidali del pons falla eccezione dei fasci dorso-mediali e ventrali prossi-
malmenle, e di (|uelli ventrali distalmente. Nella metà prossimale del ponte
Sul decorso delie vie cerebro-cerebellari nelT ìtoìnn 4i1
iiolnvasi d';ui)l»o lati una rarefazione dello straluni profunduiìì ; a sinLsIra una
imrziale mancanza delle cellule e delle fdjre dell'area paralaterale e dell'area
para media le; e" a destra scomparsa di molte fibre cosliluenti lo strato super-
fìcialf» e di -y- del bradxium jìontis, A sinistra infine il talamo era completa-
incnle airenetico fatta eccezione del corpus Luysii e di alcune fibre del nucleus
latrralis; impiccolita l'area del nucleus ruber e assotlij^liata la rispettiva capsula
midollare, scomparsi alcuni g;ruppi cellulari del corpus (jenir. lai., ridotti, nella
loro metà anteriore, i vari meni bri ilei nudeus lentiformis come pure le ri-
spettive laniinae rnedullares,
Epi/^risi. — Le cose fin (jui esposte permettono di determinare con ma»?-
jrior precisione il luojio ove decorron(» alcuni fasci delle vie piramidali e delle
vie cerebro-cerebellari.
Innanzi tutto dei rapporti del nucleus lenlicularis con la corticalità cere-
bnle. Dejerine(l) a proposito delle connessioni del corpus striatwn con la
corticalità cerebrale, ricorda come Bianchi e D'Abundo abbiano notato la
diminuzione del voluuìe e del numero delle cellule nervose del corpo strialo
(nuclei» lenticolare) in seiruito all'ablazione del rjirus sigmoideus del cane; come
Warinesco, per mezzo del metodo del Marchi, abbia osservato la degenerazione
di «jualche fina fibra del corpo striato in seguito all'ablazione del lobo frontale
nelle scimie t; nel cane. Ma nejerine si affretta a soggiungere che queste
lesioni sono minime in tutti i casi e non sono paragonabili all'atrofia talvolta
estn'ma che subisce il talamo in siffatte circostanze. La diminuzione di volume
jissai modesta del corpo striato (nucleo lenticolare) che si constata nell'uomo
in seguito a vecchie lesioni corticali patologiche, e che risalgono alla prima
infanzia è, a parere del Dejerine, analoga alla diminuzione di volume in massa,
che subisce in ogni caso la metà corris])ondent(; del tronco dell'encefalo, il corni»
anteriore del midollo spinale e l'emisfero cerebellare del lato opposto. Essa di-
pende, secondo (juesto neurologo, tanto dalla degenerazione delle collaterali che
il sistema di fibre di proiezione corticale invia al corpo striato e alla regione dcdla
calotta, quanto .dall' inattività funzionale di queste stesse regioni. Ora a me pare
che con siffatto moìio di ragionare il Dejerine incappa in una petitio principii ;
alferniarc che una formazione si atrofizza di più (il talamo), l'altra meno eipii-
valc a dire che i rapporti con una sono molto più estesi che con l'altra; ma
da «io non si desume che la seconda ne manchi. Sostenere che questa sia pur
lieve atrofia dipende dalla diminuzione di volume in massa di tutte le metà
con'ispondenti del tronco encefalico, si risolve in una specie di tautologia;
tanto più che si può dimandare perchè alcune formazioni come ad. es.: l'oliva
superior el inferior del medesimo lato, i nuclei di origine dei nervi cerebrali
non presentano in genere atrofia anche in seguito a vaste agenesie cerebrali.
Né vale l'affermare che nelle vaste agenesie o lesioni congenite della corticalità
cerebrale si atrofizzano tutte le formazioni omolaterali sottostanti; ciò dimo-
stra che esse hanno appunto un rapporto anatomico con la medesima, tant'è
vero che nelle agenesie o nelle distruziimi emicerebrali la metà omolaterale
del cervelletto rimane immune, e atrofizza invece quella del lato opposto (atrofia
crociata cerebro-cerebellare). Del resto nessun argomento parla meglio in favore
4i^ (m, Muifjazzuii
della mia tesi quanto appunto lo studio dei caso, su cui si appog^'J» >' n<*jcrint^
cioè il caso Pradel (2) in cui era avvenuta una distruzione completa della
corlicalità cerebrale. Ebbene, basta dare una occbiata alle ligure qui accennale,
per accorgersi cbe l'atrofìa dei tre membri del lenticolare, era più che grosso-
lana. Ma ciò che è più strano si è che in altri casi Dejerine ha realmenti;
tr()vato fil)re degenerate nel (jlobiis palli dus in seguito a lesioni corticali (casi
di Cai Hot e di Hilaire, p. 313 e seg., loc. cit.) onde egli atferma che per
lo meno il imtamen riceve libre di proiezione dalla corteccia cerebrale. Il pre-
sente njio caso è una indiscutibile conferma di quanto io ho sempre con altri so-
stenuto; cioè che almeno una porzione (anteriore) del nurleus lenti fonnis (jni-
tamen) riceve probabilmente libre di proiezione dalla corticafità rolandica ilalla
qjiale come Pontogenia e la filogenia insegnano, si è distaccato (Edinger);
onde non è a meravigliare che la lesione del putanien dia luogo ad una sin-
drome definita nella ifuale dominano i disturbi motori (emi|)aresi).
È importante a questo proposito segnalare, come soprattutto la jiorzion»'
anteriore del putanien e delle laminae medullares nuclei lentifonnis sono ipielle
che contraggono rap]H)rti i)iù stretti con la corteccia cerebrale, sono esse che
lese danno origine a disturbi della motilità e della parola, hifatti dairesaine
delle mie sezioni si ricava come la riduzione di queste formazioni, assai ri-
levante nella metà prossiuiale, si renda sempre meno apprezzabile, a misura
che si [>rocede verso Testremità distale. Qui ujì preme di aggiungere che anche
h^ luìninae medullares {ext, aUpie interna) nuclei leni,, erano ridotte di uìollo
e in alcune sezioni appena ravvisabili. Anche questo reperto è in armonia
con quanto Edinger(3) ha osservalo nei cervelli di feti umani immaturi nei
quali spicca, per mezzo della colorazione airematossilina, un fascio di fibn»
(irrailiazione della calotta) che, originando dalla corteccia rolantlica, penetra
entro i due membri niediali del nuckus lenti far mis. Ora egli cred«» che un tal
fascio (di origine corticale) prenda parte alla formazione delle laminae me-
dullares nuclei leni,, e quindi discenda a costituire il lemniscus superior. È
quindi ovvio il comprendere come nel mio caso, data un'agenesia della c(»r-
ticalità cerebrale di sinistra, anche le laminae medullares {nuclei lentiformis)
dovessero subire una si evidente aplasia.
Ed ora della capsula interna: gli osservatori non sono tutti (Paccordo in
quali punti della medesima passino le numerose vie che, procedendo dalla cor-
teccia cerebrale ivi si riuniscono. Riferirò qui le ve«iut(; di coloro che più si sono
occupati dell'argomento. Secondo Dejerine (i) il segmento anteriore della
(capsula è costituito quasi esclusivamente da fibre orizzontali che passano fra
il nucleo caudato ed il lenticolare (fibre lenticolo-caudate); solo nella porzione
posteriore vi si aggiungono fibre destinate al quinto mediale del pes. Anche
secondo Monakow (5) passano nel segmento anteriore della capsula interna
vie destinate al quinto mediale del pes, e propriamente la parte ventrale di detto
si'gmento è costituita quasi esclusivamente «la fibre provenienti dai due primi
giri frontali e destinate a formare le vie fronto-cerebellari; invece nel terzo
dorsale decorrono fibre che originate specialmente (\i\Wnperculum frontale sono
deputate ad innervare l'apparalo oroglosso-laringeo, come j)ure fibre prove-
Sul decorso delle eie cerebro-cerebellari neW uomo i43
nienti dalla porzione anteriore del nucleo laterale e dal nucleo mediale del
talamo, e che terminano nei giri del polo frontale. I risultati da me ottenuti
appoj^jriano queste ultime vedute, dappoiché nel segmento lenticolo-striato (an-
teriore) della capsula interna di sinistra soltanto un terzo circa delle libre
era bene mielinizzato in tutta la sua altezza; ora poiché esisteva una lieve ri-
duzione di volume nel caudatus e nel lenlicularis, cosi ove si ammettesse con
Dejerine che la fonte (juasi esclusiva di tali libre fosse il nueleus lenlictdaris
t'W caudatus, mal si comprenderebbe perchè avesse fatto difetto una (juanlità
cosi considerevole di fibre nel segmento anteriore della capsula interna di
sinistra. Se invece si ritiene che a costituire il segmento anteriore concorrano
non solo le libre lenliculo-caudate ma (eziandio (iMonakòw) fibre efferenti dal
talanu», o, (fuelle centrifugali decorrenti nel quinto mediale del pes, si comprende
come nel caso presente la riduzione dovesse essere rilevante; qui dovevano
infatti mancare tutte le vie efi'erenti dal talamo il (juale (fatta eccezicme del
roriHfs Luysii) era a sinistra completamente agenesico.
Quanto al fascio genicolato, esso degenera, secondo Dejerine, in seguito
a lesione ddroperculum rolandicum e della parte adiacente iMVoperculum
frontale, ed è costituito perciò da libre destinate al facciale e alTipoglosso.
Secondo Monakow, il ffeau è formato, solo nella porzione dorsale, da libre
destinate al facciale e all'ipoglosso e in quella ventrale da fibre (fronto) cerebro,
pontine, e da quelle destinate ai movimenti dell'arto su|)eriore. Il mio raso
de|)one piuttosto in favore delle vedute di Monakow, perchè la integrità di
una parte delle fibre del ifenu capsulae non può spiegarsi che con l'integrità
di'lle vie fronto-pontine.
Anche per il segmento posteriore della cajisula interna le vedute dei neu-
rologi non sono concordi. A costituire questo segmento concorrono, giusta le
ricerche di Dejerine, un gran numero di libre che appartengono alle radia-
zioni striotalamiche (cioè che dal nueleus lenlicolare si portano verso il nueleus
laieralis thalami) come pure fibre di proiezione corticale che si arrestano nel
talamo (fibre cortico-lalamiche); però la maggior parte delle libre di (juesto
segmento, |)roverrebbe dai cinque sesti superiori dei giri rolandici e si conti-
nua direttamente con le fibre dei tre quinti di mezzo del pes pedunculL Secmìdo
Monakow, a costituire il segmento posteriore della capsula concorrono libre
raggiate che dal nucleo lenticolare si portano al talamo (vie lenlicuhdala-
iniche); inoltre nel terzo anteriore del segmento stesso passano vie desti-
nate al quinto mediale del pes e ai movimenti del braccio; nel terzo medio
il resto delle vie piramidali; nel terzo posteriore fibre provenienti dai giri
temporali destinale al cervelletto del lato opposto (fascio di Tiìrck) e fibre
chi' originate dalla irradiazione legnu»ntale del nueleus ruber e dai nuclei ven-
trali del talamo, si portano a (piasi tutto il lobo parietale (fascio della sensibilità
Irasmettitrice delle impressioni locali). La differenza fra Monakow e Dejerine
consiste dunque in ciò: che il primo ammette che anche vie talamo-parietali
e temporo-cerebellari decorrano nel segmento posteriore della capsula, laddove
Dejerine non parla affatto delle prime e quanto alle seconde crede che de-
corrano propriamente nella regione sottotalamica. K evidente che il mio casi)
/■■
AiA a Minga zziti i
si prestji jKHo :ì risolvore questa lieve conlroversia ; ad ogni modo è cerio
clje il sci^iiiento posteriore della capsula difettava completamente di fibre (falla
eccezione di (juelle |)rovenienli dall'irradiazione tegmenlale del nudeiis ruher)\
il che sta in rapporto con quanto ammettono tutti, cioè che nel segmento
posteriore decorrono quasi esclusivamente vie provenienti dalla corteccia cere-
brale e dal talamo.
r*rocediamo ora allo studio delle sezioni del pes peduncidi del mio caso.
Sarà opportuno qui ricordare come, secondo Dejerine, il pes peduncuU del-
l'uomo contenira fibre di proiezione esclusivamente corticali. Egli divide il y>f5
in cinque porzioni; il quinto mediale conterrebbe fibre della zona motoria
facciofarinj^olarin^ea, delle quali alcune terminano probabilmente nei nuclei dei
nervi cerebrali di moto, altre attraverso la piramide si portano al midollo spi-
nale; i tre quinti di mezzo sarebbero costituiti da fibre degli arti, originanti dai
quattro quinti (superiori) dei giri pai^arolandici, dal piede dei giri frontali
mp, et. mediìis i\ dal lobulus pararentralis; una minima parte di queste filire
terminereblie nella siihsL nigra e nel pons, la massa principale trapassa nelle
piramidi. Il quinto laterale del pes pedtinctdi contiene, secondo Dejerine, THue
provenienti dalla parte media dei giri temporali sec, et tertius; di esse una
porzione minima si termina nella suhst, nit/ra mentre la massa principale si
porta al ponte. Secondo Dejerine non decorrono nel pes pedwictdi lasci isolati,
siano essi piramidali siano cortico-pontini o di altra specie; tutte le fibre sono
mescolate e conm^sse fra loro strettamente. Presso a poco le stesse vednlfì
sono sostenute da Monakow, il quale differisce dal Dejerine solo sul con-
cetto e sui destini delle fibre decorrenti nel quinto mediale. Questi aggiunge
piire che le vie fronlo-pontine del pons, mentre prossimalmente occupano i fasci
dorso-mediali, nei piani distili si trovano in fiìsci sempre più ventrali.
Secondo Obersteiner(O) il pes pedunculi si può dividere in sei segmenti.
Ni'l sesto mediale decorre la via fronto-ponto-cerebellare, e non conterrebbe
fibre piramidali. Nel seconde» sesto decorrerebbe la via piramidale destinata ai
nervi cerebrali di molo (via cortico-bulbare); il terzo sesto contiene fibre
piramidali per la restante parte del corpo (via cortico-spinale); nel quarto
sesto correrebbero le vie per il senso muscolare; nel quinto sesto le vie teiti-
poro-fronto-cerebellari, e nel sesto laterale il fascio dal lemnisco al [h'S, »I
caso mio si è veduto che era mielinizzata una buona parte (dorsale) dei
(lue quinti mediali del pes sinistro compreso il margine superiore del quinto di
mezzo; ora poiché eravi una evidente paresi del settimo e dell'ipoglosso destro,
cosi è chiaro che le fibre mielinizzate nei due quinti mediali (o dei due sesti
mediali) del pes devono appartenere probabilmente alle vie fronto-cerebellari.
Se poi si ammette che i tre quinti di mezzo sono occupati anche dalle vie pi-
ramidali, se ne inferisce che le medesime, almeno quelle che decorrono nei
secondo quinto mediale e nell'apice del quinto di mezzo debbono essere me-
scolate ad altre vie. Difatti vie piramidali non potevano essercene, perchè la
piramide sinistra difettava completamente di fibre.
Secondo Dejerine, la degenerazione del locus niger tiene dietro alle
lesioni corticali della zona rolandica e il settore degenenito del ìorns corri-
ShI decorso delle rie rerebro-rcrebellari nelV uomo 44-5
sponde in modo esalto alla zona di degenerazione pcduncolare. Ejrli agjiinnge
che la degenerazione del locus è più intensa quando il secondo quinto late-
rale del ijes è degenerato (fibre dell'arto inferiore), e lo è meno quando la
degenerazione occupa i due quinti di mezzo (fibre del braccio); onde secondo
Dejerine, la radiazione del locus nifjer proverrebbe sopratutto dalle regioni
roiandiche superiori. Che tuttavia fibre destinale a mettersi in rapporto col
locus niffer derivino anche dal lobo frontale è dimostrato dal fatto che Be-
chlerew trovò degenerazione delle cellule della subst nicjra nei casi di lesione
del segmento anteriore della capsula interna. Bechterew (7) poi ricorda che
anche l'atrofia unilaterale del cervello, e l'ablazione della corteccia cerebrale
portano ad atrofia delle cellule del subst, nùjru. Io non ho il mezzo per verificare
((uanlo asserisce Dejerine; certo è che anche il caso mio, mentre dimostra
la dipendenza, almeno in massima parte, della subst, nigra dalla corticalità
cerebnile, riprova ancora quanto già altra volta ho sostenuto: cioè che non vi
è corrispondenza assoluta fra degenerazione od aplasia di determinate aree
ilei pes pedunculi e le corrispondenti cellule della substantki nigra, dappoiché
al di sopra del terzo laterale del pes di sinistra nonostante che fosse completa
la mancanza di fibre, esisteva un discreto numero di cellule ben conservate
della subst. nigra.
Che non solo le cellule della 5t«to. nitp^a, ma anche l'intreccio fittissimo
di fibre nervose, posto in mezzo alle medesime, dipendano dalla corteccia cere-
brale lo dimostrano parecchie mie precedenti osservazioni compresa la presente.
(]iò trova la conferma anche nelle esperienze di lurmann {S) il quale trovò nei
cani una degenerazione delle fibre decorrenti in mezzo alla subst, nigra, in
seguilo all'estirpazione del segmento postero-laterale del lobo frontale e della
sostanza corticale posta sopra il g, sigmoideus, E propriamente egli osservò che
la degenerazione colpisce le fibre più mediali, quanto più la demolizione si
porta verso T innanzi; colpisce invece le fibre più laterali della subst, nigra,
quanto più posteriore è la demolizione delle fibre laterali del pes.
Ora veniamo al decorso delle vie fronto-cerebellari nel ponte. Un punto
sul quale mi preme di insistere, si è che a sinistra dei fitsci piramidali del
ponte erano mielinizzati anteriormente i mediali ed in parte i ventro-mediali;
quelli completamente, questi incompletamente ; mentre distalmente erano sol-
tanto questi ultimi. Che questi sieno i fasci fronto-cerebellari si deduce non
solo dal fatto che solo ad essi potevano riferirsi le fibre mielinizzate, nel pes
peduneuliy ma anche perchè a sinistra i giri frontali sagittali erano quelli
meno lesi. \ fasci fronto-cerebellari adunque non conservano sempre una po-
sizione costante nel loro decorso, ma sono, specie prossimalmenle, mescolati
anche ad altre fibre (piramidali); ed a misura che si portano indietro occu-
pano sempre una posizione più ventrale, finche in vicinanza della piramide
scompaiono per portarsi al brachium imntis contro-laterale. Che le vie fronto-
cerebellari si incrocino per portarsi alla metà opposta del cervelletto è (U'a-
imii ammesso da tutti, tante sono le prove accumulate negli ultimi tempi.
Secondo le mie personali ricerche (fig. 7) esse concorrono insieme alle fibre tem-
poro-cerebellari, a formare cjuasi tutta la via peduncolare meilia (0). Queste ul-
446 G. Minfjazzini
lime, provenienti dal lobo Icmponile, sono formale dalla seguente catena di
neuroni: il primo neiu'one ^temporo-pontino) si origina nel lobo temporale,
passa per la capsula interna e per il quinto laterale del pes imfwìrvii e
si esaurisce intorno alle cellule gangliari omo- e conlrolaterali dello slm-
lum profundum, nonché intorno alle cellule prossime al fascicidus vertimin
seti medianus pontis. Il secondo neurone (ponto-cerebellare) si origina da
(jueste cellule (concorrenti a formare il gruppo paramediano), traversa il
raphe, forma una parte delle fibre transversalì dello stratnm profundum e
superficiale del lato opposto, e quindi passa nel peduncolo cerebellare medio.
Le fibre fronto- cerebellari provenienti dal lobo frontale constano delle seguenti
catene di neuroni: il primo neurone (fronto-pontino) origina dal piede dei
giri frontali, iXdWopercidum imulae e dal talamo passa attraverso il segmento
anteriore e il (femi della capsula interna, prosegue nel quinto mediale del y^'s
pedunculi, poi nel ponte lungo i fasci dorso-mediali e ventro-mediali della
via piramidale, infine si esaurisce intorno alle cellule nervose del ponte poste
tra le fibre dello straluni profundum e superficiale, come pure intorno alle
cellule poste vicino al raphe (cioè intorno alle cellule delParea paramediana);
il neurone terminale (ponto-cerebellare) comincia dalle cellule suddette, tra-
passa la linea mediana, e dopo aver costituito parte delle fibre trasverse dello
stralum profundum e superficiale, passa nel peduncolo cerebellare medio del
lato opposto: alcune di esse si soll(»vano lungo il raphe del tegmento.
Le osservazioni fatte sul caso presente confermano quasi completamenle
quanto teste lio riassunto. Difalti si comprende bene come qui, la completa age-
nesia delle vie temjmro-cerebellari dia ragione della parziale assenza delle cel-
lule nervose poste intorno e in mezzo alle fibre dello stratum profundum, spe-
cie di (juelle poste lateralmente; si comprende del pari perchè le cellule nervose
dell'area paramediale sinistra fossero in parte scomparse. Infine il fatto dell;i
diminuzione considerevole delle fibre dello stratum superficinle nel lato destro
dimostra che un contingente delle medesime è la continuazione delle fibre
temporo-cerebellari del lato opposto. A me pare anzi che si possa, anche con
maggior precisione di quanto io abbia fatto altra volta, stabilire da quale dei
tre ordini di cellule poc'anzi enumerati scaturiscano rispettivamente i tre ordini
di fìhvo {raphe tefpnentaìe, stratum profundum, e stratum superficiale) cosli-
luenti i neuroni terminali delle vie temporo-cerebellari. È cioè verosimile ri-
tenere che i neuroni che si ramificano intorno alle cellule della subst. grisea
sparse in mezzo allo stratum profundum, si mettano in rapporto con fibre
dello strato profondo del lato opposto; che quelli che si ramificano intornc
alle cellule dell'area paramediale, diano origine alle fibre sollevantisi nel raphe;
che quelli ramifìcanlisi intorno alle cellule della sul)st. firisea dello stratum
superficiale omolaterale si nìcltano in rapporto con le fibre dello stratum
superficiale del lato opposto (fig. 7).
E poiché le fibre dello stratum profundum nel mio caso erano (e solo
pn»ssimalmcnle) poco inferiori al normale, se ne deduce che alla costituzione
delle medesime concorrono in maggior corpo le fibre fronto-cerebellari, di quello
chi^ le teni])aro- cerebellari. Siccome poi i\ misura che si procede prossimal-
Sul decorso delle rie rerebro-cereOellari neW uoìno
447
nit*nl(; tanto lo (tIIuIo nervose «leirarea para media le dì sinij>(ra, quanto le libre
dello simtum super/ìrUUe di destra, andavano avvicinandosi senijjre al numero e
Fio. 7. — Schfma dflh rrmufssioni croriait dell' ftnìs/tro ctrthrah di un lato con il
ctrrfllftto dell'altro lato ptr mezzo del peduncolo cerebrale nudio (via peduiicolaro
mpflia). — /m, linea mediana; dalla corteccia cerebellare originano vie cerebel-
lofugali composte di catene di neuroni (e), i quali si mettono in rapporto con
le cellule omolaterali e controlaterali della substantia ffrisea pontis : da questo
lirendono origine altri neuroni (e'), i «juali trapassata la linea mediana, decor-
rono in.sieme ai fasci piramidali mediali del ponte, \ìoì lungo il quinto me-
diale del pes pedunculi (pp)^ e così si portano verso l'emisfero cerebrale del
lato opposto. Dal cervelletto fuoriescono anche le fibre (d), che ascendono
lungo il raphe e si portano probabilmente al nucleus reticutaris t/f/tnenti.
Dalla corteccia cerebrale originano diversi ordini dì catene di neuroni cere-
. belIoi>etali : alcuni (/), dal lobo frontale, altri (t), dal lobo temporale, cioè
neuroni cortico-(fronto e tempore) iK)ntini. (p). I neuroni fronto-pontini (/), si
portano lungo il quinto mediale del pes, si ramificano intomo alle cellule
dorso-mediali del ponte, e intorno a quelle poste in vicinanza del fasciculus
verlicalis. Da queste cellule originano i neuroni (f), che, come fibre trasverse
dello stratum profundum e superficiale, si portano al cervelletto del lato opposto.
I neuroni temporo-ijontini (t), decorrono nel quinto laterale del pts e nei fasci
piramidali laterali del ponte; di essi parte si ramifica intorno alle cellule
dell'area paramediale, di cui le fibre si sollevano direttamente nel rapht iwr-
tandosi alle cellule del unclms r*ticultiris tei/nunti pontis (nrt) ; parte si ramifica
direttamente intomo alle cellule della subsi. griua pontis posta lateralmente fra
le ^hre ùéiìs^ pars subpyramidaìis : da questo gruppo di cellule na.Hce un altro
neurone ponto-cerebellare che va a formare (f) parte dello stratum sui>erficiale
del lato opposto. Il terzo gruppo di neuroni temporo-pontijii si ramifica in-
torno alle cellule dello stratum pro/undum; di qui un altro neurone va a for-
mare parte dello stratum pro/undum omo- e controlaterale. Questi due ultimi
gruppi di neuroni ponto-cerebellari si portano i)er mezzo del pedunculus medius
cerebelli, al cervelletto controlatcrale. I neuroni (p) decorrono con i fasci cen-
trali delle vie piramidali, e mandano collaterali intomo alle cellule del lo «/»Y//i<m
compi fxum: da queste originano neuroni che si portano forse al cervelletto.
alIVslensione di quelle deiraltro lato, cosi è a supporre che prossimalmente si
incrocino le lemporo-cerebellari, distalmente le lìhrc t'ronlo-cerehellari. Aggiun-
v^i'rn che il ccnitinjrente temporo-cen^M'Ilare deve rappi'esentare una quantità non
4"i8 (i Muujazzinl
Iniscurabile per il corvollello contro-laterale, poiché la dirninuzioiie di vnlnine
(h'Ila nifìià destra del cervelletto era di cm. 1 V? <^"'<^«'i in direzione sagiltah*.
Riassumendo: i fasci fronto-cerebellari percorrono il seirmenlo anteriine
della capsula interna, del «juale costituiscono circa */^, poi discendono luniio
una porzione del quinto mediale (e forse anche dei due quinti mediali) M
pes, (juindi corrono lungo i g^ruppi ventromediali prima e ventrali poi ilei
fasci piramidali: alla tine si incrociano nella estremità disiale del ponte, prr
portarsi lun^o il brachium poatis al cervelletto del lato opposto.
Il fatto che in alcune lamelle dell'emisfero cerebellare destro esisteva nn'ajrc-
nesia spiccata dei rispettivi elementi nervosi, mentre altre avevano ragjriunto uno
sviluppo completo, indica intanto che determinate lamelle degli emisferi cere-
bellari ricevono determinati sistemi di fibre provenienti dal ponte (nel ciisu
nostro le vie fronto-cerebellari) e rispettivamente dall'emisfero cerebrale del
lato opposto. Questo reperto, se non dimostra l'esistenza di localizzazioni fun-
zionali dei diversi lobuli del cervelletto, certo indica che determinate z(me di
questo organo si mettono in rapporto con fasci provenienti da punti cin-d-
scritti degli emisferi cerebrali (Bolk, Pagano).
Delle formazioni connettenti remisfero cerebra[e.con il cervelletto del Inlo
opposto fa parte essenziale il inideus ruber. Poc'anzi ho notato come fosse le|f-
germente ridotta l'area del ìmcleus ruber, ed assottigliata la rispettiva capsida
midollare. La riduzione notevole di fibre nervose percorrenti l'interno del nucleo
rosso è ben spiegabile ammettendo che le fibre provenienti dalla corteccia ce-
rebrale debbano (in proporzione non trascurabile) concorrere a costituire la della
formazione; difalli ho dimostrato anni sono che le fibre collaterali provenienti
dai neuroni cortico-talamici traversano la capsula midollare del micleus rnher
e vanno a ramificarsi entro il medesimo.
In antitesi all'aplasia della capsula midollare del nucleo rosso sinislro
era quasi completamente conservata tutta la rispettiva irradialio teffnwntaUs,
Quantunque siano poco note le fonti principali che concorrono alla formazione
della medesima, ciò nonostante pare ormai assodato che vi prendono parte fibre
marginanti prevalentemente dal cervelletto, dalla subsL grisea jjontU, e dalla
formalio reticidaris ; esse sarebbero poi destinate a ramificarsi intorno ai nuclei
ventrali del talamo (Monakow) (10) del lato opposto. Senza entrare a discu-
tere l'esistenza o no di tutti questi rapporti anatomici, sui quali si esprime
con molta circospezione lo stesso Monakow, certo è che l'integrità, a sini-
stra, del cervelletto, della formatio relumlaris e di quasi tutta la stibsl. (grisea
pontis tspiega, in armonia con le vedute testé accennate, l'integrità della irra-
dialio te(/mentnlis.
Nella memoria poc'anzi citala (11) ho sostenuto che nei cinocefali le Ulne
della capsula midollare del nucleo rosso provengono quasi esclnsivamenle ilal
brachium coniunclivu/n del lato opposto e non dagli emisferi cerebrali e né
anche, come sostiene Monakow, dal talamo. Ora se questa mia opinione pnò
essere mantenuta per il Cj/nocephahis, non altrettanto sarebbe lecito per l'uomo,
dappoiché nel caso presente, in cui rfjmisfero cerebellare destro era aplasico
in seguito' alla lesione delTemisfero cerebrale sinistro, la causa della notevole
Sul decorso delle rie. rerehro-cerehellari nel r uomo H\)
agtMiesia delle fibre di della capsula, non pelea essere addebitala che airemì-
sfero cerebrale o al thalamus: le gravi lesioni che nel caso mio colpivano
l'uno e l'altro, non mi permetfono per altro di decidere a quale dei due (l«'h-
bansi riferire.
Non posso lasciar dimenticato il fatto che accanlo all'aj^enesia di quasi
lutti i nuclei del talamo sinistro è rimasto quasi completamente integro il ror-
pus Luysii. Le esperienze di Monakow sono da questo punto di vista completa-
mente esaurienti ; egli infatti ha insistilo sul fallo che (ad eccezione del corjrus
Luifsii) ciascuno dei nuclei del talamo dipende da un giro o da un determi-
nalo gruppo di giri cerebrali, come insegnano i risultati della degenerazione
secondaria e il metodo della mielinizzazione. Il corjMs Luysii invece è in rap-
porto di dipendenza coi nuclei del cervello anteriore (nucleus caud. et lenUcu-
UirLH) per mezzo delle fibre slrioluisiane. Ora nel caso presente, data la limitala
atrofìa (secondaria) del nucleo lenlicolare sinistro, e la conservazione delle libre
slrioluisiane, si comprende perchè ben poco ne abbia inteso il corpus Luysii.
Del talamo fa parte integrante il corpus ffenicuL laterale; prima j)ern
di dire delle alterazioni che questo presentava, sarà opportuno che io accenni
alle principali parti che lo costituiscono. Monakow (\f\ che ne ha fatto
oggetto particolare di studio vi dislingue due ordini di strali: il dorsale e
il ventrale. Questi due strati presentano, secondo lui, rapporti diversi con
le vie ottiche ; le piccole cellule formanti il sottile strato ventrale, le cellule
di piccola e media grandezza situale entro la zona di irradiazione del tractus
optirus^ e le piccole cellule annidate entro le lamimie medullares^ costituiscono
la cosi detta k porzione retinica » degenerano inlatti quando degenera
tracius opticus (come accade nella cecità totab ongenila bilaterale); mentre le
irrosse cellule multipolari degli strali dorsali concentrici rimangono integre.
Viceversa queste ultime degenerano quando si interrompono le radiazioni ottiche
(doj>o la distruzione del lobo occipitale): onde a questo complesso di elementi
Monakow dà il significato di « porzione della sfera visiva». A seconda della
zona in cui domina l'una e l'altra di queste porzioni, Monakow poi dislingue
nel corpus ^nucw/i laterale tre parli: a) una posta distalmente, detta jxirs cai-
rarina, gli strati grigi profondi (ventrali) della quale sono in rapporto con le
irradiazioni ottiche ; b) p^irs hyli, della quale il segmento laterale è in stretta
rtmuessione con le labbra della calcarina, il segmento mediale coi giri O'-O"'. ;
c) la jxirs reticulata, situata nel terzo prossimale e contenente le irradiazioni
del tractus opticias del corpo genicolato, si compone di elementi ili sostanza
grigia disposti in modo disordinato, perchè attraversata dai due fasci del trarfus
che ivi si irradiano a mo' di ciuffo. Ora il fatto che nel mio caso i mar-
gini della pars calcarina e della pars hyli erano circondati da un sottilis-
simo strato di fibre e contenevano nel loro interno poche e rare libre, è bene
spiegato dall'essere queste due porzioni del corpus yen, e.rt. in rapporto quasi
esclusivamente coi giri occipitali; ed ho già segnalalo le gravi alterazioni della
sostanza corticale di sifl'alte circonvoluzioni, come pure la notevole diminuzione
di libre dello straluni sayittale ini. (radiazioni ottiche) e del fasciculus lonyit.
inferior, la funzione del (fuale pare non estranea alle vie visive.
■-'•♦
-i7ìi) G. Mi Uffa zzi ni
Lo sliidio (Ielle sezioni frontiili della parte anleriore del cliiasnia ini lia
pure rivelato che nella parie posteriore del medesimo la metà destra (irarius
ojìL dexler) cioè del lato sano presentava un numero di fibre più conipalto e
jiiù numeroso, che non la metà sinistra (tractus opticus s,) laddove a misura
che si procede verso le sezioni prossimali, cioè a misura che si andava for-
mando il nervus ojiticus, le condizioni si invertono, cioè la metà sinisln»
del chiasma va diventando sempre più estesa della metà destra e conteneva,
specie sul lato mediale, un numero di fibre nervose più compatto e più nu-
meroso. Questo fatto è del pari in armonia col reperto di Monakow (1{I),
cioè che in scarnito all'ablazione completa del lobo occipitale ad un mammi-
fero neonato di alta dignità (cani, inatti) insieme ad un rimpiccoliniento se-
condario assai spiccato dei centri ottici primari, anche il nervo ottico, so-
ju-atutto quello del lato opposto alla lesione, rimane indietro nello sviluppo
e presenta una diminuzione di volume delh' sue fibre nervose, senza alten»-
zioni degenerative.
Nella descrizione del reperto istologico,- ho particolarmente richiaiiinhi
Fattenzione sopra h strato delle cellule di Purkinje le quali quasi esclusi-
vamente, di fronte alla integrità dello strato molecolore e granulare, ennio
alterate. Anche Mott e Tredgold (i4) trovarono, in casi di atrofia cerebellare
secondaria, un assottigliamento poco considerevole degli strati molecolare e gr;i-
nuloso, ina segnalarono un'assenza quasi completa delle cellule di Purkinjr:
altrettanto osservò He né (IO). Tuttavia questa scomparsa di elementi non v
caratteristica; anzi due AA., Lannois e Paviot (15), sostennero pQchi anni «r
s(uui, che tanto nelle alrolie sclerotiche cerebellari primitive, quanto nei cit-
velletti atrofizzati secondariamente, e in genere, nelle alterazioni cerebellari le
più varie, possono scimiparire le cellule di Purkinje e le cellule stellate dei
granuli. D'oiìde la conclusione che non si ha difl'erenza istcdogica fra la cor-
teccia cerebellare atrofizzata primariamente e quella di un cervelletto atn»-
fizzato secondariamente.
Senza entrare per ora in una quistione istologica cosi ardua e che me-
rita ulteriori ricerche, certo è poco logico trarne, come alcuni hanno fatto,
l'illazione essere del tutto contingente la atrofia del cervelletto nel lato op-
posto a quello in cui è leso l'emisfero cerebrale. Spiller(17) pubblicò, e
vero, casi di sclerosi cerebrale associata a sclerosi cerebellare, e ricorda casi
di atrolia cerebrale unilaterale con cervelletto intatto, come pure essere stalo
trovato atrofizzato il cervelletto quando il cervello aveva il suo volume nornude.
Dal che deduce che le lesioni cerebellari (atrofie) incrociate, quando esistono,
rappresentano una pura coincidenza. Anche Mott e Tredgold (18) riferi-
scono due casi di lesione cerebrale non seguita da atrofia cerebellare che perciò
si potrebbero considerare ccune negativi. Nel primo si era svolta un'emipletria
destra sin dalla nascita ; nel secondo Temiplegia datava dall'infanzia ed i^rò stala
seguita «la attacchi epilettici. Tuttavia questi casi, come giustamente osserva
René Cornelius, sono lungi dall'equivalere a delle vere prove negative (rirnli-
pendenza dell'atrofìa del cervelletto da quella del cervello): si tratta infatti, nedi
esempi leste l'ecati, di alterazioni cerebrali assai limitate, interessanti una
Sul decorso delle vie cerebro-cerebellari nelVuomo 151
parh' appena delle zone motorie deirernislen» cerebrale. E siccome dai miei
studi risulta che, almeno nelTuomo, le vie piramidali non inviano fihre desti-
nate al cervelletto, cosi non è a meravigliarsi che in alcune sclerosi dell' emi-
sferi» cerebrale manchi Tatrofia incrociala del cervelletto. Ciò spiega il reperto di
altri due casi (Vili e. Ili) di lesione emicerebrale, con integrità del cervelletto,
pubblicati da me (19) dei quali il secondo concerneva una lesione soltanto
della parte anteriore del lobo frontale, il primo si riferiva ad una porencefalia
insorta tre anni «lopo la nascita. Infatti René Cornelius fa riflettere, e a ra-
gione, che alììnchè abbia luogo l'atrotia di un emisfero cerebellare in seguito a
lesione cerebrale controlaterale, la d'uopo non solo che tutte le aree cerebrali col-
pite appartengano a quelle che sono in relazione col cervelletto, ma eziandio
che le lesioni avvengano in utero o nella prima infanzia. Sifl'atte condizioni
si r«'alizzano appunto nel caso presente: difatti l'atrofia sclerotica delTemi-
sfen» cerebrale sinistro era più spiccata nel lobo temporale, fonte delle fibre
leniporo-cerebellari, e la lesione datava già dalla vita intrauterina.
Non è mio projmsito di mettere, in rapporto i disturbi clinici, osservati
nella malata, con le alterazioni segnalate nel corso di questa memoria. Tut-'
tavia su due punti mi preme di insistere: cioè sul grado relativamente p<ict>
grave di debolezza mentale della paziente, quantunque un'emisfero cerebrale
si potesse considerare come presso che fuori di funzione, tanto gravi erano
le lesioni a carico delle cellule e delle libre nervose della sua corteccia! In
secondo luogo (juantunque a sinistra e specialmente nel lobo temporale e nel-
Vimula, come pure nel tj. front, tertiiis le alterazioni fossero assai profonde,
ciò ìum ostante la paziente ncm avea mai presentato disturbi disfasici. È (|ueslo
del r»?sto un fatto oramai assodato nella patologia infantile: cioè che altera-
zioni anche grossolane a carico della sfera del linguaggio (sinistro) non pro-
ducono alcun disturbo nelle immagini della loquela, tutt'al più disordini tran-
sitori ; un argomento che parla in favore del concetto che le immagini «lei
linguaggio funzionino, per lo meno, durante i primi anni della vila, in ambedue
Sili ♦Muisferi cerebrali.
Biblioerrafla.
(1) I>EJEi{ixB. Anat. (U'.s ceiitres nerveux. Paris., Rueflf, 1ÌM)1, pug. 30i) «* seg.
(J) DBJSBiifE. Loo. cit., paf?. 101 e segg., fig. 67-69.
Ci) EsiKeEx. Vorles. ùber den Bau der Nervoseii Ceutraloi-g. Leipzig, liHK», pag. 27:*.
(41 Dbjkrixe. I^c. cit., pag. 28.
(.'». MoNAKow. (Ifhimpathoiogie. Wien, 1905, Holder, pag. 78 t* sog.
('5) Obsbstkinbh. Anleituiig boim studium dcs Baues der iiervr».sen Cciitralorgau. Lcipziz, IWl,
iwg. !«98-890.
(7| Cfr. Bechterkw. Die Leituiigsbahneii. Leipziz, 18VK».
(8) Cfr. Bechtersw. Loe. cit., pag. 512.
(5*) Cfr. MixeAzxiNi. Exper. u. pathol. aiiatoin. Uiitersuchungcn ♦'te. ♦ Moiiat. f. Psicb. ». Bd. XV.
H. fr. b).
^I0) MoKAKow. Loc. cit., pag. H8.
(11) MiKttAzzixi. IjOc. cit.
(12) MONAKOW. IX)C. cit.
(131 Cfr. in \ViLBRA.M>^ANatK. Die Xciii-ol. de?* Augt'.H, \Vic«?*badcii-Berginan, HH>4. Bd. IH. pag. i:i3.
45^ G, Miìujazzini - Sul decorso delle vie cerebro-cerebellari iiell'uoìiur
(14) MoTT and Tredoold. Hemiatrophy of the brain and ite results. « Brain ». 1900. pag. 2H!>-:iT«.
(!'») Lajistois-Paviot. Le8 leaions hystol. del'eorce dans Tatrophie du eervelot. « Nouv. Icon. dp-
la Salpetrière », 1902, pag. 6.
(Irt) Rbnk Corkelius. Les atrophie» eroisèes du cfrvolot. Parli», 1907, Rou^-et.
(17) 8ptLLER, in Brain, t. XIX, 189ft, pajsr. 588.
(18) Mott-Tredoold. Ix)c. cit.
(19) MiXQAKZlXI. I>K*. cit.
Manicomio provinciale di Ber^^ino, diretto dal dott. 8. Marzocchi
A proposito di un nuovo metodo per la sierodiagnosi nella sifilide
per il dott. P. F. Benigrnl
Kra giusta la preoccupazione di trovai-e un metodo rigoroso ondo potor
approntare una diagnosi sicura e precoce di certe malattie come la sifilide,
e di forme morbose come la paralisi progressiva e la tabe nelle quali, pure
essendo l'eziologia spesso sifilitica, non è possibile, a così lunga scadenza,
ci»gliere il momento causale in atto.
Ed il metodo si cei*cò battendo una via nuova e pur già feconda di ri-
sultati utili per quasi tutte le branche della medicina m()derna, sfruttando le
ingegnose dottrine suirìmmunità.
Furono Wassermann e Bruck i quali, basandosi appunto sulle recenti
nozioni intorno ai fenomeni di lisi, di agglutinazione e di precipitazione, si
valsero specialmente del metodo così detto della «e deviazione del ciunplemenlo»
ed impiegando estratti di organi infettati da delerminate malattie, trovarono
di poter applicare la sierodiagnosi nella sifìlide, nella tabe e nella demenza
paralitica. Essi cioè trovarono che mescolando un estratto di fegato sililitiro
col siero di sangue di un individuo che abbia avuto la sifiliile, Testratlti e' ca-
pace di fissare il complemento impedendo T emolisi ilei corpuscoli rossi (Ij'I
sanguf» di castrato.
lo non mi voglio prej'isamente occupare del metodo sierodiagnostico del
Wassermann, ma, come vedremo, di altro metodo più recente e più scm-
|)lice, quindi è inutile che mi addentri di più nei particolari. Dirò solo cIk'
il metodo di Wassermann, per quanto il più sicuro, resta ancora di «Uf-
ficile applicazione pratica, perchè occorre avere anzitutto un fegato sifìlilin»
|)er preparare l'estratto e poi perchè esigendo una tecnica lunga e «lelimla
non può essere eseguito clie in laboratori ben arredati e da medici addeslndi
a tali ricerche. Sarebbe stato utile invece poter dis])orre di un altn» melo(l«»
realmente pratico, alla portata di ogni medico studioso e che avesse il van-
taggio, come quello di Wassermann, di offrire un mezzo sussidiario «fi dia-
gnosi per la sifìlide, la tabe e la paralisi progressiva e di permettere inolliv
di seguire i risultati di una eventuale cura antiluetica (0. fiossi).
P, F. Benujni - A jyro^Ktùlo di un nuoro metodo, ecc. 453
KlausiH'r appunto quesfanno in due articoli apparsi sulla Wiener kli-
nische Wochenschrift, n. li e 17, 1908, trailo di quoslo argomenlo nel suo
lavoro ^ l'eher eine Methode der Serunidiagnostik bei Lucs».
ni questo metodo intendo occuparmi, e. poiché il suo autore lo ritiene
specilico ed infallibile per la diagnosi di infezione luetica, cosi mi è parso di
qualche utilità applicarlo, a scopo di controllo, al siero di ammalati con sic-ura
pre^iressa sifìlide, estendendolo anche ad ammalali di varie altre forme noso-
lo^Mclu* e ad individui normali, in cui ^infezione sifilitica sì poteva escludere
con 4>jrni sicurezza.
Klausner aveva notato che si otteneva un precipitalo fioccoso mesco-
lando il siero ricavalo da papule o da sclerosi sifilitiche, diluito con acqua
distillata, al siero di individui affetti da sifilide, mentre ciò non avveniva con
siero tolto ad individui sani.
(]ontinuando le sue ricerche notò poi che se invece del siero ricavato da
{►apule 0 sclerosi, si univa al siero sanguigno semplicemente acqua distillala,
si otteneva ugualmente il precipitalo fioccoso, ciò che non avveniva per il siero
degli individui normali.
Kgli seguiva la tecnica seguente: ju-eparati circa due cm/ di siero to-
gliendo al paziente 4-r> ce. di sangue, mescolava in piccoli tubi di assaggio
vv. i),± del siero con ce. 0.7 di acqua distillata, e, dopo avere bene mescolalo,
lasciava alla temperatura ambiente. Dopo Ò-IO-IT) ore al massimo, quando il
siero sia sifilitico, si trova sul fondo del piccolo tubo un precipitato fioccoso
più o meno abbondante ma sempre ben evidente. Invece nei tubi di controllo
anche <Io|ki "li (»rc, non si troverebbe alcun precipitato. Esaminò 3i casi di
sifilide con questo metodo ottenendo sempre risultati positivi, mentre il risul-
tato fu negativo in 23 casi normali che servirono di controllo.
Ha vanti a risultali così conipleli e sicuri c'era da lasciarsi lusingare a
tentar»* la facile prova anche sopra ammalali metasifilitici. Ciò che io feci
(qiprauflo soju-a undici soggetti paralitici per la maggior parte dei quali, 1) so-
pra il, reziolof/id bietira risidtava sirKra, mentre per gli altri due non po-
h'vasi alfa Ilo esclmlcre la sifilide.
Ho seguito rigorosamenle la tecnica suggerita da Klausner ripetendo la
lin»va anche due, tre volte sopra lo slesso indivìduo.
Ho provalo alcune volte a variare il titolo della miscela aumentando in
proporzione la «juantilà del siero e dell'acqua, oppure aumentando soltant(^ la
quantità di acqua distillata, o infine, mescolando a [«irli uguali siero ed ac(|ua.
Inoltre ho praticalo ripetute prove di controllo sopra 13 individui afielti
da varie altre malattie mentali non luetiche, come la pellagra, Tepilessia, li-
peniania, demenza precoce, idiozia, e sopra 8 soggetti perfettamente normali.
Tulli, ammalati e normali, erano da ritenersi immuni da sifilide.
In una -firima serie di esperimenti sopra undici ammalati paralilici, di
cui parte erano in condizioni stazionarie, mentre altri si trovavano in islato
grave, cachettico, oppure in un |)eri»Mlo di agitazione, le prove furono falle e
ripetute nel modo suggerito da Klausner, mescolando 0.2 ce. del siero di
ciascun ammalato con 0.7 ce. di acqua distillata.
47)4.
I\ F. Ikn'mni
TahfUa 1.
\ DEMENTI PAR ALITICI
1
TITOLO DE
1
l.LA MISCELA COSTANTE j
Il Kx/terifftxa
/// Eipfri*uvt
NOME
SIt'W -4- H, 0
0,2 + 0,7
Siero i H,0
0,2-4-0,7
Siero -H H, 0
0,2 + 0,7
Risultati
Ri.siUtAti
RiKiiltati
1. Beloni
-f
■4
2. I^rfiiifranchi
H- !
-4-
a. Boiiacqui.Hti
!
-H
-
4. NoKriwli
- .;
-
5. Magri
-4-
-4-
r,. (iiorpi
+
-4-
7. Daluini
-
.-
H. Ricfiirdi
k-
♦
». Ciarattiiii
-4-
-
1 10. MaiiKili
-h
—
-4-
i U. Moioli
1
1
Indi furono praticale altre prove sugli .slessi aininalati variando le propor-
zioni della miscela, come risulla daf^li allri specchietti che qui solto trascrivo.
TahfUft II.
DEMENTI PAKALmcI
VARIANDO IL TITOUÌ DELLA MISCELA |
/ Ksptrintta
II KifttrUntn
III Efpfriftttn
NOME
1
Siero + H, 0
0,2 -4- 0,8
Siero -»- H, 0
0,4 -4- 0,tt
Siero -4- Ha 0
0,5 + 0,5
Risultati
Risai tHti
Risultati
1. Belotti
■4-
-1-
_
2. I^u franchi
-f-
-H
..-
3. B<iuHcquÌ!<tÌ
-
_
4. Xegri.Holi
-
-
+
5. .Magri
+
+
+
rt. «Morgl
-4-
-h
-4-
7. Dal unii
—
"*
-
! H. Riccardi
-
-^-
-
tf. <;arnttini
-4-
-4-
-4-
10. Mangili
■^
-
-
n. Moioli
—
—
.1 proposito di un nuovo metodo per la sierodiarpiosi nella sifilide
ir».-
Prendendo in consideraziom^ i risultati ott(Miuti si possono l'are ìiopra di
essi alcuni rilievi.
Si nota innanzi tulio cli« nelle tre serie di prove fatte mescolando ce. 0.:2
di siero con ce. 0.7 di II^O distillata non .si ebbero risultali sempre uguali:
cosi per Ire ammalati il reperto della secoììda prova riuscì contrario a quello
della prima. Alla terza prova eseguita soltanto su questi tre sojrgetli, che ave-
vano dato il secondo esito contrario al primo, si ebbe per due di essi un ri-
sultato identico a quello della prinia prova e per Taltro il risultato restò come
nella seconda prova.
Tni^lln HI.
Tnhdìa IV.
Ammalati di
Fonna ^ varie altro
fonne mentali
I Kgpfi'i fitta
// Kjtprrirnta !
Soggetti ,
nonnali
1 I Ei/ì^rieuzu
!
ineiital<> ~
Siero -t- Hs 0
Siero + Hj 0
— -
j Siero + Hj 0
NOMK
0,2 -H 0,7
0,2 -h 0,7
NOMK
0,2 + 0,7 ;
Risultati
Riunitati j
, Ri.sultHti
Ipocondria
1. Falconi
—
T
1. Sirtoli
—
IVllagra
2. Maestrini
-
--
2. Vaglietti
-h i
>
3. Barcolla
-+-
-+-
3. Burini
i ... '
'»
4. Mangili
-H
1
4. Benigni
i
Epil*-s.MH
5. Monzani
—
-
5. Togui
-*-
» «. RoiK-alli
-
- ;
4. Mangili
!
» 7. Bonfaiiti
—
-4-
7. Baroni
. ■ -
»
8. Colleoni
-h
-+- 1
H. Cuccm
-\- '
; Dem. pive. S». Moriii
-f-
■+•
» 10. FriffiTio
-
—
» 11. Effendi
1
^..
-t- '
Idio/Jtt
12. Cat^'lli
—
„
»
13. RiMleHchini
-
-
,
Tenendo conto dunque del risultato Duale sopra undici parasililitici, si
deve dire che la sierodiagnosi di Klausner, che si rileva dal |>recipilato fioc-
coso caraneristico, è riuscita positiva soltanto in sette (^asi sopra undici
studiati.
Variando il titolo della miscela, come si legge nella labella sopi'ascritta,
la sierodiagnosi riesce pure positiva nella metà dei casi C(ni qualche piccola
variazione da una prova all'altra : cosi può darsi che nella sec(UHla o nella
lei'za esperienza si ottenga un risultato contrario a (|uello della prova prece-
dente, risultato che a sua volta concorda o contrasta con quello ottennio nella
miscela, che si può chiamare fondamentale, di ce. 0.2 4- c'c. 0.7.
K perdila non si pensi che a volle, nelle prove fatte sui paralitici, al-
cuni dei risultati negativi siano da addebitare a quei casi in cui T eziol(>gra
i7ì{\ P, t\ Hen'ujtìì
Inclita non si era potuta con sicurozza stabilire, dirò subito che h» cose nun
stanno cosi perchè la preirressa sifilide era accertata anche \wv i quattro am-
niaìati in cui la sierodiagnosi fu negativa, mentre questa fu positiva anche in
quei due casi in cui l'eziologia luetica non era sicura.
Vi sarebbe poi da domandarsi il perchè deiresito contradditorio, in qualche
caso, fra una prova ed un'altra sullo stesso paziente, mentre la tecnica usala
ed il titolo della miscela erano costanti. Ma probabilmente ciò si deve attri-
buire a qualche piccolo errore incorso nella tecnica a meno che non si voglia
ritenere che il siero del paziènte potesse variare nelle sue proprietà biochi-
miche in rapporto a speciali condizioni fìsiopatologiche del momento.
Nella seconda serie di esperienze, riassunte nelle tabelle ili e IV, sopra
l'.5 ammalati di varie forme mentali fu trovata positiva la sierodiagnosi in soli
cinque casi, e cioè in due pellagrosi sopra tre ; in un epilettico, durante Tac-
cesso, sopra quattro; in un demente precoce (forma catatonica) sopra tre; fu
invece negativa in due casi di idiozia.
Qui la [>ercentuale è inferiore in confronto alle prove sui melasilililici, e ciò
de|)(»ne forse per l'ipotesi che realmente nel siero di (juesti esistano più marcate
o più frequenti le condizioni necessarie perchè avvenga la reazione precipitante.
Però sopra otto soggetti normali, immuni da sifilide, questa reazione fu
pure trovata positiva in tre casi, ciò che toglierebbe alla prova il carattere di
specihcità, che Klausner volle attribuire a questa sierodiagnosi.
Egli j)er spiegare la formazione del caratteristico deposito fioccoso ritiene
(he il siero dei sifilitici sia ricco di globulina oppure che questa, pur essendo
in prcqìorzioni normali, diventi maggiormente precipitabile.
10 njui indagherò sulla intima essenza del fenomeno, solo credo di juder
ripetere che, dati i risultati da me ottenuti sui normali e sugli ammalati non
sifilitici, come pure sui melaluetici, esso non può essere ritenuto nò specifico
}ier la diagnosi di sifilide né costantemente negativo in soggetti immuni «la
lut'^, come invece vorrebbe Klausner.
iiià Rossi 0., Plaut, ed Ileuck controllando alcune ricerche di Kornei
sulla precipitazione ritenuta da questo Autore specifica del siero di indi-
vidui sifilitici o metasifilitici, avevano rilevato la formazione di precipitali
dir si otlengimo mettendo a contatto diluizioni di sieri anche normali e per-
fino dello sless(» siero a titolo differente. Ritenevano perciò che il fenomeno
indicalo da Klausner non fosse altro che un'esagerazione di questo fatto e
non legato ad alcuna condizione organica speciale.
L'avere poi anch'io trovato la slessa reazione, ritenuta specifica, in para-
litici, in pellagrosi, e])ilettici, dementi e, quel che più Importa, in soggetti
perfettamente sani, erodo mi autorizzi, a mia volta, ad associarmi alle vedute
dei pi'edetti osservatori.
(loncludendo dunque la fallacia di questo metodo resta dimostrata dind-
tamenl«» ed indirettamente per vari ordini di fatti.
11 risultato negativo della ricerca di Klausner sul siero di alcuni ìmli-
vidui sicuramente metasifilitici ]mò considerarci come una pr(»va diretta della
mancata specificità del metodo sieroiliagnoslico in questione.
A prop^jùtii di un nuovo metodo per la su'ì'odiwjnosi nella sl/ilidr 457
li risiillato è sialo invece positivo in alcuni casi di fornie rnenhili in cui
non solo la malattia — come la pellagra, l'epilessia, la demenza precoce, l'i-
diozia — non aveva alcun nesso con una eventuale infezione luetica, ma anche,
ciò che più importa, era sicuramente da escludere in ciascun ammalato la
\\w prcifressa o in atto.
Un esito positivo in tali casi fornisce, come hen si comprende, una nuova
prova, sia pure indirelta, della nessuna specificità della sierodiagnosi di
K 1 a u s n e r.
Ma un altro ar|?omento contro l'attendihilitiì di tale metodo risiede nel
terzo ordine di ricerche, quelle cioè sui normali non sifilitici, nei quali la sie-
rcMliajrnosi avrebhe dovuto essere neirativa sempre, come afferma l'autore,
mentre- anche con il siero di sani si ebbero vari risultati nejrativi.
Non è senza importanza anche il fatto notato che i risultati sullo slesso
individuo possono variare da una prova ad un'altra con lo stesso metodo e con
tecnica costante, come infatti è capitato sia in ammalati metasifilitici, sia in
ammalati afìatto immuni da lue come pellagrosi, epilettici, dementi precoci.
In fine serve a scuotere la costanza del metodo in questione anche l'altro
fatto constatato che la precipitazione fioccosa, ritenuta dall'autore caratteri-
stica «lei siero infetto, si può ottenere anche con miscele che si scostano da
qu«!lla fondamentale fatta con ce. 0.2. di H 20 -|- ce. 0.7 del siero di esame.
Infatti sopra nove soggetti metasifdilici e due casi incerti la prova fu positiva
sei volle anche con uno miscela corrispondente^ a 0.2-1-0.8; pure sei volte p(»-
sìtiva con ce. 0.4 -|- ce. 0.9 e (^inque con ce. 0.5 -t- ce. 0.5.
(]redo pertanto di poter ripetere che, sia in base alle prove dirette come
a quelle indirette, è stata cosi raggiunta la dimostrazione della fallacia del
inetod«> in questione, il quale deve perciò, a mio parere, essere ritenuto non
specifico per la dimostrazione della sifilide: i miei risultati concordano con
quelli che nel frattempo altri osservatori hanno (dtenuto.
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458 liioisla di Patoloifia nfrvosa f meaUUe
RECENSIONI
j^natoxnia.
1. A. S. Dofiriel, J)er Bau der Spinaì(jan(jUen des Menachen nnd der Saiufe-
t hi e re. — « (i. Fischer », Iena, 1908.
Il primo capitolo del lavoro è dedicato ad un rapido sguardo della letteratura
più recente dell'argomento: vi è concessa larga parte alle ricerche di Cajal, Levi,
Nageotte, Lenhossék: non sono ricordati invece altri lavori in argomento ad esem-
pio i miei, quelli di Da-Fano, di Esposito.
Nel secondo capitolo sono esposti i dati che riferiscoiK) alla tecnica usata: se-
zioni sottilissime, fatte a mano, di ganglio sono colorate, controllando al microscopio,
lino ad un optimum che si raggiunge in media dopo 1-1 * j ore in una soluzi«»ne di
bìeudì metilene: fissazione successiva in molibdato, lavaggio, disidratazione, montaggio
in balsamo previo rischiaramento. L'A. descrive anche una modificazione al metodo
utile per ottenere colorazione in tota del ganglio. Dogiel si è pure servito del
metodo di Cajal. Segue il capitolo che tratta della struttura de' gangli spinali:
Dogiel. ammette che la cellula ha struttura fibrillare, non si pronuncia sulla co-
stanza o meno di connessioni fra le varie fibrille : le cellule contengono quasi tutte
del pigmento che esiste allo stato normale, in varie età, e che non può essere riferit»»
ad alcuno stato patologico speciale.
Degli involucri della cellula ganglionare Dogiel ne distingue due; um» jil
quale egli riserba il nome di capsula che copre il corpo cellulare; un secondo — in-
rolucro connettirale — che accoglie gli avvolgimenti a spira, le biforcazioni del ci-
lindrasse, e i primi tratti dei dendriti. Alla superficie interna della capauln si trovano
delle cellule piatte, con prolungamenti ramificantisi, fomite di un grosso nucleo ovale:
talora dalla capsula partono dei prolungamenti che si internano nell' invulucro
connettivale; tra la capsula spogliata delle cellule stellate e la cellula nervosa non
si trovano altri elementi fatta eccezione di qualche leucocita che talora si inc(»ntra.
Talora la capsula si estende un poco sopra il cilindrasse.
Importante è il passo che si riferisce alle cellule che si incontrano neH'invfdu-
cro connettivale: l'A. le identifica colle cellule endocapsulari o cellule satelliti Begleit-
zellen di Cajal, colle Mnntelzellen o Amphizyten di Lenhossék, e le ritiene ap-
partenenti al gruppo delle cellule connettivali ed esercitanti la stessa funzione.
Le cellule ganglionari vengono in questo lavoro divise dall' A. in un numero
maggiore di tipi che non fossero nei suoi lavori precedenti e nel lavoro recente di
(.'ajal.
Tipo L — Cellule di varia grandezza caratterizzate dal fatto che il cilindrasele
daUa sua origine alla sua biforcazione non si divide e non dà origine ad alcuna col-
laterale: in questo tratto il cilindrasse può essere rettilineo o avvolto a spira: in
una varietà di questo tipo si trova qualche anastomosi tra un ramo discendente»^
une» mimtante della spirale.
Tipo IL — Le cellule di questo tipo presentano un cilindrasse dal quale na-
scono delle collaterali che terniinan«> nello spessore dello involucro connettivale <• si
Aìxutomia ioli
spingcmo nel connettivo del ganglio, terminando a mazza od a piastra: le fibrille ter-
minali si incrociano e si anastomizzano dentro la mazza formando una fitta rete, di-
modoché si ha una struttura che nel suo aspetto ricorda quella degli apparati ner-
vosi terminali.
Tipo III, — Nelle cellule di questo tipo le collaterali che nascono dal cilin-
drasse, nel suo tratto intra involucrale, si dividono e suddividono in ramuscoli che
terminano nell'involucro stesso con piccole espansioni fogliformi e rigonfiamenti a
bottone.
Tipo IV, — In questo tipo si osservano collaterali che si staccano dal cilin-
drjisse, ma allora che questo è già uscito dall'involucro connettivale: alcune di que-
ste collaterali si rivestono di mielina: terminano a varia distanza dal corpo cellulare
in apparati di varia fonna (espansioni a piastra — rigonfiamenti terminali — ): an-
che i rami derivati da un' unica collaterale possono presentare differenti aspetti tt^r-
minali.
Tipo V. — Anche in questo tipo il cilindrasse fuoriuscito dall'involucro cou-
lu'ttivale dà origine a molte collaterali, alcune araieliniche, altre con guaina mieli-
nica, che. presentano tra loro anastomosi: da questi rami primarii nascono rami
secondari i che pur si intrecciano e si anastomizzano tra loro e si avvolgono in vario
modo: nelle varietà piti complicate si osservano fatti di questa natura anche entro
l'involucro connettìvale, dando luogo ad avvolgimenti attorno al corpo della cellula
di origine.
Tipo VI. — Da una sola cellula possono nascere uno o parecchi (da 2 a 6')
cilindrassi, i quali decorrono tortuosamente per un tratto più o meno lungo nell'in-
volucro connettìvale e poscia si risolvono intieramente in un grande numero di rami :
•luesti si dividono più volte, si intrecciano e si anastomizzano gli uni cogli altri,
<lopo di che si fondono in un cilindrasse che esce dall'involucro della cellula e più
0 meno lungi si divide nella classica biforcazione. In questo tipo è da distinguere
una varietà d nella quale si può propriamente parlare della presenza di due cilin-
drassi che danno luogo a formazioni distinte: così nella cellula disegnata nel testo
(fig. 5 pag. 75) un cilindrasse più sottile dà luogo ad una rete pericellulare la quale
ii<m è in alcun modo unita all' altro cilindrasse.
Ignorando l'A. il mio lavoro in proposito, mi permetto di ricordare che io {In-
torno ad alcune particolarità morfologiche delle cellule dei (f angli ftpinali etc,
IV Riunione della Soc. It. di Patologia, Ottobre 1906, fig. 8-9) ho appunto descritto
cellule che corrisponderebbero alle prime varietà di questo tipo di Dogiel: io scriveva:
« nelle figg, 8-9 sono disegnate due cellule le quali dimostrano mi'origine del ci-
Undrasse dal corpo cellulare con più rami i quali poi si uniscono » e la figura
dimostra con chiarezza che questi rami prima di fondersi possono dare origine a delle
collaterali.
Assai prossime alle cellule del tipo VI sono quelle del
Tipo VII, — Queste cellule sono assai scarse od almeno appaiono assai scar-
samente colorate, ed ì prolungamenti che nascono dal corpo cellulare hanno tali ca-
ratteri da lasciare qualche dubbio se trattisi di cilindrassi o di dendriti, ed anzi
l'A. ])er varie considerazioni accetta la seconda possibilità.
Tipo Vili, — Il cilindrasse si divide regolarmente in un ramo periferico ed
in uno centrale: il periferico si divide in fibre che terminano nel ganglio o nella
radice posteriore in apparati di varia forma: la terminazione può aver luogo o
nello stroma connettìvale del ganglio o nel suo involucro.
Tipo IX, — Cellule bipolari : nell'uomo e nei mammiferi esaminati dall'A. sono
4(i() lìivisfa di Pafolofiia nervosa e mentah'
piuttosto rare, hanno un volume medio : queste, forse, dimostrano che alcune cellule
nell'adulto hanno mantenuto il loro carattere embrionale.
L'A. passa a trattare delle cellule multipolari rivendicando le sue ricerche in
argomento ed accennando all' interpretazioni che altri AA. hanno recent^ìmente dato
di queste strutture.
2'ìpo X. — Cellule multipolari con dendriti che non escono dalla zona dell' in-
volucro connettivale della cellula, e con un solo cilindrasse. Sarebbero questi a pa-
rere dell'A. elementi giovani che devono servire a compensare la morte di altri ele-
menti: le fibre terminate con coni di accrescimento che si trovano nei gangli sono
probabilmente da ritenere come cilindrassi di queste cellule.
Tipo XI. — Dalle cellule di questo tipo sorgono più prolungamenti, dei quali
uno possiede tutti i caratteri del cilindrasse: gli altri hanno caratteri speciali che
non permettono di paragonarli od identificarli in tutto coi dendriti: essi fuoriescono
dalla capsula e dall'involucro connettivale, conservano per grande parte i caratteri
di fibre mieliniche: si suddividono durante il loro decorso più volte nello stroma
connettivale del ganglio ; ma terminano in apparati ora capsulati ed ora no : l'A. li
chiama prolungamenti simili ai dendriti : talora queste cellule sono riunite in
gruppi: esse si trovano in ogni ganglio spinale e Bogiel dubita del fatto asserito
da Nageotte che, nel trapianto dei gangli sotto cute, possa una cellula unipolare
assumere il tipo di multipolare.
Così è terminata l'esposizione dei tipi cellulari a proposito della quale io voglio
ricordare che cellule corrispondenti al tipo 3" dell'A. erano stati già descritti da
Levi e da me (lav. citato): così io scriveva nel mio lavoro apparso sul Journal ftìr
Psychologie und Neurologie Bd. XI. « Zeìlumgebende Pìattenbildung, die auf die
Verzweichungen des Acksemyìinders der ndmlichen Zelìe sumcJizufiihren iat.
Schon Le ri hatte in seiner Arheit iiber die Oangìien der Chelonien feine Fori-
mi ze heschrieben, irelche roni Zelleib anagekend auf der Zellflàchej jedoch im-
merliin axif einer beschrànkten Zone, eia Kompliziertes Netz bilden. leh seìbst
habe.... in tiberzeugender Weise dargetan ivie der Achsenzylinder^ ror f<einer
klassiachen Spaltnng, feine Nebendste ausschicke, die ihrtrseits aich irieder
im feine Aeste rerteilen, iveich letzere einen feinen Faserwuht bilden, der die
Zeìle selbst uwhiillt >,
Il V capitolo è dedicato allo studio degli apparati di senso dei gangli spinali:
nel connettivo di sostegno, nella capsula degli apparati terminali che come si è già
detto sono assai simili a quelli dei nervi, ma di più attorno ad alcune cellule del tipo
1" si trovano delle reti di fibre mieliniche assai sottili o di fibre amieliniche che non
provengono dal cilindrasse della Cellula e non hanno con questo alcuna Connessione:
anche nell' involucro connettivale delle cellule di tipo 5^' e 6° si trovano talora fibre
di questa natura: alcuna volta descrivono queste fibre attorno al cilindrasse delle
spirali. Spirali di questa natura nelle quali era chiaramente visibile una branca
ascendente ed una discendente di fibre sottili, amieliniche, fortemente argentofile, io
pure ho trovato nei gangli spinali umani col metodo di Cajalt l'osservazione è ri-
cordata da Perroncito {La rigenerazione dei nerri, Memorie del R. Istituto Lom-
bardo, voi. XX, f. X, 1908). Le fibre che danno origine a tutti quegli apparati na-
scono nel ganglio stesso della cellula del tipo 2-4-8 e dalle cellule multipolari del
11" tipo: quanto al significato Dogiel crede che le espansioni terminali di varia
forma, gli ispessimenti terminali, e le divisioni terminali, sia incapsulate che non,
rappresentino apparati terminali di senso : essi non hanno nulla a che fare con i fatti
(li rigenerazione e non possono essere considerati come formazioni analoghe ai coni
Anatomui 401
od alle mazze di accrescimento: infatti esse si trovano anche nel normale, in ogni
età e neppure il fatto di aver trovato formazioni simili nel midollo o nel cervelletto
può essere invocato a favore del concetto diNageotte: inoltre si osservano altri fatti,
cui TA. partitamente enumera, che contraddicono all'ipotesi della rigenerazione col-
laterale; tra gli altri il fatto che rami di una stessa fibra offrono differenti modalità
di terminazione, che le fibre descrivono giri troppo complicati che sarebbero incom-
prensibili nel caso si dovesse trattare di rigenerazione; cosi non si potrebbe com-
prendere cosa facciano i brevi prolungamenti che terminano a mazza sulla cellula
Kteeàsa ecc.
L'A. ammette che alcune cellule nervose rimangano nel ganglio nello stato em-
brionale pronte a sostituire quelle che soccombessero.
Infine l'A. trat{a delle fibre che entrano nel ganglio e vi terminano : sono queste
a) fibre simpatiche che entrano nel ganglio formando attorno alle cellule finissime
delicate reti; b) fibre sottili amieliniche che terminano nel ganglio arborizzandosi,
dopo- averlo attraversato in ogni direzione, in ramuscoli terminati da piastrine, da
espansioni fogliformi: queste fibre, d'origine non nota, non sono ad ogni modo, se-
condo l'A., di natura simpatica; e) fibre sottili amieliniche che entrano nel ganglio,
vi si suddividono terminando nei setti connettivali in più rami con rigonfiamenti al-
l'estremità.
Per queste fibre l'A. affaccia Tipotesi che possano essere di origine cerebro-spinale
e crede di poter estendere questa ipotesi alle fibre della categoria 6).
Il lavoro di Dogiel, corredato da varie tavole con belle figure e da figure sche-
matiche nel testo, porta un contributo notevole alle varie questioni che attorno ai
gangli spinali sono ancora sul tappeto, contributo tanto più notevole perchè ottenuto
con un metodo che va esente da alcune critiche che, in misura forse esagerata, pos-
tino essere rivolte ai metodi di precipitazione. 0. Rom,
•
2. M, Bieisohow^sky, Ueber den Bau der Spinalganglien iinter normaìen und
pathologischen Verhcilfnisfien, — « Journal fur Psychologie und Neurologie »,
Bd. XI, H. 4-5.
L'A. ha ripreso in esame la questione della struttura dei gangli spinali umani
in condizioni normali e patologiche servendosi del suo metodo al nitrato d'argento.
La prima parte è appunto destinata alla descrizione dei tipi cellulari che nor-
malmente si incontrano: lunga e dettagliata, corredata da numerose figure questa
parte male si presta, per la sua indole analitica, ad un riassunto. Per le quistioni
che furono più di recente agitate o che sono ancora sul tappeto noteremo che 1' A.
concorda con uno di noi (Rossi) nel ritenere quel tipo cellulare cui Cajal diede il
nome di desgarrado come non affatto proprio della senilità: cellule di questo tipo si
trovano anche in individui giovani.
Anche per ciò che riguarda le fibre amieliniche, comprese quelle terminate da
rigonfiamenti a pallottola, l'A. crede che siano apparenze che si presentano anche
nel normale: nella sua fig. 4 è rappresentato appunto un gaglio normale con un ci-
lindrasse fornito di ramificazioni terminate a palla.
Degno di nota il fatto che Bielschowsky dice di esser riuscito a vedere come
anche le fibrille più sottili che formano i nidi di Dogiel partano da fibre mieliniche:
il che in realtà, se l'A. tedesco vuole, riferirsi ai veri nidi di Dogiel, eragià noto.
Le apparenze descritte da Nageotte e da Mar in esco come caratteristiche della
tabe vengono dall' A. considerate come per nulla affatto caratteristiche: si tratta, egli
i04 Hiristu di Patolo(/ia nerrnsa v ìnenlalf
dice, di una diffusa forma di distruzione che compare in processi di varia natura:
accetta il concetto della rigenerazione collaterale, ma, al contrario di Nageotte, crede
che si possano trovare fibre neof ormate anche nella direzione del nervo periferico:
in uno dei miei lavori sulla morfologia dei gangli spinali io ho pure disegnato dello
fibre terminate da boia che si dirigevano non verso il midollo sibbene verso l'interno
del ganglio.
Circa il destino di queste fibre neoformate, Bielschowskv crede che possano
arrivare fino al midollo: non ha però sorpreso una continuazione di una fibra gan-
gliare fino nel midollo e le forme cui egli interpreta come rigenerative nei cordoni
posteriori potrebbero essere anche di altra origine, data la presenza in questi di film*
endogene.
L'A. descrive poi apparenze simili trovate in casi di polineurite alcoolica: di
mielomalacia etc. Per ciò che riguarda il meccanismo della supposta rigenerazio-
ne TA. esprime un'opinione che nelle sue linee generali concorda con quella assai
nota di Cajal circa l'origine del tv^o dengar rado: la rigenerazione sarebbe un fatto
concomitante d'una necrobiosi della cellula nervosa.
O, JiosAÌ.
Fisiologia.
H. A. Bethe, J^^ùì nener Beweis fiir die lei fende Fnnkfion der Neurofihri lieti,
nehst Bemerkunfjen iiher die lieilexzeifj Hemnmngs^eit und Latenzzeif dea
Miislels heim Blntegeh — « Archiv fiir die gesammte Physiologie >, Bd. 122, 1^H>8.
Negli animali che mancano di uno scheletro interno od esterni» (vermi, molluschi)
si possono avere in condizioni fisiologiche delle variazioni considerevolissime nella lun-
ghezza dei nervi a seconda dello stato di retrazione o di distensione del corpo o «ìi
parti di esso. Una sanguisuga, ad esempio, può ridursi ad un terzo di lunghezza, e
la catena gangliare presenta in essa una retrazione analoga. La retrazione non deter-
mina una flessuosità delle fibre; queste rimangono diritte, ma si ingrossano. Le neu-
rofibrille invece, diritte quando la fibra è estesa, diventano tanto più flessuose quanto
più la fibra è retratta. Nei cilindrassi vi è dunque una parte che si comporta ctuiu-
un liquido chiuso in un tubo elastico, la sostanza perifi brillare, ed una parte rei si-
ti vamente consistente, che non presenta variazioni di lunghezza.
Se la sostanza perifibrillare fosse l'elemento conducente, il tempo di trasmissione
di uno stimolo dovrebbe allungarsi o abbreviarsi in ragione dello stato di distensione
o di retrazione delle fibre nervose: se invece la conduzione avvenisse per opera delle
neurofibrille, il tempo di trasmissione dovrebbe essere costante.
JenkinseCarlson hanno già tentato di decidere sperimentalmente la questione.
Kssi lavorarono sul nervo podale àeWAnolimax Columbianus (un mollusco) e sul cor-
done ventrale della Bispira pohjmorpha (un verme). Nel primo esperimento si eb-
bero cifre molto oscillanti, ma che nelle medie deporrebbero nel senso che la condu-
zione sia devoluta al plasma della fibra. Negli esperimenti sulla Bispira il tempo
di trasmissione fu sempre più lungo nell'animale disteso che nel retratto, ma rimase
sempre alquanto inferiore al valore teoricamente calcolabile.
Bethe ha ripreso queste esperienze sulla sanguisuga, avendo cura di evitare le
cause di errore che dipendono da una dissezione dell'animale o da un'eccessiva disteii-
si(me. L'animale veniva fissato a livello dell'utero con due spilli che servivano nmlu'
da reofori eccitatori; la j)arte anteriore dell'animale, più corta, serviva come (irsTuno
Fi si (il Off ia UV^
di i^ejjnalazione : la parte posteriore, più lunga e abbandonata a lìberi movimenti di
retrazione o di allungamento, veniva eccitata nella estremità caudale. Dalla difTerenza
dei due tempi di trasmissione del riflesso destato dairestreraità caudale o dal punto
lisso, si desume la durata della trasmissione nel tratto posteriore. La maggior parte
delle prove vennero fatte sotto una leggera narcosi da alcool.
Alcune prove preliminari furono dirette a determinare il rapporto tra il tempo
di latenza ed il tono. Ne risultò che quando la parte anteriore dell'animale è allun-
gata il tempo di latenza è maggiore che quando è raccotciata : lo stimolo veniva ap-
plicata! in questi casi al punto immobilizzato, intermedio tra la parte anteriore e la
posteriore. Anche i preparati di muscolo possono presentare spontaneamente lunghezze
variabili, e gli esperimenti su questi preparati mostrarono che il tenijK) di latenza
muscolare è parimente più lungo quando il tono è meno accentuato. Quando Vani-
male è contratto, uno stimolo debole può determinare una inibizione del tòno, e perciò
nn rilasciamento anziché una contrazione. La latenza deireifetto inibitore è assai più
lunga della latenza della contrazione riflessa.
Le determinazioni del tempo di trasmissione in diversi stati di retrazione «kl-
Vanimale dimostrarono che questo tempo si mantiene sensibilmente costante. Le lievi
dift'erenze sono più che altro da mettere in rapporto con le variazioni del tono della
parte anteriore deiranimale. Soltanto se l'animale viene stirato al di là del limite
ti-siologico si ha un allungamento del tempo di trasmissione. La conclusione è perciò
nel senso che le neurofìbrille sono l'organo della conduzione, il che peraltro non vuol
dir»* i*he il processo di conduzione si compia nelle neurofibrille senza alcuna coopera-
zion»' di altri elementi del nervo fuori di esse.
Queste esperienze non vanno esenti da obiezioni. La più importante è questa : benclic
nella catena ventrale passino anche fibre lunghe, non è dimostrato che a queste sia
dovuta la trasmissione del riflesso che serve come segnalatore della trasmissione. Può
darsi che gli stim<di attraversino ogni ganglio della catena negli elementi propri e
che (juindi subiscano un ritardo ad ogni ganglio. Il tempo perduto in questi passaggi
potrebbe essere così cospicuo di fronte al tempo totale di trasmissione da mascherare
le piccole variazioni dovute alla distensione dei conduttori.
Bethe non si dissimula questa obiezione, benché egli ritenga estremamente in-
verosimile un tal modo di trasmissione, e la aflronta ricercando il tempo di latenza
del riflesso nel solo ganglio. Dalla discussione dei risultati delle esperienze non resta
escluso che nei gangli non avvenga alcun ritardo e che questi si contengano come
puri conduttori per ragione della continuità neurofibrillare tra vie ricettrici e vie mo-
trici: in ogni caso il tempo del riflesso nel ganglio non può essere maggiore di 0,008
di secondo.
Essendovi tra il punto dell'eccitamento e il punto di origine del riflesso segna-
lato 11 o 12 gangli, il tempo perduto in essi dovrebbe ammontare a 0,038 o 0,08()
di secondo. Il tempo impiegato nella trasmissione essendo l'animale retratto fu in
un'esperienza di 0,22, di questo tempo 0,03(5 sarebbe impiegato nei gangli e 0,1 s-l
nelle comraissure longitudinali. Ora, allungandosi l'animale del doppio, quest' ultimo
tempo dovrebbe essere duplicato e si dovrebbe avere perciò un tempo totale di 0,401.
Invece, i valori trovati non stanno per niente al disopra del primo valore di 0,22.
Io credo che si potrebbe sollevare ancora un dubbio: la reazione provocata nella
parte cefalica da uno stimolo caudale si può considerare come data da un riflesso
unici) che si propaga lungo la catena per mezzo di vie lunghe o di vie brevi, o non
è piuttosto il termine di una serie di riflessi segmentali che si propagano con un
meccanismo non esclusivamente centrale servendo la ctmtrazione locale in un segmento
4()-i Rivista di Patoloffia nervimi e. mentale-
da stimolo provocatore della contrazione riflessa di uno o più segmenti successivi?
In tal caso la lunghezza deirauimale sarebbe assai minore di quella delle vie percorre
e il tempo di latenza muscolare entrerebbe più volte nel tempo totale. La mat^triure
complessità delle condizioni deiresperimjento ne renderebbero assai meno significante
il resultato.
Per quanto questa ipotesi possa sembrare arrischiata, essa non può essere esilu^a.
E per conseguenza è desiderabile che nuove esperienze sul tipo di queste di Bethe
vengano ripetute su altro «materiale, che possa offrire lunghi tratti di puro nervo
senza intercalazione di gangli. Ad ogni modo i risultati delle esperienze di Bethti
se non costituiscono una dimostrazione assoluta e rigorosa foniiscono un iuip«»rtaiìte
indizio in favore della funzione conducente delle neurofibrille. Lugmo.
4. L». Robinovitch, Methods of resuscitating electrocuted animaìs, ecc. (Seetmd
p reìim inary co mm unicaiion ).
r». L. Robinovitoh, General and celebrai f)lood pressure during un nttark
of electric epilepsy,
H, L. Robinovitoh, Electric anesthesiat ecc.
7. L. Robinovitoh, Methods of resuscitating animala in a condition of respi-
ratory and cardiac ayncope caused hy chloroform. — « The .Tournal of men-
tal PathologA' », voi. Vili, n. 8.
L'A. riprende e continua una serie di esperienze delle quali è già stata data rela-
zione (v. 4c Riv. di Patol. nerv. e ment. », voi. XIII, fase. 3, pag. 136). Per tali es>pe-
rienze era stabilita la possibilità di richiamare in vita, per mezzo di eccitaziiuìi
elettriche ritmiche applicate alla fronte e alla estremità della spina, animali in
istato di paralisi respiratoria e cardiaca dovuta a elettresecuzione. Nei nuovi lavori
PA. propone modificazioni di tecnica e amplifica il campo di applicazione. Riguardo
alla tecnica, dopo aver stabilito col mezzo di confronti che la corrente più adatta
allo scopo è quella data da un apparecchio Leduc, propone che lasciando Panode
alP estremità della spina, il catode venga applicato alla sommità della schiena inve<»e
che alla fronte, cambiamento che, escludendo dal circuito il cervello ed il bulbo,
evita P anemia centrale e lo shock bulbare talora fatali, e che, permettendo Pappli-
cazione di correnti a potenziale più elevato, induce dei movimenti respiratori astai
più ampi. Tali eccitazioni ritmiche (ripetute ogni 2-3 secondi per la durata di un
secondo) possono richiamare in vita animali in paralisi (o paresi come obbietta al-
l'A. il Battelli) respiratoria e cardiaca dovuta tanto ad applicazioni elettriche, come
ad avvelenamento per cloroformio, nel qual ultimo caso le eccitazioni debbono avere
un potenziale gradualmente crescente, le respirazioni spontanee presentandtisi solo
dopo 10-20 eccitazioni. Il comprendere nel circuito la testa dell'animale clor(»f<»r-
mizzato può affrettarne il ritorno in vita, ma può anche riescir fatale, come riesc»'
in ogni caso fatale (in animali cloroformizzati o elettresecuti) il sovrapporsi di un
movimento respiratorio provocato dalla corrente col primo movimento spontan^fo.
Come aveva già segnalato la possibilità di un vantaggio pratico in casi di fortuita
elettrizzazione, crede TA. alla possibilità di vantaggio pratico in caso di spiacevoli
incidenti durante la cloroformizzazione a scopo chirurgico.
Se invece di seguire la tecnica suaccennata si applica il catode alla fronte,
rimanendo Panode alla estremiti della spina e si eleva il potenziale a ho rolts \*eT
ì conigli, 110 volts per i cani, si provoca una epilessia elettrica, la cui fase tonica
si inizift appena chiuso il circuito, mentre P aumento della pressione sanguigiiJi
Fisiologia Unì
tarda qualche secondo ad iniziarsi, e aumenta, giunge al massimo, decresce e cessa
parallelamente allo svolgersi della fase clonica. Anche i vasi cerebrali appaiono più
coloriti e dilatati, e proporzionalmente la massa cerebrale aumenta di volume fino
a far ernia fuori dall'apertura praticata nella scatola cranica, al momento massimo
della fase clonica.
Invece correnti di 10-15 volts provocano una anestesia di cui si può servirsi in
laboratorio: anestesia che senza modificare la pressione, la respirazione e la tempe-
ratura dell'animale da esperimento, senza dar luogo a complicanze post-operatorie,
permette operazioni gravissime, come l'apertura della scatola cranica, scoprimento
della carotide o del vago, laparatomìa ecc: e le operazioni possono prolungarsi per
più di 8 ore, mentre la narcosi cloroformica è pericolosa già oltre 2 ore. Tal ane-
stesia, che può essere anche locale o regionale, può sostituire le già usate, provocando
sulle mani dell'operatore che debbon esser nel circuito un' impressione trascurabile.
Calcolando che per una anestesia centrale completa di un uomo sarebbero necessarie
correnti di 50-80 volts, l'operatore avendo sotto i piedi uno strato isolante, e in
certi casi anche guanti di gomma, pone la questione se tale anestesia possa sosti-
tuire, in chirurgia, la cloroformica. Promette di tornare sulla «juestione e di riferire
in seguito i risultati dei suoi esperimenti in avvelenamenti per morfina, ioscina, ecc.,
esperimenti che ha già iniziato con esito soddisfacente.
Turchi.
8. Z. Bychcwsld, Meflexstudien. L Ueher das Verhalten einiger Haut und Seh-
nenrefiexe bei Kindern im Laufc des ersten Lebensjahres {mit 1 Ahh.). —
«Deutsche Zeitschrift fur Nervenheilkunde », Bd. 34, H. 2, 1908.
Da un punto di vista teorico i riflessi tendinei e cutanei si possono considerare
come movimenti volontari divenuti automatici nel corso della filogenesi (Wundt);
e, poiché tali moAÙmen ti hanno perduto il loro primitivo scopo di difesa e di o^'esa,
si può attribuire ai riflessi il valore di «funzioni rudimentali» (Strttmp .). 8
tali concetti sono giusti, è lecito supporre che i diversi riflessi tendinei e cutanei
non si siano costituiti contemporaneamente ed abbiano una diversa dignità filogene-
tica, poiché niente lascia credere che le circostanze grazie alle quali si svilupparono
p. es. il riflesso patellare e quello del tendine di Achille si siano verificate nello
stesso tempo.
Sorge quindi la domanda se anche ai riflessi non sia applicabile la legge bio-
genetica generale che si è dimostrata giusta non solo per i fatti morfologici ma anche
per quelli energetici : se i riflessi A^ B. C non si sono sviluppati e non sono dive-
nuti automatici contemporaneamente, anche la loro ontogenesi deve essere cronologi-
camente diversa. Da un punto di vista pr^ico ci si presenta dunque il seguente que-
siti: come si comportano nel neonato e nei primi mesi della vita quei riflessi che
sono costanti nell'adulto; in altre parole, il neonato possiede già tutti questi riflessi
e, se ciò non è, esiste nella loro comparsa una certa regolarità?
Neil' intento di rispondere a tale quesito l'A. ha studiato il comportamento dei
riflessi meglio conosciuti in un gran numero di bambini, limitando per ora le sue
ricerche al riflesso patellare, a quello del tendine di Achille, ai riflessi addominali,
superiore ed inferiore e, in qualche caso, ai riflessi cremasterici : i risultati ottenuti
coincidono con le presunzioni teoriche sopra accennate.
Mentre il riflesso patellare è costante nei bambini fin dalla nascita, e si distingue
per la sua grande vivacità, quello del tendine di Achille invece manca in quasi tutti
30
M'ìij Hicisla di Paloloijia nerntsa e mentale
i neonati, è raro nei primi sei mesi di vita e solo in epoche successive si osserva con
più frequenza, fino a divenire costante verso il principio del secondo anno di età.
Riguardo ai riflessi cutanei TA. ha osservato che i riflessi addominali non esi-
stono nel neonato e non compaiono, quello superiore e quello inferiore, contempora-
neamente, ciò che depone per una certa indipendenza di questi riflessi; il riflesso
cremasterìco, che fu esaminato solo in pochi casi, era sempre presente e assai vivace
doDo il quarto mese di età.
Avendo studiato il comportamento del riflesso patellare e di quello del tendine
di Achille in alcuni animali (coniglio, gatto, cane) TA. ha trovato che il primo si
provoca in essi sempre con facilità ed è molto vivace,, mentre il secondo non si pnv
voea affatto.
Zaìia,
\K S. Tohirlev, Le siège des processus psichiques conscients chez Jes animanr.
— 4c Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 1, 1908.
L'A. discute sulla natura dei processi psichici e dei processi fisiologici dell' or-
ganismo animale, esamina quali sono le reazioni che appartengono agli uni e qu»li
agli altri, le loro qualità caratteristiche e le relazioni tra di loro esistenti.
Intende con questo studio di detenni nare con metodi sperimentali ove siauu lo-
calizzate le regioni il cui stato di funzionalità perfetta è necessario ed indispensabile
allo svolgersi di un'attività psicologica completa, all'esistenza cioè della coscienza.
Dopo aver citato e commentato le teorie anatomiche, fisiologiche e filosofiche di molti
autori da Descartes, Beucke, Flechsig, Prat, Prodan ecc., conclude manifestandt»
la convinzione che la coscienza non possa essere localizzata in tutti i centri corticali, ina
che sia invece localizzata in qualche regione impari dell' encefalo che abhia rapporti
con tutti i centri della corteccia. Descrive la lunga serie di indagini e le esperienze
praticate distruggendo con una sonda di speciale struttura il fornice o le regioni
adiacenti in animali di specie diversa, espone i risultati ottenuti; viene alle se-
guenti conclusioni:
Tutte le funzioni psichiche dell'uomo e degli animali si dividono in coscienti
ed incoscienti ; le funzioni psichiche incoscienti hanno sede nella corteccia cerebrale,
le coscienti hanno sede nel fornice e nel V ventricolo, l'organo della coscienza è dun-
que — secondo TA. — localizzato nel fornice e nel V ventricolo. Se si distraggono da
un lato le vie posteriori, laterali, ed inferiori che uniscono il fornice coi centri cor-
ticali dell'emisfero corrispondente, i processi psichici inconscientì, che sono eccitati
in questi centri corticali dagli organi dei sensi del lato opposto, non arrivano all'or-
gano della coscienza e non sono quindi coscientemente percepiti. Quando invece si
arriva a distruggere il fornice stesso, l'animale ha una perdita assoluta della coscienza
e resta in stato di incoscienza assoluta.
Sandri^
10. M. Philippson, Note sur le temps de ìatence du ré fiere rotulien du chien, —
« Travaux du laboratoire de physiologie Institut Solvay », tome Vili, fase. 2.
Accennato alla questione riguardo alla natura del fenomeno rotuleo, descritta
la tecnica, tenendo conto delle possibili cause d'errore l'A. stabilisce:
ri) il tempo di latenza nei due cani normali esaminati è rispettivamente di
4o,(> e 45,7 millesimi di secondo;
Fisiologia M)l
h) degli stessi cani operati di sezione del midollo il P offriva un tempo di
iiza di 43 millesimi mentre il 2^ presentò una estensione tonica degli arti che
chorava i riflessi;
e) l'anestesia porta una modificazione nel tempo di latenza variabile a seconda
periodo cui è spinta e precisamente: l'anestesia cerebrale abbrevia il tempo la-
0, la midollare lo prolunga, mentre il risveglio abbrevia il tempo prolungato
a anestesia midollare;
d) stancato il cane, il tempo di latenza immediatamente dopo la faticn è
a 12 millesimi piii breve che dopo il riposo;
e) il tempo di latenza del riflesso crociato in un cane con emisezione del
olio è di circa 5 millesimi, tempo assai lungo dovuto a modificazione dell' atti-
autonoma dei centri.
Da ciò deduce: l'^) l'encefalo esercita una azione inibitrice sul midollo come
ih la diminuizione del tempo di latenza consecutiva all' emisezione midollare, e
anestesia; 2^) poiché dopo un riposo di qualche minuto fra due serie di esperienze
iota un prolungamento del tempo di latenza, è evidente una fatica dei centri mi-
ari che si manifesta solo dopo che si è cessato di tener desta con eccitazioni
tute l'attività dell'asse nerA^oso; 3") il ritardo alla trasmissione del riflesso cn»-
0 proviene da alterazioni istologiche post- operatorie.
In base ai fatti osservati ed alle deduzioni che essi autorizzano, conclude per la
ira veramente riflessa del fenomeno del ginocchio. Turchi.
Patologia sperimentale.
O. Reichlìn, Ui un reperto negativo di infiltrazione penvascolare nel sistema
nervoso centrale di coìtigli alcoolizzati, — « Rivista sperimentale di Frenia-
tria », voi. XXXIV, fase. I-II.
Or. Montesano, Sul reperto di plasmatociti nei centri nervosi di cofiigli in-
tossicati con V alcool. — «Rivista sperimentale di Freniatria», voi. XXXIV;
fase. I-II.
L'origine e il significato delle Plasmazellen hanno suscitato tra gli studiosi
'anatomia patologica, in ispecie del sistema nervoso, un grande interesse e ne
110 testimonianza i lavori che su questo argomento si succedono.
Montesano in un lavoro apparso l'anno scorso (Centralblatt fiir Nervenheilk. und
chiatrie) e già riassunto in altro fascicolo di questa Rivista, faceva conoscere di
re riuscito a provocare nel tessuto nervoso delle infiltrazioni perivasali di Pla-
izellen, intossicando con l'alcool dei conigli.
Reichlin ha ripreso in esame la questione somministrando ai conigli delle quan-
grandi di alcool etilico (fino a 1003 gr. in tre mesi): ma i suoi reperti istologici
mo, per ciò che riguarda la presenza di Plasmazelleny del tutto negativi e quindi
iperta contraddizione con quelli di Montesano il quale risponde al Reichlin
ana breve nota pubblicata nello stesso fascicolo della Rivista sperimentale di Fra-
tria.
Fa anzitutto notare come egli non avesse col suo lavoro per nulla espressa l' in-
done di trasportare i dati della patologia sperimentale in quella umana : riconosce
in alcuni animali alcoolizzati non si trovano Plasmazellen ed al proposito ri-
la come nel suo lavoro ponesse egli stesso il problema se a produrre la formazione
luesti elementi non interveniss^ero altri fattori (sondaggio il malattie intercorrenti):
H)H Rivisla di PatoloffUi nervosa e mentale " — — ^ ^
[MT lo studio di questo quesito ha in corso altre esperienze, delle quali per ora nuu
può riferire, ma che lo autorizzano a confermare come in alcuni conitfli intiJhJ'irati
con l'alcool compaiano Plasmazellen. Affaccia la possibilità che il reperto sia netjativo
in casi di animali che hanno ingerita poco a poco una notevole quantità di uhn^n],
per una specie di abitudine dell'animale alla sostanza.
Il Rei chi in cercando quali cause possano avere dato a lui risultato diametral-
mente opposto a quello di Montesano, non rileva come questi sommi nistrnss*- m\
un gruppo dei suoi conigli insieme all'alcool dell'adrenalina (dei 4 conigli dei quali
è riferita la necroscopia e l'esame istologico 8, i n. 8-5-25, avevano avuto rispt-ttiva-
nientt* 57-184-48 goccie di adrenalina). Ora è cosa nota soprattutto per il lavoro di
8hima (Wirkung des Adrenalin auf das Zentralnerrensystem — Obersteiner's Ar-
beiten Bd. XIV — 8. 492) che questa sostanza può provocare la presenza di Plnsuni-
zeìlen nel sistema nervoso centrale dei conigli.
Ed ora due parole per un periodo del Montesano che più specialmente si rife-
risce allo scrivente.
Polemizzando col Rei chi in circa il significato delle PI a sw aze ì 1 en ei^lì acciden-
talmente dice che lo scrivente « pare voglia concludere che per la formazione di veri
e propri infiltrati perivasali sia necessario intervenga uno stinudo flogogeno speeitico
e specialmente attivo, per averli ottenuti spappolando il tessuto nerv«»so con inie-
zioni a tutto spessore nella massa cerebrale (5-6 cm' per iniezione in cani di 5-ti Kg.)».
L'interpretazione che il Montesano dà dei miei reperti è tutta sua personale e la
forma dubitativa colla quale egli l'ha formulata — si limita infatti a scrivere elie
« sembra che io voglia credere» — forse è l'espressione del dubbio che ess*» aveva di
rettamente tradurre il mio pensiero. Nel mio lavoro sopra le lesioni provocate dai
sieri neurotossici mi sono limitato a descrivere e figurare i reperti istologici quali
erano: pure avendo fatto notare che i fatti di infiltrazione mancavano quando si pra-
ticavano iniezioni (eolla stessa tecnica ed a dosi più elevate) di sieri normali, non
ho in nessun punto del mio lavoro ne espresso ne sottinteso il c^»ncetto che per la
loro formazione fosse necessario l'intervento di un agente specifico: che anzi >e mi
permisi qualche ipotesi essa fu espressa in termini ben diversi. A pag, 28 del mio
lavoro leggesi : « questi fatti — quelli di infiltrazione — possono essere interpretati
anche come un richiamo di leucociti che si ha ogni volta che un tessuto viene alte-
r<it«> da sostanze nocive ».
E del resto una conclusione del genere di quella che Montesano è in for^'tli
attribuirmi non mi sarebbe stata permessa dai miei stessi reperti ; poiché a pai{. 2.S
e segg. leggesi come fatti d'infiltrazione avessi osservato nelle cavie iniettate, in
peritoneo, con sostanza nervosa di cane.
E per quanto riguarda più specialmente le Plasìnazeìlen nel mio lavoro è detto
che ne furono sempre trovate in numero assai scarso — in alcuni animali, quelli
trattati con siero eteroneurotossico mancavano affatto, eccetto in un caso nel quale si
era prodotta un'emorragia — mentre se ne trovano pure nelle cavie trattate intrajK-
ritouealmente con sostanza nervosa di cane. Inoltre mi preme di avvertire che i«», o<tlle
mie iniezioni, non ho per nulla affatto sjjappointo il tessuto nervoso: a pag. 14 «•
segg. io, e forse la dimostrazione era superflua dopo le esperienze di Del ez enne ed i
Armand-Delille, ho messo pure in chiaro che le iniezioni di sieri normali, a dose
doppia di quella usata per i neurotossici, non producono, quando vengano eseguite f
colla tecnica necessaria, lesioni gravi: soltanto qualche volta si hanno delle piceole j
emorragie, che mancano di regola quando si inietti lo siero neurotossico, appunta [ht-
chò se ne uif-a una dose più ])icoola. . '
Paiolofjla sperimeiìtale 409
K quanto alla dose è inesatta la aifermazioue del Mon tesano: io usai in un
prinio gruppo di esperienze dosi comprese fra 0,18 e 0,80 cm. di siero per Kg. d' ani-
male, in un srecondo di dosi varianti tra 0,45 e 0,70 cm'': in un terzo di 0,60 —
0,80 cm^. Ed il quadro anatomo-patologico risultò quale io lo descrissi anche colle
dojii minori, e per ciò che riguarda i fenomeni clinici essi furono imponenti e mor-
tali anche colle dosi medie.
D'accordo con Montesano che in patologia sperimentale s'impone un grande
risorbo nel formulare conclusioni e nel costruire ipotesi, ho scritto queste poche righe
perchè le mie prudentissime conclusioni non vengano, involontariamente, da altri esa-
gerate o male interpretate. O. Romn.
IH. Q-. D'Abiindo, Dottrina metamerica e rigenerazione consecutira alio strappo
contemporaneo del prolungamento midollare di molteplici gangli interrer-
tebrali nei primi tempi della vita extra-uterina. — « Rivista italiana di Neu-
ropatologia, Psichiatria ed Elettroterapia », voi. I, fase. 8.
In un gattino di 24 ore l'A. asportò un tratto di midollo spinale, corrispondente
n circa 10 vertebre, traendolo fuori dal tubo durale per una breccia superiore, fatta
res^ecando un arco vertebrale e aprendo la dura, mentre l'estremo inferiore veniva se-
zionato insinuando un coltellino tra gli archi vertebrali.
Dopo 75 giorni il tratto di tubo durale compreso tra i due tagli presentava nel
suo intemo « una rigenerazione di tessuto nervoso proveniente da parte dei prolun-
gamenti midollari di tutti i gangli intervertebrali, verificandosi la divisione a T colle
due branche ascendenti e discendenti, in modo da rappresentare il tubo durale una
pseudo-midolla spinale risultante d'un tronco nervoso formato esclusivamente dalla
rigenerazione dei prolungamenti midollari intervertebrali ».
In un tratto superiore, del quale non è indicato il limite, ricompare la sostanza grigia
spinale e progressivamente si ricompone il midollo. Questo punto meriterebbe, anche
in una nota preliminare, maggiori schiarimenti. L'A. promette una pubblicazione più
particolareggiata, e noi l'attendiamo con vivo interesse per apprendere donde e come
qu«*>ta sostanza grigia si rigeneri.
Quanto ai tratti radicolari, che l'A. considera come prodotto esclusivo di rige-
nerazione, è da fare qualche riserva in riguardo a questa loro genesi. Tirando fuori
dal tubo durale per un' estremità il tratto di midollo compreso tra i due tagli, le ra-
dici pt)steriori rimangono strappate, è vero, ma nel loro punto di ingresso nel midollo.
Tutto il tratto intradurale di esse rimane dunque al suo posto, in normale connes-
sione coi relativi gangli spinali, e non degenera, e deve per conseguenza ritrovarsi
intatto anche dopo 75 giorni. Con ciò non si esclude che da queste radici strappate
possa partirsi un processo rigenerativo; soltanto le esperienze dell'A. non ce ne for-
nisctmo un documento, non potendoci dire se questo processo avviene, né quale sia
la sua intensità. E neppure risulta documentata la presunta divisione a T di queste
libre rigenerate, in una branca ascendente ed una discendente. Una tale divisione, se
pure fosse avvenuta, non sarebbe dimostrabile in modo sicuro con la tecnica adope-
rata (indurimento in liquido di Miiller e colorazione — a quanto pare dalle figure
— col metodo di Weigert).
L'A. pone in rapporto la presunta energicissima rigenerazione delle radici poste-
ri«»ri col fatto, da me dimostrato, che nelle cellule dei gangli spinali in seguito al
taglio della branca centrale del loro prolungamento manca del tutto la reazione di
Nissl, mentre questa si osserva spiccatissima nelle lesioni dei nervi periferici e con-
470 Rivista di Patologia nervoui e mtntak
duce anche alla morte ed alla scomparsa di pochi o molti elementi. Questa interpre-
tazione non mi sembra accettabile: se essa fosse esatta, nei ner\i periferici il proriN-jC»
di rigenerazione dovrebbe essere debole e scarso; ed è invece il piii rij^oglioso die si
conosca. Io ritenni al contrario che la reazione di Nissl stesse ad indicare la par-
tecipazione attiva del centro trofico al processo di rigenerazione, e che la sua nuui-
canzH nelle lesioni del prolungamento centrale accennasse ad un minor pot4.*re ù^*--
nitivo delle radici posteriori, che da questo punto di vista si comporterebbero come
le libre centrali o a un dipresso.
Lìujaro,
14. A. Perroncito, Die Jiegent*nitton der Xerren. — <^ Bcitràge zur patholovi-
sche Anatomie und zur allgemeine Pathologie », Bii. 42, 1007.
L'A. considera minutamente tutte le varie questioni concernenti la rigenerazione
dei nervi periferici, sia dal punto dì vista anatomico, sia da quello fisiologico, della
reintegrazione funzionale.
Tratta anche della sensibilità ricorrente. I dati anatomici sono ottenuti soprat-
tutto con Tapplicazione del metodo di Cajal all'argento ridotto; di essi VA. ha fatto
già Tesposizione in varie note antecedenti.
Xel capo centrale di un nervo tagliato, la comparsa dei fenomeni rigenenitivi
è precocissima, e precede nettamente la formazione di quelle catene cellulari alle
quali i fautori della rigenerazione autogena danno tanta importanza. I cilindrìissi
neoformati, anche i più sottili, sono sin dall'inizio sempre continui; Essi nascono per
gemmazione laterale dai cilindrassi vecchi, dei quali la parte estrema, prossima alla
lesione, di regola degenei:a.
I cilindrassi neoformati attraversano la cicatrice ramificandosi più volte, raggiun-
gono il capo periferico e lo percorrono in tutta la sua estensione. !»ion vi è alcun
altro modo di formazione di nuove fibre oltre a quello per crescenza dai capi cen-
trali dei nervi tagliati.
Le fibre del tratto periferico degenerano. Ma mentre alcune di esse, le midollate,
degenerano rapidamente, le amidollate possono persistere persino 20 giorni. Queste ultime
presentano al loro estremo prossimale, in vicinanza della lesione, un caratteristico
rigonfiamento.
I cilindrassi rigenerati, provenienti dal capo centrale, procedono ordinariamente
nel capo periferico tra le fibre vecchie in via di degenerazione. La sutura dei «lue
capi del nervo tagliato rende più regolare il decorso dei cilindrassi neoformati nella
cicatrice e facilita il rapido progredir'e di essi verso la periferia.
Non si ha mai un ripristino della funzione se non si ristabilisce una continuità
coi centri nervosi. La conducibilità per stimoli elettrici si ristabilisce prima nel trono»»
periferico che nella cicatrice. Oltreché dal capo centrale del nervo tagliato, possono
penetrare nel moncone periferico anche dei cilindrassi nati da fibre di ramuscoli ner-
vosi lesi nella ferita.
II tronco nervoso periferico può contenere delle fibre provenienti da anastomosi
preesistenti. Queste fibre hanno molta importanza per il ristabilirsi della funzit>nu-
lità. La sensibilità ricorrente si spiega nel miglior modo per mezzo di anastomosi
collaterali, come ammisero Arloing e Tri pie r.
Luffa ro.
Amitomia patologica i71
i^natoxnia patologica.
15. "W. Spielnieyer, KUnische und anatomische Untersuchiingen uhei' ehie he-
sondere Form con familìdrer amaurotischer Idiotie. — «NissT s histolo^ische
und histopathologische Arbeiten », Bd. II, S. 198.
Cui lavori di Schaffer,già riassunti largamente in questa Rivista, si è accen-
tuata la tendenza a isolare dal grande quadro nosologico della idiozia, delle forme
che possono essere elevate a dignità di malattie per se stanti sulla base di criterii
clinici ed anatomo-patologici.
L'A. già aveva comunicato delle osservazioni che lo spingevano ad isolare una
forma nuova di idiozia aniaurotica famigliare, che per parecchi dati si deve tenere
distinta da quella classica di Sachs: Vogt con una disamina analitica dei sintomi
di queste due forme e sopratutto con argomenti tratti dallo studio diligente delle
forme di passaggio, ha invece portato un parere autorevole in favore dell' unità di
queste due forme. Ma Spielme^^er con questo nuovo e dettagliato lavoro, che è di-
viso in una parte clinica e in una anatomo-patologica, porta nuovi contributi e nuovi
dati di fatto a sostegno del proprio concetto. .
Clinicamente, dice esso, le due forme si possano nettamente differenziare: esj^e
non hanno altro in comune che di essere famigliari e di condurre velocemente alla
demenza ed alla cecità: ma mentre la forma di Sachs, fatta eccezione di rarissimi
e sparsi casi, insorge ne' primi due anni di vita, questa nuova forma principia di
di regola nel periodo della seconda dentizione: il decorso della prima forma è rapi-
dissimo talora fulminante; ad eccezione di due o tre casi che durarono più anni,
essa tocca la sua fine nel terzo anno, e il quadro finale è quello del più grave ma-
rasma; questa seconda invece dura sopra i dieci e più anni, i ragazzi rimanj^onu
indietro nel loro sviluppo somatico ma non divengono marantici: circa alla fine, in
tre dei casi citati in questo lavoro essa dipende da una intercorrente malattia pol-
ìuimare, in un quarto da grave tubercolosi intestinale.
Per la forma di Sachs sono caratteristiche le paralisi che possono essere accom-
pagnate da manifestazioni spastiche, od atassiche, od amiotrofiche, in questa forma
invece non ci sono fatti paralitici.
La cecità nella malattia di Sachs ha sua causa in una atrofia dell'ottico, qui
invece essa è sostenuta da una atrofia della retina con deposito più o meno marcato
di pigmento (Retinttis pùjinentom).
Se i primi criteri differenziali, sopratutto dopo i casi raccolti da A'ogt e da
Hygier, possono non essere assoluti, i due ultimi lo sono e sono di tale importanza
da autorizzare la divisione delle due forme, la quale è poi sostenuta dalla differenza
del reperto necroscopico.
Degni di nota sono in uno dei casi riportati alcuni sintomi a carico della fuu-
zi<me del linguaggio che TA. colloca nella categoria delle afasie transcorticali.
Anatomo-patologicamente si trova un cervello che macroscopicamente è comple-
tamente sviluppato, nel quale le circonvoluzioni ed i solchi hanno raggiunto il loro
intiero sviluppo e sono disposti normalmente, che presenta un lieve intorbidamento
delle pia e un mediocre idrocefalo esterno ed interno con conseguente impicciolimento
degli emisferi.
Ma al microscopio si trova che le cellule nervose sono lese in tutto l'organo:
il processo consiste in un rigonfiamento del corpo cellulare provocato da una massa
i'rl lìlvisla (li IhilnliHjia iwrrosn e ntfutaff
che giace all' interno: questa ha struttura granulare, i granuli sono di grossezza dif-
ferenti; spesso sono pignientiferi : non daftno una vera e propria reazione dei grassi
ma soltanto una debole reazione col Sudan (come le eosidette sostanze miclinoidi).
Questa sostanza occupa una parte più o meno grande delle cavità che erano prima
occupate dalla sostanza tigroide: il più spesso si sviluppa alla periferia ma talora
anche attorno al nucleo, spesso riempie tutto il corpo cellulare: essa schiaccia il
nucleo spesso alterato, e spinge le fibrille, quando queste non siano ancora state di-
strutte, verso la periferia. La rete fibrillare interna appare in corrispondeza di questa
massa diradata, la rete esteriore allargata e le sue maglie spinte l'una contro l'altra.
Invece i prolungamenti cellulari rimangono, di regola, risparmiati, e le zolle tigroidi
e le fibrille vi sono ben manifeste. Nella corteccia cerebrale quasi nessuna cellula è
risparmiata da questo processo che sovente in questa regione si associa a processi cro-
nici di lesioni cellulari, mentre questa associazione è eccezionale altrove.
La nevroglia è aumentata assai : nel talamo ottico è però 1' aument<ì assai meno
pronunciato.
Confrontata colle alterazioni delle cellule nervose è assai scarsa quella delle fibre
nervose: si notano sopratutto nello strato sopra ed intraradiale delle lievi zone di
mancanza di fibre : mai degenerazioni recenti, mai degenerazioni di sistemi di fibre.
Il tessuto mesodermale non offre gravi alterazioni : lieve ispessimento della pia,
scarsa colorabilità delle lamine elastiche dei vasi: sopratutto mancano attorno a
queste alterazioni a tipo infiammatorio o regressivo: si trova qualche Mastzeìle.
Anche in questa forma dunque come in quella di Sachs si trova una lesione
diffusa e grave delle cellule nervose mentre sono integri i vasi: anche le manifesta-
zioni del processo che lede le cellule (rigonfiamento, alterazione della sostanza tigroidee
delle fibrille) appaiono le stesse: è però da notare che a differenza di quello che ha
notato Sachs qui i dendriti sono, di regola, risparmiati.
Inoltre qui il processo non tende come nella forma di Sachs a distruggere del
tutto la cellula: Sachs ha osservato che nei suoi casi la sostanza che occupa la cel-
lula ha una struttura simile a quella che si osserva nella cromatolisi, qui invece si
ha la formazione di una sostanza granulosa, che ha un qualcosa che ricorda le
immagini dei depositi di pigmenti: nella forma di Sachs manca ogni traccia di
sostanza che abbia affinità per le sostanze che mettono in evidenza il grasso.
Nella forma dell' A. non si trovano mai zone di distruzione del tessuto cerebrale;
e perciò anche lo sviluppo della nevroglia non è ad isole, ma diffuso. Un' altra im-
portante differenza è quella che riguarda le fibre, sia quelle cerebrali, che nella forma
di Sachs sono molto lese, qui assai poco, sia quelle spinali che nella forma di Sachs
degenerano sopratutto nel sistema piramidale.
Grande importanza ha pure il fatto che nella forma di Sachs si trova un'atrofia
dell'ottico, invece qui si riscontra una lesione grave, fino alla mancanza dei coni e
dei bastoncelli. 0 liossi.
IH. O. Rancke, Beitràge zur Lehre r(fn der Meningitis tubercolosa. — « NissTs
histologische und histopathologische Arbeiten », Bd. II, S. 252.
La prima parte del lavoro è dedicata alla esposizione del modo di vedere che
molti AA. hanno, in varia epoca, espresso sopra la natura e la sede del processo
meningitico e sopratutto di quello tubercolare: e la conclusione è che ancora non si
può dire dimostrato il modo di vedere di quelli che vogliono le alterazioni limitate
alla meninge o piuttosto quello di coloro che sostengono non esserci meningite senza
Anatomia patoloffica il^
encefalite: nel secondo capitolo TA. ricorda i principali studi sperimentali eseguiti
in argomento: il terzo è dedicato alla discussione critica dei reperti di vari A A.,
e le conclusioni ne sono importanti come quelle che possono dimostrare il criterio
che ha seguito TA. nel valutare le lesioni da lui riscontrate in tre casi di menin-
gite tubercolare.
Per ciò che si riferisce al problema della meningo-encefalite si deve ritenere:
che la presenza di piccoli nuclei di nevroglia che si tingono fortemente è un fatto
normale e non espressione di encefalite: che non è permesso diagnosticare una ence-
falite soltanto dall' allargamento dei vasi, dall' edema, dall' infiltrazione dei setti piali :
così pure è poco fondato lo stabilire il diagnostico di encefalite solo per il reperto
di scarse alterazioni regressive delle cellule nervose senza alterazioni vasali, o pro-
cessi progressivi da parte del tessuto di sostegno di origine ectodemiica: noi possiamo
parlare di encefalite solo allora che nello stesso tessuto nervoso i piccoli e 1 grossi
vasi dimostrano indubbi fatti di essudato cellulare e nello stesso tempo si hanno pro-
cessi regressivi nel tessuto nervoso, e aumento (e talora anche fatti regressivi) nel
tessuto gliare. Esaminando con questo criterio i suoi tre casi l'A. conclude:
1) In nessuno dei casi di meningite tubercolare esaminati si arrivò alla f(>r-
nmzione di un vero tubercolo.
2) Nella meningite tubercolare, così come in altre meningiti, compare in quan-
tità un tipo di cellule (macrofagi) che per il loro contegno sono analoghe alle Git-
terzelìen del sistema nervoso centrale ma (almeno nelle loro forme caratteristiche)
si distinguono nettamente da queste.
3) I vasi della pia partecipano evidentemente al processo: ci appare un infil-
trazione diffusa (Arterite tubercolare degli Autori?)
4) Inoltre si trovano focolai circoscritti nelle pareti di parecchi vasi che sono
varatterizzati dalla degenerazione degli elementi di infiltrazione, e in taluni casi
paiono dare luogo ad emorragia.
5) Il processo piale non dimostra alcuna tendenza ad estendersi nel T. cere-
brale: talora ove vi sono noduli più spessi nella pia il tessuto sottostante mostra
qualche alterazione che è però sempre circoscritta.
ti) Qua e là sparse si trovano alcune isole, negli strati più profondi della
corteccia, dove il tessuto ectodermale è leso, ma il tessuto mesodermale non parte-
cipa alla lesione : ed è dubbio se si possano questi fatti ricollegare al processo me-
ningitico.
7) Dalla forma classica della meningite tubercolare si debbono separare netta-
mente quelle forme nelle quali si sviluppano delle vere alterazioni encefalitiche.
0. Bossi,
17. G. Marinesco et I. Minea, Contribution à V anatomie patholofjique et à
la pathogénie de tahès, — « Journal ftir Psychologie und Neurologie », Bd. X,
H. 4-5.
Gli AA. ritornano sulla questiona delle alterazioni dei gangli spinali e delle
radici sensitive nella tabe. Circa la localizzazione del processo primitivo escludono
l'ipotesi della neurite radicolare trasversa formulat^i da Nageotte per vari argomenti
dei quali il più importante è questo: che qui, a differenza di quello che si osserva
nei nervi periferici, degenera anche il tratto prossimale del cilindrasse. Quanto alle
mtxlalità descrivono ancora come proprie della tabe quelle apparenze che Nageotte
interpretò come fenomeni di rigenerazione collaterale: essi si pongono il problema di
47 i liicista di Patoiofjia nervosa e mentale -*.>^ _^
decìdere se i^uesti fenomeni sieno sotto la dipendenza immediata deir attività rige-
nerativa del neurone centrale separato da quello periferico, oppure se intervenga un
altro fattore d'ordine cellulare nel produrli: la risposta è favorevole alla seconda
ipotesi: infatti, sempre secondo gli AA., i casi nei quali più rigogliosi si osservano
questi fenomeni non sono precisamente quelli di tabe. Viene fatto di pensare rhe
r associazione di due cause delle quali Tuna agisca sulla cellula T altra sui suoi
prolungamenti possa realizzare questo stato.
Intanto sta di fatto che nella rabbia dove ci sono soltanto lesioni del citoplasma
nervoso si trovano pure fatti di rigenerazione collaterale.
Circa la patogenesi delle lesioni gli AA. avanzano l'ipotesi di una ueurolisiua
che la circolazione trasporterebbe alle radici posteriori: appoggiano la loro ipotesi
alla scoperta di Wassermann della presenza di anticorpi nel liquido cefalo-rachi-
diano dei tabetici (in realtà dopo gli ultimi lavori su questo argomento «luesto ap-
poggio è assai indebolito): questa neurolisina avrebbe una particolare affinità per le
radici posteriori. O. liofmi.
18. H. Claude, Examen des centres nerreux dans deux cns dliìfutérie. — « Kii-
céphale », n. 7, 1907.
L'A. riporta l'esame istologico dei centri nervosi di due donne morte l'uiia di
settantasette anni, l'altra di quarantatre anni, le quali in vita avevano presentato
una complessa serie di fenomeni rientranti nel quadro della grande isteria. Ricove-
rate in diverse epoche nelle cliniche, i sintomi, (paralisi, contratture, accessi con-
vulsivi, parestesie ecc.) erano più volte scomparsi, per ripresentarsi in seguito sotto
differente aspetto. All'esame istologico si rilevano lesioni meningee ed alterazioni di
ordine diverso nel midollo. Le lesioni suddette però, per il loro carattere più irrita-
tivo che distruttivo, non possono sicuramente essere state causa della sintoniatoloifia
complessa riscontrata intra vitam.
Questi casi servono ancora una volta a dimostrare la persistenza e la tenacia »ii
certe manifestazioni isteriche impiantate su sintomi di lesioni organiche le quali, an- [
che se di lievissima entità, possono in certi individui rappresentare uno stimolo con- i
tinuo per il dinamismo del sistema nervoso e favorire la cronicità delle manifestazioni. -j
Sandrt. j
19. E. Loner, MoHopìéffìe crurale. Lésion étendne de la ré<jiou roìandique. Con- !
irihution à Vétiide des fonctiona de la zone motrice dn rerveau et des de- ?
(fénérescences secondaires de ses fìhres de projection. — « Nouvelle Iconogra- j
phie de la Salpétrière », n. 1, 1908. f
Le osservazioni anatomo-cliniche riportate si riferiscono a distruzioni parziali f
della zona motrice del cervello: nell'una la lesione si è prodotta in età molto avan- r
zata, nell'altra in età giovanissima, dal confronto si può desumere l'importanza che
p(»>sono avere i fenomeni di funzione vicariante nello studio delle localizzazioni «e- |
rehrali.
L'esame istologico in tagli seriali mostra nei due casi la delimitazione esatta '
delle regioni distrutte e delle interessanti anomalie di degenerazioni consecutive. ì
Nel primo caso si tratta di una monoplegia crurale, insorta improvvisamente ii|
un vecchio di 74 anni e rimasta pressoché stazionaria per cinque anni. All'esanuf
nnatonio-pat(dogico si riscontra: rammollimento della corteccia del lobulo para-ceil
f
AnalomUt pftiolofjica 475
trale e della parte posteriore della F, ; degenerazione secondaria discendente della
?ia piramidale corrispondente, visibile sino al rigonfiamento lombare, ma costituita
nella capsula interna, nel piede del peduncolo cerebrale e dell' istmo dell' encefalo da
una semplice rarefazione di fibre sane senza sclerosi interstiziale.
Xel secondo caso si tratta di uno stato distrofico congenito della mano e del-
l'avambraccio sinistro con conservazione della motilità; nessuna traccia né di emi-
plegia, né di contratture, nò d'epilessia in una donna morta a 47 anni. All'autopsia
si riscontrano lesioni poroencefaliche estese della faccia estema dell'emisfero cerebrale
destro che lasciavano intatto solo il terzo superiore delle circonvoluzioni rolandiche ;
ripartizione uniforme delle fibre di proiezione di questa zona motrice ristrette su tutto
il decorso della capsula interna e del piede del peduncolo cerebrale. Atrofia secon-
daria del peduncolo cerebrale e della protuberanza anulare: atrofia incrociata al cer-
velletto.
Dopo aver discusso i risultati degli esami, e le anomalie riscontrate l'A. arriva
alle conclusioni seguenti.
11 primo caso conferma ancora una volta l'esistenza delle localizzazioni segmen-
tarle corticali già confermate dagli esperimenti fisiologici e dalle ricerche equivalenti
praticate nell'uomo durante operazioni chirurgiche. Se diflìcilmente si possono trovare
documenti così dimostrativi come il surriferito tra i casi di rammollimenti» o di
emorragia cerebrale, è perchè le lesioni consecutive a questi processi sono in genere
troppo estese.
(•onfrontando fra di loro i due casi surriferiti si osserva che mentre nel primo
caso una lesione cerebrale limitata lasciò una paralisi permanente, nel secondo in-
vece una lesione estesissima della zona motrice non provocò che un deficit funzionale
minimo: la sua precocità permise dunque alle vie motrici una supplenza anatomica
e fisiologica. Sandrì.
20. H. Verarer, Sur uw cas de sìjringomyélie spasìnodiffue doulourentie à vrolu-
fion rnjnde, — « Encéphale », n. 7, 1007.
Riporta un caso di siringomielia caratterizzato dall'esistenza di fenomeni spastici,
da dolori intensi e spontanei distribuiti secondo la topografia ed il tipo sensitivo dei
dolori d'origine radicolare, e dal decorso rapidissimo. All'autopsia si notava l'esistenza
di una cavità centrale all'altezza del rigonfiamento cervicale e di un'altra cavità più
piccola, limitata da una parete più resistente, che si estendeva in tutto il midollo
dorsale. Nessuna traccia di pachimeningite ipertrofica. Le radici cervicali e della coda
equina sono esili e grigiastre. L'esame istologico rilevava l'esistenza, nella regione
del rigonfiamento cervicale, di un glioma centrale cavitario che distruggeva gran
parte della sostanza grigia, e di una sclerosi diff'usa massime nei fasci laterali. L'A.
osserva che malgrado non esistesse alcuna traccia di pachimeningite ipertrofica l'am-
malato accusava dolori spontanei vivissimi agli arti superiori, i quali probabil-
mente erano causati dalla leggera radicolite interstiziale esistente. Pure notevole è
la rapidità (circa 21 mesi) con cui il processo siringomielico si svolse. Sandn,
21. HochhauB, Beifrdge zar Fathologie des Gehirns, — « Deutsche Zeits«hrift
fur Xervenheilkunde », Bd. 34, H. 3-4, 1908.
Vi si trova la storia clinica e il reperto anatomo-patologico di un caso di glioma
multiplo e di un caso di paralisi cerebrale infantile. 11 primo caso è degno di spe-
ciale interesse per il fatto rarissimo della molteplicità dei gliomi (3) e per l'enorme
47*') H ivi sia di Patoloffia nervosa e mentale
volume di uno di essi, che occupava quasi per intero l'emisfero cerebrale destro. Nel
secondo caso (emiplegia destra in un bambino di 2 anni e mezzo, prodottasi in se-
guito al morbillo) l'esame del cervello dimostrò un intenso edema gelatinoso della
pia e dei fatti poco accentuati di meningoencefalit^ in corrispondenza delle circon-
voluzioni centrali di sinistra : questa osservazione conferma la possibilità della genesi
infiammatoria d> una paralisi cerebrale infantile e dimostra come gli imponenti fe-
nomeni clinici possano avere un tenue substrato anatomico, sia perchè essi dipendano
non solo dai fatti infiammatori ma anche da influenze tossiche, sia perchè forse nel
cervello infantile una flogosi anche poco estesa può, insieme all'edema, determinare
delle gravi alterazioni funzionali.
Zaihi.
N'evropatologia.
22. F. Raymond et H. Gourgerot, Gangrène symétrique des extrémitéa par
artérite chrmiique obliterante , transitoire ou permanente f d'étiologie incon-
Hue, — « Nouvelle Iconographie de la Salpètrière », n. 1, 1908.
Della malattia di Raynaud molti fecero una sindrome clinica unendo ad
essa tutti i casi di gangrena simmetrica delle estremità qualunque fosse la loro pa-
togenesi. Esistono invece varie specie di asfissia delle estremità, che meritano di es-
sere individualizzate e non aggregate ad una sindrome con cui non hanno in comune
le caratteristiche. Il caso dagli AA. riportato ne è un esempio interessante.
In un uomo di 42 anni, senza tara ereditaria o precedenti patologici, insorsero
dolori intensi alle dita seguiti da ulcerazioni, il processo morboso continuò per sette
anni svolgendosi per crisi della durata da uno a sei, sette mesi e ripetendosi ad in-
tervalli irregolari. Le ulcerazioni comparivano e scomparivano senza causa apparente,
ed ogni crisi finiva con una guarigione spontanea. Le caratteristiche di questa gan-
grena simmetrica erano date: dai dolori intensi localizzati alle dita senza irradia-
zioni estese, dolori spontanei, permanenti e di lunga durata non parossistici ; da ul-
cerazioni, che si formavano qualche giorno dopo l'insorgere dei dolori, senza essere
preceduti da sincope o da asfissia locale; da obliterazione delle arterie transitoria o
permanente. La malattia ha successivamente colpito i piedi e le mani, la comparsa e
la scomparsa delle lesioni sfuggono ad ogni regola conosciuta. Lo stato somatico ge-
nerale dell'ammalato è ottimo.
La patogenesi di questa gangrena si deve mettere in rapporto con l'obliterazione
delle arterie permanente o transitoria, che colpisce non solo i piccoli vasi ma anche
i grandi (l'arteria radiale destra infatti da più d'un anno è obliterata e della sinistra
appena da qualche mese si possono percepire le pulsazioni). Nulla dunque ha in
comune col morbo di Raynaud in cui i dolori sono parossistici e non esistono obli-
terazioni vasali. Sull'etiologia delle alterazioni vasali gli AA. non potendo dire nulla
di sicuro preferiscono non emettere nessuna ipotesi.
Il caso surriferito per la sua sintomatologia e per la patogenesi tanto manifesta,
secondo gli AA., non trova alcun riscontro tra quelli che la letteratura registra. Me-
rita quindi di essere individualizzato. La sua importanza pratica non è da trascu-
rarsi, perchè ben conoscendone la diagnosi e la prognosi si potranno in tanti casi
evitare inutili amputazioni e mutilazioni.
Sandri,
Ne ero patologia Vii
2i^. M. Klippel et E. Chabrol, Sur les ranetés « en largeur » dti st/ìidrome de
Brown-Séquard. — « Encéphale », n. 7, 1907.
La sindrome di Brown-Séquard difficilmente si osserva in clinica cos'i com-
pleta come sperimentalmente si può provocare con la emisezione del midollo. Le af-
fezioni che la provocano (compressioni parziali, focolai emorragici, gomme, tumori ecc.)
possono avere estensione e profondità varie : differente è quindi la sintomatologia che
possono presentare. Gli AA. dopo avere illustrato un caso di emisezione traumatica
incompleta del midollo cervicale, che si manifestava con dissociazione delle sensibilità,
prendono in considerazione molti dei casi che la letteratura registra, esaminano gli
aspetti differenti con cui la sindrome di Brown-Séquard si può presentare, riuni-
scono le sue forme parziali in tre gruppi :
L" Forme frustre sensitive che si manifestano, a seconda della profondità della
lesione, con dissociazione delle sensibilità, abolizione del senso muscolare, anestesia
ed iperestesia tattile.
2.* Forme dove predominano i disturbi simpatici (scomparsa della sensibilità
termica e dolorifica, abolizione del senso muscolare, disturbi vaso-motori).
3.'' Forme che si accompagnano a sintomi di alterato trofismo, dovuti proba-
bilmente a lesioni delle corna anteriori, e che si riscontrano molto difficilmente.
Lo studio accurato dei sintomi permetterà dì localizzare con sufficiente precisione
la sede della lesione. Sandrù
24. Q. Etienne, Syndrome hemitonoclonique post-hemiplégique, — « Kncéphale »,
n. 7, 1907.
Illustra il caso clinico di un'ammalato che presenta emiplegia destra completa
accompagnata da contrattura con eretismo muscolare permanente, miotonismo doloroso
con parossismi insopportabili provocati anche da leggere eccitazioni periferiche, e fre-
quenti crisi raiocloniche ritmiche di ampiezza media.
L'A. esamina questo complesso di sintomi che tanto si allontana dal quadro so-
lito della sindrome postemiplegica abituale, esclude l'esistenza di una infiltrazione
edematosa, di un trofoedema, di una pseudo ipertrofia adiposa, di una emi-sindrome
di Thomsen, fa notare la somiglianza della sindrome summenzionata con la mio-
tonia apoplettica descritta da Bechterew. Secondo TA. la sintomatologia presen-
tata dall'ammalato si deve attribuire a una lesione talamica ben più diffusa però
di quella che provoca la sindrome descritta da Déjerine.
Su questo caso la distruzione non può interessare solo la regione ventrale del
nucleo ottico, ma bensì deve estendersi a tutto quanto il talamo ed a buona parte
della capsula interna. Sandn.
25. P. Rose, Nevrite aenaitive et trophitiue à la suite d^iin zona. Lésions tro-
phiques dea os de la main à type de rhumatisme chronique. — « Nou velie
Iconographie de la Salpetricre », n. 1, 1908.
In una donna di G7 anni, una manifestazione di herpes zoster sulla regione
est<.*rna del braccio, è seguita da dolori violenti alla spalla, all'avambraccio ed alla
mano, nello stesso tempo insorgono dei disturbi trofici delle ossa ed una edema della
mano e dell'avambraccio. Malgrado l'assenza di ogni reazione degenerativa, l'esistenza
di un processo nevritico non è dubbia. Le nevriti d'altronde si accompagnano frequen-
478 liivisla di Patologia nervosa e menUilr
temente allo zoster e dipendono dalla stessa causa patologica. L'edema riscontrato
e gli altri disturbi trofici delle ossa, secondo TA., sono conseguenti alla nevrite. L'ipo-
tesi dell'azione degli agenti microbici e delle tossine sulle ossa e sulle articolazioni
per l'azione intermediaria del sistema nervoso, ipotesi già antica, spiega in modo suf-
ficiente fatti etiologici, anatomici e clinici del reumatismo cronico, e basta per con-
ciliare le teorie dell'origine nervosa ed infettiva di questa malattia. Savóri,
26. A. Rlohe, Le» états neurasth^niques. — Baillière, Paris, 1908.
È un volumetto, destinato in special modo ai medici pratici, nel quale l'A. in-
siste particolarmente sopra la diagnosi differenziale tra la neurastenia ed alcune
forme di vera malattia mentale, senza trascurare del resto la sintomatologia, la pro-
gnosi e la cura dell'importante affezione. Zaììa.
27. R. Bonfigrli, Progressive chronic ckorea — A cUnical and anatomo-paiìw-
ìoffìcal stndìf, — « The Journal of Mental pathology », voi. Vili, n. 2.
È un caso di corea di Huntington isolato, cioè osservato in un individuo al
cui riguardo noii si scopre alcun fattore ereditario: gli abusi d'alcool e di coito cui
si abbandonò il paziente possono aver contribuito alla genesi della malattia, sebbene
non possano esserne soli fattori. Un uomo di 40 anni, l'età più propizia allo svol-
gersi delle forme, è preso da movimenti coreici dapprima limitati e appena avvertiti,
che giungono gradatamente alla massima intensità e alla generalizzazione mentre si
manifestano fatti demenziali pur crescenti in intensità, e che potrebbero assomi-
gliare a quelli della paralisi progressiva. I movimenti coreici cessano qualche ora
prima della morte, forse per una secondaria intossicazione del sistema centrale. Alla
sezione si riscontrano gravi alterazioni cellulari in tutta le zone della corteccia, e
specialmente della zona motrice consistente in cromatolisi centrale e periferica, distru-
zione di cellule e di neurofibrille, lesione, fino a scomparsa, delle fibre associative
profonde: notevole proliferazione nevroglica e proliferazione vascolare: reperto si-
mile a quello solito della paralisi progressiva. Mancano però Plasmazellefi. Pone la
questione se la proliferazione gliomatosa sia primitiva o secondaria alla infiamma-
zione vascolare, propendendo per la secondaria, e invocandola come ci^usa a sua volta
delle alterazioni cellulari: le arterie cerebrali medie che vanno alla zona motrice
sono quelle che si trovano più particolarmente esposte al trasporto di microrganismi
e tossine. Turchi.
Psichiatria.
28. Angrlade et Jacquin, Psychoses pe'riodiques et Epilepsie {Considerati ons
cUniques et nnntomo-patologiques), — « Encéphale », n. G, 1907.
La letteratura registra le osservazioni di molti ed autorevoli autori che si occu-
parono della affinità possibile tra epilessia e follia circolare. Gli AA. credono di
poter affermare con maggior sicurezza l'esistenza di questa affinità basandosi su osser-
vazioni etiologiche, cliniche, ed anatomo-patologiche.
Secondo gli AA. nella patogenesi della lollia intermittente come dell'epilessia,
il fattore dominante è l'ereditarietà in tutte le sue forme. Si può dire che il periodico
attinga dall'ereditarietà la sua attitudine alla peri(»dieità come l'epilettico l'attitudine,
Psichiatria 4-79
la predisposizione airepilessia. Su tutte due le malattie le stesse cause banali possono
fare insorgere accessi deliranti ripetuti e periodici o convulsioni. Tra il carattere
degli epilettici e dei maniaci nei periodi interaccessuali possono esistere notevoli somi-
glianze, e gli stessi accessi per il modo di insorgere, per il decorso, per il modo di
declinare e di recidivare, presentano differenze più apparenti che reali e notevoli
punti di contatto. Confrontano poi il quadro anat omo-patologico presentato da epi-
lettici senza demenza e senza lesioni microscopiche, con quello di maniaci e ne fanno
rilevare certe comuni caratteristiche. Il cervello si presenta di solito al tatto più
duro e più elastico della norma. Al taglio si incontrano molte piccole zone più indu-
rite, sia nelle parti superficiali come nelle profonde, le quali zone differiscono nelle due
malattie solo per la localizzazione. Non è difficile incontrare abbondanti granulazioni
sul pavimento del IV ventricolo. Microscopicamente si nota che la nevroglia sembra
dutata di una attività speciale, ed è caratteristica la somiglianza che passa tra essa e
gli strati sottocorticali di glia degli individui giovanissimi. Si direbbe che il cervello
d«^li adulti affetti da epilessia o da follia periodica avesse ripreso o conservato, per
quanto concerne la nevroglia, un'attività evolutiva speciale che si può esagerare
improvvisamente sotto V influenza di cause, anche banali, infettive, tossiche, emozio-
nali. Gli AA. inclinano dunque ad imputare ad anomalie congenite della nevroglia,
od almeno al suo ulteriore sviluppo abnorme, le crisi epilettiche e maniache.
Sandrt,
*2i^. A. Antheauine et R. Mignot, L'hiperhidrose dans la démence precoce, —
« Encéphale », n. 8, 1907.
Tra i disturbi vaso -motori che fanno parte della sintomatologia della demenza
precoce, i più frequenti sono il raffreddamento delle estremità, la cianosi, la dermo-
gratìa, gli edemi, la scialorrea. Ma secondo gli AA. la iperidrosi è tra questi sintomi
il più facile a riscontrarsi, lo si trova approssimativamente nel 25 % <i^i casi. Oltre
all'iperidrosi localizzata alle mani si osservano di frequente varie crisi sudorali pa-
rosì^istiche e generalizzate, massime air inizio della malattia e nella varietà catatonica.
Questo sintoma per U sua relativa persistenza non lo si può attribuire ad uno stato
emozionale né ad una manifestazione diatesica, è pure indipendente dall'azione della
temperatura esterna o dall'agitazione motrice.
Gli AA. attirano l'attenzione su queste iperidrosi che possono talvolta fornire un
criterio diagnostico differenziale tra le forme di demenza precoce e le forme di nie-
lancolia essendo in quest' ultima, secondo il parere dei classici, la secrezione sudorale
diminuita.
Sandrù
30. A. D' Ormea, Eicerche sul ritmo respiratorio nei dementi precoci , — « Note
e riviste di Psichiatria », anno XXXVH, n. 1, 1908.
La funzione respiratoria è sì intimamente collegata alla integrità dei centri
nervosi che risente con particolare finezza la influenza di ogni azione anche lieve
sia d'origine psichica che somatica. Sono i centri respiratori cerebrali che, domi-
nando l'attività ritmica del centro coordinatore bulbare, regolano la sinergia fun-
zionale dei gruppi muscolari che partecipano all'atto respiratorio. È naturale quindi
che una lesione dei centri coordinatori si ripercuota e possa venire rivelata dalle
alterazioni del ritmo del respiro. È parso quindi all' A. di grande interesse studiare
480 Hiristn di Patolof/la nervosa e mentale - Psichiatria
il comportamento di questa importante funzione nella demenza precoce, tenendo pre-
sente come in questa malattia si trovino forse in giuoco più cause morbigene. variti
per natura e diverse per sede di elezione della loro azione patogena, sì da portare
nell'individuo tanti ed evidefBti fenomeni di dissociazione organica e psichica. In
questo suo primo studio TA. si è limitato a rilevare semplicemente T andamento com-
plessivo della funzione respiratoria con l'esame del ritmo, nelle tre forme della de-
menza precoce, riservandosi in seguito di studiare l'interpretazione dei fatti osser-
vati. Dalle osservazioni riportate si rileva intanto che la frequenza del ritmo noi
dementi precoci è risultato pressoché uguale a quella dei normali, con un numero
medio complessivo di 19 atti al m.' La profondità del respiro, calcolata misurando
r ampiezza delle escursioni in mm., risulta notevolmente aumentata in confronto dei
normali. Tale differenza, maggiore nelle escursioni massime e che va diminuendo
nelle minime, è accentuatissima per i catatonici, minore per i paranoidi, minima
per gli ebefrenici. La forma degli atti del respiro è profondamente modificata: nu-
merose sono le irregolarità che si riscontrano sia negli atti inspiratori che espiratori,
e in questi specialmente, sicché talora si ha una linea tanto abnorme e frastagliata
che si accosta a quella della respirazione durante la fatica mentale. Frequentissima
è la respirazione periodica che si è riscontrata con maggiore o minore evidenza in
quasi tutti gli infermi presi in esame.
Siriffo.
HI. A. Ziverì, Sulla presema di colina e di potassio nel liquido cefalo-rachi-
diano e nel sangue in alcune malattie mentali (Prima nota). — « Rivista
italiana di Neuropatologia, Psichiatria ed Elettroterapia », voi. I, fase. 3, 1008.
(jrià da alcuni anni è stata notata la presenza della colina nel liquido cefnlo-
rachidiano e nel sangue di malati affetti da lesioni del sistema nervoso in cui avvenga
disintegrazione degli elementi anatomici di esso, sopratutto nella paralisi generale,
nelle emorragie e rammollimenti, nella tabe, nelle sclerosi multiple e nelle mieliti.
Anche nelF epilessia la colina venne ritrovata da alcuni ricercatori e specialmente
dal Donath, il quale si può dire la rinvenisse quasi sempre, e che appoggiandosi
su esperienze condotte sugli animali, ritiene che la sostanza generante le convulsioni
sia appunto principalmente la colina, la quale agirebbe come la neurina.
Anche per il potassio il Rosenheim ammette che si trovi in aumento nei pro-
dotti di decomposizione del sistema nervoso, in cui normalmente sarebbe presente in
combinazione organica.
L*A. ha voluto ripetere le esperienze in proposito nell' epilessia, specialmente con-
siderando che se la colina ed il potassio sono effettivamente dei derivati dalla scom-
posizione della sostanza nervosa, la loro presenza significherebbe che la malattia non
è già da annoverarsi tra le funzionali.
Dai risultati delle sue ricerche si nota che nell'epilessia essenziale non è possibile
riscontrare la colina nel sangue. Nel liquido cefalo-rachidiano sopra 26 casi una sola
volta ebbe risultato positivo: per contro ha trovato talora abbondante la produzione
di cristalli di cloroplatinato di potassio.
Siriffo.
Fìniizp, Tip. (Jalileiana, Via 8. Zaiiobi, 5^. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
Rivista di Patologia nervosa e mentaie
DIRETTA DA
E. TANZI
(ftbknzi:)
A. TAMBUKENI E. MORSELLI
(roua) (obnova)
E. LXJGAJRO
(modbna)
Redattori s
0. ROSSI
O. SANDRI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amminiatrazione : Prof. TAMZ/, C Unica di San Salvi, Firenze.
VoL. XIII S^irenze, Novembre 1908 Fase. 11
COMUNICAZIONI ORIGINALI
Clinica (Ielle malattie nervose e mentali deiristituto di Studi superiori in Firenze
diretta dal prof. E. Tanzi
Processi rigrenerativi e degrenerativi
consegruenti a ferite asettiche del sistema nervoso centrale.
Midollo spinale e nervo ottico
per il dott. Ottorino Rossi, Aiuto e Libero-Docente
Il problema della rigeiu^razione del sistema nervoso lenti-ale ò in (juesli
ulliini anni tornato in interessante disciLssione sulla base di lepei^ti ottenuti
coi più recenti metodi di tecnica; e la soluzione del problema, oltre die per
le applicazioni alla patologia umana, ba davvero importanza notevole come
quella che può fornire valida prova prò o contro le principali teorie l'ormu-
late a proposilo della rigenerazione dei nervi. Dopo i lavori di Perroncito,
CajaI, Lugaro, una di queste teorie, quella dell' autorigenerazione, può dirsi
confutata, ma di essa esistono ancora difensori ingegnosi e vivaci (He Ih e)
contro i quali non sono certo inutili nuove prove; e lo studio dei fenomeni
rigenerativi 4ei Centri -nefvosi c€ ihì piiò tiftVire, come ho detto, di validissime.
Infatti è noto come per la maggior parte dei poligenisti le cellule di
Schwann {lemìwblasti di Lenhossék) siano dei veri neuroblasli ossia cel-
48-2 (l lìossi
lille, (li uriirine eclodermica, ileslinale a formare le fibre nervose neirembrionr
V capaci (li rigenerarle, neiradulto. Ed i poligenisli aggiungono che l'assenza
di (|uesle speciali cellule spiega chiaramente il perchè nei centri nervosi non
si verilichino fenomeni di rigenerazione.
Supposta vera questa alTermazione che in reallii, se si dovesse prendere
nel suo più stretto significato, potrebbe essere definita come meno esalta, re-
sterebbe contro ai poligenisti l'obbiezione che le cellule della guaina possano
esercitare una azione sulla rigenerazione delle fibre nervose senza esserne U*
formatrici; (juesta obbiezione si può ritenere formulata da Gajal il (juale, ap-
poggiandosi alle ricerche di Forssman sul chemiotropisnu), e sostenuto da
altri autori (Lugaro), assegnerebbe a queste cellule la funzione di attrarre e
di dirigere le fibre di nuova formazione; Mari n esco muove ancora un passim
più in là ed accorda alle cellule derivate da quelle della guaina di Schwann
anche una funzione di nutrizione delle giovani fibre (concetto delle ceUtile ofto-
trofkhe). Queste concezioni, come vedremo più avanti, furono invocate ancln' a
spiegare la scarsità e la labilità dei fatti rigenerativi che si svolgono nel sistema
nervoso centrale.
Ma a me preme di esporre subito la ragione per la quale ho potuto dire
(•h(3 l'alTermazione dei poligenisti potrebbe essere ritenuta anche come meno
esatta: la ragione, principalissima, i) questa: che gli ultimi lavori in argomento
hanno messo in evidenza come in alcune parti dei centri nervosi sì possa veri-
ficare in seguito a lesioni, sia accidentali, nell'uomo, sia sperimentali, m^li
animali, una rigenerazione abbastanza attiva del tessuto nervoso.
Desiderio di chiarezza e di brevità mi consiglia di omettere la facile con-
sueta esposizione della letteratura dell'argomento la quale riuscirebbe del resto,
per buona parte, inutile. Per ciò che si riferisce ai fatti rigenerativi e dege-
nerativi che si svolgono per ferite del cervello lo studioso potrà trovare esposti
i dati storici nei lavori di r)a-Fano(l) e di Guido Sala (2); la letteratuni
che riguarda il midollo è citata nei lavori di Stroebe, Marinesco, Koichi
Miyake(3).
Dei lavori più importanti eseguiti con metodi meno recenti, quale quello
di Stroebe (4), e di quelli di Gajal (5), di Marinesco e Minea(()), di Tel lo (7)
Cimdotli col sussidio dei nuovi metodi dì tecnica, mi occuperò nel corso di ipiesto
mi() lavoro quando si presenterà l'occasione di un esame critico dei reperti di
(juesti autori o di un confronto dei miei risultati coi loro.
Riferirò quindi le mie ricerche, che mi paiono portare qualche dato n(m
privo di interesse in argomento, premettendo qualche accenno nietodologir(K
Materiale di ricerca e tecnica seguita.
Le regioni dei centri nervosi da me studiate dal punto di vista dei feno-
meni degenerativi e rigenerativi che in esse si svolgono in seguito a ferile
asettiche furono il midollo spinale imI il nervo ottico.
Processi rujenerativi e deffenerativi, enc, 483
Nella prima parte del mio lavoro mi occuperò ilei risultati ottenuti .sul
midollo spinale. Ho condotto le mie ricerche in animali (conìgli e cani) gio-
vani ed adulti, praticando, di regola nel terzo inferiore del tratto dorsale, una
emisezione del midollo curando che la ferita riuscisse il più possihile lineare
e nettamente limitata.
Il materiale cosi preparalo venne raccolto a diversa epoca dalla lesione
e Inìtlato con vari fissatori a seconda dei melodi che si volevano applicare ;
dirò più avanti di quelli scelli per lo studio citologico e degli elementi non
nervosi del midollo. Per l'osservazione dei fenomeni rigenerativi mi ha dato
i migliori risultati il metodo di Cajal al nilralo di argento; mi sono servito
dt'lla formula 3" con (jualche modificazione del bagno riduttore già da me in-
dicala in precedenti lavori (8) ; la formula 5* indicala da Ga'jal (9) come
quella più adatta allo studio dei fenomeni di rigenerazione mi ha fornito ri-
sultati per nulla superiori: un certo numero di sezioni veniva studialo senza
ulteriore trattamento, ad altre, alternativamente, venivano applicate le modalità
del viraggio imbianchimento e successiva colorazione di fondo.
Ilo ricorso anche al nuovo metodo di Sand (10) ma i risultati di questo
metiKlo sia per reletlivilà che per la delicatezza e l'evidenza sono assai inferiori
a quelli che si ottengono col metodo di Cajal: può trovare qualche applica-
zione in casi nei quali, avendo a disposizione un solo pezzo, occorra di rica-
vami' jjreparati coi melodi fibrillari e coi melodi citologici ad un tempo, perchè
le si'zioni di pezzi trattati col fissatore di Sand permettono buone colorazi(Uìi
colla liimina, col turchino di toluidina, colle ematossiline, compresa quella
Mallory per la nevroglia, colla miscela di Pappenheim, ecc.
Per ciò che si riferisce ai processi di rigenerazione, che io esporrò tosto,
debbo ricordare che osservazioni in proposilo vennero già da me comunicate
al primo Congresso della Società italiana di Neurologia (Napoli, Aprile 11M)8)
e dorumentate coi relativi preparati.
Primo gruppo di esperienze.
Sezione del midollo s/nwile di conif/li dai 20 ai 40 (fiorili di età,
4^ ore dopo il taglio, — La ferita appare assai netta e ben limitata ad
una metà del midollo: globuli rossi occupano la soluzione di continuo esi-
stente tra i due monconi e penetrano anche per brevissimo tratto nel tessuto
nervoso. ì cilindrassi più grossi mostrano già per un certo tratto evidenti segni
di degenerazione quali li ha descritti Cajal nella cosidetta zona necrotica dei
monconi di un nervo periferico sezionalo: al di là dei limiti, non bene pre-
cisabili, di questa zona non si osservano ancora delle modificazioni dei cilin-
drassi che possano paragonarsi a quelle che compaiono nella cosidetla zona
metamorfica nei nervi periferici: in amendue i monconi si vedono dei cilin-
drassi terminati da pallottole alcune delle (juali amorfe, altre a struttura gros-
sidanamente reticolare; esse sono unite alla fibra da un ponte di sostanza
484 0. lìossi
grunulosa ora più ora meno soltile: alcune pallottole appaiono j^ià libere,
slaceate dalla libra che ha loro dato origine e presentano una zona centrale
scura circondata da una zona più chiara i contorni della quale non sono sem-
pre molto netti: ricorderò a questo proposito come parecchi autori (Achùcarro
e Calcila, Cajal ed altri) ritengano che queste masse formino i cosidetti corpi
amiloidi. Talora il cilindrasse si strozza bruscamente ed alali là dello stroz-
zamento si riscontra una pallottola grossolanamente reticolata dal peduncolo
Fi«. 1. — Cellula delle coma anteriori del moncone pro^^imalc
del midollo dorsale di coniglio : 48 ore dopo il taglio del mi-
dollo. Fibrille groafie e bene Individualizzate (metodo Cajal).
della (juale si staccano brevi tortuose fibrille che terminano liberamente nel
tessuto ambiente.
Le libre più sottili, amieliniche, si dimostrano, come si verifica anche nei
nervi periferici, più resistenti; molte di esse terminano con pallottoline amorfe,
ma assai più liscie, più uniformi che non quelle che terminano i grossi cilin-
drassi : inoltre esse sono assai più argentofile.
Questi fatti si osservano quasi in uguale quantità e con apparenze assai
simili nei vari cordoni del midollo e in amendue i monconi prossimale e
distale.
In corrispondenza della sostanza grigia si osservano poche variazioni : la
struttura fibrillare delle cellule, anche di quelle più vicine alla lesione è an-
cora bene conservala ; anzi in akune le singole fibrille appaiono più grosse ed
evidenti che non nel normale di modo che, dal punto di vista morfologico,
si potrebbe parlare di una ipertrofia di esse(fig. 1): talora i prolungamenti
Processi ri(je nevati vi e deuenerativi, ere.
485
prolopìasmntici hanno un aspetto rigido, contorlo, ed il cilindrasse presenla
<|ua e là dei rigonfiamenti in corrispondènza a qualcuno dei quali è evidente
la struttura lìbrillare. Qui si osservano alcune fibrille terminate da piccole
capocchie o da qualche anellino, ma siccome anche nel normale, sopratullo
attorno alle grandi cellule delle corna anleriori, esistono formazioni di questa
natura, non si può qui a questa apparenza
altrihuire quel significalo che nei nervi
periferici le accordano gli sperimentatori
più competenti.
fj giorni dopo il tcuilio, — Al limite
della zona necrotica si delinea un'altra
zona nella quale i cilindrassi più grossi
mostrano una struttura fibrillare evidente
accentuatissima : alcuni si sfioccano nel
lessuto ambiente in ciuffi di esilissime
fibrille che hanno grande affinità per i sali
di argento: da qualche altro si distacca
laleralmente, prima dello sfioccamento, un
gavocciolo a struttura reticolare che ri-
chiama alla memoria quelli delineati nella
fig. :2, tav. Il del lavoro di Perroncilo
sulla rigenerazione dei nervi periferici, e
tpielli indicati da Cajal (11) come fatti
di rigenerazione collaterale extra-tubaria:
altri cilindrassi presentano a quando a
quando dei rigonfiamenti ora centrali ora
fallerai i a strultura fibrillare più o meno
nella (flg. 2); pure questi fatti offrono qual-
che analogia morfologica con quelli di rige-
nerazione collaterale intralubaria di Cajal,
bene inteso che, mancando qui la guaina
di Se hwann, non si può parlare di apparenze che siano al di dentro od al
<ii fuori di essa.
Le fibre più sottili offrono pure degli ingrossamenti a rosario; non semjire
riesce di mettere in evidenza in corrispondenza di questi una struttura fibril-
lare: molte fibrille sono terminate da piccole mazze fortemente argenlofile.
Già al di qua della zona or ora descritta compaiono, in corrispondenza
del moncone prossimale nella regione dei cordoni laterali, delle fibrille sottili
assai, a decorso leggermente tortuoso ma dirette nell'insieme versola ferita;
qualcuna di queste fibrille è terminala da un anellino (fig. 3).
>elle cellule nervose è ancora evidente la struttura fibrillare; in qualcuna
delle più vicine alla lesione si rilevano delle apparenze di ampi vacuoli cir-
condati da fibrille grossolane, variamente intrecciate.
Fio. 2. — Ciliiidraj^si della zona metamor-
fica : midollo di coniglio sei forili dopo
il taglio (metodo Cajal).
48(>
0. Rossi
li^Ri
JO (/ioKni dopo il lufjlio, — La zona che io ho chiamalo necrotica ch'i du«»
monconi e h cicatrice sono invase chi nn nnmero grande di libre di nnova
formazione (fìg. 4): (jueste fibre hanno calibro più o meno notevole, si divi<h»no
spesso e si suddividono; alcune terminano con rigonfiamenti dai quali |»arlono
altre fibrille che portano anelli terminali: le fibrille più sottili terminam»
spesso direttamente in anellini
od in piccole mazze: spesse volte
una fibra decorre per nn tratto
con aspetto nastriforme e poscia
quasi si raccoglie in se stessi
e prende apparenza filamentosa.
Tutte queste fibre si intrecciano
variamente, ma nel loro insienie
mantengono una direzione orien-
tata verso la cicatrice che alcune
di esse riescono anche ad attra-
versare: non si osservano for-
mazioni a spirale. Nella zona di
metamorfosi non si rilevano le-
nomeni di Perroncito, nume-
rose sono le divisioni di fibre
i grossi rilindrassi posseggono
una struttura fibrillareevidenlis-
sima, con fibrille grosse separate
runa dall'altra da nn discreto
spazio; occorre talora di vedere
staccarsi da uno di questi cilin-
drassi una fibra più sottile che
"^ "^ si spinge assai lontano verso la
Fu.^ 3 - Midollo di coniglio: «ei Kìonii dojK) il taglio: ^.i^jarice ; qualchc cilindrasse S
nbrille Bottili iieofonnato, terminate da anellini o . * «i -n i n
da piccole mazze, nella zona metamorfica e ueììa sfioCCa lU numcroSC fibrille (Ielle
necrotica fino in vicinanza della cicatrice (m. Cajal). (^\\i\\'\ qunlcuna, dopO UU percorso
abbastanza notevole in direziime
della cicatrice, termina con una piccola mazza; ancora si osserva qualche cilin-
drasse che ad un certo punto pare terminare in una grossa mazza a struttura
in parte amorftì, in parte reticolare, da un estremo della quale si inizia una
nuova fibra più sottile del cilindrasse originario (fig. 5).
Nella sostanza grigia i fenomeni sono assai meno evidenti : per quanlo
riguai'da le cellule nulla ho da aggiungere a quello che ho detto per lo stadi.)
precedente: ho visto il cilindrasse di una cellula terminare con un piccolo
ingrossamento a clava ma a questa unica apparenza, che poti'ebbe essere Noln-
menle dovuta a fenomeni fisici, non voglio, neppure in via di ipotesi, attribuire
alcun significato. In questa regione si incontrano molte fibrille terminate iln
piccolissimi anelli ma, per la ragione che sopra ho esposto, non si può (|ui a
Processi rù/eiieratlri e (lef/enemliri, ecc.
ÌHl
(|iirs|:i iiuniai^ine concedere ijuel valore che le accordianio altrove: ad otrnì
modo non si osserva che fibrille le (juali possegjjano i caratteri di quelle neolor-
niate si dirigano verso la cicatrice.
C^O fjiorni dopo il taglio, — Mentre dall'osservazione dello stadio prece-
dcìile si ritraeva l'impressione di un processo rigenerativo abbastanza vivace
Fio. 4. — Moncone prossinuilo del midollo di conigliolo: dieci tinnii
dopo il taglio: la cicatrice appare percorsa da numerof*e fibre neo-
formate (metodo Cajal).
Cil eflicace, a ((uesto periodo si nianilesla un l'atto nuovo, già osservai»» del
resto, come più innanzi esporrò, da Stroebe e da Cajal: in corrispondenza
della cicatrice il tessuto di sostegno si è assai rarefatto,* anzi al centro di essa
appare una vera cavità a margini irregolari: le ragioni ed il meccanisnui di
(jueslo fatto io cercherò di dimoslrare là dove mi occuperò dei fenomeni che
si verificano negli elementi non nervosi che entrano a far parte del lessulo
miihdlare. Nella zona rarefatta si incontrano scarse, esili fibrille di nuova for-
mazione, mentre esse erano, come si è visto, tanto numerose a dieci giorni:
i88
0. fiossi
jjnclie (jiieslc rare fibrille hanno assunto un aspello di rigidità, di angoloì^ilii
che male si presta alla descrizione ed anche male si ritrae col disegni», che
le rende però assai dissimili da quelle neol'ormate ed in via di rigenerazione
le quali si distinguono per la loro souplesse.
Nella zona di motaniorrosi non si riscon-
trano che in minima parte i fenomeni che ho
descritto nello stadio precedente.
Secondo gruppo di esi>erienze.
Sezione del midollo spinale
in canini da uno a due mesi di eln.
SO ore dojjo il ta<jlio. — Anche in questo
stadio come in quello di 48 ore del conigli<do,
i tatti che prima richiamano l'attenzione sono
quelli che olirono alla loro terminazione i cilin-
drassi più grossi: le modalità sono quelle già
descritte; quanto alle fibre più sottili qui si
osserva come qualcuna di esse ad un certo
punto, quasi improvvisamente, presenti una di-
varicazione delle fibrille dalle quali risulta:
queste decorrono per un certo tratto parallele
e poscia divaricano e si slìoccano tra le fibre;
si incontrano anche fibrille sottili che sul biro
decorso olirono delle fenestralure ovalari (fig.O).
Per ciò che si riferisce alla sostanza grigia
devo anche qui far notare che le cellule, anche
quelle assai vicine alla lesione, mostrano ancora
evidente struttura fibrillare: in qualcuna sono
meno appariscenti le fibrille più sottili, mentre,
a giudicare dal confronto colle cellule mollo
lontane dalla ferita, le maggiori appaionc» in-
grossate (fig. 7): i prolungamenti protoplasiiui-
tici di alcune cellule sono rigidi, contengono
delle fibrille grossolane che si sfioccano nel tessuto ambiente; il cilindnsse
presenta spesso degli ingrossamenti a rosario.
5 (jionn dopo il tnulio. — La zona di degenerazione, in amendue i mon-
coni, appare forse un poco più estesa che non nel coniglio: non ha limiti m'tii,
e per i vari cilindrassi ofl're estensione variabile; ciò riesce fi^cile a compren-
deisi quando si pensi alla struttura anatomica del midollo. Anche qui, conio
Fio. 5. — Coiiigliolo: i'iliii(lrH.'«:<i con
divisioni ed ingrossamenti, quali
Hiipaiono, dieci giorni dojH) il ta-
glio, nei monconi d«'l midollo (me-
todo Cajal).
Processi rUjeìiernlivi e defienerativi, ver.
489
nel coniglio, si trovano ^ià delle sottili fibrille neoformate terminate ila un
anellino o da una piccola mazza. Al limite di questa zona offrono interessanti
curiose immagini le terminazioni dei grossi cilindrassi: alcuno di questi ter-
mina sfìoccandosi in una grande mazza formala da una sostanza amorfa cir-
condata da un alone più chiaro; dal grossolano reticolo che viene cosi costituito
partono talora dei sottili tortuosi prolungamenti i quali hanno l'aspetto di picctde
radichette: tale altra nella grande mazza amorfa ò con-
lenuto, raccolto a spira od a gomitolo, un tratto del
cilindrasse (tig. 8).
Xella zona metamorfica si riscontrano le apparenze
che in uno stadio aj^sai vicino a questo — 6 giorni —
io ho descritto nel conigliolo: anche qui appare qualche
fallo che richiama alla mente quelli descritti da CajaI
(I. e.) come fatti di rigenerazione collaterale. Lungo il
decorso di qualche grosso cilindrasse si osserva talora
una regione nella quale questo offre, anziché una chiara
struttura fibrillare, un aspetto piuttosto omogeneo: dai
limiti di questo tratto, tanto superiormente che inferior-
mente, il cilindrasse invia delle sottili tortuose fibrille
sulle quali la riduzione argentica offre un aspetto piuttosto
granulare e che vanno a ramificarsi, intrecciandosi in
varia e complicata guisa, in una massa di sostanza amorfa
che «-ircorda il tratto di cilindrasse ad aspetto omogeneo.
Questo fatto offre notevole analogia con quello riprodotto
da CajaI nella fìg. 22 .4 del lavoro da ultimo citalo e
che si riferisce ad una fibra di un nervo schiacciato;
debbo però avvertire che nel mio caso non ho potuto
osservare che alcuna delle fibrille ramificantesi termi- no. o. - A«|H'tto di ei-
nass»» ad anello. lindraiwi ^ronsi e m>t-
Nella sostanza grigia nulla di sostanzialmente diverso ^^}\ "^\»"«»/^";« <*':
. Z' % . Htale del midollo di
da quello che io ho descritto alla slessa epoca nel co- canino, tmifoii- dopo
nigllido. iltoKlio (m. Cajal).
7 (ii4)rni dopo il ta(jlio, — Nella zona necrotica ed anche nella cicatrice
appaiono in numero maggiore le fibre sottili di nuova formazione. In un caso
la cicatrice, costituita da cellule fusate, disposte in varia direzione, sulle quali
ritornerò in altra parte del lavoro, si trovò invasa da fibrille neoformate in quan-
tità discreta, ma colle sezioni seriale si dimostrò che queste provenivano mm
da qualcuno dei due monconi del midollo, bensì dalle fibre di una radice ante-
riore, compromessa neir operazione, il moncone centrale della quale erasi por-
tato col suo estremo distale nella cicatrice.
Per ciò che riguarda la zona metamorfica e la sostanza grigia devo aggiun-
ger»' che si notano suppergiù i fatti delineali a proposilo del precedente stadio.
m)
0. liossi
Il fjiorni dopo il lafjluh — Come nel conijiliolo allo sliulio c(»rrispoii(li*nl»'
anche (|ui si trova nna notevole quantità di fibre neoformate che .si spiniiono
lino nella cicatrice: sono libre di vario diamelro che si dividono spesso in due
0 più rami presentando al punto dì divisione tiellc espansioni che nella sezione
appaiono come grossolanamente lriang:olari (fif.^ 9), ricordando la fi{r. 15 della
tav. HI, che correda il lavoro del Perroncito (12): altre libre invece terminano
in vicinanza della cicatrice ravvtd-
jrendosi spesso sopra sé slesse a l'or-
mare dei jromitoli complicali o delle
clave a struttura reticolare: di cpial-
cuna delle più semplici di (jnesle
formazioni si può trarre un concello
dalle figure che riporto (Hji. 10):
numerose sono le fibre sottili, <le-
licate che terminano in picctdi
anelli o in piccoli rejrolari ingros-
samenti tondeggianti.
Nella zona metaniorlica m os-
servano in grjìude numero i falli
descritti nel conigliolo: i cilindrassi
più grossi dimostrano assai nelfa la
loro struttura llbrillare: molli ter-
minano in più rami di spessore
differente; non sono rare le espan-
sioni laterali terminate da mazze:
(jualche cilindrasse di volume piut-
tosto considerevole pare terminare
per sfioccamento in una massa ro-
tondeggiante amorfa al dì là della
quale si ricompone in una tìbni
più sottile: anche le libre sottili mostrano a tratti le loro fibrille assai di-
varicate, talora queste si allontanano gradatamente Tuna dall' altra.
Fi«. 7. — Cellula nervosa con fl1)rille ingrossati! :
midollo dorsale di canino, trcnt'ore dopo il
tagrlio (metodo Cajal).
7 7 (jlonù do])o il ta<ilio. — Il numero delle libre di nuova formazione»'»
aumentato nella zona che ho distinto col nome di necrotica; le fibre rigene-
rate sono anche numerose nella cicatrice; ma in questa e anche nel tessuto
midollare che sta ai suoi limiti si cominciano a notare delle zone di raiv-
fiìzione del tessuto, che rappresentano T inizio del processo che negli stadi suc-
cessivi apparirà sempre più manifesto e che ha nell'argomento del quale ci
occupiamo una importanza notevole.
Dovrei descrivere i fatti che si presentano a ^2-20-'^8'30'4<)'5() (fiorni
dopo il tafjlio^ ma una descrizione dettagliata di ciascuno di essi mi idddi-
gherebbe a delle ripetizioni inutili, alla esposizione di dettagli od uguali o
assai simili : preferisco di riassumere nelle sue parti essenziali il decorso de
Processi rif/enrrativi e degenerai in\ ecc.
491
procosso: ilico subilo che dai venti giorni circa in avanli il latto clic doniina
la .scena i^ il proorcdirc continuo del processo por il (juale viene ad esser di-
slrutlo il tessuto di sostegno del midollo sempre e, nella maggioranza dei casi,
il tessuto cicatriziale : mano a mano che questo tessuto va scomparendo scom-
Fio. 8. — Moncone pro?»«imal«' di midoUo di canino
cinque leriorni dojK) il taglio: fibre sottili iy?ofor-
inate terminate talora da anellini nella zona ne-
crf)tica (metodo Cajal).
paiono anche le fibre nervose che in esso decorrevano : mosli^ano esse tuttavia
una notevole resistenza; anche a processo molto avanzato dove esiste un ponte,
un'isola del tessuto di sostegno, là si vedono ancora sottili libre nervose: ai
bordi ilella cavità che cosi si va formando si addensano e si intrecciano le libre
di nuova formazione, le quali sono però rigide, pin^sentano dei bitorzoli e ter-
minano in mazze grossolane che non possiedono una evidente struttura reti-
colare; si ha cioè un insieme di caratteri tali da lasciare adito all'ipotesi che
possano trovarsi in via di regressione (tìg. li e 12).
A\H
0. Rossi
I tenoineni che si iiicontravunu nella zona di metamorfosi paiono ninno
a mano divenire meno frequenti. Ma vsopra i falli sia degenerativi che, even-
'^-*iJm*^mM.
^v//;,-
"■'.5.»
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tir' • V ^" ■
'#
Fia. 9. — Midollo di eAuino, undici giorni doi>o il taglio:
fibre nei*vo»e neofonnate che hanno invado la cicatrice
e vi «i suddividono (metodo Cajal).
lualmenle, rigenerativi di questa refrione ritornerò in un altro lavoro le espe-
rienze del quale sono p:ià in corso.
Terzo gruppo di esperienze.
Sezione del midollo spinale in cani adulti.
Comprende (jueslo j^rui^po l'osservazione di stadi di 8 ore, 4S ore, 5-7-
^'9-20-20-46-05 giorni,
I processi che si svolj^ono sono nella loro essenza simili a qnelli che ho
riferito per i primi due jj^ruppi : invece vi sono delle differenze di quantità.
I processi dejrenerativi delle fibre nervose appaiono qui più rapidamente
e sono più estesi che non negli animali giovani: al contrario sono più scarsi
i fenomeni di rigenerazione. Anche qui le fibrille neoformate arrivano però
alla cicatrice, sebbene in numero minore : anche qui dopo un certo tempo
(20 giorni) si osserva quel fatto, che ho sopra descritto, della distruzione del
tessuto di S(»stegno del midollo e di quello della cicatrice con conseguente
scimiparsa delle liiu'e nervose rigenerale.
Processi ruieneralicl e de<jeìierativl, ecr.
198
Riassumendo i risultati delle mie ricerche, credo di poter rosi descri-
vere il processo che si svolge nelle libre nervose della sostanza bianca del
midollo spinale in seguilo a ferita lineare
asettica.
In amendue i monconi compaiono latti
degenerativi che progrediscono in intensità
ed estensione fino ad epoca molto inoltrata;
alcune fibre anzi non mostrano che feno-
meni degenerativi e mai vi appare un fe-
nomeno che si possa considerare nettamente
come di rigenerazione; la degenerazione
nei cordoni laterali prevale nel moncone
distale dell'asse midollare. L'estensione e
r intensità della degenerazione presentano
però delle variazioni da individuo a indi-
viduo cui per ora, sul fondamento di que-
sle mie esperienze, non potrei assegnare
delle leggi. Neppure potrei a questo pro-
posilo confermare quello che dice CajaI,
cioè che le fibre vecchie, quando si forma
la cavità in corrispondenza della ferita,
degenerano fino al punto donde nasce da
esse una collaterale che si porta nella so-
stanza grigia: Cajal crede che a questo
modo venga riassorbito il tratto inutile del
vecchio cilindrasse ed accenna anche al-
l'ipotesi che alcune collaterali delle fibre
della sostanza bianca, dopo il riassorbi-
mento del trailo superfluo, possano convertirsi in rami terminali. L'esten-
sione della degenerazione sembra maggiore negli animali adulti; anche qui
le fibre più sottili amieliniche presentano una resistenza maggiore; nella zona
da me indicata col nome di necrotica queste fibre non dimostrano però una
resistenza tanto spiccata come le fibre amieliniche del moncone periferico dei
nervi e degenerano in due o tre giorni.
Al disopra della zona di degenerazione dei vecchi cilindrassi compaiono,
già nei primi giorni dopo il taglio, delle modificazioni: non credo, e sono ap-
poggiato in questo mio modo di vedere dalle conclusicmi di Perroncito, che
luHi i fenomeni precoci che si osservano in questa zona siano senz' altro da
considerare come rigenerativi ; alcuni potrebbero essere ])iù propriamente con-
siderati come fatti irritativi.
Fio. 10. — Tenninuxioni di libre nervose
iieoformate, in prossimità della cica-
trice : nel moncone distale di midollo
di canino nudici ffionii doiK) il taglio
(metodo Cajal).
404
(l Hossi
Al ijuinlo-scsto jiiorno si Iruvano jriii in ahbcnuhinzn falli di naliira rijfCMicni-
liva: a (juosl'cpoca delle libre che possono essere sieuramenle considerate come
neoforma le si trovano nella zona di dejrenerazione die io ho chiamala necro-
lica; al decimo-undicesimo giorno, nejrli animali jriovani, queste fibre sono cre-
sciule in jrran numero: benché offrano spesso delle suddivisioni, nonostante che
alcune facciano un cammino retroj^rado o
serpegjrino nel contorno della cicatrice,
molte si orientano decisamente versi» di
(juesla, alcune vi entrano e la percorrono
per buon tratto, qualcuna riesce anche ad
attraversarla. Ma ad un certo periodo
— 17-20 jfiorni — si inizia un fatto, che
non sì svolge nel tessuto nervoso, e die
frustra i fenomeni rijjenerativi, dando luoiri»
alla formazione di una vera cavità in cor-
rispondenza della ferita o dei due monconi,
con conseguente distruzione delle fibre ner-
vose che decorrevano nel tessuto di soste-
gno. A nessuno può sfuggire Tiniportanzn
che questo fatto ha nell'argomento che ci
occupa ed io ne traltorò più ampiamente
in seguito.
Fio. 11. — Aspetti termiiwli di tìl»ro ik*«>-
fonnate in protesi mità della cavità l'ho,
(lUarantH Kiorni dojjo il taglio, «i va
fonnando in corri .Mj^ondenza della zona
necnìtica del midollo di canino (metodo
Cajal).
l reperti degli autori che mi prece-
dettero in queste ricei'che differiscono al-
quanto dai miei e le difl'erenze, benché'
forse non sostanziali, sono di una cerla
importanza, soprattutto per T interpreta-
zione degli sladii del processo rigenei-ativo
del midollo.
IVima di procedere oltre devo fare rilevare che lo, a differenza di quello
che ((ualcuno dei suddetti autori ha fatto, ho rinuncialo, nella descrizione dei
fenomeni, a distinguere nettamente ciò che si riferisce ad un moncone centrale, da
ciò che si riferisce ad uno periferico; in realtà nel midollo questa nomenclatur«i, se
non viene premessa la dichiarazione che le si concede un puro valore topogralìco,
non è esatta; meglio sarebbe parlare di un moncone prossimale e di uno dicale.
Infatti data rarchitettura del midollo spinale è chiaro che rispetto ai centri — le
cellule — dai quali le fibre midollari prendono origine, ognuno dei due mon-
ccmi — distale e prossimale — può essere per alcune fibre analogo al centrale,
per altre al periferico dei nervi. In ciascun fascio midollare, per quanto la
lisi(dogia ce lo indichi come ascendente o discendente, dec(»rrono in reallà
Processi rif/fnerativi e dn/encrafiri, et
495
filli»' in (Ine sensi: basta pensare alla divisione a T delle libre che entrano
nei cordoni posteriori, all'esistenza delle libre romniessnrali Innjrhe e brevi nei
<ordoni laterali, per comprendere Teventnalità da me indicata: inoltre noi sap-
piamo che anche nei cordoni cosiddetti ascendenti sono state dimostrate delle
tìbr»' «liscendenti di orijrine cerebrale.
Tornando al confronto dei miei reperti con (jnelli deirli altri autori, co-
mincierò dal far notare che io ho riscontrato essere i Fenomeni di ri{»:enera-
Fu». 12. — Fibn* ni of(»niiat«* quali appaicmo ai niarKÌJ»i <1«'11«
cavità vUv, cinquanta gionii doix) il taglio, si forma in cor-
ri.siKuidcnza dei monconi del midollo di canino (m. Cajal).
zione assai più precoci di (joello chi' Cajal descrive: per parlare solo dei l'atti
dei «piali la interpretazione non può essere dubbia, io ho trovato al (juinto
jiiorno j^ià abbondanti libre neoformate, le quali al decimo invadono la cica-
trice; Cajal, il quale per altro ha studiato solo tre animali, afferma che ad
otto iriorni si riscontrano ancora soltanto latti dc^renerativi, però a venti jiiorni
ejrli, nonostante si sia già formata una cisti in corrispondenza della ferita,
descrive fibre neoformate che si spingono fino vicino alla cicatrice.
Stroebe, il quale a cagione del metodo che avea a disposizione non
poti' sorprendere i fatti più precoci, a «(uindici giorni descrive fibre neofor-
mate nella cicatrice.
490 (K Rossi
Marìnesco ha nolato fatti dì rigenerazione già a selle giorni <ial faglio
efi a diciasselle disegna dei fasci di tìbre neoformale che entrano nelhi cica-
trice; egli rileva che i fatti rigenerativi che si- svolgono nel midollo spinale
sono abbastanza vivaci: essi si compiono per due processi, l'uno quello di ac-
crescimento delle fibre preesistenti, l'altro quello di divisione delle fibre neo-
formate. Ciononostante, in accordo coi due autori sopracitati, egli conviene che
non si raggiunge mai un vero ristabilimento delle primitive connessioni ana-
tomiche.
Ma se gli autori convengono nel dato di fatto, danno, od almeno tentano
di tiare, differenti spiegazione di esso. CajaI ha osservato che circa i 10 giorni
le fibre neoformate subiscono un processo involutivo assai spiccalo; a suo modi»
di vedere diverse possono essere le cause che frustrano il processo rigenera-
tivo nel midollo;, egli scrive: « la formazione della cisti intramidollare, e forse
« la mancanza di cellule capaci di secernere delle sostanze chemiotatlichf che
« dirigano la marcia dei nuovi cilindrassi (od altre condizioni non ancora bene
« determinabili) fanno fallire il processo rigenerativo, atrofizzandosi i nniii
K nuovi e conservandosi delìnitivamente solo le porzioni dei conduttori che
« stabiliscono connessioni interneuronali ».
Slroebe, il quale al quesito se la sostanza midollare sia capace di rige-
nerare dice potersi rispondere nel st»nso che nel midollo spinale da parte delle
fibre tagliate viene intrapresa una rigenerazione che però non arriva alla rico-
struzione di un vero tessuto midollare, concede molta importanza al fatto che
le fibre di nuova formazione, cosi come quelle normali, hanno una grande ten-
denza a risolversi in collaterali; queste continue diramazioni fanno si che nelle
fibre midollari « niir die Neubildung sckwacher, sich rasch atifsplil(enìdei\,
nicht ZÌI krdftiijen Vordringén vemnlagter Fasern zu Stande kmnnien lasseiì >.
Stroebe come appare da altri passi dei suoi lavori concede poca importanza
alle cellule di Schwann nella rigenerazione del tessuto nervoso.
Marinesco dopo aver notato che anche nei centri nervosi si formano,
in seguito a ferita, colonie di quelle cellule che egli chiama apotroliche (vedi
fig. i del I. e.) (io non disculo per ora questa affermazione che riprenderò
più tardi in esame) diede della mancanza di ristabilimento della continuità
anatomica una spiegazione che è uguale a quella di Slroebe.
Perroncilo nel suo lavoro sulla rigenerazione dei nervi accenna di avere
constatalo fenomeni rigenerativi, quantunque scarsi, nej midollo spinale di gio-
vani animali operali di sezione del midollo slesso; ma non dà alcuna inter-
pretazione di <|uesla scarsità di rigenerazione.
Certamente anche dalle mie osservazioni risulla che i falli rigenerativi
che si svolgono nel midollo spinale sono a parità di condizioni (età delPani-
male, decorso della ferita operatoria eie.) più lenti e meno abbondanti che
nei nervi periferici. Una spiegazione di questo fallo si può trovare rillettendo
come quaudo si pratica la .sezione del midollOviiei 4iiU)tlo dorsale inierii^re aJ
esempio, sì interrompano dei prolungamenti nervosi di varia natura e soprat-
tutto a varia distanza dal coriK) cellulare dal quale originano; questo ne sen-
Proressi rùfenerativi e deae aerai ir l, t'i'c. VM
lini nei vari casi cfleili più o meno ^rnvi ed in con$e|>:uenza darà iuo[fo a
fenomeni di reazione — e Ira questi può considerarsi la rigenerazione — più
0 meno rapidi e notevoli.. Considerando il cilindrasse di una cellula nervosa,
con tutte le sue collaterali, ridotto ad unità, quanto minore sarà la porzione
di questa unità che separeremo dal corpo cellulare e tanto più scarsi saranno
i fatti reattivi che in questo si svolgono; quando la parte amputata sìa per
così dire trascurabile rispetto al tutto si può supporre che la (cellula rimanga,
praticamente, indifferente; lo studio della cellula col metodo di Nissl con-
ferma questo concetto. Ed in base a questo si può comprendere, come in se-
guilo ad una sezione del midollo dorsale, reagiscano scarsamente le cellule delle
regioni motrici della corteccia il cui cilindrasse viene mutilato di una parte,
in confronto al tutto, minima; molte delle cellule che danno origine alle fibre
commessurali lunghe per le quali occorre notare che anche quando la sezione
cade non molto lontano dal corpo cellulare la parte di cilindrasse amputata è
sempre, rispetto all'unità, piccola perchè emettono un grande numero di col-
laterali; così reagiranno pure scarsamente le cellule cordonali eteromere ed
omoiaterali più lontane dalla ferita. Circa alle cellule dalle quali traggono ori-
gine le libre dei cordoni posteriori, esiste l'osservazione di Lugaro (13) che
le cellule dei gangli spinali rimangono integre anche molto tempo dopo la
lesione quando venga sezionato il loro prolungamento centrale. Però non posso
lacere alcune osservazioni che paiono contraddire àlT ipotesi da me esposta:
Cajal nel terzo cane da lui operato di sezione del midollo .spinale sezionò acci-
dentalmente una radice posteriore: dopo 36 giorni trovò che l'estremo distale
di questa avea dato luogo ad un attiva proliferazione di fibre neoformate che
si spingevano fino tra le labbra della ferita midollare. Stroebe avrebbe in
un suo caso fatta la stessa osservazione ed avrebbe pure rilevato che fibre
originate dalla radice posteriore si portano nella cicatrice midollare. Affatto
recentemente poi D'Abundo (14) istituì la seguente esperienza: ad un gat-
tino asportò un tratto di midollo spinale corrispondente alla lunghezza di
circa dieci vertebre, tracndolo fuori da una apertura superiore praticata rese-
cando un arco vertebrale, mentre l'estremo inferiore era stato sezionato intro-
ducendo un coltellino tra gli archi vertebrali: ucciso l'animale dopo 75 giorni
ed esaminato, con un metodo che a giudicare dalle ligure pare alla Weigert,
il tubo durale, l'A. trovò che esso presentava nel suo interno <( una rigenera-
le zinne di tessuto nervoso proveniente da parte dei prolungamenti midollari di
« tutti i gangli intervertebrali, verificandosi la divisione a T delle due branche
< ascendenti e discendenti, in modo da rappresentare il tubo durale una pseudo-
« midolla spinale risultante di un tronco nervoso formato esclusivamente dalla
« rigenerazione dei prolungamenti midollari intervertebrali ».
Ai risultati citati si può però muovere (|ualche (dibiezione: alle consta-
tazioni di Stroebe e di Cajal si può opporre che non trattasi nei loro casi
di esperienze istituite ex professo, perciò non si può dire come ed in qual
inolio sia avvenuta l'interruzione del neurone radicolare posteriore; potrebbe
essere anche accaduto che la railice avesse subito degli stiramenti — nel caso
32
408 0. Rossi
di Stroebe egli stesso parla di schiacciamento — ed in questo caso la riper-
cussione della mutilazione sulla cellula sarebbe ben diversa e più sentita che
non quando si tratti di un taglio netto, lineare, eseguito senza maltrattare la
radice: basta pensare che strappando anziché tagliando un nervo di senso —
ad esempio un ramo del V — si può indurre nelle cellule del ganglio corri-
spondente una tale lesione da derivarne poi la degenerazione del prolunga-
mento centrale (degenerazione walleriana indiretta). Per le esperienze dì
D'Abundo si può con Lugaro (15) fare qualche riserva: colla tecnica seguila
dalTA. infatti restano in posto nel tubo durale le radici posteriori strappate
— nel neonato non occorre uno sforzo notevole — in corrispondenza della
loro entrata nel midollo; queste come è ovvio non degenerano e perciò si pos-
sono ritrovare anche dopo 75 giorni.
Dovrei io ora trattare del processo che forma, secondo quel che io penso,
se non Tunica, certo la principale tra le cause che frustrano la rigenerazione
del tessuto nervoso nel midollo: ma, come ho sopra detto, questo processo si
svolge nel tessuto non nervoso del midollo e perciò io mi trovo a questo punto
obbligato ad esporre i risultati della seconda parte del mio lavoro nella quale
mi sono appunto occupato di studiare i fenomeni che si osservano negli eh'-
menti così detti di sostegno del midollo in seguito a ferita asettica. Ed ho
tanto più volentieri intrapreso questo studio in quanto scarsa è la letteratura
ed incerti i risultali in argomento: i più importanti sono quelli raccolti nel
lavoro di Stroebe il quale, diligente osservatore, non aveva però ancora a ili-
sposizione metodi citologici tanto delicati quanto quelli che oggidì possediamo.
Anzi dirò subito che dovendo poscia trattare delle apparenze che con questi
metodi si hanno in seguito alle lesioni del midollo, ho sentito la necessità <li
far precedere l'esame del midollo normale colle stesse modalità di tecnica.
Materiale di ricerca e metodi di tecnica impiegati.
Ho preso in esame il midollo spinale, in condizioni normali, di coniglìoli
e di conigli adulti, di canini e di cani adulti, prelevandone i pezzi prevalen-
temente in corrispondenza della regione dorsale inferiore alla quale altezza
furono di regola praticate, in altri individui, le lesioni sperimentali. Mi
sono servito come fissatori dell'alcool, dell'alcool assoluto e della miscela di
Flemming. Alle sezioni dei pezzi fissati in alcool applicai le comuni colo-
razioni comprese quelle alla Nissl; mentre le sezioni di pezzi trattati con
alcool assoluto mi servirono per il metodo di Pappenheim.
Sui pezzi fìssati in Flemming mi diedero ottimi risultati il metodo tri-
cromico di Cajal (10), quello di Mann applicato colla modificazione suggerita
da Vera Iti e già usata da Medea (17): prima di procedere alla colorazione
con questi metodi io imbianchiva le sezioni col consueto processo (perman-
ganato di potassa - acido ossalico). Per lo studio della nevroglia mi ha ser-
vilo bene il procedimento che descrivo: da pezzi fissati in miscela «li Flemming
Processi r'ujenerativi e degenerativi, ecc. 499
5ii l'unno delle sezioni sotlili, che, attaccale al vetrino con acqua ed albumina,
venj^ono bene imbianchite e, dopo accurato lavaggio, colorale per 12-24 ore
in ematossilina di Mallory: i risultali che si ottengono sono, per ciò che
riguarda il protoplasma delle cellule di nevroglia, un poco inferiori a quelli
ottenuti col metodo Da-Fano: le fibre sono benissimo colorate in violetto.
11 metodo riesce utile soprattutto quando si traili di studiare i casi nei quali
siansi provocate delle lesioni: per questi ci bisogna di avere a disposizione
delle modalità di tecnica che permettano di ricavare, da un solo pezzo, pre-
parati adatti alla dimostrazione di vari elementi.
Dei melodi di esame descritti mi sono servilo anche per lo studio dei
falli che si osservano nel midollo in seguito a ferite praticale, seguendo lulte
le possibili cautele asettiche, colla tecnica già indicata.
Midollo spinale in condizioni normali.
1 Irallalisli in genere dedicano pochissime e direi stereotipate frasi alla
descrizione degli elementi cellulari che, negli individui normali, si possono
riscontrare nella sostanza bianca del midollo spinale: si limitano a dirci che
Ira le fibre si trovano numerose cellule di nevroglia fornite dei solili caral-
leri, e qualche elemento conneltivale che segue i selli che la pia invia nel
midollo. Per l'argomento che mi accingo a trattare ritengo necessaria una de-
scrizione un poco più minuta di 'questi elementi, descrizione che servirà del
resto a richiamare l'attenzione su alcune particolarità meno conosciute.
Nella sostanza bianca del midollo del coniglio, del cane tanto giovane che
attuilo, si riscontrano le seguenti categorie di elementi:
a) cellule che presentano tulli i caratteri degli elementi di nevroglia:
nuclei rotondengianti di medio o di piccolo volume, ricchi di fini granulazioni
cromatiche, i quali colle comuni colorazioni all'emalossilina appaiono circon-
dali da un sottile alone proloplasmatico: il protoplasma riesce un poco \mì
evidente colle colorazioni alla lionina e soprattutto col metodo dì Pappenheim
col quale si vede attorno a questi nuclei un protoplasma poco abbondanle,
con scarse granulazioni, dal quale partono brevi, sottili, evancscenli prolunga-
menti che si perdono nel tessuto ambiente.
La fissazione in Flemming con consecutiva colorazione al GajaI Irico-
mico e col Mann permette di rilevare che parecchi nuclei si trovano in istalo
di tipica divisione milotica; questi processi di cariocinesi si trovano però
soltanto negli animali giovani (tav. V, fig. 7).
Le cellule di nevroglia sono per lo più disposte in colonne longiludinali;
in ciUTispondenza dei vasi sanguigni seguono la direzione di questi.
b) elementi di dimensioni relalivamenle grandi, con protoplasma ab-
bondante omogeneo, nucleo piuttosto grande e chiaro con nucleolo eccentrico.
:m 0, Rossi
Il protoplasma è bene visibile in sezioni traile da pezzi fìssali in Flemriiin;;
e non altrimenti colorile: col metodo di Pappenheim si colora in rosso
rhiaro, talora presenta delle aree più intensamente colorate (tav. V, lìji. ti):
(M)Ila tionina assume un colorito che tende al viola. A differenza di (]ueHi degli
elementi della categoria precedente i nuclei sono qui poveri ili jrranulazioni:
colla miscela Pappenheim il nucleo si tinge in verdognolo e dimostra ini
evidente nucleolo coloralo in rosso. Di forma in generale grossolanamente qua-
drangolare, mostrano però grandi varietà che paiono doversi attribuire ad adat-
tamenti di spazio; talune cellule appaiono piatte come adagiate su una fibra ner-
vosa e dai loro angoli partono dei prolungamenti di protoplasma (tav. V, fig. 1);
altre circondano, in certo modo abbracciano una fibra (tav. V, lig. 5); jillre
ancora stanno tra le fibre ed inviano a queste delle specie di pseudopi. La mag-
gior parte ha il diametro maggiore parallelo alle fibre della sostanza bianca,
ma là dove le fibre di una radice od un vaso penetrano nel midollo perpen-
dicolarmente al suo diametro maggiore, questi elementi si dispongono nella
stessa direzione (tav. V, ì\^. 1). Queste cellule sono piuttosto piatte e quando
la sezione le colpisca lungo un piano tangenziale al loro diametro maggiore
appaiono, lungo le fibre, coiraspetlo di cellule fusate. Nella sostanza bianca sono
disposte preferibilmente in colonne longitudinali e se ne trovano ovunque;
immediatamente sotto alla meninge cosi come in vicinanza della sostanza grigia^
spesso se ne trovano in discreta quantità attorno ai vasi e tra le biforcazioni
di essi (tav. V, fìg. 1).
Stroebe (I. e. p. 400) ha descritto, molto sommariamente, degli elementi
che io credo di poter identificare con questi: egli lascia aperta la questione
se siano di natura ectodermica ed equivalenti a cellule di nevroglia oppure se
siano cellule di origine connettivale di derivazione piale: parlerebbe in favore
della prima ipotesi il fatto di trovare forine di passaggio trji questi elementi
e le vere cellule di nevroglia: starebbe per la seconda il reperto che midte
i\'\ queste cellule si trovano intimamente accollate ai vasi.
Forse a queste cellule si riferisce la descrizione di Kappers (:26) il quale
avrebbe trovato delle cellule che jier il loro nucleo chiaro ed ovale e per la
ronsiderevole quantità di protoplasma si differenziano dalle comuni cellule di
nevroglia: egli afferma che talora questi elementi possono contenere gocciole
di mielina perciò dà loro il nome di cellules à myéline e crede possano
avere delle affinità colle cellule della guaina di Schwann dei nervi periferici:
ipotesi questa che è volentieri accolta da Nemiloff (27). Dichiaro tosU^ che
io non ho mai visto nei miei elementi b) gocciole di mielina e che, prescin-
dendo da questo carattere perchè ò tuttora assai problematico se lo possiedano
le cellule di Schwann, non mi pare possibile di identificarli con (piesle
ultime.
Da-Fano (18) ha descritto nel midollo spinale due tipi di cellule di ne-
vroglia, dei quali il secondo panni possa riferirsi ai mie eJementi b): questo
autore ritiene senz'altro trattarsi di cellule di nevroglia perchè col suo metodo
vi ha messo in evidenza una struttura fibrillare: tuttavia riconosce che non
Processi rhfenemlivi e detje nevati vi, ecc, 501
possono esìiere considerate, come le altre cellule di nevroglia, di derivazione
ependimale, ed espone la supposizione che si tratti di cellule di oruiine me-
senchimale jjefietrate nel midollo in un* epoca anteriore allo sviluppo: in realtà
il Da-Fano lascia questa sua opinione allo stato di ipolesi soprattutto perchè
afl'ennandola senz'altro verrebbe ad accettare la dottrina dell'origine doppia
<lella nevroglia, dottrina che non gli pare ancora sufficientemente provata: tut-
tavia t'gli non ritiene sostenibile l'esistenza di una membrana basale o vitrea
nel senso di Held che t'ormi una vera barriera tra elementi epiteliali ed ele-
menti connettivi. Potrebbe elevarsi qualche dubbio sulla identificazione delle
cellule descritte dal Da-Fano e gli elementi dei quali io ho sopra trattato
pen'hè egli parla di protoplasma tenuissimo, di prolungamenti esili, ma ciò ])uò
dipendere dai melodi di colorazione usali e dal fallo che prese in esame soprat-
tutto midolli di feti.
I miei reperti mi l'anno incline ad ammettere che questi elementi siano,
per la loro struttura e il loro comportamento, da considerare equivalenti alle
cellule di nevroglia, pur senza che io mi voglia pronunciare sulla loro origine
embrionale perchè di ricerche che possano risolvere questo problema non mi
sono occupato: il mio modo di vedere è basato su tre argomenti: i) come
Strot'be ho io pure notato forme di passaggio tra queste cellule e le cellule
di nevroglia; i) anche colle modalità di tecnica da me usate ho visto talvolta
una struttura fibrillare in elementi che credo di potere con questi identificare;
3) nei processi che si svolgono in seguito a lesione del midollo questi elementi,
almeno negli stadi da me esaminali, si comportano come le comuni cellule ili
nevroglia.
Non credo neppure di dovermi porre il quesito, al quale Da-Fano ha nega-
tivamente risposto, che gli elementi descritti possano essere cellule nervose
aherninti: la loro molteplicità, la loro distribuzione, il modo di presentarsi col
melinlo Pappenheim e coi melodi alla Nissl da me usati, tolgono qualsiasi
fondamento ad una supposizione di questa natura.
r) Elementi assai piccoli, bene visibili solo ad ingrandimenti forti: nu^
eleo ricco di grosse zolle cromatiniche, protoplasma assai scuro il quale col
metodo di Pappenheim dimostra delle granulazioni tini rosso-vive: contorni
sfumati. Si trovano questi elementi tanto nella sostanza bianca disposti lungo
le fibre od accanto agli elementi di tipo b) quanto nella sostanza grigia spesso
diretti parallelamente ai prolungamenti protoplasmatici delle cellule nervose.
Morfologicamente — e si badi bene che io non intendo qui fare una identi-
ficazione — somigliano a quelle cellule a bastoncello che credute dapprima
quasi patognomoniche della paralisi progressiva, furono poi trovate abbondanti
in altri stati sia di patologia umana che sperimentale (49).
Terminata questa succinta descrizione circa gli elementi cellulari che si
trovano nella sostanza bianca del midollo spinale, io desidero richiamare, ben-
( he possa davvero parer superfluo, Tattenzione sopra un reperto negativo, cioè
sopra la mancanza di cellule che possano in rpialche modo essere identificate
rm 0. lìossi
0 paragonale alle cellule della guaina di Schwann dei nervi perirt-rici : ho
dello come il metlere in parlicolare evidenza queslo reperto possa essere con-
sideralo come ozioso dalo l'accordo che in proposilo esiste traJ trallatìsli e
gli studiosi in genere, ma in realtà, occupandosi di rigenerazione del midcdlo
spinale, qualche autore descrive la formazione di catene di cellule che pai-a-
gona anzi identifica con quelle che nella rigenerazione dei nervi periferici è
opinione comune derivino dalle cellule di Schwann : lo studioso è Marinesco
(I. e, p. 7) il quale scrive che « dai due monconi del midollo e sopratutlo dal
« moncone superiore si dislaccano delle colonie di cellule fusiformi, riunite in
« fasci assai compalli che si estendono a guisa di ponti per riunire fra loro i
« due monconi ». Queste cellule, egli spiega alla fine del lavoro citalo, sono iden-
tiche a quelle che si riscontrano nella rigenerazione dei nervi periferici e che
egli chiamò «(cellule apotrofiche >. Marinesco nulla ci dice circa agli eh'-
menli che nel midollo possono dare luogo a queste colonie cellulari: e la lacuna
è certamente notevole e meriterebbe d'essere colmala, in quanto lo stesso A.
nei suoi lavori sulla rigenerazione dei nervi (20) ammette chiaramente che le
sue cellule apotrofiche derivino da quelle della guaina di Schwann, che ap-
punto mancano nel midollo.
Forse il Marinesco parteggia l'opinione che considera le cellule di
Schwann come di origine mesenchimale e supponendo la presenza di celluh»
della slessa origine embriologica nel midollo, crede che anche da queste pos-
sano derivare cellule che abbiano lo stesso ufficio, lì stessi scopi? oppure egli
si accosta all'idea di Perroncito (1. e.) che le cosidetle cellule apotrofiche
non derivino affatto da. quelle della guaina di Schwann?
La risposta afìfermaliva alla prima possibilità incontrerebbe però valide
obbiezioni. Innanzi tutto l'accordo tra gli autori circa la derivazione embriolo-
gica delle cellule di Schwann è tutt'allro che raggiunto, anzi si può dire che
gli ultimi studi accorderebbero maggior favore alla teoria opposta a quella che
permetterebbe di rispondere affermativamente alla prima possibilità. Se Koel-
licker, Gajal, Gurwilsch, ritengono provala l'origine connettivale delle cel-
lule della guaina di Schwann, e dello stesso parere si dimostra Dogiel nel
suo ultimo lavoro sulla struttura dei gangli spinali, Harrison, Schultzp,
Kuhn, Lenhossék portano validi argomenti a favore della derivazione dal-
l'ectoderma.
Ma quando anche si volesse concedere come provala l'origine mesodermica
le obbiezioni non mancherebbero: il valore dell'origine embrionaria non dev<»
essere esagerato: due cellule di uguale origine si sviluppano poscia in modo
differente, si adattano a speciali funzioni, modificando perciò la loro struttura;
e sarebbe troppo ardila ipolesi quella di attribuire loro la facoltà di generar^
in date condizioni, elementi di uguale morfologia e di identica funzione.
Del resto, come io or ora dimostrerò colle mie ricerche, ne dalle cellule,
cui da alcuni viene attribuita origine mesenchimale, e che io ho descritto al
capoverso «. elementi bj » né dalle cellule vasali dei vasi del midollo, derivano,
in seguilo a lesioni, colonie cellulari come Marinesco le ha descritte.
Processi rigenerativi e degeìieratioi, ecc. 7ìi)l^
Anche se accede alla opinione di Perroncilo, i dati di Marinesco non
riescono del Uitlo comprensibili né si possono 'in tutto confermare: infatti
nella cicatrice compmoxìo deWa ce]ì\]\e fusiformi, ma qneste per la loro deriva-
zitnie extramidollare e per i loro caratteri non sono affatto identilicalùli i-olle
cellule apolroliche quali il Mar inesco ce le descrive.
Esperienze dirette a studiare i processi che si svolgono
negli elementi non nervosi del midollo spinale.
Come risulta dalla descrizione che ho latto precedere circa ^]\ elemenli
non nervosi del midollo spinale, questi sono gli stessi nel conigliolo e nel ca-
nino: perciò io riunirò neiresposìzioné delle modificazioni che in essi si svol-
gono in seji^uito a ferita i reperti ottenuti nei due animali ftìcendo notare
quando ne esistessero, le eventuali differenze.
^ ore dopo il taglio. — La sezione comprende quasi esattamente una
metà del midollo : in corrispondenza della ferita si nota un leirjriero stravasi»
che tende a spingersi nella sostanza bianca: nel coagulo sono impigliati resti
di libre nervose e residui di mielina. Tutti gli elementi cellulari del midollo
sia quelli della sostanza bianca che quelli della grigia hanno, fatta nalural-
iiiente eccezione di quelli che possono essere stati direttamente coinvolti nella
lesione traumatica, un aspetto del tutto normale. Cariocinesi si nolano nelle
cellule di nevroglia e in qualcuno degli elementi b\ ma certo non in numero
maggiore di quelle che si trovano anche in condizioni normali : nessuna rea-
zione da parte della pia madre.
4-5 ore dojjo il taglio. — Col metodo di Pappenheim e colle colora*
zioni alla Nissl appaiono negli elementi b) e nelle cellule di nevroglia più
vicine alla ferita, dei fatti di degenerazione (vacuolizzazione-picnosi),
7-H ore dopo il taglio. — Col metodo di Flemming e colorazione CajaI
0 Mann si osservano dei nuclei picnotici od in istato di carioressi, circondati
da scarso protoplasma a contorno non bene deciso contenente sottilissimi gra-
nuli tinti in nero: stanno questi elementi attorno ai margini della ferita spin-
gendosi però talora anche nello spessore del tessuto nervoso: sono meno ab-
bondanti in corrispondenza della sostanza grigia. Della probabile derivazione
di questi elementi parleremo più avanti quando, dal loro modo di apparire
negli altri stadi, potremo avere migliori argomenti nella discussione.
Nelle cellule avventiziali delle pareti dei vasi più vicini alla ferita si no-
tano pure dei finissimi granuli neri.
Nessuna infiltrazioone perivasale. Con questi metodi ed anche meglio con
quello di Pappenheim, si rilevano evidenti fatti degenerativi negli clementi
a) e b): il loro protoplasma si vacuolizza, il contorno diventa meno netto; il
50-4 0. Rossi
nucleo è talora ri^^oufio v, meno dislinto, lale altra oiTre fenomeni dì carìo-
ressi (tav. Y, fìg. 8 e 9). Né nelle cellule vasali, ne in quelle della pia, e nep-
pure negli elementi a) e b) si notano delle mitosi: qualcuna se ne ritrova ma
lontano dalla ferita.
Non appaiono elementi che compiano funzione di fagocitosi.
i^ oir dopo il taglio. — Si notano in numero maggiore i piccoli clementi
sopra accennati: il nucleo loro offre evidenti fenomeni dì carioressi, non mai
di mitosi he tipiche ne atipiche. Nella zona di degenerazione la mielina ap*
pare distribuita irregolarmente a grosse goccie: alcuni dei cilindrassi più
grossi sono diggih male colorabili per un certo tratlQ.
J9 ore dopo il taglio, — Aspetto press' a poco come sopra; gli elementi
piccoli di cui agli stadi precedenti si incontrano anche nella zona di degene-
razione: il metodo di Mann dà loro una particolare evidenza (tav. Y, fig. 10):
in alcune cellule di nevroglia si possono notare pure dei finissimi granuli neri:
negli altri elementi continuano i fatti degenerativi. Le colorazioni alTematos-
silina, previo fissaggio in alcool, mettono in bella evidenza le apparenze ter-
minali dei cilindrassi sezionati.
26-28 ore dopo il taglio, — Esaminan;do sezioni di pezzi fissati col me-
todo di Flemming e non colorati, si vedono in corrispondenza dell'emorragia
degli elementi a nucleo rotondeggiante, circondati da protoplasma entro il
quale stanno gi*anulazioni distintamente colorate in nero dall' àcido osmico:
colla fissazione in alcool e colorazione col metodo di Pappenheim appaiono
elementi dotati di un nucleo rotondeggiante, spesso posto ad un polo dalla
cellula, con due nucleoli e granulazioni tinte in rosso: il protoplasma mostrasi
piuttosto uniforme e tinto in rosa chiaro; alcuni di questi elementi si tro-
vano anche nella zona di degenerazione, e talora sono come accollati alle pareti
dei capillari. Sulla natura e sulla derivazione di quelli elementi non posso dire
nulla di certo; come ipotesi assai riservata esprimo quella che possano rap-
presentare uno stadio iniziale delle Gitterzellen e l'appoggio alla conslala-
zione che più tardi ove prima erano comparsi questi elementi si trovano nume-
rose le Gitterzellen ed al fallo che qualcuna contiene degli eritrociti (tav. Y,
lig. 1-2-10).
Negli elementi a) e b) non si notano che fatti degenerativi: non si osser-
vano mitosi; talora le carioressi danno luogo ad immagini, che ad un esame
superficiale, potrebbero essere scambiate con cariocinesi atipiche se non si po-
nesse menle allo stato del protoplasma della cellula nella quale si riscontrano.
Neppure nelle cellule delle pareti vasali si trovano delle cariocinesi: invece
non sono infrequenti i nuclei picnotici.
Fatti progressivi si rilevano invece nella pia meninge: nei suoi elementi
l'usati compaiono delle mitosi: elementi di questa natura entrano nella parte
della zona di degenerazione che è più vicina alla ferita seguendo il tragitto dei
Processi riffenerativi e degenerativi, ecc. 505
va.sj, e allri si spingono direUamenle dalla pia aliraverso la soluzione di conti-
nuila del midollo e penetrano tra gli elementi cbe la occupano (tav, V, fig. 14).
In un solo caso a quest'epoca nella pia meninge ho trovato, vicino ad
una piccola emorragia, un gruppetto di PlasmazeUen,
:mJ ove dopo il tuffilo, — Vicinissimo alla ferita si riscontra in un caso
una pìccola emorragia: nel focolaio si trovano cellule che hanno tutti i carat-
teri delle Gitterzellen: altre cellule come quelle che ho più sopra descritte
con nucleo rotondo e protoplasma colorato uniformemente in roseo qualcuna
di- quest'ultime presenta delle mitosi (tav. V, fig. 15) ed infine grosse cellule
che contengono più nuclei.
(ìli elementi ^0 e h) continuano a dimostrare chiari segni di degenerazione.
A 50 ore dopo il tafjlio^ il quadro non ha sensibilmente mutato: assai
lontano dalla ferita in una zona dove gli elementi cellulari del midollo non
oRVonu nessun fenomeno di degenerazione ho riscontrato in fluest'^^poca qual-
che cariocinesi negli elementi tipo b); non esito a considerarla come un fatto
aormale affatto indipendente dalla lesione. A quest'epoca nelle zone più pros-
sime alla soluzione di continuo si notano ancora numerosi quegli elementi a
nucleo in carioressi, a protoplasma disseminato di finissimi granuli neri dei
quali ho gih tenuto parola.
Anche a 5-0 (fiorni dal taiflio l'esame istologico offre un quadro quali-
tativamente simile: le fibre nervose sono degenerate per tratto discreto: nella
ferita si trovano, tra le cellule fusate provenienti dalla pia meninge, molte
tipiche Gitterzellen, Posso escludere con certezza, per avere avuto a dispo-
sizione parecchi casi e molli preparati, con fissazione e colorazione benissimo
riuscite, che esistano processi mitotici nelle cellule vasali o di nevroglia.
\\V 11^-iS^ giorno dal laqUo di regola si rileva come la proliferazione
delle cellule piali sia arrivata a colmare la soluzione di continuo che esiste
tra i due monconi: tra le cellule compaiono già fibre di connettivo: ma i
bordi della proliferazione piale sono nettamente separati dal tessuto nervoso
da una zona di demarcazione nella quale lo stroma del midollo comincia ad
apparire rarefatto, lacunare. Per usare un felice paragone di Stroebe i mon-
coni del midollo, in caso di sezione totale, contraggono col tessuto di deri-
vazione meningea gli stessi rapporti che una ghianda di quercia col suo calice
(tav. V, fig. I3V.
Neppure a quest'epoca si osservano mitosi nelle cellule delle pareti va-
sali o nelle cellule di nevroglia.
A 15-17 (fiorni è nettamente delineala negli estremi dei monconi midol-
lari la formazione di una cavità a pareti irregolari; gli elementi di sostegno
del midollo si distruggono; nella cavità si riscontrano Gitterzellen.
r>0(» (K Rossi
Circa quest'epoca appaiono per la prima volta delle cellule clie presen-
tano i caratteri coi quali siamo soliti procedere alla identificazione della
Kornehenzellen: esse si riscontrano nelle pareti della cavità, nel tessuto piale e
anclu? nel tessuto della zona di metamorfosi tra le fibre nervose (tav. V, fig. 11).
Nulla di notevole nelle pareli vasali: forse in qualche caso sono leir^rier-
monte aumentate in numero le cellule avvenliziali, ma in ogni modo non si
rilevano cariocinesi.
Da questo periodo fino al trentesimo r/ionw, al quale per ora si arreslano
le \ì\'h) ricerche, non compaiono fenomeni nuovi: continua il progresso dei
fenomeni degenerativi e si allarga sempre più la cavità in corrispondenza della
ferita: talvolta anche il lessuto cellulare proveniente dalla pia cade in preda a
processo regn»ssivo e si ha la formazione di una vera cisti a pareli irregcdari
quale la descrive Cajal.
Fino a questo stadio il tessuto di nevroglia non offre nessun accenno a
fenomeni di moltiplicazione o dì ipertrofia: neppure si osservano mitosi nelle
cellule delk* tonache vasali.
Riassumendo si può (ììvo che in seguito a ferita asettica del mididlo ^pi-
nale, gli elementi non nervosi che stanno ne' due monconi, non presenlano,
fino allo stadio da me esaminato, se non fenomeni regressivi che progredi-
scono, lentamente ma di continuo, in modo da dare luogo a vere aree di di-
struzione di tessuto. Dalla pia meninge molte cellule fusate, che derivano da
proliferazione per mitosi dì quelle normali, entrano nella ferita, ma, anche
quando non cadono poi in preda a processi degenerativi, il che talora si ve-
rifica, non riescono a stabilire un'unione tra i due monconi perchè nel frat-
tempo le estremità di questi vengono distrutte dal processo degenerativo più
sopra indicalo.
Anche in corrispondenza della sostanza grigia non si osservano fenomeni
rigenerativi: sono assolutamente da escludere fenomeni di cariocinesi negli
elementi nervosi.
La ragione di questo modo di comportarsi dei monconi midollari si deve,
con ogni verosimiglianza, ricercare nella distribuzione dei vasi sanguigni entro
il midollo stesso. Infatti fecondo i più recenti studi, dalla rete arteriosa piale
nascono i vasi collaterali che penetrano nel midollo i quali rappresenlano
tutti delle arterie termitiali secondo il significalo che Con bei m dà a questa
denominazione, vale a dire che questi rami non si anastomizzano più tra loro:
ciascuno di essi provvede alla irrorazione di una data provincia del midollo e
la sua obliterazione ha come conseguenza la morte degli elementi di questa
provincia (v. Gehuchten).
Recentissimamente Tanon (21) in un suo lavoro sulla irrorazione san-
guigna del midollo, all'erma anzi che neppure nella pia esistono delle vere e
proprie anastomosi: l'aver rilevato, col mezzo delle iniezioni, delle apparenze
di auastoniosi ìi probabilmente da spiegare col fatto che ogni arteria manda
diramazioni anche nei territori di quelle più vicine, I lavori di Raubor,
Processi ruienevalivi e degenerativi, er.r, 507
Adanickiewicz, Kadyi, Charpy, hanno ormai dimostrato T inesattezza della
descrizione classica della irrorazione sanguigna del midollo, la quale tuttavia
è ancora riportata in trattati di anatomia abbastanza recenti, ad esempio quello
di Testut, e dimostrato che le arterie del midollo spinale sono arterie segmen-
tane, ciascuna delle quali corrisponde ad un segmento midollare.
L'ipotesi di Eichhorst e Naunyn che questi focolai cavitari insorgano
per il fatto che interrotte le vie linfatiche la linfa si versa nella ferita mi
sembra assai meno plausibile. Stroebe avrebbe osservato come questi focolai,
che egH denomina nniimische Erweichiuitjsherde, si distribiiiscano, rispetto alla
loro frequenza, in quest'ordine: cordoni posteriori, cordoni laterali, cordoni
initeriori, ed attribuisce la frequenza maggiore nei cordoni posteriori alla loro
più scarsa irrorazione sanguigna: dalle mìe osservazioni mi risulta che questi
foc(dai compaiono più precocemente è vero nei cordoni posteriori ma poscia
si diffondono anche negli altri: la circostanza che durante l'operazione — quale
noi siamo solili praticarla resecando l'arco vertebrale ed aprendo la dura sulla
linea mediana posteriormente — e durante il decorso della cicatrizzazione della
soluzione di contìnuo muscolo-cutanea, i cordoni posteriori, privati della loro
normale protezione ossea, rimangono più degli .altri esposti ad azioni nocive
potrebbe concorrere a spiegare la loro minore resistenza di fronte ai proressi
degenerativi.
•v
Il processo da me riassunto merita ancora qualche analisi e qualche con-
siderazione a proposito dei fenomeni che si svolgono nei vari elementi che
entrano a costituire lo stroma di sostegno del midollo.
Circa i vasi sarufuUfni mi preme di mettere in particolare evidenza che
negli elementi cellulari delle loro tonache vasali non si riscontrano, fino al-
l'epoca da me studiata, cariocinesi: sono invece frequenti, nei vasi della zona
di degenerazione e, più raramente, anche di quelli della metamorfica fatti di
picnosi e fatti di carioressi. Con un metodo di fissazione meno adatto del
Flemming alla conservazione delle strutture cellulari o con metodi di colo--
razione meng chiari del Cajal o del Mann potrebbero i fatti di carioressi
esser confusi con fatti di mitosi atipiche. La distinzione in qualche caso non
è facile e riesce possibile solo coll'osseiTazione dello stato nel quale si trova
il protoplasma cellulare.
Su questo punto le mie ricerche sono in apèrta contraddizione con quelle
di Stroebe il quale descrìve cariocinesi in questi elementi a cominciare dalla
2i* ora dopo la lesione.
Nelle cellule di nevrofflia fino all'epoca da me studiata non compaiono
chiari fatti di ipertrofia o di iperplasia: si nolano invece fatti degenerativi
che consistono nella vacuolizzazione del protoplasma, perdita di nettezza de' con-
torni, fatti regressivi a carico del nucleo. Stroebe invece descrive mitosi nelle
508 0, lìossi '■" — ■'■^'^^^^^
cellule di iiovrogli» ^\i\ al secundo giorno: non esilo a considerare ({ueste come
apparenze normali : infatti io ho già dello come nel coniglio ^ nei cane giovani
ed in condizioni normali esistano delle numerose cariocinesi, l miei resuilali
si accordano meglio con quelli del Da-Fano'il quale, studiando i fenomeni
di guarigione delle ferite cerebrali, ha notalo essere l'ipertrofia e la prolife-
razione della nevroglia un fenomeno relativamente tardivo.
Gli elementi descritti da me al cajMverso b) e considerati dal Da-Fano,
in via di ipotesi, come cellule di origine mesenchimale si comporfiino, in que-
sto processo, come le cellule di nevroglia.
Gli elementi a nucleo rotondeggiante che compaiono in corris|x»ndenza
della ferita fino dalle prime ore, che colla fissazione in Flemming mosti*ano
il protoplasma ripieno di finissimi granuli neri, sono, con ogni probabilità, leu-
cociti in via di degenerazione. La circostanza che elementi simili si trovano
dentro ai vasi più vicini alla ferita e da essa compromessi in modo da ren-
derli impervi depone in favore di questo modo di vedere.
Secondo Farrar(22) e Forster (23), gli AA. che più recentemente si
occuparono di questo argomento, i leucociti non spiegano, nelle distruzioni di
tessulo nervoso da ferite asettiche, funzione fagocitaria vera e propria: le mie
osservazioni mi porterebbero ad accettare questo modo di vedere. I finissimi
granuli che si Irovano nel protoplasma di queste cellule sono da considerare
come prodotti di degenerazione.
Gitterzellen - Kiìrnchenzellen — Elcfiienti di questa natura si presentano
nel processo da me studiato: ma mentre le cellule a protoplasma reti-
colato compaiono fino dai primi giorni dalia ferita, invece non ci è dato
trovare delle cellule che possiedano i caratteri delle cellule granulo-grassose
0 Konichenzellen se non ad un periodo molto più inoltrato. Questo reperto
mi suggerisce qualche dubbio circa alPaccettazione incondizionata dell'opi-
nione corrente la quale ritiene che Gitterzellen e KorchenzeUen siano gli
stossi elementi i quali si presentano a noi con aspetti differenti a seconda
della fissazione: le slesse cellule che fissale in miscele osmiche ci appaiono
come cellule granulo-grassose, trattate invece con alcool, che estrae il grasso
inglobato, assumerebbero le apparenze di cellule a protoplasma reticolato.
Ora io negli stadi più precoci ho ritrovalo i)ensi delle Gitterzellen non
delle K'irnchenzellen: e ciò mi sembra contraddire all'identificazione di questi ^
elementi; in ba,se a questo solo reperto io non intendo però pronunziarmi t
in modo assoluto suIT importante questione. i
Circa all'origine di questi elementi io non potrei portare alcun contri- J
buio in favore dell'una piuttosto che dell'altra teoria enunciata: da escludersi 1
anche secondo i miei reperti sono l'origine dalle cellule nervose e quella dalla i
nevroglia: le cellule di quesl' ultimo tessuto presentano talora dei tatti di -J
vacuolizzazione del protoplasma, ma l'aspetto, sopratutto per i caratteri e la ì
posizione del nucleo è afl'atlo differente. . "j
L'origine più probabile è quella vasale, ma se derivino dalle cellule avven-f
liziali o dalle endotpliali nrm si può, a parer mio, ancora affermare. Gli stessif
Processi rigenerativi e def/enfratiri, ere. fiOO
aHi»»vi (lì NissI che sostengono, sulla lede del maestro, i'orij^ine endoleliale,
sembrano comprendere questa derivazione in un senso mollo lato: infatti
Parrà r(l. e), parlando di tessuto neoformato in corrispondenza di corpi estranei
slerili introdotti nel cervello, scrive a proposito di neoformazioni vasali: a i
« tihrohlasti delle pareti, gli elementi interni che sono senza dubbio endoteliali,
< e le cellule esterne simili a quelle dell'avventizia sono apparenlemenle nul-
« r altro che forme modificate di un solo tipo cellulare e derivano sempre dalla
« semplice serie di fibroblasti fusali che delimitano, in origine, lo spazio dove
n si svilupperà il vaso nuovo » e più oltre « noi dobbiamo considerare le co*<i-
< dette cellule del T* connettivo, come si trovano nella pia, come strutture ele-
< mentari, forme specializzate o modificate delle quali si presentano come /ifm)-
* hlasti, Gilterzellen, cellule (jir/anti, cellule vasali endoteliali avventiziali. Di
« questi elementi le Gitterzellen hanno funzione prevalentemente fagocitarla,
K le cellule ffi{/anti riempitiva, i fibroblasti sono legati alla formazione di vasi
« nìiovi e alla produzione del tessuto collageno ».
Plasmazellen non compaiono che eccezionalmente ed in piccolo numero
e mai nel midollo: io ne ho trovate, in un solo caso, un gruppetto nella pia
meninge in vicinanza dì un'emorragia.
Stabchenzellen : elementi che si possono con ogni sicurezza definire come
cellule a bastoncello io non ne ho, tino agli stadi presi in esame, trovati: a
30 giorni dalla lesione nella sostanza grigia erano aumentati quegli elementi
de' quali ho parlato al capoverso e) che hanno con le StUbcheazellen delle
simìiglianze morfologiche.
Cellule fusate: compaiono queste in corrispondenza della ferita in epoca
assai precoce e provengono senza dubbio alcuno dalle cellule della pia me-
ninge: molte di esse offrono delle cariocinesi tipiche: negli stadi più inol-
trali alcune di esse vanno incontro a fenomeni degenerativi, il loro protopla-
sma sì vacuolizza e il loro nucleo si raggrinza: in quest'epoca si vedono,
frammiste a queste cellule, molte tipiche cellule a protoplasma fìnamenf e re-
ticolato.
Qtieste sono le uniche cellule fusate, disposte talora in fasci, che jfossano,
lìer la forma, ricordare le cellule a potrò fiche di Marinesco. Se Marinesco
ritiene che le cellule da lui cosi denominate derivino dalla proliferazione di
quelle della guaina di Schwann, gli rimane a spiegare come e donde si
formino quelle che egli ha descritto nel midollo spinale ove non esistono cel-
lule dì Schwann : se crede possano avere altra origine, nel caso nostro dalle
cellule piali, allora accetta implicitamente la supposizione di Perroncilo che
le cellule le quali appaiono nella cicatrice dei nervi periferici siano di ori-
gine connellivale.
Concludendo: Quando venga praticata una ferita asettica del midollo
spinale le fibre della sostanza bianca mostrano una attività rigenerativa
abbastanza rapida ed attiva ; essa dà luogo alla produzione di giovani
fibre che nude, cioè senza alcun rapporto con elementi cellulari speciali,
percorrono la zona di degenerazione, raggiungono e percorrono la cica-
510 0. Rossi
trice formata da cellule di origine connettivale. Ma più tardi il processo
rigenerativo vfene frustrato dal fatto che» in corrispondenza della zona di
degenerazione del due monconi, I cosidetti elementi di sostegno del midollo
non solo rimangono privi di fenomeni rigenerativi, ma cadono In preda a
quelli degenerativi, dando luogo alla formazione di veri focolai di distru-
zione del tessuto midollare, coinvolgendo nella distruzione le fibre neo-
formate.
Questo sino agli stadi da me esaminati, rimanendo per ora aperto 11
problema, a risolvere il quale ho già da tempo in corso esperienze, se più
tardi il tessuto di nevroglia ipertrofizzandosi e proliferando possa colmare
la lacuna e le fibte nervose riprendere il processo rigenerativo.
S^enoxnenl rigenerativi che si svolgono nel nervo ottico
sezionato nel suo tratto intracranico.
11 nono otiico per la sua costituzione anatomica, per l'assenza di cellule
di Scliwann, apparisce tosto come una delle sedi più adatte ad istituire delle
esperienze dalle quali possano ottenersi degli importanti reperti in favore della
dottrina che sostiene esser la rigenerazione dei nervi compiuta dal moncone
centrale delle fibre tagliate. Già Cajal (5) avea fatto notare l'importanza dello
studio dei fenomeni di rigenerazione in questa regione, ma nel suo lavoro, già
citato, sulla rigenerazione del sistema nervoso centrale, si limita a far rile-
vare come i fenomeni di degenerazione procedano nel nervo otiico assai lenta-
mente, in modo che dopo un mese dal taglio alcune fibre sopravvivono anconi.
Un allievo dell'istologo spagnuolo, Tello (4) pubblicò di recente una nota
sopra i fenomeni rigenerativi che si svolgono nel nervo otiico. Tre giorni
dopo il taglio di questo, dentro Vorbita^ non si nolano ancora nel moncone
distale (che rispetto ai centri, dai quali la gran maggioranza delle fibre del-
l'oUico deriva, corrisponde al centrale dei nervi periferici) fatti rigenerativi
decisi: si scorge però qualche divisione di fibre terminata da piccole mazze.
Al tredicesimo giorno compaiono in discreta quantità delle fibre neoforniate
che si dirigono verso la cicatrice e vi penetrano anche abbastanza profon-
damente. Ma anche qui, come Cajal avea rilevato per il midollo spinale, i
fatti rigenerativi anziché progredire sembrano retrocedere, le fibre dell'ottico
cadono in preda ad un processo degenerativo del quale al quarantesimo giorno
si trovano traccie perfino nella retina. Qui, quando nel moncone prossimale
(corrispondente al periferico dei nervi) sono degenerate tulle le fibre, anche
quelle centrifughe, si trovano, nello strato delle fibre, dei cilindrassi, cui Te Ut»
ritiene essere cilindrassi delle cellule dello strato ganglionare, che terminano
con bottoni: sarebbe, dice Tello, una espressione di tentativi di rigenerazione
da parte di queste cellule, ma, mancando le azioni chemìolaUiche delle cel-
lule di Sf^hwann, queste fibre, terminate da bottoni di accrescimento, prendono
delle direzÌDni abnormi, si dirigono verso la periferia e possono arrivare fino
al di là dello strato delle amacrine.
Processi riffenerativi e deqeneratid, ecc. 7A\
Alle t»speri«nze di Tello» ^5i può muovere un'osservazione, quella che se-
zionando roltico entro l'orbila si recide quasi sempre Tarleria centrale della
retina ponendo questa membrana in condizione di nutrizione tale da lasciar
supporre che le sue cellule non possano godere di tutta la loro funzionalità
e ven*^ano compromesse nella loro integrità anatomica.
Quando comparve il lavoro di Tello io avea già iniziate delle esperienze
sulla rigenerazione del nervo ottico, procedendo alla sua sezione nel trailo In-
irarranko: i risultati da me ottenuti sugli animali — conigli — adulti furono
presentali l'Aprile scorso al Primo Congresso della Società italiana di Neurologia,
tiià allora avevo, notato come i fatti di rigenerazione siano, col metodo opera-
tori*) da me seguito, più precoci e più abbondanti di (pielli osservati da Tello.
J)a allora ho ripetuto le mie esperienze in animali giovanissimi ed ora
ne riferirò i risultati fino agli stadi esaminati avendo già in esperienza altri
animali per lo studio dei fenomeni che si svolgono in epoche più tardive.
Inoltre riferirò sul mo<lo di comportarsi degli elementi non nervosi che
entrano nella costituzione del neinro ottico, ai quali ho. applicato gli stessi
mi'toili che ho descritto a proposito del midollo.
IVr ciò che si riferisce al modo di comportarsi delle fibre nervose del
nervii ottici» sezionato negli animali giovanissimi, ecco in breve i miei risultati.
A 70 ore dal taglio si notanti nel moncone prossimale dei fenomeni in
tulio paragonabili a quelli osservati da Perroncito nel moncone periferico
dei nervi e da lui interpretali come fatti di natura irritativa; ad essi Cajal
attribuisce il significato di tentativi di rigenerazione.
Nel moncone «listale i cilindrassi sembrano ingrossali perchè le loro libre
costitutive appaiono come divaricate; intanto compaiono già delle fibre sottili
terminate da piccole mazze delicate, a contorni regolari, intensamente colo-
rate in nero; alcune fibre mostrano dei fenomeni di divisione in fibre più
sottili delle ((uali alcune mostrano la classica terminazione ad anellino.
A 100 ore i fenomeni sono qualitativamente gli stessi; le fibre sottili ter-
niinalt^ da mazze 0 da anellini sono cresciute in numero.
O ijiorni dopo il ta/fliit. — In questo stadio si nota che le fibre del mcui-
cune prossimale sono già degenerate per un tratto discredo; rimangono integre
poche fitu'e sottili delle quali qualcuna termina con una piccola mazza.
Nel moncone distale si nota anche qui una zona metamorfica dalla quale
procedono in copia delle fibrille sottili neoformate che si dirigono verso la
cicatrice e vi penetrano assai profon«lamente ; numerose sono le fibre termi-
nate da anellini; rare sono le formazioni a spirale e sono lungi dall'avere una
struttura tanto complicata come quella che possiedono nei nervi periferici. In
un caso nel fanale l'ottico venne reciso solo parzialmente si rileva che le fibre
netdormate a quest'epoca hanno attraversata tutta la cicatrice. Nella cicatrice
sono numerose le divisioni delle giovani fibre (fig. 13 e li).
rvi^i
0, Rossi
A J ^ fjlonii ì\e\ moncone prossimale si vedono delle lihrille sottili, deli-
fate ; ma riesce diiìicile stabilire la loro natura essendoci qui da considenin^
varie eventualità: possono infatti essere fibrille centripete sottili ancora super-
stiti, librille centrifughe, quali sono ammesse neir ottico, non degenerate od
infine fibrille di nuova formazione penetrale dal moncone distale. Per risolver»'
Fio. 13. — Nervo ottico di eouigliolo 6 giorni dopo la sezione nel suo tratto
intracranico: 8i rilevano numerose fibre neofonnate le quali dal moncone
distale Md, attraverso la cicatrice Ci, arrivano in tutta pro^imità del mon-
cone prossimale Mp (metodo Cajal).
a quest'epoca il dubbio converrà islituire delle esperienze che ci possano in-
dicare quando sia compiuta la degenerazione nel moncone prossimale allora
che non esista possibilità che vi entrino fibre dell'altro moncone.
Nel moncone distale sono in atto notevoli fatti rigenerativi ; la jirodu-
zione di nuove fibre è abbastanza abbondanle; le fibre si orientano in genere
decisamente verso la cicatrice e vi penetrano in discreta quantità; alcune la
Mfi'i^ssano; le più termitìano con mazise, akun«i'<rti anellini; nofl si osMM'vanit
libre (erminate da niazze che abbiano un cammino retrogrado.
Promsi rufenerfitìri e degenerativi, ecr.
513
17 (jiorni dopo il t(u/Uo. — l fiMiomeni rijionerativi sono ancora projrre-
iliti però più in quantità che non in estensione e le libre che passano la ci-
catrice non sono in nuineio niaj^giore né sembrano aver percorso maggior
cammino che nello stadio precedente: nella cicatrice si notano delle fibre sot-
tili che si dirigono verso il moncone disiale; non sono però riuscito a sor-
prendere la loro derivazione da (ìbie che decorrano in questo moncone; perciò
sono costretto a rimanere nel dubbio se tratlisi di fibre che fanno cammino
relrogrado o di eventuali fatti rigenerativi delle fibre che vengono nell'ottico
descritte come centrifughe.
A :i2 (jionii si nota che molle delle
libre dalla cicatrice passano nelPeslre-
milà del nmncone prossimale.
A quest'epoca si arrestano per ora
le mie ricerche sugli animali giovani:
per la delicatezza dell'operazione da me
eseguita (jueste procedono un poco a
rilento; intanto servono a coluiare un
poco la lacuna fra il 13" ed il 44)^ giorno
che si trova nelle ricerche di Tello;
dalle altre risulterà se sia sempre vera
la constatazione fatta da (piesto autore
e che negli animali adulti parve (vedi Fui. u. - Tmiiiimzioni ad ansilo m giovKiii
, ., , 4-1 . . , I fibre iienose t' 8tnitture a f^pirale nel inoii-
la citala Louninicazmne) vi^'a anche a eom- cii.tHie di nervo ottho hc-ì Kiomi doi.>
ine, che i fenomeni rigenerativi dopo il taglio (metodo e aj ai),
un certo tempo regrediscano.
Ma mi preiìie intanto di mettere in evidenza come nell'ottico il cosidetto
tessuto di sostegno si comporti in modo diverso che non nel midollo. Normal-
fuenle coi metodi da me usali nel nervo ottico si rilevano evidenti cellule di
nevroglia: inoltre attorno ai vasellini che lo percorrono in senso longitudinale
si trovano delle fibrille connettivali riunite in fascelti, talora di discreto spes-
sore. In mezzo a queste fibrille si trovano delle cellule allungate, con nucleo
ricco di cromatina, disposte nel senso delle fibre del nervo.
hi seguito a sezione iutracranica del nervo le cellule di nevroglia assai
precocemente, in un caso già al terzo gi«)rno, mostrano dei fenomeni rigene-
rativi, il corpo cellulare appare ipertrofico e numerose sono le cariocinesi.
Anche gli elementi fusati descritti attorno ai vasi proliferano per mitosi (ta-
vola V, tìg. 18 e 19).
Intanto dalla guaina piale che accompagna il nervi» entrano uclla cica-
trice molle cellule fusate che derivano dalla proliferazione per scissione indi-
retta delle cellule piali preesistenti: le cellule connettivali perivasali continuano
a moltiplicarsi ed invadono pure la cicatrice, la quale viene così ad essere co-
stituita dai dne elementi sopradetti e da cellule a proloplasjua finamente re-
514 0. Rossi
licolalu (Gitteì'zellen) che vi compaiono già al decimo giorno, dopo essei*si
presentale mollo prima in corrispondenza dei due monconi. La proliferazione
conneltivale pare più vivace nel moncone prossimale (lav. V, fìg. 17).
*
* *
A proposilo dei falli che si svolgono nel nervo oUico sezionalo voglio ri-
cordare due esperienze di Belile (24). A due cani egli sezionò l'oUico ed il
trigemino, e quindi cuci il moncone periferico (il quale è si badi bene rispello
alle cellule di origine il cenlrale) delTollico co! centrale del quinto nervo; in
ambedue i cani dopo alcune settimane comparve intorbidamenU) del cristallino
e del vitreo.
Uno dei cani venne sagrilicalo dopo 10 mesi; si trovò che il trigemina
era intimamente unito all'ottico. 1 tagli in serie mostrarono però che le fibre
dei due nervi erano nettamente separate; le fibre del V erano cresciute deniro
al tessuto pcrineurale dell'ottico ed erano arrivale fino alla sclerotica; cosi
esse abbracciavano il breve moncone dell'ottico il quale « gtUe markhaUUje Fa-
sera (bei vollkommener Abivesenheit einer Retina) enihielt ».
L'altro cane fu ucciso un poco più tardi: alla necroscopia si trovò che la
sutura non avea tenuto; il capo centrale del trigemino spostato si era riunito
al suo capo periferico: anche i due monconi dell'ottico si erano inconlrdti ed
erano concresciuti, il luogo di riunione era molto ben visibile « zentralwnrts von
a derselben icar der Opticus gelb und welk wahrend er ìiach dem Aiuje zu
€ glrinzend iveiss war. Die Schnittuntersuchung gab folgende Befunde: wUsUin
« dige Degeneration der Retina^ sehr zahlreiche markhalti^je Fasern im peri-
« pheren Opticusstumpf (d, h, dem Ende das Auge hing), gtUe Verwachsung bei-
« der Opticiisstumpfe, vollkommetus Fehlen markhaltiger Fasern im zentralen
« Teil des zentralen Opticusstumpfes und Ausstrahlung von Fasern des peri-
« pheren Opticusstumpfes iiber die Narbe hinaus in den zentralen hinein ».
L'interpretazione dei reperti di queste due esperienze riesce un poco in-
certa: la lettura dell'opera di Belhe e le sue dilucidazioni non valgono per nulla
a farci escludere che egli potesse parlare di una autorigenerazione deiroltico,
ed i dati di fallo ai quali io ora accennerò non possono essere distrutti dal-
l'afTermazione che Belhe (25) fii, rispondendo ad alcune critiche di Perron-
cito, di non aver istituito queste esperienze allo scopo di studiare i fenomeni
di autorigenerazione.
A pagina 181 del suo libro egli dice che le fibre che si trovano nel mon-
cone distale dell'ottico in questi casi sono fibre nervose normali « die sicher
nicht newjebildet waren, sondern die alien Opticus- fasern reprasentieren ».
Riesce assai difficile l'ammettere che dopo 10-11 mesi le fibre mieliniche
deiroltico non siano degenerale; a ciò contrastano le ricerche di CajaI e di
Tello, per non parlare che delle più recenti, ed una esperienza che lo stesso
He Ih e riporta alla stessa pagina, nella quale dopo un periodo di tempo mela
Processi rigeneratici e degenerativi, ecc. 515
del ìfopradeUo le (ìhre deirollicu sepiiralc dalla retina erano già degenerato.
Ma in favore della supposizione che più avanti Bethe volesse parlare di au-
lorigenerazione sta ciò die egli scrive a pag. 231 e che io ho già trascritto;
egli dice che dal moncone periferico si partivano delle fibre che entravano
nel centrale e nella (ìg. 58 b ipag. 230) figura con invidiabile chiarezza queste
fibre a proposito delle quali scrive che cosi si dimostra come « kann also auch
^ der Opticus, dieser hochste unter den Nerven, naeh Durchschneidung wied^r
« verheiìen ». Anche concedendo a Bethe che le fibre mieliniche del moncone
distale siano le antiche sopravissute non si potrebbe concepire che da esse
partano fibre che traversano la cicatrice per andare nel moncone centrale senza
ammettere una rigenerazione.
L'obbiezione che gli ò stata mossa (Perroncilo) che quello che ci dice
sullo stato delle due retine non sia sufficiente ad allontanare il dubbio che in
realtà non tutte le cellule retiniche fossero distrutte, e che per me ha valore
ancora, pare avesse voluto Bethe evitare con quello che ci dice a pag. 181
dove si legge : « In beiden Fiitlen fand sich die Retiiui oollkommen entartet ;
« nur noch ein bindegeweb'ujes Hautchen war àbruj (jeblieben ; von Ganglien-
< zellen war auch keine Andeutitng mehr vorhanden ».
Considerando l'importanza che reperti di questo genere possono avere
anche perchè qui si può con maggiore sicurezza escludere l'eventuale parte-
cipazione di fibre collaterali, quando, ben inleso, l'ottico venga sezionato nel
suo tratto in tracrani co, ho istituita la seguente esperienza.
Ad un coniglio ho praticata la sezione intracranica dell'ottico e quindi
Vexenteratio bulbi dallo stesso lato, asportando accuratamente con un cuc-
chiaio tagliente la retina. Sagrificalo l'animale, dopo più di un mese, nel mon-
cone distale dell'ottico ho trovata completa degenerazione delle fibre e nes-
suna traccia di rigenerazione.
L'esperienza depone per l'impossibilità in questa regione di fatti di au-
lorigenerazione.
Concludendo: In seguito alla sezione intracranica del nervo ottico le
fibre del suo moncone distale, vale a dire quelle che sono in relazione
colle cellule della ret'na dalle quali procedono, mostrano, almeno nel primo
mese, una notevole capacità rigenerativa. Anche in questa sezione del si-
stema nervoso la rigenerazione procede dal moncone centrale e sono da
escludere fatti di autorigenerazione di fibre isolate dal loro centro.
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Processi rh/ciifm/lri tt d{'(jeneralivi, ere, 517
Legrgrenda esplicativa delle fìgrure contenute nella tav. V.
Figura 1. — Sezione longitudinale di midollo .spinale (segmento doi-sale) di couif:?liolo normale
per dimostrare la iH)i*izione, la disposizione e il numero dej?li elementi a e h. Color, ema-
to*»ilina Delafield. OC. 4 e, OBB. 2 (K).
FtarKA 2. — Midollo spinale (segmento dorsale) di canino, per la dimostrazione degli elementi
a e 6, e della^trattura dei piccoli va.si midollari. Fisi*. Flemming, color. Cajnl tri-
cromico. OC. 4 e, OBB. 2 mm. imm. omog. Zeiss.
FitiuuA 8. — Nerroglia nel midollo di canino nonnale. Fiss. Flemming, color. emato!<.HÌlìnH
Mallory . OC. 4 e., OBB. 2 mm. imm. omog. Zeiss.
FiQCBB 4-5. — Elementi tipo 6: nella figura 5 si vede l'elemento che in certo modo cii-conda una
fllira nervosa. Fi.«s. in alcool, color, turchino di toluidina. OC. 6 e, OBB. 2 mm. imm. omog.
Z<'Ì8S.
FioiRA 6. — Elementi tipo h ed alcuni tipo e. Fjss. In alc<M)l assoluto, color, colla miscela di
Pappenheim. Ingrandimento come sopra.
PidUBA 7. — Cariocinesi in elementi a e b ì\\ midollo di conigliolo. Fiss. Flemming, color.
Cajal tricromico. 00. 4 e, OBB. imm. '/,5 (K).
Pkii'rr 8-9. - Fatti di degenerazione; vacuolizzazione del pnitoplasma; carioressi negli elementi
n e h dopo il taglio del midollo spinale. OC. 8 e, OBB. 2 mm. innn. omog. Zeiss.
FioiTRA 10. — Elementi che con ogni pi*ol)al)ilità nippvesentano dei leucociti in via di deginiera-
zion;* nella zona necrotica del moncone midollai-e. Fiss. Flemming, color, metodo modifi-
cato di Mann. OC. 4 e, OBB. 2 mm. imm. omog. Zeiss.
FinrB.4 11. — Kómchf ne f fleti nel moncone midollare. Fi.-s. Flemming, color. Cajal tricmmico.
Ingrandimento come sopra.
FiflUBA 12. — Alcuni elementi tijK) a vacuolizzati ; quindi quelle cellule rotondeggianti, delle quali
parlasi nel testo : una di esse, quella più in basso, contiene un globulo ros.so. Fiss. in alcool
assoluto, color. Pappenlieim. OC. 8 e, OBB. 2 mm. imm. omog. Zeis<.
FiocBA 13. -- Cicatrice tra i due monconi del midollo, gli elementi della quale p»-ocedono dalla
pia. OC. 2 e, OBB. 2 (K).
FifsrHA 14. — Cellule fusate, di origine piale, di detta cicatrice: alcune pi'esentano nettissime
cariocinesi. Color, ematossilina Delafield. OC. 6 e, OBB. 2 mm. imm. onuig. Zeiss.
Figure 15-16. — Elementi, dei quali è parola nel testo, in vicinanza di una piccola emorragia nel
moncone midollai-e: nella figura 15 sonvi le già descritte cellule di forma tondeggiante, delle
quali una è in cariocinesi, e cellule con più nuclei. Fiss. in alcool assoluto, color, di
Pappenheim . OC. 4 e, OBB. 2 mm. imm. omog. Zeiss.
Figura 17. — Cicatrice del nervo ottico parzialmente sezionato. OC. 2 e, OBB. 2 mm. (K).
Figura 18. — Cellule appartenenti ai fascetti connetti vali longitudinali del nervo ottico dopo la
sezione di questo: sono molto numei-ose e pix^sentano cari(K'inesi. Color, ematossilina Dela-
field. OC. (> e, OBB. 2 mm. imm. omog. Zeiss.
FioiBA 19. — Cellule di nevroglia del nervo ottico sezionato: aiunentn di questo cellule e cario-
cinesi. Fiss. Flemming, Color. Cajal tricromico. OC. 4 e, OBB. 2 mm. ìinni. «nnog.
Zeiss.
518 0. Sandrl
ClinlcR dello inalatMe nervose e mentali dell' istituto di Studi .superiori in Firenze
diretta dal prof. E. Tanssi
Contributo all'anatomia ed alla flsiologria dell'ipofisi.
Ricerche del dott. Oreste Sandrl, Assistente
Rinssumere andie brovemente quanto è stalo scritto suìla «^Iiiandola pi-
Uiitaria sarebbe lavoro ozioso perchè da altri già fatto, poco profìcuo perchè
molte delle teorie ed induzioni del passato sono siale definilivanienle distrutte
da ricerche ulteriori. Mi limiterò quindi a tracciare un breve schema critico
delle cognizioni che al presente si hanno sulT anatomia e la fìsiologia dell'ipo-
fisi, soffermandomi a discutere un po' più diffusamente gli studi più recenti
che hanno stretta affinità con le mie ricerche personali.
embriologia.
L'ipofisi è comunemente divisa in due lobi, ranteriore (epiteliale) ed il
posteriore (nervoso) — Quasi tutte le opinioni sono concordi sull'origine
embriologica del lobo posteriore: Ibrmato da un invaginamento (MVinfundi-
bulum 0 pavimento del IH ventricolo, rappresenta una diretta dipendenza del
sistema nervoso centrale. — La stessa uniformità di vedute non esiste per il
lobo epiteliale, sull'origine del quale le ipotesi furono molle e contrarie.
Primo Rathke, studiando sui rettili e sugli uccelli, descrisse nell'em-
brione del pollo, alla base del cranio, un piccolo infossamento nella parete
dorsale dell'intestino primitivo, e lo considerò come il primo abbozzo dì ipo-
fisi. Seguirono poi a sostenere l'origine endodermica del lobo epiteliale Rei-
chert, Reissner, His, Dursy, Mtìller ecc.... Questa opinione prevalse sino
all'apparire delle ricerche di Wihalkowichz, il quale contrariamente alle
teorie degli AA. precedenti, sostenne che il lobo epiteliale dell'ipofisi si forma
da un diverticolo della cavità boccale, originantesi sulla lìnea mediana al-
l'inizio della membrana faringea — Goette, Balfour, KòUiker, Romiti.
Emery, Johson, Hoor, Micot ed altri pure ritennei'o che l'ipofisi si differen-
ziasse a spese dell'ectoderma. — Quando la questione sembrava risolta, insorse
più viva che mai dopo i nuovi lavori di Kupffer. II quale mentre con studi
precedenti si era dimostrato partigiano convinto dell'origine ectodermica in
tutti i vertebrali, in seguito, per ricerche eseguite sui petromizanti e sugli
anfibi cambiò completamente opinione, e descrisse l'ipofisi come originantesi
«la tre bozze, l'una ectodermica o boccale, l'altra endodermica, situata all' in-
dietro *e dorsalmente della membrana faringea, e la terza derivante dal pìv-
cesms infundllndi 0 '^\mx\{\i)\'à infundibulare di Rabl-Rùchkard. Nello stesso
Conlrlbnlo nlV analom'ut fd alla /isioloifia deW ipolìsi ólO
lempo Va lenti, che prima in due noie aveva nejrato ([ualiin(|ue partecipazione
dell'ectoderma alla formazione del lobo epiteliale dell'ipofisi, ammise poi,
sebbene con importanza seconilaria, questa partecipazione, — Ammettono pure
l'origine ecto-endodermica Nussbaum, (Collina, Orru. — Ma le nuove ri-
cerche di Saint-Rem y, Hot'fman, Ghiarugi, Mailer, di fiossi e di Corning
sugli anuri, di Gemelli sui rettili, uccelli e mammiferi, Staderini e Salvi
sulle cavità encefaliche del comjylus, hanno potuto dimostrare chiaramenle la
esclusiva derivazione ectodermica dell' ipofisi. — Questa è la teoria attualmente
accettata dai più.
Anatomia.
Dopo gli studi di Peremeschko, Miìller, Dostoiewschy, il primo che
diede una descrizione dettagliata delle singole parti della ghiandola pituitaria
fu Lothrniger. Quest' A. distingue nell'ipofisi due lobi, uno anteriore di na-
tura epiteliale, l'altro posteriore di natura nervosa. Ciascuno dei due lobi
possiede una cavità propria, quella del lobo nervoso (cavità infundibulare) è
un diverticolo del ventricolo medio del cervello, quella del lobo epiteliale (ca-
vità ipofisaria) è filiforme, e divide questo lobo in due parti, l'una esterna
corticale di maggior volume (Epithelkórper) Talira interna più piccola (Epi-
tbelsaum).
Proseguendo gli studi istologici, parte degli AA. continuarono ad am-
mettere l'esistenza di una cavità nel lobo epiteliale, in tutti od in varie specie
di animali (Rogowitsch, Gentès, Relius, Mailer, Sterzi, Gemelli) altri
negarono l'esistenza di una vera cavità, attribuendone la sua formazione sia
agli stiramenti, anche legggeri, praticati nella estrazione dell'organo, sia alla
successiva azione dei reattivi, atti ad accentuare le cavità già prima acciden-
talmente prodottesi. (Pisenti e Viola, Valenti, Caselli, Collina, Thom,
Rossi, Guerrini).
Né il disaccordo tra gli AA. si limita all'esistenza della cavità ipofi-
saria. Ricerche sui vertebrati indussero Rossi a negare l'esistenza di due por-
zioni nel lobo epiteliale. Non è più il caso di parlare, scrive l'A., di Man-
telschicht (porzione posteriore) o di Markschicht (porzione anteriore); il lobo
anteriore dell'ipofisi è formato solo da quest'ultima, la prima appartiene in-
vece al lobo nervoso o all'infundibulo. a spese del quale si è formala. «Cade
con ciò anche l'ipotesi ammessa nell'intento di spiegare la differente strut-
tura delle due porzioni che si è creduto gli (al lobo epiteliale) appartenes-
sero, relativa alla doppia origine ecto-endodermica del lobo epiteliale stesso ».
Guerrini e Garbini seguono la topografia di Rossi. A questa nuova teoria
Gemelli replica opponendo i resultati contrari delle sue ricerche, le quali
concordano con quelle di Relius, Mailer, v. Kolliker.
Benché io abbia sezionate moltissime ipofisi non credo di potermi indu-
giare molto a discutere la quislione. Per farsi opinioni personali sicure sul-
l'argomento sarebbe necessario studiare comparativamente le ipofisi di varie
Ty-li) 0. Snndri
specie «ranimali: riterclic oinbriolojrichi» od anHloiiiicho dì tal jreneiT, Iroppo
mi avrebbero allontanato dallo scopo che mi sono prelìsso. Dirò solamente che
massime nel coniglio, in pezzi fissati in Zenker, Flemmjng, e colorati col
Galeotti, V. Gieson, CajaI Iricromico, ho potnto, in sezioni traversali, osser-
vare l'esistenza di una cavità tilil'orme nel lobo epiteliale, che non ha assolu-
tamente r aspello di una breccia praticata artilìcialmente, come altri vorrebbe.
Nella concavilà del lobo ghiandolare si adatta il lobo nervoso, tra i due esi-
ste uno strato sottile di cellule (porzione posteriore del lobo ghiandtdare) che
si attacca con le estremità alla porzione anicriore del lobo ghiandolare. Tra
l'uno e l'altro lobo non ho mai osservato delle formazioni connettivali, mentre
uno strato di connettivo, ben visibile massime nei preparati col v. (ìieson e
GajaI tricromico, esiste tra la porzione posteriore del lobo ghiandolare ed il
lobo nervoso. — Queste particolarità anatomiche mi spiegano appunto perchè
ffuando si cerca di isolare i due lobi di un'ipofisi, al lobo nervoso resta sempre
unita la porzione posteriore del lobo ghiandolare (la stessa osservazione venne
pure fatta da Paulesco) Il connettivo infatti offre, unendo i tessuti vicini in
modo più ccunpatto, maggior resistenza, che non le aderenze lasse che esi-
stono tra le due parti del lobo epiteliale.
Osserviamo ora la citologia dell'organo. — LoIxì epiteliale. — Tutti gli
AA. sono concordi nel riconoscere le differenze esistenti tra le cellule paren-
chimali delle due porzioni, anteriore e posteriore.
La porzione anteriore è formata da acini ghiandolari tra di loro indi-
pendenti, rivestiti di cellule di forma e dimensioni variabili. Sulla natura di
rpieste cellule molto è stato scritto. Alcuni le divisero in due o più tipi ili-
stinti (Flesch, Dostojewsck y, Lothringer, Gomte, Carrière, Pisenti e
Viola, Thom, Launois e Moulon, Caselli, Gemelli ecc.), per altri invece
non rappresenterebbero che stadi funzionali differenti di un identico elemento
(Schonemann, S. Remy, Benda, Rossi, Morandi, Guerrini ecc.)
Per l'osservazione dei preparati normali e patologici osservati, sono pro-
penso a credere che la porzione anteriore del lobo epiteliale sia composta da
un tipo solo di cellule, che assumono aspetti differenti a seconda dello stato
di riposo, 0 del grado di attività funzionale. Per comodità di descrizione, la-
sciando a parte tutte le torme di transizione, seguirò \{ classificazione di
Renda, dividendo queste cellule in tre gruppi principali:
a) cellule piccole con nucleo ricco di granulazioni, protoplasma scarso
e scarse granulazioni;
h) cellule grandi con nucleo -e protoplasma carichi di granulazioni
acidofile;
r) cellule grandi a protoplasma abbondanle e scuro contenente solo
qualche elemento granulare basofllo.
La parte posteriore del lobo epiteliale è composta da pochi strati di cel-
lule dì forma allungata con nucleo piccolo, disposte uniformemente le uno
vicine alle altre; piccole granulazioni più o meno abbondanti ne occupano il
protoplasma. Tra (jueste cellule ne esistono altre poliedriche o tondeggianti
CoììlvUìUtn nir (iiuiUmna ed nlla /isiolnfjin dclT ijm/isi Tj^I
inlonsamenle cromatoHIc; sono irli elementi ritenuti da Hoeke, Boclienek eome
cellule di sosleirno. Questo slralerello di cellule sejrue la convessità del loho
nervoso, ma in certi punti, come osservai nel cane, forma una ricca pieghet-
tatura come se fosse troppo ampio per adattarsi al lobo suddetto. Nei conij^li
Ilo notalo varie vidle che zalìl di cpiesto tessuto, misti a (jualche fascio di con-
nettivo, si addentrano nel lobo nervoso formando strisce ed isolotti in cui
abbondano le cellule poliedriche cromatolìle. Alla jrarte posteriore «lei lobo epi-
teliale arrivano in jjrande numero fibre nervose (di cui parleremo mejrlio in
seguito), che dopo aver formato un intreccio, terminano con estremità libere
tra le cellule.
// lobo nervoso o posteriore è stato il meno studiato; pochi sono gli AA.
che l'hanno descritto dettagliatamente. Sino a poco tempo fa era rilenuto com-
posto di connettivo e di libre nervose. Kra use descrisse in esso delle cellule
nervose con prolungamenti varicosi che si dirigono in allo verso l'infundi-
hulo. Henle, Scbwalbe, Toldl, negarono che queste cellule fossero di ori-
gine nervosa. R. GajaI descrisse elementi cellulari, a contorno irregolare, che
non sa se chiamare connettivi, nervosi, od epiteliali. Fece poi rilevare l'esi-
stenza di un fascio di libre, cilindrassili di un gruppo di cellule poste dietro
il chiasma ottico, a livello dell'infundibulo, che entra nel peduncolo e si di-
stribuisce nel lobo nervoso formando un intreccio fine e serrato. Berkiey
ammise l'esistenza di cellule nervose e ne descrisse persino vari tipi. Ma
Relius e v. Kólliker negarono definitivamente l'esistenza di queste cellule.
Caselli trova che nel lobo posteriore non esistono cellule nervose o se ne esi-
stono, sono rappresentale da elementi tanto rudimentali che hanno perduto ogni
carattere proprio. Inoltre in animali a cui aveva leso il lobo ipofisario posteriore,
non trovò fibre degenerate ne nell'infundibulo ne nelle zone vicine. S. Gentès,
col metodo Golgi, mette in evidenza un ricco reticolo di fibre nervose, delle
cellule di nevroglìa e delle cellule ependimali. Gemelli trova che il connet-
tivo non entra mai a far parte nella costituzione del lobo nervoso, ma solo
fa parte della capsula e delle pareli vasali. Descrive il lascio di fibre nervose
che percorre le pareti del Itiber cinereum^ si raggruppa e scende per il pe-
duncolo ipofisario. Queste fibre, dopo aver percorso intrecciandosi tutto il lobo,
formano un fitto plesso alla sua periferia, entrano poscia nella porzione epi-
teliale posteriore, la percorrono perpendicolarmente, danno rami collaterali
numerosissimi e finiscono con bottoncini, piccoli rigonfiamenti o placchelte.
L'A. fa notare che mentre alla porzione epiteliale posteriore vanno fibre pro-
venienti dal lobo nervoso, alla porzione epiteliale anteriore vanno fibre pro-
venienti dalla pia madre. Descrive le cellule ependimali che tappezzano tutta
la cavità infundibulare e le cellule di nevroglia grandi e polimorfe. Non è mai
riuscito a mettere in evidenza alcuna cellula nervosa.
In questi ultimi tempi H. Joris pubblici) i risultati di ricerche mollo
interessanti sul lobo nervoso. l/A. descrive tra lo stroma connetlivale o glioso
cellule proprie del parenchima, di solito isolale, qualche volta riunite in gruppi
disseminali irregolarmente.
hìi 0. Sandri
Queste cellule di forma allungata, poliedrica o stellala, con contorni in-
distinti, sembrano inattive, ma la loro natura di elementi ghiandolari si ma-
nifesta chiaramente quando entrano in attività funzionale. Allora si può os-
servare il protoplasma delinearsi più esaltamente, e numerosissime granulazioni
spiccatamente fucsinolìle invadere il protoplasma. In seguito, per un processo
analogo a quello che si osserva nelle cellule ghiandolari del lobo anteriore^
le granulazioni si eliminano e la cellula ridiventa cromatofoba quando tulle le
granulazioni sono state espulse. Il loro ciclo di sviluppo, differisce da quello
delle precedenti cellule. Anche Joris non ammette l'esistenza di cellule nervose.
Le mie ricerche coi metodi di Gajal all'argento ridotto, Cajal tricromico.
Galeotti, V. Gieson, da Fano, mi hannno dimostralo che:
Il fascio di fibre che entra nel peduncolo ipofisario si distribuisce se-
guendo il decorso già dettagliatamente descritto da Cajal e da Gemelli.
Confermo la descrizione di quest'ultimo autore sulle cellule ependimali e di
nevroglia, sull'assenza di connettivo e di fibre nervose. Nessuno però all' in-
fuori di Joris, ch'io sappia, aveva mai descritto cellule ghiandolari fun-
zionanti nel parenchima del lobo nervoso, cellule che nulla hanno a che
vcilere con gli zaffi di tessuto epiteliale che possono addentrarsi nel lobo stesso.
Le mie ricerche confermano quelle di Joris. Le suddette cellule si trovano
sparse in qualunque zona del lobo. Nell'animale normale è difficile metterne
in evidenza il protoplasma, il quale circonda di un alone indistinto il nucleo
scarsamente provvisto di granulazioni. Le cellule allora non sembrano essere
dotate di funzione alcuna.
In coniglie gravide a cui avevo fatte varie iniezioni di ipofisi inteni di
bue, sono riuscito, massime col Cajal tricromico, a mettere in evidenza vari
aspetti morfologici assunti dalle cellule nel loro ciclo funzionale.
Esistono:
a) cellule di media grandezza (vedi fig. 1) col nucleo leggermente ec-
centrico, con poche granulazioni acidofile. Il protoplasma loro si distìngue
appena a forte ingrandimento per il colorito tendente al verde (metodo Cajal
tricromico) e per la sua struttura più omogenea di quella del tessuto di fondo;
i contorni sono abbastanza netti e regolari, qualche rarissimo granulo fucsi-
nofilo si trova nel protoplasma stesso.. Questo stadio rappresenterebbe il ri-
sveglio funzionale della cellula;
b) cellule a contorni netti più grandi delle precedenti, cosi cariche di
granuli da apparire uniformemente c'olorate in rosso rubino. Sono questi gli
elementi che hanno raggiunto la maggior intensità funzionale;
e) vicino a nuclei scarsamente colorali od anche isolate in ammavssi, si
veihmo sparse disordinatamente numerose granulazioni nettamente individua-
lizzate, di color rosso rubino, fuoriuscite dalle cellule per la distruzione
della membrana cellulare. L'aspetto di queste cellule riproduce fedelmente,
con dimensioni aumentate, Taspetlo dei rari leucociti eosinofili che si riscon-
trano nel sangue durante il decorso di malattie infettive acute, in cui le gra-
nulazioni, non più trattenute dalla membrana cellulare, si vedono sparse al-
(■nntrUnUn nlT nnalninin ed a Un /isiolofjin deiriiìo/isi 5^i^
riunirò iìvì nucleo iniHido e ridonilo. Le {^'ranulaziunì siuidelle sì ihkssoiìo
riscontrare anche isolate nell'interno dei capillari o nel parenchima;
d) si scorarono infine nuclei isolati, gli uni londejrgianli (i poco colo-
rati, altri piuttosto allungali e pallidissimi, intorno ai quali non è possihile
scorgere traccia di protoplasma. Questi elementi semhrerehhero rappresentare
la cellula esaurita che ha compito l'intero ciclo della sua attività funzionale.
Pure importante e caratteristica è la presenza di granulazioni isolate co-
lorate in verde, e di masse omogenee giallo-verdastre, pochissimo appariscenti.
Fici. 1. — Lobo nervoso dell' ipofisi di una coniglia gravida che ha subito
varie inieaioni di estratto ipofisario. Cellule ghiandolari del parenchima
in vari stati di attivila funzionale. (Cajal tricromico, Oculare 6 comp.
immersione Zeiss V',s.)
che appaiono leggermente granulose a forte ingrandimento, spai'se per il pa-
renchima Inbulare, numerose massime nelle ipofisi iperfunzionanli. Questi
elementi, la cui presenza nel lobo nei'voso è fatto ollremodo interessante, fu-
rono già descritte in altri organi. Difatti per ralfinità ai colori di anilina, e
per l'aspetto sotto cui si presentano, corrispondono esattamente ai plasmo-
somi ed agli ammassi di sostanza colloide che si trovano anche nel lobo ipo-
fisario anteriore.
Questa per sommi capi, è la descrizione di^quanto mi fu dato d'ossei'vare.
Vista l'indole della presente nota, non ho creduto di potermi indugiare più a
lungo sui particolai'i citologici. Ritornerò sull'argomento in seguito per poter
meglio approfondire i fatti e rintei'pretazione loro. Una sola constatazione mi
premedi (iìi*e: l'attività del lobo posteriore non è abolita: il reperto istolo-
gico dimostra chiaramente nel suo parenchima la persistenza di elementi ghian-
dolari funzionanti.
Tì'ìi 0. Snndri
Fislo-patologla.
Dopo quanto si scrisso sull'ipofisi, credo inutile dist'ulere le opinioni de^rli
autori l'Ile ritenevano questa ghiandola organo involuto e senza importanza
funzionale né generale, ne speciale. Tali autori si possono dividere in due
gruppi: antichi e mcKlerni. Gli antichi hanno esposto teorie affatto cervellofiche,
non corredate da nessuna ricerca sperimentale o anatomo-patologica; i mo-
derni hanno basato il loro giudizio su ricerche sperimentali imperfette e mal
interpretate.
Dopo avere accennato ai tipi di secrezione ipofìsaria, parlerò dei rapporti
riscontrati tra l'ipofisi ed altre ghiandole a secrezione interna, tra le sue fun-
zioni e certi processi patologici dell'organismo; passeròin ultimo a discutere
le ricerche sperimentali praticate direttamente sull'ipofisi.
La complessa struttura istologica dell'ipofisi, gli estesi rapporti tra vasi
sanguigni ed epitelio secernenle, la spiccata differenziazione delle cellule,
Taspetto loro differente nei diversi momenti di attività funzionalo, la presenza
di granuli nel nucleo e nel protoplasma — viste le moderne teorie sul gra-
nulo e sul valore funzionale di esso — sono dati sufficienti per affermarne il
carattere di organo secretore.
Oltre ai granuli acidofili, di cui esiste notevole accumulo nelle cellule
funzionanti (cellule eosinofile di molli autori), nell'ipofisi si riscontni anche
sostanza colloide, la quale da alcuni venne interpretata come un prodotto di
fenomeni degenerativi (Stieda, Renda, Launois, Gentès, Sterzi, Gemelli)
da altri comò un prodotto della ghiandola normale (Thom, Studnicka, Ca-
gnotto, Morandi, Garbini). Ultimamente il Guerrini a proposito afferma che
« la colorazione col metodo Galeotti risolve la questione, perchè rivela nel pro-
toplasma di tutte le cellule ipofisario due tipi di secrezione che decorrono di
pari grado, ma indipendenti uno dall'altro. In tipo di secrezione è nettamente
a granuli che si colorano con fucsina acida, l'altro è a plasmosomi che si co-
lorano col verde di metile.... Il secreto per plasmosomi ha tendenza a fondersi
in masse omogenee ed un poco granulose ».
Le mie ricerche vengono a confermare l'opinione di Guerrini.
Venne |)ure da Erdhein, M )randi, Launois, Loeper, Esmodet, ri-
senti e Viola descritta nell'ipofisi la presenza di grasso. De Vecchi e Bolo-
gnesi confermando il reperto, osservarono che tale sostanza per il comporta-
nKHìto verso l'acido osmico e per l'aspctt(» si alhmtana dalla comune sostanza
adiposa. Gemelli trova granuli grassosi in tutte le ipofisi normali, abbondanti
massime nelle cellule eosinofile, assenti nelle cromatofobe, riconosce che si com-
[>ortano con reazione tutt' affatto speciale verso l'acido osmico, che non si colo-
rano col Sudan HI di Daddi. Dalle ricerche di Pirone e di Guerrini sembra
])erò che le piccole gocce di grasso, ed i vacuoli trovati dai suddetti autori
Coìih'lbHto all' anatmnia ed alhi /isioloffla (IflT ijìo/ìsi
nelle celiulo ipotisarìe non $iano altro che plasniosoniì, i r|uali hanno appunto
la proprietà di essere fissali (hilTacido osnìico e sciolti dall'acetone.
Rapporti Ira r ipofisi ed altre ffhiandole a secrezione interna. Ipofisi e
tiroide, — La teoria sulle rela//ioni funzionali tra la [rhìandola pituitaria e la
tiroide si basa su latti patologici e su fatti sperimentali.
In molti individui che presentavano alterazioni della tiroide furono tro-
vate ipofisi aumentate di volume ed iperfunzionanti. (Schónemann, Comte,
risenti e Viola, Burckhard, Vassale ecc.). Questi fatti che non attesta-
vano altro che la reciprOfa inlluenza, ed il reciproco compenso fra le j^hian-
dole a secrezione interna, furono interpretati da molli autori come prova di
una vera supplenza funzionale tra i due orpni. Così Lusena include T ipofisi
nelPapparecchio tiroparatiroideo, Rogowitsch crede l'ipofisi e la tiroide ca-
paci di sostituirsi a vicenda. Una ugual interpretazione venne data all' iper-
trofìa ipofìsaria riscontrata in seguito alla tiroidectomia s])erimentale (Sii ed a,
llofmeister, Tizzoni, Centanni, Horsley, Glev, Leonhardl, Lusena).
S<'nonchè a dimostrare la insussistenza di (jucsta teoria, e (juanlo siano distinte
ed indipendenti le funzioni di questi due organi, esistono molli dati forniti
dalla patologia sperimentale e dalFanatomia patologica. IMumenreich e Jacohy
trovano che dopo l'estirpazione della tiroide non si manifesta nell'ipofisi una
ipertrofia tale da giustificare rinlerprelazione di una funzione vicariante. Traina
poi, (esagerando, negò una vera ipertrofia ipofìsaria consecutiva alla tiroidectomia.
Cimoroni esegui su cani esportazioni complete e parziali del corpo ti-
roparatiroideo. Dagli esperimenti risultò che l'ipertrolìa dell'ipofisi è dovuta
all'allontanamento dei lobi tirodei, non a quello delle ghiandole paratiroidee.
li reperto istologico di questa ipertrofia assume aspetto caratteristico per la
presenza di speciali cellule, rimarchevoli per il loro grande volume, a causa
della quale particolarità quest'ipertrofia si diflerenzìa da (|uella da castrazione. La
formazione di tali elementi deve, secondo ogni probabilità, attribuirsi alla au-
mentala attività funzionale di un partic(dare ordine di cellule ipofisarie, le
ii|uali non sono nettamente dilVerenziabili in condizioni normali e nella iper-
trofia da castrazione. Anche Cimoroni nega l'esistenza di una funzione vica-
riante tra l'apparato tiroideo e l'ipofisi.
Le ricerche di Coulon sui cretini hanno rivelato atrofie tanto a carico
della tiroide come dell'ipofisi. Ponfik in un caso di mixedema congenito trova
nell'ipofisi diminuzion<' di volunu; con alterazioni atrofiche del lobo epiteliale.
Schonemann slesso in un cretino trovò notevole atrofia dell'epitelio ghiando-
lare ipofisario. Garbini, in una donna gozzuta, opierata di tìroparatiroidectomia,
sopravvissuta tre mesi airoperazi()ne e morta con sint^uni di tetania e mixe-
dema postoperatorio, trovò F ipolisi piccolissima, e la maggior parte delle cel-
lule ipofisarie in stato di riposo. In (juesto caso, per il lasso di tempo relativamente
lungo decorso tra Pesporlazione del corpo tiroideo e la morte <leir ammalata,
e per essere già prima la tiroide della paziente i|Hd*unzioiiante, ben poteva e
doveva l'ipofisi esplicare il suo potere vicariante, se veramente esistesse fra
queste due ghiandole la omologia che taluno Viurebbe. Dimostrerò poi meglio
52t) 0. Sa miri
in seguito, quando parlerò degli ('.sperimenti praticati diretlaniente sulT ipofisi,
l'insussistenza di questa teoria.
I})ofisi e capsule surreìiali. — Le ricerche di Boi nel e dì Marenghi
hanno provato che esistono rapporti funzionali pure tra queste ghiandole. Il
primo in cinquanta autopsie di animali a cui erano state asportate le capsule
surrenali, trovò molte volte un aumento nel volume dell' ipolisi; il secondo
riuscì a dimostrare in cavie, conigli e gatti a cui era stala praticata l'aspor-
tazione totale delle capsule surrenali, una proliferazione degli elementi della
zona ghiandolare dell'ipofisi, resa più manifesta datte numerose cariocinesi.
Ipofisi, testicoli ed ovaie, — Pichera con una serie di esperimenti riusci
a dimostrare che importanti rapporti funzionali possono esistere tra la ghian-
dola pituitaria, i testicoli e le ovaie. Studiando comparativamente l'ipofisi di
galli e capponi, di tori e buoi, di buffali interi e castrati, trovò che il peso
medio della ghiandola è molto più elevato negli animali castrati, che in essi
sono pure numerosissime le cellule eosinofile (funzionanti). Constatò che in
galli a cui aveva asportati i testicoli l' iperfunzione delle cellule ipofisarie si
notava subito dopo qualche giorno. Trovò inoltre che iniettando sotto cute
dell'estratto testicolare di gallo a dei capponi, dopo qualche giorno le ipofisi di
questi animali assumevano i caratteri delle ipofisi dei galli. Asportando le ovaie
a cavie ed a coniglie, trovò le stesse modificazioni ipofisarie che si riscon-
trano per l'asportazione dei testicoli.
L'ipofisi nelle intossicazioni e nelle tossi- infezioni, — Quando si accumu-
lano nell'organismo sostanze tossiche esogene od endogene si determina uno
stato di iperatlività delle cellule ipofisarie. Torri studiando le ipofisi di indi-
vidui morti per infezioni diverse (polmonite, tubercolosi, tifo, ecc.) trovò in
tutti i casi iperplasia degli elementi ghiandolari. Comte, Launois et Mouloti,
Morandi trovarono nell'ipofisi di donne gravide, aumento del volume e ab-
bondanza di cellule eosinofile. Guerrini e Morandi in animali gravidi con-
statarono un aumento di cellule ipofisarie in attività funzionale. Guerrini
pure trovò rhe nelle intossicazioni acute si ha prima un aumento, poi una
diminuaione dei fenomeni di secrezione ipofisaria in ambo i tipi funzionali
(per granuli e |)er plasmos4)ini). Gemelli trovò che in seguito ad iniezioni di
tossine batteriche, o di alcune sostanze chimiche (olio canforato, trementina,
bisolfato di chinino) l'ipofisi reagisce attivamente, dapprima con aumentata
secrezione, in seguito, se lo stimolo è prolungato, con iperplasia ed ipertrofia
del parenchima ghiandolare.
Da quanto si è detto sulle modificazioni dell'ipofisi conseguenti alla di-
struzione delle ghiandole a funzione antilossica (tiroide, capsule surrenali), a
malattie infettive, ad avvelenamenti, a stati speciali dell'organismo (gravidanza),
si può concludere che l'ipofisi senza avere funzioni omologhe e vicarianti con
nessuna altra ghiandola, e pur polendo avere attributi suoi speciali e caratte-
ristici, esplica sicuramente una funzione antilossica di fronte ai veleni circo-
lanti nell'organismo. Fa parte cioè del gruppo di ghiandole a secrezione in-
terna con funzioni eminentemente anlilosssiche.
Contributo alV anatomia ed alia fìsiolo(/ia deW ij)ofisi . 527
L' ijKì/isi ed alcune anomalie detV accrescimento somatico (1). ' — Quamlo
Pierre Marie studiò ranalomia patologica ileiracromegalia, Ira le altre alte-
razioni ne rilevò due notevoli per enlitiV e costanza: quelle dello scheletro e
quelle dell'ipofisi. Di qui sorse la sua teoria snlla patogenesi dì questa forma
nuirhosa. L'acromegalia era da (juest^^ A. interpretata come una distrofia siste-
matica da autointossicazione, consecutiva alTeccesso od al pervertimento di fun-
zione dell'ipofisi. Essendosi però in seguito dimostrato che la ghiandola pituitaria
benché aumentata di volume, in pochi casi era ipcrfunzionante e che il suo in-
grossamento era molte volte dovuto a neoplasmi che ne limitavano od abolivano
la funzione, il neurologo francese cambiò opinione. Pur conservando il prin-
cipio dell'importanza dell'ipofisi nella patogenesi acromegalica, affermò che la
distrofia sistematica era dovuta al difetto funzionale della ghiandola. L'acro-
megalia avrebbe dunque, secondo Marie, con l'ipofisi lo stesso ordine di rap-
porti che il uìixedema ha con la tiroide.
Tamburini emise un'altra ipotesi secondo la quale a due stati patologici
differenti dell'ipofisi, corrisponderebbero due periodi distinti nel decorso del-
l'acromegalia, i^ periodo: ipertrofìa con iperattivilà, e forse pervertimento,
funzionale dell'ipofisi ; all'accumularsi nell'organismo di sostanze anormali,
corrisponde l'accrescimento dello scheletro. 2" periodo: alterazioni secondarie
gravi della ghiandola (degenerazione cistica, adenomi, ecc.) con abolizione della
funzione. Questa fase corrisponderebbe alla cessazione dell'accrescimento delle
ossa, ed al periodo cachettico dell'acromegalia. Secondo Tamburini dunque
«l'acromegalia sarebbe nella sua fase di ingigantimento parziale, l'effetto dì
un accumulo nelPorganismo di sostanze originate, per alterato metabolismo
organico, dall' iperfunzione deiripofisi ».
Queste sono le principali teorie che amnìettono un rapporto diretto tra
ipofhii ed acromegalia. Esistono però fatti patologici che stanno in aperta con-
traddizione con ciascuna di esse.
Oltre che non si riesce bene né a spiegare, ne a comprendere ccnne molle
delle svariate forme neoplastiche, riscontrate nell'ipofisi all'autopsia di acro-
niegalici, abbiano dovuto essere precedute o accompagnate nel loro primo in-
sorgere da notevole iperattività delTorgano, furono pure illustrali casi di acro-
megalia in cui l'ipofisi non presentava alcuna alterazione (Klebs, Dercum,
Claus e V. der Stricht, Tikhomiroff, Lagrave e Duguy, Filippello,
Waldo, Pershing, Bregmann).
Numerosissimi poi sono i casi in cui tumori svariati e lesioni eslese, che
avevano completamente distrutta l'ipofisi, non dettero luogo ad alcuna mani-
festazione acromegalica. (Wagner, Deck, Ribbert, Breitner, Beygnaud,
Schupfer, Waddel, Soemmering, Carbone ecc.).
Se in ogni modo una delle teorie suesposte fosse atta a spiegare vera-
mente la patogenesi dell'acromegalia, dovrebbe essere confermata dalla pato-
(1) DI questo capìtolo mi cK'fiijxTÒ più (Uff usamente in un'uUra nota, riixirtAndo un ('«.ho di
tumori' ipoflMario.
5^28 0. Sandri
logia speriiutmtale. E cioè: sinloiiii acromegalici dovrebbero presentarsi o nejrli
animali in cui era slata (tislrutta l'ipofisi, o meglio ancora ne{;li animali che
avevano subito iniezioni ripetute di estratto ipofisario. Vedremo in seguito come
gli esperimenti non abi)iano potuto confermare nò Tuna, ne l'altra ipotesi.
Tralasciando altre teorie di minor-tmportanza, accennerò a quelle che in-
terpretano le alterazioni della ghiandola pituitaria come secondarie al process<i
morboso che ha causato l'acromegalia.
Strumpell ritiene che una certa predisposizione congenita unita a cau.se
occasionali produrrebbero alterazioni del ricambio tali, da dar luogo contenj-
porancamente all'ipertrofia del tessuto osseo, dei tessuti connettivi e dell' i|)o tisi.
V'assale considera l'acromegalia come una malattia del ricambio da causi'
ignote, e l'alterazione dell'ipofisi come un fenomeno secondario, e di reazione
alla aumentata quantità di tossine circolanti nelTorganismo. Considerano pure
le alterazioni ipolìsarie come' fenomeno secondario Arnold, Tanzi, Tikmiruff,
Spiller, Pansini, Bregmann, Carbone, Cagnetto, Guerrini.
L'Itimamente Franchini, studiando il ricambio neiracromegalia, viene
a concludere che le alterazioni acromegaliche, le alterazioni dell'ipofisi e della
tiroide sono secondarie ad una intossicazione generale che, con molta proba-
bilità, ha il suo punto di partenza dall'intestino.
Benché (juesl'ultime siano, a mio modo di vedere, le teorie più accredilabili,
dagli studi sino ad ora compiuti, nessuna conclusione sicura si può trarre sui
rap|)orti esistenti fra acromegalia ed ipofisi. È certo però che, anche non am-
mettendo ne la teoria di Marie nò quella di Tamburini, le alterazioni ipoli-
sarie, riscontrate così frequentemente nell'acromegalia, non si possono inter-
pretare come un semplice fatto casuale.
I sostenitori della patogenesi ipofisaria dell'acromegalia vollero ancora
trovare rapporti dello stesso ordine tra ipofisi e gigantismo, la (juale.anoìnalia
sarebbe dovuta all'iperfunzione della ghiandola pituitaria nel periodo che
precede la ossificazione delie cartilagini epifìsarie. Queste ed altre ancora però,
appartengono al gran numero delle ipolesi emesse dagli AA. per coprire le
lacune che la fisiologia e la patologia non sono ancora riuscite a colmare.
Forse alcuna tra esse potrà in seguito essere comprovata da fatti patologici
0 sperimentali, ma al presente sarebbe imprudente il volerle ammettere o ne-
gare in modo assoluto.
Kicerclie sperimentali praticate direttamente sull'ipofisi.
Per osservare direltauienle gli efletti della secrezione ipofisaria suH'oip-
nismo, due erano le vie da seguire: con la prima, l'ipofisectomia si potevano
precisare gli effetti consecutivi alia deficienza funzionale dell'organo; con la
seconda, le iniezicmi di estratto ipofisario, gli effetti consecutivi all'eccesso di
secrezione.
I due melodi sperimentali furono tentali da nu)lti AA.
Co atributo all' anatamia ed alla fisiologia deW ipo/ìsi 549
Ipoflsectoxnia.
Ipofisectomia. — L'ubicazione dell' ipolisi conlribui in gran parte ai di-
scordi risultali ottenuti dagli AA. in seguito all' ipofisectomia. Quest'opera-
zione, qualunque sia la tecnica seguita, apporta gravi disturbi all'animale
per l'emorragia che ne segue, per le infezioni che possono insorgere, per gli
importantissimi organi che possono andar distrutti o lesi, per il trauma in
genere che l'animale subisce. Di qui il perìcolo continuo di attribuire alla
insufficienza* di funzione ipofisaria sintomi dovuti a traumi operatori sugli
organi vicini.
1 primi tentativi di ipofisectomia furono fatti da Horsiey, poi da Dastre,
ma senza alcun risultato pratico, perche gli animali morivano durante l'ope-
razione.
Gley operò dieci conigli trapanando la calotta cranica e facendo passare
l'ago che doveva dislrugg^e l' ipofisi attraverso la sostanza cerebrale. Un solo
animale sopravvisse circa un anno, ma l'autopsia dimostrò che l'ipofisi non
era stata distrutta.
Marinesco osservò, nei tre gatti sopravvissuti all'operazione rispettiva-
mente quattro, cinque, diciotto giorni, abbassamento di temperatura, dimagra-
mento rapido e progressivo, morte.
L'A. crede che nel gatto l' ipofisectomia sia possibile, ma non compatibile
con una lunga sopravvivenza dell'animale.
Vassale e Sacchi operarono dapprima ventitré cani e diciassette gatti
usando una tecnica da loro stessi studiata ; su quindici cani la distruzione del-
l'organo riuscì completa, di questi i sei che sopravvissero agli accidenti po-
stoperatori, morirono rispettivamente da due a quattordici giorni dopo 1' atto
operativo. Nei gatti sedici volte la distruzione dell'ipofisi fu completa. Quattro
di essi soccombettero subilo dopo l'operazione, gli altri dodici sopravvissero
da uno a undici giorni. In una seconda serie di esperienze gli AA. hannc»
potuto mantenere in vita un cane — in cui la distruzione dell'ipofisi era stata
completa — trentaselte giorni. Vassale e Sacchi negli animali operati os-
servavano costantemente i seguenti fenomeni: depressione psichica, apatia, cam-
biamento di carattere, sonnolenza, disturbi motori, movimenti fibrillari, scosse
muscolari, ipotermia, polidisia e dispnea, anoressia, dimagramento rapido e
progressivo, morte. Osservarono poi anche di frequente : rigidità del treno po-
steriore, incurvamento del dorso sulPaddome, deambulazione incerta, convul-
sioni toniche e cloniche, vomito e poliuria. Iniettando emulsione ipofisaria agli
animali operati non si potè attenuare la sintomatologia.
Dalle loro ricerche gli AA. concludono che le funzioni dell'ipofisi sono
indispensabili alla vita; la distruzione di questa ghiandola provoca la morte
in uno spazio di tempo più o meno breve. Come la tiroide, l'ipofisi elabora
un prodotto speciale necessario all'organismo, mancando il quale si possoui»
accumulare o formarsi nell'organismo sostanze tossiche atte a procurare la morte.
:i4
rm 0. Sandri
La tecnica di Sacchi e Vassale fu seguita «la Galla, Kreidel, Hiedl,
Pineles, Friedmann e Mass.
Gatta ottiene risultati uguali a Sacchi e Vassale operando otto gatti;
(^rede che la ghiandola pituitaria e la tiroide influiscano ciascuna con un'azione
speciale sul ricambio materiale; a ognuna però spellano particolari atlrihn-
zioni che all'A. non fu possibile precisare.
Gli esperimenti di Kreidl e Biedl confermarono i precedenti, quelli di
Pineles furono negativi perchè all'autopsia si riscontrarono avanzi di ipofisi.
Friedmann e Mass operarono diciotto galli, e dedussero conclusioni
all'alto opposte a tutte le precedenti. Si noti però che gli AA. osservavano
a occhio nudo se all'autopsia degli animali esisteva alcun avanzo di ipofisi.
Gaglio operò rane, rospi e testuggini. Delle rane operate una soprav-
visse quarantasette l'altra sessanlacinque giorni. I rospi morivano tutti in
breve tempo per infezione, delle testuggini varie erano ancora, dopo olio mesi,
in perfetta salute. L'A. dopo aver constatato all'autopsia che l'ablazione del-
l'ipofisi nei suoi animali gli era parsa macrosco picarhente iolMe^ conchuìfi dw
un animale può vivere lungo tempo ed in buona salute senza l'ipofisi.
. Caselli pratica numerosissimi esperimenti su rane, conigli, gatti e cani.
Nelle rane non ha potuto ottenere dei risultati concludenti, nei conigli Tiqu»-
razione è difficile e l'animale si presta poco. La parte più importante d^d
lavoro è fatta sui cani e sui gatti.
Gli animali, in cui l'esportazione dell'ipofisi era riuscita completa e non
aveva dato luogo ad incidenti e complicazioni postoperatorie, presto si mo-
strano psichicamente abbattuti, pigri, non riconoscono più le persone, non
reagiscono; il dorso si incurva, il treno posteriore si irrigidisce e dà all'ani-
nrale un'andatura spastica caratteristica; la morte è precedutnì da paralisi; il
dimagramento è rapido e progressivo.
Osservando i casi di incompleta ablazione dell'ipofisi l'A. venne nella
convinzione che negli animali in via di sviluppo, un arresto od un difetto
della funzione ipofisaria apporta un ritardo nell'accrescimento dell'organismi».
Caselli crede che l'ipofisi sia un organo di alta importanza fisiologica,
il quale per mezzo dei suoi prodotti di secrezione e per i rapporti col sistema
nervoso centrale, regoli nella circolazione l'equilibrio di certe sostanze tossiche,
le quali accumulandosi possono stimolare l'accrescimento disordinato di tessuti
dell'organismo, nello stesso modo che la loro assenza può provocare» cachessia
ed arresti di sviluppo.
CyoJi operò cani e conigli; annuncia le sue teorie senza indicare la
tecnica ed i risultati delle autopsie. Considera nell'ipofisi una funzione chiniic:»
ed una meccanica; la funzione chimica consiste nella secrezione di una so-
stanza che eccita i nervi regolatori del cuore e dei vasi sanguigni; la lunzionr
meccanica consisterebbe nel risentire le oscillazioni della pressione endocra-
nica e trasmetterle ai centri bulbaridel vago. Secondo quest'autore, dunque,
gli innalzamenti della pressione sanguigna non agirebbero direttamente sui
nuclei del vago, ma indirei fa mente per mezzo del Ti potisi.
Contributo alV mmtomiu ed alla fisiologia dell* ijw fisi 531
Lo Monaco e Rynberk operarono quarantanove animali Ira iratli e cani.
Dcjrli animali sopravvissuti nove restarono in vita più di venti giorni e Ire
sono stali sacrificali dopo quarantasei, ollanlasei giorni. Certi animali in cui
Poperazione era riuscita incompleta presentarono dei fenomeni simili a quelli
descritti da altri AA. in seguilo a ipofìsectomia completa. Altri totalmente
privi di ipofisi non manifestarono alcun fenomeno caratteristico che si possa
imputare all'assenza di quest'organo. Gli AA. concludono: < Per il complesso
dei risultati ottenuti, l'ipofisi deve ritenersi un organo involuto che non ha
inipiulanza funzionale ne generale né speciale. 1 fenomenti osservati dagli AA.
dopo r ipolìsectomia, probabilmente devono attribuirsi come dipendenti da le-
sioni di parti vicine all'ipofisi o ad infezioni cerebrali più o meno acute ».
Si uoti che Lo Monaco e Rynberk non asportavano l'ipofisi ma, la spap-
polavano, che ritenevano lo spappolamento equivalente all'asportazione, e che
sol») in un caso hanno fatto l'esame microscopico, non considerando che per le
ricerche di Caselli, di Della "Vedova e di altri invece risulta che frammenti
di ipofisi funzionante si possono trovare in mezzo al connettivo cicatriziale
anche più di duecento giorni dopo l'operazione.
A noi pare quindi che gli esperimenti di Lo Monaco e Van Rynberk
non possano fornire nessuna conclusione sicura, perchè nella sella turcica od
in parti vicine, avrebbero potuto rimanere frammenti di ipofisi funzionanti, la
cui presenza sembra più che , probabile, vista la tecnica seguita ed i con-
trolli usati.
Pirrone in una prima serie di esperienze tenta l'asportazione complefa
dell'ipofisi in sei cani; in una seconda serie tenta l'asportazione parziale in
quattro; in una terza eseguisce manovre operatorie pur lasciando a posto hi
ghiandola; in una quarta eccita con una debole corrente elettrica l'ipofisi e
molli punti (Iella base del cervello intorno alla ghiandola. In seguilo a que-
st'applicazione si produce un rallentamento del polso ed un acceleramento del
respiro, fenomeni opposti a quelli provocali dall' ipofisectomia. L'A. conclude
che non lutti i sintomi dagli animali presentali in seguilo all' ipofisectomia, si
devono attribuire alla soppressione di funzione della ghiandola piiuitaria. Alla
mancanza di questa funzione allribuisce la depressione psichica, il forte ab-
battimento, i disturbi della motilità, il dimagramento rapido, la cachessia e la
morte; al trauma attribuisce i disturbi del sistema cardiovascolare, dell'ap-
parecchio respiratorio, e le modificazioni della temperatura. Riconosce che la
funzione dell'ipofisi ha un'importanza capitale nell'economia, e che la sua abla-
zione totale non è compatibile con la vita.
Anche da quesl'A. non vennero praticali esami microscopici della sella
turcica e delle vicinanze. Vedremo in seguilo come le iniezioni di estrallo
ipofisario dimostrano assolutamente errala la patogenesi dall'A. attribuita ai
sintomi rilevali.
Della Vedova ojterò venticinque cani, quattro sopravvissero a lungo al-
l'oporazione e vennero sacrificali. Avendo all'autopsia macroscopicamente os-
sj'rvato l'assenza dell'ipofisi, credetle che l'ablazione fosse stala completa, ne
53^2 0. Sandri
dedusse quindi che i cani potevano vivere a lungo ed in buone condizioni
anche senza ipofisi. Ma più tardi, avendo constatalo con ricerche istologiche
che negli animali operati erano rimasti residui di ghiandola pituitaria, dichiarò
che i suoi esperimenti invece di essere in contrasto con quelli di Sacchi e
Vassale e di Caselli, ne confermavano i risultati.
Fichcra opera quaranta polli; ventinove sopravvivono e sono sacrilicati
dopo quattro mesi.
All'autopsia, corredata dall'esame istologico, l'A. riscontra che solo in quat-
tro animali l'ipofisi era completamente distrutta. I sintomi morbosi osservati
nei polli operati sono: abbattimento, apatia, mancanza di reazione, immobilitò^
Questi sintomi, comuni anche agli animali in cui — come poi si osservò
all'autopsia — l'ipofisi era intatta, vanno attenuandosi e scompaiono una set-
timana dopo l'operazione, in ajcuni lo sviluppo restò al di sotto della norma.
Nelle conclusioni l'A. si limita a constatare che i polli possono sopravvivere
alla distruzione totale dell'ipofisi, la funzione ipofìsaria quindi, in questi ani-
mali, non è indispensabile alla vita. Osserva poi come nei polli i disturbi
immediati alla distinzione totale o parziale dell'ipofisi non sono caratteristici
e trovano una giusta spiegazione nell'atto operativo. Disturbi lardivi tipici in
generale mancano.
Boteano opera cinquanlaselte rane. Per controllare il trauma cbe l'ani-
male può subire, eseguisce prima l'atto operativo lasciando intatta l'ipofisi.
Degli animali operali in seguito, quelli in cui l'ipofisectomia era slata
completa, dopo essere caduti in grave stato di astenia, morirono lutti nei tre
giorni susseguenti l'operazione. In altri che erano sopravvissuti più a lungo
ed avevano presentali sintomi mollo più leggeri, l'A. potè constatare all'esame
microscopico che l'ipofisi non era stata completamente asportata. Dalie ricer-
che suesposte conclude che nella rana l'ablazione completa dell'ipofisi porta
rapidamente alla morte.
Paul esco è l'A. che ha fatto i più numerosi e svariati esperimenti
intorno all'ablazione totale e parziale dell'ipofisi. Gli animali adoperati sono
cani e gatti.
Per evitare che i sintomi presentati dagli animali si potessero imputare
al trauma operatorio, eseguì in vari cani l'operazione completa, lasciando
però intatta l'ipofisi e solo accontentandosi di toccarla con la pinza. Gli ani-
mali ritornarono tosto vispi e dopo molli mesi furono dall'A. sacrificati.
Paulesco esegui in seguito quattro serie di esperienze: 1"* ipofisectomia
tolale; T ipofisectomia quasi totale; 3° ipofisectomia parziale; 4^ esperienze
comparative (apertura del terzo ventricolo; lesioni della base del cervello
all'intorno dell' infundihulo; isolamento dell'ipofisi dalla sella turcica senza
lederla o slaccarla dal peduncolo; taglio del peduncolo ipofisario senza toc-
care l'ipofisi).
Da tulle quante le ricerche eseguile conclude:
r L'ipofisectomia tolale è seguita a breve distaza (24 ore in media)
dalla morte dell'animale. Se dopo l'operazione rimangono frammenti anche
Contributo air anatomia ed alla fisiologia dell* ipofisi 533
piccolissimi di lobo epeteliale, l'animale può sopravvivere in buone condi-
zioni. L'insufficienza di funzione ìpofìsaria in seguito dell' ipofisectoniia totale
non si manifesta con alcun sintoma caratlerìslico ;
i"" L'ablazione di una parte della sostanza corticale del lobo epiteliale
non reca disturbi manifesti ed è compatibile con la vita dell'animale. Invece
l'ablazione totale di questo lobo equivale all'ipofìsectomia totale;
3^ L'asportazione del lobo nervoso non è seguita da alcun disturbo
apparente dell'animale ed è compatibile con la vita;
4** L'apertura del terzo ventricolo non è mortale. Le lesioni della base
del cervello all' ingiro della regione infundibulare non costituiscono una causa
di morte rapida, ma si manifestano con vari sintomi : convulsioni, emispasmi,
emiparesi, tendenza a curvare il dorso sull'addome, a girare da un lato. Lo
scollamento dell'ipofisi dalla sella turcica non arreca danno alcuno all'animale,
mentre la sezione del peduncolo (cioè separazione dalla base del cervello) equi-
vale ad una ipofisectomia totale o quasi totale.
Secondo l'A. l'ipofisi è un orbano indispensabile alla vita. La sua man-
canza conduce rapidamente a morte. Delle diverse parti che la costituiscono
la più importante, dal punto di vista funzionale, è lo strato corticale del lobo
epiteliale.
Iniezioni di estratti ii>ofi8ari.
Oliver e Schaefer praticarono iniezioni endovenose di estratto ipofisario
ottenendo vasocostrizione generale ed aumento della pressione sanguigna: ri-
levarono pure grande affinità tra gli effetti di quest'estratto e del principio
attivo delle capsule surrenali.
Szimonowicz afferma che l'estratto ipofisario, iniettato nella giugulare
del cane, provoca un leggero abbassamento della pressione ed un acceleramento
delle pulsazioni cardiache.
Howell come Cyon confermarono che l'estratto ipofisario, iniettato nella
circolazione, determina un aumento della pressione accompagnato da una ra-
refazione del polso e da un rinforzo della sistole. Howell aggiunge poi che
solo il lobo posteriore o nervoso dà un estratto attivo, e che con una seconda
iniezione non si ottiene più un innalzamento delia pressione come con la
prima.
Mairet e Bosq trovarono che quest'estratto è dotalo di un'azione forte-
mente eccitante «Julle funzioni del sistema nervoso.
Bield e Reiner ne fecero rilevare la sua spiccata influenza sul sistema
circolatorio.
Osborne e Swale Vincent descrivono due sostanze ipofìsarie attive:
runa eccita, l'altra deprime il sistema nervoso; le inezioni di questa sostanza
hanno gli stessi effetti delle iniezioni di estratto di sostanza cerebrale.
Schaefer e Swale Vincent confermano i risultati già ottenuti da Oliver
e Schaefer, in più dimostrano come nel lobo posteriore dell'ipofisi sono con-
534 0. Sandri
tenuti due principi attivi: l'uno che a^risce esclusivamente sui vasi o deler-
mina una diminuzione passeggera di pressione, l'altro che agisce tanto sui vasi
come sul cuore, e che determina un aumento di pressione accompagnalo da
rarefazione del polso.
Schaefer e Herring constatarono che l'estratto acquoso di lobo nervoso
iniettato nelle vene produce in primo tempo vasocostrizione generalizzata ed
anuria. Ma questa fase, che può mancare, ha una durata brevissima ed è seguita
da vasodilatazione e diuresi abbondante. Gli AA. ammettono che il lobo nervoso
contenga un principio con azione stimolante e specifica sull'epitelio renale.
Collina crede che l'estratto ipofisario abbia un'azione trofica sul sistema
nervoso.
Caselli studia l'influenza dell'ipofisi sullo sviluppo dell'organismo, pra-
ticando iniezioni sottocutanee di estratto ipofisario ad animali in via d'accre-
scimento (quattro conigli e sette cani). Gli esperimenti durarono da due a
quattro mesi e l'A. venne a concludere che le iniezioni prolungate di estratto
ipofisario in animali giovani non influiscono notevolmente sul loro sviluppo,
il quale però, in qualche caso, può essere ritardato.
Guerrini conferma in via di massima i risultati di Mairet e Hosq.
Sacrificando animali vario tempo dopo un'iniezione di estratto ipotisario e
dopo varie iniezioni ha potuto constatare che il primo fatto che insorge è
un aumento considerevole di fenomeni secretori. 11 fenomeno pero è passeg-
gero e l'organo ritorna tosto o normale o, se lo stimolo era stato forte,
ipofunzionante.
« Una seconda iniezione che caschi a proposilo in questo periodo di ipo-
funzione, può rappresentare a sua volta uno stimolo attivo a cui seguono an-
cora una ascesa ed una scesa nel diagramma intero deirattività funzionale n.
Livon, che preparava l'estratto con la macerazione della ghiandola in
acqua salata e glicerina, riscontrò in cani curarizzali elevazione della pres-
sione arteriosa con grande oscillazione e rarefazione delle pulsazioni cardiache.
Crede necessaria l'integrità dei pneumogastrici perchè l'estratto produca tutti
i suoi efl*etti.
Silvestrini con iniezioni endovenose di estratto di lobo nervoso provocò
in primo tempo un grande abbassamento della pressione sanguigna ed una ces-
sazione di polso nella grafica, in secondo tempo un innalzamento al di sopra
della norma, ed una notevolissima amplificazione e rarefazione del polso. (ìli
stessi risultati si ottengono anche dopo la recisione dei vaghi e dei depressori
de! Cyon. Estratti di ghiandola pineale, del lobo anteriore ipofisario, della
ifìoftsìna, della paratireoantitossina non producono alcun efl'etto consimile.
L'adrenalina aggiunta anche in dosi minime all'estratto di lobo nervoso, neu-
tralizza l'azione deprimente sulla pressione, dà inoltre il rialzo dovuto alla
adrenalina slessa, non impedisce l'azione eccitante sul cuore, come si può
osservare dall'amplificazione e rarefazione del polso. L'A. crede possibile l'in-
troduzione di questo nuovo veleno del cuore nella terapia.
Contributo all' anatomia ed alla /isiolotfia delV ipofisi
Garnier e Tliaon trovano che l'iniezione di estratto di lobo anteriore
non ha alcuna influenza sull'apparato cardiovascolare. L'estratto di lobo po-
steriore provoca un leggero aumento della pressione arteriosa, seguito im-
mediatamente da un forte abbassamento a cui subentra un'elevazione gra-
duale sino al livello normale ed anche al di sopra; in quest'ultimo periodo
le pulsazioni cardiache si fanno più valide e più rare. Gli AA. con Livon, e
contrariamente a quanto alTerma Silvestrini, credono che l'estratto non espli-
chi la sua attività se si recidono i vaghi.
Silvestrini e Baduel proseguendogli esperimenti iniziali da Silvestrini
cercano di stabilire quale parte del lobo nervoso esplichi l'azione cardiovasco-
lare. « Dopo aver congelato il lobo nervoso, togliendo via da esso la |)arte
ghiandolare che vi sta sopra come stratificata, l'azione suddetta rimane nel-
l'estratto di questa parte, mentre è nulla quella del rimanente nucleo nervoso».
Sai violi e Carraro, contrariamente a quanto affermano Silvestrini e
Baduel, hanno trovato che la parte veramente attiva della ghiandola pitui-
taria è il lobo nervoso. Questo lobo si mostra attivo anche quando è separato
dal piccolo strato epiteliale fortemente ad esso aderente. Gli AA. trovano che
le modificazioni di pressione consistono in un leggero abbassamento seguito
da una ipertensione più o meno notevole. Le modificazioni del ritmo cardiaco
consistono in un rinforzo della sistole, accompagnato da una rarefazione del
polso. Nelle iniezioni a dosi leggere prevalgono i fenomeni ipertensivi, in quelle
a dosi forti le modificazioni del ritmo cardiaco. Ammettono poi che è possi-
bile avere rarefazione del polso anche dopo la sezione dei vaghi, per un'azione
diretta dell'estratto sui gangli o sulle fibre muscolari del cuore. I fenomeni
descritti si manifestano pure negli animali a cui sono stali recisi i deprcssori.
Cerletli intraprende una serie di esperimenti per accertare l'azione del-
l'ipofisi sull'accrescimento somatico. I risultati ottenuti sono pubblicati solo
in parte con note preventive. Per rendere più scrupolose le ricerche oltre alle
iniezioni di estratto acquoso glicerinato di estratto di ipofisi intera, pratica
anche iniezioni di estratti di tessuto tiroideo e muscolare. Gli animali adope-
rati, cavie, conigli, agnelli, cani sono tutti giovanissimi. L'A. ha ottenuto i
si'guenti risultati: Le inezioni endoperitoneali di emulsione di ipofisi d'agnello
in agnelli od animali d'altra specie, in via di sviluppo, danno luogo ad un
ritardo nell'accrescimento in peso; il ritardo è più rilevante negli animali
iniettati con emulsione tiroidea; nullo in quelli iniettati con tessuto musco-
lare. Nel sistema scheletrico si nota: Per gli animali iniettati ron estratto
ipofisario ritardo in accrescimento delle ossa degli arti in lunghezza, il dia-
metro delle epifisi invece è maggiore della norma (in cifra relativa alla lun-
ghezza e qualche volta anche in cifra assoluta), pure il diametro delle diafisi
in cifra relativa alla lunghezza è maggiore che nel normale. L'A. trova pure
che le suddette ossa sono di peso inferiore alla norma rispetto alla lun-
ghezza. All'esame istologico dei vari organi non ha trovato alterazioni di sorta
nelle ghiandole surrenali, nelle genitali, nel timo. Nell'ipofisi di tutti gli
530 0. Sandri
animali assoggettali a iniezioni di estratto ipofisario, ha trovato uno spiccalo
aumento numerico delle cellule cromoftle (eosinofìle); negli stessi animali no-
tava, nella tiroide, notevole proliferazione degli epiteli alveolari (cellule più
voluminose, moltiplicazione degli strati epiteliari, ecc.). L'A. non crede di
avere dati sufficienti per formulare un'interpretazione fisio-patologìca. L'A. in
fine si domanda se il notevole ritardo nell'accrescimento somatico degli animali
iniettali, sia un fenomeno di iperfunzione o di ipofunzione ipofisaria(i).
Baduel iniettando per via endovenosa a conigli dell'estratto acquoso di
lobo nervoso riscontrò alterazioni della parete vasale dell'aorta e delle arterie
parenchimali. Queste alterazioni sono di natura ateromasica ed arteriosclero-
tica e si possono rassomigliare a quelle che si ottengono per iniezioni di
adrenalina. Pure le capsule surrenali presentavano notevoli alterazioni.
Etienne e Parisot, in seguito a iniezioni endovenose ripetute e prolun-
gate, riscontrarono ipertrofia notevole del cuore, e tracce di aleroma.
Carraro studiò comparativamente gli effetti delle iniezioni endovenose,
sottocutanee, intraperitoneali di estratto d'ipofisi (estratto di ghiandola intera)
e di ghiandola surrenale sui diversi organi. Trovò che il principio attivo ipofi-
sario è in genere meno dannoso del principio attivo soprarenale, e che in-
trodotto anche in dosi notevoli non ùìì mai Itiogo alla formazione di focolai
ateromatosi e di alterazioni aortiche. Diversi sono gli effetti dei principi aitivi
a seconda della via per cui si introducono nell'animale. L'estratto ipofisario
produce solo con iniezioni endovascolari notevoli alterazioni al fegato ed al
polmone: comunque iniettato però, esercita la sua azione tossica sul rene
(lesioni degenerative dell'epitelio dei tubuli contorti).
Dopo le dettagliate e scrupolose ricerche sull'influenza dell'estralto ipofi-
sario sulla pressione sanguigna e sulle contrazioni cardiache, corredate da gn«-
(1) L'A. afferma che le teorie più plausibili «ulle funzloui Ipoflsarie furono emesse non in
Htiguito alle ricerche sperimentali, ma bensì in sègruito alle osaervazioni cliniche, e precisamente
' agli studi suir acromegalia. Tra coloro che apportarono miglior contributo alla conoscenza delle
ttmzioni ipoiìsarie VA. pone Massalongo. Credo necessario aggiungere qualche commento aUe
asserzioni deir A. Le prime cognizioni sufficientemente esatte sulla struttura dell' Ipofisi e sulle
sue funzioni di ghiandola secemente, ci sono state fomite dalle ricerche anatomiche e sperimentali
e non dalle cliniche, le quali non hanno creato Altro che ipotesi più o meno verosimili ; basta con-
sultare la letteratura i)er accertarsene. Ecco |k)i le teorie di Massalongo suir ipofisi: Credeva
«he rii>oflsi ed il timo, fossero ghiandole fetali necessarie allo sviluppo del nostro organismo.
Quando, dopo l'arresto deir accrescimento somatico normale, le ghiandole suddette non subivano
la solita involuzione regressiva, ma persistevano nelle loro funzioni, allora appunto si manifestava
la sindrome acromegalica. Ora si sa che la pituitaria è un organo tutt'altro che fetale, che la sua
involuzione incomincia solo nella senilità, che il suo massimo svllupix) funzionale è neiretii
adulta, che la persistenza del timo è rara neiracromegalia. Come si vede non sono questi gli
studi che hanno apportato qualche luce sulla flsio-patologia dell' ipofisi.
Ce rietti crede jwi che le ricerche precedenti non abbiano ancora definito chiaramenU>
m le cellule In attività funzionale siano le cromatoflle o le cromatofobc. Mi permetto di osservare che
MUi'Sto dubbio dopo i lavori di Benda, Gemelli, Rossi, Gucrrini, per tacere di tanti altri,
non dovrebbe più esistere, poiché una dimostrazione deU'attività funzionale di questa ghiandola è
data appunto dal comparire in essa di numerose cellule cariche di granulazioni acidofile. tutte le
volte che vient; introdotta nella circolazione qualunque sostanza atta ad eccitare l'attività secretoria
dolio altri' glandolo doirorganismo.
Contributo alV anatomia ed alla fisioloijia deW ijjofìsi 537
fiche numerose, ho creduto inutile riprendere di nuovo lo studio delle oscil-
lazioni della pressione e delle curve del polso. Con queste mie ricerche mi
sono prefisso i seguenti scopi :
Studiare quale fosse la porzione dell'ipofisi dotata d'influenza sulFappii-
rato cardiovascolare. Quale fosse la funzione delle altre parti della ghiandola.
Osservare se, e quali alterazioni potevano produrre le iniezioni degli estratti
ipofisari nel sistema nervoso e nei vari organi dell' economia. Osservare qual
rapporto può avere l'iperfunzione ipofisaria con l'accrescimento somatico.
Gli esperimenti da me praticati si possono dividere in tre serie :
I. Trapianti di ipofisi.
II. Ingestione di ipofisi.
IH. Iniezioni di estratti ipofisari.
Trapianti. — Come animali da esperimento ho scelto 1 conigli e le cavie tatti
in età giovanissima. Presi 14 conigli di 10 giorni appartenenti a due covate, asportai
8 ipofisi accuratamente, spappolando i tessuti vicini per evitare qualunque trazione,
e le trapiantai nel peritoneo di 4 conigli; gli altri due li lasciai come controllo.
L'atto operatorio venne compito con tutte le cautele asettiche. La piccola ferita ri-
coperta con garza e celloidina si chiuse per prima intenzione. Gli animali non ma-
nifestarono né elevazione di temperatura, né alcun altra differenza apprezzabile coi
conìgli campione. Sacrificati dopo un mese, in nessun animale si trova traccia delle
ipofisi trapiantate.
Scelte due cavie di 12 giorni della stessa covata, trapiantai nel peritoneo del-
l'una 7 ipofisi di altrettante cavie giovanissime, l'altra la tenni come campione. Per
due giorni la cavia operata restò quasi immobile col pelo arruffato in un angolo della
gabbia, tosto però l'animale ritornò vivace, la ferita guari per prima intenzione.
Dopo quattro mesi la cavia operata aveva già figliato due volte e non offriva nes-
suna differenza con la cavia campione. All'autopsia non si riscontrava alcuna traccia
delle ipofisi trapiantate.
Riassumendo, — Nessun risultato si può ottenere dai trapianti di ipofisi.
Anche se rapidamente trasportala da un animale all'altro, la ghiandola non può
mantenersi vitale, e viene tosto riassorbita.
Ingestione di ipofisi. — Credo che i topi siano gli animali piìi adatti per questi
esperimenti, e per la loro voracità, e per il loro piccolo volume. Scelti sei topi bianchi
di 15 giorni, appartenenti alla stessa covata, li misi in tre gabbie differenti. Ai primi
due somministravo lobo nervoso d' ipofisi di bue, ai secondi lobo ghiandolare, gli altri
li tenevo come campione. Benché fossi giornalmente fornito di numerose ipofisi (8-12)
non potendo limitarmi a fornir loro una dieta esclusivamente ipofisaria, sommini-
stravo anche qualche pezzo di pane. Ugual trattamento facevo ai topi campione, ag-
giungendo invece dell'ipofisi 16-20 grammi di carne. Continuai il regime per 2 mesi.
Durante questo tempo i topi non avevano manifestato alcun disturbo e si erano
mostrati sempre svelti e vivaci. Mentre però i topi campioni, e quelli a cui sommi-
nistravo lobo epiteliale di bue apparivano press'a poco delle stesse dimensioni, gli
altri a cui somministravo lobo nervoso erano alquanto più piccoli. Inoltre durante i
mesi d'esperimento i topi campione avevano già figliato, gli altri non ancora. Sola-
:m 0. Sundrl
mente all'autopsia mi sono accorto che le altre due femmine erano anch'esse gravide
di circa 10-15 giorni. Finito Tesperimento il peso degli animali era il seguente:
topi alimeutati topi alimentati
con lobo nervoso con lobo epiteliale topi campiom^
grammi 147 grammi 180 grammi 20«)
» 154 (femmina gravida) » 192 (femmina gravida) » 210
Sacrificati tutti quanti i topi dopo due mesi d' esperimento, nulla si ossei va
macroscopicamente di anormale. Fisso pezzi di polmone, fegato, testicoli od ovaie,
rene, capsule surrenali, la tiroide, e l'ipofisi in Zenker e Fleraming. Il sistema
nervoso centrale in alcool assoluto, suhlimato-acido picrico, Da Fano. Coloro gli
organi ghiandolari con v. Gieson, Cajal tricromico, Galeotti, ematossilina-eosina.
Il sistema nervoso con Pappenheim, tionina, ematossilina-eosina, ematossilina Mal-
lo ry. Fisso l'aorta, disseccata in tutta la sua lunghezza, in alcool e coloro con ema-
tossilina-eosina, Unna-Taenzer modificato da Li vini. Questa che ho descritta, è la
tecnica seguita nello studio di tutto il materiale di queste ricerche.
All'esame istologico non ho potuto mettere in rilievo alcuna alterazione degli
organi ghiandolari, dei vasi, e dei centri nervosi. L'ipofisi dei topi da esperimento
contenevano meno cellule in attività funzionale (eosinofile) cht^ non quelle degli ani-
mali campione, le differenze però erano leggere.
Riassumendo. — Somministrando per due mesi lobi nei'vosi ed epileliiili
di ipofisi di bue a topi in via d'accrescimento, si notò un notevole arresto di
sviluppo a carico di quelli alimentati con lobo nervoso. La differenza li*a i
topi alimentati con lobo epiteliale ed i normali era meno manifesta. LVsame
islopatologico non fa rilevare lesione alcuna a carico dei vasi, degli organi ghian-
dolari, del sistema nei'voso.
Iniezioìii di estratti ipofisari, — Mi sono servito di ipofisi di giovani buoi, il
^eso delle quali è di circa grammi 2,50-2,80.
Una ghiandola la spappolavo intera, in un mortaio, con l'aggiunta di polvere di
vetro ; di un'altra dividevo il lobo epiteliale dal nervoso e li trattavo separatamente.
Ridotto il materiale in poltiglia finissima, aggiungevo qualche ce. di soluzione fisio-
logica, centrifugavo ; raccolto il deposito residuo, aggiungevo altro siero fisiologico e
ripetevo le precedenti operazioni, in modo che in fondo alla provetta non restava che
polvere di vetro e detriti connettivali. Per evitare un assorbimento troppo rapido e
per poter prolungare più che fosse possibile l'esperimento, non volli praticare né inie-
zioni endovenose, ne peritoneali, ma ricorsi alle iniezioni ipodermiche, incominciando
da dosi minime e aumentando sempre sino a dosi elevate.
Come animali d'esperimento incominciai a servirmi di 14 giovani conigli di 15
giorni, appartenenti a due covate. Tutti i giorni iniettavo sottocute a 4 l'estratto di
lobo nervoso, a 4 l'estratto di lobo epiteliale, a 4 l'estratto di ghiandola intera, gli
altri due li conservai come controllo. Già alle prime iniezioni un coniglio della I serie
(estratto di lobo nervoso) ed uno della II (estratto di ghiandola intera;, erano uìortì;
vari dei rimanenti dopo 15 giorni, magri e torpidi, deperivano di giorno in giorno.
Contributo aW tiiuitomUi ed alla /hmloiiui dell' ipofisi 539
Mi accorsi che le iniezioni producevano noduli caseosi sottocutanei che andavano
estendendosi formando voluminose bozze. Decisi allora di cambiare animali e ricorsi
alle cavie. Ridussi pure la quantità di estratto iniettato; praticai le iniezioni a giorni y
alterni aumentando di quando in quando le dosi.
Contemporaneamente volli cercare quale era la porzione della ghiandola dotata
ili principi tanto attivi da causar anche la morte agli animali iniettati.
Isolato il lobo nervoso da un'ipofisi di bue presi di ugual peso (circa 70 centi-
grammi) di lobo epiteliale» lì emulsionai a parte, ed li iniettai in due cavie di ugual
peso. La cavia a cui avevo iniettato il lobo nervoso dopo un giorno si mostrava de-
pressa» arruffata. Ripetute le iniezioni a due giorni di distanza con le stesse modalità»
la cavia» che già era in poco buone condizioni» moriva» mentre l'altra a cui avevo iniet-
tato estratto di lobo epiteliale non mostrava di soffrire alcun disturbo. Per due volte
ho ripetuto l'esperimento ottenendo sempre gli stessi risultati. Provai allora ad aumen-
t:ire la quantità di lobo epiteliale» ed arrivai ad iniettarne in una cavia di 500
grammi» 10 grammi in 8 giorni (e cioè quattro ipofisi di bue prive del lobo nervoso).
Malgrado la quantità relativamente enorme di estratto assorbito» l'animale continuò
a mostrarsi vivace» ed il suo peso diminuì appéna di 8 grammi. Da queste esperienze
risultava in modo manifesto» che le sostanze attive sono contenute nel lobo poste-
riore. Restava ancora a dimostrarsi se l'azione tossica era esplicata dal parenchima
del lobo, 0 dallo strato di sostanza ghiandolare che sta ad esso sovrapposta. Tutte
due le ipotesi potevano essere vere perchè anche il parenchima nervoso, oltre al con-
tenere cellule ghiandolari, che dalle ricerche mie e di qualche altro autore si sono
dimostrate funzionanti e secementi, contiene pure grande quantità di fibre nervose (1).
Incominciai dunque altre due serie di esperienze: a) a due cavie adulte iniettai
circa 80 cg. di sostanza cerebrale (peso corrispondente press'a poco a un lobo nervoso
di ipofisi di bue) emulsionata secondo la solita tecnica. Ho ripetuto 5 volte in una
settimana l'iniezione» senza che le cavie dimostrassero alcun disturbo o diminuzione
di peso, b) Scelte altre due cavie adulte iniettai ad una l' estratto d'un lobo nervoso,
all'altra l'estratto di un lobo epiteliale; nello staccare però un lobo dall'altro cercai
di strisciare più che mi fosse possibile» con un piccolo bisturi aflìlatissimo, il lobo
nervoso» separandolo così dai tessuti che gli stanno aderenti e lasciando questi ul-
timi attaccati al lobo epiteliale. Fatte le solite iniezioni osservai» che i risultati
di questo esperimento erano perfettamente contrari a quelli precedenti. E cioè dopo
due iniezioni moriva la cavia a cui avevo, iniettato l'estratto di lobo epiteliale»,
mentre l'altra che aveva avuto iniezioni di lobo nervoso non dimostrava apparente-
mente di soffrire alcun disturbo.
Per maggior sicurezza ho ripetuto altre volte la prova, sempre però con gli stessi
risultati. Dopo queste esperienze non restava più alcun dubbio. Il tessuto ipofisario
dotato di principi attivi è precisamente la parte che da taluni autori è chiamata
porzione posteriore del lobo ghiandolare (Markschicht, Epitelsaum, Mante 1-
schicht, parte cromofoba) e da altri ghiandola infundibulare. Le altre parti del-
l'ipofisi sembrano dotate di funzioni decisamente da questa differenti.
Per evitare inutili ripetizioni non starò a descrivere dettagliatamente i reperti
riscontrati all'autopsia, ed all'esame istologico degli animali morti in seguito a queste
(1) Rtreiiti studi sui «i.rl neumtossifi hanno diinoìstrat/) che anche do-i relativamente piccole
di estratto di tessuto nervoso jxissono, se iniettate in aniimili dì differente specie, provocare la.
in<irte rapidamente.
540
0. Sandri
ultime iniezioni. Avrò occasione di occuparniene in seguito. Accennerò solo che già
macroscopicamente si osservavano: i vasi meningei e cerebrali fortemente conge-
sti, il fegato ed il rene bruni. AlFesame istologico le cellule nervose presentavano
alterazioni leggere a tipo acuto, le meningi erano in qualche punto infiltrate da ele-
menti parvicellulari, nelle maglie della pia, e negli spazi perivasali dei centri si no-
tavano piccole emorragie. NelF ipofisi, spiccatamente iperemica, si notava grande ab-
bondanza di cellule in attività funzionale. Nessuna alterazione — all' infuori di una
notevole congestione — fu possibile mettere in evidenza negli altri oigani ghian-
dolari.
Continuavo intanto le iniezioni a giorni alterni alle cavie di cui sopra dissi.
Dopo un mese e mezzo dall'inizio dell'esperimento, gli animali erano sempre vispi,
e sembravano sopportare abbastanza bene le iniezioni. Degna di nota è tuttavia una
particolarità da questi presentata. Mentre le cavie campione e quelle della 3* serie
(iniezioni di lobo epiteliale) avevano il pelo lucido e folto, le cavie della 1* serie
'(iniezioni di lobo epiteliale e lobo nervoso), e massime quelle della 2* serie (inie-
zioni di lobo nervoso) avevano il pelo raro, debole, e mancantie a chiazze sul dorso.
Dopo*75 giorni dall' inizio delle iniezioni le cavie si mantenevano tempre in di-
screte condizioni. Però quelle della 1* serie, e quelle della 2* serie non avevano rag-
giunto lo sviluppo delle cavie campione. Pure le cavie della 3* serie apparivan(»
leggermente più piccole delle normali. Le pesate degli animali davano i seguenti
risultati :
1* serie
(estratto
di lobo nervoso
e lobo epiteliale)
1* cavia 280 grammi 1* cavia 335 grammi 1* cavia 405 grammi 1* cavia 430 grammi
2* » 325 » 2* » 390 » 2* » 390 » 2* » 450 »
3* » 330 » 3* » 325 » 3* » 355 »
4* » 335 » 4* » 330 » 4* » 380 » *
2a serie
8* serie
4» serie
(estratto
(estratto
(cavie
di lobo ner\-oso)
di lobo epiteliale)
campione)
Dopo 85 giorni dall'inizio degli esperimenti, a pochi giorni di distanza l'una
dall'altra, muoiono improvvisamente dopo le solite iniezioni due cavie della 2^ serie
e due della 1*.
A tre mesi dall' inizio degli esperimenti tralascio le iniezioni e sacrifico due cavie
della 3* serie e una della 1*, 2* e 4* serie. Ne restano quindi ancora in vitA, una
della 1*, 2* e 4* serie, due della 3*.
All'autopsia si nota che le cavie sacrificate non presentavano i fenomeni con-
gestizi (iperemia dei centri, fegato e rene bruni) rilevati in tutte le altre cavie morte
dopo le iniezioni. Staccata l'aorta in tutta la sua lunghezza e minutamente esami-
nata, macroscopicamente non si rileva alterazione alcuna.
L'ipofisi sembra di volume normale.
Esame istologico, — Fissati i pezzi e colorate le sezioni secondo la tecnica già
descritta ho potuto rilevare quanto segue:
Cavie della I* serie (iniezioni di estratto di lobo nervoso ed epiteliale) e
della 2^ serie (estratto lobo nervoso) morte improvvisamente dopo le iniezioni'-
Sistema nervoso. Le meningi in molti punti sono ispessite ed infiltrate da elementi
parvicellulari, nelle maglie della pia esistono piccole ma numerose emorragie. Si nota
;pure la presenza di qualche cellula plasmatica.
Contributo aW anatomia ed alla fisiologia deW ipofisi
541
Nella sostanza nervosa dei centri si notano numerose emorragie perivasali che
in qualche punto hanno invaso e distrutta la sostanza nervosa. Queste emorragie
appaiono di data recentissima, perchè i globuli rossi sono ben conservati e nessuna
reazione demarca i limiti dei piccoli focolai (fig. 2).
Nelle pareti vasali non si riscontrano alterazioni. Le cellule nervose presentano
qualche alterazione a tipo acuto più o meno sensibile a seconda dei vari strati (con-
torni poco delineati, cromatolisi a tipo periferico); il nucleo però in quasi tutte è
centrale.
Alterazioni degne di nota ho sempre riscontrato nei plessi coroidei. Benché non
abbia usato le colorazioni sopra vitali alla Arnold, ma li abbia fissati, insieme alla
sostanza cerebrale, con alcool assoluto per il metodo di colorazione Pappenheim, in
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Fio. 2. — Corteccia cerebrale di cavia iniettata con estratto di lobo nervoso di bue.
Meninge ispessita ed infiltrata da elementi parvicellularl, emorragie lierivasall.
(EmatoBsilina-eosina, oculare fl comp., immersione V ,j Zeiss).
molte sezioni si mostravano tuttavia conservati e colorati in modo da pennettere una
chiara descrizione. I vasi dilatati ed iniettati di sangue non presentano alterazioni.
Negli spazi perivasali si notano piccole emorragie, i corpuscoli rossi sparsi all' ingiro
sono ben conservati.
Numerose PlasmazeUen si riscontrano in vicinanza ai vasi (fig. 3). Gli epiteli
coroidei presentano gravi alterazioni; il protoplasma, pallidissimo in alcune cellule,
un po' più colorato in altre, è disseminato da numerosi e grandi vacuoli che danno loro
qualche volta un aspetto reticolato. Scarsissime sono le granulazioni. Il nucleo, a
volte eccentrico, quasi sempre chiaro e poco tingibile, contiene zolle cromatiche fram-
mentate e disseminate.
Ipofisi, — Scarse cellule funzionanti (eosinofile), numerose cellule con nucleo pic-
colo intensamente colorato, e protoplasma con rare granulazioni. I capillari fortemente
iniettati formano una ricca rete, che sembra schiacciare nelle sue maglie le cellule
parenchimali.
rì44
0. San (Ivi
Tiroide, — Nessuna alterazione degna di nota mi è stato possibile mettere in evi-
denza, però le dimensioni degli epiteli cubici, i nuclei con scarsissime granulazioni,
<lavano alla tiroide un aspetto di ghiandola ipofunzionante.
Rene, — I glomeruli ed i vasi sanguigni sono congesti, Tepitelio dei tubuli con-
torti è degenerato, in qualche punto Tepitelio necross^to si stacca.
Nessuna alterazione ho riscontrato nei polmoni, nel fegato, nelle ghiandole ge-
nitali, nelle capsule surrenali.
Per quanto attentamente abbia esaminate le numerose sezioni fatte a varie al-
tezze dell'aorta, non ho potuto rilevare alcuna alterazione degna di nota.
2. Carie della 1^ serie e della 2*" serie sacrificate. Sistema nervoso. Le me-
ningi in qualche punto presentavano infiltrazioni parvicellulari. Leggere infiltrazioni
'<^-
Fio. 3. — Plessi coroidei di una cavia iniettata con estratto di
lobo nervoso ed epiteliale di bue. Epiteli coroidei notevol-
mente alterati, emazie e plasìnmfllnt in vicinanza dei vasi
(l>jippenheim, oculare 6 comp., immersione '/,a Zeiss).
si notavano pure intorno a qualche vaso cerebrale. Le cellule nervose non presenta-
vano alterazioni. Gli epiteli coroidei, colorati abbastanza intensamente, erano disse-
minati di granulazioni e presentavano vacuoli meno numerosi che non nelle cavie
precedenti. Non si notavano emorragie perivasali, ma esistevano Plasniazellen,
Ipofisi, — Non era congesta, ma presentava lo stesso aspetto che nelle cavie
precedenti.
Tiroide. — Presentava lo stesso aspetto ipofunzionante già notato negli altri
reperti.
Bene. — Rigonfiamento torbido delP epitelio dei tubuli contorti, i glomeruli ed
i vasi sanguigni non apparivano congesti.
Come negli animali precedenti, il polmone, il fegato, le capsule surrenali, le
ghiandole genitali ed i vasi non presentavano alterazioni.
3. Carie della 3^ serie sacrificate, — AlTcbame dei centri nervosi, degli organi
ghiandolari e dei vasi non nu è stato possibile riscontrare alcuna alterazione.
Contributo air anatomia ed alla fniologia dell' ipofisi ììiW
Le cavie lasciate in vita, da tre mesi non subiscono più nessuna iniezione. In
questo tempo non solo si sono mantenute in buono stato ma hanno raggiunto quasi
il volume della cavia campione. Le cavie della 1* e 2* serie che, come più sopra ab-
biamo fatto notare, avevano il pelo debole, raro, e mancante a chiazze sul dorso,
hanno rimesso una pelliccia lucida e folta.
(Per maggior chiarezza ricorderò che gli animali sono dell'età di sei mesi e
mezzo, che per tre mesi subirono iniezioni rispettivamente di estratti di lobo nervoso,
di lobo epiteliale, di lobo nervoso ed epiteliale, in seguito cessate le iniezioni, per
circa tre mesi furono lasciate in riposo).
Dalle pesate risultano le seguenti cifre:
t-Hvia 1» serie cavia 2» serie cavie 3» serie
(estratto di lobo ner>^OKo (estratto (estratto cavia 4^^ serie
Oli ojiiteliale) lobo ner\'oso) lobo epiteliale) (campione)
grammi 545 grammi 555 grammi 560 grammi 566
grammi 565
Dalle ricerche suei^posle risulta che Tazione cardiovascolare è esplicata
dalle lìorzione posteriore del lobo ghiandolare. '
Nelle restanti parti dell'ipofisi questo potere è nullo o quasi. Le parti-
colarità topografiche ed anatomiche, più sopra descritte, spiegano perchè, slac-
cando il lobo epiteliale dal nervoso, lo stralercllo ghiandolare che rappresenta
la porzione posteriore del lobo epiteliale, resti sempre aderente al lobo ner-
voso, se non lo si allontana a studio con manovre a ciò dirette. Per non in-
corroi'e in equivoci ripelerò che la parte che io chiamo « porzione posteriore
del lobo ghiandolare » è da altri autori chiamata k porzione ghiandolare del
lobo nervoso». Senza ancor conoscere i risultati delle ultime ricerche di Sil-
vestrini e Baduel, sono venuto alle stesse loro conclusioni (1). Oltre al-
Tazione cardiovascolare questo estratto possiede pure un certo grado di tossi-
cità come dimostrano le alterazioni riscontrate nei nostri animali.
E le altre parli della ghiandola quali funzioni hanno? Con queste espe-
rienze non fu possibile dimostrarlo direttamente.
Però il carattere di parenchima funzionante del lobo anteriore delPipolisi,
dim«)Slrato da tanti autori, e del suo lobo posteriore dimostrato dalle ricerche
mie e da quelle di .loris, le modificazioni sensibilissime delle cellule ghian-
dolari ipoiisarie ogni qual volta si accumulano nell'organismo o sì iniettano
sostanze tossiche endogene od esogene, il risentimento delle cellule stesse al-
l'esporUizione 0 all'ipofunzione di altre ghiandole a secrezione interna, e gli
altri fatti ancora sopi-aricordati, stanno ad afl'ermare la natura sua di organc» a
(1) 8olo iu questi ultimi Kionii mentre stavo coni pi laudo la presente nota sono venuto a co-
nosct'nza, i*er cortesia del dottar Baduel, della comunicazione fatta da Baduel e Silvestrini
all'Istituto Vmbro di Scienze. In essa kIì autori annunziano che toKlieudo via dal lobo posterion •
la parte ghiandolare che vi si trova sopra come stratificata, l'azione cardiovascolare rimane al-
l'est, atto di questa parte, mentre v nulla quella (NI rimanente nucleo nonoso.
544 0. Sandri
runzione anlilossica, facente parte del gruppo di ghiandole a secrezione interna,
esplicanti un'azione protettiva dì fronte ai tossici circolanti nell'organismo.
Dalle esperienze di altri autori e dalle mie risulta che gli estratti di ipo-
fisi sono dotati di un potere tossico, il quale da qualcuno è ritenuto più attivo,
da altri meno. Salvioli e Carraro credono che questo estratto non possieda un
grado di tossicità tale da mettere in pericolo la vita dell'animale. Silvestrini
trovò invece che dosi forti, iniettate per via endovenosa uccidono repentina-
mente l'animale a traverso a convulsioni, tremori, e con miosi manifesta.
A me risulta che anche iniezioni sottocutanee possono provocare la morte,
non repentinamente, ma dopo qualche ora dall'iniezione. La differenza dei ri-
sultati molto probabilmente è da imputarsi alla diversa tecnica seguita nella
preparazione degli estratti. Che il mode di preparare l'estratto abbia un' in-
fluenza sulla sua azione lo dimostrano le ricerche di Livon, il quale trovò che
l'estratto preparato con la macerazione della ghiandola, è meno tossico che non
quello ottenuto con la triturazione. La questione può avere un' importanza
grandissima, e merita studi speciali, massime se si rieseirà, come Silvestrini
e Baduel credono, ad introdurre nella terapia l'elemento attivo ipofisario.
. Pure al vario modo di preparare questo estratto mi pare si debbano im-
putare le differenti alterazioni riscontrate da Baduel e da Carraro (i soli
autori che si sono occupati dell'argomento) all'esame isto-palologico di ani-
mali iniettati con estratto ipofisario per via endovenosa. Il primo trovò ate-
romasia ed arteriosclerosi, fatti flogistici e zone di proliferazione nelle capsule
surrenali; il secondo invece non riscontrò mai alterazione alcuna nelle pa-
reti vasali, trovò invece lesioni al fegato, al rene, al polmone ed alla milza.
Le mie osservazioni sono state fatte su animali iniettati per via sottocu-
tanea anziché per via endovenosa. La differenza di trattamento dà, come ])ure
osserva anche Carraro, differenti risultati.
Come risulla da miei reperti, l'azione tossica dell'estratto e esplicala dalla
slessa porzione ghiandolare che esplica pure l'azione cardiovascolare. Difatti
furono da me riscontrate lesioni organiche solo nelle cavie della I e II serie,
in quelle cioè che erano slate iniettate con l'estratto della porzione posteriore
del lobo ghiandolare. Ma il potere tossico ed il potere cardiovascolare sono
date dall'attività funzionale di una sostanza sola o di due sostanze differenti?
Benché non si possa rispondere con affermazioni assolute, a me sembrerebbe,
visto il grado differente di tossicità trovalo da diversi sperimentatori (a se-
conda della tecnica usata nella preparazione degli estratti), e considerate le
ricerche del Livon, che si dovesse trattare di due elementi attivi dilTerenli.
Le lesioni riscontrale all'esame isto-patologico si prestano a varie considera-
zioni. Per quello che riguardano i centri nervosi è necessario distinguerle in le-
sioni dirette ed indirette, a seconda che furono prodotte direttamente dall'azione
tossica, oppure causate dalla eccessiva dilatazione vasale. Alle prime appartengono
le leggere alterazioni riscontrate nelle cellule nervose, le infiltrazioni meningee,
le alterazioni degli epiteli coroidei, la presenza di PlasmnzeUen. Alla seconda le
emorragie perivasali abbastanza numerose, e le piccole emorragie piali.
Con tr Unito air anatomia ed alla fisiolof/ia deW ipofisi 545
Sulle alterazioni (Ielle cellule nervo.se e sulle infiltrazioni meningee poco
resta ila dire: sono lesioni solile a riscontrarsi quando esiste nel torrente cir-
colatorio una sostanza tossica qualsiasi, sia endogena, come esogena. Le altera-
zioni degli epiteli coroidei (mancanza di granuli, tingibilità diminuita, abbon-
danza di grandi vacuoli) dimostrano ancora una volta, come la funzione se-
cretoria di queste cellule possa essere modilicala, ancbe in grado notevole, dalk»
sostanze atte a far variare Tatlività secretoria degli STlri elementi ghiandolari
dell'organismo.
La presenza di Plasmazellen costituisce un reperto piuttosto raro. Tra le
pochissime intossicazioni che possono provocare anche sperimentalmente la for-
mazione di cellule plasmatiche, esiste quella per adrenalina, come hanno potuto
dimostrare le recenti ricerche dì Shìma sui conigli. Già son note le molte alTinità
che ha Tadrenalina con Telemento attivo di estratto ipofisario: orbene alle al-
tre proprietà che hanno in comune queste due sostanze, potremo aggiungere
anche quella di provocare la formazione di Plasmazellen nei centri nervosi.
Le emorragie perivasali, come abbiamo osservato, dipendevano dall'ecces-
siva dilatazione vasaio provocala da una dose troppo forte di estratto iniettato.
La mancanza di reazione attorno al Ibcoraio emorragico, i corpuscoli rossi ben
conservati, provano che le emorragie si erano formate durante il periodo
agonico. Lo stesso reperto ho trovato constantemenle anche in cavie — che
erano servite per altre esperienze — morte dopo una sola iniezioni! di estratto.
Nulla di simile invece si riscontrava nelle cavie non morte, ma da me sacri-
ficate dopo iniezioni protratte per tre mesi. Le conseguenze della rapida va-
sodilatazione che segue ad iniezioni troppo forti di estratto, possono dunque
rappresentare una concausa non trascurabile della morte improvvisa dell'animale.
Il non aver trovato nessuna alterazione ateromasica od arteriosderotica
né dell'aorta ne dei vasi parenchimali — benché le iniezioni si fossero pro-
tratte a lungo ed a dosi elevate, — e la possibilità di poter ottenere un'azione
eccitatrice della sistole cardiaca anche con dosi leggerissime, lascia sperare
che l'estratto ipofisario si potrà usare forse con profitto nella terapia del cuore (,1).
All'esame istologico dèlie ipofisi ho riscontrato che, mentre negli animali
morti dopo una o due iniezioni, le cellule in attività funzionale cariche di gra-
nuli, erano numerosissime; 'nelle ipofisi invece degli animali morti o sacrifi-
cati alla fine dell'esperimento le suddette cellule erano oltremodo scarse; nel
primo caso si riscontrava Taspetlo tipico della ghiandola iperfunzionante, nel
secondo della ghiandola ipofunzionante. Questi risultati confermano le osserva-
zioni falle da Guerrini il quale sacrificando animali dopo vario tempo dal-
l'iniezione e dopo varie iniezioni trovò che <( è possibile seguire una curva fun-
zionale in cui le cellule procedono da uno sialo di equilibrio ad uno stato
di superfunzione, e da questo poi lentamente, ad uno stalo di esaurimento ».
(1) EsiiKTiiiH'nti in proiKwito con buoni risultati furono già ti-ntati dal TrorotolJ nella Cll-
nica Medica di Perugia (vedi Baduel Ice. cit.).
510 0. Sandri
Le alterazioni renali, altra prova della tosjsiciUi del l'estratto, furono puro
riscontrate da Carraro. Già prima però Schaefer e Herrin^% hanno richia-
mato Taltenzione sulla funzione renale degli animali iniettati: osservando la
poliuria che seguiva nei loro animali alle iniezioni di ipofisi, ammisero che
il lobo nervoso contenesse un princìpio con azione stimolante e specifica sul-
l'epitelio renale.
Restano ora da interpretarsi le oscillazioni dello sviluppo somatico che
abbiamo osservalo nei nostri animali durante le iniezioni e nel lungo periodo
di riposo ad esse seguito.
Le cifre più sopra riportate per esteso dimostrano che : a) in tulli i;li
animali sottoposti ad iniezioni, si era notato un arresto di sviluppo rispetto ai
campioni; 6) questo arresto, appena sensibile nelle cavie sottoposte ad iniezioni
d' estratto di lobo epiteliale (Serie IH), era notevole per le altre solloposle
ad iniezioni d'estratto di ghiandola intera (Serie 1) e di lobo nervoso (se-
rie II). Cessate le iniezioni, dopo tre mesi, abbiamo visto come gli animali su-
perstiti avessero quasi raggiunto il peso della cavia campione, (senza contare
che le differenze di pochi grammi che ancora esistono, potrebbero anche col
tempo scomparire).
Possiamo noi, da (osservazioni siffatte, dedurre che l'ipofisi esercita un'azione
diretta suiraccrescimenlo somatico?
Se gli efletti delle iniezioni di estratti, si possono eijuiparare ad uno stato
di iperfunzione della ghiandola — il che sembrerebbe logico — si dovrebbe
dedurre che a questa iperfunzione segue un arresto di sviluppo dell'animale
in via d'accrescimento. D'altra parte bisogna considerare che negli esperimenti
suesposti, sono rimasti in volume ed in peso notevolmente al di sotto della norma
solo gli animali a cui iniettavo l'estratto contenente la parte dell'ipofisi ad
azione cardiovascolare-tossìca. Se invece di questo estratto io avessi sottoposto
l'animale ad un avvelenamento cronico con un tossico qualunque, organico od
inorganico, non avrei forse ottenuto gli stessi effetti sullo sviluppo delle cavie?
Benché io sia convinto che l'arresto di sviluppo degli animali sia da im-
putarsi alla sola azione tossica del principio attivo ipofisario, non posso per
ora essere assoluto nelle mie affermazioni.
Un fatto però risulla con chiarezza dai miei esperimenti : le iniezioni di
estratto ipofisario attivo, pur arrestando lo sviluppo dell'animale in via di ac-
crescimento, non producono ne irreparabili alterazioni negli organi dell'eco-
nomia, ne anomalie notevoli nello sviluppo dei vari sistemi; e io prova il fatto
stesso che V animale, cessale le iniezioni, può rafK/ium/ere lo sviluppo normale
e mantenersi in buone condizioni.
Riassumendo :
1. Non solo il lobo epiteliale, ma anche il cosidetto lobo nervoso dell'ipofisi
contiene cellule ghiandolari proprie, con caratteri di elementi attivi e secernenli.
2. Confermo l'opinione degli autori che ammettono :
a) Che la porzione anteriore e la posteriore del lobo epiteliale sia com-
posta di tipi di cellule differenti per aspetto morfologico e per funzioni.
Coalribulo ali* (uuitonìl^i. ed (tlhi /ìsiolofjia dell* ìim fisi 547
b) Che le cellule cromatofile e cromalofobc della porzione anteriore del
lobo epiteliale, non rappresentino altro se non vari ^radi di funzionalità o di
riposo dello stesso elemento.
e) Che r ipofisi oltre al far parte del jrruppo di ghiandole a funzione
antitossica, possieda un principio attivo, che iniettato in animali, esercita una
influenza notevole sulla pressione sanguigna e sulle contrazioni cardiache.
3. Questo principio attivo è secreto dalla por:^ione posteriore del lobo epi-
teliale, (ghiandola infundibulare di certi autori), porzione che distaccando i due
lobi ipofisari, resta sempre aderente al lobo nervoso.
4. Il principio attivo ipofisario oltre al potere cardiovascolare, è dotato
dì un potere tossico.
5. Coi trapianti di ipofisi, anche tra animali della slessa specie, non si ot-
tengono risultati pratici : le ipofisi vengono riassorbite.
(». Alimentando- ^v vari mesi dei topi in via di accrescimento con grandi
quantità di lobi ipofisari di bue, si vede un arresto di sviluppo sensibile solo
nei topi a cui era somministrata la porzione di ipofisi conlenente il principio
attivo. Nei suddetti animali però non si riscontrano alterazioni né al rene ne
ai centri nervosi.
7. Sottoponendo cavie per vari mesi a iniezioni di estratti di lobi ipofi-
sari, si provocano alterazioni nei centri nervosi e nel rene solo con gli estralli
in cui è contenuto il principio attivo.
8. Le giovani cavie sottoposte per vari mesi ad iniezioni di estratti di
lobi ipofisari subiscono un arresto di sviluppo, notevole per quelle iniettale con
estratti contenenti il principio attivo, quasi insensibile per le altre. Tralasciate
le iniezioni le cavie a poco a poco raggiungono il loro sviluppo normale.
11. L'arresto temporaneo di sviluppo riscontrato negli animali a cui era
stato somministrato o per via orale o per via sotloculanea il principio attivo
ipofisario, si deve molto probabilmente imputare al solo potere tossico esplicalo
dal suddetto principio attivo.
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RECENSIONI
Anatomia.
1. Camillo Gk>lffi, I>t un metodo per la facile e pronta dimostrazione deW ap-
parato reticolare intemo delle cellule nervose. — « Bollettino della iSocietà
medico-chirurgica di Pavia », n. 2, 1908.
2. 8. R. y Oajal, Les conduits de Golgi- Holmgreen du protoplasma nerreux
et le reseau péricellulaire de la membrane. — € Travaux du Laboratoire de
Recherches biologiques », fase. 2, 1908.
8. P. Maroora, T>i una fine alterazione delle cellule nervose del nucleo di
origine del grande ipoglosso consecutiva allo strappamento ed al taglio del
nervo. — « Bollettino della Società medico-chirurgica di Pavia », n. 2, 1908.
Di recente Golgi ha reso noto un metodo per la facile dimostrazione di quella
struttura cha egli pel primo mise in evidenza nelle cellule nervose e che chiamò
apparato reticolare interno. È noto che già Holmgreen ha voluto ravvisare una
corrispondenza, anzi un' identità, tra questo apparato reticolare intemo e quelle strut-
ture da lui descritte come trofospongi. Questa identificazione è accettata e s<»steuuta
da Cajal (vedi questa Rivista, voi. XII, fase. 12. pag. 614), ma vigorosamente com-
battuta da Golgi: questo autore non si pronuncia nò sulla natura ne sul significato
deir apparato descritto e richiama la sua precedente dichiarazione colla quale si limi-
tava ad affermare « che nessuna delle interpretazioni più ovvie (apparato canalicolare
0 di natura nervosa) poteva dirsi giustificata dai fatti dimostrati fino ad allora».
Per le applicazioni che il metodo può avere crediamo utile di riportarlo:
I. Per la fissazione, i migliori, più fini e più sicuri risultati si ottengono
con la seguente miscela: Formalina (soluzione al 20'*/o) gr. 30; soluzione satura di
acido arsenioso purissimo, (1) sciolta coir ebollizione (circa airi**,,) l?r* ^^'ì alcool a
96 gr. 30.
Nel liquido fissatore così composto, i piccoli pezzi vengono lasciati da 6 a 24 ore.
1 preparati migliori sono stati ottenuti dai pezzetti che erano rimasti nel fissatore
per 6-8 ore. Prolungando, Fazione del fissatore fino a 12-14-20-24 ore, si possono an-
cora ottenere buone reazioni, notandosi però successive graduali modificazioni della
reazione, sia riguardo al suo modo di estrinsecarsi nelle singole cellule, sia nei ri-
guardi della diffusione della reazione dalle parti superficiali alle profonde, fino alla
cessazione di ogni reazione elettiva o specifica suir aj>parato reticolare.
(1) Chimicamente anidride ni-senlosa cristallizzata.
A mi toni in 551
II. Dal fissatore i pezzi vengono passati in una soluzione all' l "/„ di nitrato
d'argento. Circa la durata di questa seconda immersione vi ha larghezza: se dei
risultati buoni si possono con sicurezza ottenere dopo 1-2-3 ore, è però certo che una
immersione prolungata, anche per parecchi giorni, nella soluzione di nitrato d'argento,
non impedisce che l'azione successiva dei così detti rivelatori fotografici dia risultati
altrettanto buoni o poco diversi.
III. Dopo la permanenza nella soluzione di nitrato d'argento, i pezzetti devono
essere sottoposti (previa rapida lavatura in acqua distillata) all'azione del rivelatore.
Non credo, dice Golgi, sia il caso di discutere intorno alla scelta di tale mezzo foto-
grafico: io mi attengo, senza decise preferenze, ai rivelatori più usati nella comune
tecnica fotografica. (La forniola di solito usata è la seguente: idrochinone gr. 2<);
solfito soda 5, formalina 50, acqua 1000).
L'azione del rivelatore è pronta: entro pochi minuti si ha la reazione nella part^
superficiale dei pezzi; entro poche ore lo sviluppo può essere compiuto in tutto lo
spessore dfci pezzetti di tessuto.
IV. Ottenuta la i eazione provotata dal rivelatore, i pezzi, nuovamente lavati
con acqua distillata, devono subire i ben noti passaggi in alcool pel progressiva»
indurimento, che, trattandosi di piccoli pezzi, può ottenersi in modo rapido.
E superfluo ricordare le modalità da seguirsi a seconda che si vogliono portare
i pezzi rapidamente, in modo sbrigativo, in condizione da poter essere sezionati attac-
candoli, colla gomma, su un pezzo di midolla di sambuco, oppure si vogliono ottenere
le sezioni dai pezzi inclusi in parafiina, meglio in celloidina.
V. Viraggio delle sezioni mediante l'azione dell'oro. Le sezioni si immergono
in liquido che si prepara estemporaneamente riunendo le due seguenti soluzioni:
soluzione A (Iposolfito gr. 30, solfocianuro ammonico 30, acqua 1000): soluzione B
(Cloruro d'oro gr. 1, acqua 100).
Le sezioni ottenute o dai pezzi attaccati alla midolla di sambuco o dai pezzi
inclusi in paraffina o in celloidina, le une e le altre trattate come di consueto, de-
vono essere lasciate esposte all'azione del bagno di viraggio (in vetro da orologio)
per una serie di minuti non determinabile a priori, verificandosi notevoli differenze
nei diversi casi: la reazione deve essere sorvegliata, arrestandola quando le sezioni
hanno assunto una spiccata tinta grigia.
VI. Meritano di essere ben rilevate le operazioni successive, che, valgono a dare
maggiore risalto, a rendere anatomicamente più dimostrative, meglio, differenziando
le varie parti del tessuto ed a dare ad esse la maggior chiarezza e nettezza.
A questo importante scopo corrispondono gli spedienti di tecnica, che Golgi
menziona col titolo di modificazioni del metodo fotografico, proposte dal libero do-
cente dott. Veratti.
Essi sono:
a) Lavatura ripetuta in acqua distillata;
h) Rischiaramento col passaggio in una soluzione di permanganato di potassa
gr. 0,50, acido solforico 1, acqua distillata 1000.
Anche questa operazione è da sorvegliarsi, perchè il rischiaramento non sia
eccessivo;
e) Lavatura rapida in soluzione airi% di acido ossalico, prima, in acqua
distillata, poi;
d) Colorazione con carmallume, e successiva lavatura;
e) Passaggio negli alcool per la montatura in balsauK».
552 Bivista di Patolorjia nervosa e nusnlale - Anntomia
Nel lavoro qui citato Cajal espone un nuovo metodo per la dimostrazione di
quello che egli continua a denominare apparato di Golgi-Holm green, e che se-
condo le ricerche sue e di Cardinal è dimostrabile anche negli elementi non nervosi.
Ecco il metodo:
1) Pezzi di organi nervosi od epiteliali (intestino, glaudole, ecc.) sono fissati
per 24-48 ore nel liquido seguente:
Formolo . . . . p. 50
Acetone . ...» 50
talora coir aggiunta di una o due goccie di ammoniaca;
2) Lavaggio nell'acqua per 4-6 ore ed immersione dei pezzi, che non devono
avere piii di 3 mm. di spessore, nell'alcool ammoniacale:
Alcool assoluto .... p. 50
Ammoniaca goccie V a VII.
3) I pezzi vengono lasciati in detta soluzione per 24 ore; in seguito sono lavati
rapidamente nell'acqua distillata e messi per 4-5 giorni in una soluzione di nitrato
d'argento, 2%, alla stufa (35 V).
4) Lavatura rapida in acqua distillata: azione del bagno di acido pirogallico
e formolo.
Con questo metodo Cajal studia la struttura in questione nelle cellule del mi-
dollo, del cervelletto, cervello, retina, e nelle cellule dell' ependiraa.
La descritta modalità di tecnica permette anche di impregnare la rete interna
di Golgi ed è questo, dice Cajal, un argomento di più a favore dell'opinione di
coloro che la considerano di natura non nervosa.
Tanto questa rete che quella interna non si riscontrano nelle cellule di nevro-
glia. Con questa tecnicit Cajal riuscì anche a mettere in chiara evidenza una par-
ticolarità riferentesi al connettivo perivasale dei vasi del cervello, già descritta da
Robertson; si vedono cioè sottili fascetti connettivali che passano dall'uno all'al-
tro vaso.
Marcerà ha applicato il metodo proposto da Golgi allo studio delle altera-
zioni che in seguito allo strappo od al taglio del nervo può presentare l'apparato
reticolare interno delle cellule di orìgine del grande ipoglosso. Dopo 4 giorni l'appa-
rato appare spezzettato e respinto, insieme al nucleo, alla periferia dell'elemento:
dopo 15 giorni, quando le altre alterazioni cellulari sono già molto progredite, esso
ha perduto il suo carattere di reticolo e non appare piìi che come un ammasso di
piccole particelle, impregnate col nitrato d'argento e riunite da sottili e brevissimi
filamenti contorti ed aggrovigliati.
Coli' applicazione del nuovo metodo nello stesso laboratorio di Golgi, Br ugna-
teli i e Stropeni arrivarono alla dimostrazione di strutture reticolari nelle cellule
dell'epitelio renale e del fegato, rilevando alcune particolarità che si oppongono
all'identificazione di questa struttura con quella descritta da Holmgreen.
Verson mise in evidenza strutture analoghe in cellule di tumori ed anche al-
l'interno di Plasmnzelien, 0, Bossi,
Firenze, Tip. (ialiloiana, Via s. Zaiiobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabiìe.
Rhisfa dfi
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Rivista di Patoiogia nervosa e mentale
DIRETTA DA
E. TANZI
(yiRBNZS)
A. TAMBURINI E. MORSELLI
(roma) (qknova)
E. LUO-ARO
(modkna)
liedattori:
0. BOSSI
O. SANDRI - M. ZALLA
Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Prof. TANZI, Oiinica di San Sa/¥i, Firenze.
VoL. XIII Firenze, Dicembre 1008 Fase. 12
COMUNICAZIONI ORIGINALI
h>cuolu di Xi'uropatoIoKÌa della R. Uni versiti di Roma, diretta dal prof. G. Minga zzini
Le atrofie del tipo Charcot- Marie.
studio clinico-critico del dott. Paolo Alessajidrini, Assistente
In UH' epoca in cui si è riaccesa la ((ueslione sulla classificazione delle
varie atrofie muscolari progressive e sull'essenza deiralrolia a tipo Charcol-
Marie, ritengo opportuno portare un conlribulo clinico su quesl' affezione,
tanto più che in Italia finora ne furono descritti solo i casi del Vizioli, del
Tognoli e del Beduschi e che la particolarità di alcuni reperti può auto-
rizzarmi a delle considerazioni d'indole generale d'un certo interesse.
L'atrofia muscolare progressiva del tipo Charcot-Marie è un'affezione
per lo più ereditai'ia e familiare che s'inizia di regola nell'età giovane a
decorso eminenlcmeiile cronico, caratterizzala da un'atrofia che s'inizia al-
l'estremità distale degli ai'ti (per lo più degl'inferiori) e decorre verso l'estremo
prossimale accompagnata per lo più da R. D. e da disturbi sensitivi.
Come forma morbosa a sé, (fuesta aflezione cominciò ad attirare l'atten-
zione di neuropatologi nel 1886, dopo la publdicazioue dello Charcot e del
Marie, fjuanlunffue già esistessero altre osservazioni isolate, quali quelle di
Eulemburg(1871), Eichorst (1873), llammond (1881), Ormerod (188i).
36
551
P. Alessandrini
lo ho avulo occasione di esaminare vari membri di una famiglia, di cui
riferirò in breve ie storie cliniche.
Gaso I. — Giuseppe 0., di anni 57, contadino, S. Lucia (Abbruzzo) (fig. 1). Il
padre del paziente solo all' età di circa 70 anni cominciò ad avvertire debolezza alle
Fio. 1.
mani, per cui non poteva stringere cun forza un oggetto e morì all'età di 80 anni,
senza altri sintomi notevoli. La madre morì all'età di circa 85 anni di affezione che
l'infermo non sa precisare, ma non ebbe a presentare in vita alcun accenno dei di-
sturbi e delle alterazioni che descriveremo nel nostro paziente. Questi riferisce che
due fratelli e due sorelle di suo padre soffrirono di debolezza agli arti suj>eriori, ac-
compagnata da notevole dimagramento di questi. Egli ha un fratello ed una sorella;
Le atro Ite del tipo Cha r co t- Marie 555
un* altra è morta a circa 40 anni in seguito a parto e non presentava a quelPepoca
disturbi funzionali o alterazioni obbiettive della muscolatura degli arti superiori. Dei
sopravissuti i disturbi suddetti li presenta solo il nostro paziente ed una sorella; il
primogenito cioè e T ultima nata; un fratello ed una sorella stanno in perfetta sa-
lute. Egli è nato a termine; ha avuto da bambino dapprima rosolia, poi pertosse
senza postumi ed è stato sempre bene fino all'età di circa 20 anni. A quest'epoca
fece il servizio militare nell' arma di fanteria, dove rimase per soli tre mesi, essendo
stato poi esonerato per la chiamata alle armi di un suo fratello; ma non ebbe in
quell'epoca ad accusare nessun disturbo. All'età di 24 anni contrasse blenorragia du-
rata circa due mesi e che non lasciò postumi. Nega risolutamente di aver contratto
lues. Ha fatto sempre un discreto uso ed abuso di vino e di sostanze alcooliche ed
è fumatore. A 27 anni si ammogliò con una donna sana, da cui ebbe 7 figli ed un
aborto (4» gravidanza): un figlio morì in tenera età di morte violenta; sei sono vi-
venti e sani. L' infermo stette sempre bene fino all' età di 40 anni circa, epoca in cui
ebbe affezione pneumonica, che guarì, lasciandogli però come postumo un catarro bron-
chiale duratogli per circa tre mesi e che si riaffaccia di quando in quando, special-
mente nella stagione invernale. Già però prima della comparsa dell'affezione suddetta,
verso l'età di 35 anni, l'infermo cominciò ad avvertire una rigidità alle mani, per
cui gli restava difficile l' abbottonarsi la giacca, il disciogliere nodi e l' esecuzione di
altri movimenti complicati. Egli però non vi fece gran caso e continuò i suoi faticosi
lavorì di contadino. Questa rigidità andò poi crescendo dopo i 40 anni e ad essa si
aggiunse una debolezza muscolare negli arti superiori ed una rigidità anche nei mo-
vimenti dell'articolazione del gomito e della spalla. Tali sintomi sono andati suc-
cessivamente accentuandosi, per (5tii all' epoca presente anche i movimenti più elemen-
tari vengono ad essere difficoltati, fino al punto che spesso nel mangiare gli cade il
cucchiaio dalle mani.
L'infermo racconta che all'inizio del male i disturbi erano più accentuati in un
arto, dove anche questi erano preceduti, ma, essendo ora in ambedue i lati estremo
l'indebolimento e la rigidità, non si può rilevare il lato in cui i disturbi sono più
accentuati e quindi dove s' iniziarono.
Da circa 15 anni infine egli ha cominciato a notare che le mani dimagrivano e
i relativi spazi interossei diventavano più appariscenti.
Non ha avvertito mai parestesie o dolori agli arti superiori, solo ha notato che
da qualche tempo le mani sono diventate più fredde. Poco dopo l' insorgenza dei di-
sturbi negli arti superiori, cominciò ad avvertire una facile stanchezza agli arti in-
feriori nel cammino, seguita da una diminuzione delle masse muscolari specialmente
del polpaccio. Contemporaneamente ha cominciato a lamentarsi di formicolii alle
piante dei piedi e crampi ai polpacci, che di quando in quando scomparivano e si
riaffacciavano e che si presentano talvolta anche all'epoca presente.
Quattro anni fa (1904), in seguito a caduta sull'anca, ebbe frattura del collo del
femore sinistro, di cui è guarito, residuando un accorciamento del femore stesso, che lo
costringe a zoppicare. Da circa un anno va soggetto di quando in quando a poliachiuria.
All'epoca presente l'infermo accusa debolezza agli arti inferiori e superiori, ac-
compagnata da una certa rigidità dell' articolazione della mano, per uno stato di se-
miflessMoe rigida, costante delle dita.
E. 0. (Aprile 1908).
I movimenti dei globi oculari sia isolati ^he associati si compiono regolarmente
ed in tutta la loro estensione. La palpebra superiore sinistra è leggermente più ab-
550 P, Alessandrini
bassata della destra. Facciale superiore integro. Allo stato di riposo appare più pro>
fondo il solco. naso-genieno di sinistra e l'angolo boccale sinistro è leggermente più
sollevato del destro. Nell'atto di digrignare i denti appare più evidente il fatto sunnotato.
Velopendolo più abbassato a destra: ugola deviata a sinistra. Lingua in sito e
protrusa non deviata; è mobile in tutte le direzioni; però il paziente non riesce a
rivolgerla in alto verso il palato ed a disporla a doccia. La lingua protrusa non pre-
senta movimenti fibrillari, ma lievi movimenti ondulatori.
Masticazione e deglutizione normale. L' infermo può pronunziare tutte le vocali
e consonanti, però nella pronunzia delle più difficili parole di prova elide qualche sil-
laba. Così invece di « territorialità » dice « terriorità » « terrioralità » ; invece di
« precipitevolmente » dice « precivolraente » ecc. Il paziente dice che ha provato sem-
pre una certa difficoltà nella pronuncia delle parola di prova.
Nessun atteggiamento vizioso del capo. Il trofismo dei muscoli è ben conservato.
Normali i movimenti attivi e passivi.
Tronco, — Nulla di anormale.
Arti superiori, — Il braccio non presenta nessun atteggiamento vizioso da am-
bedue i lati. Gli avambracci sono leggermente flessi sul braccio, le mani sono in semi-
pronazione ed in semiflessione. Il pollice è in ambedue gli arti addotto e la seconda
falange in istato di lieve flessione sulla prima. Le tre falangi delle altre dita sono
successivamente in flessione sul segmento soprastante; più accentuata è (guasta posi-
zione tra la seconda e la prima falange. Questa posizione viziosa è l^germente più
accentuata nelle dita della mano sinistra, che in quelle della destra. La cute è un
po' marezzata e fredda al tatto, specialmente nelle mani.
Tutti i muscoli degli arti superiori sono atrofici. Nel semento omerale dell'arto
superiore l' atrofia è più accentuata nel tricipite, sicché l' olecranon sporge più del-
l'ordinario. L'atrofia è però spiccatissima nei muscoli dell'avambraccio, dove, special-
mente nel segmento inferiore, si può benissimo seguire il contorno del radio e del-
l' ulna. Nella linea di confine tra il terzo medio ed il superiore dell' avambraccio vi
è quasi una più accentuata demarcazione tra la parte atrofica e la normale, in modo
che nel terzo superiore dell'avambraccio stesso specialmente i muscoli epicondiloidei
formano come un rigonfiamento, che viene bruscamente ad essere strozzato in basso.
I muscoli dell' eminenza tenare ed ipotenare si possono dire scomparsi e così pure
gl'interossei; sicché gli spazi intermetacarpei appaiono evidentissimi, specialmente
nella regione dorsale della mano.
Al momento dell'esame non si osservano contrazioni fibrillari dei muscoli atrofici.
La mobilità passiva è facile in tutto l'arto, fuori che nei segmenti distali delle
dita, dove l'articolazione ha raggiunto una rigidità di un certo grado.
Sono possibili e normali tutti i movimenti attivi dell'omero e della spalla. È
conservata la flessione e l' estensione dell' avambraccio sul braccio. Limitato il movi-
mento di supinazione; quello di pronazione normale. Molto limitati i movimenti di
flessione e di estensione della mano suU' antibraccio, quasi impossibili quelli di ab- ed
adduzione. Flessione delle dita conservata ; estensione molto limitata. I movimenti di
opposizione del pollice sono limitatissimi alla mano sinistra, dove si arriva appena
all'opposizione del primo col secondo dito; a destra si arriva fino all'opposizione col
quarto. I movimenti di ab- ed adduzione delle dita sono del tutto aboliti. La forza
muscolare è normale nel bicipite, molto diminuita nel tricipite, scomparsa nell'arti-
colazione del polso. Molto debole nei movimenti di flessione delle falangi. Dinamo-
metro a destra 9; a sinistra 4.
Le ntro/ie del tiiw Charrot-Sinrie 557
Arti inferion, — L'arto inferiore destro dalla sp. il. a. s. air apice del malleolo
interno misura 93 cm. il sinistro 90. Dall* apice del gran trocantere all'apice del con-
dilo estemo del femore si hanno a destra 49 cm. a sinistra 46 cm.
Nell'atteggiamento risalta un lieve grado di varisrao ed equinismo del piede bi-
laterale, ma più accentuato a sinistra. A sinistra l'arto è anche leggermente ruotato
all'esterno. Le gambe ed i piedi si presentano freddi al tatto. Le masse muscolari
sono diminuite di volume al piede, alle gambe ed al terzo inferiore della coscia, dove
l'atrofia si arresta quasi bruscamente {atrophie en jarrettière). Spiccano al di sotto
le prominenze dei condili femorali interni, al di soprala rotondità delle masse mu-
scolari ben conservate. L'atrofia è più accentuata nell'arto sinistro che in quello de-
stro (coscia 10 cm. sopra al margine superiore della rotula, a sinistra 39 cm. a de-
stra 43 cm.). Normali i movimenti passivi, fuori che nell'articolazione tibio-tarsica,
dove si nota una certa resistenza. Dei movimenti attivi sono conservati quelli di
sollevamento degli arti di ab- ed adduzione (l'adduzione è meno estesa a sinistra,
lato della frattura). Conservata è l'estensione e la flessione delle gambe e delle co-
scie. L'adduzione dei piedi è discreta, ma non perfetta. L'abduzione è abolita. La
flessione e l'estensione del piede e delle dita appena accennata.
Forza musculare discreta nel segmento superiore; al piede quasi abolita. Al mo-
mento dell'esame non si osservano tremori o scosse fibrillari.
Facendo sollevare gli arti contemporaneamente non si nota la tendenza a cadere
più spiccata in uno che nell'altro. *
L'infermo cammina claudicante per l'accorciamento dell'arto di sinistra, con difli-
coltà e presenta uno steppaggio tipico.
Sfinteri, — Nulla di notevole a loro carico.
Riflessi, — Rotulei deboli d'ambo i lati, ma più il sinistro che il destro. Achil-
lei mancanti d'ambo i lati. Dei tendinei superiori presente solo il bicipitale.
Non Babinski od Oppenheim. Riflesso epigastrico ed addominali fiacchi; crema-
sterico presente, presente il faringeo ed il congiuntivale. Pupille di grandezza media,
uguali, ben reagenti alla luce ed all'accomodazione.
Al momento dell'esame l' infermo non accusa dolori o parestesie in alcun organo.
Non dolorosa la compressione delle apofisi spinose e delle doccie paravertebrali. Dei
nervi periferici è lievemente dolorosa solo la compressione del crurale e dello scia-
tico con tutte le loro ramificazioni. Lieve dolore determina la compressione dei tron-
chi nervosi negli arti superiori.
Obbiettivamente si riscontrano i seguenti fatti :
La sensibilitiv tattile e la termica si comportano identicamente e lasciano rile-
vare un' ipoafia e rispettivamente un' ipotermia pel caldo e pel freddo che s' inizia in
corrispondenza all'avambraccio e rispettivamente al ginocchio che va aumentando di-
stalmente, fino ad aversi un'anafia o rispettivamente un'anaterniia dell'estremità di-
stale degli arti sia superiori che inferiori. Il limite superiore dell' ipoafia o ipotermia
corrisponde esattamente al punto d'.%rresto dell'atrofia muscolare, vale a dire nell'arto
superiore al terzo superiore dall'avambraccio, nell'arto inferiore a livello del margine
superiore della giarrettiera.
Ad un esame grossolano, facendo scorrere il pennello o le provette dall'alto al
basso, r ipoafia e l'ipotermia vennero avvertite dal paziente più distalmente, ma,
educandolo però a rilevare le minime differenze tra le sensazioni, si riuscì a deter-
minare i limiti superiori suddetti che si appalesarono poi invariati, ripetendo l'esame
nei vari giorni successivi.
?««
558 P. Alessandrini
Il livello superiore dell' ipoafia e dell* ipotennia è simmetrico sia negli arti su-
periori che negli inferiori. Il massimo interesse lo presenta il comportamento della
sensibilità dolorifica. Negli arti superiori il limite dell' ipoalgesia corrisponde in alto
a quello dato per le altre due sensibilità, verso il basso l'ipoalgesia va successiva-
mente aumentando fino all'estremo distale delle dita, dove si ha quasi analgesia.
Scorrendo poi coll'ago lentamente lungo l'avambraccio^ l'infermo avverte dei punti
ipoestesici, disposti sopra linee quasi equidistanti, perfettamente traversali all'asse
longitudinale dell'arto, che possono essere nettamente delimitate e disegnate, ed in
successivi esami corrispondono esattamente. Questi netti passaggi nel decorso del-
l'ipoestesia si rilevano fino all'estremo distale delle dita.
Negli arti inferiori l' ipoalgesia s' inizia in corrispondenza della linea che segna
il confine dell'ipoafia e dell'ipotermia, però qui l'ipoalgesia non va come nella mano
crescendo fino all'estremo distale dell'arto, ma va aumentando fino ad una linea tra-
sversale che passa 1 cm. sopra il margine inferiore della rotula, dove sì ha un'anal-
gesia quasi completa. Da questo livello in giù si nota invece un'iperalgesia che va
successivamente aumentando, finché alla superficie dorsale del piede l'infenno mal
tollera che vi si poggi leggermente la punta dell'ago; in corrispondenza poi delle
articolazioni metatarso falangee ricomincia in modo brusco una zona segnata da una
linea trasversale d' ipoestesia successivamente crescente, in modo tale che all'estremità
delle dita si ha quasi un'analgesia completa. Le zone suddescritte sono perfettamente
simmetriche nei due arti. Lo stesso fatto osservato negli arti superiori di linee ìpoe-
stesiche trasversali e parallele tra loro, l'ho verificato anche negli arti inferiori e
l'ho studiato in modo speciale per la zona d' ipoestesia che s'inizia in ambedue gli
arti a 3 cm. sopua il margine superiore della rotula e si arresta ad 1 cm. sopra il
margine inferiore di essa; in questa zona ho potuto contare otto segmenti equidi-
stanti, i cui limiti in successivi esami corrispondevano esattamente. Lungo la zona
iperestesica delle gambe si verificava lo stesso fenomeno, colla variante che i limiti
tra i vari segmenti, invece che da linee ipoestesiche, erano rappresentati da linee
d' iperestesia.
La sensibilità elettrofaradica presenta lo stosso comportamento della sensibilità
dolorifica.
La sensibilità vibratoria si comporta come la tattile e la termica.
Il sintomo di Romberg è presente.
Senso stereognostico e senso delle attitudini segmentarle normali.
Vistis ^ Vt * destra = V» * sinistra senza corr.
Restringimento concentrico del campo visivo per tutti i colori. Fundus ocuU
normale.
Udito f gusto, olfatto, normale.
Psiche, integra.
L^esame elettrico fa rilevare i seguenti fatti:
Alla stimolazione dei muscoli colla corrente galvanica si nota che nella mano
e nell'avambraccio i singoli muscoli sono del tutto, ineccitabili ad eccezione del pro-
natore rotondo e del lungo supinatore, i quali rispondono anche quando nell' eccita-
zione dei segmenti più distali s'adoperino correnti molto intense. Del resto anche questi
muscoli reagiscono allo stimolo diretto solo con correnti più forti dell'ordinario. Lo
stesso si può dire dei muscoli del braccio.
Negli arti inferiori si rileva ineccitabìlità completa alla corrente galvanica di-
retta dei piccoli muscoli del piede, dei peronei e del tibale anteriore. I gastrocnemi
L' alrojif del tipo ('h armi- Ma rie
559
ed i muscoli tibiali posteriori reagiscono solo a correnti più forti deironiinario. (Jli
estensori della gamba rispondono come normalmente.
Non esiste per alcun muscolo inversione della formula.
Allo stimolo faradico si ha lo stesso comportamento che al galvanico.
Alla eccitazione indiretta sia galvanica che faradica si rileva che negli arti su-
periori i nervi sono eccitabili in alto, ma non in basso, negli arti inferiori si nota
che il nervo peroneo non risponde, il tibiale sì ma a stimoli più forti del normale,
il crurale presso a poco come normalmente.
Alla stimolazione galvanica indiretta non si rileva inversione della formula.
L'esame radiografico non ha fatto rilevare alterazioni di forma e di volume a
carico delle ossa delle estremità affette.
Trattandosi nel mio caso di un'affezione ereditaria e familiare ho cercato di ri-
costruire l'albero genealogico (cfr. questo).
I. O. Giuseppe
coniugato con
2. S. Angela (?).
3. Maria.
4. Bernardino.
5. Paolo.
6. Filippo.
8. Anna.
9. Consiglia.
10. Pietro.
11. Maria.
12. Antonia.
13. Beatrice.
14. Qittseppe.
15. Giuseppina.
16. Tommaso.
17. Maria.
18. .Sofia.
19. Enrico.
20. Maria.
21. Eliglo.
22. Giovanni.
2.*). Valentino.
7. Vincenzo. < 24. Adriano.
r 25
l 25. Angelina (?).
20. Filippa.
27. Isabella.
28. Valerio.
2VI. Giacomo.
30. Elisa.
31. Violante.
.?2. Angela.
33. Faustina.
NB. — I nomi in carattere distinto rappresentano gli individui affetti dairaffezione in pamla.
Ho avuto occasione di esaminare solo i numeri 7, 12, 21 e 25, vale a dire ri-
spettivamente lo zio e tre cugini dell' infermo già descritto (14).
Però dalle notizie raccolte ho potuto rilevare che vari altri membri, che io non
ho avuto opportunità di esaminare, erano colpiti da affezione simile a quella del
paziente. N. 1, cioè il padre ed altri tre zii paterni, una sorella e altri tre cugini.
■■^
560
P, Alessandrini
Riferirò ora in breve i dati positivi da me osservati.
Caso II. — Vincenzo 0., di anni 78 contadino. L* infermo è nato a termine
ha avuto i comuni esantemi delV infanzia ed è stato bene fino all'età di 25 anni. À
quest'epoca si ammogliò con una donna sana da cui ebbe tre figli e nessun aborto.
Nega Ines o malattie venereo; forte bevitore e fumatore.
Fio. 2.
A 30 anni ebbe affezione gastro intestinale a decorso subacuto che gli durò qual-
che mese e di cui guarì senza postumi. Stette poi in buona salute fino a 68 anni,
prescindendo da qualche affezione di poco conto. A 68 anni cadde, riportando frat-
tura del collo del femore destro da cui residuò nn accorciamento dell'arto stessi).
L'inizio dell'affezione familiare rimonta circa al cinquantesimo anno. A quest'epoca
anche egli cominciò a notare una difiìcoltà nei movimenti delicati ; fenomeno che de-
Le alvo fi e del tljìo Charroi^ Marie
r)(H
stri tanto più la sua attenzione quando vide accompagnarsi a questo disturbo una
tendenza delle dita a disporsi in flessione. Non ha mai avvertito disturbi sensitivi
subiettivi a carico degli arti superiori e prima del mio esame non aveva osservato
che tutto l'arto superiore era divenuto atrofico: A carico degli arti inferiori non ha
avvertito nessun disturbo, fuori che delie vaghe parestesie in forma specialmente di
Fitì. 3.
formicolìi, che da circa un anno insorgono di quando in quando senza causa deter-
minante costante ed indipendentemente da epoche determinate.
Al di fuori di questi disturbi fino all'epoca presente non ha avuto altro di no-
tevole.
K. 0. (fig. 2 e 3 ).
Nulla a carico dei movimenti oculari.
5(ì2 • P. Alessandrini
Nulla a carico del facciale superiore ; lieve ipotonia del facciale inferiore de-
stro. Nulla a carico della masticazione e deglutizione.
Nulla a carico del trofismo e della mobilità del collo.
A carico del trofismo della cute degli arti superiori si nota una cianosi abba-
stanza accentuata: la cute è fredda.
Tutte le masse muscolari presentano un'atrofia che si estende fino al deltoide ed
al gran pettorale. La mano è la tipica di scimmia, le falangi sono successivamente
flesse sul segmento sottostante; la Cessione è però più accentuati^ tra là prima e la
seconda falange. Questa posizione è in certo qual modo fissa ; giacché non è possibile
l'estendere la mano oltre la posizione assunta allo stato di riposo, mentre è possibile
l'ulteriore flessione.
Non esiste un atteggiamento vizioso dell'articolazione del polso, del gomito e
della spalla. Non esistono movimenti fibrillari o tremori.
Nei movimenti passivi si nota una forte ipotonia dell'articolazione della spalla,
gomito e polso ; nelle dita, per la posizione fissa è difficile apprezzare il tono musco-
lare. I movimenti attivi sono tutti incompleti ; però la difficoltà è massima nei mo-
vimenti delle dita, nei quali non si arriva neppure all'apposizione del primo col se-
condo da ambedue i lati: non esistono movimenti di lateralità delle dita.
La forza muscolare è molto scarsa in tutti i segmenti dell'arto superiore.
A carico degli arti inferiori, se l'individuo è in piedi, non si- rileva nulla di no-
tevole quanto all'atteggiamento : facendo però sedere l'infermo colle gambe a penzo-
loni si nota che il piede è cadente, assume cioè la posizione equina spiccatissinra,
con lieve tendenza al varismo. Questa posizione però non è fissa; infatti si riesce
senza fatica dell'infermo a far tenere il piede in posizione di talo-valgismo.
La cute presenta una lieve cianosi diffusa a tutto l'art (\ inferiore, essa si pre-
senta fredda al tatto. Quanto al trofismo muscolare si rileva che le massi muscolari
dell'arto inferiore sono tutte leggermente atrofiche.
Vi è un accenno alla giarrettiera, molto meno evidente però che nel caso I.
Al momento dell'esame non si osservano tremori o movimenti fibrillari.
I movimenti passivi presentano una resistenza presso a poco normale.
I movimenti attivi sono tutti possibili dai più grossolani ai. più delicati.
La forza muscolare in tutti i segmenti dell'arto inferiore è un po' scarsa.
La deambulazione non presenta nulla di notevole.
Nulla a carico degli sfinteri.
Dei riflessi i rotulei esistono e sono uguali d'ambo i lati, gli achillei sono molto
fiacchi e non sempre riesce il provocarli. I tendinei superiori sono assenti.
Presenti ed uguali d'ambo i lati i plantari, gli epigastrici, i cremasterici, gli
addominali. Assenti il Babinski e l'Oppenheim.
Presenti il faringeo e il congiuntivale.
Pupille un po' miotiche, uguali d'ambo i lati, a contorno regolare, ben reagenti
alla luce ed all'accomodazione.
A carico della sensibilità dobbiamo far rilevare delle lievi parestesie a carico di
tutto l'arto inferiore che insorgono specialmente di sera.
Dei nervi periferici alquanto dolorosa solo la compressione dello sciatico colle
sue diramazioni un po' più a destra che a sinistra. Non dolorosa la compressione delle
apofisi spinose e delle doccie paravertebrali.
Quanto alla sensibilità obbiettiva si rileva che in corrispondenza degli arti su-
periori si ha un' ipoestesia tattile, termica, dolorifica che va aumentando dai segmenti
U alt
^o/ìe del tipo Char col -Marie 563
prossimali ai distali dove esiste quasi un'anestesia : anche qui è accennata una dispo-
sizione segmentaria come nel N. 1, però è molto meno evidente che in qtiesto.
A carico degli arti inferiori si nota un'iperestesia, il cui limita inferiore non è
ben netto e che non varia d'intensità a diversa altezza.
Non sintoma di Romberg, non atassia.
Normale il senso di posizione delle membra.
Nulla a carico dei sensi specifici.
Caso in. ~ Antonia 0, di anni 62, d. d. e. nubile. Nata a termine. É stata
bene fino all'età di 19 anni, in cui ebbe affezione broucopolmonare, da cui guarì
senza postumi, mestruata la prima volta a 12 anni e da quell' epoca regolamentare
fino all'età di 48 anni, in cui ebbe la menopansa senza disturbi appreEzabili degni
di nota.
A 23 anni ebbe eruzione cutanea, localizzata all'arto superiore destro, che, dai
caratteri messi in rilievo dalla paziente, si può dedurre trattarsi di nn*eczema. An-
che di questo guarì senza postumi.
Da quell'epoca è stata bene fino all'età di 47 anni circa, epoca in cui si accorse
che, senza ragione evidente, le mani, specialmente la sinistra, divenivano rigide e
sempre più inadatte a lavori delicati. Ebbe a quell'epoca anche delle parestesie sotto
forma di formicolìi lungo le mani e gli avambracci e cominciò a notare che le ossa
delle mani si facevano più evidenti cioè le « mani . si dimagrivano ».
Questi disturbi sono andati sempre aumentando fino all'epoca presente.
E. 0. Oculomozione normale. Facciale intero.
Nulla a carico della motilità e del trofismo della lingua.
Masticazione e deglutazione normale. Non esistono disaltrie.
Nessuna posizione viziosa del capo: trofismo dei muscoli del collo normale.
Nulla a carico dei movimenti attivi e passivi del capo.
Nessuna posizione viziosa dei vari segmenti degli arti superiori, fuori che delle
dita, dove esiste una flessione rigida costante delle falangi. Al contrario che nel
caso n qui la I falange non è flessa quasi affatto, mentre lo sono le altre due; sicché
la mano assume quasi un aspetto ad artiglio.
La cute si presenta un po' fredda al tatto.
Le massi muscolari si possono dire scomparse nella mano, specialmente nell'emi-
nenza tenare : l'atrofia è accentuatissima fino alla metà dell'avambraccio, dove si av-
verte un arresto brusco dell'atrofia: al di sopra il trofismo delle masse muscolari è
normale.
Al momento dell'esame non esistono tremori o movimenti fibrillari.
La resistenza ai movimenti passivi non si può apprezzare per la. diflicoltà che
prova l'inferma a rilasciare completamente l'arto; certo è che l'estensione delle dita
non si può compiere neppure coi più grandi sforzi.
I movimenti attivi del braccio, dell'avambraccio e della mano si compiono senza
difficoltà e in tutta la loro estensione, quelli delle dita si possono dire scomparsi :
anche l'ulteriore flessione di esse non esiste affatto : nell'opposizione si arriva appena
al 2** dito.
La forza muscolare, quasi normale nei segmenti superiori, si può dire nella mano
scomparsa.
A carico degli arti inferiori non si riscontra nulla di notevole nell'atteggia-
mento, anche a gambe penzoloni. Il trofismo della cute e dei muscoli è normale. Non
esistono tremori o movimenti fibrillari. Un po' diminuita la resistenza ai movimenti
Le atrofìe del fijìf) Charcot- Marie 565
La forza muscolare è discl'eta nei segmenti prossimali delibarlo superiore, scarsa
alla mano.
Negli arti inferiori non si riscontra nulla di notevole nell'atteggiamento, sia
nelle comuni posizioni che a gambe penzoloni. Non esistono tremori o movimenti
fibrillari. La resistenza ai movimeuti passivi è normale. I movimenti attivi sono tutti
possibili ed in tutta la loro estensione. La forza muscolare è discreta. Deambula-
zione normale.
Vescica e retto normali pex la funzione.
I riflessi tendinei sono presenti ed uguali d'ambo i lati, però negli arti supe-
riori sono appena accennati.
Plantari, cremasterici, epigastrici ed addominali presenti ed uguali d'ambo i lati.
Babinski ed Oppenheim assenti. Faringeo e congiuntivale presenti.
Pupille uguali, di media grandezza, bene reagenti alla luce ed all'accomodazione.
A carico della sensibilità subiettiva spontanea cfr. anamnesi.
Non dolorosa la compressione dei nervi periferici, delle apofisi spinose e delle
doccie paravèrtebrali.
A carico della sensibilità obbiettiva si riscontra una iperestesia dolorifica e ter-
mica del segmento distale della mano, il cui limite superiore si determina difficil-
mente, e più estesa dal lato palmare. Nulla a carico della tattile.
Nelle altre regioni del corpo non vi è nulla di notevole.
Senso di posizione delle membra integro. Assente il sintoma di Romberg. Non
atassia. Nulla a carico dei sensi specifici.
Caso V. — Angelina 0, di anni 38, d. d. e, nubile.
Nata a termine. Non eredità luetica. o tubercolare. Nell'infanzia ebbe affezione
oculare che le ha lasciato come postumo una minore resistenza della mucosa con-
giuntivitale contro gli agenti meccanici e reumatici. Mestruata la prima volta a 15
anni circa e da quell'epoca sèmpre regolarmente. Da circa cinque anni va soggetta
a dispepsìa ; non ha avuto però nessun'altra affezione notevole, né ha avuto ad ac-
cusare fino all'epoca presente alcun disturbo sensitivo o motorio degno di nota.
E. 0.
Nulla a carico dell'oculomozione e dei muscoli innervati dal facciale, fuori che
una lievissima ipotonia ed ipocinesia del facciale inferiore sinistro.
Nulla a carico della lingua; non disturbi della masticazione o deglutizione;
nessun atteggiamento vizioso del capo, nulla a carico della sua motilità attiva e
passiva.
Sia negli arti superiori che negl'inferiori non esiste nulla di notevole nel-
l'atteggiamento e nel trofismo cutaneo-muscolare. Non tremori o movimenti fibril-
lari. Non alterazioni del tono muscolare. Movimenti attivi e tutti possibili ed in tutta
la loro estensione. Forza muscolare un po' scarsa. Deambulazione normale. Sfinteri
integri.
Rotulei, achillei, tendinei superiori presenti ed eguali d'ambo i lati. Plantari,
epigastrici e addominali pure presenti ed eguali d'ambo i lati. Babinski ed Oppen-
heim assenti: Normali il faringeo e congiuntivitale.
Nulla a carico delle pupille.
Non disturbi della sensibilità subiettiva spontanea. Non dolorosa la compressione
dei nervi periferici, delle apofisi spinose e delle doccie paravèrtebrali.
Si nota solo una ipoestesia dolorifico-termica della mano destra, dalla testa dei
metacarpi in giù. Nulla a carico della sensibilità tattile. Normale il comportamento
566 P. Alessaìidrini
della sensibilità obiettiva nelle altre regioni. Non alterazioni nel senso di posizione
delle membra, non sintoma di Romberg/ non atassia.
Sensi specifici: nalla di anormale.
Nel caso 5 non abbiamo nulla dell'afTezione in discorso, giaccbè manca T atro-
fia muscolare, che certo si deve considerare come il sintomo fondamentale, però il
ca9o è di una certa importanza, infatti il disturbo sensitivo obiettivo non può rife-
rirsi ad un fenomeno isterico, come si rileva dalla mancanza di altre stimate di que-
sta affezione; e si presta a delle considerazioni, su cui ritornerò appresso.
Ora riassumerò i dati positivi degli altri casi per assurgere a delle conclusioni
generali.
Caso I. — Giuseppe O., di anni 57, contadino. Àlcoolista-fumatore. Inizio del-
^affezione a circa 35 anni, dapprima da un lato, poi estensione ad ambedue sotto
forma di debolezza alle mani e difficoltà nei movimenti delicati. A 40 anni polmonite.
Estensione poi del processo.
Mai disturbi sensitivi subiettivi negli arti superiori. Negli arti inferiori inizio
deiraffezione verso i 45 anni con disturbi sensitivi subiettivi.
A 53 anni caduta e frattura del collo del femore sinistro.
E. 0. Ipotonia ed ipocinesia del VII inferiore destro.
A carico degli arti superiori si nota un atteggiamento delle dita in flessione.
Cute marezzata e fredda al tatto. Atrofia di tutti i muscoli della mano e della metà
inferiore dell'avambraccio. Limitazione dei movimenti a livello delle parti atrofiche,
dove pure vi è quasi una scomparsa della forza muscolare.
- Negli arti inferiori si ha un piede vaj*o-equino.
Cianosi e senso di freddo alla palpazione. Atrofia en jarrettiere. Limitazione
dei movimenti e della forza muscolare in corrispondenza dei muscoli atrofici. Steppaggio.
Mancanza dell'Achilleo e di quasi tutti i tendinei superiori.
Lieve dolore del crurale e dello sciatico alla palpazione.
A carico della sensibilità obiettiva ipoestesia degli arti superiori a carattere seg-
mentario crescente dall'alto al basso.
Zone d' ipoestesia alternate con zone d'iperestesia negli arti inferiori.
Tanto nei primi che nei secondi i disturbi sensitivi coincidono colle zone
atrofiche.
Caso II. — Vincenzo 0., di anni 78, contadino. Inizio verso i 50 anni: dei
disturbi sensitivi subbiettivi, solo qualche vaga parestesia degli arti inferiori da un
anno circa. A 65 cadde riportando la frattura del collo del femore destro.
All'esame obiettivo: atrofia accentuatissima di tutti i muscoli dell'arto superiore,
che si estende fino al deltoide ed al gran pettorale.
Gli arti inferiori sono alquanto atrofici e vi è un accenno alla giarrettiera. Tutti
i movimenti sono possibili e in tutta la loro estensione : i piedi però nella sospensione
hanno un atteggiamento in equino-varo molto spiccato (fig. 3).
Rotulei deboli, achillei assenti.
Ipostesia tattile, termica, dolorìfica degli arti superiori, che va aumentando dalla
radic£L aL sfigumuitL distali.
Iperestesia spiccata degli arti inferiori.
Caso III. — Antonia 0., di anni 62, d. d. e. Malata da 15 anni. Presenta al-
l'esame obiettivo una tipica mano di scimmia con atrofia, che si arresta bruscamente
al terzo inferiore dell'avambraccio. Lieve tendenza alla flessione delle dita.
Le atrofie del tij)(j Charcot- Marie 5t)7
Ipoestesia tattile, termica, dolorifica, che va diminuendo verso. Paltò e termina
bruscamente presso a poco do^e s* inizia l'atrofia. Arti inferiori perfettamente integri.
Caso IV. — Eligio 0. di anni 40 contadino. Nell'anamnesi qualche parestesia
alle mani e nna debolezza in queste da circa due anni.
All'eiame obbiettivo un'atrofia bilaterale incipiente dell'eminenza tenare, e piii
spiccata un'atrofia dell'eminenza ipotenare. Le dita sono tutte un po' piegate verso
il lato ulnare. Lieve tendenza alla flessione dei segmenti distali delle dita sui pros-
simali.
Arti inferiori integri.
Rotulei ed achillei pronti: tendìnei superiori deboli.
Notevole iperalgesia della mano, più accentuata nella faccia palmare.
I caratteri comuni ai casi 1, II, III, IV sono rappresentali specialmente
duirereditarietà, dall'insorgenza in età adulta, da un atrofia che s'inizia di-
stalmente negli arti superiori; a decorso lentissimo e che invade poscia gli
arti inferiori, ma può non invaderli.
L'atrofia in allo si arresta bruscamente. Mancanza di riflessi tendinei cor-
rispondenti ai punti più atrofici. Non scosse fibrillari. // carattere piii impor-
tante è la costanza dei disturbi sensitivi obbiettivi, che hanno di caratteristico
di corrispondere topograficamente alle alterazioni muscolari. La mancanza dei
disturbi obbiettivi. Disturbi trofici. Non tremori o scosse fibrillari.
Dei caratteri particolari abbiamo lo steppaggio nel caso I; la giarrettiera
nel caso I, lU II modo caratteristico di comportarsi della sensibilità che varia
entro certi limiti nei singoli casi e che nel caso V costituisce già di per sé
tutta l'a finzione.
*
* *
Nun vi è dubbio che in (juesti casi si tratta di un caso di Dystrophia
muse, progressiva, non certo del tipo Aran Duchenne, anzitutto per il decorso
lentissimo, per l'arresto brusco dell'atrofia, pel carattere familiare ed eredi-
tario, per la mancanza di diffusione al bulbo e per i notevoli disturbi sensitivi.
Parlano contro la miojìatia protopatica l'inizio nell'età adulta ed il de-
corso della malattia dall'estremo distale al prossimale degli arti; la presenza
di parziale R. D., la mancanza di lipomatosi ed ipertrofia vera o falsa, la per-
fetta integrità dei muscoli della faccia e la presenza di disturbi sensitivi.
Contro la sclerosi laterale amiotrofi^a parla l'abolizione dei riflessi tendinei
e la presenza dei disturbi sensitivi.
Contro la distrofia muscolare del tipo Werdaing-Hoflmann sta l'inizio
in età adulta, l'inizio distale dell'atrofia, la presenza di disturbi sensitivi e
la lentezza del decorso.
Non siamo in presenza di un caso di nevrite interstiziale ipertrofica , per
la mancanza del sintomo di Argyll-Robertson, del nislagmo, dell'atassia,
della cifoscoliosi e dell'ipertrofìa dei nervi.
-^
5f)8 P, Alessandrini
Non si traila neppure cii nni» polinevrite cronica^ per il carallere eredi-
tario e famigliare, per il decorso estremamente Lcnlo, per la mancanza di sin-
tomi subiettivi, per la mancanza del fattore eliologico e per il carattere seg-
mentano delle alterazioni della sensibilità e dell'atrofia dei muscoli.
Non rimane quindi altra ipotesi che si tratti di un caso di alrofui mt(r
scolare progressiva del lijx) Charcot- Marie, in favore della (juale partano an-
zitutto il decorso piuttosto lento, il carattere ereditario famigliare, la mancanza
di contrazioni fibrillari, la presenza dei disturbi sensitivi e trofici. Il mio caso
però si segnala per parecchi sintomi piuttosto rari; specialmente per il modo
caratteristico di comportarsi della sensibilità.
Della fauiiliarità deiratrofia muscolare progressiva a tipo Charcot-Marie
già questi fine AA. e prima di essi TEulemburg, l'Eichorst, riiannnond,
rOrmerod e lo Schultze ne avevano trattato. Lo Charcot ed il Marie
nella loro completa monografìa descrivono cinque casi, dei quali in due soli
esisteva il carattere famigliare della malattia e per nessuno l'ereditarietà, che
però già si riscontra nei casi di Eie hors! e di Hammond. Le osservazioni
sul carattere famigliare ed ereditario della malattia si sono talmente molti-
plicate, che di questo carattere se ne è fatto un criterio dilTerenziale con altre
forme morbose. Sono però tutt'altro che rari i casi isolati, come si può rile-
vare sfogliando la letteratura sulPargomento; però, se non esiste la miliarità od
eredità diretta, è quasi costante una predisposizione famigliare od ereditaria
alle malattie nervose ed il Sainton ha potuto riunire solo 10 casi in cui
mancherebbe l'ereditarietà diretta ed indiretta.
Nel nostro caso si tratta di una forma squisitamente familiare ed ere-
ditaria, come si può rilevare dall'esame dell'albero genealogico e dal confronto
dei pazienti da me esaminati.
La malattia, secondo le statistiche più accreditate vspecialmente quella del
Sainton, s'inizia per lo più prima dei 20 anni, specie nell'infanzia; è raris-
sima dopo i 40 anni. Nei nostri casi invece l'insorgenza fu sempre tardiva.
Fra le forme atipiche quanto all'epoca dell'insorgenza citerò il caso del Vi-
zioli in cui la malattia s'inizio a 59 anni: tra quelle ad insorgenza precoce
vi è quello del Binert, in cui si sviluppò a tre anni.
L'inizio in diversi membri della stessa famiglia può essere o no contem-
poraneo: per lo più non lo è. Nei mici pazienti si può dire che non esìste
contemporaneità dell'inizio; infatti, mentre nei casi I, IV e V l'affezione
s'iniziò verso i 40 anni, nei casi II e III cominciò verso i 50; però possiamo
dire che in tutti si tratta di sviluppo piuttosto tardivo della malattia, giacché
in tutti è superato di molto il ventesimo anno s\\ età.
Quanto al sesso è concorde l'opinione degli autori ad ammettere la pre-
valenza in quello nìaschile: esaminando l'albero genealogico della famiglia da
me studiata, rileviamo invece che su cinque maschi vi sono otto femmine affette.
E notevole a questo ])roposito il caso di Berhardt, in cui tutti i maschi della
l'amiglia erano rimasti immuni, mentre le femmine furono tutte colpite. Del
resto moltissimi sono i casi opposti: dei più caratteristici è quello del Tognoli.
Le atrofie del tipo Charcot- Marie 5t>9
Alcuni AA. insistono sul fatto che i pazienti affetti dall'atrofia del tipo Char-
cot-Marie sono stati colpiti prima'da un'altra malattia. Nei miei casi questo
non risulta, però in Giuseppe possiamo ritenere che la polmonite abbia ac-
celerato il decorso del male. Nei bambini sono specialmente il morbillo o Ih
rosolia che destano l'insorgenza della malattia. È importante a notare che
appunto in molte di queste forme postinfettive, in cui, pur esistendo il quadro
tipico della malattia, mancava il carattere ereditario familiare (Batten, Pe-
terson). La malattia infettiva precederebbe lo svolgersi dell'aftezione in di-
scorso di un'epoca che varia da qualche mese a qualche anno. In un caso di
Egger precedette il reumatismo articolare acuto. Sono stati citati anche ì
traumi come cause determinanti dall'affezione.
Quanto alla localizzazione, dalle medie rilevate dalle statistiche, risulta
che la malattia comincia prima nei piedi poi nelle gambe, in modo simme-
trico. S'inizia con una paralisi bilaterale del peroneo poi del tibiale ante-
riore e dell'estensore comune delle dita; il piede si pone in atteggiamento
equino-varo, il malleolo esterno proemina e si può arrivare fino alla lussazione
del piede sulla gamba: il piede assume contemporaneamente la posizione
en griffe per la paralisi degli estensori delle dita. Dopo qualche anno vengono
colpite da atrofia le mani con inizio nella eminenza tenare ed ipotenare, poi
vengono presi gl'interossei, ecc.; finché si viene ad avere la mano ad arti-
glio. Infine vengono colpiti gli avamhracci; e in questi prima i gruppi esten-
sori poi i flessori; i pronatori ed i supinatori persistono per lungo tempo in-
tegri. Più di rado l'atrofia comincia contemporaneamente nelle mani e nei
piedi. È eccezionale l'insorgenza prima nelle mani e poi nei piedi. In casi
rarissimi l'atrofia può restare sempre limitata agli arti superiori; cosi in quelli
di Hànel, in cui cominciò alle mani e si diffuse alle braccia alla nuca ed
al collo; mentre negli arti inferiori non si ebbero che crampi e fenomeni
dolorosi. È interessante il caso (descrìtto dal Thomson) di un paziente in
cui l'atrofìa s'iniziò negli arti inferiori, restando a questi limitata mentre in
un fratello di esso s'iniziò nei superiori. Affatto originale è il caso descritto
da Oppenheim e Cassirer, in cui l'affezione s'iniziò nell'orbicolare delle
palpebre.
La radice delle membra è rispettata, almeno per lunghissimo tempo.Sainton
aveva ammesso in modo assoluto che l'affezione nell'arto superiore non oltre-
passa in alto il terzo medio dell'avambraccio. Se consideriamo ora i nostri
casi, rileviamo anche qui varie particolaritc^ì degne di menzione.
Anzitutto la insorgenza precoce del male negli arti superiori, mentre ne-
gli arti inferiori le atrofìe non sono molto accentuate anche a stadi avanzati :
questo fatto è costante in tutta la famìglia, anche per gli altri membri da
me non esaminati. Un caso importante che ricorda quello dell' Hanel è quello
della malata del caso III, la quale, dopo 15 o 20 anni dalla localizzazione del-
l'atrofia agli arti superiori, non solo non presenta traccia di atrofia negli arti
inferiori, ma erano possibili anche i movimenti più delicati di essi. Questa
forma potrebbe cosi a ragione formare una varietà e designarsi come « tipo anti-
570 R Alessandrini
brachiale delTatrofia Cliarcol-Marie » varietà che avrebbe ia slessa ragione
ili esistere di quelle esistenti nell'atrofia muscolare progressiva protopatica. Nel
raso II troviamo un'atrofia degli arti inferiori che ricorda quella a giarrettiera,
però (fuesla insorse quando giii nei segmenti distali dell'arto superiore si en»
perduta ogni traccia di mobilità ed i disturbi duravano da circa 25 anni, e
quando negli arti inferiori non vi era neppure una lieve paresi. Vi era però
una lieve ipotonia, tanto che, facendo stare l'individuo seduto, si aveva il
piede nella più tipica posizione in equino-varo, come si rileva dalla fotografia
qui annessa; mentre l'infermo poteva mantenere per lungo tempo la posi-
zione di valgo talo e il paziente non avvertiva il minimo disturbo nella deam-
bulazione e non presentava nessun disturbo statico. La propagazione al cinto
scapolare, cosi caratteristica nel caso II, è un fatto raramente descritto nel-
Tatrofia del tipo Charcot-Marie. Si potrebbe pensare che nel caso I TalTe-
zioue, non potendosi estrinsecare al di sopra dell'avambraccio, per una certa
resistenza degli altri gruppi muscolari dell'arte) superiore, si sia estrinsecata
specialmente a carico degli arti inferiori, mentre nel caso H, raffezione abbia
continuato il suo decorso primitivo, coinvolgendo nell'atrofia solo in lieve grad«»
gli arti inferiori.
l/atro(ia nei casi I, li e HI ha colpito uniformemente tuttti i muscoli, n(»n
ronservandone alcuno, conie nelle paralisi motrici radicolari: cosi si ha la tipica
disposizione delle atrofie muscolari dipendenti da lesioni delle cellule motrici
spinali, come nell'atrofie tipo Aran-Diichenne, nella siringomielia, ecc.
Nel caso IV l'alrotìa si era iniziata a carico specialmente delTemi-
nenza ipotenare. Questa osservazione è interessante perchè ha colpito l'inizio
della malattia. La mano nei miei casi I, Il e IH aveva assunto la forma ti-
pica ad artiglio e di scimmia. Nell'avambraccio erano più presi gli estensori
che i flessori, come risultava dalla posizione delta mano e dall'esame dei mo-
vimenti, ma specialmente della forza muscolare. Del resto un giudizio sulla
funzione dei vari muscoli non si poteva nei miei casi dedurre dall'esame dei
vari movimenti, per le anchilosi e le retrazioni tendinee.
Nei miei casi mancava il minimo accenno all'iperlrotìa e pseudo ipertrofia
muscolare descritta da qualche autore, e specialmente da Oppenheim e Cas-
sirer.
Nell'incesso dei malati affetti da atrofia del tipo Charcot-Marie è carat-
teristico lo steppaggio, che dipende dalla paralisi dei muscoli anteriori della
gamba, e può scomparire a lungo andare per le alterazioni articolari tibio-
tarsee. Io ho potuto rilevare lo steppaggio solo nel caso I, mentre era completa-
mente assente negli altri casi. Il movimento speciale descritto dai francesi come
pietinement sur place non l'ho riscontralo in alcuna delle mie osservazioni.
Sono frequenti le cadute che possono costituire per alcuni anche il sintoma
iniziale; nei miei malati ne ho due esempi tipici; infatti il caso I e H
presentano ambedue fratture del collo del femore, consecutiva a cadute. Le
callosità nelle piante dei piedi, attribuite dagli autori francesi alla dififìcaltà
del cammino ed all'instabilità dell'incesso, erano evidenti solo nel caso I.
\
. Le atrofìe del tijX) Char col -Marie 571
L'arresto brusco dell'atrofìa, già accennato negli arti inferiori del mio
caso II, era meno evidente in quelli superiori, perchè ralrofia aveva invaso
anche la spalla. La forma a « giarrettiera » tipica è evidente nel caso I, il
quale presenta anche un arresto netto in corrispondenza dell'avambraccio al suo
terzo superioi'e. Anche nel mio caso III esiste un'atrofia segmentaria nettissima '
ed i muscoli al di sopra del segmento atrofico sono normali.
Da alcuni autori è stato messo in rilievo il propagarsi dell'afl'ezione ai
segmenti più alti del midollo spinale. È classico il caso del Vizioli con pro-
pagazione ai nervi ottici. In uno dei nostri casi (I) eravi paresi del VII infe-
riore di destra.
A proposilo dell'asimmetria delle lesioni la malattia può essere fin dal-
l'inizio simmetrica, ovvero può iniziarsi da un lato e poi estendersi all'altro.
Nei miei pazienti appare evidente questo fenomeno, specialmente nei due casi
incipienti (IV e V.) Del resto nel caso I si rileva resistenza di questo fatto^
dall'anamnesi ed in qualche modo dall'esame obbiettivo, che fa notare una
certa asimmetria della lesione.
Spesso esistono le contrazioni fascicolari e fibrillari, che in tutti i miei
casi sono mancate completamente. Varie sono state le altre forme di movi-
menti involontari descritte nelTatrofia a tipo Charcot-Marie: questi si hanno
più accentuati specialmente all'inizio della malattia ma io non ho avuto occa-
sinne di osservarli.
I riflessi in questa forma morbosa sono talora normali; più spesso deboli
0 aboliti. Nei miei pazienti ho potuto rilevare che in genere la mancanza dei
riflessi tendinei e cutanei accompagna lo svolgersi dell'atrofia e che gli achil-
lei sono, come nella tabe, i primi a perdersi negli arti inferiori ; mentre negli
arti superiori il riflesso radiale ed il cubitale sono mancati anche nei casi
iniziali, persistono però più a lungo i riflessi tricipitale e bicipitale. Solo ec-
cezionalmente i riflessi rotulei sono esagerati come nel caso descritto dal
Dercuni. Talora si è notata l'assenza del riflesso rotuleo, senza che l'atrofia
avesse oltrepassato la gamba e senza che esistesse il minimo disturbo sensitivo.
Quanto al comportarsi della reazione elettrica nell'atrofia a tipo Charcot-
Marie si può dire con Charcot che là dove è più avanzata la malattia è
completamente abolita l'eccitabilità muscolare, galvanica e faradica. Propria-
mente nei muscoli più colpiti si hanno alterazioni (qualitative degenerative),
nei muscoli meno colpiti solo alterazioni quantitative della reazione elettrica.
Hoffmann, praticando l'esame elettrico in modo melodico su tutti i nervi
ed i muscoli, stabilì che si possono avere abolizione e diminuzione dell'ecci-
tabilità elettrica (sia galvanica che faradica) in lutto l'apparecchio motore volon-
tario, e non solo nei muscoli, ma anche nei nervi, ed inversione della for-
mula in qualche punto di essi. La diminuzione dell'eccitabità elettrica sui nervi
si fa sempre maggiore dal tronco verso la periferia. In modo analogo si com-
porta sui muscoli.
È stata descritta la R. D. anche in territori muscolari non colpiti da atrofia.
Io ho avuto opportunità di praticare l'esame elettrico solo nel caso 1 ; in
572 P. Alessaìidrini
questo bo potuto rilevare che l'ineccitabitità elettrica va estinguendosi man
man mano che si sale verso l'alto, come ho già messo in rilievo. Non ho mai
osservalo l'inversione della formula.
Gli sfinteri sono sempre integri, come ho potuto rilevare nei miei pazienti
Io ho riscontrato in un caso solo una polìachiuria intermittente, non giustificata
da alcun reperto urinario o da aflezioni vescicali o prostatiche: esso fu segna-
lato anche nel caso di Egger.
I disturbi vasomotori e trofici sono slati trovati varie volte neiraffezioue
in discorso, anzi da alcuni autori vengono considerati come costanti. I prin-
cipali sarebbero abbassamento della temperatura, estremità fredde, cianotiche,
geloni, striatura delle unghie ecc., glossy skin (Hànel-Lahr). In uno dei miei
casi (I) ho rilevato la mano ed i piedi freddi al tatto e un po' cianotici : negli
altri ho riscontrato una grande sensibilità al freddo. Oppenheim osservò
un'ulcera perforante in un caso di atrofia a tipo Charcot-Marie. Da alcuni
è stata messa in evidenza la grande tendenza alle fratture delle ossa di questi
individui. Io nei miei cinque casi ho rilevato due fratture del collo del femore^
che però tendo a mettere in rapporto più colle difficoltà dolla stazione e della
deambulazione, di quello che con una maggiore fragilità delle ossa vera e pro-
pria, come alcuni pretendono.
I disturbi a carico della sensibilità, nei mici casi erano sempre presenti
anzi talora costituivano il primo sintomo della malattia. Alcuni autori hanno
segnalato un parallelismo tra le alterazioni del trofismo muscolare ed i disturbi
sensitivi, che si comportano ugualmente colla stessa distribuzione segmenlaria.
Dall'osservazione dei miei pazienti parrebbe anzi che i disturbi sensitivi siano
i primi a comparire. Da molti AA. si è fissata inoltre l'attenzione su disturbi
sensitivi subbiettivi (parestesie) che precedono l'atrofia.
Lo studio del comportamento della sensibilità obiettiva in questa forma
morbosa è stato piuttosto trascurato ; alcuni negano la presenza di disturbi
sensitivi, altri invece lì trovano, come il Sacki, che nel suo caso mise in nlievo
un'ipoestesia tattile-dolorifica distale, mentre la sensibilità termica non pre-
sentava disturbi: il Lawrie, invece riscontrò una ipoestesia termica e il Lahr
trovò un'analgesia accompagnata da iperestesia tattile. Il Siemerling riscontrò
un'ipoalgesia in tutto il corpo, specialmente nelle gambe. Lo Schultzeinun
caso riscontrò sensazione raddoppiata. Il Rydel sosteneva che se anche le altre
forme di sensibilità obbiettive possono risultare integre, la vibrosensibilità ri-
sulta sempre alterala, fatto negato dal Noica in suoi recenti studi. L'Hanel
ed il Dercum accennano ad iperestesie che possono presentarsi nell'aflezione
in parola. Ad un arresto brusco nei disturbi della sensibilità accennano il
Kahlerk ed il Noica.
1) Ora il reperto della simmetria dei disturbi e della limitazione netla
di casi mi sembra importante perchè tenderebbe ad appoggiare la natura spi-
nale dell'aflezione, nel (jual senso parlano pure le recenti osservazioni istolo-
giche del Marinesco e del Sainlon, che hanno riscontrato nel midollo alte-
razioni simili a ({uelle della tabe;
Le atrofie del tipo Charcot- Marie 573
t) Perchè i disturbi sensitivi a tipo nettamente segmentario da me ri-
scontrati, parlerebbero in favore di una metameria spinate.
Dall'esame comparativo dei miei pazienti risulta evidente che si p<»ssano
avere tpoestesie ed iperestesie anche nello stesso indivìduo. Difatti esami-
nandoli accuratamente «i potrebbe affermare in via ipotetica che in un primo
stadio della malattìa si ha costante iperestesia, mentre negli stadi più avan-
zati si avrebbe Tipo- o l'anestesia che seguirebbe, quasi stato paralitico, alto
stadio d'irritazione.
Cosi notiamo che in tutti i casi incipienti non si ha mai ipo- od ane-
stesia ma costante iperestesia, mentre il contrario succede nei casi avanzati:
ed in uno stesso individuo nel punto dove l'atrofia è più antica si ha una
anestesia, nel punto dove è più recente un'iperestesia, almeno in linea generate.
Nei miei pazienti i disturbi sensitivi subbiettìvi sono quasi assenti, nono-
stante forti disturbi obbiettivi della sensibilità. Quelli infatti possono mancare;
ovvero può pure succedere il caso inverso, di essere cioè motto accentuati, sia
in forma di crampi o di parestesìe, che di veri dotori laceranti e terebranti.
È interessante il caso di Goldenberg, in cui esistevano fortissimi dolori, ma
solo nella stagione ^primaverile. Da molti AA. è stato pure riscontrato il do-
lore dei nervi alla pressione, fatto accennato pure in uno dei miei casi (ì).
l disturbi del senso di posizione delle membra citati da alcuni AA. mancavano
completamente nei miei infermi, come pure l'atassia. Vi è però un lieve
Romberg nel caso I. Nelle atrofie peroniere sono state di regola osservate
dell).' retrazioni tendinee a carico delle parti colpite. Nei miei pazienti I, Il
ed anche nel HI vi sono esempi tìpici di retrazione dei flessori delle dita:
non si può parlare qui di una vera anchilosi; giacché l'iperflessione delle dita
si compie abbastanza agevolmente. Anche i lombricali ed interossei delle mani
sono soggetti ad uno slato di retrazione.
Il decorso dell'atrofia a tipo Charcot-Marie è per lo più lento, salvo
rare eccezioni (Ballet-Rose). Per lo più s'inizia in un arto, come nel caso I
(forse rappresentato dal sinistro), però prima o poi l'affezione diviene simme-
trica, benché siano stati descritti dei casi asimmetrici.
A carico dei nervi cranici io ho riscontrato la paresi bilaterale del VII
solo in un lato, fatto già notato dallo Schaw. I sintomi tabici quali l'atassia
a tipo spinate, il Romberg, il Robertson, il senso di cintura e di tappeto,
l'atrotìa del N. 0., i dolori lancinanti, i disturbi vescicali ecc., nell'atrofia d^*l
tipo Charcot-Marie sono tutt'altro che rari, tanto che si passa gradualmente
(jalla forma suddetta alla nevrite interstiziale ipertrofica, per cui il Marinesco
l'ha considerata come una forma frusta di questa. Io nei miei casi, eccezion
fatta del Romjìerg, non ne ho trovato accenno. Accennerò solo esser stale
descritte varie forme intermedie tra queste due malattie, specialmente dal To-
gnoli, Brasch, Raymond, Schuitz, Campbell, Beduschi ecc. Cosip.es.
nel caso del Beduschi si avevano quasi tutte le alterazioni della forma Char-
cot-Marie, più la cifoscoliosi, il nistagmo e l'ipertrofia del mediano^che fanno
parte invece del quadro della nevrite interstiziale ipertrofica; per questa sindrome
574 P. Alessandrini
mancavano invece l'atassia degli arti e la pupilla tabetica. Sono state descritte
pure varie forme di passaggio tra l'atrofia Charcot-Marìe e l'atrofia a lipo
Duchenne-Aran (cosi i casi descritti dal Batten, Petersom e Weber), Ira
quella e le miopatie protopatiche dal Cohn, dall'Oppenhein e Cassirer e
dal Levi, ben riassunte nel lavoro di quest'ultimo, il quale cerca anche di
penetrare nell'interpretazione di queste forme.
È interessantissimo il caso di Dàhnadt dì due sorelle, di cui una pre-
sentava il quadro dell'atrofia Charcot-Marie, l'altra quello di miopatia
tipica.
Non mi tratterrò a lungo sull'anatomia patologica di queste forme mor-
bose, non avendo avuto opportunità di eseguire ricerche in proposito. Ricor-
derò solo le ultime vedute sull'argomento, che vengono cosi a lumeggiare alcuni
miei reperti. Le basi anatomo-patologiche della questione non possono .dirsi
incrollabili per l'esiguità dei casi studiati. I reperti meglio descritti sono quelli
del Marinesco, del Siemerling e del Sainton.
iMenlre nei casi più antichi di Wirchow e del Friedreich, interpre-
tati dall'Hoffmann, si trovarono specialmente lesi i nervi periferici, in quei
casi invece si potè rilevare rarefazioni ed atrofìa delle cellule gangliari della
corna anteriori con perdita dei prolungamenti cellulari e notevole diminuzione
degli elementi cromatofìli del corpo cellulare ; atrofia delle colonne cellulari
di Clarice. Nelle corna posteriori si son trovate alterazioni a carico delle
cellule. I reperti a carico dei fasci piramidali sona incostanti ; costanti e pre-
coci i fatti degenerativi a carico dei fasci dei cordoni posteriori, specialmente
del fascio di Burdach. Anche nei nervi periferici si riscontrarono alterazioni
più 0 meno limitate. Per lo più le fibre erano ridotte ad una guaina vuota
conlenente qualche volta ancora delle fini granulazioni, oppure fibre di un dia-
metro minore del normale, dove si vede ancora il cilindrasse contornato da un
sottile strato di mielina. Lo alterazioni vanno diminuendo dalla periferia verso
il midollo. Dal Dubreilh si riscontrarono anche lesioni a carico dei muscoli
consistenti in ipertrofia delle fibre, irregolarità di forma senza alterazione ap-
parente di struttura e atrofia delle fibre con aumento dei nuclei.
Le ossa sono atrofiche secondo Hoffmann: Sainton al contrario crede
di poter negare l'atrofia dai suoi esami radiografici: i miei esami radiografici
confermano i risultati del Sainton.
Alcuni AA., come l'Hofimann, basandosi su due autopsie antiche Puna
di Wirchow, l'altra del Friedreich, conclusero per la natura nevritica della
malattia, che perciò fu da esso chiamata atrofia muscolare nevritica. E in ([uesta
forma morbosa si volle poi vedere il legame di transizione tra le due forme di
atrofie muscolari progressive, la mielopatica cioè e la miopatie^. Però già lo
Charcot ed il Marie tendevano piuttosto a metterla in rapporto con un'af-
fezione spinale; cosi in seguito si volle piuttosto in essa vedere un legame di
transizione tra le atrofie muscolari progressive e la tabe, una forma, per usare
l'espressione di Baymond, che starebbe a cavallo fra l'atrofia muscolare pro-
gressiva mielopatica e la tabe dorsale.
Le atrofie del tipo Chareot- Marie 575
In fondo l'atrofia muscolare progressiva a tipo Charcot-Marie si po-
trebbe considerare come una tabe, per lo più ereditaria e giovanile, in cui,
essendosi il processo dapprima localizzato nei cordoni posteriori, anziché nelle
radici, verrebbero a mancare di regola i dolori iniziali ed in cui vi sarebbe
una maggior tendenza all'invasione delle corna anteriori.
il De Grazia cerca di distinguere le forme eredo-familiari sistematiche,
in cui la lesione anatomica si presume abbia sede nei neuroni motori, da
quelli in cui la lesione colpisce sia i neuroni motori che i sensitivi: il pro-
totipo di queste seconde sarebbe l'atrofia a tipo Charcot-Marie. Il De Grazia
ammette pure una terza categoria in cui vi sarebbe un'associazione delle le-
sioni delle vie sensitive o motrici o di entrambe, con una lesione delle vie
cerebellari (morbo del Friedreich, eredo-atassia cerebellare di Marie, scle-
rosi sistematica, primitiva, combinata di Westphal-Striimpell, ecCé).
Nella storia della medicina, seguendo l'evoluzione dei concetti delle varie
malattie, riscontriamo quasi constantemente che le forme morbose, fondate
dapprima su caratteri clinici di un valore secondario, van preparando man
mano il materiale col quale si plasmerà più tardi l'entità morbosa nella sua
completa sintesi clinica. Cosi allo smembramento succede l'individualizzazione
clinica, che, sorta quasi tendenza reattiva, risente del suo peccato d'origine,
quindi è destinata a cedere in parte all'evidenza dei fatti antichi e nuovi ;
cosi mentre da una parte si vanno ben determinando i confini cKnicideiraf-
fezione, dall'altra si vengono differenziando delle modalità morbose che non
debbono entrare nel suo dominio, ma che con essa hanno fissi rapporti di
parentela. '
Noi osserviamo lo svolgimento di questo fatto, seguendo le storie dei con-
cetti che han dominio sulle atrofie muscolari progressive. L'esperienza infjittì
ci ha insegnato 'che dovunque osiamo tentare in uno schema processi vilali
senza curarci dei gradi di passaggio, noi vediamo che i confini, che apparivano
ben delineati, vanno invece, coll'aumentare delle nostre conoscenze in propo-
sito, sempre più sfumando e che innumerevoli graduali anelli di passaggio con-
ducono alle forme più prossime. Cosi è impossibile una divisione fondanientale
tra stati normali e patologici ed incontreremo tutte le gradazioni possibili tra
le scolastiche entità morbose. L'atrofia tipo Charcot-Marie ne è un esempio.
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diretta dal prof. Enrico Morselli
Nota preventiva sopra lo stato emotivo nei dementi precoci
per il dott. O. Bertoldi, Assistente
Ki'aepelin, nelPultima edizione del suo trattato di Psichiatria, descrivendo
le forme che ha unificalo sotto la denominazione di demenza precoce, dice :
« quale tratto fondamentale comune del quadro morboso noi possiamo consi-
derare, come giustamente ha di recente dimostralo Stransky, la perdita del-
l'unità interna delle attività intellettive, emotive, volitive > : E avanti : « più
importante è Votlundimento emotivo di grado più o meno elevato, che si ve-
rifica sempre e che rappresenta uno dei tratti fondamentali del processo psico-
patologico.... gli infermi, anche quando forse i movimenti espressivi sono ancora
vivaci, non risentono più una vera gioia ed una vera tristezza iifterna, non
hanno né desideri né timori, ma vivono indifferentemente alla giornata., anche
contro il malessere fisico sembra che siano divenuti più insensibili, giacché
sopportano senza farne gran caso posizioni incomode, punture di spillo, ferite.
G, fkrtoldi - Nola preventiva sopra lo stato emotivo, ecc. 581
Una manifestazione parziale deirotlundimento emotivo è inoltre la perdita della
compassione, del senso di convenienza, dello schifo e del pudore ».
Secondo l'osservazione dello psichiatra tedesco, accettata del resto senza
restrizioni da chiunque' s'è occupato della questione, la base sintomatica di
questa forma poggia sopra il tripode formato dalla lesione del sentimento,
dell'intelligenza e della volontà. Nulla si può obbiettare a tale riguardo che
non sia scrupolosamente giusto, giacché il demente precoce si presenta a chi
l'osserva, nella guisa suddescritla : indifferente, apatico a stimoli sia pure vivaci
e validi : estraneo all'ambiente; sordo alle manifestazioni affettuose dei parenti;
insensibile talvolta alle eccitazioni dolorifiche, alle offese ed alle ingiurie ;
ignaro del pudore, del ribrezzo, dello schifo.
Ma se l'esteriorità mimica, ed una bizzarra e mutevole condotta ci presenta,
nella pluralità dei casi, i dementi precoci sotto quest^aspetto, qualcuno però fa
eccezione alla regola ed a me è capitato di osservare due anni fa, nel Sanatorio
Morselli, lìn infermo di questo genere, fornito ancora di un patrimonio abbastanza
ricco di sentimenti affettivi benché la forma morbosa durasse già da sei anni.
Questo ammalato che presentava stereotipie svariatissime, ecolalia ed ecoprassia,
trascuratezza nel vestire, disordine nel contegno, riceveva la visita dei parenti
e degli amici con visibile contentezza ; era sensibile alle gentilezze ed alle cor-
tesie, provava risentimento evidente ai rimproveri ed alle offese, era pudico,
compassionevole, pietoso. A questa prima osservazione se ne aggiunsero altre
che mi spinsero a saggiare con speciale attenzione lo stalo affettivo di questi
infermi, tanto più che nelle osservazioni fatte la scarsità dei disturbi della
sfera sentimentale andava unita ad un' identica delicienza della sfera volitiva.
Ma l'osservazione diretta e le ricerche analitiche mi potevano servire solo
per quei pochi casi di cui sopra ho fatto cenno, mentre non mi avrebbero
giovato più quando m'imbattevo in soggetti negativisti; risolsi quindi di ricer-
care l'esistenza, il grado e la qualità di una qualsiasi reazione emotiva alla
stregua del reflesso vascolare, affatto indipendente dalla volontà e giustamente
appellato il dinamometro della emjozione. Mi hanno servito bene all'uopo, il
guanto volumetrico del Patrizi di medio calibro, un tamburo di Marey, il
chimografo di Ballzar-Ludwig.
Ecco come procedevo nell'esame del soggetto in esperimento : dopo averlo
preparato con opportuna persuasione (facendogli credere il più delle volte che
si trattava di una cura efficaceì lo munivo del guanto all'arto superiore destro
e lo bendavo al fine di richiamare meglio l'attenzione sopra gli stimoli che
stiwo per procacciargli: il desiderio d' intrapprendere l'osservazione sempre
alla stessa ora, non é stato appagato per la negativa accondiscendenza dei sog-
getti ; invece il medesimo soggetto è stato esaminato in diversi stati di tono
emotivo.
Quando avevo acquistato la certezza che le condizioni di attenzione cor-
rispondevano abbastanza ai rapporti coU'ambiente esterno, portavo sopra l'esa-
minando slimoli sensitivi, sensoriali e psico-emotivi e raccoglievo sul chimografo
il traccialo sfìgmografico della radiale, annotando le corrispondenti variazioni
58^2
G. Ik l'Ioidi
(ii voliniie. l*er le sliiiiulazioni seiiìiitive, il dolore ; per le sensoriali, il jrii.slu,
riidilo e Tolfalo ; per le psico-emotive evocazioni mnemoniche di scene pia-
cevoli o dolorose, annunzii di notizie gradevoli o disgustose, ricordi di persone
care o di figure odiose.
Ho avuto cura di modificare il meno che mi fosse possibile la varieli^ dj'gli
slimoli, ripetendo sempre i medesimi all' infuori di quando speciali condizioni
lo vietavano.
Del polso, del circolo, della pressione e del cuore me ne sono interessato
superficialmente perchè ciò esorbitava dal coujpito che mi ero proposto, seb-
bene fin dalle |H*ime grafiche riconoscessi quale cumulo di sfudio e di osser-
vazioni olTrissero queste ricerche che uelT Istituto clinico sono ora condotte
^'''^''''''''''''''''^^ ^y^
ti aXthu/€- 4wii^ fìPoJ^.^-^ !
dal Dott. Arturo Morselli sojira le demenze secondarie. Potranno, se altri non
mi ])recede, essere Toggetto di un ulteriore studio.
1 risultali di circa duecento osservazicmi sopra trenta soggetti d'esame,
distribuiti in numero di dieci per varietà di demenza, mi autorizzano ad affer-
mare che l'emotività non è spenta nei dementi precoci ; essa persiste entro
limiti che variane» a seconda delle condizioni di coscienza, di lucidità, di calma,
d' im])ulsività, di negativismo, di rigidità muscolare.
Di fronte al demente precoce prima di negargli una reazione afl*elliva ad
uno stimolo cpialsiasi bisogna rendersi conto esatto se quello stimolo fu per-
ceiiito; or accade che nello stalo di equilibro instabile delle attività intellettive,
nel disordine continuo dell'attenzione in cui versano, molte stimolazioni pas-
sino inavvertite e si noti cosi una reazione mancala là dove non v'è stato
neppure percezione. Solamente quando saremo certi dell' integrità della perce-
zione potremo chiamare reazione mancata l'assenza della caratteristica varia-
zione volumetrica alla stimolazione emotiva.
Ebbene tutte le volte che nei miei soggetti d'esperimento ho potuto essere
certo che lo stimolo era arrivato ai centri superiori, ho dovuto notare conse-
inientemente una reazione vasale, di regola a tipo costrittivo. Ho detto, dì
regola, |)erchè contrariamente a ciò che affermano Couty e Charpentier i
(piali scrivono che non c'è ra|q)orto di sorta Ira la natura dell' eceil;ni le, la
Nota preventivn sopra lo stalo emotivo nei dfoicnti precoci
:m
nalura presunta dell'emozione e la natura della reazione vascolare, ho otte-
nuto in due casi, ad eccitazioni depressive una costrizione vasale, a stimoli di
natura piacevole una dilatazione: in tutti gli altri rallermazione diCoutye
Cliarpentier non ha suhito una smentita verificandosi sempre a qualsiasi
eccitazione una costante restrizione vasale.
Nel corso di stati allucinatorì, di incoscienza pressoch^ ass(duta, di ne-
gativismo rigido, di niutacismo, di lìessihilità cerea, di catalessia, quasi co-
stantemente il Testone di pulsazioni si manteneva all' identico livello per quanto
si succedessero rapide ed intense le stimolazioni di varia nalura: solo in quattn^
casi di catatonia cerea con negativisnm e mutacismo un forte stimolo dolo-
rifico provocò una reazione a|>pena accennata, ma gli altri di natura senso-
riale e psichica rimasero inattivi e ncm proviM-arono nessun mutamento vo-
lumetrico.
Qui |)resento due curve simograllche, scelte a caso, nelle (piali la reazicnu'
si vede ahhastanza nìarcata. l^a prima ap|)artiene ad un ehelVenico che «luca
da circa sette anni nello stato di malattia: la seconda ad un calatcmico am-
malato da cinque anni.
Sul genere di questa si presentano anche le altre che vedranno la luce
nella compilazione dettagliata della memoria sperimentale. Non mi dilungo in
questa semplice nota preventiva ad analizzare il fenomeno nelle sue varie ijjo-
dalità, ne a ricercarne la spiegazione. Mi limito solo ad all'ermare resistenza
allo stato latente nei dementi precoci della emotività ed a notare la conco-
mitanza dei due valori semeiologici (a mio parere di grande importanza) i quali
vanno a. pari sia nel mostrarsi che nel mancare, voglio dire della lesione del
sentimento e della volontà.
Quando quest'ultima è meglio conservata nel suo potere dinamico, mene»
lesa nel potere inihitorio, anche l'estrinsecazione dell'attività interna emotiva
è più valida e più adatta a cadere sott'occhio all'osservatore ed io penso a|>-
punlo che la lesione del sentimento più che essere primitiva sia strettamente
legata all'alterazione volitiva e quindi secondaria e dipendente da essa.
584 Hlvista di Patologia nervosa e mentale
RECENSIONI
l^evropatologia.
1. Discussion sur Vhysterie (Società de Neurologie, Parie). — « Revue Neurologi
<iue », XVI Année, n. 8-10, 30 avril et 30 mai 1908.
Che cos'è T isterismo? Quali sono i suoi rapporti (sintomo per sintomo) con la
suggestione, con Tanto-suggestione, con la simulazione e con gli infortuni sul lavoro?
Che valore ha, come mezzo di cura, la persuasione? Questo tema fu proposto da
Pierre Marie alla Société de Neuroloffie nel 1901; e solo nella primavera del-
Tanno corrente Dupré, relatore, ritenne opportuno — avendo attinto notizie da ogni
parte — di riferire, più che le conclusioni, i quesiti che credeva bene di sottomet-
tere all'Assemblea. Siccome in vari punti, anzi nei più essenziali, l'accordo fu quasi
unanime, è interessante conoscere i nomi degli intervenuti: A e hard, Babinski,
Gilbert-Ballet, Bauer, Brissaud, Cestan, Claude, Crouzon, Dejerine, si-
gnora Klumpke Dejerine, Dufour, Dupré, Enriquez, Gasne, Guillain, Hal-
lion, Huet, Lannois, Klippel, Laignel-Lavastine, Lamy, Lejonne, Léri,
Pierre Marie, De Massary, Henry Meige, Raymond, Rochon, Duvigneaud,
Roussy, Sicard, Souques, Thomas, Pitres, Crocq (di Bruxelles), Oskar Vogt
(di Berlino).
Neil' insieme dei fenomeni che si collegano all'isterismo, ve n'è una grandissima
parte che può riprodursi per suggestione e scomparire sia per suggestione, sia per
forza di persuasione: crisi convulsive, paralisi, contratture, anestesie, ipere8t4jsie, di-
sturbi sensoriali, disturbi della parola, stigmate (emianestesia sensitivo-sensorìale, re-
stringimento del campo visivo, poliopia monoculare, discromatopsia, abolizione del
riflesso faringeo, zone isterogene). Non solo ; ma, secondo i più, la suggestione sembra
il solo procedimento capace di produrre simili effetti. Si tratta quasi sempre di
suggestioni involontarie à^origine medica: se l'emianestesia sinistra è più frequente
della destra, ciò dipende anzitutto dal fatto che il confronto tra le due metà simme-
triche del corpo è già, di per sé stesso, una suggestione di unilateralità; se poi
l'emianestesia è quasi sempre a carico della metà sinistra, è perchè il medico, seduto
dirimpetto all'ammalata, comincia dall' esplorare la metà sinistra (col suo braccio
destro).
Basta una simile conclusione, da cui dissente il solo Raymond, rappresentante
dell'ortodossia charcotiana, per condannare la tradizione scientifica di Charcot in
materia d'isterismo e per giustificare le idee di Bernheim che tutto riduce a sug-
gestione. I restringimenti concentrici del campo visivo, per esempio, non sono che
effetto della fatica oppure di un equivoco^ perchè alcuni soggetti non accusano la
immagine se non quando è ben chiara. Io osservo peraltro che dall'errore scientifico
della scuola ortodossa può scaturire un insegnamento pratico : vi sono simulatori
malaccorti i quali, interpretando male la legge del restringimento campimetrico, la
simulano anche peggio, cioè dimostrano un restringimento irregolare (non concentrico)
e incostante (diverso da una seduta all'altra); ebbene, in questo caso l'indagine, per
quanto in se stessa poco concludente, è rivelatrice della simulazione.
Nevropatoloffia 7ìH'ì
A Pitres che, richiesto sul metodo che seguiva per verificare l'esistenza della
eiDÌanestesia isterica, rispose ingenuamente : « io pungo la malata con uno spille» e
le dico: sentite .^-^t Babinski ha buon giuoco a replicare: «con questa domanda
voi ammettete già che Taramalata potrebbe non sentire ».
La replica di Babinski è giustissima; ed io ho sempre pensato come Babinski;
ho sempre avuto una mediocre fiducia nel carattere patognomonico deiremianestesia:
ed ho sempre insegnato agli studenti che il miglior mezzo per non provocare nelle
isteriche sintomi artificiali era quello di esaminarle sommariamente, senza zelo. Come
la miglior cura consiste nel trascurarle (cortesemente), così il miglior eaame è quello
che si pratica con minore zelo.
Certo qualche cosa rimane; rimane che l'isterismo è per eccellenza una condi-
zione di suggestibilità: come gli infantili, i deboli e gli indeboliti, anche le iste-
riche sono squisitamente suggestibili.
Vi sono sintomi sottratti alla suggestione ? Certamente: i riflessi pupillari e ten-
dinei e qualche altro; ma sono pochi. E mentre sono scarsi di numero, non sono
punto importanti per qualità; anzi non hanno nulla di caratteristico. Conviene se-
parare il primo gruppo di sintomi (simulabili) dall'altro, affibbiando ai simulabili
(od ottenibili per suggestione) il nome di pithiatisme ? È un quesito che la So-
ciété de Neurologie ha voluto porsi, ma la cui soluzione non ci interessa. Quel nome
è infelice; i nomi espressivi, facili, pittoreschi non hanno bisogno d'un decreto-legge,
neppure da parte di una Società eminente come quella di Parigi, per entrare nelle
lingue di tutti i popoli civili.
Né Babinski, ne Dupré hanno mai potuto ottenere la febbre isterica per
suggestione. Dovremo concludere ch'essa non esiste ? Su questo punto l'Assemblea ri-
mane in dubbio.
Quanto ai fenomeni circolatori e al dermografismo, la stessa oscurità. Ma qui
mi prendo la libertà di interloquire io : molti anni sono, ho potuto produrre stigmate
d'iperemia cutanea (non in forma di figure o di croci, ma di semplici macchie) al
dorso delle mani, per comandOf in un'isterica ipnotizzata ed allenata a tutte le
reazioni dell' ipnotismo, comprese le più paradossali. Cominciai con lo stimolo metal-
lico (una moneta di bronzo, ricordo della vieta metalloterapia) ; poi sostituii due
pezzi di cartavalla moneta; poi il contatto delle mie dita ai due pezzi di carta; in
fine il puro comando senza contatti di sorta. L'eifetto era infallibile e immediato:
io m'assentavo; e vi erano testimoni, molto autorevoli, del risultato (positivo). Dun-
que i fenomeni circolatori dell'isterismo sono suscettibili di suggestiane. Sono sem-
pre prodotti da una suggestione ? Questo è un altro quesito ; ma dalla possibilità
alla costanza e indissolubilità ài questo determinismo il passo è assai breve.
In conclusione, mentre un buon numero di sintomi isterici è soggetto alla legge
della suggestione, ve n' è una piccola parte — assai meno caratteristica — che se ne
sottrae. Non si capisce se questi ultimi si debbano considerare come sintomi del vero
isterismo, né se essi abbiano la stessa genesi, né se — eventualmente — dipendano
dai sintomi di vero isterismo. Ma, come osservò Babinski, risulta fin d'ora bene
accertato che i così detti sintomi obiettivi dell'isterismo, come l'anuria, gli edemi y
le flictene, le ulcerazioni^ la gangrena^ le emorragiey la febbre, costituiscono un
reperto raro, ambiguo, forse estraneo all' isterismo, se pure esistono ; e lo stesso si
dica riguardo al contegno dei riflessi tendinei (abolizione ed esagerazione). Insomma
fin ilove iiiriva la ssgg^fttione arriva l' isterismo ; più in là si tratta probabilmente
d'un'altra cosa, di complicazioni accidentali e non caratteristiche. Peraltro io sog-
TìHi'ì Rivista di Patologia nervosa e meìiMe
giungerei, per conto mio, o piuttosto ripeterei ciò che ho già aifermato tempo fa (nel
mio «Trattato delle malattie mentali », 1905); la suggestione può — nell'ipnosi e
e nell'isterismo — penetrare tutto il sistema nervoso ed anche quelle porzioni
di esso che sono inaccessibili alla volontà (normale). Noi non possiamo arrossire a
nostro talento; ma possiamo arrossire per autosuggestione, per suggestione e forse —
se l'isterismo se ne ingerisce — per atto di volontà, che in questo caso è volontà
straordinaria, anormale, i^arahulia. Se c'è qualche cosa di singolare nell' isterismo,
è appunto questa permeabilità e riversibilitÀ degli stimoli che — sempre nell'orbita
del sistema nervoso — dà luogo a reazioni paradosse.
È importante stabilire se alcuni fenomeni isterici, come la contrattura, persistano
nel sonn(». Ebbene, pare di no. Certo, la lunga persistenza in una posizione forzata
può produrre retrazioni fibro-tendinee che mantengono la contrattura anche nel sonno:
Dejerine riferì il caso d'una giovane che, avendo subito un tentativo di deflorazion**,
rimase per 5 anni con le coscie in adduzione, in modo che le ginocchia si toccavano
strettamente; ci volle non solo la narcosi cloroformica, ma anche un grande sforzo
per distruggere la contrattura. La ragazza non pareva isterica ; ma l'origine ist^'rica
della sua contrattura è provata dal fatto che, in seguito al forzato rilassamento
degli adduttori e all'applicazione temporanea d'un impedimento meccanico per deter-
niinare uno stato di abduzione delle coscie, si produsse una contrattura degli ab-
duttori, contraria alla precedente ; e infine dall'altro fatto che, dopo un periodo di
alternativa fra la contrattura degli adduttori e quella degli abduttori, cioè in cap<>
a tre settimane, l'ammalata guarì. Qui alla suggestione (^autosuggestione) si associava
l'emozione (la paura). In realtà, come disse Vogt, gli effetti isterici possono nascere
da tre ordini di cause : la suggestione, l'emozione, e il cumulo di tutte e due. S'in-
tende poi che la suggestione è cosa diversa dalla persuasione : suggestione è l' impo-
sizione d'un' idea irragionevole con l'autorità o la paura ; persuasione è un procedi-
mento a freddo, di natura logica, nel quale l'autorità e la paura non c'entrano <»
non dorrebbero entrarci. Che peraltro le due cose si mescolino un poco, è semplice
ed evidente; e ciò spiega l'apparente disaccordo fra Crocq, Ballet, Dupré da un
canto, e Babinski, Brissaud dall'altro. Si può imporre per suggestione un effetto
benefico, forse ottenibile anche per mezzo della persuasione; e si può, facendo ogni
sforzo allo scopo di persuadere e con l'illusione di aver |;er.«?ua.so, riescire molte volte
ad un meschine» risultato di .... suggestione. Chi sa se i risultati terapeutici di
Bubois sono dovuti sempre e interaniente alla sua argomentazione, alla sua eloquenza,
alla chiarezza delle sue idee e delle sue parole o non piuttosto (in tutto o in parte)
all'apparato solenne di cui si circonda, alle ansiose aspettazioni che precedono la sua
comparsa davanti al paziente e magari (io non lo conosco) al suo ascendente fisico,
al suo esteriore? Nemmeno un'adunanza d'illustri neurologi parigini potrà mai se-
parare, con definizioni, due cose destinate a spesso confondersi in pratica, come la
suggestione e la persuasione. Meno spesso, forse, si confondono fra loro due altre cose,
ben più dift'erenti, cioè l'autosuggestione e la simulazione.
Un punto poi che tutti gli alienisti conoscono da lungo tempo, ma sul quale non
si è ancora formata un'opinione decisa né tra il pubblico, ne tra i medici, fu illu-
minato assai bene da Babinski. La suggestibilità e la persuadibilità, mentre sono
caratteristiche della plastica mentalità delle isteriche, mancano in ogni altra malattia
nervosa ; tipica è la refrattarietà alla suggestione (e all' ipnotismo) di tutti i fobici,
ossia dei psicastenici che soffrono di ossessioni, malattia del dubbio, idee fisse. Bal-
let si associa a Babinski; Dejerine contesta, ma — secondo me — a torto. Pi-
Nevropatologia 587
tres crede alla efficacia d'un'opera persuasiva assai lenta e metodica anche alPiafuori
del pitiatisnio, purché corredata d'altre cure concomitanti; e questo è ammissibile.
Quest'osservazione di Pi tres diede luogo ad un'ampia discussione sul valore del
fatt4»re tempo nei fenomeni di suggestione e di persuasione. Può questo fattore costi-
tuire un criterio di distinzione tra i casi di isterismo (a suggestione rapida) e i casi
di psicastenia o d'altre neurosi (a persuasione lenta) ? Certo, vi sono guarigioni lente
anche nell'isterismo: ma solo nell'isterismo (pare a me) sono possibili le rapide.
Veniamo agli isterici-gastropatici ed agli isterici-urinari (leggi : al vegetarianismo
e ai metodi curativi usati da Combes a Losanna). L'origine di questi disturbi ga-
strici e urinar! è la sugffestimie medica ; meno male se la stiggesiiane medica o
medico-chimica si industria anche di guarirli. Ma sono sempre di natura pithiati-
que'f^ Basterà l'isolamento di Dejerine o la persuasione di Dubois o la cucina di
Oombes a far giustizia di tutti questi falsi gastropatici, falsi urinar!, falsi cardio-
patici, falsi organici (cioè che si credono o sembrano affetti da lesioni organiche)?
Certamente no; vi sono, in questa legione d'illusi, anche molti psicastenici, ipocon-
driaci, deliranti: vi sono altresì i cenestopatici che Dupré classìfica nella stessa
categoria e che potrebbero essere (mi pare) anche individui che sentono precocemente
una lesione progressiva ed oscura, ma obiettiva dei propri visceri, falsi organici agli
• »cchi del medico, ma veri nella realtà.
Quando Dufour propone di chiamare l'isterismo col nome di psicosi da imita-
zione, egli designa bene una varietà d'isterismo; ma Babinski ha ragione di obiet-
tare che, facendo risalire l'isterismo alla suggestione, se ne dà una definizione più
vasta, che comprende anche i casi d'imitazione. Certamente, anche da questo punto
di vista è bene ripetere come l'essenza dell'isterismo non consista tanto nel fatto
dell' imitazione e nel tema della suggestione, quanto nella condizione speciale di km f/-
(jestività ih cui versa l'isterico. Ciò è visibile sopratutto weWistero-traumatismOy
dove la mentalitù, prima chiusa alla suggestione, diventa accessibile ad ogni sorta
di preoccupazioni, di fobie*, di ansie, d'idee ipocondriache. Dejerine ricordò in pro-
posito il caso d'un professore universitario, atletico di corpo, reputatissimo per valore
scientifico, che — spinto (da un urto del treno ferroviario con un tramway) contro la
parete opposta dello scompartimento, è contuso leggermente all' ipocondrio destro, e
qualche giorno più tardi presenta emianestesia sensitivo-sensoriale sinistra completa
e totale con restringimento puntiforme del campo visivo (l'esame è praticato da un
oculista), senza indebolimento muscolare della metà anest^ica, emotività eccessiva,
timidezza in contrasto coi precedenti (il malato era il coraggio in persona): insomma
il quadro tipico dell' istero-nevrastenia. La guarigione venne raggiunta in cinque
mesi; e fu completa, assoluta, con ripresa delle lezioni, dello sport abituale e della
pratica medica. Due anni dopo il malato morì di angina pectoris. Come ravvisare
la suggestione in tutto questo, si domanda Dejerine; ma a me pare evidente che
si tratti (V\in' autosuggestione medica.
Ipersuggestibilità, iperimpressionabilità e diminuzione del controllo cerebrale sono,
secondo Crocq, i termini caratteristici dell'isterismo. La nevrastenia può presentare
gli stessi requisiti; ma nessuno penserà ch'essa scomparisca di sana pianta e costan-
temente per suggestione o persuasione, ancorché la suggestione e la persuasione siano
in grado di migliorarne i sintomi.
Con questi cànoni, non molto nuovi, ne peregrini, la discussione sull'isterismo è
cessata o è stata interrotta, ma non esaurita. È strano che in trent'anni di studi
apparentemente esatti nelle affollate infermerie della SalpOtrière non si sapesse ancora
588 lilvistu di Patologia nervosae mentale
che le contratture isteriche si risolvono durante il sonno: evidentemente l'osserva-
zione del fenomeno era profonda, ma diurna, e la notte non aveva portato consiglio.
È altrettanto strano che i nevropatologi francesi discutano por definire una distin-
zione così ovvia come quella tra persuasione e suggestione per riconoscere che la
suggestione è un peggiorativo della persuasione. Infine è certo che il ptthiatisme
non è che la forraola di riconoscimento della teoria di Bernheim, secondo la quale
i fenomeni dell' ist^jrismo (almeno i piìi essenziali) sono tutti conseguenza d'aut(»8Ug-
gestione, come quelli dell'ipnosi sono tutti conseguenza deir eterosuggestiune.
Taf ì zi,
2. A. Stem, Ueher Tumoren des ì^ierten Ventrikels, — « Deutsche Zeitschrift
fur Nervenheilkunde », Bd. 34, H. 3-4, 1908.
Prendendo occasione da un caso di propria osservazione, l'A. traccia e discute
la sintomatologia dei tumori del quarto ventricolo, accennando ai caratteri, non sem-
pre sufficienti del resto, che possono guidare nella diagnosi differenziale tra tumure
propriamente detto e cisticerco: che la distinzione non sia sempre possibile lo dimo-
stra il caso qui riferito, in cui fu fatta in vita la diagnosi di cisticerco, mentre al-
l'autopsia si trovò un glioma.
Il quadro clinico dei tumori del quarto ventricolo è abbastanza caratteristici»:
accenniamo ai fenomeni più importanti.
Il decorso della malattia è spesso molto rapido (poche settimane o mesi) e vien
chiuso non di rado da una morte improvvisa spiegabile, nella* maggior parte dei casi,
con un improvviso aumento dell' idrocefalo o con un subitaneo disturbo circolatorio
che arresta la funzione del centro respiratorio.
Un sintomo di grande valore diagnostico è rappresentato dalla posizione rigida
e dalla forte inclinazione in avanti della testa. Frei[uenti sono il vomito, la cefalea
(a tipo occipitale, talvolta anche frontale), i noti fenomeni di compressione cerebrale :
però la papilla da stasi manca spesso, specie quando la malattia ha una breve du-
rata. Caratteristica per i tumori del quarto ventricolo, compreso il cisticerco, è la
intermittenza dei sintomi, l'alternarsi di attacchi di cefalea, vomito violento, con
periodi di pieno benessere. Invece il fenomeno di Bruns (caduta improvvisa, com-
parsa di gravi sintomi cerebrali, vertigine e vomito nei rapidi mutamenti di posi-
zione del capo) non si osserva mai completo nei casi di tumore vero e proprio della
fossa romboidale, mentre costituisce la regola nei cisticerchi liberi di dettai regione
ed ha quindi il valore di un buon carattere differenziale.
In qualche caso si è osservato il diabete mellito o insipido. Frequenti sono le
paralisi dei muscoli oculari e del facciale, il nistagmo, l'anisocoria e la torpidezza
dei riflessi pupillari. La vertigine, l'atassia cerebellare costituiscono la regola. Con
notevole frequenza si osservano disturbi psichici (melancolia con variabilità di umore,
confusione, stupore, indebolimento della memoria etc).
In un gran numero di casi l'anamnesi rivela che ai primi segni della malattia
è preceduto un trauma : questo dato deve naturalmente considerarsi con molto scet-
ticismo.
La prognosi dei tumori del quarto ventricolo è assolutamente infausta. Gli unici
metodi di cura sintomatica sono la puntura lombare e la puntura ventricolare: nei
casi sospetti si può tentare una cura antisifilitica, sebbene non siano mai stati de-
scritti tumori sifilitici di questa regione. Zaiìa,
Neiyropatoloffia 589
8. H. Vogrt, Zur IHagnostik der tuberòsen Skierose, — « Zeìtschrift fùr die
Erforschung und Behandlung des jugendlichen Schwachsinnes », Bd. II, 1908.
Nel vasto gruppo delle idiozie si sono già cominciati a distinguere clinicamente
alcuni tipi ben definiti, quali ad es. T idiozia amaurotica familiare ed il mongolismo:
esistono però diverse forme che finora possono essere definite soltanto in base a ca-
ratteri anatorao-patologici, mancando dei segni clinici che ne permettano una dia-
gnosi intra vitam. Tra queste forme rientra la sclerosi tuberosa: TA., che. ha una
particolare competenza in tale campo di studio, si propone appunto di indagare, in
base all'osservazione di casi propri e di casi riferiti nella letteratura, se esistano dei
caratteri clinici dai quali si possa risalire con sufficiente esattezza alla diagnosi di
sclerosi tuberosa. L'anatomia patologica di questa forma morbosa è ormai ben cono-
sciuta, sì dal punto di vista macroscopico che microscopico, grazie agli studi di
Bourneville, Hardtdegen, Pellizzi, Geitlin ed altri: le alterazioni sono dovute
essenzialmente ad un disturbo nella differenziazione dei neuroblasti cui succedono,
come fenomeni secondari, dei processi regressivi delle cellule nervose e la prolifera-
zione della ncuroglia.
A questo*quadro anatomico abbastanza caratteristico non corrisponde un quadro
clinico ben definito, ma tenendo conto di tutti i sintomi rilevabili si può arrivare
non di rado a stabilire durante la vita la diagnosi di sclerosi tuberosa: con Testen-
dersi delle osservazioni è lecito sperare che tal compito diverrà sempre più facile e
sicuro. Dai caratteri del disturbo mentale e dell'epilessia, la quale del resto può anche
mancare, e dal loro decorso non si possono trarre criteri decisivi per una diagnosi:
questi dati, uniti a quelli forniti dell'anamnesi, acquistano un valore soltanto quando
siano messi in rapporto con altri fenomeni di men facile rilievo ma di importanza
assai maggiore. Infatti si trovano molto spesso negli individui affetti da sclerosi tu-
berosa dalle gravi anomalie degli organi intemi, suscettibili di essere diagnosticate
clinicamente, notevoli soprattutto per l'immediato rapporto che, dal punto di vista
anatomo-patolo^ico, si può stabilire tra esse e il processo morboso del cervello. Sì
tratta di tumori renali (ipernefromi), di tumori del cuore (rabdomiomi) e di una spe-
ciale alterazione della cute del volto, distinta dal Pringle col nome di adenoma
sehaceum. Fra i tre casi di sclerosi tuberosa osservati dall'A., in due coesistevano
i tumori renali e l'adenoma sebaceo, nel terzo si osservava soltanto la lesione cutanea.
Lo studio di queste anomalie somatiche dimostra che esse rappresentano, come le le-
sioni del cervello, l'espressione di meccanismi patologici dello sviluppo, le cui con-
seguenze variano naturalmente a seconda dell'organo colpito.
Quando dunque in un individuo aftetto da idiozia e da epilessia si possa dimo-
strare clinicamente l'esistenza di un tumore renale o cardiaco o si rilevi la speciale
lesione cutanea sopra ricordata, tanto più poi quando varie anomalie coesistano, si
IK>trà stabilire, con grande probabilità di essere nel vero, la diagnosi di sclerosi tu-
berosa: è un'altra forma di idiozia che grado a grado va assumendo una individua-
lità clinica. Zaìla.
PsicUatria.
4. M. E. Zabloka, Zur Proffìwsentelhing bei der Dementia praecox. — « All-
genieine Zeìtschrift tur Psychiatrie *, Bd. 65, H. 3, 1908.
Il modo d'insorgere dei sintomi morbosi, la durata del periodo iniziale, l'età
le condizioni fisiche e psichiche dei pazienti all' inizio della malattia, la natura delle
590 Rivista di Patologia nervosa e mentale - Psichiatria
cause occasionali possono aiutarci a stabilire una prognosi della demenza precoce?
Ecco la domanda alla quale TA. si propone di rispondere in base all'osservazione di
047 ammalati, 342 donne e 305 uomini, studiati nel Manicomio cantonale di Bur-
gholzli. Le principali conclusioni alle quali esso perviene sono le seguenti:
1. Il grado della demenza dopo il primo attacco è lieve in circa il 60 "^ ^ dei
casi di dementia praecox, di media gravità nel 18 '^Z^, grave nel 22*^/0;
2. La fonna della malattia ha una certa influenza sull'esito del primo attacco,
e precisamente negli uomini la catatonia ha l'esito peggiore, la forma paranoide il
meno infausto, quella ebefrenica sta nel mezzo tra le due. Nelle donne la catatonia
non ha un significato tanto grave;
3. Esistono dei rapporti evidenti tra il modo d'insorgere della malattia e il
grado della demenza dopo il primo attacco: infatti i casi cronici implicano la pro-
gnosi peggiore, mentre quelli acuti possono regredire fino allo staiti quo ante;
4. Non si può dimostrare con sicurezza una influenza dell'età in cui la ma-
lattia si inizia sulla prognosi; sembra che i casi piìi gravi siano quelli che insor-
gono prima della pubertà e dai 35 ai 45 anni;
5. Negli uomini, i sintomi catatonici aggravano la prognosi, ma non morto.
È possibile stabilire un certo rapporto tra alcuni sintomi catatonici e la prognosi:
il negativismo e le stereotipie hanno un significato grave, mentre i casi con aumen-
tata influenzabilità e in special modo quelli con catalessia sogliono aver esito in
forme meno gravi di demenza ;
6. Tra i disturbi pupillari soltanto l'anisocoria sembra aggravare alquanto la
prognosi ;
7. Le primitive condizioni somatiche non hanno alcuna sensibile influenza sul
l'esito della malattia, mentre un certo rapporto sembra potersi stabilire tra la disjK»-
sizione psichica generale precedente alla malattia e l'esito stesso : nei così detti « ca-
ratt^jri chiusi» il decorso è più grave che in quelli normali; esso è relativamente
pili favorevole nei soggetti definiti come « nervosi ». Il grado di intelligenza prima
della malattia non influenza in modo apprezzabile il decorso;
8. Le cause occasionali non hanno un significato degno di nota sul deoor»»».
Znlla.
5. M. Lapinsky, Zar Kasuiatik der polineuriiischen Psi/ckose, — « Archiv fùr
Psichiatrie und Nervenkrankheiten », Bd. 43, H. 3, 1908.
Da un accuratissimo studio di tre casi di psicosi polinevritica l'A. conclude che
il rapporto tra neurite e psicosi non deve considerarsi come un rapporto di causa ad ef-
fetto poiché le due forme debbono invece esser riguardate come due malattie associate,
determinate da un' unica causa generale. Lo sviluppo, l'evoluzione e l'esito dell' una e
dell'altra decorrono tra loro parallelamente. Ritiene che le cause delle lesioni psi-
chiche siano da cercarsi in tossine circolanti nel sangue ed afferma che vi sono dei
casi di psicosi polineuritica in cui l'esistenza dell' astereoscopia e dell' astereognosia
deve esser messa in relazione con alterazioni organiche della corteccia cerebrale e,
particolarmente, di quelle dei lobi parietali.
Catdìa.
Firenze, Tip. Galileiana, Via S. Zanobi, 54. Prof. E. Tanzi, Direttore responsabile.
INDICE DELLE COMUNICAZIONI ORIGINALI
O. Ascenzi, Su una cisti emorragica del corpo calloso Pag, 1
P. F. Benig^, Un caso di sclerosi a placche tardiva a localizzazione spinale
con reperto istologico 15
II. Siciliano, Esiste una reazione pupillare alla convergenza o alla accomoda-
zione? 49
F. Schupfer, Epilessia Jacksoniana da lesione frontale extrarolandica ... 5s
A. MaBsag^lia, Contributo alla patogenesi del mixedcma 77
G. Sanna Salaris, Ricerche urologiche ed ematologìche nei psicopatici ... 97
F. Costantini, Due casi di « dementia praecocissima » 107
A. Gramegna, Sopra il segno di Grasset e Gausse! nelle lesioni di motilità degli
arti inferiori 11(5
O. Bobbì, Lo stato presente della sierodiagnosi nella tabe e nella paralisi pro-
gressiva ^ 120
A. Giannelli, Sulla morte improvvisa nella demenza precoce 145
S. Bieca, Esperienze e considerazioni snll'ergogralia nsata a scopo clinico nei
pazzi 150
E. Ferrerò, Contributo allo studio delle atrofie muscolari congenite e partico-
larmente della atrofia numerica di Klippel ........... 19:{
F. Lasagna, Degli effetti della ipertermia e ipo^^ermia sul reticolo neurofibril-
lare della cellula nervosa di animali adulti 2iì
G. Catòla, A proposito di alcune mieliti infettive sperimentali 241
O. Bobbì, Sulla specificità della reazione di Was.sermann 272
G. Fumarola, Contributo allo studio della cura elettrica e chirurgica delle pa-
ralisi periferiche dal facciale 289
]P. F. Benigni, Claudicazione cerebrale psichica? Hoo
G. Fichera, Per lo studio della struttura normale e patologica del sistem;i ner-
voso. Nuovi metodi di indagine microscopica Hìu
T. Ck>rteBÌ, Un caso di afasia totale per lesione sottocorticale della zona di Broca
e della zona di Wemicke :W7
V. Scarpini, Le lesioni primarie delle fibre nervose nell'urinemia, studiate in
condizioni sperimentali con la colorazione i^ositiva di Donaggio per le
degenerazioni .S49
G. Boschi, Ricerche sui centri nervosi di un embrione umano di due mesi . . H5.S
M. 2Salla, La « precipitazione della lecitina » nella sierodiagnosi della sifilide
e delle affezioni metasifllitiche :{85
G. Biancone, Contributo alla fisiopatologia del nucleo lenticolare a90
V. Galletta, Sclerosi laterale amiotrofica d'origine emozionale 4(N)
F. TJgolotti, Sui rapporti della psicosi maniaco-depressiva coirepilessia. . . 418
G. Mingazzini, Sul decorso delle vie cerebro-cerebellari neirnonio 43H
F. F. Benigni, A proposito di un nuovo metodo per la sierodiagnosi nella si-
lilide ' 4.52
O. Bossi, Processi rigenerativi e degenerativi conseguenti a ferite asettiche del
sistema nervoso centrale. Midollo spinale e nervo ottico ....... 481
O. Sandri, Contributo all'anatomia e alla tisiologia dell'ipofisi 518
F. Alessandrini, Le atrofie del tipo Charcot-Marie 5.59
G. Bertoldi, Nota preventiva sopra lo stato emotivo nei dementi precoci . . óso
INDICE DEGLI AUTORI
NB. — l num«»rì in grassetto si riferiscono ai lavori orif^inali.
Abraham K. 179, 381.
AccUioté P. 834.
Alessandrini P. 286, 653.
Alquier L. 46, 373.
Anglade 141, 142, 478.
Ansalone 234.
Antheaiime A. 471).
Apelt F. 376.
Artom 44.
Ascenzi (>. 1, 231.
Ava la 232.
Baillard P. 19Ó.
Barbe A. 94. 144.
Baschi eri -Sai vadori 227.
Battistelli L. 330.
Beccar i N. 371.
Becvor Ch. E. 33.
Bolmondo 280, 23-5, 238.
Benedetti A. 325.
Benigni P. F. 15, 300, 462-
Bertoldi G. 680.
Bethe A. 429, 462.
Biach V. 41.
Bianchi L. 223, 22o, 228, 230,
238.
Bianchi V. 322.
Biancone 231, 390-
Biehl C. 26.
Bielschowsl%y M. 138.461.
Bikeles G. 25.
Bioglio 231.
Boejre 95. 382.
Bonfigli R. 239, 478.
Bonnier P. 185.
Bonvìcini G. 41? 377.
Boschi G. 353.
Boiichet P. 45.
Bre^mann L. E. 32, 177. 185.
Brissaiid 3.35.
Bvchowsl^i Z. 184. 465.
i Cacciapaotl 236.
Cajal S. R. 169, 173, 560.
i Calligaris 227.
GahnetteH 142.
Caprìati 227.
Catòla G. 280, 236, 241-
Cavatorti P. 168.
Ceni 227, 284.
Cerletti V. 235, 289.
Gemili 237.
Chabrol E. 477.
Glande H. 44, 45, 474.
Codivilla 231.
Colella R. 230, 238.
Collin R. 171, 173.
Colucci 231. 232, 284. 289.
Cortesi T. 179, 337.
Costantini F. 107, 282.
Conrtellemont M. 329.
D' Abnndo G. 192, 469.
Dej crine 881.
Deny G. 94.
De Paoli N. 374.
De Sanctis S. 226, 228, 230.
Devaux A. 328.
Dexler H. 28.
Di Gaspero H. 187.
Dì Mattei E. 143.
Dogiel A. S. 458.
Donaggio A. 238.
Donzello G. 175.
D" Orniea A. 479.
Drcyfns vS. G. 3.34.
Edinger L. 372.
Egger M. 182.
Erb W. 81.
Erben 8. 34.
Etienne G. 42, 284, 477.
Evensen H. 430.
Farrar (/larence B. .326.
Fichera G. 310.
Flecbsig P. 130.
For^ì V. 178.
Forster £d. 874.
Fortunati 186.
FragUlto O. 292.
Francìoni C. 288.
Frankl-Hochwart v. I^. .38.
Frey H. 37.
Froniowicz W. 25.
Fuchs A. 87.
Fuchs E. 24.
Fumarola G. 289-
Galletta V. 400.
Garbini G. 135.
Giannelli A. 146. l72, 178
231, 321.
Giardina A. 138.
Gehuchten A. v. 134. 191.
Golgi C. 560.
Gonrgerot H. 476.
Gramegna A. 116-
Graaset J. 1«4.
Grossmann M. 35.
Grflnwald H. F. 32.
Hartenberg P. 370.
Hatschek R. 27.
Hanpt H. 186.
Heilbronner K. 375.
Herlitzka A. 174.
Hermann J. S. 189.
Hocbhan8 475.
Hnismans L. 138.
nulle» E. 40.
Jacqnin 478.
Jahrmarker 381.
Janet P. 370.
Indice de(jli autori
593
Karplus I. P. 39.
Klei8t K. 47, 82.
Klippel M. 46, 477.
Knoblauch A. 378.
Koiehi Miyake, 89.
Kcllpìn O. 388.
Knrr Shuzo 88.
Ladanie Ch. 325.
La Pegna 234.
Lapinsky M. 59(».
Larionoff W. 872.
Lasagna F. 211.
Lasarew W. 286.
Latreille 141.
Lejonne P. 43, 45.
Levi E. 34, 226, 236.
Lhermitte J. 44.
Lippmann A. 876.
Long E. 474.
Longard J. 335.
Liicien M. 324.
Lufraro E. 86, 225. 226.
22Si. 233.
Mager W. 39.
Marbnrg O. 41.
Marcerà F. 560.
Marie A. 48.
Mari n esco G. IHl, 176,
Massaglia A. 77-
Mauro C. 143.
Medea E. 239.
Mézie A. 190.
Mignot R. 382, 479.
Milian P. 332.
Minea L 131, 176, 473.
Minoff W. 129.
Mingazzini 0. 176, 186,
226. 227, 230, 234,
239. 278. 433.
Miyake Koiehi. 39.
Montesano G. 144, 467.
Montet (de) M. 321.
Moravesik E. E. 190.
Morselli E. 366.
Moiitirr F. 430.
Negro 235.
Neiirath R. 36.
1 Nonne M. 376.
I Nonne N. 181.
[
j Orzechowski v. K. 41.
I Panegrossi 231.
! Parrot L. 882.
! Patini 230, 236.
i Ferrerò E. 103-
i Perroncifo A. 284, 470.
i Pemsini G. 826.
i Philippson M. 466.
! Pilcz A. 28.
I Pineles F. 89.
! Polimanti O. 176, 322.
I Pòtzl O. 41.
i Pusateri E. 132.
Kainiann E. 36.
Rancke O. 472.
Raymond F. 43, 46, 3.30. 476,
Rei)izzi R. 135.
227. Redlich E. 29, 377.
Reichlin C. 467.
Renauld H. 328.
I Ricca S. 160.
i Riche A. 478.
I Righetti C. 136.
' Roasenda 285.
473. Robinovitch L. 136, 464.
' Rose F. 880, 477.
Rosenfeld M. 189, 831.
■' RosBi I. 42, 282.
Rossi O. 84. 120, 225, 226,
230. 232, 234, 236, 287,
272, 287, 481.
Roussy G. 42, 282.
223, Sachs M. 32.
2:i5, , Salecker P. 284.
Sand R. 30.
Sandri O. 618.
Sanna-Salaris G. 97, 377.
Scarpini V. 349-
ì Schaffer K. 138.
j Schlagenhaiifer F. 29.
Schlesinger H. 84.
SchmiergtMd 378.
\ Schrameck E. 382.
Schnider P. 374.
Schiiller A. 36.
Schupfer F. 68, 226.
Scìnti M. 281, 284, 239, 285.
Seppilli 232.
Serbsky W, 31.
Shima R. 176.
Shuzo-Kure 38.
Sìcard 886.
Siciliano L. 40.
Simoncini R. 191.
Sollier P. 183.
Sonques A. 84, 144.
Spieler F. 33,
Spìelmeyer W. 471.
Spiller W. G. 30.
Spitzer A. .39.
Stefani A. 174.
Steinhaus J. 177.
Stern A. 688.
Stransky E. 31, 381.
! Tamburini A. 229, 282.
I Tanzi E. 227. 228, 2.30, 2.32,
286.
Tchiriev S. 466.
Tello F. 187, 177.
j Terrìen 886.
Timpano P. 184.
Tonnini S. 230.
Ugolotti F. 418.
Verger H. 475.
I Vleuten C. F. 180.
Vogt II. 138, 589.
I Weber 132.
Wickmann I. 380.
Widakowich V. 40.
[ Wiswe 329.
Wladyczko S. 48.
Zabloka M. E. .589.
Zahn Th. 883.
Zalla M. 237, 386.
Zancla A. 178.
Zappert I. 35.
Ziehen Th. 95.
Zi veri A. 480.
Znekerkandl E. 24.
INDICE DELLE MATEfilE
Afasia, 223, 375; di Broca, 430: totale per
lesione sottocorticale delle zone di
Broca e di Wernicke, 337.
Agnosia, tattile, 331.
Albumina, precipitazione frazionata nei
liquido cefalo-rachidiano, 376.
Alcool : azione sulla corteccia cerebrale
dei conigli, 144, 467.
Allocliiria, delle rappresentazioni. 370.
Amenza, 381.
Anatomia clinica dei centri nervosi, trat-
tato di Mìngazzini, 278.
Andatura, neir emiplegia, 236.
Anencefalia, e difetti di sviluppo dell'or-
gano dell'udito, 37.
Anestesia: di origine cerebrale, 231; elet-
trica, 464.
Apparato reticolare interno delle cellule
nervose, 560.
Aprassia, motoria, 179: motoria sinistra,
180.
Arterie della base del cervello, 168.
Arteriosclerosi : pressione sanguigna e la-
voro del cuore, 35; del sistema nervoso
centrale, 237.
Arti inferiori : segno di Grasset e Gaussel
nelle loro lesioni di motilità, 116.
Ascesso cerebrale, l8l.
Atassia: acuta, 185; spinale e cerebellare,
235.
Atetosi idiopatica doppia. 186.
Atrofia: muscolare dì Klippel, 103: tipo
Charcot-Marie 236, 663.
Audizione musicale iconografica, 232.
Bandellette ottiche : assenza, 324.
Barestesia, 182.
Bromo : uso negli epilettici, 32.
Brown-Héquard, sindrome di, 477.
•Bulbo: forme bulbari della paralisi progres-
siva, 332.
Canalicoli di Holmgreen delle cellule ner-
vose, 550.
Catatonia : e siringomelia, 94.
Cecità corticale, mancanza di coscienza
del difetto nelle malattie cerebrali,
377.
Cecità verbale, sottocorticale o pura, 41.
Cellule nervose: struttura: nei pesci e m-
gli anfibi. 372; apparato reticolare in
terno, 550; reticolare esterno di Golgi.
550: fibrille. 138: sviluppo. 171. 232;
metodi di colorazione a fre.sco, 321 :
alterazioni : consecutive ad u.stione
della cute, 137 ; all'azione dei raggi
Rontgen. 175; nella malattia di Sachs.
138; nella asfissia rapida, 143; neiriper-
ed ipotermia, 211: cadaveriche. 143.
Centri nervosi: prime fasi di sviluppo, 322:
di un embrione umano di dm» mesi. :i53.
Cervelletto: fisiologia, 285; vie cerebro-ce-
reÌH'llarì nell'uomo, 434: effetti del-
l'asportazione di un'emisfero, 176: al-
terazioni nella paralisi generale. 141 :
alterazioni senili, 142.
Cervello : fine struttura e metoili di colo-
razione, 372 : variazioni di volume,
132; amitomia dei vasi, 430; variazioni
delle arterie della base, 168 : sensi-
bilità alla pressione osmotica. 323 :
sfera uditiva, 130: lesioni sperimen-
tali della base, 89; conseguenza del-
l'estirpazione di un lolM) frontale. 176:
lesioni traumatiche, 231 ; tubercoli,
nella puerizia. 35; ascesso, 181 : tu-
mori, 29, 39, 84, 177, 373, 179, 191,
. 376 ; pseudo-tumori, 181 ; sifilide dif-
fusa, 325; patologia, 475: claudica-
zione, 300; lesione dell'emisfero si-
nistro, 331 ; contenuto in bromo dopo
attiva bromurazione, 32; rapporto tra
cervello ed organi sessuali, 227 ; in-
Indice delle ìnaterie
595
fluonza dei rapporti tra Io sviluppo
del cervello e quello della cavità cra-
nica nella morte improvvisa nella de-
menza precoce, 334; cecità corticale
nelle malattie del cervello, 377.
Cliarcot- Marie, atrofia muscolare tipo C. M.,
236, 553.
Cheiroraegalia e siringom-ielia, 44.
Chiasma : assenza congrenita, 324.
Gisti emorragica del corpo calloso, 1.
Claudicazione cerebrale psichica, 300-
Clono del piede: suo significato e studio
grafico, .34, 226, 227.
Colina: nel liquido cefalo rachidiano in al-
cune malattie mentali. 480.
Colorazione: del sistema nervoso centrale,
30, 372; del sistema nervoso in genere,
300; delle cellule nervose a fresco,
321 ; primaria delle fibre nervose, 429.
Commessura : agencsia delle e. bianche an-
teriore e posteriore, 821.
Complemento: deviazione nella sifilide e
forme metasifllitiche, 120) 232; de-
viazione nello siero dei cani, 272.
Confusione mentale, 881.
Congressi: r della Soc. Itiiliana di Xcu-
rologia, 223.
Contrattura nella paralisi progressiva, 189.
Contrazione muscolare di durata ecces-
siva, 82.
Corea minore: patogenesi, 41, 1^1; sinto-
matologia, 47, anatomia patologica,
41 e disturbi mentali, 47; corea cronica
progressiva: anatomia patologica, 478.
Como d'Ammone : alterazioni neirepiles-
sin, 326.
Corpo calloso : anatomia e sviluppo. 24 ;
agenesia, 324; decussazione in esso di
fibre piramidali, 173; fisiologia, 180;
emorragia, 1; rammollimento trauma-
tico, 178; rammollimento del ginoc-
chio, 178; tumori, 231; loro sintomato-
logia, e patologia, 376.
Corteccia cerebrale: struttura nelle scim-
mie, 41 ; localizzazioni motrici, 42,
424; tumori, 84; lesioni degli elementi
della corteccia nei tumori, 29; lesioni
extrarolandichc ed epilessia jakso-
niana, 68; corpuscoli perivasali, 285;
fenomeni che si svolgono negli ele-
menti mcsodermìci ed ectodermici in
seguito all'introduzione di corpi stra-
nieri asettici, :^26; focolai di necrosi,
328 ; fagocitosi negli elemeuti della
corteccia, 373.
Cuore : paralisi cardiaca in seguito a dif-
terite, 38; lavoro del cuore noli "arte-
riosclerosi, 36; difetti congeniti o pa-
ralisi cerebrali infantili, 36. «
Cura : deir epilessia coi sali di calcio. 231 ;
elettrica e chirurgica della paralisi
del facciale, 289; delle nevralgie del
trigemino, 335; dell' isterismo, 836.
Cute : alterazioni nella paralisi progres-
siva, 333.
Degenerazione delle placche motrici in
seguito al tiiglio dei nervi, 137.
Delirio di relazione, 189.
Demenza precoce: morte improvvisa, 146;
morte in accesso catatonico, 334 : si-
gnificato dei traumi sessuali giovanili
nella, 381 ; forma parauolde della, 383;
e iperidrosi. 479; e ritmo respirato-
rio, 479; stato emotivo nei dementi
precoci, 581; prognosi, 589.
Demenza precocissima, 107-
Deviazione del complemento : nella sifilide
e affezioni metasifilitiche, 120, 232,
272.
Difterite: paralisi post-difteriche, 33.
Disturbi mentali : durante gli assedi, 48 ;
nella pella^a degli arabi, 48 : nel-
r infantilismo, 1S7.
Disturbi motori : nelle psicosi, 190.
Disturbi trofici: nella sclerosi laterale
amiotrofica, 43 ; per neurite consecu-
tiva a zona, 477.
Ecchimosi spontanee, 42.
Elephas ìndtcus : sistema nervoso centrale
28. •
Embrione : differenze di sviluppo nella
cavia, 40: centri nervosi di un em-
brione umano di due mesi, 363*
Eniianopsia: sindrome di Weber 282.
Emiraielia: con atrofia numerica, 45.
Emiplegia: sintomatologia, cerebrale, 184;
cammino laterale retrogrado, 236 ; sin-
drome emitonoclonica postemìplegica.
477.
Emorragia cistica del corpo calloso, l.
I Emotività nei dementi precoci. 581.
m\
Indice delle lììaterie
Emozione: come cauHa della scleroBi late-
rale amìotrotìca. 400-
Epilessia: alterazioni del corno d'Àmmone
nella, 325; ricerche ematologiche nella,
148 ; epilcRHia e sali di calcio, 231 :
rapporti con la psicosi maniaco-depres-
siva, 418 ; epilessia e psicosi perio-
diche 478 ; pressione sanguigna nel-
r epilessia elettrica, 464.
Epilessia jaksoniana, 877; per lesione ex-
trarolandica, 58.
Equilibrio (senso dell') 84.
Eredit;V, 28.
Ergografìa a scopo clinico nei pazzi, 150.
Eterotopie dei midollo spinale, 135.
Facciale : paralisi periferica, 87 ; cnra
elettrica e chirurgica delle paralisi
289.
Fagocitosi: negli elementi della corteccia
cerebrale. 874.
FdHctcuÌHs circumolivarm», 172.
Fascio : genicolato : sindrome da lesione
del fascio. Ah ; piramidale : compres-
sione da tumore cerebrale, 84; pedun-
colare di Tllrck e sua origine, 182 :
fasci cerebro-cerebellari: decorso nel -
r uomo, 434; decussazione di fibre
nel corpo calloso, 178,
Febl)re Dengue e spondilite, .84.
Fenomeni bulbari: nella siringomielia, 48.
Fibre muscolari : prevalenza delle, f. m,
pallide nella miastenia, 878.
Fibre nervose: lesicmi nella urinemia spe-
rimentale, 349 ; del Mauthncr nei
l)esci e negli anfibi, 871 ; colorabilità
primaria, 429; rigenerazione nei nervi
periferici, 470; di proiezione della
corteccia, 474.
Fissativi per il metodo Cajal. 178.
Friedreich (nìorlio di) 281. '
Gangli: ipospinali microsimpatici, 131 ;
spinali, anatomia ed anatomia pato-
logica, 287, 4.58. 461 ; rigenerazione
delle radici posteriori, 469.
(ìaugrena spontanea simmetrica! delle
estremità, 476.
Ghiandole a secrezione interna: negli am-
malati di mente, 237 ; tiroide e reu-
matismo cronico, 884 : ghiandole ge-
nitali e sistema nervoso, 86; rapporto
col cervello, 227.
Grasset (segno di): nella paralisi degli arti
inferiori, 184.
Gaussel (segno di) : nella pai'alisi degli arti
inferiori, 184.
Helweg-Westphal (tratto di), 173.
Idiozia: patologia e anatomia patologica,
138; familiare amaurotica, 138; ri-
cerche anatomiche e cliniche su una
forma particolare della idiozia aman-
rotica, 471.
Illusione: teoria dell' illnsione di ric-ono-
scimento, 2.36.
Infantilismo psichico. 187, 226.
Infiltrazione perivascolare nel sistema
nervoso centrale di conigli alcool iz-
zati. 144, 467.
Intervento operatorio nei tumori cerebrali,
191.
Iperidrosi e demenza precoce, 479.
Ipertensione primitiva, 287.
Ipofisi: anatomia e fisiologia, 518 ; tnmori,
177, 373.
Ipoglos.so : alterazioni delT apparito reti-
colare intemo nelle sue cellule di ori-
gine consecutive a taglio o strappa-
mento. 560.
Isterismo : sonno, 183 ; simnlante la sin-
drome di Brown-Séquard, 184: pseudo
peritonite isterica. 330; curabilità del-
l'isterismo, 836; alterazioni dei centri
nervosi neiristerismo, 414; discussione
suir isterismo alla Société de Neuro-
logie, 684.
Istogenesi, delle cellule nervose, 171, 232.
Klausner (metodo di) nella sierodingnosi
della sifilide e paralisi progressiva.
252.
Klippel (atrofia numerica di) 193.
Korsakow (malattia di) 31.
Labirinto : rnpporti coir apparato della
visione, 26: intossicazione labirintica
e disturbi oculari, 186 ; disturbi ocu-
lari d' origine labirintica nella tabe,
284.
Lacune nel sistema nervoso centrale, 286.
Larve: muscoli metamerici nelle lan'c di
anuri, 1.88.
Indice delle materie
597
Lenticolare nucleo : fisiopatologia, 300-
Lesioni ; Bperimentali della base del cer-
vello, 39 ; dell' emisfero cerebrale si-
nistro 339 ; delle zone di Broca e di
Wemicke 337 ; delle libre nervose nel-
Turinemia sperimentale, 349*
Linguaggio : disturbi, 223, 376.
Liquido cerebro-spinale : uscita spontanea,
32; precipitazione frazionata delle sue
albumine nei sani, sifilitici e meta-
sifilitici, 376 ; presenza di colina e
di potassio in alcune malattie mentali
480 ; deviazione del complemento, 120)
232, 272 ; precipitazione della leci-
tina, 385-
Lobo frontale: fisiologia, 228, 322; pato-
logia, 228; anatomia, 322; effetti del-
l' asportazione di un lobo frontale e
di un emisfero cerebellare, 176; tu-
more del lobo frontale sinistro, 178.
Localizzazione di un oggetto nello spazio,
32.
Localizzazioni motrici della corteccia ce-
rebrale, 442. 474.
Loeb : teorìa segmentarla, 133.
Malattia: a focolaio e psicosi, 95; dì Heine-
Medin, 380: di Klippel, 193; dì Kor-
sakow, 31; di Pott, 44, 231.
Melancolia : e omicidio, 36,
Meningi : tumori benigni, 181.
Meningite : sifilitica, 231 ; tubercolare, 462.
Meralgia paraestethica anterior, 286.
Metameria sensitiva spinale, 227.
Miastenia di origine nervosa periferica,
286; prevalenza delle fibre muscolari
chiare nella miastenia, 378.
Midollo allungato : neoformazione, 329.
Midollo spinale: degli ungulati, 41; emi-
mielia ed atrofia numericji, 46 ; vie dei
rifiessi delle estremità inferiori, 26; me-
tameria, 227; malformazioni ed etere-
topie artificiali, 135; azione dei raggi
Rontgen sulle cellule, 175; infiamma-
zione, 236, 241 ; sifilide , 44, 231 ;
sclerosi a placche, 15; lesioni in se-
guito a processi osteoporotici delle
vertebre, 29; degenerazione e rigene-
razione, 236, 481.
Mieliti sperimentali, 236, 241.
Miopatia pseudo-ipertrofica, 330.
Mogigratìa : terapia, 192.
Monoplegia crurale, di orìgine corticale,
474.
Movimenti volontari bilaterali ; ricerche
cronografie he, 174.
Muscoli : eccessiva durata dì contrazione,
32; perseverazione delle contrazioni,
181 ; metameria nelle larve di anuri
e teoria segmentarla, 1-33 ; atrofia con-
genita numerica, 193 ; sviluppo In
relazione con le sìndromi motorie del-
rinfanzia, 283; miopatia pseudo-iper-
trofica, 330 ; prevalenza delle fibre
chiare nella miastenia, 378 ; muscoli
addominali: paralisi segmentarla, 284;
muscolo grande pettorale : atrofia, 330 ;
muscoli oculari: paralisi 24; paralisi
associate, 30; disturbi jn seguito ad
intossicazione labirintica, 186; disturbi
nella tabe, 284; disturbi nella paralisi
progressiva, .382.
Necrosi: focolai nella corteccia, 328.
Nervi periferici : alterazioni nella para-
lisi progressiva e in altre psicosi. 31 ;
degenerazione e rigenerazione delle
placche motrici, 137.
Nervo : facciale : paralisi periferica, 37 ;
cura elettrica e chirurgica, 289 ; ipo-
glosso ; alterazioni dell'apparato reti-
colare interno nelle cellule di origine
in seguito a taglio o strappamento, 660 ;
ottico: rigenerazione, 177. 236, 481;
neuritis op'tica haereditaria, 186 ; as-
senza congenita, 324; trigemino : ana-
tomia comparata, 40 ; anatomia, 84 ;
nevralgia, 3.36 : vago : azione negli
scambi organici, 174 ; sindrome nella
paralisi progressiva, 332.
Neurite: ottica famigliare, 186; sensitiva,
atrofica in seguito a zona, 477.
Neuroblasti : evoluzione, 169.
Neurofibrille, 232; sviluppo cmbrionario,
171; funzione di conduzione, 462: al-
terazioni: nella malattia di Tay-Sachs,
138 ; cadaveriche, 146 ; neir asfissia
rapida, 143; per ipertermia e ipoter-
mia, 211 ; azione della elettricità,
874.
Nevralgia del trigemino, 336.
Nevrastenia, 478 ; psicologia del nevraste-
nico, 370.
Nucleo lenticolare: fisiopatologia del, 390*
51W
Indice delle materie
Nucleus ruber tegmenti: anatomia com-
parata, 27.
Occhio: rapporto col labirinto. 26; negli
alienati, 190.
Oftalmoplegia, 24, 382.
Omicidio di melancolicì, 86.
Organo dell'udito : difetti di Bviluppo in
ancncefali, 37.
Orientazione : rovesciamento del senso di,
370.
Osteoporosi delle vertebre e lesioni del
midollo spinale, 29.
Ottico : rigenerazione, 177, 236, 481; neu-
n'tisoptica haer editar ia^ 186; assenza
congenita. 324 ;
Pallestesia: fisiopatologia, 237.
Paralisi ; cerebrali infantili e vizi cardiaci
36 ; dei muscoli oculari, 24, 382 ; seg
mentaria dei muscoli addominali, 284
dei movimenti oculari, Jissociata, 30
degli arti inferiori, segno di Grasset
184; facciale, 37; periferica del fac
ciale, 289; progressiva, alterazioni dei
nervi periferici, 31 ; della cute. 333
contrattura, 189: disturbi oculari, 382
forma bulbare ^sindrome del vago e
di angoscia), 332, giovanile, 231; pre-
cipitazione frazionata delle albumine
del liquido cefalo- rachidiano, 376; sie-
ro-diagnosi, 120, 232, 272, 886, 462;;
postdifteriche, 33; pseudobulbari, 38,
46.
Paranoia: periodica, 382; e demenza pre-
coce, 388.
Paraplegia: spinale spastica, 286; spasmo-
dica famigliare, 329.
Parati roidi : cura della tetania con prepa-
rati dì, 39.
Patogenesi : delle paralisi postdifteriche,
33; della cìwrea minor, Ai, 191: del-
l' emimielia, 45 ; del mixoedema, 77.
Pazzìa morale. 335.
Pellagra degli arabi, 48.
Peritonite pseudo-isterica, 330.
Placche motrici : degenerazioni e rigene-
razioni dopo sezione dei nervi. 137.
Plasmaselìen nel sistema nervoso di co-
nigli alcoolizzati, 467.
Poliencefalite superiore: anatomia patolo-
• gica, 374.
Poliomielite acuta, 380.
Potassio: presenza nel liquido cefalo-ra-
chidiano e nel sangne, 461.
Pott (malattìa di) e sifilide del midollo, 44 ;
note sul morbo, 231.
Pressione osmotica : sensibilità del cervello,
323.
Pressione sanguigna : neir arteriosclerosi,
35 ; neir epilessia elettrica, 464.
Processi psichici : loro sede negli animali,
466.
Prodotti di disfacimento nel sistema ner-
voso centrale, 326.
Psichiatria : trattato di Ziehen, 95 ; i pro-
blemi odierni della, (Lugaro), 86.
Psicologia: e spiritismo, 366; psicologia
del nevrastenico, 370.
Psicosi: alterazioni dei nervi nelle, 31;
ghiandole a secrezione interna, 237 ;
forme lacunari, 285 ; malattie a fo-
colaio, 95 ; giovanili. 39; maniaco-de-
pressi va e rapporti coli' epilessia, 418 ;
periodica, rapporti coll'epilessia, 478;
poliueurìtiche, 590.
Puerilismo. 226.
Radici posteriori: rigenerazione, 469.
Reazione pupillare, 49.
Respirazione: nella paralisi pseudo^ul-
bare, 33 ; ritmo nei dementi precoci,
479.
Resoconto: del manicomio di Tokio, 38;
del 1" Congi-esso della Soc. I tal. di neu-
rologia, 223.
Retina: fatti degenerativi e rigenerativi
in seguito al tiiglio dell'ottico, 177.
Reumatismo cronico : insufficienza tiroi-
dea, 334; disturbi trofici, 477.
Ricambio organico: azione del vago 175.
Ricerche urologiche ed ematologiche nei
psicopatici, 07; ematologiche negli
epilettici, 148; cronogratìche nei mo-
vimenti volontari, 174.
Riflessi : vie, 25; meccanismo, 134, 465;
tempo di latenza nel cane, 466.
Rigenerazione: delle placche motrici, 137 ;
del midollo, 236, 481; del nervo ot-
tico, 177, 236, 481; degli elementi non
nervosi della corteccia, 321; collate-
rale nei gangli spinali, 287; delle ra-
dici posteriori, 469; dei nervi perife-
rici, 470.
Indice delle materie
599
Kisimcìtazione di animali elettrizzati, 136.
464.
ROngten: effetti dei raggi di R. sulle cel-
lule nervose. 175.
iSangne: nelle psicopatie. 07; nell'epiles-
sia, 143; presenza di colina e di po-
tassio in alcune malattie mentali, 480;
pressione sanguigna neir arterioscle-
rosi, 35; nell'epilessia elettrica, 464.
Scimmie : struttura della corteccia cere-
brale, 41.
Sclerosi : a placche del midollo spinale,
15; laterale amiotrofica e degenera-
zione delle vie piramidali, 42; sclerosi
laterale amiotrofica dì origine emozio-
nale, 400; sclerosi tuberosa, 589.
Scrittura a.Hsociata come terapia della mo-
gigrafìa. 192.
Senso deir equilìbrio, 34.
Sì ero- diagnosi : nella tabe e paralisi pro-
gressiva, 120, 232, 272, 462 ; della
sifìlide col metodo della precipitazione
della lecitina, 385'
Sifìlide: s. midollare e male di Pott, devia-
zione del complemento nella, 120,
232; si ero- diagnosi coi metodi della
precipitazione. 385r452; cerebrale
difTusa, 325; diagnosi precoce della si-
fìlide del sistema nervoso, 81 ; del si-
stema nervoso centrale, 231; precipi-
tazione frazionata delle albumine del
liquido cerebro-spinale nella sifilide
del sistema nervoso, 376.
Sindromi : da lesione del fascio genicolato,
45 ; di Weber con emianopsìa, 282 ;
motorie dell'infanzia, 383; di Brown-
Séquard simulata dairisteria, 164; del
vago e d'angoscia nella paralisi pro-
gressiva, 332; di Friedreich, 231; emi-
tonoclonica postemiplegica, 477.
Sintoma dì Grasset e Gaussel nelle lesioni
di motilità degli arti inferiori, 116.
Sìringomielia: con fenomeni bulbari e di-
sturbi trofici. 43; con cheiromegalia,
44; s. e catatonia, 74; s. e tabe, 144;
s. spasmodica dolorosa, 475.
Sistema nervoso : metodi di colorazione,
30, 300; dì conservazione, 331 ; dtì-
VElephas indicuSy 28; evoluzione dei
neuroblasti, 169 ; delle cellule nervose,
232 ; sviluppo ncirembrione di cavia,
40; struttura, 372; rapporti colle ghian-
dole sessuali, 36, 227; anatomia cli-
nica, 278; rigenerazione, 481, 177, 236,
481 ; sistema nervoso centrale : la-
cune nelle malattie mentali, 285; pro-
dotti di disfacimento, 236; infiltrazione
di FlcLsmazelUn nei conigli alcooliz-
zati, 144, 467; alterazioni per iniezioni
di bile, 176; alterazioni per azione
dell'adrenalina, 176.
Sonno: ed isterismo, 183.
Spiritismo e psicologia, 366.
Spondilite infettiva, 34.
Tabe : sierodiagnosì, 120, 282, 273, 385;
disturbi dei muscoli oculari, 284: t-.
e sìringomielia. 144 ; precipitazione
frazionata delle albumine nel liquido
cerebro-spinale, 376 ; patogenesi ed
anatomia patologica, 473.
Tay-Sachs : idiozia familiare amaurotica,
188; ricerche anatomiche e cliniche in
una forma speciale, 471.
Tecnica istologica, 30, 300, 331-
Teoria dell' illusione dì riconoscimento,
236; t. della dottrina metamerica e ri-
generazione delle radici posteriori. 469.
Terminazioni nervose: rigenerafz ione e de-
generazione in segni to al taglio del
nervo, 137.
Tetania : trattamento, con estratti di para-
tiroidi, 39.
Tiroide : insufficienza e reumatismo cro-
nico, 384.
Traumi sessuali giovanili e loro significato
nella demenza precoce, 381.
Trigemino : anatomia comparata, 40 ; ana-
tomia, 84; nevralgia, 385.
Tubercoli, cerebrali nella puerizia, 35.
Tumori cerebrali : lesioni della corteccia,
29 ; sintomi vasomotori , 39 ; della
zona parietale, 84; del lobo prefron-
tale sinistro, 179 ; del corpo calloso,
281, 876; intervento operatorio, 191 :
tumori fantastici, 181 ; tumori ipofi-
sari, 177, 373; tumori meningei, 181;
tumori midollari (del midollo allun-
gato), 329; tumori del quarto ventri-
colo, 588.
Ttlrck (origine del fascio peduncolare dì),
132.
GOO
indice delle materie
Udito : sfera uditiva del cervello umano,
130.
Ungulati : midollo spinale, 41.
Urinemìa: lesioni delle fibre nervose nell",
340.
Ustioni della cute e consecutive altera-
zioni delle cellule nervose, 136.
Vago ; azione sugli scarabi organici, 174 ;
sindrome del vago nella paralisi pro-
gressiva, 332.
Vasi: lesioni nella gangrena spontanea
simmetrica delle estremità, 476.
Vasi cerebrali: anatomia, 430; infiltra-
zione, nei conigli alcoolizzati, 144,
467.
Ventricolo quarto: anatomia 129: tumori,
588.
Vescica urinaria: disturbi nei ragazzi.
38.
Via piramidale : degenerazione nella scie-*
rosi laterale amiotrofica, 42.
Vie cerebro-cerebellari neir uomo. 4:i4.
Wassermann : specificità della reazione.
120, 232, 272.
Weber (sindrome di) : con emianopftia. 282.
Zona fibrillogena nelle cellule nervose em-
brionarie, 171.
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