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Full text of "Rivista di patologia nervosa e mentale"

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nell'intero  testo  di  questo  libro  dalhttp  :  //books  .  google  .  com 


t  NARDECCHIA.  S/A 


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RIVISTA 


DI 


PATOLOGIA  NERVOSA  E  MENTALE 


RIVISTA 


Patologia  nervosa  e  meotale 

DIRETTA    Di 

S.   T^NZI 

(nsxvza) 

A..   TAMSXJRim  S.  MORSSniilil 

(iojca)  (osnota) 

E.  liU&AJlO 

(modsxa) 


Redattorlt 

0.    ROSSI 

O.   SANDBI    -    M.  ZALLA 


Anno  XIII    —    Volume  :^III 


FIEENZE 

Tipografia  Galileiana 

54  —  Via  S.  Zanobi  ->  54 
1908 


iiOLooi  un. 


Rivista  di  Patoiogia  neivosa  e  mentale 

DI  BETTA   DA 

E.    TANZI 

(fibbkzx) 

A.  TAÌdBJJJUNl  E.  MORSEUU: 

(soma)  (qexova) 

E.   LUO-AJIO 

(modbn'a) 


Redattori: 

0.  ROSSI 

O.  8ANDBI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  Salvi,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  G-ennalo  1808  Fase.  1 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI       RC3Z^ 


Manicomio  di  8.  Maria  della  Pietà  di  RoDia,  diretto  dal  prof.  6.  Mingazzini 
(Laboratorio  anatomo-patologico,  diretto  dal  prof.  A.  (iiannelli) 


Una  cisti  emorragrica  del  corpo  calloso 

per  il  dott.  Odoardo  Asoenzi,  medico-chirurgo  negli  Ospedali 


6I0L06T 
UBRARY 


La  casuistica  delle  lesioni  del  corpo  calloso  non  è  certamente  delle  più 
ricche,  né  delle  più  uniformi.  Mentre  da  una  parte  assai  scarso  è  il  contri- 
buto che  la  clinica  e  l'anatomia  patolojjica  hanno  portato  alla  soluzione  delle 
intricate  questioni  che  si  agitano  sulla  fisiologia  della  trave,  d'altro  canto  le 
difficoltà  e  le  incertezze  aumentano  per  l'incostanza  e  per  la  varietà  della 
sintomatologia.  Qualunque  caso  quindi  di  lesione  del  corpo  calloso  acquista 
valore,  specialmente  se  ben  studiato  in  vita  e  seguito  da  reperto  anatomico. 
Ed  invero  il  caso  che  presento  di  una  piccola  cisti  emorragica  dell'irradiazione 
sinistra  della  trave,  riveste  una  discreta  importanza  sia  per  la  rarità  della 
lesione,  inquantochè  non  ne  ho  riscontrato  simili  nella  letteratura,  sia  per  la 
sua  netta  delimitazione  nello  spessore  del  corpo  calloso,  senza  alcuna  compar- 
tecipazione delle  formazioni  vicine. 

Storia  clinica.  —  Silvano  Giuseppe,  di  anni  64,  da  Cuneo,  cuoco.  Mancano 
notizie  anamnestiche  complete.  Nei  precedenti  personali  non  risultano  smodati  abusi 
di  alcoolici  né  l'infezione  sifilitica.  Si  ammogliò  a  35  anni  ed  ebbe  10  figli,  compresi 


851 


0,  Ascenzi 


due  aborti  ed  uno  nato  morto.  Una  figlia  all'età  di  11  anni  fu  ricoverata  nel  Mani- 
comio di  Roma  per  chorea  insamens  e  vi  rimase  circa  5  anni  ;  ora  gode  buona  salute. 

Il  paziente  non  ha  presentato  disturbi  apprezzabili  fino  ai  primi  mesi  del  1908 
(anni  61  ),  quando  una  mattina  tornò  a  casa  trascinandosi  tutto  tremolante  ed  irre- 
quieto. Non  riuscì  a  parlare,  né  a  dare  alcuna  spiegazione.  Rimase  qualche  giorno 
in  letto  in  uno  stato  di  subcoacienza,  poi  si  calmò;  però  da  allora  T incesso  si  fece 
titubante,  spesso  il  malato  cadeva;  gli  arti  di  destra  divennero  quasi  di  continuo 
animati  da  un  tremore  ora  più,  ora  meno  intenso.  Nello  spazio  di  due  o  tre  anni  si 
andò  inoltre  stabilendo  un  vero,  e  proprio  stato  di  demenza.  Pu  ricoverato  dapprima 
al  Policlinico  Umberto  I,  dove  presentò  ad  intervalli  periodi  di  eccitamento  con 
verborrea  e  disturbi  sensoriali,  e  poi,  il  10  gennaio  1906,  venne  trasferito  al  Mani- 
comio. 

EsAiiE  OBBIETTIVO.  —  Individuo  all'apparenza  di  età  maggiore  di  quella  reale. 
Arco  corneale  senile.  Denutrizione  intensa.  Condizioni  generali  molto  scadenti.  Di 
notevole  presenta  evidenti  segni  di  arteriosclerosi  :  le  arterie  temporali  superficiali 
sono  prominenti,  grosse,  dure,  serpiginose;  le  femorali  si  palpano  come  due  grossi 
cordoni  rigidi  ed  in  esse  non  si  avvertono  aiFatto  le  onde  secondarie  di  elasticità;  il 
cuore  non  apparisce  ingrandito,  i  toni  cardiaci  sono  deboli,  il  polso  ritmico;  la 
temperatura  è  normale  ;  le  urine  contengono  traccie  di  albumina.  L' infermo  si  lamenta 
soltanto  di  cefalea;  egli  mantiene  costantemente  il  decubito  dorsale. 

Esame  del  sistema  nervoso.  —  Nulla  a  carico  della  oculomozione.  I  movimenti 
della  faccia  avvengono  a  destra  meglio  che  a  sinistra;  la  differenza  è  più  apprezza- 
bile per  la  notevole  asimmetria  della  faccia.  Nell'atto  di  digrignare  i  denti  la  plica 
naso-labiale  destra  si  fa  molto  più  profonda  della  sinistra,  e  l'angolo  della  bocca 
viene  stirato  molto  meno  da  questo  che  da  quel  lato.  La  lingua  è  incompletamente 
protrusa;  essa  accenna  a  deviare  a  destra  e  presenta  discreti  tremori  alla  punta. 

Gli  arti  superiori  sono  per  lo  più  in  lieve  flessione  ed  addotti,  le  mani  quasi 
sempre  addossate  all'  addome,  essi  presentano  un  aumento  di  resistenza  ai  movimenti 
passivi,  più  forte  a  destra.  Dei  movimenti  attivi  l'elevazione  di  tutto  l'arto  e  la 
flessione  dell'  antibraccio  sono  effettuati  in  modo  più  pronto  e  più  completo  a  destra 
anziché  a  sinistra.  Del  pari  più  completi  sono  a  destra  i  movimenti  fini  delle  dita 
(adduzione,  abduzione,  opposizione  del  pollice  alle  altre  dita).  I  muscoli  del  collo 
e  del  tronco  sono  in  uno  stato  ipertonico  permanente. 

Gli  arti  inferiori  presentano,  come  i  superiori,  un  aumento  di  resistenza  ai  movi- 
menti passivi,  maggiore  a  destra.  I  movimenti  attivi  sono  limitati  d'ambo  i  lati. 
La  forza  muscolare  bruta  è  scarsa;  a  destra  tanto  nell'arto  superiore  che  nell'arto 
inferiore  è  meglio  conservata  che  a  sinistra.  La  deambulazione  non  è  possibile  nem- 
meno sostenendo  l'infermo,  il  quale  riesce  appena  a  rimanere  nella  stazione  eretta. 
Nulla  a  carico  degli  sfinteri  della  vescica  e  del  retto. 

Il  paziente  presenta  uno  speciale  tremore  nell' arto  superiore  destro,  tremore  che 
talora  si  diffonde,  ma  in  grado  molto  minore,  all'arto  superiore  opposto.  Esso  non 
ricorda  affatto  il  tipo  di  Parkinson;  la  volontà  non  lo  domina,  le  dita  non  eseguono 
alcun  movimento  sui  metacarpi.  E  l'arto  in  toto  che  si  muove  animato  da  oscilla- 
zioni, le  quali  sono  di  ampiezza  variabile  e  non  mantengono  sempre  lo  stesso  ritmo. 
In  un  momento  in  cui  l'arto  superiore  sinistro  è  del  tutto  immobile,  nel  destro  si 
contano  circa  200  oscillazioni  al  minuto,  le  quali  si  susseguono  con  ritmo  di  fre- 
quenza variabilissimo.  I  muscoli  della  coscia  destra  poi,  specialmente  il  quadricipite 
ed  il  sartorio  sono  colpiti  in  tutta  la  loro  estensione  da  tremori  fascicolari,  i  quali, 


Una  cisti  em&rragica  del  colepo  calloso 


irrt!golari  nel  ritmo  come  quelli  degli  arti  superiori,  sì  diffondono  poco  alla  gamba 
omonima  e  non  colpiscono  mai  l'arto  inferiore  sinistro. 

Per  quanto  lo  permette  lo  stato  mentale  dell*  infermo  non  si  rilevano  per  lo 
meno  grossolani  disturbi  di  ordine  aprassico-motorio. 

Biflessi,  —  Le  pupille  sono  uguali.  Le  iridi  reagiscono  con  sufficiente  prontezza 
alla  luce.  A  destra  non  si  provoca  alcun  riflesso  tendineo  superiore,  a  sinistra  si  provoca 
solamente  il  tricipitale  e  il  bicipitale  i  quali  sono  fiacchi.  Entrambi  i  rotulei  sono 
deboli,  quello  di  destra  in  grado  maggiore  di  quello  di  sinistra.  Alluci  plantari  d' ambo 
i  lati.  Visus  pressoché  normale.  Normale  la  reazione  agli  stimoli  dolorifici  cutanei. 


Fra.  1. 

Sezione  vertlco-trasversale  attraverso  il  gena  corporis  calloai. 

S  =  Scissura  intermisferica. 

V  =  Como  anteriore  dei  ventricoli  laterali. 

0  =  Genu  corporis  callosi. 

/.  -=  .Cisti  emorra^ea. 

Non  esistono  disturbi  disartrici,  non  disfasie,  né  disfagia.  Mancano  sintomi  di  pianto 
0  di  riso  spastico;  non  vi  è  maschera  parkinsoniana,  né  facies  hutchinsontana. 

Mentalmente  si  hanno  i  segni  di  uno  stato  demenziale.  L'infermo  presta  scar- 
sissima attenzione,  non  percepisce  che  domande  semplici,  esegue  soltanto  i  comandi 
più  elementari.  È  disorientato  completamente,  mostra  enormi  lesioni  della  memoria. 
Non  ha  alcuna  coscienza  del  proprio  stato,  non  si  interessa  di  nulla,  nulla  domanda. 
Esistono  disturbi  sensoriali  acustici  a  contenuto  ostile,  contro  i  quali  manca  qual- 
siasi reazione  da  parte  del  paziente.  Questi  passa  quasi  tutto  il  giorno  in  uno  stato 
di  apatia  e  di  sonnolenza.  Nella  notte  quasi  sempre  è  insonne  e  clamoroso,  facilmente 
cade  dal  letto.  È  sudicio.  Talora  rifiuta  il  cibo. 

Il  27  febbraio  1906  muore  con  sintomi  adinamici  cardio-polmonari. 

Reperto  necroscopico.  —  24  ore  post  mortem.  (Prof.  Giannelli)  Nulla  a  carico 
del  cranio.  Normali  gli  involucri  cerebrali  per  colorito  e  spessore  ;  la  pia  facilmente 
si  distacca  dai  giri.  Le  circonvoluzioni  sono  di  sviluppo,  disposizione  e  consistenza 
normali.  Divaricando  gli  emisferi  nulla  si  osserva  di  patologico.  In  un  taglio  vertico- 


0.  Ascenzi 


trasversale  che  passa  per  il  genu  corporis  callosi  ed  attraversa  T  estremità  anteriore 
dei  ventricoli  laterali,  si  trova  una  cisti  emorragica  rotondeggiante  grande  quasi  come 
un  osso  di  ciliegia  (fig.  1).  Essa  è  situata  neir  irraggiamento  sinistro  del  ginocchio 
del  corpo  calloso,  sopra  all'estremità  anteriore  del  corno  anteriore,  distante  tre  mil- 
limetri dalla  volta  del  ventricolo  laterale  e  circa  un  centimetro  e  mezzo  dalla  super- 
fice  mediale  dell'  emisfero.  La  superficie  della  cisti  è  liscia  ed  ha  limiti  netti,  uniformi. 
Il  cuore  è  di  peso  e  di  volume  normale.  Le  valvole  sono  sufficienti.  Di  poco 
aumentato  lo  spessore  della  parete  ventricolare  sinistra.  Aorta  liscia  in  tutta  la  sua 
estensione.  Reni  affetti  da  atrofia  cronica;  capsula  fibrosa  difficilmente  asportabile, 
sostanza  corticale  diminuita  di  spessore,  arterie  renali  rigide.  Milza  e  fegato  normali. 
Eiassumendo  si  tratta  dunque  di  un  infermo  di  64  anni,  arteriosclerotico,  in 
stato  di  demenza  il  quale,  dal  punto  di  vista  neurologico,  ha  presentato  sintomi 
motori  bilaterali  consistenti  in: 

a)  tetraparesi,  poco  marcata  a  destra,  spiccata  a  sinistra,  specialmente  nel- 
l'arto superiore,  con  partecipazione  in  questo  lato  del  facciale  e  dell' ipoglosso. 

h)  ipertonia  diffusa  dei  muscoli  del  collo,  del  tronco  e  degli  arti,  molto  più 
spiccata  a  destra  e  nell'arto  superiore. 

e)  speciale  tremore  in  toto  dell'arto  superiore  destro  che  si  diffonde  pochis- 
simo neir  arto  superiore  sinistro  ;  colpisce  i  muscoli  della  coscia  destra  sotto  forma 
di  tremore  fascicolare  e  non  interessa  affatto  l'arto  inferiore  sinistro. 

d)  riflessi  tendinei  fiacchi  nel  lato  più  paretico,  ancora  più  fiacchi  o  mancano 
del  tutto  nel  lato  meno  paretico. 

*  * 

Prima  di  riferire  le  considerazioni  che  il  caso  presentato  mi  porge  occa- 
sione di  fare,  credo  opportuno  dare  un  rapido  sguardo  sintetico  alla  casuistica 
delle  lesioni  del  corpo  calloso.  Rammento  che  le  lesioni  più  numerose  osser- 
vate sono  i  tumori;  vengono' poi  le  emorragie  e  i  rammollimenti,  tanto  le  une 
che  gli  altri  rarissimi.  Lesioni  speciali,  in  forme  d^  degenerazioni  probabil- 
mente sistematiche,  sono  state  descritte  dal  Marchiafava  e  Bignami  negli 
alcoolisti  e  da  Pelnar  e  Skalicka  nello  splenio.  Altre  lesioni  rappresentano 
la  localizzazione  di  processi  diffusi  o  disseminati,  quali  la  sclerosi  a  placche, 
la  encefalite  diffusa  non  suppurativa  ecc.  Abbiamo  infine  alcuni  casi  di  man- 
canza 0  di  deficienza  congenita  della  trave  ed  un  caso  di  lesione  traumatica. 

I  tumori  del  corpo  calloso  descritti  fino  ad  oggi  sono  circa  una  quaran- 
tina; in  10  dei  25  casi  raggruppati  dallo  Schupfer  (20)  fino  al  1899  il  tumore 
interessa  la  parte  anteriore  della  trave.  Su  tale  lesione  principalmente  è  stata 
studiata  la  sintomatologia  del  corpo  calloso.  I  tumori  però  invadendo  quasi 
costantemente  gli  emisferi  o  da  uno  o  da  ambedue  i  lati,  producono  fenomeni 
di  compressione  o  guasti  locali,  che  complicano  ed  oscurano  il  quadro  morboso, 
onde  divergenze  numerose  sulla  esistenza  o  meno  di  alcuni  sintomi  e  sulla 
interpretazione  di  altri.  Non  è  qui  il  caso  di  riportare  i  criterii  indicati  dagli 
autori  (Bristow(2)  Ramson  (19),  Schupfer)  per  la  diagnosi  di  sede  dei 
tumori  del  corpo  calloso.  In  una  recente  analisi   di   essi,   a   proposito  di  un 


Una  cisti  emorragica  del  corpo  calloso 


neoplasma  della  parie  anteriore  della  trave,  Mingazzini  (15)  ne  fa  rilevare 
il  carattere  poco  determinato  e  piuttosto  accidentale  e  mette  in  evidenza  i 
j^intomi  di  bilateralità.  Nel  suo  caso  nota  che  soltanto  la  emiparesi  doppia 
senza  partecipazione  dei  nervi  cranici  e  senza  disordini  della  sensibilità,  mentre 
da  un  lato  rendeva  molto  improbabile  una  neoformazione  alla  base  degli  emi- 
sferi, dall'altra  indicava  piuttosto  il  corpo  calloso  come  sede  del  neoplasma. 
Per  Duret(5)  la  coincidenza  di  questi  due  segni  in  parte  positivi  in  parte 
negativi,  è  patognomonica  dei  tumori  della  trave;  per  Mingazzini  essa  ha 
un  valore  molto  più  certo  del  criterio  indicato  da  Bruns  (3),  cioè  della  man- 
canza di  sintomi  i  quali  indichino  un'altra  localizzazione.  Ad  ogni  modo  dalla 
sua  minuta  disamina  il  Mingazzini  conclude  che  il  quadro  fenomenologico 
dei  tumori  del  corpo  calloso  ed  in  particolare  modo  quello  dei  neoplasmi 
localizzali  nel  genu^  riposa  su  una  base  oscillante  tanto  che  nessun  clinico 
oserebbe  pronunciare  un  giudizio  diagnostico  deciso  utilizzando  i  criteri  dati 
dagli  A  A. 

Per  quanto  concerne  i  rammollimenti  nella  letteratura  si  trovano  soltanto 
registrati  i  casi  di  Kaufmann,  di  Marie  e  Guillain,  e  Giannelli. 

11  caso  di  Kaufmann  (11)  ha  un  valore  molto  relativo,  sia  per  la  vastità 
dalla  lesione,  sia  perchè  non  fu  possibile  studiarlo  intra  vitam.  Si  tratta  di 
un  uomo  di  45  anni  giunto  moribondo  all'ospedale  e  morto  poche  ore  dopo. 
All'autopsia  si  trovò  un  aneurisma  trombizzato  nel  punto  in  cui  Varteria 
comiinicans  anterior  Sì  si^cc^  d^LÌV  arteria  carporis  callosi  dextera  e  un  esteso 
rammollimento  del   corpo   calloso.  —  Più  importanti  sono  gli  altri  due  casi. 

In  quello  di  Marie  e  Guillain  (13^'  si  tratta  di  un  individuo  di  62  anni 
afletto  da:  l""  emiplegia  destra  con  tendenza  spasmodica  associata  non  ad 
emianeslesia,  ma  a  difetto  di  localizzazione  e  di  interpretazione  delle  sensa- 
zioni dolorose  nel  lato  emiplegico.  2**  Emianopsia  sinistra.  3*"  Scosse  e  movi- 
menti coreiformi  nell'arto  superiore  sinistro.  Qualche  scossa  nell'arto  infe- 
riore sinistro,  interessante  l'arto  in  toto.  Nessun  accenno  di  paralisi  nel  lato 
sinistro;  non  scosse  nell'arto  emiplegico  ma  solo  qualche  contrazione  fasci- 
colare nella  coscia  destra  (quadricipite),  che  in  seguito  scomparve. 

All'autopsia  si  riscontrarono: 

A  sinistra:  a)  Rammollimento  bianco  recente  del  genu^  largo  quanto  un 
pezzo  da  cinquanta  centesimi  ed  esteso  per  un  centimetro  e  mezzo  nella* 
sostanza  bianca  dell'emisfero  sinistro,  non  del  destro.  6)  La  testa  del  nucleo 
caudato  sinistro  distrutta  in  parte  da  una  lacuna  un  po' più  antica  del  ram- 
mollimento recente,  e)  Rammollimento  grande  quanto  una  noce,  vicino  al  polo 
occipitale  sinistro. 

A  destra:  a)  Cimeus  quasi  interamente  distrutto  da  un  rammollimento  da- 
tiinte  da  qualche  mese  ed  esteso  nello  spessore  del  lobo  linguale,  b)  Piccolo  foco- 
laio di  disintegrazione  lacunare  all'estremità  posteriore  del  nucleo  lenticolare. 

Gli  AA.  hanno  messo  in  rapporto  l'emianopsia  con  l'antica  lesione  del 
cuneo  e  del  lobo  linguale  e  l'emiplegia  col  rammollimento  del  corpo  cal- 
loso. Riguardo  alle  scosse  muscolari  e  ai  movimenti   coreiformi  si  limitano  a 


0.  Ascenzi 


metterne  in  rilievo  la  presenza,  ma  non  credono  di  dare  alcuna  spiegazione 
del  fenomeno  clinico. 

Nel  caso  di  Gian  nel  li  (7)  si  tratta  di  una  donna  di  55  anni,  con  tutta 
probabilità  sifilitica,  affetta  da  rìso  spastico,  la  quale  dopo  circa  due  anni  dal- 
r  insorgenza  di  tale  alTezìone  è  colpita  da  un  ictus  e  diviene  afasica  e  tetra- 
paretica  (emiplegia  sinistra,  paralisi  dell'arto  inferiore  destro,  paresi  dell'arto 
superiore  destro).  All'autopsia  eseguila  venti  giorni  dopo  V  ictus,  si  constatarono 
due  lesioni,  una  di  data  antica  nel  braccio  anteriore  della  capsula  interna 
vicino  al  nucleo  esterno  del  talamo  (riso  spastico);  l'altra  recentissima  sotto 
forma  di  rammollimento  bianco  del  ginocchio  del  corpo  calloso  e  del  setto 
lucido  (tetraptiresi). 

Il  Gian  nel  li,  analizzando  questo  caso  e  passando  in  rassegna  la  sintoma- 
tologia dei  neoplasmi  del  corpo  calloso  nonché  quella  presentala  dall'infermo 
di  Marie  e  Guillaìn,  deduce  queste  due  conclusioni:  1^  La  emiparesi  doppia 
di  uguale  intensità  o  più  accentuata  in  un  lato  con  tendenza  spasmodica  o  la 
emiparesi  con  sintomi  di  stimolazione  motrice  dell'altro  lato  (contrazioni  fasci- 
colari, movimenti  coreiformi,  ecc.),  senza  partecipazione  dei  nervi  cerebrali,' 
indica  con  sufficiente  esattezza  il  corpo  calloso  come  sede  della  lesione.  2"  La 
mancanza  di  anestesia  nelle  parti  colpite  da  paresi  o  paralisi  con  un  difetto 
di  sintesi  psicologica  delle  sensazioni  dolorose  provocate  artificialmente  sulle 
parti  paralizzate;  ciò  che  serve  a  corroborare  il  criterio  precedente  e  forse 
deve  essere  tenuto  presente  come  indizio  di  lesione  della  parte  anteriore  del 
corpo  calloso. 

Di  scarso  valore  per  lo  studio  della  trave  è  la  sintomatologia  dei  casi 
fin'ora  noli  di  emorragia  della  medesima.  Tali  casi  sono  assai  rari.  Gintrac(8) 
(1869)  sopra  560  casi  di  emorragia  del  cervello  ha  trovato  un  solo  caso  di 
emorragia  del  corpo  calloso.  Erb  per  il  primo  ne  pubblicò  un  esempio  al 
quale  si  aggiunsero  più  tardi  quelli  di  Hougberg  e  di  Infeld. 

Nel  caso  di  Erb  (6)  si  trattava  di  un  nefritico  di  61  anni  il  quale  mostrò 
al  reperto  alterazioni  croniche  delle  meningi  ed  una  leplomeningite  cerebro- 
spinale acuta.  L'emorragia  della  trave  era  complicata  da  emorragia  meningea. 
All'ultimo  si  aggiunse  una  emorragia  del  mesocolon  ascendente.  Il  corpo  cal- 
loso si  mostrava  quasi  tutto  spappolalo  dall'emorragia;  soltanto  la  sezione 
anteriore  era  intatta  in  parte.  La  distruzione  colpiva  la  trave  anche  in  tutto 
il  suo  spessore  ;  soltanto  le  sezioni  inferiori  fiicevano  riconoscere  la  loro  forma, 
ma  erano  infiltrate  di  emorragia.  Le  parti  vicine  erano  poco  interessate. 

Nel  caso  di  Hougberg  (8)  si  avea  a  fare  con  una  donna  di  32  anni,  la  quale, 
ilopo  due  anni  da  che  si  era  iniziato  un  delirio  di  persecuzione,  fu  improv- 
visamente colpita  da  vomito,  cefalea,  vertigine,  abbattimento  generale.  Non  si 
poterono  dimostrare  disturbi  della  sensibilità,  motilità  o  coordinazione.  La 
Iticcia  era  pallida,  le  urine  senza  albumina;  temperatura  normale;  polso  non 
frequente.  Il  giorno  seguente  il  vomito  cessò;  lo  stato  generale  andò  sempre 
peggiorando,  si  ebbe  decubito  supino  passivo,  sonnolenza,  perdita  involontaria 
di  feci  e  di  urina;  dopo  qualche  giorno   il  respiro  divenne   superficiale,  il 


Uria  cisti  emorragica  del  corpo  calloso 


ventre  avvallato.  La  motilità  e  la  sensibilità  degli  arti  erano  conservate,  le 
pupille  pigre.  Sopravvenne  delirio,  si  stabilirono  dei  decubiti  e  al  Quindicesimo 
giorno  di  malattia,  l'inferma  mori  con  fenomeni  di  paralisi  di  polso  e  di 
respiro.  Alla  sezione,  oltre  una  cisti,  grande  quanto  un  fagiolo,  situata  nel  plesso 
coroideo,  si  trovò  in  corrispondenza  del  corpo  calloso,  circa  un  centimetro 
dietro  al  setto  pellucido,  una  tumefazione  lunga  4  cm.,  larga  3,  alta  2,5  la 
(}uale  si  estendeva  fino  alla  parte  posteriore  dello  splenio  ;  e  racchiudeva 
tutta  la  parte  posteriore  del  corpo  calloso  che  ne  era  per  una  grande  esten- 
sione distrutto.  Tale  tumefazione,  costituita  da  una  massa  sanguigna,  bruno- 
scura,  granulosa,  raggrumata,  verso  l'alto  si  estendeva  molto  poco  sulla  super- 
ficie superiore  del  corpo  calloso,  ai  due  lati  terminava  nettamente  nel  punto  di 
passaggio  negli  emisferi;  verso  il  basso  si  estendeva  fino  alla  superficie  interna 
e  superiore  dei  talami,  i  quali  presentavano  frulla  loro  superficie  Interna  l'epen- 
dima  di  colorito  leggermente  rugginoso.  Nei  ventricoli  non  vi  era  sangue. 
Ponte,  cervelletto,  quarto  ventricolo  normali. 

Infeld  (10)  infine  riferisce  di  un'emorragia  primaria  del  corpo  calloso,  la 
quale  interessò  la  parte  posteriore  della  trave  e  si  estese  al  quarto  ventricolo 
e  ai  ventricoli  laterali.  La  paziente,  giovane  di  19  anni  di  costituzione  linfatica 
e  senza  precedenti  di  sorta  ebbe  improvvisamente  un  ictus  con  vomito  e  per- 
dita di  coscienza,  seguito  da  convulsioni  generali  che  facevano  pensare  ad  un 
accesso  isterico.  Nessun  movimento  volontario,  pupille  da  principio  dilatate  e 
immobili;  riflessi  rotulei  presenti.  Nessuna  reazione  alla  voce  o  a  stimoli  della 
pelle  anche  dolorosi.  Nell'ulteriore  decorso  non  avvennero  cambiamenti  nello 
stato  della  coscienza.  Le  convulsioni  cessarono  negli  arti  inferiori  che  diven- 
nero totalmente  flaccidi,  diminuirono  per  frequenza  e  forza  nelle  estremità  supe- 
riori. Si  manifestò  trisma,  strabismo,  miosi,  ed  iridoparesi.  Dopo  quattro  ore 
e  mezzo  la  paziente  mori  con  sintomi  di  edema  polmonare.  All'autopsia  si 
trovò  iperemia  cerebrale,  circonvoluzioni  molto  ravvicinate,  compresse,  appia- 
nate; ventricoli  laterali  e  lY  ventricolo  dilatati  e  pieni  di  sangue  nero  di 
recente  coagulato.  Acquedotto  di  Silvio  otturato  dal  sangue.  Tutta  la  parte 
posteriore  del  corpo  calloso  era  distrutta  dalla  emorragia. 

Come  si  vede,  in  nessuno  dei  casi  di  emorragia  della  trave  si  trova  alcun 
sìntoma  che  si  possa  legittimamente  riferire  al  corpo  calloso,  inquantochè  i 
sìntomi  presentati  di  carattere  generale  possono  meglio  attribuirsi  alle  gravi 
lesioni  concomitanti  che  determinarono  un  quadro  morboso  d'intensa  gravità, 
n  malato  di  Erb  sopravvisse  dopo  lo  stabilirsi  dei  sintomi  minacciosi  due 
settimane  e  mezza;  quello  di  Hougberg  due  settimane.  Nella  paziente  di 
Infeld  il  decorso  fu  più  rapido  e  quasi  fulmineo  per  la  maggiore  estensione 
dell'emorragia.  I  tre  casi  hanno  di  comune  che  l'emorragia  ha  risparmiato, 
sebbene  in  grado  difìerente,  la  parte  anteriore  del  corpo  calloso.  Infeld  fa 
dipendere  ciò  dal  fatto  che  la  parte  posteriore  del  corpo  calloso  non  è  irro- 
rata dall'arteria  omonima,  bensi  dall'arteria  cerebrale  posteriore,  come  dimo- 
strerebbero il  caso  di  Anton  e  l'esperienza  di  Koliska  (iniezione  di  carminio 
nell'arteria  cerebrale  posteriore). 


0,  Ascenzi 


Erb  concordemente  alle  risultanze  sperimentali  di  Allbutt  e  di  Koranyi, 
trae  dal  suo  caso  la  conclusione  che  nell'adulto  senza  pregresse  malattie  cere- 
brali quasi  tutto  il  corpo  calloso  può  andare  distrutto,  senza  che  ne  consegua 
alcun  disturbo  della  motilità  o  della  coordinazione  o  delia  sensibilità  generale 
0  speciale  e  senza  alcun  notevole  disturbo  della  intelligenza. 

In  quanto  ai  casi  di  agenesia  e  di  aplasia  (completa  od  incompleta)  del 
corpo  calloso,  parecchi  ne  sono  stati  descritti  (^Bruce,  Reil,  Sander,  Malìn- 
verni,  Maclaren,  Mingazzini,  Giannelli,  Sklarek,  ecc.),  ma  anche  di 
essi  il  quadro  fenomenologico  è  vario  e  incostante  poiché,  mentre  in  taluni 
sono  stati  osservati  disturbi  motori  sotto  forma  di  emiparesi  ed  emiplegie 
bilaterali  più  o  meno  accentuate,  in  altri  sono  completamente  mancati  disor- 
dini di  tal  genere.  Però  è  da  notare  che  nei  casi  noti  di  agenesia  totale  o 
parziale  esistorio  lesioni  concomitanti  più  o  meno  grandi  a  carico  degli  emi- 
sferi cerebrali,  specialmente  della  zona  ove  decorrono  le  vie  piramidali  ;  non 
si  può  quindi  escludere,  anzi  è  lecito  supporre,  che  i  disturbi  della  motilità 
non  debbano  attribuirsi  almeno  in  parte  alla  lesione  o  alla  mancanza  delle 
fibre  della  trave;  cosi  come  nei  casi  di  tumore  del  corpo  calloso  che  invadono 
più  0  meno  il  centro  ovale,  essi  debbano  riferirsi  a  compressione  o  a  distru- 
zione delle  vie  piramidali  decorrenti  nella  capsula  interna  (Mingazzini). 

A  complemento  di  questa  rapida  rassegna  debbo  accennare  alle  partico- 
lari lesioni  del  corpo  calloso  osservate  da  Ma  re  hi  a  fa  va  e  Bignami,  e  da 
Pelnar  e  Skalicka. 

Marchia  fa  va  e  Bignami  (14)  hanno  descritto  in  tre  cervelli  di  alcoolisti 
una  speciale  lesione  estesa  a  tutto  il  corpo  calloso.  Questo  si  presenta  alla  se- 
zione di  un  colorito  grigio  diffuso,  mentre  nelle  sue  parti  superficiali,  cosi  nella 
superficie  dorsale  come  nella  ventrale,  conserva  l'aspetto  bianco  madreperlaceo 
della  sostanza  bianca  normale.  Questa  alterazione  cessa  in  modo  brusco,  con 
limiti  abbastanza  netti,  pochi  millimetri  di  là  dalla  emergenza  dei  fasci  che 
costituiscono  la  trave  dalla  sostanza  bianca  degli  emisferi,  e  consiste  princi- 
palmente in  una  degenerazione  delle  guaine  midollari,  con  formazione  di  cel- 
lule granulose  e  proliferazione  di  nevroglia,  mentre  i  cilindrassi  sono,  almeno 
in  massima  parte,  conservati. 

La  particolare  lesione  osservata  da  Pelnar  e  Skalicka  (18)  in  due  de- 
menti consiste  in  una  speciale  colorazione  bruna  limitala  alla  parte  inferiore 
dello  splenio,  dove  il  tessuto  nervoso  è  rimpiazzato  da  una  sostanza  molle 
avente  nel  centro  una  piccola  cavità  cistica,  grande  quanto  un  grano  di  miglio. 
La  colorazione  brunastra  si  seguiva  in  un  caso  fino  allo  strato  sotto  ependimario 
della  parete  interna  del  corno  posteriore  destro  e  sinistro. 

Queste  ultime  osservazioni,  come  si  vede,  non  rivestono  che  un  interesse 
puramente  anatomico  e  soltanto  per  completare  la  casuistica  della  trave  accenno 
infine  al  malato  descritto  da  Chipault  con  una  lesione  del  corpo  calloso  dovuto 
a  proiettile  di  arma  da  fuoco  e  ai  due  casi  di  Kocher  nei  quali  il  trauma 
aveva  prodotto  lacerazione  della  trave  insieme  con  altre  gravi  lesioni  dell'en- 
cefalo. •'■ 


Uìui  cisti  emorragica  del  corpo  calloso 


La  letteratura  oggi  nota  non  ci  mostra  adunque  che  dati  clinici  scarsi  ed 
incerti  che  possono  essere  riferiti  al  corpo  calloso,  tanto  che  la  diagnosi  di 
lesione  in  questa  località  potrebbe  essere  fatta  con  ogni  probabilità  da  un  dili- 
irente  osservatore,  ma  non  mai  con  certezza.  L'unico  complesso  sintomatico  al 
quale  i  neuropatologi  hanno  assegnato  il  maggior  valore  diagnostico  è  la  bila- 
teralità dei  sintomi  motori  senza  compartecipazione  dei  nervi  della  base;  e 
questo  carattere  vale  tanto  per  i  tumori,  come  ha  messo  maggiormente  in  rilievo 
Mingazzini,  quanto  per  i  due  casi  di  rammollimento  conosciuti.  Infatti  nel 
caso  di  Gian  nel  li  si  ebbe  una  tetraparesi,  e  nel  caso  riferito  da  Marie  e 
Guillain  la  sindrome  era  data  da  un'emiplegia  con  tendenza  spasmodica  a 
destra,  e  da  scosse  muscolari  e  movimenti  coreiformi  nell'opposto  lato.  Questi 
ultimi  autori  rilevarono  soltanto  la  presenza  dì  tali  sintomi  irritativi  del  lato 
opposto  a  quello  emiplegico;  Gian  nel  li  li  ritenne  di  sufficiente  valore  dia- 
gnostico come  la  doppia  emiparesi. 

Vero  è  che  quando  il  clinico  si  trova  dinanzi  a  questa  doppia  sintoma- 
tologia corre  col  pensiero  ad  un  doppio  focolaio  morboso,  come  nella  capsula 
interna  di  un  lato  e  nucleo  lenticolare  dell'altro  o  nella  capsula  interna  di 
un  lato  e  talamo  dell'altro  e  così  via;  in  una  parola  ad  una  lesione  bilaterale 
capsulare  o  pericapsulare.  Ma  in  questo  caso,  come  appunto  nel  nostro,  soc- 
correrà l'assenza  dell'uno  o  dell'altro  di  quei  sintomi  di  paralisi  pseudobulbare 
che  non  mancano  mai,  e  che  per  l'appunto  insorgono  quando  le  formazioni 
accennate  vengono  lese  nei  due  lati;  non  troveremo  cioè  né  disartrie,  né 
disfagia;  né  pianto  spastico,  né  infine  quello  speciale  atteggiamento  della  mi- 
mica (facies  hutchinsoniana)  peculiare  di  siffatta  sindrome. 

Il  mio  caso  si  presta  pure  a  qualche  considerazione  anatomica  non  priva 
di  importanza;  esso  era  caratterizzato  da  una  emiparesi  con  fatti  di  stimola- 
zione motrice  dell'altro  lato.  Corrisponde  però  ad  essa  una  lesione  unica  ben 
circoscritta  nell'irradiazione  sinistra  del  corpo  calloso;  e  ciò  mi  obbliga  alla 
interpretazione  della  sindrome  da  me  notala.  A  tale  scopo  non  saranno  qui 
inopportuni  alcuni  ricordi  anatomici. 

È  accertato  che  le  fibre  del  corpo  calloso  costituiscono  un  sistema  com- 
misurale 0  di  associazione  interemisferica  uniente  fra  loro  tutte  le  circonvo- 
luzioni del  mantello  cerebrale,  ad  eccezione  del  lobo  olfattivo  e  dell'estremo 
anteriore  del  lobo  temporale,  regioni  queste  associate  reciprocamente  dalla 
commissura  anteriore. 

L'origine  delle  fibre  del  corpo  calloso  è  stata  studiata  da  Cajal,  il  quale 
applicando  nelle  sue  indagini  il  metodo  Golgi,  ha  potuto  stabilire  che  men- 
tre alcune  di  esse  rappresentano  i  cilindrassi  diretti  delle  cellule  della  sostanza 
grigia  corticale  (cellule  grandi  e  piccole  piramidali,  e  forse  anche  cellule  poli- 


10 


0.  Ascenzi 


morte),  le  altre  nascono  un  po'  al  disotto  della  corteccia  e  rappresentano  le 
collaterali  delle  lunghe  fibre  di  proiezione  o  sono  collaterali  o  branche  di 
biforcazione  delle  lunghe  fibre  di  associazione  (fig.  2). 

Qualunque  sia  la  loro  origine,  costituiscano  cioè  fibre  cilindrassili  dirette 
0  semplici  collaterali  o  branche  di  biforcazione  di  altre  fibre  del  centro  ovale, 
le  fibre  del  corpo  calloso  convergono  come  tanti  raggi  verso  l'angolo  esterno 
del  ventricolo  laterale,  donde  riunite  in  fascio  più  compatto,  si  dirigono  verso 
la  scissura  interemisferica,  costituendo  così  la  radiazione  callosa  (dalla  corteccia 
all'angolo  esterno  del  ventricolo  laterale). 

Attraversano  quindi  la  linea  mediana  dove  si  incrociano  con  le  fibre  del 
lato  opposto  formando  il  corpo  calloso  propriamente  detto.  Lungo  il  tragitto, 


Fio.  2. 
Schema  della  disposizione  delle  fibre  commessurali  secondo  Cajal. 

1.  eorpo  calloso.  —  2.  Fibra  cilindrassile  diretta.  —  3.  Collaterale  di  una  fibra 
di  proiezione.  —  4.  Collaterale  di  una  fibra  di  associazione.  —  6.  Collaterali  delle 
fibre  callose.  —  6.  Due  fibre  di  proiezione.  —  7.  Commessura  anteriore. 


prima  e  dopo  il  loro  incrociamento,  emettono  numerose  collaterali  o  anche 
rami  terminali  di  biforcazione,  e  raggiungono  la  corteccia  del  lato  opposto 
risolvendovisi  in  arborizzazioni  libere.  Macroscopicamente  le  fibre  del  corpo 
calloso  appariscono  disposte  in  lamine  trasversali  del  tutto  regolari,  parallele, 
uniformemente  stratificate;  al  microscopio  però  esse  si  vedono  incrociarsi  in 
tutti  i  sensi,  e,  al  punto  di  emergenza  sul  lato  opposto  a  quello  della  loro 
origine,  prendere  le  direzioni  più  varie  e  deviare  in  modo  che  i  fasci  superfi- 
ciali divengono  profondi,  le  fibre  della  regione  anteriore  di  un  emisfero  si 
irradiano,  dopo  l' incrociamento  sulla  linea  mediana,  nelle  regioni  posteriori 
dell'altro  emisfero  e  cosi  via.  Per  questa  loro  disposizione  e  sopratutto  per  le 
numerose  collaterali  che  emettono  dopo  il  loro  incrociamento,  collaterali  che 
terminano  con  arborizzazioni  nella  corteccia,  il  campo  di  azione  di  ciascuna 


Uìia  cisti  emorragica  del  corpo  calloso  ìi 


fibra  callosa  non  solo  può  o  no  corrispondere  a  quello  occupato  dalla  sua 
cellula  di  orìgine,  ma  è  sempre  più  esteso  di  esso. 

Reil,  Arnold  e  specialmente  Meynert  hanno  sostenuto  per  il  passato 
che  le  fibre  del  corpo  calloso  associano  funzionalmente  territori  omologhi  e 
simmetrici  dei  due  emisferi;  ma  le  più  recenti  ricerche  non  lasciano  dubbio 
che  le  associazioni  siano  in  parte  simmetriche  ed  in  parte  asimmetriche.  E  in 
favore  di  questa  asserzione  parlano  non  solo  le  indagini  col  metodo  Golgi, 
fatte  da  Cajal,  ma  anche  i  risultati  ottenuti  col  metodo  sperimentale  delle 
degenerazioni,  e  le  osservazioni  dei  casi  patologici.  Le  degenerazioni  del  corpo 
calloso  conseguono  alle  lesioni  corticali.  Casi  assai  istruttivi  sono  quelli  di 
Onufrowitsch  e  di  Muratow.  È  facile  riprodurle  sperimentalmente  ledendo 
le  circonvoluzioni;  e  molti  autori  hanno  fatto  indagini  in  questo  senso  (Gudden, 
Monakow,  Langley,.  Grunbaum,  Muratow,  ecc.)  e  sono  giunti  alla  conclu- 
sione che  focolai  molto  circoscritti  provocano  fatti  di  degenerazione  non  solo 
al  punto  corrispondente  dell'altro  emisfero,  ma  anche  nei  territori  corticali 
adiacenti.  Si  deve  quindi  accettare  completamente  la  conclusione  formulata 
da  Cajal  che  «  la  fibra  callosa  è  un  sistema  di  associazione  trasversale  molto 
complesso  nel  quale  la  fibra  nata  per  esempio  da  un  punto  dell'emisfero,  può 
mettersi  in  rapporto  di  contatto  non  solo  con  le  cellule  simmetriche  del 
lato  opposto,  ma  anche  con  altri  numerosi  elementi  delle  diverse  regioni  e 
strati  della  corteccia  >. 

Ma  sopra  un  altro  punto  non  meno  importante  dobbiamo  soffermarci  per 
interpretare  il  nostro  caso  ed  è  quello  che  riguarda  i  rapporti  tra  le  fibre  del 
corpo  calloso  e  le  vie  motrici. 

L'antica  opinione  di  Foville  e  di  Hamilton  che  il  corpo  calloso  rap- 
presenti un  sistema  d' incrociamento  delle  fibre  della  capsula  interna,  è  ormai 
del  tutto  abbandonata:  nessun  fatto  può  essere  invocato  in  appoggio  di  questa 
ipotesi,  e  le  ricerche  ulteriori  tendono  anzi  a  negare  recisamente  tali  rapporti. 
Muratow  (17)  sezionando  sperimentalmente  il  corpo  calloso  nei  cani,  ha  mo- 
stralo che  nessuna  fibra  di  esso  penetra  nella  capsula  interna.  Inoltre  è  accer- 
tato che  le  lesioni  corticali  di  un  emisfero  non  si  riflettono  afl'atto  sulla  capsula 
interna  dell'emisfero  del  lato  opposto.  Con  i  risultati  di  queste  indagini  con- 
cordano le  esperienze  di  Mott  e  Schafer(lO).  Questi  autori  osservarono  che 
stimolando  la  superfìcie  intatta  del  corpo  calloso,  si  producevano  movimenti  in 
entrambi  i  lati  del  corpo,  mentre  eccitando  la  superficie  sezionata  si  manife- 
stavano dei  movimenti  soltanto  nel  lato  opposto.  Tali  movimenti  non  avveni- 
vano se  si  estirpavano  i  centri  motori.  Da  tali  esperienze  logicamente  dedus- 
sero che  i  movimenti  ottenuti  dalla  stimolazione  del  corpo  calloso  a  cervello 
intatto,  dipendevano  da  eccitazione  indiretta  dei  centri  del  moto  attraverso  le 
fibre  callose  e  non  per  eccitazione  diretta  delle  vie  motrici.  Inoltre  è  stato 
notato  (Ferrier,  Lo  Monaco)  (^12)  che  sezionando  il  corpo  colloso  non  si 
hanno. sintomi  appariscenti  di  lesioni  motorie. 

Il  corpo  calloso  non  contiene  dunque  fibre  motrici,  ma  soltanto  fibre  di 
associazione. 


12  0.  Ascenzi 


Orbene,  tenendo  conto  delle  cognizioni  anatomiche  esposte  sia  sul  modo 
di  decorrere  e  di  distribuirsi  delle  fibre  callose,  sia  intorno  al  fallo  ormai 
accertalo  che  nella  trave  non  decorrono  vie  motrici,  a  me  pare  verosimile  data 
la  ubicazione  del  focolajo,  spiegare  nel  modo  seguente  la  sindrome  offerta  dal 
mio  caso.  Per  quanto  concerne  la  deficienza  motoria  bilaterale  è  chiaro  che  unii 
lesione  come  quella  riscontrata  nel  nostro  paziente,  la  quale  risieda  propria- 
mente nel  punto  di  passaggio  fra  il  margine  sinistro  del  genu  e  la  sua  radia- 
zione laterale,  deve  distruggere  fibre  callose  provenienti  dalla  corteccia  sia  del 
medesimo  emisfero  dove  sta  la  lesione,  sia  dell'altro  emisfero.  Ne  seguiranno 
lesioni  di  funzione  da  ambo  le  parti,  ed  è  logico  pensare  che  esse  tanlo  più 
saranno  simili  o  differenti  nell'un  lato  e  nell'altro,  per  quanto  più  vicina  e 
rispettivamente  più  lontana  dalla  linea  mediana  sarà  la  zona  del  corpo  cal- 
loso distillila.  Se  la  lesione  stesse  propriamente  sulla  linea  mediana  della 
trave,  i  sintomi  bilaterali  dovrebbero  essere  identici.  Le  esperienze  di  Ferrier 
e  di  Lo  Monaco  le  quali  stabiliscono  la  nessuna  influenza  esercitata  sulla 
motilità  dalla  sezione  del  corpo  calloso  negli  animali,  non  possono  costituire 
obbiezioni  di  valore  alle  nostre  argomentazioni,  le  quali  data  la  integrità  della 
corteccia  cerebrale,  del  centro  ovale  e  delle  vie  motrici  nel  decorso,  più  basso, 
ci  autorizzano  nel  nostro  caso  ad  ammettere  di  necessità  rapporti  di  causa  ed 
effetto  tra  la  lesione  e  la  deficienza  motoria.  Negli  animali  i  sistemi  associa- 
tivi sono  più  semplici,  più  difficili  le  indagini  semiologiche,  e  sarebbe  illo- 
gico ritenere  che,  se  nel  cane  o  nella  scimmia  sezionando  il  corpo  calloso 
nella  linea  mediana  non  si  hanno  sintomi  appariscenti  di  lesione  motoria, 
tali  sintomi  debbano  mancare  anche  nell'uomo  quando  in  questo  è  possibile 
rilevare  alterazioni  itnche  minime,  e  la  lesione,  nel  caso  speciale,  non  è  un 
taglio,  ma  qualche  cosa  di  ben  diverso.  È  quindi  verosimile  supporre  che  la 
distruzione  di  parte  delle  fibre  callose,  dovuta  al  piccolo  focolaio  emorragico, 
abbia  sottratto  alla  corteccia  di  un  emisfero  quell'influenza  anche  minima  ma 
pure  apprezzabile,  che  su  essa  esercitava  la  corteccia  dell'emisfero  opposto. 
Di  qui  una  diminuzione  dell'eccitabilità  corticale  che  doveva,  per  la  ubicazione 
della  lesione,  risentirsi  essenzialmente  dalle  due  zone  motrici  di  destra  e  di 
sinistra,  in  quanlochè  le  fibre  decorrenti  nel  genu  corpanis  caUosi  provengono 
da  cellule  le  quali  sono  situate  vicino  ai  centri  psicomotori  e  con  queste  cer- 
tamente in  rapporto  per  mezzo  delle  vie  corte  di  associazione. 

Per  spiegare  poi  come  la  deficienza  di  eccitazione  sia  slata  maggiore 
nella  corteccia  di  destra  (lato  opposto  alla  lesione)  tanto  da  produrre  la  mag- 
giore paresi  sinistra,  bisogna  tenere  presente  il  modo  già  ricordato  di  distri- 
buzione delle  fibre  callose,  le  quali  una  volta  uscite  dal  margine  laterale  della 
trave,  inviano  numerose  collaterali  che  permettono  a  ciascuna  di  esse  di  eser- 
citare sulla  corteccia  verso  la  quale  si  dirige,  un  campo  di  azione  più  esteso 
di  quello  occupato  dalle  sue  cellule  di  origine.  La  piccola  cisti  situata  nella 
irradiazione  sinistra  avrà  dunque  messo  fuori  azione  insieme  con  le  fibre  pro- 
venienti dalla  corteccia  sinistra,  anche  tutte  le  collaterali  che  da  essa  origi- 
nale dopo  l'incrociamenlo,   andavano  ad  influenzare  la  corteccia  di  destra  (e 


Una  cisti  emorragica  del  corpo  calloso 


13 


ciò  per  il  fatto  di  essere  situata  rispetto  a  tali  libre  prima  dell' incrociainenlo) 
invece  le  fibre  callose  provenienti  dalla  corteccia  di  destra,  essendo  state  inte- 
ressate dal  focolajo  dopo  il  loro  incrociamento,  non  avranno  perdute  tutte  le 
loro  collaterali,  ma  una  parte  se  ne  sarà  risparmiata  donde  la  loro  funzione 
in  minor  grado  ridotta  sulla  corteccia  sinistra  (fig.  3). 

Questa  secondo  me  è  l'ipotesi  più  verosimile  per  spiegare  come  la  paresi 
destra  fosse  meno  evidente  di  quella  sinistra. 

Con  più  facilità  e  con  più  rigore  si  possono  interpretare  lo  spasmo  e  i 
tremori,  i  quali  erano  più  intensi  nel  lato  della  lesione;  valgono  a  ciò  gli 
slessi  rapporti  già  ricordati  dei  neuroni  delle  fibre  callose  con  i  centri  psico- 
Qìotori. 

Noi  possiamo  escludere  che  i  disturbi  spasmodici  siano  dovuti  alla  vici- 
nanza 0  alla   compressione  a  distanza  delle  vie  piramidali  decorrenti   nella 


Fio.  3. 

S,  D  =z  Emisferi  sinistro  e  destro. 

_F  z=  Focolaio  morboRo  neir  inizio  mediale  della  radiazione  callosa  sinistra,  il 
quale  per  la  sua  ubicazione  interessa  tutte  le  collaterali  che  dipendono  dalle  fibre 
provenienti  da  S,  e  risparmia  alcune  collaterali  {e,  e)  delle  fibre  provenienti  da  I^. 


capsula  interna,  inquanlochè  essi  ei*ano  a  carattere  squisitamente  cloniro,  fatto 
questo  peculiare  deireccilamenlo  corticale.  Bisogna  quindi  ammettere  secondo 
i  dati  della  fisiologia  una  irritazione  da  parte  del  focolaio,  o  delle  vie  pira- 
midali nel  loro  decorso  nel  centro  ovale,  o  direttamente  dei  centri  corticali. 
In  quest'ultima  ipotesi  ci  conforta  anzitutto  il  fatto  che  lo  spasmo  interessava 
mollo  l'arto  superiore  destro,  poco  l' inferiore,  per  nulla  il  facciale,  era  cioè 
dissociato  (segno  questo  di  irritazione  piuttosto  corticale  che  capsulare);  in 
secondo  luogo  il  fatto  del  suo  diffondersi,  per  quanto  in  minima  parte,  all'arto 
superiore  dell'opposto  lato,  circostanza  questa  mal  conciliabile  con  una  irri- 
tazione della  capsula  interna.  Il  focolajo  morboso  riscontrato  nel  nostro  in- 
fermo deve  perciò  essere  considerato  come  una  lesione  sottocorticale,  che 
agiva  a  distanza  e  direttamente  sui  centri  della  corteccia,  cosi  come  qualunque 
foeolajo  del  centro  ovale,  per  mezzo  delle  fibre  che  gli  passavano  vicine;  ciò 
che  del  resto  si  comprende  bene  dato  un  focolajo  con  pareti  cosi  nette  e  ben 


14  0.  Ascenzi 


delimitate.  Le  esperienze  di  Moti  e  Schafer  i  quali  stimolando  la  super- 
ficie sezionata  del  corpo  calloso  ottenevano  movimenti  nel  lato  del  corpo  opposti» 
a  quello  slimolalo,  trovano  cosi  una  conferma  nell'uomo.  È  poi  chiaro  che 
la  ubicazione  della  lesione  a  sinistra  porti  di  conseguenza  la  maggiore  irrita- 
zione della  corteccia  di  questo  lato,  donde  il  maggiore  spasmo  a  destra. 

Dopo  quanto  ho  esposto  non  sostengo  che  la  genesi  delle  paresi  che  si 
osservano  nei  casi  di  tumore  del  corpo  calloso,  debbano  sempre  addebitarsi 
alla  mancanza  della  reciproca  influenza  delle  fibre  callose  sopra  i  centri  psico- 
motori; ho  giù  ricordalo  che  spesso,  come  Mingazzini  ha  dimostrato  nel  suo 
caso  e  nella  recensione  della  letteratura,  la  doppia  paresi  e  quella  maggiore  da 
un  lato,  sono  dovute  alla  compressione  o  alla  partecipazione  al  processo  neoplo- 
stico  della  capsula  interna,  quando  il  tumore  si  estende  o  comprime  tale 
formazione. 

Le  nostre  osservazioni  pertanto  mentre  da  un  lato  vengono  ad  illustrare 
fatti  già  assodati  dalla  fisiologia  sulle  connessioni  del  corpo  calloso  coi  centri 
psicomotori,  dall'altro  indicano  come  la  bilateralità  dei  sintomi  motori  senza 
alcun  altro  segno  di  paralisi  pseudobulbare,  e  senza  alcun  sintomo  di  afTezione 
dei  nervi  cerebrali  (Bruns)  deve  valere  come  il  principale  criterio  che  ci 
additi  essere  il  corpo  calloso  sede  di  una  lesione. 

Non  sarà  infine  inopportuno  ricordare  che  nel  nostro  infermo  non  fu- 
rono riscontrati  né  a  carico  della  mano  destra,  né  della  sinistra  disturbi 
aprassico-motorii.  Per  altro  è  mio  dovere  confessare  che  una  esatta  ricerca 
da  questo  punto  di  vista  io  non  ho  praticalo,  specialmente  per  le  condizioni 
mentali  del  paziente;  ed  è  perciò  che  non  mi  permetto  di  asserire  che  una 
lesione  del  corpo  calloso  in  corrispondenza  dell'estremità  anteriore  del  gcnu 
di  sinistra  può  non  portare  disturbi  disprassici,  quali  Liepmann,  Hartmann 
ed  altri  hanno  riscontrato  nelle  lesioni  per  Io  meno  della  parte  media  della 
trave. 

Letteratura. 


(1)  Ahtox.  Zur  BalkedeKcner.  in  menschlichen  Gn)sshlm  (in  «  Jabrbuch  fìir  Paychologie 
und  Neurologie  i»,  1895). 

(2)  Bbiìttow.  Case»  of  tumour  of  the  corpus  callosum.  (Brain,  1884). 

(3)  Bbuks.  Die  GescliwiilHte  dea  Nen-ensysteras.  (Berlin,  1897). 

[A)  Chipaitlt.  Balle  dans  le  corp«  calleux,  ecc.  (in  «  Travaux  de  Neurologie  chirurg.  »,  19(K»). 

(5)  Di'EBT.  1^8  tumeura  de  l'encéphale.  (Paris,  1905). 

(6)  Ebb.  Ein  fall  von  Hàmorrhagie  in  des  corpus  callosum  (in  «  Wirchow'  Archi v  >►,  1884). 

(7)  (iiAKwicLiiT.  Softening  of  the  genu  corporls  callosi  (in  «  The  Journal  of  the  meutal  Pato- 
loga' >»,  1907). 

(8)  Gi^TBAc.  CMt.  da  Erb. 

(9)  HoiTOBEBo.  Hàmorrhagie  ins  corpus  callosum  (in  *  Neurologisches  Gentralblatt  »,  18W). 

(10)  IsFKLD.  Ein  fall  von  Balkenblutung,  ecc.  (in  «  Wiener  KliuischeWochenschrift»,  1902). 

(11)  KArniAXN.  Totale  En^'eichung  des  Balkens.  ecc.   (in  «  Archi v  fùr  Psychiatrie  »,  1888). 

(12)  Lo  Monaco.  Sulla  fisiologia  del  conw  calloso,  ecc.  (in  «  RiA'ista  di  Patologia  nervosa  e  . 
mentale  »,  voi.  II). 

(13)  Mabie  et  (iuiLLAix.  Rammolll^sement  du  genu  du  corps  calleux  (in  «  Revnie  ueurolo- 
gique  »,  1902). 


Una  cisti  emorragica  del  cor^x)  calloso  45 


(14)  MAscHurATA  e  BiaxA».  Sopra,  un'alterazione  del  corpo  calloso  osservato  in  no^getti 
alcoolisti  (in  «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  voi.  Vili). 

(15)  MraoAxziKi.  Kliuischer  Beitrag  »ur  Kcnntniss  der  Hinitumoren  (in  «  Monatschrift  fiir 
PBvchiatrle  und  Neurologie»,  voi.  XIX). 

(16)  MoTT  e  ScHAEFBB.  (Brain,  1890). 

(17)  MuBATOw.  Sec.  Degener.  nach  Durchschn.  des  Balkens  (in  «  Xeurologisdies  Ceutralblatt  », 
1892-93). 

(18)  PsLXAB  et  BxALicKA.  Sur  une  lesion  sclereuse  limitée  du  splenium,  ecc.  (in  «  Société  de 
Neurologie  de  Paris  »,  1902). 

(10)  Ramsov.  On  tumours  of  the  corpus  callosum.  (Brain,  1895). 

(20)  ScBurrsK.  Sui  tumori  del  corpo  calloso,  ecc.  (in  «  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  », 
voi.  XXV). 


Manicomio  ProA'inciale  di  Bergamo,  diretto  dal  dott.  8.  Marzocchi 


Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva  a  localizzazione  spinale 
con  reperto  istologrico 

per   il    dottor   P.    P.    Benifirni 


Anamnesi.  —  Pietro  Radici,  di  anni  58,  falegname,  ammogliato,  con 
prole;  madre  moria  di  parto;  padre  morto  a  62  anni  per  polmonite;  era 
discreto  bevitore  di  vino;  ha  un  fratello  deficiente  ed  infermo  fin  da  bam- 
bino, pare  per  paralisi  infantile,  e  due  sorelle  viventi  e  sane. 

Il  paziente  condusse  sempre  vita  sobria  e  laboriosa,  non  pati  mai  mali 
venerei,  né  altre  malattie  d'importanza  fino  a  52  anni;  a  questa  età  fu  amma- 
lato di  forma  infettiva,  con  temperatura  alta,  periodi  di  delirio  e  di  depres- 
sione, diarrea  e,  come  complicanza,  catarro  bronchiale.  In  principio  si  sospettò 
una  meningite  ma  poi  fu  fatta  diagnosi  di  tifo.  Fu  degente  per  un  mese  e 
mezzo  e  parve  poi  guarito  perfettamente,  cosi  da  poter  riprendere  le  sue  ordi- 
narie occupazioni.  Gli  residuò  soltanto  una  sensazione  di  debolezza  agli  arti 
inferiori,  che  avvertiva  quando  doveva  lavorare  più  del  consueto  e  che  svaniva 
dopo  un  breve  riposo.  Per  tutto  il  resto  egli  si  sentiva  perfettamente  bene. 

A  55  anni  ammalò  di  polmonite  destra  a  decorso  regolare,  della  quale  si 
rimise  in  una  quindicina  di  giorni,  ripigliando  poi  il  lavoro  colla  consueta 
iena.  Soltanto  due  mesi  dopo  s'accorse  che  la  debolezza  agli  arti  inferiori 
andava  aumentando,  ed  avverti  anche  sensazioni  di  formicolio.  Quasi  un  anno 
dopo  compan^e  senso  di  tremilo  agli  arti  inferiori  e  superiori  specie  negli 
sforzi  che  faceva  pel  maneggio  degli  attrezzi  del  suo  mestiere.  Formicolio  e 
tremore  si  andaron  man  mano  intensificando,  così  da  renderlo  ben  preste  ina- 
bile al  lavoro.  Fu  inviato  all'Ospitale  nell'aprile  del  1905. 

Stato  presente.  —  Ad  un  accurato  esame  d'importante  si  nota:  Nel  ri- 
poso e  nel  sonno  l'ammalato  è  perfettamente  quieto,  ma  se  lo  si  invita  ad  ese- 


16  P,  F.  Benigni 


jruire  dei  movimenli  coordinati  volontari,  come  portare  un  bicchiere  d'acqua 
alla  bocca,  toccarsi  la  punta  del  naso  coli' indice,  portare  alternativamente  i 
calcagni  sulle  rotule,  interviene  un  tremilo,  che  si  accentua  tanto  più  quanto 
più  l'ammalato  si  sforza  di  eseguire  l'ordine,  e  le  oscillazioni  si  fanno  più  ampie 
e  si  estendono  a  tutto  l'arto.  Sono  impossibili  i  movimenti  di  diadococinesi. 

Posto  l'ammalato  nella  posizione  eretta  ed  invitato  a  camminare  sorretto, 
egli  getta  avanti  le  gambe,  ma  i  piedi  strisciano  sul  suolo,  poi  riesce  ad  appog- 
giare la  pianta  ed  allora  iperestcnde  la  gamba  sulla  coscia;  quando  il  passo  è 
fatto  il  piede  di  un  lato  si  trova  davanti  a  quello  del  lato  opposto.  Vi  è  anda- 
tura atassica  paralitico-spastica.  Alcune  mosse  muscolari  degli  arti  inferiori 
sono  floscie  e  notevolmente  atrofiche.  Cosi  a  destra  i  muscoli  del  gruppo  poste- 
riore della  gamba  ed  i  peronei  laterali  risaltano  già  all'osservazione  molto 
diminuiti  nella  loro  massa,  e  la  circonferenza  dell'arto  in  questo  punto  è 
minore  della  corrispondente  dell'altro  lato.  Alquanto  atrofici  pure  i  muscoli 
della  coscia,  ma  molto  meno  che  a  sinistra,  dove  i  gruppi  anteriore,  mediano 
e  posteriore  sono  evidentemente  ridotti  di  volume,  cosi  che  la  circonferenza 
totale  dell'arto  risulta  molto  diminuita.  Non  fu  saggiata  la  reazione  degene- 
rativa. 

Esistono  leggeri  disturbi  della  sensibilità,  con  diminuizione  del  senso  del 
tatto,  del  dolore  e  del  calore,  specie  al  lato  destro  del  corpo  e  più  manifesta 
agli  arti  inferiori. 

Per  quanto  riguarda  i  riflessi  tendinei,  quelli  patellari  sono  presenti 
d'ambo  i  lati,  esagerati  a  destra,  mentre  il  riflesso  del  tendine  d'Achille  è 
diminuito  da  questo  lato.  Strisciando  sulla  pianta  dei  piedi,  l'ammalato  risponde 
con  una  contrazione  e  flessione  dorsale  dell'alluce  (Babinsky). 

Non  si  può  verificare  il  sintomo  di  Romberg. 

Manca  il  vero  nistagmo,  però,  invitato  l'ammalato  a  fissare  il  dito  nelle 
varie  posizioni,  il  suo  occhio  eseguisce,  non  sempre,  delle  piccole  vibrazioni 
rapide  e  susseguenti.  Il  visus  è  normale;  mancano  gli  scintillìi,  manca  il  sin- 
toma  di  ArgiU-Robertson.  Non  fu  fatto  l'esame  oftalmoscopico.  Persiste  il 
riflesso  laringeo.  Da  parte  della  fonazione  manca  la  vera  loquela  scandente,  però 
la  parola  è  alquanto  lenta.  Al  dire  dell'ammalato  esiste  assoluta  impotenza  e 
difficoltà  nell'orinare.  Non  vi  è  diminuizione  della  memoria  e  dell'intelligenza, 
non  accessi  convulsivi  di  risa  o  di  pianto;  soltanto  il  tono  sentimentale  è 
depresso  perchè  l'ammalalo  riconosce  le  proprie  misere  condizioni.  Non  soffre 
cefalee  ne  vertìgini;  non  ebbe  mai  accessi  convulsivi  epilettiformi  o  apo- 
plettiformi. 

Dal  complesso  sintomatico  positivo  e  negativo  sopra  esposto,  ci  parve  di 
poter  trarre  la  diagnosi  di  sclerosi  a  placche  con  localizzazione  spinale,  potendo 
escludere  la  sifilide  pregressa,  come  resulta  dairanamneslico;  la  tabe  per  la 
mancanza  di  sintomi  capitali,  comequolli  di  Argill-Robertson  e  di  Westphal 
e  per  la  presenza  dei  riflessi  patellari  e  achillei;  la  pseudosclerosi  per  la  qualità 
del  tremito  e  per  la  sua  localizzazione  agli  arti  superiori  ed  inferiori,  per 
l'atassia,  per  la  mancanza  della  contrazione  paradossa  del  piede  e  dei   parti- 


Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva,  ecc.  17 

colari  disturbi  psichici;  in  line  la  malattia  di  Parkinson  in  cui  il  tremito 
è  ben  diverso,  non  intenzionale  ma  continuo,  anche  nel  riposo  e  localizzato 
prevalentemente  a  gruppi  muscolari  delle  dita  e  delle  mani. 

La  localizzazione  spinale  ci  parve  confortata  dal  modo  d'insorgere  della 
malattia  e  dalla  speciale  fenomenologia,  quasi  intieramente  a  carico  del 
midollo. 

Dopo  pochi  giorni  di  degenza  l'ammalato  mori  per  emorragia  cerQbrale 
avvenuta,  pare,  in  seguito  ad  uno  sforzo  fatto  per  scendere,  senza  aiuto,  dal 
letto  per  raccogliere  qualche  cosa. 

Dopo  16  ore  dalla  morte  fu  da  me  praticata  la  necroscopia,  di  cui  riporterò 
le  note  più  importanti,  riscontrate  nel  sistema  nervoso  centrale. 

Nell'emisfero  sinistro  si  scopre  un  vasto  focolaio  emorragico  recente  che 
interessa  il  centro  ovale  e  il  nucleo  lenticolare,  con  perforazione  *nel  ventri- 
colo laterale.  Il  focolaio  è  di  colore  rosso  scuro,  coagulato  in  parte  ed  in 
parte  poltiglioso,  con  frustoli  di  tessuto  mescolati  a  grumi  di  sangue,  ed  alla 
periferia  si  trovano  lacinie  di  sostanza  cerebrale  e  piccoli  vasi  lacerati.  Nelle 
vicinanze  si  notano  sparse  qua  e  là  piccole  emorragie  puntiformi. 

Alcuni  vasi  cerebrali  appaiono  cosparsi  di  piccole  placche  di  arterioscle- 
rosi. Nella  restante  sostanza  dell'emisfero  sinistro,  e  nel  destro,  nel  cervel- 
letto, nel  ponte  e  n«l  bulbo  non  riesco,  coli' occhio  munito  di  lente,  a  sco- 
prire vestigia  di  placche  di  sclerosi. 

Levato  il  midollo  spinale,  questo  mi  offre  un  reperto  anatomo  patologico 
evidente.  Le  pie  meningi  sono  opacate  ed  inspessite  nella  loro  totalità  e  cosparse 
di  numerose  placche  sclerotiche,  quasi  calcificate,  più  piccole  nella  regione 
cervicale,  grandi  come  una  moneta  da  un  centesimo  nella  regione  lombare. 
Praticando  tagli  in  serie  nel  midollo  si  possono  scorgere  già  ad  occhio  nudo, 
e  molto  meglio  con  una  lente,  piccole  macchie  grigiastre,  translucide,  legger- 
mente prominenti,  sparse  a  focolai  non  sistematizzati,  ma  distribuite  irregolar- 
mente nella  sostanza  grigia  e  nella  bianca,  con  grande  prevalenza  però  in  questa. 

Man  mano  si  sale  in  alto,  nei  limiti  fra  il  midollo  cervicale  ed  il  bulbo, 
queste  chiazze  sclerotiche  diminuiscono  grandemente  di  numero  fino  a  scom- 
parire. 

Posi  il  midollo,  il  bulbo  e  qualche  cubetto  di  sostanza  cerebrale  nella 
serie  degli  alcool  per  il  fissaggio  ad  allestii  molti  preparati  di  sezioni,  prese 
nelle  varie  regioni  del  midollo  e  del  cervello.  Le  colorazioni  preferite,  dato  anche 
il  fissaggio  in  alcool,  furono  quelle  di  Nissl,  Van  Gieson,  carniino-picrico, 
ematossìlina,  tionina  ed  cosina,  orange,  ecc. 

All'esame  microscopico  del  midollo  ho  potuto  rilevare  numerosi  ma  pìc- 
coli focolai  di  sclerosi  calcificante,  cosi  che  le  zone  lese  erano  occupate  da 
sostanza  amorfa,  quasi  trasparente,  non  colorabile,  senza  il  minimo  as])ello  di 
struttura  nervosa,  isolata  in  mezzo  a  tessuto  apparentemente  sano.  In  taluni 
punti  queste  zolle  amorfe,  per  i  maneggi  della  tecnica,  erano  state  asportate 
e  lasciavano  dei  vuoti  che  al  microscopio  si  rivelano  come  piccole  lacune 
irregolari  (fig.  1). 


i8 


P.  F.  Benigni 


Esistevano  anche  pccoli  focolai  molli,   costituiti   veramente  di  nevroglia 
iperplastica,  in  cui,  nel  centro,   persistevano   fibrille   nervose   senza   mielina. 


Fio.  1. 


mentre  alla  periferia  alcune  libre  conservavano  ancora  la  jrnaina  mielinica.  Il 
cilindrasse  ora  è  tumefatto,  ora  è  normale.  La  nevroglia  di  sostituzione,  sein- 


Fio.  •-». 


pre  in  grande  sviluppo,  a  volle  presenta,  nel  centro  del  nodo,  l'aspetto  di 
avanzata  sclerosi,  ed  alla  periferia  sì  possono  trovare  gocciole  di  mielina  ed 
adipose,  cellule  degenerale  e  cellule  granulo-adipose. 


Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva,  ecc. 


19 


Ilo  notato  in  grande  numero  i  così  detti  «  corpora  aniylacea  »  piccoli, 
rotondi  ed  ovoidali,  spessq  concentricamente  stratificali,  distribuiti  irregolar- 
mente 0  riuniti  a  piccoli  mucchi,  occupanti  per  lo  più  la  sostanza  bianca, 
ina  giacenti  anche  fuori  di  essa,  non  derivanti  da  cilindrjissi  rigonfiati  (Stroebe). 

Un  reperto  degno  di  nota  è  quello  riguardante  specialmente  i  vari  gruppi 
cellulari,  situati  nella  sostanza  grigia  lombare.  Qui  gli  elementi  cellulari  si 
presentavano  in  preda  a  marcatissimo  processo  degenerativo.  La  sostanza  tigroide 
era  talvolta  in  completa  dissoluzione,  o  si  scorgeva  rarefatta  notevolmente,  o 
spostata  verso  una  estreuìità  del   corpo.   Talora  la  cellula  risultava   composta 


Fto.  3. 


soltanto  di  materiale  granuloso,  proveniente  dal  disfacimento,  o  riunito  a  zolle 
0  con  tendenza  a  spandersi  negli  spazi  pericellulari;  oppure  si  aveva  l'aspetto 
come  se  il  corpo  fosse  scoppiato  e  ne  uscisse  questa  sostanza  granulosa  (fig.  ^). 
Altri  elementi  erano  corrosi  per  buona  parte,  cosi  da  non  residuare  che  il 
nucleo,  od  anche  solo  uno  spazio  quasi  vuoto,  da  cui  sì  partivano  i  prolunga- 
menti proloplasmatici  ancora  intatti.  Il  processo  distruttivo  spesso  incominciava 
alla  periferia  del  cor])0  cellulare,  che  appariva  come  corroso,  avanzando  mano 
mano  verso  il  nucleo  o  verso  Testremità  da  cui  parte  il  cilindrasse  (fig.  3). 
11  nucleo  od  era  scomparso,  o  atrofico  o  raggrinzato;  oppure  persisteva  di 
asjmtto  normale  in  mezzo  ad  un  ammasso  informe  di  protoplasma,  col  nucleolo 
lM?n  colorato.  Conseguenza  di  questo  esteso  processo  atrofico  degenerativo,  fino 
a  totale  scomparsa  degli  eh^menti,  era  una  diminuzione  del  numero  delle  cel- 
lule, al  posto  delle  quali  residuava  talvolta  uno  spazio  vuoto. 


«20  P.  F.  Benigni 


Ilo  insistito  alquanto  sulla  descrizione  di  questo  processo  distruttivo,  n'si> 
evidente  nelle  fotografie  annesse  a  questo  lavoro,  perchè  non  l'ho  trovato  ben 
marcato  che  nella  regione  lombare,  e  perchè  può  spiegare  alcuni  fatti  riferii! 
nella  sintomatologia,  come  chiarirò,  in  seguito. 

I  vasi  molto  spesso  avevano  le  pareti  notevolmente  inspessite,  ialine,  vm 
accumuli  di  cellule  rotonde  nelle  guaine  linfatiche  avventiziati. 

Ho  notato  anche  proliferazione  dell'epitelio  ependimale  nei  canale  cen- 
trale del  midollo,  dove  si  notavano  vari  strati  cellulari  irregolarmente  concen- 
trici, ostruenti  quasi  il  canale  stesso. 

Le  lesioni  sclerotiche  erano,  come  ho  già  notato,  senza  confronto  preva- 
lenti nelle  parti  bianche,  mentre  scarse,  e  talora  mancanti,  si  notavano  nelle 
parti  grigie  del  midollo. 

Le  poche  porzioni  di  sostanza  cerebrale  e  di  bulbo  da  me  esaminate,  non 
mi  lasciarono  scorgere  placche  di  sclerosi.  Se  ciò  non  autorizza  ad  affernuuT 
che  mancassero  totalmente  all' infuori  del  midollo,  si  può  per  lo  meno  asserire 
che  qui  esse  esistevano  in  grandissima  prevalenza,  dove  si  potevano  già  scor- 
gere anche  ad  occhio  nudo.  Il  caso  brevemente  esposto  mi  pare  meritevole 
di  qualche  considerazione  per  la  età  insolita  in  cui  si  sviluppò  la  malattia, 
per  l'eziologia,  per  la  localizzazione  midollare  bielle  lesioni  e  per  qualche  dato 
istopatologico  riguardante  la  regione  lombare. 

Riguardo  all'età  è  noto  che  la  sclerosi  a  placche  si  suole  manifestare  più 
frequentemente  nell'età  giovanile  fra  i  20  ed  i  30  anni,  meno  fra  i  30  ed 
i  45  anni.  Era  ritenuta  mollo  rara  nei  bambini,  ma  oggi  le  statistiche  ne 
sommano  già  un  discreto  numero  di  casi:  Pollali  (i880)  pubblicò  un  caso 
di  sclerosi  a  placche  congenita;  Marie  (i883)  Jie  raccolse  13  casi;  Unger, 
nel  1887  riferiva  una  statistica  di  18  casi,  e  iNolda,  nel  1891,  di  26  casi. 
Mensi  nel  '93  pure  26  casi;  poi  Totzke  due  casi;  uno  Massalongo  e  Sil- 
vestri. Oppenheim  tre  casi  fra  i  13-15  anni.  Eichorst,  nel  1892  riferi 
un  caso  di  sclerosi  in  un  bambino  di  8  mesi.  Zenker,  Scluìle,  Raymond, 
Humphrey  riferirono  altri  casi. 

È  senza  dubbio  molto  più  rara  la  sclerosi  a  placche  nell'età  inoltrala, 
cosi  che  fra  i  45  ed  i  59  anni  furono  fatte  forse  non  più  di  9  osservazioni. 
[jn  caso  solo  fu  osservato  in  un  uomo  ai  60  anni  e  riferito  da  Strumpell. 

Nel  mio  ammalato  si  palesarono  i  sintomi  veri  inerenti  alla  malattia  solo 
dopo  i  55  anni,  perciò  in  un'età  molto  tardiva  ed  insolita.  È  un  altro  caso 
da  aggiungere  alle  nove  osservazioni  già  fatte. 

L'eziologia  della  sclerosi  a  placche  è  stata  ed  è  ancora  molto  discussa. 
Charcot,  Krafft  Ebing  e  Probst  la  collegano  spesso  a  cause  reumatiche. 
Cosi  Probst,  sopra  58  casi,  trovò  che  19  volte  si  era  sviluppata  in  seguilo 
a  forte  raflreddamenlo,  mentre  Krafft  Ebing,  sopra  53,  incolpò  il  raffredda- 
mento in  40  casi. 

Kaiser,  Mendel  ed  altri  autori  affermano  che  il  semplice  trauma  può 
essere  causa  prima  della  malattia  agendo  sul  liquido  cerebrospinale  (Mendel) 
e  producendo  rotture  di  vasi  con  piccole  emorragie  nella  sostanza  nervosa. 


Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva,  ecc.  21 

Lo  Slriìmpelt  ritiene  la  sclerosi  a  placche  come  una  malattia  endo- 
gena, sTiluppanlesi  su  un  terreno  predisposto,  come  in  vari  membri  della 
sli'ssa  famiglia. 

Ziegler  pone  una  causa  anatomica,  da  ricercarsi  nelle  anomalie  conge- 
nite di  costituzione  istologica  del  sistema  nervoso,  centrale,  e  dipendenti  da 
rudimenti  di  nevroglia  sparsi  in  numero  grande  nella  sostanza  nervosa. 

La  sifilide  fu  incolpata  poco  come  causa  della  malattia  (Michailow  e 
Jacobson). 

Oppenheim  propende  per  le  cause  tossiche,  da  alcool,  piombo,  rame, 
arsi^nico  ecc.,  che  egli  riscontrò  in  il  casi  sopra  28. 

Kahler,  Pich,  ma  soprattutti  Marie  hanno  dato  grande  importanza  alle 
malattìe  acute  da  infezione,  come  la  malaria,  il  morbillo,  la  scarlattina,  il 
reumatismo  articolare,  il  colera,  la  polmonite,  il  tifo,  ecc. 

Alle  volte  durante  la  convalescenza  di  queste  malattie  infettive  si  osserva 
Ih  sindrome  della  sclerosi  a  placche,  sindrome  che  può  durare  qualche  giorno 
e  poi  scomparire  del  tutto,  per  poi  ricomparire,  molto  più  lardi,  in  modo 
stabile  e  progressivo. 

Nel  caso  in  trattazione  abbiamo  avuto  due  infezioni  pregresse  :  la  tifosa 
prima  e,  dopo  qualche  anno,  la  pneumonica.  Dalla  prima  l'ammalato  parve  guarito 
bene,  salvo  una  sensazione  di  debolezza  agli  arti  inferiori  quandaera  costretto, 
per  lavorare,  a  stare  in  piedi  più  del  solito.  Questo  disturbo  in  più  di  tre 
anni  non  peggiorò  mai,  e  difficilmente  si  può  considerare  come  una  precoce 
manifestazione  della  sclerosi,  anche  perchè  spesso  il  tifo  lascia  disturbi  con- 
simili ed  anche  postumi  ben  peggiori,  che  non  si  collegano  poi  a  malattie  del 
sistema  nervoso.  Dopo  la  polmonite  invece  l'ammalato  incominciò  ad  avvertire 
realmente  disturbi  rimarchevoli  e  patologici  agli  arti  inferiori,  e  precisamente 
qui  iniziarono  le  lesioni  funzionali,  forse  perchè  trovarono  una  minorata  resi- 
slenza  organica  residuata  alla  prima  infezione.  Quindi  non  s;  potrebbe  nel  caso 
presente  che  incolpare  l'infezione  pneumonica,  oppure  questa  come  determinante 
e  la  tifosa  come  preparatoria,  venendo  cosi  a  portare  un  sicuro  contributo  in 
appoggio  alla  teoria  di   Marie  sulla  causa  infettiva  della  sclerosi. 

Riguardo  alla  patogenesi  della  sclerosi  multipla,  le  opinioni  degli  AA. 
sono  anche  qui  discordi.  Predominano  due  teorie:  l'una  sostenuta  principal- 
mente da  St rum  peli,  secondo  la  quale  l'alterazione  anatomica  nella  sclerosi 
a  piastre  prende  il  punto  di  partenza  dalla  nevroglia:  perciò  si  tratterebbe  di 
gliosi  multipla  primaria  su  terreno  congenitamente  predisposto,  mentre  le 
alterazioni  delle  fibre  e  dei  vasi  sarebbero  fatti  secondari.  L'altra  teoria  soste- 
nuta prima  da  Kindfleisch  e  seguita  da  Riber  Wiliamson,  Marie  ed 
altri,  ammette  trattarsi  primitivamente  di  una  alterazione  vasale  con  fatti  di 
ondoarterite,  eridoperiarterite  nel  centro  del  nodulo  sclerotico  o  nei  vasi  vicini 
e  queste  alterazioni  infiammatorie  dei  vasi  essere  dovute  alle  tossine  elaborate 
da  microrganismi  circolanti  nel  sangue,  per  modo  che  la  lesione  si  inizi  prima 
alle  pareti  vasali  e  poi  si  propaghi  alla  sostanza  nervosa;  oppure,  secondo 
alcuni,  i  veleni  passino  per  diapedesin  attraverso  le  pareti  vasali  ed  alterino 


!22  P.  F,  Benigni 


prima  la  sostanza  nervosa.  Io  non  mi  senio,  dair esame  di  un  solo  caso,  di 
portare  qualche  concludente  contributo  alla  quistione.  Ho  notato  alterazioni 
vasali  rimarchevoli,  accanto  a  evidenti  proliferazioni  patolojfiche  della  nevroglia. 

Mi  preme  invece  di  rilevare  le  notevoli  e  caratteristiche  alterazioni  da  cui 
erano  colpite  le  cellule  delle  colonne  grigie  lombari,  che  ho  più  sopra  bre- 
vemente descritte.  Io  crederei  che  tali  lesioni  cellulari  possano  bastare  por 
dar  ragione  dei  notevoli  fatti  di  atrofia  riscontrati  agli  arti  inferiori. 

Soltanto  Probst  ha  descritto  diminuzione  del  numero  delle  cellule  e  rag- 
grinzamento delle  medesime  nel  midollo  ceiTicale,  in  un  caso  riguardante  un 
individuo  il  quale  da  un  anno  presentava  fenomeni  di  atrofia  muscolare  e  paresi. 
In  pochi  altri  casi  in  cui  esistevano  atrofie  muscolari  (casi  di  Jolly,  di  Leube, 
di  Hess,  di  Claus  e  di  Furstner)  non  si  sono  trovate  alterazioni  delle  cellule 
gangliari  del  midollo  spinale. 

Nel  mio  caso  mi  sembra  fondata  l'ipotesi  che  mette  in  relazione  di  causa  ed 
effetto  le  particolari  alterazioni  cellulari  con  le  atrofie  muscolari,  anche  perchè 
le  lesioni  sclerotiche  avevano  poco  o  nulla  interessate  le  parti  grigie  lombari. 

Per  quanto  sia  diffìcile  nella  sclerosi  a  piastre  localizzare  anatomicamente 
i  fenomeni  clinici,  perchè  la  mancanza  o  la  presenza  di  taluni  sintomi  può 
tradire  circa  la  localizzazione  delle  placche  (Probst,  Oppenheim,  Babinsky), 
pure  mi  è  parso  nel  caso  presente  di  poterlo  fare  già  dopo  l'esame  clinico 
dell'ammalato  perchè  qui  era  assente  ogni  sintonia  cerebrale,  (vertigini,  inde- 
bolimento mentale,  alterazioni  visive,  vera  bradilalia,  riso  e  pianto  spasmodico, 
accessi  apoplettiformi  od  epiletteformi  ecc.)  per  la  esclusiva  prevalenza  invece 
di  fatti  a  carico  del  midollo  spinale. 

Inoltre  il  sintoma  capitale,  cioè  il  tremito  intenzionale  agli  arti,  era  cosi  ma- 
nifesto e  caratteristico,  che  sarebbe  bastato  da  solo  a  dare  l'indirizzo  diagnostico. 

A  proposito  di  questo  speciale  tremito,  proprio  della  sclerosi  a  placche, 
furono  immaginati»  varie  ipolesi  per  ispiegarlo.  Secondo  Charcot  esso  derive- 
rebbe dal  fatto  che,  essendo  conservati  i  cilindri  dell'asse  e  distrutta  le  guaina 
mielinica,  che  ha  per  compito  di  localizzare  le  eccitazioni  centrifughe  soltanto 
alla  sua  fibra  nervosa,  l'onda  volitiva  si  troverebbe  male  guidata  lungo  la 
fibrilla,  inceppandosi  ed  arrestandosi  nei  punti  dove  manca  la  guaina,  ed  accu- 
mulandosi come  l'acqua  di  un  rigagnolo  nei  punti  sbarrati.  Per  superare  T  in- 
toppo bisogna  che  l'eccitamento  sia  ripetuto  parecchie  volte  di  seguito,  d'onde 
l'effetto  periferico  di  tremito  susseguente  alT invito  centrale.  Secondo  altri  per 
la  mancanza  della  guaina  mielinica  si  avrebbero  diffusioni  trasversali  dell'onda 
nervosa,  in  modo  che  la  regolare  trasmissione  resterebbe  impedita  e  richie- 
derebbe una  ripetizione  continuala  dell'impulso  volitivo. 

Altri  ancora  ammetterebbero  il  tremilo  intenzionale  solo  quando  le  plac- 
che si  localizzano  al  bulbo,  nel  punto  d'incrocio  delle  piramidi,  o  al  ponte 
0  in  corrispondenza  della  capsula  interna,  donde  una  irritazione  delle  fibre 
motorie,  con  trasmissione  irregolare  degli  eccitamenti  alla  periferia. 

Romberg  asserì  che  il  tremito  non  è  che  il  punto  di  passaggio  fra  lo 
stato  normale  e  lo  stalo  paralitico  del  muscolo. 


Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva y  ecc.  23 


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Spiefirazione  delle  flflrure. 

FiecRA  I.  —  Ocul.  2,  Obb.  3,  Korltska.  Fotografia  di  una  metà  di  una  sezione  di  midollo  spi- 
nale =  a)  placche  di  sclerosi  ;  6)  solco  anteriore. 

FiecBA  II.  —  Ocul.  3  comp.,  Obb.  Vi»  imm.  omog.,  Korltska.  Cellule  della  regione  lombare  in 
disgregazione. 

FiorBA  ni.  —  Ocul.  S,  Obb.  5*,  Korltska.  Regione  lombare  =  a)  cellule  corrose  in  via  di  dlstru- 
zioi^e  ;  b)  spazi  vuoti  lasciati  da  elementi  cellulari  scomparsi. 


KECENSIONI 


1.  Arbeiten  aus  dem  Neurologrischen  Institute  von  prof.  Obersteiner 
(Wien),  Bd.  XV-XVI. 

A  cura  del  dott.  Marburg,  e  coi  tipi  dell* editore  F.  Deuticke  (Wien),  sono  usciti 
due  voluini  contenenti  i  lavori  pubblicati  in  occasione  dei  festeggiamenti  fatti  ad 
Obersteiner  nel  25**  anno  dall' apertura  del  suo  Istituto.  La  veste  tipografica  ha  la 
nitidezza  consueta  all'editore  di  Vienna,  ed  un  bel  ritratto  di  Obersteiner  adorna 
il  primo  di  questi  due  volumi  che  contengono  numerosi  ed  importanti  lavori,  dei  quali 
diamo  un  riassunto. 


24  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


Bd.  XV: 

E.  FucHS,  Oculomotoriuslàhmung  ohne  Beteiligung  der  Binnenmuskeln  bei  peri- 
pheren  Làsionen.  —  S.  1. 

L'A.  fa  UDa  rassegna  critica  dei  casi  di  oftalmoplegia  interna  registrati  nella 
letteratura  nei  quali  si  sia  tenuto  conto  dello  stato  di  funzionalità  della  muscolatura 
interna:  ad  essi  ne  aggiunge  cinque  di  osservazione  personale. 

Nella  maggior  parte  dei  casi  la  pupilla  presentava  un  contegno  normale  anche 
air  accomodazione  :  in  tre  casi  la  pupilla  partecipava  scarsamente  alla  paralisi  :  ma 
l'A.  è  del  parere  che  la  immunità  della  innervazione  pupillare  è  soltanto  relativa 
ed  essa  non  si  osserva  più  quando  la  lesione  ha  raggiunto  un  certo  grado  :  del  che 
sarebbe  una  dimostrazione  il  decorso  del  suo  quinto  caso  dove  la  pupilla  dapprincipio 
non  era  paralizzata  mentre  piti  tardi  lo  divenne:  in  altri  casi  col  regredire  della 
lesione  principale  tornò  anche  normale  il  contegno  pupillare  che  era  all'  inizio  un 
po'  alterato. 

A  questo  punto  l' A.  si  domanda  il  perchè  le  fibre  nervose  destinate  all'  inner- 
vazione della  muscolatura  intrinseca  dell'  occhio  possiedano  una  resistenza  maggiore 
di  quella  della  muscolatura  estrinseca.  Egli  non  accetta  l'idea  più  comune  che  ciò 
dipenda  dal  fatto  che  queste  fibre,  decorrano  al  centro  del  tronco  del  terzo  paio 
epperciò  sono  più  protette,  perchè  noi  non  conosciamo  con  certezza  questo  dato 
anatomico,  poi  se  la  loro  posizione  può  difendere  queste  fibre  dai  fatti  infiammatorii 
che  si  propaghino  dai  tessuti  circostanti  essa  non  può  avere  alcuna  influenza  nei  casi 
nei  quali  si  tratta  di  forte  compressione  del  nervo.  L' A.  crede  invece  che  la  ragione 
del  fenomeno  si  debba  attribuire  ad  una  minore  vulnerabilità  di  queste  fibre  desti- 
nate alla  muscolatura  intrinseca.  0.  Rossi, 

E.  ZucKERKANDL,  ZuT  Anatomie  und  Enttcickenlungsgeschichte  des  Indusium  gri- 
seum  corporis  callosi.  —  S.  17. 

Il  lavoro  verte  sopratutto  sulla  parte  intermediaria  dell'  indusium  corporis  callosi, 
perchè  appunto  a  proposito  di  questa  vigono  delle  discussioni  sulla  sua  presenza  in 
tutte  le  classi  degli  animali  e  sul  suo  modo  di  sviluppo. 

Per  ciò  che  si  riferisce  al  primo  problema,  l' A.  ha  studiato  da  questo  punto  di 
vista  i  cervelli  di  Marsupiali,  Edentati,  Carnivori,  Roditori,  Ungulati,  Cetacei,  Inset- 
tivori, Chiropteri,  Proscimmie,  Scimmie  e  Rettili  :  dalle  sue  ricerche  risulta  che  tutti 
i  mammiferi  debbono  avere  un'  «  indusium  intermediarium  »  :  in  alcuni  per  altro  è 
così  sottile  che  si  sottrae  all'indagine:  ad  ogni  modo  l'A«  iion  crede  in  verun  modo 
che  esso  possa  interamente  far  difetto,  perchè  è  una  formazione  che  appartiene  al 
più  antico  e  costante  tipo  d' architettura  cerebrale  :  le  fibre  di  questa  formazione 
provengono  in  parte  dal  Gyrus  supracallosus  :  esse  formano  una  continuità  col  sottile 
strato  di  fibre  che  sta  tra  questa  circonvoluzione  ed  il  corpo  calloso. 

Lo  sviluppo  è  stato  dall' A.  studiato  nel  ratto,  nella  cavia,  nel  gatto,  in  varii 
vespertilionidi,  e  nell'  uomo.  Secondo  queste  ricerche  la  parte  intermediaria  dell'  indu- 
sium, come  la  sua  porzione  laterale,  appartiene  alla  struttura  tipica  del  cervello; 
essa  sarebbe  indipendente  dalla  formazione  del  corno  d' Ammone,  e  invece  deriverebbe 
in  parte  dal  setto  e  in  parte  dalla  circonvoluzione  arcuata  ;  tuttavia  l' A.  ha  potuto 
dimostrare  questa  ultima  origine,  che  egli  generalizza,  solo  nel  ratto. 

0.  Rossi. 


Recensioni  25 


G.  B1KELE8  und  W.  Promowicz,  Ueber  den  (radikulàren)  Verìauf  des  centrtpetalen 
Teiìes  einer  Anzahl  von  Reflexbogenf  besonders  von  Beflexen  des  untersten 
Bùekenmarlcsabschnittes.  —  S.  52. 

Gli  AA.  allo  scopo  di  determinare  il  tragitto  della  parte  centripetale  dell'arco 
riflesso  dei  riflessi  che  appartengono  alle  parti  più  basse  del  midollo  spinale  proce- 
dettero in  un  primo  tempo  alla  sezione  del  midollo  —  nei  cani  ai  quali  lo  studio 
si  riferisce  —  all'  altezza  dell'  ultimo  tratto  del  midollo  dorsale  0  dei  primi  segmenti 
lombari  :  dopo  questa  operazione  studiarono  accuratamente  i  riflessi  che  in  queste 
condizioni  si  possono  avere  nel  cane,  sia  cutanei  che  tendinei,  dividendoli  in  costanti 
ed  incostanti  :  nel  lavoro  tutti  questi  riflessi  —  e  non  sono  pochi  —  sono  descritti 
minutamente.  Quindi,  in  secondo  tempo,  procedettero  al  taglio  successivo  delle  varie 
radici  posteriori,  osservando  mano  mano  quali  dei  riflessi,  che  prima  esistevano,  veni- 
vano a  mancare. 

Per  i  riflessi  normali  (gruppo  A)  che  hanno  loro  sede  nelle  parti  inferiori  del 
midollo  concludono  che  : 

1.  Il  riflesso  proprio  delV  ano  ha  : 

come  conflne  distale        =  la  I  rad.  coccigea 
»         »        prossimale  zz:  I  e  II  rad.  sacrale 

2.  Il  riflesso  anale-cutaneo  ha  : 

come  confine  distale         z=  la  I  rad.  coccigea 
»  »       prossimale  z=  I  e  II  rad.  sacrale 

3.  Il  riflesso  perineale  della  coda  ha: 

come  confine  distale         =  la  I  ed  event.  la  II  rad.  coccigea 
»  »       prossimale  =  la  II  rad.  sacrale 


4.  Il  riflesso^  della  parte  terminale  della  coda  ha  : 

III  rad.  sacrale  e  I  coccigea 


come  confine  distale        =  f  ^t 
{  II  e 


»  »        prossimale  =  ( 

5.  Il  riflesso  scrotale  ha  : 

con  confine  prossimale  z=  1  rad.  sacrale 

6.  Il  riflesso  della  faccia  intema  del  prepuzio  ha  : 

come  probabile  confine  prossimale  =z  I  rad.  sacrale 

7.  Il  riflesso  ano-vaginale  ha: 

come  confine  prossimale  =  I  rad.  sacrale 

Per  gli  altri  riflessi  (gruppo  B)  gli  AA.  constatarono  : 

1.  Flessione  riflessa  delV  alluce 

confine  prossimale  =  VI  rad.  post,  lombare 


26  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

2.  Movimenti  riflessi  di  flessione  dorsale  in  corrispondenza  dell'  articola- 
zione tibio  astragalea 

a)  Riflesso  dorsale  del  piede  :  ha  il  suo  confine  prossimale  nella  V  radice 
post,  lombare. 

h)  Riflesso  plantare:  ha  generalmente  il  suo  confine  prossimale  nella  VI  radice 
posteriore  lombare:  solo  una  volta  soltanto  per  alcuni  movimenti  circoscritti  all'alluce 
e  al  medio,  si  trovò  come  limite  la  V  radice. 

8.  Riflesso  del  tendine  di  Achille,  La  VII  radice  lombare  posteriore  è  quella 
che  ha  la  maggiore  importanza  per  questo  riflesso.  0.  Rossi. 

C.  BiEHL,  Beitrag  zur  Lehre  von  der  Beziehung  zwischen  Labyrinth  und  Auge.  — 

S.  71. 

La  Clinica  e  la  Patologia  sperimentale  hanno  ormai  assodato  che  gli  stimoli  o 
altri  stati  morbosi  del  labirinto  hanno  un'  influenza  sui  movimenti  oculari  :  ma  invece 
rimane  ancora  a  determinare  sopra  a  quale  speciale,  determinata  funzione  dei  muscoli 
oculari  venga  a  spiegarsi  questa  influenza. 

Molti  AA.,  e  da  lungo  tempo,  hanno  messo  in  evidenza  che  stimoli  di  questo 
genere  producono  nistagmo  prevalentemente  orizzontale.  Più  recenti  sono  le  osserva- 
zioni che  si  riferiscono  alla  comparsa  di  alterazione  della  posizione  normale  dei 
globi  oculari  (strabismo)  e  all'  insorgenza  di  transitorie  paralisi  della  muscolatura 
estrinseca. 

Del  resto  Hunter  (1776)  aveva  già  descritto  nell'uomo  un  arrovesciamento  di 
amendue  gli  occhi  accompagnato  da  inclinazione  della  testa.  L'A.  nel  suo  lavoro  ha 
anche  posto  particolare  attenzione  al  sintoma  conosciuto  sotto  il  nome  di  «  sintonia 
dello  strabismo  di  Hertwig-Magendie  »,  il  quale  consiste  in  una  divergenza  nel 
senso  verticale  e  una  deviazione  laterale  associata  di  entrambi  gli  occhi.  Questo  sin- 
toma, insieme  al  nistagmo,  venne  dapprima  osservato  direttamente  nelle  lesioni  spe- 
rimentali del  peduncolo  cerebellare  inferiore  e  medio  e  rispettivamente  in  quelle  del 
midollo  allungato.  L' occhio  del  lato  leso  è  deviato  in  basso  e  in  dentro,  quello  del 
del  lato  opposto  in  alto  ed  all'esterno. 

L'A.  si  è  proposto  di  verificare  le  conseguenze  della  stimolazione  e  della  reci- 
sione del  nervo  vestibolare  isolato  alla  base  cranica,  sopratutto  in  riguardo  al  con- 
tegno dell'apparato  motore  oculare,  e  quindi  di  studiare  col  metodo  della  degene- 
razione secondaria  il  modo  di  distribuirsi  delle  fibre  vestibolari  nei  nuclei  terminali. 
Egli  condusse  le  sue  esperienze  sul  cavallo  e  sulla  pecora  perchè  in  questi  animali 
le  due  porzioni  dell'  Vili  nervo  entrano  separatamente  nel  midollo  allungato  :  la 
tecnica  da  lui  seguita  viene  descritta  minutamente  in  una  comunicazione  anterior- 
mente fatta  (Sitz.  der  K.  Ac.  d.  Wiss.,  Wien,  Bd,  CIX,  Ab.  Ili,  S.  324,  1900). 

Lo  stimolo  meccanico  del  tronco  vestibolare  diede  nella  pecora  e  nel  cavallo,  ed 
in  tutti  gli  individui,  i  medesimi  risultati  :  l' irritazione  produce  nistagmo  orizzontale 
più  rapido  e  più  spiccato  dal  lato  stimolato,  più  t^rdo  e  meno  ampio  dal  lato 
opposto:  nello  stesso  tempo  i  due  occhi  deviano  dal  lato  stimolato  e  divergono  in 
senso  verticale. 

La  recisione  non  fa  scomparire  il  nistagmo  e  dà  luogo  alla  manifestazione  del 
sintoma  di  Hertvig-Magendie. 


Recensioni  il 


È  però  a  notare  che  colla  tecnica  seguita  dall' A.  è  necessario  per  arrivare  a 
scoprire  il  n.  vestibolare  di  far  precedere  l'ablazione  del  corrispondente  lobo  occipitale, 
il  che  se  dà  all' A.  modo  di  verificare  i  fatti  da  lungo  t^mpo  noti,  sulla  funzione 
visiva  di  questa  parte  della  corteccia,  porta  certo  una  grande  complicazione  dell'atto 
operativo  e  forse  qualche  impedimento  all'apprezzamento  delle  manifestazioni  dei  movi- 
menti oculari  quando  si  accetti  la  teoria,  da  vari  AA.  sostenuta,  che  nella  corteccia 
occipitale  abbiano  sede  anche  i  centri  per  i  movimenti  oculari  che  sono  direttamente 
collegati  all'atto  della  visione. 

Lo  studio  delle  degenerazioni  consecutive  conduce  l'A.  ad  approvare  quanto 
in  proposito  alle  connessioni  della  branca  vestibolare  dell' VHI  hanno  stabilito  Held 
e  R.  y  Cajal. 

In  due  suoi  casi  avrebbe  trovato  delle  fibre  degenerate  anche  nella  radice  ascen- 
dente del  V  che  egli  interpreta  come  esponenti  di  una  degenerazione  retrograda 
dovuta  ad  una  leggiera  lesione  della  branca  motrice  del  trigemino  durante  l'operazione. 

Infine  l'A.  cerca  di  dare  una  spiegazione  fisiologica  dei  fatti  osservati,  sopratutto 
della  divergenza  verticale.  Bicorda  le  opinioni  in  proposito  espresse  da  alcuni  AA. 
e  dai  dati  raccolti  formula  una  conclusione  di  probabilità,  che  cioè  nei  tubercoli  qua- 
drigemini, oltre  ai  centri  pei  movimenti  associati  degli  occhi,  si  trovi  anche  una 
disposizione  per  la  deviazione  in  senso  contrario  dei  due  globi  oculari  nella  dire- 
zione verticale:  questo  congegno  anatomico,  così  come  quello  che  serve  per  la  rota- 
zione in  senso  contrario,  non  è  soggetto  alla  volontà,  ma  viene  messo  in  azione  da 
stimoli  riflessi  che  hanno  fondamento  nelle  impressioni  visive  e  che  vengono  tra- 
smessi per  mezzo  del  cervello  o  da  stimoli  labirintici.  La  funzione  che  verrebbe  spie- 
gata lungo  le  vie  di  questa  disposizione  anatomica  sarebbe  essenzialmente  una  fun- 
zione regolatrice  del  tono  muscolare. 

Del  resto  l'A.  espone  la  sua  spiegazione  in  forma  di  possibilità  e  si  augura 
nuove  osservazioni,  sopra  tutto  cliniche,  a  questo  proposito. 

0.  Bossi. 

R.  Hatschek,  2jur  vergìeichenden  Anatomie  des  Nucleus  ruher  tegmenti,  —  S.  89. 

Mentre  si  sono  moltiplicate  le  osservazioni  anatomiche,  anatomo-patologiche, 
attorno  al  nucleo  rosso,  il  quale  ha  acquistato  e  va  acquistando  tuttodì  importanza 
clinica  per  le  sue  connessioni,  manca  ancora  uno  studio  di  anatomia  comparata  che 
potrebbe  gettar  luce  su  varie  quistioni  e  spigare  vari  risultati.  L'A.  approfittando 
della  ricca  raccolta  posseduta  dal  Laboratorio  di  Obersteinersiè  proposto  di  colmare 
questa  lacuna:  ed  in  uno  studio  minuto,  accurato,  ci  descrive  queste  formazioni  in 
vari  animali,  svolgendo  parecchie  questioni  collaterali,  e  traendo  delle  conclusioni 
fondamentali. 

Il  nucleo  rosso  dei  mammiferi  risulta,  dice  l'A.  di  due  parti:  un  N.  rosso  a 
grandi  cellule,  ed  uno  a  piccole  cellule  :  il  primo  è  molto  sviluppato  nei  mammiferi 
più  bassi,  tende  già  alla  regressione  nell'ordine  delle  scimmie,  nell'uomo  si  trova 
soltanto  come  un  rudimento.  Il  secondo  segue  nella  scala  zoologica  una  strada  inversa 
e  nell'uomo  è  quello  che  forma  il  N.  rosso  in  senso  stretto. 

Il  nucleo  rosso  a  grandi  cellule  è  il  nucleo  di  origine  del  fascio  di  Monakow. 

Il  nucleo  rosso  a  piccole  cellule  può  essere  considerato  come  la  parte  cerebrale 
del  N,  rosso  ed  è  una  stazione  importante  intermedia  tra  cervelletto  e  cervello,  e 
sta   con  probabilità  in  relazione  genetica  colla    possibilità  della  coordinazione  dei 


28  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

movimenti  delle  estremità.  Nei  rappresentanti  delle  scimmie  platirine  è  assai  più 
sviluppato  che  nelle  scimmie  catarìne  che  occupano  nella  scala  zoologica  un  gradino 
inferiore.  Con  questo,  appoggiandosi  anche  alle  ricerche  di  Zuckerkandl,  si  può  con- 
cludere che  il  N,  rosso  parvi  cellulare  è  in  relazione  col  lobo  parietale. 

Parallelamente  allo  sviluppo  del  nucleo  rosso  parvicellulare  decorre  quello  del 
nucleo  dentato  del  cervelletto,  mentre  i  nuclei  più  intenii  dell'emisfero  cerebellare 
che  nell'uomo  sono  rappresentati  dal  nucleo  globoso  e  dal  nucleo  dell'embolo  corri- 
spondono, nel  loro  sviluppo  al  nucleo  rosso  magni  cellulare. 

Con  ogni  probabilità  bisogna  separare  nel  peduncolo  cerebellare  superiore  una 
parte  interna,  rispettivamente  dorsale,  da  una  esterna,  ventrale  :  delle  quali  la  prima 
costituisce  r  unione  dei  nuclei  cerebellari  interni  col  N,  rosso  magnicellulare,  la  se- 
conda quella  del  N.  dentato  con  il  nucleo  rosso  parvicellulare:  la  prima  nell'uomo 
appare  impicciolita  mentre  la  seconda  è  assai  sviluppata. 

Si  può  riconoscere  che  la  parte  dell'  incrociamento  verticale  della  calotta  (Mona- 
kow'sche  Anteil  der  ventralen  Haubenkreuzung)  immette  direttamente  nel  fasci- 
colo laterale  aberrante  (aberrierendes  Seitenstrangsbttndel).  0.  Rossi, 

H.  Dexler,  Zur  Anatomie  des  Zentralnencensystems  von  Elephas  indicus,  —  S,  137. 

Questo  lavoro  rappresenta  una  notevole  e  pregevole  monografia,  di  circa  150 
pagine,  corredata  da  molte  figure  nel  testo  e  da  due  tavole,  sul  sistema  nervpso  cen- 
trale dell'elefante. 

L'A.  ha  studiato  sia  dal  punto  di  vista  macroscopico  che  da  quello  microscopico, 
usando  dei  principali  metodi  compatibili  colla  scarsezza  del  materiale,  l'encefalo  ed 
il  midollo  spinale  di  un  giovane  elefante  (Elephas  indicus)  di  sesso  femminile  morto 
in  età  di  25  giorni  nel  giardino  zoologico  di  Berlino  per  causa  di  enterite  proba- 
bilmente in  relazione  coll'al lattamento  artificiale. 

Trattandosi  di  uno  studio  analìtico  minuzioso  delle  varie  regioni  è  impossibile 
darne  un  riassunto.  O.  Rossi, 

A.  PiLCZ,  Beitrag  zum  Lehre  roti  der  Hereditài,  —  S.  282. 

L'A.  ha  preso  in  esame  i  dati  commemorativi  di  2000  pazienti,  le  storie  dei  quali 
gli  pervennero  in  grande  parte  da  altri  osservatori. 

Secondo  Pilcz  la  disposizione  trasmissibile  ereditariamente  ad  ammalare  di  una 
malattia  mentale  si  deve,  in  riguardo  ai  quadri  morbosi  che  oggidì  noi  siamo  incli- 
nati a  distinguere,  studiare  dal  punto  di  vista  qualitativo  e  da  quello  quantitativo. 

Da  un  punto  di  vista  quantitativo  sui  casi  di  paralisi  progressiva,  di  demenza 
senile  ed  arteriosclerotica  ed  infine  fino  ad  un  certo  punto  sui  casi  delle  forme  non 
catatoniche  di  demenza  precoce  e  su  quelli  di  Amenza  graverebbe  una  tara  ereditaria 
minore  che  non  sulle  altre  forme  di  malattie  mentali. 

Da  un  punto  di  vista  qualitativo  l'eredità  ha  un  influenza  diversa  nelle  varie 
malattie. 

Per  ciò  che  si  riferisce  all'  eredità  dirette  di  forme  di  psicopatia  in  generale 
vale  la  legge  dell'eredità  similare:  la  malattia  cioè  si  riscontra  spesso  negli  ascen- 
denti e  compare  nei  collaterali  colla  stessa  fonna. 

Un'eccezione  degna  di  essere  rilevata  è  rappresentata  dai  casi  di  demenza  pre- 
coce a  forma  non  catatonica,  nei  quali  la  tara  ereditaria  si  trova  spesso  negli  ascen- 


Recensioni  "![) 


denti  sotto  forma  di  paralisi  progreBsiva:  nelle  forme  catatoniche  invece  si  trovano 
spesso  negli  ascendenti  forme  da  alcoolismo:  questa  ultima  osservazione  viene  data 
dall^A.  con  riserva  a  cagione  dello  scarso  numero  dei  casi  sui  quali  ebbe  opportunità 
di  eseguirla. 

Accanto  alPeredità  similare  spiegano  poi  IK  maggiore  influenza:  i  disturbi  psi- 
chici di  origine  alcoolica  in  tutte  le  psicosi  fatta  eccezione  della  paralisi  progressiva, 
la  demenza  senile  e  Tarteriosclerotica  :  le  psicosi  affettive  nella  melancolia  e  nelle 
forme  periodiche,  la  demenza  senile  nella  paralisi  progressiva,  gli  stati  di  semplice 
difetto  mentale  nella  demenza  precoce. 

Le  forme  epilettiche  e  le  psicosi  alcoolica  devono  pure  essere  annoverate  tra  le 
forme  eredo-d^enerative  :  però  qui  l'eredità  similare  spiega  una  scarsa  influènza.  Negli 
ascendenti  degli  alcoolisti  troviamo  spesso  emicrania  ed  epilessia:  negli  ascendenti 
dei  malati  di  forme  affettive  si  riscontra  con  frequenza  il  suicìdio.  La  tabe  si  trova 
colla  massima  frequenza  nelPascendenza  degli  ebefrenici  e  dei  paralitici,  l'apoplessia 
in  quella  della  paralisi  progressiva,  l'arteriosclerosi  e  la  demenza  senile  nei  melancolici. 

Nel  grande  gruppo  delle  forme  alcooliche  conviene  distinguere  le  forme  di  deli- 
rium tremens,  di  paranoia  alcoolica,  di  stati  di  ubbriachezza  patologica  :  negli  ultimi 
depone  per  la  loro  relazione  coll'epilessia  il  trovare  con  grande  frequenza  negli  ascen- 
denti l'epilessia  e  l'emicrania:  l'eredità  diretta  psicopatica  ha  la  maggiore  frequenza 
nella  paranoia  alcoolica  e  negli  stati  di  ubbriachezza  patologica.  0.  Bossi, 

F.  SCHLAGEXHAUFER,   Ueber  Ruckenmarkslàsionen  nach  osteoporotisckev  Wirbel- 
prozessen.  —  S.  310. 

L'A.  riporta  due  casi,  dei  quali,  a  cagione  della  mancanza  di  esatti  dati  anam- 
stenici,  egli  stesso  riconosce  la  non  grande  importanza. 

Essi  starebbero  a  dimostrare  che  l'osteoporosi  senile  può  come  la  carie  verte- 
brale ecc.,  dare  luogo  a  lesioni  midollari:  e  per  altro  a  notare  come  nel  primo  caso 
l'osteoperosi  sarebbe  stata  causa  indiretta  della  lesione  midollare  la  quale  avvenne 
per  rottura  delle  vertebre  di  già  malate,  per  una  caduta. 

L'A.  avanza  l'ipotesi  che  alcune  delle  cosiddette  paraplegie  dei  vecchi  possano 
trovare  la  loro  origine  in  questa  affezione  osteoporotica  delle  vertebre. 

0.  Rossi. 

E.  Redlich,   Ueber  diffuse  Himrindenverànderungen  bei  Himtumoren,  —  S.  820. 

È  nozione  acquisita  che  i  tumori  cerebrali  si  accompagnano  spesso,  secondo 
alcuni  AA.  sul  50  %  dei  casi,  a  spiccati  fatti  di  disturbo  psichico.  La  ragione  di 
questo  fatto  viene  da  alcuni  riferita  alla  sede  del  tumore  ma  questa  spiegazione  non 
è  in  ogni  caso  plausìbile  :  neppure  si  può  generalizzare  l'altra  osservazione  che  i 
disturbi  psichici  siano  in  rapporto  coi  fatti  generali  a  carico  della  circolazione  ecc. 
che  il  tumore  provocava,  perchè  spesso  i  disturbi  mentali  compaiono  inizialmente  quando 
ancora  i  fatti  generali  sono  poco  spiccati  e  d'altra  parte  si  osservano  talora  disturbi 
psichici  imponenti  e  concomitanti  a  piccoli  tumori:  la  teoria  di  Reichardt  che  il 
volume  del  tumore  debba  da  questo  punto  di  vista  essere  valutato  non  come  dato  a 
sé  ma  comparato  alla  capacità  della  scatola  cranica,  può  spiegare  qualche  caso  di  più 
ma  non  tutti.  Infine  la  teoria  tossica  può  essere  invocata  ma  solo  in  taluni  casi  per 
esempio  quando  si  tratti  di  carcinomi. 


30  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  meìUale 


Vengono  poi  altri  AA.  i  quali  attribuiscono  i  fatti  mentali  a  lesioni  istologiche 
diffuse  che  il  tumore  cagiona  nel  cervello:  Red  li  eh  riassume  le  principali  osserva- 
zioni di  quest'ultimi  AA.  e  quindi  espone  le  alterazioni  da  lui  osservate  in  quattro  casi. 

La  pia  era  in  generale  ispessita  e  presentava  qua  e  là  delle  piccole  emorragie. 

Le  alterazioni  del  T.  nervoso  erano,  nei  quattro  casi,  della  stessa  natura,  diffuse 
a  tutta  la  corteccia  ma  predominanti  nelle  zone  frontali  ed  occipitali.  Le  cellule 
nervose  presentavano  fatti  di  cromatolisi:  ma  il  fatto  più  spiccato  era  un  grande 
aumento  delle  Trahantzellen,  Invece  non  vi  era  uno  spiccato  aumento  delle  fibre  di 
nevroglia,  e  non  vi  erano  cellule  giganti  di  nevroglia.  Le  vie  brevi  associative  pre- 
sentavano fatti  di  degenerazione. 

L'A.  riconosce  che  le  emorragie  intrapiali  possono  essere  in  relazione  cogli  accessi 
epilettici  dei  quali  i  malati  soffrivano  a  cagione  del  tumore. 

Le  altre,  TA.  le  ritiene  in  nesso  col  tumore  e  tali  da  spiegare  i  disturbi  psichici 
osservati  in  vita.  0.  Rossi. 

R.  Sand,  Etne  neue  elektive  Nervensystemfàrbung.  —  S.  339. 

Partendo  dalie  ricerche  di  Lugaro  il  quale  pel  primo  indicò  come  mezzi  fissatori 
adatti  allo  studio  delle  neurofibrille  di  cilindrassi,  l' acetone  e  V  ac.  nitrico,  FA.  dà 
un  nuovo  metodo  di  colorazione  elettiva  del  cilindrasse.  Come  ognuno  intende  è  im- 
possibile riassumere  dei  dettagli  di  tecnica  istologica  :  il  metodo  essenzialmente  consta 
di  fissazione  in  miscela  di  acetone  (90%)  acido  nitrico  (10%):  impregnazione  delle 
sezioni  in  nitrato  d'argento  prima,  in  nitrato  d'argento  ammoniacale  poi,  viraggio 
all'oro,  fissaggio. 

Avrebbe  sui  metodi  diCajalediBielschowskv  il  vantaggio  di  dare  costan- 
temente delle  buone  reazioni:  ed  il  vantaggio,  veramente  apprezzabile,  di  permettere 
d'ottenere  cogli  stessi  pezzi  le  colorazioni  più  importanti  cioè  quella  della  nevroglia 
alla  Weigert,  del  connettivo  col  metodo  Weigert-V.  Gieson,  delle  zolle  di  Ni  ss l, 
delle  infiltrazioni  peri-vasali. 

Anche  le  colorazioni  comuni  al  carminio  ecc.  riescono  bene,  e  così  il  metodo  Benda 
e  il  Mallory  per  la  nevroglia. 

Sfortunatamente  l'A.  non  dà  alcuna  figura  dei  suoi  reperti.  0.  Hossi, 

W.  G.  Spiller,    Paralysìs  of  uptcard  Associated  Ocular  Movements,  —  S.  352. 

L'A.  ricorda  le  opinioni  da  lui  espresse  in  proposito  alla  paralisi  dei  movimenti 
associati  in  direzione  verticale  dei  globi  oculari  e  le  conforta  coi  lavori  di  AA,  che 
ne  scrissero  posteriormente. 

Rammenta  come  si  debba  ammettere  un  centro  corticale  per  questi  movimenti 
associati,  la  lesione  del  quale  peraltro  produce  paralisi  transitorie. 

Le  paralisi  durature  sarebbero  invece  una  conseguenza  di  lesioni  che  interessano 
le  vicinanze  dei  nuclei  del  111  paio:  secondo  T  Od  ter  però  si  dovrebbe  fare  una  distin- 
zione :  la  lesione  sarebbe  nucleare  quando  la  paralisi  interessa  solo  i  movimenti  asso- 
ciati volontarii  mentre  quando  la  lesione  risiede  nella  vicinanza  dei  nuclei  mancano 
anche  i  movimenti  associati  riflessi. 

Spiller  non  crede  che  il  centro  pei  movimenti  associati  in  alto  coesista  con 
quello  dei  movimenti  pure  associati  verso  il  basso,  perchè  la  paralisi  di  queste  due 
sorta  di  movimenti  suole  apparire  isolata  ed  è  quella  dei  primi  assai  più  frequente. 


Becensioiil  34 


L*A.  riferisce  un  nuovo  caso  a  sostegno  della  propria  tesi.  Si  tratta  di  un  tumore 
(sarcoma  alveolare)  che  arriva  in  basso  al  luogo  ove  i  filetti  radicolari  del  III  paio 
escono  dai  nuclei,  si  spinge  di  lato  fino  alla  linea  mediana  ;  ha  una  larghezza  mas- 
sima di  2  mm.  e  una  lunghezza  nel  senso  dorso-ventrale  di  5  mm. 

L'A.  esaminò  i  nuclei  di  nervi  oculari  e  trovò  che  alcune  cellule  di  entrambi  i 
nuclei  del  VI  presentavano  dei  fatti  degenerativi:  così  pure  parecchie  cellule  di 
entrambi  i  nuclei  del  IH  paio,  mentre  la  parte  periferica  di  uno  di  questi  nervi  si 
dimostrò  all'esame  microscopico,  normale. 

0.  Bossi, 

W.  Serbsky,  Die  Korsakowsche  Krankheit.  —  S.  389. 

Il  lavoro  dell*A.,  nel  quale  sono  registrati  tre  nuovi  casi,  in  uno  dei  quali  Tori- 
giae  della  malattia  era  dato  da  una  setticemia  (da  un  dermoide  suppurato  degli 
annessi),  nel  secondo  da  erisipela,  nel  terzo  da  alcolismo,  è  una  difesa  del  concetto 
di  Korsakoff  seguito  dalla  scuola  russa,  che  la  malattia  che  dal  nome  di  questo 
A.  si  intitola  sia  un  quadro  morboso  nettamente  individualizzato,  con  un  decorso 
e  una  sintomatologia  tutta  propria.  Però  non  vengono  portati  nella  discussione  argo- 
menti nuovi  che  possano  validamente  contraddire  alle  obbiezioni  mosse  a  questa 
maniera  dì  intendere  il  detto  quadro  sintomatologico. 

0.  Rossi, 


E.  Straxsky,  Beitràge  zur  kenntnis  des  Vorkommens  von  Veràndeningen  in 
den  peripheren  Nerven  bei  der  progressiven  Paralyse  und  einzelnen  anderen 
Pstfchosen.  —  S.  425. 

L'A.  non  si  propone  di  prendere  in  esame  la  forma  di  Korsakoff,  né  di  stu- 
diare quei  casi  nei  quali  secondo  l'opinione  di  alcuni  A  A.  una  alterazione  delle 
terminazioni  nervose  può  provocare  delle  alterazioni  organiche  che  poi  conducono  a 
disturbi  psichici,  sibbcne  di  studiare,  come  hanno  già  fatto  altri  AA.  le  alterazioni 
dei  nervi  che  compaiono  in  alcune  forme  determinate  di  malattie  mentali. 

Ha  studiato  istologicamente  29  casi  di  paralisi  progressiva  trovandovi  delle  note 
di  nevrite  parenchimale,  però  di  vario  grado  nei  varii  individui  :  l'A.  constata  che 
in  molti  casi  erano  in  atto  processi  di  decubito,  od  erano  preceduti  traumi  ai  quali 
si  potrebbero  alcune  delle  lesioni  riferire  :  tuttavia,  benché  abbia  anche  trovato 
che,  coteris  paribus,  queste  alterazioni  sono  più  marcate  negli  individui  marasmatici, 
crede  che  queste  lesioni  stiano  a  sostenere  la  tesi  (Kraepelin)  che  la  paralisi  pro- 
gressiva sia  una  malattia  che  aggredisce  tutto  il  sistema  nervoso:  un  caso  di  Lues 
cerebri  nel  quale  si  trovò  in  qualche  nervo  un  aumento  dei  corpuscoli  di  Elzholz: 
otto  casi  di  demenza  senile,  nei  quali  si  trovarono  pure,  ma  non  in  tutti,  aumentati 
codesti  corpuscoli  e  in  qualcuno  proliferazione  del  connettivo:  quattro  casi  di  de- 
menza arteriosclerotica,  nei  quali  le  lesioni  trovate  sono  pure  lievissime. 

Seguono  altri  casi  di  —  paranoia  —  a  reperto  in  maggioranza  negativo:  in 
qualche  caso  aumento  dei  corpuscoli  di  Elzholz,  e  questo  fa  dubitare  del  valore 
che  a  questo  stesso  reperto  ottenuto  in  alcuni  dei  casi  di  paralisi  progressiva  l'A. 
concede  :  di  epilessia,  di  amnesia. 

O.  Rossi. 


32  Ri  vista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


H.  F.  Grùnwald,  Zur  Frage  des  Bromgehaltes  im  Epileptikergehime.  —  S.  455. 

L*A.  dosò  il  contenuto  di  bromo  di  un  cerrello  appartenente  ad  un  giovane  epi- 
lettico di  21  anno  il  quale  in  circa  6  mesi  aveva  introdotto  gr.  1356  di  Bromuri  : 
ancora  il  giorno  della  morte  ne  avea  preso  cinque  gr.  :  i  suoi  risultati  che  svelano 
la  presenza  di  piccole  quantità  di  Bromuro  di  sodio  (il  paziente  aveva  usato  di  Bro- 
muro di  potassio)  lo  autorizzano  a  concludere  che  non  si  potè  nel  suo  caso  trovare 
una  particolare  affinità  del  cervello  per  il  bromo,  ed  a  supporre  che  anche  la  piccola 
quantità  di  Bromuro  di  sodio  trovato  stia  in  stretto  legame  chimico  colla  sostanza 
cerebrale.  0.  Bossi, 


M.  Sachs,  Ueber  absolute  und  relative  LakaltHation.  —  S.  463. 

È  fuori  dell'  indole  di  questa  rivista  il  sottile  studio  dell'A.,  il  quale  sulla  scorta 
delle  varie  teorie  fino  ad  ora  emesse  circa  la  cosidetta  localizzazione  nello  spazio, 
viene  a  concludere  che  quelle  funzioni  visive  che  vengono  contrassegnate  col  nome  di 
localizzazione  assoluta  (localizzazione  di  un  oggetto  in  rapporto  alla  nostra  persona) 
e  localizzazione  relativa  (localizzazione  di  un  oggetto,  da  noi  fissato,  per  mezzo  delle 
sue  relazioni  spaziali  con  altri  oggetti)  sono  da  ritenere  come  funzioni  di  differente 
meccanismo. 

Del  resto  il  lavoro  analitico  e  critico  con  molte  citazioni  di  passi  di  altri  AA. 
non  consente  un  riassunto.  O.  Rossi. 


L.  E.  Bregmann,  Ueber  den  spontanen  Ausfluss  von  Cerebrospinalflussigkeit  durch 
die  Nase,  —  S.  474. 

Che  il  liquido  cerebro-spinale  fuoresca  dal  naso  in  caso  di  frattura  della  base 
del  cranio  è  constatazione  tanto  generalmente  accettata  che  i  trattati  la  danno  come 
uno  dei  sintomi  della  lesione  ossea. 

Invece  è  rara  la  circostanza  della  fuoriuscita  spontanea,  ed  è  si  può  dire  raris- 
sima se  si  vogliono  tenere  in  conto  soltanto  quei  casi  nei  quali  il  liquido  scolante 
dal  naso  venne  con  criterii  adatti  identificato  col  liquido  cerebro-spinale. 

A  questa  categoria  appartengono  due  casi  riferiti  dall'A.  Nel  primo  il  deflusso 
durava  da  lungo  tempo:  si  trattava  di  una  bambina  la  quale  presentava  inoltre  cefalea 
accessuale,  accessi  di  vertigine,  diminuzione  dellMntelligenza:  atrofia  dei  due  ottici, 
strabismo,  atassia  statica,  tremore  agli  arti  superiori:  esagerazione  dei  riflessi  tendinei: 
segno  di  Babinsky:  sintomi  che  condussero  TA.  alla  diagnosi  di  un  tumore  risie- 
dente nella  fossa  cranica  anteriore.  V  identità  del  liquido  fu  stabilita  sulla  base  di 
esame  fisico-chimico  per  confronto  di  liquido  cefalorachidiano  ottenuto  dalla  paziente 
colla  puntura  alla  Quincke. 

Anche  nel  secondo  caso  —  una  donna  —  coesistevano  sintomi  tali  da  giustifi- 
care una  diagnosi  di  tumore  cerebrale. 

L' A.  passa  in  rassegna,  confrontandoli  coi  propri,  i  casi  registrati  nella  lettera- 
tura: da  essi  risulta  che  non  sempre  la  fuoriuscita  del  liquido  cefalo-rachidiano  dal 
naso  in  casi  di  tumore  cerebrale  produsse  una  attenuazione  dei  sintomi  generali. 

Quanto  alla  relazione  di  causa  ad  effetto  V  A.  pensa  che  talora  il  tumore  possa 
produrre  una   così  forte  pressione  da  usurare  le  ossa   oppure  modificarne  i  rapporti. 

O.  Rossi. 


Recensioni  33 


F.  Spieler,  Zur  Pathogenese  der  postdifterischen  Làhmungen  und  des  Herztodes 
bei  Jhphterie,  —  S.  512. 

Dopo  la  esposizione  delle  principali  teorie  espresse  al  proposito,  TA.  passa  allo 
studio  di  tre  suoi  casi  :  i  risultati  ottenuti  lo  conducono  alla  conclusione  che  la  morte 
subitanea  per  paralisi  cardiaca  che  si  osserva  non  raramente  dopo  T  infezione  difte- 
rica trova  la  sua  spiegazione  nel  reperto  isto-patologico  di  lesioni  a  tipo  degenera- 
tivo del  N,  vago  che  compaiono  precocemente  nel  decorso  della  difterite. 

Anche  le  altre  paralisi  post-difteriche  sono  sostenute  da  una  nevrite  periferica 
come  fanno  supporre  le  alterazioni  locali  delle  fibre  terminali  dei  nervi  che  inner- 
vano i  focolai  di  malattia  e  confermano  i  fatti  di  nevrite  che  si  trovano  nei  nervi 
in  stadii  precoci  della  difterito.  0.  Bossi, 

Ch.   e.   Beevor,   a  Case    of  Pseudo-Bulbar   Paralysis   with    Complete   Loss  of 
Voluntary  Bespiration,  —  S.  537. 

L^A.  descrive  il  caso  di  un  paziente  il  quale  ebbe,  a  breve  distanza,  degli  attacchi 
apoplettici,  peraltro  non  molto  marcati,  in  seguito  air  ultimo  dei  quali  egli  perdette 
la  facoltà  di  compiere  volontariamente  i  movimenti  respiratorii,  e  per  conseguenza 
non  poteva  neppure  volontariamente  tossire  :  invece  ì  movimenti  riflessi  di  ridere, 
^dare,  tossire,  starnutire  e  sbadigliare  erano  conservati. 

L' A.  ricorda  come  in  un  suo  lavoro  precedente  ha  stabilito  che  il  muscolo 
latissimo  del  dorso  prende  parte  al  movimenti  dì  tossire,  ed  in  un^  altro  ha  emesso 
Topinione  che  quando  questo  muscolo  non  può  moversi  nei  movimenti  di  tosse  volon- 
taria la  lesione  risiede  al  disotto  del  talamo  ottico  cui  Nothnagel  considera  come  la 
sede  dei  movimenti  emozionali  :  questo  caso  suffraga  V  ipotesi  perchè,  mentre  il  detto 
muscolo  non  era  capace  di  movimento  volontario,  gli  altri  fatti  riflessi  emozionali 
erano,  come  sopra  si  è  detto,  ancora  conservati.  0.  Bossi, 

Bd.  XVI: 

L.  V.  Frankl-Hoghwart,  Zur  Differenlialdiagnose    der  juvenilen  Blasenstorun- 
gen,  —  S.  1. 

L'A.  riporta  due  casi  di  disturbi  vescicali,  stranguria  prima,  incontinenza  poi, 
i  quali  per  il  loro  modo  di  insorgere  nelFetà  giovanile,  il  loro  decorso,  i  sintomi  di 
deficiente  sviluppo  organico  ai  quali  si  accompagnavano,  sono  da  classificarsi  tra  i 
disturbi  vescicali  della  giovinezza  che  alcuni  vogliono  attribuire  a  difetti  di  sviluppo 
delle  valvole  o  dei  canali  escretori. 

.  Senonchè  avendo  avuto  1*  A.  opportunità  di  eseguire  la  necroscopia  a  uno  dei 
due  pazienti  trovò  accanto  a  uno  scarso  sviluppo  della  prostata  ed  a  qualche  anor- 
malità valvolare  anche  delle  alterazioni  nelle  cellule  del  111  e  IV  segmento  sacrale 
del  midollo  spinale,  cioè  in  corrispondenza  della  regione  ove  viene  dagli  autori  col- 
locato il  centro  della  vescica  orinaria. 

L'A.  crede  che  due  ipotesi  possano  venire  in  campo  per  spiegare  queste  altera- 
zioni cellulari:  o  si  tratta  di  un  fatto  secondario  come  quelli  che  compaiono  nelle 
colonne  cellulari  che  corrispondono  ad  arti  amputati,  oppure,  il  che  è  più  probabile, 
sono  conseguenza  di  circoscritti  poliomieliti. 

Ad  ogni  modo  è  da  ritenere  che  le  anomalie  valvolari  da  sé  sole  non  siano  in 
grado  di  provocare  gravi  disturbi  della  minzione.  0,  Bossi, 


34  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


H.  SCHLBSINGER,  Zur  Kenntìs  der  spondylitis   tnfecttosa  (nach  Dengue-Fither), 

—  S.  13. 

L^A.  riporta  il  caso  di  an  aomo.  di  36  anni  il  quale  in  seg^^iito  ad  un  attacco 
di  febbre  Dengue,  presentò  dei  disturbi  del  sistema  nervoso  indicanti  un'  infiamma- 
zione delle  meningi  specialmente  spinali,  e  poscia  una  affezione  delle  vertebre  lom- 
bari, verificata  anche  coli'  esame  radioscopico,  che  l'A.  classifica  nella  categoria  delle 
spondiliti  infettive  delle  quali  è  oggidì  assai  bene  conosciuta  quella  che  succede 
spesso  al  tifo. 

Le  affezioni  meningee  ed  ossee  di  natura  infiammatoria  che  s^uono  a  queste 
infezioni  sogliono  essere  di  una  relativa  benignità,  ed  hanno  tendenza  a  regredire 
epperciò  comportano  una  prognosi  discreta. 

0.  Eoasi. 


S.  Erben,   Wird   der   stehende    durch    das   Lagegefuhl    der    Glieder   {dureh  die 
Nachricht  Uber  Gelenkeimtellungen)  tot  dem  Faìlen  Betcahr?  —  S.  23. 

Secondo  alcune  ricerche  proprie  che  l' A.  riassume  in  breve  scritto  1'  organo  di 
ricezione  della  sensazione  dei  mutamenti  della  linea  che  passa  pel  centro  di  gravità, 
nei  limiti  del  piano  di  sostegno,  è  rappresentato  dalla  pianta  del  piede,  e  non  dalle 
superfici  articolari. 

0.  Bossi. 


E.  Levi,  Das  graphische  studium  des   Fussclonus  und  seine   Bedeutung  in  der 
Klinik,  —  S.  27. 

Come  è  noto  si  trovano  nella  letteratura  registrati  dei  casi  nei  quali,  accant<» 
ad  una  sindrome  che  depone  per  una  forma  funzionale,  si  trovò  clono  del  piede: 
questi  reperti  i  quali  toglierebbero  a  questo  fenomeuo  una  parte  del  suo  valore  semio^ 
logico,  sono  stati  contradetti  da  alcuni  A.A.,  e  sopratutto  da  Babinsky,  nel  senso 
che  qui  si  tratterebbe  non  di  un  vero  clono  del  piede  ma  di  un  pseudo  clono.  Babinsky 
avea  già  dato  alcuni  criterii  differenziali  tra  queste  due  sorta  di  clono,  così  l'essere 
permanente  e  provocabile  senza  alcun  intervento  della  volontà  del  paziente  depor- 
rebbe pel  vero  clono  :  più  tardi  Claude  e  Rose  pensarono  di  studiare  nei  due  casi  la 
grafica  del  clono  e  il  loro  studio  li  condusse  a  stabilire  che  le  escursioni  del  clono 
vero  sono  regolari  ed  uniformi  (da  4  a  ^  al  secondo)  mentre  l'ampiezza  delle  oscil- 
lazioni nello  pseudo-clono  varia  entro  limiti  assai  ampii  nello  stesso  tempo  che  la 
loro  frequenza  sarebbe  assai  più  grande  (circa  il  doppio). 

L'A.  ha  ripreso  in  esame  questo  argomento:  egli  pure  trovò  che  le  escursioni  nel 
clono  vero  sono  più  regolari  e  di  uguale  altezza:  invece  egli  dissente  dagli  autori 
precedenti  per  ciò  che  riguarda  la  differenza  numerica,  e  neppure  consente  con  Ba- 
binsky che  un  carattere  distintivo  si  possa  riporre  nella  facilità  maggiore  o  minore 
colla  quale  si  riesce  a  provocare  il  clono  poiché  egli  ha  riscontrato  delle  forme  cer- 
tamente organiche  in  cui  era  difficile  il  rendere  manifestò  il  fenomeno:  il  tracciato 
dello  pseudo-clono  presenterebbe  invece  escursioni  irregolari  sopratutto  nella  loro 
ampiezza  ma  talora  anche  nella  loro  frequenza. 

In  una  paziente  che  presentava  i  sintomi  della  sclerosi  multipla  l'A.  ebbe  agio 
di  osservare  come  il  clono  del  piede  non  si  potesse  più  suscitare  quando  essa  avesse 


Recensioni  35 


nuLutiìuato  per  un  certo  tempo  la  posizione  seduta:  TA.  emette  l'ipotesi  che  questo 
fatto  si  possa  spiegare  con  le  variazioni  di  circolazione  che  sono  legate  alle  varie 
posizioni. 

Come  ha  già  osservato  Boeri  per  i  tremori  in  generale,  anche  nei  tracciati  del 
clono  del  piede  il  numero  delle  oscillazioni  appare  indipendente  dalla  loro  ampiezza 

Un'altra  constatazione  degna  di  rilievo  nei  riguardi  pratici  si  è  che,  mentre  è 
possibile  la  simulazione  dello  pseudo-clono,  non  lo  è  quella  del  clono  vero  coi  suoi 
caratteri  distintivi  di  regolarità.  R,  Righetti. 

I.  Zappert,  Der  Himtuberkel  im  Kindesalter,  —  S.  79. 

L'A.  ha  studiato  da  varii  punti  di  vista  62  casi  di  tubercoli  encefalici  :  la  com- 
parazione del  quadro  clinico  dei  varii  casi  conduce  TA.  ad  una  prima  conclusione 
abbastanza  importante  che  cioè  il  tubercolo  encefalico  decorre  nei  bambini,  nella 
grande  maggioranza  dei  casi,  senza  dare  sintomi  che  permettano  di  riconoscerne  la 
presenza:  in  generale  hanno  un  tale  decorso  latente  i  piccoli  tubercoli  ma  spesso 
rimangono  pure  silenziosi  tubercoli  grossi  come  una  nocciola,  una  noce,  od  anche 
qaanto  una  prugna:  quando  si  tratta  di  tubercoli  multipli  il  decorso  è  assai  meno 
di  frequente  latente:  il  rimanere  più  o  meno  latenti  dipende  come  è  facile  imma- 
ginare dalla  localizzazione,  così  quelli  del  cervelletto,  del  cervello,  dei  gangli  della 
base  sono  quasi  in  uguale  misura  latenti  o  manifesti,  mentre  quelli  che  hanno  sede 
nel  ponte,  nei  peduncoli  cerebrali,  nei  tubercoli  quadrigemini  assai  di  rado  durano 
senza  manifestazioni. 

Inoltre  l'A.  ha  constatato  che  questi  tubercoli  rimasti  a  lungo  latenti  possono 
dare  luogo  ad  una  meningite  tubercolare  con  sintomi  a  focolaio  :  talora  questi  tubercoli 
possono  rapidamente  condurre  a  morte  col  quadro  di  una  meningite  mentre  poi  al 
tavolo  anatomico  si  constata  che  la  meningite  non  esisteva. 

Talora  i  tubercoli  encefalici  decorrono  unicamente  col  quadro  clinico  di  un 
idrocefalo  aumentante. 

Xei  tubercoli  cerebrali  spesso  appare  il  solo  quadro  delle  manifestazioni  generali 
di  un  tumore  intracranico  senza  alcun  sintomo  a  focolaio. 

Quando  i* tubercoli  sono  multipli  talora  se  ne  può  localizzare  qualcuno,  mentre 
non  riesce  di  determinare  la  sede  di  altri  anche  più  grossi. 

Dal  punto  di  vista  diagnostico  FA.  riconosce  come  indìzii  assai  preziosi  e  spesso 
iniziali  le  emiplegie  che  compaiono  accompagnate  da  convulsioni,  il  tremore  uni-o- 
bilaterale,  fatti  a  carattere  atassico  o  coreico. 

A  cagione  dell'  incertezza,  nella  quale  si  rimane  il  più  spesso,  riguardo  alla  sede 
evvi  poca  speranza  per  un  intervento  operatorio.  0.  Rossi, 

M.  (ÌR088MANN*,    Das  Verhalten    des  Blutdruckes  und   der  Herzarheit   bei   der 
Arteriosklerose.  —  S.  151. 

L'A.  in  questo  suo  lavoro  ribadisce  con  la  esperienza  propria  la  constatazione 
che  la  pressione  sanguigna  non  è  in  nessun  modo  nell'arteriosclerosi  sempre  aumen- 
tata ma  anzi  è  non  di  rado  normale  e  talora  anche  abbassata. 

Il  cuore  in  quest'affezione  vasaio  viene  a  trovarsi  di  fronte  a  due  difficoltà  :  da 
un  lato  il  restringimento  del  lume  vasale,  dall'altro  la  perdita  dell'aiuto  che  per 


36  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

la  facilità  e  la  continuità  della  circolazione  dà  Telasticità  vasale  :  e  difScilmente  è 
capace  di  un  sopralavoro  che  annulli  o  soprayanzi  questi  due  scapiti. 

Tanto  pili  che  molto  di  frequente  sono  malate  le  arterie  che  nutriscono  il  muscolo 
cardiaco:  e  che  avendo  le  arterie  perdute  la  loro  cedevolezza  anche  viene  ad  essere 
frustrata  la  cosidetta  autoregolazione  del  circolo.  0.  Rossi. 

E.  Raimann,  Homizide  Melancholiker.  —  S.  167. 

L'A.  riporta  ampiamente  quattro  casi  di  omicidii  compiuti  da  melancolici  facen- 
doli seguire  da  alcune  considerazioni  per  dimostrare  la  necessità  di  una  sorveglianza 
attiva  in  ogni  caso  di  melancolia.  0.  Rossi. 

R.  Neukath,  Angeborene  Herzfehler  und  organische  Hirìikrankhetten  {cerebrale 
Kinderlàhmung).  —  S.  185. 

È  da  tempo  noto  come  in  alcune  malattie  del  sistema  nervoso  ad  esempio  il 
morbo  di  Friedreich  si  trovino  spesso  dei  vizii  cardiaci  congeniti:  invece  è  piti 
di  recente  stato  rilevato  questa  coincidenza  in  altri  stati  ove  le  manifestazioni  di 
malattia  cerebrale  compaiono  presto,  p.  es.,  nel  mongolismo  (Garrod)  e  in  qualche 
caso  di  paralisi  cerebrale  infantile  (Ibrahim-Wachsmuth). 

Interessanti  poi  sono  i  casi  nei  quali  il  vizio  cardìaco  congenito  provoca  le  cosi- 
detta «  embolie  paradosse  delle  arterie  »  nelle  quali  cioè  Tembolo  proviene  dal  cir- 
colo venoso  a  causa  della  persistenza  del  foro  di  Botallo. 

L'A.  ha  raccolto  quattro  casi,  uno  dei  quali  corredato  dal  reperto  necroscopico, 
nei  quali  vizii  cardiaci  congeniti  erano  concomitanti  a  paralisi  cerebrali  infantili  : 
in  due  casi  le  manifestazioni  a  carico  del  sistema  nervoso  erano  con  ogni  verisimi- 
glianza  di  natura  congenita,  negli  altri  due  casi  comparvero  più  tardi  (10  mesi  e 
4  anni)  con  sintomi  apoplettiformi, 

L'A.  sulla  scorta  dei  due  casi  crede  che,  a  differenza  di  quanti  altri  AA.  hanno 
sostenuto,  non  si  possa  decidere  se  si  tratti  di  difetti  di  sviluppo  primarii  sia  del 
cuore  che  del  cervello,  oppure  di  malattie  intrauterine  che  affliggano  i  due  organi 
e  che  possono  essere  tra  loro  indipendenti  (endocardite  ed  encefalite  o  meningite) 
oppure  in  relazione  causale  (embolia  da  endocardite). 

L'A.  afferma  ancora  che  i  vizii  cardiaci  congeniti  creano  anche  per  la  vita  inol- 
trata una  certa  disposizione  alle  malattie  del  sistema  nervoso,  per  esempio  producend» 
le  già  nominate  embolie  paradosse.  0.  Rossi. 

A.  ScHiiLLER,  Keimdrusen  tmd  Kervensystem.  —  S.  208. 

Il  problema  può  essere  considerato  da  due  differenti  punti  di  vista:  si  può  cioè 
studiare  l'influenza  del  sistema  nervoso  sullo  sviluppo  delle  ghiandole  genitali  e 
quella  di  queste  su  quello. 

Riguardo  al  primo  problema  VA.  passa  in  rassegna  i  lavori,  piuttosto  scarsi, 
pubblicati  in  argomento:  poscia  espone  le  osservazioni  da  lui  eseguite  sopra  120 
idioti,  di  sesso  maschile  in  età  dai  5  ai  16  anni  :  comparando  questi  suoi  dati  con 
quelli  di  altri  AA.  e  completando  le  sue  osservazioni  colle  altrui,  VA.  conclude  che: 
clinicamente  pare  che  il  cervello  non  eserciti  sulle  condizioni  delle  ghiandole  sessuali 


Recensioni  37 


un'azione  degna  di  nota  mentre  spiegano  su  di  esse  unMnfluenza  trofica  il  midollo 
spinale,  ì  nervi  periferici  e  il  sistema  nervoso  simpatico. 

A  loro  volta  le  ghiandole  sessuali  esercitano  una  influenza  sul  sistema  nervoso 
COSI  come  su  tutti  gli  altri  organi  :  in  alcuni  casi  che  appartengano  al  cosidetto 
—  disgeni  tal  ismo  primario  —  le  affezioni  delle  ghiandole  genitali  appaiono  affatto 
primitive  non  in  dipendenza  cioè  di  malattie  di  altre  ghiandole. 

Così  si  trovano  queste  forme  nel  gigantismo  infantile  che  ha  appunto  per  carat- 
teri fondamentali  :  la  piccolezza  dei  testicoli,  lo  scarso  sviluppo  dei  caratteri  sessuali 
secondarli,  un  esagerato  sviluppo  scheletrico,  un  difettoso  sviluppo  psichico. 

Secondo  alcuni  AA.  anche  il  gigantismo  acromegalico  rientrerebbe  in  questo 
gruppo  poiché  le  anomalie  ipofìsarie  sarebbero  in  relazione  a  quelle  degli  organi 
genitali. 

Come  secondo  tipo  di  disgenitalismo  primario  si  possono  considerare  quei  casi 
che  sono  caratterizzati  dalla  combinazione  deir  ipoplasia  degli  organi  genitali,  con 
l'adiposità  e  un  certo  grado  di  imbecillità  (Fettkinder), 

Il  terzo  tipo  è  quello  del  cosidetto  «  mongolismo  ».  Secondo  Topinione  dell'A.  lo 
sviluppo  esagerato  dello  scheletro  sarebbe  da  riportare  ad  una  malattia  del  midollo 
osseo  la  quale  potrebbe  essere  conseguenza  dello  stato  delie  ghiandole  sessuali,  oppure 
essere  con  questo  coordinata. 

L'A.  crede  ancora  che  converrà  istituire  in  queste  forme  delle  ricerche  sulla 
influenza  deiropoterapia,  ricorrendo  o  a  preparati  di  ghiandole  o  ad  innesti  delle  stesse. 


0.  Rossi. 


H.  Frey,  Bildungsfehler  des  .Gehòrorganes  bei  der  Anencephalie,  —  S.  231. 

L'A.  dopo  aver  posto  in  rilievo,  col  riassumerli,  gli  scarsi  dati  forniti  dalla 
letteratura  a  questo  proposito,  descrive  un  caso  di  osservazione  personale.  Macrosco- 
picamente le  malformazioni  interessavano  soltanto  la  configurazione  esterna  dell'osso 
temporale,  e  lo  sviluppo  dei  muscoli  auricolari,  nel  senso  di  un  non  trascurabile 
aumento  nel  diametro  orizzontale. 

Delle  variazioni  istologiche  dal  normale  sono  da  ricordarsi  :  la  presenza  di  nume- 
rosi vasi  e  dilatati  nel  condotto  uditivo  interno:  lo  scarso  sviluppo  del  ganglio  di 
Scarpa,  dello  spirale  e  del  vestibolare. 

Le  alterazioni  di  questi  ganglii  sono  probabilmente  in  relazione  col  difetto  di 
sviluppo  del  sistema  nervoso  :  quelle  riferite  dei  vasi  poi  possono  essere  conseguenza 
dell'alterazione  dei  ganglii  :  anomalie  vasali  simili  sono  state  riscontrate  anche  nei 
sordomuti. 

0.  Rossi, 

A.  FucHS,  Periphere  Faci  ali  sldhmung,  —  S.  245. 

In  questo  lavoro  l'A.  espone  le  vedute  cliniche  che  sono  comunemente  accettate, 
in  riguardo  alle  paralisi  periferiche  del  VII,  confrontandole  coi  risultati  della  propria 
esperienza  personale  fondata  sulla  osservazione  di  593  casi. 

La  paralisi  del  facciale  sarebbe  la  piti  frequente  tra  quelle  che  interessano  i 
nervi  periferici,  la  sua  frequenza  sarebbe  ancora  maggiore  di  quella  che  si  verifica 
pei  muscoli  estrinseci  dell'occhio. 


38  Rivista  di  Patoloffia  nervosa  e  mentale 

Le  forme  nelle  quali  bì  può  con  sicurezza  assoluta  parlare  di  una  paralisi  del 
VII  congenita  sono  assai  rare:  così  l'A.  a  prima  vista  ne  trovò  11  casi  ma  in  uno 
solo  fu  possibile  ottenere  e  discriminare  i  dati  anamnestici  in  modo  da  escludere  che 
la  paralisi  non  fosse  insorta  per  processi  morbosi  nei  primi  giorni  di  vita. 

Come  si  sa  riguardo  alla  etiologia  dura  ancora  grande  discussione:  fatta  astra- 
zione di  pochi  casi  nei  quali  una  causa  appare  manifesta,  per  gli  altri  si  discute 
ancora  se  si  tratti  d' una  anormale,  congenita  strettezza  del  canale  di  Falloppio  o  di 
una  paralisi  a  frigore:  l'A.  nei  suoi  casi  ha  trovato  che  43  volte  coesistevano  ma- 
lattie deirorecchio,  in  14  era  pregressa  la  sifilide,  in  17  un  trauma,. in  8  erano  coe- 
sistenti paralisi  di  altri  nervi  cranici  e  negli  altri  casi  non  si  potè  accertare  l'etiologia. 

Dei  503  casi  308  appartenevano  al  sesso  maschile  e  285  al  femminile:  degli 
uomini  114  esercitavano  professioni  che  non  espongono  a  cause  speciale  di  raffredda- 
mento, 125  invece  erano  addetti  a  mestieri  dove  si  presentano  spesso  cause  di  questt> 
genere,  125  erano  a  cagione  del  loro  mestiere  esposti  a  cause  tossiche:  gli  altri  erano 
individui  a  professione  sconosciuta  o  fanciulli  (nel  testo  deve  essere  incorso  un  errore 
di  stampa  perchè  così  come  le  dà  l'A.  le  cifre  non  tornano,  forse  a  pag.  253  invece 
di  308  M&nner  si  deve  leggere  398,  tornerebbe  anche  meglio  il  conto  col  numero  dei 
malati  dati  al  principio  del  lavoro  in  593  e  non  503  come  risulta  a  detta  pagina). 

D'accordo  con  altri  AA.  che  trattano  la  quistione  dal  punto  di  vista  anatomico 
l'A.  ritiene  pure  che  dal  punto  di  vista  clinico  si  possa  con  verisimiglianza  stabilire 
che  il  Vn  non  ha  che  fare  coli'  innervazione  del  palato  molle. 

Un'altra  quistione  discussa  è  quella  dei  disturbi  -di  senso  che  spesso  concomi- 
tano  alla  paralisi  facciale,  l'A.  crede  dipendano  da  compartecipazione  di  altri  nervi 
di  senso  al  processo  morboso. 

L'A.  ha  anche  osservato  spesso  una  deviazione  non  apparente,  relativa  cioè  alla 
deformazione  della  bocca,  ma  reale  della  lingua  dal  lato  della  paralisi  :  egli  l' inter- 
preta appoggiandosi  all'  opinione  di  quegli  AA.  che  sostengono  come  il  M.  stiloglosso 
riceve  alcune  fibre  dal  nervo  facciale. 

Forse  molti  casi  di  paralisi  del  VII  sono  un  fenomeno  di  una  polineurite  che 
negli  altri  nervi  dà  dei  fenomeni  poco  appariscenti:  infatti  spesso  i  malati  hanno 
dei  disturbi  generali,  si  lagnano  di  dolore  alle  membra,  di  parestesie,  ecc. 

Infine  l'A.  raccomanda  molto  come  mezzo  diagnostico  ed  anche  a  scopo  di  cura 
l'elettricità. 

Un  ricco  elenco  bibliografico  chiude  il  lavoro.  0.  Bossi, 


Shuzo  Kube,  Medizinischer  Bericht  des  Sugamo-Hospitah,  der  Irrenanstalt  der 
Stadi  Tokio  filr  d^n  Zeitraum  ^889  bis  1901.  —  S.  279. 

Rendiconto  statistico,  ricco  di  tabelle,  ed  irto  di  cifre,  che  potrà  essere  consul- 
tato da  coloro  che  si  dedicano  al  confronto  dello  sviluppo  delle  malattie  mentali 
presso  le  varie  razze  e  civiltà. 

Dal  complesso  risulta  che  anche  i  figli  del  sole  levante  non  sfuggono  alle  forine 
di  malattia  mentali  comuni  nella  vecchia  Europa:  la  demenza  precoce,  frequente  da 
noi,  pare  laggiù  più  scarsa:  forse  può  dipendere  dai  criteri  diagnostici,  infatti  l'A. 
non  ne  fa  menzione  a  parte,  ma  ne  raggruppa  una  forma  —  l'ebefrenia  —  sotto 
il  nome  di  demenza  secondaria,  e  questo  gruppo  rappresenterobbe  nel  totale  un 
percento  dell' 11. 


Recensioni  3^ 


KoiCHi  MiYÀKE,  lugendirresein.  —  S.  315. 

Avendo  VA.  studiati  moltissimi  casi  delle  cosidette  psicosi  della  pubertà  di 
quelle  cioè  che  scoppiano  tra  i  14  e  i  22  anni,  potè  stabilire  che  esse  rappresentano 
circa  r  8,  5  7©  ^^ì  casi  di  pazzia  ;  che  la  maggioranza  di  questi  casi  clinicamente 
appartengono  alla  demenza  precoce;  segue  quindi  la  forma  maniaco-depressiva:  mentre 
Tepilessia  e  V  isteria  non  sono  tanto  frequenti. 

D  77  **/o  di  questi  malati  soffriva  di  tara  ereditaria,  in  circa  un  sesto  essa  era 
data  dall'alcool ismo  nei  genitori:  la  tara  ereditaria  sarebbe  più  frequente  e  più  grave 
nella  forma  maniaco-depressiva  che  non  nella  demenza  precoce. 

L'A.  fa  poi  altre  considerazioni  statistiche  sullo  scoppio  della  malattia,  la  du- 
rata, ecc.  :  infine  ci  dice  di  non  avere  potuto  stabilire  una  differenza  degna  di  nota 
tra  le  psicosi  della  pubertà  che  si  verificano  negli  europei  e  quelle  dei  giapponesi, 
in  questi  però  gli  stati  depressivi  appaiono  in  generalo  meno  profondi. 

0,  Rossi. 


W.  Mageb,  Zur  Kenntis  vdsomotorischer  Symptomen  bei  Himtumoren,  —  S.  340. 

Quasi  a  sostegno  della  tesi  che  ammette  l'esistenza  dei  centri  vasomotori  corti- 
cali, l'A.  riporta  due  osservazioni,  dove  un  tumore,  risiedente  nella  zona  motrice  cor- 
ticale, avea  dato  luogo  anche  a  spiccati  sintomi  vasomotori  (abbassamento  notevole 
della  temperatura,  dermografia,  ecc.).  0.  Rossi, 


A.  Spitzer  und  I.  P.  Karplus,  Ueber  experimentelle  Làsionen  an  der   Gehirn- 
hasis.  —  S.  348. 

Gol  metodo  già  in  altro  lavoro  pubblicato  gli  AA.  hanno  ora  proceduto  nelle 
scimmie,  nei  cani,  nei  gatti,  a  lesioni  sperimentali  di  parti  del  metencefalo. 

La  tecnica  del  metodo  varia  da  caso  a  caso,  le  degenerazioni  secondarie  e  le  qui- 
stioni  di  anatomia  clinica  che  ad  esse  si  ricollegano  non  si  possono  utilmente  stu- 
diare senza  il  soccorso  delle  figure  che  accompi^ano  il  lavoro,  del  quale,  per  questa 
sua  peculiare  indole,  siamo  costretti  a  dare  solo  un  cetino. 

0.  Rossi. 


F.  PiNELES,  Zur  Behandlung  der  Tetanie  n^it  Epithelkòrperpràparaten.  —  S.  437. 

L'A.  partendo  dall'opinione  che  la  tetania  che  sussegue  alla  strumectomia  sia 
dovuta  all'  ablazione  delle  paratiroidi,  dall'altra  che  nella  tetania  spontanea  si  tratti 
della  stessa  forma  di  intossicazione  che  si  ha  in  quella  operatoria,  tentò  di  curare 
quella  spontanea  con  preparati  di  paratiroidi  di  cervello  ottenute  seccando  la  ghiandola 
a  40  gradi,  polverizzandola,  mescolandola  con  uguale  quantità  di  cacao  e  facendone 
delle  tavolette  del  peso  di  0,30  gr.  ciascuna,  contenenti  cioè  ognuna  0,15  gr.  di  sostanza 
paratiroidea. 

Somministrava  in  media  tre  di  queste  pasticche  ogni  giorno  a  tre  malati  ma 
senza  alcun  risultato  oggettivamente  constatabile.  L'A.  mette  in  guardia  contro  pos- 
sibili equivoci  sull'  influenza  di  questa  terapia  perchè  la  tetania  spontanea  degli  adulti 
è  una  malattia  che  tende  di  per  sé  alla  guarigione. 


AO  liivìsUi  di  Patologia  nei^osa  e  mentale 

Se  si  considera  che  la  tetania  paratireopriva  sperimentale  viene  invece  favore- 
volmente influenzata  dalla  terapia  ghiandolare  nasce  il  dahbio  che  quella  spontanea 
degli  adulti  debba  in  ogni  caso  riportarsi  ad  un  analogo  meccanismo. 

A  noi  piace  ricordare  come  i  primi  esperimenti  in  proposito  siano  stati  fatti  da 
un  italiano,  il  Va  ss  a  le,  il  quale  nei  bambini  ottenne  dei  buoni  risultati  coi  suoi  pre- 
parati di  paratiroidina. 

0,  Rom. 


V.  WiDAKOWiCH,  Ueher  Entirickelungsdifferenzen  des  Zentralnerwensystems  dreier 
gleichalteriger  Emhryoìien  von  Cavia  cobaya,  —  S.  452. 

Mentre  negli  animali  inferiori  si  osserva  che  i  piccoli   di   una  covata  o  di  un 
parto  sono  presso  a  poco  ugualmente  sviluppati,  negli  animali  a  sangue  caldo  si  os- 
serva in  genere  tra  i  piccoli  di  una  stessa  gravidanza  una  grande  differenza  di  svi-  ' 
luppo  :  queste  differenze  sono  già  manifeste  in  periodi  precoci   dello  sviluppo  fetale 
e  sogliono  anche  interessare  in  maniera  molto  spiccata  il  sistema  nervoso. 

Le  differenze  sono  spiccatissime  nei  roditori,  e  la  descrizione  che  V  A.  dà  del 
t-istema  nervoso  di  tre  embrioni  di  cavia,  presi  allo  stesso  stadio,  sono  una  conferma 
di  questo  interessante  fatto. 

0,  Rossi, 


E.  HuLLES,  Zur  vergleichenden  Anatomie   der  cerehrahn  Trigeminuswurzeì,  — 
S.  469. 

Secondo  le  ricerche  dell'  A.,  condotte  nelle  varie  classi  di  animali,  la  radice  cere- 
brale del  V  è  una  delle  formazioni  più  costanti  del  sistema  nervoso  :  essa  comincia 
in  quasi  tutti  gli  animali  in  vicinanza  della  commessura  posteriore  ;  già  nei  Marsu- 
piali e  negli  Artiòdactili  essa  ha  un  grande  sviluppo  sino  dal  suo  inizio  e  si  trovano 
cellule  già  nel  talamo.  La  sua  terminazione  spinale  coincide  coir  uscita  della  radice 
motrice:  soltanto  nei  carnivori,  nei  roditori,  negli  artiòdactili,  si  possono  seguire 
ancora  alcune  fibre  più  in  là.  Le  cellule  stanno  talora  negli  stessi  tubercoli  quadri- 
gemini, e  anche  qui  si  vede  che  negli  animali  più  bassi,  fatta  eccezione  dei  roditori, 
si  trovano  in  queste  formazioni  molte  più  cellule.  Un  dato  interessante  è  quello  che 
riguarda  un  possibile  incrociamento  delle  fibre  di  questa  radice  attraverso  il  Veluni: 
questo  fatto  nell'  uomo  non  è  certo,  ma  nelle  scimmie  con  grande  probabilità  avviene 
e  negli  altri  animali  è  molto  bene  riconoscibile.  Quanto  ai  rapporti  col  IV  la  sua 
uscita  di  regola  sta  negli  animali  superiori  medialmente,  negli  inferiori  ora  medial- 
mente  ora  lateralmente. 

La  formazione  della  radice  cerebrale  in  riguardo  alle  cellule  ed  alle  fibre  è 
assai  più  sviluppata  nell'uomo,  nelle  scimmie,  nei  chirotteri,  nei  pinnipedi  che  non 
nei  carnivori,  negli  insettivori  e  roditori. 

Ma  da  questo  sviluppo  nulla  si  può  dedurre  circa  una  correlazione  con  lo  svi- 
luppo di  speciali  funzioni:  soltanto  è  possibile  una  constatazione  di  ordine  negativo 
che  ciò  negli  animali  che  hanno  molto  sviluppato  1'  apparato  della  masticazione,  è 
poco  bene  sviluppata. 

O.  Rosasi, 


Recensioni  41 


V.  BiACH,  Das  Riickenmark  der  Ungtiìaten.  —  S.  487. 

Sarebbero  qualifiche  del  midollo  degli  ungulati:  1)  La  disposizione  simile  a 
quella  di  una  circonvoluzione  della  sost.  gelatinosa  di  Rolando  e  della  parte  corri- 
sp«)ndente  dei  nuclei  del  corno  posteriore.  2)  La  manifesta  partecipazione  del  processus 
reiicularis  all'  architettura  del  nucleo  delle  coma  posteriori.  3)  La  presenza  di  un 
sistema,  analogo  a  quello  della  colonna  di  Clark,  con  piccole  cellule.  4)  La  brusca 
comparsa  della  sost.  gelatinosa  centrale  col  difetto  delle  formazioni  nervose.  5)  Il 
notevole  sviluppo  della  sost.  bianca  e  la  ricchezza  di  fibre  della  sost.  gelatinosa  di 
Rolando.  0.  Rossi. 


G.  BoxviciNl  und  0.  POTZL,  Einiges  iiber  die  «  reine  Worthlindheit  ».  —  S.  522. 

Gli  AA.  riferiscono  un  caso  di  cosidetta  alesala  sottocorticale  o  pura,  nella  quale 
i'ioè  il  malato,  il  quale  non  può  leggere  una  parola,  ha  però  conservata  la  facoltà 
di  leggere  e  di  indicare  con  esattezza  le  vocali,  (coesisteva  emianopsia  omonima  la- 
terale destra). 

Alla  necroscopia  trovarono  dei  rammollimenti  alla  faccia  interna  del  lobo  occi- 
pitale: uno  alla  parte  inferiore  del  lobulo  linguale,  un  altro  nel  sulcus  cunei,  i 
quali  avevano  determinato  degenerazioni  secondarie  nelle  radiazioni  ottiche,  nel  tape- 
tam  :  erano  pure  presenti  delle  degenerazioni  nelle  fibre  dello  splenium  però  meno 
marcate  di  quelle  trovate  in  casi  simili  da  AA.  precedenti.  0.  Rossi, 


K.  V.  Orzechowski,  Zur  Frage  der  Pathologischen  Anatomie  und  Pathogenese  der 
Chorea  minor.  —  S.  530. 

In  un  suo  caso  1  A.  descrive  molte  alterazioni  istologiche  riferibili  sia  alle 
cellule  che  alle  fibre,  delle  quali  per  altro  egli  crede  che  nessuna  sia  da  ritenere 
senz'  altro  come  il  fondamento  anatomo-patologico  della  corea. 

Richiama  V  attenzione  sopra  il  grande  accumulo  di  nuclei  attorno  alle  cellule 
dei  nuclei  talamici  e  sullo  sviluppo  di  questi  relativamente  scarso  in  confronto  di 
quello  del  resto  del  sistema  nervoso. 

Quanto  alla  patogenesi  V  A.  crede  che  la  corea  minore  sia  da  riferire  ad  un'  infe- 
zione setticemica  o  piemica  :  l'apparente  localizzazione  del  processo,  sostenuto  da  alcuni 
AA.  deriva  da  peculiarità  circolatorie:  essendo  nell'età  giovanile  preponderante  il 
circolo  proveniente  dalla  basilare  si  comprende  come  i  microorganismi  e  le  loro  tossine 
abbiano  modo  di  spiegare  la  loro  azione  in  special  modo  nell'  istmo  dell'  encefalo  e 
sul  cervelletto.  0.  Rossi. 


0.  Marbubo,  Beitràge  zur  Kenntis  der  Grosshirnrinde  der  Affen,  —  S.  581. 

Studio  anat4>mo-istologico,  delle  conclusioni  del  quale  sono  degne  di  nota:  1)  Che 
la  ricchezza  della  corteccia  in  cellule  è  proporzionale  allo  sviluppo  nella  scala 
zoologica  della  scimmia.  2)  Che  nella  zona  motrice  vi  sono  in  ogni  caso  cellule 
giganti.  8)  Che  le  differenze  nella  proporzione  delle  cellule  è  meglio  rilevabile  nei 
lobi  frontali.  0.  Rossi. 


42  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


M'evropatologla. 

2.  Q.  Etienne,  Des  ecchymoses  zoniformes  spontanées.  —  «  Nonvelle  Icono^aphie 
de  la  Salpètrière  »,  n.  5,  1907. 

In  una  donna  di  80  anni,  ancora  valida  e  ben  conservata,  sono  sorte  improvvi- 
samente, senza  causa  apparente,  delle  chiazze  bluastre,  contuslformi,  raggruppate  sul 
lato  destro  della  fronte,  estendentesi  ai  lati  della  regione  malare  sino  alla  linea  fron- 
tale mediana,  in  alto  sino  al  cuoio  capelluto,  in  basso  occupanti  con  una  vasta  echi- 
mosi  la  palpebra  superiore.  Nella  regione  occupata  dalle  echimosi  i  dolori  spontanei 
sono  vivissimi,  la  benché  minima  pressione  non  è  tollerata.  In  breve  tempo  la  colo- 
razione bluastra  scompare  e  dopo  poco  cessano  pure  le  sensazioni  dolorose.  LW.  fa 
notare  che  la  disposizione  strettamente  zonale  delle  echimosi  occupa  nettamente  il 
territorio  del  nervo  frontale,  si  può  quindi  ritenere  questa  manifestazione  emorragica 
come  un' echimosi  zoniforme  oftalmica  sviluppatasi  sul  territorio  del  nervo  frontale. 
L'A.  crede  che  il  caso  presente  rientri  nella  categoria  dei  fenomeni  zoniformi  di 
tipo  nevritico,  i  quali  si  possono  manifestare  con  fenomeni  di  vasodilatazione  o  coi 
disturbi  trofici  dell'eruzione  zosterriana.  Per  spiegare  come  la  nevrite  sensitiva  o 
mista  possa  determinare  il  fenomeno  simpatico  della  vasodilatazione  TA.  emette 
due  ipotesi:  a)  La  nevrite  del  nervo  sensitivo  interessa  anche  le  fibre  simpatiche 
che  V  accompagnano,  b)  Le  cellule  ganglionarì,  lese  per  la  nevrite  sensitiva,  funzio- 
nano in  modo  difettoso  agendo  snll' apparato  simpatico  annesso. 

Sandri, 


3.  Italo  Rossi  et  G.  Boussy,  Contribution  anatomo-patologique  à  Vétude  de» 
localisations  motrices  corticales,  A  propos  de  trois  cas  de  sclerose  laterale 
amyotrophique  aree  dégénératton  de  la  vaie  pyramidale  suivie  au  Marchi 
de  la  moelle  au  cortex,  —  «  Revue  neurologique  »,  n.  15,  1907. 

Secondo  i  dati  classici,  sino  a  pochi  anni  fa  indiscussi,  si  ammetteva  che  la 
zona  motrice  corticale  occupasse  le  circonvoluzioni  parietali  e  frontali  ascendenti, 
il  lobulo  paracentrale  e  forse  pure  il  piede  di  inserzione  delle  tre  circonvoluzioni 
frontali.  Questa  dottrina  fu  attaccata  per  la  prima  volta  nel  1901  dalle  ricerche 
sperimentali  di  Grflnbaum  e  Sherrington,  i  quali  poterono  dimostrare  che  la 
zona  motrice  corticale,  alla  convessità  del  cervello,  sarebbe  localizzata  esclusivamente 
o  quasi,  nella  sola  circonvoluzione  frontale  ascendente.  Altre  ri  ceree  sperimentali, 
anatomo-cliniche  ed  istologiche  vennero  a  confermare  la  teoria  dei  due  fisiologi  in- 
glesi. 

La  sclerosi  a  placche  è  malattia  essenzialmente  sistematica  che  colpisce  il  neu- 
rone motore  centrale  e  periferico  :  si  può  comprendere  dunque  V  importanza  che  può 
avere  per  la  suddetta  questione  un  esame  dettagliato  che  segua  la  degenerazione  del 
neurone  motore  in  tutta  la  sua  lunghezza.  A  questo  scopo  gli  AA.  studiarono  tre 
casi  di  sclerosi  laterale  amiotrofica  seguendo  col  metodo  Marchi  e  Weigert  la 
degenerazione  della  via  piramidale  dal  midollo  sino  alla  corteccia. 

J/ esame  istologico,  oltre  all'aver  messo  in  evidenza  le  lesioni  caratteristiche 
della  sclerosi  laterale,  ha  dimostrato  come  in  questa  aifezione  morbosa  le  due  cir- 
convoluzioni rolandiche  si  comportino  in  modo  affatto   differente   l' una   dall'  altra. 


Ne  vro  patologia  i^ 


Xella  frontale  ascendente  si  notava  degenerazione  notevole  delle  fibre  trasversali, 
più  evidente  ancora  nelle  fibre  di  proiezione,  alterazioni  qualitative  e  quantitative 
delle  grandi  cellule  piramidali  e  particolarmente  delle  cellule  di  Betz.  Nella  pa- 
rietale ascendente  non  esisteva  alcuna  alterazione  cellulare,  e  col  metodo  Marchi, 
in  due  soli  casi  si  notava  qualche  rara  fibra  degenerata. 

Le  deduzioni  che,  a  proposito  della  topografia  della  zona  corticale  motoria,  si 
possono  trarre  dalle  suesposte  osservazioni  prendono  anche  maggior  valore  se  si  met- 
tono in  confronto  non  solo  alle  esperienze  di  Sherrington  e  Grùnbaum,  ma  an- 
che a  un  certo  numero  di  fatti  e  di  considerazioni  d*  ordine  sperimentale,  anatomo- 
clinico  ed  istologico.  Dal  punto  di  vista  sperimentale  già  Hit  zig,  aveva  localizzata 
la  zona  motrice  della  scimmia  solo  nella  frontale  ascendente,  altri  sperimentatori  e 
chirurghi  sia  col  metodo  deir ablazione,  sia  con  quello  dell'eccitazione  fecero  la 
stessa  constatazione  nella  scimmia  e  nell'  uomo.  Dal  punto  di  vista  anatomo-clinico 
non  si  poterono  trovare  validi  appoggi  a  questa  teoria  perchè  più  che  altro  erano 
presi  in  considerazione  i  focolai  da  rammollimento,  i  quali  benché  in  apparenza  H- 
mitati  e  superficiali  molto,  difficilmente  possono  dare  una  lesione  di  una  parte  qua- 
lunque di  una  di  queste  due  circonvoluzioni  rolandiche  senza  interessare  nella  pro- 
fondità le  fibre  appartenenti  all'  altra.  Dal  punto  di  vista  istologico  gli  studi  fatti 
in  questi  ultimi  anni  concordano  nel  dimostrare  che  esistono  tra  la  frontale  ascen- 
dente e  la  parietale  ascendente  delle  differenze  spiccate  di  stratificazione,  di  volume, 
e  di  forma  delle  cellule.  Le  quali  differenze  istologiche  concordano  coi  risultati  for- 
niti dallo  studio  della  mielinizzazione  che  permettono  al  Flechsig  di  distinguere  un 
tipo  motore  ben  delineato  nella  frontale  ascendente,  ed  un  tipo  sensitivo  corrispon- 
dente alla  parietale  ascendente. 

Gli  AA.  basandosi  sui  risultati  delle  loro  ricerche  anatomiche,  sulle  ricerche 
sperimentali  di  GrAnbaume  e  Sherrington,  Vogt  et  Brodmann,  sui  lavori  di 
Probst  e  di  Campbell,  sono  indotti  a  credere  che  si  debba  ritornare  sui  dati, 
fino  ad  oggi  ritenuti  come  classici,  della  topografia  motrice  corticale.  Sono  convinti 
che,  contrariamente  alla  dottrina  classica,  la  zona  motrice  nell'  uomo  sia  quasi  esclu- 
sivamente limitata  alla  frontale  ascendente.  Tuttavìa  fanno  qualche  riserva  in  favore 
di  una  leggera  partecipazione  della  parietale  ascendente  alla  zona  corticale  motrice. 

Sandri. 


4.  Raymond  et  P.  Insonne,  Syringomyélie  avec  phénomènes  bulhaires  et  trou- 
hles  trophiques  intenses.  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  4, 
1907. 

In  un  giovane  di  18  anni  si  riscontra  una  sintomatologia  complessa  costituita 
da  fenomeni  di  origine  bulbare  e  da  sintomi  motori  sensitivi  e  trofici,  insorta  da 
quattro  anni,  a  decorso  continuo  e  progressivo.  —  I  sìntomi  motori  consistono  in  una 
paraplegia  spastica  con  trepidazione  spinale  e  fenomeno  di  Bah inski,  e  d'una  paresi 
dell'  arto  superiore  destro  accompagnata  da  indebolimento  dei  riflessi.  —  I  disturbi 
sensitivi  sono  dati  da  una  emi-ipoestesia  con  dissociazione  siringomielica  in  zone 
molto  limitate.  I  disturbi  trofici  da  una  scoliosi  a  convessità  destra,  una  artropatia 
della  spalla  destra  ed  una  ipertrofia  della  mano  accompagnata  da  disturbi  vaso- 
motori. —  I  fenomeni  bulbari  sono  rappresentati  da  una  emiatrofia  linguale  destra, 
da  una  paresi  del  velo  del  palato  e  della  corda  vocale  di  destra.  —  Secondo  gli  A  A. 


Ai  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

resistenza  di  una  siringomielia  bulbo-cervicale  estendentesi  probabilmente  sino  alla 
regione  dorsale  superiore,  è  sufficiente  per  spiegare  tutti  i  sintomi  presentati  dal 
paziente. 

Dopo  aver  fatta  rilevare  la  gravità  dei  disturbi  trofici  riscontrati,  gli  A  A. 
discutono  sulla  patogenesi  delle  scoliosi.  Nel  caso  attuale  essa  è  da  imputarsi  ad  alte- 
rato trofismo  d'elle  ossa  stesse.  —  La  chiromegalia  riscontrata,  localizzata  ad  una 
sola  mano,  è  sintoma  raro.  Nel  caso  presente  era  formata  tanto  dall'  ipertrofia  del 
tessuto  osseo  come  da  ipertrofia  delle  parti  molli,  senza  che  la  pelle  partecipasse 
notevolmente  all'  alterazione.  —  Gli  AA.  credono  impossibile,  col  sussidio  delle  attuali 
cognizioni,  localizzare  in  un  dato  punto  del  sistema  nervoso  la  lesione  che  può  essere 
causa  di  questa  chiromegalia. 

Sandri. 


5.  H.  Claude,  Syphih's  médullaire  et  mal  de  Poti,  —  «  Encéphale  >,  n.  9,  1907. 

Un  uomo  di  40  anni  presentava  sintomi  (andatura  tabetica,  sintoma  di  Romberg, 
dolori  folgoranti....)  di  localizzazione  spinale  d' un  processo  sifilitico  in  evoluzione. 
Queste  manifestazioni  scomparvero  in  seguito  a  trattamento  specifico.  Ma  dopo  qualche 
tempo  si  manifestò  un  morbo  di  Pott,  ed  in  sei  mesi  l' ammalato  morì  per  tuberco- 
losi polmonare.  L'esame  del  midollo  rivela  due- sorte  di  lesioni.  Le  une,  di  origine 
tubercolare,  constano  di  :  fungosità  ed  ispessimenti  della  dura,  dalla  regione  dorsale 
alla  regione  lombare  inferiore,  di  infiammazione  ed  aderenze  delle  meningi  molli. 
Le  radici  anteriori,  inglobate  nel  processo  infiammatorio  subacuto,  non  presentano 
traccia  di  degenerazione  degli  elementi  nervosi  o  di  sclerosi  interfascicolare.  Le  altre 
lesioni  di  origine  sifilitica  sono  localizzate  a  varie  radici  posteriori  e  consistono 
in  una  infiltrazione  sclerosa  delle  radici  e  del  nervo  radicolare;  il  quale  è  avvolto 
in  un  manicotto  fibroso  spesso,  ed  il  fondo  di  sacco  aracnoideo  forma  su  qualcuno 
di  questi  nervi  una  vera  sinfisi  fibrosa.  L'A.  dopo  aver  riportato  e  comunicato  due 
casi  affini,  già  illustrati  da  altri,  fa  notare  che  le  alterazioni,  abbastanza  strane, 
del  fondo  di  sacco  aracnoideo  e  dei  nervi  radicolari,  ricordano  abbastanza  esattamente 
la  modificazione  anatomica  descritta  da  Nageotte,  al  livello  delle  radici,  come  lesione 
iniziale  della  tabe.  Questi  fatti  possono  portare  un  utile  contributo  alla  questione 
sui  possibili  rapporti  esistenti  tra  tabe  e  sifilide  spinale. 

Sandri. 


6.  J.  Lhermitte  et  Artom,   Tln  cas  de  syringomyélie  aree  cheiromé galle  suiri 
d'  autopsie,  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  5,  1907. 

Gli  AA,  illustrano  un  caso  tipico  di  siringomielia.  —  La  cavità  siringomielica 
si  estende  dal  IV  segmento  cervicale  sino  al  IX  dorsale.  I  disturbi  motori  come 
i  disturbi  sensitivi  permettevano  già  intra  vitam  di  localizzare  con  abbastanza  pre- 
cisane l'estensione  del  processo  cavitario.  L'esame  macroscopico  e  microscopico  dei 
centri  permette  agli  AA.  di  spiegare  esattamente  la  sintomatologia  presentata  dal- 
l' ammalata. 

Il  fenomeno  più  degno  di  nota,  consiste  in  una  ipertrofia  manifesta  della  mano, 
e  della  estremità  inferiore  dell'avambraccio  destro.  Questa  ipertrofia,  incominciata  un 
anno  circa  prima  della  morte  dell' amm.   portava  ad  un   aumento  in  spessore  più 


Nevropatologia  4."> 

che  in  lunghezza  della  mano.  L'esame  radiografico  dimostra  la  assolata  mancanza 
di  qualunque  lesione  ossea  od  articolare.  L'esame  istologico  rileva  che  T ipertrofìa 
della  roano  è  dovuta  all'aumento  dello  strato  epidermico  e  dermico,  senza  che  le 
ghiandole  sebacee,  sudoripare  ed  i  vasi  partecipino  in  alcun  modo  al  processo.  I  mu- 
scoli presentano  lesioni  di  atrofia  semplice  con  leggera  infiltrazione  adiposa.  I  nervi 
del  braccio  destro  mostrano  solamente  un'  abbondanza  di  fibre  sottili  ed  una  dimi- 
nazione  numerica  delle  medie  e  grosse  fibre.  I  nervi  della  mano  invece  presentano 
fenomeni  di  nevrite  in  atto  con  corpi  granulosi.  Gli  AA.  discutono  sui  caratteri  ti- 
pici della  chiromegalia:  per  quanto  possa  lontanamente  somigliare  all'acromegalìa, 
non  si  può  mai  con  essa  confondere.  La  questione  che  attualmente  resta  ancora  in- 
soluta è  la  patogenia  della  chiromegalia.  Gli  AÀ.  sono  convìnti  con  P.  Marie, 
Schlesinger,  Fischer  ecc.  che  costituisca  un  sin  toma  della  sìringomielia  e  sia 
affatto  indipendente  da  qualunque  altra  aifezione  sovrapposta,  ma  non  possono  spie- 
gare l'origine  di  questo  disturbo  trofico. 

Sandri, 


7.  H.  Claude  et  P.  Lejonne,  Sur  un  syndrome  spasmodique  associé  à  ce  rt  ai  ne 
mouvements  voìontaire»  et  attribué  à  un  irritation  unilaterale  du  faisceau 
géniculé,  —  <  Encéphale  »,  n.  9,  1907. 

In  una  donna  di  47  anni  insorsero  bruscamente,  ma  senza  perdita  di  coscienza, 
uno  spasmo  facciale  e  delle  paralisi  oculari,  poi  verso  sera  una  leggera  emiparesi 
sinistra  piii  accentuata  all'  arto  superiore  ;  dopo  48  ore  sopravvenne  un  ictus  seguito 
da  coma,  durante  il  quale  si  manifestò  un'  emiplegia  sinistra  accompagnata  d'  afasia 
e  da  turbe  mentali.  Dopo  otto  giorni  l'emiplegia  era  ridotta  a  un'emiparesi,  i  di- 
sturbi mentali  durarono  circa  tre  mesi,  1'  afasia  andò  scomparendo.  Otto  mesi  dopo 
r  ictus  l'ammalata  presenta:  un'  emiparesi  sinistra,  più  accentuata  all'  arto  superiore, 
delle  paralisi  oculari  (3^  paio  completamente  paralizzato  a  destra  e  parzialmente  a  si- 
nistra), uno  spasmo  che  interessa,  dal  lato  destro,  faccia,  faringe,  laringe,  un  certo 
indebolimento  intellettuale. 

Gli  AA.  discutono  sulla  natura,  sulla  sede  del  focolaio  o  dei  focolai  patologici, 
credono  che  la  sintomatologia  complessa  che  1'  ammalata  presenta  si  possa  spiegare 
solo  con  r  esistenza  di  due  lesioni  :  di  cui  1'  una  situata  nel  peduncolo  cerebrale  de- 
stro, r  altra  nella  r^ione  juita-talamica  sinistra.  Quest'  ultima  irritando  il  fascio 
genicolato  dà  origine  alla  contrattura  spastica  osservata,  che  gli  AA.  considerano 
come  una  varietà  speciale  dello  spasmo  genicolare,  che  si  presenta  contemporanea- 
mente a  certi  movimenti  volontari. 

Sandrì, 


8.  M.  Klippel  et  P.  Bouohet,  Hémimélie  avec  atrophie  numerique  des  tissus. 
Étude  anatomique  et  pathogenique  de  V  hémimélie,  —  «  Nouvelle  Icono- 
graphie  de  la  Salpétrière  »,  n.  4-5,  1907, 

Illustrano  un  caso  di  emimielia  in  un  giovane  di  17  anni  con  infantilismo  spic- 
cato, lesione  mitiale  congenita,  palato  ogivale,  disposizione  difettosa  degli  incisivi. 
L'arto  superiore  destro  è  formato  da  un  segmento  omerale  normale,  e  da  un  segmento 
antibracchiale  cortissimo  terminato  da  una  specie  di  paletta,  che  tiene  luogo  della 


40  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

mano,  la  quale  è  munita  di  cinque  tubercoli.  Il  piccolo  segmento  antibrachìale  è 
perfettamente  mobile,  le  due  ossa  dell'antibraccio  sono  complete,  ma  la  loro  epifisi 
è  bruscamente  ridotta  ed  interrotta,  non  esiste  né  carpo  né  metacarpo  né  falangi. 
L' accurata  disseccazione  dell'  arto,  riferita  dagli  AA.  in  tutti  i  più  minuti  particolari, 
mostra  non  solo  un  arresto  di  sviluppo,  ma  anche  moltissime  anomalie  massime  del 
sistema  muscolare. 

Per  mettere  meglio  in  evidenza  le  differenze  che  esistono  tra  amputazione  con- 
genita e  emimielia,  gli  A  A.  riportano  41  osservazioni  raccolte  sulla  letteratura  del- 
l'argomento.  Espongono  poi  le  modalità  dello  sviluppo  embriologico  dell'arto  supe- 
riore, insistono  sul  concetto  che  l' emimielia  é  da  interpretarsi  come  un  semplice 
arresto  di  sviluppo. 

L'  esame  macroscopico  del  cervello  nulla  rileva  di  anormale,  nel  cervelletto  è 
notevole  la  mancanza  del  corpo  dentato  destro.  Nel  midollo  già  macroscopicamente 
si  nota  che  nella  regione  cervicale  inferiore  la  sostanza  grigia  di  destra  è  diminuita 
di  circa  un  terzo.  All'esame  microscopico  si  nota  che  le  cellule  del  corno  anteriore 
destro  sono  normali  per  dimensioni  e  struttura,  ma  il  loro  numero  è  notevolmente 
diminuito  dalla  regione  media  cervicale  al  quinto  segmento  dorsale.  Pure  l'esame 
microscopico  dei  nervi  e  muscoli  dell'  antibraccio  destro  rivela  elementi  di  struttura 
e  volume  normale  ma  numericamente  diminuiti.  Le  lesioni  sono  dunque  quantitative 
non  qualitative.  Il  che,  secondo  gli  AA.,  viene  a  confermare  la  opinione  da  essi  so- 
stenuta: che  cioè  l' emimielia  è  causata  da  lesioni  multiple  prodottesi  prima  dello 
sviluppo  completo  dell'individuo  le  quali  hanno  prodotto  un'atrofia  numerica  degli 
elementi. 

Sandri, 


9.  F.  Raymond  et  L.  Alquier,   Sur  un  cas  de  paralysie  pseudo-bui  bai  re.   — 
«  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpétrière  >,  n.  5,  1907. 

Riferiscono  il  caso  di  un  vecchio  di  77  anni  dove  oltre  ai  sintomi  classici  di 
una  paralisi  pseudo-bulbare  se  ne  aggiungevano  altri  che  avrebbero  potuto  rendere  la 
diagnosi  difficile  se  l' ammalato  non  fosse  stato  in  età  così  avanzata  e  se  i  disturbi 
mentali  e  degli  sfinteri  non  fossero  stati  così  accentuati.  L'ammalato  presentava 
nistagmo,  parola  lenta  e  scandita,  tremito  intenzionale  agli  arti  superiori. 

All'  esame  anatomo-patologico  gli  AA.  non  trovarono  altre  cause  della  sindrome 
clinica  osservata  che  delle  lacune  di  disintegrazione  multiple,  poco  estese  nel  cer- 
vello, più  numerose  e  più  estese  nella  calotta  protuberanziale.  Dai  fatti  suesposti 
si  possono  dedurre  le  conclusioni  seguenti. 

1"  La  sìndrome  pseudo-bulbare  indica  semplicemente  resistenza  di  lesioni 
situate  al  disopra  dei  nuclei  bulbari.  Queste  lesioni,  di  solito  cerebrali,  possono 
essere  localizzate  anche  nella  protuberanza. 

2^  In  tali  casi,  si  può  veder  apparire  a  lato  dei  disturbi  intellettuali,  i  quali 
indicano  resistenza  di  lesioni  cerebrali,  altri  sintonH  come  il  nistagmo,  la  parola 
scandita,  il  tremore  intenzionale,  che  fanno  pensare  alla  partecipazione  della  protu- 
beranza al  processo  morboso. 

Sandri. 


Psichiatria  47 


Psicliiatria. 


10.  Kleist  K.,  Ueber  die  psy  chischen  Stòrungen  bei  der  Chorea  minor,  nehst 
Bemerkungen  zur  Symptomatologie  der  Chorea.  —  «  Allgenieine  Zeitschrift 
far  Psychiatrie  »,  Bd.  46,  H.  5,  1907,  S.  769. 

Ili  questo  esteso  ed  accurato  lavoro  TA.  riassume  le  osservazioni  fatte  in  154  casi 
<ìi  chorea  minor,  tenendo  conto  sia  dei  fatti  somatici  sia,  in  modo  speciale,  dei  disturbi 
psichici;  e  a  questo  studio  fa  seguire  alcune  considerazioni  sopra  la  eventuale  base 
anatomica  dei  disturbi  psichici  stessi.  Tra  i  fenomeni  somatici  vengono  analizzati  i 
movimenti  coreici,  la  distribuzione  di  questi  movimenti  nei  diversi  distretti  musco- 
lari, i  disturbi  della  coordinazione,  le  condizioni  del  tono  muscolare  e  dei  riflessi  ten- 
dinei, le  alterazioni  della  sensibilità  e  i  fenomeni  vaso-motori.  Per  quel  che  riguarda 
i  disturbi  psichici,  essi  mancarono  soltanto  in  21  casi  (13  7o)»  furono  piuttosto  lievi 
in  92  casi,  e  assunsero  il  carattere  di  vere  psicosi  in  29  casi.  Nella  grande  maggio- 
ranza dei  casi,  tali  disturbi  interessavano  la  sfera  affettiva,  presentandosi  più  spesso 
sotto  forma  di  stati  angosciosi,  più  di  rado  sotto  forma  di  stati  di  gaiezza  e  di  ira- 
scibilità: talora  esisteva  un  miscuglio  delle  due  forme.  Non  così  frequenti  come  le 
anomalie  affettive,  ma  meno  rare  di  quanto  non  si  sia  finora  creduto,  si  manifesta- 
rono delle  alterazioni  dell'  intelligenza  (disattenzione,  perdita  della  memoria,  lentezza 
nelle  associazioni  complesse  ecc.),  talora  tanto  accentuate  da  simulare  uno  stato  demen- 
ziale. Non  di  rado  si  notò  pure  un  certo  difetto  della  motilità  spontanea.  Le  alte- 
razioni psichiche  più  gravi  e  le  vere  e  proprie  psicosi  apparivano  come  lo  svolgimento 
dei  germi  contenuti  nelle  forme  più  lievi  sopra  ricordate  (gravi  stati  di  depressione 
e  di  eccitamento,  psicosi  motorie  acinetiche,  stati  deliranti  etc);  talora  per  altro  esse 
rappresentavano  l'effetto  di  cause  accidentali,  indipendenti  dalla  corea  per  sé  stessa 
(infezioni  intercorrenti,  esaurimento,  febbre,  azione  dei  narcotici).  Queste  forme  men- 
tali che  accompagnano  la  corea  hanno  sempre  una  durata  relativamente  assai  breve 
e  non  hanno  mai  una  sintomatologia  identica  a  quella  dei  quadri  morbosi  analoghi 
contemplati  in  psichiatria,  per  cui  deve  ritenersi  inesatta  l'affermazione  di  Zinn,  che 
tutte  le  psicosi  possono  come  tali  accompagnarsi  alla  corea;  e  priva  di  fondamento 
risulta  pure  l'ipotesi  del  Mobius  secondo  la  quale  tutti  i  disturbi  psichici  della 
corea  rappresenterebbero  in  realtà  un'  unica  psicosi,  la  così  detta  «  confusione  allu- 
cinatoria »  (halluzinatorische  Verwirrtheit). 

Quale  è  la  sede  delle  lesioni  che  detenninano  i  disturbi  psichici  nella  corèa? 
8i  capisce  che  un  tale  quesito  non  è  finora  suscettibile  di  una  soluzione  sicura,  poiché 
tutt' altro  che  ^sicura  è  anche  la  base  anatomica  dei  sintomi  coreici  veri  e  propri 
(movimenti  coreici,  disturbi  della  coordinazione,  ipotonia);  si  potrebbero  però  spiegare 
molti  di  quei  disturbi  ammettendo  con  Atton  che  esista  nella' corea  una  esagera- 
zione funzionale  morbosa  del  talamo  ottico,  e  che  quest'  ultimo  rappresenti,  conforme 
all'ipotesi  diMeynert-Nothnagel,  un  centro  di  coordinazione  dei  movimenti  espres- 
sivi. Se  supponiamo  infatti  che  la  corteccia  cerebrale  riceva  solo  mediatamente  da 
questi  centri  subcorticali  tutta  quella  serie  di  stimoli  capaci  di  produrre  uno  stato 
emozionale,  si  capisce  facilmente  come  una  lesione  di  tali  centri  possa,  determinando 
degli  stimoli  morbosi,  provocare  degli  stati  affettivi  che  sono  patologici  come  è  pato- 


i8  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentre  -  Psichiatria 

logico  il  meccanismo  col  quale  essi  si  producono;  ed  anche  i  processi  ideativi  dovreb- 
bero venire  sfavorevolmente  influenzati  dall'  alterazione  funzionale  dei  centri  sottocor- 
ticali in  parola. 

D'altra  parte  molti  sintomi  psichici  della  corea  non  si  possono  spigare  senza 
ammettere  una  contemporanea  lesione  di  alcuni  sistemi  corticali,  e  si  può  logicamente 
supporre  che  sia  prevalentemente  alterata  la  funzione  di  quelli  che  si  trovano  in  un 
rapporto  psicologico  più  intimo  con  i  centri  sottocorticali  lesi. 

Zalla. 


11.  S.   Wladyòzko,    Troubles  mentaux  pendant   le  siége   de  Pori-Arthur,  — 
«  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  4,  1907. 

L'A.  accenna  brevemente  all'ambiente,  alle  stragi,  alle  sofferenze  fisiche,  alla 
depressione  morale  causata  dall'isolamento  e  dall'attesa,  alle  privazioni  d'ogni  sorta 
sofferte  dai  russi  assediati  a  Port-Arthur.  Descrìtte  caso  per  caso  le  forme  mentali 
sviluppatesi  durante  l'assedio  e  subito  dopo  la  resa  della  fortezza,  viene  a  con- 
cludere che  il  numero  di  militari  affetti  da  malattie  mentali  durante  1'  assedio  fa 
di  39  su  52000  uomini  formanti  la  guarnigione.  Su  tutti  questi  ammalati  l'A.  ha 
notato  stigmate  di  degenerazione  fisica  e  psichica,  o  alcoolismo,  o  sifilide,  o  tara 
ereditaria.  Le  psicosi  predominanti  furono:  amenza  di  Meynert  7  casi,  psicosi  perio- 
dica sotto  forma  di  melancolia  periodica,  6  casi,  psicosi  neurastenica  4  casi,  psicosi 
alcoolica  4  casi.  L' ambiente  diede  a  tutte  queste  forme  una  spiccata  impronta  di 
depressione. 

Sandri. 


12.  A.  Marie,  Folies  pellagreuses  des  Arabes,  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la 
Salpétrière  »,  n.  4,  1907. 

Nell'Egitto  la  pellagra  regna  come  nei  paesi  turchi  dove  si  fa  largo  uso  di 
mais.  In  certe  regioni  tra  i  contadini  si  ha  una  percentuale  del  15  %  in  altre 
del  62%.  Il  numero  dei  pellagrosi  va  di  anno  in  anno  sempre  aumentando.  L'eri- 
tema invece  di  lasciare  una  pigmentazione  bruna  come  succede  nei  bianchi,  per  l'in- 
spessimento  dell'epidermide  arida  e  secca,  dà  una  tinta  grigiastra  molto  più  chiara 
della  pelle  presso  i  negri.  Il  clima  ed  i  costumi  arabi  pure  influiscono  sulla  sua 
localizzazione,  e  fanno  sì  che  l'eritema  sia  molto  più  intenso  e  diffuso  che  da  noi. 
In  Egitto  è  frequente  l'associazione  dell'intossicazione  maidica  con  quella  dell' ha- 
schic,  con  infezioni  come  il  paludismo  e  la  sifilide:  pure  frequenti  sono  i  casi  di 
pseudo  paralisi  generale  pellagrosa,  la  quale,  come  già  disse  Bail  1  a rger,  può  realiz- 
zare un  quadro  clinico  clinicamente  e  patologicamente  identico  alla  vera  paralisi 
progressiva. 

Sandri. 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.       Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  neniosa  e  mentale 

DIRETTA   DA 

(fibknzb) 

A.  TAMBURINI  E.  MORSEIL.1^ 

(soma)  (obkota) 

(modxna) 


Redattori  i 

0.  ROSSI 

O.  SANDBI    —    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  SaM,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  Febbraio  1908  Fase.  2 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


CliDica  medica  generale  del  R.  l8tituto  di  Studi  Superiori  di  Fireuze 
diretta  dal  prof.  Or  oc  co 


Esiste  una  reazione  pupillare  alla  convergenza  o  airaccomodazione? 

per  il  dott.  Luigri  Siciliano,  Assistente 


Neiresame  seiiiiologico  dei  movimenti  dell'iride  si  studia,  accanto  ad  un 
rillesso  alla  luce,  un  riflesso  che  indifl'erentemente  si  chiama  alla  convenienza 
0  air  accomodazione  :  normalmente  la  convei^j^enza  è  talmente  legata  all'acco- 
modazione che  non  ha  nessuna  importanza  il  decidere  se  il  movimento  della 
pupilla  sia  consensuale  con  l'una  o  con  l'altra.  Ma  esistono  dei  casi,  in  cui 
si  ha  la  paralisi  isolata  di  una  delle  due  funzioni,  e  allora,  si  presenta  spon- 
tanea la  questione:  a  quale  delle  due  sai-à  legato  il  riflesso  pupillare?  Que- 
sto quesito  ha  interessato  valorosi  oftalmologi  e  neuropatologi;  con  esso  si 
rìconnetle  T  illustrazione  delle  vie  e  del  meccanismo,  con  cui  si  compie  lo 
speciale  atto  nervoso.  E  gli  AA.  si  divisero  in  due  gruppi  :  secondo  alcuni 
il  restringimento  della  pupilla  avveniva  per  il  fatto  della  convergenza  degli 
assi  visivi,  secondo  altri  invece  per  il  solo  slbrzo  accomodativo.  Essendo  in 
condizioni  fisiologiche  inseparabili  convergenza  e  arco  moda  z  lo  tw,  si  dovette 
ricorrere  a  degli  artifizi  o  allo  studio  di  casi  patologici  per  risolven^  il  pi*o- 
blema:  ma  non  tutti  i  ricercatori   sono   slati  ugualmente   rigoi'osi   nelle  loro 


50  A.  Siciliano 


prove  e  nelle  loro  conclusioni,   tanto  che  i   dispareri   hanno  tenuta  semprt 
viva  la  disputa. 

Tra  i  più  illustri  specialisti  troviamo  il  Weber,  il  quale,  cercando  di 
separare  la  funzione  accomodativa  da  quella  di  convergenza  per  mezzo  di 
lenti  concave  e  convesse,  concluse  che  la  pupilla  si  muove  solo  insieme  ad 
una  modificazione  degli  assi  visivi. 

Lo  slesso  risultato,  adoperando  lo  stesso  metodo,  ebbe  Lyder-Borthen; 
il  Donders  invece  concluse  diversamente,  sospettando  che  rimmobilìtiì  della 
pupilla  fosse  dovuta  ad  una  contemporanea  dilatazione,  da  lui  trovata,  che 
poteva  mascherare  il  restringimento.  L'opinione  opposta  sostenne  il  Wecker 
avendo  su  se  stesso  osservato  di  potere  accomodare  per  differenti  distanze, 
pur  fissando  sempre  lo  stesso  punto  dello  spazio;  ma  al  tempo  stesso  egli 
riteneva  che  la  sola  convergenza  bastasse  anche  per  far  contrarre  la  pupilla. 

Nel  trattato  di  fisiologia  del  Landois  troviamo  invece  detto  che  i  movi- 
menti pupillari  sono  concomitanti  alTaccomodazione,  poiché  tanto  il  muscolo 
tensore  della  coroide  che  lo  sfintere  dell'iride  sono  entrambi  innervati  dal- 
l'oculomotore  comune. 

Il  Verwoort  si  è  occupato  partitamente  della  questione,  ed  ha  potuto 
dimostrare  che  è  l'atto  della  convergenza,  non  quello  dell'accomodazione,  legato 
alla  contrazione  dell'iride:  faccio  a  meno  di  riportare  la  descrizione  del  pro- 
cedimento adoperato  dall'Autore,  che  in  ultima  analisi  è  fondato  sulla  possi- 
bilità di  ottenere,  mercè  sforzi  accomodativi  di  un  occhio,  la  fusione  di  due 
immagini  retiniche  leggiermente  disuguali. 

.  Anche  il  Marina  ha  illustrato  il  problema  con  delle  prove  sperimentali. 
L'esperienza  che  fiì  l'A.  è  la  seguente  :  trapianta  sul  moncone  periferico  del 
retto  interno,  tagliato  a  metà,  il  moncone  centrale  di  un  altro  muscolo,  non 
innervato  dal  S""  paio;  il  risultato  di  questa  delicata  operazione,  eseguita  sulla 
scimmia,  è  che  si  ripristina  dopo  un  certo  tempo  Tatto  della  convergenza  e 
che  si  ha  sempre  un  restringimento  della  pupilla,  ogni  qualvolta  si  abbia  la 
convergenza,  prodotta  ora  non  più  dalla  simultanea  contrazione  dei  due  retti 
interni,  ma  dal  retto  interno  di  un  lato  e  da  un  altro  muscolo  (retto  esterno 
0  grande  obliquo)  dell'altro  lato.  Queslo  fatto  è  possibile  per  la  facoltà  che 
ha  l'animale  di  imparare  di  nuovo  a  convergere,  servendosi  di  un  meccanismo 
nerveo-muscolare  del  tutto  difl'erente  dal  normale.  L'A.  ne  conclude  che  il 
centro  per  la  convergenza  non  ha  nessuna  connessione  speciale  col  centro 
pupillare  :  a  conferma  di  ciò  il  Marina  invoca  anche  la  mancanza  di  reazione 
pupillare,  quando  si  invitava  l'animale  a  guardare  a  destra,  nel  caso  che  il 
retto  interno  di  destra  era  trapiantato  sul  retto  esterno  dello  stesso  occhio 
(di  modo  che  nel  movimento  di  lateralilà  si  aveva  la  simultanea  azione  dei 
due  retti  interni).  Un'altra  osservazione  dell'A.  è  che  basta  la  sola  rotazione 
dell'occhio  all'indentro  per  portare  la  contrazione  pupillare,  sia  essa  provo- 
cata per  via  fisiologica,  sia  coll'eccilazione  elettrica  del  retto  interno  o  colla 
trazione  meccanica  del  bulbo  all'indentro.  Il  fenomeno  non  è  indipendente 
dal  sistema  nervoso,  poiché  la  reazione  manca  sotto  l'influenza  dei  miotici  o 


Esiste  una  reazione  pu pillare  alla  convergenza,  ecc.  51 

dei  midrìatici ;  in  conclusione  il  Marina  animelle,  basandosi  anche  su  alcuni 
casi  clinici,  che  la  reazione  pupillare  alla  convergenza  può  essere  indipendenle 
da  quella  all'accomodazione,  e  non  crede  che  si  possi\  parlare  di  un  cenlro 
speciale  per  la  convergenza,  come  neanche  di  cenlri  speciali  per  i  movimenli 
di  lateralità  ;  il  suo  pensiero  si  riassume  nelle  parole  «  la  innervazione  volon- 
taria non  conosce  nò  nuclei,  né  vie,  uè  muscoli,  ma  solo  movimenli  e  dire- 
zioni >. 

Nelle  esperienze  del  Marina  invece  THeddoeus  vede  una  conferma  della 
propria  opinione  che  cioè  la  convergenza,  l'accomodazione  e  la  contrazione 
pupillare  siano  alti  comandali  contemporaneamente  dal  centro  corticale  della 
convergenza. 

Il  Lodato  è  tornato  sulla  questione,  prendendo  occasione  dallo  studio  di 
un  caso  di  morbo  di  Erb:  egli,  avendo  osservato  che  nel  suo  soggetto  il  guar- 
dare vicino  (essendo  abolita  la  convergenza  e  normale  quasi  l'accomodazione) 
portava  a  restringimento  della  pupilla,  mentre  il  fatto  non  succedeva  per  la 
visione  monoculare,  torna  all'opinione  professala  dal  Verwoorl,  che  cioè  la 
reazione  pupillare  sia  legala  all'impulso  centrale  per  la  convergenza. 

A  proposilo  di  questa  osservazione  del  Lodalo,  il  Marina,  combattendo 
ripotesi  del  dello  autore,  richiamò  ancora  l'allenzionc  sulla  sua  riferita  espe- 
rienza (la  miosi  che  si  produce  nell'occhio  che  guarda  o  che  è  portato  all'inden- 
Iro),  esperienza  che  potè  ripetere  anche  in  alcuni  casi  patologici:  difatli  in  tre 
maiali  differenti  di  sistema  nervoso  osservò  che  nei  movimenli  di  lalcralilà 
!^i  restringeva  solo  la  pupilla  dell'occhio  che  guardava  la  linea  mediana.  L'A. 
slesso  si  arresta  però  davanti  all'interpretazione  del  fallo,  che,  se  non  è  fre- 
quente a  riscontrarsi,  non  è  neanche  tanto  raro:  si  astiene  dall'emeltere  una 
ipotesi,  non  potendo  accettare  quella  di  una  problematica  e  in  ogni  caso  ecce- 
zionale connessione  tra  un  cenlro  corticale  per  i  movimenli  di  laleralità  e 
quella  pupillare:  del  resto,  secondo  lui,  è  più  che  dubbia  l'esistenza  di  sifl'alli 
centri  nell'uomo.  È  strano  che  l'A.  in  quest()  secondo  lavoro  non  accenni  più 
ad  un'altra  possibile  ipotesi,  all'eccitazione  cioè  dei  nervi  ciliari  brevi  durante 
la  deviazione  diell'occhio  all'interno:  nella  sua  prima  pubblicazione  egli  l'aveva 
scartata  appunto  per  la  mancanza  di  modificazioni  pupillari  nei  movimenti  di 
lalcralilà  del  bulbo  (ciò  che  i  casi  suddetti  contraddicono). 

Più  recentemente  il  Wlolzka  dopo  avere  rifalla  la  storia  dell'argomento 
si  associa  anch' egli  all'idea  dell'indipendenza  tra  accomodazione  e  reazioni 
pupillari:  le  sue  conclusioni  sono  fondale  sulla  possibilitJi  di  mantenere  fissa 
I»  convergenza  degli  assi  oculari,  pure  accomodando  lo  sguardo  per  distanze 
differenti  :  in  tali  condizioni  non  avrebbe  trovato  modificazioni  della  pupilla. 
Riferisce  anche  un'esperienza  simile  di  Hering,  ma  che  porlo  ([uest'A.  a  con- 
seguenze opposte:  l'Hering  metteva  davanti  a  ciascun  occhio  uno  schermo 
con  tre  buchi  disfiosti  in  linea  retta.  Orbene  bastava  uno  sforzo  (raccomoda- 
zione,  perchè  il  soggetto  vedesse  impiccolirsi  i  due  buchi  estremi,  segno  che 
ora  avvenuto^  un  restringimento  del  lume  pupillare. 


54  /..  Siri  lui  no 


* 


Come  si  vede  da  questa  .scorsa  nella  lelteralura,  Topinione  prevalente  è 
quella  che  i  movimenti  pupillari  siano  legati  piuttosto  alla  converfcenza  che 
all'accomodazione.  Prima  di  far  la  critica  delle  esperienze  istituite  dai  vari  AA. 
per  girare  le  diflìcoltìi  che  si  oppongono  alla  soluzione  del  problema,  credo 
utile  dare  uno  sguardo  all'anatomìa  dei  centri  che  presiedono  ai  movimenti 
oculari.  Come  si  sa,  i  diversi  nuclei  d'origine  dei  nervi  che  animano  i  muscoli 
intrinseci  ed  estrinseci  dell'occhio  sono  disposti  in  serie  e  in  piani  differenti 
a  livello  dei  tubercoli  quadrigemini,  al  disotto  dell'acquedotto  di  Silvio.  Diversi 
schemi  sono  stati  immaginati  in  base  a  esperienze  sugli  animali  più  prossimi 
all'uomo  ed  anche  in  base  ad  osservazioni  anatomo-cliniche.  Limitandoci  a  quella 
parte  che  solo  c'interessa,  notiamo  subito  come  tanto  nello  schema  di  Ileusen 
e  Volkers,  quanto  in  quello  di  Kahler  e  Pick,  di  Staar,  di  Perlia  e  di 
Romano-Catania  i  nuclei  per  l'iride  e  per  l'accomodazione  stanno  sempre 
in  prima  linea  (all'estremità  frontale  della  colonna  grigia),  e  subitu  dietro  sì 
trova  il  centro  per  il  retto  interno.  Anche  nel  trattato  del  v.  Monakow  tro- 
viamo accettate  le  stesse  conclusioni:  vi  sono  riferite  le  esperienze  fisiologiche 
di  Hensen  e  Volkers,  i  quali  stimolando  la  sezione  anteriore  del  nucleo 
del  HI,  al  pavimento  del  3*"  ventricolo,  produssero  dei  movimenti  di  accomo- 
dazione e  contrazione  dell'iride;  e  cosi  pure  il  taglio  delle  radici  più  ante- 
riori distrugge  l'azione  sull'iride  e  sull'accomodazione.  Il  detto  A.  ammette 
come  sicure  delle  connessioni  fra  il  centro  pupillare  e  quello  per  l'accomoda- 
zione. In  quanto  al  centro  per  la  convergenza  si  tende  a  localizzarlo  nel  nucleo 
impari  mediano. 

Nel  recentissimo  trattato  di  fisiologia  del  Nagel  troviamo  discussa  dal 
lato  anatomico  e  fisiologico  la  questione  dei  rapporti  fra  convergenza  e  ac- 
comodazione: l'A.  parla  di  un  centro  coordinatore  che  tiene  sotto  la  sua 
dipendenza  l'innervazione  del  muscolo  ciliare,  dei  retti  interni  e  dello  sfin- 
tere della  pupilla.  Per  spiegare  il  fatto  che  convergenza  e  accomodazione, 
pur  essendo  due  funzioni  concomitanti,  non  sono  però  indissolubilmente  legate 
fra  di  loro,  ammette  che  nel  centro  coordinatore  l'atto  di  innervazione  sia 
duplice;  esclude  quindi  che  l'eccitazione  comunicata  ad  uno  dei  centri  sotto- 
messi si  propaghi  all'altro.  Si  domanda  ancora  se  sia  un  legame  innato  o 
acquisito,  e  riferisce  a  questo  proposito  l'ipotesi  di  He  ring  che  si  attiene  alla 
prima  opinione,  perchè  anche  nei  neonati  si  hanno  dei  movimenti  associali. 
A  base  di  (juest' associazione  funzionale  starebbe  anatomicamente  il  rapporto 
di  vicinanza  tra  i  due  centri  ;  bisogna  però  riconoscere  che  i  più  inlimi  rap- 
porti anatomici  esistono  fra  il  centro  dell'accomodazione  e  il  centro  pupillare. 

Ora,  se  i  rapporti  anatomici  fra  due  centri  hanno  una  considerevole  impor- 
tanza per  quel  ohe  riguarda  la  loro  patologia,  non  hanno  un  identico  valore 
neir interpretazione  fisiologica  della  loro  funzione.  D'altra  parte  non  si  può 
dare  soverchio  peso  all'esperienza  di  Ileusen  e  Volkers,  perchè  è  facile  capire 


Esiste  lina  reazione  pupi! lare  alla  roiwerffenza,  ecc.  53 


quanlo  possa  essere  poco  decisivo  i!  risultalo  dell'eccitazione  portata  su  regioni 
tanto  delicate.  Cerchiamo  invece  se  è  possibile  trovare  migliori  argomenti  in 
qualche  considerazione  d'indole  fisio-patologica. 

È  un  fatto  che  in  condizioni  normali  una  strettissima  sinergia  esiste  fra 
convergenza,  accomodazione  e  costrizione  pupillare:  e,  se  è  evidente  il  nesso 
fisiologico  che  lega  le  prime  due,  non  lo  è  altrettanto  quello  che  si  riferisce 
ai  movimenti  pupillari.  Peraltro  anche  per  essi  è  stata  data  una  spiegazione 
teleologica  :  si  è  detto  che,  siccome  neiravvicinarsi  di  un  oggetto  all'occhio 
Paperlura  del  fascio  di  raggi  che  parte  da  ciascun  punto  di  esso  aumenta  più 
presto  della  distanza  dell'oggetto  stesso,  ne  verrebbe  di  conseguenza  che  gli 
oggetti  vicini  apparirebbero  molto  più  illuminati  che  quelli  lontani  :  ora  è 
appunto  il  restringersi  della  pupilla,  nella  visione  in  vicinanza,  che  si  oppone 
a  questo  inconveniente.  La  spiegazione  è  ingegnosa,  ma  è  stato  altresì  trovato 
che  la  costrizione  pupillare  sarebbe  superiore  al  bisogno,  secondo  quanto 
dovrebbe  avvenire  stando  all'ipotesi  suddetta. 

Due  fatti  di  un  certo  interesse  in  questa  discussione  sono  i  seguenti  : 
secondo  il  Donders,  il  movimento  pupillare  succede  all'accomodazione  con 
un  piccolo  rilardo,  e  cosi  pure  l'Angelucci  avrebbe  trovato  che  la  durata  del 
movimento  dell'iride,  sotto  lo  sforzo  accomodativo,  è  maggiore  (1")  della  durata 
dell'atto  accomodativo  (0",37).  Tanto  l'una  che  l'altra  particolarità  parlereb- 
bero in  favore  di  una  indipendente  innervazione  dei  due  atti. 

D'altra  parte  con  l'esercizio  è  possibile,  molti  AA.  l'affermano,  rendere 
raccomodazione  indipendente  dalla  convergenza:  è  cosi  che  riesce  vedere  una 
immagine  unica  di  un  punto  fissato,  anche  se  davanti  agli  occhi  si  ponga  una 
lente  o  un  prisma,  in  modo  da  rendere  necessaria  la  correzione  della  sola 
accomodazione  o  della  sola  convergenza  per  evitare  la  diplopia.  Su  questa  pos- 
sibilità sono  appunto  basate,  come  s'è  visto,  le  prove  di  alcuni  AA.  surriferiti, 
ma,  data  la  troppa  subbiettìvità  del  metodo,  si  giustifica  come  non  tutti  abbiano 
concluso  nello  stesso  senso. 

Che  cosa  ci  insegnano  le  esperienze  del  Marina?  A  quel  che  mi  pare, 
esse  tendono  a  farci  allontanare  dai  nuclei  del  mesencefalo  ed  a  farci  prendere 
invece  in  maggior  considerazione  i  centri  superiori.  Risulta  infatti  in  modo 
abbastanza  evidente  da  esse  che  il  restringimento  pupillare  resta  legato  all'atto 
della  convergenza,  qualunque  sia  il  meccanismo  con  cui  questo  viene  eseguito; 
ma  nulla  esse  ci  dicono  intorno  ai  rapporti  fra  pupilla  ed  accomodazione. 

È  da  presumere  che,  ripristinatosi  l'atto  della  convergenza,  ad  essa  si 
accompagni  sempre  quello  dell'accomodazione  :  quindi  il  problema  resta  insoluto. 

Se  ben  si  riflette,  molto  speciale  dovrebbe  essere  nel  suo  modo  di  fun- 
zionare il  centro  per  la  convergenza  ammesso  nella  regione  bulbo-protuberan- 
ziale,  centro  che  necessariamente  rappresenta  per  noi  il  nucleo  coordinatore  dei 
movimenti  dei  due  retti  interni.  In  certe  direzioni  dello  sguardo,  per  esempio 
mentre 'si  segue  il  movimento  di  un  oggetto  che  si  avvicina,  talvolta  uno  degli 
occhi  resta  fermo  e  solo  l'altro  è  obbligato  a  ruotare  in  dentro;  in  tali  con- 
dizioni dunque  è  necessario   per  la   convergenza  la  sola  innervazione  di  uno 


L.  Siciliano 


(lei  retti  interni.  Voglio  con  ciò  dimostrare  che  l'ammissione  di  un  centro  per 
la  convergenza  non  semplifica  per  nulla  la  comprensione  del  meccanismo  di 
questa  funzione.  IVisognerebbe  difiitti  pensare  che  sifliUto  centro  mandasse  degli 
impulsi  differenti  su  ciascuno  dei  nuclei  dei  due  retti,  perchè  estremamente 
variabili  sono  le  inclinazioni  che  possono  assumere  gli  assi  visivi  nei  movimenti 
combinati  di  lateralità  e  di  convergenza;  e  allora  quale  il  vantaggio  di  pen- 
sare alla  funzione  di  un  centro  coordinatore? 

Un  vero  centro  coordinatore  per  l'atto  della  convergenza  dobbiamo  riporlo 
piuttosto  nella  corteccia,  là  dove  sono  i  congegni  dell'innervazione  volontaria, 
dove  è  la  sede  di  quegli  elevati  atti  mentali,  che  noi  chiamiamo  atti  inten- 
zionali, sforzi  volontari.  Soltanto  risalendo  agli  emisferi  possiamo  parlare  di 
un  centro  per  la  convergenza,  presumendolo  da  ciò  che  l'atto  volontario  di 
rivolgere  lo  sguardo  su  di  un  oggetto  vicino  è  un  atto  semplice,  indivisibile, 
elementare  dal  punto  di  vista  psìchico. 

Se  questa  ragione  non  avesse  valore,  verrebbe  in  nostro  soccorso  il  fatto 
che  tali  centri  corticali  per  i  movimenti  oculari  sono  stali  confermali  anche 
sperimenlalmenle :  nel  piccione  Steiner  trovò  che  reccitazione  delle  regioni 
posteriori  del  cervello  produce  dei  movimenti  associati  degli  occhi,  e  si  ha 
anche  la  contrazione  della  pupilla  del  lato  opposto.  Secondo  Kries  l'accomo- 
dazione e  la  convergenza  sono  dipendenti  dal  territorio  corticale  della  visione. 
Bechterew  ha  descritto  i  centri  corticali  per  la  pupilla  (2*  circonvoluzione 
occipitale  nel  cane  e  nel  gatto);  i  centri  per  l'accomodazione  e  quelli  pupil- 
lari sarebbero  quasi  confusi  nella  corteccia.  Ma,  a  quanto  pare,  i  centri  irido- 
costriltori  e  irido-dilatatori  (che  stanno  ordinariamente  accanto)  sono  disse- 
minati in  diverse  zone  della  corteccia  :  cosi  ne  esiste  anche  uno  nel  giro 
angolare  (nella  scimmia),  uno  nel  lobo  frontale.  Non  manca  dunque  certo  di 
base  anatomica  l'ipotesi  del  Crassei,  secondo  cui  .la  costrizione  pupillare 
accomodativa  sarebbe  sotto  la  dipendenza  del  centro  corticale  per  T accomo- 
dazione, che  è  pure  un  centro  irido-coslrittorc.  Ma,  anche  risalendo  fino  alla 
corteccia,  non  troviamo  nessun  argomento  probativo  per  decidere  se  si  possa 
individualizzare  l'atto  accomodativo  da  quello  della  convergenza,  riferendo 
all'uno  piuttosto  che  all'altro  i  movimenti  pupillari. 

Solo  la  patologia  può  permetterci  di  analizzare  e  scindere  ciò  che  fisio- 
logicamente è  indissolubile.  Le  paralisi  della  convergenza  non  sono  necessa- 
riamente legate  alla  paralisi  dell'accomodazione,  ciò  tanto  nel  caso  più  semplK'e 
che  esista  solo  una  paralisi  o  paresi  dei  retti  interni,  quanto  se  si  tratti  di 
una  paralisi  sopra-nucleare.  È  da  tutti  riferito  il  caso  di  Graefe,  in  cui  faceva 
difello  la  convergenza,  mentre  persisteva  normale  il  rillesso  all'accomodazione; 
un  caso  di  Parinaud  è  simile  al  precedente:  in  ambedue  la  cjìusa  era  a  sede 
centrale.  L'Oppenheim  all'erma  che,  anche  essendo  paralizzati  i  retti  interni, 
la  reazione  all' accomodazione  può  persistere,  benché  talvolta  sia  diminuita. 
Nei  casi  di  difettosa  convergenza  in  malati  di  morbo  di  Erb  si  sono*  trovati 
lutti  i  diversi  gradi  di  reazione  pupillare:  dal  caso  del  Murri  e  da  quello  del 
Govvers,  dove  le   pupille   non  reagivano  sotto  gli  sforzi  della  convergenza,  a 


Esiste  una  reazione  pupUlare  alla  convergenza,  ecc.  55 

quell'altro  pure  del  Gowers,  presso  cui  la  reazione  era  conservata,  ma  inde- 
bolita (con  accomodazione  normale),  a  quello  molto  specioso  del  Lodato,  dove 
la  reazione  all'accomodazione  era  normale,  se  il  paziente  guardava  coi  due 
occhi,  mancava,  anzi  si  aveva  una  dilatazione,  se  egli  guardava  con  uno  (il 
paziente  accomodava  fino  a  8-9  diottrie).  In  un  caso  del  Brissaud  di  paralisi 
della  convergenza  per  una  forma  di  atrofia  muscolare  a  tipo  Charcot-Marie 
non  era  abolita  la  reazione  all'accomodazione.  Si  sa  inoltre  che  nelle  paralisi 
difteriche  dell'accomodazione  è  conservata  la  reazione  pupillare  (Oppenheim, 
Parinaud),  benché  altri  affermi  che  può  anche  mancare.  In  uncaso  diParinaud 
con  abolizione  della  convergenza  e  dell'accomodazione  era  invece  abolito  il 
riflesso  pupillare  (in  tutti,  s'intende,  era  normale  il  riflesso  luminoso).  Gli  AA. 
parlano  ora  di  riflesso  alla  convergenza,  ora  di  riflesso  all'accomodazione,  ma 
in  fondo  è  lo  stesso,  poiché  in  ogni  caso  essi  non  potevano  che  invitare  i 
pazienti  a  guardare  un  oggetto  vicino. 

Voglio  accennare  ancora  ad  alcuni  pazienti  di  paralisi  progressiva  di  Gil- 
berl-Ballet  e  di  Goffroy,  in  cui  c'era  l'inverso  del  fenomenoo  di  Argyll- 
Robertson,  cioè  conservazione  del  riflesso  alla  luce  e  difettosa  reazione 
all'accomodazione,  con  potere  accomodativo  conservato.  È  interessante  pure  il 
caso  riferito  dal  Brasert,  di  un  paziente  che  in  seguito  ad  una  frattura  della 
colonna  vertebrale  (2*  vert.  cerv.)  presentava  miosi  con  immobilità  pupillare 
alla  convergenza:  l'A.  ne  trae  argomento  per  sostenere  l'ipotesi  di  Dreyfus 
che  la  rigidità  riflessa  della  pupilla  sia  dovuta  a  lesione  spinale. 

Ma,  come  è  facile  vedere,  neanche  dall'esame  di  tutti  questi  casi  è  pos- 
sibile concludere  in  un  senso  o  nell'altro:  e  la  ragione  sta  in  ciò  che  la  para- 
lisi della  convergenza  o  dell'accomodazione  può  esser  data  da  tante  cause, 
periferiche  o  centrali,  di  cui  non  sempre  la  diagnosi  è  sicura,  e  quindi  nes- 
suna meraviglia  che  sia  diverso  il  modo  di  comportarsi  delle  pupille.  Non  ci 
siamo  fermati  sui  casi  citati  dal  Marina,  nei  quali  egli  avrebbe  trovato  assente 
il  riflesso  all'accomodazione  e  presente  invece  quello  alla  convergenza:  non 
sappiamo  quale  artificio  abbia  impiegato  l'A.  per  giungere  a  questa  distinzione. 

L'unica  conclusione  che  si  può  trarre  è  che  ne  Tatto  periferico  della 
convergenza  né  quello  dell'accomodazione  sono  in  alcun  modo  legati  alla  rea- 
zione pupillare. 

* 

Mi  è  sembrato  che  alla  soluzione  del  problema  che  ci  occupa  possa  portare 
un  contributo  lo  studio  dei  riflessi  pupillari  in  quei  soggetti,  che,  avendo  d'antica 
data  perduto  l'uso  di  un  occhio,  si  fossero  abituati  alla  visione  monoculare. 
È  molto  diflerente  il  caso  di  un  individuo,  che  momentaneamente  sia  costretto 
a  guardare  con  un  solo  occhio,  da  quello  di  chi,  per  un  difetto  dei  mezzi 
trasparenti  o  per  cecità,  deve  per  sempre  utilizzare  solo  le  immagini  dell'oc- 
chio sano.  Si  sa  che  molti  strabismi,  molti  difetti  di  convergenza  hanno  appunto 
per  causa  una  siffatta  condizione  di  cose;  a  poco  per  volta  si  rallenlano  i  legami 
nervosi  tra  l'apparecchio  motore  di  un  occhio  e  quello   dell'altro,  onde  alla 


50 


L.  Siciliano 


fine  l'individuo  vede  non  solo,  ma  guarda  solo  coli' occhio  superstite.  Ho  avuto 
occasione  di  osservare  16  individui  che  per  una  ragione  o  per  l'altra  rispon- 
devano alle  condizioni  suddette:  in  tutti  la  convergenza  era  molto  difettosa, 
talvolta  completamente  abolita.  Orbene  in  tutti  la  reazione  pupillare  all'acco- 
modazione era  molto  deficiente,  talvolta  mancava  affatto,  mentre  normale  era 
la  reazione  alla  luce. 

Bisogna  che  io  metta  subito  in  evidenza  un  punto  che  potrebbe  costituire 
un'obbiezione  contro  le  mie  conclusioni,  cioè  il  non  aver  controllato  in  modo 
obbiettivo  il  potere  accomodativo  dei  pazienti.  Mi  contentai,  come  del  resto  si 
suol  fare  nei  comuni  esami  clinici,  dell'affermazione  da  parte  del  paziente 
che  l'alto  visivo  si  compiva  normalmenteT  dall'occhio  superstite;  riconosco  che 
il  metodo  non  è  rigoroso  ma  credo  sia  sufficiente  per  il  mio  scopo.  Il  fatto 
che  non  esisteva  nessun  altro  disturbo  dei  movimenti  oculari  all'infuori  di 
quello  accennalo,  e  la  mancanza  di  qualsiasi  altro  precedente  morboso  mi 
sembrano  ragioni  abbastanza  valide  per  fare  allontanare  il  sospetto  di  un 
disturbo  accomodativo.  D'altra  parte  devo  far  notare  che  per  le  mie  conclu- 
sioni sarò  portalo  a  prendere  in  considerazione  più  lo  sforzo  accomodativo 
che  l'atto  periferico  dell'accomodazione,  ed  è  facile  capire  che  dello  sforzo 
accomodativo  non  avrei  potuto  in  nessun  modo  rendermi  conto  obbiettivamente. 

OASI  OLINIOI. 
Visione  monoculare  sinistra: 

Convergenza    Reazione  pupiUare 

i)  Leucoma  della  cornea  destra assente  assente 

2)  Strabismo  dell'occhio  destro assente  assente 

3)  Exenteratio  bulbi  da  16  anni scarsa  presente 

i)  Cecità  per  opacità  corneale  a  deslra.    .    .  incerta  scarsa 

5)  Perdita  dell' 0.  D.  a  destra   per  vainolo   da 

15  anni incerta  dubbia 

6)  Enucleazione  da  3  anni assente  scarsissima 

7)  Cecità  a  destra,  strabismo  divergente.    .     .  dubbia  scarsa 

8)  Leucoma  bilaterale,  strabismo  divergente    .  assente  scarsissima 

9)  Macchia  corneale  a  destra assente  assente 


Visione  monoculare  deslra  : 

1)  Occhio  sinistro  atrofico presente  presente 

2)  Occhio  sinistro  atrofico assente  scarsissima 

3)  Coroidite  sinistra,   exenteratio  bulbi  da  un 

mese incerta  scarsa 

4)  Opacità  dei  mezzi  trasparenti  da  molti  anni,  presente  presente 

5)  Cecità  a  sinistra  dall'infanzia assente  scarsissima 

6)  Cataratta  a  sinistra  da  15  anni     ....  assente  dubbia 

7)  Exenteratio  bulbi  dall' infanzia dubbia  scarsa 


Esiste  una  reazione  impillare  alla  conveìujenza,  ecc.  57 


A  questi  casi  va  aggiunta  un'osservazione  simile  di  P.  Janet,  il  quale 
riferisce  di  una  signora,  a  cui  era  siato  tagliato  il  nervo  ottico  di  sinistra,  e 
nella  quale  si  era  stabilito  uno  strabismo  divergente  e  con  ciò  le  pupille  non 
davano  un  riflesso  consensuale  normale. 

Io  non  saprei  trovare  altra  spiegazione  che  la  seguente:  se  si  cerca  quale 
e  la  causa  del  difetto  di  convergenza  in  questi  casi,  non  sì  può  pensare  che 
ad  un  progressivo  affievolimento  dell'impulso  volontario  alla  convergenza,  in 
modo  che  gradatamente  esso  viene  a  mancare,  non  restando  che  l'atto  acco- 
modativo, solo  richiesto  per  la  netta  visione  coli' occhio  sano.  Quella  stretta 
associazione,  che  si  crea  fisiologicamente  tra  il  centro  della  convergenza  e 
quello  accomodativo,  viene  a  rallentarsi  per  il  non  uso:  ciò  è  più  favorevole 
all'idea  che  questo  nesso  tra  i  due  centri  abbia  sede  nelle  regioni  più  elevate 
dell'encefalo,  anziché  nel  tratto  bulbo-protuberanziale,  dove  tali  legami  ana- 
tomici sarebbero  forse  più  fissi  e  meno  facilmente  rilasciabili.  Solo  nei  casi 
suddetti  possiamo  dire  che  manchi  la  convergenza  per  la  soppressione  del  suo 
meccanisno  centrale:  e  dal  veder  mancare  anche  la  reazione  delle  pupille  mi 
pare  che  si  possa  concludere  con  abbastanza  fondamento  che  questa  non  è  una 
reazione  accomodativa,  ma  è  legata  all'impulso  centrale  per  la  convergenza. 
Nessuna  meravìglia  quindi  se  nei  casi,  in  cui  dubbia  era  la  persistenza  di 
movimenti  di  convergenza  degli  assi  oculari,  non  fosse  completamente  abolito 
quell'atto  ad  essi  consensuale. 

Con  questa  ipotesi  si  riconnette  il  quesito  se  il  centro  corticale  per  la 
convergenza  sia  unilaterale  (e  allora  in  quale  emisfero  risieda)  o  se  sia  bila- 
terale. Ho  qualche  argomento  per  credere  che  possa  essere  piuttosto  localizzato 
nell'emisfero  sinistro:  mi  spinge  a  credere  ciò  l'avere  osservato  che  è  possìbile 
trovare  ancora  accennato  il  riflesso  pupillare  nell'occhio  destro  (ossia  nella 
visione  monoculare  destra),  pur  essendo  del  tutto  abolita  la  convergenza,  il  che 
non  m'è  occorso  di  vedere  a  sinistra.  Ora  nella  visione  monoculare  destra  è 
l'emisfero  sinistro  che  vien  chiamato  in  funzione  in  modo  preponderante: 
e  si  potrebbe  pensare  cha  da  questo  lato,  dove  supponiamo  che  esistano  le 
vie  associative  fra  i  diversi  centri,  si  siano  stabiliti  dei  rapporti,  sia  pure  indi- 
retti, tra  le  pupille  e  l'accomodazione. 

Anche  in  base  dunque  alle  precedenti  osservazioni  siamo  portati  ad  appog- 
giare l'ipotesi  sostenuta  del  Verwoort,  dal  Lodato  e  dall' Ileddoeus,  che 
cioè  si  debba  parlare  di  una  reazione  pupillare  alla  convergenza,  determinala 
dall'atto  che  noi  eseguiamo  volendo  dirigere  gli  assi  visivi  su  dì  un  oggetto 
vicino. 

Si  capisce  da  ciò  che  nel  rendersi  ragione  delle  modificazioni  subite  da 
questa  reazione  nei  disturbi  della  convergenza  si  debba  preoccuparsi  della 
natura  di  essi:  è  difatti  prevedibile  che  il  riflesso  pupillare  debba  persistere 
nei  casi,  in  cui  sia  leso  il  meccanismo  periferico  della  convergenza,  ne  ci 
meraviglieremo  se  in  qualche  caso  di  morbo  di  Erb  invece  le  pupille  restino 
immobili,  poiché  non  sappiamo  fino  a  che  punto  sia  interessato,  in  questa 
forma  morbosa,  il  meccanismo  centrale  dell' innervazione  oculare. 


58         L  Siciliano  -  Esiste  una  reazione  pupillare  alla  convergenza,  ecc. 


Nel  caso  studiato  dal  Lodato,  che  apparteneva  allo  stesso  genere,  sappiamo 
che  si  era  stabilita  la  visione  monoculare  (onde  l'assenza  di  diplopia);  e  quindi 
rientriamo  in  un  condizione  di  cose  simile  a  quella  da  noi  indicata.  È  certo 
un  po' difficile  spiegare  perchè  bastasse  chiudere  un  occhio  per  veder  cessare 
la  costrizione  pupillare  stabilitasi  sotto  lo  sforzo  di  convergenza:  prima  di 
ammettere  che  si  aveva  la  visione  monoculare  (ossia  mancava  lo  sforzo  di 
convergenza)  tutte  le  volte  che  il  paziente  guardava  con  un  solo  occhio,  biso- 
gnerebbe sapere  se  il  fenomeno  si  produceva  ugualmente  da  un  lato  e  dal- 
l'altro, ciò  che  FA.  non  dice. 

Biblioerrafla. 

Wbbss.  «  Trattato  d' Oftalmolatria  »,  voi.  II. 

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Dictionnair  de  Physiologie.  Richet  -  Art.  Accomodation. 


Istituto  di  Patologia  medica  dimostrativa,  in  Firenze 

Epilessia  Jacksoniana  da  lesione  frontale  extra  rolandica. 

Osservazioni  e  considerazioni  cliniche 
del  prof.  Ferruccio  Schupfer,   direttore  dell'Istituto 

Il  Dieulafoy  pubblicò  nel  1901  un  cnso  di  jroninia  .sifilitica  dol  lobo 
frontale  con  attacchi  di  epilessia  Jacksoniana,  e  sostenne  che  la  sua  osser- 
vazione portava  un  grave  colpo  alla  teoria  delle  localizzazioni  cerebrali. 

Nella  discussione  che  ne  segui,  in  seno  alPAccademia  di  medicina  di  Pa- 
rigi, anche  il  Raymond  espresse  l'opinione  che  alle  convulsioni  Jacksoniane 
non  si  debba  accordare  un  valore  troppo  forte  per  la  diagnosi  di  sede  di  una 
lesione  cerebrale,  essendoché  esse  sì  possono  avere  anche  per  lesioni  extra- 
rolandiche,  p.  e.  in  quelle  del  lobo  frontale,  del  ponte,  del  bulbo,  ecc.,  e  so- 


F.  Srhupfev  -  Epilessia  Jacksuninna  da  lesione  froniale,  ecc.  51) 

slenne  che  anche  alle  paralisi  che  seguono  le  convulsioni  suddette  non  si  deve 
dare  molto  valore  per  la  diagnosi  di  sede,  a  meno  che  esse  non  persistano 
neir intervallo  tra  gli  accessi,  o  non  si  associno  ad  altre  manifestazioni,  per 
così  dire  specifiche,  di  questa  o  quella  parte  del  cervello. 

Contro  queste  idee  sorsero  vari  clinici  asserendo  che  se  per  porre  una 
diagnosi  certa  di  lesione  della  zona  rolandica,  e  quindi  se  per  intervenire 
chirurgicamente  si  dovessero  sempre  attendere  le  condizioni  enunciate  dal 
Raymond  si  rischierebbe  molte  volte  di  operare  troppo  lardi. 

La  questione  come  si  vede  è  molto  importante,  e  quindi  ci  pare  oppor- 
tuno riprendere  tale  studio,  che  però  noi  limiteremo  per  ora  a  quei  casi  in 
cui  l'epilessia  Jacksoniana  si  svolse  per  lesione  frontale  exlrarolandica;  ed  in 
essi  cercheremo  se  si  può  trarre  qualche  criterio  che  ne  caratterizzi  gli  accessi 
convulsivi. 

A  tale  studio  ci  spinge  una  osservazione  che  avemmo  occasione  di  fare 
nella  nostra  Clinica,  e  che,  tanto  dal  lato  clinico,  quanto  da  quello  analomo- 
patologico,  è  quasi  identica  a  quella  del  Dieulafoy. 

Prima  però  di  riferirne  la  storia  diamo  un  breve  cenno  dei  più  impor- 
tanti tra  i  casi  descritti  dagli  altri  autori,  e  riferentesi  al  lobo  frontale. 

Nell'inferma  del  Lépine  esisteva  un  antico  ascesso  caseificato,  della  gran- 
dezza di  una  grossa  noce,  situato  nella  prima  circonvoluzione  frontale  destra, 
vicino  alla  scissura  interemisferica,  un  po' più  verso  il  polo  frontale  che  verso 
il  solco  rolandìco,  e  l'inferma  da  10  anni  soffriva  di  attacchi  convulsivi  pre- 
valenti a  sinistra,  ed  inoltre  di  accessi  tipici  Jacksoniani,  e  di  altri  che  con- 
sistevano in  piccole  scosse  delle  dita  e  dell'avambraccio  sinistro,  con  rigidità 
del  braccio  stesso.  Il  giorno  prima  di  morire,  dopo  molti  accessi  epilettici, 
presentò  emiplegia  completa  destra,  con  integrità  del  facciale. 

In  un  caso  del  Dan  ilio,  in  cui  una  gomma  distruggeva  completamente 
la  prima  e  la  seconda  circonvoluzione  frontale  di  destra,  si  avevano  accessi  di 
epilessia  Jacksoniana  tipici. 

Nel  malato  del  Brissaud  e  De  Massary  esisteva  un  tumore  aderente 
alle  meningi  ad  un  centimetro  dal  polo  frontale  destro  ed  a  8  cm.  dal  lobulo 
paracentrale,  tumore  che,  per  una  lunghezza  di  6  cm.  ed  una  larghezza  di  3, 
occupava  la  prima  frontale  ed  in  piccola  parte  anche  la  seconda,  e  si  estendeva 
un  po'  anche  sulla  faccia  interna  della  prima  frontale.  Da  vari  mesi  il  malato 
solTriva  di  accessi  epilettici,  prevalenti  a  sinistra  e  specialmente  nel  braccio. 
Nell'intervallo  fra  gli  accessi  si  manifestavano  ogni  tanto  leggere  trafitture  nel 
braccio  sinistro. 

Nella  malata  del  Faguet  e  Lowitz  una  gomma,  grossa  come  una  noce, 
occupava  il  terzo  posteriore  della  seconda  frontale  destra,  in  avanti  della  piega  di 
passaggio,  la  quale  conservava  tutti  i  suoi  caratteri.  In  essa  si  notavano  accessi 
di  epilessia  limitati  al  lato  sinistro  del  corpo;  quali  si  iniziavano  alla  mano, 
e  poi  si  diffondevano  al  braccio,  alla  faccia,  alla  palpebra  superiore  ed  all'arto 
inferiore  dello  stesso  lato.  Cessavano  prima  alla  faccia,  poi  al  braccio,  poi 
alla  gamba  ed  infine  alla  mano.   Gli   accessi   non  si  associavanc»  a  perdita   di 


60  F.  Sr.hu pfer 


coscienza;  la  memoria,  rinlelligenza  e  la  parola  erano  integre.  La  cura  anti- 
sìfìlitìca  a  nulla  giovò,  ed  anche  la  trapanazione  riusci  in  bianco. 

Neirinfermo  dello  Chipault  esi{?teva  un  glioma,  grande  come  una  ciliegia, 
situato  nella  seconda  circonvoluzione  frontale  destra,  e  si  avevano  accessi  di 
epilessia  Jacksonìana  limitati  al  braccio  ed  alla  gamba  sinistra,  i  quali  furono 
poi  seguiti  da  sintomi  paralitici.  Inoltre  ogni  mattina,  nello  svegliarsi,  l'in- 
fermo avvertiva  un  movimento  involontario  di  estensione  del  braccio,  del- 
Tavambraccio  e  della  mano  sinistra,  nel  mentre  le  dita  si  divaricavano  e  si 
estendevano.  Se  il  malato  riceveva  qualche  impressione  improvvisa  aveva  un 
tremore  della  parte  paralizzata. 

Nel  caso  del  Dieulafoy  l'infermo  era  affetto  da  gomme  AA  polo  frontale 
sinistro,  le  quali  occupavano  il  terzo  anteriore  delle  circonvoluzioni  frontali,  e 
si  estendevano  nella  faccia  orbitale,  occupando,  per  una  estensione  di  3  cm., 
la  parte  esterna  della  circonvoluzione  olfattiva,  ed  estendendosi  indietro  fino 
a  1,5  cm.  dal  corno  anteriore.  Orbene  in  questo  ammalato,  otto  giorni  prima 
della  morte,  si  presentarono  convulsioni  Jacksoniane  a  destra,  le  quali  si  asso- 
ciarono a  perdita  non  completa  della  coscienza  e  ad  emissione  involontaria, 
e  non  costante,  di  orina.  Dopo  alcuni  di  tali  accessi  si  notò  una  emiparesi 
destra,  con  partecipazione  anche  della  faccia,  ed  emiipoestesia  da  questo  lato. 
Un  accesso,  presenziato  dal  medico,  si  vide  iniziarsi  con  un  grugnito,  cui  segui 
uno  stiramento  della  faccia  e  delle  labbra  verso  destra,  nel  mentre  la  mano 
destra  si  contraeva,  e  le  dita  si  curvavano  ad  artiglio.  Dopo  pochi  istanti  si 
iniziarono  le  scosse  convulsive,  che  ben  presto  invasero  quasi  contemporanea- 
mente braccio  e  faccia.  À  sinistra  si  ebbe  appena  qualche  scossa  comunicata. 
Durante  la  crisi  parve  che  il  malato  non  avesse  completamente  perduta  la 
conoscenza.  L'accesso  durò  appena  40  secondi,  lasciando  l'infermo  cianotico, 
con  respirazione  difTìcile.  Gli  accessi  si  andarono  ravvicinando,  e,  nonostante 
una  energica  cura  mercuriale,  il  malato,  dopo  otto  giorni,  mori. 

Infine  in  un  caso  di  focolare  giallastro,  caseoso,  abbastanza  esteso  del 
lobo  frontale  destro  l'Urquhart  ed  il  Robertson  osservarono  un'andatura 
incerta,  ed  una  deficenza  mentale,  alla  quale  per  lungo  tempo  si  accompagna- 
rono accessi  epilettici  iniziantisi  con  senso  di  leggerezza  al  capo  e  di  debo- 
lezza alle  ginocchia,  cui  seguirono  poi  convulsioni,  che  si  iniziavano  nel  braccio 
sinistro,  si  propagavano  alla  faccia  dello  stesso  lato,  e  quindi  si  generalizza- 
vano, rimanendo  però  sempre  più  forti  a  sinistra.  Durante  l'accesso  la  testa 
e  gli  occhi  venivano  deviati  verso  sinistra. 

Ed  ecco  ora  la  nostra  interessante  osservazione: 

Di  Vittorio  VergiliOf  d'anni  20,  pescivendolo,  da  Borgo  Velino  (Aquila),  entra 
nella  nostra  Clinica  il  3  settembre  1906. 

L'infermo  è  in  istato  subcosciente  e  quindi  le  notizie  anamnestiche  ci  ven- 
gono, solo  dopo  un  giorno,  fornite  dal  padre.  Questi  racconta  che  suo  figlio  ebbe  da 
bambino  i  comuni  esantemi;  ma  che  poi  stette  sempre  bene.  Air  età  di  8  anni  fu 
operato  di  ernia.  Tre  anni  fa  contrasse  la  sifilide,    per  la  quale  fu  ricoverato  varie 


Epilessia  Jacìisoniana  da  U's'wne  frontale  extra  rolandica  IVI 


volte  all'ospedale.  Oltre  a  ciò,  ebbe  due  volte  la  blenorragia.  È  forte  bevitore  di  al- 
c<K)lici,  modico  fumatore.  Il  30  ottobre,  dopo  un  periodo  di  malessere,  debolezza  ed 
anoressia  si  presentò  un  modico  grado  d' ittero,  il  quale  tuttora  perdura.  Aveva  febbre 
non  molto  alta  ;  ma  ciò  nonostante  accudiva  alle  sue  faccende,  avendo  però  la  precau- 
zione di  nutrirsi  solamente  di  latte  ed  uova. 

La  notte  dal  2  al  8  settembre,  verso  le  3  ant.,  il  padre  si  accorse  che  V  infermo 
era  in  preda  a  convulsioni,  con  perdita  di  coscienza,  bava  dalla  bocca  ed  emissione 
involontaria  di  orine,  le  convulsioni,  a  carattere  tonico  clonico,  erano  diffuse  tanto  agli 
arti  inferiori  quanto  a  quelli  superiori.  Si  deve  però  notare  che  il  padre  non  assistette 
air  inizio  delFaccesso,  e  che  la  descrizione  che  ce  ne  dà  è  molto  incompleta.  Dalle  3 
alle  8  ant.  continuò  lo  stato  convulsivo,  alternato  ogni  tanto  da  pause  di  8-10  mi- 
nuti, durante  le  quali  il  malato  rimaneva  in  stato  di  profonda  prostrazione.  Alle  8 
ant.  fu  portato  all'ospedale.  Il  padre  assicura  che  l'infermo  non  aveva  mai  sofferto  di 
convulsioni,  e  che  da  un  paio  di  mesi  emetteva  orine  intensamente  colorate;  però 
nulla  ci  sa  dire  sui  caratteri  delle  feci.  Tre  giorni  fa  aveva  preso  un  purgante  oleoso, 
e  da  allora  non  aveva  più  defecato. 

Esame  obbiettivo.  —  (3  settembre  1906).  L' infermo  è  in  istato  semisoporoso,  e 
si  lamenta  di  intensa  cefalea,  e  di  un  forte  indolenzimento  generale,  accompagnato 
da  senso  di  bruciore  all'addome.  Al  momento  dell'esame  obbiettivo  viene  preso  da 
vomito,  ed  il  vomito  si  presenta  acquoso,  striato  di  sangue.  Alle  domande  che  gli 
si  rivolgono  risponde  con  parole  monche,  e  in  modo  breve,  vago  ed  incompleto,  come 
persona  che  venga  risvegliata  da  un  sonno  profondo;  ed  infatti  appena  risposto  alle 
domande  si  volge  di  lato,  e  generalmente  su  quello  destro,  e  ritoma  nel  suo  stato 
soporoso. 

Sulla  cute  e  sulle  sclerotiche  è  evidente  una  tinta  leggermente  itterica.  All'esame 
del  torace  nulla  si  nota  a  carico  degli  organi  respiratori,  né  del  cuore.  L'addome 
è  abbastanza  trattabile,  e  non  è  dolente  alla  palpazione.  L'ottusità  relativa  del  fegato 
arriva  in  alto,  nella  parastemale,  alla  quinta  costola,  nella  mammillare  al  quinto 
spazio.  In  basso  il  margine  inferiore  si  determina  colla  percussione:  nella  mammil- 
lare un  centimetro  sotto  l'arcata  ipocondriaca,  nella  mediana  sette  e  mezzo  centimetri 
sotto  lo  zifos  e  otto  centimetri  sopra  l'ombelico,  nella  parastemale  sinistra  a  livello 
dell'  arcata.  L' altezza  dell'  area  di  ottusità  relativa  nella  mammillare  è  di  centimetri 
quindici. 

La  milza  in  alto  arriva,  nella  ascellare  media,  a  cent.  3.5  sopra  l'arcata,  ed  in 
basso  giunge  a  centimetri  3  sotto  l'arcata.  Non  si  palpa. 

All'esame  del  sistema  nervoso,  oltre  ai  fatti  già  segnalati  a  carico  del  sensorio, 
si  ha  il  seguente  reperto  :  bulbi  oculari  mobili  in  tutte  le  direzioni  senza  nistagmo  ; 
movimenti  delle  palpebre  e  dei  due  facciali  integri.  Lingua  non  deviata,  e  mobile 
in  tutte  le  direzioni.  Non  vi  è  rigidità  della  nuca.  Movimenti  del  collo  e  del  tronco 
ben  conservati,  sebbene  l'infermo,  quando  è  messo  a  sedere,  presenti  una  spiccata 
tendenza  a  ricadere  sul  letto.  Il  tronco  però  non  oscilla.  Nei  movimenti  passivi  de- 
gli arti  superiori  ed  inferiori  non  si  riscontra  alterazione  alcuna  della  resistenza.  I 
movimenti  attivi,  per  quanto  si  può  giudicare,  dato  lo  stato  dell' infermo,  sembrano 
completi  in  tutti  4  gli  arti,  ed  anche  la  forza  muscolare  è  uguale  dai  due  lati.  I 
riflessi  patellari  sono  un  po'  vivaci,  ma  uguali  dai  due  lati.  Non  vi  è  il  fenomeno 
del  Babinski.  I  riflessi  degli  arti  superiori  non  si  provocano.  I  riflessi  superficiali 
sono  pigri.  Nel  parlare,  alle  volte  pare  che  vi  sia  un  lieve  grado  di  disartria,  ma 
non  è  facile  rendersi  esatto  conto  di  tale  fenomeno,  perchè  alle  volte  pare  piuttosto 


ir!  F,  Srhupfcr 

che  il  distarbo  possa  rassomigliarsi  a  quello  che  presenta  ehi  si  desta  incomplèta- 
mente da  un  sonno  profondo. 

La  sensibilità  dolorifica,  a  giudicare  dai  movimenti  di  difesa  compiuti  dall' in- 
fenno,  pare  conservata  su  tutto  il  corpo,  ed  eguale  dai  due  lati.  Non  si  ricercano  le 
altre  forme  di  sensibilità,  dato  lo  stato  dell'infermo. 

Le  orine  non  presentano  albumina,  né  zuccaro,  in  esse  però  è  dimostrabile  la 
presenza  di  pigmenti  biliari  in  modica  quantità.  Alle  10  ant.  il  malato  ha  una  sca- 
rica abbondante  solida,  in  parte  scolorata,  in  parte  verdastra. 

La  temperatura  alle  12  fa  38.8;  alle  15,  38.3;  alle  18,  37.2;  alle  21,  37.4; 
alle  24,  37.  Alle  12  ed  alle  15  furono  praticate  due  iniezioni  di  olio  canforato,  ed 
alle  16  una  ipodermoclisi  di  300  ce.  di  soluzione  fisiologica  di  cloruro  sodico. 
Alle  18  lo  stato  soporoso  era  alquanto  diminuito,  però  V  infermo  era  molto  irrequieto, 
e  presentava  iperestesia  e  dolenzia  ai  due  polpacci.  Il  numero  delle  pulsazioni  era  92, 
quello  delle  respirazioni  28.  Il  polso  era  piccolo  e  molle,  l'espettorato  sanguinolento. 

Alle  ore  20,30  il  polso  era  64  regolare  e  valido,  e  l'infermo  riposava  tranquil- 
lamente. 

4  settembre.  La  temperatura  fu  alle  3,  37.1;  alle  6,  37;  alle  9,  36,6:  alle  12, 
36.8;  alle  15,  37.4;  alle  18,  37.3;  alle  21,  36.6;  alle  24,  36,8.11  numero  delle  pul- 
sazioni fu  di  56,  alle  8  ant.;  di  64,  alle  17:  però  ponendo  il  malato  a  sedere,  il 
loro  numero  aumentava  notevolmente. 

Il  polso  era  pieno,  ritmico,  regolare.  Il  numero  delle  respirazioni  fu  di  24  alle  8, 
e  di  22  alle  17. 

L'infermo  passò  tranquillamente  la  notte  dal  3  al  4;  od  ora  risponde  abbastanza 
bene  alle  domande  che  gli  si  rivolgono  e  racconta  con  sufficente  chiarezza  la  storia 
della  sua  malattia,  senza  però  aggiungere  nuovi  particolari  a  quelli  raccolti  dal 
padre.  Ebbe  una  scarica  di  feci  poltacee,  sufficentemente  colorate:  si  pratica  una 
iniezione  di  un  centig.  di  sublimato  corrosivo. 

5  settembre.  Il  malato  nella  mattina  fu  apirettico,  il  sensorio  era  quasi  com- 
pletamente libero,  lo  stato  generale  e  quello  del  polso  buono.  Si  pratica  un'  altra 
iniezione  di  sublimato  corrosivo. 

6*  settembre.  Da  ieri  a  mezzogiorno  l'infermo  cominciò  ad  esser  colpito,  ad  inter- 
valli sempre  più  brevi,  da  accessi  epilettiformi,  i  quali  fino  a  stamane  furono  in 
numero  di  26.  La  coscienza  fra  un  attacco  e  l'altro,  ieri  era  perfettamente  integra, 
però  il  malato  si  lagnava  di  intensa  cefalea.  L'accesso  era  limitato  al  lato  destro 
del  corpo,  si  associava  a  deviazione  del  capo  e  degli  occhi  verso  destra,  ed  aveva 
la  durata  di  2-3  minuti:  però  dal  racconto  degli  infermieri  non  si  potè  stabilire 
da  dove  esso  si  iniziasse.  Pare  che  talora  l'accesso  si  diffondesse  anche  al  braccio 
sinistro.  La  temperatura  di  ieri  alle  15,  fu  38.2;  alle  18,  37.7;  alle  21,  37.4;  alle  24, 
37.8:  quella  di  oggi  fu  alle  3,  37.3;  alle  6,  37.8;  alle  12,  38.5;  alle  15,  37.9;  alle  18, 
37.2;  alle  21  37.1;  alle  24  37.2. 

Alla  mattina  del  6  il  sanitario  giunse  alla  fine  di  uno  di  tali  accessi;  e  trovò 
il  malato  in  stato  stuporoso,  con  evidente  paralisi  flaccida  del  braccio  destro,  e,  seb- 
bene in  minor  grado,  anche  dell'arto  inferiore  destro  e  del  facciale.  Mentre  il 
malato  era  in  stato  stuporoso  era  anche  evidente  l'incolnpleta  chiusura  della  palpe- 
bra superiore  destra.  Inoltre  vi  era  emianalgesia  destra  diffusa  al  tronco,  alla  fac- 
cia ed  agli  arti  di  destra.  I  riflessi  tendinei  erano  alquanto  esagerati  da  questo  lato, 
e  da  esso  esisteva  anche  il  clono  del  piede  ed  il  fenomeno  del  Babinski.  L'infermo 
non  aveva  avuto  perdita  involontaria  di  feci,  ne  di  orine. 


Epilessia  Jaeksoniana  da  lesione  frontale  extra  rolandica  (Vò 

Dieci  minati  dopo  T  accesso  suddetto  se  ne  presenziò  nn  altro,  che  si  iniziò 
prima  che  il  malato  uscisse  dallo  stato  di  semisopore.  Esso  si  iniziò  con  una  con- 
trazione tonica  del  facciale  di  destra,  cui  seguì  la  deviazione  del  capo  verso  destra, 
e  la  perdita  totale  della  coscienza,  seguirono  poi  scosse  cloniche,  le  quali  iniziatesi 
nel  facciale  di  destra,  si  diflFusero  tosto  al  braccio  ed  alla  gamba  dello  stesso  lato. 
Uaccesso  durò  due  minuti,  ed  in  esso  non  si  ebbe  diffusione  all'altro  lato,  né  contra- 
zioni toniche  all' infuori  di  quella  iniziale.  Le  convulsioni  cessarono  prima  nell'arto 
inferiore,  e  si  attenuarono  nel  braccio  e  nella  faccia,  dove  si  spensero  poco  dopo  quasi 
contemporaneamente.  Durante  V  accesso  gli  occhi  non  erano  costantemente  rotati  verso 
destra;  anzi  talora  essi  eran  deviati  verso  sinistra.  Le  pupille  erano  midriatiche,  e  non 
reagivano  alla  luce.  I  fenomeni  postaccessuali  furono  identici  a  quelli  già  segnalati. 

Si  pratica  lyia  iniezione  endovenosa  di  cgr.  1  di  sublimato  corrosivo. 

Ore  17.  Da  due  ore  gli  attacchi  convulsivi  sono  cessati  ;  la  paresi  degli  arti  di 
destra  è  scomparsa,  e  così  pure  il  fenomeno  del  Babinski,  e  l'infermo  ha  ripreso, 
sebbene  non  completamente,  la  coscienza. 

7  settembre.  Ieri  sera  sono  ricomparsi  gli  accessi  epilettici,  i  quali  fino  al 
mattino  del  7  sommarono  a  28.  Essi  furono  sempre  del  tipo  già  descritto:  qualche 
volta  si  associarono  a  perdita  d'orina.  L'ittero  pare  leggermente  aumentato;  ma  le 
feci  sono  discretamente  colorate. 

L'infermo  stamane  risponde  tardamente  alle  domande;  il  numero  delle  pulsa- 
zioni è  di  84,  persiste  l'emiparesi  destra;  la  quale  colpisce  un  po' anche  il  facciale 
superiore  destro.  La  lingua  è  leggermente  deviata  verso  destra.  Le  temperature  furono: 
aUe  6,  36.8;  alle  9,  36.2;  alle  12,  38;  alle  15,  37.9;  alle  18,  38.1;  alle  21,  38.2; 
alle  24,  38.1. 

Nella  giornata  del  7  si  praticò  un'altra  iniezione  endovenosa  di  1  cgr.  di  su- 
blimato corrosivo;  ciò  nonostante  continuò  lo  stato  epilettiforme  e  l'infermo  entrò 
in  stato  di  sopore,  presentando  impossibilità  della  deglutizione,  scosse  nistagmifomii 
dei  bulbi  oculari,  con  direzione  prevalente  verso  sinistra,  respiro  rumoroso,  irregolare 
e  polso  teso,  ma  regolare.  Gli  accessi  convulsivi  si  succedevano  ogni  10'-12.' 

8  settembre.  Nella  notte  pros^uì  ininterrotto  lo  stato  epilettiforme.  Il  malato 
stamane  ha  la  coscienza  un  po'  obnubilata,  comprende  però  bene  le  domande,  e  risponde 
ad  esse  con  cenni. 

Si  presenzia  un  altro  attacco  epilettiforme,  il  quale  si  inizia  con  deviazione 
coniugata  della  testa  e  degli  occhi  verso  destra,  ma  senza  contrazione  tonica  della 
faccia,  e  che  del  resto  si  svolge  precisamente  come  quello  suddescritto.  Verso  la  fine 
dell'accesso  si  ha  la  deviazione  dei  bulbi  oculari  verso  sinistra.  Durante  questo 
accesso  la  coscienza  rimase  sufficientemente  integra,  e  subito  dopo  il  malato  deglutì 
bene  dell'acqua. 

Si  praticò  un'altra  iniezione  endovenosa  di  1  cgr.  di  sublimato  corrosivo,  e  si 
diedero  gr.  6  della  miscela  dei  bromuri  per  bocca. 

Le  temperature  furono:  alle  3,  38;  alle  6,  36.4;  alle  9,  38.5;  alle  12,  40.1; 
alle  15,  38.9;  alle  18,  39.1;  alle  21,  39;  alle  24,  39.1. 

Alla  base  del  torace  destro  si  odono  rantoli  secchi,  e  rantoli  fini  catarrali. 

Alle  19,  persistendo  lo  stato  epilettiforme,  si  praticò  un'altra  iniezione  endo- 
venosa di  1  cgr.  di  sublimato  corrosivo. 

.9  settembre.  Gli  attacchi  si  sono  diradati,  ma  il  malato  è  in  stato  semisoporoso. 
Gli  accessi  ora  si  presentano  ogni  mezz'ora.  Le  domande  elementari  sono  ancora 
comprese.  Si  nota  però  un'emiplegia  flaccida  destra  completa. 


Si  pratica  un'altra  iniezione  endovenosa  di  cgr.  1  di  sublimato  corrosivo,  e  si 
danno  altri  gr.  6  di  polibromuri  per  bocca. 

Le  temperature  furono:  alle  3,  39.1;  alle  6,  37;  alle  9,  38.1;  alle  12,  39; 
alle  15,  40.5;  alle  18,  39.1;  alle  21,  40,9. 

In  istato  epilettico  il  malato  morì  alle  ore  22. 

Assunte  informazioni  dai  direttori  dei  vari  ospedali  e  dispensari,  dove  il  Di  Vit- 
torio fu  curato  per  la  sifilide,  ecco  quanto  ci  risultò: 

13  magffio  1901.  Ulcera  sifilitica  a  fondo  indurito  del  solco  balano-prepuziale. 

8  luglio  1901.  Rupia  sifilitica. 

2  novembre  1901,  Placche  mucose  al  frenulo. 

1  settembre  1902.  Ulceri  molli  del  solco  balano-prepuziale.  Linfoadenite  ingui- 
nale destra.  ^ 

6  maggio  1903.  Balanopostite.  Condilomi  acuminati.   Vertigini. 

Autopsia.  —  Aperta  la  scatola  cranica  si  trova  che  su  essa  non  esistono  alterazioni. 
La  dura  madre  non  è  molto  tesa,  è  di  struttura  normale,  ed  il  liquido  sottoaracnoideo 
non  è  aumentato. 

Suiremisfero  di  sinistra  si  nota  una  congestione  venosa  maggiore  che  a  destra, 
e  verso  il  polo  frontale  sinistro,  nella  faccia  orbitale,  esiste,  per  una  estensione  di 
un  millimetro  quadrato,  una  aderenza  della  dura  al  cervello. 

Le  carotidi  interne,  la  basilare,  IVsagono  del  W  i  1 1  i  s  e  le  altre  arterie  cerebrali 
non  sono  alterate. 

Praticando  un  taglio  verticale,  subito  innanzi  al  corpo  calloso,  si  trova,  nel  lobo 
frontale  sinistro,  nella  sua  faccia  orbitale,  un  focolare  grigio  giallastro  di  rammol- 
limento, il  quale  air  indietro  si  estende  fino  quasi  alla  punta  del  corno  anteriore 
del  ventricolo  laterale.  L' aderenza  della  dura  madre  già  segnalata  è  precisamente  in 
corrispondenza  di  questo  focolare.  Ma,  oltre  a  ciò,  nella  part<e  più  mediale  di  questo 
rammollimento,  si  nota  un  tumoretto  della  grandezza  di  una  piccola  noce  avellana, 
grigio  splendente,  il  quale  al  taglio  presenta  una  cavità  ripiena  di  sostanza  caseosa. 
Un  altro  tumoretto  simile  al  precedente,  ma  più  piccolo  (grande  come  un  chicco  di 
granturco)  si  trova  nella  parte  inferiore  della  zona  rammollita,  in  corrispondenza 
della  aderenza  della  dura.  Tale  tumoretto  è  situato  nel  limite  fra  sostanza  bianca 
e  grigia. 

Intorno  a  queste  masse  caseose  si  nota  un  tessuto  sclerotico  grigio  giallastro 
molto  spesso. 

In  tagli  verticali  praticati  a  30  mm.  dal  polo  frontale,  avanti  al  ginocchio  del 
corpo  calloso,  si  vede  che  i  due  piccoli  noduli,  dall'aspetto  di  gomme,  sono  situati 
intomo  al  solco  che  divide  la  parte  orbitale  della  prima  circonvoluzione  frontale 
dalla  parte  più  orbitale  della  terza  frontale.  La  massa  di  rammollimento,  circostante 
alle  gomme,  occupa  parte  di  queste  due  circonvoluzioni  approfondendosi  per  17  mm. 
fino  a  venire  a  contatto  del  piede  della  corona  raggiata  e  del  fasciculus  occipito- 
frontalis  (fig.  1). 

In  tagli  praticati  a  33  mm.  dal  polo  frontale,  in  corrispondenza  della  parte 
più  anteriore  del  ginocchio  del  corpo  calloso,  si  nota  un  solo  nodulo  caseoso,  il  quale 
occupa  la  parte  orbitale  della  prima  frontale,  in  vicinanza  del  gyrus  rectus,  ed  è 
circondato  da  una  zona  di  rammollimento  che  si  approfonda  per  circa  1  cm.  nella 
sostanza  bianca,  fino  a  raggiungere  la  parte  più  orbitale  del  piede  della  corona  rag- 
giata (fig.  2). 


Epilessia  Jacksoniunn  dei  lesiotie  frontale  extra  rotandica  05 

In  tagli  praticati  a  37  mm.  dal  polo  frontale  la  lesione  è  quasi  del  tutto  scom- 
parsa, persistendo  solo  una  piccolissima  zona  di  rammollimento,  la  quale  non  sì 
ritrova  più  in  tagli  fatti  a  39  mm.  dal  polo  frontale. 

In  preparati  microscopici,  fatti  in  corrispondenza  della  zona  rolandica  di  sini- 
stra, non  è  dato  rilevare  che  un  notevole  grado  di  congestione.  Anche  le  arterie  cere- 
brali presentano  struttura  normale,  sia  nei  tronchi  grossi,  sia  in  quelli  più  piccoli. 
I  noduli  caseosi  suddetti  hanno  tutte  le  note  caratteristiche  delle  gomme  antiche,  e 
sono  circondati  da  un  tessuto  sclerotico  compatto,  intomo  al  quale  la  sostanza  cere- 
brale è  ranunollita. 

Nei  polmoni,  specie  in  quello  di  destra,  si  nota,  alla  base,  un  grado  piuttosto 
notevole  di  congestione  e  di  edema. 

Il  cuore  e  l'aorta  non  presentano  alterazioni  di  sorta. 

La  milza  è  ingrandita,  pesa  gr.  140,  ha  la  capsula  alquanto  raggrinzita,  ed  al 
taglio  mostra  una  superficie  rosso  bruna,  con  follicoli  poco  appariscenti. 


Pro.  1.  Pia.  2. 

Il  fegato,  del  peso  di  gr.  1180,  è  un  po' molle,  a  superficie  liscia,  senza  cicatrici, 
DÒ  segni  di  periepatite.  Al  taglio  i  lobuli  sono  poco  distinti,  e,  specie  nel  lobo  sini- 
stro, si  notano  chiazze  di  putrefazione. 

La  cistifellea  non  è  turgida,  e  comprimendola  si  vede  la  bile,  di  aspetto  normale, 
ascire  dalla  papilla  del  Vater. 

Nel  punto  di  unione  del  cistico  e  dell'epatico  esiste,  a  ridosso  delle  vie  biliari, 
un  ganglio  rosso  brunastro,  della  grandezza  di  una  nocella,  il  quale  però  non  è 
aderente  alle  vie  biliari,  ma  solamente  ad  esse  contiguo.  La  mucosa  del  coledoco  e 
quella  della  cistifellea  hanno  aspetto  normale. 

Il  pancreas  è  sano. 

Le  glandule  mesenteriche  non  sono  ingrandite. 

Lo  stomaco  e  l'intestino  sono  normali,  però  nel  duodeno  si  notano,  intorno  alla 
papilla  del  Vater,  per  una  estensione  di  circa  quattro  dita  trasverse,  delle  chiazze 
più  0  meno  grandi  di  iperemia,  la  quale  in  alcuni  punti  impartisce  alla  mucosa  un 
aspetto  addirittura  emorragico. 

Nei  reni  la  capsula  si  distacca  facilmente,  la  distinzione  fra  sostanza  corticale 
e  piramidale  è  molto  marcata,  causa  il  colorito  scuro  intenso  di  quest'ultima;  ma 
del  resto  non  si  notano  altre  alterazioni. 

I  testicoli  sono  sani. 


65  F.  Schupfer 


Questo  nostro  casosi  presta  ad  alcune  importanti  considerazioni: 

il  quadro  clinico  dell' ittero,  che  era  associato  a  stato  stuporoso,  a  milza 
debordante,  a  dolenzia  dei  polpacci,  ed  a  feci  non  scolorate,  ci  fece  pensare 
all'ittero  sifilitico;  ma  la  mancanza  di  qualsiasi  notizia  anamnestìca,  il  non 
ritrovare  pleiadi  ganglìonari  ingrossate,  e  la  mancanza  d'albuminuria  e  dì 
ogni  manifestazione  sifilitica  alla  cute,  alle  ossa,  ai  testicoli  ecc.  non  ci  auto- 
rizzò ad  iniziare  fin  dal  primo  momento  la  cura  antiluetica.  Appena  il  giorno 
dopo  ci  fu  dato  raccogliere  l'anamnesi,  allora,  essendo  certi  della  diagnosi, 
incominciammo  una  energica  cura  mercuriale.  Però,  nonostante  questa,  dopo 
circa  60  ore  comparvero  di  nuovo  le  convulsioni,  le  quali  si  presentarono 
subito  a  tipo  Jacksoniano,  e  furono  cosi  numerose  che  in  20  ore  si  conta- 
rono 26  accessi.  Nonostante  le  iniezioni  endovenose  di  sublimato,  praticale 
alla  dose  di  cgr.  1  ognuna,  gli  accessi  continuarono  frequentissimi,  e  dopo 
4  giorni  l'infermo  mori.  Dal  momento  della  prima  convulsione  fino  alla  morte 
trascorsero  solo  7  giorni. 

Da  notizie  anamnestiche  avute  dopo  la  morte  dell' infermo  risultò  che 
l'infezione  sifilitica  era  stata  contratta  5  anni  e  3  mesi  prima  della  morte, 
che  il  malato  aveva  avute  manifestazioni  secondarie  evidenti,  che  si  era  sotto- 
posto varie  volte  a  cure  mercuriali  ed  iodiche;  ma  che  ciò  nonostante,  dopo 
due  anni,  era  stato  colto  da  vertigini,  le  quali  erano  scomparse  solo  in  seguito 
ad  una  nuova  cura  antiluetica. 

Da  questi  dati  si  desume  un  fatto  molto  interessante,  e  cioè  che,  sebbene 
il  Di  Vittorio  si  sia  curato  opportunamente,  la  sifilide  cerebrale  si  presentò 
precocemente,  essendo  più  che  verosimile  che  le  vertigini,  dalle  quali  fu  mole- 
stato, siano  state  l'espressione  di  una  lesione  cerebrale  sifilitica,  la  quale  per 
conseguenza  si  sarebbe  presentata  due  anni  dopo  la  sclerosi  iniziale.  E  sic- 
come, considerando  il  reperto  anatomo  patologico,  è  probabile  che  le  gomme 
riscontrate  esistessero  fin  d'allora,  cosi  si  può  dire  che  già  in  quel  tempo  il 
Di  Vittorio  fosse  entrato  nel  cosi  detto  periodo  terziario.  L'alcoolismo,  al  quale 
egli  era  dedito,  può,  almeno  in  parte,  spiegarci  la  precocità  della  localizza- 
zione cerebnile. 

In  seguito  l'infermo  fu  colpito  da  ittero  sifilitico,  e,  durante  il  decorso 
(li  (juesto,  si  ebbe  trombosi  di  uno  dei  rami  arteriosi  coinvolti  nel  tessuto 
sclerotico  circostante  alle  gomme,  e  quindi  rammollimento,  sebbene  piuttosto 
limitato,  della  sostanza  cerebrale  intorno  all'antico  focolare  sifilitico.  Pochi 
giorni  dopo  la  comparsa  dell' ittero  si  presentarono  anche  accessi  convulsivi, 
a  tipo  nettamente  Jacksoniano,  che,  dopo  un  intervallo  di  circa  due  giorni, 
si  ripresentarono  sempre  più  frequenti,  e  Ubassero  a  morte  l'infermo. 

Ora  ciò  che  rende  sommamente  interessante  questo  caso  è  appunto  il 
fatto  che  tali  convulsioni  Jacksoniano  si  ebbero  per  una  lesione  poco  estesa 
situata  nella  parte  anteriore  del  lobo  frontale  sinistro,  ben  lungi  quindi  dalle 
zone  motrici. 

Prima  di  discuterne  la  patogenesi  ci  piace  ripetere  qui  la  descrizione  di 
tali  convulsioni:  cominciava  una  contrazione  tonica  del  tacciale  inferiore  destro, 


Epilessia  Jiicksonuma  da  lesione  frontale  extra  rolandica  67 


cui  seguiva  deviazione  del  capo  verso  destra,  e  contrazioni  cloniche  del  fac- 
ciale destro,  le  quali  poi  si  ditl'ondevano  al  braccio  ed  alla  gamba  dello  stesso 
lato.  L'accesso  durava  circa  2  minuti.  Le  convulsioni  cloniche  (mai  toniche) 
cessavano  prima  nell'arto  inferiore  destro,  poi,  quasi  contemporaneamente, 
nel  braccio  e  nella  faccia.  Alle  volte  dopo  l'accesso  rimaneva  per  qualche 
tempo  emianestesia  ed  emiparesi  destra,  la  quale  aveva  la  sua  massima  inten- 
sità al  braccio,  tanto  da  raggiungere  quivi  alle  volte  il  grado  di  vera  paralisi. 
Dal  lato  destro  in  questo  momento  si  aveva  anche  esagerazione  dei  riflessi 
tendinei,  e  fenomeno  del  Babinski.  La  coscienza  dell'infermo,  fin  dal  momento 
del  suo  ingresso  in  Clinica,  fu  sempre  alquanto  obnubilata.  Durante  le  convul- 
sioni suddette,  alle  volte  non  si  presentarono  in  essa  modificazioni  ris[R'tto  al 
periodo  interaccessuale,  altre  volle  però,  specie  quando  gli  accessi  erano  ravvi- 
cinati, il  malato  perdette  completamente  la  coscienza,  e  presentò  midriasi  ed 
abolizione  del  riflesso  pupillare  alla  luce.  Durante  l'accesso  qualche  volta,  ma 
non  sempre,  si  ebbe  perdita  involontaria  di  orine.  Anche  la  deviazione  coniu- 
gala degli  occhi  e  del  capo  non  fu  un  fatto  costante,  nò  sempre  iniziale,  che 
talora  si  ebbe  la  deviazione  verso  sinistra,  ed  essa  comparve  molto  più  spesso 
verso  la  fine  dell'accesso  anziché  al  suo  inizio. 

La  emiparesi  e  l' emianestesia  avevano  carattere  molto  transitorio,  tanto 
die  bastava  che  l'infermo  rimanesse  un  paio  d'ore  senza  accessi  perchè  la 
motilità  e  la  sensibilità  ritornassero  normali,  e  scomparisse  anche  l'esagera- 
zione dei  riflessi  tendinei  ed  il  fenomeno  del  Babinski. 

Il  modo  con  cui  le  convulsioni  s'iniziavano,  e  quello  con  cui  si  svolgevano 
potevano  far  supporre  una  lesione  sifilitica  in  vicinanza  del  centro  del  facciale, 
e  quivi  certo  avrebbe  praticata  la  trapanazione  chi  si  fosse  deciso  ad  un  intcr- 
Tenlo  chirurgico.  L'autopsia  invece  ci  dimostrò  delle  piccole  gomme  ed  un 
focolare  di  rammollimento  nella"  parte  orbitale  del  lobo  frontale  sinistro,  in 
avanti  del  corno  anteriore,  ossia  ben  lungi  dalla  zona  rolandica.  L'intervento 
chirurgico  sarebbe  quindi  riuscito  completamente  negativo,  essendoché,  anche 
allargando  la  breccia  cranica,  non  si  sarebbe  giunti  sul  focolare  morboso. 

Giova  quindi  discutere  alquanto  sul  valore  semeiologico  di  tali  convul- 
sioni Jacksoniane. 

Volendo  raggruppare  i  sintomi  che  si  danno  come  caratteristici,  perchè 
ie  convulsioni  Jacksoniane  abbiano  valore  per  la  diagnosi  di  lesione  della 
zona  rolandica,  si  può  dire  che  in  tal  caso: 

1^  l'inizio  dell'accesso  è  in  generale  contraddistinto  da  una  fugace 
contrazione  tonica  di  quel  gruppo  muscolare,  dal  quale  poi  si  inizieranno  le 
convulsioni  cloniche; 

2"*  l'accesso  spesso  consiste  solo  in  contrazioni  cloniche  isolate  dei 
muscoli  che  corrispondono  al  focolare  corticale  irritativo,  e  nei  singoli  accessi 
l'inizio  avviene  sempre  nello  stesso  modo; 

3®  le  contrazioni  cloniche  possono  bensì  dilTondersi  a  tutta  una  metà 
del  corpo;  ma  ciò  avviene  in  un  ordino  determinato,  e  sempre  costante  per 
un  dato  infermo; 


()8  F.  Schupfer 


4®  nel  principio  dell'accesso,  e  durante  gli  accessi  limitati,  la  coscienza 
deve  rimanere  integra.  Solo  se  le  contrazioni  cloniche  cominciano  dalla  faccia, 
t»  si  diffondono  all'altro  lato  del  corpo,  può  aversi  la  perdita  della  coscienza; 

5"*  gli  accessi  generalmente  durano  pochi  minuti;  eccezionalmente  si 
sono  visti  durare  anche  più  ore,  però  anche  in  tal  caso  le  convulsioni  loca- 
lizzate che  li  iniziano,  durano  pochissimi  istanti; 

6°  dopo  un  accesso  di  epilessia  Jacksoniana  vera,  prima  o  poi  com- 
pare una  transitoria  paresi  o  paralisi,  a  carattare  generalmente  monoplegico, 
la  quale  dura  ore  od  al  più  pochi  giorni,  e  che  colpisce  i  muscoli  che  furono 
i  primi  a  contrarsi  nell'attacco; 

7**  in  tali  muscoli  prima  o  poi  compaiono  anche  fenomeni  di  paresi  o 
di  paralisi  permanente\ 

8"*  l'ordine,  col  quale  cessano  le  convulsioni,  segue  anch'esso  una  legge 
costante,  e  le  convulsioni  cessano  per  ultimo  in  quei  muscoli  dai  quali  si 
iniziarono. 

Giova  però  riflettere  che,  se  i  criteri  più  sopra  esposti,  come  anche  la 
mancanza  del  grido  iniziale  e  di  altre  modalità  dell'accesso,  sono  importanti, 
specie  quando  si  presentano  tutti  insieme,  per  la  diagnosi  differenziale  fra 
una  epilessìa  parziale  od  unilaterale  sine  materia,  ed  una  parziale  od  unila- 
terale sintomatica  di  malattia  cerebrale,  viceversa,  siccome  essi  (tranne  le 
paralisi  permanenti  a  carattere  progressivo),  possono,  sebbene  eccezionalmente, 
osservarsi  anche  nella  epilessia  essenziale,  e  siccome  anche  nelle  convulsioni 
da  lesione  rolandica  non  sempre  i  sintomi  suddetti  sono  tutti  costanti  e  pre- 
senti, cosi  ne  consegue  che  ad  essi  non  si  possa  attribuire  soverchio  valore, 
per  la  diagnosi  di  ogni  singolo  caso,  e  che  molte  volte  si  sia  costretti  a  dare 
maggior  peso  tanto  a  sintomi  concomitanti  o  collaterali,  che  indubbiamente 
depongano  per  una  lesione  organica  a  focolare  del  cervello,  quanto  alla  man- 
canza di  tutti  quei  sintomi  anamneslici  e  del  periodo  intcraccessuale,  che 
difficilmente  mancano  nell'epilessia  essenziale  anche  quando  essa  si  presenta 
a  tipo  emilaterale. 

E  la  cosa  si  presenta  anche  più  complessa  nei  casi  simili  al  nostro,  nei 
quali  l'acume  del  clinico  non  solo  deve  escludere  una  epilessia  sim  materia; 
ma  deve  anche  stabilire  i  caratteri  differenziali,  che  distinguono  1«^  convul- 
sioni Jacksoniane  da  lesione  rolandica  da  quelle,  parimenti  parziali,  che  si 
iianno  per  lesioni  organiche  situate  all' infuori,  e  talora  ben  lungi  dai  centri 
corticali  motori. 

Ora  se  si  riflette  che  l'epilessia  Jacksoniana  in  questi  ultimi  casi  può 
presentarsi  sotto  modalità  diverse,  che  talora  ravvicinano  persino  all'epiles- 
sia emilaterale  essenziale,  e  talora  a  quella  parziale  da  lesione  rolandica,  si 
comprende  quanto  cauti  bisogna  procedere  nel  vagliare  questi  criteri  diffe- 
renziali. 

Cosi,  per  citare  solo  il  caso  nostro,  noi  vediamo  come  l'accesso  si  ini- 
ziasse con  una  contrazione  tonica  del  facciale,  cui  seguivano  convulsioni  clo- 
niche del  facciale  stesso,  le   quali  si  diflondevano  poi  con  un   ordine   perfel- 


Epilessia  Jacksonkinn  da  lesiona  frontale  extra  rolandira  60 

lamenlc  consono  colla  dislribiizione  corticale  dei  centri  motori,  e  cessavano 
nell'Ordine  inverso  di  quello  con  cui  erano  incominciate.  Raramente  qualche 
scossa  clonica  si  diffondeva  all'altro  lato.  Gli  accessi  avevano  breve  durata,  e 
dopo  r accesso  rimaneva  una  paresi  od  una  paralisi  nei  muscoli  che  eran  stati 
sede  di  convulsioni,  ricordando  per  tal  modo  le  convulsioni  sintomatiche  di 
una  lesione  rolandica.  Vero  è  che  il  comportamento  della  coscienza  fu  vario: 
perchè,  mentre  si  presentarono  accessi  in  cui  lo  stato  della  coscienza  non  si 
modificava  rispetto  al  periodo  interaccessuale,  viceversa  si  ebbero  anche  accessi 
in  cui,  fin  dall'inizio,  ossia  subito  dopo  la  contrazione  tonica  del  facciale,  si 
presentò  perdila  completa  della  coscienza;  ma  a  questo  vario  comportamento 
non  possiamo  attribuire  troppa  importanza,  sia  perchè  esso  può  osservarsi 
anche  nella  più  tipica  epilessia  da  tumore  rolandico,  specie  quando  le  convul- 
sioni si  iniziano  dalla  faccia  o  ad  essa  si  diffondono,  sia  perchè  nel  nostro 
infermo  esistevano  altri  accessi,  in  cui  non  si  aveva  perdita  completa  della 
coscienza.  E  lo  stesso  potrebbe  dirsi  per  qualche  altro  dei  caratteri  delle  con- 
nilsioni  del  nostro  infermo.  Il  Dieulafoy  richiamò  già  l'attenzione  sul  fatto 
che  in  questi  casi  dì  lesioni  frontali  extrarolandiche  le  convulsioni  non  si  ini- 
ziano mai  dagli  arti  inferiori,  e  noi  non  solo  confermiamo  questa  sua  osser- 
zionc;  ma  aggiungiamo  anche  che  esse  possono  non  iniziarsi  dall'arto  infe- 
riore anche  in  quei  maiali  (casi  del  Lépine  e  del  Brissaud  e  De  Massary) 
in  cui  la  lesione  risiede  più  vicino  al  centro  della  gamba,  che  non  a  quello 
del  braccio  o  della  faccia.  Ma  evidentemente  per  una  diagnosi  topografica  il 
valore  di  tale  constatazione  si  limiterà  a  quei  casi  in  cui  le  convulsioni  Ja- 
cksoniane  si  inizieranno  da  un  arto  inferiore,  e  nei  quali  per  conseguenza  noi 
potremo  con  maggior  probabilità  escludere  una  lesione  extrarolandica  ;  ma  lo 
stesso  non  può  dirsi  per  tutti  quei  casi  di  lesioni  frontali  extrarolandiche  in 
cui  le  convulsioni  si  inizieranno  dalla  faccia  o  dal  braccio,  ed  in  cui  furono 
descritte  anche  parestesie  e  scosse  isolale  che,  nei  periodi  inleraccessuali,  col- 
pivano i  muscoli  dai  quali  poi  si  iniziava  l'accesso  convulsivo;  il  che  viem- 
maggiormente  serviva  ad  ottenebrare  la  diagnosi.  E  se  si  considerano  tutti  i 
casi  di  convulsioni  Jacksoniane  determinate  da  lesione  frontale  extrarolandica, 
si  potrà  facilmente  convincersi  come  dal  loro  studio  non  risulti  alcuna  par- 
ticolarità che  caratterizzi  queste  convulsioni,  rispetto  a  quelle  che  si  hanno 
per  lesioni  delle  zone  motrici.  Però  maggior  luce  si  può  avere  se  i  casi  sud- 
detti non  si  studiano  tutti  insieme  ma  suddivisi  in  due  gruppi:  a  seconda  cioè 
che  il  focolare  morboso  è  prossimo  o  molto  lontano  dalle  zone  motrici. 

Nei  casi  della  prima  specie,  come  anche  in  quelli  in  cui  la  lesione  è 
molto  estesa  tanto  da  poter  esser  probabile  una  compressione  sulle  zone  ro- 
landiche,  si  può  comprendere  comc^^  l'epilessia  Jacksoniana  possa  alcune  volte 
presentarsi  con  caratteri  identici  o  quasi  a  quelli  che  si  osservano  per  lesione 
rolandica.  Ed  infatti  questi  sono  i  casi  in  cui  convulsioni  limitate  furono  osser- 
vate anche  per  lunghi  anni  prima  della  morte,  ed  in  cui  si  ebbero  paralisi 
permanenti  e  progressive  anche  nel  periodo  interaccessuale.  Di  tali  osservazioni 
noi  qui  non  ci  occuperemo. 


70  F.  Srhupfer 


Vediamo  invece  se  nei  casi  della  seconda  specie,  in  quelli  cioè  in  cui  il 
focolare  morboso  era  poco  esleso  e  situato  nel  lobo  frontale  molto  lunp  dalle 
zone  motrici  (tra.  i  quali  molto  tipico  è  il  caso  del  Dieulafoy  ed  ancor  più 
quello  nostro)  ci  sia  dato  metter  in  evidenza  qualche  modalità  delle  convul- 
sioni stesse,  che  possa  far  sospettare  la  sede  extrarolandica  della  lesione,  e 
quindi  servire  se  non  altro  a  trattenerci  da  un  intervento  chirurgico. 
Studiando  tali  casi  noi  fummo  colpiti  da  queste  particolarità: 

1^  in  essi  non  si  nota  quella  serie  prolungata  di  accessi  Jacksoniani, 
che  si  presentano  ad  intervalli  più  o  meno  lunghi  gli  uni  dagli  altri,  e  che 
generalmente  solo  alla  fine  possono  dare  anche  uno  stato  di  male  epilettico. 
Nei  casi,  dei  quali  ora  ci  occupiamo,  in  generale  mancano  accessi  isolati,  e 
le  convulsioni  Jacksoniane  hanno,  fin  dalla  loro  comparsa,  la  tendenza  a  dive- 
nire subentranti,  cosicché  facilmente  conducono  dopo  pochi  giorni  alla  morte: 
si  ha  cioè  facilmente  fin  dall'inizio  uno  status  hevmpileptieiis  ; 

2^  in  qualche  accesso  la  perdita  della  coscienza  avviene  appena  si  inizia 
la  fase  clonica,  ed  è  totale.  Accessi  in  cui  il  malato  assista  alle  convulsioni 
con  coscienza  perfettamente  integra  non  furono  ancora  descritti;  si  hanno,  è 
vero,  accessi  in  cui  il  malato  non  perde  completamente  la  coscienza;  ma,  sic- 
come essi  si  presentano  in  generale  quando  il  malato  non  è  ancora  comple- 
tamente ristabilito  dall'ottundimento  del  sensorio  che  conseguì  agli  accessi 
precedenti,  cosi  non  si  può  parlare  di  coscienza  veramente  integra; 

3®  la  paresi  o  la  paralisi  consecutiva  agli  accessi  convulsivi  non  riveste 
il  carattere  della  monoplegia,  ma  bensì  quello  dell'emiplegia;  né  sempre  è  più 
paralizzato  il  gruppo  muscolare  dal  quale  si  iniziarono  gli  accessi  :  infatti  p.  e. 
nel  caso  nostro  gli  accessi  da  noi  presenziati  si  iniziarono  dalla  faccia;  mentre 
la  paralisi  postaccessuale  fu  più  forte  al  braccio.  Ora,  siccome  la  paralisi 
temporanea  postepiletlica  colpisce  in  prima  linea  i  territori  che  per  primi 
furono  sede  di  contrazione,  cosi  la  paralisi  maggiore  nel  caso  nostro  avrebbe 
dovuto  aversi  alla  faccia.  E  se  nel  caso  del  Dieulafoy  si  può  dire,  a  spie- 
gazione di  tale  comportamento,  che  le  contrazioni  della  faccia  precedettero  di 
tanto  poco  quelle  del  braccio  da  potersi  ritenere  queste  quasi  contemporanee 
a  quelle,  e  che  durante  l'accesso  i  muscoli  del  braccio  erano  scossi  molto  più 
di  quelli  della  faccia,  per  il  caso  nostro  tale  spiegazione  non  può  invocarsi  che 
in  parte; 

4^  l'ordine,  col  quale  le  convulsioni  cessano,  presenta  anch'esso  qualche 
anormalità,  in  quanto  che,  mentre  esse  si  erano  iniziate  dalla  faccia,  e  poi  si 
erano  diffuse  al  braccio,  invece  la  loro  cessazione  fu  simultanea  nel  braccio 
e  nella  faccia; 

5°  mentre  qualche  volta  le  conviUsioni  nel  nostro  caso  si  iniziarono 
con  una  contrazione  tonica  del  facciale,  altre  volte  questa  contrazione  mancò, 
e  si  ebbe  subilo  la  deviazione  coniugala  del  capo  e  degli  occhi. 

6°  in  ((uesti  casi,  subito  dopo  l'accesso,  fu  spesso  notata  una  transi- 
toria emianalgosia  diffusa  a  tutta  la  metà  del  corpo  che  fu  sede  di  convul- 
sioni, mentre  i  disturbi   postaccessuali  della  sensibilità  nella  epilessia  Jackso- 


Epilessia  Jacksoniana  da  lesione  frontale  extra  rolatidica  71 


niana  da  lesione  delle  circonvoluzioni  centrali  sono  rari,  od  almeno  non 
colpiscono  quasi  mai  in  modo  notevole  la  sensibilità  dolorifica  e  quella  tèrmica, 
limitandosi  per  lo  più  a  disturbi  del  senso  tattile,  e  di  quello  muscolare. 

Non  ci  nascondiamo  che  ad  ognuno  di  questi  criteri  differenziali  si  po- 
trebbero muovere  serie  obbiezioni,  contrapponendovi  casi  di  tumori  delle  zone 
rolandiche  nei  quali  si  ebbe  un  comporUimento  analogo;  ma  noi  riteniamo 
che  l'importanza  loro  non  risieda  nel  loro  valore  singolo,  ma  nel  presentarsi 
raggruppati  nel  medesimo  soggetto. 

Il  Du re t,  discutendo  il  caso  del  Dieulafoy,  dice  che  l'accesso  non  era 
tipico,  perchè  si  iniziava  con  spasmi  della  faccia  o  delle  labbra,  cui  seguivano 
convulsioni  del  braccio,  le  quali,  in  modo  troppo  rapido,  si  diffondevano  dalla 
periferia  al  centro;  ma,  chiunque  legga  la  descrizione  delle  convulsioni  nel  caso 
nostro,  si  conviYicerà  come  esse  avessero  una  evoluzione  perfettamente  tipica. 

Evidentemente  la  diagnosi  topografica  potrebbe  essere  rischiarata  dalla 
presenza  in  questi  infermi  di  sintomi,  i  quali  si  presentassero  solo  nelle  le- 
sioni dei  lobi  frontali,  e  non  in  quelle  di  altre  parti  del  cervello.  Ed  infatti 
per  la  diagnosi  di  lesione  frontale  alcuni  danno  valore  alla  presenza  di  disturbi 
psichici,  i  quali  però,  quasi  senza  eccezione,  non  furon  rilevati  nei  casi  sud- 
detti, e  neanche  nel  nostro.  La  piccolezza  del  tumore  in  molte  delle  suddette 
osservazioni  e  la  sua  lenta  evoluzione,  potrebbero  giustificare  tale  mancanza  agli 
occhi  di  coloro  i  quali  ammettono  nei  lobi  frontali  l'unico  centro,  od  almeno 
il  centro  principale  dei  fenomeni  psichici;  ma  a  noi  basta  per  ora  il  consta- 
tare che  tali  fenomeni  non  possono  in  questi  casi  venir  utilizzati  per  una 
diagnosi  differenziale. 

Cosi  pure  mancò  in  generale  nelle  suddette  osservazioni  quella  tituba- 
zione,  simile  a  quella  cerebellare,  che  pur  fu  descritta  in  casi  di  tumore  dei 
lobi  frontali,  e  che  in  mancanza  di  altri  sintomi  avrebbe  potuto  servire  per 
la  diagnosi.  Vero  è  che  nel  caso  nostro  si  parla  di  vertigini 'sofferte  anni  prima  ; 
ma,  senza  contare  che  esse  erano  scomparse  molto  tempo  prima  che  si  inizias- 
sero le  convulsioni,  si  deve  anche  notare  che  il  fenomeno  della  vertigine  in 
una  neoformazione  cerebrale  in  genere,  ed  in  ispecie  in  una  di  natura  sifili- 
tica, non  può  certo  giustificare  il  sospetto  di  una  lesione  dei  lobi  frontali. 
Dopo  constatato  il  reperto  necroscopico  si  può  con  quasi  certezza  affermare 
che  la  vertigine  sofferta  anni  prima  era  nel  caso  nostro  l'espressione  delle 
gomme  trovate  nel  lobo  frontale  ;  ma  ben  diversa  sarebbe  stata  la  cosa  quando 
si  fosse  voluto  nei  primi  tempi  della  malattia  concedere  a  detto  fenomeno  un 
valore  di  localizzazione  cerebrale. 

Anche  i  disturbi  dell'olfatto  non  sono  mai  accennati  nelle  storie  di  questi 
infermi,  sebbene,  se  fossero  stati  ricercati,  si  sarebbero  forse  trovali,  almeno 
in  quelli  in  cui  la  lesione  era  localizzata  alla  parte  orbitale  del  lobo  frontale. 
Ad  ogni  modo  anche  un  risultato  positivo  in  questo  senso  si  dovrebbe  pur 
sempre  valutare  con  prudenza,  perchè  i  tratti  ed  i  nervi  olfattivi  facilmente 
soffrono  per  l'aumento  di  pressione  endocranica,  determinata  anche  da  tumori 
molto  lungi  dalle  zone  frontali. 


72  F.  Schupfer 


Si  potrebbe  dire,  come  in  realtà  qualcuno  ebbe  ad  asserire,  che,  se  i 
tumori  risiedono  nel  piede  della  seconda  circonvoluzione  frontale,  l'accesso  si 
deve  iniziare  colla  deviazione  coniugata  della  testa  e  degli  occhi;  ma  troppi 
dubbi  esistono  tuttora  sull'esistenza  di  questo  centro,  e  troppo  frequente  è  la 
deviazione  del  capo  e  degli  occhi  in  tumori  collocati  all' infuori  di  delta  re- 
gione (casi  del  Dentan,  dell'Erb,  del  Mac  Burney,  dell'Alien  Starr,  ecc.), 
perchè  a  questo  sintomo  si  possa  accordare  un  valore  diagnostico  importante 
e  decisivo  per  una  diagnosi  e  per  un  intervento  chirurgico. 

Se  ora  ci  domandiamo  quale  possa  esser  la  patogenesi  delle  convulsioni 
nel  nostro  caso,  ed  in  quelli  simili  ad  esso,  dobbiamo  subito  riflellere  a  quello 
che  ci  insegna  la  fisiologia  sperimentale.  Le  esperienze  sugli  animali  dimo- 
strano che  alle  volte  irritando  la  corteccia  cerebrale,  anche  lungi  dalle  zone 
motrici,  si  producono  convulsioni  a  tipo  Jacksoniano,  purché  l'eccitazione  sia 
eccessiva,  oppure  la  corteccia,  p.  e.  per  la  prolungata  esposizione  all'aria,  si 
trovi  in  uno  stato  di  ipereccitabilità.  Ed  è  per  questa  ragione  che  alcune  volle, 
mentre  si  praticano  nei  cani  resezioni  di  lobi  frontali,  lungi  dalle  zone  mo- 
torie, si  vedono  svolgersi  accessi  convulsivi,  i  quali  di  regola  si  Iniziano  come 
scosse  cloniche  dei  muscoli  controlaterali  del  muso  o  della  spalla,  e  che  poi 
si  fanno  generali. 

Ora  può  ammettersi  che  anche  nell'uomo  possa  avvenire  ad  un  dato 
momento  un  aumento  tale  dell'eccitabilità  della  corteccia  per  cui,  in  seguito 
ad  una  lesione  extrarolandica,  scoppi  un  accesso  epilettico?  Ed  in  tal  caso, 
perchè  esso  è  unilaterale,  e  si  inizia  dalla  faccia  o  dall'arto  superiore,  ma 
mai,  0  quasi  mai,  da  quello  inferiore? 

Esaminando  la  storia  del  caso  nostro,  e  quelle  dei  casi  consimili  non  dure- 
remo fatica  a  persuaderci  che  in  essi  varie  cause  possono  esser  invocate  per 
spiegare  una  tale  disposizione  epilettogena  della  corteccia  cerebrale.  E  per  limi- 
tarci al  caso  nostro  diremo  che  quali  momenti  di  questo  genere  si  posson 
riguardare  : 

i**  l'alcoolismo  cronico,  in  seguito  al  quale  fu  da  alcuni  autori  de- 
scritta anche  una  forma  di  epilessia  essenziale; 

T  la  sifilide,  la  quale,  a  prescindere  da  alterazioni  grossolane  delle 
arterie,  delle  meningi  cerebrali,  ecc.,  può  portare  ad  una  forma  di  epilessia 
sifilitica  generale  o  parziale  sine  materia; 

3°  la  localizzazione  frontale  della  lesione,  sapendosi  che  le  convulsioni 
epilettiche  nei  tumori  dei  lobi  frontali  sono  molto  frequenti,  e,  secondo  alcuni, 
più  frequenti  di  quel  che  non  si  osservi  per  tumori  di  altre  regioni; 
4^  l'itterizia,  per  quanto  nel  caso  nostro  fosse  di  modico  grado. 

Non  può  quindi  esservi  dubbio  alcuno  che,  coesistendo  nel  nostro  sog- 
getto tutte  queste  cause,  egli  non  fosse  in  particolar  modo  disposto  all'epi- 
lessia. E  se  noi  esaminiamo  i  casi  degli  altri  autori  ci  convinceremo  che,  se 
non  tulle,  certo  quasi  tutte  queste  cause  vi  concorrevano;  cosicché  possiamo 
dire  che  forse  si  tratta  di  individui  epilettici  in  potenzialità,  in  cui  il  tumore 
rappresenta  la  causa  occasionale  perchè  l'epilessìa  si  svolga. 


Epilessia  Jacksoniana  da  lesione  frontale  extra  rolandica  73 


Ma  ciò  ancora  non  spiega  perchè  in  alcuni  soggetti  l'epilessia  non  si 
presenti  generale  ma  talora  sìa  solo  parziale,  e  non  si  iniziì  mai  o  quasi  mai 
dall'arto  inferiore. 

Sapendo  per  gli  studi  fisiologici,  e  specialmente  per  quelli  del  Fano,  che 
i  lobi  frontali  esplicano  un  potere  inibitorio  suUa  zona  rolandica  oraolaterale, 
si  potrebbe  pensare  che,  quando  tale  potere  diminuisce  per  la  distruzione  di 
una  parte  di  questi  lobi,  i  centri  motori  del  lato  leso  possano  presentare  uno 
st^to  dì  maggiore  eccitabilità  rispetto  a  quelli  del  lato  opposto,  rendendo  cosi 
ragione  dell'unilateralità  delle  convulsioni. 

Né  contro  tale  supposizione  potrebbe  invocarsi  il  fatto  che  l'epilessia 
Jacksoniana  non  fu  descritta  in  casi  di  emorragie  ò  di  rammolimento  dei  lobi 
frontali,  perchè  in  tali  casi  manca  in  generale  il  momento  epilettogeno  che 
agisca  sulla  corteccia  rendendola  ipereccitabile,  come  invece  si  può  osservare 
nei  tumori,  nelle  gomme,  nei  tubercoli,  ecc. 

Ma  quello  che  a  noi.  fa  abbandonare  tale  supposizione  è  l'aver  potuto 
osservare  accessi  di  epilessia  Jacksoniana  anche  in  tumori  situati  in  regioni 
lontane  da  quelle  rolandiche,  e  da  quelle  frontali.  Cosi  p.  e.  il  Binswanger 
cita  un  caso  di  colesteatoma  del  lobo  temporale  sinistro,  in  cui  i  sintomi  irri- 
tativi, e  quelli  di  deficit  motorio,  si  ebbero  per  primi,  ed  esclusivamente,  nel- 
l'arto superiore  destro,  ed  a  noi  stessi,  in  un  caso  di  gliosarcoma  del  lobo 
temporale  destro,  fu  dato  assistere  ad  accessi  di  epilessia  unilaterale,  i  quali 
talora  erano  limitati  all'arto  superiore  sinistro,  talora  a  questo  ed  a  quello 
inferiore,  e  più  raramente  sì  diffondevano  anche  alla  faccia.  E  casi  simili  si 
ebbero  anche  per  tumori  di  altre  parti  del  cervello  non  solo;  ma  anche  in 
casi  di  tumori  del  cervelletto  furono  descritti  dall'Osborne,  dal  Mayei*,  dallo 
Stewart  e  Holmes,  dal  Collier  e  da  altri,  convulsioni  unilaterali,  le  quali 
però  in  tal  caso  colpivano  la  parte  omolaterale  del  corpo,  e  non  quella  con- 
trolaterale. Ora  questi  fatti  stanno  secondo  noi  ad  indicare  che,  nei  tumori 
cerebrali  extrarolandici  la  sede  del  tumore  ha  una  grande  importanza  per  far 
si  che  invece  delle  ordinarie  convulsioni  generalizzate,  si  abbiano  le  più  rare 
convulsioni  emilaterali.  E  che  la  sede  in  cui  si  trova  il  tumore  abbia  questa 
importanza  è  dimostrato  dal  fatto  che  in  tali  casi  le  convulsioni  sono  omo- 
laterali  nei  tumori  del  cervelletto,  controlaterali  nelle  neoformazioni  delle  altre 
parti  del  cervello.  In  altri  termini  il  comportamento  delle  convulsioni  è  ana- 
logo a  quello  dei  fenomeni  dì  defi>cit  che  tali  tumori  potrebbero  in  seguito 
produrre.  Tutto  ciò  fa  pensare  che  in  questi  casi  le  vie  piramidali  .di  un  lato 
ed  i  loro  centri  si  trovino  in  uno  stato  di  maggior  eccitabilità  rispetto  a 
quelle  dell'altro  lato,  e  che  quindi  i  momenti  epilettogeni  possano  agire  sul- 
l'uno a  preferenza  che  sull'altro.  E  ricercando  le  ragioni  per  le  quali  un 
tumore  cerebrale,  anche  se  situato  nelle  zone  cosi  dette  ineccitabili  del  cer- 
vello, possa  ciò  produrre,  noi  crediamo  si  possano  invocare  varie  cause  e  cioè  : 
i**  l'idrocefalo  interno,  che  spesso  è  maggiore  dalla  parte  del  tumore; 
2**  i  fenomeni  di  turbata  circolazione,  che  il  tumore  può  determinare 
in  uno  degli  emisferi   cerebrali  e  non   nell'altro;  siano  essi   di   natura  mcc- 


74  F,  Schupfer 


canica,  siano  essi  di  natura  vasomotoria,  facentcsi  risentire  od  in  vicinanza  od 
a  distanza  del  tumore  slesso; 

3°  un  conseguente  stato  di  ipereccitabilità  delle  vie  piramidali  di  un 
lato,  determinata  sia  dalle  predette  ragioni,  sia  da  alterazioni  di  centri  ini- 
bitori (p.  e.  frontali),  o  da  soppresione  dell'azione  del  cervelletto  (nei  tumori 
del  cervelletto),  o  da  distruzione  di  altre  vie  di  associazione,  ecc. 

4°  alterazioni,  non  ancora  dimostrabili  cogli  odierni  metodi  di  tecnica 
microscopica,  determinate  dall'azione  dell'alcool  o  della  sifilide  sui  centri 
motori  di  un  lato  piuttosto  che  su  quelli  dell'altro  lato,  ecc. 

Il  momento  occasionale  dello  scoppio  di  un  accesso  convulsivo  molte  volte 
sfugge,  però  spesso  è  determinato  da  un  brusco  aumento  della  pressione  endo- 
cranica (p.  e.  nei  ti\mori  molto  vascolarizzati,  nel  qual  caso  l'aumento  di  pres- 
sione si  deve  far  sentire  maggiormente  dal  lato  del  tumore),  oppure  da  emor- 
ragie 0  da  rammollimenti  come  avvenne  nel  caso  nostro;  fenomeni  tulli  che 
in  molti  individui  determinano  epilessie  generali,  mentre  in  altri  inducono 
piuttosto  convulsioni  a  tipo  Jacksoniano. 

Resta  a  spiegare  perchè  queste  convulsioni  non  si  iniziano  mai  o  quasi 
mai  dall'arto  inferiore.  E  si  noti  che  anche  nel  caso  del  Brissaud  e  De  Mas- 
sa ry,  sebbene  la  lesione  fosse  in  vicinanza  del  lobulo  pararolandico,  le  con- 
vulsioni si  iniziarono  dal  braccio,  e  Io  stesso  inizio  si  ebbe  nei  casi  di  tumore 
del  lobo  temporale  descritti  dal  Binswanger  e  da  noi  slessi,  sebbene  anche 
qui  la  lesione  fosse  più  prossima  al  centro  del  facciale,  che  non  a  quello  del 
braccio.  Questo  comportamento  si  spiega  bene  coli' idea  da  noi  sopra  espressa, 
che  cioè  in  tali  casi  non  si  tratti  in  generale  di  una  semplice  irritazione  o 
compressione  determinala  del  tumore  sul  centro  prossìmiore;  ma  che  si  tratti 
di  uno  stimolo  più  generale  il  quale  per  le  ragioni  suindicate  si  fa  sentire 
sulla  zona  rolandica  di  un  lato  solo.  E  se  si  pensa  che  le  due  metà  della 
faccia  e  specialmente  le  due  gambe  sono  spesso  obbligate  a  movimenti  siner- 
gici, e  che  molte  ragioni  inducono  a  pensare  che  siano  sotto  l'azione  anche 
dell'emisfero  omolaterale,  mentre  ciò  non  è  o  è  solo  in  minimo  grado  per  gli  arti 
superiori,  si  potrà  comprendere  come  le  cause  della  unilaterale  ipereccitabi- 
lità corticale,  determinale  nel  modo  suddescritto,  possano  agire  maggiormente 
sul  centro  del  braccio  spiegandoci  cosi  come  nell'epilessia  parziale  cxtraro- 
landica  le  convulsioni  si  inizino  o  siano  più  forti  nell'arto  superiore. 

Ed  ora  alcune  considerazioni  sulla  cura. 

Da  quanto  siamo  venuti  fm  qui  esponendo  risulta  in  modo  molto  evidente 
che,  siccome  le  osservazioni  di  epilessia  unilaterale  da  lesione  extrarolandica 
non  sono  affatto  rare,  cosi  chi  voglia  avere  l'assoluta  certezza  che  un  inter- 
vento chirurgico  riuscirà  a  colpire  la  causa  dell'epilessia,  dovrà  limitarsi  ad 
operare  solo  quando  esistano  le  condizioni  volute  dal  Raymond,  e  da  noi 
esposte  in  principio  di  questo  lavoro.  Però  seguendo  tali  regole  è  indubbio 
che  ci  esporremo  molle  volte  al  pericolo  di  intervenire  troppo  lardi.  Gli  è 
perciò  che  secondo  noi,  nel  mentre  è  giustificato  il  non  intervento  quando 
esista  fin  dall'inizio  la  subenlranza  degli  accessi,  o  quelle  altre  note  che  se- 


Epilessia  Jacksoniana  da  lesione  frontale  extra  rolandica  75 

condo  noi  sono  indizio  di  epilessia  parziale  extrarolandica,  viceversa  si  può 
ammettere  che  sia  §:iiistificato  l'intervento  operatorio  anche  nei  casi  in  cui, 
pur  mancando  le  paralisi  permanenti  e  progressive,  esistano  i  sintomi  gene- 
rali di  un  tumore  endocranico,  e  gli  accessi  Jacksoniani  si  svolgano  con  tutte 
le  caratteristiche  da  noi  ricordate  parlando  dell'epilessia  da  lesione  rolandica. 
E  tanto  più  saremo  indotti  ad  operare  se  nell'intervallo  tra  gli  accessi  sì 
avranno  fenomeni  irritativi  motort  o  sensitivi  nella  regione  dalla  quale  si  ini- 
ziano gli  accessi  stessi.  È  vero  che  in  tal  modo  e  cioè  non  attendendo  le  para- 
lisi manifeste  e  durature,  si  correrà  il  rischio  di  fare  qualche  craniotomia  in 
bianco;  ma  secondo  noi  è  meglio  esporsi  qualche  volta  a  tale  contingenza, 
anziché  a  quella  di  intervenire  molte  volte  troppo  tardi.  E  del  resto  al  giorno 
d'oggi  una  craniotomia  esplorativa  non  deve  troppo  spaventare,  senza  contare 
che  p.  e.  in  casi  simili  al  nostro  essa  talora  potrebbfe  giovare  anche  se  per 
suo  mezzo  non  si  riuscisse  ad  estirpare  il  tumore.  Prendendo  infatti  ad  esempio 
il  nostro  malato,  noi  vediamo  che  le  più  energiche  cure  antisifilìtiche  non  val- 
sero a  salvarne  la  vita  perchè  lo  stato  epilettico  era  troppo  immanente,  ed  i 
nostri  rimedi  antisifilitici  non  potevano  guarire  le  gomme  con  quella  rapidità 
che  sarebbe  stata  necessaria,  né  erano  capaci  di  opporsi  ad  un  rammollimento 
già  avvenuto.  Certamente  se  gli  accessi  convulsivi  fossero  stati  meno  frequenti, 
il  mercurio  introdotto  nelle  vene  avrebbe  trionfato;  ma  nel  nostro  caso  si 
aveva  nei  centri  nervosi  una  condizione  in  cui  oramai  la  scarica  epilettica  si 
manifestava  per  cosi  dire  indipendentemente  dalla  causa  che  prima  la  aveva 
determinata.  Ora,  se  noi  riflettiamo  allo  stato  in  cui  abbiamo  trovato  le  zone 
rolandiche  di  destra,  noi  crediamo  dì  non  andar  errati  dicendo  che,  se  colla 
craniotomia  si  fossero  potuti  togliere  i  fatti  congestizi  e  l'aumento  di  pres- 
sione endocranica,  forse  lo  stato  epilettico  sarebbe  migliorato  e  le  nostre  cure 
avrebbero  potuto  aver  il  tempo  di  agire.  La  craniotomia  in  questi  casi  avrebbe 
giovato,  non  togliendo  il  focolare  morboso,  che  non  si  sarebbe  con  essa  rag- 
giunto, ma  combattendo  la  congestione.  E  ciò  noi  asseriamo  memori  sempre 
di  un  giovane  operaio  sifilitico,  il  quale  fu  portato  nella  nostra  clinica  con 
fenomeni  di  convulsioni  epilettiche  Jacksoniane  a  destra,  inìziantìsi  dal  braccio 
e  con  sintomi  paretici  interaccessuali  del  braccio  slesso.  Essendo  sorto  in 
noi  il  sospetto  di  sifilide  cerebrale  fu  iniziata  una  energica  cura  antiluetica, 
ma  senza  alcun  risultato,  che  anzi  gli  accessi  a  mano  a  mano  andarono  rav- 
vicinandosi, e  la  paresi  si  andò  aggravando  invadendo  tutto  il  lato  destro  del 
corpo.  Data  la  gravità  del  caso  fu  praticata  la  trapanazione  in  corrispondenza 
della  zona  rolandica  di  sinistra,  e,  sebbene  non  si  fosse  riscontrata  che  una 
fortissima  iperemia  della  corteccia  cerebrale,  pure  dopo  l'operazione  gli  accessi 
si  diradarono,  ed  in  seguito  ad  una  prolungata  cura  antisifilitica  ogni  sintomo 
scomparve,  cosicché  il  malato  dopo  5  mesi  potè  ritornare  alle  sue  occupazioni. 
Certo  non  si  può  asserire  in  modo  assoluto  che  le  convulsioni  non  sarebbero 
cessate  anche  senza  l'intervento  chirurgico,  ma  da  quanto  abbiamo  riferito  ci 
pare  più  logico  l'ammettere  che  la  craniotomia  abbia  veramente  giovato.  Cer- 
tamente poi  non  nocque. 


76  F,  Schup/'cr  -  EpUessia  Jacksoniuna  da  lesione  frontale,  ecc. 


Sopra  un  ultimo  fatto  vogliamo  richiamare  l'attenzione,  ed  è  sulla  com- 
parsa del  fenomeno  del  Babinski  durante  il  periodo  della  emiparesi  postac- 
cessuale  e  la  sua  scomparsa  collo  scomparire  di  tale  paralisi. 

Ora  ciò  è  importante  in  quanto  colle  idee  dominanti  in  molti,  riguardo 
alla  patogenesi  di  tale  fenomeno,  si  potrebbe  asserire  che,  quando  il  segno 
del  Babinski  si  presenta  nelle  paralisi  consecutive  ad  un  attacco  di  epilessia 
Jacksonìana  ciò  debba  significare  una  lesione  delle  vie  motrici,  mentre  la  sua 
assenza  stia  ad  indicare  una  causa  extrarolandica. 

Il  caso  nostro  dimostra  che  per  determinare  il  fenomeno  bastano  quei 
disturbi  transitori  dei  centri  corticali  motori  che  conseguono  anche  ad  epi- 
lessie da  causa  extrarolondica,  e  che  quindi  si  deve  essere  mollo  cauli  nel- 
Tannettere  ad  esso  un  significato  diagnostico  troppo  decisivo. 

Noi  perciò  non  possiamo  accettare  senz'altro  le  idee  del  Mirallié,  il 
quale,  avendo  visto  comparire  il  riflesso  del  Babinski  subito  dopo  gli  attacchi 
apoplettici,  ritiene  che  esso  sia  un  sintomo  precoce  importantissimo  per  la 
diagnosi  differenziale  fra  lesione  organica  ed  alterazione  funzionale. 

Noi  non  abbiamo  esperienza  per  dire  se  il  fenomeno  del  Babinski  si  pre- 
senti anche  in  quelle  paralisi  che  talora  conseguono  ad  epilessie  unilaterali 
essenziali  o  siiie.  materia;  ma  lo  studio  del  caso  nostro,  in  cui  sui  centri  motori 
non  esisteva  altro  che  congestione,  ci  indurrebbe  a  ritenere  che  ciò  possa  av- 
venire; e  che  quindi  d'innanzi  ad  un  maialo  in  istato  soporoso  presentante 
emiplegia  e  segno  del  Babinski  non  si  possa  senz'altro,  come  vorrebbe  il 
Mirallié,  porre  la  diagnosi  di  lesione  organica  del  cervello. 

Quello  poi  che  risulta  evidente  dalla  osservazione  nostra  e  da  quelle  del 
Mirallié  è  che  il  riflesso  del  Babinski  non  ha  sempre  il  significato  di  de- 
generazione del  fascio  piramidale. 

Bibliofirrafla. 

# 

DiEVLAvor.  «  Presse  medicale  »,  1901. 

Li^piME.  «  Bevue  de  Médecine  »,  1895. 

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A.  Ma^saglia  -  Contributo  alla  patoyeiiesi  dd  mixedema  11 


Dair  Istituto  di  Patologia  generale  della  R.  Università  di  Modena 
diretto  dal  prof.  G.  Vassale. 


Contributo  alla  patogenesi  del  mixedema 

per  il  dott.  Aldo  Massagrlia,  Aiato 


L'esperimento  in  sullo  scorcio  del  secolo  passato  potè  risolvere  uno  dei 
problemi  più  importanti  della  medicina  col  dimostrare  la  funzione  specifica 
delle  glandole  paratiroidi  indipendente  da  quella  della  tiroide.  La  glandola 
tiroide  una  volta  era  considerata  come  un  organo  pressoché  inutile;  solo  dopo 
che  lo  Sebi rr  nel  1859  ebbe  stabilito  il  fatto  importante  che  la  sua  ablazione 
nei  cani  è  di  regola  causa  di  morte,  molti  autori  si  misero  a  studiarne  la  fun- 
zione, facendola  oggetto  di  lunghe  e  pazienti  ricerche  cliniche  e  sperimentali. 
Nel  campo  clinico  l'Ord  per  il  primo,  nel  1877  alla  Società  Clinica  di  Londra, 
in  base  a  reperto  anatomo-patologico  potè  dimostrare  che  la  malattia  già  stata 
descritta  da  Gull  alla  medesima  società  il  24  ottobre  1873  coi  sintomi  carat- 
teristici di  edemi  solidi  alla  faccia  ed  alle  mani,  di  oligoemia,  di  diminuzione 
progressiva  della  forza  muscolare  e  dell'attività  cerebrale,  conducente  in  modo 
lento  ma  progressivo  ad  un  vero  stato  cretinoso,  era  dovutìl  all'atrofia  della 
glandola  tiroide;  egli  chiamò,  come  è  noto,  la  sindrome  morbosa  col  nome  di 
mixedema  ([ibìgx=  muco,  otJi^jia  gonfiezza)  perchè  le  regioni  tumefatte,  cute  e 
connettivo  sottocutaneo,  erano  infiltrate  di  una  grande  quantità  di  mucina. 
In  seguito  i  Reverdin  (1)  riconobbero  (e  le  loro  ricerche  ebbero  conferma 
poco  dopo  dal  Kocher)  che  i  fenomeni  di  speciale  cachessia,  i  quali  susse- 
guono nell'uomo  all'estirpazione  del  corpo  tiroide,  sono  del  tutto  simili  a 
quelli  riscontrali  da  Ord  e  poi  da  altri  nei  casi  di  atrofia  della  tiroide.  Essi 
chiamarono  questa  sindrome  morbosa  col  nome  di  mixedema  post-operatorio 
come  contrapposto  all'altro,  il  mixedema  spontamo  od  idiopatico.  Ma  la  chia- 
rezza del  concetto  dì  una  funzione  specifica  della  tiroide  restava  sempre  offu- 
scala dal  fatto  che  in  vari  casi,  male  spiegati  coli' attribuire  il  diverso  decorso 
clinico  ad  una  differente  predisposizione  individuale,  nei  pazienti  operali  di 
estirpazione  completa  del  gozzo  insorgevano  rapidamente,  invece  dei  solili 
disturbi  trofici  cronici  propri  del  mixedema,  dei  gravissimi  accidenti  nervosi, 
il  cui  complesso  presentava  l'aspetto  di  una  vera  e  propria  telania  (tetania 
cosi  delta  strumipriva).  Il  quesito  fu  risolto  dal  Vassale,  che  ci  rivelò  come 
nell'apparecchio  liro-paratiroideo  accanto  ad  una  funzione  tiroidea  ne  esista 
un'altra,  la  paraliroidea  e  che  quindi  la  tetania  cosi  detta  strumipriva  o  tireo- 
priva  nell'uomo  e  negli  animali  non  era  altro  se  non  una  tetania  paratireo- 
priva,  dovuta  alla  contemporanea  ablazione  delle  glandole  paratiroidi.  Le  glan- 
liolette  paratiroidi,  situate  in  numero  per  lo  più  di  quattro  ai  lati  del  corpo 
tiroide,  erano  state  scoperte  dal  Sandstrom  (2).  11  Gley  (JJ)  per  il  primo 
richiamò  su  di  esse  l'attenzione  degli   sperimentatori  ed  emise   l'ipotesi  che 


78 


A.  Massafflùi 


avessero  l'ufficio  di  sostituire  funzionalmente  la  tiroide.  L'ipotesi  del  Gley 
fu  abbattuta  dal  Vassale  (4),  che  dimostrò,  mediante  resperinienlo,  che  mentre 
la  tiroide  col  suo  prodotto  di  secrezione  interna  ha  una  funzione  trofica  sulla 
nutrizione  jrenerale,  donde  il  mixedema  per  abolita  funzione  tiroidea,  le  para- 


Fio.  1. 


tiroidi  invece  con  il  loro  prodotto  di  secrezione  interna  hanno  una  funzicuie 
elevatissima,  anlilossica,  donde  la  tetania  mortalo  per  abolita  funzione  para- 
tiroidea.  Se  qualche  animale  sfugge  alle  conseguenze  fatali  più  o  meno  acute 


Fifl.  2. 


della  paratiroidectomia  è  perchè  possiede  paratiroidi  aberranti  o  soprannume- 
rarie. Non  è  infrequente  infatti  di  trovare  per  es.  nel  cane  oltre  alla  solita 
paratiroide  interna,  visibile  attraverso  la  capsula  tiroidea,  un'altra  paratiroide 
situata  nello  spessore  della  glandola  tiroide  in  modo  da  non  essere  visibile  e 
da  sfuggire  alPestirpaziono,  oppure  qualche  paraliroide  ectopica  nella  regione 
sopra-joidea  o  solto-joidea  o  nel  mediastino.  E  basta  la  presenza  di  una  sola 


Contributo  alla  patotjeuesi  del  mlxedema  79 


paratiroidc,  perchè  di  redola  sia  evitato  ogni  fenomeno  morboso  acuto  (stato 
di  insuflìcienza  paratiroidea  latente  dilTusamente  illustrato  dal  Va  ssale).  Dimo- 
strata cosi  l'esistenza  nell'apparecchio  tiro-paratiroideo  di  due  l'unzioni,  la 
paratiroidea  e  la  tiroidea,  il  prof.  Vassale,  considerando  che  la  mancanza  di 
(juesf  ultima,  destinata  ad  attivare  il  ricambio,  deve  farsi  sentire  con  tulli  i 
suoi  efl'etti  dannosi  molto  più  precocemente  su  di  un  giovane  organismo,  dove 
i  processi  di  attività  cellulare  sono  molto  più  intensi,  che  su  di  uno  già  svi- 
luppato, mi  consigliò  di  provocare  sperimentalmente  il  mìxedema  su  di  un 
giovane  soggetto. 

Due  cagnette  gemelle  nate  il  ^  febbraio  1906,  essendo  in  oltime  condi- 
zioni di  salute,  dopo  essere  state  fotografate,  vennero  operate  il  18  maggio 
dello  stesso  anno,  Tuna  di  asportazione  delle  due  paratìroidi  esterne  e  della 
paratiroìde  interna  di  sinistra,  risparmiando  la  tiroide,  l'altra  di  asportazione 


Fio.  8. 


rompicla  della  tiroide  colle  due  paratiroidi  interne,  lasciando  in  sito  le  \\y\^ 
paratìroidi  esterne.  Al  momento  dell'operazione  la  prima  pesava  gr.  1300 
(flg.  i.),  la  seconda  gr.  2900  (fìg.  2).  Quattro  mesi  dopo  cioè  il  25  settembre 
la  prima  aveva  raggiunto  il  peso  di  gr.  5900  e  si  era  sviluppata  normal- 
mente (flg.  3),  la  seconda  aveva  raggiunto  solo  il  peso  di  gr.  5300  e  presen- 
tava tipico  l'aspetto  del  mixedema  sperimentale,  caratterizzalo  da  depressione 
psichica,  da  un  arresto  di  sviluppo  dello  scheletro,  accompagnato  da  un  esage- 
rato impinguamento  e  da  debolezza  agli  arti  con  formazione  di  veri  edemi 
solidi,  specialmente  al  collo  ed  alla  parte  inferiore  del  muso.  L'animale  si 
mostrava  allora  così  lento  ed  impacciato  nei  suoi  movimenti  da  assumere  ad- 
dirittura un  aspetto  cretinoide  (cretinismo  mixedematoso  di  Moussu),  come 
risulta  anche  dalla  fotografia  presa  in  quell'epoca  (fig.  4).  Cinque  mesi  dopo, 
cioè  ai  primi  di  febbraio  del  1907,  gli  animali  vengono  sacrificati,  essendo 
sempre  invariato  il  rapporto  tra  le  diil'erenti  condizioni  di  salute  delle  due 
cagne:  rapporto  che  sta  a  dimostrare  all'evidenza  come  il  mixedema  speri- 
mentale per  estirpazione  della  tirciide,  mentre  negli  animali  adulti  compare, 
come   risulta  dalle  esperienze  del  Vassale  e  del  Moussu,  molto  tardivamente. 


80  A.  Massaylia 


nei  giovani  soggetti  invece  compaia  in  tempo  relativamente  breve.  Infatti  la 
cagna  tiroidectomìzzata,  che  al  momento  dell'atto  operatorio  aveva  un  peso 
di  un  terzo  superiore  di  quello  della  cagna  parzialmente  paratìroidectomiz- 
zata,  nel  breve  intervallo  di  A  mesi  presentava  già  manifesto  il  quadro  del 
mixedema  sperimentale  ed  aveva  già  subito  un  tale  arresto  di  sviluppo  da 
restarne  superata  in  peso:  mentre  essa  era  aumentata  di  soli  gr.  2400,  l'altra 
si  era  accresciuta  di  gr.  3600. 


Fio.  4. 


Questi  risultali  da  me  ottenuti  nei  giovani  cani  si  accordano  con  quelli 
già  ottenuti  dall'Eiselsberg  (6)  nelle  giovani  pecore  e  capre,  nelle  quali 
l'Autore  notò,  in  seguito  alla  tiroideclomia  totale,  l'arresto  di  sviluppo  e 
precoce  il  mixedema.  E  si  comprende  che  le  esperienze  di  tiroidectomia  di 
Eiselsberg  nelle  giovani  pecore  e  capre  rientrino  nelle  esperienze  mie  di 
tiroideclomia  nel  cane,  rispellando  le  due  paraliroidi  esterne,  perchè,  come 
è  nolo,  nei  citali  erbivori  le  glandole  paraliroidi  esterne  sono  situate  ad  una 
certa  distanza  dal  corpo  tiroide.  Sicché  l'Eiselsberg,  a  sua  insaputa,  nel 
praticare  la  tiroideclomia  nei  suddetti  erbivori,  risparmiò  certamenle  le  due 
glandole  paraliroidi  esterne,  analogamente  a  quanto  feci  io  di  proposito 
nel  cane. 

Bibliogrrafla. 

(1)  Revekdin.  <  Revue  raédicide  de  la  Suisse  romande  »,  Deuxlème  et  Troixlème  année, 
1882-1883). 

(2)  Samostroem.  «Ora  em  my  Kocrtel  hos  mennlHkan  och  atskilliga  doggdjur»,  Upsale 
Lakerefoerininga  Foerhandli^r,  1880). 

(3)  Oley.  Eflfets  de  la  thyroidectomie  chez  le  lapin  (in  «  Archive  de  Physiologie  normale 
et  pathologique  »,  1892).  —  Noiivclles  reclìerches  sur  les  effets  de  la  thyroidectomie  chez  le  lapin 
(in  «  Ai-chive  de  Physiologie  nonnaie  et  pathologrique  »,  1892).  —  Les  resultata  de  la  thyroidectomie 


Contributo  alla  jmtoyen^si  del  mixedemn  81 

ehez  le  lapin  (in  «  Archi  ve  de  Physiologie  normale  et  pathologique  »,  1893).  —  Recherches  sur  le 
róle  dea  glaudules  thyroidiennes  du  chien  (in  «  Archive  de  Physiologie  normale  et  pathologique  », 
1893).  —  Olxt  et  Phtsàlix.  Sur  la  nature  de»  glandules  thyroidicnne»  du  chien  (in  «  Comptes  rendut* 
de  la  Sociétc  de  Biologie  »,  1893). 

{A)  Vassàue  e  GairsBALi.  Sugli  effetti  dell'  estirpazione  delle  glandolo  paratiroidee  (in  «  Ri- 
viiita  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  voi.  I,  fase.  3  e  7,  1896)  e  («  Archivio  Italiano  di  Biologia  », 
t.  XXV  e  XXVI).  —  Intorno  agli  effetti  dell*  estirpazione  delle  glandole  paratiroidee  in  «  Bollet- 
tino della  Società  medico-chirurgica  di  Modena  »,  1907)  e  («  Riforma  medica  »,  1897,  voi.  I).  — 
Alimentazione  tiroidea  contro  la  cachessia  sviluppatasi  in  un  cane  tiroidectomizzato  avente  una 
sola  paratiroide  (in  «  Bollettino  della  Società  medico  chirurgica  di  Modena  »,  1897-08).  —  Vamalb. 
Funzione  paratiroidea  e  funzione  tiroidea  (in  «  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  voi.  XXVII, 
fase  III-IV). 

(5)  Mousse.  Recherches  sur  les  fonctions  thyroidlenne  et  parathyroidienne.  (Paris,  Asslin  et 
Hoazeau,  1897). 

(6)  EusLsuBA.  Veber  Wachstums-Storungen  bei  Thieren  nach  friihzeitiger  Schilddruscn 
Ezstirpation  (in  «  Archiv  ftlr  klinische  Chirurgie  »,  Bd.  XLIX,  Heft  1). 


RECENSIONI 


l<fevropatologia. 

1.  Brb  Wilh.,  Ueber  die  Diagnose  und  Fruhdtagnose  der  syphilogenen  Krkran- 
kungen  des  zentralen  Nervensystems,  —  «  Deutsche  Zeitschrift  fiir  Nervenheil- 
knnde  >,  Bd.  33,  H.  5-6,  1907. 

La  diagnosi  precoce  della  tabe  ha  un'  importanza  pratica  tanto  notevole,  che 
tutti  i  segni  atti  a  renderla  possibile  meritano  di  essere  studiati  col  massimo  inte- 
resse. Tra  questi  segni  il  primo  posto  è  occupato  senza  dubbio  dalla  rigidità  pupil- 
lare riflessa  e  dai  fenomeni  pupillari  analoghi,  fatti  il  cui  rapporto  con  la  tabe  e 
con  la  sifilide  non  è  ancora  ben  definito.  L'osservazione  clinica  dimostra  che  la  rigi- 
dità pupillare  può  precedere  anche  di  molti  anni  (15-20  e  più)  la  comparsa  degli  altri 
sintomi  tabetici  (Oss.  I-VII),  e  questo  fatto  conforta  piuttosto  T  opinione  di  coloro 
per  cui  essa  rappresenterebbe  soltanto  un  segno  di  lue  pregressa  (Babinski)  e  non  di 
tabe  incipiente  (Mobius).  In  altri  casi  osservati  dall'A.  (Oss.  VIII-XIII)  esiste  rigidità 
pupillare  già  da  tempo  più  o  meno  lungo,  né  si  sa  se  e  quando  si  manifesteranno 
gli  altri  sintomi  della  tabe.  Sebbene  la  pratica  non  autorizzi  a  considerare  questi 
casi  come  forme  di  tabe  incipiente,  è  nostro  dovere  tuttavia  di  ricorrere  a  tutti  quei 
mezzi  che  sono  in  grado  di  render  possibile  una  diagnosi.  Quali  siano  questi  mezzi 
tutti  i  trattati  di  neuropatologia  lo  dicono  ;  deve  solo  esser  ricordato  come  abbia  un 
gran  valore  pratico  la  dimostrazione  di  accentuate  e  circoscritte  iperestesie  pel  freddo 
in  corrispondenza  del  tronco,  dell'addome  e  del  dorso  e  come  facendo  l'esame  dei 
riflessi  tendinei  non  ci  si  debba  limitare  al  riflesso  patellare,  ma  si  debbano  esten- 
dere le  ricerche  ai  riflessi  del  Jtendine  d'Achille,  del  tricipite  e  dell'avambraccio, 
tenendo  conto  in  special  modo  delle  eventuali  difTerenze  tra  i  due  lati.  (Oss.  XVI).  — 
Nella  maggior  parte  dei  casi  si  arriva  con  questi  mezzi  a  stabilire  la  diagnosi,  ma 
non  sempre;  e  perciò  è  stata  accolta  con  tanto  favore  la  diagnostica  citologica  del 
liquido  cerebro-spinale,  già  da  alcuni  anni  utilizzata  per  la  tabe  (e  la  paralisi  prò- 


84  Rivista  di  Palolo(jia  nervosa  e  mentale 

gressiva).  L'aumento  degli  elementi  cellulari  (specialmente  linfociti)  nel  liquido  che 
si  estrae  con  la  puntura  lombare  è  un  reperto  presso  che  costante  nella  tabe  (e  nella 
paralisi)  e  per  quanto  molto  oscuro  sia  finora  il  suo  meccanismo  di  origine  e  non 
assolutamente  costante  la  sua  esistenza  nella  tabe  (Oss.  XXIII)  è  certo  tuttavia  che  nei 
casi  in  cui  alcuni  sintomi  destano  il  sospetto  della  tabe  stessa  e  in  cui  si  possono 
escludere  altri  processi  capaci  di  determinare  una  linfocitosi  del  liquido  cefalo-rachi- 
diano (sclerosi  multipla,  herpes  zoster,  meningite  tubercolare  ecc.),  la  dimostrazione 
del  fatto  ricordato  è  della  massima  importanza  per  poter  affermare  la  diagnosi 
(Oss.  XVII-XXII);  non  solo,  ma  il  reperto  della  pleocitosi  del  liquor,  sebbene  talora 
fallace  (Oss.  XXIV  e  XXV),  rende  in  alto  grado  verisimile,  quando  tutti  i  momenti 
clinici  siano  esattamente  valutati,  la  precedenza  del  contagio  sifilitico. 

Per  quel  che  riguarda  la  rigidità  pupillare  devesi  ancora  osservare  che  essa  non 
è  costante,  come  spesso  si  dice,  nella  tabe,  specie  nel  periodo  iniziale,  tanto  che  negli 
ultimi  tre  anni  sono  stati  descritti  non  meno  di  27  casi  in  cui,  malgrado  l'esistenza 
sicura  della  malattia,  la  reazione  pupillare  appariva  conservata  (in  20  casi  bilateral- 
mente, in  7  casi  da  un  lato  soltanto). 

Dai  fatti  ricordati  emerge  pertanto  una  quantità  di  quesiti  che  attendono  tut- 
tora la  loro  soluzione.  Quali  rapporti  reciproci  intercorrono  tra  la  rigidità  pupillare, 
la  tabe  e  la  pleocitosi  del  liquor  9  SulF  intimo  legame  tra  questi  fenomeni  e  la  sifi- 
lide non  cade  dubbio,  ma  in  qual  modo  e  su  quali  strutture  anatomiche  deve  essa 
agire  per  determinarli?  Quali  fattori  influiscono  sulla  cronologia  della  loro  com- 
parsa? Ecco  un  vasto  campo  aperto  all'attività  degli  studiosi. 

Dobbiamo  infine  ricordare  come  di  notevole  utilità  pratica  si  sìa  già  dimostrato 
il  metodo  siero-diagnostico  recentemente  applicato  alla  sifilide,  alla  tabe  ed  alla  para- 
lisi progressiva,  metodo  che  senza  dubbio  non  deluderà  le  grandi  speranze  in  esso 
concepite.  *  Zolla, 

2.  EUeist  K.,    Ueher  nachdauernde  Muskelkontr alimi en,  —  «  Journal  ftlr  Psy- 
chologie  und  Neurologie  »,  Bd.  X,  H.  3,  1907. 

L' osservazione  clinica  che  serve  di  base  a  questo  interessante  studio  si  riferisce 
ad  una  donna  di  29  anni  che  presentava  i  seguenti  sintomi  principali:  durata  ec- 
cessiva {Naclidauer)  delle  contrazioni  muscolari  volontarie;  reazione  miotonica  elet- 
trica e  meccanica,  prevalente  in  alcuni  gruppi  muscolari;  scosse  a  tipo  coreico; 
debolezza  generale  e  grande  stancabilità,  con  prevalenza  della  paresi  in  alcuni  mu- 
scoli; parziale  atrofia  muscolare  senza  reazione  degenerativa;  contratture  muscolari 
e  deformazioni  scheletriche  (cifoscoliosi,  piede  equino  varo  ecc.);  ipotonia;  abolizione 
di  tutti  i  riflessi  tendinei;  lievissime  turbe  della  sensibilità  e  frequenti  fenomeni 
vasomotori.  La  malattia  era  insorta  all'età  di  7  anni,  in  coincidenza  con  una  corea 
infettiva,  ed  aveva  avuto  un  decorso  lentamente  progressivo,  intercalato  da  rapidi 
peggioramenti.  Era  giustificato  qualche  sospetto  di  lue  congenita. 

Questo  caso  si  avvicina  per  la  sua  sintomatologia  alle  così  dette  miotonie  ati- 
piche, essendo  atipico  soprattutto  pel  fatto  che  il  fenomeno  della  durata  eccessiva 
delle  contrazioni  non  scompariva,  ma  al  contrario  si  accentuava  col  ripetersi  dei 
movimenti;  e  rassomiglia  specialmente  a  quel  grif))po  illustrato  da  Hoffmann  e 
Pelz,  in  cui  la  durata  eccessiva  delle  contrazioni  si  associava  appunto  a  debolezza 
muscolare  generale,  stancabilità  ed  atrofie.  Queste  forme  morbose  hanno  con  grande 
probabilità  una  base  anatomica  diversa  da  quella  della  vera  miotonia,  poiché  mentre 


Nevrojxitoloffia  83 


qaeef  ultima  Tiene  considerata  dai  più  come  un*  affezione  muscolare,  le  prime  invece 
richiamano  la  nostra  attenzione  sopr^t  il  sistema  nervoso  centrale,  non  accordandosi 
i  loro  sintomi  col  concetto  dì  una  miopatia. 

D'altra  parte  la  clinica  dimostra  come  anche  nelle  affezioni  del  sistema  nervoso 
centrale  si  osservi  talora  il  fenomeno  della  durata  eccessiva  delle  contrazioni  nei 
movimenti  volontari  :  esso  fu  infatti  descritto  in  rari  casi  di  *  siringomielia,  in  un 
caso  di  mielite  trasversa  e  in  altri  su  cui  torneremo.  Un  fenomeno  simile  alla  mio- 
ionia  si  osserva  anche  nelle  lesioni  delle  vie  piramidali,  ma  in  realtà  si  tratta  qui 
di  uno  stato  di  ipertonia  che  deve  essere  nettamente  distinto  dalla  durata  eccessiva 
delle  contrazioni.  —  L'ipertonia  in  genere  rappresenta  la  risultante  di  tre  fattori 
che  sono  i  seguenti:  la  contrazione  muscolare  riflessa  durante  l'estensione  del  mu- 
scolo; l'aumento  della  tensione  muscolare  che  si  manifesta  anche  allo  stato  di  riposo 
ed  è  giustamente  considerato  da  Forster  come  l'effetto  di  un  riflesso;  e  infine  il 
riflesso  proprio  dei  muscoli,  che  fa  parte  dei  così  detti  riflessi  propriorecettivi  di 
Sherrington  e  consiste  nella  tensione  riflessa  dello  stesso  muscolo  che  viene  messo 
in  azione  dalla  volontà.  Una  mancata  inibizione  di  questo  riflesso  proprio  {Eigen- 
reftex)  potrebbe  spiegare  in  certi  casi  patologici  la  durata  eccessiva  delle  contrazioni 
muscolari  volontarie. 

Quando  è  interrotta  la  via  piramidale  si  esagera  notevolmente  il  riflesso  di 
estensione,  in  minor  grado  quello  di  fissazione,  in  grado  minimo  e  non  in  tutti  i 
casi  il  riflesso  proprio;  mentre  i  fenomeni  miotonici  di  origine  centrale  dipendono 
invece  dall'  esagerazione  del  riflesso  proprio,  vale  a  dire  dalla  interruzione  di  quelle 
vie  discendenti  che  normalmente  esercitano  un'azione  inibitrice  su  questo  riflesso  e 
sono  rappresentate  da  quei  fasci  motori  che  vanno  dal  cervello  al  midollo  spinale 
attraverso  al  cervelletto.  Tale  concetto  patogenetico  dei  fenomeni  analoghi  alla  mio- 
tonia  trova  appoggio  in  diverse  osservazioni  cliniche.  Nell'atassia  di  Friedreich, 
che  dipenderebbe  da  una  lesione  delle  vie  cerebellari  ascendenti  e  discendenti,  si  os- 
serva, sebbene  raramente,  un  aumento  del  tono  simile  alla  miotonia,  come  dimostra,  tra 
gli  altri,  un  caso  descritto  dall'A.;  e  fenomeni  analoghi  si  riscontrano  spesso  nella 
eredoatassia  cerebellare  di  Marie.  È  specialmente  importante  il  fatto  che  sintomi 
simili  alla  miotonia  sono  stati  osservati  anche  in  affezioni  circoscritte  al  cervelletto, 
sì  da  potersi  escludere  un  interessamento  del  fascio  piramidale  (alcuni  casi  di  atrofia 
cerebellare  con  o  senza  ereditarietà),  e  nelle  atrofie  cerebellari  del  tipo  Déjérine- 
T  ho  mas,  che,  come  è  noto,  sono  caratterizzate  da  una  degenerazione  sistematica 
delle  vie  ponto-olivo-cerebellari.  Questo  sistema  di  fibre  contiene  delle  vie  ascendenti 
e  delle  vie  discendenti:  dalla  interruzione  delle  prime  dipendono  senza  dubbio  i 
sintomi  principali  della  malattia;  quella  delle  seconde  ha  per  effetto  di  liberare  il 
riflesso  proprio  spinale  dei  muscoli  dalla  influenza  inibitrice  degli  stimoli  corticali, 
e  forse  anche  di  determinare,  con  l'abolizione  di  eccitamenti  motori  corticali, 
la  debolezza  muscolare  generale  e  la  stancabilità  che  si  osservano  nelle  affezioni  ce- 
rebellari 

Queste  osservazioni  conducono  ad  ammettere  che  molti  casi  di  miotonia  atipica, 
come  quello  descritto  dall'A.,  non  rappresentino,  come  le  vere  miotonie,  una  affezione 
muscolare,  ma  abbiano  bensì  per  substrato  anatomico  una  lesione  dei  fasci  cerebellari 
discendenti. 

È  anche  probabile  che  da  una  lesione  dello  stesso  sistema  di  fibre,  comprese 
naturalmente  quelle  che  dalla  corteccia  del  lobo  frontale  vanno  al  ponte,  dipendano 
i  fenomeni  muscolari  simili   alla  durata  eccessiva  delle  contrazioni,  che  sono  stati 


8i  liiviski  di  Palolotjia  ìwrvosa  e  mentale 


(»sservati  in  diverse  malattie  cerebellari,  nell'  atassia  acuta,  nella  paralisi  agitante, 
nella  sclerosi  multipla,  nelle  affezioni  del  talamo  ottico  e  nella  corea.  Si  comprende 
iiltresì  come  gli  stessi  fenomeni  possano  dipendere  da  una  lesione  della  corteccia  del 
lobo  frontale,  quando  cioè  vengano  lese  alla  loro  origine  le  fibre  fronto-pontine  :  e 
ciò  che  sembra  essersi  verificato  in  qualche  .  caso  di  aprassia  corticale.  Forse  deb- 
bono ascriversi  ad  un  disturbo  funzionale  delle  vie  fronto-pontine  anche  alcuni  feno- 
meni muscolari  che  si  osservano  negli  stati  catatonici  di  certi  alienati  e  nelle  psi- 
cosi motorie  di  Wernicke.  Zalla. 

3.  A.  Souques,  Tumeur  cerebrale  de  la  région  des  circonvolutions  pariétaìes  su- 

périeures.  Hémiplégie  spasmodiqae  bilaterale  par  campressiofi  des  faisceaux 
pyramìdaux,  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpetrière  >,  n.  5,  1907. 

Si  tratta  di  un  sarcoma  molto  voluminoso  della  falce  del  cervello.  Il  tumore, 
perfettamente  mediano,  si  è  sviluppato  al  di  sopra  delle  circonvoluzioni  parietali 
superiori  ed  al  di  sotto  della  dura  madre  ;  in  un  punto  la  dura  è  perforata  ;  la  volta 
cranica  infiltrata  e  spinta  in  fuori  forma  sul  vertice  del  cranio  un  tumore  osseo 
chiaramente  visibile.  E  notevole  il  contrasto  tra  V  ingente  volume  del  tumore,  la 
assoluta  mancanza  di  ogni  sintoma  psichico,  la  tardiva  comparsa  dei  sintomi  di  loca- 
lizzazione. Sandri. 

4.  Rossi  O.,  Clintcal  and  Experimental  Contribution  io  the  Knowledge  of  the 

Anat&my  of  Trigeminal  Nerve,  —  «  Journal  ftir  Psycologie  und  Neurologie  », 
Bd.  IX,  1907. 

Questo  lavoro  dimostra  una  volta  di  pili  come  dalPesame  attento  dei  casi  cli- 
nici e  dalla  esatta  valutazione  dei  sintomi  possano  ricever  luce  delle  questioni  che 
interessano  non  solo  la  clinica,  ma  ben  anche  Tanatomia  e  la  fisiologia.  Le  osserva- 
zioni che  hanno  suggerito  all'A.  alcune  interessanti  ricerche  sugli  animali,  si  riferi- 
scono a  due  uomini  che  presentavano  in  complesso  i  seguenti  sintomi  principali, 
dairA.  stesso  riassunti  dopo  Fesposizione  dettagliata  delle  rispettive  storie  : 

1.  Disturbi  della  sensibilità,  con  dissociazione  a  tipo  siringomielico,  localizzati 
in  corrispondenza  della  regione  innervata  della  1*  branca  del  nervo  trigemello  nel 
primo  caso,  dalla  2^  branca  dello  stesso  nervo  nel  secondo  caso  :  le  aree  in  cui  è 
abolita  la  sensibilità  dolorifica  e  termica  hanno  per  altro  una  estensione  minore  di 
quella  che  gli  studi  più  recenti  attribuiscono  alle  regioni  provviste  dalle  corrispon- 
denti branche  periferiche  del  V  nervo  ; 

2.  Disturbi  della  motilità  a  carico  del  nervo  oculomotore  esterno,  a  destra  nel 
primo  caso,  a  sinistra  nel  secondo,  accompagnati  da  miosi  con  rigidità  pupillare  nel 
primo  caso,  da  lentezza  della  reazione  pupillare  alla  luce  nel  secondo  ; 

8.  Altri  disturbi  più  lievi,  diversi  nei  due  casi,  alcuni  dei  quali  vengono  presi 
in  considerazione  nel  corso  del  lavoro. 

Questi  due  casi  sono  adatti  per  dimostrare  come  possano  aversi  nel  dominio  del 
V  nervo  delle  turbe  della  sensibilità  a  tipo  siringomielico,  limitate  all'una  o  all'altra 
delle  regioni  innervate  dalle  sue  branche,  anche  quando  la  lesione  interessa  le  fibre 
di  detto  nervo  priina  della  loro  emergenza  dal  ponte  di  Varolio.  Uno  studio  diretto 
a  determinare  la  sede  della  malattia  nei  casi  ricordati,  dimostra  infatti  come  essa 
non  possa  trovarsi  nel  tratto  periferico  del  V^  nervo.  I  sintomi  presentati  non  si  con- 


Nevropatologiu  85 


cìlìano  con  una  forma  di  nearite,  sia  acuta  che  cronica,  di  nearite  apoplettiforme, 
di  neurite  multipla  dei  nervi  cranici,  né  si  spiegherebbero  d' altra  parte  ammettendo 
l'esistenza  di  un  tumore  o  di  una  placca  di  meningite  basilare;  ed  è  soprattutto 
l'alterazione  della  sensibilità  a  tipo  siringomielico  quella  che  ci  impedisce  di  ammet- 
tere la  sede  periferica  della  lesione,  poiché  la  dissociazione  siringomielica  è  oltre- 
modo rara  nelle  malattie  dei  nervi  periferici  e  riesce  fisiologicamente  spiegabile  sol- 
tanto nelle  forme  di  neurite,  forme  che  nei  nostri  casi  possiamo  escludere  con  piena 
certezza. 

D'altra  parte  è  facile  dimostrare  come  gli  ammalati  in  esame  non  possano  consi- 
derarsi colpiti  da  una  di  quelle  malattie  tuttora  oscure  nella  loro  essenza,  quali 
Vemierania  comitata,  la  paralisi  recidivante  del  nervo  oculomotorc  e  il  morbo  di 
Erb-Goldflam. 

Ciò  premesso  TA.  viene  a  parlare  dell'anatomia  del  tratto  bulbo-spinale  del  nervo 
trigemello,  passando  in  rassegna  la  letteratura  sull'argomento  ed  esponendo  i  risul- 
tati delle  sue  ricerche  personali,  eseguite  sui  conigli  col  mezzo  della  così  detta  dege- 
nerazione walleriana  indiretta.  Egli  potè  in  tal  modo  confermare  in  genere  l'esat- 
tezza delle  osservazioni  di  Bochenek,  salvo  alcuni  dettagli  riguardanti  il  decorso 
delle  fibre  appartenenti  alla  prima  branca:  è  giusto  infatti,  come  dice  Bochenek,  che 
«  alle  tre  branche  periferiche  del  trigemello  corrispondono  tre  regioni  distinte  nella 
sua  radice  bulbo-spinale»,  ma  secondo  Rossi  le  fibre  della  branca  oftalmica  non 
arrivano  allo  stesso  livello  di  quelle  provenienti  dalla  2"  e  dalla  3*  branca,  come 
questo  A.  vuole:  in  realtà,  esse  si  arrestano,  nel  coniglio,  prima  di  arrivare  all'  altezza 
del  primo  nervo  cervicale. 

La  disposizione  del  tratto  bulbo-spinale  del  nervo  trigemello  spiega  la  possibi- 
lità che,  come  nei  casi  descritti  dal  Rossi,  vengano  lese  separatamente  le  fibre  che 
provengono  da  ciascuna  branca  periferica;  ma  in  quei  casi  i  disturbi  della  sensibilità 
avevano,  oltre  ad  una  peculiare  topografia,  anche  un  tipo  peculiare,  quello  cioè  della 
dissociazione  siringomielica.  È  spiegabile  questo  ultimo  fatto  ammettendo  una  lesione 
che  colpisca  alcune  fibre  del  tratto  bulbo-spinale  o  la  sostanza  grigia  in  cui  esse 
terminano? 

Il  decorso  delle  vie  che  suppliscono  alle  diverse  sensibilità  è  stato  oggetto  di 
molte  controversie,  ma  sembra  ormai  accertato,  per  i  nervi  spinali,  che  le  fibre  desti- 
nate alla  sensibilità  termica  e  dolorifica  una  volta  arrivate  al  midollo  penetrano 
nella  sostanza  grigia  del  corno  posteriore  e  nel  fascio  di  Gowers;  non  solo,  ma 
le  osservazioni  di  v.  Gehuchten,  Piltz,  ecc.  hanno  stabilito  che  quando  è  lesa  la 
sostanza  grigia  i  disturbi  della  sensibilità  occupano  lo  stesso  lato  della  lesione  ed 
hanno  una  topografia  radieolare,  mentre  quando  è  leso  il  fascio  di  Gowers  esse 
hanno  sede  nel  lato  opposto  di  cui  occupano  tutta  la  superficie  al  disotto  del  livello 
della  lesione. 

Queste  nozioni  permettono  di  affermare  che  nei  due  casi  sopra  ricordati  la  lesiono 
interessava  la  sostanza  grigia  in  cui  terminano  le  fibre  del  tratto  bulbo-spinale  del 
nervo  trigemello,  ipotesi  che  è  confortata  anche  da  altre  osservazioni  cliniche  pub- 
blicate (E.  Mailer,  Hun,  Ira  V.  Gieson,  L.  R.  Mailer). 

Con  questa  diagnosi  di  sede  si  accordano  bene  gli  altri  sintomi  offerti  dagli 
ammalati  in  esame.  La  paralisi  del  muscolo  retto  esterno  dello  stesso  lato  in  cui  era 
alterata  la  sensibilità  si  può  logicamente  attribuire  ad  una  lesione  nucleo-rad icolare 
del  VI  nervo;  e  i  disturbi  a  carico  della  muscolatura  interna  dell'occhio  (miosi  con 
rigidità  pupillare  nel   primo   paziente,   miosi   con  pigrizia  del  riflesso  alla  luco  nel 


8tì  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

secondo)  sia  che  si  debbano  attribuire  ad  una  lesione  del  colltculus  superior  dei 
carperà  quadrigemina,  sia  a  quelle  del  corpus  geniculatum  laterale  o  del  nucleo 
del  m  nervo  o  del  centro  cilio-spinale  di  Budge,  non  sono  affatto  incompatibili 
con  la  diagnosi  sopra  formulata. 

Per  ciò  che  riguarda  la  natura  delle  lesioni  l'A.  dopo  aver  fatto  notare,  il 
che  è  nel  caso  singolo  importante,  come  si  possa  escludere  la  tabe  o  la  paralisi  pro- 
gressiva, inclina  ad  accettarne  Torigine  arteriosclerotica. 

Dallo  studio  brevemente  riassunto,  che  è  corredato  di  numerose  figure  illustra- 
tive e  di  una  ricca  bibliografia,  si  possono  trarre  pertanto  le  conclusioni  seguenti  : 

1.  Nella  radice  discendente  del  trigemello  (tractus  bulbo-apinalis)  le  fibre 
provenienti  da  ciascuna  branca  periferica  decorrono  in  regioni  distinte  ed  è  possibile 
trovarle  lese  separatamente; 

2.  Le  vie  che  le  differenti  sensibilità  seguono  nel  tratto  bulbo-spinale  debbono 
avere  una  disposizione  tale  da  spiegare  l'evenienza  clinica  della  dissociazione  sirin- 
gomielica,  e  questa  disposizione  deve  essere  analoga  a  quella  che  è  stata  riconosciuta 
per  i  nervi  spinali.  Zaila, 


Psicliiatria. 


5.  E.  Lugaro,  I  problemi  odierni  della  psichiatria,  —  «Un  volume  di  378  pa- 
gine con  13  figure  nel  testo.  —  Editore  Remo  Sandron,  Palermo,  1907  ». 

Lo  studioso  che  leggerà  questo  volume  dedicato  ai  cultori  d' idee  generali  im- 
parerà a  frenare  le  ipotesi  prive  di  scopo  e  di  precisione,  accogliendo  invece  senza 
soverchia  diflidenza  quelle  utili  e  ragionevoli.  Forse  più  d'  una  teoria  perderà  qual- 
che credente.  Non  è  male  che  ciò  avvenga  :  in  psichiatria  forse  vi  sono  troppi  dogmi, 
certo  parecchi  dogmatici.  Il  campo  della  psichiatria  è  tanto  vasto  che  di  necessità 
ogni  singolo  studioso  non  ne  può  esplorare  che  una  parte:  perciò  capita  a  qualeuno 
di  pensare  che  la  parte  di  cui  si  occupa  sia  la  più  importante,  la  sola  essenziale  e 
di  formulare  soluzioni  e  teorie  unilaterali:  queste  pseudo-soluzioni  sono,  in  virtù 
del  loro  stesso  difetto  intrinseco,  più  facili  ad  essere  afferrate.  Così  la  teoria  acqui- 
sta terreno  e  si  fonda  la  «  scuola  »  a  cui  accorrono  discepoli  semplici  e  convinti 
ed  altri  meno  convinti  ma  più  accorti  che  mirano  a  loro  volta  a  diventare  maestri, 
volgarizzando,  esagerando  e  sfruttando  la  teoria  originaria. 

La  psichiatria  è  male  conosciuta  dai  profani,  ai  quali  tanto  interessa  per  i  pro- 
blemi pratici  che  ad  essa  si  collegano,  e  non  bene  dagli  stessi  medici  che  non  si 
occupano  della  specialità:  le  teorie  più  sempliciste  e  insieme  più  presuntuose  pene- 
trano nelle  masse  colle  appassionate  perizie  forensi,  coli'  articolo  di  terza  pagina  del 
giornale  quotidiano,  con  quello,  in  veste  più  scientifica,  della  rivista  quindicinale  o 
mensile. 

Come  il  Lugaro  scrive  nella  prefazione  al  suo  volume,  questa  psichiatria  com- 
merciale non  ha  nulla  di  comune  con  gli  studi  seri,  coscienziosi  che  si  svolgono 
senza  chiasso  nei  laboratori  e  nelle  cliniche.  Ma  appunto  perchè  questi  studi  sono 
ignorati,  non  vi  è  da  meravigliarsi  se  la  reazione  del  buon  senso  travolge  nella  me- 
desima corrente  di  diffidenza,  di  scherno,  di  disprezzo  tutto  ciò  che  ha  attinenza 
alla  psichiatria  :  i  più  prudenti  giudizi  clinici  come  i  responsi  delle  sibille. 


Psichiatria  87 


È  meritato  dalla  psichiatria  questo  disprezzo?  è  logico  questo  scetticismo  che 
accarezza  una  delle  passioni  più  radicate,  V  ignavia,  o  piuttosto  la  psichiatria  ha 
messo  germogli  che  lasciano  sperare  vigorose  piante  ? 

n  Lugaro  non  vuole  essere  profeta:  nelle  sue  pagine  egli  si  propone  soltanto 
di  esporre  quale  è  lo  stato  dell*  odierna  psichiatria,  di  riassumere  le  questioni  che 
attorno  ad  essa  attualmente  si  agitano,  di  abbozzare  il  programma  pratico  del  la- 
voro deir  oggi.  Nel  dare  un  breve  riassunto  dei  capitoli  svolti  nel  volume  ci  lusin- 
ghiamo di  dimostrare  come  questi  scopi  siano  stati  pienamente  raggiunti. 

Il  primo  capitolo  è  dedicato  a  uno  sguardo  generale  sulV  argomento  e  vi  sono 
delineati  i  periodi  attraverso  ai  quali  si  svolse  lo  studio  dei  malati  di  mente  ed  in- 
dicate le  difficoltà  contro  le  quali  uno  studio  siffatto  viene  ad  urtare  ancora  oggidì. 

Per  r  importanza  che  ha  nei  riguardi  sociali,  per  1*  imponenza  rumorosa  delle 
manifestazioni,  quello  che  dapprima  venne  studiato  fu  lo  stato  psichico  dei  malati 
di  mente  ;  perciò  si  impose  V  indirizzo  psicologico,  del  quale  anche  oggidì  riman- 
gono epigoni  fedeli  che  non  si  sono  ancora  persuasi  che  col  solo  studio  psicologico  non 
si  possono  trovare  dati  concreti  circa  V  essenza  della  malattia. 

La  dottrina  di  Morel  della  degenerazione  aprì  un  periodo  nuovo  e  fecondo  in 
quanto  si  accostava  allo  studio  somatico  del  malato  e  riavvicinava  la  psichiatria 
alla  medicina  ;  ma  poco  a  poco  il  concetto  di  degenerazione  si  trasmuta  e  divenne 
unilaterale  nella  concezione  della  scuola  antropologica. 

Oggidì  si  tende  ad  interpretrare  il  disturbo  mentale  come  una  manifestazione 
patologica,  e  di  essa  si  ricercano  le  cause  ed  il  substrato  anatomo-patologico  :  gli 
albori  sono  lieti  ma  le  difficoltà  sono  gravi  :  giovane  è  il  nuovo  indirizzo,  imperfetti 
i  mezzi  tecnici  di  cui  dispone  :  una  psicologia  normale  che  metta  in  relazione  il  fe- 
nomeno psichico  cogli  organi  nei  quali  si  compie  è  da  farsi  ;  le  ricerche  di  anatomia 
patologica  sono  rese  difficili  dalla  complessità  e  delicatezza  del  cervello. 

Certi  processi  capaci  di  dare  un  grave  perturbamento  della  funzione  lasciano 
traccie  assai  leggiere  ;  queste  poi  possono  essere  sopraffatte  e  mascherate  da  altre 
lesioni  più  grossolane  indotte  da  altre  malattie  o  dagli  stati  organici.  Le  cause  sono 
imperfettamente  note  ed  oscuro  è  il  loro  meccanismo  di  azione:  spesso  organi  lon- 
tani, alcuni  fino  a  poco  addietro  ritenuti  di  poca  importanza  danno  luogo  a  sindromi 
mentali  gravi  :  si  rifletta  aìV  influenza  che  spiega  V  apparato  tiroideo. 

Per  superare  tutte  queste  difficoltà  è  necessario  che  gli  alienisti  si  occupino  di 
molti  studi  collaterali,  che  parrebbero  non  avere  colla  psichiatria  nesso  alcuno,  ma 
che  sono  necessari  alla  costituzione  di  una  psichiatria  integrale. 

Problemi  psicologici:  è  il  titolo  del  capitolo  secondo.  L'A.  si  propone  il  que- 
sito <  fino  a  qual  punto  Tesarne  psicologico  dei  malati  di  mente  ci  può  far  cono- 
scere il  determinismo  della  pazzia?  » 

Per  risolvere  questo  quesito  occorre  naturalmente  di  vedere  prima  quale  valore 
possa  essere  concesso  alle  leggi  psicologiche  normali. 

Comincia  V  A.  dal  fare  notare  come  il  concetto  di  «  causa  »  non  si  possa  per 
varie  ragioni,  e  sopratutto  per  quella  che  gli  stati  di  coscienza  non  sono  riducibili 
a  misure  quantitative,  applicare  ai  fenomeni  psichici  almeno  nel  suo  più  moderno 
aspetto  di  determinismo  meccanico.  A  questo  punto  sorgono  altri  problemi,  quelli 
cioè  che  si  riferiscono  al  problema  metafisico  dei  rapporti  tra  il  soggetto  e  T oggetto, 
tra  il  mondo  psichico  ed  il  mondo  fisico  :  V  A.  dimostra  mano  mano  insufficienti  le 
tesi  del  monismo  materialista,  del  monismo  idealista,  del  monismo  relativista,  del 
dualismo,  dello  scetticismo.  Egli  nega  la  legittimità  di  un  problema  metafisico  come 


88  Rivista  di  Patologia  nercosa  e  mentale 


viene  dì  consueto  formulato  :  la  filosofia  dovrebbe  far  convergere  i  suoi  sforzi  a  per- 
fezionare la  nozione  del  realismo,  di  un  realismo  che  ha  molti  punti  di  affinità 
con  quello  primitivo,  che  anzi  non  ne  differisce  se  non  pel  fatto  che  un  maggiore 
corredo  di  conoscenze  può  permettere  un'  analisi  più  sottile.  Noi  dobbiamo  conside- 
rare la  legge  del  parallelismo  psico-fisico  non  come  una  conseguenza  di  dottrine  me- 
tafisiche, ma  solo  come  un  portato  dell'esperienza,  la  quale  ci  dimostra  un  nesso 
costante  tra  stati  di  coscienza  e  condizioni  organiche  speciali  ;  ed  allora  si  comprende 
anche  come  il  determinismo  dei  fatti  psichici  si  possa  studiare  iiidirettamente  at- 
traverso i  fenomeni  che  si  svolgono  nel  corpo  e  specie  nel  cervello.  I  processi  men- 
tali morbosi  non  differiscono  dai  normali  se  non  perchè  a  disturbare  il  nesso  sopjra 
accennato  sono  intervenute  delle  azioni  insolite  le  quali  fanno  sì  che  il  fenomeno 
si  svolga  in  tessuti  che  non  si  trovano  più  in  condizioni  normali. 

Dimostra  quindi  l'A.  come  in  base  alla  legge  dell'adattamento  ed  a  quella 
della  corrispondenza  (di  Spencer),  si  possano  interpretare  biologicamente  i  fenomeni 
psichici  e  come  si  spieghi  la  loro  disformità  nelle  varie  specie  animali,  nei  vari  in- 
dividui, nello  stesso  individuo  in  varie  contingenze,  e  la  molteplicità  degli  stati 
affettivi  in  contrapposto  ad  un'unica  realtà  estema. 

Questi  concetti  però  non  sono  senz'  altro  applicabili  allo  studio  delle  malattie 
mentali,  nelle  quali  1'  anormalità  non  risulta  dall'  alterazione  di  uno  o  di  un  altro 
ordine  di  adattamenti,  ma  piuttosto  dalle  alterazioni  di  funzioni  elementari  ;che  en- 
trano a  far  parte  di  molti  atti  di  adattamento  e  per  sé  non  ne  rappresentano  uno 
completo  :  perciò  l' indagine  psicologica  in  psichiatria  dovrebbe  essere  diretta  a  se- 
parare le  singole  funzioni  elementari  e  metterle  in  rapporto  con  date  alterazioni 
anatomiche. 

Tuttavia  è  d'  uopo  riconoscere  quanto  sia  difficile  lo  studio  dei  malati  di  mente 
in  base  a  criteri  di  questa  natura  :  notizie  anamnestiche  scarse  od  inesatta,  deficienza 
di  mezzi  tecnici  ci  rendono  difficile  il  cammino.  Alcune  ricerche,  che  vorrebbero  es- 
sere più  delicate  ed  esatte,  come  quella  a  base  di  tests  mentali,  danno  risultati  me- 
schini ed  incerti  ;  ed  in  psichiatria  sono  quasi  inapplicabili.  Migliore  è  l' indirizzo 
seguito  da  Eraepelin  nello  studio  di  singole  funzioni  psichiche. 

Criteri  importanti  possono  essere  desunti  dallo  studio  degli  effetti  di  tossici  del 
sistema  nervoso,  perchè  spesso  queste  sostanze  hanno  una  certa  azione  elettiva  su 
determinati  sistemi  o  funzioni.  A  ricerche  metodiche  si  prestano  assai  bene  le  afasie. 
Dati  importanti  può  infine  fornire  lo  studio  delle  modificazioni  viscerali  nelle 
emozioni. 

Segue  l'interessantissimo  capitolo  dei  problemi  anatomici  nel  quale  Lugaro 
passa  in  rassegna  critica  le  conoscenze  sulla  struttura  dei  centri  nervosi.  Mette  in 
evidenza  i  risultati  di  Cajal,  Nissl,  Brodraann  e  Vogt  che  dimostrano  come 
nelle  varie  aree  corticali  si  riscontrino  delle  strutture  istologiche  differenti,  appog- 
giando con  ciò  il  concetto  fisiologico  delle  localizzazioni.  Difende,  contro  varie  obie- 
zioni, il  metodo  embriologico  di  Flechsig,  e  sostiene  come  anche  per  ragioni  psi- 
cologiche si  debba  ammettere  una  distinzione  tra  centri  di  percezione  e  centri  di 
associazione. 

Un  paragrafo  è  dedicato  alla  descrizione  dell'elemento  nervoso  secondo  i  dati 
meglio  accertati  ;  un  altro  alla  difesa  della  teoria  del  neurone  e  alla  discussione 
delle  questioni  che  ad  essa  si  collegano  più  o  meno  direttamente,  cioè  quelle  sulla 
legge  della  polarizzazione  dinamica,  sul  modo  di  terminazione  degli  axoni,  sul  retì- 
colo endo-e  pericellulare  e  sui  loro  rapporti.  In  un  altro  paragrafo  sono  studiate  le 


Psichiatria  89 


oonnessionì  degli  elementi  nervosi  sia  durante  lo  sviluppo  che  più  tardi:  secondo 
Lugaro  l'ipotesi  di  Cajal  del  neurotropismo  spiega  bene  T orientamento  dei  sistemi 
di  fibre  nello  sviluppo  embrionale,  come  pure  le  connessioni  che  si  sviluppano  più 
tardi  con  la  funzione:  il  neurotropismo,  sanzionato  dalle  esperienze  sulla  rigenera- 
zione dei  nervi,  è  capace  di  spiegare  il  gioco  dell'attività  nervosa,  anche  nelle  più 
complesse  funzioni  intellettuali. 

Prosegue  cercando  di  mettere  in  evidenza  quello  che  dalla  struttura  dei  singoli 
elementi  noi  possiamo  dedurre  circa  la  loro  funzione  ed  espone  una  nuora  ipotesi 
sulle  funzioni  delle  cellule  ad  axone  corto.  Dati  i  criteri  circa  la  funzione  dei  pro- 
lungamenti della  cellula  nervosa,  noi  dobbiamo  ritenere  questi  elementi  ad  axone 
corto  come  organi  di  distribuzione  locale  degli  stimoli:  a  seconda  dei  rapporti  di 
sviluppo  tra  dendriti  ed  axone  possiamo  dividerli  in  elementi  con  dendriti  poco  svi- 
luppati in  confronto  all' axone  e  che  compiono  quindi  una  diffusione  di  stimoli,  ed 
elementi  con  dendriti  molto  sviluppati  in  proporzione  al  prolungamento  nervoso  e 
che  perciò  concentrano  gli  stimoli.  Talora  le  fibre  afferenti  non  riescono  a  portare 
il  loro  stimolo  su  di  un  altro  elemento  se  non  passando  attraverso  a  questi  elementi 
ad  axone  breve,  tale  altra  questa  via  forma  solo  una  via  indiretta  accanto  ad  una 
diretta.  Cajal  basandosi  su  questi  fatti,  da  lui  messi  in  particolare  evidenza  nel 
cervelletto,  credette  di  potere  assegnare  a  queste  cellule  una  funzione  di  condensa- 
tori od  accumulatori  che  agirebbero  aumentando  l'energia  della  scarica:  Lugaro 
non  respinge  questa  ipotesi,  ma  osserva  che  le  scariche  nervose  passando  per  una  via 
più  lunga  e  complicata  non  solo  possono  essere  modificate  nella  loro  intensità,  ma 
sono  anche  modificate  nella  loro  durata;  gli  stimoli  vengono  cioè  protratti.  Così  si 
spiega  come  le  reazioni  non  siano  sempre  subitanee,  cloniche,  ma  possano  essere  con- 
tinue, toniche.  Questi  elementi  sono  in  maggiore  quantità  negli  organi  le  cui  rea- 
zioni hanno  più  spiccato  il  carattere  di  continuità;  così  nel  cervelletto  che  tanto 
infiuisce  sul  tono  muscolare;  nel  corpo  striato  che  è  sede,  secondo  Pagano,  della 
innervazione  viscerale,  processo  essenzialmente  tonico;  nella  corteccia  cerebrale.  Delle 
funzioni  corticali  quella  che  presenta  più  spiccato  il  carattere  di  continuità  è  la 
volontà;  ed  è  degno  di  nota  che  nella  demenza  precoce,  dove  sono  comuni  i  disturbi 
di  questa  funzione,  si  trovano  alterazioni  più  marcate  negli  strati  corticali  dove 
hanno  sede  prevalente  questi  elementi  ad  axone  corto. 

La  legge  della  valanga  di  Cajal  è  esposta  in  forma  breve  e  chiara.  Con  essa 
l'A.  cerca  di  spiegare  alcuni  sintomi  di  malattie  mentali;  così  le  amnesie  verbali , 
che  non  sarebbero  dovute  ad  una  interruzione  di  ipotetici  legami  tra  i  centri  della 
parola  ed  un  centro  ideativo  pure  ipotetico,  bensì  a  lesioni  dirette  ma  parziali  dei 
centri  stessi  in  cui  risiedono  le  trame  anatomiche  che  sono  sede  delle  rappresenta- 
zioni uditive  e  articolatorie  verbali. 

L'A.  espone  le  vedute  di  Tanzi  circa  al  criterio  obbiettivo  della  coscienza; 
dato  che  non  vi  è  coscienza  senza  distinzione,  si  può  giudicare  che  un  centro  sia  sede 
di  processi  coscienti,  ove  in  questo  si  realizzino  le  condizioni  anatomiche  necessarie 
per  la  distinzione. 

In  base  a  tale  criterio  si  deve  ammettere  che  nel  sistema  nervoso  dei  mammi- 
feri solo  la  corteccia  cerebrale  è  sede  di  processi  coscienti.  Procedendo  di  un  passo, 
l'A.  formula  un'ipotesi  sulla  localizzazione  distinta  dei  processi  organici  che  for- 
mano il  substrato  dei  fenonnni  della  coscienza  e  dei  fenomeni  affettivi.  Le  im- 
pressioni esteme  determinano  in  noi  «  conoscenze  »  che  hanno  rapporto  col  mondo 
esterno  e  <  stati  affettivi  »   che  sono  più  specialmente  riferiti  al  nostro  «  io  >.  Nei 


90  lìivista  di  Paloloffia  nervosa  e  mentaie 


centri  nervosi  avvengono  forse  due  distinte  elaborazioni  degli  stimoli:  una  più  spe- 
cialmente legata  a  condizioni  anatomiche,  che  si  svolge  tra  le  terminazioni  delle 
fibre  afferenti  ed  i  centri  ed  è  perciò  «  intemeuronica  »;  l'altra  in  ispecial  modo 
legata  a  condizioni  dinamiche,  che  si  svolge  nelP  intemo  dei  corpi  cellulari,  ed  è 
perciò  «  intraneuronica  ».  La  prima  corrisponde  ai  processi  di  conoscenza,  la  seconda 
ai  fenomeni  affettivi.  Un  carattere  dei  fatti  di  conoscenza  è  la  tendenza  alla  stabi- 
lità, alla  invariabilità,  invece  le  reazioni  affettive  sono  variabili  anche  nello  stesso 
individuo  ;  ora  noi  vediamo  come  le  connessioni  intemeuroniche  tendano  appunto  ad 
essere  costanti,  invece  il  corpo  cellulare  ha  caratteri  fisico-chimici  diversi  nelle  va- 
rie specie  animali  e  nello  stesso  individuo  si  modifica,  entro  certi  limiti,  nei  diversi 
stati  dinamici  e  di  nutrizione.  Questa  ipotesi  spiega  come  forme  lievi  di  psicosi  af- 
fettive possano  dipendere  da  una  causa  generale  organica.  L'A.  riassume  cosi  il  suo 
concetto:  «  le  impressioni  esterne  giungono  alle  arborizzazioni  pericellulari  e  peri- 
dendritiche  e  vi  assumono  rapporti  corrispondenti  ai  rapporti  obbiettivi;  donde  il 
fatto  della  conoscenza  ;  il  prodotto  elaborato  e  ricevuta)  dai  dendriti  giunge  al  corpo 
cellulare  ove  produce  un  nuovo  effetto,  una  modificazione  intema  in  rapporto  alla 
costituzione  specifica  di  esso  ed  allo  stato  di  nutrizione;  da  ciò  il  fenomeno  affet- 
tivo; a  seconda  del  carattere  che  assume  il  processo  di  elaborazione  intracellulare 
si  hanno  infine  le  varie  modalità  della  scarica  che  dal  corpo  cellulare  esce  per 
r  axone  >.  ^ 

Dopo  aver  fatto  notare  come  le  dispute  tra  associazionisti  ed  appercezionisti  si 
riducano  spesso  a  questioni  di  parole,  e  dopo  avere  dimostrato  che  esiste  un*  azione 
dei  centri  superiori  la  quale,  mentre  dalle  vie  sensoriali  arrivano  delle  impressioni, 
ò  capace  di  provocare  correnti  che  vanno  loro  incontro  ed  esercitano  su  di  esse  una 
azione  coordinatrice  ed  elettiva,  pone  in  rilievo  come  appunto  la  fine  anatomia  ab- 
bia dimostrato  che  in  qualunque  tratto  di  una  via  di  senso  esistono  delle  fibre  re- 
trograde che  nascono  da  cellule  situate  negli  stessi  nuclei  ai  quali  arrivano  le  fibre 
afferenti  e  che  tra  centri  e  centri  della  corteccia  corrono  fibre  nei  due  sensi. 

Le  nozioni  esposte,  sopratutto  quelle  riguardanti  le  connessioni  dimostrano  come 
soltanto  V  esame  su  sezioni  in  serie  possa  darci  dei  risultati  probativi  nei  casi  di 
lesioni  cosidette  a  focolaio. 

Circa  le  lesioni  delle  cellule  nervose  l'A.  passa  in  esame  i  resultati  ottenuti 
col  metodo  di  N issi  esponendone  la  vera  portata,  e  quelli  più  recenti  sul  modo  di 
comportarsi  delle  neurofibrille:  tanto  le  lesioni  della  sostanza  di  Nissl  che  quelle 
delle  neurofibrille  sono  Vindice  di  un  disturbo  nutritivo  della  cellula. 

Chiude  il  capitolo  l'esposizione  di  una  ipotesi  circa  la  funzione  della  nerro- 
glia,  che  Lugaro  ritiene  capace  di  esercitare  un'azione  antitossica  in  due  sensi 
differenti:  arrestando  i  prodotti  nocivi  che  giungono  dal  sangue,  e  distruggendo  i 
prodotti  catabolici  del  chimismo  cellulare. 

Il  quarto  capitolo  e  dedicato  ai  problemi  patogenetici.  L' A.  studiali  nesso  che 
intercede  tra  i  fenomeni  che  si  presentano  nelle  malattie  mentali  ed  i  disordini  fun- 
zionali e  le  lesioni  anatomiche  degli  elementi  nervosi  corticali;  e  cerca  in  qual  modo 
le  lesioni  possano  in  via  primaria  turbare  il  funzionamento  di  sistemi  speciali,  ed 
in  qual  modo  questo  disturbo  primario  possa  dare  luogo  a  dei  disturbi  secondari. 

La  lesione  primitiva,  dati  i  rapporti  che  intercedono  tra  il  cervello  e  tutti  gli 
altri  organi,  potrebbe  risiedere  anche  fuori  di  quello:  arrivando  al  cervello  stimoli 
non  normali  perchè  raccolti  da  organi  alterati  si  potrebbero  avere  manifestazioni 
cerebrali  patologiche:  però  è  assai  dubbio  ed  anche  poco  verisimile  che  con  questo 


Psichialria  01 


meccanismo  si  possano  avere  forme  di  vera  pazzia  quando  il  cervello  è  perfetta- 
mente sano. 

Le  alterazioni,  a  seconda  delle  cause  che  le  producono,  possono  essere  circoscritte 
o  diffuse  :  esse  producono  sempre  dei  fenomeni  diretti  ed  indiretti,  primitivi  e  secon- 
dari. Degli  effetti  alcuni  sono  negativi,  «  fenomeni  di  difetto  »,  producono  nel 
contenuto  psichico  una  lacuna  e  provocano  una  dissociazione  delle  funzioni  ancora 
attive:  dissociazione  dovuta  a  puro  difetto  associativo  od  anche  a  difetto  appercet- 
tivo: difetti  di  quesf  ultima  natura,  che  noi  possiamo  hene  spiegare  ricordando 
quello  che  TÀ.  ha  detto  nel  capitolo  precedente  circa  la  funzione  che  ha  ciascun 
centro  di  agevolare  quella  di  altri  per  mezzo  di  vie  anatomiche  che  decorrono  dal- 
Tuno  air  altro  centro  e  nei  due  sensi,  possono  aiutarci  a  comprendere  un  problema 
che  ha  oggidì  una  grande  importanza,  quello  cioè  che  si  riferisce  ai  disturbi  psi- 
chici degli  a  fasici  motori:  è  verisimile  che  il  centro  di  Broca  sia  collegato  a 
quello  di  WeTuicke  anche  per  mezzo  di  fibre  che  da  quello  vengono  a  questo  eser- 
citandovi una  certa  azione  che  lo  rende  meglio  adatto  a  fissare  prima  e  per  conse- 
guenza ad  evocare  poi  le  imagini  uditive  verbali  :  il  disturbo  psichico  degli  afasici 
si  ridurrebbe  secondo  questa  spiegazione  alla  «  diminuzione  della  capacità  di  co- 
gliere le  impressioni  uditive  verbali  ed  ancora  più  di  fissarle  nella  memoria  ed  evo- 
carle ». 

Quindi  TA.  esamina  brevemente  in  base  a  questi  concetti  la  demenza  senile  e 
la  paralisi  progressiva  dove  le  lesioni  sono  diffuse  o  quantomeno  asistematiche  e  la 
demenza  precoce  ove  invece  si  ha  che  fare  con  una  forma  che  arieggia  ad  una  certa 
sistematizzazione. 

Passando  allo  studio  degli  effetti  che  stimoli  abnormi  applicati  alla  corteccia 
possono  produrre,  VA.  ritiene  che  uno  stimolo  portato  sugli  elementi  corticali  per 
via  extra-associativa  non  può  dare  luogo  a  formazione  di  immagini  configurate  e  ciò 
tanto  più  quanto  più  è  forte  e  diffuso:  tuttavia  questo  stimolo  può  in  seguito  per 
altre  vie  normali  di  associazione,  influenzare  altri  centri  e  spiegasi  così  la  possibi- 
lità che  la  coscienza,  per  via  indirotta,  venga  modificata  da  stimoli  extra-associativi. 
Collo  stesso  meccanismo  si  spiegano  le  convulsioni  prodotte  da  lesioni  che  risiedono 
fuori  della  zona  motoria. 

Anche  le  azioni  chimiche  che  si  esercitano  sugli  elementi  corticali  possono  dare 
Iu(^o  a  fenomeni  di  difetto  o  di  aumentata  eccitabilità,  sì  gli  uni  che  gli  altri 
ugualmente  dannosi  air  intelligenza  perchè  danneggiano  il  delicato  equilibrio  tra  i 
fattori  dei  quali  essa  risulta. 

È  altresì  assai  verosimile  che  agli  stimoli  chimici  diffusi  siano  dovuti  altri  per- 
turbamenti, quelli  dell'affettività. 

Passando  a  parlare  delle  allucinazioni  Lugaro  accetta  il  meccanismo  indicato 
da  Tanzi.  A  proposito  dell'importanza  che  le  allucinazioni  possono  avere  nel  de- 
terminare particolari  stati  mentali,  egli  crede  che  possano  bensì  concorrere  ad  ag- 
gravare alcuni  disordini  psichici,  ma  in  ogni  caso  il  disturbo  sensoriale  sarebbe  se- 
condario. 

Anche  l'origine  dei  delirii  non  può  ricercarsi  in  lesioni  distruttive  né  in  eccita- 
menti grossolani  localizzati;  questi  possono  produrre  dei  fenomeni  di  difetto  e  di 
disordine  ma  non  possono  costrurre:  i  delirii  sarebbero  invece  da  riferire  a  fattori 
che  perturbano  l'equilibrio  affettivo,  determinando  un  cambiamento  nell'orientazione, 
un'unilateralità  nella  scelta  delle  immagini  e  per  conseguenza  una  falsa  conoscenza 
della  realtà. 


92  Rivista  di  Patologia  nerwsa  e  nicntak 


Qnanto  alle  idee  fisse  FA.  riconosce  che  il  determinarne  la  genesi  è  assai  diffi- 
cile; inclina  tuttavia  ad  accettare  anche  qui  quella  teoria  che  pone  a  base  dì  esse 
un  perturbamento  affettivo. 

I  Problemi  eziologici  sono  trattati  nel  quinto  capitolo.  L*A.  passa  in  rassegna 
le  cause  esogene  e  quelle  cosidette  endogene:  degno  di  nota  il  paragrafo  che  si  ri- 
ferisce ai  disturbi  ehc  si  ritengono  in  relazione  con  alterazioni  delle  ghiandole  a  se- 
crezione intema  e  quello  che  tratta  dell'  <  esaurimento  »  così  spesso  e  non  sempre  a 
ragione  invocato  come  causa  di  malattia  mentale.  In  questo  paragrafo  si  tratta  an- 
che della  Ersatztheorie  di  Edinger  alla  quale  Y  A.  muove  qualche  critica. 

Al  giusto  limite  è  riportato  il  valore  da  concedersi  alle  cause  psichiche  le 
quali  agirebbero  in  modo  indiretto,  intervenendo  soltanto  nei  fenomeni  secondar!  della 
lesione  cerebrale,  mentre  da  sole,  senza  una  preesistente  condizione  anormale  della 
corteccia,  non  riuscirebbero  a  provocare  uno  stato  di  malattia. 

Alla  predisposizione  è  dedicato  un  altro  paragrafo  nel  quale  si  sostiene  che 
tutte  le  gracilità  di  dati  organi  o  sistemi  sono  riportabili  a  cause  esteme  che  hanno 
influito  sugli  elementi  embrionali  dal  concepimento  alla  fine  della  gravidanza.  In 
questo  modo  dal  concetto  di  anomalia,  di  predisposizione  si  passa  a  quello  di  de- 
generazione, intesa  come  una  malattia  della  stirpe,  come  un  processo  morboso  pro- 
dotto da  cause  esterne,  che  si  svolge  non  in  un  organismo  solo  nla  in  una  serie 
di  organismi,  in  due  o  più  generazioni. 

Ma  il  paragrafo  più  interessante  di  questo  capitolo  è  certamente  quello  che 
tratta  dell'  eredità  :  lo  apre  uno  studio  sulla  eredità  dei  caratteri  acquisiti  per  la 
quale  si  dimostrano  insufficienti  le  varie  teorie  mano  mano  formulato  a  spiegarla.  Per 
quello  che  riguarda  le  variazioni  qualitative  Lugaro  crede  che  si  tratti  non  tanto 
di  adattamenti  diretti  resi  ereditari  quanto  di  un  fatto  dovuto  alla  selezione  di  va- 
riazioni fortuite  del  germe:  né  la  pangenesi  darviniana,  anche  nella  veste  più  mo- 
derna datagli  da  Galeotti,  né  altre  teorie  sono  capaci  di  spiegare  come  un  fattore 
che  agisca  modificando  il  corpo  di  un  individuo  possa  anche  in  modo  correlalivo 
influenzare  le  sue  cellule  sessuali  in  guisa  da  renderle  capaci  di  trasmettere  nei 
figli  proprio  quella  stessa  variazione  qualitativa;  invece  si  può  comprendere  come  le 
azioni  esteme  che  modificano  i  tessuti  in  modo  indifferente  per  l'organismo  possano 
modificare  allo  stesso  modo  anche  gli  elementi  germinali,  sia  pure  in  grado  imper- 
cettibile, e  che  poi  queste  modificazioni  minime  ripercuotendosi  nello  sviluppo  suc- 
cessivo delle  cellule  somatiche  diano  luogo  a  caratteri  nuovi  or  utili  or  nocivi  sui 
quali  la  selezione  naturale  fa  sentire  i  propri  efi'etti  eliminando  i  dannosi.  Tuttavia 
si  può  pure  ammettere  la  tesi  dell'ereditarietà  dei  caratteri  acquisiti  in  senso  stretto 
per  ciò  che  riguarda  le  variazioni  quantitative  nello  sviluppo  dei  tessuti  e  che 
hanno  pure  una  grande  importanza.  Il  fattore  darwiniano,  la  selezione  delle  varia- 
zioni fortuite,  è  il  movente  primo  di  ogni  adattamento;  solo  secondariamente  si 
aggiunge  il  fattore  lamarckiano,  l'ereditarietà  delle  ipertrofie  funzionali. 

Così  intesa  l'eredità,  si  comprende  come  essa  si  venga  a  mano  a  mano  conso- 
lidando solo  in  quanto  è  utile.  Se  in  base  a  questi  criteri  si  torna  allo  studio  dei 
fenomeni  patologici  si  deve  tosto  concedere  che  le  lesioni  si  trovano  in  grande  svan- 
taggio al  confronto  delle  modificazioni  utili  agli  organismi.  Una  lesione  non  è  mai 
utile,  non  è  mai  diretta  verso  {^mqW  optimum  di  struttura  che  si  tende  a  raggiun- 
gere perchè  l'organismo  sia  in  grado  di  vivere  in  un  dato  ambiente:  ammesso  che 
talora  la  lesione  riesca  a  determinare  nei  dipendenti  una  malformazione,  questa  sarà 
da  considerare  come  qualche  cosa  che  perturba  il  processo  ereditario   inteso   nel  si- 


PsiehùUna  03 


unificato  di  un  processo  utile;  si  rientra  cioè  nel  campo  della  degenerazione;  e 
queste  variazioni  per  virtù  della  selezione  dovranno  essere  eliminate  nelle  genera- 
razioni  successive.  La  degenerazione  sarebbe  una  malattia  dell'  eredità  della  quale, 
comedi  ogni  altra  malattia,  l'organismo  tende  a  liberarsi.  Quindi  TA.  combatte  il 
concetto  che  accorda  a  molte  di  queste  variazioni  il  significato  di  reversioni  ataviche. 

Del  resto  in  patologia  mentale  si  osserva  di  rado  un'eredità  similare:  forse  è 
sostenibile  solo  per  tré  forme:  l'isterismo,  la  demenza  precoce,  la  frenosi  maniaco- 
depressiva,  forme  che  non  conducono  ad  alcun  carattere  atavico  e  che  non  trovano 
riscontro  né  nella  evoluzione  della  specie  né  in  quella  dell'individuo.  Per  l'iste- 
rismo occorre  ancora  notare  che,  secondo  alcuni,  esso  non  è  se  non  l'esagerazione  di 
dati  caratteri  psichici  del  sesso  femminile  :  se  si  ammette  ciò  si  toma  nel  campo  del 
meccanismo  dell'eredità  fisiologica. 

La  demenza  precoce  si  avvicina  per  quello  che  è  fattore  intemo  alle  labilità  conge- 
nite di  dati  sistemi  di  neuroni,  labilità  che  può  rientrare  nel  campo  delle  degenera- 
zioni. Conclude  Lugaro:  «  non  vi  è  malattia  ereditaria  che  si  perpetui  in  modo  con- 
tinuo come  si  perpetua  un  carattere  morfologico  o  fisiologico  specifico  :  nelle  generazioni 
la  malattia  fa  la  sua  comparsa  ad  un  tratto  e  si  ripete  per  qualche  generazione,  e  poi 
infine  si  estingue.  > 

I  Prohletni  nosologici  formano  argomento  del  capitolo  sesto:  l'A.  vi  indica  per 
molte  foraae  morbose  le  ricerche  più  opportune.  Espone  il  concetto  di  Tanzi  sulle  cere- 
broplegie  ed  accenna  all'  importanza  di  verificare  se  in  casi  di  cosiddetta  immoralità 
costituzionale  si  trovino,  come  quest'  ultimo  A.  sospetta,  degli  indizi  di  cerebropatia. 
Circa  l'epilessia  Lugaro  è  sostenitore  del  concetto  che  in  realtà  non  esista  la  epilessia 
essenziale  se  non  nel  senso  che  di  molti  casi  di  epilessia  sfugge  al  nostro  esame  la 
causa,  ed  espone  la  convinzione,  perfettamente  opposta  a  quella  della  scuola  antro- 
pologica, che  la  epilessia  come  malattia  a  sé  sarà  un  giorno  cancellata  dai  quadri 
nosografie  i. 

Per  l'isterismo  egli  opina  che  sìa  da  considerare  come  un'anomalia,  l'essenza 
della  quale  è  ancora  a  noi  sconosciuta:  forse  in  questa  malattia  si  è  finora  con- 
cesso troppo  poco  posto  alle  ricerche  del  substrato  organico. 

Circa  le  psicosi  afiettive  l' A.  fa  notare  come  non  in  tutti  i  casi  e  non  da  tutti 
i  punti  di  vista  si  possa  accettare  senz'altro  il  concetto  kraepeliniano  che  riunisce  le 
due  più  opposte  sindromi  in  un'  unica  forma  morbosa,  la  frenosi  maniaco-depressiva. 

Le  demenza  precoce  viene  dall'A.  considerata  come  una  forma  nella  quale  sono 
riuniti  quadri  che  sintomatologicamente  ed  anatomo-patologicamente  hanno  molti 
punti  di  contatto;  le  ricerche  anatomo-patologiche,  ancora  al  loro  inizio,  ten- 
dono a  dimostrare  che  si  tratta  con  probabilità  di  una  affezione  di  sistemi  di  neu- 
roni corticali  forse  congenitamente  deboli  che,  aggrediti  da  una  causa  esterna  alla 
quale  non  sanno  opporre  valida  resistenza,  reagiscono  dapprima  in  qualche  modo 
dando  luogo  ai  quadri  iniziali  nei  quali  si  trovano  commisti  sintomi  di  difetto  con 
altri  di  eccitazione,  e  poscia  definitivamente  alterati  danno  gli  stati  più  avanzati 
nei  quali  sono  predominanti  i  sintomi  di  difetto  psichico.  Ma  per  ciò  che  riguarda 
l'eziologia  non  si  può  ammettere  che  le  cause  siano  sempre  le  stesse.  Il  fattore  pre- 
disponente può  da  caso  a  caso  variare,  di  maggiore  o  minore  intensità  ed  estensione 
può  essere  la  lesione,  ma  le  cause  endogene  ed  esogene  sono  con  probabilità  di  diffe- 
rente natura  ed  efficacia. 

L'ultimo  capitolo  quello  dei  Problemi  Pratici  è  quello  che  interessa  più  da 
Ticino  anche  i  profani.  Vi  è  sostenuta  la  necessità  dei  miglioramenti  dei  manicomi. 


V)4  Rivista  di  Patologia  nervosa  v,  mentale 


della  laicizzazione  del  personale  di  assistenza,  della  istituzione  di  piccoli  istituti 
circondariali  per  T  accettazione  dei  malati  nuovi  e  la  cura  di  quelli  acuti. 

Ma  oltre  alla  cura  qui  come  in  altri  campi  si  impone  di  pensare  alla  profilassi: 
contro  l'alcoolismo  e  la  pellagra  dovrebbero  essere  diretti  sforzi  concordi  e  vigili; 
degna  di  molta  considerazione  è  Tapplicazione  della  profilassi  tiroidea  contro  il  cre- 
tinismo endemico,  profilassi  che  viene  già  tentata  in  altri  stati,  p.  es.  in  Austria, 
dove  Tesperienza  ne  ha  dimostrata  Tefficacia  e  la  facile  attuabilità. 

Un  problema  pratico  attinente  alla  psichiatria  è  quello  che  si  riferisce  ai  rap- 
porti tra  delitto  e  malattie  mentali,  quindi  VA.  lo  tratta  nel  suo  ultimo  paragrafo 
mettendo  in  rilievo  le  esagerazioni  di  alcune  scuole,  specie  di  quella  antropologica, 
e  facendo  anche  notare  come  molte  questioni  si  riducano  in  fondo  a  divergenze,  fa- 
cilmente eliminabili,  di  terminologia. 

*  * 

Le  più  ardue  controversie  si  trovano  riassunte  in  questo  libro  con  forma  lim- 
pida, piana  e  soprattutto  serena;  sintesi  succose  su  vari  argomenti  danno  al  lettore 
un  concetto  chiaro  dello  stato  presente  delle  varie  indagini  che  alla  psichiatria  di 
necessità  si  connettono  ;  ipotesi  non  inutili,  né  inverosimili,  anzi  utilissime  per  la 
compressione  di  molti  fatti  illuminano  con  potente  originalità  nuove  vie  d'indagine, 
che  saranno  certamente  t  fruttuosamente  percorse. 

O.  Rossi. 

().  G.  Deny  et  A.  Barbe,  Lésions  Syringomyéliques  cliez  une  catatonique.  — 
<  Encéphale  »,  n.  9,  1907. 

Joffroy  e  Gombault,  Redlich,  P.  Marie  e  Guillaim,  Dupré  e  Camus 
ed  altri  hanno  già  fatto  rilevare  in  varie  pubblicazioni  come  non  sia  rara  la  con- 
comitanza di  psicopatie  e  di  lesioni  midollari.  Gli  AA.  illustrano  un  altro  di  questi 
casi.  Si  tratta  di  una  donna  con  spiccata  tara  ereditaria,  la  quale  da  sette  anni  pre- 
sentava il  quadro  tipico  d'  una  demenza  catatonica.  Quantunque  il  negativismo  ed 
il  mutacismo  dell'  ammalata  presentassero  un  grave  ostacolo  all'  esame  somatico,  gli 
AA.  poterono  accertarsi  che  la  forza  ed  il  volume  muscolare  erano  normali,  i  riflessi 
tendinei  vivaci,  che  gli  eccitamenti  cutanei  erano  avvertiti,  che  le  pupille  erano  sim- 
metriche e  reagenti,  che  non  esisteva  nistagmo,  né  fenomeno  di  Babinski,  né  clono 
del  piede.  L'  ammalata  morì  in  stato  di  grave  cachessia  presentando  negli  ultimi  tempi 
una  spiccata  rigidità  muscolare.  All'  esame  anatomo-istologico  si  riscontrò  una  notevole 
asimmetria  della  sostanza  grigia  midollare,  dovuta  ad  anomalia  congenita,  nella  re 
gione  cervico-dorsale.  Allo  stesso  livello  incominciava,  nella  commessura  grigia  po- 
steriore, una  cavità  di  forma  e  dimensioni  variabili,  che  si  estendeva  sino  al  midollo 
lombare  e  si  confondeva  poi  col  canale  dell' ependima.  Le  pareti  di  questa  cavità 
non  erano  completamente  ricoperte  da  epitelio  ependimale,  ma  in  molti  punti  solo 
da  tessuto  edematoso  di  nevroglia.  All'  intorno  della  cavità  esisteva  uno  spesso  strato 
di  nevroglia  che  si  infiltrava  nel  tessuto  nervoso  circostante.  Secondo  gli  AA.  la  ca- 
vità suddescritta  doveva  la  sua  origine  alla  fusione  centrale  di  questo  lungo  glioma. 
Sulla  patogenia  e  concomitanza  di  queste  forme  morbose  non  si  possono  avanzare 
che  ipotesi. 

Sandri, 


Ihkhiatiia  05 


7.  Boeere,    Psychosen  mit  Herderkrankungen,   —   «  Allgemeine   Zeitschrift  ftlr 

Psychiatrie  und  Psychisch-gericht.  Medizin  >,  Bd.  46,  H.  5,  1907. 

L'A.  riferisce  la  storia  clinica  e  il  reperto  anatomo-patologico  di  cinque  casi  di 
lesioni  cerebrali  a  focolaio,  in  cui  si  erano  manifestati,  durante  il  decorso  della  ma- 
lattia, dei  notevoli  disturbi  psichici:  nel  1°  caso  si  trattava  di  una  cisticercosi  cere- 
brale, nel  2"  e  nel  5**  di  un  glioma;  nel  S''  di  una  porencefalia,  nel  4°  di  un  sarcoma 
deir  ipofisi.  Lo  studio  di  questi  casi,  come  pure  quello  degli  altri  riferiti  nella  let- 
teratura, dimostrano  come  dalla  natura  dei  disturbi  psichici  non  si  possa  trarre  alcun 
aiuto  per  stabilire  la  sede  della  lesione  cerebrale.  I  disturbi  osservati  consistono  di 
solito  in  uno  stato  di  ottusità  mentale  che  ad  un  esame  poco  attento  potrebbe  simu- 
lare la  demenza,  ma  si  distingue  da  questa  perchè  il  difetto  intellettuale  non  è  reale, 
ma  solo  apparente,  come  ci  si  può  convincere  interrogando  con  insistenza  gli  amma- 
lati :  è  uno  stato  di  pseudo-demenza.  In  molti .  casi  di  tumori  cerebrali  sono  state 
osservate  anche  dell$  psicosi  vere  e  proprie,  le  quali  per  altro  potevano  rappresentare 
delle  coincidenze  morbose  accidentali.  Zalla. 

8.  Th.  Ziehen,  Psychiatrie.  —  «  Dritte  Auflage  ».   Un  voi.  in  8**  gr.  di  pag.  801, 

con  16  fig.  nel  testo  e  3  tavole.  —  S.  Hirzel,  Leipzig,  1908. 

Questa  terza  edizione,  che  ci  si  annunzia  come  completamente  rimaneggiata  e  conta 
una  cinquantina  di  pagine  più  della  seconda,  presenta  in  realtà  ben  lievi  modifica- 
zioni nei  suoi  particolari,  nessuna  nella  struttura  generale  del  libro.  Ciò  è  ben  note- 
vole, essendosi  l'A.  tenuto  fermo  ai  principi  che  sempre  lo  inspirarono,  e  che  lo  spin- 
gono a  guardare  la  psichiatria  da  un  punto  di  vista  generalmente  psicologico.  Veramente 
TA.  dice  di  attenersi  ad  un  principio  «  clinico  >  nel  modellare  i  suoi  quadri  noso- 
grafie!, ma  egli  ha  delle  predilezioni  tali  per  T  indirizzo  psicologico,  che  la  clinica 
per  luì  si  identifica  quasi  del  tutto  con  la  psicologia  patologica. 

Noi  non  siamo  entusiasti  di  quella  psichiatria  che  si  aggrappa  al  malato  e  col 
vecchio  mezzo  dell'osservazione  protratta  e  coi  nuovi,  ma  non  molto  fruttuosi,  espe- 
dienti della  psicologia  sperimentale  cerca  di  trovare  —  sempre  per  via  psicologica  — 
nuovi  criteri  nosografici  e  prognostici.  E  riconosciamo  d'altra  parte  che  le  induzioni 
sulla  patogenesi,  sull'eziologia  e  sull'anatomia  patologica  —  dalle  quali  la  psichiatria^ 
ha  molto  di  più  da  sperare  —  sono  oggi  appena  iniziate.  Ma  crediamo  ormai  passato 
il  tempo  in  cui,  volendo  raggruppare  e  classificare  gli  stati  psicopastici,  bisognava 
adottare  —  in  mancanza  di  meglio  —  un  unico  criterio,  magari  riconoscendone  aper- 
tamente l'artificiosità.  La  psichiatria  clinica  utilizzando  i  risultati  degli  studi  di 
laboratorio,  può  già  tentare  la  classificazione  naturale  e  mirare  alla  definizione  di 
vere  malattie  più  che  a  quella  di  sindromi  psicopatiche.  Gli  sforzi  diretti  in  questo 
senso  da  Kraepelin  dapprima,  e  ormai  con  lui  da  quasi  tutti  i  militanti  della 
psichiatria,  non  sono  stati  infruttuosi,  e  non  foss' altro  hanno  permesso  di  bandire 
dalla  nosografia   un   inutile  ciarpame  di  distinzioni  e  sottodistinzioni   sintomatiche. 

Insistere  ancora  nel  dare  un  assoluto  predominio  al  criterio  psicologico  è  dunque 
urmai  fuor  di  luogo,  e  nuoce  dal  punto  di  vista  didattico,  mostrando  agli  studenti 
una  psichiatria  artificiosa,  inferiore  a  quella  vera.  Non  è  certo  un  criterio  didattico 
opportuno  quello  che  spinge  a  trattare  separatamente  e  a  grande  distanza  degli  stati 
crepuscolari  epilettici,  della  costituzione  epilettica  e  della  demenza  epilettica,  mentre 
poi  non  8i  trova  in  alcun  parte  una  trattazione  approfondita  della  patogenesi  dell'epi- 


IH)  Rivista  di  Pa^jtoloia  mrvosa  e  mentale  -  Psichiatria 

lessìa,  del  suo  valore  sintomatico,  dei  suoi  rapporti  con  le  cerebropatie.  Lo  stesso 
criterio  permette  una  netta  separazione  della  mania  e  della  raelancolia  dalle  fonue 
periodiche  e  circolari  e  fa  creare  degli  «  stati  eknoici  »  tutte  le  volte  che  le  oscil- 
lazioni affettive  sono  accompagnate  da  disturbi  intellettuali.  E  non  si  dà  certo  un 
giusto  concetto  della  psichiatria  moderna  trattando  delle  cerebropatie  infantili  coi 
vecchi  clichés  dell'idiozìa,  dell' imbecillità  e  della  deficienza,  e  cacciandovi  dentro 
per  incidenza  e  in  poche  righe  il  cretinismo.  E  soltanto  adottando  un  sistema  artifi- 
cioso di  classificazione  può  succedere  che  in  un'  edizione  si  tratti  in  due  o  tre  pagine 
di  una  categoria  di  «  psicosi  composte  aperiodiche  »  (paranoia  secondaria  allucina- 
toria, stupore  postmaniaco  o  postmelan colico,  melancolia  ipocondrica  postneuraste- 
nica,  paranoia  semplice,  ipocondriaca,  postmelancolica,  ecc.),  che  nell'edizione  succes- 
siva —  per  fortuna  —  scompaiono  di  botto.  Possa  almeno  questa  scomparsa  preludere 
ad  altre  consimili  nelle  edizioni  future  ed  accennare  ad  un  riavvicinamento  alla 
corrente  odierna  unificatrice  della  psichiatria. 

Lugaro. 


NOTIZIE 


-  La  Società  Piemontese  d^  Igiene  nella  sua  seduta  del  1°  febbraio  1908  ha 
deliberato  di  indire  un  concorso  per  un  manualetto  di  Igiene  destinato  alle  scuole 
rurali,  di  non  oltre  50  pagine  di  stampa,  formato  16**.  Il  manoscritto  deve  essere 
consegnato  alla  Presidenza  della  Società,  Via  Po  18,  prima  del  31  dicembre  1908.  Il 
manualetto  sarà  giudicato  da  una  Commissione  composta  dal  Presidente  e  da  due 
membri  nominati  dalla  Assemblea  dei.  Soci.  Al  manoscritto  scelto  sarà  accordato  un 
premio  di  L.  400. 

La  Società  si  riserva  di  pubblicare  il  manualetto,  di  diffonderlo  nelle  scuole 
rurali.  Si  intende  che  l'autore  cederà  qualsiasi  suo  diritto  alla  stessa  Società.  I  mano- 
scritti non  premiati  saranno  restituiti  dietro  richiesta  ai  loro  Autori,  e  quando  non 
venissero  reclamati  dopo  tre  mesi  dal  giudizio  resta  inteso  che  la  Società  disporrà 
di  questi  nel  modo  che  crederà  migliore.  È  lasciata  facoltà  agli  Autori  di  segnare 
il  loro  nome  sul  manoscritto,  o  di  firmarlo  con  un  motto  ripetuto  sopra  una  busta 
chiusa  racchiudente  il  nome.  La  Commissione  giudicherà  i  manoscritti  ricevuti  non 
oltre  due  mesi  dal  termine  del  concorso,  riferendone  all'Assemblea  dei  Soci. 

—  Dal  3  al  9  dell'agosto  prossimo  avrà  luogo  in  Bigione  il  18°  Congresso  degli 
Alienisti  e  Neuropatologi  francesi,  al  quale  possono  partecipare  gli  studiosi  di  qua- 
lunque nazione.  Le  adesioni  e  la  tassa  (L.  10)  devono  essere  inviate  al  dott.  S.  Gamier, 
Médecin-Directeur  de  l'Asile  d'Aliénés  -  Dijon. 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.       Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patolopnefvosa  e  mentale 

OIBETTA  DA 

:m.  T^Nzi 

(viKRfXs) 

A.  TA3SJBTTEIIN1  S.  MORSXILLI 

(soma)  (osmota) 

E.   LUG-AJIO 

(modina) 


Redattori  t 

0.  BOSSI 

O.  8ANDRI    —    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Ammi/iiatrazione:  Prof.  TMZI,  Clinica  di  San  Sa/vi,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  Marzo  1908  Fase.  3 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Manicomio  provinciale  di  Cagliari 


Ricerche  urologriche  ed  ematologriehe  nei  psicopatici 

per  il  dott.  Q.  Scuma  Salaris,  libero  docente  e  direttore 


Ho  fatto  oggetto  delle  presenti  ricerche  lo  studio  delle  modificazioni  quan- 
titatiye  dei  globuli  bianchi  in  rapporto  delle  emazie  circolanti  nel  sangue  dei 
psicopatici  (epilettici,  amenti,  dementi,  paralitici,  frenastenici,  ecc.).  Ho  ricer- 
cato inoltre  il  tasso  emoglobinico  e  le  alterazioni  qualitative  degli  eritrociti, 
non  che  le  variazioni  nel  rapporto  numerico  fra  le  varie  specie  dei  globuli 
bianchi,  e  contemporaneamente  ho  raccolto  dai  rispettivi  soggetti  esaminati 
Purina  emessa  nelle  24  ore,  ricercandone,  oltre  alle  proprietà  fisiche,  i  clo- 
ruri, l'urea,  Tindacano,  la  diazoreazione,  l'albumina  e  lo  zucchero;  degli  epi- 
lettici inoltre  ho  raccolto  a  parte  la  prima  urina  eliminata  dopo  l'accesso 
del  male.  Devo  far  notare  che  non  in  ogni  coso,  nei  malati  agitati  od  inco- 
scienti, ed  anche  nei  deliranti  di  persecuzione,  è  slato  possibile  raccogliere 
tutta  l'urina  emessa  nelle  24  ore,  non  solo,  ma  talvolta  pur  di  averne 
la  quantità  sufficiente  per  l'analisi  ho  dovuto  ricorrere  al  cateterismo. 

Per  la  determinazione  del  tasso  emoglobinico  ho  adoperato  l'emometro  del 
Fleischl;  gli  eritrociti  venivano  numerati  con  l'apparecchio  di  Thoma,  ed 
i  globuli  bianchi  contati  simultaneamente  ed  a  parte,  usando  in  questo  caso 


98  G,  Sanila  Solaris 


l'apposita  pipetta,  nella  quale  venivano  disciolte  le  emazie  con  la  soluzione 
acetica;  il  dosaggio  dell'urea  veniva  fatto  con  l'apparecchio  di  Esbach;  la 
ricerca  quantitativa  dei  cloruri  secondo  il  metodo  di  Mohr;  dell'indacano 
usando  il  procedimento  di  Jaffè,  è  la  reazione  diazobenzoica  col  reattivo  di 
Ehrlich(l). 

Ho  preso  il  sangue  —  usando  tutte  le  precauzioni  consigliate  in  simili 
ricerche  —  la  mattina  prima  di  colazione,  tranne  che  per  gli  epilettici,  ai 
quali  l'esame  veniva  praticato  pure  durante  l'accesso,  epperò  in  qualunque 
ora  del  giorno,  e  su  soggetti  ai  quali  non  erano  stati  somministrati  farmachi 
capaci  di  apportare  modificazioni  nella  formula  emoleucocitaria  ;  nelle  donne 
poi  l'esame  non  veniva  praticato  nel  periodo  mestruale.  Ho  preferito  al  pol- 
pastrello del  dito  il  lobulo  dell'orecchio,  perchè  meno  dolorosa  l'incisione  fatta 
con  bisturi,  ed  il  sangue  veniva  lasciato  sgorgare  liberamente,  senza  alcun 
massaggio  o  compressione  della  parte,  lavata  in  precedenza  con  alcool  ed  etere. 

Ho  raccolto  il  sangue,  come  suggerisce  Grawitz(2),  direttamente  su  un 
vetrino  coprioggetti  che  ho  applicato  sulla  goccia  di  sangue  e  poscia  sovrap- 
posto su  di  altro  coprioggetti,  sostenuti  entrambi  con  pinzette;  allontanando 
rapidamente  per  strisciamento  i  due  vetrini  il  sangue  si  dispone  su  di  essi 
in  sottile  strato  che  rapidamente  si  essica  all'aria,  il  che  non  sempre  si  ottiene 
raccogliendolo  sul  portaoggetti,  come  usa  praticare  Schleip(3). 

Come  mezzi  di  fissazione  ho  adoperato  il  liquido  di  Nikiforow,  o  la 
fissazione  a  secco  —  secondo  Éhrlich  —  sulla  lamina  di  rame  (4);  la  nume- 
razione delle  varie  specie  dì  globuli  bianchi  è  stata  fatta  su  preparati,  l'uno 
—  per  il  rilievo  delle  granulazioni  neutrofile  ed  acidofile,  dei  linfociti  e  dei 
mononucleati  —  colorato  preferibilmente  con  la  soluzione  di  Jenner,  ovvero 
con  quella  di  Leishman  o  di  May  Grilnwald;  l'altro  con  l'eosina-ematos- 
silina  di  Ehrlich  per  un  più  chiaro  rilievo  dei  nuclei,  ed  un  terzo  preferi- 
bilmente col  bleu  policromo  di  Unna  o  con  la  soluzione  di  Gìemsa,  anziché 
col  triacido  di  Ehrlich  per  le  granulazioni  basofile  ;  la  formula  leucocitaria 
era  desunta  dal  confronto  e  dal  risultato  del  conteggio  dei  singoli  preparati 
colorati  nei  modi  su  esposti,  avvertendo  che  per  la  classifica  dei  globuli  bianchì 
ho  seguito  il  Lazarus  (5). 

Di  ogni  soggetto  studiato  ho  fatto  in  generale  non  meno  di  cinque  saggi 
di  sangue  e  dì  urina;  dì  molti  ho  ripetuto  il  doppio  esame  a  più  o  meno 
lunghi  intervalli  di  tempo  perfino  15  a  20  volte,  secondo  che  l'afl'ezione  men- 
tale decorreva  cronicamente,  ovvero  si  avevano  dei  brevi  e  ripetuti  periodi  dì 
remissione  ;  sugli  epilettici  poi  gli  esami  furono  saltuariamente  praticati  nei 
periodi  ìntervallarì  fra  un  accesso  e  l'altro  e  durante  la  crisi  di  grande  o  pic- 
colo male,  e  ripetuti  nei  giorni  consecutivi  ad  essa,  e  talora  —  caso  raro  e 
fortunato  —  qualche  secondo   prima  dello  scoppio  di  un  attacco   convulsivo. 

Ometto  le  storie  cliniche  dei  singoli  ammalati  e  i  dati  numerici,  limi- 
tandomi a  riassumere  le  deduzioni  che  se  ne  possono  trarre. 

Psicosi  da  tossinfezione,  —  Frenosi  setisoria,  —  I  dati  che  si  ricavano 
dall'esame  di  dodici  casi  possono  essere  compendiati  nel  modo  seguente: 


Ricerche  urologiche  ed  ematologiche  nei  psicopatici  99 

1^  Air  inizio  della  psicosi  da  tossinfezione  la  ricchezza  globulare  non 
discende  che  licTemente  al  disotto  della  norma;  cospicuo  abbassamento  nel 
contenuto  in  emoglobina  si  ha  inyece  nel  fastìgio  della  malattìa,  nella  quale 
fase  coesìste  in  generale  una  diminuzione  numerica  degli  eritrociti,  che  può 
discendere  a  cifre  assai  basse,  e  protrarsi  a  lungo  nei  casi  ad  esito  infausto. 
L'olìgocromemìa  e  l'oligocitemiasono  ancora  sensibili  all' afTaccìarsi  della 
convalescenza,  e  l'aumento  numerico  delle  emazie  e  l'innalzamento  del  tasso 
emoglobinico  seguono  di  pari  passo  l'andamento  benigno  della  malattia,  e  si 
arrestano  e  ridiscendono  ancora,  quando  il  miglioramento  non  è  progressivo  o 
si  è  avuta  una  ricaduta,  e  riprendono  la  via  ascendente  fino  a  raggiungere  ed 
anche  sorpassare  di  poco  le  cifre  normali,  quando  l'affezione  è  avviata  sta- 
bilmente verso  la  guarigione. 

2®  Gli  eritrociti  non  presentano  —  meno  in  quei  casi  nei  quali  si 
appalesa  una  forte  anemia,  ed  allora  le  alterazioni  sono  dovute  a  questa  con- 
comitanza —  modificazioni  rilevanti  di  forma,  dì  volume,  di  struttura,  di  colo- 
rabilità.  L'anisocìtemia  è  bensì  frequente,  ma  non  cospicua;  più  rara  ancora 
è  la  poichìiocitosi,  e  del  tutto  eccezionale  è  il  rinvenire  qualche  erìtrocìto 
che  tinto  colla  tionìna  o  col  bleu  dì  metilene  mostri  delle  granulazioni  basofile. 

3*  In  tutto  il  decorso  dell'affezione  psicopatica,  a  preferenza  nei  casi 
cronici  accompagnati  da  forte  anemia,  non  è  difficile  riscontrare  dei  mielociti 
0  grandi  mono,  ripieni  di  granulazioni  neutrofile,  e  ciò  a  fianco  di  qualche 
mègaloblasto  e  dì  piastrine,  numerosissime  queste  nella  fase  iniziale  della 
malattia. 

4*"  L'inizio  della  psicopatia  è  accompagnato  il  più  delle  volte  da  un 
aumento  notevole  del  numero  dei  globuli  bianchi,  tanto  più  rilevante,  quanto 
più  grave  e  di  lunga  durata  è  l'affezione  mentale.  L'iperleucocitosi  scompare 
coli' affacciarsi  della  convalescenza  e  ricompare  nelle  ricadute;  la  leucopenia 
si  è  osservata  assai  dì  rado,  ed  in  modo  del  tutto  transitorio. 

5**  La  formula  leucocitaria  h  modificala  nel  decorso  della  psicosi;  talora 
sì  osserva  il  caso  del  ristabilirsi  deirequilibrìo  leucocitario,  pur  stazionarie  o 
quasi  restando  le  manifestazioni  psicopatiche;  affatto  eccezionale  è  il  feno- 
meno opposto. 

L'inizio  della  psicosi,  come  pure  le  ricadute,  sono  caratterizzate  dalla 
iperleucocitosì  neutrofila,  la  quale  può  raggiungere  cifre  elevale  (93,  Vj^)^ 
mentre  i  linfociti  possono  ridursi  ad  Vis  del  normale  (4,  Vj^).  Tale  iperleu- 
cocitosì è  sempre  formata  quasi  esclusivamente  da  leucociti  adulti,  a  nucleo 
polimorfo. 

A  questa  leucocitosi  neutrofila,  in  più  o  meno  breve  spazio  di  tempo  —  in 
ragione  diretta  della  resistenza  organica,  ed  a  seconda  della  prognosi  più  o  meno 
favorevole  —  tiene  dietro  una  mononucleosi,  specialmente  una  lìnfocitosi, 
cosicché  la  leucopenia  neutrofila  può  toccare  cifre  bassissime  (267o\  mentre 
i  mononucleati  ed  i  linfociti  possono  subire  modificazioni  quantitative  tali  da 
portare  il  loro  numero  al  doppio  e  quasi  al  triplo  del  normale.  Essi  sono  più 
0  meno  grossi,  con  protoplasma  ora  scarso,  ora  abbondante. 


100  G.  Sanim  Solaris 


L'aumento  nel  sangue  circolante  delle  forme  giovani  appare  quindi  tar- 
divamente nel  decorso  della  psicopatia,  e  sono  specialmente  i  linfociti  che 
allora  aumentano  sensibilmente,  mentre  in  tenue  misura  crescono  pure  le 
forme  di  transizione. 

I  neutrofili  in  una  fase  avanzata  della  malattia,  e  specialmente  quando 
vi  ha  tendenza  alla  cronicità,  presentano  una  notevole  varietà  d'alterazioni 
nucleari  che  stanno  a  denotare  la  vecchiaia  fisiologica  degli  stessi  nuclei. 
Questi  infatti  appaiono  lobati,  frammentati  in  parecchi  nuclei  -staccati  e  disposti 
a  catena,  ad  anello,  o  riuniti  da  un  sottile  ponticello;  talora  si  osserva  la 
picnosi  del  nucleo,  caratterizzata  da  frammentazione  di  esso  in  un  gran  numero 
di  granuli  isolati,  e  fortemente  tingibili. 

6°  Un  fenomeno  costante  è  la  scomparsa  degli  elementi  eosinofili  nella 
fase  acuta  della  psicosi,  e  la  loro  ricomparsa  nella  fase  di  defervescenza  nella 
quale  le  cellule  acidofile  possono  raggiungere  rapidamente  percentuali  relati- 
vamente elevate  (16,7),  per  poi  gradatamente  e  lentamente  scendere  fino  alla 
norma  nei  casi  ad  esito  favorevole.  Il  brusco  abbassamento  numerico  delie 
cellule  eosinofile,  dopo  il  loro  riapparire  nel  sangue,  e  soprattutto  la  nuova 
loro  scomparsa,  denotano  il  riacutizzarsi  del  processo  tossinfettivo. 

Nell'eosinofilia,  accanto  alle  cellule  giovani,  vigorose,  a  protoplasma  gra- 
nuloso, se  ne  rinvengono  altre  diverse  per  morfologia  e  per  varia  affinità  alle 
sostanze  coloranti  acide,  il  cui  protoplasma  si  appalesa  poco  diflerenziato  e 
meno  tingibile  con  i  colori  acidi  (pseudoeosinofili).  Per  contrario  sonvene  altre 
le  quali  presentano  il  protoplasma  sparpagliato  irregolarmente  attorno  ad  uno 
0  più  nuclei,  i  cui  granuli  protoplasmatici  mostrano  anche  essi  varia  affiniti) 
per  le  sostanze  coloranti;  altre  cellule  poi  mostrano  nel  corpo  cellulare  ed 
anche  nei  nuclei  degli  spazi  chiari,  dei  vacuoli  (tav.  2*,  fig.  4). 

7"^  I  dati  urologici  sono  anche  essi  abbastanza  costanti  come  gli  ema- 
tologici; la  policitemia,  che  si  riscontra  nel  corso  dell'affezione,  coincide  con 
un'abbondante  secrezione  urinaria,  ed  è  quindi  da  mettersi  in  relazione  con 
uno  stato  transitorio  di  diminuzione  della  parte  acquosa  del  sangue. 

I  cloruri  sono  in  generale  abbondanti  al  manifestarsi  della  malattia  e 
durante  la  convalescenza;  nell'acme  discendono  al  disotto  della  norma  fino 
ad  aversi  talvolta  l'acloruria;  col  ritorno  allo  stato  normale  scompare  la  lieve 
ipercloraria  che  accompagnava  la  convalescenza. 

L'urea  eccezionalmente  raggiunge  il  tasso  fisiologico,  o  di  poco  lo  sor- 
passa nei  primordi  della  psicosi;  col  progredire  del  morbo  la  cifra  si  abbassa 
sino  a  riscontrarsi  nell'urina  la  metà  dell'urea  che  si  ha  in  condizioni  fisio- 
logiche; coir  affacciarsi  della  convalescenza  e  col  ripristinarsi  dello  stato  nor- 
male la  secrezione  dell'urea  tende  a  raggiungere  il  tasso  fisiologico. 

Demenza  paralitica,  —  Se  da  soli  tre  casi  esaminati  —  i  soli  esistenti 
era  360  ricoverati  —  mi  fosse  consentito  di  trarre  delle  conclusioni,  queste 
potrebbero  essere  cosi  formulale  : 

i"*  Nel  secondo  periodo  della  paralisi  generale  e  nella  fjise  di  remis- 
sione il  tasso  emoglobinico  non  è  molto  basso. 


Ricerche  urologiche  ed  ematologiche  nei  psicopatici  lOi 

2**  li  rapporto  percentuale  fra  globuli  rossi  e  bianchi  non  è  alterato, 
mentre  lo  è  nella  fase  terminale  per  la  tendenza  alla  leucocitosi. 

3**  1  poHnucleati  neutrofili  sono  numericamente  normali  ;  gli  eosinofili 
lievemente  al  di  sopra  della  norma,  assenti  talvolta  ;  i  mononucleati  sono 
aumentati  di  numero  ;  in  proporzioni  fisiologiche  o  appena  al  disotto  della 
norros  rìnvengonsi  i  linfociti. 

Nella  fase  terminale  al  contrario  i  polinucleati  sono  diminuiti  di  numero, 
ed  aumentati  i  linfociti,  mentre  non  subiscono  rilevanti  modificazioni  quanti- 
tative le  altre  varietà  leucocitarie. 

Epilessia.  —  Riepilogando  i  risultati  ottenuti  in  tredici  osservazioni,  si 
ha  quanto  segue  : 

Sotto  l'accesso  convulsivo  o  immediatamente  dopo  si  osserva  diminuzione 
più  0  meno  notevole  del  tasso  emoglobinico,  tuttoché  si  riscontri  il  più  delle 
volte  aumento  numerico  degli  eritrociti  nella  unità  di  volume  ;  in  altri  ter- 
mini, la  ricchezza  globulare  può  talvolta  essere  alquanto  diminuita,  mentre  lo 
è  discretamente  e  sempre  il  valore  globulare. 

Sotto  l'accesso  e  subito  dopo  v'ha  aumento  costante  di  globuli  bianchi, 
i  quali  alla  distanza  di  otto  ore,  e  sopratutto  24  ore  dopo  la  crisi,  già  sono 
assai  scemati  di  numero,  per  risalire  gradatamente  nel  secondo  e  terzo  giorno 
dopo  l'accesso,  senza  però  che  venga  raggiunto  il  grado  di  iperleucocitosi  che 
si  nota  sotto  le  crisi  convulsive. 

La  formula  leucocitaria  subisce  anche  essa  modificazioni  degne  di  nota. 
L'avvicinarsi  immediato  di  un  attacco  di  convulsione  è  contrassegnalo  da  mar- 
cata diminuzione  numerica  dei  polinucleati  neutrofili,  e  dei  mononucleati; 
identico  risultato  dà  l'esame  emalologico  praticato  durante  le  crisi  convulsive, 
0  appena  esse  sono  cessate.  L'indomani  della  crisi,  od  anche  prima  delle  suc- 
cessive 24  ore,  l' ipoleucocitosi  neutrofila  tende  progressivamente  a  diminuire, 
cosicché  verso  il  -terao  giorno  i  neutrofili  hanno  raggiunto  la  percentuale  nor- 
male —  mentre  i  mononucleati  l' hanno  di  gran  lunga  superata  —  per  poi 
ridiscendere  al  disotto  della  norma  all'approssimarsi  di  un  nuovo  attacco. 

I  linfociti  seguono  un  movimento  diametralmente  opposto  a  quello  tenuto 
dai  neutrofili  :  cioè  numericamente  aumentano  immediatamente  prima^  durante 
0  dopo  gli  attacchi  convulsivi,  per  diminuire  progressivamente  sino  alla  norma 
nei  giorni  successivi. 

Nel  sangue  degli  epilettici  circola  un  numero  di  cellule  eosinofile  supe- 
riore al  normale.  A  misura  che  si  approsima  una  crisi  convulsiva  gli  eosinofili 
circolanti  si  rendono  assai  spesso  più  scarsi,  e  T ipoeosinofilìa  assoluta  si  appa- 
lesa più  spiccata  sotto  l'attacco  convulsivo,  o  appena  cessata  la  crisi.  Alla 
distanza  di  molte  ore  dall'  accesso,  e  sopralulto  al  termine  di  24  ore,  si  nota 
la  percentuale  più  forte  di  eosinofili,  e  questa  ipereosinofilia  si  mantiene 
ancora,  ma  in  proporzione  minore,  nei  giorni  successivi  alla  crisi  fino  al  terzo, 
quarto  giorno. 

A  fianco  di  queste  modificazioni  quantitative  nella  formula  emoleucoci- 
taria,  si    riscontrano  nel  sangue  degli  epilettici  svariate  alterazioni  di  struttura 


102  G.  Sanm  Salaris 


rìfletlenti  tanto  i  globuli  rossi  che  i  bianchi.  Infatti  si  osservano  piastrine  più 
numerose  ed  in  modo  più  costante  alla  distanza  di  parecchie  ore  dall'accesso 
che  non  sotto  la  crisi  convulsiva;  eosinofili  a  protoplasma  sparpagliato  ;  qual- 
che erilrocito  nucleato,  grosso  il  doppio  del  normale  (megaloblasto),  con  nucleo 
centrale  poco  colorato;  qualche  raro  linfocito,  con  protoplasma  sparpaglialo; 
finalmente  si  osservano  numerosi  mielocitì,  qualcuno  a  protoplasma  neutrofilo. 

L'analisi  della  urine  mostra  che  i  cloruri  sono  per  lo  più  in  diminu- 
zione nell'urina  emessa  dopo  1.' attacco  convulsivo  ;  l'urea,  al  contrario,  è  in 
aumento;  un  comportamento  inverso  invece  hanno  questi  due  componenti 
all'esame  dell'urina  emessa  in  un  periodo  di  tempo  lontano  dagli  accessi; 
allora  i  cloruri  sono  in  aumento,  e  l'urea  in  diminuzione. 

Demenza  precoce,  —  Nelle  forme  croniche  della  demenza  ebefrenica  e 
paranoide  (sei  osservazioni)  non  si  hanno  modificazioni  rilevanti  della  formula 
emoleucocitaria  ;  non  è  cosi  nella  forma  catatonica.  All'  apparire  infatti  della 
sindrome  catatonica,  sia  essa  sotto  forma  di  stupore  o  di  agitazione,  ho  riscon- 
tralo nei  tre  casi  studiati  marcata  iperleucocilosi  che  persisteva  lungo  il  decorso 
della  malattia  e  subiva  oscillazioni  parallele  all'  imponenza  della  sintomatologia. 

Nello  stupore  catatonico  ho  rilevato  inoltre  polinucleosi  neutrofila;  linfo- 
citosi  al  contrario  nella  varietà  agitata  ;  in  quello  accentuata  mononucleosi, 
ed  in  un  caso  costante  e  spiccata  eosinofilia  ;  nella  varietà  agitata  i  mono- 
nucleali  sono  al  disotto  della  norma  e  gli  eosinofili  ora  scomparsi,  ora  nume- 
ricamente quadruplicati;  il  lasso  dei  cloruri  basso  nello  stupore  catatonico, 
elevalo  nella  varietà  agitala,  mentre  l'urea  ha  un  comportamento  inverso. 

Nell'acme  della  forma  catatonica  stuporosa  ho  verificato  nei  globuli  bianchi 
le  modificazioni  più  gravi  di  struttura,  sia  nucleari  che  protoplasmatiche.  1 
nuclei  infatti  dei  neulrofili  sono  frammentali  in  quattro,  talora  sei  parli, 
disposti  ora  a  catena,  ora  ad  anello,  ora  raggruppali,  ora  riuniti  da  esile 
ponticello. 

Nella  fase  eosinofila  non  è  raro  di  rinvenire  molti  eosinofili  in  via  di 
degenerazione,  taluno  grosso  sei,  otto  volte  un  erilrocito,  con  granulazioni 
sparpagliale  e  fra  di  esse  uno  o  più  nuclei  disposti  irregolarmente. 

Nel  periodo  di  defervescenza,  sempre  nello  stupore  catatonico,  gli  eosi- 
nofili sono  in  sensibile  diminuzione,  ma  in  essi  è  apparso  un  nuovo  feno- 
meno. Il  loro  citoplasma  mostra  dei  vacuoli,  varii  per  numero  e  dimensioni, 
di  cui,  solamente  in  casi  eccezionali,  vedesi  taluno  anche  sopra  una  parte  di 
un  nucleo  o  dei  nuclei.  Inoltre  lo  slesso  citoplasma  è  in  qualche  punto  della 
periferia  corroso,  ovvero  è  attornialo  da  un  alone  —  il  quale  eccezionalmente 
è  completo,  il  più  delle  volte  occupa  Vs  o  poco  più  di  tutta  le  periferia  cel- 
lulare —  di  protoplasma  colorato  intensamente  dalle  sostanze  basiche.  Tale 
vacuolizzazione  citoplasmatica  e  nucleare,  come  la  reazione  basica  di  una  parte 
—  la  periferica  —  del  protoplasma,  si  nota  esclusivamente  negli  eosinofili,  e 
ne  vanno  alfalto  immuni  le  altre  specie  polinucleari. 

Cessala  la  sindrome  catatonica,  scompaiono  le  alterazioni  suddescrilte,  e 
(li  patologico  non  si  rinviene  che  qualche  linfocito  con  nucleo  bipartito. 


fìwerche  urologiche  ed  ematotogiche  nei  psicopatici  iÓ3 

Frenastenie.  —  In  questo  gruppo  di  anomalie  degenerative  (imbecillismo, 
idiozia  volgare  e  cerebroplegica)  non  si  hanno  alterazioni  rilevanti  nella  for- 
mula emoleucocitaria,  come  non  se  ne  hanno  nel  tasso  dell'emoglobina.  Talora, 
è  vero,  riscontrasi  aumento  numerico  dei  polinucleati,  che  va  di  pari  passo 
con  quello  degli  eosinofili,  ma  questo  fenomeno  è  del  tutto  transitorio  ed 
insignificante. 

Anche  l'analisi  delle  urine  non  rivela  nulla  di  speciale,  astrazione  fatta 
da  una  cresciuta  eliminazione  dei  cloruri  (dovuta  all'abbondante  nutrizione 
di  questi  soggetti)  alla  quale  non  sempre  corrisponde  una  proporzionale  elimi- 
nazione di  urea. 

È  certamente  degno  di  nota  il  fatto  che  in  queste  forme  degenerative 
(ma  non  esclusivamente  in  esse)  è  stata  rinvenuta  la  presenza  di  elementi 
che  nel  sangue  normale  mancano  o  non  si  trovano  in  cosi  forte  proporzione, 
alludo  cioè  ai  mielociti  neutrofili,  ai  polinucleati  basofili  a  nuclei  vacuoli- 
formi,  ai  mielociti  eosinofili,  agli  eritrociti  ripieni  di  granulazioni  basofìle, 
cosi  frequenti  questi  nltimi  nelle  anemie  e  in  ispecie  negli  avvelenamenti  da 
piombo. 

All'oligocitemia  ed  all'oligocromcmia,  che  si  riscontrano  nelle  psicopatie 
oggetto  del  presente  studio,  e  sopratutto  fin  dall'  inizio  delle  psicosi  da  tossin- 
fezione e  che  sono  più  accentuate  all'acme  di  esse,  va  attribuito  il  significato 
di  un'azione  nociva  esercitata  sulla  produzione  ed  il  regolare  sviluppo  dei  cor- 
puscoli rossi  del  sangue,  i  quali  inoltre  non  sono  provveduti  di  quella  quantità 
di  emoglobina  che  allo  stato  fisiologico  posseggono. 

L'aumento  numerico  dei  globuli  bianchi  del  sangue,  che  si  verifica  in  ragione 
diretta  della  gravità  di  ogni  tossinfezione,  rappresenta,  secondo  Leube  (6), 
un  meccanismo  di  difesa  dell'organismo  contro  qualsiasi  causa  morbosa,  giacché 
dall'insieme  delle  ricerche  di  Maurel(7)  sembra  risultare  che  le  azioni  tos- 
siche nocive  si  esercitano  sull'organismo  per  il  tramite  dei  leucociti  e  che 
vi  ha  una  relazione  diretta  fra  la  morte  di  questi  e  quella  dell'organismo. 

Oltre  alle  variazioni  nel  numero  dei  globuli  bianchi,  sia  assoluto  che  rela- 
tivo per  rispetto  ai  globuli  rossi,  si  hanno  pure  modificazioni  qualitative,  nella 
proporzione  cioè  percentuale  fra  i  singoli  tipi  di  globuli  bianchi,  vale  a  dire 
iperleucocitosi  neutrofila,  assenza  di  cellule  eosinofile,  linfocitosi,  eosinofilia. 
Secondo  Bezancon  la  leucocitosi  neutrofila,  che  si  osserva  all'inizio  di  ogni 
infezione  banale  o  specifica,  al  momento  di  ogni  poussée  evolutiva  di  qualsiasi 
infezione  cronica,  e  finalmente  durante  tutto  il  decorso  dell'infezione  dovuta 
ai  germi  autoctoni,  appare  come  la  reazione  messa  in  giuoco  dall'organismo 
ogniqualvolta  un'infezione,  per  la  sua  acuità,  necessita  uno  sforzo  precoce  e 
rapido.  Ma  questa  reazione  iniziale,  la  polinucleosi,  sufficiente  nelle  infezioni 
superficiali  dovute  a  germi  poco  resistenti,  si  mostra  insufficiente  quando  trat- 
tasi di  sbarazzare  l'organismo  da  germi  più  resistenti,  che  offrano  maggiore 
difficoltà  alla  loro  distruzione. 

La  polinucleosi  cede  allora  il  posto  alla  mononucleosi,  reazione  questa 
più  lenta  a  prodursi,  ma   più  duratura,  la  sola  capace  di  trionfare  di  un'in- 


104  fi.  Sauna  Salaris 


fezione  profonda  e  di  assicurare  la  distruzione  dei  germi  resistenti.  Si  sa  infatti 
che  i  mononucteati  rappresentano  le  forme  giovanili,  vigorose  della  cellula 
bianca,  all'opposto  dei  polinucleati  che  ne  rappresentano  la  forma  adulta  e 
vecchia  ;  nel  primo  caso  quindi  l'organismo  reagisce  vigorosamente  e  combatte 
l'infezione  con  mezzi  potenti  e  tali  da  assicurargli  la  vittoria;  nel  secondo 
caso  invece  le  forze  che  entrano  in  campo  sono  fiacche  ed  insufficienti  a  debel- 
lare il  nemico. 

La  comparsa  adunque  della  mononucleosi  ha  un  valore  prognostico  impor- 
tante, giacché  essa  denota  che  l'organismo  va  acquistando  l'immunità  di  fronte 
all'infezione  ed  essa  sarà  solida  e  persistente,  e  l'avviamento  alla  guarigione 
sarìi  sicuro  quando  la  mononucleosi  si  manifesta  precocemente,  ed  in  modo 
intensa  e  duratura;  mentre  al  contrario  l'immunità  è  debole  e  passeggera,  e 
la  convalescenza  è  ancora  lontana,  allorquando  la  mononucleosi  è  tardiva,  lieve 
e  transitoria,  poiché  prevale  l'opinione  che  accorda  ai  mono  (macrofagi)  una 
funzione  fagocitica  assai  più  forte  che  non  ai  neutrofili  (microfagi),  e  si  attri- 
buisce inoltre  ai  primi  la  capacità  di  produrre  le  antitossine,  cosi  necessarie 
per  l'immunità  dell'organismo. 

L'aumento  numerico  dei  globuli  bianchì  del  sangue  dipende  da  cresciuta 
loro  produzione  da  parte  degli  organi  emopoietici  (milza,  gangli  linfatici,  mi- 
dollo delle  ossa),  ovvero  da  diminuzione  di  quei  processi  distruttivi  cui  queste 
cellule  vanno  soggette  durante  tutta  la  vita  fisiologica  dì  un  individuo?  Non 
è  facile  affermare  con  sicurezza  se  dipendano  da  questa  o  da  quella  causa  le 
variazioni  quantitative  dei  globuli  bianchi,  e  tanto  meno  facile  é  dare  una 
spiegazione  sicura  sulla  causa  dello  spiccato  aumento  proporzionale  in  primo 
tempo  dei  leucociti  neutrofili  sui  mono  e  sui  linfociti,  e  poscia  di  questi  sui 
primi.  Sì  potrebbe  pensare  anzitutto  che  ciò  fosse  la  conseguenza  della  cre- 
sciuta loro  produzione  nel  midollo  delle  ossa,  rimanendo  invariata  la  cifra  dei 
linfociti  generati  nel  tessuto  linfatico  del  corpo  e  nel  tessuto  adenoide  del 
midollo  osseo,  ovvero  che  le  variazioni  numeriche  nel  rapporto  fra  le  differenti 
forme  di  globuli  bianchi  dipendano  dalla  forte  diminuzione  di  produzione 
dei  linfociti,  cioè  che  il  relativo  aumento  dei  polinucleati  sia  dovuto  alla 
persistenza  invariata  della  loro  produzione  nel  midollo  osseo,  mentre  è  dimi- 
nuita la  produzione  dei  linfociti  negli  organi  linfatici.  Contro  tale  spiegazione 
sta  il  fatto  che  nell'inizio  delle  psicosi  tossinfettive,  per  esempio,  circola 
nel  sangue  un  numero  di  cellule  bianche  superiore  alla  norma,  il  che  si 
desume  pure  dall'osservazione  del  rapporto  numerico  fra  globuli  rossi  e 
bianchi,  cosicché  le  variazioni  quantitative  di  questi  ultimi  rappresentano  la 
conseguenza  dì  un  disordine  nella  loro  genesi,  dovuto  ad  una  causa  morbosa 
specifica  la  quale  eccita  un'abnorme  iperattività  formativa  nei  tessuti  emato- 
poietici del  corpo,  e  specialmente  quella  che  riguarda  la  neoproduzione  dei 
leucociti.  In  conseguenza  di  ciò  avviene  un'enorme  invasione  dì  globuli  bianchi 
nel  sangue  (leucocitosi),  ora  con  la  varietà  linfocìtica  (linfocitosi),  ora  con  la 
leucocitica  e  con  le  loro  forme  mature  ed  immature  (leucocitosi  neutrofila)  (3) 
dovuta  all'azione  chemiotattica  dei  batteri  e  dei  loro  prodotti  di  ricambio,  tos- 


Ricerche  urologiche  ed  ematologi^he  nei  psicopatici  105 

sìne  e  nucieoproteidi,  che  sono  in  grado  di  attirare  mediante  stimoli  chimici 
i  globuli  bianchi  ammassati  negli  organi  ematopoietici  (chemiotassi  positiva), 
ovfero  di  respingerli  (chemiotassi  negativa),  cosicché  ne  resta  diminuito  il 
loro  numero  circolante  nel  sangue,  mentre  poi  si  danno  sostanze  che  influi- 
scono in  modo  chemiotattico  positivo  solamente .  per  una  varietà  di  globuli 
bianchi  (i  polinucleati  neutrofili,  per  es.),  mentre  restano  indifferenti  per  tutte 
le  altre,  o  magari  agiscono  su  queste  ultime  in  senso  chemiotattico  nega- 
tivo (5). 

Ma  l'aumento  numerico  dei  globuli  bianchi  nel  sangue  può  avere  per  sé 
un'altra  genesi:  la  diminuzione  cioè  di  quéi  processi  distruttori  cui  queste 
cellule  vanno  soggette  durante  tutta  la  vita  fisiologica  di  un  individuo,  ed 
a  ciò  sarebbe  collegato  il  fatto  della  frammentazione  eccessiva  dei  nuclei 
(v.  tav.  I,  fig.  1)  in  parecchi  nuclei  staccati  che  ne  denotano  la  vecchiaia 
fisiologica,  al  pari  della  loro  vacuolizzazione  e  di  quella  del  protoplasma  cel- 
lulare (V.  fig.  2). 

11  Lustig(8)  attribuisce  una  grande  importanza  nel  ricambio  materiale 
alle  sostanze  che  appariscono  come  granulazioni  della  cellula  eosinofìla,  la 
quale  scompare  dal  circolo  all'inizio  di  ogni  tossinfezione,  e  ricompare  in 
una  percentuale  più  o  meno  forte  alla  fase  terminale  di  tutte  le  reazioni 
leucocitarie  tipiche  ;  epperò  all'eosinofilia  si  dà  il  valore  di  una  vera  stigma 
di  convalescenza,  che  rappresenta  il  trionfo  che  l'organismo  sta  per  conseguire 
nella  lotta  ingaggiata  contro  la  tossinfezione.  Anche  qui,  come  nella  polinu- 
oleosi  neutrofila,  potranno  osservarsi  gli  indizi  della  vecchiaia  fisiologica  della 
cellula  acidofila  nella  vacuolizzazione  del  nucleo  e  del  protoplasma  cellulare, 
■  il  cui  sparpagliamento  deve  essere  interpretato  quale  la  conseguenza  dì  un 
processo  distruttivo  di  una  cellula  divenuta  fragile,  poco  resistente  per  vec- 
chiaia. 

I  dati  ricavati  dall'analisi  dell'urina  si  prestano  a  questa  interpretazione, 
che  cioè  coll'acme  di  un'  intossicazione,  quando  più  forte  è  il  grado  di  anemia 
e  più  scadente  è  la  nutrizione  del  malato,  coincide  la  scarsità  dell'urea  e  dei 
cloruri  eliminati  per  le  urine,  mentre  il  loro  tasso  aumenta  nell' affacciarsi 
della  convalescenza,  quando  cioè  il  malato  si  nutrisce  abbondantemente. 

Lo  studio  adunque  delle  variazioni  dell'equilibrio  leucocitario  nelle  psico- 
patie ha  un  grande  interesse  pratico  ed  una  importanza  notevole  dal  lato  pro- 
gnostico ;  non  solo,  ma  la  formula  emoleucocitaria  può  chiarire  ancora  il  dia- 
gnostico in  contingenze  difficili,  od  in  casi  dubbi,  nei  quali  si  sospetti  entri 
in  giuoco  la  simulazione,  come  allorquando  trattisi  di  differenziare  d'emblée 
un  episodio  di  esaltamento  maniaco,  o  paralitico,  o  magari  amenziale,  da  un 
accesso  di  esaltamento  che  può  osservarsi  negli  epilettici  quale  equivalente, 
0  come  prodromo  o  conseguenza  d'un  attacco  convulsivo;  oppure  quando  av- 
venga di  chiarire  se  la  crisi  convulsiva  —  alla  quale  il  medico  non  ha  pre- 
senziato —  che  riferiscesi  scoppiata  qualche  o  parecchie  ore  prima,  sia  vera 
0  simulata,  e  tutto  ciò,  sebbene  non  rimanga  più  dubbio  alcuno  —  dopo  le 
ricerche  del  D'Abundo  (9),  del  Bianchi  e  Piccinino  (10)  e  di  molti  e  molti 


106  G.  Sanila  Sataris 


altri,  fra  cui  ì  dottori  Morselli  e  Pastore  (li),  che  nel  sangue  dei  maniaci, 
dei  paralitici,  degli  amenti  (forma  lieve  o  gravissima),  degli  epilettici  circolino 
delle  to<5SÌne,  le  quali  però  devono  influire  in  modo  chemiotattico  differente 
sulle  varie  specie  di  globuli  bianchi,  producendo  le  rispettive  varianti  carat- 
teristiche nella  formula  emoleucocitaria. 


Bibliofirrafia. 

(1)  SicvMiAHi.  Tecnica  uroscopica  in  tavole  sinottiche.  Milano,  1905. 

(2)  GaAwm.  Methodik  dcr  klinischen  Blut^Untersuchungen.  Berlin,  1902,  pa^.  15. 

(3)  BoRLBip.  Atlas  der  Blutkrankheiten  nebst  einer  Technik  der  Blutuntersuchung.  Berlin 
und  Wien,  1907,  pag.  3. 

(4)  Enqkl.  Guida  air  esame  clinico  del  sangrue.  Torino,  1905,  pag.  37. 

(5)  LAZA.RCS.  Il  sangue  ed  i  suoi  metodi  di  ricerche  in  Leyden  e  Klemperer.  «  La  cli- 
nica contemporanea  »,  voi.  Ili,  pag.  285. 

(6)  LscBB.  Sulla  leucemia,  in  Leyden  e.  Klemperer,  loc.  cit.,  voi.  Ili,  pag.  182. 

(7)  Bbcak^ow  et  Labbì.  Trai  té  d'Hematologie.  Paris,  1904,  pag.  454. 

(8)  hvÈTia.  Trattato  di  Patologia  generale,  seconda  edizione,  pag.  594. 

(9)  D'ÀBinriK).  Sull'azione  battericida  e  tossica  del  sangue  degli  allenati.  «Rivista  di  Fre- 
niatria »,  1892,  pag.  292. 

(10)  Bianchi  e  Piccikiko.  Sulla  origine  infettiva  di  una  forma  di  delirio  acuto.  «  Annali  di 
Nevrologia  »,  1893,  pag.  1. 

(11)  Bollettino  della  R.  Accademia  medica  di  Genova.  Anno  XX,  n.  1,  1905.  Recensione 
negli  «  Annali  di  Nevrologia  »,  1905,  pag.  891. 


Spiegazione  delle  flsrure. 

TAVOLA  I. 

Fi0.  1.  —  Leucocitosi  neutroflla;  oligocromemia  ed  oligocitemia;  acloruria.  —  Metodo  di 
Jenner.  Zeiss,  oc.  3,  obb.  1/12  ad  immers.  omog.  (770:1). 

Donna  di  anni  85,  affetta  da  f renosi  sensoria.  L'esame  del  sangue  venne  praticato  11  4  gen- 
naio 1907  dopo  una  ricaduta,  quando  T  inferma  era  in  preda  ad  iUusioni  palingnostiche  e  ad 
allucinazioni  acustiche  e  visive.  —  Emoglobina  65;  eritrociti  3,672,000;  globuli  bianchi  10,600; 
rapporto  346:1;  polinucleati  neutroflli  92,8;  eosinofili  0;  basoflli  0:  mononucleati  1,"^;  forme  di 
passaggio  0,8)  linfociti  4,7.  —  Urina  delle  24  ore  975  ;  peso  specifico  1026  ;  cloruri  assenti  ;  urea  25,8. 

Sotto  il  campo  del  microscopio  si  osservano  12  polinucleati  neutroflli,  di  cui  2  appaiati, 
gli  altri  isolati,  con  nuclei  polimorfi,  ora  sferici,  ora  allungati,  o  isolati  o  riuniti  da  piccoU 
ponticelli  ;  tal*  altra  il  nucleo  è  unico,  ma  più  o  meno  lobato,  a  seconda  della  maggiore  o  minore 
età  della  cellula.  Il  citoplasma  globulare  è  neutrofilo  ed  è  finemente  grranuloso.  Oltre  a  questi 
corpuscoli  descritti  vedonsi  nel  campo  del  microscopio  3  linfociti  di  dimensioni  piuttosto  piccole, 
a  nucleo  sferico,  avvolti  da  un  sottile  alone  protoplasmatico. 

Fio.  2.  —  Oligocromemia;  linfocitosi;  ipoclorurla.  —  Metodo  di  Jenner.  Zeise,  oc. 8,  obb.  1/12 
ad  immers.  omog.  (770:1). 

Sangue  della  stessa  inferma,  esaminato  il  1»  febbraio  1907,  alla  distanza  di  poco  meno  di 
un  mese  dal  precedente  saggio,  quando  non  sono  più  evidenti  i  disturbi  psico-sensoriali,  sebbene 
sia  tuttora  notevole  la  confusione  mentale.  —  Emoglobina  60;  globuli  rossi  4,200,000;  globuli 
bianchi  9,200;  rapporto  463:1;  polinucleati  neutroflli  26;  eosinoflli  0,8;  basoflli  0:  mononucleati  22,2; 
forme  di  passaggio  0;  linfociti  50.  —  Urina  180;  peso  specifico  1030;  cloruri  2,50;  urea  26. 

Sotto  il  campo  del  microscopio  vedonsi  4  linfociti,  di  dimensioni  piuttosto  grandi,  con 
nucleo  per  lo  più  rotf)ndo  e  centrale,  od  ovale  e  periferico,  intensamente  colorato,  circondato  in 
tutto  od  in  gran  parte  da  un  alone  più  o  meno  abbondante  di  massa  protoplalmatica. 


hicerche  urotogiche  ed  ematoiogiche  nei  psicopatici  107 

TAVOLA  II. 

Pro.  3.  —  Leucocitosi  cosinofila.  —  Metodo  di  Jenner.  ZeÌB8,  oc.  3,  obb.  1/12  ad  inimera. 
omog.  (770:1). 

Donna  di  83  anni,  affetta  da  frenosi  sensoria,  n  sangue  è  stato  esaminato  il  21  dicembre  1906, 
quando  i  disturbi  sensoriali  e  la  confusione  erano  cessati;  ma  T inferma  era  ancora  decaduta  di 
fisico.  —  Emoglobina  56;  eritrociti  4,100,000;  globuli  bianchi  12,800;  rapporto  822:1;  polinucleati 
nentrDflli42,7;  eosinofili  12,7;  basoflli  0;  mononudeati  16,6;  forme  di  passaggio  0,5  ;  linfociti  27,2. 
—  Urina  1260;  peso  specifico  1020;  cloruri  10,8;  urea  18,3. 

Accentuata  oligocromemia,  e  lieve  oligo  ed  anisocitemia  con  iperleucocltosi  ;  eritrociti  nor- 
mali per  struttura  e  colorabilltà  ;  notevole  aumento  numerico  delle  cellule  eoslnoflle,  di  cui  6  sono 
visibili  nel  carni»  del  microscopio.  Tre  di  esse  hanno  protoplasma  a  granulazioni  grosse,  ro- 
tonde, intensamente  colorate  con  Teosina;  due  Invece  sono  fomite  di  granuli  scarsi,  meno  evi- 
denti e  meno  tingibili  (pseudo-eosinoflli)  :  in  parecchi  eosinofili  osservansi  dei  granuli  osslflli 
anche  nei  nuclei.  Questi  sono  lobati  o  frammentati,  ed  in  questo  caso  i  frammenti  sono  separati 
0  congiunti  da  un  sottile  tratto  di  unione.  Inoltre  nel  centro  del  campo  si  notano  due  linfociti 
di  varia  dimensione,  appena  provvisti  entrambi  di  protoplasma. 

Fio.  4.  —  Eosinofilia  con  eosinofili  in  fase  degenerativa,  e  lieve  leucopenia.  —  Metodo  di 
Jenner.  Zeiss,  oc.  4,  obb.  1/12  ad  immers.  omog.  (940:1). 

Donna  di  85  anni,  affetta  da  demenza  precoce  paranoide,  in  fase  catatonica.  L'esame  del 
sangue  è  stato  praticato  il  24  marzo  1907,  quando  le  manifestazioni  catatoniche  eransi  appena 
dileguate,  e  residuavano  neir  inferma  le  parestesie,  le  pseudo-allucinazioni  acustiche  ed  i  disturbi 
intestinali.  —  Emoglobina  87;  eritrociti  8,920,000;  globuli  bianchi  5,900;  rapporto  644:1;  polinu- 
cleati neutrofili  68,2;  eosinofili  14,2;  basofili  0,1;  mononudeati  6;  forme  di  passaggio  0;  linfo- 
citi 18,3.  —  Urina  660;  peso  specifico  1015;  cloruri  5;  urea  20,6. 

Botto  il  campo  del  microscopio  si  nota  a  sinistra  un  grosso  linfocito,  con  nucleo  circondato 
da  una  larga  fascia  pro^oplasmatica  ;  a  destra  si  osserva  un  eosinofilo,  contenente  5  vacuoli  nel 
citoplasma.  Tale  vacuolizzazione,  che  talora  non  risparmia  neppure  i  nuclei,  osservasi  solamente 
negli  eosinofili,  e  ne  sono  affatto  privi  gli  altri  corpuscoli  sanguigni.  Il  citoplasma  delle  cellule 
aeidofile  non  è  più  denso,  come  normalmente,  e  come  appare  nella  figura  precedente;  gli  stessi 
granuli  ossifili  sono  meno  ammassati,  quasi  trasparenti,  e  tale  rarefazione,  che  è  P esponente 
deir  iniziata  disgregazione,  della  degenerazione  del  globulo  bianco,  trovasi  pure  accennata  nei 
nuclei. 


Manicomio  di  8.  Maria  della  Pietà  di  Roma,  diretto  dal  prof.  O.  Mingazzini 
(Sezione  medico-pedagogica  -  Primario  dott.  O.  Montesano) 


Due  casi  di  ''  dementia  praecocissima 

per  il  dott.  F.  Costantini 


La  demenza  precoce  così  come  viene  intesa  dal  Kraepelin  nelle  tre  forme, 
ebefrenica,  catatonica  e  paranoide,  costituisce  un  quadro  clinico  di  proporzioni 
molto  vaste,  tanto  da  comprendere  secondo  questo  A.  il  14-15  7o  ^^i  ri- 
coverali nei  Manicomi  e  secondo  Tanzi  il  25  o/o  almeno. 

Accanto  alle  tre  forme  classiche  sono  state  descritte  delle  varietà,  le  quali, 
pur  manifestandosi  con  i  comuni  sintomi  della  demenza  precoce,  sì  distinguono 
per  alcune  caratteristiche. 


108  F.  Costantini 


Una  di  tali  varietà,  descritta  dal  De  Sanctis,  che  le  ha  dato  il  nome, 
è  la  «e  dementia  praecocissima  >  termine  giustificato  dall'età  prematura  in  cui 
si  manifesta. 

Come  contributo  alla  casuistìca  di  questa  varietà,  casuistica  ancora  molto 
scarsa,  io  trovo  opportuno  di  riferire  i  due  casi  seguenti  osservati  nel  nostro 
Istituto. 

Osservazione  I.  —  Anamnesi:  M,.„  Romolo,  di  anni  8,  di  Arsoli.  L'avo  pa- 
terno morì  alienato;  Tavo  materno  è  vivente  e  presenta  segni  di  demenza  senile.  Il 
padre  del  bambino  è  vivente  ed  è  un  bevitore  impenitente;  non  ha  avuto  sifilide  o 
altre  malattie  degne  di  nota.  La  madre  pure  è  vivente  e  gode  buona  salute  ;  ha  avuto 
due  aborti  e  altri  4  figli,  2  maschi  e  2  femmine,  tutti  in  vita  e  sani. 

Esiste  ereditarietà  tubercolare  sia  in  linea  diretta  che  collaterale. 

Il  bambino  nacque  a  termine  e  il  parto  fu  regolare.  Lo  sviluppo  fisico  fu  nor- 
male sino  all'età  di  due  anni,  quando  egli  cominciò  a  soffrire  di  attacchi  convulsivi 
generalizzati  della  durata  di  pochi  secondi  con  perdita  di  urine,  piuttosto  frequenti 
e  prevalentemente  notturni.  Fu  dal  sanitario  locale,  al  quale  debbo  i  presenti  dati 
anamnestici,  sottoposto  a  una  cura  bromica,  durata  circa  20  mesi,  in  seguito  alla 
quale  detti  accessi  scomparvero  completamente.  All'età  di  5  anni  questi  si  riafiac- 
ciarono  e  divennero  molto  frequenti,  tanto  da  verificarsi  parecchie  volte  in  una  stessa 
giornata. 

Lo  sviluppo  psichico  invece  apparve  normale  fino  verso  i  4  o  i  5  anni  :  il  bam- 
bino si  mostrava  abbastanza  intelligente,  ubbidiente,  affezionato  ai  suoi.  A  questa 
età  i  genitori  cominciarono  a  notare  in  lui  i  primi  sintomi  dell'attuale  malattia  che 
si  sono  poi  andati  svolgendo  gradatamente  rendendosi  sempre  più  manifesti  e  nume- 
rosi. Ripeteva  le  domande  più  e  più  volte,  i  suoi  movimenti  erano  incerti  e  goffi,  la 
parola  stentata  ;  ogni  tanto  dava  in  risate  fugaci  ;  spesso  fuggiva  di  casa  e  girova- 
gava per  il  paese  e  per  la  campagna,  correndo  spesso  dei  pericoli,  come  quello  di 
rimanere  schiacciato  sotto  le  ruote  di  un  carro,  di  precipitare  in  un  burrone.  Più 
volte  si  è  provato  a  metter  fuoco  ai  mobili  di  casa,  o  ai  vestiti  dei  suoi  fratelli,  ai 
quali  non  di  rado  cercava  di  recar  danno  con  quant'altro  gli  capitava  nelle  mani. 

Per  questi  motivi  fu  internato  in  questo  Manicomio  il  12  marzo  u.  s. 

Qui  ha  presentato  frequenti  attacchi  convulsivi  e  le  sue  condizioni  psichiche  in 
questo  periodo  di  tempo  relativamente  breve  sono  state  presso  a  poco  sempre  iden- 
tiche a  quelle  che  descriverò  in  appresso. 

Esame  obbiettivo  :  Note  antropologiche ,  —  Cranio  trapezoide  :  plagiocefalia 
occipitale  destra,  frontale  sinistra.  Fronte  bassa  con  bozze  manifeste,  divaricate.  Ca- 
pelli di  color  castagno-chiaro,  inseriti  normalmente,  con  vortice  unico  spostato  alquanto 
verso  destra:  vi  è  pure  un  accenno  ad  altro  vortice  frontale  destro. 

Misure  del  cranio  e  della  faccia: 

Col  centimetro.  —  Periferia  orizzontale  del  cranio  cm.  51  ;  semi-curva  poste- 
riore cm.  29;  semi-curva  anteriore  cm.  22;  linea  biauricolare  cm.  31;  periferia  lon- 
gitudinale (glabello-iniaca)  cm.  30  ;  linea  biauricolo-mentoniera  cm.  25. 

Col  compasso  di  spessore.  —  Diametro  antero-posteriore  cm.  17;  diametro  tra- 
sversale massimo  cm.  14;  distanza  degli  orifici  dei  condotti  uditivi  cm.  11;  distanza 
dal  condotto  uditivo  esterno  alla  pinna  nasale  dello  stesso  lato  cm.  10  da  ambo  le 
parti.  Indice  cefalico  zz:  82,35. 


Du^  casi  di  '' dementia  praecocissima  "  109 

Cranio  subrachicefalo.  —  Diametro  frontale  minimo  cm.  9.5  ;  larghezza  frontale 
massima  cm.  12;  altezza  della  fronte  cm.  4.5;  diametro  bizigomatico  cm.  9.5:  dia- 
metro bigoniaco  cm.  8.5;  lunghezza  totale  della  faccia  cm.  16.  Indice  facciale  =:  59.37. 

Leggera  asimmetria  della  faccia  ;  aperture  palpebrali  regolari,  simmetriche  ;  iridi 
castagno-chiare  t;on  papille  di  ampiezza  normale,  centrali.  Naso  diritto  ;  apertura  orale 
di  media  grandezza  con  labbra  piuttosto  carnose.  Arcate  dentarie  elissoidali  corri- 
spondentisi  secondo  la  norma.  Denti  sani  :  gli  incisivi,  superiori  e  inferiori,  presentano 
Torlo  libero  seghettato  ;  notevoli  diastemi  tra  i  superiori.  Palato  ogivale.  Mento  rego- 
lare. Orecchie  grandi  ad  impianto  asimmetrico  (la  sinistra  è  inserita  alquanto  più 
in  alto  della  destra),  tendenti  alla  forma  ad  ansa  ;  lobuli  semisessili,  carnosi. 

Tiroide  normale.  Nulla  a  carico  del  tronco.  A  carico  degli  arti  superiori  si  nota 
che  r  indice  di  ambedue  i  lati  sorpassa  in  avanti  Tanulare.  Nulla  di  notevole  a  carico 
degli  arti  inferiori.  Pieghe  di  flessione  della  mano,  incurvatura  del  piede,  unghie 
normali.  Organi  genitali  normali.  Scarsa  peluria  al  pube.  Statura  m.  1.20.  Apertura 
delle  braccia  m.  1.15. 

Esame  somàtico.  —  Costituzione  scheletrica  abbastanza  regolare,  so  si  eccettua 
un  leggero  ingrossamento  dei  capi  articolari  del  ginocchio.  Pannicolo  adiposo  un  poco 
scarso.  Masse  muscolari  discretamente  sviluppate.  Colorito  della  cute  e  delle  mucose 
visibili  roseo.  Si  notano  tre  cicatrici  rotondeggianti,  a  contomo  irregolare,  del  cuoio 
capelluto.  Micropoliadenia  di£fusa.  La  lingua  non  presenta  cicatrici  ai  bordi.  Appa- 
rato respiratorio  sano.  Cuore  nei  limiti  normali:  toni  netti;  leggero  rinforzo  del  2^ 
polmonale.  Polso  normale  per  frequenza,  ampiezza  e  pressione,  ritmico.  Addome  non 
meteorico,  trattabile,  indolente.  Fegato  e  milza  nei  limiti  normali.  Alvo  regolare. 
Urine  normali  per  quantità  e  componenti. 

Esame  neyrolooico.  —  Nistagmo  orizzontale  sia  allo  stato  di  quiete  che  nei 
movimenti  dei  bulbi.  Nulla  a  carico  dei  facciali.  La  lingua  viene  bene  protrusa  e 
non  appare  tremula.  I  movimenti  attivi  degli  arti  sono  tutti  possibili,  ma  si  com- 
piono un  pò*  lentamente.  I  movimenti  passivi  oppongono  notevole  resistenza  (psichica). 
La  forza  muscolare  è  bene  conservata.  La  deambulazione  per  lo  più  si  compie  solo 
se  il  bambino  viene  condotto  a  mano  ;  se  lo  si  lascia  a  sé,  qualche  volta  fa  pochi 
passi  in  avanti,  qualche  altra  indietro,  ma  per  lo  più  rimane  nello  stesso  punto  sol- 
levando alternativamente  i  piedi.  Non  esistono  tremori.  Riflessi  pupillari  normali. 
Riflessi  comeo-congiuntivali  e  faringeo  bene  conservati.  Riflessi  periostei  e  tendinei 
vivaci.  Riflessi  epigastrici  e  addominali  normali;  vivaci  i  cremasterici  e  i  plantari. 
Non  esiste  Babinski,  non  clono  della  rotula  e  del  piede.  La  sensibilità  tattile  e  ter- 
mica appare  normale;  mentre  sembra  diminuita  la  sensibilità  dolorifica  su  tutta  la 
superficie  del  corpo,  tanto  che  si  può  passare  con  uno  spillo  una  plica  cutanea  senza 
che  r  infermo  reagisca  in  modo  adeguato.  I  sensi  specifici  appaiono  normali,  almeno 
per  quanto  si  può  dedurre  da  un  esame  fatto  con  ogni  scrupolo,  ma,  come  facilmente 
ai  comprende,  oltremodo  difficile  a  praticarsi. 

Esame  psichico.  —  Il  soggetto,  come  già  ho  ricordato,  per  lo  più  cammina  se 
condotto  a  mano,  e  anche  allora  oppone  una  certa  resistenza.  Una  resistenza  mag- 
giore oppone  ai  movimenti  passivi  (negativismo).  L*  andatura  spontanea,  nei  pochi 
casi  in  cui  si  verifica,  appare  incerta  e  goffa.  Stando  il  malato  a  sedere,  la  sua  atten- 
zione vaga  di  continuo;  egli  continuamente  si  muove,  ma  in  modo  torpido;  non  è 
raro  che  ripeta  uno  stesso  movimento  con  la  mano  sinistra  che  alternativamente  incrocia 
con  le  dita  la  destra,  poi  viene  abdotta  mentre  le  medesime  fanno  un  movimento  simile 
a  quello  che  si  produce  allorché  si  vogliono  fare  scoccare.  Ogni  tanto  a  questi  movi- 


110  F,  Costantini 


menti  segno  nn  sorrÌBo  fatno.  Insieme  &  questa  stereotipia  notasene  an*altra  verbale  con 
parole  pressoché  incomprensibili  e  dette  con  un  tono  di  voce  monotono,  e  con  tale 
lentezza  da  arrivare  quasi  allo  scandimento.  Frequenti  sono  pure  delle  smorfie  con 
gli  occhi  che  ogni  tanto  vengono  socchiusi  con  molte  pieghe  della  fronte,  delle  tempie 
e  del  naso. 

Bivolgendo  all'infermo  qualche  domanda,  questa  viene  ripetuta  più  volte  (per- 
severazione);  ingiungendogli  degli  atti  motori  a  mezzo  di  un  comando  verbale,  egli 
resta  la  prima  volta  immobile,  ma  ripetendo  il  comando,  comincia  a  dare  una  esecu- 
zione al  medesimo  sospendendo  i  soliti  atti  stereotipati,  ma  non  solo  l'inìzio  è  molto 
lento,  ma  ben  presto  il  movimento  si  arresta  senza  che  esso  sia  stato  es^uito  secondo 
il  comando  dato.  Se  dopo  aver  dato  un  comando  di  una  specie  ed  ottenuto  l'esito 
di  cui  sopra  se  ne  dà  un  altro,  avviene  non  di  rado  che  il  soggetto  esegua  il  primo, 
ma  sempre  in  modo  incompleto. 

In  qualche  momento  però  egli  esegue  il  comando  ri^pidamente,  poi  subito  comincia 
a  fare  dei  gesti  goffi  come  derivazione  del  comando  stesso  ;  più  tardi  toma  ad  ese- 
guire uno  dei  comandi  prima  ingiunti. 

Da  notarsi  ancora  il  fatto  che  il  malato  non  interrompe  i  suoi  movimenti  ste- 
reotipati, nemmeno  quando  si  tratta  di  rimuovere  sensazioni  molto  fastidiose  come 
delle  mosche  negli  occhi.  Tra  gli  altri  fenomeni  che  si  osservano  allorché  gli  si 
ingiunge  di  prendere  qualche  oggetto,  si  rileva  anche  quello  che  l' oggetto  medesimo 
non  '  viene  preso,  e  in  ogni  caso  con  la  solita  incertezza  iniziale  e  lentezza  di  esecu- 
zione, se  non  quando  é  a  portata  di  mano. 

È  a  ricordare  infine,  che  facendo  vedere  al  bambino  un  oggetto  e  domandandogli 
come  si  chiama,  in  primo  tempo  egli  ripete  come  di  consueto  più  volte  la  domanda, 
anche  se  questa  viene  rifatta  sotto  altra  forma,  poi  all'  improvviso  quando  l' ingiun- 
zione è  cessata  da  vario  tempo  dà  la  risposta  giusta. 

Da  una  serie  di  ricerche  e  di  manifestazioni  spontanee  del  soggetto  appare  chiaro 
che  egli  possiede  il  patrimonio  ideativo  normale  in  rapporto  all'  età  e  alla  condizione 
sociale.  Egli  sa  dare  esattamente  le  sue  generalità,  possiede  le  nozioni  dell'  ambiente 
ordinario  (oggetti  di  uso  comune,  parti  più  comuni  di  un  edificio  ecc.),  quelle  riguar- 
danti le  principali  parti  del  corpo,  possiede  anche  sufficientemente  le  nozioni  di  tempo 
e  di  spazio  ecc. 

È  interessante  anche  il  fatto  che  il  bambino  non  solo  riconosce  una  cosa  quando 
gli  se  ne  dice  il  termine,  ma  è  anche  capace  di  rievocare  questo  spontaneamente 
alla  vista  della  cosa  medesima. 

La  vita  sentimentale  appare  enormemente  ridotta;  il  soggetto  di  nulla  si  inte- 
ressa, nulla  lo  commuove  ;  ogni  affetto,  anche  per  i  suoi,  tace.  Quale  manifestazione 
dell'ottundimento  emotivo  debbo  anche  ricordare  la  perdita  di  ogni  sentimento  di 
convenienza  e  di  pudore  :  così  egli  soddisfa  ai  propri  bisogni  corporali  dappertutto 
e  senza  alcuna  preoccupazione. 

Osservazione  II.  —  Anamnesi:  F....  Elsuy  di  anni  11,  nata  a  Lucca.  I  geni- 
tori sono  viventi  e  non  sono  consanguinei  ;  ambedue  godono  buona  salute.  Il  padre 
è  dottore  in  lettere,  ha  47  anni,  non  è  bevitore  ;  non  ha  avuto  lues  né  altre  malattie 
degne  di  nota;  solo  va  soggetto  di  tanto  in  tanto  a  disturbi  intestinali.  La  madre 
ha  50  anni  e  neanche  essa  è  dedita  all'  alcool  :  non  ha  avuto  mai  aborti  ;  ha  invece 
un'altra  figlia  di  16  anni  sana  e  robusta.  La  nonna  paterna  morì  alienata.  Una  so- 
rella della  madre  morì  anch'  essa  in  un  Manicomio  ;  questa  definisce  i  suoi  congiunti 
quasi  tutti  «  eccentrici  ».  La  bambina  nacque  a  termine  e  il  parto  fu  regolarissimo  ; 


Due  casi  di  '' dementia  praecocissima''  ili 

fa  allattata  dalla  madre  stessa  e  per  an  periodo  di  circa  un  anno;  cominciò  a  par- 
lare e  A  camminare  molto  presto;  a'  due  anni  soffrì  di  morbillo  che  ebbe  un  decorso 
regolare. 

A  dire  della  mamma,  nei  primi  tre  anni  la  bambina  mostrava  un*  intelligenza 
non  comune,  apprendeva  con  molta  facilità,  recitava  delle  poesie,  cantava  delle  arie 
che  le  erano  state  insegnate.  Era  affezionata  ai  suoi,  socievole,  ma  non  molto  ubbi- 
diente ;  amava  i  giocattoli,  era  piuttosto  golosa,  ambiva  di  vestire  bene  e  nello  stesso 
modo  della  sorella  maggiore. 

Air  età  di  tre  anni  cominciarono  ad  apparire  i  primi  segni  delF  attuale  malattia 
che  si  andarono  poi  facendo  sempre  più  manifesti  con  periodi  di  leggere  remissioni. 
La  bambina  era  insonne;  non  apriva  più  bocca  né  per  parlare  né  per  cantare;  mo- 
strava però  di  capire  benissimo  tutto  ciò  che  le  veniva  detto;  dagli  altri  essa  si 
faceva  intendere  a  gesti  ;  a  tratti  però  improvvisamente  parlava  e  speditamente.  I 
vestiti  belli,  i  giocattoli,  le  piccole  amiche  più  non  la  interessavano.  Tra  gli  altri 
fenomeni,  i  genitori  notarono  in  lei  anche  quello  delle  stereotipie  specialmente  mo- 
torie; come  quella,  durata  parecchi  anni,  di  prendere  con  la  bocca  dell'acqua  per 
versarla  sul  davanzale  della  finestra. 

Per  consiglio  dei  sanitari  la  bambina  fu  sottoposta  a  cure  ricostituenti,  bro- 
miche,  idroterapiche,  elettroterapiche,  ma  a  nulla  giovarono,  finché  i  genitori  allo 
scopo  precipuo  di  curarla  e  di  educarla  più  convenientemente  che  a  casa  non  potes- 
sero o  sapessero,  si  decisero  a  internarla  circa  un  anno  fa. 

Esame  Obbiettivo  :  Note  antropologiche.  —  Cranio  rotondeggiante.  Pronte  alta 
con  bozze  pochissimo  pronunciate.  Capelli  di  colorito  castagno  chiaro,  inseriti  nor- 
malmente: accenno  ad  un  vortice  frontale  destro. 

Misure  del  cranio  e  della  faccia  : 

Col  centimetro.  —  Periferia  orizzontale  del  cranio  cm.  51  ;  semicurva  ante- 
riore cm.  27  ;  semicurva  posteriore  cm.  24  ;  linea  biauricolare  cm.  32  ;  periferia  lon- 
gitudinale (glabello-iniaca)  cm.  31  ;  linea  biauricolo-mentoniera  cm.  30. 

Col  compasso  di  spessore.  —  Diametro  antero- posteriore  cm.  17;  diametro 
trasversale  massimo  cm.  15;  distanza  degli  orifici  dei  condotti  uditivi  cm.  12  \/,; 
distanza  dal  condotto  uditivo  estemo  alla  pinna  nasale  dello  stesso  lato  cm.  10,  sia 
a  destra  che  a  sinistra;  indice  cefalico  88,23. 

Cranio  brachicefalo.  —  Diametro  frontale  minimo  cm.  10;  larghezza  frontale 
massima  cm.  16  V^;  altezza  della  fronte  cm.  6;  diametro  bizigomatico  cm.  9  */s»  dia- 
metro bigoniaco  cm.  9;  lunghezza  totale  della  faccia  cm.  81;  indice  facciale  52,77. 

Viso  simmetrico,  sopracciglia  folte  nella  metà  nasale,  molto  assottigliate  nella 
metà  temporale.  Aperture  palpebrali  regolari,  eguali.  Iridi  castagne,  eguali,  centrali. 
Naso  diritto,  r^olare.  Labbra  piuttosto  carnose.  Denti  normali  per  inserzione,  forma 
e  grandezza.  Nulla  di  anormale  a  carico  del  palato.  Orecchie  inserite  allo  stesso  livello, 
simmetriche,  tendenti  al  tipo  di  Wildermuth.  Tiroide  normale. 

Nulla  a  carico  del  tronco  e  degli  arti,  solo  è  da  notare,  come  nella  prima  osser- 
vazione, che  l'indice  sorpassa  in  avanti  l'anulare  in  ambedue  i  lati.  Genitali  estemi 
normali.  Scarsa  peluria  al  pube.  Statura  m.  1.36.  Apertura  delle  braccia  m.  1.33. 

Esame  somatico.  —  Costituzione  scheletrica  regolare.  Pannicolo  adiposo  abbon- 
dante. Masse  muscolari  bene  sviluppate.  Colorito  della  cute  e  delle  mucose  normale. 
Organi  toracici  e  addominali  sani.  Urine  normali  per  quantità  e  componenti. 

Esame  nevrologico.  —  Oculomozione  nomiale.  Nulla  a  carico  dei  facciali.  La 
lingua  è  bene  protrusa,  non  tremula.  Movimenti   attivi  degli  arti  noraiali.  I  movi- 


112  F,  Costa atini 


mentì  passiri  oppongono  notevole  resistenza  (psichica).  Forza  muscolare  bene  conser- 
Tata.  Non  tremori,  non  atassie.  Deambulazione  normale.  Non  Romberg.  I  riflessi  perìo- 
stei  e  tendinei  degli  arti  superiori  si  provocano  con  difficoltà.  Riflessi  tendinei  d^li 
arti  inferiori  scarsi.  Riflessi  cutanei  vivaci.  Nessun  accenno  al  clono  della  rotula  e 
del  piede.  Non  Babinski.  Riflessi  comeo-congiuntivali  normali.  Riflesso  faringeo  assente. 
Iridi  bene  reagenti  alla  luce  e  all'accomodazione.  Nessun  disturbo  apprezzabile  a  carico 
della  sensibilità  tattile,  doloriflca  e  termica  e  dei  sensi  speciflci. 

Esame  psichico.  —  La  bambina  dacché  è  all'Istituto  ha  mostrato  sempre  uno 
stato  dì  lieve  agitazione;  quando  è  lasciata  sola  tende  a  correre,  a  raccogliere  oggetti 
0  sassolini,  a  toccare  tutto;  a  tratti  rompe  ciò  che  le  capita  sotto  le  mani  con  rapi- 
dità straordinaria;  spessissimo  si  mette  a  correre  oppure  a  fare  dei  salti  sempre 
identici  e  nello  stesso  punto.  Quando  vede  qualche  persona,  specialmente  il  dottore 
0  la  superiora,  ripete  stereotipatamente  le  stesse  parole  (la  caramella,  la  caramella) 
con  un  fare  manierato  e  un  tono  di  voce  tutto  speciale.  Caratteristico  è  pure  il 
modo  rigido  con  cui  pòrge  la  mano  e  con  cui  prende  gli  oggetti,  il  vagare  continuo 
del  suo  sguardo. 

Se  le  si  fa  qualche  domanda,  quasi  sempre  ripete  la  medesima  più  volte;  ogni 
tanto  poi  canticchia  o  dà  in  una  risata  fugace.  Ingiungendole  qualche  comando,  se 
il  medesimo  si  riferisce  a  qualche  cosa  che  essa  debba  dire,  di  solito  resta  muta; 
non  è  raro  però  che  più  tardi,  dopo  vario  tempo  che  il  comando  è  cessato,  essa  dia 
la  risposta  esatta. 

Molto  spesso  quando  dovrebbe  rispondere  e  resta  invece  muta,  si  vede  fare  qual- 
che piccola  smorfia  cogli  occhi  e  con  l'angolo  labiale  destro. 

Dai  saggi  fatti  in  vario  tempo  si  vede  che  il  patrimonio  ideativo  non  è  al  disotto 
della  norma  rispetto  all'età  e  alla  condizione  sociale,  e  che  la  bambina  è  capace  anche 
di  fissare  le  nuove  nozioni  dell'ambiente  tanto  che  mostra  dì  riconoscere  benissimo 
in  date  circostanze  compagne,  superiori  ecc.,  come  ha  saputo  riconoscere  i  suoi  geni- 
tori dopo  sei  mesi  e  più  dacché  non  li  aveva  visti. 

Qualche  volta  vedendo  all'  improvviso  una  cosa,  anche  non  comune  (per  es.  una 
boccetta  di  tamarindo  Erba)  ne  dà  spontaneamente  il  termine,  poi  mostrandole  altri 
oggetti  persevera  nel  dire  quello  che  ha  veduto  prima  e  la  perseverazione  dura  per 
un  pezzo. 

Quale  espressione  di  manifesto  negativismo  è  a  ricordare  la  energica  resistenza 
che  oppone  ai  movimenti  passivi  e  in  generale  alle  pratiche  dell'esame  obbiettivo,  sì 
da  riuscire  questo  molto  difficile,  nonché  la  disobbedienza  abituale  ai  comandi  che 
le  vengono  ingiunti  sia  con  parole  che  con  gestì,  sia  in  modo  imperioso  che  lusin- 
ghiero. 

Infine  é  da  notare  la  scarsezza  dell'  aflettività  e  dell'  emotività  :  la  bambina  è 
completamente  incurante  di  tutto  e  di  tutti  ;  nulla  la  interessa,  nulla  la  commuove  ; 
la  vista  stessa  dei  suoi  genitori  che  da  molti  mesi  non  ha  piti  veduti,  la  lascia  del 
tutto  0  quasi  del  tutto  indifferente,  pur  mostrando  di  riconoscerli  benissimo  (1). 


(1)  La  bambina  è  uscita  dall'  Istituto  circa  15  giorni  fa.  I  genitori  scrivono  che  ella,  appena 
arrivata  al  suo  })aeMe,  ha  cominciato  a  parlare,  a  ragionare,  mostrando  di  capir  tutto.  Ha  ricono- 
sciuto benissimo  1  luoghi,  le  iiersone,  tanto  da  dare  la  mano  ad  alcuni  bambini  con  1  quali  qual- 
che volta  si  era  trastullata.  I  genitori  dicono:  «ha  subito  una  trasformazione  addirittura  straor* 
dinarla  ». 


Due  casi  di  ''  dementia  praecocissima'*  iVò 

Non  può  cader  dubbio  che  ambo  i  casi  rientrino  nel  (fuadro  della  de- 
menza precoce.  Non  tutti  i  sintomi  da  noi  messi  in  evidenza  sono  facilmente 
rilevabili  nei  due  soggetti,  e  chi  li  esaminasse  superficialmente  potrebbe  forse 
confonderli  con  gli  idioti:  infatti  ambedue  presentano  abitualmente  lo  sguardo 
vago,  incerto,  che  solo  di  rado  fissa  spontaneamente;  ambedue  presentano  delle 
manifestazioni  molto  analoghe  agli  automatismi  degli  idioti  ;  e  soprattutto  un 
grande  difetto  di  attenzione,  che  difficilmente  si  riesce  a  richiamare  anche 
con  stimoli  potenti;  dall'assenza  di  risposte  infine  potrebbe  sembrare  che  il 
loro  patrimonio  idealivo  fosse  enormemente  povero.  Ma  è  proprio  qui  che  si 
hanno  le  maggiori  sorprese  ;  in  quanto  che  mentre  i  due  soggetti  sembrano 
non  capir  nulla,  all'  improvviso  poi  offrono  delle  manifestazioni  dolile  quali 
risulta  un  patrimonio  di  idee  che  non  è  certo  al  disotto  di  quello  che  com- 
porta l'età,  la  condizione  sociale,  l'ambiente  speciale  in  cui  vivono;  si  trova 
anzi  che  gli  oggetti,  le  persone,  le  azioni  proprie  di  questo  ambiente  sono 
stati  da  loro  fissati  sufficientemente  in  modo  da  poter  essi  dare  a  tratti  giu- 
dizi esattissimi.  Ma  vi  ha  di  più:  le  nozioni  vengono  ritenute  per  lungo  tempo 
come  si  è  visto  nel  secondo  caso  in  cui  il  soggetto  tornando  al  suo  paese 
dopo  l'assenza  di  oltre  un  anno,  ha  mostrato  dì  riconoscere  non  solo  i  luoghi 
e  le  persone  che  erano  state  ad  esso  familiari  per  molti  anni,  fha  anche  alcuni 
bambini  con  i  quali  aveva  solo  qualche  volta  giocato  negli  ultimi  tempi.  Ap- 
punto il  contrasto  dell'estensione  del  patrimonio  ideativo  e  della  capacità  di 
fissazione  con  tutti  gli  altri  segni  che  potrebbero  stare  ad  indicare  una  defi- 
cienza mentale,  è  quello  che  mette  in  guardia   contro  la  diagnosi  dì  idiozia. 

Ripetendo  invece  più  volte  gli  esami,  senza  fermarsi  ai  primi  risultati 
negativi  e  sorprendendo  i  soggetti  nelle  loro  manifestazioni  spontanee  in  mo- 
menti diversi,  vengon  fuori  quasi  tutti  i  sintomi  caratteristici  della  demenza 
precoce. 

Infatti  nel  primo  caso  abbiamo  :  negativismo,  goffaggine,  stereotipie  ver- 
bali e  motorie,  manierismi,  smorfie,  ecolalia,  apatia  abituale,  segni  evidenti  di 
intoppo  psichico  in  genere,  difetto  di  attenzione  all'ambiente,  mancanza  di 
affettività  e  del  sentimento  del  pudore. 

Nel  secondo  caso:  stereotipie,  manierismi,  negativismo  spiccato,  ecolalia, 
smorfie,  impulsi  motori  rapidi,  impulsi  che  sono  stati  descrìtti  dagli  AA. 
nella  demenza  precoce  e  che  hanno  appunto  la  caratteristica  della  grande  ra- 
pidità di  azione.  Agli  altri  sintomi  si  aggiunga  ancora  la  scarsezza  dell'atten- 
zione e  la  mancanza  di  affettività. 

A  tutta  questa  sindrome  corrispondono  ì  dati  anamnestici. 

Nel  primo  caso  infatti  lo  sviluppo  psichico  del  soggetto  appare  normale 
fino  ai  4  0  5  anni.  A  questa  età  incominciano  a  manifestarsi  in  luì  i  primi 
sintomi  della  psicopatia  attuale  che  si  va  poi  svolgendo  a  gradi  :  ecolalia,  pa- 
rola stentata,  risate  fugaci,  tendenza  ad  atti  insensati,  tendenza  alle  fughe  che 
per  le  circostanze  che  l'accompagnano  ricordano  assai  da  vicino  i  caratteri 
delle  fughe  non  rare  a  manifestarsi  nei  dementi  precoci,  particolarmente  negli 
ebefrenici. 


ii4  F,  Costantini 


Nel  secondo  caso  la  bambina  nella  primissima  «là  parla,  canta,  giuoca,  è 
socievole,  si  mostra  di  una  intelligenza  non  comune,  a  3  anni  comincia  a  sof- 
frire di  insonnia,  non  rara  a  'verificarsi  nello  sviluppo  della  demenza  precoce 
(Kraepelin);  quindi  ammutolisce;  a  tratti  però  parla  e  speditamente;  amiche, 
giocattoli  più  non  la  interessano  ;  per  anni  interi  ripete  i  medesimi  atti.  A 
questi  sintomi  hanno  seguito  tutti  gli  altri  ricordati  nell'esame  psichico. 

I  dati  anamnestici,  qui  brevemente  riassunti,  parlano  tanto  chiaramente 
che  oserei  dire  basterebbero  da  soli  a  farci  convìnti  della  forma  con  cui  si  ha 
a  fare. 

Dimostrata  ora  la  diagnosi  di  demenza  precoce  veniamo  alla- particolarità 
che  i  casi  presentano.  L'interesse  è  più  che  altro  nell'età  prematura  in  cui 
si  è  avuta  la  manifestazione,  nell'un  caso  a  4  o  5  anni,  nell'altro  a  3  anni. 

Gli  AA.  sono  d'accordo  nel  ritenere  che  la  demenza  precoce,  fatta  ec- 
cezione della  forma  paranoide  che  spesso  si  sviluppa  più  tardi,  per  Io  più  si 
manifesta  nell'età  giovanile  dai  i5  ai  25  anni,  tanto  che  qualcuno  preferi- 
rebbe dare  ad  essa  il  nome  di  Demenza  giovanile,  Psicosi  della  pubertà,  Psicosi 
dell'adolescenza  (Gilbert  Ballet),  Cosi  Christian  ha  notato  di  104  casi  di 
demenza  precoce,  56  prima  dei  20  anni  (di  cui  12  dai  15  ai  16  anni)  e  48  sopra 
i  20  anni.        • 

Serieux  su  46  casi  ha  trovato  la  seguente  proporzione:  Prima  di  20  anni, 
6  casi;  dai  20  ai  25  anni,  11  casi;  dai  25  ai  30  anni,  12  casi;  dai  30  ai 
35  anni,  7  casi;  dai  35  ai  40  anni,  8  casi;  dai  40  ai  50  anni,  2  casi. 

Kraepelin  su  296  casi,  nota  una  proporzione  di  60%  avanti  i  25  anni 
cosi  ripartita:  forma  ebefrenica,  72°/©;  forma  catatonica,  68  7©;  forma  pa- 
ronoide,  40  fo- 
cosi pure  Ifecker  e  Kahlbaum  descrissero  la  ebefrenia  come  una  psico- 
patia puberale  che  si  sviluppa  dai  16  ai  20  anni.  Altrettanto  affermano  Schùle, 
Krafft-Ebing,  Sander,  Mendel,  Kirchhoff,  Ziehen,  Marro,  che  vollero 
negare  alla  ebefrenia  la  dignità  di  entità  clinica;  Aschaffenburg,  Fink, 
Daraszkiewicz,  Sommer,  Scholz  che  riconobbero  invece  nella  ebefrenia  una 
fisionomia  indipendente  (1). 

Ma  nessuno  dei  citati  AA.  accenna  alla  possibilità  che  la  demenza  pre- 
coce possa  manifestarsi  prima  dei  12  anni.  Solo  nella  Statistica  di  Bertschinger 
compaiono  casi,  sebbene  molto  rari,  di  demenza  precoce  a  10  anni. 

Al  De  Sancì is  invero  spetta  il  merito  di  aver  richiamato  l'attenzione 
degli  alienisti  su  questa  forma  di  demenza  precoce  in  età  prematura,  che  egli 
chiama,  come  abbiamo  già  detto,  <  dementia  praecocissima  ». 

II  De  Sanctis  già  in  una  prima  pubblicazione  apparsa  nel  1905,  nel  di- 
stinguere 5  tipi  di  mentalità  nei  frenastenici,  fa  alcune  riserve  intorno  ad 
uno  di  essi  e  precisamente  intorno  al  tipo  di  mentalità  ebaidofrenica  o  vesa- 


(1)  Cfr.  Da  Sawctis.  8u  alcuni  tipi  di  mentalità  inferiore.  «Atti  del  V  Congresso  interna- 
zionale di  Psicologia  ». 


_  Due  casi  di  ''  dementia  praecocissima''  ii5 

nica:  FA.  infatti  pensa  che  di  fronte  alle  più  spiccate  mentalità  vesaniche 
pìuttostochè  con  frenastenie  si  abbia  a  che  fare  con  una  demenza  preco- 
cissima. E  su  tale  concetto  ha  egli  insistito  anche  nella  R.  Accademia  me- 
dica di  Roma  nella  seduta  del  28  gennaio  1906  nel  riferire  tf  sopra  alcune 
Tarietà  della  demenza  precoce  j».  Bisogna  però  ricordare  che  anche  il  Krae- 
pelin  accenna  alla  probabilità  che  alcune  forme  ritenute  sino  ad  ora  come 
idiozie  e  che  presentano  dei  caratteri  della  demenza  precoce  siano  da  consi- 
derarsi quali  forme  precoci  di  <  dementia  praecox  j^  e  simile  supposizione 
fanno  pure  il  Masoin  e  il  Modena. 

Fa  d'uopo  notare  invero  che  il  Weygandt  nel  suo  recente  lavoro  sui 
rapporti  fra  l'idiozia  e  la  demenza  precoce  mette  in  dubbio  la  esistenza  della 
demenza  precocissima.  Egli  asserisce  che  se  in  alcuni  casi  di  demenza  pre- 
coce sì  potè  dimostrare  che  nella  prima  infanzia  esistevano  segni  di  deficienza 
mentale,  questi  avevano  il  carattere  di  una  semplice  imbecillità  o  idiozia,  e 
non  avevano  quindi  rapporto  alcuno  con  la  forma  sviluppatasi  successivamente, 
salvo  quello  di  una  associazione  fortuita.  Egli  fa  pure  notare  che  in  tipi  net- 
tamente idiotici  si  possono  avere  alcuni  sintomi  che  ricordano  la  demenza 
precoce  senza  che  si  possa  dire  provata  in  tali  casi  l'esistenza  di  detta  forma; 
essi  invece,  secondo  l'A.,  si  debbono  attribuire  piuttosto  a  una  semplice  ano* 
malia  di  sviluppo  e  all'arresto  ad  uno  stadio  frequente  a  manifestarsi  nella 
fanciullezza  normale,  stadio  che  si  caratterizza  per  una  facilità  a  impulsi 
motori  ancora  non  coordinati.  Il  Weygandt  stesso  però  conviene  che  vi  sono 
dei  casi  in  cui,  nell'età  infantile  e  dopo  alcuni  anni  di  vita  normale,  si 
manifesta  un  indebolimento  mentale  che  in  alcuni  tratti  ricorda  la  demenza 
precoce  senza  però  che  l'analogia  sia  completa:  in  mancanza  di  una  deluci- 
dazione di  questi  casi  egli  crede  che  i  medesimi  debbano  essere  indicati  come 
demenza  infantile. 

Non  sappiamo  fino  a  che  punto  l'A.  voglia  l'analogia  perchè  si  possa 
parlare  non  di  una  demenza  infantile  semplice,  ma  di  una  demenza  precoce 
infantile;  è  certo  però  che  nei  nostri  casi  si  ha  più  che  un'analogia,  in 
quanto  non  si  tratta  di  un  sintonia  isolato,  ma  del  quadro  quasi  completo* 
caratteristico  della  demenza  precoce.  Notisi  che  non  vi  hanno  neppure,  nel 
secondo  caso  almeno,  sintomi  nevrologici  di  cerebroplegia,  che  possano  favo- 
rire l'ipotesi  di  una  idiozia  e  quindi  far  rientrare  i  nostri  casi  nel  secondo 
gruppo  di  Weygandt.  Manteniamo  perciò  il  nostro  concetto  diagnostico. 

Non  mi  paiono  intanto  privi  di  interesse  i  fenomeni  nevrologici  che  si 
osservano  nel  primo  caso,  cioè  gli  attacchi  convulsivi,  il  nistagmo,  l'aumento 
dei  riflessi  tendinei  e  l' ipoalgesia  diffusa  a  tutta  la  superfìcie  del  corpo.  Quanto 
ai  primi,  da  ciò  che  mi  è  stato  riferito  dal  personale  di  assistenza,  non  aven- 
doli potuti  io  mai  constatare  de.  visti,  mi  sono  convinto  trattarsi  di  veri  attac- 
chi epilettici,  piultostochè  di  quegli  accessi  epilettiformi  che  qualche  volta  si 
osservano  nella  demenza  precoce  e  che  furono  così  bene  descritti  da  Kahlbaum 
e  da  Jensen.  Anche  il  Kraepelin  parla  di  attacchi  nettamente  epilettici  in 
individui  che  poi  ammalarono  di  demenza  precoce,  ma  rimane  in  dubbio  se 


116  F.  Costantini  -  Due  casi  di  '*  dementia  praecocissima  " 

vi  sia  0  no  relazione  tra  quelli  e  ì  disturbi  mentali  che  poi  si  manifestarono. 
Certo  non  altrimenti  potrei  pensare  io.  Gli  AA.  parlano  anche  di  aumento  di 
riflessi  tendinei  in  questa  psicopatia,  ma  essi  nel  nostro  caso  potrebbero  slare 
anche  in  rapporto  con  la  epilessia.  Infine  sì  conoscono  anche  casi,  e  non  molto 
rari,  in  cui  si  è  trovata  diminuita  la  sensibilità  dolorifica  come  nel  nostro. 
Nessun  autore  però,  almeno  per  quanto  io  ho  potuto  riscontrare,  parla 
di  un  nistagmo  nella  demenza  precoce  ;  questo  nel  nostro  caso  è  netto,  ma 
nemmeno  per  esso  saprei  e  potrei  dire  se  abbia  o  no  relazione  con  i  fenomeni 
psichici. 

Bibliogrrafla. 

(1)  Ballkt  Gii3Eirr.  «  Traité  de«  maladies  mentales  ». 

(8)  CHmmiAK.  «  Annale»  médico-psychologriques  »,  8,  9,  48,  1899. 

(3)  G.  Db!(y  e  P.  Rov.  La  démence  precoce.  «  Les  aoiualitéfl  medicaleB  »,  Paria,  190?. 

(4)  Db  Sanctis.  Su  alcuni  tipi  di  mentalità  inferiore.  «  Atti  del  V  congrresso  intemazionale  di 
Psicologia  ».  —  Sopra  alcune  varietà  della  demenza  precoce.  <  Rivista  sperimentale  di  Frenia- 
trìa »,  1906. 

(5)  Hbckbs.  Die  Hebephrenie.  «  Virchow*8  Archi v  »,  1871,  HI,  pagg.  394-429, 

(6)  Kahuiaum.  «  Gruppienmg  der  psychischen  Krankheiten  »,  1868. 

(7)  Kbaspbliv.  Trattato  di  Psichiatria.  (Traduz.  del  dott.  O.  Gnidi).  —  Introduzione  alla 
Clinica  psichiatrica.  (Traduz.  dei  dott.  Arnaldi  e  Manzoni,  1906). 

(8)  KRArrr-EBiKG.  Traité  clinique  et  pratique  des  maladies  mentales.  (IV  edizione,  tradu- 
zione Laurent). 

(9)  Maioin.  «  Journal  de  Neuroloerie  »,  4,  1902. 

(10)  MoDBMA.  Frenastenia  e  Demenza  precoce.  «  Annuario  del  Manicomio  provinciale  di  An- 
cona», anno  IV-V,  1906-1907. 

(11)  Sohììlb.  Psichiatria  clinica.  (Traduz.  italiana). 

(12)  Sbbieux.  «  Gazette  hebdomadaire  »,  mar«  1901  ;  «  Ravue  de  Paychiatrie  »,  Juin  190t. 

(13)  Tanxi.  Trattato  di  Psichiatria. 

(14)  Weycasot.  Atlas  und  Grundniss  der  Psyohiatrie.  Munchen,  1902,  pag.  392.  —  Idiotie 
und  Dementia  praecox.  «  Zeltschrift  fiir  die  Erforschung  und  Behandlung  des  Jugendliehen 
Schwnchslims  ».  Iena,  1907. 


Ospedale  di  S.  Giov.  Batt.  di  Torino  (Sezione  medica,  diretta  dal  prof.  dott.  B.  Pese  aro  lo) 


Sopra  il  sesrno  di  Crassei  e  Gaussel 
nelle  lesioni  di  motilità  degli  arti  inferiori 

per  il  dott.  Alberto  Gramefirna 


Nel  i905  (i)  Grasset  e  Gaussel  attiravano  T attenzione  sopra  un  sialomo 
delle  paresi  degli  arti  inferiori  d'origine  organica,  che  non  era  stato  d€bScritto 
ancora:  T  impossibilità  di  mantenere  sollevati  contemporaaeaoLente  ambedue 
gli  arti. 

Bychowski  (2)  nel  1907  pubblicò  un  lavoro  sul  medesimo  seguo,  da 
lui  scoperto  indipendentemente  dagli  AA.  francesi.  I  due  AA.  sono  però  in 


A.  Gramegna  -  Sopra  il  segno  di  Grasset  e  Gausset,  ecc.         ii1 

disaccordo  sopra  due  punii  :  la  patogenesi  del  segno  da  loro  descritto,  e  la 
sua  presenza  in  qualunque  forma  di  paresi  degli  arti  inferiori,  oppure  nella 
sola  emiplegìa  cerebrale.  Ancora  recentemente  (3),  (4)  essi  sono  ritornati  sul- 
l'argomento ripetendo  però  press'a  poco  le  medesime  proposizioni.  Per  Gras- 
se! e  Gaussel  il  segno  in  questione  è  dotuto  ad  una  minore  forza  di  stabi- 
lizzazione del  tronco  ed  è  la  conseguenza  di  una  pura  é  semplice  diminuzione 
di  forza  muscolare,  e  di  più  si  potrebbe  trovare  in  tutte  le  deficienze  motrici 
degli  arti  inferiori.  Secondo  Bychowski  la  causa  del  segno  sta  in  una  supposta 
supplenza  che  l'emisfero  sano  fornisce  all'emisfero  malato:  si  tratterebbe  di  un 
Ersatzphchwmen,  che  si  troverebbe  solamente  nelle  paresi  d'origine  cerebrale. 

Noica  e  Cohen  alTatto  recentemente  (5)  studiarono  la  questione  e  si  arre- 
starono alle  idee  di  Grasset  e  Gaussel,  aggiungendo  in  più  che  essi  avreb- 
bero trovato  il  segno  in  alcuni  vecchi,  esenti  da  lesioni  spinali. 

Io  ho  cercato  il  sintomo  di  Grasset  e  Gaussel  si  può  dire  in  tutti  gli 
ammalati  del  sistema  nervoso,  che  ho  potnto  esaminare  durante  il  1906-907 
nelh  sezione  del  Prof.  Pescatolo  all'Ospedale  di  San  Giovanni,  ed  alla  se- 
zione nevropatologica  della  Poliambulanza  generale  di  Torino,  diretta  dallo 
stesso.  Oli  ammalati  esaminati,  qualche  centinaio,  erano  affetti  dalle  forme 
morbose  più  svariate,  emiparesi  organiche,  emiparesi  funzionali,  monoparesi 
fimfionali,  cerebrali,  midollari,  nevritiche,  miopatie,  atrofie  muscolari,  ecc. 

Fin  dalle  prime  ricrerche  dovetti  convincermi  che  solo  uno  dei  metodi 
proposti  da  Grasset  e  Gaussel  per  lo  studio  del  loro  sintomo  si  prestava 
ad  una  ricerca  un  po'  seria.  Essi  dicono  come  si  possa  ricercare  il  loro  segno 
in  due  modi  :  od  invitando  il  paziente  ad  alzare  ambedue  gli  arti  contempo- 
raneamente, oppure  invitandolo  ad  alzarne  uno,  dopo  che  l'operatore  solleva 
passivamente  l'altro;  in  caso  di  positività  del  loro  segno  o  l'ammalato  non 
riesce  a  sollevare  contemporaneamente  ambedue  gli  arti,  o  lascia  cadere  l'altro 
fe.  lui  attivamente  tenuto  sollevato  appena  il  ricercatore  solleva  l'opposto.  Il 
primo  modo  proposto  è  poco  adatto  per  le  ricerche  che  volevo  compiere.  In- 
nanzi tutto  quasi  tutti  gli  ammalati  riescon  ad  alzare  gli  arti  inferiori  assieme 
(e  ciò  è  ammesso  pure  da  Bychowski);  sarà  per  molti  un  sollevamento  di 
soH  pochi  centimetri  ma  in  tal  modo  il  sintomo  diventa  troppo  soggettivo, 
giacché  si  tratta  dì  giudicarne  la  positività  dal  grado  di  elevazione  dal  piano 
del  letto.  Secondariamente  tale  elevazione  dipende  da  altri  fattori  estranei,  vale 
a  dire  maggiore  o  minore  adduzione  degli  arti,  durezza  del  letto,  posizione  del 
rapo  ecc.  Il  secondo  modo  proposto  è  invece  mollo  più  semplice  e  sicuro,  è 
completamente  oggettivo  ed  apprezzabile  da  tutti. 

Era  cosa  naturale  che  studiassi  prima  il  segno  in  individui  normali  dal  lato 
del  sistema  nervoso  ;  scelsi  perciò  alcuni  convalescenti  in  tali  condizioni.  In 
essi  il  sintomo  non  fu  mai  riscontrato  e  ciò  è  notevole  in  quantochè  fra  di 
essi  ve  ne  erano  alcuni  in  istato  di  debolezza  muscolare  accentuatissima. 

Nei  soggetti  con  lesioni  del  sistema  nervoso  non  trovai  il  sintomo  in 
nessun  caso  di'  paresi  funzionale,  devo  però  notare  che  tali  paresi  furono  so- 
fameftte  sei.  In  tutti  gli  altri   ammalati,  esclusi   gli   emiplcgici,   il   segno   lo 


ÌÌ8  A,  Gimmegmi 


riscontrai  due  o  tre  volte  solamente.  Negli  emiplegicì  invece  il  sintomo  è  molto 
frequente:  io  l'avrei  trovato  nelTSO^o  nei  casi  studiati. 

Se  si  vuol  tener  conto  delle  varie  condizioni  morbose  di  questi  ammalati, 
posso  dire  che  non  vi  è  alcun  rapporto  fra  il  grado  di  paralisi  e  la  positività 
del  segno.  Si  può  trovare  il  sintomo  di  Grasset  in  emiplegici  appena  pareticì 
mentre  non  si  trova  in  individui  colpiti  in  grado  maggiore.  " 

Nemmeno  col  grado  di  contrattura  avrei  trovato  un  rapporto  ed  ho  potuto 
riscontrare  il  segno  tanto  in  casi  di  emiparesi  flaccide  che  in  casi  di  contrat- 
tura. Rispetto  alla  precocità  del  segno  io  posso  ricordare  un  caso  in  cui  era 
nettissimo  a  poche  ore  da  un  ictus  leggero. 

Riguardo  alla  costanza  ho  potuto  osservare  parecchie  volte  come  esso 
possa  essere  mancante  e  presente  nel  medesimo  individuo  a  poche  ore  di 
distanza. 

Alcune  condizioni  poi  avrei  osservate  che  permettono  di  ottenere  la  pre- 
senza del  segno  in  modo  molto  più  netto  e  costante.  Se  si  comanda  all'am- 
malato di  tener  alzato  Tarlo  guardando  il  soffitto  e  poi,  bruscamente,  senza 
che  l'ammalato  possa  prevedere  la  manovra  si  alza  l'arto  opposto  si  ottiene, 
si  può  dire  in  quasi  tutti  gli  emiplegici,  la  caduta  più  o  meno  completa  del- 
l'arto paretico.  Si  può  facilmente  vedere  come  la  manovra  cerchi  di  mettere 
l'ammalato  in  condizioni  di  non  prevedere  ciò  che  si  va  facendo,  distraen- 
dolo,  ed  alzando  bruscamente  l'arto.  L'importanza  di  tale  tecnica  è  notevole 
perchè  basta  talora  invitar  l'ammalato  a  far  attenzione  a  ciò  che  si  va  facendo, 
oppure  basta  compiere  la  manovra  4  o  5  volte  di  seguito  perchè  la  positività 
del  segno  scompaia.  Succede  quindi  una  certa  educazione  dell'ammalato;  qual- 
che cosa  di  simile  a  quanto  avrebbe  constatato  Rychowski,  che  vide  il  segno 
scomparire  dopo  qualche  seduta  di  meccanoterapia. 

Queste  sono  le  considerazioni  cliniche  suggerite  dalle  mie  ricerche,  esse 
ci  conducono  naturalmente  a  ricercare  la  patogenesi  del  segno  in  questione. 
Come  abbiamo  ricordato,  per  Grasset  tutto  si  riduce  ad  una  questione  di  forza 
muscolare,  egli  dimostra  con  ricerche  sperimentali  che  ci  vuole  più  forza  ad 
alzare  un  arto  inferiore  quando  l'altro  è  pure  alzato  di  quella  che  è  neces- 
saria per  elevarlo  mentre  l'altro  è  sul  piano  del  letto.  In  una  paresi  se  ci  può 
essere  forza  sufficiente,  egli  afl'erma,  per  alzare  un  arto  mentre  l'altro  è  sul 
letto,  tale  potenzialità  manca  appena  esso  viene  pure  elevato.  PerBychowski 
l'emisfero  sano  funziona  per  il  leso  quando  il  paziente  alza  la  gamba  amma- 
lata, ma  se  tale  lavoro  vicario  esso  lo  può  compiere  mentre  l'arto  sano  è  in 
riposo,  non  è  poi  capace  di  compiere  il  duplice  lavoro  di  tener  sollevati  am- 
bedue gli  arti  contemporaneamente.  Si  può  leggere  la  vivace  critica  di  Grasset 
all'ipotesi  di  Bychowski  come  pure  la  recente  risposta  dell'Autore  russo  e 
vedere  che  in  fondo  ambedue  ammettono  che  ognuna  delle  loro  ipotesi  non  è 
sufficiente  a  spiegare  tutte  le  particolarità  del  fenomeno,  ed  anzi  Grasset 
crede  che  ulteriori  ricerche  possano  condurre  a  modificare  il  suo  pensiero. 

Evidentemente  se  fosse  vera  l'ipotesi  di  Grasset  il  segno  dovrebbe  tro- 
varsi nella  grande  maggioranza  dei  casi  nei  quali  vi  è  debolezza'  motrice  dei 


Sopra  ii  segno  di  (ìrasset  e  tìaussel,  ecc,  ll9 

dne  0  di  uno  degli  arti  inferiori.  Invece  Bychowski  non  Tha  mai  riscontralo 
air  infuori  delle  emiplegie,  io  posso  dire  quasi  altrettanto.  Grasse!  cita  un 
solo  caso  di  paraplegia  midollare  col  segno  positivo  e  solo  Noica  e  Cohen 
l'avrebbero  trovato  quattro  o  cinque  volte  al  di  fuori  delle  emiplegie.  Nello 
slesso  ordine  di  idee  la  presenza  del  segno  dovrebbe  essere  in  rapporto  col 
grado  della  paralisi  motrice,  mentre  io  non  l'ho  riscontrato  in  casi  di  emi- 
plegie gravi  mentre  era  nettissimo  in  emiparesi  leggerissime. 

Di  più  non  sarebbe  neppure  spiegabile  come  si  possa  trovare  mancante 
il  segno  in  un  individuo  stesso  a  brevissima  distanza  di  tempo. 

Dall'altro  canto  alcune  delle  obbiezioni  di  Crassei  alla  teoria  di  By- 
chowski sono  realmente  gravi:  per  esempio  il  ricordare  come  contro  il  modo 
di  pensare  dell'Autore  russo  stia  la  provata  maggior  facilità  degli  emiplegie! 
ai  movimenti  associati. 

Per  mio  conto  credo  che,  analizzando  quali  fatti  succedono  nella  musco- 
latura di  un  individuo  che  tiene  un  arto  inferiore  alzato  quando  gli  viene 
sollevalo  passivamente  l'arto  opposto,  si  possa  giungere  a  comprendere  la  pa- 
togenesi del  segno  in  questione.  Quando  un  soggetto  disteso  sopra  un  letto 
alza  un  arto  inferiore,  il  bacino  è  prevalentemente  stabilizzalo  dall'arto  infe- 
riore opposto,  e  sul  bacino  cosi  fissato  agiscono  le  potenze  muscolari  che  al- 
zano Faltro  arto.  Se  passivamente  si  eleva  l'arto  che  stabilizza  il  bacino,  l'arto 
opposto  non  può  mantenersi  sollevato  se  non  alla  condizione  che  il  bacino 
venga  fissato  dalla  stabilizzazione  istantanea  della  colonna  vertebrale  in  tutta 
la  sua  estensione.  In  un  individuo  normale  tale  seconda  stabilizzazione  avviene 
così  rapida  ed  opportuna  che  non  si  hanno  nemmeno  delle  pìccole  oscillazioni 
dell'arto  elevato. 

In  un  individuo  paretico  col  segno  di  Crassei  la  deficienza  sta  certa- 
mente in  tale  seconda  stabilizzazione,  per  Crassei  è  difettosa  nel  senso  che 
è  insufficiente,  secondo  me  è  difettosa  perchè  non  succede  con  l'opportunità 
necessaria;  per  Crassei  si  tratta  di  un  fenomeno  legalo  alla  pura  paresi 
motrice,  per  me  si  tratta  di  un  fatto  mollo  più  complesso.  Noi  sappiamo  per 
esempio  come  in  un  emiplegico  si  debba  fare  una  netta  distinzione  tra  la  forza 
muscolare  misurata  al  dinamometro  e  la  forza  mwscohre  funzionale.  Un  emi- 
plegico con  una  notevole  forza  muscolare  dinamometrica  può  essere  incapace 
ad  infilare  un  ago,  operazione  che  non  richiede  la  centesima  parte  dell'energia 
che  egli  può  sviluppare.  Nel  caso  particolare  un  emiplegico  potrà  avere  la  forza 
sufficiente  per  stabilizzare  il  suo  bacino  per  mezzo  della  gamba  sana  e  tener 
quindi  sollevata  la  gamba  lesa;  potrà  anche  esser  capace  di  fissare  il  suo  ba- 
cino più  0  meno  completamente  per  mezzo  della  colonna  vertebrale  e  tener 
rialzati,  più  o  meno,  i  due  arti  inferiori  contemporaneamente,  ma  sarà  inca- 
pace di  far  succedere  a  tempo  opportuno  e  colla  regolarità  necessaria  la  se- 
conda alla  prima  stabilizzazione.  Qui  sta  secondo  me  la  spiegazione  del  sintomo 
di  Crassei  e  da  questo  viene  chiarito  perchè  tale  fenomeno  sia  molto  più 
frequente  nelle  paresi  d'origine  cerebrale,  perchè  non  sia  in  rapporto  col  grado 
della  debolezza  motrice,  perchè  non  sia  costante,  sia  più   evidente   se  il    pn- 


120         A.  Gramegna  -  Sopra  il  segìxo  di  Grasset  e  Gaussel,  ecC, 


ziente  è  distratto  e  non  prevenuto  e  più  di  tutto  viene  spiegato  come  esso 
possa  scomparire  dopo  poche  sedute  di  mecc^noterapia  o  dopo  che  se  ne  sìa 
fatta  la  ricerca  parecchie  volte  di  seguito.  E  pure  la  constatazione  di  Noica 
e  Cohen,  cioè  che  il  segno  di  Grasset  si  puJ  trovare  in  vecchi  non  paretici, 
contrasta  molto  di  più  colle  tefxrie  di  Bychowski  che  non  T  ipotesi  da  me 
esposta. 

Si  vede  quindi  come  con  tali  ipotesi  non  solo  si  può  dare  un'interpre- 
tazione generale  del  segno  di  Grasset  ma  pure  ne  riescono  abbastanza  spie- 
gate tutte  le  particolarità  cliniche. 

In  conclusione:  Dei  due  modi  di  ricercare  il  segno  di  Grasset  uno  solo 
è  realmente  pratico,  quello  che  si  basa  sulla  caduta  dell'arto  leso  all'elevazione 
passiva  dell'arto  opposto.  —  Tale  segno  si  trova  esclusivamente  nella  paresi 
d'origine  cerebrale,  dove  è  positivo  neir80°/o  dei  casi.  — Il  segno  non  si 
troverebbe  nelle  paresi  funzionali.  —  Nelle  emiplegie  organiche  esso  non  è 
in  rapporto  nò  col  grado  della  paralisi,  né  collo  stato  di  contrattura,  uè  col- 
reta  della  lesione.  —  Esso  non  è  talora  costante  nel  medesimo  ammalato 
anche  a  poche  ore  di  distanza.  —  Non  è  funzione  esclusiva  del  grado  di  pa- 
ralisi dinamometrica,  nò  è  conseguenza  di  una  supposta  supplenza  cerebrale, 
ma  è  piuttosto  in  rapporto  col  grado  di  paralisi  funzionale  e  collo  stato  men- 
tale del  soggetto.  —  Clinicamente  la  sua  importanza  è  molto  relativa  e  si 
riduce  forse  ad  aiutare  la  diagnosi  difTerenziale  fra  emiparesi  organica  ed 
emiparesi  funzionale. 

Biblioffrafla. 

(1)  Grassst  et  Gacuxl.  Un  signe  de  paralyse,  etc.  «  Rerue  XeurologrlQue  »,  1905,  n.  17. 

(2)  I.  Gbasskt.  Un  signe  de  {laralyse,  etc.  «  Revue  Neurologique  »,  1907,  n.  6. 

i^)  Z.  BrcHowan.  Zur  Phiinomenologle  der  cerebraien  Hemiplegie.  «  Neurologisches  Gentcal- 
blatt  »,  1907,  N.  4. 

(4)  Z.  BrcBowsKi.  «  Revue  Neurologique  »,  1907,  n.  17. 

(5)  XoicA  et  CoHBN.  Sur  un  signe  de  paralyse,  etc.  «  Journal  de  Neurologie  »,  Bruxelles, 
1907,  n,  12. 


Lo  stato  presente  della  sierodiasrnosi  nella  tabe 
e  nella  paralisi  progressiva. 

Sìntesi  critica  per  il  dottor  O.  Rossi 


Il  metodo,  indicato  dapprima  da  B:)rdet  e  Gengou  ed  adoperato  anche 
da  Neisser  e  Sachs  per  il  differenziamento  delle  albumine,  vale  a  dire  il 
metodo  della  deviazione  del  complemento  {Komplementablenkun^-'KomplemetU- 
bindìiìuj),  fu,  con  qualche  modificazione,  reso  da  Wassermann  e  Bruck  sn^ 
scettibile  di  rendere  grandi  servigi  nella  sierodìagaosi  delle  malattìa  infettive. 


Ò.  Rossi  -  Lo  staio  presente  della  sierodia^nosi  nella  tabe,  ecc.  12i 

Menlre  Bordai  e  Gengou  adoperavano  come  antigeno  delle  colture  di 
batterii,  Wassermann  e  Bruok  trovarono  che  si  possono  impiegare  anche 
estratti  di  microrganismi  e  di  organi  affetti  da  malattie  infettive  determinale: 
questo  metodo  fu  adoperato  con  successo  nella  diagnosi  del  tifo,  del  mal  rosso 
dei  suini  etc. 

Ma  quello  che  a  noi  niù  interessa  è  che  esso  è  stato  dimostrato  capace 
di  essere  applicato,  con  notevoli  vantaggi,  in  Clinica  delle  malattie  nervose  e 
mentali,  epperciò  riesce  non  inutile  questa  recensione  nella  quale  si  riassu- 
mono i  principali  lavori  in  argomento. 

Per  comprendere  il  meccanismo  di  questa  reazione  sono  indispensabili 
alcuni  accenni,  relativi  sia  alla  teoria  sulla  quale  si  fonda,  sia  ai  metodi  pra- 
tici impiegati  per  ottenerla. 

Dovendo  spesso  in  questo  articolo  parlare  dì  antigeno,  di  anticarpi,  di  am- 
boMtori,  ecc.,  premetteremo  qualche  parola  a  spiegazione  di  questi  vocaboli. 

Col  nome  di  antigeno  vengono  indicate  quelle  sostanze  sia  organizsate 
che  sciolte,  cellule  o  partì  dì  cellule,  di  origine  vegetale  od  animale,  che 
introdotte  in  un  organismo  animale  vi  spiegano  la  proprietà  di  provocarvi  la 
formazione  di  prodotti  specifici  di  reazione  (anticorpi). 

Secondo  l'origine  e  il  modo  col  quale  viene  trattato  il  materiale  impie- 
i^ato  e  secondo  la  particolarità  dell'organismo  cosi  trattato,  i  f^ttì  di  questa  rea- 
zione si  manifestano  in  modo  tale  che  nel  siero  dell'animale  iniettato  compaiono 
delle  sostanze  che  agiscono  sul  materiale  della  natura  di  quello  che  ha  ser- 
vito per  il  trattamento,  in  modo  da  provocarvi  fenomeni  di  lisi  (citolìsi- 
emolisi)  0  di  agglutinazione  o  di  precipitazione:  questi  fatti  sono,  fino  ad  un 
certo  punto,  specifici  nel  senso  che  un  determinato  antigeno  produce  degli 
anticorpi  che  hanno  azione  su  questo  e  non  su  altri  antigeni  :  gli  anticorpi 
dei  quali  noi  dovremo  far  parola  appartengono  a  uuel  gruppo  che  Ehriich 
ha  chiamato  col  nome  di  amhocettori. 

Cosi  quando- ad  un  coniglio  si  iniettano  dei  globuli  ro^ssi  di  castrato,  il 
siero  di  sangue  del  primo  animale  acquista  uno  spiccato  potere  emolitico  contro 
i  globuli  rossi  del  secondo.  Le  teorie  correnti  ammettono  che  lo  siero  del 
coniglio  sia  capace  di  provocare  il  fenomeno  mercè  due  sostanze,  l'una 
chiamata  camplemento  che  si  trova  nel  sangue  anche  degli  animali  normali, 
la  seconda  ambocettore  che  viene  prodotta  nel  sangue  del  conìglio  in  seguito 
alla  iniezione  di  eritrociti  di  castrato.  Le  due  sostanze  sì  distinguono  per  il 
loro  contegno  di  fronte  al  calore  essendo  l'una  termostabile,  Taltra  termolabile. 

Globuli  rossi  di  castrato,  siero  di  sangue  di  coniglio  non  riscaldato,  e  con- 
tenente perciò  complemento  e  ambocettore,  formano  un  cosi  detto  sistema 
emolitico:  ora  Wassermann  e  Bruck  e  Bordet  e  Gengou  hanno  tro- 
vata che  se  si  fa  una  mescolanza  di  un  liquido  che  contenga  un  antigeno 
con  un  altro  che  possieda  il  corrispondente  anticorpo,  e  si  mette  la  miscela 
a  contatto  con  un  complemento  il  complesso  antigeno  -+-  ambocettore  è  capace 
di  legare  il  complemento  dimodoché  aggiungendo  poi  ì  componenti  di  un 
sistema  emolitico,  eccetto  il  complemento,  non  si  ha  più  F  emolisi. 


122  0.  Rossi 

Ed  ecco  come  si  applicò  il  fatto  alle  malattie  che  ci  interessano  :  noi 
sappiamo  che  della  tabe  e  della  paralisi  generale  viene  comunemente  incol- 
pata la  sifilide  :  ora  si  trovò  che  una  mescolanza  di  un  estratto  di  fegato  di 
neonato  sifilitico,  che  di  regola  contiene  molti  Trepomeni  pallidi,  con  siero  di 
sangue  di  un  individuo  che  abbia  avuto  la  sifilide,  è  capace  di  fissare  il  com- 
plemento impedendo  l'emolisi  nel  modo  già  detto.  Gli  autori  hanno  supposto 
che  il  primo  estratto  contenesse  a  preferenza  Vantigeno  il  secondo  gli  anti- 
corpi: tuttavia  Wassermann  e  quelli  della  sua  scuola  non  si  pronun- 
ciarono mai  definitivamente  sulla  questione  se  fosse  veramente  Tantigeno 
come  tale  che  cooperava  alla  produzione  del  fenomeno  oppure  sostanze  da 
esso  prodotte  negli  organi  malati  od  anche  prodotti  di  questi  stessi  organi. 

Supposta  la  tabe  e  la  paralisi  progressiva  di  origine  sifilitica,  si  trovò  ap- 
punto che  P  estratto  di  fegato  sifilitico,  lo  siero  di  sangue  o  il  liquido  cerebro- 
spinale di  individui  tabetici  o  paralitici,  dava  luogo  alla  deviazione  del  com- 
plemento, mentre  ciò  non  accadeva  mai  con  Io  siero  di  sangue  o  col  liquido 
cerebro-spinale  di  pazienti  che  non  aveano  mai  avuto  la  sifilide  e  che  erano 
0  sani  0  ammalati  di  altre  forme  anche  di  malattie  nervose. 

Non  posso  entrare  in  dettagli  di  tecnica  sia  perchè  porterebbe  troppo  in 
lungo,  sia  perchè  una  semplice  esposizione  teorica  di  questa  tecnica,  che  è 
abbastanza  delicata,  avrebbe  davvero  poco  vantaggio:  tuttavia  io  ricorderò  come 
i  cinque  componenti  il  sistema  sono  : 

1)  L'antigeno  luetico  (estratto  di  organi  fetali  sifilitici). 

2)  Il  liquido  che  contiene  gli  anticorpi  (siero  o  liquido  cerebro-spinale). 

3)  Complemento  (complemento  fresco  di  siero  di  sangue  di  cavia). 

i)  Ambocettore  emolitico  (siero  inattivato  di  sangue  di  coniglio  trattato 
con  eritrociti  di  castrato). 

5)  Corpuscoli  rossi  di  sangue  dì  castrato. 

Si  mescolano  dapprima  in  date  proporzioni  i  liquidi  indicati  al  N.  1  e  2 
e  3  e  dopo  un  certo  tempo,  avendoli  lasciati  alla  temperatura  di  37^  e,  si  aggiun- 
gono gli  elementi  di  cui  ai  numeri  4-5:  se  nel  liquido  o  siero  in  esame  erano 
contenuti  degli  anticorpi  luetici  allora  il  complesso  antigeno  +  anticorpo 
(N.  1+2)  assorbe  il  complemento  (N.  3)  e  i  corpuscoli  rossi  di  castrato 
aggiunti  dopo,  insieme  al  liquido  di  cui  al  N.  4,  rimangono  indisciolti.  In 
questo  caso  le  reazione  si  dice  positiva  e  sì  è  autorizzati  a  concludere  che 
l'individuo  ha  avuto  la  sifìlide,  non  solo,  ma  andando  un  poco  più  in  là  che 
è  affetto  da  tabe  o  paralisi  progressiva,  quando  la  reazione  positiva  sia  data 
dal  liquido  cefalo-rachidiano,  perchè,  almeno  secondo  gli  studi  di  Plaut  ed  altri, 
questo  liquido  dà  risultato  negativo  in  quegli  individui  che  hanno  bensì  avuta  la 
sifilide  mu  non  hanno  manifestazioni  a  carico  dei  sistema  nervoso.  Citron  anzi 
ritiene  che  da  questo  punto  di  .vista,  contrariamente  ai  risultati  ottenuti  da 
Schultze,  si  possa  verificare  una  certa  differenza  tra  la  tabe  e  la  paralisi  gene- 
rale, perchè  in  questa  malattia  assai  più  di  frequente  che  in  quella  il  liquido 
cefalo-rachidiano  dà  resultato  positivo. 

Importanti  sono,  anche  per  gli  argomenti  che  possono  fornire  alla  spie- 


Lo  stato  presente  della  sierodiagnosi  nella  tabe,  ecc.  123 

gazione  di  questa  speciale  reazione,  le  conclusioni  di  Marie  e  Levaditi  i  quali 
afTermano  che  la  sifilide  da  sola  è  incapace  di  produrre  l'apparire  di  anti- 
corpi nel  liquido  cefalo-rachidiano  :  perchè  questi  compaiano  occorre  che  vi 
sia  la  localizzazione  cortico-meningea  di  un  processo  infiammatorio  sifilitico  o 
parasifìlitico,  intenso  e  prolungato  :  esiste  un  parallelismo  tra  il  progredire  di 
questo  processo  e  i  risultati  della  reazione  di  Wassermann;  quando  il  processo 
è  appena  iniziato  questa  può  mancare,  mentre  proprio  allora,  quando  anche 
i  sintomi  clinici  sono  ancora  indecisi,  sarebbe  più  necessario  un  sicuro  mezzo 
diagnostico. 

La  scoperta  di  Wassermann  poteva  avere  un  doppio  valore:  uno  pratico, 
quello  cioè  di  olTrire  un  mezzo  sussidiario  di  diagnosi  per  la  sifìlide,  la  tabe, 
la  paralisi  progressiva,  di  permettere  (Citron)  di  seguire  i  risultati  della  cura 
antiluetica,  ed  un  altro,  forse  più  importante,  di  dare  una  base  più  sicura 
alla  relazione  che,  per  argomenti  clinici  e  dati  statistici  etiologici,  viene  dai  più 
ammessa  tra  la  sifilide  e  le  due  forme  nervose.  Le  pubblicazioni  che  sull'ar- 
gomento si  sono  succedute  con  grande  rapidità,  hanno,  fatta  eccezione  di  qualche 
voce  rimasta  isolata  (Michaelis),  confermato  il  valore  pratico  della  reazione, 
anzi,  se  alcuni  dei  reperti  più  di  recente  ottenuti  saranno  sanzionati  dall'espe- 
rienza, esso  verrà  ancora  accresciuto  permettendoci  una  tecnica  più  facile.  Quanto 
al  valore,  dirò  cosi,  teorico,  i  risultati  più  recenti  impongono  invece  qualche 
riserva  :  se  dovesse  essere  definitivamente  provato  il  concetto  che  le  sostanze 
che  danno  luogo  all'impedimento  dell'emolisi,  compaiono  nei  liquidi  organici 
in  seguito  alia  distnizione  o  come  risultato  di  processi  morbosi  di  dati  elementi 
morfologici  ^Levaditi),  che  cioè  non  sono  dei  veri  ambocettori  battericidi 
(Haendel)  allora  si  dovrà  verificare  se  quei  fattori  morbosi  che  alcuni  clinici 
ritengono  capaci  di  produrre,  all' infuori  dell'  infezione  sifilitica,  la  tabe  e  la 
paralisi  generale,  non  siano  anche  capaci  di  alterare,  nello  stesso  modo  della 
sifìlide,  quei  dati  elementi,  provocando  cosi  nei  liquidi  in  esame  uguali  proprietà 
di  fronte  al  fenomeno  «  emolisi  >.  In  rapporto  a  questo  problema  sono  da 
ricordare  le  esperienze  di  Michaelis  che  avrebbe  trovato  positiva  la  reazione  di 
Wassermann  collo  siero  di  sangue  di  un  tifoso,  e  collo  siero  di  sangue  di 
un  coniglio  immunizzato  contro  il  tifo  :  questa  infezione  è  dunque  forse  capace 
di  produrre  sostanze  che  agiscono  nel  senso  di  impedire  l'emolisi? 

Già  abbiamo  detto  come  Wassermann  ed  i  suoi  collaboratori,  indicando 
nel  complesso  antigeno-anticorpo  il  fattore  capace  di  legare  il  complemento, 
facessero  però  le  più  ampie  riserve  circa  la  natura  delle  speciali  sostanze 
dell' antigeno  :  anzi  avendo  osservato  che  talora  estratti  di  organi  non  luetici 
sono  capaci  di  produrre  —  sebbene  a  dosi  assai  più  elevale  —  lo  stesso  feno- 
meno, Plaut  scrive  «noi  possiamo  dire  soltanto  che  quello  che  noi  chia- 
miamo antigeno  luetico,  è  una  sostanza  che  si  trova  negli  organi  luetici  e 
che  si  può  riconoscere  per  mezzo  dei  corrispondenti  anticorpi  solo  nei  liquidi 
organici  di  quelli  che  hanno  avuto  sifìlide  o  metasifìlide.  Ma  sulla  natura  di 
questa  sostanza  nulla  si  può  fino  ad  ora  dire.  Evidentemente  gli  estratti  di 
organi  luetici,  cosi  come  quelli  di  organi  normali,  contengono  tutte  le  possibili 


UÀ  0.  iìossi 

sostanze  albuminoidì  e  i  prodotti  del  disfacimento  delle  molecole  albuminoidi, 
che  da  parte  loro  possono  funzionare  da  antigene.  D' altra  parte  si  sa  che  lo 
siero  animale  può  occasionalmente  contenere  degli  anticorpi  per  i  più  svariati 
corpi.  Perciò  si  deve  tener  presente  la  possibilità  che  talora  un  tale  siero 
possa  in  un  estratto  di  un  organo  qualsiasi  trovare  un  antigeno  corrispon- 
dente ad  un  anticorpo  che  egli  contiene  e  che  non  è  di  natura  luetica,  e  che 
perciò  si  abbia  un  impedimento  dell'emolisi  di  origine  non  sifilitica.  Queste 
coincidenze  sono  però  assai  rare....  >.  Cosi  scriveva  Plaut,  ma  pia  tardi  si  sus- 
seguirono ricerche  (Levaditi,  Landsteiner,  Moller,  Pòtzl,  Porges,  Meier) 
le  quali  dimostravano  che  nell'allestimento  della  prova  di  Wassermann  si  può 
^sostituire  all'estratto  di  fegato  luetico,  un  estratto  —  preparato  dai  varii  aotori 
in  diversa  maniera  —  di  un  fegato  nomale  di  uomo  o  di  un  altro  mam- 
mifero (cavia-coniglio)  o  anche  dì  altri  organi  (cuore).  Cosi  si  cominciò  a  du- 
bitare che  si  trattasse  d'un  legame  tra  un  antigene  ed  un  anticorpo  battericida 
propriamente  detto  ed  a  rivolgere  il  pensiero  a  possibili  fatti  ftsic(H^himici 
capaci  di  spiegar  la  devianone  del  complemento:  in  un  lavoro,  in  collabo- 
razione con  Marie,  Levaditi  espone  i!  sospetto  che  il  glicogene,  il  quale  si 
trova  in  maggiore  abbondanza  nel  fegato  sifUrtico,  possa  avere  qualche  parte 
nel  determinare  la  reazione.  Proseguendo  le  esperienze  in  roilaberaaionc  con 
Yam»nouchi  egli  trovò  che  all'estratto  di  fegato  si  possono  sostituins  vart 
prodotti  estrattivi,  come,  certi  sali  biliari  (glicocolato  di  soda  1%)  e  lipetdi 
analoghi  alla  lecitina^  concludendo  che  l' impedimento  della  emolisi  sarebbe 
da  attribuire  alla  presenza  nel  siero  o  nel  liquido  cefalo-rachidiano  dei  sifi- 
litici, e  rispettivamente  tabetici  o  paralitici  progressivi,  di  certi  composti  nan 
proteici  allo  stato  colloidale,  che  in  presenza  di  sali  biliari  e  lipoidi  del  fegato 
precipitano  e  determinano  la  fissazione  del  complemento  emolitico:  egli  crede 
ancora  che  i  composti  che  provengono  dall'organismo  e  si  trovano  nei  Kqnidi 
organici  degli  individui  sifilitici  o  metasifilitici  possano  essere  degli  eteri  di 
colesterina  e  degli  acidi  grassi  (per  lo  siero).  In  un  altro  lavoro  ritorna  sulla 
influenza  dei  lipoidi,  da  lui  ottenuti  in  vario  modo,  osservando  che  forse  essi 
devono  la  loro   influenza  alla  lecitina  che  contengono. 

Ricerche  di  questo  genere  sono  state  fatte  dai  collaboratori  di  Wasser- 
mann e  con  risultati  pure  positivi,  perciò  lo  stesso  in  un  recentissimo  articolo, 
nel  quale  rivendica  alla  sua  scuola  la  priorità  degli  studi  eseguiti  in  questo 
indirizzo,  conclude  appunto  col  mettere  in  rilievo  l' influenza  dei  lipoidi  :  al- 
trove egli  scrisse:  «  noi  ora  sappiamo  che  nella  sifilide  si  ha  nell'organismo 
la  presenza  di  speciali  sostanze  le  quali  hanno  affinità  verso  i  lipoidi,  sopra- 
tutto verso  la  lecitina,  che  sono  perciò  in  grado  di  legare  ».  —  A  qifesto 
proposito  sono  degne  di  nota  le  ricerche  di  altri  autori  (Breton,  Petit)  i 
quali  esperimentando  col  veleno  del  Cobra  ottennero  risultati  importanti: 
noi  sappiamo  che  l'azione  emolitica  del  veleno  del  Cobra  sugli  eritrociti  lavati 
non  si  ha  se  non  in  presenza  di  lecitina  o  di  siero  :  ora  alcuni  liquidi  oMkh 
rachidiani,  ricavati  da  individui  o  normali  o  malati,  sarebbero  capaci  di  fissare 
la  lecicina  e  di  impedire  con  eie  Pemolisi:  d'altra  parte,  e  questo  è  quello^  che 


Lo  stato  presente  della  sierodiagiwsi  nella  tabe,  ecc.  125 

pia  specialmente  riguarda  il  nostro  problema,  non  sempre  il  risultato  positivo 
di  questo  esperimento  coincide  con  uno  positivo  ottenuto,  in  confronto  d'un 
medesimo  liquido,  col  metodo  Wassermann:  discordanza  che  non  dovrebbe 
esistere  qualora  stesse  veramente  che  essa  è  dovuta  al  legame  di  deterroi- 
oate  sostanze  con  la  lecitina. 

Queste  interessanti  ricerche  nulla*  hanno  tolto  al  valore  pratico  del  me- 
todo della  deviazione  del  complemento,  perchè  anche  con  estratti  di  organi 
normali,  o  con  determinati  preparati  chimici,  la  reazione  non  riesce  positiva 
se  noa  nei  casi  di  pregressa  sifilide,  o  di  tabe,  o  paralisi  progressiva  :  invece 
rimane  aperto  un  problema  notevole:  compaiono  queste  sostanze  che  impe- 
discono l'emolisi  e  che  non  possiamo  più  considerare  senz'altro  come  anti- 
corpi battericidi,  nei  liquidi  organici  —  nel  caso  che  più  ci  interessa  nel 
liquido  cefalo-rachidiano  —  in  quanto  è  in  atto  una  alterazione  di  determinati 
elenìenti  di  natura  sifilitica  o  si  formano  soltanto  in  quanto  in  un  dato  modo, 
con  un  determinato  processo,  vengono  questi  elementi  alterati  da  una  causa 
che  può  essere  varia?  Come  in  clinica  furono  osservati  casi  di  tabe  e  di  pa- 
ralisi generale  senza  pregressa  sifilide,  può  darsi  che  esistano  altre  cause  che, 
come  producono  lesioni  anatomiche  che  si  manifestano  con  uguali  lesioni  fun^ 
zionali,  provochino  anche,  così  come  la  sifilide,  la  comparsa  di  sostanze  uguali 
nel  liquido  cefalo-rachidiano?  Ecco  un  altro  problema  che  aspetta  la  sua  so- 
luzione dalla  patologia  sperimentale. 

Prima  di  abbandonare  questo  argomento  è  ancora  da  ricordare  come  con 
quest'ultima  teoria  per  spiegare  il  fenomeno  della  deviazione  del  comple- 
mento, si  torni,  in  certo  modo,  alla  spiegazione  che  di  esso  avea  dato  il  ntistro 
Moreschi.  Egli  infatti  non  credeva  ad  un  legame  specifico  tra  antìgeno,  an- 
ticorpo e  complemento,  ma  tenendo  presente  il  fatto  che  mescolando  un  liquido 
contenente  albumina  con  un  siero-immune  si  poteva  produrre  un  precipitato, 
concepiva  il  meccanismo  del  fenomeno  nel  senso  che  per  il  fatto  della  pre- 
cipitazione, il  complemento,  in  virtù  di  fenomemi  fisici  o  chimici,  soffrisse 
un'alterazione. 


* 


Ed  ora  veniamo  a  parlare  di  un'altra  serie  di  lavori  nei  quali  è  studialo  il 
problema  di  rendere  più  facile  in  pratica  la  sierodiagnosi  in  queste  malattie. 

Ponendo  mente  agli  stretti  rapporti  che  intercedono  tra  i  fatti  che  si 
svolgono  nella  «  precipitazione  >  e  quelli  che  sì  hanno  nella  deviazione  del 
cenpleiaento,  poteva  venire  facilmente  fatto  di  supporre  che  mescolando  dei 
lìpidi  organici  oMitenenlt  «  antigeno  %  con  altri  contenenti  anticorpi  si 
potessero  produrre  dei  fenomeni  di  precipitazione. 

Con  questo  presuppest»  teorico,  appoggiandosi  anche  ai  risultati  ottenuti 
ia  altre  malattie  (tifo),  Fornet,  Schereschewsky,  Eisenzimmer  eRosen- 
feid  cercadrotto  di  forairei  una  sierodiagnosi  basata  sulla  preci{»tazione.  Essi 


126  •  0.  Rossi 

hanno  osservato  che  quando  si  pongono  in  contatto  reciproco  siero  dì  sifilitico 
nelìo  stadio  florido  dell' affezione  e  siero  di  paralitici  o  di  tabetici,  colla  tecnÌ4a 
indicata  da  Ascoli  per  la  prova  della  stratificazione,  compare  nel  piano  di 
contatto  dei  due  liquidi  un  intorbidamento  ad  anello.  Fornet  sostenne  che 
questa  sorta  di  anello  compare  soltanto  quando  si  adoprano  sieri  di  individui 
che  soffrono  di  sifìlide  o  di  malattie  ad  essa  conseguenti,  dimodoché  si  tratta 
di  una  precipitazione  specifica.  Egli  fa  ancora  un  passo  più  in  là  ed  afferma  che 
dei  due  elementi  che  entrano  in  azione  nella  reazione  precipitante  l'uno,  il 
cprecipitinogeno)»,  si  trova  nello  siero  dei  sofferenti  di  sifilide  allo  stato  florido, 
l'altro,  la  €  precipìtina  )i,  si  trova  nello  siero  degli  affetti  da  forme  post-sifilitiche. 

Io,  in  collaborazione  con  Plaut  e  Heuck,  mi  sono  pure  occupato  di 
questo  problema,  ma  le  nostre  esperienze  ci  condussero  a  concludere  che  la 
prova  proposta  da  Fornet  non  è  per  nulla  specifica:  il  fenomeno  da  questi 
indicato  compare  talora  realmente,  ma  compare  anche  e  con  frequenza  mag- 
giore ponendo  a  contatto  siero  di  sifilitico  e  siero  di  normale,  siero  di  nor- 
male e  siero  di  paralitico  ed  infine  siero  di  normale  con  siero  di  normale. 
Anche  mettendo  a  contatto  delle  diluizioni  a  titolo  diverso  di  uno  stesso  siero 
normale  si  può  avere  la  formazione  di  anelli:  questo  richiama  l'osservazione 
già  fatta  da  Ascoli  il  quale  avea  cercato  di  spiegarla  colla  formazione  di 
<  auto-precipitine  »  :  in  un  suo  breve  articolo  Fornet  ammette  questo  fatto 
da  noi  osservato,  ma  afl'erma,  senza  darne  alcuna  prova,  che  in  questo  caso  il 
precipitato  non  ha  gli  stessi  caratteri  che  ha  quando  venga  prodotto  con  siero 
di  paralitico  e  siero  di  luetico  :  attendendo  questi  caratteri  differenziali  mi 
auguro  che  siano  meno  enigmatici  di  quelli  da  lui  già  descritti  a  proposito 
del  modo  di  distinguere  i  precipitati  specifici  nella  reazione  tra  siero  di  tifoso 
e  tifo-immunsiero  da  quelli  non  specifici! 

Fornet  ed  i  suoi  collaboratori  avevano  anche  studiato  i  fenomeni  di  pre- 
cipitazione che  si  possono  avere  mettendo  a  contatto  estratto  di  organi  luetici 
collo  siero  di  individui  che  avevano  avuto  la  sifilide^  ma  abbandonarono  tosto 
questo  metodo  volendo  nelle  loro  esperienze  evitare  di  porre  a  contatto  dei 
liquidi  eterogenei.  Tuttavia  ripensando  al  fatto  che  l' antigeno  è  assai  frequente 
negli  estratti  degli  organi  luetici  mentre  eccezionalmente  si  trova  nel  sangue, 
può  parere  che  una  prova  di  precipitazione  eseguita  con  questa  seconda  tec- 
nica possa  dare  risultati  più  evidenti.  Michael is  ha  in  questo  senso  ese- 
guito delle  ricerche  con  esito  positivo:  mettendo  a  contatto  siero  di  sangue 
di  un  individuo  che  avea  avuto  la  sifilide  con  estratto  di  fegato  luetico,  egli 
ottenne,  col  metodo  della  prova  a  strati,  una  precipitazione  che  mancò  cimen- 
tando lo  stesso  siero  con  estratto  di  fegato  normale. 

Ma  le  ricerche  eseguite  da  me,  Plaut  ed  Heuck  con  questo  metodo  ci 
hanno  dimostrato  che  anche  in  questo  modo  la  reazione  non  è  punto  speci- 
fica, perchè  essa  compare  con  grande  chiarezza  anche  ponendo  a  contatto 
estratto  di  fegato  normale  e  siero  di  individuo  sifilitico. 

Le  più  recenti  concezioni  circa  il  meccanismo  che  conduce,  nella  prova 
di  Wassermann,  alla  deviazione  del  complemento,  scuotono  naturalmente  le 


Lo  stato  presente  della  sierodiaynosi  nella  tabe,  ecc.  127 

basi  teoriche  sulle  quali  si  appoggiava  la  ricerca  di  una  reazione  per  mezzo 
della  precipitazione  :  i  fatti  da  noi  raccolti  restano  però  nella  loro  chiarezza 
ed  anzi  il  fatto  che  anche  l'estratto  di  organi  normali  è  capace  di  dare  impe- 
dimento dell'  emolisi  suffraga  di  una  base  teorica  il  fatto  della  non  specificità 
—  nel  senso  di  Fornet  —  della  reazione  precipitante. 

Lo  studio  di  questa  venne  ripreso  sul  fondamento  dei  nuovi  lavori  circa 
la  Komplementablenkung,  Cosi  Porgese  Meier  e  poscia  Fritz  e  Kren  avreb- 
bero trovato  che  mescolando  siero  di  luetico  con  una  emulsione  di  lecitina 
od  una  soluzione  di  glicocolato  di  sodio  si  ottiene  un  precipitato  fioccoso,  ma 
questi  stessi  autori  ed  altri  trovarono  poi  che  basta  aumentare  la  quantità 
di  queste  sostanze  perchè  compaia  un  precipitato  anche  coi  sieri  normali. 

Klausner  avrebbe  ottenuto  una  precipitazione  mescolando  lo  siero  di 
luetico  con  acqua  distillata  in  determinati  rapporti  :  egli  riferisce  il  fenomeno 
ad  una  supposta  maggior  ricchezza  di  globulina  del  siero  dei  luetici  oppure  ad 
una  maggiore  precipitabilità  di  questa  sostanza.  Anche  questo  metodo  però 
non  può  essere  ritenuto  specifico:  nelle  esperienze  già  citate  io,  Plaut  e 
Heuck  avevamo  già  accennato  alla  formazione  di  precipitati  che  si  fanno 
mettendo  a  contatto  diluizioni  di  sieri  anche  normali,  anzi  talora  dello  stesso 
siero,  a  titolo  assai  differente:  quello  indicato  da  Klausner  forse  non  è  se 
non  un'esagerazione  di  questo  fatto. 

Concludendo:  la  prova  offerta  da  Wassermann  mantiene  tutto  il  suo 
valore  pratico,  anzi  se  le  esperienze  proveranno  che  coi  lipoidi  si  ottiene 
davvero  una  reazione  specifica,  essa  sarà  resa  assai  facile  essendo  tolta  di 
mezzo  la  difficoltà  di  dovere  avere  un  fegato  luetico  per  preparare  l'estratto: 
a  questa  prova  che,  senza  alcun  giudizio  in  rapporto  al  suo  meccanismo,  si 
può  chiamare  ancora  della  deviazione  del  complemento,  non  si  può  per  ora 
sostituirne  un'altra  più  facile,  fondata  sul  metodo  della  precipitazione. 

Marzo  1908. 

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Lo  stato  presente  della  sierodiaffiiosi  nella  Uibe,  ecc.  129 

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WA»BWiA]iif,  li^BTBMs^  BstcKi  Etne  8erodìagno8tische  Reaktion  bei  Syphilis.  «  Deut«  mediz.  Woch.  »< 

N.  19,  1906. 
Wbil.  Ueber  dcn  Luesaìitikorpemachweis  iin  Blut  von  Luetischen.  «  Wien.  klin.  Voch.  »,  N.  18, 

19i>7. 
Wktl,  Bkaux.  Ueber  die  Bolle  der  Lipoider  bei  der  Reaktion  auf  Lties.  «Beri.  klin.  Woch.», 

N.  4»,  1907;  «  Wien.  klin.  Woch.  »,  N.  5,  1908. 
WsxL  E.  uud  Bkach    H.  Ueber  Antikori)crbefunde  bei  .Luci»,  Tabes  tlnd  Paralysc.  «  Beri.  klin. 

Woch.  »,  N.  49,  1907. 
WxraAim.  «  Deut.  mediz.  Woch.  »,  N.  10  (Sltzungsber.). 


KECENSIONI 


Anatomia. 

1.  "W.  Mine£f,   Le  plancher  du  quatrième  ventricule  chez  Vhomme  (étude  mor- 
phologique).  —  «  Névraxe  »,  voi.  IX,  fase.  2. 

L'A.  8i  propone  di  ampliare  le  nozioni  che  del  pavimento  del  quarto  ventricolo 
ha  dato  soprattutto  Re  t  z  i n  s  (Das Menschenhim)  basandosi  sull'osservazione  di  49  pezzi 
anatomici  di  cui  9  di  feti  sopra  5  mesi.  Alla  descrizione  del  pavimento  che  riporta 
da  Retzius  aggiunge  quanto  segue.  Le  strie  acustiche  che  raramente  si  osservano 
nel  feto,  sono  invece  quasi  costanti  neir  uomo,  nel  quale  però  possono  esser  rappresen- 
tate da  piccoli  rilievi  discontinui,  oppure  anastomizzarsi,  incrociarsi,  ed  addossarsi  fra 
loro:  mai  traggono  origine  dal  solco  mediano.  Nel  trigono  delV  ipoglossoy  distinto 
secondo  Retzius  in  area  medialis  e  area  plumiformiSf  VA.  osserva  esternamente 
kWarea  plumiformis  una  superficie  triangolare  perfettamente  liscia  che  chiama  ala 
bianca  interna.  Delle  creste  che  si  partono  dal  tronco  delV  area  plumiformiSf  le  in- 
teme più  lunghe,  qualche  volta  biforcate,  si  perdono  insensibilmente  nell'area  mediale] 
le  esteme  più  corte,  si  perdono  rapidamente  prima  di  raggiunger  Vaia  grigia.  Il  tronco 
dell'  areo  plumiformis  talora  manca,  e  spesso,  specie  nei  feti,  manca  la  disposizione 
plumiforme.  In  un  caso  ha  osservato  la  fusione  delle  aree  mediane^  naturalmente  con 
interruzione  del  solco  mediano  a  quel  livello.  Il  funicolo  cinereo  dell'  ala  grigia 
come  può  esser  distinto,  per  mezzo  di  solchi,  dal  funiculus  hypoglossi  e  dall' emt- 
nentia  postrema  (Wilson),  così  può  esser  fuso  con  essi,  dando  luogo  ad  una  com- 
missura  intercinereale  nel  qual  caso  l' ohex  sovrasta  due  cavità,  una  ventrale  l'altra 
dorsale,  la  prima  delle  quali  forma  una  specie  di  tunnel  in  continuazione  col  solco 
mediano.  Però  tal  connessione  non  è  molto  frequente  (12  per  cento).  Il  funiculus 
separanSf  ispessimento  di  nevroglia  ependimale  che  limita  il  bordo  esterno  del  funi- 
colo cinereo,  è  raramente  indistinto,  e  raramente  prende  parte  alla  formazione  della 
comissura  intercinereale.  Frequentemente  (69  per  cento)  sulla  superficie  dell'area 
postrema  o  ala  grigia  ecc.,  trovasi  un  cordoncino  biancastro  che,  a  partire  dal  solco 


130  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


mediano,  percorre  */,,  deir  area  parallelamente  al  funiculus  separane,  dividendo 
r  area  in  dae  saperfici  e  termina  o  alla  fossetta  che  è  air  estremità  dell*  area,  o, 
ricurvandosi,  presso  il  funiculus  separane.  Le  dimensioni  assolnt«  e  relative  del- 
V  area  postrema  sono  variabili.  Riguardo  ali*  obex  espone  e  analizza  la  questione  che 
occapa  gli  anatomici  (Retzins,  Wilson,  Blake,  Staderini,  Strecter)  sai  signi- 
ficato, i  rapporti,  le  varietà  dell'  obex  :  per  conto  proprio  osserva  che  tal  prodazione 
raramente  si  presenta  come  obex  vero,  mentre  non  manca  Vobex  falso,  membrana 
sottile  attaccata  al  bordo  posteriore  dell*  area  postrema  :  sebbene  fra  questa  e  quelli 
esistano  sempre  rapporti  intimi  non  è  fàcile  osservare  coalescenza  fra  i  due.  Il  tri- 
gono acustico  0  ala  bianca  interna,  ben  visibile  nel  feto  o  nei  casi  ove  le  strie  son 
poco  visibili,  consta  di  due  superficie  talora  ben  distinte  sebbene  anatomicamente  e 
fisiologicamente  appartengano  al  dominio  dell*  Vili  paio.  Il  solco  limite,  da  prima 
parallelo  al  solco  mediano,  s' incurva  poi  per  segnare  ali*  indentro  col  bordo  concavo 
la  regione  acustica.  V  eminentia  teres  ha  aspetto  variabile,  è  più  o  meno  pronun- 
ziata, non  è  sempre  divisa  nei  due  tubercoli  interno  ed  estemo,  e  si  prolunga  in 
avanti  a  forma  di  cordone,  il  quale,  nel  feto,  è  interrotto  da  2-3  solchi  che  si  par- 
tono dal  solco  mediano.  Il  solco  mediano  offre  poche  varietà  :  talora  è  attraversato 
da  ponti  di  gracili  fibre  bianche  che  probabilmente  appartengono  alle  strie  acustiche 
e  che  talora  si  incrociano  a  forma  di  X;  solo  raramente  si  osserva  1*  interruzione  cui 
è  già  accennato  (per  la  fusione  delle  due  aree  mediane).  Il  solco  limite  è  sempre 
molto  marcato  alle  sue  due  estremità,  specialmente  nel  feto.  L*A.  infine  raccoglie 
i  sinonimi  per  le  regioni  del  pavimento.  Turchi, 

2.  P.  Fleohsifir,  Bemerkungen  Uber  die  Hòrsphài  e  des  menschlichen  Gehims.  — 
«  Neurologisches  Centralblatt  >,  N.  1-2,  1908. 

Già  in  pubblicazioni  antecedenti  Flechsig  aveva  sostenuto  in  base  ai  dati  del 
metodo  mielogenetico,  che  le  fibre  di  proiezione  uditive  vanno  a  finire  principal- 
mente nella  circ.  trasversa  anteriore,  nascosta  nella  fossa  di  Silvio,  e  nella  parte  im- 
mediatamente adiacente  della  prima  circonvoluzione  temporale.  Le  ulteriori  ricerche 
gli  hanno  mostrato  che  la  partecipazione  della  circonvoluzione  temporale  è  notevol- 
mente minore.  Nei  fetji  di  50  era.  si  vede  che  le  fibre  di  proiezione  uditiva  vanno 
in  massima  parte  nei  due  terzi  interni  della  circ.  trasversa  anteriore  ;  il  terzo  esterno 
ne  riceve  assai  meno,  e  pochissime  vanno  alla  superficie  libera  della  P  temporale.  Il 
numero  delle  fibre  di  proiezione  è  più  che  doppio  a  destra  che  a  sinistra. 

Queste  fibre  di  proiezione  vengono  evidentemente  dal  corpo   genicolato  interno. 

Nelle  lesioni  della  circonvoluzione  trasversale  anteriore  non  solo  queste  fibre 
degenerano,  ma  scompaiono  anche  gli  elementi  cellulari  del  corpo  genicolato  intemo. 
Nell'adulto  i  limiti  strutturali  della  circonvoluzione  trasversa  anteriore  non  sono 
così  netti  come  nella  sfera  visiva  ;  nel  neonato  il  distacco  è  più  netto,  perchè  la  cor- 
teccia della  circonvoluzione  trasversa  ha  uno  spessore  doppio  della  corteccia  adiacente. 
La  lesione  della  circonvoluzione  trasversa  anteriore  di  sinistra  dà  sordità  verbale  du- 
revole, la  lesione  bilaterale  dà  anacusia  totale.  La  circonvoluzione  trasversa  anteriore 
si  puì)  considerare  come  territorio  esclusivo  della  proiezione  uditiva,  e  può  quindi 
essere  chiamata  «  circonvoluzione  uditiva  ». 

La  circonvoluzione  trasversa  anteriore  è  limitata  posteriormente  dal  solco  di 
Heschl.  Questo  solco  non  è  costante.  Secondo  Heschl  è  5  volte  più  frequente  a 
sinistra  che  a  destra,  e  più  nell'uomo  che  nella  donna.  Flechsigha  notato  il  solco 


Aimtomla  131 


non  di  rado  anche  nelle  donne.  La  part«  di  corteccia  che  sta  dietro  al  solco  di 
H  esc  hi  presenta  caratteristiche  differenze  tra  il  lobo  destro  e  il  sinistro.  A  sinistra 
è  pili  estesa,  ma  non  forma  una  manifesta  circonvoluzione  trasversa  posteriore;  questa 
in?ece  c'è  di  regola  a  destra.  Flechsig  osservò  un'inversione  di  rapporti  in  un  man- 
cino e  il  tipo  destro  bilateralmente  in  tre  musicisti. 

Oltre  all'esporre  questi  nuovi  dati  sulla  sfera  uditiva,  Flechsig  ribatte  in 
questa  pubblicazione  varie  obiezioni  mosse  al  metodo  mielogenetico.  Egli  riconosce 
che  non  vi  è  rigoroso  parallelismo  tra  la  mielinìzzazione  e  la  legge  filogenetica  dello 
sviluppo  corticale.  Lo  sviluppo  del  corno  di  Ammone  è  più  precoce  di  quello  delle 
circonvoluzioni  centrali,  pure  la  mielinìzzazione  in  questi  territori  è  più  precoce  che 
nel  corno  di  Ammone.  Ciò  mostra  che  la  legge  mielogenetica  è  più  che  altro  in  rap- 
porto con  lo  sviluppo  funzionale. 

Vogt  ha  affermato  che  la  mielinìzzazione  non  .è  simultanea  in  tutte  le  fibre  di 
ogni  sistema  di  proiezione.  Prima  si  mielinizzerebbe  una  parte  centrale,  alla  quale 
gradatamente  si  aggiungerebbe,  in  circoli  concentrici,  la  mielinìzzazione  di  altre  fibre 
parimente  di  proiezione.  La  parte  mielinizzata  nei  feti  non  rappresenterebbe  dunque 
che  una  parte  della  proiezione.  Ciò  è  erroneo:  specialmente  nella  sfera  visiva  si  vede 
chiaro  come  la  mielina  compaia  simultaneamente  in  tutto  il  territorio  caratterizzato 
dalla  stria  di  Vicq  d'Azyr. 

Brodmann  ha  rilevato  che  i  territori  mielogenetici  non  corrispondono  a  quelli 
cito-àrchitettonici,  egli  vorrebbe  perciò  rigettare  i  risultati  di  Flechsig.  Cita  in 
particolare  il  fatto  che  la  mielinìzzazione  accomuna  i  due  giri  centrali,  che  sono 
invece  distintissimi  per  struttura  e  funzioni.  Flechsig  replica  che  la  distinzione  strut- 
turale, ben  nota  anche  prima  degli  studi  di  Brodmann,  sta  senza  dubbio  in  rap- 
porto con  differenze  funzionali,  ma  ciò  non  toglie  che  abbia  anche  un  significato  fisio- 
logico non  equivoco  il  fatto  che  la  proiezione  del  lemnìsco  giunge  ad  ambedue  le 
circonvoluzioni.  In  queste  due  circonvoluzioni  sono  miste  funzioni  diverse  di  senso  e 
di  moto,  e  prevalgono  or  l'una  or  l'altra  nelle  varie  parti.  La  circonvoluzione  cen- 
trale anteriore  merita  il  nome  di  <  circonvoluzione  motrice  della  sfera  sensitiva  del 
corpo  »  ma  ciò  non  toglie  che  essa  abbia  anche  funzioni  sensitive.  Le  funzioni  sen- 
sitive prevalgono  ad  ogni  modo  nella  circonvoluzione  centrale  posteriore,  e  ciò  sta  in 
ac(iordo  coi  dati  mielogenetici  che  mostrano  come  la  proiezione  del  lenmisco  giunga 
per  3/4  a  4/5  sulla    circonvoluzione  posteriore  e   solo  per  1/4   a    1/5  sull'anteriore. 

In  complesso  il  metodo  mielogenetico  è  ancora  il  più  adatto  a  fornire  dati  circa 
alla  funzione,  mentre  i  dati  cit^-architettonìci  possono  confortare  quelli  della  mie- 
logcnesi  e  dell'esperimento,  ma  nulla  possono  dire  per  sé  stessi  circa  la  funzione  dei 
vari  territori  corticali.  Lugaro. 

3.  G-.  Marinesco  und  J.  Minea,  Ueber  die  vukro-simpatischen,  hypospinalen  Gan- 
glien.  —  «  Neurologisches  Centralblatt  »,  N.  2,  1908. 

In  casi  di  tabe,  dì  compressione  del  midollo  spinale  ed  anche  in  casi  normali 
gli  AA.  hanno  osservato  in  vicinanza  delle  parti  subganglionari  dei  nervi  spinali 
l'esistenza  di  pìccoli  gangli  simpatici  talora  microscopici,  e  talora  grossi  fino  come 
un  chicco  di  miglio,  di  forma  e  di  numero  variabili,  più  o  meno  distanti  dalle  parti 
snbganglionari  dei  nervi  spinali  fino  ad  esser  a  livello  del  polo  inferiore  dei  gangli, 
0  in  diretto  contatto  col  ramo  comunicante  che  talora  si  osserva  fra  la  parte  sub- 
ganglionare  dei  nervi  e  il  ganglio  spinale.  Tali  piccoli  gangli  posson  esser  fra  loro 


432  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  meniate 

aniti  da  microscopici  fasci  come  un  sistema  microsimpatico.  Sono  formati  di  celiale 
di  tre  tipi  :  1)  Cellule  di  grossezza  Tariabile  con  dendriti  corti  che  finiscono  nella 
capsula,  e  con  un  cilindrasse  :  lo  spazio  fra  i  prolungamenti  è  riempito  di  cellule  inter- 
stiziali; 2)  Cellule  grosse/per  lo  più  poligonali,  con  lunghi  prolungamenti  protoplasma- 
tici extracapsulari  ;  3)  Cellule  con  prolungamenti  parte  intra  e  parte  extracapsulari; 
prolungamenti  che  posson  fare  corona  dendritica  attorno  alla  cellula.  Raramente  le 
cellule  del  1.  e  3.  tipo  presentano  nel  loro  corpo  il  «  glomerulo  ».  I  gangli  micro- 
simpatici sono  in  intimo  rapporto  coi  gangli  e  nervi  spinali  e  sono  un  equivalente 
anatomico  e  fisiologico  del  gran  simpatico:  però  non  si  può  precisare  a  che  si  col- 
l^hino  i  fasci  che  ne  escono.  Turchi, 

4.  B.  Pusateri,  Sopra  una  nuova  origine  del  fascio  peduncolare  del  Tùrck.  — 
«  Rivista  italiana  di  Neuropatologia,  Psichiatria  ed  Elettroterapia  »,  voi.  I, 
fase.  1,  1907. 

In  una  donna  di  59  anni,  affetta  da  frenosi  maniaco-depressiva,  e  venuta  a  morte 
per  marasma,  si  riscontrò  airautopsia,  sulla  faccia  esterna  del  lobo  temporale  destro^ 
in  corrispondenza  della  sua  estremità  anteriore,  una  placca  di  rammollimento  giallo 
interessante  la  prima,  la  seconda  e  la  terza  circonvoluzione  temporale,  e  approfon- 
dantesi  per  circa  due  centimetri  nella  sostanza  bianca. 

L'esame  metodico  dei  tagli  seriali  del  cervello  mise  nettamente  in  evidenza  un 
fascetto  di  fibre  degenerate,  che  prendendo  origine  dalla  zona  corticale  lesa  si  appro- 
fondiva nella  corona  raggiata  del  lobo  temporale  per  portarsi  in  corrispondenza  del 
segmento  sottolenticolare  della  capsula  intema  nel  fascio  del  Tarck  e  di  lì  nel 
piede  del  peduncolo  cerebrale. 

Nell'assenza  di  ogni  lesione  dei  gangli  basali,  dei  nuclei,  dei  cordoni  posteriori, 
del  nastro  di  Reil,  questo  fascio  degenerato  non  può,  secondo  TA.,  interpretarsi  che 
come  un  piccolo  fascio  proiettivo,  che  prendendo  origine  dall'estremo  del  lobo  tem- 
porale entra  nella  costituzione  del  fascio  del  Tttrck. 

L'A.  si  crede  perciò,  in  base  alla  sua  osservazione,  autorizzato  ad  affermare  che 
il  fascio  del  Tflrck  prende  origine  non  solo  dalla  parte  media  della  seconda  e  terza 
circonvoluzione  temporale,  ma  in  piccola  parte  anche  dalla  parte  anteriore  delle  cir- 
convoluzioni temporali  :  esso  perciò  avrebbe  un'area  di  origine  ancora  più  estesa  di 
quella  ammessa  da  Dejerine.  Sirigo. 


Fisiologia. 

5.  Weber,  Neue  Beohachtungen  Uber  Volumschwankungen  des  menschlichen 
Gehirns  bei  bestimmten  Einwirkungen,  —  «  Monatsschrift  fiir  Psychiatrie  und 
Neurologie  »,  Bd.  22,  H.  3,  1907. 

Riferisce  di  una  serie  di  esperienze  eseguite  su  di  un  bimbo  di  10  anni  che 
presenta  una  breccia  di  cm.  2  X  ^>5  sulla  fronte  all'  attaccatura  dei  capelli.  Fa  il 
tracciato  del  polso  cerebrale  e  sottopone  il  soggetto  ora  riposato,  ora  già  stanco  a 
diversi  lavori  mentali  più  o  meno  a  lunghi.  A  soggetto  riposato,  per  tutto  il  tempo 
dell'esperimento,  si  nota  un  aumento  del  volume  cerebrale  accompagnato  da  aumento 
del  polso.  Se  il  lavoro  si  protrae,  o  si  inizia  quando  il  bimbo  è  già  stanco,  o  in  dete- 


Fisiologia  133 

minate  condizioni  (p.  e.  dopo  mangiato),  a  un  piccolo  aumento  del  Tolume  e  del  polso, 
segne,  cessato  il  laToro,  prima  del  ritorno  allo  stato  normale,  una  diminuzione  del 
Tolume  e  del  polso  sotto  la  norma,  diminuzione  tanto  più  noteTole  quanto  più  stanco 
è  il  soggetto.  Tal  fatto  finora  non  avvertito  da  alcuno  (e  perchè  le  esperienze  non 
furono  protratte,  e  perchè  i  soggetti  non  erano  così  facilmente  esauribili  come  il 
bambino)  è  da  ritenersi  come  manifestazione  di  stanchezza.  Rievocata  la  teoria  del 
biotono  di  Verworn,  attribuisce  T  aumento  di  volume  ad  una  dilatazione  attiva  vasale 
(per  azione  diretta  sui  vasi  ?  per  riflesso  ?)  allo  scopo  di  portare  maggior  pabulum 
alle  cellule  funzionanti,  e  la  diminuzione  consecutiva  ad  una  costrizione  attiva  vasale 
allo  scopo  di  limitare  e  frenare  i  processi  disintegrativi  legati  alla  funzione.  Osserva 
poi  che  con  stimoli  forti  e  ben  localizzati  può  ottenere  (sugli  animali)  aumento 
generale  della  pressione  con  aumento  del  volume  di  certe  parti  del  corpo  (p.  e.  delle 
estremità)  e  diminuzione  di  certe  altre  (p.  e.  dei  visceri  addominali).  Col  bimbo  già 
stanco  ottiene  diagrammi  che  insieme  a  un  piccolo  aumento  del  volume  cerebrale 
dimostrano  la  diminuzione,  sotto  un  dato  stimolo,  del  volume  delle  orecchie.  Consi- 
derando lo  stimolo  elettrico  simile  allo  stimolo  che  induce  il  movimento  volontario, 
arguisce  che  tutti  i  fenomeni  vitali  di  movimento  siano  accompagnati  da  varie  mo- 
dificazioni di  volume  e  di  pressione  nei  vari  organi.  Turchi, 

6.  A.  CHardina,  I  muscoli  metamerici  delle  larve  di  anuri  e  la  teoria  segmentale 
del  Loeb.  —  <  Archiv  fùr  Entwicklungsmechanik  der  Organismen  »,  Bd.  XXIII, 
H.  2,  1907. 

Secondo  J.  Loeb  tutta  la  vita  nervosa  si  risolve  in  un  insieme  di  riflessi 
segmentali;  ciò  che  v'  ha  di  specifico  nelle  diverse  reazioni  e  nei  differenti  riflessi  è 
dovuto  agli  organi  di  senso  periferici  ed  alla  disposizione  dei  muscoli  e  nulla  ha  da 
vedere  con  la  struttura  dei  gangli  ;  il  sistema  nervoso  non  ha  per  conseguenza  altro 
valore  che  quello  di  un  insieme  di  conduttori  pronti  e  sensibili  degli  stimoli  dalla 
periferia  ai  muscoli.  ' 

Questa  dottrina  ardita  paradossale  e  intransigente  rappresentò  un'  utile  reazione 
alla  tendenza  a  localizzare  in  particolari  centri  ogni  fenomeno  di  coordinazione  ner- 
vosa. Ma  peccò  a  sua  volta  di  eccessivo  semplicismo  e  interpretò  i  fatti  in  modo 
unilaterale.  Le  esperienze  ingegnose  di  Loeb  e  dei  suoi  allievi  se  pure  dimostrano 
che  l'asportazione  di  certi  centri  non  annienta  le  funzioni  ad  essi  attribuite,  non 
valgono  peraltro  a  far  escludere  l' intervento  attivo  di  tali  centri  nelle  funzioni 
come  si  svolgono  in  condizioni  normali.  Le  esperienze  di  Giardina  lumeggiano  assai 
bene  l'importanza  relativa  dell'autonomia  segmentale- quale  può  esser  messa  in  evi- 
denza sperimentalmente  di  fronte  ai  meccanismi  strutturali  ed  alle  funzioni  non  seg- 
mentali quali  si  presentano  nell'organismo  integro  o  in  gruppi  di  numerosi  segmenti. 

Se  si  taglia  trasversalmente  in  due  parti  un  embrione  o  una  larva  giovanissima 
di  Discoglossus,  ciascun  pezzo  può  svilupparsi  per  conto  proprio.  Le  larve  decapitate 
diventano  capaci  di  movimenti  spontanei  di  traslazione.  Le  code  o  le  parti  di  code 
non  presentano  movimenti  spontanei,  tuttavia  diventano  anch'  esse  capaci  di  movi- 
menti riflessivi  coordinati,  che  possono  anche  giungere  a  dei  movimenti  di  trasla- 
zione. Ciò  si  dimostra  meglio  se,  invece  di  lasciar  crescere  isolati  i  piccoli  pezzi,  si  dà 
loro  il  modo  di  svilupparsi  completamente  innestandoli  sul  corpo  di  altre  larve. 

Ciò  sembra  deporre  in  favore  della  teoria  segmentale.  Ma  se  in  un  girino  già 
avanti  nello  sviluppo,  con  coda  pienamente  funzionante,  si  isola  una  parte  della  coda 


134  lìivista  (li  Pafolofjia  nervosa  f  mtnkde 


e  anche  la  coda  intera»  questa  parte  di  coda  isolata  non  è.capace  di  riflessi  gene- 
rali coordinati  né  di  movimenti  di  traslazione.  Ciò  non  dipende  da  uno  t^hock  ope- 
rativo, ma  dalla  soppressione  delle  connessioni  nervose  col  tratto  anteriore  dd  midollo 
spinale,  ossia  dello  stato  di  subordinazione  funzionale  in  cui  normalmente  si  trova 
il  midollo  codale  rispetto  al  lombare. 

Quando  vengono  mantenute  in  vita  abbastanza  a  lungo,  col  metodo  degli  innesti, 
queste  code  e  porzioni  di  code  possono  acquistare  la  capacità  di  eseguire  movimenti 
coordinati  come  i  pezzi  corrispondenti  che  fossero  cresciuti  isolatamente.  Esse  acqui- 
stano dunque  un  processo  di  autoregolazione  simile  a  quello  che  si  manifesta  nei 
pezzi  cresciuti  isolatamente  a  misura  del  differenziarsi  degli  organi.'  Più  tardi,  ja 
questo  periodo  di  autoregolazione,  subentra  una  fase  in  cui  tutti  i  muscoli  metamerici 
presentano  soltanto  movimenti  ritmici  spontanei  non  coordinati  fra  loro.  Questi  movi- 
menti sono  di  natura  neurogena,  dipendono  dal  midollo  spinale  e  non  si  manife- 
stano affatto  nei  pezzi  lasciati  sviluppare  senza  midollo. 

Si  possono  provocare  contrazioni  ritmiche  spontanee  nei  muscoli  metamerici  della 
coda  di  girini  di  qualunque  età,  anche  di  quelli  prossimi  alla  metamorfosi;  per  otte- 
nere ciò  bisogna  innestare  la  coda  alla  rovescia  in  senso  antero-posteriore  ;  innestan- 
dola invece  in  posizione  naturale  si  stabiliscono  tra  V  innesto  e  il  porta-  innesto  rap- 
porti anatomici  e  funzionali  che  impediscono  il  manifestarsi  dei  movimenti  ritmici. 

I  movimenti  ritmici  spontanei  sono  gli  unici  movimenti  dei  muscoli  scheletrici 
veramente  segmentali  nel  senso  di.Loeb. 

I  riflessi  spinali  e  il  loro  substrato  anatomico  si  stabiliscono  in  modo  indipen- 
dente nei  singoli  segmenti  del  corpo.  Questo  è  il  solo  elemento  di  verità  contenuto 
nella  teoria  segmentale  di  Loéb.  Di  pari  passo  col  differenziarsi  degli  organi  e  dèi 
tessuti  si  stabiliscono  fra  i  centri  segmentali  delle  dipendenze  reciproche  e  delle  subor- 
dinazioni. La  vita  nervosa  normale  non  è  costituita  dalla  semplice  somma  delle  fun- 
zioni segmentali.  Le  dipendenze  reciproche  e  le  subordinazioni  che  entrano  in  iscena 
fin  dai  primi  passi  dello  sviluppo  sono  un  fattore  funzionale  non  segmentale  legato 
a  meccanismi  strutturali  non  segmentali,  costituiti  in  parte  dalle  vie  lunghe  del 
midollo.  Questi  meccanismi  rendono  possibili  le  coordinazioni  e  le  regolazioni  dirette 
alla  coordinazione.  Lugaro, 

7.  A.  Van  GTehuchten,  Le  mécmiiame  des  mouvements  réflexes.  —  «  Névraxe  », 
voi.  Vili,  n.  2. 

Ogni  riflesso  provocato  da  stimoli  cutanei  o  tendinei  o  periostei  ha  il  suo  centro 
spinale.  I  riflessi  tendinei  sono  movimenti  mono-muscolari.  I  cutanei  possono  essere 
mono-muscolari  (riflessi  cutanei  dei  clinici)  provocabili  stimolando  determinate  regioni 
(p.  e.  cremasterico,  plantare)  e  poli-muscolari  provocabili  in  qualunque  regione.  Se  la 
sostanza  grigia  spinale  è  il  centro  primordiale  necessario  alla  produzione  del  riflesso 
non  è  suftìciente  l'integrità  di  tal  sostanza,  ma  è  necessaria  ancora  l'integrità  delle 
connessioni  col  centro  superiore  come  dimostra  p.  e.  1*  abolizione  dei  r.  cutanei  e 
tendinei  nelle  affezioni  del  midollo  cervicale.  Il  midollo  come  organo  di  trasmissione 
consta  (sostanza  bianca)  di  fibre  bulbopete,  fibre  spino-cerebrali,  e  fibre  discendenti  per 
le  vie  piramidali:  come  organo  autonomo  poi  consta  della  sostanza  grigia  i  ctii  diversi 
piani  sono  posti  in  comunicazione  da  fibre  di  sostanza  bianca  (fibre  spino-spinali)  e 
dei  nervi  periferici.  Il  movimento  riflesso  richiede  la  presenza  di  un  arco  diastaltico 
atto  a  commutare  la  corrente  sensitiva  centripeta  in  motoria  centrifuga.  Ora  Testre- 


Visiolo(jiu  \  *)5 


mità  della  fibra  centrìpeta  può  articolarsi  direttamente  colla  estremità  della  fibra 
centrifuga  (arco  rifl.  monosinattico  di  Sherrington)  rendendo  possibile  il  riflesso 
(semplice  scossa  muscolare)  qualunque  lesione  esista  nel  midollo,  o  può  articolarsi  mercè 
l' interposizione,  fra  le  due  estremità,  di  fibre  spino-spinali  (arco  bisinattico)  inducendo 
un  riflesso  complesso,  coordinato  ad  uno  scopo.  E  poiché  inoltre  esistono  delle  fibre 
che  raccordano  ogni  tri^tto  di  sostanza  grigia  spinale  coi  centri  bulbarì  (nucleo  del 
n.  vestibolare)  mesencefalici  (nucleo  rosso)  e  corticali  (circonvoluzione  centrale  anter.) 
in  ogni  ganglio  spinale,  nei  comi  dei  vari  segmenti  esistono  fasci  di  fibre  spino-spi- 
nali, yestibulo-spinali  (che  mantengon  1*  equilibrio  del  corpo  nello  spazio,  e  il  tono 
muscolare)  rubro-spinali  (che  innalzano  il  tono  nervoso  ed  esagerano  l'attività  reflessa 
del  midollo)  e  cortico-spinali  (che  moderano  la  stessa  attività  spinale,  e  inducono  i 
riflessi  cutanei  dei  clinici).  L'azione  inibitrice  cort^ale  lascia  latente  il  riflesso  pu- 
ramente midollare  che  può  esser  mésso  in  evidenza  nel  sonno,  in  certi  stati  depres- 
sivi nervosi,  o  in  caso  di  lesione  delle  atease  flbre  corticali. 

I  riflessi  posson  dunque  distinguersi  in  r.  cutanei  inferiori  (dei  fisiologi)  d'ori- 
gine midollare,  r.  tendinei  d'origine  mesencefalica,  r.  cutanei  superiori  (dei  clinici) 
d'origine  cortico-spinale.  Talora  in  una  lesione  trasversale  completa  della  midolla  si 
ha  invece  che  esagerazione,  abolizione  dei  riflessi,  contrariamente  a  ciò  che  vorreb- 
bero i  fisiologi,  che  oltre  a  voler  applicare  all'  uomo  le  lesioni  verificate  sugli  animali, 
non  tengon  conto  della  distinzione  fatta  dall'A.  In  realtà  sono  esagerati  i  riflessi  mi- 
dollari cui  vien  sottratta  l'azione  inibitoria  corticale,  e  aboliti  quelli  cui  sono  in- 
terrotte le  vie  di  conduzione.  Il  midollo  spinale  è  un  organo  eminentemente  recettivo, 
che  raccogliendo  stimoli  sensoriali  da  ogni  parte  li  muterebbe  in  incessanti  moti  di 
difesa,  se  non  intervenisse  l'azione  moderatrice  corticale,  ma  d'altra  parte  solo  gli 
stimoli  sensoriali  inducono  le  reazioni  riflesse  che  costituiscono  tutte  le  manifestazioni 
di  vita.  Turchi, 

Pà^tologia  sperimentale. 

8.  Q-.  G-arbini  e  R.  Rebizzi,  Ricerche  sperimentali  sulle  malformazioni  ed  eie- 

rotopie  artificiali  del  midollo  spinale,  —  «  Nota  preventiva  »,  Tip.  Umbra,  1907. 

9.  Q-.  Gkarbini  e  R.  Rebizzi,  Le  malformazioni  ed  eterotopie  artificiali  del  mi- 

dollo spinale.  —  «  Annali  del  Manicomio  provinciale   di  Perugia  »,   anno   I, 
fase.  102,  1907. 

Per  opera  di  Van  Gieson  era  stato  dimostrato  che  si  provocano  artificialmente, 
col  maltrattamento  del  midollo  spinale,  immagini  di  malformazione  e  di  eterotopia 
in  questo  organo.  Ma  ancora  non  si  conoscevano  i  dati  istologici  per  distinguere  con 
sicurezza  l' immagine  prodotta  per  un  maltrattamento  da  quella  originatasi  per  vera 
e  propria  alterazione  di  sviluppo. 

Gli  autori,  sperimentando  nel  cadavere,  hanno  prodotto  alterazioni  da  maltrat- 
tamento del  midollo,  che  simulano  grossolanamente  quelle  date  da  sviluppo  abnorme. 
Hanno  ottenuto  sempre  il  tipo  delle  eterotopie  extramidollari,  mai  eterotopie  intra- 
midollari. E  hanno  rilevato  fatti  caratteristici  delle  lesioni  artificiali. 

Intanto  non  è  così  facile  come  sosteneva  Van  Gieson,  provocare  eterotopie  ar- 
tificiali, n  midollo  ha  notevole  potere  di  resistenza  e  un  certo  grado  di  vera  e  pro- 
pria elasticità.  Solo  quando  il  maltrattamento  è  eccessivo  si  altera  la  compagine 
della  sostanza  bianca  e  grigia.  È  caratteristico  l'insieme  della  alterazione,  il   com- 


i3()  Rivista  di  Patoìofjia  nervosa  e  mentale 


portamento  della  pia  madre,  dei  setti,  dei  vasi,  delle  fibre  radicolari,  il  decorso 
abnorme  delle  fibre  dei  fasci  e  la  disposizione  delle  celiale  nervose,  che  tradisce  la 
causa  meccanica.  Decisivi,  per  la  costanza  e  per  le  loro  apparenze,  sono  i  tre  fen<^ 
meni  che  seguono.  Lesione  meccanica  del  canale  centrale.  Particolare  immagine  data 
dal  metodo  Marchi,  che  può  dirsi  una  reazione  specifica  al  maltrattamento,  la  quale 
consiste  nella  presenza  di  zolle  nere  assai  numerose  con  forma  e  disposizione  parti- 
colari. Fragmentazione  diffusa  delle  fibre  nervose  e  delle  cellule,  che  si  comportano 
come  corpi  fragili.  Per  questa  alterazione,  nella  sostanza  grigia,  anziché  il  reticolo 
netto  di  fibre,  come  normalmente,  si  osserva  una  struttura  a  piccole  zolle  disposte 
secondo  il  decorso  delle  fibre  in  maniera  che  soltanto  coi  deboli  ingrandimenti  le 
fibre  appaiono  pressoché  integre.  Per  la  stessa  alterazione  le  cellule  nervose  si  pre- 
sentano spezzate  nettamente  in  più  parti.  La  presenza  di  questi  segni  in  una  etero- 
topia,  evidentemente  garantisce  T  origine  artificiale.  Camia, 

10.  O.  Righetti,  Delle  alterazioni  cellulari  nervose  consecutive  ad  ustioni  cir- 
coscritte della  cute,  —  «Lo  Sperimentale  »,  voi.  VI,  n.  6,  1907. 

Pratica  delle  ustioni  sulla  cute  di  conigli  e  di  cani  in  modo  che  nella  zona 
lesa  la  temperatura  sottocutanea  salga  a  44"c.  (fa  agire  dell'acqua  bollente  rispettiva- 
mente per  35-60").  Sacrificando  gli  animali  dopo  5-20  giorni  riscontra  che  i  gangli 
spinali  corrispondenti,  presumibilmente,  per  la  topografia  alla  regione  lesa,  presentano 
cromatolisi,  alterazione  del  citoplasma,  deformazione  delle  cellule  con  propulsione  del 
nucleo  alla  periferia. 

In  tempi  successivi  riscontra:  disintegrazione  e  scomparsa  degli  elementi  alte- 
rati con  proliferazione  dei  nuclei  capsulari  che  ad  essi  si  sostituiscono  e  con  prolife- 
razione del  connettivo  circostante  :  tentativi  di  <  restitutio  ad  integrum  »  compiuta 
solo  al  60'  giorno.  Nel  simpatico  qualche  fatto  cromatolitico  con  qualche  rara  rea- 
zione dei  nuclei  della  capsula. 

Poiché  la  lesione  centrale  é  tanto  più  lieve  quanto  più  periferica  é  la  lesione  del 
cilindrasse,  o  il  trauma  ustione  va  considerato  un  trauma  grave  (non  si  hanno  alte- 
razioni simili  a  questa  per  il  semplice  taglio  della  cute),  o  i  materiali  di  meta- 
morfosi regressiva  che,  come  é  noto,  per  V  ustione  si  formano,  risalendo  per  le  guaine 
delle  fibre,  giungono  alla  cellula  che  risente  nel  modo  descritto  dell'azione  tossica: 
tanto  più  probabile  ciò  in  quanto  che  V  alterazione  è  limitata  a  quei  pochi  elementi^ 
il  cui  neurone  è  stato  interrotto.  Però  poiché  le  cicatrici  che  l'A.  ha  ottenuto  non 
presentarono  mai  il  decorso  clinico  atipico  che  soglion  complicare  le  comuni  ustioni 
(scarsità  o  esuberanza  di  granulazioni)  non  crede  che  tale  decorso  atipico  sia  dovuto 
alle  lesioni  cellulari  da  lui  descritte.  Turchi. 


11.  L.  Roblnovitch,  Resuscitation  of  electrocuted  animals,  ecc.  (Preliminary 
communi cation),  —  «  The  Journal  of  mental  Pathology  »,  voi.  Vili,  n.  2. 

Nei  casi  di  accidentale  elettrizzazione,  il  corpo  umano  sottostà  ad  una  corrente 
di  1500-2000  volts-  che  non  sono  necessariamente  letali.  Crede  quindi  applicabili 
air  uomo  i  metodi  dall'  A.  usati  sui  conigli.  Se  il  coniglio  è  sottoposto  ad  una  cor- 
rente non  molto  forte  (12  volts)  per  un  tempo  non  lungo  (20")  si  osserva  una  alte- 
razione profonda  nel  ritmo  respiratorio  e  cardiaco,  alterazione  che  dilegua   appena 


I^afolofjia  sperhneiitale  Ì8t 


apeH»  il  circuito.  Sottoponendo  Inanimale  ad  una  corrente  più  forte  (14  volts)  per 
un  tempo  più  lungo  (32")  si  presenta  '  uno  stato  di  inibizione  respiratoria  per  cui 
r  animale  muore  :  in  alcuni  casi  il  battiti  cardiaco  si  mantiene  quasi  inalterato,  in 
altri  sin  cronicamente  alla  respiratoria  si  presenta  T  inibizione  cardiaca. 

Ma  se  si  sottopone  Tanimale  dopo  la  elettrizzazione,  ad  eccitazioni  ritmiche, 
usando  la  stessa  corrente  che  ha  servito  alF  elettrizzazione,  per  un  secondo  ogni  3-4- 
si  osserva  che  per  questo  stimolo  si  presentano  da  prima  delle  respirazioni  artificiali, 
cui  seguono  le  respirazioni  spontanee,  sempre  più  ampie,  mentre  toma  ad  elevarsi  la 
pressione  sanguigna.  Tali  respirazioni  spontanee  riappaiono  anche  in  un  tempo  abba- 
stanza lontano  dalla  prima  chiusura  del  circuito  (69").  Però  perchè  esse  riappariscano 
è  necessario  che  le  stimolazioni  elettriche  siano  quanta  più  si  può  immediate  alla 
applicazione  prima.  Riguardo  al  sistema  da  scegliersi  in  tali  eccitazioni  ritmiche, 
TA.  dice  che  un  comune  apparato  Leduc  stimola  una  lieve  contrazione  dei  muscoli, 
eccettuati  quelli  della  respirazione,  mentre  un  apparato  dMnduzione  stimola  una 
contrazione  dei  muscoli  in  generale  e  in  particolare  grave  trepidazione  muscolare  e 
tetano  dei  muscoli  respiratori,  anche  se  è  usata  lieve  quantità  di  corrente.  Consiglia 
quindi  l' uso  di  moderate  correnti  indotte,  e  propone,  in  caso  d'  accidente,  di  sotto- 
porre la  vittima,  fin  che  è  pronto  V  apparecchio,  alla  respirazione  artificiale,  poi  alle 
eccitazioni  ritmiche  provocate  con  un  comune  interruttore  legato  ad  una  batteria  di 
2-5  rolts  e  a  due  elettrodi  che  vengono  applicati  al  ventre  e  alla  fronte. 

Turchi. 


12.  P.  Tello,  Dégénération  et  régénération  des  plaques  motrices  après  la  section 
des  nerfs.  —^  «  Travaux  du  Laboratoire  de  Recherches  biologiques  »,  tomo  V, 
fase.  3,  1907. 

Quando  venga  sezionato  il  nervo  corrispondente,  come  VA.  ha  praticato  nel  co- 
niglio, nella  rana,  nella  lucertola,  ecc.,  le  placche  motrici  e  il  nervo  nel  suo  mon- 
cone* centrale  degenerano,  passando  per  una  serie  di  modificazioni,  che  si  iniziano 
nelle  varie  placche  quasi  contemporaneamente  e  che  sono  già  bene  manifeste  nove 
ore  dopo  la  sezione  del  nervo:  tuttavia  se  l'inizio  è  contemporaneo  non  è  più  pa- 
rallelo il  decorso,  poiché  molte  fibre  e  placche  resistono  più  a  lungo  di  altre  ;  circa  il 
3'  giorno  dopo  la  lesione  per  le  placche  e  circa  il  5**  pei  nervi  muscolari  più  pic- 
coli, la  degenerazione  è  completa  e  non  si  vedono  che  dei  grumuli  argentofìli  sparsi; 
soltanto  dei  nervi  più  grossi  si  può,  ancora  dopo  due  mesi,  trovare   qualche   reste. 

I  fenomeni  rigenerativi^  preceduti  da  proliferazione  di  nuclei  della  guaina  di 
Schwann  che  si  ordinano  in  bande  di  Bilngner,  cominciano  assai  tardi,  cioè  da 
due  mesi  e  mezzo  a  tre  dopo  avvenuta  la  lesione.  Studiando  i  pezzi  tre  mesi  dopo 
l'operazione  si  possono  ricostruire  le  fasi  e  le  modalità  di  questo  processo. 

Le  fibre  rigenerate  nascono  dal  moncone  centrale  e  cominciano  ad  arrivare  al 
muscolo  circa  tre  mesi  dopo  Toperazione  nel  coniglio  adulto  e  circa  un  mt^se  e  mezzo 
dopo  nel  coniglio  neonato:  le  fibre  di  nuova  formazione  percorrono  i  tubi  rimasti 
vuoti  attratte  dalle  azioni  chemiotattiche  positive  spiegate  dalle  cellule  di  Schwann; 
le  fibre  terminano  sempre  con  mazze:  le  fibre  rigenerate  si  dividono  a  più  riprese 
formando  un  gran  numero-  di  fibre  più  sottili  che  arrivate  in  contatte  col  muscolo 
perdono  ogni  guaina  terminandosi  con  un  bottone  dal  quale  avrà  poi  origine  Tarbo- 
rizzazione  che  forma  la  placca  nervosa.  Alcune  fibre  già  arrivate    in    vicinanza    del 


l38  fìloista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


mascolo  possono  rivolgersi  indietro  come  attratte  di  naoTo  da  stimoli  chemiotattici 
e  coisi  si  trovano  delle  fibre  che  descrivono  dei  tragitti  complicati. 

Questi  fatti  osservati  a  proposito  delle  terminazioni  nervose  dei  muscoli,  sodo 
una  nuova  conferma  della  teoria  che  sostiene  essere  la  rigenerazione  delle  fibre  ner- 
vose devoluta  al  moncone  centrale.  O.  Rossi, 


Anatomia  patologica. 

18.  H.  Vogt,  Zur  Patholoffie  und  pathologisehen  Anatomie  der  verschiedenen 
Idiotie-Formen,  —  <  Monatsschrift  fftr  Psychiatrie  und  Neurologie  »,  Bd.  22, 
H.  5-6,  1907. 

14.  K.  Soha£fer,  Ueher  die  Pathohistologie  eines  neuren  Falles  {Vili)  von 
Sachsscher  familiàr-amaurotischer  Idiotie  mit  einem  Ausblick  auf  das  Wesen 

.    der  sogenannten  Neurofibrillen.  —  «  Journal  ftlr  Psychologie  und  Neurologie  », 
Bd.  X,  H.  3,  1907. 

15.  M.  BielsohO'WBky,  Ueher  die  fibrillare  Struktur  der  Oanglienzellen,  -  Be- 
merkungen  zur  Arheit  des  Herm  Prof.  Schaffer  uber  die  Pathohistologie  etc,  -* 
«  Ibid.  »,  Bd.  X,  H.  6,  1908. 

16.  L.  Huismans,  Kurze  Bemerkungen  zur  Tay-Sachsschen  familiàren  amaurotif- 

chen  Idiotie.  —  <  Ibid.  »,  Bd.  X,  H.  6,  1908. 

LMdiozìa  amaurotica  familiare,  che  Waren  Tay  e  Sachs  per  i  primi,  indipen- 
dentemente Tuno  daiiraltro,  riconobbero  come  entità  morbosa  a  sé,  è  stata  studiata 
negli  ultimi  anni,  tanto  dal  punto  di  vista  clinico  che  da  quello  anatomo-patologieo, 
in  nun^erosi  lavori,  alcuni  dei  quali  sono  già  stati  riassunti  in  questa  rivista.  Chi 
volesse  farsi  un  concetto  preciso  dello  stato  attuale  delle  nostre  conoscenze  intomo 
a  questa  malattia  può  leggere  lo  studio  sintetico  di  Yogt,  condotto  con  grande  chia- 
rezza e  competenza. 

Clinicamente  l'idiozia  amaurotica  di  Sachs  è  caratterizzata  dall'aggruppamento 
di  tre  sintomi  principali,  la  cecità,  la  paralisi  e  la  demenza,  ai  quali  nella  forma 
tipica  di  Sachs  si  associa  uno  speciale  reperto  oftalmoscopico  in  quanto  che  la  regione 
della  macula  lutea  appare  occupata  da  una  macchia  bianca,  nel  cui  centro  si  vede 
un  punto  di  colorito  rosso  ciliegia.  L'affezione  colpisce  i  bambini  nella  più  tenera 
età  (dai  primi  mesi  al  secondo  anno  di  vita),  ha  carattere  familiare  e  progressivo  ed 
ha  una  spiccata  predilezione  per  la  razza  israelìtica.  Accanto  a  questa  forma  infan- 
tile della  idiozìa  amaurotica  troverebbe  posto,  secondo  Yogt,  una  forma  giovanile 
della  stessa  malattia,  che  differisce  dalla  prima  perchè  compare  in  epoche  più  avan- 
zate della  vita  (dai  6  ai  14  anni),  ha  un  decorso  più  lento  ed  offre  all'esame  oftal- 
moscopico una  semplice  atrofia  della  papilla  senza  il  caratteristico  reperto  maculare. 

L'individualità  del  quadro  clinico  della  idiozia  amaurotica  familiare  di  Tay- 
Sachs  quale  abbiamo  or  ora  tracciato,  sostenuta,  tra  gli  altri,  da  Schaffer  e  Yogt, 
non  è  riconosciuta  per  altro  da  tutti  gli  autori:  Huismans  p.  es.  afferma  che  tale 
quadro  clinico  non  è  affatto  caratteristico,  poiché  tutti  i  sintomi,  compreso  il  reperto 
del  fondo  dell'occhio,  possono  presentarsi  riuniti  o  isolati  anche  in  altre  malattie 
familiari  ed  ereditarie,  come  pure  in  malattie  affatto  eterogenee  del  sistema  nervoso 
centrale;  si  tratterebbe  in  realtà  di  una  sindrome  a  base  anatomica  tutt' altro  che 
costante  e  caratteristica. 


Àìiaimiìia  palolofftra  i\ì^) 

Qaesta  affennazione  è  diretta  in  special  modo  contro  Schaffer,  che  in  ana  serie 
di  pregevoli  lavori  ha  descritto  per  il  morbo  di  Tay-Sachs  un  quadro  istologico  a 
caratteri  -  nettamente  definiti  e  i  cui  risultati  ricevettero  una  conferma  dagli  studi 
di  Frey,  Sacbff,  Poynton,  Parson,  Holmes,  Spielraayer,  Vogt  ed  altri.  Negli 
otto  casi  di  idiozia  amaurotica  familiare  illustrati  da  Schaffer,  il  sistema  nervoso 
centrale  appariva  macroscopicamente  del  tutto  normale,  non  presentando  ne  anomalie 
di  sviluppo,  né  fatti  flogistici,  né  altre  lesioni  d^ne  di  nota  ;  e  questa  integrità 
dell'aspetto  macroscopico  è  considerata  dall' A.  come  una  conditio  sine  qua  non 
per  potere  ammettere  una  vera  malattia  di  Tay-Sachs.  Nel  caso  di  Huysmans 
invece;  cha  presentava  diversi  sintomi  di  questa  malattia,  esisteva  anatomicamente 
trombosi  dei  seni,  ependimite  cronica,  pachi  e  leptomen ingite  cerebro-spinale  cronica, 
encefalite  e  mielite  cronica:  è  inùtile  dire  che  Schaffer  esclude  questo  caso  dalla 
vera  idiozia  amaurotica  di  Sachs,  della  quale  avrebbe  presentato  solo  accidentalmente 
alcuni  sintomi. 

Le  alterazioni  anatomiche  che  stanno  a  base  della  malattia  di  Sachs  sono  rile- 
vabili soltanto  col  microscopio  e  sono,  secondo  Schaffer,  estremamente  caratteristi- 
che: in  tutti  J  casi  da  lui  studiati  esse  si  ripetevano  con  «  fedeltà  fotografica  »:  non 
mancavano  del  resto,  sebbene  associate  con  gli  altri  fatti  sopra  ricordati,  neppure  nel 
caso  di  Huysmans.  Esse  colpiscono  tutte  le  cellule  nervose  dell'asse  cerebro-spinale, 
nessuna  parte  esclusa,  e  consistono  essenzialmente  nel  rigonfiamento  del  corpo  cellu- 
lare e  dei  prolungamenti  dendritici,  mentre  il  cilindrasse  non  prende  una  parte  di- 
retta all'alterazione  patologica.  Schaffer  distingue  le  imagini  ottenute  con  i  metodi 
per  le  neurofibrille  (Bielschowsky)  da  quelle  ottenute  col  metodo  di  Ni s si  e  trae 
dal  loro  confronto  delle  conclusioni  sopra  il  normale  significato  morfologico  e  fun- 
zionale delle  neurofibrille  :  vedremo  fn  seguito  come  a  queste  conclusioni  si  opponga 
Bielschowsky  con  validi  argomenti. 

Nelle  sezioni  trattate  col  metodo  Bielschowsky,  il  corpo  cellulare  e  i  prolun- 
gamenti dendritici  rigonfiati  lasciano  riconoscere  in  modo  evidentissimo,  quando 
l'alterazione  non  sia  molto  avanzata,  la  loro  struttura  reticolare;  e  facilmente  si 
distingue  il  delicato  reticolo  endocellulare,  o  rete  di  Don  aggio,  col  suo  addensa- 
mento perìnucleare,  dalla  piti  grossolana  rete  estema  o  di  Golgi.  Quando  l'altera- 
zione è  più  grave,  il  corpo  cellulare  appare  totalmente  o  parzialmente  occupato  da 
un  detrito  granuloso  che  rappresenta  il  prodotto  della  distruzione  parziale  o  totale 
del  reticolo  intemo:  la  rete  di  Golgi  è  assai  più  resistente  che  non  quella  di  Do- 
naggio,  ma  essa  pure  va  talora  soggetta  a  distruzione,  per  modo  che  la  cellula  ner- 
vosa appare  ridotta  ad  un  cumulo  di  granuli,  nel  quale  si  conserva  il  nucleo  solo 
leggermente  alterato.  Si  deve  notare  che  il  rigonfiamento  colpisce  prevalentemente 
la  parte  periferica  del  corpo  cellulare:  difatti  le  maglie  del  reticolo  sono  qui  molto 
più  ampie  che  non  nella  parte  centrale. 

Le  imagini  che  si  ottengono  col  metodo  Nissl  al  bleu  di  toluidina  sono,  secondo 
Schaffer,  esattamente  sovrapponibili  a  quelle  ottenute  col  metodo  Bielschowsky. 
Nel  corpo  cellulare  e  nei  dendriti  rigonfiati  si  mette  in  evidenza  un  reticolo  ai  cui 
punti  nodali  aderisce  la  sostanza  tigroide  come  una  massa  incrostante  ;  le  maglie  di 
questo  reticolo  sono,  come  quelle  della  rete  di  Don  aggio,  più  strette  in  vicinanza 
del  nucleo,  più  larghe  alla  periferia,  ed  è  appunto  a  questa  densità  del  reticolo  in- 
tomo al  nndeo  che  si  deve,  nelle  sezioni  spesse  (10-15  (i),  l'imagine  della  così  detta 
omogeneizzazione  perinucleare.  Col  progresso  dell'alterazione  cellulare  avviene  una 
riduzione  della  sostanza  di  Nissl,  la  quale  non  si  frammenta,  ma  diminuisce  a  poco 


iiÓ  tìivista  di  Patologia  ìieriH>s(t  e  mentale 


a  poco  per  consumo,  fino  ad  aversi  Timagìne  del  reticolo  intracellalare  nudo.  Suc- 
cessivamente scompaiono  i  filamenti  reunienti  del  reticolo,  così  che  rimangono  solo 
dei  punti  nodali  stellati,  infine  anche  questi  ultimi  si  distruggono  e  in  tal  modo  si 
produce  il  detrito  granuloso.  Così  descrivendo  lo  svolgersi  dell'alterazione  cellulare, 
Schaffer  modifica  la  sua  prima  opinione,  condivisa  da  Sachs,  secondo  la  quale  il 
detrito  granulare  avrebbe  preso  origine  dalla  frammentazione  della  sostanza  tigroide. 

Per  quel  che  riguarda  la  parte  puramente  morfologica  delle  alterazioni  istolo- 
giche nella  malattìa  di  Tay-Sachs,  T ultimo  lavoro  di  Schaffer  conferma  piena- 
mente quelli  precedenti.  In  proposito  si  deve  notare  che  alterazioni  qualitativamente 
analoghe,  solo  più  lievi  per  grado,  sono  state  riconosciute  da  Spielmeyer  e  da  Vogt 
nella  forma  giovanile  della  idiozia  amaurotica  familiare,  per  cui  anche  sotto  il  punto 
di  vista  isto-patologico  appare  giustificato  ravvicinamento  di  questa  forma  a  quella 
infantile  cui  si  riferiscono  i  casi  di  Sachs  e  di  Schaffer. 

Nuove  sono  invece  le  applicazioni  che  Schaffer  fa  dei  suoi  studi  alla  morfo 
logia  normale  della  cellula  nervosa.  Egli  nota  anzitutto  che  le  immagini  da  lui  otte- 
nute col  metodo  Bielschowsky  nella  malattia  di  Sachs  sarebbero  inconcepibili 
senza  la  normale  preesistenza  del  reticolo  esterno  ed  intemo  ed  afferma,  in  base  al 
confronto  tra  le  imagini  ricordate  e  quelle  ottenute  col  metodo  Nissl,  che  la  rete 
endocellulare  di  Donaggio  e  quella  colorabile  col  bleu  di  toluidina  (spongioplasma 
di  Cajal)  rappresentano  la  medesima  struttura,  poiché  durante  tutto  il  decorso  del 
processo  cellulare  patologico  la  refe  toluidinica  si  comporta  in  modo  identico  alla  rete 
endocellulare  di  Donaggio  messa  in  evidenza  dal  metodo  della  riduzione  argentica. 

Questa  affermazioni  di  Schaffer  hanno  provocato  una  risposta  di  Bielschowsky 
il  quale  ammette  che  le  formazioni  colorate  da  Schaffer  con  vari  procedimenti 
rappresentino  delle  strutture  identiche,  ma  si  domanda  se  esse  corrispondano  real- 
mente alle  fibrille  che  il  suo  metodo  mette  in  evidenza  nelle  cellule  nervose  normali. 
La  riduzione  argentica  rivela  negli  elementi  nervosi,  oltre  alle  neurofibrille,  anche 
altre  strutture  che  complicano  notevolmente  le  imagini,  vale  a  dire  le  zolle  di  Nissl 
e  le  strutture  alveolari  {WahenRtruhturen)  del  protoplasma.  Le  zolle  di  Nissl  pos- 
sono apparire,  a  seconda  dei  procedimenti  tecnici,  sia  come  serie  di  granuli  neri 
accanto  alle  fibrille,  sia  come  depositi  aderenti  ai  loro  punti  d' incrocio,  disposti  in 
modo  da  simulare  non  di  rado  delle  connessioni  reticolari  tra  le  fibrille  stesse,  abi- 
tualmente indipendenti  Funa  dalFaltra.  Le  strutture  alveolari  poi  (spongioplasma  di 
Cajal)  appaiono  sotto  forma  di  un  vero  reticolo  a  maglie  poligonali,  più  strette  in 
vicinanza  del  nucleo  che  non  nelle  altre  parti  ^el  corpo  cellulare:  i  rapporti  delle 
neurofibrille  con  queste  formazioni  alveolari  sono  stati  esattamente  illustrati  da  Eco- 
nomo. Ora  Bielschowsky  è  d'opinione  che  le  reti  intracellulari  e  dendritiche  di 
Schaffer  non  abbiano  niente  a  che  fare  con  le  sue  neurofibrille  ma  rappresen- 
tino solo  una  formazione  alveolare  plasmatica  :  questa  formazione  rimane  per  lo  più 
invisibile  negli  elementi  nervosi  normali,  mentre  assume  l'argento  ridotto  in  alcune 
condizioni  morbose  (paralisi  progressiva  a  rapido  decorso  ed  altre)  tra  cui  l'idiozia 
amaurotica  familiare. 

Oltre  a  queste  obiezioni  morfologiche  si  può  fare  a  Schaffer  anche  un'obiezione 
dal  punto  di  vista  chimico,  quella  cioè  che  né  il  cilindrasse  né  le  fibrille  intracel- 
lulari si  colorano  con  i  semplici  colori  di  anilina  come  la  toluidina,  mentre  assu- 
mono, sebbene  per  lo  più  debolmente,  questi  colori  e  riducono  i  sali  d'argento  le 
trabecole  che  circoscrivono  gli  alveoli  plasmatici:  così  appunto  si  comportano  le  reti 
di  Schaffer. 


Anatomm  palolotjica  141 


Dallo  studio  delle  imagini  microscopiche  ottenute  nella  malattia  diTay-Sachs, 
rìsoltano,  secondo  Se baffer,  alcuni  argomenti  favorevoli  air  ipotesi  per  cui  non  alle 
neurofibrille  bensì  airjaloplasma  interfi brillare  privo  di  struttura  sarebbe  devoluta 
la  funzione  di  condurre  gli  stimoli  nervosi.  Tali  argomenti  sarebbero  :  V  il  fenomeno 
del  rigonfiamento  discontinuo  dei  dendriti,  che  dimostra  come  Taffezione  primaria  della 
cellula  consista  in  un  aumento  morboso  del  protoplasma  anisto  e  non  in  una  alte- 
razione della  sostanza  fibrillare;  2°  il  fatto  generale  che  in  elementi  nervosi  con 
corpo  cellulare  più  p  meno  alterato  appaiono  dendriti  con  struttura  fibrillare  affatto 
normale.  Inoltre  Schaffer  trova  un  appoggio  a  questa  sua  ipotesi  nelle  nuove  veduto 
di  Becker  pel  quale  le  fibrille  della  cellula  nervosa  non  sarebbero  altro  che  le  zolle 
cromofile  di  Nissl  che  assumono  un*  apparenza  fibrillare  in  seguito  ad  alcune  mani- 
polazioni di  tecnica. 

Anche  a  queste  considerazioni  risponde  Biel sebo wsky  nel  suo  lavoro  già  ricor- 
dato. Egli  non  esclude,  anzi  ammette  che  li^  funzione  conducente  degli  stimoli  non 
spetti  alle  neurofibrille,  ma  osserva  che  gli  argomenti  addotti  da  Schaffer  sono 
tutt* altro  che  probativi.  Il  fatto  notato  da  Schaffer,  che  in  elementi  nervosi  cop 
corpo  cellulare  già  ammalato  le  fibrille  dei  dendriti  possono  apparire  normali,  dimo- 
stra soltanto  che  le  fibrille  endodendritiche  sono  più  resistenti  di  quelle  endocellu- 
lari, forse  perchè  la  loro  nutrizione  si  compie  più  facilmente.  Per  quel  che  riguarda 
le  ipotesi  di  Becker,  Bielschowsky  le  considera  del  tutto  prive  di  fondamento, 
poiché  in  esse  non  si  tien  conto  di  una  quantità  di  fatti  ben  dimostrati  che  le  ren- 
dono insostenibili;  del  resto  esse  sono  in  aperto  contrasto  con  le  imagini  microscopiche 
di  Schaffer,  perchè  i  preparati  ottenuti  da  questo  A.  col  metodo  Nissl  dimostrano 
che  dopo  la  scomparsa  dei  granuli  riesce  evidentissimo  il  reticolo  interno  nudo,  che 
secondo  lui  è  identico  alla  rete  neurofìbrillare  :  ora  se  si  accettano  le  idee  di  Becker 
non  si  comprende  come  possa  apparire  ancora  conservata  questa  rete  quando  più  non 
esistono  i  materiali  da  cui  essa  sarebbe  costituita,  vale  a  dire  i  granuli.  La  contrad- 
dizione in  cui  è  caduto  Schaffer  e  le  conseguenze  che  ne  derivano  sono  così  evi- 
denti che  dispensano  da  ogni  commento.  Zalìa. 

17.  Angrlcuie  et  Latreille,  Le»  lesiona  du  cerve! et  dans  la  paralysie  generale.  — 
«  Encéphale  »,  n.  10,  1907. 

Gli  studi  sul  cervelletto  dei  paralitici  generali  sono  ancora  poco  numerosi;  Taty 
e  Jeanty  stabilirono  la  gravità  e  la  frequenza  delle  lesioni  nelle  cellule  del  Pur- 
kinje;  l'atrofia  cerebellare  con  la  demielinizzazione  della  sostanza  bianca  fu  osser- 
vata da  Straussler;  le  modificazioni  della  nevroglia  da  Weigert,  Raecke,  Strauss- 
ler.  Gli  AA.  hanno  studiato  sotto  tutti  questi  punti  di  vista  il  cervelletto  di  quasi 
tutti  i  paralitici  di  cui  poterono  fare  V  autopsia  negli  ultimi  sette  anni.  Dalle  osser- 
vazioni fatte,  possono  affermare  che  circa  un  terzo  dei  paralitici  non  off'rono,  al T  in- 
fuori di  una  leggera  infiammazione  della  pia,  lesioni  degne  di  nota  al  cervelletto 
(gli  AA.  non  tengono  in  gran  conto  le  cromatolisi  cellulari  e  la  mancanza  di  qualche 
cellula  del  Purkinje).  In  questa  pubblicazione  però  si  limitano  a  trattare  solo  delle 
modificazioni  della  nevroglia  e  del  tessuto  connettivo,  le  quali  si  associano  tra  loro 
intimamente.  I  pezzi  sono  fissati  e  colorati  col  metodo  Anglade.  Dopo  di  aver  ac- 
cennato air  anatomia  normale  della  nevroglia  cerebellare,  come  la  si  osserva  col 
metodo  loro,  gli  AA.  passano  a  descriverne  le  modificazioni  patologiche  nella  paralisi 
generale.  Le  meningi  sono  costantemente  alterate,   ma   in  grado  differonte    e   senza 


142  Rivista  di  Patolotjia  nervosa  e  ìnentale 


alcuna  predominanza  regionale;  queste  meningiti  Bono  caratterizzate  non  solo  dalla 
presenza  di  tutti  gli  elementi  dell*  infiammazione  connettivale,  ma  anche  da  quelli 
della  reazione  infiammatoria  nevroglica.  Meninge  e  glia  corticale  reagiscono  simul- 
taneamente formando  Borente  sinfisi  meningo-corticali  molto  estése. 

Nello  strato  molecolare  si  nota  una  gliosi  di  grado  differente,  a  seconda  delle 
varie  regioni,  la  quale  è  situata  di  solito  attorno  ai  vasi,  e  può  variare  dal  sem- 
plice aumento  numerico  delk  fibre  sino  alla  formazione  di  placche  di  sclerosi  corti- 
cale. Questo  processo  è  il  più  caratteristico  di  quanti  si  osservano  nei  differenti  strati. 
Attorno  alle  cellule  di  Purkinje  si  trovano  fitte  maglie  di  nevróglia  che  di  solito 
invadono  da  una  parte  lo  strato  molecolare,  dalPaltra  i  granuli;  iu  questo  strato 
molte  volte  la  sclerosi  è  diffusa  e  predomina  notevolmente.  Dopo  lo  strato  dei  gra- 
nuli, la  sostanza  bianca  è  la  più  colpita;  benché  anche  in  essa  la  glia  sia  diffusa,, 
ha  tendenza  però  a  formare  placche  le  quali  non  arrivano  tuttavia  a  formazioni  lacu- 
nari. Nella  regione  in  cui  la  sostanza  bianca  confina  con  Tependima  si  osserva  che 
le  maglie  di  nevróglia.  si  fanno  più  fitte,  e  le  fibre  di  stratificazione  sotto  epeudi- 
mali  aumentano  di  volume,  l'epitelio  è  sollevato  e  rovesciato  da  neofornìazioni  di 
glia,  che  non  sono  altro  che  granulazioni  ventricolari.  Le  Stàbckenzellen  si  trovano 
numerose  sia  nel  parenchima  cerebellare  sia  nelle  meningi  ;  secondo  gli  AA.  non  sono 
di  origine  nevroglica  ma  mesodermica. 

Il  cervelletto  partecipa  dunque  frequentemente  alle  lesioni  della  paralisi  gene- 
rale, queste  lesioni  sono  caratteristiche  perchè  non  si  riscontrano  né  nel  cervelletto 
senile  né  nelle  atrofie  cerebellari  di  qualunque  origine  esse  siano. 

Una  sola  forma  morbosa  potrebbe  dare  delle  alterazioni  cerebellari  analoghe: 
r  idiozia  per  meningo-encefalite.  Gli  A  A.  constatarono  all'autopsia  di  una  di  codeste 
forme  lesioni  macroscopiche  identiche  a  quelle  della  paralisi  generale:  potrebbe  darsi 
che  anche  la  stessa  somiglianza  esistesse  nelle  alterazioni  microscopiche  cerebellari. 

Sandri, 

18.  Anglade  et  Oalmettes,  Sur  le  cervelet  senile.  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la 
Salpétrière  »,  n.  5,  1907. 

Sono  ricerche  microscopiche  praticate  su  cervelletti  senili.  Gli  AA.  dimostrano 
che  la  senilità  cerebellare  non  si  manifesta  con  un'atrofia  diffusa,  ma  è  caratterizzata 
invece  da  atrofie  molto  limitate,  rappresentate  da  placche  di  sclerosi  ordinariamente 
perivascolari,  tendenti  a  necrosarsi  per  formare  delle  lacune.  Queste  formazioni  scle- 
rotiche e  lacunari  si  possono  formare  in  qualunque  parte  del  cervelletto,  ma  a  pre- 
ferenza si  localizzano  sulle  zone  più  interne  delle  circonvoluzioni  semilunari  all'al- 
tezza del  loro  bordo  posteriore,  ed  a  questo  livello  sono  situate  profondamente, 
di  solito  in  fondo  ai  solchi  o  nella  sostanza  bianca  attorno  al  nucleo  dentato.  I  loro 
caratteri  distintivi  sono  :  la  localizzazione  del  processo  che  non  si  diffonde  all'  in- 
torno, la  predominanza  delle  lesioni  attorno  alle  cellule  del  Purkinje,  l'assenza  di 
meningite  concomitante  e  delle  Stdbchemellen  di  Nissl.  Per  questi  caratteri  il  cer- 
velletto senile  si  potrà  sempre  differenziare  dal  cervelletto  atrofico  e  àH  paralitico. 
Nel  cervelletto  atrofico  ì  fatti  d'atrofia  sono  diffusi  presso  a  poco  con  uguale  intensità, 
solo  con  qualche  leggera  predorainanza  regionale,  un  reticolo  di  nevróglia  occupa 
lo  strato  dei  granuli  e  la  sostanza  bianca,  non  v'ha  poi  alcuna  tendenza 'alfa  forma- 
zione di  lacune.  Nel  cervello  paralitico  si  notano  fatti  infiammatori  mfeningo-corti- 
cali,  la  sclerosi  colpisce  soprattutto  la  superficie  libera  delle  circonvoluzioni  e  va 


Anatomia  jxilologica  143 


diminuendo  dalla  periferia  allo  strato  molecolare,  le  Stàhchenzellen  sono  numerose, 
e  non  esiste  tendenza  al  formarsi  di  lacune. 

Il  tipo  delle  lesioni  che  permette  di  distinguere  nn  cervelletto  senile  da  uno 
atrofico  o  paralitico  provano  anche,  secondo  gli  AA.,  che  la  senilità  del  sistema 
nerroBo  è  il  risaltato  non  di  una  necrobiosi  semplice  ma  di  una  infiammazione 
sclerosa.  SOftidri, 

19.  O.  Mauro^  Ricerche  ematolo^iche  in  bambini  epilettici,  —  «  La  Pediatria  », 

anno  XV,  n.  11,  1907. 

L^A.  ha  esaminato  il  sangae  in  otto  bambini  affetti  da  epilessia  in  perìodi  più 
0  meno  lontani  dall'accesso.  Mentre  in  tatti  gli  esami  il  tasso  emoglobinico,  il  valore 
globulare,  il  numero  dei  globuli  rossi  si  mantenevano  normali  o  presso  a  poco,  invece 
si  aveva  sempre  una  notevole  leucocitosi,  la  cui  formula  variava  a  seconda  del  grado 
della  malattia  e  del  momento  in  cui  si  praticava  Tesame. 

Xei  bambini  epilettici,  infatti,  con  attacchi  frequenti  e  in  quelli  in  cui  Pesame 
del  sangae  era  praticato  a  breve  distanza  dall'accesso,  si  notava  mononucleosi  e  ipo- 
eosinofilia; in  quelli  invece  in  cui  il  quadro  della  malattia  era  leggero  e  per  con- 
seguenza gli  attacchi  si  ripetevano  a  lunghi  intervalli,  l'esame  del  sangue  praticato 
a  distanza  dall'accesso  mostrava  polinucleosi  e  ipereosinofilia  notevole. 

L'A.  pensa  pertanto  che  l' ipereosinofilia  dei  bambini  epilettici  sia  legata  alle 
tossine  circolanti  nel  sangue  ed  appaia  come  l'espressione  dello  sforzo  fatto  dall'or- 
ganismo per  opporsi  all'invasione  di  queste  tossine. 

Quando  l'equilibrio  tra  tossine  e  leucocitosi  venga  turbato  noi  avremo  la  mani- 
festazione epilettica  per  mezzo  dell'accesso.  Strigo, 

20.  B.  Di  Mattel,  Le  alterazioni  cadaveriche  del  reticolo  fibrillare  endocellulare 
€  delle  fibrille  lunghe  nelle  cellule  del  midollo  spinale, 

21.  B.  Di  Mattel,  Le-  alterazioni  cadaveriche  del  reticolo  neurofibrillare  della 

cellula  nervosa  nella  morte  per  asfissia  rapida  meccanica.  —  €  Rivista  spe- 
rimentale di  Freniatria  »,  voi.  XXXIII,  fase.  1. 

Il  jeticolo  fibrillare  e  le  neurofibrill^  oppongono  una  grande  resistenza  allo  svol- 
gimento dei  processi  putrefattivi,  tanto  che  a  ben  48  ore  dalla  morte  si  può  ancora 
stabilire  se  negli  elementi  esistono  o  no  alterazioni  patologiche,  e  determinarne  la 
natura.  Dopo  un  tal  periodo  i  processi  putrefattivi  prendono  il  sopravvento,  ren- 
dendo impossibile  la  diagnosi  differenziale  fra  alterazioni  patologiche  e  cadaveriche. 
Kè  esiste  una  differenza  nell'entità  e  specie  delle  lesioni  cadaveriche  riscontrabili 
nelle  cellule  normali  e  in  quelle  più  o  meno  alterate  dai  vari  generi  di  asfissia  (im- 
piccamento, strangolamento,  annegamento):  l'unica  differenza  sta  nella  rapidità  con  cui 
il  processo  patrefattivo  si  svolge  e  giunge  al  suo  acme  (7-8  giorni  nelle  cellule  normali, 
4-5  in  quelle  di  animali  asfittici).  Le  asfissie  per  impiccamento  e  strangolamento 
portano  (metodo  Don  aggio)  una  rarefazione  nella  rete  fibrillare  e  talora  la  scom- 
parsa del  cercine  perinucleare,  zone  giallastre,  forse  di  formazione  pigmentaria,  e 
anche,  nello  strangolamento,  imperfetta  differenziazione  del  nucleo  che  è  colorato 
e  granuloso.  Nell'annegamento  le  stesse  lesioni,  e  inoltre  minor  delicatezza  del  re- 
ticolo, fattosi  indistinto  specie  alla  periferia,  mentre  le  fibre  decorrono  tortuose  e  la 
rarefazione  del  reticolo  giungt  alla  vacuolizzazione.  Tali  semplici  alterazioni  dimo- 
strano come  le  asfissie  meccaniche  portino  la  mort^  per  un  disordine  più  che  anato- 


144  HiiHsta  di  Puloloijia  rwrvosa  e  mentale  -  Aaaioiida  jxilolof/icii 

niico,  funzionale  d^li  «lenienti  nervosi.  Iniziato  il  processo  pntrefattivo  dtk  prima  i 
le  fibrille  si  ispessiscono  (metodo  Don  aggio)  alla  periferia  della  celiala,  come  t^'y 
ispessisce  il  reticolo  divenuto  discontinuo  dando  alla  cellula  un  aspetto  timbecolare: 
poi,  progredendo  il  processo,  la  cellula  perde  la  nettezza  dei  contorni^  alla  sua  perìfei 
esistono  granulazioni,  avanzi  del  reticolo  in  via  di  disfacimento  :   il  cercine  perimi'^ 
cleare  è  scomparso,  il  con  tomo  nucleare  indeciso,  il  nucleo  granuloso,  il  nucleolo  va 
lizzato,  mentre  il  reticolo  si  riduce  in  granuli  mal  colorabili,  sempre  più  grossolani,^ 
fintanto  che,  resi  irriconoscibili  i  contorni  delle  cellule,  gli  elementi  si  riducono  a  i 
amasso  informe  in  cui  è  ancora  riconoscibile  solo  il  nucleolo.  In  uno  stesso  preparatoci 
però  gli  elementi  non  mostrano  di  subire  in  modo  uniforme  gli  effetti  del  proceawj 
putrefattivo.  I  piccoli  elementi  sono  meno  resistenti  dei  medi  e  del   grandi,  ne  gÙi 
elementi  di  ogni  singola  specie  sono  allo  stesso  stadio  di   putrefazione  di  altri  ele-^ 
menti  della  stessa  specie.  Turc'kL 

22.  A.  Souques  et  A.  Barbò,  Tabes  et  syringomyelie,  —  €  Revue  neurulogique  ». 

n.  18,  1907. 

Ksame  clinico,  necroscopia  macroscopica  e  microscopica  di  una  donna  di  42  annL 
In  vita  si  erano  rilevati  i  sintomi  caratteristici  di  una  tabe  a  decorso  abbastansa 
rapido,  nessun  sintoma  che  potesse  far  supporre  resistenza  di  una  siringomielia. 

Airautopsia  oltre  alle  lesioni  tabetiche  si  riscontrò  un  glioma  superiore,  cavi- 
tario, che  si  estendeva  dalla  VII  cervicale  alla  V  dorsale,  e  un  altro  più  piccolo  e  sema. 
cavità  che  si  estendeva  dalla  VII  alla  IX  dorsale.  Il  processo  gliomatoso  sviluppa- 
tosi a  spese  della  sostanza  bianca  dei  cordoni  posteriori  è  formato  da  due  zone: 
una  centrale  più  lassa  e  sottile,  Taltra  periferica  spessa  e  densa.  La  cavità  presenta 
una  forma  ovale  scavata  nel  centro  del  glioma  e  può  considerarsi  come  una  distru- 
zione della  parte  centrale  del  glioma  per  rarefazione  e  necrosi  del  tessuto  neoplastico» 

La  scarsità  dei  casi  in  cui  si  osserva  la  concomitanza  di  queste  due  affezioai 
morbose  farebbe  pensare  ad  una  associazione  fortuita;  potrebbe  darsi  però  che  la  tabe 
e  la  siringomielia  avessero  per  loro  origine  comune  la  sifilide.  Sandri, 

23. 1.  Montesano,  Perivasl-ulàre  Plasmazelleninlfitration  im  Zentralnervensystem 
der  alkoholi sieri en  Kaninchen,  —  €  Zentralblatt  ftlr  Nervenheilkunde  und 
Psychiatrie  »,  N.  249,  1907. 

Seguendo  l'esempio  di  Bessley,  TA.  somministra  per  via  gastrica  ad  una  serie 
di  conigli  dosi  giornaliere  crescenti  da  2  a  12  ce.  di  alcool.  In  un  certo  gruppo 
aggiunge  iniezioni  endovenose  di  ^/j-^  gocce  di  soluzione  1  ^j^  di  adrenalina  p*  d.  I 
soggetti  morirono  o  in  istato  di  ubriachezza  (durato  fin  12  ore)  o  per  bronco-polmo- 
nite. Oltre  ad  alterazioni  delle  cellule  nervose,  ipertrofia  della  nevroglia  e  dell'in- 
tima, in  quattro  casi  trattati  rispettivamente  con  422,  161,  132,  100,  ce.  di  alcool  e 
con  0,57,184,48  gocce  di  adrenalina  osserva  un' infiltrazione  di  Plasmazellen  attorno 
ai  vasi  cerebrali,  midollari  e  piali.  Già  Alzheimer  ha  descritto  la  presenza  di 
Plasmazellen  nell' alcool ismo  cronico  dell'uomo;  non  può  però  arguire  che  l'orga- 
nismo umano  reagisca  all'alcool  nel  modo  descritto  nei  conigli,  nò  può  escludere  che 
per  la  breve  durata  e  la  gravità  dell'intossicazione  non  si  tratti  di  alcoDlismo  cro- 
nico nei  conigli.  Si  limita  quindi  a  costatare  il  fatto  e  a  invitare  a  ulteriori  ricercbr 

Turchi, 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.       Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsàbile. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

DIRETTA   DA 

A..  Ti\.MBTTIlINI  E.  MORSBILXJ 

(soma)  (obnota) 

E.   LUG-AJIO 

(modska) 


Redattori  s 

0.  BOSSI 

O.  SANDBI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amminiatraiiofte:  Prof.  TANZI,  Clinita  di  San  Salvi,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  i^prile  1808  Fase.  4 


COMUNICAZIONI  OEIGINALI 


Manicomio  di  8.  Maria  della  Pietà,  in  Roma,  diretto  dal  prof.  O.  Mingazzinl 


Sulla  morte  improvvisa  nella  demenza  precoce 

per  il  dott.  A.  GiannelU,  Primario  anatomo-patologo 


Recentemente  Tetzener  e  Dreyfus  hanno  richiamato  l'attenzione  sulla 
possibilità  dell'esito  rapidamente  mortale  della  demenza  piecoce  durante  gli 
accessi  convulsivi  più  o  meno  solenni.  Anche  nel  trattato  di  istopatologia  ce- 
rebrale del  Nissl  se  ne  trova  riferito  un  caso  nel  quale  la  morte  è  avvenuta 
dopo  alcune  contrazioni  muscolari.  Come  dimostrano  alcune  mie  osservazioni 
esiste  però  anche  la  possibilità  che  la  morte  sopravvenga  rapidamente,  senza 
alcuna  manifestazione  convulsiva,  sorprendendo  il  malato  nel  pieno  benessere 
fisico.  Il  paziente  improvvisamente  presenta  i)  quadro  fenomenico  della  sin- 
cope; in  pochi  secondi  le  manifestazioni  della  vita  si  arrestano,  e  tutti  i 
tentativi  fatti  per  richiamarle  in  attività  rimangono  senza  efletto. 

OsBenrazioiie  I.  —  Mon.  F.,  da  Formelle,  di  anni  19,  cattolico,  celibe,  di  col- 
tura elementare,  entrò  nel  Manicomio  il  19  novembre  1894.  La  malattia  si  iniziò  quat- 
tro mesi  avanti  (25  luglio);  di  notte  improvvisamente  il  paziente  si  mise  a  gridare 
chiamando  aiuto:  il  padre  accorso  lo  trovò  seduto  sul  letto,  con  disordini  circola- 
tori intensi;  accusava  un  vecchio  di  avergli  preparato  una  "  fattura  *\  Si  tranquillizzò 
poco   dopo.   Ha  continuato  a  lavorare  lamentandosi  di  quando  in  quando  col  padre 

10 


StiUa  morte  improvvisa  nella  demenza  precoce  i47 

L*  esame  microscopico  delle  varie  regioni  della  corteccia  cerebrale,  come  pure 
quello  del  bulbo  e  del  midollo  spinale  non  fa  rilevare  l'esistenza  di  plasmacellule. 

Osservazioiie  n.  —  Tru,  G.,  di  Camillo  e  dì  Giacinta,  da  Rajano  (Àquila), 
celibe,  d'anni  22,  sarto,  cattolico,  entra  nel  Manicomio  il  19  luglio  1903. 

Le  notizie  anamnestiche  mancano,  e  dal  paziente  nulla  si  può  sapere.  Pare  che 
nella  famìglia  non  esìsta  eredità  psicopatica.  La  malattìa  sarebbe  sorta  acutamente  ; 
il  paziente  fu  trovato  disteso  in  terra  ;  interrogato  rispondeva  di  essere  morto  :  aveva 
anche  accessi  di  pianto  non  motivato,  i  quali  si  prolungavano  alcune  ore. 

L'  esame  obiettivo  fece  rilevare  V  esistenza  di  alcune  note  degenerative.  Nulla 
dì  anormale  fu  constatato  nella  funzione  degli  organi  interni:  negativo  fu  l'esame 
neurologico.  Le  note  psìchiche  predominanti  erano  :  espressione  attonita  della  faccia  ; 
attenzione  scarsissima;  il  paziente  non  rispondeva  alle  domande  o  si  limitava  a  doman- 
dare pèrdono;  rimaneva  immobile  in  letto;  quando  era  condotto  nel  giardino  rima- 
neva fermo  in  piedi  senza  prendere  parte  alla  conversazione;  negativismo  accen- 
tuato; rifiuto  f>stinato  dei  cibi;  crisi  di  pianto  senza  scopo;  raramente  grida  senza 
che  se  ne  sapesse  il  motivo;  forse  esistenza  di  allucinazioni. 

In  seguito  il  paziente  ha  attraversato  alcuni  periodi  di  agitazione,  durante  i 
quali  faceva  movimenti  senza  scopo,  era  impulsivo,  tendeva  a  battere  il  capo  in 
malo  modo,  faceva  discorsi  incoerenti;  in  altri  periodi  era  tranquillo,  silenzioso,  con 
fenomeni  catatonici. 

Ai  27  dicembre  1906,  di  sera,  il  paziente  improvvisamente  si  fece  pallido;  il 
polso  era  filiforme  :  constatata  una  lieve  intumescenza  del  ventre,  si  praticò  un  ente- 
roclisma, che  fu  seguito  da  una  scarica  di  feci  di  colore  nero  :  furono  prescrìtte 
iniezioni  di  olio  canforato  e  di  etere.  Dopo  pochi  minuti  secondi  però  avvenne  la 
morte  senza  alcun  accenno  di  convulsioni. 

Autopsia,  eseguita  24  ore  post  mortem.  Ispessita  la  diploe  della  calotta.  Il 
peso  dell'encefalo,  colle  meningi  molli,  è  dì  grammi  1450;  la  c^acità  della  cavità 
cranica  ascende  a  1472  centimetri  cubici  di  acqua.  Le  meningi  molli  hanno  ì  vasi 
tutti  ripieni  ;  esse  sono  lievemente  opalescenti  lungo  il  decorso  dei  vasi,  e  si  levano 
bene  senza  che  si  producano  decorticazioni.  La  disposizione  dei  giri  e  dei  solchi 
cerebrali  è  normale.  I  giri  cerebrali  si  presentano  come  compressi:  essi  sono  larghi 
e  addossati  gli  uni  agli  altri.  I  ventricoli  cerebrali  sono  dilatati  e  contengono 
alcune  cucchiaiate  di  liquido  trasparente.  Normali  i  vasi  delfa  base.  Il  midollo  spi- 
nale riempie  bene  il  canale  vertebrale.  Vi  è  un  piccolo  residuo  della  glandola  timo. 
Esiti  di  pleurite  bilaterale.  Nulla  di  notevole  nell'  apparecchio  respiratorio.  Il  cuore 
pesa  gr.  310:  lo  spessore  del  ventricolo  sinistro  è  di  15  mm.;  esistono  placche  arte- 
riosclerotiche  in  vicinanza  degli  orifici  delle  coronarie;  non  vi  è  traccia  di  coro- 
narite.  Il  fegato,  la  milza  ed  i  reni  sono  normali.  La  mucosa  gastrica  e  quella 
intestinale  presentano  le  note  caratteristiche  di  ui^  catarro  cronico,  che  si  fa  più 
intenso  come  si  passa  nell'  intestino  crasso.  In  nessun  punto  della  mucosa  del  sistema 
digerente  esistono  lesioni  di  continuo  od  emorragie. 

L'esame  microscopico  della  corteccia  cerebrale  (giri  frontale  ascendente,  fron- 
tale primo,  temporale  primo,  calcarino  e  retto),  come  pure  quello  del  bulbo  e  del 
midollo  spinale  non  fa  rilevare  la  presenza  di  plasmacellule. 

Riassumendo,  si  tratta'  di  due  casi  di  demenza  precoce  classica  nei 
quali  è  avvenuta  improvvisamente  la  morte;  e  precisamente  nel  primo  dopo 
13  anni,  e  nell'altro  dopo  quattro  anni  dalle  prime  manjfestazìoni  morbose. 


148  A.  Gianiulli 


I  pazienti  non  hanno  precedentemente  presentato  alcun  fenomeno  che  facesse 
sospettare  la  fine  subitanea.  II  sanitario,  che  nel  Manicomio  di  Roma  visita 
due  volte  al  giorno  i  malati,  e  gli  infermieri  sperimentati  nulla  hanno  potuto 
rilevare  di  modificato  nel  contegno  dei  due  pazienti,  fino  al  momento  in  cui 
questi  sono  siali  sorpresi  dalla  sincope  mortale.  Tutti  e  due  i  malati,  senza 
alcuna  causa  apprezzabile,  sono  stati  veduti  abbandonarsi  nel  letto,  impalli- 
dire, morire,  nel  breve  volger  di  pochi  secondi,  non  ostante  le  cure  sollecite, 
coi  segni  della  paralisi  cardiaca  e  respiratoria. 

L'esame  microscopico  dei  vìsceri  non  ha  fatto  rilevare  la  causa  della 
morte. 

L'esame  microscopico  del  sistema  nervoso  centrale  ha  fatto  constatare 
non  ispessila  la  pia,  normali  i  vasi,  mancanti  le  plasmacellule.  Le  cellule 
nervose  della  corteccia  cerebrale  presentano  alcune  alterazioni,  le  quali  cer- 
tamente non  possono  spiegare  la  morie  avvenuta. 

Scrive  Brouardel  che  la  morie  subitanea  è  la  fine  rapida  ed  imprevista 
di  una  malattia  acuta  o  cronica  che  evolve  il  più  delle  volte  in  una  forma 
latente:  si  muore  pel  cuore,  pel  polmone,  per  il  cervello,  e  soprattutto  pel 
rene.  Ma  nei  casi  da  me  riferiti  è  mancata  quella  malattia  acuta  o  cronica, 
in  forma  acuta  o  latente,  capace  di  produrre  per  sé  la  morte  improvvisa;  e 
l'esame  dei  grandi  sistemi  anatomici  (apparecchio  circolatorio;  apparecchio 
cerebro-spinale;  apparecchio  polmonare;  tubo  digestivo  e  glandole  annesse, 
sistema  genito-urinario)  è  stato  completamente  negativo. 

Si  dovrebbero  perciò  ascrivere  i  due  casi  miei  a  quel  gruppo  di  morti 
improvvise,  nel  quale  le  ricerche  anatomo-patologiche  macro  e  microscopiche  e 
chimiche  non  lasciano  ritrovare  la  caiisa  della  morte.  (Secondo  Brouardel 
iO  7o  delle  morii  improvvise;  secondo  Ascarelli  il  S^o)- 

Vi  è  però  un  fatto  da  prendere  in  considerazione,  e  sul  quale  ha  richia- 
mato l'attenzione  il  Dreyfus. 

Quest'osservatore,  nel  suo  caso  di  demenza  precoce  ad  esito  mortale  in 
seguito  ad  un  accesso  convulsivo,  ha  trovato  che  la  differenza  fra  il  contenuto 
cranico  ed  il  peso  dell'encefalo  era  solo  di  4,2  °/o,  mentre  normalmente  esso 
oscilla  tra  il  10  ed  il  15 7o;  il  peso  dell'encefalo  era  cioè  di  1592  grammi, 
mentre  la  capacità  cranica,  misurata  con  acqua,  era  di  1610  centimetri  cubici. 

Nei  miei  due  casi  di  morie  improvvisa  nel  corso  della  demenza  precoce, 
nel  primo  si  aveva  una  capacità  cranica  di  cmc.  1394  di  acqua,  mentre  il  pesò 
dell'encefalo  era  di  grammi  1330  (colle  meningi  molli),  nel  secondo  si  aveva  una 
capacità  cranica  di  cmc.  1472  ed  il  peso  dell'encefalo  ascendeva  a  grammi  1450. 
Nei  due  casi  miei  la  difl'erenza  tra  il  contenuto  cranico  ed  il  peso  dell'ence- 
falo si  trovava  dunque  essere  quasi  uguale  a  quella  rilevata  dal  Dreyfus  nel 
suo  caso,  e  quindi  molto  al  disotto  del  rapporto  normale.  Come  nel  caso  di 
Dreyfus  vi  era  nei  miei  un  rigonfiamento  cerebrale  non  trascurabile,  al  quale 
si  doveva  sia  l'aspetto  delle  circonvoluzioni  cerebrali  molto  larghe,  ravvicinale 
le  une  alle  altre,  sia  il  volume  aumentalo  del  midollo  spinale,  tanto  da  riempire 
la  cavità  vertebrale. 


Sulla  morte  improvvisa  nella  demenza  precoce  149 

Il  Dreyfus,  riflettendo  che  un  eguale  stato  di  rigonfiamento  cerebrale  si 
ritrova  in  certi  epilettici  e  paralitici  progressivi,  nei  quali  l'esito  morlale  è 
avvenuto  durante  un  attacco  convulsivo  (come  ho  avuto  occasione  di  consta- 
tare ripetute  volte  anche  io),  conclude  c|ie  nel  suo  caso  il  rigonfiamento  ce- 
rebrale e  l'attacco  convulsivo  stanno  in  stretto  rapporto. 

Nei  miei  due  casi,  come  in  quello  di  Dreyfus,  fino  a  poco  tempo  avanti 
la  morte,  non  vi  era  alcun  segno  di  aumentata  pressione  cerebrale,  però  men- 
tre nel  caso  Dreyfus  la  morte  è  stata  preceduta  da  un  accesso  convulsivo, 
nei  mici  è  mancata  qualunque  scossa  anche  limitata  ad  un  solo  territorio 
muscolare.  Si  potrebbe  forse  pensare  che  il  rigonfiamento  cerebrale  sia  stato 
nei  casi  miei  cosi  rapido,  da  paralizzare  immediatamente  i  centri  bulbari  del 
respiro  e  del  circolo. 

Quali  cause  sieno  intervenute  a  produrre  un  tale  rigonfiamento  cerebrale 
non  si  può  sospettare.  Il  rigonfiamento  cerebrale  è. stato  constatato  finora,  per 
quanto  riguarda  la  demenza  precoce,  in  alcuni  casi  nei  quali  la  morte  è  so- 
pravvenuta allo  stato  acuto  della  malattia,  cioè  poco  dopo  l'inizio  di  essa:  in 
un  caso  di  Oupré  riferito  dal  Dreyfus  per  comunicazione  orale  avutane,  in 
un  caso  del  Reichardt,  ed  in  uno  del  Weber  (nel  primo)  nel  quale,  dopo 
uno  stato  di  forte  eccitamento,  insorse  un  grave  e  rapido  esaurimento,  con 
aumento  serale  di  temperatura  e  progressivo  sopore  sino  alla  morte;  qui  il 
rigonfiamento  fu  cosi  rilevante  che  la  porzione  postero-inferiore  del  cervel- 
letto si  trovò  spinta  nel  foramen  magnum.  Il  caso  del  Tetzener  e  quello  del 
Dreyfus  mostrano  che  il  rigonfiamento  cerebrale  si  può  constatare  anche  in 
casi  di  demenza  precoce  avanzata,  nei  quali  la  morte  è  avvenuta  colla  mani- 
festazione di  accessi  convulsivi. 

Le  osservazioni  mie  dimostrano  però  che  un  simile  rigonfiamento  cere- 
brale può  costituire  il  solo  dato  positivo  del  reperto  anatomo-patologico  di  casi 
di  demenza  precoce  avanzata,  nei  quali  la  morte  è  sopravvenuta  bruscamente, 
nel  pieno  benessere  fisico,  e  senza  alcuna  scossa  convulsiva. 

Letteratura. 

Akaulli.  Contributo  allo  studio  delle  morti  improvvise.  «  Bollettino  della  Società  Lancisiana  », 
1907,  anno  XXVII. 

BwmAMDML,  Mort  et  mort  subite.  Paris,  Baillière  et  Fils,  1895. 

Disrrvi.  Ueber  Tod  im  katatoniscben  Anfall  bei  alter  Dementia  praecox.  «  Centralblatt  fiir  Ker- 
venheilkunde  und  Psychiatric  »,  1907,  8.  451. 

Rucbabut.  Ueber  Todesfàlle  bei  funktionellon  Psychosen.  «  Centralblatt  fùr  Kervenheilkunde  und 
Psychiatrìe  »,  1905,  8.  1. 

TniKRn  Citato  da  Dreyfus*.  «Neurolog.  psych.  Wochenschrift  »,  Bd.  VII,  8.  225. 

WnxB.  Ueber  akute  todlich  verlaufende  Psychosen.  «  Monatsschrift  fùr  Psychiatrie  und  Neuro- 
logie »,  Bd.  16. 

WsTOAnr.  Atlas  der  Psychiatrie.  Miinchen,  1902. 

KBAXPBi.ai.  Psycliiatrie.  Sechste  Auflage.  Leipzig,  1899. 

NutL.  «  Histologische  und  Histopathologische  Arbeiten  »,  1904,  S.  179. 


150  5.  Ricca 

Clinica  delle  malattie  nervoBe  e  mentali  della  R.  Università  di  Genova 
diretta  dal  prof.  Enrico  Morselli 

Esperienze  e  considerazioni  suirergrogfrafia 
usata  a  scopo  clinico  nei  pazzi 

per  il  dott.  Silvio  Riooa,  Assistente  volontario 


Più  un  metodo  diventa  perfetto,  meno  esteso  si  rende  il  campo  delle  sue 
applicazioni  complete.  Questo  che  si  verifica  in  tulle  le  attività  umane  suc- 
cede pure  nei  metodi  sperimentali  della  scienza.  Si  rende  quindi  necessaria, 
tutte  le  volte  che  si  vuol  adoperare  un  procedimento  di  laboratorio,  una  in- 
dagine severa  sui  suoi  pregi  e  sui  suoi  difetti,  come  pure  sulle  limitazioni 
del  suo  campo  di  studio.  E  questo  deve  essere  fatto  con  maggiore  attenzione 
quando  la  tecnica  sperimentale  viene  portata  in  sussidio  della  Clinica,  sia  per 
la  complessità  maggiore  dei  fatti  da  studiarsi,  sia  perchè  ci  si  trova  quasi 
sempre  in  un  ambiente  meno  adatto  dei  puri  gabinetti  scientifici. 

Naturalmente  queste  considerazioni  debbono  venir  fatte  anche  a  propo- 
sito della  ergografia.  In  questo  lavoro  le  esperienze  furono  eseguite  coll'er- 
gografo  di  Mosso,  nuovo  modello.  E  perciò  di  esso  mi  occuperò  in  modo 
speciale  in  queste  considerazioni  preliminari. 

Scopo  delle  medesime  è  il  formarsi  un  concetto  del  valore  sperimentale 
deirergografo  nelle  sue  varie  applicazioni  alla  Fisiologia,  alla  Patologia,  alla 
Clinica,  concetto  che  risulterà  abbastanza  chiaro  da  una  breve  indagine  sto- 
rica dell'argomento,  non  completa  certo,  ma  esauriente  per  il  nostro  scopo. 

Innanzi  tutto  una  domanda:  essendo  Tergografo  un  metodo  grafico, 
quale  ne  è  la  esattezza  come  strumento  di  registrazione?  Per  avere  una  buona 
curva  muscolare  è  necessario  che  l'altezza  di  questa  sia  proporzionale  in 
ogni  sua  parte  alla  contrazione  muscolare.  Ma  siccome  il  muscolo  nell'espe- 
rimento lavora  su  leve  ossee  che  si  spostano  nella  flessione  del  dito  medio, 
ne  viene  di  conseguenza  che  la  curva  ora  registra  in  modo  più  ampio,  ora 
in  modo  più  ristretto  la  contrazione  attiva  del  muscolo.  Il  Mosso,  per  avere 
una  trasmissione  più  uniforme^  propose  la  fissazione  dell'anello  di  cuoio  alla 
falangina,  tenendo  il  medio  in  leggera  flessione,  ma  il  Treves  (1),  propo- 
nendo la  sua  modificazione  all'ergografo  colla  rotella,  e  in  seguito  il  Gran- 
dis  (2)  dimostrarono  che  ne  il  metodo  di  Mosso,  né  il  procedimento  di 
Treves  erano  sutficienti  per  ovviare  completamente  a  questo  inconveniente 
tecnico.  Alcuni  autori  lo  considerano  però  come  fonte  di  errori  trascurabili, 
mentre  altri  credono  che  per  minuti  studi  fisiologici  sia  necessaria  una  esat- 
tezza maggiore. 

Ma  siccome  l'ergografo  è  anche  ergometro  alcuni  fecero  delle  obbiezioni 
riguardo   al    reale   valore  del  peso  sollevato,  che  sarebbe  la  somma  del  peso 


Esperienze  e  considerazioni  stiir  ergografia,  ecc.  151 

voluto  e  deirattrilo  dovuto  allo  spostamento  del  carrello.  Anzi  il  Panta- 
netli(3)  propose  una  modificazione  dell' ergografo  in  questo  senso,  che  però, 
credo,  non  ebbe  diffusione.  Ma  questo  è  un  difetto,  nella  pratica,  trascurabile. 

L'ergop^rafo  inoltre  vuol  registrare  il  lavoro  isolato  di  un  muscolo.  Se 
l'esperienza  viene  eseguita  a  dovere  non  si  registra  infatti  che  la  contrazione 
del  flessore  del  medio.  Ma  il  Mosso  (4)  dimostrò,  ed  altri  confermarono,  che  la 
fatica  è  non  solo  un  fenomeno  locale  del  muscolo,  ma  anche  e  sempre,  un 
fenomeno  generale.  Ora,  sia  nell'eccitamento  volontario,  sia  nell'elettrico, 
mai  si  contrae  solo  il  flessore  del  medio.  Quindi  non  si  registra  il  lavoro 
isolato  di  questo  muscolo,  bensì  il  lavoro  di  questo,  influenzato  dal  lavoro  di 
altri.  Ma  è  un  inconveniente  trascurabile,  qualora  si  pensi  che  nell'organi- 
smo umano  vivente  è  impossibile  ottenere  il  funzionamento  isolato  di  una 
parte  in  senso  assoluto:  l'importante  è  l'isolamento  relativo. 

Obbiezioni  più  gravi  furono  fatte  all'ergografo  di  Mosso  circa  la  tec- 
nica dell'esperimento.  Il  muscolo  all'ergografo  lavora  in  charge  o  in  sur- 
chnrge,  mentre  nell'individuo,  in  condizioni  normali,  il  muscolo  lavora  un 
po' nell'una,  un  po'  nell'altra  condizione.  Inoltre  un  muscolo  non  lavora  mai 
isolatamente  in  modo  non  dico  continuo,  ma  costante.  Nel  nostro  organismo 
il  muscolo  lavora  alternando  il  suo  lavoro  con  quello  di  altri  muscoli,  modi- 
fica il  suo  sforzo  e  il  ritmo  del  suo  lavoro.  Quindi  la  curva  della  fatica  che 
si  ottiene  coU'ergografo  di  Mosso  è  una  curva  di  fatica  artificiale. 

Fu  primo  il  Treves(5)  a  notare  queste  condizioni  speciali  dell'esperi- 
mento. Volendo  quindi  avvicinarsi  il  più  che  fosse  possibile  alle  condizioni 
fisiologiche,  bisognava  cambiar  metodo.  E  il  Treves  propose  di  cercare  per 
ogni  individuo  un  peso  massimo,  farlo  lavorare  con  questo  peso  e  diminuirlo 
man  mano  che  sopravveniva  la  stanchezza  per  il  peso  stesso.  Con  questo  pro- 
cedimento si  arriva  ad  un  lavoro  praticamente  quasi  indefinito.  E  questo  è 
in  fondo  il  risultato  del  lavoro  umano  comune.  Cosi  il  Treves  studiava  la 
sua  curva  del  lavoro  muscolare  e  implicitamente  la  curva  della  fatica,  ma  di 
una  fatica  ottenuta  in  condizioni  diverse  da  quella  del  Mosso. 

L'esperienza  ergografica  può  essere  eseguita  in  modi  diflerenti:  a  ritmo 
spontaneo  e  comandato,  in  charge  o  surcharge,  con  pesi  maggiori  o  minori, 
coll'eccitamenlo  volontario  o  coll'elettrico.  Riguardo  all'eccitamento  volontario, 
è  necessario  che  l'individuo  in  esperimento  faccia  sempre  il  massimo  sforzo 
possibile.  È  questo  uno  dei  punti  difficili  dell'esperienza,  che  necessita  perciò 
un  allenamento  lungo  e  paziente,  senza  contare  che  spesso  i  due  cilindri  cavi 
in  cui  si  mettono  l'indice  e  l'anulare,  producendo  un  po' di  dolore,  impedi- 
scono il  massimo  sforzo.  Ma  di  questo  parleremo  in  altra  parte.  Riguardo  al- 
l'eccitamento  elettrico  è  impossibile  impiegare  lo  stimolo  massimo,  come  si 
fa  nell'eccitamento  volontario,  perchè  l'applicazione  riescirebbe  troppo  dolo- 
rosa: le  curve  volontarie  e  le  elettriche  non  sono  perciò  perfettamente  para- 
gonabili. 

Inutile  fermarsi  sulle  imperfezioni  tecniche  dell'ergografo  di  cui  abbiamo 
parlato:   esciremmo  dai   limiti   del   presente   lavoro.  Più   importante  per  noi 


152  S.  Ricca 

sono  questi  due  quesiti  :  a)  come  si  deve  impiantare  una  esperienza  ergogra- 
fica  coirergografo  di  Mosso?  -  b)  quale  è  il  campo  di  studio  dell'ergografo? 

Occupiamoci  per  ora  del  secondo  quesito.  È  ovvio  che  col  semplice  er- 
gografo  di  Mosso  non  si  possono  indagare  tutti  i  problemi  relativi  al  lavoro 
e  alla  fatica  muscolare.  Basta  pensare  alle  modificazioni  di  Treves  per  con- 
vincersene. Ma  è  pur  vero  che  coll'ergografo  di  Mosso  si  sono  ottenuti  ri- 
sultati notevoli.  Li  passerò  brevemente  in  rassegna. 

Innanzi  tutto  è  necessario  notare  che  è  successo  all'ergografo  di  Mosso 
la  sorte  riduttiva  comune  a  molti  altri  metodi  sperimentali;  la  maggior  parte 
degli  autori  usarono  lo  strumento  del  Mosso  più  come  ergometro  che  come 
ergografo.  E  di  questo  va  cercata  la  ragione  probabilmente  nel  fatto  seguente: 
si  cerei)  principalmente  d'indagare  coir  ergografo  come  si  comportava  l'or- 
ganismo umano  in  varie  condizioni  naturali  ed  artificiali:  a  questo  scopo  ba- 
stavano i  risultati  ergometrici. 

Infatti  nel  campo  della  Fisiologia  gli  studi  ergografici  possono  distinguersi 
in  due  grandi  categorie:  quelli  che  toccarono  l'intimo  funzionamento  del 
muscolo  e  gli  altri  che  cercarono  di  scoprire  l'influenza  di  certe  condizioni 
speciali  sul  rendimento  in  lavoro  del  medesimo. 

Ecco  i  risultati  più  importanti  della  prima  serie.  La  scoperta  fondamen- 
tale del  Mosso  fu  quella  della  curva  personale  della  fatica.  Come  ciascun 
uomo  ha  un  modo  di  camminare,  di  parlare  suo  proprio,  cosi  ha  un  modo 
speciale  di  stancarsi,  ben  inteso  lavorando  in  certe  condizioni  speciali.  Note- 
vole scoperta  per  la  sempre  agitata  questione  dei  rapporti  tra  l'individuo  e 
la  specie. 

Si  studiò  inoltre  la  fatica  centrale  e  la  periferica,  arrivando  all'interes- 
sante dimostrazione  di  una  unione  talmente  intima  tra  le  varie  parti  del 
nostro  organismo,  per  cui  il  lavoro  psichico,  ad  es.,  diminuisce  il  lavoro  del 
muscolo,  fatto  anche  coU'eccitamento  elettrico. 

Si  studiò  il  fenomeno  della  contrattura  da  fatica  (6),  la  curva  di  contra- 
zione muscolare  (7),  il  ritmo  spontaneo  nel  lavoro  muscolare,  ecc. 

La  seconda  categoria  di  studi  è  più  numerosa  e  fu  in  questa  che  si  fece 
specialmente  dell'ergometria.  Si  studiò  da  una  parte  il  lavoro  ergografico  in 
molte  condizioni  dell' organismo  e  dall'altra  si  cercò  di  scoprire  coll'ergo- 
grafo  l'azione  fisiologica  di  certe  sostanze  chimiche. 

Già  nei  lavori  citati  del  Mosso  e  del  Maggiora  si  erano  studiate  le  mo- 
dificazioni del  lavoro  ergografico  sotto  l'influenza  della  fatica  fisica,  intellet- 
tuale, del  sonno,  del  massaggio,  del  ritmo,  del  peso,  ecc.  Ugolino  Mosso  (9) 
studiò  l'influenza  della  digestione,  Zenoni  (10)  quella  dell'aria  compressa, 
ecc.  Riguardo  all'azione  di  sostanze  chimiche  U.  Mosso (11)  esperimentò  collo 
zucchero,  coH'ossido  di  carbonio.  Cesare  Rossi (12)  con  vari  veleni  del  si- 
stema nervoso,  ecc.;  si  studiò  ancora  l'azione  della  cocaina,  di  estratti  orga- 
nici, della  nicotina  (13),  ecc. 

Le  applicazioni  dell'ergografo  alla  Fisiopatologia  non  furono  molte,  né 
molto  fruttuose.  La  ragione  di  questa  deficienza  va  probabilmente  cercata  nel 


Esperienze  e  considerazioni  sidV  ergografìa,  ecc,  153 

fatto  che  la  Fisiopatologìa  studia  fenomeni  in  genere  molto  complessi,  mentre, 
come  abbìam  veduto,  l'ergografo  applicato  alla  fisiologia  muscolare  cercò  di 
indagare  fenomeni  relativamente  semplici,  quali  la  curva  della  fatica,  il  fe- 
nomeno della  contrattura,  ecc. 

Infatti  Kraepelin  (14)  e  i  suoi  allievi  cercarono  di  distinguere,  a  mezzo 
dell' ergografo,  i  fenomeni  della  fatica  periferica  e  della  centrale,  sorpassando 
nelle  conclusioni  le  limitazioni  dei  loro  mezzi  sperimentali. 

La  Joteyko(i5),  ultimamente,  a  mezzo  di  calcoli  matematici,  cercò  di 
risolvere  lo  stesso  problema,  con  quali  risultati  sicuri  non  saprei  dire. 

Servì  più  efiQcacemente  l'ergografo  in  studi  particolari.  È  notevole  il  la- 
voro di  Murri(16)  sopra  un  caso  di  malattia  di  Erb-Goldflam  fatto  in 
gran  parte  a  mezzo  dell' ergografo,  studio  che  permise  all'autore  una  nuova 
ipotesi  sulla  malattia  stessa. 

Altre  osservazioni  furono  fatte,  quali  ad  es.  quella  del  Pantanetti,  che 
trovò  in  un  caso  di  itterizia  catarrale  un  aumento  della  forza  ergografica,  ecc. 

Passiamo  ora  alle  applicazioni  alla  Clinica.  Questa  si  preoccupa  essen- 
zialmente di  avere  dei  sintomi,  sintomi  spiegabili  nella  loro  genesi  e  nel  loro 
significato,  quando  può,  ma  che  hanno  sempre  il  loro  valore  massimo  come 
dati  semeiologici.  Inoltre  la  Clinica  ha  bisogno  di  metodi  relativamente  sem- 
plici e  rapidi.  Poteva  soddisfare  l'ergografo  a  queste  due  condizioni? 

Riguardo  al  primo  quesito  si  può  rispondere  in  parte  basandosi  sulle 
considerazioni  fatte.  L'ergografo,  usato  sia  come  ergografo  che  come  ergo- 
metro, studiando  la  curva  della  fatica,  il  fenomeno  della  contrattura,  la  forza 
di  un  individuo,  ecc.  viene  a  studiare  fatti  che  evidentemente  possono  alte- 
rarsi nelle  malattie.  E  infatti  se  ne  ottennero  dei  risultati  clinici  alcuni  dei 
quali  passerò  brevemente  in  rassegna. 

Il  Borri  (17),  ad  es.,  studiò  la  curva  della  fatica  nei  traumatizzati  con 
disturbi  nevrosici,  arrivando  a  conclusioni  abbastanza  interessanti;  il  Ronco- 
reni  e  il  Diettrich  (18),  studiando  gli  alienati  trovarono  frequentissimo  il 
mancinismo,  la  curva  del  mattino  più  forte  di  quella  della  sera,  coll'eccita- 
zìone  elettrica  una  cuna  più  lunga,  anzi,  in  un  certo  senso,  inesauribile,  ecc. 
Il  Pantanetti  (3),  si  occupò  anche  della  forma  della  curva  in  un  isterico,  ecc. 
Il  Ferrari  (19),  studiò  l'ergografia  nella  donna  normale  e  patologica,  occu-' 
pandosi  a  lungo  del  mancinismo.  Il  Par  fa  ni  (20)  studiò  gli  effetti  dell'ecci- 
tamento faradico  tetanizzante  sulla  curva  ergografica  in  alcune  malattie  men- 
tali. Si  studiò  anche  la  curva  muscolare,  di  cui  si  vollero  fare  vari  tipi,  ecc.  (21\ 
Parlerò  tra  poco  delle  difficoltà  tecniche  dell'applicazione  clinica  dell' ergografo. 

Scopo  del  presente  lavoro  fu  di  studiare  sistematicamente,  in  un  certo 
numero  di  malattìe  mentali,  la  curva  ergografica.  A  questo  scopo,  principale 
come  vedremo,  se  ne  aggiunsero  degli  accessori. 

Mi  si  presentarono  subito  le  difficoltà  di  ordine  tecnico.  Innanzi  tutto 
dovetti  rispondere  a  questo  primo  quesito.  Che  cosa  vuol  dire  una  buona  curva 
ertpgrafìca,  a  scopo  clinico? 


154  S.  Ricca 

Il  metodo  clinico  ha  bisogno  di  esattezza,  non  tanto  assoluta  quanto  re- 
lativa. Ad  es.  Tanalisi  per  l'albumina  delle  urine  fatta  coH'ebolIiztone  non  è 
metodo  perfetto,  eppure  tutti  i  medici  la  eseguiscono  e  se  ne  servono  util- 
mente per  la  loro  pratica.  Una  buona  curva  ergografica  a  scopo  clinico  doveva 
esser  fatta  naturalmente  con  un  individuo  in  rstato  di  relativo  riposo,  a  una 
certa  distanza  dai  pasti,  coll'arto  ben  fissato  in  modo  da  trasmettere  solo  e 
il  più  esattamente  possibile  i  movimenti  del  dito  medio.  Il  lato  dubbio  con- 
sisteva nel  grado  di  allenamento  necessario  per  fare  sempre  lo  sforzo  massimo. 
Ma  subito  ebbi  a  convincermi  che  era  impossibile  usare  coi  malati  quel  pro- 
cedimento perfetto,  che,  ad  es.,  adoperavano  il  Mosso  e  il  Maggiora  nelle 
loro  prime  esperienze.  Sarebbe  stato  necessario  che  il  soggetto  fosse  comple- 
tamente conscio  del  valore  dell'esperimento  e  che  vi  avesse  posta  tutta  la  sua 
buona  volontà;  ad  es.,  tutti  naturalmente,  alla  fine  dell'esperienza,  quando 
sono  stanchi,  tendono,  per  il  dolore  stesso  della  stanchezza,  ad  eseguire  qualche 
contrazione  meno  energica.  L'importante  era  ottenere  una  curva  fatta  con 
sufficiente  attenzione  e  nozione  dell'esperimento. 

Data  questa  limitazione  era  prevedibile  che  un  individuo  sufficientemente 
intelligente  avrebbe  potuto  eseguire  presto  una  buona  curva.  Volli  però  stu- 
diare l'argomento  in  un  modo  più  diretto  e  confrontai  metodicamente  le  prime 
curve  di  vari  malati  colle  successive,  quando  erano  più  esperti  del  metodo. 
Non  trovai  differenze  degne  di  nota,  riguardo  alla  forma  della  curva.  Si  poteva 
perciò  arrivare  a  questa  importante  conclusione  pratica:  in  un  malato  (ben 
s'intende  colle  facoltà  mentali  relativamente  in  ordine)  si  può  ottenere  quasi 
subito  una  buona  curva  ergoqrafwa. 

Naturalmente  le  difficoltà  pratiche  di  un  esperimento  sono  aumentate 
quando  si  passa  dal  malato  comune  al  malato  di  mente,  e  nelFergografia 
aumentate  maggiormente  in  quanto  si  tratta  di  un  metodo  in  cui  il  malato 
non  è  strumento  passivo,  ma  attivo.  Ad  ogni  modo  mi  convinsi  che  i  mìei 
timori  erano  esagerati.  Scartando  i  malati  profondamente  dementì  o  deficienti, 
gli  agitati  e  i  negativi,  in  genere  si  riesce  ad  ottenere  delle  buone  curve, 
senza  troppe  difficoltà. 

Risolto  cosi  il  problema  dell'applicabilità  dell'ergografo  agli  alienati  ecco 
gli  scopi  che  mi  proponevo  di  ottenere. 

Innanzi  tutto  scartai  deliberatamente  il  dato  ergometrico,  tenendone  nota 
soltanto  in  certi  casi  particolari.  Infatti  l'esame  ergometrico  ha  un  valore  uni- 
camente comparativo.  L'esame  della  forza  in  uno  stesso  individuo,  in  epoche 
e  condizioni  differenti,  l'ergometria  usata  a  scopo  di  svelare,  per  es.,  dìflerenze 
di  forza  nei  due  arti,  ecc.  hanno  il  loro  scopo,  più  o  meno  importante,  a  se- 
conda dei  casi.  Ma  lo  studiare  l'ergometria  in  vari  individui,  per  confrontarne 
ì  dati  non  individuali  ma  collettivi,  mi  sembrò  opera  poco  utile,  dal  momento 
che  bisognava  partire  sempre  da  un  dato  molto  variabile  da  individuo  ad 
individuo,  quale  è  la  costituzione  muscolare  di  ciascun  uomo,  indipendente 
spesso  da  malattia,  ma  dovuta  ad  inlimi  e  sconosciuti  processi  biologici.  Ad 
ogni    modo   notai   in   ciascuna    curva    il    lavoro  ergografico.    Ma    il   computo 


Esperienze  e  considerazioni  sulV  ergografiu,  enc,  155 

lo  feci  col  nastro  melrico,  unito  all'ergografo,  metodo  non  esattissimo,  perchè 
il  nastro  nei  sollevamenti  minimi  spesso  non  si  muove,  e  nei  sollevamenti 
energici,  rimbalzando  il  carrello,  si  sposta  e  segna  più  del  sollevamento  otte- 
nuto in  realtà  dal  movimento  del  medio. 

Tra  le  scoperte  fisiologiche  delPergografo  notai  a  suo  tempo,  prima  tra 
tutte,  la  curva  personale  della  fatica.  Infatti  il  Mosso  dimostrò  che,  indipen- 
dentemente dal  lavoro  ergografico  compiuto,  ciascun  individuo  ha  una  modalità 
di  esaurirsi  sua  propria.  Pensai  perciò  che  sarebbe  stato  interessante  inda- 
gare se  la  malattia  mentale  avesse  potuto  produrre  nell'organismo  delle  modifi- 
cazioni speciali  in  questo  suo  modo  di  esaurirsi,  modificazioni  particolari  a 
ciascuna  malattia,  se  cioè  accanto,  anzi  sopra  alla  curva  individuale  avesse 
potuto  esistere  una  curva  patologica.  Scelsi  perciò  un  certo  numero  di  malattie 
e  di  ciascuna  vari  esemplari. 

Siccome  nelle  mie  esperienze  eseguivo  tre  serie  di  curve  (a  ritmo  volon- 
tario, comandato,  con  eccitamento  elettrico)  mi  si  presentarono  varie  que- 
stioni interessanti  da  poter  esaminare.  Di  alcune  tenni  conto,  altre  trascurai. 
Cosi  trascurai  in  genere  i  confronti  tra  curva  volontaria  ed  elettrica  per 
quanto  ha  rapporto  alla  parte  psichica,  trattandosi  di  argomento  troppo  deli- 
cato e  da  studiarsi  con  esperienze  più  complete  e  numerose;  mi  occupai  in- 
vece del  ritmo  volontario  che  ha  una  certa  importanza  nelle  curve  ergografiche. 
Le  esperienze  le  feci  eseguire  in  surcharge,  sempre,  e  non  mi  occupai  espres- 
samente del  fenomeno  della  contrattura,  ecc.  Notai  invece  il  peso,  paragonandolo 
alla  costituzione  di  ciascun  malato,  il  che,  come  vedremo,  può  avere  un  certa 
importanza. 

Tra  le  tre  curve  eseguite,  le  essenziali  sono  la  volontaria  e  la  elettrica. 
La  curva  a  ritmo  comandato  ha  una  importanza  minore,  perchè  spesso  si  tro- 
vano individui  i  quali  non  sanno  seguire  il  ritmo  di  un  metronomo,  sempli- 
cemente perchè  mancano  di  senso  musicale.  Però  dovendo  confrontare  le  curve 
volontarie  di  vari  individui  si  poteva  obiettare  che,  data  la  possibile  differenza 
del  ritmo,  le  esperienze  venivano  eseguite  in  condizioni  sperimentali  differenti 
e  non  erano  perciò  tra  loro  comparabili.  Ma  quasi  tutti  ì  malati  hanno  un 
ritmo  volontario  abbastanza  simile;  ad  ogni  modo  nel  confronto  delle  curve 
si  può  e  si  deve  tener  conto  anche  delle  differenze  del  ritmo,  nel  considerare 
le  differenze  della  forma  totale. 

Trattandosi  di  malati  di  mente,  e  con  curve  fatte  volontariamente,  era 
possibile  ottenere  anche  qualche  dato  psicologico.  E  mi  convinsi  subito  che 
bisognava  tener  calcolo  di  due  fatti:  a)  delle  possibili  manifestazioni  grafiche 
a  significato  psicologico;  h)  del  contegno  del  malato  durante  F  esperimento. 

Infatti  è  difficile  che  il  melancolico  umile  si  lamenti  di  dolore  o  di 
stanchezza  neiresperimento:  aspetta  fino  airultimo  per  domandare  la  cessa- 
zione delPesperienza.  Invece  il  paralitico  con  delirio  di  grandezza  fa  sforzi 
evidenti  di  tutta  la  persona  per  ottenere  una  curva  massima,  ecc. 

Riguardo  alle  manifestazioni  grafiche  di  natura  psicologica  certamente 
non  ebbi  mai  il  pensiero  di  poter  scoprire  qualche  cosa  di  nuovo.  Volli  solo 


156  S.  Ricca 

registrare  graficamenle  certi  fenomeni  morbosi.  E  questo  mi  sembrò  deside- 
rabile, sia  perchè  è  merito  di  una  esperienza  l'ottenere  il  maggior  numero 
di  risultati  possibili,  sia  perchè  molti  fatti  morbosi  psichici  non  avevano  mai 
ottenuta  una  rappresentazione  grafica,  ma  solo  una  verbale.  Ad  es.  il  negati- 
vismo oscillante  di  certe  demenze  precoci  fu  svelato  molto  elegantemente  da 
una  curva  che  pubblico  in  seguito.  Nulla  di  nuovo,  si  può  obiettare.  È  veris- 
simo: ma  perchè  allora  studiare  la  scrittura  dei  paralitici,  la  quale  non  ci 
rivela  che  il  tremore  e  le  deficienze  intellettuali,  fatti  altrimenti  già  noti? 
E  perchè  si  pubblicano  nei  trattati  di  Psichiatria  le  impronte  del  passo  di 
certi  alienati?  Perchè  la  grafica  riproduce  stabilmente  un  fenomeno  e  ne  per- 
mette molto  meglio  i  confronti.  E  poi  è  una  caratteristica  del  nostro  tempo, 
quella  di  esprimere  tutto  o  in  formule  matematiche  o  in  melodi  sensìbili. 

Riepilogando  ecco  la  tecnica  delle  mie  esperienze. 

Fatto  fissare  il  malato,  che  non  aveva  compiuto  alcun  lavoro  notevole  nelle 
ore  precedenti  e  che  aveva  mangiato  da  2*/,-^  o**^i  ^^'  spiegavo  brevemente 
quello  che  doveva  fare  e  all'uopo  gli  facevo  contrarre  alcune  volte  il  medio 
a  vuoto.  In  seguito  saggiavo  rapidamente  i  pesi  finché  arrivavo  a  quello  che 
mi  sembrava  adatto,  pensando  che  questo  lavoro  preliminare,  seguito  da  breve 
riposo,  di  poco  avrebbe  potuto  alterare  la  curva  della  fatica. 

Infatti  come  avrei  potuto  escludere  che  l'ammalato  poco  prima  avesse 
fatto  qualche  lavoro  col  braccio  in  esperimento? 

Consideravo  perciò  la  prova  dei  pesi  come  fonte  di  inesattezze  trascurabili. 

Scelto  il  peso  facevo  eseguire  la  curva  a  ritmo  volontario,  prima  con  un 
braccio,  poi  coll'altro. 

Nei  giorni  successivi  la  curva  a  ritmo  comandato  e  la  elettrica.  La  curva 
a  ritmo  volontario  era  fatta  prima  per  avere  più  spontaneo  il  ritmo.  Di  cia- 
scuna curva  facevo  in  genere  vari  esemplari;  ma,  come  dissi,  due  o  tre 
esemplari  al  massimo  bastano. 

A  proposito  di  ciascuna  curva  notavo  ciò  che  mi  sembrava  più  notevole 
sul  contegno  dell'infermo. 

Ed  ecco  i  resultati  più  notevoli  delle  mie  esperienze.  Esaminai  i8  ma- 
lati appartenenti  alle  seguenti  forme  morbose: 

a)  Melancolia N.  5 

b)  Paralisi  o  Psetido paralisi  generale  progressiva  .     >    5 
e)  Epilessia >    3 

d)  Paranoia »    3 

e)  Demenza  precoce »    2 

Passerò  in  rassegna  brevemente  ciascuno  di  questi  malati. 

a)  Melancolia, 

i.  -  Giacomo  C,  anni  40.  Racconta  di  essere  stalo  forte  bevitore  e  di 
aver  solTerlo  per  il  passalo  di   allucinazioni   terrifiche,  in  seguito  ad  abusi 


Esperienze  e  considerazioni  suir  ergografia ^  ecc. 


157 


alcoolici.  Piuttosto  denutrito.  Da  circa  6-7  mesi  molto  depresso:  sta  solo  o 
seduto  0  passeggiando  a  capo  chino.  Risponde  un  po'  lentamente  e  piano.  E 
umile,  ma  non  pare  nutra  deliri  speciali.  Non  ansioso.  Nessun  segno  fisico  che 
possa  far  pensare  ad  una  forma  organica:  memoria  buona. 

Fu  il  malato  su  cui  raccolsi  il  maggior  numero  di  curve,  sia  perla  sua 
docilità,  sia  per  la  regolarità  del  suo  lavoro  all'ergografo. 


fi 


Curva  N.  i.  —  6  aprile  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  -  Pe«o  3,50  kg. 
La  curva  continua  cogli  stessi  caratteri  per  tutto  U  giro  del  cilindro. 


Innanzi  tutto  si  confronti  la  curva  N.  1  e  N.  2.  Sono  la  prima  e  l'ul- 
lima  curva  fatte  a  ritmo  volontario.  Come  si  vede  non  vi  sono  differenze 
notevoli.  Questo  per  dimostrare  quanto  asserii  precedentemente  :  che  in  molti 
infermi  basta  una  sola  curva,  senza  previo  allenamento. 


Curva  N.  S.  —  27  aprile  1907  -  Desprez  2'  -  Ritmo  volontario. 
La  curva  continua  cogli  stessi  caratteri   per  metà  del  cilindro. 


Passsando  all'esame  delle  curve  limitiamoci  per  ora  alla  curva  N.  1 
(ritmo  volontario). 

Peso:  kg.  3,50.  Piuttosto  piccolo,  anche  tenendo  conto  della  denutri- 
zione dell'infermo. 

Forma:  la  curva  discende  in  modo  piuttosto  lento.  Segue  un  periodo  ter- 
minale lungo,  che  dura  quanto  il  giro  del  cilindro. 

Ritmo-,  è  di  circa  2'  ed  è  regolare. 


158 


S.  Ricca 


Altezza  delle  singole  contrazioni:  decrescono  in  modo  sufficienlemente 
regolare.  L'ultima  contrazione  è  dell'altezza  di  circa  2  mm. 

Confrontando  le  curve  della  m.  d.  e  della  s.  si  nota  in  genere  un  lavoro 
maggiore  compiuto  dalla  sin.  L'infermo  dice  d'esser  destro. 

Le  curve  a  ritmo  comandato  di  2'  presentano  gli  stessi  caratteri  fonda- 
mentali. 


Curtn  y.  8.  —  24  maggio  1»07  -  Eccitamento  elettrico  ogni  2*  -  Peso  1,50  kg. 
La  curva  continua,  per  tutto  il  cilindro,  presso  a  poco  colla  stensa  altezza. 
Fu  terminata  artificialmente. 


La  curva  N.  3  fu  eseguita  coll'eccitamento  elettrico.  In  essa  si  nota  una 
maggiore  irregolarità  nell'altezza  delle  singole  contrazioni. 

A  notare  che  l'infermo  non  accusava  stanchezza  che  all'estremo.  Soppor- 
tava l'eccitamento  elettrico,  anche  doloroso.  QuevSti  fatti  vanno  messi  in  rap- 
porto col  suo  stato  di  umiltà. 


]RAAJUlf\Anjuiiu\iiA/mnJuiniin/iJi/iAfir%n/in 


Curva  X.  4.  —  27  maggio  1907  -  Eccitamento  elettrico  ogni  2'  -  Peso  1,50  kg. 
Il  periodo  terminale  si  esaurisce  a  circa  metà  cilindro. 


2.  -  Chiara  M,^  anni  55.  Melancolia  involutiva  nel  senso  Kraepeliniano. 
Idee  deliranti,  specie  di  colpa.  A  volte  ansia. 

Le  curve  sono  in  complesso  molto  simili  a  quelle  del  malato  precedente. 
Vanno  però  notati  due  fatti:  «)  che  la  curva  al  principio  è  meno  alta,  rela- 
tivamente al  periodo  terminale;  6)  che  la  curva  elettrica  (N.  4)  presenta  una 
discesa  piuttosto  rapida.  È  però  presente  e  lungo  il  perìodo  terminale. 


Esperienze  e  considerazioni  suir  ergografia ,  ecc. 


159 


3.  -  Regina  T,^  anni  39.  Sofferse  di  altri  accessi  melancolici  nel  passalo. 
La  malattia   iniziò  da    due   anni    con    deliri   di  colpa  ed   allucinazioni. 

Vedeva  un  maiale  con  cui  credeva  a  volte  di  identificarsi.  Ebbe  ansia.  Ulti- 
mamente, durante  il  periodo  delle  esperienze,  presentava  un  certo  grado  di 
arresto  psichico.  Le  idee  deliranti  erano  passate  in  seconda  linea,  predomi- 
nava la  depressione  semplice. 

Le  curve  si  comportano  come  nell'ammalata  precedente.  Non  si  potè  otte- 
acre  la  curva  elettrica  essendosi  l'ammalata  rifiutata. 

4.  -  Geronima  i?.,  anni  41.  È  un'altra  melancolica  involutiva  nel  senso 
Kraepeliniano.  Il  fatto  predominante  è  lo  stato  ansioso,  quasi  continuo. 

In  questa  inferma  le  curve  furono  sempre  fatte  in  istalo  ansioso,  ora  più, 
ora  meno  intenso.  Differiscono  molto  dalle  precedenti. 


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r.nnJ^nru,4ifipnpf>iMiKfMM 

Curva  y.  5.  —  10  inaggio  1907  -  Desprez  2'  - 
Ritmo  volontario  -  Peso  2  kg. 


Curva  a  ritmo  volontario  (N.  5)  : 

Peso  :  2  kg.  adatti  al  sesso  e  alla  denutrizione  deir  inferma. 

Foima:  discende  rapidamente;  non  si  ha  periodo  terminale. 

Ritmo:  di  circa  1',  regolare. 

Altezze  delle  singole  contrazioni:  abbastanza  regolarmente  decrescenti. 
L'esame  della  curva  a  ritmo  comandato  (2*)  dimostra  che  l'inferma  non  sa 
(o  meglio  dato  il  suo  stato  ansioso  non  può  e  non  vuole)  seguire  il  ritmo. 
Ad  ogni  modo  si  ha  un  ritmo  più  lento,  di  circa  1  */»*•  La  curva,  che  è  più 
irregolare,  forse  per  la  parziale  attenzione  al  ritmo,  è  nei  caratteri  fonda- 
mentali simili  alla  precedente. 

La  cuna  elettrica  dimostra  un  po' di  periodo  terminale,  brevissimo  (una 
diecina  di  contrazioni):  nuli' altro  di  notevole. 

L'ammalata  dimostra  ripugnanza  per  l'esperimento,  vorrebbe  esser  lasciata 
in  pace  (sensibilità  dolorosa  dei  melancolici). 


160 


S.  Ricca 


5.  -  Teresa  M.^  anni  67.  La  malattìa  cominciò  da  alcuni  anni  con  tri- 
stezza, idee  deliranti  di  colpa  e  persecuzione,  ansia.  Si  ebbe  in  seguito  qual- 
che raro  intervallo  maniaco.  Ultimamente  mentre  per  un  giorno  è  ansiosa  e 
ribelle,  nel  successivo  è  relativamente  quieta.  In  genere  in  questo  secondo 
periodo  è  leggermente  depressa:  qualche  volta  però  è  allegra,   balla  e   canta. 


Curva  y.  e.  —  15  aprile  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  -  Peso  2  kg. 
La  curva  decresce  lentisHÌipamente  e  termina  a  circa  Va  del  cilindro. 


Le  sue  curve  non  furono  mai  eseguite  in  istato  ansioso,  l'ammalata  rifiu- 
tandosi allora  a  qualsiasi  esperimento.  Le  curve  eseguite  nei  periodi  tran- 
quilli somigliano  moltissimo  a  quelle  della  malata  2.  Nella  Teresa  M.  però 
si  può  quasi  dire  che  manca  il  periodo  iniziale  di  discesa. 


Curta  N.  7.  —  17  aprile  1907      Desprez  2«  -  Ritmo  volontario  -  Peso  5  kg. 


Tutta  la  curva  ha  l'aspetto  di  un  lungo  periodo  terminale. 

Anche  qui  la  curva  elettrica  diflerisce  dalie  altre  :  si  ha  un  periodo  ini- 
ziale di  discesa  più  visibile. 

Presento  la  curva  a  ritmo  volontario  (i\.  6).  Fu  eseguita  col  peso  di  2  kg. 
adatto  al  sesso  e  alla  denutrizione  dell' inferma. 


Esperienze  e  camideraziani  stUV  ergografìa,  ecc. 


161 


II  lavoro  compiuto  coi  braccio  sinistro  è  maggiore  :  l'ammalata  dice  di 
esser  destra. 

b^  Paralisi  o  pseudoparalisi  generale  progressiva, 

6.  -  Luigi  B.,  anni  47.  È  una  paralisi  generale  progressiva  al  periodo 
di  stato,  con  delirio  assurdo  di  grandezza  e  tutti  i  segni  somatici  della  malattia. 

È  un  uomo  molto  robusto,  senza  alcun  fatto  paretico  o  paralitico.  Le 
sue  cury€  non  hanno  alcun  carattere  degno  di  nota  (N.  7).  A  notare  che 
durante  l'esperimento  faceva  grandi  sforzi  per  eseguire  una  bella  curva,  muo- 
?endosi  con  tutto  il  corpo.  Bisognava  star  molto  attenti  perchè  restasse  fissa 
la  mano  e  fermo  l'apparecchio  (delirio  di  grandezza). 

7.  -  Giustiniano  R,  anni  50.  Alcoolista.  Da  qualche  anno  spendereccio, 
vizioso,  violento  in  famiglia.  Presenta  un'euforia  un  po' vacua  e  accenni  gran- 


Curta  N.  8.  —  17  aprile  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  -  Peso  4  kg. 
La  curva  continua  per  circa  */g  di  cilindro  presso  a  poco  coUa  stessa 
altezza  e  termina  improvvisamente. 


diesi.  Resta  nel  Manicomio  senza  resistenza,  benché  affermi  di  esservi  rin- 
chiuso ingiustamente.  Riflessi  pupillari  molto  torpidi  alla  luce,  con  miosi. 
Esagerazione  dei  riflessi  patellari.  Niente  sifilide  nell'anamnesi.  (Pseudoparalisì 
generale  alcool ica). 

Le  sue  curve  somigliano  a  quelle  della  maggior  parte  dei  melancolici 
esaminati  (N.  8).  Presentano  però  una  maggiore  irregolarità  nell'altezza  delle 
singole  contrazioni.  É  uomo  robusto  :  furono  usati  4  kg. . 

Anche  qui  gli  stessi  sforzi  per  eseguire  una  bella  curva.  Questo  fu  un 
dato  che  mi  fece  sospettare  la  diagnosi  enunciata,  non  conoscendo  ancora  suf- 
ficientemente l'ammalato. 

Lavoro  maggiore  col  braccio  sinistro.  Nega  d'essere  mancino. 

8.  -  Cesare  C,  anni  45.  Stato  demenziale  avanzato.  Segni  somatici  evi- 
denti (pupille,  disartria,  tremore,  ecc.).  Euforico.  Crede  di  cantar  bene,  di 
essere  ricchissimo,  ecc.  Ebbe  qualche  raro  e  leggero  ictus. 

Le  sue  curve  non  presentano  nulla  di  notevole.  Simili  a  quelle  del  malato  6, 
ma  più  deboli  e  irregolari. 

11 


162 


5.  Ricca 


9.  -  Giuseppina  F.,  anni  33.  Demenza  avanzata.  Debolezza  fisica  piuttosto 
accentuata,  tenuto  conto  della  costituzione  robusta  dell'inferma.  Segnai  soma- 
tici evidenti.  Vari  ictus.  Euforica. 

Le  sue  curve  {\n  quelle  a  ritmo  comandato  non  riesci  a  seguire  affatto 
il  ritmo)  sono  irregolarissime  nell'altezza  delle  contrazioni.  Si  ha  un  accenno 
di  contrattura  (N.  9).  L'ammalata  credeva  di  far  delle  belle  curve. 


Currn  N.  9.  —  16  maggio  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  • 
(Malata  molto  debole). 


Peso  1,50  kg. 


10.  -  Vittorio  F.,  anni  43.  È  una  tabe-paralisi  avanzata.  Artropalia  tabetica 
al  ginocchio  destro,  atassia,  disartria,  segno  di  Argyll-Róberlson,  ecc.  De- 
presso,, ipocondriaco,  demente. 

Le  sue  curve  sono  addirittura  degli  sgorbi. 


Curva  N.  IO.  —  l^  maggio  1907  -  Desprez  3*  -  Ritmo  volontario 
Peso  3  kg. 

c)  Epilessia. 

11.  -  Fritz  Jf.,  anni  13.  Accessi  convulsivi  tin  dai  primi  anni.  Al  presente 
3-4  accessi  al  mese.  Cattivo,  impulsivo. 

Fa  le  curve  molto  irregolari  per  ritmo  ed  altezza.  Credo  non  vi  prestasse 
tutta  la  possibile  attenzione.  Non  sa  seguire  il  ritmo  comandato. 

12.  -  Alessio  B.,  anni  17.  Epilettico  e  deficiente.  Atti  impulsivi,  violenti, 
per  cui  fu  condotto  al  Manicomio. 


EsperUnze  e  considerazioni  suìV  ergografia,  ecc. 


163 


Le  sue  curve  sono  pìuUoslo  irregolari  nell'altezza  delle  singole  contra- 
zioni e  nel  ritmo.  Ritmo  in  genere  accelerato  (N^  10).  Non  sa  seguire  il  ritmo 
del  metronomo. 

13.  -  Celestina  il.,  anni  20.  Epilettica  dai  14  anni. 
Nulla  di  notevole.  Non  sa  seguire  il  ritmo  comandato. 

d)  Paranoia, 

14.  -  Domenico  Z).,  anni  61.  Da  circa  30  anni  crede  di  esser  figlio  di  Dio. 
Son  fu  mai  violento,  benché  pretendesse  .che  tutti  i  beni  ecclesiastici  fossero 
suoi.  Nessun  segno  di  demenza. 

Le  sue  curve  presentano  di  notevole  una  certa  irregolarità  nell'altezza 
delle  singole  contrazioni,  una  discesa  iniziale  piuttosto  lenta  e  un  breve  periodo 
terminale  (N.  Ili. 


Curro  W  IL  —  l^  maggio  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  -  Peao  kg.  3,60. 


15-16.  -  Pietro  G.^  anni  36.  Sembra  una  forma  paranoica  (o  paranoide?), 
con  delirio  di  grandezza  e  di  persecuzione,  sorta  in  prigione.  L'ammalato  è 
molto  reticente. 

Vincenzo  /?.,  anni  27.  Mania  religiosa,  erotica.  Ebbe  allucinazioni  ero- 
tiche persecutorie  per  cui  commise  scene  violente  che  ne  determinarono  l'invio 
al  Manicomio.  Carattere  squilibrato. 

Nulla  di  notevole. 

e)  Demenza  precoce. 

17.  -  Luigia  B.^  anni  35.  La  malattia  incominciò  3  anni  or  sono  con  de- 
lirio di  gelosia  verso  il  marito.  Al  principio  sembrava  una  psicosi  distimica, 
con  periodi  di  melancolia  e  mania.  Comparvero  in  seguito  i  segni  della  de- 
menza precoce.  Al  presente  strana,  piuttosto  stupida,  a  volte  agitata,  più  spesso 
calma  ed  euforica.  Spesso  negativista,  qualche  tic,  ecc. 

Fece  degli  sgorbi,  incompleti:  si  rifiutò  di  proseguire. 

18.  -  Luigia  T.,  anni  44.  Ha  delirio  di  colpa  e  nello  stesso  tempo  crede 
d'essere  una  specie  di  apostolo.  Spesso  negativisla.  Atteggiamenti  strani,  smorfie, 
riso  fatuo,  ecc.  Inizio  della  malattia  da  alcuni  anni. 


164  5.  Ricca 

Non  potei  fare  la  curva  elettrica,  essendosi  T inferma  rifìutata.  La  cuna 
a  ritmo  comandato  è  perfettamente  simile  alle  altre,  non  badando  l'inferma 
al  ritmo. 

La  curva  N.  12  è  a  ritmo  volontario. 

Peso:  kgr.  2,  adatto  all'inferma. 

Forma:  leggera  discesa  iniziale,  discreto  periodo  terminale. 

Ritmo:  si  hanno  interruzioni  volute.  L'ammalata  si  arresta,  a  volte  sor- 
ridendo COR  una  certa  malignità,  a  volte  senza  motivo  apparente.  A  un  co- 
mando energico  riprende  la  curva.  Al  principio  il  ritmo  è  più  Tento  che 
alla  fine. 

Altezza  delle  contrazioni:  abbastanza  regolare. 

A  notare  che  durante  l'esperimento  l'inferma  di  tanto  in  tanto  si  rifiuta 
di  proseguire.  Cessò  dicendo  di  essere  stanca. 


i;iiiJMiiii]iliJii;iJiii;jffliiJiriiij:iii, 


Curro  X,  18.  —  10  maggio  1907  -  Desprez  2*  -  Ritmo  volontario  -  Peso  2  kg. 

Prima  di  esaminare  i  risultati  delle  esperienze  eseguite  è  bene  fare  una 
considerazione  preliminare.  11  numero  dei  malati  esaminati  fu  di  18,  e  di 
alcuni  non  si  poterono  ottenere  curve  o  se  ne  ottennero  solo  delle  incom- 
plete. Quindi,  anche  nel  caso  che  si  potesse  arrivare  a  delle  conclusioni  po- 
sitive, queste  sarebbero  più  una  traccia  per  studi  ulteriori  che  risultati  defini- 
tivi. Per  questi  sarebbe  stato  necessario  un  numero  di  esperienze  maggiore, 
che  non  ebbi  il  tempo  di  eseguire.  Stabilito  questo  punto  di  logica  sperimentale 
veniamo  all'esame  dei  fatti  riscontrati. 

Scopo  precipuo  del  lavoro  era  di  esaminare  se  esistesse  nelle  malattìe  men- 
tali una  curva  "patologica.  Ad  es.  l'esame  psicomelrico  nella  nevrastenia  con- 
genita e  in  quella  da  esaurimento  permise  di  formulare  in  ambedue  una  spe- 
ciale curva  del  lavoro  psichico,  curva  che  nella  prima  malattia  è  irregolare, 
mentre  nella  seconda  è  rapidamente  e  regolarmente  decrescente:  questo  almeno 
secondo  gli  studi  di  Weygandt.  Non  era  quindi  impossibile  che  esistesse  una 
curva  ergografica  patologica  nelle  malattie  mentali. 

Al  principio  delle  mie  esperienze,  (cominciai  sui  melancolici)  fui  colpito 
da  certi  caratteri  comuni  alle  curve  di  questi  infermi,  caratteri  ch'io  non 
avevo  mai  trovato  nelle  curve  di  persone  normali,  ottenute  collo  stesso  metodo. 


Esperienze  e  considerazioni  stUl'  ergografia,  ecc,  165 

Tali  particolarità  consistevano  principalmente  nella  discesa  iniziale  lenta  e 
nel  lungo  periodo  terminale.  Infatti  sperimentando  coirergografo  di  Mosso  è 
con  un  peso  discreto,  il  muscolo  in  genere  si  esaurisce  relativamente  presto 
e  definitivamente.  Mi  venne  il  dubbio  perciò  che  si  potesse  trattare  di  una 
cuna  speciale  dei  melancolici. 

L'ipotesi  era  per  lo  meno  seducente.  Il  melancolico  è  torpido,  non  fa 
quindi  sforzi  massimi,  si  esaurisce  perciò  lentamente.  Inoltre  in  un  malato, 
il  primo,  il  quale  faceva  delle  curve  tipiche,  avevo  notato  che  il  peso  con  cui  si 
doveva  eseguire  l'esperienza,  per  ottenere  curve  sufficientemente  alte,  sem- 
brava inferiore  a  quello  richiestb  dalla  costituzione  e  dallo  siato  generale  del 
malato.  E  la  diminuzione  del  peso,  nell'individuo  normale,  è  appunto  uno 
dei  mezzi  per  ottenere  una  lunga  curva.  Caratteri  della  curva,  caratteri  della 
inalattia  corrispondevano  in  modo  soddisfacente. 

Ma  per  arrivare  ad  una  conclusione  definitiva,  erano  necessari  non  tanto 
dei  ragionamenti  quanto  il  confronto  delle  curve  dei  melancolici  e  degli  altri 
maiali. 

Riguardo  al  peso  debole  (dato  del  resto  molto  dubbio  perchè  valutato  in 
UD  modo  molto  empirico)  lo  si  notò  solo  in  un  infermo.  Troppo  poco  per 
arrivare  a  una  qualsiasi  conclusione.  Resta  quindi  a  considerare  la  forma  della 
carva:  discesa  lenta  e  lungo  periodo  terminale.  Questa  forma  di  curva  si  ebbe 
in  4  melanconici  su  5.  Mancò  in  una  melanconia  ansiosa  in  cui  era  evidente 
il  biso^o,  nell'ammalata,  di  far  presto  e  quindi  la  necessità  di  una  discesa 
rapida  e  definitiva. 

Riguardo  al  ritmo  e  alla  regolarità  non  si  trovò  nulla  di  notevole. 
Esaminando  le  curve  degli  altri  malati  trovai  una  cuna  pilli  o  meno 
simile  alle  precedenti:  in  un  paralitico  (l'S),  in  un  paranoico  (rii),  in  una 
demente  precoce  (la  12).  Su  12  malati  non  melancolici,  o  per  meglio  dire 
su  10  (non  essendosi  potuto  ottenere  su  due  malati  curve  utilizzabili)  si  eb- 
bero tre  curve,  diciamo  provvisoriamente,  a  tipo  melancolico. 

A  proposilo  di  queste  ultime  curve  si  deve  notare  che  soltanto  l'ammalata 
della  curva  N.  12  presentava  dei  sintomi  di  depressione;  degli  altri  malati 
uno,  (l'8)  era  euforico,  l'altro,  (l'il),  il  figlio  di  Dio,  era  piuttosto  allegro  nella 
sua  rassegnazione. 

Quindi,  limitandoci  ai  fatti,  dobbiamo  arrivare  a  questa  prima  conclusione: 
che  l'esame  di  un  numero  modesto  ma  non  esiguo  di  malati  diede  per  risul- 
talo: che  nei  melanconici  si  ha  in  prevalenza  e  molto  più  frequentemente  che 
negli  altri  malati  una  curva  ergog^rafica  caratterizzata  da  una  lenta  discesa 
iniziale  e  da  un  lungo  periodo  tei^minale,  È  interessante,  come  parentesi,  far 
notare  che  la  curva  elettrica  dei  melanconici  differisce  spesso  per  l'uno  o 
l'altro  di  questi  caratteri  dalle  curve  volontarie.  Questo  fatto  potrebbe  forse 
senire  per  indagare  meglio  la  natura  della  curva. 

La  relativa  frequenza  della  curva  speciale  nei  melancolici  e  la  relativa 
scarsità  negli  altri  malati,  anche  tenuto  conto  del  numero  limitato  delle  espe- 
rienze, mi  pare  autorizzi  a  dare  alla  slessa  una  certa  importanza.  Questo  ani- 


166  S.  Ricca 

messo,  sono  giustificate  alcune  considerazioni  spìegative  a  titolo  unicamente 
ipotetico. 

Innanzi  tutto  la  nostra  cuna  mancò  in  una  melancolica  ansiosa.  Tre  dei 
melancolici  esaminati  presentavano  molto  spiccata  la  depressione,  l'amma- 
lata 5  nei  periodi  in  cui  fu  esaminata  era  forse  in  uno  stato  misto,  di  leg- 
gera euforia  con  depressione.  Il  fatto  fondamentale  in  questi  malati  era  la 
depressione.  Quale  rapporto  si  può  stabilire  tra  questa  e  la  forma  della  curva? 

Premesso,  come  risulta  dai  confronti  fatti  colle  altre  curve,  che  il  ritmo 
nella  curva  dei  melancolici  non  jìresenta  nulla  di  speciale,  dobbiamo  scartare 
subito  l'ipotesi  che  il  melancolico  si  esaurisca  lentamente  perchè  lavora  con 
rapidità  minore.  La  spiegazione  che  rimane  è  quindi  la  seguente:  la  lun- 
ghezza della  curva  è  dovuta  alla  piccola  intensità  dei  singoli  sforzi.  In  questo 
caso  l'arresto  psichico  (chiamiamolo  così  in  senso  lato)  non  si  manifesterebbe, 
come  negli  esami  psicometrici,  colla  lentezza  della  funziono,  ma  colla  debo- 
lezza di  questa.  Ma  se  pensiamo  che  ciascuna  funzione  nostra,  tanto  nel  suo 
ritmo  quanto  nella  sua  intensità,  dipende  da  fiitti  inibitori  e  dallo  sviluppo 
intimo  delle  sue  energie,  il  fenomeno,  nella  sua  apparenza  diverso,  ci  si  di- 
mostra però  identico  nella  sua  sostanza.  Si  potrebbe  formulare  ancora  una 
domanda  più  alta,  di  ordine  biologico:  se  cioè  il  cervello  dei  melanconici 
venisse  ad  assumere  un  funzionamento  più  simile  a  quello  dei  centri  infe- 
riori, cioè  un  funzionamento  ritmico.  La  risposta  ci  porterebbe  in  questioni 
troppo  teoriche. 

Accennerò  di  passaggio  al  mancinismo  ergografico  trovato  così  di  frequente 
in  malati  che  sì  dichiarano  e  si  dimostrano  destri  nel  loro  lavoro. 

Altri  risultati,  puramente  ergografici,  degni  di  nota,  non  ottenni.  L'ac- 
cenno a  contrattura  della  curva  N.  9  potrebbe  esser  dovuto  al  lavoro  ergo- 
grafico mal  eseguito,  trattandosi  di  una  demente. 

Passando  ora  al  secondo  quesito,  di  studiare  cioè,  colla  grafica  dell'ergo- 
grafo,  alcuni  sintomi  psichici,  altrimenti  rilevabili,  i  miei  risultati  furono 
piuttosto  scarsi. 

11  trovare  curve  mal  fatte  in  paralitici  avanzati  o  in  dementi  precoci  nega- 
gativisti  è  cosa  troppo  banale  per  fermarcisi  sopra. 

Più  notevole  mi  sembra  il  fatto  che  nessuno  dei  tre  epilettici  (di  cui  due 
abbastanza  intelligenti)  riesci  a  seguire  il  ritmo  del  metronomo.  Che  ci  sia 
in  genere  nell'epilessia  una  deficienza  del  senso  musicale? 

Abbastanza  interessante  è  la  curva  dell'ammalala  18.  Le  interruzioni 
irregolari  della  sua  curva  corrispondono  ad  altrettanti  periodi  di  negativismo. 
È  interessante  il  fatto  che  il  demente  precoce,  anche  quando  sembra  docile 
ed  ubbidiente,  cova  in  seno  sempre  questo  bisogno  di  opposizione,  che  viene 
elegantemente  dimostrato  dalla  curva.  Anche  le  differenze  del  ritmo,  al  prin- 
cipio e  nel  mezzo  della  curva,  potrebbero  dipendere  dallo  stato  speciale  della 
volontà. 

Riguardo  al  contegno  dell'infermo  durante  le  esperienze  notai  solamente 
questi  due  fatti  degni  di  nota: 


Esperienze  e  considerazioni  suW  ergografia,  ecc.  167 

i)  il  melancolico,  depresso,  senza  notevoli  idee  deliranti  ed  ansia,  non 
si  lamenta  della  stanchezza  o  dell'applicazione  elettrica,  che  all'estremo. 

2)  il  paralitico,  con  idee  di  grandezza,  se  non  è  jrià  demente  avanzato, 
fa  sforzi  evidenti  in  tutta  la  persona  per  far  delle  belle  curve. 

Ed  ora  alla  conclusione. 

Quale  valore  ha  la  scoperta  di  A.  Mosso  della  curva  personale  ergografica 
applicata  alla  patologia?  Rispondendo  per  la  patologìa  mentale  e  nervosa  si 
può  dire  che  il  suo  valore  è  probabilmente  scarso,  ma  non  nullo.  Infatti  se 
i  risultati  di  questo  lavoro  verranno  confermali  da  ricerche  più  ampie,  si 
avrebbe  nna  curva  melancolica,  mentre  pare  si  abbia  già  una  curva  speciale 
(li  certe  forme  di  nevrosi  traumatiche  e  stati  affini.  Per  le  altre  malattie  a  dir 
vero  non  si  trovò  nulla  di  notevole.  Sulle  applicazioni"  alle  altre  parti  della 
medicina  poco  si  può  per  ora  dire,  non  essendosi  ancora  lavorato  sistematica- 
mente in  proposilo. 

Ma,  come  abbiamo  visto  in  principio,  dell'ergografo  non  si  limita  l'ap- 
plicazione alla  forma  della  curva.  L'ergografo  applicato  alla  clinica  sarà  sem- 
pre mezzo  ergometrico  utilissimo:  utilissimo  per  la  sua  finezza,  utilissimo  per- 
chè il  confronto  tra  la  curva  volontaria  e  l'elettrica  potrà  svelare  o  eliminare 
supposte  simulazioni,  specie  nel  campo  della  medicina  legale.  Inoltre,  per 
mezzo  suo,  si  potranno  studiare  molti  mezzi  terapeutici,  seguire  più  da  presso 
il  decorso  di  molte  forme  paralitiche,  ecc. 

Infine  l'ergografo  di  Mosso  e  le  sue  vàrie  modificazioni  potranno  servire 
utilmente,  specie  in  molle  forme  nervose.  Citerò  ad  es.  il  fenomeno  della 
contrattura  nella  tetania,  negli  spasmi  professionali,  ecc.;  la  curva  del  lavoro 
nelle  varie  forme  paralitiche:  organiche,  miasteniche,  isteriche,  ecc.  (22). 

Il  futuro  quindi  è  abbastanza  ricco  di  speranze. 

Biblioierrafla. 

(1)  Trxteb  Z.  Compte»-ReDdus  du  V  Congrèt»  International  de  Ph.vsiologìe.  «  Archives  itallennes 
de  Biologie  »,  1901. 

(2)  Gbasdis  V.  Di  un  metodo  ijer  calcolare  T  energia  totale  sviluppata  dal  inuHcolo  durante  la 
contrazione  -per  mezzo  deir  ergogn^fo.  «  Archivio  per  le  Scienze  Me diclie  »,  1902. 

(8)  PàitTAsmn  O.  Saggio  di  ricerche  »uir  affaticamento  muscolare  in  alcuni  casi  patologici. 
«Policlinico»,  1904. 

(4)  Monto  A.  Les  loia  de  la  fatigue  étudiót;»  dans  Ics  niuscles  de  V  homme.  «  Archives  ita- 
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(5)  Tbetks  Z.  Modiflcations  à  Tergographe.  «Archivio  italiano  di  Biologia»,  1901.  —  Sur  les 
lois  du  travail  muaculaire.  «  Archives  Italiennei*  de  Biologie  »,  1898. 

(6)  Mosso  A.  Loc.  cit.  —  Maooiora  A.  Les  lois  de  la  fatigue  étudiées  dans  les  muscles  de 
rhommCé  «Archives  italiennes  de  Biologie»,  1890. 

(7)  LvaiATo  L.  Studi  sperimentali  sulla  fonna  del  sollevamento  ergograilco.  «  Rivista  di  Pa- 
tologia nervosa  e  mentale»,  1903.  —  Il  tempo  di  contrazione  muscolare  latente  studiato  coll'er- 
gografo  neU'uomo.  «  Rivista  di  Patologia  ner\'Oi*a  e  mentale  »,  1904.  —  Belmondo  E.  Curva  mlo- 
grmflca  e  curva  ergografica.  «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  1904. 

(8)  Tasm  Z.  Sur  Ics  conditions  qui  déterminent  le  rythme  spontané  dans  le  travail  ergogra- 
phique  volontaire.  «  Archives  italiennes  de  Biologie  »,  1901. 

(9)  Mosso  U.  Sulla  tossicità  dei  primi  prodotti  della  digestione  e  suir  influenza  degli  alimenti 
(•olla  contrazione  muscolare.  «  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei  »,  seduta  del  3  marzo  1907. 


168  S.  Ricca  -  Esperienze  e  considerazioni  sull'  ergografia,  ecc. 

(10)  ZsHOHi  e.  Recherches  expérimentalcs  sur  le  traTail  musculaire  daos  l'air  comprìme. 
«  Arehives  italiennes  de  Biologie  »,  1897. 

(11)  Mosso  II.  L'asphixie  daiw  le»  tunnels  et  expérìenccs  avec  Toxide  de  carbone  faites  sur 
rhomme.  «  Arehives  italiennes  de  Biologie»,  1901.  —  Mosso  e  Paqurti.  Inflaenza  dello  zucchero 
sul  lavoro  dei  muscoli.  «  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei  »,  1808. 

(12)  Rossi  C.  Ricerche  sperìmentali  sopra  la  fatica  dei  muscoli  umani  sotto  l'azione  dei  veleni 
nervosi.  <  Rivista  sperimentale  di  Freniatrìa  e  Medicina  Legale  »,  voi.  XX. 

(18)  Tatxbiiaki  L.  Ricerche  intomo  all'azione  di  alcuni  nervini  sui  muscoli  affaticati.  Reggio 
Emilia,  Calderìni,  1897.  —  Mosso  IT.  Azione  della  cocaina  sulla  contrazione  dei  muscoli.  «  Giornale 
della  R.  Accademia  di  Medicina  di  Torino  »,  1890.  -  -  Vaugad  Hasubt.  The  value  of  sugar  and 
the  eflTect  of  smoking  on  muscular  work.  «  Journal  of  Physiology  »,  1894.  —  Zoth,  Zwei  ergo- 
graphische  Versuchsreihen  ùber  die  Wirkung  orchitischen  Extraktes.  <  Archlr  fiir  die  gesammte 
Physiologie  »,  1896. 

(14)  KBASPXLnr.  Ueber  die  Wirkung  der  Theebestandtheile  auf  korperliche  und  geistige  Ar- 
beit.  «  Separat'-Abdruck  aus  Kraepelin's  psychologischen  Arbeiten  »,  Bd.  I,  Leipzig,  1895. 

(15)  loraYKo  Ml.  Les  lois  de  T  ergographie.  (Bnixelles,  1904).  —  L'analyse  mathématique  des 
courbes  de  fatique  comme  procède  de  diagnostic  dans  les  maladies  nerveuses.  «  Arehives  de 
Keurologrie  »,  1906. 

(16)  Mvbbi  a.  8opra  un  caso  di  malattia  di  Erb.  «  Policlinico  »,  voi.  II. 

(17)  BoBKi  L.  Sul  modo  di  prendere  cognizione  obiettiva  dei  disturbi  nevrosici  nei  traumatiz- 
zati. «  Rivista  sperimentale  di  Freniatrìa  e  di  Medicina  Legale  »,  1904. 

(18)  RoMcoBOKi  L.  e  DixmfOH  G.  L'ergografia  negli  alienati.  «  Archivio  di  Psichiatrìa,  Scienze 
Penali  ed  Antropologia  Crìminale  »,  voi.  XV,  fase.  6. 

(19)  Fbbbabi  G.  C.  Ricerche  crgograiiche  nella  donna.  «  Rivista  sperìmentale  di  Freniatrìa  e 
di  Medicina  Legale  »,  voi.  XXIV,  fase.  1. 

(20)  Pabiaki  G.  Il  tetano  faradico  in  alcune  malattie  mentali.  «Rivista  di  Patologia, nervosa 
é  mentale  »,  1905. 

(91)  CoLucci  C.  L'allenamento  ergograflco  nei  normali  e  negli  epilettici.  «  Atti  dell»  R.  Acca- 
demia Medico-Chirurgica  di  Napoli  »,  anno  LV,  n.  V.  —  Per  la  Semeiotica  della  fona  musco- 
lare dal  punto  di  vista  clinico  e  psico-fisiologico.  «  Atti  della  R.  Accademia  Medico-Chirurgica 
di  Napoli  »,  anno  LVI,  n.  I. 

(22)  G.  Baluet  et  J.  Philippe.  De  la  fatiguo  chez  l'hommc  sain,  le  neurasthenlque,  le  myopa- 
thique  et  dans  l'atrophie  musculaire  névrìtique  (Comptes-Rendues  du  troisième  Congrès  ftan^als 
des  Mèdecins  aliénistes  et  neurologistes).  Bruxelles,  1903,  «  Semaine  Medicale,  19011. 


RECENSIONI 


A.natoxnia. 

1.  P.  Oavatorti,  Di*  una  rara  variazione  delle  arterie  della  base  delV  encefalo 
nelVuomo.  —  «Monitore  zoologico  italiano»,  anno  XVIII,  n.  12. 

Si  tratta  di  una  variazione  estremamente  rara  delle  arterie  basilari  riscontrata 
air  autopsia  di  un  uomo  di  78  anni.  Le  arterie  vertebrali,  invece  di  unirsi  per  dare  la 
basilare,  decorrevano  da  prima  quasi  parallelamente,  e  giunte  in  corrispondenza  del 
solco  bulbo-protuberanziale,  divergevano  assumendo  un  decorso  tortuoso,  per  continuare 
come  arterie  cerebrali  posteriori. 

Le  due  arterie  cerebrali  anteriori  avevano  la  disposizione  normale  nel  loro  tratto 
caudale,  unite  come  di  regola  fra  di  loro  da  una  comunicante  anteriore,  ma  al  davanti 
di  questa,  anziché  procedere  indipendenti,  si  erano  fuse  in  un  ramo  unico  che  decorreva 
lungo  la  linea  mediana,  biforcandosi  poi  in  due  rami  terminali  che  si  distribuivano  ai 
territori  normalmenle  irrorati  dalle  arterie  cerebrali  anteriori.  Strigo. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Anatomia  169 

2.  S.  R.  Oajal,   Nouvelles   observatians  sur  revolution  des  neuroblastes,   — 
€  Travanx  du  Laboratoire  des  Recherches  biologìques  »,  tomo  V,  fase.  4. 

A  proposito  del  cortese  rìmproyero  fattogli  da  Held  di  avere  nei  suoi  lavori 
troppo  trascarata  V ipotesi  altra  volta  espressa  da  Hensen  e  poscia  da  lai  rivivifi- 
cata, Cajal  ha  intrapreso  delle  nuove  ricerche  sa  embrioni  per  poter  dare  anche  a 
qaeet^Aatore  una  risposta  soddisfacente. 

Il  metodo  di  stadio  impiegato  fa  ancora  qaello  al  nitrato  di  argento  ridotto, 
ma  con  qaalche  modificazione  di  dettaglio:  trattandosi  di  preparazioni  che  richie- 
dono ima  tecnica  molto  accurata  esporremo  qui  il  metodo  per  intero. 

1.  L'embrione  viene  posto  per  alcuni  minuti  in  un  cristallizzatore  con  alcool 
a  60**  e  viene  qui  ripulito  e  liberato  dalle  membrane. 

2.  Per  24  ore  si  lascia  in  alcool  96-97'^  :  (si  può  usare  anche  alcool  assoluto). 

3.  Si  taglia  l'embrione  in  due  metà,  si  pone  in  soluzione  di  nitrato  d'argento 
1,5  %  e  si  lascia  sei  giorni  nella  stufa  a  35^-37°.  Se  dopo  questo  tempo  i  pezzi  non 
hanno  assunto  un  colore  brunastro  bisogna  rimetterli  nella  stufa  ancora  per  qualche 
giorno. 

4.  Riduzione  in  acido  pirogallico  l  %  addizionato  del  6  %  di  formolo. 

5.  Disidratazione  ed  inclusione  in  celloidina:  la  paraffina  non  è  conveniente. 
Quando  si  desidera  di  ottenere  una  colorazione  molto  nera  del  reticolo  dei  neu- 

roblasti  e  dei  giovani  neuroni,  è  buona  cosa  tenere  circa  6  ore  le  uova  alla  tempe- 
ratura ordinaria  prima  di  levarne  l'embrione. 

La  piridina  usata  come  fissatore  non  ha  speciali  vantaggi. 

Anche  pei  lettori  sarà  bene  riassumere,  sulla  guida  di  Cajal,  la  teoria  Hensen- 
Held,  che  si  può  esprimere  nelle  tre  proposizioni  seguenti: 

1.  Lo  sviluppo  del  sistema  nervoso  dell'embrione  è  il  risultato  della  collabora- 
zione di  due  ordini  di  cellule;  a)ì  neuroblasti,  che  producono  l'axone  e  le  fibrille; 
b)  le  cellule  conduttrici  (LeiUellen)  all'interno  delle  quali  camminano  e  si  accre- 
scono le  fibre  nervose  embrionarie. 

2.  Il  cilindrasse  primordiale  nasce  da  un  polo  del  neuroblasta  e  termina  con 
no  bottone  di  accrescimento:  ma  né  questo  rigonfiamento  terminale,  né  la  stessa 
fibra  nervosa  progredisce  liberamente  negli  spazii  intercellulari:  in  realtà  questi 
prolungamenti  sono  contenuti  nell'interno  di  un  sistema  di  trabecole  preesistenti, 
rappresentate  nei  centri  nervosi  dal  reticolo  degli  spongioblasti  (neurospongio)  :  e  nel 
mesoderma  dalle  espansioni  anastomotiche  (plasmodemi)  dei  corpuscoli  stellati  o  cel- 
iale conduttrici. 

3.  Questi  ultimi  elementi,  che  forse  sono  di  origine  ectodermica,  avrebbero  la 
missione  di  nutrire  e  di  proteggere  i  cilindrassi,  divenendo  poi  delle  cellule  di 
Schwann:  essi  non  sarebbero  capaci  di  produrre  delle  neurofibrille. 

4.  Infine  né  nelle  prime  fasi  né  nell'adulto  esiste  una  indipendenza  del 
neurone  perchè  le  neurofibrille  di  un  neuroblasta  penetrano  spesso  nell'interno  di 
un  secondo,  dando  luogo  ad  un  reticolo  diffuso  :  nell'  adulto  questo  retìcolo  può  subire 
delle  modificazioni,  ma  non  scompare  mai  completamente:  anche  tra  i  cilindrassi 
primordiali  esisterebbero  di  t«li  anastomosi. 

Cajal  invece  sostiene  che  dall'esame  dei  preparati  risulta  ad  evidenza  che  «i 
neuroblasti  possiedono  un  corpo  ed  una  espansione  libera,  vale  a  dire  sprovvista  di 
anastomosi:  i  coni  di  accrescimento,  così  come  i  cilindrassi,  passano  sempre,  nei  centri 
nervosi,  per  gli  interstizi i  interepiteliali  od  interneuronali  ». 


170  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


Passando  in  rassegna  le  varie  osservazioni  alle  quali  egli  appoggia  questa  sua 
conclusione,  Cajal  ricorda  la  precoce  comparsa  delle  neurofibrille  rilevata  da  Besta 
e  confermata  da  lui,  anzi  egli  accetta  ancora  i  reperti  di  Held  secondo  il  quale  il 
reticolo  fibrillare  apparirebbe  già  nella  fase  di  neuroblasta  primario,  vale  a  dire 
prima  delle  espansioni  polari. 

Il  corpuscolo  nervoso  rudimentario  percorrerebbe  cinque  fasi  :  la  prima  corrisponde 
al  corpuscolo  germinativo  di  His,  ed  è  qualificata  da  evidenti  segni  di  prolifera- 
zione: in  questa  fase  il  protoplasma  granuloso  non  attira  punto  deposito  di  argento: 
seconda  fase  —  cellula  apolare  o  poligonale  —  neuroblasta  primitivo  di  Held:  — 
nella  retina  e  nella  vescicola  cerebrale  anteriore  dell'  embrione  di  pollo  elementi  in 
questa  fase  sono  già  frequenti  verso  la  5P-60*  ora:  mancano  ancora  le  espansioni, 
ma  alla  parte  distale  del  protoplasma  si  differenzia  già  un  reticolo  neurofibrillare 
perfettamente  localizzato.  Segue  la  fase  bipolare:  mentre  la  cellula  va  progressiva- 
mente emigrando  verso  lo  strato  dei  neuroblasti  (placca  midollare  di  His)  si  formano 
due  prolungamenti,  a  struttura  fibrillare,  i  quali,  almeno  in  parte,  derivano  dall' ac- 
crescimento del  reticolo  neurofibrillare  della  fase  precedente  che,  dopo  aver  contor- 
nato il  '  nucleo,  si  sporge  dai  due  poli  del  corpuscolo.  I  due  prolungamenti,  dapprima 
uguali,  cominciano  tosto  a  presentare  nel  loro  sviluppo  delle  differenze.*  Cajal  ha 
studiato  minutamente,  sopratutto  nella  retina,  i  fatti  di  questa  fase  ed  ha  messo  in 
evidenza  molti  reperti,  ad  es.  cambiamento  di  direzione  provocato  da  ostacoli  mecca- 
nici, ricerca  da  parte  dei  cilindrassi  degli  interstizii  interepiteliali,  divisioni  a  livello 
di  qualche  ostacolo  etc,  che  implicano,  contrariamente»  alle  vedute  di  Hensen- 
Held,  una  libertà  di  movimento  nel  protoplasma  nervoso.  Viene  quindi  le  fase  mono- 
polare dovuta  all'atrofia  di  uno  dei  prolungamenti  e  allo  sviluppo  progressivo  del- 
l'altro: di  questa  fase  l'A.  dà  qualche  dettaglio  ma  in  genere  si  riferisce  ai  lavori 
precedenti.  L'ultima  fase  è  quella  della  cellula  multipolare. 

Cajal  soffermandosi  quindi  sulle  più  importanti  particolarità  di  questo  pro- 
cesso afferma  di  non  avere  mai  trovato  le  connessioni  intemeuronali  descritte  da 
Held  e  francamente  afferma  che  apparenze  di  tale  natura  sono  dovute  all'azione 
dei  reagenti  usati  e  sopratutto  al  loro  potere  coagulante.  Ancora  mette  in  evidenza 
che  anche  le  cellule  epiteliali  sono  libere  e  non  mostrano  la  minima  traccia  d'una 
disposizione  reticolare  (neurospongio  di  His)  che  possa  servire  come  via  presta- 
bilita al  progredire  dei  cilindrassi.  Questi  sono  liberi  nella  loro  progressione  da 
ogni  via  prestabilita  :  lo  dimostrano  i  fatti  più  sopra  citati,  ed  inoltre  la  presenza  di 
coni  di  accrescimento  colossali,  che .  divengono  tali  quando,  incontrando  un  ostacolo, 
non  possono  progredire,  di  cilindrassi  sviati,  di  neuroblasti  invertiti  (neuroblasti  cioè 
che  hanno  subito  un'inversione  polare  iniziale)  che  mandano  il  loro  cilindrasse  in 
direzione  opposta  alla  normale:  questi  neuroblasti  sono  certamente  forme  patologiche 
ma  si  incontrano  spesso,  specie  nel  bulbo,  nell'embrione  di  pollo  di  3-4  giorni: 
un'altro  reperto  contro  l'opinione  di  Held  è  quello  dei  cosidetti  neuroblasti  interven- 
tricolari. 

I  bottoni  di  accrescimento  sono  anche  completamente  liberi  nel  loro  passaggio 
attraverso  lo  spazio  vaginale  o  perimidollare,  ossia  quello  spazio  circolare  che  appare 
nelle  sezioni  esistere  tra  la  membrana  limitante  esterna  e  il  primo  strato  di  cellule 
connettivali,  destinate  a  produrre  le  meningi  (membrana  Umitans  meningea  di  His). 
In  questo  spazio  Cajal  non  ha  mai  trovato  traccia  ne  delle  fibre  unienti  descritte 
da  Hensen,  né  di  prolungamenti  di  Leitzellen  in    continuità  coli' apparecchio   di 


Anatomia  171 


sostegno  del  midollo  embrionale  ;  malgrado  questo  le  fibre  nervose  nude  sono  capaci 
di  ritrovare  la  loro  via. 

Attraverso  il  mesoderma  le  cellule  nervose  progrediscono  approfittando  degli  in- 
terstizi! tra  le  cellule:  qui  Leitzellen  con  i  loro  prolungamenti  anastomizzati  stanno  a 
fianco  dei  cilindrassi  i  quali,  per  effetto  dei  reagenti  usati,  si  accollano  o  si  agglutinano 
parzialmente  al  tessuto  mesodermico  ambiente.  Cajal  descrive  minutamente  ed  illustra 
con  figure  questa  progressione  delle  fibre,  sia  delle  motrici  che  delle  sensitive.  Infine 
intrattenendosi  sulle  cellule  simpatiche  migranti  fa  notare  come  dal  comportamento 
di  queste  si  possa  trarre  un  altro  argomento  contro  la  teoria  Hensen-Held. 

À  questa  si  possono  opporre  anche  degli  argomenti  di  natura  induttiva  :  tra  gli 
altri  che  i  coni  di  accrescimento  spesso  sono  più  grossi  che  le  travate  di  connettivo 
(plasmodemi)  onde  riesce  diflicile  pensare  che  questi  sieno  stati  perforati  da  quelli: 
che  le  cellule  nervose  simpatiche,  allo  stadio  bipolare,  sortono  dal  midollo  ed  emi- 
grano verso  le  radici  anteriori  :  siccome  questi  elementi  migratori  sono  più  grossi 
delle  Leitzellen  come  comprendere  che  si  possano  situare  nell'interno  di  queste? 
contraddice  ancora  F  ipotesi  di  Held  il  fatto  che  il  nervo  è  composto  di  fasci 
compatti  senza  interposizione  di  cellule  o  di  prolungamenti  cellulari  :  coli'  opinione 
di  Held  occorrerebbe  pensare,  o  che  ogni  nuovo  cilindrasse  penetri  nello  stesso  tubo 
intercellulare  preformato  e  già  occupato  da  una  fibra,  o  che  ciascun  cilindrasse 
possieda  una  guaina  cellulare  speciale:  possibilità  che  l'esame  costringe  a  respingere. 

Anche  i  fatti  di  rigenerazione  patologica,  quali  sono  stati  in  questi  anni  stu- 
diati, stanno  contro  l'ipotesi  di  Hensen-Held. 

Si  può  perciò  conchiudere:  • 

1.  Le  fibre  nervose  embrionali  sono  il  risultato  dell'  accrescimento  continuo 
dell'espansione  principale  del  neuroblasta  di  His. 

2.  Il  reticolo  neurofibrillare  si  differenzia  prima  della  fase  di  neuroblasta. 

3.  Il  prolungamento  cilindrassile  possiede  un  bottone  di  a^rescimento  che  si 
insinua  negli  spazi  intercellulari. 

4.  I  fatti  sui  quali  si  basa  la  teoria  di  Held  sono  in  massima  parte  prodotti 
artificiali. 

5.  Si  deve  ammettere  la  presenza  di  un'azione  chemiotattica  (sostanze  se- 
crete  dai  miot4)mi,  dagli  epitelii,  dagli  stessi  corpuscoli  nervosi)  capace  di  favorire 
ed  orientare  l'accrescimento.  0.  Rossi, 

3.  R.  Oollin,  Remarques  sur  certaines  aspects  présentés  par  la  cellule  nerveuse 
embryonnaire  pouvant  faire  croire  a  Vexistence  d*une  zone  fihrìllogène  à 
développement  tardi f,  —  «  Bibliographie  anatomique  »,  tomo  XVII,  fase.  4,  1908. 

E  noto  come  per  Fragnito  le  neurofibrille  non  sarebbero,  come  vogliono  Cajal, 
Best  a,  Held  e  la  maggior  parte  degli  osservatori,  un  prodotto  precoce  di  differen- 
ziazione cellulare,  ma  deriverebbero  da  una  massa  fibrillogena  risultante  dalla  tra- 
sformazione di  uno  dei  nuclei  dei  due  neuroblasti  di  cui  si  comporrebbe  la  cellula 
nervosa. 

Senza  fermarsi  a  criticare  la  concezione  di  Fragnito,  che  ha  ricevuto  un  nuovo 
colpo  dagli  ultimi  lavori  di  Cajal,  i  cui  principali  risultati  morfologici,  special- 
mente per  quanto  riguarda  lo  sviluppo  precoce  delle  neurofibrille,  confermano  e 
completano  i  risultati  ottenuti  anteriormente  da  Best  a,  Held  e  Paton,  l'A.  si  oc- 


i72  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

cupa  di  spiegare  quanto  si  vede  nei  preparati  e  nelle  tavole  dimostrative  che  F  ra- 
gni to  mette  avanti,  a  sostegno  della  propria  tesi. 

Esaminando  dei  preparati  d^  embrione  di  pollo,  trattati  col  metodo  delVargento 
ridotto,  TA.  ha  ottenuto  delle  immagini  perfettamente  uguali  a  quanto  si  osserva 
nei  preparati  di  Fragnito.  Anche  qui  si  osserva  a  lato  del  nucleo  eccentrico  una 
massa  ovoide,  fortemente  colorata  dal  nitrato,  dalla  quale  le  neurofibrìlle  si  dipar- 
tono confusamente.  Il  resto  del  protoplasma  rimane  più  scolorito  e  le  fibrille  vi  sono 
appena  disegnate,  salvo  in  qualche  prolungamento  protoplasmatico.  La  massa  neuro- 
fibrillare non  presenta  contomi  netti,  ma  dirada  insensibilmente  e  le  neurofibrille 
che  la  costituiscono  si  continuano  a  poco  a  poco,  impallidendo,  con  la  parte  acro- 
matica. Ora  r  aspetto  di  questi  preparati,  che  potrebbero  essere  invocati  come  una 
conferma  della  tesi  di  Fragnito,  è  considerato  dairA.  come  un  risultato  artificiale. 
Gli  elementi  cellulari  che  presentano  l'aspetto  sovra,  descritto  non  sarebbero  che 
elementi  parzialmente  ed  imperfettamente  impregnati.  Come  infatti  il  metodo  Caj al 
non  impregna  contemporaneamente  tutte  le  cellule,  anche  anivate  a  maturità  da  un 
pezzo,  cosi  pure  tutte  le  cellule  impregnate  non  lo  sono  in  egual  misura.  E  perciò 
è  lecito  domandarsi  se  l'aspetto  rivelato  dal  metodo  Donaggio  non  sia  pur  esso 
dovuto  ad  errori  di  tecnica. 

L'A.  presenta  altri  due  disegni,  presi  da  alcuni  suoi  preparati,  per  ribattere 
l'interpretazione  di  Fragnito  sulla  presenza  nel  citoplasma  dì  eostABxe  di  nAtara 
e  di  origine  nucleare. 

In  queste  figure,  che  rappresentano  cellule  di  gangli  spinali  d'embrioni  di  pollo, 
si  osservano  alla  periferia  dei  corpi  di  N issi  circondanti  una  zona  centrale  perinu- 
cleare  di  citoplasma  ove  la  sostanza  cromofila  non  è  ancora  apparsa.  In  questa  zona 
centrale,  che  corrisponde  alla  zona  fibrillogena  dei  preparati  di  Fragnito,  si  trova 
una  formazione  cromatica  corrispondente  ai  blocchi  cromatici  di  Fragnito  che 
non  sarebbe  altro' che  un  nucleolo  basofilo  emigrato  dal  nucleo. 

É  errato  quindi  credere  che  questi  blocchi  di  sostanza  nucleolare  siano  residui 
di  un  nucleo  scomparso  per  dar  luogo  alla  formazione  di  una  zona  fibrillogena,  né 
quindi  possono  «ervire  di  argomento  in  favore  della  teoria  sinciziale,  né,  in  secondo 
luogo,  in  appoggio  della  ipotesi  di  una  zona  fibrillogena  proveniente  dalla  trasforma- 
zione d'  un  nucleo.  Strigo. 

4.  A.  Giannelli,   The  Heltceg-Westphal  traci.  {Fasciculus  circumolivarius).  — 
«  Journal  of  mental  Pathology  »,  voi.  VIII,  n.  1. 

Per  portare  un  contributo  allo  studio  del  tratto  di  Helweg-Westphal  {fasci- 
cìilus  circumolivarius)  cosi  poco  conosciuto,  perchè  riconoscibile  solo  in  casi  di  ìpo- 
plasie  congenite,  l'A.  ha  esaminato  il  midollo  allungato  di  un  idiota,  del  quale  ha 
praticato  tagli  orizzontali  a  partire  dall'estremità  distale  della  decussazione  delle 
piramidi.  A  tale  altezza  egli  nota,  alla  periferia  dei  cordoni  laterali,  un'area  dege- 
nerata triangolare,  accolta  fra  le  fibre  radicolari  che  emergono  dal  corno  anteriore, 
attorno  alla  quale  è  una  zona  di  fibre  marcatamente  rarificate  e  separata  dalla  so- 
stanza grigia  da  un  fascio  circolare  di  fibre  normali,  senza  netta  demarcazione  fra 
tessuto  sano  e  normale.  Nell'area  triangolare  la  degenerazione  è  completa,  e  le  fibre 
sono  esilissime.  Tal  disposizione  si  mantiene  per  tutto  il  tratto  di  decussazione  delle 
piramidi,  però  all'  inizio  doWoUva  accessoria,  l'area  triangolare  si  porta  verso  la  parte 
estema,  e  l'area,  rarificata,  più  arrotondata,  al  di  dietro    di  essa  oliva,  essendo  ben 


Anatamia  173 


Tisibile  la  zona  di  fibre  nonDali  fra  le  due.  Al  punto  di  completa  decussazione  dei 
tratti  sensori,  avanti  T oliva  inferiore,  l'area  triangolare  è  cambiata  in  un  piccolo 
cerchio  contenente  fibre  normali  e,  immediatamente  dopo,  in  un  semicerchio  visibile 
a  occhio  nudo,  che  abbraccia  un  fascio  di  fibre  normali,  che  parte  dall'  estremo  estemo 
dell'oliva  acessoria  mediale,  colla  convessità  rivolta  verso  la  parte  antero-estema.  Poi 
la  convessità  si  rivolge  verso  la  parte  postero-esterna  :  tale  area  degenerata  è  limitata 
esternamente  da  un  segmento  di  fibre  spesse,  oblique  e  dalle  fibre  arciformi  ventrali 
superficiali. 

Coir  aumentare  dell'oliva  bulbare  il  /a«ctcttZtfs  diviene  più  sottile  e  allargato,  e 
alla  sua  estremità  prossimale  diviene  ramificato,  disposto  a  semicerchio  attorno 
alla  parte  estema  dell'oliva  bulbare,  la  quale  presenta  una  tessitura  normale  come 
quella  dell'oliva  mediale  e  dorsale.  Il  fasciculus  nei  piani  sovrastanti  divien  sempre 
più  indistinto,  finché  scompare  completamente,  senza  estendersi  al  cervello  :  quel  fascio 
descritto  da  Helweg  come  continuazione  del  fascicuìus  nel  cervello  non  ha,  secondo 
TA.  col  fasciculus  che  rapporti  dì  contiguità:  qualche  volta  può  estendersi  al  di  là 
del  corpo  olivare  ma  la  sua  denominazione  più  propria  è  quella  appunto  di  fasci- 
culus circumolivarius.  Le  fibre  del  fasciculus  si  rivestono  di  guaina  mielinica  da 
ultimo,  dopo  il  tratto  piramidale,  come  l' A.  ha  potuto  verificare  esaminando  il  mi- 
dollo di  bambini  di  1  e  19  giomi.  Nota  il  disaccordo  degli  anatomici,  per  cui  non 
è  possibile  stabilire  esattamente  il  principio,  il  decorso,  e  la  fine  del  fasciculus  t 
stabilire  i  quali  potranno  servire  solo  gli  studi  ulteriori  sulle  degenerazioni  del  tratto 

Turchi. 


5.  A.  Zanola,   Sulla  decussazione  di  alcune  fibre  del  fascio  piramidale  nel 

corpo  calloso.  —  «  Rivista  italiana  di  Nevropatologia,  Psichiatria  ed  Elettro- 
terapia »,  voi.  I,  fase.  4. 

A  contributo  della  questione,  ancora  discussa,  se  il  corpo  calloso  oltre  che  una 
via  di  associazione  interemisferica,  rappresenti  anche  un  punto  in  cui  vengono  ad 
incrociarsi  alcune  fibre  del  fascio  piramidale,  l'A.  riferisce  il  reperto  istologico  di 
on  caso  da  lui  osservato,  in  cui  ad  una  lesione  unilaterale  della  zona  motrice  di 
sinistra  (focolaio  di  rammollimento  recente  di  quasi  tutto  il  lobulo  pararolandico) 
corrispondeva  la  degenerazione  discendente  di  ambedue  i  fasci  piramidali.  Mentre 
infatti  l'esame  delle  diverse  sezioni  dell'emisfero  destro  faceva  escludere  qualsiasi 
lesione  di  esso,  nelle  sezioni  praticate  attraverso  la  regione  peduncolare  superiore  dello 
stesso  Iato,  si  notavano  sparse  fibre  degenerate,  che  nel  loro  insieme  costituivano  una 
zona  di  forma  triangolare,  di  cui  l' apice  penetrava  nel  lemniscus  profunduSf  mentre 
il  resto  di  essa  occupava  il  3®  medio  del  peduncolo.  L'A.  crede  che  queste  fibre  de- 
generate che,  attraverso  la  via  peduncolare  del  lato  opposto  alla  lesione  corticale,  si 
potevano  seguire  fino  al  livello  dell'  incrociamento  motorio,  debbano  avere  attraversato 
il  corpo  calloso,  poiché  non  esistono  altre  vie  anatomiche  probabili.  Sirigo. 

6.  B.  R.  Oajal,  Quelques  formules  de  fixation  destinées  à  la  methode  au  nitrate 

d'argent.  —  «  Travaui  du  Laboratoire  de  Recherches  biologiques  »,  tomo  V,  fase.  4. 

Ai  metodi  al  nitrato  d' argento  già  descritti,  l' A.  ne  aggiunge  in  questo  lavoro 
di  nuovi  :  sono  frutto  di  alcune  ricerche  dirette  a  trovare  dei  fissatori  che  rendessero 
più  precisa  la  reazione  dell'  argento,  abbreviassero  il  tempo  di  maturazione  dei  pezzi 


174  Rivista  di  Patologia  mrvosa  e  mentale 


nella  stufa  e  infide  non  presentassero  V  inconveniente  del  rag^nzamento  prodotto 
dair  alcool  ammoniacale  o  del  rigonfiamento  dei  pezzi  provocato  dalla  fissazione  in 
formolo.  Vari  agenti  neutri  ed  alcalini,  come  V  anilina,  la  nicotina,  la  piperìdina, 
la  toluidina,  la  formamide,  Tacetamide,  ecc.  aggiunti  air  alcool  rendono  facile  la 
reazione  ed  agiscono  come  acceleratori  non  modificando  in  nessuna  maniera  i  risul- 
tati finali.  Così  pure  tutti  gli  alcool-:  per  questi  sembra  che  la  funzione  accelera- 
trice  e  la  proprietà  di  favorire  V  impregnazione  elettiva  delle  neurofibrille  colPargento 
colloidale  sia  in  rapporto  con  il  loro  contenuto  in  carbonio. 

L' A.  riporta  una  serie  di  formolo  che  possono  v^ire  utilmente» usate  per  diversi 
scopi;  poiché  a  seconda  del  metodo  impiegato  si  potrà  ottenere  una  colorazione  più 
netta  e  più  fine  di  uno  piuttosto  che  di  un  altro  dei  diversi  elementi  del  sistema 
nervoso.  Papadia. 

inisiologla. 

7.  A.  Herlitzka,  Ricerche  cronografiche  mi  movimenti  rolontan  bilaterali.  — 

€  Archivio  di  Fisiologia  »,  voi.  V,  fase.  3,  1908. 

Se  V  impulso  volitivo  alFesecuzìone  di  movimenti  bilaterali  contemporanei  sorga 
in  una  sola  zona  della  corteccia  e  si  irradi  di  là  —  direttamente  o  indirettamente 
—  alle  due  zone  motrici  destra  e  sinistra  o  si  origini  in  due  centri  distinti  bilate- 
rali, noi  non  siamo  in  grado  di  determinare.  Certamente  è  suggestivo  il  pensiero  di 
estendere  a  tutti  i  movimenti  volontari  quanto  sappiamo  dei  muscoli  che  servono  al 
linguaggio  articolato  e  quindi  ammettere  che  neiremisfero  sinistro  esistano  per  tutti 
i  movimenti  i  centri  gnostici,  riuniti  da  un  lato  con  i  centri  mnemonici,  dalF  altro 
con  le  zone  di  proiezione  psicomotrici  destra  e  sinistra:  ma  finora  ciò  non  può  es- 
sere che  una  ipotesi. 

L^A.  ha  cercato  di  portare  qualche  lume  su  questo  problema,  studiando  se  i  mo- 
vimenti che  si  compiono  volontariamente  con  i  due  lati  e  che  si  credono  e  si  vo- 
gliono contemporanei,  presentino  un  ritardo  l' uno  di  fronte  all'  altro.  Gli  esperimenti 
furono  eseguiti  sull'A.  stesso  che  raccolse  in  tal  modo  556  determinazioni  utili,  dalle 
quali  risulta,  che  per  la  massima  parte  dei  casi  la  mano  destra  eseguisce  il  movi- 
mento prima  della  sinistra.  La  spiegazione  più  semplice  del  ritardo  di  quest'ultima, 
e  quella  che  sembra  all'A.  l'unica  accettabile,  si  è  che  l'impulso  motore  volitivo 
parta  da  un  centro  superiore  unico,  posto  più  vicino  al  centro  psicomotorio  dell'emi- 
sfero sinistro  che  a  quello  di  destra,  cioè  che  i  centri  gnostico  e  mnemonico  per  i 
movimenti  dei  due  arti  abbiano  sede  nelV  emisfero  sinistro  e  che  il  ritardo  nella  mano 
sinistra  sia  dovuto  unicamente  alla  maggior  lunghezza  delle  vie  che  l'impulso  mo- 
tore ha  da  percorrere,  prima  di  giungere  ai  muscoli  dell'arto  corrispondente. 

Strigo. 

8.  A.  SteflEUii,   Azione  del  vago  sugli  scambi  e  sulla  temperatura  intema.   — 

«  Archivio  di  Fisiolc^ia  »,  voi.  V,  fase.  3,  1908. 

In  questa  nota  l'A.  riassume  i  risultati  delle  ricerche  che  da  alcuni  anni  si  vanno 
facendo,  nel  suo  laboratorio  di  Fisiologia  a  Padova,  intomo  all'azione  del  vago  su- 
gli scarabi  organici.  Prima  che  si  iniziassero  queste  ricerche,  era  noto  che  nel  fegato 
delle  rane  ibernanti  si  trova  accumulata  notevole  quantità   di   glicogeno,'  il  quale 


Fisiologia  1 75 

subisce  nna  rapida  diminazione  al  momento  del  risveglio  sia  naturale,  sia  pro- 
vocato da  innalzamento  della  temperatura  ambiente.  Dagli  esperimenti  praticati  dai 
suoi  alati  Vasoin  e  Farinie  dair assistente  Soprano,  risulta  che  dopo  il  taglio  del 
vago,  nelle  rane  ibernanti  si  osserva,  in  sonito  al  riscaldamento,  una  diminuzione 
Dot6volmente  maggiore  del  glicogene  e  del  peso  del  fegato,  e  l'aumento  dell' eli- 
minazioDe  del  CO,.  Quest'azione  moderatrice  del  vago  sulla  trasformazione  del 
glicogene  epatico  promossa  dall'innalzamento  della  temperatura  e  l'azione  pure 
moderatrice  sulla  produzione  del  CO,,  con  tutta  probabilità  sono  fra  loro  coor- 
dinate e  inducono  ad  ascrivere  al  vago  un'azione  moderatrice  degli  scambi  e 
quindi  anche  del  calore,  funzione  che  dovrebbe  proteggere  gli  animali  a  tempe- 
ratura costante  contro  l'innalzamento  della  temperatura  intema,  frenando  la  pro- 
duzione del  calore.  A  convalidare  simile  supposizione  il  Dr.  Pari  ha  fatto  delle 
ricerche  dirette  a  dimostrare  se  il  vago  negli  animali  a  sangue  caldo  spieghi  real- 
mente quest'azione  sugli  scambi.  Nei  conigli  vagotomizzati,  posti  insieme  a  conigli 
di  controllo,  in  ambiente  saturo  di  umidità  e  di  temperatura  pressoché  uguale  alla 
loro  temperatura  intema,  trovò  che  questa  cominciò  a  salire  più  rapidamente  che  nei 
conigli  normali,  e  che  venivano  a  morte  prima  che  questa  loro  temperatura  intema 
raggiangesse  l'altezza. cui,  prima  della  morte,  saliva  la  temperatura  interna  dei  co- 
nigli di  controllo.  £  in  base  a  questo  fatto  egli  conclude  che  l' innervazione  dei 
vaghi  costituisce  non  solamente  un  mezzo  di  difesa  dell'organismo  contro  l'aumento 
della  temperatura  intema,  frenando  la  produzione  del  calore,  ma  dà  anche  all'  or- 
ganismo la  possibilità  di  meglio  resistere  all'ipertermia  confermando  così  l'azione 
protettrice  dei  vaghi  sul  cuore. 

Coordinando  fra  loro  questi  risultati  non  si  può  a  meno  di  attribuire  al  vago 
un'azione  regolatrice  oltre  che  sulla  circolazione,  sulla  respirazione  e  sulla  dige- 
stione, anche  sugli  scambi  e  quindi  sulla  produzione  del  calore  e  sulla  temperatura 
intema  degli  animali  a  sangue  caldo  e  di  considerare  quindi  il  vago  come  il  r^o- 
latore  di  tutte  le  funzioni  fondamentali  per  la  vita  degli  animali  superiori. 

Strigo. 
Patologia  sperimentale. 

9.  Q.  Donzello,   Gli  effetti  dell'azione  dei  raggi  Rontgen  sulle  cellule  nervose 
del  midollo  spinale.  —  «  Pisani  »,  voi.  XXVn,  fase.  3. 

Le  esperienze  furono  condotte  sulle  cavie,  servendosi  di  correnti  di  diversa  in- 
tensità. Le  applicazioni  venivano  praticate  in  corrispondenza  della  colonna  vertebrale, 
per  un-  tempo  progressivamente  crescente,  che  andava  da  60  minuti  nella  prima 
applicazione  a  180  nella  quinta.  Sacrificati  gli  animali,  subito  dopo  sospesa  l' appli- 
cazione dei  raggi,  mediante  il  dissanguamento,  se  ne  prelevava  il  midollo  che  veniva 
trattato  coi  metodi  Nissl,  Cajal-Pusateri,  Donaggio.  Le  alterazioni  rilevate 
Bella  massa  protoplasmatica  consistono  principalmente  in  un  progressivo  impallidi- 
iQento  delle  zolle  cromatiche,  le  quali  sembra  tendano  a  fondersi  in  una  sola  massa: 
Don  molto  frequente  è  lo  spezzettamento  granuloso  della  sostanza  cromatica.  Il  nucleo 
d&  prima  indeciso  nei  contomi,  si  mostra,  negli  stadi  più  avanzati  della  lesione 
^Hnlare,  più  voluminoso,  quasi  idropico,  col  reticolo  cromatico  non  più  nettamente 
^sibile.  Dopo  un'  applicazione  prolungata  dei  raggi  X,  il  contenuto  nucleare  assume 
^n  aspetto  più  omogeneo  e  si  tinge,  più  o  meno  diflFusamente,  in  violetto  rosso:  in 


176  Rivista  di  Patoloffia  nervosa  e  mentale 

ultimo  scompare  ogni  traccia  di  nucleo.  Le  alterazioni  del  nucleolo  sono  le  prime  a 
manifestarsi  e  consistono  da  prima  in  un  cambiamento  di  forma  e  in  fine  nella  sua 
scomparsa.  La  struttura  fibrillare  è  quasi  sempre  conservata.  Soltanto  nelle  fasi  più 
avanzate  le  neurofibrille  si  presentano  più  addensate  e  formano  una  rete  a  maglie 
granulose. 

L'A.  si  limita  per  ora  a  rilevare,  come  alterazioni  consimili  siano  state  descritte 
recentemente  nelle  cellule  nervose  di  conigli  morti  per  insolazione.  Egli  è  quindi 
portato  ad  ammettere  nei  raggi  solari  la  presenza  di  raggi  X,  alF  azione  dei  quali  si 
debbano  in  parte  gli  effetti  del  colpo  di  sole.  Strigo, 

10.  Mcurinesoo  et  Minea,  Lésions  des  centres  nerveux  produites  par  l'tnjeetion 

locale  de  bile.  —  «  Comptes-Rendus  de  la  Société  de  Biologie  »,  n.  9,  1908. 

Gli  ÀA.  hanno  iniettato  nel  cervello  e  nel  ganglio  plessìforme  del  cane  della 
bile  dello  stesso  animale  pura  o  diluita  in  siero  fisiologico.  La  maggior  parte  delle 
cellule  situate  in  mezzo  o  vicino  al  punto  d' iniezione  non  presentavano  più,  all'esame 
istologico,  la  minima  traccia  di  sostanza  cromofila  e  di  reticolo  protoplasmatico  : 
il  nucleo  era  scomparso  o  in  istato  di  atrofia  e  il  corpo  cellulare,  per  lo  più  atrofico, 
era  ridotto  ad  un  blocco  di  sostanza  fortemente  acidofila  con  delie  cavità  occupate 
da  un  numero  più  o  meno  considerevole  di  cellule  satelliti.  Cinque  giorni  dopo* 
un'  iniezione  di  bile,  diluita  in  parti  eguali  nel  siero,  al  posto  delle  cellule  nervose, 
quasi  completamente  scomparse,  furono  riscontrati  dei  noduli  cicatriziali  in  generale 
costituiti  da  cellule  satelliti.  Papadia. 

11.  R.  Shlxna,  Zur  Frage  der  nach   Adrenalinwirkung  auftretenden   Verande- 

rungen  des  Centralnervensystems,  —  «  Neurologisches  Centralblatt»,  N.4,  1908» 

Con  iniezioni  d' adrenalina  in  giovani  conigli  V  A.  ha  riscontrato  nel  sistema 
nervoso  centrale  varie  alterazioni  riguardanti  sia  le  cellule  nervose,  sia  i  vasi  e  la 
pia  madre.  Le  cellule  nervose  si  presentavano  raggrinzate,  con  i  dendriti  ritorti  a  spi- 
rale. Nei  vasi  oltre  ad  una  degenerazione  e  ad  un  ispessimento  della  parete,  anche  nei 
capillari,  vi  erano  degli  accumuli  perivascolari  di  cellule  rotonde  con  plasmatociti 
e  non  rare  emorragie.  La  pia  madre  si  mostrava  qua  e  là  infiammata,  Tependima 
dei  ventricoli  fortemente  proliferato.  Papadia, 

12.  G.  Mlnfirazzlni  and  A.  Polixnanti,  Phystologic  effect  following  successive 
ablation  of  one  frontal  lobe  and  one  cerehellar  hemisphere.  —  <  Journal  of 
menta]  Pathology  »,  voi.  Vili,  n.  1. 

L'estirpazione  di  un  lobo  frontale  (che  di  per  sé  porterebbe  tendenza  a  movi- 
menti di  maneggio,  e  lieve  atassia  dell'arto  anteriore  del  lato  opposto  all'estirpazione)' 
seguita  dall'estirpazione  dell'emisfero  cerebellare  dello  stesso  lato,  porta  atassia  e 
astenìa  omolaterale  con  aggravamento  dell'atassia  esistente  all'arto  del  lato  opposto. 
L'estirpazione  di  un  lobo  frontale  seguita  dall'estirpazione  dell'emisfero  cerebellare 
del  lato  opposto  porta  atassia  e  astenia  delle  estremità  omolaterali  coli' estirpazione 
cerebellare  e  aggravamento  dell'astenia  e  atassia  dell'altro  lato,  collegate  all'abla- 
zione del  lobo  frontale.  L'estirpazione  del  lobo  frontale  preceduta  dall'estirpazione 
dell'emisfero  cerebellare  dello  stesso  lato  o  del  lato  opposto  induce  gli  stessi  effetti 


Patologia  sperimentale  i77 


sopra  descrìtti  in  inverso  ordine  di  tempo.  Gli  AÀ.  concludono  che  il  lobo  frontale  ha 
azione  indiretta  sui  movimenti  coordinati,  specie  dell'arto  superiore  della  sede  opposta, 
che  i  sintomi  atassici  e  astenici  differiscono  solo  d' intensità  nelle  varie  condizioni  di 
estirpazione:  dissentono  dall'opinione  che  i  sintomi  che  seguono  T ablazione  del  lobo 
frontale  siano  effetti  a  distanza,  perchè  i  disturbi  atassici  dovrebbero  esser  transitori 
e  solo  dallo  stesso  lato  delPablazione,  mentre  non  dovrebbero  aggravarsi  i  disturbi  di 
coordinazione  al  lato  opposto,  nelle  estirpazioni  contro-laterali  ;  né  presentarsi  disturbi 
simili  a  quelli  consecutivi  alP  estirpazione  cerebellare  completa,  nelle  estirpazioni 
omolaterali.  Turchi. 

13.  F.  Tello,  La  régéneration  dans  Ub  voies  optiques.  —  «  Travaux  du  Laborstoire 

des  Recherches  biologiques  »,  tomo  V,  fase.  4. 

Le  ricerche  ed  i  risultati  dell*  A.  portano  un  nuovo  fatto  contro  alcuni  dettagli 
della  teoria  della  rigenerazione  autogena  delle  fibre  nervose:  perchè  Tello  nel  nervo 
ottico,  sezionato  nella  cavità  orbitale,  avrebbe  trovato  degli  evidenti  fatti  rigenera^ 
tivi.  Qui  però,  come  per  altre  parti  del  sistema  nervoso  centrale,  pare  che  i  fatti  di 
rigenerazione  non  si  compiano  con  altrettanta  vivacità  e  regolarità  che  nei  nervi 
periferici. 

Forse  dipende  da  ciò  che  mancano  le  cellule  di  Schwann,  le  quali  esercitano  una 
azione  direttiva  chemiotattica  sulle  fibre  rigenerate.  Appoggerebbe  questa  spiega- 
zione il  reperto  ottenuto  da  Tello  il  quale  nella  retina  sorprese,  dopo  il  taglio  del- 
l' ottico,  delle  fibre  di  nuova  formazione  che  prèndevano  un  cammino  retrogrado  diri- 
gendosi verso  lo  strato  dei  coni  e  dei  bastoncini. 

Le  ricorche  sono  state  condotte  sul  coniglio:  il  metodo  usato  fu  quello  di 
Cajal  al  nitrato  di  argento  ridotto:  nel  moncone  distale  dell' ottico  sezionato  i  fatti 
a  carattere  rigenerativo  compaiono  abbastanza  tardi: (cominciano  al  tredicesimo  giorno 
e  sono  più  marcati  al  40^):  anche  i  fatti  descritti  nella  retina  sono  manifesti  con 
qualche  chiarezza  solo  al  quarantesimo  giorno.  0.  Rossi, 

j^natomia  patologica. 

14.  Ij.  Brefirniann  et  J.  Steinhaiis,  Deux  cas  de  tnmeurs  de  Vhypophyse  et  de 

la  région  hypophysaire.  —  «  Journal  de  Neurologie  »,  voi.  12,  n.  16-17,   1907. 

Si  tratta  di  due  casi  studiati  dal  punto  di  vista  clinico  ed  ana  tomo-patologi  co, 
dai  quali  gli  AA.  prendono  occasione  per  esporre  le  loro  vedute  intomo  alla  natura 
di  alcuni  tumori  dell'  ipofisi  ed  alle  conseguenze,  ancora  così  poco  note,  della  lesione 
di  quest'organo.  La  prima  osservazione  si  riferisce  ad  una  donna  di  48  anni  che 
presentava  ì  sintomi  seguenti  :  disturbi  della  coscienza  e  apatia  profonda  ;  obesità  ; 
debolezza  generale;  disturbi  visivi;  emiplegia  alterna  del  tipo  W e b e r ;  atassia  del- 
l'arto superiore  paretico  ;  lievi  disturbi  della  fonazione  e  della  deglutizione.  Si  restò 
incerti  nella  diagnosi  tra  un  tumore  cerebrale  ed  una  encefalite  del  ponte  e  del 
peduncolo.  La  morte  avvenne  sei  settimane  circa  dopo  la  comparsa  dei  primi  sintomi. 
All'autopsia  fu  trovato  un  tumore  che  occupava  il  posto  dell'  ipolìsi  e  comprimeva  il 
peduncolo  sinistro,  il  ponte  e  la  bandelletta  ottica  sinistra.  Istologicamente  esso  pre- 
sentava la  struttura  di  quelle  neoplasie  che,  secondo  Erdheim,  prendono  origine  dagli 
avanzi  epiteliali  del  condotto  ipofisario  e  per  le  quali  gli  AA.  prQpongono  il   nome 


i78  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


di  «  epiteliomi  pavimentosi  dell'  ipofisi  ».  La  seconda  osservazione  riguarda  nna  bam- 
bina di  7  anni  che  presentava  i  seguenti  sintomi  principnli:  amanrosi  a  destra  e 
grave  ambliopia  a  sinistra,  con  atrofia  avanzata  bilaterale  dei  nervi  ottici  ;  emiparesi 
sinistra  ;  aumento  dei  riflessi  agli  arti  inferiori,  più  accentuato  a  sinistra  ove  esiste 
il  segno  di  Babinski;  tremore  degli  arti,  più  notevole  a  destra.  Anche  in  questo 
caso  si  notava  un  esagerato  sviluppo  del  pannicolo  adiposo.  La  morte  avvenne  dopo 
oltre  un  anno  dall'inizio  della  malattia.  All'autopsia  fu  trovato  un  grosso  tumore 
cistico  che  occupava  tutta  la  regione  tra  il  chiasma  e  il  ponte  e  si  estendeva  dai  due 
Iati  fino  ai  lobi  temporali  :  l' ipofisi  era  rimasta  intatta.  Anche  in  questo  caso,  come 
nel  precedente,  il  punto  di  partenza  della  neoplasia  era  rappresentato  dai  resti  del 
condotto  ipofisario. 

Queste  osservazioni  dimostrano  come  i  sintomi  caratteristici  delle  lesioni  delle 
ipofisi  e  della  regione  ipofisaria  siano  rappresentati  dai  disturbi  visivi  e  dai  disturbi 
trofici  :  i  primi  sono  dovuti  alla  compressione  del  chiasma  dei  nervi  ottici,  i  secondi, 
con  grande  probalità,  all'eccesso  o  al  difetto  funzionale  della  ghiandola  pituitaria. 
Gli  AA.  credono  che  non  sia  da  abbandonarsi  la  teoria  di  Marie  sopra  la  genesi 
ipofisaria  dell'acromegalia  e  trovano,  d'altra  parte,  nei  loro  casi  una  conferma  delle 
ipotesi  che  mette  in  relazione  l' ipofisi  con  l'obesità.  La  natura  di  questi  rapporti  è 
ben  lungi  dall'esser  chiarita,  ma  questo  non  deve  che  incoraggiare  gli  studi  tendenti 
a  determinarla.  Zalìa, 

15.  V.  Porli,  Su  di  un  caso  di  rammollimento  traumatico  del  corpo  calloso.  — 

«  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  voi.  XXXIII,  fase.  2-3. 

L'A.  prende  occasione  dal  caso,  unico  nella  letteratura,  per  richiamare  tutte  le 
questioni,  ben  lungi  dall'esser  risolte,  riguardanti  l'anatomia  del  corpo  calloso  e  il 
suo  rapporto  colle  funzioni  somatiche  e  psichiche,  quale  si  può  stabilire  coi  dati  della 
patologia (agenesia,  tumori,  lesioni  d'origine  vasale,  degenerazione  delle  guaine  midol- 
lari). Pone  poi  la  questione  se  i  disturbi  psichici  presentati  dall'individuo  osservato 
(in  cui  un  piccolo  focolaio  emorragico  era  ben  localizzato  sulla  linea  mediana,  a  livello 
dell'estremità  anteriore  dei  talami  ottici)  siano  dovuti  al  trauma  o  alla  emorragia 
che  ne  conseguì.  Le  psicosi  di  origine  traumatica  sono  tutt'  altro  che  uniche, 
(sebbene  la  forma  più  comune  sia  la  demenziale)  e  tutt'altro  che  rare.  L'A.  sebbene 
riconosca  che  le  lesioni  del  corpo  calloso  inducono  frequentemente  disturbi  psichici, 
propende  per  l'origine  traumatica  di  quelli  ossservati,  senza  trarre  però  deduzioni 
sull' importanza  del  corpo  calloso  nella  genesi  dei  fenomeni  psichici.  Turchi, 

16.  A.  Qlannelli,  Softening  of  the  genu  corporis  callosi.  —  «  Journal  of  mental 

Pathology  »,  voi.  Vm,  n.  2. 

Il  caso  descritto,  di  rammollimento  embolico  del  ginocchio  del  corpo  calloso, 
costituisce  una  rarità  anatomo-patologica,  esistendo  nella  letteratura  due  soli  casi 
di  tal  localizzazione  del  rammollimento,  uno  dei  quali  (di  Kaufmann)  non  studiato 
clinicamente.  L'altro  caso  (di  Marie-Guillain)  e  il  presente  permettono  di  rias- . 
sumere  la  fenomenologia  in:  assenza  o  non  gravità  dei  fenomeni  generali;  asso- 
ciazione di  lieve  emiplegia  di  un  lato  con  paralisi  dell'altro  lato;  disturbi  gra- 
dualmente accentuantisi  come  in  casi  di  emorragia  cerebrale;  lento  e  graduale 
mutamento  psichico  (irritabilità,  allucinazioni);  integrità   dei  nervi  cranici;   spasmi 


Anatoìnia  patologica  179 


bilaterali  più  accentuati  da  un  lato;  lieve  diminnzione  dei  riflessi  tendinei.  L^A. 
osserva  ancora  che  i  sintomi  da  rammollimento  o  compressione  del  corpo  calloso  non 
offirono  criteri  snfScienti  per  la  diagnosi  precisa  di  sede:  le  tetraplegìe  sono  dovute 
a  compressione  o  distruzione  delle  fibre  che  passano  per  la  capsula  intema  o  per  il 
nucleo  lenticolare,  ma  se  esistesse  dissociazione  dei  sintomi,  cioè  paresi  di  uno  degli 
arti  superiore  o  inferiore,  di  una  o  di  ambedue  le  parti,  la  lesione  avrebbe  sconfinato 
e  lederebbe  le  fibre  del  centro  ovale.  Segno  patognomonico  di  tumore  del  ginocchio 
del  corpo  calloso  potrebbe  essere  la  deviazione  del  capo  dal  lato  emiplegico,  con 
contrattura  dei  muscoli  della  nuca  e  del  collo:  inoltre  un  criterio  per  localizzazione 
più  precisa  sarebbe  la  natura  dei  disturbi  psichici  che  sempre  si  osservano  in  questi 
casi  e  consistenti  in  sintomi  d' indebolimento  psichico  se  la  lesione  è  anteriore,  com- 
parsa di  idee  deliranti  se  la  lesione  è  posteriore.  Ancor  più  sostenibile  la  localizza- 
zione anteriore  se,  mancando  ogni  anestesia  delle  parti  paretiche,  esistesse  un  difetto  di 
sintesi  psichica  per  le  sensazioni  dolorifiche  provocate.  Nel  caso  descritto  oltre  al 
rammollimento  embolico,  recente,  esiste  una  vecchia  lesione  della  parte  anteriore  del 
putamen  destro  e  del  crus  anterior  capsulae  intemae,  lesione  che  aveva  portato  il 
riso  spastico,  scomparso  dopo  Inaccesso  apoplettiforme  con  cui  si  iniziarono  i  sin- 
tomi motori.  Turchi, 

17.  T.  Cortesi,  Tumore  cerebrale  del  lobo  pre frontale  sinistro.  —  «  Il  Mor- 
gagni »,  n.  8,  1908. 

Si  trattava  d*  un  grosso  endotelioma  della  dura  madre  che  schiacciava  i  due 
terzi  posteriori  della  prima  circonvoluzione  frontale  e  spostava  e  comprimeva  le  cir- 
convoluzioni adiacenti,  seconda  e  terza  frontale  ascendente,  il  centro  ovale  e  i  nuclei 
della  base.  Sìntoma  fondamentale  in  vita  il  deperimento  lento  e  continuo  dell'in- 
telligenza: su  questo  fondo  demenziale  si  disegnavano  i  sintomi  di  focolaio,  quali 
accessi  epilettiformi,  emiparesi  destra,  disturbi  del. linguaggio.  I  sintomi  psichici 
consistevano  in  un  profondo  torpore  intellettuale,  una  specie  di  letargo,  dal  quale 
r  infermo  era  ridestato  solo  per  gli  stimoli  vivaci  e  diretti  ed  una  emotività  esage- 
gerata.  Nessuno  di  tali  sintomi  presentati  dal  malato  poteva  ascriversi  in  particolar 
modo  ai  lobi  prefrontali  e,  d' altra  parte,  non  se  ne  presentava  alcuno  di  quelli  che 
si  ritengono  caratteristici  dei  tumori  di  questa  regione,  quali  il  cambiamento  di  carat- 
tere, la  tendenza  al  motteggio,  l'euforia.  Strigo. 

:N'evropatologla. 

18.  K.  Abraham,  Beitràge  zar  Kenntnis  der  motori Hchen  Apraxie  giuf  Grand 
eines  Falle»  von  einseitiger  Apraxie.  —  «  Centralblatt  fiir  Nervenheilkunde  und 
Psychiatrie  »,  N.  232-233,  1907. 

L'A,  riferisce  dettagliatamente  la  storia  clinica  di  un  individuo  di  60  anni,  che 
ha  presentato  dopo  un  insulto  apoplettiforme,  cui  segui  una  emiparesi  transitoria, 
una  serie  di  accessi  passeggieri  durante  i  quali  presentava,  con  una  certa  varietà 
nella  durata,  nella  entità  e  quantità  dei  sintomi,  un  complesso  consistente  in  :  dif- 
ficoltà a  intendere,  trovare  e  anche  a  ripetere  le  parole  ;  difficoltà  alla  lettura  e  sua 
comprensione;  quasi  completa  agrafia;  disartria  nel  senso  di  sgrammaticatura  del 
linguaggio;  emianopsia  e  incapacità   di   riconoscere  col  tatto  gli  oggetti   che   pure 


180  Rivista  di  Patologia  mrvom  e  mentale 


riconosce  otticamente  e  sa  nominare:  si  nota  inoltre  che  i  moYimenti  delle  estre- 
mità sinistre  si  compiono  regolarmente  mentre  quelli  delle  destre  sono  disadatti,  e 
disordinati.  Il  paziente  comprende  ordini  scritti  e  verbali,  neir obbedire  all'ordine 
non  dimentica  il  proposto  come  in  caso  di  aprazia  ideatoria.  L' attenzione  e  la  memo- 
ria sono  intatte  perchè  se  fosser  lese  dovrebbero  notarsi  disordini  dalle  due  parti. 
Così  p.  e.  dovendo  pulire  una  scarpa,  il  paziente  colla  mano  sinistra  penetra  nella 
scarpa  stessa,  tentando  di  obbedire  al  comando  colla  mano  nuda  invece  che  colla  spaz- 
zola che  ^lì  ha  riconosciuta  e  nominata.  Dovendo  indossare  una  veste  da  camera, 
dopo  aver  bene  eseguito  il  movimento  col  braccio  sinistro,  non  sa  fare  altrettanto 
col  destro,  perchè  cerca  la  manica  o  nelF  estremità  inferiore  della  veste,  o  nella  tasca, 
inquietandosi  per  non  riescire  air  intento  di  indossare  la  veste.  Il  paziente,  che  nei 
periodi  interaccessuali  si  meraviglia  dei  propri  errori,  commettendoli  non  cerca  di 
correggerli,  perchè  non  si  accorge  della  propria  aprassia,  come  se  fosse  un  demente 
unilaterale  che,  astrazion  fatta  dall'errore  secondario,  compia  eupratticamente  i  pro- 
pri movimenti  e  conservi  la  memoria  del  fine  proposto.  Esaminata  la  letteratura  dei 
Casi  di  aprassia,  TA.  dice  che  non  crede  di  poter  unire  il  proprio  caso  a  nessuno 
dei  gruppi  delle  aprazie  quali  sono  stati  stabiliti  p.  e.  da  Heilbronner  e  ritiene  che 
si  tratti  di  una  alterazione  psichica  che  si  manifesta  nell' agire  della  parte  destra  del 
corpo,  alterazione  che  consiste  nell'isolamento  della  parte  stessa  dal  normale  con- 
trollo psichico,  e  che  non  è,  perciò,  una  lesione  a  focolaio,  della  quale,  inoltre,  dovreb- 
bero riscontrarsi  anche  sintomi  a  distanza.  Se  una  lesione  interessa  un  centro  legato 
a  una  determinata  funzione  non  ne  segue  soltanto  1'  alterazione  di  quella  funzione, 
ma,  poiché  tal  centro  partecipa  con  altri  centri  a  regolare  altre  funzioni,  segue  an- 
che una  alterazione  della  funzione  regolata  da  tal  insieme  dì  centri  {diaschisis  di  Mo- 
nakow).  E  ad  un  disturbo  per  diaschisis  della  funzione  d'insieme,  cui  partecipa  il 
centro  leso  attribuisce  il  complesso  di  sintomi  dell'aprassia  mentre  alla  lesione  del 
centro  attribuisce  gli  altri  disturbi  concomitanti.  La  sezione  non  ha  rivelato  nulla 
di  notevole  oltre  a  una  spiccata  atrofia  arteriosclerotica  del  mantello  cerebrale,  atrofia 
ben  più  marcata  all'  emisfero  sinistro  e  in  ispecial  modo  al  lobo  centrale.  Conclude, 
contro  Liepmann  che  localizza  l'aprassia  al  lobo  occipitale,  che  ogni  localizza- 
zione è  assai  discutibile,  potendo  l'aprassia  interpretarsi,  secondo  le  sue  manifesta- 
zioni, che  sono  o  gradualmente  crescenti,  o  accessuali,  o  come  effetto  di  un  progres- 
sivo avanzare  di  un  processo  diflfuso,  o  come  effetto  di  lesione  limitata,  come  deve 
supporsi  si  sia  verificato  nel  caso,  il  quale  insegna  come  1'  aprassia  non  si  presenti 
mai  pura,  ma  come  ad  essa  possano  uni]:si  molti  altri  componenti,  e  fra  questi  anche 
un  componente  psichico  che  finora  non  ha  sufficientemente  richiamato  l'attenzione 
degli  osservatori.  Turchi. 

19.  O.  F.  V.  Vleuten,  Linksseitige  motorische  Apr accie.  Ein  Beitrag  zur  Phy- 
Biologie  des  Balkens.  —  Allgemeine  Zeitschrift  fflr  Psychiatrie  ».  Bd.  64, 
H.  2-3,  1907. 

In  un  individuo  di  55  anni,  sano  per  l'innanzi,  si  stabilì  una  sindrome  cere- 
brale che  andò  progressivamente  aggravandosi  ed  ebbe  esito  letale  pochi  mesi  dopo 
il  suo  inizio.  Trai. sintomi  della  malattia,  che  l'A.  espone  in  una  storia  molto  esatta 
e  dettagliata,  meritano  di  essere  rilevati  i  seguenti.  L'intelligenza,  dapprima  ben 
conservata,  andò  lentamente  deperendo,  fino  ad  aversi  uno  stato  di  torpore  intellet- 
tuale profondo  ;  a  carico  della  loquela  si  notava,  nei  primi  tempi,  una  certa  difficoltà 


Nevropatoloqia  \  81 


a  trovare  i  Tocaboli  adatti,  in  seguito  si  fece  eTidentissimo  il  fenomeno  della  eco- 
lalia; in  special  modo  importanti  sono  i  fatti  che  riguardavano  la  motilità  :  disturbi 
aprassie!  ben  distinti,  dapprima  limitati  agli  arti  di  sinistra,  in  seguito  diffusi,  però 
in  grado  assai  minore,  agli  arti  di  destra;  tremore  delFarto  superiore  destro,  il  quale 
presentava  altresì  molto  accentuato  il  fenomeno  della  persever azione  tonica  (Liep- 
mann)  delle  contrazioni  volontarie.  I  fatti  di  paralisi  mancarono  per  quasi  tutto  il 
decorso  della  malattia:  solo  negli  ultimi  tempi  divenne  paretico  l'arto  superiore  di 
destra. 

Alla  necroscopia  si  trovò  un  grosso  tumore  (sarcoma)  che  si  estendeva  preva- 
lentemente nella  parte  mediana  dell'emisfero  cerebrale  sinistro  ed  aveva  distrutto  la 
sostanza  bianca  del  gyrus  calìosus-marginalis,  il  corpo  calloso  quasi  nella  sua  tota- 
lità e  la  sostanza  midollare  della  prima  circonvoluzione  frontale  sinistra. 

La  imponente  sindrome  clinica  deve  quindi  mettersi  in  rapporto  con  la  distru- 
zione del  corpo  calloso,  poco  avendo  potuto  influire  nel  determinarla  il  lieve  inte- 
ressamento della  sostanza  bianca  del  lobo  frontale.  Tra  i  componenti  di  questa  sin- 
drome l'A.  prende  in  speciale  considerazione  il  fenomeno  aprassia  che  si  aveva  dallo 
stesso  lato  in  cui  prevalevano  le  lesioni  cerebrali  e  doveva  essere  attribuito  alla  sem- 
plice interruzione  della  comunicazione  tra  i  due  emisferi. 

La  spiegazione  di  questo  fenomeno  appare  evidente  quando  si  ammetta  con  Liep- 
mann  che  il  centro  cerebrale  sinistro  per  l'arto  superiore  di  destra  agevoli,  attra- 
verso al  corpo  calloso,  la  funzione  del  centro  cerebrale  destro  per  l'arto  di  sinistra: 
infatti  essendo  interrotti  i  fasci  del  corpo  calloso  mancherà  questa  azione  del  centro 
sinistro  sul  destro  e  si  avrà  una  aprassia  isolata  dal  lato  sinistro.  In  questo  senso  il 
caso  descritto  realizza  esattamente  la  interruzione  4  dello  schema  ipotetico  di  Li  e  p- 
mann.  Esso  contraddice  anche  alla  ipotesi  di  Pierre  Marie,  che  cioè  l'aprassia 
rappresenta  sempre  un  disturbo  dell'intelligenza,  una  perdita  di  idee. 

Il  lavoro  brevemente  riassunto,  che  è  corredato  di  numerose  figure  semische- 
matiche  e  di  una  tavola  fuori  testo,  porta  senza  dubbio  un  notevole  contributo  alla 
dottrina  dell'aprassia  ;  sarebbe  stato  desiderabile  per  altro  che  l'A.  avesse  un  po'  in- 
sistito sul  fenomeno  della  perseverazione  tonica  dalle  contrazioni  volontarie,  il  quale 
pure  si  sarebbe  prestato  a  importanti  considerazioni.  Zalla, 

2<).  N.  Nonne,  Ueher  Falle  von  benignen  Himhauttumoren  ;  iiher  afypisch  ver- 
ìaufene  Falle  von  Hirnabzess  sowie  tveitere  klinische  und  anatomische 
lìeitràge  zur  Frage  vom  €  Pneudotumor  cerehri  ».  —  «  Deutsche  Zeitschrift 
fflr  Nervenheilkunde  »,  Bd.  33,  H.  5-6,  1907. 

È  una  esposizione  sincera  di  errori  diagnostici,  imputabili  alla  deficienza  degli 
attuali  metodi  d' indagine,  fatta  con  lo  scopo  di  dimostrare  la  necessità  di  uno  studio 
diretto  a  permettere  il  riconoscimento  di  forme  morbose  di  fronte  alle  quali  la  terapia 
non  sempre  riuscirebbe  impotente.  —  L'A.  comincia  col  descrivere  quattro  casi  di 
endotelioma  della  dura  madre  che,  ove  fossero  stati  diagnosticati  in  vita,  avrebbe^» 
potuto  essere  operati  con  grande  probabilità  di  successo  ;  dal  loro  studio  risulta  che 
nella  diagnosi  di  tumore  endo-cranico  superficiale  si  deve  dar  molto  valore  alla  dolo- 
rabilità del  cranio  alla  percussione,  quando  essa  sia  e  rimanga  costantemente  circo- 
scritta, e  che  d'altra  parte  non  deve  mai  trascurarsi,  nei  casi  sospetti,  la  trapanazione 
esplorativa  del  cranio.  —  In  un'altro  caso,  in  cui  pure  l' intervento  chirurgico  sarebbe 
stato  indicato,  l'autopsia  rivelò   un    ematoma   pachimeningitico   della   dura    madre, 


182  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

mentre  in  vita  era  stata  fatta  la  diagnosi  di  tumore  cerebrale  maligno  :  era  notevole 
in  esso  la  mancanza  di  ogni  causa  apprezzabile  di  meningite  emorragica  (sifilide,  al- 
coolismO;  tubercolosi,  trauma).  —  Seguono  due  casi  in  cui  non  potè  essere  riconosciuta 
in  vita  resistenza  di  un  ascesso  cerebrale  ;  nel  primo  mancava  per  l'ascesso  ogni  causa 
riconoscibile,  nel  secondo  l'ascesso,  che  occupava  il  lobo  frontale,  doveva  essere  messo 
in  rapporto  con  una  atite  media  guarita  già  da  molti  anni,  in  ambedue  i  casi  era 
esistita  un  tipica  papilla  da  stasi,  fatto  eccezionale  negli  ascessi  cerebrali.  —  Altre 
forme  morbose  che  offrono  alla  diagnosi  delle  difficoltà  insormontabili  sono  quelle 
che  decorrono  col  quadro  clinico  di  un  tumor  cerebri  e  che  o,  contro  ogni  aspet- 
tativa, volgono  a  guarigione,  oppure  conducono  a  morte  dando  all'autopsia  un  reperto 
affatto  negativo.  L'A.  descrive  6  di  questi  casi,  tre  guariti  e  tre  con  esito  letale:  in 
questi  ultimi  era  esistita  papilla  da  stasi  ;  degna  di  menzione  è  pure  la  frequenza 
della  paralisi  di  alcuni  muscoli  oculari.  L' ipotesi  di  Hoppe  che  questi  casi  di 
pseudo-tumor  cerebri  dipendano  da  un  idrocefalo  acquisito,  non  è  confermata  dai 
reperti  delle  autopsie.  È  sperabile  che  i  molti  fatti  analoghi,  osservati  dai  neurologi,, 
vengano  pubblicati,  perchè  dal  loro  insieme  si  possano  trarre  dei  caratteri  utilizzabili 
per  la  diagnosi.  ZaUa, 

21.  M.  'EggeTy  La  bare»théHÌe.  —  «  Revue  neurologique  »,  n.  12,  1907. 

I  disturbi  della  sensibilità  alla  pressione  sono  frequenti,  ma  molte  volte  non  ven- 
gono rilevati  perchè  possono  coesistere  con  una  sensibilità  tattile  in  apparenza  nor- 
male. La  maggior  parte  dei  fisiologi  e  clinici  che  si  sono  occupati  delle  alterazioni 
barestesiche,  le  considerarono  come  disturbi  della  sensibilità  tattile:  per  essi  la  pres- 
sione non  sarebbe  che  una  modificazione  quantitativa  del  tatto.  Questo  modo  di  ve- 
dere fu  combattuto  da  Strflmpell  il  quale  separò  decisamente  la  sensibilità  tattile 
dalla  sensibilità  alla  pressione,  concludendo  però  che  la  pelle  ha  un'importanza  affatto 
trascurabile  nella  valutazione  della  pressione,  la  quale  è  avvertita  dai  tessuti  profondi 
come  le  aponeurosi,  i  tendini,  i  muscoli,  il  periostio.  L'A.  invece,  dopo  una  serie  di  ri- 
cerche minuziose,  trovò  che  la  recettività  alla  pressione,  sta  in  ragione  inversa  della 
densità  del  tessuto,  è  massima  cioè  nella  pelle  e  minima  nell'osso.  E  questo  avviene 
perchè  più  il  tessuto  è  elastico,  più  il  corpo  che  esercita  la  pressione  affonda  in  esso 
det^ìrminando  una  serie  di  linee  radiali  di  trazione  che  servono  ad  aumentare  indi- 
rettamente la  superficie  stimolata. 

Le  esperienze  di  Strftmpell,  secondo  l'A,  non  possono  avere  un  valore  decisivo 
perchè  fatte  sollevando  in  pliche  la  pelle  lassa  dell'  addome  di  donne  multipare»  il 
qual  tessuto  non  si  può  considerare  certamente  in  condizioni  fisiologiche  normali.  Se 
poi  la  barestesia  si  dovesse  considerare  tra  le  sensibilità  profonde,  la  sua  mancanza 
coinciderebbe  naturalmente  con  l'abolizione  del  senso  delle  posizioni  e  delle  sensi- 
bilità ossee,  il  che  non  è  dimostrato  dalla  pratica. 

L'A.  riservandosi  di  ritornare  sulla  questione  conclude  affermando  che  la  bare- 
stesia è  una  sensibilità  superficiale;  il  suo  organo  fisiologico  è  la  pelle;  la  sensazione 
della  pressione  è  data  dal  contatto  diretto  e  dai  punti  di  trazione  eccitati  indiret- 
tamente. I  tessuti  profondi  come  i  muscoli,  i  tendini,  il  periostio,  sono  solamente 
sensibili  alle  pressioni  brutali  determinanti  una  sensazione,  che  si  avvicina  alla  sen- 
sazione generale  di  dolore.  La  via  conduttrice  della  barestesia  è  il  cordone  posteriore. 

Sanati, 


Nenropatologia  \S3 


22.  P.  SoUier,  Hystérie  et  Sommeil,  (Théorie  physiologiqne  de  rhysterie).  —  «  Ar- 
chives  de  Neurologie  »,  n.  5-6,  1907. 

L*A.  dichiarata  l'insostenibilità  della  teoria  psicologica  dell' isterismo,  quale  è 
stata  fonnulata  soprattutto  da  Claparède,  poiché  mal  si  spiegano  con  tale  teoria 
certi  fatti  del  grande  isterismo,  quali  i  disturbi  vasomotori,  secretori,  trofici,  e  gli 
accidenti  viscerali,  si  propone  di  enuncianie  una  che  possa  invocarsi  a  spiegazione  di 
tutte  le  manifestazioni  di  tal  malattia.  Ricordato  come  possiamo  distinguere  il  cer- 
vello  in  cervello  organico,  postero-laterale  (sede  dei  centri  motori,  sensitivi,  senso- 
riali ecc.)  e  cervello  psichico,  anteriore,  (sede  di  appercezione,  memoria,  evocazione,  sintesi 
della  personalitÀ)  dice  che  se  supponiamo  interrotto  uno  dei  centri  organici,  p.  e.  quello 
del  braccio,  poiché  tal  centro  è  motore,  sensitivo  e  psico-motore,  ne  verrà  di  conseguenza 
la  paralisi,  la  perdita  della  sensibilità  e  della  rappresentazione  mentale  del  movi- 
mento. Se  tale    interruzione  è  solo  parziale,  gli   stimoli   periferici  giungeranno   ad 
eccitare  le  reazioni  subcoscienti,  insufficienti  alla  produzione  del  movimento  e  della 
sensazione  cosciente.  Con  tal  interruzione  sono  lese  le  comunicazioni  e  colla  periferia 
e  col  centro  psichico,    mentre  le  altre   vie  sono    pervie  e  funzionano   regolarmente, 
così  che  r  individuo  ha  la  sensazione  come  di  sdoppiamento  della  propria  personalità, 
mentre  il  campo  di  coscienza  è  diminuito,  e  la  sintesi  delle  impressioni  incompleta. 
Nelle  manifestazioni  isteriche  accade  che  più  centri  siano  inibiti,  tutti  in  mag- 
giore 0  in  minor  grado  fino  a  inibizione  completa,  mentre  di  altri  continua  il  retto 
funzionamento.  Dalle  svariatissime  combinazioni   possibili  sia  per   numero  di  centri 
lesi,  sia  per  grado,  ed  estensione  di  lesione  nei  centri  singoli,  dipendono  le  molte- 
plici  manifestazioni    dell'isterismo,   transitorie,    parossistiche  e  permanenti.  Ma  la 
grande  isteria,  a  manifestazioni  multiple,  è  accompagnata  costantemente  da  insonnia. 
Ora, poiché  nessuno  può  resistere  per  tanto  tempo  all'insonnia,  senza  risentirne  grave 
danno,  conviene  ammettere  che  tali  malati  godano  di  un  sonno  patologico.  E  lo  spe- 
ciale stato  di  torpore,  di  anestesia,  di  vigilambulismo  provano  che  l'individuo  si 
trova  in  istato  di  sonno  patologico.  Non  solo,  ma  provocando  un  sonno  più  profondo 
coir  ipnosi,  sì  hanno  dai   pazienti   risposte  che  attestano  lo  stato  loro  di  sonno,  e 
ridestandoli  con  brusche  eccitazioni,  cercando  di  ricondurre  colla  suggestione  il  paziente 
a  vivere  una  vita  che  si  ricolleghi  direttamente  colla  sua  vita  normale,  quella  vissuta 
prima  dell'inizio  della  grande  isteria,  mentre  si  guarisce  l'ammalato,  se  ne  ricosti- 
tuisce la  personalità  morale,  come  se  la  vita  fosse  decorsa  regolarmente,  attraversata 
da  un  sonno  di  mesi  e  di  anni,  invece  che  di  poche  ore.  E  i  pazienti  hanno  la  stessa 
sensazione,  vivendo  la  vita  normale,  che  avremmo   noi  se   dormissimo  48   ore:  che 
non  sapremmo  convincerci  di  non  esser  all'  indomani  del  giorno  in  cui  ci  coricammo. 
E  nell'individuo  ridestatosi  alla  vita  normale,   riprendono  le  funzioni   vegetative  e 
psìchiche,  pur  provocando  un  senso  di  torpore,  reazioni  sensitive  motrici  o  sensoriali, 
quasi  le  parestesie  che  si  soffrono  al  ritorno  della  funzione  a  un  braccio  intorpidito 
P-  e.  dal  freddo. 

E  ad  ogni  centro. leso,  ossia  torpido,  inibito,  addormentato,  corrisponde  uno  spe- 
ciale sintoma  obbiettivo  e  soggettivo  più  o  meno  persistente  e  grave  a  seconda  della 
persistenza  e  gravità  della  lesione.  E  la  somma  di  varie  inibizioni  costituisce  appunto 
1  isterismo,  concepito  dunque  dall' A.  come  uno  stato  di  sonno  patologico  dei  centri, 
non  uguale  al  normale  (ne  ripete  infatti  una  causa  diversa:  shock  traumatici,  difetto 
di  funzione  periferica,  emozioni)  ma  che  come  il  nonnaie  può  esser  interrotto  da  ecci- 
^zioni  esteme  fisiche  (meccanoterapia  ecc.)  e  psichiche  (suggestione)  più  o  meno  vio- 


i84  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


lente,  a  seconda  della  profondità  del  sonno  stesso,  durante  il  quale  i  centri  torpic 
non  sono  esclusi  dalla  partecipazione  dell*  attività  cerebrale  generale,  come  prova  1 
persistenza  della  funzione  subcosciente.  In  conclusione  l' isteria  è  uno  stato  di  dim 
nuita  attività  (da  leggera  diminuzione  a  inibizione  completa)  dei  centri  funziona 
della  corteccia  cerebrale,  esagerazione  del  fatto  fisiologico  del  sonno,  nel  senso  che  pi: 
occupare  tutta  la  corteccia,  e  durare  indefinitivament^.  Turchi. 

23.  P.  Timpano,  A  case    of  hysteria   simulating  the  sindrome  of  Brofcn-Si 

quard.  —  «  Journal  of  mental  Pathology  »,  voi.  Vili,  n.  1. 

Donna  di  20  anni,  da  madre  nevropatica,  essa  stessa  di  carattere  irritabile 
impressionabile.  Riceve  una  forte  impressione  vedendo  inferire  un  colpo  di  colteli 
alla  spalla  di  un  uomo,  per  cui  cade  priva  di  sensi:  ritornata  in  sé  offre:  l)a]la  mei 
destra  del  corpo  una  totale  emianestesia  tattile,  dolorifica  e  termica  dell'  arto  inf 
riore  e  dell'addome  fino  all'altezza  di  8  cm.  sopra  l'ombellico:  il  senso  muscolai 
è  normale,  come  il  riflesso  alla  luce  ed  accomodazione;  assente  il  riflesso  piantar 
diminuito  il  rotuleo  :  normali  i  movimenti  attivi  e  passivi  delle  due  estremità,  co 
lieve  diminuzione  della  forza  muscolare  dell'  arto  superiore  :  2)  alla  metà  sinistra  un 
emiplegia  di  tutto  l'arto  inferiore;  le  sensibilità  sono  normali,  fuorché  qualche  pi< 
cola  zona  di  ipoestesia  al  torace  e  all'  arto  paralizzato,  nel  quale  è  diminuita) 
senso  muscolare;  è  accentuato  il  riflesso  alla  luce  e  accomodazione,  esagerato  il  rifles^ 
rotuleo,  diminuito  il  plantare;  si  nota  inoltre:  campo  visivo  ristretto,  discromatopsi 
per  il  verde,  abolizione  del  riflesso  faringeo:  psichicamente  depressione,  preoccupi 
zione,  con  fobia  per  le  malattie  contagiose  e  la  solitudine. 

Il  quadro  comparso  improvvisamente  è  scomparso  improvvisamente  dopo  20  giom 
Se  fosse  dovuto  a  lesione  organica  essa  dovrebbe  localizzarsi  nel  midollo  spinale 
sinistra,  fra  l' ultima  vertebra  toracica  e  la  prima  lombare.  Nello  stesso  punto  deve  1( 
calizzarsi  la  lesione  funzionale,  a  determinare  la  quale  ha  contribuito,  secondo'  l'A. 
una  tara  ereditaria  neuropatica,  e  lo  spavento  subito  per  cui  la  paziente  riport 
una  emozione  tale  come  se  essa  fosse  realmente  stata  passiva  del  colpo  di  colteli 
alla  schiena:  e  dovendosi  escludere  un  disturbo  funzionale  locale  di  natura  rifless 
per  la  mancanza  di  traumi  diretti  o  indiretti,  la  lesione  funzionale  che  ha  portat 
tal  sindrome  di  Brown-Sé quard  d'origine  psichica,  consiste  in  un  fatto  di  inibi 
zione  dei  centri  sensitivo-motori.  Turchi. 

24.  B.  Bycho'wski,  Zur  Phànomenoìogie  der  cerehralen  Hemiplegie,  —  «  Neun 

logisches  Centralbatt  »,  N.  4,  1907. 

25.  J.  Grasset,   Un  signe  de  paralysie  du  memore  in  férieur  :  possibili  fé  de  san 

lever  isolément  le  memore  paralysé,  aree  impossihiliié  de  soulever  simulto 
nément  les  deux  memhres  inférieurs,  —  «  RcH'ue  neurologique  »,  n.  6,  1901 

Nelle  emiparesi  organiche  l'ammalato  stando  supino  sul  letto  non  riesce  mai 
sollevare  contemporaneamente  i  due  arti  inferiori,  mentre  può  benissimo  sollevarn 
prima  l'uno  e  poi  l'altro.  Questo  sintonia,  che  è  rilevabile  anche  in  emiparesi  d 
lieve  grado  e  che  si  riscontra  secondo  Grasset  e  Gaussel  tanto  nelle  paresi  ceri 
brali,  come  in  quelle  midollari  e  secondo  Bychowski  solo  nelle  cerebrali,  fu  ossei 
vato  dai  suddetti  AA.  quasi  contemporaneamente.  Ora  Grasset  ritorna  sull' argc 
mento   per  spiegare   la  patogenesi  del  fenomeno  e    combattere  la   teoria  emessa   i 


Nevropatologia  1 85 


proposito  dal  Bychowskì.  Quest*  ultimo  sostiene  che  nelle  lesioni  organiche  di  un 
emisfero,  l'altro  emisfero  supplisce  il  primo  esercitando  un'azione  omo  e  contro-la- 
terale, e  perciò  nel  sollevare  un  sol  arto  inferiore  tutta  l' attività  dinamica  dell'emi- 
sfero sano  si  porta  su  questo  movimento,  nel  sollevare  invece  contemporaneamente  i 
due  arti  inferiori,  l'attività  si  divide  tra  i  due  arti  e  per  questo  produce  risultati 
meno  intensi  e  quindi  insufficienti  allo  scopo. 

Grasset  è  di  opinione  assolutamente  contraria.  La  patogenesi  del  sintoma  è  pura- 
mente meccanica.  Quando  un  ammalato  sta  in  posizione  supina  sul  letto  e  solleva  un 
arto  inferiore,  prende  come  punto  d'appoggio  l'altro  arto  ed  il  tronco,  quando  invece 
solleva  contemporaneamente  i  due  arti  deve  prendere  come  punto  d'appoggio  solo  il 
tronco.  In  questo  modo  si  può  comprendere  come  tale  prova  riesca  a  mettere  in  ri- 
lievo una  diminuzione  di  forza  anche  di  lieve  grado  e  quindi  una  emiparesi. 

Sandri. 

26.  P.  Bonnler,  Trouhles  oculomoteurs  par  intoxicaiion  rachi-labirintique,  — 
«  Révue  neurologique  »,  n.  6,  1907. 

In  un  recente  articolo  sulla  paralisi  dell' oculomotore  estemo  da  iniezioni  per 
la  via  cefalo-rachidea  F.  Lévy  e  A.  Baudain  riportano  un  certo  numero  di  osser- 
Tazioni  di  paralisi  transitorie  del  VI  paio,  in  seguito  ad  iniezioni  lombari  di  stovaina 
e  di  novocaina  e  due  casi  personali  per  iniezioni  nel  lago  basilare  di  alcool,  cloroformio, 
cocaina.  Gli  AA.  non  sanno  trovare  la  ragione  di  questa  speciale  suscettibilità  del 
VI  paio,  e  richiamano  su  di  essa  l'attenzione  dei  nevropatologi  e  degli  oculisti. 

L'A.  ili  modo  semplicissimo  spiega  le  ragioni  di  questa  vulnerabilità.  Il  tossico 
iniettato  in  un  punto  qualunque  della  massa  liquida  cefalo-rachidea  penetra  nella 
cavità  labirintica,  e  si  trova  colà  in  contatto  con  l'ampolla  del  fondo  dell'orecchio  che  è 
^  piti  sensibile,  la  più  nuda  e  la  meno  difesa  delle  parti  nervose  che  bagna  il  liquido 
intossicato.  Nulla  di  strano  dunque  che  un'irritazione  speciale  dell'ampolla  vesti- 
ci are  si  ripercuota  direttamente,  per  l'intermediario  del  nucleo  di  Deiters,  sull'ap- 
parecchio motore  oculare  che  è  con  esso  immediatamente  collegato,  e  cioè  sul  VI  paio 
dello  stesso  lato.  Sandri, 

27.    Xj.  B.  Bregrmann,   Ueber  aleute  Ataxie,  —  «  Deutsche  Zeitschrift  fftr  Nerven- 
leilkunde  »,  Ed.  33,  H.  5-6,  1907. 

Sotto  il  nome  di  atassia  acuta  viene  compresa  una  serie  di  quadri  morbosi  che 

"*nno  per  carattere  comune  l'atassia,  ma  che  si   distinguono   per  molti    riguardi 

^^*    oni  dagli  altri.   Da  un  lato  vi  vengono  annoverati  dei  casi  di   neurit«  multipla 

^^^tyneuritis  ataxica\  dall'altro  dei  casi  in  cui  le  lesioni,  vascolari  o  encefalitiche, 

h*iiiio  una  sede  centrale:  talora  si  tratta  di  lesioni  del  cervello  {Ataxia  cerebrali» 

^C9€ta\  talora  di  lesioni  cerebellari  {Ataxia  cerehellaris  acuta).   Esiste  anche  una 

^orxiia  cerebro-spinale  di   atassia  acuta  (Luthje),  caratterizzata  dalla  paralisi  degli 

^nnt^ri,  da  disturbi  della  sensibilità  e  dalla  mancanza  dei  riflessi  patellari.  I  casi  di 

'^ta.&gia  cerebellare  acuta  hanno  per  carattere  comune   l'assenza  di   alterazioni  della 

**^^sibilità,  specie  della   sensibilità  profonda,  la  quale  .è  sempre  colpita  nelle  forme 

P^^ferica  e  cerebrale.  Per  stabilire  un  diagnostico  differenziale  tra  queste  due  ultime 

^*^Tnie  di  atassia  acuta  valgono  i  criteri  seguenti  :  i  riflessi  tendinei  sono  aboliti  nella 

donila  periferica,  conservati  nella    centrale  ;   nella  prima  sono  dolenti  alla  pressione. 


186  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


e  talora  anche  spontaneamente,  i  tronchi  nervosi  ed  i  muscoli,  ed  esistono  inoltre 
dei  fenomeni  paralitici,  sia  pur  lievi,  a  tipo  periferico  ;  le  alterazioni  della  sensibi- 
lità sono  poco  accentuate  nella  forma  periferica  e  interessano  la  sensibilità  cutanea 
a  preferenza  della  sensibilità  profonda.  A  queste  considerazioni  generali  intorno  al- 
r  atassia  acuta,  V  À.  fa  seguire  la  descrizione  di  due  casi  clinici,  dei  quali  il  primo 
si  riferisce  ad  una  forma  cerebellare  ed  il  secondo,  che  presentava  dei  caratteri  in- 
termedi tra  la  forma  cerebrale  e  la  periferica,  è  atto  a  dimostrare  come  in  pratica 
non  siano  sempre  sufficienti  i  criteri  clinici  indicati  per  stabilire  una  sicura  diagnosi 
differenziale.  Zalìa, 

28.  Fortunati  e  Q.  Mingrazziiii)  Contributo  clinico  allo  studio  della  ^neuritis 

optica  familiaris  (hereditana)  ».  —  <  Policlinico  »,  anno  XV,  n.  3,  1908. 

Intorno  alla  neuritis  optica  here  ditari  a  poco  &ncoT&  si  è  scritto:  in  Italia  poi, 
nessuno,  fatto  eccezione  di  Rampoldi,  se  ne  è  occupato.  Così  che  lo  studio  di  questa 
malattia  è  ancora  pieno  di  incertezze  e  lacune.  Gli  AA.  che  ebbero  occasione  in 
Roma  di  curarne  diversi  casi,  riferiscono  la  storia  di  quattro  di  essi,  (due  coppie  di 
fratelli),  interessantissimi  in  special  modo  perchè  né  negli  antecedenti  dei  malati  ne 
nei  discendenti  vi  era  alcuno  che  avesse  sofferto  di  tale  malattia.  Donde  gli  AA.  cre- 
dono più  corretto  parlare,  nei  casi  loro  occorsi,  di  neurite  ottica  famigliare,  tenendo 
conto  specialmente  che  una  tale  denominazione  potrà  forse  in  seguito  servire  di  base 
per  indagare  più  profondamente  le  cause  ancora  misteriose  di  questo  male.  Nei  quattro 
malati  non  è  stato  possìbile  scoprire  alcuna  causa  plausibile,  non  alcoolismo  dei  ge- 
nitori 0  dei  pazienti,  non  abuso  di  tabacco,  né  strapazzo  di  sorta. 

Solo  nella  coppia  B.  si   parla  di   una  costituzione   neuropatica    della  famiglia. 

Del  resto,  quantunque  si  trovino  spesso  nei  pazienti  affetti  da  neurite  ottica  ere- 
ditaria altre  malattie  (o  sintomi)  a  carico  del  sistema  nervoso,  come  emicrania,  ver- 
tìgine, cardiopalmo  e  persino  attacchi  epilettici,  qui  non  se  ne  trovò  traccia. 

Sirigo. 

29.  H.  Haupt,  Ein  Beitrag  zur  Kenntniss  der  idiopathiscken  Athetose  (athétose 

doublé).  —  «  Deutsche  Zeitschrift  fùr  Nervenheilkunde  »,  Bd.  33,  H.   5-6,  1907. 

La  così  detta  atetosì  bilaterale  idiopatica  o  primitiva  è  una  forma  morbosa 
tutt'altro  che  frequente,  la  quale  deve  esser  tenuta  nettamente  distinta  dall' atetosì 
doppia  che  tanto  spesso  sussegue  alla  diplegia  spastica  infantile  (Lewandowskv,  Op- 
penheim). L'A.  ne  descrive  un  caso,  seguito  da  autopsia,  che  forse  chiarisce  alquanto 
Tanatomia  patologica,  tuttora  molto  oscura,  di  questa  malattia.  Si  tratta  di  una 
bambina  che  aveva  sofferto  a  3  anni  di  difterite  con  conseguente  paralisi  e  nella 
quale  cominciarono  a  manifestarsi  verso  il  decimo  anno  i  primi  movimenti  atetosici. 
La  morte  avvenne  due  anni  dopo  per  polmonite.  All'autopsia  furono  riscontrati,  come 
unico  reperto  positivo  degno  di  nota,  dei  piccolissimi  focolai,  residui  di  antichi  fatti 
encefalitici,  in  corrispondenza  della  corteccia  del  lobo  parietale  sinistro  :  non  pu^ 
escludersi  che  altri  focolai  simili  esistessero  anche  in  altre  parti  dell'encefalo.  Queste 
alterazioni  anatomiche,  che  forse  debbono  esser  messe  in  rapporto  con  la  difterite 
pregressa,  possono,  malgrado  la  loro  poca  entità,  essere  considerate  come  la  causa  del 
grrave  quadro  morboso  quando  si  ammetta  con  Lewandowsky  che  tutte  le  affezioni 
corticali,  sofferte  nell'  infanzia,  abbiano  una  tendenza  spiccatissima  alla  produzione 
dell' atetosì  tardiva.  Zalla, 


Psichiatria  187 


Psichiatria. 

30.  H.  di  Gasparo,  Ver  psychische  Infantilismus.  —  «  Archiv  far  Pyschiatrie 
und  Nervenkrankheiten  »,  Bd.  43,  H.  1. 

L'A.  passa  in  breve  rassegna  i  lavori,  ormai  numerosi,  apparsi  sopra  T  infanti- 
lismo :  dallo  stadio  dì  essi  emerge  come,  allo  stato  attuale  della  quistione,  si  possa 
dar  dei  casi  di  questa  forma  morbosa  la  seguente  classificazione  : 

L  Mixinfantilismo  —  tipo  Brissaud-Meige  ossia  Infantilismo  tiroideo. 
U.  Infantilismo  distrofico  —  tipo  Lasègue-Lorain:  indipendente  dall'appa- 
rato tiroideo  :  quest'ultimo  si  può  suddividere  in  : 

.4.  Forme  congenite*,  dipendono  da  cause  endogene,  vale  a  dire: 

1.  fattori  ereditari  (heredo-lues,  tubercolosi,  alcoolismo,  senza  tipici  arresti  di 
sviluppo  dell'apparato  cardio-vascolare). 

2.  nascita  precoce  o  altre  circostanze  non  favorevoli  nella  generazione  (età  troppo 
giovane  della  madre,  senilità  dei  genitori). 

3.  Particolari*  arresti  di  sviluppo  dell'apparato  cardio-vascolare  (forme  anangio- 
plastiche  e  cardiodistrofiche). 

4.  Lo  stato  cosidetto  timico-1  infatico. 

B.  Forme  acqmmte:  hanno  origine  da  danni  sofferti  nel  primo  periodo  della 
vita,  cioè: 

5.  Infantilismo  da  indigenza. 

6.  Alterazioni  precoci  del  ricambio  materiale  senza  sviluppata  ipoplasia  vasale. 

7.  Malattie  precoci  da  infezione  od  intossicazione  (alcool,  tubercolosi,  malaria). 

8.  Fattori  traumatici. 

Quando  tutti  i  caratteri  siano  bene  sviluppati  sì  possono  così  riassumere  le  qua- 
lifiche che  distinguono  i  due  tipi. 

I.  Tipo  Brissaud:  forme  tozze,  come  rigonfie:  statura  piccola:  faccia  larga  di 
colorito  pallido-scialbo,  con  tratti  nettamente  infantili,  naso  schiacciato,  labbra  tumide, 
palpebre  edematose:  testa  grossa:  collo  corto  (di  regola  grosso):  dentatura  di  latte: 
voce  alta  :  tronco  corto  e  cilindrico:  addome  sporgente:  estremità  corte  e  molto  volu- 
minose: bacino  infantile:  marcata  lordosi  lombare:  organi  sessuali  rudimentali,  man- 
«^«nza  di  tutti  i  caratteri  sessuali  secondarii:  apertura  delle  suture  epifisarie.  Il  corpo 
^*  le  proporzioni  di  quello  di  un  fanciullo. 

II.  Tipo  Lorain:  piccola  statura,  corporatura  delicata,  slanciata:  scheletro 
molto  gracile  :  pelle  sottile,  pallida:  forme  angolose:  arti  inferiori  lunghi  e  sottili: 
borace  sottile,  sterno  infantile  :  bacino  di  forma  infantile  :  suture  epifisarie  normal- 
mente ossificate  :  tratti  del  viso  ben  marcati,  da  impubere  :  voce  alta  :  collo  lungo  : 
compiuto  il  mutamento  della  dentizione  (quantunque  talora  sia  ritardato):  atrofia 
coìtale  (utero  infantile),  scarsi  o  mancanti  i  segni  sessuali  secondarii  con  anomalie 
^^Ha  mestruazione:  misure  del  corpo  di  piccola  dimensione  (uomini  in  miniatura): 
relatÌTaraente  conservata  l'armonia  dei  sìngoli  segmenti. 

L'A.  mette  quindi  in  evidenza  le  somiglianze  che  esistono  tra  l'infantilismo  mixe- 
^^«matoso  e  il  mixedema  vero.  Accetta  quindi  l' opinione  di  De  Sanctis  ed  Ausset 
che  ogni  età  della  vita  possa  presentare  dei  particolari  stati  di  infantilismo. 


188  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


Quindi  passa  alla  trattazione  dei  disturbi  psichici  che  si  riscontrano  in  questi 
soggetti,  ricordando  gli  studi  in  proposito  compiuti  dai  varii  autori,  sopratutto  da 
De  Sanctis.  A  questo  punto  egli  aggiunge  le  sue  osservazioni  personali  minuta- 
mente condotte  sopra  cinque  soggetti.  *  •" 

Questi,  dal  punto  di  vista  delle  imperfezioni  somatiche,  appartengono  alcuni  al 
tipo  Brissaud,  altri  al  tipo  Lorain:  ma  nella  valutazione  dei  loro  disturbi  psi- 
chici TA.  prescinde  da  questi  criteri  di  classificazione  e  li  divide  in  due  gruppi  :  in 
uno  predomina  una  completa  psiche  infantile,  sia  nelle  manifestazioni  generali  che 
nel  dettaglio,  con  scarso  sviluppo  dei  mutamenti  affettivi  che  compaiono  nel  periodo 
della  pubertà:  infantilismo  psichico  nello  stretto  senso  della  parola.  Gli  individui 
che  appartengono  a  questo  gruppo  sono  fanciulli  maturi  e  adulti  affatto  immaturi. 
Negli  individui  del  secondo  gruppo  si  ritrovano  le  linee  fondamentali  di  una  costi- 
tuzione psichica  qualitativamente  normale,  però  commisti  con  importanti  ed  in  parttf 
caratteristiche  proprietà  della  mentalità  infantile.  Anche  i  fenomeni  psichici  consi- 
derati dal  punto  di  vista  quantitativo,  hanno  delle  dimensioni  puerili  :  si  trova  una 
«  psiche  in  miniatura  ».  Gli  individui  di  questo  gruppo  sono  metà  adulti  e  metà 
fanciulli. 

Interessante  la  patologia  di  queste  psiche  infantili  :  nel  primo  gruppo  si  trova 
con  facilità:  1)  omissione  di  particolari  anche  quando  sono  di  grave  momento;  2)  esa- 
gerazione e  insistenza  immotivata  sopra  alcuni  particolari;  3)  false  testimonianze, 
fondate  su  una  non  corretta  appercezione  dell'ambiente  ;  4)  false  ricordanze:  nascono 
queste  o  per  sovrapposizione  volontaria  di  ricordi  o  per  confusione  di  questi. 

Tutti  questi  fatti  si  basano  sopra:  1)  disturbi  della  facoltà  di  attenzione  e  so- 
pratutto sulla  mancanza  di  capacità  di  afferrare  presto  e  concisamente  delle  perce- 
zioni complesse;  2)  incompleto  potere  di  astrazione;  3)  insufficienza  dell'energia  e  della 
fedeltà  della  memoria  ;  4)  mancanza  di  indipendenza  ed  incompletezza  del  potere  di 
formulare  giudizii;  inclinazione  ai  giudizii  categorici,  analogici,  con  incapacità  di  giu- 
dicare della  vera  portata  di  un'asserzione  ;  5)  vividità  della  fantasìa  che  si  sviluppa 
oltre  il  giusto  limite;  6)  aumentata  suggestionabilità;  7)  disposizione  a  stati  affet- 
tivi ansiosi. 

Nel  secondo  gruppo  il  modo  di  riferire  è  nel  suo  contenuto,  essenzialmente 
esatto  e  critico:  la  rappresentazione  in  linea  generale  si  avvicina  alla  verità:  e  i  ri- 
cordi sono  accuratamente  usati:  i  fatti  più  importanti  vincono  sulle  circostanze  se- 
condarie: l'omissione  di  particolari  è  rara  e  si  riferisce  sopratutto  alle  circostanze 
secondarie.  Però  delle  asserzioni  inesatte  —  che  si  spiegano  o  con  non  esatte  perce- 
zioni 0  con  una  alterazione  del  ricordo  di  queste  durante  il  volgere  del  tempo  — 
si  presentano  ancora  abbastanza  di  frequente,  ma  le  vere  falsificazioni  di  ricordi  sono 
eccezionali.  Qui  si  verifica  spesso  il  fatto  che  l'individuo  confessa  di  non  sapere  o 
dà  risposte  indeterminate,  il  che  lascia  adito  al  controllo  e  alla  correzione  indi- 
viduale. 

Quindi  l'A.  si  occupa,  riportando  alcuni  suoi  casi,  delle  forme  di  malattìa  men- 
tale che  possono  sorgere  in  alcuni  di  questi  soggetti  affetti  da  infantilismo  :  e  in 
altro  breve  capitolo,  pure  corredato  di  osservazioni  personali,  della  morbilità  e  della 
mortalità  di  questi  esseri.       ' 

In  un  ultimo  si  occupa  dell'  Infantilismo  psichico  jìarziale,  nel  quale,  accanto 
a  fatti  che  dimostrano  una  psiche  abbastanza  sviluppata,  se  ne  trovano  altri  che 
hanno  le  qualifiche  di  quelli  infantili. 

0.  Rossi, 


Psichiatria  189 


31.  J.  8.  Hermann,  Ueher  organische  Kontrakturen  bei  progressi l'er  Paraìyse,  — 

«  Centralblatt  fùr  Nervenheilkunde  und  Psychiatrie  »,  N.  230,  1907. 

Ricordato  come  nella  paralisi  progressiva  siauo  frequenti  le  alterazioni  motorie 
(alterazioni  dei  movimenti  e  reazioni  oculari,  tremori,  disfasie,  episodi  epilettiformi,) 
l'A.  osserva  come  non  siano  frequenti  le  contratture  flessone  unite  a  immobilità  della 
colonna  vertebrale  che  ostacolino,  fino  a  renderle  impossibili,  e  l'andatura  e  la  disten- 
sione passiva.  Perciò  riferisce  le  storie  cliniche  di  sei  casi  pei  quali  la  diagnosi 
di  paralisi  progressiva  emerge  da  evidenti  e  numerosi  sintomi  fisici  e  psichici,  casi 
nei  quali  si  è  appunto  verificata  una  più  o  meno  estesa  e  intensa  contrattura  fles- 
soria,  che  in  tutti  i  casi  interessa  le  estremità  inferiori  (in  un  caso  per  la  contrattura 
degli  adduttori  si  son  verificati  decubiti  al  ginocchio)  e  in  tre  casi  anche  le. estre- 
mità superiori.  Tali  contratture  sono  più  o  meno  invincili  e  irriducibili  con  movi- 
menti passivi,  e  si  accompagnano  ad  atrofia  muscolare  che  a  volte  colpisce  anche  il 
tronco,  mentre  la  colonna  vertebrale  è  rigida.  Contratture,  atrofie  e  rigidità  aggra- 
vano il  quadro  morboso,  senza  però  influire  sulla  sua  durata,  solo  esse  si  fanno  tanto 
più  spiccate  quanto  più  vanno  inveterando,  e  si  presentano  in  una  fase  già  avanzata 
della  paralisi.  Accennato  in  quali  affezioni  morbose  si  avverino  le  contratture  con 
atrofìe  muscolari,  ricorda  che  nella  anatomia  patologica  della  paralisi  progressiva 
figurano  alterazioni  vasali,  delle  cellule  nervose  corticali,  dei  gangli  subcorticali,  delle 
cellule  delle  coma  anteriori,  specialmente  della  regione  lombare  (B erger).  E  poiché 
la  gravità  delle  atrofie,  la  specie  delle  contratture  in  flessione  invece  che  in  estensione, 
la  mancanza  del  Babinski,  stanno  contro  alla  natura  cerebrale  delle  alterazioni 
descritte,  deduce  che  esse  siano  dovute  a  lesioni  delle  cellule  delle  coma  anteriori, 
specie  della  r^one  lombare,  lesioni  che  sono  sufficienti  al  quadro  speciale  stesso. 

Turchi, 

32.  M.  RoBenfeld,  Ueher  Beeiehungswahn,  —  «  Centralblatt  fftr  Nervenheilkunde 

und  Psychiatrie  »,  N.  231,  1907. 

L'A.  descrive  alcuni  casi  di  delirio  di  relazione,  che  si  manifesta  in  modo  acuto 
e  consiste  in  una  alterazione  dell'identificazione  secondaria.  I  pazienti  credono  che 
ad  essi  si  riferiscano  e  si  colleghino  tutte  le  possibili  evenienze  del  mondo  esterno: 
credono  di  esser  oggetto  della  altrui  osservazione  e  dei  discorsi  e  degli  scherni  altrui  : 
perciò  r animo  è  in  una  disposizione  consona  all'idea  delirante,  che  però  non  si  ac- 
compagna ad  altre  manifestazioni.  Mancano  perciò  sintomi  catatonici  o  ipocondriaci, 
né  la  psiche  né  l' habitus  risentono  alcun  danno.  Tale  stato  dura  per  un  tempo  va- 
riabile, (qualche  anno)  con  remissioni  di  qualche  mese.  Kraepelin  descrive  tali 
forme  come  manifestazioni  acute,  abortive,  di  paranoia:  però  VA.  propende  a  con- 
siderarle come  una  speciale  manifestazione  non  comune  (forse  non  sempre  la  si  osserva 
n^li  ospedali)  di  follia  maniaco-depressiva.  Infatti  i  pazienti  non  sono  queruli,  dis- 
simulano, tendono  a  sottrarsi  all'ambiente,  a  rinchiudersi  in  casa,  a  sfuggire  i  cono- 
scenti, mentre,  per  la  speciale  disposizione  d'animo,  non  posson  più  attendere  ai 
propri  uffici,  né  posson  più  concentrarsi,  come  appunto  nelle  forme  maniaco-depres- 
sive. Colpiti  di  preferenza  sono  gli  individui  nevrastenici,  isterici  o  alcolizzati  :  non 
si  hanno  criteri  suflicienti  per  stabilire  una  prognosi. 

Turchi. 


190  lìivhta  di  Patolof/ia  nervosa  e  mentale 


33.  A.  Mézie  et  P.  Bailllart,  Contribution  à  Vétude  de  Voeil  chez  les  aliène». 

—  «  Archi ves  de  Neurologie  »,  n.  1,  1907. 

Gli  A  A.  hanno  determinato  il  campo  visivo  in  più  di  200  alienati  e,  presa,  come 
normale  l'estensione  media  del  campo  di  50  individui  normali,  hanno  stabilito  che  : 
1)  Negli  stati  di  delirio  con  allucinazioni,  (deliri  sistematizzati,  d'interpretazione, 
d'intossicazione)  e  negli  stati  depressivi,  (melancolia  delirante,  melancolia  ansiosa) 
il  campo  visivo  è  costantemente  ristretto,  restringimento  che  perdura  tutto  il  tempo 
dello  stato  allucinatorio  o  depressivo.  2)  Negli  stati  di  eccitamento,  (mania  sfmplice, 
continua,  intermittente)  il  campo  è  allargato  in  ragion  diretta  dell'agitazione,  per 
la  durata  dell'agitazione  stessa.  3)  Nelle  forme  maniaco-depressive,  nei  paralitici 
progressivi  i  periodi  di  eccitazione  e  depressione  si  accompagnano  con  oscillazioni 
del  campo  visivo  al  disopra  e  al  disotto  della  norma.  Queste  variazioni  dell'esten- 
sione del  campo  visivo  che  accompagnano  disturbi  allucinatori,  e  disturbi  dell'atti- 
vità generale,  che  sono  in  rapporto  diretto  coli' intensità  dei  disturbi  stessi,  che  li 
precedono  da  poche  a  24  ore,  li  accompagnano  e  cessano  da  poche  a  24  ore  dopo,  con- 
sistono 0  in  un  restringimento  in  alto,  talora  in  alto  e  in  fuori,  o  in  un  allargamento 
circolare  concentrico.  L' esame  delle  pupille  e  del  fondo  dell'  occhio  non  permette  di 
stabilire  nulla  di  positivo. 

Tirchi. 

34.  E.  E.'Moravosik,  Ueber  einzelne  motorische  Erscheinungen  Geisteskranker 
(mit  32  Textfiguren).  —  «  Allgemeine  Zeitschrift  ftìr  Psychiatrie  und  Paychisch- 
gerichtliche  Medizin  »,  Bd.  64,  H.  5,  1907. 

Le  malattie  mentali  in  cui  si  osservano  i  fenomeni  motori  più  svariati  sono  la 
demenza  precoce  e  la  paralisi  progressiva.  Nella  forma  catatonica  della  demenza  pre- 
coce, oltre  alla  posa  statuaria  ed  alla  flessibilità  cerea  degli  ammalati,  già  più  volte 
descritte,  merita  di  esser  ricordata  la  tendenza  alla  suddivisione  in  fasi  (Ergoschizifi) 
di  alcune  azioni  complesse  e  inoltre  quel  fenomeno  per  cui  i  malati  interrompono 
nel  bel  mezzo  un'azione  cominciata  e  non  la  portano  al  fine  (ErgotripsiSf  Krgodia- 
lepsis).  Gli  stessi  fenomeni  possono  verificarsi  nei  discorsi  {Logoschizis,  LogodialepsiSf 
Logotripsis).  Le  pose  assunte  da  questi  ammalati  sarebbero  caratterizzate  da  una 
certa  eleganza  ed  artisticità. 

Gli  impulsi  motori  a  ricorrenza  periodica,  immotivati  e  quindi  automatici,  carat- 
terizzano specialmente  le  varietà  ebefrenica  e  paranoide  della  demenza  precoce;  ed 
anche  i  fenomeni  psichici  sogliono  svolgersi  in  queste  malattie  con  una  certa  perio- 
dicità, come  ad  accessi.  In  genere  gli  atti  dei  dementi  precoci  non  sono  determinati 
da  allucinazioni,  illusioni  od  idee  deliranti  ;  alcuni  trovano  la  loro  spiegazione  nella 
mancanza  del  senso  di  posizione  e  del  senso  del  dolore  provocato  dalla  tensione 
muscolare. 

Negli  epilettici,  specie  in  quelli  di  lunga  data,  si  osservano  talora  dei  fenomeni 
acinetici,  ipercinetici  o  paracinetici,  dovuti  probabilmente  alle  oscillazioni  della 
cenestesi. 

Nella  paralisi  progressiva  si  verificano  i  più  svariati  fenomeni  motori  :  sono  stati 
descritti  il  tremore,  le  convulsioni,  le  contratture,  i  movimenti  atassici,  coreici, 
ritmici,  mioclonici  ecc.  Negli  stadi  avanzati  si  vede  spesso  che,  quando  sono  in  letto, 
i  malati  tengono  il  capo  molto  sollevato  e  piegato  in  avanti,  per  una  forte  contrat- 


Psichiatria  191 

tura  unilaterale  o  bilaterale  del  ni.  stemo-cleido-mastoideo.  Anche  nella  paralisi  pos- 
sono riscontrarsi  delle  attitudini  stereotipe  o  catatoniche  che  si  distinguono  da  quelle 
della  demenza  precoce  per  la  loro  grossolanità  e  insensatezza. 

Frequenti  sono  negli  alienati,  specie  nei  dementi  precoci,  i  disturbi  vasomotori 
<arros8amento  e  pallore,  dermografia  ecc.):  in  questi  ammalati  un  arrossamento  intenso 
del  volto  accompagna  spesso  ogni  esacerbazione  della  malattia. 

Notevoli  sono  pure  nella  demenza  precoce  le  oscillazioni  della  temperatura  del 
corpo  e  del  ritmo  cardiaco. 

I  fenomeni  motor!  sopra  ricordati  sono  l'esponente  di  una  demenza  irrimediabile 
e  spesso  rappresentano  una  regressione  agli  atti  primitivi  dell'età  infantile  (movi- 
menti riflessi  ed  automatici). 

Zalla. 

Terapia. 

35.  A.  V.  Gtohuohten,   Les  tumeurs  cerebrale»  au  point  de  rue  du  traitement 
opératoire,  —  «  Névraxe  »,  voi.  IX,  fase.  1,  1907. 

Premesso  come  non  siano  accessibili  al  chirurgo  che  i  tumori  in  rapporto  colla 
faccia  estema  degli  emisferi,  stabilisce  come  teoricamente  operabili  il  20  7o  ^^i  casi. 
Di  questi  però,  poiché  non  sempre  è  possibile  far  diagnosi  esatta  di  sede,  e  per  la 
incertezza  dei  sintomi  e,  anche,  per  la  loro  mancanza,  poiché  d'altra  parte  occorre 
tener  conto  della  natura,  profondità  e  rapporti  del  tumore,  dell'esito  e  delle  com- 
plicanze dell'operazione,  solo  il  2-3  ^/^  sono  realmente  operabili  con  esito  in  guarigione 
0  in  miglioramento. 

Riferisce  le  storie  cliniche  di  cinque  casi  :  Del  V  (tumore  del  lobo  temporale  sin.), 
€  del  2^  (del  lobo  occipitale  destro)  non  fu  possibile  la  diagnosi  di  sede  o  di  operabi- 
lità in  vita.  Nel  4°  caso  non  fu  possibile  l'intervento  trattandosi  di  sarcomi  multipli 
delle  ossa  del  cranio.  Nel  3°  caso  si  tratta  di  una  cisti  dell'aracnoide  che  fu  vuotata 
per  parecchie  volte  e  che  si  è  sempre  riformata  in  un  periodo  più  o  meno  lungo  di 
tempo,  con  alternativa  di  miglioramento  più  o  meno  reale  e  durevole,  quantunque 
esistesse  atrofìa  delle  vie  cortico-spinali.  Nel  5°  caso  fu  asportato  un  glioma  sarco- 
matoso  dall'emisfero  destro  :  quantunque  l'emisfero  fosse  profondamente  interessato  si 
è  ottenuta  la  guarigione  completa,  eccezione  fatta  di  una  diminuzione  della  facoltà 
nsiva,  più  spiccata  a  destra,  e  ciò  forse,  benché  le  ipotesi  soddisfacciano  poco,  per 
in  adattamento  dell'emisfero  alla  compressione  gradualmente  crescente,  o  per  una 
finzione  vicaria  dell'emisfero  sinistro.. 

Turchi. 

^*   R.  Sixnoncini,   Sulla  patogenesi  e  cura  della  corea  volgare,  —  «  La  Pedia- 
tria »,  anno  XVI,  n.  1,  1908. 

In  questi  ultimi  tempi  in  cui  si  va  sempre  più  radicando  l'opinione  che  diverse 

^Jilattie  del  sistema  nervoso  siano  da  ascrivere  ad  alterazioni  del  ricambio  materiale, 

M  abnormi  prodotti  suoi  e  ad  insufficienza  di  organi  naturali  di  difesa,  ò  stata  spesso 

rilevata  l'importanza  dell'apparato  tiroide  e  in  particolar  modo  dell©  paratiroidi. 

Oli  accidenti  sopravvenuti  in  individui  operati  di  gozzo,  l'osservazione  clinica 

^  anatomopatologica  di  casi  di  ipoplasia  tiroidea,  i  fenomeni  conseguenti  sempre  alla 


192  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Terapia 

ablazione  sperimentale  della  tiroide,  sia  totale  che  parziale,  e  che  vanno  dalla  tetania 
nel  primo  caso,  al  tremore,  movimenti  a  scatto,  ìncoordinati,  involontari  nel  secondo 
caso,  fanno  ritenere  a  diversi  osservatori  che  alcune  dì  quelle  affezioni  che  vanno 
sotto  il  nome  di  nevrosi  motorie,  cóme  la  tetania,  le  mioclonie,  la  paralisi  agitante, 
le  miastenie,  possano  essere  in  rapporto  coir  insufficienza  parziale  delle  paratiroidi^ 
sia  congenita,  sia  acquisita  per  intossicazioni  endogene  o  esogene. 

La  partecipazione  delFapparecchìo  tiro-paratiroideo  a  processi  infettivi  dell'orga- 
nismo è  invero  fatto  accertato  anche  per  ricerche  di  Tassale,  Bayon,  Koger  e 
Garnier.  ^ 

In  base  pertanto  a  queste  considerazioni  ed  a  quanto  si  conosce  relativamente 
alla  funzione  delle  paratiroidi,  e  tenendo  conto  come  la  corea  si  presenti  spesso  in 
Bruito  a  processi  tossico-infettivi,  l'A.  crede  non  improbabile  che  essa  possa  rite- 
nersi un  risultato  di  deficiente  funzione  paratiroidea,  per  cui  verrebbe  a  mancare  la 
necessaria  trasformazione  di  materiali  regressivi  dei  ricambio,  dovuti  a  processi  di 
origine  batterica  o  chimica  e  che  in  determinate  circostanze  circolano  aumentati  nel- 
l'organismo. 

A  conferma  della  sua  ipotesi  TA.  riferisce  Tosservazione  di  sei  casi  di  corea  trat- 
tati esclusivamente  colla  paratiroidìna  Tassale  e  in  cui  si  ebbe  la  completa  gua- 
rigione. 

Strigo, 

37.  G.  D'Abiindo,  Della  scrittura  associata  come  metodo  terapico  della  mogi- 
grafia.  —  «  Rivista  italiana  di  Neuropatologia,  Psichiatria,  ed  Elettrote- 
rapia »,  voi.  1,  fase.  4,  1908. 

Nella  mogigrafia  sono  stati  indicati  vari  rimedi,  quali  il  massaggio,  V  elettrote- 
rapia, la  meccanoterapia,  V  intervento  chirurgico,  la  psicoterapia,  che  spesse  volte 
s'infrangono  in  casi  assolutamente  ribelli.  Lo  scrivere  con  la  mano  sinistra,  se  in 
determinate  circostanze  riesce  di  grande  aiuto,  abbastanza  spesso  è  di  transitoria 
efficacia  per  lo  sviluppo  della  manifestazione  spasmodica  anche  a  sinistra.  L'A.  ha 
da  qualche  tempo  adottato  un  metodo  che  egli  chiama  di  scrittura  associata  e 
che,  in  casi  ribelli  ad  ogni  precedente  trattamento,  gli  ha  dato  risultati  veramente 
insperati.  Tale  metodo,  abbastanza  semplice  consiste  nel  servirsi  nello  scrivere  di 
ambo  le  roani  contemporaneamente,  in  modo  che  l' impulso  volitivo  si  diffonda  in 
tutti  e  due  gli  arti  senza  concentrarsi  esclusivamente  nella  mano  destra.  Perchè 
esso  sia  efficace  è  necessario  che  il  soggetto  si  metta  di  proposito  ad  apprenderlo^ 
facendo  prendere  parte  attiva  anche  all'  arto  superiore  sinistro,  poiché,  se  questo 
segue  passivamente  il  destro,  il  metodo  riesce  addirittura  inefficace.  L' interpretazione  di 
esso  pare  all' A.  debba  essere  fondamentalmente  psicologica:  la  sparizione  dello  spasmo 
avverrebbe  perchè  l'impulso  volitivo  si  sdoppia  in  ambo  gli  arti  superiori  entrando 
in  azione  la  zona  motrice  dei  due  emisferi  cerebrali,  per  cui  non  si  determina  più 
la  concentrazione  dell'  energia  nervosa  in  un  numero  limitato  di  muscoli,  che  sarebbe 
la  causa  dello  spasmo.  Nessun  vantaggio  si  ottiene  colla  scrittura  associata  nella 
forma  di  mogigrafia  tremolante. 

Strigo, 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.       Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentaie 

DIRETTA   DA 

E.    TA.NZI 

(ri1lKN7.1l) 

À.  Tì^MBURU^I  S.  MORSSIilil 

(roma)  (ofmova) 

(modkna) 


It  o  d  a  1 1  o  r  i  X 

0.  ROSSI 

O.  SANDRI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  SaM,  Firenze. 


VoL.  XIII  Firenze,  Maggio  1908  Fase.  5 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  congenite 
e  particolarmente  della  atrofia  numerica  di  Klippel 

per  il  dott.  Emilio  Ferrerò 
Docente  in  Neuropatologia  nella  R.  Università  di  Torino 


In  duo  grandi  gruppi  si  dividono  le  atrofie  niuscohiri:  atrofìe  degenerative, 
atrofie  semplici.  Le  prime,  che  ripetono  )a  loro  eziologia  dalle  infezioni  acute 
0  croniche,  dai  gravi  traumi  fisici  e  chimici,  conducono  alla  scomparsa  diretta 
Wla  fibra  muscolare. 

Nelle  atrofìe  semplici  l'elemento  complesso  costituente  la  fìbra  striata  ha 
lendenza  a  ritornare  al  suo  stato  primordiale  di  protoplasma  non  diflerenziato: 
regressione  plasmodiale  e  cellulare. 

Questa  regressione  plasmodiale  dapprima,  poi  cellulare  passa  per  diverse 
f^si,  la  risultante  delle  quali  è  in  ultima  analisi  la  scomparsa,  Cfualche  volta 
totale,  delle  fibre  muscolari,  costituenti  un  l'ascio  muscolare. 

Il  primo  periodo  delTalrofìa  senij)lice  è  caratterizzato  dalla  divisione  lon- 
gitudinale, da  una  vera  dissociazione  delle  fibrille;  onde  avviene  che  le  fibre, 
Piir  conservando  la  loro  struttura  normale,  pur  presentando  la  striatura  lon- 
gitudinale e  la  trasversale,  presentano  un  diametro  minore  della  norma.  Per  ciò 
SJ  pnò  parlare  di  atrofm  volumetrica  della  libra  muscolare. 


194  E.  Ferrerò 


In  tale  fase  il  numero  delle  fibre  muscolari  non  è  diminuito;  anzi,  per 
la  suddivisione  delle  fibre,  si  è  aumentalo. 

È  nel  2o  periodo  della  regressione  cellulare  che  le  fibre  si  trasformano 
e  scompaiono.  Allora  il  numero  di  queste,  anche  cessata  la  causa  perturbatrice, 
può  apparire  ridottissimo. 

All'atrofia  volumetrica  si  aggiunse  V atrofia  numerica.  Queste  due  forme, 
corrispondenti  a  due  stadi  di  un  medesimo  processo,  sono  per  lo  più  con- 
comitanti. 

Appartiene  a  queste  atrofie  semplici  l'atrofia  che  tempo  addietro  era  cono- 
sciuta col  nome  di  atrofia  ri/lessa^  e  che  oggidi  è  chiamati!  atrofia  per  irri- 
tazione periferica. 

Quest'atrofia  si  manifesta  in  seguito  ad  arlriti  traumatiche  od  infetlive, 
fratture  delle  epifisi  e  delle  diafisi  e  quasi  esclusivamente  nei  muscoli  a 
monte  del  punto  leso. 

Fu  pure  osservata  nei  muscoli  toracici  dei  vecchi  pleuritici,  precocemente 
nei  casi  di  pleurite  acuta  (Lasigné,  Raymond).  Furono  inoltre  descrìtte 
atrofie  diffuse  leggere  in  seguito  a  lesioni  cutanee  superficiali.  (G.  Ball  et  e 
Bernard)  (2). 

Il  decorso  di  tali  atrofie  è  talvolta  rapidissimo.  Il  grado  è  tale  da  con- 
durre ad  un'impotenza  assoluta  di  certi  muscoli.  Né  sempre  havvi  riparazione, 
che  molte  volte  l'atrofia  dura  tutta  la  vita  come  a  testimonio  della  lesione 
che  ne  fu  la  causa. 

All'esame  anatomico  i  muscoli  sono  più  molli,  più  pallidi;  le  dimensioni 
delle  fibre  sono  ridotte  del  15-30  perfino  del  40  7o-  Istologicamente  esse 
si  mostrano  diminuite  di  calibro,  con  striature  evidenti,  con  moltiplicazione 
dei  nuclei  (Klippel)  (3).  Il  tessuto  connettivo  è  in  aumento:  notansi  abba- 
stanza numerose  le  cellule  adipose  (Cazin).  Puplay  e  Ciad o  hanno  descritto 
delle  fibre  in  degenerazione  vitrea  ed  adiposa;  ma  con  molta  probabilità  la 
degenerazione  era  da  ascriversi  non  al  processo  primario,  ma  ad  un'infezione 
sopravvenuta. 

Varie  teorie  patogenetiche  si  sono  succedute  per  spiegare  tale  atrofìa:  dalla 
teoria  delFinattivìtà  funzionale  di  Cruveilhier,  da  quella  della  compressione 
dei  vasi  per  il  liquido  contenuto  nelle  articolazioni  (Koux),  alla  teoria  delle 
miositi  per  propagazione.  Gosselin  ammetteva  come  causa  la  denutrizione 
delle  fibre  muscolari  da  eccessiva  collaterale  ipernutrizione  richiesta  dalla 
riparazione  dei  tessuti  lesi. 

Secondo  Durante  non  servono  queste  teorie  a  spiegare  la  rapidità  evo- 
lutiva di  queste  atrofie.  Onde  è  che  è  accettata  volentieri  la  teoria  riflessa  di 
Vulpian  e  Charcot,  secondo  i  quali  l'irritazione  dei  nervi  centripeti  lesi 
influirebbe  sul  dinamismo  delle  cellule  radicolari  delle  corna  anteriori. 

Vulpian  e  Charcot  ammettevano  insomma  una  lesione  dell' arco  trofico 
riflesso.  E  talvolta  non  si  tratterebbe  soltanto  di  semplice  dinamismo  funzio- 
nale, ma  bensì  di  una  vera  e  propria  lesione  organica  di  queste  cellule  ra- 
dicolari, centri  trofici  riconosciuti  della  fibra  muscolare. 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  coìvfenite,  ecc.  i95 

Ed  infatti  Klippel  (4)  nel  1887  in  un  caso  di  tumor  bianco  del  ginocchio 
osserTÒ  atrofia  delle  corna  anteriori. 

Che  esista  tale  influsso  trofico  riflesso  dai  nervi  centripeti  lo  dimostrò 
nel  1890  Ra  ymond,  che  non  ottenne  l'atrofia  riflessa  in  animali  a  cui  sezionò 
le  radici  posteriori  corrispondenti  ad  un  membro  sperimentalmente  leso.  Le 
ricerche  recenti  di  Mignot  e  Mally(5)  avvalorano  tale  asserto. 

Queste  cause  produttrici  dell'atrofia  riflessa  o  per  irritazione  periferica 
possono  agire  in  un  soggetto,  i  tessuti  del  quale  non  hanno  ancora  percorse 
tutte  le  fasi  del  loro  sviluppo. 

Le  atrofie,  prodottesi  in  queste  circostanze,  rivestono  talvolta  caratteri 
speciali,  messi  in  evidenza  da  Klippel. 

Esse  sono  appunto  conosciute  col  nome  di  atrofie  numeriche  di  Klippel. 

Nel  1893  Klippel  (6)  descrisse  la  lesione  dell'atrofìa  numerica.  Le  sue 
ricerche  furono  pure  verificate  nei  lavori  di  lacquel  e  Sambon  (7),  di 
Hallopeau  e  Tostivint(8)  e  di  Rénaud  (9).  Furono  ampiamente  discusse 
nella  tesi  di  Daniel  (10).  All'atrofia  muscolare  numerica  di  Klippel  dedica 
Durante  (11)  un  capitolo  nella  nuova  edizione  dell'Istologia  patologica  di 
Cornil  e  Ranvier. 

Secondo  Klippel  l'atrofia  numerica  è  un  arresto  di  sviluppo  d'un  organo 
vessa,  nervi,  muscoli)  senza  altre  lesioni  che  la  diminuizione  del  numero  degli 
elementi  anatomici;  senza  paralisi,  contratture,  modificazioni  elettriche  e  dei 
riflessi. 

Si  può  soltanto  notare  nei  muscoli  una  limitazione  dell'estensione  dei  mo- 
vimenti, per  la  sola  brevità  dei  fasci  muscolari.  Si  possono  così  osservare  defor- 
mità, ad  esempio  <c  un  piede  equino  )»,  che  non  sarà  né  paralitico,  né  spasmodico. 

Tale  atrofia  si  manifesta,  ad  esempio,  in  un  arto  che  fu  sede  di  grave 
trauma,  di  frattura,  di  artrite,  di  scottatura,  avvenute  nei  primi  anni  della 
vita  extrauterina.  Questa  atrofia  é  subordinata  a  due  fattori  importanti: 

\,  L'età  del  soggetto.  Tanto  maggiore  sarà  il  grado  dell'atrofia,  quanto 
più  giovane  é  il  soggetto; 

2.  La  predisposizione  individuale,  la  degenerazione.  Tali   fenomeni   si 
osserveranno  nei  soggetti  a  labe  neuropatica  accentuata. 

L'atrofia  muscolare  numerica  (ci  imponiamo  di  trattare  specialmente  di 
questa,  che  si  presenta  con  sintomi  più  salienti)  dipende,  secondo  Klippel, 
non  da  mancato  sviluppo,  da  agenesia  di  fibre  muscolari,  ma  bensì  da  distru- 
zione totale  di  un  certo  numero  di  elementi  muscolari.  Corrisponde  insomma 
perfettamente  aL significato  della  parola  «atrofia». 

Si  appoggia  l'A.  sulle  sue  osservazioni  e  su  quelle  di  Meck  (11),  dalle 
quali  emerge  indubbiamente  che  il  numero  delle  fibre  muscolari  nel  feto  e 
nell'adulto  è  uguale.  Anzi,  secondo  Meck  sarebbe  maggiore  nel  tessuto  musco- 
lare fetale. 

Per  concepire  l'atrofia  muscolare  numerica  è  d'uopo  l'intervento  d'un 
fattore  distruttore  di  certe  fibre  che  preesistevano.  L'esame  istologico  di  questi 


196  E.  Perrero 

muscoli  nulla  più  svela  del  processo  che  portò  a  tal  esito  d'atrofìa:  non  atrofia 
semplice,  non  degenerativa,  non  aumento  del  tessuto  connettivo,  non  accumulo 
nucleare,  non  infiltrazione  adiposa.  Sola  si  manifesta  la  riduzione  del  numero 
delle  fibre  muscolari. 

Per  la  spiegazione  di  questo  reperto  istologico  della  mancanza  d'ogni 
traccia  cicatriziale  del  processo  dissolutivo,  occorre  riportarsi  allo  studio  delle 
peculiari  condizioni  del  tessuto  muscolare  in  via  di  sviluppo.  La  fibra  musco- 
lare si  sviluppa  dalle  cellule  mesoderniiche  a  lato  della  corda  dorsale  e  del 
canale  midollare.  Nei  vertebrati  inferiori  queste  cellule,  conlenenti  un  solo 
nucleo  centrale,  si  allungano  a  forma  di  cilindro;  alla  periferia  sono  percorse 
da  fibrille  striate,  mentre  la  parte  assiale  mantiene  l'aspetto  suo  protopla- 
smatico. 

Questa  forma  è  conosciuta  col  nome  di  ir  sacco  muscolare  di  Schneider». 
Nell'uomo  si  nota  invece  che  ai  due  poli  della  primitiva  cellula  muscolare 
appare  una  sostanza  omogenea,  che  si  diffonde  e  si  trasforma  in  fibrille. 

Questo  fibre,  che  appaiono  al  terzo  mese  della  vita  intrauterina,  al 
quinto  già  presentano  la  doppia  striatura  longitudinale  e  trasversale,  perì)  la 
parte  centrale  permane  protoplasmatica.  Il  nucleo  od  i  nuclei  si  fanno  eccen- 
trici. Gih  al  quinto  mese  le  fibrille  hanno  il  volume  che  conserveranno  sem- 
pre. L'accrescimento  della  fibra  è  dunque  dovuto  più  che  all'aumento  quali- 
tativo, all'aumento  dì  numero  delle  fibrille  elementari. 

È  d'uopo  quindi  ritenere  che  la  fibra  muscolare  del  feto  e  del  bambino 
si  accresce  per  la  produzione  di  nuove  fibrille  elementari.  Nel  muscolo  adulto 
la  parte  protoplasmatica  (sarcoplasma)  si  è  quasi  completamente  trasformala 
in  fibrille  (mioplasmaì. 

Questo  tessuto  muscolare,  che  non  ha  ancora  raggiunto  il  suo  completo 
sviluppo,  disturbato  nella  sua  nutrizione,  reagirà  in  modo  peculiare. 

Fibre  muscolari  cadranno  preda  all'atrofia;  molte  andranno  perdute;  ma 
le  perdite  di  queste  fibre  saranno  mascherate  dall'evoluzione  delle  fibre  sfug- 
gite al  processo  atrofico.  Queste  fibre  si  svilupperanno  trasformando  in  fibrille 
il  sarcoplasma  non  ancora  differenziato.  Cosi  l'aumento  di  volume  delle  fibre 
superstiti  colmerà  le  lacune  prodottesi. 

L'attività  dei  processi  regressivi  e  dì  riparazione  nei  tessuti  fetali  e  gio- 
vani è  grande  di  fronte  ai  medesimi  fenomeni  che  succedono  nella  vita  adulta. 

Or  bene  l'aumentato  sviluppo  volumetrico  delle  fibre  sane,  la  rapida  eli- 
minazione dei  detriti  dell'atrofìa,  concorrono  a  spiegare  come  unica  traccia 
del  processo  dissolutivo  possa  essere  l'atrofia  numerica. 

La  teoria  riflessa  di  Vulpian  e  Charcot  si  deve  applicare  alla  spiega- 
zione della  patogenesi  di  queste  atrofie  muscolari,  di  cui  Klippel  ha  dato 
esempi.  Estendendo  il  medesimo  principio  jigli  altri  tessuti  (ossa,  nervi)  si 
deve  ammettere  che  furono  lesi  nella  loro  funzionalità  i  centri  trofici  cor- 
rispondenti a  questi  tessuti. 

Questa  teoria  di  Klippel,  accettata  da  Durante,  è  simpatica  ed  accet- 
tabile, benché  con  qualche  riserva. 


Coìitributo  allo  studio  delle  atrofia  muscolari  congenite ,  ecc.  197 

Ghè  non  sempre  il  processo  deiratrofla  numerica  sì  mostrerà  al  nostro 
esame  accurato  in  tutta  la  sua  purezza.  Quest'atrofia  numerica  infalli  non  è 
da  ritenersi  come  una  forma  di  atrofia  peculiare,  che  si  possa  paragonare  alle 
due  forme  classiche:  la  degenerativa  e  la  semplice.  Essa,  nel  caso  di  Klip- 
pel,  non  corrisponde  che  ad  un  esito  dell' atrofìa  semplice.  Se  la  causa  pro- 
vocatrice dell'atrofia  semplice  fu  leggera  e  di  breve  durata,  può  ben  darsi 
che  tutte  le  fibre  perdutesi  siano  compensale  dallo  sviluppo*  biologico  delle 
fibre  superstiti.  Ma  ove  il  trauma  o  l'artrite  abbiano  operato  intensamente 
in  modo  da  produrre  grave  disintegrazione,  allora,  pur  manifestandosi  l'atrofìa 
numerica,  saranno  pure  visibili  le  tracce  del  processo  d'atrofia  semplice. 

Possiamo  cioè  trovare,  oltre  alla  diminuizione  del  numero  delle  fibre,  i 
reperti  comuni  delle  gravi  atrofìe,  onde  il  processo  fu  spento:  infìllrazione 
t-onnettivale,  adiposa,  proliferazione  nucleare  ecc.  ecc. 

Nella  sua  slessa  osservazione  (con  autopsia)  Klippel  parla  di  fibre  con 
slriature  gialle,  adipose,  olire  che  dell'atrofìa  numerica. 

Tali  riserve  ad  accettare  integralmente  le  idee  di  Klippel,  benché  più 
mitigate,  si  debbono  mantenere  nella  disamina  delle  Atrofie  numeriche  congenite. 

Il  momento  eziologico  ed  il  meccauismo  palogenetico,  che  abbiamo  dimo- 
jilralo  nelle  atrofie  numeriche  di  Klippel,  svoltesi  nei  primi  anni  della  vita 
extra-uterina,  possono  pure  agire  nella  vita  fetale  d'un  individuo. 

Si  possono  cosi  comprendere  i  fenomeni,  per  cui  si  produce  un'atrofìa 
numerica  congenita.  Cause  provocatrici  di  tale  disturbo  di  nutrizione  possono 
essere  tutte  le  anomalie  degli  involucri  fetali:  la  scarsezza  del  liquido  amnio- 
tico (Martin),  le  briglie  amniotiche  (Dareste),  il  cordone  ombelicale  stroz- 
zante (Guerniol),  il  processo  della  trasformazione  fìbrosa  del  derma  cutaneo. 
(Lannelongue). 

Le  atrofie  per  irritazione  peri/erica  nel  periodo  fetale  si  presenteranno 
coi  medesimi  caratteri  di  quelle  sopra  descritte:  minor  volume  dell'arto,  dei 
muscoli,  che  conserveranno  pressoché  normale  la  loro  forza,  la  loro  reazione 
alla  corrente  elettrica,  con  conservazione  dei  riflessi.  Si  potranno  notare  defor- 
mità non  paralitiche,  né  spastiche  o  da  retrazione,  ma  dovute  unicamente 
alla  minor  lunghezza  dei  muscoli. 

Istologicamente  le  fibre  costituenti  i  fasci  muscolari  hanno  il  volume  nor- 
male, le  slriature  evidenti. 

La  diminuzione. del  numero  di  queste  fibre  unicamente  determina  Talrofìa. 

La  perdila  di  questi  elementi  muscolari  è  subordinala  a  tutti  i  fenomeni 
(iescrilti  dell'atrofìa  semplice. 

Ma  la  lacuna  lasciala  dalie  fibre  scomparse  fu  colmala  dalle  sane,  che 
hanno  seguitato  il  loro  processo  evolutivo  ed  hanno  aumentalo  di  volume. 

Più  rigidamente  si  deve  qui  applicare  la  legge  suesposta  sulla  vivacità  dei 
processi   di   distruzione  e   di   compenso  nei   tessuti   in  via  di  accrescimento. 

I  tessuti  fetali  invero  offrono  esempi  di  gravi  lesioni  avvenute  senza  che 
minima  traccia  ne  permanga. 


198  E.  Ferrerò 


Gilles  de  la  Tourette(12)  infatti,  studiando  la  patogenia  dì  certi  pieds 
bots  congeniti  senza  impotenza,  afl'ernia  che  tale  deformazione  potè  restare 
come  solo  segno  d'una  lesione  midollare,  che  operò  durante  la  vita  intraute- 
rina e  che  si  spense  al  punto  che  nulla,  se  non  il  pied  hot^  la  può  svelare. 
Molte  volte  questi  stessi  pied$  bots  presentano  muscoli  in  atrofia  numerica 
semplice,  senza  traccia  dei  processi  regressivi  svoltisi  precedentemente. 

Recentemeftle  Klippel(13)  ha  pubblicato  un  esempio  di  queste  forme 
atrofiche  congenite  col  titolo:  Atiomalies  multiples  congènilales  par  atrophie 
numérique  des  tissus. 

L'esame  clinico  dell'ammalata  di  Klippel  scopre  un  complesso  di 
sintomi: 

1.  Arresti  di  sviluppo  localizzati. 

2.  Deformazione  delle  estremità. 

3.  Slato  neuropatico. 

Credo  utile,  per  maggior  chiarezza,  riportare  per  sommi  capi  l'osserva- 
zione, puramente  clinica,  di  Klippel. 

B.y  24  anni.  Antecedenti  ereditan:  madre  nervosa,  fratello  neuropatico, 
padre  cardiopatico. 

Antecedenti  ])ersonali:  è  nata  con  deformazioni  ed  atrofie  ossee. 

Camminò  a  4  anni;  cadeva  sovente  e  nel  cammino  si  appoggiava  sul 
bordo  interno  del  piede. 

A  i8  anni  prima  mestruazione;  le  successive  irregolari.  A  19  anni  feno- 
meni isterici.  Viene  accettala  alla  SalpcHrière  per  nevralgia  intercostale. 

Esame  dell'  ammalata  : 
A)  Disturbi  trofici  per  arresto  di  sviluppo. 

1.  Piedi.  Globosi  con  esagerazione  della  volla  plantare,  specialmente  al 
lato  interno.  Parte  anteriore  del  piede  deviata  all'esterno.  Su  questa  s'impian- 
tano 5  dita  anormali.  11  4^  e  5**  sono  meno  sviluppati  e  misurano  appena  i  cni. 
L'alluce  è  piriforme.  Dita  a  griffe  per  esagerala  flessione  dorsale,  dovuta  a 
brevità  maggiore  degli  eslensori.  La  pelle  è  liscia;  mancano  le  unghie. 

2.  Gambe.  Minor  sviluppo  muscolare.  Gena  valgum.  Tibie  lunghe  35  cm. 

3.  Arti  superiori.  Mano:  mentre  il  5^  dito  è  arrestato  nello  sviluppo 
le  altre  dita  paiono  aumentale  in  lunghezza.  Avambraccio:  i  tendini  dei  fles- 
sori sono  molto  corti,  si  che  è  impossibile  all'ammalata  allargare  e  distendere 
le  ultime  falangi.  Le  masse  muscolari  sono  ridottissime  di  volume. 

4.  Altre  deformità:  sterno  corto,  carenato,  lungo  .15  cm.  Scoliosi  de- 
stra cervicale.  Volta  palatina  ogivale. 

B).  Sintomi  del  sistema  nervoso:  anestesia  della  pianta  dei  piedi.  Riflessi 
consenali.  —  Reazione  elettrica  normale. 

Klippel  presenta  il  suo  caso  come  un  esemplare  della  medesima  forma 
di  atrofia  numerica,  che  si  svolge  nella  vita  extrauterina. 

Riconosce  ad  esso  la  medesima  patogenesi:  l'azione  d'un  trauma  ha  per 
riflesso  indotto  la  perdila  di  elementi  muscolari  non  solo,  ma  ha  provocato 
pure  l'arresto  di  sviluppo  degli  arti. 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  mmeolari  com^enite,  ecc.  199 

II  processo  che  condusse  all'atrofìa  numerica  muscolare  fu  quello  del- 
l'atrofia semplice.  E  fu  grave  si  che  non  completo  avvenne  il  compenso  non 
solamente  anatomico,  ma  anche  funzionale. 

Ma  noi  dobbiamo  amplificare  il  concetto  di  Klippel. 
Le  polinevriti,  le  encefalopatie,  le  poliomieliti  della  giovane  età  produ- 
cono l'atrofia  muscolare  e  l'arresto  di  sviluppo  d'un  dato  segmento.  Le  due 
prime  entità  morbos»;  agiscono  indirettamente  sui  centri  trofici  midollari,  che 
sono  sede  diretta  della  lesione  poliomielitica.  Anche  nell'atrofia  per  irritazione 
periferica,  come  quella  descritta  da  Klippel  è  invocato,  come  affermammo, 
W  medesimo  meccanismo  da  Charcot  e  Vulpian. 

Identiche  sono  le  lesioni  muscolari,  caratterizzate  dall'atrofia  semplice. 
Ammessi  questi  principi  e  dimostrate  le  attitudini  speciali  dei  tessuti  fetali, 
adiludini  ristauratrici  esagerate  di  fronte  a  quelle  dei  tessuti  giovani  extraute- 
rini, è  logico  ammettere  che  possa  essere  risultante  dei  sopradetti  processi 
morbosi,  svoltisi  nella  vita  intrauterina,  l'atrofia  numerica  di  Klippel:  l'atrofia 
muscolare  ed  arresto  di  sviluppo  di  dati  segmenti:  con  tutte  le  riserve  già 
accennate. 

Cosi  può  un'atrofia  congenita  da  poliomielite  o  da  polinevrite  rivestire  i 
caratteri  che  essa  presenta  allorquando  succede  nella  vita  extrafetale;  ma  se 
gli  agenti  perturbatori  del  trofismo  agirono  nei  primi  momenti  della  vita  in- 
trauterina, se  non  furono  tanto  intensi,  può  svolgersi  il  procedimento  che 
port-3  alla  semplice  atrofia  numerica. 

Tutta  la  serie  dei  pieds  bots^  legali  ad  alterazioni  dei  centri  trofici  midol- 
lari, nelle  sue  varie  manifestazioni  anatomiche,  è  la  riprova  di  quanto  fu 
affermato. 

Infatti  Durante  (14)  descrive  nei  muscoli  dei  pieds  bots  le  seguenti  varietà: 

1.  Nei  casi  più  gravi  atrofia  completa  dei  muscoli,  ridotti  a  tratti  fibrosi. 

2.  I  muscoli  sono  ancora  riconoscibili  ed  infiltrati  di  tessuto  adiposo. 

3.  Manca  l'adiposi  interstiziale.  Tutte  le  fibre  sono  cilindriche  e  giustap- 
poste, ma  con  striature  indistinte  ed  aumento  dei  nuclei.  All'esame  istologico 
risultano  costituiti  da  protoplasma  granuloso  non  diflerenziato. 

4.  Non  aumento  di  connettivo  interstiziale.  Semplice  atrofia  volumetrica. 

5.  Fibre  muscolari  di  volume  normale.  II  muscolo  è  sano  istologica- 
mente, ma  è  macroscopicamente  atrofico.  Non  vi  ha  riè  sclerosi,  ne  degene- 
razione, ne  atrofia  di  fibre,  ma  assenza  di  un  certo  numero  di  elementi; 
insomma  atrofia  numerica. 

A  dimostrazione  di  quanto  fu  detto  che  altre  cause  oltre  Tirritazionc 
Friferica  possano  produrre  la  sindrome  di  Klippel,  riferisco  un  caso  che 
^^  ho  potuto  studiare  nella  mia  sezione  dell'Ambulatorio  Policlinico. 

Olivero  Felicita,  d'anni  13,  di  S.  Maurizio  Canavese,  è  1* ultima  figlia  di  geni- 
eri sani,  di  antecedenti  insospettabili. 

I  suoi  fratelli  non  presentano  nessuna  anormalità. 


200 


E,  Perrero 


Essa  nacqae  a  termine,  in  presentazione  podalica.  Fu  su  lei  notata,  appena  nata, 
una  lunghezza  eccessiva  degli  arti,  si  che  era  oggetto  di  curiosità.  Così  pure  non 
sfuggirono  ai  parenti  un  certo  grado  di  retrazione  delle  dita,  retrazione  in  flessione, 
ed  una  posizione  viziosa  del  piede  che  presentavasi  rivolto  indietro  ed  esteso  sulla 
gamba.  ^ 

Col  crescere  in  età  queste  alterazioni  si  fecero  più  evidenti,  allorquando  i  mo- 
vimenti poterono  essere  suggeriti  dalla  volontà.  Si  tentò  allora,  e  si  riuscì,  di  cor- 
reggere per  mezzo  d' un  apparecchio  protesico  il  piede  varo-equino.  Questa  correzione 
fu  fatta  air  età  d^un  anno  e  mezzo  circa,  nella  quale  epoca  pure  si  fecero  appari- 
scenti due  altri  sintomi:  l'insellatura  lombare  e  la  sporgenza  delle  scapole. 


Fio.  1. 


Nello  stesso  periodo  di  tempo  si  osservò  che  tutto  il  sistema  muscolare  era  molto 
meno  sviluppato  del  normale. 

Fatto  importante  da  fissare  è  che,  ad  onta  di  tali  anomalie,  la  piccola  0.  svi- 
luppava una  forza  ed  una  sveltezza  di  movimenti  non  comume.  Tanto  è  vero  che  la 
chiamavano  il  clown.  La  psiche  si  sviluppò  in  modo  soddisfacente. 

Presentemente  lavora  in  uno  stabilimento  di  filatura  e  compie  bene  le  mansioni 
a  cui  è  adibita. 

Esame  oggettivo.  —  Ad  uno  sguardo  sommario  due  fatti  s'impongono  all'at- 
tenzione: le  anomalie  scheletriche,  lo  stato  di  nutrizione  dei  muscoli. 

Scheletro.  Mentre  apparentemente  la  lunghezza  delle  ossa  sembrerebbe  maggiore 
del  normale,  le  misure  prese  danno  i  seguenti  risultati: 


Contributo  allo  studio  delle  (itro/ie  muscolari  coiujeaite,  eco. 


20i 


Altezza  del  corpo,  ni.  1,55. 

Apertara  della  braccia,  m.  1,60. 

Omero:  dalla  testa  al  condilo  esterno,  29  em. 

Avambraccio:  dalFolecrano  alVapofisi  stiloide  del  cubito,  cm.  28,5. 

Femore:  dalla  testa  al  condilo  esterno,  42  era. 

Tibia:  dal  condilo  interno  del  femore  al  malleolo  interno,  3(3  cm. 

Colonna  vertebrale:  dall'atlante  alfcocci^fe,  65  cm. 


Fi«.  2. 


^ano:  dall'interlinea  carpea  alla  punta  del  3'*  dito,  cm.  17,5. 

Piede:  22  cm. 

Orbene,  confrontando  queste  misure  colle  tavole  di  Manouvrier,  (15)  il  rapporto 
^ra  la  lunghezza  delle  ossa  e  l' altezza  del  corpo  risulta  normale. 

L'aumento  del  diametro  longitudinale  e  la  disarmonia  dei  vari  segmenti  è  dun- 
*lie  fenomeno  illusorio  per  l'atrofia  nmscolare  diffusa. 

Sola  eccezione  si  deve  fare  per  la  lunghezza  delle  mani  e  dei  piedi,  veramente  abnorme. 

J^amt  radioscopico:  Mano  in  posizione  dorso-ventraie,  —  Metacarpi.  S'os- 
'^«rva  un'esilità  marcatissima  delle  ossa  metacarpee.  Si  vede  evidente  la  linea  epifi- 


202 


A'.  Penero 


sarìa,  specialmente  nei  quattro  ultimi  metacarpi.  La  permeabilità  del  tessuto  os 
appare  maggiore  che  nel  normale.  Il  canale  midollare  si  presenta  in  modo  regoh 
La  linea  articolare  metacarpo-falangea   si   presenta  nel  suo  insieme  situata 
pò*  obliquamente,  in  modo  che  le  prime  falangi  scappano  un  pò*  verso  il  lato  cu 
tale  della  mano. 


F~-- 


_^^ 


Fw.  3. 


Prime  falangi,  —  8ono  enormemente  lunghe,  meno  permeabili  che  non  i  m 
carpi;  la  linea  epifisaria  inferiore  è  meno  netta,  il  canale  osseo  meno  marcato  e  < 
trastano  in  modo  speciale  colla  2^^  e  3*  falange  che  appaiono  come    monche  in 
confronto.  (Forse  questo  fatto  è  in  parte  dovuto  alle  flessioni  della  2'^  falange,  e 
descriveremo). 

Piede  (posizione  dorso- ventrale).  Accentuata  lunghezza  del  quinto  metatari 
evidente  la  linea  epifisaria,  specialmente  de*  quattro  ultimi.  Il  primo  raetatar 
enorme,  si  presenta  colla  sola  linea  epifisaria  superiore. 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  congenite,  ecc.  203 

Falangi,  Normali  le  prime:  esilissime  tutte  le  altre. 

Diafisi  delle  ossa  lunghe  -  più  sottili  del  normale. 

Deformità.  Le  deformità  delle  mani  e  dei  piedi  saranno  più  ampiamente  descritte 
alteriormente. 

Grado  leggero  di  doppio  genu  valgum. 

Doppio  gomito  valgo. 

Cifosi  cervicale.  Scoliosi  dorso-lombare.  Per  la  scoliosi  dorsale  le  scapole  sono 
molto  avvicinate  fra  di  loro. 

Le  anomalie  del  sistema  muscolare  si  presentano  più  o  meno  pronunciate,  secondo 
i   dÌTersi  segmenti.  Mentre  nei  segmenti  prossimali  degli  arti  superiori  ed  inferiori 


Fu».  4. 

1  disturbi  nutritivi  dei  muscoli  si  manifestano  meno  accentuati,  per  cui  è  inutile 
^^  minuta  disamina,  notiamo  invece  nelle  avambraccia  un  assottigliamento  dei  fasci 
DJUBcolari,  specialmente  dei  flessori,  una  gracilità  marcata  dei  tendini  che  si  dise- 
^^0  tesi  sotto  la  cute. 

Questa  salienza  dei  tendini  alla  regione  anteriore  deir  avambraccio,  si  esagera, 
wlorquando  si  cerca  di  provocare  passivamente  l'estensione  delle  falangi. 

Né  questa  passiva  distensione  è  completamente  possibile,  poiché  i  muscoli  fles- 
^ri  profondi  e  superficiali  appaiono  come  più  brevi,  come  si  avvera  nella  griffe 
<^«bìtale. 

Mentre  i  movimenti  volontari  d'estensione  delle  prime  falangi  sono  limitati 
P^r  tale  accorciamento  ed  unicamente  per  questo,  al  contrario  la  flessione  delle  sin- 


204  E.  Penero 

gole  dita  sul  metacarpo  e  la  formazione  del  pugno  sono  validissime,  tanto  che,  V Oli- 
vero può  servirsene  ne*  suoi  lavori  ed  esercitare  un  dinamismo  non  comune. 

I  muscoli  delle  eminenze  tenar  ed  ipotenar  sono  pure  notevolmente  atrofici,  al- 
meno nel  significato  puramente  morfologico.  Sulla  faccia  dorsale  della  mano  dì  ambo 
i  lati  risalta  la  gracilità  dei  tendini  estensori.  Fra  il  quarto  e  il  quinto  spazio  in- 
terosseo  si  scava  unMmponente  depressione.  La  figura  unita  illustra  questo  stato 
atrofico  e  la  deformità  delle  mani. 

Questa  deformità  ricorda  la  mano  a  griffe  da  lesione  del  cubitale.  La  prima 
falange  del  terzo,  quarto,  quinto  dito  è  in  leggera  flessione  palmare,  la  prima  del 
secondo  dito  in  estensione:  le  seconde  falangi  di  tutte  le  quattro    ultime  dita  sono 


Fio. 


in  flessione  palmare  piìi  accentuata.  Le  terze  falangi  sono  in  lederà  estensione  sulle 
seconde. 

La  faccia  palmare  della  mano  appare  molto  allargata  ed  appiattita  :  quest*aspetto 
non  è  soltanto  dovuto  alla  lunghezza  eccessiva  dei  metacarpi,  ma  è  anche  relativa 
ad  un  abozzo  di  membrana  interdigitale. 

Ora,  interrogando  il  meccanismo  dei  muscoli  brevi  della  mano  si  è  maravigliati 
di  notare  come  tutti  i  movimenti  complicati  si  compiano  bene. 

Infatti  r  adduzione,  T  abduzione  Topposizione  del  pollice  e  del  quinto  dito  sono 
attive,  è  ampia  la  divaricazione  delle  dita,  e  allorquando  siano  mantenute  flesse  le 
prime  falangi  —  per  elidere  artificialmente  la  coartazione  dei  flessori  —  anche  l'esten- 
sione delle  seconde  e  terze  falangi  è  possibile. 

Adunque,  se  la  defonnità  delle  mani  si  assomiglia  alla  Klauenhand  da  lesione 
del  cubitale,  il  processo  meccanico  risulta  differente. 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  con{ienite,  ecc,  205 


Lo  schema  seguente  servirà  luminosamente  a  porne  in  rilievo  le  differenze: 


Mano  in  grìtte  da  lesione  del  cubitale 

Mano  della  Olivfro 

Mancanza  di  movimenti  di  lateralitA  delle 
dita,  dei  movimenti  del  mignolo,  dell'ad- 
duiione  del   pollice.  Mancanza  del  movi- 
mento di  estensione  della  2»  e  3*  falanKc 
e  di  flessione  della  1». 

Per  l'azione  degli  antagonisti  (estensore  co- 
mune delle  dita  e  lunghi  flessori  4°  e  5*>) 
iperestensione  della  la  falange,  forte  fles- 
sione della  2<^  e  S».               ^ 

I  musc/)li  flessori  profondi  sono  retratll  ma 
voluminosi. 

Con8er\'azioìie  di  ciuesto  ftinzionf. 

Le  prime  falangi  sono  in  lieve  fles- 
secondn. 

I  muscoli  flessori  sono  atrofici  e  rac- 
corciati. 

Perciò  la  deformità  descritta  nel  nostro  caso  è  dovuta  essenzialmente  a  questa 
coartazione  dei  muscoli  flessori:  coartazione  non  attiva,  non  spastica,  per  deficenza 
de^Ii  antagonisti  lombricali  ;  ma  puramente  anatomica  per  minor  lunghezza  dei  fasci 
vascolari. 

La  mano  così  alterata  nella   sua   forma   corrisponde   a   quella   forma  di  pieds 

^is  congeniti  senza  impot-enza,  descrìtti  daGillésdelaTourette.  È  unamatn  botte. 

Kei  piedi  si  ripete,  benché  attenuata,  la  deformità  descrìtta  nella  mano;  perchè 

81  Dota  la  disposizione   delle   dita  in  griffe:  prime  falangi  in  estensione,  seconde  e 

terze  in  marcata  flessione  plantare.  Si  ha  un  abozzo  di  pieds  bots. 

Tralasciamo  la  discussione  degli  altri  muscoli;  rìpeteremo  che  1* atrofìa  va  di- 
^nulando  dalle  estremità  alle  radici  e  che  tutti  i  movimenti  si  compiono  pertetta- 
"lente:  cammino,  corsa  salti  ecc.  ecc. 

inflessi:  achilleo,  patellare,  del  pugno,  olecranico  normali.  Nessuna  modifica- 
tone o&ono  i  riflessi  cutanei:  plantari,  ipo  ed  epigastrico. 

I  nervi  ed  ì  muscoli  rìspondono  fisiològicamente  alla  corrente  indotta  e  continua. 
Organi  dei  sensi  in  perfetta  funzione. 

Pupille  di  media  ampiezza;  reagiscono  prontamente  alla  luce  ed  alla  accomoda- 
*»<*iac.  Le  varie  sensibilità  sono  inalterate. 


Il  carattere  della   congeniti!   delle  altenizioni   descritle  aprevola  mirabil- 
'"^^lìlc  il  compito  diagnostico. 

Sono  quindi  fuori  del  dibattito  diderenziale  quelle  malattie  che  si  svi- 
^^^ppano  nella  vita  extrauterina  e  clie  a  tutta  prima  presentano  rassomiglianze 
<^Vìniche  col  caso  descritto. 

Perciò  Iralascierò  di  discutere  delTatrofia  muscolare  progressiva  Du- 
chenne-Aran,  delPatrofia  muscolare  Landouzy-Dejerine,  della  sclerosi  late- 
rale amìotrofica,  della   poliomielite  acuta   e   cronica,   della   polinevrite,   della 


206  E.  Ferrerò 


sirin^omielhi,  della  pachimeningite  ipertrofica,  dell' atrofia  neiirotica  Charcol- 
Marie,  della  nevrite  interstiziale  ipertrofica  di  Dejerine,  ecc.  ecc. 

Le  alterazioni  e  le  deformità  provocate  dai  vari  processi  morbosi  ac- 
cennati, ripetono  la  loro  pato^renesi  da  due  fenomeni  essenziali:  la  paralisi 
atrofica  e  la  preponderante  azione  degli  antap^onisti  sani  o  meno  colpiti  dalla 
lesione. 

Ho  dimostrato  die  l'atrofia  AoXV  Olivero  non  era  paralitica  e  che  la  defor- 
mità ripeteva  l'essenza  sua,  non  da  preponderanza  di  azione  degli  antago- 
nisti, ma  bensì  da  accorciamento  anatomico,  congenito  dei   muscoli  flessori. 

Ho  paragonato  le  main$  bottes  onde  è  affetta  l'ammalata  ai  pitds  bots 
congeniti  senza  impotenza.  Vi  ha  identità.  Infatli  anche  nei  pieds  bots  conge- 
niti senza  impotenza,  la  forza  muscolare  è  valida,  normali  i  riflessi  e  la  rea- 
zione elettrica;  solo  fenomeno  è  la  deformità  permanente  dei  piedi.  Anche 
nei  pieds  bots  può  notarsi  un  grado  più  o  menò  elevato  di  atrofia  muscolare. 

Ora  questi  pieds  bots  senza  impotenza,  secondo  Gilles  de  la  Tourette, 
sono  alle  dipendenze  d'una  lesione  del  sistema  nervoso  centrale  o  periferico, 
lesione  intrauterina  spentasi  al  momento  della  nascita,  o  che  è  sparita  senza 
lasciar  traccia. 

Neppure  le  alterazioni  trofiche  delle  fibre  muscolari  sono  in  attività,  poiché 
nel  processo  d'atrofia  andarono  distrutte  fibre  e  le  lacune  da  queste  lasciate 
furono  colmate  dall'aumento  di  sviluppo  delle  fibre  finitime  e  valide:  unico 
residuo  cicatriziale  di  tale  disintegrazione  è,  insomma,  l'atrofia  numerica. 

Troviamo  noi  ora  nel  caso  descritto  i  caratteri  fissati  da  Klippel  per  le 
atrofie  numeriche  dei  tessuti?  È  bene  ricordare  che  le  atrofie  dipendenti  da 
lesione  del  sistema  nervoso  congenite,  o  sviluppatesi  nei  primi  momenti  della 
vita  extrauterina,  sono  indissolubilmente  legate  all'arresto  di  sviluppo  di  date 
parli  del  corpo,  sede  dell'atrofia  muscolare. 

Nel  nostro  caso  invece  lo  anomalie  dello  sviluppo  sono  di  ben  altra 
natura. 

V Olivero  alla  nascita  presentava  una  lunghezza  eccessiva  delle  ossa. 
Questa  anormale  lunghezza  noi  possiamo  ancora  allo  stato  presente  rilevare 
nelle  mani  e  nei  piedi,  ccdl'esame  radiografico  e  colle  misure  riferite.  Non  si 
notarono  le  anomalie  osservate  da  Klippel  nel  suo  caso:  vere  anormalità  per 
difetto  e  per  assenza  di  segmenti  ;  ma  furono  descritte  la  cifosi  cervicale,  la 
scoliosi  dorso-lombare,  il  (jenu  ed  il  gomito  valffurn,  la  riduzione  del  diametro 
trasversale  delle  ossa  lunghe. 

Le  deformità  delle  mani,  dei  piedi  e  della  colonna  vertebrale  si  fecero 
più  evidenti  nello  svolgersi  della  vita  dell'ammalata.  Or  bene,  se  noi  vogliamo 
ammettere  che  anche  lo  sviluppo  anomalo  in  lunghezza  e  le  altre  deformità 
descritte  siano  l'espressione  d'un  disturbo  trofico,  in  rapporto  con  alterazioni 
del  sistema  nervoso,  spente  alla  nascita,  allora  dobbiamo  classificare  il  nostro 
caso  fira  le  atrofie  numeriche,  cui  pure  appartiene  l'osservazione  di  Klippel. 

Che  tale  aumento  in  lunghezza,  delle  ossa  possa  considerarsi  come  feno- 
meno di  alteralo  trofismo,  lo  ammette  Klippel  (16)  nella  sua  memoria,  affer- 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  congenite,  ecc.  207 

mando  egli  che  nello  svolg^ersi  dell' atrofia  numerica  si  può  osservare  un 
aumento  rapido  in  lunghezza  delle  ossa.  Ma,  secondo  l'Autore,  questo  aumento 
non  sarebbe  che  temporaneo  e  dovulo  all'irritazione  riflessa  del  centro  trofico; 
sarebbe  destinato  a  cessare,  allora  che  il  midollo  spinale  abbia  esaurito  il  suo 
potere  sopra  questo  esagerato  accrescimento.  Ad  ogni  modo  tali  allungamenti 
esagerati  possono  diventare  definitivi  e  continuare. 

Nella  nostra  osservazione  si  è  appunto  verificalo  un  aumento  in  lunghezza 
(Ielle  ossa,  che  si  notò  alla  nascita  e  nei  primi  anni  della  vita  della  Olivero, 
Quest'accrescimento  eccessivo  non  ha  continualo  ed  all'esame  presente  non 
potè  pili  essere  rilevato.  Almeno  per  le  ossa  dei  segmenti  prossimali;  poiché 
la  radiografia  e  le  misure  stabiliscono  per  la  mano  e  per  il  piede  un  tale 
abnorme  sviluppo  in  lunghezza. 

Possiamo  quindi  affermare  che  nella  vita  fetale  di  0.  abbia  agito  una  causa 
rapace  di  produrre  atrofia  semplice  :  una  causa  cioè  che  operando  direttamente 
od  indirettamente  sui  centri  trofici  abbia  da  una  parte  condotto  all'atrofia  nume- 
rica muscolare,  dall'altra  allo  sviluppo  anomalo  del  sistema  osseo. 

Naturalmente  è  opera  ardua  di  difficoltà  il  ricercare  la  causa  speciale  alte- 
rante l'equilibrio  trofico. 

Noi,  in  questa  ricerca,  dobbiamo  dapprima  considerare  che  tutta  la  musco- 
latura dello  scheletro  risenti  di  questa  modificazione  della  funzione  di  nutri- 
zione e  che,  per  l'opposto,  fu  la  gravità  dell'atrofia  in  rapporto  inverso  colla 
sua  estensione. 

Il  trauma  a  noi  pare  la  causa  meno  probabile,  appunto  per  questi  carat- 
teri, riguardanti  l'estensione.  Nel  caso  di  Klippel  fu  invece  ammesso  un 
traumatismo  fetale. 

Mancano  i  sintomi  spastici,  l'esagerazione  dei  riflessi,  i  disturbi  mentali, 
l'epilessia:  non  è  da  discutersi  una  alterazione  cerebrale. 

Le  poliomieliti  fetali  diffuse  costituiscono  una  lesione  troppo  grave,  non 
suffragata  dal  grado  leggero  di  diminuita  funzione. 

Due  momenti  eziologici  sono  ancora  da  discutersi  :  la  polinevrite,  e  la 
miopatia  precoce. 

Riguardo  a  questa  forma  noi  possiamo  bene  supporre,  —  come  del  resto 
s'è  fatto  per  la  spiegazione  patogenetica  delle  mancanze  di  muscoli  —  che 
si  ordì  nella  vita  fetale  un  processo  di  miopatia  essenziale  (intimamente  legato 
alle  alterazioni  del  sistema  nervoso,  secondo  le  moderne  teorie),  che  si  spense 
precocemente  e  che  permise  la  riparazione,  se  non  completa,  almeno  suffi- 
ciente per  la  dinamica  muscolare. 

Però  tale  ipotesi  è  da  accettarsi  con  tutte  le  riserve,  conoscendo  noi  le 
leggi  regolatrici  dell'atrofia  muscolare,  fra  le  quali  la  più  importante  è  la 
progressività. 

L'ipotesi  più  logica,  più  razionale  è  quella  che  si  fonda  sulla  polinevrite. 
Prima  di  lutto  perchè  nella  vita  fetale  non  sono  rare  le  polinevriti,  di  cui 
diedero  esempi  Gilles  de  la  Tourette  ed  altri:  secondariamente  perchè  la 
polinevrite  spiega  la  grande  estensione  dell'atrofia  e  la  relativamente  conser- 


208  E.  Ferrerò 

vata  funzionalità  dei  muscoli,  spiega  infine  il  grado  più  intonso  dell' atrofia 
alle  estremità  distali:  le  mains  bottes  ed  i  pieds  bots. 

Qui  torna  a  proposito  ricordare  un  sintomo  presentalo  dalla  nostra  amma- 
lata nei  primi  mesi  della  vita:  un  sintomo,  che,  mentre  distrugge  ri|»olesi 
dell'agenesia  ed  avvalora  quella  della  polinevrite,  ci  può  illuminare  sopra 
l'epoca  approssimativa  in  cui  si  svolse  il  processo  polinevrilico.  Abbiamo 
accennato  al  piede  equino -varo,  che  si  corresse  fiicilmente  cedi' apparecchio 
protesico. 

Il  piede  equino -varo  era  con  ogni  probabilità  paralitico;  T  atrofia  sem- 
plice all'arto  inferiore  en»  ancora  in  attività  al  momento  della  nascita  e  si 
risolse  gradatamente. 

La  polinevrite  operava  ancora  negli  ultimi  momenti  della  vita  fetale. 

Ricordando  le  leggi  che  regolano  il  processo  dell'atrofia  numerica  di 
Klìppel,  da  noi  discusso  precedentemente,  diremo  che  la  lesione  ammessa, 
probabile  agi  in  modo  che  i  processi  di  riparazione  e  di  compenso  da  parte 
del  restante  tessuto  sano,  date  le  peculiari  condizioni  del  tessuto  fetale,  furono 
sufficienti  a  mantenere  la  funzione  muscolare,  se  pure  non  poterono  impedire 
lo  svilupparsi  delle  deformità,  dovute  sia  alla  lunghezza  eccessiva  delle  ossa, 
del  metacarpo  e  del  metatarso,  sia  alla  brevità  dei  muscoli  numericamente 
atrofici. 

Il  caso  descritto  è  la  prova  che  l'atrofia  numerica  di  Klippel  congenita 
non  ripete  soltanto  l'origine  sua  da  traumi  operanti  sul  tessuto  fetale.  Molti 
fra  i  processi  morbosi,  che  nella  vita  extrauterina  provocano  da  una  parte 
atrofia  muscolare  e  dall'altra  arresto  di  sviluppo  in  tato  d'un  dato  segmento, 
possono  colpire  il  feto.  Risultante  di  questi  fenomeni  patologici  è  in  date 
circostanze  la  medesima  atrofia  numerica  prodotta  per  irritazione   pt»riferica. 

Le  atrofie  numeriche  di  Klippel  risultanti  di  diverse  malattie  dell'asse 
cerebro-spinale,  direttamente  o  mediatamente  colpito,  sono  adunque  secondane 
ad  un  processo  di  atrofia  semplice.  A  ([ueste  debbono  contrapporsi  le  atrofu 
numeriche  primarie,  che  ripetono  la  loro  essenza  da  un  fenomeno  teratidogìco 
di  aijenemu  Più  propriamente  si  possono  chiamare  aplasie. 

Si  producono  qiu^ste  nei  primi  mesi  della  vita  intrauterina,  ^lUorquando 
il  numero  degli  elementi  costituenti  il  dermatomiomero  non  è  ancora  completo. 

Tali  aplasie  sono  certamente  le  più  rispondenti  alla  definizione  di  Klippel: 
gli  elementi,  onde  è  formato  \\n  dermatomiomero  in  deficiente  sviluppo  nu- 
merico, non  presentano  alcuna  alterazione  istologica.  Queste  aplasie  muscolari 
si  associano  ad  agenesia  di  altri  tessuti,  come  osservarono  Klippel  e  Rou- 
chet(i7)  in  un  caso  di  emimielia  con  atrofia  numerica  dei  tessuti. 

Ma  accanto  a  queste  forme  complesse  è  opportuno  ammettere  forme  pare 
di  atrofia  muscolare  numerica,  ove  solamente  il  muscolo  è  colpito. 

Gli  esempi  di  tali  limitate  atrofie  si  possono  moltiplicare.  Habs  descrisse 
un  caso  di  abd^mien  obstipum  \ìev  raccorciamenlo  congenito  del  muscolo  grande 
retto  dall'addome.  La  camptodattilia  (flessione   permanente  ad   uncino  delle 


Contributo  allo  studio  delle  atro/ìe  muscolari  coìmenite,  ecc.  :209 


dita)  di  Landouzy  e  la  gampsodattilia  di  Reclus  e  Kirmisson  (i8)  (ipere- 
stensione  della  prima  falange  del  pollice  sul  metacarpo  sono  talora  idiopati- 
che e,  secondo  Brissaiid,  dovute  a  brevità  congenita  dei  muscoli.  Sono  fre- 
quenti le  asimmetrie  del  viso  per  deficienza  dei  muscoli  di  una  mola  della 
faccia,  la  difficoltà  notata  in  taluni  alla  protrusione  della  lingua  fuori  della 
arcala  dentaria  per  accorciamento  dei  genio-glossi,  ecc.  ecc. 

Queste  atrofie  puramente  muscolari,  senza  partecipazione  di  altri  tessuti 
possono  bensì  essere  un  esito  di  atrofie  semplici  (ad  es.  nevriti  limitate  ai 
soli  rami  muscolari  d'un  neno);  ma  per  lo  più  ripetono  la  loro  origine  da 
due  cause  principali:  Tatrofia  muscolare  degenerativa  e  Tagenesia. 

i.  Atrofie  numeriche  da  der/enerazione  muscolare,  —  Mentre  i  processi 
d'atrofìa  semplice  muscolare  in  ultima  analisi  implicano  sempre  la  lesione 
diretta  od  indiretta  dei  centri  trofici  del  midollo  spinale,  per  cui  è  agevole 
spiegare  la  compartecipazione  degli  altri  tessuti  all'  atrofia  numerica,  le 
atrofia  degenerative  muscolari  possono  ritenersi  indipendenti  da  lesione  dei- 
Tasse  grigio. 

Le  atrofie  degenerative  possono  essere  prodotte  da  infezioni  acute,  da 
anemie  gravi,  da  stati  cachettici,  da  avvelenamento,  da  cause  traumatiche  gravi 
locali,  da  infiammazione,  da  lesioni  muscolari. 

La  degenerazione  delle  fibre  muscolari  (cerea,  grassa,  pigmentaria)  pro- 
duce l'atrofia  per  distruzione  di  elementi  muscolari.  Sono  adunque  queste 
atrofie  essenzialmente  numeriche. 

Avvengano  questi  princessi  degenerativi  nelle  fibre  muscolari  letali  ed 
allora,  cessata  la  causa,  si  ripeteranno  nella  cicatrizzazione  i  medesimi  feno- 
meni già  descritti  nelle  atrofie  semplici:  rigenerazione  parziale  di  fibre  ed 
accrescimento  fisiologico  delle  fibre  immuni. 

Questi  muscoli  cosi  riparati  ci  appariranno,  bensì  più  gracili,  più  corti, 
ma  istologicamente  normali. 

La  funzione  di  questi  sarà  in  rapporto  diretto  col  grado  della  lesione 
avvenuta,  colla  compensazione  più  o  meno  completa  della  rigenerazione  e 
dell' aumento. di  volume  delle  fibre  in  via  di  sviluppo. 

È  naturale  quindi  che  non  sempre  il  reperto  istologico  sia  quello  di  un 
muscolo  normale. 

Queste  atrofie  pure  muscolari  numeriche  sono  per  lo  più  limiinte  a  pochi 
muscoli  e  talora  solamente  a  fasci  muscolari. 

2.  Atrofie  muscolari  numeriche  pure  per  ancnesia.  —  (ìià  superior- 
mente accennammo  ad  una  forma  di  atrofia  juusccdare  primaria,  con  compar- 
tecipazione degli  altri  tessuti  airaj)lasia.  Possiamo  ora  concejìire  che  il  solo 
tessuto  miiscolare  embrionario  si  presenti  in  mancato  sviluppo  ed  ammettere 
cosi  un'aplasia  pura  muscolare. 

Accenniamo  ancora,  pcuchè  sono  anche  teratologiche,  alle  atrofie  musco- 
lari per  arresto  di  sviluppo^  in  cui  F anomalia  consiste  nelle  dimensioni  mi- 
nori delle  fibre  muscolari,  dovulo  a  numero  minore  di  fibrille-elementi.  Questa 
specie  di  atrofie  si  può  chiamare  volumetrica  congenita. 

14 


2i0  E.  Ferrerò 

Conclusione.  —  Molle  deile  cause,  che  sono  produttrici  delFalrofia  semplice 
e  dejjenerativa  muscolare  nella  vita  extrauterina,  possono  ag^ire  sul  tessuto 
muscolare  fetale,  provocando  le  identiche  alterazioni  istologiche. 

Queste  alterazioni  possono  ancora  essere  in  atto  alla  nascita  ed  allora 
l'atrofia  congenita  per  nulla  si  differenzia  dall'atrofia  della  vita  extrauterina. 

Ma  allorché  questi  processi  sono  spenti  alla  nascita,  noi  possiamo  notarne 
gli  esiti. 

Fra  questi  affatto  singolare  è  l'atrofia  numerica  muscolare,  che  si  pre- 
senta con  caratteri  speciali  e  che  si  può  spiegare  ammettendo  che  i  muscoli 
fetali,  preda  dell'atrofia,  abbiano  due  mezzi  validi  per  conservare  la  loro 
costituzione  istologica  e  la  loro  funzione:  la  rigenerazione  più  attiva  e  la  coo- 
perazione degli  elementi  risparmiati  dalla  lesione;  i  quali  possono  sviluppare 
vivace  la  riserva  potenziale  del  loro  sarcoplasma  non  ancora  differenziato. 

Nei  muscoli  adulti  questo  potere  è  pressoché  spento:  manca  pertanto  a 
questi  un  fattore  di  compenso  non  indifferente. 

Però  nei  muscoli  fetali  questo  compenso  ha  limili  subordinali  all'esten- 
sione del  processo  dissolutivo,  all'età  dei  feto  ed  alla  attività  delle  fibre  sfug- 
gite alla  lesione.  Perciò  i  muscoli  del  feto  possono  presentarsi  a  processo 
spento  coi  caratteri,  meno  vistosi  per  altro,  dei  muscoli  adulti  colpiti  da 
atrofia. 

Le  atrofie  numeriche  esito  dell'atrofia  semplice  e  degenerativa  sono  dunque 
secondarie. 

Le  atrofie  congenite  per  agenesia  o  aplasie  sono  invece  primarie. 

Sono  teratologiche  come  le  atrofie  volumetriche  congenite. 


Blbliogrrafia. 

(1)  F.  Raymond.  Pathogénie  dea  atrophies  musculaires  conséoutives  aux  arthrites  traumatiques. 
«  Rev.  de  Méd.  »,  1890.  —  Atrophle  miuculaire  d'origrine  réflexe.  «  BulL  méd.  »,  mal,  1897. 

(2)  CI.  Ballet  et  Bebxard.  Dea  amyotrophies  diffuse»  consecutive»  aux  traumatismes  l«»ger8 
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(3)  Klippprl.  Atrophie  musculaire,  suite  d'arthrlte  du  genou.   Examen  histologique  de  la 
moelle  et  des  nerfs  «  Soc.  anat.  »,  1888. 

(4)  MioxoT  et  MALtv.    Recherches  exp»^rimentales   sur  Ics  amyotrophies  réflexes.  «  Arch.  gén. 
de  Méd.  »,  1900. 

^5)  Klippel.  «  Rev.  de  Méd.  »,  1893. 

(6)  .Iacqvet  et  8A.MB0X.  «  8oo.  méd.  des  Hopitaux  »,  1898. 

(7)  Hallopsac  et  Tostivixt.  «  Acivd.  de  Méd.  »,  1899. 

(8)  Maurice  Rénacd.  Troubles  de  la  croissance  caractérisé.s  par  Tatrophie  numerique.  «  XXXVI* 
session  de  rAnsociation  fraiKjaise  pour  Tavancement  des  sciences  ».  Reims,  1-6  aout  1907. 

(9)  Daniel.  «  Thè?*e  de  Parin  »,  1899. 

(10)  Durante.  De  l'atrophie  numerique.  «Manuel  d'Histologle  pathologrique  Corni]  et  Ran- 
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(11)  Meek.  On  the  post  embryonal  histor>'  of  voluntarj'^  muscles  in  mammal.s.   «  Journal  of 
anat.  and  phisiol.  »,  1899. 

(12)  Gilles  de  la  Toubette.  Pathogènie  et  traitement  des  pieds  bots.  «  Le^on  de  Clinique  the- 
rapeutique  .sur  les  maladies  du  sysiénie  nerveux  »,  pag.  309. 

(13)  Klippel.  «  Xouvelle  Icoiiographie  de  la  .Salpétrière  »,  1906,  pag.  136. 

(14)  Durante.  Loc.  cit. 


Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  congenite,  ecc.  2H 

(15)  ^LàKoirrsisK  L.  Sur  la  détermination  de  la  taille  d'après  les  grrands  os  des  membres. 
«  Memoirea  de  la  Société  d^Anthropologle  »,  2o  sez.,  t.  IV,  pagg.  347,  408.  —  Étiide  sur  les  rapport8 
anthropometriques  en  general  et  sur  Ica  priiicipales  proportiona  du  corps.  <  Memoirea  de  la  8o- 
ciété  d'Aiithropologie  »,  3o  sèrie,  t.  II,  faac.  3,  1902. 

(16)  Klippel.  Loc.  eit.,  1893. 

(17)  Kltppsl  e  Bouchst.  Hémimélie  avec  atrophie  numérìque  des  tiaaua.  «  Nouvelle  Iconographie 
de  la  Salpètrìère  »,  1907,  pag.  413. 

(18)  CasvRTXB.  De  la  gamiModactylie.  «  Arch.  gén.  de  Méd.  »,  n.  3,  pag.  226,  1907. 


Istituto  di  Anatomia  patologica  della  R.  Università  di  Parma 
diretto  dal  prof.  P.  Guizzetti 


Degli  effetti  della  ipertermia  e  ipotermia 

sul  reticolo  neuroflbrillare  della  cellula  nervosa  di  animali  adulti 

(metodo  Ramon  y  Cajal) 

per  il  doti.  Francesco  Lasagrna,  Aiuto 


Lo  scopo  di  questo  mio  lavoi-o  sperimentale  è  di  contribuire  alla  l'isolu- 
zione  della  complessa  e  dibattuta  questione  della  resistenza  del  reticolo  fibril- 
lare della  cellula  nervosa  ag:li  agenti  fisici  chimici  e  ti*aumatici. 

Tale  questione  ha  in  questi  ultimi  anni  vivamente  interessato  i  neuro- 
patologi, perchè  essi  considerano  che  solo  la  sua  risoluzione  possa  condurre 
ad  una  giusta  valutazione  delle  alterazioni  dell'apparecchio  fibrillare  nelle 
malattie  nervose. 

Mi  sono  per  ora  limitato  a  studiare  quella  parte  della  questione  che 
ritarda  l'azione  della  ipertermia  e  ipotermia  sul  reticolo  nervoso,  serven- 
domi per  metterlo  in  evidenza  del  noto  metodo  della  impregnazione  argentica. 

Perchè  si  possano  meglio  interpretare  i  dati  che  mi  vennero  Ibrniti  dalle 
mie  esperienze,  credo  utile  ricordare  prima  brevemente  quanto  è  stato  fatto 
in  questi  ultimi  anni  dagli  istologi  suH'argomento  di  cui  mi  sono  qui  occu- 
pato e  i  rapporti  esistenti  fra  tutta  la  questione  e  quella  parte  da  me  trattata. 

il  Ramon  y  Cajal  sottopose  la  sanguisuga  all'aziime  del  calore  e  colo- 
rando col  suo  metodo  osservò  in  essa  un  evidente  assottigliamento  e  uno 
scolorimento  del  reticolo  fibrillare:  la  sottopose  a  basse  temperature  e  ottenne 
in  essa  T  ispessirsi  delle  fibrille. 

Il  Cajal  e  il  Tello  notarono  negli  animali  superiori  neonati  sottoposti 
ad  alle  temperature  rassottigliamento  e  la  distruzione  delle  fibrille  ed  attri- 
buirono questi  fatti  ad  una  esagerazione,  nella  ipertermia,  e  a  una  diminuzione, 
nella  ipotermia,  della  funzione  moli*ice. 

Il  Mari n esco  osservò  che  le  temperature  elevate,  sia  che  dipendano  da 
stufa  0  insolazione,  pi'ovocano  una  specie  di  dissociazione  delle  neiirofibrille  che 


212  F.  Lasagna 

si  assoUigliano  quando  si  oltrepassano  i  20"*:  lo  slesso  A.  vide  formarsi  delle 
specie  di  ispessimenti  afgentofili,  la  associazione  degli  elementi  fibrillari  nelle 
cellule  nervose  degli  animali  sottoposti  a  temperature  più  basse  di  iO"*  C. 
Anche  questo  A.  ebbe  delle  alterazioni  del  reticolo  in  neonati  di  conigli  e 
cani:  verificò  invece  solo  delle  leggiere  modificazioni  negli  animali  adulti. 

Lo  Scarpini  studiò  l'azione  della  ipertermia  sulle  neurofibrille  col  metodo 
di  Donaggio,  servendosi  nelle  esperienze  di  cani  e  conigli  giovani;  e  negli 
animali  morti  per  sovrariscaldamento  (45**)  notò:  una  tortuosità  delle  fibrille, 
l'addensamento  delle  maglie  costituenti  il  reticolo  fibrillare,  poi  frammenta- 
zione e  riduzione  del  reticolo  in  granuli  più  o  meno  confusi  e  agglutinati  fra 
loro:  nella  ultima  fase  delle  modificazioni,  omogeneità  di  colorazione  della 
cellula,  colorabilità  anormale  del  nucleo  e  nucleolo.  Il  Donaggio  non  trovò 
mai  modificazioni  di  sorta  nel  reticolo  di  animali  adulti  sottoposti  all'azione 
del  freddo. 

Come  risulta  adunque  da  questo  breve  riassunto,  dalle  indagini  dei  diversi 
sperimentatori,  sia  che  essi  si  servissero  del  metodo  di  Cajal  che  di  Donag- 
gio, è  stalo  dimostrata  una  serie  di  lesioni  nel  reticolo  neurofibrillare  in 
rapporto  a  variazioni  di  temperatura  negli  animali  inferiori  della  scala  zoo- 
logica (sanguisughe,  lucertole),  e  negli  animali  superiori  neonati  (cani,  coni- 
gli): non  e  stata  trovala  invece  alterazione  apprezzabile  alcuna  del  retìcolo 
negli  animali  adulti. 

L'apparecchio  fibrillare  della  cellula  nervosa  completamente  formalo, 
stando  a  questi  risultali,  avrebbe  dunque  una  grande  resistenza  alla  azione 
delle  alte  e  basse  temperature. 

Con  tulle  le  altre  numerose  esperienze  compiute  con  altri  agenti  allo 
scopo  di  saggiare  la  resistenza  del  reticolo  cellulare  usando  il  metodo  Cajal 
si  dimostrò  che  l'apparecchio  fibrillare  era  al  contrario  estremamente  labile, 
come  risulta  dai  lavori  di  Cajal,  Marinesco  ed  altri  sulle  sue  lesioni  in 
rapporto  allo  strappo  dello  sciatico,  alla  inoculazione  di  telanolossina,  alla 
decomposizione  cadaverica. 

Nelle  prove  fatte  invece  allo  slesso  scopo,  colorando  il  reticolo  col  melodo 
Donaggio,  risultò  che  l'apparecchio  fibrillare  era  difficilmente  alterabile  e 
così  fu  dimostrala  la  resistenza  del  reticolo  da  Fragni  lo  con  strappo  dello 
sciatico,  da  Riva  con  T inanizione,  avvelenamento  da  stricnina,  picrotossina, 
idrato  dì  cloralio,  da  Cerlelli  e  Sambalino  con  avvelenamento  da  cloruro 
di  etile,  nelle  alterazioni  cadaveriche. 

Mentre  adunque  col  metodo  del  neurologo  italiano  si  era  riusciti  sempre 
a  dimoslrare  la  grande  resistenza  delle  fibrille,  col  melodo  della  impregna- 
zione argentica  si  è  solo  in  un  caso  provala  la  loro  resistenza  in  opposi- 
zione a  lutti  gli  altri  in  cui  ne  era  stala  dimostrata  la  grande  labilità. 

Sono  appunto  tali  rej)erli  istologici  contraddittori  ottenuti  dai  vari  speri- 
mentatori che  usarono  del  melodo  Cajal  che  mi  hanno  indotto  a  intrapren- 
dere nuove  ricerche  sulla  resistenza  del  reticolo  fibrillare  alla  iper  e  ipoter- 
mia, perchè  mi  è  sembralo  che  tale  contraddizione  fosse  imputabile  alle  poche 


Degli  effetti  della  ipertermia  e  ipotermia,  ecc.  213 

prove  compiute  e  che  solo  dopo  nuove  esperienze  metodiche  e  numerose  si 
potesse  dire  chiarito  tale  punto  della  questione  e  si  potesse  addivenire  a  una 
conclusione  riguardo  alla  alterabilità  dell'apparecchio  fibrillare  messo  in  evi- 
denza col  metodo  Cajal. 

Ilo  fiìlto  a  tale  scopo  due  serie  di  esperienze  con  animali  adulti,  i  quali 
hanno  un  apparecchio  fibrillare  completamente  formato  e  difficilmente  alte- 
rabile; con  una  prima  serie  di  prove  ho  studialo  l'azione  del  freddo,  con  una 
seconda  quella  del  caldo  sul  reticolo  nervoso. 

Esperienze  colla  ipotermia.  —  Ho  scelto  per  le  mie  esperienze  il  coni- 
glio: ho  mantenuto  gli. animali  nelle  7  prove  compiute,  dopo  averli  tosati, 
a  temperature  di  0^*0,  in  «rhiacciaia  o  di  0,G-0,i6^,  nell'ambiente  (inverno  i907): 
ho  ucciso  col  soflocamcnto  5  conigli  e  due  li  ho  lasciati  morire  spontanea- 
mente: ho  sempre  preso  la  temperatura  rettale,  osservando  che  diminuiva  di 
vnri  gradi  sotto  il  37°  durante  le  esperienze.  Infine  in  ogni  caso  ho  estratto 
tutto  il  sistema  nervoso  centrale  e  conservati  segmenti  di  midollo  lombare  e 
dorsale,  di  bulbo  e  di  corteccia  cerebrale  e  trattati  col  noto  metodo  della 
impregnazione  argentica  per  la  colorazione  delle  neurofibrille  di  Ramon 
y  Cajal. 

Come  mi  sia  poi  comportato  in  ogni  singolo  caso,  risulta  dalla  seguente 
tavola  : 

Coniglio  \.  i  peso  1770  i  ora  a  0°C        ucciso  mediante  soffocazione 

»  JD  2  j>  1550  2  ore  a     »  »              ' 

»  j»  3  »  1270  3  »  »  » 

»  )»  4  »  1510  i  ))  »  » 

>  >  5  >  1350  24  )►  )>  » 

»  »  6  »  1500  30  y^  0,0**                   sino  alla  morte 

^  »  7  »  1300  16  »  0,12°  » 

F*er  l'esame  istologico  ho  trovato  molto  utile  seguire  il  metodo  seguente, 
indicato  da  Rebizzi:  prendevo  una  a  una  le  sezioni,  le  mettevo  su  un  ve- 
trino porla-oggelti,  le  bagnavo  con  xilolo  e  osservavo  al  microscopio,  anno- 
iando le  particolarità  più  importanti  e  tenendo  calcolo  del  numero  di  ele- 
menti alterati:  potevo  così  stabilire  le  lesioni  esistenti  fondandomi  sopra  un 
numero  grande  di  sezioni  :  conservavo  poi  i  preparati  più  dimostrativi  in 
balsamo. 

Ora  dirò  dei  risultati  istologici  ottenuti  in  ogni  singola  esperienza. 

1.  Cervello  —  In  alcune  cellule  piramidali  le  neurofibrille  primarie,  che  discen- 
dono dai  prolungamenti  nel  corpo  cellulare,  si  mantengono  integre  nei  prolungamenti, 
e  invece  nel  corpo  sono  trasformate  in  tanti  granuli  neri,  splendenti,  piccolissimi, 
disposti  in  fila,  occupanti,  in  qualche  elemento,  tutta  la  cellula.  In  altri  elementi,  in 
cui  non  vi  sono  alterazioni  fibrillari  tanto  avanzate,  le  fibrille  sono  assai  addossate, 
ipertrofiche  e  qua  e  là  trasformate  in  grossi  bastoncini  ingrossati  a  clava  alla  estre- 
mità 0  rigonfiati  a  fuso. 


iìA  F,  Lasagna 

Lungo  ì  bordi  della  cellula  poi  vi  sono  sempre  fibrille  grosse  e  unite  in  fasci,  e 
nei  prolungamenti  esse  sono  pure  sotto  questa  forma.  Negli  altri  tipi  di  cellule  della 
corteccia  cerebrale,  le  alterazioni  sono  uguali  a  quelle  riscontrate  nelle  piramidali, 
per  un  terzo  presentano  le  lesioni  ricordate  per  prime:  negli  altri  due  terzi  quelle 
descritte  in  seguito. 

Bulbo.  —  Qui  r  impregnazione  non  ha  dato  buoni  risultati  e  colla  ricerca  mi- 
croscopica nulla  si  può  stabilire  riguardo  alle  alterazioni  fibrillari. 

Midollo  lombare,  —  Nella  massima  parte  delle  cellule,  le  neurofibrille  hanno 
quelle  varie  disposizioni  che  ne  provano  lo  stato  normale:  solo  verso  la  periferia  si 
sono  costituiti  grossi  nastri  non  continui  ma  rotti  a  tratti.  In  un  numero  limitatis- 
simo di  elementi  neri  esse  appaiono  un  po'  più  grosse  e  formate  qua  e  là  di  fram- 
menti tortuosi  ben  distinti.  Il  nucleolo  è  assai  pallido:  nei  prolungamenti  vi  è 
qualche  grossa  fibrilla. 

Anche  nel  dorsale  esistono  gli  stessi  fatti  che  nel  lombare. 

2.  Cervello,  —  Attorno  al  corpo  cellulare  sono  ammassati  fini  granuli  neri  do- 
vuti a  precipitazione  dell' argento  e  che  mascherano  completamente  la  struttura  endo- 
cellulare. 

Bulbo,  —  Nella  maggior  parte  delle  cellule  si  hanno  le  fibrille  rotte  a  tratti 
abbastanza  lunghi  cogli  estremi  ingrossati. 

Lungo  le  fibrille  rotte  a  tratti  si  vedono  rigonfiamenti  a  fuso.  Le  primarie  sono 
molto  tortuose  e  distribuite  irregolarmente. 

Il  reticolo,  negli  elementi  che  normalmente  lo  posseggono,  è  distrutto  quasi  in 
foto  e  la  disgregazione,  confrontando  i  diversi  elementi,  pare  iniziarsi  al  centro.  I  pro- 
lungamenti sono  normali. 

Mi'dollo  lombare  e  dorsale.  —  Quando  si  tratta  di  fibrille  primarie  queste 
appaiono  tortuose,  grosse,  rade  e  frammentate  a  lunghi  tratti  fusiformi  distribuiti 
qua  e  là  nel  protoplasma.  Il  reticolo  è  di  solito  a  maglie  ampie  e  grosse,  con  punti 
di  incrocio  molto  grossi:  si  mantiene  integro  solo  verso  l'origine  dei  prolungamenti; 
nelle  altre  parti  è  disgregato.  Qualche  elemento  cellulare  è  però  ancora  completa- 
mente integro.  I  prolungamenti  sono  sempre  integri: 

3.  Cervello,  —  Le  fibrille  primarie  delle  grosse  cellule  piramidali,  sia  nel 
corpo  come  nei  prolungamenti,  presentano  una  trasformazione  a  tratti  in  granuli 
a  file:  in  qualche  raro  elemento,  specie  alla  periferia  e  nei  prolungamenti,  esi- 
stono ancora  dei  bastoncini  e  dei  tratti  lunghi  fibrillari  ipertrofici,  che  assumono 
l'aspetto  di  piccoli  nastri.  Negli  altri  elementi  della  corteccia  si  trovano  le  stesse 
alterazioni. 

Bulbo,  —  La  degenerazione  granulosa  si  riscontra  a  piccole  zone  in  quasi  tutte 
le  cellule,  accoppiata  allo  spezzettamento  delle  fibrille  in  lunghi  tratti  grossi  e  ri- 
gonfi agli  estremi. 

Attorno  alla  zona  nucleare  rimangono  le  fibrille  quasi  normali.  In  2  o  3  ele- 
menti per  sezione  le  neurotìbrille  sono  ridotte  di  numero,  perchè  collabite  e  il  reti- 
colo permane  conservato  quasi  in  totalità  con  maglie  voluminose  e  tortuose. 

Midollo  lombare  e  dorsale,  —  Le  neurofibrille  sono  tortuose,  grosse,  color  nero 
carico,  spezzettate,  il  reticolo  non  è  che  in  pochi  casi  integro;  di  solito  si  osserva 
solo  qualche  maglia  distribuita  alla  periferia.  Nelle  cellule  in  cui  la  alterazione  è 
più  progredita  si  nota  un  principio  di  degenerazione  granulosa. 

Nei  prolungamenti  gli  elementi  argentofili  si  presentano  integri  solo  dopo  un 
breve  tratto  che  si  può  chiamare  radicolare. 


Degli  effetti  della  ipertermia  e  ipotermia,  ecc. 


215 


In»r.  «' 


Fio.  1  -  Cellula  bulbare. 

14  Imm.  om.  4  eomp.  oc.  Koristka. 


4.  Cervello,  —  Le  poche  cellule  in  cui  la  impregnazione  badati  buoni  risul- 
tati hanno  la  degenerazione  granulosa  delle  fibrille.  Solo  qualche  fibrilla  esiste  an- 
cora attraverso  al  citoplasma  e  alla  sua  periferia  un  po'  ipertrofica  è  qua  e  là  rotta.  Nel 
nucleo  e  nucleolo  nessuna  alterazione. 

Bulbo.  —  In  generale  le  neurofibrille  sono  molto  rare,  più  grosse  alla  periferia, 
lungo  i  bordi  della  cellula:  sono  poi  tutte  tortuose  con  ingrossamento  a  fuso  lungo 
il  decorso,  in  qualche  parte  ridotta  a  grossi 
granuli  e  bastoncini.  Nei  prolungamenti  si  hanno 
delle  fibrille  tortuose  e  rotte.  Il  reticolo  non 
rimane  integro  che  in  piccole  zone,  qualche  ma- 
glia esiste  all'origine  dei  prolungamenti  e  alla 
periferia. 

A  maggior  dimostrazione  delle  alterazioni 
in  esse  esistenti,  riproduco  colla  figura  1  una 
cellula  bulbare. 

àSi  osserva  in  essa  un  protoplasma  colorato 
in  scuro  e  sopra  questo  spiccano  poche  maglie  di 
reticolo  ancora  integre  in  vicinanza  del  prolun- 
gamento ^4,  ampie  e  a  travate  grosse;  nelle  re- 
stanti parti  fini  e  grossi  granuli  distribuiti  ir- 
regolarmente  al   centro,  in  fila  alla  periferia  e 

nei  prolungamenti.  Intrecciantesi  in  vario  senso  si  notano  delle  fibrille  tortuose  e 
grosse  e  rotte  a  forma  di  bastoncini.  Specialmente  hanno 
tali  caratteri  4  o  5  che  decorrono  verso  il  prolungamento  A 
ed  un'altra  attonio  al  nucleo. 

Midollo  lombare  e  dorsale.  —  Vi  ha  una  fitta  rete 
di  fibrille  le  quali  appaiono  solo  a  tratti  ipertrofiche  :  sono 
quasi  sempre  tortuose  e  rotte  in  lunghi  pezzi,  sia  nel  corpo 
della  cellula  che  nei  prolungamenti. 

5.  Cervello.  —  Le  neurofibrille  presentano  in  tutti 
gli  elementi  della  corteccia  una  ipertrofia  alla  periferia, 
mentre  nelle  altre  parti  sono  normali. 

Bulbo.  —  In  tutte  le  sezioni  osservate  si  hanno  le 
seguenti  alterazioni:  fibrille  primarie  ingrossate,  a  forma 
di  nastri,  tortuose,  ridotte  a  granuli  e  bastoncini,  a  zone, 
reticolo  pure  in  degenerazione  quasi  totale,  nucleolo  evi- 
dente e  d'aspetto  granuloso. 

Nella  figura  2  troviamo  rappresentate  queste  lesioni  : 

si   hanno   infatti  dei   fasci   o   nastri   costituiti  di  fibrille 

lungo  i  bordi  della  cellula  e  attorno   al   nucleo;    mentre 

nel  resto  del  citoplasma  si  trovano  fibrille  grosse,  tortuose, 

spezzettate,  molto  rare  e  qualche  granulo  grosso. 

Midollo  lombare  e  dorsale.  —  Poche  sono  le  alterazioni;   ingrossamento   delle 

neurofibrille  attorno  al  nucleo,  degenerazione,  in  qualche  piccola  zona  totale,  parziale 

in  altre. 

().  Cervello.  —  Abbiamo  qui  fatti  di  precipitazione  dell'argento  sotto  forma  di 
granuli  che  si  raccolgono  in  ispecie  attorno  alle  cellule  per  cui  non  si  può  stabilire 
se  esistano  o  meno  fatti  di  alterazione  delle  fibrille. 


Fio.  2  -  Cellula  bulbare. 


210 


F,  Lasmjna 


Bulbo,  —  Le  cellule  presentano  dei  vacuoli  che  in  taluni  casi  sono  ^andi  come 
la  zona  nucleare,  altre  volte  come  il  nucleolo;  attorno  ad  essi  le  fibrille  sono  colla- 
bite:   ai   bordi   esistono  strie  a   nastro  e  al  centro  degli 
ammassi    irregolari   costituiti   dalla  sostanza  acromatica: 
vaste  zone  sono  occupate  da  granuli.  Non  esiste  che  qual- 
che traccia  di  reticolo,  i  prolungamenti  hanno  gli  elementi 
trasformati  in  bastoncini  o  in  lunghi  pezzi  tortuosi  e  grossi. 
Midollo   lombare   e   dorsale.  —   Le  alterazioni  qui 
esistenti,  sono  rappresentate  neir  elemento  del  midollo  dor- 
sale della  figura  3.   Lungo   i  bordi  della  cellula  esistono 
le  fibrille  grosse   e   tortuose,   spezzettate   a  lunghi  tratti, 
nelle  restanti  parti,  esse  sono  rotte  a  bastoncini,  a  granuli 
k1//KÌ.:^il*^^i  grossi   e   molto  rari.  Verso  il  prolungamento  A  esistono 

\^lr-'!^^^-^^//J,  alcune  cavità  vacuolari,  ampie,  ripiene  di  plasma  limpido. 

Nei  tre  prolungamenti  alla  origine,  si  trovano  le  iden- 
ticlie  alterazioni  che  nel  corpo  della  cellula;  esse  poi  vanno 
diminuendo,  come  di  solito,  di  gravità  nella  part^  distale. 
7.  Cervello.  —  Alcuni  fibrille  grosse  sono  raccolte 
attorno  al  nucleo  e  grossi  granuli  sono  sparsi  per  tutto 
il  citoplasma. 

Bulbo,    —  Anche  qui  le  lesioni  sono  arrivate  al  mas- 
simo grado  di  intensità  e  gli  elementi  sono  tutti  in  dege- 
nerazione granulosa  riprendendo  lo  stato  normale  solo  nei 
prolungamenti  a  distanza  dall'origine. 
Midollo  lombare  e  dorsale.  —  Esistono  qui  ancora  nel  citoplasma  bastoncini  a 
clava  e  qualche  fibrilla  grossa  tortuosa  e  spezzettata  a  lunghi  tratti;  verso  la  peri- 
feria le  fibrille  si  sono  raccolte  a  fascio  e  cos'i  raccolte  si  continuano  nei  prolungamenti. 


^M 


Fio.  3  -  CoUula  dorsale  dol 
corno  ant<»rioro  del  mi- 
dollo dornale. 


Esperienze  colla  ipertemna,  —  In  selle  di  questo  esperienze  ho  temilo 
i  conig^Ii  tosati  in  un  bagno  di  acqna  calda  per  un  tempo  più  o  meno  lungo 
e  a  temperatura  di  38o  in  5  casi,  di  500  in  ±  In  una  8*^  esperienza,  ho  te- 
nuto r animale  in  una  stufa  a  secio  a  50^  In  0  rasi  i  coni{j;li  vennero  uccisi 
colla  soflocazione;  nejrli  altri  2  morirono  spontaneamente. 

Sempre  ho  estratto  il  sistema  nervoso  centrale  e  ho  proceduto  poi.  come 
nelle  esperienze  della  ipotermia. 

Nella  tabella  seiìuente  riporto  le  modalità  sperimentali  di  ogni  sin- 
golo caso: 


N.  i  peso  gr.  1*200  temp.  38-10"  per  \l^l  ora     ucciso  mediante  soflocazione 


ti 

iir>o 

» 

» 

» 

1      » 

» 

» 

1500 

» 

» 

» 

2     » 

» 

» 

1250 

)) 

)> 

» 

3     » 

» 

)) 

15(K) 

)) 

» 

» 

0      » 

)> 

)) 

1300 

>^ 

48-50^^ 

f> 

5  min. 

)) 

)) 

Ii50 

)) 

» 

» 

20      )> 

morto  spontaneamente 

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1230 

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Degli  e/l'eUi  della  ipertermia  e  ipotermia,  ecc.  217 


Esporrò  ora  i  reperii  istologici: 

1.  Cervello.  —  Le  cellule  presentano  neurofibrille  completamente  regolari  per 
disposizione  e  dimensione  sia  nel  corpo  che  nei  prolungamenti  :  nessun  fatto  patologico 
risulta  a  carico  del  nucleo  e  nucleolo. 

Bulbo.  Tranne  una  grande  esilità  delle  fibrille  sìa   primarie,  che  costituenti   i 
reticoli,  nulla  si  ha  di  anormale:  prolungamenti,  nucleo  e  nucleolo  regolari. 
Midollo  lombare  e  dorsale.  Le  cellule  sono  identiche  a  quelle  del  bulbo. 

2.  Cervello.  —  Le  cellule  presentano  rade  fibrille  disposte  specie  alla  peri- 
feria, esili  e  diritte  continuantisi  nei  prolungamenti  e  venendo  a  costituire  attorno 
al  nucleo  uno  spazio  triangolare. 

Bulbo.  In  '/;|  circa  delle  cellule,  per  sezione,  le  neurofibrille  sono  esilissime  e 
granulose  a  tratti  ;  in  ^/g  esse  si  conservano  normali  :  i  reticoli  hanno  le  maglie  ampie 
e  regolari,  il  nucleo  e  nucleolo  non  sono  alterati. 

Neireleraento  bulbare  rappresentato  nella  figura  4  si  hanno  appunto  sopra  un 
fondo  rosso  delle  esilissime  fibrille  primarie  decorrenti  da  un  prolungamonto  all'op- 
posto a  tratti  lineari  integri,  a  tratti 
rotti,  con  qualche  piccolo  granulo, 
conservando  la  integrità  completa  solo 
nei  prolungamenti.  Midollo  lombare 
e  dorsale:  presentano  le  stesse  lesioni  p^,,.  4  -  Cellula  bulbare. 

del  bulbo  e  nelle  stesse  proporzioni. 

8.  Cervello.  —  In  quasi  tutte  le  cellule  dei  diversi  strati  della  corticale,  le 
■  neurofìbrille  sono  fine  e  regolari  :  solo  in  qualche  caso  esse  sono   rotte,  tortuose  e  a 
brevi  tratti  trasformate  in  file  di  granuli:  non  sono  mai  aumentate  di  numero  e  il 
reticolo  non  ha  subito  modificazioni  di  sorta. 

Bulbo.  Qui  le  fibrille  decorrono  un  po' irregolarmente,  esìli,  tortuose:  trasformate 
verso  il  centro  in  piccoli  granuli,  conservano,  alla  periferia  e  nei  prolungamenti,  la 
loro  integrità.  Nel  retìcolo  cominciano  a  notarsi  fatti  di  disgregazione  però  ancora 
assai  limitata,  cosicché  esso  è  nonnaie  verso  i  prolungamenti  e  non  verso  il  centro. 

Midollo  lombare  e  dormle.  Nei  pochi  elementi  in  cui  la  impregnazione  ha  dato 
buoni  risultati  si  osservano  gli  stessi  fatti  riscontrati  nel  bulbo. 

4.  Cervello.  —  Solo  nella  parte  centrale  delle  cellule  vi  ha  attorno  al  nucleo 
^na  zona  gremita  di  granuli,  nel  rimanente  spazio  le  fibrille  decorrono  un  po'  tor- 
tuose, sempre  esili.  Si  notano  poi  elementi  in  cui  esse  occupano  in  toto  il  citoplasma. 
"  nucleo  e  nucleolo  sono  regolari. 

Bulbo.  Anche  qui  risulta  in  massima  parte  la  presenza  di  fibrille  sottilissime, 
intrecciate,  qua  e  là  spezzettate  a  brevi  tratti,  trasformate  in  piccoli  granuli. 

Midollo  lombare  e  dorsale.  Reticolo  irregolare,  fibrille  tortuose  e  spezzettate  a 
lunghi  tratti,  atrofiche  nel  corpo  della  cellula  con  più  evidenza  che  nei  prolungamenti: 
**'a  pt^riferia  degenerazione  granulosa  a  piccole  zone, 

5.  Cervello.  —  Vi  ha  quasi  in  tutte  le  cellule  uno  stato  normale:  in  '4 
circa  per  sezione  si  ha  V  iniziarsi  di  rotture  a  lunghi  tratti,  di  spezzettamenti  a 
bastoncino,  di  disgregazione  in  fini  granuli  :  nei  prolungamenti  perdura  ovunque  lo 
stato  di  assottigliamento  delle  fibrille. 

Bulbo.  Nei  pochi  elementi  in  cui  la  impregnazione  è  ben  riuscita,  si  notano  gli 
smessi  fatti  descritti  pel  cervello:  inoltre  il  reticolo  presenta  uno  stato   di   dissolvi- 


^18  F.  Lasagna 

mento  abbastanza  avanzato  in  alcuni  casi,  in  altri  completo  :  il  plasma  e  la  sostanza 
argentofila  sono  poco  colorati. 

Midollo  lombare  e  dorsale.  Tranne  le  fibrille  perinucleari,  le  altre  sono  alterate, 
granulose,  spezzettate,  tortuose  e  mentre  in  una  zona  di   sezione  esistono  lesioni  più 
avanzate,  in  altra  si  trovano  le  iniziali  (assottigliamento,  tortuosità,  spezzettamento).  I 
prolungamenti  non  presentano  mai  alterazioni  tanto  profonde  come  il  corpo  cellulare. 
La  figura  5   rappresenta  un  elemento  in  cui  le  lesioni 
hanno  raggiunto  il  più  alto  grado  di  intensità,  cosicché  tutto 
il  plasma  è  pieno  di  granuli.  Nel  prolungamento   le  neuro- 
fibrille  sono  esili,   tortuose  e  qua  e  là  interrotte   dalla  pre- 
senza di  qualche  granulo  e  bastoncino. 

6.  Cervello.  —  Le  fibrille  in  generale  sono  esilissime 

e  presentano  a  diversi  gradi  la  degenerazione  granulosa,  che 

però  non  si  spinge  mai  nei  prolungamenti,  e  nei  V5  circa  dei 

casi  si  hanno  zone   degenerate  e   zone  in  cui  vi  ha  spezzet- 

tamente  in  pezzi  più  0  meno  lunghi.  I  nucleoli  sono  evidenti 

e  rigonfi  in  qualche  elemento,  in  altri  normali. 

Fio.  5  -  Cellula  della  Bulbo.   Il    reticolo  è  in  */;,  dei  casi  integro,  in  */,  è  in 

eortwcla  cerebrale.        via   di   dissolvimento  e  qui  esistono  delle  travate  esilissime 

sparse  pel  citoplasma  e  delle  aree  ove  tanto  il  reticolo  che 

le  fibrille  primarie  sono  trasformate  in  granuli  piccolissimi   di  solito  in   fila:   pure 

in  questi  elementi  sempre  vi  ha  un  cercine  granuloso  attorno  al  nucleo.  11  nucleolo 

è  appena  visibile,  i  prolungamenti  solo  all'inizio  hanno  alterazioni  uguali  a  quelle 

del  restante  protoplasma:  nell'altra  part«  sono  normali. 

■Midollo  lombare  e  dorsale.  Qui  le  alterazioni,  sebbene  la  impregnazione  sia  ben 
riuscita,  appaiono  poco  numerose  :   le   fibrille   sono  esilissime,   tortuose,   pallide,  in 
qualche  piccolo  tratto  solo  vanno  dissolvendosi   nei   granuli. 
I  prolungamenti  e  il  nucleo  sono  regolari.  ;ì^ 

7.  Cer l'elio.  —  Tutti  gli  elementi  sono  colpiti  in  foto      ^^^^.j^,.^ 
dalla  degenerazione  granulosa,  che  si  continua  anche  per  un  ^^V^?^'^>!V. 

buon  tratto  neir interno  dei  prolungamenti:  il  nucleolo  è  im-  ^HV'v  ?•  *^«J'n 

pregnato  fortemente  e  rigonfio,  il  nucleo  è  pure  visibile.  X'-*^?^ ^ 'Ì''/'^ 

Bulbo.  Nella  maggior  parte  dei  casi  le  neurofibrille  sono  ^f^^  kV-% 

esili,  tortuose  alla  periferia,  in  degenerazione  granulosa  nelle  "^'^'^vVJ*. 

altre  parti  compresi  i  prolungamenti  :  vi  sono  in  alcuni  punti  '^x 

granuli  in  fila,  in  altri  a  distribuzione  irregolare. 

Nella  cellula  qui  sotto  rappresentata  (fig.  «)  appunto  si    ^''''  ^  '  ^'^"''^*  bulbare. 
vedono  i  granuli  in  fila  e  disordinati,  e  alcuni  tratti  fibrille 

finissime,   tortuose  e  intreeciantisi  fra  loro  attorno  all'area  nucleare  e  verso  il  pro- 
lungamento A  :  il  nucleolo  grosso  e  fortemente  impregnato. 

Nel  gruppo  di  2  elementi  invece  rappresentati  nella  figura  7,  il  reticolo  è  total- 
mente scomparso:  le  fibrille  sono  diversamente  e  in  vario  grado  alterate;  in  A  esi- 
stono ancora  rare  fibrille  finissime,  varicose,  dall'aspetto  a  rosario,  spezzettate,  che 
dal  nucleo  si  portano  ai  prolungamenti  e  si  continuano  in  essi  cogli  stessi  carat- 
teri limitando  delle  specie  di  vacuoli:  attorno  al  nucleo  vi  ha  cercine  irregolare 
granuloso. 

In  B  la  degenerazione  è  completa  e  n-m  si  trovano  che  fibrille  esili,  e  solo 
spezzettate  a  una  certa  distanza  dall'origine  dei  prolungamenti.  I  nucleoli  sono  for- 


Degli  elmetti  della  ipertermia  e  ipotermia,  ecc. 


^19 


temente  impregnati.  Devo  infine  notare  che  tanto  in  questi  elementi  come  negli  altri 
studiati  in  molte  sezioni  si  ha  un  rigonfiamento  e  la  perdita  della  forma  regolare. 

Midollo  lombare  e   dorsale,  — 
Si  può  ripetere  per  queste  parti   del  yM'^^^t. 

sistema  nervoso  centrale  quanto  è  stato  <^^t^^.J^^i:4ifSÙ^ 
detto  pel  bulbo,  solo  è  da  osservarsi  ^"^^i^^^-  ,  '  ;  y'i^i^- 
che  qui  vi  ha   un    numero   maggiore  ^         ~ 

di  cellule  in  cui  esistono  elementi  non 
totalmente   degenerati. 

8.  Cervello.  —  Meno  qualche 
rara  fibrilla  esile,  tortuosa,  spezzettata 
e  che  in  tale  stato  passa  da  un  pro- 
lungamento ad  un  altro,  tutte  le  altre 
sono  ridotte   in   polvere   finissima,   il  Fio.  7. 

nucleo  è  grosso  e  fortemente  impregna-  Cellule  bulbari. 

to,  il  nucleolo  pure  visibile  nettamente. 

Bulbo.  —  In  massima  parte  le  cellule  sono  impregnate  in  loto:  però  dall'esame 
di  quelle  riuscite  bene  e  colorite,  risultano  quei  fatti  di  alterazione  fibrillare  che 
ho  già  esposto  pel  N.  7. 

Midollo  lombare  e  dorsale.  —  Solo  attorno  al  nucleo  vi  hanno  delle  fibrille 
esili  e  spezzettate;  nel  resto  del  citoplasma  si  ha  la  completa  degenerazione,  il  nucleo 
anche  qui  è  ben  evidente,  il  nucleolo  grosso,  la  cellula  sfiancata. 

Le  lesioni  del  reticolo  aeurofibrillare  che  ho  pollilo  dimoslrare  nelle  di- 
verse parli  del  sistema  nervoso  cenlrale  col  metodo  di  Ramon  y  GajaI,  pos- 
sono venire  cosi  riassunte,  disposte  in  ordine  di  pravità. 

Per  la  ipotermia:  ipertrofia  delle  neiirofibrille  primarie,  ingrossamento 
delle  maglie  reticolari,  formazione  di  grossi  fasci  nastriformi  disposti  ora  alla 
periferia,  ora  attorno  al  nucleo,  ora  attraversanti  la  cellula  in  vario  senso, 
lorluusitii  e  rottura  a  tratti  lunghi,  a  bastoncino  delle  fibrille;  degenerazione 
granulosa  con  granuli  talv(dta  disposti  a  lìle  tutte  uguali,  di  varie  dimensioni, 
i'Hre  volte  a  zone  alternantisi  con  quelle  occupate  da  fibrille  tortuose  e  ba- 
stoncini. I  prolungamenti  presentano  di  solito  alterazioni  delle  altre  parti 
«iella  cellula  alTorigine,  mentre  nel  resto  hanno  sempre  lesioni  di  intensità 
"minore.  Il  nucleo  non  si  presenta  di  solito  impregnato,  il  nucleolo  è  talora 
impregnato  e  grosso. 

IVr  la  ipertermia  :  atrofia  delle  neurofìbrille  e  debole  colorazione,  tor- 
Iwosità,  spezzettamento  a  tratti  di  varia  lunghezza,  disgregazione  del  reticolo, 
degenerazione  granulosa  con  granuli  finissimi  disposti  a  lìle  o  sparsi  irrego- 
larmente nel  protoplasma,  rigonfìamend)  della  cellula  e  formazi(uie  di  vacuoli, 
impregnazione  del  nucleolo  ingrossato  e  granuloso.  I  piolungamenti  sono  sempre 
^iterali  in  ugual  grado  del  corpo  cellulare  alTiMigine,  meno  intensamente  in 
^eituilo. 

Ilo  in  questo  breve  riassunto  tenuto  presente  la  evoluzione  del  fenomeno 
Palologìco  che  venne  da  me  stabilita  osservando  le  varie  l'orme  di  lesioni  cel- 
lulari che  ho  visto  comparire  man  mano  che  si  andavano  aggravando  le  con- 


!24()  F,  LascKjìM 

dizioni  (leirli  animali  con  una  durala  sempre  crescente  delia  ipertermia  e  della 
ipotermia. 

Le  modificazicmi  e  le  alterazioni  delle  neurofibrille,  messe  in  evidenza 
col  metodo  Cajal  nelle  mie  esperienze,  mentre  da  un  lato  servono  a  provare 
ancora  una  volta  la  jrrande  labilità  dell'apparato  neurofibrillare,  dall'altro 
venjrono  a  dimostrare  che  anche  il  caldo  e  il  freddo  sono  capaci  di  turbare 
profondamente  la  struttura  del  reticolo  nervoso  in  animali  adulti  alla  stessa  guisa 
di  agenti  chimici,  Usici,  e  traumatici,  e  questo  in  opposizione  a  quanto  ave- 
vano dimostrato  le  ricerche  ili  altri  sperimentatori.  Le  lesioni  incominciano 
inoltre  assai  presto  e  vanno  anche  peggiorando  rapidamente. 

Infatti  le  semplici  modificazioni  allo  stato  fisiologico  delle  fibrille,  consi- 
stenti in  ipertrofia  pel  freddo,  ed  atrofia  pel  caldo,  appena  che  lo  stalo  di  ipotermia 
e  ipertermia  dell'animale  continui  per  un'ora,  cedono  il  posto  a  vere  alterazioni, 
come  risulta  ajipunto  dai  reperti  istologici  delle  esperienze  N.  1  della  i*  serie 
e  N.  !2  della  ^2"^.  Nello  stesso  elemento  cellulare  vi  hanno  fibrille  modificale, 
*^pezzet lamento  e  formazione  di  bastoncini,  di  zone  con  degenerazione  gninu- 
l(»sa.  Quando  poi  l'animale  sia  per  2  ore  raffreddato  o  riscaldato  rimangono 
rare  fibrille  modificate  e  1e  cellule  vanno  invece  riempiendosi  di  granuli. 
Quando  poi  T animale  venga  a  morte,  per  causa  di  assideramento  o  di  sovra- 
riscaldamentis  non  esiste  più  traccia  di  integrità  della  sostanza  argontofila. 
Ma  altri  fatti  pure  interessanti  risultano  dimostrati  dalle  mie  esperienze  e  cosi: 
che  le  alteraziimi  delle  fibrille  sono  sempre  più  gravi  e  avanzate  nel  corpo 
cellulare  jche  nei  prolungamenti ^  che  esse  sono  meno  diffuse  nel  cervello 
che  nelle  restanti  parti  del  sistema  nervoso.  Il  primo  di  questi  fatti  forse 
può  spiegarsi  ammettendo  col  Rebizzi  che  le  alterazioni  delle  neurofibrille 
siano  in  rapporto  con  certi  scambi  che  avvengono  fra  queste  e  il  plasma, 
scambi  di  sostanza  ar^entofila  che  sarebbero  influenzati  da  tutti  gli  agenti 
capaci  di  alterare  la  cellula:  nei  prolungamenti,  meno  che  nella  1*.  parte, 
esiste  uno  scarso  j)lasnìa  e,  gli  scambi  di  sostanza  argentofìla  compiendosi 
con  meno  facilità,  le  alterazioni  delle  fibrille  devono  esser  più  scarse  e  di 
minor  entità. 

Il  secondo  fatto  poi,  che  trova  un  riscontro  in  quanto  è  stato  dimostrato 
per  la  sostanza  cromatofila,  fa  supporre  una  maggiore  resistenza  nelle  cel- 
lule della  corti(ale  anche  per  parte  del  reticolo  in  confnmto  degli  elementi 
delle  altre  regioni,  all'azione  di  certi  agenti  fisici. 

Osservaiìdci  poi  i  rapporti  che  corrono  fra  la  durata  della  iper  e  ipoter- 
mia e  le  alterazioni  delle  fibrille,  si  nota  che  non  vi  ha  fra  di  esse  un  co- 
stante parallelismo:  si  arriva  presto,  dopo  un'ora,  a  provocare  nella  cellula 
nervosa  un  dato  stato  istopat(dogico  del  suo  reticolo,  ma  esso  poi  rimane  quasi 
invariato  per  una  durata  mollo  lunga  dello  stato  s))erimentale;  e  per  avere  un 
radicale  mutamento  dei  reperti  istologici,  bisogna  arrivare  a  provocare  col 
freddo  e  col  caldo  la  morte  degli  animali.  Si  vede  cosi  avvenire  nel  nostro 
caso  il  fatto  noto  deiradattamento  della  cellula  e  dei  suoi  componenti  allo 
stato  patologico. 


Deijli  eli  etti  della  ipertermia  e  l/X)termia,  ere.  221 

Perquaiito  riguarda  il  numero  delle  fibrille,  debbo  Far  osservare  che  non 
ho  mai  riscontrato  un  aumento  o  una  diminuzione  in  rapporto  all'aumento  o 
alla  diminuzione  del  volume  di  esse:  questo  a  confermare  quanto  il  Rebizzi 
ha  detto  a  spiegazione  del  fenomeno,  che  cioè  in  tali  casi  si  abbiano  veri  feno- 
meni di  scomparsa  e  neoformazione  di  sostanza  argentofila. 

Tutte  le  alterazioni  che  ho  trovato  nella  2*  serie  di  esperienze  non  hanno 
mai  assunto  carattere  alcuno  di  specificità  perchè  i  nostri  reperti  istologici 
sono  identici  a  quelli  ottenuti  facendo  esperienze  su  animali  con  tossine  di- 
verse. E  questo  a  conferma  di  quanto  già  è  slato  ammesso  dagli  istologi  che 
osarono  il  metodo  Ramon  y  Cajal  e  il  Donaggio.  D'altra  parie,  il  fatto  di 
trovarsi  le  identiche  lesioni  nella  ipertermia  ed  in  stati  tossici  dell'organismo 
appare  molto  naturale  quando  si  pensi  a  ciò  che  è  stato  dimostrato  da  diversi 
sperimentatori  e  specie  dal  Vincent,  che  il  calore  determina  la  formazione 
nel  sangue  e  in  maggior  quantità  nel  sistema  nervoso  di  prodotti  tossici:  egli 
inoltre  inoculando  animali  con  estratti  acquosi  di  organi  di  conigli  e  cani 
sovrariscaldali,  ne  determinava  la  morte  coi  fenomeni  di  sovrariscaldamento  e 
con  lesioni  nei  diversi  organi  identiche  a  quelle  trovate  in  animali  morti  per 
ipertermia. 

Per  quanto  riguarda  l'identità  di  lesioni  trovate  in  animali  in  ipotermia 
e  in  quelli  intossicati,  nessuna  spiegazione  è  possibile  poiché  tinora  non  esi- 
v^tono  dati  per  ammettere  che  si  abbiano  anche  per  il  freddo  fenomeni  di 
autointossicazione. 

Infine  debbo  far  rilevare  per  il  metodo  Cajal  che  io  ho  usato  in  queste 
mie  esperienze,  che  esso  non  sempre  riesce  perfettamente,  ma  che  però  dà 
J^pesso  risultati  buoni,  in  alcuni  casi  solo,  negativi. 

Succede  poi  abbastanza  spesso  che  in  una  stessa  sezione,  una  metà  sia 
diiferente  di  aspetto  dall'altra,  e  che  in  una  slessa  zona  si  avvicendino  cel- 
l»le  in  cui  la  impregnazione  metallica  delle  fibrille  è  in  giusto  grado  o  ecces- 
siva 0  parziale  o  nulla:  ma  una  diagnosi  giusta  delle  alterazioni  esistenti  si 
può  farla  ugualmente,  quando  si  fondi  il  reperto  istologico  su  \in  gran  nu- 
mero di  sezioni  o  sopra  gli  elementi,  suiricienteniente  numerosi  in  ogni  taglio, 
sicuramente  alterati. 

Con  ciò  intendo  però  solo  alfermare  che  può  il  metodo  Cajal  servire 
abbastanza  bene  a  mettere  in  evidenza  le  alterazioni  del  reticolo  neurolibril- 
larc  e  non  voglio  certo  escludere  uè  che  esso  presenti  quei  difetti  che  dagli 
istologi  gli  vengono  attribuiti,  uè  che  altri  metodi,  specialmente  il  Donaggio, 
Mano  migliori  tecnicamente  per  \o,  ricerche  sul  reticolo  neurolìbrillare. 

Condmioni,  —  Riassumendo  le  mie  ricerche,  posso  formulare  le  coiìcl.i- 
sioni  seguenti: 

1.  il  freddo  e  il  caldo  da  soli  sono  caj)aci  di  determinare  alterazioni  pro- 
fonde nell'apparecchio  neurofibrillare  delle  cellule  del  sistema  nervoso  cen- 
trale di  animali  adulti. 

2.  Il  reticolo  neurolìbrillare  jn'esenta  una  grandr  labilitii  di  fronte  a  ((nei 
due  agenti  tìsici. 


4ii2  F,  Lasagna  -  Degli  e/fetti  della  ipertermia  e  ifjotenììia,  ecc. 


3.  Le  alterazioni  non  decorrono  sempre  progressivamente  in  rapporto 
(liretlo  della  ipo  e  ipertermia. 

4.  Le  lesioni  riscontrate  non  hanno  carattere  alcuno  di  specificità. 

5.  Il  metodo  di  Ramon  y  Cajal  dà  buoni  risultati  per  diagnosticare  le 
alterazioni  del  reticolo  fibrillare. 


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Riva.  Lesioni  del  reticolo  neurofìbrillare  della  cellula  nervosa  nella  inanizione  sperimentale. 
«  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  voi.  XXXI,  fase.  2,  1905. 

RiGHBTri.  Alterazioni  delle  neurofìbrille  da  ustioni  limitate  della  cute.  (XIX  Congresso  di  Chi- 
rurgia, 1906). 

BcABPixi.  Alterazioni  delle  cellule  nervose  nella  ipertermia  (metodo  Don  aggio).  «Rivista  speri- 
mentale di  Freniatrìa  »,  1906,  pag.  730. 

TiBEBTi.  Il  reticolo  neurofìbrillare  delle  cellule  motrici  del  midollo  spinale  negli  animali  tetanici. 
«  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  voi.  X,  fase.  8,  1905. 


Primo  Coìifiresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  22Ii 

Primo  Congresso  della  Società  Italiana  di  Neurologia 

Napoli  8-11  aprile  1908 


Alle  ore  10  del  giorno  8  aprile  1908,  nel  Salone  Principe  di  Napoli,  alla  pre- 
senza del  Prefetto  di  Napoli,  in  rappresentanza  del  Ministro  della  Pubblica  Istruzione, 
e.  del  Sindaco,  viene  inaugurato  il  I  Congresso  della  Società  Italiana  di  Neurologia. 
Il  prof.  Bianchi,  presidente  della  Società,  dice  il  discorso  inaugurale  nel  quale  espone, 
con  elevate  parole,,  gli  scopi  della  nuova  associazione. 

Quindi  sotto  la  presidenza  del  prof.  Bianchi  si  iniziano  i  lavori  colla: 

Relazione  sul  primo  tema  generale:  Le  afasie.  Rei.  prof.  G.  Mingazadni  (Roma). 

Nella  complessa  questione  delle  afasie  i  lavori  recenti  di  P.  Marie  e  di  alcuni 
suoi  collaboratori  hanno  portato  delle  idee  nuove  circa  la  sede  della  lesione  anato- 
mica che  dà  luogo  all'afasia  motoria,  negando  al  piede  della  F.  3  di  sinistra  il 
significato  di  centro  delle  immagini  motrici  della  parola  articolata,  come,  dopo  Ero  e  a 
era,  quasi  senza  eccezione,  ammesso.  Il  R.  non  potendo,  in  brevi  limiti,  trattare  di 
tutti  i  problemi  delle  afasie  dirige  i  suoi  sforzi  a  questo  punto  che  può  dirsi  il  fon- 
damentale. Mingazzini  si  palesa  tosto  contrario  ai  concetti  di  Marie,  accingendosi 
alla  confutazione  dei  principali  argomenti  da  questo  Autore  invocati  per  combattere 
la  dottrina  classica  sull'afasia  motrice.  Marie  a  sostegno  della  propria  tesi  avea 
ricordati  dei  casi  di  afasia  motrice  (afemia  di  Broca)  nei  quali  alla  necroscopia  si 
trovò  integra  la  circonvoluzione  di  Broca,  e  rispettivamente  altri  casi  nei  quali 
malgrado  la  distruzione  di  detta  circonvoluzione  non  si  erano  manifestati  in  vita 
sintomi  afasici.  Mingazzini  osserva  che  dei  casi  della  prima  categoria  alcuni  si  pos- 
sono spiegare  con  fenomeni  di  JHaschisis  nel  senso  di  Monakow,  altri  ammettendo 
che  gli  elementi  cellulari  del  lobulo  di  Broca  si  trovassero  in  condizioni  tali  da  non 
potere  funzionare  o  per  disordini  di  circolo  nel  territorio  del  primo  ramo  della  sil- 
viana  o  per  l'azione  di  sostanze  tossiche  circolanti  nell'organismo;  ad  altri  casi  infine 
si  può  obbiettare  che  non  essendo  stato  fatto  l'esame  microscopico  degli  elementi 
cellulari  della  regione  in  questione  siano  sfuggite  delle  alterazioni  che  poteano  abo- 
lirne la  funzione.  Circa  i  casi  della  seconda  categoria  Mingazzini  crede  che  possa 
essere  invocata  a  spiegarli  la  funzione  vicariante  della  circonvoluzione  corrispondente 
dì  destra.  Il  R.  espone  quindi  alcuni  dati  circa  l'afasia  cosidetta  sensoriale:  vari  suoi 
casi  clinici  seguiti  da  reperto  necroscopico  lo  avrebbero  indotto  ad  accettare  le  teorie 
della  scuola  inglese  ;  ad  ammettere  cioè  che  la  distruzione  della  zona  corticale  del- 
l'area di  Wernicke,  purché  essa  sia  limitata  all'emisfero  di  sinistra  o  non  sia  com- 
plicata da  altre  lesioni  del  cervello,  così  da  aversi  integrità  funzionale  ed  organica 
del  resto  del  cervello,  è  capace  di  sopprimere  la  comprensione  del  senso  delle  frasi 
e  dei  concetti  complessi  e  talvolta  anche  di  quelli  più  elementari.  Tuttavia  il  malato 
può  ancora  comprendere  il  senso  di  alcune  parole  e  più  specialmente  di  quelle  che 
esprimono  un  oggetto  concreto.  La  sordità  verbale  diviene  assolutamente  totale  quando 
siano  lese  ambedue  le  zone  di  Wernicke,  la  destra  e  la  sinistra.  Mingazzini  si 
occupa  in  seguito  della  sede  che  Marie  ha  indicato  come  quella  capace  di  dare 
luogo  alla  sindrome  afasia  motrice^  la  quale  secondo!' A.  francese  sarebbe  il  risul- 


224  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

tato  di  afasia  sensoriale  -i-  anartria,  esponendo  le  sue  personali  vedute.  Egli,  partendo 
dal  fatto  che  anche  quando  sono  distrutte  ambedue  le  zone  di  Wernicke  il  paziente 
ha  sempre  la  facoltà  di  emettere  V  uno  dopo  Taltro  i  più  svariati  monosillabi  e  tal- 
volta anche  qualche  parola  bisillaba  a  carattere  parafasico,  crede  che  nel  lobulo  di 
Broca  non  siano  depositate  le  immagini  motrici  delle  parole  bensì  vi  siano  registrati 
i  ricordi  (engrammi)  delle  immagini  motorie  (glossocinestetiche)  delle  sillabe  cui  esso 
ordinerebbe  in  serie  determinate  a  formare  i  vocaboli,  sotto  V  influenza  di  speciali 
stimoli  provenienti  dalle  aree  di  Wernicke.  Le  vie  anatomiche  che  rendono  possibili 
queste  funzioni  sono  così  tracciate  dal  R:  Il  lobulo  di  Broca  del  lato  sinistro  sarebbe 
collegato  1)  al  centro  di  Wernicke  dello  stesso  lato  per  mezzo  di  fibre  che,  partendo 
da  questo  centro  e  passando  vicinissime  alla  circonvoluzione  dell*  insula,  arrivano 
alla  parte  opercolare  della  terza  circonvoluzione  frontale  sinistra;  queste  fibre  sono 
chiamate  dal  R.  verbo-acustiche \  2)  al  centro  di  Wernicke  di  destra;  3)  al  lobuln 
di  Broca  del  lato  destro.  Il  cosidetto  centro  di  Broca  avrebbe  insomma  per  fun- 
zione di  trasformare  le  immagini  verbo-acustiche  ricevute  dalle  due  zone  di  Wer- 
nicke in  immagini  verbo-motrici.  Infine  da  questo  lobulo  partono  delle  fibre  fasico- 
motrici  che,  passando  per  l'estremità  anteriore  della  zona  lenticolare  e  rispettivamente 
per  il  putamen,  %\  mettono  in  relazione  colle  fibre  verbo-articolari  destinate  all'ar- 
ticolazione delle  sillabe  e  delle  parole.  Tutte  queste  vie  possono  essere  comprese  in 
un  quadrilatero  così  delimitato  ;  su  una  sezione  orizzontale  del  cervello  bisogna 
tracciare  due  linee  trasversali  e  parallele:  l'anteriore  che  parte  dalla  circonvoluzione 
anteriore  dell'insula  (sinistra),  la  posteriore  dalla  parte  media  di  questa  stessa  cir- 
convoluzione; r  una  e  l'altra  arrivano  fino  al  ventricolo  laterale.  La  terza  linea,  per- 
pendicolare e  parallela  alla  superficie  libera  dell'insula,  le  taglia  e  va  al  margine 
interno  (mediano)  del  nucleo  lenticolare,  mentre  una  quarta  linea  antero -posteriore, 
sarebbe  tangente  alla  superfìcie  libera  dell'  insula  :  perciò  il  E.  dà  a  questo  tratto 
il  nome  di  quadrilatero  delle  vie  del  lingtmggio.  Questa  è  la  zona  le  lesioni  della 
quale  possono  produrre  dei  fatti  di  afasia  con  integrità  della  F.  3  di  sinistra:  a  seconda 
della  sede  e  della  estensione  della  lesione  si  hanno  sindromi  difierenti:  quando  la 
lesione  risiede  nella  parte  anteriore  del  putamen  si  ha  per  conseguenza  un'incapacità 
assoluta  e  totale  di  parlare  come  si  osserva  dopo  la  distruzione  del  lobulo  di  Broca; 
quando  esiste  una  lesione  che  prende  anche  l' insula  si  constata  della  disartria  e  dei 
disturbi  dovuti  ad  un'afasia  motrice  che  dipende  dall'interruzione  delle  vie  che  par- 
tono dalle  due  zone  di  Wernicke  e  dal  lobulo  di  Broca  di  destra  :  in  questo  caso 
le  immagini  delle  sillabe  e  delle  lettere  registrate  nel  lobulo  di  Broca  non  possono 
più  ricevere  gli  stimoli  che  vengono  dai  centri  verbo-acustici  e  la  conseguenza  e  una 
limitazione  del  linguaggio  spontaneo  che  si  trova  ridotto  all'emissione  di  qualche 
sillaba  o  di  di  qualche  parola  a  carattere  parafasico.  Ma  si  avrà  un'afasia  totale  nel 
caso  che  fosssoro  distrutte  le  zone  di  Wernicke,  le  vie  fasi  co-mot  ri  ci  ed  insieme  le 
immagini  motrici  delle  sillabe  per  distruzione  della  parte  antero-laterale  del  nucleo 
lenticolare  :  questa  afasia  è  davvero,  come  dice  Marie,  dovuta  alla  lesione  simultanea 
delle  zone  di  Wernicke  e  del  nucleo  lenticolare  sinistro  con  integrità  della  F.  3,  ma 
non  insorge  indipendentemente  da  questa  circonvoluzione,  essendo  in  realtà  dovuta  ad 
interruzione  delle  libre  che  vi  arrivano  e  di  quelle  che  ne  partono.  Quando  un  foco- 
laio avanzandosi  verso  l'insula  occupa  })r<^ssoehè  esclu^^ivamente  la  parte  ])osteriore 
del  putmiìfìì,  restano  libere  le  vie  fasico-motrici,  mentre  si  trovano  più  o  meno  lese 
le  verbo-acustiche  ed  allora  si  avrà  una  sordità  verbale  con  parafasia  e  della  disar- 
tria. Passa  quindi    il   li.   a   trattare   brevemente  della  sordità  verbale,   mettendo   in 


Primo  Congresso  della  Società  italiaìm  di  Neurologia  225 

speciale  rilievo  la  distinzione  che  occorre  sempre  di  stabilire  tra  la  forma  vera  e  la 
falsa,  e  rilevando  T  importanza  che  hanno  in  qaesta  i  disturbi  deir  adito.  L*  ultima 
parte  della  dotta  relazione  è  dedicata  allo  stadio  dei  fenomeni  di  cecità  verbale. 
Chiude  il  R.  avvertendo  della  necessità  di  esami  di  cervelli  di  afasici,  che  siano 
stati  accuratamente  studiati  dal  punto  di  vista  clinico,  col  metodo  dei  tagli  in  serie 
e  avendo  riguardo  anche  alle  strutture  cellulari. 

La  discussione  su  questo  téma  viene  rimandata  alla  seduta  pomeridiana  che  viene 
aperta  alle  ore  14. 

Seduta  pomeridiana  {Presidenza  prof,  Tànzi). 

Bianchi  (Napoli).  Condivide  l'opinione  del  R.  che  non  si  possa  accettare  la  dot- 
trina di  Marie  in  tutta  la  sua  estensione  e  riferisce  in  proposito  qualche  caso  di 
osservazione  personale.  Quindi,  suffragando  il  suo  dire  colla  presentazione  di  pezzi 
anatomici,  si  trattiene  sui  disturbi  psichici  presentati  dagli  afasici.  Pur  ammettendo 
che  in  ogni  afasico,  anche  motore,  vi  possa  essere  qualche  fenomeno  di  deficit,  intel- 
lettuale, rimane  assodato  che  la  forma  di  afasia  nella  quale  i  disturbi  psichici  sono 
più  accentuati  è  quella  sensoriale;  su  questo  punto  Bianchi  avea  da  lungo  tempo 
richiamata  l'attenzione  parlando  di  una  forma  di  demenza  afasica:  le  lesioni  del 
loho  temporale  danno  sempre  luogo  a  fatti  demenziali  che  sono  in  proporzione  alla 
gravità  ed  estensione  della  lesione:  anche  le  lesioni  del  giro  angolare  e  della  piega 
curva  si  accompagnano  a  fatti  di  difetto  intellettuale  che  sono  più  spiccati  negli 
individui  più  colti,  specie  in  quelli  che  si  sono  fatta  una  cultura  a  base  di  imma- 
gini visive.  Però  Bianchi  combatte  energicamente  la  tesi  di  Marie  che  F afasia 
sensoriale  non  sia  altro  che  il  risultato  di  fenomeni  demenziali. 

Sossi  (Firenze).  Domanda  se,  data  una  lesione  limitata  alla  parte  più  anteriore 
della  zona  indicata  dal  R.,  in  modo  che  sia  possibile  la  lesione  isolata  delle  fibre  che 
partono  dal  centro  di  Broca,  nel  paziente  si  verifichino  i  fenomeni  di  Dej orine, 
(altrettanti  sforzi  respiratori  quante  sono  le  sillabe  della  parola)  e  di  Lichtheim: 
in  questo  caso  si  rientrerebbe  nel  quadro  della  afasia  motrice  sottocorticale  quale  è 
sostenuta  da  Dejerine.  Inoltre  domanda  se,  data  una  lesione  più  posteriore  della  stessa 
wna  che  leda  le  vie  che  il  B.  chiamò  verbo-acustiche,  rimanendo  l'area  di  Wer- 
i^icke  intatta,  il  malato  abbia  coscienza  dei  suoi  disturbi  parafasici  ;  perchè  se  questo 
i^on  accadesse,  i  fatti  che  il  R.  ha  indicati  potrebbero  anche  essere  interpretati  come 
"i  parafasia  letterale,  dovuti  cioè  ad  un  difetto  di  funzione  del  centro  di  Wernicke 
'piegabile  col  meccanismo  invocato  da  Lugaro  per  interpretare  i  disturbi  psichici 
^egli  afasici  motori,  vale  a  dire  colla  interruzione  di  vie  che  decorrono  dal  centro 
di  Broca  a  quello  di  Wernicke  portandovi  degli  eccitamenti  che  ne  regolano  e  faci- 
litano la  funzione. 

Lugaro  (Modena).  In  questo  momento  di  revisione  delle  questioni  delle  afasie 
crede  opportuno  richiamare  una  legge  troppo  negletta  dai  patologi,  quella  della 
^f^langa  (Cajal),  la  quale  applicata  in  questo  campo  potrebbe  fornire  la  spiega- 
zione dei  più  caratteristici  disturbi  del  linguaggio:  p.  es.  l'afasia  amnestica,  la  legge 
^i  disintegrazione  sistematica  del  patrimonio  verbale,  la  legge  dell'afasia  nei  poli- 
glotti^ la  possibilità  della  parola  cantata  in  casi  di  afasia  motrice  grave,  la  soprav- 
vivenza di  singole  parole  in  casi  di  afasia  grave  di  ogni  forma,  la  comprensione  del 
proprio  nome  nella  sordità  verbale,  la  capacità  di  scrivere  il  proprio  nome  nell'agrafia  ecc. 

15 


226  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


Secondo  detta  teoria  gli  stimoli  che  alla  periferia  sono  per  così  dire  pantiformi  si 
vanno  nel  loro  percorso  allargando  in  modo  da  interessare  un  numero  di  elementi 
nervosi  sempre  maggiore  fino  alla  loro  stazione  terminale  nella  corteccia  cerebrale. 
Più  abituale  è  un^  immagine  e  tanto  più  numerose  saranno  le  cellule  e  più  esteso  il 
territorio  in  cui  sono  distribuite.  Ciò  induce  a  credere  che  in  ogni  lesione  a  focolaio 
si  abbia  una  perdita  globale  di  funzione,  la  quale  potrà  interessare  in  tota  quei 
ricordi  che  sono  depositati  in  una  piccola  area  corticale,  mentre  lascierà  sopravvivere 
in  grado  più  o  meno  notevole  quelle  immagini,  tra  le  quali  saranno  naturalmente 
quelle  di  uso  più  comune,  che  sono  distribuite  in  area  più  vasta.  Può  darsi  anche 
che  in  seguito  ad  una  lesione  circoscritta  si  abbia  la  sopravvivenza  di  alcuni  ricordi, 
dei  quali  però  la  rievocazione  può  avvenire  soltanto  dietro  stimoli  insolitamente  ener- 
gici :  così  si  spiegherebbero  i  fatti  della  cosidetta  afasia  aranestica. 

Schnpfer  (Firenze).  Dice  di  non  sapersi  spiegare  come  dei  fatti  di  semplice 
intossicazione  possano  produrre  disturbi  della  loquela  di  lunga  durata,  quando,  s'in- 
tende, non  abbiano  prodotto  delle  lesioni  anatomiche. 

Mingazzini.  Si  dichiara  in  accordo  con  Bianchi  intorno  alla  esistenza  di  una 
demenza  afasica  purché  si  riferisca  all'afasia  sensoriale,  non  alla  motrice  :  e  a  spie- 
gazione di  questi  fatti  richiama  i  concetti  .di  Sachs  circa  la  fusione  che  coll'andare 
del  tempo  si  stabilisce  tra  pensiero*  ed  immagini  acustiche  delle  parole;  a  Bossi 
risponde  spiegando  i  suoi  concetti  circa  la  funzione  del  lobulo  di  Broca  e  le  con- 
seguenze della  sua  lesione  ;  e  svolgendo  più  ampiamente  i  sintomi  che  si  presentano 
in  casi  di  lesioni  delle  vie  verbo-acustiche.  Fa  notare  a  Schupfer  che  egli  parlando 
di  afasie  tossiche  avea  appunto  inteso  di  riferirsi  a  casi  di  afasia  transitoria. 

Comunicazioni.  —  De  Sanctis  (Roma).  Infantiìismo  e  Puerilismo  —  Nuon 
contrihuti.  —  Mette  in  evidenza  come  in  pressoché  tutti  i  casi  di  infantilismo  si 
trovino  delle  alterazioni  delle  ghiandole  a  secrezione  interna  :  ciò  rende  verosimile 
che  nella  patogenesi  dell'infantilismo  queste  ghiandole  abbiano  una  parte  notevole, 
pur  non  potendo  precisare  quale  sia  la  ghiandola  più  specialmente  incriminabile. 
Appoggia  la  esistenza  à&ìVinfantiìifimo  parziale;  si  sofferma  su  quello  degli  organi 
genitali  :  tratta  quindi  della  sintomatologia  delle  varie  forme  di  infantilismo. 

Ceni  richiama  i  suoi  studi  sperimentali  sui  polli  nei  quali  l'asportazione  di 
parti  del  cervello  conduce  talora  a  dei  fenomeni  simili  a  quelli  dell'infantilismo; 
crede  perciò  non  bisogni  dare  soverchia  importanza  alle  ghiandole  a  secrezione  in- 
tema. —  Lugaro  fa  osservare  a  Geni  che  in  animali  giovani  altre  lesioni  all' in- 
fuori di  quelle  del  cervello  e  persino  la  semplice  trapanazione  del  cranio  possono 
dare  luogo  ad  arresti  di  sviluppo,  il  che  impedisce  di  accettare  nel  loro  semplicismo 
le  sue  conclusioni.  —  Bossi  richiama  gli  studi  di  Soli,  il  quale  ha  trovato  che 
l'asportazione  del  timo  in  giovani  galli  produce  sempre  arresto  di  sviluppo  dei  ca- 
ratteri sessuali  secondarli  e  talora  anche  difetto  di  sviluppo  somatico. 

De  Sanctis  risponde  a  Geni  che  poiché  le  lesioni  cerebrali  inducono  alterazioni 
delle  ghiandole  a  secrezione  interna,  specie  dei  testicoli,  gli  arresti  di  sviluppo  da  lui 
osservati  potrebbero  essere  di  natura  secondaria. 

Levi  (Firenze).  Nuot^e  indagini  sul  valore  diagnostico  dello  studio  grafico  del 
clono  del  piede,  —  Con  numerose  grafiche,  nelle  quali  sono  tradotte  le  sue  personali 
osservazioni,  illustra  l'importanza  del  metodo  grafico  nello  studio  dei  fenomeni  clo- 
nici, specie  del  clono  del  piede  ;  senza  questo  metodo  non  si  possono  fissare  caratteri 
diflerenziali  tra  il  clono  del  piede  nelle  forme  organiche  e  quello  delle  funzionali. 
Le  qualifiche  del  clono  vero  sarebbero  :  regolarità  delle  oscillazioni  nel  tempo  e  uni- 


Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  227 


fornì  ita  nell'ampiezza  delle  escursioni  ;  invece  il  tracciato  dello  pseadoclono  presenta 
escursioni  irregolari  nelFanipiezza  e  talora  nella  frequenza.  Meno  probativi  sarebbero 
i  caratteri  che  si  riferiscono  alla  maggiore  o  minore  facilità  colla  quale  il  clono  può 
essere  provocato;  infatti  la  facilità  con  cui  questo  ultimo  si  provoca  può  variare 
anche  nelle  forme  organiche  a  seconda  della  posizione  nella  quale  il  soggetto  in  esame 
viene  posto,  fenomeno  che  forse  si  deve  riferire  a  variazioni  di  circolazione  nel  midollo 
spinale. 

Baschieri-Salvadori  (Roma).  Il  clono  del  piede  come  sintoma  obbiettivo  pre- 
coce della  sclerosi  in  placche.  —  L'O.  insiste  sull'importanza  dello  studio  grafico 
del  clono  del  piede-per  la  diagnosi  differenziale  tra  forme  organiche  ed  inorganiche. 
Riferisce  minutamente  un  proprio  caso  nel  quale  con  questo  mezzo  si  potè  stabilire 
precocemente  la  diagnosi  di  sclerosi  in  placche. 

Oapriati  fa  notare  come,  anche  per  il  fatto  che  il  clono  del  piede  pure  in  forme 
organiche  può  variare  da  momento  a  momento,  sì  debba  essere  molto  cauti  nell'at- 
tribuire  a  questo  fenomeno  un  valore  eccessivo  nella  diagnosi  differenziale,  sopratutto 
quando  questo  sintoma  sia  isolato.  —  Colncci  crede  che  anche  nell'  isterismo  il  clono 
del  piede  possa  mentire  esattamente  le  caratteristiche  di  quello  che  si  osserva  nelle 
forme  organiche. 

Leyi  e  Baschieri  rispondono  a  Oapriati  e  Colucci. 

Ceni  (Reggio  Emilia).  Sugli  intimi  rapporti  tra  cervello  ed  organi  sessuali. 
—  Volendo  precisare  il  meccanismo  col  quale  lesioni  del  cervello  danno  luogo  ad 
alterazioni  del  testicolo,  argomento  del  quale  si  è  occupato  in  precedenti  lavori,  l'O. 
ha  istituito  una  nuova  serie  di  ricerche  praticando  non  più  la  decorticazione  ma 
l'emiscerebrazione  nei  polli.  Così  egli  ha  trovato  che  il  testicolo  subisce,  come  risulta  dai 
preparati,  un'atrofia  che  interessa  quasi  esclusivamente  la  parte  parenchimatosa  ;  le 
alterazioni  del  tessuto  interstiziale  sarebbero  secondarie. 

Lugaro  osserva  che  Ceni  usa  come  termini  equivalenti,  a  proposito  delle  lesioni 
del  cervello  dei  polli,  i  termini  «  decorticazione  »  e  «  sccrebrazione  »  ;  ora  questa 
indeterminatezza  è  da  evitare  sopratutto  in  considerazione  dei  rapporti  che  colle  sue 
esperienze  il  Ceni  si  provò  di  stabilire  tra  i  fatti  da  lui  rilevati  nella  prole  dei  polli 
a  cervello  leso  e  la  ereditarietà  delle  malattie  mentali.  La  sede  di  queste  ultime 
neir  uomo  è  essenzialmente  corticale,  mentre  negli  uccelli  da  un  lato  il  mantello 
cerebrale  è  una  formazione  insignificante,  dall'altro  Ceni  colle  sue  operazioni  veniva 
ad  intaccare  i  grossi  nuclei  della  base.  I  risultati  di  Ceni,  più  che  illustrare  dei 
fenomeni  specifici  di  eredità,  hanno  valore  in  quanto  illustrano  dei  fenomeni  generici 
di  degenerazione.  —  Mingazzini  vorrebbe  conoscere  quali  fossero  le  alterazioni  che 
in  seguito  alla  lesione  cerebrale  si  trov^^io  nelle  altre  parti  dell'  encefalo.  —  Tanzi 
crede  utile  far  notare  come  volendo  applicare  alla  patologia  umana  le  lesioni  pra- 
ticate da  Ceni,  si  debbano,  per  la  loro  entità,  paragonare  piuttosto  alle  gravi  cere- 
broplegie  che  non  alle  forme  mentali  vere  e  proprie. 

Ceni  risponde  a  Lngaro  che  talora  parlò  di  decorticazione  essendosi  limitato  a 
passare  col  Pacquelin  sulla  superficie  del  cervello;  a  Mingazzini  che  il  resto  del- 
l'encefalo appariva  illeso. 

Calligaris  (Roma).  Studi  sulla  metameria  sensitiva  spinale.  —  Riferisce  di 
alcuni  suoi  studi  sulla  distribuzione  della  sensibilità  sulla  cute  del  corpo  umano. 
Tracciando  delle  linee  speciali,  egli  sarebbe  riuscito  a  stabilire  che  la  distribuzione 
delle  sensibilità  superficiali  è  molto  più  simmetrica  e  geometrica  di  quel  che  si 
supponeva. 


228  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

De  Sanctifl  si  oppone  yiyacemente  all'  interpretazione  di  Calligaris,  dimostrando 
la  poca  4^Hcatezza  dei  metodi  di  indagine  da  lui  esperiti  ;  dice  che,  avendo  ripetute 
le  esperienze  diCalligaris  colla  stessa  tecnica,  ha  trovato  il  fenomeno  assai  incostante 
e  riscontrabile  prevalentemente  in  individui  assoggettati  molte  volte  air  esame.  — 
Tanzi  consiglia  di  estendere  le  ricerche  alle  altre  sorta  di  sensibilità  superficiali,  non 
limitandosi  a  quella  tattile  e  dolorifica. 

9  aprile  -  Seduta  antimeridiana  (Presidenza  prof.  Paladino). 

Relazione  sul  secondo  tema  generale  :  Fisiologia  e  patologia  dei  lobi  frontali. 
Rei.  prof.  Leonardo  Bianchi. 

La  teoria  secondo  la  quale  i  lobi  frontali  sarebbero  sede  di  funzioni  intellettive, 
sostenuta  da  Bianchi,  Hitzig,  Ferrier,  trovò  seguaci  ed  oppositori  altrettanto  ar- 
denti. Il  dibattito  dura  tuttora,  benché  dal  tempo  trascorso  dalle  prime  comunicazioni 
(26  anni)  molte  esperienze  e  molte  osservazioni  cliniche  si  sieno  al  riguardo  accumu- 
lata. Perciò  il  R.  ha  creduto  opportuno  di  istituire  delle  nuove  ricerche,  tanto  più 
essendo  convinto  che  molte  controversie  dipendano  dalF  improprietà  e  dalla  differenza 
dei  metodi  usati  dai  vari  osservatori.  Per  quello  che  si  riferisce  alla  parte  sperimen- 
tale del  problema  il  R.  comincia  dal  far  rilevare  come  tra  gli  animali  Punico  adatto 
a  questo  genere  di  studi  sia  la  scimmia,  sopratutto  perchè  nei  cani  e  nei  gatti,  a 
cagione  della  poca  estensione  dell*area  frontale,  è  molto  facile  ledere  neir  operazione 
anche  la  zona  motrice  e  il  lobo  olfattorio,  mentre  in  queste  esperienze  è  necessario 
rispettare  gli  apparati  sensoriali  per  non  privare  gli  animali  di  stimoli  ai  quali  erano 
abituati.  Inoltre  è  regola  di  scegliere  degli  animali  appena  tolti  dallo  stato  selvag- 
gio e  dei  quali  l'osservatore  deve  studiare  con  grande  cura,  avanti  l'operazione,  i 
costumi,  gli  affetti  etc.  in  modo  da  ricostruirne  per  cosi  dire  la  personalità  psichica. 
Quindi  il  R.  definisce  i  limiti  che  nella  scimmia  si  devono  assegnare  alla  r^ione 
frontale.  Parla  in  seguito  dei  metodi  di  esplorazione  delle  funzioni  della  corteccia 
cerebrale  e  passa  ad  esporre  i  risultati  da  lui  ottenuti  nella  regione  frontale  coi 
principali  di  essi:  quello  della  stimolazione  per  mezzo  dell'elettricità  e  quello  del- 
l'ablazione di  parti  di  corteccia.  Colla  stimolazione  elettrica  egli  ottenne  da  determi- 
nati punti  della  regione  in  discorso  movimenti  dei  globi  oculari,  variazioni  nel  dia- 
metro delle  pupille,  movimenti  degli  orecchi  ;  ricordando  come  movimenti  simili  si 
provochiifo  stimolando  le  aree  visive  ed  acustiche,  il  R.  crede  che  questi  da  lui 
osservati  siano  movimenti  legati  con  le  funzioni  sensoriali.  Venendo  poi  a  parlare  dei 
risultati  ottenuti  col  metodo  dell'asportaziope,  premette  di  essersi,  in  questa  serie  di 
ricerche,  limitato  a  togliere  la  parte  esterna  dei  lobi  frontali.  I  fenomeni  di  decifit 
si  osservano  solo  quando  la  mutilazione  sia  estesa  e  bilaterale.  Questi  fenomeni  sono 
in  parte  transitori  ed  in  parte  permanenti.  Tra  i  primi  si  annoverano  i  disturbi 
visivi  ;  qualche  volta  questi  disturbi  possono  divenire  permanenti  e  furono  talora  spie- 
gati con  alterazioni  che  secondariamente  si  stabiliscono  nei  lobi  occipitali.  Negli 
animali  operati  non  si  osservarono  mai  disturbi  di  sensibilità  o  di  motilità.  I  disturbi 
permanenti  e  notevoli  sono  invece  quelli  a  carico  delle  funzioni  intellettuali.  Gli 
animali  operati  hanno  talora  l'aspetto  di  dementi  senili,  il  tronco  incurvato  in  avanti 
come  quello  di  persona  stanca,  fatto  che  non  è  dovuto  a  paralisi  ma  a  mancanza  di 
tono;  molte  altre  volte  hanno  uno  speciale  aspetto  melancolico.  Notevole  è  il  nervo- 
sismo degli  animali  così  mutilati,  l'irrequietezza  motoria,  della  quale  già  altri  AA. 


Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  229 

hanno  fatto  menzione.  Oltre  a  ciò  in  queste  scìmmie  manca  quello  che  potrebbe  defi- 
nirsi il  tono  mentale;  è  come  se  si  estìnguesse  il  senso  della  dignità;  la  memoria 
6i  trova  gravemente  compromessa  sicché  questi  animali  cadono  molte  volte  nello  stesso 
errore;  i  giudizi  sono  più  superficiali,  le  reazioni  motrici  più  immediate.  LMnsieme 
di  questi  disturbi  produce  una  incapacità  dì  nuovi  adattamenti.  L'affettività  è  pure 
colpita  in  notevole  grado;  gli  animali  divengono  brutali  neiramore,  imbecilleschi  nei 
tentativi  di  conquista  della  femmina.  Insomma,  memoria,  attenzione,  capacità  di 
associazione  sono  le  facoltà  più  lese.  Alcuni  AA.  hanno  cercato  dì  spiegare  questi 
fatti  interpretando  la  funzione  dei  lobi  frontali  come  una  funzione  di  inibizione;  ora 
dice  il  R.,  cos'è  mai  T inibizione  se  non  un  processo  intellettuale?  Secondo  il  Flechsig 
il  lobo  frontale  è  un  centro  associativo  delle  immagini  tattili;  ma  Bianchi  dalle 
sue  esperienze  è  indotto  a  ritenere  che  il  lobo  frontale  sia  un  vero  centro  di  associa- 
zione e  poiché  Tassociazione  deve  essere  interpretata  come  una  risultante  delle  imma- 
gini più  svariate,  bisogna  ammettere  che  da  ogni  parte  della  corteccia  cerebrale  queste 
immagini  convergano  nella  corteccia  dei  lobi  frontali,  facendo  di  questa  regione  un 
centro  di  attenzione  e  di  inibizione,  un  organo  regolatore  della  diverse  funzioni  delle 
altre  regioni  della  corteccia.  Nell'ultima  parte  della  relazione  Bianchi  riferisce 
circa  i  casi  di  patologia  umana,  alcuni  dei  quali  di  osservazione  personale,  che  dimo- 
strano come  le  conclusioni  della  patologia  sperimentale  coincidano  con  quello  che  ci 
è  dato  di  osservare  in  clinica.  L' interessante  relazione  viene  chiusa  coU'accenno  ai 
prol>lemi  che  in  questo  difficile  campo  della  fisiologia,  nel  quale  la  scuola  italiana 
portò  contributi  notevoli,  rimangono  ancora  da  risolvere. 

Discussione,  —  Tamburini  (Roma)  richiama  un  suo  lavoro  nel  quale  viene  messo 
in  evidenza  il  contributo  che  l'anatomia  patologica  delle  demenze  può  portare  alla 
soluzione  del  problema  delle  localizzazioni  cerebrali.  Fa  rilevare  come  il  quadro 
presentato  dagli  animali  operati  da  Bianchi  abbia  molte  somiglianze  con  quello  dei. 
dementi  ed  in  speciale  modo  dei  dementi  paralitici  nei  quali  appunto  l'anatomia 
patologica  mette  in  evidenza  alterazioni  che  sono  prevalenti  nella  corteccia  dei  lobi 
frontali  e  tanto  più  gravi  quanto  maggiore  è  il  decadimento  intellettuale. 

Lngaro  ritiene  che  i  risultati  delle  esperienze  di  Bianchi  si  integrino  bene  coi 
dati  anatomici  e  con  le  illazioni  fisiologiche  e  psicologiche  tentate  da  altri,  soprat- 
tutto da  Flechsig,  a  patto  di  non  far  rientrare  tutti  i  processi  di  intelligenza  nelle 
funzioni  attribuite  da  Bianchi  ai  lobi  frontali.  Nel  contenuto  della  coscienza  si  può 
fare  una  distinzione  tra  ciò  che  si  riferisce  al  mondo  esterno  e  ciò  che  si  riferisce  al 
corpo.  Da  un  altro  punto  di  vista  il  corpo  si  contrappone  alla  personalità  psichica  e 
può  essere  considerato  come  un  oggetto.  Bisogna  anche  distinguere  ciò  che  è  dato 
attuale  dei  sensi,  percezione,  da  ciò  che  è  ricordo,  rappresentazione:  a  questo  modo 
il  presente  si  contrappone  alle  reminiscenze  del  passato  ed  alle  previsioni  del  futuro. 
I  processi  organici  corrispondenti  a  queste  diverse  categorie  di  stati  psichici  possono 
trovar  sede  nella  corteccia  cerebrale  in  territori  corticali  distinti.  Vi  sono  centri  di 
proiezione,  percettivi,  e  centri  di  associazione,  rappresentativi.  La  percezione  del  pro- 
prio corpo  è  funzione  della  regione  rolandica.  Tutta  la  corteccia  posta  all'  indietro  di 
questa  zona  ha  rapporto  con  la  percezione  e  la  rappresentazione  del  mondo  estemo. 
La  corteccia  posta  all'  innanzi  può  considerarsi  come  l'area  rappresentativa  del  corpo 
e  dei  processi  intemi,  la  sede  della  complessa  rappresentazione  della  personalità  soma- 
tica e  psichica.  L' intelligenza  è  una  funzione  rappresentativa  ;  devesi  perciò  ammet- 
tere che  essa  non  ha  una  sede  unica,  ma  è  distribuita  in  queste  due  grandi  regioni 
corticali  :  la  posteriore  che  elabora  le  immagini  obiettive  ed  ha  rapporto  quindi 


230  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

con  la  comprensione  del  mondo  estemo  e  con  le  previsioni  obiettive  ;  l'anteriore  che 
registra  la  storia  degli  atti  di  tutta  la  vita,  che  sente  gli  impulsi  più  intimi  dell'or- 
ganismo e  che  elabora  il  particolar  modo  personale  di  reagire  agli  stimoli  estemi. 
Gli  esperimenti  sul  lobo  frontale  mostrano  appunto  che  la  personalità  viene  grave- 
mente offesa,  mentre  la  rappresentazione  obiettiva  rimane  inalterata. 

Mingazzini  ritiene  che  alcuni  dei  fatti  che  sono  stati  ricordati  dal  B.  a  che 
si  tende  a  spiegare  con  concetti  poco  precisati  di  diaschisiSf  legge  della  valanga,  ecc., 
si  possano  interpretare  molto  più  semplicemente  colle  nostre  cognizioni  anatomiche. 
Così  è  dei  disturbi  visivi  conseguenti  a  lesioni  del  lobo  frontale  che  potrebbero 
essere  dovuti  sia  a  lesione  diretta  del  tratto  ottico,  sia  a  lesione  dei  centri  visivi 
che  si  spingono,  come  è  noto,  molto  avanti.  Domanda  al  B.  se  possa  precisare  quale 
sede  e  quale  estensione  debbano  avere  le  mutilazioni  del  lobo  frontale  perchè  si 
abbiano  difetti  di  funzione  permanenti.  Altri  fatti  potrebbero  dipendere  da  lesioni 
del  fasciculus  arcuatus  ed  anche  del  ginocchio  del  corpo  calloso. 

Tanzl-Tonnini-Oatola  muovono  al  B.  delle  obbiezioni  che  si  possono  essenzialmente 
ridurre  ad  una;  essi  cioè  espongono  l'idea  che  anche  lesioni  di  altra  regione  della 
corteccia  possano  dare  luogo  a  sintomi  di  difetto  intellettivo  simili  a  quelli  notati 
nelle  scimmie  optrate  da  Bianchi.  Tanzi  a  questo  proposito  richiama  le  esperienze 
di  Golz,  il  quale  considerava  i  lobi  frontali  come  la  sede  del  carattere.  Ora  Tana 
domanda  al  B.  se  alcuni  dei  fenomeni  da  lui  osservati  nelle  scimmie  operate  non 
possano  eventualmente  considerarsi  come  alterazioni  del  carattere. 


Seduta  pomeridiana. 

Bossi  domanda  se  allo  scopo  di  precisare  la  funzione  e  le  connessioni  dei  centri 
oculomotori  dal  relatore  trovati  nel  lobo  frontale,  egli  non  creda  opportuno  di  appli- 
care il  metodo,  già  usato  da  Munck  per  studiare  i  movimenti  oculari  che  insorgono 
dietro  la  stimolazione  elettrica  delle  zone  visive,  che  consiste  nella  separazione,  me- 
diante tagli,  delle  singole  aree  corticali  e  nello  studio  successivo  del  comportamento 
dei  movimenti  in  esame. 

De  Sanctis  prega  il  B.  di  dirgli  qualcosa  circa  lo  stato  generale  delle  scimmie 
operate  perchè  è  noto  che  un  turbamento  della  cenestesi  può  determinare  delle  alte- 
razioni del  carattere  che  si  manifestano  sotto  forma  di  una  specie  di  demenza  apa- 
tica. Si  associa  a  Mingazzini  nel  domandare  quale  sia  la  parte  del  lobo  frontale 
alla  quale  il  prof.  Bianchi  dà  importanza  per  la  produzione  dei  disturbi  intellettivi. 
Chiede  infine  quale  sia  il  significato  che  il  relatore  attribuisce  al  vocabolo  <  intel- 
ligenza ». 

Belmondo  (Padova)  e  Patini  (Napoli)  espongono  alcuni  loro  concetti  sul  signi- 
ficato di  quel  complesso  di  fatti  psichici  che  si  chiama  «  intelligenza  ». 

Oolella  (Palermo)  cita  alcuni  fatti  clinici  che  convalidano  l' opinione  che  i  lobi 
frontali  siano  la  sede  dei  più  elevati  processi  psichici. 

Bianchi  è  d' accordo  con  Tamburini  circa  il  contributo  che  può  in  questo  pro- 
blema portare  l' anatomia  patologica  delle  malattie  mentali  ;  cita,  oltre  alla  paralisi 
generale,  l'encefalite  lobare  dei  bambini  e  la  demenza  precoce.  A  Lngaro  risponde 
che  egli  non  condivide  le  idee  di  Flechsig;  così  la  zona  associativa  posteriore  di 
questo  autore  altro  non  sarebbe  secondo  le  proprie  esperienze  che  una  zona  di  per- 
cezione. A  Mingazadni  risponde  che,  a  suo  modo  di  vedere,  la  zona  visiva  non  oltre- 


Primo  Coìigresso  della  Società  italidiia  di  Neurologia  231 

passa  mai  la  zona  rolandica  ;  il  corpo  calloso  fu  sempre  risparmiato  ;  il  cingolo  quasi 
sempre  degenera.  Ammette  con  Tanzi  e  Toxmini  che  anche  lesioni  di  altre  parti  della 
corteccia  possano  dare  luogo  a  fenomeni  di  deficit  parziale  intellettivo,  cosi  quelle 
dei  lobi  occipitali  che  producono  la  perdita  delle  immagini  visive.  À  Bossi  risponde 
che  i  risultati  del  metodo  seguito  da  Munck  possono  essere  passibili  di  qualche 
critica,  ma  che  in  successive  esperienze  terrà  conto  di  questa  tecnica.  A  De  Sanctis 
risponde  che  ammetta  alterazioni  del  ricambio  prodotte  da  lesioni  cerebrali,  ma  non 
crede  che  i  fenomeni  psichici  presentati  dalle  scimmie  operate  si  debbano  ad  esse 
collegare;  infatti  mentre  le  alterazioni  del  ricambio  hanno  carattere  transitorio,  quelle 
deir  intelligenza  invece  sono  uniformi  e  durature.  Risponde  infine  esaurientemente  a 
quelli  tra  gli  oratori  che  lo  avevano  interpellato  circa  il  suo  modo  di  interpretare 
il  significato  della  parola  intelligenza. 

CoMUMiCAZiONi.  —  OodivUla  (Bologna).  La  chirurgia  ortopedica  nella  cura 
delle  paralisi,  —  Parla  dei  trapianti  tendinei  e  di  quelli  nervosi,  dimostrando  i 
primi  preferibili  ai  secondi  ;  stabilisce  le  indicazioni  dell'  artrodesi  e  della  tenodesi  ; 
spiega  come  nella  cura  di  alcune  paralisi  si  possa  con  successo  far  entrare  in  scena 
razione  dei  muscoli  antagonisti  a  quelli  paretici.  Espone  un  fatto  degno  di  nota 
che  segue  abbastanza  spesso  air  applicazione  di  un  apparecchio  gessato  nei  diplegici, 
la  comparsa  cioè  di  accessi  convulsivi  che  riuscirebbero  mortali  senza  la  pronta 
rimozione  deir  apparecchio. 

Giannem  (Roma).  JSrcdo  lue  ;  sindrome  di  Friedreich  —  Riferisce  un  caso 
che  clinicamente  presentò  i  sintomi  di  una  forma  di  Friedreich  mentre  dal  punto 
di  vista  an atomo-patologico  le  lesioni  erano  molto  diverse  da  quelle  che  si  attri- 
buiscono di  regola  a  questa  sindrome. 

Sciati  (Napoli).  Un  caso  di  paralisi  progressiva  giovanile.  —  (Con  dimostra- 
zione di  preparati).  Illustra  il  caso  mettendo  in  evidenza  la  sua  importanza  dal  punto 
di  vista  deir  etiologia  e  della  anatomia  patologica. 

Biancone  (Roma).  Sopra  un  caso  di  meningo-encefalite  sifilitica.  —  Espone 
dettagliatamente  il  caso  indugiandosi  specialmente  sopra  la  diagnosi  difierenziale  e 
sopra  il  reperto  necroscopico. 

Ck>lacci  (Napoli).  Un  caso  di  traumatismo  cerebrale.  Contributo  allo  studio 
delle  anestesie  traumatiche.  —  Trauma  alla  r^ione  parietale  di  destra  con  infos- 
saniento  dei  frammenti  che  produsse  svariati  disturbi  tra  i  quali  V  0.  illustra  spe- 
cialmente quelli  a  carico  delle  sensibilità. 

Ascenzi  (Roma).  Alcune  osservazioni  cliniche  ed  anatomo-patologiche  su  un 
caso  di  morbo  di  Pott.  —  Di  questo  caso,  clinicamente  era  degna  di  nota  la  pre- 
coce comparsa  della  paralisi  retto-vescicale  che  venne  in  scena  ancora  prima  dello 
stabilirsi  della  paraplegia,  l'esistenza  di  dissociazione  della  sensibilità  a  tipo  sirin- 
l^omielico  ed  il  manifestarsi  di  fenomeni  trofici  a  carico  della  cute  e  dei  muscoli.  I 
fatti  riscontrati  air  esame  anatomico  e  sopratutto  le  degenerazioni  midollari  possono 
porgere  argomenti  circa  l'origine  ed  il  decorso  dei  fasci  di  LOwenthal,  Schultze, 
ovale  diFlechsig.  Partecipano  ad  una  breve  discussione  su  questo  caso  Medea  e  Levi. 

Bioglio  (Roma).  Sali  di  calcio  ed  epilessia.  —  In  venti  epilettici  curati  con 
iniezioni  di  cloruro  di  calcio  si  ebbe  in  circa  i  due  terzi  un  miglioramento;  in  un 
quinto  circa,  essendovi  soppresso,  per  iniziare  questa  cura,  il  bromuro,  si  ebbe  un 
rapido  peggioramento. 

Panegrossi  (Roma).  Contributo  allo  studio  clinico  ed  anatomo-patologico  dei 
ìHmori  del  corpo  calloso.  —  Riferisce  dettagliatamente  il   caso   in   questione;   fa 


232  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

notare  come  i  disturbi  verificati,  sia  psichici  che  interessanti  le  funzioni  di  senso  o 
di  moto,  abbiano  caratteri  ben  poco  peculiari,  in  modo  che  la  diagnosi  di  tumori  di 
questa  sede  è  sempre  assai,  dubbia. 

Seppilli  (Bergamo)  espone  un  caso  di  osservazione  personale,  i  risultati  del  quale 
in  parte  concordano  in  parte  discordano  da  quelli  indicati  da  Panegrossl. 

Oostantini  (Roma).  La  deviazione  del  complemento  nelV  infezione  sifilitica 
e  nelle  affezioni  par  osi  fili  ti  che.  —  Col  contributo  di  casi  di  osservazione  personale 
1*0.  mette  in  evidenza  l'importanza  clinica  del  metodo  di  Wassermann  nella 
diagnosi  delle  forine  sifilitiche  e  parasifilitiche. 

Bossi  discute  coirO.  sopratutto  per  ciò  che  riguarda  il  meccanismo  della  prova 
di  Wassermann  e  T  interpretazione  che  di  essa,  allo  stato  attuale  delle  conoscenze, 
si  può  dare. 

Ayala  (Roma).  Audizione  musicale  iconografica,  —  Un  soggetto  osservato 
da>r  0.  ogni  volta  che  ascolta  della  musica,  invece  di  rappresentarsi  delle  percezioni 
sonore,  quasi  disegna  mentalmente  una  forma  architettonica  ben  definita,  segnando  i 
diversi  momenti  del  pezzo  sulle  linee  architettoniche.  Il  soggetto  in  questione  non 
sa  disegnare  e  la  traduzione  grafica  che  1*  0  espone  di  queste  rappresentazioni  archi- 
tettoniche è  di  conseguenza  opera  di  terzi.  L'  0.  passa  in  esame  le  varie  teorie  esposte 
per  spiegare  questi  fatti  di  sinestesie  concludendo  che  nessuna  è  del  tutto  soddisfa- 
cente e  che  però  la  ragione  del  fenomeno  si  debba  spiegare  sulla  base  di  vie  ana- 
tomiche colleganti*  i  vari  centri  sensoriali. 

Parlano  in  proposito  Oolucci,  Tamburini,  Taim,  quest*  ultimo  facendo  notare 
come  i  fenomeni  di  questa  natura  debbano  essere  ridotti  a  semplici  fatti  di  asso- 
ciazione, senza  bisogno  di  invocare  l'esistenza  di  speciali  vie  anatomiche. 


10  aprile  -  Seduta  antimeridiana  (Presidenza  prof  D'  Abundo). 

Relazione  sul  t^rzo  tema  generale:  Struttura  della  cellula  nervosa.  Rei.  prof. 
Fraguito  (Sassari). 

Il  R.  dichiara  che  limiterà  la  sua  trattazione  alle  questioni  più  discusse.  Tra- 
lascierà  anzitutto  ciò  che  si  riferisce  alle  strutture  pericellulari  e,  di  quelle  endo- 
cellulari, prenderà  in  considerazione  in  modo  speciale  T  apparecchio  fibrillare  q\^ale 
viene  messo  in  evidenza  con  metodi  specifici  per  le  neurofibrille.  Riferisce  gli  studi 
di  Bethe,  Apathy,  Cajal,  ed  in  ispecial  modo  quelli  di  Donaggio. 

Don  aggio  sostiene  che  oggidì  si  deve  senz'altro  ammettere  l'esistenza  di  una 
rete  endocellulare  di  natura  nervosa,  alla  quale  mettono  capo  le  fibrille  dei  prolun- 
gamenti protoplasmatici  e  dalla  quale  originano,  con  varie  modalità,  quelle  che  for- 
mano il  cilindrasse.  Però  oltre  a  questa  rete  si  deve  ammettere  la  presenza  di  fibrille 
—  cosidette  lunghe  —  le  quali  non  fanno  che  attraversare  la  cellula  senza  prendere 
connessioni  coll'apparato  reticolare  interno:  se  alcuni  osservatori  (Cajal  ed  altri) 
negano  questo  fatto  ciò  dipende,  a  giudizio  del  relatore,  dall'avere  essi  usato  di  un 
metodo  che  presenta  delle  deficienze,  quale  è  quello  fotografico  al  nitrato  d'argento. 
A  questo  proposito  il  relatore  fa  ancora  notare  che  la  presenza  di  queste  fibrille 
lunghe  non  contrasta  in  modo  assoluto  il  postulato  della  polarizzazione  dinamica. 
Il  R.  ritiene  che  le  apparenze  neurofibrillari  sieno  di  natura  nervosa  e  destinate  a 
funzioni  di  conduzione;  le  riserve  formulate  da  Golgi  non  sono  a  suo  parere  suffi- 
cientemente giustificate.  A  proposito  di  apparenze  reticolari  endocellulari  il  relatore 


Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  233 

ricorda  il  reticolo  descrìtto  da  Golgi  col  suo  metodo  e  che  il  Cajal  crede  sia  la 
stessa  cosa  di  quello  di  Holmgreen;  riconosce  che  T  istologo  di  Pavia  non  si  è  mai 
pronunciato  recisamente  sulla  natura  del  reticolo  endocellulare  da  lui  scoperto  ma 
gli  sembra  che  in  uno  dei  suoi  lavori  si  sia  espresso  in  modo  favorevole  alla  ipo- 
tesi che  lo  ritiene  di  natura  nervosa.  Passa  quindi  a  trattare  delle  genesi  delle 
fibrille;  premette  che  le  cellule  nervose  hanno,  secondo  il  euo  modo  di-  vedere,  una 
origine  pluricellulare,  ed  afferma  che  le  neurofibrille  non  compaiono  se  non  dopo  quel 
perìodo  in  cui  i  neuroblasti  sì  sono  riuniti  a  formare  la  cellula:  le  neurofibrille  sa- 
rebbero dunque  un  prodotto  di  differenziazione  tardiva  e  questo  l'autore  basa  sui 
propri  preparati  di  embrione  di  pollo  trattati  col  metodo  di  Donaggio.  Ricorda  i  lavori 
di  Cajal,  Besta,  Held  che  ammettono  una  differenziazione  precoce,  ma  crede  che 
i  resultati  dei  loro  studi  non  siano  probativi  perchè  ottenuti  con  un  metodo  che 
non  è  elettivo  ;  non  si  ha  alcun  argomento  per  affermare  che  le  formazioni  descritte 
da  questi  AA.  sieno  delle  vere  neurofibrille.  Illustra  quindi  uno  speciale  suo  reperto, 
cioè  la  comparsa  ad  una  data  epoca  di  una  speciale  zona  che  si  colora  metacromati- 
camente  col  metodo  Donaggio  e  che  egli  interpreta  come  zona  fibrillogena',  con 
proiezioni  di  disegni  dimostra  l'evoluzione  delle  neurofibrille  dalla  massa  granulosa 
di  sostanza  fibrillogena.  Passa  quindi  a  parlare  della  patologia  dell'apparato  retico- 
lare della  cellula  nervosa,  facendo  notare  tutta  l'importanza  dei  due  canoni  stabiliti 
per  opera  di  Donaggio:  1)  la  grande  resistenza  che  la  rete  endocellulare  offre  agli 
agenti  nocivi,  contrariamente  a  quello  che  si  verifica  per  la  sostanza  cromatica:  2)  la 
vulnerabilità  di  questo  reticolo  quando  più  cause  alteranti  si  associno  nella  loro 
azione. 

Diseussione.  —  Donaggio  fa  osservare  al  R.  che  la  teoria  della  polarizzazione 
dinamica  gli  sembra  molto  scossa  dal  reperto  della  presenza  delle  neurofibrille  lun- 
ghe. Si  associa  con  nuove  argomentazioni  a  Fragnito  nel  fare  rilevare  la  grande 
importanza  dei  due  canoni  che  riguardano  la  patologia  del  reticolo  ;  canoni  che  pos- 
sono spiegare  l'etiologia  di  svariate  malattie  nervose  e  devono  essere  ritenuti  come 
i  cardini  della  futura  patologia  nervosa.  Mette  pure  in  evidenza  come  il  metodo  foto- 
grafico Cajal  dia  risultati  così  incerti  da  farlo  ritenere  non  opportuno  per  le  ricer- 
che di  anatomia  patologica. 

Lngaro  :  le  differenze  di  risultato  tra  i  vari  metodi  per  la  colorazione  delle  neu- 
rofìbrille  sono  verosimilmente  dovute  alla  plasticità  di  queste  formazioni,  costituite 
da  colloidi,  ed  all'azione  precipitante  leggermente  diversa  dei  diversi  reagenti.  Atte- 
nendosi alle  immagini  microscopiche,  si  può  affermare  che  non  esistono  fibrille  indi- 
pendenti nel  senso  di  Bethe:  le  fibrille  costituiscono  in  tutte  le  parti  della  cellula, 
e  persino  nel  cilindrasse,  un  reticolo.  Riguardo  allo  sviluppo  del  reticolo  l'O.  ritiene 
pienamente  giustificata  l'opinione  di  Cajal  sull'origine  precocissima  di  esso.  Osser- 
vazioni fatte  nella  Clinica  di  Firenze  collimano  perfettamente  coi  risultati  di  Cajal. 
L'O.  presenta  inoltre  a  nome  del  socio  G.  Levi  preparati  di  embrione  di  pecora 
di  22  mm.  e  dì  embrione  di  trota  di  15  mm.  nei  quali  le  cellule  del  ganglio  di 
Gasser  e  dei  gangli  spinali,  ancora  alla  fase  bipolare,  sono  fomite  di  una  massa 
argentofila  a  struttura  finamente  reticolata  che  si  continua  coi  prolungamenti.  Nei 
centri  si  vedono  cellule  con  evidenti  reticoli  in  continuità  col  cilindrasse,  e  i  cilin- 
drassi si  possono  seguire  per  lunghi  tratti  perfettamente  continui  ed  uniformi.  L'O. 
rigetta  l' ipotesi  dell'  origine  della  cellula  nervosa  da  un  sincizio.  I  preparati  del  R. 
sono  suscettibili  di  altre  interpretazioni  :  e  per  altro  non  è  stata  dimostrata  per  nulla 
la  diminuzione  numerica  dì  nuclei,  come  chiedeva  Bethe.  Se  il  metodo  di  Donaggio 


234  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

svela  le  neurofibrille  soltanto  in  uno  stadio  avanzato,  ciò  non  dimostra  che  esse 
non  esistano  già  in  uno  stadio  più  precoce.  Non  esistono  metodi  specifici  in  senso 
assolato,  specialmente  di  fronte  ad  elementi  in  via  di  sviluppo,  che  subiscono  una 
evoluzione  chimica  parallelamente  alPevoluzione  morfologica.  Quanto  alla  sostanza  di 
Nìssl,  non  si  può  ammettere  che  essa  sia  identica,  e  neppure  simile  chimicamente 
alla  nucleina:  di  fronte  ai  reagenti  essa  si  comporta  in  modo  del  tutto  diiferente. 
Le  varicosità  osservate  da  Fragnito  nelle  fibre  della  commissura  anteriore  deir em- 
brione di  pollo  di  18  giorni  non  hanno  V  aspetto  di  nuclei,  non  sono  tingibili  coi 
colori  nucleari:  del  resto  in  questo  periodo  avanzatissimo  dello  sviluppo  non  si  do- 
vrebbe più  parlare  di  formazione  della  commissura  anteriore,  dal  momento  che  essa 
è  già  formata  e  costituita  di  cilindrassi  perfettamente  continui  nell' embrione  di  tre 
giorni.  In  complesso  V  0.  ritiene  tutt'altro  che  scossa  la  dottrina  embriologica  di 
His;  le  ricerche  del  metodo  di  Cajal  T  hanno  rafforzata,  fornendo  immagini  della 
massima  evidenza. 

Oolncci  riferendosi  ad  un  embrione  umano  di  5  mesi,  da  lui  studiato  quando 
ancora  non  esistevano  metodi  elettivi  per  la  dimostrazione  delle  neurofibrille,  ritiene 
di  poter  affermare:  1)  che  le  neurofibrille  hanno  origine  endogena;  2)  che  le  zolle 
di  Nissl  non  prendono  origine  da  masse  nucleari;  3)  che  i  neuroblasti  formano  dap- 
prima un  sincizio  il  quale  si  scinde  poi  dando  luogo  ad  altrettante  cellule  nervose 
quanti  erano  i  nuclei  dei  neuroblasti  primitivi. 

Perrondto  si  duole  che,  certo  per  la  ristrettezza  del  tempo,  il  R.  si  sia  limitato 
ad  una  delle  strutture  della  cellula  nervosa,  forse  non  la  più  importante.  Dice  che 
non  esistono  argomenti  per  sostenere  la  natura  conduttrice  delle  neurofibrille.  Retti- 
fica quanto  il  R.  ha  detto  circa  il  significato  che  Golgi  attribuisce  all'apparato  re- 
ticolare intemo. 

La  Pegna  dice  che  anche  col  metodo  di  Cajal  dai  suoi  studii  gli  risulta  essere 
le  vere  neurofibrille  una  formazione  tardiva. 

Sciuti  porta  il  contributo  della  sua  esperienza  anatomo-patologica  in  favore  della 
resistenza  del  reticolo  e  della  esistenza  di  neurofibrille  lunghe. 

Mingazzini  riferisce  qualche  dato  intorno  alla  patologia  delle  neurofibrille; 
esse  in  suo  suo  caso  di  paralisi  progressiva  erano  gravemente  alterate  :  egli  pure  crede 
air  esistenza' di  neurofibrille  lunghe. 


Seduta  pomeridiana  (Preindenza  prof.  Belmondo). 

Continua  la  discussione  sul  tema  generale. 

Geni  ricorda,  in  appoggio  della  teoria  che  sostiene  la  comparsa  precoce  delle 
neurofibrille,  i  risultati  ottenuti  da  Resta  nel  suo  laboratorio. 

Ansalone  accenna  ad  alcuni  suoi  studi  sulla  struttura  fibrillare,  eseguiti  sul- 
r  embrione  di  vacca. 

Bossi  non  crede  che  il  R.  abbia  portato  degli  argomenti  che  dimostrino  sen- 
z'altro come  le  apparenze  neurofibrillari  cheli  metodo  di  Cajal  mette  in  evidenza 
in  epoche  precoci  dello  sviluppo  embrionario  della  cellula  nervosa  siano  da  conside- 
rare come  differenti  da  quelle  che  lo  stesso  metodo  rivela  più  tardi. 

Fragnito  rispondendo  ai  vari  oratori  svolge  più  ampiamente  i  suoi  concetti  sulla 
struttura  e  lo  sviluppo  della  cellula  nervosa;  per  ciò  che  riguarda  l'epoca  di  com- 
parsa delle  neurofibrille  insista  specialmente  sul  fatto  che  la  comparsa  tardiva  della 


Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  235 

zona  fibrìllogena,  dalla  quale  secondo  i  suoi  stadi  prendono  origine  le  nearoiibrille, 
rappresenta  un  argomento  di  grande  importanza  contro  le  vedute  di  coloro  che  am- 
mettono la  comparsa  di  neurofibrille  in  epoca  nella  quale  questa  zona  non  si  vede 
ancora.  Crede  di  avere  esattamente  interpretata  Topinione  di  Golgi  a  proposito  del 
reticolo  endocellulare.  Insiste  nel  suo  concetto  che  il  metodo  di  Cajal  non  sia  spe- 
cifico per  le  neurofibrille. 

Comunicazioni.  —  Gerletti  (Roma).  Sopra  speciali  corpuscoli  perivasali  nella 
sostanza  cerebrale,  —  Nel  cosidetto  spazio  di  retrazione  che  sta  intomo  ai  vasi  jsan- 
gnigni  della  corteccia  l'O.  ha  trovato  dei  corpuscoli  isolati,  di  forma  semilunare  od 
ad  ovoide  smusso,  a  struttura  omogenea,  ovvero  granulare:  discute' circa  T origine  ed 
il  significato  dì  queste  formazioni.  Accenna  anche  a  speciali  aspetti  che  presentano 
certe  fibre  di  nevroglia  della  corteccia  cerebrale. 

Ceni  domanda  se  TO.  ha  eseguito  osservazioni  anche  su  cervelli  in  condizioni 
patologiche. 

Oerlétti  risponde  che  ha  iniziato  studi  in  questo  senso. 

Negro  e  Boasenda  (Torino).  Nuove  ricerche  sulla  fisiologia  del  cervelletto.  — 
Studiarono,  con  correnti  indotte  unipolari,  l'eccitabilità  del  cervelletto;  stabilirono 
così  che  eccitando  la  corteccia  cerebellare  si  ottengono  negli  animali  delle  contrazioni 
muscolari  omolaterali;  stabilirono  poi  che  i  centri  motori  cerebellari  conservano 
una  propria  individualità  indipendente  dalla  regione  motoria  rolandica.  Questi  reperti 
spiegherebbero  le  epilessie  determinate  da  lesioni  cerebellari.  Hanno  pure  osservato  che 
in  cani  nei  quali  si  aveva  ipertono  muscolare  in  seguito  a  lesioni  delle  zone  rolan- 
diche,  questo  cessava  dopo  T ablazione  della  metà  omonima  del  cervelletto. 

Mingazzini  crede  che  in  questo  genere  di  studi  che  sconvolgono  le  nozioni 
classiche  sulla  funzione  dei  centri  nervosi  si  debbano  moltiplicare  le  ricerche,  procu- 
rando di  perfezionare  la  tecnica  in  modo  da  sfuggire  ad  ogni  causa  di  errore.  Così 
nel  caso  attuale  egli  crede  non  si  possa  escludere  l'ipotesi  che  le  convulsioni  otte- 
nute colla  stimolazione  del  cervelletto  dipendano  da  trasmissione  dello  stimolo  alle 
piramidi  dell'altro  lato  per  mezzo  delle  fibre  cerebello-bulbari. 

Bianchi  muove  pure  osservazioni  ed  obbiezioni  ricordando  i  suoi  studi  sui  rap- 
porti tra  cervelletto  e  corteccia  cerebrale. 

Belmondo  riferendosi  ad  alcuni  risultati  dell' 0.  mette  in  rilievo  l'importanza 
della  cocainizzazione  preventiva  della  corteccia  allo  scopo  di  escludere  la  funzione 
degli  elementi  di  senso  quando  si  vogliono  studiare  le  funzioni  di  quelli  di  moto. 

Negro  risponde  a  Mingazzini  che  se  non  si  può  escludere  la  sua  interpreta- 
zione, può  anche  darsi  però  che  la  trasmissione  dello  stimolo  avvenga  lungo  il  fascio 
di  Marchi. 

E.  Leyi  (Firenze).  Porta  un  notevole  contributo  clinico  alla  conoscenza  delle  forme 
tredo-familiari  delVatassia  spinale  e  cerebellare  e  della  paraplegia  spinale  spa- 
stica ;  espone,  sotto  forma  di  nota  preventiva,  le  sue  conclusioni  al  riguardo  che  si 
riferiscono  sopratutto  alla  frequente  mancanza  dei  fattori  eredità,  famigliarità,  e 
al  tempo  di  comparsa  dei  sintomi  che  non  è  sempre  così  precoce  come  generalmente 
si  ritiene.  Accenna  inoltre  alla  coesistenza  dì  deviazioni  antropologiche  (mongolismo), 
alla  presenza  di  fenomeni  trofici  e  di  disturbi  delle  sensibilità. 

Boasenda.  Ricerche  clinico-sperimentali  sulla  miastenia  di  angine  nervosa 
periferica.  —  Gli  studi  dell'autore  portano  nuova  conferma  alle  conclusioni  di  Ne- 
gro che  lesioni  dei  nervi  periferici  di  moto  possano  manifestarsi  con  fenomeni  di 
miastenìa.  La  comunicazione  è  corredata  da  grafiche. 


236  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

Oatòla  (Firenze).  Sopra  una  serie  di  mieliti  sperimentali.  —  L'O.  è  rìascito 
a  provocare  mieliti  acute  iniettando  microrganismi  neir  aorta  senza  ricorrere  alla 
ischemia  midollare  prolungata  preliminare  od  alle  embolie  asettiche  sussidiarie. 
Per  differenze  anche  minime  del  materiale  iniettato  il  quadro  sintomatologico  ed 
il  reperto  anatomo-patologico  offrono  variazioni  notevoli.  Le  lesioni  sono  di  regola 
prevalenti  nella  sostanza  grigia;  le  lesioni  del  tessuto  nobile  e  le  lesioni  di  quello 
interstiziale,  benché  spesso  assai  diverse  per  grado,  sono  contemporanee  nel  loro 
sviluppo.  Spesso,  quando  l'infezione  non  è  stata  grave,  i  fenomeni  morbosi  com- 
paiono solo  quando  si  richieda  alF  animale  dispendio  di  energia  neuro-muscolare. 
Quando  gli  animali  muoiono  rapidamente,  nel  tessuto  del  midollo  si  trovano  gli  stessi 
microrganismi  iniettati.  In  regioni  midollari  lontane  dal  segmento  lombo-sacrale  e 
nelle  quali  Pesame  bacteriologico  non  mise  in  evidenza  dei  microrganismi,  si  trovavano 
pure  alterazioni  accentuate,  il  che  depone  in  favore  della  loro  natura  tossica  e  non 
infettiva  nello  stretto  senso  della  parola. 

Alessandrini  (Roma).  Contributo  allo  studio  delV  atrofia  muscolare  a  tipo 
Charcot-Marie.  —  Comunica  alcuni  suoi  risultati  sul  modo  di  comportarsi  delle  sensi- 
bilità in  un  caso  di  questa  natura,  che  tenderebbero  ad  appoggiare  la  sede  spinale  e 
non  periferica  dell'  affezione  e  darebbero  argomenti  in  favore  della  metamerìa  spinale. 

Patini.  Una  nuova  teoria  delV  illusione  di  riconoscimento.  Propone  per  questo 
fenomeno  la  denominazione  di  «  illusione  del  già  vissuto  ».  Ritiene  che  si  possa  spie- 
gare come  risultante  di  un  processo  di  associazione  mediata  sul  tipo  di  quelli  de- 
scritti da  Aschaffenburg,  Claparéde  ed  altri. 

Tanzi  ricorda  come  lensen  abbia  dato  del  fenomeno  una  spiegazione  basata 
sulla  non  concordanza,  rispetto  all'intensità,  delle  immagini  che  la  sensazione  pro- 
voca, nei  due  emisferi,  quando  uno  di  questi  si  trovi,  per  transitorio  disturbo,  (fre- 
quentemente disturbi  circolatori)  in  condizione  di  meno  squisita  funzionalità. 

Oacciapnoti  (Napoli).  Espone  le  sue  osservazioni  sul  Cammino  laterale  e  retro- 
grado  nella  emiplegia.  Conclude  che  nella  maggior  parte  dei  casi  il  malato  cam- 
mina meglio  verso  il  lato  paretico  (tipo  Schiiller)]  in  altri  meglio  verso  il  lato  sano 
{tipo  Grasset):  in  una  piccola  minoranza  infine  il  cammino  laterale  riesce  dai  due 
lati  ugualmente  difficile. 

Bossi  (Firenze).  Osservazioni  sulla  rigeneì  azione  del  tessuto  nervoso,  —  Un 
primo  gruppo  di  esperienze  si  riferisce  ai  fatti  rigenerativi  del  midollo  spinale  ;  l'O. 
dopo  avere  accennato  alla  comparsa  tardiva,  alla  scarsità,  alla  labilità  di  questi 
fatti,  richiama  l'attenzione  sullo  stato  delle  cellule  nervose  vicine  alla  lesione; 
quindi  su  alcune  alterazioni  che  si  osservano  nelle  regioni  lontane.  Da  queste  ultime 
prende  argomento  per  istituire  delle  ricerche  le  quali  dimostrano  come  la  interru- 
zione delle  vie  cortico-midollari  eserciti  un'influenza  ritardatrice  sui  fatti  rigenera- 
tivi dei  nervi  periferici.  Espone  quindi  le  esperienze  sulla  rigenerazione  del  nervo 
ottico,  del  quale  ha  eseguito  il  taglio  intracranico,  ed  osserva  come  con  questo  me- 
todo i  fatti  di  rigenerazione  compaiano  in  periodo  più  precoce  e  siano  piti  abbondanti 
che  non  credesse  Tello  sezionando  il  nervo  nell'orbita.  L'asportazione  della  retina 
ha  per  conseguenza  l'assoluta  mancanza  di  fatti  rigenerativi  del  nervo  ottico.  Un 
ultimo  gruppo  di  esperienze  contraddice  ad  alcuni  postulati  della  legge  della  pola- 
rità della  fibra  nervosa  (Bethe),  dimostrando  come  un  tratto  intermedio  di  nervo 
periferico,  anche  quando  sia  rovesciato,  venga  invaso  dalle  fibre  neoformate  prove- 
nienti dal  moncone  centrale.  L'  0.  ha  presentato  dei  preparati  che  dimostrano  le  sue 
conclusioni. 


.     Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  237 

Mingazzini  ricorda  alcune  esperienze  del  dott.  Alessandrini  sulla  satura 
crociata  dei  nervi. 

Zalla  (Firenze).  Osservazioni  relative  ad  alcune  ghiandole  a  secrezione  in- 
terna negli  ammalati  di  mente.  —  Riferisce  i  risultati  di  molti  esami  praticati, 
con  vari  metodi,  sulla  tiroide  e  sulF  ipofisi  di  dementì  senili,  dementi  paralitici  ed 
epilettici.  Accenna  alla  grande  frequenza  delle  lesioni  tiroidee  nei  dementi  senili 
ciò  che  secondo  V  0.  potrebbe  concorrere  a  spiegare  alcuni  dei  fenomeni  episodici  che 
si  danno  nel  decorso  di  questa  malattia.  In  alcuni  individui  giovani,  che  in  vita  erano 
affetti  da  epilessia,  la  tiroide  appariva  notevolmente  atrofica.  Mette  in  rilievo  la 
grande  abbondanza  di  elementi  cromofili  neir  ipofisi  dei  paralitici,  fatto  che,  in  ac- 
cordo colle  recenti  vedute  sulla  funzione  delP  ipofisi,  crede  di  poter  mettere  in  rap- 
porto collo  stato  di  intossicazione  cronica  delP  organismo.  Alcuni  reperti  deirO.  sono 
illustrati  da  micro-fotografie  di  preparati. 

Cernili  (Palermo).  Espone  i  risultati  dei  suoi  studi  sulla  fisiopatologia  della 
pallestesia  mettendo  in  evidenza  il  loro  valore  pratico  e  scientifico. 


11  aprile  -  Seduta  antimeridiana  {Presidenza  prof.  Colellà). 

U  arteriosclerosi  del  sistema  nervoso  centrale.  —  Rei.  0.  Bossi.  La  prima 
parte  della  relazione  è  dedicata  ad  uno  studio   clinico  e  dì  fisiopatologia  dei  feno- 
meni che  appartengono  kW  arteriosclerosi^   tAV  angiospasmo  ed  alla  ipertensione. 
Dopo  avere  citato  ì  fatti  che  dimostrano  come  i  due  vocaboli  arteriosclerosi  ed  iper- 
tensione non  vadano  considerati  come  termini  che  indichino  uno  il  fatto  anatomico 
l'altro   il  fatto  clinico  più  importante  di  una  stessa  alterazione,  il   R.  tratta   con 
qualche  dettaglio  del  quadro  di  — '  ipertensione  primitiva  —  (quadro  clinico  che 
ha  caratteri  propri  e  che  venne  individualizzato  da  Fori  ani  ni)  mettendone  in  par- 
ticolare evidenza  i  sintomi  che  spesso  vi  si  incontrano  a  carico  del  sistema  nervoso. 
In  questa  parte  viene  pure  trattato  àéiV  angiospasmo  in  quanto  ha  relazione  colle 
forme  di  cosiddetta  claudicazione  intermittente  dei  centri  nervosi.  La  seconda  parte 
della  relazione  si  occupa  delle  alterazioni  anatomiche  che  sono  proprie  delV  arte- 
riosclerosi, della  sua  patogenesi  e  delle  alterazioni  vasali  sperimentalmente  pro- 
vocate :  le  varie  alterazioni  descritte  come  arteriosclerotiche  sono  prese  in  considera- 
zione per  stabilire  quelle  peculiari  a  questa  forma  vasale,  come  appartenenti  alla  quale 
aono  indicate  alterazioni  di  natura  molto  differente  ;  sulla  base  dei  suoi  reperti  e  dei 
lavori  dei  più  autorevoli  anatomo-patologi,  il  R.  conchiude  che  V  alterazione  più  ca- 
ratteristica di  questa  malattia  è  T  ispessimento  deir  intima  con  lesioni  della  lamina 
elastica  e  tocca  sobriamente  dell*  origine  degli  elementi  che  entrano  a  far  parte  di 
questo  ispessimento.  Quanto  alle  alterazioni  vasali  sperimentalmente  ottenute  negli 
animali  il  R.  illustra  il  suo  concetto  che  la  maggior  parte  di  esse,  sia  dal  punto  di 
vista  anatomo-patologico  sia  da  quello  della  fisiopatologia,  non  possano  essere  iden- 
tificate colla  vera  arteriosclerosi.  V  arteriosclerosi   dei  vasi  intracranici  in  parti- 
colare e  le  conseguenze  anatomo-patologiche  che  essa  induce  nel  tessuto  nervoso  sono 
prese  in  considerazione  nella  terza  parte;   il  R.   illustra  i  fatti  di  alterazioni  sia  a 
focolaio  che  diffuse  alle  quali  la  malattia  vasale  dà  luogo  {focolai  di  distruzione, 
etice/aZife  «ot*ocoHtca?c  di  Binswanger,  lacune  di  disintegrazione,  gliosi  e  scle- 
rosi perivascolare).  Segue  l'esposizione  delle  forme  di  malattie  del  sistema  nervoso 
alle  quali  l'arteriosclerosi  dei  vasi  intracranici  può  dare  luogo;  dapprima  vengono 


238  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

prese  in  considerazione  le  forme  nelle  quali  prevalgono  i  disturbi  delle  funzioni 
psichiche:  la  sindrome  di  Winscheidy  la  demenza  presenile  arteriosclerotica,  la 
pseudoparalisi  generale  arteriosel erotica.  A  proposito  della  forma  demenziale  il  R., 
dopo  accurata  disamina  della  letteratura  e  sulla  base  di  osservazioni  cliniche  ed 
anatomo-patologiche  personali,  viene  alla  conclusione  che  una  separazione  netta  di 
una  speciale  forma  di  demenza  arteriosclerotica  dal  gran  quadro  della  demenza  se> 
nile  non  è  per  ora  possibile;  piuttosto  si  deve  ritenere  che  quest'ultima  sia,  nella 
grande  maggioranza  dei  casi,  sostenuta  da  alterazioni  dovute  alla  malattia  vasale. 
Spiegando  alcuni-  concetti  di  psicopatologia  e  riferendosi  in  modo  speciale  ai  fatti 
messi  in  evidenza  da  Lugaro  circa  i  fenomeni  intellettivi  e  gli  aftettivi,  cerca  di 
dimostrare  come  le  lesioni  arteriosclerotiche  del  cervello  per  la  loro  natura  e  per 
la  loro  sede  siano  le  meglio  adatte  a  dar  ragione  dei  sintomi  cardinali  della  demenza 
senile.  Quindi  il  R.  parla  delle  sindromi  di  malattie  da  arteriosclerosi  cerebrale  con 
prevalenza  di  disturbi  a  carico  delle  funzioni  di  senso  e  di  moto;  tratta  partita- 
mente;  a)  dell'  epilessia  arteriosclerotica';  b)  della  sindrome  lacunare;  e)  del- 
l'astasia-ahasia  senile.  Trattando  della  sindrome  lacunare  il  R.  fa  notare  come 
essa  non  sia  sempre  in  rapporto  con  alterazioni  arteriosclerotiche  dei  vasi,  discute 
quelle  che  di  regola  si  trovano,  parla  della  patogenesi  della  lacuna.  Dell' astasia- 
abasia  senile  il  R.  dà  una  interpretazione  personale,  ritenendola  dovuta  a  fatti  di 
alterata  od  impossibilitata  associazione  delle  funzioni  corticali  necessarie  allo  svol- 
gersi dell'atto  complesso  della  deambulazione,  sostenuta  da  lesioni  anatomiche  di 
vie  nervose.  In  ultimo  il  R.  si  occupa  dell'arteriosclerosi  midollare:  espone  prima 
i  fatti  di  anatomia  patolo;j:ica  che  sono  riferibili  alla  forma  vasale  in  discorso  e 
quindi  tratteggia  le  sindromi  cliniche  che  possono  ad  essi  essere  riferite,  conclu- 
dendo come,  allo  stato  attuale  delle  cognizioni,  si  possano  descrivere  a  due  quadri 
clinici:  a)  w  II  ri  forma  paraplegica  semplice;  h)  una  forma  di  parapresi  sjmsmo- 
dica  degli  ateromatosi. 

La  relazione  ebbe  carattere  essenziaMiiente  obbiettivo;   il   R.   illustrò   i   reperti 
che  andava  esponendo  con  numerose  proiezioni  di  preparati  originali. 


Seduta  pomeridiana  {Presidenza  prof.  Tonnixi). 

Si  apre  la  discussione  sulla  relazione  BOBSi. 

Oolella.  Richiama  l'attenzione  del  congresso  su  speciali  corpuscoli  da  lui  osser- 
vati attorno  ai  vasi  in  casi  di  arteriosclerosi  cerebrale  e  domanda  al  R.  che  cosa 
pensi  circa  la  loro  natura.  Rileva  come  nell' etiologia  dell'arteriosclerosi  debba  essere 
concessa  una  grande  importanza  all'alcool.  Si  associa  al  R.  per  ciò  che  riguarda 
l' epilessia  arteriosclerotica. 

Belmondo.  Conforta  della  sua  esperienza  l' asserto  del  R.  che  non  sempre  sì  ha 
ipertensione  negli  arteriosclerotici  ;  mette  in  evidenza  i  disturbi  che  le  crisi  di  iper- 
tensione possono  produrre  anche  a  carico  delle  funzioni  psichiche. 

Bianchi.  Dichiarandosi  in  accordo  col  R.  nell' escludere  una  forma  a  sé  di 
demenza  arteriosclerotica,  fa  notare  come  non  sempre  l'arteriosclerosi,  almeno  come 
fattore  unico,  possa  essere  la  base  anatomica  delle  demenze  senili.  In  molte  di  queste 
bisogna  tenere  conto  dello  stato  dei  visceri,  specie  il  fegato  ed  i  reni.  Critica  il 
termine  di  pseudo-paralisi  arteriosclerotica  usato  dal  R. 


Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  239 

Mingazzini.  Fa  notare  come  a  dare  la  fisionomia  al  quadro  clinico  della  forma 
arteriosclerotica  possa  concorrere  Vagente  che  ha  provocata  questa  malattia  vasale. 
Ricorda  i  casi  di  alterazione  diflPusa  dell'elemento  nervoso  senza  lesioni  vasali.  Ri- 
chiama r  attenzione  sul  fatto  che  1*  angiospasmo  non  è  sempre  di  natura  arterioscle- 
rotica. 

Oolncci.  Osserva  che  dalla  sua  esperienza  gli  risulta  come  i  vasi  della  retina 
siano  molto  adatti  per  lo  studio  dell'arteriosclerosi  anche  in  periodi  precoci  della 
malattia. 

Sciati.  Domanda  al  R.  se  nella  produzione  del  quadro  clinico  dei  lacunari  egli 
concede  maggior  valore  alla  speciale  alterazione  anatomica  od  alla  sede  di  questa. 
Domanda  ancora  come  mai  si  verifichi  che  essendo  le  alterazioni  anatomiche  a  ca- 
rattere cronico  T  inizio  dei  fatti  clinici  sia  spesso  hrusco. 

Gerletti.  Avrehhe  desiderato  qualche  osservazione  sullo  stato  dei  capillari  : 
mette  in  evidenza  l'importanza  degli  studi  di  microchimica  applicati  a  questo  genere 
di  alterazioni  del  sistema  nervoso. 

Medea.  Domanda  al  R.  se  ahhia  esperienza  personale  sulle  cosiddette  mieliti 
funicolari. 

Bonfigli  (Roma).  Chiede  al  R.  se  creda  che  le  forme  di  necrosi  miliare  descritte 
da  Fischer  possano  essere  ritenute  specifiche  della  demenza  senile.  LO.  ricorda  di 
averle  trovate  anche  in  casi  di  sifilide  del  sistema  nervoso. 

Bossi.  Risponde  a  Colella  che  forse  i  suoi  corpi  corrispondono  alle  mazze  ter- 
minali  di   cilindrassi   alterati  descritte  da   Fischer;  approfitta  dell'occasione  per 
rispondere  a  Bonfigli  che,  come  è  detto  nella  relazione,  le  necrosi  miliari  non  pos- 
sono, per  quanto  ora  ne  conosciamo,  essere  considerate  come  il  substrato  anatomico 
ilella  demenza  senile.  Circa  al  valore  etiologico  dell'alcool  nell'arteriosclerosi  il  R. 
ricorda  come  i  dati  della  patologia  sperimentale  siano  su  questo  punto  in  disaccordo. 
Al  prof.  Bianchi  il  R.  risponde  di  non  avere  escluso  che  nell'età  avanzata  possano 
darsi  delle  forme  demenziali  di  origine  tosbica.  Né  si  può  escludere  che  talora  l'ar- 
leriosclerosi  non  sia  sufficiente  a  provocare  lesioni  del  sistema  nervoso  ;  volendo  trat- 
tare di  questo  argomento  si  rientra  in  quello  più  vasto  del   meccanismo  col   quale 
Il  vaso  leso  produce  intomo  a  sé  la  distruzione  del  tessuto  nervoso  ;  in  questo  campo 
si  è  forse  troppo  trascurato  di  por  mente  alle  proprietà  difensive  che  contro  gli 
algenti  nocivi  paiono  possedere  il  tessuto  connettivo  ed  i  cosiddetti  endotelii  vasali; 
ricorda  in   proposito   le  esperienze  di  Pagano.  Richiama  l'attenzione  di  Bianchi 
«ul  fatto  che  nella  relazione  è  detto  che  si   usa  il   termine  pseudo-paralisi   arterio- 
sclerotica per  evitare  circonlocuzioni.   Al   prof.   Mingazzini  risponde  che  a  seconda 
del  fattore  che  ha  provocato   l'arteriosclerosi   il  quadro  clinico  cui  essa  dà  luogo 
può  bene  presentare  qualche  variazione;  ma  che  dalla  trattazione  delle  forme  arte- 
riosclerotiche  si  devono  escludere,  come  è  detto  nella  parte  generale  della  relazione, 
quei  casi  nei  quali  l'agente  che  produce  la  malattia  vasale  è  anche  capace  di  dan- 
neggiare per  sé,  in  modo  notevole,  il  sistema  nervoso  (alcolismo,  sifilide).  Mingazzini 
ha  ragione  quando  dice  che  l' angiospasmo  non  è  sempre  di  natura  arteriosclerotica  ; 
il  R.  si  è  appunto  studiato  di  metterne   in   evidenza  la   frequenza   nella  forma   di 
ipertensione  primitiva  (ipertensione  di   Forlanini).  Terrà   conto  delle  notizie  di 
Colncci   per  ciò  che   riguarda  i  vasi  della  retina.   A  Scinti  risponde  che  la  mag- 
giore  importanza  deve  essere  concessa  alla  sede  delle  lacune.  L'ipotesi  da  Scinti 
formulata  circa  1'  edema  circoscritto  che  si  produce  in  corrispondenza  della  lacuna 
potrebbe  spiegare  l'inizio  brusco  dei  fatti  clinici.  A  Gerletti  dice  di  essersi  nella 


240  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

relazione  occupato  anche  dei  capillari,  dimostrando  con  proiezioni  i  preparati  rela- 
tivi ad  alcune  alterazioni  di  questi.  A  Medea  infine  dice  di  non  avere  alcuna  espe- 
rienza personale  sulle  mieliti  funicolari. 

Quindi  si  passa  alla  trattazione  dei  seguenti  oggetti: 

Nomina  del  Consiglio  Direttivo  della  Società»  —  In  seguito  a  votazione  a 
scheda  risultano  eletti  i  professori:  Bianchi,  Oolgi,  Mingazzini,  Tanzi, 
Morselli,  D'Ahundo,  De  Sanctis,  Belmondo,  Colella,  Tonnini,  Pellizzi, 
Lugaro,  Donaggio,  Negro. 

Data  e  sede  del  prossimo  Congresso.  —  Viene  stabilito  di  tenere  il  nuovo 
Congresso  in  Genova  nell'ottobre  1909. 

.  Assegnazione  dei  temi  generali  pel  Congresso  del  1909,  —  Vengono  stabiliti 
i  seguenti  temi:  1)  Sulle  mieliti  acute  dal  punto  di  vista  clinico  e  sperimentale. 
Rei.  Catola  (Firenze).  —  2)  Sulla  fisiopatologia  del  talamo  ottico.  Rei.  D'Abundo 
(Catania).  —  3)  Sulla  sierodiagnosi  nelle  malattie  nervose,  —  Rei.  Moreschi 
(Pavia). 

Dopo  di  che  il  Presidente  della  Società  prof.  Bianchi  dichiara  chiuso  il  Con- 
gresso, facendo  rilevare  T  importanza  dei  temi  in  esso  svolti  e  traendo  dal  risul- 
tato felice  di  questa  prima  prova  i  piif  lieti  auspicii  per  T  avvenire  della  nuova 
Associazione. 

NB.  —  La  ristrettezza  del  tempo  ha  impedito  che  tutte  le  comunicazioni  annun- 
ciate venissero  svolte. 


l^OTIZIS 


—  Dal  24  agosto  al  4  settembre  1909  avrà  luogo  in  Budapest  il  XVI  Congresso  intemazionale 
di  Medicina.  -  Le  sezioni  XI  e  XII  si  occuperanno  rispettivamente  della  NeuroptUologia  e  della 
Ptiehiatria.  Sono  già  annunziate  relazioni  e  comunicazioni  importanti  anche  di  italiani  (Bianchi, 
Lugaro,  Levi  G.). 

Per  le  adesioni  e  schiarimenti  dirigersi  al  prof.  dott.  Enille  de  Qròti,  Etterkatft^icta,  7, 
Budapest   VII. 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  S.  Zanobi,  54,      Prof.  E.  TaNZI,  Direttore  responsabile. 


di  Patologia  nervosa  e  mentaie 

DIRETTA  DA 
(riBBVZB) 

A.  TA:MBXrRXNl  B.  MORSBIJLI 

(boxa)  (osxova) 

E.   LUG-ARO 

(xodxma) 


Redattori* 

0.  BOSSI 

O.  SANDBI    —    M.  ZALIjA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amminiatraiione:  Prof.  TAMII,  C Unica  di  San  Salvi,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  G-iugno  1908  Fase.  6 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Clinica  delle  malattie  nervose  e  mentali  deiristltuto  di  Studi  saperiori  in  Firenze 
diretta  dal  prof.  E.  Tanzi 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali 

per  il  dott.  G.  Oatòla 

Assistente  della  Clinica  ed  Assistente  del  Manicomio 

Libero  Docente  in  Neuropatologia  nel  R.  Istituto  di   Studi   Superiori 


Storia.  —  Già  fino  dal  4847  Flourens  aveva  intrapreso  una  serie  di 
esperienze  per  studiare  quale  fosse  l'effetto  di  svariate  sostanze  introdotte 
'^^ir aorta  senza  essersi  prefìsso  lo  scopo  preciso  di  provocare  delle  embolie 
^0  altre  lesioni  midollari.  Cominciò  con  l'iniettare  etere  nell'arteria  crurale 
^  nell'aorta  di  alcuni  animali  per  provare  se  questa  sostanza  estrinsecasse  per 
^ia  emalogena  la  stessa  azione  narcotizzante  che  per  inalazione.  Ottenne  delle 
l^araplegie  più  o  meno  complete  ma  non  le  considerò  come  dipendenti  da  una 
lesione  spinale.  Continuò  le  sue  ricerche,  iniettando  nell'aorta  acido  solforico 
allungato,  terebentina,  alcool  assoluto,  estratto  acquoso  di  belladonna  e  bella- 
tJonna  polverizzata  ottenendo  ancora  delle  paraplegie  ora  spastiche,  ora  flaccide. 
Fu  però  meravigliato  di  osservare  che  mentre  con  l' iniezione  di  radice  pol- 
\erizzala  di  belladonna  e  con  altre  sostanze  polverulenti  (licopodio  e  farina  di 


IG 


242  G,  Catòla 


su^rhero)  otteneva  quasi  sempre  la  paralisi  del  treno  posteriore,  invece  reslratlo 
fluido  di  belladonna,  iniettato  con  la  stessa  tecnica,  non  portava  a  nessuna 
paralisi.  Nel  1849  pubblicò  un'altra  serie  di  esperienze,  fatte  con  iniezioni 
endoaortiche  di  olio  di  bergamotto,  olio  di  garofani,  cloroformio,  creosoto  ecc., 
ottenendo  ugualmente  paralisi  flaccide  e  paralisi  spastiche,  ma  nemmeno  allora 
seppe  darne  una  esplicazione. 

Nel  i86i  Vulpian  ripetè  le  esperienze  di  Flourens  iniettando  polvere 
d'amido  e  di  licopodio  nell'aorta  di  alcuni  animali  e  localizzò  per  il  primo 
la  causa  dei  fenomeni  paralitici  nel  midollo  spinale. 

Panum  nel  1862  e  più  lardi  Schrotter,  Singer  (1897),  Lamy  (1895), 
Rothmann  (4898)  ripeterono  le  esperienze  di  Flourens  e  Vulpian  variando 
materiale  embolizzante  e  tecnica  operatoria  e  riproducendo  clinicamente  i  solili 
fenomeni  di  paralisi  e  anatomicamente  il  quadro  istologico  del  rammollimento 
ischemico  nelle  sue  diverse  fasi  evolutive.  Questo  metodo  delle  embolie  speri- 
mentali fu  utilizzato  più  tardi  da  alcuni  autori  nelle  loro  ricerche  sulla 
mielite  sperimentale. 

I  primi  tentativi  di  riprodurre  sperimentalmente  una  mielite  infettiva  si 
devono  a  Charrin  e  Babinski  (1887-1888). 

Questi  due  AA.  iniettarono  nelle  vene  di  conigli  culture  e  tossine  di 
bacillo  piocianeo  e  ottennero,  dopo  un  periodo  di  incubazione  variante  tra  i  15 
e  i  60  giorni,  paralisi  spastiche  con  alterazione  della  sensibilità  e  degli  sfin- 
teri. L'esame  del  midollo  di  questi  animali  riusci  sempre  completamente  ne- 
gativo. 

Nel  1888  Manfredi  e  Traversa  facendo  su  rane,  conìgli  e  cavie  delle 
iniezioni  con  culture  sterili  di  streptococco  ottennero  accidenti  convulsivi  e 
paralitici,  ma  non  riuscirono  nemmeno  loro  a  trovare  all'autopsia  una  lesione 
qualsiasi  del  sistema  nervoso  centrale.  Infatti,  come  vedremo  più  tardi,  si  può 
dire  che  fino  al  1892  lesioni  del  midollo  spinale  negli  animali  divenuti  para- 
litici in  seguilo  ad  iniezioni  di  culture  o  di  tossine  microbiche,  non  furono 
messe  in  rilievo  da  nessuno. 

Nello  stesso  anno  (1888)  Roux  e  Yersin  dimostrarono  che  il  bacillo  di 
Loeffler  inoculato  nei  conigli  determina  delle  paralisi  che  appariscono 2-5 giorni 
dopo  l'inoculazione  intravenosa  e  3  settimane  dopo  l'innesto  faringeo  di  detto 
microrganismo.  All'autopsia  degli  animali,  quando  la  malattia  non  aveva  avuto 
un  decorso  molto  lungo,  trovarono  congestione  dei  gangli  spinali  e  dei  diversi 
visceri  compresa  una  steatosi  epatica  evidente.  Solo  in  qualche  caso  la  consi- 
stenza del  midollo  spinale  sembrava  diminuita. 

Nel  1889  vennero  alla  luce  gli  sperimenti  di  Achard  e  Guinon,  di  Rouy 
e  Yersin.  I  due  primi  AA.  fecero  varie  serie  di  esperienze.  Ad  alcuni  ani- 
mali iniettarono  nel  midollo  delle  masse  lubercolan  disfatte  ed  oltcmiero 
meningite  con  formazione  di  tubercoli  ed  atrofia  delle  cellule  delle  corna  an- 
teriori della  sostanza  grigia,  anche  indipendentemente  dalla  presenza  di  tuber- 
coli: ad  altri  animali  inocularono  invece  il  bacillo  di  Eberth  ed  il  bacillo 
di  Escherisch  ottenendo  spesso  un  rammollimento  dìff'uso  del   midollo  spi- 


.4  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  243 

naie.  Le  cellule  nervose  e  le  cellule  di  nevroglia  presentavano  lesioni  più  o 
meno  manifeste;  nella  sostanza  bianca  e  nelle  radici  spinali  si  trovavano  molti 
cilindrassi  più  o  meno  rigonfi.  Roux  e  Yersin,  mentre  nelle  prim'e  esperienze 
già  citate  avevano  riprodotto  le  paralisi  difteriche  con  V  iniezione  di  culture 
specìfiche,  più  tardi  invece  arrivaroi^o  agli  stessi  risultati  inoculando  soltanto 
la  tossina. 

Nel  1891  Gilbert  e  Lion  iniettarono  in  vari  animali,  per  via  endove- 
nosa, 1  ce.  di  una  cultura  dell'età  di  circa  12  giorni,  proveniente  da  un  mi- 
crorganismo trovato  in  un  caso  di  endocardite  infettiva.  Gli  animali  presenta- 
vano dapprima  dei  fenomeni  morbosi  generali,  ma  poi  miglioravano  e  sembravano 
guariti  quando  dopo  un  certo  tempo  ricadevano,  diventavano  paralitici  e  mo- 
rivano più  0  meno  rapidamente.  L'esame  del  sistema  nervoso  centrale  di  questi 
animali  fu  sempre  negativo.  Questi  stessi  AA.  ripresero  Tanno  successivo 
le  loro  esperienze  inoculando  a  13  conigli  il  bacterium  coli  in  cultura  per 
via  venosa.  Uno  di  questi  conigli  divenne  emiplegico  12  giorni  dopo  la  ino- 
culazione e  morì,  19  giorni  dppo,  tetraplegico  ;  altri  tre  ebbero  dapprima 
diarrea  e  dimagramento,  poi  si  ristabilirono  assai  bene  in  salute,  ma  dopo 
28-49  giorni  divennero  paraplegici  e  morirono  rapidamente.  All'esame  del  mi- 
dollo spinale  fu  riscontrato  oi'a  leggera  congestione  ed  ora  lesioni  della  so- 
stanza grigia  (mielite  centrale).  Le  cellule  delle  corna  anteriori  della  sostanza 
grigia  erano  completamente  sane  nel  primo  coniglio;  negli  altri  invece  il  mi- 
dollo sembrava  leggermente  rammollito.  Nella  regione  lombare  alcune  cellule 
avevano  protoplasma  granuloso,  non  colorato,  e  nucleo  atrofico  ;  altre,  invece, 
erano  atrofiche,  raggrinzate  senza  prolungamenti  ed  intensamente  colorate. 
Anche  le  cellule  di  nevroglia  si  presentavano  granulose  e  molto  tinte  dal  car- 
mìnio. Non  è  menzionata  in  questo  studio  istologico  nessuna  lesione  vascolare. 
Questi  stessi  AA.  videro  anche  manifestarsi  fenomeni  paralìtici  in  una  cavia 
inoculata  con  tubercolosi  animale  ed  in  alcuni  conigli  nei  quali  avevano  iniet- 
tato culture  di  stafilococco  piogeno  aureo  proveniente  da  un'acne  pilare. 

Nello  slesso  anno  (1891)  Roger  iniettò  ad  un  coniglio  una  cultura  atte- 
nuata di  streptococco  proveniente  da  un'eresipela  e  vide  prodursi  in  que- 
st'animale un'atrofia  marcata  dei  muscoli  degli  arti  posteriori.  Fece  allora 
iniezioni  intravenose  di  questa  stessa  cultura  ad  altri  14  animali  ed  ottenne 
in  ognuno  di  essi  una  paraplegia  posteriore.  I  conigli  stavano  bene  2-3  set- 
timane dopo  l'inoculazione  e  poi  cominciavano  a  dimagrare,  ad  essere  impac- 
ciati, a  camminare  con  difficoltà.  Allo  slesso  tempo  nei  muscoli  atrofici  si 
osservavano  delle  contrazioni  fibrillari  sia  spontanee  che  provocate.  Le  lesioni 
midollari  colpivano  sopratutto  le  cellule  delle  corna  anteriori  del  midollo 
spinale.  In  corrispondenza  della  regione  lombare  di  quest'organo  le  cellule 
gangliari  erano  rigonfie,  arrotondate,  con  prolungamenti  poco  visibili  e  pro- 
toplasma chiaro,  colorato  in  rosa  dal  carminio.  Il  loro  nucleo  però  non 
offriva  all'esame  lesioni  apparenti.  Solo  in  un  periodo  più  avanzato  delle  altera- 
zioni anatomiche,  le  cellule  apparivano  vescicolari  o  vacuolizzale  e  finivano 
per  perdere  il  nucleo,  divenendo  delle   masse  arrotondale,   omogenee,  senza 


244  G.  Catòla 


prolungamenti,  colorate  in  rosa  dal  carminio.  Le  cellule  di  glia  erano  tume- 
fatte ed  in  massima  parte  vescicolari.  I  vasi  erano  dilatati  e  ripieni  di  san- 
gue. Qua  e  1à  esistevano  piccoli  focolai  emorragici  a  livello  delle  corna  ante- 
riori. Le  radici  anteriori  erano  anch'esse  leggermente  lese. 

Grancher,  Martin  e  Ledoux-Lebard  (1891-1892)  fecero  delle  inie- 
zioni intravenose  di  giovani  culture  di  tubercolosi  in  alcuni  animali  riuscendo 
a  produrvi  delle  paralisi  degli  arti  posteriori,  paralisi  che  gradualmente  anda- 
vano aggravandosi  e  trasformandosi  in  vere  e  proprie  paraplegie  complete.  Gli 
animali  soccombevano  lentamente  in  preda  ad  un  dimagramento  estremo. 
L'esame  istologico  del  midollo  non  rivelò  mai  lesioni  manifeste.  Ritennero  che 
queste  paralisi  fossero  dovute  a  una  sostanza  solubile  tossica  per  il  sistema 
nervoso  e  contenuta  nelle  culture,  cioè  ad  una  tubercolina. 

Nel  1893  abbiamo  i  lavori  di  Bourges,  di  Stcherback  e  di  Vincent. 
Il  primo  di  questi  autori  inoculò  in  un  coniglio  (nella  quantità  di  1  ce.  nel 
tessuto  cellulare  sotto-cutaneo  e  di  1  ce.  nella  vena  marginale  dell'orecchio) 
una  cultura  di  eresipelococco.  Due  giorni  dopo  ebbe  paralisi  e  cinque  giorni 
dopo  paraplegia  posteriore  completa,  diarrea,  paralisi  degli  sfinteri  e  dimagra- 
mento rapido.  L' animale  mori  al  15"  giorno  con  escara  alla  regione  glutea 
destra.  Il  midollo  fu  studiato  su  frammenti  dissociati  e  colorati  col  picro- car- 
minato di  ammonio.  Quasi  tutte  le  cellule  delle  corna  anteriori  della  sostanza 
grigia  apparivano  rinfrangenti  e  vacuolizzate,  arrotondate,  senza  prolungamenti, 
coi  nuclei  mal  colorati.  Le  cellule  delle  corna  posteriori  sembravano  dimi- 
nuite di  numero,  ciò  che  del  resto  accadeva  anche  per  le  cellule  delle  corna 
anteriori,  spesso  vacuolizzate  e  mal  colorabili.  La  sostanza  bianca  era  quasi 
intatta  in  ogni  parte  del  midollo,  salvo  qualche  cilindrasse  ipertrofico*  e  di 
aspetto  vitreo  disseminato  qua  e  là.  Le  cellule  di  nevroglia  erano  frequente- 
mente vacuolizzate  e  la  disposizione  fibrillare  della  glia  meno  appariscente  che 
in  condizioni  ordinarie.  In  alcuni  punti  come,  per  esempio,  in  corrispondenza 
del  midollo  dorsale  e  del  rigonfiamento  lombare,  la  sostanza  bianca  era  infil- 
trata di  corpi  amilacei. 

Esistevano  delle  lesioni  vascolari  manifeste  sopratutto  nella  regione  dor- 
sale, ma  sempre  poco  importanti.  Nella  sostanza  grigia  gli  orifizi  dei  vasi  san- 
guigni erano  spesso  obliterati  da  blocchi  giallastri,  rifrangenti.  Qua  e  là  esi- 
stevano piccole  emorragie.  Le  radici  anteriori  e  posteriori  erano  normali 
salvo  a  livello  del  rigonfiamento  lombare  ove  i  cilindrassi  delle  radici  ante- 
riori erano  rigonfi,  granulosi  e  mal  colorati.  Queste  alterazioni  si  verificavano 
esclusivamente  in  quei  tratti  in  cui  le  radici  costeggiano  i  gangli  rachidei. 
La  maggior  parte  delle  cellule  dei  gangli  spinali  erano  vacuolizzate.  Intatti  i 
nervi  periferici. 

Stcherback  fece  iniezioni  di  culture  di  b.  di  Loeffler,  e  di  tossine, 
ottenute  per  filtrazione,  in  conigli  e  cavie  producendo  fenomeni  paralitici  a 
carico  degli  arti  e  molteplici  lesioni  anatomiche  che  si  possono  compendiare 
cosi:  emorragie  meningee,  poliomielite,  degenerazioni  radicolari,  neuriti,  lesioni 
parenchimalose  e  interstiziali   nei   muscoli.   L'A.  ripone   la   parte    principale 


A  proposito  di  alcune  mkliti  infettive  sperimentali  245 

del  processo  anatomo-patologico  nei  nervi  periferici  e  considera  come  secon- 
darie le  lesioni  del  midollo. 

Vincent,  inoculando  nella  vena  marginale  dell'orecchio  di  un  conìglio 
un  miscuglio  di  3i4  ce.  dì  cultura  di  b.  di  Eberth  e  1(3  ce.  di  quella  di 
un  bacillo  indeterminato  (dolienenteria),  vide  svilupparsi  in  quest'animale  una 
specie  di  paralisi  ascendente  acuta,  che  cominciò  12  giorni  dopo  l'iniezione, 
quando  l'animale  pareva  già  ristabilito  dai  sintomi  generali  di  malattia  (diarrea, 
anoressia,  dimagramento).  La  paralisi  iniziò  dal  treno  posteriore  ed  era  accom- 
pagnala da  un'amiotrofia  che  andò  estendendosi  al  tronco  e  poi  al  treno  ante- 
riore. Anche  la  sensibilità  sembrava  attutita.  Negli  ultimi  giorni  comparve 
incontinenza  degli  sfinteri.  Non  si  videro  mai  scosse  fibrillari  nei  muscoli 
atrofici.  L'animale  mori  ìi  giorni  dopo  l'inoculazione  delle  culture  microbiche. 

Il  midollo  spinale  dell'animale  non  presentava  niente  di  abnorme  all'esame 
macroscopico  salvo  un  certo  grado  di  rammollimento  a  livello  del  midollo 
lombare.  Con  l'esame  microscopico  si  vedeva  in  questa  regione  una  scomparsa 
quasi  completa  delle  cellule  delle  corna  anteriori  della  sostanza  grigia  e  so- 
prattutto di  quelle  del  gruppo  antero-interno.  Le  cellule  delle  corna  posteriori 
erano  meno  colpite.  Al  posto  delle  cellule  non  si  vedevano  che  degli  spazi 
vuoti  arrotondati  od  ovali,  gli  uni  incolori,  gli  altri  ti-nti  in  rosa  chiaro 
dal  carminio.  I  cilindrassi  della  sostanza  bianca  erano  qua  e  là  alterati  ;«  si 
presentavano  più  o  meno  tumefatti  e  pallidi.  Alcune  guaine  mieliniche  erano 
mote,  altre  allargate.  Con  la  colorazione  all'ematossilina  si  notava  che  la 
nevroglia  era  aumentata  nella  sostanza  grigia.  L'endotelio  dei  capillari  era 
natevole  per  ricchezza  insolita  di  nuclei.  I  vasi  erano  un  po'  dilatati  e  pre- 
sentavano qualche  rottura.  Le  radici  apparivano  quasi  normali:  poche  fibre  si 
coloravano  male  col  picro-carminio;  qualcuna  sembrava  atrofica  o  vuota.  Nei 
gangli  spinali  si  osservava  qualche  fenomeno  di  irritazione,  ma  nessuna  lesione 
cellulare.  Nel  midollo  facevano  oompletamente  difetto  le  cellule  granulose. 
Anche  i  nervi  periferici  avevano  qualche  alterazione. 

Babinski,  Dessy,  Enriquez  e  Hallion,  Thoinot  e  Masselin  pubbli- 
carono nel  1894  altri  interessantissimi  lavori  sulla  mielite  sperimentale. 

Babinski  fece  in  alcuni  conigli  delle  iniezioni  di  tossina  difterica  ed 
ottenne  in  due  dì  essi  delle  paralisi,  ma  non  potè  scoprire  nessuna  lesione 
sia  nei  nervi  che  nel  midollo  spinale. 

Dessy  ricorse  a  un  nuovo  metodo  di  esperimento.  Introdusse  nell'ad- 
dome dì  cavie  dei  tubi  filtranti  formati  da  pezzi  di  candela  di  Kilasato  con- 
tenenti gli  uni  culture  pure  di  b.  di  Koch,  gli  altri  b.  di  Koch  mescolati 
a  streptococchi  e  vide  svilupparsi  negli  animali  cosi  trattati  una  paralisi  mo- 
trice completa  degli  arti  posteriori  con  atrofia  muscolare.  All'autopsia  trovò 
meningite  tubercolare  cronica  difTusa  con  numerosi  tubercoli  nella  sostanza 
grigia  del  midollo  (tubercolosi  nodulare  del  midollo,  analoga  a  quella  descritta 
da  Baymond  e  Hascovec).  Le  altre  lesioni  consistevano  in  atrofia  cellulare 
con  difetto  di  cromatina;  distruzione  quasi  completa  dei  nuclei;  emorragie 
puntiformi  sopratutto  nelle  corna  anteriori;  atrofia  muscolare.  I  nervi  erano  illesi. 


246  G.  Catòla 


Enriquez  e  Hallìon  provocarono  mieliti  sperimentali  con  tossine  dif- 
teriche iniettate  sotto  la  pelle.  Clinicamente  ottennero  delle  paralisi  ed  ana- 
tomicamente delle  lesioni  del  midollo  spinale  rappresentate  da  focolai  mieli- 
tici,  congestione,  emorragie  e  rare  alterazioni  vascolari.  Le  emorragie,  poco 
estese,  erano  localizzate  quasi  esclusivamente  nella  sostanza  grigia,  mentre  i 
focolai  mielitici  risiedevano  prevalentemente  nella  sostanza  bianca  del  cordone 
anteriore  e  del  cordone  laterale.  A  forte  ingrandimento  constatarono  :  prolife- 
razione di  glia;  fibre  mieliniche  a  differenti  gradi  di  distruzione;  figure  con 
l'apparenza  di  cellule  nucleate  ma  che  probabilmente  erano  dei  corpi  granu- 
losi; capillari  dilatati  in  gran  numero.  I  focolai  mielitici  variavano  assai  nella 
loro  grandezza  ed  erano  disseminati  senz'ordine.  Il  più  importante  aveva  circa 
16  millimetri  d'estensione.  Nessuna  lesione  meningea.  Le  radici  spinali  pre- 
sentavano segni  manifesti  di  alterazione. 

Thoinot  e  Masselin,  che  già  net  1891  erano  riusciti  a  provocare  una  pa- 
raplegia posteriore  in  un  coniglio  iniettandogli  nella  vena  marginale  dell'orec- 
chio, una  goccia  di  cultura  virulenta  di  bacteriurn  coli,  ripresero  nel  1894  le 
loro  ricerche  estendendole  ad  un  gran  numero  di  conigli.  Ne  iniettarono  43 
servendosi  del  b,  coli  comune:  11  di  essi  furono  inoculati  col  residuo  bacil- 
lare della  filtrazione  di  cultura;  3  ricevettero  il  residuo  di  filtrazione  lavato 
lei^tamenté  con  acqua  distillata;  gli  altri  furono  tutti  inoculati  con  Ì{i-Ì2 
gocce  di  una  cultura  di  3  giorni.  Nove  conigli  morirono  per  infezione  gene- 
rale acuta,  34  divennero  paralitici  e  spesso  amiotrofici.  Frequente  fu  l'inizio 
con  una  monoparaplegia  posteriore.  In  parecchi  casi  la  paralisi  si  localizzò 
prevalentemente  da  un  lato  soltanto.  Non  rara  la  diffusione  della  paralisi  a^li 
arti  anteriori  che  in  generale  venivano  ad  esser  colpiti  poco  tempo  avanti  la 
morte  dell'animale.  Quasi  tutti  presentarono  diarrea,  dimagramento  enorme  e 
talora  iscuria  :  21  di  questi  conigli  morirono;  8  soli  guarii'ono.  La  paraplegia 
posteriore  amiotrofìca,  una  volta  stabilita,  durò  nei  21  casi  mortali  da  2  a  52 
giorni.  La  guarigione  fu  sempre  una  guarigione  senza  difetto.  L'esame  istolo- 
gico del  sistema  nervoso  di  questi  animali  fu  fatto  da  GombauU.  Le  radici 
e  i  nervi  periferici  si  mostrarono  sempre  intatti.  Invece  i  midolli  presentarono 
sempre  delle  alterazioni  differenti  tra  loro  solo  per  la  loro  intensità.  Lesioni 
cellulari:  a)  cellule  vacuolizzate ;  6)  cellule  vitree  con  protoplasma  refran- 
gente ed  omogeneo  e  nucleo  indistinto;  e)  cellule  arrotondate,  rigonfie  con 
protoplasma  a  granulazioni  sparse  con  nucleo  ora  visibile  ed  ora  no.  I  pro- 
lungamenti delle  cellule  sembravano  divenuti  enormemente  fragili.  Anche  le 
cellule  di  nevroglia  erano  colpite  da  degenerazione  vacuolare.  In  nessun  punto 
del  midollo  si  ebbe  a  constatare  accumolo  di  cellule  emigrate,  uè  prolifera- 
zione di  elementi  fissi. 

La  parete  dei  vasi  midollari  era  normale.  Solo  eccezionalmente  la  sostanza 
grigia  si  presentava  congesta.  Abitualmente  invece  il  reticolo  capillare  era 
meno  apparente  che  d'ordinario  e  il  calibro  dei  vasi  piuttosto  ristretto:  ec- 
cezionali i  piccoli  focolai  emorragici  perìvascolari.  Quantunque  non  costanti 
si  osservarono  anche  lesioni  anatomiche  della  sostanza    bianca.   I    cilindrassi 


A  proposito  di  alcwie  mieliti  infettive  sperimentali  "ìil 

di  alcune  fibre  presentavano  slato  inonilìforme  e  vacuoli.  Sulle  sezioni  tra- 
sverse colorate  col  carminio  il  cilindrasse  rigonfio  appariva  come  un  disco  o 
molto  pallido  o  più  intensamente  colorato  che  d'ordinario.  In  altre  fibre  il 
cilindrasse  assumeva  un  aspetto  moriforme  o  si  presentava  scavato  nel  centro 
da  una  lacuna  circondata  da  una  sostanza  omogenea  o  granulosa  colorata  in 
rosa  od  in  rosso  dal  carminio.  In  un  gran  numero  di  fibre  la  guaina  mieli- 
nica  era  cosi  modificata  da  non  presentar  più  separazione  distinta  dal  cilin- 
drasse. Non  riscontrarono  mai  corpi  granulosi.  I  nervi  e  i  muscoli  furono 
trovati  sempre  illesi. 

I  due  autori  studiarono  anche  la  relazione  che  può  intercedere  tra  la 
gravità  della  malattia  e  la  sostanza  inoculata  iniettando,  come  si  è  veduto^ 
ora  la  cultura  tale  quale,  ora  il  residuo  bacillare  della  filtrazione,  ora  questo 
slesso  residuo  accuratamente  lavato.  Nei  primi  due  casi  non  constatarono  nes- 
suna differenza.  Invece  gli  animali  iniettati  col  residuo  lavato  e  privato  per- 
ciò dalle  tossine,  divennero  paralitici  ma  guarirono. 

Nel  1895  gli  autori  che  si  occuparono  delle  mieliti  sperimentali  furono 
I  seguenti:  Ballet  e  Lebon,  Bianchi-Mariotti,  Bouchard,  Crocq  (fils), 
Enriquez  e  Hallion,  Mayet,  Masse  (de  Toulouse),  Moret  e  Rispai, 
Roger,  Sabrazès  e  Mongour,  Vaillard,  Widal  e  Bezancon. 

Ballet  e  Lebon  furono  i  primi  ad  impiegare  in  queste  ricerche  lo  pneu- 
mococco.  Iniettando  culture  virulente  di  questo  microrganismo  in  cavie  e  co- 
nigli ottennero  paraplegie  più  o  meno  complete  del  treno  posteriore.  All'esarne 
anatomico  videro  enormi  dilatazioni  vascolari,  emoiragic  e  lesioni  parenchi- 
matose  nella  sostanza  grigia.  Le  alterazioni  delle  cellule  quantunque  non  gravi 
erano  pur  sempre  riconoscibili  col  metodo  di  Nissl. 

Adoprando,  invece  dello  pneumococco,  lo  stafilococco  piogeno  aureo,  otten- 
nero manifestazioni  sintomatiche  e  lesioni  analoghe  a  quelle  sopra  descritte. 
Di  12  conigli  cosi  inoculati  4  soli  presentarono  fatti  di  paralisi,  uno  a  forma 
di  paralisi  ascendente,  uno  a  forma   emiplegìca   e   due  a   forma   paraplegica. 

Bianchi-Mariotti  avrebbe  riprodotto  nel  coniglio  il  quadro  clinico  ed 
anatomico  della  poliomielite  acuta  iniettandogli  tossina  tifica. 

La  poliomielite  fu  ottenuta  anche  da  Enriquez  e  Hallion  con  l'inocu- 
lazione di  tossina  difterica.  Infatti  mentre  in  alcuni  casi  questi  due  AA.  non 
provocarono  che  una  mielite  diff'usa,  in  una  scimmia  riuscirono  invece  a  ri- 
produrre una  poliomielite  acuta  mediante  due  iniezioni  sottocutanee  di  cul- 
tura in  brodo  filtrata  nella  quantità  l'una  di  3  ce.  e  l'altra  di  i  ce.  Clinica- 
mente ottennero  una  paresi  amiolrofica  localizzata  principalmente  agli  arti 
posteriori.  L'animale  mori  circa  10  mesi  dopo  l'inoculazione. 

L'esame  istologico  dimostrò  che  le  regioni  lombare  e  sacrale  erano  col- 
pite da  poliomielite  più  accentuata  nelle  corna  anteriori  che  in  quelle  poste- 
riori e  disegualmente  ripartita  nelle  due  metà  del  midollo.  1  vasi  non  erano 
né  ispessiti  né  infiltrati. 

Crocq  (fils)  con  iniezioni  sottocutanee  di  culture  vecchie  (4  mesi)  di 
difterite,  sterilizzate  o  no,  provocò  nel  coniglio,  nei  casi  in  cui  l'animale  so- 


248  G.  Catòla 


pravvisse  un  tempo  sufficientemente  lungo,  un  indebolimento  degli  arti  poste- 
riori che  andava  poi  aggravandosi  ed  estendendosi  anche  agli  arti  anteriori. 
La  sensibilità  in  generale  non  veniva  compromessa.  Le  lesioni  istologiche  con- 
sistevano in  tumefazione  delle  cellule  con  perdita  dei  prolungamenti  proto- 
plasmatici,  scomparsa  dei  nuclei,  proliferazione  enorme  delle  cellule  ependimali. 
Raramente  riscontrò  fatti  di  mielite  acuta.  Le  lesioni  midollari  nel  coniglio 
precedevano  sempre  le  lesioni  dei  nervi  periferici.  Crocq  pensa  che  le  para- 
lisi generalizzate  nell'uomo  (non  quelle  localizzate  all'apparecchio  bucco  -  fa- 
ringe -  laringeo)  siano  d'origine  midollare. 

Sabrazès  e  Mongour  inocularono  a  un  coniglio  una  cultura  dì  strepto- 
cocco estratto  dal  fegato  di  un  malato  affetto  da  ittero  infettivo  benigno.  La 
iniezione  fu  fatta  nella  vena  marginale  dell'orecchio  e  fu  seguita  dopo  pochi 
giorni  da  una  paraplegia  amiotròfica  anteriore  che  si  estese  in  breve  agli  arti 
posteriori.  Si  ebbero  pure  dei  disturbi  sensitivi.  L'animale  mori  12  giorni 
dopo  l'iniezione  con  230  gr.  in  meno  di  peso.  All'esame  anatomico  si  rico- 
nobbe l'esistenza  di  una  mielite  degenerativa  diffusa  subacuta  localizzata  so- 
pratutto alle  cellule  delle  corna  anteriori  ed  un  po' anche  alle  cellule  delle 
corna  posteriori  e  dei  gangli  spinali.  La  sostanza  bianca,  le  radici  spinali,  ì 
nervi  periferici  non  mostravano  nessuna  alterazione.  Non  esisteva  alcun  mi- 
crorganismo nei  midollo. 

Roger  con  iniezioni  d'eresipelococchi  nel  coniglio  ottenne  lesioni  cellu- 
lari nel  midollo  (degenerazione  vacuolare  o  vitrea;  scomparsa  dei  nuclei)  e 
lesioni  vascolari  rappresentate  da  dilatazione  e  da  piccole  emorragie. 

Mayel  provocò  una  paraplegia  flaccida  e  deformazione  della  colonna  ver- 
tebrale in  un  topo  con  l'iniezione  dì  liquido  canceroso  non  sterilizzato.  L'au- 
topsia rivelò  l'esistenza  di  una  meningo-mielite.  In  un  coniglio  fece  invece 
una  iniezione  intravenosa  di  succo  sterilizzato  di  un  carcinoma  del  seno,  pro- 
vocandovi una  paraplegia  completa  senza  corrispondenti  lesioni  midollari.  Un 
altro  coniglio  inoculato  con  liquido  proveniente  dalla  macerazione  di  un  sar- 
coma osseo  ebbe  una  paraplegia  spastica  di  cui  guari  parzialmente. 

Moret  e  Rispai  ottennero  paralisi  di  orìgine  midollare  con  l'iniezione 
di  streptococco  piogeno  nella  vena  marginale  dell'orecchio  di  conigli.  Ammet- 
tono con  iManfredi  e  Traversa,  Vaillard  e  Vincent,  Bourg  etc.  che 
le  alterazioni  midollari  siano  di  natura  tossica.  Ritrovarono  in  un  caso  lo 
streptococco  nel  midollo  e  ritennero  che  lo  streptococco  può  colonizzare  e 
pullulare  nei  vasi  sanguigni  del  midollo  e  nel  canale  ependimario. 

Vaillard  nel  suo  rapporto  sulle  mieliti  infettive  al  congresso  di  Bor- 
deaux (1895)  dice  che  le  lesioni  si  concentrano  in  maniera  preponderante, 
se  non  esclusiva,  sulle  cellule  gangliari  del  midollo  e  specialmente  sulle  grandi 
cellule  delle  corna  anteriori.  La  sostanza  bianca  è  spesso,  ma  non  sempre, 
colpita;  la  nevroglia  generalmente  intatta;  i  vasi  tutt'al  più  iperemici,  ma 
con  parete  integra. 

Masse  di  Tolosa  in  un  caso  di  mielite  sperimentale  trovò  dopo  6  giorni 
microrganismi  nei  vasi  e  nel  canale  centrale  del  midollo. 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  249 

Thoinot  e  ì^asselin  trovarono  virulento  il  midollo  non  solo  negli  ani- 
mali morti  in  seguito  ad  infezione  subacuta  ma  anche  in  quelli  che  divennero 
paralitici  a  un'epoca  mollo  distante  dalle  inoculazioni.  Il  bacterium  coli  e  lo 
stafilococco,  che  essi  iniettavano,  persistevano  nel  midollo  anche  quando  erano 
scomparsi  da  tutti  gli  altri  organi.  Il  midollo  lombare  e  il  dorsale  restavano 
virulenti  un  tempo  più  lungo  degli  altri  segmenti. 

Nel  1896  vennero  pubblicate  le  ricerche  di  Claude,  Homén  e  Lebon. 
Claude  iniettò  culture  filtrate  di  streptococco  e  stafilococco  direttamente 
nel  midollo  di  2  cavie.  Nella  prima  si  manifestò  una  paresi  spastica  delle 
estremità  posteriori  che  si  trasformò  poi  in  letraplegia;  nella  seconda  una  pa- 
raplegia posteriore  semplice.  Come  reperto  midollare  constatò:  piccole  emor- 
ragie, dilatazione  vascolare,  proliferazione  di  leucociti  e  di  cellule  di  glia, 
lesioni  delle  cellule  gangliari  nella  sostanza  grigia.  I  piccoli  vasi  mostravano 
segni  evidenti  di  flogosi  fino  alla  trombosi.  La  sostanza  bianca  ed  i  nervi  pe- 
riferici erano  risparmiati. 

Anche  Homén  fece  iniezioni  midollari  dirette  di  streptococco  e  di  re- 
spettive  tossine  nei  conigli.  Tanto  negli  animali  iniettati  con  batteri  quanto 
in  quelli  iniettati  con  tossine  riscontrò  all'esame  anatomico  le  seguenti  alte- 
razioni: iperemia  meningea  e  midollare,  piccole  emorragie,  piccoli  accumuli 
di  leucociti,  piccoli  focolai  di  fibre  nervose  alterate  principalmente  verso  la 
periferia  del  midollo,  lesioni  delle  cellule  gangliari  fino  a  distruzione  com- 
pleta. Trovarono  sempre  streptococchi  nelle  meningi,  nelle  radici  posteriori  e 
nel  midollo  che  scomparivano  se  l'animale  sopravviveva  al  di  là  del  decimo 
giorno. 

Lebon  dedicò  la  sua  tesi  di  dottorato  allo  studio  delle  mieliti  sperimen- 
tali utilizzando  lo  pneumococco,  lo  stafilococco  ed  il  bacillo  tifico  come  agenti 
infettivi;  il  coniglio  e  la  cavia  come  animali  di  esperimento.  Una  prima  cavia 
inoculata  con  lo  pneumococco  divenne  paraplegica  all'ottavo  giorno  terminando 
con  la  morte  al  decimo.  All'autopsia  esisteva  intensa  congestione  del  midollo 
spinale  e  anche  i  vasi  piali  erano  molto  dilatati.  A  livello  della  regione  dorso- 
lombare  il  midollo  era  reso  come  difHuente  da  un'esteso  focolaio  mielilico.  Le 
sezioni  furono  colorate  col  bleu  di  metilene (Nissl)  e  con  la  dalia.  Quasi  tutte 
le  cellule  del  midollo  si  presentavano  vacuolizzate.  I  prolungamenti  ne  erano 
scomparsi,  i  contorni  vaghi,  i  nuclei  poco  visibili  o  rappresentati  dal  solo  nu- 
cleolo. Le  zolle  cromatiche  erano  disperse  senz'ordine  nell'interno  della  cel- 
lula e  ridotte  in  piccoli  grani. 

Di  parecchi  conigli  inoculati  con  lo  pneumococco  uno  solo  divenne  para- 
litico poiché  questo  animale,  che  è  mollo  sensibile  allo  pneumococco,  in  genere 
non  sopravvive  all'  infezione  che  brevissimo  tempo.  Trovò'le  solite  lesioni  delle 
cellule  gangliari  con  congestione  della  sostanza  grigia  e  piccole  emorragie  dis- 
seminate. Mancavano  lesioni  della  parete  dei  vasi  e  infiltrazioni  perivasali.  La 
sostanza  bianca,  i  gangli  spinali,  le  radici  si  presentavano  intatti.  Con  lo  sta- 
filococco non  riusci  mai  ad  ottenere  fenomeni  paralitici  nelle  cavie.  Ne  ot- 
tenne invece  su  4  conigli  insieme  agli  altri  sintomi  già  descritti  quali:  il  dima- 


250  G.  Catòla 


j^rimento,  Talrofia  muscolare,  la  diarrea,  i  disturbi  sfinter\pi  eie.  In  uno  di 
questi  la  paraplegia  si  manifestò  sette  giorni  dopo  l' inoculazione  e  la  morte 
all'undicesimo  giorno;  nel  secondo  la  paraplegia  insorse  al  nono  giornee  la 
morte  al  quindicesimo.  L'A.  fissò  i  frammenti  di  midollo  di  questi  due  animali  in 
alcool  e  liquido  di  MQller  colorando  poi  anche  col  metodo  di  Nissl  e  trovò 
le  stesse  alterazioni  che  nelle  mieliti  da  pneumococco.  Nel  terzo  coniglio  la 
paralisi  iniziò  dal  treno  posteriore  al  nono  giorno  e  poi  si  diffuse  alle  estre- 
mità anteriori.  Morì  al  diciannovesimo  giorno  ed  all'autopsia,  oltre  le  solite 
lesioni,  si  notarono  anche  alcuni  cilindrassi  della  sostanza  bianca  ipertrofici, 
colorati  in  rosso  vivo.  Nel  quarto  la  paralisi  cominciò  all'undecìmo  giorno  a 
forma  unilaterale  e  la  morte  avvenne  al  trentunesimo  giorno.  All'autopsia  fu 
trovalo  un  piccolo  focolaio  di  rammollimento  a  livello  della  regione  lombare. 
Gli  elementi  nervosi  vi  apparivano  dissociati,  molto  congesti,  con  pareli  molto 
alterate,  ispessite,  infiltrate  di  cellule  embrionali  e  qua  e  là  rotte  da  piccoli 
focolai  emorragici.  I  corpi  granulosi  vi  si  vedevano  abbondantissimi. 

Nelle  cavie  l'iniezione  intraperitoneale  di  culture  di  b.  di  Eberth  portò 
all'esito  letale  in  12-24  ore  senza  nessun  fenomeno  nervoso  e  senza  alterazioni 
istologiche  dei  centri  nervosi. 

Sopra  60  conigli  uno  solo  ebbe  fenomeni  paralitici  con  l'iniezione  di 
1  ce.  di  cultura  in  brodo  di  due  giorni;  in  esso  il  periodo  preparalilico  durò 
21  giorno;  il  paralitico  il.  All'autopsia  esistevano  lesioni  del  midollo  lom- 
bare. Le  cellule  delle  corna  anteriori  erano  globose,  con  contorno  irregolare, 
vacuolizzate,  con  spazi  pericellulari  più  marcati  che  d'ordinario.  I  vasi  non 
erano  abnormemente  ripieni;  le  radici  non  erano  lese  ed  intorno  ai  gangli 
rachidei  esisteva  leggera  infiltrazione  parvicellulare.  Marcate  invece  si  presen- 
tavano le  lesioni  dei  nervi  periferici. 

Lebon  non  ritiene  improbabile  che  le  cosi  delle  mieliti  post-infettive 
siano  dovute  ad  infezioni  secondarie.  Ricorda  che  Ausset,  avendo  inoculato 
un  coniglio  con  sangue  estratto  poco  prima  della  morte  da  una  donna  affetta 
dì  febbre  puerperale,  vide  manifestarsi  in  detto  animale  una  paraplegia  flac- 
cida; ma  fsicendo  culture  col  tessuto  midollare  non  ottenne  che  il  b.  eoli  in 
cultura  pura.  Aggiunge  che  anche  le  mieliti  blenorragiche  non  sono  dovute 
forse  al  gonococco  ma  ad  agenti  infettivi  secondari  :  cosi  pure  le  mieliti  grip- 
pali. Secondo  lui  i  microbi  inoculati  agli  animali  possono  arrivare  al  midollo  sia 
attraverso  i  vasi  linfatici  sia  attraverso  i  vasi  sanguigni.  Possono  impianlarvisi 
e  colonnizzarvi.  La  tossina  microbica  può  da  sola  produrre  le  stesse  lesioni 
midollari  con  la  sinlomalomogia  corrispondente. 

Pubblicarono  nel  1897  memorie  sulla  mielite  sperimentale  i  seguenti  au- 
tori: Ballel,  BalleH  e  Lebon,  Gharrin  e  Glande,  Glande,  Hochhaus, 
Remlinger. 

Ballel  dice  di  aver 'riprodotto  in  un  coniglio,  con  l'iniezione  di  stafilo- 
cocco, delle  alterazioni  analoghe  a  quelle  della  poliomielite.  L'animale  che 
divenne  paralitico  al  ventesimo  giorno  dopo  l' inoculazione  prima  all'arto  po- 
steriore sinistro  e  poi  anche  all'arto  anteriore  dello  stesso  lato  e  nei  muscoli 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  451 

del  collo,  mori  11  giorni  dopo  l'inizio  dei  fenomeni  paralitici.  Alla  sezione  si 
trovò  un  focolaio  mielilico  nel  corno  anteriore  sinistro  delh  sostanza  grigia 
del  midollo  lombare  che  invadeva  anche  il  cordone  anteriore  fino  alla  peri- 
feria del  midollo.  Wickmann  (1905)  ritiene  che  si  trattasse  di  un  focolaio 
di  rammollimento  giacché  dalla  descrizione  risulta  che  gli  elementi  nervosi 
erano  dissociati  e  la  nevroglia  proliferata  e  che  vi  si  trovavano  numerose 
infiltrazioni  perivascolari. 

Charrin  e  Claude  iniettarono  in  conigli  culture  filtrate  di  piocianeo  (28  ce. 
in  2  mesi)  ottenendo  paralisi  ed  atrofie  muscolari.  Nella  sostanza  grigia  del 
midollo  lombare  rinvennero  focolai  di  rammollimento  ed  emorragie.  I  due  au- 
tori ritengono  che  le  lesioni  riscontrale  abbiano  per  base  un  duplice  mecca- 
nismo: l'azione  diretta  delle  tossine  sul  tessuto  nervoso  e  l'arterite  trombo- 
tica. Pongono  il  loro  reperto  in  parallelo  con  le  lesioni  della  poliomielite 
acuta  e  subacuta. 

Nelle  sue  lezioni  di  clinica  medica  Rallet  riporta  i  resultati  ottenuti 
insieme  a  Lebon  iniettando  a  dei  conigli  lo  pneumococco  e  dà  la  seguente 
descrizione  delle  alterazioni  anatomiche  del  midollo.  La  mielite  è  localizzata 
in  particolar  modo  in  corrispondenza  dei  rigonfiamenti  e  sopratutto  in  quello 
lombare.  La  sostanza  bianca  è  generalmente  poco  lesa  ;  molto  più  gravemente 
è  invece  colpita  la  sostanza  grigia.  Le  lesioni  consistono:  per  i  vasi  in  dila- 
tazione ed  emorragie,  mentre  la  trombosi  e  la  infiltrazione  delle  loro  pareti 
appartengono  alle  rarità;  per  il  parenchima  in  lesioni  cellulari  (atrofia,  va- 
cuolizzazione, aspetto  vitreo,  cromatolisi  etc).  Per  lo  più  queste  lesioni  sono 
dilTuse  ma  si  possono  mostrare  anche  localizzate  in  punti  determinati.  Secondo 
fiallet  le  alterazioni  sopra  descritte  somigliano  completamente  a  quelle  della 
poliomielite  acuta  infantile. 

Quest'autore  ritiene  che  i  microi'ganismi  possano  fissarsi  nel  midollo 
agendo  sugli  elementi  nervosi  con  le  loro  tossine,  ma  non  esclude  che  possano 
anche  risiedere  in  un  altro  organo  qualsiasi  e  che  le  tossine  arrivino  al  midollo 
per  via  ematogena. 

Remlinger  riprodusse  il  quadro  della  paralisi  ascendente  in  un  coniglio 
iniettandogli  nelle  vene  degli  streptococchi  estratti  dal  pus  di  un  ascesso  di  un 
indivìduo  affetto  da  setticemia.  Il  quadro  sintomatico  fu  quello  di  una  paralisi 
ascendente  acuta  che  terminò  con  paralisi  respiratoria  al  quinto  giorno.  Dal  mi- 
dollo dell'animale  fece  culture  che  dettero  lo  stesso  cocco  che  aveva  iniettato. 
L'esame  anatomico  mostrò  solo  iperemia  della  sostanza  grigia  senza  emorragie. 
Le  ricerche  di  Hochhaus  furono  dirette  a  riprodurre  sperimentalmente 
le  mieliti  mediante  un  intenso  raffreddamento  della  regione  rachidea  :  ottenne 
nel  midollo  sopratutto  dei  fatti  necrotici. 

Luisada,  Pacchioni  e  Murawjefi",  fecero  nel  1898  altre  pubblicazioni 
sia  sulle  lesioni  del  sistema  nervoso  centrale,  comprese  le  lesioni  midollari, 
sia  su  quelle  dei  nervi  periferici  in  seguito  ad  infeifioni  sperimentali. 

Luisada  e  Pacchioni  scelsero  le  applicazioni  dirette  di  tossina  difte- 
rica sul  sistema  nervoso  centrale,  constatando  che  nel  midollo  essa  si  propaga 


252  G,  Catòla 


rapidamente  a  tutto  lo  spessore  delP organo  e  per  tutta  la  sua  altezza  prefe- 
rendo come  vìa  di  trasmissione  i  cordoni  posteriori,  la  sostanza  grigia  ed  il 
canale  centrale.  La  lesione  dei  fasci  di  sostanza  bianca  aveva  i  caratteri  di 
una  lesione  primitiva  e  la  lesione  delle  libre  nervose  era  più  grave  di  quella 
degli  altri  elementi.  Dei  vasi  non  vi  è  parola. 

MurawjefT  fece  diverse  serie  di  esperienze  e  riscontrò  che  la  tossina 
difterica  e  le  sue  antitossine  a  forti  dosi  producono  identiche  lesioni  nervose 
mentre  che  l'iniezione  contemporanea  dì  tossina  e  antitossina  lascia  il  sistema 
nervoso  quasi  intatto. 

In  altre  ricerche  vide  che  tossina  difterica  e  streptococcica  esercitano 
sul  sistema  nervoso  un'azione  antagonista.  La  prima  lede  dapprima  le  cellule 
gangliari  anteriori,  la  seconda  la  sostanza  midollare  bianca. 

Nel  1899  Hoche  pubblicò  un  nuovo  importantissimo  lavoro  su  questo 
argomento,  valendosi  sopratulto  dell'iniezione  intraortica  dei  microrganismi 
patogeni  seguendo  il  metodo  di  Lamy  (iniezione  aortica  attraverso  l'arteria 
crurale  mediante  una  sottilissima  sonda). 

Hoche  cominciò  a  fare  delle  iniezioni  di  microrganismi  patogeni  nella 
carotide  di  conigli  e  di  cani  spingendole  verso  il  cuore  (stafilococco  piogeno 
aureo,  pneumococco  di  Fraenkel),  ma  non  ottenne  nessun  resultato  in  rapporto 
alla  mielite.  Allora  applicò  il  metodo  di  Lamy.  I  microrganismi  impiegati 
furono  lo  pneumococco  di  Fraenkel,  lo  stafilococco  piogeno  aureo,  il  ba^te- 
rium  coli.  Resultati: 

N.  2  esperienze  col  microrganismo  di  Fraenkel:  negative. 

N.  4  esperienze  con  lo  stafilococco  su  cani.  Iniezione  lombare  attraverso 
l'arteria  crurale  di  3-5  ce.  di  cultura  in  brodo  con  l'aggiunta  di  una  piccola 
quantità  di  amido  di  mais  sterile  o  di  licopodio. 

N.  0  esperienze  col  bacterium  coli  su  cani  con  la  stessa  tecnica. 

N.  5  esperienze,  a  scopo  di  comparazione,  con  l'iniezione  di  qualche  ce. 
di  emulsione  di  olio  di  croton  secondo  la  formula  seguente:  olio  di  croton 
0,25,  olio  di  ricino  5,0,  gomma  arabica  q.  b.,  acqua  distillata  e.  50. 

N.  4  esperienze  con  l'iniezione  nell'aorta  lombare  di  una  polvere  inerte 
allo  scopo  di  determinare  delle  embolie  ed  iniezioni  sotto-cutanee  di  micror- 
ganismi patogeni.  Due  di  queste  ultime  esperienze  furono  fatte  col  coli  bacillo 
e  due  con  lo  pneumococco  di  Fraenkel. 

Tutte  le  esperienze  dimostrarono  che  i  piccoli  infarti  favoriscono  la  loca- 
lizzazione dei  microrganismi  e  che  la  probabilità  dell'infezione  aumenta  col 
numero  e  colla  estensione  delle  lesioni  midollari  determinate  dalle  embolie.  I 
microrganismi  andrebbero,  cioè,  arrestandosi  nei  punti  meno  resistenti  ciò  che 
del  resto  è  stato  dimostrato  anche  con  altri  artifizi  (raffreddamento,  trauma 
etc.)  da  Hochhaus,  Schmaus,  Kirchgasser. 

L'autore  considera  il  canale  centrale  del  midollo  del  cane  come  una  via 
linfatica  longitudinale  destinata  a  trasportare  e  a  diffondere  i  microrganismi 
come  avevano  sostenuto  Morel,  Rispai,  Homén  e  Babes. 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  253 

Per  lo  studio  istologico  di  questi  midolli  colorò  i  pezzi  con  ematossilina, 
emalossilina-eosina,  v.  Gieson.  Trascurò  lo  studio  delle  alterazioni  cellulari. 

L'A.  parlando  delle  differenze  Ira  le  lesioni  midollari  emboliche  pure  e 
quelle  emboliche  con  in  più  l'azione  concomitante  di  microrganismi  patogeni^ 
fa  notare  che  tanto  nelle  une  come  nelle  altre  esistevano  necrosi  ischemiche 
sia  nella  sostanza  grìgia  che  nella  sostanza  bianca,  alterazioni  vascolari  (stasi, 
rotture)  e  manifestazioni  irritative  in  prossimità  immediata  degli  emboli  incu- 
neati ;  alterazioni  della  sostanza  bianca  (rigonfiamento  del  cilindrasse,  distru- 
zione di  fibre).  Nei  casi  in  cui  furono  impiegati  anche  i  batteri  si  avevano 
manifestazioni  di  lepto-meningite,  frequentissima  infiltrazione  parvicellulare 
dei  piccoli  e  piccolissimi  vasi,  frequenza  di  focolai  più  piccoli  a  cellule  rotonde 
e  di  focolai  più  grandi,  occupanti  talora  una  metà  di  sezione  trasversa  del 
midollo,  formati  da  cellule  rotonde  di  media  grandezza.  Secondo  la  specie 
batterica  adoperata  si  ebbero  differenze  in  questo  che  nell'infezione  da  b.  coli 
si  aveva  meningite,  mentre  nell'infezione  da  stafilococchi  si  ottenevano  piut- 
tosto dei  focolai  disseminati  che  ricordavano  la  formazione  dell'ascesso. 

Coir  iniezione  di  emulsione  di  olio  di  croton  le  alterazioni  midollari  erano 
simili  a  quelle  ottenute  con  l'iniezione  di  microrganismi  infettivi. 

Le  lesioni  dei  vasi  nel  caso  delle  iniezioni  batteriche  si  distìnguevano  da 
quelle  provocate  dagli  emboli  asettici  solo  per  la  loro  estensione  e  per  la  loro 
frequenza:  qua  e  là  in  tutta  la  parete  dei  piccoli  vasi  e,  nei  più  grandi,  solo 
nelle  tuniche  più  esterne,  si  vedevano  elementi  •cellulari  a  forma  rotonda,  el- 
littica 0  fusiforme  che  potevano  circondare  anche  completamente,  a  mo'di 
anello,  i  vasi  slessi. 

Il  metodo  di  Weigert  riuscì  negativo.  Nello  sviluppo  dei  grandi  focolai 
prodotti  con  lo  stafilococco  e  con  l'olio  di  croton  la  nevroglia  prendeva 
una  grande  partecipazione,  non  con  aumento  di  fibre,  ma  sotto  forma  di  una 
ragguardevole  moltiplicazione  degli  elementi  cellulari.  Infatti  le  cellule  costi- 
tuenti questi  focolai  erano  solo  in  piccolo  numero  dei  leucociti  a  nucleo  lobato 
o  multiplo  e  grandi  cellule  cpitelioidi  (di  origine  connettivale);  in  gran 
numero  erano  rappresentate  invece  da  cellule  piccole  e  medie,  rotonde  o  poli- 
gonali, che  per  forma  e  grandezza  somigliavano  alle  cellule  di  nevroglia.  Era 
raro  incontrare  cellule  granulose  nei  primi  giorni:  esse  comparivano  più 
tardi,  all'inizio  del  processo  distruttivo  della  sostanza  nervosa. 

Le  alterazioni  che  si  manifestarono  nel  cane  in  seguito  alle  embolie  mi- 
dollari batteriche  offrivano  una  grande  rassomiglianza  con  quelle  osservale 
nella  mielite  infettiva  umana.  Lo  stesso  si  dica  del  quadro  clinico. 

L'autoie  stabili  anche  che  il  quadro  istologico  dei  focolai  da  stafilococchi 
era  analogo  a  quanto  si  osserva  nei  preparali  di  Furstner  in  un  caso  di 
mielite  acuta  da  pneumococchi. 

Nel  1903  Babonneix  pubblicò  un  nuovo  lavoro  sulle  paralisi  acute  speri- 
iiientali.  Fece  delle  iniezioni  intravenose  e  sottocutanee  di  difterite  ottenendo 
fenomeni  paralitici  2-9  giorni  dopo  le  iniezioni.  In  generale  l'apparizione  delle 


254  G,  Catòla 


paralisi  era  brusca.  Si  trattava  in' generale  di  una  paralisi  eslenso-progressiva, 
iniziante  agli  arti  posteriori  ed  invadente  gradualmente  tronco,  arti  anteriori 
e  collo,  conducente  a  morte  l'animale  per  paralisi  cardiaca  e  respiratoria.  Non 
osservò  mai  reazione  meningea,  ciò  che  concorda  coi  fatti  clinici  recente- 
mente pubblicati  da  Vidal  e  Le  Sourd  (Bull,  de  la  Societé  méd.  des  Hop., 
2  dee.  1902).  Del  resto  è  un  fatto  che  le  paralisi  difteriche  sperimentali  assu- 
mono quasi  sempre  il  tipo  ascendente  come  dimostrano  i  casi  di  Roux  e 
Yersin  (1889),  Martin  (1893),  Escherisch  (1894),  Crocq(1895),  Madsen 
(189G)  etc. 

Le  lesioni  trovate  da  Babonneix  erano  piuttosto  complesse.  In  un  cane 
le  cellule  delle  corna  anteriori  della  sostanza  grigia  presentavano:  rigonfia- 
mento, disintegrazione  molecolare,  cromatolisi,  atrofia  acuta,  alterazioni  nu- 
cleari. Inoltre  più  qua  e  più  là  esistevano  veri  e  propri  focolai  flogistici 
della  sostanza  grigia.  In  un  altro  cane  non  si  avevano  focolai  poliomielitici, 
ma  le  radici  anteriori  presentavano  lesioni  piuttosto  gravi  a  carattere  dege- 
nerativo (radiculite  consecutiva). 

(ihilarducci  nel  1904  studiò  T  influenza  dei  disturbi  della  circolazione 
spinale  sulla  genesi  della  mielite  acuta  sperimentale  da  streptococco.  Su  33 
conigli  praticò,  per  un  tempo  variabile  da  5  a  30  minuti,  la  compressione 
dell'aorta  addominale:  19  volte  servendosi  del  metodo  incruento  e  14  volte 
afferrando  e  stringendo  Taorta  addominale  con  una  pinza  del  Péan.  Subito 
dopo  iniettava  nella  vena  marginale  dell'orecchio  degli  animali  culture  vini- 
lente  di  streptococco.  Alla  compressione  aortica  conseguiva  una  paraplegia 
posteriore  da  ischemia  che  guariva  completamente;  ma  dopo  parecchie  ore 
(12-24),  e,  talora,  dopo  3  o  4  giorni,  insorgeva  una  paraplegia  posteriore  tardiva 
permanente  a  tipo  ascendente.  In  quasi  tutti  gli  animali  il  midollo  lombare 
e  sacrale  risultò  all'autopsia  in  preda  ad  un  processo  flogistico  acuto.  L'esame 
microscopico  mise  in  evidenza  alterazioni  gravi  ed  estese  delle  cellule,  dei 
cilindrassi  e  delle  guaine  mieliniche.  Nel  midollo  di  parecchi  di  questi  ani- 
mali  esistevano  degli  streptococchi  che  non  erano  invece  presenti  nel  san- 
gue. L'A.  conclude  che  forse  i  fenomeni  paralitici  tardivi  erano  dovuti  ad 
un'azione  locale  dei  microrganismi  e  non  ad  un'azione  tossica  a  distanza. 

Lo  stesso  A.  nell'anno  seguente  (1905)  pubblicò  un  nuovo  lavoro  sulle 
mieliti  sperimentali  utilizzando  lo  stesso  microrganismo  e  la  compressione 
incruenta  dell'aorta  addominale.  Fece  in  tutto  37  esperienze.  Ottenne  una  sinto- 
matologia clinica  analoga  a  quella  che  aveva  potuto  studiare  nelle  esperienze 
antecedenti  ed  in  quanto  alle  alterazioni  anatomo-patologiche  si  può  dire  che 
in  tutte  le  esperienze  riscontrò  quasi  costantemente  fatti  di  flogosi.  Questi  si 
mostrarono  di  buon'ora  (12-18  ore  dopo  1'  inizio  dell'esperimento)  se  la  com- 
pressione fu  di  media  durata  (15-20  minuti)  ed  associati  a  degenerazione  degli 
elementi  nervosi.  Se  la  compressione  invece  fu  più  prolungata  i  fatti  dege- 
nerativi aprivano  la  scena  e  quelli  infiammatori,  appena  accennati  al  principio, 
si  accentuavano  al  terzo  o  quarto  giorno  per  manifestarsi  in  tutta  la  loro  inten- 
sità al  quinto  e  sesto. 


A  projjosito  di  alcune  mieliti  infettive  speriwentali  255 

L'A.  fece  al  suo  lavoro  le  seguenti  conclusioni  :  i)  Comprimendo  per  5-iO 
minuti  l'aorta  addominale  del  coniglio  ed  iniettando  subito  dopo  nelle  sue 
Tene  una  cultura  virulenta  di  streptococco  si  ottiene  costantemente  la  lìssa- 
2Ìone  di  questa  nel  midollo  spinale;  2)  Il  quadro  clinico  è  quello  della  mielite 
<ì  della  poliomielite  ;  3)  L'esame  istologico  dimostra  tutta  la  gamma  delle 
lesioni  descritte  nelle  affezioni  acute  del  midollo,  dalla  semplice  degenerazione 
degli  elementi  nervosi  con  slato  lacunare  della  nevroglia  alle  lesioni  mielitiche 
più  gravi  (congestione  intensa,  emorragie,  infiltrazione  perivasale  ed  inter- 
stiziale, rammollimento).  In  molti  tasi  le  lesioni  si  estendono  sino  al  bulbo  ed 
alla  protuberanza;  4)  Le  alterazioni  degli  elementi  nervosi  sono  in  molti  casi 
evidentemente  primarie,  talora  contemporanee  a  quelle  dei  vasi  e  del  tessuto 
di  sostegno;  5)  La  varietà  e  gravità  delle  lesioni  e  delle  sindromi  dipendono: 
a)  dalla  fase  della  malattia;  ò)  dal  grado  di  resistenza  del  tessuto;  e)  dalla 
quantità  di  cultura  iniettata.  Se  questa  fu  sufficiente  si  osservano  costante- 
mente al  quinto-sesto  giorno  nelle  regioni  lombo-sacrali  le  lesioni  caratteristiche 
della  infiammazione,  mentre  nella  regione  cervicale  e  bulbo-protuberanziale 
sono  evidenti  soltanto  fatli  degenerativi  degli  elementi  nervosi  (particolarmente 
a  carico  del  citoplasma)  con  stato  lacunare  della  nevroglia.  Se  la  quantità  di 
cultura  fu  poca  le  lesioni. sono  soltanto  rappresentate  da  fatti  degenerativi; 
6)  Queste  esperienze  dimostrano  la  strettissima  parentela  tra  le  cosi  detle 
forme  flogistiche  e  le  forme  degenerative  della  mielite  rappresentanti  o  due 
fasi  diverse  di  uno  stesso  processo  morboso  o  la  manifestazione  di  un'azione 
patogena  di  identica  natura  variabile  nella  sua  intensità. 

In  questo  stesso  anno  (1905)  Panichi  intraprese  un'altra  serie  di  espe- 
rienze sulle  mieliti  servendosi  dello  pneumococco.  Esperimento  su  6  conigli, 
una  pecora,  e  due  cavalli,  iniettando  nelle  vene   di   questi  animali    virus   di 
Fraenkel  (varietà  edematogena.)  Nei  conigli  morti  in  modo  acuto  trovò  lesioni 
predominanti  a  carico  delle  cellule  nervose  con  limitata  alterazione  dei  vasi. 
Quando  il  decorso  della  malattia  fu  più  lento  le    alterazioni    cellulari    erano 
le  stesse  che  nel  caso  antecedente  e  cioè:  scomparsa  parziale   delle  zolle  di 
-N'issi,  aspello  più  o  meno  omogeneo  del  protoplasma,  deformazione  o  sposta- 
mento del  nucleo,  mancanza  del  nucleolo,  colorazione  diffusa  o  più    intensa 
del  normale,  mancanza  di  prolungamenti,  retrazione    con  ampliamento    dello 
spazio  pericellulare.  Però  l'aumento  dei  nuclei  tanto  nella  sostanza  bianca  che 
in  quella  grigia  era  lo  slesso  tanto  nei  casi  cronici  che  negli  acuti.  La  diffe- 
renza Ira  le  lesioni  del  processo  acuto  e  quelle  del  processo  cronico  era  rap- 
presentata principalmente  dallo  stato  dei  vasi.  Nei  casi  a  decorso  lento  i  vasi 
forano  quasi  sempre  alterati:  costanti  le  emorragie.  1  focolai  emorragici  erano 
più  numerosi  nella  sostanza  grigia  che  in  quella  bianca  e  prediligevano,  per 
ordine  di  frequenza,  la  regione  dorsale,  poi  la  lombare  ed  infine  la  cenic^ìle. 
Le  emorragie  erano  sempre  piccole  e    contenevano  anche   dei    leucociti.   La 
parete  dei  vasi,  in  corrispondenza  delle  emorragie,  presentava  segni  manifesti  di 
alterazioni.  Infatti  spesse)  i  vasi  si  trovavano  separati  dal  tessuto  circostante  me- 
diante uno  spazio  vuoto  attraversato  da  trabecole:  i  nuclei  propri  della  parete 


256  G.  Catòla 


vasale,  specialmente  in  corrispondenza  dei  capillari,  erano  aumentati  di  nu- 
mero. Le  lesioni  delle  fibre  nervose  erano  disseminate  e  qua  e  là  si  notavano 
spazi  vuoti  corrispondenti  ad  elementi  distrutti. 

I  nervi  ed  i  muscoli  partecipavano  limitatamente  alle  alterazioni. 

Nella  pecora  la  lesione  spinale  era  localizzata  in  corrispondenza  del  mi- 
dollo cervicale  inferiore  ove  si  notavano  principalmente  iperemia  dei  capillari 
delle  corna  anteriori  della  sostanza  grigia  ed  emorragie.  Nei  punti  nei  quali 
la  lesione  aveva  raggiunto  la  massima  intensità  era  scomparsa  ogni  traccia  di 
corna  anteriori  e  posteriori.  Nelle  corna  anteriori,  a  questo  livello,  non  esiste- 
vano quasi  più  cellule  nervose  e  le  poche  rimanenti  erano  più  o  meno  note- 
volmente alterate  nella  forma,  volume  e  struttura.  La  sostanza  bianca,  specie 
in  quelle  parti  che  erano  a  contatto  coi  focolai  emorragici,  presentava  aspetto 
alveolare  {blasiger  Zustand  di  Leyden,  Lilckenfeld  di  Mayer).  Secondo  TA. 
questi  focolai  emorragici  si  formerebbero  per  rexim,  come  avvenne  nella  capra 
ove  esistevano  tipici  focolai  apoplettici.  Sulla  eziologia  degli  accidenti  emorragici 
tutti  gli  osservatori  che  se  ne  sono  occupati,  sperimentando  con  vari  germi, 
sono  di  accordo  nell' ammettere  che  essi  si  manifestino  allorché  i  micror- 
ganismi sono  già  scomparsi  dai  tessuti.  L'A.  invece  ritiene  che  pur  non 
esistendo  in  questi  casi  germi  specifici  nei  focolai  .spinali,  questi  si  costitui- 
scano quando  detti  germi,  sia  pure  in  numero  limitatissimo,  circolano  sempre 
nel  sistema  vascolare.  Ammette  però  con  gli  altri  AA.  che  le  alterazioni 
vasali  siano  di  origine  tossica. 

Riassumendo,  secondo  TA.  i  disturbi  motori  sarebbero  un  effetto  delle 
emorragie  spinali.  Queste  dipenderebbero  da  lesioni  vasali  (arterie  e  vene) 
aventi  in  generale  un  carattere  proliferativo  con  un  rapporto,  di  fronte  al 
decorso  della  malattia,  di  successione  ritardata. 

Dopter  (1905)  fece  iniezioni  sotto-cutanee  nei  conigli  di  culture  virulente 
di  bacillo  della  dissenteria  e  poi  di  sole  tossine  dissenteriche  ed  osservò: 
1)  che  i  conigli  inoculati  presentavano  quasi  sempre  (80^/^  dei  casi)  paralisi 
più  specialmente  a  forma  paraplegica,  paralisi  che  comparivano  al  terzo  giorno 
circa  dopo  l'iniezione,  conducendo,  dopo  cinque  o  sei  giorni  di  malattia,  gli 
animali  a  morte  per  intossicazione  generale;  2)  che  l'esame  microscopico  del 
sistema  nervoso  di  questi  animali  fece  rilevare  lesioni  ora  diffuse  ora  a  focolaio 
localizzate  esclusivamente  alla  sostanza  grigia  (poliomielite)  a  cui  talvolta 
si  aggiungeva  polioencefalite;  3)  che  le  alterazioni  provocate  colle  sole  tossine 
erano  identiche  a  quelle  ottenute  con  microrganismi  virulenti. 

Questi  sono,  in  riassunto,  i  dati  principali  che  la  letteratura  sulle  mieliti 
infettive  sperimentali  ci  offre.  Si  può  dire  che  quasi  tutti  i  microrganismi  più 
noti  0  le  loro  tossine  siano  stali  utilizzati  in  questo  genere  di  esperienze 
seguendo  metodi  molto  diversi.  Le  conclusioni  più  importanti  che  possono 
desumersi  dai  lavori  sopraricordali  si  possono  ridurre  alle  seguenti:  a)  Inie- 
zioni di  batteri  e  tossine,  qualunque  sia  la  via  prescelta  (endovenosa,  intraorlica, 
sottocutanea,  sotto-meningea)  per  provocare  la  infezione  midollare  sperimen- 


A  proposto  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  257 

tale,  possono  produrre  lesioni   mielìtiche  più  o  meno  gravi  ;  b)  le  alterazioni 
anatomo-patologiche  e,  conseguentemente,  la  sintomatologia  presentata  in  vita 
dagli   animali  operati,  offrono  varietà  più  o  meno  notevoli  nella   loro  esten- 
:>ione,  nella  loro  gravità  e  nella  loro  localizzazione,  ma  ciò  non  tanto  in  rap- 
porto  con   la  specificità   delle   varie    infezioni,   quanto   con    la   durata   della 
malattia,  della  quantità  e  della  virulenza  della  cultura  o  della  tossina  adoperata 
e  della  resistenza  dei  tessuti;  e)  tutte  le  cause  che  possono  diminuire  la  resi- 
stenza dell'organo  midollare  (ischemia,  traumi,   radVeddamenti,  embolie  aset- 
tiche),  favoriscono   la  localizzazione  nel  midollo  spinale  dei  germi   patogeni; 
d)  varie  sono  le  opinioni  circa  la  propagazione   dell'infezione  da   un   punto 
all'altro  del  midollo  spinale:  i  vasi  sanguigni,  gli  spa^i  linfatici  ed  il  canale 
centrale  costituirebbero  le  vie  di  trasporlo  più  ordinarie;  e)  risulta  in  modo 
sicuro  provato  che  le  tossine   sono  capaci    di   provocare   le   identiche  lesioni 
dei  batteri  e  che,  per  conseguenza,  le   lesioni   midollari  debbono  attribuirsi 
all'azione  dell'intossicazione  pura  e  semplice  e  non  all'influenza  dell'infezione 
inlesa   come   un'azione  diretta   dei  vari  germi  sul  tessuto  nervoso,  (ricerche 
di  Roux  e  Yersin,  Stcherback,  Henriquez  e  Hallion,  Morel  e  Rispai, 
Grancher,   Martin   e    Ledoux,   Lebard,    Vaillard    e    Vincent,   Rourg, 
llomén,  Lebon  etc);  e)  che   i   microrganismi   iniettati  nel   midollo  spinale 
scompaiono  dall'organo  abbastanza  rapidamente  (otto-dodici  giorni  dopo)  quan- 
tunque le  lesioni  anatomiche  continuino  ad  evolvere;  (/)  niente   si   è   potuto, 
stabilire,  in  modo  definitivo,  circa  i  rapporti  intercedenti  tra  lesioni  parenchi- 
malose  e  lesioni  vascolo-interstiziali,  tra  loro  e  l'intossicazione. 

Passo  ora  alle  esperienze  personali.  Queste  hanno  avuto  principalmente 
(li  mira  la  riproduzione  di  mieliti  acute  od  acutissime  cercando  di  mettere  a 
profitto  una  tecnica  che  contenesse  il  minor  artifìcio  topico  possibile.  Non 
ho  voluto,  per  consequenza,  né  utilizzare  il  metodo  della  ischemia  midollare 
preliminare  prolungata  (Ghilarducci),  ne  quello  delle  embolie  asettiche,  dirò 
cosi,  preparatorie  (Roche).  >li  è  parso  anche  che  il  metodo  di  Lamy  (intro- 
duzione nell'aorta  addominale  di  agenti  patogeni  o  di  materiale  embolizzanl* 
asettico  mediante  una  sonda  attraverso  l'arteria  crurale  e  compressione  con- 
secutiva dell'aorta  al  di  sotto  del  punto  in  cui  l'iniezione  endaortica  è  avve- 
nuta) non  fosse  esente  da  inconvenienti  tecnici  e  per  questo  non  credetti 
bene  d'adottarlo. 

Il  metodo  da  me  prescelto  e  che  si  discosta  alquanto  dai  metodi  fino  ad 
ora  seguiti,  è,  in  breve,  il  seguente.  Eseguita  la  laparatomia  con  tutte  le 
regole  antisettiche  si  mette  allo  scoperto  l'intero  tratto  aortico  che  va  dalle 
arterie  renali  alle  biforcazione  delle  iliache.  Ciò  fatto  si  afferra  con  un  pic- 
colo klemmer  l'aorta  stessa  subito  al  disotto  delle  prime  e  poi,  subito  dopo, 
anche  al  di  sopra  delle  seconde.  Nel  segmento  vuoto,  interposto  tra  le  due 
occlusioni,  si  inietta  rapidamente  una  determinala  quantità  di  cultura  o  in 
brodo  0  in  agar  stemperata  in  una  soluzione  fisiologica  di  cloruro  di  sodio. 
Per  praticare  l'iniezione  intravasale  è  necessario  adoperare  un  ago  molto  sottile 

17 


258  G.  Catòla 


ed  infìggerlo  molto  obliquamente  dall'alto  al  basso  in  modo  da  passare  quasi 
tra  tunica  e  tunica,  per  evitare  l'emorragia  della  piccola  ferita  della  parete 
aortica.  Spinta  la  cultura  nel  tratto  vasale  suddetto  si  toglie  il  klemmer  supe- 
riore e,  dopo  poche  battute  cardiache  dell'animale,  anche  il  klemmer  infe 
riore.  Per  tutte  queste  diverse  manovre  l'occlusione  dell'aorta  non  deve 
durare  più  di  due  minuti  a  fine  di  ovviare  all'inconveniente  della  paraplegia 
precoce  da  ischemia.  L'operazione  riesce  sempre  bene  specialmente  nei  co- 
nigli, animali  di  cui  mi  sono  quasi  esclusivamente  servito  in  questa  serie  di 
esperienze. 

I  microrganismi  da  me  utilizzati  furono  lo  stafilococco  piogeno  aureo,  lo 
stafilococco  emorragico  ed  il  bacilllo  di  Eberth. 

Sui  cani  ho  fatto  anche  alcune  esperienze,  iniettando  culture  in  brodo  dei 
microrganismi  sopra  ricordati  sotto  la  dura  madre,  con  resultati  positivi;  ma, 
data  la  uniformità  di  reperto,  non  ho  tenuto  conto  che  di  una  sola  di  esse 
(Osserv.  1»). 

Non  riuscii  ad  ottenere  fenomeni  paralitici  ne  lesioni  spinali  in  due 
conigli  alimentati  con  sostanze  infettate  con  bacilli  dissenterici  (Ruhr  e  pseudo- 
Ruhr)  e  sottoposti  poi  ad  alcuni  artifici  (raffreddamenti,  traumi  della  regione 
rachidea)  allo  scopo  di  creare  un  locus  mitioris  resìslentiae  del  midollo  spinale, 
avendo  voluto  ricercare  in  questo  modo  se  era  possibile  con  tal  metodo  ri- 
.  produrre  sperimentalmente  paralisi  mielitiche  di  origine  dissenterica. 

Esperienza  I.  —  Cane  giovane  e  robusto,  peso  5  kg. 

Si  pratica  la  cloronarcosi  con  iniezioni  intraperitoneali  di  cloralio  e  morfina 
e  poi  si  procede  alla  rachiotomia  in  corrispondenza  del  midollo  lombare  asportando 
due  archi  posteriori  di  yertebra.  Messa  allo  scoperto  la  dura  madre  si  pratica  al  di 
sotto  di  essa  una  iniezione  di  circa  1  ce.  di  cultura  giovane  in  brodo  di  bacillo  di 
Eberth  e  si  richiude  la  ferita  operatoria  con  doppia  sutura,  muscolare  e  cutunea. 
Passato  l'effetto  della  cloronarcosi  l'animale  si  mostra  abbastanza  vivace  e  cammina 
in  modo  completamente  normale.  Il  giorno  appresso,  24  ore  dopo  l'operazione,  l'ani- 
male è  febbricitante,  diarroico  e  presenta  paralisi  della  gamba  destra.  La  ferita  non 
•iBuppura. 

Nel  secondo  e  terzo  giorno  i  sintomi  variano  come  segue:  l'arto  posteriore  de- 
stro è  sempre  paralizzato  e  sta  in  posizione  estensoria  ;  il  sinistro  è  leggermente  pa- 
tetico; gli  sfinteri  sono  paralizzati;  i  riflessi  tendinei  non  si  provocano  o  per  lo  meno 
non  sembrano  esagerati;  la  sensibilità  è  diminuita  nettamente  in  corrispondenza  di 
tutto  il  treno  posteriore.  L'animale  è  sempre  febbricitante  e  diarroico.  Viene  ucciso 
nel  pomeriggio  del  terzo  giorno  di  malattia,  72  ore  circa  dopo  l' iniezione  sotto-durale. 

Autopsia,  —  Tra  la  pelle  e  l'aponevrosi  delle  masse  muscolari  sacro-lombari  si 
ha  un  po'  di  liquido  siero-purulento.  Le  meningi,  compresa  la  pia  madre,  sono  ar- 
rossate nel  punto  ove  è  avvenuta  l' iniezione. 

II  midollo  spinale  all'esame  macroscopico  non  appare  alterato  salvo  che  per  un 
certo  tratto  a  contatto  con  la  pia  madre  congesta.  Ivi  si  nota  un  arrossamento  piut- 
tosto accentuato  della  sostanza  bianca  posteriore. 

Frammenti  di  midollo  A^engono  fissati  in  liquido  di  Mtìller,  alcool  a  95**,  al- 
cool  assoluto,  sublimato-acido  picrico,  acetone-acido  nitrico  ;  si  includono  parte  in 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  259 

paraffina  e  part«  in  celloidina.  Tra  i  metodi  di  colorazione  più  importanti  si  prati- 
cano il  metodo  di  Nissl,  quello  di  Lugaro  per  i  cilindrassi,  il  Pappenheim,  il 
Weigert  per  le  fibre  nervose  e  le  doppie  colorazioni. 

Esame  microscopico.  —  Non  si  trovano  alterazioni  che  in  una  porzione  di  3-4 
centim.  di  altezza  del  midollo  dorso-lombare.  A  questo  livello  si  ha  leggera  pachi- 
leptonieningite  limitata  alle  meningi  della  parte  posteriore  dell'organo.  Le  lesioni  del 
midollo  sono  specialmente  accentuate  in  tutta  la  sostanza  grigia,  nei  cordoni  poste- 
riori, nella  parte  posteriore  dei  cordoni  laterali  e  nelle  zone  radicolart  Esaminando 
le  sezioni  colorate,  per  esempio,  col  metodo  di  Nissl  o  col  metodo  delle  doppie  co- 
lorazioni, a  piccolo  ingrandimento,  si  nota  subito  un  notevole  aumento  di  elementi 
cellulari  neir  interno  della  sostanza  grigia  e  nella  sostanza  bianca  dei  cordoni  poste- 
riori. Ivi  le  maglie  di  nevroglia  sono  più  o  meno  fortemente  dilatate,  i  cilindrassi 
ipertrofici,  alcune  fibre  distrutte,  i  vasi  infiltrati  e  contornati  da  anelli  di  elementi 
cellulari  (fig.  1).  ». 

In  alcuni  punti  dei  cordoni  posteriori  ed  anche  dei  cordoni  laterali  si  incon- 
trano diverse  zone  a  placche  nelle  quali  le  fibre  nervose  sono  profondamente  alterate 
6  non  più  colorabili  dairematossilina  col  metodo  di  Weigert.  Queste  zone  sono  co- 
stantemente separate  dal  tessuto  sano  in  modo  brusco  e  netto  (fig.  2).  Tutt'  al  più 
nella  zona  di  transizione  non  si  vede  che  qualche  fibra  nervosa.rigonfia  col  cilindrasse 
anch'esso  più  o  meno  ipertrofico  e  tumido.  Delle  cellule  gangliari  a  questo  livello 
non  esiste  più  alcuna  traccia,  come  ben  risulta  dalla  (fig.  3),  messa  a  confronto 
con  una  figura  tolta  da  una  sezione  fatta  molto  più  in  alto,  dove  il  midollo  appa- 
risce sano.  I  vasi  della  sostanza  grigia  sono  quasi  tutti  infiltrati  insieme  alle  loro 
guaine  avventiziali :  in  taluni  per  altro  l'infiltrazione  è  tenuissima.  A  questo  stesso 
livello,  ma  anche  più  in  alto  del  focolaio,  la  sostanza  bianca  che  circonda  la  sostanza 
grigia  e,  specialmente,  quella  delle  corna  anteriori,  presenta  uno  stato  lacunare  assai 
evidente  (fig.  4).  Gli  spazi  lacunari  talora  sono  completamente  vuoti  talora  invece 
contengono  ancora  resti  di  guaine  mieliniche  o  cilindrassi  più  o  meno  rigonfiati.  Il 
canale  centrale  è  normale  in  tutta  l'altezza  del  midollo.  A  forte  ingrandimento  si 
conferma  che  le  parti  più  lese  sono  la  metà  posteriore  del  midollo  e  la  sostanza  grigia. 
Nella  parte  più  bassa  del  midollo  lombare,  a  confine  col  midollo  sacrale,  tutta  la  so- 
stanza bianca  dei  cordoni  posteriori  è  profondamente  alterata,  le  fibre  sono  tumefatte 
0  distrutte  o  sostituite  da  un  detrito  granulare  :  non  vi  rimane  che  qualche  fibra 
nervosa  rigonfia  e  varicosa  e  delle  cellule  di  nevroglia  pure  rigonfie. 

Gli  elementi  cellulari  che  formano  le  infiltrazioni  vasali  e  perivasali  sono  costi- 
tuite da  qualche  leucocita  polinucleato  o  a  nucleo  polimorfo,  da  elementi  avventi- 
ziali (fibroblasti)  ed  endoteliali,  da  numerose  cellule  grandi  rotonde  od  ovali  disse- 
minate nel  tessuto  anche  a  distanza  dai  vasi  e  da  nuclei  rotondi  granulosi  circondati 
da  scarsissimo  pratoplasma.  Le  cellule  grandi  e  rotondeggianti  suddette  posseggono 
nucleo  pittosto  piccolo,  ben  colorato  dai  colori  basici^  contenente  pochi  granuli  cro- 
matinici,  spostato  generalmente  verso  la  periferia  o  ad  uno  dei  poli  se  si  tratta  dì 
cellule  ovali.  In  molti  di  essi  sono  nettamente  visibili  uno  o  due  nucleoli  intensa- 
mente colorati  coi  colori  nucleari.  Il  corpo  cellulare  è  in  generale  rappresentato  da 
protoplasma  abbondante  ben  delimitato  alla  sua  periferia,  colorato  col  bleu  di  to- 
luidina  più  pallidamente  del  nucleo.  La  struttura  dominante  di  questo  protoplasma 
è  la  granulo-reticolare.  La  maggior  parte  di  queste  cellule  contiene  anche  delle  la- 
cune rotonde  od  ovali  di  varia  grandezza  :  solo  in  poche  cellule  si  hanno  piccole 
lacune  alveolari  tutte  della  stessa  grandezza. 


260  G.  Catòla 


Nelle  cellule  che  hanno  quest*  aspetto  alveolare  il  corpo  cellulare  rimane  sempre 
colorato  in  modo  piuttosto  pallido.  In  pochissime  cellule  il  protoplasma  è  più  colo- 
rato alla  periferia  ;  nella  gran  maggioranza  di  esse,  invece,  e  specialmente  in  quelle 
a  struttura  granulosa  o  granulo-reticolare,  la  colorazione  è  diffusa,  in  maniera  uni- 
forme, a  tutto  il  corpo  protoplasmatico.  Ho  già  detto  che  queste  cellule  hanno  ordi- 
nariamente forma  rotondeggiante:  si  può  aggiungere  che  qualche  volta  posseggono 
anche  una  forma  più  o  meno  allungata  o  poligonale  in  quei  punti  ove  si  trovano  a 
contatto  le  une  con  le  altre.  Tra  gli  elementi  grandi  non  mancano  cellule  piccole 
con  nucleo  simile  al  loro  e  protoplasma  scarsissimo,  d'aspetto  granuloso.  Rispetto 
alla  loro  distribuzione  si  vede  che  in  generale  sono  disseminate  qua  e  là  nel  tessuto 
senza  regola  e  che  intomo  ai  vasi  esistono  in  numero  relativamente  scarso. 

Volendo  stabilire  a  quale  categoria  di  cellule  appartengono  questi  elementi  non 
potremmo  certamente  mettere  in  discussione  né  i  flbroblasti  né  cellule  d'origine  en- 
doteliale,  né  i  linfociti,  né  le  Mastzellen  di  cui  esiste  qua  e  là  qualche  rarissimo 
esemplare.  Non  rimarrebbe  quindi  che  discutere  tra  le  Gitterzellen  e  le  Plasma- 
zellen.  Ma  il  metodo  di  Pappenheim  ci  dà  subito  il  modo  di  sormontare  la  dif- 
ficoltà di  diagnosi  istologica  differenziale  non  dando  la  colorazione  specifica  carat- 
teristica. 

Nella  pia  madre  che  riveste  il  midollo  dorso-lombare  si  ha,  come  risultava  anche 
dall'esame  microscopico  a  piccolo  ingrandimento,  una  leggera  meningite  con  molti 
leucociti  polinucleati,  meningite  che  si  accentua  in  prossimità  dei  gangli  spinali. 
Le  meningi  della  metà  anteriore  del  midollo  sono  integre.  L' endotelio  dei  vasi  piali  pre- 
senta spesso  picnosi.  In  qualche  punto  si  ha  anche  infiltrazione  della  parete  vasale 
e  della  guaina  avventiziale  costituita  da  qualche  linfocita  e  leucocita,  da  fibroblasti, 
e  da  cellule  poligonali  o  rotondeggianti  aventi  tutti  i  caratteri  delle  cellule  pla- 
smatiche. 

Se  si  esamina  il  midollo  al  di  sopra  ed  al  di  sotto  del  focolaio  mielitico  sopra- 
descritto vediamo  che  tutte  quante  le  lesioni  or  ora  enumerate  si  attenuano  gradual- 
mente. A  livello  della  regione  dorsale  media  non  si  ha  più  che  un  leggero  stato  la- 
cunare della  sostanza  bianca  contigna  a  quella  grigia  e  qualche  leggerissima  e  sparsa 
infiltrazione  vascolare.  Le  cellule  gangliari  anteriori  son  tutte  di  aspetto  normale 
meno  qualche  gruppetto  di  4  o  5  rigonfie  e  cromatolizzate.  Nessuna  lesione  apparente 
dei  vasi.  Nelle  meningi  non  si  ha  più  che  una  leggerissima  pachimeningite  in- 
terna con  pochi  leucociti  a  nucleo  polimorfo,  meningite  che  non  oltrepassa  in  alto 
la  regione  dorsale  media  ed  in  basso  il  midollo  lombare. 

Nei  gangli  spinali,  a  part43  la  infiltrazione  cellulare  spesso  assai  marcata,  della 
meninge  piale  vicina  e  qualche  segno  di  risentimento  del  tessuto  vascolo-intersti- 
ziale,  non  si  notano  alterazioni  degne  di  menzione  :  le  cellule  appaiono  tutte  quante 
normali. 

Per  constatare  se  il  tessuto  midollare  contenesse  microrganismi  patogeni  e  come 
si  fossero  eventualmente  diffusi  ho  seminato  frammenti  di  midollo,  tolti  a  varie  al- 
tezze, su  differenti  terreni  nutritivi.  Non  ottenni  resultati  positivi  che  coi  frammenti 
di  organo  escisi  in  pieno  focolaio  mielitico  o  nelle  parti  ad  esso  contigue  :  il  micror- 
ganismo che  si  sviluppò  da  queste  culture  fu  un  bacillo  avente  i  caratteri  analoghi 
a  quelli  del  microrganismo  iniettato  sotto  la  dura  madre.  Le  culture  preparate  coi 
frammenti  di  midollo  dorsale  superiore  e  cervicale  rimasero  completamente  sterili. 
Quindi  è  evidente  che  i  microrganismi  restarono  localizzati  nella  zona  ove  avvenne 
la  inoculazione  e  che  lo  stato  della  sostanza  bianca  contigua  alla  sostanza  grigia  e 


A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  204 

la  leggera  cromatolisi  di  qualche  cellula  nelle  regioni  più  alte  del  midollo  erano 
dovute  all'azione  di  tossine  trasportate  verso  Talto.  Risulta,  in  conclusione,  che  i  veri 
fatti  flogistici  erano  in  atto  solamente  in  quelle  zone  di  tessuto  ove  si  trovavano 
presenti  i  microrganismi,  là  dove  cioè,  dovevano  esser  più  abbondanti  e  più  concen- 
trate le  tossine  da  loro  elaborate. 

In  questa  esperienza  il  processo  mielitico  era  localizzato,  come  abbiamo 
veduto,  tanto  nella  sostanza  grigia  che  in  quella  bianca,  ma  quelle  che  pre- 
valevano erano  certamente  le  lesioni  poliomielitiche,  specialmente  alle  estre- 
miti) del  focolaio  flogistico.  Anzi  in  alcuni  punti,  5-6  cent,  al  di  sopra  di  esso,  le 
alterazioni  midollari  non  consistevano  che  in  un  leggero  stato  lacunare  della 
sostanza  bianca  ed  in  una  scomparsa  completa  delle  cellule  gangliari  delle 
corna  anteriori  della  sostanza  grigia.  La  mancanza  di  infiltrazione  intorno  ai 
vasi  sanguigni  delle  corna  anteriori  a  quest'altezza  sembra  costituire  un  buon 
argomento  contro  la  teoria  del  Moenckeberg  sul  modo  di  formazione  della 
infiltrazione.  Secondo  quest'autore,  che  per  la  poliomielite  anteriore  acuta 
ammette  una  lesione  primaria  delle  cellule  nervose,  della  nevroglia  e  delle 
sottili  fibre  nervose  della  sostanza  grigia,  i  prodotti  di  degenerazione  del 
tessuto  leso  estrinsecherebbero  azioni  chemiotattiche  determinando  la  fuoriu- 
scita dei  leucociti  dai  vasi  e  la  locomozione  dì  cellule  avventiziali,  mentre  solo 
più  lardi  anche  gli  elementi  fissi  del  tessuto  prenderebbero  parte  al  processo 
anatomo-patologico.  La  varietà  delle  forme  istologiche,  dalla  infiltrazione  grave 
alla  mancanza  di  lesioni  interstiziali,  dipenderebbe  dalla  intensità  dello  sti- 
molo chemiotattico.  Or  bene  nei  nostri  preparati  alla  scomparsa  completa  delle 
cellule  gangliari  anteriori  della  sostanza  grigia  non  abbiamo  veduto  conseguire 
nessun  fenomeno  di  infiltrazione  vasale  e  perivasale  ne  comparsa  di  elementi 
d'infiltrazione  nei  punti  presumibilmente  occupali  prima  dalle  cellule  gan- 
gliari. Se  un  aumento  di  elementi  cellulari  esisteva,  era  sopralatto  visibile 
nella  sostanza  intermedia  ed  in  corrispondenza  della  commissura.  Invece  la 
distruzione  delle  cellule  gangliari  motrici,  il  leggero  stato  lacunare  deJla  so- 
stanza bianca  contigua  a  quella  grigia,  le  rare  e  tenui  infiltrazioni  perivasco- 
lari  riscontrate  a  questo  livello  potrebbero  benissimo  dimostrare  che  tutte 
queste  alterazioni  dipendono  dall'azione  diretta  e  contemporanea  del  tossico 
microbico  sulle  diverse  parti  del  tessuto.  Il  prevalere  delle  alterazioni  nelle 
cellule  gangliari  non  significherebbe  che  maggior  vulnerabilità  di  questi  ele- 
menti, in  confronto  degli  altri,  dinanzi  alla  stessa  causa  nociva.  Se  in  questo 
caso  le  lesioni  anatomiche  fossero  state  localizzate  esclusivamente,  o  quasi,  alla 
sostanza  grigia  in  modo  da  trovarsi  in  presenza  di  una  poliomielite,  non  v'ha 
dubbio  che  i  sostenitori  della  teoria  parenchiniatosa  vi  troverebbero  degli  ar- 
gomenti in  loro  favore,  ma  se  si  tenesse  conto  soltanto  del  segmento  midol- 
lare ove  risiede  il  vero  focolaio  mielitico  si  potrebbe  sostenere  l'avviso  con- 
trario 0,  per  lo  meno,  data  la  gravità  delle  lesioni  inlestiziali,  restare  fortemente 
imbarazzati  per  decidere  quale  delle  due  lesioni,  parenchimalosa  o  interstiziale, 
dovesse  esser  considerata  come  primaria. 


262  G,  Calala 


£s]>erienza  n.  —  Coniglio  grigio,  peso  kg.  2. 

Si  pratica  la  laparatomia  mettendo  allo  scoperto  l'aorta  addominale  dalle  arterie 
renali  fino  all'origine  delle  aa.  iliache  e  si  procede  nel  modo  già  descritto.  Si  inietta, 
nel  segmento  interposto  tra  le  due  chiusure,  mezzo  centim.  cubo  di  cultura  in  brodo, 
vecchia  di  circa  un  mese,  di  stafilococco  piogeno  aureo.  Dalla  puntura  aortica  non 
esce  che  qualche  goccia  di  sangue  solamente.  L'aorta,  durante  tutte  le  manualità 
per  r  iniezione  della  cultura,  non  rimane  occlusa  che  un  minuto  e  mezzo.  Si  chiude 
la  ferita  laparotomica  con  una  doppia  sutura.  Sciolto  il  coniglio  dal  tavolo  opera- 
torio e  messo  sul  pavimento,  essa  cammina  speditamente  senza  traccia  di  paresi. 

La  mattina  seguente  l' animale  è  paretico  negli  arti  posteriori  e  nel  pomeriggio, 
cioè  24  ore  dopo  l'operazione,  completamente  paraplegico.  Gli  arti  posteriori  sono 
immobili;  gli  sfinteri  incontinenti.  L'animale  è  in  preda  a  delle  scosse  cloniche  di 
tutti  i  muscoli  del  tronco  e  specialmente  di  quelli  delle  doccie  vertebrali.  Sono 
scosse  ritmiche,  delle  specie  di  sussulti  che  si  susseguono  con  molta  frequenza  (50- 
60  al  minuto)  accompagnate  da  un  leggero  rumore  laringeo.  L'animale  muore  36  ore 
dopo  l'operazione  senza  presentare  sintomi  motori  nuovi. 

Aiitoima.  —  La  ferita  operatoria  ed  il  peritoneo  non  presentano  traccia  di  rea- 
zione infiammatoria.  L' aorta  non  è  trombizzata  nel  punto  della  puntura  per  l' inie- 
zione della  cultura;  è  pervia  completamente  in  tutto  il  suo  tragitto  toraco-addomi- 
nale.  Aperto  lo  speco  vertebrale  non  si  osserva  niente  di  notevole  in  corrispondenza 
del  midollo  cervico-dor«ale,  ma  a  livello  del  midollo  lombare  la  pia  madre  apparisce 
cosparsa  da  parecchi  punti  emorragici  tanto  sulla  superficie  anteriore  che  su  quella 
posteriore.  Diviso  il  midollo  di  questa  stessa  regione  in  piccoli  pezzi  le  superficie  di 
sezione  presentano  anch'esse  dei  punti  emorragici  sia  nella  sostanza  bianca  che  in 
quella  grigia  macroscopicamente  ben  visibili. 

I  pezzi  vengano  fissati  in  alcool  a  95°,  in  alcool  assoluto,  in  acetone-acido  ni- 
trico, in  sublimato,  in  liquido  di  Mtìller,  nella  miscela  sublimato-picrica. 

Inclusioni  in  paraffina  ed  in  celloidina. 

Esame  microscopico,  —  Nel  midollo  lombo-sacrale  si  hanno  alterazioni  estre- 
mamente gravi  che  colpiscono  tanto  la  sostanza  grigia  che  quella  bianca.  Il  tessuto 
è  0  fortemente  lacunizzato  fino  alla  disgregazione  o  cosparso  di  noduli  abbastanza 
grandi  aventi  la  struttura  di  focolai  a^icessuali  (V.  Tav.  3,  fig.  5-6).  Frequentemente 
queste  formazioni  nodulari  occupano  esclusivamente  la  sostanza  grigia  come  apparisce 
evidentemente  dalla  fig.  5,  ma  altre  volte  si  trovano  invece  localizzato  soltanto  nella 
sostanza  bianca  più  o  meno  a  distanza  dalla  superficie  midollare.  Esse  flpno  costi- 
tuite da  linfociti  e  da  leucociti  a  nucleo  polimorfo  o  multiplo  sempre  intesissima- 
mente colorato.  Molti  di  questi  elementi  sono  in  via  di  degenerazione  coi  nuclei  di- 
sgregati in  granali  di  varia  grandezza. 

In  alcuni  punti  del  midollo  lombare  tutta  la  parte  centrale  della  sostanza  gri- 
gia è  profondamente  infiltrata  e  assai  disgregata  salvo  una  parte  delle  corna  ante- 
riori ove  non  soltanto  si  vedono  persistere  alcune  cellule  gangliari,  ma  tra  le  molte 
cioraatolizzate,  non  è  raro  incontrarne  alcune  aventi  ancora  delle  zolle  cromatiche 
intatte.  In  altri  punti,  sebbene  le  corna  anteriori  siano  disgregate  e  contengano 
dei  noduli  d' infiltrazione  e  per  quanto  la.  sostanza  bianca  che  le  circonda  sia  infil- 
trata e  disgregata,  le  cellule  gangliari  motrici,  pur  mostrandosi  sempre  più  o  meno 
alterate  nella  loro  forma  e  struttura,  nondimeno  rimangono  ancora  al  loro  posto  in 
numero  presso  che  normale  (fig.  6).  È  questo  un  fatto  degno  di  essere  rilevato,  giac- 
che rappresenta  tutto  il  contrario  di  quanto  abbiamo  veduto  verificarsi  nell'esperienza 


-4  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  263 

prima  ove  si  potè  osservare  una  scomparsa  completa  delle  cellule  gangliari  motrici 
delle  coma  anteriori  senz' altre  lesioni  nel  resto  del  tessuto  nervoso  salvo  un  leggero 
grado  di  stato  lacunare  della  sostanza  bianca  che  circonda  dette  coma  (fig.  3).  Ciò 
dimostra  evidentemente  che  T  alterazione  delle  cellule  gangliari  è  subordinata,  oltre 
che  alla  quantità  dello  stimolo  tossico  e  alla  gravità  delle  lesioni  del  tessuto  circo- 
stante, alla  natura  ed  alle  qualità  di  detto  stimolo. 

L' infiltrazione  è  costituita,  si  può  dire,  quasi  esclusivamente  di  leucociti  e  di 
linfociti.  Solo  qua  e  là,  specialmente  nella  sostanza  grigia,  si  vedono  cellule  grandi 
con  nucleo  finamente  granuloso  ed  uniformemente  colorato  e  con  protoplasma  rap^ 
presentato  da  un  esilissimo  reticolo  granuloso  a  maglie  rotondeggianti  e  di  varia 
grandezza,  analoghe,  quando  se  ne  eccettui  la  maggior  vacuolizzazione^  a  quelle  de- 
scritte nella  prima  esperienza.  Detta  infiltrazione  è  disposta  ora  a  zone,  più  o  meno 
nettamente  limitate  dal  tessuto  circostante,  ora  è  invece  distribuita  in  modo  molto 
sparso.  Non  è  frequente  poter  osservare  in  mezzo  ai  nodlili  di  infiltrazione  sopra  ricor- 
dati, 0  in  prossimità  di  essi,  qualche  vaso  sanguigno  ;  tuttavia  vasi  circondati  com- 
pletamente da  manicotti  di  elementi  cellulari  si  incontrano  spesso  specialmente  in 
quei  vasi  che  partono  dalla  periferia.  In  questo  caso  i  focolai  d^  infiltrazione  assumono 
spesso  forma  a  cuneo  con  T apice  rivolto  verso  la  parte  centrale  del  midollo  e  non  è 
neppure  infrequente  constatarvi  degli  stravasi  sanguigni  più  o  meno  cospicui  (fig.  7), 
Altri  focolai  emorragici  si  incontrano  qua  e  là  in  diversi  punti,  tanto  nella  sostanza 
bianca  che  in  quella  grigia,  anche  indipendentemente  da  ogni  fatto  d' infiltrazione. 
Le  cellule  gangliari  anteriori  presentano,  a  seconda  delle  località,  tutta  la  gamma 
delle  alterazioni:  dalla  più  tenue  tigrolisi  alla  distruzione  completa. 

A  partire  dalla  regione  dorsale  inferiore  ed  ascendendo  verso  Talto  le  lesioni 
midollari  vanno  gradualmente  attenuandosi  in  modo  che  a  livello  del  midollo  cervicale 
non  residua  che  un  leggerissimo  stato  lacunare. 

La  pia  madre  è  solo  leggermente  compromessa  dal  processo  infiammatorio.  An- 
che nella  regione  lombo-sacrale  tutto  si  riduce  ad  una  tenue  iperemia  con  qualche 
vaso  appena  infiltrato.  Invece  tra  gli  interstizi  che  separano  le  varie  radici  lombo- 
siacrali,  che,  com'è  noto,  stanno  applicate  alla  superficie  del  midollo,  si  osservano 
delle  dense  raccolte  di  linfociti  e  di  leucociti.  Le  radici  spinali,  tanto  le  anteriori 
che  le  posteriori,  non  sono  sempre  normali.  Spesse  volte,  oltre  che  infiltrate,  presen- 
tano gruppi  di  fibre  con  cilindrassi  rigonfi  o  totalmente  scomparsi  (almeno  non  più 
colorabili  dalle  colorazioni  ordinarie  e  nemmeno  coi  metodi  elettivi). 

I  gangli  spinali  della  regione  dorso-lombare  sono  in  parte  anch'essi  più  o  meno 
leggermente  alterati.  Alcuni  di  essi  infatti  presentano  infiltrazioni  interstiziali  e 
numerose  cellule  in  varie  fasi  di  cromatolisi. 

Vasi,  —  Abbiamo  dedicato  uno  studio  tutto  speciale  ai  vasi  sanguigni  coi 
seguenti  risultati:  La  maggior  parte  dei  vasi,  sia  della  pia  madre  che  della  sostanza 
nervosa,  non  presenta  alterazioni  chiaramente  apprezzabili  né  riguardo  alle  tuniche 
che  ne  costituiscono  la  parete  né  rispetto  alla  guaina  avventiziale.*  La  membrana 
elastica  colorata  col  metodo  Weigert  e  con  Torceina,  applicandovi  anche  la  modi- 
ficazione Livini,  appare  sempre  normale.  Soltanto  alcuni  vasi  piali  grossi  ed  alcuni 
rami  midollari  periferici  sono  più  o  meno  profondamente  infiltrati.  In  questi  V  en- 
dotelio vasale  è  spesso  in  istato  di  picnosi,  ma  le  altre  tuniche,  salvo  l'avventizia 
più  0  meno  mascherata  dalla  infiltrazione,  non  presentano  lesioni  ben  nette. 

In  conclusione  noi  vediamo  che  in  questo  caso  le  lesioni  del  parenchima  nervoso 
Bono  straordinariamente  più  gravi  di  quelle  dei  vasi   (meno   alcuni)  quantunque   si 


264  G,  Catòla 


sia  certi,  data  la  tecnica  seguita  nelle  esperienze,  che  i  microrganismi  con  le  loro  tos- 
sine  debbono  essere  arrivati  al  perenchima  medesimo  attraverso  il  sistema  vascolare. 

Non  abbiamo  fingerà  tenuto  parola  della  nevroglia.  Di  questa  possiamo  dire 
soltanto  che  meno  poche  cellule  più  o  meno  rigonfiate  alla  periferia  dei  focolai 
d'infiltrazione,  anch'essa  presentava  segni  non  dubbi  di  degenerazione  nei  punti  di 
alterazione  maggiore. 

Per  ricercare  l'eventuale  presenza  di  stafilococco  piogeno  aureo  nel  tessuto  midol- 
lare abbiamo  fatto  culture  come  nella  esperienza  antecedente  e  di  più  abbiamo  appli- 
cato alle  sezioni  il  metodo  di  E  brìi  eh.  Riuscirono  positivi  ambedue.  Col  metodo  di 
colorazione  dell'Ehrlich  si  è  visto  che  i  microrganismi  erano  abbondantissimi,  nel 
loro  aggruppamento  caratteristico,  specialmente  nelle  infiltrazioni  localizzata  nella 
regione  del  canale  centrale,  regione  ove  anche  i  vasi  erano  profondamente  infiltrati. 

Esperienza  in.  —  Coniglio  N.  2,  peso  kg.  2  circa. 

Si  pratica  la  stessa  operazione  che  nel  coniglio  antecedente  miettando  nell'aorta 
Vj  ce.  della  medesima  cultura.  Liberato  l'animale  dal  tavolo  operatorio  si  mette  a 
camminare  liberamente  senza  traccia  di  paralisi.  Il  mattino  seguente,  14  ore  circa 
dopo  l'operazione,  l'animale  sta  col  muso  appoggiato  al  suolo  e  con  l'arto  superiore 
sinistro  notevolmente  paretico.  Ha  39.8**  di  temperatura  rettale.  Muore  spontanea- 
mente il  dopo  pranzo,  22  ore  circa  dall'iniezione  della  cultura. 

Autopsia,  —  Macroscopicamente  né  il  sistema  nervoso  centrale  né  i  visceri 
toraco-addominali  presentano  alterazioni  di  qualche  entità. 

Esame  microscopico,  —  Le  lesioni  principali  che  si  osservano  nel  midollo  spi- 
nale di  quest'animale  sono  dei  piccoli  focolai  d' infiltrazione  localizzati  isolatamente 
qua  e  là  sopratutto  nelle  corna  posteriori  e  nella  sostanza  bianca  specialmente  in 
corrispondenza  dei  rigonfiamenti  cervicale  e  lombare. 

Questi  focolai  visibili  anche  ad  occhio  nudo  su  preparati  col  metodo  di  Nissl, 
sono  costituiti  quasi  esclusivamente  da  leucociti  e  da  linfociti.  Intorno  ad  essi  vi  è 
quasi  sempre  una  zona  non  molto  estesa  di  degenerazione  lacunare  del  tessuto.  Ripeto 
che  il  numero  di  tali  focolai  è  assai  scarso. 

Delle  cellule  gangliari  delle  coma  anteriori  della  sostanza  grigia,  a  livello  dei 
rigonfiamenti  midollari,  alcune  sono  cromatolizzate,  altre  normali,  altre  intensamente 
colorate  con  nucleo  anch'esso  molto  tinto  e  limiti  poco  distinti.  In  alcune  di  queste 
cellule  esiste  un  anello  chiaro  perinucleare.  Poche  cellule  sono  rigonfie  e  disgregate 
nella  loro  struttura.  Nel  midollo  sacrale  e  in  tutto  il  midollo  dorsale  le  cellule  si 
possono  dire  tutte  quante  normali. 

La  pia  madre  è  generalmente  intatta  :  solo  in  qualche  punto  é  leggermente 
infiltrata.  Noduli  di  infiltrazione  più  gravi  s' incontrano,  per  quanto  relativamente 
di  rado,  tra  le  varie  radici  del  midollo  lombo-sacrale  o  tra  queste  e  la  superficie 
del  midollo.  Qualche  nodulo  isolato  si  ritrova  anche  tra  la  dura  e  la  pia  madre. 

I  vasi  appaiono  generalmente  intatti  salvo  qualcuno  un  po'  infiltrato  e  con  l'en- 
dotelio picnoticò  sia  nella  pia  madre,  sia  nelle  radici  spinali,  sia  anche  nella  so- 
stanza bianca. 

I  gangli  spinali,  eccettuata  qualche  cellula  con  evidente  tigrolisi,  non  presen- 
tano nel  loro  interno  altra  lesione  degna  di  nota.  Solo  qualcuno  di  essi  si  trova 
circondato  da  zone  di  infiltrazione  che,  in  genere,  non  oltrepassano  la  capsula  fibrosa. 

Da  questa  esperienza  parrebbe  scainrire  netta  la  conclusione  che  la  slessjì 
iniezione  fatta  nello  slesso  animale  nelle  slesse  circostanze  ha  prodotto  effetti 


A  proposito  di  alcune'  mieliti  infettive  sperimentali  265 

molto  meno  gravi  che  nel  primo  coniglio  ove  abbiamo  notato  intenso  stato 
lacunare  del  tessuto  fino  alla  sua  disgregazione,  fortissima  infiltrazione  fino 
alla  formazione  di  veri  e  propri  noduli  ascessuali,  lesioni  celhilari,  meningee, 
Tascolari  e  radicolari.  La  differenza  del  reperto  si  potrebbe  spiegare  col  fatto 
che  nel  primo  caso,  prima  di  riempire  la  siringa  di  Pravaz  per  l'iniezione 
ìntraortica,  abbiamo  agitato  la  cultura  e  ridotto  uniformemente  sospeso  il  de- 
posito culturale  sedimentato  al  fondo  della  provetta,  mentre  in  questo  secondo 
caso  abbiamo  iniettato  la  cultura  decantata  prima  accuratamente:  tra  i  due 
«sperimenti  non  esistono  altre  differenze  di  procedimento  tecnico.  È  quindi 
])robabile  che  la  maggior  corpuscolarità  della  prima  cultura  abbia  favorito  l'ar- 
resto di  un  numero  maggiore  di  microrganismi  nell'interno  del  midollo  provo- 
candovi più  estese  e  più  numerose  lesioni. 

Anche  in  questa  esperienza  come  nella  prima  abbiamo  ricercato  lo  stafilo- 
cocco piogeno  aureo  nel  midollo  e  lo  abbiamo  rintracciato  con  la  prova  culturale. 

Esperienza  IV.  —  Coniglio  grigio,  peso  2  kg. 

Si  sottopone  alla  stessa  operazione  iniettandogli  nell'aorta  addominale  Vj  cent. 
cabo  di  emalsione  di  una  patina  di  stafilococco  piogeno  aureo,  coltivato  in  agar, 
fatta  con  brodo  sterile.  L'animale  appena  sciolto  dai  legacci  cammina  rapidamente 
senza  presentare  fenomeni  motori  degni  di  nota. 

Dopo  12  ore  ha  39.5°  di  temperatura  e  si  muove  lentamente  dietro  ripetuti  sti- 
moli. Non  mostra  nessun  fenomeno  paralitico  a  carico  degli  arti.  Ma  siccome  è 
tiitito  imbrattato  di  urina  e  feci  così  c'è  il  sospetto  che  siano  paralizzati  gli  sfinteri 
vescicale  e  rettale. 

Muore  20  ore  circa  dopo  l' operazione  senza  presentare  nuovi  sintomi. 

Autopsia.  —  Visceri  toraco-addominali  apparentemente  normali.  Congestione 
l^S'gera  della  pia  madre  nella  metà  inferiore  del  midollo.  I  frammenti  di  midollo, 
oltre  che  nei  fissatori  già  citati,  vengono  fissati  anche  nel  liquido  di  Carnoy. 

Esame  istologico,  —  Le  minute  alterazioni  che  abbiamo  potuto  osservare  nel 
iftidollo  di  questo  animale  sono  molto  simili  a  quelle  ricordate  nell' esperienza  ante- 
cedente, salvo  la  differenza  essenziale  che  nel  caso  attuale  i  focolai  di  infiltrazione 
intramidollari  sono  localizzati  esclusivamente  nella  sostanza  grigia  e  più  propria- 
mente nelle  corna  posteriori  come  dimostra  la  fig.  8.  Nella  sostanza  bianca  invece 
n<^n  abbiamo  incontrato  che  qualche  focolaio  periferico  contiguo  a  focolai  meningei 
^  l^alche  zona,  pure  periferica,  con  rigonfiamento  di  fibre  e  di  cilindrassi  anch'essa 
^^^lifi Haute  con  tratti  di  meninge  più  o  meno  infiltrata.  È  infatti  in  parecchi  punti 
^'^a  pia  madre  e  tra  la  pia  e  la  dura  madre,  specialmente  in  prossimità  dei  gangli 
pillali,  che  si  osservano  placche  di  infiltrazione  più  o  meno  considerevoli.  I  vasi,  ec- 
^tto  qualcuno  alla  periferia  midollare  moderatamente  infiltrato,  non  offrono  in  ge- 
^^^le  nessuna  alterazione  svelabile  coi  metodi  ordinari  di  ricerca:  tutt'al  più  s'in- 
^tru  picnosi  endoteliare. 

frammenti  di  midollo  seminati  su  vari  terreni  nutritivi  hanno  dato  sviluppo  di 
^^lococco  piogeno  aureo. 

esperienza  V.  —  Coniglio  grigio,  peso  2  kg.  circa. 

Previa  ,1' operazione  già  descritta  si  procede  ad  una   iniezione  di  Vj  ce.  di   una 

J^ltura  di  stafilococco  piogeno  aureo  di  3  giorni   di  età   nell'aorta  addominale  del- 

^^ìiuale.  Al  solito  l'ischemia  midollare   momentanea,  inerente  al  metodo  adottato, 


266  G.  Cntòla 


non  altera  la  funzione  motoria  del  treno  posteriore  dell*  animale  che  liberato  dalla 
legatura  cammina  senza  traccia  di  sintomi  paralitici.  La  mattina  seguente,  16  ore 
dopo  l'operazione,  l'animale  è  paretico  negli  arti  posteriori  e  nell'arto  superiore  si- 
nistro. Stimolato  a  muoversi  tenta  di  trascinarsi  sul  suolo  ma  non  vi  riesce. 

Non  mangia;  ha  39°  di  temperatura.  L'animale  muore  23  ore  dopo  l'operazione 
senza  nuovi  sintomi. 

Autopsia,  —  Niente  di  notevole  nei  visceri  toraco-addominali,  nel  cervello  e  nel 
midollo  all'esame  macroscopico:  solo  la  pia  madre  spinale  è  leggermente  congesta 
nel  suo  tratto  dorso-lombare. 

Esame  microscopico.  -  Pia  madre  qua  e  là  leggermente  infiltrata.  Nel  tessuto 
midollare,  al  contrario,  non  si  osservano  che  ì  seguenti  fatti:  cromatolisi  di  qualche 
cellula  gangliare  motrice  e  leggero  stato  lacunare  della  sostanza  bianca  nella  zona 
più  vicina  alla  sostanza  grigia  esteso  a  tutto  il  midollo  cervicale  (fig.  9). 

Le  culture  latte  con  tessuto  midollare  danno  sviluppo  di  stafilococco  piogeno  aureo. 

Esperienza  VI.  —  Coniglio  grigio,  peso  kg.  2. 

La  stessa  operazione.  Iniezione  di  uh  mezzo  ce.  di  cultura  in  brodo  di  24  ore  di 
stafilococco  piogeno  aureo.  Nessun  fenomeno  motorio  dopo  l'operazione. 

La  mattina  seguente  l'animale  sta  completamente  bene  e  comincia  a  mangiare; 
non  ha  temperatura. 

Dopo  una  settimana  il  coniglio  è  in  piena  salute  tranne  un  certo  grado  di  di- 
magramento. La  ferita  addominale  è  completamente  cicatrizzata.  Il  coniglio  continua 
a  godere  buona  salute  per  parecchi  giorni  mangiando  regolarmente  e  migliorando 
nello  stato  di  nutrizione  generale.  La  mattina  del  20°  giorno  è  trovato  morto  nella 
sua  gabbia.  Pesa  1,900  gr. 

Autopsia,  —  Ferita  operatoria  completamente  cicatrizzata.  Peritoneo,  visceri 
toraco-addominali  completamente  normali. 

All'apertura  dello  speco  vertebrale  si  nota  che  il  canale  rachideo  è  pieno  di 
sangue  coagulato  che  cinge  il  midollo  a  mo'  di  manicotto  tutto  all'intorno  e  spe- 
cialmente nella  sua  metà  anteriore.  Questa  raccolta  sanguigna  che  dà  l' impressione 
di  un  emato-rachide  si  prolunga  in  alto  fino  al  bulbo.  Subito  al  di  sotto  di  questo 
il  sangue  aderisce  ed  infiltra  la  pia  madre  in  modo  da  sembrare  il  punto  di  origine 
di  una  emorragia  che  partendo  dalle  meningi  avrebbe  riempito  di  sangue  tutto  lo 
speco  vertebrale  dando  luogo  alla  morte  improvvisa  dell'animale. 

Tutto  il  midollo,  ad  eccezione  di  una  piccola  porzione,  viene  fissato  nel  liquido 
di  Mailer.  Un'altra  piccola  parte  viene  fissata  in  alcool  a  95^ 

L' esame  microscopico  del  midollo  spinale  non  fa  rilevare  nessuna  lesione  apprez- 
zabile: negativo  l'esame  batteriologico. 

Esperienza  VII.  —  Coniglio  grigio,  peso  kg.  2. 

La  stessa  operazione.  Iniezione  di  1  ce.  di  cultura  in  brodo  di  24  ore  di  stafi- 
lococco piogeno  aureo. 

Dopo  l'operazione  il  coniglio  non  presenta  alcun  fenomeno  motorio.  H  giorno  dopo 
sta  benissimo  e  comincia  a  mangiare.  Tranne  un  leggero  grado  di  dimagramento  nei 
primi  15  giorni  successivi  all'operazione,  l'animale  non  ha  presentato  alcun  altto 
fatto  degno  di  menzione  ed  è  morto  circa  un  mese  dopo  l'operazione  senza  presen- 
tare sintomi  speciali  dal  lato  del  sistema  nervoso.  Andò  progressivamente  dimagrando 
mantenendo  però  sempre  molta  vivacità.  Fu  trovato  morto  una  mattina  senza  che 
il  giorno  innanzi  avesse  fatto  prevedere  una  fine  così  prossima.  Negativo  V  esame  del 
sisteina  nervoso  sia  dal  lato  istologico  che  dal  lato  batteriologico. 


-4  proposito  di  alcwie  mieliti  infettive  sperimentali  267 

Eaperienza  Vili.  —  Coniglio  grigio,  peso  kg.  2. 

Identica  operazione.  Iniezione  nell'aorta  di  mezzo  cent,  cubo  di  una  cultura  di 
stafilococco  p.  aureo,  molto  vecchia,  con  deposito  di  patina  giallastra  in  fondo  al 
tubo  da  cultura.  La  compressione  dell'aorta,  durante  la  iniezione,  si  fa  solo  appena 
per  un  minuto.  Sciolto  l'animale  dal  tavolo  operatorio  cammina  subito  senza  incer- 
tezza e  senza  sintomi  paralitici. 

La  puntura  dell'  aorta  ha  dato  luogo  ad  una  emorragia  insignificante. 

Sintomi»  —  Dopo  circa  10  ore  dall'operazione  il  coniglio  ha  un  certo  grado  di 
paresi  spastica  del  treno  posteriore  e  un'oja  avanti  la  morte  una  paraplegia  spastica 
completa;  gli  arti  posteriori  sono  estesi  in  tutte  le  articolazioni  e  sono  talmente  ri- 
gidi che  non  è  possibile  fletterne  i  vari  segmenti.  Gli  arti  anteriori  sembrano  intatti 
quantunque  in  qualche  momento  l'animale  presenti  piccoli  movimenti  a  carattere 
convulsivo  nell'arto  anteriore  sinistro.  Muore  22  ore  dopo. 

Autopsia.  —  Il  cavo  peritoneale  contiene  un  po'  piìi  di  liquido  che  in  condi- 
zioni normali  e  qua  e  là,  sulla  superficie  degli  intestini  contìgua  alla  parete  addo- 
minale, si  nota  qualche  straccetto  fibrinoso.  Niente  altro  di  notevole  per  riguardo 
agli  organi  toraco-addominali. 

Il  midollo  lombo-sacrale  apparisce  più  congesto  della  metà  superiore-,  niente  altro 
di  notevole  all'esame  macroscopico  del  sistema  nervoso. 

Fissazione  dei  frammenti  di  midollo  nei  segmenti  liquidi;  alcool  a  95°,  alcool 
assoluto,  liquido  di  Muli  e r,  sublimato  saturo,  miscela  sublimato-picrica,'  liquido 
del  Carnoy. 

L' esame  microscopico  del  midollo  lombare  mette  in  evidenza  estese  lesioni  della 
sostanza  bianca  e  della  sostanza  grigia  paragonabili  in  tutto  e  per  tutto,  salvo  dif- 
ferenze di  distribuzione,  a  quelle  descritte  nel  coniglio  N.  1.  Anche  qui  si  notano 
gravi  lesioni  parenchimatose  con  vasi  relativamente  poco  alterati  e  persistenza  di  cel- 
lule gangliari,  il  più  spesso,  a  dire  il  vero,  discretamente  alterate,  in  mezzo  a  tessuto 
profondamente  leso.  Qua  e  là,  in  mezzo  a  piccoli  vasi  gravemente  infiltrati  e  talmente 
disgregati  da  essere  appena  riconoscibili,  si  vedono  numerosissimi  stafilococchi  riuniti 
negli  aggruppamenti  caratteristici. 

Esperienza  IX.  —  Coniglio  piccolo  grigio,  peso  kg.  1,400. 

Si  pratica  la  stessa  operazione  e  si  inietta  */.j  di  ce.  di  cultura  in  brodo  di  sta- 
filococco emorragico,  vecchia  di  circa  20  giorni.  .• 

Sciolto  l'animp.le  dal  tavolo  operatorio  esso  cammina  regolarmente,  ma  a  salti 
più  piccoli  che  d'ordinario. 

Dopo  circa  24  ore  dopo  compare  paraparesi  del  treno  posteriore  che  va  gradual- 
mente accentuandosi  fino  a  paraplegia  completa. 

Dopo  44  ore  l'animale  è  paralizzato  completamente  nei  due  arti  posteriori  e 
negli  sfinteri:  è  dispnoico.  La  paralisi  degli  arti  posteriori  non  è  flaccida,  ma  leg- 
germente spastica. 

L'animale  muore  48  ore  circa  dopo  l'operazione. 

Autopsia.  —  Visceri  toraco-addominali  normali.  Anche  il  sistema  nervoso  all'esame 
macroscopico  non  presenta  fatti  degni  di  menzione  salvo  un  certo  grado  di  iperemia 
a  livello  del  cono  terminale. 

Fissazione  dei  pezzi  in  alcool  a  95^,  alcool  assoluto,  liquido  di  Flemming. 
Esame  microscopico:  meningo-mielite  difi*usa  come  nel  caso  antecedente  compren- 
dente il  midollo  lombo-sacrale.  Al  di  sopra  del  midollo  lombare  fino  a  quasi  tutto 
il  midollo  dorsale'  non  si  ha  che  uno  stato  lacunare  pariigonabile  a  quello  verifica- 


268  G.  Catòla 


tosi  nel  coniglio  N.  4.  La  descrizione  in  dettaglio  di  questo  caso  non  sarebbe 
quindi  che  la  ripetizione  dei  due  casi  già  brevemente  analizzati. 

Le  cultare  fatte  con  frammenti  di  sostanza  midollare  danno  risaltato  positivo. 

Esperienza  X.  —  Coniglio  di  pelo  fulvo,  peso  circa  2  kg. 

Operato  lo  stesso  giorno  del  coniglio  N.  8  con  la  stessa  tecnica  gli  sì  inietta 
Vi  ce.  di  brodo  intorbidato  con  una  patina  di  cultura  di  tifo  su  agar.  Dopo  Pope- 
razione  r  animale  non  presenta  traccia  di  paresi  .del  treno  posteriore  e  cammina  spe- 
ditamente con  andatura  a  tipo  normale.  Il  mattino  seguente  presenta  paresi  della 
gamba  destra  e,  nel  pomeriggio,  paraparesi.  La  sera  verso  le  8,  cioè  28  ore  circa  dopo 
Toperazione,  è  completamente  paraplegico. 

Al  mattino  è  trovato  morto  in  piena  rigidità  cadaverica. 

Autopsia,  —  Intensa  congestione  del  midollo  lombare;  visceri  toraco-addomi- 
nali  apparentemente  normali.  Anche  in  questo  caso  Pesame  istologico  non  rivela  le- 
sioni anatomiche  dissimili  da  quelle  osservate  nel  coniglio  V  inoculato  con  lo  sta- 
filococco piogeno  aureo. 

Esperienza.  XI.  —  Coniglio  grigio,  peso  kg.  1,400. 

Si  pratica  la  stessa  operazione  che  nei  conigli  precedenti  iniettando  nella 
aorta  ^/^  ce.  di  cultura  giovanissima  (24  ore)  di  stafilococco  piogeno  aureo.  Termi- 
nata r  operazione  T  animale  liberato  dalla  contenzione  si  mett«  a  camminare  senza 
traccia  di  paresi.  Per  due  giorni  rimane  torpido,  abbattuto,  col  pelo  un  po'  arrufiTato 
e  non  mangia  quasi  punto. 

Temperatura  rettale  39®.  Poi  si  ravviva,  comincia  a  mangiare  e  si  rimette  com- 
pletamente. Al  15°  giorno  viene  tolto  dalla  gabbia  apparentemente  guarito  e  lasciato 
libero  in  una  stanza  in  mezzo  ad  altri  animali.  Dopo  poche  ore  fu  trovato  morto 
senza  che  V  autopsia  riuscisse  a  dimostrare  la  ragione  di  questa  rapida  fine.  Negativo 
l'esame  batteriologico. 

Si  può  riassumere  nelle  conclusioni  che  seguono  quel  che  più  di  impor- 
tante si  può  dedurre  dalle  esperienze  che  brevemente  abbiamo  più  sopra  riferito. 
i)  Iniettando  nell'aorta  addomino-lombare  culture  batteriche  in  brodo 
od  in  patine  stemperate  in  questo  liquido  od  in  una  soluzione  fisiologica  di 
Nacl,  mentre  essa  è  per  brevi  istanti  occlusa  nel  punto  di  biforcazione  nelle 
arterie  iliache,  è  possibile  provocare  sperimentalmente  delle  mieliti  acutis- 
sime senza  ricorrere  alla  ischemia  midollare  prolungata  preliminare  o  alle 
embolie  asettiche  sussidiarie. 

2)  Clinicamente  il  quadro  sintomatologico  può  variare  in  modo  notevole 
ad  onta  di  un  identico  procedimento  sperimentale:  basta  che  la  cultura  pre- 
senti una  diversità,  anche  leggera,  di  etfì  di  sviluppo,  per  produrre  effetti 
assai  diversi. 

3)  La  slessa  considerazione  vale  per  le  alterazioni  anatomiche:  da  una 
leggera  o  quasi  trascurabile  infiltrazione  con  uno  stato  lacunare  {Ltickenfeld), 
più  0  meno  accentuato,  si  può  arrivare  sino  alle  forme  emorragiche  ed  alla 
formazione  di  veri  e  propri  noduli  ascessuali. 

4)  Le  lesioni  prevalgono  generalmente  in  seno  alla  sostanza  grigia.  E 
spesso  notevole  la  sproporzione  Ira  le  lesioni  interstiziali  e  le  lesioni  paren- 
chimatose:  accanto  a  gravi  lesioni  vascolari  con    intensissime    infiltrazioni  le 


.4  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali  269 

cellule  gangliari  vicine  possono  apparire  soltanto  leggermente  modificate  nella 
loro  struttura  e  viceversa.  Conseguentemente,  secondo  la  nostra  opinione,  il 
dato  della  maggior  gravità  di  lesione  non  potrebbe  costituire  un  criterio  suf- 
ficiente a  stabilire  la  primarietà  di  localizzazione  del  processo  anatomo-pato- 
iogico  in  una  categoria  dì  elementi  di  tessuto,  avvalorandosi  sempre  più  il  con- 
vincimento che  le  lesioni  interstiziali  e  le  lesioni  del  parenchima  (e  in  questo 
caso  le  cellule  gangliari)  siano,  in  tali  casi,  tra  loro  contemporanee. 

5)  Con  culture  molto  giovani  non  si  ottennero  fenomeni  paralitici  e  gli 
Minimali  morirono  repentinamente  dopo  che  sembravano  completamente  rista- 
biliti dalla  leggera  malattia  sofferta,  allorché,  tolti  dalla  gabbia,  cominciarono 
a  camminare  ed  a  correre  per  la  stanza,  cioè  quando  cominciarono  nuova- 
mente a  spendere  energia  nerveo-muscolare. 

6)  In  tutti  i  casi,  eccetto  in  quelli  in  cui  non  si  verificarono  delle 
paralisi  e  nei  quali  la  sopravvivenza  raggiunse  parecchi  giorni,  si  trova- 
rono nel  tessuto  midollare  gli  stessi  microrganismi  che  erano  stati  iniettati 
nella  aorta. 

7)  In  parecchie  esperienze,  studiando  il  sistema  nervoso  centrale  (mi- 
dollo) a  diversi  livelli,  e  basandosi  .specialmente  sui  reperti  batteriologici 
positivi  0  negativi,  si  potè  constatare  in  modo  assai  chiaro  che  le  alterazioni 
nervose  sono  di  natura  tossica  e  non  infettiva. 

8)  Non  si  riscontrarono  mai  trombosi  vasali  ad  onta  di  aver  esaminato 
un  numero  grandissimo  di  sezioni  in  serie  per  ciascun  midollo.  Solo  in  qualche 
punto,  ove  le  infiltrazioni  e  le  lesioni  del  tessuto  erano  più  gravi,  si  pote- 
vano osservare  grandi  accumuli  di  batteri  (stafilococchi  p.  aurei)  in  rapporto 
ai  vasi  e  dipendenti  probabilmente  da  embolie  micotiche. 

Spiegazione  delle  flgrure. 

Fio.  I.  -  Infiltrazioni  perì  vascolari  intonio  ai  vasi  dei  cordoni  posteriori  [Cp).  Aumento  notevole 
dei  nuclei  nelle  coma  posteriori  {Cpg).  —  Metodo  di  Nissl.  IngraDdiinento:  oc.  4  conip.» 
obb.  A  Zeiss. 

Fio.  II.  *  Placca  di  degenerazione  nel  cordone  laterale  del  midollo  lombare.  Or  =  ganglio  spi- 
nale. —  Metodo  di  Weigert.  Lo  stesso  ingrandimento. 

Fie.  III.  •  Scomparsa  delle  cellule  gangliari  motrici  nelle  coma  anteriori.  In  corrispondenza 
della  commissura  grigia  (Cg)  notevoli  infiltrazioni  perivasc4)lari.  Aumento  di  nuclei  special- 
mente nella  sostanza  grigia  intermedia.  —  Metodo  di  Nissl.  Lo  stesso  ingrandimento. 

Fi«.  IV.  -  Stato  lacunare  [Lucìe mfeld)  intorno  alla  sostanza  grigia  delle  coma  anteriori.  Ematos- 
silina  cosina.  Lo  stesso  ingrandimento. 

Fio,  V.  -  Grosso  nodulo  di  infiltrazione  (leucociti  e  linfociti)  in  un  corno  anteriore  della  sostanza 
grigia  del  midollo  lombare.  Ematossilina-eosiua.  Lo  stesso  ingrandimento. 

Fm.  vi.  -  Un  piccolo  nodulo  d*  infiltrazione  nel  corno  anteriore  con  cellule  gangliari  ancora  net- 
tamente visibili.  Stato  lacunare  ed  infiltrazione  diffusa  nella  sostanza  bianca  contigua  alla 
grigia.  £mato8siliua  cosina.  Lo  stesso  ingrandimento. 

Fio.  VII.  -  Infiltrazione  (a  cuneo)  ed  emorragia  di  un  vaso  periferico  penetrante  nel  midollo: 
stato  lacimare  del  tessuto  circostante.  Ematossiliua-eosina.  Ingrandimento:  oc.  4  comp., 
obb.  no,  Zeiss. 

Fio.  Vili.  -  Nodulo  d'infiltrazione  nella  parte  interna  del  corno  posteriore  (T/?).  Metodo  di  Nissl. 
Ingrandimento:  oc.  4  comp.,  obb.  À,  Zeiss. 

Fio.  IX.  -  Leggero  stato  lacunare  intomo  alle  coma  anteriori.  Flemming.  Lo  stesso  ingrandimento. 


270  G.  Catòla 


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272        G,  Catòla  -  .4  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali,  ecc. 

66.  OHIKA.BD1J0CT.  Contributo  alla  patogenesi  della  mielite  infettiva  sperimentale  acata.  «Il 
Policlinico  »  (sezione  pratica),  1904. 

67.  Ghiulbdccci.  Influenza  dei  disturbi  della  circolazione  spinale  sulla  genesi  della  mielite 
acuta  sperimentale  da  streptococco.  «  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei  »,  voi.  XIII,  1904. 

68.  OHn.AaDccci.  Contributo  allo  studio  della  mielite  acuta  sperimentale  da  streptococco. 
«  Ricerche  fatte  nel  Lab.  di  Anat.  normale  della  R.  Univ.  di  Roma,  eec.  »,  voi.  XI,  fase.  3,  1905. 

69.  PAincBi.  Contributo  alla  patogenesi  delle  paralisi  pneumococciche  sperimentali.  «  Rivista 
di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  voi.  X,  1905. 

70.  Iltshto.  Ueber  die  experimentellen  Myelitiden.  «  Centralblatt  ftir  allgemeine  Pathologie 
und  pathologische  Anatomie  »,  8.  470,  1905. 

71.  DopTXB.  Eifets  expérimentaux  de  la  toxine  dysentérique  sur  le  système  nervenx.  <  Annale» 
de  riustitut  Pasteur  »,  tomo  XIX,  n.  6,  1905. 

72.  D'Abumik).  Patologia  sperimentale  spinale.  «  Ann.  di  Nevrol.  »,  voi.  XXIY,  fase.  2-3,  1906. 
78.  D'Abvmdo.  Mieliti  con  lo  pneumococco  di  Friedlander,  «  La  Psichiatria»,  voi.  Vili,  fase.  3-4. 


Clinica  delle  malattie  nervose  e  mentali  dell'Istituto  di  Studt  superiori  in  Firenze 
diretta  dal  prof.  E.  Tanzi 


Sulla  specificità  della  reazione -di  Wassermann. 
(Metodo  della  deviazione  del  complemento) 

per  il  doti.  O.  Rossi,  Aiuto  e  Libero  Docente 


In  altro  dei  miei  lavori  (i)  sulla  reazione  di  Wassermann  date  le  ri- 
sultanze delle  conoscenze  in  argomento,  le  quali  dimostravano  che  la  reazione 
non  parca  più  doversi  attribuire  al  fatto  dell'assorbimento  del  complemento 
da  parte  del  complesso  antigene-ani worpo  —  prendendo  questi  vocaboli  nel 
loro  più  stretto  sìgrnilìcato  —  io  esprimeva  l'opinione  che  convenisse  istituire 
delle  ricerche  sperimentali  per  sludiare  se  potesse  artificialmente  venire  pro- 
vocata nei  liquidi  organici  la  presenza  di  sostanze  capaci  di  dare  luogo  alla 
deviazione  del  complemento. 

Da  tempo  ho  intrapreso  delle  ricerche  in  questo  senso,  i  risultati  delle 
quali,  se  avranno  qualche  significato,  farò  conoscere  più  tardi;  ora  voglio  sol- 
tanto comunicare  un  fatto,  il  quale  non  mi  consta  sia  stato  da  altri  rilevato, 
che  mi  è  occorso  di  verificare  nelle  ricerche  di  controllo  che  ho  fatto  prece- 
dere alle  ricerche  sopradelle.  Allo  stato  attuale  delle  discussioni  in  argomento 
il  mio  reperto  può  avere  qualche  valore. 

Che  neirallestimento  della  prova  di  Wassermann  Testratto  acquoso  di 
fegato  sifilifico  possa  venire  soslituito  da  estratti  acquosi  od  alcoolici  di  oi*gani 
normali  (sopratutlo  dall'estralfo  alcoolico  di  cuore  di  cavia)  o  da  emulsioni 
di  speciali  sostanze  (in  modo  speciale  lecitina)  è  cosa  nota  da  parecchio  tempo 
e  confermata,  nonostante  alcune  riserve,  da  molti  studiosi.  Anzi  lo  stesso  Was- 
sermann, il  quale  per  altro  non  si  era  neppure  nei  precedenti  lavori  reci- 
samenle  pronuncialo  sulla  natura  di  quelle  sostanze  che  egli  chiamava  anli- 


0,  Rossi  -  StUla  specificità  della  reazione  di  Wassermann,  ecc.         273 

gene,  dopo  queste  constatazioni  si  accostava  all'idea  che  l'origine  della  reazione 
si  dovesse  ricercare  nella  presenza,  nello  siero  dei  sifilitici  e  nel  liquido  ce- 
rebro-spinale dei  tabetici  e  paralitici  progressivi,  di  speciali  sostanze  (eteri 
di  colesterina-acidi  grassi  secondo  l'ipotesi  di  L'evaditi)  che  hanno  speciale 
affinità  verso  i  lipoidi  e  sopratutto  verso  la  lecitina. 

Questo  per  altro  non  toglieva  alla  reazione  proposta  nulla  del  suo  valore 
pratico  perchè  anche  con  gli  estratti  di  organi  normali  o  colle  emulsioni  di 
lecitina,  si  otteneva  risultato  positivo  solo  coi  liquidi  organici  di  individui 
sifilitici  0  sofferenti  di  metasifilide;  vale  a  dire  che  le  sostanze  speciali  che 
producono,  in  unione  all'estratto,  il  fenomeno  deviazione  del  complemento  e  che 
potremmo  ancora  per  brevità  chiamare  anticoiyi  —  quando  si  dica  però  chia- 
ramente che  con  questo  vocabolo  non  si  vuole  parlare  di  anticorpi  nel  senso 
classico,  di  veri  ambocettori  —  si  sarebbero  trovate  soltanto  nei  soggetti  che 
avevano  contratto  la  sifilide. 

Ma  recentemente  sono  state  comunicate  delle  ricerche  le  quali,  da  questo 
lato,  infirmano  la  specificità  della  prova  di  >\asserniann;  e  queste  nuove  ri- 
cerche ne  hanno  fatte  rivivere  altre  che  dapprima,  per  essere  rare  e  sparse, 
non  erano  state  prese  nella  considerazione  che  meritano. 

Landsteiner,  MùUer  e  Pótzl  (2)  fecero  conoscere  che  l'estratto  di  fe- 
t^ato  sifilitico  dava  luogo  all'impedimento  dell'emolisi  se  mescolato  con  lo 
siero  di  conigli  infettati  di  Tri])anó^oma  equiperdum  (Dourine-Mal  du  coitj  o 
(li  Tripanosoma  gambiense;  nel  loro  lavoro  notavano  come  talvolta  anche  lo 
siero  di  conigli  normali  può  dare  luogo,  con  l'estratto  di  fegato  sifilitico,  ad 
impedimento  dell'emolisi  però  di  grado  leggiero.  Più  tardi  Fleischmann  (3) 
comunicava  che  lo  siero  di  sei  su  sette  conigli  normali,  studialo  da  questo 
punto  di  vista,  dava  luogo  ad  impedimento  dell'emolisi  con  estratto  acquoso 
di  fegato  sifilitico  o  con  estratto  alcoolico  concentrato  di  fegato  normale 
mentre  non  produceva  questo  fenomeno  con  l'estratto  acquoso  di  fegato  nor- 
male. La  stessa  constatazione  in  alcuni  casi  era  stata  fatta  da  Michael is. 
Ma  Hartoch  e  Jakimoff  (4)  confermando  i  risultati  di  Landsteiner  e  colla- 
boratori per  ciò  che  riguarda  la  tripanosomiasi,  negano  che  lo  siero  di  conigli 
normali  possa  dare  luogo  alla  deviazione  del  complemento.  Eisler(^5)  è  dello 
stesso  parere  benché  abbia  visto  dei  risultati  positivi  collo  siero  di  coniglio 
normale  procedendo  col  metodo  della  precipitazione  della  lecitina.  \Veil  e 
Braun  avendo  ottenuto  la  reazione  di  Wassermann  con  Io  siero  precipi- 
tante di  alcuni  conigli  considerarono  già  questa  reazione  come  non  specifica 
anche  dal  punto  di  vista  degli  anticorpi:  tuttavia  Eisler  (1.  e.)  ottenne  sempre 
esito  negativo  da  sieri  precipitanti  di  coniglio;  anche  Micheli  e  Borelli  (6) 
avendo  eseguite  delle  ricerche  con  parecchi  sieri  precipitanti  di  coniglio  (siero 
umano,  ovo-albumina,  siero  di  cavallo)  dimostrarono  che  essi  alla  dose  di  0,1 
non  sono  attivi  o  non  sono  più  aitivi  dello  siero  normale. 

Toyosumi  (7)  avrebbe  osservato  che  lo  siero  di  bue  si  comporta,  in  al- 
cuni casi,  come  quello  di  sifilitico;  ma  le  sue  ricerche,  per  essere  stale  ese- 
guile col  metodo  della  precipitazione  della  lecitina,  sono  meno  probative  perchè, 

16 


274  0.  Rossi 

* 
come  hanno  recentemente  fatto  notare  Plaut  (8)  e  Wassermann  (9),  questa 
reazione  è  assai  meno  specifica  del  metodo  originario  di  Wassermann. 

Interessanti  sono  le  ricerche  che  Bruck  e  Stern  (10)  eseguirono  sullo 
siero  delle  scimmie:  essi  trovarono  che  quello  delle  scimmie  inferiori  dà  ta- 
lora luogo  alla  deviazione  del  complemento  mentre  questo  non  succede  mai 
con  quello  delle  scimmie  superiori. 

Altri  autori  hanno  trovato  positiva  la  reazione  di  Wassermann  in  ma- 
lati di  malattia  del  sonno  (anche  col  liquido  cefalo-rachidiano),  in  altri  affetti 
da  framboesia  tropicale.  Speciale  importanza  hanno  le  ricerche  di  Much  ed 
Eichelberg(li)  i  quali,  procedendo  colla  tecnica  originaria  di  Wassermann, 
hanno  avuto  esito  positivo  dalla  reazione  in  10  su  25  bambini  malati  di  scar- 
lattina; all'obbiezione  che  in  questi  casi  potesse  coesistere  lue  ereditaria 
(Schottmiiller)  gli  autori  rispondono  citando  qualche  caso  nel  quale  la  rea- 
zione, negativa  al  principio  della  malattia,  divenne  più  tardi  positiva.  Finora 
però  non  sono  state  eseguite  ricerche  le  quali  verifichino  per  quanto  tempo 
dopo  cessata  la  scarlattina  lo  siero  dell'individuo  che  ne  fu  affetto  reagisca 
positivamente:  queste  ricerche  sono,  come  facilmente  si  intende,  di  impor- 
tanza eccezionale  anche  per  il  valore  che  in  pratica  si  deve  accordare  alla 
reazione.  Questi  stessi  autori  avrebbero  pure  riscontrato  un  leggiero  impedi- 
mento dell'emolisi  con  lo  siero  di  malarici. 

Nel  lavoro  citato  di  Much  ed  Eichelberg  è  ricordato  come  qualche  au- 
tore abbia  trovata  positiva  la  reazione  con  lo  siero  di  cani  infetti  da  Pira- 
plasma  e  con  quello  di  polli  iniettati  con  Spirochete  dei  polli. 

* 

<e    Ile 

Da  questa  rapida  rassegna  si  rileva  come  contro  la  specificità  della  prova 
della  deviazione  del  complemento,  quale  fu  applicata  da  Wassermann  alla 
diagnosi  della  sifilide  e  delle  forme  metasifilitiche,  oggidì  si  siano  accumulate 
parecchie  osservazioni.  Per  l'interesse,  sopratutto  teorico,  che  può  avere  ho 
creduto  opportuno  di  qui  riferire  un'altrd  eccezione  da  me  riscontrata,  quan- 
tunque le  mie  ricerhe  siano  ancora  al  loro  inizio  e  mi  sia  necessario  atten- 
dere il  risultato  di  più  vasta  esperienza  per  interpretarle  decisamente:  l'ec- 
cezione è  la  seguente:  In  molti  cani  che  avevano  apparenze  affatto 
normali,  di  differente  razza  ed  età,  provenienti  da  regioni  di- 
verse, nel  sangue  dei  quali  non  riscontrai  emosporidii,  che  non 
presentavano  sintomi  di  infezione  da  parte  di  questi  protozoi, 
io  ho  trovato  che  lo  siero  di  sangue  dà  luogo,  quando  venga  me" 
scolato  ad  estratto  acquoso  di  fegato  sifilitico,  ad  un  completo 
impedimento  dell'emolisi:  la  reazione  riesce  invece  neg'ativa  col 
liquido  cefalo-rachidiano. 

Trattandosi  di  ricerche  delicate  nelle  quali  una  variazione  di  tecnica  può 
portare  qualche  differenza  nei  risultali,  credo  non  inopportuno  esporre  quella 
da  me  seguita. 


Sulla  specificità  della  reazione  di  Wasserrìiann,  ecc.  275 

Come  antigene  mi  sono  servito  di  nn  estratto  acquoso  di  fegato  di  neonato  sifi- 
litico (nel  quale  sia  coli'  esame  a  fresco  per  mezzo  del  condensatore  paraboloide,  sia 
col  metodo  di  Giemsa  che  con  quello  diLeyaditi  erano  dimostrabili  numerosissimi 
Treponemi)  preparato  secondò  il  processo  indicato  da  Wassermann  e  Plaut. 

Dei  liquidi  da  esaminare  lo  siero  di  sangue  di  cane  Tenne  ottenuto  talora  per 
separazione,  tale  altra  per  centrifugazione;  lo  siero  di  uno  stesso  animale  diede 
sempre  identico  risultato  sia  che  fosse  preparato  nel  primo  che  nel  secondo  modo: 
ogni  liquido  venne  inattivato  e  sperimentato  subito  senza  aggiunta  di  acido  fenico. 

Per  il  sistema  emolitico  avea  a  disposizione  un  <  amhocettore  »  di  coniglio, 
attivo,  contro  i  globuli  rossi  di  castrato,  alla  diluizione  di  1:  1500  (a  questo  titolo 
emolizzava  completamente,  senza  previa  sensibilizzazione,  1  cm.'  di  una  sospensione 
5/100  di  eritrociti  di  castrato):  nelle  mie  esperienze  ho  usato  dì  soluzione  di  amho- 
cettore assai  più  forte  diluendo  solo  a  1 :  500.  Come  <  complemento  »  mi  servii  di 
regola  di  siero  fresco  di  sangue  di  cavia. 

Introdotti  in  provette  sterilizzate  prima  la  voluta  quantità  di  antigene,  poscia 
il  liquido  in  esame,  quindi  il  complemento,  dopo  avere  portato  il  liquido  contenuto 
in  ciascun  tubo  ad  uguale  volume  con  soluzione  fisiologica,  ponevo  il  tutto  alla  tem- 
peratura di  37^c.  per  un'  ora,  dopo  di  che  aggiungevo  la  miscela  amhocettore  piii 
sospensione  di  eritrociti  di  castrato,  che  era  stata  prima  tenuta  per  15  minuti  a  37°c.: 
i  tubi  venivano  per  altre  due  ore  rimessi  nel  termostato  a  37®c.  e  dopo  2  ore  si 
osservavano  i  risultati. 

Per  le  proporzioni  nelle  quali  furono  usati  i  diversi  liquidi  in  esame  e  perciò 
che  riguarda  i  controlli  mi  riferisco,  per  amore  di  brevità,  alla  seguente  tabella 
nella  quale  è  riassunta  una  serie  delle  mie  ricerche  {vedi  tabella  i). 

In  altre  esperienze  mi  sono  servito  di  complemento  di  cane  o  di  coniglio  nor- 
male: i  risultati  ottenuti  furono  uguali,  come  risulta  dalla  tabella  IL 

Infine  avendo  a  disposizione  parecchi  saggi  nei  quali  mescolando  cm.'  0,2  di 
estratto  acquoso  di  fegato  sifilitico  con  uguale  quantità  di  siero  di  sangue  di  cane 
gli  eritrociti  di  castrato  del  sistema  emolitico  aggiunto  erano  rimasti  completamente 
indiscìolti,  ho  centrifugato  la  sospensione  di  ogni  provetta,  ho  lavato  tre  volte  gli 
eritrociti,  quindi  gli  ho  sospesi  in  cm.'  4  di  soluzione  iisiologica,  aggiungendo  poi 
in  ogni  provetta  differente  quantità  di  complemento  fresco  di  cavia:  così  ho  potuto 
constatare  che  con  cm.'  0,5  di  nuovo  complemento  si  otteneva,  dopo  un'ora  alla 
temperatura  di  37^c.  una  completa  emolisi. 

Con  estratto  acquoso  di  fegato  di  cavia  e  di  coniglio  ho  ottenuto  dei  risultati 
negativi;  finora  non  ho  esperimentato  l'estratto  alcoolico  di  cuore  di  cavia. 


* 


Come  ho  più  sopra  riferito  i  cani  da  me  esaminali  non  presentavano 
alcun  sintoma  rilevabile  di  malattia;  sopratutto  mancavano  affatto  i  sintomi 
dell'infezione  da  Piroplasma  canis  (ittero,  elevazione  della  temperatura,  feno- 
meni generali):  con  ciò  non  foglio  conchiudere  senz'altro  che  lo  siero  dei 
cani  normali  abbia  sempre  la  proprietà  di  dare  luogo  alla  reazione  di  Was- 
sermann; prima  di  arrivare  a  questa  conclusione  occorrerà  un  paziente 
lavoro  di  statistica,  al  quale  mi   propongo  di   modestamente  contribuire.  In 


Tabella  L 


Estratto  acquoso 
di  fegato  sifilitico 

Liquido 

organico  in 

esame 

Complemento 

Ambocettore 
di  conìglio 
attivo  contro 
gli  eritrociti 
di  castrato 

Eritrociti 

di 
castrato 

Emolisi 
dopo  2  ore  a  87*  C. 

Siero  di  cane 

Siero  fresco 
di  cavia 

1             0,2 

0,2 

0,1 

1:  600 

lem' di  una  so- 
spensione <^/ft 

nulla 

2             0,2 

0,1 

» 

» 

>» 

nulla 

1 

8             0,1 

0,2 

n 

n 

» 

quasi  nulla     ! 

4             0,1 

0,1 

» 

» 

» 

nulla 

5              0,4 

- 

n 

» 

» 

completa       1 

6              0,2 

- 

y» 

» 

» 

completa       ' 

7  - 

8  0,2 

0,4 

» 

compleU       1 

Liquido  ce- 
falo-rachi- 
diano. 

0,2 

1 

completa 

9               - 

Cont 

10              0,2 

0,4 

» 

» 

completa 

rolli 

"l 

Siero 
di  sifilitico 

i 

0,2 

nulla 

11               - 

0,4 

» 

>» 

» 

completa       j| 

12               — 

— 

» 

» 

H 

completa 

13               — 

- 

n 

1:  1000 

» 

completa 

14               — 

— 

» 

l:  1200 
(senza  sensi- 
bilizzazione) 

>» 

completa 

15               — 

— 

» 

» 

nulla 

Tabella  IL 

Bistratto  acquoso 
di  fegato  sifilitico 

Siero 

di  sangue 

di  cane 

Comple- 
mento di 
cane 

Comple- 
mento di 
coniglio 

Ambocet^ 
tore 

Eritrociti 

di 
castrato 

Emolisi 

dopo  2  ore 

a87«C. 

1             0,2 

0,2 

0,1 

- 

1:  400 

icm'di  una  so- 
spensione 5  •/> 

nulla       1 

2             0,4 

- 

» 

- 

>» 

» 

completa 

3               — 

0,4 

» 

- 

» 

» 

completa 

4               0,2 

0,2 

- 

0,1 

» 

n 

nulla 

5               0,4 

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6                — 

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completa 

7                - 

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— 

* 

nulla 

8 

- 

— 

0,1 

— 

>» 

nulla 

0.  Rossi  '  SiUla  specificità  della  reazione  di  Wassermann,  ecc.         277 

argomenti  di  questa  natura  sì  impongono  le  più  grandi  riserve  anche  perchè 
qualche  malattia  meno  conosciuta  potrebbe  indurci  in  errore. 

Intanto  si  può  ancora  affermare  che  le  ricerche  recenti  orientano  sempre 
più  verso  il  concetto  (Moreschi)  che  la  ragione  della  deviazione  del  com- 
plemento si  debba  a  preferenza  cercare  in  fenomeni  fisico  chimici,  forse  in 
fenomeni  di  precipitazione  di  sostanze  colloidali.  Prove,  oramai  discretamente 
numerose,  raccolte  contro  la  specificità  di  reazioni  di  questa  natura,  ci  ricor- 
dano anche  come  Moreschi  avesse  sostenuto,  contro  Wassermann,  che  il 
metodo  della  deviazione  del  complemento  non  è  sempre  adatto  a  dimostrare 
che  un  dato  microrganismo  è  l'agente  patogeno  di  una  data  forma  morbosa. 

È  stata  già  emessa  l'ipotesi  che  le  sostanze  che  compaiono  nei  liquidi 
organici  dei  sifilitici  (histaffine  Stoffe  di  Land  Steiner)  possano  essere  pre- 
senti anche  nell'individuo  normale  e  che  alcune  malattie  (quelle  da  Protozoi?) 
non  facciano  altro  che  provocarne  l'aumento. 

Nonostante  queste  nuove  constatazioni,  che  serviranno  a  rischiarare  l'es- 
senza del  fenomeno,  il  valore  pratico  della  prova  di  Wassermann  rimane 
ancora  notevolissimo,  sopratutto  per  ciò  che  riguarda  le  sue  applicazioni  alla 
neuropatologia;  si  può  dire  che  in  nessun  caso  sospetto  si  deve  trascurare 
l'applicazione  di  questo  prezioso  sussidio  diagnostico. 

Blbliofirrafla. 

<1)  O.  Roni.  Lo  stato  presente  della  sierodlagnosi  nella  tabe  e  nella  paralisi  progressiva. 
«  Rivista  di  Patologria  nervosa  e  mentale  >»,  anno  XIII,  fase.  3,  pag.  120. 

(2)  V.  Lamdstkthkr,  R.  Mùllkb,  O.  Potzi..  Ueber  Komplementsbindungsreactionen  mit  dem 
Senim  von  Donrinetieren.  «  Wiener  klinischc  Wochenschrift  »,  1907,  N.  46,  8. 1421.  —  «  Zur  Frage 
der  Komplementsbindungsreactionen  bei  Sypbilis.  «  Ibidem  >»,  1907,  N.  50,  8.  1565. 

(3)  FLsiiiciniAinr.  Zur  Theorie  und  Praxis  der  8erumdiagnose  der  Sypbilis.  «  Berliner  kllniscbe 
Wochenschrift  »,  1908,  N.  10,  8.  490  e  «  Mùnchener  medizln.  Wocbensohrift  »,  1908,  N.  8,  8.  427. 

(4)  P.  Habtoch  und  W.  jAxuorr.  Zur  Frage  der  Komplementbindung  bei  experlmentellen 
Trypanosomosen.  «  Wiener  klinische  Wochenschrift  »,  1908,  N.  21,  8.  753. 

(5)  M.  T.  EiBLBR.  Ueber  Komplementablenkung  und  Lezithinausflockung.  «  Wiener  kliniscbe 
Wochenschrift  »,  1908,  N.  13,  8.  423. 

(6)  F.  Micheli  e  L.  Bobsllt.  Osservazioni  e  ricerche  sulla  sierodlagnosi  della  sifilide.  «  Ri- 
vista critica  di  Clinic*  Medica  »,  1908,  n.  19-20. 

(7)  H.  ToTosimi.  Ueber  den  Mechanismus  der  Lezithinausflockung  durch  Rinderserum.  «Wiener 
klinischc  Wochenschrift  »,  1908,  N.  17,  8.  611. 

(8)  F.  Plaitp.  8erodiagno8tik  der  8yphilis.  «  Zentralblatt  fiir  Nervenheilkunde  und  Psychia- 
trle  »,  1908  (Aprii),  H;  8,  8.  289. 

(9)  A.  WAMSRMAnif.  Ueber  die  Serodlagnostik  der  8yphilis  und  ihre  praktische  Bedeutung. 
«  Wiener  klinische  Wochenschrift  »,  1908,  N.  21,  8.  745. 

(10)  C.  Barci  und  M.  8TEB3r.  Die  Wassermann  —  Neisser—  Brucksche  Reaction  bei  8yphilis. 
«Deutwhe  mediz.  Wochenschrift»,  1908,  N.  11,  8.  459. 

(11)  ìivm  und  EiGHSLBKBo.  Zur  praktischen  Verwertbarkeit  der  Wassermaniischen  8erum* 
reaktion  auf  Lues  und  ti  ber  das  Vorkommen  derselben  bei  Scharlach.  Biolog.  Abt.  dea  arztl. 
Vereins  in  Hamburg.  «  Officielles  Protokoll  Miinchener  medizin.  Wochenschrift»  1908,  N.  22, 
8.  1206,  e  «  Medizin.  Klinik.  »,  1908  (Mai). 


V 

278  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


RECENSIONI 


N'evropatologia. 

1.  G-.  Mincrazziiii,  Lezioni  di  Anatomia  clinica  dei  centri  nervosi.  —  Un  vo- 
Inme  di  650  pagine  con  numerose  figure  nel  testo.  (Unione  Tipografica  Editrice 
Torinese,  1905-1908). 

Di  recente  è  uscito  T ultima  puntata  di  questo  volume  del  Mingazzini.  Il  ti- 
tolo datogli  dairA.  se  rispecchia  forse  la  genesi  del  volume  stesso,  è  certo  troppo 
modesto  in  riguardo  al  suo  contenuto  :  poiché  esso  forma  un  vero  Trattato  che  riempie 
una  lacuna  sentita  della  letteratura  nostra,  dandoci  un'opera  che,  in  minor  mole  ma 
con  non  minore  completezza,  presenta  i  vantaggi  e  le  applicazioni  di  quella  oramai 
classica  del  Monakow. 

Il  lettore  comprende  come  non  sia  possibile,  nei  limiti  di  una  recensione,  i! 
presentare  un  sunto  di  un  trattato:  solo  si  può  tentare,  coli' accennare  ai  vari  capi- 
toli dei  quali  si  compone,  di  dare  un'idea  della  struttura  e  dell'importanza  del- 
l'opera. 

Nel  primo  capitolo  si  trova  un  succoso  riassunto  della  fine  anatomia  del  si- 
stema nervoso  e  vi  sono  toccate  anche  alcune  questioni  di  patologia  generale  della 
cellula  nervosa  :  importante  è  la  conclusione  che  l'A.  espone  sopra  il  significato  della 
cromolisi  :  se  non  si  può,  egli  dice,  ritenerla  come  una  alterazione  volgare,  però  non 
le  si  può  neppure  concedere  un  significato  specifico,  essa  non  corrisponde  cioè  ad  un 
determinato  complesso  sintomatico  ed  etiologico  e  neppure  esiste  un  parallelismo  fra 
le  alterazioni  anatomiche  cellulari  ed  i  disturbi  funzionali. 

Nel  secondo  capitolo  dopo  un  rapido  accenno  ai  metodi  usati  per  lo  studio  del 
decorso  delle  vie  nervose,  dove  viene  messo  in  bella  evidenza  l' importanza  dello  studio 
delle  alterazioni  che  spontaneamente  si  danno  nell'  uomo,  l'A.  espone  lo  sviluppo  del 
sistema  nervoso  centrale,  dal  quale  trae  i  criteri  per  la  divisione  fondamentale  dei 
centri  nervosi  dell'uomo. 

Alla  costituzione  macro-microscopica  del  midollo  spinale  è  dedicato  il  capitolo 
terzo.  (Lezioni  3*  4*  5*). 

Il  lettore  troverà  in  questo  capitolo,  laddove  si  tratta  della  sostanza  grigia,  ri- 
ferite importanti  esperienze  dell'  A.  per  ciò  che  riguarda  le  cellule  radicolari,  le  cel- 
lule dei  cordoni,  le  cellule  aventi  rapporto  colle  radici  posteriori  e  circa  le  loro  con- 
nessioni: degna  di  rilievo  è  la  constatazione  che  le  cellule  cordonali  quantunque  non 
siano  in  rapporto  diretto  né  colle  radici  anteriori  né  con  le  posteriori,  non  si  possono 
considerare  come  indipendenti  dalle  medesime  perchè  tagliando  tutte  le  radici  di  un 
metaraero  esse  degenerano:  i  fatti  di  cromolisi  che  Mingazzini  mette  in  evidenza 
in  alcune  cellule  delle  corna  anteriori  quando  vengono  sezionate  le  radici  posteriori 
sono  degni  di  nota  in  quanto  hanno  rapporto  con  un  problema  a  lungo  discusso,  e 
sul  quale  è  di  recente  tornato  con  un  minuto  lavoro  Lapin sky,  quello  dei  disturbi 
di  moto  che  si  accompagnano  alle  lesioni  delle  radici  posteriori. 

Tratta  quindi  l'A.  partitamente  dei  vari  sistemi  di  fibre  midollari.  A  proposito 
del  fascio  piramidale  anteriore,  l'A.  inclina  verso  l'idea  che  esclude  una  decussa- 
zione completa:  tutt'al  più  ammetterebbe  un  parziale  incrociamento  nel  cervello:  con 


Nevropatologia  279 


Dejerine  esclade  la  possibilità,  sosteDuta  da  Marie  e  Gaillain,  che.  i  fatti  dege- 
nerativi nel  territorio  di  questo  fascio  abbiano  sede  differente  a  seconda  della  sede 
della  lesione  che  li  produce.  Parla  del  fasciculus  sulco-margtnalis  ancora  poco  cono- 
sciuto, e  la  cui  origine  par  si  debba  cercare  nella  regione  dei  corpi  quadrigemini 
anteriori.  Trattando  del  fascio  piramidale  crociato  espone  come>  secondo  le  proprie 
esperienze,  esso  contenga  fibre  discendenti  che  provengono  dal  corpo  restiforme  del 
lato  opposto. 

Circa  al  fascio  ovale  mediano,  al  fascio  a  virgola  che  si  trovano  nella  parte  cen- 
trale dei  cordoni  posteriori  TA.  si  pronuncia  recisamente  in  favore  della  loro  origine 
endogena. 

Passa  quindi  a  trattare  delle  illazioni  fisiologiche  e  cliniche  che  si  possono  trarre 
dalla  architettura  del  midollo  spinale,  svolgendo  le  principali  teorie  che  sono  state 
esposte  circa  i  rapporti  tra  la  musculatura  del  corpo  e  le  cellule  delle  corna  ante- 
riori ( —  teoria  dell'origine  non  circoscritta  di  Marinesco  —  teoria  nucleare  di 
Sano-Edinger  —  teoria  della  disposizione  a  colonna  di  Dejerine)  e  le  quistioni 
che  si  fanno  circa  la  topografia  midollare  delle  fibre  di  senso. 

Nel  capitolo  quarto,  si  occupa  l'A.  del  cervello  posteriore,  medio  ed  intermedio 
e  nel  quinto  (Lez.  7*-8*)  del  ' prosencefalo.  Egli  espone  i  risultati  delle  ricerche 
di  Sergi  circa  alle  leggi  che  regolano  lo  sviluppo  dei  solchi  della  corteccia  cere- 
brale: ricorda  la  legge  dalFA.  stabilita,  che  il  cervello  dell'uomo  si  distingue  da 
quello  dei  primati  per  il  predominio  di  sviluppo  del  lobo  frontale  in  confronto  di 
quello  del  lobo  parieto-occipitale,  non  tacendo  per  altro  la  constatazione  che  per  al- 
cuni primati  ad  es.  V Hylohates  sindactylus  esiste  a  questa  legge  un'eccezione. 
Pagine  interessanti  sono  in  questo  capitolo  dedicate  alla  quistione  del  genio:  VA., 
aperto  contradittore  della  dottrina  lombrosiana,  ricorda  alcuni  dati  in  favore  della 
supposizione  che  la  genialità  debba  essere  riferita  a  speciale  sviluppo  di  strutture  ana- 
tomiche: riconosce  che  non  è  ancora  raccolta  tale  messe  di  fatti  da  poter  costrurre 
una  teoria.  Quindi  sono  esposte  le  principali  anomalie  dei  solchi:  l'A.  ricorda  i 
propri  studi  dai  quali  risulte  che  i  solchi  fondamentali  e  le  disposizioni  delle  cir- 
convoluzioni e  dei  solchi  si  comportano  nei  delinquenti  come  nel  normale.  Tuttavia 
alcune  disposizioni  insolite  si  riscontrano  più  di  frequente  nei  delinquenti. 

Segue  il  capitolo  sesto  che  tratta  (Lez.  9*  fino  alla  16*)  dell'  architettura  del 
tronco  cerebrale:  l'A.  segue  il  piano  didattico  di  Schwalbe  modificandolo  nel  senso 
di  riunire  in  una  unica  descrizione  quella  dei  due  piani  tegmentum  e  tetto. 

Nella  descrizione  delle  singole  vie  egli  tiene  come  punto  di  partenza  la  corteccia 
cerebrale.  Di  questa  dotta  parte  del  trattato  è  particolarmente  impossibile,  per  la 
natura  delle  cose  esposte,  un  sunto,  e  ci  limiteremo  a  toccare  qualcuna  tra  le  più 
importanti  delle  molte  quistioni  svolte  con  chiarezza  efficace. 

Di  regola  all'esposizione  della  parte  anatomica  va  unito  un  quadro  delle  sin- 
dromi cliniche  alle  quali  le  alterazioni  di  dette  strutture  possono  dare  luogo:  così 
laddove  si  parla  dell'anatomia  del  bulbo  sono  tratteggiate  le  varie  sindromi  alle 
quali  possono  dare  luogo  le  lesioni  di  questa  regione:  una  merita  speciale  attenzione 
ed  è  quella  che  l'A.  propone  di  chiamare  €  sindrome  di  Goukowsky-Giannuli  » 
(paralisi  degli  arti  di  un  lato  con  paralisi  ed  atrofia  della  lingua  dal  lato  opposto  — 
lesione  che  si  limiti   a   colpire  una  piramide  fino  al  sulcus  paraolivaris  anterior). 

Trattando  della  porzione  ventrale  del  tegmento  del  bulbo  espone  il  proprio  con- 
Tincimento,  basato  anche  sopra  un'osservazione  personale,  che  il  nucleo  di  Roller 
non  partecipi  per  nulla  a  formare  le  fibre  radicolari  del  XII  paio;  ed    a   proposito 


280  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

dei  rapporti  fra  questo  e  il  nervo  vago,  TA.  accertando  qnesti  rapporti,  li  crede,  con- 
trariamente air  ipotesi,  di  V.  Gehnchten,  stabiliti  da  fibre  che  dal  nucleo  di  quello 
arrivano  al  tronco  di  questo.  Vedute  personali  che  l'A.  ora  modifica  avvicinandosi  di 
più  a  Eolliker,  sono  pure  esposte  a  proposito  della  terminazione  delle  fibrae  peii- 
piramidales. 

A  proposito  del  tegmento  del  pon^f  lumeggia  Mìngazzini  alcune  questioni  che 
si  riferiscono  alla  radice  bulbo-spinale  del  Trigemino  :  sopratutto  mette  in  evidenza 
r importanza  clinica  di  un  quesito,  la  cui  soluzione  egli  dice  è  ancora  al  suo  inizio:  cioè 
se  le  fibre  delle  tre  branche  del  trigemino  decorrano  lungo  la  radice  bulbo-spinale  me- 
scolate tra  loro  od  in  determinate  aree  :  alla  soluzione  di  questo  quesito,  di  recente, 
posteriormente  alla  pubblicazione  della  puntata  del  Trattato  di  Mingazzini  che  ne 
tratta,  io  ho  portato  un  contributo  clinico-sperimentale  che  mi  pare  non  indifferente. 

In  questo  capitolo  si  tratta  anche  delle  vie  motrici  pei  muscoli  estrìnseci  del 
globo  oculare  e  delle  discussioni  vive  che  attorne^  ad  esse  durano  tuttora. 

Parlando  del  cervelletto  (Lez.  12)  Mingazzini  accenna  a  varie  ad  importanti 
discussioni  :  circa  i  rapporti  tra  cervello  e  cervelletto  ricorda  gli  studi  compiuti  con 
Po  limanti.  Esposta  la  dottrina  del  Luciani  circa  la  funzione  del  cervelletto,  egli 
passa  a  studiare  quanto  appoggio  essa  trovi  e  fino  a  dove  essa  sia  applicabile  nella 
clinica. 

Dei  tre  sintomi  fondaroentili  ammessi  dal  Luciani  V  astasta  è  indiscutibile 
(forse  sarebbe  più  opportuno  parlare  dì  distasta  alla  quale  si  aggiunge  un  certo 
grado  di  disbasia)  :  il  siutoma  astenia  è  invece  raro  ;  per  spiegarlo  V  A.  presenta 
uno  schema  suo  proprio;  sarebbero  delle  fibre  cerebellari  che  pel  corpo  restiforme 
arrivano  a  rinforzare  la  via  piramidale  dello  stesso  lato;  V atonia  è  anche  sintoroa 
quasi  costante. 

Nello  studio  del  tegmento  del  mesencefalo  trovano  posto  i  problemi  che  si 
riferiscono  ai  nuclei  del  III  paio  sia  in  quanto  hanno  rapporto  colla  musculatura 
estrinseca  dell' occhio  sia  in  quanto  intervengono  nei  fatti  di  motilità  della  pupilla  ; 
riporta  i  reperti  di  Pacetti  sull' ìncrociamento  delle  fibre  destinate  all'elevatore 
della  palpebra  superiore  che  spiegherebbe  il  BÌntx)raa  della  cosidetta  «  ptosi  a  bilan^ 
eia  >.  Esauriente  è  la  discussione  sulle  varie  teorie  esposte  da  Marino,  Maiano, 
Monakow  circa  le  vie  pel  riflesso  pupillare  alla  luce.  Alle  varie  forme  di  oftal- 
raoplegia  sono  pure  dedicate  alcune  pagine. 

Nel  trattare  (Lez.  14)  del  talamencefalo  espone  l'A.  i  dati  più  recenti  circa  la 
la  sintomatologia  delle  lesioni  del  talamo:  su  questo  sono  sorte  molte  discussioni 
non  tutte  risolte  neppure  dal  recente  lavoro,  ricco  di  esperienze  e  di  dati  clinici, 
del  Roussy:  Mingazzini  crede  che  tra  i  vari  disturbi  descritti  quelli  a  carico 
della  sensibilità  e  della  visione  siano  i  più  caratteristici. 

Nella  lezione  che  tratta  delle  rie  ottiche  (Sez.  15)  Mingazzini  illustra  anche 
la  localizzazione  corticale  della  funzione  visiva  e  parla  dell'  emianopsia^  d«lla  cecità 
corticaUj  della  cecità  psichica  :  poiché  egli  richiama  a  proposito  di  quest'ultima  le 
esperienze  dì  Muuk  sui  cani,  mi  permetto  di  osservare  che  le  mie  ricerche  in  pro- 
posito escludono  che  nel  cane  l'ablazione  di  parte  di  corteccia  occipitale,  anche  più 
vasta  dell'area  AA^  di  Munk,  produca  tali  disturbi  che  siano  qualificabili  come  cecità 
psichica. 

Molto  utile  riesce,  anche  pel  pratico,  la  lezione  16*  sulla  patologia  di  alcuni 
punti  delle  vie  ottiche:  in  queste  lezioni  sono  anche  esposte  interessanti  nozioni  per 
ciò  che  riguarda  la  funzione  dell' ipofisi  e  le  sue  relazioni  coli' acromegalia. 


Nevropatologia  281 


Neir  altro  Tasto  capìtolo  del  trattato  sono  esposte  le  cognizioni  che  riguardano 
la  struttura  anatomica,  le  alterazioni»  le  funzioni  della  corteccia  cerebrale:  in  una 
lezione  (20^)  è  pure  illustrata  la  fisiopatologia  dei  gangli  basali  (nucleo  caudato  e 
lenticolare). 

À  proposito  della  struttura  della  corteccia  merita  d'essere  richiamata  l'atten- 
zione sull'esposizione,  che  manca  di  necessità  nei  trattati  meno  recenti,  delle  ricer- 
che cito-architettoniche  di  Vogt  e  Brodmann,  le  quali  hanno  una  grande  impor- 
tanza sopratutto  in  riguardo  alla  dottrina  delle  localizzazioni  funzionali,  e  di  quelle 
eseguite  in  rapporto  alla  maggiore  o  minore  ricchezza  di  fibre  mieliniche  nei  diffe- 
renti territori  corticali. 

Nella  lezione  che  concerne  la  «  patologia  della  corteccia  cerebrale  »  sono 
riassunte  alcune  regole  generali  e  sono  in  modo  speciale  considerate  le  alterazioni 
che  sommate  costituiscono  il  quadro  anatomo-patologico  della  ^araZm^jropresw'ra  ; 
quelle  della  lues  cerebri;  i  reperti  di  cervelli  di  microcefali;  forse,  avendo  TA. 
iniziato  la  trattazione  di  questo  argomento,  poteva  in  questo  paragrafo  includere 
qualche  periodo  sopra  ad  altre  forme  di  malattie  mentali  delle  quali  l'anatomia 
patologica  è  ora  abbastanza  conosciuta,  ps.  le  forme  demenziali  senili. 

Nella  lezione  nella  quale  l'A.  prende  a  studiare  la  sostanza  bianca  degli  emi- 
sferi bì  trovano  accennati  i  problemi  che  riguardano  la  fisiologia  e  la  fisiopatologia 
del  corpo  calloso. 

Importanti  sono  le  osservazioni  personali  dell'  A.  circa  la  fisiopatologia  del  nu- 
cleo lenticolare:  una  parte  di  queste  lo  autorizza  a  concludere  che  quasi  sempre  una 
lesione  del  segmento  medio  del  nucleo  lenticolare  e  rispettivamente  del  putamen 
dà  luogo  a  paresi  dissociata  o  totale  dal  lato  opposto  ed  a  disartria:  il  nucleo  len- 
ticolare ha  una  propria  funzione  motrice  <  supplemciitare  »  ed  i  difetti  di  moto  che 
in  seguito  a  lesioni  di  esso  si  osservano  non  possono  essere  interpretati  come  effetti 
di  azioni  a  distanza  o  di  diaschisi  nel  senso  di  Monakow.  Mingazzini  ammette 
anche  che  il  nucleo  in  parola  possieda  un'azione  cenestetica  nel  senso  indicato  da 
Bechterew  ed  Oslankow,  i  quali  trovarono  che  nell'uomo  lesioni  limitate  al 
nucleo  lenticolare  possono  dare  luogo  a  una  sensazione  abnorme  della  posizione  degli 
arti  —  Pseudomelia  parestenica,  — 

Di  notevole  interesse,  sopratutto  oggidì,  riesce  la  lettura  delle  lezioni  21*,  22*, 
23*,  24*,  25*  nelle  quali  si  tratta  dei  disturbi  del  linguaggio. 

A  proposito  àeW  afasia  amneMica  riporta  un  caso  proprio  che  sta  contro  la 
dottrina  che  localizza  la  lesione  capace  di  produrre  questa  sindrome  nel  gynis  sì^pra- 
marginalis  di  sinistra:  l'A.  si  accorda  all'idea  di  Pitres  che  questo  speciale  di- 
sturbo non  sia  forzatamente  legato  ad  una  distruzione  localizzata  dei  centri  del 
linguaggio  né  abbia  un  significato  topografico. 

Accetta  l' individualità  clinica  della  sordità  verbale  pura  ma  dimostra  come 
ancora  non  si  possa  determinarne  il  substrato  anatomico. 

Là  dove  parla  àeW  afasia  motoria  entra  nella  questione  della  sua  localizza- 
zione combattendo  con  numerosi  argomenti,  ora  già  noti  da  altre  pubblicazioni  del- 
l'A.,  la  recente  dottrina  di  Marie:  i  suoi  concetti  al  riguardo  vengono  precisati 
nelle  lezioni  che  riguardano  le  afasie  di  conduzione  dove  Mingazzini  espone 
quella  che  secondo  lui  è  la  funzione  del  lobulo  di  Broca  e  dimostra,  come  e  in 
qual  modo  la  zona  lenticolare  possa  dare  luogo  a  sindromi  afasiche:  concetti  già 
da  noi  in  questa  Rivista  riassunti  riportando  per  smnma  capita  la  Relazione  che 
in  argomento  il  Mingazzini  ha  fatto  al  Congresso  di  Napoli. 


282  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

Nella  lezione  che  tratta  delle  afasie  trascorticali  è  fatta  menzione  àéìVaudi- 
mutismo  e  viene  messo  in  evidenza  come  le  anomalie  macroscopiche  descrìtte  in 
corrispondenza  della  zona  temporale  di  sinistra  non  possano  essere,  fino  ad  ora,  con- 
siderate come  caratteristiche  di  questa  forma. 

Parlando  dei  disturbi  del  linguaggio  scritto^  VA.  si  dimostra  incline  a  negare 
l'esistenza  di  uno  speciale  centro  verbo-ottico  quale  viene  ammesso  da  De  j  eri  ne 
per  spiegare  Valexia  (lexotiflia)  e  ritiene  più  corretta  la  opinione  di  Monakow 
che  la  spiega  con  una  lesione  che  interessi  la  sostanza  bianca  che  sta  sotto  il  girus 
angtilaris  e  che  interrompe  quindi  oltre  alle  radiazioni  ottiche,  la  commissura  ottico- 
acustica-bilaterale,  anche  le  vie  associative  che  legano  il  lobo  temporale  sinistro  col 
campo  di  proiezione  oculo-motorio  del  lato  destro.  Per  ciò  che  riguarda  Vagrafia  l'A. 
riconosce  come  finora  non  esista  un  caso,  corredato  del  reperto  anatomico,  che  dimostri 
la  esistenza  di  uno  speciale  centro  grafico.  Ai  rapporti  tra  la  parola  ed  il  pensiero^ 
è  dedicata  la  lezione  26*,  dove  sono  prese  in  speciale  esame  la  opinione  di  Flechsig 
e  quelle  di  Sachs- Ziehen.  Alla  fine  di  questa  lezione  si  parla  pure  della  sordità 
verbale  falsa  {Pseudo-sprachtaubheit  di  Liepmann)  e  vi  sono  indicati  i  criteri 
atti  a  rivelarla. 

Nella  lezione  27*  sono  studiate  le  ine  di  senso  e  le  loro  terminazioni.  La  2&* 
è  dedicata  allo  studio  dei  giri  cerebrali  sede  delle  piii  elevate  funzioni  psichiche^ 
prendendo  sopratutto  in  considerazione  quelle  che  sarebbero  legate  ai  lobi  prefrontali. 

L'ultima  lezione  si  occupa  degli  emisferi  cerebrali  quali  disciplinatori  degli 
atti  e  della  mimica  facciale:  e  qui  trova  posto  la  trattazione  di  un  sintoma  lo 
studio  del  quale  ha  assunto  oggidì  grande  interesse,  <V aprassia  i^.  Mingazzini 
pone  in  chiaro  rilievo  le  difierenze  che  esistono  tra  V  aprassia  motoria  {aprassia 
in  senso  stretto)  e  V  aprassia  ideatoria  e  si  indugia  nel  rilevare  le  analogie  che 
esistono  tra  questi  disturbi  e  le  afasie.  Le  vedute,  si  può  dire  opposte,  di  Liepmann 
e  di  Monakow  riguardo  alla  localizzazione  dell'aprassia  motoria  sono  pure  qui 
esposte.  Interessante  l'esposizione  delle  osservazioni  di  Liepmann  che  un  disturbo 
dei  movimenti  della  mano  destra  dà  luogo  spesso  a  disprassia  della  mano  sinistra, 
fatto  che  Liepmann  tende  a  spiegare  ammettendo  che  nell'emisfero  sinistro  esista 
un  centro  prevalente  per  1'  aprassia  di  amendue  gli  arti. 

Per  ciò  che  riguarda  il  pianto  spastico  Mingazzini  dalle  sue  personali  osser- 
vazioni formula  il  seguente  corollario  :  «  quando  in  seguito  a  distruzioni  a  focolaio 
dell'  encefalo  insorge  il  sintomo  «  pianto  spastico  »  si  trova  quasi  sempre  una  lesione 
del  nucleo  lenticolare  associata  a  quella  di  altri  territori  (corticali  o  basali)  di  rado 
si  rinviene  la  distruzione  isolata  di  una  parte  degli  emisferi  cerebrali  o  della  capsula 
intema  ».  Per  questo  sintoma  e  per  l' altro  del  riso  spastico  V  A.  dà  una  spiegazione 
personale.  0,  Rossi. 

2.  Italo  Bossi  et  Q.  Boussy,    Syndrome  de  Weber  avec  liémianopsie  datant 
de  28  ans.  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  3,  1907. 

In  un  sifilitico  di  32  anni  è  comparsa,  cinque  anni  dopo  l' ulcera,  in  dieci  giorni, 
senza  un  vero  ictuSf  un'emiplegia  destra  accompagnata  da  paralisi  quasi  completa 
del  3°  paio  di  sinistra  e  da  emianopsia  omonima  laterale  destra.  Nei  mesi  seguenti 
l'emianopsia  e  la  paralisi  migliorarono  leggermente.  All'esame  fatto  27  anni  dopa 
l'inizio  dell' aifezione  si  potè  rilevare:  paralisi  quasi  completa  dell' oculomotore 
sinistro  ;  emianopsia  omonima  laterale  destra,  emiplegia  spastica  a  destra  con  parte- 


Nevropatologia  283 


cipazione  del  facciale  e  àeìV  ìpoglosso.  Nessun  disturbo  obbiettivo  o  subbiettivo  della 
sensibilità  generale;  fondo  delF occhio  normale;  spiccata,  diminuzione  del  volume 
degli  arti  paretici;  nessun  disturbo  degli  sfinteri  e  del  linguaggio;  psiche  integra. 
U  ammalato  muore  per  un*  ernia  strozzata. 

Le  sezioni  microscopiche  seriali  dei  centri  dimostrarono  l'esistenza  di  un  foco- 
laio di  rammollimento  antico  che  occupava  la  parte  estema  del  tronco  encefalico  si- 
nistro e  si  estendeva  dalla  regione  sotto- tal  amica  superiore  sino  al  limite  inferiore 
del  peduncolo.  Questo  focolaio  aveva  distrutto  :  nella  regione  sotto-ottica  la  metà  po- 
steriore del  segmento  posteriore  della  capsula  intema:  a  liveHo  della  regione  pe- 
duncolare  superiore  il  corpo  genicolato  esterno  ed  interno  quasi  completamente,  e  la 
benderella  ottica.  Nel  peduncolo  propriamente  detto  :  i  fasci  dei  tubercoli  quadrige- 
mini antero-posteriori,  il  nastro  laterale  del  Re  il,  i  tre  quarti  esterni  del  nastro 
medio  del  Reil  e  una  parte  della  sostanza  grigia  della  calotta.  In  dentro  la  lesione 
penetra  nel  locus  niger  ed  arriva  a  interrompere  le  fibre  esterne  della  capsula  del  nu- 
cleo rosso  ed  una  gran  parte  delle  fibre  radicolari  del  3^  paio  di  sinistra.  In  avanti 
si  nota  la  distruzione  quasi  completa  del  piede  del  peduncolo.  Come  degenerazioni 
secondarie,  a  parte  quelle  delle  benderelle  ottiche  e  dell' oculo-motore  comune  si 
nota  una  degenerazione  della  via  piramidale  che  nel  midollo  sì  può  seguire  sino  al 
terzo  segmento  sacrale,  ed  una  degenerazione  retrograda  notevole  del  nastro  del 
Reil  medio  nella  protuberanza  e  nel  bulbo.  Il  campo  del  Wernicke  e  le  radiazioni 
ottiche  sono  spiccatamente  atrofiche. 

Il  caso  descritto  è  il  primo  di  sindrome  del  Weber  studiato  a  tagli  in  serie.  L'ori- 
gine della  lesione  proveniva  dalla  alterazione  delle  arterie  peduncolari  antero-esterne. 
L'emianopsia  è  dovuta  al  rammollimento  del  corpo  genicolato  esterno  e  della  ben- 
derella ottica  e  non  ad  alterazioni  del  lobo  occipitale  che  è  immune  di  qualsiasi 
lesione  primitiva.  Gli  AA.  dopo  aver  paragonato  il  caso  presente  con  altri  sei  che 
la  letteratura  riporta  analizzano  minutamente  la  sintomatologia  e  ne  fanno  rilevare 
le  interessanti  caratteristiche.  Sandri, 

3.  O.  Franoioni,  Le  sindromi  motorie  della  prima  infamia  in  rapporto  con 
le  condizioni  di  sviluppo  del  sistema  nerveo-muscolare.  —  «  Rivista  speri- 
mentale di  Freniatria  »,  voi.  33,  fase.  4,  1907. 

Premesse  alcune  considerazioni  sopra  l' importanza  che  l' imperfetto  sviluppo 
dell'organismo  infantile  deve  avere  nel  determinare  la  fisionomia  delle  manifestazioni 
fisiologiche  e  patologiche,  l'A.  si  ferma  a  descrivere  le  condizioni  anatomiche,  chi- 
miche e  funzionali  del  sistema  nervoso  centrale  e  periferico  e  dell'apparato  musco- 
lare nei  primi  tempi  della  vita,  delineando  con  ordine  e  chiarezza  il  carattere  essen- 
zialmente spinale  delle  prime  attività  nervose  e  il  successivo  svolgersi  delle  più 
elevate  manifestazioni  vitali;  accenna  quindi  ai  limiti  e  all'intento  del  suo  lavoro, 
nel  quale  si  propone  di  analizzare  le  forme  di  ipercinesi  e  di  paracinesi  più  fre- 
quenti a  riscontrarsi  nella  prima  età  e  di  indagarne  il  meccanismo  patogenetico  in 
rapporto  con  le  speciali  condizioni  di  sviluppo  degli  organi  colpiti. 

In  un  primo  capitolo  vengono  studiati  le  ipertonie,  gli  spasmi,  la  miotonìa 
di  Hochsinger  e  lo  pseudotetano  di  Escherich,  forme  che  hanno  una  stretta 
analogia  tra  loro  e  con  la  tetania,  trattandosi  di  manifestazioni  di  una  ipereccita- 
bilità di  quel  tratto  del  sistema  nerveo-muscolare  che  è  posto  sotto  la  dipendenza 
diretta  del  centro  spinale:  le  differenze  che  si  osservano  tra  le  forme  infantili  e  la 


284  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

tetania  dell'adulto  trovano  la  loro  spiegazione  naturale  nelle  condizioni  anatomiche 
e  funzionali  del  sistema  nervoso  nella  prima  infanzia. 

Nel  capitolo  seguente  vengono  studiati  la  miotonia  di  Thomsen  e  gli  stati 
miotonici  di  cui  sono  minutamente  descrìtti  la  sintomatologia  fondamentale,  i  di- 
scordanti reperti  anatomo-patologici  e  le  varie  teorie  patogenetiche. 

Segue  un  importante  studio  sopra  la  sindrome  tetanoide,  di  cui  ogni  manifesta- 
zione viene  largamente  discussa,  e  terminano  la  parte  analitica  del  lavoro,  che  per 
la  sua  indole  stessa  non  si  presta  ad  essere  riassunto,  due  capitoli  sopra  i  fenomeni 
eclampsici  ed  i  fenomeni  d*  ìpereccìtahìlità  meccanica  del  muscolo. 

Degna  di  speciale  interesse  è  T applicazione  che  VA.  fa  ai  fenomeni  patologici 
da  lui  studiati  della  teoria  del  Bottazzi  sopra  la  funzione  del  sarcoplasma  nei 
tessuti  muscolari:  a  questo  proposito  deve  esser  notato,  poiché  da  altri  in  seguito 
fu  fatta  un'applicazione  analoga,  che  il  lavoro  del  F ranci oni  fu  consegnato  al- 
l'accademia Medico-Fisica  fiorentina,  dalla  quale  ottenne  il  premio  della  fondazione 
Galligo,  nel  jnarzo  del  1905.  Zalla, 

4.  Q.  Btienne,   Phénomènes   oculomoteurs  d'origine   cutanee,    labyrintique   et 

cochléaire  chez  un  tahétique.  Leurs  significations.  —  «  Revue  neurologique  », 
n.  19,  1907. 

In  un  tabetico  che  presentava  il  sin  toma  di  Romberg  a  tipo  labirintico,  con 
diminuzione  dell'acutezza  visiva,  disturbi  dell'udito,  esiste  strabismo  sinistro  con  di- 
plopia. L'esame  elettro-diagnostico  ha  permesso  di  escludere  l'esistenza  di  lesioni  ne- 
vritiche  o  muscolari  all'  apparecchio  oculo-motore.  Lo  strabismo  ineguale  e  variabile 
non  può  essere  attribuito  che  a  spasmo  dell' oculo-motore  esterno  dello  stesso  lato, 
per  l'azione  del  nucleo  dell' oculo-motore  estemo  funzionalmente  leso  dai  disturbi 
labirintici  secondo  il  meccanesimo  studiato  da  Bon net.  Per  un  analogo  meccanesimo 
(rapporto  tra  il  nucleo  dell' oculo-motore  esterno,  patetico  ed  oculo-motore  comune 
dello  stesso  lato  ed  oculo-motore  comune  del  lato  opposto)  si  producono  dei  movi- 
menti nistagmiformi  dei  due  globi  oculari  quando,  chiudendo  le  palpebre,  l'ammalato 
cessa  di  fissare  gli  occhi  con  la  visione  diretta.  Il  nistagmo  si  produce  pure  quando 
si  impressiona  fortemente  l'apparecchio  acustico  dell'ammalato.  Questo  fenomeno  si 
spiega  per  i  rapporti  che  esistono  tra  il  nucleo  anteriore  del  nervo  cocleare  ed  il 
nucleo  dell' oculo-motore  esterno. 

Lo  stesso  nistagmo  si  provoca  eccitando  energicamente  la  pelle  del  torace,  del 
braccio,  del  collo.  Questi  movimenti  sono  prodotti  per  la  reazione  del  nucleo  del 
Deiters  il  quale  trasmette  lo  stimolo  ricevuto  dalle  cellule  della  colonna  di  Clark  e 
ai  nuclei  dell'  oculo-motore  esterno,  patetico,  oculo-motore  comune  dello  stesso  lato 
e  fascio  longitudinale  posteriore  dell' oculo-motore  comune  del  lato  opposto. 

Sandri, 

5.  P.  Salecker,   Ueher  segmentare  Bauchmuskellàhmungen.  —   «  Deutsche  Zeit- 

schrift  fùr  Nervenheilkunde  »,  Bd.  34,  H.  2,  1908. 

L'A.  descrive  due  casi  di  lesione  circoscritta  del  midollo  spinale,  in  cui  esi- 
steva una  paralisi  segraentaria  dei  muscoli  addominali;  riferisce  minutamente  le 
rispettive  storie  cliniche  e,  del  primo  caso,  anche  i  risultati  dello  studio  anatomo- 
patologico.  Le  conclusioni  che  si  possono  trarre  dall'esame  di  questi  casi  hanno  un 


Nevropatologia  285 


notevole  interesse  scientifico  e  pratico;  esse  si  possono  riassumere  nel  modo  seguente: 
1)  In  seguito  a  lesioni  midollari  si  può  ayere  una  paralisi  non  solo  totale  ma  anche 
parziale  dei  muscoli  deir addome;  2)  L'innervazione  dei  muscoli  addominali  non  è, 
come  supponeva  Oppenheim,  multiradicolare,  ma  ha  carattere  segmentano;  3)  I 
nuclei  midollari  dei  muscoli  retti  dell'addome  non  arrivano  così  in  basso  come 
quelli  dei  muscoli  obliqui;  4)  La  localizzazione  midollare  dei  singoli  riflessi  delle 
pareti  addominali  sembra  coincidere  con  quella  dei  rispettivi  segmenti  muscolari; 
5)  Il  rilievo  di  paralisi  segmentarle  di  muscoli  addominali,  specie  quando  esse  si 
associno  con  disturbi  dei  riflessi  e  della  sensibilità,  ha  importanza  per  stabilire  la 
sede  delle  lesioni  nel  midollo  dorsale.  Zalla. 


6.  "W.  Lasare'Wi   Beitrag  zur  Kenntniss   der  Meralgia  paraesthetica  anterior 

(itoih).  —  «  Deutsche  Zeitschrift  fflr  Nervenheilkunde  »,  Bd.  34,  H.  2,   1908. 

Il  complesso  sintomatico  descritto  da  Both  sotto  il  nome  di  meralgia  paraes- 
thetica  è  stato  osservato  con  unn  certa  frequenza  nel  territorio  innervato  dal  nervus 
cutaneus  femoris  exiemus,  mentre  soltanto  tre  casi  si  trovano  riferiti  nella  lettera- 
tura nei  quali  esso  interessava  anche  il  dominio  del  «.  cutaneus  femoris  medius, 
senza  risparmiare  del  resto  il  territorio  sopra  ricordato.  L'osservazione  che  forma 
l'oggetto  del  presente  lavoro  si  distingue  da  tutte  le  altre  pubblicate  perchè  la  sin- 
drome meralgica  era  puramente  anteriore.  Essa  era  determinata  con  grande  probabi- 
lità dalla  compressione  esercitata  sul  nervo  crurale  da  parte  di  alcune  ghiandole 
linfatiche  ingrossate.  La  ragione  per  cui  di  tutti  i  rami  sensitivi  di  questo  nervo  sol- 
tanto il  n.  cut,  med.  fosse  colpito  non  è  ben  chiara  :  l' ipotesi  più  verosimile  è  che  le 
fibre  dei  nervi  risparmiati  abbiano  nel  tronco  del  crurale  una  sede  molto  profonda, 
81  da  potere  sfuggire  ad  una  compressione  non  troppo  violenta. 

Zalla. 

JLnatoznia  patologica. 

7.  M.  Soluti,  Le  varie  forme  lacunari  del  sistema  nervoso  nelle  malattie  mentali. 

—  «  Annali  di  Neurologia  »,  fase.  1-2,  1907. 

L'A.  studia  le  varie  forme  di  lesioni  lacunari  primitive  del  sistema  nervoso  nelle 
malattie  mentali  e  più  specialmente  in  quelle  a  lesione  anatomica.  Riporta  breve- 
mente le  storie  cliniche  dei  cento  casi  presi  in  esame,  accenna  agli  studi  già  fatti 
intorno  alle  varie  forme  di  lacune,  descrive  le  sue  ricerche  istologiche  sperimentali 
e  batteriologiche  illustrandole  con  numerose  figure.  Arriva  alle  seguenti  conclusioni. 

I.  Lacune  da  disintegrazione.  —  Sono  frequenti  nella  demenza  senile.  I  sintomi 
principali  sono  presso  che  gli  stessi  che  si  riscontrano  nelle  lesioni  del  nucleo  lenti- 
colare  il  quale  nella  maggior  parte  dei  casi  si  trova  alterato.  Tali  sintomi  si  accom- 
pagnano ad  una  grave  demenza  a  decorso  progressivo.  Anatomicamente  si  presentano 
come  cavità  a  margini  frastagliati,  a  pareti  irregolari  di  colore  grigio  roseo,  spesso 
ripiene  di  un  liquido  gelatinoso.  Hanno  sede  più  comunemente  nel  nucleo  lenticolare. 

All'osservazione  microscopica  si  presentano  formate  da  una  cavità  principale 
circondata  da  altre  di  minori  dimensioni.  Le  pareti  della  cavità  sono  costituite  da 
tessuto  gliomatoso  ricco  di  cellule  di  glia  iperplastiche  e  con  grosso  nucleo.  Dentro 
le  cavità  si  riscontra  un  vaso  sempre  permeabile  e  con  notevole  periarterite  e  vagi- 


280  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

nite  cronica.  La  guaina  linfatica  in  alcuni  tratti  è  allontanata  dal  vaso»  in  altri  pre- 
senta aderenze  con  r  avventizia.  Quando  la  lesione  è  recente  il  tessuto  è  ricco  di 
cellule  granulose.  L^  aderenza  della  vaginale  col  vaso  è  causa  della  disintegrazione 
del  tessuto  per  T  ostacolato  corso  della  linfa  e  T  edema  circoscritto  a  cui  può  dar 
luogo.  L' encefalite  cronica,  che  segue  a  questo  processo  è  un  fatto  reattivo  alla  ne- 
crobiosi del  tessuto,  è  da  considerarsi  quindi  come  un  processo  secondario.  Le  lacune 
da  disintegrazione  si  possano  ritenere  come  una  entità  anatomo-patologica,  ma  non 
come  un'  entità  clinica,  perchè  nel  maggior  numero  dei  casi  danno  sintomi  non  diffe- 
renti da  qualunque  lesione  (emorragia,  rammollimenti  limitati)  localizzati  nel  nucleo 
lenticolare  o  in  un  altro  nucleo  della  base. 

IL  Dilatazione  degli  spazi  linfatici  attorno  alle  arterie  dei  nuclei  della 
base.  —  È  frequente  negli  epilettici  e  nei  paralitici  generali,  più  rara  nei  dementi 
senili.  Si  trova  nella  porzione  più  bassa  dei  nuclei  della  base.  Gli  spazi  linfatici 
dilatati  hanno  pareti  lisce,  bianche,  margini  netti,  e  fanno  osservare  nel  loro  interno 
una  piccola  arteria.  Il  tessuto  nervoso  circostante  non  è  alterato.  Dipendono  da 
stasi  linfatica. 

in.  Stato  cribroso.  —  Si  trova  per  lo  più  negli  epilettici,  paralitici  generali, 
dementi  senili.  Ha  sede  più  frequente  nelle'  circonvoluzioni  dell'  insìdia  e  nel  polo 
temporale.  Consiste  nella  dilatazione  degli  spazi  linfatici  attorno  alle  piccole  arterie 
della  sostanza  bianca.  Anch'esso  dipende  da  stasi  linfatica. 

in.  Dilatazione  delle  vie  linfatiche  proprie  del  sistema  nervoso.  —  È  pro-^ 
dotta  da  un  edema  cerebrale  grave  frequente  a  riscontrarsi  negli  epilettici  morti  in 
stato  di  male.  Tale  lesione  si  presenta  sotto  forme  di  piccole  cavità  rotond^gianti, 
ripiene  di  una  sostanza  omogenea,  sparse  in  tutto  il  cervello  e  qualche  volta  nel 
midollo,  tanto  nella  sostanza  bianca  che  nella  grigia,  ma  con  predominio  della  prima. 
Le  cavità  non  presentano  microrganismi  nel  loro  interno,  si  accompagnano  a  dila- 
tazioni degli  spazi  perivasali  e  pericellulari  e  a  gravi  lesioni  delle  cellule  nervose. 
In  alcuni  casi  i  margini  delle  piccole  cavità  sono  lacerati,  il  tessuto  circostante 
per  piccolissimo  tratto  è  disgregato;  segno  del  notevole  aumento  della  linfa. 

V.  Stato  cribroso  di  V assai  e.  —  È  frequente  nella  paralisi  progressiva  ed  in 
tutti  i  casi  di  marasma  del  tessuto  nervoso.  Dipende  da  degenerazione  della  guaina 
mielinica  delle  grosse  fibre  nervose.  È  facile  a  riscontrarsi  nel  ponte.  Si  presenta 
sotto  forma  di  piccole  cavità  visibili  solo  al  microscopio  ripiene  di  una  sostanza 
ialina  nella  quale  si  trova  il  cilindrasse  per  lo  più  tortuoso,  alterato.  Per  diffe- 
renziarlo dallo  etato  cribroso  del  Duran-Fàrdel  l'A.  propone  di  chiamarlo  stato 
puntiforme. 

VI.  État  vermoulu.  —  Si  riscontra  nei  soli  dementi  senili,  ed  anche  in  questi 
è  un  reperto  non  tanto  frequente.  Si  presenta  come  ulcerazioni,  a  forma  di  placche 
gialle,  delle  sola  sostanza  grigia.  Consiste  in  un  rammollimento  limitato  a  piccoli 
tratti  della  corteccia,  per  capillarite  sclerotica,  cui  segue  un'attiva  proliferazione 
di  nevroglia  la  quale  racchiude  nella  sua  trama  delle  piccole  cavità. 

VII.  Porosi.  —  È  un  alterazione  cadaverica  che  si  presenta  sotto  forma  di 
numerose  cavità  sparse  per  tutta  la  sostanza  bianca  del  cervello  e  del  cervelletto, 
della  grandezza  variabile  da  un  grano  di  miglio  ad  un  fagiolo  :  sono  a  pareti  lisce, 
di  colore  bianco,  a  margini  netti  e  prive  di  alcuna  membrana  di  rivestimento.  Il 
tessuto  nervoso  circostante  presenta  solo  lesioni  cadaveriche.  Le  pareti  degli  spazi 
perivasali  sono  tapezzate  da  microrganismi  capaci  di  produrre  gas.  Tali  batteri  per 
il  loro  numero  eccessivo,  danno  origine  ad  abbondanti  prodotti  gassosi,  i  quali  non 


Anatomia  patologica  287 


potendosi  aprire  una  via  air  estemo  per  la  resistenza  opposta  dagli  strati  più  super- 
ficiali che  putrefanno  con  maggior  ritardo  rispetto  alle  altre  porzioni  del  cervello, 
esercitano  la  loro  tensione  sul  punto  dove  si  originano  dando  luogo  alle  cavità  poro- 
tiche.  La  grandezza  delle  lesioni,  V  assenza  di  qualunque  sintomatologia  in  vita 
del  soggetto  che  presenta  la  porosi,  la  facilità  di  produrle  anche  esperiraentalmente 
convalidano  V  idea  che  le  cavità  porotiche  siano  di  natura  cadaverica. 

Sandri, 

8.  O.  ROBSl,  Ueber  einige  morphologische  Besonderkeiten  der  Spinalganglien 
bei  den  Saugethieren-Benierkungen  iiber  die  sogenannte  Colìateralregenera- 
tion.  —  €  Journal  fùr  Psychologie  und  Neurologie  »,  Bd.  XI,  H.  1-2,  1908. 

In  una  breve  introduzione  l'A.  definisce  chiaramente  i  limiti  e  gli  intenti  del 
sao  lavoro:  esaminare,  sulla  guida  dei  propri  e  degli  altrui  risultati,  quali  tra 
le  strutture  rilevate  nei  gangli  spinali  siano  normali  o  meglio  costanti  e  quali  invece 
proprie  delF  uno  o  delV  altro  stato  di  malattia  ;  studiare  se  alcune  di  queste  strutture 
presentino  tali  caratteri  da  poterle  senz'altro  ritenere  come  espressione  di  una  atti- 
vità rigenerativa.  Chiunque  abbia  un  po'  seguito  la  recente  letteratura  sui  gangli 
spinali  comprenderà  tutta  l'importanza  delle  questioni  trattate  da  Rossi,  il  quale 
ha  confrontato  i  risultati  offerti  dalla  anatomia  patologica  e  dalla  patologia  speri- 
mentale con  quelli  che,  specialmente  per  merito  di  G.  Levi,  sono  stati  ottenuti 
dall'  anatomia  comparata,  ed  ha  messo  in  giusta  luce  ciò  che  metodi  tecnici  a  torto 
da  qualche  ricercatore  un  po'  trascurati,  avessero  fatto  conoscere,  anche  in  questo 
campo  di  studi,  prima  dei  recenti  procedimenti  dell'impregnazione  argentica. 

Nella  prima  parte  del  lavoro  vengono  presi  in  considerazione  alcuni  tipi  di 
cellule  gangliari  recentemente   descritti  e  le  così  dette  arborizzazioni  pericellulari. 

A  proposito  delle  così  dette  celulas  desgarradas  di  Cajal,  che  questo  A. 
ha  rit;enuto  proprie  della  senilità  e  Marinesco  ha  descritte  in  individui  giovani 
affetti  da  gravi  malattie  del  sistema  nervoso.  Rossi  afferma,  in  base  ai  suoi  prepa- 
rati, che  esse  possono  trovarsi  in  giovani  affatto  immuni  da  lesioni  del  sistema 
nervoso  e  fa  notare  come  tipi  cellulari  analoghi  fossero  già  stati  veduti  col  metodo 
Golgi  in  Mammiferi  adulti  e  siano  stati  di  recente  descritti  da  Levi  nei  gangli 
di  Chelonii  e  di  Teleostei;  concludendo,  come  aveva  già  accennato  in  una  prece- 
dente memoria,  che  essi  debbano  essere  considerati  come  strutture  costanti. 

Lo  studio  delle  arborizzazioni  pericellulari  costituisce  una  parte  notevole 
del  lavoro  di  Rossi.  Egli  descrive  i  tipi  principali  di  queste  arborizzazioni  e  dopo 
aver  fatto  rilevare  come  già  prima  delle  ricerche  di  Nageotte  sul  trapianto  dei 
gangli  fossero  già  noti  due  di  questi  tipi  e  precisamente  i  nidi  di  Dogiel  e  le 
arborizzazioni  pericellulali  aventi  origine  da  ramificazioni  del  cilindrasse  della  cellula 
medesima,  descritte  da  Levi  nei  Cheloni  ed  illustrate  dall' A.  stesso  nei  Mammi- 
feri, passa  a  discutere  il  significato  di  tali  singolari  strutture.  Nageotte  sostiene 
che  esse  sono  molto  scarse  in  condizioni  normali  ed  emette  l' ipotesi  che  esse  abbiano 
una  funzione  trofica  a  favore  dell'intero  neurone,  senza  prender  parte  alla  funzione 
nervosa  propriamente  detta:  ora  questa  ipotesii  oltre  al  difetto  di  origine  di  essere 
basata  sopra  altre  ipotesi  tutt' altro  che  iDdiscntibili,  ha  contro  di  sé  il  fatto  bene 
stabilito  da  Rossi  nell'uomo  e  da  Levi  negli  animali,  che  cioè  tali  arborizzazioni 
rappresentano  un  reperto  costante,  e,  per  quel  ohe  riguarda  l'uomo,  indipendente 
dall'età  e  dalle  condizioni  in  genere  dell'organiamo.  L'osservazione  di  Nageotte, 


288  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Anatomia  patologica 

che  nei  gangli  trapiantali  le  fonnazioni  in  discorso  appaiono  assai  più  numerose  e 
complicate  che  non  in  condizioni  normali,  potrebbe  spiegarsi  ammettendo  che  la 
riduzione  argentica  si  compia  più  facilmente  quando  la  maggior  parte  delle  cellule 
gangliari  si  trovi  profondamente  alterata,  possibilità  che  le  esperienze  di  Veratti 
hanno  messo  in  evidenza.  Concludendo,  allo  stato  attuale  delle  nostre  cognizioni 
sarebbe  prematuro  un  giudizio  decisivo  sopra  il  significato  funzionale  di  queste  com- 
plicate reti  pericellulari. 

Un'altra  importante  questione  connessa  alla  morfologia  delle  cellule  dei  gangli 
spinali  è  quella  della  cosi  detta  rigenerazione  collaterale,  ammessa  da  Nageotte 
in  base  air  esistenza  di  speciali  fibre  che  procedono  dal  contomo  o  dal  prolungamento 
della  cellula  gangliare  e  terminano  con  un  rigonfiamento  {boia  di  Cajal).  L*A.  si 
indugia  in  special  modo  a  discutere  se  queste  formazioni  siano  in  realtà,  come  vuole 
Nageotte,  l'esponente  di  una  attività  rigenerativa.  Egli  osserva  anzitutto  che  non 
si  è  ancora  autorizzati  a  considerare  come  di  natura  rigenerativa  le  fibre  terminate 
da  rigonfiamento  che  si  trovano  nelle,  cicatrici  dei  nervi;  ricorda  come  gli  studi  dì 
Levi  abbiamo  dimostrata  la  freqviente  presenza  e  la  precoce  comparsa  di  tali  appen- 
dici nei  gangli  di  molti  animali;  riferisce  i  risultati  delle  proprie  osservazioni^ 
le  quali  dimostrano  come  queste  fibre  davate  si  trovino  numerose  in  soggetti  gio- 
vani e  vecchi,  venuti  a  morte  in  seguito  a  svariatissime  malattie,  anche  in  connes- 
sione con  cellule  profondamente  alterate  ;  e  in  base  a  tutti  questi  fatti  bene  accertati 
conclude  che  la  «  rigenerazione  collaterale  »  di  Nageotte  rappresenta  una  ipot^i 
ingegnosa  sì,  ma  soggetta  a  numerose  e  gravi  obbiezioni,  in  disaccordo  con  i  dati 
dell'anatomia  umana  normale  e  patologica  e  dell'anatomia  comparata.  Dal  punto 
di  vista  morfologico  le  fibre  rigonfiate  delle  cellule  gangliari  si  possono  riavvicinare 
alle  formazioni  analoghe  che  si  osservano  nel   moncone  periferico  dei  nervi  recisi. 

Riguardo  a  quelle  strutture  simili  alle  precedenti,  che  Nageotte  ha  descritto 
nel  cervelletto  e  nel  midollo  spinale,  l' A.  ne  conferma  l' esistenza,  ma  inclina  a  con- 
siderarle, le  ultime  soprattutto,  sia  per  il  loro  aspetto  sia  per  le  condizioni  del  tessuto 
in  cui  si  trovano,  di  natura  puramente  degenerativa. 

Il  lavoro  di  Rossi  è  corredato  di  numerose  figure,  sì  che  ogni  affermazione  di 
fatto  viene  ad  essere  chiaramente  documentata.  Zalla. 


N^OTIZI£ 


Nel  passato  fascicolo,  riportando  la  lista  degli  eletti  a  far  parte  del  Consiglio  direttivo  della 
Società  italiana  di  Neurologia,  siamo  involontariamente  incorsi  in  una  inesattezza  alla  quale  ripa- 
riamo trascrivendo  relenco  dei  nomi:  Bianchi,  Golgi,  Mingazzini,  Tanzl,  Morselli, 
Tamburini,  D'Abundo,  De  Sanctis,  Belmondo,  Colella,  Tonnini,  Pellizzi, 
Lugaro,  Donaggio,  Negro. 


'  II, 

Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobl,  54.      Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

DIRETTA  DA 

E.    TANZI 
A.  TAIMBTJiaiU.  B.  MORSBLU 

(boma)  (aaNovA) 

B.   r.U<3-AJlO 

(■dobva) 

Redattori: 

0.  BOSSI 

O.  8ANDBI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  SaM,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  I^uglio  1908  Fase.  7 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Gabiuetto  Elettroterapico  del  Policlinico  di  Rotna,  diretto  dal  Primario  dott.   Pancgros^i 

Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica 
delle  paralisi  periferiche  del  facciale 

por  il  dott.  G.  Fumarola,  Assistont»* 

Ho  avuto  occasione  di  os.s(»rva!'o  nel  (lahinollo  Elellrolerapico  del  Poli- 
clinico, dal  dicembre  del  190G  al  febbraio  del  1908,  circa  40  casi  di  paralisi 
periferiche  del  facciale,  difl'erenti  lutti  per  natura  e  per  grado,  e  di  seguire, 
nella  più  gran  parte  di  essi,  i  risultati  della  cura  elettrica  prescritta.  Credo 
intanto  di  far  cosa  utile,  sopratutto  dal  lato  pratico,  esponendo  brevemente  i 
criteri  generali  e  speciali  che  sono  stati  applicati,  per  la  cura  stessa,  nei  sin- 
goli casi,  e  i  principali  risultali  otienuti. 

Erb,  com'è  noto,  distinse,  dal  punto  di  vista  dei  dati  forniti  dall'esplo- 
razione elettrica,  una  forma  leggera,  una  forma  di  media  gravezza  e  una  grave 
di  paralisi  periferica  del  facciale.  Si  parla  di  forma  leggera  quando,  passati 
circa  10  giorni  dall'inizio  dei  fenomeni,  l'eccitabilità  elettrica,  sia  faradica 
che  galvanica,  nel  nervo  e  nei  muscoli  colpiti,  si  conserva  del  tutto  normale 
0  si  dimostra  solo  lievemente  diminuita;  si  parla  di  forma  di  media  gravezza 
quando,  trascorso  questo  stesso  periodo  di  tempo,  si  riscontra  reazione  dege- 
nerativa p<nrziàle;  di  forma  grave  quando  esiste  reazione  degenerativa  completa. 

10 


290  G.  Fumarola 


Ora,  il  criterio  comunemente  adottato  in  elettroterapia,  relativamente  alla 
cura  delle  paralisi  periferiche  del  facciale,  consiste  nel  soddisfare  alle  due  se- 
guenti indicazioni: 

a)  agire  innanzi  tutto  sul  tronco  nervoso  per  cercare  di  modificare  i 
disturbi  nevrìtici,  onde  restituire  al  nervo  la  sua  conducibiliti)  interrotta; 

b)  sottrarre  i  muscoli  da  questo  innervati  alla  inattività,  per  impedire 
la  loro  degenerazione  e  la  loro  atrofia. 

Alla  prima  indicazione  soddisfa  l'impiego  della  corrente  galvanica;  alla 
seconda  quello  della  fanidica,  quando  reccitabilità  è  rispettiva  conservata,  e 
queHo  della  galvanica  nei  casi  in  cui  la  faradica  sia  abolita. 

Però  tutti  gli  AA.  mettono  in  guardia  dai  perìcoli  della  faradizzazione 
troppo  precoce  e  intensa  dei  muscoli,  perchè  hanno  constatato  ch'essa  è  causa 
molte  volte  di  contratture  secondarie. 

Il  Larat,  in  vista  appunto  di  questi  pericoli,  dice  ch'è  forse  meglio  atte- 
nersi all'uso  esclusivo  della  galvanizzazione,  perchè  con  essa  si  evita  il  più 
spesso  questa  complicazione. 

Lo  Zini  me rh  ritiene  che  le  eccitazioni  troppo  violente,  come  si  possono 
appunto  produrre  colla  faradica,  sono  suscettibili  di  aumentare  la  tendenza 
naturale  alla  contrattura,  specie  nelle  forme  gravi.  In  queste  poi  il  tratta- 
mento dev'essere  sempre  ed  esclusivamente  galvanico. 

Il  Bordier  consiglia  di  trattare  i  disturbi  nevritici  con  la  galvanizza- 
zione per  una  decina  di  giorni,  quindi  fi»r  contrarre  i  muscoli  paralizzati  ad 
uno  ad  uno  servendosi  di  una  corrente  galvano-faradica.  Avverte  però  di  badare 
a  non  afTaticare  (juesti  muscoli  con  un'eccitazione  troppo  forte,  o  con  una 
seduta  troppo  lunga:  «  il  faut  beaucoup  de  prudence  dans  cette  electrisation  ». 

Il  Guilleminot,  seguendo  gli  slessi  precelti  del  Bordier,  dù  anch'egli 
la  preferenza  alla  galvano-faradizzazione  dei  muscoli,  ma  soggiunge  che  «  ici 
plus  que  jamais  il  faudra  évìter  la  fatìgue  musculaire  en  faisant  des  séances 
courtes  et  très  prudentes  ». 

Il  Ghilarducci,  strenuo  sostenitore  delle  correnti  deboli  in  elettroterapia, 
si  attiene,  come  i  due  precedenti  AA.,  alla  galvano-faradizzazione  dei  mu- 
scoli. Riferisco  testualmente  le  sue  parole:  «  La  scelta  del  metodo  elettrote- 
rapico è  determinata  dalla  topografia  e  dalla  gravità  dei  disordini  trofici.  Se 
questi  sono  egualmente  estesi  a  tutti  i  muscoli  facciali,  e  se  non  sono  molto 
gravi,  si  ricorrerà  con  vantaggio  alla  galvano-faradizzazione  che  costituisce  il 
metodo  più  energico  per  rialzare  la  nutrizione  muscolare:  ma  se  vi  sono  gruppi 
muscolari  profondamente  offesi  ed  altri  sui  quali  la  lesione  appaia  meno  grave, 
bisognerà  volgere  ogni  cura  alla  guarigione  dei  primi,  cercando  di  localizzare 
ad  essi  soli  lo  stimolo  elettrico  (meglio  in  forma  di  debolissime  correnti  galva- 
niche) e  rispettando  completamente  i  secondi  ;  perchè,  più  del  danno  di  una  leg- 
gera paresi,  è  maggiore  quello  di  una  contrattura,  sia  sotto  il  riguardo  estetico 
che  funzionale  ». 

Nel  Gabinetto  elettroterapico  del  Policlinico,  Panegrossi,  seguendo  i 
consigli  della  prudenza,  ha   fatto  usare  in  ogni   caso  la  corrente  galvanica, 


Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica,  ecc,         291 

anche  quando  si  poteva  ricorrere  alla  faradica  perchè  conservata  :  ciò  sempre 
allo  scopo  di  evitare  il  più  possibile  le  contratture  secondarie. 

Per  ciò  che  concerne  la  tecnica  seguita  nel  trattamento  elettrico  mi  sono 
attenuto  alle  seguenti  regole: 

Nei  casi  gravi  ho  fatto  uso,  in  principio,  di  una  larga  piastra  di  forma 
quadrata,  del  diametro  di  il  cm.,  in  rapporto  col  polo  negativo  della  galva- 
nica, e  tenuta  fissa  sulla  metìt  corrispondente  della  faccia,  immediatamente 
air  innanzi  del  trago;  Taltro  elettrode,  più  piccolo  (5  cm.  di  diametro),  di 
forma  rotonda,  era  applicato  sul  tronco  del  facciale,  all'uscita  del  forame 
stilo-mastoideo.  Appena  iniziatosi  il  miglioramento,  e  messo  al  sicuro  dallo 
svolgersi  di  una  contrattura  secondaria,  ho  sostituito  la  larga  piastra  quadrata 
con  una  rotonda,  di  7  cm.  di  diametro,  che  strisciavo  successivamente  sul 
nervo,  sulle  sue  branche  e  sui  muscoli,  evitando  ogni  interruzione  della  corrente. 

Nei  casi  lievi,  o  con  reazione  degenerativa  parziale,  quando  la  guarigione 
era  già  avviata,  e  il  pericolo  della  contrattura  scongiurato,  mi  son  servito, 
come  elettrode  differente,  di  un  piccolo  bottone  del  diametro  di  2  cm., 
che  portavo  successivamente  sul  nervo  e  sui  punti  motori  dei  muscoli  che 
avevano  bisogno  di  essere  particolarmente  eccitati.  In  qnesli  casi  ho  anche 
prodotte  interruzioni  della  corrente,  ma  non  troppo  frequenti. 

La  corrente  è  stata  adoperata  sempre  in  senso  discendente,  riservandc» 
l'ascendente  a  combattere,  con  risultato  per  vero  assai  scarso,  la  conlrailura 
secondaria. 

Intensità  della  corrente:  2-4  milliampóres. 

Durata  delle  applicazioni:  iO  minuti  circa. 

Frequenza  delle  applicazioni:  tre  per  settimana,  e  a  giorni  allenii. 

La  durata  della  cura  è  stata  in  genere  in  rapporto  con  la  gravità  della 
paralisi. 

Riguardo  all'epoca  in  cui  è  stata  iniziata  la  cura  stessa  ho  adottato  in 
genere  il  seguente  criterio:  nei  casi  nei  quali  mancava  ogni  dolore  spontaneo 
e  alla  pressione  del  nervo  affetto,  la  cura  si  è  cominciala  subito;  negli  altri, 
dove  questa  dolorabilità  ancora  esisteva,  si  è  atteso  che  scomparisse  definiti- 
vamente, consigliando  nel  frattempo,  con  molto  vantaggio,  l'applicazione  di 
un  vescicante  o  di  una  sanguisuga  all' innanzi  dell' apofisì  mastoide. 

Nessuna  regola  fissa  ho  potuto  stabilire  rispetto  all'ordine  con  cui  i  sin- 
goli muscoli  hanno  riacquistato  la  motilità.  Certe  volte  questa  è  riapparsa  nei 
muscoli  del  facciale  superiore;  altre  volte  la  metà  inferiore  della  faccia  era 
quasi  completamente  mobile,  quando  l'infermo  non  riusciva  ancora  a  chiuder 
l'occhio.  In  genere  quest'ordine  è  stato  subordinato  alle  varie  modificazioni 
deir eccitabilità  elettrica  rilevate  con  l' elettrodiagnosi. 

Contro  le  contratture  secondarie  l'elettroterapia  si  è  mostrata  ordinaria- 
mente impolente.  Appena  notati  i  primi  segni,  cercati  sempre  diligentemente, 
annunziane  l'insorgere  della  contrattura,  ho  subilo  sospeso  ogni  trattamento 
elettrico,  e,  come  consiglia  lo  Zimmern,  l'ho  ripreso  soltanto  quando  questi 
piccoli  segni  accennavano  a  regredire  o  a  restare  stazionari.  Nei  casi  di  con- 


292  G.  Fumarola 


trattura  secondaria  conclamata  ho  fatto  tentativi  di  applicazioni  anodiche  gal- 
vaniche sui  muscoli  colpiti,  con  intervalli  di  otto  giorni,  con  debole  intensità 
di  corrente  (1-2  milliampères),  e  per  la  durata  di  non  più  che  tre  minuti. 
Ora,  con  questo  metodo,  io  ho  ottenuto  in  qualche  caso  dei  discreti  risultati; 
però  nel  tempo  stesso  non  ho  trascurato  di  consigliare  agli  infermi  il  mas- 
saggio locale,  eseguito  con  manovre  molto  delicate.  In  genere  queste  contrat- 
ture secondarie  sono  state  estremamente  ribelli,  ed  io  credo  col  La  rat  che  il 
lieve  miglioramento  ottenuto  si  debba  piuttosto  riferire  al  breve  tempo  tra- 
scorso, e  meno  al  trattamento  usato. 

Nei  casi  gravi  di  paralisi  periferica  del  facciale,  con  reazione  degenerativa 
più  0  meno  completa,  e  specialmente  di  origine  traumatica,  olitica  e  in  per- 
sone adulte,  sono  riuscito  ad  ottenere  soltanto  dei  miglioramenti,  spesso  note- 
voli, non  mai  la  guarigione  completa.  Ne  credo  che  questa  si  potrà  più  rag- 
giungere, perchè,  dopo  un  anno  circa  da  che  sono  in  cura,  nessun  progresso 
ho  più  constatato  nella  funzionalità  dei  muscoli  colpiti.  In  questi  stessi  casi 
|)oi,  qualche  volta,  nonostante  la  più  grande  attenzione  messa  nella  cura,  è 
insculta  ugualmente  la  conlrattura  secondaria.  Ciò  è  avvenuto  sopratutlo  in 
individui  di  età  avanzata,  che  avevano  superato  i  50  anni,  anche  se  con  forme 
di  media  gravezza.  Nei  giovani  la  contrattura  si  è  avuta  soltanto,  ma  mollo 
raramente,  quando  vi  era  completa  reazione  degenerativa. 

Nei  casi  di  media  gravezza,  e  in  persone  giovani,  la  guarigione  si  ò  avola 
dai  3  ai  5  mesi  dopo  l'inizio  del  trattamento  elettrico. 

Nelle  forme  lievi,  infine,  con  semplici  alterazioni  quantitative  dell'ecci- 
labilità  faradica  e  galvanica  nel  nervo  e  nei  muscoli  colpiti,  sono  occorse,  per 
il  ripristino  della  funzione,  da  un  minimo  di  otto  applicazioni  ad  un  massimo 
di  24.  A  questo  proposilo  credo  anzi  opportuno  di  esporre  la  storia  di  un 
bambino  di  14  mesi,  affetto  da  paralisi  periferica  de!  facciale  destro,  di  ori- 
gine reumatica,  guarito  completamente  dopo  sole  10  applicazioni  galvaniche. 

T....  Felice,  di  mesi  14,  con  nessuna  eredità  morbosa,  nato  a  termine,  di  parto 
normale.  La  madre  racconta  che  la  mattina  del  3  ottobre  1907,  nel  prendere  in 
braccio  il  proprio  bambino  appena  sveglio,  ai  accorse  che  l'occhio  destro  era  gonfio, 
e  che  nel  piangere  la  metà  corri spondent-e  della  faccia  restava  completamente  immobile. 

Air  esame  obbiettivo  dell' 8  stesso  mese  si  nota: 

A  destra:  sopracciglio  più  basso  del  sinistro;  rima  palpebrale  più  ampia  della 
sinistra;  epifora;  lieve  appianamento  della  plica  naso-labiale.  Quando  il  bambino 
piange  si  vede  che  mentre  la  metà  sinistra  della  faccia  si  contrae  normalmente,  la 
destra  invece  resta  del  tutto  immobile.  Non  è  possibile  seguire  il  movimento  di 
rotazione  dei  bulbi  oculari  nell'atto  di  chiusura  degli  occhi,  né  esaminare  lo  stato 
della  lingua,  causa  T  irrequietezza  del  piccolo  infermo.  Per  la  stessa  ragione  nemmeno 
è  possibile  praticare  l'esame  elettrodiagnostico. 

Il  23  stesso  mese  di  ottobre  si  inizia  la  cura  galvanica  che  si  sospende,  perchè 
l'infermo  è  guarito,  dopo  sole  10  applicazioni. 

Questa  osservazione  è  inoltre  interessante  par  le  seguenti  particolarità  : 

1)  la  paralisi  periferica  del  facciale  a  quest'epoca  della  vita  è  poco  frequente; 


Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chinirgica,  ecc.         293 

2)  la  sua  sintomatologia  è  frusta,  secondo  T espressione  dì  Weill   e  Péhu, 
perchè  è  impossibile  ricercare  con  precisione  lo  stato  della  mimica  volontaria; 

3)  allo  stato  di  riposo,  nonostante  l'abolizione  funzionale  completa  dei  muscoli 
(Iella  metà  colpita,  si  riescono  ad  apprezzare  pochissimo  le  differenze  fra  i  due  lati  ; 

•  4)  la  paralisi  è  specialmente  apparente  quando  il  bambino  ride,  piange,  grida. 


Ffo.  1.  -  Paralisi   iHMiforica  del  facciale  Pro.  2.  -  Panilisi  i^Tilorica  del  facciale 

destro.  Neir atto  di  piaiijffre.  (Primi  destn».   Nell'atto  di   piangere.  (Dopo 

Kionii  della  paralisi).  la  cura  elettrogalvanira). 


La  cura,  però,  delle  paralisi  perileriche  del  facciale,  che  fino  a  pochi  anui 
fa  era  di  spellanza  esclusiva  dell' elellroterapia,  da  circa  un  decennio  è  pas- 
sata sotto  un  nuovo  dominio,  quello  della  chirurgia.  S'intende  che  sono  sol- 
tanto le  forme  molto  gravi,  specie  se  di  origine  traumatica,  e  certamente 
inguaribili,  quelle  suscettibili  di  un  trattamento  chirurgico.  Mai  si  dovrh  ten- 
tare una  cura  cruenta  quando  vi  sia,  pur  lontanamente,  speranza  di  un  sem- 
plice miglioramento,  l  risultati  funzionali  infiìtti  ottenuti  in  seguito  alle  ope- 
razioni di  tal  genere  sono  riusciti  spesse  volte  incompleti,  e  perfino  sono 
apparsi  più  gravi  degli  inconvenienti  che  si  volevano  evitare. 

Due  melodi  sono  stati  proposti  ed  eseguiti  nella  cura  chirurgica  di  queste 
paralisi,  e  cioè: 

a)  l'innesto  spino-facciale; 
h)  l'innesto  ipoglosso-facciale. 

Pochi  tentativi,  presto  abbandonati,  sono  stali  fatti  di  anastomosi  col 
glosso-faringeo. 

Ora  io  credo  che  possa  molto  interessare  l'esposizione  particolareggiata 
di  uno  dei  casi  occorsimi  di  paralisi  periferica  del  facciale,  il  quale,  per  la 
sua  certa  inguaribilità,  fu  appunto  trattato  con  l'innesto  spino-facciale.  Si 
vedrai  cosi  se  i  risultali  ottenuti  incoraggino  ad  altre  operazioni  consimili,  o 
se  piuttosto  non  consiglino  la  scelta  del  secondo  metodo  operatorio. 


294 


G,  Fumarola 


B,.„  Annay  di  anni  20,  sedi  ara.  Nel  novembre  del  1906  si  esplose,  a  scopo  di 
suicidio,  un  colpo  di  rivoltella  all'orecchio  destro,  immediatamente  seguito  da  para- 
lisi completa  del  facciale  dello  stesso  lato. 

AlV esame  obbiettivo  del  20  dicembre  successivo  si  nota; 

A  destra,  pliche  frontali  completamente  spianate;  sopracciglio  abbassato  ;  occhio 
largamente  aperto;  lieve  ectropion  paralitico;  epifora.  Nel  tentativo  di  chiudergli 


Fin.  3  -  Paralisi  periferica  del  facx*ialo  destro. 
(Allo  stato  di  riposo). 


Fio.  4.  -  Primi  risultati  postoporativi. 

Atrofia  del  trapezio  e  dello  st.  ci.  m.  di  des^tL 

(Vista  anteriormente). 


occhi,  lo  sguardo  tenuto  orizzontale,  si  vede,  dal  lato  ammalato,  il  bulbo  ruotare 
direttamente  in  alto,  e  le  palpebre  corrispondenti  restare  pressoché  immobili.  La 
plica  naso-labiale  destra  è  spianata;  l'angolo  boccale,  anche  a  destra,  è  abbassato; 
tutta  la  rima  orale  è  fortemente  stirata  verso  sinistra.  Nel  digrignare  i  denti  la 
metà  destra  della  faccia  resta  completamente  immobile. 

I  movimenti  del  velopendulo  sono  tutti  normali. 

II  gusto  è  ben  conservato  d'ambo  i  lati;  l'odorato  è  ottuso  a  destra;  l'udito  è 
notevolmente  diminuito  anche  a  destra. 

Il  resto  dell'esame  nevrologico  è  negativo. 

Esame  elettrico.  —  Abolizione  dell'eccitabilità  faradica  e  galvanica  nel  nervo  fac- 
ciale destro;  abolizione  deireccitabìlità  faradica  in  tutti  i  muscoli  da  questo  inner- 
vati; notevole  diminuzione  della  galvanica  negli  stessi  muscoli,  con  evidente  inver- 
sione della  formula  normale  di  contrazione. 


Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica,  ecc.         295 


n  22  dicembre  1906  V  iofenna  iniziò  una  cura  elettrogalvanica,  che  continuò  a 
li  alterni  fino  al  febbraio  del  1907.  In  quest'epoca  le  fu  proposta,  come  cura 
ale  della  sua  paralisi,  un'operazione  chirurgica,  ch'essa  accettò  ben  volentieri, 
avendo  ritratto  fino  allora  alcun  vantaggio  dalla  cura  elettrica.  Le  condizioni 
onali  del  facciale  destro  erano  rimaste  infatti  completamente  immutate,  e 
trodiasrnosi  aveva  dato  gl'identici  risultati  di  tre  mesi  ffrima.  Il  26  febbraio  1907 


>.  -  l*rimi  risultati  postoperativi. 
1  trapezio  e  dello  8t.  ci.  in.  di  destra. 
(Vista  posteriormente). 


Fi«.  «.  -  Quando  T  inferma  solleva  l' arto  8Ui>eriore 
destro  contrae  contemi>oraiieameiite  la  metà  co]> 
rispondente  della  faccia. 


in  un  reparto  di  chirurgia  del  Policlinico,  ove  fu  operata  dal  Prof.  Basti  a- 
i  di  anastomosi  del  facciale  con  lo  spinale  di  destra. 

Si  perde  completamente  di  vista  l'ammalata  fino  all'agosto  successivo,  quando 
si  presentò  nuovamente  al  gabinetto  di  Elettroterapia  richiamando  la  nostra 
2Ìone  Ru  un  abbassamento  e  un  appiattimento  della  spalla  destra,  insorti  con- 
ivamente  all'operazione.  L'esame  obbiettivo  infatti  fece  rilevare  che  la  spalladi 
a  era  abbassata  e  portata  in  avanti;  che  le  fosse  sopra  e  sottospinose,  sopra  e 
clavicolari  dello  stesso  lato  erano  molto  più  profonde  che  a  sinistra;  che  la 
•la  destra  era  leggermente  allontanata  dal  torace. 

[noi tre  fu  notato  che  tutte  le  volte  che  l'inferma  sollevava  il  braccio  di  destra 
aeva  anche,  contemporaneamente  e  involontariamente,   la  metà   corrispondente 

faccia.  E  viceversa:  quando  cercava  di  contrarre  la  metà  destra  della  faccia 
aeva,  pure  contemporaneamente  e  involontariamente,  lo  sternocleidomastoideo,  e 
inor  grado,  il  trapezio. 


296 


G,  Fumarola 


Si  procede  subito  ad  un  esame  elettrodiagnostico  di  tutti  i  muscoli  del  mon- 
cone della  spalla  destra,  con  speciale  attenzione  allo  sternocleidomastoideo  e  al  trapezio  ; 
ma,  tranne  una  lievissima  diminuzione  dell'eccitabilità  faradica  e  galvanica  in  questi 
ultimi,  null'altro  ci  fu  dato  rilevare.  Nei  muscoli  della  metà  destra  della  faccia  invece 
persisteva  immutata  la  reaziono  degenerativa  già  constatata  fin  dal  febbraio  precedente. 

Furono  allora  fatte  riprendere  air  inferma,  a  giorni  alterni,  come  per  lo  passato^ 
le  applicazioni  galvaniche  per  i  muscoli  innervati  dal   facciale  destro,   e    contempo- 


..M0à 


Fin.  7.  -  Qusiiido  rinlVnna  oontiat'  i  iniistoli  d«'lla 
metà  destra  della  fuecia,  motte  eonteiiiporanea- 
meiite  In  contrazione  lo  st.  ci.  in.  »?  il  trHp4'/.Io 
dello  8te.««o  lato. 


Fio.  8.  -  Paralisi  iH>ril'<nea  del  facciale  destro. 
Allo  «tato  di  riiioso.  Doi>o  V  innesto  spino-faoclAl 


rancamente  furono  iniziate  altre  applicazioni  galvaniche  per  lo  sternocleidomastoideo 
e  per  il  trapezio  dello  stesso  lato. 

Dopo  5  mesi  circa  di  questa  cura  elettrica,  riesaminando  la  paziente  si  consta- 
tarono i  seguenti  fatti: 

A  destra  :  atrofia  sempre  notevole  del  trapezio  e  dello  sternocleidomastoideo  ; 
fosse  sopra  e  sottospinose,  sopra  e  sottoclavicolari  accentuate  quasi  nello  stesso  grado 
di  prima  (fig.  4  e  5);  sinergia  spiccatissima  tra  i  muscoli  innervati  dal  facciale  e 
quelli  innervati  dallo  spinale  (fig.  6  e  7).  Si  notò  inoltre  che  mentre  V  inferma  riu- 
sciva volontariamente,  e  in  modo  isolato,  a  contrarre  i  muscoli  della  metà  destra 
della  faccia,  in  associazione  sempre  con  lo  sternocleidomastoideo  e  il  cuculiare,  quando 
metteva  invece  in  giuoco  la  mimica  involontaria  del  viso,  la  stessa  metà  destra  della 
faccia,  prima  mobile,  restava  completamente  immobile.  Lo  st^to  del  facciale  superiore 


Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica,  ecc. 


297 


destro  appariva  notevolmente  migliorato,  tanto  da  consentire  ali*  inferma  di  avvi- 
cinare per  '/,  le  palpebre.  L'asimmetria  del   viso  erasi  modificata  soltanto  di  poco. 
Importanti  furono  poi  i  risaltati  deir  esame  elettrodiagnostico  praticato  in  questa 
epoca,  e  che  credo  utile  di  esporre  in  modo  particolareggiato. 


Nervo  facciale 

1  MuAcoli  del  mento 

»     zigomatici 

Orbicol.  palp. 
1  Muscolo  fh>ntale 

Stemo-cleido  ma- 
1     stoideo 

1  Cuculiare 

CORBEKTE  FÀBADICA 

CORRENTE  GALVANICA 

A  destra 

A  sinistra 

A  destra 

A  sinistra 

100  mm.  Contrazioni  evi- 
denti, ma  un  po' pigre 
in  tutto  il  territorio  del 
facciale. 

105  mm.  Contrazioni  toi^ 
pide. 

96  mm.  Contrazioni  tor- 
pide. 

106  mm.  Contrazioni  pronte 
112  mm.           »           » 

155  mm.           »            » 
160  mm.           »           » 

105  mm. 

120  mm. 

llOmm. 
110  mm. 
120  mm. 

150  mm. 
150  mm. 

5  ma.  et.  CCCa=CC  An. 

8  ma.  et.  CCCa  <  CC  An. 

4  ma.  et.  CCCa  <  CO  An. 
3  ma.  cp.  CCCa  >  CC  An. 
3  ma.  cp.  CCCa  >  CC  An. 

1  ma,  cp.  CCCa  >  CC  An. 
1  ma.  cp.  CCCa  >  CC  An. 

2  ma. 

2  ma. 

8  ma. 

3  ma. 

4  ma. 

1  ma. 
1  ma. 

Da  tulio  ciò  si  scorge  in  modo  assai  chiaro  che  la  continuità  del  facciale 
destro,  a  più  che  un  anno  di  distanza  dal  trauma  dopo  T  innesto  spino-fac- 
ciale, erasi  completamente  ristabilita.  Ma  se  si  considera  l'operazione  dal 
punto  di  vista  dei  risultati  funzionali,  appariranno  subito  i  gravi  inconvenienti 
derivatine.  Dopo  un  anno  circa  dall'operazione  stessa  persistevano  infatti 
sempre  immutate,  l'atrofia  dello  sterno-cleido-mastoideo  e  del  trapezio,  e  la 
sinergia  di  questi  muscoli  col  facciale.  L'unico  risultato  positivo,  veramente 
indiscutibile,  era  una  certa  tonicità  dei  muscoli  della  metà  destra  della  faccia, 
tonicità  per  vero  che  veniva  a  correggere,  in  parte,  allo  stato  di  riposo,  la  spiccata 
asimmetrìa  del  viso  prima  esistente;  ma  funzionalmente,  nel  senso  di  una 
funzione  volontaria  ed  isolata,  il  guadagno  era  stato  minimo.  Se  si  pensa  in- 
fatti, come  giustamente  fa  rilevare  il  Munch,  che  il  giuoco  della  fisionomia 
è  dovuto  alla  contrazione  dei  muscoli  della  faccia  che  riflettono,  per  così 
dire,  il  pensiero  del  soggetto,  si  comprenderà  facilmente  come  un  movimento 
della  spalla  possa  dare  alla  fisionomia  un'espressione  del  tutto  differente  da 
quella  che  corrisponderebbe  allo  stato  psichico  dell'operalo.  E  purtroppo  que- 
sto grave  inconveniente  in  nessun  caso  di  anastomosi  spino-facciale  è  mai 
stato  evitalo.  Il  concetto  poi  della  rieducazione  muscolare,  cosi  seducente  in 
teoria,  manca  di  ogni  sostegno  pratico,  almeno  per  quello  che  si  può  rilevare 
dai  risultati  comunicati  finora. 


298  G.  Fumarola 


11  Pascale,  che  ha  operalo  (1905)  e  pubblicato  in  Italia  (i906)  il  primo 
caso  d'innesto  spino-facciale,  ha  ritardato  a  bella  posta  di  circa  un  anno  la 
sua  pubblicazione  per  far  meglio  apprezzare  i  risultati  ottenuti  con  dati  si- 
curi ed  accertati.  Egli  dice  che,  nonostante  il  notevole  miglioramento  avve- 
nuto, il  movimento  associato  del  sollevamento  della  spalla  coi  movimento 
volontario  nel  campo  del  facciale  non  si  è  mai  perduto  completamente,  e  che 
ad  un  esame  attento  lo  si  poteva  constatare,  ad  mi»  che  si  fosse  richiamato 
su  questo  fatto  l'attenzione  dell'infermo.  Questo,  infatti,  per  quanti  sforzi 
facesse  non  riusciva  ad  evitare  del  tutto  tale  movimento  che  si  compiva  in- 
volontariamente, e  nonostante  lo  sforzo  evidente  perchè  non  accadesse. 

Il  Munch,  che  ha  raccolto  i  22  casi  in  proposito  pubblicali  fino  al  1904, 
nega  a  quest'operazione  ogni  attributo  di  radicale,  e  la  considera  essenzial- 
mente come  un'operazione  estetica.  Ora  se  si  vuole  giudicare  in  base  alla 
presente  osservazione  conviene  confessare  che  l'estetica  in  essa  ben  poco  vi 
ha  guadagnato,  perchè  l'inferma  mostra  ancora,  chiaramente  apprezzabili, 
tutti  i  segni  di  una  paralisi  della  faccia. 

E  che  tutti  gl'inconvenienti  or  ora  ricordati  non  siano  invero  di  poca 
importanza  lo  dimostra  il  fatto  che  gli  autori,  mentre  prima  preferivano  l'in- 
nesto spino-facciale,  in  seguito  hanno  più  di  frequente  praticato  quello  ipo- 
glosso-facciale. 

Il  Ballance  che  fu  il  primo  ad  eseguire  nel  1895  l'anastomosi  spino- 
facciale,  che  praticò  poi  successivamente  in  altri  6  casi,  in  un  settimo  invece 
esegui  l'innesto  ipoglosso-facciale,  concludendo  che  non  vi  era  per  questo 
una  difficoltà  dì  tecnica  maggiore,  ma  che  anzi  si  doveva  preferire. 

Il  Pascale,  il  quale  ha  integrato  tutta  la  letteratura  dal  1895  al  1907, 
dice  che  nei  22  casi  riportati  dal  Munch  (fino  al  1904)  figurano  7  casi  sol- 
tanto di  anastomosi  spino-facciale,  mentre  negli  altri  27  comunicati  dopo  si 
trova  che  il  numero  di  quelli  curati  con  l'innesto  dell' ipoglosso  è  maggiore. 
E  cioè,  che  mentre  nei  primi  anni  aveva  il  predominio  l'innesto  collo  spi- 
nale, in  questi  ultimi  tempi  invece  è  stato  prescelto  l' ipoglosso.  Ciononostante 
egli  stesso  ha  eseguito  nel  suo  caso  l'anastomosi  spino-facciale,  e  la  stessa 
operazione  è  stata  praticata  nella  mia  inferma. 

Recentemente  il  Vidal  ha  comunicato  due  casi  di  paralisi  periferica  del 
facciale  curati  chirurgicamente.  Nel  primo  (distruzióne  del  facciale  per  sup- 
purazione otitica  prolungata)  ha  eseguito  l'anastomosi  spino-facciale;  ma  i 
risultati,  se  buoni  dal  lato  esletico,  sono  stati  pessimi  invece  dal  punto  di 
vista  dinamico  (spiccata  sinergia  tra  VII  e  XI).  Nel  secondo  (paralisi  ostetrica 
completa  in  una  ragazza  di  tre  anni)  ha  praticato  l'anastomosi  ipoglosso-fac- 
ciale; e  qui  gli  eflelti  funzionali  ottenuti  hanno  di  molto  superato  quelli  del 
caso  precedente. 

La  letteratura  ha  quindi  bisogno  di  altre  o&servazioni  prima  di  potere 
stabilire  in  base  ad  esse  i  vantaggi  dell'una  piuttosto  che  dell'altra  opera- 
zione; ed  io,  comunicando  i  risultati  avuti  nella  mia  operata,  credo  di  aver 
portato  un  modesto  contributo  allo  studio  dell'argomento. 


CoìUributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica,  ecc.         399 


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300  P.  F.  Benigni 


Manicomio  provinciale  di  Bensamo,  diretto  dal  doti.  8.  Marzocchi 


Claudicazione  cerebrale  psichica? 

per  il  doti.  P.  F.  Benigni 


Cbarcol  illustrò  prima  nel  1858  e  poi  nel  1887  il  concetto  della  claudi- 
cazione intermittente  iielFuomo,  dovuta,  come  nel  cavallo  (Boulay  e  Gaubeaux), 
a  lesioni  arteriose  obliteranti  degli  arti  inferiori. 

Molti  casi  furono  poi  pubblicati  di  claudicazione  intermittente  dovuta  ad 
endoarterile  progressiva,  ed  in  tutti  si  riconferma  l'analogia  del  fenomeno,'per 
il  quale  è  caratteristica  ed  essenziale  la  cessazione  temporanea  della  funzio- 
nalità dell'arto  affetto. 

Ma  non  si  tardò  ad  allargare  il  concetto  classico  della  claudicazione,  per 
estenderne  il  significato  fìsiopatologico  anche  a  funzioni  speciali  di  speciali 
organi  o  sistemi,  creando  il  concetto  di  una  claudicazione  viscerale. 

Così  fino  dal  1866  Potain  paragonò  le  crisi  di  ischemia  cardiaca,  dovuta 
a  stenosi  delle  coronarie,  alla  claudicazione  intermittente  dei  cavalli,  conse- 
cutiva a  stenosi  delle  arterie  iliache,  e  più  tardi  (1879)  riprese  di  nuovo  e 
completò  la  teoria  ^aWangiìia  pectoris  legata  ad  ischemia  del  mii>cardio. 

Potain  sostituì  al  termine  di  claudicazione  quello,  da  lui  coniato,  di 
meiopragki,  con  cui  si  designa  appunto  lo  stato  di  un  organo,  la  cui  attività 
fisiologica  è  Tuori  della  norma. 

Senza  tener  conto,  pel  momento,  dell'ordine  cronologico,  ricorderò  come 
Crocco  nel  1892  abbia  richiamato  l'attenzione  sopra  alcuni  casi  di  vera 
atassia  renale,  con  oscillazione  del  tasso  ureico  e  comparsa  di  albuminuria  da 
un  giorno  all'altro. 

Parla  quindi  di  una  vera  claudicazione  renale  intermittente,  che  prean- 
nunzia frequentemente  lo  sviluppo  di  una  nefrite  cronica.  L^albuminuria  o  la 
vera  nefrite  intercorrente  possono  complicare  altri  processi  morbosi  acuti, 
mentre  negli  intervalli  gli  individui  sono  afflitto  immuni  da  nefrite.  Si  trat- 
terebbe di  persone  o  che  furono  già  ammalate  in  gioventù  di  nefrite,  oppure 
che  abusarono  di  alcoolici  o  di  cibi  stimolanti,  ecc. 

Essendo  quindi  applicabile  il  concetto  della  claudicazione  alla  funziona- 
lità di  qualunque  organo  vi  fu  chi  studiò  il  fenomeno  in  rapporto  ai  centri 
nervosi. 

Grasse!  infatti  già  nel  1890  parlando^ delle  vertigini  degli  arterioscle- 
rotici  diceva  come,  rispetto  ai  centri  nervosi,  si  possano  osservare  le  stesse 
manifestazioni  arleriosclerotiche  già  rilevate  a  proposito  di  altri  organi  (rene 
e  cuore).  Dapprima,  egli  afferma,  si  ha  la  fase  della  vera  claudicazione  inter- 
mittente, con  sintomi  passeggeri  e  parossistici  e  poi  un  periodo  caratterizzato 
da  lesioni  anatomiche  irrimediabili. 


Claudicazione  cerebrale  psichica?  301 

Grasset  parla  propriamente  di  claudicazione  intermittente  sintomatica 
dell'arteriosclerosi,  claudicazione  che  può  manifestarsi  in  ciascuna  delle  parti 
costituenti  il  sistema  nervoso  centrale:  il  cervello,  il  bulbo  ed  il  midollo  spinale. 

Io  non  prenderò  in  considerazione  quanto  fu  scritto  sulla  claudicazione 
del  bulbo  e  del  midollo  da  Grasset  stesso,  da  Dejerine,  da  Elsholz,  da 
Erb  e  da  altri,  ma  mi  fermerò  di  preferenza  sulla  claudicazione  intermit- 
tente del  cervello  studiata  pure,  fra  i  primi,  da  Grasse!  fin  dal  1901. 

La  claudicazione  intermittente  del  cervello  si  manifesta,  secondo  Grasset, 
con  un  insieme  di  sintomi  di  cui  i  principali  sono  :  l'amnesia,  la  stanchezza 
intellettuale,  l'afasia. 

Egli  cita  il  caso  di  un  individuo  nefritico,  il  quale  fu  preso  improvvisa- 
mente da  formicolio  ad  una  mano,  poi,  senza  perdita  della  coscienza  divenne 
afasico,  non  trovando  le  parole  per  esprimere  i  suoi  pensieri  :  dopo  parecchie 
ore  questi  disturbi  scomparvero. 

Mette  quindi  in  relazione  un  tale  disturbo  cerebrale  con  una  insufficienza 
passeggera  della  circolazione  nel  territorio  della  III^  circonvoluzione  frontale 
sinistra. 

Egli  vede  quindi  nel  fatto  una  vera  claudicazione  cerebrale  in  rapporto 
con  lo  spasmo  delle  artefìole  della  regione  di  Broca. 

Ma  Grasset  accenna  anche,  molto  fugacemente,  ad  una  forma  psichica 
di  claudicazione  cerebrale,  la  quale  si  produrrebbe  dopo  periodi  di  surmenage 
psichico,  dopo  eccessi  di  lavoro  intellettuale,  sarebbe  cioè  l'espressione  di  un 
cervello  stanco. 

Come  si  vede  se  non  siamo  ancora  entrati  nel  campo  della  patologia 
mentale,  siamo  però  giunti  sulla  soglia.  Grasset  accenna  al  cervello  stanco, 
non  ancora  al  cervello  malato. 

La  stanchezza  però  è  già  uno  stato  patologico,  sebbene  temporaneo  e  su- 
scettibile di  risanarsi,  ed  è  dovuta,  per  il  cervello,  non  tanto  all'azione  di 
tossici  prodotti  dal  consumo  cerebrale,  quanto  all'azione  di  quelli  che,  durante 
un  lavoro  psichico,  si  accumulano  nel  circolo  sanguigno,  come  contributo  de- 
gli altri  organi  (Tanzi). 

Ma  prima  di  arrischiare  il  passaggio  dalla  Clinica  generale  alla  Patologia 
mentale  vediamo  quali  siano  il  significalo,  la  patogenesi  e  la  base  anatomica 
del  fenomeno  claudicazione  intermittente. 

Per  claudicazione  intermittente  di  un'organo  s' intende  un  disturbo  od 
una  soppressione  transitoria  di  una  funzione  speciale,  per  causa  di  una  in- 
sufficiente irrigazione  sanguigna,  legata  ad  arteriosclerosi  (Grasset). 

La  patogenesi  è  legata  all'ischemia  transitoria  per  rallentamento  o  sop- 
pressione temporanea  del  circolo,  per  cui  l'organo,  non  ricevendo  il  suffi- 
ciente pabtUum  vitae  non  si  nutre  e  gli  viene  a  mancare  la  capacità  al  diu- 
turno lavoro. 

L'anatomia  patologica  del  fiuto  causale,  cioè  dell'arteriosclerosi,  non  me- 
rita una  distinzione  speciale.  Sia  esssi  di  origine  infiammatoria  o  degenerativa 
è  identica  tanto  nei  vasi  del  cervello  quanto  in  quelli  di  un  arto. 


304  P.  F.  Benigni 


A  proposito  della  interruzione  funzionale  transitoria  si  potrebbe  forse  fare 
quìstione  se  la  diminuzione  temporanea  del  cìrcolo  possa,  per  via  diretta  e  per 
sé  sola,  essere  sufficiente  a  disturbare  od  anche  a  sopprimere  la  funzionalità 
di  un  organo,  oppure  se  questo  disturbo  di  nutrizione  non  possa  invece  riper- 
cuotersi sui  centri  nervosi  e  di  là  partire,  per  via  riflessa,  il  comando  d'arresto. 

Io  penserei,  circa  la  patogenesi  della  claudicazione  intermittente,  che 
anche  se  realmente  la  causa  prima  del  fenomeno  sta  nel  disturbo  circolatorio, 
esso  non  possa  però  aver  luogo  se  non  per  impulso  inibitorio  centrale,  perchè 
la  circolazione  sanguigna,  per  quanto  necessaria,  ha  pur  sempre  una  importanza 
secondaria  in  confronto  all'impulso  nervoso,  rispetto  all'esplicarsi  della  fun- 
zione di  un  organo.  Infatti  se  noi  ad  un  arto  leghiamo  un  vaso  importante, 
l'abolizione  del  movimento  non  è  istantanea  ma  graduale  e,  se  può  stabi- 
lirsi il  circolo  collaterale,  l'abolizione  può  anche  mancare,  mentre  se  inter- 
rompiamo la  più  importante  via  di  conduzione  nervosa  la  paralisi  è  istantanea 
e  completa,  né  vi  può  essere  un  pronto  compenso  per  vie  collaterali. 

Che  la  funzione  di- una  data  parte  dell'organismo  sìa  principalmente  sotto 
il  dominio  nervoso  anziché  sotto  il  dominio  circolatorio  é  pure  provato  dal 
fatto  che  i  centri  e  le  diramazioni  nervose  possono  temporaneamente  funzio- 
nare anche  senza  nutrimento:  ciò  si  vede  quando  il  cuore  della  rana  pulsa 
anche  dopo  asportato,  per  vitalità  ìnsita  nei  suoi  gangli  nervosi  ;  oppure  quando 
i  vari  segmenti  dì  insetti  e  di  rettili  sopravvivono  per  impulso  nervoso,  anche 
se  staccati  dal  corpo. 

Dunque  l'ischemia  di  un  organo  richiamerebbe  per  reazione  l'impulso 
nervoso  che  ne  ordina  l'arresto  funzionale.  In  questo  nuovo  stato  l'organo 
vive  fin  che  gli  é  permesso  di  vivere,  lino  a  quando  cioè  si  esaurisce  l'azione 
inibitrice  o  cessa  la  causa  che  l'ha  provocala.  Cosi  come  avviene  p.  es.  quando 
volontariamente  vogliamo  trattenere  il  respiro:  noi  possiamo  interrompere  la 
funzione  respiratoria,  ma  viene  il  momento  in  cui,  anche  contro  la  nostra 
volontà,  la  funzione  riprende.  La  volontà  cosciente  tiene  qui  il  posto  dell'ini- 
bizione  incosciente. 

Dn  organo  ìschemìco  può  continuare  a  vivere  pur  non  funzionando,  men- 
tre un  organo  che,  sotto  l' impulso  nervoso,  entra  in  funzione,  necessaria- 
mente vive. 

Ma  forse  può  anche  avverarsi  il  fenomeno  della  claudicazione  con  per- 
fetta integrità  di  circolo,  cioè  per  sola  influenza  nervosa.  Infatti  se  sì  ammette 
la  claudicazione  per  semplice  spasmo  vasale  (Crassei),  questo  spasmo  esprime 
appunto  un  fatto  di  origine  nervosa,  che  può  certo  avverarsi  anche  quando  le 
pareti  arteriose  siano  del  tutto  sane  (angiospasmo  nervoso).  Gracco  afferma 
che,  seguendo  Huchard,  si  sia  data  troppa  importanza,  per  ispiegare  Vangim 
pectoris,  agli  inspessìmenti  delle  coronarie,  dimenticando  cosi  ogni  altra  fonte 
della  malattia.  Crocco  stesso  ha  infatti  illustrato  due  casi  in  cui  la  malattia 
era  nei  nervi  del  cuore,  mentre  i  vasi  sanguigni  erano  perfettamente  immuni. 

Ma  anche  dopo  questa  digressione,  mancandomi  rautorilà  per  sostituire 
le  mie  vedute  a  quelle  fino  ad  ora  accettate,  mi  atterrò,  nello  svolgimento  di 


Claudicazione  cerebrale  psichica?  303 

questo  lavoro,  alla  dottrina  comune  che  lega  la  claudicazione  intermittente  u 
disturbi  puramente  e  primieramente  di  ordine  vascolare. 

Dunque  il  concetto  della  claudicazione  si  può  trasportare  nel  campo  della 
patologia  mentale?  ossia  si  può  applicare  alla  funzione  cerebrale  psichica?  A 
priori  parrebbe  che  nessuna  difficolth  logica  né  materiale  vi  si  opponesse.  In- 
fatti se  una  sclerosi  di  vasi  cerebrali  può  dare  la  sospensione  della  funzione 
di  un'area  corticale  con  fenomeni  di  ordine  motorio  (afasia,  paresi,  paralisi 
transitorie,  capogiri  ecc.),  perchè  una  identica  soppressione  di  circolo  nella 
stessa  zona  od  in  una. zona  vicina  non  potrà  dare  una  sospensione  della  fun- 
zione psichica? 

Le  aree  psichiche,  siano  distinte  dalle  motorie,  come  vogliono  le  moderne 
vedute,  o  non  lo  siano,  come  vuole  il  concetto  classico  antico,  possono  an- 
ch'esse andare  soggette  a  disturbi  di  circolo  per  lesioni  vasali  e  rispondere 
morbosamente  con  l'interruzione  passeggera  della  loro  funzione  specifica. 

Anche  la  funzione  mentale  è,  come  la  motoria,  Teffetlo  di  un  lavorio 
meraviglioso  e  coordinato  di  innumerevoli  cellule  nervose  le  quali  soffrono  per 
eventuali  disturbi  circolatori.  Noi  possiamo  ritenere,  fino  a  dimostrazione  con- 
traria, che  la  cellula  psichica  viva  e  muoia  come  la  motrice  e  perciò  sia  pur 
essa  passibile  di  diminuire  o  sospendere  la  sua  attività  di  fronte  a  vicende 
fisiopatologiche  che  ne  compromettano,  direttamente  o  indirettamente,  la  nu- 
trizione. 

I  caratteri  peculiari  del  fenomeno  claudicatorio  sono,  come  s'è  visto,  la 
transitorietà  di  esso,  e  la  sua  dipendenza  da  lesioni  vascolari,  ma  questi  fat- 
tori sono  indipendenti  dal  genere  di  funzione,  sia  essa  psichica  o  motoria. 

Rispetto  alla  patogenesi,  legata,  come  si  è  detto,  ad  un  disturbo  circola- 
torio, quando  si  trasporti  il  fenomeno  nel  campo  delle  malattie  mentali,  può 
essa  sussistere  identica? 

Senza  tornare  alle  idee  di  Meynert,  il  quale  cercava  di  spiegare  i  vari 
stati  morbosi  mentali  soltanto  coi  disturbi  del  circolo  cerebrale,  non  si  può 
tuttavia  escludere  che  i  processi  psichici  non  risentano  gravemente  di  ogni 
patològica  modificazione  di  circolo.  Tanto  l'aumento  dell'afllusso  sanguigno 
al  cervello,  come  si  ha  ad  esempio  nella  febbre  o  per  l'azione  di  veleni  che 
provocano  dilatazione  dei  vasi  cerebrali,  quanto  la  diminuzione  dell'afllusso, 
dovuto  a  fatti  meccanici  o  pure  a  tossici  che  provocano  angiospasmo,  sono 
tutti  fattori  che  senza  dubbio  influiscono  dannosamente  sopra  l'elemento  ner- 
voso, inducendovi  alterazioni  più  o  meno  gravi  e  durature.  Ma  anche  e  prin- 
cipalmente le  malattie  vasali,  che  si  riscontrano  in  molte  forme  morbose 
mentali,  hanno,  come  è  ^ammesso,  una  parte  importante,  diretta  o  indiretta, 
nell'origine  delle  gravi  alterazioni  circolatorie,  le  quali,  a  loro  volta,  possono 
produrre  i  disturbi  funzionali  del  cervello. 

Queste  malattie  vasali,  che  tanta  parte  hanno  nel  fenomeno  claudicatorio, 
possono  conseguire  tanto  ad  un  eccesso  di  funzione  quanto  ad  alterazioni  del 
ricambio  acute  o  croniche.  Inoltre  l'integrità  delle  pareli  vasali  è  anche  mi- 
nacciala dalle  impurità  del  sangue,  quali  sì    possono   originare   da   intossica- 


304  P,  F.  Ben'ujni 


zioni  e  da  malattie  infettive.  Allorché  entrano  in  giuoco  queste  cause  morbose 
si  può  sviluppare  anche  wn'arteriosderosi  giovanile^  Questo  fatto  ha  la  sua  im- 
portanza in  quanto  se  condizione  unica  e  necessaria  per  l'esplicazione  del 
fenomeno  claudicazione  devono  essere  le  lesioni  arteriosclerotiche,  questa  con- 
dizione si  potrebbe  avverare  anche  nell'età  giovanile  e  presenile,  epoche  in 
cui  si  manifestano  la  maggior  parte  delle  forme  morbose  mentali  progressive 
0  transitorie. 

L'arteriosclerosi  però,  come  si  è  detto,  non  è  nemmeno  l'unica  condi- 
zione necessaria  per  l'insorgenza  dei  disturbi  circolatori,  perchè  questi  pos- 
sono anche  essere  dovuti  a  spasmo  o  dilatazione  vasale,  fatti  dipendenti  da 
eccitamento  dei  centri  bulbari  e  midollari  vasocostrittori  e  vasodilatatori. 

Inoltre  abbiamo  una  forma  di  claudicazione  intermittente  (di  Roth)  in 
cui  entrano  bensì  come  elemento  causale  i  disturbi  circolatòri  nel  tronco  del 
nervo  femoro-cutaneo,  ma  essi  sono  provocati  non  da  alterazioni  vasali,  ma 
soltanto  da  disturbi  meccanici  (contrazioni  muscolari,  stazione  eretta,  ecc.). 

Comunque  le  lesioni  vasali  del  cervello  entrano  frequentissime  ed  in 
larga  misura  nel  substrato  anatomo-patologico  delle  malattie  mentali:  sono 
veri  processi  di  arterite,  di  endoarlerite  e  di  arteriosclerosi  che  colpiscono  i 
grossi  ed  i  piccoli  vasi  cerebrali. 

In  fine  le  cause  prime  delle  lesioni  anatomiche  che  stanno  a  base  del 
fenomeno  si  confondono  in  gran  parte  con  quelle  stesse  che  foi^mano  l'ezio- 
logia di  molte  malattie  mentali. 

Infatti  tra  le  cause  tossiche  dell'arteriosclerosi  ricorderò  l'alcool,  il  ta- 
bacco, il  piombo,  la  diatesi  urica.  Fra  le  malattie  infettive  sta  in  prima  linea 
la  sifilide  e  non  raramente  le  alterazioni  vasali  che  da  essa  dipendono  pre- 
sentano caratteri  differenziali  in  confronto  di  quelle  dell' arteriosclerosi  senile 
tipica.  Guadagna  sempre  maggior  terreno  l'opinione  che  anche  ad  altre  ma- 
lattie infettive  di  natura  diversa  (tifo,  scarlattina,  influenza  ecc.)  spetti  un'im- 
portanza eziologica  nell'arteriosclerosi.  I  veleni  batterici  e  forse  anche  i  bat- 
teri stessi  sarebbero  da  considerare  in  tal  caso  come  l'agente  patogeno. 

Ed  a  base  eziologica  di  molte  malattìe  mentali  che  cosa  troviamo?  tro- 
viamo appunto  infezioni,  intossicazioni,  avvelenamenti,  processi  infiammatori, 
autointossicazioni,  insomma  tutto  quel  complesso  di  fattori  che  non  solo  pre- 
dispongon^j  all'arteriosclerosi  ma  veramente  la  determinano. 

Quanto  può  durare  la  claudicazione  intermittente  di  un  organo?  Il  con- 
cetto della  durata  della  claudicazione  o,  meglio,  della  durata  della  sua  causa 
(disturbo  di  circolo)  può  infirmare  il  concetto  fondamentale  del  fenomeno? 
In  altre  parole  la  sospensione  della  funzione  di  un  organo  claudicante  deve 
essere  necessariamente  di  corta  durata  e  quindi  il  fenomeno  fugace,  oppure 
può  esso  durare  ore  e  giorni  senza  pregiudicare  il  significato  della  claudica- 
zione intermittente? 

Io  riterrei  che  la  durata  della  causa,  e  quindi  del  fenomeno,  debba  avere 
una  importanza  secondaria:  infatti  accanto  a  fenomeni  claudicatori  rapidi, 
fugaci,    ne    furono    descritti    altri  di  lunga  durata.  Cosi  per  la  claudicazione 


Claudicazione  cerebrale  psichica?  305 

renale  Crocco  parla  di  oscillazioni  funzionali  rilevabili  da  un  giorno  all'altro 
e  della  durata  di  molte  ore.  Anche  Vangitia  pect&ris  può  durare  molte  ore. 

Né  si  può  dire  che  la  vitalità  di  un  organo  claudicante  sìa  così  compromessa 
da  dovere  il  fenomeno  essere  della  massima  rapidità,  poiché  un  organo  può 
funzionar  male  od  anche  non  funzionare,  senza  cessare  per  questo  di  vivere. 
Cosi  mentre  la  bradicardia,  la  tachicardia  ed  anche  l'aritmia  possono  essere 
disturbi  dipendenti  da  claudicazione  intermittente  del  bulbo  (Grasset),  pure 
cuore  e  bulbo  continuano  a  vivere  anche  se  —  come  può  accadere  —  la  ta- 
chicardia, la  bradicardia  e  l'aritmia  durano  ore  e  giornate. 

Dunque  parrebbe  che  il  fenomeno  della  claudicazione  intermittente,  con- 
siderato in  base  al  suo  significato  ed  alla  sua  patogenesi,  si  possa  trasportare 
nel  campo  della  funzionalità  psichica  cerebrale,  perché  le  condizioni  neces- 
sarie per  l'esplicazione  del  fenomeno  trovano  il  loro  fondamento  anche,  e 
forse  più,  nel  cervello  di  molti  psicopatici. 

Finora  ho  trattato  della  claudicazione  intermittente  come  fenomeno  a  sé. 
Vediamo  se,  in  rapporto  alla  Clinica,  sia  possibile  ravvisare  un  tale  fenomeno 
in  qualche  forma  o  in  qualche  quadro  nosologico  mentale. 

Intanto  si  deve  notare  come  ì  disturbi  claudicatori  cerebrali  di  ordine 
psichico  si  incontrino  già  con  abbastanza  frequenza  nel  decorso  di  comuni 
malattie  mediche.  Cosi  non  è  raro  notare  in  individui  pletorici,  iperlensivi,  arte- 
riosclerotici  delle  crisi  di  vera  amnesia  -7-  espressione  negativa  di  un  pro- 
cesso psichico  —  accompagnata  0  no  da  disturbi  motori  passeggeri.  Vi  sono 
delle  anemie  cerebrali,  dell'età  senile  0  presenile,  in  cui  accanto  a  emipa- 
resi, eraianestesie,  cefalalgie  ecc.,  si  notano  dei  veri  disturbi  allucinalori  ed 
episodi  di  confusione  mentale  più  0  meno  grave,  dipendenti  da  arteriti  obli- 
teranti nei  vasi  cerebrali  ed  aventi  carattere  di  vera  intermittenza,  onde  sono 
paragonabili  alla  claudicazione  intermittente  di  Charcot  (Brissaud).  La 
maggior  parte  delle  manifestazioni  cerebrali  transitorie  degli  uricemici,  dei 
gottosi  appartengono,  secondo  Grasset,  alla  claudicazione  intermittente  del 
ceiTello,  il  quale  ha  le  sue  arterie  malate. 

Tali  manifestazioni  sono  spesso  di  ordine  motorio  ma  non  raramente 
anche  di  ordine  psichico:  cosi  i  deliri  nefritici  possono  essere  tali  da  con- 
fondersi con  quadri  di  forme  vesaniclie  (Jolly  e  Lecorché).  Inoltre  Dieu- 
lafoy  ammette  che  molti  episodi  0  forme  di  alienazione  mentale  —  delirio 
acuto,  mania,  lipemania  ecc.  —  possano  riscontrarsi  negli  uricemici  come 
manifestazioni  passeggere  di  lesioni  dei  vasi  cerebrali. 

Per  alcuni  Autori  questi  fenomeni  transitori  psichici  sono  legati  diretta- 
mente all'elemento  tossico,  per  altri  invece  il  materiale  tossico  lederebbe 
prima  i  vasi  cerebrali,  donde  le  manifestazioni  mentali  intermittenti  dovute 
a  vera  clandicmnone  ceretrale. 

Rispetto  alle  vere  forme  nosologiche  mentali  si  propende  ritenere  che 
Tra  lesioni  vasali  e  talune  manifestazioni  psicopatiche  esista  relazione  di 
causa  ed  effetto  e  non  soltanto  di  concomitanza.  Pertanto  le  forme  in  cui 
H  riscontrano  estese   e  costanti   le   dette  alterazioni  dei  vasi  cerebrali,  sono 


306  P.  F.  Benigni 


l'alcoolisino  cronico,  lu  paralisi  progressiva  di  origine  sifilitica  o  no,  la  demenza 
senile  ed  i  disturbi  mentali  legati  propriamente  ad  arteriosclerosi  cerebrale. 

Nell'alcoolismo  cronico  si  ammette  che  l'alcool  induca  alterazioni  gene- 
rali ed  ignote  del  ricambio  le  quali  si  ripercuotano  sul  sistema  nervoso,  ma 
ciò  spiega  benissimo  la  progressiva  degenerazione  psichica  con  decadenza 
morale,  perdita  della  intelligenza,  della  volontà,  dei  poteri  inibitori  ecc.,  ma 
spiega  meno  bene  quegli  episodi  di  confusione  con  agitazione  psicomotoria 
che  hanno  una  insorgenza  quasi  improvvisa,  breve  durata  e  rapida  scomparsa 
in  ammalati  ricoverati  da  mesi  o  da  anni.  Si  potrebbe  pensare  ad  una  repen- 
tina entrata  in  circolo  di  materiale  tossico,  donde  T  effetto  impro\'viso,  cla- 
moroso ed  insolito.  Ciò  non  è  impossibile,  ma  è  forse  meno  probabile  in  con- 
fronto di  una  causa  d'origine  vascolare,  data  la  costante  e  larga  presenza 
negli  alcoolisti  cronici  di  lesioni  vasali  nel  cervello. 

Nella  paralisi  progressiva  come  si  devono  interpretare  quelle  crisi  che 
sono  abbastanza  frequenti  all'inizio  e  durante  tutto  il  decorso  della  malattia? 
Accanto  all'accesso  epilettiforme  od  apoplelliforme  con  emiplegia,  emiparesi 
0  monoparesi  di  corta  durata,  accanto  all'afasia  motrice  tempoi-anea,  alle  con- 
gestioni del  capo,  alle  vertigini,  alle  sindromi  bulbari  affatto  transitorie,  ac- 
canto a  questi  «  attacchi  paralitici  »  di  natura  motoria  troviamo  spesso  slati 
di  offuscamento  mentale  più  o  meno  profondi  che  compaiono  e  scompaiono 
con  la  stessa  rapidità  dei  fatti  motori,  a  cui  per  lo  più  si  accompagnano.  Ora 
sono  molteplici  allucinazioni  terrifiche  che  insorgono  d'improvviso  e  portano 
ad  una  pronta  confusione  mentale  con  viva  agitazione;  ora  sono  impulsi  ino- 
pinati per  cui  l'ammalato  si  precipita  minaccioso  o  esterrefatto;  oppure  ver- 
bigerazione  con  delirio  caotico  e  disorientamento  completo  senza  perdita  della 
coscienza;  o,  in  fine,  veri  arresti  psichici  con  offuscamento  e  perdita  com- 
pleta della  coscienza,  che  si  accompagnano  a  veri  attacchi  motori.  Tutti  que- 
sti disturbi  psichici  hanno  il  carattere  speciale  dell'insorgenza  improvvisa  o 
quasi,  della  temporaneità  è  della  scomparsa  più  o  meno  rapida. 

Come  i  fatti  di  ordine  motorio  anche  questi  ^  attacchi  psichici  »  si  po- 
trebbero legare  a  condizioni  di  stasi  o  di  alterata  pressione  linfatica  (Bian- 
chi, Bechterew).  Ma  anche  queste  sarebbero  ipotesi.  Io  li  riterrei  piuttosto 
esponenti  clinici  legati  alle  speciali  condizioni  organiche  in  cui  si  trova  il 
cervello  dei  paralitici,  nel  quale  le  lesioni  gravi  e  molteplici  degli  elementi 
nervosi  danno  ragione  dell'andamento  progressivo  e  demenziale  della  malattia 
fino  alla  completa  dissoluzione  psichica,  mentre  le  alterazioni  vasali,  che  pure 
sono  tanta  parte  della  anatomia  patologica  della  paralisi,  coi  loro  processi 
progressivi  e  regressivi,  potrebbero  spiegare  l'insorgenza  delle  citate  manife- 
stazioni motorie  e  psichiche,  che  per  il  loro  modo  éi  insorgere  e  per  la*  du- 
rata farebbero  pensare  appunto  a  fatti  di  claudicazione  cerebrale. 

Non  altrimenti  si  potrebbe  pensare  di  quei  sintomi  amenziali  che  so- 
gliono intercorrere  nel  decorso  delle  demenze  senili.  Sono  veri  attacchi  con- 
fusionali, come  stati  di  sogno  passeggeri,  in  cui  gli  ammalali  diventano  cosi 
disorientati  da  perdere  perfino  la  nozione  della  propria  personalità.  A  questi 


Claudicazione  cerebrale  psichica?  307 


stati  confusionali  sì  possono  associare  gravi  illusioni,  agitazione  motoria,  an- 
goscia, spavento  e  gli  ammalati  vi  restano  per  lunghe  ore,  per  una  giornata 
intera  e  poi,  con  una  certa  rapidità,  si  rassen^nano  ricuperando  la  loro  rela- 
tiva lucidità.  I  vasi  cerebrali  nei  dementi  senili  presentano  evidenti  altera- 
zieni  ateromatose  nelle  grosse  e  nelle  piccole  arterie,  onde  i  dijiturbi  circo- 
latori possono  essere  di  facile  insorgenza  e  portare  con  sé  disturbi  intermittenti 
d'indole  funzionale,  tanto  più  facili  in  cervelli  già  debilitati  per  un  processo 
di  atrofìa  diffusa  degli  elementi  nervosi. 

I  disturbi  mentali  legati  all'arteriosclerosi  si  confondono  con  quelli  pro- 
pri delle  forme  in  cui  le  lesioni  vasali  sono  gravi  e  diffuse.  Ma  vi  sono 
forme  presenili  di  arteriosclerosi  cerebrale  in  cui,  a  lato  dei  fenomeni  di 
lesione  a  focolaio  e  di  natura  motoria,  che  insorgono  bruscamente  e  possono 
svanire,  si  notano  fatti  psichici,  pure  transitori,  come  stati  deliranti  più  o 
meno  gravi,  stati  depressivi  o  di  agitazione  psicomotoria  con  impulsività.  Poi 
in  breve  passa  la  burrasca  e  gli  ammalati  tornano  apatici  e  dementi  più  di 
prima.  Stabilendo  un  parallelo  fra  L  disturbi  psichici  da  claudicazione  cere- 
brale che  si  possono  osservare  nelle  malattie  mediche  e  quelli  pure  intercor- 
renti che  si  hanno  nelle  vere  forme  mentali  risalta  subito  la  stretta  analogia 
dei  fatti,  onde  cessa  ogni  distinzione  scolastica  ed  i  quadri  in  effetto  si  con- 
fondono tra  loro,  sia  che  essi  insorgano  nella  frenosi  vera,  oppure  siano  sol- 
tanto episodi  psicopatici  di  malattie  mediche.  Cosi  per  es.  quei  disturbi  allu- 
cinatori  e  quegli  episodi  di  confusione  mentale  intermittenti  che  si  possono 
notare  nel  corso  di  affezioni  cerebrali  senili,  cui  accenna  Brissaud,  si  pos- 
sono paragonare  ai  disturbi  accessuali  mentali,  agli  attacchi  confusionali  o 
amenziali  che  sogliono  intercorrere  nel  decorso  delle  vere  demenze  senili. 
Inoltre  gli  stati  deliranti,  anche  gravi,  con  allucinazioni  gravi  a  tipo  acces- 
sionale,  che  possono  insorgere  nella  forma  medica  della  sifilide  cerebrale  sono 
pure  paragonabili  a  quegli  attacchi  o  crisi  di  ordine  psichico  che  si  sogliono 
verificare  nella  paralisi  progressiva,  nelle  psicosi  luetiche  od  arteriosclerotiche 
in  genere.  I  deliri  nefritici  descritti  da  Jolly  e  Lecorcé  sono  analoghi  ad 
alcuni  disturbi  psichici  delle  vere  psicopatie  uremiche.  E  cosi  via.  Dal  con- 
fronto, anzi  dall'identificazione  delle  due  serie  di  fenomeni  risulterebbe  la 
possibilità  di  considerare  anche  i  disturbi  accessuali  vesanici  come  veri  fatti 
di  claudicazione  cerebrale  psichica.  A  me  sembrerebbe  che  i  due  ordini  di 
futti,  identici  nella  loro  espressione,  si  possano  ritenere  identici  anche  nella 
loro  patogenesi,  se  non  sempre  nella  eziologia,  specie  quando  coesistano  le 
slesse  condizioni  (alterazioni  vasali)  necessarie  all'esplicarsi  dei  fenomeni: 
per  modo  che  se  i  primi  —  disturbi  mentali  nel  corso  di  malattie  mediche  — 
sono  da  ritenersi  effetto  di  claudicazione,  anche  i  secondi  —  alcuni  episodi 
acuti  intercorrenti  nel  corso  di  malattie  mentali  —  si  possono  pure  rite- 
nere prodotti  da  claudicazione  cerebrale  psichica.  Il  paragonare,  l'identificare 
tra  loro  tali  manifestazioni,  comprendendole  in  un  ordine  di  fenomeni  rife- 
ribili a  disturbi  funzionali  intermittenti,  non  pregiudica  per  nulla  l'eziologia 
di  ognuno  o  di  ogni  gruppo  di  essi.  L'eziologia  infatti  può  essere  varia  nelle 


308  />.  F.  Benix^ni 


varie  forme  morbose  fondamentali,  come  sifilitica  o  d'altra  infezione,  tossica 
per  alcool  o  per  altri  veleni  introdotti  o  formati  dentro  l'organismo  per  alte- 
rato ricambio,  ecc.,  ma  la  patogenesi  dei  fenomeni  intercorrenti  può  essere 
ugualmente  quella  vascolare,  ammessa  fin  qui  per  tutti  i  fatti  considerabili 
come  espressione  di  claudicazione  intermittente  di  dati  organi. 

10  crederei  però,  come  ho  gih  accennato,  che  non  la  sola  diminuzione 
dell' afdusso  del  sangue  ad  un  organo,  cioè  l'ischemia,  ma  qualunque  disturbo 
del  circolo  cerebrale  transitorio,  come  l'aumento  dell'afflusso  sanguigno,  possa 
portare  una  claudicazione  intermittente  di  un  organo.  Ma  pur  volendoci  atte- 
nere all'unica  causa  ischemica  devo  ripetere  come  per  provocarla  non  sia 
necessaria  sempre  una  lesione  vasale:  anche  stati  transitori  di  grave  debo- 
lezza cardiaca  possono  dare  ischemìa  cerebrale;  cosi  pure  quegli  stati  emotivi 
gravi  che  producono  contrazioni  spasmodiche  dei  vasi  cerebrali  e  che  non 
sono  infrequenti  in  certe  forme  psicopatiche.  Efletti  simili  possono  anche  es- 
sere prodotti  da  veleni  circolanti. 

11  decorso  delle  varie  malattie  cerebrali  dipende  certamente  più  dalla  qualitii 
del  sangue  circolante,  mentre  quegli  episodi  transitori  di  cui  ho  parlato  è  più 
facile  dipendano  dalla  quantità,  per  il  modo  d'insorgere,  la  breve  durata,  la 
più  0  meno  rapida  scomparsa,  sebbene  anche  i  tossici  possano  entrare  indi- 
rettamente in  causa. 

A  questo  punto  vorrei  azzardare  un'altra  ipotesi.  Quegli  acuti  sconcerti 
psichici  che  si  notano  non  di  rado  nella  dementia  praecox,  nella  frenosi  sen- 
soria, i  raptus  di  certi  stati  melancolici  e  forse  anche  certi  equivalenti  epi- 
lettici inon  potrebbero  essere  paragonabili  a  fenomeni  di  claudicazione  cere- 
brale psichica?  Qui  si  tratta  spesso  di  individui  giovani,  ma  noi  sappiamo 
che  l'arteriosclerosi  si  trova  abbastanza  spesso  in  gioventù,  quando  agiscano 
cause  tossiche  od  infettive.  Inoltre  poco  più  sopra  ho  citato  altre  cause  tran- 
sitorie capaci  di  ischemizzare  il  cervello,  onde  sarebbe  possibile  che  l'una  o 
l'altra  di  quelle  potesse  intervenire,  specie  gli  stati  emotivi  e  la  tossicità  del 
sangue,  che  portano  angiospasmo  cerebrale  e  che  tanta  parte  hanno  nello  svi- 
lupjio  delle  forme  nosologiche  mentali.  Infatti  nel  decorso  delle  demenze 
precoci  insorgono,  spesso  improvvisamente,  episodi  fugaci  dì  confusione  men- 
tale con  agilazion(5  per  cui  gli  ammalati,  prima  tranquilli  ed  apatici,  balzano 
in  piedi  inferociti  o  spaventati,  si  avventano  sopra  un  vicino  o  verso  la  fine- 
stra, rompono  vetri  e  suppellettili,  sono  in  preda  a  viva  emozione,  gridano 
parole  e  frasi  incoerenti,  rifiutano  il  cibo,  si  ribellano  a  tutto  ed  a  tutti. 
Poi  rapidamente  si  calmano  e,  domandati,  non  sanno  dire  il  perchè  di  que- 
sta improvvisa  agitazione,  o  dicono  che  si  era  loro  ofliiscata  la  vista  improv- 
visamente, che  avevano  sentilo  come  un  colpo  sul  capo,  mentre  ricordano 
poco  0  nulla  dell'accaduto. 

Accessi  consimili  si  notano  in  vari  stali  psicopatici  giovanili:  così  un 
giovane  alcoolizzato,  che  sofl'riva  di  queste  crisi  psicomotorie,  diceva  che  si 
sentiva  salire  «  il  mercurio  »  alla  testa.  Egli  una  volta  tentò  afferrare  per  il 
collo  l'inferniiere  di  guardia;  altra  volta  scaraventò  piatti   e  scodelle   contro 


Claudicazione  cerebrale  psichica?  300 

il  muro.  Restava  confuso  ed  inquieto  per  qualche  tempo  e  poi  tornava  nor- 
male, ricordando  quello  che  aveva  fatto  e  riferendolo  sempre  al  «  mercurio  > 
che  gli  prendeva  il  cervello. 

Per  queste  pretese  forme  di  claudicazione  cerebrale  di  origine  tossico- 
emotiva  sarebbe  forse  più  esplicativa  la  ipotesi  dell'inibizione  centrale,  perchè 
qui  il  fatto  fisiopatologico  che' provoca  l'ischemia  o,  se  si  vuole,  anche  la  con- 
gestione  per  angiospasmo  od  angioparesi,  potrebbe  essere  di  origine  riflessa. 

Comunque  noi  non  conosciamo  ancora  il  meccanesimo  che  presiede  allo 
svolgimento  di  molti  fenomeni  psicopatici,  dai  singoli  episodi  accessuali  di 
cui  ho  parlato  alle  vere  e  ben  definite  forme  nosologiche.  Vaghiamo  sempre 
nel  campo  delle  ipolesi  e  se  fra  queste  oggi  sono  le  teorie  tossiche  quelle 
che  meritano  maggior  credito,  esse  tuttavia  spiegano  abbastanza  bene  il  de- 
corso, l'andamento  fatale  di  una  malattia  ma  meno  bene  le  crisi  accessionali. 
Bisognerebbe  per  queste  immaginare  una  ondata  di  tossine  entrate  in  circolo 
in  tale  quantità  e  di  tale  potere  tossico  da  sopprimere  o  deviare  la  già 
compromessa  funzionalità  della  cellula  cerebrale,  mentre  per  lo  più  l'azione 
dei  tossici  da.  alterato  ricambio,  per  quanto  fatale,  è  lenta  e  di  lento  effetto. 

Mi  sembra  che  un  disturbo  circolatorio  cerebrale  transitorio,  quando 
fosse  ammissibile,  spiegherebbe  meglio  i  disturbi  transitori  psichici,  i  quali, 
di  solito,  hanno  poca  influenza  sul  decorso  della  malattia  fondamentale. 

Si  potrebbero  conciliare  le  due  vedute  col  supporre  che  le  tossine,  en- 
trate in  circolo  improvvisamente  in  quantità  maggiore  del  solito,  possano 
agire  direttamente  o  indirettamente  sulle  pareti  vasali  e  portare  angiospasmo 
0  paresi. 

Se  si  potesse  ammettere  che  la  causa  fondamentale  di  quei  disturbi  psi- 
chici accessuali  di  cui  ho  parlato,  risiedesse,  come  per  le  motorie,  in  transi- 
tori disturbi  del  circolo  cerebrale,  non  riuscirebbe  poi  impossibile  considerare 
gli  stessi  disturbi  come  fenomeni  di  chmdicazione  cerebrale  psichica  inter- 
mittente. 

Del  resto  anche  questa  è  soltanto  un'ipotesi. 


Bibliografia. 

PiKTAiN.  ¥  Oazette  de»  Hópitaux  »,  1879. 

P.  Gbocco.  Di  alcuni  fatti  nuovi  in  contribuzione  alla  Patologia  e  cura  delle  malattie  renali. 
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J.  GaAsam-.  Du  vertige  cardiovasculaire  ou  vertige  des  artériosclèreux.  «Revue  neurologique  >», 
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J,  Gramet.  La  claudication  intermittente  des  contras  nerveux.  «  Re vuc»  neurologique,  n.  ló,  VM)*\. 

P.  Gbocco.  Conferenza  suir  angina  di  petto,  tenuta  agli  Istituti  clinici  milanesi  il  giorno 
8  marzo  1908. 


310  G.  Fichera 


Istituto  chirurgico  della  R.  Università  di  Roma,  diretto  dal  prof.  F.  Durante 


Per  lo  studio  della  struttura  normale  e  patologica 

del  sistema  nervoso. 

Nuovi  metodi  di  indaghine  microscopica 

per   il   dottor  G.  Fiche ra 


Lo  studio  della  struUura  normale  e  patologica  del  sistema  nervoso  ha 
provocato  la  ricerca  di  svariati  procedimenti  di  tecnica  microscopica.  Di  guisa 
che,  in  breve  tempo,  accanto  ai  metodi  fondamenlali,  di  Ranvier,  Heiden- 
hain,  Golgi,  Weigert,  Ehrlich,  Marchi,  Nissl,  Apàthy,  che  lianno  por- 
tato un  vero  incremento  nello  studio  dei  tessuti  nervosi,  ne  sono  stati  proposti 
molti  altri  ;  i  quali  costituiscono  ora  una  modificazione,  ora  un  complemento 
dei  primi. 

Il  numero  veramente  notevole  dei  metodi  di  preparazione  in  uso,  già, 
denota  la  difficoltà  che  presentano  le  ricerche  sulla  fine  struttura  degli  organi 
nervosi  centrali  e  periferici;  e  la  necessità  di  ricorrere  a  procedimenti  diversi, 
per  mettere  in  evidenza  dettagli  molteplici  e  minuti. 

Però  la  grande  maggioranza  dei  metodi  finora  avanzati  mira  alla  dimo- 
strazione di  un  elemento  o  di  un  particolare  dì  struttura  ;  mentre  fan  difetto 
i  metodi  atti  a  porre  in  rilievo  i  vari  costituenti  delle  cellule  e  delle  fibre 
nervose  nella  stessa  sezione. 

Effettivamente  i  processi  d'impregnazione  fondati  sulla  riduzione  di  sali 
metallici,  e  quelli  più  recenti  detti  fotografici,  basati  su  principi  analoghi,  spesso 
mostrano  solo  la  configurazione  e  i  contorni  delle  cellule  nervose  e  dei  loro 
prolungamenti,  senza  rivelarne  la  intima  tessitura.  Ed  i  metodi  di  colorazione 
il  più  delle  volte  sono  semplici,  e  indicano  parzialmente  la  struttura  delle 
cellule  e  delle  fibre  nervose;  ovvero,  non  raramente,  se  policromi,  richiedono 
procedimenti  complicati,  lunghi  e  incostanti. 

Date  queste  condizioni  di  fatto,  mi  permetto  di  esporre  brevemente  due 
metodi  di  tripla  e  quadrupla  colorazione;  i  quali  pur  essendo  di  semplice  e 
rapida  esecuzione,  dimostrano  con  linzioni  elettive  i  vari  costituenti  degli  ele- 
menti nervosi. 

E  volendo  paragonare  questi  nuovi  procedimenti  a  taluni  altri  già  noti, 
enumero  prima  in  modo  schematico,  quali  sono  i  metodi  finora  esistenti  ;  pre- 
mettendo che  riesce  difficile  riunirli  tutti,  perchè  sparsi  in  pubblicazioni  e  in 
periodici  numerosi  e  non  sempre  diffusi;  ed  avvertendo  che  è  poco  agevole 
il  distribuirli  in  categorie  con  precisione  rigorosa.  Poiché  se  per  la  classifica- 
zione si  adotta  il  criterio  della  unicità  o  molteplicità  di  tinzione,  si  trova  che, 
processi  i  quali  dovrebbero  considerarsi  semplici,  e  impiegati  a  rendere  evi- 
dente, mediante  una  colorazione,  un  solo  elemento,  per  diflerenza  di  tonalità 


Per  lo  studio  della  struttura  normale  e  p(\tolo(jica,  ecc.,  311 

0(1  anche  per  metacroinasia  ne  dimostrano  altri.  Allo  stesso  modo,  se  si  pre- 
ferisce il  principio  delT  affinità  di  colorazione,  si  constata  che,  procedimenti 
designati  come  elettivi  per  un  costituente  delle  cellule  o  delle  fibre  nervose, 
non  colorano  soltanto  quello  indicato. 

Tuttavia,  tenendo  conto  delle  difficoltà  sopra  cennate,  si  possono  dividere 
i  metodi  noti  a  secondai  del  numero  delle  sostanze  coloranti  adoperate  ;  ovvero 
a  ,^econda  delle  strutture  che  vengono  dimostrate. 

1.  —  Metodi  di  colorazione  semplice,  fondati  in  gran  parte  sulP azione 
delle  seguenti  sostanze  coloranti:  carminio,  ematossilina,  bleu  di  metilene, 
dalia,  safrunina,  tionina,  violetto  e  verde  di  metile,  nigrosina,  bleu  di  anilina. 

Metodi  di  Ranvier,  Heidenhain,  Lenhossèk,  Gerlach,  Lìssauer»  v. 
Gehuchten  e  Nèlis,  Grenach^r,  Aronson,  Lustgarten,  Sanky,  Luys, 
Weigert,  Wolters,  Kaiser,  Mallory,  Kultschi'tzky,  Burckhardt,  Meyer, 
Beale,  Haug,  Upson,  Nikiforoff,  Schmaus,  Csokor,  Roncoroni,  Benda, 
Altman,  Galli,  Platner,  Exner,  Adamkiewicz,  Marchi,  Eller,  Rober- 
tson, Allerhand,  Frankel,  Sahii,  Beneke,  Rawitz,  Monti,  Nicholl,  Te- 
Ijaniksche,  Ilberg,  Healdsche,  Bethe,  Relm,  Sadowsky,  Stoeltzner, 
Schaffer,  Jamagiva,  SchrOtter,  Harris,  Johansson,  Segali,  Cox,  Rothig, 
Azoulay,  Fritsch,  Honneger,  Znppinger,  Vaasale,  Benczur,  Mercier, 
I)onaggio,'Hoinèn,  Lugaro,  Da  Fano,  Breglia. 

Metodi  di  impregnazione  semplice  o  doppia  fondali  in  prevalenza  sulla 
lussazione  in  acido  cromico,  o  in  soluzioni  di  composti  di  esso,  e  la  succes- 
siva riduzione  di  sali  di  argento,  mercurio,  rame,  zinco,  cadmio,  platino,  pal- 
ladio, oro. 

Metodi  di  Golgi,  Cajal,  KoIIiker,  Flechsig,  Greppig,  Ziehen,  Obre- 
gia,  Cox,  KalliuB,  Tal,  Bebizzi,  Fusari,  Sala,  Apàthy,  LOwit,  Ran- 
vier,  Cohnheim,  Giaccio,  Cipollone,  Magini,  Paladino,  Hogganj  Raf- 
fini, Arnold,  Vassale  e  Donaggio,  Upson,  Keiffer,  Monti,  Joris,  Nabias, 
Marinesco,  Lavdowsky,  Dèkhuyzen,  Rawitz,  Bolton  e  Bari,  Schreiber, 
List,  Mosse,  Lev-aditi,  Bielschowsky. 

Motodo  di  preparazione  semplice  al  calore.  Cappa  rei  li,  per  lo  studio  del 
sistema  nervoso  centrale  e  periferico,  si  serve  di  materiale  fresco  strisciato 
0  dissociato  su  un  vetrino  coprioggetti  riscaldato  alla  fiamma,  sino  a  che  gli 
estremi  di  esso  accennino  a  fondere. 

Metodo  di  Cappa  rei  H. 

Metodi  di  colorazione  doppia  fondali,  principalmente,  sulla  consecutiva  o 
contemporanea  azione  di  violetlo  di  genziana  ed  cosina,  ematossilina  ed  cosina, 
ematossilina  e  benzopurpurina,  ematossilina  e  nero  d'anilina,  enialossilina  e 
fucsina,  ematossilina  ed  erilrosina,  eiiiato'^silina  e  carminio,  acido  picrico  e 
carminio,  indaco  e  carminio  boracico,  carminio  e  bleu   di  anilina,   cosina   e 


3li  G.  Fichera 


dalia,  cosina  e  verde  di  melile,  nigrosina  e  dalia,  emaleina  e  bruno  di  nafli- 
lamina,  blu  di  metilene  e  fucsina,  blu  di  metilene  ed  eosina,  blu  di  metilene 
e  safranina,  blu  di  metilene  ed  erìtrosina,  blu  policromo  e  orange-tannino. 
nigrosina  e  acido  picrico,  fucsina  e  verde  di  metile. 

Metodi  di  Goodhall,  Fritscb,  Stroebe,  Ziegler,  Duval,  Apàthy,  Her- 
mann, Bolles-Lee  e  Henneguy,  Edinger,  Mercier,  Kaiser,  Sahli,  Adara- 
kiewiz,  Held,  Boccardi,  Levi,  Martinetti,  Mann,  Medea,  Guizzetti,  Besta. 

Metodi  di  colorazione  tripla  fondati,  specialmente,  sulla  combinazione  trd 
nero  d'anilina  e  picrocarminio;  verde  di  metile  e  picrocarminio;  carminio 
d'indaco  e  picrocarminio;  ematossilina,  fucsina  e  acido  picrici»;  fucsina,  orange 
e  verde  di  metile;  fucsina,  orange  e  blu  di  anilina. 

Metodi  di  Rosin,  v.  Gieson,  Finotti,  Ernst,  Mallory, 

IL  —  Metodi  per  lo  studio  istologico  delle  celltde  nervose.  —  Cellule  ner- 
vose e  loro  prolungamenti: 

a)  Metodi  di  colorazione  di  Banvier,  Schmaus,  Loewenthal,  Lenhos- 
sék.  Ève,  Held,  Rosin,  Rehm,  Gerlach,  Beale,  Upson,  Nikiforoff,  Ho- 
yer,  Nissl,  Orth,  Roncoroni,  Mallory,  Benda,  Goodhall,  Bewan-Lewis, 
Erlitzky,  Merk,  Holmgren,  Fritsch,  Rawitz,  Allerhand,  Gottard,  Te- 
Ijaniksche,  Ilberg,  StOr,  Honneger,  Csokor,  Henle  e  Merkel,  Dnval. 
Zuppinger,  Hermann,  Benczur,  Griesbach,  Apàth3%  Bolles-Lee,  e  Hen- 
neguy, Edinger,  Luys,  Gaule,  Jelgersma,  Mercier,  Martinetti,  v.  Kah- 
Iden,  Tassale,  Pighini,  Bùngner,  Rossolimo  e  Mourawieff,  Boccardi 
Levi,  Mann. 

h)  Metodi  di  impr epilazione  di  Golgi,  Cajal,  KOlliker,  Hoggan, 
Schultze,  Martinetti,  Cox,  Callius,  Monti,  Giaccio,  Cohnheim,  Ran- 
vier,  Kallius,  Smirnow,  Kolossow,  Bohm,  Sala,  Oppel,  Berkley,  Freud, 
Upson,  Strong,  Keiffer,  Kopsch,  Schwald,  Greppin,  Tassale,  Obregia, 
Tal,  Arnold,  Vassale  e  Donaggio,  Magini,  Flechsig,  Ziehen,  Dekhuy- 
zen,  Paladino,  Rebizzi,  Fusari,  Rawitz,  Bolton  e  Bari,  Cipollone, 
Luwit,  Marinesco,  Kodis,  Schreiber,  Ruffini,  List,  Kronthal,  Corning, 
Hollenstein,  Mirto,  Robertson  e  Macdonald. 

e)  Metodiy  per  i  reticoli  delle  cellule  nert^ose  di  Kopsch,  Vassale,  Be- 
the,  Apàthy,  Joris,  Lugaro,  Donaggio. 

Metodi  per  lo  studio  istologico  delle  fibre  nervose,  —  Cilindrasse: 

a)  Metodi  di  colorazione  di  Heidenhain,  Ziegler,  Gerlach,  Finotti, 
Strube,  Benda,  Schmaus,  Sadowsky,  Stoeltzner,  Johansson,  Schwalbe, 
Scarparetti,  Auerbach,  Sargent,  Kodis,  Chilesotti,  Ciaglinski,  Czokor, 
Vassale,  Homen,  Medea,  Striihuber,  Platner,  Kaplan,  Kadij,  Lugaro, 
Fajersztain. 

h)  Metodi  di  impregnazione  :  quelli  precedentemente  citati  per  le  cellule 
nervose  ed  i  loro  prolungamenti. 


Per  lo  studio  della  struttura  noì^nale  e  patologica,  ecc.  318 

Neurofibrilìe.  —  a)  Metodi  di  colorazione  di  Kopsch,  Apàthy,  Don  ag- 
gio, Cox,  Kupffer,  Mockenberg  e  Bethe,  Dogiel,  Becker,  Simon,  Tirelli, 
Lugaro,  Meyer;  h)  Metodi  di  impregnazione  di  Apàthy,  Cajal,  Bethe, 
3Iosse,  Levaditi,  Nabias,  Ziehen,  Joris,  Bielschowsky. 

Neurocheratina.  —  Metodi  di  colorazione  di  Golgi,  Platner,  Galli, 
Beer,  Gedoelst,  Corning,  Besta. 

Guaina  mielinica,  —  Metodi  di  colorazione  di  Ranvier,  Bezzo  ni  co.  Tiz- 
zoni, Jakimowitch,  Schiefferdecker,  Bolton,  Ciecharaowski,  Bellonci, 
Hang,  Rossi,  Mitropanow,  Lissauer,  Walsem,  Huber,  Rabl,  Tirelli, 
Fischel,  Segali,  Marchesini,  Weigert,  Pai,  Kultschitzky,  Wolters, 
Flechsig,  Benda,  Exner,  Finotti,  Bing,  Ellerniann,  Mallory,  Bensdoff, 
Breglia,  Aronson,  Allerhand,  Ruffini,  Frankel,  Strfihuber,  Lustgarten, 
Vassale,  Nikiforoff,  Mercier,  Robertson,  Hill,  Azoulay,  Marchi,  Busch 
e  Rossolimo,  Langley,  Anderson,  Starlinger,  Rehra. 

Cilindrasse  e  guaina  mielinica.  —  Metodi  di  colorazione  di  Paladino, 
Cajal  Sahli,  Adainkiewicz,  Ciaglinsky,  Martinotti,  Aronson,  Held, 
Sanky,  Luys,  Kaiser,  Rehm,  Wolters,  Allerhand,  Stroebe,  Sargent, 
Nicholl,  Chilesotti,  Besta,  Medea,  Guizzetti. 

Metodi  per  lo  studio  istologico  della  nevroglia,  —  a)  Metodi  di  colorazione 
di  Weigert,  Kultschitzky,  Burckhardt,  Sahli,  Beneke,  Petrone,  An- 
glade  e  Morel,  Jamagiwa,  Labrazés  e  Letessier,  Mallory,  Monti,  Scaf- 
fer,  Benda,  Mercier,  Robertson,  Rubaschkin,  Held  (inedito),  Krause, 
Aguerre,  Wart,  Durai,  Bartel,  Flint,  Da  Fano;  h)  Metodi  di  impregna- 
zione :  quelli  precedentemente  citati  per  le  cellule  nervose. 

Metodi  per  lo  studio  istologico  del  sistema  nervoso  centrale  e  periferico 
mediante  colorazioni  «  intra  ritam  »,  o  su  tessuti  non  inclusi,  -  Metodi  di 
colorazione  di  Meyer,  Cajal,  Catois,  Bethe,  Ehrlich,  Dogiel,  Ravenna, 
Harris,  Segali,  Luzzatto. 


I  due  metodi  di  colorazione  che  qui  espongo,  si  possono  adottare  tanto 
nelle  indagini  istologiche  sugli  organi  nervosi  centrali,  quanto  in  quelle  sul 
sistema  nervoso  periferico.  Ma  i  risultati  mip:liori  si  hanno  preferendo  il  primo 
per  il  nevrasse,  il  secondo  per  i  tronchi   nervosi. 

Metodo  I.  —  Fissazione  dei  pezzi  in  soluzione  di  acido  cromico  o  di  sali  di 
t^sso:  liquido  di  Marchi,  Flemming,  Bayerl,  Rabl,  Perényi,  Fol,  soluzione 
acquosa  di  bicromato  potassico  al  5  per  cento,  miscela  di  Miller,  di  Ehrlich, 
di  Ortb,  di  Zenker.  Inclusione  in  paraffina. 

Colorazione  con  violetto  di  genziana,  secondo  le  formule  di  Bizzozero:  vio- 
letto di  genziana  gm.  1,  alcool  assoluto  cmc.  15,  olio  d'anilina  cmc.  3,  acqua  di- 
stillata cmc.  80;  ovvero  con  la  mescolanza  di  soluzione  satura  di  violetto  di  genziana 
parte  1,  e  soluzione  di  cloruro  di  sodio  al  0.75  per  cento  parti  3000. 

Nel  primo  tempo  si  può  anche  colorare  con  dalia,  secondo  la  formula  di  Ehr- 
lich: soluzione  acquosa  concentrata  di  dalia  parti  3,  alcool  assoluto  parti  4,  acido 
acetico  parte  1. 


314  G,  Vichera 


Colorazione  con  soluzione  alcoolica  di  eritrosina:  eritrosina  gin.  3,  alcool  a  90^ 
cmc.  100. 

Dopo  la  prima  tinzione  si  tengono  i  tagli  in  alcool  sino  a  che  non  perdono  più 
colore  ;  indi  si  passano  nella  seconda  soluzione,  ove  si  lasciano  1  o  2  minuti  ;  poscia 
s*  immergono  per  30  o  40  secondi  in  alcool  leggermente  acidulato,  mediante  acido 
idroclorico,  a&pettando  il  momento  in  cui,  avvenuta  una  tenu€  decolorazione  deir eri- 
trosina, la  sezione  assume  un  brillante  color  rosa. 

In  ultimo  si  diafanizzano  e  montano  i  tagli  con  i  comuni  metodi. 

Tra  i  liquidi  fissatori  sono  "preferibili  le  soluzioni  cromiche  e  le  osmio-cromiche, 
perchè  esse,  senza  manipolazioni  speciali,  portano  il  contributo  di  una  terza  e  di 
una  quarta  colorazione;  dimostrando  la  struttura  e  le  alterazioni  degenerative  della 
guaina  mielinica. 

Col  metodo  ora  indicato  ho  studiato  casi  di  tabe,  di  ematomielia,  di 
siringomielia,  di  metastasi  neoplasiche  spinali.  In  lutti  questi  casi  ho  colo- 
rato con  il  violetto  di  genziana  o  con  la  dalia:  i  nuclei  delle  cellule  nervose, 
delle  cellule  ependimali,  delle  cellule  di  nevro^lia,  delle  guaine  di  Schwann, 
delle  pareli  vasali,  dei  leucociti,  delle  cellule  connetlivali.  Mentre  con  l' eri- 
trosina ho  colorato  il  protoplasma  dei  vari  elementi  cellulari,  le  fibrille  ne- 
vrogliche,  i  cilindrassi  e  le  guaine  di  Schwann,  il  tessuto  connettivo  fibroso. 

La  guaina  mielinica  è  rimasta  tinta  in  giallo  dall'acido  cromico  o  dai 
sali  di  esso. 

L)  mielina  degenerata,  le  cellule  adipose  e  i  granuli  di  grasso  sono  ap- 
parsi in  nero,  per  azione  dell'acido  osmico. 

Metodo  II.  —  Fissazione  e  inclusione  come  per  il  metodo  già  descritto. 

Colorazione  con  emateina:  emateina  Geigy  1,  alcool  a  90®  cmc.  10,  acqua  di- 
stillata cmc.  100;  ovvero  con  eraallume  secondo  Mayer:  emateina  gm.  1,  alcool  a 
a  90^  cmc.  50,  allume  gm.  50,  acqua  distillata  cmc.  1000,  cui  si  può  aggiungere  il 
20  per  cento  di  acido  acetico.  Altrimenti  si  può  procedere  nel  primo  tempo  colo- 
rando con  ematossina  Delafield:  soluzione  satura  di  allume  ammoniacale  crac.  400, 
ematossìlina  gm.  4  in  alcool  assoluto  cmc.  25,  glicerina  cmc.  100,  alcool  metilico 
cmc.  100. 

Colorazione  con  soluzione  acquosa  di  fucsina  acida:  fucsina  acida  gm.  1,  acqua 
distillata  cmc.  500. 

Colorazione  con  soluzione  alcoolica  di  orange:  orango  gm.  3,  alcool  a  90^ 
cmc.  100. 

Per  allestire  i  preparati,  con  questo  metodo,  dopo  la  prima  colorazione  con  ema- 
teina, 0  email  urne  od  ematossilina  si  immergono  i  tagli  nella  soluzione  di  fucsina 
per  1  minuto;  indi  si  lasciano  in  soluzione  di  acido  fosfomolibdico  1  per  cento  per 
circa  10  minuti,  ed  anche  oltre  se  le  sezioni  abbandonano  ancora  fucsina,  o  non 
appaiono  abbastanza  differenziate.  Per  accelerare  la  decolorazione,  conviene  rinno- 
vare almeno  una  volta  la  soluzione  fosfomolibdica,  tosto  che  sarà  tinta  intensamente 
per  la  fucsina  di  più  sezioni. 

Il  differenziamento  riesce  anche  con  soluzione  acquosa  1  per  cento  di  cloruro  di 
anilina;  ma  in  questo  caso  occorre  una  più  diligente  sorveglianza  delle  sezioni, poi- 
ché la  decolorazione  è  relativamente  rapida,  e  non  sempre  uniforme. 


Per  lo  studio  della  struttura  normale  e  patologica,  ecc.  3i5 

L'ultima  colorazione  con  l'orange  si  compie  in  2  minuti,  dopo  i  quali  sì  tra- 
sportano i  tagli  rapidamente  attraverso  le  vaschette  contenenti  alcool  ordinario,  al- 
cool assoluto,  xilolo.  Nei  primi  due  passaggi  i  tagli  lasciano  Torange  rimasto  in 
eccesso.;  però  è  necessario  non  prolungare  la  dimora  dei  preparati  nell'  alcool,  perchè 
potrebbe  avvenire  un'intensa  decolorazione. 

Ho  impiegalo  questo  secondo  metodo  nello  studio  della  degenerazione  e 
rigenerazione  di  fibre  nervose  periferiche,  di  alterazioni  di  tronchi  nervosi  da 
Iraumi,  o  da  compressioni  lente  e  protratte  per  esostosi,  per  calli  ossei  esu- 
beranti, per  tumori. 

In  ogni  caso  i  nuclei  della  guaina  di  Schwann,  delle  pareti  vasali,  dei 
leucociti,  delle  cellule  connettivali  son  rimasti  colorali  dall' emateina,  dal- 
Temallume  o  dall' ematossilina. 

Il  cilindrasse,  lo  guaina  di  Schwann  ed  il  connettivo  fibrillare,  sono 
apparsi  in  rosso  per  azione  della  fucsina. 

La  guaina  mielinica  è  risultata  tìnta  in  giallo  dall' orange. 

La  mielina  degenerata,  le  cellule  adipose  ed  i  granuli  di  grasso  han 
presentato  colore  oscuro,  nero  ad  essi  conferito  dall'acido  osmico. 


^  * 


Riguardo  il  primo  metodo  rammento  che,  per  la  colorazione  del  tessuto 
nervoso,  l'eritrosina  è  stata  preferita  da  Held,  Boccardi,  Holmgren,  Besta. 
Ma  questi  Autori  l'hanno  impiegata  in  seguito  a  fissazioni  ed  assieme  a  colo- 
razioni complementari  differenti  da  quelle  da  me  indicate;  onde  sorge  una 
diversità  di  risultati. 

Circa  il  secondo  metodo  ricordo  che,  allo  stesso  scopo,  la  fucsina  è  stata 
prescelta  da  Ernst,  Finotti,  Ziegler,  Levi,  Vassale,  Kaiser.  Però  i  pro- 
cessi degli  Autori  citati  in  confronto  con  quello  da  me  esposto,  restano  distinti 
per  la  fissazione,  per  la  differenziazione,  e  per  l'associazione  con  le  altre 
sostanze  coloranti;  da  ciò  derivano  effetti  differenti. 

In  entrambi  i  procedimenti  illustrati  in  questa  nota  per  i  fissatori,  per 
la  combinazione  dei  colori,  per  il  differenziamento,  per  la  successione  delle 
varie  fasi  mi  son  attenuto  alìe  norme  stabilite  da  Weigert  e  da  Pollack, 
e  da  loro  reputate  Fndispensabili  affinchè  un  processo  di  colorazione  sia  rite- 
nuto opportuno  ed  utile. 

Ed  invero,  sol  perchè  possiedono  gli  attributi  richiesti,  mi  sono  indotto  a 
pubblicare  i  due  metodi  sopra  descritti.  Di  cui  ho  ripetutamente  constatato: 
la  elettività  delle  diverse  sostanze  coloranti;  la  molteplicità  delle  azioni  spe- 
cifiche sui  vari  elementi,  di  cui  vengono  messi  in  evidenza  i  singoli  costi- 
tuenti; la  semplicità  di  procedimento;  la  rapidità  di  esecuzione;  la  costanza 
dei  risultati. 


316  G.  Fichera 


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Vassale.  Sulla  differenza  anatomo-patologica  fra  degfuerazioni  sistematiche  primarie  e  secondarie 

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Rivista  di  Patologia  ìiervosa  e  meìUale  -  Anatomia  321 


RECENSIONI 


A.natoinia. 

1.  A.  Qlaimelll,  A  new  method  of  preserving  the   centrai  nervous  system  for 

morphologic  study.  —  «  Journal  of  mental  Pathology  »,  voi.  Vili,  n.  8. 

L'À.  propone  di  usare  per  gli  etudi  morfologici,  in  sostituzione  dei  comuni  fissa- 
tivi che  presentano  qualche  svantaggio,  una  soluzione  al  10-15  7o  di  idrato  di  cloralio. 
Tale  soluzione  avrebbe  il  vantaggio  di  conservare  al  cervello  la  consistenza  che  aveva 
air  autopsia,  facilitando  così  gli  studi  di  circonvoluzioni  e  regioni  interne  (p.  e.  del- 
l'incula  della  scissura  calcarina,  del  cervelletto).  Inoltre  tal  soluzione  non  altera  il 
volume  del  cervello,  non  dà  evaporazioni  irritanti,  non  macchia,  e  permette  1*  ulte- 
riore applicazione  di  altri  metodi.  Riguardo  alla  tecnica  suggerisce  di  liberare  accu- 
ratamente il  cervello  dalle  meningi,  evitando  abrasioni  e  deformazioni  artificiali,  di 
dividere  possibilmente  i  due  emisferi,  prima  di  porli  nella  soluzione,  che  va  cambiata 
ripetutamente  dopo  6-24-48  ore,  fino  a  che  il  liquido  rimanga  chiaro  (ripete  il  cambio 
8-10  volte). 

Volendo  dare  al  tessuto  una  certa  consistenza  sopperisce  la  formola  seguente: 
Cloralio  idrato  gr.  200.  Acqua  stillata  litri  2.  Formolo  al  10  ""i^  ce.  100. 

Turchù 

2.  M.  de  Montet,  Einige  Bemerkungen  zur    Untersuchung  der  Ganglienzeìlen 

in  frischem  Zustand.  —  «  Centralblatt  fflr  Nervenheilkunde  und  Psychiatrie  », 
Bd.  18,  N.  238,  1907. 

L*A.  premesso  come  sia  stato  a  torto  abbandonato  o  quasi  il  metodo  d^  esame 
delle  cellule  allo  stato  fresco,  che  egli  ritiene  utilissimo  per  chi  dovendo  esaminare 
le  cellule  di  una  regione,  deve,  senza  grave  perdita  di  tempo,  determinare  tal  regione, 
come  è  necessario  nelle  ricerche  sperimentali,  descrive  un  metodo  da  lui  usato,  che 
egli  ritiene  ottimo,  permettendo  lo  studio  delle  cellule  in  uno  stato  quasi  vitale,  e 
che  consiglia  a  chi  non  ha  necessità  di  conservare  a  lungo  il  preparato,  per  la  qual 
cosa  è  certamente  necessario  il  metodo  di  inclusione  di  pezzi  colorati  o  da  colorare. 

Il  metodo  consigliato  consiste  nel  colorare  i  preparati  ottenuti  per  strisciamento 
e  dissociazione  con  una  soluzione  di  rosso  neutro  in  soluzione  fisiologica  leggermente 
riscaldata  (30M0°).  Cosi  si  ottiene  una  bella  colorazione  del  nucleo  che  è  in  rosa 
scuro,  mentre  la  sostanza  acromatica  è  in  rosa  leggero  e  il  nucleolo  in  rosso  intenso 
come  i  granuli  di  Ni  ss  1.  Il  pigmento  appare  più  ricco  ed  occupa  molto  spazio  nella 
cellula:  nel  protoplasma  si  osservano  granuli  molto  minuti.  Consiglia  di  compiere 
la  dissociazione  su  di  un  largo  portaoggetti  riscaldato  pure  a  85-40^,  e  di  aggiungere 
a  goccio  il  colore.  Sostiene  che  le  manipolazioni  meccaniche  necessarie  alterano  assai 
meno  le  forme  cellulari  che  non  i  cambiamenti  di  temperatura,  pressione  osmotica 
che  si  uniscono  agli  altri  metodi,  e  che  perciò  le  immagini  riescono  piìi  corrispon- 
denti alla  realtà.  Turchi, 

21 


322  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

3.  V.  Bianchi,  Sulle  prime  fasi  dello  sviluppo  dei  centri  nervosi  nei  verte- 

brati. —  «  Annali  di  Nevrologia  »,  fase.  1-2,  1907. 

La  esistenza  degli  spongioblasti  afifemiata  per  la  prìma  volta  da  Golgi  e  da  Hii>, 
trovò  conferma  in  ricerche  ulteriori  praticate  da  diversi  autori.  Se  però  si  fu  in 
massima  d*  accordo  neir  ammetterne  la  esistenza  e  la  speciale  funzione  di  tessuto  di 
sostegno,  non  lo  si  fu  nella  determinazione  dell'  origine  e  del  modo  di  accrescimento. 
L'A.,  dopo  aver  riferito  dettagliatamente  la  letteratura  dell'  argomento,  passa  a  descri- 
vere i  risultati  delle  esperienze  personali  praticate  specialmente  su  embrioni  di  pollo. 
Per  la  tecnica  VA.  trova  che  l'azione  delle  soluzioni  osmio-bromiche,  osmio-bicromiche, 
ed  osmiche  sono  di  gran  lunga  superiori  alle  altre.  Tra  le  sostanze  coloranti  trovò  che 
più  rispondevano  allo  scopo  la  safranina,  il  rosso  magenta,  il  rosso  di  magdala  ed  il 
miscuglio  di  ematossilina  e  scarlatto.  L' A.  ha  potuto  dimostrare  la  spiccata  diversità 
degli  elementi  che  costituiscono  il  canale  midollare  nei  primi  stadi  di  sviluppo,  la 
esistenza  cioè  di  elementi  cellulari  allungati  in  rapporto  con  le  superficie  int<erne 
ed  esterne  del  tubo  midollare,  e  quella  di  elementi  tondeggianti  con  poco  protoplasma 
intorno  al  nucleo;  chiama  con  His  spongioblasti  i  primi,  neuroblasti  i  secondi.  Ri- 
guardo alla  sede  degli  spongioblasti  trovò  che  molti  sono  situati  quasi  sotto  alla 
superficie  meningea  e  che  mandano  all'interno  un  lungo  prolungamento  che  si  perde 
alla  superficie  del  tubo  midollare,  ed  all'esterno  un  breve  prolungamento  che  non 
di  rado  si  biforca  per  raggiungere  la  superficie  meningea.  I  neuroblasti,  secondo  l' A., 
oltre  al  trasformarsi  in  cellule  nervose  ed  a  contribuire  alla  formazione  della  nevroglia, 
possono  ancora  subire  altre  trasformazioni,  andare  cioè  incontro  a  processo  di  cariolisi. 
Questo  fenomeno  si  può  osservare  su  vasta  scala  in  tutto  il  sistema  nervoso  centrale 
e  potrebbe  essere  interpretato  come  un  semplice  processo  di  selezione.  Non  è  da  esclu- 
dersi però  la  possibilità  che  il  materiaie  proveniente  da  questa  lisi  nucleare  sia  uti- 
lizzato a  benefizio  degli  altri  elementi  che  costituiscono  i  centri  nervosi. 

Sandri. 
Fisiologia. 

4.  O.  Polixnanti,  Contributi  alla  fisiologia  ed  aW  anatomia  dei  lobi  frontali,  — 

Tip.  Nazionale. di  G.  Bertero  e  C,  Roma. 

Le  ricerche  dei  vari  osservatori  sulla  funzione  dei  lobi  frontali  hanno  condotto 
alle  idee  più  disparate.  In  questo  lavoro  l' A.  analizza  le  opinioni  di  quanti  s' occu- 
parono di  questo  argomento  e  porta  un  contributo  interessante  di  fatti  sperimentali 
allo  studio  dell'importante  questione. 

Dalle  sue  esperienze  risulta  che  facendo  nei  cani  l' ablazione  di  un  lobo  frontale, 
subilo  dopo  si  vedono  questi  animali  eseguire  dei  movimenti  di  maneggio  dal  lato 
sano  al  lato  dove  è  stata  praticata  la  lesione  cerebrale.  Tali  movimenti  non  durano 
indefinitamente,  ma  cessano  entro  un  periodo  di  tempo  più  o  meno  lungo  e  si 
possono  compiere  sia  spontaneamente  sia  anche  artificialmente  col  richiamare  l'atten- 
zione  dell'animale.  I  movimenti  compiuti  dal  cane,  al  quale  siano  stati  levati  am- 
bedue i  lobi  frontali,  hanno  sempre  il  carattere  dell'irresistibilità,  ossia  l'animale 
è  in  continuo  moto.  Inoltre  in  molti  cani  operati  si  notava  un  leggero  grado  di 
atassia  a  carico  del  lato  opposto  a  quello  operato,  ma  più  specialmente  a  carico 
dell'  arto  anteriore,  dove  e'  era  anche  una  esagerazione  del  riflesso  del  ginocchio.  Da 


Fisiologiu  323 


tutto  ciò  risulterebbe,  che  i  lobi  frontali  esplicano  nn*  influenza  sui  muscoli  del 
dorso,  dei  quali  sarebbero  il  vero  centro,  ma  concorrono  anche  indirettamente  ai  mo- 
vimenti del  collo,  della  testa  e  degli  arti. 

Nella  seconda  parte  del  lavoro  TA.  descrive  gli  effetti  fisiologici  consecutivi 
alle  estirpazioni  successive  di  un  lobo  frontale  e  di  una  metà  del  cervelletto.  Que- 
ste ricerche  furono  eseguite  in  collaborazione  con  Mingazzini.  Gli  AA.  si  propo- 
sero di  studiare  quale  influenza  esercita  T  estirpazione  del  lobo  frontale  sui  disturbi 
motori  consecutivi  alle  estirpazioni  del  cervelletto  e  viceversa.  I  risultati  furono 
molto  importanti.  L^  ablazione  emifrontocerebellare  ed  emicerebellofrontale  omolaterale 
si  esplicava  con  atassia  ed  astenia  in  ambedue  i  lati  del  corpo,  in  maggior  grado 
però  nel  lato  delle  operazioni  cerebellari,  e  T  animale  presentava  una  sindrome 
fenomenologica  quasi  del  tutto  simile  a  quella  consecutiva  all'estirpazione  bilaterale 
del  cervelletto.  L'estirpazione  emifrontocerebellare  (od  emicerebellofrontale)  contro- 
laterale si  esplicava  con  atassia  da  un  lato  solo,  cioè  da  quello  dell'estirpazione 
cerebellare;  i  disturbi  però  erano  molto  piii  gravi  che  in  seguito  all'estirpazione 
isolata  del  lobo  frontale  o  di  una  metà  del  cervelletto. 

Poi  passa  a  trattare  nella  parte  terza  dell'influenza  dei  lobi  frontali  sopra  i 
processi  psichici.  Dall'esame  dei  risultati  ottenuti  si  rileva,  che  almeno  nelle  scim- 
mie, su  cui  furono  es^uite  queste  ricerche,  i  lobi  frontali  non  hanno  sopra  le  ma- 
nifestazioni psichiche  un'influenza  tanto  spiccata  da  essere  autorizzati  a  ritenerli 
come  la  sede  delle  attività  psichiche  superiori. 

Nella  parte  quarta  espone  le  ricerche  fatte  su  cani  per  vedere  quale  influenza 
esercitano  i  lobi  frontali  sulla  respirazione  e  sulla  pressione  sanguigna  venendo  alle 
seguenti  conclusioni  :  il  lobo  frontale  è  sede  di  centri  che  esplicano  una  funzione 
inibitoria  sopra  i  movimenti  respiratori  e  sulla  pressione  del  sangue;  nel  bordo  fron- 
tale della  fessura  presilvyina  esistono  centri  per  l'acceleramento  del  ritmo  respiratorio 
e  per  l'aumento  delle  escursioni  respiratorie  e  della  pressione  sanguigna;  nella  zona 
cerebrale,  situata  fra  il  margine  frontale  della  fessura  presilviana  e  il  margine  po- 
steriore della  fessura  frontate  posteriore,  esistono  dei  centri,  gli  uni  capaci  di  arre- 
stare la  respirazione,  e  gli  altri  di  aumentare  contemporaneamente  la  pressione 
sanguigna. 

Infine  (parte  quinta)  descrive  il  quadro  delle  d^enerazioni  consecutive  alla  abla- 
zione di  un  lobo  frontale.  Kel  cane  operato  l'A.  riscontrò,  per  mezzo  del  metodo  di 
Marchi,  una  degenerazione  della  capsula  interna,  meno  estesa  nel  segmento  ante- 
riore, più  nel  posteriore,  e  prevalente  nella  metà  ventrale  dei  tre  quarti  mediali  del 
pes  peduncoli  dei  fasci  piramidali  del  ponte  e  della  piramide. 

Papadia, 

5.  H.  Renauld,  Sensibilité  du  cerveau  aux  pressions  osmotiques,  —  «  Travaux  du 
Laboratoire  de  Physiologie  de  l'Institut  Solvay  »  t.  Vili,  fase.  3,  1907. 

Una  serie  di  lavori  compiuti  nell'Istituto  Solvay  hanno  dimostrato  che  le  cellule 
del  fegato,  dei  reni,  dei  polmoni,  sono  sensibili  alle  pressioni  osmotiche  e  reagiscono 
alle  variazioni  di  queste  pressioni.  Era  interessante  di  vedere  se  il  cervello,  e  in  special 
modo  le  cellule  nervose,  presentano  la  stessa  forma  d'irritabilità:  a  tale  studio  ap- 
punto è  dedicato  il  presente  lavoro.  L'azione  delle  pressioni  osmotiche  viene  inda- 
gata attraverso  alle  variazioni  di  volume  dell'organo  e  ai  cambiamenti  di  rapidità  della 
circolazione:  si  tratta  dunque  di  fare  la  pletismografia   del  cervello  in  circolazione 


324  Rivista  Ui  Patologia  nervosa  e  mentale 

artificiale:  questa  sì  effettua  mediante  soluzioni  di  cloruro  di  sodio  a  pressione  iso- 
tonica (0,9  7o)>  ipertonica  (1,5  %)  o  ipòtonica  (0,6  %). 

Sarebbe  troppo  lungo  esporre  la  tecnica  seguita  per  ottenere  le  curve  pietismo- 
grafiche  del  cervello  nelle  condizioni  accennate  :  ci  limitiamo  a  dire  che  Tapparecchio 
scrivente  viene  applicato  direttamente  ad  una  breccia  praticata  nella  scatola  cranica. 

Ecco  i  risultati  principali  di  questa  serie  di  esperienze,  che  sono  state  eseguite 
sui  cani.  Sotto  V  influenza  delle  soluzioni  ipotoniche  si  osserva  dapprima  un  aumento 
di  volume  del  cervello  cui  segue  una  costanza  di  volume  (plateau  d*adaptation);  la 
rapidità  della  circolazione  diminuisce.  L^  aumento  di  volume  è  dovuto  in  massima 
parte,  come  dimostra  l'esame  istologico,  al  rigonfiamento  delle  cellule  nervose;  il 
rallentamento  della  circolazione  dipende  dalla  reazione  delle  cellule  endoteliali  dei 
vasi,  bagnate  dal  liquido  ipotonico. 

Sotto  l'influenza  delle  soluzioni  ipertoniche  il  cervello  dapprima  diminuisce  di 
volume,  soprattutto  per  il  rimpiccolimento  delle  cellule  nervose,  poi  si  osserva  un 
plateau  di  adattamento,  infine  il  cervello  si  rigonfia  leggermente,  fatto  che  è  do- 
vuto all'imbibizione  dell'organo  e  corrisponde  alla  morte  degli  elementi  nervosi. 
La  rapidità  della  circolazione  aumenta  in  rapporto  con  la  diminuzione  di  volume 
delle  cellule  endoteliali  dei  vasi  sanguigni. 

Questi  fatti  si  osservano  soltanto  se  il  cervello  è  ancora  vitale  :  quando  esso  sia 
morto  si  lascia  imbibire  passivamente  e  non  reagisce  più  alla  variazione  delle  pres- 
sioni osmotiche  ;  la  circolazione  si  rallenta  progressivamente,  qualunque  sia  la  solu- 
zione adoperata,  a  misura  che  l'imbibizione  si  accentua. 

Facendo  circolare  alternativamente  delle  soluzioni  ipotoniche  ed  ipertoniche,  il 
cervello  reagisce  ad  ogni  sostituzione  nel  modo  suddetto,  ma  le  reazioni  di  volume 
non  sono  sempre  le  stesse  :  la  seconda  o  la  terza  reazione  sono  in  genere  più  forti 
della  prima,  ma  bentosto  le  variazioni  di  volume  si  fanno  più  deboli,  finché  si  giunge 
ad  una  fase  in  cui  il  cervello  non  reagisce  più  affatto:  sembra  che  ciò  dipenda  da 
uno  stato  di  esaurimento  della  cellula  nervosa. 

I  tracciati  pletismografici  presi  separatamente  dai  due  emisferi  cerebrali  non  sono 
identici  l'uno  all'altro:  le  prime  reazioni  sono  più  intense  nell'emisfero  sinistro  che 
nel  destro  ;  il  maximum  di  reazione  è  raggiunto  in  genere  più  rapidamente  dall'emi- 
sfero sinistro  che  dal  destro  ;  l'esaurimento  è  più  rapido  nel  primo  emisfero  che  nel 
secondo.  Questi  reperti,  sebbene  suscettibili  di  molte  critiche,  meritano  di  essere 
ricordati  perchè  potrebbero  essere  l'espressione  di  un  accenno  al  diverso  valore  fun- 
zionale dei  due  emisferi  cerebrali  che  è  così  marcato  nell'  uomo.  Sarebbe  interessante 
verificare  tale  ipotesi  estendendo  le  ricerche  a  una  serie  di  animali  di  specie  diversa. 

Zalla. 
iLnatoxnia  patologica. 

6.  M.  Luden,  Absence  dee  bandelletteSf  du  chiasma  et  des  nervs  optiques, 
Agénéste  du  corps  calìeu^r,  du  t rigane f  des  commessure»  bianche s  antérieure 
et  posterieure.  —  «  Revue  neurologique  »,  n.  24,  1907. 

Un  bambino  di  quattro  mesi  muore  in  seguito  a  gastro-enterite,  all'autopsia  si 
riscontra  un  complesso  di  malformazioni  cerebrali  che  riguardano  massime  l'appa- 
recchio della  visione. 

A  sinistra  manca  completamente  il  globo  oculare,  si  osserva  solo  al  posto  suo 
una   massa   fibrosa   circondata   da   tessuto  adiposo.   I  muscoli  oculo-motori,  benché 


Anatomia  patologica  325 


atrofici  sono  tutti  presenti.  A  destra  esistono  tutte  le  varie  parti  componenti  il  globo 
oculare,  ma  la  retina  è  rimasta  in  uno  stato  embrionarie  e  le  sue  cellule  sensoriali 
non  sono  differenziate.  Il  nervo  ottico  si  continua  assottigliandosi  per  breve  tratto 
fuori  dal  globo  oculare  ;  alla  sezione  si  osserva  che  è  composto  d*  un  mantello  fibroso 
e  di  una  grossa  arteria  centrale  obliterata  per  un  processo  dì  endoarterite  cronica. 
Osservando  T  encefalo  colpisce  la  piccolezza  del  cervelletto^  la  mancanza  completa 
del  chiasma,  delle  benderelle  ottiche,  dei  nervi  ottici  e  del  corpo  calloso.  Praticando 
dei  tagli  orizzontali  si  osserva  che  il  cervello  è  di  consistenza  inferiore  alla  norma, 
che  i  limiti  tra  la  sostanza  bianca  e  la  grigia  sono  poco  distinti.  Le  cellule  nervose 
sono  abbastanza  ben  conservate,  ma  le  piramidali  medie  e  le  polimorfe  sono  notevol- 
mente diminuite  di  numero;  la  scarsità  di  queste  cellule  unitamente  allo  stato  va- 
cuolare della  corteccia  sembra  essere  in  relazione  con  la  mancanza  di  sviluppo  del 
corpo  calloso. 

In  vicinanza  del  globo  oculare  si  nota  una  cavità  tubolare  le  cui  pareti  sono 
costituite  da  due  strati  paragonabili  a  quelli  della  lamina  intema  della  retina. 
Questa  formazione  rappresenta  le  vestigia  del  peduncolo  ottico  primitivo.  La  presenza 
di  un  abbozzo  di  retina  e  dei  residui  embrionari  della  vescicola  ottica  primitiva 
dimostra  che  T  assenza  del  chiasma  e  delle  benderelle  ottiche  dipende  da  un  arresto 
di  sviluppo  avvenuto  circa  al  terzo  mese  della  vita  uterina.  I  nervi  cranici  hanno 
aspetto  e  rapporti  normali.  I  tubercoli  quadrigemini  sono  male  differenziati,  manca 
la  ghiandola  pineale.  Sandri 

7,  A.  Benedetti,  Contributo  allo  studio  delle  alterazioni  del  corno  d'Ammone 

negli  epilettici  e  del  loro  probabile  significato,  —  «  Annali  del  Manicomio 
di  Perugia  »,  anno  I,  fase.  4. 

E  noto  come  le  alterazioni  del  corno  d^Ammone  siano  state  riscontrate  molto 
frequentemente  nei  cervelli  degli  epilettici.  L'A.  partendo  dal  concetto  che  secondo 
diversi  ricercatori,  fra  i  quali  il  Luciani  ed  il  Flechsig,  nel  corno  d'Ammone 
sarebbe  localizzato  un  centro  olfattivo,  ha  voluto  stabilire  se  veramente  negli  epi- 
lettici si  trovino  dei  perturbamenti  del  senso  dell'olfatto  che  possano  eventualmente 
essere  messi  in  relazione  con  la  lesione  del  corno  d' Ammone.  Nel  S4  ^/^  degli  epilet- 
tici esaminati  il  senso  delP  olfatto  è  stato  trovato  prevalente  a  sinistra. 

Strigo, 

8.  Oh.  Ladaxne,    Quelques  considérations  sur  la  syphilis  cerebrale  diffuse,  — 

«  Encéphale  »,  n.  10,  1907. 

L'A.  passa  in  rapida  rivista  la  letteratura  della  paralisi  generale  e  della  sifilide 
cerebrale  diffusa.  Tratta  diffusamente  delle  alterazioni  anatomiche  di  queste  due 
forme  morbose,  osserva  che  le  note  istologiche  caratteristiche  di  queste  due  affe- 
zioni non  sono  state  sinora  così  precisamente  delineate  da  poter  sempre  permettere 
di  differenziare  una  forma  dall'altra.  Clinicamente  la  sifilide  cerebrale  diffusa  ha 
dei  caratteri  che  le  sono  propri,  ma  ne  ha  pure  alcuni  che  sono  comuni  con  altre 
forme  di  lue  cerebrale  e  con  la  paralisi  generale. 

Dopo  aver  illustrato  dal  lato  clinico  ed  istologico  un  caso  di  sifilide  cerebrale 
diffusa,  l'A.  dimostra  che  la  diagnosi  anatomica  differenziale  tra  le  due  forme  mor- 
bose suddette  si  deve  basare  sopratutto  sulle  caratteristiche  delle  alterazioni  vasali. 


326  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

Nella  paralisi  progressiva  si  ha  un'  iovasione  leucocitaria  della  gaaioa  linfatica  peri- 
vascolare.  Nella  sifilide  cerebrale  diffusa  si  ha  una  infiltrazione  delle  pareti  vasali^ 
dovuta  in  parte  alla  proliferazione  delle  cellule  •  fisse  del-  tessuto  connettivo,  delle 
cellule  muscolari  e  delle  cellule  endoteliali,  ed  in  parte  all'invasione  linfocitaria 
delle  pareti  vasali.  Queste  alterazioni  portano  alla  obliterazione  del  lume  vasale  ed 
hanno  l'apparenza  di  una  infiammazione  banale  che  non  ha  nulla  di  specifico.  Per 
affermare  l'origine  specifica  di  queste  lesioni  si  deve  ricorrere  ad  argomenti  più  gene- 
raliy  alle  lesioni  degli  altri  organi,  all'insieme  clinico  ed  anatomico  del  caso,  o  alla 
presenza  dell'agente  microbico  nel  tessuto  alterato.  La  sifilide  cerebrale  diffusa  è 
dunque  una  meningo-encefalite  interstiziale  diffusa.  Sandri, 

9.  Q.  Pemsini,  Ueher  besondere  Abbauzellen  des  Zentralnervensystems.  —  «Folia 

neuro-biologica  »,  1908,  n.  3. 

L'A.  tratta  in  questa  nota  di  speciali  cellule  di  disfacimento  del  sistema  ner- 
voso centrale  non  ancora  descritte,  che  egli  tende  a  mettere  in  rapporto  con  le  forme 
degenerative  dei  plasmatociti.  Queste  cellule  colorate  col  metodo  di  Nissl  si  con- 
traddistinguono per  il  loro  speciale  aspetto  morfologico  ;  per  l' aspetto  vitreo,  per  la 
speciale  rifrangenza  alla  luce,  talora  per  una  lieve  metacromasia  ;  hanno  grandezza 
variabile  e  forma  variabilissima.  Il  mezzo  più  semplice  per  differenziarle  da  altri 
simili  elementi  è  quello  di  colorarle  con  il  metodo  di  Best  per  il  glicogene.  Sia  la 
colorazione  di  Best,  sia  il  modo  con  cui  questi  elementi  si  comportano  di  fronte  ai 
comuni  mezzi  di  fissazione,  permettono  di  distinguerli  dalle  cellule  granulo-adipose. 

Questi  elementi  si  trovano  in  processi  cronici  e  di  speciale  gravità:  paralisi 
progressiva,  meningite  tubercolare,  rammollimenti  cerebrali,  ecc.  È  possibile  secondo 
l'A.  che  esistano  speciali  rapporti  fra  le  forme  terminali  di  questi  elementi  ed  i  cor- 
puscoli amiloidi.  Papadia, 

10.  Olarence  B.  Farrar,  On  the  Phenomena  of  Bepair  in  the  cerebral  cortex  — 

A  study  of  mesodermal  and  ectodermal  activities  following  the  tntroduction 
of  a  foreigìi  body,  —  «  Nissl's  histotologische  und  histopathologische  Arbeiten  », 
Bd.  2,  S.  1. 

L'A.  ha  eseguito  questo  studio  sui  conigli  introducendo  nel  loro  cervello  un  pic- 
colo dischetto  di  midollo  di  sambuco  :  i  fenomeni  osservati  con  maggiore  attenzione 
ed  estensione  sono  quelli  che  si  verificano  nelle  prime  ore  dopo  l' operazione  e  nei 
primi  giorni  :  l'A.  crede  che  in  queste  epoche  si  palesino  i  fatti  più  interessanti, 
tanto  che  muove  appunto  al  recente  riassunto  del  BOrst  in  argomento  di  avere  co- 
minciato i  suoi  studii  in  epoca  troppo  avanzata  (4**  giorno).  Come  del  resto  lascia 
già  supporre  il  titolo  del  lavoro,  sono  dei  fenomeni  quasi  esclusivamente  studiati  quelli 
a  carico  degli  elementi  di  origine  mesodermica  :  è  però  fatta  menzione  dei  fenomeni 
regressivi  che  si  presentano  nelle  cellule  nervose  :  ma  non  si  trova  alcun  accenno  a 
eventuali  fatti  di  rigenerazione  del  tessuto  nervoso. 

I  processi  che  appaiono  in  seguito  all'  introduzione  di  corpo  straniero  asettico  nel 
cervello  possono  essere  distribuiti  in  tre  periodi. 

1)  Periodo  passivo  che  arriva  fino  alla  24*  ora  dopo  l'operazione:  aumento  di 
corpuscoli  bianchi  provenienti  dal  sangue:  rare  Mastzellen  probabilmente  derivanti 
dai  leucociti  (eosinofili?)  e  Plasmazelìen  che  rappresentano  una  modificazione  dei  lin- 


Anatomia  patologica  327 


fociti:  tra  qnesti  ultimi  e  le  giovani  Plasmazellen  si  osservano  talora  delle  forme  mito- 
tiche.  I  leucociti  spariscono  in  breve;  alla  24^  ora  si  trovano  già  miriadi  di  forme 
regressive  di  essi;  tuttavia  non  si  può  negare  che  durante  il  tempo  di  loro  presenza 
possano  adempiere  anche  ad  un  ufficio  di  fagocitosi ,  ma  le  vere  cellule  che  hanno 
spiccata  questa  proprietà  sono  le  Gitterzellen  che  compaiono  soltanto  verso  il  termi- 
nare di  questo  primo  periodo.  I  leucociti  possono  anche  moltiplicarsi  nel  tesssuto  dove 
si  sono  accumulati.  Dalle  sue  osservazioni  TA.  crede  di  poter  negare  che  questi  ele- 
menti sieno  suscettibili  di  trasformazioni  ulteriori  a  quelle  che  danno  luogo  alla 
formazione  di  Mastzellen  e  di  Plasmazellen.  I  primi  processi  proliferativi  si  osser- 
vano nella  pia  madre  della  quale  gli  elementi  connettivali  proliferano  :  fino  dalle 
prime  ore  si  trovano  in  questa  membrana  Mastzellen  e  Plasmazellen  :  poscia  si  svi- 
luppano fihrohlasti  e  Gitterzellen  che  rappresentano  modificazioni  delle  cellule  ori- 
ginali del  connettivo. 

Al  cominciare  del  secondo  giorno  si  può  dire  che  cominci  il  secondo  periodo  o 
periodo  della  proliferazione.  Gli  elementi  ematogeni  cominciano  a  scomparire»  mentre 
i  fibroblasti  e  le  fibre  collagene  tendono  ad  avanzarsi  dalla  pia  ed  invadere  la  ca- 
vità della  cicatrice  :  nella  pia  madre  si  trovano  numerose  Plasmazellen  :  poco  a  poco 
queste  formazioni  mesodermali  arrivano  a  circondare  tutto  il  corpo  straniero:  fibro- 
blasti derivano  anche  dai  capillari  della  sostanza  cerebrale  :  compaiono  a  quest'epoca 
anche  numerose  cellule  giganti  che  vanno  rapidamente  aumentando  di  numero. 

I  vasi  offrono  pure  delle  modificazioni  :  proliferamo  i  loro  elementi  endotelialì^ 
che  poscia  si  dividono  e  si  allungano  in  vario  senso,  dando  luogo,  con  meccanismi 
che  sono  nel  lavoro  dettagliatamente  illustrati,  a  nuovi  capillari.  La  nevroglia  offre 
pure  dei  fatti  di  proliferazione,  sopratutto  si  trovano  numerosi  i  cespi  di  nevroglia 
{Gliarasen  di  Nissl:  Glia  nebulae  dell'A.).  Fino  a  questo  punto  —  4  settimane  dopo 
r  operazione  —  non  si  vede  alcun  elemento  di  origine  ectodermica  che  abbia  oltrepas- 
sato la  guaina  formata  dai  suddescritti  elementi  d'origine  mesodermica. 

L' ultimo  periodo  è  caratterizzato  da  fatti  di  involuzione. 

Importanti  sono  nel  lavoro  i  passi  che  riguardano  V  origine  di  parecchi  degli 
elementi  mesodermali  descritti  e  la  loro  funzione. 

Per  le  Plasmazellen  viene  ammessa,  forse  con  troppa  facilità,  la  loro  origine 
^dai  linfociti  del  sangue:  TA.,  che  pare  non  abbia  nella  dovuta  considerazione  i  lavori 
che  contraddicono  questa  ipotesi,  aggiunge  in  realtà  argomenti  ne  nuovi  né  incon- 
trovertibili in  favore  della  propria  tesi  ;  bisogna  anche  notare  che  per  V  identifica- 
zione dei  plasmatociti  vengono  presi  in  quasi  esclusiva  considerazione  i  caratteri 
nucleari  il  che,  per  parecchie  ragioni  che  sarebbe  qui  fuori  di  luogo  svolgere  e  che 
sono  messe  in  bella  evidenza  nel  lavoro  di  Veratti  sulF  «  Origine  delle  Plasmazellen  », 
può  essere  meno  opportuno. 

Le  Gitterzellen  derivano  secondo  FA,  dalle  cellule  dell' endotelio  vasale  :  infatti 
esse  non  compaiono  che  allorché  si  è  iniziata  la  proliferazione  di  questo:  nei  primi 
stadii  sono  intimamente  attaccate  alle  pareti  del  capillare  e  talora  si  possono  sorpren- 
dere cellule  che  hanno  i  caratteri  delle  Gitterzellen  che  si  sporgono  dalle  pareti 
vasali.  Nella  pia  si  possono  con  la  migliore  evidenza  seguire  gli  stadii  di  trasfor- 
mazione. 

Del  resto  l'A.  ammette  una  certa  parentela  tra  fibroblasti  e  cellule  endoteliali. 
Infatti  parlando  della  neoformazione  di  capillari  scrive  «....  i  fibroblasti  delle  pareti, 
gli  elementi  intemi  che  sono  senza  dubbio  endoteliali  e  le  cellule  esterne  simili  a 
quelle  dell'avventizia,  sono  apparentemente  nuli' altro  che   forme   modificate  di   un 


328  Rivista  di  Patologia  nei^osa  e  mentale 

solo  tipo  cellulare  e  derivano  dalla  semplice  serie  di  fibroblasti  fnsati  che  delimitano 
in  orìgine  lo  spazio  dove  si  svilupperà  il  vaso  nuovo  »  e  più  oltre  «  noi  dobbiamo 
considerare  le  così  dette  cellule  del  T.  connettivo  come  si  trovano  nella  pia  come 
strutture  elementari,  forme  specializzate  o  modificate  delle  quali  si  presentano  come 
fibroblasti j  Gitterzerlenj  cellule  giganti,  cellule  vagali  endoteliali  avventiziali. 
Di  questi  elementi  le  tìitterzellen  hanno  funzione  prevalentemente  fagocitarìa,  le 
cellule  giganti  riempitiva,  i  fibrobasti  sono  legati  alla  formazione  di  vasi  nuovi  e 
alla  produzione  del  tessuto  collageno. 

Un  reperto  negativo  merita  di  essere  messo  in  rilievo  cioè  l'assenza   in   queste 
cicatrici  di  Stàbchemellen  {Rod-like  cells), 

0,  Bossi, 


11.  A.  Devaux,  Etude  histologique  des  foyers  de  nécrose  de  Vécorce  cerebrale.  — 
«  Nissl's  histologische  und  histopathologischen  Arbeiten  »,  Bd.  2,  S.  115. 

L'A.  ha  prodotto  dei  focolai  circoscritti  di  necrosi,  nel  cervello  di  conigli,  af- 
fondandovi un  ago  riscaldato. 

Gli  elementi  dei  quali  egli  si  è  più  occupato  nel  suo  minuzioso  studio  sono 
quelli  nervosi.  Egli,  con  qualche  vivacità,  comincia  dal  sostenere  che  del  vocabolo 
cromatolisi  si  è  fatto  un  grande  abuso:  che  il  fatto  dell'alterazione  delle  zolle  ti- 
groidi  è  un'apparenza  banale  che  si  riscontra  nelle  più  svariate  affezioni:  anche  la 
distinzione  tra  cromatolisi  periferica  e  centrale  non  ha  molto  valore.  Da  ciò  la 
necessità  di  studiare  attentamente  tutte  le  altre  parti  della  cellula  nervosa  :  secondo 
uno  studio  di  questo  genere  l'A.  è  condotto  ad  assegnare  alle  lesioni  brusche  ed  in- 
tense della  cellula  nervosa  il  seguente  quadro  :  il  nucleo  diviene  omogeneo,  le  varie 
parti  del  reticolo  di  linina  sì  disgregano  e  si  distribuiscono  nella  massa  nucleare 
sotto  forma  di  granuli  :  il  nucleolo  è  più  resistente,  esso  conserva  i  suoi  caratteri  ed 
i  suoi  rapporti  coi  corpuscoli  polari  presso  a  poco  fino  a  quando  la  cellula  è  scom- 
parsa. Poco  a  poco  i  nuclei  si  fanno  sempre  più  chiari,  i  granuli  si  dissolvono  e  spa- 
riscono nel  tessuto  ambiente.  In  stadii  ulteriori  i  nuclei  di  quelle  cellule  che  sono 
destinate  a  sparire  si  ingrandiscono  considerevolmente:  la  membrana  diventa  meno 
visibile,  meno  regolare,  il  suo  contenuto  diviene  più  chiaro,  finisce  per  sparire  ed 
infine  della  cellula  non  resta  che  una  specie  di  ombra. 

Il  protoplasma  si  modifica  in  modo  assai  variabile;  il  più  spesso  appaiono  in 
esso  dei  vacuoli:  una  speciale  alterazione  ha  trovato  l'A.,  in  alcune  cellule,  che  è 
assai  simile  alla  kronische  Erkrankung  di  N issi  e  solo  ne  differisce  pel  fatto  che 
il  protoplasma  è  completamente  omogeneo. 

Speciale  attenzione  è  dedicata  alla  descrizione  della  metamorfosi  che  subisce 
quella  incrostazione,  ora  a  granuli  ora  ad  ammassi,  che  talora  il  metodo  Nissl  mette 
in  evidenza  intorno  alla  cellula  nervosa  e  che  l'A.  considera  senz'  altro,  come  ipotesi 
non  soggetta  a  dubbio  alcuno,  l'equivalente  della  rete  extracellulare  descritta  da 
Golgi. 

Poco  è  detto  degli  elementi  di  origine  mesodennica  :  per  le  Plasmazellen,  Git- 
terzellen  l'A.  parteggia,  con  fede  di  discepolo,  le  vedute  di  Nissl.  Sopratutto  l'A. 
vuole  mettere  in  evidenza  che  i  leucociti  nelle  lesioni  della  sostanza  cerebrale  non 
hanno  affatto  funzioni  fagocitarie. 

0.  Bossi, 


Anatomia  patologica  329 


12.  Wi8^7e,  Etne  Neuhildung  des  verlàngerten  Markes  mit  kliniachen  und  ana- 

tomisehen  Besanderheiten,  —  «  Deutsche   Zeitschrìft  fflr  NervenheilkuBde  », 
Bd.  34,  H.  2,  1908. 

Ecco  in  breve  la  sintomatologia  offerta  dal  paziente  al  quale  il  lavoro  si  rife- 
risce: dolorabilità  alla  pressione  ed  alla  percussione  delle  regioni  temporale,  parie- 
tale e  occipitale  di  destra,  ipoosmia  bilaterale,  ma  prevalente  a  sinistra;  neurite 
ottica  bilaterale,  più  accentuata  a  destra;  limitazione  (per  paresi)  dei  movimenti  dei 
bulbi  oculari  verso  sinistra;  reazione  pupillare  torpida  ;  assenza  bilaterale  del  riflesso 
corneale;  ipoestesia  ed  ipoalgesia  nel  territorio  del  trigemello  sinistro;  lieve  paresi 
del  facciale  inferiore  di  sinistra;  diminuzione  dell'udito  da  ambo  i  lati,  a  sinistra 
più  che  a  destra;  emiparesi  degli  arti  a  destra;  ipotonia  bilaterale  delle  estremità 
inferiori;  atassia  cerebellare  con  asinergia;  acceleramento  del  polso.  Data  questa  sin- 
drome morbosa,  fu  stabilita  la  seguente  diagnosi,  che  gli  ulteriori  reperti  dimostra- 
rono erronea:  lesione  a  focolaio,  probabilmente  neoformazione,  nella  fossa  cranica 
posteriore,  con  punto  di  partenza  nel  cervelletto  o  nell'angolo  ponto-cerebellare, 
estesa  in  prevalenza  dal  lato  sinistro.  Non  fu  esclusa  in  modo  assoluto  la  possibi- 
lità di  un  idrocefalo  acquisito. 

La  puntura  e  la  trapanazione  del  cranio  dettero  esito  negativo.  L' ammalato  morì 
circa  un  anno  dopo  la  comparsa  dei  primi  disturbi.  All'  autopsia  fu  riscontrata  la 
presenza  di  una  neoformazione  che  percorreva  il  midollo  allungato  nelle  sue  parti 
centrali,  sporgendo  verso  il  quarto  ventricolo;  essa  si  estendeva  in  senso  caudale  fino 
air  incrociamento  delle  piramidi,  in  senso  craniale  fino  a  circa  3  cm.  dall'  orlo  poste- 
riore del  ponte;  dall'esame  macroscopico  non  era  possibile  stabilire  se  e  quanto  il 
tumore  si  estendesse  nel  cervelletto. 

Lo  studio  istologico,  che  fu  praticato  sul  midollo  spinale,  il  bulbo  e  il  tronco 
cerebrale  e  di  cui  l'A.  riferisce  con  molta  accuratezza  i  risultati,  dimostrò  trattarsi  di 
xin  gliosarcoma  ricco  di  vasi,  caratterizzato  dalle  seguenti  particolarità  :  la  ricchezza 
di  fibre  di  nevroglia  ben  differenziate,  le  metamorfosi  regressive  e,  fatto  molto  raro 
trattandosi  di  un  glioma,  l'esistenza  di  un  certo  incapsulamento,  sì  da  aversi  un 
confine  abbastanza  netto  tra  le  parti  sane  e  quelle  invase  dal  tumore.  Nella  vici- 
nanza di  questo  si  era  svolta  una  attiva  proliferazione  di  cellule  di  nevroglia,  con 
proliferazione  reattiva  del  tessuto  della  pia  e  dei  vasi  piali.  Il  midollo  allungato  era 
uniformemente  ingrossato  per  l'aumento  della  nevroglia  e  l'edema  del  tessuto. 

Tra  i  sintomi  clinici  presentati  dal  paziente  quelli  più  difScilmente  spiegabili 
sono  i  disturbi  unilaterali  di  diversi  nervi  encefalici,  la  emiparesi  destra  delle  estre- 
mità e  il  fatto  dell'essere  prevalenti  a  sinistra  la  papilla  da  stasi  e  l' ipoosmia: 
«videntemente  la  pressione  cerebrale,  che  può  spiegare  alcuni  di  questi  fenomeni,  era 
più  forte  a  sinistra  che  a  destra,  come  dimostravano  anche  le  modificazioni  reattive 
4ella  pia  e  del  plesso  coroideo,  ma  sfugge  la  causa  di  questa  differenza  tra  i  due  lati. 

Zalla. 

K'evropatologia. 

13.  M.  Oourtellemont,  Paraplegie  spasmodique  familiaìe.  —  «Revue  neurolo- 
gique».  n.  16,  1907. 

Esame  clinico  di  un  uomo  di  51  anni  affetto  di  paraplegia  spastica  familiare. 
La  madre,  la  sorella  ed  un  fratello  sono  affetti  dalla  stessa  malattia.  I  primi  sintomi 


33Q  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

insorsero  in  modo  subdolo  da  circa  quindici  anni,  e  continuarono  con  decorso  lento 
e  progressivo.  L'ammalato  presenta  disturbi  uro-genitali  e  vasomotori,  paresi  dello 
orbicolare  sinistro,  senza  alterazioni  della  sensibilità  degli  organi  dei  sensi,  della  parola, 
della  intelligenza,  senza  atrofie  muscolari  o  disturbi  della  reazione  elettrica,  senza  leu- 
cocitosi cefalo-rachidea.  L'A.  dopo  aver  discussa  la  diagnosi,  e  fatta  rilevare  Vassenza 
della  consanguineità,  e  T  inizio  tardivo  della  malattia  (85,  49,  50  anni)  nei  tre 
membri  della  stessa  famiglia,  insiste  su  tre  particolari  poco  o  punto  conosciuti  in 
questa  forma  morbosa:  il  lagoftalmo,  la  presenza  dei  disturbi  uro -genitali,  ed  il 
risultato  della  puntura  lombare.  Quesf  ultimo  dato,  che  dimostra  la  mancanza  d'una 
reazione  meningea,  conferma  resistenza  di  una  lesione  unicamente  fascicolare. 

Sandri, 

14.  F.  Rasrmond  et  F.  Rose,  Myopatie  pseudo-hypertrophique  des  nwllets  et  de 

ceintures  scapulaires  ;  atrophie  du  grand  pectoral.  —   «  Nouvelle  Iconogra- 
phie  de  la  Salpètrière  »,  n.  3,  1907. 

Gli  AA.  vogliono  dimostrare  una  volta  ancora  che  tutte  le  forme  di  miopatia, 
anticamente  descritte  come  forme  speciali,  possono  combinarsi  e  confondersi  tutte 
in  uno  stesso  ammalato.  Riportano  il  caso  clinico  di  un  ragazzo  in  cui  i  muscoli 
della  gamba  presentavano  V  aspetto  caratteristico  della  paralisi  pseudo- ipertrofica,  il 
deltoide,  sottospinoso  e  grande  dentato  una  notevolissima  ipertrofia,  il  grande  petto- 
rale una  atrofia  spiccata.  Esisteva  pure  ipertrofia  dei  grandi  obliqui  dell'  addome 
e  del  vasto  esterno  della  coscia  destra.  L'aspetto  dell'ammalato,  la  mancanza  dì 
contrazioni  fibrillari,  di  reazione  degenerativa,  di  disturbi  agli  sfinteri  rendevano 
certa  la  diagnosi  di  miopatia.  Il  caso  è  interessante  perchè  offre  riuniti  vari  degli 
antichi  tipi  di  miopatia  e  cioè:  il  tipo  pseudo-ipertrofico  di  Duchenne  (muscoli 
della  gamba),  il  tipo  Zimmerlin  (atrofia  del  grande  pettorale)  ed  il  tipo  giovanile 
di  Erb.  Sandri, 

15.  L.  Battistelli,  Un  caso  di  pseudo  peritonite  isterica,  —  «Annali  del  Mani- 

comio provinciale  di  Perugia  »,  anno  I,  fase.  3-4. 

• 

Una  donna  ammalò  ai  primi  del  febbraio  u.  s.  improvvisamente  presentando 
febbre,  conati  di  vomito  e  dolori  diffusi  in  tutto  l' addome.  In  pochi  giorni  tali  sin- 
tomi andarono  aggravandosi  e  venne  a  stabilirsi  il  quadro  completo  di  una  peritonite. 
Temperatura  39.1;  polso  a  120,  filiforme,  malgrado  le  ripetute  iniezioni  di  caffeina; 
vomito  costante  e  tenace,  singhiozzo  insistente,  dolori  intensi  alla  regione  addominale, 
che  si  presentava  enormemente  distesa,  dura,  timpanitica;  alvo  chiuso.  Respiro  corto, 
frequente,  superficiale.  Mancava  solo  la  facies  hyppoòratica.  Le  condizioni  della 
malata  andarono  ben  presto  peggiorando,  in  modo  da  aspettarsi  da  un  momento 
all'altro  una  catastrofe.  Dopo  quattro  giorni  di  malattia  il  medico,  una  mattina, 
mentre  si  aspettava  di  dover  constatare  il  decesso  dell'  inferma,  se  la  vide  venire 
incontro,  ridendo,  completamente  guarita. 

L'A.  riporta  le  indagini  da  lui  fatte  sui  precedenti  della  donna  e  l'esame  psi- 
chico di  essa,  da  cui  si  rileva  un  numero  assai  scarso  di  stigmate  isteriche.  Ciò 
nondimeno  non  può  cader  dubbio  sulla  natura  isterica  della  malattia  da  essa  pre- 
sentata, specie  per  il  modo  rapidissimo  quasi  istantaneo  con  cui  avvenne  la  crisi,  in 
seguito  ad  una  visione  mistica  che  la  donna  dice  di  aver  avuto  e  per  avere  nei 


NevropQtologia  331 


giorni  precedenti  alla  sua  malattia  continuamente   assistito  una  giovinetta  morta 
per  peritonite  tubercolare. 

In  questi  casi  in  cui  manca  assolutamente  qualsiasi  dato  anamnestico  ricor- 
dante r  isterismo  è  assai  difficile  formulare  una  diagnosi  precisa,  mancando  affatto 
ogni  criterio  differenziale.  Strigo. 

16.  J.  Dejerine,  A  propos  de  l'agnosie  tactile.  —  «  Revue  neurologique  »,  n.  15,  1907. 

L' A.  ritoma  sull'argomento,  già  altre  volte  discusso,  confutando  le  teorie  emesse 
in  proposito  da  Max  Egger  (La  fonction  gnosique,  Revue  neurogique  n.  9,  1907). 
Per  aver  la  nozione  chiara  di  un  oggetto  è  necessaria,  sia  V  integrità  deir  apparec- 
chio sensitivo  e  sensoriale  periferico,  sia  T integrità  dell'intelligenza.  L'A.  non  ha 
mai  osservato  casi  di  agnosia  in  cui  non  esistessero  alterazioni  della  sensibilità  o 
dell'intelligenza.  Max  Egger  vuol  dimostrare  che  la  perdita  della  nozione  della 
forma  degli  oggetti  non  deve  attribuirsi  a  disturbi  della  sensibilità  tattile,  ma  a 
disturbi  dell'associazione.  L'A.  osserva  che  i  casi  illustrati  da  Egger  non  possono 
in  nessun  modo  sostenere  la  sua  teoria  peròhè  in  essi  si  osservava  un  notevolissimo 
ingrandimento  dei  circoli  di  Weber,  la  normalità  dei  quali  è  necessaria  perchè  ci  si 
possa  fare  un  concetto  esatto  della  fonna  degli  oggetti  palpati.  Per  dimostrare  la 
esistenza  di  questa  nuova  varietà  d'  agnosia  bisognerebbe  trovarla  in  soggetti  in  cui 
la  sensibilità  periferica  fosse  assolutamente  normale  ed  intatte  le  immagini  mnemo- 
niche e  l'intelligenza.  Così  pure  l'A.  nega  l'esistenza  di  un'afasia  tattile.  Se  gli 
ammalati  pur  conservando  la  facoltà  di  riconoscere  alla  palpazione  la  natura,  la  pro- 
prietà, l'uso  degli  oggetti  che  tengono  in  mano  non  possono  indicarne  il  nome,  si 
devono  chiamare  afasici  motori;  ma  quando  gli  ammalati  non  sanno  indicare  il  nome 
degli  oggetti  perchè  la  sensibilità  periferica  è  insufficiente  a  dare  loro  una  nozione 
esatta  di  essi,  non  si  può  parlare  di  afasia,  ma  solo  di  agnosia  o  asimbolia  tattile, 
poiché  il  disturbo  sta  nel  riconoscimento  dell'oggetto  e  non  nel  linguaggio. 

Sandri. 

17.  M.  RoBenfeld,   Ueber  einige  AusfalUsymptomen  bei  Verletzungen  dea  ìinken 

Grosshirnhemisphàre,  —  «  Centralblatt  fiir  Nervenheilkunde  und  Psichiatrie  », 
Bd.  18,  N.  240,  1907. 

Poiché  generalmente  si  sovrappongono  a  sintomi  da  focolaio  sintomi  secondari, 
sì  posson  prestare  per  separare  i  sintomi  afasici,  transitori,  dai  sintomi  di  difetto 
dovuti  a  lesione  della  regione  del  linguaggio,  talora  durevoli,  i  casi  di  afasia  trau- 
matica, sebbene  tal  separazione  non  sia  facile,  essendo  possibile  la  confusione  dei 
cintomi  di  difetto  con  sintomi  demenziali,  indotta  tal  confusione  anche  dall'abitu- 
dine nostra  di  intendere  la  parola  come  un  meccanismo  che  si  pone  a  disposizione 
dell'intelligenza,  sènza  esseme  parte  essenziale.  L'A.  presenta  due  casi  nei  quali 
jsi  è  verificato  un  trauma  grave  con  frattura  della  regione  del  cranio  sovrastante  alla 
legione  del  linguaggio,  seguita  nell'un  caso  da  non  grave  commozione  cerebrale  (per- 
«lita  della  coscienza  durata  alcune  ore)  mentre  nell'altro  caso  mancò  ogni  segno  di 
commozione,  tanto  che  il  colpito  volle  continuare  alle  proprie  occupazioni.  Nei  due 
casi  si  presentò  afasia  transitoria,  ma  dopo  il  ristabilimento  della  funzione  della 
parola  rimasero  numerosi  sintomi  di  difetto  di  natura  psichica.  Oltre  a  incapacità 
di  attenzione  verbale,  incapacità  di  ritenere  cose  lette,  difficoltà  della  lettura,  lentezza 


332  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

nel  trovare  i  vocaboli,  difettosa  riproduzione  di  serie  (alfabeto,  nameri)  era  notevole 
l*  incapacità  di  riprodurre  verbalmente  concetti  geometrici  e  trigonometrici  in  pre- 
cedenza assai  familiari  ai  pazienti. 

Era  avvenuta  una  lesione  dei  lobi  temporali,  lesione  di  cui  non  si  può  precisare 
la  entità,  ma  che  presumibilmente  non  è  grave,  data  la  guarigione  e  la  mancanza 
di  sintomi  da  parte  della  capsula  interna.  Sintomi  parafasici  si  riscontrano  anche 
in  casi  di  commozione  cerebrale  (trascurabile  o  mancante  in  questi  casi)  né  è  certo 
se  sintomi  di  difetto  si  presentino  solo  per  lesione  del  lobo  temporale  sinistro  o  anche 
per  lesione  altrove  localizzata,  anche  sull*  emisfero  destro.  Inoltre  sintomi  di  difetto 
posson  riscontrarsi  anche  senza  concomitante  afasia,  e  pure  di  tal  complesso  sinto- 
matico r  À.  descrive  un  caso,  ricordando  ancora  come  sono  possibili  alterazioni  della 
capacità  di  attenzione  anche  nelle  cosiddette  afasie  sensorie  transcentrali.  L'A.  con- 
clude che  nei  tre  casi  da  lui  illustrati  non  debba  ritenersi  che  il  complesso  sinto- 
matico sia  complesso  demenziale,  sebbene  non  sia  possibile  stabilire  se  non  tutto  il 
cervello  abbia  primariamente  o  secondariamente  sofferto  per  il  trauma.  Sostiene 
quindi  che  nei  casi  si  tratti  di  sintomi  di  difetto,  d'origine  traumatica,  dovuti  a 
lesione  della  regione  del  linguaggio. 

Turchi, 


18.  P.  MiUau,  Forme  bulbaire  de  la  paralysie  generale  (syndrome  du  vague  ti 
d^angoisse),  —  «  Le  Progrés  Medicai  >,  année  XXXVII,  n.  14,  1908. 

A  lato  delle  forme  puramente  cerebrali  della  paralisi  progressiva  generale  sono 
state  descritta  delle  forme  spinali,  in  cui  lesioni  precoci  del  midollo  o  del  bulbo 
danno  dei  sintomi  mielopatici  vari.  Klippel  distingue,  tra  le  forme  spinali,  la  ta- 
betica,  la  forma  di  sclerosi  laterale  o  spasmodica,  la  amiotrofica  e  la  bulbare,  di  cui 
distingue  due  varietà:  quelle  a  forma  di  paralisi  glosso-labio-laringea  e  quella  a 
forma  di  morbo  di  Basedow.  L'A.  illustra  un  caso  di  paralisi  generale  a  forma  bul- 
bare che  non  rientra  nella  varietà  descritta  da  Klippel,  ma  in  cui  ciò  non  di  meno 
un  gran  numero  di  sintomi  imprimenti  alla  malattia  un  carattere  e  una  gravità  spe- 
ciale rivelano  una  localizzazione  bulbare.  Si  trattava  di  un'individuo  di  30  anni, 
che  aveva  contratto  la  sifilide  10  anni  avanti,  il  quale  a  lato  dei  sintomi  classici 
della  paralisi  progressiva  presentava  delle  alternative  di  scialorrea  e  secchezza  della 
bocca,  delle  crisi  di  vomito  con  digestione  diflìcile,  palpitazioni,  tachicardia  e  dispnea 
permanenti.  Questi  fenomeni  prendevano  nel  decubito  orizzontale  un'intensità  straor- 
dinaria e  s'accompagnavano  a  una  sensazione  di  costrizione  alla  gola  e  d'angosciasi 
grave  che  il  malato  doveva  alzarsi  precipitosamente  per  respirare.  Tali  sintomi  non 
potevano  essere  in  relazione  che  con  un'alterazione  del  nucleo  del  pneumogastrico 
che  presiede  alla  funzione  dei  tre  visceri  gastrico,  polmonare  e  cardiaco.  A  questi 
sintomi  pneumogastrici  bisogna  inoltre  aggiungere  le  crisi  parossistiche  d'angoscia  che 
sopravvenivano  indipendentemente  da  qualsiasi  manifestazione  psichica  e  con  tutti  i 
caratteri  delle  crisi  d' ansietà  parossistica  pura  descritte  da  Brissaud  nelle  affezioni 
bulbari.  L'A.  insiste  sul  carattere  di  gravità  che  assume  questa  forma  di  paralisi 
generale  e  sulla  sua  evoluzione  rapida  tosto  che  si  manifesta  la  sindrome  del  vago. 

Strigo, 


Psichiatria  333 


Psichiatria. 

19.  Th.  Zahn,  Ahute  Hautablòsungen  bei  progresstver  Paralyse.  —  «  AUgemeine 
Zeitschrift  far  Psychiatrie  »,  Bd.  64,  H.  4,  1907. 

Che  nella  paralisi  progressiva  si  osservino  non  di  rado  svariate  alterazioni  trofiche 
della  ente  è  un  fatto  già  da  tempo  noto  ;  ma  lo  stadio  di  questi  fenomeni  è  sempre 
interessante,  in  special  modo  in  rapporto  con  la  questione  del  significato  del  così 
detto  decubito  acuto.  Dopo  aver  accennato,  in  base  alla  letteratura,  quali  siano  le 
forme  di  lesione  cutanea  osservate  in  unione  con  la  paralisi  progressiva,  VA,  porta 
un  contributo  di  11  osservazioni  personali  che  divide  in  quattro  gruppi  :  nel  1**  gruppo 
descrive  7  casi  di  lesioni  cutanee  comparse  poco  tempo  prima  della  morte,  per  lo 
più  precedute  da  una  alterazione  delle  condizioni  generali;  nel  2^  sono  compresi  due 
casi  in  cui  dette  lesioni  comparvero  a  grande  distanza  dalla  morte,  senza  apprezza- 
bile alterazione  dello  stato  generale  ;  nel  3°  e  nel  4®  gruppo  accenna  a  due  casi,  uno 
di  herpes  zoster,  T  altro  di  edema  associati  alla  paralisi  progressiva. 

Prescindendo  da  questi  due  ultimi  casi,  sui  quali  non  insìste  in  modo  speciale, 
l' A.  osserva  che  le  ricordate  lesioni  cutanee,  consistenti  per  lo  piti  in  forme  bollose 
non  di  rado  seguite  da  necrosi,  si  verificavano  indipendentemente  da  ogni  azione 
esterna  nociva,  talvolta  in  soggetti  in  buono  stato  di  nutrizione  generale,  sempre  con 
ana  distribuzione  affatto  irregolare.  La  sensibilità,  la  motilità  e  i  riflessi  erano  in 
alcuni  casi  normali,  in  altri  più  o  meno  gravemente  alterati.  Dal  punto  di  vista  ana- 
tomo-patologico  non  esistevano  reperti  caratteristici  o  costanti:  i  cordoni  posteriori 
del  midollo  spinale  in  qualche  caso  apparivano  estesamente  degenerati,  in  qualche 
altro  erano  normali  o  quasi,  i  cordoni  laterali  erano  talvolta  integri,  talvolta  più  o 
meno  sclerosati.  In  un  caso  molto  grave  si  notavano  delle  accentuate  alterazioni  flogi- 
stiche dei  gangli  spinali  inferiori,  corrispondenti  alle  zone  cutanee  colpite  dalle  le- 
sioni cutanee,  mentre  i  nervi  periferici  si  presentavano  normali. 

Questi  fatti,  confrontati  con  quelli  analoghi  che  si  possono  trovare  nella  lette- 
ratura, dimostrano  che  le  lesioni  cutanee  dei  paralitici  non  possono  mettersi  in  rap- 
porto né  con  alterazioni  midollari  ne  con  alterazioni  dei  nervi  periferici;  e  neppure 
il  reperto  positivo  ottenuto  nei  gangli  spinali  potrebbe  invocarsi  a  spiegarle,  poiché 
appunto  nella  paralisi  progressiva  sono  abbastanza  frequenti  le  alterazioni  di  questi 
gangli  (specialmente  emorragie),  anche  in  casi  in  cui  nulla  si  osserva  a  carico 
della  cute. 

La  gravità  dei  fenomeni  in  esame  e  la  frequente  coesistenza  di  imponenti  sin- 
tomi generali  bastano  a  farci  escludere  la  natura  puramente  nevrosica,  funzionale 
delle  lesioni  cutanee;  mentre  ci  conducono  ad  ammettere  che  queste  ultime  siano 
determinate  dall'azione  di  sostanze  tossiche  circolanti  nel  sangue,  alle  quali  pure 
sono  dovute  la  febbre,  la  diminuzione  di  peso,  le  eventuali  alterazioni  dei  gangli  spi- 
nali e  via  dicendo. 

Nei  casi  senza  apprezzabili  modificazioni  dello  stato  generale,  le  bolle  cutanee 
potrebbero  essere  causate  da  prodotti  tossici  che  limitano  la  loro  azione  ai  vasi  della 
pelle,  oppure  dipendere  da  disturbi  trofì co-vasomotori  in  rapporto  più  o  meno  diretto 
con  la  malattia  fondamentale. 

Le  lesioni  cutanee  di  cui  ci  occupiamo  hanno  una  certa  parentela  col  così  detto 
decubito  acuto,  perchè  come  questo  si  producono  indipendentemente  da  cause  mec- 
caniche estrinseche  e  non  di  rado  arrivano  ad  una  profonda  distruzione  del  tessuto; 


334  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

Cf  nei  casi  di  grave  compromissione  dello  stato  generale,  offrono  un  quadro  molto 
simile  a  quello  del  Pemphigus  acutus  febrilis:  la  loro  patogenesi  è,  come  quella 
delle  forme  ora  ricordate,  fino  ad  oggi  molto  oscura;  il  loro  rapporto  con  la  para- 
lisi progressiva,  comunque  debba  essere  interpretato,  è  ormai  sicuro  e  praticamente 
importante.  Zalla. 

20.  P.  Acchloté,  Bhumatisme  chronique  et  insuffisance  thyroidienne.  —  «  Revue 

neurologique  >,  n.  10,  1907. 

Una  ragazza  di  28  anni  subì  diciotto  applicazioni  di  raggi  X  per  liberarsi  di 
di  una  ipertricosi  del  mento  e  del  collo.  Dopo  qualche  tempo  incominciò  ad  avver- 
tire dolori  intensi  alle  articolazioni  accompagnati  da  tumefazione.  À  poco  a  poco  si 
manifestarono  edemi  notevoli  agli  arti  ed  al  viso,  la  pelle  si  fece  pallida,  dura  ed 
elastica,  l'ammalata  divenne  apatica,  depressa,  sonnolente  e  presentava  l'aspetto  di 
una  mixedematosa.  La  ghiandola  tiroide  si  presentava  alla  palpazione  notevolmente 
diminuita  di  volume.  L'aspirina,  il  salicilato  di  soda,  il  jodo,  l'arsenico  non  appor- 
tarono alcun  giovamento  all'ammalata.  L'A.  curò  la  paziente  con  tabloidi  di  tiroi- 
dina.  In  breve  scomparvero  i  dolori  articolari  e  l'edema.  Dopo  aver  trattato  del- 
l'influenza dei  raggi  X  sulle  ghiandole,  e  della  loro  conseguente  atrofia,  parla  dello 
stretto  legame  che  si  riscontra  in  molti  casi  tra  reumatismo  cronico  ed  ipotiroidismo. 
Dallo  studio  del  caso  surriferito  e  da  altre  osservazioni  personali  l'Autore  può  de- 
durre le  conclusioni: 

L'azione  dei  raggi  X  sul  collo  è  sempre  dannosa  perchè  provoca  uno  stato  di 
ipotiroidismo  temporaneo  od  anche  cronico,  che  può  esser  seguito  da  mixedema. 

Si  può  affermare  con  certezza  che  molti  reumatismi  sono  causati  da  perturba- 
zioni funzionali  della  ghiandola  tiroide,  e  possono  anche  rappresentare  l'unico  sin- 
toma  di  un  ipotiroidismo.  Sarebbe  utile  quindi  tentare  l'opoterapia  tiroidea  non  solo 
nel  reumatismo  cronico  accompagnato  da  altri  sintomi  di  ipotiroidismo,  ma  anche 
nei  casi  di  reumatismo  cronico  ribelle  in  cui  non  esiste  alcun  altro  sintomo  di 
insufficienza  tiroidea.  Sandri. 

21.  S.  G.  Dreyfùs,  Ueber  Tod  im  katatonischen  Anfall  bei  alter  Dementia 
praecox,  —  €  Centralblatt  far  Nervenheilkunde  und  Psychiatrie  >,  Bd.  18, 
N.  239,  1907. 

Un  individuo  di  32  anni,  pel  quale  è  posta  la  diagnosi  di  demenza  precoce, 
improvvisamente  entra  in  accesso  epilettiforme  e  muore.  Ricordando  come  possa 
facilmente  la  paralisi  progressiva  simulare  la  demenza  precoce  fino  al  momento  in 
cui  scoppia  qualche  fenomeno  che  la  svela,  l'A.  riferisce  che  nel  caso  mancava  qua- 
lunque elemento  obiettivo,  e,  quel  che  piti  importa,  qualunque  reperto  anatomo-pato- 
logico  che  deponesse  per  tal  malattia,  meno  per  qualunque  altra  lesione  organica 
del  cervello.  Il  genere  di  morte  osservato  nel  caso  è  unico  in  forme  a  decorso  cro- 
nico, essendo  descritti  esiti  simili  solo  in  casi  a  decorso  acuto,  o  in  casi  a  decorso  cro- 
nico su  cui  si  impianta  qualche  processo  cerebrale  acuto,  che  la  necroscopia  svela. 
Ora  la  necroscopia  del  caso  ha  fatto  rilevare  la  diminuzione  del  rapporto  fra  capacità 
cranica  e  massa  cerebrale  dal  10-15%  (come  è  la  norma)  al  1,2%.  Il  rapporto 
diminuisce  per  un  aumento  del  volume  del  cervello,  aumento  che  sta  in  stretto  rap- 
porto colla  morte  in  accesso,  tanto  più  che  lo  si  riscontra  in  epilettici  o  paralitici 
morti  pure  in  accesso.  Non  si   conosce   il  meccanismo  di  produzione  dell'ingrossa- 


Psichmtria  335 


mento  cerebrale,  ma  è  da  ritenersi  che  gli  stati  di  eccitamento  che  si  verificano  nel 
decorso  della  demenza  precoce  siano  dovuti  a  modificazioni  del  volume  simili  a 
quella  che  nel  caso  invece  che  una  semplice  fase  acuta  ha  portato  la  morte.  L'  A. 
consiglia  di  misurare  sistematicamente  il  rapporto  fra  capacità  cranica  e  volume 
cerebrale  seguendo  le  tecnica  che  egli  ha  usato  (metodo  Wttrzburger  modificato) 
e  che  non  impedisce  le  ricerche  ulteriori,  e  V  applicazione  dei  vari  metodi  istologici. 

Turchi. 

22.  J.Longrard,  Ueber  €mor al  insaniti/*.  —  cArchiv  fttr  Psychiatrie »,  Bd.  43,  H.  1. 

Lungo  lavoro  sulla  «  pazzia  morale  >  nel  quale  TA.,  dopo  un  esame  critico  della 
letteratura  di  questo  argomento  e  sulla  base  delle  osservazioni  proprie,  viene  alla  con- 
clusione che  in  alcuni  casi,  peraltro  rari,  si  debba  ammettere  come  quadro  a  sé  stante 
questa  forma. 

Il  difetto  della  vita  sentimentale  e  della  coscienza  etica  che  distingue  ed  im- 
pronta la  forma,  sarebbe  rilevabile  nel  soggetto  già  durante  l'infanzia:  per  lumeg- 
giare le  sue  affermazioni  VA.  riporta  la  storia  dettagliata  di  quattro  individui. 

Per  altro  VA.  riconosce  che  ì  casi  di  questa  forma  sono  assai  rari  e  che  di  essa 
s'è  fatto,  sopratutto  nella  pratica  forense,  un  abuso  che  pienamente  giustifica  le  attuali 
diffidenze.  Giudicando  con  una  critica  serena  ed  accurata  si  può  verificare  che  molti 
dei  casi  considerati  come  di  follia  morale  rientrano  invece  nei  quadri  di  malattie 
meglio  note,  quali  l'epilessia,  la  demenza  precoce,  la  frenosi  maniaco-depressiva  nel 
senso  di  Kraepelin,  oppure  rappresentano  periodi  iniziali  di  altre  forme  quali  la 
paralisi  progressiva  o  la  demenza  senile.  0.  Bossi. 


Terapia. 

23.  Biissaud  et  Sicard,  Traitement  des  nevralgie  du  trijumeau  par  les  injec- 
tion  profonde  d^  alcool.  —  «  Revue  neurologique  »,  n.  22,  1907. 

Le  nevralgie  del  facciale,  cosidette  essenziali,  hanno  resistito  sino  ad  ora  a  tutti 
i  tentativi  terapeutici.  La  cura  chirurgica  stessa,  lunga  e  dolorosa,  in  molti  casi 
non  riesce  che  ad  aumentare  le  sofferenze  del  paziente.  Contro  queste  nevralgie 
SchOssler,  quattro  anni  fa,  provò  con  successo  le  iniezioni  profonde  di  alcool  a  li- 
vello delle  branche  d'  emergenza  del  trigemino.  Gli  AA.,  che  già  si  sono  occupati 
molto  della  quistione,  riportano  una  statistica  di  44  casi  di  nevralgie  curati  con 
iniezioni  profonde  di  alcool  seguendo  però  una  tecnica  speciale.  Gli  aghi  adoperati, 
a  differenza  di  quelli  usati  da  SchCssler,  sono  finissimi  (sette  decimi  di  millimetro 
di  diametro)  e  senza  mandrino.  L'iniezione  di  alcool  a  80^  è  preceduta  da  iniezioni 
di  stovaina  all'  1  %  por  l' anestesia  locale.  Descritta  minutamente  la  tecnica  e  il 
modo  di  aggredire  le  branche  del  trigemino  ai  loro  punti  d'uscita,  gli  AA.  passano 
a  descrivere  i  possibili  incidenti  operatori,  le  reazioni  locali  provocate  dal  medica- 
mento, le  anestesie  del  territorio  innervato  dalla  branca  operata,  gli  ottimi  risultati 
terapeutici  ottenuti.  Gli  AA.  studiarono  poi  la  distruzione,  per  mezzo  dell'alcool, 
del  ganglio  di  Gasser,  la  quale  rappresenterebbe  l' intervento  ideale  nelle  nevralgie 
in  cui  per  qualche  motivo  speciale  non  fosse  stato  possibile  aggredire  le  diverse 
branche.  Sperimentata  nel  cane  quest'  operazione,  riscontrarono  all'  esame  microscopico 
eseguito  circa  un  mese  dopo,  la  degenerazione  completa  delle  branche  del  trigemino 


336  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Terapia 

e  delle  cellule  gaDglionari.  Stttdìatane  poi  la  tecnica  sul  cadavere  poterono  consta- 
tare che,  dopo  la  sezione  dei  piani  cutanei  e  muscolari  superficiali  della  regione 
sotto-apofisaria  zigomatica,  P  intervento  riesce  facile  e  non  ofire  alcuno  dei  pericoli 
gravissimi  che  suole  sempre  presentare  T  operazione  di  Kraus  e.  Per  le  numerose 
esperienze  fatte  possono  concludere  che: 

Tutte  le  nevralgie  essenziali  del  facciale,  che  non  sono  state  già  prima  operate, 
devono  guarire  con  le  iniezioni  profonde  di  alcool.  La  tecnica  operatoria  deve  avere 
per  scopo  dì  distruggere  una  o  più  branche  dolenti  del  trigemino  con  iniezioni  pra- 
ticate il  più  vicino  che  sia  possibile  al  punto  d' emergenza  dal  foro  cranico,  altre 
iniezioni  poi  si  possono  fare  al  livello  dei  canali  periferici.  Ogni  iniezione  riuscita 
deve  provocare  anestesia  nel  territorio  cutaneo  o  mucoso  del  nervo  iniettato.  La 
scomparsa  dei  dolori  nevralgici  può  a  volte  essere  indipendente  dalP  anestesia  susse- 
guita immediatamente  air  atto  operatorio,  ma  di  solito  la  perfezione  della  guarigione 
e  la  sua  durata  sono  proporzionali  air  intensità  ed  alla  durata  di  questa  anestesia 
cutanea  e  mucosa.  La  durata  della  guarigione  può  essere  molto  lunga  (in  media  dai 
15  ai  18  mesi).  Ripetendo  poi  le  iniezioni  le  recidive  si  allontanano  e  la  guarigione 
diventa  definitiva.  L*  alcool izzazione  profonda  non  dà  solo  degli  ottimi  risultati  nelle 
nevralgie  essemziali  del  facciale,  ma  anche  nelle  secondarie  (cancro  della  lingua  o 
del  mascellare  della  parotide  ecc.).  Può  essere  pericoloso  generalizzare  questo  me- 
todo a  certe  altre  nevralgie  e  in  specie  d'applicarlo  alle  nevralgie  dello  sciatico. 

Sandri, 

24.  Terrien,  L'hystérie  est-elle  curableP,  —  «  Progrós  medicale»,  n.  3,  1908. 

L'A.  sostiene  che  se  è  possibile  liberare  i  pazienti  dai  disturbi  isterici,  non  è 
possibile  liberarli  dair  isterismo,  e  a  prova  di  quanto  afferma  invoca  la  possibilità, 
da  lui  osservata,  di  provocare  colV  ipnosi,  in  individui  apparentemente  guariti,  p.  e. 
le  stesse  paralisi  che  V  ipnosi  aveva  risolto  molti  anni  prima.  Sostiene  ancora  che  non 
è  possibile  assoggettare  al  sonno  ipnotico  altri  che  individui  o  isterici,  o  che  almeno, 
con  una  qual  si  voglia  altra  malattia,  soffrano  lanche  di  isterismo.  Come  non  è  pos- 
sibile guarire  un  artritico  o  un  eredo-sifilitico,  ma  solo  liberarlo  dalle  manifestazioni 
della  sua  malattia,  così  è  solo  possibile  porre  gli  isterici  al  sicuro  da  ulteriori  mani- 
festazioni di  una  malattia  per  sé  inguaribile.  Turchi. 


lO^OTIZIS 

Dal  9  al  28  novembre  1908  avrà  luogo  presso  la  Clinica  psichiatrica  deir  Università  di  Mo- 
naco (Baviera)  un  Corso  di  perfeeionamrnto  in  Psichiatria. 

Nel  programma  sono  incluse  lezioni  di  psichiatria  (Kraepplin),  anatomia  normale  e  pato- 
logia del  cervello  (dudden -Alzheimer),  psicologia  sperimentale  (Specht)  cito- e sierodia^ 
ipnosi  (Plaut)  psicoterapia  e  psicodiagnostica  (Isserlin)  ctc. 

Per  !e  Iscrizioni,  il  versamento  della  tassa  di  frequenza  (Mk.  60)  e  Informazioni  rivolgersi 
al  dott.  prof.  Alzheimer,  aiuto  della  Clinica,  Rùckerstrasse  l/II. 

Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.      Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

DI BETTA   DA 

E.    TA.NZI 

(riBBMXS) 

A..  TAMBURINI  E.  MORSELLI 

(boxa)  (gxnota) 

E.   LUGARO 

(modbwa) 


Rodattori  : 

0.  ROSSI 

O.  SANDRI    —    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  Salwi,  Firenze. 

VoL.  XIII  Firenze,  j^gosto  ld08  Fase.  8 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Manicomio  di  8.  8c^r\'olo,  in  Wnozia,  diretto  dal  prof.   L.  Cappelletti 

Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale  della  zona  di  Broca 
e  della  zona  di  Wemicke. 

Osservazione  clinica  ed  anatomica  del  dott.  T.  Oorteei 


Dal  giorno  in  cui  P.  Marie  è  sreso  in  campo  contro  «  tutti  i  dogmi» 
della  dottrina  classica  della  afiisia  negando  ogni  valore  alla  circonvoluzione  di 
Broca  nella  funzione  del  linguaggio,  negando  la  classica  distinzione  in  afasia 
motrice  e  sensoriale,  afl'ermando  che  l'afasia  non  è  che  uno  stato  particolare 
di  demenza  e  istituendo  una  zona  lenticolare  per  Tanarlria,  gli  studi  intorno 
a  questo  bellissimo  capitolo  della  patologia  cerebrale  si  sono  andati  intensifi- 
cando e  molti  illustri  neurologi  hanno  portato  nuovi  contributi  di  fatti  e  di 
idee.  E  di  ciò  dobbiamo  essere  grati  al  dotto  neurologo  francese:  che  se  le  sue 
teorie  sono  ai^cor  lungi  dall' esser  dimostrate  e  sembrano  anzi  contraddette  dal 
maggior  numero  dei  fatti  nuovi,  è  però  suo  merito  aver  promosso,  col  suo  au- 
dace tentativo  di  demolizione,  quest'utile  opera  di  critica,  aver  suscitato  questo 
nuovo  ardore  di  ricerche.  Tutti  conoscono,  dopo  gli  articoli  di  P.  Marie  (1) 
sulla  Semaine  medicale,  le  risposte  di  Dejerìne(2),  Mingazzini  (3),  Bian- 
chi (4),  Heilbronner  (5)  ecc.  e  i    recenti  lavori   di   Dejerine  (6),   Liep- 


338  7.  Cortesi 

mann  (7),  Mahaim  (8),  Mingazzini  (9),  Ladame  e  Monakow  (10).  Ma  non 
ostante  tanta  alacrità  di  studi,  la  questione  è  ancora  insoluta  e  molti  punti 
oscuri  rimangono  a  chiarire. 

<  Nous  pensons  —  concludono  Ladame  e  Monakow  nel  loro  diligentis- 
simo  studio  sopra  un  caso  di  afemia  pura  "—  que  les  symptónis  de  deficit  de 
la  destruction  de  la  circonvolution  de  Broca  ne  pourront  étre  fixés  qu'à  la 
suite  d'un  grand  nombre  d'observations  complète»  >. 

Ogni  caso  nuovo  dunque,  purché  convenientemente  esaminato  dal  punto 
di  vista  clinico  ed  anatomo-patologico,  potrà  riuscir  utile  per  la  interpreta- 
zione definitiva  dei  fatti.  Per  questa  ragione  io  mi  sono  indotto  a  pubblicare 
l'osservazione  seguente: 

Giacomo  N,,  di  anni  49,  fu  ricoverato  in  Manicomio  il  10  aprile  1907.  Si  sa 
dalla  storia  ch'egli  fu  sempre  un  forte  alcolista  e  che  da  sette  o  otto  anni  so&ìyr 
di  mal  perforante  plantare,  tanto  che  dovette  subire  T  amputazione  delle  dita  del 
piede  sinistro.  Inoltre  egli  si  lagnava  da  qualche  tempo  di  cefalea,  di  capogiri  e 
appariva  confuso  e  disorientato;  non  riconosceva  più  i  luoghi,  sbagliava  spesso  strada, 
camera  e  letto:  contemporaneamente  i  famigliari  si  erano  accorti  ch'egli  non  com- 
prendeva più  bene  le  parole  come  per  T  addietro,  usava  spesso  una  parola  per  un'altra 
e  faceva  talvolta  discorsi  incomprensibili.  Questi  disturbi  si  aggravarono  rapidamente 
nei  giorni  che  precedettero  il  suo  ingresso  in  Manicomio:  egli  mostrava  di  non  com- 
prendere affatto  ciò  che  gli  si  diceva  e  balbettava  poche  parole  senza  senso.  Ciò 
avvenne  senza  che  si  presentassero  ictus  né  paralisi. 

Al  suo  ingresso  in  Manicomio  egli  presentava  evidentissimi  e  gravi  i  disturbi 
della  favella  e  un  profondo  indebolimento  mentale:  le  condizioni  generali  erano  cat- 
tive per  una  diffusa  ateromasia  delle  arterie,  per  le  gravi  lesioni  cutanee  agli  arti 
e  per  vaste  e  profonde  piaghe  da  decubito  ai  trocanteri  e  al  sacro.  Tali  condizioni 
andarono  progressivamente  aggravandosi  e  la  morte  avvenne  il  26  maggio  1907. 

Esame  obbiettivo  del  29  aprile  19^7:  Costituzione  scheletrica  regolare;  stato 
di  nutrizione  molto  decaduto.  La  cute  dell'arto  inferiore  sinistro  dal  ginocchio  al 
piede  ha  un  colore  bruno  cianotico  ed  è  sottile,  avvizzita,  inelastica:  il  piede  sinistro 
poi  manca  di  tutte  le  dita  (per  amputazione  chirurgica)  e  presenta  sulla  pianta  una 
ulcera  a  margini  callosi.  All'arto  inferiore  destro  la  lesione  è  meno  grave;  la  cute 
della  gamba  ha  aspetto  pressoché  normale  ;  solo  intomo  al  ginocchio  esistono  chiazze 
circolari  scutate,  arrossate  e  lievemente  edematose:  al  piede  però  la  pelle  è  bruna, 
secca  e  sottile  come  a  sinistra  e  presenta  due  ulcere  a  margini  callosi,  una  sulla 
pianta  e  l'altra  sul  dorso  del  secondo  dito.  Al  sacro  e  al  trocantere  destro  esistono 
vaste  piaghe  da  decubito. 

Apparecchio  circolatorio  :  Cuore:  toni  squillanti  e  metallici;  arterie  periferiche 
dure  e  serpiginose;  polso  teso,  piccolo,  della  frequenza  di  70  pulsazioni  al  minuto; 
pressione  omerale  destra  con  lo  sfigmomanometro  di  Riva  Rocci  millim.  215  di  Hg. 

Apparecchio  respiratorio  e  addome  :  nulla  di  notevole. 

Sistema  nervoso:  l'infermo  sta  sempre  a  letto  con  gli  arti  inferiori  fissati  in 
flessione  per  contrattura  passiva.  La  motilità  attiva  e  passiva  é  conservata  agli  arti 
superiori  (l'infermo  è  destrimano),  quasi  abolita  agli  inferiori  per  l'atrofia  e  la  re- 
trazione dei  muscoli;  conservata  nei  muscoli  della  faccia,  della  lingua  e  del  faringe: 
la  lingua  viene  sporta  diritta;  il  facciale  inferiore  di  sinistra  ha  invece  una  lieve 


Un  raso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale,  ecc.  339 

prevalenza  su  qaello  di  destra.  La  coordinazione  dei  movimenti  è  conservata  negli 
arti  superiori. 

La  sensibilità  tattile,  termica  e  dolorifica  è  conservata  (per  quanto  si  può  com- 
prendere) su  tatto  l'ambito  cutaneo:  l'ammalato  reagisce  vivacemente  anche  a  lievi 
stimoli  dolorifici. 

Reflessi  :  R.  plantare  assente  a  sinistra,  flessione  dorsale  di  tutto  il  piede  a  de- 
stra; R.  cremasterici  e  addominali  deboli  d'ambo  i  lati;  R.  tendinei  deboli  agli 
arti  inferiori,  normali  ai  superiori;  R.  congiuntivali  presenti;  R.  faringeo  presente; 
R.  irìdei  molto  deboli.  Trofismo:  muscoli  ancor  validi  agli  arti  superiori  (al  dina- 
mometro 40  a  destra  e  a  sinistra);  atrofici  agli  arti  inferiori,  sopratutto  alle  gambe. 

Sensi  specifici:  gusto,  olfatto,  udito  normali;  vista  molto  indebolita;  non  è  pos- 
sibile per  le  condizioni  mentali  dell'infermo  un   esame  accurato  del   campo  visivo. 

Favella:  L'ammalato  se  ne  sta  di  solito  quieto  e  silenzioso;  solo  di  tratto  in 
tratto  emette  un  profondo  sospiro.  Le  rare  volte  ch'egli  parla  spontaneamente  non 
pronuncia  che  qualche  sillaba  senza  senso  o  una  o  due  parole  di  nuovo  conio  e  in- 
comprensibili e  sempre  le  stesse;  talvolta  tutto  il  suo  discorso  è  composto  di  una 
sola  parola  ripetuta  di  tratto  in  tratto  ad  es.  :  «  dia  >,  «  aspetta  ».  Queste  due  parole 
sono  le  sole  ch'egli  dica  esattamente. 

La  comprensione  del  linguaggio  parlato  è  quasi  nulla:  egli  si  rivolge  pronta- 
mente ai  richiami  e  anche  ai  rumori  perchè  l'udito  è  normale,  ma  non  comprende 
ciò  che  gli  si  dice  all' infuori  del  saluto  e  di  due  o  tre  domande  semplicissime, 
ad  es.:  «  come  ti  chiami?  »  «  Giacomo  »  (mal  pronunciato).  «  Come  stai?  «  mejo  ». 
A  qualsiasi  altra  domanda  o  non  risponde  o  ripete  la  risposta  data  prima,  o  ri- 
sponde invariabilmente  con  una  parola  fuori  di  proposito  come  «  dia  »,  €  aspetta  ». 
Xon  eseguisce  nessuno  degli  ordini  che  gli  si  danno  a  parole,  ma  se  gli  si  fanno  com- 
prendere coi  cenni,  qualche  volta  li  eseguisce.  Non  sa  dare  il  nome  a  nessuno 
degli  oggetti  che  gli  si  mostrano  ;  dapprima  egli  crolla  il  capo  senza  rispondere,  ma 
insistendo  a  mostrargli  l'oggetto  sembra  che  egli  si  sforzi  di  nominarlo,  ma  non 
dice  che  i  suoi  soliti  monosillabi  sensa  senso.  Non  sa  ripetere  le  parole  dette  da  altri; 
se  vi  si  prova  non  pronuncia  (e  male)  che  le  prime  sillabe.  È  completamente  abolita 
la  facoltà  di  leggere  sia  mentalmente  che  ad  alta  voce.  Altrettanto  può  dirsi  della 
scrittura;  egli  non  riesce  a  scrivere  nulla  di  ciò  che  gli  si  detta:  non  sa  nemmeno 
scrivere  la  propria  firma  :  traccia  lentamente  sulla  carta  «  Rove  »  (forse  per  €  No- 
vello »  suo  cognome)  e  «  estre  »  (per  Mestre  sua  patria)  e  qualche  geroglifico  senza 
significato. 

Solo  una  parola  riesce  a  scrivere  intera:  «  Tutti  »,  che  non  ha  alcun  rapporto 
con  ciò  che  gli  si  domanda  e  di  cui  egli  probabilmente  non  comprende  il  significato. 
Assolutamente  nulla  è  la  scrittura  per  copia. 

Esame  psichico:  L'infermo  è  molto  confuso,  disorientato  nel  tempo  e  nello 
spazio,  profondamente  apatico.  Non  si  mostra  preoccupato  della  sua  malattia,  non 
s' interessa  della  famiglia  né  dell'  ambiente  ;  sembra  che  non  riconosca  le  persone  che 
lo  circondano.  Durante  gli  esami  obbiettivi  riesce  molto  difficile  fissare  la  sua  atten- 
zione; e  dopo  breve  tempo  egli  si  mostra  stanco  e  sospira  profondamente.  La  afasia 
totale  non  permette  di  indagare  il  campo  dei  ricordi  e  delle  idee;  certo  egli  non  dà 
segno  di  averne  alcuna.  Negli  ultimi  giorni  fu  sempre  soporoso  e  morì  in  coma. 

NecToscopia  eseguita  il  27  maggio  1907  (15  ore  dopo  la  morte). 

Cranio:  Calotta  cranica  molto  spessa;  dura  madre  fortemente  aderente  alla  pia 
lungo  il  margine  interno  degli  emisferi  ;  arterie  della  base  e  silviana  profondamente 


340  T.  Cortesi 

ateromatose.  La  pia  madre  è  sottile,  mediocremente  iniettata  e  si  stacca  facil mente 
dalla  corteccia  in  ogni  punto.  Il  cervello  è  assai  voluminoso,  le  circonvoluzioni  ben 
sviluppate,  i  solchi  molto  evidenti.  Nessuna  lesione  si  osserva  all'esame  estemo;  la 
corteccia  degli  emisferi  è  integra;  integri  pure  il  cervelletto  e  il  bulbo.  Tutto  l'en- 
cefalo vien  posto  in  liquido  di  Mailer. 

Dopo  indurimento  parziale  si  praticano  sugli  emisferi  i  seguenti  quattro  tagli 
vertico-trasversali  : 

Il  primo  sul  piede  della  circonvoluzione  F,;  il  secondo  sul  piede  della  parie- 
tale ascendente;  il  t«rzo  sull'estremo  posteriore  delle  circonvoluzioni  temporali,  il 
quarto  sulla  piega  curva. 

Sulla  prima  sezione  si  osservano  nell'emisfero  sinistro  due  piccoli  rauinuil- 
limenti  sottocorticali  estesi  ciascuno  per  un  centimetro  e  mezzo  circa  parallelamente 
alla  corteccia,  dei  quali  uno  occupa  la  sostanza  bianca  della  Fj  e  l'altro  abbraccia 
il  solco  che  divide  la  F^  dalla  F,.  Nella  sezione  corrispondente  dell'emisfero  destro 
nessuna  lesione. 

Sulla  seconda  sezione  non  si  nota  alcuna  lesione. 

Sulla  terza  si  notano  sia  nell'emisfero  sinistro  che  nel  destro  due  focolai  *di 
rammollimento  pure  sottocorticali  e  paralleli  alle  superficie  libera  della  corteccia, 
dei  quali  il  primo,  lungo  un  centimetro  e  mezzo  circa,  occupa  la  sostanza  bianca 
della  circonvoluzione  parietale  inferiore  e  l'altro,  lungo  due  centimetri  e  mezzo  circa, 
occupa  la  sostanza  bianca  delle  F,  e  Fj. 

Sulla  quarta  sezione  si  osserva  a  sinistra  un  piccolo  rammollimento  triangolare 
nel  centro  ovale  sotto  la  piega  curva,  e  a  destra  un'altro  simile  ma  alquanto  più 
piccolo. 

Esame  microscopico  :  Dopo  indurimento  completo  in  Mflllersi  procede  all'esame 
microscopico  dell'emisfero  sinistro  col  metodo  dei  tagli  in  serie  secondo  gli  insegna- 
menti di  Dejerine  (11)  e  della  sua  scuola. 

Ecco  i  risultati  di  questo  esame: 

Emisfero  sinistro;  metodo  Weigert-Pal. 

a)  Lobo  frontale:  le  prime  sezioni  che  cadono  sull'estremità  anteriore  del 
lobo  frontale  sono  normali  :  solo  a  centimetri  due  e  mezzo  dal  polo  frontale  si  comincia 
a  vedere  nel  centro  ovale,  alla  base  della  circonvoluzione  F,,  una  piccola  zona  sco- 
lorata che  va  aumentando  gradatamente  nelle  sezioni  successive  assumendo  forma  di 
un  triangolo  (a)  con  la  base  verso  il  centro  ovale  e  l'apice  insinuantesi  nella  sostanza 
bianca  della  F,,  Contemporaneamente  appare  nella  sostanza  bianca  della  F,  un  pic- 
colo focolaio  lacunare  (6). 

Questi  focolai  vanno  aumentando  nelle  sezioni  posteriori,  soprattutto  il  primo  {a) 
che  si  estende  nella  sostanza  bianca  della  F,  tagliando  tutte  le  fibre  che  ne  irra- 
diano, meno  un  fascio  inferiore  che  scende  nelle  circonvoluzioni  orbitarie;  raggiunge 
la  massima  dimensione  in  corrispondenza  del  capo  o  pars  triangularis  della  F^  ove 
distrugge  tutte  le  fibre  comprese  fra  la  base  delle  circonvoluzioni  seconda  e  terza 
frontale  e  la  corona  raggiata  (C.  R.)  che  è  illesa  ;  poi  va  diminuendo  di  nuovo  e  non 
oltrepassa  indietro  il  piede  della  F-^  (fig.  1). 

Così  rimangono  distrutte  quasi  tutte  le  fibre  di  proiezione  della  F3  e  Fj  e  le  fibre 
di  associazione  comprese  tra  la  corona  niggiata  e  la  base  delle  circonvoluzioni  fron- 
tali, fra  le  quali  importantissimo  il  fascio  arcuato  0  longitudinale  superiore.  Interi 
sono  tutta  la  corteccia,  la  corona  raggiata,  la  capsula  interna,  il  fascio  occipito-fron- 
tale,  V  insula  e  il  nucleo  lenticolo-caudato. 


Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sotlocorticale,  ecc. 


341 


h)  Corpo  calloso:  Il  corpo  calloso  è  sede  di  una  singolare  alterazione:  dal 
ginocchio  all'orletto  in  senso  sagittale,  dalla  linea  mediana  all'angolo  estemo  del 
ventricolo  laterale  in  senso  trasversale,  le  sue  fibre  centrali  sono  quasi  completamente 
scolorate,  mentre  le  fibre  dello  strato  dorsale  e  dello  strato  ventrale  sono  perfetta- 
mente integre  e  si  continuano,  le  prime  con  la  sostanza  bianca  del  gyrus  forntcatusy 


,,%:    F.C 


Fio.  1. 

Sezione  vertleo-trasversale  dell'emisfero  sinistro  passante  per  il  piede  della  3»  circon- 
voluzione frontale  (primo  segmento,  n.  C87).  Metodo  Weigert-Pal  (grandezza 
naturale),  a,  6,  e,  focolai  di  rammollimento;  AM,  antimuro;  re,  corico  calloso; 
Deg.  Fc,  degenerazione  delle  fibre  callose;  /•»,  Fj,  F„  1»,  2»  e  3»  circonvoluzione 
frontale;  AV,  nucleo  caudato;  XL^.  S**  segmento  (putamen)  del  nucleo  lenticolare; 
Ti,  T^:  1»  e  2*  circonvoluzione  temi>orale. 


le  seconde,  all'angolo  supero-esterno  del  ventricolo  laterale,  con  le  fibre  della  corona 
raggiata  e  del  centro  ovale. 

Al  microscopio  queste  fibre  centrali  degenerate  s'intravedono  ancora  e  non  appa- 
iono né  frammentate  né  varicose,  ma  soltanto  scolorate.  Col  metodo  di  Van  Gieson 
esse  si  colorano  in  rosso  e  si  mostrano  poco  compatte,  smagliate,  sottili,  ridotte  ai  sem- 
plici cilindrassi  con  poche  tracoie  di  guaina  niielinica  e  disseminate  di  vasi  pieni  di 


342  r.  Cortes 

sangae,  con  parete  spesso  in  preda  a  degenerazione  ialina  e  nevroglia  perivasale  pure 
in  preda  a  degenerazione  ialina.  Invece  gli  strati  di  fibre  dorsali  e  ventrali  si  colorano 
in  un  bel  giallo  intenso  e  sono  compatti  e  assai  meno  vascolarizzati.  In  nessun 
panto,  nemmeno  nella  zona  centrale  si  osserva  proliferazione  della  nevroglia  e  infil- 
trazione parvicellulare. 

Questa  singolare  lesione  del  sistema  calloso  si  mantiene  invariata  dal  ginocchia 
all'orletto.  In  corrispondenza  dell'orletto  la  degenerazione  è  più  accentuata  nella  parte 
superiore  (pur  rispettando  lo  straterello  dorsale)  che  neir  inferiore  e  nelle  sezioni  che 
cadono  ali*  indietro  dell'orletto  occupa  quasi  esclusivamente  la  parte  superiore  del 
forceps  o  forceps  major  e  si  estende  sopra  la  volta  del  ventricolo  laterale  raggiun- 
gendone l'angolo  supero-esterno  (fig.  2).  Indietro  tale  degenerazione  va  rapidamente 
diminuendo  e  cessa  coli' esaurirsi  del  forceps. 

Nel  maggior  numero  delle  sezioni  che  cadono  sul  corpo  calloso  si  osservano  inol- 
tre, fra  il  margine  superiore  della  trave  e  la  sostanza  bianca  del  g^yrtés  fomicatuft, 
piccoli  focolai  lacunari  che  ledono  in  parte  il  cingulum  e  toccano  in  basso  la  zona 
degenerata  del  corpo  calloso  ;  in  essi  l'esame  microscopico  rivela  i  soliti  caratteri  dei 
focolai  encefalo-malacici  (detriti,  globi  granulo-adiposi,  spazi  vuoti). 

e)  Zona  rolandica  :  Tutte  le  sezioni  comprese  fra  il  piede  della  F3  e  il  terzo 
medio  della  T^  non  presentano  alcuna  lesione  all' infuori  di  quella  del  sistema  cal- 
loso già  descritta.  I  focolai  (a)  e  (h)  trovati  sotto  le  circonvoluzioni  frontali,  non  si 
riscontrano  più  sotto  Fa  e  P»  ;  solo  si  trova  al  loro  posto  una  piccola  zona  poco  colo- 
rata tra  la  C.  R.  e  la  base  delle  Fa,  P».  Il  segmento  anteriore  e  posteriore  e  il 
ginocchio  della  capsula  intema,  i  nuclei  lenticolare  e  caudato,  la  capsula  esterna, 
tutta  Vinsulaf  l'antimuro,  il  fascio  uncinato  e  il  talamo  ottico  sono  perfettamente 
normali.  Così  pure  i  due  terzi  anteriori  delle  circonvoluzioni  temporali. 

d)  Lobo  parietO'temporale  :  Nelle  sezioni  che  cadono  all'  unione  del  terzo 
medio  col  terzo  posteriore  delle  circonvoluzioni  temporali  cominciano  ad  apparire  due 
nuovi  focolai  di  rammollimento;  uno  sotto  la  T,  e  T^  e  precisamente  compreso  fra 
queste  circonvoluzioni  e  le  radiazioni  talamiche  (R.  t.)  di  Gratiolet  che  sono  inte- 
gre e  un  altro  piccolissimo  sotto  la  parietale  inferiore  e  precisamente  fra  questa 
circonvoluzione  e  la  C.  R.  (fig.  2)  Tali  lesioni  aumentano  rapidamente  nelle  sezioni 
posteriori  distruggendo  tutta  la  sostanza  bianca  della  prima  piega  di  passaggio  pa- 
rieto-temporale.  All' indietro  di  questa,  il  focolaio  temporale  s'impicciolisce  assai, 
mentre  il  parietale  aumenta  ancora  estendendosi  dalla  base  della  circonvoluzione  pa- 
rietale inferiore  al  mezzo  del  centro  ovale,  un  centimetro  circa  al  disopra  del  corno 
occipitale  del  ventricolo  laterale  e  prolungandosi  in  basso  fino  a  congiungersi  col 
focolaio  temporale  ridotto  oramai  a  una  semplice  lacuna  verticale  fra  il  fascio  lon- 
gitudinale inferiore  (Fli.)  e  la  corteccia  temporale.  Procedendo  nelle  sezioni  verso  il  polo 
occipitale  questi  focolai  cessano,  ma  in  corrispondenza  della  piega  curva  ve  n'è  un 
altro  di  mezzo  centimetro  di  diametro  nel  mezzo  del  centra  ovale. 

All' indietro,  fino  al  polo  occipitale,  non  si  hanno  più  lesioni. 

Questi  focolai  parieto-temporali  distruggono  quasi  completamente  l'irradiazione 
del  terzo  posteriore  della  Tj  e  Tj  e  della  parietale  inferiore  e  in  piccola  parte  della 
piega  curva  e  le  fibre  di  associazione  proprie  della  regione.  Illesi  rimangono  il  fa- 
petuniy  le  radiazioni  talamiche,  il  fascio  longitudinale  inferiore  e  tutta  la  cor- 
teccia. 

Emisfero  destro:  L'emisfero  destro  fa  esaminato  semplicemente  coi  tagli  macro- 
scopici e  si  potè  constatare  che  non  presentava  altra  lesione  che   i   focolai  sotto  la 


Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale ^  ecc. 


343 


corteccia  parieto-temporale  e  la  piega  curva  simmetrici  con  quelli  di  sinistra  e  aventi 
le  stesse  dimensioni  e  gli  stessi  limiti  anteriori  e  posteriori. 


Fio.  2. 

Sezione  vertico-trasvewale  dell'emisfero  sinistro  passante  per  il  3<»  posteriore  della 
1&  circonvoluzione  temporale  (3«  segmento,  n.  562).  Metodo  Weigert-Pal  (gran- 
dezza naturale),  a,  6,  estremità  anteriore  dei  focolai  di  rammollimento  temporale 
e  parietale;  Cing,  cingrulum;  Deg  Fc,  degenerazione  delle  fibre  callose  (forceps 
major);  Pli,  fascio  longitudinale  inferiore;  Fus,  lobolo  fusiforme;  Op,  gynis  for- 
nicatus;  Z/n^,  lobulo  lingruale ;  Pi,  P^t  circonvoluzioni  la  e  3&  parietale;  Ht,  radia- 
zioni talamiche;  r»,  Z,,  7*,,  circonvoluzioni  1»,  2»  e  3»  temporali. 


I  peduncoli  cerebrali,  il  ponte^  il  bulbo  e  il  midollo  furono  esaminati  col 
»netodo  di  Marchi  e  non  vi  si  osservò  alcuna  alterazione  notevole:  solo  nei  pendu- 
coli  cerebrali  si  notarono  a  destra  e  a  sinistra  numerose  fibre  degenerate  nel  quinto 
estemo  del  piede  cioè  in  corrispondenza  del  fascio  di  Thtirck;  qualche  rara  fibra  dege- 
nerata si  trovò  anche  nei  fasci  piramidali. 


344  T,  Cortesi 


Questo  caso  ha  un  notevole  interesse  analonio-patoloj^ico  e  un  magjiiore 
interesse  clinico. 

Dal  punto  di  vista  anatomo-patoIoi;;ico  va  notata  dapprima  la  molteplicilù 
delle  lesioni  e  la  loro  sede  esclusivamente  sottocorticale.  La  molleplicilà  delle 
lesioni  non  è  strana  in  un  individuo  che  presentava  una  cosi  grave  ateromasi;» 
delle  arterie  cerebrali  ;  e  la  lor  sede  sottocorticale  dimostra  che  un  sistema  di 
arteriole  era  più  gravemente  colpito:  quello  delle  arterie  lunghe  o  midollari 
che  si  staccano  dalle  arterie  della  pia  madre  ed  irrorano  la  sostanza  bianca 
degli  emisferi  fino  a  breve  distanza  dai  nuclei  grigi  centrali.  Le  lesioni  si  tro- 
vavano nel  territorio  vascolare  della  silviana  e  precisamente  de'  suoi  rami  fron- 
tale inferiore,  parietale  inferiore,  temporali  e  della  piega  curva  e  nel  territorio 
della  cerebrale  anteriore  (rami  del  corpo  calloso). 

Un  particolare  interesse  anatomo-patologico  ha  poi  la  lesione  del  corpo 
calloso. 

Abbiamo  visto  che  si  trattava  di  una  degenerazione  dello  strato  medio  dello 
fibre  callose  estesa  dal  ginocchio  all'orletto  e  dalla  linea  mediana  alfangolo 
supero-esterno  del  ventricolo  laterale.  Tale  degenerazione  non  poteva  essere 
dovuta  ai  piccoli  focolai  lacunari  situati  fra  la  trave  e  la  sostanza  bianca  del 
gyrus  fornicatus  perchè  questi  non  si  trovavano  sul  decors4)  delle  fibre  cal- 
lose; e  tanto  meno  poteva  dipendere  dai  focolai  sottocorticali  dei  lobi  front-ale 
e  parieto-temporale  perchè  questi  non  avevano  dato  nemmeno  nel  centro  ovale 
notevoli  degenerazioni  secondarie.  Si  trattava  quindi  di  una  degenerazione  pri- 
maria, come  d'altra  parte  i  caratteri  istopatologici  della  lesione,  cioè  l'abbon- 
danza dei  vasi  e  la  degenerazione  ialina  delle  loro  pareti  e  della  nevroglia  pe- 
rivasale,  faci^vano  supporre. 

Una  simile  degenerazione  delle  fibre  callose  centrali  con  integrità  delle 
fibre  dorsali  e  ventrali  fu  descritta  altra  volta  da  Marchiafava  e  Rignami  (12) 
nei  cervelli  di  tre  alcoolisti  e  recentemente  dal  Muggia(2(»)  pure  in  un  al- 
coolista.  Ma  in  tali  casi  la  lesione  era  visibile  anche  macroscopicamente  sul 
cervello  fresco  ed  appariva  come  uno  strato  grigio  e  gelatinoso  nel  centro  del 
corpo  calloso,  contrastante  col  colore  bianco  normale  delle  lamine  dorsale  e 
ventrale;  mentre  nel  nostro  caso  non  fu  svelata  che  dalla  colorazione  col 
Weigert-Pal  e  col  Van  Gieson.  Tuttavia  il  reperto  microscopico  non  fu  nei 
quattro  casi  citati  molto  diverso  dal  nostro  :  anche  lì  si  aveva  una  degenera- 
zione primaria  delle  guaine  mieliniche  con  parziale  conservazione  dei  cilin- 
drassi, minor  compattezza  delle  fibre,  abbondanza  e  ripienezza  dei  vasi,  dege- 
nerazione ialina  della  nevroglia  perivasale;  si  aveva  poi  in  più  proliferazione 
della  nevroglia  e  in  alcuni  punti  infiltrazione  parvicellulare  che  mancavano  del 
tutto  nel  nostro  caso. 


Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale,  ecc,  345 

Date  queste  analogie  e  queste  dilTerenze  è  naturale  chiedersi  :  la  lesione 
nel  nostro  caso  era  della  stessa  natura  che  le  precedenti,  sebbene  in  uno  stadio 
più  iniziale,  od  era  invece  di  natura  diversa?  lo  non  saprei  risolvere  la  que- 
stione :  noto  però  che  anche  nel  nostro  caso,  come  in  quelli  di  Marchiafava  e 
Bignami  e  di  Muggia  si  trattava  di  un  alcoolista  inveterato.  Esisterebbe  forse 
negli  alcoolisti  una  particolare  disposizione  alle  lesioni  sistematiche  del  corpo 
calloso?  Il  problema  è  degno  di  studio. 


Passiamo  ora  a  discutere  dei  sintomi  clinici  e  del  loro  rapporto  colle  le- 
sioni anatomiche  descritte. 

Le  lesioni  che  esistevano  nel  nostro  caso  si  possono  riassumere  cosi: 
i)  Distruzione  quasi  completa   delle  fibre  irradianti  da   tutta    la    F.,  e 
4Ìai  due  terzi  posteriori  della  Fj   nelT emisfero  sinistro,  con  distruzione  quasi 
completa  della  parte  frontale  del  fascio  arcuato  o  longitudinale  superiore. 

2)  Distruzione  quasi  completa  delle  fibre  irradianti  dal  terzo  posteriore 
«ielle  circonvoluzioni  Tj  T,  e  P.  inferiore  e  dalla  piega  curva  sia  nell'emisfero 
ministro  che  nel  destro. 

3)  Degenerazione  di  tutto  lo  strato  medio  delle  fibre  del  corpo  calloso. 
Queste  lesioni  dettero  per  sintomi  una  afasia  totale  e  un  profondo  disor- 

<line  psichico  caratterizzalo  da  confusione,  disorientamento,  apatia,   demenza. 

Discutiamo  dapprima  il  disordine  psichico. 

Ognun  sa  che  nella  afasia  e  specialmente  nella  afasia  totale  si  ha  sempre 
un  considerevole  defiàt  intellettuale,  sopratutto  a  carico,  come  dice  P.  Marie, 
<lelle  cose  apprese  per  processi  didattici  (13). 

Ma  nel  nostro  caso  vi  era  assai  di  più  ;  vi  era  fin  dal  principio  della  ma- 
lattia quella  agnosia  per  cui  il  malato  non  riconosceva  più  i  luoghi,  si  smar- 
riva per  via,  sbagliava  camera  e  letto;  vi  era  disorientamento  nel  tempo,  con- 
fusione, profonda  apatia,  perdita  degli  affetti.  Tutto  questo  esorbita  assai  dal 
quadro  della  demenza  afasica  quale  è  descritto  concordemente  dai  clinici,  da 
Bianchi  (14)  a  P.  Marie;  e  la  sola  lesione  della  zona  del  linguaggio,  sia  questa 
considerata  come  un  centro  sensoriale  o  come  un  centro  intellettuale,  non 
può  darcene  completa  ragione. 

Evidentemente  la  gi*ave  lesione  del  corpo  calloso  dimostrata  dall'esame  isto- 
logico deve  aver  contribuito  a  determinare  la  sindrome  psicopatica. 

Sebbene  le  osservazioni  intorno  alla  fisiologia  della  trave  non  siano  del  tutto 
roncordi,  pure  numerosi  fatti  (Giannelli  (15),  Schuster(16),  Raymond (17), 
Liepniann)(18)  inducono  a  credere  che  essa  abbia  un'alta  importanza  nelle 
l'unzioni  psichiche. 

La  nostra  osservazione,  per  la  presenza  contemporanea  di  lesioni  emisfV- 
riche,  non  può  avere  un  grande  valore  dimostrativo;  ma  se  si  considera  che 


346  T.  Cortesi 


la  lesione  della  zona  del  linguaggio  (zona  di  Wernicke)era  bensì  bilaterale, 
ma  assai  limitata  e  solamente  sottocorticale,  si  ha  ragione  di  pensare  che  quella 
grave  confusione,  quella  profonda  apatia  fossero  più  che  altro  in  rapporto  con 
la  quasi  completa  degenerazione  del  corpo  calloso. 

Veniamo  ora  ai  sintomi  afasici.  Stabilire  con  esattezza  in  un  demente 
la  forma  e  il  grado  di  una  afasia,  non  è  cosa  ne  facile  né  sicura;  ma  pure 
nel  nostro  caso  la  diagnosi  di  afasia  totale  si  imponeva  colla  maggiore  evi< 
denza  desiderabile.  Già  la  storia  ci  dice  che  il  malato  cominciò  col  commettere 
degli  scambi  di  parole,  delle  parafasie,  col  non  comprendere  ciò  che  gli  si  di- 
ceva  e  col  fare  discorsi  incomprensibili.  Più  tardi  insorse  in  lui,  quasi  improv- 
visamente, una  incapacità  a  parlare  per  cui  non  riusciva  che  a  balbettare  qual- 
che monosillabo  senza  senso.  Afasia  sensoriale,  dunque,  ed  afasia  motrice, 
insorte  in  tempi  diversi  e  con  nettissima  sintomatologia.  L'esame  obbiettivo, 
come  vedemmo,  confermò  la  diagnosi.  La  afasia  sensoriale  era  grave  ma  non 
assoluta.  L'infermo  comprendeva  due  o  tre  domande  semplicissime.  «Come  ti 
chiami?  »,  «  Come  stai  ?»  e  il  saluto.  Null'altro.  Altrettanto  e  forse  più  grave 
era  l'afasia  motrice:  non  sopravvivevano  che  due  o  tre  parole  esatte  :  «dia», 
K  aspetta  »  e  qualche  monosillabo  usati  fuor  di  proposito  e  sempre  quelli. 
Quindi  afasia  totale. 

Abbiamo  visto  quali  lesioni  anatomiche  vi  corrispondevano:  lesione  sot- 
tocorticale della  zona  di  Broca  a  sinistra  e  lesione  sottocorticale  della  zona 
di  Wernicke  d'ambo  i  lati. 

La  lesione  della  zona  di  Wernicke  è  la  causa,  ognun  lo  sa,  della  afasia 
sensoriale:  su  questo  punto  sono  tutti  d'accordo,  anche  P.  Marie.  Noi  ci  li- 
miteremo ad  osservare  che  la  sordità  verbale  grave,  ma  non  assoluta,  nel  nostro 
caso,  non  ostante  la  lesione  bilaterale  della  zona  di  Wernicke,  si  può  spie- 
gare con  la  misura  non  grande  delle  lesioni. 

Ma  l'afasia  motrice  a  che  cosa  era  dovuta?  Non  certo  alla  lesione  della 
zona  di  Wernicke;  perchè  se  (come  dice  il  Mingazzini)(19)  la  distruzione 
bilaterale  del  centro  verbo-acustico  può  dare,  oltre  a  una  afasia  sensoriale 
completa,  anche  una  notevole  diminuzione  del  linguaggio  parlato,  non  può  per 
altro  abolire  tutto  il  vocabolario;  e  la  verborrea  parafasica  o  gergoafasica  del- 
l'afasico  sensoriale  si  può  sempre  distinguere  dal  mutismo,  interrotto  appena 
da  qualche  mono  o  bisillabo  stereotipato,  dell'afasico  motore.  E  nemmeno  si 
vorrà  pensare  che  l'afasia  motrice,  nel  nostro  caso,  fosse  dovuta  all'alterazione 
del  corpo  calloso,  perchè  esistono  numerose  osservazioni  (Erb,  Hongberg, 
•Kaufmann,  Giannelli,  Schuster)  che  dimostrano  che  la  lesione  della  trave 
non  dà  luogo  a  disturbi  della  parola. 

Non  resta  dunque  che  la  lesione  sottocorticale  della  F,.  P.  Marie  non 
vuole  ammettere  che  la  F,  abbia  alcuna  parte  nel  determinare  l'afasia  mo- 
trice, ma  il  nostro  caso  dimostra  ancora  una  volta  ch'egli  ha  torto. 

P.  Marie  (20)  afferma  che  la  lesione  produttrice  dell'afasia  motrice  pura 
(ch'egli  chiama  anartria)  ha  sede  nella  zona  lenticolare  «  costituita  »,  son  sue 
parole,  «dalla  sostanza  bianca   compresa  fra  le  circonvoluzioni  deWitisula  e 


Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottoeorlieale,  eoe,  347 


il  nucleo  lenticolare  e  dag;lì  strati  esterni  di  questo  ganglio  j»,  ma  nel  nostro 
caso  questa  regione  era  perfettamente  integra;  integra  tutta  l'insula  e  la  so- 
stanza bianca  sottoposta  (capsula  estrema  ed  esterna);  integro  Tantimuro  e  il 
nucleo  lenticolare,  integri  i  segmenti  anteriore  e  posteriore  e  il  ginocchio  della 
capsula  interna,  integra  la  sostanza  bianca  e  grigia  delle  circonvoluzioni  mo- 
trici (F\  e  Pa)  alle  quali  P.  Marie  ha  esteso  da  ultimo  (21)  il  limite  superiore 
della  zona  lenticolare;  ed  erano  lese  invece  le  fibre  irradianti  da  tutta  la  F,  e 
dai  due  terzi  posteriori  della  h\  e  il  fascio  arcuato  sottoposto.  Dobbiamo  quindi 
necessariamente  concludere  che  a  questa  lesione  era  dovuta  l'afasia  motrice. 

Cosi  il  nostro  caso  Viene  ad  accrescere  il  numero  delle  osservazioni  in 
(!ui  un  rigoroso  esame  anatomo-patologico  praticato  col  metodo  dei  tagli  in  serie 
microscopici,  ha  permesso  di  localizzare  l'afasia  motrice  nella  F,. 

Recentemente  Dejerine(22)  ha  descritto  due  casi  di  afasia  motrice  in 
cui  l'esame  microscopico  eseguito  col  metodo  suddetto,  ha  dimostrato  una  le- 
sione circoscritta  in  un  caso  ai  due  terzi  anteriori  e  nell'altro  al  terzo  medio 
della  frontale  terza. 

Mahaim  (23)  ha  dimostrato  che  si  può  avere  una  distruzione  assai  estesa 
deìV  insula  e  della  sostanza  bianca  sottoposta  fino  al  putamen  senza  che  si 
abbia  afasia, motrice  o  anartria;  ed  ha  descritto  un  caso  di  afasia  totale  in  cui 
la  F„  apparentemente  integra,  si  mostrò  invece  lesa  nella  sua  sostanza  bianca, 
all'esame  microscopico  seriale. 

Liepmann  (24)  pure  ha  osservato  un  caso  di  afasia  motrice  dovuta  a  una 
lesione  esclusiva  della  F,  con  lieve  partecipazione  della  F^  e  della  piega  di 
passaggio  verso  l'opercolo  rolandico;  e  di  più  in  un  caso  in  cui  pareva  man- 
casse l'afasia,  mentre  esisteva  una  distruzione  dei  tre  quarti  anteriori  della 
circonvoluzione  di  Broca,  venne  a  conoscere,  con  un  interrogatorio  più  accu- 
rato dei  parenti  dell'infermo,  che  questo  dieci  anni  addietro  aveva  sofferto  di 
afasia,  afasia  che  aveva  durato  sei  mesi. 

Queste  osservazioni  dimostrano  che  il  centro  motorio  del  linguaggio  ha 
veramente  sede  nella  F, ;  non  però  ch'esso  sia  strettamente  limitato  al  terzo 
posteriore  di  questa  come  aveva  ammesso  Broca.  Forse  la  localizzazione  cor- 
ticale di  tal  centro  è  alquanto  più  estesa  (27):  la  recente  osservazione  di  La- 
dame  e  Monakow  (25)  mi  sembra  che  conforti  tale  ipotesi. 

Questi  AA.  hanno  descritto  un  bellissimo  caso  di  afasia  motrice  pura 
(perdita  della  parola  spontanea  e  ripetuta  e  della  lettura  ad  alta  voce,  inte- 
grila completa  del  linguaggio  interiore,  conservazione  della  scrittura  spontanea 
e  sotto  dettato,  della  facoltà  di  copiai'e,  della  comprensione  della  parola  letta 
0  parlata  e  della  lettura  mentale)  durata  immodificata  per  ben  undici  anni, 
in  cui  l'esame  anatomico  col  metodo  dei  tagli  in  serie  microscopici  dimostrò 
una  lesione  che  distruggeva  completamente  il  terzo  posteriore  della  F3  e  la 
metà  inferiore  della  F»  e  che  si  estendeva  in  forma  di  cisti  sotto  la  corteccia 
atrofizzata  del  terzo  medio  della  P»  a  del  gyì^us  supramàrginalis. 

In  questo  caso  dunque  la  distruzione  del  piede  della  F,  fu  sufficiente  per 
dare  l'abolizione  del  linguaggio  parlato  all' infuori  di  ogni  paralisi  dei  muscoli 


348  r.  Cortesi 

della  fonazione;  non  bastò  invece  per  dare  i  disturbi  del  lingfiiaggio  interno 
e  della  scrittura  che  sono  propri  della  afasia  di  Broca;  il  che  prova  che  Testen- 
sione  corticale  del  centro  motorio  del  linguajrgjio  oltrepassava  i  limiti  della  re- 
gione lesa. 

* 

*  * 

Ritornando  al  nostro  caso,  abbiamo  un'ultima  considerazione  da  aggiungere. 

Abbiamo  visto  che  i  sintomi  presentati  dal  nostro  malato  furono  quelli 
dell'afasia  totale  d'origine  corticale  (perdita  della  parola  spontanea  e  ripetuta, 
sordità  e  cecità  verbali,  agrafia  per  la  scrittura  spontanea  e  sotto  dettalo)  mentre 
Fesa  me  anatomico  mostrò  l'assoluta  integrità  di  tutta  la  corteccia  e  lesioni  sot- 
tocorticali della  zona  di  Broca  e  della  zona  di  Wernicke. 

Come  si  spiega  questo  fatto? 

Esistono  nella  letteratura  numerose  osservazioni  di  afasia  motrice  pura 
per  lesione  sottocorlicale  della  zona  di  Broca  e  una  ne  esiste  di  sordità  ver- 
bale pura  per  lesione  sottocorticale  del  lobo  temporale  sinistro (Liepmann  1898), 
ma  nessuna  ne  esiste,  che  io  sappia,  in  cui  si  trovassero  contemporaneamente 
le  due  lesioni  e  le  due  sindromi.  A  noi  manca  perciò  ogni  termine  di  con- 
fronto e  non  sappiamo  se  una  afasia  totale  di  origine  sottocorticale  possa  cli- 
nicamente distinguersi  da  una  afasia  totale  di  origine  corticale. 

Certo  che  nel  nostro  caso  tale  distinzione  non  sarebbe  stata  possibile: 
l'agrafia  e  l'alessia  che  complicavano  l'afasia  motrice  e  la  sordità  verbale  ci 
facevano  credere  che  il  linguaggio  interno  fosse  del  tutto  abolito.  Ciò  dipen- 
deva esclusivamente  dalle  lesioni  sottocorticali  della  zona  del  linguaggio  o  era 
in  parte  dovuto  anche  all'alterazione  del  corpo  calloso  che  aveva  aggravalo 
assai  il  deficit  intellettuale  proprio  della  afasia?  lo  non  saprei  risolvere  questo 
quesito:  per  ora  mi  limito  a  porre  in  rilievo  il  fatto  che  lesioni  sottocorticali 
delle  zone  di  Broca  e  di  Wernicke  possono  dare  una  afasia  totale  uguale  a 
quella  che  si  ha  per  lesioni  corticali  delle  stesse  regioni.  E  se  si  pensa  che, 
d'altra  parte,  la  citata  osjjervazione  di  Ladame  e  Monakow  dimostra  che  si 
può  avere  una  afasia  motrice  pura  per  lesione  corticale  del  centro  di  Broca, 
si  avrà  ragione  di  dubitare  che  la  distinzione  fra  afasie  corticali  e  sotlocorti- 
cali  sia  poi  cosi   semplice  e   netta  come  si  è  creduto  da   Lichteim  in  poi. 

Bibliosrra^a. 

(1)  P.  Makie.  R^viaion  de  la  question  de  l'aphasie  :  la  troisième  oirconvolation  frontale  ^uche 
IH*  joue  aueun  ròle  spwial  dan»  la  fonctioii  du  laniarage  articulé.  «  Semaine  Medicale»,  1906, 
23  msLgf^io^  11.  21.  —  Revisiou  de  la  queation  de  Taphasie:  que  faut-il  penser  deg  aphasica  sous- 
corticale8.  «  Semaine  M«^dicale  »,  1906,  17  ottobre,  n.  42.  —  Revision  de  la  question  de  l'aphasie: 
l'aphasic  de  1861  à  186G,  et*\  «  .Seninine  Medicale  ».  IfJOC,  28  novembre,  n.  48. 

(2)  .T.  Dkjkhtxk.  I/aitha»ie  nensorielle  e  Taphasie  motrice.  «  Presse  Medicale  »,  Il  e  18  Lii- 
jrlio  1ÌKM5,  n.  55  e  57. 

(3)  MixoAzziNi.  Revisione  della  questione  della  afasia,  ecc.  «  Policlinico  »,  1906. 

(4)  Bianchi.   Contributo  alla   dottrina  delle  afasie.  «Annali  di  Nevrologia  »,   1906,  fMC  5-6. 


Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale,  ece,  •    349 

(5)  Heilbkoxksb.  Revision,  etc.  «  Centralblatt  fiir  Nen'enheilkunde  uncl  Psychiatrie  »,  15  set- 
t^'mbre  1906. 

(6)  Dbjerikb.  L'aphasie  motrice  et  sa  locai isation  corticale.  «  Enc«phale  »,  1907,  n.  5. 

(7)  Lnpxàxx.  «  Journal  fiir  Paychologrle  und  Neurologie  »,  1907. 

(8)  MjLHAm.  L'aphaìjie  motrice,  rincula  et  la  troisième  circonvolution  frontale.  «  Encéphale  ». 
1907,  n.  11. 

(9)  McioAzziin.  Lea  aphasies  de  conduction  en  rapport  avec  la  nouvelle  thèorie  de  P.  Marie, 
e  Encéphale  »,  1908,  n.  1. 

(10)  Ladame  et  MoxAKcw.  Obser^'ation  d'aphèmie  pure  (anarthrie  corticale).  «  Encéphale  », 
1906,  n.  3. 

(11)  Dkjekihs.  Anatomie  de8  centres  nerveux.  Tome  I.  Paris  1895. 

(12)  Marchiafava  e  Bionavi.  8opra  un*  alterazione  del  corpo  calloso  osservata  in  soggetti  al- 
coolisti. «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  XIII,  1903. 

(13)  P.  Marib.  Loc.  cit. 

(U)  L.  BiAKCHi.  Loc.  oit,  e  «Trattato  di  Psichiatria».  Napoli. 

(15)  GiANNELLi.  Gli  effetti  diretti  e  indiretti  dei  neoplasmi  encefalici.  «  Policlinico»,  1897. 

(16)  ScHcsTEu.  Psychische  Sttirungen  bei  Hiratumoren.  Stuttgart,  1902. 

(17)  Ratkoxd,  LiEjokns  et  Lasmurrc.  Tumeurs  dn  corps  calleux.  «  Encéphale  »,  1906,  n.  '>. 

(18)  LiEPMANN.  Ueber  die  Funktion  des  Balkens  beim  Handeln  und  die  Beziehungeu  von 
Aphasie  und  Apraxie  zur  Intelligenz.  «  Medizin.  Klinik  »,  X.  25. 

(19)  MiNQAzzixi.  «  Encéphale  »,  loc.  cit. 

(20)  P.  Marie.  Loc.  cit. 

(21)  P.  Marie  et  F.  Moctibr.  Un  nouveau  cas  d'aphasic  de  Broca  dans  lequel  la  troisième 
circonvolution  frontale  gauche  n'est  paa  atteinte  taudis  que  le  rammollissement  occupe  la  zone 
de  Wernicke  et  le»  circonvolutioiis  motrices.  «  Bulletin  et  Memoires  de  la  .Société  medicale  des 
Hòpitaux  »,  15  febbraio  1907. 

(22)  Dbjerikr.  «  Encéphale  »,  loc.  cit. 

(23)  Mahaim.  Loc.  cit. 

(24)  LIBPKA.NK.  Loc.  cit.  (7). 

(25)  Lasamk  et  Mokaeow.  Loc.  cit. 

(26)  G.  Mdooia.  Encefalite  emorragica  del  centro  ovale  e  del  corpo  calloso  e  sindrome  pseudo- 
bulbarc.  «  Giornale  di  Psichiatria  Clinica  e  Tecnica  manicomiale  »,  I,  1908. 

(27)  LiRPVAiTN.  Ueber  die  angebliche  Wortthaubheit  der  Motorisch-Apha^i.schen.  «  Neurologi- 
sches  Centralblatt  »,  1908,  1  aprile,  n.  7. 


Le  lesioni  primarie  delle  fibre  nervose  nell'urinemia,  studiate  in 
condizioni  sperimentali  con  la  colorazione  positiva  di  Do- 
naggio  per  le  degenerazioni. 

Coraunicazione  preventiva  del  dott.  Vincenzo  Scarpini 


Fra  i  vari  processi  {inora  noli  per  lo  studio  delle  alterazioni  delle  fibre 
nervose,  mancava  il  modo  con  cui  ottenere  una  colorazione  esclusiva  della 
fibra  nella  fase  iniziale  della  degenerazione  primaria.  Dobbiamo  a  Donaggio  (1) 
la  prima  e  l'unica  indicazione  di  un  metodo  cbe  risponda  veramente  a  questo 
scopo,  e  che  possa  quindi  rivelare  lesioni  cbe  rimarrebbero  sconosciute  con 
altri  mezzi. 

Vari  AA.  si  sono  già  interessati  di  questo  argomento;  nonostante,  dato 
il  suo  grande  vantaggio  per  lo  studio  istologico  delle  alTezioni  nervose,  vorrei 
darne  una  descrizione  completa,  avendo  constatato  che  non  è  di  pratica  mollo 


350  V,  Scarpini 


comune:  ma  l'indole  dì  questa  prima  nota  mi  consiglia  di  riassumerne  qui  i 
dati  principali,  che  sono  i  seguenti:  fissazione  dei  pezzi  in  soluzione  di  bicro- 
mato potassico  al  4  0/^  o  in  liquido  di  Moller,  colorazione  con  ematossìlina, 
mordenzatura  (contemporanea  in  una  1*  modalità  o  in  seguito  nella  2*  e  nella  3*) 
ottenuta  con  sali  metallici  e  cioè,  rispettivamente,  cloruro  doppio  di  stagno 
e. ammonio,  acetato  neutro  di  rame,  o  percloruro  di  ferro.  Quindi  decolora- 
zione con  il  metodo  di  Pai  spinto  oltre  la  differenziazione.  Ora  appunto  le 
fibre  che  trovansi  all'inizio  della  degenerazione  primaria  o  secondaria  resi- 
stono all'azione  del  permanganato  potassico  e  dell'acido  ossalico,  fino  a  rimanere 
intensamente  colorate  in  mezzo  alle  fibre  sane  divenute  incolore.  Si  possono 
usare  pezzi  immersi  da  molto  tempo  nelle  soluzioni  cromiche,  come  pure 
enuti  in  queste  anche  per  un  solo  mese  in  termostato.  Si  ha  una  colorazione 
meno  intensa,  come  io  stesso  ho  constatato  ;  per  es.  in  questo  caso  con  la  2' 
modalità  le  fibre  lese  in  sezione  trasversale  restano  colorite  in  azzurro,  mentre 
appaiono  generalmente  come  zolle  nere  se  l'immersione  fu  prolungata.  Non 
per  questo  i  preparati  riescono  meno  evidenti. 

Ho  utilizzato  per  queste  prime  ricerche  alcuni  frammenti  del  materiale 
destinato  ad  altro  studio  e  riferisco  per  ora  soltanto  su  ciò  che  ho  potuto 
osservare  in  alcuni  preparati  riguardanti  tre  conigli  morti -per  urinemia  fra 
la  36'  e  la  48*  ora,  in  seguito  a  legatura  degli  ureteri.  Ho  applicato  i  primi 
due  procedimenti  di  Donaggio  ad  alcune  sezioni  di  midollo  cervicale,  bulbo, 
cervello  e  cervelletto  (*). 

Più  interessante  è  l'esame  delle  sezioni  del  midollo  spinale.  In  esse,  nelle 
prime  due  esperienze,  ho  potuto  riscontrare  un  discreto  numero  di  fibre  alte- 
rate disseminate  nei  cordoni  posteriori,  ma  più  numerose  in  vicinanza  della 
linea  mediana;  l'intensità  della  lesione  presenta  una  disposizione  presso  a  poco 
simmetrica.  Nel  3""  coniglio  notasi,  sempre  nella  regione  cervicale  del  midollo 
spinale,  un  certo  numero  di  fibre  lese  nella  periferia  del  cordone  antero-late- 
rale;  esse,  per  la  loro  localizzazione,  sembrano  risiedere  quasi  esclusivamente 
nella  zona  appartenente  ai  fasci  di  Flechsig  e  di  Gowers  e  nella  regione 
radicolare  anteriore.  Manca  quasi  affatto  in  queste  sezioni  la  lesione  del  cor- 
done posteriore  poc'anzi  descritta.  Le  fibre  lese,  a  differenza  di  ciò  che  notasi 
nei  preparati  riguardanti  le  prime  due  esperienze,  sono  in  questo  caso  note- 
volmente ingrossate  e  spesso  deformate  (fig.  1). 

Nel  bulbo,  in  sezioni  condotte  a  livello  della  parte  media  dell'olìvri,  non 
si  notano  fibre  alterate  sezionate  trasversalmente  altro  che  in  corrispondenza  del 
taglio  dei  corpi  restiformi,  ove  esistono  fibre  lese  relativamente  numerose  (fig.  2). 
Più  si  osserva  anche  la  lesione  di  alcune  fibre  arciformi.  Qui  torna  opportuno 
ricordare  un  fatto  su  cui  già  Donaggio  richiamò  nella  citata  memoria  l'at- 
tenzione degli  studiosi;  voglio  dire  del  diverso  comportamento  delle  fibre  in 
degenerazione  primaria,  secondo  che  esse  sono  sezionate  trasversalmente  o  lon- 


(•)  Questa  coiiiunicHzioiie  con  J  relativi  preparati  fu  presentata  alla  R.  Accademia  dei  Fisio- 
cri  tifi  in  Siena,  nella  i^eduta  del  24  giugno  u.  .«i. 


Le  lesioni  primarie  delle  fibre  nervose  nelV  urinenia,  eco,  351 

gitudinalnient(^.  Mentre  nelle  fibre  in  sezione  trasversale  la  resistenza  alla 
decolorazione  supera  notevolmente  qnella  delle  fibre  sane,  questa  differenza  è 
meno  spiccata  quando  la  fibra  è  colpita  dal  taglio  in  senso  longitudinale.  Però 
anche  in  questo  caso  possiamo  riconoscere  con  esattezza  le  fibre  anormali,  uti- 
lizzando alcuni  dati  morfologici  da  Donaggio  già  messi  in  rilievo.  Infatti 
nelle  fibre  normali  si  hanno,  lungo  il  loro  percorso,  piccoli  ingrossamenti  o  vari- 
cosila  come  in  tutte  le  fibre  mielinìche  sprovviste  di  guaina  di  Schwann;  ma 
è  ben  diverso  da  ciò  quanto  si  osserva  nelle  fibre  in  degenerazione  iniziale. 
Queste  infatti  si  possono  considerare  rappresentate  da  blocchi  fusiformi,  disposti 
in  serie,  riuniti  talora  da  un  esilissimo  filamento.  Con  questo  criterio  ho  in- 
terpretato le  lesioni  delle  fibre  arciformi  del  bulbo,  ove  soltanto  poche  presen- 
tano tali  caratteri.  Le  alterazioni  del  bulbo  sono  quasi  simili  nelle  tre  esperienze. 

Nelle  sezioni  del  cervello  e  del  cervelletto  non  ho  potuto  riconoscere 
resistenza  di  fatti  sicui^mente  morbosi. 

Mi  sono  servito,  come  ho  detto,  per  queste  ricerche,  delle  prime  due  fra 
le  tre  modalità  indicate  da  Donaggio.  La  1*  ci  rende  consapevoli  anche  dei 
più  minuti  particolari  sulla  costituzione  della  fibra  alterata  ;  la  2%  dandone  una 
colorazione  uniforme,  permette  di  isolarla  con  precisione  dagli  elementi  nor- 
mali. Ho  usato  per  la  maggioranza  delle  sezioni  la  modalità  2*^,  ma  in  alcune 
ho  applicato  anche  la  1*^  che  mi  ha  servito  di  controllo  alle  osservazioni  fatte 
con  quella,  e  mi  Fia  fatto  conoscei'e  le  più  svariate  immagini  microscopiche 
derivanti  dal  disfacimento  della  guaina  miclinica.  Così  infatti  la  sezione  tra- 
versale della  fibra  è  rappresentata  da  un  disco  a  contorno  spesso  irregolare 
colorito  in  rosso  violaceo;  nell'interno  di  esso,  con  un  tono  di  colore  ordinà- 
riamente più  cupo,  si  notano  granuli  minutissimi  raggruppati  qua  e  là  in  modo 
vario:  talora  sono  blocchi  più  o  meno  grossi,  o  strie,  talora  zone  più  pallide 
della  rimanente  sezione  della  fibra.  Insomma  si  hanno  tante  varietà,  che  si 
prestano  mala  ad  una  precisa  e  completa  descrizione,  ma  servono  a  confer- 
mare in  modo  sicuro  i  risultati  avuti  con  la  1^  modalità. 

Ho  creduto  bene  pubblicare  fin  d'ora  queste  prime  osservazioni,  perchè  per 
quanto  incomplete,  offrono  per  varie  ragioni  un  certo  interesse.  L'origine 
tossica  di  molte  lesioni  sistematiche  o  diffuse  nei  centri  nervosi  è  un  fatto  su 
cui  non  è  il  caso  d'insistere,  però  oggi  è  più  diffusa  la  nozione  dell'importanza 
patogenetica,  a  questo  riguardo,  di  intossicazioni  esogene  chimiche  o  micro- 
biche: così  Donaggio  (2)  dimostrò  per  primo  le  degenerazioni  sistematiche 
consecutive  all'intossicazione  difterica  sperimentale  e  all'avvelenamento  per 
nitrato  d'argento;  liberti  (3)  col  metodo  di  Donaggio  descrive  lesioni  dif- 
fuse nel  midollo  spinale  di  animali  tetanici,  Cevidalli  (4)  negli  avvelena- 
menti da  fosforo  e  stricnina.  Sereni  (5)  in  una  intossicazione  alimentare.  Meno 
noto  )ivv««e  è  il  rapporto  Iva  autointossicazione  e  degenerazioni  primarie;  infatti 
per  ora  si  conoscono  solo  le  osservazioni  di  Donaggio  e  Va  ssale  (6)  negli 
animali  sottoposti,  all'ablazione  delle  glandole  paratiroidee;  inoltre  Riva  (7) 
descrisse  lesioni  delle  fibre  nervose  riscontrate  col  metodo  Donaggio  in  varie 
contingenze  morbose,  fra  cui  l'inanizione,  ciò  che  può  pure  ritenersi  fattore 


352  V,  Scarpini  -  Le  lesioni  primarie  delle  fibre  nervose,  ere. 


di  prodotti  tossici  d'origine  organica.  Ora  dalle  mie  esperienze  è  nuovamente 
dimostrata  l'influenza  di  un'intossicazione  autoctona,  Turinemia,  per  l'origi- 
narsi di  una  degenerazione  primaria,  che  tende  a  rivestire  quasi  carattere  di 
lesione  sistematica. 

Degna  di  npta  nelle  lesioni  da  me  descritte  è  anche  la  singolare  simmetria 
nella  loro  distribuzione;  è  questo  un  fenomeno  costante  osservato  da  tutti  gli 
AA.  che  si  sono  occupati  di  questo  argomento  e  forse  ha  relazione  con  l'even- 
tuale produzione  di  degenerazioni  fascicolate.  Sembra,  per  ragioni  che  per  ora 
sfuggono  alla  nostra  investigazione,  che  determinati  gruppi  di  fibre  abbiano 
una  speciale  inferiorith  di  resistenza  di  fronte  a  determinati  agenti  tossici  e. 
anche  quando  le  lesioni  appaiono  diffuse,  questa  speciale  sensibilità  che  si 
riscontra  nelle  fibre  di  un  lato,  si  manifesta  identica  sulle  fibre  corrispondenti 
del  lato  opposto. 

Infine  un'altra  considerazione  deriva  da  questa  breve  nota:  essa  (limosini 
nuovamente  l'immensa  utilità  dell'introduzione  di  questo  metodo  nella  tecnin 
istologica,  se  pure  di  tale  dimostrazione  havvi  ancora  bisogno.  Istituirò  iu 
seguito  anche  ricerche  comparative  con  altri  processi,  ma  fin  d'ora  credo  poter 
sicuramente  affermare,  che  nessun  metodo  poteva  mettere  in  luce  le  lesioni 
che  ho  potuto  descrivere  con  quello  di  Donaggio,  e  che  la  sua  applicazione 
alle  ricerce  di  anatomia  patologica  porterà  un  contributo  notevole  alla  cono- 
scenza di  fatti  rimasti  fino  ad  oggi  ignorati  ;  giacche  dobbiamo  riconoscere  die 
molti  reperti  negativi  spesso  in  realtà  non  lo  sono,  ma  derivano  dall'insuffi- 
cienza degli  stessi  nostri  mezzi  d'indagine. 


Bibliofirrafla. 

(1)  DoKAooio.  Colorazione  positiva  delle  libre  nervoso  nella  fase  iniziale  della  degenerazione 
primaria  e  secondaria.  «  RivÌ8ta  sperimentale  di  Freniatria  »,  voi.  XXX,  fase.  1.  1904. 

(2)  Doi»A«oio.  Loco  citato  ;  «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  *,  1808  :  «  Rivista  speri- 
mentale di  Freniatria  >»,  voi.  XXIV,  1898. 

(3)  TiBKKTi.  Le  degenerazioni  primarie  delle  fibre  ner\'0{»e  del  midollo  nella  intossicazione 
tetanicii  sperimentale.  «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  »,  1906. 

(4)  Cevipalli.  Studf  clinici  e  sperimentali  sulla  intossicazione  da  fosforo.  «  Nuovo  Raccogli- 
tore medico  ».  1W)5. 

(5)  Skreni.  Alterazioni  istologiche  nel  midollo  spinale  causate  da  veleni  maidici.  «  Rivista 
sperimentale  di  Freniatria»,  voi.  XXXIII,  fase.  1,  1907. 

(6)  Va.ssale  e  I)osao«io.  «  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  1896. 

(7)  Riva.  Lesioni  primarie  delle  fibre  nervose  spinali  prodotte  da  varie  condizioni  sperimen- 
tali ed  esaminate  col  metodo  Donaggio  per  la  degenerazione.^*  Rivista  sperimentale  di  Frenia- 
tria», voi.  XXXIir,  fase,  l,  1JK)7. 


G,  Boschi  -  Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione,  ecc,         35»S 

Arcispedale  di  8.  Anna,  in  Ferrara 
(Dal  Lalioratorio  annesso  alla  Sezione  Medica,  diretta  dal  prof.  dott.  A.  M .  Luzzatto) 

Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi 

p6r  il  dottor  G-aetano  Boschi 


Non  sono  ancora  molto  nnmerose  le  ricerche  compinle  sui  centri  nervosi 
ili  embrioni  umani  nei  primi  stadi  del  loro  sviluppo,  per  quanto  non  man- 
chino certamente  alcune  ricerche  in  proposito,  riiteremo  fra  esse  le  classiche 
indagini  compiute  da  His  (1),  ed  anche  altre,  come,  p.  es.,  quelle  di  Colucci 
e  Piccinino  (2),  di  Lache  (3),  di  van  Biervliet  (4),  di  Smirnow  (5),  di 
Sibelius  (C),  di  Becbterew  (7)  e  di  qualche  altro.  Dobbiamo  però  dire  che 
queste  ricerche  non  sono  certo  molto  numerose,  che  si  riferiscono  natural- 
mente di  rado  ad  embrioni  dei  primi  mesi  di  vita  intrauterina,  che  solo  rara- 
mente si  può  ritenere  di  avere  a  che  fare  con  embrioni  normali,  mentre  assai 
più  spesso  è  liicile  dover  lavorare  su  feti  espulsi  per  fatti  paloìo^ri  e  sopra 
lutto  per  sifilide,  la  quale,  come  è  noto,  lede  con  una  certa  predilezione  i 
centri  nervosi.  Oltre  a  ciò,  buona  parte  di  queste  ricerche  è  stata  compiuta 
con  colorazioni  semplici,  non  con  quei  miscugli  di  sostanze  coloranti  i  quali 
|)erniettono  una  analisi  elettiva  delle  varie  parti  costituenti  la  cellula  nervosa. 
Si  aggiunga  che  oggi,  riguardo  alla  istogenesi  delle  cellule  gangliari,  le  opinioni 
sono  ancora  molto  varie  e  controverse.  Accennerò,  p.  es.,  al  dibattito  anche 
oggi  assai  vivo  tra  i  sostenitori  della  natura  unicellulare  e  i  partigiani  dell'ori- 
gine pluricellulare  della  cellula  nervosa.  Cosi  pure  siamo  molto  all'oscuro 
ancora,  ed  anzi,  si  può  dire,  all'inizio  delle  nostre  cognizioni,  per  quel  che 
riguarda  la  composizione  microchimica  del  nucleo  e  l'origine  dei  corpi  di  NissK 
se  cioè  essi  sieno  costituiti  da  cromalina  analoga  alla  nucleare  e  se  proven- 
gano 0  no  da  sostanze  elaborate  e  scerete  dal  nucleo. 

Per  tutte  queste  ragioni  non  mi  parve  inutile  studiare  un  feto  umano  ai 
primordi  del  suo  sviluppo.  L'indagine  mi  parve  in  un  certo  senso  tanto  più 
interessante,  in  quanto  il  feto  in  questione  non  era  stato  espulso  per  aborto,  ma 
proveniva  dal  cadavere  di  una  donna  ventottenne  morta  quasi  istantaneamente 
per  un  colpo  di  rivoltella  che  aveva  perforalo  il  polmone  destro;  il  cadavere 
non  presentava  veruna  lesione  oltre  a  quella  dipendente  dal  trauma;  e  l'au- 
topsia venne  eseguita  nella  stagione  fredda  trenta  ore  circa  dopo  la  morte. 

L'embrione .  era  lungo  quattro  centimetri  e  presentava  gli  organi  sessuali  non  an- 
tujra  bene  differenziati.  Ritengo  perciò  che  si  potesse  ammettere  che  Tetà  del  feto  si 
aggirasse  attorno  all'inizio  del  terzo  mese. 

Quanto  al  liquido  fissatore  da  scegliere,  ho  creduto  più  opportuno  valermi  di  un 
metodo  unico,  onde  potere  paragonare  fra  loro  i  risultati  ottenuti  nelle  varie  parti 
detrasse  cerebro-spinale.  Fra  i  vari  fissativi  ho  creduto  utile  adottare  l'alcool,  perchè 

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35 i    •  G.  Boschi 

questo  reattivo  è  quello  che  meglio  si  presta  allo  studio  delle  reazioni  microchimiche 
dei  tessuti,  in  quanto  che  esso  fissa  coagulando  semplicemente  Talbumina  senza  in- 
trodurre nella  molecola  albumìnoide  radicali  metallici,  come  fanno,  ad  es.,  il  subli- 
mato e  l'acido  osmico,  i  qijali  modificano,  spesso  sensibilmente,  le  proprietà  micro- 
chimiche degli  elementi.  D'altra  parte,  lo  studio  di  queste  proprietà  era  forse  il  lato 
più  interessante  della  ricerca  in  un  embrione  di  questa  età,  poi  che  sarebbe  stato  cer- 
tamente vano,  0  quasi,  uno  studio  delle  guaine  mieliniche  con  il  metodo  di  Weigert: 
e  la  dimostrazione  delle  neurofibrille  con  i  metodi  di  Cajal  e  di  Don  aggio  pre- 
sentava forse  meno  interesse  in  quest'  epoca  di  sviluppo  e  si  prestava  forse  meno  ad 
essere  soggetto  di  indagini  su  materiale  cadaverico. 

I -pezzi  furono  tolti  da  numerosi  tratti  di  tutto  Tasse  cerebro-spinale;  furono 
inclusi  in  parafBna  ;  se  ne  eseguirono  numerose  sezioni  di  spessore  variante  fra  i 
5  ed  i  10  micromillimetri.  La  colorazione  fu  eseguita  in  part«  con  la  triacida  di 
Ehrlich  per  le  granulazioni  neutrofile,  in  parte  con  il  metodo  di  van  Gieson: 
però  ho  adoperato  preferibilmente  e  sulla  massima  parte  delle  sezioni  la  pironina  e 
verde  di  metile  preparati  secondo  la  formula  di  Unna-Pappenheim,  metodo  di  colo- 
razione rapido  e  sicuro  che  permette  una  differenziazione  molto  netta  dei  vari  tipi 
di  cromatina  a  seconda  della  loro  maggiore  o  minore  basicità,  e  che  ha  dato  gin 
degli  eleganti  risultati  in  mano  di  altri  ricercatori  (Luzzatto(8),  Rossi) (9).  Espone* 
ora  partitamente  quanto  ho  potuto  vedere,  riservandomi  poi  di  trame  alcune  con- 
clusioni. 


Gangli  spinali.  —   Nei   gangli  spinali  le  capsule  endoteliali   sono   assai   più 
larghe  che  nell'adulto,   e  comprendono  non  una  sola,  ma  parecchie  cellule  nervose. 
Queste  si  trovano  negli  stadi  piti  svariati  di  sviluppo  ;  in  certi  gangli   predominano 
le  cellule  poco  sviluppate,  in  altri  quelle  più  evolute.  Nei  gangli  meno  sviluppati  si 
vede  qualche  raro  elemento  pressoché  privo  di  protoplasma;  però  nella    grandissima 
maggioranza  di   essi  il  nucleo  è  rivestito  da  uno  strato  più  o  meno   abbondante  di 
protoplasma  eritrofilo  omogeneo.  Esso  si  dispone  attorno  al  nucleo  in  modi  abbastanza 
svariati;  e   cioè,   ora   come  un  sottile   strato  circolare,  ora  (molto  più   spesso)  sotto 
forma  di  un  cappuccio  collocato  talvolta  ad  un  polo  solo,  tale  altra  ad   ambedue  i 
poli  del  nucleo.  L'apice  del  cappuccio  è  talvolta  ottuso,  tale  altra  appuntito  e  ter- 
minante con  un  prolungamento.  I  nuclei  di  queste  cellule  sono  tinti  in  verde,  però 
sensibilmente  più  pallidi  e  meno  ricchi  di  cromatina  che  non  le  cellule  endoteliali^ 
Non  si  vedono  in  questo  stadio  nuclei  racchiusi  da  una  stessa  massa  di  protoplasma i. 
ma  in  uno  stadio  un  po'  più  avanzato  il  protoplasma  si  fa  più  abbondante  ed  assum^^ 
per  lo  più  una  forma  triangolare  o  poligonale,  più  di  rado  rotondeggiante,  e  per  lo 
più  uniforme,  spesso  più  chiaro  che  nello  stadio  precedente.  Si  osserva  talvolta  qualch^^ 
forma  di  apparenza  sinciziale.  Il  nucleo  va  perdendo  sempre  più  la  cromatina  verde, 
e  negli  stadi  un   po'  più  avanzati  si  presenta  quasi  chiaro  con  piccoli  cumuli  verdi 
e  qualche  nucleolo  rosso.  Non  vi  è  sempre  però  un  parallelismo  assoluto  tra  lo  stato  dei 
nucleo  e  quello  del  protoplasma;  come  pure  in  qualche  elemento  si  può  vedere  che  il 
protoplasma  è  più  chiaro  al  centro,  più  carico  alla  periferia.  In  alcuni  gangli  prevale  h 
disposizione  rotondeggiante  del  protoplasma  in  stadi  relativamente  poco  avanzati;  in 
altri  invece  essa  si  mantiene  anche  in  cellule  molto  evolute.  In  queste  ultime  il  nu- 


tìirerc/ie  siti  centri  net-vosi  di  un  embrione  limano  di  due  mesi         355 


eleo  è  per  lo  più  eccentrico  e  rivolto  alla  estremità  opposta  a  quella  da  cui  esce  un 
prolungamento  lungo  e  sottile;  nel  protoplasma  dì  queste  cellule  si  va  già  manifestando 
una  differenziazione  in  granuli  che  in  certi  elementi  è  assai  piti  manifesta  alla  perir 
feria  che  non  al  centro,  mentre  in  altri  assume  un  aspetto  diffuso  come  di  granulazioni 
che  incrostassero  un  reticolo.  Nelle  radici  posteriori  di  qualcuno  dei  gangli  spinali  sì 
possono  vedere,  un  po'  al  di  fuori,  ma  sopratutto  dentro  il  canale  rachideo,  air  interno 
della  pia  madre,  cellule  nervose  assolutamente  analoghe  a  quelle  dei  gangli  spinali  nel 
massimo  della  loro  evoluzione. 

Nei  gangli  posti  piìi  in  alto,  e  più  precisamente  in  quelli  situati  a  livello  del 
bulbo,  la  differenziazione  è  un  po'  meno  avanzata,  nel  senso  che  sono  più  numerosi  i 
neuroblasti,  più  scarse  le  cellule  grandi  ad  abbondante  protoplasma. 

Midollo,  —  A  piccolo  ingrandimento  si  vede  come  si  sia  già  bene  sviluppata  la 
fessura  mediana  anteriore,  come  vi  sia  già  un  accenno  alla  formazione  del  solco  me- 
diano posteriore,  in  corrispondenza  del  quale  il  tessuto  si  fa  un  po'  più  ricco  di  cel- 
lule. Le  parti  periferiche  della  midolla  sono  omai  poverissime  di  elementi  cellulari 
e  costituite  da  un  tessuto  omogeneo  molto  povero  di  nuclei,  eccettochè  nei  due  an- 
goli postero- estemi,  ove  i  nuclei  corrispondenti  alle  future  coma  posteriori  arrivano 
fino  quasi  alla  periferia  della  midolla.  Il  canale  centrale,  non  sempre  ben  conservato 
nella  sua  forma,  si  presenta  però  sempre  assai  più  largo  che  nell'adulto  ed  è  talvolta 
irregolarmente  circolare,  talvolta  quadrangolare  con  due  lunghe  espansioni  laterali, 
talvolta  irregolarmente  triangolare.  A  piccolo  ingrandimento  si  riconosce  già  abba- 
stanza bene  la  differenziazione  tra  coma  anteriori  e  posteriori,  per  il  fatto  che  le 
anteriori  appaiono  molto  meno  ricche  di  elementi,  ma  con  cellule  più  rosse,  più 
grosse,  nelle  quali  si  può  già  riconoscere  un  accenno  alla  futura  disposizione  in 
gruppi.  Invece  le  cellule  delle  coma  posteriori  sono  molto  più  numerose,  più  piccole, 
tinte  in  azzurro.  Non  vi  si  riconosce  altra  tendenza  alla  differenziazione  e  disposi- 
zione in  gmppi,  che  quella  che  si  può  vedere  in  un  punto  situato  nella  regione  an- 
teriore del  comò  posteriore  (probabilmente  cellule  corrispondenti  alle  future  colonne 
di  Clarcke).  Le  cellule  che  rivestono  il  canale  centrale  sono  allungate,  fornite  di 
un  orlo  di  protoplasma  eritrofilo  e  di  un  sottile  prolungamento  periferico,  pure  eri- 
trofilo.  Non  vi  si  può  scorgere  traccia  di  ciglia  vibratili. 

In  certe  sezioni  di  midollo  spinale,  nelle  coma  posteriori  si  osservano  numerose 
cellule  fusate  a  nucleo  di  un  colore  verde  uniforme,  a  nucleolo  non  visibile,  rivestite 
sopratutto  verso  i  due  poli  da  protoplasma  eritrofilo  in  cui  si  nota  spesso  una  certa 
tendenza  alla  striatura  longitudinale  e  talvolta  anche  qualche  cumulo  di  granuli  più 
intensamente  colorabili  in  rosso.  Alcuni  di  questi  elementi  ,anzichè  f usati,  sono  trian- 
golari, pur  mantenendo  le  medesime  caratteri e^tiche  cromatiche.  Sono  assai  rari  e  non 
sicuramente  dimostrabili  gli  elementi  totalmente  sprovvisti  di  protoplasma.  Questi  ele- 
menti fusati  e  triangolari  sono  spesso  disposti  in  catene  longitudinali. 

Non  è  difficile  scorgere  dei  nuclei  molto  vicini  e  pressoché  uniti  tra  loro  ;  però 
riesce  assai  difficile  poter  affermare  con  sicurezza  che  si  tratti  di  forme  sinciziali, 
benché  vi  sia  qualche  rara  figura  che  potrebbe  prestarsi  a  tale  interpretazione.  Accanto 
a  questi  elementi  ve  ne  sono  altri  in  cui  il  nucleo  subisce  evidenti  metamorfosi.  Com- 
pare in  esso  un  nucleo  eritrofilo.  Il  nucleo  spesso  s'ingrandisce,  pur  rimanendo  uguale 
la  quantità  di  cromatina  in  esso  contenuta,  di  modo  che  esso  assume  un  colore  sen- 
sibilmente più  pallido  che  nelle  cellule  più  grandi;  con  il  successivo  diminuire  della 
cromatina,  va  diventando  addirittura  violaceo.  L'apposizione  di  sostanza  erìtrofila 
attorno  al  nucleo  precede  certamente  la  formazione  del  nucleolo,  perchè  non  è  raro 


356  G.  Boschi 


vedere  cellule  prive  di  nucleolo  e  già  fornite  di  protoplasma.  Nelle  cellule  un  po'  più 
grandi  si  osserva  quasi  sempre  la  differenziazione  di  due  o  tre  «olle  verdi  perinu- 
cleolari  (zolle  di  Levi).  In  alcune  cellule  queste  zolle  sono  distribuite  in  modo  più 
diffuso.  Anche  nelle  cellule  più  grandi  delle  corna  posteriori  non  si  riesce  a  scorgere 
con  sicurezza  resistenza  di  forme  sinciziali.  Però  si  nota  che  nei  punti  in  cui  tali 
cellule  sono  più  numerose,  esse  sono  fortemente  addossate  le  une  alle  altre,  però  sempre 
in  modo  da  poter  essere  sufficientemente  distinte.  In  queste  cellule  non  vi  è  sempre 
un  completo  parallelismo  tra  la  differenziazione  del  nucleo  e  T  apposizione  del  pro- 
toplasma, perchè  si  possono  vedere  gruppi  cellulari  con  protoplasma  abbondante  e  già 
tendente  alla  differenziazione  in  granuli,  e  col  nucleo  di  un  verde  chiaro,  ancora 
privo  di  nucleolo.  Le  cellule  più  sviluppate  si  trovano  nelle  coma  posteriori  in  un 
gruppo  situato  circa  alla  estremità  anteriore  del  corno,  separate  dalla  parete  postero- 
esterna  del  canale  centrale  per  mezzo  di  un  gruppo  di  cellule  a  nucleo  verde  e  scar- 
sissimo protoplasma.  Si  tratta  dunque  verosimilmente  di  cellule  che  formeranno  lo 
future  colonne  di  Clarcke.  Il  protoplasma  di  questi  elementi  è  abbastanza  svilup- 
pato; ve  ne  sono  invece  parecchi  con  il  nucleo  ancora  privo  di  nucleolo.  Attorno  alla 
parete  postero-esterna  del  canale  centrale  le  cellule  hanno  tutte  nucleo  verde  e  scar- 
sissimo protoplasma;  così  pure  nel  resto  del  corno  posteriore.  Però  entro  le  coma 
posteriori  si  vede  qua  e  là,  sopratutto  in*,  vicinanza  del  margine  posteriore  della  mi- 
dolla, ma  anche  nell'  interno  delle  corna  stesse,  qualche  elemento  molto  più  altamente 
differenziato  dei  circostanti.  Così  pure  se  ne  vede  qualcuno  di  analogo  molto  grand<>. 
ma  con  protoplasma  molto  pallido,  di  forma  triangolare  od  irregolarmente  poligonale, 
presso  il  margine  posteriore  della  midolla  (elementi  nevroglici  rigonfi  ?). 

Venendo  al  corno  laterale,  si  osserva  un  altro  piccolo  nucleo  di  cellule  di  forma 
triangolare  molto  addossate,  con  protoplasma  abbastanza  bene  sviluppato  e  nuclei» 
chiaro  privo  di  nucleolo,  situato  nella  regione  esterna  del  tratto  intermedio  fra  corno 
anteriore  e  posteriore,  e  corrispondenti  verosimilmente  al  così  detto  tractus  infer- 
medio-laterali  fi.  Anteriormente  al  canale  centrale,  presso  alla  commessura  anteriore, 
si  comincia  a  vedere  qualche  cellula  con  nucleo  abbastanza  bene  differenziato  e  tal- 
volta anche  con  protoplasma  discretamente  abbondante.  Cellule  analoghe  si  riscontrano 
in  tutta  la  zona  che  corrisponde  alla  base  del  corno  anteriore.  Anche  qui  non  è  pos- 
sibile scorgere  forme  sicuramente  sinciziali,  per  quanto  le  cellule  abbiano  una  spic- 
cata tendenza  a  disporsi  in  catene. 

Quanto  alle  corna  anteriori,  si  vede  che  in  certe  sezioni  del  midollo  è  più  dif- 
ferenziato il'gruppo  cellulare  antero-intemo,  in  altre  Tantero-estemo.  Queste  cellule 
hanno  per  la  massima  parte  il  nucleo  bene  differenziato  con  nucleolo  eritrofilo  e  pre- 
senza di  zolle  di  Levi,  hanno  forma  per  lo  più  poligonale;  in  qualche  punto  si  osser- 
vano delle  figure  le  quali  tenderebbero  a  dare  l'idea  di  forme  sinciziali  (due  a  tre 
nuclei  che  sembrano  compresi  in  un  unico  strato  di  protoplasma  nettamente  eritro- 
filo e  già  con  tendenza  alla  differenziazione  in  sostanza  fibrillare  e  granuli  croma- 
tici). Così  pure,  in  altre  sezioni  si  può  scorgere  l'esistenza  di  un'unica  sostanza  gra- 
nulo-fibrillare che  va  circondando  dei  nuclei  a  cromatina  violacea  e  con  nucleolo 
assente  o  appena  accennato.  Nelle  cellule  più  grandi  si  può  vedere  già  un  accenno  a 
spiccata  differenziazione  dei  corpi  di  Nissl,  spesso  alla  periferia  della  cellula.  In 
parecchi  elementi,  non  però  in  tutti,  il  nucleo  è  spiccatamente  eccentrico. 

In  alcuni  elementi  delle  corna  anteriori  si  può  riscontrare  la  fusione  di  due  o 
tre  grosse  cellule  a  protoplasma  bene  sviluppato  ed  a  nucleo  violaceo;  in  essi  si  può 
vedere  come  la  distinzione  tra  cellula  e  cellula  si  vada  formando  con  il  differenziarsi 


Ricerche  stii  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi         357 


dei  corpi  di  Nissl  alla  periferia.  In  altre  cellule  invece  la  distinzione  fra  elemento 
^•d  elemento  sembra  avere  luogo  durante  tutto  lo  sviluppo.  Qualche  fatto  di  fusione 
cellulare  si  può  osservare  anche  verso  la  base  del  corno  anteriore,  ove  si  vedono  due  nuclei 
allungati,  piccoli,  verdastri,  non  ancora  provvisti  di  nucleolo  e  riuniti  da  una  sostanza 
eritrofila  comune  ad  ambedue  le  cellule  e  che  si  appone  alle  estremità  polari  dei  due 
nuclei.  Non  è  però  frequente  il  poter  dare  la  dimostrazione  sicura  di  questi  fatti, 
mentre  sono  numerosissime  le  cellule  in  cui  la  apposizione  di  protoplasma  attorno  al 
nucleo  avviene  elemento  per  elemento  senza  tracce  di  fusione.  Sopratutto  nelle  corna 
anteriori  appare  assai  netta  la  distinzione  fra  le  cellule  di  glia,  piccole,  verdi,  prive 
di  protoplasma  eritrofilo  e  di  nucleolo,  da  un  lato,  e  le  cellule  nervose,  più  o  meno 
sviluppate,  dair altro. 

Bulbo,  —  Il  bulbo  presenta  già  dei  caratteri  macroscopici  molto  analoghi  a 
quelli  deir  adulto,  e  cioè  la  presenza  di  un  canale  midollare  allargato  a  triangolo 
.interiormente,  ristretto  e  allungato  posteriormente,  nelle  sue  sezioni  più  basse;  mentre 
più  in  alto  esso  si  è  già  aperto  per  dare  luogo  al  quarto  ventricolo.  A  piccolo  ingran- 
dimento si  vede  come  siano  già  individualizzate  parecchie  formazioni,  e  più  preci- 
samente le  seguenti  :  nelle  sezioni  più  basse,  lo  strato  periferico  di  nevroglia,  il  rafe 
mediano,  le  colonne  cellulari  corrispondenti  ai  nuclei  di  Goll  e  di  Burdach,  il 
nucleo  delle  fibre  arciformi,  i  nuclei  corrispondenti  alla  testa  del  corno  anteriore; 
nella  regione  delle  olive  si  nota  invece  la  presenza  di  cellule  corrispondenti  alla  fu- 
tura formazione  olivare,  ma  senza  individualizzazione  ben  definita,  e  sopratutto  senza 
la  loro  disposizione  caratteristica. 

Le  cellule  epéndimali  hanno  l'aspetto  che  abbiamo  già  descritto  nella  midolla, 
ed  anche  qui  sono  prive  di  ciglia  vibratili.  Nelle  olive  la  massima  part«  delle  cel- 
lule ha  forma  fusata,  nucleo  ovoide  azzurro  verdastro  senza  nucleolo  o  con  nucleolo 
appena  accennato;  esse  sono  provviste  di  un  protoplasma  eritrofilo,  sviluppato  solo  o 
4iua8i  ai  due  poli  della  cellula  e  provvisto  di  lunghi  e  sottili  prolungamenti  eritro- 
tili  per  lo  più  omogenei  e  manifestamente  tortuosi,  provvisti  di  qualche  rigonfiamento 
e  ohe  si  intrecciano  variamente  fra  loro.  E  notevole  nelle  olive  la  grande  uniformità 
di  sviluppo  dei  singoli  elementi  cellulari;  anche  qui  si  vedono  nuclei  strettamente 
addossati  Tuno  all'altro,  quasi  gemmanti  e,  apparentemente  almeno,  compresi  in  un 
unico  strato  di  protoplasma.  Le  cellule  nei  nuclei  di  Goll  e  di  Burdach  hanno 
press' a  poco  le  stesse  caratteristiche  già  notate  nelle  olive;  però  in  qualcuna  delle 
j^ezioni  più  alte  vi  si  nota  qualche  elemento  un  poco  più  differenziato  fino  ad  arri- 
vare, per  quanto  raramente,  al  tipo  delle  piccole  cellule  adulte;  lungo  la  scissura 
mediana  posteriore  si  notano  in  continuazione  del  canale  centrale  piccole  cellule  a 
nucleo  azzurro  violaceo  con  nucleolo  assente  o  appena  accennato  e  scarso  protoplasma 
eritrofilo.  Vi  si  nota  qualche  figura  sinciziale  e  qualche  rarissima  mitosi,  non  è  fa- 
cile decidere  se  in  cellule  nervose  o  in  cellule  di  nevroglia.  Ai  lati  del  canale  cen- 
trale si  notano  due  gruppi  cellulari  più  evoluti  e,  più  precisamente,  uno  ai  lati  del 
prolungamento  posteriore,  l'altro  un  po' più  avanti:  in  essi  il  protoplasma  è,  sopra- 
tutto in  alcune  cellule,  discretamente  abbondante  e  presenta  alcune  tracce  di  diffe- 
renziazione; il  nucleo  ha  già  i  caratteri  di  quello  della  cellula  adulta.  Si  nota  pure 
una  certa  differenziazione  delle  cellule  corrispondenti  alla  testa  del  corno  anteriore, 
ove  in  qualche  punto  si  notano  cellule  già  abbastanza  differenziate.  Nelle  sezioni  più 
alte  si  osserva  che  le  cellule  dei  nuclei  del  vago  accessorio  e  dell'  ipoglosso  sono 
ornai  bene  differenziate,  però  senza  formazione  di  corpi  di  Nissl.  Anche  qui  si  nota 
qualche  figura  che  potrebbe  forse  venire  interpretata  come  sinciziale. 


358  Ci.  Boschi 

Ponte,  —  Nella  maseima  parte  della  superficie  di  sezione  si  vedono  celiale  a 
nucleo  azzurro  privo  di  nucleolo  con  scarso  protoplasma  eritrofilo  fusiforme  raccolto 
ai  poli  dpi  la  cellula.  Però  qua  e  là  in  mezzo  a  queste  se  ne  vedono  altre  più  o  meno 
differenziate,  fino  a  che  per  qualcuna  si  arriva  al  grado  di  differenziazione  raggiunto 
dalle  cellule  delle  corna  anteriori.  Sono  piìi  rari  gli  aggruppamenti  ;  se  ne  vede  perù 
qualcuno,  e,  più  precisamente,  in  corrispondenza  del  nucleo  del  facciale,  e  qualche 
altro  piccolo  gruppo  sulla  faccia  anteriore  del  ponte.  Nella  parte  posteriore  si  osserva 
un  tratto  di  valvola  di  Vieussens  composta  unicamente  di  cellule  piccole,  nume- 
rose, rotonde,  a  nucleo  quasi  omogeneo  verde,  circondate  da  una  cappa  fornita  di 
prolungamenti  sottilissimi  costituita  da  protoplasma  eritrofilo. 

Cervelletto,  —  Non  si  nota  la  differenziazione  degli  strati  normali  della  cor- 
teccia cerebellare;  nella  superficie  esterna  si  nota  solo  un  cumulo  di  cellule  a  nucleo 
verde,  vescicolare,  privo  di  nucleolo,  con  scarsissimo  protoplasma  eritrofilo,  spes*^ 
tendenti  alla  forma  di  sincizi  e  che  ricordano  lontanamente  le  cellule  ependimali. 
Più  sotto  le  cellule  si  fanno  più  rare,  mentre  nello  spessore  della  sostanza  cerebel- 
lare, evidentemente  in  corrispondenza  dei  futuri  nuclei  grigi,  si  notano  dei  cumuli 
di  cellule  pure  di  aspetto  sinciziale,  attorno  ai  quali  va  differenziandosi  il  proto- 
plasma eritrofilo. 

Cervello.  —  Nel  cervello  si  osserva  press' a  poco  la  stessa  disposizione  già  no- 
tata nel  cervelletto;  soltanto  che  sono  più  abbondanti  le  cellule  a  nucleo  verde, 
quasi  prive  di  protoplasma.  Oltre  a  ciò  le  cellule  superficiali  hanno  conservato  molto 
di  più  il  carattere  di  cellule  ependimali.  Qui  pure  nello  spessore  della  sostanza  bianchi 
si  osservano  dei  cumuli  sinciziali,  analoghi  a  quelli  già  descritti  per  il  cervelletti» 
ma  con  cellule  anche  meno  differenziate. 


*  * 

lo  mi  credo  aulorizzato  a  disciilere  i  reperii  sopra  descritti  e  a  trarne 
alcune  conclusioni.  Infatti,  benché  si  tratti  di  un  solo  caso,  i  dati  da  me  os- 
servati mi  sembrano  in  vari  sensi  abbastanza  probativi,  e,  d'altra  parte,  per 
quel  che  riguarda  i  centri  nervosi,  anche  un  caso  soltanto  può  offrire  messe 
abbastanza  larga  di  fatti.  Come  è  ben  noto,  i  vari  segmenti  dell'asse  cerebro- 
spinale raggiun|,^ono  una  nuova  differenziazione  completa  ed  il  loro  definitivo 
sviluppo  entro  periodi  di  tempo  molto  diversi;  potendosi  dire  in  linea  gene- 
rale che  l'estremo  caudale  dei  centri  si  sviluppa  più  presto  dell'estremo  cefa- 
lico: di  modo  che  in  uno  stesso  embrione  noi  possiamo  riscontrare  gli  stadi 
più  diversi  di  sviluppo  della  cellula  nervosa;  il  che  permette  di  allargare  la 
portata  delle  conclusioni  riscontrate  su  di  un  solo  esemplare.  Cosi,  p.  es.,  ho 
potuto  vedere  nei  mio  caso  come  le  cellule  dei  gangli  spinali  avessero  già 
raggiunto  un  grado  abbastanza  cospicuo  di  sviluppo,  mentre  esso  era  mìnimo 
nelle  cellule  della  corteccia  cerebrale,  e  stadi  intermedi  si  riconlravano  nelle 
corna  anteriori  e  posteriori. 

Venendo  ora  a  particolari  più  minuti^  debbo  dire  anzitutto  come  nel  mio 
embrione  nessun  elemento  avesse  ancora  raggiunto  lo  stadio  di  sviluppo  defi- 
nitivo. Infatti  anche  nei  gangli   spinali,  ove  pure  la   differenziazione  era  più 


Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi         359 


avanzata,  gli  elementi  presentavamo  sempre  delle  dimensioni  molto  inferiori  a 
quelle  delle  cellule  adulte  e  nel  protoplasma  vi  era  appena  un  accenno  alla 
individualizzazione  dei  corpi  di  Nissl,  i  quali  si  presentavano  indistinti  sotto 
forma  di  granulazioni  male  individualizzate.  Cosi  pure  posso  dire  che  in  questo 
stadio  anche  la  disposizione  degli  elementi  nei  gangli  non  presentava  quella 
spiccala  regolarità  ch^  si  riscontra  nell'adulto,  perchè  in  molti  punti  non  una 
sola,  ma  più  cellule,  erano  racchiuse  da  una  sola  capsula  endoteliale.  Oltre  a 
ciò,  molti  elementi  erano  ancora  piccoli,  meno  differenziati  degli  altri.  Questo 
fatto  ci  può  dare  forse  una  spiegazione  delle  varietà  di  sviluppo  e  di  struttura 
(•he  sì  osservano  anche  nell'adulto  fra  elemento  ed  elemento,  e  che  mollo  pro- 
babilmente sono  la  conseguenza  della  ritardala  evoluzione  di  alcune  fra  queste 
cellule.  Lo  stesso,  a  più  forte  ragione,  può  dirsi  per  le  cellule  delie  corna  an- 
leriori.  Quanto  alle  corna  posteriori,  debbo  notare  come  esse,  anche  per  quel 
che  riguarda  la  forma  e  la  disposizione  di  elementi,  fossero  assai  meno  vicine 
al  tipo  dell'adulto  che  non  le  cellule  delle  corna  anteriori  ;  ma  come  gli  ele- 
menti cellulari  vi  fossero  assai  più  numerosi  ed  assai  meno  differenziati.  Debbo 
pure  far  osservare  come  ìììì\  bulbo  e  nel  ponte  la  differenziazione  e  io  sviluppo 
degli  elementi  nervosi  avessero  raggiunto  uno  stadio  press'a  poco  uguale  a 
quello  che  si  osservava  nella  midolla  spinale  e  come  anche  qui  gli  elementi 
corrispondenti  a  quelli  del  corno  anteriore  (nuclei  del  vago  accessorio  e  del- 
l'ipoglosso)  avessero  raggiunto  uno  sviluppo  superiore  a  quello  degli  elementi 
corrispondenti  al  corno  posteriore,  (p.  es.  i  gruppi  rispondenti  ai  nuclei  di  Goll 
e  di  Burdach).  È  pure  notevole  in  questo  stadio  la  scarsa  differenziazione 
dei  nuclei  olivari,  sia  come  disposizione  che  come  grado  di  evoluzione  degli  ele- 
menti cellulari.  Contrastava  poi  fortemente  con  questo  sviluppo  relativamente 
avanzato  della  midolla  e  del  bulbo  lo  stato  assolutamente  embrionale  della  cor- 
teccia cerebrale  e  cerebellare,  in  cui  quasi  lutti  gli  elementi  avevano  l'aspetto 
di  semplici  neuroblasti  con  nucleo  pochissimo  differenzialo  e  scarso  protoplasma 
perinucleare. 

Tra  i  molti  argomenti  ancora  soggetti  a  discussione  e  suscettibili  di  venire 
studiati  sui  centri  nervosi  di  un  embrione,  ho  creduto  opportuno,  per  l'età 
dell'embrione  stesso  e  per  il  modo  in  cui  era  sialo  fissato,  di  rivolgere  la  mia 
attenzione  sopratulto  a  due,  controversi;  e  cioè  all'origine  del  protoplasma  da 
elementi  o  da  sostanze  di  provenienza  nucleare,  ed  alla  genesi  uni  o  pluri- 
cellulare dell'elemento  nervoso  adulto. 

Quanto  alla  prima  questione  che,  come  vedremo,  si  riconnette  poi  in 
certo  senso  con  la  seconda,  ricorderemo  come  parecchie  ricerche,  sopratulto 
recenti,  tendano  a'  dimostrare  un  inlimo  rapporto  di  dipendenza  fra  le  modi- 
ficazioni che  il  nucleo  delle  cellule  somalocrome  subisce  durante  lo  sviluppo 
di  queste  e  la  formazione  dei  componenti  basofìli  del  protoplasma.  Questa  dot- 
trina riconosce  la  sua  base  nelle  ricerche  microchimiche  di  Scott  (10),  il 
quale  avrebbe  trovalo  che  la  sostanza  delle  zolle  di  Nissl  è  un  nucleoproleide, 
contiene  ferro  e  fosforo  organico  e  deriva  dalla  cromatina  nucleare.  Essa  infatti 
non  è  disciolta   ne  dalla   pepsina    cloridrica  né   dagli  alcali  e  dagli  acidi,  i 


3m  G.  lioschi 

quali  però  ne  soUrapjfono  il  ferro  alterandone  le  proprietà  cromatiche.  Anche  il 
nucleolo  contiene  ferro  e  fosforo,  ma  gli  alcali  estragjrono  da  esso  il  ferro  mollo 
più  lentamente  che  dai  granuli  di  Nissl.  Per  conseguenza  nella  cellula  nervosa 
vi  sarebbero  tre  sostanze  di  natura  nucleinica,  ma  differenti  tra  loro  per  alcum^ 
proprietà  microchimiche,  e  cioè  per  il  diverso  modo  di  comportarsi  rispetto 
agli  alcali  ed  agli  acidi,  e  per  la  maggiore  o  minore  facilità  di  liberarsi  dal 
ferro.  Secondo  PA.,  tutti  e  tre  questi  composti  nudeinici  (Priverebbero  dalla 
cromatina  mitotica  della  cellula  germinativa,  e  perciò  i  granuli  di  Nissl  sa- 
rebbero costituiti  da  cromatina  diffusa  dal  nucleo  nel  citoplasma.  Questi  fatti 
sarebbero  confermati  anche  dalla  circostanza  che  quegli  animali  le  cui  cellule 
nervose  sono  prive  di  questo  materiale  hanno  la  cromatina  nucleare  simile  a 
quella  esistente  nei  nuclei  cellulari  degli  altri  tessuti,  ciò  che  non  avviene 
per  le  altre  cellule  gangliari.  Tutti  i  risultati  ottenuti  finora  appoggiano  l'opi- 
nione che  i  composti  nucleinici  conlenenti  Fé  derivino  da  sostanze  preesi- 
stenti nella  cellula,  e  che  nelle  mitosi  tutta  la  sostanza  contenente  ferro  consista 
nella  cromatina  nucleare. 

Coli  in  (11)  non  crede  provata  invece  l'esistenza  di  un  legame  genetico 
fra  la  cromatina  nucleare  ed  i  corpi  di  Nissl.  Però  egli  ritiene  che  il  nucleo 
abbia  grande  importanza  nella  differenziazione  del  protoplasma  :  i  caratteri  ci- 
netici che  il  nucleo  dimOvStra  durante  la  differenziazione  delle  zolle  di  Nissl 
farebbero  ritenere  che  l'ipotesi  della  loro  origine  nucleare  debba  essere  presa 
in  molta  considerazione.  Cameron  (12)  crede  pure  che  la  sostanza  dapprima 
acromatica  che  circonda  il  nucleo  dei  neuroblasti  derivi  dal  nucleo  stesso,  il 
quale  darebbe  origine  a  buona  parte  della  cellula  nervosa.  Alla  stessa  opinione 
sottoscrive  anche  Shinkishi  Hatai  (13),  il  quale  avrebbe  visto  nelle  cellule 
dei  gangli  spinali  del  topo  bianco  la  formazione  di  processi  pseudopodici,  i 
(fuali  si  estendono  verso  il  protoplasma.  La  membrana  di  questi  pseudopodi  è 
perforala.  1  corpi  di  Nissl  deriverebbero  dalla  diffusione  della  nucleina  del 
nucleo  0  dalla  migrazione  di  nucleoli  accessori  entro  il  citoplasma.  1  mate- 
riali per  la  formazione  della  nucleina  sarebbero  assorbiti  dal  nucleo  per  mezzo 
dei  pseudopodi  ed  in  uno  stadio  fetale  più  avanzato,  come  nell'adulto,  la  nu- 
cleina si  troverebbe  nel  nucleo  in  islalo  di  dissoluzione,  come  è  dimostrato 
dalle  reazioni  del  ferro  e  del  fosforo.  Questa  nucleina  passerebbe  poi  nel  cito- 
plasma per  diffusione,  specialmente  dai  due  poli  del  nucleo  ovale. 

Invece  Olmer  (14)  esclude  che  la  sostanza  delle  zolle  di  Nissl  sia  di 
origine  nucleare,  poiché  quando  lo  sviluppo  del  nucleo  è  finito,  non  si  è  an- 
cora completato  quello  degli  elementi  cromofili. 

Secondo  van  Biervliet  (4),  le  zolle  cromofile  appaiono  nelPuomo  verso 
il  terzo  mese  di  vita  intrauterina;  però  la  cellula  anche  prima  non  sarebbe 
del  tutto  s|)rovvisla  di  sostanza  cromofila,  ma  ne  esisterebbe  una  certa  quan- 
tità non  raggrup|)ata  ma  disciolta  in  modo  da  dare  al  citoplasma  una  colora- 
zione omogenea. 

Volendo  ora  riassumere  quanto  risulta  dalle  mie  osservazioni  e  parago- 
narlo con  quanto  altri  hanno  osservato  ed  io  più  sopra  ho  cercalo  di  esporre, 


Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi         361 


dirò  anzitutto  che  i  dati  cromatici  da  me  osservati  giustificano  l'ipotesi  di 
Scott,  che  nella  cellula  nervosa  vi  siano  varie  speci  di  cromatina.  Difatti, 
come  ha  già  notato  da  parecchio  tempo  A.  M.  Luzzatto,  sia  con  la  colora- 
zione a  fresco,  sia  su  pezzi  lissati,  la  cromatina  del  nucleo  assume  con  il  me- 
todo di  Unna-Pappenheim  un  colore  violaceo,  mentre  solo  alcuni  granuli 
(zolle  di  Levi)  presentano  una  colorazione  verde  dimostrando  cosi  una  baso- 
tilia  assoluta.  Invece  il  nucleolo  ed  i  corpi  dì  N issi  si  colorano  in  rosso,  di- 
mostrando cosi  un  grado  mollo  meno  spiccato  di  basofilia.  È  invece  molto 
meno  facile  poter  ritenere  con  la  sicurezza  di  cui  sembrano  dotati  parecchi 
AA.,  che  la  cromatina  della  cellula  nervosa  derivi  dal  nucleo.  Infatti  io  ho 
potuto  vedere  che  fra  cromatina  del  nucleo  e  sostanza  dei  corpi  di  Nissl  vi 
devono  essere  sensibili  differenze  di  reazione  chimica,  poi  che  queste  forma- 
zioni si  colorano  in  modo  spiccatamente  diverso,  il  che  depone  già,  fino  ad  un 
certo  punto,  contro  T ipolesi  di  una  origine  comune.  In  secondo  luogo,  i  cam- 
biamenti microchimici  che  il  nucleo  subisce  durante  l'evoluzione  embrionale 
della  cellula,  non  sono  tali  da  giustificare  pienamente  lale  ipotesi.  Infatti  si 
comprenderebbe  facilmente  la  genesi  delle  zolle  di  Nissl  dalla  cromatina  del 
nucleo  se,  diminuendo  la  basofilia  assoluta  della  sostanza  nucleare  per  dar 
posto  ad  una  basofilia  relativa,  aumentasse  invece  la  basofilia  assoluta  delle 
parti  costituenti  il  protoplasma.  Noi  dovremmo  p.  es.  vedere  in  tale  caso  che 
con  il  diminuire  e  lo  sparire  della  colorazione  verde  del  nucleo  questa  appa- 
risse invece  nella  sostanza  basofila  del  protoplasma.  Invece  ciò  non  succede; 
anzi  i  corpi  di  Nissl  hanno  una  basofilia  sensibilmente  minore  di  quella  degli 
elementi  nucleari.  Devo  aggiungere  poi  che  in  nessun  momento  ho  potuto  ve- 
dere nessun  fatto  che  giustificasse  V  idea  di  un  passaggio  della  sostanza  cro- 
matica dal  nucleo  nel  protoplasma.  Debbo  però  riconoscere  come  nessuno  di 
questi  argomenti  possa  dirsi  realmente  perentorio  contro  la  dottrina  della  ori- 
gine nucleare  del  protoplasma.  E  invero  potrebbe  darsi  benissimo  che  la  cro- 
matina del  protoplasma,  pure  presentando  caratteri  di  colorabilità  diversi  da 
quelli  originari,  non  fosse  altro  che  una  semplice  e  leggera  trasformazione 
della  cromatina  nucleare.  A  questa  possibilità,  sostenuta  anche  con  argomenti 
microchimici  da  Scott  e  da  Shinkishi  Hatai  ncvn  potrei  opporre  argomenti 
assolutamente  decisivi  ;  debbo  però  far  notare  i  fatti  seguenti,  che  ho  notato 
ri|>etutamente  e  sicuramente,  e  che  mi  paiono  in  forte  e  completa  opposizione 
a  tale  ipotesi.  Ho  osservato,  p.  es.,  che  nelle  cellule  più  sviluppale,  come 
quelle  dei  gangli  spinali  e  quelle  delle  corna  anteriori,  il  nucleo  aveva  già 
assunto  l'aspetto  caratteristico  delle  cellule  adulte  (nucleolo  rosso,  una  o  due 
zolle  verdi  perinucleolari  spesso  appena  distinguibili,* cromatina  nucleare  di  un 
violaceo  tendente  al  rosso),  mentre  il  protoplasma  era  molto  meno  abbondante 
rbe  non  nelle  cellule  adulte,  e  i  corpi  di  Nissl  cominciavano  appena,  e  non 
>iempre,  a  differenziarsi  verso  la  periferia.  K  dunque  evidente  che  tale  incoor- 
«linazione  di  sviluppo  tra  nucleo  e  protoplasma  depone  fortemente  contro  la 
dottrina  che  quest'ultimo  sia  un  prodotto  deiratlività  cinetica  del  nucleo  stesso. 
In  secondo  luogo  debbo  nolan*  come  la  differenziazione  delle  zcdle  cromatiche 


362  G.  Boschi 

non  avvenga  già,  per  quanto  almeno  io  ho  potuto  vedere,  per  l'apposizione  di 
queste  zolle  bell'e  formate  attorno  al  nucleo  del  neuroblasta,  ma  rome  invece 
esse  vadano  difì'erenziandosi  per  l'addensa  mento  circoscritto  di  un  protoplasma 
che  ora  appare  omogeneo  ora  sembra  incrostare  una  specie  di  reticolo.  Anche 
questa  omogeneità  iniziale  del  protoplasma  non  mi  sembra  troppo  in  armonia 
con  l'ipotesi  della  uscita  di  elementi  cromatinici  dal  nucleo  nel  protoplasma, 
ove,  se  tale  t'osse  la  loro  origine,  essi  dovrebbero  apparire  verosimilmente  già 
dìfTerenziati,  non  sotto  forma  di  masse  omogenee.  E  non  credo  nemmeno  inop- 
portuno di  aggiungere  che  non  vi  è  assolutamente  proporzione  fra  la  quantità 
di  cromatina  che  può  essere  contenuta  nel  nucleo  e  quella  che  si  trova  nel 
protoplasma,  specialmente  in  quello  delle  grandi  cellule  somatocrome;  in  queste 
ultime  converrebbe  supporre  che  il  nucleo  elaborasse  sempre  materiali  nuovi 
per  riversarli  poi  nel  protoplasma.  Questo  fatto  non  è  certo  inverosimile  a 
priori.  Debbo  però  dire  che  non  vi  è  alcun  fatto  il  quale  sia  in  c^so  di  dimo- 
strarci l'esistenza  di  un  processo  cosi  complicato.  Debbo  anzi  dire  che  l'aspetto 
del  nucleo  non  muta  affatto  quando  esso  abbia  raggiunto  un  certo  grado  di 
difl'erenziazione,  malgrado  che  il  protoplasma  si  ingrandisca  e  subisca  quelle 
metamorfosi  che  fanno  assumere  all'elemento  il  tipo  di  cellula  adulta:  solo 
Shinkishi  Hatai  avrebbe  visto  la  presenza  di  pseudopodi  nucleari  incaricati 
appunto  di  favorire  tale  elaborazione  della  sostanza  nucleare;  io  posso  diredi 
non  aver  visto  nulla  di  analogo,  né  di  aver  riscontrato  nella  letteratura  rela- 
tivamente vasta  che  possediamo  di  questo  argomento,  nulla  di  analogo  o  che 
possa  venire  interpretato  in  questo  senso.  D'altra  parte  ho  osservato  abbastanza 
spesso  che  vi  erano  cellule  il  cui  nucleo  completamente  verde  e  privo  di  nu- 
cleolo (ossia  completamente  analogo  a  quello  dei  neuroblasti)  era  ornai  cir- 
condato da  quantità  abbastanza  notevoli  di  protoplasma  eritrofilo  intensamente 
colorato,  il  che  depone  pure  contro  l'ipotesi  che  la  formazione  del  protopla- 
sma sia  l'espressione  di  una  attività  cinetica  del  nucleo.  In  queste  osservazioni 
io  sono  perfettamente  d'accordo  con  Golucci  e  Piccinino  e  con  Besla  (io), 
i  quali  hanno  pure  veduto  i  neuroblasti  circondati  da  una  zona  sottile  di  pro- 
toplasma. Sfortunatamente,  a  questi  dati  negativi,  sfavorevoli  alla  dottrina  che 
fa  derivare  il  protoplasma  da  una  attività  secretoria  del  nucleo,  non  posso 
aggiungere  alcuna  nozione  positiva  riguardo  alla  origine  del  protoplasma  delle 
cellule  nervose.  Posso  dire  soltanto  che  dallo  studio  dei  miei  preparati  avrei 
riportato  l'impressione  che  essa  avvenga  per  una  apposizione  di  materiale  dai 
tessuti  circostanti  attorno  alla  periferia  del  nucleo  stesso.  Solo  uno  studio 
comparativo  eseguito  in  serie  su  embrioni  della  medesima  età,  colorando  in 
alcuni  la  sostanza  cromatica,  in  altri,  con  i  metodi  più  moderni,  il  reticolo 
fibrillare,  potrà  mollo  probabilmente  recare  un  po'  di  luce  su  tale  questione 
tanto  importante  quanto  complessa. 

Si  sa  che  recentemente  parecchi  AA.  hanno  voluto  far  derivare  la  cro- 
matina del  protoplasma  della  cellula  nervosa,  non,  come  i  precedenti,  da  tra- 
sformazioni particolari  delia  cromatina  nucleare  della  cellula  stessa,  ma  bensi 
dalla   trasformazione  del   nucleo  di  altre  cellule  nervose  che  nel  corso  delio 


Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi         363 


sviluppo  sì  addosserebbero  fortemente  a  quella  fornita  dal  nucleo  principale 
formando  con  essa  una  specie  di  sincìzio;  per  tale  processo  il  nucleo  della 
cellula  principale  formerebbe  in  seguito  il  nucleo  della  cellula  gangliare  defi- 
nitiva, mentre  ì  nuclei  delle  cellule  gangliari  costituenti  il  sincìzio  darebbero 
luogo  ai  corpi  di  Nissl  e,  secondo  recentissime  ricerche  di  Fragnito  (16) 
nella  midolla  e  nei  gangli  del  pollo,  anche  alla  sostanza  fibrillare.  Questa 
teorìa  è  stata  sostenuta  con  buona  copia  di  argomenti  sopra  tutto  da  due  A  A. 
napoletani,  il  Fragnito  ed  il  Capobianco  (47).  Essi  ritengono  cioè,  che  la 
cellula  nervosa,  al  pari  della  fibra  nervosa,  abbia  una  origine  pluricellulare 
anziché  unicellulare,  constatazione  la  quale  non  mancherebbe  certamente  di 
interesse  anche  da  un  punto  di  vista  dottrinale,  in  quanto  che  essa  conti^sta 
fino  ad  un  certo  punto,  con  la  dottrina  unitaria  del  neurone;  tanto  più  che  in 
base  ad  essa  gli  AA.  ammettono  la  esistenza  di  connessioni  delle  cellule  ner- 
vose tra  loro.  Gli  AA.  fondano  questa  loro  teoria  sopratutto  sulla  dimostra- 
zione di  sincizi  cellulari,  sincizi  i  quali  avverrebbero  tanto  per  quel  che  riguarda 
i  semplici  neuroblastì,  quanto  in  cellule  già  evolute  e  abbastanza  fornite  dì 
protoplasma.  Cosi,  p.  es.,  in  recenti  ricerche  il  Capobianco  (i8)  ha  potuto 
vedere  nei  gangli  spinali  di  gatto  e  di  uomo  la  fusione  dei  neuroblastì  e,  in  uno 
stadio  successivo,  la  colorazione  sempre  più  pallida  dei  nuclei;  più  tardi  il 
nucleo  si  fa  quasi  evanescente,  finché  non  ne  rimane  più  traccia.  In  taluni  casi 
rimane  solo  un  lembo  della  membrana  nucleare;  in  altri,  residui  di  fili  cro- 
matici orientati  attorno  ad  un  avanzo  del  nucleolo  anch'esso  sempre  più  pal- 
lido; in  altri  ancora,  pochi  granuli  nello  spazio  chiaro  limitato  dalla  membrana 
nucleare.  L'A.  avrebbe  pure  constatato  con  metodi  di  conteggio  degli  elo- 
menti dei  gangli  che  il  numero  degli  elementi  che  sì  sviluppano  nei  gangli 
spinali  è  sensibilmente  inferiore  a  quello  dei  neuroblastì  che  sì  hanno  in  stadi 
anteriori  di  sviluppo. 

Secondo  Colucci  e  Piccinino  i  quali  hanno  studiato  la  midolla  dì  un 
embrione  umano  dì  cinque  mesi,  lo  sviluppo  dei  neuroblastì  ha  luogo  in  due 
modi,  e  cioè:  talvolta  la  sostanza  protoplasmatica  che  circonda  il  neuroblasta 
ne  completa  la  figura  cellulare,  tale  altra  invece,  in  luogo  dì  includere  un 
solo  neuroblasta,  la  medesima  sostanza  ne  include  due  o  più,  ed  allora  la  figura 
cellulare  sì  completa  dopo  una  serie  più  lunga  di  fasi:  si  ha  cioè  una  con- 
crezione dì  sostanza  protoplasmatica  attorno  a  due  o  più  neuroblastì,  con  sepa- 
razione successiva  di  tanti  elementi  cellulari  quanti  sono  i  neuroblastì  inclusi  ; 
gli  AA.  hanno  osservalo  fino  a  quattro  elementi  in  una  stessa  massa  dì  pro- 
toplasma ;  quando  questa  dimostra  traccìe  dì  organizzazione,  essa  apparisce  in 
grado  differente  attorno  a  ciascun  neuroblasta  dì  uno  slesso  aggregato,  e  la 
sostanza  cromatica  nel  suo  sviluppo  segna  i  limiti  fra  ì  diversi  elementi  ili 
una  slessa  concrezione  cellulare.  Più  tardi  fra  due  o  più  neuroblastì  di  uno 
stesso  aggregato  si  trovano  delle  striscie  più  o  meno  complete  di  sostanza  cro- 
matica, le  quali  sì  continuano  con  quelle  della  periferia.  Lungo  le  linee  cro- 
matiche si  vedono  poi  disegnale  delle  insenature  più  o  meno  profonde,  fino  ad 
aversi   la   separazione   degli   elementi.   Qua  e  là  si  vedono  elementi  uniti  da 


364  G.  ììoschi 

i 
ponti  di  soslanzu  protopiasniatica  nei  quali  si  sorprende  con  facilità  una  strut- 
tura finamente  fibrillare.  Invece  altri  AA.,  come  Bombicci  (19)  e  Besta, 
non  hanno  potuto  constatare  nessun  fatto  favorevole  né  all'origine  pluricellu- 
lare, ne  alla  origine  sinciziale  delle  cellule  nervose,  quantunque  il  primo  abbia 
potuto  vedere  nei  primi  stadi  di  sviluppo  la  formazione  di  catene  cellulari 
che  si  propagano  fin  dentro  le  radici;  egli  però  in  queste  catene  costituite 
solo  da  neuroblasti  non  ha  potuto  vedere  fenomeni  di  fusione  degli  elementi, 
già  che  tutti  i  neuroblasti  erano  circondati  da  uno  strato  sottile  di  protoplasma. 
Per  cui,  riassumendo,  alcuni  AA.,  come,  p.  es.,  quelli  già  citati,  e,  fino  ad  un 
certo  punto,  il  Bethe(20),  ammettono  che  ogni  cellula  nenosa  derivi  dal 
fondersi  di  più  neuroblasti  con  trasformazione  di  alcuni  dei  nuclei  in  proto- 
plasma cellulare,  altri,  come  Colucci  e  Piccinino,  ammettono  l'esistenza  di 
fatti  sinciziali,  però  con  la  conservazione  della  individualità  cellulare  di  cia- 
scun nucleo  con  il  suo  contorno  protoplasmatico;  altri  infine  (Besta,  Bom- 
bicci e  qualche  altro)  non  ammettono  nemmeno  la  formazione  di  sincizi. 
Nelle  ricerche  da  me  eseguite  ho  potuto  vedere  anch'io,  sopratutto  nei 
punti  in  cui  la  difl'erenziazione  degli  elementi  era  meno  progredita  ed  in  cui 
si  notavano  sólo  cumuli  di  neuroblasti,  delle  catene  cellulari  analoghe  a  quello 
descritte  da  Besta  nell'embrione  di  pollo,  da  Stefanowska  (2i)  nella  cor- 
teccia cerebrale  del  topo  neonato.  In  questi  punti  gli  elementi  erano  molto 
strettamente  addossali  gli  uni  agli  altri,  ed  in  certi  punti  potevano  sembrare 
come  racchiusi  in  una  specie  di  sincizio  formato  da  un  protoplasma  eritrofìlo 
circondante  i  nuclei  dei  neuroblasti;  però,  come  ho  potuto  osservare  al  pari 
di  altri  AA.  che  tutti  i  nuclei  erano  circondati  da  un  alone  di  protoplasma 
eritrofilo,  cosi  non  ho  nemmeno  mai  potuto  persuadermi  con  assoluta  sicurezza 
che  vi  fosse  vera  fusione  fra  il  protoplasma  che  circondava  i  vari  nuclei.  Debl)o 
anzi  dire  che  anche  quando  i  limiti  proloplasmalici  fra  cellula  e  cellula  non 
erano  bene  segnati,  non  ho  mai  potuto  sottrarmi  alla  impressione  che  ciò 
apparisse,  non  per  una  reale  fusione  tra  gli  elementi,  ma  piuttosto  per  un 
effetto  ottico  doviito,  sia  allo  spessore  delle  sezioni,  sia  a  parte  del  protoplasma 
di  altri  neuroblasti  il  cui  nucleo  non  era  compreso  nella  sezione  stessa.  Assai 
più  spesso  invece  ho  potuto  sicuramente  dimostrare  la  indipendenza  assoluta 
di  un  buon  numero  tra  questi  elementi.  Per  quel  che  riguarda  le  cellule  soma- 
tocrome,  e  cioè  tanto  quelle  delle  corna  anteriori,  quanto  quelle  dei  gangli 
spinali,  debbo  dire  che  di  gran  lunga  la  massima  parte  di  esse  si  presentava 
assai  bene  individualizzata  anche  là  dove  vi  erano  intimi  rapporti  di  raggrup- 
pamento e  di  vicinanza  tra  cellula  e  cellula.  Però  qualche  volta  ho  potuta 
vedere  due  cellule  dei  gangli  intervertebrali  col  protoplasma  intieramente  e, 
a  quanto  mi  parve,  indubbiamente  fuso,  di  modo  che  i  due  nuclei  erano  cir- 
ccuulati  da  una  massa  unica  di  citoplasma  con  corpi  di  Nissl  non  ancora  bene 
differenziati.  Cosi  pure  ho  visto  qualche  rara  cellula  media  delle  corna  ante- 
riori riunita  ad  un  elemento  omologo  per  mezzo  di  un  ponte  protoplasmatico 
non  troppi)  sottile  costituito  di  sostanza  eritrofila.  Questi  ultimi  fatti  mi  appar- 
vero non  dubbi:  debbo  p^M'ò  dire  che  non  ho  potuto,  per  ragioni  indipendenti 


Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi         365 

dalla  mia  volonth,  seguirli  complelaiiienle  sopra  sezioni  in  serie,  e  debbo  anche 
(lire  come  essi  mi  siano  apparsi  fenomeni  eccezionali  che  ho  potuto  vedere  con 
sicurezza  solo  due  o  tre  volle  sopra  una  lunga  serie  di  preparati.  Invece  posso 
affermare  con  sicurezza  di  non  avere  mai  visto  alcun  fatto  il  quale  assomi- 
gliasse, anche  lontanamente,  ad  una  scomparsa  graduale  di  nuclei  secondari 
nei  rarissimi  sincizi  da  me  osservati  e  di  cui  poc'anzi  ho  parlato.  Ambedue  i 
nuclei  si  presentavano  di  aspetto  assolutamente  identico  e  perfettamente  ana- 
loghi a  quelli  che  si  osservano  nelle  cellule  nervose  già  differenziale,  tanto 
meno  ho  potuto  notare  accenni  alla  trasformazione  del  nucleo  in  zolle  di 
Nissl.  E  a  questo  proposilo  mi  sia  lecito  emettere  il  dubbio,  se  la  diminu- 
zione di  cromatina  notata  da  Fragnito  e  Capobianco  nei  nuclei  cosi  detti 
accessori  e  transitori  dei  loro  sincizi  non  fosse  altro  se  non  T espressione  di 
quel  fenomeno  fisiologico  per  cui  la  cromatina  fortemente  basotila  va  grada- 
tamente sparendo  con  l'evolvere  del  neuroblasta  in  cellula  nervosa. 

Non  ho  neppure  mai  osservato  quei  fenomeni  di  riproduzione  amitotica 
del  nucleo  che  Giaccio  (22)  avrebbe  visto  nella  corteccia  cerebrale  del  topo  e 
nel  simpatico  dei  mammiferi  e  che  egli  mette  pure  in  rapporto  con  la  for- 
mazione dei  corpi  d»  Nissl,  i  quali  derivererebbero  dalla  involuzione  dei  nu- 
clei secondari. 

Come  si  vede  da  quanto  ho  esposto,  la  questione  della  origine  del  pro- 
toplasma della  cellula  nervosa  è  tult' altro  che  facile,  in  quanto  che  le  ipotesi 
oggi  più  discusse,  e  cioè  quella  della  origine  dal  nucleo  della  cellula  stessa  e 
quella  della  derivazione  sinciziale  non  hanno  ne  l'una  nò  l'altra  per  se  né 
tal  numero  né  tale  evidenza  di  fatti  probativi  da  poter  venire  accettate.  Reste- 
rebbe solo  l'ipotesi  che  l'apposizione  del  protoplasma  attorno  al  nucleo  del 
neuroblasta  avvenisse  per  deposizione  di  una  sostanza  proveniente  dal  tessuto 
circostante.  Dirò  per  altro  che,  se  nei  miei  reperti  non  ho  trovato  nulla  che 
contraddicesse  questo  modo  di  vedere,  non  ho  nemmeno  constatato  alcun  fatto 
che  fosse  in  caso  di  dimostrarlo  con  sicurezza,  per  cui  mi  limito  ad  enunciare 
anche  questa  supposizione,  riservandomi  forse  di  controllarla  in  avvenire  su 
più  largo  materiale  e  con  metodi  più  sottili  di  indagine. 

Ringrazio  vivamente  il  Prof.  A.  M.  Luzzatto,  per  cui  consiglio  e  sotto 
la  cui  direzione  ho  eseguito  le  presenti  ricerche. 

Bibliofirrafia. 

(1)  H  i8  citato  da  llertwig.  «  Haiidb.  d.  Entwicklungpilehre  »,  Iena,  IWXJ. 

(2)  CoLccci  e  PicciHiMO.  «t  Annali  di  Nevrologia  »,  1900,  pag.  81. 

(3)  Lache.  8ur  le  nucléole  de  la  cellule  nerveuse.  «<  Jounial  do  Névrologìe  »,  1W)5,  n.  2-i. 

(4)  Vak  Bikktlist.  La  subntance  chromopliiie  pendant  le  coure  dii  dèveloppenient  de  la  cel- 
lule nerveuse  (chromolyse  physiologique  et  chromolysc  ex  péri  mentale).  «  Journal  de  Névrologie  », 
1900,  n.  1. 

(5)  Hmirsow.  Einige  Beobachtungen  iiber  den  Kern  d.  Spinalganglienzellen  bei  einem  4  nionat. 
menschlichen  Embryo.  «  Arch.  fiir  Mikrosk.  Anat.  »,  Bd.  59,  190*2,  8.  459. 

(6)  SiBBLiiTR.  Zur  Kenntniss  d.  EntwiklungsHtoningen  d.  SpinalganglienzcUen  bei  hereditar 
laetischen,  missbildeten  oder  an^cheincnd  nonnalen  Neugeborenen.  «  Zeitsch.  fiir  Nerveuheilk  »•, 
Bd.  20,  H.  MI,  1901. 


36()  G,  Boschi  -  Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un'  embrione,  ecc. 

(7)  BxcHTSBKw.  Ueber  die  Entwickelung  d.  Zellenelemente  in  d.  On>8shirnrinde  d.  Meiucheji. 
«  Neurol.  Centralbl.  »,  1899,  N.  17. 

(8)  A.  M.  LuziATTo.  8uirc8Ì8teiiza  e  lo  sviluppo  di  una  sostanza  cianoflla  e  di  una  sostanza 
o.ritrofila  nella  callula  nervosa.  «  Lo  Sperimentale  »,  1903,  fase.  6. 

(9)  O.  RoMi.  L'arteriosclerosi  del  sistema  nervoso  centrale.  Pavia,  1906. 

(10)  Scott.  The  Htnicture,  Micro-Chemistry  and  Development  of  Nerve  Oells,  with  specisl 
Referenco  to  the  sNuclein  Compounds.  «  Trans.  Oanadian  Institute  »,  voi.  VI,  pagi?.  40&-438. 

(U)  OoLLix.  Évohition  du  nuclèolo  dans  les  neuroblastes  de  la  moelle  épiniére  ches  renìbnron 
du  poulet.  «  Vili  CQngrrès  de  rAssociation  des  aoatomist«8  »,  Bordeaux,  1906.  —  Recherches  c}i^o- 
logiques  sur  le  dèveloppcment  de  la  cellule  ner\'euse.  «  Le  Xévraxe  »,  voi.  Vili,  fase.  1-2. 

(12)  Camxkon.  The  development  of  the  vertebrate  nerve  celi.:  acytological  studj  of  theneu- 
roblast-nucleus.  «  Brain  »,  1906,  pag.  332. 

(13)  Shihkisbi  Hatai.  A  note  the  signlflcance  of  the  form  and  contents  of  the  uucleus  in  thf' 
fipinal  ganglion  cells  of  the  foetal  rat.  «The  Journal  of  comparative  neurology  and  psj-cology  »,  1904, 
pag.  27. 

(14)  Olmsk.  Quèlques  points  concemants  rhistogénèse  de  la  cellule  nerveuse.  «  C.  rend.  de 
la  Soc.  de  Biol.  »,  1899,  n.  34.  —  Sur  rhistogénèse  des  cellules  de  Purkinje  du  cervelet  chez  le 
mouton,  le  chat  et  le  cobaye.  «  C.  rend.  de  la  Soc.  de  Biol.  »,  1900,  I. 

(15)  B»TA.  Ricerche  intorno  alla  genesi  ed  al  modo  di  formazione  della  cellula  ner>'osa  nel 
midollo  spinale  e  nella  protuberanaa  del  pollo.  «  Riv.  sperim.  di  Fren.  »,  voi.  XXX,  pa^.  96, 1904. 

(16)  Fbaokito.  La  cellula  nervosa  rappremnta  un'unità  embriologica?  «Ann.  di  Nevrol. », 
fase.  3,  1899.  —  Lo  sviluppo  della  cellula  nervosa  nel  midollo  spinale  di  pollo.  «  Ann.  di  Nevrol.  ». 
fase.  3,  1902. 

(17)  Capobiaxoo  e  Fbaokito.  La  genesi  ed  1  rapporti  mutui  degli  elementi  ner\-osi,  ecc.  «  Ann. 
di  Nevrol.  »,  fase.  2-3,  1899. 

(18)  Capobiavoo.  Della  prima  genesi  delle  cellule  nervoso  della  midolla  e  del  gangli  spinali. 
«  Ann.  di  Nevrol.  »,  fase.  4,  1900.  —  Ulteriori  rioerobe  sulla  genesi  delle  cellule  ucr\'ose.  «  Ann. 
di  Nevrol.  »,  1906.  pag.  60. 

(19)  BoMBicci.  Sui  caratteri  morfologici  della  cellula  nervosa  durante  lo  sviluppo.  «  Arch.  i». 
le  8c.  Med.  »,  1899,  pag.  101. 

(24)  BnvE.  «  AUg.  Anat.  etc.  »,  pag.  246. 

(23)  Stkfakowbka.  Évolutiou  des  cellules  cortjcales  chez  la  souris  après  la  naissanc^.  «  Anu. 
de  la  Soc.  de  Se.  méd.  et  nat.  de  Bruxelles  »,  fase.  3,  1898. 

(25)  Giaccio.  Sur  la  structure  flne  des  cléments  du  sympathique  périphérique.  CTontribution 
à  rhistogénèse  des  élémenta  nerveux.  «  Ann.  di  Nevrol.  »,  1906,  fase  2-3.  —  Sur  la  réproduction 
des  cellules  nerveuses.  «  Revue  névrologique  »,  15  octobre  1906. 


RECENSIONI 


Psicologia  e  Psicologia  sperimentale. 

1.  B.  Morselli,  Psicologia  e  **  Spiritismo  '\  —  2  voi.  di  compleesive  pagg.  l(Hh 
con  45  tavole  e  XIX  figure.  (Ed.  Fratelli  Bocca,  Milano,  1908). 

Il  prof.  Enrico  Morselli,  che  ottre  ai  suoi  meriti  di  scienziato  e  di  clinico, 
ha  quello  di  aver  divulgato  con  mirabile  chiarezza  e  con  verità  inconfutabile  di 
interpretazione  i  fenomeni  dellMpnotismo,  si  è  accinto,  dopo  vari  anni  di  esitazione 
superata  soltanto  in  seguito  ai  numerosi  ed  accurati  esperimenti  da  lui  intrapresi  a 
Genova  sopra  la  notissima  medium  Eusapia  Paladino,  ad  illustrare  i  fenomeni 
medianici.  La  sua  opera,  che  per  quanto  dedicata  al  gran  pubblico  non  perde  mai  i 
caratteri  di  opera  rigidamente  scientifica,  ha  un  doppio  scopo,  descrittivo  e  critico: 


Rivista  di  Patol.  ìierv.  e  meni,  -  Psicologia  e  Psicologia  s})€riin,         367 

della  descrizione  formano  oggetto  essenziale  gli  esperimenti  che  abbiamo  menzionati; 
e  la  critica  tien  conto  di  forse  tutte  le  teorie  scientifiche  o  pseudoscientifiche  che 
furono  formulate  o  che  fino  ad  ora  si  possono  immaginare  a  spiegazione  degli  oscuri 
prodotti  del  medianismo. 

È  bene  dirlo  subito:  un  riassunto  per  quanto  coscienzioso  di  questa  opera  vera- 
mente fondamentale  della  letteratura  spiritica  (sii  venia  verbo)  non  può  in  alcun 
modo  sostituirne  la  lettura  attenta  e  completa,  sia  per  la  ricchezza  delle  nozioni  e 
delle  considerazioni  che  in  essa  sono  contenute,  sia  perchè  è  impossibile  dare  un*  idea 
adeguata  di  quello  stile  facile  e  brillante  con  cui  Enrico  Morselli  sa  esporre  i 
fatti,  commentarli  e  rappresentarli  con  tutto  il  calore  dell'attualità.  Ci  limiteremo 
pertanto  a  dare  un*  idea  schematica  del  lavoro,  cercando  soprattutto  di  stabilire  quale 
sia  1*  atteggiamento  che  un  eminente  scienziato  ha  voluto  assumere  di  fronte  ad  una 
questione  che,  malgrado  1*  estrema  difiidenza  non  a  torto  per  tanti  anni  dimostrata 
dalla  scienza  ufficiale,  ha  oramai  il  diritto  di  essere  seriamente  considerata,  non  fos- 
s*altro  per  indagare  se  e  in  quanta  parte  essa  sia  meritevole  di  studi  ulteriori. 

Nella  prima  parte  del  suo  lavoro,  dopo  aver  riportata  una  estesa  bibliografia  delle 
pubblicazioni  riguardanti  lo  spiritismo  e,  in  genere,  la  metapsichica,  bibliografia  che 
potrà  essere  ottima  guida  per  chi  voglia  approfondirsi  in  questa  specie  di  studi, 
Morselli  traccia  una  breve  ed  interessante  storia  dello  spiritismo  moderno,  accen- 
nando anche  a  quei  fatti  che,  già  osservati  in  epoche  più  o  meno  remote,  potrebbero 
essere  battezzati  oggi  come  «  fatti  spiritici  >.  Seguono  poi  alcuni  capitoli  dedicati 
allo  studio  delle  varie  dottrine  spirìtiche,  con  tutte  le  loro  complesse  divisioni  e  sud- 
divisioni, nelle  quali  1*A.  è  riuscito  a  portare  un  ordine  ed  una  chiarezza  non  facil- 
mente raggiungibili  da  chi  non  possegga  una  estesa  cultura  ed  una  singolare  facilità 
di  esposizione.  In  queste  pagine  come  in  quelle  seguenti  occupate  dallo  studio  del 
medianismo  e  dei  medi,  in  particolare  di  Eusapia  Paladino,  TA.  compie  una  vera 
vindemiatio  prima,  cercando  di  dare  una  solida  base  di  positivismo  scientifico  a 
quella  massa  informe  di  osservazioni  e  fors* anche  di  aspirazioni,  dalla  quale  è  balzato 
fuori  per  un  acrobatico  sforzo  di  integrazione  psichica  il  barcollante  edifizio  dello 
«Spiritismo-sistema,  o,  se  si  vuole,  dello  Spiritismo  pseudo-religione  :  barcollante  prima, 
ora,  dopo  1*  opera  poderosa  di  cui  ci  occupiamo,  smantellato  ben  bene  e  forse  abbattuto 
per  sempre. 

E  questo  lavorìo  di  demolizione  non  è  certo  il  merito  minore  di  Morselli,  poiché 
oltre  che  un  omaggio  alla  scienza  esso  costituisce  anche  un  vantaggio  per  la  morale 
e  per  l*  umanità,  alle  quali  non  potrebbe  senza  dubbio  che  riuscir  dannoso  1*  instau- 
rarsi di  una  fede  così  povera  di  contenuto  etico  ed  intellettuale,  destinata  ad  avere 
per  sacerdoti  officianti  delle  persone  troppo  spesso  disposte  alla  frode  o  candidate  alla 
follia  e  per  oggetto  di  venerazione  una  sequela  di  scherzi  burattineschi,  di  dispet- 
tucci  infantili  e,  solo  di  rado,  di  manifestazioni  un  pò*  più  elevate  ma  mai  superiori 
a  ciò  che  può  attendersi  da  una  elevata  mentalità  prettamente  umana.  Non  varrebbe 
davvero  la  pena  di  liberarsi  dalle  vecchie  religioni  per  cadere  in  uno  spiritualismo 
di  così  pessima  lega. 

Del  resto  lo  spiritismo  scientifico  non  deve  occuparsi  per  ora  di  tali  astruserie  ;  i 
suor  intenti  sono  più  modesti r  accertare  la  realtà  ed  autenticità  dei  fenomeni  media- 
nici; studiare  la  fisio-psicologia  e  la  psicopatologia  dei  medium  in  rapporto  con  le 
manifestazioni  della  loro  attività  specifica:  1* interpretazione  dei  fenomeni  sarà  una 
conseguenza  legittima  di  studi  spregiudicati  e  coscienziosi  diretti  in  questo  senso. 
Purtroppo  tali  studi  sono  tutt'altro  che  facili.  Specialmente  il  secondo  intento,  quello 


308  Rivista  di  Patoloffid  nervosa  e  mentale 

che  sì  riferisce  alla  personalità  dei  medium  è  attraversato  da  difficoltà  estreme:  ì 
pochi  eletti  a  congiangere  il  mondo  dei  viventi  con  quello  degli  invisibili  non  ve- 
dono di  buon  occhio,  anche  quaudo  non  sono  in  mala  fede,  le  pratiche  scientifiche 
dirette  a  sondare  il  loro  corpo  e  la  loro  psiche,  preferiscono,  non  senza  ragione  pni- 
tiòa,  di  rimanere  circondati  da  queir  aureola  di  sapemormalità  alla  quale  devono  in 
buona  parte  la  loro  fortuna;  ed  anche  P^usapia  Paladino,  sebbene  un  po' più  accon- 
dilBcendente  di  tanti  altri,  non  rinuncia  al  misoneismo  nel  quale  T  hanno  cristalli- 
zate  i  suoi  iniziatori.  Malgrado  ciò,  con  la  sua  indiscutibile  valentia  di  psicologo  e 
di  neurologo.  Morselli  è  riuscito  a  stabilire  tra  personalità  e  fenomenalogia  eusa- 
piana  una  serie  di  rapporti  interessantissimi,  ampliando  così  la  via  che  dovrà  con- 
durre ad  una  spiegazione  puramente  naturalistica  delF  attività  medianica. 

L*A.  ha  assistito  a  oltre  30  sedute  di  E usapi a  Paladino,  divise  in  4  serie,  fatte 
in  epoche  e  in  locali  diversi,  con  varia  assistenza  :  è  inutile  dire  che  sempre  furon» 
prese  tutte  le  cautele  atte  ad  assicurare  la  massima  serietà  dei  procedimenti:  ^i 
volevano  vedere  i  fenomeni  per  studiarli  e  il  metodo  seguito,  compatibilmente  con 
le  esigenze  della  liturgia  spiritica,  dava  tutte  le  garanzie  desiderabili.  Nelle  28  ce- 
dute, di  cui  r  A.  dà  ragguagli  particolareggiati  nei  due  volumi  della  sua  opera,  la 
Paladino  ha  vuotato  tutto  il  sacco  della  sua  potenzialità  medianica:  dalle  più 
elementari  manifestazioni  tiptiche  alle  più  complesse  materializzazioni  tangibili  e 
visibili,  parziali  e  totali,  attraverso  ai  più  svariati  fenomeni  di  telecinesia  e  di 
telefania.  Di  tutti  questi  fenomeni,  rispondendo  al  primo  quesito  dello  spiritismo 
scientifico,  VX.  afferma  la  realtà  e  T  autenticità  :  lo  afferma  e  dobbiamo  credergli, 
perchè  il  suo  objettivismo,  il  suo  scrupolo  nelP  indagine,  la  saa  esperienza  di  osser- 
vatore freddo  ed  acuto  ci  garantiscono  da  ogni  errore  di  giudizio:  dove  esiste  il  dubbio 
0  la  frode  Morselli  se  ne  accorge  e  ce  lo  dice:  chi  supponga,  dopo  aver  letto  il  sm» 
libro,  che  egli  fosse  illuso  o  allucinato  o  comunque  in  condizioni  tali  da  non  poter 
valutare  il  significato  dei  fenomeni  deve  avere  una  corazza  di  preconcetti  impermea- 
bile alla  verità  non  solo,  ma  deve  logicamente  attribuire  alla  fenomenologia  me- 
dianica un  carattere  ancor  più  meraviglioso  della  sua  stessa  autenticità. 

Le  pagine  dedicate  ad  ogni  seduta  offrono  un  interesse  grandissimo:  sono  note 
scritte  subito  dopo  la  seduta  stessa  né  più  rimaneggiate;  vi  si  sente  il  calore  delie 
percezioni  e  delle  impressioni  immediate;  vi  si  riconosce  da  lontano  la  sincerità.  Oltre 
alla  descrizione  minuta  dei  fenomeni  trovan  posto  in  queste  note,  che  occupano  la 
maggior  parte  dei  due  volumi,  tutte  le  osservazioni  fatte  sulle  condizioni  della  me- 
dium e  degli  assistenti,  sul  significato  delle  cose  percepite,  sul  loro  eventuale  deter- 
minismo, in  breve  su  tutti  i  problemi  che  possono  affacciarsi  alla  mente  di  una  persona 
intelligente  e  colta  messa  in  presenza  di  manifestazioni  così  singolari. 

Sulla  descrizione  dei  fenomeni  dobbiamo  sorvolare:  è  il  solito  repertorio  abba- 
stanza monotono  delle  sedute  paladiniane,  leggermente  modificato  dalle  condizioni  di 
ambiente.  Diciamo  solo,  ad  esempio,  che,  malgrado  la  buona  volontà  della  medium, 
VA,  non  ha  potuto  assistere  ad  un  <  apporto  »  insospettabile,  né  mai  ha  potuto  iden- 
tificare alcuna  delle  creazioni  fantomatiche  comparse  nelle  migliori  serate  delFattivita 
eusapiana:  le  sue  affermazioni  in  proposito  sono  decise  ed  esplicite,  e  alcune  riserve 
espresse  ultimamente  da  spiritisti  anche  di  grido,  sono  tentativi  infruttuosi  di  trovare 
il  Morselli,  che  è  osservatore  coscienziosissimo  ed  espositore  lucidissimo,  in  con- 
traddizione ! 

Ciò  non  toglie  che  i  fatti  accertati  siano  numerosi  ed  impressionanti:  ora  quale 
è  la  loro  spiegazione?  Ed  anzitutto,  è  possibile  spiegarli  in  base  alla  conoscenza  che 


Psicologia  e  Psicolo{fi/i  sperimentale  369 

fino  ad  oggi  ne  abbiamo?  Per  un  positivista  serio  la  risposta  a  questa  domanda  non 
può  essere  che  negativa,  ma  è  certo  che  fin  da  ora  si  possono  scegliere  tra  le  infinite 
ipotesi  che  sono  state  escogitate  quelle  che  meno  si  discostano  dalla  possibilità  e  che 
hanno,  come  tutte  le  ipotesi  ben  fondate,  il  vantaggio  dì  poter  servire  di  guida  alle 
investigazioni  future.  Si  capisce  come  di  questo  requisito  facciano  completamente  di- 
fetto tutti  i  tentativi  di  spiegazione  metafisica  che  possono  variare  all'infinito  e  che 
8ono  incontrollabili  come  ogni  dogma  di  fede. 

Neir  ultima  parte  del  lavoro  di  cui  ci  occupiamo  si  trovano  appunto  sobriamente 
esposte  ed  ottimamente  classificate  le  principali  ipotesi  fino  ad  oggi  formulate  per 
spiegare  i  fenomeni  medianici.  Esse  possono  raccogliersi  in  tre  divisioni  fondamentali  : 
ipotesi  extrascientifiche,  ipotesi  ultrascientifiche  ed  ipotesi  prescientifiche,  ciascuna 
delle  quali  comprende  a  sua  volta  numerosi  sottogruppi.  Manca  tuttora  come  si  vede, 
un  grappo  di  ipotesi  prettamente  scientifiche;  ma  tra  quelle  dell'  ultima  divisione  ve 
ne  sono  alcune  non  prive  di  qualche  attendibilità,  alle  quali  anche  TA.  si  accosta 
senza  troppa  diffidenza. 

«  Licenzio  lo  spiritismo  di  Eusapia  e  ne  trattengo  la  medianità»;  in  questa 
frase  si  compendia  l'opinione  dell'insigne  psicologo  di  Genova  sopra  il  valore  della 
dottrina  spiritica.  Niente  intervento  di  agenti  superterrestri,  niente  comunicazioni 
con  nn  piano  più  o  meno  elevato  dall'«  Al  di  là»:  i  fenomeni  medianici  (volendo 
conservare  un  nome  che  implica  già  un  preconcetto)  sono  dovuti  all'azione  del  me- 
ilinm^  il  quale,  in  determinate  condizioni  intrinseche  ed  estrinseche,  diventa  capace 
di  agire  entro  o  a  distanza  del  proprio  corpo  con  speciali  forze  psichiche  tuttora 
ignote  nella  loro  essenza;  essi  sono  pertanto  «gli  effetti  o  le  risultanti  di  uno 
psico-dinamismo  di  natura  indefinibile  ».  Molto  spesso  il  fenomeno  è  pensato  e  voluto 
dal  medtuniy  passa  cioè  in  atto  dopo  essere  stato  una  rappresentazione  cosciente;  non 
di  rado  esso  appare  anche  del  tutto  automatico,  estraneo  alla  volontà  cosciente  di  chi 
l'ha  determinato,  ma  in  questo  caso  pure  non  si  può  eseludere  e  talora  anzi  sì  può 
dimostrare  l'infiuenza  di  impressioni  ed  imagini  che  furono  coscienti  in  una  epoca 
piti  o  meno  lontana  e  si  depositarono  poi  nell'io  subcosciente  del  medium^  d'onde 
possono  ridestarsi  in  quello  stato  di  trance  simile  sotto  tanti  riguardi  (e  Morselli 
lo  dimostra)  ad  un  parossismo  isterico.  àSiamo  ben  lontani,  come  si  vede,  dal  troppo 
ardito  sebbene  geniale  concetto  del  «subliminale»  di  Federico  Myers. 

Le  volontà  del  medium  e  «juindi  l'ordine  e  la  natura  dei  fenomeni  detti  spiri- 
tici possono  essere  anche  influenzati  dalla  volontà  degli  individui  formanti  la  catena, 
sia  che  tale  volontà  venga  rivelata  nei  modi  abituali,  sia  che  il  medium  riesca,  per 
così  dire,  a  carpirla,  mediante  un'azione  telepatica,  fatto  quest'ultimo  non  impos- 
sibile ma  difficilmente  accertabile  almeno  per  quel  che  riguarda  Eusapia  Paladino. 
Non  si  può  neanche  escludere  a  priori  che  il  medium  riesca  ad  utilizzare  delle  forze 
psichiche  analoghe  a  quelle  in  esso  tanto  sviluppate,  emananti  dalle  persone  dell'as- 
sistenza: in  realtà  le  misure  manometriche  prese  prima  e  dopo  la  seduta  rivelano 
una  più  0  meno  notevole  diminuzione  dell'  impulso  motorio  al  termine  della  seduta, 
ma  se  si  pensa  a  tutte  le  condizioni  capaci  di  spiegare  questo  fatto  (veglia,  sforzo 
dell'attenzione,  emozione,  attività  nmscolare  spiegata  per  verificare  i  fenomeni,  per 
esercitare  il  controllo  etc.)  sì  dovrà  essere  estremamente  cauti  nel  valutarne  l'im- 
portanza. 

L'ipotesi  dello  «  psicodinamismo  »  non  esaurisce  naturalmente  Ja  spiegazione  dei 
fenomeni  medianici  :  la  natura  di  questa  forza  è  ancora  un  mistero  che  forse  non  si 
riuscirà  mai  a  svelare:  i  dottrinar!   dello  spiritismo   potranno   dunque   sbizzarrirsi, 


370  Hwista  di  Patoloffia  nerrom  e  mentale 


seguendo  le  loro  aspirazioni  più  o  meno  mistiche,  a  crearsi  delle  ipotesi  e  delle  cre- 
denze che  li  accontentino,  ma  la  questione  della  medianità,  così  come  EnricoMor- 
selli  rha  posta  e  definita,  entra  con  passo  sicuro  nel  dominio  sereno  della  scienza 
positiva.  Zalla. 

2.  P,  HartenberfiT,  Psychologie  des  Neurasthéniques.  —  Un  voi.  in-16'',  F.  Alcan, 

Paris. 

La  neurastenia  ha  ormai  una  letteratura  imponente,  anzi  ingombrante  :  ne  scrivono 
i  medici  e  ne  scrivono,  talora  con  altrettanta  competenza  e  spesso  con  più  arte,  gli 
ammalati,  indugiandosi  sopra  la  ricchissima  e  proteiforme  sintomatologia,  fonte  inesau- 
ribile di  descrizioni  più  o  meno  attraenti.  Malgrado  ciò,  questo  lavoro  di  Hartenberg, 
non  è  un^  aggiunta  inutile,  in  quanto  che  considera  il  neurastenico  non  dal  punto  di 
vista  puramente  clinico,  ma  soprattutto  dal  punto  di  vista  psicologico  :  la  descrizione 
dei  sintomi,  fatta  anche  in  base  a  documenti  personali  e  letterari  bene  scelti,  vi  trova 
posto  solo  in  quanto  serve  a  lumeggiare  il  loro  determinismo,  a  costruire  una  sin- 
tesi dello  stato  mentale  degli  ammalati.  La  neurastenia  vien  concepita  dalFA.  come 
uno  stato  funzionale  difettoso  del  sistema  nervoso  per  insufficienza  di  attività:  una 
sola  funzione  è  esagerata,  V  emotività,  per  difetto  di  inibizione.  I  disturbi  psichici  e 
fisici  del  neurastenico  sono  la  conseguenza  diretta  di  questa  depressione  nervosa  ag- 
giunta alla  irritabilità  organica.  Quanto  poi  a  quei  disturbi  psichici  che  stanno  sulle 
frontiere  della  pazzia  e  che  tanto  spesso  si  osservano  nei  neurast.enici  (fobie,  impulsi, 
pervertimenti  sessuali,  ossessioni  etc.)  essi  devono  essere  considerati  come  complici- 
zioni,  come  l'espressione  di  stigmate  degenerative  risvegliate  o  esagerate  da  quello  stato 
di  depressione  nervosa  che  favorisce  tutte  le  tendenze  anormali  e  morbose  dello  spirito. 

Zalla, 

3.  P.    Janet,   Le  renversement  de  Vorientation   ou   allochirie  des  repréaenta- 

tions.  —  «  Journal  de  Psicologie  normale  et  pathologique  »,  année  V,  n.  2, 1908. 

Una  donna  di  29  anni,  in  seguito  a  non  gradite  emozioni  e  strapazzo  fisico,  ha 
la  sensazione  che  gli  oggetti,  le  case,  le  strade,  tutte  le  cose  si  trovino  in  posizione 
rovesciata.  Ella  cammina  lasciandosi  guidare  dal  nome  delle  strade,  dall'  ordine  degli 
oggetti  famigliari  che  vede,  ma  avendo  T  illusione  che  la  direzione  è  errata  e  che  con- 
verrebbe tenere  l'opposta.  L'ammalata  si  reca  in  campagna  di  cui  non  conosce  af- 
fatto le  direzioni,  e  si  libera  dal  disturbo  :  però  un  nuovo  strapazzo  corporeo  lo  ricon- 
duce, sebbene  con  minore  insistenza.  L'A.  paragona  l'illusione  a  quella  che  si  può 
osservare  in  noi  stessi,  in  ferrovia,  di  notte,  alquanto  stanchi,  viaggiando  all' indietro: 
in  tali  condizioni  ci  può  sembrare  che,  mantenendo  il  treno  lo  stesso  movimento  ri- 
spetto a  noi  (all' indietro),  la  direzione  della  nostra  meta  sia  rovesciata:  solo  la  ra- 
gione ci  convince  dell'illusione; 

Esclusa  la  possibilità  di  una  illusione  sensoriale,  essendo  integri  gli  organi  della 
vista  e  dell'udito  (scrupolosamente  esaminato  al  riguardo  di  una  lesione  dei  canali 
semicircolari)  l'A.  emette  quattro  ipotesi,  prediligendo  la  4*.  1)  L' ammalata  pensa 
sempre  al  suo  stato,  e  ne  soffre  e  tenta  di  sfuggirgli  recandosi  in  luoghi  mal  cono- 
sciuti, come  se  si  trattasse  di  un'idea  fissa:  però  oltre  a  non  sapersi  quale  è  stata 
l'illusione  che  ha  portato  l'idea  fissa,  talora  l'ammalata  riesce  a  sfuggire  all'idea 
stessa,  col  portarsi  in  luoghi  mal  conosciuti.  2)  L'ammalata  crede  di   fare  il  con- 


Psieoloyia  e  Psicologia  sperimentale  371 


trario  di  ciò  che  doTrebbe,  come  un'  inversione  della  meta,  dovuta  a  alterazione  della 
volontà:  però  l'ammalata  dice  che  è  T insieme  degli  oggetti  che  è  rovesciato,  men- 
tre è  conservata  la  relazione  fra  essi.  3)  L' iniziarsi  del  disturbo  in  seguito  a  strapazzo 
corporeo,  e  la  concomitante  angoscia  possono  far  pensare  ad  una  alterazione  della  per- 
cezione :  però  il  soggetto  presenta  questa  isolata  alterazione.  4)  Il  soggetto  affenna 
di  trovar  a  sinistra  tutto  ciò  che  dovrebbe  trovare  a  destra:  si  può  ritenere  quindi 
che  si  tratti  di  una  inversione  laterale  degli  oggetti,  una  specie  di  allochiria  da 
assomigliarsi  alle  altre  forme  di  allochiria,  alle  allocinesie,  alla  scrittura  a  specchio, 
anche  se  manca  ogni  inversione  dì  qualunque  sensazione,  ammettendo  una  inversione 
puramente  delle  imagini,  come  una  rappresentazione  a  specchio  dei  ricordi  visivi 
degli  oggetti,  che  il  soggetto  vede  realmente  in  altro  senso  e  che  paiono  perciò  rove- 
sciati. Ad  ogni  modo  FA.  conviene  che  le  ipotesi  non  spiegano  i  fatti. 

Turchi. 
Anatomia. 

A.  N.  Beocari,  Ricerche  sulle  cellule  e  fibre  del  Mauthner  e  sulle  loro  con- 
nessioni in  pesci  ed  anfibi,  {Salmo  fariOy  S,  irideus  e  Salamandrina  perspi- 
cillata).  —  <  Archivio  di  Anatomia  e  di  Embriologia  »,  voi.  VI,  fase.  4,  1907. 

È  uno  studio  molto  ben  condotto,  corredato  da  nitide  microfotografie,  da  uno 
schema  e  da  bellissime  figure  riprodotte  da  disegni  dell' A.,  il  quale  si  è  servito  in 
special  modo  del  metodo  della  impregnazione  aigentìca  di  R.  y  Cajal,  da  nessuno  an- 
cora adoperato  in  queste  ricerche,  per  indagare  la  morfologia  ed  i  rapporti  delle  fibre 
del  Mauthner  (fibre  acustico-sacrali  di  Edinger)  e  delle  loro  cellule  di  origine: 
oltre  ad  alcune  specie  di  pesci,  TA.  ha  studiato  anche  sotto  questo  punto  di  vista 
un  anfibio  urodelo,  la  Salamandrina  perspicillata,  nella  quale  pure  è  riuscito  a 
dimostrare  la  presenza  del  sistema  di  Mauthner,  negata  da  EoUiker. 

Dopo  aver  accennato  brevemente  alla  letteratura  dell'argomento  ed  ai  metodi 
tecnici  usati,  l'A.  passa  a  descrivere  i  reperti  ottenuti  nei  pesci  (Salmo  fario  e  S.  iri- 
deus) insistendo  anche  su  alcune  disposizioni  anatomiche  del  sistema  nervoso  di  questi 
animali,  aventi  rapporto  con  le  parti  più  specialmente  prese  in  considerazione.  Le 
fibre  del  Mauthner  prendono  origine  dal  lato  mediale  di  due  grosse  cellule  che 
occupano  la  parte  più  cefalica  della  oblongata  e  dopo  essersi  incrociate  sulla  linea 
mediana,  scendono,  gradatamente  assottigliandosi,  fino  all'estremo  distale  del  midollo 
spinale.  I  limiti  di  una  rivista  non  consentono  di  seguire  l'A.  nella  minutissima  de- 
scrizione che  egli  ci  dà  delle  cellule  e  delle  fibre  ricordate:  diciamo  solo  dei  rap- 
porti che  esse  assumono:  risulta  dalle  osservazioni  del  Beccari  che  alla  cellula  di 
origine  delle  fibre  del  Mauthner  possono  giungere  stimoli  nervosi  dalle  fibre  del- 
l'acustico e,  indirettamente,  dagli  organi  della  linea  laterale  e  della  sensibilità  cutanea 
generale  e,  forse,  anche  dal  cervelletto  ;  le  fibre  poi  sì  mettono  in  rapporto,  mediante 
collaterali,  col  cilindrasse  degli  elementi  motori  del  midollo  allungato  <'  del  midolla 
spinale. 

Nella  Salamandrina  le  cellule  di  origine  delle  fibre  del  Mauthner  occupano 
nella  oblongata  una  sede  molto  più  laterale  che  nei  pesci  :  sembra  ptT  altro  che  as- 
sumano con  le  altre  parti  del  sistema  nervoso,  gli  stessi  rapporti  stabiliti  nella  trota: 
le  fibre  emettono  lungo  il  loro  decorso  numerose  collaterali  che  si  comportano  conn* 
quelle  osservate  nella  trota.  Specialmente  degno  dì  nota  è  il  confronto  che  l'A.  sta- 


372  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


bilisce  tra  il  modo  di  comportarsi  dell'apparato  di  Mauthner  nella  larva  e  neirani- 
raale  adulto:  tale  apparato  comincia  a  differenziarsi  quando  le  larve  cominciano  a 
compiere  i  movimenti  coordinati  caudali,  e  8Ì  riduce,  almeno  relativamente,  dopo  la 
metamorfosi,  quando  cioè  l'animale  assume  abitudini  terresti,  prevalendo  quindi  i 
movimenti  degli  arti  su  quelli  della  coda.  L'A.  osserva  in  fine  che  il  sistema  del 
Mauthner  segue,  nelle  varie  specie  di  anfibi,  l'identico  destino  del  nervo  della  linea 
laterale,  riducendosi  e  scomparendo  là  dove  detto  nervo  si  riduce  e  scompare  :  ora  questa 
circostanza  conferma  sempre  più  nel  concetto  che  la  fibra  del  Mauthner  rappre- 
senti un  sistema  destinato  a  connettere  funzionalmente  i  centri  cui  fanno  capo  gli 
organi  della  linea  laterale,  esclusivamente  inerenti  alla  vita  acquatica  degli  animali, 
con  i  centri  da  cui  partono  gli  impulsi  motori.  L'A.  non  crede  che  la  cellula  di  ori- 
gine della  fibra  del  Mauthner  possa  essere  omologata  a  qualche  nucleo  della  regione 
acustica  dei  vertebrati  superiori  :  né  si  pronuncia  ancora  sulla  supposta  analogia  tra 
le  fibre  del  Mauthner  e  le  fibre  del  Mtiller  dei  Ciclostomi.  Zalla. 

5.  "W.  Larìonoff,  Die  feine  Structur  und  eine  yieue  Farbnuffsmethode  de^i 
Gehirnfi  des  Menschen  und  der  Thiere,  —  <  Archiv  fur  Psychiatrie  und  Ner- 
venkrankheiten  »,  Bd.  43.  H.  1. 

Il  metodo  proposto  dall'A.  è  in  sostanza  una  modificazione  di  quello  di  Golei. 
Il  cervello,  estratto  il  più  fresco  possibile,  viene  posto  in  formolo  IO  %  :  dopo  8-4 
giorni  una  circonvoluzione  od  anche  una  intera  metà  del  cervello,  se  si  tratta  di 
cervello  di  piccoli  animali,  viene  passata  in  un  barattolo  di  vetro  con  una  piccoli 
quantità  di  soluzione,  0,5,  —  1,-2  7o»  di  bicromato  di  potassa  :  si  tiene  in  un  teniio- 
stato  per  7  giorni  alla  T.  27*^-30*^  C.  Le  soluzioni  più  deboli  di  bicromato  danno  i 
risultati  migliori.  Quindi  si  sostituisce  alla  soluzione  del  sale  di  cromo  una  soluzione 
3*^'^  di  nitrato  d'argento  e  si  rimette  nel  termostato  per  altri  4-7  giorni. 

Il  pezzo  viene  poscia  lavato,  asciugato  con  carta  da  filtro  e  quindi,  senza  inclu- 
sione, sezionato  col  microtomo  facendo  sezioni  di  10-20  tacche  del  microtomo  stesso: 
le  sezioni,  non  lavate,  devono  essere  rapidamente  disidatrate  con  alcool  a  90**  C.  f 
montate  in  balsamo  assai  duro  che  contenga  poco  xilolo. 

I  risultati  sono  più  sicuri  quando  si  tenga  il  pezzo,  levato  dal  termostato,  an- 
cora per  parecchi  giorni  nella  soluzione  di  sale  d'argento  alla  T.  di  lO'-lS'^C.  poscia 
si  passi  per  altrettanti  giorni  in  formolo. 

Per  ottenere  una  colorazione  della  sostanza  bianca  bisogna  lasciare  il  pezzo  assai 
più  a  lungo  nella. soluzione  di  nitrato  di  argento  e  nell'indurimento  aggiungere,  alla 
soluzione  di  bicromato,  del  liquido  di  Mtiller.  O.  Rossi. 

().  L.  Edingrer,  Vorlesungen  ùher  den  Bau  der  nerròsen  Zefitralorgane  des  Men- 
schen und  der  Tiere.  II  Band  :  Vergleichende  Anatomie  des  Gehirns.  —  ^Sie- 
bente  umgearb.  und  vermeh.  Auflage  »,  F.  C.  W.  Vogel,  Leipzig,  1908. 

Con  questo  volume  Edinger  soddisfa  alla  promessa  espressa  nel  primo  volume 
di  questa  settima  edizione  del  suo  trattato:  volume  uscito  nel  1904  e  che  trattava 
dell'organizzazione  del  sistema  nervoso  nell'uomo  e  nei  mammiferi.  Così  viene  ad  es- 
sere completato,  nel  suo  nuovo  piano,  questo  libro  che,  per  consenso  unanime,  deve 
essere  annoverato  tra  i  più  pregevoli  trattati  didattici.  Nelle  edizioni  che  rapidamente 
si  succedettero,  a  testimoniare  dei  pregi  intrinseci  e  della  utilità  dell' opera,  la  mole 


Aìiatomia  373 


di  essa  sì  era  andata  mano  mano  aumentando,  perciò  arrivato  alla  settima  FA.  credè 
opportuno  di  dividerla  in  due  parti:  una  prima,  quella  edita  nel  1904,  che  trattava 
della  generalità  del  sistema  nervoso  e  della  sua  struttura  negli  animali  superiori  ed 
una  seconda,  quella  ora  completata,  che  studia  T  anatomia  comparata  del  sistema 
nervoso. 

L'estensione  di  questa  seconda  parte  è  assai  maggiore  di  quella  che  aveano  i 
capitoli  corrispondenti  nelle  prime  edizioni.  Forma  da  se  un  hel  volume  di  circa  500  pa- 
gine, edito  colla  consueta  cura  da  Vogel,  arricchito  da  ben  285  figure. 

La  scuola  di  Edinger,  coi  lavori  di  Holmes,  K.  Goldstein,  Kappers,  Wal- 
lenberg  ha  fornito  molto  e  prezioso  materiale  perla  redazione  di  questa  parte;  ma 
la  letteratura  straniera  non  vi  è  punto  trascurata. 

Ogni  particolare  di  anatomia  comparata  riceve  adeguata  trattazione,  persuaso 
come  è  FA.  che  l' anatomia  comparata  dà  la  chiave  per  interpretare  la  struttura  degli 
animali  superiori:  essa  ci  può  anche  guidare,  ed  è  questo  compito  che  le  rimane  in 
maggior  parte  ad  assolvere,  nello  studio  delle  funzioni  del  sistema  nervoso. 

La  materia  è  svolta  in  diciottò  paragrafi  :  nei  primi  due  si  tratta  dello  sviluppo 
dei  nervi  periferici,  nel  terzo  di  quello  dei  nervi  branchiali:  al  midollo  e  midollo 
allungato  sono  dedicati  il  quarto,  quinto,  sesto  e  settimo:  nel  nono  si  parla  del  nervo 
facciale  e  del  trigemino:  importantissimo  il  decimo  il  quale  tratta  delle  connessioni 
del  midollo  allungato  :  V  undecimo  tratta  del  cervelletto:  del  cervello  medio  il  dodi- 
cesimo e  il  tredicesimo:  il  quattordicesimo  ò  dedicato  al  cervello  intermedio,  gli  altri 
parlano  del  cervello  anteriore.  0.  Rossi. 

Anatomia  patologica. 

7.  li.  Alquier  et  Sohmierfiréld,  Deux  tumeurs  de  Vhypophyse.  —  «  Encéphale  », 
n.  3,  1907. 

Studio  istologico  di  due  ipofisi  umane  ipertrofiche.  La  prima  del  peso  di  grammi  8 
apparteneva  ad  una  donna  di  32  anni  affetta  da  acromegalia  tipica,  la  seconda  del 
peso  di  grammi  7  apparteneva  a  una  donna  di  52  anni,  non  acromegalica,  morta 
per  rammollimento  cerebrale  a  focolai  multipli.  Gli  AA.  riferiscono  i  risultati  degli 
studi  sui  tumori  ipofisari  di  Paulesco,  Benda,  Buchecker,  Bayley,  Lak,  Paviot 
e  Beutler;  dividono  i  tumori  ipofisari  in  due  classi  a  seconda  che  si  sono  o  no  for- 
mati a  spese  delle  cellule  ghiandolari.  Il  difficile  sta  nel  distinguere  quando  1*  iper- 
plasia  semplice  debba  essere  considerata  come  un  vero  tumore  (un  adenoma  nello 
stretta)  senso  della  parola)  o  invece  come  una  semplice  ipertrofia  da  esagerata  fun- 
zione. La  letteratura  non  fornisce  in  proposito  alcun  elemento  differenziale  sicuro; 
anzi  da  alcuni  autori  sono  chiamati  adenomi  i  tumori  che  da  altri  sono  considerati 
come  semplici  iperplasie  da  iperfunzione.  Neppure  gli  AA.  credono  di  poter  emettere 
sull'argomento  giudizi  sicuri. 

L'aspetto  delle  due  ghiandole  studiate  è  ben  differente  nei  due  casi.  Nel  primo 
le  cellule  eosinofile,  che  contengono  abbondante  colloide,  sono  numerosissime,  i  nu- 
clei sono  vescicolari,  non  si  osserva  alcun  fatto  (Jegenerativo,  l'aspetto  generale  è 
identico  a  quello  che  si  può  osservare  negli  animali  tiroidectomizzati,  nella  gravi- 
danza, nei  neonati,  in  tutti  i  casi  cioè  dove  esiste  un'  iperfunzione  ghiandolare. 
Nel  secondo  caso,  le  cellule  sono  poco  voluminose  e  povere  di  colloide,  i  nuclei  pic- 
coli e  densi,  le  granulazioni  basofile  abbondantissime,  caratteri  tutti  assegnati  dalla 


1374  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 

maggior  parte  degli  aatori  alle  cellule  non  funzionanti.  La  struttura  di  queste  due 
ghiandole  sembrerebbe  indicare  due  stati  assolutamente  differenti  di  funzione. 

Gli  AA.  non  discutono  dei  rapporti  possibili  tra  iperfunzione  ipofisaria  ed  acnv 
megalia.  Sandri. 

8.  Bd.  Forster,  Expertmentelle  Beitràge  zur  Lehre  der  Phagozytose  der  Him- 

rindenel emente.  —  <  Nissl's  histologische  und  hystopathologische  Arbeiten  », 
Bd.  II,  S.  173. 

L*A.  ha  sperimentato  col  metodo  delle  iniezioni  di  sospensione  di  inchiostro  di 
china  nel  cervello  di  conigli:  ai  lati  del  tragitto  delFago  da  iniezione  si  dispone 
il  colore  in  forma  di  rete  a  larghe  maglie:  tutti  gli  elementi  costituenti  del  T.  ner- 
voso, ad  eccezione  delle  cellule  muscolari  dei  vasi,  si  caricano  più  o  meno  di  granali 
di  inchiostro:  la  nevroglia  è  quella  che  ne  assume  la  parte  maggiore:  essa  tosto  pre- 
senta sintomi  di  reazione  ed  aiuta  le  cellule  nervose,  che  non  sono  state  tanto  lese 
da  soccombere,  a  liberarsi  dei  granuli  estranei:  ma  tosto  va  incontro  essa  stessa  a 
processi  regressivi:  compaiono  invece  altre  cellule  alle  quali  spetta  una  vera  azione 
fagocitarla:  sono  queste  le  Gitterzellen  cui  l'A.  ritiene  sicuramente  originate  dal- 
l'endotelio  dei  vasi:  le  cellule  avventiziali  di  questi  offrono  invece  un  comporta- 
mento passivo. 

Compaiono  durante  il  processo  anche  dei  leucociti  polinucleati  e  dei  linfociti: 
questi  ultimi  sarebbero  privi  di  qualsiasi  capacità  di  migrazione  attiva. 

Rare  si  presentano  le  Plasmazellen  :  talora  assumono  qualche  granulo,  ma  non 
hanno  funzione  fagocitaria.  O.  Ro9»i. 

9.  P.  Schròder,  Zur  Lehre  con  der  àkuten  hamorrhagischen  Poliencephalitis  su- 

perior  (Wernicke).  —  *  NissFs  histologische  und  hystopathologische  Arbeiten  >, 
Bd.  II,  S.  145. 

Sulla  scorta  del  reperto  di  un  proprio  caso  TA.  giudica  che  Tentità  clinica  della 
poliencefalite  superiore  di  Wernicke  debba  essere  cosi  compresa:  Falcoolismo  cro- 
nico cagiona  delle  alterazioni  vasali;  in  alcune  condizioni  non  ancora  ben  note  ma 
che  coincidono  con  quelle  nelle  quali  si  producono  altre  gravi  alterazioni  cerebrali, 
si  formano  nel  cervello  delle  piccole  emorragie  le  quali  danno  luogo  a  sintomi  a  fo- 
colaio: quando  questi  focolai  risiedono  nelle  regioni  dei  nuclei  dei  nervi  motori  del 
globo  oculare  si  ha,  tra  le  altre  manifestazioni,  il  quadro  descritto  da  Wernicke: 
le  caratteristiche  di  questo  sono  dovute  più  alla  particolare  localizzazione  che  non 
alla  natura  del  processo  la  quale  è  ancora  meno  bene  conosciuta  :  alcuni  la  ritengono 
infiammatoria,  altri  no  :  tra  questi  ultimi  si  schiera  decisamente  il  nostro  A.  :  il  fatto 
primo  del  processo  è  una  emorragia  che  ha  i  caratteri  delle  comuni  emorragie  del  tes- 
suto nervoso,  poscia  succede  uno  stadio  di  riparazione  con  comparsa  di  Gitterzellen 
e  poscia  proliferazione  di  nevroglia  :  ma  questi  fatti  si  svolgono  come  nei  focolai  di 
distruzione   di  tessuto   ai   quali  in  nessun  modo  arrivino  degli  agenti  infiammatori. 

O,  Rosfd. 

10.  N.  De  Paoli,  V azione  del  freddo  e  delV elettricità  sul  reticolo  neurofibril- 

lare. —  «  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  voi.  XXXIV,  fase.  1-2. 

L'A.  riferisce  succintamente  il  reperto  microscopico  fornito  dall'esame  del  sistema 
nervoso  trattato  con  diversi  metodi  (Donaggio,  Cajal,  Bielschowski,  Nissl")  e 


Anatomia  patologica  375 


tolto  a  conigli  uccisi  o  col  freddo,  o  colla  elettricità,  o  coi  due  agenti  combinati.  Nei 
conigli  morti  per  freddo,  oltre  alle  lesioni  descritte  da  altri  AA.,  VA,  osserva  gruppi 
di  piccoli  punti  colorati,  come  brevi  fibrille  spezzate  per  lesioni  trasversali  delle  stesse. 
Queste  lesioni  che  altri  non  ha  osservato,  come  quelle  comunemente  descritte  dagli 
osservatori,  non  sono  estese  a  tutti  gli  elementi,  alcuni  dei  quali  hanno  V  aspetto  nor- 
male. Negli  animali  morti  per  V  azione  associata  del  freddo  e  della  elettricità  non  si 
notano  fatti  nuovi,  né  evidente  aggravamento  di  fatti  già  riferiti:  né  è  nuovo  un 
reperto  negativo  per  gli  animali  uccisi  coir  elettricità.  Conclude  che  le  sue  ricerche 
non  portano  che  ad  un  resultato  negativo  forse  perchè  la  corrente  agisce  più  rapi- 
damente sul  tessuto  muscolare  che  non  sul  nervoso.  Turchi. 


M'evrapatologia. 

11.  K.  Heilbronner,  Zur  Symptoìnatologte  der  Aphasie  (mit  besonderer  Beriick- 
sichtiffung  der  Bezieliungen  ztvischen  Sprachverstàndniss,  Nachsprechen  und 
Wortfindung),  —  <  Archiv  fur  Psychiatrie  und  Nervenkrank.  »,  Bd.  43,  H.  1-2. 

Lungo,  minuzioso  lavoro  analitico  del  quale  riportiamo  le  conclusioni. 

1)  Nelle  afasie  non  motorie  non  esiste  un  regolare  rapporto  tra  l'intensità  del 
disturbo  che  presentano  la  comprensione,  la  ripetizione,  il  ritrovamento  dei  vocaboli. 

2)  Il  miglioramento  dell'afasia  sensoriale  non  si  verifica  secondo  la  legge  che 
si  reintegri  prima  la  facoltà  di  ripetere  le  parole  che  quella  di  comprendere  la  pa- 
rola parlata;  e  neppure  avviene  di  regola  che  migliori  assai  più  rapidamente  la  capa- 
cità di  comprendere  il  significato  dei  vocaboli  che  quella  di  ritrovarli. 

3)  Quando  la  capacità  di  comprendere  il  significato  della  parola  è  conservata 
può  la  ripetizione  delle  parole  essere  disturbata  anche  in  assenza  di  disturbi  motorii. 

4)  L'afasia  di  conduzione  nel  senso  di  Wernicke  come  complesso  clinico  si 
deve  ammettere. 

5)  Non  solo  nei  casi  nei  quali  le  parole  sono  ripetute  comprendendole,  ma 
anche  in  quelli  nei  quali  la  ripetizione  viene  eseguita  senza  alcuna  relazione  colla 
comprensione,  ^  auf  Anhieh  ^,  la  ripetizione  di  parole  straniere  ignote  oppure  d'ag- 
gruppamenti sillabici  senza  senso,  si  compie  spesso  assai  peggio  che  nei  sani  e  peggio 
anche  della  ripetizione,  da  parte  degli  stessi  malati,  di  parole  correnti. 

6)  Anche  nei  casi  nei  quali  la  comprensione  delle  parole  è  assai  disturbata  e, 
a  quanto  si  rileva,  la  ripetizione  avviene  senza  comprensione,  cagionano  a  preferenza 
gravi  difficoltà  quelle  categorie  di  parole  che  secondo  l'esperienza  provocano  difficoltà 
anche  nel  loro  ritrovamento. 

7)  Nella  ripetizione  quando  è  conservata  la  capacità  di  comprendere  la  pa- 
rola parlata  ma  anche  in  casi  dove  la  conservazione  di  questa  capacità  non  si  può 
apprezzare,  compaiono  delle  parafasie  verbali  che  sono  analoghe  agli  errori  che  com- 
mette l'afasico  sensoriale  o  l' afasico  amnestico  nei  tentativi  di  denominazione  degli 
oggetti. 

8)  Eccezionalmente  quando  il  potere  uditivo  è  conservato  possono,  nella  ripe- 
tizione delle  parole,  darsi  casi  analoghi  a  quelli  che  si  hanno  quando  quello  è  com- 
promesso. 

9)  Il  disturbo  nella  ripetizione  può  essere  reso  evidentissimo  nelle  proposi- 
zioni brevi. 


376  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  meiitaie 

10)  La  comprensione  dei  vocaboli  singoli  e  quella  delle  frasi  possono  essere 
alterate  in  grado  diverso  ed  in  proporzione  variabile. 

11)  Anche  in  casi  nei  quali  si  deve  ammettere,  oltre  al  disturbo  nella  com- 
prensione del  significato  della  parola,  anche  un  disturbo  nella  comprensione  del  suono 
della  parola,  può  essere  in  certo  grado  conservata  la  facoltà  di  comprendere  delle 
combinazioni  non  consuete  foggiate  a  guisa  di  vocaboli  stranieri. 

12)  I  malati  si  trovano  in  condizioni  migliori  per  ciò  che  riguarda  le  cifre, 
nel  leggere,  nello  scrivere  non  solo  ma  anche  rispetto  alla  comprensione,  alla  ripe- 
tizione e  air  uso  di  esse  per  indicare  gli  oggetti.  O.  Roiuti, 


12.  A.  liippmann,  Zur  Symptomatologie  und  Pathologie  der  Ball'entumoren.  — 
«  Archiv  ffir  Psychiatrie  und  Nervenkrankheiten  »,  Bd.  43,  H.  3. 

Relazione  di  un  caso  anatomo-clinico  di  glioma  del  corpo  calloso.  Il  quadro  sin- 
tomatico si  era  iniziato  con  cefalea  progressivamente  crescente  senza  alcun  altro  sin- 
toma  generale  di  tumore  endocranico.  Si  svilupparono  più  tardi  i  seguenti  altri  feno- 
meni: parola  lenta  e  diflBcile;  deglutizione  stentata;  tendenza  dei  resti  di  cibo  a 
rimanere  lungamente  in  bocca;  indebolimento  intellettuale;  stupore;  tendenza,  di 
quando  in  quando,  a  far  motti  di  spirito;  neurite  ottica;  impossibilità  di  camminare 
senza  appoggio  per  diminuzione  generale  delle  forze,  e  tendenza  a  cadere  all' indietro. 
Nessun  disturbo  di  sensibilità  e  di  coordinazione.  Questo  caso  concorda  solo  in  parte 
con  la  sintomatologia  fissata  dal  Bristowe;  poiché  mentre  vi  figuravano  alcuni  sin- 
tomi generali  quali  la  cefalea  e  le  lesioni  del  fondo  dell'  occhio,  al  contrario  i  fatti 
emiparetici  vi  erano  appena  accennati.  Notevole  il  sin  toma  della  mania  di  far  motti 
di  spirito  (  Witzehucht)  è  V  impossibilità  di  reggersi  in  piedi  e  di  camminare. 

L' autopsia  dimostrò  che  si  trattava  di  un  tumore  che  pur  ledendo  il  corpo  cal- 
loso, occupava  estesamente  gli  emisferi  cerebrali.  Catola, 


13.  M.  Nonne  und  P.  Apelt,  Ueher  fractionirte  Eiweissauffàllung  in  der  Spi- 
nalflussigkeit  von  Gesunden,  Luettkernf  functionelì-und  organisch-Nerven- 
kranken  und  iiber  ihre  Verwerthung  zur  Differentialdiagtiose  der  Dementia 
paraìytica^  Tabes  dorsalis,  tertiàren  und  abgelaufenen  SyphiUs.  —  «  Archif 
fur  Psychiatrie  und  Nervenkrankheiten  »,  Bd.  45,  H.  2. 

Gli  AA.,  dopo  aver  brevemente  riassunta  la  letteratura  in  argomento,  espongono 
i  risultati  delle  loro  ricerche  comparative  tra  i  risultati  fomiti  dalla  citodiagnosi  e 
dal  metodo  della  precipitazione  frazionata  dell'albumina.  Riguardo  a  questo  metodo 
essi  distinguono  due  fasi  :  una  prima  durante  la  quale,  e  nel  tempo  di  tre  minuti, 
compare  una  opalescenza,  nei  casi  positivi,  quando  al  liquido  cerebro-spinale  si  ag- 
giunga una  soluzione  di  solfato  di  ammonio.  Il  liquido  cerebro-spinale  deve  avere 
reazione  neutra  o  debolmente  alcalina;  la  soluzione  del  sale  è  così  preparata:  85  di 
solfato  di  ammonio  purissimo  Merck  vengono  bolliti  con  100  gr.  di  acqua  distil- 
lata fino  a  che  non  si  scioglie  più  sale  :  si  lascia  raffreddare  e  si  filtra  :  nella  se- 
conda fase  si  ottiene  la  precipitazione  delle  sostanze  albuminoidee  col  calore. 

Le  indagini  eseguite  hanno  dato  i  seguenti  risultati: 

Per  la  paralisi  progressiva  :  il  metodo  citodiagnostico  è  di  grande  importanza: 
ha  dato  agli  A  A.  nel  98  %  dei  casi  risultato  positivo. 


NevropcUologia  377 


Nella  maggiore  parte  dei  casi  le  albumine  contenute  nel  liquido  cefalo-rachideo 
sono  aumentate  :  la  prima  fase  della  reazione  è  sempre  positiva  e  questo  secondo  ri- 
sultato è  assai  importante  perchè  negli  individui  che  hanno  avuto  la  sifilide  e  sono 
sani  per  ciò  che  riguarda  il  sistema  nervoso,  o  sono  soltanto  neurastenici,  la  citodia- 
gnosi  dà,  nel  40  7n)  aumento  dei  linfociti  mentre  questa  prova  dà  in  questi  casi 
risultati  sempre  negativi.  ^ 

Anche  nella  tabe  si  ebbero  colla  prova  delle  albumine  il  90  'Vo  ài  casi  con  ri- 
sultato positivo. 

In  altre  malattie  {epilessia^  tumori  cerebrali ^  meningite)  la  prova  dell'albumina 
diede  pure  risultato  negativo.  0.  Ro88t. 

14.  Q.  Sanaa  Salaria,  Su  di  un  caso  di  epilessia  jacksoniana.  —  «Rivista  italiana 

di  Neuropatologia,  Psichiatria  ed  Elettroterapia  »,  voi.  I,  fase.  5,  1908. 

Si  tratta  d'un  antico  sifilitico  in  cui  air  autopsia  venne  riscontrato  in  corri- 
spondenza del  solco  rolandico  di  destra  un  tumore  grosso  quanto  un  pisello,  bianca- 
stro, coriaceo,  situato  sulla  pia  che  aderiva  alla  corteccia.  Questa  era  assottigliata 
e  la  sottoposta  sostanza  midollare  presentava  un  focolaio  di  rammollimento,  grosso 
<luanto  un  uovo  dì  piccione,  diretto  nel  senso  antero-posteriore  ed  approfondantesi 
posteriormente  nel  territorio  della  parietale  ascendente. 

In  vita  erano  state  riscontrate  emiparesi  sinistra  e  convulsioni  unilaterali,  limitate 
alla  stessa  parte  del  corpo.  Gli  accessi  convulsivi  si  seguivano  negli  ultimi  tempi 
con  grande  frequenza  (anche  130  nelle  24  ore)  e  in  uno  di  questi  stati  epilettici 
r  ammalata)  veniva  a  morte  sette  mesi  dopo  il  primo  insorgere  delle  convulsioni. 

L'  esame  istologico  del  nodulo  riscontrato  nel  cervello  fa  ritenere  all'  A.  che  si 
tratti  d'una  gomma  sifilitica  che  ha  portato  l'occlusione  d'un  vaso  appartenente  al 
2"  ramo  della  silviana.  Sirigo, 

15.  B.  Redlich  und  G.  Bonvioini,  Ueber  das  Fehlen  der  Wahrnemkung  der  ei- 

genen  Blindheit  bei  Hirnkrankheiten,  —  «  Jahrbttchern   fUr  Psychiatrie  und 
Neurologie  >,  Bd.  XXIX,  1908. 

In  questo  lavoro  viene  diffusamente  studiato  un  singolare  fenomeno  messo  in  evi- 
denza alcuni  anni  or  sono  da  Anton:  quello  cioè  che  individui  ciechi,  affetti  da  ma- 
lattie cerebrali,  non  si  accorgono  della  loro  cecità,  pur  non  essendo  dementi  né  pre- 
sentando gravi  disturbi  della  coscienza.  Il  sintoma  viene  studiato  attraverso  ai  pochi 
casi  riferiti  nella  letteratura  e,  molto  dettagliatamente,  in  tre  casi  di  propria  osser- 
vazione sottoposti  ad  un  accurato  esame  specie  sotto  il  punto  di  vista  psicologico  : 
nei  due  primi  casi,  in  cui  la  diagnosi  fu  confermata  dall' autopsia  ,8Ì  trattava  rispet- 
tivamente di  un  tumore  del  corpo  calloso  e  di  un  tumore  che  partendo  dalla  metà 
sinistra  del  clivo  comprimeva  la  metà  sinistra  del  ponte;  nel  terzo  caso,  non  seguito 
<la  autopsia,  si  doveva  ammettere  un  focolaio  di  rammollimento  in  corrispondenza 
del  lobo  parietale  di  sinistra  oppure  una  lesione  del  braccio  posteriore  della  capsula 
intema.  Senza  estenderci  a  riassumere  le  numerose  considerazioni  tratte  dallo  studio 
dei  casi  ricordati,  ciò  che  sarebbe  incopatibile  coi  limiti  di  una  rivista,  riportiamo 
le  principali  conclusioni  che  si  riferiscono  allo  speciale  sintoma,  oggetto  fondamen- 
tale del  lavoro  : 


378  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


1.  La  mancanza  del  riconoscimento  della  propria  cecità  è  un  fenomeno  non 
troppo  raro,  che  merita  maggiore  attenzione  di  quanto  finora  abbia  avuta; 

2.  Questo  fenomeno  si  presenta  prevalentemente  nei  casi  di  emianopsia  cere- 
brale bilaterale  con  cecità  assoluta,  ma  può  osservarsi  anche  quando  esistono  traccie 
di  sensibilità  alia  luce  nelle  parti  periferiche  del  campo  visivo; 

3  II  sintoma  si  osserva  non  solo  nei  casi  di  cecità  corticale  consecutiva  a  le- 
sione bilaterale  dei  lobi  occipitali,  ma  anche  in  casi  di  cecità  dovuta  a  malattie  dif- 
fuse del  cervello  ; 

4.  Il  sintoma  può  essere  anche  incostante,  assumere  cioè  il  carattere  dell*  in- 
termittenza ; 

5.  Il  sintoma  non  è  dovuto  né  ad  un  annientamento  permanente  di  tutte  le 
percezioni  e  rappresentazioni  visive,  né  ad  una  completa  distruzione  dei  centri  e  delle 
vie  ottiche  e  delle  loro  connessioni  associative,  né  a  disturbi  della  memoria  e  del- 
r associazione,  né  a  fenomeni  allucinatori  o  di  confabulazione  {Konfahulation)\ 

6.  Malgrado  la  sua  notevole  frequenza  nelle  lesioni  bilaterali  dei  lobi  occipi- 
tali, questo  sintoma  non  ha  alcun  significato  per  la  diagnosi  di  sede  e  non  è  legato 
ad  alcuna  determinata  lesione  di  centri  o  di  vie  ;  esso  rappresenta  piuttosto  un  feno- 
meno parziale  di  una  grave  e  generale  alterazione  delle  funzioni  cerebrali: 

7.  Spesso  invece  del  ricordato  sintoma  si  nota  una  grande  rassegnazione  o  in- 
dolenza di  fronte  al  difetto; 

8.  In  casi  di  restringimento  concentrico  del  campo  visivo  conseguente  ed  emia- 
nopsia cerebrale  bilaterale  manca  invece  spesso,  specie  air  inizio  della  malattia,  la 
coscienza  del  residuo  del  campo  visivo  ancora  esistente.  Zalla, 

16.  A.  Knoblauoh,  Das  Wesen  der  My astenie  und  die  Bedeutung  der  «  hellen  > 
Muskelfasern  filr  die  menschìiche  Patlwlogie  {Mit  16  Abb,).  —  «  Frank- 
furter Zeitschrift  fùr  Pathologie  »,  Bd.  2,  H.  1,  1908. 

Se  r  individualità  clinica  della  Myastenia  gravi»  può  considerarsi  ormai  net- 
tamente definita,  non  é  men  vero  che  sulla  sua  intima  natura  i  concetti  che  fino  ad 
ora  sono  stati  enunciati  hanno  il  valore  di  ipotesi  più  o  meno  ingegnose  e  nulla  più. 
Per  altro  le  ricerche  anatomo-patologiche  e  cliniche,  già  abbastanza  numerose,  hanno 
messo  in  evidenza  tre  dati  di  fatto  bene  accertati,  dei  quali  deve  tener  conto  chiunque 
si  accinga  a  indagare  la  vera  essenza  della  malattia  di  £rb.  Tali  dati  di  fatto  sono: 
1.  La  frequente  coesistenza  della  malattia  con  anomalie  congenite  di  sviluppo  (tu- 
mori, malformazioni)  ;  2.  La  presenza  di  una  infiltrazione  parvicellulare  perivascolare 
nel  tessuto  muscolare;  3.  La  eliminazione  di  acido  lattico  nel  sangue  e  uelV orina 
degli  ammalati. 

Per  quel  che  riguarda  V  infiltrazione  parvicellulare  nei  muscoli,  fatto  che  ha  in 
modo  speciale  richiamata  l'attenzione  degli  osservatori  più  recenti  e  che  l'A.  ha  po- 
tuto confermare  in  due  casi  tipici  di  propria  osservazione,  sorge  spontanea  la  do- 
manda se  essa  abbia  qualche  rapporto  con  la  miastenia.  In  realtà  si  tratta  sempre 
di  accumuli  di  cellule  relativamente  minimi  che  non  possono  spiegare  la  grave  .sin- 
tomatologia clinica  e  tanto  meno  la  morte  improvvisa  che  così  di  frequente  colpisce 
gli  ammalati,  per  cui  è  ragionevole  ammettere  che  i  ricordati  accumuli  cellulari 
rappresentino  solo  una  conseguenza  dell'azione  dannosa  esercitata  dalla  fatica  sopra 
la  muscolatura  che  si  trova  in  uno  stato  di  continuo  esaurimento:  difatti  è  stata 
dimostrata  una  infiltrazione  parvicellulare  anche  nei  muscoli  di  animali  sperimen- 
talmente iperaffaticati. 


Nevrojxitoloffia  379 


Ma  Tesarne  istologico  dei  muscoli  di  individui  colpiti  da  miastenia  grave  di- 
mostra un  fatto  assai  più  interessante,  del  quale  nessuno  fino  ad  ora  aveva  ricono- 
sciut>a  r importanza:  accanto  alle  comuni  fibre  <  rosse  »  si  trovano,  spesso  in  numero 
prevalente,  delle  fibre  muscolari  «  pallide  ».  Da  questo  fatto  che  ha  costantemente 
osservato  nei  preparati  riferentisi  ad  otto  casi  di  Myastenia  gravisy  TA.  ha  preso 
le  mosse  per  stabilire  un  nuovo  e  seducente  concetto  patogenetico  della  malattia  in 
questione. 

La  esistenza  di  muscoli  diversamente  colorati  nei  Vertebrati  è  nota  già  da  lungo 
tempo,  e  bene  studiate  sono  le  proprietà  fisiologiche  che  caratterizzano  le  due  specie 
di  fibre  muscolari:  le  fibre  pallide  iniziano  il  movimento  e  si  stancano  rapidamente, 
le  fibre  rosse  continuano  il  movimento  iniziato  ed  hanno  una  resistenza  molto  grande 
di  fronte  alla  fatica  ;  le  fibre  pallide  reagiscono  prontamente  allo  stimolo  faradico  e 
si  esauriscono  con  grande  facilità,  le  fibre  rosse  reagiscono  lentamente,  ma  la  con- 
trazione ha  una  lunga  durata;  le  fibre  pallide  hanno  una  tenue  capacità  di  ridu- 
zione per  cui  durante  Inattività  contengono  una  quantità  di  acido  lattico  superiore 
a  quella  contenuta  nelle  fibre  rosse.  Oltre  a  ciò  le  due  specie  di  fibre  sono  carat- 
terizzata da  una  speciale  struttura  istologica  dalla  quale,  più  che  dalla  loro  diver- 
sità di  colore,  sono  rese  riconoscibili  nei  diversi  animali  :  tale  struttura  non  è  identica 
per  tutte  le  specie  zoologiche,  ma  abbastanza  numerosi  sono  i  caratteri  comuni  che 
la  rendono  riconoscibile. 

La  presenza  di  fibre  pallide  nella  muscolatura  dell'uomo  è  ricordata  solo  in 
pochissimi  lavori:  dégna  di  uno  speciale  interesse  appare  la  descrizione  di  Arnold, 
riferentesi  ad  una  donna  già  operata  di  un  cistoadenoma  ovarico  e  morta  improvvisa- 
mente senza  che  V  autopsia  rivelasse  le  cause  di  tale  esito  repentino.  In  questo  caso 
le  fibre  muscolari  pallide  erano  estremamente  numerose  e  dall' ananmesi,  raccolta 
diligentemente  da  Knoblauch,  si  potè  stabilire  che  con  la  massima  probabilità  la 
donna  in  questione  era  stata  affetta  da  «  miastenia  grave  »  malattia  che  natural- 
mente, data  l'epoca  in  cui  il  caso  era  stato  studiato  (anno  1886),  non  aveva  potuto 
essere  diagnosticata. 

Le  poche  osservazioni  fatte  sinora  non  bastano  per  affermare  che  la  prevalenza 
delle  fibre  muscolari  pallide  sia  esclusiva  della  miastenia,  poiché  troppo  scarse  sono 
ancora  le  nostre  nozioni  in  proposito;  è  certo  per  altro  che  un  aumento  patologico 
delle  fibre  pallide  a  scapito  di  quelle  rosse  dovrebbe,  teoricamente,  determinare  nel- 
l'uomo delle  manifestazioni  cliniche  identiche  a  quelle  che  caratterizzano  la  malattia 
di  Erb-Goldflam:  facile  esauribilità,  reazione  miastenica  ecc.;  e  questi  fatti  dovreb- 
bero con  maggiore  evidenza  riscontrarsi  a  carico  di  quei  muscoli  (cuore,  muscoli  ocu- 
lari, muscoli  adibiti  alla  masticazione  ed  alla  deglutizione)  che  in  tutti  i  Mammi- 
feri risultano  quasi  esclusivamente  costituiti  da  fibre  rosse  ed  hanno  una  massima 
attività:  è  quello  che  si  verifica  appunto  nella  miastenia  grave. 

Per  quel  che  concerne  la  causa  prima  della  prevalenza  della  muscolatura  pal- 
lida, che  rappresenterebbe  la  base  anatomica  essenziale  della  malattia  di  Erb,  di- 
versi fatti  lasciano  sospettare  che  si  tratti  di  una  anomalia  cojigenita  dello  sviluppo: 
depongono  in  questo  senso  le  nozioni  che  possediamo  intorno  alla  evoluzione  della 
fibra  muscolare  striata  e  la  frequente  concomitanza  della  malattia  in  questione  con 
altre  anomalie  di  sviluppo  e  con  neoplasie  di  varia  specie. 

A  questo  concetto  non  contraddice  in  modo  assoluto  la  comparsa  spesso  relati- 
vamente tardiva  dei  sintomi  morbosi,  spiegabile  con  la  sommazione  graduale  delle 
azioni  nocive  (iperaffaticamento,  autosintossicazione  delle  fibre  pallide  iperaffaticate) 


380  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


e  col  graduale  aumento  delle  fibre  che  vengono  ad  atrofizarsi  in  seguito  al  conse- 
guente processo  di  miosite  cronica  degenerativa  quale  è  testimoniato  dalle  infiltra- 
zioni intramuscolari. 

In  base  a  questi  concetti,  di  cui  dobbiamo  limitarci  a  dare  un  breve  sunto,  si 
potrebbe  forse  spiegare  la  patogenesi  di  un'altra  malattia  di  cui  finora  ben  poco 
sappiamo:  la  Myotonia  congenita  o  morbo  di  Thomsen.  Ammettendo  infatti  una 
prevalenza  patologica  delle  fibre  muscolari  rosse,  si  spiegherebbero  agevolmente  tutti 
i  sintomi  clinici  di  questa  malattia:  la  reazione  miotonica  è  appunto  la  reazione 
della  muscolatura  rossa. 

Non  dobbiamo  maravigliarci  infine  se  la  reazione  miastenica  non  è  esclusiva 
della  miastenia  grave,  poiché  ammettendo  che  in  tutti  i  muscoli  scheletrici  deiruomo 
si  trovino  delle  fibre  pallide  si  capisce  teoricamente  come  tale  reazione  possa  osser- 
varsi nei  casi  in  cui  è  lesa  la  maggioranza  delle  fibre  rosse,  ^nche  senza  che  sia 
avvenuto  un  aumento  delle  fibre  pallide:  se  questo  fatto  realmente,  si  verifichi  do- 
vranno stabilire  esami  istologici  condotti  sulla  guida  che  le  nuove  e  seducenti  ve- 
dute dell' A.  hanno  tracciata.  Zalla, 


17.  I.  Wickinann,  Beitràge  zur  Kenntnis  der  Heine-Medinschen  Krankheit 
{Polyomielitis  acuta  und  verwandter  Erkrankungen).  —  Un  voi.  di  300  pagg., 
Berlin,  1907  (S.  Karger). 

Il  libro  di  Wickmann,  uscito  sul  finire  del  decorso  anno,  offre  un  pregio  che  è 
assai  rilevante  in  questa  nostra  epoca  di  enorme,  forse  eccessiva,  produzione  :  quello 
cioè  di  coordinare  le  cognizioni  acquisite  e  sparse  in  varie  pubblicazioni,  attorno  ad 
un  dato  argomento.  Quello  scelto  dall' A.  è  certamente  uno  dei  più  importanti,  ed 
egli  vi  porta  la  competenza  derivante  da  una  larga  esperienza  personale;  perciò  il 
lettore  oltre  a  un  chiaro  riassunto  delle  cose  conosciute,  molte  altre  ve  ne  trova  di 
nuove  ed  originali. 

Lo  studio  è  svolto  con  intendimenti  sopratutto  clinici  e  dell'anatomia  patolo- 
gica ex-professo  poco  si  trova  benché  non  manchino  qua  e  là  nei  vari  capitoli  ac- 
cenni non  privi  di  interesse. 

Col  nome  di  malattia  di  Heine-Medin  l'A.  distingue  un  gruppo  di  malattie  le 
quali  hanno  un'unica  etiologia:  al  centro  di  questo  sta  la  poliomielite  acuta  dei  bam- 
bini, attorno  varie  altre  forme  e  dei  bambini  stessi  e  degli  adulti.  Della  malattia 
l'A.  distingue,  clinicamente,  otto  forme:  1)  forma  spinale;  2)  forme  che  decorrono  col 
quadro  clinico  della  paralisi  di  Landry;  3)  forme  nelle  quali  sono  interessate  se- 
zioni più  alte  del  nevrasse  (forma  bulbare  Medin),  (forma  pontina  Oppenheim): 
4)  forme  cerebrali;  5)  forma  atassica;  6)  forma  polineuritica ;  7)  forma  meningitica: 
8)  forme  abortive. 

Uno  dei  più  interessanti  capitoli  è  il  terzo  il  quale  contiene  un  vero  studio  epi- 
demiologico sulla  forma  in  discorso.  I  risultati  degli  studi  personali  permettono 
air  A.  di  concludere  che  la  poliomielite  acuta  è  da  annoverarsi  fra  le  malattie 
contagiose:  nel  capitolo  seguente  che  tratta  dell' etiologia  l'A.  riconosce  però  che 
l' agente  ne  è  tuttora  sconosciuto  :  le  ricerche  da  lui  istituite  a  questo  riguardo  die- 
dero risultati  completamente  negativi. 

L'ultimo  capitolo  e  dedicato  alla  prognosi:  questa  è  sempre  grave  anche  quoad 
rìtam  e  più  grave  negli  adulti  che  non  nei  fanciulli. 

O.  Rossi, 


Psichiatria  i)8i 


Psicliiatria. 

18.  K.  Abraham,   Ueher  die  Bedeutung  sexueller  lugendtraumen  fiir  di  Symp- 

tomatologie  der  Dementia  praecox.  —  «  Centralblatt  ftir  Nervenheilkunde  und 
PsTchiatrie  »,  Bd.  18,  N.  238,  U>07. 

Freud  aveva  affermato  come  certe  forme  di  isteria  prendessero  origine  da  un 
trauma  psico-Bessuale  delP  età  antecedente  alla  pubertà,  ma  poi  ha  corretto  la  teoria 
soggiungendo  che  il  trauma  psichico  ha  influenza  in  quanto  esiste  già  neir  in- 
dividuo una  sessualità  abnorme,  attribuendo  così  una  importanza  secondaria  al 
trauma  :  e  poiché  sono  molteplici  i  punti  di  contatto  fra  isteria  e  demenza  pre- 
coce, l'A.  tenta  di  dimostrarne  uno  nuovo  fra  le  due  malattie,  in  base  al  significato 
che  può  avere  un  trauma  psico-sessuale  dell'età  giovanile,  in  individui  che  divennero 
poi  dementi  precoci.  E  per  i  casi  clinici  che  egli  presenta  può  affermare  che  esiste 
una  perfetta  analogìa  fra  il  trauma  psico-sessuale  e  il  contenuto  delle  allucinazioni 
visive  e  uditive,  senza  però  che  tal  trauma  possa  aver  avuto  una  qualche  influenza 
causale  sulla  demenza  e  sulle  sue  allucinazioni.  Inoltre  osserva  che  all'epoca  del 
trauma  esisteva  già  una  anormalità  sessuale  che  potrebbe  anche  interpretarsi  come 
precursoria  della  demenza  precoce  stessa.  L'A.  ricorda  ancora  che  Freud  ha  rilevato 
che  gli  avvenimenti  della  fanciullezza  hanno  una  influenza  sul  contenuto  dei  sogni, 
e  conclude  affermando  l'esistenza  di  analogia  fra  sogni,  isteria  e  demenza  precoce: 
aggiunge  che  non  sempre  si  può  stabilire  o  escludere  che  non  si  sia  verificato 
nella  prima  giovinezza  un  fatto  che  eserciti  una  certa  influenza  sul  contenuto  delle 
allucinazioni  dei  dementi  precoci.  Turchi, 

19.  Dr.  Jahrm&rker,  Zur  frage  der  AmenUa,  —  «  Centralblatt  ftir  Nervenheil- 
kunde und  Psychiatrie  »,  Bd.  XVIH.  N.  242,  1907. 

20.  E.  Stransky,  Zur  Amentiafrage.  —  «  Centralblatt  ftìr  Nervenheilkunde  und 

Psychiatrie  »,  Bd.  XVm.  N.  248,  1907. 

Jahrmàrker  parte  dal  principio  della  necessità  che  siano  abbracciati  dalla 
stessa  designazione  malattie  identiche  e  non  stati  simili  e  richiama  un  suo  lavoro 
nel  quale  ha  stabilito  che  l'amenza  si  presenta  colla  frequenza  del  1^%  degli  uomini 
e  O^/o  delle  donne  meatecatti.  Osserva  in  questo  nuovo  lavoro  che  tal  cifra  è  esagerata 
perchè  stati  acuti  che  simulavano  l'amenza  furon  poi  riconosciuti  come  iniziali  di  una 
fonna  maniaco-depressiva,  o  di  una  demenza  precoce:  casi  in  cui  una  più  accurata 
osservazione  dei  sintomi  avrebbe  fatto  accorto  dell'errore;  sebbene  spesso  (ed  accenna 
a  due  casi  osservati)  una  differenziazione  fra  amenza  e  forma  maniaco-depressiva, 
amenza  e  demenza  precoce  sia  assai  difficile.  Alle  percentuali  suaccennate  oltre  a 
queste  occorre  detrarre  le  psicosi  acute  da  infezione  e  quelle  che  si  presentano  du- 
rante la  gravidanza,  il  puerperio,  e  l'allattamento,  di  modo  che  si  può  stabilire  che 
l'amenza  è  una  malattia  molto  rara  di  cui  l'A.  non  osserva  da  qualche  anno  nessun 
caso  puro. 

Stransky  pur  concludendo  che  l'amenza  non  è  tanto  frequente  come  si  crede, 
trova  esagerato  il  pessimismo  di  J ah r marker,  a  determinare  il  quale  hanno  forse 
concorso  cause  d'errore  diverse.  Obbietta  infatti  prima  di  tutto  che  il  non  aver  l'A. 
osservato  da  qualche  anno  casi  di  vera  amenza,  non  autorizza   jv    dichiarar    per   ciò 


Ì382  lìivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


rara  la  malattia:  inoltre  i  inalati  di  amenza  non  tutti  giungono  alla  clinica  psi- 
chiatrica, trattenuti  nelle  cliniche  di  malattie  nervose,  nelle  generali,  e  a  domicilio  e 
perchè  spesso  l'amenza  si  unisce  ad  altre  malattie  fisiche,  e  perchè  la  prognosi 
favorevole  fa  evitare  un*  ammissione  generalmente  non  veduta  di  buon  occhio,  e 
perchè  alcuni  psichiatri  non  credono  opportuno  per  gli  amenti  il  ricovero  in  clinica. 
A  queste  cause  di  errore  pel  computo  della  frequenza  si  aggiunga  che  molti  casi  di 
amenza  sono  designati  come  forma  mista  di  psicosi  maniaco-depressive,  che  se  una 
forma  acuta  si  presenta  due  volte  in  uno  stesso  individuo  si  tenta  di  applicarne  i 
sintomi  cardinali  allo  schema  della  psicosi  maniaco-depressiva,  come  se  non  fosse 
possibile  una  recidiva  dell'amenza  pura.  Non  trova  giusta  l'esclusione  dal  gruppo 
«  amenza»  fatta  da  Jahrm&rker  delle  forme  infettive  a  carattere  amenziale  e  dei 
deliri  di  colasso:  né  è  da  negarsi  la  cosidetta  forma  cronica  di  amenza  che  può 
esser  periodica  (ed  esistono  criteri  per  differenziarla  dalla  demenza  precoce)  o  può 
condurre  a  morte:  dell'una  e  dell'altra  particolare  forma  cronica  riferisce  in  succinto 
la  storia  clinica. 

I  due  AA.  concludono  concordemente  che  la  questione  non  può  dirsi  definita 
e  il  secondo  particolarmente  al  riguardo  della  possibilità  della  forma  cronica  del- 
l' amenza.  Turchi. 

21.  Boegre,    JJie  periodische  Paranoia,  —  «  Archi v  ftlr  Psychiatrie  und  Nerven- 

krankheiten  »,  Bd.  43,  H.  1. 

L'A.  dopo  aver  definita  la  paranoia  in  base  ai  concetti,  ormai  noti,  di  Kraepe- 
lin,  escludendo  da  essa  i  casi  nei  quali  ci  sono  delle  allucinazioni  nel  senso  stretto 
della  parola,  quelli  nei  quali  le  idee  deliranti  sono  di  una  assurdità  assoluta,  ma- 
nifesta, quelli  nei  quali  il  sistema  delirante  è  sconnesso,  variabile,  a  tema  frivolo, 
passa  in  esame  i  vari  casi  pubblicati  nella  letteratura  di  paranoia  cosidetta  pe- 
riodica e  conclude  che  nessuno  di  essi  presenta  le  qualifiche  della  paranoia  vera. 

Trattasi  di  demenza  precoce  (casi  di  Mendel)  di  psicosi  maniaco-depressiva  (caso 
di  Kausch)  di  confusione  mentale  (casi  di  Greidenberg)  di  alcoolisrao  ecc.  Perciò 
fino  ad  ora  non  sono  state  raccolte  osservazioni,  nelle  quali  la  diagnosi  non  sìa  dubbia, 
che  appoggino  il  concetto  dell'esistenza  di  una  paranoia  periodica. 

0,  Bossi. 

22.  R.  Mifirnot,  B.  Schrameck,  L.  Parrot,    Valeur  diagnostique  des  troubles 

oculaires  dans  la  paralysie  generale.  —  «  Encéphale  »,  n.  6,  1907. 

Già  in  un'altra  nota  gli  AA.  hanno  riferito  i  risultati  di  numerosissime  osserva- 
zioni sull'esame  dei  disturbi  oculari  nei  paralitici  progressivi  ed  in  altri  ammalati 
di  mente.  Ora  si  propongono  di  studiare  quale  valore  diagnostico  possono  avere 
questi  sintomi  nella  paralisi  progressiva.  Dopo  aver  esposto  e  commentato  le  statistiche, 
gli  AA.  possono  formulare  le  conclusioni  seguenti: 

I  disturbi  morfologici  dell'occhio  non  hanno  alcun  valore  diagnostico  per  la  loro 
incostanza  e  la  loro  apparizione  tardiva.  —  I  disturbi  della  sensibilità  sono  comuni 
anche  alle  altre  malattie  mentali  e  diflìcilmente  si  possono  rilevare  con  esattezza  viste 
le  condizioni  mentali  dei  pazienti.  Pure  lo  studio  dei  disturbi  sensoriali  ha  pochissima 
importanza.  —  L'alterata  funzione  dei  muscoli  esterni  dell'occhio,  quando  non  sopraT- 
viene  per  causa  di  qualcuno  dei  fattori  etiologici  abituali  (tumore,  infezioni,  intos- 


Psichiatria  383 


sicazioDi)  stanno  ad  indicare  l'esistenza  della  sifilide  cerebrale,  della  tabe  e  della 
paralisi  generale.  —  Il  loro  significato  è  dunque  sempre  grave,  ma  non  possono  mai 
rivelare  con  sicurezza  a  quale  tra  queste  malattie  essi  appartengono.  —  Fra  tutti  i 
sint<»mi  oculari  osservati  nella  paralisi  generale  i  disturbi  pupillari  sono  quelli  di 
maggior  importanza  diagnostica:  a)  L* ineguaglianza  pupillare  è  un  sintoma  molto 
frequente,  ma  se  non  s'accompagna  ad  altri  sintomi  ha  poco  valore  perchè  può  essere 
provocato  anche  da  fattori  svariati  e  banali;  h)  La  miosi,  malgrado  la  sua  poca 
frequenza  ha  un  vero  valore  diagnostico  ed  è  particolarmente  utile  qualora  soprav- 
venga durante  il  decorso  di  nevrastenie  o  di  melancolie  ;  e)  La  midriasi  ha  poca 
importanza  massime  se  non  s'  accompagna  all'abolizione  dei  riflessi  ;  d)  La  diminu- 
zione del  riflesso  alla  luce  ha  grande  importanza:  se  però  moltissime  volte  è  da  im- 
putarsi alla  paralisi  generale,  allft  tabe,  od  alla  sifilide  cerebrale,  accade  tuttavia  che 
sia  causata  da  un'alterazione  passeggera  della  innervazione  dell'  iride  ;  e)  L'abolizione 
del  riflesso  alla  luce  è  il  più  importante  di  tutti  i  sintomi  sino  ad  ora  descritti;  si 
deve  ricordare  però  che  può  trovarsi  anche  negli  alcoolisti  ed  eccezionalmente  anche 
in  altri  ammalati  di  mente  esenti  da  sifilide  e  da  lesioni  oculari;  /)  La  diminuzione 
e  1'  abolizione  del  riflesso  all'  accomodazione  hanno  lo  stesso  significato  e  la  stessa 
importanza  della  diminuzione  e  dell'abolizione  del  riflesso  luminoso. 

Gli  AA.  concludendo  osservano  che  i  disturbi  pupillari  più  importanti  non  sfug- 
gono alla  legge  di  patologia  generale  che  impedisce  di  considerare  come  patognomo- 
nico  di  una  data  malattia  qualunque  fenomeno:  la  diagnosi  si  deve  dedurre  non 
dalla  constatazione  di  un  sintoma  ma  da  tutto  un  insieme  sintomatico. 

Sandri, 

23.  O.  Kòlpin,  Ueber  Dementia  praecox,  insbesondere  die  paranoide  Form  der- 
selben,  —  «  Allgemeine  Zeitschrift  fùr  Psychiatrie  »,  Bd.  65,  H.  1,  1908. 

Le  osservazioni  seguenti  sono  state  eseguite  sopra  100  individui,  tutti  di  sesso 
femminile,  aiFetti  da  demenza  precoce  nel  senso  di  Kraepelin,  che  l'A.  ha  potuto 
studiare  dall' inizio  della  malattia  fino  allo  stadio  terminale  di  essa:  furono  presi  in 
considerazione  soltanto  i  casi  in  cui  si  potè  stabilire  una  diagnosi  sicura. 

Riguardo  all' etiologia,  esisteva  una  ben  manifesta  tara  ereditaria  nel  50%  di 
tutti  i  casi:  essa  era  più  frequente  nella  forma  catatonica  (61,  O^o)  che  non  nelle 
forme  ebcfrenica  (45,  2  ^q)  e  paranoide  (43,  6  %)  ;  minima  nelle  forme  a  sviluppo 
tardivo. 

Tra  le  cause  occasionali,  di  cui  si  aveva  notizia  in  33  casi,  figuravano  in  prima 
linea  i  più  svariati  shok  psichici,  qualche  volta  i  parti  e  diverse  malattie  infettive. 
In  5  casi  preesisteva  l'imbecillità. 

L'età  in  cui  la  malattia  si  era  iniziata  variava  entro  limiti  molto  estesi:  il 
maggior  numero  dei  casi  si  era  sviluppato  tra  i  26  e  i  30  anni  per  la  forma  ebe- 
frenica,  tra  i  21  e  i  25  per  la  forma  catatonica,  tra  i  36  e  i  50  per  la  forma  pa- 
ranoide. 

Il  quadro  clinico  delle  tre  forme  di  demenza  precoce  deve  essere  studiato  sepa- 
parstomente:  noi  ci  limiteremo  a  rilevare  alcuni  dati  più  importanti. 

La  forma  ebefrenica  aveva  avuto  nella  quasi  totalità  dei  casi  uno  sviluppo  subdolo 
e  graduale:  solo  in  due  casi  si  poteva  parlare  di  un  inizio  subacuto;  il  decorso  fu 
sempre  progressivo;  nulla  la  tendenza  a  remissioni  di  qualche  rilievo;  esito  in  uno 
Btato  di  profonda  demenza  e  di  assoluta  apatia. 


384  Ricista  di  Patologia  ìiervosa  e  mentale  -  Psichiatria 

Nei  casi  del  gruppo  catatonico  la  malattia  ebbe  quasi  sempre  un  inìzio  acuto  o 
subacuto,  con  stati  depressivi,  stuporosi  o  di  eccitamento,  con  allucinazioni,  spesso 
con  idee  deliranti  di  persecuzione,  di  colpa,  talora  anche  ipocondriache.  Nel  decorso 
della  malattia  le  allucinazioni  ebbero  sempre  una  parte  predominante.  In  circa  un 
terzo  dei  casi  si  osservarono  remissioni  di  lunga  durata,  ma  V  esito  fu  sempre,  come 
per  la  forma  precedente,  un  grave  stato  demenziale. 

I  casi  appartenenti  alla  forma  paranoide  ebbero  quasi  tutti  uno  sviluppo  più  i» 
meno  cronico:  in  quattro  soltanto  l'inizio  fu  acuto  o  subacuto.  Le  allucinazioni  domi- 
navano spesso  tutto  il  quadro  morboso  nel  periodo  iniziale;  in  qualche  caso  conser- 
varono la  loro  importanza  anche  negli  stadi  successivi,  ma  per  lo  più  andarono  a 
poco  a  poco  diminuendo  di  numero  e  d'intensità.  Per  quel  che  riguarda  il  decA)rs4> 
e  l'esito  della  forma  paranoide  si  possono  distinguere  i  tre  tipi  seguenti:  a)  il  pri- 
mitivo sistema  delirante  diviene  sempre  più  complicato,  più  ampio,  più  astruse»  e 
inverosimile,  esistono  numerose  allucinazioni,  ma  i  pazienti  rimangono  lucidi  e  affet- 
tivi, senza  subire  gravi  perdite  intellettuali;  6)  anche  in  questo  gruppo  si  costruiscf 
un  sistema  delirante,  il  quale  non  subisce  apprezzabili  modificazioni.  Le  allucina- 
zioni esistono  ma  sono  poco  avvertite  dagli  ammalati.  L' intelligenza  non  va  soggetta 
a  perdite  grossolane,  ma  i  discorsi  divengono  spesso  affatto  incoerenti;  e)  le  idef 
deliranti  non  si  ordinano  in  un  sistema,  ^ouo  confuse  e  mutevoli.  L' affettività  dimi- 
nuisce molto.  Il  contegno  e  i  discorsi  divengono  sempre  più  assurdi.  Accentuatissimo 
ò  il  difetto  intellettuale. 

Dall'osservazione  di  tutte  le  varie  forme  di  demenza  precoce  risulta  che  questa 
malattia  non  è  suscettibile  di  una  vera  guarigione,  che  in  ogni  cas<»  essa  è  l' espres- 
sione di  un  processo  morboso  distruttivo. 

I  rapporti  tra  le  forme  ebefrenica  e  catatonica  della  demenza  precoce  sono  ormai 
ben  definiti:  molto  discussa  è  invece  tuttora  la  posizione  nosologica  della  forma  pa- 
ranoide. Kraepelin  distingue  in  questa  forma  due  sotto-gruppi,  di  cui  uno  corri- 
sponde al  tipo  e,  l'altro  ai  tipi  a  e  h  sopra  ricordati.  Ora,  se  il  tipo  e  ha  con  le 
altre  forme  di  demenza  precoce  dei  rapporti  strettissimi,  tanto  che  talvolta  è  assai 
difiicile  stabilire  una  diagnosi  differenziale,  lo  stesso  non  può  dirsi  dei  tipi  h  e  e: 
questi  da  un  lato  si  allontanano  dalla  demenza  precuce  per  la  lentezza  con  cui  s^i 
stabilisce  il  difetto  intellettuale,  il  quale  inoltre  si  mantiene  sempre  in  limiti  mwle- 
derati;  dall'altro  si  difterenziano  dalla  paranoia  pura,  quale  è  definita  da  Kraepelin, 
per  il  contenuto  assurdo  delle  idee  deliranti,  per  l'importanza  che  vi  assumono  le 
allucinazioni,  per  l'esito  in  difetto  intellettuale  più  o  meno  accentuato.  Tenendo 
conto  di  tutti  questi  caratteri  appare  giustificato  il  considerare  questo  gruppo  della 
forma  paranoide  come  un  quadro  morboso  a  sé,  al  quale  soltanto  dovrebbe  riservarsi 
il  nome  di  demeiìza  paranoide^  mentre  i  casi  appartenenti  al  nostro  tipo  e  dovreb- 
bero indicarsi  semplicemente  come  «  forme  paranoidi  della  demenza  precoce  ».  Anche 
questa  classificazione  non  ha  certo  la  pretesa  di  essere  immutabile:  è  in  accordo  con 
le  osservazioni  cliniche,  ma  solo  l'anatomia  patologica  potrà  dire  in  proposito  l'ul- 
tima parola.  Un'  ultima  considerazione  relativa  alla  nomenclatura.  Il  termine  «  de- 
menza precoce  »  è  stato  molto  criticato  perchè  l'aggettivo  «  precoce  »  non  è  esatto 
per  un  gran  numero  di  casi:  si  potrebbe  sostituirlo,  tenendo  conto  del  sintoma  fon- 
damentale della  malattia,  con  quello  di  «  demenza  dissociativa  ». 

Zolla, 


Fireii/.e,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.      Prof.  E.  TanZI,  Direttore  responsabile. 


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Rivista  di  Patologia  neniosa  e  mentale 

DIRETTI   DI 

E.    TANZI 

(fIBBM7.s) 

(boma)  (obuova) 

(hodbxa) 


Redattori  t 

O.  ROSSI 

O.  SANDBI    —    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof,  TANZI,  Clinica  di  San  Salvi,  Firenze. 


VoL.  XIII  Firenze,  Settembre  1808  Fase.  9 


COMUNICAZIONI  OEIGINALI 


Clinica  delle  malattie  nervose  e  mentali  deir  iHtituto  di  Studi  superiori  in  Firenze 
diretta  dal  prof.  £.  Tanzi 


La  ''  precipitazione  della  lecitina  " 
nella  sierodiagnosi  della  sifilide  e  delle  atfezioni  metasifllitiche 

per  il  dott.  M.  Zalla,  Assistente 


11  metodo  della  deviazione  del  complemento  (Bordet  e  Gengou)  appli- 
calo da  Wassermann,  Neisser,  Uruck  e  Plaut  alla  sierodia^nosi  della  si- 
filide e  delle  affezioni  metasifllitiche  del  sistema  nervoso,  lia  dato  in  mano  di 
numerosi  ricercatori  risultati  così  sodisfacenti,  che  il  suo  valore  pratico  non 
può  più  esser  messo  in  dubbio;  sebbene  l'interpretazione  teorica  della  prova 
di  Wassermann  sia  molto  discussa  e  da  pochi  accolta  nella  forma  schema- 
tica sostenuta  dai  primi  AA.  che  si  occuparono  dell'argomento,  nel  senso  cioè 
del  legame  tra  un  anticorpo  specifico  contenuto  nel  siero  degli  ammalati  e  il 
corrispondente  antigene  estratto  dal  fegato  di  feti  sifilitici.  Se  per  altro  l'at- 
tendibilità del  metodo  può  considerarsi  presso  che  assoluta,  è  certo  che  la  sua 
esecuzione  è  complessa  e  difficile,  richiedendo  uno  strumentario  abbastanza  com- 
plicato e  delle  estese  cognizioni  teoriche  e  tecniche. 


386  M.  Zalla 


Si  capisce  quindi  come  siano  giustificati  i  vari  tentativi  che,  anche  in  base 
a  considerazioni  di  ordine  teorico,  furono  fatti  per  trovare  un  procedimento 
che  arrivasse  al  medesimo  fine  con  una  maggiore  semplicità  di  mezzi.  La  so- 
stituzione dell'estratto  di  fegato  sifilitico  con  estratto  acquoso  di  fegato  nor- 
male (Marie  e  Lèvaditi),  con  estratto  alcoolìco  di  organi  di  animali  sani,  in 
special  modo  di  cuore  di  cavia  (Landsteiner),  con  una  emulsione  di  lecitina 
(Porges)  semplificava  alquanto  il  metodo  originale  ma  non  riduceva  il  nu- 
mero delle  operazioni  tecniche  né,  d'altra  parte,  si  dimostrò  del  tutto  indif- 
ferente per  la  specificità  della  reazione;  per  cui  fu  presto  abbandonata  nella 
pratica. 

Della  massima  semplicità  e  quindi  alla  portata  di  tutti  sarebbero  invece 
quei  metodi,  recentemente  esposti  da  vari  AA.,  fondati  sul  fenomeno  della  «  pre- 
cipitazione »:  se  non  che  alcuni  di  essi  sono  già  stati  riconosciuti  fallaci  da  stu- 
diosi di  non  dubbia  competenza,  altri,  come  quello  di  cui  mi  occupo  in  questa 
nota,  vanno  pure  dimostrandosi,  con  l'estendersi  delle  ricerche,  privi  di  ogni 
specificità. 

Il  primo  di  questi  metodi  fu  indicato  da  Fornet  e  Schereschewsky, 
i  quali  trovarono  che  mettendo  in  contatto  il  siero  di  un  sifilitico  di  data  re- 
cente col  siero  dì  paralitici  o  di  tabetìci  compare  al  limite  tra  i  due  liquidi 
un  intorbidamento  ad  anello:  il  fenomeno  sarebbe  dovuto  secondo  Fornet  alla 
reazione  di  due  elementi,  il  precipitinogeno  contenuto  nel  siero  dei  sifilitici  nello 
stadio  florido  dell'infezione  e  la  precipitina  che  si  troverebbe  nel  siero  dei  me- 
tasifiiitici.  Questo  metodo,  sottoposto  ad  esperienze  di  controllo  da  Plaut,  Heuck 
e  Rossi,  è  risultato  non  specifico  e  quindi  privo  di  valore  pratico;  né  la  re- 
cente risposta  di  Fornet  e  Schereschewsky  contiene  argomenti  abbastanza 
probativi  contro  le  conclusioni  dei  ricordati  AA.  E  lo  stesso  può  dirsi  della 
prova  dì  Mìchaelis,  secondo  la  quale  si  avrebbe  una  precipitazione  mettendo 
in  contatto  l'estratto  acquoso  di  organi  sifilitici  con  siero  dì  sifilitici  (Plaut, 
Heuck,  Rossi),  e  di  quella  ancor  più  semplice  di  Klausner  che  si  fa  me- 
scolando dell'acqua  distillata  con  i  sieri  luetici,  ciò  che  determinerebbe  la 
precipitazione  di  una  globulina  (Citron,  Nobl  e  Arzt,  ecc.). 

Di  maggior  fiducia  sembrò  meritevole  il  metodo  della  precipitazione  della 
lecitina  indicato  da  Porges  e  Meier  (1907).  Questi  AA.  trovarono  che  mesco- 
lando in  eguale  quantità  un  siero  di  sifilitico  con  una  emulsione  di  lecitina 
si  verifica  dopo  un  certo  tempo  una  precipitazione  in  fiocchi  (Àusfìockung) 
della  lecitioa.  stessa:  il  fenomeno  non  avverrebbe,  in  presenza,  dfil  siero  di  in- 
dividui non  sifilitici,  per  cui  la  reazione  avrebbe  il  carattere  della  specificità. 
In  seguito  altri  AA.  (Plaut,  Nobl  e  Arzt)  provarono  il  metodo,  e  Plaut  lo 
applicò  con  discreti  risultati  al  liquido  cefalo-rachidiano  di  individui  affetti  da 
paralisi  progressiva.  Ricerche  successive  di  Mtìller,  Stemmo,  Fritze,  Kren, 
V.  Eisler,  Sachs  e  Altmann  ed  altri  dimostrarono  non  assoluta  la  specificità 
della  reazione  in  parola:  cosi  ad  es.  Meier  osservò  la  precipitazione  in  tre 
casi  in  cui  non  esisteva  sifilide,  Wechselmann  e  Meier  in  un  caso  di  lebbra, 


La  ''precipitazione  della  lecitina''  ecc,  387 


Plaut  in  un  bambino  scrofoloso,  in  un  osteomielitico  ed  in  un  tifoso.  Malgrado 
ciò  le  possibilità  di  errore  non  parvero  cosi  gravi  e  numerose  da  fare  abban- 
donare senz'altro  l'uso  del  metodo  nella  pratica:  infatti  Porges  eMeierin 
un  recente  artìcolo  (4908\  pur  riconoscendo  la  necessità  di  estendere  le  ri- 
cerche sul  valore  della  loro  prova,  affermano  che  essa  può  sempre  servire  per 
orientamento  nei  casi  dubbi,  salvo  poi,  se  il  risultato  sia  incerto,  a  control- 
larlo col  processo  classico  di  Wassermann. 

Pur  astenendoci  per  ora  da  considerazioni  di  ordine  teorico,  e  ognun  sa 
del  resto  di  quante  incognite  sia  finora  seminato  questo  interessante  campo  di 
studi,  è  certo  che  sarebbe  molto  dosiderabile  poter  disporre  di  un  metodo  sem- 
plice e  rapido  per  la  diagnosi  sicura  della  sifilide  e  delle  affezioni  metasifili- 
tìche,  e  questo  desiderio  si  fa  sentire  in  modo  affatto  speciale  e  con  una  no- 
tevole frequenza  nel  dominio  della  neuropatologia  e  della  psichiatria  dove  in 
genere  ci  troviamo  di  fronte  ad  individui  che  non  presentano  alcun  segno  so- 
matico della  infezione  subita:  quanto  in  tali  casi  ci  sia  da  fidarsi  dei  dati  anam- 
nestici  è  a  tutti  noto. 

Ora  io  ho  cercato  appunto,  con  la  serie  di  esperienze  di  cui  sto  per  esporre 
ì  risultati,  di  formarmi  una  convinzione  personale  sul  valore  pratico  della  prova 
di  Porges  e  Meier  nella  siero-diagnosi  della  sifilide  e  della  paralisi  progres- 
siva: non  ho  fatto  ricerche  col  glicocolato  di  sodio,  che  secondo  i  ricordati  AA. 
si  comporterebbe  come  la  lecitina,  perchè  esso  non  ha  qualità  speciali  che  lo 
rendano  preferibile  a  quest'ultima. 

Per  quel  che  riguarda  la  tecnica  usata  mi  limiterò  a  pochi  cenni  :  essa  è 
del  resto  molto  semplice.  In  genere,  seguendo  le  indicazioni  di  Porges  e 
Meier,  ho  mescolalo  il  liquido  in  esame  con  una  eguale  quantità  (cm.'0,2o0,4) 
di  una  emulsione  di  lecitina  al  0,2^0  ^°  soluzione  fisiologica  contenente  il 
0,5°/<j  di  acido  fenico;  ho  provato  anche  a  variare  le  proporzioni  dei  reagenti 
ma  senza  ottenere  modificazioni  degne  di  nota  dei  risultati  fondamentali.  Mi 
sono  sempre  servito  della  lecitina  fresca  di  Merck,  che  anche  Plaut  designa 
come  la  più  adatta  per  queste  ricerche,  con  la  quale  è  facile  ottenere  delle 
emulsioni  molto  omogenee.  Il  siero  di  sangue,  ottenuto  per  separazione  spon- 
tanea, e  il  liquido  cefalo-rachidiano  venivano  mescolati  con  l'emulsione  di  le- 
citina in  piccoli  tubi  ben  trasparenti  e  sterilizzati,  mediante  pipette  graduate 
pure  sterilizzate.  Ho  sperimentato  sopra  sieri  inattivali  0/j  ora  di  riscaldamento 
a  56^  C.)  e  non  inattivati,  ma  non  ho  osservato  differenze  apprezzabili  nell'esito 
della  prova.  L'andamento  della  reazione  veniva  seguilo  per  un  periodo  di  48 
ore,  ripetendo  le  osservazioni  a  brevi. intervalli  nelle  prime  ore,  ad  intervalli 
più  lunghi  nelle  ore  successive.  In  genere  il  precipitato,  dove  la  reazione  è 
positiva,  compare  dopo  2-3  ore  e  raggiunge  un  massimo  dopo  5-6  ore:  Porges 
e  Meier  affermano  che  esso  può  formarsi  anche  dopo  48  ore  e  che  in  qualche 
caso  è  bene  servirsi,  per  riconoscerlo,  di  una  lente  d'ingrandimento:  nelle  mie 
esperienze  esso  era  sempre  riconoscibile  ad  occhio  nudo,  né  mai  compane  dopo 
le  prime  7-8  ore.  Ho  compiuto  tutte  le  ricerche  sotto  la  guida  del  dott.  0.  Rossi, 


388  J/.  Zalla 

(lai  quale  veniva  contemporaneamente  eseguila  sui  liquidi  in  es;ime  la  prova 
orijrinale  di  Wassermann. 

I  casi  studiati  sono  36:  non  molti,  ma  sufficienti  per  trarre  delle  conclu- 
sioni sull'imporlanza  pratica  del  metodo;  in  alcuni  furono  sottoposti  ad  esame 
il  siero  di  sangue  e  il  liquido  cerebro-spinale,  in  altri  il  solo  siero:  vi  figu- 
rano: 8  casi  di  paralisi  progressiva;  6  casi  riferentisi  ad  individui  sicuramente 
sifilitici,  con  0  senza  manifestazioni  da  parte  del  sistema  nervoso;  10  casi  in 
cui  la  sifilide  veniva  negata,  ma  non  poteva  essere  esclusa;  12  casi  infine  in 
cui  l'infezione  sifilitica  si  poteva  escludere  con  certezza  morale  presso  che  as- 
soluta. 

Negli  8  casi  nei  quali  era  stata  posta  la  diagnosi  di  paralisi  progressiva 
in  base  ad  una  sintomatologia  clinica  completa  e  tipica,  la  reazione  fu  posi- 
tiva nel  siero  di  sangue  7  volte,  sempre  completamente  negativa  nel  liquido 
cefalo-rachidiano.  Debbo  ricordare  a  (questo  proposito  come  da  Plaut  sia  stata 
osservata  in  qualche  caso  la  precipitazione  della  lecitina  anche  nel  liquido 
cerebro-spinale  dei  paralitici:  però  il  fenomeno  sarebbe  tutt' altro  che  costante. 
In  tutti  i  casi  ricordati  si  ebbe  con  la  prova  di  Wassermann  T impedimento 
deir  emolisi  e  quindi  la  conferma  della  diagnosi  clinica. 

II  siero  dei  sei  individui  sicuramente  sifilitici  dette  una  reazione  positiva 
in  2  casi,  negativa  in  3:  in  un  caso  la  reazione  fu  negativa  in  una  prima  prova, 
positiva  in  una  seconda  prova  eseguita  sullo  stesso  siero  pochi  giorni  dopo.  In 
tutti  questi  casi  l'infezione  luetica  non  solo  era  confessata,  ma  era  stala  an- 
che diagnosticata  da  specialisti  e  la  diagnosi  confermata  dall'esito  della  cura 
jodo-mercuriale  :  il  caso  in  cui  la  reazione  fu  diversa  in  due  diverse  prove  si 
riferisce  ad  una  donna  che  presentava  una  eruzione  papulosa  sifilitica  in  alto. 
La  prova  di  Wassermann  dette  sempre  risultati  positivi.. 

Nei  10  casi  in  cui  la  sifilide  non  si  poteva  escludere  con  sicurezza,  per 
quanto  mancassero  i  dati  per  affermarla,  col  metodo  della  deviazione  del  com- 
plemento si  ebbero  costantemente  risultali  negativi,  col  metodo  di  F^orges  e 
Meier  invece  la  reazione  fu  negativa  in  5  casi,  chiaramente  positiva  negli 
altri.  Tra  questi  ultimi  figurava  un  caso  in  cui  era  stata  fatta  diagnosi  di 
pseudo-paralisi  arteriosclerotica,  diagnosi  che  avrebbe  forse  potuto  essere  erro- 
neamente moditicata  ove  si  fosse  prestata  fede  al  risultato  ottenuto  con  la 
prova  di  Porges  e  Meier. 

Specialmente  degno  di  nota  è  l'esito  degli  esami  praticati  sul  siero  di 
sangue  di  soggetti  certamente  immuni  da  sifilide.  Ho  eseguito  in  proposito  delle 
ricerche  relativamente  numerose  perchè  esse  rappresentano  per  così  dire  la 
pietra  di  paragone  della  speci ficith  di  un  metodo  quale  è  quello  di  cui  ci  oc- 
cupiamo: finche  esso  non  rivelasse  sempre  l'infezione  dove  questa  esiste,  po- 
trebbe ancora  servire  come  mezzo  di  orientamento,  ma  perderebbe  ogni  uliliti^ì 
pratica  quando  anche  dove  l'infezione  non  esiste  desse  talvolta  una  reazione 
positiva:  quest'ultima  possibilità  si  è  verificata  appunto  nelle  mie  ricerche.  Si 
trattava  per  Io  più  di  individui  giovani,  all'etti  da  svariate  malattie  funzionali 


La  ''  precipitazione  della  lecitina ,,  ecc.. 


389 


od  orpniche  del  cervello,  dei  quali  era  nota  esattamente  l'anamnesi:  per  mag- 
gior chiarezza  esponj^o  la  casistica  in  una  tabella  riassuntiva  mettendo  a  con- 
fronto i  risultati  della  prova  di  Porjres  e  Meier  con  quelli  della  prova  di 
Wassermann. 


Età 

-n 

s 
e 
oe  ^ 

S  '7. 

«-      95 

Nome 

Sesso 

Diagnosi  clinica 

-3  % 

Prova  di  Wa 
(Dott.  0. 

. 

autii 

1 

F.  B. 

19 

m. 

demenza  precoce 

4- 

■ 

IK  I. 

50 

f. 

idiozia 

— 

Z.  M. 

26 

demenza  precoce 

H- 

1.  C. 

29 

demenza  precoce 

" 

0.  B. 

16 

tu. 

demenza  precoce 

- 

~ 

M.I. 

21 

f. 

imbecillità 

+ 

- 

T.  A. 

53 

cretinismo 

-h 

- 

O.B. 

18 

m. 

demenza  precoce 

+ 

- 

E.T. 

8 

idiozia 

+ 

— 

M.  B. 

50 

arteriosclerosi  cerebrale 

+ 

— 

A.C. 

13 

in. 

epilessia 

+ 

- 

L.  M. 

12 

ra. 

epilessia 

+ 

- 

Si  vede  pertanto  che  anche  usando  sieri  di  individui  non  sifilitici  la  pre- 
cipitazione della  lecitina  si  verifica  con  una  notevole  frequenza:  può  darsi  che 
aumentando  il  numero  degli  esami  questa  frequenza  risulti  minore  di  quanto 
si  dovrebbe  desumere  dai  pochi  casi  di  cui  io  dispongo,  ma  il  fatto  resta  ed 
è  un  grande  argomento  contro  la  specificità  del  metodo. 

Riassumendo  i  fatti  esposti  in  questa  nota  per  trarne  una  conclusione  sopra 
il  valore  clinico  della  prova  di  Porges  e  Meier,  si  può  dire  che  essa,  appli- 
cata al  siero  di  sangue,  dà  molto  spesso,  ma  non  costantemente,  risultati  po- 
sitivi nei  casi  in  cui  esiste  T  infezione  sifilitica,  ma  riesce  pure  positiva  in  molti 
casi  in  cui  tale  infezione  si  può  escludere;  applicata  al  liquido  cefalo-rachidiano 
riesce  quasi  sempre  negativa,  anche  nei  casi  conclamati  di  paralisi  generale  : 
fino  ad  ora  sarebbe  dunque  prematuro  e  pericoloso  mettere  questa  prova  al 
servizio  della  clinica.  Con  ciò  non  si  viene  a  negare  la  sua  importanza  scien- 
tifica: perchè  il  fenomeno  della  precipitazione  della  lecitina  avvenga,  perchè. 


390  M.  Zalla  -  La  ''  precipitazione  della  lecitina  **  ecc. 

in  identiche  condizioni,  avvenga  in  presenza  di  alcuni  sieri  e  di  altri  no,  deve 
essere  ancora  stabilito;  ed  è  sperabile  che  quando  l'intimo  meccanismo  del 
processo  sia  conosciuto,  si  possa  anche  modificare  la  prova  in  modo  da  farne 
un  valido  e  semplice  sussidio  diagnostico.  Perora  il  metodo  di  Wassermann 
resta  l'unico  utilizzabile  per  la  sierodiagnosi  della  sifilide  e  delle  affezioni  post- 
sifilitiche. 


Manicomio  di  8.  Maria  della  Pietà,  in  Roma,  diretto  dal  prof.  6.  Mingazzini 


Contributo  alla  fisiopatologia  del  nucleo  lenticolare 

per  il  doti.  G.  Biancone,  Medico-Primario 


Bechlerew  nel  4^4  e  OstBukow  nel  1904  in  una  affezione  dei  cor- 
doni laterali  della  midolla  allungata  e  del  midollo  cervicale  superiore  oltre  a 
sintomi  di  paralisi  descrissero  un  fenomeno  speciale  che  da  Ostankow  venne 
denominato  Pseudomelia  paraesthetica,  e  che,  secondo  Min  gaz  zi  ni,  dovrebbe 
chiamarsi  più  correttamente  parestesia  pseudomelica.  In  ambedue  i  casi  il 
disturbo  era  limitato  agli  arti  paralizzati,  consisteva  in  un  falso  senso  di 
pesantezza  e  di  posizione  ricurva  dei  medesimi,  non  veniva  eliminato  dal 
controllo  della  vista  e  persistè  invariato  fino  alla  morte.  In  seguito  lo  stesso 
Bechterew  nel  1905  e  il  Giannuli  nel  1907  descrissero  il  detto  sintoma  in 
due  casi  di  lesione  del  nucleo  lenticolare.  Il  malato  di  Bechterew  da  qualche 
anno  soffriva  di  allucinazioni  uditive  a  contenuto  insultante  e  di  idee  di  per- 
secuzione. In  seguito  ad  un  ictus  presentò  a  sinistra  emiplegia  associata  a 
diminuzione  del  senso  muscolare  e  ad  emiatrofia  che  venne  osservata  alla 
distanza  di  un  mese  e  qualche  giorno  àMHctus.  La  pseudowelia  paraesthetica 
in  questo  caso  consisteva  in  una  falsa  sensazione  di  movimento  del  braccio 
sinistro:  infatti,  sebbene  quest'arto  fosse  paralizzato,  al  malato  pareva  che  si 
muovesse  ora  all' indietro  ed  ora  al  davanti  verso  il  petto  o  verso  il  ventre. 
Egli  riconosceva  di  avere  il  braccio  completamente  paralizzato,  ma  ciò  non 
valeva  a  liberarlo  dalla  molesta  sensazione  ;  e  riusciva  inefficace  anche  il 
controllo  della  vista  che  gli  mostrava  l'arto  immobile  davanti  ai  suoi  occhi. 
11  paziente  morì  dopo  circa  un  anno  e  mezzo  dall'ictus.  All'autopsia  si 
constatò  a  destra  un  focolaio  di  rammollimento  neMa  parte  anteriore  del  ven- 
tricolo laterale;  era  inoltre  rammollita  una  gran  parte  del  nucleo  lenticolare 
ad  eccezione  di  un  piccolo  segmento  anteriore.  Nulla  a  carico  del  talamo  e 
del  nucleo  caudato.  Nella  porzione  dorsale  del  midollo  spinale  si  notava  una 
marcata  atrofia  del  corno  anteriore  di  sinistra. 

Nel  caso  di  Giannuli  si  trattata  di  un  malato  di  4^2  anni  che  fu  colpito 
da  un  ictus  a  cui  seguì  a  destra  emiparesi   associata  ad  emianestesia  tattile, 


G.  Biancone  -  Contributo  alla  fisiopatologia  del  nucleo  lenticolare       3*.H 

(iolorifica  e  termica  e  ad  emiatrofia  iniziata  20  giorni  dopo  Victus,  II  malato 
si  lamentava  dì  una  intensa  cefalea,  di  vomito  e  di  attacchi  di  epilessia  jakso- 
niana  a  destra.  11  fenomeno  della  pseudomelia  paraesthetica  era  rappresentato 
dalla  fastidiosa  sensazione  di  avere  al  posto  del  braccio  e  della  gamba  paretici 
due  MUtthì  pieni  di  j)Iio  iJie,  a  dire^eJ  paziente,  col  loro  peso  erano  di  im- 
paccio alla  motilità  generale  del  corpo  e  gli  rendevano  pesanti  e  completa- 
mente immobili  gli  arti  di  destra,  quantunque  fosse  in  grado  di  eseguire  con 
questi  dei  limitati  movimenti.  Il  malato  mori  dopo  due  anni.  All'autopsia  si 
riscontrò  a  sinistra  una  cisti  emorragica  che  aveva  distrutto  la  capsula  esterna, 
i  due  terzi  posteriori  del  putamen  e  la  parte  più  esterna  del  globus  pallidtis. 
Fra  le  alterazioni  microscopiche  accuratamente  descritte  dal  Gian  nuli  ricordo 
la  sola  atrofia  del  lemnisco  mediale  di  sinistra  e  del  corno  anteriore  destro 
del  midollo  spinale. 

Dopo  questo  caso,  per  quanto  è  a  mia  conoscenza,  non  ne  furono  pub- 
blicati altri  in  cui  venisse  osservalo  il  detto  fenomeno.  Per  l'interesse  clinico 
che  questo  presenta  ed  anche  per  la  sua  rarità  mi  sembra  importante  la 
pubblicazione  della  osservazione  seguente  nella  quale  esso  si  riscontrò.  Tale 
osservazione  è  degna  di  nota  anche  perchè  porta  un  piccolo  contributo  alla 
lìsiopatologia  del  nucleo  lenticolare,  lo  studio  della  quale  si  può  dire  appena 
.  abbozzato. 

Storia  clinica,  —  Fui,...  Maria,  di  anni  72,  donna  di  casa.  Il  padre  e  la  madre 
non  erano  alcoolisti,  e  morirono  rispettivamente  alFetà  di  40  e  45  anni,  di  malattia 
che  non  sa  precisare.  Maritata  a  28  anni  ha  avuto  una  sola  figlia  che  gode  ottima 
salnte  :  mai  aborti.  È  stata  sempre  bene,  non  ha  sofferto  di  lues  e  non  ha  abusato 
di  alcoolici.  Nella  seconda  decade  di  aprile  dell'anno  corrente  fu  colpita  airimprov- 
viso  da  ictus  con  perdita  di  coscienza  e  con  consecutiva  emiplegia  sinistra.  Eicove- 
rata  all'Ospedale  di  S.  Giovanni  venne  trasferita  dopo  qualche  giorno  al  manicomio, 
ove  venne  ammessa  il  4  maggio. 

Esame  obbiettivo  (5  maggio  1908).  —  Il  colorito  della  cute  è  bruno;  il  panni- 
colo adiposo  piuttosto  abbondante;  flaccide  le  masse  muscolari.  Palpabili  le  ghian- 
dole linfatiche  cervieri.  La  punta  del  cuore  batte  al  5^  spazio  intercostale  alP  in- 
temo della  linea  mammaria;  V ictus  è  alquanto  difl^uso.  Il  1°  tono  è  accompagnato 
e  seguito  da  un  soffio  che  acquista  la  sua  massima  intensità  in  corrispondenza  del 
focolaio  aortico:  il  2^  tono  aortico  è  squisitamente  rinforzato.  Polso  ritmico,  a  bassa 
pressione.  Pulsazione  carotidea  più  evidente  a  destra  che  a  sinistra.  Polmoni  sani. 
Addome  trattabile;  fegato  e  milza  nei  confini  normali.  Urine  prive  di  albumina. 
Edemi  al  piede  sinistro  e  ai  */$  inferiori  dell'arto  superiore  dello  stesso  lato:  decu- 
biti al  sacro. 

Nulla  a  carico  dei  movimenti  dei  globi  oculari.  Allo  stato  di  riposo  la  plica 
nasolabiale  sinistra  è  completamente  appianata,  e  il  sopracciglio  sinistro  più  basso 
del  destro.  Nell'atto  di  digrignare  i  denti  l'angolo  boccale  destro  è  stirato  all'esterno 
meglio  del  sinistro,  e  la  plica  nasolabiale  corrispondente  è  manifestamente  più  pro- 
fonda della  sinistra  che  è  appena  accennata.  Energica  d'ambo  i  lati  la  costrizione 
delle  rime  palpebrali.  La  lingua  protrusa  tende  a  deviare  verso  siuistra;  non  è  tre- 
mula. Il  palato  molle  è  ugualmente  mobile  dai   due  lati   nell'atto   della  fonazione. 

Nulla  a  carico  degli  arti  di  destra. 


392  G,  Biancone 


V&rto  saperiore  sinistro  è  edematoso  e  giace  completamente  abbandonato  sul  piano 
del  letto  ;  quando  venga  sollevato  e  poi  abbandonato  a  sé  stesso  vi  ricade  pesantemente. 
I  movimenti  passivi  non  offrono  una  apprezzabile  resistenza  neir  articolazione  della 
spalla  e  del  gomito;  la  offrono  lievissima  nell'articolazione  della  mano,  in  corrispon- 
denza della  quale  sono  alquanto  limitati  e  dolorosi.  I  movimenti  attivi  sono  comple- 
tamente aboliti  in  tutti  i  segmenti  dell'arto. 

L'arto  inferiore  sinistro,  che  è  edematoso  in  corrispondenza  del  piede,  giace  an- 
ch'esso immobile  sul  piano  del  letto.  I  movimenti  passivi  non  offirono  alcuna  resistenza 
e  riescono  dolorosi,  come  lo  sono  anche  quelli  dell'arto  inferiore  destro  e  del  tronco  : 
gli  attivi  sono  completamente  aboliti,  e  i  tentativi  della  paziente  per  sollevare  l'arto 
si  risolvono  in  una  limitata  contrazione  di  alcuni  muscoli  che  non  produce  però  il 
benché  minimo  spostamento  di  esso. 

Pupille  leggermente  anisocoriche  (s*  l>  d*)  e  bene  reagenti  alla  luce  ed  all'ac- 
comodazione. Deboli  i  riflessi  tendinei  superiori  ed  il  rotuleo  di  destra,  abolito  quello 
di  sinistra  :  l'achilleo  assente  d'ambo  i  lati.  Mancano  gli  addominali  superiori  ed  in- 
feriori. Strisciando  sulla  pianta  del  piede  si  ottiene  a  sinistra  la  flessione  dorsale  di 
tutte  le  dita,  e  la  flessione  plantare  a  destra. 

È  del  tutto  impossibile  la  stazione  eretta  e  la  deambulazione. 

La  sensibilità  tattile,  dolorifica  e  termica  è  manifestamente  diminuita  su  tutta 
la  uìetÀ  sinistra  del  corpo.  L'esame  dei  sensi  specifici  non  lascia  svelare  alterazioni 
apprezzabili.  La  paziente  si  lamenta  di  un  fastidio  insopportabile  alla  gamba  e  al 
piede  di  sinistra,  come  se  qualcuno  le  toccasse  di  continuo  le  dette  parti  o  gravi- 
tasse su  di  esse  col  peso  del  proprio  corpo.  Tale  sensazione  di  toccamento  e  di  pesan- 
tezza è  così  molesta  da  produrre  nella  paziente  uno  stato  di  continua  irrequietezza 
e  talora  di  vero  eccitamento  caratterizzato  da  irritabilità,  da  vivaci  proteste,  da  la- 
menti, grida  e  pianti. 

L'attenzione  della  inalata  è  oscillante  e  in  genere  è  rivolta  alle  sue  sofferenze: 
però  quando  venga  opportunamente  eccitata  la  rivolge  anche  all'ambiente  estemo. 
Percepisce  correttamente  e  risponde  con  precisione  alle  varie  domande.  È  bene  orien- 
tata per  il  luogo,  non  così  per  il  tempo,  ed  ignora  in  che  anno  e  mese  ci  troviamo. 
Ha  una  nozione  esatta  della  propria  malattia  e  riconosce  gli  attributi  delle  persone 
che  la  circondano.  La  memoria  appare  incerta  e  infedele  in  ispecie  per  le  date:  la 
paziente  difatti  non  riesce  a  dare  ragguaglio  di  alcuni  suoi  parenti;  ricorda  i  prin- 
cipali avvenimenti  della  sua  vita  ma  non  l'epoca  in  cui  si  verificarono.  Non  mani- 
festa idee  deliranti,  ne  allucinazioni;  presenta  però  una  interpretazione  illusionale 
delle  sensazioni  moleste  che  prova  all'arto  inferiore  sinistro  e  che  riferisce  ad  una 
donna  che  ora  caratterizza  per  una  bambina,  ora  per  una  adulta,  ma  il  più  spesso 
per  sua  figlia.  Dice  che  questa  donna  giace  nel  suo  letto  e  che  ora  tocca  con  i  piedi 
la  sua  gamba  sinistra  paralizzata,  ed  ora  gravita  su  di  questa  con  tutto  il  peso  del 
corpo  producendole  una  insopportabile  pesantezza  all'arto  e  impedendone  i  movimenti. 
Esiste  inoltre  un  vero  disturbo  illusionale;  invitata  difatti  la  paziente  ad  indicare 
la  persona  che  così  la  infastidisce,  essa  dice  di  non  vederne  la  faccia  e  il  tronco,  ma 
soltanto  i  piedi,  ed  invitata  a  toccarli  tocca  invece  il  suo  arto  inferiore  sinistro.  Il 
controllo  della  vista  non  esercita  alcuna  influenza  sulle  moleste  sensazioni.  La  pa- 
ziente abitualmente  non  manifesta  alcun  interesse  per  l'ambiente  e  non  si  preoccupa 
del  suo  avvenire.  L'alfettività  è  quasi  del  tutto  spenta. 

27  ma(j(jio  1908.  —  I  sintomi  tanto  somatici  quanto  psichici  sono  persistiti  in- 
variati. Si  sono  però  aggravati  i  disturbi  trofici  :  è  aumentato  l'edema  al  braccio  ed 


Contributo  alla  fisiof Mitologia  del  nucleo  lenticolare  393 


alla  gamba  di  sinistra  ;  i  decubiti  al  sacro  si  sono  rapidamente  diffusi  in  superficie 
ed  in  profondità,  e  sono  precocemente  comparsi  altri  decubiti  ai  malleoli,  ai  condili 
e  in  tutti  i  punti  degli  arti  di  sinistra  che  venivano  sottoposti  ad  una  compressione 
anche  lieve.  Dal  18  al  22  maggio  si  ebbe  una  febbre  continua  che  raggiunse  il  massimo 
di  39^.  Venne  in  seguito  constatata  nelle  orine  la  presenza  di  una  discreta  quantità 
di  albumina.  Si  ebbe  inoltre  qualche  conato  di  vomito,  e  il  24  e  il  25  maggio  si  ma- 
nifestarono a  destra  due  attacchi  di  epilessia  jaksoniana  di  breve  durata  e  con  per- 
dita della  coscienza.  Il  polso  divenne  sempre  più  piccolo  e  irregolare  e  la  temperatura 
non  superò  i  36,7.  Quesfoggi  la  malata  è  caduta  in  coma  nel  quale  è  morta. 

Autopsia,  —  Dura  madre  normale.  Le  meningi  molli  sono  leggermente  opacate 
sulla  convessità  e  si  distaccano  con  facilità  senza  produrre  decorticazioni.  Le  arterie 


Fio.  1. 

della  base  presentano  numerose  placche  ateromasiche  le  quali  si  riscontrano  anche 
nelle  diramazioni  della  silviana  e  della  cerebrale  anteriore.  Praticati  i  soliti  tagli  la 
sostanza  cerebrale  appare  leggermente  edematosa  e  lucente;  i  ventricoli  cerebrali  non 
sono  dilatati  e  contengono  una  discreta  quantità  di  liquido  rossastro. 

In  corrispondenza  di  un  taglio  frontale  a  livello  dell'estremità  prossimale  del 
corno  anteriore  del  ventricolo  laterale  si  trova  a  destra  che  le  sue  pareti  hanno  acqui- 
stato un  colorito  ocraceo  e  che  è  alquanto  rammollita  l'estremità  anteriore  del  nucleus 
caudatus.  In  un  taglio  frontale  a  livello  della  parte  media  del  nucleus  caudatus  si 
osserva,  sempre  a  destra,  una  vasta  emorragìa  che  ha  distrutto  parte  del  segmento^ 
anteriore  della  capsula  interna  e  il  puiamen  lasciando  integra  la  sostanza  grigia  e 
bianca  dei  giri  dell' twsu/a.  In  un  taglio  praticato  poco  al  davanti  del  genu  cap- 
mlae  (fig.  1)  si  nota  la  continuazione  del  focolaio  emorragico  che  a  questo  livello  ha 
nettamente  tagliato  la  punta  dorso-laterale  della  capsula  interna,  ha  distrutto  il  mar- 
gine laterale  del  putamen,  la  capsula  esterna  e  il  claustrunij  ed  ha  per  limite  estemo 
la  sostanza  grigia  dei  giri  deìV insula.  In  un  taglio  a  livello  del  tuherculum  anterius 
thalami  il  focolaio  emorragico  si  è  molto  rimpiccolito  ed  ha  acquistato  un  aspetto 
lineare;  esso  distrugge  tutta  la  sostanza  del  putamen  ed  è  limitato  internamente  dal 
segmento  posteriore  della  capsula  intenia  integro,  ed  esternamente  dalla  sostanza  bianca 


394  G.  Biancone 


dell»  corona  r»ggi»tii.  Pochi  millimetri  indietro  cessa  il  focolaio  emorragico.  Questo 
è  costituito  da  un  coagulo  sanguigno  compatto  e  di  colorito  rosso  brunastro.  Nulla 
a  carico  del  talamo  e  delle  altre  parti  deirencefalo. 

Nel  cuore  è  aumentato  il  grasso  sottoepicardico  ;  i  pizzi  della  yalvola  mitrale  sono 
alquanto  inspessiti.  L'aorta  ascendente  è  dilatata,  e  tanto  essa  quanto  l'aorta  discen- 
dente nella  loro  superficie  interna  presentano  delle  placche  ateromasiche.  Nei  polmoni 
si  hanno  segui  di  ipostasi.  Nulla  di  notevole  nel  fegato,  La  milza  è  aumentata  di 
peso  e  di  volume,  ed  è  di  consistenza  molle;  In  capsula  inspessita.  Nei  reni  si  os- 
servano numerosissime  cisti  di  varia  grandezza  contenenti  un  liquido  trasparente; 
esse  si  trovano  a  preferenza  alla  superfice  dell'organo  ma  anche  in  corrispondenza  della 
sostanza  piramidale. 

NulU  di  notevole  nell'intestino  e  negli  organi  genito*urinari. 

Diagnosi  anatomica.  —  Arteriosclerosi  diffusa;  d^enerMione  cistica  dei  reni; 
tumore  acuto  di  milza  con  perisplenite  ;  emorragia  cerebrale  destra  di  data  relativa- 
mente recente. 

Considerazioni,  —  L'alterazione  cerebrale  riscontrata  nei  mio  caso  con- 
siste in  una  emorragia  che  ha  distrutto  la  porzione  anterolaterale  del  puUimen, 
la  capsula  esterna,  T  antimuro,  parte  del  3egmento  anteriore  della  capsula  in- 
terna e  r estremità  anteriore  del  nudeus  caudatus.  La  sede  dell'emorragia  fa 
ritenere  che  questa  sia  a  carico  di  uno  dei  rami  delle  lenticqlostriate,  e  pro- 
priamente di  quella  arteriola  che  decorre  lungo  il  margine  esterno  del  pula- 
men,  attraversa  il  segmento  anteriore  della  capsula  interna  e  termina  nella 
testa  del  nucleo  caudato;  arteriola  che  per  la  fVequenza  con  cui  dà  luogo  ad 
emorragie  venne  denominata  da  Charcot  «arteria  delle  emorragie  j». 

I  sintomi  verificatisi  sono  identici  a  quelli  constatati  nel  secondo  caso 
di  Bechterew  e  in  quello  di  Giannuli  di  sopra  ricordati  e  che  rappresen- 
tano le  due  sole  osservazioni  di  lesione  del  nucleo  leniicolare  in  cui  si  ebbe 
il  fenomeno  della  pseudomelia  paraesthetica. 

Ricordo  innanzi  tutto  la  emiplegia  che  nq]  mio  caso  era  completa,  a  dif- 
ferenza degli  altri  due  casi  di  Bechterew  e  di  Giannuli  nei  quali  era  con- 
servato qualche  limitato  movimento.  A  determinarla,  essendo  essa  recente,  non 
si  può  certo  escludere  l'influenza  dell'edema  e  della  compressione  esercitala 
dal  focolaio  emorragico  sui  due  terzi  posteriori  del  segmento  posteriore  della 
capsula  interna.  È  difficìlo  però  spiegare  la  emiplegia  completa  solo  coll'ani- 
mettere  la  esistenza  di  questi  due  fattori,  poiché  di  regola  allorché  essa  è  un 
sìntoma  indiretto  del  focolaio  emorragico,  dopo  alcuni  giorni  o  al  più  dopo 
qualche  settimana  migliora  sensibilmente,  mentre  nel  mio  caso  si  è  mante- 
nuta completa  e  invariata  fino  alla  morte  della  paziente.  Il  che  fa  fondatamente 
ritenere  che  in  esso  si  sia  verificata  anche  una  lesione  diretta  almeno  di  parte 
delle  fibre  motrici,  le  quali  per  la  sede  della  emorragia  non  possono  essere 
che  quelle  le  quali  passano  attraverso  il  nucleo  lenticolare,  e  la  cui  esistenza 
è  stata  pel  primo  dimostrata  dal  Mingazzini  e  confermata  poi  da  numerosi 
altri  osservatori  fra  cui  il  Dercuni,  Mills  e  Spiller  Dana,  ed  in  Italia  da 
w^ciuti  e  Piazza. 


Contributo  alla  fmopatologia  del  nttcleo  lenticolare  IW*) 


Altro  sìntoma  è  la  emipoestesia  che,  come  negali  altri  due  casi,  era  loca- 
lizzata dallo  stesso  lato  della  emiplegia.  Nel  caso  mio  e  in  quello  di  Gi annuii 
era  molto  diminuita  la  sensibilità  tattile,  dolorifica  e  termica,  mentre  in  quello 
di  Bechterew  era  colpito  il  solo  senso  muscolare,  che  appariva  fortemente 
diminuito  nell'arto  inferiore  e  completamente  abolito  nel  superiore. 

Riguardo  alla  genesi  della  emipoestesia  si  possono  applicare  le  stesse  con- 
siderazioni fatte  per  la  emiplegia.  Quando  si  pensi  infatti  che  emorragie  con 
distruzione  dei  due  terzi  posteriori  del  segmento  posteriore  della  capsula  in- 
terna si  limitano  sovente  a  produrre  semplice  emiplegia  non  accompagnata  da 
emipoestesia  o  al  più  solo  da  una  lievissima  e  transitoria  diminuzione  della 
sensibilità,  non  ostante  la  vicinanza  immediata  del  talamo  e  del  carrefour  sen- 
sUif,  è  da  ritenere  che  nel  mio  caso  la  emipoestesia  accentuata  e  persistente 
sia  da  riferirsi,  almeno  in  gran  parte,  alla  lesione  diretta  di  quelle  fibre  sen- 
sitive che  Mingazzini,  Giannuli  ed  altri  hanno  dimostrato  decorrere  nel 
nucleo  lenticolare.  E  questa  conclusione  appare  tanto  più  giustificata  in  quanto 
che  la  sede  della  emorragia  era  in  un  punto  quasi  diametralmente  opposto  a 
quella  porzione  della  capsula  interna  in  cui  si  sostiene  passino  le  vie  sensitive. 

Un  terzo  sintoma  è  rappresentato  dai  disturbi  trofici  che  nei  casi  di  Be- 
chterew e  di  Giannuli  erano  sotto  forma  di  emiatrofia,  precocissima  in 
quest'ultimo,  nel  quale  si  manifestò  20  giorni  dopo  V ictus. 

Nel  mio  caso  Vemiatrofia  non  venne  direttamente  ricercata  a  causa  di  un 
edema  che  era  diffuso  ai  due  terzi  inferiori  dell'arto  superiore  e  al  piede  di 
sinistra  e  che  la  mascherava  :  il  che  non  autorizzai  certo  ad  escluderla  assolu- 
tamente. Esistevano  però  senza  alcun  dubbio  disturbi  trofici  sotto  forma  del- 
l'edema ricordato,  e  dì  decubiti  al  sacro,  ai  malleoli,  ai  condili  ed  in  tutti  i 
punti  in  cui  gli  arti  di  sinistra  subivano  una  compressione.  Anche  qui  tali 
disturbi  del  trofismo  furono  precoci;  l'edema  difatti  si  sviluppò  qualche  giorno 
dopo  V  ictus,  e  i  decubiti  comparvero  solo  un  poco  più  tardi,  e  non  ostante 
tutte  le  cure  andarono  rapidamente  peggiorando. 

Tali  disturbi  trofici  nel  mio  caso,  come  negli  altri  due,  non  possono  met- 
tersi in  rapporto  che  colla  lesione  del  putamen.  Questo  reperto  quindi  ancora 
una  volta  conferma  il  concetto  che  al  detto  nucleo  spettino  funzioni  trofiche 
degli  arti,  che  gli  vennero  attribuite  in  base  specialmente  alle  osservazioni  rife- 
rite dall'Homen,  da  Dejerine,  Monakow,  Darkschewitsck,  Kirchoff, 
Mingazzini  ed  altri. 

Il  sintoma  però  più  importante  e  sul  quale  io  voglio  in  modo  speciale  ri- 
chiamare l'attenzione  è  quella  particolare  e  fastidiosa  sensazione  limitata  alla 
gamba  e  al  piede  dell'arto  inferiore  sinistro  paralizzato,  in  corrispondenza  delle 
quali  regioni  la  paziente  si  lamentava  di  avvertire  ora  dei  toccamenti  chele 
producevano  un  tormento  insopportabile,  ed  ora  una  forte  pesantezza  come  se 
qualcuno  col  proprio  corpo  gravitasse  su  di  esse.  Tale  disturbo,  del  quale  la 
paziente  dava  un'interpretazione  falsala  e  delirante  presentava  tulli  i  caratteri 
della  pseudomelia  paraesthetica  descritta  per  la  prima  volta  da  Bechterew 
e  cosi  denominata  da  Ostankow. 


31H)  G.  biancone 


Il  renonieno,  a  giudicare  dai  rarissimi  casi  finora  pubblicali,  si  manifesta  in 
modo  diverso:  con  un  senso  di  falsa  posizione  degli  arti  paralizzali  (i*  caso  Bech- 
terew,  caso  Oslankow),  o  di  pesantezza  (1**  caso  Bechterew,  casi  Ostankow 
e  Gian  nuli);  tale  al  Ira  con  un  falso  senso  di  movimento  ai  medesimi  (2°  caso 
Bechterew)  od  invece  con  la  sensazione  inversa  di  completa  immobilità  degli 
arti  che  sono  soltanto  parelici  (caso  Giannuliì.  Queste  false  sensazioni  sono 
in  genere  tra  loro  variamente  combinale  e  possono  essere  anche  differenti  da 
quelle  finora  descritte,  senza  che  ciò  alteri  menomamente  l'essenza  del  feno- 
meno. Caratteristiche  però  di  esso,  e  che  lo  fanno  facilmente  riconoscere  sono: 
che  è  persistente,  che  ha  sede  solo  negli  arti  colpiti  da  paresi  o  da  paralisi 
od  in  alcuni  segmenti  di  questi,  e  che  il  controllo  della  vista  non  lo  elimina: 
caratteri  questi  che  si  sono  tutti  verificati  nel  mio  caso. 

Il  detto  sintonìa  non  si  deve  confondere  colle  comuni  parestesie  dovute 
ad  un  disturbo  subbiettivo  della  sensibilità  superficiale.  Esso  si  deve  anche  di- 
stinguere dalle  alterazioni  della  sensibilità  profonda  (tendinea,  articolare,  os- 
sea,...) la  quale  costituisce  quello  che  i  fisiologi  chiamano  senso  muscolare.  Con 
queste  ultime  specialmenle  può  talora  presentare  spiccate  analogie;  il  che  forse 
spiega  perchè  Bechterew  lo  mise  in  rapporto  colla  lesione  delle  vie  di  con- 
duzione del  senso  muscolare.  Però  egli  stesso  dovette  ammettere  che  il  feno- 
meno in  discorso  ha  poco  da  vedere  col  disturbo  del  senso  muscolare  che  si 
ha  nella  tabe,  poiché  le  illusioni  sulla  posizione  degli  arti  che  nella  labe  sono 
spiegate  per  Tanestesia  del  senso  muscolare,  si  osservano  solo  ad  occhi  chiusi, 
e  scompaiono  non  appena  il  malato  li  apre.  A  me  poi  sembra  che  i  comuni 
disturbi  del  senso  muscolare  e  in  genere  delle  varie  forme  della  sensibilità 
generale  sieno  di  natura  più  semplice  e  direi  quasi  più  elementare  della  psett- 
domelia  paraesthetiea,  \  cui  caratteri  invece  la  fanno  ritenere  di  natura  molto 
più  complessa  ed  elevala  e  tale  da  poterla  considerare  come  un  disturbo  della  ce- 
nestesi. Questa  dipende  dalla  somma  delle  molteplici  sensazioni  che  partono 
dal  nostro  corpo,  e  che  convenientemente  elaborate  ed  associale  ci  danno  la 
coscienza  generale  e  confusa  ma  spesso  assai  attiva  della  nostra  esistenza,  della 
funzionalità  dell'organismo  nelle  singole  sue  parli,  del  loro  stato  di  benessere 
0  di  malessere,  e  in  genere  di  tutte  le  modificazioni  che  in  esso  avvengono. 
Fra  i  segni  dell' alterazione  di  questa  funzione  gli  AA.,  oltre  tostato  cataletti- 
fornìe,  la  perversione  del  senso  di  fatica,  l'ipercinoslesia  e  l'iperalgesia  cine- 
tica (crampi,  akinesia  alcfera  di  Mòbius),  fanno  rientrare  anche  alcune  sen- 
sazioni anomale  avvertite  durante  il  movimento  attivo  o  passivo  degli  arti  ed 
il  senso  di  peso,  di  leggerezza  o  di  resistenza  dei  medesimi;  disturbi  questi 
che  si  verificano  appunto  nella  pseudomelia  fxiraeslhetica.  Alcuni,  fra  cui  ri- 
cordo Grasse t,  vi  fanno  rientrare  anche  le  paralisi  provocate  dall'oscurità  o 
dair occlusione  degli  occhi,  il  senso  di  falsa  posizione  degli  arti  e  l'atassia 
dei  tabetici:  ma  questi  disturbi  a  mio  modo  di  vedere  hanno  una  origine 
differente. 

Tralasciando  tale  questione  e  ritornando  alla  pseudomelia  paraesthetiea 
è  certo  che  in  essa  il  disturbo   della   cenestesi   per   i   caratteri  che  presenta 


Coniribtito  alla  fisiopatologia  del  nticleo  lenti  colare  397 


non  può  consìstere  nellu  sua  abolizione,  il  che  porterebbe  alla  negazione 
delle  singole  parli  del  corpo;  ma  deve  consistere  in  un  vero  e  proprio  per- 
vertimento. Solo  taJe  interpretazione  ci  può  spiegare  perchè  i  pazienti  credono, 
ad  esempio,  che  i  loro  arti  paralizzati  si  muovane,  mentre  in  realtk  riman- 
jrono  immobili  ;  o  che  non  si  muovano  affatto  mentre  compiono  dei  movimenti 
sebbene  limitati;  che  siano  ricurvi  mentre  sono  diritti;  che  sieno  diventali 
pesantissimi  per  la  presenza  di  dati  corpi  che  vi  gravitino  sopra;  o  che 
esistano  ancora  mentre  sono  stati  amputati,  e  cosi  di  seguilo. 

Se  si  pensi  poi  che  la  cenestesi  ci  dà  il  senso  intimo  e  fondamentale  della 
nostra  esistenza,  si  comprende  facilmente  che  il  pervertimento  di  essa  deve 
profondamente  alterare  la  personalili)  del  paziente;  il  ohe  ci  spiega  come  questi, 
pur  servendosi  di  un  senso  cosi  importante  come  la  vista,  non  sia  in  grado 
di  correggere  le  false  sensazioni  che  prova. 

Un'altra  ragione  della  inefficacia  del  controllo  della  vista,  almeno  negli 
ultimi  tre  casi  con  lesione  lenticolare,  si  deve  ricercare  nella  presenza  di  di- 
sturbi psichici.  Questi  erano  evidentissimi  nel  secondo  malato  di  Bechterew, 
che  era  sotto  il  dominio  di  varie  ed  accentuate  allucinazioni  uditive  a  conte- 
nuto prevalentemente  ostile.  Il  malato  dì  Gian  nuli  presentava  un  eccitamento 
maniacale  accompagnato  da  disorientamento,  da  disturbi  della  memoria  e  da 
allucinazioni  elementari  visive.  Ed  infine  la  mia  paziente  presentava  anch'essa 
uno  stato  di  continua  irrequietezza  e  spesso  di  vero  eccitamento  con  disorien- 
tamento parziale,  memoria  lacunare  e  interpretazioni  illusionali.  £  naturale 
che  ih  pazienti  con  cosiffatti  disturbi  psichici  dovesse  essere  molto  deficiente 
la  critica  e  scarso  il  potere  di  controllo  sulle  anormali  sensazioni  che  pro- 
vavano. 

La  inefficacia  del  controllo  della  vista,  e  forse  anche  la  limitazione  del 
disturbo  ai  soli  arti  paralizzati  fanno  rientrare  nella  pseudomelia  paraesthe- 
tica  anche  la  falsa  sensazione  che  hanno  gli  amputati  dell'esistenza  e  del  mo- 
vimento dell'arto  mancante,  sensazione  che  può  essere  straordinariamente  te- 
nace e  tormentosa  come  in  un  caso  di  Bechterew,  e  che  non  viene  corretta 
né  per  la  coscienza  della  avvenuta  amputazione,  nò  per  la  visione  diretta  che 
dimostra  la  mancanza  dell'arto.  In  questo  caso  speciale  il  fenomeno  viene  spie- 
galo da  una  irritazione  dei  nervi  sezionali  in  corrispondenza  del  moncone  del- 
l'arto amputato  e  dalla  reviviscenza  delle  immagini  corticali  dell'arto  stesso, 
la  quale  ha  luogo  egualmente  sia  che  l'eccitamento  parta  dall' eslremilìi  ter- 
minale dei  nervi,  sia  che  parta  da  un  punto  qualunque  dei  loro  tronco. 

Venendo  ora  a  parlare  della  natura  dell'alterazione  nervosa  con  cui  ò  in 
rapporto  la  pseudomelia  paraesthetica  è  da  notare  che  nei  pochissimi  casi  finora 
osservati  è  stata  riscontrata  una  allerazione  nervosa  organica.  Il  comparire  del 
fenomeno  immediatamente  do|)o  io  stabilirsi  di  quest'ultima,  e  il  non  trovare 
nessun'altra  causa  che  lo  possa  spiegare,  fa  fondatamente  ritenere  che  sia  in 
rapporto  diretto  di  causalità  colla  detta  alterazione.  Esso  dunque  si  dovrebbe 
considerare  di  natura  organica  e  non  funzionale.  Per  tale  origine  depone  an- 
che la  sua  tenacia  e  persistenza,  la  quale  contribuisce  a  differenziarlo  dai  mol- 


398  G.  Biancone 


teplici  disordini  funzionali  della  ceneslesi  che  si  possono  a?ere  nei  malati  di 
mente  per  alterazioni  puramente  psichiche,  e  che  d'ordinario  rivestono  il  ca- 
rattere della  variabilità,  della  incostanza  e  della  transitorietà. 

Sulla  sede  poi  della  detta  alterazione  nen^osa  devo  far  osservare  che  nel 
mio  caso  si  verificò  una  emorragia  che  distrusse  la  testa  del  nucleo  caudato, 
la  parte  anterolaterale  del  putamen  e  le  formazioni  all'esterno  di  questo  fino 
air  antimuro.  Mettendo  in  rapporto  tale  reperto  con  quello  del  secondo  caso 
di  Bechterew  e  coU'altro  di  Giannulì  se  ne  deduce,  che  il  fenomeno  in 
questi  tre  casi  è  legato  alla  lesione  del  nucleo  lenticolare  e  propriamente  del 
putamen,  come  nel  primo  caso  di  Bechterew  e  in  quello  di  Ostankow  si 
deve  mettere  in  rapporto  colla  lesione  dei  cordoni  laterali  nel  bulbo  e  nel 
midollo  cervicale  superiore. 

Uno  dei  punti  più  importanti  della  interpretazione  da  me  data  al  feno- 
meno cioè  considerandolo  un  disturbo  della  cenestesi,  sta  in  ciò,  che  tali  re- 
perti ci  indirizzano  alla  localizzazione  di  così  importante  e  complessa  funzione. 
È  noto  che  gli  ÀA.  hanno  localizzato  le  vie  anatomiche  della  cenestesi  nel  loro 
decorso  cerebrale  in  vicinanza  delle  vie  centrifughe  della  motilità  volontaria. 
Essi  propriamente  hanno  stabilito  due  gruppi  di  lesioni  legate  a  disturbi  ce- 
nestesici  :  il  gruppo  delle  lesioni  capsulo-talamiche  e  il  gruppo  delle  lesioni 
corticali.  Per  le  prime  il  disturbo  della  cenestesi  fa  parte  della  sindrome  de- 
scritta da  Charcot  per  la  parte  posteriore  della  capsula  interna.  Ne  pubbli- 
carono dei  casi  con  autopsìa  Grasset,  Oppenheim,  Anton,  Rediich,  Aba, 
Glaparède  e  Long.  Per  le  lesioni  corticali  sembra  dimostrato  che  esse  hanno 
sede  nella  zona  perirolandìca  a  lato  dei  neuroni  motori  e  dei  neuroni  della 
sensibilità  generale.  Si  trovano  delle  prove  anatomo-cliniche  di  ciò  nelle  os- 
servazioni di  Vetter,  Grasset,  Darkschevitsch,  Lamacq,  Kahler  e  Pick, 
Dejerine,  Madden  e  Anton,  Alien  Starr,  Dana,  Aba,  Muratow  e  Long. 

Fino  ad  ora  però  solo  il  Minga  zzi  ni,  per  quanto  io  mi  sappia,  nelle 
sue  lezioni  di  Anatomia  clinica  dei  centri  nervosi,  aveva  attribuito  al  putanitn 
anche  una  funzione  cenestesica,  e  nessuno  aveva  affermato  che  le  vie  di  con- 
duzione di  questa  potessero  decorrere  nel  bulbo  in  corrispondenza  dell'area 
dei  cordoni  laterali.  Riferendomi  al  solo  nucleo  lenticolare,  alla  cui  lesione 
nel  mìo  caso  si  deve  il  disturbo,  è  da  osservare  che  l'attribuire  ad  esso  anche 
questa  complessa  funzione  è  in  perfetta  armonia  colle  altre  funzioni  motoria, 
sensitiva  e  trofica,  che  antecedentemente  molti  AA.  hanno  dimostrato  risiedere 
in  esso.  Il  che  prova  ancora  una  volta  di  più  la  sua  intima  parentela  colla 
corteccia,   sulla   quale   anche   recentemente  hanno  insistito  alcuni  anatomici. 

Bisogna  però  riconoscere  che  i  tre  casi  finora  osservati  di  lesione  del  pii- 
tamen  con  disturbi  della  cenestesi  rappresentano  una  base  troppo  meschina 
per  attribuire  senz'altro  ad  esso  una  funzione  cenestesica.  A  mio  modo  di  ve- 
dere sono  necessarie  ancora  osservazioni  più  numerose  e  rigorose  che  la  con- 
fermino. Né  bisogna  poi  dimenticare  che  attorno  al  detto  nucleo,  specialmente 
nella  regione  retro  e  sotto-lenticolare  decorrono  numerose  e  importanti  vie, 
la  cui  integrità  è  difficile  concepire  con  una  vasta  lesione  del  medesimo  come 


Contributo  alla  fisiopatolorfia  del  nucleo  lenticolare  399 

si  è  rerificata  nei  Ire  casi  descritti  ;  il  che  non  può  far  escludere  assolutamente 
che  vie  ceneslesiche  passino  anche  alfraverso  queste  regioni. 

Il  fenomeno  della  pseudomelia  paraesthetica  è  importante  non  solo  in  sé 
stesso  e  per  la  localizzazione,  della  cenestesi,. ma  amiche  perchè  può  riuscire  di 
valido  sussidio  nella  diagnosi  di  sede  di  una  lesione  cerebrale.  Da  quanto  so- 
pra ho  detto  si  comprende  difatti  che  nei  casi,  nei  quali  alla  triade  fenome- 
nica che  ha  sede  dallo  stesso  lato  del  corpo  e  che  è  caratterizzata  da  emipa- 
resi, da  emipoestesia,  e  da  emiatrofia  (o  da  altri  disturbi  trofici)  si  aggiunga 
il  sintoma  della  pseudornelia  paraesthetica  si  hanno  elementi  abbastanza  sicuri 
per  localizzare  la  lesione  nel  nucleo  lenticolare.  In  questi  casi  mi  sembra  per- 
ciò giustificato  parlare  di  una  vera  e  propria  sindrome  lenticolare,  che  per  il 
primo  descrisse  il  Mingazzini. 

BibUoflrrafla. 

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Nevrologia»,  anno  XXIV  (1906). 


400  r.  GaUetUt 


Istituto  (li  Patologia  speciale  medica  della  R.  Ùniv.  di  Messina,  diretto  dal  prof.  G.  Viola 


Sclerosi  laterale  amiotroflca  d'origine  emozionale 

per  il  dott.  V.  Ghalletta,  Assistente  volontario 


Credo  utile  illustrare  il  presente  caso  clinico  di  sclerosi  latenUe  aniio- 
Irofica,  d'origine  emozionale,  ad  inizio  bulbare,  e  decoi-so  cronicissimo,  che 
sotto  parecchi'  punti  di  vista  si  dimostra  interessante.  Eccone  senz'altro  la 
storia  clinica: 

P.  K,  d'anni  38,  da  Catanzaro,  già  scrivano  presso  una  banca,  ed  insegnante 
privato,  aramogliato,  con  figli.  Abitò  spesso  case  umide  e  mal  aerea  te;  si  è  sempre 
nutrito  bene. 

Precedenti  famigliari.  —  I  genitori  gli  morirono  già  da  tempo;  il  padre,  avvo- 
cato, 24  anni  fa,  air  età  di  71  anni,  per  polmonite,  al  4^  giorno;  la  madre  11  anni 
addietro,  a  61,  per  flemmone  all'antibraccio  destro,  al  25**  giorno  di  malattia.  Quella 
superava  di  18  anni  Tetà  della  moglie;  nessun  vincolo  di  parentela  fra  loro.  Un  fra- 
tello maggiore  del  nostro  infermo  morì  9  anni  addietro,  a  35  anni,  per  tisi  polmonare; 
altri  tre  fratelli,  più  grandi  anch'essi  di  lui,  sono  viventi  e  godono  buona  salute;  tutti 
accasati,  hanno  prole  sana. 

Nulla  da  parte  degli  avi  e  degli  zii,  sia  paterni,  che  materni;  non  alcoolismo, 
né  tabagismo,  né  avvelenamenti  cronici  d'altra  natura;  non  malattie  del  ricambio  ma- 
teriale, 0  nervose;  non  sifìlide. 

Anamnesi  personale  remota,  —  Nacque  da  parto  regolare,  ma  prematuro  (T'^mese), 
e  fu  allattato,  quantunque  scarsamente,  al  seno  materno  sino  all'età  di  due  anni,  nella 
quale  epoca  mise  i  primi  denti;  a  tre  anni  cominciò  a  fare  i  primi  passi,  e  sino  ai 
venti  fu  piuttosto  gracile  e  debole.  Sofferse  il  morbillo  a  nove  anni,  e  lo  superò  feli- 
cemente, e  due  anni  dopo  le  febbri  malariche,  che,  ribelli  al  chinino,  gli  durarono 
per  ben  tre  mesi. 

Sino  a  diciassette  anni  se  la  passò  bene,  se  si  eccettui  qualche  febbre  gastrica,  e 
in  tale  epoca,  conseguita  la  licenza  liceale,  si  arruolò  nel  corpo  delle  guardie  di  finanza. 
Dopo  sei  mesi,  trovandosi  ancora  qui  a  Messina,  alla  scuola  degli  allievi  sottufficiali, 
sofierse  d'eczema  alle  regioni  inguinale  e  perianale,  per  cui  fu  curato  all'Ospedale  mi- 
litare, donde  uscì  guarito  dopo  dodici  giorni. 

Continuò  a  far  la  guardia  per  cinque  anni,  durante  i  quali  dalla  vita  attiva  ri- 
cavò dei  benefici,  nel  senso  che  si  sviluppò  meglio  che  prima  non  fosse  stato,  e  si 
sentì  relativamente  forte;  non  ebbe  a  contagiarsi  mai  di  malattie  veneree,  o  di  sifilide. 

Trascorsi  i  cinque  anni,  si  congedò,  perchè  quella  vita,  malgrado  fosse  già  vice- 
brigadiere, non  gli  andava  più. 

Da  ragazzo  non  smodatamente  onanista;  non  abusò  di  donne  nell'età  adulta.  Usò 
moderatamente  del  fumo  (non  più  di  2-3  sigari  al  giorno),  abitudine  smessa  già  da 
nove  anni,  avendola  però  sostituita  con  Tuso  del  tabacco  da  fiuto;  bevette  discretamente 
(circa  litro  1  '/,  al  giorno  di  buon  vino).  Durante  tutto  il  tempo  della  vita  militare  si 
espose  al  freddo  ed  alle  intemperie. 


Sclerosi  laterale  amiotrofica  d' orifjine  emozionale  401 


A  ventidue  anni,  dopo  poco  tempo  cioè  dal  suo  congedo,  sposò  donna  sana  e  robusta, 
dalla  quale  ebbe  sette  figli,  dei  quali  il  primo  morì  di  appena  15  giorni  per  bronchite 
diffusa;  gli  altri  sei,  quattro  maschi  e  due  feminc,  son  viventi  e  sani.  Mai  aborti. 

Dopo  appena  due  mesi  dal  matrimonio  s'ammalò  di  pleurite  sinistra,  della  quale 
guarì  dopo  un  meee,  ed  eccettuata  qualche  febbre  effimera,  non  ebbe  a  soffrire  d'altro 
per  cinque  anni  e  mezzo,  dopo  il  qual  tempo  contrasse  di  nuovo  le  febbri  malariche, 
che  gli  durarono  un  mese,  e  delle  quali  si  liberò  coir  uso  del  chinino. 

Continuò  a  star  bene  per  altri  cinque  o  sei  anni,  quando,  tramutato  a  Cosenza 
per  ragioni  d'impiego,  vi  contrasse  ancora  una  volta  la  malaria,  e  in  forma  grave; 
la  febbre  s'iniziava  con  forti  brividi',  la  temperatura  raggiungeva  alti  gradi  e  ces- 
sava con  profusi  sudori.  Il  tipo  era  quotidiano  e,  per  esser  vinto,  richiese  l'uso  di 
forti  dosi  di  chinino,  nonché  di  altri  medicinali.  La  durata  fu  in  tutto  di  venti  giorni. 

Anamnesi  personale  prossima,  —  Il  nostro  infermo,  all'età  di  35  anni,  cioè  circa 
5  anni  fa  (1903),  abitando  a  Siena,  ebbe  a  subire  un  fortissimo  spavento,  nelle  se- 
guenti eccezionali  condizioni. 

L'ammalato,  insieme  con  tre  amici,  si  recò,  per  scommessa,  la  notte  del  dì  dei 
morti,  e  propriamente  alle  undici  e  mezzo,  al  camposanto. 

L'infermo  asserisce  che  la  notte  era  bella  e  serena  e  per  nulla  fredda,  tanto 
ch'egli  portava  al  braccio  il  mantello,  che  pose  sulle  spalle  soltanto  dopo  che  giunse 
al  luogo  stabilito,  per  aver  libero  l'uso  delle  braccia.  Ad  un  tratto  gli  amici,  che  lo 
sapevano  timoroso,  e  volevano  esporlo  ad  una  situazione  che  gli  riuscisse  paurosa,  scap- 
parono, ed  allora  egli,  non  volendo  rimanere  solo,  volle  fuggire,  ma  si  sentì  come 
afferrato  per  il  mantello,  posteriormente.  Ne  provò  un  grandissimo  spavento,  e  rimase 
fisso  sul  posto,  non  osando  voltarsi  indietro,  o  far  tentativi  per  liberarsi,  perchè  ter- 
rorizzato dal  pensiero  d'essere  prigioniero  d'uno  spirito  malefico,  che  tentò  invano  di 
scongiurare.  Continuò  a  rimanere  inchiodato  là,  tutto  allibito,  fino  al  mattino  seguente, 
ed  altro  non  ricorda  che  sul  far  del  giorno,  avendo  acquistato  coraggio,  osò  voltarsi 
per  esaminare  la  causa  che  lo  teneva  prigioniero,  e  in  tal  modo  s'accorse  che  il  man- 
tello s'era  impigliato  in  una  delle  croci  di  ferro,  che  ivi  sorgevano.  Ruppe  allora  su- 
bitamente' in  rìsa  spasmodiche,  e,  liberato  il  mantello,  se  ne  tornò  a  casa  ancora  at- 
territo, e  sotto  l' impressione  del  forte  spavento. 

D'allora  egli  non  fu  più  in  grado  d'accudire  come  prima  alle  proprìe  faccende 
nelle  quali  cominciò  subito  a  commettere  errori  grossolani,  come  p.  es.  dare  lire  mille 
e  cento,  invece  di  mille  soltanto. 

Siffatte  condizioni  psichiche  perdurarono  per  circa  una  ventina  di  giorni,  durante 
i  quali  si  ripeterono  crìsi  più  o  meno  complete  di  risa  spasmodiche,  ma  dopo  ripigliò 
il  suo  abituale  umore. 

Trascorsi  appena  i  venti  giorni  suddetti,  egli  avvertì  lungo  la  colonna  vertebrale 
e  proprìamente  alla  regione  dorsale,  un  dolore  intenso,  fisso,  senza  cioè  irradiazione 
di  sorta,  che  durò  acuto  per  tre  giorni,  trascorsi  i  quali,  esso  diminuì  ma  non  sparì 
del  tutto  e  fin' oggi,  ad  intervalli,  continua  a  molestarlo,  quantunque  leggermente. 
Contro  il  dolore  usò  subito  carte  senapate,  che  tenne  tanto  che  gli  si  formarono  bolle 
sulla  cute.  Egli  assicura  in  mòdo  formale  che  nessun  traumatismo  subì  alla  colonna 
vertebrale,  né  per  caduta,  né  per  altra  ragione.  Non  accusò  febbre,  od  altro  e  potè, 
malgrado  un  po'  di  difficoltà,  continuare  ad  accudire  al  proprio  impiego  ;  non  accusò 
disturbi  né  nella  defecazione,  né  nell' urinazione  ;  non  emise  renella. 

Si  noti  intanto  che,  appena  qualche  giorno  dopo  l' insorgenza  del  suddetto  dolore 
alla  colonna  vertebrale,  ventun  giorni  circa  cioè  dopo  lo  pavento,  l' infermo  ^  accorse 

26 


402  V.  Galletta 


d'avere  la  voce  rauca,  nasale  e  di  parlare  con  una  certa  difficoltai  cose  queste  notate 
anche  dai  suoi  medesimi  compagni,  che  cominciarono  a  non  capir  più  bene  le  parole 
di  lui.  Contemporaneamente  si  manifestò  un  senso  di  debolezza  agli  arti  inferiori,  per 
cui  gli  riusciva  un  po'  impacciata  la  deambulazione.  Un  giorno  anzi,  mentre  accom- 
pagnava i  suoi  scolari  per  una  passeggiata,  si  sentì  ad  un  tratto  venir  meno  le  gambe, 
e  cadde  a  terra,  senz'aver  provato  vertigine,  né  obnubilamento  della  vista,  né  ronzii 
alle  orecchie,  né  altro. 

Dopo  15  giorni  da  ciò,  36  dallo  spavento,  cominciò  ad  accusare  difficoltà  a  de- 
glutire i  liquidi  e  ben  presto  debolezza  agli  arti  superiori,  egualmente  distribuita, 
mentre  andava  aumentando  quella  agli  arti  inferiori. 

Tutti  questi  sintomi  andarono  progredendo,  per  cui  egli  dovette  smettere  di  fare 
scuola,  non  riuscendo  più  a  scrivere  e  farsi  comprendere  dai  suoi  scolari. 

Coir  aiuto  d'un  bastone,  a  stento  e  col  continuo  pericolo  di  cadere,  si  sforzava 
a  camminare  qualche  poco  e  nella  deambulazione,  com'  ^li  stesso  dice,  non  posava 
sempre  sul  terreno  tutta  la  pianta  del  piede,  ma  bene  spesso  soltanto  la  punta,  e  i 
passi  erano  piccoli,  brevi,  strisciando  i  piedi.  Nessun  disturbo  del  retto,  né  della  ve- 
scica. Erezione  debole  e  di  poca  durata.  Per  ridursi  in  queste  condizioni,  dal  giorno 
del  trauma  psichico  erano  bastati  circa  tre  mesi. 

L'infermo  subì  parecchie  visite  di  vari  medici,  ma  non  praticò  per  un  bel  pezzo 
nessuna  delle  cure  suggeritegli.  Nel  marzo  del  1904,  dopo  aver  peregrinato  di  qua  e 
di  là,  seguì  il  consiglio  di  recarsi  al  paese  nativo,  dove  fece  uso  del  joduro  di  potassio. 

In  seguito  praticò  bagni  minerali,  bagni  di  sabbia,  ma  inutilmente,  poiché  i 
sìntomi  su  descritti  aumentarono  sempre  più;  la  deglutizione  si  rese  assai  difficile, 
tanto  che  spesso  il  cibo  gli  andava  di  traverso,  e  gli  provocava  la  tosse  e  i  liquidi  gli 
fuoruscivano  dalle  narici  ;  gli  arti,  a  loro  volta,  lentamente,  ma  continuamente  dima- 
gravano. 

Verso  gli  ultimi  di  febbraio  del  1905  si  recò  a  Napoli,  dove  fu  accolto  nell'Ospe- 
dale di  Gesù  e  Maria.  Quivi  fu  assoggettato  a  varie  cure  :  elettricità,  iniezioni  d'ar- 
seniato  di  ferro,  in  numero  di  62,  infusi  di  china,  vitti tazione  sostanziosa  ed  abbon- 
dante, ma  dopo  tre  mesi  fu  costretto  a  ritornare  in  famiglia,  residente  da  circa  due 
anni  a  Reggio  Calabria,  presso  la  quale  perdette  il  discreto  miglioramento  già  otte- 
nuto a  Napoli,  dov'era  migliorato  sia  nel  parlare,  che  nel  deglutire  e  financo  nella 
deambulazione,  tanto  che  coll'aiuto  del  bastone  andava  girando  per  le  sale. 

Dopo  un  anno,  cioè  il  15  maggio  del  1906,  chiese  ricovero  in  quest'Ospedale,  dove 
fu  ammesso  e  destinato  a  questa  sala  di  Patologia. 

Presenta  :  Scheletro  bene  sviluppato  ;  muscoli  però  generalmente  atrofici  ;  nutri- 
zione scadente;  pelle  e  mucose  visibili  ben  colorate;  decubito  supino,  immobilizzato; 
gli  arti  superiori  addossati  al  torace,  ed  incrociati  sul  petto;  le  coscie  flesse  sul  ba- 
cino; le  ginocchia  in  flessione,  e  sollevate;  i  piedi  in  atteggiamento  .un  po' varo.  T. 
ascellare  36,7  ;  P.  debole,  un  po'  raro,  a  60  pulsazioni  al  1'  ;  respiro  a  14  atti  al  1'. 

Capo.  —  Nulla  a  notare,-  oltre  a  quello  che  sarà  detto  nell'esame  del  sistema 
nervoso  ;  e  nulla  parimente  al  collo,  al  toracCf  vAVapparecchio  cardio-vascolare^  al- 
l' addome. 

Colonna  vertebrale.  —  Si  rileva  una  lieve  lordosi  nella  sezione  dorsale,  con  sco- 
liosi destra. 

Sistema  glandolare  linfatico,  —  Da  notare  soltanto  che  alla  r^ione  latero-cer- 
vicale  sinistra  del  collo  si  palpa  una  ghiandola  linfatica,  grande  quanto  un  lupino, 
mobile,  indolente,  coperta  da  cute  normale;  nulla  alle  regioni  epitrocleari. 


Sclerosi  laterale  amwtrofi^^a  d'origine  emozionale  403 

Organi  genitali,  —  Normali.  Però  Terezione  è  molto  indebolita  e  di  breve  durata. 

Arti.  —  I  superiori  richiamano  subito  Vatt^nzione  dell* osservatore  per  il  loro  ac- 
centuato stato  di  denutrizione. 

Il  braccio  destro  ha  di  circonferenza:  al  terzo  superiore  cm.  21  ;  al  terzo  medio  20  ; 
al  terzo  inferiore  19;  contro  22,  21,  19  Vs  del  lato  opposto;  l'antibraccio  destro  mi- 
sura: al  terzo  superiore  cm.  19,  al  medio  17;  all'inferiore  14;  contro  20,  18  */j,  15 
di  sinistra. 

Atrofia  dei  muscoli  della  spalla,  specie  del  sopra-spinoso  e  del  deltoide;  nonché 
dei  grandi  pettorali,  del  tricipite,  degli  estensori  dell'antibraccio,  dell'eminenza  to- 
nare ed  ipotenare,  degl'interossei,  più  accentuata  a  destra  che  a  sinistra. 

Le  mani  si  mantengono  in  continuo  stato  di  flessione;  possibili  in  parte,  ma  sten- 
tati e  lenti  i  movimenti  di  flessione  ed  estensione  delle  antibraccia  sulle  braccia;  molto 
difficoltato  il  movimento  d'estensione  del  braccio;  le  mani  difficilmente  s'estendono, 
discretamente  si  flettono. 

I  muscoli  degli  arti  superiori  son  tutti  ipotonici. 

Gli  arti  inferiori  sono  relativamente  nutriti,  e  si  mantengono  in  stato  di  per- 
manente spasmo. 

La  tonicità  dei  muscoli  estensori  è  normale;  quella  dei  flessori  aumentata. 

Si  notano  movimenti  fibrillari  nei  muscoli  sia  degli  arti  superiori  che  inferiori. 

La  circonferenza  delle  coscie  misura:  a  destra,  al  terzo  superiore,  cm.  43;  al  terzo 
medio  cm.  40  ;  all' inferiore  35;  contro  43  V/j,  41,  36  della  coscia  sinistra.  Quella  delle 
gambe;  a  destra,  terzo  superiore,  cm.  28  Vi"»  terzo  medio  cm.  26;  terzo  inferiore  cm.  20*/,; 
contro  cm.  29,  27,  21  di  sinistra. 

Negli  arti  superiori  sono  possibili  tutti  i  movimenti  passivi,  che  però  negli  infe- 
riori sono  limitati,  a  causa  dello  spasmo  muscolare. 

L'esame  particolareggiato  della  motilità  ci  dà  quanto  segue: 
A)  Arti  superiori. 

1.  Mano,  —  Forma  ad  artiglio:  prime  falangi  estese;  seconde  e  terze  forte- 
mente flesse  ;  eminenza  ipotenare  scomparsa,  a)  V  estensione  è  abolita  completamente 
alla  mano  destra,  non  così  alla  sinistra;  b)  la  flessione  è  quasi  abolita  a  destra,  con- 
servata in  parte  a  sinistra;  e)  i  movimenti  di  lateralità  limitatissimi. 

2.  Dita,  —  Circa  i  movimenti  funzionali  d'esse  si  nota:  a)  per  l'estensione, 
che  sono  stese  le  prime  falangi,  mentre  sono  flesse  le  rimanenti  ;  6)  per  la  flessione, 
ch'essa,  quantunque  molto  diminuita,  purtuttavia  è  conservata. 

3.  Pollici.  —  Aboliti  i  movimenti. 

4.  Avambraccio,  —  a)  flessione  conservata;  6)  l'estensione  s'effettua,  ma  de- 
bolmente; e)  la  pronazione  e  la  supinazione  discretamente  conservate. 

5.  Braccio.  —  P elevazione:  a) lateralmente,  quasi  completamente  abolita;  6)  in 
avanti,  molto  ridotta;  e)  indietro,  ridotta  al  minimo.  2°  Abbassamento  del  braccio: 
s'effettua  discretamente.  3^  Adduzione  del  braccio  :  molto  ridotta.  4°  Rotazione  del  brac-      ^ 
ciò  verso  l'interno,  abolita.  5°  Rotazione  del  braccio  verso  l'esterno,  parimente  abolita. 

Movimenti  della  scapola,  —  V  Innalzamento  della  scapola,  discretamente  con- 
servato; 2**  abbassamento,  meno;  3°  adduzione,  quasi  abolita;  4'^  abduzione,  parimente 
quasi  abolita. 

Estremità  inferiori,  —  Movimenti  dell' articolazione  coio-f emorale.  1°  Possibile 
il  sollevamento  della  coscia;  2^  come  anche  l'abbassamento;  3^  impossibile  la  rota- 
zione all'interno;  4°  come  anche  all'esterno  ;  5*^  possibile  l'adduzione;  6**  come  anche 
l'abduzione.  I  movimenti  ancora  possibili  sono  però  lenti  e  deboli. 


404  V.  Galletta 


Movimenti  delV  articolaziùìie  del  ginocchio,  —  V  flessione  della  gamba,  pos- 
sibile; 2°  come  anche  Pestensione;  3*^  impossibile  la  rotazione  alF  interno;  come  anche 
air  infuori. 

Movimenti  delV articolazione  del  piede,  —  P  la  flessione  dorsale  del  piede  è  im- 
possibile; 2°  come  pure  I-estensione  (flessione  plantare)  ;  e  parimente  :  3**  T  abduzione; 
4**  l'abduzione;  5°  l'elevazione  del  margine  interno;  6°  l'elevazione  del  margine 
esterno. 

Movimenti  delle  dita  del  piede,  —  V  la  flessione  è  possibile;  2^  come  pure 
l'estensione;  S*'  abolita  l'adduzione;  4**  ed  anche  l'abduzione. 

Movimenti  delV alluce,  —  l*'  flessione  limitata;  2^  come  anche  l'estensione; 
3°  abolita  l'adduzione;  4°  come  pure  l'abduzione. 

Movimenti  del  piccolo  dito  del  piede,  —  V  flessione  mantenuta;  2**  abduzione 
abolita;  3°  parimente  l'opposizione. 

Andatura,  —  L' andatura,  facendo  tenere  ben  sorretto  dai  due  lati  l' infermo,  è 
la  seguente:  passi  piccoli,  stentati,  strisciando  sul  pavimento.  Su  questo  vengono  pog- 
giate soltanto  le  dita  e  la  metà  anteriore  della  pianta  dei  piedi,  mentre  questi  sono 
rotati  in  dentro  (posizione  varo-equina).  Le  gambe  si  mantengono  rigide,  e  difficil- 
mente si  discostano  l'una  dall'altra,  talché  le  ginocchia  strisciano  o  battono  l'uno 
contro  l'altro  (incesso  paretico-spastico). 

Fenomeni  bulbari  e  parola,  —  L'infermo  presenta  l'angolo  boccale  destro  de- 
viato un  po'  all'esterno;  labbra  con  nutrizione  scaduta;  lingua  umida,  bosselée,  i» 
preda  a  movimenti  fibrillari,  con  punta  deviata  un  pochino  verso  destra.  Egli  la  sporge 
con  una  certa  difficoltà,  e  non  la  può  mantenere  fuori  del  cavo  boccale  che  per  bre- 
vissimo tempo;  solo  in  maniera  molto  limitata  può  eseguire  i  movimenti  di  latera- 
lità  verso  sinistra;  niente  affatto  verso  destra;  non  riesce  a  cacciarla  contro  il  pa- 
lato duro. 

Egli  è  impossibilitato  a  gonfiare  le  gote,  od  a  fischiare,  o  a  sporgere  verso  al- 
cuna direzione  gli  angoli  della  bocca,  dalla  quale  però  non  cola  affatto  saliva. 

Ugola  senz' alcuna  deviazione;  fauci  normali;  deglutizione  difficile,  ma  più  pei 
liquidi  che  pei  solidi,  i  quali  però  non  refluiscono  verso  la  faringe  nasale,  né  ven- 
gono rigettati  nel  naso. 

11  malato  parla  stentatamente,  da  farsi  spesso  capire  con  grandissima  difficoltà, 
o  niente  affatto. 

Ha  la  voce  nasale;  la  parola  molto  anartrica,  per  fusione  dei  suoni  articolati. 
Trova  maggiore  difficoltà  a  pronunziare  in  un  primo  momento  le  parole  e,  supera- 
tolo, riesce  piuttosto  meglio  a  proseguire  oltre,  specie  quando  è  calmo. 

Spesso  e  per  le  piti  piccole  occasioni,  è  preso  da  accessi  di  riso  $p<Mtico,  cessato 
il  quale  prova  molto  maggiore  difficoltà  a  parlare. 

Eiflessi,  —  I  riflessi  congiuntivale,  corneale,  e  pupillare  sono  presenti;  la  pu- 
pilla destra  reagisce  meglio,  e  più  prontamente  della  sinistra. 

Presente  il  riflesso  faringeo. 

Per  quel  che  concerne  i  cutanei,  è  a  notarsi  che  riguardo  al  plantare  o  del  cavo 
del  piede,  che  dir  si  voglia,  si  rileva  l'esistenza  del  fenomeno  del  Babinski;  riflesso 
cremasterico  presente,  come  pure  l'addominale  ;  sono  invece  assenti  l' interscapolare,  il 
gluteo  e  l'anale. 

I  tendinei  sono  esagerati.  Esiste  il  clono,  o  fenomeno  del  piede;  esageratissimo 
quello  del  ginocchio;  presenti,  e  forse  un  po'  esagerati,  quelli  dell' estremifÀ  superiori, 
ma  non  si  riesce  ad  ottenere  il  così  detto  clono  della  mano. 


I 


Sclewsi  laterale  ayniotrofica  d*  orUjine  emozionale  405 

Non  8Ì  provoca  il  riflesso  masseterìno. 

I  riflessi  periostei  ed  articolari  della  cresta  della  tibia,  dell'ulna  e  del  radio 
sono  presenti. 

Battendo  sul  tendine  del  quadricipite  estensore,  oltre  a  rilevare  esageratissimo 
il  fenomeno  del  ginocchio,  si  riesce  a  provocare  la  trepidazione  epilettoide  della 
gamba. 

Conservati  e  normali  i  riflessi  profondi  (retto,  vescica). 

Non  disturbi  vasomotori. 

Le  varie  sensibilità,  tattile,  termica,  dolorifica,  barica,  elettrica,  generalmente 
conservate. 

Riguardo  alla  reazione  elettrica,  è  stata  generalmente  riscontrata  normale,  cioè 
K  C  C  ;>  An  C  C  ;  soltanto  nel  supinatore  rotondo  di  sinistra  venne  rilevata  reazione 
degenerativa,  cioè  An  CC  >  K  C  C. 

II  muscolo  e  il  nervo  corrispondono  ad  una  eccitazione  elettrica  quantitativa- 
mente normale. 

Colonna  vertebrale,  —  Pigiando  su  d' essa,  anche  con  forza,  non  sì  riesce  a  su- 
scitarvi in  alcun  punto  il  benché  menomo  dolore. 

L'esame  psichico  dtlVin fermo  non  fa  rilevare  gran  che.  L'infelice  si  rende  esatto 
conto  del  suo  miserevole  stato  e  conserva  abbastanza  bene  la  memoria.  Asserisce  che 
vorrebbe  frenare  quegli  accessi  di  riso  spasmodico,  che  lo  disturbano  grandemente, 
ma  non  vi  riesce. 

Esame  del  sangue,  —  Globuli  rossi  per  mmc.  5200000  ;  bianchi  4800  ;  emoglo- 
biiàa  al  Fleischl  85%. 

Urine,  —  In  un  primo  esame  si  riscontrò;  quantità  nelle  24  ore  dagli  800  ai 
1300  cmc.  Colorito  giallo;  aspetto  leggermente  torbido;  odore  sui  generis'^  consistenza 
fluida;  reazione  acida;  P.  S.  1030.  Urea  gr.  24  ^j^.  Albumina,  Glucosio,  Pigmenti  bi- 
liari assenti. 

Cloruri,  solfati,  fosfati  normali  — .  A  =  —  2.13. 

Il  sedimento  (previa  centrifugazione)  lascia  vedere  al  microscopio  qualche  cel- 
lula vescicale  ;  rari  globuli  bianchi  e  rossi,  qualche  cristallo  d'acido  urico  ;  numerosi 
cristalli  d'ossalato  di  calcio;  abbondanti  granulazioni  di  urati  amorfi. 

Un  altro  esame,  fatto  a  circa  un  mese  di  distanza,  dette:  «Quantità  nelle  24  ore 
ce.  1100.  Colorito  giallo.  Reazione  debolmente  acida  P.  S.  1021.  Aspetto  appena  ap- 
pena torbido.  Glucosio,  Pigmenti  patologici  assenti,  Albumina  tracce.  Urea  gr.  23,8%^. 

Cloruri,  solfati,  fosfati  normali.  A  =:z  —  2. 

Il  sedimento  fa  vedere  qualche  cellula  delle  basse  vie  urinarie  ;  numerosi  cristalli 
di  fosfato  triplo.  Qualche  cristallo  d'ossalato  di  calcio. 

L'ultimo  esame,  eseguito  alcuni  giorni  fa,  non  fece  riscontrare  traccia  alcuna 
d'i|lbumina. 

Feci,  —  L'esame  d'esse  non  fece  rilevare  nulla  degno  di  nota. 

Cura,  —  Essa  consistè  nell'  uso  protratto  del  joduro  di  potassio  per  bocca,  e  del- 
l'elettricità. 

Il  25  maggio  1906  furono  praticate  dieci  punte  di  fuoco,  cinque  per  ogni  lato, 
lungo  la  nuca,  dalla  protuberanza  occipitale  in  giù,  senza  però  alcun  esito. 

Del  diario  clinico  ben  poco  è  a  dire. 

Uscito  dalla  sala  per  la  chiusura  di  questa  a  cagione  delle  vacanze,  l'infermo 
vi  rientrò  1'  11  febbraio  1907,  dopo  cioè  otto  mesi,  mostrando  più  pronunziati  l'atrofia 
muscolare. 


406  V,  Galletla 


Il  riso  spasmodico  è  meno  frequente,  mentre  l'articolazione  delle  parole  è  più  sten- 
tata, e  la  pronunzia  nasale  più  rimarchevole. 

I  movimenti  della  lingua  sono  più  difficili;  qualche  volta  gli  alimenti  liquidi 
fuoriescono  dalle  narici. 

Nel  decubito  laterale,  il  malato  perde  qualche  volta  saliva  dagli  angoli  boccali. 
.  La  temperatura,  il  polso  ed  il  respiro  si  sono  mantenuti  senapre  fisiologici. 

I  movimenti  degli  arti  superiori  andarono  diventando  sempre  più  difficili.  Spe- 
cialmente la  motilità  dell'avambraccio,  della  mano  e  delle  dita  dell'arto  sinistro  sono 
notevolmente  compromessi. 

La  forma  ad  artiglio  delle  mani  è  più  marcata. 

Riosservando  l' infermo  poco  tempo  fa,  notai  ancor  più  pronunziata  V  atrofia  mu- 
scolare ;  la  voce  più  nasale  ;  la  parola  molto  più  indistinta,  e  a  momenti  difficilissima,^ 
0  a  dirittura  incomprensibile. 

Gli  accessi  di  riso  spastico  sì  mantengono  diminuiti  ;  l' intelligenza  continua  ad 
essere  chiara. 

La  deglutizione  s'effettua  relativamente  bene  pei  solidi,  un  po'  difficile  pei  liquidi. 

L'appetito  è  eccellente;  le  funzioni  digestive  normali. 

Le  urine  e  le  feci  non  presentano  nulla  di  patologico. 

Considerazioni.  —  SulT esattezza  della  diagnosi  del  nostro  caso  a  me  pare 
che  nessun  dubbio  possa  cadere,  e  perciò  su  d'essa  sorvolo  completamente. 

Nella  presente  osservazione  sono,  a  mio  giudizio,  degni  di  studio,  e  d'es- 
sere quindi  illustrati,  quattro  punti,  e  cioè:  ì^  U etiologia;  2*"  La  probabile 
debolezza  congenita  del  soggetto;  *ò^  U inizio  bulbare  acuto,  associato  ad  un 
cronicissimo  decorso;  4°  La  rachialgia, 

Etiologia,  —  Oscura  è  a  lutt'oggi  la  vera  causa  della  sclerosi  laterale 
amiotrofica.  Ora  s'incolpano  i  raffreddamenti,  od  i  traumatismi;  ora  l'eccessu 
di  lavoro  fisico;  ora  lo  spavento;  ora  le  iniezioni,  specie  di  tifo  e  di  sifìlide; 
ora  le  intossicazioni,  per  es.  di  piombo  e  di  pellagra;  ora  gli  sforzi  muscolari, 
specie  in  quella  forma  che  comincia  coli' atrofia. 

Gharcot,  Brissaud  e  Leyden  affermano  che  molti  dei  casi  di  sclerosi 
laterale  amiolrofica  non  hanno  una  causa  evidente. 

Raymond  e  Gestan  dichiarano  nei  loro  casi  negativa  rinchiesla  etiolu- 
gica  sulla  possibile  causa  efficiente.  Malgrado  attente  ricerche,  essi  non  rin- 
vennero una  causa  etiologica  univoca,  né  nell'anamnesi  remota,  né  nella  pros- 
sima dei  malati,  dei  quali  la  professione  era  tutt' affatto  diversa.  In  un  caso 
dicono  ch'era  da  rilevarsi  la  febbre  tifoide,  e  in  due  la  sifilide,  ma  al  micro- 
scopio non  rinvennero  differenze  istologiche  Ira  questi  casi,  e  quelli  esenti  da 
ogni  precedente  infettivo  importante. 

Il  Berger  ammette  la  possibilità  del  trauma;  la  nega  lo  Gharcot;  l'Eri» 
nel  suo  trattato  non  esprime  la  propria  opinione,  e  lascia  la  questione  indi- 
scussa; il  Giese  se  ne  occupa  nei  suoi  recenti  lavori.  Non  meno  che  al  trauma 
fisico  si  suole  tiare  importanza  allo  psichico. 

Seguiti  a  profonde  emozioni  psichiche,  descrissero  casi  BlumenthiìU 
Adamkievicz,  Eisenlohr.  In  un  caso,  osservato  dall'Oppejiheim,  i  sinlomi 


Sclerosi  laterale  amiotro/U*a  d'origine  emozionale  i()l 

si  manifeslarofio  immedìataroente  dopo  nn  forte  spavento^  durante  il  quale 
r  indivìduo  era  stato  costretto  a  vogare  con  tutte  le  sue  forze. 

Il  De  Renzi  ebbe  ad  osservare  un  malato  li  quale,  prima  della  malattia, 
subì  una  forte  collera,  ma  non  fa  risultare  il  tempo  trascorso  tra  Tuna  e 
l'altra. 

Il  Raymond  in  un  suo  caso,  in  persona  d'una  domestica  dì  55  anni, 
dice  che  uno  shock  morale  ebbe  gran  parte  nello  svolgersi  della  malattia. 

Lo  shock  consistè  in  ciò:  la  donna,  prestato  a  persona  di  sua  fiducia  tutto 
il  danaro  che  rappresentava  le  sue  economie  di  lunghi  anni  di  lavoro,  lo  per- 
dette per  la  fuga  di  essa.  Vistasi  cosi  priva  di  mezzi,  provò  tanto  dolore  che 
n'ebbe  compromessa  la  salute;  divenne  triste  e  piangeva  continuamente. 

Durante  questo  periodo  doloroso  subì  un'angina,  sembra  però  non  grave 
e  poi  fu  assalita  dalla  malattìa. 

Non  risulla  il  tempo  trascorso  tra  l'angina  e  l'ulteriore  comparsa  della 
sclerosi  laterale  amiolrofica.  A  forti  patemi  d'animo  il  Pennato  attribuisce  il 
suo  caso,  ma  non  precisa  dì  quanto  essi  precedettero  l' insorgenza  del  morbo. 
Da  notare  che  nel  decorso  di  questo  accadde  un  aggravamento,  sul  quale,  se- 
condo la  paziente,  avrebbe  influilo  anche  un  forte  patema. 

Nel  caso  dello  Schlesìnger,  che  mi  piace  di  riferire  succintamente,  la 
malattia  cominciò  dopo  una  forte  emozione  e  con  sintomi  bulbari. 

Si  tratta  d'un  operaio  di  72  anni,  senza  antecedenti  ereditari,  ne  perso- 
nali. Nel  settembre  del  1896,  in  seguito  ad  una  forte  emozione,  risentì  imba- 
razzo della  parola,  ed  emiparesi  destra. 

In  novembre,  cioè  dopo  due,  tre  mesi,  accessi  di  riso  e  di  pianto  forzati, 
Irequentissìmi  e  con  molta  facilità  provocabili. 

Verso  il  mese  di  febbraio  del  1898,  cioè  dopo  circa  due  anni  e  cinque 
mesi,  avviene  un  grande  miglioramento  di  tult'i  sintomi,  che  del  resto  non 
dura,  ma  è  seguito  da  un  nuovo  aggravamento,  tre  mesi  dopo  del  quale  l'in- 
fermo mori,  per  cui  tutto  il  decorso  del  morbo  fu  di  due  anni  e  otto   mesi. 

Il  Bonardi  pubblicò  un  caso  di  sclerosi  laterale  amiotrofica  ad  inizio 
hulbare,  in  persona  d'una  bambina  di  dieci  anni  nella  quale  la  malattìa  sa- 
rebbe cominciata  improvvisamente  in  seguito  ad  un'abbondante  epistassi,  du- 
r»t3L-parecchì  giorni,  a  cui  sussegui  un  forte  spavento,  detcrminato  dall'essersì 
la  bambina  trovata  rinchiusa  in  una  stalla  con  un  grosso  cane,  che  le  si  av- 
ventò contro  ringhiando. 

Altri  casi  ad  inizio  bulbare,  registrati  nella  letteratura,  sono  i  seguenti: 
uno  dello  stesso  Raymond  in  persona  d'un  uomo  di  55  anni;  il  secondo  ed 
il  tereo  dei  quattro  del  Gurcio;  uno  del  De  Renzi  che  per  due  anni  pre- 
sentò la  sindrome  di  paralisi  bulbare,  a  cui  poi  seguirono  i  sìntomi  di  sclerosi 
laterale  araiotrofica;  uno  di  Reevor  in  persona  d'una  donna,  che  come  primi 
sintomi  presentò  ditììcoltà  della  parola  e  della  deglutizione;  uno  del  France- 
schi in  cui  aprirono  la  scena  ì  sintomi  propri  della  paralisi  labio-glosso-fa- 
ringea; uno  del  Gordon  in  persona  d'una  donna  dì  50  anni,  nella  quale  la 
malattia  cominciò   con  una  debolezza  dei  muscoli  della  nuca  e  con  difficoltà 


4()8  V,  Galletta 


a  deglutire  e  a  parlare;  cinque  sui  loru  dìciolto  casi  di  Raymond  e  Cestan, 
quattro  donne^  un  solo  uomo,  col  tipo  di  paralisi  labio-glosso-faringea. 

Venendo  ora  al  mio  infermo,  ho  stimato  prima  dì  ogni  altro  necessario 
occuparmi  dell' etiologia,  poiché  ogni  nuovo  caso  di  sclerosi  laterale  amiotro- 
fica,  accuratamente  studiato,  può  forse  contribuire  a  vantaggio  della  conoscenza 
d'un  processo  morboso  la  cui  causa  e  natura  sono  tuttavia  avvolte  in  un'atmo- 
sfera d'incertezze. 

Il  nostro  malato  visse  bene  sino  all'età  di  35  anni.  Fu  da  quest'epoca 
e  propriamente  dopo  il  fortissimo  spavento  avveratosi  nelle  condizioni  ecce- 
zionali già  descritte,  che  cominciò  l'iliade  delle  sue  vicende  dolorose,  il  cui 
epilogo  è  facile  prevedere. 

Riflettendo  sui  dati  della  storia  clinica,  la  prima  considerazione  che  ne 
scaturisce  è  che  il  traumatismo  psichico,  così  come  s'avverò,  dovette  turbare 
iVemblée  e  profondamente  la  psiche  dell'individuo,  producendovi  uno  squi- 
librio veramente  enorme.  Il  nostro  infermo  difatti  dovette  perdere  la  nozione 
del  tempo  e  non  dovette  potersi  rendere  ragione  alcuna  delle  condizioni  nelle 
quali  trovavasi,  dominato,  soggiogato,  ossessionato  com'era  da  una  idea  terro- 
rizzante e  violenta,  l'idea  che  uno  spirito  lo  trattenesse  là,  inchiodalo  in  pieno 
camposanto. 

E  se  cosi  non  fosse  successo,  noi  mal  sapremmo  spiegarci  come  mai  un 
individuo  ancor  giovane  e  sano  avesse  potuto  trascorrere  varie  ore  della  notte 
immobile,  senza  il  coraggio  di  voltarsi  indietro,  per  vedere  da  che  cosa  mai 
fosse  stato  trattenuto,  o  meglio,  senza  neppur  pensare  di  sbarazzarsi  del  man- 
tello, onde  diventare  libero  e  quindi  facilmente  fuggire. 

Egli  invece,  perdurando  nel  suo  notevole  obnubilamento  psichico,  non  fece 
altro  che  scongiurare  l'immaginario  spirito  e  fu  solo  al  mattino,  quando  la 
luce  ebbe  fugate  le  tenebre  e  con  esse  il  terrore,  ch'egli  finalmente  seppe 
rendersi  esatto  conto  di  quel  che  in  realtà  gli  era  accaduto. 

Malgrado  ciò  è  da  ritenersi  ch'egli  non  sia  riuscito  a  veramente  rasse- 
renarsi, ne  a  ben  riordinare  le  sue  facoltà  psichiche,  il  che  ci  viene  attestato 
dal  fatto  che,  malgrado  allontanatosi  dal  camposanto,  continui»  tuttavia,  lungo 
il  ritorno  a  casa,  ad  essere  atterrito.  Lo  stesso  riso  di  lui  non  fu  che  la  prima 
solenne  nota  del  processo  morboso,  che  s'iniziava  con  questo  fenomeno  spa- 
smodico, tuttora  persistente. 

Quantunque  trascorsi  dei  giorni  dallo  spavento  subito,  l'individuo  non  ri- 
torna più  al  suo  primitivo  grado  di  capacità  intellettuale,  ma  mostra  invece 
chiaramente  segni  di  disordine  mentale.  Egli  infatti,  nei  contare  il  danaro 
commetle  errori  grossolani  e  dà  mille  e  cento  lire,  invece  di  sole  mille.*  Nes- 
sun dubbio  dunque  che  il  forte  e  prolungato  spavento  avesse  scosso  profon- 
damente il  sistema  nervoso  del  soggetto. 

Questi,  in  realtà,  dopo  soli  venti  giorni  dal  suddetto  traumatismo  psìchico, 
comincia  a  mostrare  fatti  somatici  subbiettivi  ed  obbiettivi:  notevole  la  forte 
rachialgìa  alla  regione  dorsale,  per  mitigare  o  combattere  la  quale  ricorse  ad 
uno  smodato  uso  di  carie  senapate.  Non  era  trascorso  ancora  che  un  giorno 


Sclerosi  laterale  amiotrofwa  d'orìgine  emozionale  409 

ila  essa,  che  già  l' individuo  preséntiiva  falli  bulbari,  come  a  dire  voce  rauca 
e  nasale,  insieme  con  una  certa  difficoltà  di  parola,  nonché  senso  di  debolezza 
;igli  arti  inferiori,  d'onde  impaccio  nella  deambulazione. 

Dopo  appena  quindici  giorni  da  ciò,  trentasei  dal  forte  spavento,  insorsero 
«lifficoltà  alla  deglutizione  dei  liquidi  e  debolezza  agli  arti  superiori,  mentre 
quella  degl'inferiori,  già  quindici  giorni  prima  cominciata,  andava  sempre  più 
aumentando. 

È  questa  una  rigorosa  successione  cronològica  di  fatti  morbosi,  la  cui  ori- 
gine non  può  a  meno  d'addebitarsi  al  trauma  psichico  subito  dall'infermo. 
Se  un  intervallo  più  o  meno  lungo  di  vero  benessere  fosse  intercorso  tra  l'av- 
venimento al  camposanto  e  la  comparsa  dei  fenomeni  morbosi,  ovvero  un'altra 
nuova,  importante  cagione  fosse  intervenuta,  forse  potremmo  dubitare  d'un 
nesso  etiologico  tra  i  fatti  già  descritti,  ma  cosi  come  avvennero  nessun  dubbio, 
a  mio  giudizio,  può  esistere  circa  un  rapporto  diretto  tra  di  loro  di  causa  ad 
effetto. 

Dirò  anzi  di  più  e  cioè  che  forse  in  qualcuno  soltanto  dei  casi  già  re- 
gistrati nella  letteratura,  lo  spavento  appare  in  maniera  cosi  evidente,  come 
nel  nostro,  quale  causa  della  malattia.  Di  fatti  nel  malato  dell'Oppenheim  ci 
fu  un  forte  spavento  si,  ma  in  pari  tempo  un  non  trascurabile  sforzo  fisico, 
quale  appunto  si  richiede  per  vogare  con  tutte  le  forze. 

Nella  donna  del  Raymond  figura  chiaro  lo  shock  moràìe^  ma  non  se  ne 
deve  dimenticare  l'angina  patita  quantunque  sembrala  non  grave,  poiché  Préo- 
brajensky  dà  molto  peso  all'influenza  degli  agenti  tossici,  l'azione  dei  quali, 
secondo  lui,  è  facilitata  dagli  abituali  momenti  etiologici  (raffreddamento,  trau- 
matismo ecc.),  che  vi  giocano  una  parte  importante. 

Nel  caso  del  Bonardi  vero  è  che  ci  fu  un  forte  spavento,  ma  bisogna 
riflettere  che,  prima  di  questo,  la  malata  subì  un'abbondante  epistassi,  che  per 
di  più  durò  per  ben  parecchi  giorni. 

Il  solo  caso  che  più  specialmente  dal  punto  di  vista  etiologico  e  si  noti, 
che  anche  in  parte  sinlomatologico  e  del  decorso,  collima  col  nostro  è  quello 
dello  Schlesinger  il  cui  malato,  in  seguito  soltanto  ad  una  forte  emozione, 
risenti  subito  imbarazzo  della  parola  ed  emiparesi  destra. 

Dopo  due,  tre  mesi,  presentò,  come  già  si  è  detto,  accessi  di  riso  e  di 
pianto  forzali,  frequentissimi  e  con  molta  facilità  provocabili  ed  infine,  an- 
ch'egli,  come  il  nostro,  godette  d'un  grande  si,  ma  fugace  miglioramento  di 
tutti  i  sintomi. 

Dietro  ripetute  domande  il  nostro  malato  continua  tuttora  ad  affermare 
che  quella  notte,  in  cui  per  varie  ore  rimase  all'aperto,  il  tempo  era  ecce- 
zionalmente bello  e  non  facea  affatto  freddo,  tanto  che  indossò  il  mantello 
soltanto  quando  giunse  cogli  amici,  sulla  inezzanotte,  al  luogo  stabilito,  ma  non 
per  bisogno,  sì  bene  per  avere  libere  le  braccia.  Assicura  inoltre  che  quando 
ritornò  in  sé,  non  provò  che  una  lievissima  sensazione  di  freddo,  che  ben  presto 
non  senti  più  appena  cominciò  a  muoversi  e  a  camminare.  Per  cui  nessun 
dubbio  esiste  che  nel  nostro  caso  l'influenza  emozionale  domina,  come  momento 


•iiO  V.  Gali  et  la 


eziologico  di  gran  lunga  prevalente,  l'insorgenza  del  processo  morboso.  Non 
m'è  riuscito  di  dimostrare  in  modo  soddisfacente  l'influenza  del  freddo  come 
coadiuvante,  sia  pure  secondario,  ma  tuttavia  sicuro,  dell'eziologia. 

Ciò  non  di  meno,  tenendo  presenti  recentissimi  studi  sperimentali  sul- 
l'azione combinata  degli  agenti  morbosi  sulla  fina  struttura  delle  cellule  ner- 
vose (Donaggio  ed  altri),  non  mi  credo  assolutamente  autorizzato  ad  esclu- 
dere che,  per  quanto  piccola  sia  stata  l'azione  del  freddo,  essa  tuttavia  abbia 
potuto  in  qualche  modo  aver  coadiuvato  l'azione  di  gran  lunga  più  evidente 
e  certamente  violentissima,  del  trauma  psichico. 

D'altronde,  mentre  voglio  rilevare  che  dai  casi  sopra  citati  risulta  effet- 
tivamente molto  frequente  l'azione  combinata  di  due  momenti  eziologici,  nel 
caso  mio,  anche  senza  invocare  il  freddo,  è  da  considerarsi  che  un  secondo 
momento  eziologico  non  mancherebbe,  essendo  esso  costituito  probabilmente 
dalla  congenita  debolezza  del  sistema  nervoso,  in  causa  della  nascila  prema- 
tura dell'individuo  (vedi  sotto). 

Credo  degno  ancora  di  rilievo,  riguardo  al  trauma  psichico,  che,  riandando 
la  casistica,  risulta  che  dov'esso  apparve  come  causa  brusca,  improvvisa  e  no- 
tevole. Ih  con  meravigliosa  frequenza  insorsero  forme  di  sclerosi  laterale  amio- 
trofica  proprio  ad  inizio  bulbarc,  il  che  ci  viene  luminosamente  attestato  dai 
casi  dello  Schlesihger,  del  Bonardi,  nonché  dal  nostro.  Ed  è  davvero  sor- 
prendente constatare  come  iif  tutti  e  tre  i  casi  allo  spavento  impi'ovvìso  e  fovr 
tissimo  sia  segnila  la  forma  ad  inizio  hulbare,  nei  primi  due  subito  dopo,  nel 
nostro  con  lieve  intervallo  di  tempo. 

Tutto  ciò  però  non  esclude  che,  pur  senza  una  causa  apparente  possano 
benissimo  insorgere  casi  di  sclerosi  laterale  amiotrofica  ad  inìzio  bulbare,  come 
chiaramente  risulta  dalla  stessa  casistica  succitata. 

Debolezza  congenita,  —  Per  la  sclerosi  laterale  amiotrofica,  al  pari  die 
per  l'atrofia  muscolare  progressiva,  si  pensa  ch'esista  una  predisposizione  or- 
ganica particolare,  una  condizione  di  maggiore  morbilità  di  date  parli  del  si- 
stema nervoso,  derivanti  dal  modo  di  sviluppo  embrionale,  concetto  che  Gowers 
sintetizzò  nella  parola  abiotrofìa. 

Lo  Slrumpell  emise  l'ipotesi  di  una  debolezza  congenita  del  sistema 
4notore,  ch'è  stata  ben  accolla  dall'Eichhorst,  dall'Oppenheim  ecc. 

11  Pilcz  pubblicò  un  caso  di  cui  fece  un  minuto  studio  isto-patologico 
e  discutendo  la  patogenesi  della  sclerosi  laterale  amiotrofica  conchiuse  coli' am- 
mettere una  debolezza  primitiva  del  sistema  motore  corlico-muscolare. 

Préobrajensky  dice  che  a  base  della  malattia  si  trova  la  debolezza  con- 
genita e  talvolta  acquisita  delle  vie  motrici  le  quali,  per  questa  ragione^  sono 
molto  facilmente  soggette  all'influenza  d'un  agente  tossico. 

Anche  il  Testi,  a  proposito  dei  suoi  due  casi  in  persona  di  due  fratelli, 
l'uno  di  tredici,  l'altro  di  diciolto  anni,  appartenenti  a  famiglia  pellagrosa 
ed  essi  stessi  affetti  da  pellagra,  ammette  che  questa  non  può  essere  causa 
unica  delia  malattia  e  che  l'azione  elettiva  del  virus  pelbagrogeno  cosi  spic- 
cala e  netta  sui  neuroni  motori   e   cosi  identica  in  ambo  i  fratelli,  non  può 


Sclerosi  laterale  amiotrofìca  d' orUjine  emozionale  ili 

spiegarsi  se  non  si  fa  intervenire  l'altro  coefficiente  della  morbosa  predispo- 
sizione congenita,  o  mal  conformazione  ereditaria,  con  localizzazione  negli  stessi 
elementi. 

Noi  nella  storia  clinica  abbiamo  già  notato  che  l'infermo  nacque  da  parto 
prematuro,  a  soli  sette  mesi  e  che  venne  sn  gracile  e  debole,  dei  quali  due 
difetti,  a  suo  dire,  si  corresse  discretamente  durante  la  vita  attiva  del  servizio 
di  guardia  di  finanza.  Orbene,  di  speciale  considerazione  io  stimo  la  circo- 
stanza riferibile  alla  nascita  prematura  dell'individuo,  perchè  questa,  a  mio 
giudìzio,  può  avere  sinistramente  influito  sulla  normale  evoluzione  e  mieliniz- 
zazione  dei  fasci  spinali,  d'onde  una  debolezza  confjenita  d*  essi  e  quindi  la 
facile  posfjibilità  dell'  insorgenza,  a  causa  dello  spavento,  della  grave  malattia 
nervosa  sistematica  dalla  quale  è  miserevolmente  afllitto  l'infermo. 

Nulla  nel  nostro  caso  risulta  di  ereditario  ed  al  proposito  è  bene  ricor- 
dare che,  malgrado  che  il  concetto  della  predisposizione  individuale  trovi  quasi 
un  generale  consenso,  non  egualmente  chiara  risulta  l'influenza  di  una  ragione 
ereditaria  diretta  dello  stesso  tipo  morboso. 

Raymond  e  Gestan  afl'ermano  che  nei  loro  diciotto  casi  fu  sempre  as- 
sente l'eredità  diretta  o  familiare,  e  lo  stesso  viene  confermalo  da  vari  altri  AA. 

Gowers  dice  che  l'eredità  non  conta  che  in  meno  di  metà  dei  casi  ed 
in  genere  quale  disposizione  neuropatica  indiretta  e  che  di  rado  la  malattia 
stessa  è  direttamente  ereditata;  ammette  però  che  soltanto  nei  casi  di  soggetti 
vecchi  pare  che  l'eredità  diretta  sia  comunissima. 

Il  Curcio  trovò  nel  primo  dei  suoi  quattro  casi  che  il  padre  dell'infermo 
era  stato  affetto  da  un'amiotrofia  parasifilitica,  per  cui  lo  fa  rientrare  fra  quelli 
(li  eredità  dissimilare  eterologa. 

Inizio  btUbare  amilo,  associato  ad  un  cronicissimo  decorso,  —  Nei  comuni 
trattati  di  Patologia  interna,  come  si  sa,  è  solito  distinguere  la  sintomatologia 
della  sclerosi  laterale  amiotrofìca  in  tre  periodi,  all'ultimo  dei  quali  si  asse- 
gnano ì  sintomi  bulbari. 

Lo  stesso  Charcol  ebbe  a  scrivere:  «  la  troisième  pérìode  étant  marquée, 
uinsi  que  nous  allons  le  voir,  par  l'apparition  des  phénomènes  bulbaires  >►. 

Il  Leube  dice:  «Talora  l'afl'ezione  può  propagarsi  anche  in  alto,  al  mi- 
dollo oblungato,  massime  negli  stati  più  inoltrati  della  malattia  (spesso  dopo 
alcuni  anni  dall'inizio),  ed  allora  compaiono  fenomeni  bulbari. 

Piuttosto  raramente  il  processo  comincia  dal  midollo  allungato  ed  allora 
la  malattia  non  si  distingue  per  nulla  dalla  paralisi  bulbare  progressiva  ed  a 
tal  uopo  è  bene  dire  che  ci  sono  osservatori,  i  quali  si  dicono  autorizzati  a 
domandarsi  se,  nella  sua  forma  tipica,  la  paralisi  labio-glosso-laringea  non  di- 
penda sempre  dalla  sclerosi  laterale  amiotroOca  ». 

Credo  perfèttamente  inutile  fare  il  nome  di  altri  AA.,  poiché  essi  su  per 
giù  ripetono  le  stesse  cose. 

Uno  solo  però,  per  quanto  mi  sappia,  cioè  il  Gal  lei,  si  dfscosta  da  que- 
sto comune  modo  di  vedere.  Egli  di  fatti  in  un  suo  recente  lavoro  «  Los  dif- 
férents  débuts  de  la  sclerose  laterale  amyolrophique  »  dice  che  i  disturbi  bulbari 


M-2  V.  Galletta 


si  osservaìw  frequentissimamente  all'inizio  della  sclerosi  laterale  amiotrofica. 
Sì  vede  subito,  secondo  luì,  la  paresi  delle  labbra  e  della  lìngua;  dopo  sono 
invasi  la  faccia,  il  velopendolo,  la  laringe. 

11  Préobrajensky,  gii)  citato,  dice  invece  che  la  malattia  comincia  così 
sovente  dall'estremità  superiori,  che  inferiori:  più  raramente  con  fenomeni 
bulhari. 

Raymond  e  Cesta n  sui  loro  diciotto  casi  ne  osservarono  soltanto  cinque 
(quattro  donne,  un  solo  uomo)  col  tipo  di  paralisi  labio-glosso-laringea. 

Il  Franceschi  afferma  che  T insorgere  del  processo  morboso  con  sintomi 
bulbari,  per  quanto  non  appartenga  all'eccezione,  costituisce  tuttavia  una  delie 
modalità  d'inizio  meno  frequenti. 

Stando  dunque  alla  comune  degli  AA.,  l'inizio  bulbare  del  nostro  c^iso  è 
degno  di  nota. 

Riguardo  all'evoluzione  della  sclerosi  laterale  amiotrofica,  classicamente 
s'insegna  ch'essa  è  breve  e  non  oltrepassa  guari  i  tre  anni,  tuttavia  la  let- 
teratura medica  ci  offre  al  proposito  delle  notevoli  eccezioni. 

I  casi  a  marcia  più  rapida  sono  i  seguenti:  uno  di  Emilio  Puscariue 
Alessandro  A.  Lambrior,  quattro  dì  Raymond  e  Cestan,  uno  del  Santini, 
uno  del  Pinganaud  e  infine  quello  già  citato,  del  Bonardi.  Nel  primo  caso, 
un  operaio  di  40  anni,  la  malattia  cominciò  nell'agosto  del  1904  e  fini  il 
19  febbraio  1905,  con  un  decorso  quindi  di  appena  sei  mesi  circa.  i 

Negli  altri  quattro  casi  il  tipo  fu  l'amiotrofico,  ma  gli  AA.  tuttavia  non 
vogliono  attribuire  la  rapidità  del  decorso,  rispettivamente  di  sei,  otto,  otto, 
dieci  mesi,  al  tipo  morboso  poiché  in  un  altro  caso  la  durata  fu  di  ben  cin- 
que anni. 

Degno  di  noia  è  il  caso  pubblicato  nel  1906  dal  Santini  nel  quale  questi 
riscontrò  inizio  brusco,  quasi  acuto,  decorso  progressivo  rapidissimo;  la  loca- 
lizzazione delle  contratture  solo  ai  flessori  degli  arti  inferiori,  la  profonda  amio- 
trolia  localizzata  a  questi  ultimi,  l'assenza  dei  riflessi  tendinei,  la  paralisi  retlo- 
vescicale,  i  disturbi  trofici  della  pelle  ecc.  e  la  cui  durata  totale  fu  di  soli 
otto  mesi. 

II  decorso  della  malattia  nell'individuo,  osservato  dal  Pinganaud,  fu  di 
appena  sei  mesi.  La  malata  del  Bonardi  non  visse  che  circa  tre  mesi. 

Il  caso  a  più  lungo  decorso  che  sì  conosca  è  quello  del  Dancourt,  che 
avrebbe  impiegato  più  di  venti  anni  nella  sua  evoluzione,  la  qual  cosa  sarebbe 
slata  dovuta  ad  un  arresto  di  lunga  durala. 

Notevole  è  anche  il  casp  di  Mally  (de  Clermont  Ferrand)  e  Mira- 
moni  de  La  Roquetle  in  persona  d'un  arrotino  di  39  anni,  nel  quale  erano 
già  trascorsi  13  anni  dall'inizio  della  malattia. 

Vengono  poi  il  caso  del  Flora nd  che  durò  dieci  anni  e  quello  di  T. 
A.  Valdès  Anciano  il  quale,  malgrado  trascorsi  dieci  anni  e  malgrado  un 
nolevole  slato  atrofico  e  spasmodico,  presentava  tuttavia  buono  sUUo  generale 
senza  nessun  fenomeno  bulbare. 


Sclerosi  laterale  amiptrofica  d'origine  emoziomile  iVS 


Il  caso  del  Pennato  evolvette  in  sette  anni  e  in  sei  quello  di  Moulier 
e  Grasset,  nonché  l'altro  di  Dercum  e  William  G.  Spiller;  in  cinque  quello 
del  Senator. 

Pel  resto  dei  casi  il  decorso  s'aggirò  in  generale  tra  il  primo  e  il  secondo 
anno,  o  un  po'  più  in  li). 

Riguardo  quindi  al  decorso  anche  il  nostro  caso,  che  oramai  data  da  quasi 
cinque  anni,  è  interessante  tanto  più  che,  malgrado  lo  stato  atrofico  e  spa- 
smodico, le  condizioni  generali  si  mantengono  tuttavia  soddisfacenti,  anche 
esposto  com'è,  il  povero  infermo,  alle  privazioni  ed  alle  sofferenze  d'ogni  ge- 
nere, alle  quali  è  sottoposto  dalla  miseria  veramente   squallida   in  cui  versa. 

Valore  prognostico  dei  fenomeni  bulbari.  —  Come  un  elemento  di  prognosi 
(li  molto  valore  sì  suol  ritenere  la  comparsa  di  fenomeni  bulbari  nella  sfera  del 
pneumo-gastrico  (Brissaud). 

Lo  stesso  Charcot  insegnava  che  quando  comparivano  quei  sintomi,  la 
malattia  non  poteva  durare  più  di  sei  ad  otto  mesi:  il  centro  del  X  paio  era 
quasi  sempre  affetto  e  si  moriva  per  asfissia:  regola  questa  alla  quale  erano 
da  attribuirsi  ben  poche  eccezioni.  H.  Claude  e  P.  Lejonne  però  in  un  lavoro 
che  data  appena  dal  190t>,  ritengono  troppo  pessimista  l'opinione  suddetta  ed 
affermano  che  non  bisogna  considerare  l'attacco  del  nucleo  del  X  paio  come 
indicante  sempre  la  morte  a  breve  scadenza,  e  quindi  come  l'avanguardia  della 
Une  fatale. 

Essi  basano  il  loro  giudizio  su  d'una  loro  osservazione,  che  può  breve- 
mente riassumersi  così  :  ^  Donna  di  trent'anni  affetta  da  sclerosi  laterale  amio- 
trofica,  già  da  cinque.  La  malattia  cominciò  alla  fine  del  1900  con  crampi 
dolorosi  alle  braccia  ed  alle  spalle.  Tre  anni  più  tardi,  cioè  nel  1903,  s'ini- 
ziarono i  sintomi  bulbari  :  voce  più  rauca  e  a  momenti  difficile.  Dopo  circa 
altri  due  anni  i  suddétti  sintomi  erano  già  importantissimi,  perchè  esistevano 
gravi  disturbi  nel  dominio  dello  pneumogastrico.  La  malata  difatti  si  lagnava 
di  palpitazioni  di  cuore  sopravvenienti  a  un  movimento  un  po' vivo  da  lei 
ese|[uito;  nello, stesso  stato  di  riposo  ella  presentava  il  polso  irregolare,  ordi- 
nariamente rapido,  90  a  100  pulsazioni  al  minuto  primo.  La  tensione  arteriosa 
era  bassa,  15  cm.  di  Hg.  allo  sfigmomanometro  di  Pota  in.  Respiro  normale: 
14  a  17  atti  respiratori  al  minuto  primo. 

Qualche  volta  la  malata  impallidiva,  le  sembrava  che  il  cuore  cessasse  di 
battere,  ed  aveva  come  un  abbozzo  di  sincope. 

In  questo  caso,  dicono  gli  AA.,  i  fenomeni  bulbari  sì  sono  mostrati  pre- 
cocemente e  tuttavia  la  loro  marcia  è  stata,  dopo  la  loro  apparizione,  delle  più 
lente,  rimontando  a  più  di  tre  anni. 

Raymond  e  Cestan,  riguardo  ai  loro  casi,  s'esprimono  colle  seguenti 
testuali  parole:  <  D'altra  parte  è  curioso  segnalare  che  le  forme  a  tipo  di  para- 
lisi labio-glosso-laringea,  cioè  a  dire  ad  inizio  bulbare,  non  hanno  avuto  una 
durata  più  breve  (24,  14,  24,  20,  26  mesi)  di  quella  ad  inizio  spinale,  coni- 
plicantesi  più  tardi  con  disturbi  bulbari,  (24,  26,  24  mesi)  >.  Nella  maniera 


414  V.  Gallelta 


dì  giudicare  di  Raymond  e  Cestan,  nonché  degli  altri,  manca,  secondo  me, 
una  distinzione  interessantissima  e  cioè  die  nei  vari  casi  fu  valutata  soltanto 
la  durata  della  malattìa  complessivamente,  ma  non  si  badò  a  precisare  invece 
quella  che  segui  alla  comparsa  dei  sintomi  bulbari,  ne  in  quale  periodo  della 
malattia  questi  insorsero,  se  cioè  all'inizio,  o  in  un  periodo  più  o  meno  inter- 
medio, 0  verso  la  fine. 

Prendendo  in  esame  di  fatti  i  casi  di  Raymond  e  Cestan,  risalta  facil- 
mente l'inesattezza  del  rilievo  da  essi  fatto,  perchè,  giudicandoli  secondo  la 
mia  maniera  di  vedere,  ne  segue  che  il  significato  dei  disturbi  bulbari  tar- 
divi è  ben  diverso  da  quello  dei  disturbi  dì  precoce  insorgenza,  chiaramente 
apparendo  differente  la  durata  loro  propria.  Quella  dei  primi  di  fatti  risulta 
breve  in  confronto  di  quella  dei  secondi,  pur  rimanendo  eguale  la  durata 
complessiva  di  tutta  la  malattia;  gli  uni,  in  una  parola,  servono  dì  chiusa,-gli 
altri  soltanto  d'inizio  ul  quadro  morboso. 

Così  valutando  il  significato  prognostico  della  sindrome  bulbare,  a  me  sem- 
bra che  la  contraddizione,  che  a  prima  vista  sorge  tra  i  vari  AA.,  sia  più 
apparente  che  reale  e  inoltre  che  dalla  casistica  clinica  si  possa  generalmente 
inferire  che  ?"  sintomi  bulbari,  comparenti  alV  inizio,  o  in  periodi  iìUermedi 
del  male,  importano  un  prognostico  molto  meno  grave  di  quelli  del  periodo 
tardivo,  vuoi  perchè  in  quest'ultimo  P individuo  è  già  malandato  o  a  dirittura 
defedato  dalla  malattia,  vuoi  perchè  l'attacco  del  bulbo  s'effettua  in  maniera 
più  intensa,  più  difliisa,  e  più  fatalmente  progressiva. 

Ed  io  penso  che  il  mio  asserto,  oltre  che  dai  casi  già  delti  di  Raymond 
e  Cestan  e  da  quello  di  Claude  e  Lejonne,  sia  dimostrato  anche  da  altri 
già  da  me  stesso  raccolti  nella  letteratura.  Così  il  malato  del  Sarbo,  che  durò 
in  tutto  circa  un  anno  e  mezzo,  per  diciassette  mesi  presentò  ben  chiaramente 
i  sintomi  della  sclerosi  laterale  amiotrofica,  eccetto  dei  bulbari;  quando  questi 
insorsero  l'individuo  non  visse  che  appena  per  qualche  altro  mese. 

Il  caso  di  Puscariu  e  Lambrior,  interessante  per  l'intensità  tutt'aflTatto 
speciale  dei  fenomeni  spasmodici  che  dominarono  il  quadro  clinico,  malgrado 
la  notevole  amìotrofia  alle  nvembra  superiori,  fini  a  causa  dei  fenomeni  bulbari 
intervenuti  dopo. 

La  malata  del  Reevor,  nella  quale  l'affezione  era  già  da  due  anni  inco- 
minciata con  fenomeni  bulbari,  al  momento  dell'osservazione  non  presentava 
nulla  di  grave. 

Di  nove  malati  a  tipo  amiotrofico,  degli  stessi  Raymond  e  Cestan,  in 
tre  il  decorso  fu  più  rapido  dei  rimanenti  (24,  25  mesi),  e  la  morte  soprav- 
venne quando  appunto  comparve  la  sindrome  bulbare.  La  malattia  era  comin- 
ciata dalle  mani. 

E  finalmente  dimostrativo  mi  sembra  il  mio  medesimo  caso. 

Ren  a  proposito  poi  sono  da  ricordare  qui  tutti  quei  casi,  i  quali,  comin- 
ciali come  di  paralisi  labio-glosso-laringea,  o  bulbare  progressiva  che  dir  si 
voglia,  soltanto  dopo  un  tempo  più  o  meno  lungo,  di  uno,  due  anni  (De  Renzi) 


Sclerosi  laterale  arniotrofica  d' arùjìne  emozionale  iìTì 


0(1  anche  più,  completarono  la  sintomatologia  propria   della   sclerosi   laterale 
amiotrofìca. 

Non  Ta  però  taciuta,  la  già  citata  ossenazìone  del  Bonardi  nella  quale, 
quantunque   l'inizio  sia  stato   bulbare,  tuttavia   il   decorso  fu  oltremodo  ra- 
pido, ma  ciò  credo  che  non  infirmi  il  mio  asserto   perchè  non  è  certamente 
detto  che  un  caso,  perchè  iniziatosi  con  sindrome  bulbare,  non   possa  o  non   ^ 
debba  eccezionalmente  presentare  un  decorso  anche  rapidissimo. 

Conchiudendo  ^  me  sembra  che  valga  ben  la  pena  di  valutare  l'importanza 
prognostica  dei  fenomeni  bulbari,  in  tutt'i  casi  che  ulteriormente  cadranno 
sotto  l'osservazione,  secondo  queslo  mio  nuovo  modo  di  vedere,  per  stabilire 
in  maniera  più  o  meno  definitiva  se  esso  abbia  veramente  un  fondamento  di 
realtà. 

Rachialgia.  —  Carattere  proprio  e  costante  della  malattia  di  Charco! 
si  ritiene  l'assenza  completa  di  qualsiasi  disturbo  della  sensibilità.  Anche  a  tal 
riguardo  però  la  casistica  offre  notevoli  eccezioni. 

Di  casi  infatti  di  sclerosi  laterale  amiotrofica  accompagnantisi  a  dolori 
s'occuparono  Chartier  e  Kojevnikoff  (Società  di  Neurologia,  6  luglio  1906); 
Préobrajensky,  Lejonne  e  Lhermitte,  Raymond  ed  altri  che  citerò  ap- 
presso. 

Il  caso  dei  primi  due  AA.  appartiene  a  un  uomo  di  31  anni  al  quale 
dolorosissime  contratture  interrompevano  il  sonno  e  non  permettevano  un 
riposo  un  po'  prolungato  nella  medesima  posizione. 

Quello  di  Lejonne  e  Lhermitte  si  riferisce  a  una  cuoca  di  50  anni,  in 
cui  la  malattia  s'accompagnò  a  dolori  profondi,  terebranti,  parossistici,  somi- 
glianti a  quelli  della  polinevrite. 

Nel  servizio  del  prof.  Raymond  su  2i  casi  ne  furono  osservati  quattro 
nei  quali  esistevano  crampi  dolorosissimi. 

Anche  Flora nd,  nella  sua  tesi,  aveva  segnalati  questi  fenomeni  sub- 
biettivi. 

Un  malato  di  Max  Egger,  di  53  anni,  oltre  ai  sintomi  della  sclerori  late- 
rale amiotrofìca,  presentava  anche  anestesia  profonda  e  dolori  folgoranti  loca- 
lizzati nelle  due  tibie. 

Si  trattava  d'una  associazione  della  malattia  colla  sclerosi  dei  cordoni 
posteriori, 

J.  L.Georgesco,  nel  servizio  del  Marinesco,  osservò  un  caso  con  disturbi 
della  sensibilità  tattile,  dolorifica  e  del  senso  muscolare;  intatta  la  sensibilità 
termica. 

Crampi  dolorosi  alle  braccia  f*d  alle  spalle  presentò,  come  già  si  disse,  la 
malata  di  Claude  e  Lejonne  sin  dall'inizio  dell'affezione. 

Da  ricordarsi  è  anche  il  caso  di  A.  A.  Lambrior  pel  suo  inizio,  consistito 
in  scosse  muscolari  diventate  ben  tosto  dolorostr. 

.   Il  Pennato  dice  che  nella  sua  osservazione  la  malattia  si  iniziò  con  dolore 
localizzato  al  sacro  ed  alla  parte  esterna  della  coscia,  che  durò  per  circa  un 


416  V,  Galletta 


anno  e  mezzo,  che  parve  militalo  alquanto  da  una  cura  termale,  ma  che  poi 
si  riaculizzò,  estendendosi  anche  all'altro  lato,  lungo  lo  sciatico.  Egli  crede  che 
con  tutta  probabilitii  tali  fenomeni  dolorosi  siano  da  attribuirsi  alla  cronica 
lesione  meningea  e  alle  parziali  atrofìe  radicolari  rilevate  all'autopsia. 

Nel  malato  del  Santini,  oltre  ai  sintomi  già  ricordati,  esistettero  anche 
fenomeni  dolorosi  consistiti  in  un  dolore  vivissimo,  continuo,  a  riacutizzazioni 
accessionali,  dapprima  al  piede  destro,  diffusosi  ben  presto  in  alto,  alla  gamba, 
poi  alla  coscia,  poi  a  tutti  e  quattro  gli  arti  con  tale  rapidità  che  il  paziente 
non  seppe  dire  con  quale  progressione  furono  colpiti  i  quattro  membri.  Tale 
dolore  perdurò  per  tutta  la  malattia. 

Per  l'interpretazione  d'esso  il  Santini  condivide  la  stessa  opinione,  che 
pel  proprio  caso  emise  il  Pennato,  avendo  anch' egli  riscontrato  all'autopsia 
del  suo  infermo  un  cronico  e  lentissimo  processo  di  leptomeningite. 

Infine  il  già  citato  Lejonne,  insieme  con  Claude,  fece  nolo  più  lardi 
un  altro  caso  di  sclerosi  laterale  amiotrofica,  in  cui  furono  rilevati  vìvi  dolori 
alla  pressione  moderata  delle  masse  muscolari  delle  gambe  e,  quantunque  meno 
vivi,  a  quella  dei  muscoli  delle  coscie,  sia  alla  faccia  anteriore  che  posteriore. 
Ed  a  proposito  dei  dolori  nella  sclerosi  laterale  amiolrofica  i  due  AA.  dicono 
di  attribuirli  alla  medesima  malattia,  avanzando  due  ipotesi:  una  che  il  pro- 
cesso di  sclerosi  laterale,  considerato  oggidì  come  assolutamente  non  sistematico, 
ha  esercitato  la  sua  azione  non  soltanto  sull'asse  cerebro-spinale,  ma  anche 
sulle  dipendenze  d'esso,  cioè  sui  nervi  periferici;  l'altra  che  si  tratti  d'un  feno- 
meno centrale,  non  legato  ad  alcuna  lesione  dei  nervi,  la  quale  ultima  ipolesi 
ammettono  pel  caso  loro,  in  cui  lo  studio  più  minuzioso  non  ha  loro  permesso 
di  scorgere  a  livello  dei  nervi  alcuna  lesione  apprezzabile. 

Potendo  dunque  essere  così  oscura  la  patogenesi  dei  fenomeni  dolorosi  nella 
sclerosi  laterale  amiolrofica  e  non  disponendo  io  di  ricerche  anatomo-patolo- 
giche  essendo  ancora  vivente  il  mio  malato,  credo  bene  di  non  occuparmi 
della  patogenesi  della  rachialgia  già  descritta,  bastandomi  di  farla  semplice- 
mente rilevare  come  sintonia  precoce  e  raro  e  quindi  importante. 


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27 


418  V.  Galletta  -  Sclerosi  laterale  amiotrofwa  d'origine  emozionale 

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Manicomio  provinciale  di  Parma,  in  Colomo 


Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva  coll'epilessia 

per  il   dott.   P.  Ufirolotti 


Le  nostre  conoscenze  sulla  etiologia  della  psicosi  maniaco-depressiva  e  della 
epilessia  sono  tuttora  cosi  scarse  e  poco  sicure,  e  ancor  più  scarse  ed  incerte 
quelle  sulla  loro  patogenesi,  che  riesce  assai  ardua  una  esatta  e  rigorosa  deter- 
minazione degli  eventuali  rapporti  fra  quelle  due  frequentissime  malattie. 

È  noto  tuttavia  che  fin  dagli  antichi  psichiatri,  dal  Morel  fra  ì  più  auto- 
revoli, fu  ammessa  una  intima  affinità  fra  le  così  dette  psicosi  periodiche  ed 
il  mal  comiziale,  e  che  questa  affinità  andò  via  via  per  opera  di  alcuni  A.i 
trasformandosi  addirittura  nel  concetto  di  una  vera  identità. 

Si  trovarono  le  analogie  etiologiche  specialmente  nell'eredità  sotto  tutte 
le  sue  forme;  le  analogie  cliniche  nel  fatto  essenziale  della  periodicità  delle 
manifestazioni  morbose  e  della  invariabilità  di  queste  presso  lo  stesso  soggetto, 
inoltre  in  peculiari  caratteri  del  temperamento;  ed  ora  si  stanno  anche  ricer- 
cando le  analogie  anatomo-patologiche,  ad  esempio  da  Anglade  e  Jacquin(l) 
in  abnormi  proliferazioni  della  nevroglia. 

Perfino  si  tentò  di  sostituire  sperimentalmente  l'una  forma  all'altra,  ed  il 
Devay(2)  al  XV  Congresso  dei  neurologi  ed  alienisti  francesi  tenutosi  a  Renues 
nell'agosto  del  1905,  comunicò  di  essere  riuscito  in  due  infermi  di  pazzia  pe- 
riodica per  mezzo  dell'intossicazione  di  belladonna  a  sostituire  il  mal  comiziale 
all'accesso  di  agitazione  maniaca,  traendo  da  ciò  l'autorizzazione  ad  assegnare 
a  quest'ultimo  un  valore  di  equivalente  epilettico. 

Xon  mancarono  d'altra  parte  autorevoli  AA.  i  quali  negarono  questa  inti- 
mità di  rapporti  fra  l'epilessia  e  la  psicosi  periodica,  sicché  l'interessante 
questione  merita  la  fatica  di  ulteriori  ricerche.  Di  questo  parere  si  mostrarono 
ad  esempio  il  Tanzi  e,  parci,  anche  il  Bianchi  nei  loro  recenti  trattati;  il 
Kraepelin  in\x»ce,  per  quanto  non  faccia  nel  suo  testo  esplicite  dichiarazioni 


F.  Ugolotti  '  Std  rapporti  della  psicosi  maniaco- depressiva,  ecc.         419 

in  proposito,  ci  sembra  proclive  al  concetto  di  una  certa  stretta  parentela  fra 
le  due  anzidette  malattie. 

Orbene,  essendocisi  presentata  l'occasione,  piuttosto  rara,  di  osservare  un 
caso  nettissimo  di  psicosi  circolare  o  psicosi  maniaco-depressiva  associata  ad 
accessi  convulsivi  generali,  ci  siamo  proposti  di  prenderne  motivo  per  entrare 
nell'esame  della  questione  in  discorso,  ed  esprimere  in  proposito  il  nostro 
modesto  parere. 

Prima  però  di  descrivere  il  caso  crediamo  necessario  premettere  qualche 
parola  di  schiarimento,  onde  evitare  facili  equivoci  sui  termini  della  questione 
che  ci  siamo  proposti  di  studiare,  e  tanto  più  ci  pare  necessaria  questa  intesa 
preliminare  in  quanto  che  ci  capitò  parecchie  volte,  scorrendo  la  letteratura 
deirargomento,  di  rilevare  molta  confusione  specialmente  in  riguardo  al  signi- 
ficato delle  espressioni  di  periodicità,  intermittenza  e  simili. 

Senza  volere  entrare  in  merito  alle  dibattute  questioni  sulla  esistenza  o 
meno  della  mania  e  malinconìa  sia  a  tipo  acuto  che  a  tipo  cronico  con  accessi 
periodici,  e  sulla  esattezza  del  concetto  unitario  kraepeliniano  della  psicosi 
maniaco-depressiva,  perchè  qui  tutto  ciò  poco  c'importa,  intendiamo  ad  ogni 
modo  di  riferirci  a  quella  malattia  mentale  che  il  Kraepelin  descrisse  pre- 
cisamente sotto  la  denominazione  di  psicosi  maniaco-depressiva,  comprendente 
quindi  quelle  forme  morbose  che  altrimenti  vanno  sotto  i  nomi  di  mania  perio- 
dica, melanconia  periodica  e  mania  e  malinconia  alternantisi,  cioè  la  classica 
pazzia  circolare  o  a  doppia  forma  di  Fai  re  t  e  Baillarger. 

Resta  inteso  perciò  che  a  nessun'altra  malattia  mentale  che  possa  avere 
più  0  meno  il  caratter»;  di  periodicità  intendiamo  dì  riferirci  all' infuori  della 
psicosi  maniaco-depressiva  e  di  nessun'altra  studiare  gli  eventuali  rapporti  col- 
r  epilessia. 

Ciò  premesso  riferiamo  il  caso  che  ci  fu  dato  di  osservare. 

Esame  anamnestico.  —  De  Giacomi  Luigia,  contadina,  di  anni  46,  nata  a 
Monchio  nella  provincia  di  Parma. 

Sui  precedenti  famigliari  nulla  è  da  notare  tranne  che  uno  zio  della  madre  fu 
alienato.  IL  padre,  sano  ed  intelligente,  morì  nonagenario,  la  madre  morì  a  65  anni. 
Ebbe  12  fratelli  di  cui  6  sono  ancora  viventi  e  nessuno,  tranne  la  paziente,  ebbe  a 
soffrire  disturbi  mentali;  una  sorella  però,  morta  nubile  a  23  anni,  si  mostrò  stramba 
ed  originale. 

La  Luigia  stette  a  Monchio,  suo  paese  nativo,  fino  allieta  di  8  anni;  dopo  andò 
a  Parma  presso  uno  zio  sacerdote  fino  a  14  anni,  indi  ritornò  a  Monchio  e  quivi  ri- 
mase sempre. 

Nulla  è  da  notarsi  circa  la  sua  infanzia;  fu  allattata  dalla  madre.  La  deam- 
bulazione, la  dentizione,  il  linguaggio  si  svilupparono  normali.  Le  mestruazioni  com- 
parvero a  17  anni  e  continuarono  regolari.  La  pubertà  passò  normale. 

Non  ebbe  mai  convulsioni. 

A  24  anni  andò  a  marito  ed  ebbe  7  gravidanze  condotte  a  termine  benissimo; 
^5  figli  sono  ancora  viventi  e  sani,  esenti  da  convulsioni  e  da  deficienze  mentali. 


-i20  F,  Uyolotti 


Fu  abitualmente  di  salute  fisica  sana;  però  a  14  anni  ebbe  un'infezione  tifosa^ 
che,  pare,  siasi  ripetuta  nel  settembre  del  1903,  immediatamente  prima  di  essere  am- 
messa in  questo  Manicomio.  A  21  anni  ebbe  anche  una  lieve  infezione  reumatica; 
nessun  reliquato  né  dell'una  né  dell'altra. 

D' intelligenza  si  mostrò  comune,  di  carattere  buona,  di  condizioni  economiche 
piuttosto  miserabile.  Non  pare  che  abbia  soiFerto  di  pellagra. 

Il  giorno  20  maggio  1901  ebbe  l'ultima  sua  bambina  dopo  gravidanza  decorsa 
normalissima;  il  parto  invece  sembra  essere  stato  un  po'  laborioso.  Allatt<>  essa  la 
neonata  senza  soffrire,  almeno  sensibilmente,  e  ancora  non  l'aveva  divezzata,  quando 
la  mattina  del  3  giugno  1902  —  aveva  allora  40  anni  —  fu  presa  senza  causa  ap- 
prezzabile da  un  primo  accesso  convulsivo  che  aveva  tutti  i  caratteri  dell'accesso 
epilettico. 

Da  quel  giorno  le  convulsioni  non  cessarono  più,  anzi  si  fecero  col  tempo  mag- 
giormente frequenti,  tanto  che  una  volta  ne  ebbe  —  pare  —  ben  22  nel  termine  di 
24  ore. 

Naturalmente,  appena  manifestatasi  la  prima  convulsione  smise  di  allattare  la 
propria  bambina,  che  del  resto  aveva  già  più  di  un  anno  di  vita. 

All' infuori  delle  convulsioni  sopra  ricordate  la  De  Giacomi  non  soffriva  altri 
disturbi  di  sorta,  per  cui  continuava  nel  suo  lavoro  di  buona  massaia,  né  si  sarebbe 
per  questo  presentata  la  necessità  dì  ricoverarla  in  Manicomio.  Ma  circa  un  anno 
dopo,  cioè  nell'estate  del  1903  —  l'epoca  precisa  non  si  potè  stabilire  —  cominciò  a 
dar  segni  di  forte  eccitamento  a  carattere  accessuale  alternati  con  brevi  periodi  di 
malinconia;  fu  per  l'insorgere  di  questi  disturbi  mentali,  che  richiedevano  una  con- 
tinua e  sicura  sorveglianza  dell'inferma,  che  questa  fu  mandata  nel  Manicomio  di 
Colorno  il  giorno  19  ottobre  1903. 

Si  notino  queste  coincidenze  di  date;  che  la  disgraziata  De  Giacomi  rimase  ve- 
dova nel  giugno  1903  perchè  una  epidemia  tifosa  le  ^eva  portato  via  il  marito, 
uomo  robustissimo  e  regolato  in  tutto  ;  e  che  dopo  la  morte  di  lui  essa  stessa,  come 
si  accennò  più  sopra,  pare  sia  stata  colpita  dalla  medesima  infezione. 

Si  noti  infine  che  dall'  ultima  sua  gravidanza,  cioè  da  39  anni,  in  poi  la  pazienta 
non  ebbe  più  mai  mestruazioni. 

£ntrò  adunque  in  questo  Manicomio  il  19  ottobre  1903  in  un  stato  di  tipico 
eccitamento  maniaco  ;  cantava,  gridava,  si  muoveva  continuamente  girando  qua  e  là 
senza  meta;  a  stento  si  riusciva  a  farle  prestare  attenzione,  perché  presentava  una 
forte  distraibilità;  d'umore  era  allegra,  vivace,  ridente  spesso;  non  eccessivamente  ir- 
ritabile, né  violenta  né  scontrosa,  ma  invece  bonaria  ed  in  fondo  innocua;  i  suoi  ra- 
gionamenti, affrettati  ed  abbondanti,  erano  molto  disordinati  ed  inconcludenti  ;  nelle 
sue  risposte  e  nel  suo  contegno  si  dimostrava  piuttosto  sgarbata,  poco  rispettosa  e 
spesso  anche  scorretta  ed  erotica.  Talvolta  appariva  disorientata,  ma  il  più  spesso 
non  lo  era  e  dimostrava  di  avere  coscienza  del  luogo,  del  tempo  e  delle  principali 
circostanze  su  quanto  accadeva.  Non  aveva  disturbi  sensoriali  né  idee  deliranti.  Di 
notte  non  dormiva,  non  stava  quieta,  si  alzava  dal  letto  e  disturbava  le  vicine.  I  bi- 
sogni organici  erano  ben  conservati. 

Nel  novembre  successivo  l'eccitamento  andò  man  mano  diminuendo,  finché  l'am- 
malata in  breve  tempo  si  fece  calma,  ordinata,  docile,  rispettosa,  anzi  senza  limiti 
netti  di  demarcazione  passò  in  uno  stato  evidentemente  depressivo.  Parlava  pochis- 
ìjimo,  stava  sola,  appartata,  inoperosa  o  quasi,  colla  testa  china  sul  petto  in  attitu- 


Sui  rapporti  della  psicosi-maniaco  depressiva  coW epilessia  421 


dine  melaDConica.  Interrogata  rispondeva  con  poche  parole  ma  in  modo  affatto  corretto 
ed  ordinato,  ricordando  tutto  e  dimostrando  di  essere  bene  orientata  e  lucida  ;  di  notte 
dormiva  discretamente,  ma  anche  quando  non  dormiva  se  ne  stava  quietissima  e  non 
disturbava  nessuno;  mangiava  con  discreto  appetito. 

Questo  stato  depressivo  continuò  fino  ai  primi  del  marzo  seguente  (1904),,  e  poi 
r  inferma  rientrò  gradualmente  in  un  accesso  di  eccitamento  maniaco  come  il  so- 
praccennato senza  T  interposizione,  almeno  sicura,  di  uno  stato  di  completa  normalità. 

Ricominciò  quindi  a  diventare  loquace,  allegra,  impertinente,  erotica,  insonne; 
a  ridere,  gridare,  saltare  come  se  fosse  ringiovanita,  senza  alcun  cenno  a  deliri  né  a 
disturbi  sensoriali,  senza  offuscamento  della  coscienza. 

Dopo  circa  due  mesi  Teccitamento  scomparve  e  di  nuovo  V  inferma  entrò  in  un 
periodo  di  depressione  che  durò  quattro  mesi,  e  così  via  continuò  fino  al  presente  at- 
traverso ad  accessi  altemantisi  nettamente  maniaci  e  depressivi,  ed  immediatamente 
susseguentisi. 

Per  parecchi  mesi  non  ebbe  alcun  accesso  convulsivo  (si  noti  che  non  prendeva 
alcuna  medicina),  tanto  che  s'incominciava  a  dubitare  dellfc  esattezza  dei  dati  storici 
riferiti  in  proposito  dalla  famiglia  e  dalla  relazione  medica  :  ma  ecco  che  durante  un 
accesso  maniaco  fu  presa  da  una  convulsione  generale  con  tutti  i  caratteri  della  con- 
vulsione epilettica.  Gli  effetti  immediati  di  questa  convulsione  scomparvero  in  breve, . 
che  l'ammalata  ritornò  quasi  subito  in  sé,  nelle  precise  condizioni  anteriori  all'ac- 
cesso convulsivo,  cosicché  questo  non  ebbe  alcuna  influenza  sopra  il  decorso  dell'accesso 
maniaco. 

In  seguito  gli  accessi  convulsivi  ricomparvero  (caduta  improvvisa  abitualmente 
senza  grido  iniziale,  qualche  volta  aura,  contrazioni  generali  toniche  e  cloniche, 
bava  alla  bocca,  cianosi,  rigidità  pupillare,  incoscienza,  amnesia,  lieve  sopore  susse- 
gui»nte),  ma  ad  intervalli  di  qualche  mese,  ora  in  periodo  di  eccitamento  .ora  in  quello 
depressivo  e  sempre  senza  alcuna  influenza  modificatrice  sugli  accessi  circolari. 

La  mattina  del  23  marzo  u.  s.  ebbe  due  convulsioni  —  le  ultime  fino  ad 
oggi  —  quando  si  trovava  al  termine  di  un  accesso  maniaco  ;  come  al  solito  si  riebbe 
in  breve,  accusando  poi  solamente  un  po'  di  dolore  al  capo,  lieve  stordimento  e  so- 
pore, e  nello  stesso  tempo  dimostrando  buona  memoria  dei  fatti  anche  immediata- 
mente anteriori  all'accesso  convulsivo  e  giusto  orientamento. 

Esame  dell'ammalata  allo  stato  presente: 

1)  Esame  somatico-antropologico :  Sviluppo  scheletrico  regolare;  Peso  Kg.  53; 
Statura  cm.  144;  Grande  apertura  delle  braccia  cm.  142;  Craniometria:  Diametro 
antero-posteriore  mm.  180:  id.  biparietale  massimo  150;  id.  bifrontale  minimo  100; 
curva  antero-posteriore  310;  curva  biauricolare  315;  circonferenza  totale  540;  semi- 
curva anteriore  285,  posteriore  255;  altezza  della  fronte  65:  larghezza  120;  altezza 
della  faccia  110;  diametro  bizigomatico  120;  distanza  dal  mento  al  condotto  uditivo 
estemo  di  destra  120,  di  sinistra  120;  indice  cefalico  83.  —  Ispezione  del  cranio  e 
della  faccia.  Nulla  di  anormale.  Idem  pel  tronco,  arti  e  genitali. 

2)  Esame  fisiologico.  Funzioni  della  vita  vegetativa: 
Apparecchio   circolatorio,   —    L'area   cardiaca  è  normale;   la  punta  batte  al 

4®  spazio;  il  1**  tono  al  focolaio  mitralico  è  quasi  completamente  sostituito  da  un 
rumore  aspro  che  si  prolunga  in  parte  anche  nella  piccola  pausa;  al  focolaio  polmo- 
nare il  2**  tono  è  forse  un  po'  prolungato;  al  focolaio  aortico  i  toni  sono  normali,  il  2^ 
non  è  accentuato  né  squillante. 


422  F.  Uijolotti 


^  Il  polso  è  un  po'  debole,  ritmico;  pulsazioni  medie  65. 

Alla  palpazione  delle  arterie  accessibili  a  questo  esame  non  risulta  che  esse  siano 
indnrite,  almeno  in  modo  chiaramente  manifesto. 

La  pressione  sanguigna  misurata  collo  sfigmomanometro  Biva-Roccl,  dà  a 
destra  128,  a  sinistra  120. 

Esame  del  sangue,  —  Emoglobina  airemometro  di  F lei schl  86;  globuli  rossi 
all'apparecchio  di  Thoma-Zeiss  3.200.000;  globuli  bianchi  54.400,  rapporto  1:599; 
esame  morfologico  sostanzialmente  negativo. 

Apparecchio  respiratorio,  —  Respiro  ampio,  normale. 

Apparecchio  digerente,  —  Nulla  di  notevole;  digestione,  alvo  pressoché  re- 
golari. 

Apparecchio  uropoietico  e  genitale,  —  Idem  ;  mestruazioni  scomparse  già  da  pa- 
recchi anni. 

Esame  delle  urine,  —  Quantità  media  in  24  ore  gr.  1300;  colorito  giallo  lim- 
pido; reazione  acida;  peso  specifico  medio  1018;  albume  e  glucosio  assenti;  cloruri 
un  po' scarsi;  solfati  in  quantità  normale;  fosfati  un  po' abbondanti  ;  esame  dei  se- 
dimenti negativo. 

Funzioni  trofiche  e  vasomotorie,  —  Normali. 

Temperatura  media  all'ascella  36,4. 

Stato  dei  tnsceri  addominali,  —  Normale. 

Funzioni  della  vita  di  relazione: 

Tonicità  muscolare,  —  Buona. 

Dinamometria,  —  A  destra  40  a  sinistra  pure  40. 

Eccitabilità  meccanica  e  alla  corrente  faradica  dei  muscoli,  lievemente  indebolita. 

Riflessi  cutanei  e  tendinei,  —  Plantare  ed  addominale  normali;  del  tendine 
d'Achille  ed  olecranico   normali;   rotulei   lievemente  aumentati  da  ambedue  i  lati. 

Motilità,  —  Alla  faccia,  agli  arti  e  dovunque  normale.  Le  pupille  sono  uguali 
e  reagiscono  bene  allo  stimolo  luminoso. 

Sensibilità^  tattile,  topografica,  termica,  dolorifica  allo  stimolo  meccanico  e  al- 
l'algometria  elettrica,  buonissime.  Anche  tutte  le  sensibilità  profonde  sono  in  condi- 
zioni normali. 

Sensibilità  specifiche  :  acutezza  visiva  un  po'  indebolita. 

Campo  visivo  :  non  si  potè  determinare  con  esattezza  perchè  l'ammalata  non  si 
presta  convenientemente. 

Senso  cromatico  discretamente  bene  sviluppato. 

Sensibilità  uditiva,  gustativa  ed  olfattiva  normali. 
3)  Esame  psichico: 

L'ammalata  trovasi  attualmente  in  una  fase  depressiva  ;  è  sempre  sola,  con  fisio- 
nomia triste,  non  parla  se  non  quando  è  interrogata,  non  esprime  alcun  desiderio, 
non  si  lamenta  mai,  non  presenta  né  disturbi  sensoriali  né  cenni  di  trame  deliranti. 
Quando  la  s'interroga  presta  attenzione,  comprende  bene  tutto  quanto  le  si  dice  v 
risponde  con  poche  parole,  a  testa  china,  a  voce  bassa,  con  scarsissima  mimica,  ma 
sensatamente  ed  in  modo  garbato. 

Se  le  si  domanda  quali  disturbi  avverte,  accenna  vagamente  a  dolori  al  capo  e 
ad  altre  parti,  a  mala  voglia,  a  debolezza  generale. 

Non  lavora  mai  o  quasi  mai  e  passa  quindi  tutta  intera  la  giornata  per  lo  più 
seduta  in  un  angolo  appartato  della  sala;  si  muove  sol  quando  viene  chiamata,  ed 
allora  obbedisce  e  si  mostra  buona  e  docilissima. 


Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva  coir  epilessia  4^23 

Ha  sempre  lucida  coscienza  del  tempo  e  del  luogo  in  cui  si  trova,  non  cosi  della 
ragione  per  la  quale  fu  ricoverata  in  Manicomio  ;  o  almeno  essa  suole  affermare 
quando  è  interrogata  in  proposito  di  non  essere  affatto  ammalata  di  mente,  ma  solo 
di  soffirire  lievi  transitori  disturbi  che  attribuisce  a  qualche  causa  banale.  La  me- 
moria è  perfettamente  conservata  anche  nei  più"  piccoli  particolari  della  sua  vita 
recente  e  passata. 

Gli  affetti  verso  la  famiglia,  verso  i  propri  figli  non  sembrano,  almeno  note- 
volmente, deteriorati.  Essa  però  si  è  bene  adattata  alla  vita  manicomiale  ed  in  com- 
plesso è  innocua  e  di  animo  bonario.  Si  nutre  discretamente,  è  pulita,  dorme  per 
molte  ore  della  notte,  non  disturba. 


Nessuno,  crediamo,  potrebbe  dubitare  che  la  nostra  De  Giacomi  sia  affetta 
da  una  forma  tipica  di  psicosi  maniaco-depressiva;  si  tratta  di  accessi  netta- 
mente maniaci  a  durata  discretamente  lunga,  che  si  alternano  con  ritmo  rego- 
lare e  senza  manifesti  intervalli  di  normalità,  con  accessi  nellamenle  depres- 
'sìvi  a  durata  pure  piuttosto  lunga,  anzi  più  lunga  di  quella  degli  accessi 
manìaci. 

Tutta  la  sintomatologia  fondamentale  di  quella  strana  forma  morbosa  si 
trova  rappresentala  nel  caso  presente  con  intensità  però  non  fortemente  grave. 
Esaltamento  psico-motorio  negli  accessi  maniaci,  arresto  in  quelli  depressivi; 
umore  allegro  nei  primi,  triste  nei  secondi  ;  percezione,  memoria,  coscienza 
pressoché  inalterate;  assenza  di  disturbi  psico-sensoriali  e  di   idee   deliranti. 

Però,  come  è  noto,  la  psicosi  maniaco-depressiva  si  sviluppa  generalmente 
nell'età  giovanile,  dai  20  ai  25  anni,  ed  è  quasi  sempre  legata  ad  una  pre- 
disposizione ereditaria.  Nel  caso  nostro  invece  manca  qualunque  indizio  di 
questa  predisposizione  e  la  malattia  si  è  sviluppata  quando  la  paziente  aveva 
circa  41  anni. 

Che  può  significare  luttociò?  nulla  di  contrario  alle  conoscenze  acquisite 
dalla  esperienza,  poiché  è  fuori  dubbio  che  la  psicosi  maniaco-depressiva  può 
essere  legala  ad  altri  fattori  oltre  che  all'eredità,  come  é  fuori  dubbio  che  essa 
può  svilupparsi  anche  nell*età  involutiva.  E  che  l'età  involutiva  si  fosse  iniziala 
nella  De  Giacomi,  per  quanto  precocemente,  sarebbe  dimostrato  dal  fatto  che 
essa,  ancor  prima  che  compisse  i  40  anni,  senza  causa  morbosa  particolare, 
cessò  completamente  di  avere  le  mestruazioni. 

Ma  una  considerazione  che  potrebbe  avere  una  grande  importanza  non 
dobbiamo  dimenticare  e  sulla  quale  Kraepelin  ha  richiamato  spesso  l'atten- 
zione degli  studiosi.  La  psicosi  maniaco-depressiva  quando  si  sviluppa  nel  pe- 
riodo involutivo  può  avere  qualche  rapporto,  per  quanto  ancora  assai  poco 
chiaro,  coll'arteriosclerosi  diffusa,  tanto  é  vero  che  in  tali  casi  coesistono  non 
di  rado  attacchi  apoplettiformi  ed  accessi  convulsivi  (3). 

Ora  nella  nostra  paziente  abbiamo  appunto  visto  precedere  a  breve  distanza 
eppoi  coesistere  colla  psicosi  maniaco-depressiva  accessi  convulsivi  che  anche 
presentemente  si  ripetono  a  lunghi  ed  irregolari  intervalli;  il  che  adunque 
farebbe  pensare  che  gli  accessi  psichici  circolari  da  cui  è  affetta  la  De  Giacomi 


4-24  F.  ihjoloUi 


e  sviluppatisi  in  periodo  di  menopausa  siano,  insieme  cogli  accessi  convulsivi, 
legati  in  qualche  modo  con  uno  stato  di  arteriosclerosi  precoce. 

Ma  è  duopo  subito  avvertire  che  segni  certi  di  arteriosclerosi  non  con- 
statammo mai  agli  esami  obbiettivi.  Manca  quella  speciale  rigidità  delle  arterie 
facilmente  rilevabile  al  tatto,  manca  l'accentuazione  del  V  tono  al  focolaio 
aortico,  manca  la  ipertensione  arteriosa  saggiata  collo  sfigmomanometro  del  Riva 
Rocci  —  per  quanto  quest'ultima  possa  essere  ostacolata  o  comunque  alterata 
dallo  stato  depressivo  dell'inferma  ed  anche  forse  da  qualche  eventuale  lesione 
mitralica  rispondente  al  rumore  riscontrato  al  1**  tono  alla  punta  —  cioè  a 
dire  mancano  i  segni  fondamentali  dell'arteriosclerosi,  la  quale  d'altra  parte, 
si  noti  bene,  può  anche  sfuggire  al  più  rigoroso  esame  obbiettivo  (4).  In  con- 
clusione, non  ci  è  possibile  ritenere  con  sicurezza  che  all'arteriosclerosi  si 
debba  riferire  la  psicosi  maniaco-depressiva  presentata  dalla  paziente,  tanto 
più  se  si  pensa  che  malgrado  gli  sforzi  degli  studiosi,  sono  tuttora  poco  noti 
i  momenti  etiologici  di  detta  malattia  ed  ignoto  affatto  il  meccanismo  pato- 
genetico. 

Comunque,  noi  non  indagheremo  più  oltre,  che  sarebbe  infruttuoso,  per 
scoprire  a  qual  causa  possa  essere  legato  nel  nostro  caso  lo  sviluppo  della 
malattia  in  discorso;  accontentiamoci  di  poter  affermare  che  la  paziente  è  affetta 
da  una  forma  tipica  di  psicosi  maniaco-depressiva  sviluppatasi  in  periodo  di 
precoce  menopausa. 

Ma  se  una  tal  diagnosi  è  ovvia,  altrettanto  non  ci  par  facile  stabilire  la 
natura  degli  accessi  convulsivi  di  cui  pure  è  affetta  la  nostra  malata. 

Abbiamo  visto  che  questi  accessi  convulsivi  comparvero  senza  causa  apprez- 
zabile e  per  la  prima  volta  all'età  di  40  anni  per  mai  più  scomparire,  e  che 
avevano  ed  hanno  i  caratteri  del  noto  accesso  convulsivo  epilettico.  Si  tratte- 
rebbe adunque  di  una  così  detta  epilessia  tardiva  comparsa  contemporanea- 
mente 0  poco  prima  degli  accessi  circolari  anzidetti. 

Ma  è  proprio  dimostralo  che  una  serie  di  accessi  convulsivi  generali  è 
sufficiente  da  se  sola  per  potere  stabilire  la  diagnosi  di  epilessia,  quando  si 
voglia  intendere  con  questa  denominazione  una  entità  morbosa,  chiamiamola 
pure  epilessia  essenziale,  o  almeno  qualche  cosa  di  più  che  non  sia  il  semplice 
fatto  di  una  o  più  scariche  motorie?  E  la  cosi  detta  epilessia  tardiva  è  proprio 
una  forma  di  epilessia  essenziale  che  si  differenzia  solo  per  il  suo  sviluppo  ad 
un'età  matura? 

Evidentemente  la  questione  fondamentale  risiede  nello  stabilire  con  chia- 
rezza che  cosa  dobbiamo  intendere  per  epilessia  ;  perchè  oggi  allo  stalo 
delle  cose  possiamo  ancora  chiederci  :  la  epilessia  è  una  malattìa  od  entità 
nosologica  autonoma,  indipendente,  ben  netta  e  definita?  o  è  una  sindrome 
e  quindi  un'espressione  sintomatologica  che  può  appartenere  alle  più  varie 
malattie  ? 

In  questa  guisa  noi  entreremmo  in  un  interessantissimo  e  vasto  campo 
ancora  assai  fertile  d'indagini  psicologiche  e  cliniche,  in  un  campo  però  dal 
quale  non  potremmo  uscire  per  ora  con  una  chiarezza  di  concelti  che   fosse 


Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva  colV  epilessia  4^5 

majrgiore  di  quella  oggidì  già  acquisita;  tuttavia  non  voglio  lasciare  di  diro 
qualche  breve  parola  in  proposito. 

Intorno  all'epilessia  si  sono  scritti  dei  volumi;  gli  italiani  in  modo  spe- 
ciale —  chi  non  ricorda  fra  i  più  autorevoli  i  nomi  di  Lombroso,  Tonnini, 
Roncoroni,  Ceni?  —  hanno  portato  un  grande  contributo  alla  indagine  di 
questo  terribile  morbo:  tuttavia  fino  a  tanto  che  non  saremo  riusciti  ad  avere 
delle  conoscenze  sicure  sopra  la  etiologia  e  la  patogenesi  di  esso,  non  arrive- 
remo mai  a  mettere  un  po'  d'ordine  nella  confusione  tuttora  imperante. 

Dobbiamo  però  ritenere  provato  che  l'accesso  motorio  non  ha  più  quella 
capitale  importanza  che  una  volta  gli  si  dava  per  la  diagnosi  di  epilessia,  e 
difatti  questa  può  esistere  anche  senza  di  quello  ;  e  sopratutto  dobbiamo  osser- 
vare che  l'antica  unità  clinica  di  essa  pare  vada  via  via  sfasciandosi  e  risol- 
vendosi in  un  gruppo  di  sindromi  appartenenti  a  differentissime  malattie. 

Se  però  in  questo  lavoro  di  sfasciamento  potrà,  come  crediamo  fermamente, 
sopravvivere  resistendo  alla  critica  una  speciale  entità  nosologica  che  si  potrà 
chiamare  senza  equivoci  col  nome  di  epilessia,  ci  pare  che  dessa  dovrà  risul- 
tare costituita  di  caratteri  essenzialmente  psicopatologici  o  meglio  ancora  di 
ben  determinate  deviazioni  della  evoluzione  mentale.  Se  fra  l'umana  famiglia 
degli  ammalati  o  dei  non  normali  potrà  sopravvivere,  come  crediamo,  un  tipo 
caratteristico  che  si  potrà  chiamare  senz'altro  col  nome  di  epilettico,  ci  pare 
che  desso  dovrà  corrispondere  nella  sua  essenza  a  quel  tipo  di  degenerato  che 
particolarmente  studiò  e  delineò  con  genialità  di  vedute  la  scuola  antropolo- 
gica italiana. 

Ma  anche  non  volendo  partire  da  questi  concetti  che  esprimono  solo  una 
particolare  opinione,  e  partendo  invece  dalle  idee  e  dalle  denominazioni  che 
corrono  allo  stato  presente  delle  cose,  dobbiamo  notare  nel  caso  nostro  che  la 
De  Giacomi  cominciò  a  soffrire  di  convulsioni  generali  e  per  la  prima  volta 
all'età  di  40  anni,  cioè  che  essa  sarebbe  afletta,  come  si  è  detto,  da  una  epi- 
lessia tardiva.  Orbene,  oggi  si  tende  a  considerare  l'epilessia  tardiva  non  come 
una  vera  epilessia  essenziale,  ma  una  espressione  sintomatologica  dell'arterio- 
sclerosi, sia  pure,  secondo  alcuni,  sviluppantesi  sopra  una  originaria  disposi- 
zione nevropatica  (5). 

Di  più  si  noti  che  all' infuori  degli  accessi  convulsivi  la  nostra  paziente 
non  presentò  mai  ne  presenta  alcun' altra  manifestazione  comiziale,  nessun 
segno  caratteristico  della  cosi  detta  costituzione  epilettica  ;  onde  queste  circo- 
stanze di  fatto,  a  parte  la  particolare  opinione  di  sopra  esposta,  ci  inducono 
ad  ammettere  che  le  anzidette  convulsioni  non  siano  sutficienti  per  poter  sta- 
bilire nella  De  Giacomi  la  diagnosi  di  epilessia  essenziale,  ma  costituiscano 
solo  un  sintonia  di  qualche  condizione  morbosa  che  ci  sfugge.  La  prima  idea 
che  sorge  è  quella  che  tale  condizione  sia  data  da  uno  stato  arteriosclerotico, 
al  quale,  come  si  è  visto,  potrebbe  essere  legata  anche  l'insorgenza  tardiva  della 
psicosi  maniaco-depressiva;  ma  a  vero  dire  abbiamo  già  osservato  che  segni 
sicuri  ed  evidenti  di  arteriosclerosi  non  ne  constatammo. 

Ad  ogni  modo,  qualunque  sia  questa  condizione  causale  ed  anche  qualunque 


426  F.  Ugolotli 


sia  il  significato  che  si  voglia  dare  ai  delti  accessi  convulsivi,  certo  è  che  non 
esistono  fra  essi  e  gli  accessi  maniaco-depressivi  tali  rapporti  da  apparire  gli 
uni  e  gli  altri  reciprocamente  subordinali;  e  difatti  si  è  visto  che  l'accesso 
convulsivo  capita  in  qualunque  fase  o  maniaca  o  depressiva  e  a  qualunque 
stadio  della  fase,  senza  modificarla  e  tanto  meno  sostituirla.  Questo  fatto,  di 
considerevole  importanza,  deporrebbe  per  una  semplice  coesistenza  di  due  varie 
manifestazioni  morbose  non  necessariamente  equipollenti. 

Da  tutte  queste  considerazioni  ci  pare  che  il  caso  nostro,  al  contrario  di 
quanto  forse  potrebbe  apparire  a  prima  vista,  non  costituisca  una  prova  in  fa- 
vore dell'opinione  di  coloro  che  ammettono  un'identità  od  almeno  un'intima 
affinità  fra  la  psicosi  maniaco-depressiva  e  la  epilessia. 

E  prescindendo  ora  dal  caso  presente,  consideriamo  la  questione  da  un 
punto  di  vista  generale  e  vediamo  in  breve  se  questa  pretesa  identità  od  in- 
lima affinità  trovi  realmente  riscontro  nella  sintomatologia  clinica  delle  due 
malattie,  non  potendosi  per  ora,  come  si  è  già  dello,  stabilirne  sicuri  raffronti 
etiologici  e  patogenetici. 

Sta  il  fatto  che  tanto  la  psicosi  maniaco-depressiva  quanto  la  epilessia 
—  intendiamo  sempre,  per  comprenderci  più  che  sia  possibile,  quella  che  va 
sotto  la  comune  denominazione  di  essenziale  —  sono  due  forme  morbose  emi- 
nentemente ereditarie;  di  più,  è  malattia  periodica  per  eccellenza  la  psicosi 
maniaco-depressiva,  come  è  a  manifestazioni  periodiche  hi  epilessia,  tanto  che 
potè  dire  il  Kraepelin  —  non  però,  crediamo,  colla  sua  abituale  esaltezza  — 
che  la  diagnosi  di  epilessia  si  basa  a  innanzi  tutto  sulla  esistenza  di  una  pe- 
riodicità di  disturbi,  indipendente  da  influenze  esterne  fino  dal  primo  inizio 
della  malattia  »  (suo  trattato  voi.  Il,  p.  546). 

Ma  se  questi  due  caratteri,  ereditarietà  e  periodicità,  sono  in  realtà  comuni 
alle  due  forme  morbose*  in  discorso  —  e  sono  i  soli  comuni  che  abbiano  una 
vera  importanza  —  ciò  non  basta  per  dimostrare  la  inlima  affinità  e  tanto 
meno  la  identità  di  esse,  che  crediamo  invece  nettamente  distinte  e  a  fisio- 
nomia tutto  affatto  differente. 

L'accesso  maniaco  e  quello  depressivo  della  prima  non  rassomigliano  per 
nulla  agli  accessi  della  epilessia  di  qualunque  forma  questi  .siano,  epperò  non 
avendo  i  caratteri  della  manifestazione  epilettica  non  possono  razionalmente 
rappresentarne  degli  equivalenti,  come  invece  fu  ammesso. 

A  parte  il  fatto  che  l'accesso  epilettico  è  in  genere  più  improvviso  e  a 
durata  più  breve  di  quello  maniaco  o  depressivo,  esso  ha  caratteri  ben  chiari 
che  lo  distinguono  da  questi  ultimi;  l'accesso  epilettico  è  accompagnato  quasi 
sempre  da  disturbi  sensoriali,  della  memoria  e  specialmente  della  coscienza, 
il  che  non  è  per  l'accesso  della  psicosi  maniaco-depressiva;  l'accesso  epilettico, 
se  è  di  eccitamento,  non  rappresenta  un  semplice  esaltamento  del  tono  senti- 
mentale, quasi  un'allegrezza  sfrenata  dell'animo  come  nel  maniaco,  ma  un  esal- 
tamento degli  istinti  bruti  dell'organismo,  epperò  antipatico,  ostile  e  pericoloso; 
così  la  depressione  epilettica  ha  quasi  sempre  una  tinta  -ipocondriaca,  torva  e 
quasi  minacciosa,  mentre  l'accesso  depressivo  della  psicosi  maniaco-depressiva 


Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva  coW  epilessia  4:27 

è  un  semplice  arresto  psico-motorio.  L'accesso  epilettico  ha  i  caratteri  dell'atto 
impulsivo  e  si  svolge  coli' aspetto  di  un  vero  automatismo,  il  che  non  è  per 
l'accesso  della  psicosi  maniaco-depressiva. 

E  che  dire  delle  grandi  differenze  che  esistono  fra  l'epilettico  ed  il  circo- 
lare ad  difuori  dell'accesso?  Chi  non  conosce  ormai  il  temperamento  passionale, 
eccitabile,  impulsivo,  irascibile,  scontroso,  bigotto,  violento  del  primo  ed  il 
temperamento  privo  di  qualunque  nota  veramente  caratteristica,  diremo  nor- 
male, del  secondo? 

In  fine,  mentre  la  psicosi  maniaco-depressiva  esprime  forse,  a  nostro  avviso, 
Tesagerazione  morbosa  del  ritmo  di  qualche  recondilo  processo  fisiologico,  l'epi- 
lessia rappresenta  una  anomalia  della  costituzione  mentale  ^6). 

Ben  s'intende  che  non  sempre  fra  l'infermo  di  psicosi  maniaco-depres- 
siva e  quello  di  epilessia  esistono  tutti  e  bene  spiccati  i  caratteri  differenziali 
sopra  riferiti,  e  che  anzi  praticamente  esistono  tutte  le  gradazioni  e  le  sfuma- 
ture possibili  tanto  da  dare  talvolta  la  parvenza  di  una  sensibile  somigli:jnza 
fra  quei  due  infermi.  Ma  ciò,  oltre  che  essere  conforme  a  quanto  succede  in 
tutta  la  patologia  ed  in  specie  alla  patologia  mentale,  potrebbe  indicare  tutt'al 
più  la  eventuale  pertinenza  delle  due  anzidette  malattie,  insieme  all'imbecillità, 
alla  paranoia,  alla  pazzia  morale,  ecc.  —  pur  tutte  forme  mentali  nettamente 
distinte  —  al  grande  gruppo,  e  ancora  mal  circoscritlo,  delle  cosi  dette  forme 
degenerative;  potrebbe  quindi  indicare  se  mai  l'origine  da  un  ceppo  co- 
mune, una  remota  parentela,  ma  non  un'intima  affinità  e  tanto  meno  una 
identità. 

Né  vale  ad  infirmare  questa  nostra  opinione  il  fatto  che  tal  volta  in  malati 
di  psicosi  maniaco-depressiva  si  può  riscontrare  qualche  sintonia  isolato  ad 
aspetto  epilettico,  od  anche  in  rari  casi  gravi  un  vero  e  rapido  offuscamento 
della  coscienza  con  disturbi  sensoriali  e  confuse  idee  deliranti  (7).  Tutto  ciò, 
ripetiamo  concludendo,  potrebbe  servire  a  dimostrare  una  remola  comunanza 
di  rapporti  fra  la  psicosi  maniaco-depressiva  e  la  epilessia,  ma  non  toglien- 
done affatto  le  differenze  caratteristiche  che  sopra  menzionammo,  non  può  di- 
mostrarne l'identità  o  l'intima  affmità,  e  però  crediamo,  fino  a  tanto  che  non 
possederemo  nuove  e  più  sicure  cognizioni  sulla  loro  eliologia  e  patogenesi, 
che  le  due  forme  morbose  rispondano  a  due  quadri  clinici  nettamente  distinti 
ed  individualizzati  con  fisionomia  completamente  differente. 


Note  e  BibllogrrafLa. 

(1)  AxaLADK  et  jAquni.  Psychoses  pèriodiques  et  épilepsle.  «<  Encéphale  »,  1907,  n.  6. 

(2)  Dkvay.  Folies  Intermittentes  et  èpilepsie.  «  Revue  neurologique  »,  1905,  n.  16. 

(3)  Anche  rALBBscHT  (Manisch-depressives  Irresein  und  Arterioskiorose  «  AUgemeine  Zeit- 
schrift  fùr  Psychiatrie  »,  1906,  H.  3-4)  ha  recentemente  assegnato  molta  influenza  all'arteriosclerosi 
nella  patogenesi  della  psicosi  maniaco-depressiva. 

(4)  Vedi  a  proposito  di  pressione  sanguigna  e  di  arteriosclerosi  nella  neuropatologia  e  psi- 
chiatria, oltre  il  lavoro  di  Roncoroni  e  Oei.andi  del  1897  («  Gazzetta  medica  di  Torino  »)  i  recenti 
lavori  di   Lcoiato  e  Ohankessian  («  Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  1906,  pag.  220  e  787),  di 


428        F.  [/{jolotti  -  Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva,  ecc. 


Besta  (8tes80  giornale,  1906,  pag.  306  e  665),  di  Comdulmeb  e  Bokdon  («Giornale  di  Psichiatria 
clinica  »,  1906,  pag.  61),  di  Perazzolo  (stesso  giornale,  1906,  pag.  401,  e  1907,  pag.  570),  e  la  recen- 
tissima relazione  di  O.  Rossi  suir  arteriosclerosi  dei  centri  nervosi  al  l'*  Congresso  dei  neurologi 
italiani,  Napoli,  8-11  aprile,  1908.  —  8i  noti  che  il  Perazzolo  nell'ultimo  dei  suoi  citati  lavori 
conclude,  fra  T  altro,  che  durante  gli  stati  melanconici  dei  maniaco-depressivi  la  pressione  arte- 
riosa è  superiore  al  valore  massimo  della  media  fisiologica,  durante  gli  stati  di  eccitamento  escia 
oscilla  intomo  ai  limiti  fisiologici. 

(5)  I  rapporti  fra  T  arteriosclerosi  e  T  epilessia  tardiva  sono  sempre  oggetto  di  numerose 
ricerche.  Il  Luth  (*  AUgemeine  Zeitschrift  fiir  Psychiatrie  »,  1899,  H.  4)  ad  esempio  sostiene  che 
la  base  anatomica  delV  epilessia  tardiva  è  V  arteriosclerosi.  Il  Mamik  («  Annales  médico-psycolo- 
giques»,  1902,  n.  2)  e  fors*  anche  Mabchaxd  e  Xovst  («  Oazette  des  Hopitaux  »,  n.  104,  sept  1907) 
danno  invece  a  questa  ultima  un'importanza  assai  minore;  T Hubert  (stesso  griornale,  aprile  1902) 
quasi  nessuna.  Il  Csistiani  («  Archivio  di  Psichiatria  »,  1895,  pag.  90)  che  ha  fatto  ricerche  sullo 
sviluppo  dell'epilessia  tardiva  negli  ammalati  cronici  di  mente,  sostiene  che  detta  epilessia  sta 
in  rapporto  diretto  colla  malattia  mentale  preesistente  o  meglio  col  substrato  anatomico  di  que- 
st'ultima. Questa  interpretazione  evidentemente  non  può  valere  nel  nostro  caso  perchè  tanto  la 
psicosi  maniaco-depressiva  quanto  gli  accessi  convulsivi  comparvero  quasi  contemporaneamente 
intomo  ai  40  anni,  anzi  comparvero  prima  gli  accessi  convulsivi. 

(6)  Confronti  sul  ricambio,  sul  sangue,  sulla  pressione  sanguigna  non  si  possono  stabilire 
non  essendovi  nelle  numerose  ricerche  in  proposito  che  continue  contraddizioni. 

(7)  Si  noti  che  Krabpslin  («  Trattato  di  Psichiatria  »,  voi.  II,  pag.  4SI)  attribuisca  queste 
forme  con  affuscamento  della  coscienza  ecc.  alla  psicosi  maniaco-depressiva  «  solo  con  una  certa 
ri8er\'a  ». 

Il  KBArFT-EBiMG  («  Trattato  delle  malattie  mentali  »,  trad.  ital.,  voi.  II,  pag.  305)  nel  capi- 
tolo della  pazzia  pi^riodica  parla  di  una  speciale  varietà  di  essa  a  forma  di  delirio,  che  ha 
molti  caratteri  comuni  cogli  equivalenti  psichioi  dell'epilessia,  massime  con  quelli  protratti; 
tuttavia,  osserva  l'A.,  bisogna  tenerla  distinta  dall'epilessia.  Ne  riporta  un  caso,  nel  quale  invero 
non  riscontriamo  le  note  della  psicosi  maniaco-depressiva  ma  vediamo  solo  dei  brevi  accessi 
confusionali-deliranti  in  un  epilettico.  Cosi  nel  capitolo  della  pazzia  epilettica  riporta  un  caso 
interessante  di  pazzia  circolare  epilettica  (pag.  226),  caso  che  pur  non  ci  sembra  molto  dimostra- 
tivo e  chiaro.  Ad  ogni  modo  si  sa  che  esistono,  per  quanto  rare,  anche  le  così  dette  -psicosi  com- 
'  binate  senza  che  pen*iò  sia  necessaria  l' esistenza  di  un'  intima  jNirentela  fra  le  due  malattie  che 
si  associano  nello  stt^sso  individuo. 

11  Deutrebentb  («  Annales  médico-psycologiques  »,  1886,  pag.  177)  ne  descrisse  pure  un  bel 
caso  che  rassomiglia  in  molti  punti  al  nostro. 

Anche  il  Mugoia  («  Bollettino  del  Manicomio  provinciale  di  Ferrara  »,  1902,  pag.  63)  descrisse 
un  caso  di  un  uomo  affetto  da  psicosi  circolare  sviluppatasi  piuttosto  tardivamente,  il  quale 
Ijoi  a  55  anni  ebbe  un  solo  accesso  convulsivo  generale.  Noi  crediamo  che  un  solo  accesso  con- 
vulsivo per  di  più  comparso  in  età  presenile,  non  sia  affatto  sufficiente  per  ammettere  un'epi- 
lessia in  quell'individuo  affetto  da  psicosi  maniaco-depressiva. 

Finalmente  il  Fbatiki  («  Giornale  di  Psichiatria  clinica  »,  1906,  pag.  251)  si  occupò  delle 
sindromi  comiziali  nella  frenosi  maniaco-dc]iressiva  e  all'uopo  raccolse  diligentemente  6  casi. 
Crediamo  però  che  in  complesso  essi  non  riescano  a  dimostrare  fra  detta  frenosi  e  TepileMia 
ciò  che  dice  l'A.,  cioè  «  la  stretta  affinità  e  parentela,  che  si  afferma  e  si  precisa  sopratutto  dal 
punto  di  vista  della  patogenesi  »  (pag.  270).  Ad  esempio  nel  caso  2^  non  vediamo  che  si  tratti 
sieununente  di  una  i>sicosi  periodica  e  nemmeno  ci  par  molto  chiara  la  epilessia;  nel  caso  4* 
non  troviamo  affatto  manifestazioni  epilettiche,  come  nel  caso  5*^  non  troviamo  la  sintomatologia 
della  psicosi  maniaco-depressiva;  infine  nel  caso  6**  non  ci  sembra  dimostrata  in  modo  assoluto 
resi?*tenza  di  fenomeni  a  natura  epilettica. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Anatomia  4:29 


RECENSIONI 


A.natoxnia. 

1.  A.  Bethe,  Ist  die  primàre  Fdrhbarkeit  der  Nervenfasern  durch  die  Anwe- 
senheit  einer  besonderen  Suhstanz  bedingt  9  —  «  Anatomischer  Anzeiger  », 
Bd.  XXXn,  N.  14,  1908. 

Contro  r ipotesi  messa  avanti  da  Hober  e  da  Auerbach,  che  la  colorabilità 
primaria  degli  elementi  nervosi  possa  essere  considerata  come  una  proprietà  fisica  o 
fisico-chimica,  e  non  sia  dovuta  alla  presenza  di  una  particolare  sostanza,  TA.  porta 
nuove  prove  assai  dimostrative. 

La  differenza  tra  pezzi  di  centri  nervosi  trattati  in  alcool  e  pezzi  trattati  in  etere 
dipende  dal  fatto  che  P  alcool  scioglie  la  sostanza  primariamente  colorabile.  Se  si 
pone  un  pezzo  di  midollo  di  coniglio  per  20-30  minuti  in  alcool  e  poi  in  etere,  si 
trova  che  nelle  parti  marginali  le  fibre  sono  ecolorate,  ma  nelle  più  profonde,  ove 
Talcool  non  era  ancor  giunto,  tutte  le  fibre  sono  colorate.  Nella  zona  intermedia  si 
ha  ogni  sorta  di  gradazioni.  Se  si  pone  un  pezzo  di  midollo  in  una  miscela  di  1  parte 
di  alcool  e  4  d'etere  e  si  passa  poi  dopo  24  ore  in  etere,  si  ha  che  le  fibre  sono  scolorate, 
ma  in  una  zona  periferica,  ove  Palcool,  più  diffusibile  e  carico  di  sostanze  disciolte, 
si  è  incontrato  con  l'etere  a  forte  concentrazione,  si  notano  dei  precipitati  di  so- 
stanza colorabile. 

L'alcool  estrae  dal  midollo  la  sostanza-  colorabile  primariamente  (acido  fibrillare 
di  Bethe)  che  si  trova  libera.  Ma  un'altra  quantità  di  questa  sostanza  si  trova 
legata  in  combinazione  non  colorabile.  Gli  acidi  inorganici  in  soluzione  acquosa 
liberano  questa  parte,  la  «  attivano  »  (V.  in  questa  Rivista,  voi.  XI,  p.  223).  L' A. 
ha  fatto  dei  tentativi  per  isolare  chimicamente  tanto  la  sostanza  libera,  quanto 
quella  che  vien  messa  in  libertà  dagli  acidi,  e  che  con  la  massima  verosimiglianza 
è  chimicamente  la  stessa. 

L'  «  acido  fibrillare  »  libero  ha  questi  caratteri  :  si  tinge  metacromaticamente  col 
bleu  dì  toluidina,  è  solubile  in  alcool,  nelle  soluzioni  acquose  di  alcali,  e  dà  col 
sublimato  una  combinazione  insolubile  negli  alcali.  Dall'estratto  alcoolico  di  mi- 
dollo fresco  si  ottiene  col  sublimato  un  precipitato,  dal  quale  sì  può  per  scissione 
isolare  una  sostanza  che  possiede  almeno  in  parte  queste  proprietà;  ma  vi  è  ragione 
di  credere  che  questa  sostanza,  ben  colorabile,  facilmente  solubile  negli  alcali,  ab- 
bastanza difficilmente  nell'alcool,  ma  non  più  precipitabile  col  sublimato,  sia  un  pro- 
dotto di  scissione. 

M^lio  si  viene  ad  identificare  la  sostanza  posta  in  libertà  dall'azione  «  atti- 
vante »  degli  acidi  in  soluzione  acquosa.  L'A.  trattò  dapprima  il  midollo  con  alcool 
caldo  e  poi  con  cloroformio  in  un  estrattore,  finché  l'estratto  non  lasciava  più  alcun 
residuo  colorabile  ;  mise  poi  la  massa  in  acqua,  la  «  attivò  »  con  acido  solforico,  la 
disidratò  e  la  sottopose  ad  estrazione  con  alcool  e  acido  solforico  che  libera  e  discio- 
glie la  sostanza  colorabile.  Dall'estratto  precipitò  con  alcali  una  sostanza,  in  forma 
di  sale  alcalino,  che  si  scioglie  in  acqua  e  dà  con  gli  acidi  un  precipitato  ben  co- 


430  Rivista  di  Patologia-  nervosa  e  mentale 


lorabile,  che  si  scioglie  difficilmente  nelP  alcool  neutro,  ma  facilmente  in  alcool  leg- 
germente acido,  e  combinato  con  ammoniaca  è  insolubile  in  alcool  e  in  acqua. 

È  degno  di  nota  che  i  preparafi  «  attivati  »  e  trattati  poi  con  acqua  alcalina  o 
alcool  acidulato,  perdono  per  sempre  la  colorabilità,  che  non  ritoma  malgrado  una 
nuova  attivazione.  La  spiegazione  più  verosimile  di  questo  fatto  sta  nelF  ammettere 
che  la  sostanza  colorabile  è  stata  portata  via. 

Lugaro, 


2.  H.  Evensen,  Beitràge  zu  der  normalen  Anatomie  der  Himgefàsse,  —  «  NissTs 
histologische  und  histopathologische  Arbeiten  >,  Bd.  H,  S.  88. 

Lavoro  analitico  sulla  struttura  dei  vasi  cerebrali.  La  parte  veramente  originale 
del  lavoro  è  quella  che  concerne  la  lamina  elastica  intima:  VX,  sostiene  che  le 
cosidette  finestre  che  furono  in  essa  descritte,  in  realtà  non  sono  vere  finestre  ma 
soltanto  cavità  contenenti  corpuscoli  speciali:  questi  sono  di  forma  assai  varia,  al- 
cuni hanno  la  grossezza  di  un  globulo  gro^o,  altri  sono  fino  a  quattro  volte  più  grossi: 
alcuni  sono  rotondi,  altri  ovali,  altri  ancora  a  bastoncello:  spesso  se  ne  incontrano 
molti  in  una  sola  cavità:  talora  giacciono  due  a  due.  Con  T illuminazione  obliqua  e 
scarsa  apertura  del  diaframma  si  possano  vedere  come  in  rilievo:  del  resto  si  colo- 
rano in  vario  modo  :  in  bruno  con  soluzione  argentea,  coU'acido  osmico  in  rosso  cre- 
misino, coir ematossilina  in  turchino:  non  si  colorano  col  Weigert  per  le  fibre  ela- 
stiche né  col  metodo  Heidenhain. 

Circa  la  natura  di  questi  corpi  VA,  crede  che  sieno  resti  nucleari. 

O.  Rossi, 


IN'evropatologia. 

3.  F.  Moutier,  UAphasie  de  Braca.  —  Un  voi.  di  circa  800  pagg.,  con  nume- 
rose figure  nel  testo.  G.  Steinheil,  Paris,  1908. 

Discepolo  di  P.  Marie,  FA.  difende  in  questo  volume  le  concezioni  del  suo  mae- 
stro: erudito  nella  letteratura  deirargomento,  sottile  nella  critica,  paziente  nelPanalisi, 
egli  approfondisce  sopratutto  T  indagine  sul  materiale  fino  a  qui  raccolto,  ne  vaglia 
l'attendibilità,  corregge  alcuni  errori  di  interpretazione  ;  a  quelli  del  maestro  aggiunge 
altri  casi,  e  così  rinsalda  Tedificio  di  nuovo  costrutto:  caustico  talvolta,  ma  di  una 
causticità  non  partigiana,  ha  saputo,  il  Moutier,  pure  jn  quest'ora  di  polemica,  of- 
frire sopratutto  una  raccolta  di  documenti. 

Come  ben  si  comprende  quello  che  è  pregio  del  libro,  l'analisi,  impedisce  un  vero 
riassunto:  cercheremo  di  offrire  in  pochi  cenni  un'idea  della  costruzione  dell'opera. 
Nella  prima  parte  si  tratta  della  storia  dell'argomento:  interessante  è  la  riunione 
degli  schemi,  spesso  invero  bizzarramente  complicati,  che  sono  stati  mano  a  mano, 
tracciati  dai  vari  AA.,  per  spiegare  le  varie  alterazioni  della  funzione  del  linguag- 
gio. Nella  seconda  parte  si  parla  dell'afasia  di  Broc a  e  della  sua  localizzazione  cere- 
brale: nel  primo  capitolo  sono  presi  in  considerazione  i  risultati  dei  nuovi  studi  istituiti 
dal  Marie  sui  cervelli  che  suggerirono  a  Broca  la  sua  localizzazione.  Ma  più  interes- 
santi e  veramente  impressionanti  sono  i  dati  raccolti  nei  capitoli  II  e  III.  L'A.  ha 


Nevropatoloijia  431 


raccolto  tatti  i  casi  d*  afasia  motrice,  segaiti  da  necroscopia,  pubblicati  dal  1861 
al  1906. 1  casi  sono  304  :  ma  di  questi  ben  201  non  sono'  utilizzabili  per  uno  studio 
rigoroso  perchè  sono  incompleti  od  errati  i  dati  clinici  o  gli  anatomici  (26  casi), 
oppure  si  tratta  di  lesioni  assai  estese  (175  casi).  Bimangono  così  108  osservazioni 
nelle  quali  si  trattava  di  lesioni  abbastanza  circoscritte  :  di  esse  sono  favorevoli  alla 
terza  frontale  o  almeno  considerate  tali,  19: 
a)  Lesioni  corticali,  8; 
6)       >       sottocorticali,  11. 

Delle  otto  corticali  TA.  imprende  una  critica  minuta,  risultato  della  quale  è 
la  conclusione  che  nella  letteratura  non  esiste  alcuna  osservazione  di  afasia  di  Broca 
nella  quale  alla  necroscopia  si  sia  potuto  constatare  una  lesione  unica,  rigorosamente 
localizzata  al  piede  della  terza  frontale  sinistra. 

Invece  ben  84  osservazioni  tra  le  utilizzabili  sono  contrarie  alla  dottrina  di  Broca: 
in  alcune  —  57  —  si  trova  in  vita  afasia,  mentre  al  tavolo  anatomico  il  piede  della  Fj 
è  intatto  :  in  altre  —  27  —  il  piede  della  Fj  è  distrutto  senza  che  si  fosse  osservata 
in  vita  afasia. 

Svolge  quindi  TA.  altre  considerazioni  sulle  obbiezioni  mosse  a  Marie.  Del  lavoro 
conviene  riassumere  le  conclusioni  come  quelle  che  riuniscono  quello  che  attualmente 
sul  contrastato  argomento  può  dirsi  la  concezione  della  scuola  di  Bicétre,  alla  quale, 
nel  calor  della  polemica,  furono  attribuite  opinioni  che  in  realtà  essa  non  ha  mani- 
festato. 

Secondo  le  idee  già  espresse  dagli  AA.  classici  in  argomento.  Marie  comprende  col 
nome  di  —  afasia  di  Broca  —  un'alterazione  del  linguaggio  di  natura  non  para- 
litica e  caratterizzata  da  disturbi  nell'articolazione  della  parola,  nella  comprensione 
della  stessa,  da  disturbi  della  lettura  e  della  scrittura,  accompagnata  da  fenomeni  di 
deficit  intellettuale,  variabili  nella  loro  intensità,  ma  costanti. 

L'afasia  di  Broca  non  è  una  malattia  con  un  quadro  clinico  rigido,  una  entità 
anatomo-patologica  ristretta  ad  un  unico  determinato  centro:  essa  rappresenta  invece 
una  sindrome  che  conviene  scindere  da  un  doppio  punto  di  vista  sintomatico  ed  ana- 
tomico. 

Localizzazione  cerebrale:  per  ciò  che  riguarda  la  localizzazione.  Marie  ed  i 
suoi  collaboratori  rigettano  completamente  le  idee  di  Broca.  U afasia  di  Broca  non 
è  che  V afasia  di  Wernickcy  piti  qualche  cosa,  cioè  Vanartria:  essa  è  un  disturbo 
della  rappresentazione  e  della  comprensione  delle  parole  alla  quale  si  aggiunge  un 
difetto  nell'articolazione  della  parola.  Essa  dipende  da  una  lesione  della  zona  di 
Wernicke  e  da  una  lesione  della  zona  lenticolare :  la  terza  frontale  non  ha 
nulla  che  fare  colV  afasia. 

La  lesione  della  zona  lenticolare  si  trova  alla  necroscopia  di  tutti  i  malati  che 
aveano  presentato  in  vita  la  sindrome  di  Broca:  per  zona  lenticolare  si  deve  com- 
prendere quella  zona  di  cervello  che  è  compresa  nel  quadrilatero  di  Marie:  esso  è 
limitato  all'avanti  e  all' indietro  da  due  piani  frontali  che  passano  l'uno  a  livello  del 
solco  marginale  anteriore,  l'altro  a  Uvello  di  quello  marginale  posteriore  dell' insula; 
all' infuori  è  limitato  dalla  pia  meninge  che  riveste  la  regione  à^dV  insula:  all'interno 
arriva  fino  al  ventricolo  laterale:  sembra  che  l'anartria  sia  più  particolarmente  legata 
alla  lesione  dei  due  terzi  superiori  della  regione. 

La  terza  frontale  resta  dunque  esclusa  anche  dal  centro  dell'anartria:  la  sua 
lesione  è  un  epifenomeno:  essa  è  perù  frequente  e  naturalmente,  se  vi  fu  afasia,  coe- 
siste sempre  colla  lesione  della  zona  lenticolare:  il  piede  della  terza  frontale  sembra 


432  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  NevropatologUi 


presentare  una  morbilità  speciale,  ciò  dipende  con  probabilità  dalla  irrorazione,  rela- 
tivamente scarsa,  che  esso  possiede. 

Nei  casi  studiati  da  Moutier,  con  sezioni  microscopiche  seriate,  quattro  volte^ 
runa  in  un  caso  di  anartria  pura,  tre  in  casi  di  afasia  di  Broca  clinicamente  non 
discutibili,  lo  studio  microscopico  ha  messo  in  evidenza  V  integrità  del  piede  della  F^. 

Delle  interpretazioni  proposte  in  alcuni  casi,  quelle  del  mancinismo  cerebrale, 
della  supplenza,  e  della  rieducazione  non  sono  che  ipotesi  contradette  da  alcune 
necroscopie. 

Per  ciò  che  riguarda  Tafasia  che  coesìste  colla  anartria  essa  dipende  dalla  lesione 
della  zona  di  Werni cke  (^yrus  supramarginaUs  -  piega  curva):  questa  è  separata 
dalla  zona  lenticolare  dall*  istmo  temporo-parietale  :  ogni  lesione  in  avanti  di  questo 
determina  Tanartria,  ogni  focolaio  allMndietro  Tafasia. 

Sindrome  clinica, 

L*  afasia  di  Broca  è  V  afasia  di  W  e  mi  eie  e,  piii  V  anartria,  U  anartria  è  un 
disturboy  piti  o  meno  spiccato,  delV articolazione  delle  parole,  indipendente  da 
ogni  fatto  paralitico, 

Neiranartrico  si  trova  una  gravissima  incoordinazione  dei  movimenti  muscolari 
necessari  alla  parola:  mentre  lo  pseudo-bulbare  non  pud,  Panartrico  non  sa  parlare. 
L'incoordinazione  motrice  si 'rivela  non  soltanto  nella  parola,  ma  anche  nell'atto  di 
sporgere  la  lingua  e  nell'emissione  del  grido.  Questa  anartria  può  essere  semplice  od 
accompagnata  da  afasia. 

Uàfa»ia  può  essere  definita  come  un  disturbo  del  linguaggio  interiore  con 
alterazione  di  tutti  i  suoi  modi  di  esteriorizzazione  ;  i  disturbi  della  comprensione, 
della  lettura,  della  scrittura,  sono  rigorosamente  identici  nell'afasia  di  Broca  ed  in 
quella  di  Wernicke:  nei  vari  individui  vi  sono  differenze  quantitative,  ma  non  qua- 
litative: in  nessuna  parte  si  può  trovare  un  sintoma,  che  non  sia  arbitrariamente 
scelto,  il  quale  permetta  di  classificare  un  determinato  caso  nell'uno  piuttosto  che 
nell'altro  quadro. 

In  ogni  afasico  vi  è  un  deficit  intellettuale  generale  e  uno  speciale  del  linguaggio: 
certo  Vafasia  non  è  una  demenza,  ma  ne  differisce  sempre  per  un  deficit  intellet- 
tuale speciale  per  il  linguaggio. 

Il  disturbo  generale  si  riflette  sulla  meimwia,  sulla  mimica  descrittiva,  sull'asso- 
ciazione  delle  idee,  sulle  conoscenze  professionali:  quello  speciale  sulla  lettura,  la 
scrittura,  la  comprensione  dei  segni  verbali  e  grafici.  Le  alterazioni  del  calcolo  di- 
pendono e  dal  primo  e  dal  secondo.  Le  alterazioni  di  tutte  queste  facoltà  si  presentano, 
si  evolvono,  regrediscono  seguendo  le  leggi  ordinarie  dei  disordini  psichici  in  ge- 
nerale. 

I  pretesi  sintomi  sensoriali  dell'afasia  non  esistono  :  la  cecità,  la  sordità  verbale 
sono  dei  disturbi  intellettuali  della  comprensione  del  linguaggio. 

Oramai  bisogna  rinunciare  all'antica  teoria  delle  immagini  e  dei  loro  centri: 
questa  la  chiusa  dell 'A.,  la  quale,  se  ha  sapore  di  iconoclastia,  è  a  lui  suggerita  da 
fatti  che  gli  paiono  non  confutabili. 

0,  Rossi, 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  8.  Zanobi,  54.       Prof.  E.  TàNZI,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  neiYosa  e  mentale 

DIRETTA   DA 

E.    TA.NZI 

(pibbhzb) 

A.  T^MSTJRINI  E.  MORSELLI 

(eoua)  (qknova) 

E.   LXJGARO 

(modxka) 


Itocl»ttorls 

0.  BOSSI 

O.  SANDRI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amminiatraiic/ie:  Prof.  TAMZI,  Clinica  di  San  SaM,  Firenze. 


VoL.  XIII  Firenze,  Ottobre  1908  Fase.  10 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Sul  decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari  nell'uomo. 

Ricerche  anatomo-patologiche  del  dott.  G.  Mlnfirazzini 
Professore  di   Neuropatologia  nella  R.    Università   di   Roma 


Venuta  a  morte  nel  nostro  Manicomio  una  donna  affetta  da  j^clerosi  atro- 
fica di  un  emisfero  cerebrale  (sinistro)  ed  avendo  studialo  le  sezioni  in  serie 
del  rispettivo  tronco  cerebrale,  mi  è  parso  opportuno  segnalarle.  Riferirò  da[)- 
prima  la  storia  clinica  e  alcune  parti  del  reperto  istologico,  concernenti  il 
decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari. 

Storia  clinica,  —  Cascapera  Cristina,  di  anni  ò'ò,  nacque  con  gli  arti  di 
destra  paralizzati.  La  modula  la  descrive  di  carattere  eccentrico,  bizzarro,  volubile,  e 
di  temperamento  linfatico  nervoso.  Ha  sofferto  fin  dalla  nascita  di  accessi  epilettici 
che  si  andarono  sempre  ravvicinando;  alla  fine  di  ogni  attacco  rimaneva  dapprima 
sbalordita,  quindi  cupa  cogitabonda;  spesso  si  scagliava  contro  le  compagne  e  ten- 
tava anche  di  ucciderle,  perciò  verso  i  diciassette  anni  (1888)  fu  ricoverata  nel  Mani- 
comio di  Roma. 

Esame  obiettivo  (giugno  1891).  —  Nulla  a  carico  dei  movimenti  del  facciale  di 
sinistra.  Il  facciale  inferiore  destro  è  paretico.  Normali  i  movimenti  attivi  e  passivi 
d^li  arti  di  sinistra.  Gli  arti  superiori  ed  inferiori  di  destra  sono  più  corti  e  di 
volume  minore  dei  rispettivi  arti  di  sinistra.  * 

28 


-itJi  G.  MiiKiazzinl 


L'ipotrofia  dell'arto  superiore  destro  risulta  evidente  dalle  misure  seguenti: 

Braccio  destro  3^  medio       195  nim, 
»      sinistro        »            228    » 
»       destro  3**  superiore  225     » 
>      sinistro            »       .  250     » 

L'inferma  non  può  portare  l'arto  superiore  destro  al  di  sopra  della  testa:  gli 
altri  nroviraenti  di  adduzione,  di  rotazione,  sono  sufficientemente  mantenuti,  ma  in- 
completi; i  movimenti  passivi  sono  limitati  al  pari  dei  volontari.  Quanto  all'anti- 
braccio, la  paziente  è  capace  solo  dell'estensione  completa,  la  flessione  sul  braccio 
non  oltrepassa  l'angolo  retto;  aboliti  i  movimenti  di  supinazione  e  di  pronazione. 
I  movimenti  della  mano  e  delle  dita  sono  completemente  aboliti;  la  mano  è  cadente 
con  prevalenza  dei  flessori  delle  dita,  le  quali  stanno  flesse  fortemente  contro  la  palma 
della  mano;  si  riesce  ad  estenderle  in  parte,  impiegando  una  mediocre  forza:  però 
lasciate  tornano  subito  nella  posizione  primitiva. 

Arto  inferiore  destro.  —  I  movimenti  attivi  della  coscia  e  della  gamba  sono 
tutti  limitati,  meglio  conservati  quelli  di  flessione  e  di  estensione  delle  dita.  Il  piede 
è  in  posizione  varo-equina.  Nella  deambulazione  l'arto  poggia  sulla  pianta  del  piede, 
viene  poco  sollevato  dal  suolo  e  descrive  un  mezzo  cerchio  in  fuori  (andatura  eli- 
copode).  L'arto  in  parola  è  atrofico,  come  risulta  dalle  misure  seguenti  prese  in  cor- 
rispondenza delle  coscie. 

3"  inferiore  340  mm.  I). 

»        >  348     »     S. 

»     medio  385     »      D. 

»        »  416     »     8. 

»  superiore  431     »     I>. 

»         »  455     »      S.  \ 

I  riflessi  tendinei  dell'arto  inferiore  e  superiore  destro  sono  appena  accennati.il 
riflesso  rotuleo  di  sinistra  è  più  vivo  del  destro.  La  vista  è  normale  d'ambo  i  lati; 
«►ttimo  i; udito.  Nessun  disturbo  afasico  o  disartrico. 

Psichicamente  si  nota  un  indebolimento  generale  delle  facoltà  intellettuali.  Due, 
tre  volte  al  mese,  e  talvolta  più  volte  al  giorno,  l'inferma  è  presa  da  scosse  cloniche 
che  colpiscono  contemporaneamente  gli  arti  del  lato  destro  ed  i  muscoli  del  settinid 
inferiore  dello  stesso  lato.  L'attacco  non  è  preceduto  da  alcuna  aura;  l' inferma  tutto 
ad  un  tratto  perde  la  coscienza;  poi  sopravvengono  scosse  cloniche  che  colpiscono  gli 
arti  di  destra  soltanto;  non  si  morde  la  lingua  ne  fa  bava  dalla  bocca;  spesso  si 
accorge  dell'attacco.  Durata  degli  accessi  8  minuti  primi. 

Status  (gennaio  1904).  —  L'esame  neurologico  è  identico  a  quello  praticato 
nel  1901.  Le  scosse  convulsive  hanno  continuato  a  ripetersi  con  i  soliti  caratteri. 

Morte  16  marzo  1906,  lieperto,  —  Aperto  il  cavo  del  cranio  si  nota:  nomiale 
la  dura;  la  pia  apparentemente  normale  d'ambo  i  lati.  L'emisfero  cerebrale  destn» 
è  di  aspetto  e  volume  normale;  il  sinistro  apparisce  notevolmente  diminuito  di  vo- 
lume e  di  lunghezza. 

II  diametro  antere  posteriore  dell'emisfero  cerebrale  destro  è  di  15  cent,  il  sini- 
stro è  di  13  cent. 

I  giri  dell'emisfero  cerebrale  di  sinistra  sono  più  piccoli  e  molto  più  consistenti 
che  a  destra;  tale  differenza  è  più  spiccata  in  alcuni  giri. 


Sul  decorso  delle  rie  cerebro-cerebellari  nelVtiomo  435 


Una  enorme  durezza  si  nota  in  corrispondenza  della  parte  anteriore  del  giro 
fronto-parietali^  medìalis,  nel  giriis  angularis  e  nei  giri  occipitali  secondo  e  terzo; 
i  giri  più  mediali  della  parte  convessa  dell' emisfero,  il  girus  occipitalis  superiora 
la  parte  superiore  delle  pararolandiche  sono  relativamente  meno  dure.  Nella  parte 
anteriore  della  porzione  opercularis  dd  gim»  frontalis  tertius  si  trova  una  piccola 
♦escrescenza  ben  limitata;  facendo  un  taglio  attraverso  la  medesima  si  vede  costituita 
da  una  piccola  nocchietta  di  sostanza  fibrosa,  dura,  insinuata  nella  sostanza  grigia. 
Praticando  un  taglio  orizzontale  si  trovano  a  sinistra  :  il  ventricolo  laterale  molto  dila- 
tato, il  talamo  ottico  piccolissimo,  il  coUictilus  caudatus  invece  raggiunge  una  gran- 
dezza quasi  uguale  a  quella  del  lato  destro.  Il  corpo  calloso  è  ben  sviluppato;  manca 


Fio.  1.  —  Fofofjrfnnwa  di  un  inf/lio  frontnlf  tifi  tfvzo  auttriorr  (Iti  collirnlttg 
cnuflotus. 

In  questa,  cmne  in  tutte  le  tìgrure  sepruenti,  la  metà  destra  della 
figura  con-isponde  alla  metà  sinistra  [malata]  dell' encefalo  e  viceversa. 

Nel  lato  destro  della  ti^ra  (cio('«  nella  metà  sinistra  del  cervello)  si 
vede  sensìbilmente  ridotta  l'area  del  nuclms  caudatus;  l'area  della 
capsula  interna  rafcgiunge  appena  V,  di  quella  dell'altro  lato;  l'area 
del  putamfu  e  del  filobus  pnìlidxis  è  uniformemente  ridotta  specialmente 
in  direzione  latero-mediale. 


la  commissura  molli».  L'emisfero  cerebellare  destro  è  meno  voluminoso  di  quello  di 
sinistra,  come  si  vede  dalle  seguenti  misure: 

Emisfero  cerebellare  destro  diam.  ant.  p.  mass.  cent.  4 
Emisfero  cerebellare  sinistro  diam.  ant.  p.  mass.  cent.  5*., 

L'oliva  (bulbare)  di  destra  è  più  grande  di  quella  sinistra;  la  metà  destra  del 
ponte  più  piccola  della  sinistra. 

Diagnosi,  Sclerosi  atrofica  dell'emisfero  cerebrale  sinistro. 

Le  sezioni  in  serie  dell'encefalo,  praticate  a  partire  dall'estremità  prossimale 
del  Hucleus  caudatus,  fino  al  midollo  spinale  furono  colorite  con  ematossilina  Pai 
e  con  fucsina  v.  Gieson.  La  corteccia  cerebrale  fu  colorata  anche  con  tionina  e  hleu 
di  metilene  secondo  i  precetti  di  Nìssl. 

In  corrispondenza  del  terzo  anteriore  del  nucleus  caudatus  (fig.  1),  si  trova  a 
sinistra  atrofia  lieve  del  putamen  e  dei  due  membri  del  glohus  pallidus:  scomparse 


480 


6r.  Mimjazziiii 


quasi  iìì  foto  le  laminae  medullares  nuclei  lenti fonnis  (iig.  2).  Ridotte  ad  '  .,  le 
fibre  del  segineuto  anteriore  della  capsula  interna;  specialmente  la  metà  dorsale  è 
quella  che  è  assorbita.  Altrettanto  si  nota  lungo  i  tagli  del  genti  cajjsulae  ;  qui  però 
V  impiccoliniento  dai  vari  membri  del  nucleo  lentiforme  si  rende  semyre  meno  evidente. 

In  corrispondenza  del  terzo  medio  del  tàlamo  (fig.  3)  questo  ganglio  si  trova  a 
sinistra  quasi  completamente  mancante;  non  si  vedono  altro  che  poche  fibre  midol- 
lari appartenenti  al  segmento  inferiore  del  nucleus  lateralis;  inoltre  l'area  dei  membri 
del  nucleus  lenti formis  si  va  avvicinando  a  quella  dell'altro  lato. 

A  livello  del  terzo  distale  del  talamo  si  notano  le  stesse  alterazioni  notate  nei 
tagli  precedenti,  risalta,  unica  formazione  bene  conservata,  il  corpus  Luysii,  le  cel- 


Fio.  2.  —  Taglio  frontale  del  terzo  anteriore  del  coUiculus  caininins.  —  ci,  capsula  in- 
terna; gp,  globus  pallidus;  pu.  putamen;  eh,  chiasma.  La  figura  è  disegnata  allo 
scoiK)  di  mettere  in  rilievo  dal  lato  sinistro  del  cervello,  T  enorme  rarefazione  del 
line  intreccio  delle  fibre  nervose  che  percorrono  il  globus  pallidns  e  l'assottigliamento 
della  capsula  intenta;  le  laminae  medulla/fs  di  questo  lato  sono  quasi  completa- 
mente scomparse  sopratutto  la  lamina  medul.  mediali»  e  la  medialis  accessoria;  la 
metà  destra  del  chiasma  è  più  sottile  della  sinistra. 


lule  e  le  fibre  del  quale  sono  ben  costituite.  Si  nota  a  sinistra  ridotta  di  *  ^  Taren 
del  nucleus  ruher,  assottigliata  la  sua  capsula  midollare  e  Virradiato  tegmentali^ 
corrispondente.  Infine  nel  corpus  genicuL  laterale  di  sinistra  si  riscontrano  notevoli 
e  grossolane  alt^^razioui,  specialmente  nelle  porzioni  corrispondenti  alla  pars  calcarina 
e  alla  pars  hyli.  Le  grosse  cellule  ventrali  sono  tutte  ben  conservate;  invece  le  grandi 
cellule,  poste  sulla  superficie  dorsale  e  specialmente  verso  il  margine  dorso  laterale, 
sono  rimpiccolite  e  debolmente  colorate  con  fucsina.  Inoltre  l'intreccio  delle  fine 
fibre  nervose,  le  laminae  medullares  e  soprattutto  la  porzione  ventrale  del  rivesti- 
mento midollare  (in  corrispondenza  dell' /ty?w^)  sono  costituite  da  un  numero  di  fibre 
assai  inferiore  a  quelle  corrispondenti  del  lato  destro. 

A  misura  che  si  procede  coi  tagli  distali  (fig.  4),  l'area  del  pcs  pedtincM/i  sini- 
stro apparisce  ridotta  a  poco  piii  della  metà  rispetto  a  quella  del  lato  dtjstro;  le  fibre 


Sul  decorsi»  delle  vie  cereOro-rerehellari  nelT  uoìno 


437 


nervose  di  quest'area  cosi  ridotta  sono  niielinizzate  soltanto  nella  porzione  ventrale 
dei  due  terzi  mediali,  laddove  nella  porzione  dorsale  esse  sono  piuttosto  rare  e  pallide. 


Fio.  3.  —  Fotogramma  di  uu  tat/ìio  frontale  a  Urtilo  d^l  terzo  medio  del  t/ietlantus.  — 
Nel  lato  destro  della  tìgiira  (cioè  nella  metà  sinistra  del  cer\'ello)  spicca  la 
mancanza  quasi  completa  della  sostanza  del  thalamtn;  si  vede  appena  qualolie 
traccia  dell'area  del  uucletu  medinli»  tlmlami:  la  capsula  intema  è  completa- 
mente mancante  salvo  qualche  fibra  appartenente  all'irradiazione  t4»jni™en- 
tale;  l'area  del  glohus  pallidus  e  del  putamtn  ra^^iunge  la  medesima  esten- 
sione di  quella  dell'altro  lato;  il  corno  inferiore  del  ventricx)lo  laterale  ♦• 
enormemente  dilatato. 

L'area  ove  trovansi  fibre  mielinizzate  non  occupa  soltanto  parte  dei  due  terzi  mediali 
del  pes^   ma  si  estende   a   mò  di  cono  affilato  che   si    estingue  insensibilmente  sul 


Fi«.  4.  —  Fotof/riniiHìU  di  un  t<if/lio  frontale  del  meseurefilo  a  livello  delhi 
parte  media  del  pes  peduncoli  {cóìorRyÀoiìO  con  emat<K*'SÌlina  Pai).  — 
Nella  metà  destra  della  fifoira  (metà  Mini^*tra  del  cervello)  si  vede 
rimpiccolita  di  circa  la  metà  l'area  del  uucleug  ruher,  e  assottigliata 
alquanto  la  rispettiva  capsula  midollare;  dell'area  del  pes  peduutuli 
manca  quasi  totalmente  la  metà  laterale,  nei  due  quinti  mediali 
appariscono  mielinizzate  numerose  fibre,  evidenti  s])ecialmente  lunf^o 
i  due  terzi  dorsali.  Il  rorpng  Lui/sii  è  completamente  sviluppato. 
Tutti  fcli  altri  nuclei  del  talamo  sono  del  tutto  mancanti.  Manca 
«lunlsiasi  traccia  del  segmento  iHìsteriore  della  capsula  intema,  salvo 
alcune  fibre  dell'irradiazione  te/cnnentale  che  iiercon-tmo  l'area  del 
medesimo. 

nìurgine  dorsale  del  terzo  medio.   Le  cellule  della  subst.  ìn'grn  di  sinistra  mancano 
in   parte  in  corrispondenza  del  terzo  laterale  del  pes;  nel  terzo  medio  e  mediale  le 


4:38 


G,  Miuf/azzini 


cellule  esistono  naiiierose  senza  però  raggiungere  il  numero  di  quelle  di  destra;  molte 
sono  più  piccole  e  scarseggiano  di  pigmento,  altre  però  sono  ben  conservate.  Il  tìne 
intreccio  di  fibre  nervose  che  serpeggiano  entro  le  cellule  della  .'tubst.  ni(jra  è  quanto 
mai  ridotto  a  sinistra. 

L'area  del  nucleus  rnher  sinistro  è  ridotta  a  circa  la  metà  di  quella  del  lato 
destro;  assottigliate  le  poche  fibre  che  corrono  entro  il  nucleo,  e  c«>utrastanti  con 
quelle  grosse  e  numerose  che  traversano  il  nucleo  delFaltro  lato:  la  capsula  midul- 


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om      ». 


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Fio.  5.  —  Taglio  /mutai f  attrartrso  In  pari*  tiudia  tifi  poni*  (eolorazioue  all'emato-Hf^ilina- 
fucsina).  —  sff,  subst.  Kriì<ea  (e<iuivaleiite  airari'a  parala  te  rale)  polita  in  iiiezzn  alle 
llhn'  «lello  stratuin  profunduin  ;  r,  raphe  tegrinentale  ;  xco,  stratum  coni  pie  xum  ;  psp,  imn* 
subpyramidalis;  pco,  pars  eorticalis  (queMto  duo  por/.ioui  costituincnno  lo  stratuin  supt^rfi- 
oiale);  f/pm,  cellule  e  tìbrc nervose  dell'area  parauiediale;  hpr,  brachium  ponti;»;  n,\ 
^frappo  ventro-mediale  e  gruppi  ventrali  dei  fasci  piramidali.  Nella  ni<'tà  sinistra 
(lato  destro  della  ti^ura)  sono  mieliniz/atl  incompletamente  i  fasci  ventro-mediali  e 
i  fasi'i  ventrali;  tutti  prli  altri  grossi  fasci  mancano  completamente;  scomparse  in 
parte,  sjieoie  nella  regione  ventrale,  le  cellule  deirai*ea  iwiramediale.  Nella  metà  dotra 
(sinistra  della  tigura)  sono  scompai*se  molte  tìbre  della  iiars  subpyramidalis  e  della  cor- 
ticalis.  come  pure  è  ridotto  di  V  ,  il  bracbium  p<nitis.  sul  margine  ventrale  del  quale  ìv 
fibre  sono  assai  scarse.  N«'lla  stessa  metà  destra  (sinistra  <iella  figura)  le  tibi-e  dell» 
stratum  pnìfuiìdum  sono  alquanto  ridotte  di  numero  e  di  volume;  le  cellule  nervose 
della  substantia  grisea  pontis,  spai*se  in  mezzo  alle  tilire  di  detto  strato,  sono  minori 
cbe  a  sinistra;  le  fibn*  corticali  del  raphe  teginentale  sono  alquanto  ridotte  n  sinistnv 
(nel  lato  destm  della  figura). 

lare  del  medesimo  è  quasi  completamente  scomparsa  lungi»  il  margine  mediale: 
ridotta,  ma  tuttavia  conservata  in  parte,  la  porzione  dorsale  e  ventrale  della  mede- 
sima. LMrradiazione  tegmentale  dal  nucleiis  rnher  sinistro  è  uguale  per  numero  e 
grandezza  a  quella  dell'altro  lato. 

Nei  tagli  a  livello  dei  piani  di  passaggio  del  pea  peduKciilì  al  ponte,  appare 
a  sinistra  mancante  la  maggior  parte  delle  fibre  piramidali;  si  trovano  mielinizzati, 
e  non  completamente,  i  soli  fasci  dorso-mediali,  quelli  cioè  posti  in  vicinanza  del 
fasciciihiH  certicalis.  Non  vi  è  alcuna  differenza  apprezzabile  fra  le  fibre  degli  strati 


Sul  decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari  nell'uomo  i39 


complexum  e  profondum;  solo  la  porzione  marginale  dello  stratum  superficiale  di 
destra  si  presenta  alquanto  rarefatta. 

A  misura  che  si  procede  distalmente  verso  la  metà  del  ponte,  quando  cioè  è 
ben  costituito  il  brachium  pontis  (fig.  5),  si  vede  che  questo  ultimo  è  a  destra  note- 
volmente ridotto  di  volume  (circa  di  \ ',),  manca  a  destra  una  porzione  apprezzabile 
delle  fibre  costituenti  la  2^(^rs  corticah's  e  la  pars  subpyramidaUs,  A  sinistra  man- 
cano molte  cellule  nervose  della  snbst.  grisea  posta  in  mezzo  alle  fibre  della  jmrs 
mbpyramidalis,  e  molte  cellule  nervose  dell'area  laterale  (posta  cioè  fra  V  estremità 
laterale  della  pars  !iubpyramidalis)y  come  pure  qualche  fibra  dello  tttrntuììì  pro- 
fnndum  ed  una  parte  discreta  delle  cellule  e  delle  fibre  situate  nella  metà  ventrale 
dell'area  paramediale  (chiamo,  brevitatis  ergo,  area  paramediale.  tutta  quella  porzione 
della  metà  ventrale  del  ponte  compresa  fra  il  fasciculufì  verticaltH  e  i  gruppi  me- 
diali dei  fasci  piramidali). 

A  misura  che  si  discende  verso  il  terzo  distale  del  ponte  si  nota  che  a  sinistra 
i  fasci  piramidali  contenenti  mielina  non  sono  piìi  quei  dorso-mediali,  ma  i  veutro- 
iiiediali  e  i  ventrali  (quelli  cioè  decorrenti  al  di  sopra  delle  fibre  della />ar.<?  snbpì/m- 
midnlis),  ^ 

Dai  piani  distali  del  bulbo  fino  a  livello  della  decussatio  pìjramidaìifi,  Tart-a 
dflla  pyramis  destra  è  ridotta  ad  \\  di  quella  sinistra  e  non  contiene  alcuna  fibra 
mielinizzata.  Al  livello  del  corno  occipitale  spiccano  notevolmente  ridotti  il  /"asr. 
long,  inf,  e  le  radiazioni  ottiche. 

Praticando  tagli  orizzontali  attraverso  ciascuno  degli  emisferi  cerebellari,  si 
trovano  le  sezioni  di  sinistra  completamente  normali  per  quanto  concerne  sia  le 
cellule  e  le  fibre  dei  vari  strati  della  corteccia,  sia  il  niicìeu.^  dentatus^  il  vello 
e  la  sostanza  midollare.  Nelle  sezioni  corrispondenti  dell' emiì^fero  cerebellare  destro 
(opposto  cioè  all'emisfero  cerebrale  malato)  si  nota  invece  dove  una  spiccata  rare- 
fazione dove  una  vera  mancanza  delle  fibre  nervose;  qui  le  cellule  del  Purkinje  sono 
a.«jsai  scarse,  e  rattrappite  e  deformate  o  a  forma  ellittica:  in  altre  lamelle  le  fibre 
nervose,  le  cellule  di  Purkinje,  come  pure  quelle  degli  altri  strati  (molecolare  e 
granuloso)  si  presentano  bene  sviluppate.  Il  nucleus  dentatufi  e  il  nucleus  enìbolì- 
f'onnis  di  destra  sono  più  piccoli  che  a  sinistra,  la  differenza  è  specialmente  spic- 
cata nel  nucìetia  dentatusy  le  lamelle  del  quale  sono  più  sottili  e  meno  ondulate: 
il  vello  è  atrofizzato  e  debolmente  colorato  nei  tagli  coloriti  alla  Pai. 

L'aspetto  istologico  dei  giri  cerebrali  di  sinistra  non  è  dappertutto  uniforme. 
In  quei  giri,  che  anche  macroscopicamente  presentavano  il  maggior  grado  di  durezza 
(come  ad  es.  nel  girus  frontoparietalis  medialis  e  nell'a^^e-r  lobi  uccip.  sin.)  scar- 
seggiano di  molto  le  cellule  nervose  specialmente  quelle  piramidali.  Esse  si  presen- 
tano sotto  forma  di  elementi  rotondi  (nuclei)  contenenti  uno  o  due  nucleoli  e  li 
circonda  un  velo  di  protoplasma  incoloro  con  limiti  poco  netti.  In  corrispondenza 
degli  stessi  giri  cerebrali  si  trovano  anche  alterazioni  molto  grossolane  a  carico  dei 
vjisi  e  delle  fibre  nervose,  poiché  colorando  le  sezioni  con  l'ematossilina  (Weigert- 
Pal)  si  trovano  nel  centro  dell'asse  midollare  spesso  vasi  pieni  zeppi  di  emazie  e 
circondati  da  grossi  spazi  lacunari,  traversati  da  briglie  connettivali  formanti  una 
rete  a  larghe  maglie.  Intorno  alle  medesime  le  fibre  nervose  sono  completamente 
degenerate  e  al  loro  posto  trovansi  frammenti  o  zolle  di  mielina;  le  fibre  costituenti 
l'intreccio  infra-e  sopraradiario  sono  in  alcuni  punti  mancanti,  in  altri  ben  conser- 
vate. Un  fitto  feltro  di  glia  occupa  lo  strato  superficiale  della  corteccia  cerebrale. 

Invece  nei  giri  frontali  superiore  (fig.  (5)  e  medio,  che  anche  al  tatto  apparivano 
meno  duri   degli   altri,  si  trova   un   discreto  numero  di   cellule   nervose   piranìidali 


444> 


(f.  Miiujazzinì 


Fu».  H.  —  T»ifiììu  /matalt  nttrnrtmo  In  corttcria  rtrt- 
hrnìt  tifi  fi.  ft'WìtiilU  iiuflhis  ffi  sinistra  (metodo 
X  i  s!*l,  oolonixiono  alla  tioiiìna).  Hi  vedono,  quasi 
in  tutti  kIì  strati,  elementi  cellulari  pi-es-so  che 
rotondi  e  circondati  da  un  velo  di  protoplasma; 
nello  strato  delle  cellule  piramidali  se  ne  vedono 
IMU'lu',  sparse  qua  e  là,  e  non  sempre  bene  orien- 
tate, e  ben  lunfi^i  dal  presentare  la  fonna  tipica 
triangolare  delle  cellule  piramidali:  inoltre  il 
protojda.sma  è  scarf<o  e  mancante  da  per  tutto  di 
corpi  tiffrodi. 


grandi  e  piccole  circondate  da  nn  sbot- 
tile alone  di  protoplasma,  povero  di 
cromatina;  però  poche  si  presentano 
di  aspetto  e  grandezza  normale  :  molte 
hanno  un  orientamento  diverso  dal 
normale. 

Il  processo  morboso  che  colpiva 
in  alcuni  punti  piìi,  in  altri  meno, 
tutto  l'emisfero  cerebrale  sinistro  cor- 
risponde microscopicamente  alla  scle- 
rosi atrofica  cerebrale  diffusa.  L'essere 
diminuito  di  volume  in  foto  tutto 
quanto  l'emisfero  cerebrale;  essere  le 
circonvoluzioni  assottigliate,  rimpic- 
colite e  ridotte  a  un  velo;  essere  in 
corrispondenza  del  lobo  occipitale  au- 
mentata la  profondità  dei  solchi  senza 
alterazioni  della  forma  e  dell'archi- 
tettura dei  giri  ;  presentarsi  la  super- 
ficie dei  medesimi  straordinariamente 
dura  e  tempestata  da  numerosi  infos- 
samenti; la  dilatazione  enonne  dei 
ventricoli  specialmente  del  ventricolo 
laterale  sinistro;  l'aumento  straordi- 
nario della  glia  che  sulla  superficie 
dei  giri  cerebrali  formava  un  fittissimo 
feltro;  tutto  ciò,  ripeto,  costituisce  il 
reperto  classico  dell'atrofia  sclerotica 
cerebrale  (unilaterale).  Ad  integrare 
meglio  il  quadro  patologico  del  morbo 
in  quistione  concorre  anche  l'aspetto 
che  mostrano  le  arteriole  della  so- 
stanza grigia  di  alcune  circonvolu- 
zioni :  alludo  al  fatto  già  segnalato  da 
lendrassik  e  P.  Marie:  cioè  che  gli 
spazi  peri  vascolari  (intomo  alle  rispet- 
tive arteriole)  erano  ingross|iti  note- 
volmente e  contenevano  una  rete  con- 
nettivale  a  larghe  maglie. 


Hiiis.siijiiiondo:  in  sommilo  ad  una  .sclerosi  ah'ofica  ji^ravissima  di  quasi  tulli 
i  jiiri  (IcircuiisIVro  cei'obi'alo  sinisti'o  (mono  jrravc  nei  giri  frontali)  sviluppatasi 
durante  la  vita  inti'auterina,  si  è  avuta  dal  medesimo  lato  agenesia  di  eirea  la 
im'tà  (in  direzione  dorso-ventrale)  delle  libre  del  segmento  anteriore  e  del  ffenii 
della  eapsula  interna;  dei  Va  (iorsali  del  segmento  posteriore  della  medesima; 
dri  tre  (juinti  laterali  del  pes  ;  di  molle  cellule  del  Jocus  nkier;  delle  fibre 
piramidali  del  pons  falla  eccezione  dei  fasci  dorso-mediali  e  ventrali  prossi- 
malmenle,  e  di  (|uelli    ventrali  distalmente.  Nella   metà  prossimale  del  ponte 


Sul  decorso  delie  vie  cerebro-cerebellari  nelT ìtoìnn  4i1 


iiolnvasi  d';ui)l»o  lati  una  rarefazione  dello  straluni  profunduiìì  ;  a  sinLsIra  una 
imrziale  mancanza  delle  cellule  e  delle  fdjre  dell'area  paralaterale  e  dell'area 
para  media  le;  e"  a  destra  scomparsa  di  molte  fibre  cosliluenti  lo  strato  super- 
fìcialf»  e  di  -y-  del  bradxium  jìontis,  A  sinistra  infine  il  talamo  era  completa- 
incnle  airenetico  fatta  eccezione  del  corpus  Luysii  e  di  alcune  fibre  del  nucleus 
latrralis;  impiccolita  l'area  del  nucleus  ruber  e  assotlij^liata  la  rispettiva  capsula 
midollare,  scomparsi  alcuni  g;ruppi  cellulari  del  corpus  (jenir.  lai.,  ridotti,  nella 
loro  metà  anteriore,  i  vari  meni  bri  ilei  nudeus  lentiformis  come  pure  le  ri- 
spettive laniinae  rnedullares, 

Epi/^risi.  —  Le  cose  fin  (jui  esposte  permettono  di  determinare  con  ma»?- 
jrior  precisione  il  luojio  ove  decorron(»  alcuni  fasci  delle  vie  piramidali  e  delle 
vie  cerebro-cerebellari. 

Innanzi  tutto  dei  rapporti  del  nucleus  lenlicularis  con  la  corticalità  cere- 
bnle.  Dejerine(l)  a  proposito  delle  connessioni  del  corpus  striatwn  con  la 
corticalità  cerebrale,  ricorda  come  Bianchi  e  D'Abundo  abbiano  notato  la 
diminuzione  del  voluuìe  e  del  numero  delle  cellule  nervose  del  corpo  strialo 
(nuclei»  lenticolare)  in  seiruito  all'ablazione  del  rjirus  sigmoideus  del  cane;  come 
Warinesco,  per  mezzo  del  metodo  del  Marchi,  abbia  osservato  la  degenerazione 
di  «jualche  fina  fibra  del  corpo  striato  in  seguito  all'ablazione  del  lobo  frontale 
nelle  scimie  t;  nel  cane.  Ma  nejerine  si  affretta  a  soggiungere  che  queste 
lesioni  sono  minime  in  tutti  i  casi  e  non  sono  paragonabili  all'atrofia  talvolta 
estn'ma  che  subisce  il  talamo  in  siffatte  circostanze.  La  diminuzione  di  volume 
jissai  modesta  del  corpo  striato  (nucleo  lenticolare)  che  si  constata  nell'uomo 
in  seguito  a  vecchie  lesioni  corticali  patologiche,  e  che  risalgono  alla  prima 
infanzia  è,  a  parere  del  Dejerine,  analoga  alla  diminuzione  di  volume  in  massa, 
che  subisce  in  ogni  caso  la  metà  corris])ondent(;  del  tronco  dell'encefalo,  il  corni» 
anteriore  del  midollo  spinale  e  l'emisfero  cerebellare  del  lato  opposto.  Essa  di- 
pende, secondo  (juesto  neurologo,  tanto  dalla  degenerazione  delle  collaterali  che 
il  sistema  di  fibre  di  proiezione  corticale  invia  al  corpo  striato  e  alla  regione  dcdla 
calotta,  quanto  .dall' inattività  funzionale  di  queste  stesse  regioni.  Ora  a  me  pare 
che  con  siffatto  moìio di  ragionare  il  Dejerine  incappa  in  una  petitio  principii ; 
alferniarc  che  una  formazione  si  atrofizza  di  più  (il  talamo),  l'altra  meno  eipii- 
valc  a  dire  che  i  rapporti  con  una  sono  molto  più  estesi  che  con  l'altra;  ma 
da  «io  non  si  desume  che  la  seconda  ne  manchi.  Sostenere  che  questa  sia  pur 
lieve  atrofia  dipende  dalla  diminuzione  di  volume  in  massa  di  tutte  le  metà 
con'ispondenti  del  tronco  encefalico,  si  risolve  in  una  specie  di  tautologia; 
tanto  più  che  si  può  dimandare  perchè  alcune  formazioni  come  ad.  es.:  l'oliva 
superior  el  inferior  del  medesimo  lato,  i  nuclei  di  origine  dei  nervi  cerebrali 
non  presentano  in  genere  atrofia  anche  in  seguito  a  vaste  agenesie  cerebrali. 
Né  vale  l'affermare  che  nelle  vaste  agenesie  o  lesioni  congenite  della  corticalità 
cerebrale  si  atrofizzano  tutte  le  formazioni  omolaterali  sottostanti;  ciò  dimo- 
stra che  esse  hanno  appunto  un  rapporto  anatomico  con  la  medesima,  tant'è 
vero  che  nelle  agenesie  o  nelle  distruziimi  emicerebrali  la  metà  omolaterale 
del  cervelletto  rimane  immune,  e  atrofizza  invece  quella  del  lato  opposto  (atrofia 
crociata  cerebro-cerebellare).  Del  resto  nessun  argomento  parla  meglio  in  favore 


4i^  (m,  Muifjazzuii 


della  mia  tesi  quanto  appunto  lo  studio  dei  caso,  su  cui  si  appog^'J»  >'  n<*jcrint^ 
cioè  il  caso  Pradel  (2)  in  cui  era  avvenuta  una  distruzione  completa  della 
corlicalità  cerebrale.  Ebbene,  basta  dare  una  occbiata  alle  ligure  qui  accennale, 
per  accorgersi  cbe  l'atrofìa  dei  tre  membri  del  lenticolare,  era  più  che  grosso- 
lana. Ma  ciò  che  è  più  strano  si  è  che  in  altri  casi  Dejerine  ha  realmenti; 
tr()vato  fil)re  degenerate  nel  (jlobiis  palli dus  in  seguito  a  lesioni  corticali  (casi 
di  Cai  Hot  e  di  Hilaire,  p.  313  e  seg.,  loc.  cit.)  onde  egli  atferma  che  per 
lo  meno  il  imtamen  riceve  libre  di  proiezione  dalla  corteccia  cerebrale.  Il  pre- 
sente njio  caso  è  una  indiscutibile  conferma  di  quanto  io  ho  sempre  con  altri  so- 
stenuto; cioè  che  almeno  una  porzione  (anteriore)  del  nurleus  lenti fonnis  (jni- 
tamen)  riceve  probabilmente  libre  di  proiezione  dalla  corticafità  rolandica  ilalla 
qjiale  come  Pontogenia  e  la  filogenia  insegnano,  si  è  distaccato  (Edinger); 
onde  non  è  a  meravigliare  che  la  lesione  del  putanien  dia  luogo  ad  una  sin- 
drome definita  nella  ifuale  dominano  i  disturbi  motori  (emi|)aresi). 

È  importante  a  questo  proposito  segnalare,  come  soprattutto  la  jiorzion»' 
anteriore  del  putanien  e  delle  laminae  medullares  nuclei  lentifonnis  sono  ipielle 
che  contraggono  rap]H)rti  i)iù  stretti  con  la  corteccia  cerebrale,  sono  esse  che 
lese  danno  origine  a  disturbi  della  motilità  e  della  parola,  hifatti  dairesaine 
delle  mie  sezioni  si  ricava  come  la  riduzione  di  queste  formazioni,  assai  ri- 
levante nella  metà  prossiuiale,  si  renda  sempre  meno  apprezzabile,  a  misura 
che  si  [>rocede  verso  Testremità  distale.  Qui  ujì  preme  di  aggiungere  che  anche 
h^  luìninae  medullares  {ext,  aUpie  interna)  nuclei  leni,,  erano  ridotte  di  uìollo 
e  in  alcune  sezioni  appena  ravvisabili.  Anche  questo  reperto  è  in  armonia 
con  quanto  Edinger(3)  ha  osservalo  nei  cervelli  di  feti  umani  immaturi  nei 
quali  spicca,  per  mezzo  della  colorazione  airematossilina,  un  fascio  di  fibn» 
(irrailiazione  della  calotta)  che,  originando  dalla  corteccia  rolantlica,  penetra 
entro  i  due  membri  niediali  del  nuckus  lenti  far  mis.  Ora  egli  cred«»  che  un  tal 
fascio  (di  origine  corticale)  prenda  parte  alla  formazione  delle  laminae  me- 
dullares nuclei  leni,,  e  quindi  discenda  a  costituire  il  lemniscus  superior.  È 
quindi  ovvio  il  comprendere  come  nel  mio  caso,  data  un'agenesia  della  c(»r- 
ticalità  cerebrale  di  sinistra,  anche  le  laminae  medullares  {nuclei  lentiformis) 
dovessero  subire  una  si  evidente  aplasia. 

Ed  ora  della  capsula  interna:  gli  osservatori  non  sono  tutti  (Paccordo  in 
quali  punti  della  medesima  passino  le  numerose  vie  che,  procedendo  dalla  cor- 
teccia cerebrale  ivi  si  riuniscono.  Riferirò  qui  le  ve«iut(;  di  coloro  che  più  si  sono 
occupati  dell'argomento.  Secondo  Dejerine  (i)  il  segmento  anteriore  della 
(capsula  è  costituito  quasi  esclusivamente  da  fibre  orizzontali  che  passano  fra 
il  nucleo  caudato  ed  il  lenticolare  (fibre  lenticolo-caudate);  solo  nella  porzione 
posteriore  vi  si  aggiungono  fibre  destinate  al  quinto  mediale  del  pes.  Anche 
secondo  Monakow  (5)  passano  nel  segmento  anteriore  della  capsula  interna 
vie  destinate  al  quinto  mediale  del  pes,  e  propriamente  la  parte  ventrale  di  detto 
si'gmento  è  costituita  quasi  esclusivamente  «la  fibre  provenienti  dai  due  primi 
giri  frontali  e  destinate  a  formare  le  vie  fronto-cerebellari;  invece  nel  terzo 
dorsale  decorrono  fibre  che  originate  specialmente  (\i\Wnperculum  frontale  sono 
deputate  ad   innervare  l'apparalo   oroglosso-laringeo,  come   j)ure    fibre   prove- 


Sul  decorso  delle  eie  cerebro-cerebellari  neW  uomo  i43 


nienti  dalla  porzione  anteriore  del  nucleo  laterale  e  dal  nucleo  mediale  del 
talamo,  e  che  terminano  nei  giri  del  polo  frontale.  I  risultati  da  me  ottenuti 
appoj^jriano  queste  ultime  vedute,  dappoiché  nel  segmento  lenticolo-striato  (an- 
teriore) della  capsula  interna  di  sinistra  soltanto  un  terzo  circa  delle  libre 
era  bene  mielinizzato  in  tutta  la  sua  altezza;  ora  poiché  esisteva  una  lieve  ri- 
duzione di  volume  nel  caudatus  e  nel  lenlicularis,  cosi  ove  si  ammettesse  con 
Dejerine  che  la  fonte  (juasi  esclusiva  di  tali  libre  fosse  il  nueleus  lenlictdaris 
t'W  caudatus,  mal  si  comprenderebbe  perchè  avesse  fatto  difetto  una  (juanlità 
cosi  considerevole  di  fibre  nel  segmento  anteriore  della  capsula  interna  di 
sinistra.  Se  invece  si  ritiene  che  a  costituire  il  segmento  anteriore  concorrano 
non  solo  le  libre  lenliculo-caudate  ma  (eziandio  (iMonakòw)  fibre  efferenti  dal 
talanu»,  o,  (fuelle  centrifugali  decorrenti  nel  quinto  mediale  del  pes,  si  comprende 
come  nel  caso  presente  la  riduzione  dovesse  essere  rilevante;  qui  dovevano 
infatti  mancare  tutte  le  vie  efi'erenti  dal  talamo  il  (juale  (fatta  eccezicme  del 
roriHfs  Luysii)  era  a  sinistra  completamente  agenesico. 

Quanto  al  fascio  genicolato,  esso  degenera,  secondo  Dejerine,  in  seguito 
a  lesione  ddroperculum  rolandicum  e  della  parte  adiacente  iMVoperculum 
frontale,  ed  è  costituito  perciò  da  libre  destinate  al  facciale  e  alTipoglosso. 
Secondo  Monakow,  il  ffeau  è  formato,  solo  nella  porzione  dorsale,  da  libre 
destinate  al  facciale  e  all'ipoglosso  e  in  quella  ventrale  da  fibre  (fronto)  cerebro, 
pontine,  e  da  quelle  destinate  ai  movimenti  dell'arto  su|)eriore.  Il  mio  raso 
de|)one  piuttosto  in  favore  delle  vedute  di  Monakow,  perchè  la  integrità  di 
una  parte  delle  fibre  del  ifenu  capsulae  non  può  spiegarsi  che  con  l'integrità 
di'lle  vie  fronto-pontine. 

Anche  per  il  segmento  posteriore  della  cajisula  interna  le  vedute  dei  neu- 
rologi non  sono  concordi.  A  costituire  questo  segmento  concorrono,  giusta  le 
ricerche  di  Dejerine,  un  gran  numero  di  libre  che  appartengono  alle  radia- 
zioni striotalamiche  (cioè  che  dal  nueleus  lenlicolare  si  portano  verso  il  nueleus 
laieralis  thalami)  come  pure  fibre  di  proiezione  corticale  che  si  arrestano  nel 
talamo  (fibre  cortico-lalamiche);  però  la  maggior  parte  delle  libre  di  (juesto 
segmento,  |)roverrebbe  dai  cinque  sesti  superiori  dei  giri  rolandici  e  si  conti- 
nua direttamente  con  le  fibre  dei  tre  quinti  di  mezzo  del  pes  pedunculL  Secmìdo 
Monakow,  a  costituire  il  segmento  posteriore  della  capsula  concorrono  libre 
raggiate  che  dal  nucleo  lenticolare  si  portano  al  talamo  (vie  lenlicuhdala- 
iniche);  inoltre  nel  terzo  anteriore  del  segmento  stesso  passano  vie  desti- 
nate al  quinto  mediale  del  pes  e  ai  movimenti  del  braccio;  nel  terzo  medio 
il  resto  delle  vie  piramidali;  nel  terzo  posteriore  fibre  provenienti  dai  giri 
temporali  destinale  al  cervelletto  del  lato  opposto  (fascio  di  Tiìrck)  e  fibre 
chi'  originate  dalla  irradiazione  legnu»ntale  del  nueleus  ruber  e  dai  nuclei  ven- 
trali del  talamo,  si  portano  a  (piasi  tutto  il  lobo  parietale  (fascio  della  sensibilità 
Irasmettitrice delle  impressioni  locali).  La  differenza  fra  Monakow  e  Dejerine 
consiste  dunque  in  ciò:  che  il  primo  ammette  che  anche  vie  talamo-parietali 
e  temporo-cerebellari  decorrano  nel  segmento  posteriore  della  capsula,  laddove 
Dejerine  non  parla  affatto  delle  prime  e  quanto  alle  seconde  crede  che  de- 
corrano propriamente  nella  regione  sottotalamica.  K  evidente  che  il  mio  casi) 


/■■ 


AiA  a  Minga  zziti  i 


si  prestji  jKHo  :ì  risolvore  questa  lieve  conlroversia  ;  ad  ogni  modo  è  cerio 
clje  il  sci^iiiento  posteriore  della  capsula  difettava  completamente  di  fibre  (falla 
eccezione  di  (juelle  |)rovenienli  dall'irradiazione  tegmenlale  del  nudeiis  ruher)\ 
il  che  sta  in  rapporto  con  quanto  ammettono  tutti,  cioè  che  nel  segmento 
posteriore  decorrono  quasi  esclusivamente  vie  provenienti  dalla  corteccia  cere- 
brale e  dal  talamo. 

r*rocediamo  ora  allo  studio  delle  sezioni  del  pes  peduncidi  del  mio  caso. 
Sarà  opportuno  qui  ricordare  come,  secondo  Dejerine,  il  pes  peduncuU  del- 
l'uomo contenira  fibre  di  proiezione  esclusivamente  corticali.  Egli  divide  il  y>f5 
in  cinque  porzioni;  il  quinto  mediale  conterrebbe  fibre  della  zona  motoria 
facciofarinj^olarin^ea,  delle  quali  alcune  terminano  probabilmente  nei  nuclei  dei 
nervi  cerebrali  di  moto,  altre  attraverso  la  piramide  si  portano  al  midollo  spi- 
nale; i  tre  quinti  di  mezzo  sarebbero  costituiti  da  fibre  degli  arti,  originanti  dai 
quattro  quinti  (superiori)  dei  giri  pai^arolandici,  dal  piede  dei  giri  frontali 
mp,  et.  mediìis  i\  dal  lobulus  pararentralis;  una  minima  parte  di  queste  filire 
terminereblie  nella  siihsL  nigra  e  nel  pons,  la  massa  principale  trapassa  nelle 
piramidi.  Il  quinto  laterale  del  pes  pedtinctdi  contiene,  secondo  Dejerine,  THue 
provenienti  dalla  parte  media  dei  giri  temporali  sec,  et  tertius;  di  esse  una 
porzione  minima  si  termina  nella  suhst,  nit/ra  mentre  la  massa  principale  si 
porta  al  ponte.  Secondo  Dejerine  non  decorrono  nel  pes  pedwictdi  lasci  isolati, 
siano  essi  piramidali  siano  cortico-pontini  o  di  altra  specie;  tutte  le  fibre  sono 
mescolate  e  conm^sse  fra  loro  strettamente.  Presso  a  poco  le  stesse  vednlfì 
sono  sostenute  da  Monakow,  il  quale  differisce  dal  Dejerine  solo  sul  con- 
cetto e  sui  destini  delle  fibre  decorrenti  nel  quinto  mediale.  Questi  aggiunge 
piire  che  le  vie  fronlo-pontine  del  pons,  mentre  prossimalmente  occupano  i  fasci 
dorso-mediali,  nei  piani  distili  si  trovano  in  fiìsci  sempre  più  ventrali. 

Secondo  Obersteiner(O)  il  pes  pedunculi  si  può  dividere  in  sei  segmenti. 
Ni'l  sesto  mediale  decorre  la  via  fronto-ponto-cerebellare,  e  non  conterrebbe 
fibre  piramidali.  Nel  seconde»  sesto  decorrerebbe  la  via  piramidale  destinata  ai 
nervi  cerebrali  di  molo  (via  cortico-bulbare);  il  terzo  sesto  contiene  fibre 
piramidali  per  la  restante  parte  del  corpo  (via  cortico-spinale);  nel  quarto 
sesto  correrebbero  le  vie  per  il  senso  muscolare;  nel  quinto  sesto  le  vie  teiti- 
poro-fronto-cerebellari,  e  nel  sesto  laterale  il  fascio  dal  lemnisco  al  [h'S,  »I 
caso  mio  si  è  veduto  che  era  mielinizzata  una  buona  parte  (dorsale)  dei 
(lue  quinti  mediali  del  pes  sinistro  compreso  il  margine  superiore  del  quinto  di 
mezzo;  ora  poiché  eravi  una  evidente  paresi  del  settimo  e  dell'ipoglosso  destro, 
cosi  è  chiaro  che  le  fibre  mielinizzate  nei  due  quinti  mediali  (o  dei  due  sesti 
mediali)  del  pes  devono  appartenere  probabilmente  alle  vie  fronto-cerebellari. 
Se  poi  si  ammette  che  i  tre  quinti  di  mezzo  sono  occupati  anche  dalle  vie  pi- 
ramidali, se  ne  inferisce  che  le  medesime,  almeno  quelle  che  decorrono  nei 
secondo  quinto  mediale  e  nell'apice  del  quinto  di  mezzo  debbono  essere  me- 
scolate ad  altre  vie.  Difatti  vie  piramidali  non  potevano  essercene,  perchè  la 
piramide  sinistra  difettava  completamente  di  fibre. 

Secondo  Dejerine,  la  degenerazione  del  locus  niger  tiene  dietro  alle 
lesioni  corticali  della  zona  rolandica  e  il  settore  degenenito  del  ìorns  corri- 


ShI  decorso  delle  rie  rerebro-rcrebellari  nelV  uomo  44-5 


sponde  in  modo  esalto  alla  zona  di  degenerazione  pcduncolare.  Ejrli  agjiinnge 
che  la  degenerazione  del  locus  è  più  intensa  quando  il  secondo  quinto  late- 
rale del  ijes  è  degenerato  (fibre  dell'arto  inferiore),  e  lo  è  meno  quando  la 
degenerazione  occupa  i  due  quinti  di  mezzo  (fibre  del  braccio);  onde  secondo 
Dejerine,  la  radiazione  del  locus  nifjer  proverrebbe  sopratutto  dalle  regioni 
roiandiche  superiori.  Che  tuttavia  fibre  destinale  a  mettersi  in  rapporto  col 
locus  niffer  derivino  anche  dal  lobo  frontale  è  dimostrato  dal  fatto  che  Be- 
chlerew  trovò  degenerazione  delle  cellule  della  subst  nicjra  nei  casi  di  lesione 
del  segmento  anteriore  della  capsula  interna.  Bechterew  (7)  poi  ricorda  che 
anche  l'atrofia  unilaterale  del  cervello,  e  l'ablazione  della  corteccia  cerebrale 
portano  ad  atrofia  delle  cellule  del  subst,  nùjru.  Io  non  ho  il  mezzo  per  verificare 
((uanlo  asserisce  Dejerine;  certo  è  che  anche  il  caso  mio,  mentre  dimostra 
la  dipendenza,  almeno  in  massima  parte,  della  subst,  nigra  dalla  corticalità 
cerebnile,  riprova  ancora  quanto  già  altra  volta  ho  sostenuto:  cioè  che  non  vi 
è  corrispondenza  assoluta  fra  degenerazione  od  aplasia  di  determinate  aree 
ilei  pes  pedunculi  e  le  corrispondenti  cellule  della  substantki  nigra,  dappoiché 
al  di  sopra  del  terzo  laterale  del  pes  di  sinistra  nonostante  che  fosse  completa 
la  mancanza  di  fibre,  esisteva  un  discreto  numero  di  cellule  ben  conservate 
della  subst.  nigra. 

Che  non  solo  le  cellule  della  5t«to.  nitp^a,  ma  anche  l'intreccio  fittissimo 
di  fibre  nervose,  posto  in  mezzo  alle  medesime,  dipendano  dalla  corteccia  cere- 
brale lo  dimostrano  parecchie  mie  precedenti  osservazioni  compresa  la  presente. 
(]iò  trova  la  conferma  anche  nelle  esperienze  di  lurmann  {S)  il  quale  trovò  nei 
cani  una  degenerazione  delle  fibre  decorrenti  in  mezzo  alla  subst,  nigra,  in 
seguilo  all'estirpazione  del  segmento  postero-laterale  del  lobo  frontale  e  della 
sostanza  corticale  posta  sopra  il  g,  sigmoideus,  E  propriamente  egli  osservò  che 
la  degenerazione  colpisce  le  fibre  più  mediali,  quanto  più  la  demolizione  si 
porta  verso  T innanzi;  colpisce  invece  le  fibre  più  laterali  della  subst,  nigra, 
quanto  più  posteriore  è  la  demolizione  delle  fibre  laterali  del  pes. 

Ora  veniamo  al  decorso  delle  vie  fronto-cerebellari  nel  ponte.  Un  punto 
sul  quale  mi  preme  di  insistere,  si  è  che  a  sinistra  dei  fitsci  piramidali  del 
ponte  erano  mielinizzati  anteriormente  i  mediali  ed  in  parte  i  ventro-mediali; 
quelli  completamente,  questi  incompletamente  ;  mentre  distalmente  erano  sol- 
tanto questi  ultimi.  Che  questi  sieno  i  fasci  fronto-cerebellari  si  deduce  non 
solo  dal  fatto  che  solo  ad  essi  potevano  riferirsi  le  fibre  mielinizzate,  nel  pes 
peduneuliy  ma  anche  perchè  a  sinistra  i  giri  frontali  sagittali  erano  quelli 
meno  lesi.  \  fasci  fronto-cerebellari  adunque  non  conservano  sempre  una  po- 
sizione costante  nel  loro  decorso,  ma  sono,  specie  prossimalmenle,  mescolati 
anche  ad  altre  fibre  (piramidali);  ed  a  misura  che  si  portano  indietro  occu- 
pano sempre  una  posizione  più  ventrale,  finche  in  vicinanza  della  piramide 
scompaiono  per  portarsi  al  brachium  imntis  contro-laterale.  Che  le  vie  fronto- 
cerebellari  si  incrocino  per  portarsi  alla  metà  opposta  del  cervelletto  è  (U'a- 
imii  ammesso  da  tutti,  tante  sono  le  prove  accumulate  negli  ultimi  tempi. 
Secondo  le  mie  personali  ricerche  (fig.  7)  esse  concorrono  insieme  alle  fibre  tem- 
poro-cerebellari,  a  formare  cjuasi  tutta  la  via  peduncolare  meilia  (0).  Queste  ul- 


446  G.  Minfjazzini 


lime,  provenienti  dal  lobo  Icmponile,  sono  formale  dalla  seguente  catena  di 
neuroni:  il  primo  neiu'one  ^temporo-pontino)  si  origina  nel  lobo  temporale, 
passa  per  la  capsula  interna  e  per  il  quinto  laterale  del  pes  imfwìrvii  e 
si  esaurisce  intorno  alle  cellule  gangliari  omo-  e  conlrolaterali  dello  slm- 
lum  profundum,  nonché  intorno  alle  cellule  prossime  al  fascicidus  vertimin 
seti  medianus  pontis.  Il  secondo  neurone  (ponto-cerebellare)  si  origina  da 
(jueste  cellule  (concorrenti  a  formare  il  gruppo  paramediano),  traversa  il 
raphe,  forma  una  parte  delle  fibre  transversalì  dello  stratnm  profundum  e 
superficiale  del  lato  opposto,  e  quindi  passa  nel  peduncolo  cerebellare  medio. 
Le  fibre  fronto- cerebellari  provenienti  dal  lobo  frontale  constano  delle  seguenti 
catene  di  neuroni:  il  primo  neurone  (fronto-pontino)  origina  dal  piede  dei 
giri  frontali,  iXdWopercidum  imulae  e  dal  talamo  passa  attraverso  il  segmento 
anteriore  e  il  (femi  della  capsula  interna,  prosegue  nel  quinto  mediale  del  y^'s 
pedunculi,  poi  nel  ponte  lungo  i  fasci  dorso-mediali  e  ventro-mediali  della 
via  piramidale,  infine  si  esaurisce  intorno  alle  cellule  nervose  del  ponte  poste 
tra  le  fibre  dello  straluni  profundum  e  superficiale,  come  pure  intorno  alle 
cellule  poste  vicino  al  raphe  (cioè  intorno  alle  cellule  delParea  paramediana); 
il  neurone  terminale  (ponto-cerebellare)  comincia  dalle  cellule  suddette,  tra- 
passa la  linea  mediana,  e  dopo  aver  costituito  parte  delle  fibre  trasverse  dello 
stralum  profundum  e  superficiale,  passa  nel  peduncolo  cerebellare  medio  del 
lato  opposto:  alcune  di  esse  si  soll(»vano  lungo  il  raphe  del  tegmento. 

Le  osservazioni  fatte  sul  caso  presente  confermano  quasi  completamenle 
quanto  teste  lio  riassunto.  Difalti  si  comprende  bene  come  qui,  la  completa  age- 
nesia  delle  vie  temjmro-cerebellari  dia  ragione  della  parziale  assenza  delle  cel- 
lule nervose  poste  intorno  e  in  mezzo  alle  fibre  dello  stratum  profundum,  spe- 
cie di  (juelle  poste  lateralmente;  si  comprende  del  pari  perchè  le  cellule  nervose 
dell'area  paramediale  sinistra  fossero  in  parte  scomparse.  Infine  il  fatto  dell;i 
diminuzione  considerevole  delle  fibre  dello  stratum  superficinle  nel  lato  destro 
dimostra  che  un  contingente  delle  medesime  è  la  continuazione  delle  fibre 
temporo-cerebellari  del  lato  opposto.  A  me  pare  anzi  che  si  possa,  anche  con 
maggior  precisione  di  quanto  io  abbia  fatto  altra  volta,  stabilire  da  quale  dei 
tre  ordini  di  cellule  poc'anzi  enumerati  scaturiscano  rispettivamente  i  tre  ordini 
di  fìhvo  {raphe  tefpnentaìe,  stratum  profundum,  e  stratum  superficiale)  cosli- 
luenti  i  neuroni  terminali  delle  vie  temporo-cerebellari.  È  cioè  verosimile  ri- 
tenere che  i  neuroni  che  si  ramificano  intorno  alle  cellule  della  subst.  grisea 
sparse  in  mezzo  allo  stratum  profundum,  si  mettano  in  rapporto  con  fibre 
dello  strato  profondo  del  lato  opposto;  che  quelli  che  si  ramificano  intornc 
alle  cellule  dell'area  paramediale,  diano  origine  alle  fibre  sollevantisi  nel  raphe; 
che  quelli  ramifìcanlisi  intorno  alle  cellule  della  sul)st.  firisea  dello  stratum 
superficiale  omolaterale  si  nìcltano  in  rapporto  con  le  fibre  dello  stratum 
superficiale  del  lato  opposto  (fig.  7). 

E  poiché  le  fibre  dello  stratum  profundum  nel  mio  caso  erano  (e  solo 
pn»ssimalmcnle)  poco  inferiori  al  normale,  se  ne  deduce  che  alla  costituzione 
delle  medesime  concorrono  in  maggior  corpo  le  fibre  fronto-cerebellari,  di  quello 
chi^  le  teni])aro-  cerebellari.    Siccome   poi  i\   misura  che  si  procede  prossimal- 


Sul  decorso  delle  rie  rerebro-cereOellari  neW  uoìno 


447 


nit*nl(;  tanto  lo  (tIIuIo  nervose  «leirarea  para  media  le  dì  sinij>(ra,  quanto  le  libre 
dello  simtum  super/ìrUUe  di  destra,  andavano  avvicinandosi  senijjre  al  numero  e 


Fio.  7.  —  Schfma  dflh  rrmufssioni  croriait  dell' ftnìs/tro  ctrthrah  di  un  lato  con  il 
ctrrfllftto  dell'altro  lato  ptr  mezzo  del  peduncolo  cerebrale  nudio  (via  peduiicolaro 
mpflia).  —  /m,  linea  mediana;  dalla  corteccia  cerebellare  originano  vie  cerebel- 
lofugali  composte  di  catene  di  neuroni  (e),  i  quali  si  mettono  in  rapporto  con 
le  cellule  omolaterali  e  controlaterali  della  substantia  ffrisea  pontis :  da  questo 
lirendono  origine  altri  neuroni  (e'),  i  «juali  trapassata  la  linea  mediana,  decor- 
rono in.sieme  ai  fasci  piramidali  mediali  del  ponte,  \ìoì  lungo  il  quinto  me- 
diale del  pes  pedunculi  (pp)^  e  così  si  portano  verso  l'emisfero  cerebrale  del 
lato  opposto.  Dal  cervelletto  fuoriescono  anche  le  fibre  (d),  che  ascendono 
lungo  il  raphe  e  si  portano  probabilmente  al  nucleus  reticutaris  t/f/tnenti. 
Dalla  corteccia  cerebrale  originano  diversi  ordini  dì  catene  di  neuroni  cere- 

.  belIoi>etali  :  alcuni  (/),  dal  lobo  frontale,  altri  (t),  dal  lobo  temporale,  cioè 
neuroni  cortico-(fronto  e  tempore)  iK)ntini.  (p).  I  neuroni  fronto-pontini  (/),  si 
portano  lungo  il  quinto  mediale  del  pes,  si  ramificano  intomo  alle  cellule 
dorso-mediali  del  ponte,  e  intorno  a  quelle  poste  in  vicinanza  del  fasciculus 
verlicalis.  Da  queste  cellule  originano  i  neuroni  (f),  che,  come  fibre  trasverse 
dello  stratum  profundum  e  superficiale,  si  portano  al  cervelletto  del  lato  opposto. 
I  neuroni  temporo-ijontini  (t),  decorrono  nel  quinto  laterale  del  pts  e  nei  fasci 
piramidali  laterali  del  ponte;  di  essi  parte  si  ramifica  intorno  alle  cellule 
dell'area  paramediale,  di  cui  le  fibre  si  sollevano  direttamente  nel  rapht  iwr- 
tandosi  alle  cellule  del  unclms  r*ticultiris  tei/nunti  pontis  (nrt)  ;  parte  si  ramifica 
direttamente  intomo  alle  cellule  della  subsi.  griua  pontis  posta  lateralmente  fra 
le  ^hre  ùéiìs^  pars  subpyramidaìis  :  da  questo  gruppo  di  cellule  na.Hce  un  altro 
neurone  ponto-cerebellare  che  va  a  formare  (f)  parte  dello  stratum  sui>erficiale 
del  lato  opposto.  Il  terzo  gruppo  di  neuroni  temporo-pontijii  si  ramifica  in- 
torno alle  cellule  dello  stratum  pro/undum;  di  qui  un  altro  neurone  va  a  for- 
mare parte  dello  stratum  pro/undum  omo-  e  controlaterale.  Questi  due  ultimi 
gruppi  di  neuroni  ponto-cerebellari  si  portano  i)er  mezzo  del  pedunculus  medius 
cerebelli,  al  cervelletto  controlatcrale.  I  neuroni  (p)  decorrono  con  i  fasci  cen- 
trali delle  vie  piramidali,  e  mandano  collaterali  intomo  alle  cellule  del  lo  «/»Y//i<m 
compi fxum:  da  queste  originano  neuroni  che  si  portano  forse  al  cervelletto. 

alIVslensione  di  quelle  deiraltro  lato,  cosi  è  a  supporre  che  prossimalmente  si 
incrocino  le  lemporo-cerebellari,  distalmente  le  lìhrc  t'ronlo-cerehellari.  Aggiun- 
v^i'rn  che  il  ccnitinjrente  temporo-cen^M'Ilare  deve  rappi'esentare  una  quantità  non 


4"i8  (i  Muujazzinl 

Iniscurabile  per  il  corvollello  contro-laterale,  poiché  la  dirninuzioiie  di  vnlnine 
(h'Ila  nifìià  destra  del  cervelletto  era  di  cm.  1  V?  <^"'<^«'i  in  direzione  sagiltah*. 

Riassumendo:  i  fasci  fronto-cerebellari  percorrono  il  seirmenlo  anteriine 
della  capsula  interna,  del  «juale  costituiscono  circa  */^,  poi  discendono  luniio 
una  porzione  del  quinto  mediale  (e  forse  anche  dei  due  quinti  mediali)  M 
pes,  (juindi  corrono  lungo  i  g^ruppi  ventromediali  prima  e  ventrali  poi  ilei 
fasci  piramidali:  alla  tine  si  incrociano  nella  estremità  disiale  del  ponte,  prr 
portarsi  lun^o  il  brachium  poatis  al  cervelletto  del  lato  opposto. 

Il  fatto  che  in  alcune  lamelle  dell'emisfero  cerebellare  destro  esisteva  nn'ajrc- 
nesia  spiccata  dei  rispettivi  elementi  nervosi,  mentre  altre  avevano  ragjriunto  uno 
sviluppo  completo,  indica  intanto  che  determinate  lamelle  degli  emisferi  cere- 
bellari ricevono  determinati  sistemi  di  fibre  provenienti  dal  ponte  (nel  ciisu 
nostro  le  vie  fronto-cerebellari)  e  rispettivamente  dall'emisfero  cerebrale  del 
lato  opposto.  Questo  reperto,  se  non  dimostra  l'esistenza  di  localizzazioni  fun- 
zionali dei  diversi  lobuli  del  cervelletto,  certo  indica  che  determinate  z(me  di 
questo  organo  si  mettono  in  rapporto  con  fasci  provenienti  da  punti  cin-d- 
scritti  degli  emisferi  cerebrali  (Bolk,  Pagano). 

Delle  formazioni  connettenti  remisfero  cerebra[e.con  il  cervelletto  del  Inlo 
opposto  fa  parte  essenziale  il  inideus  ruber.  Poc'anzi  ho  notato  come  fosse  le|f- 
germente  ridotta  l'area  del  ìmcleus  ruber,  ed  assottigliata  la  rispettiva  capsida 
midollare.  La  riduzione  notevole  di  fibre  nervose  percorrenti  l'interno  del  nucleo 
rosso  è  ben  spiegabile  ammettendo  che  le  fibre  provenienti  dalla  corteccia  ce- 
rebrale debbano  (in  proporzione  non  trascurabile)  concorrere  a  costituire  la  della 
formazione;  difalli  ho  dimostrato  anni  sono  che  le  fibre  collaterali  provenienti 
dai  neuroni  cortico-talamici  traversano  la  capsula  midollare  del  micleus  rnher 
e  vanno  a  ramificarsi  entro  il  medesimo. 

In  antitesi  all'aplasia  della  capsula  midollare  del  nucleo  rosso  sinislro 
era  quasi  completamente  conservata  tutta  la  rispettiva  irradialio  teffnwntaUs, 
Quantunque  siano  poco  note  le  fonti  principali  che  concorrono  alla  formazione 
della  medesima,  ciò  nonostante  pare  ormai  assodato  che  vi  prendono  parte  fibre 
marginanti  prevalentemente  dal  cervelletto,  dalla  subsL  grisea  jjontU,  e  dalla 
formalio  reticidaris  ;  esse  sarebbero  poi  destinate  a  ramificarsi  intorno  ai  nuclei 
ventrali  del  talamo  (Monakow)  (10)  del  lato  opposto.  Senza  entrare  a  discu- 
tere l'esistenza  o  no  di  tutti  questi  rapporti  anatomici,  sui  quali  si  esprime 
con  molta  circospezione  lo  stesso  Monakow,  certo  è  che  l'integrità,  a  sini- 
stra, del  cervelletto,  della  formatio  relumlaris  e  di  quasi  tutta  la  stibsl.  (grisea 
pontis  tspiega,  in  armonia  con  le  vedute  testé  accennate,  l'integrità  della  irra- 
dialio te(/mentnlis. 

Nella  memoria  poc'anzi  citala  (11)  ho  sostenuto  che  nei  cinocefali  le  Ulne 
della  capsula  midollare  del  nucleo  rosso  provengono  quasi  esclnsivamenle  ilal 
brachium  coniunclivu/n  del  lato  opposto  e  non  dagli  emisferi  cerebrali  e  né 
anche,  come  sostiene  Monakow,  dal  talamo.  Ora  se  questa  mia  opinione  pnò 
essere  mantenuta  per  il  Cj/nocephahis,  non  altrettanto  sarebbe  lecito  per  l'uomo, 
dappoiché  nel  caso  presente,  in  cui  rfjmisfero  cerebellare  destro  era  aplasico 
in  seguito'  alla  lesione  delTemisfero  cerebrale  sinistro,  la  causa  della  notevole 


Sul  decorso  delle  rie.  rerehro-cerehellari  nel r  uomo  H\) 

agtMiesia  delle  fibre  di  della  capsula,  non  pelea  essere  addebitala  che  airemì- 
sfero  cerebrale  o  al  thalamus:  le  gravi  lesioni  che  nel  caso  mio  colpivano 
l'uno  e  l'altro,  non  mi  permetfono  per  altro  di  decidere  a  quale  dei  due  (l«'h- 
bansi  riferire. 

Non  posso  lasciar  dimenticato  il  fatto  che  accanlo  all'aj^enesia  di  quasi 
lutti  i  nuclei  del  talamo  sinistro  è  rimasto  quasi  completamente  integro  il  ror- 
pus  Luysii.  Le  esperienze  di  Monakow  sono  da  questo  punto  di  vista  completa- 
mente esaurienti  ;  egli  infatti  ha  insistilo  sul  fallo  che  (ad  eccezione  del  corjrus 
Luifsii)  ciascuno  dei  nuclei  del  talamo  dipende  da  un  giro  o  da  un  determi- 
nalo gruppo  di  giri  cerebrali,  come  insegnano  i  risultati  della  degenerazione 
secondaria  e  il  metodo  della  mielinizzazione.  Il  corjMs  Luysii  invece  è  in  rap- 
porto di  dipendenza  coi  nuclei  del  cervello  anteriore  (nucleus  caud.  et  lenUcu- 
UirLH)  per  mezzo  delle  fibre  slrioluisiane.  Ora  nel  caso  presente,  data  la  limitala 
atrofìa  (secondaria)  del  nucleo  lenlicolare  sinistro,  e  la  conservazione  delle  libre 
slrioluisiane,  si  comprende  perchè  ben  poco  ne  abbia  inteso  il  corpus  Luysii. 
Del  talamo   fa    parte   integrante  il  corpus  ffenicuL  laterale;  prima  j)ern 
di  dire  delle  alterazioni  che  questo  presentava,  sarà  opportuno  che  io  accenni 
alle   principali   parti   che  lo   costituiscono.   Monakow  (\f\  che  ne  ha  fatto 
oggetto  particolare  di   studio   vi   dislingue  due  ordini   di  strali:  il  dorsale  e 
il  ventrale.  Questi   due  strati  presentano,   secondo   lui,   rapporti   diversi  con 
le  vie  ottiche  ;  le  piccole  cellule  formanti  il  sottile  strato  ventrale,  le  cellule 
di  piccola  e  media  grandezza  situale  entro  la  zona  di  irradiazione  del  tractus 
optirus^  e  le  piccole  cellule  annidate  entro  le  lamimie  medullares^  costituiscono 
la  cosi   detta    k  porzione    retinica  »    degenerano   inlatti   quando   degenera 
tracius  opticus  (come  accade  nella  cecità  totab     ongenila  bilaterale);  mentre  le 
irrosse  cellule  multipolari  degli   strali  dorsali  concentrici  rimangono   integre. 
Viceversa  queste  ultime  degenerano  quando  si  interrompono  le  radiazioni  ottiche 
(doj>o  la  distruzione  del  lobo  occipitale):  onde  a  questo  complesso  di  elementi 
Monakow  dà  il  significato  di  «  porzione  della  sfera  visiva».  A  seconda  della 
zona  in  cui  domina  l'una  e  l'altra  di  queste  porzioni,  Monakow  poi  dislingue 
nel  corpus  ^nucw/i  laterale  tre  parli:  a)  una  posta  distalmente,  detta  jxirs  cai- 
rarina,  gli  strati  grigi  profondi  (ventrali)  della  quale  sono  in  rapporto  con  le 
irradiazioni  ottiche  ;  b)  p^irs  hyli,  della  quale  il  segmento  laterale  è  in  stretta 
rtmuessione  con  le  labbra  della  calcarina,  il  segmento  mediale  coi  giri  O'-O"'.  ; 
c)  la  jxirs  reticulata,  situata  nel  terzo  prossimale  e  contenente  le  irradiazioni 
del  tractus  opticias  del  corpo  genicolato,  si  compone  di  elementi   ili  sostanza 
grigia  disposti  in  modo  disordinato,  perchè  attraversata  dai  due  fasci  del  trarfus 
che  ivi  si  irradiano  a   mo'  di   ciuffo.  Ora   il    fatto   che   nel  mio  caso   i   mar- 
gini della  pars  calcarina  e  della   pars  hyli  erano  circondati  da  un  sottilis- 
simo strato  di  fibre  e  contenevano  nel  loro  interno  poche  e  rare  libre,  è  bene 
spiegato  dall'essere  queste  due  porzioni  del  corpus  yen,  e.rt.  in  rapporto  quasi 
esclusivamente  coi  giri  occipitali;  ed  ho  già  segnalalo  le  gravi  alterazioni  della 
sostanza  corticale  di  sifl'alte  circonvoluzioni,  come  pure  la  notevole  diminuzione 
di  libre  dello  straluni  sayittale  ini.  (radiazioni  ottiche)  e  del  fasciculus  lonyit. 
inferior,  la  funzione  del  (fuale  pare  non  estranea  alle  vie  visive. 

■-'•♦ 


-i7ìi)  G.  Mi  Uffa  zzi  ni 

Lo  sliidio  (Ielle  sezioni  frontiili  della  parte  anleriore  del  cliiasnia  ini  lia 
pure  rivelato  che  nella  parie  posteriore  del  medesimo  la  metà  destra  (irarius 
ojìL  dexler)  cioè  del  lato  sano  presentava  un  numero  di  fibre  più  conipalto  e 
jiiù  numeroso,  che  non  la  metà  sinistra  (tractus  opticus  s,)  laddove  a  misura 
che  si  procede  verso  le  sezioni  prossimali,  cioè  a  misura  che  si  andava  for- 
mando il  nervus  ojiticus,  le  condizioni  si  invertono,  cioè  la  metà  sinisln» 
del  chiasma  va  diventando  sempre  più  estesa  della  metà  destra  e  conteneva, 
specie  sul  lato  mediale,  un  numero  di  fibre  nervose  più  compatto  e  più  nu- 
meroso. Questo  fatto  è  del  pari  in  armonia  col  reperto  di  Monakow  (1{I), 
cioè  che  in  scarnito  all'ablazione  completa  del  lobo  occipitale  ad  un  mammi- 
fero neonato  di  alta  dignità  (cani,  inatti)  insieme  ad  un  rimpiccoliniento  se- 
condario assai  spiccato  dei  centri  ottici  primari,  anche  il  nervo  ottico,  so- 
ju-atutto  quello  del  lato  opposto  alla  lesione,  rimane  indietro  nello  sviluppo 
e  presenta  una  diminuzione  di  volume  delh'  sue  fibre  nervose,  senza  alten»- 
zioni  degenerative. 

Nella  descrizione  del  reperto  istologico,-  ho  particolarmente  richiaiiinhi 
Fattenzione  sopra  h  strato  delle  cellule  di  Purkinje  le  quali  quasi  esclusi- 
vamente, di  fronte  alla  integrità  dello  strato  molecolore  e  granulare,  ennio 
alterate.  Anche  Mott  e  Tredgold  (i4)  trovarono,  in  casi  di  atrofia  cerebellare 
secondaria,  un  assottigliamento  poco  considerevole  degli  strati  molecolare  e  gr;i- 
nuloso,  ina  segnalarono  un'assenza  quasi  completa  delle  cellule  di  Purkinjr: 
altrettanto  osservò  He  né  (IO).  Tuttavia  questa  scomparsa  di  elementi  non  v 
caratteristica;  anzi  due  AA.,  Lannois  e  Paviot  (15),  sostennero  pQchi  anni  «r 
s(uui,  che  tanto  nelle  alrolie  sclerotiche  cerebellari  primitive,  quanto  nei  cit- 
velletti  atrofizzati  secondariamente,  e  in  genere,  nelle  alterazioni  cerebellari  le 
più  varie,  possono  scimiparire  le  cellule  di  Purkinje  e  le  cellule  stellate  dei 
granuli.  D'oiìde  la  conclusione  che  non  si  ha  difl'erenza  istcdogica  fra  la  cor- 
teccia cerebellare  atrofizzata  primariamente  e  quella  di  un  cervelletto  atn»- 
fizzato  secondariamente. 

Senza  entrare  per  ora  in  una  quistione  istologica  cosi  ardua  e  che  me- 
rita ulteriori  ricerche,  certo  è  poco  logico  trarne,  come  alcuni  hanno  fatto, 
l'illazione  essere  del  tutto  contingente  la  atrofia  del  cervelletto  nel  lato  op- 
posto a  quello  in  cui  è  leso  l'emisfero  cerebrale.  Spiller(17)  pubblicò,  e 
vero,  casi  di  sclerosi  cerebrale  associata  a  sclerosi  cerebellare,  e  ricorda  casi 
di  atrolia  cerebrale  unilaterale  con  cervelletto  intatto,  come  pure  essere  stalo 
trovato  atrofizzato  il  cervelletto  quando  il  cervello  aveva  il  suo  volume  nornude. 
Dal  che  deduce  che  le  lesioni  cerebellari  (atrofie)  incrociate,  quando  esistono, 
rappresentano  una  pura  coincidenza.  Anche  Mott  e  Tredgold  (18)  riferi- 
scono due  casi  di  lesione  cerebrale  non  seguita  da  atrofia  cerebellare  che  perciò 
si  potrebbero  considerare  ccune  negativi.  Nel  primo  si  era  svolta  un'emipletria 
destra  sin  dalla  nascita  ;  nel  secondo  Temiplegia  datava  dall'infanzia  ed  i^rò  stala 
seguita  «la  attacchi  epilettici.  Tuttavia  questi  casi,  come  giustamente  osserva 
René  Cornelius,  sono  lungi  dall'equivalere  a  delle  vere  prove  negative  (rirnli- 
pendenza  dell'atrofìa  del  cervelletto  da  quella  del  cervello):  si  tratta  infatti,  nedi 
esempi   leste  l'ecati,  di    alterazioni  cerebrali    assai  limitate,    interessanti   una 


Sul  decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari  nelVuomo  151 


parh'  appena  delle  zone  motorie  deirernislen»  cerebrale.  E  siccome  dai  miei 
studi  risulta  che,  almeno  nelTuomo,  le  vie  piramidali  non  inviano  fihre  desti- 
nate al  cervelletto,  cosi  non  è  a  meravigliarsi  che  in  alcune  sclerosi  dell' emi- 
sferi» cerebrale  manchi  Tatrofia  incrociala  del  cervelletto.  Ciò  spiega  il  reperto  di 
altri  due  casi  (Vili  e. Ili)  di  lesione  emicerebrale,  con  integrità  del  cervelletto, 
pubblicati  da  me  (19)  dei  quali  il  secondo  concerneva  una  lesione  soltanto 
della  parte  anteriore  del  lobo  frontale,  il  primo  si  riferiva  ad  una  porencefalia 
insorta  tre  anni  «lopo  la  nascita.  Infatti  René  Cornelius  fa  riflettere,  e  a  ra- 
gione, che  alììnchè  abbia  luogo  l'atrotia  di  un  emisfero  cerebellare  in  seguito  a 
lesione  cerebrale  controlaterale,  la  d'uopo  non  solo  che  tutte  le  aree  cerebrali  col- 
pite appartengano  a  quelle  che  sono  in  relazione  col  cervelletto,  ma  eziandio 
che  le  lesioni  avvengano  in  utero  o  nella  prima  infanzia.  Sifl'atte  condizioni 
si  r«'alizzano  appunto  nel  caso  presente:  difatti  l'atrofia  sclerotica  delTemi- 
sfen»  cerebrale  sinistro  era  più  spiccata  nel  lobo  temporale,  fonte  delle  fibre 
leniporo-cerebellari,  e  la  lesione  datava  già  dalla  vita  intrauterina. 

Non  è  mio  projmsito  di  mettere,  in  rapporto  i  disturbi  clinici,  osservati 
nella  malata,  con  le  alterazioni  segnalate  nel  corso  di  questa  memoria.  Tut-' 
tavia  su  due  punti  mi  preme  di  insistere:  cioè  sul  grado  relativamente  p<ict> 
grave  di  debolezza  mentale  della  paziente,  quantunque  un'emisfero  cerebrale 
si  potesse  considerare  come  presso  che  fuori  di  funzione,  tanto  gravi  erano 
le  lesioni  a  carico  delle  cellule  e  delle  libre  nervose  della  sua  corteccia!  In 
secondo  luogo  (juantunque  a  sinistra  e  specialmente  nel  lobo  temporale  e  nel- 
Vimula,  come  pure  nel  tj.  front,  tertiiis  le  alterazioni  fossero  assai  profonde, 
ciò  ìum  ostante  la  paziente  ncm  avea  mai  presentato  disturbi  disfasici.  È  (|ueslo 
del  r»?sto  un  fatto  oramai  assodato  nella  patologia  infantile:  cioè  che  altera- 
zioni anche  grossolane  a  carico  della  sfera  del  linguaggio  (sinistro)  non  pro- 
ducono alcun  disturbo  nelle  immagini  della  loquela,  tutt'al  più  disordini  tran- 
sitori ;  un  argomento  che  parla  in  favore  del  concetto  che  le  immagini  «lei 
linguaggio  funzionino,  per  lo  meno,  durante  i  primi  anni  della  vila,  in  ambedue 
Sili  ♦Muisferi  cerebrali. 


Biblioerrafla. 

(1)  I>EJEi{ixB.  Anat.  (U'.s  ceiitres  nerveux.  Paris.,  Rueflf,  1ÌM)1,  pug.  30i)  «*  seg. 

(J)  DBJSBiifE.  Loo.  cit.,  paf?.  101  e  segg.,  fig.  67-69. 

Ci)  EsiKeEx.  Vorles.  ùber  den  Bau  der  Nervoseii  Ceutraloi-g.  Leipzig,  liHK»,  pag.  27:*. 

(41  Dbjkrixe.  I^c.  cit.,  pag.  28. 

(.'».  MoNAKow.  (Ifhimpathoiogie.  Wien,  1905,  Holder,  pag.  78  t*  sog. 

('5)  Obsbstkinbh.  Anleituiig  boim  studium  dcs  Baues  der  iiervr».sen  Cciitralorgau.  Lcipziz,  IWl, 
iwg.  !«98-890. 

(7|  Cfr.  Bechterkw.  Die  Leituiigsbahneii.  Leipziz,  18VK». 

(8)  Cfr.  Bechtersw.  Loe.  cit.,  pag.  512. 

(5*)  Cfr.  MixeAzxiNi.  Exper.  u.  pathol.  aiiatoin.  Uiitersuchungcn  ♦'te.  ♦  Moiiat.  f.  Psicb.  ».  Bd.  XV. 
H.  fr.  b). 

^I0)  MoKAKow.  Loc.  cit.,  pag.  H8. 

(11)  MiKttAzzixi.  IjOc.  cit. 

(12)  MONAKOW.    IX)C.    cit. 

(131  Cfr.  in  \ViLBRA.M>^ANatK.  Die  Xciii-ol.  de?*  Augt'.H,  \Vic«?*badcii-Berginan,  HH>4.  Bd.  IH.  pag.  i:i3. 


45^       G,  Miìujazzini  -  Sul  decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari  iiell'uoìiur 

(14)  MoTT  and  Tredoold.  Hemiatrophy  of  the  brain  and  ite  results.  «  Brain  ».  1900.  pag.  2H!>-:iT«. 
(!'»)  Lajistois-Paviot.  Le8  leaions  hystol.  del'eorce  dans  Tatrophie  du  eervelot.  «  Nouv.  Icon.  dp- 
la  Salpetrière  »,  1902,  pag.  6. 

(Irt)  Rbnk  Corkelius.  Les  atrophie»  eroisèes  du  cfrvolot.  Parli»,  1907,  Rou^-et. 

(17)  8ptLLER,  in  Brain,  t.  XIX,  189ft,  pajsr.  588. 

(18)  Mott-Tredoold.  Ix)c.  cit. 

(19)  MiXQAKZlXI.    I>K*.   cit. 


Manicomio  provinciale  di  Ber^^ino,  diretto  dal  dott.  8.  Marzocchi 

A  proposito  di  un  nuovo  metodo  per  la  sierodiagnosi  nella  sifilide 

per  il  dott.  P.  F.  Benigrnl 


Kra  giusta  la  preoccupazione  di  trovai-e  un  metodo  rigoroso  ondo  potor 
approntare  una  diagnosi  sicura  e  precoce  di  certe  malattie  come  la  sifilide, 
e  di  forme  morbose  come  la  paralisi  progressiva  e  la  tabe  nelle  quali,  pure 
essendo  l'eziologia  spesso  sifilitica,  non  è  possibile,  a  così  lunga  scadenza, 
ci»gliere  il  momento  causale  in  atto. 

Ed  il  metodo  si  cei*cò  battendo  una  via  nuova  e  pur  già  feconda  di  ri- 
sultati utili  per  quasi  tutte  le  branche  della  medicina  m()derna,  sfruttando  le 
ingegnose  dottrine  suirìmmunità. 

Furono  Wassermann  e  Bruck  i  quali,  basandosi  appunto  sulle  recenti 
nozioni  intorno  ai  fenomeni  di  lisi,  di  agglutinazione  e  di  precipitazione,  si 
valsero  specialmente  del  metodo  così  detto  della  «e  deviazione  del  ciunplemenlo» 
ed  impiegando  estratti  di  organi  infettati  da  delerminate  malattie,  trovarono 
di  poter  applicare  la  sierodiagnosi  nella  sifìlide,  nella  tabe  e  nella  demenza 
paralitica.  Essi  cioè  trovarono  che  mescolando  un  estratto  di  fegato  sililitiro 
col  siero  di  sangue  di  un  individuo  che  abbia  avuto  la  sifiliile,  Testratlti  e'  ca- 
pace di  fissare  il  complemento  impedendo  T emolisi  ilei  corpuscoli  rossi  (Ij'I 
sanguf»  di  castrato. 

lo  non  mi  voglio  prej'isamente  occupare  del  metodo  sierodiagnostico  del 
Wassermann,  ma,  come  vedremo,  di  altro  metodo  più  recente  e   più  scm- 
|)lice,  quindi  è  inutile  che  mi  addentri  di  più  nei  particolari.  Dirò  solo  cIk' 
il  metodo  di  Wassermann,  per  quanto  il   più   sicuro,   resta    ancora  di  «Uf- 
ficile applicazione  pratica,  perchè  occorre  avere  anzitutto   un   fegato  sifìlilin» 
|)er  preparare  l'estratto  e  poi    perchè   esigendo   una    tecnica  lunga  e  «lelimla 
non  può  essere  eseguito  clie  in  laboratori  ben  arredati  e  da  medici  addeslndi 
a  tali  ricerche.  Sarebbe  stato  utile  invece  poter  dis])orre  di  un  altn»   melo(l«» 
realmente  pratico,  alla  portata  di  ogni  medico  studioso  e  che  avesse  il  van- 
taggio, come  quello  di  Wassermann,  di  offrire  un  mezzo  sussidiario  «fi  dia- 
gnosi per  la  sifìlide,  la  tabe  e  la  paralisi  progressiva  e  di  permettere  inolliv 
di  seguire  i  risultati  di  una  eventuale  cura  antiluetica  (0.  fiossi). 


P,  F.  Benujni  -  A  jyro^Ktùlo  di  un  nuoro  metodo,  ecc.  453 

KlausiH'r  appunto  quesfanno  in  due  articoli  apparsi  sulla  Wiener  kli- 
nische  Wochenschrift,  n.  li  e  17,  1908,  trailo  di  quoslo  argomenlo  nel  suo 
lavoro  ^  l'eher  eine  Methode  der  Serunidiagnostik  bei  Lucs». 

ni  questo  metodo  intendo  occuparmi,  e. poiché  il  suo  autore  lo  ritiene 
specilico  ed  infallibile  per  la  diagnosi  di  infezione  luetica,  cosi  mi  è  parso  di 
qualche  utilità  applicarlo,  a  scopo  di  controllo,  al  siero  di  ammalati  con  sic-ura 
pre^iressa  sifìlide,  estendendolo  anche  ad  ammalali  di  varie  altre  forme  noso- 
lo^Mclu*  e  ad  individui  normali,  in  cui  ^infezione  sifilitica  sì  poteva  escludere 
con  4>jrni  sicurezza. 

Klausner  aveva  notato  che  si  otteneva  un  precipitalo  fioccoso  mesco- 
lando il  siero  ricavalo  da  papule  o  da  sclerosi  sifilitiche,  diluito  con  acqua 
distillata,  al  siero  di  individui  affetti  da  sifilide,  mentre  ciò  non  avveniva  con 
siero  tolto  ad  individui  sani. 

(]ontinuando  le  sue  ricerche  notò  poi  che  se  invece  del  siero  ricavato  da 
{►apule  0  sclerosi,  si  univa  al  siero  sanguigno  semplicemente  acqua  distillala, 
si  otteneva  ugualmente  il  precipitalo  fioccoso,  ciò  che  non  avveniva  per  il  siero 
degli  individui  normali. 

Kgli  seguiva  la  tecnica  seguente:  ju-eparati  circa  due  cm/  di  siero  to- 
gliendo al  paziente  4-r>  ce.  di  sangue,  mescolava  in  piccoli  tubi  di  assaggio 
vv.  i),±  del  siero  con  ce.  0.7  di  acqua  distillata,  e,  dopo  avere  bene  mescolalo, 
lasciava  alla  temperatura  ambiente.  Dopo  Ò-IO-IT)  ore  al  massimo,  quando  il 
siero  sia  sifilitico,  si  trova  sul  fondo  del  piccolo  tubo  un  precipitato  fioccoso 
più  o  meno  abbondante  ma  sempre  ben  evidente.  Invece  nei  tubi  di  controllo 
anche  <Io|ki  "li  (»rc,  non  si  troverebbe  alcun  precipitato.  Esaminò  3i  casi  di 
sifilide  con  questo  metodo  ottenendo  sempre  risultati  positivi,  mentre  il  risul- 
tato fu  negativo  in  23  casi  normali  che  servirono  di  controllo. 

Ha  vanti  a  risultali  così  conipleli  e  sicuri  c'era  da  lasciarsi  lusingare  a 
tentar»*  la  facile  prova  anche  sopra  ammalali  metasifilitici.  Ciò  che  io  feci 
(qiprauflo  soju-a  undici  soggetti  paralitici  per  la  maggior  parte  dei  quali,  1)  so- 
pra il,  reziolof/id  bietira  risidtava  sirKra,  mentre  per  gli  altri  due  non  po- 
h'vasi  alfa  Ilo  esclmlcre  la  sifilide. 

Ho  seguito  rigorosamenle  la  tecnica  suggerita  da  Klausner  ripetendo  la 
lin»va  anche  due,  tre  volte  sopra  lo  slesso  indivìduo. 

Ho  provalo  alcune  volte  a  variare  il  titolo  della  miscela  aumentando  in 
proporzione  la  «juantilà  del  siero  e  dell'acqua,  oppure  aumentando  soltant(^  la 
quantità  di  acqua  distillata,  o  infine,  mescolando  a  [«irli  uguali  siero  ed  ac(|ua. 

Inoltre  ho  praticalo  ripetute  prove  di  controllo  sopra  13  individui  afielti 
da  varie  altre  malattie  mentali  non  luetiche,  come  la  pellagra,  Tepilessia,  li- 
peniania,  demenza  precoce,  idiozia,  e  sopra  8  soggetti  perfettamente  normali. 
Tulli,  ammalati  e  normali,  erano  da  ritenersi  immuni  da  sifilide. 

In  una  -firima  serie  di  esperimenti  sopra  undici  ammalati  paralilici,  di 
cui  parte  erano  in  condizioni  stazionarie,  mentre  altri  si  trovavano  in  islato 
grave,  cachettico,  oppure  in  un  |)eri»Mlo  di  agitazione,  le  prove  furono  falle  e 
ripetute  nel  modo  suggerito  da  Klausner,  mescolando  0.2  ce.  del  siero  di 
ciascun  ammalato  con  0.7  ce.  di  acqua  distillata. 


47)4. 


I\  F.  Ikn'mni 


TahfUa  1. 


\     DEMENTI    PAR  ALITICI 

1 

TITOLO  DE 

1 

l.LA  MISCELA  COSTANTE       j 

Il  Kx/terifftxa 

///  Eipfri*uvt 

NOME 

SIt'W  -4-  H,  0 
0,2  +  0,7 

Siero  i  H,0 
0,2-4-0,7 

Siero  -H  H,  0 
0,2  +  0,7 

Risultati 

Ri.siUtAti 

RiKiiltati 

1.  Beloni 

-f 

■4 

2.  I^rfiiifranchi 

H-              ! 

-4- 

a.  Boiiacqui.Hti 

! 

-H 

- 

4.  NoKriwli 

-            .; 

- 

5.  Magri 

-4- 

-4- 

r,.  (iiorpi 

+ 

-4- 

7.  Daluini 

- 

.- 

H.  Ricfiirdi 

k- 

♦ 

».  Ciarattiiii 

-4- 

- 

1  10.  MaiiKili 

-h 

— 

-4- 

i  U.  Moioli 

1 

1 

Indi  furono  praticale  altre  prove  sugli  .slessi  aininalati  variando  le  propor- 
zioni della  miscela,  come  risulla  daf^li  allri  specchietti  che  qui  solto  trascrivo. 


TahfUft  II. 


DEMENTI   PAKALmcI 

VARIANDO  IL  TITOUÌ  DELLA  MISCELA    | 

/  Ksptrintta 

II  KifttrUntn 

III  Efpfriftttn 

NOME 

1 

Siero  +  H,  0 
0,2  -4-  0,8 

Siero  -»-  H,  0 
0,4  -4-  0,tt 

Siero  -4-  Ha  0 
0,5  +  0,5 

Risultati 

Risai  tHti 

Risultati 

1.  Belotti 

■4- 

-1- 

_ 

2.  I^u franchi 

-f- 

-H 

..- 

3.  B<iuHcquÌ!<tÌ 

- 

_ 

4.  Xegri.Holi 

- 

- 

+ 

5.  .Magri 

+ 

+ 

+ 

rt.  «Morgl 

-4- 

-h 

-4- 

7.  Dal  unii 

— 

"* 

- 

!    H.  Riccardi 

- 

-^- 

- 

tf.  <;arnttini 

-4- 

-4- 

-4- 

10.  Mangili 

■^ 

- 

- 

n.  Moioli 

— 

— 

.1  proposito  di  un  nuovo  metodo  per  la  sierodiarpiosi  nella  sifilide 


ir».- 


Prendendo  in  consideraziom^  i  risultati  ott(Miuti  si  possono  l'are  ìiopra  di 
essi  alcuni  rilievi. 

Si  nota  innanzi  tulio  cli«  nelle  tre  serie  di  prove  fatte  mescolando  ce.  0.:2 
di  siero  con  ce.  0.7  di  II^O  distillata  non  .si  ebbero  risultali  sempre  uguali: 
cosi  per  Ire  ammalati  il  reperto  della  secoììda  prova  riuscì  contrario  a  quello 
della  prima.  Alla  terza  prova  eseguita  soltanto  su  questi  tre  sojrgetli,  che  ave- 
vano dato  il  secondo  esito  contrario  al  primo,  si  ebbe  per  due  di  essi  un  ri- 
sultato identico  a  quello  della  prinia  prova  e  per  Taltro  il  risultato  restò  come 
nella  seconda  prova. 


Tni^lln  HI. 

Tnhdìa  IV. 

Ammalati  di 
Fonna        ^  varie  altro 
fonne  mentali 

I  Kgpfi'i fitta 

//  Kjtprrirnta  ! 

Soggetti  , 
nonnali 

1  I  Ei/ì^rieuzu 

! 

ineiital<>                   ~ 

Siero  -t-  Hs  0 

Siero  +  Hj  0 

— - 

j  Siero  +  Hj  0 

NOMK 

0,2  -H  0,7 

0,2  -h  0,7 

NOMK 

0,2  +  0,7     ; 

Risultati 

Riunitati      j 

,     Ri.sultHti 

Ipocondria 

1.  Falconi 

— 

T 

1.  Sirtoli 

— 

IVllagra 

2.  Maestrini 

- 

-- 

2.  Vaglietti 

-h        i 

> 

3.  Barcolla 

-+- 

-+- 

3.  Burini 

i       ...       ' 

'» 

4.  Mangili 

-H 

1 

4.  Benigni 

i 

Epil*-s.MH 

5.  Monzani 

— 

- 

5.  Togui 

-*- 

»                «.  RoiK-alli 

- 

-         ; 

4.  Mangili 

! 

»                7.  Bonfaiiti 

— 

-4- 

7.  Baroni 

.  ■        - 

» 

8.  Colleoni 

-h 

-+-             1 

H.  Cuccm 

-\-        ' 

;    Dem.  pive.       S».  Moriii 

-f- 

■+• 

»              10.  FriffiTio 

- 

— 

»              11.  Effendi 

1 

^.. 

-t-             ' 

Idio/Jtt 

12.  Cat^'lli 

— 

„ 

» 

13.  RiMleHchini 

- 

- 

, 

Tenendo  conto  dunque  del  risultato  Duale  sopra  undici  parasililitici,  si 
deve  dire  che  la  sierodiagnosi  di  Klausner,  che  si  rileva  dal  |>recipilato  fioc- 
coso caraneristico,  è  riuscita  positiva  soltanto  in  sette  (^asi  sopra  undici 
studiati. 

Variando  il  titolo  della  miscela,  come  si  legge  nella  labella  sopi'ascritta, 
la  sierodiagnosi  riesce  pure  positiva  nella  metà  dei  casi  C(ni  qualche  piccola 
variazione  da  una  prova  all'altra  :  cosi  può  darsi  che  nella  sec(UHla  o  nella 
lei'za  esperienza  si  ottenga  un  risultato  contrario  a  (|uello  della  prova  prece- 
dente, risultato  che  a  sua  volta  concorda  o  contrasta  con  quello  ottennio  nella 
miscela,  che  si  può  chiamare  fondamentale,  di  ce.  0.2  4-  c'c.  0.7. 

K  perdila  non  si  pensi  che  a  volle,  nelle  prove  fatte  sui  paralitici,  al- 
cuni dei  risultati  negativi  siano  da  addebitare  a  quei  casi  in  cui    T  eziol(>gra 


i7ì{\  P,  t\  Hen'ujtìì 

Inclita  non  si  era  potuta  con  sicurozza  stabilire,  dirò  subito  che  h»  cose  nun 
stanno  cosi  perchè  la  preirressa  sifilide  era  accertata  anche  \wv  i  quattro  am- 
niaìati  in  cui  la  sierodiagnosi  fu  negativa,  mentre  questa  fu  positiva  anche  in 
quei  due  casi  in  cui  l'eziologia  luetica  non  era  sicura. 

Vi  sarebbe  poi  da  domandarsi  il  perchè  deiresito  contradditorio,  in  qualche 
caso,  fra  una  prova  ed  un'altra  sullo  stesso  paziente,  mentre  la  tecnica  usala 
ed  il  titolo  della  miscela  erano  costanti.  Ma  probabilmente  ciò  si  deve  attri- 
buire a  qualche  piccolo  errore  incorso  nella  tecnica  a  meno  che  non  si  voglia 
ritenere  che  il  siero  del  paziènte  potesse  variare  nelle  sue  proprietà  biochi- 
miche in  rapporto  a  speciali  condizioni  fìsiopatologiche  del  momento. 

Nella  seconda  serie  di  esperienze,  riassunte  nelle  tabelle  ili  e  IV,  sopra 
l'.5  ammalati  di  varie  forme  mentali  fu  trovata  positiva  la  sierodiagnosi  in  soli 
cinque  casi,  e  cioè  in  due  pellagrosi  sopra  tre  ;  in  un  epilettico,  durante  Tac- 
cesso,  sopra  quattro;  in  un  demente  precoce  (forma  catatonica)  sopra  tre;  fu 
invece  negativa  in  due  casi  di  idiozia. 

Qui  la  [>ercentuale  è  inferiore  in  confronto  alle  prove  sui  melasilililici,  e  ciò 
de|)(»ne  forse  per  l'ipotesi  che  realmente  nel  siero  di  (juesti  esistano  più  marcate 
o  più  frequenti  le  condizioni  necessarie  perchè  avvenga  la  reazione  precipitante. 

Però  sopra  otto  soggetti  normali,  immuni  da  sifilide,  questa  reazione  fu 
pure  trovata  positiva  in  tre  casi,  ciò  che  toglierebbe  alla  prova  il  carattere  di 
specihcità,  che   Klausner  volle  attribuire  a  questa  sierodiagnosi. 

Egli  j)er  spiegare  la  formazione  del  caratteristico  deposito  fioccoso  ritiene 
(he  il  siero  dei  sifilitici  sia  ricco  di  globulina  oppure  che  questa,  pur  essendo 
in  prcqìorzioni  normali,  diventi  maggiormente  precipitabile. 

10  njui  indagherò  sulla  intima  essenza  del  fenomeno,  solo  credo  di  juder 
ripetere  che,  dati  i  risultati  da  me  ottenuti  sui  normali  e  sugli  ammalati  non 
sifilitici,  come  pure  sui  melaluetici,  esso  non  può  essere  ritenuto  nò  specifico 
}ier  la  diagnosi  di  sifilide  né  costantemente  negativo  in  soggetti  immuni  «la 
lut'^,  come  invece  vorrebbe  Klausner. 

iiià  Rossi  0.,  Plaut,  ed  Ileuck  controllando  alcune  ricerche  di  Kornei 
sulla  precipitazione  ritenuta  da  questo  Autore  specifica  del  siero  di  indi- 
vidui sifilitici  o  metasifilitici,  avevano  rilevato  la  formazione  di  precipitali 
dir  si  otlengimo  mettendo  a  contatto  diluizioni  di  sieri  anche  normali  e  per- 
fino dello  sless(»  siero  a  titolo  differente.  Ritenevano  perciò  che  il  fenomeno 
indicalo  da  Klausner  non  fosse  altro  che  un'esagerazione  di  questo  fatto  e 
non  legato  ad  alcuna  condizione  organica  speciale. 

L'avere  poi  anch'io  trovato  la  slessa  reazione,  ritenuta  specifica,  in  para- 
litici, in  pellagrosi,  e])ilettici,  dementi  e,  quel  che  più  Importa,  in  soggetti 
perfettamente  sani,  erodo  mi  autorizzi,  a  mia  volta,  ad  associarmi  alle  vedute 
dei  pi'edetti  osservatori. 

(loncludendo  dunque  la  fallacia  di  questo  metodo  resta  dimostrata  dind- 
tamenl«»  ed  indirettamente  per  vari  ordini  di  fatti. 

11  risultato  negativo  della  ricerca  di  Klausner  sul  siero  di  alcuni  ìmli- 
vidui  sicuramente  metasifilitici  ]mò  considerarci  come  una  pr(»va  diretta  della 
mancata  specificità  del  metodo  sieroiliagnoslico  in  questione. 


A  prop^jùtii  di  un  nuovo  metodo  per  la  su'ì'odiwjnosi  nella  sl/ilidr       457 

li  risiillato  è  sialo  invece  positivo  in  alcuni  casi  di  fornie  rnenhili  in  cui 
non  solo  la  malattia  —  come  la  pellagra,  l'epilessia,  la  demenza  precoce,  l'i- 
diozia —  non  aveva  alcun  nesso  con  una  eventuale  infezione  luetica,  ma  anche, 
ciò  che  più  importa,  era  sicuramente  da  escludere  in  ciascun  ammalato  la 
\\w  prcifressa  o  in  atto. 

Un  esito  positivo  in  tali  casi  fornisce,  come  hen  si  comprende,  una  nuova 
prova,  sia  pure  indirelta,  della  nessuna  specificità  della  sierodiagnosi  di 
K 1  a  u  s  n  e  r. 

Ma  un  altro  ar|?omento  contro  l'attendihilitiì  di  tale  metodo  risiede  nel 
terzo  ordine  di  ricerche,  quelle  cioè  sui  normali  non  sifilitici,  nei  quali  la  sie- 
rcMliajrnosi  avrebhe  dovuto  essere  neirativa  sempre,  come  afferma  l'autore, 
mentre- anche  con  il  siero  di  sani  si  ebbero  vari  risultati  nejrativi. 

Non  è  senza  importanza  anche  il  fatto  notato  che  i  risultati  sullo  slesso 
individuo  possono  variare  da  una  prova  ad  un'altra  con  lo  stesso  metodo  e  con 
tecnica  costante,  come  infatti  è  capitato  sia  in  ammalati  metasifilitici,  sia  in 
ammalati  afìatto  immuni  da  lue  come  pellagrosi,  epilettici,  dementi  precoci. 

In  fine  serve  a  scuotere  la  costanza  del  metodo  in  questione  anche  l'altro 
fatto  constatato  che  la  precipitazione  fioccosa,  ritenuta  dall'autore  caratteri- 
stica «lei  siero  infetto,  si  può  ottenere  anche  con  miscele  che  si  scostano  da 
qu«!lla  fondamentale  fatta  con  ce.  0.2.  di  H  20  -|-  ce.  0.7  del  siero  di  esame. 
Infatti  sopra  nove  soggetti  metasifdilici  e  due  casi  incerti  la  prova  fu  positiva 
sei  volle  anche  con  uno  miscela  corrispondente^  a  0.2-1-0.8;  pure  sei  volte  p(»- 
sìtiva  con  ce.  0.4  -|-  ce.  0.9  e  (^inque  con  ce.  0.5  -t-  ce.  0.5. 

(]redo  pertanto  di  poter  ripetere  che,  sia  in  base  alle  prove  dirette  come 
a  quelle  indirette,  è  stata  cosi  raggiunta  la  dimostrazione  della  fallacia  del 
inetod«>  in  questione,  il  quale  deve  perciò,  a  mio  parere,  essere  ritenuto  non 
specifico  per  la  dimostrazione  della  sifilide:  i  miei  risultati  concordano  con 
quelli  che  nel  frattempo  altri  osservatori  hanno  (dtenuto. 


Bibliofirrafla. 

Ki.AisNKK.  VorlautìKe  MitUdlung  iiber  eine  Methode  der  Senimdlaéniostik  bei  Lues.  «  Wieii.  klin. 

Woch.  »,  N.  11,  1908. 
Ki.Ai:&NKB.  Uel)er  cine  Method**  der  «eruindiagriiostik  bel  Lues  «  Wien.  klln.  Wwh.  »,  N.  17,  1«(»8. 
Bassi  O.,  Pi^iT,  Heuck.  Gibt  es  eine  spezitìsehe  PrazipItAtreaktion  bei  Lues  und  Paralyse?  «  Miinch. 

mediz.  Woch.  »,  N.  2,  1(K)8. 
Ros>i  O.,  Pi.AUT,  llKtcx.  Sulla  sierodiagnosi  nella  Hifllide  tabe  e  paraliii»!    progres^siva  \yeT  ine7./.o 

dflla  precipitazione  *  Rivista  di  Patologia  nervos^a  e  mentale  »,  voi.  XII,  fase.  12. 
R-»>.6i  ().  Lo  stato  presente  della  sierodiagnosi  nella  tabe  e  nella  paralisi  progressiva  «  Rivista  di 

Patologia  uen'osa  e  mentale  »,  voi.  XIII,  fase.  3. 
FoKNET.  Die  Prazipitatreaktion  «  Miinch.  mediz.  Woch  »,  K:  38,  lUOr». 
FoKNT-n-.  tribt  es  eine  spezifische  Prazipitatreaktion  bei  Lues  und  Paralyse?«  Miinch.  niediz.  Wocli.», 

N.  «,  1«»8. 


458  liioisla  di  Patoloifia  nfrvosa  f  meaUUe 


RECENSIONI 


j^natoxnia. 

1.   A.  S.  Dofiriel,    J)er  Bau  der  Spinaì(jan(jUen  des  Menachen  nnd  der  Saiufe- 
t  hi  e  re.  —  «  (i.  Fischer  »,  Iena,  1908. 

Il  primo  capitolo  del  lavoro  è  dedicato  ad  un  rapido  sguardo  della  letteratura 
più  recente  dell'argomento:  vi  è  concessa  larga  parte  alle  ricerche  di  Cajal,  Levi, 
Nageotte,  Lenhossék:  non  sono  ricordati  invece  altri  lavori  in  argomento  ad  esem- 
pio i  miei,  quelli  di  Da-Fano,  di  Esposito. 

Nel  secondo  capitolo  sono  esposti  i  dati  che  riferiscoiK)  alla  tecnica  usata:  se- 
zioni sottilissime,  fatte  a  mano,  di  ganglio  sono  colorate,  controllando  al  microscopio, 
lino  ad  un  optimum  che  si  raggiunge  in  media  dopo  1-1  *  j  ore  in  una  soluzi«»ne  di 
bìeudì  metilene:  fissazione  successiva  in  molibdato,  lavaggio,  disidratazione,  montaggio 
in  balsamo  previo  rischiaramento.  L'A.  descrive  anche  una  modificazione  al  metodo 
utile  per  ottenere  colorazione  in  tota  del  ganglio.  Dogiel  si  è  pure  servito  del 
metodo  di  Cajal.  Segue  il  capitolo  che  tratta  della  struttura  de' gangli  spinali: 
Dogiel.  ammette  che  la  cellula  ha  struttura  fibrillare,  non  si  pronuncia  sulla  co- 
stanza o  meno  di  connessioni  fra  le  varie  fibrille  :  le  cellule  contengono  quasi  tutte 
del  pigmento  che  esiste  allo  stato  normale,  in  varie  età,  e  che  non  può  essere  riferit»» 
ad  alcuno  stato  patologico  speciale. 

Degli  involucri  della  cellula  ganglionare  Dogiel  ne  distingue  due;  um»  jil 
quale  egli  riserba  il  nome  di  capsula  che  copre  il  corpo  cellulare;  un  secondo  —  in- 
rolucro  connettirale  —  che  accoglie  gli  avvolgimenti  a  spira,  le  biforcazioni  del  ci- 
lindrasse, e  i  primi  tratti  dei  dendriti.  Alla  superficie  interna  della  capauln  si  trovano 
delle  cellule  piatte,  con  prolungamenti  ramificantisi,  fomite  di  un  grosso  nucleo  ovale: 
talora  dalla  capsula  partono  dei  prolungamenti  che  si  internano  nell'  invulucro 
connettivale;  tra  la  capsula  spogliata  delle  cellule  stellate  e  la  cellula  nervosa  non 
si  trovano  altri  elementi  fatta  eccezione  di  qualche  leucocita  che  talora  si  inc(»ntra. 
Talora  la  capsula  si  estende  un  poco  sopra  il  cilindrasse. 

Importante  è  il  passo  che  si  riferisce  alle  cellule  che  si  incontrano  neH'invfdu- 
cro  connettivale:  l'A.  le  identifica  colle  cellule  endocapsulari  o  cellule  satelliti  Begleit- 
zellen  di  Cajal, colle  Mnntelzellen  o  Amphizyten  di  Lenhossék,  e  le  ritiene  ap- 
partenenti al  gruppo  delle  cellule  connettivali  ed  esercitanti  la  stessa  funzione. 

Le  cellule  ganglionari  vengono  in  questo  lavoro  divise  dall' A.  in  un  numero 
maggiore  di  tipi  che  non  fossero  nei  suoi  lavori  precedenti  e  nel  lavoro  recente  di 
(.'ajal. 

Tipo  L  —  Cellule  di  varia  grandezza  caratterizzate  dal  fatto  che  il  cilindrasele 
daUa  sua  origine  alla  sua  biforcazione  non  si  divide  e  non  dà  origine  ad  alcuna  col- 
laterale: in  questo  tratto  il  cilindrasse  può  essere  rettilineo  o  avvolto  a  spira:  in 
una  varietà  di  questo  tipo  si  trova  qualche  anastomosi  tra  un  ramo  discendente»^ 
une»  mimtante  della  spirale. 

Tipo  IL  —  Le  cellule  di  questo  tipo  presentano  un  cilindrasse  dal  quale  na- 
scono delle  collaterali  che  terniinan«>  nello  spessore  dello  involucro  connettivale  <•  si 


Aìxutomia  ioli 

spingcmo  nel  connettivo  del  ganglio,  terminando  a  mazza  od  a  piastra:  le  fibrille  ter- 
minali si  incrociano  e  si  anastomizzano  dentro  la  mazza  formando  una  fitta  rete,  di- 
modoché si  ha  una  struttura  che  nel  suo  aspetto  ricorda  quella  degli  apparati  ner- 
vosi terminali. 

Tipo  III,  —  Nelle  cellule  di  questo  tipo  le  collaterali  che  nascono  dal  cilin- 
drasse, nel  suo  tratto  intra  involucrale,  si  dividono  e  suddividono  in  ramuscoli  che 
terminano  nell'involucro  stesso  con  piccole  espansioni  fogliformi  e  rigonfiamenti  a 
bottone. 

Tipo  IV,  —  In  questo  tipo  si  osservano  collaterali  che  si  staccano  dal  cilin- 
drjisse,  ma  allora  che  questo  è  già  uscito  dall'involucro  connettivale:  alcune  di  que- 
ste collaterali  si  rivestono  di  mielina:  terminano  a  varia  distanza  dal  corpo  cellulare 
in  apparati  di  varia  fonna  (espansioni  a  piastra  —  rigonfiamenti  terminali  — ):  an- 
che i  rami  derivati  da  un'  unica  collaterale  possono  presentare  differenti  aspetti  tt^r- 
minali. 

Tipo  V.  —  Anche  in  questo  tipo  il  cilindrasse  fuoriuscito  dall'involucro  cou- 
lu'ttivale  dà  origine  a  molte  collaterali,  alcune  araieliniche,  altre  con  guaina  mieli- 
nica,  che.  presentano  tra  loro  anastomosi:  da  questi  rami  primarii  nascono  rami 
secondari i  che  pur  si  intrecciano  e  si  anastomizzano  tra  loro  e  si  avvolgono  in  vario 
modo:  nelle  varietà  piti  complicate  si  osservano  fatti  di  questa  natura  anche  entro 
l'involucro  connettìvale,  dando  luogo  ad  avvolgimenti  attorno  al  corpo  della  cellula 
di  origine. 

Tipo  VI.  —  Da  una  sola  cellula  possono  nascere  uno  o  parecchi  (da  2  a  6') 
cilindrassi,  i  quali  decorrono  tortuosamente  per  un  tratto  più  o  meno  lungo  nell'in- 
volucro connettìvale  e  poscia  si  risolvono  intieramente  in  un  grande  numero  di  rami  : 
•luesti  si  dividono  più  volte,  si  intrecciano  e  si  anastomizzano  gli  uni  cogli  altri, 
<lopo  di  che  si  fondono  in  un  cilindrasse  che  esce  dall'involucro  della  cellula  e  più 
0  meno  lungi  si  divide  nella  classica  biforcazione.  In  questo  tipo  è  da  distinguere 
una  varietà  d  nella  quale  si  può  propriamente  parlare  della  presenza  di  due  cilin- 
drassi che  danno  luogo  a  formazioni  distinte:  così  nella  cellula  disegnata  nel  testo 
(fig.  5  pag.  75)  un  cilindrasse  più  sottile  dà  luogo  ad  una  rete  pericellulare  la  quale 
ii<m  è  in  alcun  modo  unita  all'  altro  cilindrasse. 

Ignorando  l'A.  il  mio  lavoro  in  proposito,  mi  permetto  di  ricordare  che  io  {In- 
torno ad  alcune  particolarità  morfologiche  delle  cellule  dei  (f angli  ftpinali  etc, 
IV  Riunione  della  Soc.  It.  di  Patologia,  Ottobre  1906,  fig.  8-9)  ho  appunto  descritto 
cellule  che  corrisponderebbero  alle  prime  varietà  di  questo  tipo  di  Dogiel:  io  scriveva: 
«  nelle  figg,  8-9  sono  disegnate  due  cellule  le  quali  dimostrano  mi'origine  del  ci- 
Undrasse  dal  corpo  cellulare  con  più  rami  i  quali  poi  si  uniscono  »  e  la  figura 
dimostra  con  chiarezza  che  questi  rami  prima  di  fondersi  possono  dare  origine  a  delle 
collaterali. 

Assai  prossime  alle  cellule  del  tipo  VI  sono  quelle  del 

Tipo  VII,  —  Queste  cellule  sono  assai  scarse  od  almeno  appaiono  assai  scar- 
samente colorate,  ed  ì  prolungamenti  che  nascono  dal  corpo  cellulare  hanno  tali  ca- 
ratteri da  lasciare  qualche  dubbio  se  trattisi  di  cilindrassi  o  di  dendriti,  ed  anzi 
l'A.  ])er  varie  considerazioni  accetta  la  seconda  possibilità. 

Tipo  Vili,  —  Il  cilindrasse  si  divide  regolarmente  in  un  ramo  periferico  ed 
in  uno  centrale:  il  periferico  si  divide  in  fibre  che  terminano  nel  ganglio  o  nella 
radice  posteriore  in  apparati  di  varia  forma:  la  terminazione  può  aver  luogo  o 
nello  stroma  connettìvale  del  ganglio  o  nel  suo  involucro. 

Tipo  IX,  —  Cellule  bipolari  :  nell'uomo  e  nei  mammiferi  esaminati  dall'A.  sono 


4(i()  lìivisfa  di  Pafolofiia  nervosa  e  mentah' 


piuttosto  rare,  hanno  un  volume  medio  :  queste,  forse,  dimostrano  che  alcune  cellule 
nell'adulto  hanno  mantenuto  il  loro  carattere  embrionale. 

L'A.  passa  a  trattare  delle  cellule  multipolari  rivendicando  le  sue  ricerche  in 
argomento  ed  accennando  all'  interpretazioni  che  altri  AA.  hanno  recent^ìmente  dato 
di  queste  strutture. 

2'ìpo  X.  —  Cellule  multipolari  con  dendriti  che  non  escono  dalla  zona  dell'  in- 
volucro connettivale  della  cellula,  e  con  un  solo  cilindrasse.  Sarebbero  questi  a  pa- 
rere dell'A.  elementi  giovani  che  devono  servire  a  compensare  la  morte  di  altri  ele- 
menti: le  fibre  terminate  con  coni  di  accrescimento  che  si  trovano  nei  gangli  sono 
probabilmente  da  ritenere  come  cilindrassi  di  queste  cellule. 

Tipo  XI.  —  Dalle  cellule  di  questo  tipo  sorgono  più  prolungamenti,  dei  quali 
uno  possiede  tutti  i  caratteri  del  cilindrasse:  gli  altri  hanno  caratteri  speciali  che 
non  permettono  di  paragonarli  od  identificarli  in  tutto  coi  dendriti:  essi  fuoriescono 
dalla  capsula  e  dall'involucro  connettivale,  conservano  per  grande  parte  i  caratteri 
di  fibre  mieliniche:  si  suddividono  durante  il  loro  decorso  più  volte  nello  stroma 
connettivale  del  ganglio  ;  ma  terminano  in  apparati  ora  capsulati  ed  ora  no  :  l'A.  li 
chiama  prolungamenti  simili  ai  dendriti  :  talora  queste  cellule  sono  riunite  in 
gruppi:  esse  si  trovano  in  ogni  ganglio  spinale  e  Bogiel  dubita  del  fatto  asserito 
da  Nageotte  che,  nel  trapianto  dei  gangli  sotto  cute,  possa  una  cellula  unipolare 
assumere  il  tipo  di  multipolare. 

Così  è  terminata  l'esposizione  dei  tipi  cellulari  a  proposito  della  quale  io  voglio 
ricordare  che  cellule  corrispondenti  al  tipo  3"  dell'A.  erano  stati  già  descritti  da 
Levi  e  da  me  (lav.  citato):  così  io  scriveva  nel  mio  lavoro  apparso  sul  Journal  ftìr 
Psychologie  und  Neurologie  Bd.  XI.  «  Zeìlumgebende  Pìattenbildung,  die  auf  die 
Verzweichungen  des  Acksemyìinders  der  ndmlichen  Zelìe  sumcJizufiihren  iat. 
Schon  Le  ri  hatte  in  seiner  Arheit  iiber  die  Oangìien  der  Chelonien  feine  Fori- 
mi ze  heschrieben,  irelche  roni  Zelleib  anagekend  auf  der  Zellflàchej  jedoch  im- 
merliin  axif  einer  beschrànkten  Zone,  eia  Kompliziertes  Netz  bilden.  leh  seìbst 
habe....  in  tiberzeugender  Weise  dargetan  ivie  der  Achsenzylinder^  ror  f<einer 
klassiachen  Spaltnng,  feine  Nebendste  ausschicke,  die  ihrtrseits  aich  irieder 
im  feine  Aeste  rerteilen,  iveich  letzere  einen  feinen  Faserwuht  bilden,  der  die 
Zeìle  selbst  uwhiillt  >, 

Il  V  capitolo  è  dedicato  allo  studio  degli  apparati  di  senso  dei  gangli  spinali: 
nel  connettivo  di  sostegno,  nella  capsula  degli  apparati  terminali  che  come  si  è  già 
detto  sono  assai  simili  a  quelli  dei  nervi,  ma  di  più  attorno  ad  alcune  cellule  del  tipo 
1"  si  trovano  delle  reti  di  fibre  mieliniche  assai  sottili  o  di  fibre  amieliniche  che  non 
provengono  dal  cilindrasse  della  Cellula  e  non  hanno  con  questo  alcuna  Connessione: 
anche  nell'  involucro  connettivale  delle  cellule  di  tipo  5^'  e  6°  si  trovano  talora  fibre 
di  questa  natura:  alcuna  volta  descrivono  queste  fibre  attorno  al  cilindrasse  delle 
spirali.  Spirali  di  questa  natura  nelle  quali  era  chiaramente  visibile  una  branca 
ascendente  ed  una  discendente  di  fibre  sottili,  amieliniche,  fortemente  argentofile,  io 
pure  ho  trovato  nei  gangli  spinali  umani  col  metodo  di  Cajalt  l'osservazione  è  ri- 
cordata da  Perroncito  {La  rigenerazione  dei  nerri,  Memorie  del  R.  Istituto  Lom- 
bardo, voi.  XX,  f.  X,  1908).  Le  fibre  che  danno  origine  a  tutti  quegli  apparati  na- 
scono nel  ganglio  stesso  della  cellula  del  tipo  2-4-8  e  dalle  cellule  multipolari  del 
11"  tipo:  quanto  al  significato  Dogiel  crede  che  le  espansioni  terminali  di  varia 
forma,  gli  ispessimenti  terminali,  e  le  divisioni  terminali,  sia  incapsulate  che  non, 
rappresentino  apparati  terminali  di  senso  :  essi  non  hanno  nulla  a  che  fare  con  i  fatti 
(li  rigenerazione  e  non  possono  essere  considerati   come   formazioni  analoghe  ai  coni 


Anatomui  401 


od  alle  mazze  di  accrescimento:  infatti  esse  si  trovano  anche  nel  normale,  in  ogni 
età  e  neppure  il  fatto  di  aver  trovato  formazioni  simili  nel  midollo  o  nel  cervelletto 
può  essere  invocato  a  favore  del  concetto  diNageotte:  inoltre  si  osservano  altri  fatti, 
cui  TA.  partitamente  enumera, che  contraddicono  all'ipotesi  della  rigenerazione  col- 
laterale; tra  gli  altri  il  fatto  che  rami  di  una  stessa  fibra  offrono  differenti  modalità 
di  terminazione,  che  le  fibre  descrivono  giri  troppo  complicati  che  sarebbero  incom- 
prensibili nel  caso  si  dovesse  trattare  di  rigenerazione;  cosi  non  si  potrebbe  com- 
prendere cosa  facciano  i  brevi  prolungamenti  che  terminano  a  mazza  sulla  cellula 
Kteeàsa  ecc. 

L'A.  ammette  che  alcune  cellule  nervose  rimangano  nel  ganglio  nello  stato  em- 
brionale pronte  a  sostituire  quelle  che  soccombessero. 

Infine  l'A.  trat{a  delle  fibre  che  entrano  nel  ganglio  e  vi  terminano  :  sono  queste 
a)  fibre  simpatiche  che  entrano  nel  ganglio  formando  attorno  alle  cellule  finissime 
delicate  reti;  b)  fibre  sottili  amieliniche  che  terminano  nel  ganglio  arborizzandosi, 
dopo-  averlo  attraversato  in  ogni  direzione,  in  ramuscoli  terminati  da  piastrine,  da 
espansioni  fogliformi:  queste  fibre,  d'origine  non  nota,  non  sono  ad  ogni  modo,  se- 
condo l'A.,  di  natura  simpatica;  e)  fibre  sottili  amieliniche  che  entrano  nel  ganglio, 
vi  si  suddividono  terminando  nei  setti  connettivali  in  più  rami  con  rigonfiamenti  al- 
l'estremità. 

Per  queste  fibre  l'A.  affaccia  Tipotesi  che  possano  essere  di  origine  cerebro-spinale 
e  crede  di  poter  estendere  questa  ipotesi  alle  fibre  della  categoria  6). 

Il  lavoro  di  Dogiel,  corredato  da  varie  tavole  con  belle  figure  e  da  figure  sche- 
matiche nel  testo,  porta  un  contributo  notevole  alle  varie  questioni  che  attorno  ai 
gangli  spinali  sono  ancora  sul  tappeto,  contributo  tanto  più  notevole  perchè  ottenuto 
con  un  metodo  che  va  esente  da  alcune  critiche  che,  in  misura  forse  esagerata,  pos- 
tino essere  rivolte  ai  metodi  di  precipitazione.  0.  Rom, 
• 

2.  M,  Bieisohow^sky,  Ueber  den  Bau  der  Spinalganglien  iinter  normaìen  und 
pathologischen  Verhcilfnisfien,  —  «  Journal  fur  Psychologie  und  Neurologie  », 
Bd.  XI,  H.  4-5. 

L'A.  ha  ripreso  in  esame  la  questione  della  struttura  dei  gangli  spinali  umani 
in  condizioni  normali  e  patologiche  servendosi  del  suo  metodo  al  nitrato  d'argento. 

La  prima  parte  è  appunto  destinata  alla  descrizione  dei  tipi  cellulari  che  nor- 
malmente si  incontrano:  lunga  e  dettagliata,  corredata  da  numerose  figure  questa 
parte  male  si  presta,  per  la  sua  indole  analitica,  ad  un  riassunto.  Per  le  quistioni 
che  furono  più  di  recente  agitate  o  che  sono  ancora  sul  tappeto  noteremo  che  1'  A. 
concorda  con  uno  di  noi  (Rossi)  nel  ritenere  quel  tipo  cellulare  cui  Cajal  diede  il 
nome  di  desgarrado  come  non  affatto  proprio  della  senilità:  cellule  di  questo  tipo  si 
trovano  anche  in  individui  giovani. 

Anche  per  ciò  che  riguarda  le  fibre  amieliniche,  comprese  quelle  terminate  da 
rigonfiamenti  a  pallottola,  l'A.  crede  che  siano  apparenze  che  si  presentano  anche 
nel  normale:  nella  sua  fig.  4  è  rappresentato  appunto  un  gaglio  normale  con  un  ci- 
lindrasse fornito  di  ramificazioni  terminate  a  palla. 

Degno  di  nota  il  fatto  che  Bielschowsky  dice  di  esser  riuscito  a  vedere  come 
anche  le  fibrille  più  sottili  che  formano  i  nidi  di  Dogiel  partano  da  fibre  mieliniche: 
il  che  in  realtà,  se  l'A.  tedesco  vuole,  riferirsi  ai  veri  nidi  di  Dogiel,  eragià  noto. 

Le  apparenze  descritte  da  Nageotte  e  da  Mar  in  esco  come  caratteristiche  della 
tabe  vengono  dall' A.  considerate  come  per  nulla  affatto  caratteristiche:  si  tratta,  egli 


i04  Hiristu  di  Patolo(/ia  nerrnsa  v  ìnenlalf 

dice,  di  una  diffusa  forma  di  distruzione  che  compare  in  processi  di  varia  natura: 
accetta  il  concetto  della  rigenerazione  collaterale,  ma,  al  contrario  di  Nageotte,  crede 
che  si  possano  trovare  fibre  neof ormate  anche  nella  direzione  del  nervo  periferico: 
in  uno  dei  miei  lavori  sulla  morfologia  dei  gangli  spinali  io  ho  pure  disegnato  dello 
fibre  terminate  da  boia  che  si  dirigevano  non  verso  il  midollo  sibbene  verso  l'interno 
del  ganglio. 

Circa  il  destino  di  queste  fibre  neoformate,  Bielschowskv  crede  che  possano 
arrivare  fino  al  midollo:  non  ha  però  sorpreso  una  continuazione  di  una  fibra  gan- 
gliare fino  nel  midollo  e  le  forme  cui  egli  interpreta  come  rigenerative  nei  cordoni 
posteriori  potrebbero  essere  anche  di  altra  origine,  data  la  presenza  in  questi  di  film* 
endogene. 

L'A.  descrive  poi  apparenze  simili  trovate  in  casi  di  polineurite  alcoolica:  di 
mielomalacia  etc.  Per  ciò  che  riguarda  il  meccanismo  della  supposta  rigenerazio- 
ne TA.  esprime  un'opinione  che  nelle  sue  linee  generali  concorda  con  quella  assai 
nota  di  Cajal  circa  l'origine  del  tv^o  dengar rado:  la  rigenerazione  sarebbe  un  fatto 
concomitante  d'una  necrobiosi  della  cellula  nervosa. 

O,  JiosAÌ. 

Fisiologia. 

H.  A.  Bethe,  J^^ùì  nener  Beweis  fiir  die  lei  fende  Fnnkfion  der  Neurofihri  lieti, 
nehst  Bemerkunfjen  iiher  die  lieilexzeifj  Hemnmngs^eit  und  Latenzzeif  dea 
Miislels  heim  Blntegeh  —  «  Archiv  fiir  die  gesammte  Physiologie  >,  Bd.  122, 1^H>8. 

Negli  animali  che  mancano  di  uno  scheletro  interno  od  esterni»  (vermi,  molluschi) 
si  possono  avere  in  condizioni  fisiologiche  delle  variazioni  considerevolissime  nella  lun- 
ghezza dei  nervi  a  seconda  dello  stato  di  retrazione  o  di  distensione  del  corpo  o  «ìi 
parti  di  esso.  Una  sanguisuga,  ad  esempio,  può  ridursi  ad  un  terzo  di  lunghezza,  e 
la  catena  gangliare  presenta  in  essa  una  retrazione  analoga.  La  retrazione  non  deter- 
mina una  flessuosità  delle  fibre;  queste  rimangono  diritte,  ma  si  ingrossano.  Le  neu- 
rofibrille  invece,  diritte  quando  la  fibra  è  estesa,  diventano  tanto  più  flessuose  quanto 
più  la  fibra  è  retratta.  Nei  cilindrassi  vi  è  dunque  una  parte  che  si  comporta  ctuiu- 
un  liquido  chiuso  in  un  tubo  elastico,  la  sostanza  perifi  brillare,  ed  una  parte  rei  si- 
ti vamente  consistente,  che  non  presenta  variazioni   di  lunghezza. 

Se  la  sostanza  perifibrillare  fosse  l'elemento  conducente,  il  tempo  di  trasmissione 
di  uno  stimolo  dovrebbe  allungarsi  o  abbreviarsi  in  ragione  dello  stato  di  distensione 
o  di  retrazione  delle  fibre  nervose:  se  invece  la  conduzione  avvenisse  per  opera  delle 
neurofibrille,  il  tempo  di  trasmissione  dovrebbe  essere  costante. 

JenkinseCarlson  hanno  già  tentato  di  decidere  sperimentalmente  la  questione. 
Kssi  lavorarono  sul  nervo  podale  àeWAnolimax  Columbianus  (un  mollusco)  e  sul  cor- 
done ventrale  della  Bispira  pohjmorpha  (un  verme).  Nel  primo  esperimento  si  eb- 
bero cifre  molto  oscillanti,  ma  che  nelle  medie  deporrebbero  nel  senso  che  la  condu- 
zione sia  devoluta  al  plasma  della  fibra.  Negli  esperimenti  sulla  Bispira  il  tempo 
di  trasmissione  fu  sempre  più  lungo  nell'animale  disteso  che  nel  retratto,  ma  rimase 
sempre  alquanto  inferiore  al  valore  teoricamente  calcolabile. 

Bethe  ha  ripreso  queste  esperienze  sulla  sanguisuga,  avendo  cura  di  evitare  le 
cause  di  errore  che  dipendono  da  una  dissezione  dell'animale  o  da  un'eccessiva  disteii- 
si(me.  L'animale  veniva  fissato  a  livello  dell'utero  con  due  spilli  che  servivano  nmlu' 
da  reofori  eccitatori;  la  j)arte  anteriore  dell'animale,  più  corta,  serviva  come  (irsTuno 


Fi  si  (il  Off  ia  UV^ 

di  i^ejjnalazione  :  la  parte  posteriore,  più  lunga  e  abbandonata  a  lìberi  movimenti  di 
retrazione  o  di  allungamento,  veniva  eccitata  nella  estremità  caudale.  Dalla  difTerenza 
dei  due  tempi  di  trasmissione  del  riflesso  destato  dairestreraità  caudale  o  dal  punto 
lisso,  si  desume  la  durata  della  trasmissione  nel  tratto  posteriore.  La  maggior  parte 
delle  prove  vennero  fatte  sotto  una  leggera  narcosi  da  alcool. 

Alcune  prove  preliminari  furono  dirette  a  determinare  il  rapporto  tra  il  tempo 
di  latenza  ed  il  tono.  Ne  risultò  che  quando  la  parte  anteriore  dell'animale  è  allun- 
gata il  tempo  di  latenza  è  maggiore  che  quando  è  raccotciata  :  lo  stimolo  veniva  ap- 
plicata! in  questi  casi  al  punto  immobilizzato,  intermedio  tra  la  parte  anteriore  e  la 
posteriore.  Anche  i  preparati  di  muscolo  possono  presentare  spontaneamente  lunghezze 
variabili,  e  gli  esperimenti  su  questi  preparati  mostrarono  che  il  tenijK)  di  latenza 
muscolare  è  parimente  più  lungo  quando  il  tono  è  meno  accentuato.  Quando  Vani- 
male  è  contratto,  uno  stimolo  debole  può  determinare  una  inibizione  del  tòno,  e  perciò 
nn  rilasciamento  anziché  una  contrazione.  La  latenza  deireifetto  inibitore  è  assai  più 
lunga  della  latenza  della  contrazione  riflessa. 

Le  determinazioni  del  tempo  di  trasmissione  in  diversi  stati  di  retrazione  «kl- 
Vanimale  dimostrarono  che  questo  tempo  si  mantiene  sensibilmente  costante.  Le  lievi 
dift'erenze  sono  più  che  altro  da  mettere  in  rapporto  con  le  variazioni  del  tono  della 
parte  anteriore  deiranimale.  Soltanto  se  l'animale  viene  stirato  al  di  là  del  limite 
ti-siologico  si  ha  un  allungamento  del  tempo  di  trasmissione.  La  conclusione  è  perciò 
nel  senso  che  le  neurofìbrille  sono  l'organo  della  conduzione,  il  che  peraltro  non  vuol 
dir»*  i*he  il  processo  di  conduzione  si  compia  nelle  neurofibrille  senza  alcuna  coopera- 
zion»'  di  altri  elementi  del  nervo  fuori  di  esse. 

Queste  esperienze  non  vanno  esenti  da  obiezioni.  La  più  importante  è  questa  :  benclic 
nella  catena  ventrale  passino  anche  fibre  lunghe,  non  è  dimostrato  che  a  queste  sia 
dovuta  la  trasmissione  del  riflesso  che  serve  come  segnalatore  della  trasmissione.  Può 
darsi  che  gli  stim<di  attraversino  ogni  ganglio  della  catena  negli  elementi  propri  e 
che  (juindi  subiscano  un  ritardo  ad  ogni  ganglio.  Il  tempo  perduto  in  questi  passaggi 
potrebbe  essere  così  cospicuo  di  fronte  al  tempo  totale  di  trasmissione  da  mascherare 
le  piccole  variazioni  dovute  alla  distensione  dei  conduttori. 

Bethe  non  si  dissimula  questa  obiezione,  benché  egli  ritenga  estremamente  in- 
verosimile un  tal  modo  di  trasmissione,  e  la  aflronta  ricercando  il  tempo  di  latenza 
del  riflesso  nel  solo  ganglio.  Dalla  discussione  dei  risultati  delle  esperienze  non  resta 
escluso  che  nei  gangli  non  avvenga  alcun  ritardo  e  che  questi  si  contengano  come 
puri  conduttori  per  ragione  della  continuità  neurofibrillare  tra  vie  ricettrici  e  vie  mo- 
trici: in  ogni  caso  il  tempo  del  riflesso  nel  ganglio  non  può  essere  maggiore  di  0,008 
di  secondo. 

Essendovi  tra  il  punto  dell'eccitamento  e  il  punto  di  origine  del  riflesso  segna- 
lato 11  o  12  gangli,  il  tempo  perduto  in  essi  dovrebbe  ammontare  a  0,038  o  0,08() 
di  secondo.  Il  tempo  impiegato  nella  trasmissione  essendo  l'animale  retratto  fu  in 
un'esperienza  di  0,22,  di  questo  tempo  0,03(5  sarebbe  impiegato  nei  gangli  e  0,1  s-l 
nelle  comraissure  longitudinali.  Ora,  allungandosi  l'animale  del  doppio,  quest'  ultimo 
tempo  dovrebbe  essere  duplicato  e  si  dovrebbe  avere  perciò  un  tempo  totale  di  0,401. 
Invece,  i  valori  trovati  non  stanno  per  niente  al  disopra  del  primo  valore  di  0,22. 

Io  credo  che  si  potrebbe  sollevare  ancora  un  dubbio:  la  reazione  provocata  nella 
parte  cefalica  da  uno  stimolo  caudale  si  può  considerare  come  data  da  un  riflesso 
unici)  che  si  propaga  lungo  la  catena  per  mezzo  di  vie  lunghe  o  di  vie  brevi,  o  non 
è  piuttosto  il  termine  di  una  serie  di  riflessi  segmentali  che  si  propagano  con  un 
meccanismo  non  esclusivamente  centrale  servendo  la  ctmtrazione  locale  in  un  segmento 


4()-i  Rivista  di  Patoloffia  nervimi  e.  mentale- 

da  stimolo  provocatore  della  contrazione  riflessa  di  uno  o  più  segmenti  successivi? 
In  tal  caso  la  lunghezza  deirauimale  sarebbe  assai  minore  di  quella  delle  vie  percorre 
e  il  tempo  di  latenza  muscolare  entrerebbe  più  volte  nel  tempo  totale.  La  mat^triure 
complessità  delle  condizioni  deiresperimjento  ne  renderebbero  assai  meno  significante 
il  resultato. 

Per  quanto  questa  ipotesi  possa  sembrare  arrischiata,  essa  non  può  essere  esilu^a. 
E  per  conseguenza  è  desiderabile  che  nuove  esperienze  sul  tipo  di  queste  di  Bethe 
vengano  ripetute  su  altro  «materiale,  che  possa  offrire  lunghi  tratti  di  puro  nervo 
senza  intercalazione  di  gangli.  Ad  ogni  modo  i  risultati  delle  esperienze  di  Bethti 
se  non  costituiscono  una  dimostrazione  assoluta  e  rigorosa  foniiscono  un  iuip«»rtaiìte 
indizio  in  favore  della  funzione  conducente  delle  neurofibrille.  Lugmo. 

4.  L».  Robinovitch,  Methods  of  resuscitating  electrocuted  animaìs,  ecc.  (Seetmd 

p reìim inary  co mm unicaiion ). 
r».  L.   Robinovitoh,    General  and  celebrai  f)lood  pressure  during   un   nttark 

of  electric  epilepsy, 
H,  L.  Robinovitoh,  Electric  anesthesiat  ecc. 
7.  L.  Robinovitoh,  Methods  of  resuscitating  animala  in  a  condition  of  respi- 

ratory  and  cardiac  ayncope  caused  hy  chloroform.  —  «  The  .Tournal  of  men- 

tal  PathologA'  »,  voi.  Vili,  n.  8. 

L'A.  riprende  e  continua  una  serie  di  esperienze  delle  quali  è  già  stata  data  rela- 
zione (v.  4c  Riv.  di  Patol.  nerv.  e  ment.  »,  voi.  XIII,  fase.  3,  pag.  136).  Per  tali  es>pe- 
rienze  era  stabilita  la  possibilità  di  richiamare  in  vita,  per  mezzo  di  eccitaziiuìi 
elettriche  ritmiche  applicate  alla  fronte  e  alla  estremità  della  spina,  animali  in 
istato  di  paralisi  respiratoria  e  cardiaca  dovuta  a  elettresecuzione.  Nei  nuovi  lavori 
PA.  propone  modificazioni  di  tecnica  e  amplifica  il  campo  di  applicazione.  Riguardo 
alla  tecnica,  dopo  aver  stabilito  col  mezzo  di  confronti  che  la  corrente  più  adatta 
allo  scopo  è  quella  data  da  un  apparecchio  Leduc,  propone  che  lasciando  Panode 
alP  estremità  della  spina,  il  catode  venga  applicato  alla  sommità  della  schiena  inve<»e 
che  alla  fronte,  cambiamento  che,  escludendo  dal  circuito  il  cervello  ed  il  bulbo, 
evita  P anemia  centrale  e  lo  shock  bulbare  talora  fatali,  e  che,  permettendo  Pappli- 
cazione  di  correnti  a  potenziale  più  elevato,  induce  dei  movimenti  respiratori  astai 
più  ampi.  Tali  eccitazioni  ritmiche  (ripetute  ogni  2-3  secondi  per  la  durata  di  un 
secondo)  possono  richiamare  in  vita  animali  in  paralisi  (o  paresi  come  obbietta  al- 
l'A.  il  Battelli)  respiratoria  e  cardiaca  dovuta  tanto  ad  applicazioni  elettriche,  come 
ad  avvelenamento  per  cloroformio,  nel  qual  ultimo  caso  le  eccitazioni  debbono  avere 
un  potenziale  gradualmente  crescente,  le  respirazioni  spontanee  presentandtisi  solo 
dopo  10-20  eccitazioni.  Il  comprendere  nel  circuito  la  testa  dell'animale  clor(»f<»r- 
mizzato  può  affrettarne  il  ritorno  in  vita,  ma  può  anche  riescir  fatale,  come  riesc»' 
in  ogni  caso  fatale  (in  animali  cloroformizzati  o  elettresecuti)  il  sovrapporsi  di  un 
movimento  respiratorio  provocato  dalla  corrente  col  primo  movimento  spontan^fo. 
Come  aveva  già  segnalato  la  possibilità  di  un  vantaggio  pratico  in  casi  di  fortuita 
elettrizzazione,  crede  TA.  alla  possibilità  di  vantaggio  pratico  in  caso  di  spiacevoli 
incidenti  durante  la  cloroformizzazione  a  scopo  chirurgico. 

Se  invece  di  seguire  la  tecnica  suaccennata  si  applica  il  catode  alla  fronte, 
rimanendo  Panode  alla  estremiti  della  spina  e  si  eleva  il  potenziale  a  ho  rolts  \*eT 
ì  conigli,  110  volts  per  i  cani,  si  provoca  una  epilessia  elettrica,  la  cui  fase  tonica 
si   inizift    appena    chiuso   il   circuito,    mentre  P  aumento   della   pressione    sanguigiiJi 


Fisiologia  Unì 

tarda  qualche  secondo  ad  iniziarsi,  e  aumenta,  giunge  al  massimo,  decresce  e  cessa 
parallelamente  allo  svolgersi  della  fase  clonica.  Anche  i  vasi  cerebrali  appaiono  più 
coloriti  e  dilatati,  e  proporzionalmente  la  massa  cerebrale  aumenta  di  volume  fino 
a  far  ernia  fuori  dall'apertura  praticata  nella  scatola  cranica,  al  momento  massimo 
della  fase  clonica. 

Invece  correnti  di  10-15  volts  provocano  una  anestesia  di  cui  si  può  servirsi  in 
laboratorio:  anestesia  che  senza  modificare  la  pressione,  la  respirazione  e  la  tempe- 
ratura dell'animale  da  esperimento,  senza  dar  luogo  a  complicanze  post-operatorie, 
permette  operazioni  gravissime,  come  l'apertura  della  scatola  cranica,  scoprimento 
della  carotide  o  del  vago,  laparatomìa  ecc:  e  le  operazioni  possono  prolungarsi  per 
più  di  8  ore,  mentre  la  narcosi  cloroformica  è  pericolosa  già  oltre  2  ore.  Tal  ane- 
stesia, che  può  essere  anche  locale  o  regionale,  può  sostituire  le  già  usate,  provocando 
sulle  mani  dell'operatore  che  debbon  esser  nel  circuito  un'  impressione  trascurabile. 
Calcolando  che  per  una  anestesia  centrale  completa  di  un  uomo  sarebbero  necessarie 
correnti  di  50-80  volts,  l'operatore  avendo  sotto  i  piedi  uno  strato  isolante,  e  in 
certi  casi  anche  guanti  di  gomma,  pone  la  questione  se  tale  anestesia  possa  sosti- 
tuire, in  chirurgia,  la  cloroformica.  Promette  di  tornare  sulla  «juestione  e  di  riferire 
in  seguito  i  risultati  dei  suoi  esperimenti  in  avvelenamenti  per  morfina,  ioscina,  ecc., 
esperimenti  che  ha  già  iniziato  con  esito  soddisfacente. 

Turchi. 


8.  Z.  Bychcwsld,  Meflexstudien.  L  Ueher  das  Verhalten  einiger  Haut  und  Seh- 
nenrefiexe  bei  Kindern  im  Laufc  des  ersten  Lebensjahres  {mit  1  Ahh.).  — 
«Deutsche  Zeitschrift  fur  Nervenheilkunde »,  Bd.  34,  H.  2,  1908. 

Da  un  punto  di  vista  teorico  i  riflessi  tendinei  e  cutanei  si  possono  considerare 
come  movimenti  volontari  divenuti  automatici  nel  corso  della  filogenesi  (Wundt); 
e,  poiché  tali  moAÙmen ti  hanno  perduto  il  loro  primitivo  scopo  di  difesa  e  di  o^'esa, 
si  può  attribuire  ai  riflessi  il  valore  di  «funzioni  rudimentali»  (Strttmp  .).  8 
tali  concetti  sono  giusti,  è  lecito  supporre  che  i  diversi  riflessi  tendinei  e  cutanei 
non  si  siano  costituiti  contemporaneamente  ed  abbiano  una  diversa  dignità  filogene- 
tica, poiché  niente  lascia  credere  che  le  circostanze  grazie  alle  quali  si  svilupparono 
p.  es.  il  riflesso  patellare  e  quello  del  tendine  di  Achille  si  siano  verificate  nello 
stesso  tempo. 

Sorge  quindi  la  domanda  se  anche  ai  riflessi  non  sia  applicabile  la  legge  bio- 
genetica generale  che  si  è  dimostrata  giusta  non  solo  per  i  fatti  morfologici  ma  anche 
per  quelli  energetici  :  se  i  riflessi  A^  B.  C  non  si  sono  sviluppati  e  non  sono  dive- 
nuti automatici  contemporaneamente,  anche  la  loro  ontogenesi  deve  essere  cronologi- 
camente diversa.  Da  un  punto  di  vista  pr^ico  ci  si  presenta  dunque  il  seguente  que- 
siti: come  si  comportano  nel  neonato  e  nei  primi  mesi  della  vita  quei  riflessi  che 
sono  costanti  nell'adulto;  in  altre  parole,  il  neonato  possiede  già  tutti  questi  riflessi 
e,  se  ciò  non  è,  esiste  nella  loro  comparsa  una  certa  regolarità? 

Neil'  intento  di  rispondere  a  tale  quesito  l'A.  ha  studiato  il  comportamento  dei 
riflessi  meglio  conosciuti  in  un  gran  numero  di  bambini,  limitando  per  ora  le  sue 
ricerche  al  riflesso  patellare,  a  quello  del  tendine  di  Achille,  ai  riflessi  addominali, 
superiore  ed  inferiore  e,  in  qualche  caso,  ai  riflessi  cremasterici  :  i  risultati  ottenuti 
coincidono  con  le  presunzioni  teoriche  sopra  accennate. 

Mentre  il  riflesso  patellare  è  costante  nei  bambini  fin  dalla  nascita,  e  si  distingue 
per  la  sua  grande  vivacità,  quello  del  tendine  di  Achille  invece  manca  in  quasi  tutti 

30 


M'ìij  Hicisla  di  Paloloijia  nerntsa  e  mentale 

i  neonati,  è  raro  nei  primi  sei  mesi  di  vita  e  solo  in  epoche  successive  si  osserva  con 
più  frequenza,  fino  a  divenire  costante  verso  il   principio  del  secondo  anno  di  età. 

Riguardo  ai  riflessi  cutanei  TA.  ha  osservato  che  i  riflessi  addominali  non  esi- 
stono nel  neonato  e  non  compaiono,  quello  superiore  e  quello  inferiore,  contempora- 
neamente, ciò  che  depone  per  una  certa  indipendenza  di  questi  riflessi;  il  riflesso 
cremasterìco,  che  fu  esaminato  solo  in  pochi  casi,  era  sempre  presente  e  assai  vivace 
doDo  il  quarto  mese  di  età. 

Avendo  studiato  il  comportamento  del  riflesso  patellare  e  di  quello  del  tendine 

di  Achille  in  alcuni  animali  (coniglio,  gatto,  cane)  TA.  ha  trovato  che  il  primo  si 

provoca  in  essi  sempre  con  facilità  ed  è  molto  vivace,,  mentre  il  secondo  non  si  pnv 

voea  affatto. 

Zaìia, 


\K  S.  Tohirlev,  Le  siège  des  processus  psichiques  conscients  chez  Jes  animanr. 
—  4c  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  1,  1908. 

L'A.  discute  sulla  natura  dei  processi  psichici  e  dei  processi  fisiologici  dell' or- 
ganismo animale,  esamina  quali  sono  le  reazioni  che  appartengono  agli  uni  e  qu»li 
agli  altri,  le  loro  qualità  caratteristiche  e  le  relazioni  tra  di  loro  esistenti. 

Intende  con  questo  studio  di  detenni nare  con  metodi  sperimentali  ove  siauu  lo- 
calizzate le  regioni  il  cui  stato  di  funzionalità  perfetta  è  necessario  ed  indispensabile 
allo  svolgersi  di  un'attività  psicologica  completa,  all'esistenza  cioè  della  coscienza. 
Dopo  aver  citato  e  commentato  le  teorie  anatomiche,  fisiologiche  e  filosofiche  di  molti 
autori  da  Descartes,  Beucke,  Flechsig,  Prat,  Prodan  ecc.,  conclude  manifestandt» 
la  convinzione  che  la  coscienza  non  possa  essere  localizzata  in  tutti  i  centri  corticali,  ina 
che  sia  invece  localizzata  in  qualche  regione  impari  dell' encefalo  che  abhia  rapporti 
con  tutti  i  centri  della  corteccia.  Descrive  la  lunga  serie  di  indagini  e  le  esperienze 
praticate  distruggendo  con  una  sonda  di  speciale  struttura  il  fornice  o  le  regioni 
adiacenti  in  animali  di  specie  diversa,  espone  i  risultati  ottenuti;  viene  alle  se- 
guenti conclusioni: 

Tutte  le  funzioni  psichiche  dell'uomo  e  degli  animali  si  dividono  in  coscienti 
ed  incoscienti  ;  le  funzioni  psichiche  incoscienti  hanno  sede  nella  corteccia  cerebrale, 
le  coscienti  hanno  sede  nel  fornice  e  nel  V  ventricolo,  l'organo  della  coscienza  è  dun- 
que —  secondo  TA.  —  localizzato  nel  fornice  e  nel  V  ventricolo.  Se  si  distraggono  da 
un  lato  le  vie  posteriori,  laterali,  ed  inferiori  che  uniscono  il  fornice  coi  centri  cor- 
ticali dell'emisfero  corrispondente,  i  processi  psichici  inconscientì,  che  sono  eccitati 
in  questi  centri  corticali  dagli  organi  dei  sensi  del  lato  opposto,  non  arrivano  all'or- 
gano della  coscienza  e  non  sono  quindi  coscientemente  percepiti.  Quando  invece  si 
arriva  a  distruggere  il  fornice  stesso,  l'animale  ha  una  perdita  assoluta  della  coscienza 
e  resta  in  stato  di  incoscienza  assoluta. 

Sandri^ 


10.  M.  Philippson,  Note  sur  le  temps  de  ìatence  du  ré  fiere  rotulien  du  chien,  — 
«  Travaux  du  laboratoire  de  physiologie  Institut  Solvay  »,  tome  Vili,  fase.  2. 

Accennato  alla  questione  riguardo  alla  natura  del    fenomeno    rotuleo,  descritta 
la  tecnica,  tenendo  conto  delle  possibili  cause  d'errore  l'A.  stabilisce: 

ri)  il  tempo  di  latenza  nei  due  cani  normali  esaminati  è   rispettivamente  di 
4o,(>  e  45,7  millesimi  di  secondo; 


Fisiologia  M)l 


h)  degli  stessi  cani  operati  di  sezione  del  midollo  il  P  offriva  un  tempo  di 
iiza  di  43  millesimi  mentre  il  2^  presentò  una  estensione  tonica  degli  arti  che 
chorava  i  riflessi; 

e)  l'anestesia  porta  una  modificazione  nel  tempo  di  latenza  variabile  a  seconda 
periodo  cui  è  spinta  e  precisamente:  l'anestesia  cerebrale  abbrevia  il  tempo  la- 
0,  la  midollare  lo  prolunga,  mentre  il  risveglio  abbrevia  il  tempo  prolungato 
a  anestesia  midollare; 

d)  stancato  il  cane,  il  tempo  di  latenza  immediatamente  dopo  la  faticn  è 
a  12  millesimi  piii  breve  che  dopo  il  riposo; 

e)  il  tempo  di  latenza  del  riflesso  crociato   in   un   cane   con    emisezione  del 
olio  è  di  circa  5  millesimi,  tempo  assai  lungo  dovuto  a  modificazione  dell' atti- 
autonoma  dei  centri. 

Da  ciò  deduce:  l'^)  l'encefalo  esercita  una  azione  inibitrice  sul  midollo  come 
ih  la  diminuizione  del  tempo  di  latenza  consecutiva  all' emisezione  midollare,  e 
anestesia;  2^)  poiché  dopo  un  riposo  di  qualche  minuto  fra  due  serie  di  esperienze 
iota  un  prolungamento  del  tempo  di  latenza,  è  evidente  una  fatica  dei  centri  mi- 
ari  che  si  manifesta  solo  dopo  che  si  è  cessato  di  tener  desta  con  eccitazioni 
tute  l'attività  dell'asse  nerA^oso;  3")  il  ritardo  alla  trasmissione  del  riflesso  cn»- 
0  proviene  da  alterazioni  istologiche  post- operatorie. 

In  base  ai  fatti  osservati  ed  alle  deduzioni  che  essi  autorizzano,  conclude  per  la 
ira  veramente  riflessa  del  fenomeno  del  ginocchio.  Turchi. 

Patologia  sperimentale. 

O.  Reichlìn,  Ui  un  reperto  negativo  di  infiltrazione  penvascolare  nel  sistema 
nervoso  centrale  di  coìtigli  alcoolizzati,  —  «  Rivista  sperimentale  di  Frenia- 
tria »,  voi.  XXXIV,  fase.  I-II. 

Or.  Montesano,  Sul  reperto  di  plasmatociti  nei  centri  nervosi  di  cofiigli  in- 
tossicati con  V alcool.  —  «Rivista  sperimentale  di  Freniatria»,  voi.  XXXIV; 
fase.  I-II. 

L'origine  e  il  significato  delle  Plasmazellen  hanno  suscitato  tra  gli  studiosi 
'anatomia  patologica,  in  ispecie  del  sistema  nervoso,  un  grande  interesse  e  ne 
110  testimonianza  i  lavori  che  su  questo  argomento  si  succedono. 

Montesano  in  un  lavoro  apparso  l'anno  scorso  (Centralblatt  fiir  Nervenheilk.  und 
chiatrie)  e  già  riassunto  in  altro  fascicolo  di  questa  Rivista,  faceva  conoscere  di 
re  riuscito  a  provocare  nel  tessuto  nervoso  delle  infiltrazioni  perivasali  di  Pla- 
izellen,  intossicando  con  l'alcool  dei  conigli. 

Reichlin  ha  ripreso  in  esame  la  questione  somministrando  ai  conigli  delle  quan- 

grandi  di  alcool  etilico  (fino  a  1003  gr.  in  tre  mesi):  ma  i  suoi  reperti  istologici 
mo,  per  ciò  che  riguarda  la  presenza  di  Plasmazelleny  del  tutto  negativi  e  quindi 
iperta  contraddizione  con  quelli  di  Montesano  il  quale  risponde  al  Reichlin 
ana  breve  nota  pubblicata  nello  stesso  fascicolo  della  Rivista  sperimentale  di  Fra- 
tria. 

Fa  anzitutto  notare  come  egli  non  avesse  col  suo  lavoro  per  nulla  espressa  l' in- 
done  di  trasportare  i  dati  della  patologia  sperimentale  in  quella  umana  :  riconosce 

in  alcuni  animali  alcoolizzati  non  si  trovano  Plasmazellen  ed  al  proposito  ri- 
la  come  nel  suo  lavoro  ponesse  egli  stesso  il  problema  se  a  produrre  la  formazione 
luesti  elementi  non  interveniss^ero  altri  fattori  (sondaggio  il  malattie  intercorrenti): 


H)H  Rivisla  di  PatoloffUi  nervosa  e  mentale      " —     — ^    ^ 

[MT  lo  studio  di  questo  quesito  ha  in  corso  altre  esperienze,  delle  quali  per  ora  nuu 
può  riferire,  ma  che  lo  autorizzano  a  confermare  come  in  alcuni  conitfli  intiJhJ'irati 
con  l'alcool  compaiano  Plasmazellen.  Affaccia  la  possibilità  che  il  reperto  sia  netjativo 
in  casi  di  animali  che  hanno  ingerita  poco  a  poco  una  notevole  quantità  di  uhn^n], 
per  una  specie  di  abitudine  dell'animale  alla  sostanza. 

Il  Rei  chi  in  cercando  quali  cause  possano  avere  dato  a  lui  risultato  diametral- 
mente opposto  a  quello  di  Montesano,  non  rileva  come  questi  sommi nistrnss*-  m\ 
un  gruppo  dei  suoi  conigli  insieme  all'alcool  dell'adrenalina  (dei  4  conigli  dei  quali 
è  riferita  la  necroscopia  e  l'esame  istologico  8,  i  n.  8-5-25,  avevano  avuto  rispt-ttiva- 
nientt*  57-184-48  goccie  di  adrenalina).  Ora  è  cosa  nota  soprattutto  per  il  lavoro  di 
8hima  (Wirkung  des  Adrenalin  auf  das  Zentralnerrensystem  —  Obersteiner's  Ar- 
beiten  Bd.  XIV  —  8.  492)  che  questa  sostanza  può  provocare  la  presenza  di  Plnsuni- 
zeìlen  nel  sistema  nervoso  centrale  dei  conigli. 

Ed  ora  due  parole  per  un  periodo  del  Montesano  che  più  specialmente  si  rife- 
risce allo  scrivente. 

Polemizzando  col  Rei  chi  in  circa  il  significato  delle  PI  a  sw  aze  ì  1  en  ei^lì  acciden- 
talmente dice  che  lo  scrivente  «  pare  voglia  concludere  che  per  la  formazione  di  veri 
e  propri  infiltrati  perivasali  sia  necessario  intervenga  uno  stinudo  flogogeno  speeitico 
e  specialmente  attivo,  per  averli  ottenuti  spappolando  il  tessuto  nerv«»so  con  inie- 
zioni a  tutto  spessore  nella  massa  cerebrale  (5-6  cm'  per  iniezione  in  cani  di  5-ti  Kg.)». 

L'interpretazione  che  il  Montesano  dà  dei  miei  reperti  è  tutta  sua  personale  e  la 
forma  dubitativa  colla  quale  egli  l'ha  formulata  —  si  limita  infatti  a  scrivere  elie 
«  sembra  che  io  voglia  credere»  —  forse  è  l'espressione  del  dubbio  che  ess*»  aveva  di 
rettamente  tradurre  il  mio  pensiero.  Nel  mio  lavoro  sopra  le  lesioni  provocate  dai 
sieri  neurotossici  mi  sono  limitato  a  descrivere  e  figurare  i  reperti  istologici  quali 
erano:  pure  avendo  fatto  notare  che  i  fatti  di  infiltrazione  mancavano  quando  si  pra- 
ticavano iniezioni  (eolla  stessa  tecnica  ed  a  dosi  più  elevate)  di  sieri  normali,  non 
ho  in  nessun  punto  del  mio  lavoro  ne  espresso  ne  sottinteso  il  c^»ncetto  che  per  la 
loro  formazione  fosse  necessario  l'intervento  di  un  agente  specifico:  che  anzi  >e  mi 
permisi  qualche  ipotesi  essa  fu  espressa  in  termini  ben  diversi.  A  pag,  28  del  mio 
lavoro  leggesi  :  «  questi  fatti  —  quelli  di  infiltrazione  —  possono  essere  interpretati 
anche  come  un  richiamo  di  leucociti  che  si  ha  ogni  volta  che  un  tessuto  viene  alte- 
r<it«>  da  sostanze  nocive  ». 

E  del  resto  una  conclusione  del  genere  di  quella  che  Montesano  è  in  for^'tli 
attribuirmi  non  mi  sarebbe  stata  permessa  dai  miei  stessi  reperti  ;  poiché  a  pai{.  2.S 
e  segg.  leggesi  come  fatti  d'infiltrazione  avessi  osservato  nelle  cavie  iniettate,  in 
peritoneo,  con  sostanza  nervosa  di  cane. 

E  per  quanto  riguarda  più  specialmente  le  Plasìnazeìlen  nel  mio  lavoro  è  detto 
che  ne   furono   sempre   trovate   in    numero   assai   scarso  —  in  alcuni  animali,  quelli 
trattati  con  siero  eteroneurotossico  mancavano  affatto,  eccetto  in  un  caso  nel  quale  si 
era  prodotta  un'emorragia  —  mentre  se  ne  trovano  pure  nelle  cavie  trattate  intrajK- 
ritouealmente  con  sostanza  nervosa  di  cane.  Inoltre  mi  preme  di  avvertire  che  i«»,  o<tlle 
mie  iniezioni,  non  ho  per  nulla   affatto   sjjappointo  il    tessuto  nervoso:  a  pag.  14  «• 
segg.  io,  e  forse  la  dimostrazione  era  superflua  dopo  le  esperienze  di  Del ez enne  ed      i 
Armand-Delille,  ho  messo  pure  in  chiaro  che  le  iniezioni  di  sieri  normali,  a  dose 
doppia  di  quella  usata  per  i  neurotossici,    non    producono,  quando  vengano  eseguite     f 
colla  tecnica  necessaria,  lesioni  gravi:  soltanto  qualche  volta  si  hanno  delle  piceole    j 
emorragie,  che  mancano  di  regola  quando  si  inietti  lo  siero  neurotossico,  appunta  [ht- 
chò  se  ne  uif-a  una  dose  più  ])icoola.  .  ' 


Paiolofjla  sperimeiìtale  409 


K  quanto  alla  dose  è  inesatta  la  aifermazioue  del  Mon tesano:  io  usai  in  un 
prinio  gruppo  di  esperienze  dosi  comprese  fra  0,18  e  0,80  cm.  di  siero  per  Kg.  d' ani- 
male, in  un  srecondo  di  dosi  varianti  tra  0,45  e  0,70  cm'':  in  un  terzo  di  0,60  — 
0,80  cm^.  Ed  il  quadro  anatomo-patologico  risultò  quale  io  lo  descrissi  anche  colle 
dojii  minori,  e  per  ciò  che  riguarda  i  fenomeni  clinici  essi  furono  imponenti  e  mor- 
tali anche  colle  dosi  medie. 

D'accordo  con  Montesano  che  in  patologia  sperimentale  s'impone  un  grande 
risorbo  nel  formulare  conclusioni  e  nel  costruire  ipotesi,  ho  scritto  queste  poche  righe 
perchè  le  mie  prudentissime  conclusioni  non  vengano,  involontariamente,  da  altri  esa- 
gerate o  male  interpretate.  O.  Romn. 

IH.  Q-.  D'Abiindo,  Dottrina  metamerica  e  rigenerazione  consecutira  alio  strappo 
contemporaneo  del  prolungamento  midollare  di  molteplici  gangli  interrer- 
tebrali  nei  primi  tempi  della  vita  extra-uterina.  —  «  Rivista  italiana  di  Neu- 
ropatologia, Psichiatria  ed  Elettroterapia  »,  voi.  I,  fase.  8. 

In  un  gattino  di  24  ore  l'A.  asportò  un  tratto  di  midollo  spinale,  corrispondente 
n  circa  10  vertebre,  traendolo  fuori  dal  tubo  durale  per  una  breccia  superiore,  fatta 
res^ecando  un  arco  vertebrale  e  aprendo  la  dura,  mentre  l'estremo  inferiore  veniva  se- 
zionato insinuando  un  coltellino  tra  gli  archi  vertebrali. 

Dopo  75  giorni  il  tratto  di  tubo  durale  compreso  tra  i  due  tagli  presentava  nel 
suo  intemo  «  una  rigenerazione  di  tessuto  nervoso  proveniente  da  parte  dei  prolun- 
gamenti midollari  di  tutti  i  gangli  intervertebrali,  verificandosi  la  divisione  a  T  colle 
due  branche  ascendenti  e  discendenti,  in  modo  da  rappresentare  il  tubo  durale  una 
pseudo-midolla  spinale  risultante  d'un  tronco  nervoso  formato  esclusivamente  dalla 
rigenerazione  dei  prolungamenti  midollari  intervertebrali  ». 

In  un  tratto  superiore,  del  quale  non  è  indicato  il  limite,  ricompare  la  sostanza  grigia 
spinale  e  progressivamente  si  ricompone  il  midollo.  Questo  punto  meriterebbe,  anche 
in  una  nota  preliminare,  maggiori  schiarimenti.  L'A.  promette  una  pubblicazione  più 
particolareggiata,  e  noi  l'attendiamo  con  vivo  interesse  per  apprendere  donde  e  come 
qu«*>ta  sostanza  grigia  si  rigeneri. 

Quanto  ai  tratti  radicolari,  che  l'A.  considera  come  prodotto  esclusivo  di  rige- 
nerazione, è  da  fare  qualche  riserva  in  riguardo  a  questa  loro  genesi.  Tirando  fuori 
dal  tubo  durale  per  un'  estremità  il  tratto  di  midollo  compreso  tra  i  due  tagli,  le  ra- 
dici pt)steriori  rimangono  strappate,  è  vero,  ma  nel  loro  punto  di  ingresso  nel  midollo. 
Tutto  il  tratto  intradurale  di  esse  rimane  dunque  al  suo  posto,  in  normale  connes- 
sione coi  relativi  gangli  spinali,  e  non  degenera,  e  deve  per  conseguenza  ritrovarsi 
intatto  anche  dopo  75  giorni.  Con  ciò  non  si  esclude  che  da  queste  radici  strappate 
possa  partirsi  un  processo  rigenerativo;  soltanto  le  esperienze  dell'A.  non  ce  ne  for- 
nisctmo  un  documento,  non  potendoci  dire  se  questo  processo  avviene,  né  quale  sia 
la  sua  intensità.  E  neppure  risulta  documentata  la  presunta  divisione  a  T  di  queste 
libre  rigenerate,  in  una  branca  ascendente  ed  una  discendente.  Una  tale  divisione,  se 
pure  fosse  avvenuta,  non  sarebbe  dimostrabile  in  modo  sicuro  con  la  tecnica  adope- 
rata (indurimento  in  liquido  di  Miiller  e  colorazione  —  a  quanto  pare  dalle  figure 
—  col  metodo  di  Weigert). 

L'A.  pone  in  rapporto  la  presunta  energicissima  rigenerazione  delle  radici  poste- 
ri«»ri  col  fatto,  da  me  dimostrato,  che  nelle  cellule  dei  gangli  spinali  in  seguito  al 
taglio  della  branca  centrale  del  loro  prolungamento  manca  del  tutto  la  reazione  di 
Nissl,  mentre  questa  si  osserva  spiccatissima  nelle  lesioni  dei  nervi  periferici  e  con- 


470  Rivista  di  Patologia  nervoui  e  mtntak 

duce  anche  alla  morte  ed  alla  scomparsa  di  pochi  o  molti  elementi.  Questa  interpre- 
tazione non  mi  sembra  accettabile:  se  essa  fosse  esatta,  nei  ner\i  periferici  il  proriN-jC» 
di  rigenerazione  dovrebbe  essere  debole  e  scarso;  ed  è  invece  il  piii  rij^oglioso  die  si 
conosca.  Io  ritenni  al  contrario  che  la  reazione  di  Nissl  stesse  ad  indicare  la  par- 
tecipazione attiva  del  centro  trofico  al  processo  di  rigenerazione,  e  che  la  sua  nuui- 
canzH  nelle  lesioni  del  prolungamento  centrale  accennasse  ad  un  minor  pot4.*re  ù^*-- 
nitivo  delle  radici  posteriori,  che  da  questo  punto  di  vista  si  comporterebbero  come 
le  libre  centrali  o  a  un  dipresso. 

Lìujaro, 

14.  A.  Perroncito,  Die   Jiegent*nitton  der  Xerren.  —  <^  Bcitràge   zur  patholovi- 
sche  Anatomie  und  zur  allgemeine  Pathologie  »,  Bii.  42,  1007. 

L'A.  considera  minutamente  tutte  le  varie  questioni  concernenti  la  rigenerazione 
dei  nervi  periferici,  sia  dal  punto  dì  vista  anatomico,  sia  da  quello  fisiologico,  della 
reintegrazione  funzionale. 

Tratta  anche  della  sensibilità  ricorrente.  I  dati  anatomici  sono  ottenuti  soprat- 
tutto con  Tapplicazione  del  metodo  di  Cajal  all'argento  ridotto;  di  essi  VA.  ha  fatto 
già  Tesposizione  in  varie  note  antecedenti. 

Xel  capo  centrale  di  un  nervo  tagliato,  la  comparsa  dei  fenomeni  rigenenitivi 
è  precocissima,  e  precede  nettamente  la  formazione  di  quelle  catene  cellulari  alle 
quali  i  fautori  della  rigenerazione  autogena  danno  tanta  importanza.  I  cilindrìissi 
neoformati,  anche  i  più  sottili,  sono  sin  dall'inizio  sempre  continui;  Essi  nascono  per 
gemmazione  laterale  dai  cilindrassi  vecchi,  dei  quali  la  parte  estrema,  prossima  alla 
lesione,  di  regola  degenei:a. 

I  cilindrassi  neoformati  attraversano  la  cicatrice  ramificandosi  più  volte,  raggiun- 
gono il  capo  periferico  e  lo  percorrono  in  tutta  la  sua  estensione.  !»ion  vi  è  alcun 
altro  modo  di  formazione  di  nuove  fibre  oltre  a  quello  per  crescenza  dai  capi  cen- 
trali dei  nervi  tagliati. 

Le  fibre  del  tratto  periferico  degenerano.  Ma  mentre  alcune  di  esse,  le  midollate, 
degenerano  rapidamente,  le  amidollate  possono  persistere  persino  20  giorni.  Queste  ultime 
presentano  al  loro  estremo  prossimale,  in  vicinanza  della  lesione,  un  caratteristico 
rigonfiamento. 

I  cilindrassi  rigenerati,  provenienti  dal  capo  centrale,  procedono  ordinariamente 
nel  capo  periferico  tra  le  fibre  vecchie  in  via  di  degenerazione.  La  sutura  dei  «lue 
capi  del  nervo  tagliato  rende  più  regolare  il  decorso  dei  cilindrassi  neoformati  nella 
cicatrice  e  facilita  il  rapido  progredir'e  di  essi  verso  la  periferia. 

Non  si  ha  mai  un  ripristino  della  funzione  se  non  si  ristabilisce  una  continuità 
coi  centri  nervosi.  La  conducibilità  per  stimoli  elettrici  si  ristabilisce  prima  nel  trono»» 
periferico  che  nella  cicatrice.  Oltreché  dal  capo  centrale  del  nervo  tagliato,  possono 
penetrare  nel  moncone  periferico  anche  dei  cilindrassi  nati  da  fibre  di  ramuscoli  ner- 
vosi lesi  nella  ferita. 

II  tronco  nervoso  periferico  può  contenere  delle  fibre  provenienti  da  anastomosi 
preesistenti.  Queste  fibre  hanno  molta  importanza  per  il  ristabilirsi  della  funzit>nu- 
lità.  La  sensibilità  ricorrente  si  spiega  nel  miglior  modo  per  mezzo  di  anastomosi 
collaterali,  come  ammisero  Arloing  e  Tri  pie r. 

Luffa  ro. 


Amitomia  patologica  i71 


i^natoxnia  patologica. 

15.  "W.  Spielnieyer,  KUnische  und  anatomische  Untersuchiingen  uhei'  ehie  he- 
sondere  Form  con  familìdrer  amaurotischer  Idiotie. —  «NissT  s  histolo^ische 
und  histopathologische  Arbeiten  »,  Bd.  II,  S.  198. 

Cui  lavori  di  Schaffer,già  riassunti  largamente  in  questa  Rivista,  si  è  accen- 
tuata la  tendenza  a  isolare  dal  grande  quadro  nosologico  della  idiozia,  delle  forme 
che  possono  essere  elevate  a  dignità  di  malattie  per  se  stanti  sulla  base  di  criterii 
clinici  ed  anatomo-patologici. 

L'A.  già  aveva  comunicato  delle  osservazioni  che  lo  spingevano  ad  isolare  una 
forma  nuova  di  idiozia  aniaurotica  famigliare,  che  per  parecchi  dati  si  deve  tenere 
distinta  da  quella  classica  di  Sachs:  Vogt  con  una  disamina  analitica  dei  sintomi 
di  queste  due  forme  e  sopratutto  con  argomenti  tratti  dallo  studio  diligente  delle 
forme  di  passaggio,  ha  invece  portato  un  parere  autorevole  in  favore  dell' unità  di 
queste  due  forme.  Ma  Spielme^^er  con  questo  nuovo  e  dettagliato  lavoro,  che  è  di- 
viso in  una  parte  clinica  e  in  una  anatomo-patologica,  porta  nuovi  contributi  e  nuovi 
dati  di  fatto  a  sostegno  del  proprio  concetto.  . 

Clinicamente,  dice  esso,  le  due  forme  si  possano  nettamente  differenziare:  esj^e 
non  hanno  altro  in  comune  che  di  essere  famigliari  e  di  condurre  velocemente  alla 
demenza  ed  alla  cecità:  ma  mentre  la  forma  di  Sachs,  fatta  eccezione  di  rarissimi 
e  sparsi  casi,  insorge  ne'  primi  due  anni  di  vita,  questa  nuova  forma  principia  di 
di  regola  nel  periodo  della  seconda  dentizione:  il  decorso  della  prima  forma  è  rapi- 
dissimo talora  fulminante;  ad  eccezione  di  due  o  tre  casi  che  durarono  più  anni, 
essa  tocca  la  sua  fine  nel  terzo  anno,  e  il  quadro  finale  è  quello  del  più  grave  ma- 
rasma; questa  seconda  invece  dura  sopra  i  dieci  e  più  anni,  i  ragazzi  rimanj^onu 
indietro  nel  loro  sviluppo  somatico  ma  non  divengono  marantici:  circa  alla  fine,  in 
tre  dei  casi  citati  in  questo  lavoro  essa  dipende  da  una  intercorrente  malattia  pol- 
ìuimare,  in  un  quarto  da  grave  tubercolosi  intestinale. 

Per  la  forma  di  Sachs  sono  caratteristiche  le  paralisi  che  possono  essere  accom- 
pagnate da  manifestazioni  spastiche,  od  atassiche,  od  amiotrofiche,  in  questa  forma 
invece  non  ci  sono  fatti  paralitici. 

La  cecità  nella  malattia  di  Sachs  ha  sua  causa  in  una  atrofia  dell'ottico,  qui 
invece  essa  è  sostenuta  da  una  atrofia  della  retina  con  deposito  più  o  meno  marcato 
di  pigmento  (Retinttis  pùjinentom). 

Se  i  primi  criteri  differenziali,  sopratutto  dopo  i  casi  raccolti  da  A'ogt  e  da 
Hygier,  possono  non  essere  assoluti,  i  due  ultimi  lo  sono  e  sono  di  tale  importanza 
da  autorizzare  la  divisione  delle  due  forme,  la  quale  è  poi  sostenuta  dalla  differenza 
del  reperto  necroscopico. 

Degni  di  nota  sono  in  uno  dei  casi  riportati  alcuni  sintomi  a  carico  della  fuu- 
zi<me  del  linguaggio  che  TA.  colloca  nella  categoria  delle  afasie  transcorticali. 

Anatomo-patologicamente  si  trova  un  cervello  che  macroscopicamente  è  comple- 
tamente sviluppato,  nel  quale  le  circonvoluzioni  ed  i  solchi  hanno  raggiunto  il  loro 
intiero  sviluppo  e  sono  disposti  normalmente,  che  presenta  un  lieve  intorbidamento 
delle  pia  e  un  mediocre  idrocefalo  esterno  ed  interno  con  conseguente  impicciolimento 
degli  emisferi. 

Ma  al  microscopio  si  trova  che  le  cellule  nervose  sono  lese  in  tutto  l'organo: 
il  processo  consiste  in  un  rigonfiamento  del  corpo  cellulare  provocato  da  una  massa 


i'rl  lìlvisla  (li  IhilnliHjia  iwrrosn  e  ntfutaff 

che  giace  all' interno:  questa  ha  struttura  granulare,  i  granuli  sono  di  grossezza  dif- 
ferenti; spesso  sono  pignientiferi  :  non  daftno  una  vera  e  propria  reazione  dei  grassi 
ma  soltanto  una  debole  reazione  col  Sudan  (come  le  eosidette  sostanze  miclinoidi). 
Questa  sostanza  occupa  una  parte  più  o  meno  grande  delle  cavità  che  erano  prima 
occupate  dalla  sostanza  tigroide:  il  più  spesso  si  sviluppa  alla  periferia  ma  talora 
anche  attorno  al  nucleo,  spesso  riempie  tutto  il  corpo  cellulare:  essa  schiaccia  il 
nucleo  spesso  alterato,  e  spinge  le  fibrille,  quando  queste  non  siano  ancora  state  di- 
strutte, verso  la  periferia.  La  rete  fibrillare  interna  appare  in  corrispondeza  di  questa 
massa  diradata,  la  rete  esteriore  allargata  e  le  sue  maglie  spinte  l'una  contro  l'altra. 
Invece  i  prolungamenti  cellulari  rimangono,  di  regola,  risparmiati,  e  le  zolle  tigroidi 
e  le  fibrille  vi  sono  ben  manifeste.  Nella  corteccia  cerebrale  quasi  nessuna  cellula  è 
risparmiata  da  questo  processo  che  sovente  in  questa  regione  si  associa  a  processi  cro- 
nici di  lesioni  cellulari,  mentre  questa  associazione  è  eccezionale  altrove. 

La  nevroglia  è  aumentata  assai  :  nel  talamo  ottico  è  però  1'  aument<ì  assai  meno 
pronunciato. 

Confrontata  colle  alterazioni  delle  cellule  nervose  è  assai  scarsa  quella  delle  fibre 
nervose:  si  notano  sopratutto  nello  strato  sopra  ed  intraradiale  delle  lievi  zone  di 
mancanza  di  fibre  :  mai  degenerazioni  recenti,  mai  degenerazioni  di  sistemi  di  fibre. 

Il  tessuto  mesodermale  non  offre  gravi  alterazioni  :  lieve  ispessimento  della  pia, 
scarsa  colorabilità  delle  lamine  elastiche  dei  vasi:  sopratutto  mancano  attorno  a 
queste  alterazioni  a  tipo  infiammatorio  o  regressivo:  si  trova  qualche  Mastzeìle. 

Anche  in  questa  forma  dunque  come  in  quella  di  Sachs  si  trova  una  lesione 
diffusa  e  grave  delle  cellule  nervose  mentre  sono  integri  i  vasi:  anche  le  manifesta- 
zioni del  processo  che  lede  le  cellule  (rigonfiamento,  alterazione  della  sostanza  tigroidee 
delle  fibrille)  appaiono  le  stesse:  è  però  da  notare  che  a  differenza  di  quello  che  ha 
notato  Sachs  qui  i  dendriti  sono,  di  regola,  risparmiati. 

Inoltre  qui  il  processo  non  tende  come  nella  forma  di  Sachs  a  distruggere  del 
tutto  la  cellula:  Sachs  ha  osservato  che  nei  suoi  casi  la  sostanza  che  occupa  la  cel- 
lula ha  una  struttura  simile  a  quella  che  si  osserva  nella  cromatolisi,  qui  invece  si 
ha  la  formazione  di  una  sostanza  granulosa,  che  ha  un  qualcosa  che  ricorda  le 
immagini  dei  depositi  di  pigmenti:  nella  forma  di  Sachs  manca  ogni  traccia  di 
sostanza  che  abbia  affinità  per  le  sostanze  che  mettono  in  evidenza  il  grasso. 

Nella  forma  dell' A.  non  si  trovano  mai  zone  di  distruzione  del  tessuto  cerebrale; 
e  perciò  anche  lo  sviluppo  della  nevroglia  non  è  ad  isole,  ma  diffuso.  Un'  altra  im- 
portante differenza  è  quella  che  riguarda  le  fibre,  sia  quelle  cerebrali,  che  nella  forma 
di  Sachs  sono  molto  lese,  qui  assai  poco,  sia  quelle  spinali  che  nella  forma  di  Sachs 
degenerano  sopratutto  nel  sistema  piramidale. 

Grande  importanza  ha  pure  il  fatto  che  nella  forma  di  Sachs  si  trova  un'atrofia 
dell'ottico,  invece  qui  si  riscontra  una  lesione  grave,  fino  alla  mancanza  dei  coni  e 
dei  bastoncelli.  0  liossi. 

IH.  O.  Rancke,  Beitràge  zur  Lehre  r(fn  der  Meningitis  tubercolosa.  —  «  NissTs 
histologische  und  histopathologische  Arbeiten  »,  Bd.  II,  S.  252. 

La  prima  parte  del  lavoro  è  dedicata  alla  esposizione  del  modo  di  vedere  che 
molti  AA.  hanno,  in  varia  epoca,  espresso  sopra  la  natura  e  la  sede  del  processo 
meningitico  e  sopratutto  di  quello  tubercolare:  e  la  conclusione  è  che  ancora  non  si 
può  dire  dimostrato  il  modo  di  vedere  di  quelli  che  vogliono  le  alterazioni  limitate 
alla  meninge  o  piuttosto  quello  di  coloro  che  sostengono  non  esserci  meningite  senza 


Anatomia  patoloffica  il^ 


encefalite:  nel  secondo  capitolo  TA.  ricorda  i  principali  studi  sperimentali  eseguiti 
in  argomento:  il  terzo  è  dedicato  alla  discussione  critica  dei  reperti  di  vari  A  A., 
e  le  conclusioni  ne  sono  importanti  come  quelle  che  possono  dimostrare  il  criterio 
che  ha  seguito  TA.  nel  valutare  le  lesioni  da  lui  riscontrate  in  tre  casi  di  menin- 
gite tubercolare. 

Per  ciò  che  si  riferisce  al  problema  della  meningo-encefalite  si  deve  ritenere: 
che  la  presenza  di  piccoli  nuclei  di  nevroglia  che  si  tingono  fortemente  è  un  fatto 
normale  e  non  espressione  di  encefalite:  che  non  è  permesso  diagnosticare  una  ence- 
falite soltanto  dall'  allargamento  dei  vasi,  dall'  edema,  dall'  infiltrazione  dei  setti  piali  : 
così  pure  è  poco  fondato  lo  stabilire  il  diagnostico  di  encefalite  solo  per  il  reperto 
di  scarse  alterazioni  regressive  delle  cellule  nervose  senza  alterazioni  vasali,  o  pro- 
cessi progressivi  da  parte  del  tessuto  di  sostegno  di  origine  ectodemiica:  noi  possiamo 
parlare  di  encefalite  solo  allora  che  nello  stesso  tessuto  nervoso  i  piccoli  e  1  grossi 
vasi  dimostrano  indubbi  fatti  di  essudato  cellulare  e  nello  stesso  tempo  si  hanno  pro- 
cessi regressivi  nel  tessuto  nervoso,  e  aumento  (e  talora  anche  fatti  regressivi)  nel 
tessuto  gliare.  Esaminando  con  questo  criterio  i  suoi  tre  casi  l'A.  conclude: 

1)  In  nessuno  dei  casi  di  meningite  tubercolare  esaminati  si  arrivò  alla  f(>r- 
nmzione  di  un  vero  tubercolo. 

2)  Nella  meningite  tubercolare,  così  come  in  altre  meningiti,  compare  in  quan- 
tità un  tipo  di  cellule  (macrofagi)  che  per  il  loro  contegno  sono  analoghe  alle  Git- 
terzelìen  del  sistema  nervoso  centrale  ma  (almeno  nelle  loro  forme  caratteristiche) 
si  distinguono  nettamente  da  queste. 

3)  I  vasi  della  pia  partecipano  evidentemente  al  processo:  ci  appare  un  infil- 
trazione diffusa  (Arterite  tubercolare  degli  Autori?) 

4)  Inoltre  si  trovano  focolai  circoscritti  nelle  pareti  di  parecchi  vasi  che  sono 
varatterizzati  dalla  degenerazione  degli  elementi  di  infiltrazione,  e  in  taluni  casi 
paiono  dare  luogo  ad  emorragia. 

5)  Il  processo  piale  non  dimostra  alcuna  tendenza  ad  estendersi  nel  T.  cere- 
brale: talora  ove  vi  sono  noduli  più  spessi  nella  pia  il  tessuto  sottostante  mostra 
qualche  alterazione  che  è  però  sempre  circoscritta. 

ti)  Qua  e  là  sparse  si  trovano  alcune  isole,  negli  strati  più  profondi  della 
corteccia,  dove  il  tessuto  ectodermale  è  leso,  ma  il  tessuto  mesodermale  non  parte- 
cipa alla  lesione  :  ed  è  dubbio  se  si  possano  questi  fatti  ricollegare  al  processo  me- 
ningitico. 

7)  Dalla  forma  classica  della  meningite  tubercolare  si  debbono  separare  netta- 
mente quelle  forme  nelle  quali  si  sviluppano  delle  vere  alterazioni  encefalitiche. 

0.  Bossi, 

17.  G.  Marinesco  et  I.  Minea,  Contribution  à  V  anatomie  patholofjique  et  à 
la  pathogénie  de  tahès,  —  «  Journal  ftir  Psychologie  und  Neurologie  »,  Bd.  X, 
H.  4-5. 

Gli  AA.  ritornano  sulla  questiona  delle  alterazioni  dei  gangli  spinali  e  delle 
radici  sensitive  nella  tabe.  Circa  la  localizzazione  del  processo  primitivo  escludono 
l'ipotesi  della  neurite  radicolare  trasversa  formulat^i  da  Nageotte  per  vari  argomenti 
dei  quali  il  più  importante  è  questo:  che  qui,  a  differenza  di  quello  che  si  osserva 
nei  nervi  periferici,  degenera  anche  il  tratto  prossimale  del  cilindrasse.  Quanto  alle 
mtxlalità  descrivono  ancora  come  proprie  della  tabe  quelle  apparenze  che  Nageotte 
interpretò  come  fenomeni  di  rigenerazione  collaterale:  essi  si  pongono  il  problema  di 


47  i  liicista  di  Patoiofjia  nervosa  e  mentale  -*.>^    _^ 

decìdere  se  i^uesti  fenomeni  sieno  sotto  la  dipendenza  immediata  deir  attività  rige- 
nerativa del  neurone  centrale  separato  da  quello  periferico,  oppure  se  intervenga  un 
altro  fattore  d'ordine  cellulare  nel  produrli:  la  risposta  è  favorevole  alla  seconda 
ipotesi:  infatti,  sempre  secondo  gli  AA.,  i  casi  nei  quali  più  rigogliosi  si  osservano 
questi  fenomeni  non  sono  precisamente  quelli  di  tabe.  Viene  fatto  di  pensare  rhe 
r  associazione  di  due  cause  delle  quali  Tuna  agisca  sulla  cellula  T  altra  sui  suoi 
prolungamenti  possa  realizzare  questo  stato. 

Intanto  sta  di  fatto  che  nella  rabbia  dove  ci  sono  soltanto  lesioni  del  citoplasma 
nervoso  si  trovano  pure  fatti  di  rigenerazione  collaterale. 

Circa  la  patogenesi  delle  lesioni  gli  AA.  avanzano  l'ipotesi  di  una  ueurolisiua 
che  la  circolazione  trasporterebbe  alle  radici  posteriori:  appoggiano  la  loro  ipotesi 
alla  scoperta  di  Wassermann  della  presenza  di  anticorpi  nel  liquido  cefalo-rachi- 
diano dei  tabetici  (in  realtà  dopo  gli  ultimi  lavori  su  questo  argomento  «luesto  ap- 
poggio è  assai  indebolito):  questa  neurolisina  avrebbe  una  particolare  affinità  per  le 
radici  posteriori.  O.  liofmi. 

18.  H.  Claude,  Examen  des  centres  nerreux  dans  deux  cns  dliìfutérie.  —  «  Kii- 

céphale  »,  n.  7,  1907. 

L'A.  riporta  l'esame  istologico  dei  centri  nervosi  di  due  donne  morte  l'uiia  di 
settantasette  anni,  l'altra  di  quarantatre  anni,  le  quali  in  vita  avevano  presentato 
una  complessa  serie  di  fenomeni  rientranti  nel  quadro  della  grande  isteria.  Ricove- 
rate in  diverse  epoche  nelle  cliniche,  i  sintomi,  (paralisi,  contratture,  accessi  con- 
vulsivi, parestesie  ecc.)  erano  più  volte  scomparsi,  per  ripresentarsi  in  seguito  sotto 
differente  aspetto.  All'esame  istologico  si  rilevano  lesioni  meningee  ed  alterazioni  di 
ordine  diverso  nel  midollo.  Le  lesioni  suddette  però,  per  il  loro  carattere  più  irrita- 
tivo che  distruttivo,  non  possono  sicuramente  essere  state  causa  della  sintoniatoloifia 
complessa  riscontrata  intra  vitam. 

Questi  casi  servono  ancora  una  volta  a  dimostrare  la  persistenza  e  la  tenacia  »ii 
certe  manifestazioni  isteriche  impiantate  su  sintomi  di  lesioni  organiche  le  quali,  an-  [ 

che  se  di  lievissima  entità,  possono  in  certi  individui  rappresentare  uno  stimolo  con-  i 

tinuo  per  il  dinamismo  del  sistema  nervoso  e  favorire  la  cronicità  delle  manifestazioni.  -j 

Sandrt.  j 

19.  E.  Loner,  MoHopìéffìe  crurale.  Lésion  étendne  de  la  ré<jiou  roìandique.  Con-        ! 

irihution  à  Vétiide  des  fonctiona  de  la  zone  motrice  dn  rerveau  et  des  de-  ? 
(fénérescences  secondaires  de  ses  fìhres  de  projection.  —  «  Nouvelle  Iconogra-  j 
phie  de  la  Salpétrière  »,  n.  1,  1908.  f 

Le  osservazioni  anatomo-cliniche  riportate  si  riferiscono   a   distruzioni    parziali      f 
della  zona  motrice  del  cervello:  nell'una  la  lesione  si  è  prodotta  in  età  molto  avan-    r 
zata,  nell'altra  in  età  giovanissima,  dal  confronto  si  può  desumere  l'importanza  che 
p(»>sono  avere  i  fenomeni  di  funzione  vicariante  nello  studio  delle  localizzazioni  «e-   | 
rehrali. 

L'esame  istologico  in  tagli  seriali    mostra  nei  due  casi   la   delimitazione  esatta  ' 
delle  regioni  distrutte  e  delle  interessanti  anomalie  di  degenerazioni  consecutive.     ì 

Nel  primo  caso  si  tratta  di  una  monoplegia  crurale,  insorta  improvvisamente  ii| 
un  vecchio  di  74  anni  e  rimasta  pressoché  stazionaria  per  cinque  anni.  All'esanuf 
nnatonio-pat(dogico  si  riscontra:   rammollimento  della  corteccia  del  lobulo  para-ceil 

f 


AnalomUt  pftiolofjica  475 

trale  e  della  parte  posteriore  della  F,  ;  degenerazione  secondaria  discendente  della 
?ia  piramidale  corrispondente,  visibile  sino  al  rigonfiamento  lombare,  ma  costituita 
nella  capsula  interna,  nel  piede  del  peduncolo  cerebrale  e  dell'  istmo  dell'  encefalo  da 
una  semplice  rarefazione  di  fibre  sane  senza  sclerosi  interstiziale. 

Xel  secondo  caso  si  tratta  di  uno  stato  distrofico  congenito  della  mano  e  del- 
l'avambraccio  sinistro  con  conservazione  della  motilità;  nessuna  traccia  né  di  emi- 
plegia, né  di  contratture,  nò  d'epilessia  in  una  donna  morta  a  47  anni.  All'autopsia 
si  riscontrano  lesioni  poroencefaliche  estese  della  faccia  estema  dell'emisfero  cerebrale 
destro  che  lasciavano  intatto  solo  il  terzo  superiore  delle  circonvoluzioni  rolandiche  ; 
ripartizione  uniforme  delle  fibre  di  proiezione  di  questa  zona  motrice  ristrette  su  tutto 
il  decorso  della  capsula  interna  e  del  piede  del  peduncolo  cerebrale.  Atrofia  secon- 
daria del  peduncolo  cerebrale  e  della  protuberanza  anulare:  atrofia  incrociata  al  cer- 
velletto. 

Dopo  aver  discusso  i  risultati  degli  esami,  e  le  anomalie  riscontrate  l'A.  arriva 
alle  conclusioni  seguenti. 

11  primo  caso  conferma  ancora  una  volta  l'esistenza  delle  localizzazioni  segmen- 
tarle corticali  già  confermate  dagli  esperimenti  fisiologici  e  dalle  ricerche  equivalenti 
praticate  nell'uomo  durante  operazioni  chirurgiche.  Se  diflìcilmente  si  possono  trovare 
documenti  così  dimostrativi  come  il  surriferito  tra  i  casi  di  rammollimenti»  o  di 
emorragia  cerebrale,  è  perchè  le  lesioni  consecutive  a  questi  processi  sono  in  genere 
troppo  estese. 

(•onfrontando  fra  di  loro  i  due  casi  surriferiti  si  osserva  che  mentre  nel  primo 
caso  una  lesione  cerebrale  limitata  lasciò  una  paralisi  permanente,  nel  secondo  in- 
vece una  lesione  estesissima  della  zona  motrice  non  provocò  che  un  deficit  funzionale 
minimo:  la  sua  precocità  permise  dunque  alle  vie  motrici  una  supplenza  anatomica 
e  fisiologica.  Sandrì. 

20.  H.  Verarer,  Sur  uw  cas  de  sìjringomyélie  spasìnodiffue  doulourentie  à  vrolu- 

fion  rnjnde,  —  «  Encéphale  »,  n.  7,  1007. 

Riporta  un  caso  di  siringomielia  caratterizzato  dall'esistenza  di  fenomeni  spastici, 
da  dolori  intensi  e  spontanei  distribuiti  secondo  la  topografia  ed  il  tipo  sensitivo  dei 
dolori  d'origine  radicolare,  e  dal  decorso  rapidissimo.  All'autopsia  si  notava  l'esistenza 
di  una  cavità  centrale  all'altezza  del  rigonfiamento  cervicale  e  di  un'altra  cavità  più 
piccola,  limitata  da  una  parete  più  resistente,  che  si  estendeva  in  tutto  il  midollo 
dorsale.  Nessuna  traccia  di  pachimeningite  ipertrofica.  Le  radici  cervicali  e  della  coda 
equina  sono  esili  e  grigiastre.  L'esame  istologico  rilevava  l'esistenza,  nella  regione 
del  rigonfiamento  cervicale,  di  un  glioma  centrale  cavitario  che  distruggeva  gran 
parte  della  sostanza  grigia,  e  di  una  sclerosi  diff'usa  massime  nei  fasci  laterali.  L'A. 
osserva  che  malgrado  non  esistesse  alcuna  traccia  di  pachimeningite  ipertrofica  l'am- 
malato accusava  dolori  spontanei  vivissimi  agli  arti  superiori,  i  quali  probabil- 
mente erano  causati  dalla  leggera  radicolite  interstiziale  esistente.  Pure  notevole  è 
la  rapidità  (circa  21  mesi)  con  cui  il  processo  siringomielico  si  svolse.  Sandn, 

21.  HochhauB,  Beifrdge  zar  Fathologie  des  Gehirns,   —  «  Deutsche   Zeits«hrift 

fur  Xervenheilkunde  »,  Bd.  34,  H.  3-4,  1908. 

Vi  si  trova  la  storia  clinica  e  il  reperto  anatomo-patologico  di  un  caso  di  glioma 
multiplo  e  di  un  caso  di  paralisi  cerebrale  infantile.  11  primo  caso  è  degno  di  spe- 
ciale interesse  per  il  fatto  rarissimo  della  molteplicità  dei  gliomi  (3)  e  per  l'enorme 


47*')  H  ivi  sia  di  Patoloffia  nervosa  e  mentale 


volume  di  uno  di  essi,  che  occupava  quasi  per  intero  l'emisfero  cerebrale  destro.  Nel 
secondo  caso  (emiplegia  destra  in  un  bambino  di  2  anni  e  mezzo,  prodottasi  in  se- 
guito al  morbillo)  l'esame  del  cervello  dimostrò  un  intenso  edema  gelatinoso  della 
pia  e  dei  fatti  poco  accentuati  di  meningoencefalit^  in  corrispondenza  delle  circon- 
voluzioni centrali  di  sinistra  :  questa  osservazione  conferma  la  possibilità  della  genesi 
infiammatoria  d>  una  paralisi  cerebrale  infantile  e  dimostra  come  gli  imponenti  fe- 
nomeni clinici  possano  avere  un  tenue  substrato  anatomico,  sia  perchè  essi  dipendano 
non  solo  dai  fatti  infiammatori  ma  anche  da  influenze  tossiche,  sia  perchè  forse  nel 
cervello  infantile  una  flogosi  anche  poco  estesa  può,  insieme  all'edema,  determinare 
delle  gravi  alterazioni  funzionali. 

Zaihi. 


N'evropatologia. 

22.  F.  Raymond  et  H.  Gourgerot,  Gangrène  symétrique  des  extrémitéa  par 
artérite  chrmiique  obliterante ,  transitoire  ou  permanente f  d'étiologie  incon- 
Hue,  —  «  Nouvelle  Iconographie  de  la  Salpètrière  »,  n.  1,  1908. 

Della  malattia  di  Raynaud  molti  fecero  una  sindrome  clinica  unendo  ad 
essa  tutti  i  casi  di  gangrena  simmetrica  delle  estremità  qualunque  fosse  la  loro  pa- 
togenesi. Esistono  invece  varie  specie  di  asfissia  delle  estremità,  che  meritano  di  es- 
sere individualizzate  e  non  aggregate  ad  una  sindrome  con  cui  non  hanno  in  comune 
le  caratteristiche.  Il  caso  dagli  AA.  riportato  ne  è  un  esempio  interessante. 

In  un  uomo  di  42  anni,  senza  tara  ereditaria  o  precedenti  patologici,  insorsero 
dolori  intensi  alle  dita  seguiti  da  ulcerazioni,  il  processo  morboso  continuò  per  sette 
anni  svolgendosi  per  crisi  della  durata  da  uno  a  sei,  sette  mesi  e  ripetendosi  ad  in- 
tervalli irregolari.  Le  ulcerazioni  comparivano  e  scomparivano  senza  causa  apparente, 
ed  ogni  crisi  finiva  con  una  guarigione  spontanea.  Le  caratteristiche  di  questa  gan- 
grena simmetrica  erano  date:  dai  dolori  intensi  localizzati  alle  dita  senza  irradia- 
zioni estese,  dolori  spontanei,  permanenti  e  di  lunga  durata  non  parossistici  ;  da  ul- 
cerazioni, che  si  formavano  qualche  giorno  dopo  l'insorgere  dei  dolori,  senza  essere 
preceduti  da  sincope  o  da  asfissia  locale;  da  obliterazione  delle  arterie  transitoria  o 
permanente.  La  malattia  ha  successivamente  colpito  i  piedi  e  le  mani,  la  comparsa  e 
la  scomparsa  delle  lesioni  sfuggono  ad  ogni  regola  conosciuta.  Lo  stato  somatico  ge- 
nerale dell'ammalato  è  ottimo. 

La  patogenesi  di  questa  gangrena  si  deve  mettere  in  rapporto  con  l'obliterazione 
delle  arterie  permanente  o  transitoria,  che  colpisce  non  solo  i  piccoli  vasi  ma  anche 
i  grandi  (l'arteria  radiale  destra  infatti  da  più  d'un  anno  è  obliterata  e  della  sinistra 
appena  da  qualche  mese  si  possono  percepire  le  pulsazioni).  Nulla  dunque  ha  in 
comune  col  morbo  di  Raynaud  in  cui  i  dolori  sono  parossistici  e  non  esistono  obli- 
terazioni vasali.  Sull'etiologia  delle  alterazioni  vasali  gli  AA.  non  potendo  dire  nulla 
di  sicuro  preferiscono  non  emettere  nessuna  ipotesi. 

Il  caso  surriferito  per  la  sua  sintomatologia  e  per  la  patogenesi  tanto  manifesta, 
secondo  gli  AA.,  non  trova  alcun  riscontro  tra  quelli  che  la  letteratura  registra.  Me- 
rita quindi  di  essere  individualizzato.  La  sua  importanza  pratica  non  è  da  trascu- 
rarsi, perchè  ben  conoscendone  la  diagnosi  e  la  prognosi  si  potranno  in  tanti  casi 
evitare  inutili  amputazioni  e  mutilazioni. 

Sandri, 


Ne  ero  patologia  Vii 


2i^.  M.  Klippel  et  E.  Chabrol,  Sur  les  ranetés  «  en  largeur  »  dti  st/ìidrome  de 
Brown-Séquard.  —  «  Encéphale  »,  n.  7,  1907. 

La  sindrome  di  Brown-Séquard  difficilmente  si  osserva  in  clinica  cos'i  com- 
pleta come  sperimentalmente  si  può  provocare  con  la  emisezione  del  midollo.  Le  af- 
fezioni che  la  provocano  (compressioni  parziali,  focolai  emorragici,  gomme,  tumori  ecc.) 
possono  avere  estensione  e  profondità  varie  :  differente  è  quindi  la  sintomatologia  che 
possono  presentare.  Gli  AA.  dopo  avere  illustrato  un  caso  di  emisezione  traumatica 
incompleta  del  midollo  cervicale,  che  si  manifestava  con  dissociazione  delle  sensibilità, 
prendono  in  considerazione  molti  dei  casi  che  la  letteratura  registra,  esaminano  gli 
aspetti  differenti  con  cui  la  sindrome  di  Brown-Séquard  si  può  presentare,  riuni- 
scono le  sue  forme  parziali  in  tre  gruppi  : 

L"  Forme  frustre  sensitive  che  si  manifestano,  a  seconda  della  profondità  della 
lesione,  con  dissociazione  delle  sensibilità,  abolizione  del  senso  muscolare,  anestesia 
ed  iperestesia  tattile. 

2.*  Forme  dove  predominano  i  disturbi  simpatici  (scomparsa  della  sensibilità 
termica  e  dolorifica,  abolizione  del  senso  muscolare,  disturbi  vaso-motori). 

3.''  Forme  che  si  accompagnano  a  sintomi  di  alterato  trofismo,  dovuti  proba- 
bilmente a  lesioni  delle  corna  anteriori,  e  che  si  riscontrano  molto  difficilmente. 

Lo  studio  accurato  dei  sintomi  permetterà  dì  localizzare  con  sufficiente  precisione 
la  sede  della  lesione.  Sandrù 

24.  Q.  Etienne,  Syndrome  hemitonoclonique  post-hemiplégique,  —  «  Kncéphale  », 

n.  7,  1907. 

Illustra  il  caso  clinico  di  un'ammalato  che  presenta  emiplegia  destra  completa 
accompagnata  da  contrattura  con  eretismo  muscolare  permanente,  miotonismo  doloroso 
con  parossismi  insopportabili  provocati  anche  da  leggere  eccitazioni  periferiche,  e  fre- 
quenti crisi  raiocloniche  ritmiche  di  ampiezza  media. 

L'A.  esamina  questo  complesso  di  sintomi  che  tanto  si  allontana  dal  quadro  so- 
lito della  sindrome  postemiplegica  abituale,  esclude  l'esistenza  di  una  infiltrazione 
edematosa,  di  un  trofoedema,  di  una  pseudo  ipertrofia  adiposa,  di  una  emi-sindrome 
di  Thomsen,  fa  notare  la  somiglianza  della  sindrome  summenzionata  con  la  mio- 
tonia  apoplettica  descritta  da  Bechterew.  Secondo  TA.  la  sintomatologia  presen- 
tata dall'ammalato  si  deve  attribuire  a  una  lesione  talamica  ben  più  diffusa  però 
di  quella  che  provoca  la  sindrome  descritta  da  Déjerine. 

Su  questo  caso  la  distruzione  non  può  interessare  solo  la  regione  ventrale  del 
nucleo  ottico,  ma  bensì  deve  estendersi  a  tutto  quanto  il  talamo  ed  a  buona  parte 
della  capsula  interna.  Sandn. 

25.  P.  Rose,  Nevrite  aenaitive  et  trophitiue  à  la  suite  d^iin  zona.  Lésions  tro- 
phiques  dea  os  de  la  main  à  type  de  rhumatisme  chronique.  —  «  Nou velie 
Iconographie  de  la  Salpetricre  »,  n.  1,  1908. 

In  una  donna  di  G7  anni,  una  manifestazione  di  herpes  zoster  sulla  regione 
est<.*rna  del  braccio,  è  seguita  da  dolori  violenti  alla  spalla,  all'avambraccio  ed  alla 
mano,  nello  stesso  tempo  insorgono  dei  disturbi  trofici  delle  ossa  ed  una  edema  della 
mano  e  dell'avambraccio.  Malgrado  l'assenza  di  ogni  reazione  degenerativa,  l'esistenza 
di  un  processo  nevritico  non  è  dubbia.  Le  nevriti  d'altronde  si  accompagnano  frequen- 


478  liivisla  di  Patologia  nervosa  e  menUilr 

temente  allo  zoster  e  dipendono  dalla  stessa  causa  patologica.  L'edema  riscontrato 
e  gli  altri  disturbi  trofici  delle  ossa,  secondo  TA.,  sono  conseguenti  alla  nevrite.  L'ipo- 
tesi dell'azione  degli  agenti  microbici  e  delle  tossine  sulle  ossa  e  sulle  articolazioni 
per  l'azione  intermediaria  del  sistema  nervoso,  ipotesi  già  antica,  spiega  in  modo  suf- 
ficiente fatti  etiologici,  anatomici  e  clinici  del  reumatismo  cronico,  e  basta  per  con- 
ciliare le  teorie  dell'origine  nervosa  ed  infettiva  di  questa  malattia.  Savóri, 

26.  A.  Rlohe,  Le»  états  neurasth^niques.  —  Baillière,  Paris,  1908. 

È  un  volumetto,  destinato  in  special  modo  ai  medici  pratici,  nel  quale  l'A.  in- 
siste particolarmente  sopra  la  diagnosi  differenziale  tra  la  neurastenia  ed  alcune 
forme  di  vera  malattia  mentale,  senza  trascurare  del  resto  la  sintomatologia,  la  pro- 
gnosi e  la  cura  dell'importante  affezione.  Zaììa. 

27.  R.  Bonfigrli,  Progressive  chronic  ckorea  —  A   cUnical  and  anatomo-paiìw- 

ìoffìcal  stndìf,  —  «  The  Journal  of  Mental  pathology  »,  voi.  Vili,  n.  2. 

È  un  caso  di  corea  di  Huntington  isolato,  cioè  osservato  in  un  individuo  al 
cui  riguardo  noii  si  scopre  alcun  fattore  ereditario:  gli  abusi  d'alcool  e  di  coito  cui 
si  abbandonò  il  paziente  possono  aver  contribuito  alla  genesi  della  malattia,  sebbene 
non  possano  esserne  soli  fattori.  Un  uomo  di  40  anni,  l'età  più  propizia  allo  svol- 
gersi delle  forme,  è  preso  da  movimenti  coreici  dapprima  limitati  e  appena  avvertiti, 
che  giungono  gradatamente  alla  massima  intensità  e  alla  generalizzazione  mentre  si 
manifestano  fatti  demenziali  pur  crescenti  in  intensità,  e  che  potrebbero  assomi- 
gliare a  quelli  della  paralisi  progressiva.  I  movimenti  coreici  cessano  qualche  ora 
prima  della  morte,  forse  per  una  secondaria  intossicazione  del  sistema  centrale.  Alla 
sezione  si  riscontrano  gravi  alterazioni  cellulari  in  tutta  le  zone  della  corteccia,  e 
specialmente  della  zona  motrice  consistente  in  cromatolisi  centrale  e  periferica,  distru- 
zione di  cellule  e  di  neurofibrille,  lesione,  fino  a  scomparsa,  delle  fibre  associative 
profonde:  notevole  proliferazione  nevroglica  e  proliferazione  vascolare:  reperto  si- 
mile a  quello  solito  della  paralisi  progressiva.  Mancano  però  Plasmazellefi.  Pone  la 
questione  se  la  proliferazione  gliomatosa  sia  primitiva  o  secondaria  alla  infiamma- 
zione vascolare,  propendendo  per  la  secondaria,  e  invocandola  come  ci^usa  a  sua  volta 
delle  alterazioni  cellulari:  le  arterie  cerebrali  medie  che  vanno  alla  zona  motrice 
sono  quelle  che  si  trovano  più  particolarmente  esposte  al  trasporto  di  microrganismi 
e  tossine.  Turchi. 

Psichiatria. 

28.  Angrlade  et  Jacquin,  Psychoses  pe'riodiques  et    Epilepsie  {Considerati ons 

cUniques  et  nnntomo-patologiques),  —  «  Encéphale  »,  n.  G,  1907. 

La  letteratura  registra  le  osservazioni  di  molti  ed  autorevoli  autori  che  si  occu- 
parono della  affinità  possibile  tra  epilessia  e  follia  circolare.  Gli  AA.  credono  di 
poter  affermare  con  maggior  sicurezza  l'esistenza  di  questa  affinità  basandosi  su  osser- 
vazioni etiologiche,  cliniche,  ed  anatomo-patologiche. 

Secondo  gli  AA.  nella  patogenesi  della  lollia  intermittente  come  dell'epilessia, 
il  fattore  dominante  è  l'ereditarietà  in  tutte  le  sue  forme.  Si  può  dire  che  il  periodico 
attinga  dall'ereditarietà  la  sua  attitudine  alla  peri(»dieità  come  l'epilettico  l'attitudine, 


Psichiatria  4-79 

la  predisposizione  airepilessia.  Su  tutte  due  le  malattie  le  stesse  cause  banali  possono 
fare  insorgere  accessi  deliranti  ripetuti  e  periodici  o  convulsioni.  Tra  il  carattere 
degli  epilettici  e  dei  maniaci  nei  periodi  interaccessuali  possono  esistere  notevoli  somi- 
glianze,  e  gli  stessi  accessi  per  il  modo  di  insorgere,  per  il  decorso,  per  il  modo  di 
declinare  e  di  recidivare,  presentano  differenze  più  apparenti  che  reali  e  notevoli 
punti  di  contatto.  Confrontano  poi  il  quadro  anat omo-patologico  presentato  da  epi- 
lettici senza  demenza  e  senza  lesioni  microscopiche,  con  quello  di  maniaci  e  ne  fanno 
rilevare  certe  comuni  caratteristiche.  Il  cervello  si  presenta  di  solito  al  tatto  più 
duro  e  più  elastico  della  norma.  Al  taglio  si  incontrano  molte  piccole  zone  più  indu- 
rite, sia  nelle  parti  superficiali  come  nelle  profonde,  le  quali  zone  differiscono  nelle  due 
malattie  solo  per  la  localizzazione.  Non  è  difficile  incontrare  abbondanti  granulazioni 
sul  pavimento  del  IV  ventricolo.  Microscopicamente  si  nota  che  la  nevroglia  sembra 
dutata  di  una  attività  speciale,  ed  è  caratteristica  la  somiglianza  che  passa  tra  essa  e 
gli  strati  sottocorticali  di  glia  degli  individui  giovanissimi.  Si  direbbe  che  il  cervello 
d«^li  adulti  affetti  da  epilessia  o  da  follia  periodica  avesse  ripreso  o  conservato,  per 
quanto  concerne  la  nevroglia,  un'attività  evolutiva  speciale  che  si  può  esagerare 
improvvisamente  sotto  V  influenza  di  cause,  anche  banali,  infettive,  tossiche,  emozio- 
nali. Gli  AA.  inclinano  dunque  ad  imputare  ad  anomalie  congenite  della  nevroglia, 
od  almeno  al  suo  ulteriore  sviluppo  abnorme,  le  crisi  epilettiche  e  maniache. 

Sandrt, 

*2i^.  A.  Antheauine  et  R.  Mignot,  L'hiperhidrose  dans  la  démence  precoce,  — 
«  Encéphale  »,  n.  8,  1907. 

Tra  i  disturbi  vaso -motori  che  fanno  parte  della  sintomatologia  della  demenza 
precoce,  i  più  frequenti  sono  il  raffreddamento  delle  estremità,  la  cianosi,  la  dermo- 
gratìa,  gli  edemi,  la  scialorrea.  Ma  secondo  gli  AA.  la  iperidrosi  è  tra  questi  sintomi 
il  più  facile  a  riscontrarsi,  lo  si  trova  approssimativamente  nel  25  %  <i^i  casi.  Oltre 
all'iperidrosi  localizzata  alle  mani  si  osservano  di  frequente  varie  crisi  sudorali  pa- 
rosì^istiche  e  generalizzate,  massime  air  inizio  della  malattia  e  nella  varietà  catatonica. 
Questo  sintoma  per  U  sua  relativa  persistenza  non  lo  si  può  attribuire  ad  uno  stato 
emozionale  né  ad  una  manifestazione  diatesica,  è  pure  indipendente  dall'azione  della 
temperatura  esterna  o  dall'agitazione  motrice. 

Gli  AA.  attirano  l'attenzione  su  queste  iperidrosi  che  possono  talvolta  fornire  un 
criterio  diagnostico  differenziale  tra  le  forme  di  demenza  precoce  e  le  forme  di  nie- 
lancolia  essendo  in  quest'  ultima,  secondo  il  parere  dei  classici,  la  secrezione  sudorale 
diminuita. 

Sandrù 


30.  A.  D'  Ormea,  Eicerche  sul  ritmo  respiratorio  nei  dementi  precoci ,  —  «  Note 
e  riviste  di  Psichiatria  »,  anno  XXXVH,  n.  1,  1908. 

La  funzione  respiratoria  è  sì  intimamente  collegata  alla  integrità  dei  centri 
nervosi  che  risente  con  particolare  finezza  la  influenza  di  ogni  azione  anche  lieve 
sia  d'origine  psichica  che  somatica.  Sono  i  centri  respiratori  cerebrali  che,  domi- 
nando l'attività  ritmica  del  centro  coordinatore  bulbare,  regolano  la  sinergia  fun- 
zionale dei  gruppi  muscolari  che  partecipano  all'atto  respiratorio.  È  naturale  quindi 
che  una  lesione  dei  centri  coordinatori  si  ripercuota  e  possa  venire  rivelata  dalle 
alterazioni  del  ritmo  del  respiro.  È  parso  quindi  all' A.  di  grande  interesse  studiare 


480  Hiristn  di  Patolof/la  nervosa  e  mentale  -  Psichiatria 

il  comportamento  di  questa  importante  funzione  nella  demenza  precoce,  tenendo  pre- 
sente come  in  questa  malattia  si  trovino  forse  in  giuoco  più  cause  morbigene.  variti 
per  natura  e  diverse  per  sede  di  elezione  della  loro  azione  patogena,  sì  da  portare 
nell'individuo  tanti  ed  evidefBti  fenomeni  di  dissociazione  organica  e  psichica.  In 
questo  suo  primo  studio  TA.  si  è  limitato  a  rilevare  semplicemente  T  andamento  com- 
plessivo della  funzione  respiratoria  con  l'esame  del  ritmo,  nelle  tre  forme  della  de- 
menza precoce,  riservandosi  in  seguito  di  studiare  l'interpretazione  dei  fatti  osser- 
vati. Dalle  osservazioni  riportate  si  rileva  intanto  che  la  frequenza  del  ritmo  noi 
dementi  precoci  è  risultato  pressoché  uguale  a  quella  dei  normali,  con  un  numero 
medio  complessivo  di  19  atti  al  m.'  La  profondità  del  respiro,  calcolata  misurando 
r  ampiezza  delle  escursioni  in  mm.,  risulta  notevolmente  aumentata  in  confronto  dei 
normali.  Tale  differenza,  maggiore  nelle  escursioni  massime  e  che  va  diminuendo 
nelle  minime,  è  accentuatissima  per  i  catatonici,  minore  per  i  paranoidi,  minima 
per  gli  ebefrenici.  La  forma  degli  atti  del  respiro  è  profondamente  modificata:  nu- 
merose sono  le  irregolarità  che  si  riscontrano  sia  negli  atti  inspiratori  che  espiratori, 
e  in  questi  specialmente,  sicché  talora  si  ha  una  linea  tanto  abnorme  e  frastagliata 
che  si  accosta  a  quella  della  respirazione  durante  la  fatica  mentale.  Frequentissima 
è  la  respirazione  periodica  che  si  è  riscontrata  con  maggiore  o  minore  evidenza  in 
quasi  tutti  gli  infermi  presi  in  esame. 

Siriffo. 


HI.  A.  Ziverì,  Sulla  presema  di  colina  e  di  potassio  nel  liquido  cefalo-rachi- 
diano e  nel  sangue  in  alcune  malattie  mentali  (Prima  nota).  —  «  Rivista 
italiana  di  Neuropatologia,  Psichiatria  ed  Elettroterapia  »,  voi.  I,  fase.  3,  1008. 

(jrià  da  alcuni  anni  è  stata  notata  la  presenza  della  colina  nel  liquido  cefnlo- 
rachidiano  e  nel  sangue  di  malati  affetti  da  lesioni  del  sistema  nervoso  in  cui  avvenga 
disintegrazione  degli  elementi  anatomici  di  esso,  sopratutto  nella  paralisi  generale, 
nelle  emorragie  e  rammollimenti,  nella  tabe,  nelle  sclerosi  multiple  e  nelle  mieliti. 

Anche  nelF  epilessia  la  colina  venne  ritrovata  da  alcuni  ricercatori  e  specialmente 
dal  Donath,  il  quale  si  può  dire  la  rinvenisse  quasi  sempre,  e  che  appoggiandosi 
su  esperienze  condotte  sugli  animali,  ritiene  che  la  sostanza  generante  le  convulsioni 
sia  appunto  principalmente  la  colina,  la  quale  agirebbe  come  la  neurina. 

Anche  per  il  potassio  il  Rosenheim  ammette  che  si  trovi  in  aumento  nei  pro- 
dotti di  decomposizione  del  sistema  nervoso,  in  cui  normalmente  sarebbe  presente  in 
combinazione  organica. 

L*A.  ha  voluto  ripetere  le  esperienze  in  proposito  nell'  epilessia,  specialmente  con- 
siderando che  se  la  colina  ed  il  potassio  sono  effettivamente  dei  derivati  dalla  scom- 
posizione della  sostanza  nervosa,  la  loro  presenza  significherebbe  che  la  malattia  non 
è  già  da  annoverarsi  tra  le  funzionali. 

Dai  risultati  delle  sue  ricerche  si  nota  che  nell'epilessia  essenziale  non  è  possibile 
riscontrare  la  colina  nel  sangue.  Nel  liquido  cefalo-rachidiano  sopra  26  casi  una  sola 
volta  ebbe  risultato  positivo:  per  contro  ha  trovato  talora  abbondante  la  produzione 
di  cristalli  di  cloroplatinato  di  potassio. 

Siriffo. 


Fìniizp,  Tip.  (Jalileiana,  Via  8.  Zaiiobi,  5^.      Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentaie 

DIRETTA   DA 

E.    TANZI 

(ftbknzi:) 

A.  TAMBUKENI  E.  MORSELLI 

(roua)  (obnova) 

E.   LXJGAJRO 

(modbna) 


Redattori  s 

0.  ROSSI 

O.  SANDRI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amminiatrazione :  Prof.  TAMZ/,  C Unica  di  San  Salvi,  Firenze. 


VoL.  XIII         S^irenze,  Novembre  1908  Fase.  11 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


Clinica  (Ielle  malattie  nervose  e  mentali  deiristituto  di  Studi  superiori  in  Firenze 
diretta  dal  prof.  E.  Tanzi 


Processi  rigrenerativi  e  degrenerativi 
consegruenti  a  ferite  asettiche  del  sistema  nervoso  centrale. 

Midollo  spinale  e  nervo  ottico 

per  il  dott.  Ottorino  Rossi,   Aiuto  e  Libero-Docente 


Il  problema  della  rigeiu^razione  del  sistema  nervoso  lenti-ale  ò  in  (juesli 
ulliini  anni  tornato  in  interessante  disciLssione  sulla  base  di  lepei^ti  ottenuti 
coi  più  recenti  metodi  di  tecnica;  e  la  soluzione  del  problema,  oltre  die  per 
le  applicazioni  alla  patologia  umana,  ba  davvero  importanza  notevole  come 
quella  che  può  fornire  valida  prova  prò  o  contro  le  principali  teorie  l'ormu- 
late  a  proposilo  della  rigenerazione  dei  nervi.  Dopo  i  lavori  di  Perroncito, 
CajaI,  Lugaro,  una  di  queste  teorie,  quella  dell' autorigenerazione,  può  dirsi 
confutata,  ma  di  essa  esistono  ancora  difensori  ingegnosi  e  vivaci  (He  Ih  e) 
contro  i  quali  non  sono  certo  inutili  nuove  prove;  e  lo  studio  dei  fenomeni 
rigenerativi  4ei  Centri -nefvosi  c€  ihì  piiò  tiftVire,  come  ho  detto,  di  validissime. 

Infatti  è  noto  come  per  la  maggior  parte  dei  poligenisti  le  cellule  di 
Schwann  {lemìwblasti  di  Lenhossék)  siano  dei  veri  neuroblasli  ossia  cel- 


48-2  (l  lìossi 

lille,  (li  uriirine  eclodermica,  ileslinale  a  formare  le  fibre  nervose  neirembrionr 
V  capaci  (li  rigenerarle, neiradulto.  Ed  i  poligenisli  aggiungono  che  l'assenza 
di  (|uesle  speciali  cellule  spiega  chiaramente  il  perchè  nei  centri  nervosi  non 
si  verilichino  fenomeni  di  rigenerazione. 

Supposta  vera  questa  alTermazione  che  in  reallii,  se  si  dovesse  prendere 
nel  suo  più  stretto  significato,  potrebbe  essere  definita  come  meno  esalta,  re- 
sterebbe contro  ai  poligenisti  l'obbiezione  che  le  cellule  della  guaina  possano 
esercitare  una  azione  sulla  rigenerazione  delle  fibre  nervose  senza  esserne  U* 
formatrici;  (juesta  obbiezione  si  può  ritenere  formulata  da  Gajal  il  (juale,  ap- 
poggiandosi alle  ricerche  di  Forssman  sul  chemiotropisnu),  e  sostenuto  da 
altri  autori  (Lugaro),  assegnerebbe  a  queste  cellule  la  funzione  di  attrarre  e 
di  dirigere  le  fibre  di  nuova  formazione;  Mari n esco  muove  ancora  un  passim 
più  in  là  ed  accorda  alle  cellule  derivate  da  quelle  della  guaina  di  Schwann 
anche  una  funzione  di  nutrizione  delle  giovani  fibre  (concetto  delle  ceUtile  ofto- 
trofkhe).  Queste  concezioni,  come  vedremo  più  avanti,  furono  invocate  ancln'  a 
spiegare  la  scarsità  e  la  labilità  dei  fatti  rigenerativi  che  si  svolgono  nel  sistema 
nervoso  centrale. 

Ma  a  me  preme  di  esporre  subito  la  ragione  per  la  quale  ho  potuto  dire 
(•h(3  l'alTermazione  dei  poligenisti  potrebbe  essere  ritenuta  anche  come  meno 
esatta:  la  ragione,  principalissima,  i)  questa:  che  gli  ultimi  lavori  in  argomento 
hanno  messo  in  evidenza  come  in  alcune  parti  dei  centri  nervosi  sì  possa  veri- 
ficare in  seguito  a  lesioni,  sia  accidentali,  nell'uomo,  sia  sperimentali,  m^li 
animali,  una  rigenerazione  abbastanza  attiva  del  tessuto  nervoso. 

Desiderio  di  chiarezza  e  di  brevità  mi  consiglia  di  omettere  la  facile  con- 
sueta esposizione  della  letteratura  dell'argomento  la  quale  riuscirebbe  del  resto, 
per  buona  parte,  inutile.  Per  ciò  che  si  riferisce  ai  fatti  rigenerativi  e  dege- 
nerativi che  si  svolgono  per  ferite  del  cervello  lo  studioso  potrà  trovare  esposti 
i  dati  storici  nei  lavori  di  r)a-Fano(l)  e  di  Guido  Sala  (2);  la  letteratuni 
che  riguarda  il  midollo  è  citata  nei  lavori  di  Stroebe,  Marinesco,  Koichi 
Miyake(3). 

Dei  lavori  più  importanti  eseguiti  con  metodi  meno  recenti,  quale  quello 
di  Stroebe  (4),  e  di  quelli  di  Gajal  (5),  di  Marinesco  e  Minea(()),  di  Tel  lo  (7) 
Cimdotli  col  sussidio  dei  nuovi  metodi  dì  tecnica,  mi  occuperò  nel  corso  di  ipiesto 
mi()  lavoro  quando  si  presenterà  l'occasione  di  un  esame  critico  dei  reperti  di 
(juesti  autori  o  di  un  confronto  dei  miei  risultati  coi  loro. 

Riferirò  quindi  le  mie  ricerche,  che  mi  paiono  portare  qualche  dato  n(m 
privo  di  interesse  in  argomento,  premettendo  qualche  accenno   nietodologir(K 


Materiale  di  ricerca  e  tecnica  seguita. 

Le  regioni  dei  centri  nervosi  da  me  studiate  dal  punto  di  vista  dei  feno- 
meni degenerativi  e  rigenerativi  che  in  esse  si  svolgono  in  seguito  a  ferile 
asettiche  furono  il  midollo  spinale  imI  il  nervo  ottico. 


Processi  rujenerativi  e  deffenerativi,  enc,  483 


Nella  prima  parte  del  mio  lavoro  mi  occuperò  ilei  risultati  ottenuti  .sul 
midollo  spinale.  Ho  condotto  le  mie  ricerche  in  animali  (conìgli  e  cani)  gio- 
vani ed  adulti,  praticando,  di  regola  nel  terzo  inferiore  del  tratto  dorsale,  una 
emisezione  del  midollo  curando  che  la  ferita  riuscisse  il  più  possihile  lineare 
e  nettamente  limitata. 

Il  materiale  cosi  preparalo  venne  raccolto  a  diversa  epoca  dalla  lesione 
e  Inìtlato  con  vari  fissatori  a  seconda  dei  melodi  che  si  volevano  applicare  ; 
dirò  più  avanti  di  quelli  scelli  per  lo  studio  citologico  e  degli  elementi  non 
nervosi  del  midollo.  Per  l'osservazione  dei  fenomeni  rigenerativi  mi  ha  dato 
i  migliori  risultati  il  metodo  di  Cajal  al  nilralo  di  argento;  mi  sono  servito 
dt'lla  formula  3"  con  (jualche  modificazione  del  bagno  riduttore  già  da  me  in- 
dicala in  precedenti  lavori  (8)  ;  la  formula  5*  indicala  da  Ga'jal  (9)  come 
quella  più  adatta  allo  studio  dei  fenomeni  di  rigenerazione  mi  ha  fornito  ri- 
sultati per  nulla  superiori:  un  certo  numero  di  sezioni  veniva  studialo  senza 
ulteriore  trattamento,  ad  altre,  alternativamente,  venivano  applicate  le  modalità 
del  viraggio  imbianchimento  e  successiva  colorazione  di  fondo. 

Ilo  ricorso  anche  al  nuovo  metodo  di  Sand  (10)  ma  i  risultati  di  questo 
metiKlo  sia  per  reletlivilà  che  per  la  delicatezza  e  l'evidenza  sono  assai  inferiori 
a  quelli  che  si  ottengono  col  metodo  di  Cajal:  può  trovare  qualche  applica- 
zione in  casi  nei  quali,  avendo  a  disposizione  un  solo  pezzo,  occorra  di  rica- 
vami' jjreparati  coi  melodi  fibrillari  e  coi  melodi  citologici  ad  un  tempo,  perchè 
le  si'zioni  di  pezzi  trattati  col  fissatore  di  Sand  permettono  buone  colorazi(Uìi 
colla  liimina,  col  turchino  di  toluidina,  colle  ematossiline,  compresa  quella 
Mallory  per  la  nevroglia,  colla  miscela  di  Pappenheim,  ecc. 

Per  ciò  che  si  riferisce  ai  processi  di  rigenerazione,  che  io  esporrò  tosto, 
debbo  ricordare  che  osservazioni  in  proposilo  vennero  già  da  me  comunicate 
al  primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia  (Napoli,  Aprile  11M)8) 
e  dorumentate  coi  relativi  preparati. 

Primo  gruppo  di  esperienze. 

Sezione  del  midollo  s/nwile  di  conif/li  dai  20  ai  40  (fiorili  di  età, 

4^  ore  dopo  il  taglio,  —  La  ferita  appare  assai  netta  e  ben  limitata  ad 
una  metà  del  midollo:  globuli  rossi  occupano  la  soluzione  di  continuo  esi- 
stente tra  i  due  monconi  e  penetrano  anche  per  brevissimo  tratto  nel  tessuto 
nervoso.  ì  cilindrassi  più  grossi  mostrano  già  per  un  certo  tratto  evidenti  segni 
di  degenerazione  quali  li  ha  descritti  Cajal  nella  cosidetta  zona  necrotica  dei 
monconi  di  un  nervo  periferico  sezionalo:  al  di  là  dei  limiti,  non  bene  pre- 
cisabili, di  questa  zona  non  si  osservano  ancora  delle  modificazioni  dei  cilin- 
drassi che  possano  paragonarsi  a  quelle  che  compaiono  nella  cosidetla  zona 
metamorfica  nei  nervi  periferici:  in  amendue  i  monconi  si  vedono  dei  cilin- 
drassi terminati  da  pallottole  alcune  delle  (juali  amorfe,  altre  a  struttura  gros- 
sidanamente  reticolare;  esse  sono  unite  alla  fibra  da   un   ponte  di  sostanza 


484  0.  lìossi 

grunulosa  ora  più  ora  meno  soltile:  alcune  pallottole  appaiono  j^ià  libere, 
slaceate  dalla  libra  che  ha  loro  dato  origine  e  presentano  una  zona  centrale 
scura  circondata  da  una  zona  più  chiara  i  contorni  della  quale  non  sono  sem- 
pre molto  netti:  ricorderò  a  questo  proposito  come  parecchi  autori  (Achùcarro 
e  Calcila,  Cajal  ed  altri)  ritengano  che  queste  masse  formino  i  cosidetti  corpi 
amiloidi.  Talora  il  cilindrasse  si  strozza  bruscamente  ed  alali  là  dello  stroz- 
zamento si  riscontra  una  pallottola   grossolanamente  reticolata  dal  peduncolo 


Fi«.  1.  —  Cellula  delle  coma  anteriori  del  moncone  pro^^imalc 
del  midollo  dorsale  di  coniglio  :  48  ore  dopo  il  taglio  del  mi- 
dollo. Fibrille  groafie  e  bene  Individualizzate  (metodo  Cajal). 

della  (juale  si  staccano  brevi  tortuose  fibrille  che  terminano  liberamente  nel 
tessuto  ambiente. 

Le  libre  più  sottili,  amieliniche,  si  dimostrano,  come  si  verifica  anche  nei 
nervi  periferici,  più  resistenti;  molte  di  esse  terminano  con  pallottoline  amorfe, 
ma  assai  più  liscie,  più  uniformi  che  non  quelle  che  terminano  i  grossi  cilin- 
drassi :  inoltre  esse  sono  assai  più  argentofile. 

Questi  fatti  si  osservano  quasi  in  uguale  quantità  e  con  apparenze  assai 
simili  nei  vari  cordoni  del  midollo  e  in  amendue  i  monconi  prossimale  e 
distale. 

In  corrispondenza  della  sostanza  grigia  si  osservano  poche  variazioni  :  la 
struttura  fibrillare  delle  cellule,  anche  di  quelle  più  vicine  alla  lesione  è  an- 
cora bene  conservala  ;  anzi  in  akune  le  singole  fibrille  appaiono  più  grosse  ed 
evidenti  che  non  nel  normale  di  modo  che,  dal  punto  di  vista  morfologico, 
si  potrebbe   parlare  di  una  ipertrofia  di  esse(fig.  1):  talora   i  prolungamenti 


Processi  ri(je  nevati  vi  e  deuenerativi,  ere. 


485 


prolopìasmntici  hanno  un  aspetto  rigido,  contorlo,  ed  il  cilindrasse  presenla 
<|ua  e  là  dei  rigonfiamenti  in  corrispondènza  a  qualcuno  dei  quali  è  evidente 
la  struttura  lìbrillare.  Qui  si  osservano  alcune  fibrille  terminate  da  piccole 
capocchie  o  da  qualche  anellino,  ma  siccome  anche  nel  normale,  sopratullo 
attorno  alle  grandi  cellule  delle  corna  anleriori,  esistono  formazioni  di  questa 
natura,  non  si  può  qui  a  questa  apparenza 
altrihuire  quel  significalo  che  nei  nervi 
periferici  le  accordano  gli  sperimentatori 
più  competenti. 

fj  giorni  dopo  il  tcuilio,  —  Al  limite 
della  zona  necrotica  si  delinea  un'altra 
zona  nella  quale  i  cilindrassi  più  grossi 
mostrano  una  struttura  fibrillare  evidente 
accentuatissima  :  alcuni  si  sfioccano  nel 
lessuto  ambiente  in  ciuffi  di  esilissime 
fibrille  che  hanno  grande  affinità  per  i  sali 
di  argento:  da  qualche  altro  si  distacca 
laleralmente,  prima  dello  sfioccamento,  un 
gavocciolo  a  struttura  reticolare  che  ri- 
chiama alla  memoria  quelli  delineati  nella 
fig.  :2,  tav.  Il  del  lavoro  di  Perroncilo 
sulla  rigenerazione  dei  nervi  periferici,  e 
tpielli  indicati  da  Cajal  (11)  come  fatti 
di  rigenerazione  collaterale  extra-tubaria: 
altri  cilindrassi  presentano  a  quando  a 
quando  dei  rigonfiamenti  ora  centrali  ora 
fallerai i  a  strultura  fibrillare  più  o  meno 
nella  (flg.  2);  pure  questi  fatti  offrono  qual- 
che analogia  morfologica  con  quelli  di  rige- 
nerazione collaterale  intralubaria  di  Cajal, 
bene  inteso  che,  mancando  qui  la  guaina 

di  Se hwann,  non  si  può  parlare  di  apparenze  che  siano  al  di  dentro  od  al 
<ii  fuori  di  essa. 

Le  fibre  più  sottili  offrono  pure  degli  ingrossamenti  a  rosario;  non  semjire 
riesce  di  mettere  in  evidenza  in  corrispondenza  di  questi  una  struttura  fibril- 
lare: molte  fibrille  sono  terminate  da  piccole  mazze  fortemente  argenlofile. 

Già  al  di  qua  della  zona  or  ora  descritta  compaiono,  in  corrispondenza 
del  moncone  prossimale  nella  regione  dei  cordoni  laterali,  delle  fibrille  sottili 
assai,  a  decorso  leggermente  tortuoso  ma  dirette  nell'insieme  versola  ferita; 
qualcuna  di  queste  fibrille  è  terminala  da  un  anellino  (fig.  3). 

>elle  cellule  nervose  è  ancora  evidente  la  struttura  fibrillare;  in  qualcuna 
delle  più  vicine  alla  lesione  si  rilevano  delle  apparenze  di  ampi  vacuoli  cir- 
condati da  fibrille  grossolane,  variamente  intrecciate. 


Fio.  2.  —  Ciliiidraj^si  della  zona  metamor- 
fica :  midollo  di  coniglio  sei  forili  dopo 
il  taglio  (metodo  Cajal). 


48(> 


0.  Rossi 


li^Ri 


JO  (/ioKni  dopo  il  lufjlio,  —  La  zona  che  io  ho  chiamalo  necrotica  ch'i  du«» 
monconi  e  h  cicatrice  sono  invase  chi  nn  nnmero  grande  di  libre  di  nnova 
formazione  (fìg.  4):  (jueste  fibre  hanno  calibro  più  o  meno  notevole,  si  divi<h»no 
spesso  e  si  suddividono;  alcune  terminano  con  rigonfiamenti  dai  quali  |»arlono 
altre   fibrille   che   portano  anelli  terminali:   le  fibrille  più   sottili  terminam» 

spesso  direttamente  in  anellini 
od  in  piccole  mazze:  spesse  volte 
una  fibra  decorre  per  nn  tratto 
con  aspetto  nastriforme  e  poscia 
quasi  si  raccoglie  in  se  stessi 
e  prende  apparenza  filamentosa. 
Tutte  queste  fibre  si  intrecciano 
variamente,  ma  nel  loro  insienie 
mantengono  una  direzione  orien- 
tata verso  la  cicatrice  che  alcune 
di  esse  riescono  anche  ad  attra- 
versare: non  si  osservano  for- 
mazioni a  spirale.  Nella  zona  di 
metamorfosi  non  si  rilevano  le- 
nomeni  di  Perroncito,  nume- 
rose sono  le  divisioni  di  fibre 
i  grossi  rilindrassi  posseggono 
una  struttura  fibrillareevidenlis- 
sima,  con  fibrille  grosse  separate 
runa  dall'altra  da  nn  discreto 
spazio;  occorre  talora  di  vedere 
staccarsi  da  uno  di  questi  cilin- 
drassi una  fibra  più  sottile  che 
"^  "^  si  spinge  assai  lontano  verso  la 

Fu.^ 3  -  Midollo  di  coniglio:  «ei  Kìonii  dojK)  il  taglio:     ^.i^jarice  ;  qualchc  cilindrasse  S 

nbrille  Bottili  iieofonnato,  terminate  da  anellini  o  .        *  «i    -n      i   n 

da  piccole  mazze,  nella  zona  metamorfica  e  ueììa     sfioCCa  lU  numcroSC  fibrille  (Ielle 
necrotica  fino  in  vicinanza  della  cicatrice  (m.  Cajal).      (^\\i\\'\  qunlcuna,  dopO  UU  percorso 

abbastanza  notevole  in  direziime 
della  cicatrice,  termina  con  una  piccola  mazza;  ancora  si  osserva  qualche  cilin- 
drasse che  ad  un  certo  punto  pare  terminare  in  una  grossa  mazza  a  struttura 
in  parte  amorftì,  in  parte  reticolare,  da  un  estremo  della  quale  si  inizia  una 
nuova  fibra  più  sottile  del  cilindrasse  originario  (fig.  5). 

Nella  sostanza  grigia  i  fenomeni  sono  assai  meno  evidenti  :  per  quanlo 
riguai'da  le  cellule  nulla  ho  da  aggiungere  a  quello  che  ho  detto  per  lo  stadi.) 
precedente:  ho  visto  il  cilindrasse  di  una  cellula  terminare  con  un  piccolo 
ingrossamento  a  clava  ma  a  questa  unica  apparenza,  che  poti'ebbe  essere  Noln- 
menle  dovuta  a  fenomeni  fisici,  non  voglio,  neppure  in  via  di  ipotesi,  attribuire 
alcun  significato.  In  questa  regione  si  incontrano  molte  fibrille  terminate  iln 
piccolissimi  anelli  ma,  per  la  ragione  che  sopra  ho  esposto,  non  si  può  (|ui  a 


Processi  rù/eiieratlri  e  (lef/enemliri,  ecc. 


ÌHl 


(|iirs|:i  iiuniai^ine  concedere  ijuel  valore  che  le  accordianio  altrove:  ad  otrnì 
modo  non  si  osserva  che  fibrille  le  (juali  possegjjano  i  caratteri  di  quelle  neolor- 
niate  si  dirigano  verso  la  cicatrice. 

C^O  fjiorni  dopo  il  taglio,  —  Mentre  dall'osservazione  dello  stadio  prece- 
dcìile  si  ritraeva  l'impressione  di  un  processo  rigenerativo  abbastanza  vivace 


Fio.  4.  —  Moncone  prossinuilo  del  midollo  di  conigliolo:  dieci  tinnii 
dopo  il  taglio:  la  cicatrice  appare  percorsa  da  numerof*e  fibre  neo- 
formate (metodo  Cajal). 


Cil  eflicace,  a  ((uesto  periodo  si  nianilesla  un  l'atto  nuovo,  già  osservai»»  del 
resto,  come  più  innanzi  esporrò,  da  Stroebe  e  da  Cajal:  in  corrispondenza 
della  cicatrice  il  tessuto  di  sostegno  si  è  assai  rarefatto,*  anzi  al  centro  di  essa 
appare  una  vera  cavità  a  margini  irregolari:  le  ragioni  ed  il  meccanisnui  di 
(jueslo  fatto  io  cercherò  di  dimoslrare  là  dove  mi  occuperò  dei  fenomeni  che 
si  verificano  negli  elementi  non  nervosi  che  entrano  a  far  parte  del  lessulo 
miihdlare.  Nella  zona  rarefatta  si  incontrano  scarse,  esili  fibrille  di  nuova  for- 
mazione, mentre  esse  erano,  come  si  è  visto,  tanto  numerose  a  dieci  giorni: 


i88 


0.  fiossi 


jjnclie  (jiieslc  rare  fibrille  hanno  assunto  un  aspello  di  rigidità,  di  angoloì^ilii 
che  male  si  presta  alla  descrizione  ed  anche  male  si  ritrae  col  disegni»,  che 
le  rende  però  assai  dissimili  da  quelle  neol'ormate  ed  in  via  di  rigenerazione 
le  quali  si  distinguono  per  la  loro  souplesse. 

Nella  zona  di  motaniorrosi  non  si  riscon- 
trano che  in  minima  parte  i  fenomeni  che  ho 
descritto  nello  stadio  precedente. 


Secondo  gruppo  di  esi>erienze. 

Sezione  del  midollo  spinale 
in  canini  da  uno  a  due  mesi  di  eln. 

SO  ore  dojjo  il  ta<jlio.  —  Anche  in  questo 
stadio  come  in  quello  di  48  ore  del  conigli<do, 
i  tatti  che  prima  richiamano  l'attenzione  sono 
quelli  che  olirono  alla  loro  terminazione  i  cilin- 
drassi più  grossi:  le  modalità  sono  quelle  già 
descritte;  quanto  alle  fibre  più  sottili  qui  si 
osserva  come  qualcuna  di  esse  ad  un  certo 
punto,  quasi  improvvisamente,  presenti  una  di- 
varicazione delle  fibrille  dalle  quali  risulta: 
queste  decorrono  per  un  certo  tratto  parallele 
e  poscia  divaricano  e  si  slìoccano  tra  le  fibre; 
si  incontrano  anche  fibrille  sottili  che  sul  biro 
decorso  olirono  delle  fenestralure  ovalari  (fig.O). 
Per  ciò  che  si  riferisce  alla  sostanza  grigia 
devo  anche  qui  far  notare  che  le  cellule,  anche 
quelle  assai  vicine  alla  lesione,  mostrano  ancora 
evidente  struttura  fibrillare:  in  qualcuna  sono 
meno  appariscenti  le  fibrille  più  sottili,  mentre, 
a  giudicare  dal  confronto  colle  cellule  mollo 
lontane  dalla  ferita,  le  maggiori  appaionc»  in- 
grossate (fig.  7):  i  prolungamenti  protoplasiiui- 
tici   di   alcune  cellule  sono  rigidi,  contengono 

delle  fibrille  grossolane  che  si  sfioccano  nel  tessuto  ambiente;  il  cilindnsse 

presenta  spesso  degli  ingrossamenti  a  rosario. 

5  (jionn  dopo  il  tnulio.  —  La  zona  di  degenerazione,  in  amendue  i  mon- 
coni, appare  forse  un  poco  più  estesa  che  non  nel  coniglio:  non  ha  limiti  m'tii, 
e  per  i  vari  cilindrassi  ofl're  estensione  variabile;  ciò  riesce  fi^cile  a  compren- 
deisi  quando  si  pensi  alla  struttura  anatomica  del  midollo.  Anche  qui,  conio 


Fio.  5.  —  Coiiigliolo:  i'iliii(lrH.'«:<i  con 
divisioni  ed  ingrossamenti,  quali 
Hiipaiono,  dieci  giorni  dojH)  il  ta- 
glio, nei  monconi  d«'l  midollo  (me- 
todo Cajal). 


Processi  rUjeìiernlivi  e  defienerativi,  ver. 


489 


nel  coniglio,  si  trovano  ^ià  delle  sottili  fibrille  neoformate  terminate  ila  un 
anellino  o  da  una  piccola  mazza.  Al  limite  di  questa  zona  offrono  interessanti 
curiose  immagini  le  terminazioni  dei  grossi  cilindrassi:  alcuno  di  questi  ter- 
mina sfìoccandosi  in  una  grande  mazza  formala  da  una  sostanza  amorfa  cir- 
condata da  un  alone  più  chiaro;  dal  grossolano  reticolo  che  viene  cosi  costituito 
partono  talora  dei  sottili  tortuosi  prolungamenti  i  quali  hanno  l'aspetto  di  picctde 
radichette:  tale  altra  nella  grande  mazza  amorfa  ò  con- 
lenuto,  raccolto  a  spira  od  a  gomitolo,  un  tratto  del 
cilindrasse  (tig.  8). 

Xella  zona  metamorfica  si  riscontrano  le  apparenze 
che  in  uno  stadio  aj^sai  vicino  a  questo  —  6  giorni  — 
io  ho  descritto  nel  conigliolo:  anche  qui  appare  qualche 
fallo  che  richiama  alla  mente  quelli  descritti  da  CajaI 
(I.  e.)  come  fatti  di  rigenerazione  collaterale.  Lungo  il 
decorso  di  qualche  grosso  cilindrasse  si  osserva  talora 
una  regione  nella  quale  questo  offre,  anziché  una  chiara 
struttura  fibrillare,  un  aspetto  piuttosto  omogeneo:  dai 
limiti  di  questo  tratto,  tanto  superiormente  che  inferior- 
mente, il  cilindrasse  invia  delle  sottili  tortuose  fibrille 
sulle  quali  la  riduzione  argentica  offre  un  aspetto  piuttosto 
granulare  e  che  vanno  a  ramificarsi,  intrecciandosi  in 
varia  e  complicata  guisa,  in  una  massa  di  sostanza  amorfa 
che  «-ircorda  il  tratto  di  cilindrasse  ad  aspetto  omogeneo. 
Questo  fatto  offre  notevole  analogia  con  quello  riprodotto 
da  CajaI  nella  fìg.  22  .4  del  lavoro  da  ultimo  citalo  e 
che  si  riferisce  ad  una  fibra  di  un  nervo  schiacciato; 
debbo  però  avvertire  che  nel  mio  caso  non  ho  potuto 
osservare   che   alcuna   delle   fibrille  ramificantesi  termi-      no.  o.  -  A«|H'tto  di  ei- 

nass»»   ad    anello.  lindraiwi  ^ronsi  e  m>t- 

Nella  sostanza  grigia  nulla  di  sostanzialmente  diverso         ^^}\  "^\»"«»/^";«  <*': 

.      Z'    %  .  Htale  del  midollo  di 

da  quello  che  io  ho  descritto  alla  slessa  epoca  nel  co-         canino, tmifoii- dopo 

nigllido.  iltoKlio  (m.  Cajal). 


7  (ii4)rni  dopo  il  ta(jlio,  —  Nella  zona  necrotica  ed  anche  nella  cicatrice 
appaiono  in  numero  maggiore  le  fibre  sottili  di  nuova  formazione.  In  un  caso 
la  cicatrice,  costituita  da  cellule  fusate,  disposte  in  varia  direzione,  sulle  quali 
ritornerò  in  altra  parte  del  lavoro,  si  trovò  invasa  da  fibrille  neoformate  in  quan- 
tità discreta,  ma  colle  sezioni  seriale  si  dimostrò  che  queste  provenivano  mm 
da  qualcuno  dei  due  monconi  del  midollo,  bensì  dalle  fibre  di  una  radice  ante- 
riore, compromessa  neir operazione,  il  moncone  centrale  della  quale  erasi  por- 
tato col  suo  estremo  distale  nella  cicatrice. 

Per  ciò  che  riguarda  la  zona  metamorfica  e  la  sostanza  grigia  devo  aggiun- 
ger»' che  si  notano  suppergiù  i  fatti  delineali  a  proposilo  del  precedente  stadio. 


m) 


0.  liossi 


Il  fjiorni  dopo  il  lafjluh  —  Come  nel  conijiliolo  allo  sliulio  c(»rrispoii(li*nl»' 
anche  (|ui  si  trova  nna  notevole  quantità  di  fibre  neoformate  che  .si  spiniiono 
lino  nella  cicatrice:  sono  libre  di  vario  diamelro  che  si  dividono  spesso  in  due 
0  più  rami  presentando  al  punto  dì  divisione  tiellc  espansioni  che  nella  sezione 
appaiono  come  grossolanamente  lriang:olari  (fif.^  9),  ricordando  la  fi{r.  15  della 
tav.  HI,  che  correda  il  lavoro  del  Perroncito  (12):  altre  libre  invece  terminano 

in  vicinanza  della  cicatrice  ravvtd- 
jrendosi  spesso  sopra  sé  slesse  a  l'or- 
mare dei  jromitoli  complicali  o  delle 
clave  a  struttura  reticolare:  di  cpial- 
cuna  delle  più  semplici  di  (jnesle 
formazioni  si  può  trarre  un  concello 
dalle  figure  che  riporto  (Hji.  10): 
numerose  sono  le  fibre  sottili,  <le- 
licate  che  terminano  in  picctdi 
anelli  o  in  piccoli  rejrolari  ingros- 
samenti tondeggianti. 

Nella  zona  metaniorlica  m  os- 
servano in  grjìude  numero  i  falli 
descritti  nel  conigliolo:  i  cilindrassi 
più  grossi  dimostrano  assai  nelfa  la 
loro  struttura  llbrillare:  molli  ter- 
minano in  più  rami  di  spessore 
differente;  non  sono  rare  le  espan- 
sioni laterali  terminate  da  mazze: 
(jualche  cilindrasse  di  volume  piut- 
tosto considerevole  pare  terminare 
per  sfioccamento  in  una  massa  ro- 
tondeggiante amorfa  al  dì  là  della 
quale  si  ricompone  in  una  tìbni 
più  sottile:  anche  le  libre  sottili  mostrano  a  tratti  le  loro  fibrille  assai  di- 
varicate, talora  queste  si  allontanano  gradatamente  Tuna  dall' altra. 


Fi«.  7.  —  Cellula  nervosa  con  fl1)rille  ingrossati!  : 
midollo  dorsale  di  canino,  trcnt'ore  dopo  il 
tagrlio  (metodo  Cajal). 


7  7  (jlonù  do])o  il  ta<ilio.  —  Il  numero  delle  libre  di  nuova  formazione»'» 
aumentato  nella  zona  che  ho  distinto  col  nome  di  necrotica;  le  fibre  rigene- 
rate sono  anche  numerose  nella  cicatrice;  ma  in  questa  e  anche  nel  tessuto 
midollare  che  sta  ai  suoi  limiti  si  cominciano  a  notare  delle  zone  di  raiv- 
fiìzione  del  tessuto,  che  rappresentano  T  inizio  del  processo  che  negli  stadi  suc- 
cessivi apparirà  sempre  più  manifesto  e  che  ha  nell'argomento  del  quale  ci 
occupiamo  una  importanza  notevole. 

Dovrei  descrivere  i  fatti  che  si  presentano  a  ^2-20-'^8'30'4<)'5()  (fiorni 
dopo  il  tafjlio^  ma  una  descrizione  dettagliata  di  ciascuno  di  essi  mi  idddi- 
gherebbe  a  delle  ripetizioni  inutili,  alla  esposizione  di  dettagli  od  uguali  o 
assai  simili  :  preferisco  di  riassumere  nelle  sue  parti  essenziali  il  decorso  de 


Processi  rif/enrrativi  e  degenerai in\  ecc. 


491 


procosso:  ilico  subilo  che  dai  venti  giorni  circa  in  avanli  il  latto  clic  doniina 
la  .scena  i^  il  proorcdirc  continuo  del  processo  por  il  (juale  viene  ad  esser  di- 
slrutlo  il  tessuto  di  sostegno  del  midollo  sempre  e,  nella  maggioranza  dei  casi, 
il  tessuto  cicatriziale  :  mano  a  mano  che  questo  tessuto  va  scomparendo  scom- 


Fio.  8.  —  Moncone  pro?»«imal«'  di  midoUo  di  canino 
cinque  leriorni  dojK)  il  taglio:  fibre  sottili  iy?ofor- 
inate  terminate  talora  da  anellini  nella  zona  ne- 
crf)tica  (metodo  Cajal). 


paiono  anche  le  fibre  nervose  che  in  esso  decorrevano  :  mosli^ano  esse  tuttavia 
una  notevole  resistenza;  anche  a  processo  molto  avanzato  dove  esiste  un  ponte, 
un'isola  del  tessuto  di  sostegno,  là  si  vedono  ancora  sottili  libre  nervose:  ai 
bordi  ilella  cavità  che  cosi  si  va  formando  si  addensano  e  si  intrecciano  le  libre 
di  nuova  formazione,  le  quali  sono  però  rigide,  pin^sentano  dei  bitorzoli  e  ter- 
minano in  mazze  grossolane  che  non  possiedono  una  evidente  struttura  reti- 
colare; si  ha  cioè  un  insieme  di  caratteri  tali  da  lasciare  adito  all'ipotesi  che 
possano  trovarsi  in  via  di  regressione  (tìg.  li  e  12). 


A\H 


0.  Rossi 


I  tenoineni  che  si  iiicontravunu  nella  zona  di  metamorfosi  paiono   ninno 
a  mano  divenire  meno  frequenti.  Ma  vsopra  i  falli  sia  degenerativi  che,  even- 


'^-*iJm*^mM. 


^v//;,- 


"■'.5.» 


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tir' •  V  ^"  ■ 


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Fia.  9.  —  Midollo  di  eAuino,  undici  giorni  doi>o  il  taglio: 
fibre  nei*vo»e  neofonnate  che  hanno  invado  la  cicatrice 
e  vi  «i  suddividono  (metodo  Cajal). 

lualmenle,  rigenerativi  di  questa  refrione  ritornerò  in  un  altro  lavoro  le  espe- 
rienze del  quale  sono  p:ià  in  corso. 


Terzo  gruppo  di  esperienze. 

Sezione  del  midollo  spinale  in  cani  adulti. 

Comprende  (jueslo  j^rui^po  l'osservazione  di  stadi  di  8  ore,  4S  ore,  5-7- 
^'9-20-20-46-05  giorni, 

I  processi  che  si  svolj^ono  sono  nella  loro  essenza  simili  a  qnelli  che  ho 
riferito  per  i  primi   due  jj^ruppi  :  invece  vi  sono  delle  differenze  di  quantità. 

I  processi  dejrenerativi  delle  fibre  nervose  appaiono  qui  più  rapidamente 
e  sono  più  estesi  che  non  negli  animali  giovani:  al  contrario  sono  più  scarsi 
i  fenomeni  di  rigenerazione.  Anche  qui  le  fibrille  neoformate  arrivano  però 
alla  cicatrice,  sebbene  in  numero  minore  :  anche  qui  dopo  un  certo  tempo 
(20  giorni)  si  osserva  quel  fatto,  che  ho  sopra  descritto,  della  distruzione  del 
tessuto  di  S(»stegno  del  midollo  e  di  quello  della  cicatrice  con  conseguente 
scimiparsa  delle  liiu'e  nervose  rigenerale. 


Processi  ruieneralicl  e  de<jeìierativl,  ecr. 


198 


Riassumendo  i  risultati  delle  mie  ricerche,  credo  di  poter  rosi  descri- 
vere il  processo  che  si  svolge  nelle  libre  nervose  della  sostanza  bianca  del 
midollo  spinale  in  seguilo  a  ferita  lineare 
asettica. 

In  amendue  i  monconi  compaiono  latti 
degenerativi  che  progrediscono  in  intensità 
ed  estensione  fino  ad  epoca  molto  inoltrata; 
alcune  fibre  anzi  non  mostrano  che  feno- 
meni degenerativi  e  mai  vi  appare  un  fe- 
nomeno che  si  possa  considerare  nettamente 
come  di  rigenerazione;  la  degenerazione 
nei  cordoni  laterali  prevale  nel  moncone 
distale  dell'asse  midollare.  L'estensione  e 
r intensità  della  degenerazione  presentano 
però  delle  variazioni  da  individuo  a  indi- 
viduo cui  per  ora,  sul  fondamento  di  que- 
sle  mie  esperienze,  non  potrei  assegnare 
delle  leggi.  Neppure  potrei  a  questo  pro- 
posilo confermare  quello  che  dice  CajaI, 
cioè  che  le  fibre  vecchie,  quando  si  forma 
la  cavità  in  corrispondenza  della  ferita, 
degenerano  fino  al  punto  donde  nasce  da 
esse  una  collaterale  che  si  porta  nella  so- 
stanza grigia:  Cajal  crede  che  a  questo 
modo  venga  riassorbito  il  tratto  inutile  del 
vecchio  cilindrasse  ed  accenna  anche  al- 
l'ipotesi che  alcune  collaterali  delle  fibre 
della  sostanza  bianca,  dopo  il  riassorbi- 
mento del  trailo  superfluo,  possano  convertirsi  in  rami  terminali.  L'esten- 
sione della  degenerazione  sembra  maggiore  negli  animali  adulti;  anche  qui 
le  fibre  più  sottili  amieliniche  presentano  una  resistenza  maggiore;  nella  zona 
da  me  indicata  col  nome  di  necrotica  queste  fibre  non  dimostrano  però  una 
resistenza  tanto  spiccata  come  le  fibre  amieliniche  del  moncone  periferico  dei 
nervi  e  degenerano  in  due  o  tre  giorni. 

Al  disopra  della  zona  di  degenerazione  dei  vecchi  cilindrassi  compaiono, 
già  nei  primi  giorni  dopo  il  taglio,  delle  modificazioni:  non  credo,  e  sono  ap- 
poggiato in  questo  mio  modo  di  vedere  dalle  conclusicmi  di  Perroncito,  che 
luHi  i  fenomeni  precoci  che  si  osservano  in  questa  zona  siano  senz'  altro  da 
considerare  come  rigenerativi  ;  alcuni  potrebbero  essere  ])iù  propriamente  con- 
siderati come  fatti  irritativi. 


Fio.  10.  —  Tenninuxioni  di  libre  nervose 
iieoformate,  in  prossimità  della  cica- 
trice :  nel  moncone  distale  di  midollo 
di  canino  nudici  ffionii  doiK)  il  taglio 
(metodo  Cajal). 


404 


(l  Hossi 


Al  ijuinlo-scsto  jiiorno  si  Iruvano  jriii  in  ahbcnuhinzn  falli  di  naliira  rijfCMicni- 
liva:  a  (juosl'cpoca  delle  libre  che  possono  essere  sieuramenle  considerate  come 
neoforma  le  si  trovano  nella  zona  di  dejrenerazione  die  io  ho  chiamala  necro- 
lica;  al  decimo-undicesimo  giorno,  nejrli  animali  jriovani,  queste  fibre  sono  cre- 
sciule  in  jrran  numero:  benché  offrano  spesso  delle  suddivisioni,  nonostante  che 

alcune  facciano  un  cammino  retroj^rado  o 
serpegjrino  nel  contorno  della  cicatrice, 
molte  si  orientano  decisamente  versi»  di 
(juesla,  alcune  vi  entrano  e  la  percorrono 
per  buon  tratto,  qualcuna  riesce  anche  ad 
attraversarla.  Ma  ad  un  certo  periodo 
—  17-20  jfiorni  —  si  inizia  un  fatto,  che 
non  sì  svolge  nel  tessuto  nervoso,  e  die 
frustra  i  fenomeni  rijjenerativi,  dando  luoiri» 
alla  formazione  di  una  vera  cavità  in  cor- 
rispondenza della  ferita  o  dei  due  monconi, 
con  conseguente  distruzione  delle  fibre  ner- 
vose che  decorrevano  nel  tessuto  di  soste- 
gno. A  nessuno  può  sfuggire  Tiniportanzn 
che  questo  fatto  ha  nell'argomento  che  ci 
occupa  ed  io  ne  traltorò  più  ampiamente 
in  seguito. 


Fio.  11.  —  Aspetti  termiiwli  di  tìl»ro  ik*«>- 
fonnate  in  protesi mità  della  cavità  l'ho, 
(lUarantH  Kiorni  dojjo  il  taglio,  «i  va 
fonnando  in  corri .Mj^ondenza  della  zona 
necnìtica  del  midollo  di  canino  (metodo 
Cajal). 


l  reperti  degli  autori  che  mi  prece- 
dettero in  queste  ricei'che  differiscono  al- 
quanto dai  miei  e  le  difl'erenze,  benché' 
forse  non  sostanziali,  sono  di  una  cerla 
importanza,  soprattutto  per  T  interpreta- 
zione degli  sladii  del  processo  rigenei-ativo 
del  midollo. 
IVima  di  procedere  oltre  devo  fare  rilevare  che  lo,  a  differenza  di  quello 
che  ((ualcuno  dei  suddetti  autori  ha  fatto,  ho  rinuncialo,  nella  descrizione  dei 
fenomeni,  a  distinguere  nettamente  ciò  che  si  riferisce  ad  un  moncone  centrale,  da 
ciò  che  si  riferisce  ad  uno  periferico;  in  realtà  nel  midollo  questa  nomenclatur«i,  se 
non  viene  premessa  la  dichiarazione  che  le  si  concede  un  puro  valore  topogralìco, 
non  è  esatta;  meglio  sarebbe  parlare  di  un  moncone  prossimale  e  di  uno  dicale. 
Infatti  data  rarchitettura  del  midollo  spinale  è  chiaro  che  rispetto  ai  centri  — le 
cellule  —  dai  quali  le  fibre  midollari  prendono  origine,  ognuno  dei  due  mon- 
ccmi  —  distale  e  prossimale  —  può  essere  per  alcune  fibre  analogo  al  centrale, 
per  altre  al  periferico  dei  nervi.  In  ciascun  fascio  midollare,  per  quanto  la 
lisi(dogia  ce  lo  indichi   come   ascendente   o   discendente,  dec(»rrono   in   reallà 


Processi  rif/fnerativi  e  dn/encrafiri,  et 


495 


filli»'  in  (Ine  sensi:  basta  pensare  alla  divisione  a  T  delle  libre  che  entrano 
nei  cordoni  posteriori,  all'esistenza  delle  libre  romniessnrali  Innjrhe  e  brevi  nei 
<ordoni  laterali,  per  comprendere  Teventnalità  da  me  indicata:  inoltre  noi  sap- 
piamo che  anche  nei  cordoni  cosiddetti  ascendenti  sono  state  dimostrate  delle 
tìbr»'  «liscendenti  di  orijrine  cerebrale. 

Tornando  al  confronto  dei  miei  reperti  con  (jnelli  deirli  altri  autori,  co- 
mincierò  dal  far  notare  che  io  ho  riscontrato  essere  i  Fenomeni  di  ri{»:enera- 


Fu».  12.  —  Fibn*  ni  of(»niiat«*  quali  appaicmo  ai  niarKÌJ»i  <1«'11« 
cavità  vUv,  cinquanta  gionii  doix)  il  taglio,  si  forma  in  cor- 
ri.siKuidcnza  dei  monconi  del  midollo  di  canino  (m.  Cajal). 


zione  assai  più  precoci  di  (joello  chi'  Cajal  descrive:  per  parlare  solo  dei  l'atti 
dei  «piali  la  interpretazione  non  può  essere  dubbia,  io  ho  trovato  al  (juinto 
jiiorno  j^ià  abbondanti  libre  neoformate,  le  quali  al  decimo  invadono  la  cica- 
trice; Cajal,  il  quale  per  altro  ha  studiato  solo  tre  animali,  afferma  che  ad 
otto  iriorni  si  riscontrano  ancora  soltanto  latti  dc^renerativi,  però  a  venti  jiiorni 
ejrli,  nonostante  si  sia  già  formata  una  cisti  in  corrispondenza  della  ferita, 
descrive  fibre  neoformate  che  si  spingono  fino  vicino  alla  cicatrice. 

Stroebe,  il  quale  a  cagione  del  metodo  che  avea  a  disposizione  non 
poti'  sorprendere  i  fatti  più  precoci,  a  «(uindici  giorni  descrive  fibre  neofor- 
mate nella  cicatrice. 


490  (K  Rossi 

Marìnesco  ha  nolato  fatti  dì  rigenerazione  già  a  selle  giorni  <ial  faglio 
efi  a  diciasselle  disegna  dei  fasci  di  tìbre  neoformale  che  entrano  nelhi  cica- 
trice; egli  rileva  che  i  fatti  rigenerativi  che  si-  svolgono  nel  midollo  spinale 
sono  abbastanza  vivaci:  essi  si  compiono  per  due  processi,  l'uno  quello  di  ac- 
crescimento delle  fibre  preesistenti,  l'altro  quello  di  divisione  delle  fibre  neo- 
formate.  Ciononostante,  in  accordo  coi  due  autori  sopracitati,  egli  conviene  che 
non  si  raggiunge  mai  un  vero  ristabilimento  delle  primitive  connessioni  ana- 
tomiche. 

Ma  se  gli  autori  convengono  nel  dato  di  fatto,  danno,  od  almeno  tentano 
di  tiare,  differenti  spiegazione  di  esso.  CajaI  ha  osservato  che  circa  i  10  giorni 
le  fibre  neoformate  subiscono  un  processo  involutivo  assai  spiccalo;  a  suo  modi» 
di  vedere  diverse  possono  essere  le  cause  che  frustrano  il  processo  rigenera- 
tivo nel  midollo;,  egli  scrive:  «  la  formazione  della  cisti  intramidollare,  e  forse 
«  la  mancanza  di  cellule  capaci  di  secernere  delle  sostanze  chemiotatlichf  che 
«  dirigano  la  marcia  dei  nuovi  cilindrassi  (od  altre  condizioni  non  ancora  bene 
«  determinabili)  fanno  fallire  il  processo  rigenerativo,  atrofizzandosi  i  nniii 
K  nuovi  e  conservandosi  delìnitivamente  solo  le  porzioni  dei  conduttori  che 
«  stabiliscono  connessioni  interneuronali  ». 

Slroebe,  il  quale  al  quesito  se  la  sostanza  midollare  sia  capace  di  rige- 
nerare dice  potersi  rispondere  nel  st»nso  che  nel  midollo  spinale  da  parte  delle 
fibre  tagliate  viene  intrapresa  una  rigenerazione  che  però  non  arriva  alla  rico- 
struzione di  un  vero  tessuto  midollare,  concede  molta  importanza  al  fatto  che 
le  fibre  di  nuova  formazione,  cosi  come  quelle  normali,  hanno  una  grande  ten- 
denza a  risolversi  in  collaterali;  queste  continue  diramazioni  fanno  si  che  nelle 
fibre  midollari  «  niir  die  Neubildung  sckwacher,  sich  rasch  atifsplil(enìdei\, 
nicht  ZÌI  krdftiijen  Vordringén  vemnlagter  Fasern  zu  Stande  kmnnien  lasseiì  >. 
Stroebe  come  appare  da  altri  passi  dei  suoi  lavori  concede  poca  importanza 
alle  cellule  di  Schwann  nella  rigenerazione  del  tessuto  nervoso. 

Marinesco  dopo  aver  notato  che  anche  nei  centri  nervosi  si  formano, 
in  seguito  a  ferita,  colonie  di  quelle  cellule  che  egli  chiama  apotroliche  (vedi 
fig.  i  del  I.  e.)  (io  non  disculo  per  ora  questa  affermazione  che  riprenderò 
più  tardi  in  esame)  diede  della  mancanza  di  ristabilimento  della  continuità 
anatomica  una  spiegazione  che  è  uguale  a  quella  di  Slroebe. 

Perroncilo  nel  suo  lavoro  sulla  rigenerazione  dei  nervi  accenna  di  avere 
constatalo  fenomeni  rigenerativi,  quantunque  scarsi,  nej  midollo  spinale  di  gio- 
vani animali  operali  di  sezione  del  midollo  slesso;  ma  non  dà  alcuna  inter- 
pretazione di  <|uesla  scarsità  di  rigenerazione. 

Certamente  anche  dalle  mie  osservazioni  risulla  che  i  falli  rigenerativi 
che  si  svolgono  nel  midollo  spinale  sono  a  parità  di  condizioni  (età  delPani- 
male,  decorso  della  ferita  operatoria  eie.)  più  lenti  e  meno  abbondanti  che 
nei  nervi  periferici.  Una  spiegazione  di  questo  fallo  si  può  trovare  rillettendo 
come  quaudo  si  pratica  la  .sezione  del  midollOviiei  4iiU)tlo  dorsale  inierii^re  aJ 
esempio,  sì  interrompano  dei  prolungamenti  nervosi  di  varia  natura  e  soprat- 
tutto a  varia  distanza  dal  coriK)  cellulare  dal  quale  originano;  questo  ne  sen- 


Proressi  rùfenerativi  e  deae  aerai  ir  l,  t'i'c.  VM 


lini  nei  vari  casi  cfleili  più  o  meno  ^rnvi  ed  in  con$e|>:uenza  darà  iuo[fo  a 
fenomeni  di  reazione  —  e  Ira  questi  può  considerarsi  la  rigenerazione  —  più 
0  meno  rapidi  e  notevoli..  Considerando  il  cilindrasse  di  una  cellula  nervosa, 
con  tutte  le  sue  collaterali,  ridotto  ad  unità,  quanto  minore  sarà  la  porzione 
di  questa  unità  che  separeremo  dal  corpo  cellulare  e  tanto  più  scarsi  saranno 
i  fatti  reattivi  che  in  questo  si  svolgono;  quando  la  parte  amputata  sìa  per 
così  dire  trascurabile  rispetto  al  tutto  si  può  supporre  che  la  (cellula  rimanga, 
praticamente,  indifferente;  lo  studio  della  cellula  col  metodo  di  Nissl  con- 
ferma questo  concetto.  Ed  in  base  a  questo  si  può  comprendere,  come  in  se- 
guilo ad  una  sezione  del  midollo  dorsale,  reagiscano  scarsamente  le  cellule  delle 
regioni  motrici  della  corteccia  il  cui  cilindrasse  viene  mutilato  di  una  parte, 
in  confronto  al  tutto,  minima;  molte  delle  cellule  che  danno  origine  alle  fibre 
commessurali  lunghe  per  le  quali  occorre  notare  che  anche  quando  la  sezione 
cade  non  molto  lontano  dal  corpo  cellulare  la  parte  di  cilindrasse  amputata  è 
sempre,  rispetto  all'unità,  piccola  perchè  emettono  un  grande  numero  di  col- 
laterali; così  reagiranno  pure  scarsamente  le  cellule  cordonali  eteromere  ed 
omoiaterali  più  lontane  dalla  ferita.  Circa  alle  cellule  dalle  quali  traggono  ori- 
gine le  libre  dei  cordoni  posteriori,  esiste  l'osservazione  di  Lugaro  (13)  che 
le  cellule  dei  gangli  spinali  rimangono  integre  anche  molto  tempo  dopo  la 
lesione  quando  venga  sezionato  il  loro  prolungamento  centrale.  Però  non  posso 
lacere  alcune  osservazioni  che  paiono  contraddire  àlT ipotesi  da  me  esposta: 
Cajal  nel  terzo  cane  da  lui  operato  di  sezione  del  midollo  .spinale  sezionò  acci- 
dentalmente una  radice  posteriore:  dopo  36  giorni  trovò  che  l'estremo  distale 
di  questa  avea  dato  luogo  ad  un  attiva  proliferazione  di  fibre  neoformate  che 
si  spingevano  fino  tra  le  labbra  della  ferita  midollare.  Stroebe  avrebbe  in 
un  suo  caso  fatta  la  stessa  osservazione  ed  avrebbe  pure  rilevato  che  fibre 
originate  dalla  radice  posteriore  si  portano  nella  cicatrice  midollare.  Affatto 
recentemente  poi  D'Abundo  (14)  istituì  la  seguente  esperienza:  ad  un  gat- 
tino asportò  un  tratto  di  midollo  spinale  corrispondente  alla  lunghezza  di 
circa  dieci  vertebre,  tracndolo  fuori  da  una  apertura  superiore  praticata  rese- 
cando un  arco  vertebrale,  mentre  l'estremo  inferiore  era  stato  sezionato  intro- 
ducendo un  coltellino  tra  gli  archi  vertebrali:  ucciso  l'animale  dopo  75  giorni 
ed  esaminato,  con  un  metodo  che  a  giudicare  dalle  ligure  pare  alla  Weigert, 
il  tubo  durale,  l'A.  trovò  che  esso  presentava  nel  suo  interno  <(  una  rigenera- 
le zinne  di  tessuto  nervoso  proveniente  da  parte  dei  prolungamenti  midollari  di 
«  tutti  i  gangli  intervertebrali,  verificandosi  la  divisione  a  T  delle  due  branche 
<  ascendenti  e  discendenti,  in  modo  da  rappresentare  il  tubo  durale  una  pseudo- 
«  midolla  spinale  risultante  di  un  tronco  nervoso  formato  esclusivamente  dalla 
«  rigenerazione  dei  prolungamenti  midollari  intervertebrali  ». 

Ai  risultati  citati  si  può  però  muovere  (|ualche  (dibiezione:  alle  consta- 
tazioni di  Stroebe  e  di  Cajal  si  può  opporre  che  non  trattasi  nei  loro  casi 
di  esperienze  istituite  ex  professo,  perciò  non  si  può  dire  come  ed  in  qual 
inolio  sia  avvenuta  l'interruzione  del  neurone  radicolare  posteriore;  potrebbe 
essere  anche  accaduto  che  la  railice  avesse  subito  degli  stiramenti  —  nel  caso 

32 


408  0.  Rossi 

di  Stroebe  egli  stesso  parla  di  schiacciamento  —  ed  in  questo  caso  la  riper- 
cussione della  mutilazione  sulla  cellula  sarebbe  ben  diversa  e  più  sentita  che 
non  quando  si  tratti  di  un  taglio  netto,  lineare,  eseguito  senza  maltrattare  la 
radice:  basta  pensare  che  strappando  anziché  tagliando  un  nervo  di  senso  — 
ad  esempio  un  ramo  del  V  —  si  può  indurre  nelle  cellule  del  ganglio  corri- 
spondente una  tale  lesione  da  derivarne  poi  la  degenerazione  del  prolunga- 
mento centrale  (degenerazione  walleriana  indiretta).  Per  le  esperienze  dì 
D'Abundo  si  può  con  Lugaro  (15)  fare  qualche  riserva:  colla  tecnica  seguila 
dalTA.  infatti  restano  in  posto  nel  tubo  durale  le  radici  posteriori  strappate 
—  nel  neonato  non  occorre  uno  sforzo  notevole  —  in  corrispondenza  della 
loro  entrata  nel  midollo;  queste  come  è  ovvio  non  degenerano  e  perciò  si  pos- 
sono ritrovare  anche  dopo  75  giorni. 

Dovrei  io  ora  trattare  del  processo  che  forma,  secondo  quel  che  io  penso, 
se  non  Tunica,  certo  la  principale  tra  le  cause  che  frustrano  la  rigenerazione 
del  tessuto  nervoso  nel  midollo:  ma,  come  ho  sopra  detto,  questo  processo  si 
svolge  nel  tessuto  non  nervoso  del  midollo  e  perciò  io  mi  trovo  a  questo  punto 
obbligato  ad  esporre  i  risultati  della  seconda  parte  del  mio  lavoro  nella  quale 
mi  sono  appunto  occupato  di  studiare  i  fenomeni  che  si  osservano  negli  eh'- 
menti  così  detti  di  sostegno  del  midollo  in  seguito  a  ferita  asettica.  Ed  ho 
tanto  più  volentieri  intrapreso  questo  studio  in  quanto  scarsa  è  la  letteratura 
ed  incerti  i  risultali  in  argomento:  i  più  importanti  sono  quelli  raccolti  nel 
lavoro  di  Stroebe  il  quale,  diligente  osservatore,  non  aveva  però  ancora  a  ili- 
sposizione  metodi  citologici  tanto  delicati  quanto  quelli  che  oggidì  possediamo. 

Anzi  dirò  subito  che  dovendo  poscia  trattare  delle  apparenze  che  con  questi 
metodi  si  hanno  in  seguito  alle  lesioni  del  midollo,  ho  sentito  la  necessità  <li 
far  precedere  l'esame  del  midollo  normale  colle  stesse  modalità  di  tecnica. 


Materiale  di  ricerca  e  metodi  di  tecnica  impiegati. 

Ho  preso  in  esame  il  midollo  spinale,  in  condizioni  normali,  di  coniglìoli 
e  di  conigli  adulti,  di  canini  e  di  cani  adulti,  prelevandone  i  pezzi  prevalen- 
temente in  corrispondenza  della  regione  dorsale  inferiore  alla  quale  altezza 
furono  di  regola  praticate,  in  altri  individui,  le  lesioni  sperimentali.  Mi 
sono  servito  come  fissatori  dell'alcool,  dell'alcool  assoluto  e  della  miscela  di 
Flemming.  Alle  sezioni  dei  pezzi  fissati  in  alcool  applicai  le  comuni  colo- 
razioni comprese  quelle  alla  Nissl;  mentre  le  sezioni  di  pezzi  trattati  con 
alcool  assoluto  mi  servirono  per  il  metodo  di  Pappenheim. 

Sui  pezzi  fìssati  in  Flemming  mi  diedero  ottimi  risultati  il  metodo  tri- 
cromico  di  Cajal  (10),  quello  di  Mann  applicato  colla  modificazione  suggerita 
da  Vera  Iti  e  già  usata  da  Medea  (17):  prima  di  procedere  alla  colorazione 
con  questi  metodi  io  imbianchiva  le  sezioni  col  consueto  processo  (perman- 
ganato di  potassa  -  acido  ossalico).  Per  lo  studio  della  nevroglia  mi  ha  ser- 
vilo bene  il  procedimento  che  descrivo:  da  pezzi  fissati  in  miscela  «li  Flemming 


Processi  r'ujenerativi  e  degenerativi,  ecc.  499 

5ii  l'unno  delle  sezioni  sotlili,  che,  attaccale  al  vetrino  con  acqua  ed  albumina, 
venj^ono  bene  imbianchite  e,  dopo  accurato  lavaggio,  colorale  per  12-24  ore 
in  ematossilina  di  Mallory:  i  risultali  che  si  ottengono  sono,  per  ciò  che 
riguarda  il  protoplasma  delle  cellule  di  nevroglia,  un  poco  inferiori  a  quelli 
ottenuti  col  metodo  Da-Fano:  le  fibre  sono  benissimo  colorate  in  violetto. 
11  metodo  riesce  utile  soprattutto  quando  si  traili  di  studiare  i  casi  nei  quali 
siansi  provocate  delle  lesioni:  per  questi  ci  bisogna  di  avere  a  disposizione 
delle  modalità  di  tecnica  che  permettano  di  ricavare,  da  un  solo  pezzo,  pre- 
parati adatti  alla  dimostrazione  di  vari  elementi. 

Dei  melodi  di  esame  descritti  mi  sono  servilo  anche  per  lo  studio  dei 
falli  che  si  osservano  nel  midollo  in  seguito  a  ferite  praticale,  seguendo  lulte 
le  possibili  cautele  asettiche,  colla  tecnica  già  indicata. 


Midollo  spinale  in  condizioni  normali. 

1  Irallalisli  in  genere  dedicano  pochissime  e  direi  stereotipate  frasi  alla 
descrizione  degli  elementi  cellulari  che,  negli  individui  normali,  si  possono 
riscontrare  nella  sostanza  bianca  del  midollo  spinale:  si  limitano  a  dirci  che 
Ira  le  fibre  si  trovano  numerose  cellule  di  nevroglia  fornite  dei  solili  caral- 
leri,  e  qualche  elemento  conneltivale  che  segue  i  selli  che  la  pia  invia  nel 
midollo.  Per  l'argomento  che  mi  accingo  a  trattare  ritengo  necessaria  una  de- 
scrizione un  poco  più  minuta  di  'questi  elementi,  descrizione  che  servirà  del 
resto  a  richiamare  l'attenzione  su  alcune  particolarità  meno  conosciute. 

Nella  sostanza  bianca  del  midollo  del  coniglio,  del  cane  tanto  giovane  che 
attuilo,  si  riscontrano  le  seguenti  categorie  di  elementi: 

a)  cellule  che  presentano  tulli  i  caratteri  degli  elementi  di  nevroglia: 
nuclei  rotondengianti  di  medio  o  di  piccolo  volume,  ricchi  di  fini  granulazioni 
cromatiche,  i  quali  colle  comuni  colorazioni  all'emalossilina  appaiono  circon- 
dali da  un  sottile  alone  proloplasmatico:  il  protoplasma  riesce  un  poco  \mì 
evidente  colle  colorazioni  alla  lionina  e  soprattutto  col  metodo  dì  Pappenheim 
col  quale  si  vede  attorno  a  questi  nuclei  un  protoplasma  poco  abbondanle, 
con  scarse  granulazioni,  dal  quale  partono  brevi,  sottili,  evancscenli  prolunga- 
menti che  si  perdono  nel  tessuto  ambiente. 

La  fissazione  in  Flemming  con  consecutiva  colorazione  al  GajaI  Irico- 
mico  e  col  Mann  permette  di  rilevare  che  parecchi  nuclei  si  trovano  in  istalo 
di  tipica  divisione  milotica;  questi  processi  di  cariocinesi  si  trovano  però 
soltanto  negli  animali  giovani  (tav.  V,  fig.  7). 

Le  cellule  di  nevroglia  sono  per  lo  più  disposte  in  colonne  longiludinali; 
in  ciUTispondenza  dei  vasi  sanguigni  seguono  la  direzione  di  questi. 

b)  elementi  di  dimensioni  relalivamenle  grandi,  con  protoplasma  ab- 
bondante omogeneo,  nucleo  piuttosto  grande  e  chiaro  con  nucleolo  eccentrico. 


:m  0,  Rossi 

Il  protoplasma  è  bene  visibile  in  sezioni  traile  da  pezzi  fìssali  in  Flemriiin;; 
e  non  altrimenti  colorile:  col  metodo  di  Pappenheim  si  colora  in  rosso 
rhiaro,  talora  presenta  delle  aree  più  intensamente  colorate  (tav.  V,  lìji.  ti): 
(M)Ila  tionina  assume  un  colorito  che  tende  al  viola.  A  differenza  di  (]ueHi  degli 
elementi  della  categoria  precedente  i  nuclei  sono  qui  poveri  ili  jrranulazioni: 
colla  miscela  Pappenheim  il  nucleo  si  tinge  in  verdognolo  e  dimostra  ini 
evidente  nucleolo  coloralo  in  rosso.  Di  forma  in  generale  grossolanamente  qua- 
drangolare, mostrano  però  grandi  varietà  che  paiono  doversi  attribuire  ad  adat- 
tamenti di  spazio;  talune  cellule  appaiono  piatte  come  adagiate  su  una  fibra  ner- 
vosa e  dai  loro  angoli  partono  dei  prolungamenti  di  protoplasma  (tav.  V,  fig.  1); 
altre  circondano,  in  certo  modo  abbracciano  una  fibra  (tav.  V,  lig.  5);  jillre 
ancora  stanno  tra  le  fibre  ed  inviano  a  queste  delle  specie  di  pseudopi.  La  mag- 
gior parte  ha  il  diametro  maggiore  parallelo  alle  fibre  della  sostanza  bianca, 
ma  là  dove  le  fibre  di  una  radice  od  un  vaso  penetrano  nel  midollo  perpen- 
dicolarmente al  suo  diametro  maggiore,  questi  elementi  si  dispongono  nella 
stessa  direzione  (tav.  V,  ì\^.  1).  Queste  cellule  sono  piuttosto  piatte  e  quando 
la  sezione  le  colpisca  lungo  un  piano  tangenziale  al  loro  diametro  maggiore 
appaiono,  lungo  le  fibre,  coiraspetlo  di  cellule  fusate.  Nella  sostanza  bianca  sono 
disposte  preferibilmente  in  colonne  longitudinali  e  se  ne  trovano  ovunque; 
immediatamente  sotto  alla  meninge  cosi  come  in  vicinanza  della  sostanza  grigia^ 
spesso  se  ne  trovano  in  discreta  quantità  attorno  ai  vasi  e  tra  le  biforcazioni 
di  essi  (tav.  V,  fìg.  1). 

Stroebe  (I.  e.  p.  400)  ha  descritto,  molto  sommariamente,  degli  elementi 
che  io  credo  di  poter  identificare  con  questi:  egli  lascia  aperta  la  questione 
se  siano  di  natura  ectodermica  ed  equivalenti  a  cellule  di  nevroglia  oppure  se 
siano  cellule  di  origine  connettivale  di  derivazione  piale:  parlerebbe  in  favore 
della  prima  ipotesi  il  fatto  di  trovare  forine  di  passaggio  trji  questi  elementi 
e  le  vere  cellule  di  nevroglia:  starebbe  per  la  seconda  il  reperto  che  midte 
i\'\  queste  cellule  si  trovano  intimamente  accollate  ai  vasi. 

Forse  a  queste  cellule  si  riferisce  la  descrizione  di  Kappers  (:26)  il  quale 
avrebbe  trovato  delle  cellule  che  jier  il  loro  nucleo  chiaro  ed  ovale  e  per  la 
ronsiderevole  quantità  di  protoplasma  si  differenziano  dalle  comuni  cellule  di 
nevroglia:  egli  afferma  che  talora  questi  elementi  possono  contenere  gocciole 
di  mielina  perciò  dà  loro  il  nome  di  cellules  à  myéline  e  crede  possano 
avere  delle  affinità  colle  cellule  della  guaina  di  Schwann  dei  nervi  periferici: 
ipotesi  questa  che  è  volentieri  accolta  da  Nemiloff  (27).  Dichiaro  tosU^  che 
io  non  ho  mai  visto  nei  miei  elementi  b)  gocciole  di  mielina  e  che,  prescin- 
dendo da  questo  carattere  perchè  ò  tuttora  assai  problematico  se  lo  possiedano 
le  cellule  di  Schwann,  non  mi  pare  possibile  di  identificarli  con  (piesle 
ultime. 

Da-Fano  (18)  ha  descritto  nel  midollo  spinale  due  tipi  di  cellule  di  ne- 
vroglia, dei  quali  il  secondo  panni  possa  riferirsi  ai  mie  eJementi  b):  questo 
autore  ritiene  senz'altro  trattarsi  di  cellule  di  nevroglia  perchè  col  suo  metodo 
vi  ha  messo  in  evidenza  una  struttura  fibrillare:  tuttavia   riconosce  che  non 


Processi  rhfenemlivi  e  detje  nevati  vi,  ecc,  501 


possono  esìiere  considerate,  come  le  altre  cellule  di  nevroglia,  di  derivazione 
ependimale,  ed  espone  la  supposizione  che  si  tratti  di  cellule  di  oruiine  me- 
senchimale  jjefietrate  nel  midollo  in  un* epoca  anteriore  allo  sviluppo:  in  realtà 
il  Da-Fano  lascia  questa  sua  opinione  allo  stato  di  ipolesi  soprattutto  perchè 
afl'ennandola  senz'altro  verrebbe  ad  accettare  la  dottrina  dell'origine  doppia 
<lella  nevroglia,  dottrina  che  non  gli  pare  ancora  sufficientemente  provata:  tut- 
tavia t'gli  non  ritiene  sostenibile  l'esistenza  di  una  membrana  basale  o  vitrea 
nel  senso  di  Held  che  t'ormi  una  vera  barriera  tra  elementi  epiteliali  ed  ele- 
menti connettivi.  Potrebbe  elevarsi  qualche  dubbio  sulla  identificazione  delle 
cellule  descritte  dal  Da-Fano  e  gli  elementi  dei  quali  io  ho  sopra  trattato 
pen'hè  egli  parla  di  protoplasma  tenuissimo,  di  prolungamenti  esili,  ma  ciò  ])uò 
dipendere  dai  melodi  di  colorazione  usali  e  dal  fallo  che  prese  in  esame  soprat- 
tutto midolli  di  feti. 

I  miei  reperti  mi  l'anno  incline  ad  ammettere  che  questi  elementi  siano, 
per  la  loro  struttura  e  il  loro  comportamento,  da  considerare  equivalenti  alle 
cellule  di  nevroglia,  pur  senza  che  io  mi  voglia  pronunciare  sulla  loro  origine 
embrionale  perchè  di  ricerche  che  possano  risolvere  questo  problema  non  mi 
sono  occupato:  il  mio  modo  di  vedere  è  basato  su  tre  argomenti:  i)  come 
Strot'be  ho  io  pure  notato  forme  di  passaggio  tra  queste  cellule  e  le  cellule 
di  nevroglia;  i)  anche  colle  modalità  di  tecnica  da  me  usate  ho  visto  talvolta 
una  struttura  fibrillare  in  elementi  che  credo  di  potere  con  questi  identificare; 
3)  nei  processi  che  si  svolgono  in  seguito  a  lesione  del  midollo  questi  elementi, 
almeno  negli  stadi  da  me  esaminali,  si  comportano  come  le  comuni  cellule  ili 
nevroglia. 

Non  credo  neppure  di  dovermi  porre  il  quesito,  al  quale  Da-Fano  ha  nega- 
tivamente risposto,  che  gli  elementi  descritti  possano  essere  cellule  nervose 
aherninti:  la  loro  molteplicità,  la  loro  distribuzione,  il  modo  di  presentarsi  col 
melinlo  Pappenheim  e  coi  melodi  alla  Nissl  da  me  usati,  tolgono  qualsiasi 
fondamento  ad  una  supposizione  di  questa  natura. 

r)  Elementi  assai  piccoli,  bene  visibili  solo  ad  ingrandimenti  forti:  nu^ 
eleo  ricco  di  grosse  zolle  cromatiniche,  protoplasma  assai  scuro  il  quale  col 
metodo  di  Pappenheim  dimostra  delle  granulazioni  tini  rosso-vive:  contorni 
sfumati.  Si  trovano  questi  elementi  tanto  nella  sostanza  bianca  disposti  lungo 
le  fibre  od  accanto  agli  elementi  di  tipo  b)  quanto  nella  sostanza  grigia  spesso 
diretti  parallelamente  ai  prolungamenti  protoplasmatici  delle  cellule  nervose. 
Morfologicamente  —  e  si  badi  bene  che  io  non  intendo  qui  fare  una  identi- 
ficazione —  somigliano  a  quelle  cellule  a  bastoncello  che  credute  dapprima 
quasi  patognomoniche  della  paralisi  progressiva,  furono  poi  trovate  abbondanti 
in  altri  stati  sia  di  patologia  umana  che  sperimentale  (49). 

Terminata  questa  succinta  descrizione  circa  gli  elementi  cellulari  che  si 
trovano  nella  sostanza  bianca  del  midollo  spinale,  io  desidero  richiamare,  ben- 
(  he  possa  davvero  parer  superfluo,  Tattenzione  sopra  un  reperto  negativo,  cioè 
sopra  la  mancanza  di  cellule  che  possano  in  rpialche  modo  essere  identificate 


rm  0.  lìossi 

0  paragonale  alle  cellule  della  guaina  di  Schwann  dei  nervi  perirt-rici  :  ho 
dello  come  il  metlere  in  parlicolare  evidenza  queslo  reperto  possa  essere  con- 
sideralo come  ozioso  dalo  l'accordo  che  in  proposilo  esiste  traJ  trallatìsli  e 
gli  studiosi  in  genere,  ma  in  realtà,  occupandosi  di  rigenerazione  del  midcdlo 
spinale,  qualche  autore  descrive  la  formazione  di  catene  di  cellule  che  pai-a- 
gona  anzi  identifica  con  quelle  che  nella  rigenerazione  dei  nervi  periferici  è 
opinione  comune  derivino  dalle  cellule  di  Schwann  :  lo  studioso  è  Marinesco 
(I.  e,  p.  7)  il  quale  scrive  che  «  dai  due  monconi  del  midollo  e  sopratutlo  dal 
«  moncone  superiore  si  dislaccano  delle  colonie  di  cellule  fusiformi,  riunite  in 
«  fasci  assai  compalli  che  si  estendono  a  guisa  di  ponti  per  riunire  fra  loro  i 
«  due  monconi  ».  Queste  cellule,  egli  spiega  alla  fine  del  lavoro  citalo,  sono  iden- 
tiche a  quelle  che  si  riscontrano  nella  rigenerazione  dei  nervi  periferici  e  che 
egli  chiamò  «(cellule  apotrofiche  >.  Marinesco  nulla  ci  dice  circa  agli  eh'- 
menli  che  nel  midollo  possono  dare  luogo  a  queste  colonie  cellulari:  e  la  lacuna 
è  certamente  notevole  e  meriterebbe  d'essere  colmala,  in  quanto  lo  stesso  A. 
nei  suoi  lavori  sulla  rigenerazione  dei  nervi  (20)  ammette  chiaramente  che  le 
sue  cellule  apotrofiche  derivino  da  quelle  della  guaina  di  Schwann,  che  ap- 
punto mancano  nel  midollo. 

Forse  il  Marinesco  parteggia  l'opinione  che  considera  le  cellule  di 
Schwann  come  di  origine  mesenchimale  e  supponendo  la  presenza  di  celluh» 
della  slessa  origine  embriologica  nel  midollo,  crede  che  anche  da  queste  pos- 
sano derivare  cellule  che  abbiano  lo  stesso  ufficio,  lì  stessi  scopi?  oppure  egli 
si  accosta  all'idea  di  Perroncito  (1.  e.)  che  le  cosidetle  cellule  apotrofiche 
non  derivino  affatto  da. quelle  della  guaina  di  Schwann? 

La  risposta  afìfermaliva  alla  prima  possibilità  incontrerebbe  però  valide 
obbiezioni.  Innanzi  tutto  l'accordo  tra  gli  autori  circa  la  derivazione  embriolo- 
gica delle  cellule  di  Schwann  è  tutt'allro  che  raggiunto,  anzi  si  può  dire  che 
gli  ultimi  studi  accorderebbero  maggior  favore  alla  teoria  opposta  a  quella  che 
permetterebbe  di  rispondere  affermativamente  alla  prima  possibilità.  Se  Koel- 
licker,  Gajal,  Gurwilsch,  ritengono  provala  l'origine  connettivale  delle  cel- 
lule della  guaina  di  Schwann,  e  dello  stesso  parere  si  dimostra  Dogiel  nel 
suo  ultimo  lavoro  sulla  struttura  dei  gangli  spinali,  Harrison,  Schultzp, 
Kuhn,  Lenhossék  portano  validi  argomenti  a  favore  della  derivazione  dal- 
l'ectoderma. 

Ma  quando  anche  si  volesse  concedere  come  provala  l'origine  mesodermica 
le  obbiezioni  non  mancherebbero:  il  valore  dell'origine  embrionaria  non  dev<» 
essere  esagerato:  due  cellule  di  uguale  origine  si  sviluppano  poscia  in  modo 
differente,  si  adattano  a  speciali  funzioni,  modificando  perciò  la  loro  struttura; 
e  sarebbe  troppo  ardila  ipolesi  quella  di  attribuire  loro  la  facoltà  di  generar^ 
in  date  condizioni,  elementi  di  uguale  morfologia  e  di  identica  funzione. 

Del  resto,  come  io  or  ora  dimostrerò  colle  mie  ricerche,  ne  dalle  cellule, 
cui  da  alcuni  viene  attribuita  origine  mesenchimale,  e  che  io  ho  descritto  al 
capoverso  «.  elementi  bj  »  né  dalle  cellule  vasali  dei  vasi  del  midollo,  derivano, 
in  seguilo  a  lesioni,   colonie   cellulari   come  Marinesco  le  ha  descritte. 


Processi  rigenerativi  e  degeìieratioi,  ecc.  7ìi)l^ 

Anche  se  accede  alla  opinione  di  Perroncilo,  i  dati  di  Marinesco  non 
riescono  del  Uitlo  comprensibili  né  si  possono  'in  tutto  confermare:  infatti 
nella  cicatrice  compmoxìo  deWa  ce]ì\]\e  fusiformi,  ma  qneste  per  la  loro  deriva- 
zitnie  extramidollare  e  per  i  loro  caratteri  non  sono  affatto  identilicalùli  i-olle 
cellule  apolroliche  quali  il  Mar  inesco  ce  le  descrive. 

Esperienze  dirette  a  studiare  i  processi  che  si  svolgono 
negli  elementi  non  nervosi  del  midollo  spinale. 

Come  risulta  dalla  descrizione  che  ho  latto  precedere  circa  ^]\  elemenli 
non  nervosi  del  midollo  spinale,  questi  sono  gli  stessi  nel  conigliolo  e  nel  ca- 
nino: perciò  io  riunirò  neiresposìzioné  delle  modificazioni  che  in  essi  si  svol- 
gono in  seji^uito  a  ferita  i  reperti  ottenuti  nei  due  animali  ftìcendo  notare 
quando  ne  esistessero,  le  eventuali  differenze. 

^  ore  dopo  il  taglio.  —  La  sezione  comprende  quasi  esattamente  una 
metà  del  midollo  :  in  corrispondenza  della  ferita  si  nota  un  leirjriero  stravasi» 
che  tende  a  spingersi  nella  sostanza  bianca:  nel  coagulo  sono  impigliati  resti 
di  libre  nervose  e  residui  di  mielina.  Tutti  gli  elementi  cellulari  del  midollo 
sia  quelli  della  sostanza  bianca  che  quelli  della  grigia  hanno,  fatta  nalural- 
iiiente  eccezione  di  quelli  che  possono  essere  stati  direttamente  coinvolti  nella 
lesione  traumatica,  un  aspetto  del  tutto  normale.  Cariocinesi  si  nolano  nelle 
cellule  di  nevroglia  e  in  qualcuno  degli  elementi  b\  ma  certo  non  in  numero 
maggiore  di  quelle  che  si  trovano  anche  in  condizioni  normali  :  nessuna  rea- 
zione da  parte  della  pia  madre. 

4-5  ore  dojjo  il  taglio.  —  Col  metodo  di  Pappenheim  e  colle  colora* 
zioni  alla  Nissl  appaiono  negli  elementi  b)  e  nelle  cellule  di  nevroglia  più 
vicine  alla  ferita,  dei  fatti  di  degenerazione  (vacuolizzazione-picnosi), 

7-H  ore  dopo  il  taglio.  —  Col  metodo  di  Flemming  e  colorazione  CajaI 
0  Mann  si  osservano  dei  nuclei  picnotici  od  in  istato  di  carioressi,  circondati 
da  scarso  protoplasma  a  contorno  non  bene  deciso  contenente  sottilissimi  gra- 
nuli tinti  in  nero:  stanno  questi  elementi  attorno  ai  margini  della  ferita  spin- 
gendosi però  talora  anche  nello  spessore  del  tessuto  nervoso:  sono  meno  ab- 
bondanti in  corrispondenza  della  sostanza  grigia.  Della  probabile  derivazione 
di  questi  elementi  parleremo  più  avanti  quando,  dal  loro  modo  di  apparire 
negli  altri  stadi,  potremo  avere  migliori  argomenti  nella  discussione. 

Nelle  cellule  avventiziali  delle  pareti  dei  vasi  più  vicini  alla  ferita  si  no- 
tano pure  dei  finissimi  granuli  neri. 

Nessuna  infiltrazioone  perivasale.  Con  questi  metodi  ed  anche  meglio  con 
quello  di  Pappenheim,  si  rilevano  evidenti  fatti  degenerativi  negli  clementi 
a)  e  b):  il  loro  protoplasma  si  vacuolizza,  il  contorno  diventa  meno  netto;  il 


50-4  0.  Rossi 

nucleo  è  talora  ri^^oufio  v,  meno  dislinto,  lale  altra  oiTre  fenomeni  dì  carìo- 
ressi  (tav.  Y,  fìg.  8  e  9).  Né  nelle  cellule  vasali,  ne  in  quelle  della  pia,  e  nep- 
pure negli  elementi  a)  e  b)  si  notano  delle  mitosi:  qualcuna  se  ne  ritrova  ma 
lontano  dalla  ferita. 

Non  appaiono  elementi  che  compiano  funzione  di  fagocitosi. 

i^  oir  dopo  il  taglio.  —  Si  notano  in  numero  maggiore  i  piccoli  clementi 
sopra  accennati:  il  nucleo  loro  offre  evidenti  fenomeni  dì  carioressi,  non  mai 
di  mitosi  he  tipiche  ne  atipiche.  Nella  zona  di  degenerazione  la  mielina  ap* 
pare  distribuita  irregolarmente  a  grosse  goccie:  alcuni  dei  cilindrassi  più 
grossi  sono  diggih  male  colorabili  per  un  certo  tratlQ. 

J9  ore  dopo  il  taglio,  —  Aspetto  press' a  poco  come  sopra;  gli  elementi 
piccoli  di  cui  agli  stadi  precedenti  si  incontrano  anche  nella  zona  di  degene- 
razione: il  metodo  di  Mann  dà  loro  una  particolare  evidenza  (tav.  Y,  fig.  10): 
in  alcune  cellule  di  nevroglia  si  possono  notare  pure  dei  finissimi  granuli  neri: 
negli  altri  elementi  continuano  i  fatti  degenerativi.  Le  colorazioni  alTematos- 
silina,  previo  fissaggio  in  alcool,  mettono  in  bella  evidenza  le  apparenze  ter- 
minali dei  cilindrassi  sezionati. 

26-28  ore  dopo  il  taglio,  —  Esaminan;do  sezioni  di  pezzi  fissati  col  me- 
todo di  Flemming  e  non  colorati,  si  vedono  in  corrispondenza  dell'emorragia 
degli  elementi  a  nucleo  rotondeggiante,  circondati  da  protoplasma  entro  il 
quale  stanno  gi*anulazioni  distintamente  colorate  in  nero  dall' àcido  osmico: 
colla  fissazione  in  alcool  e  colorazione  col  metodo  di  Pappenheim  appaiono 
elementi  dotati  di  un  nucleo  rotondeggiante,  spesso  posto  ad  un  polo  dalla 
cellula,  con  due  nucleoli  e  granulazioni  tinte  in  rosso:  il  protoplasma  mostrasi 
piuttosto  uniforme  e  tinto  in  rosa  chiaro;  alcuni  di  questi  elementi  si  tro- 
vano anche  nella  zona  di  degenerazione,  e  talora  sono  come  accollati  alle  pareti 
dei  capillari.  Sulla  natura  e  sulla  derivazione  di  quelli  elementi  non  posso  dire 
nulla  di  certo;  come  ipotesi  assai  riservata  esprimo  quella  che  possano  rap- 
presentare uno  stadio  iniziale  delle  Gitterzellen  e  l'appoggio  alla  conslala- 
zione  che  più  tardi  ove  prima  erano  comparsi  questi  elementi  si  trovano  nume- 
rose le  Gitterzellen  ed  al  fallo  che  qualcuna  contiene  degli  eritrociti  (tav.  Y, 
lig.  1-2-10). 

Negli  elementi  a)  e  b)  non  si  notano  che  fatti  degenerativi:  non  si  osser- 
vano mitosi;  talora  le  carioressi  danno  luogo  ad  immagini,  che  ad  un  esame 
superficiale,  potrebbero  essere  scambiate  con  cariocinesi  atipiche  se  non  si  po- 
nesse menle  allo  stato  del  protoplasma  della  cellula  nella  quale  si  riscontrano. 
Neppure  nelle  cellule  delle  pareti  vasali  si  trovano  delle  cariocinesi:  invece 
non  sono  infrequenti  i  nuclei  picnotici. 

Fatti  progressivi  si  rilevano  invece  nella  pia  meninge:  nei  suoi  elementi 
l'usati  compaiono  delle  mitosi:  elementi  di  questa  natura  entrano  nella  parte 
della  zona  di  degenerazione  che  è  più  vicina  alla  ferita  seguendo  il  tragitto  dei 


Processi  riffenerativi  e  degenerativi,  ecc.  505 


va.sj,  e  allri  si  spingono  direUamenle  dalla  pia  aliraverso  la  soluzione  di  conti- 
nuila del  midollo  e  penetrano  tra  gli  elementi  cbe  la  occupano  (tav,  V,  fig.  14). 
In  un  solo  caso  a  quest'epoca  nella  pia   meninge  ho  trovato,  vicino  ad 
una  piccola  emorragia,  un  gruppetto  di  PlasmazeUen, 

:mJ  ove  dopo  il  tuffilo,  —  Vicinissimo  alla  ferita  si  riscontra  in  un  caso 
una  pìccola  emorragia:  nel  focolaio  si  trovano  cellule  che  hanno  tutti  i  carat- 
teri delle  Gitterzellen:  altre  cellule  come  quelle  che  ho  più  sopra  descritte 
con  nucleo  rotondo  e  protoplasma  colorato  uniformemente  in  roseo  qualcuna 
di-  quest'ultime  presenta  delle  mitosi  (tav.  V,  fig.  15)  ed  infine  grosse  cellule 
che  contengono  più  nuclei. 

(ìli  elementi  ^0  e  h)  continuano  a  dimostrare  chiari  segni  di  degenerazione. 

A  50  ore  dopo  il  tafjlio^  il  quadro  non  ha  sensibilmente  mutato:  assai 
lontano  dalla  ferita  in  una  zona  dove  gli  elementi  cellulari  del  midollo  non 
oRVonu  nessun  fenomeno  di  degenerazione  ho  riscontrato  in  fluest'^^poca  qual- 
che cariocinesi  negli  elementi  tipo  b);  non  esito  a  considerarla  come  un  fatto 
aormale  affatto  indipendente  dalla  lesione.  A  quest'epoca  nelle  zone  più  pros- 
sime alla  soluzione  di  continuo  si  notano  ancora  numerosi  quegli  elementi  a 
nucleo  in  carioressi,  a  protoplasma  disseminato  di  finissimi  granuli  neri  dei 
quali  ho  gih  tenuto  parola. 

Anche  a  5-0  (fiorni  dal  taiflio  l'esame  istologico  offre  un  quadro  quali- 
tativamente simile:  le  fibre  nervose  sono  degenerate  per  tratto  discreto:  nella 
ferita  si  trovano,  tra  le  cellule  fusate  provenienti  dalla  pia  meninge,  molte 
tipiche  Gitterzellen,  Posso  escludere  con  certezza,  per  avere  avuto  a  dispo- 
sizione parecchi  casi  e  molli  preparati,  con  fissazione  e  colorazione  benissimo 
riuscite,  che  esistano  processi  mitotici  nelle  cellule  vasali  o  di  nevroglia. 

\\V  11^-iS^  giorno  dal  laqUo  di  regola  si  rileva  come  la  proliferazione 
delle  cellule  piali  sia  arrivata  a  colmare  la  soluzione  di  continuo  che  esiste 
tra  i  due  monconi:  tra  le  cellule  compaiono  già  fibre  di  connettivo:  ma  i 
bordi  della  proliferazione  piale  sono  nettamente  separati  dal  tessuto  nervoso 
da  una  zona  di  demarcazione  nella  quale  lo  stroma  del  midollo  comincia  ad 
apparire  rarefatto,  lacunare.  Per  usare  un  felice  paragone  di  Stroebe  i  mon- 
coni del  midollo,  in  caso  di  sezione  totale,  contraggono  col  tessuto  di  deri- 
vazione meningea  gli  stessi  rapporti  che  una  ghianda  di  quercia  col  suo  calice 
(tav.  V,  fig.  I3V. 

Neppure  a  quest'epoca  si  osservano  mitosi  nelle  cellule  delle  pareti  va- 
sali o  nelle  cellule  di  nevroglia. 

A  15-17  (fiorni  è  nettamente  delineala  negli  estremi  dei  monconi  midol- 
lari la  formazione  di  una  cavità  a  pareti  irregolari;  gli  elementi  di  sostegno 
del  midollo  si  distruggono;  nella  cavità  si  riscontrano  Gitterzellen. 


r>0(»  (K  Rossi 

Circa  quest'epoca  appaiono  per  la  prima  volta  delle  cellule  clie  presen- 
tano i  caratteri  coi  quali  siamo  soliti  procedere  alla  identificazione  della 
Kornehenzellen:  esse  si  riscontrano  nelle  pareti  della  cavità,  nel  tessuto  piale  e 
anclu?  nel  tessuto  della  zona  di  metamorfosi  tra  le  fibre  nervose  (tav.  V,  fig.  11). 

Nulla  di  notevole  nelle  pareli  vasali:  forse  in  qualche  caso  sono  leir^rier- 
monte  aumentate  in  numero  le  cellule  avvenliziali,  ma  in  ogni  modo  non  si 
rilevano  cariocinesi. 

Da  questo  periodo  fino  al  trentesimo  r/ionw,  al  quale  per  ora  si  arreslano 
le  \ì\'h)  ricerche,  non  compaiono  fenomeni  nuovi:  continua  il  progresso  dei 
fenomeni  degenerativi  e  si  allarga  sempre  più  la  cavità  in  corrispondenza  della 
ferita:  talvolta  anche  il  lessuto  cellulare  proveniente  dalla  pia  cade  in  preda  a 
processo  regn»ssivo  e  si  ha  la  formazione  di  una  vera  cisti  a  pareli  irregcdari 
quale  la  descrive  Cajal. 

Fino  a  questo  stadio  il  tessuto  di  nevroglia  non  offre  nessun  accenno  a 
fenomeni  di  moltiplicazione  o  dì  ipertrofia:  neppure  si  osservano  mitosi  nelle 
cellule  delk*  tonache  vasali. 

Riassumendo  si  può  (ììvo  che  in  seguito  a  ferita  asettica  del  mididlo  ^pi- 
nale,  gli  elementi  non  nervosi  che  stanno  ne'  due  monconi,  non  presenlano, 
fino  allo  stadio  da  me  esaminato,  se  non  fenomeni  regressivi  che  progredi- 
scono, lentamente  ma  di  continuo,  in  modo  da  dare  luogo  a  vere  aree  di  di- 
struzione di  tessuto.  Dalla  pia  meninge  molte  cellule  fusate,  che  derivano  da 
proliferazione  per  mitosi  dì  quelle  normali,  entrano  nella  ferita,  ma,  anche 
quando  non  cadono  poi  in  preda  a  processi  degenerativi,  il  che  talora  si  ve- 
rifica, non  riescono  a  stabilire  un'unione  tra  i  due  monconi  perchè  nel  frat- 
tempo le  estremità  di  questi  vengono  distrutte  dal  processo  degenerativo  più 
sopra  indicalo. 

Anche  in  corrispondenza  della  sostanza  grigia  non  si  osservano  fenomeni 
rigenerativi:  sono  assolutamente  da  escludere  fenomeni  di  cariocinesi  negli 
elementi  nervosi. 

La  ragione  di  questo  modo  di  comportarsi  dei  monconi  midollari  si  deve, 
con  ogni  verosimiglianza,  ricercare  nella  distribuzione  dei  vasi  sanguigni  entro 
il  midollo  stesso.  Infatti  fecondo  i  più  recenti  studi,  dalla  rete  arteriosa  piale 
nascono  i  vasi  collaterali  che  penetrano  nel  midollo  i  quali  rappresenlano 
tutti  delle  arterie  termitiali  secondo  il  significalo  che  Con  bei  m  dà  a  questa 
denominazione,  vale  a  dire  che  questi  rami  non  si  anastomizzano  più  tra  loro: 
ciascuno  di  essi  provvede  alla  irrorazione  di  una  data  provincia  del  midollo  e 
la  sua  obliterazione  ha  come  conseguenza  la  morte  degli  elementi  di  questa 
provincia  (v.  Gehuchten). 

Recentissimamente  Tanon  (21)  in  un  suo  lavoro  sulla  irrorazione  san- 
guigna del  midollo,  all'erma  anzi  che  neppure  nella  pia  esistono  delle  vere  e 
proprie  anastomosi:  l'aver  rilevato,  col  mezzo  delle  iniezioni,  delle  apparenze 
di  auastoniosi  ìi  probabilmente  da  spiegare  col  fatto  che  ogni  arteria  manda 
diramazioni   anche   nei   territori   di   quelle   più   vicine,  I    lavori  di  Raubor, 


Processi  ruienevalivi  e  degenerativi,  er.r,  507 


Adanickiewicz,  Kadyi,  Charpy,  hanno  ormai  dimostrato  T inesattezza  della 
descrizione  classica  della  irrorazione  sanguigna  del  midollo,  la  quale  tuttavia 
è  ancora  riportata  in  trattati  di  anatomia  abbastanza  recenti,  ad  esempio  quello 
di  Testut,  e  dimostrato  che  le  arterie  del  midollo  spinale  sono  arterie  segmen- 
tane, ciascuna  delle  quali  corrisponde  ad  un  segmento  midollare. 

L'ipotesi  di  Eichhorst  e  Naunyn  che  questi  focolai  cavitari  insorgano 
per  il  fatto  che  interrotte  le  vie  linfatiche  la  linfa  si  versa  nella  ferita  mi 
sembra  assai  meno  plausibile.  Stroebe  avrebbe  osservato  come  questi  focolai, 
che  egH  denomina  nniimische  Erweichiuitjsherde,  si  distribiiiscano,  rispetto  alla 
loro  frequenza,  in  quest'ordine:  cordoni  posteriori,  cordoni  laterali,  cordoni 
initeriori,  ed  attribuisce  la  frequenza  maggiore  nei  cordoni  posteriori  alla  loro 
più  scarsa  irrorazione  sanguigna:  dalle  mìe  osservazioni  mi  risulta  che  questi 
foc(dai  compaiono  più  precocemente  è  vero  nei  cordoni  posteriori  ma  poscia 
si  diffondono  anche  negli  altri:  la  circostanza  che  durante  l'operazione  —  quale 
noi  siamo  solili  praticarla  resecando  l'arco  vertebrale  ed  aprendo  la  dura  sulla 
linea  mediana  posteriormente  —  e  durante  il  decorso  della  cicatrizzazione  della 
soluzione  di  contìnuo  muscolo-cutanea,  i  cordoni  posteriori,  privati  della  loro 
normale  protezione  ossea,  rimangono  più  degli  .altri  esposti  ad  azioni  nocive 
potrebbe  concorrere  a  spiegare  la  loro  minore  resistenza  di  fronte  ai  proressi 
degenerativi. 


•v 


Il  processo  da  me  riassunto  merita  ancora  qualche  analisi  e  qualche  con- 
siderazione a  proposito  dei  fenomeni  che  si  svolgono  nei  vari  elementi  che 
entrano  a  costituire  lo  stroma  di  sostegno  del  midollo. 

Circa  i  vasi  sarufuUfni  mi  preme  di  mettere  in  particolare  evidenza  che 
negli  elementi  cellulari  delle  loro  tonache  vasali  non  si  riscontrano,  fino  al- 
l'epoca da  me  studiata,  cariocinesi:  sono  invece  frequenti,  nei  vasi  della  zona 
di  degenerazione  e,  più  raramente,  anche  di  quelli  della  metamorfica  fatti  di 
picnosi  e  fatti  di  carioressi.  Con  un  metodo  di  fissazione  meno  adatto  del 
Flemming  alla  conservazione  delle  strutture  cellulari  o  con  metodi  di  colo-- 
razione  meng  chiari  del  Cajal  o  del  Mann  potrebbero  i  fatti  di  carioressi 
esser  confusi  con  fatti  di  mitosi  atipiche.  La  distinzione  in  qualche  caso  non 
è  facile  e  riesce  possibile  solo  coll'osseiTazione  dello  stato  nel  quale  si  trova 
il  protoplasma  cellulare. 

Su  questo  punto  le  mie  ricerche  sono  in  apèrta  contraddizione  con  quelle 
di  Stroebe  il  quale  descrìve  cariocinesi  in  questi  elementi  a  cominciare  dalla 
2i*  ora  dopo  la  lesione. 

Nelle  cellule  di  nevrofflia  fino  all'epoca  da  me  studiata  non  compaiono 
chiari  fatti  di  ipertrofia  o  di  iperplasia:  si  nolano  invece  fatti  degenerativi 
che  consistono  nella  vacuolizzazione  del  protoplasma,  perdita  di  nettezza  de'  con- 
torni, fatti  regressivi  a  carico  del  nucleo.  Stroebe  invece  descrive  mitosi  nelle 


508  0,  lìossi  '■" — ■'■^'^^^^^ 

cellule  di  iiovrogli»  ^\i\  al  secundo  giorno:  non  esilo  a  considerare  ({ueste  come 
apparenze  normali  :  infatti  io  ho  già  dello  come  nel  coniglio  ^  nei  cane  giovani 
ed  in  condizioni  normali  esistano  delle  numerose  cariocinesi,  l  miei  resuilali 
si  accordano  meglio  con  quelli  del  Da-Fano'il  quale,  studiando  i  fenomeni 
di  guarigione  delle  ferite  cerebrali,  ha  notalo  essere  l'ipertrofia  e  la  prolife- 
razione della  nevroglia  un  fenomeno  relativamente  tardivo. 

Gli  elementi  descritti  da  me  al  cajMverso  b)  e  considerati  dal  Da-Fano, 
in  via  di  ipotesi,  come  cellule  di  origine  mesenchimale  si  comporfiino,  in  que- 
sto processo,  come  le  cellule  di  nevroglia. 

Gli  elementi  a  nucleo  rotondeggiante  che  compaiono  in  corris|x»ndenza 
della  ferita  fino  dalle  prime  ore,  che  colla  fissazione  in  Flemming  mosti*ano 
il  protoplasma  ripieno  di  finissimi  granuli  neri,  sono,  con  ogni  probabilità,  leu- 
cociti in  via  di  degenerazione.  La  circostanza  che  elementi  simili  si  trovano 
dentro  ai  vasi  più  vicini  alla  ferita  e  da  essa  compromessi  in  modo  da  ren- 
derli impervi  depone  in  favore  di  questo  modo  di  vedere. 

Secondo  Farrar(22)  e  Forster  (23),  gli  AA.  che  più  recentemente  si 
occuparono  di  questo  argomento,  i  leucociti  non  spiegano,  nelle  distruzioni  di 
tessulo  nervoso  da  ferite  asettiche,  funzione  fagocitaria  vera  e  propria:  le  mie 
osservazioni  mi  porterebbero  ad  accettare  questo  modo  di  vedere.  I  finissimi 
granuli  che  si  Irovano  nel  protoplasma  di  queste  cellule  sono  da  considerare 
come  prodotti  di  degenerazione. 

Gitterzellen  -  Kiìrnchenzellen  —  Elcfiienti  di  questa  natura  si  presentano 
nel  processo  da  me  studiato:  ma  mentre  le  cellule  a  protoplasma  reti- 
colato compaiono  fino  dai  primi  giorni  dalia  ferita,  invece  non  ci  è  dato 
trovare  delle  cellule  che  possiedano  i  caratteri  delle  cellule  granulo-grassose 
0  Konichenzellen  se  non  ad  un  periodo  molto  più  inoltrato.  Questo  reperto 
mi  suggerisce  qualche  dubbio  circa  alPaccettazione  incondizionata  dell'opi- 
nione corrente  la  quale  ritiene  che  Gitterzellen  e  KorchenzeUen  siano  gli 
stossi  elementi  i  quali  si  presentano  a  noi  con  aspetti  differenti  a  seconda 
della  fissazione:  le  slesse  cellule  che  fissale  in  miscele  osmiche  ci  appaiono 
come  cellule  granulo-grassose,  trattate  invece  con  alcool,  che  estrae  il  grasso 
inglobato,  assumerebbero  le  apparenze  di  cellule  a  protoplasma  reticolato. 

Ora  io  negli  stadi  più  precoci  ho  ritrovalo   i)ensi   delle  Gitterzellen  non 
delle  K'irnchenzellen:  e  ciò  mi  sembra  contraddire  all'identificazione  di  questi      ^ 
elementi;   in   ba,se  a  questo  solo  reperto  io  non  intendo  però  pronunziarmi      t 
in  modo  assoluto  suIT  importante  questione.  i 

Circa  all'origine  di  questi  elementi  io   non  potrei  portare  alcun  contri-    J 
buio  in  favore  dell'una  piuttosto  che  dell'altra  teoria  enunciata:  da  escludersi    1 
anche  secondo  i  miei  reperti  sono  l'origine  dalle  cellule  nervose  e  quella  dalla   i 
nevroglia:  le  cellule  di   quesl' ultimo   tessuto   presentano   talora   dei  tatti  di  -J 
vacuolizzazione  del  protoplasma,  ma  l'aspetto,  sopratutto  per  i  caratteri  e  la  ì 
posizione  del  nucleo  è  afl'atlo  differente.  .  "j 

L'origine  più  probabile  è  quella  vasale,  ma  se  derivino  dalle  cellule avven-f 
liziali  o  dalle  endotpliali  nrm  si  può,  a  parer  mio,  ancora  affermare.  Gli  stessif 


Processi  rigenerativi  e  def/enfratiri,  ere.  fiOO 

aHi»»vi  (lì  NissI  che  sostengono,  sulla  lede  del  maestro,  i'orij^ine  endoleliale, 
sembrano  comprendere  questa  derivazione  in  un  senso  mollo  lato:  infatti 
Parrà  r(l.  e),  parlando  di  tessuto  neoformato  in  corrispondenza  di  corpi  estranei 
slerili  introdotti  nel  cervello,  scrive  a  proposito  di  neoformazioni  vasali:  a  i 
«  tihrohlasti  delle  pareti,  gli  elementi  interni  che  sono  senza  dubbio  endoteliali, 

<  e  le  cellule  esterne  simili  a  quelle  dell'avventizia  sono  apparenlemenle  nul- 
«  r altro  che  forme  modificate  di  un  solo  tipo  cellulare  e  derivano  sempre  dalla 
«  semplice  serie  di  fibroblasti  fusali  che  delimitano,  in  origine,  lo  spazio  dove 
n  si  svilupperà  il  vaso  nuovo  »  e  più  oltre  «  noi  dobbiamo  considerare  le  co*<i- 

<  dette  cellule  del  T*  connettivo,  come  si  trovano  nella  pia,  come  strutture  ele- 

<  mentari,  forme  specializzate  o  modificate  delle  quali  si  presentano  come  /ifm)- 
*  hlasti,  Gilterzellen,  cellule  (jir/anti,  cellule  vasali  endoteliali  avventiziali.  Di 
«  questi  elementi  le  Gitterzellen  hanno  funzione  prevalentemente  fagocitarla, 
K  le  cellule  ffi{/anti  riempitiva,  i  fibroblasti  sono  legati  alla  formazione  di  vasi 
«  nìiovi  e  alla  produzione  del  tessuto  collageno  ». 

Plasmazellen  non  compaiono  che  eccezionalmente  ed  in  piccolo  numero 
e  mai  nel  midollo:  io  ne  ho  trovate,  in  un  solo  caso,  un  gruppetto  nella  pia 
meninge  in  vicinanza  dì  un'emorragia. 

Stabchenzellen :  elementi  che  si  possono  con  ogni  sicurezza  definire  come 
cellule  a  bastoncello  io  non  ne  ho,  tino  agli  stadi  presi  in  esame,  trovati:  a 
30  giorni  dalla  lesione  nella  sostanza  grigia  erano  aumentati  quegli  elementi 
de' quali  ho  parlato  al  capoverso  e)  che  hanno  con  le  StUbcheazellen  delle 
simìiglianze  morfologiche. 

Cellule  fusate:  compaiono  queste  in  corrispondenza  della  ferita  in  epoca 
assai  precoce  e  provengono  senza  dubbio  alcuno  dalle  cellule  della  pia  me- 
ninge: molte  di  esse  offrono  delle  cariocinesi  tipiche:  negli  stadi  più  inol- 
trali alcune  di  esse  vanno  incontro  a  fenomeni  degenerativi,  il  loro  protopla- 
sma sì  vacuolizza  e  il  loro  nucleo  si  raggrinza:  in  quest'epoca  si  vedono, 
frammiste  a  queste  cellule,  molte  tipiche  cellule  a  protoplasma  fìnamenf e  re- 
ticolato. 

Qtieste  sono  le  uniche  cellule  fusate,  disposte  talora  in  fasci,  che  jfossano, 
lìer  la  forma,  ricordare  le  cellule  a  potrò  fiche  di  Marinesco.  Se  Marinesco 
ritiene  che  le  cellule  da  lui  cosi  denominate  derivino  dalla  proliferazione  di 
quelle  della  guaina  di  Schwann,  gli  rimane  a  spiegare  come  e  donde  si 
formino  quelle  che  egli  ha  descritto  nel  midollo  spinale  ove  non  esistono  cel- 
lule dì  Schwann  :  se  crede  possano  avere  altra  origine,  nel  caso  nostro  dalle 
cellule  piali,  allora  accetta  implicitamente  la  supposizione  di  Perroncilo  che 
le  cellule  le  quali  appaiono  nella  cicatrice  dei  nervi  periferici  siano  di  ori- 
gine connellivale. 

Concludendo:  Quando  venga  praticata  una  ferita  asettica  del  midollo 
spinale  le  fibre  della  sostanza  bianca  mostrano  una  attività  rigenerativa 
abbastanza  rapida  ed  attiva  ;  essa  dà  luogo  alla  produzione  di  giovani 
fibre  che  nude,  cioè  senza  alcun  rapporto  con  elementi  cellulari  speciali, 
percorrono  la  zona  di  degenerazione,  raggiungono  e  percorrono  la  cica- 


510  0.  Rossi 

trice  formata  da  cellule  di  origine  connettivale.  Ma  più  tardi  il  processo 
rigenerativo  vfene  frustrato  dal  fatto  che»  in  corrispondenza  della  zona  di 
degenerazione  del  due  monconi,  I  cosidetti  elementi  di  sostegno  del  midollo 
non  solo  rimangono  privi  di  fenomeni  rigenerativi,  ma  cadono  In  preda  a 
quelli  degenerativi,  dando  luogo  alla  formazione  di  veri  focolai  di  distru- 
zione del  tessuto  midollare,  coinvolgendo  nella  distruzione  le  fibre  neo- 
formate. 

Questo  sino  agli  stadi  da  me  esaminati,  rimanendo  per  ora  aperto  11 
problema,  a  risolvere  il  quale  ho  già  da  tempo  in  corso  esperienze,  se  più 
tardi  il  tessuto  di  nevroglia  ipertrofizzandosi  e  proliferando  possa  colmare 
la  lacuna  e  le  fibte  nervose  riprendere  il  processo  rigenerativo. 


S^enoxnenl  rigenerativi  che  si  svolgono  nel  nervo  ottico 
sezionato  nel  suo  tratto  intracranico. 

11  nono  otiico  per  la  sua  costituzione  anatomica,  per  l'assenza  di  cellule 
di  Scliwann,  apparisce  tosto  come  una  delle  sedi  più  adatte  ad  istituire  delle 
esperienze  dalle  quali  possano  ottenersi  degli  importanti  reperti  in  favore  della 
dottrina  che  sostiene  esser  la  rigenerazione  dei  nervi  compiuta  dal  moncone 
centrale  delle  fibre  tagliate.  Già  Cajal  (5)  avea  fatto  notare  l'importanza  dello 
studio  dei  fenomeni  di  rigenerazione  in  questa  regione,  ma  nel  suo  lavoro,  già 
citato,  sulla  rigenerazione  del  sistema  nervoso  centrale,  si  limita  a  far  rile- 
vare come  i  fenomeni  di  degenerazione  procedano  nel  nervo  otiico  assai  lenta- 
mente, in  modo  che  dopo  un  mese  dal  taglio  alcune  fibre  sopravvivono  anconi. 

Un  allievo  dell'istologo  spagnuolo,  Tello  (4)  pubblicò  di  recente  una  nota 
sopra  i  fenomeni  rigenerativi  che  si  svolgono  nel  nervo  otiico.  Tre  giorni 
dopo  il  taglio  di  questo,  dentro  Vorbita^  non  si  nolano  ancora  nel  moncone 
distale  (che  rispetto  ai  centri,  dai  quali  la  gran  maggioranza  delle  fibre  del- 
l'oUico  deriva,  corrisponde  al  centrale  dei  nervi  periferici)  fatti  rigenerativi 
decisi:  si  scorge  però  qualche  divisione  di  fibre  terminata  da  piccole  mazze. 
Al  tredicesimo  giorno  compaiono  in  discreta  quantità  delle  fibre  neoforniate 
che  si  dirigono  verso  la  cicatrice  e  vi  penetrano  anche  abbastanza  profon- 
damente. Ma  anche  qui,  come  Cajal  avea  rilevato  per  il  midollo  spinale,  i 
fatti  rigenerativi  anziché  progredire  sembrano  retrocedere,  le  fibre  dell'ottico 
cadono  in  preda  ad  un  processo  degenerativo  del  quale  al  quarantesimo  giorno 
si  trovano  traccie  perfino  nella  retina.  Qui,  quando  nel  moncone  prossimale 
(corrispondente  al  periferico  dei  nervi)  sono  degenerate  tulle  le  fibre,  anche 
quelle  centrifughe,  si  trovano,  nello  strato  delle  fibre,  dei  cilindrassi,  cui  Te  Ut» 
ritiene  essere  cilindrassi  delle  cellule  dello  strato  ganglionare,  che  terminano 
con  bottoni:  sarebbe,  dice  Tello,  una  espressione  di  tentativi  di  rigenerazione 
da  parte  di  queste  cellule,  ma,  mancando  le  azioni  chemìolaUiche  delle  cel- 
lule di  Sf^hwann,  queste  fibre,  terminate  da  bottoni  di  accrescimento,  prendono 
delle  direzÌDni  abnormi,  si  dirigono  verso  la  periferia  e  possono  arrivare  fino 
al  di  là  dello  strato  delle  amacrine. 


Processi  riffenerativi  e  deqeneratid,  ecc.  7A\ 


Alle  t»speri«nze  di  Tello»  ^5i  può  muovere  un'osservazione,  quella  che  se- 
zionando roltico  entro  l'orbila  si  recide  quasi  sempre  Tarleria  centrale  della 
retina  ponendo  questa  membrana  in  condizione  di  nutrizione  tale  da  lasciar 
supporre  che  le  sue  cellule  non  possano  godere  di  tutta  la  loro  funzionalità 
e  ven*^ano  compromesse  nella  loro  integrità  anatomica. 

Quando  comparve  il  lavoro  di  Tello  io  avea  già  iniziate  delle  esperienze 
sulla  rigenerazione  del  nervo  ottico,  procedendo  alla  sua  sezione  nel  trailo  In- 
irarranko:  i  risultati  da  me  ottenuti  sugli  animali  —  conigli  —  adulti  furono 
presentali  l'Aprile  scorso  al  Primo  Congresso  della  Società  italiana  di  Neurologia, 
tiià  allora  avevo,  notato  come  i  fatti  di  rigenerazione  siano,  col  metodo  opera- 
tori*) da  me  seguito,  più  precoci  e  più  abbondanti  di  (pielli  osservati  da  Tello. 

J)a  allora  ho  ripetuto  le  mie  esperienze  in  animali  giovanissimi  ed  ora 
ne  riferirò  i  risultati  fino  agli  stadi  esaminati  avendo  già  in  esperienza  altri 
animali  per  lo  studio  dei  fenomeni  che  si  svolgono  in  epoche  più  tardive. 

Inoltre  riferirò  sul  mo<lo  di  comportarsi  degli  elementi  non  nervosi  che 
entrano  nella  costituzione  del  neinro  ottico,  ai  quali  ho. applicato  gli  stessi 
mi'toili  che  ho  descritto  a  proposito  del  midollo. 

IVr  ciò  che  si  riferisce  al  modo  di  comportarsi  delle  fibre  nervose  del 
nervii  ottici»  sezionato  negli  animali  giovanissimi,  ecco  in  breve  i  miei  risultati. 

A  70  ore  dal  taglio  si  notanti  nel  moncone  prossimale  dei  fenomeni  in 
tulio  paragonabili  a  quelli  osservati  da  Perroncito  nel  moncone  periferico 
dei  nervi  e  da  lui  interpretali  come  fatti  di  natura  irritativa;  ad  essi  Cajal 
attribuisce  il  significato  di  tentativi  di  rigenerazione. 

Nel  moncone  «listale  i  cilindrassi  sembrano  ingrossali  perchè  le  loro  libre 
costitutive  appaiono  come  divaricate;  intanto  compaiono  già  delle  fibre  sottili 
terminate  da  piccole  mazze  delicate,  a  contorni  regolari,  intensamente  colo- 
rate in  nero;  alcune  fibre  mostrano  dei  fenomeni  di  divisione  in  fibre  più 
sottili  delle  ((uali  alcune  mostrano  la  classica  terminazione  ad  anellino. 

A  100  ore  i  fenomeni  sono  qualitativamente  gli  stessi;  le  fibre  sottili  ter- 
niinalt^  da  mazze  0  da  anellini  sono  cresciute  in  numero. 

O  ijiorni  dopo  il  ta/fliit.  —  In  questo  stadio  si  nota  che  le  fibre  del  mcui- 
cune  prossimale  sono  già  degenerate  per  un  tratto  discredo;  rimangono  integre 
poche  fitu'e  sottili  delle  quali  qualcuna  termina  con  una  piccola  mazza. 

Nel  moncone  distale  si  nota  anche  qui  una  zona  metamorfica  dalla  quale 
procedono  in  copia  delle  fibrille  sottili  neoformate  che  si  dirigono  verso  la 
cicatrice  e  vi  penetrano  assai  profon«lamente  ;  numerose  sono  le  fibre  termi- 
nate da  anellini;  rare  sono  le  formazioni  a  spirale  e  sono  lungi  dall'avere  una 
struttura  tanto  complicata  come  quella  che  possiedono  nei  nervi  periferici.  In 
un  caso  nel  fanale  l'ottico  venne  reciso  solo  parzialmente  si  rileva  che  le  fibre 
netdormate  a  quest'epoca  hanno  attraversata  tutta  la  cicatrice.  Nella  cicatrice 
sono  numerose  le  divisioni  delle  giovani  fibre  (fig.  13  e  li). 


rvi^i 


0,  Rossi 


A  J ^  fjlonii  ì\e\  moncone  prossimale  si  vedono  delle  lihrille  sottili,  deli- 
fate  ;  ma  riesce  diiìicile  stabilire  la  loro  natura  essendoci  qui  da  considenin^ 
varie  eventualità:  possono  infatti  essere  fibrille  centripete  sottili  ancora  super- 
stiti, librille  centrifughe,  quali  sono  ammesse  neir ottico,  non  degenerate  od 
infine  fibrille  di  nuova  formazione  penetrale  dal  moncone  distale.  Per  risolver»' 


Fio.  13.  —  Nervo  ottico  di  eouigliolo  6  giorni  dopo  la  sezione  nel  suo  tratto 
intracranico:  8i  rilevano  numerose  fibre  neofonnate  le  quali  dal  moncone 
distale  Md,  attraverso  la  cicatrice  Ci,  arrivano  in  tutta  pro^imità  del  mon- 
cone prossimale  Mp  (metodo  Cajal). 


a  quest'epoca  il  dubbio  converrà  islituire  delle  esperienze  che  ci  possano  in- 
dicare quando  sia  compiuta  la  degenerazione  nel  moncone  prossimale  allora 
che  non  esista  possibilità  che  vi  entrino  fibre  dell'altro  moncone. 

Nel  moncone  distale  sono  in  atto  notevoli  fatti  rigenerativi  ;  la  jirodu- 
zione  di  nuove  fibre  è  abbastanza  abbondanle;  le  fibre  si  orientano  in  genere 
decisamente  verso  la  cicatrice  e  vi  penetrano  in  discreta  quantità;  alcune  la 
Mfi'i^ssano;  le  più  termitìano  con  mazise,  akun«i'<rti  anellini;  nofl  si  osMM'vanit 
libre  (erminate  da  niazze  che  abbiano  un  cammino  retrogrado. 


Promsi  rufenerfitìri  e  degenerativi,  ecr. 


513 


17  (jiorni  dopo  il  t(u/Uo.  —  l  fiMiomeni  rijionerativi  sono  ancora  projrre- 
iliti  però  più  in  quantità  che  non  in  estensione  e  le  libre  che  passano  la  ci- 
catrice non  sono  in  nuineio  niaj^giore  né  sembrano  aver  percorso  maggior 
cammino  che  nello  stadio  precedente:  nella  cicatrice  si  notano  delle  fibre  sot- 
tili che  si  dirigono  verso  il  moncone  disiale;  non  sono  però  riuscito  a  sor- 
prendere la  loro  derivazione  da  (ìbie  che  decorrano  in  questo  moncone;  perciò 
sono  costretto  a  rimanere  nel  dubbio  se  tratlisi  di  fibre  che  fanno  cammino 
relrogrado  o  di  eventuali  fatti  rigenerativi  delle  fibre  che  vengono  nell'ottico 
descritte  come  centrifughe. 

A  :i2  (jionii  si  nota  che  molle  delle 
libre  dalla  cicatrice  passano  nelPeslre- 
milà  del  nmncone  prossimale. 

A  quest'epoca  si  arrestano  per  ora 
le  mie  ricerche  sugli  animali  giovani: 
per  la  delicatezza  dell'operazione  da  me 
eseguita  (jueste  procedono  un  poco  a 
rilento;  intanto  servono  a  coluiare  un 
poco  la  lacuna  fra  il  13"  ed  il  44)^  giorno 
che  si  trova  nelle  ricerche  di  Tello; 
dalle  altre  risulterà  se  sia  sempre  vera 
la  constatazione  fatta  da  (piesto  autore 
e  che  negli  animali  adulti  parve  (vedi     Fui.  u.  -  Tmiiiimzioni  ad  ansilo  m  giovKiii 

,        .,    ,      4-1  .        .         ,  I  fibre  iienose  t'  8tnitture  a  f^pirale  nel  inoii- 

la  citala  Louninicazmne)   vi^'a  anche  a        eom- cii.tHie  di  nervo  ottho  hc-ì  Kiomi  doi.> 
ine,  che   i    fenomeni  rigenerativi   dopo        il  taglio  (metodo  e aj ai), 
un  certo  tempo  regrediscano. 

Ma  mi  preiìie  intanto  di  mettere  in  evidenza  come  nell'ottico  il  cosidetto 
tessuto  di  sostegno  si  comporti  in  modo  diverso  che  non  nel  midollo.  Normal- 
fuenle  coi  metodi  da  me  usali  nel  nervo  ottico  si  rilevano  evidenti  cellule  di 
nevroglia:  inoltre  attorno  ai  vasellini  che  lo  percorrono  in  senso  longitudinale 
si  trovano  delle  fibrille  connettivali  riunite  in  fascelti,  talora  di  discreto  spes- 
sore. In  mezzo  a  queste  fibrille  si  trovano  delle  cellule  allungate,  con  nucleo 
ricco  di  cromatina,  disposte  nel  senso  delle  fibre  del  nervo. 

hi  seguito  a  sezione  iutracranica  del  nervo  le  cellule  di  nevroglia  assai 
precocemente,  in  un  caso  già  al  terzo  gi«)rno,  mostrano  dei  fenomeni  rigene- 
rativi, il  corpo  cellulare  appare  ipertrofico  e  numerose  sono  le  cariocinesi. 
Anche  gli  elementi  fusati  descritti  attorno  ai  vasi  proliferano  per  mitosi  (ta- 
vola V,  tìg.  18  e  19). 

Intanto  dalla  guaina  piale  che  accompagna  il  nervi»  entrano  uclla  cica- 
trice molle  cellule  fusate  che  derivano  dalla  proliferazione  per  scissione  indi- 
retta delle  cellule  piali  preesistenti:  le  cellule  connettivali  perivasali  continuano 
a  moltiplicarsi  ed  invadono  pure  la  cicatrice,  la  quale  viene  così  ad  essere  co- 
stituita dai  dne  elementi  sopradetti  e  da  cellule  a  proloplasjua  finamente  re- 


514  0.  Rossi 

licolalu  (Gitteì'zellen)  che  vi  compaiono  già  al  decimo  giorno,  dopo  essei*si 
presentale  mollo  prima  in  corrispondenza  dei  due  monconi.  La  proliferazione 
conneltivale  pare  più  vivace  nel  moncone  prossimale  (lav.  V,  fìg.  17). 


* 
*  * 

A  proposilo  dei  falli  che  si  svolgono  nel  nervo  oUico  sezionalo  voglio  ri- 
cordare due  esperienze  di  Belile  (24).  A  due  cani  egli  sezionò  l'oUico  ed  il 
trigemino,  e  quindi  cuci  il  moncone  periferico  (il  quale  è  si  badi  bene  rispello 
alle  cellule  di  origine  il  cenlrale)  delTollico  co!  centrale  del  quinto  nervo;  in 
ambedue  i  cani  dopo  alcune  settimane  comparve  intorbidamenU)  del  cristallino 
e  del  vitreo. 

Uno  dei  cani  venne  sagrilicalo  dopo  10  mesi;  si  trovò  che  il  trigemina 
era  intimamente  unito  all'ottico.  1  tagli  in  serie  mostrarono  però  che  le  fibre 
dei  due  nervi  erano  nettamente  separate;  le  fibre  del  V  erano  cresciute  deniro 
al  tessuto  pcrineurale  dell'ottico  ed  erano  arrivale  fino  alla  sclerotica;  cosi 
esse  abbracciavano  il  breve  moncone  dell'ottico  il  quale  «  gtUe  markhaUUje  Fa- 
sera  (bei  vollkommener  Abivesenheit  einer  Retina)  enihielt  ». 

L'altro  cane  fu  ucciso  un  poco  più  tardi:  alla  necroscopia  si  trovò  che  la 
sutura  non  avea  tenuto;  il  capo  centrale  del  trigemino  spostato  si  era  riunito 
al  suo  capo  periferico:  anche  i  due  monconi  dell'ottico  si  erano  inconlrdti  ed 
erano  concresciuti,  il  luogo  di  riunione  era  molto  ben  visibile  «  zentralwnrts  von 
a  derselben  icar  der  Opticus  gelb  und  welk  wahrend  er  ìiach  dem  Aiuje  zu 
€  glrinzend  iveiss  war.  Die  Schnittuntersuchung  gab  folgende  Befunde:  wUsUin 
«  dige  Degeneration  der  Retina^  sehr  zahlreiche  markhalti^je  Fasern  im  peri- 
«  pheren  Opticusstumpf  (d,  h,  dem  Ende  das  Auge  hing),  gtUe  Verwachsung  bei- 
«  der  Opticiisstumpfe,  vollkommetus  Fehlen  markhaltiger  Fasern  im  zentralen 
«  Teil  des  zentralen  Opticusstumpfes  und  Ausstrahlung  von  Fasern  des  peri- 
«  pheren  Opticusstumpfes  iiber  die   Narbe  hinaus  in  den  zentralen  hinein  ». 

L'interpretazione  dei  reperti  di  queste  due  esperienze  riesce  un  poco  in- 
certa: la  lettura  dell'opera  di  Belhe  e  le  sue  dilucidazioni  non  valgono  per  nulla 
a  farci  escludere  che  egli  potesse  parlare  di  una  autorigenerazione  deiroltico, 
ed  i  dati  di  fallo  ai  quali  io  ora  accennerò  non  possono  essere  distrutti  dal- 
l'afTermazione  che  Belhe  (25)  fii,  rispondendo  ad  alcune  critiche  di  Perron- 
cito,  di  non  aver  istituito  queste  esperienze  allo  scopo  di  studiare  i  fenomeni 
di  autorigenerazione. 

A  pagina  181  del  suo  libro  egli  dice  che  le  fibre  che  si  trovano  nel  mon- 
cone distale  dell'ottico  in  questi  casi  sono  fibre  nervose  normali  «  die  sicher 
nicht  newjebildet  waren,  sondern  die  alien  Opticus- fasern  reprasentieren  ». 

Riesce  assai  difficile  l'ammettere  che  dopo  10-11  mesi  le  fibre  mieliniche 
deiroltico  non  siano  degenerale;  a  ciò  contrastano  le  ricerche  di  CajaI  e  di 
Tello,  per  non  parlare  che  delle  più  recenti,  ed  una  esperienza  che  lo  stesso 
He  Ih  e  riporta  alla  stessa  pagina,  nella  quale  dopo  un  periodo  di  tempo  mela 


Processi  rigeneratici  e  degenerativi,  ecc.  515 

del  ìfopradeUo  le  (ìhre  deirollicu  sepiiralc  dalla  retina  erano  già  degenerato. 
Ma  in  favore  della  supposizione  che  più  avanti  Bethe  volesse  parlare  di  au- 
lorigenerazione  sta  ciò  die  egli  scrive  a  pag.  231  e  che  io  ho  già  trascritto; 
egli  dice  che  dal  moncone  periferico  si  partivano  delle  fibre  che  entravano 
nel  centrale  e  nella  (ìg.  58  b  ipag.  230)  figura  con  invidiabile  chiarezza  queste 
fibre  a  proposito  delle  quali  scrive  che  cosi  si  dimostra  come  «  kann  also  auch 
^  der  Opticus,  dieser  hochste  unter  den  Nerven,  naeh  Durchschneidung  wied^r 
«  verheiìen  ».  Anche  concedendo  a  Bethe  che  le  fibre  mieliniche  del  moncone 
distale  siano  le  antiche  sopravissute  non  si  potrebbe  concepire  che  da  esse 
partano  fibre  che  traversano  la  cicatrice  per  andare  nel  moncone  centrale  senza 
ammettere  una  rigenerazione. 

L'obbiezione  che  gli  ò  stata  mossa  (Perroncilo)  che  quello  che  ci  dice 
sullo  stato  delle  due  retine  non  sia  sufficiente  ad  allontanare  il  dubbio  che  in 
realtà  non  tutte  le  cellule  retiniche  fossero  distrutte,  e  che  per  me  ha  valore 
ancora,  pare  avesse  voluto  Bethe  evitare  con  quello  che  ci  dice  a  pag.  181 
dove  si  legge  :  «  In  beiden  Fiitlen  fand  sich  die  Retiiui  oollkommen  entartet  ; 
«  nur  noch  ein  bindegeweb'ujes  Hautchen  war  àbruj  (jeblieben ;  von  Ganglien- 
<  zellen  war  auch  keine  Andeutitng  mehr  vorhanden  ». 

Considerando  l'importanza  che  reperti  di  questo  genere  possono  avere 
anche  perchè  qui  si  può  con  maggiore  sicurezza  escludere  l'eventuale  parte- 
cipazione di  fibre  collaterali,  quando,  ben  inleso,  l'ottico  venga  sezionato  nel 
suo  tratto  in  tracrani  co,  ho  istituita  la  seguente  esperienza. 

Ad  un  coniglio  ho  praticata  la  sezione  intracranica  dell'ottico  e  quindi 
Vexenteratio  bulbi  dallo  stesso  lato,  asportando  accuratamente  con  un  cuc- 
chiaio tagliente  la  retina.  Sagrificalo  l'animale,  dopo  più  di  un  mese,  nel  mon- 
cone distale  dell'ottico  ho  trovata  completa  degenerazione  delle  fibre  e  nes- 
suna traccia  di  rigenerazione. 

L'esperienza  depone  per  l'impossibilità  in  questa  regione  di  fatti  di  au- 
lorigenerazione. 

Concludendo:  In  seguito  alla  sezione  intracranica  del  nervo  ottico  le 
fibre  del  suo  moncone  distale,  vale  a  dire  quelle  che  sono  in  relazione 
colle  cellule  della  ret'na  dalle  quali  procedono,  mostrano,  almeno  nel  primo 
mese,  una  notevole  capacità  rigenerativa.  Anche  in  questa  sezione  del  si- 
stema nervoso  la  rigenerazione  procede  dal  moncone  centrale  e  sono  da 
escludere  fatti  di  autorigenerazione  di  fibre  isolate  dal  loro  centro. 

Bibliogrrafla. 

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len  und  jieripheren  Nervensystem  nach  den  neueHt<»u  Forsehungen.  «  Ceutralbl.  fiir  nWg.  Patliol. 
und  pathol.  Anat.  »,  Bd.  VI,  1895. 

(5)  8.  R.  Cajal.  Notas  preventivai»  sobre  la  degcneración  y  rigeneración  de  \&s  vìan^  uervio.*a"« 
centrale».  «  Trab.  del  Liibor.  de  invest.  biol.  »,  tomo  IV,  faMc.  4,  pag.  295. 

(6)  G.  Makixeìsco  et  I.  Mimka.  Xote  .sur  la  dégénórest^ence  de  la  moelle  chez  rhoniine.  «  Compt, 
wnd.  de  la  Société  de  Biologie  »,  tomo  XL,  (1906),  pag.  1027. 

—  Recherche»  sur  la  régcnérescence,  de  la  moelle.  «  Nouvellc  Iconogmphie  de  la  8alpétrière  », 
n.  3,  1906. 

(7)  P.  Tkli-o.  La  règénération  dan»  le«  voie»  optlqueH.  «  Trav.  du  Labor.  <e  Rech.  biol.  », 
tomo  V,  (1907),  pag.  237. 

(8)  O.  RoMi.  Sulla  Une  struttura  del  bulbo  olfattorio.  «  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  men- 
tale »,  voi.  XII,  (1905),  pag.  62. 

(9)  8.  R.  Cajal.  Quelquefi  formules  de  fixation  destinéeH  a  la  methode  au  nitrate  d'argent. 
«Trav.  du  Laìwr.  de  Reeh.  biol.  »,  tomo  V,  (1907),  pag.  215. 

(10)  R/Sani».  Klne  neue  elektivc  Nervo nsystenifarbung.  «  Obersteiner'i*  Arbeit<>n»,  Bd.  XV, 
Th.  I,  8.  839. 

(11)  8.  R.  Cajal.  Les  mètamorphoseM  precoce.-*  de»  neurotìbrilles  dan»  la  règénération  et  la 
dègénération  de:*  neri».  «  Trav.  du  Labor.  de  R<'ch.  biol.  »,  tomo  V,  fa«c.  1-2,  iwig.  46. 

(12)  A.  Peeeojicito.  La  rigenerazione  dei  nervi.  «  Memorie  del  R.  Istituto  lombardo  dì  Scienze 
e  Lettt're»  (eia.'?»!?  di  Scienze  matematiche  e  naturali),  voi.  XX,  fase.  10  (Hcx^pli,  Milano,  1*W). 

(13)  E.  Li'oARo.  Sulle  alterazioni  delle  cellule  nei-vose  dei  gangli  spinali  in  seguito  al  taglio 
della  branca  periferica  o  centrale  del  loro  prolungamento.  *  Rivista  di  Patologia  nerNOsmi  e  men- 
tale *,  voi.  1,  (1896),  fase.  12,  pag.  457. 

(14)  O.  D'Abunix).  Dottriga  metamerica  e  rigenerazione  consecutiva  allo  strapi»  contemjio- 
raneo  del  prolungamento  midollare  di  molteplici  gangli  intervertebrali  nei  primi  tempi  della  vit« 
extra-uterina.  €  Rivista  italiana  di  Neuropatologia,  l»j»ichiatria  ed  Elettroterapia»,  voi.  I,  fase.  8. 

(15)  E.  LruARo.  Recensione  del  suddetto  lavoro.  «  Rivista  di  Patologia  ner\'osa  e  mentalo  ». 
voi.  XIII,  (1908),  fase.  10. 

(16)  8.  R.  Cajal.  Estudios  histológicos  sobre  los  tumores  epiteliales.  «  Rivista  trimestml 
micrografica  »,  tomo  I,  pag.  83. 

(17)  E.  Meiiea.  Contributo  allo  studio  delle  lini  alterazioni  della  fibra  nervosii  nella  neuritr 
parenchimatosa  degf-nerativa  sperimentale.  «  Memorie  del  R.  Istituto  lombardo  di  Scienze  e  Let- 
tere »,  voi.  XX,  serie  III,  fase.  8  (Hoepli,  Milano,  1906). 

(18)  C.  Da-Fano.  Osservazioni  sulla  fine  stnittura  della  nevroglia.  «  Ricerche  fatte  nel  Labo- 
ratorio, etc.  »  (Archivio  di  Todaro),  voi.  XII,  fase.  2-3,  pag.  101. 

(19)  N.  AcHÙcAKKo.  Sur  la  formation  de  cellules  à  bàtonnet,  etc.  «  Trav.  du  Labor.  de  Rech- 
biol.  »,  tomo  VI,  (1908),  fase.  3. 

(20)  G.  Makink.sih>.  Etudes  sur  ìv  mécanisme  de.  la  régénérescence  des  fibrc«s  nervense^  des 
n<'ris  pcriphériques,  «  Journal  fiir  Psychologie  und  Neurologie  »,  Bd.  VII,  (1906),  S,  140. 

(21)  L.  Tasoh.  Ix's  artères  de  la  moelle  dorso-lombairt*.  (Paris,  Vigot   Frèns  editeun*.  UH)8). 

(22)  Clarenoe  B.  Faukah.  On  the  phenomena  of  repair  in  the  cerebral  cortex  —  A  study  of 
mesodermal  and  ectodennal  activities  following  the  introduction  of  a  foreign  body.  «  Nis^r* 
hìstologische  und  histopathologische  Arbeiten  »,  Bd.  II,  8.  1  (Fischer,  Jena,  1908). 

(23)  Ed.  F0K8TEB.  Exiwrinientelle  Beitriige  zur  I^t^hre  der  Phagozytose  der  Hinirindenelemcnt?. 
«  Nissrs  histologische  und  histopathologische  Arbeiten  »,  Bd.  II,  8.  173. 

(24)  A.  Bethe.  Allgenieine  Anatomie  und  Physiologie  dcs  Nervensystems.  (G.  Thienie, 
Leipzig,  1903). 

(25)  A.  Betue.  Benierkungen  zur  Arbeit  voii  A.  Perroneito.  «  Ziegler's  Beitrage  »,  B<1.  43, 
(1W8),  S.  233. 

(2<5)  C.  U.  A.  Kappeks,  Reeheivhes  sur  le  développement  des  gafnes  dans  le  tube  nerveux. 
«  Petrus  Camper»,  II.  2,  Autt.  2  (1W)3). 

(27)  A.  Nemiloik.  P^iuìge  Beobachtungen  ùber  den  Bau  des  Nervensystems  bei  (ìanoiden  und 
Knochenfischen.  Teil.  IL  Der  Bau  derNervenfasem.  «  Arehiv  fiir  niikros.  Anatomie  und  Entwicke- 
Imigsgi'sch  »,  Bd.  72,  (11M>8),  IL  3,  8.  575. 


Processi  rh/ciifm/lri  tt  d{'(jeneralivi,  ere,  517 


Legrgrenda  esplicativa  delle  fìgrure  contenute  nella  tav.  V. 


Figura  1.  —  Sezione  longitudinale  di  midollo  .spinale  (segmento  doi-sale)  di  couif:?liolo  normale 
per  dimostrare  la  iH)i*izione,  la  disposizione  e  il  numero  dej?li  elementi  a  e  h.  Color,  ema- 
to*»ilina  Delafield.  OC.  4  e,  OBB.  2  (K). 

FtarKA  2.  —  Midollo  spinale  (segmento  dorsale)  di  canino,  per  la  dimostrazione  degli  elementi 
a  e  6,  e  della^trattura  dei  piccoli  va.si  midollari.  Fisi*.  Flemming,  color.  Cajnl  tri- 
cromico.  OC.  4  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeiss. 

FitiuuA  8.  —  Nerroglia  nel  midollo  di  canino  nonnale.  Fiss.  Flemming,  color.  emato!<.HÌlìnH 
Mallory .  OC.  4  e.,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeiss. 

FiQCBB  4-5.  —  Elementi  tipo  6:  nella  figura  5  si  vede  l'elemento  che  in  certo  modo  cii-conda  una 
fllira  nervosa.   Fi.«s.  in  alcool,  color,  turchino  di  toluidina.  OC.  6  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog. 

Z<'Ì8S. 

FioiRA  6.  —  Elementi  tipo  h  ed  alcuni  tipo  e.  Fjss.  In  alc<M)l  assoluto,  color,  colla  miscela  di 
Pappenheim.  Ingrandimento  come  sopra. 

PidUBA  7.  —  Cariocinesi  in  elementi  a  e  b  ì\\  midollo  di  conigliolo.  Fiss.  Flemming,  color. 
Cajal  tricromico.  00.  4  e,  OBB.  imm.  '/,5  (K). 

Pkii'rr  8-9.  -  Fatti  di  degenerazione;  vacuolizzazione  del  pnitoplasma;  carioressi  negli  elementi 
n  e  h  dopo  il  taglio  del  midollo  spinale.  OC.  8  e,  OBB.  2  mm.  innn.  omog.  Zeiss. 

FioiTRA  10.  —  Elementi  che  con  ogni  pi*ol)al)ilità  nippvesentano  dei  leucociti  in  via  di  deginiera- 
zion;*  nella  zona  necrotica  del  moncone  midollai-e.  Fiss.  Flemming,  color,  metodo  modifi- 
cato di  Mann.  OC.  4  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeiss. 

FinrB.4  11.  —  Kómchf ne f fleti  nel  moncone  midollare.  Fi.-s.  Flemming,  color.  Cajal  tricmmico. 
Ingrandimento  come  sopra. 

FiflUBA  12.  —  Alcuni  elementi  tijK)  a  vacuolizzati  ;  quindi  quelle  cellule  rotondeggianti,  delle  quali 
parlasi  nel  testo  :  una  di  esse,  quella  più  in  basso,  contiene  un  globulo  ros.so.  Fiss.  in  alcool 
assoluto,  color.  Pappenlieim.  OC.  8  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeis<. 

FiocBA  13.  --  Cicatrice  tra  i  due  monconi  del  midollo,  gli  elementi  della  quale  p»-ocedono  dalla 
pia.  OC.  2  e,  OBB.  2  (K). 

FifsrHA  14.  —  Cellule  fusate,  di  origine  piale,  di  detta  cicatrice:  alcune  pi'esentano  nettissime 
cariocinesi.  Color,  ematossilina  Delafield.  OC.  6  e,  OBB.  2  mm.  imm.  onuig.  Zeiss. 

Figure  15-16.  —  Elementi,  dei  quali  è  parola  nel  testo,  in  vicinanza  di  una  piccola  emorragia  nel 
moncone  midollai-e:  nella  figura  15  sonvi  le  già  descritte  cellule  di  forma  tondeggiante,  delle 
quali  una  è  in  cariocinesi,  e  cellule  con  più  nuclei.  Fiss.  in  alcool  assoluto,  color,  di 
Pappenheim  .  OC.  4  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeiss. 

Figura  17.  —  Cicatrice  del  nervo  ottico  parzialmente  sezionato.  OC.  2  e,  OBB.  2  mm.  (K). 

Figura  18.  —  Cellule  appartenenti  ai  fascetti  connetti  vali  longitudinali  del  nervo  ottico  dopo  la 
sezione  di  questo:  sono  molto  numei-ose  e  pix^sentano  cari(K'inesi.  Color,  ematossilina  Dela- 
field. OC.  (>  e,  OBB.  2  mm.  imm.  omog.  Zeiss. 

FioiBA  19.  —  Cellule  di  nevroglia  del  nervo  ottico  sezionato:  aiunentn  di  questo  cellule  e  cario- 
cinesi. Fiss.  Flemming,  Color.  Cajal  tricromico.  OC.  4  e,  OBB.  2  mm.  ìinni.  «nnog. 
Zeiss. 


518  0.  Sandrl 


ClinlcR  dello  inalatMe  nervose  e  mentali  dell' istituto  di  Studi  .superiori  in  Firenze 
diretta  dal  prof.  E.  Tanssi 


Contributo  all'anatomia  ed  alla  flsiologria  dell'ipofisi. 

Ricerche  del  dott.  Oreste  Sandrl,  Assistente 


Rinssumere  andie  brovemente  quanto  è  stalo  scritto  suìla  «^Iiiandola  pi- 
Uiitaria  sarebbe  lavoro  ozioso  perchè  da  altri  già  fatto,  poco  profìcuo  perchè 
molte  delle  teorie  ed  induzioni  del  passato  sono  siale  definilivanienle  distrutte 
da  ricerche  ulteriori.  Mi  limiterò  quindi  a  tracciare  un  breve  schema  critico 
delle  cognizioni  che  al  presente  si  hanno  sulT anatomia  e  la  fìsiologia  dell'ipo- 
fisi, soffermandomi  a  discutere  un  po' più  diffusamente  gli  studi  più  recenti 
che  hanno  stretta  affinità  con  le  mie  ricerche  personali. 


embriologia. 

L'ipofisi  è  comunemente  divisa  in  due  lobi,  ranteriore  (epiteliale)  ed  il 
posteriore  (nervoso)  —  Quasi  tutte  le  opinioni  sono  concordi  sull'origine 
embriologica  del  lobo  posteriore:  Ibrmato  da  un  invaginamento  (MVinfundi- 
bulum  0  pavimento  del  IH  ventricolo,  rappresenta  una  diretta  dipendenza  del 
sistema  nervoso  centrale.  —  La  stessa  uniformità  di  vedute  non  esiste  per  il 
lobo  epiteliale,  sull'origine  del  quale  le  ipotesi  furono  molle  e  contrarie. 

Primo  Rathke,  studiando  sui  rettili  e  sugli   uccelli,  descrisse  nell'em- 
brione del  pollo,  alla  base  del   cranio,  un   piccolo  infossamento  nella  parete 
dorsale  dell'intestino  primitivo,  e  lo  considerò  come  il  primo  abbozzo  dì  ipo- 
fisi. Seguirono  poi  a  sostenere  l'origine  endodermica  del  lobo  epiteliale  Rei- 
chert,  Reissner,  His,  Dursy,  Mtìller  ecc....  Questa  opinione  prevalse  sino 
all'apparire  delle  ricerche  di   Wihalkowichz,  il  quale  contrariamente  alle 
teorie  degli  AA.  precedenti,  sostenne  che  il  lobo  epiteliale  dell'ipofisi  si  forma 
da  un  diverticolo  della    cavità    boccale,  originantesi   sulla  lìnea  mediana  al- 
l'inizio  della  membrana    faringea  —  Goette,  Balfour,  KòUiker,  Romiti. 
Emery,  Johson,  Hoor,  Micot  ed  altri  pure  ritennei'o  che  l'ipofisi  si  differen- 
ziasse a  spese  dell'ectoderma.  —  Quando  la  questione  sembrava  risolta,  insorse 
più  viva  che  mai  dopo  i  nuovi  lavori  di  Kupffer.  II  quale  mentre  con  studi 
precedenti  si  era  dimostrato  partigiano  convinto  dell'origine  ectodermica  in 
tutti  i  vertebrali,  in  seguito,  per  ricerche  eseguite  sui    petromizanti    e  sugli 
anfibi  cambiò  completamente  opinione,  e  descrisse  l'ipofisi  come  originantesi 
«la  tre  bozze,  l'una  ectodermica  o  boccale,  l'altra  endodermica,  situata  all' in- 
dietro *e  dorsalmente  della  membrana  faringea,  e  la  terza  derivante  dal  pìv- 
cesms  infundllndi  0 '^\mx\{\i)\'à  infundibulare  di  Rabl-Rùchkard.  Nello  stesso 


Conlrlbnlo  nlV analom'ut  fd  alla  /isioloifia  deW  ipolìsi  ólO 


lempo  Va  lenti,  che  prima  in  due  noie  aveva  nejrato  ([ualiin(|ue  partecipazione 
dell'ectoderma  alla  formazione  del  lobo  epiteliale  dell'ipofisi,  ammise  poi, 
sebbene  con  importanza  seconilaria,  questa  partecipazione,  —  Ammettono  pure 
l'origine  ecto-endodermica  Nussbaum,  (Collina,  Orru.  —  Ma  le  nuove  ri- 
cerche di  Saint-Rem y,  Hot'fman,  Ghiarugi,  Mailer,  di  fiossi  e  di  Corning 
sugli  anuri,  di  Gemelli  sui  rettili,  uccelli  e  mammiferi,  Staderini  e  Salvi 
sulle  cavità  encefaliche  del  comjylus,  hanno  potuto  dimostrare  chiaramenle  la 
esclusiva  derivazione  ectodermica  dell' ipofisi. —  Questa  è  la  teoria  attualmente 
accettata  dai  più. 

Anatomia. 

Dopo  gli  studi  di  Peremeschko,  Miìller,  Dostoiewschy,  il  primo  che 
diede  una  descrizione  dettagliata  delle  singole  parti  della  ghiandola  pituitaria 
fu  Lothrniger.  Quest' A.  distingue  nell'ipofisi  due  lobi,  uno  anteriore  di  na- 
tura epiteliale,  l'altro  posteriore  di  natura  nervosa.  Ciascuno  dei  due  lobi 
possiede  una  cavità  propria,  quella  del  lobo  nervoso  (cavità  infundibulare)  è 
un  diverticolo  del  ventricolo  medio  del  cervello,  quella  del  lobo  epiteliale  (ca- 
vità ipofisaria)  è  filiforme,  e  divide  questo  lobo  in  due  parti,  l'una  esterna 
corticale  di  maggior  volume  (Epithelkórper)  Talira  interna  più  piccola  (Epi- 
tbelsaum). 

Proseguendo  gli  studi  istologici,  parte  degli  AA.  continuarono  ad  am- 
mettere l'esistenza  di  una  cavità  nel  lobo  epiteliale,  in  tutti  od  in  varie  specie 
di  animali  (Rogowitsch,  Gentès,  Relius,  Mailer,  Sterzi,  Gemelli)  altri 
negarono  l'esistenza  di  una  vera  cavità,  attribuendone  la  sua  formazione  sia 
agli  stiramenti,  anche  legggeri,  praticati  nella  estrazione  dell'organo,  sia  alla 
successiva  azione  dei  reattivi,  atti  ad  accentuare  le  cavità  già  prima  acciden- 
talmente prodottesi.  (Pisenti  e  Viola,  Valenti,  Caselli,  Collina,  Thom, 
Rossi,  Guerrini). 

Né  il  disaccordo  tra  gli  AA.  si  limita  all'esistenza  della  cavità  ipofi- 
saria. Ricerche  sui  vertebrati  indussero  Rossi  a  negare  l'esistenza  di  due  por- 
zioni nel  lobo  epiteliale.  Non  è  più  il  caso  di  parlare,  scrive  l'A.,  di  Man- 
telschicht  (porzione  posteriore)  o  di  Markschicht  (porzione  anteriore);  il  lobo 
anteriore  dell'ipofisi  è  formato  solo  da  quest'ultima,  la  prima  appartiene  in- 
vece al  lobo  nervoso  o  all'infundibulo.  a  spese  del  quale  si  è  formala.  «Cade 
con  ciò  anche  l'ipotesi  ammessa  nell'intento  di  spiegare  la  differente  strut- 
tura delle  due  porzioni  che  si  è  creduto  gli  (al  lobo  epiteliale)  appartenes- 
sero, relativa  alla  doppia  origine  ecto-endodermica  del  lobo  epiteliale  stesso  ». 
Guerrini  e  Garbini  seguono  la  topografia  di  Rossi.  A  questa  nuova  teoria 
Gemelli  replica  opponendo  i  resultati  contrari  delle  sue  ricerche,  le  quali 
concordano  con  quelle  di  Relius,  Mailer,  v.  Kolliker. 

Benché  io  abbia  sezionate  moltissime  ipofisi  non  credo  di  potermi  indu- 
giare molto  a  discutere  la  quislione.  Per  farsi  opinioni  personali  sicure  sul- 
l'argomento sarebbe  necessario  studiare  comparativamente  le  ipofisi  di  varie 


Ty-li)  0.  Snndri 


specie  «ranimali:  riterclic  oinbriolojrichi»  od  anHloiiiicho  dì  tal  jreneiT,  Iroppo 
mi  avrebbero  allontanato  dallo  scopo  che  mi  sono  prelìsso.  Dirò  solamente  che 
massime  nel  coniglio,  in  pezzi  fissati  in  Zenker,  Flemmjng,  e  colorati  col 
Galeotti,  V.  Gieson,  CajaI  Iricromico,  ho  potnto,  in  sezioni  traversali,  osser- 
vare l'esistenza  di  una  cavità  tilil'orme  nel  lobo  epiteliale,  che  non  ha  assolu- 
tamente r aspello  di  una  breccia  praticata  artilìcialmente,  come  altri  vorrebbe. 
Nella  concavilà  del  lobo  ghiandolare  si  adatta  il  lobo  nervoso,  tra  i  due  esi- 
ste uno  strato  sottile  di  cellule  (porzione  posteriore  del  lobo  ghiandtdare)  che 
si  attacca  con  le  estremità  alla  porzione  anicriore  del  lobo  ghiandolare.  Tra 
l'uno  e  l'altro  lobo  non  ho  mai  osservato  delle  formazioni  connettivali,  mentre 
uno  strato  di  connettivo,  ben  visibile  massime  nei  preparati  col  v.  (ìieson  e 
GajaI  tricromico,  esiste  tra  la  porzione  posteriore  del  lobo  ghiandolare  ed  il 
lobo  nervoso.  —  Queste  particolarità  anatomiche  mi  spiegano  appunto  perchè 
ffuando  si  cerca  di  isolare  i  due  lobi  di  un'ipofisi,  al  lobo  nervoso  resta  sempre 
unita  la  porzione  posteriore  del  lobo  ghiandolare  (la  stessa  osservazione  venne 
pure  fatta  da  Paulesco)  Il  connettivo  infatti  offre,  unendo  i  tessuti  vicini  in 
modo  più  ccunpatto,  maggior  resistenza,  che  non  le  aderenze  lasse  che  esi- 
stono tra  le  due  parti  del  lobo  epiteliale. 

Osserviamo  ora  la  citologia  dell'organo.  —  LoIxì  epiteliale.  —  Tutti  gli 
AA.  sono  concordi  nel  riconoscere  le  differenze  esistenti  tra  le  cellule  paren- 
chimali  delle  due  porzioni,  anteriore  e  posteriore. 

La  porzione  anteriore  è  formata  da  acini  ghiandolari  tra  di  loro  indi- 
pendenti, rivestiti  di  cellule  di  forma  e  dimensioni  variabili.  Sulla  natura  di 
rpieste  cellule  molto  è  stato  scritto.  Alcuni  le  divisero  in  due  o  più  tipi  ili- 
stinti  (Flesch,  Dostojewsck y,  Lothringer,  Gomte,  Carrière,  Pisenti  e 
Viola,  Thom,  Launois  e  Moulon,  Caselli,  Gemelli  ecc.),  per  altri  invece 
non  rappresenterebbero  che  stadi  funzionali  differenti  di  un  identico  elemento 
(Schonemann,  S.  Remy,  Benda,  Rossi,  Morandi,  Guerrini  ecc.) 

Per  l'osservazione  dei  preparati  normali  e  patologici  osservati,  sono  pro- 
penso a  credere  che  la  porzione  anteriore  del  lobo  epiteliale  sia  composta  da 
un  tipo  solo  di  cellule,  che  assumono  aspetti  differenti  a  seconda  dello  stato 
di  riposo,  0  del  grado  di  attività  funzionale.  Per  comodità  di  descrizione,  la- 
sciando a  parte  tutte  le  torme  di  transizione,  seguirò  \{  classificazione  di 
Renda,  dividendo  queste  cellule  in  tre  gruppi  principali: 

a)  cellule  piccole  con  nucleo  ricco  di  granulazioni,  protoplasma  scarso 
e  scarse  granulazioni; 

h)  cellule  grandi   con   nucleo  -e   protoplasma   carichi  di   granulazioni 
acidofile; 

r)  cellule   grandi   a   protoplasma   abbondanle   e  scuro  contenente  solo 
qualche  elemento  granulare  basofllo. 

La  parte  posteriore  del  lobo  epiteliale  è  composta  da  pochi  strati  di  cel- 
lule dì  forma  allungata  con  nucleo  piccolo,  disposte  uniformemente  le  uno 
vicine  alle  altre;  piccole  granulazioni  più  o  meno  abbondanti  ne  occupano  il 
protoplasma.  Tra  (jueste  cellule  ne  esistono    altre  poliedriche  o  tondeggianti 


CoììlvUìUtn  nir  (iiuiUmna  ed  nlla  /isiolnfjin  dclT  ijm/isi  Tj^I 

inlonsamenle  cromatoHIc;  sono  irli  elementi  ritenuti  da  Hoeke,  Boclienek  eome 
cellule  di  sosleirno.  Questo  slralerello  di  cellule  sejrue  la  convessità  del  loho 
nervoso,  ma  in  certi  punti,  come  osservai  nel  cane,  forma  una  ricca  pieghet- 
tatura come  se  fosse  troppo  ampio  per  adattarsi  al  lobo  suddetto.  Nei  conij^li 
Ilo  notalo  varie  vidle  che  zalìl  di  cpiesto  tessuto,  misti  a  (jualche  fascio  di  con- 
nettivo, si  addentrano  nel  lobo  nervoso  formando  strisce  ed  isolotti  in  cui 
abbondano  le  cellule  poliedriche  cromatolìle.  Alla  jrarte  posteriore  «lei  lobo  epi- 
teliale arrivano  in  jjrande  numero  fibre  nervose  (di  cui  parleremo  mejrlio  in 
seguito),  che  dopo  aver  formato  un  intreccio,  terminano  con  estremità  libere 
tra  le  cellule. 

//  lobo  nervoso  o  posteriore  è  stato  il  meno  studiato;  pochi  sono  gli  AA. 
che  l'hanno  descritto  dettagliatamente.  Sino  a  poco  tempo  fa  era  rilenuto  com- 
posto di  connettivo  e  di  libre  nervose.  Kra use  descrisse  in  esso  delle  cellule 
nervose  con  prolungamenti  varicosi  che  si  dirigono  in  allo  verso  l'infundi- 
hulo.  Henle,  Scbwalbe,  Toldl,  negarono  che  queste  cellule  fossero  di  ori- 
gine nervosa.  R.  GajaI  descrisse  elementi  cellulari,  a  contorno  irregolare,  che 
non  sa  se  chiamare  connettivi,  nervosi,  od  epiteliali.  Fece  poi  rilevare  l'esi- 
stenza di  un  fascio  di  libre,  cilindrassili  di  un  gruppo  di  cellule  poste  dietro 
il  chiasma  ottico,  a  livello  dell'infundibulo,  che  entra  nel  peduncolo  e  si  di- 
stribuisce nel  lobo  nervoso  formando  un  intreccio  fine  e  serrato.  Berkiey 
ammise  l'esistenza  di  cellule  nervose  e  ne  descrisse  persino  vari  tipi.  Ma 
Relius  e  v.  Kólliker  negarono  definitivamente  l'esistenza  di  queste  cellule. 
Caselli  trova  che  nel  lobo  posteriore  non  esistono  cellule  nervose  o  se  ne  esi- 
stono, sono  rappresentale  da  elementi  tanto  rudimentali  che  hanno  perduto  ogni 
carattere  proprio.  Inoltre  in  animali  a  cui  aveva  leso  il  lobo  ipofisario  posteriore, 
non  trovò  fibre  degenerate  ne  nell'infundibulo  ne  nelle  zone  vicine.  S.  Gentès, 
col  metodo  Golgi,  mette  in  evidenza  un  ricco  reticolo  di  fibre  nervose,  delle 
cellule  di  nevroglìa  e  delle  cellule  ependimali.  Gemelli  trova  che  il  connet- 
tivo non  entra  mai  a  far  parte  nella  costituzione  del  lobo  nervoso,  ma  solo 
fa  parte  della  capsula  e  delle  pareli  vasali.  Descrive  il  lascio  di  fibre  nervose 
che  percorre  le  pareti  del  Itiber  cinereum^  si  raggruppa  e  scende  per  il  pe- 
duncolo ipofisario.  Queste  fibre,  dopo  aver  percorso  intrecciandosi  tutto  il  lobo, 
formano  un  fitto  plesso  alla  sua  periferia,  entrano  poscia  nella  porzione  epi- 
teliale posteriore,  la  percorrono  perpendicolarmente,  danno  rami  collaterali 
numerosissimi  e  finiscono  con  bottoncini,  piccoli  rigonfiamenti  o  placchelte. 
L'A.  fa  notare  che  mentre  alla  porzione  epiteliale  posteriore  vanno  fibre  pro- 
venienti dal  lobo  nervoso,  alla  porzione  epiteliale  anteriore  vanno  fibre  pro- 
venienti dalla  pia  madre.  Descrive  le  cellule  ependimali  che  tappezzano  tutta 
la  cavità  infundibulare  e  le  cellule  di  nevroglia  grandi  e  polimorfe.  Non  è  mai 
riuscito  a  mettere  in  evidenza  alcuna  cellula  nervosa. 

In  questi  ultimi  tempi  H.  Joris  pubblici)  i  risultati  di  ricerche  mollo 
interessanti  sul  lobo  nervoso.  l/A.  descrive  tra  lo  stroma  connetlivale  o  glioso 
cellule  proprie  del  parenchima,  di  solito  isolale,  qualche  volta  riunite  in  gruppi 
disseminali  irregolarmente. 


hìi  0.  Sandri 


Queste  cellule  di  forma  allungata,  poliedrica  o  stellala,  con  contorni  in- 
distinti, sembrano  inattive,  ma  la  loro  natura  di  elementi  ghiandolari  si  ma- 
nifesta chiaramente  quando  entrano  in  attività  funzionale.  Allora  si  può  os- 
servare il  protoplasma  delinearsi  più  esaltamente,  e  numerosissime  granulazioni 
spiccatamente  fucsinolìle  invadere  il  protoplasma.  In  seguito,  per  un  processo 
analogo  a  quello  che  si  osserva  nelle  cellule  ghiandolari  del  lobo  anteriore^ 
le  granulazioni  si  eliminano  e  la  cellula  ridiventa  cromatofoba  quando  tulle  le 
granulazioni  sono  state  espulse.  Il  loro  ciclo  di  sviluppo,  differisce  da  quello 
delle  precedenti  cellule.  Anche  Joris  non  ammette  l'esistenza  di  cellule  nervose. 

Le  mie  ricerche  coi  metodi  di  Gajal  all'argento  ridotto, Cajal  tricromico. 
Galeotti,  V.  Gieson,  da  Fano,  mi  hannno  dimostralo  che: 

Il  fascio  di  fibre  che  entra  nel  peduncolo  ipofisario  si  distribuisce  se- 
guendo il  decorso  già  dettagliatamente  descritto  da  Cajal  e  da  Gemelli. 
Confermo  la  descrizione  di  quest'ultimo  autore  sulle  cellule  ependimali  e  di 
nevroglia,  sull'assenza  di  connettivo  e  di  fibre  nervose.  Nessuno  però  all' in- 
fuori di  Joris,  ch'io  sappia,  aveva  mai  descritto  cellule  ghiandolari  fun- 
zionanti nel  parenchima  del  lobo  nervoso,  cellule  che  nulla  hanno  a  che 
vcilere  con  gli  zaffi  di  tessuto  epiteliale  che  possono  addentrarsi  nel  lobo  stesso. 
Le  mie  ricerche  confermano  quelle  di  Joris.  Le  suddette  cellule  si  trovano 
sparse  in  qualunque  zona  del  lobo.  Nell'animale  normale  è  difficile  metterne 
in  evidenza  il  protoplasma,  il  quale  circonda  di  un  alone  indistinto  il  nucleo 
scarsamente  provvisto  di  granulazioni.  Le  cellule  allora  non  sembrano  essere 
dotate  di  funzione  alcuna. 

In  coniglie  gravide  a  cui  avevo  fatte  varie  iniezioni  di  ipofisi  inteni  di 
bue,  sono  riuscito,  massime  col  Cajal  tricromico,  a  mettere  in  evidenza  vari 
aspetti  morfologici  assunti  dalle  cellule  nel  loro  ciclo  funzionale. 

Esistono: 

a)  cellule  di  media  grandezza  (vedi  fig.  1)  col  nucleo  leggermente  ec- 
centrico, con  poche  granulazioni  acidofile.  Il  protoplasma  loro  si  distìngue 
appena  a  forte  ingrandimento  per  il  colorito  tendente  al  verde  (metodo  Cajal 
tricromico)  e  per  la  sua  struttura  più  omogenea  di  quella  del  tessuto  di  fondo; 
i  contorni  sono  abbastanza  netti  e  regolari,  qualche  rarissimo  granulo  fucsi- 
nofilo  si  trova  nel  protoplasma  stesso..  Questo  stadio  rappresenterebbe  il  ri- 
sveglio funzionale  della  cellula; 

b)  cellule  a  contorni  netti  più  grandi  delle  precedenti,  cosi  cariche  di 
granuli  da  apparire  uniformemente  c'olorate  in  rosso  rubino.  Sono  questi  gli 
elementi  che  hanno  raggiunto  la  maggior  intensità  funzionale; 

e)  vicino  a  nuclei  scarsamente  colorali  od  anche  isolate  in  ammavssi,  si 
veihmo  sparse  disordinatamente  numerose  granulazioni  nettamente  individua- 
lizzate, di  color  rosso  rubino,  fuoriuscite  dalle  cellule  per  la  distruzione 
della  membrana  cellulare.  L'aspetto  di  queste  cellule  riproduce  fedelmente, 
con  dimensioni  aumentate,  Taspetlo  dei  rari  leucociti  eosinofili  che  si  riscon- 
trano nel  sangue  durante  il  decorso  di  malattie  infettive  acute,  in  cui  le  gra- 
nulazioni, non  più  trattenute  dalla  membrana  cellulare,  si  vedono  sparse  al- 


(■nntrUnUn  nlT  nnalninin  ed  a  Un  /isiolofjin  deiriiìo/isi  5^i^ 

riunirò  iìvì  nucleo   iniHido  e   ridonilo.  Le   {^'ranulaziunì   siuidelle   sì    ihkssoiìo 
riscontrare  anche  isolate  nell'interno  dei  capillari  o  nel  parenchima; 

d)  si  scorarono  infine  nuclei  isolati,  gli  uni  londejrgianli  (i  poco  colo- 
rati, altri  piuttosto  allungali  e  pallidissimi,  intorno  ai  quali  non  è  possihile 
scorgere  traccia  di  protoplasma.  Questi  elementi  semhrerehhero  rappresentare 
la  cellula  esaurita  che  ha  compito  l'intero  ciclo  della  sua  attività  funzionale. 
Pure  importante  e  caratteristica  è  la  presenza  di  granulazioni  isolate  co- 
lorate in  verde,  e  di  masse  omogenee  giallo-verdastre,  pochissimo  appariscenti. 


Fici.  1.  —  Lobo  nervoso  dell' ipofisi  di  una  coniglia  gravida  che  ha  subito 
varie  inieaioni  di  estratto  ipofisario.  Cellule  ghiandolari  del  parenchima 
in  vari  stati  di  attivila  funzionale.  (Cajal  tricromico,  Oculare  6  comp. 
immersione  Zeiss  V',s.) 

che  appaiono  leggermente  granulose  a  forte  ingrandimento,  spai'se  per  il  pa- 
renchima Inbulare,  numerose  massime  nelle  ipofisi  iperfunzionanli.  Questi 
elementi,  la  cui  presenza  nel  lobo  nei'voso  è  fatto  ollremodo  interessante,  fu- 
rono già  descritte  in  altri  organi.  Difatti  per  ralfinità  ai  colori  di  anilina,  e 
per  l'aspetto  sotto  cui  si  presentano,  corrispondono  esattamente  ai  plasmo- 
somi  ed  agli  ammassi  di  sostanza  colloide  che  si  trovano  anche  nel  lobo  ipo- 
fisario anteriore. 

Questa  per  sommi  capi,  è  la  descrizione  di^quanto  mi  fu  dato  d'ossei'vare. 
Vista  l'indole  della  presente  nota,  non  ho  creduto  di  potermi  indugiare  più  a 
lungo  sui  particolai'i  citologici.  Ritornerò  sull'argomento  in  seguito  per  poter 
meglio  approfondire  i  fatti  e  rintei'pretazione  loro.  Una  sola  constatazione  mi 
premedi  (iìi*e:  l'attività  del  lobo  posteriore  non  è  abolita:  il  reperto  istolo- 
gico dimostra  chiaramente  nel  suo  parenchima  la  persistenza  di  elementi  ghian- 
dolari funzionanti. 


Tì'ìi  0.  Snndri 


Fislo-patologla. 


Dopo  quanto  si  scrisso  sull'ipofisi,  credo  inutile  dist'ulere  le  opinioni  de^rli 
autori  l'Ile  ritenevano  questa  ghiandola  organo  involuto  e  senza  importanza 
funzionale  né  generale,  ne  speciale.  Tali  autori  si  possono  dividere  in  due 
gruppi:  antichi  e  mcKlerni.  Gli  antichi  hanno  esposto  teorie  affatto  cervellofiche, 
non  corredate  da  nessuna  ricerca  sperimentale  o  anatomo-patologica;  i  mo- 
derni hanno  basato  il  loro  giudizio  su  ricerche  sperimentali  imperfette  e  mal 
interpretate. 

Dopo  avere  accennato  ai  tipi  di  secrezione  ipofìsaria,  parlerò  dei  rapporti 
riscontrati  tra  l'ipofisi  ed  altre  ghiandole  a  secrezione  interna,  tra  le  sue  fun- 
zioni e  certi  processi  patologici  dell'organismo;  passeròin  ultimo  a  discutere 
le  ricerche  sperimentali  praticate  direttamente  sull'ipofisi. 

La  complessa  struttura  istologica  dell'ipofisi,  gli  estesi  rapporti  tra  vasi 
sanguigni  ed  epitelio  secernenle,  la  spiccata  differenziazione  delle  cellule, 
Taspetto  loro  differente  nei  diversi  momenti  di  attività  funzionalo,  la  presenza 
di  granuli  nel  nucleo  e  nel  protoplasma  —  viste  le  moderne  teorie  sul  gra- 
nulo e  sul  valore  funzionale  di  esso  —  sono  dati  sufficienti  per  affermarne  il 
carattere  di  organo  secretore. 

Oltre  ai  granuli  acidofili,  di  cui  esiste  notevole  accumulo  nelle  cellule 
funzionanti  (cellule  eosinofile  di  molli  autori),  nell'ipofisi  si  riscontni  anche 
sostanza  colloide,  la  quale  da  alcuni  venne  interpretata  come  un  prodotto  di 
fenomeni  degenerativi  (Stieda,  Renda,  Launois,  Gentès,  Sterzi,  Gemelli) 
da  altri  comò  un  prodotto  della  ghiandola  normale  (Thom,  Studnicka,  Ca- 
gnotto, Morandi,  Garbini).  Ultimamente  il  Guerrini  a  proposito  afferma  che 
«  la  colorazione  col  metodo  Galeotti  risolve  la  questione,  perchè  rivela  nel  pro- 
toplasma di  tutte  le  cellule  ipofisario  due  tipi  di  secrezione  che  decorrono  di 
pari  grado,  ma  indipendenti  uno  dall'altro.  In  tipo  di  secrezione  è  nettamente 
a  granuli  che  si  colorano  con  fucsina  acida,  l'altro  è  a  plasmosomi  che  si  co- 
lorano col  verde  di  metile....  Il  secreto  per  plasmosomi  ha  tendenza  a  fondersi 
in  masse  omogenee  ed  un  poco  granulose  ». 

Le  mie  ricerche  vengono  a  confermare  l'opinione  di  Guerrini. 

Venne  |)ure  da  Erdhein,  M  )randi,  Launois,  Loeper,  Esmodet,  ri- 
senti e  Viola  descritta  nell'ipofisi  la  presenza  di  grasso.  De  Vecchi  e  Bolo- 
gnesi confermando  il  reperto,  osservarono  che  tale  sostanza  per  il  comporta- 
nKHìto  verso  l'acido  osmico  e  per  l'aspctt(»  si  alhmtana  dalla  comune  sostanza 
adiposa.  Gemelli  trova  granuli  grassosi  in  tutte  le  ipofisi  normali,  abbondanti 
massime  nelle  cellule  eosinofile,  assenti  nelle  cromatofobe,  riconosce  che  si  com- 
[>ortano  con  reazione  tutt' affatto  speciale  verso  l'acido  osmico,  che  non  si  colo- 
rano col  Sudan  HI  di  Daddi.  Dalle  ricerche  di  Pirone  e  di  Guerrini  sembra 
])erò  che  le  piccole  gocce  di  grasso,  ed  i  vacuoli  trovati   dai    suddetti   autori 


Coìih'lbHto  all'  anatmnia  ed  alhi  /isioloffla  (IflT  ijìo/ìsi 


nelle  celiulo  ipotisarìe  non  $iano  altro  che  plasniosoniì,  i  r|uali  hanno  appunto 
la  proprietà  di  essere  fissali  (hilTacido  osnìico  e  sciolti  dall'acetone. 

Rapporti  Ira  r  ipofisi  ed  altre  ffhiandole  a  secrezione  interna.  Ipofisi  e 
tiroide,  —  La  teoria  sulle  rela//ioni  funzionali  tra  la  [rhìandola  pituitaria  e  la 
tiroide  si  basa  su  latti  patologici  e  su  fatti  sperimentali. 

In  molti  individui  che  presentavano  alterazioni  della  tiroide  furono  tro- 
vate ipofisi  aumentate  di  volume  ed  iperfunzionanti.  (Schónemann,  Comte, 
risenti  e  Viola,  Burckhard,  Vassale  ecc.).  Questi  fatti  che  non  attesta- 
vano altro  che  la  reciprOfa  inlluenza,  ed  il  reciproco  compenso  fra  le  j^hian- 
dole  a  secrezione  interna,  furono  interpretati  da  molli  autori  come  prova  di 
una  vera  supplenza  funzionale  tra  i  due  orpni.  Così  Lusena  include  T ipofisi 
nelPapparecchio  tiroparatiroideo,  Rogowitsch  crede  l'ipofisi  e  la  tiroide  ca- 
paci di  sostituirsi  a  vicenda.  Una  ugual  interpretazione  venne  data  all' iper- 
trofìa ipofìsaria  riscontrata  in  seguito  alla  tiroidectomia  s])erimentale  (Sii  ed  a, 
llofmeister,  Tizzoni,  Centanni,  Horsley,  Glev,  Leonhardl,  Lusena). 
S<'nonchè  a  dimostrare  la  insussistenza  di  (jucsta  teoria,  e  (juanlo  siano  distinte 
ed  indipendenti  le  funzioni  di  questi  due  organi,  esistono  molli  dati  forniti 
dalla  patologia  sperimentale  e  dalFanatomia  patologica.  IMumenreich  e  Jacohy 
trovano  che  dopo  l'estirpazione  della  tiroide  non  si  manifesta  nell'ipofisi  una 
ipertrofia  tale  da  giustificare  rinlerprelazione  di  una  funzione  vicariante.  Traina 
poi,  (esagerando,  negò  una  vera  ipertrofia  ipofìsaria  consecutiva  alla  tiroidectomia. 

Cimoroni  esegui  su  cani  esportazioni  complete  e  parziali  del  corpo  ti- 
roparatiroideo. Dagli  esperimenti  risultò  che  l'ipertrolìa  dell'ipofisi  è  dovuta 
all'allontanamento  dei  lobi  tirodei,  non  a  quello  delle  ghiandole  paratiroidee. 
li  reperto  istologico  di  questa  ipertrofia  assume  aspetto  caratteristico  per  la 
presenza  di  speciali  cellule,  rimarchevoli  per  il  loro  grande  volume,  a  causa 
della  quale  particolarità  quest'ipertrofia  si  diflerenzìa  da  (|uella  da  castrazione.  La 
formazione  di  tali  elementi  deve,  secondo  ogni  probabilità,  attribuirsi  alla  au- 
mentala attività  funzionale  di  un  partic(dare  ordine  di  cellule  ipofisarie,  le 
ii|uali  non  sono  nettamente  dilVerenziabili  in  condizioni  normali  e  nella  iper- 
trofia da  castrazione.  Anche  Cimoroni  nega  l'esistenza  di  una  funzione  vica- 
riante tra  l'apparato  tiroideo  e  l'ipofisi. 

Le  ricerche  di  Coulon  sui  cretini  hanno  rivelato  atrofie  tanto  a  carico 
della  tiroide  come  dell'ipofisi.  Ponfik  in  un  caso  di  mixedema  congenito  trova 
nell'ipofisi  diminuzion<'  di  volunu;  con  alterazioni  atrofiche  del  lobo  epiteliale. 
Schonemann  slesso  in  un  cretino  trovò  notevole  atrofia  dell'epitelio  ghiando- 
lare ipofisario.  Garbini,  in  una  donna  gozzuta,  opierata  di  tìroparatiroidectomia, 
sopravvissuta  tre  mesi  airoperazi()ne  e  morta  con  sint^uni  di  tetania  e  mixe- 
dema postoperatorio,  trovò  F ipolisi  piccolissima,  e  la  maggior  parte  delle  cel- 
lule ipofisarie  in  stato  di  riposo.  In  (juesto  caso,  per  il  lasso  di  tempo  relativamente 
lungo  decorso  tra  Pesporlazione  del  corpo  tiroideo  e  la  morte  <leir ammalata, 
e  per  essere  già  prima  la  tiroide  della  paziente  i|Hd*unzioiiante,  ben  poteva  e 
doveva  l'ipofisi  esplicare  il  suo  potere  vicariante,  se  veramente  esistesse  fra 
queste  due  ghiandole  la  omologia  che  taluno  Viurebbe.  Dimostrerò  poi  meglio 


52t)  0.  Sa  miri 

in  seguito,  quando  parlerò  degli  ('.sperimenti  praticati  diretlaniente  sulT  ipofisi, 
l'insussistenza  di  questa  teoria. 

I})ofisi  e  capsule  surreìiali.  —  Le  ricerche  di  Boi  nel  e  dì  Marenghi 
hanno  provato  che  esistono  rapporti  funzionali  pure  tra  queste  ghiandole.  Il 
primo  in  cinquanta  autopsie  di  animali  a  cui  erano  state  asportate  le  capsule 
surrenali,  trovò  molte  volte  un  aumento  nel  volume  dell' ipolisi;  il  secondo 
riuscì  a  dimostrare  in  cavie,  conigli  e  gatti  a  cui  era  stala  praticata  l'aspor- 
tazione totale  delle  capsule  surrenali,  una  proliferazione  degli  elementi  della 
zona  ghiandolare  dell'ipofisi,  resa  più  manifesta  datte  numerose  cariocinesi. 

Ipofisi,  testicoli  ed  ovaie, —  Pichera  con  una  serie  di  esperimenti  riusci 
a  dimostrare  che  importanti  rapporti  funzionali  possono  esistere  tra  la  ghian- 
dola pituitaria,  i  testicoli  e  le  ovaie.  Studiando  comparativamente  l'ipofisi  di 
galli  e  capponi,  di  tori  e  buoi,  di  buffali  interi  e  castrati,  trovò  che  il  peso 
medio  della  ghiandola  è  molto  più  elevato  negli  animali  castrati,  che  in  essi 
sono  pure  numerosissime  le  cellule  eosinofile  (funzionanti).  Constatò  che  in 
galli  a  cui  aveva  asportati  i  testicoli  l' iperfunzione  delle  cellule  ipofisarie  si 
notava  subito  dopo  qualche  giorno.  Trovò  inoltre  che  iniettando  sotto  cute 
dell'estratto  testicolare  di  gallo  a  dei  capponi,  dopo  qualche  giorno  le  ipofisi  di 
questi  animali  assumevano  i  caratteri  delle  ipofisi  dei  galli.  Asportando  le  ovaie 
a  cavie  ed  a  coniglie,  trovò  le  stesse  modificazioni  ipofisarie  che  si  riscon- 
trano per  l'asportazione  dei  testicoli. 

L'ipofisi  nelle  intossicazioni  e  nelle  tossi- infezioni,  —  Quando  si  accumu- 
lano nell'organismo  sostanze  tossiche  esogene  od  endogene  si  determina  uno 
stato  di  iperatlività  delle  cellule  ipofisarie.  Torri  studiando  le  ipofisi  di  indi- 
vidui morti  per  infezioni  diverse  (polmonite,  tubercolosi,  tifo,  ecc.)  trovò  in 
tutti  i  casi  iperplasia  degli  elementi  ghiandolari.  Comte,  Launois  et  Mouloti, 
Morandi  trovarono  nell'ipofisi  di  donne  gravide,  aumento  del  volume  e  ab- 
bondanza di  cellule  eosinofile.  Guerrini  e  Morandi  in  animali  gravidi  con- 
statarono un  aumento  di  cellule  ipofisarie  in  attività  funzionale.  Guerrini 
pure  trovò  rhe  nelle  intossicazioni  acute  si  ha  prima  un  aumento,  poi  una 
diminuaione  dei  fenomeni  di  secrezione  ipofisaria  in  ambo  i  tipi  funzionali 
(per  granuli  e  |)er  plasmos4)ini).  Gemelli  trovò  che  in  seguito  ad  iniezioni  di 
tossine  batteriche,  o  di  alcune  sostanze  chimiche  (olio  canforato,  trementina, 
bisolfato  di  chinino)  l'ipofisi  reagisce  attivamente,  dapprima  con  aumentata 
secrezione,  in  seguito,  se  lo  stimolo  è  prolungato,  con  iperplasia  ed  ipertrofia 
del  parenchima  ghiandolare. 

Da  quanto  si  è  detto  sulle  modificazioni  dell'ipofisi  conseguenti  alla  di- 
struzione delle  ghiandole  a  funzione  antilossica  (tiroide,  capsule  surrenali),  a 
malattie  infettive,  ad  avvelenamenti,  a  stati  speciali  dell'organismo  (gravidanza), 
si  può  concludere  che  l'ipofisi  senza  avere  funzioni  omologhe  e  vicarianti  con 
nessuna  altra  ghiandola,  e  pur  polendo  avere  attributi  suoi  speciali  e  caratte- 
ristici, esplica  sicuramente  una  funzione  antilossica  di  fronte  ai  veleni  circo- 
lanti nell'organismo.  Fa  parte  cioè  del  gruppo  di  ghiandole  a  secrezione  in- 
terna con  funzioni  eminentemente  anlilosssiche. 


Contributo  alV  anatomia  ed  alia  fìsiolo(/ia  deW  ij)ofisi  .  527 


L' ijKì/isi  ed  alcune  anomalie  detV  accrescimento  somatico  (1).  ' —  Quamlo 
Pierre  Marie  studiò  ranalomia  patologica  ileiracromegalia,  Ira  le  altre  alte- 
razioni ne  rilevò  due  notevoli  per  enlitiV e  costanza:  quelle  dello  scheletro  e 
quelle  dell'ipofisi.  Di  qui  sorse  la  sua  teoria  snlla  patogenesi  dì  questa  forma 
nuirhosa.  L'acromegalia  era  da  (juest^^  A.  interpretata  come  una  distrofia  siste- 
matica da  autointossicazione,  consecutiva  alTeccesso  od  al  pervertimento  di  fun- 
zione dell'ipofisi.  Essendosi  però  in  seguito  dimostrato  che  la  ghiandola  pituitaria 
benché  aumentata  di  volume,  in  pochi  casi  era  ipcrfunzionante  e  che  il  suo  in- 
grossamento era  molte  volte  dovuto  a  neoplasmi  che  ne  limitavano  od  abolivano 
la  funzione,  il  neurologo  francese  cambiò  opinione.  Pur  conservando  il  prin- 
cipio dell'importanza  dell'ipofisi  nella  patogenesi  acromegalica,  affermò  che  la 
distrofia  sistematica  era  dovuta  al  difetto  funzionale  della  ghiandola.  L'acro- 
megalia avrebbe  dunque,  secondo  Marie,  con  l'ipofisi  lo  stesso  ordine  di  rap- 
porti che  il  uìixedema  ha  con  la  tiroide. 

Tamburini  emise  un'altra  ipotesi  secondo  la  quale  a  due  stati  patologici 
differenti  dell'ipofisi,  corrisponderebbero  due  periodi  distinti  nel  decorso  del- 
l'acromegalia, i^  periodo:  ipertrofìa  con  iperattivilà,  e  forse  pervertimento, 
funzionale  dell'ipofisi  ;  all'accumularsi  nell'organismo  di  sostanze  anormali, 
corrisponde  l'accrescimento  dello  scheletro.  2"  periodo:  alterazioni  secondarie 
gravi  della  ghiandola  (degenerazione  cistica,  adenomi,  ecc.)  con  abolizione  della 
funzione.  Questa  fase  corrisponderebbe  alla  cessazione  dell'accrescimento  delle 
ossa,  ed  al  periodo  cachettico  dell'acromegalia.  Secondo  Tamburini  dunque 
«l'acromegalia  sarebbe  nella  sua  fase  di  ingigantimento  parziale,  l'effetto  dì 
un  accumulo  nelPorganismo  di  sostanze  originate,  per  alterato  metabolismo 
organico,  dall' iperfunzione  deiripofisi  ». 

Queste  sono  le  principali  teorie  che  amnìettono  un  rapporto  diretto  tra 
ipofhii  ed  acromegalia.  Esistono  però  fatti  patologici  che  stanno  in  aperta  con- 
traddizione con  ciascuna  di  esse. 

Oltre  che  non  si  riesce  bene  né  a  spiegare,  ne  a  comprendere  ccnne  molle 
delle  svariate  forme  neoplastiche,  riscontrate  nell'ipofisi  all'autopsia  di  acro- 
niegalici,  abbiano  dovuto  essere  precedute  o  accompagnate  nel  loro  primo  in- 
sorgere da  notevole  iperattività  delTorgano,  furono  pure  illustrali  casi  di  acro- 
megalia in  cui  l'ipofisi  non  presentava  alcuna  alterazione  (Klebs,  Dercum, 
Claus  e  V.  der  Stricht,  Tikhomiroff,  Lagrave  e  Duguy,  Filippello, 
Waldo,  Pershing,  Bregmann). 

Numerosissimi  poi  sono  i  casi  in  cui  tumori  svariati  e  lesioni  eslese,  che 
avevano  completamente  distrutta  l'ipofisi,  non  dettero  luogo  ad  alcuna  mani- 
festazione acromegalica.  (Wagner,  Deck,  Ribbert,  Breitner,  Beygnaud, 
Schupfer,  Waddel,  Soemmering,  Carbone  ecc.). 

Se  in  ogni  modo  una  delle  teorie  suesposte  fosse  atta  a  spiegare  vera- 
mente la  patogenesi  dell'acromegalia,  dovrebbe  essere  confermata  dalla   pato- 


(1)  DI  questo  capìtolo  mi  cK'fiijxTÒ  più  (Uff usamente  in  un'uUra  nota,  riixirtAndo  un  ('«.ho  di 
tumori'  ipoflMario. 


5^28  0.  Sandri 

logia  speriiutmtale.  E  cioè:  sinloiiii  acromegalici  dovrebbero  presentarsi  o  nejrli 
animali  in  cui  era  slata  (tislrutta  l'ipofisi,  o  meglio  ancora  ne{;li  animali  che 
avevano  subito  iniezioni  ripetute  di  estratto  ipofisario.  Vedremo  in  seguito  come 
gli  esperimenti  non  abi)iano  potuto  confermare  nò  Tuna,  ne  l'altra  ipotesi. 

Tralasciando  altre  teorie  di  minor-tmportanza,  accennerò  a  quelle  che  in- 
terpretano le  alterazioni  della  ghiandola  pituitaria  come  secondarie  al  process<i 
morboso  che  ha  causato  l'acromegalia. 

Strumpell  ritiene  che  una  certa  predisposizione  congenita  unita  a  cau.se 
occasionali  produrrebbero  alterazioni  del  ricambio  tali,  da  dar  luogo  contenj- 
porancamente  all'ipertrofia  del  tessuto  osseo,  dei  tessuti  connettivi  e  dell' i|)o tisi. 

V'assale  considera  l'acromegalia  come  una  malattia  del  ricambio  da  causi' 
ignote,  e  l'alterazione  dell'ipofisi  come  un  fenomeno  secondario,  e  di  reazione 
alla  aumentata  quantità  di  tossine  circolanti  nelTorganismo.  Considerano  pure 
le  alterazioni  ipolìsarie  come' fenomeno  secondario  Arnold,  Tanzi,  Tikmiruff, 
Spiller,  Pansini,  Bregmann,  Carbone,  Cagnetto,  Guerrini. 

L'Itimamente  Franchini,  studiando  il  ricambio  neiracromegalia,  viene 
a  concludere  che  le  alterazioni  acromegaliche,  le  alterazioni  dell'ipofisi  e  della 
tiroide  sono  secondarie  ad  una  intossicazione  generale  che,  con  molta  proba- 
bilità, ha  il  suo  punto  di  partenza  dall'intestino. 

Benché  (juesl'ultime  siano,  a  mio  modo  di  vedere,  le  teorie  più  accredilabili, 
dagli  studi  sino  ad  ora  compiuti,  nessuna  conclusione  sicura  si  può  trarre  sui 
rap|)orti  esistenti  fra  acromegalia  ed  ipofisi.  È  certo  però  che,  anche  non  am- 
mettendo ne  la  teoria  di  Marie  nò  quella  di  Tamburini,  le  alterazioni  ipoli- 
sarie,  riscontrate  così  frequentemente  nell'acromegalia,  non  si  possono  inter- 
pretare come  un  semplice  fatto  casuale. 

I  sostenitori  della  patogenesi  ipofisaria  dell'acromegalia  vollero  ancora 
trovare  rapporti  dello  stesso  ordine  tra  ipofisi  e  gigantismo,  la  (juale.anoìnalia 
sarebbe  dovuta  all'iperfunzione  della  ghiandola  pituitaria  nel  periodo  che 
precede  la  ossificazione  delie  cartilagini  epifìsarie.  Queste  ed  altre  ancora  però, 
appartengono  al  gran  numero  delle  ipolesi  emesse  dagli  AA.  per  coprire  le 
lacune  che  la  fisiologia  e  la  patologia  non  sono  ancora  riuscite  a  colmare. 
Forse  alcuna  tra  esse  potrà  in  seguito  essere  comprovata  da  fatti  patologici 
0  sperimentali,  ma  al  presente  sarebbe  imprudente  il  volerle  ammettere  o  ne- 
gare in  modo  assoluto. 

Kicerclie  sperimentali  praticate  direttamente  sull'ipofisi. 

Per  osservare  direltauienle  gli  efletti  della  secrezione  ipofisaria  suH'oip- 
nismo,  due  erano  le  vie  da  seguire:  con  la  prima,  l'ipofisectomia  si  potevano 
precisare  gli  effetti  consecutivi  alia  deficienza  funzionale  dell'organo;  con  la 
seconda,  le  iniezicmi  di  estratto  ipofisario,  gli  effetti  consecutivi  all'eccesso  di 
secrezione. 

I  due  melodi  sperimentali  furono  tentali  da  nu)lti  AA. 


Co  atributo  all' anatamia  ed  alla  fisiologia  deW  ipo/ìsi  549 


Ipoflsectoxnia. 

Ipofisectomia.  —  L'ubicazione  dell' ipolisi  conlribui  in  gran  parte  ai  di- 
scordi risultali  ottenuti  dagli  AA.  in  seguito  all' ipofisectomia.  Quest'opera- 
zione, qualunque  sia  la  tecnica  seguita,  apporta  gravi  disturbi  all'animale 
per  l'emorragia  che  ne  segue,  per  le  infezioni  che  possono  insorgere,  per  gli 
importantissimi  organi  che  possono  andar  distrutti  o  lesi,  per  il  trauma  in 
genere  che  l'animale  subisce.  Di  qui  il  perìcolo  continuo  di  attribuire  alla 
insufficienza*  di  funzione  ipofisaria  sintomi  dovuti  a  traumi  operatori  sugli 
organi  vicini. 

1  primi  tentativi  di  ipofisectomia  furono  fatti  da  Horsiey,  poi  da  Dastre, 
ma  senza  alcun  risultato  pratico,  perche  gli  animali  morivano  durante  l'ope- 
razione. 

Gley  operò  dieci  conigli  trapanando  la  calotta  cranica  e  facendo  passare 
l'ago  che  doveva  dislrugg^e  l' ipofisi  attraverso  la  sostanza  cerebrale.  Un  solo 
animale  sopravvisse  circa  un  anno,  ma  l'autopsia  dimostrò  che  l'ipofisi  non 
era  stata  distrutta. 

Marinesco  osservò,  nei  tre  gatti  sopravvissuti  all'operazione  rispettiva- 
mente quattro,  cinque,  diciotto  giorni,  abbassamento  di  temperatura,  dimagra- 
mento rapido  e  progressivo,  morte. 

L'A.  crede  che  nel  gatto  l' ipofisectomia  sia  possibile,  ma  non  compatibile 
con  una  lunga  sopravvivenza  dell'animale. 

Vassale  e  Sacchi  operarono  dapprima  ventitré  cani  e  diciassette  gatti 
usando  una  tecnica  da  loro  stessi  studiata  ;  su  quindici  cani  la  distruzione  del- 
l'organo riuscì  completa,  di  questi  i  sei  che  sopravvissero  agli  accidenti  po- 
stoperatori, morirono  rispettivamente  da  due  a  quattordici  giorni  dopo  1'  atto 
operativo.  Nei  gatti  sedici  volte  la  distruzione  dell'ipofisi  fu  completa.  Quattro 
di  essi  soccombettero  subilo  dopo  l'operazione,  gli  altri  dodici  sopravvissero 
da  uno  a  undici  giorni.  In  una  seconda  serie  di  esperienze  gli  AA.  hannc» 
potuto  mantenere  in  vita  un  cane  —  in  cui  la  distruzione  dell'ipofisi  era  stata 
completa  —  trentaselte  giorni.  Vassale  e  Sacchi  negli  animali  operati  os- 
servavano costantemente  i  seguenti  fenomeni:  depressione  psichica,  apatia,  cam- 
biamento di  carattere,  sonnolenza,  disturbi  motori,  movimenti  fibrillari,  scosse 
muscolari,  ipotermia,  polidisia  e  dispnea,  anoressia,  dimagramento  rapido  e 
progressivo,  morte.  Osservarono  poi  anche  di  frequente  :  rigidità  del  treno  po- 
steriore, incurvamento  del  dorso  sulPaddome,  deambulazione  incerta,  convul- 
sioni toniche  e  cloniche,  vomito  e  poliuria.  Iniettando  emulsione  ipofisaria  agli 
animali  operati  non  si  potè  attenuare  la  sintomatologia. 

Dalle  loro  ricerche  gli  AA.  concludono  che  le  funzioni  dell'ipofisi  sono 
indispensabili  alla  vita;  la  distruzione  di  questa  ghiandola  provoca  la  morte 
in  uno  spazio  di  tempo  più  o  meno  breve.  Come  la  tiroide,  l'ipofisi  elabora 
un  prodotto  speciale  necessario  all'organismo,  mancando  il  quale  si  possoui» 
accumulare  o  formarsi  nell'organismo  sostanze  tossiche  atte  a  procurare  la  morte. 

:i4 


rm  0.  Sandri 


La  tecnica  di  Sacchi  e  Vassale  fu  seguita  «la  Galla,  Kreidel,  Hiedl, 
Pineles,  Friedmann  e  Mass. 

Gatta  ottiene  risultati  uguali  a  Sacchi  e  Vassale  operando  otto  gatti; 
(^rede  che  la  ghiandola  pituitaria  e  la  tiroide  influiscano  ciascuna  con  un'azione 
speciale  sul  ricambio  materiale;  a  ognuna  però  spellano  particolari  atlrihn- 
zioni  che  all'A.  non  fu  possibile  precisare. 

Gli  esperimenti  di  Kreidl  e  Biedl  confermarono  i  precedenti,  quelli  di 
Pineles  furono  negativi  perchè  all'autopsia  si  riscontrarono  avanzi  di  ipofisi. 

Friedmann  e  Mass  operarono  diciotto  galli,  e  dedussero  conclusioni 
all'alto  opposte  a  tutte  le  precedenti.  Si  noti  però  che  gli  AA.  osservavano 
a  occhio  nudo  se  all'autopsia  degli  animali  esisteva  alcun   avanzo  di    ipofisi. 

Gaglio  operò  rane,  rospi  e  testuggini.  Delle  rane  operate  una  soprav- 
visse quarantasette  l'altra  sessanlacinque  giorni.  I  rospi  morivano  tutti  in 
breve  tempo  per  infezione,  delle  testuggini  varie  erano  ancora,  dopo  olio  mesi, 
in  perfetta  salute.  L'A.  dopo  aver  constatato  all'autopsia  che  l'ablazione  del- 
l'ipofisi nei  suoi  animali  gli  era  parsa  macrosco picarhente  iolMe^  conchuìfi  dw 
un  animale  può  vivere  lungo  tempo  ed  in  buona  salute  senza  l'ipofisi. 

.  Caselli  pratica  numerosissimi  esperimenti  su  rane,  conigli,  gatti  e  cani. 
Nelle  rane  non  ha  potuto  ottenere  dei  risultati  concludenti,  nei  conigli  Tiqu»- 
razione  è  difficile  e  l'animale  si  presta  poco.  La  parte  più  importante  d^d 
lavoro  è  fatta  sui  cani  e  sui  gatti. 

Gli  animali,  in  cui  l'esportazione  dell'ipofisi  era  riuscita  completa  e  non 
aveva  dato  luogo  ad  incidenti  e  complicazioni  postoperatorie,  presto  si  mo- 
strano psichicamente  abbattuti,  pigri,  non  riconoscono  più  le  persone,  non 
reagiscono;  il  dorso  si  incurva,  il  treno  posteriore  si  irrigidisce  e  dà  all'ani- 
nrale  un'andatura  spastica  caratteristica;  la  morte  è  precedutnì  da  paralisi;  il 
dimagramento  è  rapido  e  progressivo. 

Osservando  i  casi  di  incompleta  ablazione  dell'ipofisi  l'A.  venne  nella 
convinzione  che  negli  animali  in  via  di  sviluppo,  un  arresto  od  un  difetto 
della  funzione  ipofisaria  apporta  un  ritardo  nell'accrescimento  dell'organismi». 

Caselli  crede  che  l'ipofisi  sia  un  organo  di  alta  importanza  fisiologica, 
il  quale  per  mezzo  dei  suoi  prodotti  di  secrezione  e  per  i  rapporti  col  sistema 
nervoso  centrale,  regoli  nella  circolazione  l'equilibrio  di  certe  sostanze  tossiche, 
le  quali  accumulandosi  possono  stimolare  l'accrescimento  disordinato  di  tessuti 
dell'organismo,  nello  stesso  modo  che  la  loro  assenza  può  provocare»  cachessia 
ed  arresti  di  sviluppo. 

CyoJi  operò  cani  e  conigli;  annuncia  le  sue  teorie  senza  indicare  la 
tecnica  ed  i  risultati  delle  autopsie.  Considera  nell'ipofisi  una  funzione  chiniic:» 
ed  una  meccanica;  la  funzione  chimica  consiste  nella  secrezione  di  una  so- 
stanza che  eccita  i  nervi  regolatori  del  cuore  e  dei  vasi  sanguigni;  la  lunzionr 
meccanica  consisterebbe  nel  risentire  le  oscillazioni  della  pressione  endocra- 
nica e  trasmetterle  ai  centri  bulbaridel  vago.  Secondo  quest'autore,  dunque, 
gli  innalzamenti  della  pressione  sanguigna  non  agirebbero  direttamente  sui 
nuclei  del  vago,  ma  indirei  fa  mente  per  mezzo  del  Ti  potisi. 


Contributo  alV  mmtomiu  ed  alla  fisiologia  dell*  ijw fisi  531 

Lo  Monaco  e  Rynberk  operarono  quarantanove  animali  Ira  iratli  e  cani. 
Dcjrli  animali  sopravvissuti  nove  restarono  in  vita  più  di  venti  giorni  e  Ire 
sono  stali  sacrificali  dopo  quarantasei,  ollanlasei  giorni.  Certi  animali  in  cui 
Poperazione  era  riuscita  incompleta  presentarono  dei  fenomeni  simili  a  quelli 
descritti  da  altri  AA.  in  seguilo  a  ipofìsectomia  completa.  Altri  totalmente 
privi  di  ipofisi  non  manifestarono  alcun  fenomeno  caratteristico  che  si  possa 
imputare  all'assenza  di  quest'organo.  Gli  AA.  concludono:  <  Per  il  complesso 
dei  risultati  ottenuti,  l'ipofisi  deve  ritenersi  un  organo  involuto  che  non  ha 
inipiulanza  funzionale  ne  generale  né  speciale.  1  fenomenti  osservati  dagli  AA. 
dopo  r  ipolìsectomia,  probabilmente  devono  attribuirsi  come  dipendenti  da  le- 
sioni di  parti  vicine  all'ipofisi  o  ad  infezioni  cerebrali  più  o  meno  acute  ». 
Si  uoti  che  Lo  Monaco  e  Rynberk  non  asportavano  l'ipofisi  ma,  la  spap- 
polavano, che  ritenevano  lo  spappolamento  equivalente  all'asportazione,  e  che 
sol»)  in  un  caso  hanno  fatto  l'esame  microscopico,  non  considerando  che  per  le 
ricerche  di  Caselli,  di  Della  "Vedova  e  di  altri  invece  risulta  che  frammenti 
di  ipofisi  funzionante  si  possono  trovare  in  mezzo  al  connettivo  cicatriziale 
anche  più  di  duecento  giorni  dopo  l'operazione. 

A  noi  pare  quindi  che  gli  esperimenti  di  Lo  Monaco  e  Van  Rynberk 
non  possano  fornire  nessuna  conclusione  sicura,  perchè  nella  sella  turcica  od 
in  parti  vicine,  avrebbero  potuto  rimanere  frammenti  di  ipofisi  funzionanti,  la 
cui  presenza  sembra  più  che ,  probabile,  vista  la  tecnica  seguita  ed  i  con- 
trolli usati. 

Pirrone  in  una  prima  serie  di  esperienze  tenta  l'asportazione  complefa 
dell'ipofisi  in  sei  cani;  in  una  seconda  serie  tenta  l'asportazione  parziale  in 
quattro;  in  una  terza  eseguisce  manovre  operatorie  pur  lasciando  a  posto  hi 
ghiandola;  in  una  quarta  eccita  con  una  debole  corrente  elettrica  l'ipofisi  e 
molli  punti  (Iella  base  del  cervello  intorno  alla  ghiandola.  In  seguilo  a  que- 
st'applicazione si  produce  un  rallentamento  del  polso  ed  un  acceleramento  del 
respiro,  fenomeni  opposti  a  quelli  provocali  dall' ipofisectomia.  L'A.  conclude 
che  non  lutti  i  sintomi  dagli  animali  presentali  in  seguilo  all' ipofisectomia,  si 
devono  attribuire  alla  soppressione  di  funzione  della  ghiandola  piiuitaria.  Alla 
mancanza  di  questa  funzione  allribuisce  la  depressione  psichica,  il  forte  ab- 
battimento, i  disturbi  della  motilità,  il  dimagramento  rapido,  la  cachessia  e  la 
morte;  al  trauma  attribuisce  i  disturbi  del  sistema  cardiovascolare,  dell'ap- 
parecchio respiratorio,  e  le  modificazioni  della  temperatura.  Riconosce  che  la 
funzione  dell'ipofisi  ha  un'importanza  capitale  nell'economia,  e  che  la  sua  abla- 
zione totale  non  è  compatibile  con  la  vita. 

Anche  da  quesl'A.  non  vennero  praticali  esami  microscopici  della  sella 
turcica  e  delle  vicinanze.  Vedremo  in  seguilo  come  le  iniezioni  di  estrallo 
ipofisario  dimostrano  assolutamente  errala  la  patogenesi  dall'A.  attribuita  ai 
sintomi  rilevali. 

Della  Vedova  ojterò  venticinque  cani,  quattro  sopravvissero  a  lungo  al- 
l'oporazione  e  vennero  sacrificali.  Avendo  all'autopsia  macroscopicamente  os- 
sj'rvato  l'assenza  dell'ipofisi,  credetle  che  l'ablazione  fosse  stala  completa,  ne 


53^2  0.  Sandri 


dedusse  quindi  che  i  cani  potevano  vivere  a  lungo  ed  in  buone  condizioni 
anche  senza  ipofisi.  Ma  più  tardi,  avendo  constatalo  con  ricerche  istologiche 
che  negli  animali  operati  erano  rimasti  residui  di  ghiandola  pituitaria,  dichiarò 
che  i  suoi  esperimenti  invece  di  essere  in  contrasto  con  quelli  di  Sacchi  e 
Vassale  e  di  Caselli,  ne  confermavano  i  risultati. 

Fichcra  opera  quaranta  polli;  ventinove  sopravvivono  e  sono  sacrilicati 
dopo  quattro  mesi. 

All'autopsia,  corredata  dall'esame  istologico,  l'A.  riscontra  che  solo  in  quat- 
tro animali  l'ipofisi  era  completamente  distrutta.  I  sintomi  morbosi  osservati 
nei  polli  operati  sono:  abbattimento,  apatia,  mancanza  di  reazione,  immobilitò^ 
Questi  sintomi,  comuni  anche  agli  animali  in  cui  —  come  poi  si  osservò 
all'autopsia  —  l'ipofisi  era  intatta,  vanno  attenuandosi  e  scompaiono  una  set- 
timana dopo  l'operazione,  in  ajcuni  lo  sviluppo  restò  al  di  sotto  della  norma. 
Nelle  conclusioni  l'A.  si  limita  a  constatare  che  i  polli  possono  sopravvivere 
alla  distruzione  totale  dell'ipofisi,  la  funzione  ipofìsaria  quindi,  in  questi  ani- 
mali, non  è  indispensabile  alla  vita.  Osserva  poi  come  nei  polli  i  disturbi 
immediati  alla  distinzione  totale  o  parziale  dell'ipofisi  non  sono  caratteristici 
e  trovano  una  giusta  spiegazione  nell'atto  operativo.  Disturbi  lardivi  tipici  in 
generale  mancano. 

Boteano  opera  cinquanlaselte  rane.  Per  controllare  il  trauma  cbe  l'ani- 
male può  subire,  eseguisce  prima  l'atto  operativo  lasciando  intatta  l'ipofisi. 

Degli  animali  operali  in  seguito,  quelli  in  cui  l'ipofisectomia  era  slata 
completa,  dopo  essere  caduti  in  grave  stato  di  astenia,  morirono  lutti  nei  tre 
giorni  susseguenti  l'operazione.  In  altri  che  erano  sopravvissuti  più  a  lungo 
ed  avevano  presentali  sintomi  mollo  più  leggeri,  l'A.  potè  constatare  all'esame 
microscopico  che  l'ipofisi  non  era  stata  completamente  asportata.  Dalie  ricer- 
che suesposte  conclude  che  nella  rana  l'ablazione  completa  dell'ipofisi  porta 
rapidamente  alla  morte. 

Paul  esco  è  l'A.  che  ha  fatto  i  più  numerosi  e  svariati  esperimenti 
intorno  all'ablazione  totale  e  parziale  dell'ipofisi.  Gli  animali  adoperati  sono 
cani  e  gatti. 

Per  evitare  che  i  sintomi  presentati  dagli  animali  si  potessero  imputare 
al  trauma  operatorio,  eseguì  in  vari  cani  l'operazione  completa,  lasciando 
però  intatta  l'ipofisi  e  solo  accontentandosi  di  toccarla  con  la  pinza.  Gli  ani- 
mali ritornarono  tosto  vispi  e  dopo  molli  mesi  furono  dall'A.  sacrificati. 

Paulesco  esegui  in  seguito  quattro  serie  di  esperienze:  1"*  ipofisectomia 
tolale;  T  ipofisectomia  quasi  totale;  3°  ipofisectomia  parziale;  4^  esperienze 
comparative  (apertura  del  terzo  ventricolo;  lesioni  della  base  del  cervello 
all'intorno  dell' infundihulo;  isolamento  dell'ipofisi  dalla  sella  turcica  senza 
lederla  o  slaccarla  dal  peduncolo;  taglio  del  peduncolo  ipofisario  senza  toc- 
care l'ipofisi). 

Da  tulle  quante  le  ricerche  eseguile  conclude: 

r  L'ipofisectomia  tolale  è  seguita  a  breve  distaza  (24  ore   in   media) 
dalla   morte   dell'animale.  Se  dopo   l'operazione   rimangono   frammenti  anche 


Contributo  air  anatomia  ed  alla  fisiologia  dell*  ipofisi  533 

piccolissimi  di  lobo  epeteliale,  l'animale  può  sopravvivere  in  buone  condi- 
zioni. L'insufficienza  di  funzione  ìpofìsaria  in  seguito  dell' ipofisectoniia  totale 
non  si  manifesta  con  alcun  sintoma  caratlerìslico  ; 

i""  L'ablazione  di  una  parte  della  sostanza  corticale  del  lobo  epiteliale 
non  reca  disturbi  manifesti  ed  è  compatibile  con  la  vita  dell'animale.  Invece 
l'ablazione  totale  di  questo  lobo  equivale  all'ipofìsectomia  totale; 

3^  L'asportazione  del  lobo  nervoso  non  è  seguita  da  alcun  disturbo 
apparente  dell'animale  ed  è  compatibile  con  la  vita; 

4**  L'apertura  del  terzo  ventricolo  non  è  mortale.  Le  lesioni  della  base 
del  cervello  all' ingiro  della  regione  infundibulare  non  costituiscono  una  causa 
di  morte  rapida,  ma  si  manifestano  con  vari  sintomi  :  convulsioni,  emispasmi, 
emiparesi,  tendenza  a  curvare  il  dorso  sull'addome,  a  girare  da  un  lato.  Lo 
scollamento  dell'ipofisi  dalla  sella  turcica  non  arreca  danno  alcuno  all'animale, 
mentre  la  sezione  del  peduncolo  (cioè  separazione  dalla  base  del  cervello)  equi- 
vale ad  una  ipofisectomia  totale  o  quasi  totale. 

Secondo  l'A.  l'ipofisi  è  un  orbano  indispensabile  alla  vita.  La  sua  man- 
canza conduce  rapidamente  a  morte.  Delle  diverse  parti  che  la  costituiscono 
la  più  importante,  dal  punto  di  vista  funzionale,  è  lo  strato  corticale  del  lobo 
epiteliale. 

Iniezioni  di  estratti  ii>ofi8ari. 

Oliver  e  Schaefer  praticarono  iniezioni  endovenose  di  estratto  ipofisario 
ottenendo  vasocostrizione  generale  ed  aumento  della  pressione  sanguigna:  ri- 
levarono pure  grande  affinità  tra  gli  effetti  di  quest'estratto  e  del  principio 
attivo  delle  capsule  surrenali. 

Szimonowicz  afferma  che  l'estratto  ipofisario,  iniettato  nella  giugulare 
del  cane,  provoca  un  leggero  abbassamento  della  pressione  ed  un  acceleramento 
delle  pulsazioni  cardiache. 

Howell  come  Cyon  confermarono  che  l'estratto  ipofisario,  iniettato  nella 
circolazione,  determina  un  aumento  della  pressione  accompagnato  da  una  ra- 
refazione del  polso  e  da  un  rinforzo  della  sistole.  Howell  aggiunge  poi  che 
solo  il  lobo  posteriore  o  nervoso  dà  un  estratto  attivo,  e  che  con  una  seconda 
iniezione  non  si  ottiene  più  un  innalzamento  delia  pressione  come  con  la 
prima. 

Mairet  e  Bosq  trovarono  che  quest'estratto  è  dotalo  di  un'azione  forte- 
mente eccitante  «Julle  funzioni  del  sistema  nervoso. 

Bield  e  Reiner  ne  fecero  rilevare  la  sua  spiccata  influenza  sul  sistema 
circolatorio. 

Osborne  e  Swale  Vincent  descrivono  due  sostanze  ipofìsarie  attive: 
runa  eccita,  l'altra  deprime  il  sistema  nervoso;  le  inezioni  di  questa  sostanza 
hanno  gli  stessi  effetti  delle  iniezioni  di  estratto  di  sostanza  cerebrale. 

Schaefer  e  Swale  Vincent  confermano  i  risultati  già  ottenuti  da  Oliver 
e  Schaefer,  in  più  dimostrano  come  nel  lobo  posteriore  dell'ipofisi  sono  con- 


534  0.  Sandri 


tenuti  due  principi  attivi:  l'uno  che  a^risce  esclusivamente  sui  vasi  o  deler- 
mina  una  diminuzione  passeggera  di  pressione,  l'altro  che  agisce  tanto  sui  vasi 
come  sul  cuore,  e  che  determina  un  aumento  di  pressione  accompagnalo  da 
rarefazione  del  polso. 

Schaefer  e  Herring  constatarono  che  l'estratto  acquoso  di  lobo  nervoso 
iniettato  nelle  vene  produce  in  primo  tempo  vasocostrizione  generalizzata  ed 
anuria.  Ma  questa  fase,  che  può  mancare,  ha  una  durata  brevissima  ed  è  seguita 
da  vasodilatazione  e  diuresi  abbondante.  Gli  AA.  ammettono  che  il  lobo  nervoso 
contenga  un  principio  con   azione  stimolante  e  specifica  sull'epitelio  renale. 

Collina  crede  che  l'estratto  ipofisario  abbia  un'azione  trofica  sul  sistema 
nervoso. 

Caselli  studia  l'influenza  dell'ipofisi  sullo  sviluppo  dell'organismo,  pra- 
ticando iniezioni  sottocutanee  di  estratto  ipofisario  ad  animali  in  via  d'accre- 
scimento (quattro  conigli  e  sette  cani).  Gli  esperimenti  durarono  da  due  a 
quattro  mesi  e  l'A.  venne  a  concludere  che  le  iniezioni  prolungate  di  estratto 
ipofisario  in  animali  giovani  non  influiscono  notevolmente  sul  loro  sviluppo, 
il  quale  però,  in  qualche  caso,  può  essere  ritardato. 

Guerrini  conferma  in  via  di  massima  i  risultati  di  Mairet  e  Hosq. 
Sacrificando  animali  vario  tempo  dopo  un'iniezione  di  estratto  ipotisario  e 
dopo  varie  iniezioni  ha  potuto  constatare  che  il  primo  fatto  che  insorge  è 
un  aumento  considerevole  di  fenomeni  secretori.  11  fenomeno  pero  è  passeg- 
gero e  l'organo  ritorna  tosto  o  normale  o,  se  lo  stimolo  era  stato  forte, 
ipofunzionante. 

«  Una  seconda  iniezione  che  caschi  a  proposilo  in  questo  periodo  di  ipo- 
funzione, può  rappresentare  a  sua  volta  uno  stimolo  attivo  a  cui  seguono  an- 
cora una  ascesa  ed  una  scesa  nel  diagramma  intero  deirattività  funzionale  n. 

Livon,  che  preparava  l'estratto  con  la  macerazione  della  ghiandola  in 
acqua  salata  e  glicerina,  riscontrò  in  cani  curarizzali  elevazione  della  pres- 
sione arteriosa  con  grande  oscillazione  e  rarefazione  delle  pulsazioni  cardiache. 
Crede  necessaria  l'integrità  dei  pneumogastrici  perchè  l'estratto  produca  tutti 
i  suoi  efl*etti. 

Silvestrini  con  iniezioni  endovenose  di  estratto  di  lobo  nervoso  provocò 
in  primo  tempo  un  grande  abbassamento  della  pressione  sanguigna  ed  una  ces- 
sazione di  polso  nella  grafica,  in  secondo  tempo  un  innalzamento  al  di  sopra 
della  norma,  ed  una  notevolissima  amplificazione  e  rarefazione  del  polso.  (ìli 
stessi  risultati  si  ottengono  anche  dopo  la  recisione  dei  vaghi  e  dei  depressori 
de!  Cyon.  Estratti  di  ghiandola  pineale,  del  lobo  anteriore  ipofisario,  della 
ifìoftsìna,  della  paratireoantitossina  non  producono  alcun  efl'etto  consimile. 
L'adrenalina  aggiunta  anche  in  dosi  minime  all'estratto  di  lobo  nervoso,  neu- 
tralizza l'azione  deprimente  sulla  pressione,  dà  inoltre  il  rialzo  dovuto  alla 
adrenalina  slessa,  non  impedisce  l'azione  eccitante  sul  cuore,  come  si  può 
osservare  dall'amplificazione  e  rarefazione  del  polso.  L'A.  crede  possibile  l'in- 
troduzione di  questo  nuovo  veleno  del  cuore  nella  terapia. 


Contributo  all' anatomia  ed  alla  /isiolotfia  delV  ipofisi 


Garnier  e  Tliaon  trovano  che  l'iniezione  di  estratto  di  lobo  anteriore 
non  ha  alcuna  influenza  sull'apparato  cardiovascolare.  L'estratto  di  lobo  po- 
steriore provoca  un  leggero  aumento  della  pressione  arteriosa,  seguito  im- 
mediatamente da  un  forte  abbassamento  a  cui  subentra  un'elevazione  gra- 
duale sino  al  livello  normale  ed  anche  al  di  sopra;  in  quest'ultimo  periodo 
le  pulsazioni  cardiache  si  fanno  più  valide  e  più  rare.  Gli  AA.  con  Livon,  e 
contrariamente  a  quanto  alTerma  Silvestrini,  credono  che  l'estratto  non  espli- 
chi la  sua  attività  se  si  recidono  i  vaghi. 

Silvestrini  e  Baduel  proseguendogli  esperimenti  iniziali  da  Silvestrini 
cercano  di  stabilire  quale  parte  del  lobo  nervoso  esplichi  l'azione  cardiovasco- 
lare. «  Dopo  aver  congelato  il  lobo  nervoso,  togliendo  via  da  esso  la  |)arte 
ghiandolare  che  vi  sta  sopra  come  stratificata,  l'azione  suddetta  rimane  nel- 
l'estratto di  questa  parte,  mentre  è  nulla  quella  del  rimanente  nucleo  nervoso». 

Sai  violi  e  Carraro,  contrariamente  a  quanto  affermano  Silvestrini  e 
Baduel,  hanno  trovato  che  la  parte  veramente  attiva  della  ghiandola  pitui- 
taria è  il  lobo  nervoso.  Questo  lobo  si  mostra  attivo  anche  quando  è  separato 
dal  piccolo  strato  epiteliale  fortemente  ad  esso  aderente.  Gli  AA.  trovano  che 
le  modificazioni  di  pressione  consistono  in  un  leggero  abbassamento  seguito 
da  una  ipertensione  più  o  meno  notevole.  Le  modificazioni  del  ritmo  cardiaco 
consistono  in  un  rinforzo  della  sistole,  accompagnato  da  una  rarefazione  del 
polso.  Nelle  iniezioni  a  dosi  leggere  prevalgono  i  fenomeni  ipertensivi,  in  quelle 
a  dosi  forti  le  modificazioni  del  ritmo  cardiaco.  Ammettono  poi  che  è  possi- 
bile avere  rarefazione  del  polso  anche  dopo  la  sezione  dei  vaghi,  per  un'azione 
diretta  dell'estratto  sui  gangli  o  sulle  fibre  muscolari  del  cuore.  I  fenomeni 
descritti  si  manifestano  pure  negli  animali  a  cui  sono  stali  recisi  i  deprcssori. 

Cerletli  intraprende  una  serie  di  esperimenti  per  accertare  l'azione  del- 
l'ipofisi sull'accrescimento  somatico.  I  risultati  ottenuti  sono  pubblicati  solo 
in  parte  con  note  preventive.  Per  rendere  più  scrupolose  le  ricerche  oltre  alle 
iniezioni  di  estratto  acquoso  glicerinato  di  estratto  di  ipofisi  intera,  pratica 
anche  iniezioni  di  estratti  di  tessuto  tiroideo  e  muscolare.  Gli  animali  adope- 
rati, cavie,  conigli,  agnelli,  cani  sono  tutti  giovanissimi.  L'A.  ha  ottenuto  i 
si'guenti  risultati:  Le  inezioni  endoperitoneali  di  emulsione  di  ipofisi  d'agnello 
in  agnelli  od  animali  d'altra  specie,  in  via  di  sviluppo,  danno  luogo  ad  un 
ritardo  nell'accrescimento  in  peso;  il  ritardo  è  più  rilevante  negli  animali 
iniettati  con  emulsione  tiroidea;  nullo  in  quelli  iniettati  con  tessuto  musco- 
lare. Nel  sistema  scheletrico  si  nota:  Per  gli  animali  iniettati  ron  estratto 
ipofisario  ritardo  in  accrescimento  delle  ossa  degli  arti  in  lunghezza,  il  dia- 
metro delle  epifisi  invece  è  maggiore  della  norma  (in  cifra  relativa  alla  lun- 
ghezza e  qualche  volta  anche  in  cifra  assoluta),  pure  il  diametro  delle  diafisi 
in  cifra  relativa  alla  lunghezza  è  maggiore  che  nel  normale.  L'A.  trova  pure 
che  le  suddette  ossa  sono  di  peso  inferiore  alla  norma  rispetto  alla  lun- 
ghezza. All'esame  istologico  dei  vari  organi  non  ha  trovato  alterazioni  di  sorta 
nelle  ghiandole   surrenali,   nelle  genitali,   nel   timo.   Nell'ipofisi  di   tutti   gli 


530  0.  Sandri 


animali  assoggettali  a  iniezioni  di  estratto  ipofisario,  ha  trovato  uno  spiccalo 
aumento  numerico  delle  cellule  cromoftle  (eosinofìle);  negli  stessi  animali  no- 
tava, nella  tiroide,  notevole  proliferazione  degli  epiteli  alveolari  (cellule  più 
voluminose,  moltiplicazione  degli  strati  epiteliari,  ecc.).  L'A.  non  crede  di 
avere  dati  sufficienti  per  formulare  un'interpretazione  fisio-patologìca.  L'A.  in 
fine  si  domanda  se  il  notevole  ritardo  nell'accrescimento  somatico  degli  animali 
iniettali,  sia  un  fenomeno  di  iperfunzione  o  di  ipofunzione  ipofisaria(i). 

Baduel  iniettando  per  via  endovenosa  a  conigli  dell'estratto  acquoso  di 
lobo  nervoso  riscontrò  alterazioni  della  parete  vasale  dell'aorta  e  delle  arterie 
parenchimali.  Queste  alterazioni  sono  di  natura  ateromasica  ed  arteriosclero- 
tica  e  si  possono  rassomigliare  a  quelle  che  si  ottengono  per  iniezioni  di 
adrenalina.  Pure  le  capsule  surrenali  presentavano  notevoli  alterazioni. 

Etienne  e  Parisot,  in  seguito  a  iniezioni  endovenose  ripetute  e  prolun- 
gate, riscontrarono  ipertrofia  notevole  del  cuore,  e  tracce  di  aleroma. 

Carraro  studiò  comparativamente  gli  effetti  delle  iniezioni  endovenose, 
sottocutanee,  intraperitoneali  di  estratto  d'ipofisi  (estratto  di  ghiandola  intera) 
e  di  ghiandola  surrenale  sui  diversi  organi.  Trovò  che  il  principio  attivo  ipofi- 
sario è  in  genere  meno  dannoso  del  principio  attivo  soprarenale,  e  che  in- 
trodotto anche  in  dosi  notevoli  non  ùìì  mai  Itiogo  alla  formazione  di  focolai 
ateromatosi  e  di  alterazioni  aortiche.  Diversi  sono  gli  effetti  dei  principi  aitivi 
a  seconda  della  via  per  cui  si  introducono  nell'animale.  L'estratto  ipofisario 
produce  solo  con  iniezioni  endovascolari  notevoli  alterazioni  al  fegato  ed  al 
polmone:  comunque  iniettato  però,  esercita  la  sua  azione  tossica  sul  rene 
(lesioni  degenerative  dell'epitelio  dei  tubuli  contorti). 

Dopo  le  dettagliate  e  scrupolose  ricerche  sull'influenza  dell'estralto  ipofi- 
sario sulla  pressione  sanguigna  e  sulle  contrazioni  cardiache,  corredate  da  gn«- 


(1)  L'A.  afferma  che  le  teorie  più  plausibili  «ulle  funzloui  Ipoflsarie  furono  emesse  non  in 
Htiguito  alle  ricerche  sperimentali,  ma  bensì  in  sègruito  alle  osaervazioni  cliniche,  e  precisamente 
'  agli  studi  suir  acromegalia.  Tra  coloro  che  apportarono  miglior  contributo  alla  conoscenza  delle 
ttmzioni  ipoiìsarie  VA.  pone  Massalongo.  Credo  necessario  aggiungere  qualche  commento  aUe 
asserzioni  deir  A.  Le  prime  cognizioni  sufficientemente  esatte  sulla  struttura  dell'  Ipofisi  e  sulle 
sue  funzioni  di  ghiandola  secemente,  ci  sono  state  fomite  dalle  ricerche  anatomiche  e  sperimentali 
e  non  dalle  cliniche,  le  quali  non  hanno  creato  Altro  che  ipotesi  più  o  meno  verosimili  ;  basta  con- 
sultare la  letteratura  i)er  accertarsene.  Ecco  |k)i  le  teorie  di  Massalongo  suir ipofisi:  Credeva 
«he  rii>oflsi  ed  il  timo,  fossero  ghiandole  fetali  necessarie  allo  sviluppo  del  nostro  organismo. 
Quando,  dopo  l'arresto  deir accrescimento  somatico  normale,  le  ghiandole  suddette  non  subivano 
la  solita  involuzione  regressiva,  ma  persistevano  nelle  loro  funzioni,  allora  appunto  si  manifestava 
la  sindrome  acromegalica.  Ora  si  sa  che  la  pituitaria  è  un  organo  tutt'altro  che  fetale,  che  la  sua 
involuzione  incomincia  solo  nella  senilità,  che  il  suo  massimo  svllupix)  funzionale  è  neiretii 
adulta,  che  la  persistenza  del  timo  è  rara  neiracromegalia.  Come  si  vede  non  sono  questi  gli 
studi  che  hanno  apportato  qualche  luce  sulla  flsio-patologia  dell' ipofisi. 

Ce  rietti  crede  jwi  che  le  ricerche  precedenti  non  abbiano  ancora  definito  chiaramenU> 
m  le  cellule  In  attività  funzionale  siano  le  cromatoflle  o  le  cromatofobc.  Mi  permetto  di  osservare  che 
MUi'Sto  dubbio  dopo  i  lavori  di  Benda,  Gemelli,  Rossi,  Gucrrini,  per  tacere  di  tanti  altri, 
non  dovrebbe  più  esistere,  poiché  una  dimostrazione  deU'attività  funzionale  di  questa  ghiandola  è 
data  appunto  dal  comparire  in  essa  di  numerose  cellule  cariche  di  granulazioni  acidofile.  tutte  le 
volte  che  vient;  introdotta  nella  circolazione  qualunque  sostanza  atta  ad  eccitare  l'attività  secretoria 
dolio  altri'  glandolo  doirorganismo. 


Contributo  alV  anatomia  ed  alla  fisioloijia  deW  ijjofìsi  537 

fiche  numerose,  ho  creduto  inutile  riprendere  di  nuovo  lo  studio  delle  oscil- 
lazioni della  pressione  e  delle  curve  del  polso.  Con  queste  mie  ricerche  mi 
sono  prefisso  i  seguenti  scopi  : 

Studiare  quale  fosse  la  porzione  dell'ipofisi  dotata  d'influenza  sulFappii- 
rato  cardiovascolare.  Quale  fosse  la  funzione  delle  altre  parti  della  ghiandola. 
Osservare  se,  e  quali  alterazioni  potevano  produrre  le  iniezioni  degli  estratti 
ipofisari  nel  sistema  nervoso  e  nei  vari  organi  dell' economia.  Osservare  qual 
rapporto  può  avere  l'iperfunzione  ipofisaria  con  l'accrescimento  somatico. 

Gli  esperimenti  da  me  praticati  si  possono  dividere  in  tre  serie  : 

I.  Trapianti  di  ipofisi. 

II.  Ingestione  di  ipofisi. 

IH.  Iniezioni  di  estratti  ipofisari. 

Trapianti.  —  Come  animali  da  esperimento  ho  scelto  1  conigli  e  le  cavie  tatti 
in  età  giovanissima.  Presi  14  conigli  di  10  giorni  appartenenti  a  due  covate,  asportai 
8  ipofisi  accuratamente,  spappolando  i  tessuti  vicini  per  evitare  qualunque  trazione, 
e  le  trapiantai  nel  peritoneo  di  4  conigli;  gli  altri  due  li  lasciai  come  controllo. 
L'atto  operatorio  venne  compito  con  tutte  le  cautele  asettiche.  La  piccola  ferita  ri- 
coperta con  garza  e  celloidina  si  chiuse  per  prima  intenzione.  Gli  animali  non  ma- 
nifestarono né  elevazione  di  temperatura,  né  alcun  altra  differenza  apprezzabile  coi 
conìgli  campione.  Sacrificati  dopo  un  mese,  in  nessun  animale  si  trova  traccia  delle 
ipofisi  trapiantate. 

Scelte  due  cavie  di  12  giorni  della  stessa  covata,  trapiantai  nel  peritoneo  del- 
l'una 7  ipofisi  di  altrettante  cavie  giovanissime,  l'altra  la  tenni  come  campione.  Per 
due  giorni  la  cavia  operata  restò  quasi  immobile  col  pelo  arruffato  in  un  angolo  della 
gabbia,  tosto  però  l'animale  ritornò  vivace,  la  ferita  guari  per  prima  intenzione. 
Dopo  quattro  mesi  la  cavia  operata  aveva  già  figliato  due  volte  e  non  offriva  nes- 
suna differenza  con  la  cavia  campione.  All'autopsia  non  si  riscontrava  alcuna  traccia 
delle  ipofisi  trapiantate. 

Riassumendo,  —  Nessun  risultato  si  può  ottenere  dai  trapianti  di  ipofisi. 
Anche  se  rapidamente  trasportala  da  un  animale  all'altro,  la  ghiandola  non  può 
mantenersi  vitale,  e  viene  tosto  riassorbita. 

Ingestione  di  ipofisi.  —  Credo  che  i  topi  siano  gli  animali  piìi  adatti  per  questi 
esperimenti,  e  per  la  loro  voracità,  e  per  il  loro  piccolo  volume.  Scelti  sei  topi  bianchi 
di  15  giorni,  appartenenti  alla  stessa  covata,  li  misi  in  tre  gabbie  differenti.  Ai  primi 
due  somministravo  lobo  nervoso  d' ipofisi  di  bue,  ai  secondi  lobo  ghiandolare,  gli  altri 
li  tenevo  come  campione.  Benché  fossi  giornalmente  fornito  di  numerose  ipofisi  (8-12) 
non  potendo  limitarmi  a  fornir  loro  una  dieta  esclusivamente  ipofisaria,  sommini- 
stravo anche  qualche  pezzo  di  pane.  Ugual  trattamento  facevo  ai  topi  campione,  ag- 
giungendo invece  dell'ipofisi  16-20  grammi  di  carne.  Continuai  il  regime  per  2  mesi. 

Durante  questo  tempo  i  topi  non  avevano  manifestato  alcun  disturbo  e  si  erano 
mostrati  sempre  svelti  e  vivaci.  Mentre  però  i  topi  campioni,  e  quelli  a  cui  sommi- 
nistravo lobo  epiteliale  di  bue  apparivano  press'a  poco  delle  stesse  dimensioni,  gli 
altri  a  cui  somministravo  lobo  nervoso  erano  alquanto  più  piccoli.  Inoltre  durante  i 
mesi  d'esperimento  i  topi  campione  avevano  già  figliato,  gli  altri  non  ancora.  Sola- 


:m  0.  Sundrl 


mente  all'autopsia  mi  sono  accorto  che  le  altre  due  femmine  erano  anch'esse  gravide 
di  circa  10-15  giorni.  Finito  Tesperimento  il  peso  degli  animali  era  il  seguente: 

topi  alimeutati  topi  alimentati 

con  lobo  nervoso  con  lobo  epiteliale  topi  campiom^ 

grammi  147  grammi  180  grammi  20«) 

»       154  (femmina  gravida)        »       192  (femmina  gravida)         »       210 

Sacrificati  tutti  quanti  i  topi  dopo  due  mesi  d' esperimento,  nulla  si  ossei  va 
macroscopicamente  di  anormale.  Fisso  pezzi  di  polmone,  fegato,  testicoli  od  ovaie, 
rene,  capsule  surrenali,  la  tiroide,  e  l'ipofisi  in  Zenker  e  Fleraming.  Il  sistema 
nervoso  centrale  in  alcool  assoluto,  suhlimato-acido  picrico,  Da  Fano.  Coloro  gli 
organi  ghiandolari  con  v.  Gieson,  Cajal  tricromico,  Galeotti,  ematossilina-eosina. 
Il  sistema  nervoso  con  Pappenheim,  tionina,  ematossilina-eosina,  ematossilina  Mal- 
lo ry.  Fisso  l'aorta,  disseccata  in  tutta  la  sua  lunghezza,  in  alcool  e  coloro  con  ema- 
tossilina-eosina, Unna-Taenzer  modificato  da  Li  vini.  Questa  che  ho  descritta,  è  la 
tecnica  seguita  nello  studio  di  tutto  il  materiale  di  queste  ricerche. 

All'esame  istologico  non  ho  potuto  mettere  in  rilievo  alcuna  alterazione  degli 
organi  ghiandolari,  dei  vasi,  e  dei  centri  nervosi.  L'ipofisi  dei  topi  da  esperimento 
contenevano  meno  cellule  in  attività  funzionale  (eosinofile)  cht^  non  quelle  degli  ani- 
mali campione,  le  differenze  però  erano  leggere. 

Riassumendo.  —  Somministrando  per  due  mesi  lobi  nei'vosi  ed  epileliiili 
di  ipofisi  di  bue  a  topi  in  via  d'accrescimento,  si  notò  un  notevole  arresto  di 
sviluppo  a  carico  di  quelli  alimentati  con  lobo  nervoso.  La  differenza  li*a  i 
topi  alimentati  con  lobo  epiteliale  ed  i  normali  era  meno  manifesta.  LVsame 
islopatologico  non  fa  rilevare  lesione  alcuna  a  carico  dei  vasi,  degli  organi  ghian- 
dolari, del  sistema  nei'voso. 

Iniezioìii  di  estratti  ipofisari,  —  Mi  sono  servito  di  ipofisi  di  giovani  buoi,  il 
^eso  delle  quali  è  di  circa  grammi  2,50-2,80. 

Una  ghiandola  la  spappolavo  intera,  in  un  mortaio,  con  l'aggiunta  di  polvere  di 
vetro  ;  di  un'altra  dividevo  il  lobo  epiteliale  dal  nervoso  e  li  trattavo  separatamente. 
Ridotto  il  materiale  in  poltiglia  finissima,  aggiungevo  qualche  ce.  di  soluzione  fisio- 
logica, centrifugavo  ;  raccolto  il  deposito  residuo,  aggiungevo  altro  siero  fisiologico  e 
ripetevo  le  precedenti  operazioni,  in  modo  che  in  fondo  alla  provetta  non  restava  che 
polvere  di  vetro  e  detriti  connettivali.  Per  evitare  un  assorbimento  troppo  rapido  e 
per  poter  prolungare  più  che  fosse  possibile  l'esperimento,  non  volli  praticare  né  inie- 
zioni endovenose,  ne  peritoneali,  ma  ricorsi  alle  iniezioni  ipodermiche,  incominciando 
da  dosi  minime  e  aumentando  sempre  sino  a  dosi  elevate. 

Come  animali  d'esperimento  incominciai  a  servirmi  di  14  giovani  conigli  di  15 
giorni,  appartenenti  a  due  covate.  Tutti  i  giorni  iniettavo  sottocute  a  4  l'estratto  di 
lobo  nervoso,  a  4  l'estratto  di  lobo  epiteliale,  a  4  l'estratto  di  ghiandola  intera,  gli 
altri  due  li  conservai  come  controllo.  Già  alle  prime  iniezioni  un  coniglio  della  I  serie 
(estratto  di  lobo  nervoso)  ed  uno  della  II  (estratto  di  ghiandola  intera;,  erano  uìortì; 
vari  dei  rimanenti  dopo  15  giorni,  magri  e  torpidi,  deperivano  di  giorno  in  giorno. 


Contributo  aW  tiiuitomUi  ed  alla  /hmloiiui  dell' ipofisi  539 


Mi  accorsi  che  le  iniezioni  producevano  noduli  caseosi  sottocutanei  che  andavano 
estendendosi  formando  voluminose  bozze.  Decisi  allora  di  cambiare  animali  e  ricorsi 
alle  cavie.  Ridussi  pure  la  quantità  di  estratto  iniettato;  praticai  le  iniezioni  a  giorni y 
alterni  aumentando  di  quando  in  quando  le  dosi. 

Contemporaneamente  volli  cercare  quale  era  la  porzione  della  ghiandola  dotata 
ili  principi  tanto  attivi  da  causar  anche  la  morte  agli  animali  iniettati. 

Isolato  il  lobo  nervoso  da  un'ipofisi  di  bue  presi  di  ugual  peso  (circa  70  centi- 
grammi)  di  lobo  epiteliale»  lì  emulsionai  a  parte,  ed  li  iniettai  in  due  cavie  di  ugual 
peso.  La  cavia  a  cui  avevo  iniettato  il  lobo  nervoso  dopo  un  giorno  si  mostrava  de- 
pressa» arruffata.  Ripetute  le  iniezioni  a  due  giorni  di  distanza  con  le  stesse  modalità» 
la  cavia»  che  già  era  in  poco  buone  condizioni»  moriva»  mentre  l'altra  a  cui  avevo  iniet- 
tato estratto  di  lobo  epiteliale  non  mostrava  di  soffrire  alcun  disturbo.  Per  due  volte 
ho  ripetuto  l'esperimento  ottenendo  sempre  gli  stessi  risultati.  Provai  allora  ad  aumen- 
t:ire  la  quantità  di  lobo  epiteliale»  ed  arrivai  ad  iniettarne  in  una  cavia  di  500 
grammi»  10  grammi  in  8  giorni  (e  cioè  quattro  ipofisi  di  bue  prive  del  lobo  nervoso). 
Malgrado  la  quantità  relativamente  enorme  di  estratto  assorbito»  l'animale  continuò 
a  mostrarsi  vivace»  ed  il  suo  peso  diminuì  appéna  di  8  grammi.  Da  queste  esperienze 
risultava  in  modo  manifesto»  che  le  sostanze  attive  sono  contenute  nel  lobo  poste- 
riore. Restava  ancora  a  dimostrarsi  se  l'azione  tossica  era  esplicata  dal  parenchima 
del  lobo,  0  dallo  strato  di  sostanza  ghiandolare  che  sta  ad  esso  sovrapposta.  Tutte 
due  le  ipotesi  potevano  essere  vere  perchè  anche  il  parenchima  nervoso,  oltre  al  con- 
tenere cellule  ghiandolari,  che  dalle  ricerche  mie  e  di  qualche  altro  autore  si  sono 
dimostrate  funzionanti  e  secementi,  contiene  pure  grande  quantità  di  fibre  nervose  (1). 
Incominciai  dunque  altre  due  serie  di  esperienze:  a)  a  due  cavie  adulte  iniettai 
circa  80  cg.  di  sostanza  cerebrale  (peso  corrispondente  press'a  poco  a  un  lobo  nervoso 
di  ipofisi  di  bue)  emulsionata  secondo  la  solita  tecnica.  Ho  ripetuto  5  volte  in  una 
settimana  l'iniezione»  senza  che  le  cavie  dimostrassero  alcun  disturbo  o  diminuzione 
di  peso,  b)  Scelte  altre  due  cavie  adulte  iniettai  ad  una  l' estratto  d'un  lobo  nervoso, 
all'altra  l'estratto  di  un  lobo  epiteliale;  nello  staccare  però  un  lobo  dall'altro  cercai 
di  strisciare  più  che  mi  fosse  possibile»  con  un  piccolo  bisturi  aflìlatissimo,  il  lobo 
nervoso»  separandolo  così  dai  tessuti  che  gli  stanno  aderenti  e  lasciando  questi  ul- 
timi attaccati  al  lobo  epiteliale.  Fatte  le  solite  iniezioni  osservai»  che  i  risultati 
di  questo  esperimento  erano  perfettamente  contrari  a  quelli  precedenti.  E  cioè  dopo 
due  iniezioni  moriva  la  cavia  a  cui  avevo,  iniettato  l'estratto  di  lobo  epiteliale», 
mentre  l'altra  che  aveva  avuto  iniezioni  di  lobo  nervoso  non  dimostrava  apparente- 
mente di  soffrire  alcun  disturbo. 

Per  maggior  sicurezza  ho  ripetuto  altre  volte  la  prova,  sempre  però  con  gli  stessi 
risultati.  Dopo  queste  esperienze  non  restava  più  alcun  dubbio.  Il  tessuto  ipofisario 
dotato  di  principi  attivi  è  precisamente  la  parte  che  da  taluni  autori  è  chiamata 
porzione  posteriore  del  lobo  ghiandolare  (Markschicht,  Epitelsaum,  Mante  1- 
schicht,  parte  cromofoba)  e  da  altri  ghiandola  infundibulare.  Le  altre  parti  del- 
l'ipofisi sembrano  dotate  di  funzioni  decisamente  da  questa  differenti. 

Per  evitare  inutili  ripetizioni  non  starò  a  descrivere  dettagliatamente  i  reperti 
riscontrati  all'autopsia,  ed  all'esame  istologico  degli  animali  morti  in  seguito  a  queste 


(1)  Rtreiiti  studi  sui  «i.rl  neumtossifi  hanno  diinoìstrat/)  che  anche  do-i  relativamente  piccole 
di  estratto  di  tessuto  nervoso  jxissono,  se  iniettate  in  aniimili  dì  differente  specie,  provocare  la. 
in<irte  rapidamente. 


540 


0.  Sandri 


ultime  iniezioni.  Avrò  occasione  di  occuparniene  in  seguito.  Accennerò  solo  che  già 
macroscopicamente  si  osservavano:  i  vasi  meningei  e  cerebrali  fortemente  conge- 
sti, il  fegato  ed  il  rene  bruni.  AlFesame  istologico  le  cellule  nervose  presentavano 
alterazioni  leggere  a  tipo  acuto,  le  meningi  erano  in  qualche  punto  infiltrate  da  ele- 
menti parvicellulari,  nelle  maglie  della  pia,  e  negli  spazi  perivasali  dei  centri  si  no- 
tavano piccole  emorragie.  NelF  ipofisi,  spiccatamente  iperemica,  si  notava  grande  ab- 
bondanza di  cellule  in  attività  funzionale.  Nessuna  alterazione  —  all' infuori  di  una 
notevole  congestione  —  fu  possibile  mettere  in  evidenza  negli  altri  oigani  ghian- 
dolari. 

Continuavo  intanto  le  iniezioni  a  giorni  alterni  alle  cavie  di  cui  sopra  dissi. 
Dopo  un  mese  e  mezzo  dall'inizio  dell'esperimento,  gli  animali  erano  sempre  vispi, 
e  sembravano  sopportare  abbastanza  bene  le  iniezioni.  Degna  di  nota  è  tuttavia  una 
particolarità  da  questi  presentata.  Mentre  le  cavie  campione  e  quelle  della  3*  serie 
(iniezioni  di  lobo  epiteliale)  avevano  il  pelo  lucido  e  folto,  le  cavie  della  1*  serie 
'(iniezioni  di  lobo  epiteliale  e  lobo  nervoso),  e  massime  quelle  della  2*  serie  (inie- 
zioni di  lobo  nervoso)  avevano  il  pelo  raro,  debole,  e  mancantie  a  chiazze  sul  dorso. 

Dopo*75  giorni  dall'  inizio  delle  iniezioni  le  cavie  si  mantenevano  tempre  in  di- 
screte condizioni.  Però  quelle  della  1*  serie,  e  quelle  della  2*  serie  non  avevano  rag- 
giunto lo  sviluppo  delle  cavie  campione.  Pure  le  cavie  della  3*  serie  apparivan(» 
leggermente  più  piccole  delle  normali.  Le  pesate  degli  animali  davano  i  seguenti 
risultati  : 

1*  serie 

(estratto 

di  lobo  nervoso 

e  lobo  epiteliale) 

1*  cavia  280  grammi  1*  cavia  335  grammi  1*  cavia  405  grammi     1*  cavia  430  grammi 

2*     »     325       »  2*     »     390       »  2*     »     390       »         2*     »    450       » 

3*     »     330       »  3*     »     325       »  3*     »     355       » 

4*      »     335        »  4*      »     330       »  4*      »     380       »  * 


2a  serie 

8*  serie 

4»  serie 

(estratto 

(estratto 

(cavie 

di  lobo  ner\-oso) 

di  lobo  epiteliale) 

campione) 

Dopo  85  giorni  dall'inizio  degli  esperimenti,  a  pochi  giorni  di  distanza  l'una 
dall'altra,  muoiono  improvvisamente  dopo  le  solite  iniezioni  due  cavie  della  2^  serie 
e  due  della  1*. 

A  tre  mesi  dall'  inizio  degli  esperimenti  tralascio  le  iniezioni  e  sacrifico  due  cavie 
della  3*  serie  e  una  della  1*,  2*  e  4*  serie.  Ne  restano  quindi  ancora  in  vitA,  una 
della  1*,  2*  e  4*  serie,  due  della  3*. 

All'autopsia  si  nota  che  le  cavie  sacrificate  non  presentavano  i  fenomeni  con- 
gestizi (iperemia  dei  centri,  fegato  e  rene  bruni)  rilevati  in  tutte  le  altre  cavie  morte 
dopo  le  iniezioni.  Staccata  l'aorta  in  tutta  la  sua  lunghezza  e  minutamente  esami- 
nata, macroscopicamente  non  si  rileva  alterazione  alcuna. 

L'ipofisi  sembra  di  volume  normale. 

Esame  istologico,  —  Fissati  i  pezzi  e  colorate  le  sezioni  secondo  la  tecnica  già 
descritta  ho  potuto  rilevare  quanto  segue: 

Cavie  della  I*  serie  (iniezioni  di  estratto  di  lobo  nervoso  ed  epiteliale)  e 
della  2^  serie  (estratto  lobo  nervoso)  morte  improvvisamente  dopo  le  iniezioni'- 
Sistema  nervoso.  Le  meningi  in  molti  punti  sono  ispessite  ed  infiltrate  da  elementi 
parvicellulari,  nelle  maglie  della  pia  esistono  piccole  ma  numerose  emorragie.  Si  nota 
;pure  la  presenza  di  qualche  cellula  plasmatica. 


Contributo  aW  anatomia  ed  alla  fisiologia  deW  ipofisi 


541 


Nella  sostanza  nervosa  dei  centri  si  notano  numerose  emorragie  perivasali  che 
in  qualche  punto  hanno  invaso  e  distrutta  la  sostanza  nervosa.  Queste  emorragie 
appaiono  di  data  recentissima,  perchè  i  globuli  rossi  sono  ben  conservati  e  nessuna 
reazione  demarca  i  limiti  dei  piccoli  focolai  (fig.  2). 

Nelle  pareti  vasali  non  si  riscontrano  alterazioni.  Le  cellule  nervose  presentano 
qualche  alterazione  a  tipo  acuto  più  o  meno  sensibile  a  seconda  dei  vari  strati  (con- 
torni poco  delineati,  cromatolisi  a  tipo  periferico);  il  nucleo  però  in  quasi  tutte  è 
centrale. 

Alterazioni  degne  di  nota  ho  sempre  riscontrato  nei  plessi  coroidei.  Benché  non 
abbia  usato  le  colorazioni  sopra  vitali  alla  Arnold,  ma  li  abbia  fissati,  insieme  alla 
sostanza  cerebrale,  con  alcool  assoluto  per  il  metodo  di  colorazione  Pappenheim,  in 

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Fio.  2.  —  Corteccia  cerebrale  di  cavia  iniettata  con  estratto  di  lobo  nervoso  di  bue. 
Meninge  ispessita  ed  infiltrata  da  elementi  parvicellularl,  emorragie  lierivasall. 
(EmatoBsilina-eosina,  oculare  fl  comp.,  immersione  V  ,j  Zeiss). 

molte  sezioni  si  mostravano  tuttavia  conservati  e  colorati  in  modo  da  pennettere  una 
chiara  descrizione.  I  vasi  dilatati  ed  iniettati  di  sangue  non  presentano  alterazioni. 
Negli  spazi  perivasali  si  notano  piccole  emorragie,  i  corpuscoli  rossi  sparsi  all'  ingiro 
sono  ben  conservati. 

Numerose  PlasmazeUen  si  riscontrano  in  vicinanza  ai  vasi  (fig.  3).  Gli  epiteli 
coroidei  presentano  gravi  alterazioni;  il  protoplasma,  pallidissimo  in  alcune  cellule, 
un  po'  più  colorato  in  altre,  è  disseminato  da  numerosi  e  grandi  vacuoli  che  danno  loro 
qualche  volta  un  aspetto  reticolato.  Scarsissime  sono  le  granulazioni.  Il  nucleo,  a 
volte  eccentrico,  quasi  sempre  chiaro  e  poco  tingibile,  contiene  zolle  cromatiche  fram- 
mentate e  disseminate. 

Ipofisi,  —  Scarse  cellule  funzionanti  (eosinofile),  numerose  cellule  con  nucleo  pic- 
colo intensamente  colorato,  e  protoplasma  con  rare  granulazioni.  I  capillari  fortemente 
iniettati  formano  una  ricca  rete,  che  sembra  schiacciare  nelle  sue  maglie  le  cellule 
parenchimali. 


rì44 


0.  San  (Ivi 


Tiroide,  —  Nessuna  alterazione  degna  di  nota  mi  è  stato  possibile  mettere  in  evi- 
denza, però  le  dimensioni  degli  epiteli  cubici,  i  nuclei  con  scarsissime  granulazioni, 
<lavano  alla  tiroide  un  aspetto  di  ghiandola  ipofunzionante. 

Rene,  —  I  glomeruli  ed  i  vasi  sanguigni  sono  congesti,  Tepitelio  dei  tubuli  con- 
torti  è  degenerato,  in  qualche  punto  Tepitelio  necross^to  si  stacca. 

Nessuna  alterazione  ho  riscontrato  nei  polmoni,  nel  fegato,  nelle  ghiandole  ge- 
nitali, nelle  capsule  surrenali. 

Per  quanto  attentamente  abbia  esaminate  le  numerose  sezioni  fatte  a  varie  al- 
tezze dell'aorta,  non  ho  potuto  rilevare  alcuna  alterazione  degna  di  nota. 

2.  Carie  della  1^  serie  e  della  2*"  serie  sacrificate.  Sistema  nervoso.  Le  me- 
ningi in  qualche  punto  presentavano  infiltrazioni  parvicellulari.  Leggere  infiltrazioni 


'<^- 


Fio.  3.  —  Plessi  coroidei  di  una  cavia  iniettata  con  estratto  di 
lobo  nervoso  ed  epiteliale  di  bue.  Epiteli  coroidei  notevol- 
mente alterati,  emazie  e  plasìnmfllnt  in  vicinanza  dei  vasi 
(l>jippenheim,  oculare  6  comp.,  immersione  '/,a  Zeiss). 


si  notavano  pure  intorno  a  qualche  vaso  cerebrale.  Le  cellule  nervose  non  presenta- 
vano alterazioni.  Gli  epiteli  coroidei,  colorati  abbastanza  intensamente,  erano  disse- 
minati di  granulazioni  e  presentavano  vacuoli  meno  numerosi  che  non  nelle  cavie 
precedenti.  Non  si  notavano  emorragie  perivasali,  ma  esistevano  Plasniazellen, 

Ipofisi,  —  Non  era  congesta,    ma  presentava  lo  stesso   aspetto   che    nelle  cavie 
precedenti. 

Tiroide.  —  Presentava  lo  stesso  aspetto  ipofunzionante  già   notato  negli   altri 
reperti. 

Bene.  —  Rigonfiamento  torbido  delP  epitelio  dei  tubuli  contorti,  i  glomeruli  ed 
i  vasi  sanguigni  non  apparivano  congesti. 

Come  negli  animali   precedenti,  il    polmone,   il   fegato,  le  capsule  surrenali,  le 
ghiandole  genitali  ed  i  vasi  non  presentavano  alterazioni. 

3.  Carie  della  3^  serie  sacrificate,  —  AlTcbame  dei  centri  nervosi,  degli  organi 
ghiandolari  e  dei  vasi  non  nu  è  stato  possibile  riscontrare  alcuna  alterazione. 


Contributo  air  anatomia  ed  alla  fniologia  dell' ipofisi  ììiW 

Le  cavie  lasciate  in  vita,  da  tre  mesi  non  subiscono  più  nessuna  iniezione.  In 
questo  tempo  non  solo  si  sono  mantenute  in  buono  stato  ma  hanno  raggiunto  quasi 
il  volume  della  cavia  campione.  Le  cavie  della  1*  e  2*  serie  che,  come  più  sopra  ab- 
biamo fatto  notare,  avevano  il  pelo  debole,  raro,  e  mancante  a  chiazze  sul  dorso, 
hanno  rimesso  una  pelliccia  lucida  e  folta. 

(Per  maggior  chiarezza  ricorderò  che  gli  animali  sono  dell'età  di  sei  mesi  e 
mezzo,  che  per  tre  mesi  subirono  iniezioni  rispettivamente  di  estratti  di  lobo  nervoso, 
di  lobo  epiteliale,  di  lobo  nervoso  ed  epiteliale,  in  seguito  cessate  le  iniezioni,  per 
circa  tre  mesi  furono  lasciate  in  riposo). 

Dalle  pesate  risultano  le  seguenti  cifre: 

t-Hvia  1»  serie  cavia  2»  serie  cavie  3»  serie 

(estratto  di  lobo  ner>^OKo  (estratto  (estratto  cavia  4^^  serie 

Oli  ojiiteliale)  lobo  ner\'oso)  lobo  epiteliale)  (campione) 

grammi  545  grammi  555  grammi  560  grammi  566 

grammi  565 

Dalle  ricerche  suei^posle  risulta  che  Tazione  cardiovascolare  è  esplicata 
dalle  lìorzione  posteriore  del  lobo  ghiandolare.     ' 

Nelle  restanti  parti  dell'ipofisi  questo  potere  è  nullo  o  quasi.  Le  parti- 
colarità topografiche  ed  anatomiche,  più  sopra  descritte,  spiegano  perchè,  slac- 
cando il  lobo  epiteliale  dal  nervoso,  lo  stralercllo  ghiandolare  che  rappresenta 
la  porzione  posteriore  del  lobo  epiteliale,  resti  sempre  aderente  al  lobo  ner- 
voso, se  non  lo  si  allontana  a  studio  con  manovre  a  ciò  dirette.  Per  non  in- 
corroi'e  in  equivoci  ripelerò  che  la  parte  che  io  chiamo  «  porzione  posteriore 
del  lobo  ghiandolare  »  è  da  altri  autori  chiamata  k  porzione  ghiandolare  del 
lobo  nervoso».  Senza  ancor  conoscere  i  risultati  delle  ultime  ricerche  di  Sil- 
vestrini  e  Baduel,  sono  venuto  alle  stesse  loro  conclusioni  (1).  Oltre  al- 
Tazione  cardiovascolare  questo  estratto  possiede  pure  un  certo  grado  di  tossi- 
cità come  dimostrano  le  alterazioni  riscontrate  nei  nostri  animali. 

E  le  altre  parli  della  ghiandola  quali  funzioni  hanno?  Con  queste  espe- 
rienze non  fu  possibile  dimostrarlo  direttamente. 

Però  il  carattere  di  parenchima  funzionante  del  lobo  anteriore  delPipolisi, 
dim«)Slrato  da  tanti  autori,  e  del  suo  lobo  posteriore  dimostrato  dalle  ricerche 
mie  e  da  quelle  di  .loris,  le  modificazioni  sensibilissime  delle  cellule  ghian- 
dolari ipoiisarie  ogni  qual  volta  si  accumulano  nell'organismo  o  sì  iniettano 
sostanze  tossiche  endogene  od  esogene,  il  risentimento  delle  cellule  stesse  al- 
l'esporUizione  0  all'ipofunzione  di  altre  ghiandole  a  secrezione  interna,  e  gli 
altri  fatti  ancora  sopi-aricordati,  stanno  ad  afl'ermare  la  natura  sua  di  organc»  a 


(1)  8olo  iu  questi  ultimi  Kionii  mentre  stavo  coni  pi  laudo  la  presente  nota  sono  venuto  a  co- 
nosct'nza,  i*er  cortesia  del  dottar  Baduel,  della  comunicazione  fatta  da  Baduel  e  Silvestrini 
all'Istituto  Vmbro  di  Scienze.  In  essa  kIì  autori  annunziano  che  toKlieudo  via  dal  lobo  posterion • 
la  parte  ghiandolare  che  vi  si  trova  sopra  come  stratificata,  l'azione  cardiovascolare  rimane  al- 
l'est, atto  di  questa  parte,  mentre  v  nulla  quella  (NI  rimanente  nucleo  nonoso. 


544  0.  Sandri 


runzione  anlilossica,  facente  parte  del  gruppo  di  ghiandole  a  secrezione  interna, 
esplicanti  un'azione  protettiva  dì  fronte  ai  tossici   circolanti  nell'organismo. 

Dalle  esperienze  di  altri  autori  e  dalle  mie  risulta  che  gli  estratti  di  ipo- 
fisi sono  dotati  di  un  potere  tossico,  il  quale  da  qualcuno  è  ritenuto  più  attivo, 
da  altri  meno.  Salvioli  e  Carraro  credono  che  questo  estratto  non  possieda  un 
grado  di  tossicità  tale  da  mettere  in  pericolo  la  vita  dell'animale.  Silvestrini 
trovò  invece  che  dosi  forti,  iniettate  per  via  endovenosa  uccidono  repentina- 
mente l'animale  a  traverso  a  convulsioni,  tremori,  e  con  miosi  manifesta. 

A  me  risulta  che  anche  iniezioni  sottocutanee  possono  provocare  la  morte, 
non  repentinamente,  ma  dopo  qualche  ora  dall'iniezione.  La  differenza  dei  ri- 
sultati molto  probabilmente  è  da  imputarsi  alla  diversa  tecnica  seguita  nella 
preparazione  degli  estratti.  Che  il  mode  di  preparare  l'estratto  abbia  un'  in- 
fluenza sulla  sua  azione  lo  dimostrano  le  ricerche  di  Livon,  il  quale  trovò  che 
l'estratto  preparato  con  la  macerazione  della  ghiandola,  è  meno  tossico  che  non 
quello  ottenuto  con  la  triturazione.  La  questione  può  avere  un'  importanza 
grandissima,  e  merita  studi  speciali,  massime  se  si  rieseirà,  come  Silvestrini 
e  Baduel  credono,  ad  introdurre  nella  terapia  l'elemento  attivo  ipofisario. 

.  Pure  al  vario  modo  di  preparare  questo  estratto  mi  pare  si  debbano  im- 
putare le  differenti  alterazioni  riscontrate  da  Baduel  e  da  Carraro  (i  soli 
autori  che  si  sono  occupati  dell'argomento)  all'esame  isto-palologico  di  ani- 
mali iniettati  con  estratto  ipofisario  per  via  endovenosa.  Il  primo  trovò  ate- 
romasia ed  arteriosclerosi,  fatti  flogistici  e  zone  di  proliferazione  nelle  capsule 
surrenali;  il  secondo  invece  non  riscontrò  mai  alterazione  alcuna  nelle  pa- 
reti vasali,  trovò  invece  lesioni  al  fegato,  al  rene,  al  polmone  ed  alla   milza. 

Le  mie  osservazioni  sono  state  fatte  su  animali  iniettati  per  via  sottocu- 
tanea anziché  per  via  endovenosa.  La  differenza  di  trattamento  dà,  come  ])ure 
osserva  anche  Carraro,  differenti  risultati. 

Come  risulla  da  miei  reperti,  l'azione  tossica  dell'estratto  e  esplicala  dalla 
slessa  porzione  ghiandolare  che  esplica  pure  l'azione  cardiovascolare.  Difatti 
furono  da  me  riscontrate  lesioni  organiche  solo  nelle  cavie  della  I  e  II  serie, 
in  quelle  cioè  che  erano  slate  iniettate  con  l'estratto  della  porzione  posteriore 
del  lobo  ghiandolare.  Ma  il  potere  tossico  ed  il  potere  cardiovascolare  sono 
date  dall'attività  funzionale  di  una  sostanza  sola  o  di  due  sostanze  differenti? 
Benché  non  si  possa  rispondere  con  affermazioni  assolute,  a  me  sembrerebbe, 
visto  il  grado  differente  di  tossicità  trovalo  da  diversi  sperimentatori  (a  se- 
conda della  tecnica  usata  nella  preparazione  degli  estratti),  e  considerate  le 
ricerche   del  Livon,  che  si  dovesse  trattare  di  due  elementi  attivi  dilTerenli. 

Le  lesioni  riscontrale  all'esame  isto-patologico  si  prestano  a  varie  considera- 
zioni. Per  quello  che  riguardano  i  centri  nervosi  è  necessario  distinguerle  in  le- 
sioni dirette  ed  indirette,  a  seconda  che  furono  prodotte  direttamente  dall'azione 
tossica,  oppure  causate  dalla  eccessiva  dilatazione  vasale.  Alle  prime  appartengono 
le  leggere  alterazioni  riscontrate  nelle  cellule  nervose,  le  infiltrazioni  meningee, 
le  alterazioni  degli  epiteli  coroidei,  la  presenza  di  PlasmnzeUen.  Alla  seconda  le 
emorragie  perivasali  abbastanza  numerose,  e  le  piccole  emorragie  piali. 


Con tr Unito  air  anatomia  ed  alla  fisiolof/ia  deW  ipofisi  545 

Sulle  alterazioni  (Ielle  cellule  nervo.se  e  sulle  infiltrazioni  meningee  poco 
resta  ila  dire:  sono  lesioni  solile  a  riscontrarsi  quando  esiste  nel  torrente  cir- 
colatorio una  sostanza  tossica  qualsiasi,  sia  endogena,  come  esogena.  Le  altera- 
zioni degli  epiteli  coroidei  (mancanza  di  granuli,  tingibilità  diminuita,  abbon- 
danza di  grandi  vacuoli)  dimostrano  ancora  una  volta,  come  la  funzione  se- 
cretoria di  queste  cellule  possa  essere  modilicala,  ancbe  in  grado  notevole,  dalk» 
sostanze  atte  a  far  variare  Tatlività  secretoria  degli  STlri  elementi  ghiandolari 
dell'organismo. 

La  presenza  di  Plasmazellen  costituisce  un  reperto  piuttosto  raro.  Tra  le 
pochissime  intossicazioni  che  possono  provocare  anche  sperimentalmente  la  for- 
mazione di  cellule  plasmatiche,  esiste  quella  per  adrenalina,  come  hanno  potuto 
dimostrare  le  recenti  ricerche  dì  Shìma  sui  conigli.  Già  son  note  le  molte  alTinità 
che  ha  Tadrenalina  con  Telemento  attivo  di  estratto  ipofisario:  orbene  alle  al- 
tre proprietà  che  hanno  in  comune  queste  due  sostanze,  potremo  aggiungere 
anche  quella  di  provocare  la  formazione  di  Plasmazellen  nei    centri    nervosi. 

Le  emorragie  perivasali,  come  abbiamo  osservato,  dipendevano  dall'ecces- 
siva dilatazione  vasaio  provocala  da  una  dose  troppo  forte  di  estratto  iniettato. 
La  mancanza  di  reazione  attorno  al  Ibcoraio  emorragico,  i  corpuscoli  rossi  ben 
conservati,  provano  che  le  emorragie  si  erano  formate  durante  il  periodo 
agonico.  Lo  stesso  reperto  ho  trovato  constantemenle  anche  in  cavie  —  che 
erano  servite  per  altre  esperienze  —  morte  dopo  una  sola  iniezioni!  di  estratto. 
Nulla  di  simile  invece  si  riscontrava  nelle  cavie  non  morte,  ma  da  me  sacri- 
ficate dopo  iniezioni  protratte  per  tre  mesi.  Le  conseguenze  della  rapida  va- 
sodilatazione che  segue  ad  iniezioni  troppo  forti  di  estratto,  possono  dunque 
rappresentare  una  concausa  non  trascurabile  della  morte  improvvisa  dell'animale. 

Il  non  aver  trovato  nessuna  alterazione  ateromasica  od  arteriosderotica 
né  dell'aorta  ne  dei  vasi  parenchimali  —  benché  le  iniezioni  si  fossero  pro- 
tratte a  lungo  ed  a  dosi  elevate,  —  e  la  possibilità  di  poter  ottenere  un'azione 
eccitatrice  della  sistole  cardiaca  anche  con  dosi  leggerissime,  lascia  sperare 
che  l'estratto  ipofisario  si  potrà  usare  forse  con  profitto  nella  terapia  del  cuore  (,1). 

All'esame  istologico  dèlie  ipofisi  ho  riscontrato  che,  mentre  negli  animali 
morti  dopo  una  o  due  iniezioni,  le  cellule  in  attività  funzionale  cariche  di  gra- 
nuli, erano  numerosissime; 'nelle  ipofisi  invece  degli  animali  morti  o  sacrifi- 
cati alla  fine  dell'esperimento  le  suddette  cellule  erano  oltremodo  scarse;  nel 
primo  caso  si  riscontrava  Taspetlo  tipico  della  ghiandola  iperfunzionante,  nel 
secondo  della  ghiandola  ipofunzionante.  Questi  risultati  confermano  le  osserva- 
zioni falle  da  Guerrini  il  quale  sacrificando  animali  dopo  vario  tempo  dal- 
l'iniezione e  dopo  varie  iniezioni  trovò  che  <(  è  possibile  seguire  una  curva  fun- 
zionale in  cui  le  cellule  procedono  da  uno  sialo  di  equilibrio  ad  uno  stato 
di  superfunzione,  e  da  questo  poi  lentamente,  ad  uno  stalo  di  esaurimento  ». 


(1)  EsiiKTiiiH'nti  in  proiKwito  con  buoni  risultati  furono  già  ti-ntati  dal  TrorotolJ  nella  Cll- 
nica Medica  di  Perugia  (vedi  Baduel  Ice.  cit.). 


510  0.  Sandri 


Le  alterazioni  renali,  altra  prova  della  tosjsiciUi  del  l'estratto,  furono  puro 
riscontrate  da  Carraro.  Già  prima  però  Schaefer  e  Herrin^%  hanno  richia- 
mato Taltenzione  sulla  funzione  renale  degli  animali  iniettati:  osservando  la 
poliuria  che  seguiva  nei  loro  animali  alle  iniezioni  di  ipofisi,  ammisero  che 
il  lobo  nervoso  contenesse  un  princìpio  con  azione  stimolante  e  specifica  sul- 
l'epitelio renale. 

Restano  ora  da  interpretarsi  le  oscillazioni  dello  sviluppo  somatico  che 
abbiamo  osservalo  nei  nostri  animali  durante  le  iniezioni  e  nel  lungo  periodo 
di  riposo  ad  esse  seguito. 

Le  cifre  più  sopra  riportate  per  esteso  dimostrano  che  :  a)  in  tulli  i;li 
animali  sottoposti  ad  iniezioni,  si  era  notato  un  arresto  di  sviluppo  rispetto  ai 
campioni;  6)  questo  arresto,  appena  sensibile  nelle  cavie  sottoposte  ad  iniezioni 
d' estratto  di  lobo  epiteliale  (Serie  IH),  era  notevole  per  le  altre  solloposle 
ad  iniezioni  d'estratto  di  ghiandola  intera  (Serie  1)  e  di  lobo  nervoso  (se- 
rie II).  Cessate  le  iniezioni,  dopo  tre  mesi,  abbiamo  visto  come  gli  animali  su- 
perstiti avessero  quasi  raggiunto  il  peso  della  cavia  campione,  (senza  contare 
che  le  differenze  di  pochi  grammi  che  ancora  esistono,  potrebbero  anche  col 
tempo  scomparire). 

Possiamo  noi,  da  (osservazioni  siffatte,  dedurre  che  l'ipofisi  esercita  un'azione 
diretta  suiraccrescimenlo  somatico? 

Se  gli  efletti  delle  iniezioni  di  estratti,  si  possono  eijuiparare  ad  uno  stato 
di  iperfunzione  della  ghiandola  —  il  che  sembrerebbe  logico  —  si  dovrebbe 
dedurre  che  a  questa  iperfunzione  segue  un  arresto  di  sviluppo  dell'animale 
in  via  d'accrescimento.  D'altra  parte  bisogna  considerare  che  negli  esperimenti 
suesposti,  sono  rimasti  in  volume  ed  in  peso  notevolmente  al  di  sotto  della  norma 
solo  gli  animali  a  cui  iniettavo  l'estratto  contenente  la  parte  dell'ipofisi  ad 
azione  cardiovascolare-tossìca.  Se  invece  di  questo  estratto  io  avessi  sottoposto 
l'animale  ad  un  avvelenamento  cronico  con  un  tossico  qualunque,  organico  od 
inorganico,  non  avrei  forse  ottenuto  gli  stessi  effetti  sullo  sviluppo  delle  cavie? 

Benché  io  sia  convinto  che  l'arresto  di  sviluppo  degli  animali  sia  da  im- 
putarsi alla  sola  azione  tossica  del  principio  attivo  ipofisario,  non  posso  per 
ora  essere  assoluto  nelle  mie  affermazioni. 

Un  fatto  però  risulla  con  chiarezza  dai  miei  esperimenti  :  le  iniezioni  di 
estratto  ipofisario  attivo,  pur  arrestando  lo  sviluppo  dell'animale  in  via  di  ac- 
crescimento, non  producono  ne  irreparabili  alterazioni  negli  organi  dell'eco- 
nomia, ne  anomalie  notevoli  nello  sviluppo  dei  vari  sistemi;  e  io  prova  il  fatto 
stesso  che  V animale,  cessale  le  iniezioni,  può  rafK/ium/ere  lo  sviluppo  normale 
e  mantenersi  in  buone  condizioni. 

Riassumendo  : 

1.  Non  solo  il  lobo  epiteliale,  ma  anche  il  cosidetto  lobo  nervoso  dell'ipofisi 
contiene  cellule  ghiandolari  proprie,  con  caratteri  di  elementi  attivi  e  secernenli. 

2.  Confermo  l'opinione  degli  autori  che  ammettono  : 

a)  Che  la  porzione  anteriore  e  la  posteriore  del  lobo  epiteliale  sia  com- 
posta di  tipi  di  cellule  differenti  per  aspetto  morfologico  e  per  funzioni. 


Coalribulo  ali*  (uuitonìl^i.  ed  (tlhi  /ìsiolofjia  dell*  ìim fisi  547 


b)  Che  le  cellule  cromatofile  e  cromalofobc  della  porzione  anteriore  del 
lobo  epiteliale,  non  rappresentino  altro  se  non  vari  ^radi  di  funzionalità  o  di 
riposo  dello  stesso  elemento. 

e)  Che  r  ipofisi  oltre  al  far  parte  del  jrruppo  di  ghiandole  a  funzione 
antitossica,  possieda  un  principio  attivo,  che  iniettato  in  animali,  esercita  una 
influenza  notevole  sulla  pressione  sanguigna  e  sulle  contrazioni  cardiache. 

3.  Questo  principio  attivo  è  secreto  dalla  por:^ione  posteriore  del  lobo  epi- 
teliale, (ghiandola  infundibulare  di  certi  autori),  porzione  che  distaccando  i  due 
lobi  ipofisari,  resta  sempre  aderente  al  lobo  nervoso. 

4.  Il  principio  attivo  ipofisario  oltre  al  potere  cardiovascolare,  è  dotato 
dì  un  potere  tossico. 

5.  Coi  trapianti  di  ipofisi,  anche  tra  animali  della  slessa  specie,  non  si  ot- 
tengono risultati  pratici  :  le  ipofisi  vengono  riassorbite. 

(».  Alimentando-  ^v  vari  mesi  dei  topi  in  via  di  accrescimento  con  grandi 
quantità  di  lobi  ipofisari  di  bue,  si  vede  un  arresto  di  sviluppo  sensibile  solo 
nei  topi  a  cui  era  somministrata  la  porzione  di  ipofisi  conlenente  il  principio 
attivo.  Nei  suddetti  animali  però  non  si  riscontrano  alterazioni  né  al  rene  ne 
ai  centri  nervosi. 

7.  Sottoponendo  cavie  per  vari  mesi  a  iniezioni  di  estratti  di  lobi  ipofi- 
sari, si  provocano  alterazioni  nei  centri  nervosi  e  nel  rene  solo  con  gli  estralli 
in  cui  è  contenuto  il  principio  attivo. 

8.  Le  giovani  cavie  sottoposte  per  vari  mesi  ad  iniezioni  di  estratti  di 
lobi  ipofisari  subiscono  un  arresto  di  sviluppo,  notevole  per  quelle  iniettale  con 
estratti  contenenti  il  principio  attivo,  quasi  insensibile  per  le  altre.  Tralasciate 
le  iniezioni  le  cavie  a  poco  a  poco  raggiungono  il  loro  sviluppo  normale. 

11.  L'arresto  temporaneo  di  sviluppo  riscontrato  negli  animali  a  cui  era 
stato  somministrato  o  per  via  orale  o  per  via  sotloculanea  il  principio  attivo 
ipofisario,  si  deve  molto  probabilmente  imputare  al  solo  potere  tossico  esplicalo 
dal  suddetto  principio  attivo. 

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WM)  0,  Sa  mi  ri  -  CoiUnbiHo  alV  ai  iato  min  ed  alla  /ìsioiof/ia,  err. 


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Wadovi..  «  I^nci't  »,  aprili',  189». 


RECENSIONI 


Anatomia. 

1.  Camillo  Gk>lffi,  I>t  un  metodo  per  la  facile  e  pronta  dimostrazione  deW  ap- 

parato reticolare  intemo  delle  cellule  nervose.  —  «  Bollettino  della  iSocietà 
medico-chirurgica  di  Pavia  »,  n.  2,  1908. 

2.  8.  R.  y  Oajal,  Les  conduits  de  Golgi- Holmgreen  du  protoplasma  nerreux 

et  le  reseau  péricellulaire  de  la  membrane.  —  €  Travaux  du  Laboratoire  de 
Recherches  biologiques  »,  fase.  2,  1908. 
8.  P.  Maroora,   T>i  una  fine  alterazione  delle  cellule  nervose  del  nucleo   di 
origine  del  grande  ipoglosso  consecutiva  allo  strappamento  ed  al  taglio  del 
nervo.  —  «  Bollettino  della  Società  medico-chirurgica  di  Pavia  »,  n.  2,  1908. 

Di  recente  Golgi  ha  reso  noto  un  metodo  per  la  facile  dimostrazione  di  quella 
struttura  cha  egli  pel  primo  mise  in  evidenza  nelle  cellule  nervose  e  che  chiamò 
apparato  reticolare  interno.  È  noto  che  già  Holmgreen  ha  voluto  ravvisare  una 
corrispondenza,  anzi  un'  identità,  tra  questo  apparato  reticolare  intemo  e  quelle  strut- 
ture da  lui  descritte  come  trofospongi.  Questa  identificazione  è  accettata  e  s<»steuuta 
da  Cajal  (vedi  questa  Rivista,  voi.  XII,  fase.  12.  pag.  614),  ma  vigorosamente  com- 
battuta da  Golgi:  questo  autore  non  si  pronuncia  nò  sulla  natura  ne  sul  significato 
deir apparato  descritto  e  richiama  la  sua  precedente  dichiarazione  colla  quale  si  limi- 
tava ad  affermare  «  che  nessuna  delle  interpretazioni  più  ovvie  (apparato  canalicolare 

0  di  natura  nervosa)  poteva  dirsi  giustificata  dai  fatti  dimostrati  fino  ad  allora». 

Per  le  applicazioni  che  il  metodo  può  avere  crediamo  utile  di  riportarlo: 
I.  Per  la  fissazione,  i   migliori,   più  fini  e  più   sicuri   risultati  si  ottengono 
con  la  seguente  miscela:  Formalina  (soluzione  al  20'*/o)  gr.  30;  soluzione  satura  di 
acido  arsenioso  purissimo,  (1)  sciolta  coir  ebollizione  (circa  airi**,,)  l?r*  ^^'ì  alcool  a 
96  gr.  30. 

Nel  liquido  fissatore  così  composto,  i  piccoli  pezzi  vengono  lasciati  da  6  a  24  ore. 

1  preparati  migliori  sono  stati  ottenuti  dai  pezzetti  che  erano  rimasti  nel  fissatore 
per  6-8  ore.  Prolungando,  Fazione  del  fissatore  fino  a  12-14-20-24  ore,  si  possono  an- 
cora ottenere  buone  reazioni,  notandosi  però  successive  graduali  modificazioni  della 
reazione,  sia  riguardo  al  suo  modo  di  estrinsecarsi  nelle  singole  cellule,  sia  nei  ri- 
guardi della  diffusione  della  reazione  dalle  parti  superficiali  alle  profonde,  fino  alla 
cessazione  di  ogni  reazione  elettiva  o  specifica  suir  aj>parato  reticolare. 


(1)  Chimicamente  anidride  ni-senlosa  cristallizzata. 


A  mi  toni  in  551 


II.  Dal  fissatore  i  pezzi  vengono  passati  in  una  soluzione  all'  l  "/„  di  nitrato 
d'argento.  Circa  la  durata  di  questa  seconda  immersione  vi  ha  larghezza:  se  dei 
risultati  buoni  si  possono  con  sicurezza  ottenere  dopo  1-2-3  ore,  è  però  certo  che  una 
immersione  prolungata,  anche  per  parecchi  giorni,  nella  soluzione  di  nitrato  d'argento, 
non  impedisce  che  l'azione  successiva  dei  così  detti  rivelatori  fotografici  dia  risultati 
altrettanto  buoni  o  poco  diversi. 

III.  Dopo  la  permanenza  nella  soluzione  di  nitrato  d'argento,  i  pezzetti  devono 
essere  sottoposti  (previa  rapida  lavatura  in  acqua  distillata)  all'azione  del  rivelatore. 
Non  credo,  dice  Golgi,  sia  il  caso  di  discutere  intorno  alla  scelta  di  tale  mezzo  foto- 
grafico: io  mi  attengo,  senza  decise  preferenze,  ai  rivelatori  più  usati  nella  comune 
tecnica  fotografica.  (La  forniola  di  solito  usata  è  la  seguente:  idrochinone  gr.  2<); 
solfito  soda  5,  formalina  50,  acqua  1000). 

L'azione  del  rivelatore  è  pronta:  entro  pochi  minuti  si  ha  la  reazione  nella  part^ 
superficiale  dei  pezzi;  entro  poche  ore  lo  sviluppo  può  essere  compiuto  in  tutto  lo 
spessore  dfci  pezzetti  di  tessuto. 

IV.  Ottenuta  la  i eazione  provotata  dal  rivelatore,  i  pezzi,  nuovamente  lavati 
con  acqua  distillata,  devono  subire  i  ben  noti  passaggi  in  alcool  pel  progressiva» 
indurimento,  che,  trattandosi  di  piccoli  pezzi,  può  ottenersi  in  modo  rapido. 

E  superfluo  ricordare  le  modalità  da  seguirsi  a  seconda  che  si  vogliono  portare 
i  pezzi  rapidamente,  in  modo  sbrigativo,  in  condizione  da  poter  essere  sezionati  attac- 
candoli, colla  gomma,  su  un  pezzo  di  midolla  di  sambuco,  oppure  si  vogliono  ottenere 
le  sezioni  dai  pezzi  inclusi  in  parafiina,  meglio  in  celloidina. 

V.  Viraggio  delle  sezioni  mediante  l'azione  dell'oro.  Le  sezioni  si  immergono 
in  liquido  che  si  prepara  estemporaneamente  riunendo  le  due  seguenti  soluzioni: 
soluzione  A  (Iposolfito  gr.  30,  solfocianuro  ammonico  30,  acqua  1000):  soluzione  B 
(Cloruro  d'oro  gr.  1,  acqua  100). 

Le  sezioni  ottenute  o  dai  pezzi  attaccati  alla  midolla  di  sambuco  o  dai  pezzi 
inclusi  in  paraffina  o  in  celloidina,  le  une  e  le  altre  trattate  come  di  consueto,  de- 
vono essere  lasciate  esposte  all'azione  del  bagno  di  viraggio  (in  vetro  da  orologio) 
per  una  serie  di  minuti  non  determinabile  a  priori,  verificandosi  notevoli  differenze 
nei  diversi  casi:  la  reazione  deve  essere  sorvegliata,  arrestandola  quando  le  sezioni 
hanno  assunto  una  spiccata  tinta  grigia. 

VI.  Meritano  di  essere  ben  rilevate  le  operazioni  successive,  che,  valgono  a  dare 
maggiore  risalto,  a  rendere  anatomicamente  più  dimostrative,  meglio,  differenziando 
le  varie  parti   del   tessuto  ed  a  dare  ad  esse  la  maggior  chiarezza  e  nettezza. 

A  questo  importante  scopo   corrispondono  gli   spedienti  di  tecnica,  che   Golgi 
menziona  col  titolo  di  modificazioni   del   metodo  fotografico,  proposte  dal  libero  do- 
cente dott.  Veratti. 
Essi  sono: 

a)  Lavatura  ripetuta  in  acqua  distillata; 

h)  Rischiaramento  col  passaggio  in  una  soluzione  di  permanganato  di  potassa 
gr.  0,50,  acido  solforico  1,  acqua  distillata  1000. 

Anche  questa  operazione  è  da  sorvegliarsi,  perchè  il  rischiaramento  non  sia 
eccessivo; 

e)  Lavatura  rapida  in  soluzione  airi%  di  acido  ossalico,  prima,  in  acqua 
distillata,  poi; 

d)  Colorazione  con  carmallume,  e  successiva  lavatura; 

e)  Passaggio  negli  alcool  per  la  montatura  in  balsauK». 


552  Bivista  di  Patolorjia  nervosa  e  nusnlale  -  Anntomia 


Nel  lavoro  qui  citato  Cajal  espone  un  nuovo  metodo  per  la  dimostrazione  di 
quello  che  egli  continua  a  denominare  apparato  di  Golgi-Holm green,  e  che  se- 
condo le  ricerche  sue  e  di  Cardinal  è  dimostrabile  anche  negli  elementi  non  nervosi. 

Ecco  il  metodo: 

1)  Pezzi  di  organi  nervosi  od  epiteliali  (intestino,  glaudole,  ecc.)  sono  fissati 
per  24-48  ore  nel  liquido  seguente: 

Formolo     .     .     .     .     p.  50 
Acetone     .     ...»   50 

talora  coir  aggiunta  di  una  o  due  goccie  di  ammoniaca; 

2)  Lavaggio  nell'acqua  per  4-6  ore  ed  immersione  dei  pezzi,  che  non  devono 
avere  piii  di  3  mm.  di  spessore,  nell'alcool  ammoniacale: 

Alcool  assoluto  ....     p.  50 
Ammoniaca goccie  V  a  VII. 

3)  I  pezzi  vengono  lasciati  in  detta  soluzione  per  24  ore;  in  seguito  sono  lavati 
rapidamente  nell'acqua  distillata  e  messi  per  4-5  giorni  in  una  soluzione  di  nitrato 
d'argento,  2%,  alla  stufa  (35 V). 

4)  Lavatura  rapida  in  acqua  distillata:  azione  del  bagno  di  acido  pirogallico 
e  formolo. 

Con  questo  metodo  Cajal  studia  la  struttura  in  questione  nelle  cellule  del  mi- 
dollo, del  cervelletto,  cervello,  retina,  e  nelle  cellule  dell' ependiraa. 

La  descritta  modalità  di  tecnica  permette  anche  di  impregnare  la  rete  interna 
di  Golgi  ed  è  questo,  dice  Cajal,  un  argomento  di  più  a  favore  dell'opinione  di 
coloro  che  la  considerano  di  natura  non  nervosa. 

Tanto  questa  rete  che  quella  interna  non  si  riscontrano  nelle  cellule  di  nevro- 
glia.  Con  questa  tecnicit  Cajal  riuscì  anche  a  mettere  in  chiara  evidenza  una  par- 
ticolarità riferentesi  al  connettivo  perivasale  dei  vasi  del  cervello,  già  descritta  da 
Robertson;  si  vedono  cioè  sottili  fascetti  connettivali  che  passano  dall'uno  all'al- 
tro vaso. 

Marcerà  ha  applicato  il  metodo  proposto  da  Golgi  allo  studio  delle  altera- 
zioni che  in  seguito  allo  strappo  od  al  taglio  del  nervo  può  presentare  l'apparato 
reticolare  interno  delle  cellule  di  orìgine  del  grande  ipoglosso.  Dopo  4  giorni  l'appa- 
rato appare  spezzettato  e  respinto,  insieme  al  nucleo,  alla  periferia  dell'elemento: 
dopo  15  giorni,  quando  le  altre  alterazioni  cellulari  sono  già  molto  progredite,  esso 
ha  perduto  il  suo  carattere  di  reticolo  e  non  appare  piìi  che  come  un  ammasso  di 
piccole  particelle,  impregnate  col  nitrato  d'argento  e  riunite  da  sottili  e  brevissimi 
filamenti  contorti  ed  aggrovigliati. 

Coli' applicazione  del  nuovo  metodo  nello  stesso  laboratorio  di  Golgi,  Br ugna- 
teli i  e  Stropeni  arrivarono  alla  dimostrazione  di  strutture  reticolari  nelle  cellule 
dell'epitelio  renale  e  del  fegato,  rilevando  alcune  particolarità  che  si  oppongono 
all'identificazione  di  questa  struttura  con  quella  descritta  da  Holmgreen. 

Verson  mise  in  evidenza  strutture  analoghe  in  cellule  di  tumori  ed  anche  al- 
l'interno di  Plasmnzelien,  0,  Bossi, 


Firenze,  Tip.  (ialiloiana,  Via  s.  Zaiiobi,  54.      Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabiìe. 


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Rivista  di  Patoiogia  nervosa  e  mentale 

DIRETTA    DA 

E.    TANZI 

(yiRBNZS) 

A.  TAMBURINI  E.  MORSELLI 

(roma)  (qknova) 

E.    LUO-ARO 

(modkna) 


liedattori: 

0.  BOSSI 

O.  SANDRI    -    M.  ZALLA 


Ufficio  di  Direzione  ed  Amministrazione:  Prof.  TANZI,  Oiinica  di  San  Sa/¥i,  Firenze. 


VoL.  XIII  Firenze,  Dicembre  1008  Fase.  12 


COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


h>cuolu  di  Xi'uropatoIoKÌa  della  R.  Uni  versiti  di  Roma,  diretta  dal  prof.  G.  Minga  zzini 


Le  atrofie  del  tipo  Charcot- Marie. 

studio  clinico-critico  del  dott.  Paolo  Alessajidrini,  Assistente 


In  UH' epoca  in  cui  si  è  riaccesa  la  ((ueslione  sulla  classificazione  delle 
varie  atrofie  muscolari  progressive  e  sull'essenza  deiralrolia  a  tipo  Charcol- 
Marie,  ritengo  opportuno  portare  un  conlribulo  clinico  su  quesl' affezione, 
tanto  più  che  in  Italia  finora  ne  furono  descritti  solo  i  casi  del  Vizioli,  del 
Tognoli  e  del  Beduschi  e  che  la  particolarità  di  alcuni  reperti  può  auto- 
rizzarmi a  delle  considerazioni  d'indole  generale  d'un  certo  interesse. 

L'atrofia  muscolare  progressiva  del  tipo  Charcot-Marie  è  un'affezione 
per  lo  più  ereditai'ia  e  familiare  che  s'inizia  di  regola  nell'età  giovane  a 
decorso  eminenlcmeiile  cronico,  caratterizzala  da  un'atrofia  che  s'inizia  al- 
l'estremità distale  degli  ai'ti  (per  lo  più  degl'inferiori)  e  decorre  verso  l'estremo 
prossimale  accompagnata  per  lo  più  da  R.  D.  e  da  disturbi  sensitivi. 

Come  forma  morbosa  a  sé,  (fuesta  aflezione  cominciò  ad  attirare  l'atten- 
zione di  neuropatologi  nel  1886,  dopo  la  publdicazioue  dello  Charcot  e  del 
Marie,  fjuanlunffue  già  esistessero  altre  osservazioni  isolate,  quali  quelle  di 
Eulemburg(1871),  Eichorst  (1873),  llammond  (1881),  Ormerod  (188i). 

36 


551 


P.  Alessandrini 


lo  ho  avulo  occasione  di  esaminare   vari  membri  di  una  famiglia,  di  cui 
riferirò  in  breve  ie  storie  cliniche. 

Gaso  I.  —  Giuseppe  0.,  di  anni  57,  contadino,  S.  Lucia  (Abbruzzo)  (fig.  1).  Il 
padre  del  paziente  solo  all' età  di  circa  70  anni  cominciò  ad  avvertire  debolezza  alle 


Fio.  1. 


mani,  per  cui  non  poteva  stringere  cun  forza  un  oggetto  e  morì  all'età  di  80  anni, 
senza  altri  sintomi  notevoli.  La  madre  morì  all'età  di  circa  85  anni  di  affezione  che 
l'infermo  non  sa  precisare,  ma  non  ebbe  a  presentare  in  vita  alcun  accenno  dei  di- 
sturbi e  delle  alterazioni  che  descriveremo  nel  nostro  paziente.  Questi  riferisce  che 
due  fratelli  e  due  sorelle  di  suo  padre  soffrirono  di  debolezza  agli  arti  suj>eriori,  ac- 
compagnata da  notevole  dimagramento  di  questi.  Egli  ha  un  fratello  ed  una  sorella; 


Le  atro  Ite  del  tipo  Cha  r  co  t- Marie  555 

un*  altra  è  morta  a  circa  40  anni  in  seguito  a  parto  e  non  presentava  a  quelPepoca 
disturbi  funzionali  o  alterazioni  obbiettive  della  muscolatura  degli  arti  superiori.  Dei 
sopravissuti  i  disturbi  suddetti  li  presenta  solo  il  nostro  paziente  ed  una  sorella;  il 
primogenito  cioè  e  T  ultima  nata;  un  fratello  ed  una  sorella  stanno  in  perfetta  sa- 
lute. Egli  è  nato  a  termine;  ha  avuto  da  bambino  dapprima  rosolia,  poi  pertosse 
senza  postumi  ed  è  stato  sempre  bene  fino  all'età  di  circa  20  anni.  A  quest'epoca 
fece  il  servizio  militare  nell'  arma  di  fanteria,  dove  rimase  per  soli  tre  mesi,  essendo 
stato  poi  esonerato  per  la  chiamata  alle  armi  di  un  suo  fratello;  ma  non  ebbe  in 
quell'epoca  ad  accusare  nessun  disturbo.  All'età  di  24  anni  contrasse  blenorragia  du- 
rata circa  due  mesi  e  che  non  lasciò  postumi.  Nega  risolutamente  di  aver  contratto 
lues.  Ha  fatto  sempre  un  discreto  uso  ed  abuso  di  vino  e  di  sostanze  alcooliche  ed 
è  fumatore.  A  27  anni  si  ammogliò  con  una  donna  sana,  da  cui  ebbe  7  figli  ed  un 
aborto  (4»  gravidanza):  un  figlio  morì  in  tenera  età  di  morte  violenta;  sei  sono  vi- 
venti e  sani.  L' infermo  stette  sempre  bene  fino  all'  età  di  40  anni  circa,  epoca  in  cui 
ebbe  affezione  pneumonica,  che  guarì,  lasciandogli  però  come  postumo  un  catarro  bron- 
chiale duratogli  per  circa  tre  mesi  e  che  si  riaffaccia  di  quando  in  quando,  special- 
mente nella  stagione  invernale.  Già  però  prima  della  comparsa  dell'affezione  suddetta, 
verso  l'età  di  35  anni,  l'infermo  cominciò  ad  avvertire  una  rigidità  alle  mani,  per 
cui  gli  restava  difficile  l' abbottonarsi  la  giacca,  il  disciogliere  nodi  e  l' esecuzione  di 
altri  movimenti  complicati.  Egli  però  non  vi  fece  gran  caso  e  continuò  i  suoi  faticosi 
lavorì  di  contadino.  Questa  rigidità  andò  poi  crescendo  dopo  i  40  anni  e  ad  essa  si 
aggiunse  una  debolezza  muscolare  negli  arti  superiori  ed  una  rigidità  anche  nei  mo- 
vimenti dell'articolazione  del  gomito  e  della  spalla.  Tali  sintomi  sono  andati  suc- 
cessivamente accentuandosi,  per  (5tii  all'  epoca  presente  anche  i  movimenti  più  elemen- 
tari vengono  ad  essere  difficoltati,  fino  al  punto  che  spesso  nel  mangiare  gli  cade  il 
cucchiaio  dalle  mani. 

L'infermo  racconta  che  all'inizio  del  male  i  disturbi  erano  più  accentuati  in  un 
arto,  dove  anche  questi  erano  preceduti,  ma,  essendo  ora  in  ambedue  i  lati  estremo 
l'indebolimento  e  la  rigidità,  non  si  può  rilevare  il  lato  in  cui  i  disturbi  sono  più 
accentuati  e  quindi  dove  s' iniziarono. 

Da  circa  15  anni  infine  egli  ha  cominciato  a  notare  che  le  mani  dimagrivano  e 
i  relativi  spazi  interossei  diventavano  più  appariscenti. 

Non  ha  avvertito  mai  parestesie  o  dolori  agli  arti  superiori,  solo  ha  notato  che 
da  qualche  tempo  le  mani  sono  diventate  più  fredde.  Poco  dopo  l' insorgenza  dei  di- 
sturbi negli  arti  superiori,  cominciò  ad  avvertire  una  facile  stanchezza  agli  arti  in- 
feriori nel  cammino,  seguita  da  una  diminuzione  delle  masse  muscolari  specialmente 
del  polpaccio.  Contemporaneamente  ha  cominciato  a  lamentarsi  di  formicolii  alle 
piante  dei  piedi  e  crampi  ai  polpacci,  che  di  quando  in  quando  scomparivano  e  si 
riaffacciavano  e  che  si  presentano  talvolta  anche  all'epoca  presente. 

Quattro  anni  fa  (1904),  in  seguito  a  caduta  sull'anca,  ebbe  frattura  del  collo  del 
femore  sinistro,  di  cui  è  guarito,  residuando  un  accorciamento  del  femore  stesso,  che  lo 
costringe  a  zoppicare.  Da  circa  un  anno  va  soggetto  di  quando  in  quando  a  poliachiuria. 

All'epoca  presente  l'infermo  accusa  debolezza  agli  arti  inferiori  e  superiori,  ac- 
compagnata da  una  certa  rigidità  dell'  articolazione  della  mano,  per  uno  stato  di  se- 
miflessMoe  rigida,  costante  delle  dita. 

E.  0.  (Aprile  1908). 

I  movimenti  dei  globi  oculari  sia  isolati  ^he  associati  si  compiono  regolarmente 
ed  in  tutta  la  loro  estensione.  La  palpebra  superiore  sinistra  è  leggermente  più   ab- 


550  P,  Alessandrini 


bassata  della  destra.  Facciale  superiore  integro.  Allo  stato  di  riposo  appare  più  pro> 
fondo  il  solco. naso-genieno  di  sinistra  e  l'angolo  boccale  sinistro  è  leggermente  più 
sollevato  del  destro.  Nell'atto  di  digrignare  i  denti  appare  più  evidente  il  fatto  sunnotato. 

Velopendolo  più  abbassato  a  destra:  ugola  deviata  a  sinistra.  Lingua  in  sito  e 
protrusa  non  deviata;  è  mobile  in  tutte  le  direzioni;  però  il  paziente  non  riesce  a 
rivolgerla  in  alto  verso  il  palato  ed  a  disporla  a  doccia.  La  lingua  protrusa  non  pre- 
senta movimenti  fibrillari,  ma  lievi  movimenti  ondulatori. 

Masticazione  e  deglutizione  normale.  L' infermo  può  pronunziare  tutte  le  vocali 
e  consonanti,  però  nella  pronunzia  delle  più  difficili  parole  di  prova  elide  qualche  sil- 
laba. Così  invece  di  «  territorialità  »  dice  «  terriorità  »  «  terrioralità  »  ;  invece  di 
«  precipitevolmente  »  dice  «  precivolraente  »  ecc.  Il  paziente  dice  che  ha  provato  sem- 
pre una  certa  difficoltà  nella  pronuncia  delle  parola  di  prova. 

Nessun  atteggiamento  vizioso  del  capo.  Il  trofismo  dei  muscoli  è  ben  conservato. 
Normali  i  movimenti  attivi  e  passivi. 

Tronco,  —  Nulla  di  anormale. 

Arti  superiori,  —  Il  braccio  non  presenta  nessun  atteggiamento  vizioso  da  am- 
bedue i  lati.  Gli  avambracci  sono  leggermente  flessi  sul  braccio,  le  mani  sono  in  semi- 
pronazione ed  in  semiflessione.  Il  pollice  è  in  ambedue  gli  arti  addotto  e  la  seconda 
falange  in  istato  di  lieve  flessione  sulla  prima.  Le  tre  falangi  delle  altre  dita  sono 
successivamente  in  flessione  sul  segmento  soprastante;  più  accentuata  è  (guasta  posi- 
zione tra  la  seconda  e  la  prima  falange.  Questa  posizione  viziosa  è  l^germente  più 
accentuata  nelle  dita  della  mano  sinistra,  che  in  quelle  della  destra.  La  cute  è  un 
po' marezzata  e  fredda  al  tatto,  specialmente  nelle  mani. 

Tutti  i  muscoli  degli  arti  superiori  sono  atrofici.  Nel  semento  omerale  dell'arto 
superiore  l' atrofia  è  più  accentuata  nel  tricipite,  sicché  l' olecranon  sporge  più  del- 
l'ordinario.  L'atrofia  è  però  spiccatissima  nei  muscoli  dell'avambraccio,  dove,  special- 
mente nel  segmento  inferiore,  si  può  benissimo  seguire  il  contorno  del  radio  e  del- 
l' ulna.  Nella  linea  di  confine  tra  il  terzo  medio  ed  il  superiore  dell'  avambraccio  vi 
è  quasi  una  più  accentuata  demarcazione  tra  la  parte  atrofica  e  la  normale,  in  modo 
che  nel  terzo  superiore  dell'avambraccio  stesso  specialmente  i  muscoli  epicondiloidei 
formano  come  un  rigonfiamento,  che  viene  bruscamente  ad  essere  strozzato  in  basso. 

I  muscoli  dell'  eminenza  tenare  ed  ipotenare  si  possono  dire  scomparsi  e  così  pure 
gl'interossei;  sicché  gli  spazi  intermetacarpei  appaiono  evidentissimi,  specialmente 
nella  regione  dorsale  della  mano. 

Al  momento  dell'esame  non  si  osservano  contrazioni  fibrillari  dei  muscoli  atrofici. 

La  mobilità  passiva  è  facile  in  tutto  l'arto,  fuori  che  nei  segmenti  distali  delle 
dita,  dove  l'articolazione  ha  raggiunto  una  rigidità  di  un  certo  grado. 

Sono  possibili  e  normali  tutti  i  movimenti  attivi  dell'omero  e  della  spalla.  È 
conservata  la  flessione  e  l' estensione  dell'  avambraccio  sul  braccio.  Limitato  il  movi- 
mento di  supinazione;  quello  di  pronazione  normale.  Molto  limitati  i  movimenti  di 
flessione  e  di  estensione  della  mano  suU'  antibraccio,  quasi  impossibili  quelli  di  ab-  ed 
adduzione.  Flessione  delle  dita  conservata  ;  estensione  molto  limitata.  I  movimenti  di 
opposizione  del  pollice  sono  limitatissimi  alla  mano  sinistra,  dove  si  arriva  appena 
all'opposizione  del  primo  col  secondo  dito;  a  destra  si  arriva  fino  all'opposizione  col 
quarto.  I  movimenti  di  ab-  ed  adduzione  delle  dita  sono  del  tutto  aboliti.  La  forza 
muscolare  è  normale  nel  bicipite,  molto  diminuita  nel  tricipite,  scomparsa  nell'arti- 
colazione del  polso.  Molto  debole  nei  movimenti  di  flessione  delle  falangi.  Dinamo- 
metro a  destra  9;  a  sinistra  4. 


Le  ntro/ie  del  tiiw  Charrot-Sinrie  557 


Arti  inferion,  —  L'arto  inferiore  destro  dalla  sp.  il.  a.  s.  air  apice  del  malleolo 
interno  misura  93  cm.  il  sinistro  90.  Dall*  apice  del  gran  trocantere  all'apice  del  con- 
dilo estemo  del  femore  si  hanno  a  destra  49  cm.  a  sinistra  46  cm. 

Nell'atteggiamento  risalta  un  lieve  grado  di  varisrao  ed  equinismo  del  piede  bi- 
laterale, ma  più  accentuato  a  sinistra.  A  sinistra  l'arto  è  anche  leggermente  ruotato 
all'esterno.  Le  gambe  ed  i  piedi  si  presentano  freddi  al  tatto.  Le  masse  muscolari 
sono  diminuite  di  volume  al  piede,  alle  gambe  ed  al  terzo  inferiore  della  coscia,  dove 
l'atrofia  si  arresta  quasi  bruscamente  {atrophie  en  jarrettière).  Spiccano  al  di  sotto 
le  prominenze  dei  condili  femorali  interni,  al  di  soprala  rotondità  delle  masse  mu- 
scolari ben  conservate.  L'atrofia  è  più  accentuata  nell'arto  sinistro  che  in  quello  de- 
stro (coscia  10  cm.  sopra  al  margine  superiore  della  rotula,  a  sinistra  39  cm.  a  de- 
stra 43  cm.).  Normali  i  movimenti  passivi,  fuori  che  nell'articolazione  tibio-tarsica, 
dove  si  nota  una  certa  resistenza.  Dei  movimenti  attivi  sono  conservati  quelli  di 
sollevamento  degli  arti  di  ab-  ed  adduzione  (l'adduzione  è  meno  estesa  a  sinistra, 
lato  della  frattura).  Conservata  è  l'estensione  e  la  flessione  delle  gambe  e  delle  co- 
scie.  L'adduzione  dei  piedi  è  discreta,  ma  non  perfetta.  L'abduzione  è  abolita.  La 
flessione  e  l'estensione  del  piede  e  delle  dita  appena  accennata. 

Forza  musculare  discreta  nel  segmento  superiore;  al  piede  quasi  abolita.  Al  mo- 
mento dell'esame  non  si  osservano  tremori  o  scosse  fibrillari. 

Facendo  sollevare  gli  arti  contemporaneamente  non  si  nota  la  tendenza  a  cadere 
più  spiccata  in  uno  che  nell'altro.     * 

L'infermo  cammina  claudicante  per  l'accorciamento  dell'arto  di  sinistra,  con  difli- 
coltà  e  presenta  uno  steppaggio  tipico. 

Sfinteri,  —  Nulla  di  notevole  a  loro  carico. 

Riflessi,  —  Rotulei  deboli  d'ambo  i  lati,  ma  più  il  sinistro  che  il  destro.  Achil- 
lei mancanti  d'ambo  i  lati.  Dei  tendinei  superiori  presente  solo  il  bicipitale. 

Non  Babinski  od  Oppenheim.  Riflesso  epigastrico  ed  addominali  fiacchi;  crema- 
sterico  presente,  presente  il  faringeo  ed  il  congiuntivale.  Pupille  di  grandezza  media, 
uguali,  ben  reagenti  alla  luce  ed  all'accomodazione. 

Al  momento  dell'esame  l' infermo  non  accusa  dolori  o  parestesie  in  alcun  organo. 
Non  dolorosa  la  compressione  delle  apofisi  spinose  e  delle  doccie  paravertebrali.  Dei 
nervi  periferici  è  lievemente  dolorosa  solo  la  compressione  del  crurale  e  dello  scia- 
tico con  tutte  le  loro  ramificazioni.  Lieve  dolore  determina  la  compressione  dei  tron- 
chi nervosi  negli  arti  superiori. 

Obbiettivamente  si  riscontrano  i  seguenti  fatti  : 

La  sensibilitiv  tattile  e  la  termica  si  comportano  identicamente  e  lasciano  rile- 
vare un'  ipoafia  e  rispettivamente  un'  ipotermia  pel  caldo  e  pel  freddo  che  s' inizia  in 
corrispondenza  all'avambraccio  e  rispettivamente  al  ginocchio  che  va  aumentando  di- 
stalmente, fino  ad  aversi  un'anafia  o  rispettivamente  un'anaterniia  dell'estremità  di- 
stale degli  arti  sia  superiori  che  inferiori.  Il  limite  superiore  dell'  ipoafia  o  ipotermia 
corrisponde  esattamente  al  punto  d'.%rresto  dell'atrofia  muscolare,  vale  a  dire  nell'arto 
superiore  al  terzo  superiore  dall'avambraccio,  nell'arto  inferiore  a  livello  del  margine 
superiore  della  giarrettiera. 

Ad  un  esame  grossolano,  facendo  scorrere  il  pennello  o  le  provette  dall'alto  al 
basso,  r ipoafia  e  l'ipotermia  vennero  avvertite  dal  paziente  più  distalmente,  ma, 
educandolo  però  a  rilevare  le  minime  differenze  tra  le  sensazioni,  si  riuscì  a  deter- 
minare i  limiti  superiori  suddetti  che  si  appalesarono  poi  invariati,  ripetendo  l'esame 
nei  vari  giorni  successivi. 


?«« 


558  P.  Alessandrini 


Il  livello  superiore  dell' ipoafia  e  dell*  ipotennia  è  simmetrico  sia  negli  arti  su- 
periori che  negli  inferiori.  Il  massimo  interesse  lo  presenta  il  comportamento  della 
sensibilità  dolorifica.  Negli  arti  superiori  il  limite  dell'  ipoalgesia  corrisponde  in  alto 
a  quello  dato  per  le  altre  due  sensibilità,  verso  il  basso  l'ipoalgesia  va  successiva- 
mente aumentando  fino  all'estremo  distale  delle  dita,  dove  si  ha  quasi  analgesia. 
Scorrendo  poi  coll'ago  lentamente  lungo  l'avambraccio^  l'infermo  avverte  dei  punti 
ipoestesici,  disposti  sopra  linee  quasi  equidistanti,  perfettamente  traversali  all'asse 
longitudinale  dell'arto,  che  possono  essere  nettamente  delimitate  e  disegnate,  ed  in 
successivi  esami  corrispondono  esattamente.  Questi  netti  passaggi  nel  decorso  del- 
l'ipoestesia  si  rilevano  fino  all'estremo  distale  delle  dita. 

Negli  arti  inferiori  l' ipoalgesia  s' inizia  in  corrispondenza  della  linea  che  segna 
il  confine  dell'ipoafia  e  dell'ipotermia,  però  qui  l'ipoalgesia  non  va  come  nella  mano 
crescendo  fino  all'estremo  distale  dell'arto,  ma  va  aumentando  fino  ad  una  linea  tra- 
sversale che  passa  1  cm.  sopra  il  margine  inferiore  della  rotula,  dove  sì  ha  un'anal- 
gesia quasi  completa.  Da  questo  livello  in  giù  si  nota  invece  un'iperalgesia  che  va 
successivamente  aumentando,  finché  alla  superficie  dorsale  del  piede  l'infenno  mal 
tollera  che  vi  si  poggi  leggermente  la  punta  dell'ago;  in  corrispondenza  poi  delle 
articolazioni  metatarso  falangee  ricomincia  in  modo  brusco  una  zona  segnata  da  una 
linea  trasversale  d' ipoestesia  successivamente  crescente,  in  modo  tale  che  all'estremità 
delle  dita  si  ha  quasi  un'analgesia  completa.  Le  zone  suddescritte  sono  perfettamente 
simmetriche  nei  due  arti.  Lo  stesso  fatto  osservato  negli  arti  superiori  di  linee  ìpoe- 
stesiche  trasversali  e  parallele  tra  loro,  l'ho  verificato  anche  negli  arti  inferiori  e 
l'ho  studiato  in  modo  speciale  per  la  zona  d' ipoestesia  che  s'inizia  in  ambedue  gli 
arti  a  3  cm.  sopua  il  margine  superiore  della  rotula  e  si  arresta  ad  1  cm.  sopra  il 
margine  inferiore  di  essa;  in  questa  zona  ho  potuto  contare  otto  segmenti  equidi- 
stanti, i  cui  limiti  in  successivi  esami  corrispondevano  esattamente.  Lungo  la  zona 
iperestesica  delle  gambe  si  verificava  lo  stesso  fenomeno,  colla  variante  che  i  limiti 
tra  i  vari  segmenti,  invece  che  da  linee  ipoestesiche,  erano  rappresentati  da  linee 
d' iperestesia. 

La  sensibilità  elettrofaradica  presenta  lo  stosso  comportamento  della  sensibilità 
dolorifica. 

La  sensibilità  vibratoria  si  comporta  come  la  tattile  e  la  termica. 

Il  sintomo  di  Romberg  è  presente. 

Senso  stereognostico  e  senso  delle  attitudini  segmentarle  normali. 

Vistis  ^  Vt  *  destra  =  V»  *  sinistra  senza  corr. 

Restringimento  concentrico  del  campo  visivo  per  tutti  i  colori.  Fundus  ocuU 
normale. 

Udito f  gusto,  olfatto,  normale. 

Psiche,  integra. 

L^esame  elettrico  fa  rilevare  i  seguenti  fatti: 

Alla  stimolazione  dei  muscoli  colla  corrente  galvanica  si  nota  che  nella  mano 
e  nell'avambraccio  i  singoli  muscoli  sono  del  tutto,  ineccitabili  ad  eccezione  del  pro- 
natore rotondo  e  del  lungo  supinatore,  i  quali  rispondono  anche  quando  nell'  eccita- 
zione dei  segmenti  più  distali  s'adoperino  correnti  molto  intense.  Del  resto  anche  questi 
muscoli  reagiscono  allo  stimolo  diretto  solo  con  correnti  più  forti  dell'ordinario.  Lo 
stesso  si  può  dire  dei  muscoli  del  braccio. 

Negli  arti  inferiori  si  rileva  ineccitabìlità  completa  alla  corrente  galvanica  di- 
retta dei  piccoli  muscoli  del  piede,  dei  peronei  e  del  tibale  anteriore.  I  gastrocnemi 


L'  alrojif  del  tipo  ('h  armi- Ma  rie 


559 


ed  i  muscoli  tibiali  posteriori  reagiscono  solo  a  correnti  più  forti  deironiinario.  (Jli 
estensori  della  gamba  rispondono  come  normalmente. 

Non  esiste  per  alcun  muscolo  inversione  della  formula. 

Allo  stimolo  faradico  si  ha  lo  stesso  comportamento  che  al  galvanico. 

Alla  eccitazione  indiretta  sia  galvanica  che  faradica  si  rileva  che  negli  arti  su- 
periori i  nervi  sono  eccitabili  in  alto,  ma  non  in  basso,  negli  arti  inferiori  si  nota 
che  il  nervo  peroneo  non  risponde,  il  tibiale  sì  ma  a  stimoli  più  forti  del  normale, 
il  crurale  presso  a  poco  come  normalmente. 

Alla  stimolazione  galvanica  indiretta  non  si  rileva  inversione  della  formula. 

L'esame  radiografico  non  ha  fatto  rilevare  alterazioni  di  forma  e  di  volume  a 
carico  delle  ossa  delle  estremità  affette. 

Trattandosi  nel  mio  caso  di  un'affezione  ereditaria  e  familiare  ho  cercato  di  ri- 
costruire l'albero  genealogico  (cfr.  questo). 


I.  O.  Giuseppe 

coniugato  con 

2.  S.  Angela  (?). 


3.  Maria. 


4.  Bernardino. 


5.  Paolo. 


6.  Filippo. 


8.  Anna. 


9.  Consiglia. 


10.  Pietro. 

11.  Maria. 

12.  Antonia. 

13.  Beatrice. 


14.  Qittseppe. 

15.  Giuseppina. 

16.  Tommaso. 

17.  Maria. 

18.  .Sofia. 

19.  Enrico. 

20.  Maria. 

21.  Eliglo. 

22.  Giovanni. 


2.*).  Valentino. 
7.  Vincenzo.       <    24.  Adriano. 


r    25 

l    25.  Angelina  (?). 


20.  Filippa. 

27.  Isabella. 

28.  Valerio. 
2VI.  Giacomo. 


30.  Elisa. 

31.  Violante. 
.?2.  Angela. 
33.  Faustina. 


NB.  —  I  nomi  in  carattere  distinto  rappresentano  gli  individui  affetti  dairaffezione  in  pamla. 


Ho  avuto  occasione  di  esaminare  solo  i  numeri  7,  12,  21  e  25,  vale  a  dire  ri- 
spettivamente lo  zio  e  tre  cugini  dell'  infermo  già  descritto  (14). 

Però  dalle  notizie  raccolte  ho  potuto  rilevare  che  vari  altri  membri,  che  io  non 
ho  avuto  opportunità  di  esaminare,  erano  colpiti  da  affezione  simile  a  quella  del 
paziente. N.  1,  cioè  il  padre  ed  altri  tre  zii  paterni,  una  sorella  e  altri   tre   cugini. 


■■^ 


560 


P,  Alessandrini 


Riferirò  ora  in  breve  i  dati  positivi  da  me  osservati. 

Caso  II.  —  Vincenzo  0.,  di  anni  78  contadino.  L*  infermo  è  nato  a  termine 
ha  avuto  i  comuni  esantemi  delV  infanzia  ed  è  stato  bene  fino  all'età  di  25  anni.  À 
quest'epoca  si  ammogliò  con  una  donna  sana  da  cui  ebbe  tre  figli  e  nessun  aborto. 
Nega  Ines  o  malattie  venereo;  forte  bevitore  e  fumatore. 


Fio.  2. 


A  30  anni  ebbe  affezione  gastro  intestinale  a  decorso  subacuto  che  gli  durò  qual- 
che mese  e  di  cui  guarì  senza  postumi.  Stette  poi  in  buona  salute  fino  a  68  anni, 
prescindendo  da  qualche  affezione  di  poco  conto.  A  68  anni  cadde,  riportando  frat- 
tura del  collo  del  femore  destro  da  cui  residuò  nn  accorciamento  dell'arto  stessi). 
L'inizio  dell'affezione  familiare  rimonta  circa  al  cinquantesimo  anno.  A  quest'epoca 
anche  egli  cominciò  a  notare  una  difiìcoltà  nei  movimenti  delicati  ;  fenomeno  che  de- 


Le  alvo  fi  e  del  tljìo  Charroi^  Marie 


r)(H 


stri  tanto  più  la  sua  attenzione  quando  vide  accompagnarsi  a  questo  disturbo  una 
tendenza  delle  dita  a  disporsi  in  flessione.  Non  ha  mai  avvertito  disturbi  sensitivi 
subiettivi  a  carico  degli  arti  superiori  e  prima  del  mio  esame  non  aveva  osservato 
che  tutto  l'arto  superiore  era  divenuto  atrofico:  A  carico  degli  arti  inferiori  non  ha 
avvertito  nessun  disturbo,  fuori  che  delie  vaghe  parestesie  in  forma  specialmente  di 


Fitì.  3. 


formicolìi,  che  da  circa  un  anno  insorgono  di  quando  in  quando  senza  causa  deter- 
minante costante  ed  indipendentemente  da  epoche  determinate. 

Al  di  fuori  di  questi  disturbi  fino  all'epoca  presente  non  ha  avuto  altro  di  no- 
tevole. 

K.  0.  (fig.  2  e  3  ). 

Nulla  a  carico  dei  movimenti  oculari. 


5(ì2  •        P.  Alessandrini 


Nulla  a  carico  del  facciale  superiore  ;  lieve  ipotonia  del  facciale  inferiore  de- 
stro. Nulla  a  carico  della  masticazione  e  deglutizione. 

Nulla  a  carico  del  trofismo  e  della  mobilità  del  collo. 

A  carico  del  trofismo  della  cute  degli  arti  superiori  si  nota  una  cianosi  abba- 
stanza accentuata:  la  cute  è  fredda. 

Tutte  le  masse  muscolari  presentano  un'atrofia  che  si  estende  fino  al  deltoide  ed 
al  gran  pettorale.  La  mano  è  la  tipica  di  scimmia,  le  falangi  sono  successivamente 
flesse  sul  segmento  sottostante;  la  Cessione  è  però  più  accentuati^  tra  là  prima  e  la 
seconda  falange.  Questa  posizione  è  in  certo  qual  modo  fissa  ;  giacché  non  è  possibile 
l'estendere  la  mano  oltre  la  posizione  assunta  allo  stato  di  riposo,  mentre  è  possibile 
l'ulteriore  flessione. 

Non  esiste  un  atteggiamento  vizioso  dell'articolazione  del  polso,  del  gomito  e 
della  spalla.  Non  esistono  movimenti  fibrillari  o  tremori. 

Nei  movimenti  passivi  si  nota  una  forte  ipotonia  dell'articolazione  della  spalla, 
gomito  e  polso  ;  nelle  dita,  per  la  posizione  fissa  è  difficile  apprezzare  il  tono  musco- 
lare. I  movimenti  attivi  sono  tutti  incompleti  ;  però  la  difficoltà  è  massima  nei  mo- 
vimenti delle  dita,  nei  quali  non  si  arriva  neppure  all'apposizione  del  primo  col  se- 
condo da  ambedue  i  lati:  non  esistono  movimenti  di  lateralità  delle  dita. 

La  forza  muscolare  è  molto  scarsa  in  tutti  i  segmenti  dell'arto  superiore. 

A  carico  degli  arti  inferiori,  se  l'individuo  è  in  piedi,  non  si- rileva  nulla  di  no- 
tevole quanto  all'atteggiamento  :  facendo  però  sedere  l'infermo  colle  gambe  a  penzo- 
loni si  nota  che  il  piede  è  cadente,  assume  cioè  la  posizione  equina  spiccatissinra, 
con  lieve  tendenza  al  varismo.  Questa  posizione  però  non  è  fissa;  infatti  si  riesce 
senza  fatica  dell'infermo  a  far  tenere  il  piede  in  posizione  di  talo-valgismo. 

La  cute  presenta  una  lieve  cianosi  diffusa  a  tutto  l'art (\  inferiore,  essa  si  pre- 
senta fredda  al  tatto.  Quanto  al  trofismo  muscolare  si  rileva  che  le  massi  muscolari 
dell'arto  inferiore  sono  tutte  leggermente  atrofiche. 

Vi  è  un  accenno  alla  giarrettiera,  molto  meno  evidente  però  che  nel  caso  I. 

Al  momento  dell'esame  non  si  osservano  tremori  o  movimenti  fibrillari. 

I  movimenti  passivi  presentano  una  resistenza  presso  a  poco  normale. 

I  movimenti  attivi  sono  tutti  possibili  dai  più  grossolani  ai.  più  delicati. 

La  forza  muscolare  in  tutti  i  segmenti  dell'arto  inferiore  è  un  po'  scarsa. 

La  deambulazione  non  presenta  nulla  di  notevole. 

Nulla  a  carico  degli  sfinteri. 

Dei  riflessi  i  rotulei  esistono  e  sono  uguali  d'ambo  i  lati,  gli  achillei  sono  molto 
fiacchi  e  non  sempre  riesce  il  provocarli.  I  tendinei  superiori  sono  assenti. 

Presenti  ed  uguali  d'ambo  i  lati  i  plantari,  gli  epigastrici,  i  cremasterici,  gli 
addominali.  Assenti  il  Babinski  e  l'Oppenheim. 

Presenti  il  faringeo  e  il  congiuntivale. 

Pupille  un  po'  miotiche,  uguali  d'ambo  i  lati,  a  contorno  regolare,  ben  reagenti 
alla  luce  ed  all'accomodazione. 

A  carico  della  sensibilità  dobbiamo  far  rilevare  delle  lievi  parestesie  a  carico  di 
tutto  l'arto  inferiore  che  insorgono  specialmente  di  sera. 

Dei  nervi  periferici  alquanto  dolorosa  solo  la  compressione  dello  sciatico  colle 
sue  diramazioni  un  po'  più  a  destra  che  a  sinistra.  Non  dolorosa  la  compressione  delle 
apofisi  spinose  e  delle  doccie  paravertebrali. 

Quanto  alla  sensibilità  obbiettiva  si  rileva  che  in  corrispondenza  degli  arti  su- 
periori si  ha  un'  ipoestesia  tattile,  termica,  dolorifica  che  va  aumentando  dai  segmenti 


U  alt 


^o/ìe  del  tipo  Char  col -Marie  563 


prossimali  ai  distali  dove  esiste  quasi  un'anestesia  :  anche  qui  è  accennata  una  dispo- 
sizione segmentaria  come  nel  N.  1,  però  è  molto  meno  evidente  che  in  qtiesto. 

A  carico  degli  arti  inferiori  si  nota  un'iperestesia,  il  cui  limita  inferiore  non  è 
ben  netto  e  che  non  varia  d'intensità  a  diversa  altezza. 

Non  sintoma  di  Romberg,  non  atassia. 

Normale  il  senso  di  posizione  delle  membra. 

Nulla  a  carico  dei  sensi  specifici. 

Caso  in.  ~  Antonia  0,  di  anni  62,  d.  d.  e.  nubile.  Nata  a  termine.  É  stata 
bene  fino  all'età  di  19  anni,  in  cui  ebbe  affezione  broucopolmonare,  da  cui  guarì 
senza  postumi,  mestruata  la  prima  volta  a  12  anni  e  da  quell'  epoca  regolamentare 
fino  all'età  di  48  anni,  in  cui  ebbe  la  menopansa  senza  disturbi  appreEzabili  degni 
di  nota. 

A  23  anni  ebbe  eruzione  cutanea,  localizzata  all'arto  superiore  destro,  che,  dai 
caratteri  messi  in  rilievo  dalla  paziente,  si  può  dedurre  trattarsi  di  nn*eczema.  An- 
che di  questo  guarì  senza  postumi. 

Da  quell'epoca  è  stata  bene  fino  all'età  di  47  anni  circa,  epoca  in  cui  si  accorse 
che,  senza  ragione  evidente,  le  mani,  specialmente  la  sinistra,  divenivano  rigide  e 
sempre  più  inadatte  a  lavori  delicati.  Ebbe  a  quell'epoca  anche  delle  parestesie  sotto 
forma  di  formicolìi  lungo  le  mani  e  gli  avambracci  e  cominciò  a  notare  che  le  ossa 
delle  mani  si  facevano  più  evidenti  cioè  le  «  mani .  si  dimagrivano  ». 

Questi  disturbi  sono  andati  sempre  aumentando  fino  all'epoca  presente. 

E.  0.  Oculomozione  normale.  Facciale  intero. 

Nulla  a  carico  della  motilità  e  del  trofismo  della  lingua. 

Masticazione  e  deglutazione  normale.  Non  esistono  disaltrie. 

Nessuna  posizione  viziosa  del  capo:  trofismo  dei  muscoli  del  collo  normale. 

Nulla  a  carico  dei  movimenti  attivi  e  passivi  del  capo. 

Nessuna  posizione  viziosa  dei  vari  segmenti  degli  arti  superiori,  fuori  che  delle 
dita,  dove  esiste  una  flessione  rigida  costante  delle  falangi.  Al  contrario  che  nel 
caso  n  qui  la  I  falange  non  è  flessa  quasi  affatto,  mentre  lo  sono  le  altre  due;  sicché 
la  mano  assume  quasi  un  aspetto  ad  artiglio. 

La  cute  si  presenta  un  po'  fredda  al  tatto. 

Le  massi  muscolari  si  possono  dire  scomparse  nella  mano,  specialmente  nell'emi- 
nenza tenare  :  l'atrofia  è  accentuatissima  fino  alla  metà  dell'avambraccio,  dove  si  av- 
verte un  arresto  brusco  dell'atrofia:  al  di  sopra  il  trofismo  delle  masse  muscolari  è 
normale. 

Al  momento  dell'esame  non  esistono  tremori  o  movimenti  fibrillari. 

La  resistenza  ai  movimenti  passivi  non  si  può  apprezzare  per  la.  diflicoltà  che 
prova  l'inferma  a  rilasciare  completamente  l'arto;  certo  è  che  l'estensione  delle  dita 
non  si  può  compiere  neppure  coi  più  grandi  sforzi. 

I  movimenti  attivi  del  braccio,  dell'avambraccio  e  della  mano  si  compiono  senza 
difficoltà  e  in  tutta  la  loro  estensione,  quelli  delle  dita  si  possono  dire  scomparsi  : 
anche  l'ulteriore  flessione  di  esse  non  esiste  affatto  :  nell'opposizione  si  arriva  appena 
al  2**  dito. 

La  forza  muscolare,  quasi  normale  nei  segmenti  superiori,  si  può  dire  nella  mano 
scomparsa. 

A  carico  degli  arti  inferiori  non  si  riscontra  nulla  di  notevole  nell'atteggia- 
mento, anche  a  gambe  penzoloni.  Il  trofismo  della  cute  e  dei  muscoli  è  normale.  Non 
esistono  tremori  o  movimenti  fibrillari.  Un  po'  diminuita  la  resistenza  ai  movimenti 


Le  atrofìe  del  fijìf)  Charcot- Marie  565 

La  forza  muscolare  è  discl'eta  nei  segmenti  prossimali  delibarlo  superiore,  scarsa 
alla  mano. 

Negli  arti  inferiori  non  si  riscontra  nulla  di  notevole  nell'atteggiamento,  sia 
nelle  comuni  posizioni  che  a  gambe  penzoloni.  Non  esistono  tremori  o  movimenti 
fibrillari.  La  resistenza  ai  movimeuti  passivi  è  normale.  I  movimenti  attivi  sono  tutti 
possibili  ed  in  tutta  la  loro  estensione.  La  forza  muscolare  è  discreta.  Deambula- 
zione normale. 

Vescica  e  retto  normali  pex  la  funzione. 

I  riflessi  tendinei  sono  presenti  ed  uguali  d'ambo  i  lati,  però  negli  arti  supe- 
riori sono  appena  accennati. 

Plantari,  cremasterici,  epigastrici  ed  addominali  presenti  ed  uguali  d'ambo  i  lati. 
Babinski  ed  Oppenheim  assenti.  Faringeo  e  congiuntivale  presenti. 

Pupille  uguali,  di  media  grandezza,  bene  reagenti  alla  luce  ed  all'accomodazione. 

A  carico  della  sensibilità  subiettiva  spontanea  cfr.  anamnesi. 

Non  dolorosa  la  compressione  dei  nervi  periferici,  delle  apofisi  spinose  e  delle 
doccie  paravèrtebrali. 

A  carico  della  sensibilità  obbiettiva  si  riscontra  una  iperestesia  dolorifica  e  ter- 
mica del  segmento  distale  della  mano,  il  cui  limite  superiore  si  determina  difficil- 
mente, e  più  estesa  dal  lato  palmare.  Nulla  a  carico  della  tattile. 

Nelle  altre  regioni  del  corpo  non  vi  è  nulla  di  notevole. 

Senso  di  posizione  delle  membra  integro.  Assente  il  sintoma  di  Romberg.  Non 
atassia.  Nulla  a  carico  dei  sensi  specifici. 

Caso  V.  —  Angelina  0,  di  anni  38,  d.  d.  e,  nubile. 

Nata  a  termine.  Non  eredità  luetica. o  tubercolare.  Nell'infanzia  ebbe  affezione 
oculare  che  le  ha  lasciato  come  postumo  una  minore  resistenza  della  mucosa  con- 
giuntivitale  contro  gli  agenti  meccanici  e  reumatici.  Mestruata  la  prima  volta  a  15 
anni  circa  e  da  quell'epoca  sèmpre  regolarmente.  Da  circa  cinque  anni  va  soggetta 
a  dispepsìa  ;  non  ha  avuto  però  nessun'altra  affezione  notevole,  né  ha  avuto  ad  ac- 
cusare fino  all'epoca  presente  alcun  disturbo  sensitivo  o  motorio  degno  di  nota. 

E.  0. 

Nulla  a  carico  dell'oculomozione  e  dei  muscoli  innervati  dal  facciale,  fuori  che 
una  lievissima  ipotonia  ed  ipocinesia  del  facciale  inferiore  sinistro. 

Nulla  a  carico  della  lingua;  non  disturbi  della  masticazione  o  deglutizione; 
nessun  atteggiamento  vizioso  del  capo,  nulla  a  carico  della  sua  motilità  attiva  e 
passiva. 

Sia  negli  arti  superiori  che  negl'inferiori  non  esiste  nulla  di  notevole  nel- 
l'atteggiamento e  nel  trofismo  cutaneo-muscolare.  Non  tremori  o  movimenti  fibril- 
lari. Non  alterazioni  del  tono  muscolare.  Movimenti  attivi  e  tutti  possibili  ed  in  tutta 
la  loro  estensione.  Forza  muscolare  un  po'  scarsa.  Deambulazione  normale.  Sfinteri 
integri. 

Rotulei,  achillei,  tendinei  superiori  presenti  ed  eguali  d'ambo  i  lati.  Plantari, 
epigastrici  e  addominali  pure  presenti  ed  eguali  d'ambo  i  lati.  Babinski  ed  Oppen- 
heim assenti:  Normali  il  faringeo  e  congiuntivitale. 

Nulla  a  carico  delle  pupille. 

Non  disturbi  della  sensibilità  subiettiva  spontanea.  Non  dolorosa  la  compressione 
dei  nervi  periferici,  delle  apofisi  spinose  e  delle  doccie  paravèrtebrali. 

Si  nota  solo  una  ipoestesia  dolorifico-termica  della  mano  destra,  dalla  testa  dei 
metacarpi  in  giù.  Nulla  a  carico  della  sensibilità  tattile.  Normale  il  comportamento 


566  P.  Alessaìidrini 


della  sensibilità  obiettiva  nelle  altre  regioni.  Non  alterazioni  nel  senso  di  posizione 
delle  membra,  non  sintoma  di  Romberg/  non  atassia. 
Sensi  specifici:  nalla  di  anormale. 

Nel  caso  5  non  abbiamo  nulla  dell'afTezione  in  discorso,  giaccbè  manca  T  atro- 
fia muscolare,  che  certo  si  deve  considerare  come  il  sintomo  fondamentale,  però  il 
ca9o  è  di  una  certa  importanza,  infatti  il  disturbo  sensitivo  obiettivo  non  può  rife- 
rirsi ad  un  fenomeno  isterico,  come  si  rileva  dalla  mancanza  di  altre  stimate  di  que- 
sta affezione;  e  si  presta  a  delle  considerazioni,  su  cui  ritornerò  appresso. 

Ora  riassumerò  i  dati  positivi  degli  altri  casi  per  assurgere  a  delle  conclusioni 
generali. 

Caso  I.  —  Giuseppe  O.,  di  anni  57,  contadino.  Àlcoolista-fumatore.  Inizio  del- 
^affezione  a  circa  35  anni,  dapprima  da  un  lato,  poi  estensione  ad  ambedue  sotto 
forma  di  debolezza  alle  mani  e  difficoltà  nei  movimenti  delicati.  A  40  anni  polmonite. 
Estensione  poi  del  processo. 

Mai  disturbi  sensitivi  subiettivi  negli  arti  superiori.  Negli  arti  inferiori  inizio 
deiraffezione  verso  i  45  anni  con  disturbi  sensitivi  subiettivi. 

A  53  anni  caduta  e  frattura  del  collo  del  femore  sinistro. 

E.  0.  Ipotonia  ed  ipocinesia  del  VII  inferiore  destro. 

A  carico   degli  arti   superiori  si  nota  un  atteggiamento  delle  dita  in  flessione. 
Cute  marezzata  e  fredda  al  tatto.  Atrofia  di  tutti  i  muscoli  della  mano  e  della  metà 
inferiore  dell'avambraccio.  Limitazione  dei  movimenti  a  livello  delle  parti  atrofiche, 
dove  pure  vi  è  quasi  una  scomparsa  della  forza  muscolare. 
-    Negli  arti  inferiori  si  ha  un  piede  vaj*o-equino. 

Cianosi  e  senso  di  freddo  alla  palpazione.  Atrofia  en  jarrettiere.  Limitazione 
dei  movimenti  e  della  forza  muscolare  in  corrispondenza  dei  muscoli  atrofici.  Steppaggio. 

Mancanza  dell'Achilleo  e  di  quasi  tutti  i  tendinei  superiori. 

Lieve  dolore  del  crurale  e  dello  sciatico  alla  palpazione. 

A  carico  della  sensibilità  obiettiva  ipoestesia  degli  arti  superiori  a  carattere  seg- 
mentario  crescente  dall'alto  al  basso. 

Zone  d' ipoestesia  alternate  con  zone  d'iperestesia  negli  arti  inferiori. 

Tanto  nei  primi  che  nei  secondi  i  disturbi  sensitivi  coincidono  colle  zone 
atrofiche. 

Caso  II.  —  Vincenzo  0.,  di  anni  78,  contadino.  Inizio  verso  i  50  anni:  dei 
disturbi  sensitivi  subbiettivi,  solo  qualche  vaga  parestesia  degli  arti  inferiori  da  un 
anno  circa.  A  65  cadde  riportando  la  frattura  del  collo  del  femore  destro. 

All'esame  obiettivo:  atrofia  accentuatissima  di  tutti  i  muscoli  dell'arto  superiore, 
che  si  estende  fino  al  deltoide  ed  al  gran  pettorale. 

Gli  arti  inferiori  sono  alquanto  atrofici  e  vi  è  un  accenno  alla  giarrettiera.  Tutti 
i  movimenti  sono  possibili  e  in  tutta  la  loro  estensione  :  i  piedi  però  nella  sospensione 
hanno  un  atteggiamento  in  equino-varo  molto  spiccato  (fig.  3). 

Rotulei  deboli,  achillei  assenti. 

Ipostesia  tattile,  termica,  dolorìfica  degli  arti  superiori,  che  va  aumentando  dalla 
radic£L  aL  sfigumuitL  distali. 

Iperestesia  spiccata  degli  arti  inferiori. 

Caso  III.  —  Antonia  0.,  di  anni  62,  d.  d.  e.  Malata  da  15  anni.  Presenta  al- 
l'esame obiettivo  una  tipica  mano  di  scimmia  con  atrofia,  che  si  arresta  bruscamente 
al  terzo  inferiore  dell'avambraccio.  Lieve  tendenza  alla  flessione  delle  dita. 


Le  atrofie  del  tij)(j  Charcot- Marie  5t)7 


Ipoestesia  tattile,  termica,  dolorifica,  che  va  diminuendo  verso.  Paltò  e  termina 
bruscamente  presso  a  poco  do^e  s*  inizia  l'atrofia.  Arti  inferiori  perfettamente  integri. 

Caso  IV.  —  Eligio  0.  di  anni  40  contadino.  Nell'anamnesi  qualche  parestesia 
alle  mani  e  nna  debolezza  in  queste  da  circa  due  anni. 

All'eiame  obbiettivo  un'atrofia  bilaterale  incipiente  dell'eminenza  tenare,  e  piii 
spiccata  un'atrofia  dell'eminenza  ipotenare.  Le  dita  sono  tutte  un  po' piegate  verso 
il  lato  ulnare.  Lieve  tendenza  alla  flessione  dei  segmenti  distali  delle  dita  sui  pros- 
simali. 

Arti  inferiori  integri. 

Rotulei  ed  achillei  pronti:  tendìnei  superiori  deboli. 

Notevole  iperalgesia  della  mano,  più  accentuata  nella  faccia  palmare. 

I  caratteri  comuni  ai  casi  1,  II,  III,  IV  sono  rappresentali  specialmente 
duirereditarietà,  dall'insorgenza  in  età  adulta,  da  un  atrofia  che  s'inizia  di- 
stalmente negli  arti  superiori;  a  decorso  lentissimo  e  che  invade  poscia  gli 
arti  inferiori,  ma  può  non  invaderli. 

L'atrofia  in  allo  si  arresta  bruscamente.  Mancanza  di  riflessi  tendinei  cor- 
rispondenti ai  punti  più  atrofici.  Non  scosse  fibrillari.  //  carattere  piii  impor- 
tante è  la  costanza  dei  disturbi  sensitivi  obbiettivi,  che  hanno  di  caratteristico 
di  corrispondere  topograficamente  alle  alterazioni  muscolari.  La  mancanza  dei 
disturbi  obbiettivi.  Disturbi  trofici.  Non  tremori  o  scosse  fibrillari. 

Dei  caratteri  particolari  abbiamo  lo  steppaggio  nel  caso  I;  la  giarrettiera 
nel  caso  I,  lU  II  modo  caratteristico  di  comportarsi  della  sensibilità  che  varia 
entro  certi  limiti  nei  singoli  casi  e  che  nel  caso  V  costituisce  già  di  per  sé 
tutta  l'a finzione. 

* 
*  * 

Nun  vi  è  dubbio  che  in  (juesti  casi  si  tratta  di  un  caso  di  Dystrophia 
muse,  progressiva,  non  certo  del  tipo  Aran  Duchenne,  anzitutto  per  il  decorso 
lentissimo,  per  l'arresto  brusco  dell'atrofia,  pel  carattere  familiare  ed  eredi- 
tario, per  la  mancanza  di  diffusione  al  bulbo  e  per  i  notevoli  disturbi  sensitivi. 

Parlano  contro  la  miojìatia  protopatica  l'inizio  nell'età  adulta  ed  il  de- 
corso della  malattia  dall'estremo  distale  al  prossimale  degli  arti;  la  presenza 
di  parziale  R.  D.,  la  mancanza  di  lipomatosi  ed  ipertrofia  vera  o  falsa,  la  per- 
fetta integrità  dei  muscoli  della  faccia  e  la  presenza  di  disturbi  sensitivi. 

Contro  la  sclerosi  laterale  amiotrofi^a  parla  l'abolizione  dei  riflessi  tendinei 
e  la  presenza  dei  disturbi  sensitivi. 

Contro  la  distrofia  muscolare  del  tipo  Werdaing-Hoflmann  sta  l'inizio 
in  età  adulta,  l'inizio  distale  dell'atrofia,  la  presenza  di  disturbi  sensitivi  e 
la  lentezza  del  decorso. 

Non  siamo  in  presenza  di  un  caso  di  nevrite  interstiziale  ipertrofica ,  per 
la  mancanza  del  sintomo  di  Argyll-Robertson,  del  nislagmo,  dell'atassia, 
della  cifoscoliosi  e  dell'ipertrofìa  dei  nervi. 


-^ 


5f)8  P,  Alessandrini 

Non  si  traila  neppure  cii  nni»  polinevrite  cronica^  per  il  carallere  eredi- 
tario e  famigliare,  per  il  decorso  estremamente  Lcnlo,  per  la  mancanza  di  sin- 
tomi subiettivi,  per  la  mancanza  del  fattore  eliologico  e  per  il  carattere  seg- 
mentano delle  alterazioni  della  sensibilità  e  dell'atrofia  dei  muscoli. 

Non  rimane  quindi  altra  ipotesi  che  si  tratti  di  un  caso  di  alrofui  mt(r 
scolare  progressiva  del  lijx)  Charcot- Marie,  in  favore  della  (juale  partano  an- 
zitutto il  decorso  piuttosto  lento,  il  carattere  ereditario  famigliare,  la  mancanza 
di  contrazioni  fibrillari,  la  presenza  dei  disturbi  sensitivi  e  trofici.  Il  mio  caso 
però  si  segnala  per  parecchi  sintomi  piuttosto  rari;  specialmente  per  il  modo 
caratteristico  di  comportarsi  della  sensibilità. 

Della  fauiiliarità  deiratrofia  muscolare  progressiva  a  tipo  Charcot-Marie 
già  questi  fine  AA.  e  prima  di  essi  TEulemburg,  l'Eichorst,  riiannnond, 
rOrmerod  e  lo  Schultze  ne  avevano  trattato.  Lo  Charcot  ed  il  Marie 
nella  loro  completa  monografìa  descrivono  cinque  casi,  dei  quali  in  due  soli 
esisteva  il  carattere  famigliare  della  malattia  e  per  nessuno  l'ereditarietà,  che 
però  già  si  riscontra  nei  casi  di  Eie  hors!  e  di  Hammond.  Le  osservazioni 
sul  carattere  famigliare  ed  ereditario  della  malattia  si  sono  talmente  molti- 
plicate, che  di  questo  carattere  se  ne  è  fatto  un  criterio  dilTerenziale  con  altre 
forme  morbose.  Sono  però  tutt'altro  che  rari  i  casi  isolati,  come  si  può  rile- 
vare sfogliando  la  letteratura  sulPargomento;  però,  se  non  esiste  la miliarità  od 
eredità  diretta,  è  quasi  costante  una  predisposizione  famigliare  od  ereditaria 
alle  malattie  nervose  ed  il  Sainton  ha  potuto  riunire  solo  10  casi  in  cui 
mancherebbe  l'ereditarietà  diretta  ed  indiretta. 

Nel  nostro  caso  si  tratta  di  una  forma  squisitamente  familiare  ed  ere- 
ditaria, come  si  può  rilevare  dall'esame  dell'albero  genealogico  e  dal  confronto 
dei  pazienti  da  me  esaminati. 

La  malattia,  secondo  le  statistiche  più  accreditate  vspecialmente  quella  del 
Sainton,  s'inizia  per  lo  più  prima  dei  20  anni,  specie  nell'infanzia;  è  raris- 
sima dopo  i  40  anni.  Nei  nostri  casi  invece  l'insorgenza  fu  sempre  tardiva. 
Fra  le  forme  atipiche  quanto  all'epoca  dell'insorgenza  citerò  il  caso  del  Vi- 
zioli  in  cui  la  malattia  s'inizio  a  59  anni:  tra  quelle  ad  insorgenza  precoce 
vi  è  quello  del  Binert,  in  cui  si  sviluppò  a  tre  anni. 

L'inizio  in  diversi  membri  della  stessa  famiglia  può  essere  o  no  contem- 
poraneo: per  lo  più  non  lo  è.  Nei  mici  pazienti  si  può  dire  che  non  esìste 
contemporaneità  dell'inizio;  infatti,  mentre  nei  casi  I,  IV  e  V  l'affezione 
s'iniziò  verso  i  40  anni,  nei  casi  II  e  III  cominciò  verso  i  50;  però  possiamo 
dire  che  in  tutti  si  tratta  di  sviluppo  piuttosto  tardivo  della  malattia,  giacché 
in  tutti  è  superato  di  molto  il  ventesimo  anno  s\\  età. 

Quanto  al  sesso  è  concorde  l'opinione  degli  autori  ad  ammettere  la  pre- 
valenza in  quello  nìaschile:  esaminando  l'albero  genealogico  della  famiglia  da 
me  studiata,  rileviamo  invece  che  su  cinque  maschi  vi  sono  otto  femmine  affette. 
E  notevole  a  questo  ])roposito  il  caso  di  Berhardt,  in  cui  tutti  i  maschi  della 
l'amiglia  erano  rimasti  immuni,  mentre  le  femmine  furono  tutte  colpite.  Del 
resto  moltissimi  sono  i  casi  opposti:  dei  più  caratteristici  è  quello  del  Tognoli. 


Le  atrofie  del  tipo  Charcot- Marie  5t>9 


Alcuni  AA.  insistono  sul  fatto  che  i  pazienti  affetti  dall'atrofia  del  tipo  Char- 
cot-Marie  sono  stati  colpiti  prima'da  un'altra  malattia.  Nei  miei  casi  questo 
non  risulta,  però  in  Giuseppe  possiamo  ritenere  che  la  polmonite  abbia  ac- 
celerato il  decorso  del  male.  Nei  bambini  sono  specialmente  il  morbillo  o  Ih 
rosolia  che  destano  l'insorgenza  della  malattia.  È  importante  a  notare  che 
appunto  in  molte  di  queste  forme  postinfettive,  in  cui,  pur  esistendo  il  quadro 
tipico  della  malattia,  mancava  il  carattere  ereditario  familiare  (Batten,  Pe- 
terson).  La  malattia  infettiva  precederebbe  lo  svolgersi  dell'aftezione  in  di- 
scorso di  un'epoca  che  varia  da  qualche  mese  a  qualche  anno.  In  un  caso  di 
Egger  precedette  il  reumatismo  articolare  acuto.  Sono  stati  citati  anche  ì 
traumi  come  cause  determinanti  dall'affezione. 

Quanto  alla  localizzazione,  dalle  medie  rilevate  dalle  statistiche,  risulta 
che  la  malattia  comincia  prima  nei  piedi  poi  nelle  gambe,  in  modo  simme- 
trico. S'inizia  con  una  paralisi  bilaterale  del  peroneo  poi  del  tibiale  ante- 
riore e  dell'estensore  comune  delle  dita;  il  piede  si  pone  in  atteggiamento 
equino-varo,  il  malleolo  esterno  proemina  e  si  può  arrivare  fino  alla  lussazione 
del  piede  sulla  gamba:  il  piede  assume  contemporaneamente  la  posizione 
en  griffe  per  la  paralisi  degli  estensori  delle  dita.  Dopo  qualche  anno  vengono 
colpite  da  atrofia  le  mani  con  inizio  nella  eminenza  tenare  ed  ipotenare,  poi 
vengono  presi  gl'interossei,  ecc.;  finché  si  viene  ad  avere  la  mano  ad  arti- 
glio. Infine  vengono  colpiti  gli  avamhracci;  e  in  questi  prima  i  gruppi  esten- 
sori poi  i  flessori;  i  pronatori  ed  i  supinatori  persistono  per  lungo  tempo  in- 
tegri. Più  di  rado  l'atrofia  comincia  contemporaneamente  nelle  mani  e  nei 
piedi.  È  eccezionale  l'insorgenza  prima  nelle  mani  e  poi  nei  piedi.  In  casi 
rarissimi  l'atrofia  può  restare  sempre  limitata  agli  arti  superiori;  cosi  in  quelli 
di  Hànel,  in  cui  cominciò  alle  mani  e  si  diffuse  alle  braccia  alla  nuca  ed 
al  collo;  mentre  negli  arti  inferiori  non  si  ebbero  che  crampi  e  fenomeni 
dolorosi.  È  interessante  il  caso  (descrìtto  dal  Thomson)  di  un  paziente  in 
cui  l'atrofìa  s'iniziò  negli  arti  inferiori,  restando  a  questi  limitata  mentre  in 
un  fratello  di  esso  s'iniziò  nei  superiori.  Affatto  originale  è  il  caso  descritto 
da  Oppenheim  e  Cassirer,  in  cui  l'affezione  s'iniziò  nell'orbicolare  delle 
palpebre. 

La  radice  delle  membra  è  rispettata,  almeno  per  lunghissimo  tempo.Sainton 
aveva  ammesso  in  modo  assoluto  che  l'affezione  nell'arto  superiore  non  oltre- 
passa in  alto  il  terzo  medio  dell'avambraccio.  Se  consideriamo  ora  i  nostri 
casi,  rileviamo  anche  qui  varie  particolaritc^ì  degne  di  menzione. 

Anzitutto  la  insorgenza  precoce  del  male  negli  arti  superiori,  mentre  ne- 
gli arti  inferiori  le  atrofìe  non  sono  molto  accentuate  anche  a  stadi  avanzati  : 
questo  fatto  è  costante  in  tutta  la  famìglia,  anche  per  gli  altri  membri  da 
me  non  esaminati.  Un  caso  importante  che  ricorda  quello  dell' Hanel  è  quello 
della  malata  del  caso  III,  la  quale,  dopo  15  o  20  anni  dalla  localizzazione  del- 
l'atrofia agli  arti  superiori,  non  solo  non  presenta  traccia  di  atrofia  negli  arti 
inferiori,  ma  erano  possibili  anche  i  movimenti  più  delicati  di  essi.  Questa 
forma  potrebbe  cosi  a  ragione  formare  una  varietà  e  designarsi  come  «  tipo  anti- 


570  R  Alessandrini 


brachiale  delTatrofia  Cliarcol-Marie  »  varietà  che  avrebbe  ia  slessa  ragione 
ili  esistere  di  quelle  esistenti  nell'atrofia  muscolare  progressiva  protopatica.  Nel 
raso  II  troviamo  un'atrofia  degli  arti  inferiori  che  ricorda  quella  a  giarrettiera, 
però  (fuesla  insorse  quando  giii  nei  segmenti  distali  dell'arto  superiore  si  en» 
perduta  ogni  traccia  di  mobilità  ed  i  disturbi  duravano  da  circa  25  anni,  e 
quando  negli  arti  inferiori  non  vi  era  neppure  una  lieve  paresi.  Vi  era  però 
una  lieve  ipotonia,  tanto  che,  facendo  stare  l'individuo  seduto,  si  aveva  il 
piede  nella  più  tipica  posizione  in  equino-varo,  come  si  rileva  dalla  fotografia 
qui  annessa;  mentre  l'infermo  poteva  mantenere  per  lungo  tempo  la  posi- 
zione di  valgo  talo  e  il  paziente  non  avvertiva  il  minimo  disturbo  nella  deam- 
bulazione e  non  presentava  nessun  disturbo  statico.  La  propagazione  al  cinto 
scapolare,  cosi  caratteristica  nel  caso  II,  è  un  fatto  raramente  descritto  nel- 
Tatrofia  del  tipo  Charcot-Marie.  Si  potrebbe  pensare  che  nel  caso  I  TalTe- 
zioue,  non  potendosi  estrinsecare  al  di  sopra  dell'avambraccio,  per  una  certa 
resistenza  degli  altri  gruppi  muscolari  dell'arte)  superiore,  si  sia  estrinsecata 
specialmente  a  carico  degli  arti  inferiori,  mentre  nel  caso  H,  raffezione  abbia 
continuato  il  suo  decorso  primitivo,  coinvolgendo  nell'atrofia  solo  in  lieve  grad«» 
gli  arti  inferiori. 

l/atro(ia  nei  casi  I,  li  e  HI  ha  colpito  uniformemente  tuttti  i  muscoli,  n(»n 
ronservandone  alcuno,  conie  nelle  paralisi  motrici  radicolari:  cosi  si  ha  la  tipica 
disposizione  delle  atrofie  muscolari  dipendenti  da  lesioni  delle  cellule  motrici 
spinali,   come    nell'atrofie   tipo   Aran-Diichenne,   nella   siringomielia,   ecc. 

Nel  caso  IV  l'alrotìa  si  era  iniziata  a  carico  specialmente  delTemi- 
nenza  ipotenare.  Questa  osservazione  è  interessante  perchè  ha  colpito  l'inizio 
della  malattia.  La  mano  nei  miei  casi  I,  Il  e  IH  aveva  assunto  la  forma  ti- 
pica ad  artiglio  e  di  scimmia.  Nell'avambraccio  erano  più  presi  gli  estensori 
che  i  flessori,  come  risultava  dalla  posizione  delta  mano  e  dall'esame  dei  mo- 
vimenti, ma  specialmente  della  forza  muscolare.  Del  resto  un  giudizio  sulla 
funzione  dei  vari  muscoli  non  si  poteva  nei  miei  casi  dedurre  dall'esame  dei 
vari  movimenti,  per  le  anchilosi  e  le  retrazioni  tendinee. 

Nei  miei  casi  mancava  il  minimo  accenno  all'iperlrotìa  e  pseudo  ipertrofia 
muscolare  descritta  da  qualche  autore,  e  specialmente  da  Oppenheim  e  Cas- 
sirer. 

Nell'incesso  dei  malati  affetti  da  atrofia  del  tipo  Charcot-Marie  è  carat- 
teristico lo  steppaggio,  che  dipende  dalla  paralisi  dei  muscoli  anteriori  della 
gamba,  e  può  scomparire  a  lungo  andare  per  le  alterazioni  articolari  tibio- 
tarsee.  Io  ho  potuto  rilevare  lo  steppaggio  solo  nel  caso  I,  mentre  era  completa- 
mente assente  negli  altri  casi.  Il  movimento  speciale  descritto  dai  francesi  come 
pietinement  sur  place  non  l'ho  riscontralo  in  alcuna  delle  mie  osservazioni. 

Sono  frequenti  le  cadute  che  possono  costituire  per  alcuni  anche  il  sintoma 
iniziale;  nei  miei  malati  ne  ho  due  esempi  tipici;  infatti  il  caso  I  e  H 
presentano  ambedue  fratture  del  collo  del  femore,  consecutiva  a  cadute.  Le 
callosità  nelle  piante  dei  piedi,  attribuite  dagli  autori  francesi  alla  dififìcaltà 
del  cammino  ed  all'instabilità  dell'incesso,  erano  evidenti  solo  nel  caso  I. 
\ 


.    Le  atrofìe  del  tijX)  Char  col -Marie  571 

L'arresto  brusco  dell'atrofìa,  già  accennato  negli  arti  inferiori  del  mio 
caso  II,  era  meno  evidente  in  quelli  superiori,  perchè  ralrofia  aveva  invaso 
anche  la  spalla.  La  forma  a  «  giarrettiera  »  tipica  è  evidente  nel  caso  I,  il 
quale  presenta  anche  un  arresto  netto  in  corrispondenza  dell'avambraccio  al  suo 
terzo  superioi'e.  Anche  nel  mio  caso  III  esiste  un'atrofia  segmentaria  nettissima  ' 
ed  i  muscoli  al  di  sopra  del  segmento  atrofico  sono  normali. 

Da  alcuni  autori  è  stato  messo  in  rilievo  il  propagarsi  dell'afl'ezione  ai 
segmenti  più  alti  del  midollo  spinale.  È  classico  il  caso  del  Vizioli  con  pro- 
pagazione ai  nervi  ottici.  In  uno  dei  nostri  casi  (I)  eravi  paresi  del  VII  infe- 
riore di  destra. 

A  proposilo  dell'asimmetria  delle  lesioni  la  malattia  può  essere  fin  dal- 
l'inizio simmetrica,  ovvero  può  iniziarsi  da  un  lato  e  poi  estendersi  all'altro. 
Nei  miei  pazienti  appare  evidente  questo  fenomeno,  specialmente  nei  due  casi 
incipienti  (IV  e  V.)  Del  resto  nel  caso  I  si  rileva  resistenza  di  questo  fatto^ 
dall'anamnesi  ed  in  qualche  modo  dall'esame  obbiettivo,  che  fa  notare  una 
certa  asimmetria  della  lesione. 

Spesso  esistono  le  contrazioni  fascicolari  e  fibrillari,  che  in  tutti  i  miei 
casi  sono  mancate  completamente.  Varie  sono  state  le  altre  forme  di  movi- 
menti involontari  descritte  nelTatrofia  a  tipo  Charcot-Marie:  questi  si  hanno 
più  accentuati  specialmente  all'inizio  della  malattia  ma  io  non  ho  avuto  occa- 
sinne  di  osservarli. 

I  riflessi  in  questa  forma  morbosa  sono  talora  normali;  più  spesso  deboli 
0  aboliti.  Nei  miei  pazienti  ho  potuto  rilevare  che  in  genere  la  mancanza  dei 
riflessi  tendinei  e  cutanei  accompagna  lo  svolgersi  dell'atrofia  e  che  gli  achil- 
lei sono,  come  nella  tabe,  i  primi  a  perdersi  negli  arti  inferiori  ;  mentre  negli 
arti  superiori  il  riflesso  radiale  ed  il  cubitale  sono  mancati  anche  nei  casi 
iniziali,  persistono  però  più  a  lungo  i  riflessi  tricipitale  e  bicipitale.  Solo  ec- 
cezionalmente i  riflessi  rotulei  sono  esagerati  come  nel  caso  descritto  dal 
Dercuni.  Talora  si  è  notata  l'assenza  del  riflesso  rotuleo,  senza  che  l'atrofia 
avesse  oltrepassato  la  gamba  e  senza  che  esistesse  il  minimo  disturbo  sensitivo. 

Quanto  al  comportarsi  della  reazione  elettrica  nell'atrofia  a  tipo  Charcot- 
Marie  si  può  dire  con  Charcot  che  là  dove  è  più  avanzata  la  malattia  è 
completamente  abolita  l'eccitabilità  muscolare,  galvanica  e  faradica.  Propria- 
mente nei  muscoli  più  colpiti  si  hanno  alterazioni  (qualitative  degenerative), 
nei  muscoli  meno  colpiti  solo  alterazioni  quantitative  della  reazione  elettrica. 
Hoffmann,  praticando  l'esame  elettrico  in  modo  melodico  su  tutti  i  nervi 
ed  i  muscoli,  stabilì  che  si  possono  avere  abolizione  e  diminuzione  dell'ecci- 
tabilità elettrica  (sia  galvanica  che  faradica)  in  lutto  l'apparecchio  motore  volon- 
tario, e  non  solo  nei  muscoli,  ma  anche  nei  nervi,  ed  inversione  della  for- 
mula in  qualche  punto  di  essi.  La  diminuzione  dell'eccitabità  elettrica  sui  nervi 
si  fa  sempre  maggiore  dal  tronco  verso  la  periferia.  In  modo  analogo  si  com- 
porta sui  muscoli. 

È  stata  descritta  la  R.  D.  anche  in  territori  muscolari  non  colpiti  da  atrofia. 
Io  ho  avuto  opportunità   di   praticare   l'esame   elettrico  solo  nel   caso  1  ;  in 


572  P.  Alessaìidrini 


questo  bo  potuto  rilevare  che  l'ineccitabitità  elettrica  va  estinguendosi  man 
man  mano  che  si  sale  verso  l'alto,  come  ho  già  messo  in  rilievo.  Non  ho  mai 
osservalo  l'inversione  della  formula. 

Gli  sfinteri  sono  sempre  integri,  come  ho  potuto  rilevare  nei  miei  pazienti 
Io  ho  riscontrato  in  un  caso  solo  una  polìachiuria  intermittente,  non  giustificata 
da  alcun  reperto  urinario  o  da  aflezioni  vescicali  o  prostatiche:  esso  fu  segna- 
lato anche  nel  caso  di  Egger. 

I  disturbi  vasomotori  e  trofici  sono  slati  trovati  varie  volte  neiraffezioue 
in  discorso,  anzi  da  alcuni  autori  vengono  considerati  come  costanti.  I  prin- 
cipali sarebbero  abbassamento  della  temperatura,  estremità  fredde,  cianotiche, 
geloni,  striatura  delle  unghie  ecc.,  glossy  skin  (Hànel-Lahr).  In  uno  dei  miei 
casi  (I)  ho  rilevato  la  mano  ed  i  piedi  freddi  al  tatto  e  un  po'  cianotici  :  negli 
altri  ho  riscontrato  una  grande  sensibilità  al  freddo.  Oppenheim  osservò 
un'ulcera  perforante  in  un  caso  di  atrofia  a  tipo  Charcot-Marie.  Da  alcuni 
è  stata  messa  in  evidenza  la  grande  tendenza  alle  fratture  delle  ossa  di  questi 
individui.  Io  nei  miei  cinque  casi  ho  rilevato  due  fratture  del  collo  del  femore^ 
che  però  tendo  a  mettere  in  rapporto  più  colle  difficoltà  dolla  stazione  e  della 
deambulazione,  di  quello  che  con  una  maggiore  fragilità  delle  ossa  vera  e  pro- 
pria, come  alcuni  pretendono. 

I  disturbi  a  carico  della  sensibilità,  nei  mici  casi  erano  sempre  presenti 
anzi  talora  costituivano  il  primo  sintomo  della  malattia.  Alcuni  autori  hanno 
segnalato  un  parallelismo  tra  le  alterazioni  del  trofismo  muscolare  ed  i  disturbi 
sensitivi,  che  si  comportano  ugualmente  colla  stessa  distribuzione  segmenlaria. 
Dall'osservazione  dei  miei  pazienti  parrebbe  anzi  che  i  disturbi  sensitivi  siano 
i  primi  a  comparire.  Da  molti  AA.  si  è  fissata  inoltre  l'attenzione  su  disturbi 
sensitivi  subbiettivi  (parestesie)  che  precedono  l'atrofia. 

Lo  studio  del  comportamento  della  sensibilità  obiettiva  in  questa  forma 
morbosa  è  stato  piuttosto  trascurato  ;  alcuni  negano  la  presenza  di  disturbi 
sensitivi,  altri  invece  lì  trovano,  come  il  Sacki,  che  nel  suo  caso  mise  in  nlievo 
un'ipoestesia  tattile-dolorifica  distale,  mentre  la  sensibilità  termica  non  pre- 
sentava disturbi:  il  Lawrie,  invece  riscontrò  una  ipoestesia  termica  e  il  Lahr 
trovò  un'analgesia  accompagnata  da  iperestesia  tattile.  Il  Siemerling  riscontrò 
un'ipoalgesia  in  tutto  il  corpo,  specialmente  nelle  gambe.  Lo  Schultzeinun 
caso  riscontrò  sensazione  raddoppiata.  Il  Rydel  sosteneva  che  se  anche  le  altre 
forme  di  sensibilità  obbiettive  possono  risultare  integre,  la  vibrosensibilità  ri- 
sulta sempre  alterala,  fatto  negato  dal  Noica  in  suoi  recenti  studi.  L'Hanel 
ed  il  Dercum  accennano  ad  iperestesie  che  possono  presentarsi  nell'aflezione 
in  parola.  Ad  un  arresto  brusco  nei  disturbi  della  sensibilità  accennano  il 
Kahlerk  ed  il  Noica. 

1)  Ora  il  reperto  della  simmetria  dei  disturbi  e  della  limitazione  netla 
di  casi  mi  sembra  importante  perchè  tenderebbe  ad  appoggiare  la  natura  spi- 
nale dell'aflezione,  nel  (jual  senso  parlano  pure  le  recenti  osservazioni  istolo- 
giche del  Marinesco  e  del  Sainlon,  che  hanno  riscontrato  nel  midollo  alte- 
razioni simili  a  ({uelle  della  tabe; 


Le  atrofie  del  tipo  Charcot- Marie  573 

t)  Perchè  i  disturbi  sensitivi  a  tipo  nettamente  segmentario  da  me  ri- 
scontrati, parlerebbero  in  favore  di  una  metameria  spinate. 

Dall'esame  comparativo  dei  miei  pazienti  risulta  evidente  che  si  p<»ssano 
avere  tpoestesie  ed  iperestesie  anche  nello  stesso  indivìduo.  Difatti  esami- 
nandoli accuratamente  «i  potrebbe  affermare  in  via  ipotetica  che  in  un  primo 
stadio  della  malattìa  si  ha  costante  iperestesia,  mentre  negli  stadi  più  avan- 
zati si  avrebbe  Tipo- o  l'anestesia  che  seguirebbe,  quasi  stato  paralitico,  alto 
stadio  d'irritazione. 

Cosi  notiamo  che  in  tutti  i  casi  incipienti  non  si  ha  mai  ipo-  od  ane- 
stesia ma  costante  iperestesia,  mentre  il  contrario  succede  nei  casi  avanzati: 
ed  in  uno  stesso  individuo  nel  punto  dove  l'atrofia  è  più  antica  si  ha  una 
anestesia,  nel  punto  dove  è  più  recente  un'iperestesia,  almeno  in  linea  generate. 

Nei  miei  pazienti  i  disturbi  sensitivi  subbiettìvi  sono  quasi  assenti,  nono- 
stante forti  disturbi  obbiettivi  della  sensibilità.  Quelli  infatti  possono  mancare; 
ovvero  può  pure  succedere  il  caso  inverso,  di  essere  cioè  motto  accentuati,  sia 
in  forma  di  crampi  o  di  parestesìe,  che  di  veri  dotori  laceranti  e  terebranti. 
È  interessante  il  caso  di  Goldenberg,  in  cui  esistevano  fortissimi  dolori,  ma 
solo  nella  stagione  ^primaverile.  Da  molti  AA.  è  stato  pure  riscontrato  il  do- 
lore dei  nervi  alla  pressione,  fatto  accennato  pure  in  uno  dei  miei  casi  (ì). 
l  disturbi  del  senso  di  posizione  delle  membra  citati  da  alcuni  AA.  mancavano 
completamente  nei  miei  infermi,  come  pure  l'atassia.  Vi  è  però  un  lieve 
Romberg  nel  caso  I.  Nelle  atrofie  peroniere  sono  state  di  regola  osservate 
dell).'  retrazioni  tendinee  a  carico  delle  parti  colpite.  Nei  miei  pazienti  I,  Il 
ed  anche  nel  HI  vi  sono  esempi  tìpici  di  retrazione  dei  flessori  delle  dita: 
non  si  può  parlare  qui  di  una  vera  anchilosi;  giacché  l'iperflessione  delle  dita 
si  compie  abbastanza  agevolmente.  Anche  i  lombricali  ed  interossei  delle  mani 
sono  soggetti  ad  uno  slato  di  retrazione. 

Il  decorso  dell'atrofia  a  tipo  Charcot-Marie  è  per  lo  più  lento,  salvo 
rare  eccezioni  (Ballet-Rose).  Per  lo  più  s'inizia  in  un  arto,  come  nel  caso  I 
(forse  rappresentato  dal  sinistro),  però  prima  o  poi  l'affezione  diviene  simme- 
trica, benché  siano  stati  descritti  dei  casi  asimmetrici. 

A  carico  dei  nervi  cranici  io  ho  riscontrato  la  paresi  bilaterale  del  VII 
solo  in  un  lato,  fatto  già  notato  dallo  Schaw.  I  sintomi  tabici  quali  l'atassia 
a  tipo  spinate,  il  Romberg,  il  Robertson,  il  senso  di  cintura  e  di  tappeto, 
l'atrotìa  del  N.  0.,  i  dolori  lancinanti,  i  disturbi  vescicali  ecc.,  nell'atrofia  d^*l 
tipo  Charcot-Marie  sono  tutt'altro  che  rari,  tanto  che  si  passa  gradualmente 
(jalla  forma  suddetta  alla  nevrite  interstiziale  ipertrofica,  per  cui  il  Marinesco 
l'ha  considerata  come  una  forma  frusta  di  questa.  Io  nei  miei  casi,  eccezion 
fatta  del  Romjìerg,  non  ne  ho  trovato  accenno.  Accennerò  solo  esser  stale 
descritte  varie  forme  intermedie  tra  queste  due  malattie,  specialmente  dal  To- 
gnoli,  Brasch,  Raymond,  Schuitz,  Campbell,  Beduschi  ecc.  Cosip.es. 
nel  caso  del  Beduschi  si  avevano  quasi  tutte  le  alterazioni  della  forma  Char- 
cot-Marie, più  la  cifoscoliosi,  il  nistagmo  e  l'ipertrofia  del  mediano^che  fanno 
parte  invece  del  quadro  della  nevrite  interstiziale  ipertrofica;  per  questa  sindrome 


574  P.  Alessandrini 


mancavano  invece  l'atassia  degli  arti  e  la  pupilla  tabetica.  Sono  state  descritte 
pure  varie  forme  di  passaggio  tra  l'atrofia  Charcot-Marìe  e  l'atrofia  a  lipo 
Duchenne-Aran  (cosi  i  casi  descritti  dal  Batten,  Petersom  e  Weber),  Ira 
quella  e  le  miopatie  protopatiche  dal  Cohn,  dall'Oppenhein  e  Cassirer  e 
dal  Levi,  ben  riassunte  nel  lavoro  di  quest'ultimo,  il  quale  cerca  anche  di 
penetrare  nell'interpretazione  di  queste  forme. 

È  interessantissimo  il  caso  di  Dàhnadt  dì  due  sorelle,  di  cui  una  pre- 
sentava il  quadro  dell'atrofia  Charcot-Marie,  l'altra  quello  di  miopatia 
tipica. 

Non  mi  tratterrò  a  lungo  sull'anatomia  patologica  di  queste  forme  mor- 
bose, non  avendo  avuto  opportunità  di  eseguire  ricerche  in  proposito.  Ricor- 
derò solo  le  ultime  vedute  sull'argomento,  che  vengono  cosi  a  lumeggiare  alcuni 
miei  reperti.  Le  basi  anatomo-patologiche  della  questione  non  possono  .dirsi 
incrollabili  per  l'esiguità  dei  casi  studiati.  I  reperti  meglio  descritti  sono  quelli 
del  Marinesco,  del  Siemerling  e  del  Sainton. 

iMenlre  nei  casi  più  antichi  di  Wirchow  e  del  Friedreich,  interpre- 
tati dall'Hoffmann,  si  trovarono  specialmente  lesi  i  nervi  periferici,  in  quei 
casi  invece  si  potè  rilevare  rarefazioni  ed  atrofìa  delle  cellule  gangliari  della 
corna  anteriori  con  perdita  dei  prolungamenti  cellulari  e  notevole  diminuzione 
degli  elementi  cromatofìli  del  corpo  cellulare  ;  atrofia  delle  colonne  cellulari 
di  Clarice.  Nelle  corna  posteriori  si  son  trovate  alterazioni  a  carico  delle 
cellule.  I  reperti  a  carico  dei  fasci  piramidali  sona  incostanti  ;  costanti  e  pre- 
coci i  fatti  degenerativi  a  carico  dei  fasci  dei  cordoni  posteriori,  specialmente 
del  fascio  di  Burdach.  Anche  nei  nervi  periferici  si  riscontrarono  alterazioni 
più  0  meno  limitate.  Per  lo  più  le  fibre  erano  ridotte  ad  una  guaina  vuota 
conlenente  qualche  volta  ancora  delle  fini  granulazioni,  oppure  fibre  di  un  dia- 
metro minore  del  normale,  dove  si  vede  ancora  il  cilindrasse  contornato  da  un 
sottile  strato  di  mielina.  Lo  alterazioni  vanno  diminuendo  dalla  periferia  verso 
il  midollo.  Dal  Dubreilh  si  riscontrarono  anche  lesioni  a  carico  dei  muscoli 
consistenti  in  ipertrofia  delle  fibre,  irregolarità  di  forma  senza  alterazione  ap- 
parente di  struttura  e  atrofia  delle  fibre  con  aumento  dei  nuclei. 

Le  ossa  sono  atrofiche  secondo  Hoffmann:  Sainton  al  contrario  crede 
di  poter  negare  l'atrofia  dai  suoi  esami  radiografici:  i  miei  esami  radiografici 
confermano  i  risultati  del  Sainton. 

Alcuni  AA.,  come  l'Hofimann,  basandosi  su  due  autopsie  antiche  Puna 
di  Wirchow,  l'altra  del  Friedreich,  conclusero  per  la  natura  nevritica  della 
malattia,  che  perciò  fu  da  esso  chiamata  atrofia  muscolare  nevritica.  E  in  ([uesta 
forma  morbosa  si  volle  poi  vedere  il  legame  di  transizione  tra  le  due  forme  di 
atrofie  muscolari  progressive,  la  mielopatica  cioè  e  la  miopatie^.  Però  già  lo 
Charcot  ed  il  Marie  tendevano  piuttosto  a  metterla  in  rapporto  con  un'af- 
fezione spinale;  cosi  in  seguito  si  volle  piuttosto  in  essa  vedere  un  legame  di 
transizione  tra  le  atrofie  muscolari  progressive  e  la  tabe,  una  forma,  per  usare 
l'espressione  di  Baymond,  che  starebbe  a  cavallo  fra  l'atrofia  muscolare  pro- 
gressiva mielopatica  e  la  tabe  dorsale. 


Le  atrofie  del  tipo  Chareot- Marie  575 


In  fondo  l'atrofia  muscolare  progressiva  a  tipo  Charcot-Marie  si  po- 
trebbe considerare  come  una  tabe,  per  lo  più  ereditaria  e  giovanile,  in  cui, 
essendosi  il  processo  dapprima  localizzato  nei  cordoni  posteriori,  anziché  nelle 
radici,  verrebbero  a  mancare  di  regola  i  dolori  iniziali  ed  in  cui  vi  sarebbe 
una  maggior  tendenza  all'invasione  delle  corna  anteriori. 

il  De  Grazia  cerca  di  distinguere  le  forme  eredo-familiari  sistematiche, 
in  cui  la  lesione  anatomica  si  presume  abbia  sede  nei  neuroni  motori,  da 
quelli  in  cui  la  lesione  colpisce  sia  i  neuroni  motori  che  i  sensitivi:  il  pro- 
totipo di  queste  seconde  sarebbe  l'atrofia  a  tipo  Charcot-Marie.  Il  De  Grazia 
ammette  pure  una  terza  categoria  in  cui  vi  sarebbe  un'associazione  delle  le- 
sioni delle  vie  sensitive  o  motrici  o  di  entrambe,  con  una  lesione  delle  vie 
cerebellari  (morbo  del  Friedreich,  eredo-atassia  cerebellare  di  Marie,  scle- 
rosi sistematica,  primitiva,  combinata  di  Westphal-Striimpell,  ecCé). 

Nella  storia  della  medicina,  seguendo  l'evoluzione  dei  concetti  delle  varie 
malattie,  riscontriamo  quasi  constantemente  che  le  forme  morbose,  fondate 
dapprima  su  caratteri  clinici  di  un  valore  secondario,  van  preparando  man 
mano  il  materiale  col  quale  si  plasmerà  più  tardi  l'entità  morbosa  nella  sua 
completa  sintesi  clinica.  Cosi  allo  smembramento  succede  l'individualizzazione 
clinica,  che,  sorta  quasi  tendenza  reattiva,  risente  del  suo  peccato  d'origine, 
quindi  è  destinata  a  cedere  in  parte  all'evidenza  dei  fatti  antichi  e  nuovi  ; 
cosi  mentre  da  una  parte  si  vanno  ben  determinando  i  confini  cKnicideiraf- 
fezione,  dall'altra  si  vengono  differenziando  delle  modalità  morbose  che  non 
debbono  entrare  nel  suo  dominio,  ma  che  con  essa  hanno  fissi  rapporti  di 
parentela.  ' 

Noi  osserviamo  lo  svolgimento  di  questo  fatto,  seguendo  le  storie  dei  con- 
cetti che  han  dominio  sulle  atrofie  muscolari  progressive.  L'esperienza  infjittì 
ci  ha  insegnato 'che  dovunque  osiamo  tentare  in  uno  schema  processi  vilali 
senza  curarci  dei  gradi  di  passaggio,  noi  vediamo  che  i  confini,  che  apparivano 
ben  delineati,  vanno  invece,  coll'aumentare  delle  nostre  conoscenze  in  propo- 
sito, sempre  più  sfumando  e  che  innumerevoli  graduali  anelli  di  passaggio  con- 
ducono alle  forme  più  prossime.  Cosi  è  impossibile  una  divisione  fondanientale 
tra  stati  normali  e  patologici  ed  incontreremo  tutte  le  gradazioni  possibili  tra 
le  scolastiche  entità  morbose.  L'atrofia  tipo  Charcot-Marie  ne  è  un  esempio. 

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Wochenseh.  »,  pag.  30,  1904. 

(122)  Cbameb.  «  Centralblatt  f.  allg.  Path.  u.  path.  Anat.  »,  1905. 

(128)  DBJXBiirB  et  Tbomas.  Sur  la  nevrite  interstitielle  hypertrophyque.  «  Nouv.  Icon.  de  la 
8«lpétr.  »,  anno  XXIV,  pag.  477. 

(124)  Bauunve.  Eenige  gevallen  an  progrressieve  neurótische  spieratrophie.  «  Nederl.  Tydnchr. 
V.  (ienusk  »,  1905. 

(125)  Boix.  Traité  de  Mcdecine  Charcot-Bóuchafd.  Brissand  »,  t.  X,  Paris  1905. 

(126)  Bbyaiit.  Two  Cases  of  the  peroneal  type  of  family  amyotropy.  «  Brain  »,  part*'  II, 
pag.  355,  1905. 

(127)  Kabbbblab.  Fall  von  neurotischer  progressiver  Muskelatrophie.  €  Mùnch  med.  Wochen- 
schrift»,  1905. 

(128)  KosTBB.  Fall  typischer  neuraler  Muskelatrophie.  «  Vereinsbeilage  der  DeUtsch.  med. 
Wochensch.  »,  pag.  974,  1905. 

(129)  LoBCNs.  Ueber  Mischformen  der  progressivcn  Muskelatrophie  mit  Demonstration  zweion 
Bnider  mit  teils  neurotischer  teils  myopatischer  Muskelatrophie  der  obcren  Extremitàten.  «  Mitt. 
d.  Ver.  der  Aerzte  in  Steiermark  »,  1905. 

(130)  MovBO.  Two  cases  of  muscular  atrophy  of  the  peroneal  type.  «  The  Dubìin  Med.  Joum.  » 
pag.  47,  1905. 

(131)  Rtdbl.  Mesure  des  trbubles  de  la  i»eiEStbilité  au  diapason.  «  Société  de  Neurologie  », 
Serie  XII,  1903. 

(132)  Ballbt  et  Ross.  Un  cas  d'amyotrophle  du  type  Charcot-Marie  avcc  atrophie  des  deux 
nerfs  optiques.  «  Soc.  de  Neurol.  »,  5  mai  1904. 

(133)  ScBULTKE.  Fall  von  progressiver  neurotischer  Muskelatrophie.  «  Vereinb.  d.  Deutsch. 
med,  Wochen.»,  pag.  1178,  1905. 

(134)  Waltoh.  Case  of  family  atrophy  of  the  peroneal  tii>e,  «  The  Joum.  of  Nerv.  aud  Mental. 
Diseases  »,  V.  32,  pag.  573,  1905. 

(135)  Wbbbb.  a  case  of  muscular  atrophy  probably  of  the  so  called  p<^roneal  type.  «  British. 
Joum.  of  Child.  Dis.  »,  sept.  1905. 

(136)  HoFYVAJfx.  Trauma  und  progressive  Muskelatrophie.  «  Centralbl.  f.  Nervenheilk.  u. 
Phych.  »,  pag.  107,  1906. 

(137)  Mabix.  Forme  speciale  de  nevrite  interstitielle  hypertrophique  progressive  de  l'en- 
fance.  «  Revue  Neurologique  »,  1906,  pag.  557. 

(138)  Thomas.  A  Case  of  Charcot-Marie  Tooth  form  of  neuritic  muakul.  atrophy.  «Joum.  of 
Nerv.  and  Ment.  Disease  »,  pag.  787,  1906. 

(139)  LoHo.  Atrophie  nmsculaire  progressive  type  Aran  Duehenne  de  nature  névritique.  «  Soc. 
Nenrol.  >♦,  6  die.  1906. 

(140)  Ste^lrb.  Zur  Klinik  der  neuraien  form  der  progressiven  Muskelatrophie.  «  Zeitschr  f. 
Heilkunde  »,ìleft.  Vili,  1908. 

(141)  CuvBCD.  The  ueuritic  type  of  progres-sive  muscular  atrophy.  «Joum.  of  Nen'ous  and 
mental  Diseases  »,  pag.  447,  1900. 

(142)  Kablebt.  Beitrag  zur  Lehre  von  progres.'<iver  neurotischer  Muskelatrophie.  «  Inaug; 
Dj.»!}».  Iena»,  1900.  ' 


580  P.  Alessandrini  -  Le  atrofie  del  tipo  Charcot- Marie 

(143)  HoLsn.  Eh  patient.  mtd.  neurotisk.  muskelatrof.  «  Finaka  lak  siillak  Ldindl.  »,  1906, 
pag.  507. 

(144)  Kbaiws.  Atrophia  ncrv.  optici  und  neurotische  Muskelatrophfe.  «  Zeitselir.  f.  Augen- 
heilk.  »,  Bd.  XVI,  pag.  503,  1006, 

(145)  Db  Buck  et  Dkbovbaix.  Notes  sur  un  cas  d'atrophie  masculalre  progressive.  «  Jouni.  de 
Neurol.  »,  pag.  161,  1906. 

(146)  BsDDscHi.  Le  forme  fruste  della  neurlte  interstiziale  ipertrofica  e  progressiva  dell' in- 
fanzia. «  Rivista  di  Patologia  Nenr.  e  Mentale  »,  1906. 

(147)  Càtòla.  La  teoria  di  E^inger  sul  consumo  e  sul  compenso  nelle  patogenesi  di  alcune 
malattie  nervose.  «  Ricerche  e  studi  in  onore  di  E.  Morselli  »,  Vallardi,  1906. 

(148)  NoioÀ.  Deux  frères  atteints  de  myopatie  primitive  progressive.  «  Nouv.  Icon.  de  la 
Salpétr.  >,  1006. 

(149)  Cr^sch.  The  neuritic  type  of  progressive  muscular  atrophy.  «  Chicago  Med.  Recorder.  », 
nov.  1906. 

(150)  Clacdb  et  Crabtiex.  Sur  un  cas  de  polynévrite  apoplecti forme  associée  peut«étre  à  la 
poliomyelite.  «  Soc.  de  Keurol.  de  Paris  »,  7  maro  1907. 

(151)  LsiOHKB  et  Rose.  Amyotrophie  Juvénile  progressive.  «  Soc.  de  Neurol.  »,  7  Février  1907. 

(152)  Mabinbsco.  Un  cas  d'amyotrophie  Charcofc-Marlo  à  debut  par  les  membies  supéricnni, 
av(H;  ])artÌcipation  de  quelques  muscles  de  la  fac«  et  des  muscles  masticateuro.  «  Soc.  de  Nenrol. 
de  Paris  »,  Il  aprii  1907. 

(153)  OixBLicH.  Ueber  einen  Fall  von  neuralen  Muskelatrophie  mit  Beginn  in  friibesttr 
Kindhpit  und  Veranderungen  der  grauen  und  weissen  Substanz  des  Riickenmarks,  namentlich  in 
den  Hinterstriingen.  «  Keurol.  Centralbl.  »,  1907;  8.  687. 

(154)  Spillkv.  Myopathy  of  the  distai  type  and  its  relation  to  the  neural  form  of  muscular 
atrophy  Charcot-Marie.  «  Joum.  of  Hervous'and  Mtnt.  Biseases»,  January  1907. 

(155)  Lbti.  Saggio  clinico  e  critico  sulle  amiotrofie  progressive  neurotico-spiuali  in  rapporto 
alle  malattie  eredo-familiari  del  sistema  nervoso.  «  Rivista  critica  di  Clinica  Medica  »,  1907. 


Clinica  delle  malattie  ner\'Ose  e  mentali  della  R.  Univenità  di  Genova 
diretta  dal  prof.  Enrico  Morselli 


Nota  preventiva  sopra  lo  stato  emotivo  nei  dementi  precoci 

per  il  dott.  O.  Bertoldi,  Assistente 


Ki'aepelin,  nelPultima  edizione  del  suo  trattato  di  Psichiatria,  descrivendo 
le  forme  che  ha  unificalo  sotto  la  denominazione  di  demenza  precoce,  dice  : 
«  quale  tratto  fondamentale  comune  del  quadro  morboso  noi  possiamo  consi- 
derare, come  giustamente  ha  di  recente  dimostralo  Stransky,  la  perdita  del- 
l'unità interna  delle  attività  intellettive,  emotive,  volitive  >  :  E  avanti  :  «  più 
importante  è  Votlundimento  emotivo  di  grado  più  o  meno  elevato,  che  si  ve- 
rifica sempre  e  che  rappresenta  uno  dei  tratti  fondamentali  del  processo  psico- 
patologico.... gli  infermi,  anche  quando  forse  i  movimenti  espressivi  sono  ancora 
vivaci,  non  risentono  più  una  vera  gioia  ed  una  vera  tristezza  iifterna,  non 
hanno  né  desideri  né  timori,  ma  vivono  indifferentemente  alla  giornata.,  anche 
contro  il  malessere  fisico  sembra  che  siano  divenuti  più  insensibili,  giacché 
sopportano  senza  farne  gran  caso  posizioni  incomode,  punture  di  spillo,  ferite. 


G,  fkrtoldi  -  Nola  preventiva  sopra  lo  stato  emotivo,  ecc.  581 


Una  manifestazione  parziale  deirotlundimento  emotivo  è  inoltre  la  perdita  della 
compassione,  del  senso  di  convenienza,  dello  schifo  e  del  pudore  ». 

Secondo  l'osservazione  dello  psichiatra  tedesco,  accettata  del  resto  senza 
restrizioni  da  chiunque' s'è  occupato  della  questione,  la  base  sintomatica  di 
questa  forma  poggia  sopra  il  tripode  formato  dalla  lesione  del  sentimento, 
dell'intelligenza  e  della  volontà.  Nulla  si  può  obbiettare  a  tale  riguardo  che 
non  sia  scrupolosamente  giusto,  giacché  il  demente  precoce  si  presenta  a  chi 
l'osserva,  nella  guisa  suddescritla  :  indifferente,  apatico  a  stimoli  sia  pure  vivaci 
e  validi  :  estraneo  all'ambiente;  sordo  alle  manifestazioni  affettuose  dei  parenti; 
insensibile  talvolta  alle  eccitazioni  dolorifiche,  alle  offese  ed  alle  ingiurie  ; 
ignaro  del  pudore,  del  ribrezzo,  dello  schifo. 

Ma  se  l'esteriorità  mimica,  ed  una  bizzarra  e  mutevole  condotta  ci  presenta, 
nella  pluralità  dei  casi,  i  dementi  precoci  sotto  quest^aspetto,  qualcuno  però  fa 
eccezione  alla  regola  ed  a  me  è  capitato  di  osservare  due  anni  fa,  nel  Sanatorio 
Morselli,  lìn  infermo  di  questo  genere,  fornito  ancora  di  un  patrimonio  abbastanza 
ricco  di  sentimenti  affettivi  benché  la  forma  morbosa  durasse  già  da  sei  anni. 
Questo  ammalato  che  presentava  stereotipie  svariatissime,  ecolalia  ed  ecoprassia, 
trascuratezza  nel  vestire,  disordine  nel  contegno,  riceveva  la  visita  dei  parenti 
e  degli  amici  con  visibile  contentezza  ;  era  sensibile  alle  gentilezze  ed  alle  cor- 
tesie, provava  risentimento  evidente  ai  rimproveri  ed  alle  offese,  era  pudico, 
compassionevole,  pietoso.  A  questa  prima  osservazione  se  ne  aggiunsero  altre 
che  mi  spinsero  a  saggiare  con  speciale  attenzione  lo  stalo  affettivo  di  questi 
infermi,  tanto  più  che  nelle  osservazioni  fatte  la  scarsità  dei  disturbi  della 
sfera  sentimentale  andava  unita  ad  un'  identica  delicienza  della  sfera  volitiva. 
Ma  l'osservazione  diretta  e  le  ricerche  analitiche  mi  potevano  servire  solo 
per  quei  pochi  casi  di  cui  sopra  ho  fatto  cenno,  mentre  non  mi  avrebbero 
giovato  più  quando  m'imbattevo  in  soggetti  negativisti;  risolsi  quindi  di  ricer- 
care l'esistenza,  il  grado  e  la  qualità  di  una  qualsiasi  reazione  emotiva  alla 
stregua  del  reflesso  vascolare,  affatto  indipendente  dalla  volontà  e  giustamente 
appellato  il  dinamometro  della  emjozione.  Mi  hanno  servito  bene  all'uopo,  il 
guanto  volumetrico  del  Patrizi  di  medio  calibro,  un  tamburo  di  Marey,  il 
chimografo  di  Ballzar-Ludwig. 

Ecco  come  procedevo  nell'esame  del  soggetto  in  esperimento  :  dopo  averlo 
preparato  con  opportuna  persuasione  (facendogli  credere  il  più  delle  volte  che 
si  trattava  di  una  cura  efficaceì  lo  munivo  del  guanto  all'arto  superiore  destro 
e  lo  bendavo  al  fine  di  richiamare  meglio  l'attenzione  sopra  gli  stimoli  che 
stiwo  per  procacciargli:  il  desiderio  d' intrapprendere  l'osservazione  sempre 
alla  stessa  ora,  non  é  stato  appagato  per  la  negativa  accondiscendenza  dei  sog- 
getti ;  invece  il  medesimo  soggetto  è  stato  esaminato  in  diversi  stati  di  tono 
emotivo. 

Quando  avevo  acquistato  la  certezza  che  le  condizioni  di  attenzione  cor- 
rispondevano abbastanza  ai  rapporti  coU'ambiente  esterno,  portavo  sopra  l'esa- 
minando slimoli  sensitivi,  sensoriali  e  psico-emotivi  e  raccoglievo  sul  chimografo 
il  traccialo  sfìgmografico  della  radiale,  annotando  le  corrispondenti   variazioni 


58^2 


G.  Ik  l'Ioidi 


(ii  voliniie.  l*er  le  sliiiiulazioni  seiiìiitive,  il  dolore  ;  per  le  sensoriali,  il  jrii.slu, 
riidilo  e  Tolfalo  ;  per  le  psico-emotive  evocazioni  mnemoniche  di  scene  pia- 
cevoli o  dolorose,  annunzii  di  notizie  gradevoli  o  disgustose,  ricordi  di  persone 
care  o  di  figure  odiose. 

Ho  avuto  cura  di  modificare  il  meno  che  mi  fosse  possibile  la  varieli^  dj'gli 
slimoli,  ripetendo  sempre  i  medesimi  all'  infuori  di  quando  speciali  condizioni 
lo  vietavano. 

Del  polso,  del  circolo,  della  pressione  e  del  cuore  me  ne  sono  interessato 
superficialmente  perchè  ciò  esorbitava  dal  coujpito  che  mi  ero  proposto,  seb- 
bene fin  dalle  |H*ime  grafiche  riconoscessi  quale  cumulo  di  sfudio  e  di  osser- 
vazioni olTrissero  queste  ricerche  che    uelT  Istituto  clinico  sono    ora  condotte 


^'''^''''''''''''''''^^  ^y^ 


ti    aXthu/€-    4wii^    fìPoJ^.^-^  ! 


dal  Dott.  Arturo  Morselli  sojira  le  demenze  secondarie.  Potranno,  se  altri  non 
mi  ])recede,  essere  Toggetto  di  un  ulteriore  studio. 

1  risultali  di  circa  duecento  osservazicmi  sopra  trenta  soggetti  d'esame, 
distribuiti  in  numero  di  dieci  per  varietà  di  demenza,  mi  autorizzano  ad  affer- 
mare che  l'emotività  non  è  spenta  nei  dementi  precoci  ;  essa  persiste  entro 
limiti  che  variane»  a  seconda  delle  condizioni  di  coscienza,  di  lucidità,  di  calma, 
d' im])ulsività,  di  negativismo,  di  rigidità  muscolare. 

Di  fronte  al  demente  precoce  prima  di  negargli  una  reazione  afl*elliva  ad 
uno  stimolo  cpialsiasi  bisogna  rendersi  conto  esatto  se  quello  stimolo  fu  per- 
ceiiito;  or  accade  che  nello  stalo  di  equilibro  instabile  delle  attività  intellettive, 
nel  disordine  continuo  dell'attenzione  in  cui  versano,  molte  stimolazioni  pas- 
sino inavvertite  e  si  noti  cosi  una  reazione  mancala  là  dove  non  v'è  stato 
neppure  percezione.  Solamente  quando  saremo  certi  dell' integrità  della  perce- 
zione potremo  chiamare  reazione  mancata  l'assenza  della  caratteristica  varia- 
zione volumetrica  alla  stimolazione  emotiva. 

Ebbene  tutte  le  volte  che  nei  miei  soggetti  d'esperimento  ho  potuto  essere 
certo  che  lo  stimolo  era  arrivato  ai  centri  superiori,  ho  dovuto  notare  conse- 
inientemente  una  reazione  vasale,  di  regola  a  tipo  costrittivo.  Ho  detto,  dì 
regola,  |)erchè  contrariamente  a  ciò  che  affermano  Couty  e  Charpentier  i 
(piali  scrivono  che  non  c'è  ra|q)orto  di  sorta  Ira  la  natura    dell' eceil;ni le,  la 


Nota  preventivn  sopra  lo  stalo  emotivo  nei  dfoicnti  precoci 


:m 


nalura  presunta  dell'emozione  e  la  natura  della  reazione  vascolare,  ho  otte- 
nuto in  due  casi,  ad  eccitazioni  depressive  una  costrizione  vasale,  a  stimoli  di 
natura  piacevole  una  dilatazione:  in  tutti  gli  altri  rallermazione  diCoutye 
Cliarpentier  non  ha  suhito  una  smentita  verificandosi  sempre  a  qualsiasi 
eccitazione  una  costante  restrizione  vasale. 

Nel  corso  di  stati  allucinatorì,  di  incoscienza  pressoch^  ass(duta,  di  ne- 
gativismo rigido,  di  niutacismo,  di  lìessihilità  cerea,  di  catalessia,  quasi  co- 
stantemente il  Testone  di  pulsazioni  si  manteneva  all'  identico  livello  per  quanto 
si  succedessero  rapide  ed  intense  le  stimolazioni  di  varia  nalura:  solo  in  quattn^ 
casi  di  catatonia  cerea  con  negativisnm  e  mutacismo  un  forte  stimolo  dolo- 
rifico   provocò   una    reazione  a|>pena  accennata,  ma  gli  altri  di  natura  senso- 


riale e  psichica  rimasero  inattivi  e  ncm  proviM-arono  nessun  mutamento  vo- 
lumetrico. 

Qui  |)resento  due  curve  simograllche,  scelte  a  caso,  nelle  (piali  la  reazicnu' 
si  vede  ahhastanza  nìarcata.  l^a  prima  ap|)artiene  ad  un  ehelVenico  che  «luca 
da  circa  sette  anni  nello  stato  di  malattia:  la  seconda  ad  un  calatcmico  am- 
malato da  cinque  anni. 

Sul  genere  di  questa  si  presentano  anche  le  altre  che  vedranno  la  luce 
nella  compilazione  dettagliata  della  memoria  sperimentale.  Non  mi  dilungo  in 
questa  semplice  nota  preventiva  ad  analizzare  il  fenomeno  nelle  sue  varie  ijjo- 
dalità,  ne  a  ricercarne  la  spiegazione.  Mi  limito  solo  ad  all'ermare  resistenza 
allo  stato  latente  nei  dementi  precoci  della  emotività  ed  a  notare  la  conco- 
mitanza dei  due  valori  semeiologici  (a  mio  parere  di  grande  importanza)  i  quali 
vanno  a. pari  sia  nel  mostrarsi  che  nel  mancare,  voglio  dire  della  lesione  del 
sentimento  e  della  volontà. 

Quando  quest'ultima  è  meglio  conservata  nel  suo  potere  dinamico,  mene» 
lesa  nel  potere  inihitorio,  anche  l'estrinsecazione  dell'attività  interna  emotiva 
è  più  valida  e  più  adatta  a  cadere  sott'occhio  all'osservatore  ed  io  penso  a|>- 
punlo  che  la  lesione  del  sentimento  più  che  essere  primitiva  sia  strettamente 
legata  all'alterazione  volitiva  e  quindi  secondaria  e  dipendente  da  essa. 


584  Hlvista  di  Patologia  nervosa  e  mentale 


RECENSIONI 


l^evropatologia. 

1.  Discussion  sur  Vhysterie  (Società  de  Neurologie,  Parie).  —  «  Revue  Neurologi 
<iue  »,  XVI  Année,  n.  8-10,  30  avril  et  30  mai  1908. 

Che  cos'è  T isterismo?  Quali  sono  i  suoi  rapporti  (sintomo  per  sintomo)  con  la 
suggestione,  con  Tanto-suggestione,  con  la  simulazione  e  con  gli  infortuni  sul  lavoro? 
Che  valore  ha,  come  mezzo  di  cura,  la  persuasione?  Questo  tema  fu  proposto  da 
Pierre  Marie  alla  Société  de  Neuroloffie  nel  1901;  e  solo  nella  primavera  del- 
Tanno  corrente  Dupré,  relatore,  ritenne  opportuno  —  avendo  attinto  notizie  da  ogni 
parte  —  di  riferire,  più  che  le  conclusioni,  i  quesiti  che  credeva  bene  di  sottomet- 
tere all'Assemblea.  Siccome  in  vari  punti,  anzi  nei  più  essenziali,  l'accordo  fu  quasi 
unanime,  è  interessante  conoscere  i  nomi  degli  intervenuti:  A  e  hard,  Babinski, 
Gilbert-Ballet,  Bauer,  Brissaud,  Cestan,  Claude,  Crouzon,  Dejerine,  si- 
gnora Klumpke  Dejerine,  Dufour,  Dupré,  Enriquez,  Gasne,  Guillain,  Hal- 
lion,  Huet,  Lannois,  Klippel,  Laignel-Lavastine,  Lamy,  Lejonne,  Léri, 
Pierre  Marie,  De  Massary,  Henry  Meige,  Raymond,  Rochon,  Duvigneaud, 
Roussy,  Sicard,  Souques,  Thomas,  Pitres,  Crocq  (di  Bruxelles),  Oskar  Vogt 
(di  Berlino). 

Neil'  insieme  dei  fenomeni  che  si  collegano  all'isterismo,  ve  n'è  una  grandissima 
parte  che  può  riprodursi  per  suggestione  e  scomparire  sia  per  suggestione,  sia  per 
forza  di  persuasione:  crisi  convulsive,  paralisi,  contratture,  anestesie,  ipere8t4jsie,  di- 
sturbi sensoriali,  disturbi  della  parola,  stigmate  (emianestesia  sensitivo-sensorìale,  re- 
stringimento del  campo  visivo,  poliopia  monoculare,  discromatopsia,  abolizione  del 
riflesso  faringeo,  zone  isterogene).  Non  solo  ;  ma,  secondo  i  più,  la  suggestione  sembra 
il  solo  procedimento  capace  di  produrre  simili  effetti.  Si  tratta  quasi  sempre  di 
suggestioni  involontarie  à^origine  medica:  se  l'emianestesia  sinistra  è  più  frequente 
della  destra,  ciò  dipende  anzitutto  dal  fatto  che  il  confronto  tra  le  due  metà  simme- 
triche del  corpo  è  già,  di  per  sé  stesso,  una  suggestione  di  unilateralità;  se  poi 
l'emianestesia  è  quasi  sempre  a  carico  della  metà  sinistra,  è  perchè  il  medico,  seduto 
dirimpetto  all'ammalata,  comincia  dall' esplorare  la  metà  sinistra  (col  suo  braccio 
destro). 

Basta  una  simile  conclusione,  da  cui  dissente  il  solo  Raymond,  rappresentante 
dell'ortodossia  charcotiana,  per  condannare  la  tradizione  scientifica  di  Charcot  in 
materia  d'isterismo  e  per  giustificare  le  idee  di  Bernheim  che  tutto  riduce  a  sug- 
gestione. I  restringimenti  concentrici  del  campo  visivo,  per  esempio,  non  sono  che 
effetto  della  fatica  oppure  di  un  equivoco^  perchè  alcuni  soggetti  non  accusano  la 
immagine  se  non  quando  è  ben  chiara.  Io  osservo  peraltro  che  dall'errore  scientifico 
della  scuola  ortodossa  può  scaturire  un  insegnamento  pratico  :  vi  sono  simulatori 
malaccorti  i  quali,  interpretando  male  la  legge  del  restringimento  campimetrico,  la 
simulano  anche  peggio,  cioè  dimostrano  un  restringimento  irregolare  (non  concentrico) 
e  incostante  (diverso  da  una  seduta  all'altra);  ebbene,  in  questo  caso  l'indagine,  per 
quanto  in  se  stessa  poco  concludente,  è  rivelatrice  della  simulazione. 


Nevropatoloffia  7ìH'ì 


A  Pitres  che,  richiesto  sul  metodo  che  seguiva  per  verificare  l'esistenza  della 
eiDÌanestesia  isterica,  rispose  ingenuamente  :  «  io  pungo  la  malata  con  uno  spille»  e 
le  dico:  sentite .^-^t  Babinski  ha  buon  giuoco  a  replicare:  «con  questa  domanda 
voi  ammettete  già  che  Taramalata  potrebbe  non  sentire  ». 

La  replica  di  Babinski  è  giustissima;  ed  io  ho  sempre  pensato  come  Babinski; 
ho  sempre  avuto  una  mediocre  fiducia  nel  carattere  patognomonico  deiremianestesia: 
ed  ho  sempre  insegnato  agli  studenti  che  il  miglior  mezzo  per  non  provocare  nelle 
isteriche  sintomi  artificiali  era  quello  di  esaminarle  sommariamente,  senza  zelo.  Come 
la  miglior  cura  consiste  nel  trascurarle  (cortesemente),  così  il  miglior  eaame  è  quello 
che  si  pratica  con  minore  zelo. 

Certo  qualche  cosa  rimane;  rimane  che  l'isterismo  è  per  eccellenza  una  condi- 
zione di  suggestibilità:  come  gli  infantili,  i  deboli  e  gli  indeboliti,  anche  le  iste- 
riche sono  squisitamente  suggestibili. 

Vi  sono  sintomi  sottratti  alla  suggestione  ?  Certamente:  i  riflessi  pupillari  e  ten- 
dinei e  qualche  altro;  ma  sono  pochi.  E  mentre  sono  scarsi  di  numero,  non  sono 
punto  importanti  per  qualità;  anzi  non  hanno  nulla  di  caratteristico.  Conviene  se- 
parare il  primo  gruppo  di  sintomi  (simulabili)  dall'altro,  affibbiando  ai  simulabili 
(od  ottenibili  per  suggestione)  il  nome  di  pithiatisme  ?  È  un  quesito  che  la  So- 
ciété  de  Neurologie  ha  voluto  porsi,  ma  la  cui  soluzione  non  ci  interessa.  Quel  nome 
è  infelice;  i  nomi  espressivi,  facili,  pittoreschi  non  hanno  bisogno  d'un  decreto-legge, 
neppure  da  parte  di  una  Società  eminente  come  quella  di  Parigi,  per  entrare  nelle 
lingue  di  tutti  i  popoli  civili. 

Né  Babinski,  ne  Dupré  hanno  mai  potuto  ottenere  la  febbre  isterica  per 
suggestione.  Dovremo  concludere  ch'essa  non  esiste  ?  Su  questo  punto  l'Assemblea  ri- 
mane in  dubbio. 

Quanto  ai  fenomeni  circolatori  e  al  dermografismo,  la  stessa  oscurità.  Ma  qui 
mi  prendo  la  libertà  di  interloquire  io  :  molti  anni  sono,  ho  potuto  produrre  stigmate 
d'iperemia  cutanea  (non  in  forma  di  figure  o  di  croci,  ma  di  semplici  macchie)  al 
dorso  delle  mani,  per  comandOf  in  un'isterica  ipnotizzata  ed  allenata  a  tutte  le 
reazioni  dell'  ipnotismo,  comprese  le  più  paradossali.  Cominciai  con  lo  stimolo  metal- 
lico (una  moneta  di  bronzo,  ricordo  della  vieta  metalloterapia)  ;  poi  sostituii  due 
pezzi  di  cartavalla  moneta;  poi  il  contatto  delle  mie  dita  ai  due  pezzi  di  carta;  in 
fine  il  puro  comando  senza  contatti  di  sorta.  L'eifetto  era  infallibile  e  immediato: 
io  m'assentavo;  e  vi  erano  testimoni,  molto  autorevoli,  del  risultato  (positivo).  Dun- 
que i  fenomeni  circolatori  dell'isterismo  sono  suscettibili  di  suggestiane.  Sono  sem- 
pre prodotti  da  una  suggestione  ?  Questo  è  un  altro  quesito  ;  ma  dalla  possibilità 
alla  costanza  e  indissolubilità  ài  questo  determinismo  il  passo  è  assai  breve. 

In  conclusione,  mentre  un  buon  numero  di  sintomi  isterici  è  soggetto  alla  legge 
della  suggestione,  ve  n'  è  una  piccola  parte  —  assai  meno  caratteristica  —  che  se  ne 
sottrae.  Non  si  capisce  se  questi  ultimi  si  debbano  considerare  come  sintomi  del  vero 
isterismo,  né  se  essi  abbiano  la  stessa  genesi,  né  se  —  eventualmente  —  dipendano 
dai  sintomi  di  vero  isterismo.  Ma,  come  osservò  Babinski,  risulta  fin  d'ora  bene 
accertato  che  i  così  detti  sintomi  obiettivi  dell'isterismo,  come  l'anuria,  gli  edemi y 
le  flictene,  le  ulcerazioni^  la  gangrena^  le  emorragiey  la  febbre,  costituiscono  un 
reperto  raro,  ambiguo,  forse  estraneo  all'  isterismo,  se  pure  esistono  ;  e  lo  stesso  si 
dica  riguardo  al  contegno  dei  riflessi  tendinei  (abolizione  ed  esagerazione).  Insomma 
fin  ilove  iiiriva  la  ssgg^fttione  arriva  l' isterismo  ;  più  in  là  si  tratta  probabilmente 
d'un'altra  cosa,  di  complicazioni  accidentali  e  non  caratteristiche.  Peraltro   io  sog- 


TìHi'ì  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  meìiMe 

giungerei,  per  conto  mio,  o  piuttosto  ripeterei  ciò  che  ho  già  aifermato  tempo  fa  (nel 
mio  «Trattato  delle  malattie  mentali  »,  1905);  la  suggestione  può  —  nell'ipnosi  e 
e  nell'isterismo  —  penetrare  tutto  il  sistema  nervoso  ed  anche  quelle  porzioni 
di  esso  che  sono  inaccessibili  alla  volontà  (normale).  Noi  non  possiamo  arrossire  a 
nostro  talento;  ma  possiamo  arrossire  per  autosuggestione,  per  suggestione  e  forse  — 
se  l'isterismo  se  ne  ingerisce  —  per  atto  di  volontà,  che  in  questo  caso  è  volontà 
straordinaria,  anormale,  i^arahulia.  Se  c'è  qualche  cosa  di  singolare  nell' isterismo, 
è  appunto  questa  permeabilità  e  riversibilitÀ  degli  stimoli  che  —  sempre  nell'orbita 
del  sistema  nervoso  —  dà  luogo  a  reazioni  paradosse. 

È  importante  stabilire  se  alcuni  fenomeni  isterici,  come  la  contrattura,  persistano 
nel  sonn(».  Ebbene,  pare  di  no.  Certo,  la  lunga  persistenza  in  una  posizione  forzata 
può  produrre  retrazioni  fibro-tendinee  che  mantengono  la  contrattura  anche  nel  sonno: 
Dejerine  riferì  il  caso  d'una  giovane  che,  avendo  subito  un  tentativo  di  deflorazion**, 
rimase  per  5  anni  con  le  coscie  in  adduzione,  in  modo  che  le  ginocchia  si  toccavano 
strettamente;  ci  volle  non  solo  la  narcosi  cloroformica,  ma  anche  un  grande  sforzo 
per  distruggere  la  contrattura.  La  ragazza  non  pareva  isterica  ;  ma  l'origine  ist^'rica 
della  sua  contrattura  è  provata  dal  fatto  che,  in  seguito  al  forzato  rilassamento 
degli  adduttori  e  all'applicazione  temporanea  d'un  impedimento  meccanico  per  deter- 
niinare  uno  stato  di  abduzione  delle  coscie,  si  produsse  una  contrattura  degli  ab- 
duttori, contraria  alla  precedente  ;  e  infine  dall'altro  fatto  che,  dopo  un  periodo  di 
alternativa  fra  la  contrattura  degli  adduttori  e  quella  degli  abduttori,  cioè  in  cap<> 
a  tre  settimane,  l'ammalata  guarì.  Qui  alla  suggestione  (^autosuggestione)  si  associava 
l'emozione  (la  paura).  In  realtà,  come  disse  Vogt,  gli  effetti  isterici  possono  nascere 
da  tre  ordini  di  cause  :  la  suggestione,  l'emozione,  e  il  cumulo  di  tutte  e  due.  S'in- 
tende poi  che  la  suggestione  è  cosa  diversa  dalla  persuasione  :  suggestione  è  l' impo- 
sizione d'un'  idea  irragionevole  con  l'autorità  o  la  paura  ;  persuasione  è  un  procedi- 
mento a  freddo,  di  natura  logica,  nel  quale  l'autorità  e  la  paura  non  c'entrano  <» 
non  dorrebbero  entrarci.  Che  peraltro  le  due  cose  si  mescolino  un  poco,  è  semplice 
ed  evidente;  e  ciò  spiega  l'apparente  disaccordo  fra  Crocq,  Ballet,  Dupré  da  un 
canto,  e  Babinski,  Brissaud  dall'altro.  Si  può  imporre  per  suggestione  un  effetto 
benefico,  forse  ottenibile  anche  per  mezzo  della  persuasione;  e  si  può,  facendo  ogni 
sforzo  allo  scopo  di  persuadere  e  con  l'illusione  di  aver  |;er.«?ua.so,  riescire  molte  volte 
ad  un  meschine»  risultato  di  ....  suggestione.  Chi  sa  se  i  risultati  terapeutici  di 
Bubois  sono  dovuti  sempre  e  interaniente  alla  sua  argomentazione,  alla  sua  eloquenza, 
alla  chiarezza  delle  sue  idee  e  delle  sue  parole  o  non  piuttosto  (in  tutto  o  in  parte) 
all'apparato  solenne  di  cui  si  circonda,  alle  ansiose  aspettazioni  che  precedono  la  sua 
comparsa  davanti  al  paziente  e  magari  (io  non  lo  conosco)  al  suo  ascendente  fisico, 
al  suo  esteriore?  Nemmeno  un'adunanza  d'illustri  neurologi  parigini  potrà  mai  se- 
parare, con  definizioni,  due  cose  destinate  a  spesso  confondersi  in  pratica,  come  la 
suggestione  e  la  persuasione.  Meno  spesso,  forse,  si  confondono  fra  loro  due  altre  cose, 
ben  più  dift'erenti,  cioè  l'autosuggestione  e  la  simulazione. 

Un  punto  poi  che  tutti  gli  alienisti  conoscono  da  lungo  tempo,  ma  sul  quale  non 
si  è  ancora  formata  un'opinione  decisa  né  tra  il  pubblico,  ne  tra  i  medici,  fu  illu- 
minato assai  bene  da  Babinski.  La  suggestibilità  e  la  persuadibilità,  mentre  sono 
caratteristiche  della  plastica  mentalità  delle  isteriche,  mancano  in  ogni  altra  malattia 
nervosa  ;  tipica  è  la  refrattarietà  alla  suggestione  (e  all'  ipnotismo)  di  tutti  i  fobici, 
ossia  dei  psicastenici  che  soffrono  di  ossessioni,  malattia  del  dubbio,  idee  fisse.  Bal- 
let si  associa  a  Babinski;  Dejerine  contesta,  ma  —  secondo  me  — a  torto.  Pi- 


Nevropatologia  587 


tres  crede  alla  efficacia  d'un'opera  persuasiva  assai  lenta  e  metodica  anche  alPiafuori 
del  pitiatisnio,  purché  corredata  d'altre  cure  concomitanti;  e  questo  è  ammissibile. 

Quest'osservazione  di  Pi  tres  diede  luogo  ad  un'ampia  discussione  sul  valore  del 
fatt4»re  tempo  nei  fenomeni  di  suggestione  e  di  persuasione.  Può  questo  fattore  costi- 
tuire un  criterio  di  distinzione  tra  i  casi  di  isterismo  (a  suggestione  rapida)  e  i  casi 
di  psicastenia  o  d'altre  neurosi  (a  persuasione  lenta)  ?  Certo,  vi  sono  guarigioni  lente 
anche  nell'isterismo:  ma  solo  nell'isterismo  (pare  a  me)  sono  possibili  le  rapide. 

Veniamo  agli  isterici-gastropatici  ed  agli  isterici-urinari  (leggi  :  al  vegetarianismo 
e  ai  metodi  curativi  usati  da  Combes  a  Losanna).  L'origine  di  questi  disturbi  ga- 
strici e  urinar!  è  la  sugffestimie  medica  ;  meno  male  se  la  stiggesiiane  medica  o 
medico-chimica  si  industria  anche  di  guarirli.  Ma  sono  sempre  di  natura  pithiati- 
que'f^  Basterà  l'isolamento  di  Dejerine  o  la  persuasione  di  Dubois  o  la  cucina  di 
Oombes  a  far  giustizia  di  tutti  questi  falsi  gastropatici,  falsi  urinar!,  falsi  cardio- 
patici, falsi  organici  (cioè  che  si  credono  o  sembrano  affetti  da  lesioni  organiche)? 
Certamente  no;  vi  sono,  in  questa  legione  d'illusi,  anche  molti  psicastenici,  ipocon- 
driaci, deliranti:  vi  sono  altresì  i  cenestopatici  che  Dupré  classìfica  nella  stessa 
categoria  e  che  potrebbero  essere  (mi  pare)  anche  individui  che  sentono  precocemente 
una  lesione  progressiva  ed  oscura,  ma  obiettiva  dei  propri  visceri,  falsi  organici  agli 
•  »cchi  del  medico,  ma  veri  nella  realtà. 

Quando  Dufour  propone  di  chiamare  l'isterismo  col  nome  di  psicosi  da  imita- 
zione, egli  designa  bene  una  varietà  d'isterismo;  ma  Babinski  ha  ragione  di  obiet- 
tare che,  facendo  risalire  l'isterismo  alla  suggestione,  se  ne  dà  una  definizione  più 
vasta,  che  comprende  anche  i  casi  d'imitazione.  Certamente,  anche  da  questo  punto 
di  vista  è  bene  ripetere  come  l'essenza  dell'isterismo  non  consista  tanto  nel  fatto 
dell' imitazione  e  nel  tema  della  suggestione,  quanto  nella  condizione  speciale  di  km f/- 
(jestività  ih  cui  versa  l'isterico.  Ciò  è  visibile  sopratutto  weWistero-traumatismOy 
dove  la  mentalitù,  prima  chiusa  alla  suggestione,  diventa  accessibile  ad  ogni  sorta 
di  preoccupazioni,  di  fobie*,  di  ansie,  d'idee  ipocondriache.  Dejerine  ricordò  in  pro- 
posito il  caso  d'un  professore  universitario,  atletico  di  corpo,  reputatissimo  per  valore 
scientifico,  che  —  spinto  (da  un  urto  del  treno  ferroviario  con  un  tramway)  contro  la 
parete  opposta  dello  scompartimento,  è  contuso  leggermente  all'  ipocondrio  destro,  e 
qualche  giorno  più  tardi  presenta  emianestesia  sensitivo-sensoriale  sinistra  completa 
e  totale  con  restringimento  puntiforme  del  campo  visivo  (l'esame  è  praticato  da  un 
oculista),  senza  indebolimento  muscolare  della  metà  anest^ica,  emotività  eccessiva, 
timidezza  in  contrasto  coi  precedenti  (il  malato  era  il  coraggio  in  persona):  insomma 
il  quadro  tipico  dell' istero-nevrastenia.  La  guarigione  venne  raggiunta  in  cinque 
mesi;  e  fu  completa,  assoluta,  con  ripresa  delle  lezioni,  dello  sport  abituale  e  della 
pratica  medica.  Due  anni  dopo  il  malato  morì  di  angina  pectoris.  Come  ravvisare 
la  suggestione  in  tutto  questo,  si  domanda  Dejerine;  ma  a  me  pare  evidente  che 
si  tratti  (V\in' autosuggestione  medica. 

Ipersuggestibilità,  iperimpressionabilità  e  diminuzione  del  controllo  cerebrale  sono, 
secondo  Crocq,  i  termini  caratteristici  dell'isterismo.  La  nevrastenia  può  presentare 
gli  stessi  requisiti;  ma  nessuno  penserà  ch'essa  scomparisca  di  sana  pianta  e  costan- 
temente per  suggestione  o  persuasione,  ancorché  la  suggestione  e  la  persuasione  siano 
in  grado  di  migliorarne  i  sintomi. 

Con  questi  cànoni,  non  molto  nuovi,  ne  peregrini,  la  discussione  sull'isterismo  è 
cessata  o  è  stata  interrotta,  ma  non  esaurita.  È  strano  che  in  trent'anni  di  studi 
apparentemente    esatti  nelle  affollate  infermerie  della  SalpOtrière  non  si  sapesse  ancora 


588  lilvistu  di  Patologia  nervosae  mentale 


che  le  contratture  isteriche  si  risolvono  durante  il  sonno:  evidentemente  l'osserva- 
zione del  fenomeno  era  profonda,  ma  diurna,  e  la  notte  non  aveva  portato  consiglio. 
È  altrettanto  strano  che  i  nevropatologi  francesi  discutano  por  definire  una  distin- 
zione così  ovvia  come  quella  tra  persuasione  e  suggestione  per  riconoscere  che  la 
suggestione  è  un  peggiorativo  della  persuasione.  Infine  è  certo  che  il  ptthiatisme 
non  è  che  la  forraola  di  riconoscimento  della  teoria  di  Bernheim,  secondo  la  quale 
i  fenomeni  dell' ist^jrismo  (almeno  i  piìi  essenziali)  sono  tutti  conseguenza  d'aut(»8Ug- 
gestione,  come  quelli  dell'ipnosi  sono  tutti  conseguenza  deir eterosuggestiune. 

Taf  ì  zi, 

2.  A.  Stem,    Ueher  Tumoren  des  ì^ierten    Ventrikels,  —  «  Deutsche  Zeitschrift 
fur  Nervenheilkunde  »,  Bd.  34,  H.  3-4,  1908. 

Prendendo  occasione  da  un  caso  di  propria  osservazione,  l'A.  traccia  e  discute 
la  sintomatologia  dei  tumori  del  quarto  ventricolo,  accennando  ai  caratteri,  non  sem- 
pre sufficienti  del  resto,  che  possono  guidare  nella  diagnosi  differenziale  tra  tumure 
propriamente  detto  e  cisticerco:  che  la  distinzione  non  sia  sempre  possibile  lo  dimo- 
stra il  caso  qui  riferito,  in  cui  fu  fatta  in  vita  la  diagnosi  di  cisticerco,  mentre  al- 
l'autopsia si  trovò  un  glioma. 

Il  quadro  clinico  dei  tumori  del  quarto  ventricolo  è  abbastanza  caratteristici»: 
accenniamo  ai  fenomeni  più  importanti. 

Il  decorso  della  malattia  è  spesso  molto  rapido  (poche  settimane  o  mesi)  e  vien 
chiuso  non  di  rado  da  una  morte  improvvisa  spiegabile,  nella*  maggior  parte  dei  casi, 
con  un  improvviso  aumento  dell'  idrocefalo  o  con  un  subitaneo  disturbo  circolatorio 
che  arresta  la  funzione  del  centro  respiratorio. 

Un  sintomo  di  grande  valore  diagnostico  è  rappresentato  dalla  posizione  rigida 
e  dalla  forte  inclinazione  in  avanti  della  testa.  Frei[uenti  sono  il  vomito,  la  cefalea 
(a  tipo  occipitale,  talvolta  anche  frontale),  i  noti  fenomeni  di  compressione  cerebrale  : 
però  la  papilla  da  stasi  manca  spesso,  specie  quando  la  malattia  ha  una  breve  du- 
rata. Caratteristica  per  i  tumori  del  quarto  ventricolo,  compreso  il  cisticerco,  è  la 
intermittenza  dei  sintomi,  l'alternarsi  di  attacchi  di  cefalea,  vomito  violento,  con 
periodi  di  pieno  benessere.  Invece  il  fenomeno  di  Bruns  (caduta  improvvisa,  com- 
parsa di  gravi  sintomi  cerebrali,  vertigine  e  vomito  nei  rapidi  mutamenti  di  posi- 
zione del  capo)  non  si  osserva  mai  completo  nei  casi  di  tumore  vero  e  proprio  della 
fossa  romboidale,  mentre  costituisce  la  regola  nei  cisticerchi  liberi  di  dettai  regione 
ed  ha  quindi  il  valore  di  un  buon  carattere  differenziale. 

In  qualche  caso  si  è  osservato  il  diabete  mellito  o  insipido.  Frequenti  sono  le 
paralisi  dei  muscoli  oculari  e  del  facciale,  il  nistagmo,  l'anisocoria  e  la  torpidezza 
dei  riflessi  pupillari.  La  vertigine,  l'atassia  cerebellare  costituiscono  la  regola.  Con 
notevole  frequenza  si  osservano  disturbi  psichici  (melancolia  con  variabilità  di  umore, 
confusione,  stupore,  indebolimento  della  memoria  etc). 

In  un  gran  numero  di  casi  l'anamnesi  rivela  che  ai  primi  segni  della  malattia 
è  preceduto  un  trauma  :  questo  dato  deve  naturalmente  considerarsi  con  molto  scet- 
ticismo. 

La  prognosi  dei  tumori  del  quarto  ventricolo  è  assolutamente  infausta.  Gli  unici 
metodi  di  cura  sintomatica  sono  la  puntura  lombare  e  la  puntura  ventricolare:  nei 
casi  sospetti  si  può  tentare  una  cura  antisifilitica,  sebbene  non  siano  mai  stati  de- 
scritti tumori  sifilitici  di  questa  regione.  Zaiìa, 


Neiyropatoloffia  589 


8.  H.  Vogrt,  Zur  IHagnostik   der  tuberòsen   Skierose,  —  «  Zeìtschrift  fùr  die 
Erforschung  und  Behandlung  des  jugendlichen  Schwachsinnes  »,  Bd.  II,    1908. 

Nel  vasto  gruppo  delle  idiozie  si  sono  già  cominciati  a  distinguere  clinicamente 
alcuni  tipi  ben  definiti,  quali  ad  es.  T  idiozia  amaurotica  familiare  ed  il  mongolismo: 
esistono  però  diverse  forme  che  finora  possono  essere  definite  soltanto  in  base  a  ca- 
ratteri anatorao-patologici,  mancando  dei  segni  clinici  che  ne  permettano  una  dia- 
gnosi intra  vitam.  Tra  queste  forme  rientra  la  sclerosi  tuberosa:  TA.,  che.  ha  una 
particolare  competenza  in  tale  campo  di  studio,  si  propone  appunto  di  indagare,  in 
base  all'osservazione  di  casi  propri  e  di  casi  riferiti  nella  letteratura,  se  esistano  dei 
caratteri  clinici  dai  quali  si  possa  risalire  con  sufficiente  esattezza  alla  diagnosi  di 
sclerosi  tuberosa.  L'anatomia  patologica  di  questa  forma  morbosa  è  ormai  ben  cono- 
sciuta, sì  dal  punto  di  vista  macroscopico  che  microscopico,  grazie  agli  studi  di 
Bourneville,  Hardtdegen,  Pellizzi,  Geitlin  ed  altri:  le  alterazioni  sono  dovute 
essenzialmente  ad  un  disturbo  nella  differenziazione  dei  neuroblasti  cui  succedono, 
come  fenomeni  secondari,  dei  processi  regressivi  delle  cellule  nervose  e  la  prolifera- 
zione della  ncuroglia. 

A  questo*quadro  anatomico  abbastanza  caratteristico  non  corrisponde  un  quadro 
clinico  ben  definito,  ma  tenendo  conto  di  tutti  i  sintomi  rilevabili  si  può  arrivare 
non  di  rado  a  stabilire  durante  la  vita  la  diagnosi  di  sclerosi  tuberosa:  con  Testen- 
dersi  delle  osservazioni  è  lecito  sperare  che  tal  compito  diverrà  sempre  più  facile  e 
sicuro.  Dai  caratteri  del  disturbo  mentale  e  dell'epilessia,  la  quale  del  resto  può  anche 
mancare,  e  dal  loro  decorso  non  si  possono  trarre  criteri  decisivi  per  una  diagnosi: 
questi  dati,  uniti  a  quelli  forniti  dell'anamnesi,  acquistano  un  valore  soltanto  quando 
siano  messi  in  rapporto  con  altri  fenomeni  di  men  facile  rilievo  ma  di  importanza 
assai  maggiore.  Infatti  si  trovano  molto  spesso  negli  individui  affetti  da  sclerosi  tu- 
berosa dalle  gravi  anomalie  degli  organi  intemi,  suscettibili  di  essere  diagnosticate 
clinicamente,  notevoli  soprattutto  per  l'immediato  rapporto  che,  dal  punto  di  vista 
anatomo-patolo^ico,  si  può  stabilire  tra  esse  e  il  processo  morboso  del  cervello.  Sì 
tratta  di  tumori  renali  (ipernefromi),  di  tumori  del  cuore  (rabdomiomi)  e  di  una  spe- 
ciale alterazione  della  cute  del  volto,  distinta  dal  Pringle  col  nome  di  adenoma 
sehaceum.  Fra  i  tre  casi  di  sclerosi  tuberosa  osservati  dall'A.,  in  due  coesistevano 
i  tumori  renali  e  l'adenoma  sebaceo,  nel  terzo  si  osservava  soltanto  la  lesione  cutanea. 
Lo  studio  di  queste  anomalie  somatiche  dimostra  che  esse  rappresentano,  come  le  le- 
sioni del  cervello,  l'espressione  di  meccanismi  patologici  dello  sviluppo,  le  cui  con- 
seguenze variano  naturalmente  a  seconda  dell'organo  colpito. 

Quando  dunque  in  un  individuo  aftetto  da  idiozia  e  da  epilessia  si  possa  dimo- 
strare clinicamente  l'esistenza  di  un  tumore  renale  o  cardiaco  o  si  rilevi  la  speciale 
lesione  cutanea  sopra  ricordata,  tanto  più  poi  quando  varie  anomalie  coesistano,  si 
IK>trà  stabilire,  con  grande  probabilità  di  essere  nel  vero,  la  diagnosi  di  sclerosi  tu- 
berosa: è  un'altra  forma  di  idiozia  che  grado  a  grado  va  assumendo  una  individua- 
lità clinica.  Zaìla. 

PsicUatria. 

4.  M.  E.  Zabloka,   Zur  Proffìwsentelhing  bei  der  Dementia  praecox.  —  «  All- 
genieine  Zeìtschrift  tur  Psychiatrie  *,  Bd.  65,  H.  3,  1908. 

Il  modo  d'insorgere  dei  sintomi  morbosi,  la  durata  del  periodo  iniziale,  l'età 
le  condizioni  fisiche  e  psichiche  dei  pazienti  all'  inizio  della  malattia,  la  natura  delle 


590  Rivista  di  Patologia  nervosa  e  mentale  -  Psichiatria 


cause  occasionali  possono  aiutarci  a  stabilire  una  prognosi  della  demenza  precoce? 
Ecco  la  domanda  alla  quale  TA.  si  propone  di  rispondere  in  base  all'osservazione  di 
047  ammalati,  342  donne  e  305  uomini,  studiati  nel  Manicomio  cantonale  di  Bur- 
gholzli.  Le  principali  conclusioni  alle  quali  esso  perviene  sono  le  seguenti: 

1.  Il  grado  della  demenza  dopo  il  primo  attacco  è  lieve  in  circa  il  60  "^ ^  dei 
casi  di  dementia  praecox,  di  media  gravità  nel  18 '^Z^,  grave  nel  22*^/0; 

2.  La  fonna  della  malattia  ha  una  certa  influenza  sull'esito  del  primo  attacco, 
e  precisamente  negli  uomini  la  catatonia  ha  l'esito  peggiore,  la  forma  paranoide  il 
meno  infausto,  quella  ebefrenica  sta  nel  mezzo  tra  le  due.  Nelle  donne  la  catatonia 
non  ha  un  significato  tanto  grave; 

3.  Esistono  dei  rapporti  evidenti  tra  il  modo  d'insorgere  della  malattia  e  il 
grado  della  demenza  dopo  il  primo  attacco:  infatti  i  casi  cronici  implicano  la  pro- 
gnosi peggiore,  mentre  quelli  acuti  possono  regredire  fino  allo  staiti  quo  ante; 

4.  Non  si  può  dimostrare  con  sicurezza  una  influenza  dell'età  in  cui  la  ma- 
lattia si  inizia  sulla  prognosi;  sembra  che  i  casi  piìi  gravi  siano  quelli  che  insor- 
gono prima  della  pubertà  e  dai  35  ai  45  anni; 

5.  Negli  uomini,  i  sintomi  catatonici  aggravano  la  prognosi,  ma  non  morto. 
È  possibile  stabilire  un  certo  rapporto  tra  alcuni  sintomi  catatonici  e  la  prognosi: 
il  negativismo  e  le  stereotipie  hanno  un  significato  grave,  mentre  i  casi  con  aumen- 
tata influenzabilità  e  in  special  modo  quelli  con  catalessia  sogliono  aver  esito  in 
forme  meno  gravi  di  demenza  ; 

6.  Tra  i  disturbi  pupillari  soltanto  l'anisocoria  sembra  aggravare  alquanto  la 
prognosi  ; 

7.  Le  primitive  condizioni  somatiche  non  hanno  alcuna  sensibile  influenza  sul 
l'esito  della  malattia,  mentre  un  certo  rapporto  sembra  potersi  stabilire  tra  la  disjK»- 
sizione  psichica  generale  precedente  alla  malattia  e  l'esito  stesso  :  nei  così  detti  «  ca- 
ratt^jri  chiusi»  il  decorso  è  più  grave  che  in  quelli  normali;  esso  è  relativamente 
pili  favorevole  nei  soggetti  definiti  come  «  nervosi  ».  Il  grado  di  intelligenza  prima 
della  malattia  non  influenza  in  modo  apprezzabile  il  decorso; 

8.  Le  cause  occasionali  non  hanno  un  significato  degno  di  nota  sul  deoor»»». 

Znlla. 

5.  M.  Lapinsky,  Zar  Kasuiatik  der  polineuriiischen  Psi/ckose,  —  «  Archiv  fùr 
Psichiatrie  und  Nervenkrankheiten  »,  Bd.  43,  H.  3,  1908. 

Da  un  accuratissimo  studio  di  tre  casi  di  psicosi  polinevritica  l'A.  conclude  che 
il  rapporto  tra  neurite  e  psicosi  non  deve  considerarsi  come  un  rapporto  di  causa  ad  ef- 
fetto poiché  le  due  forme  debbono  invece  esser  riguardate  come  due  malattie  associate, 
determinate  da  un'  unica  causa  generale.  Lo  sviluppo,  l'evoluzione  e  l'esito  dell'  una  e 
dell'altra  decorrono  tra  loro  parallelamente.  Ritiene  che  le  cause  delle  lesioni  psi- 
chiche siano  da  cercarsi  in  tossine  circolanti  nel  sangue  ed  afferma  che  vi  sono  dei 
casi  di  psicosi  polineuritica  in  cui  l'esistenza  dell' astereoscopia  e  dell' astereognosia 
deve  esser  messa  in  relazione  con  alterazioni  organiche  della  corteccia  cerebrale  e, 
particolarmente,  di  quelle  dei  lobi  parietali. 

Catdìa. 


Firenze,  Tip.  Galileiana,  Via  S.  Zanobi,  54.      Prof.  E.  Tanzi,  Direttore  responsabile. 


INDICE  DELLE  COMUNICAZIONI  ORIGINALI 


O.  Ascenzi,  Su  una  cisti  emorragica  del  corpo  calloso Pag,  1 

P.  F.  Benig^,  Un  caso  di  sclerosi  a  placche  tardiva  a  localizzazione  spinale 

con  reperto  istologico 15 

II.  Siciliano,  Esiste  una  reazione  pupillare  alla  convergenza  o  alla  accomoda- 
zione?   49 

F.  Schupfer,  Epilessia  Jacksoniana  da  lesione  frontale  extrarolandica     ...  5s 
A.  MaBsag^lia,  Contributo  alla  patogenesi  del  mixedcma 77 

G.  Sanna  Salaris,  Ricerche  urologiche  ed  ematologìche  nei  psicopatici  ...  97 

F.  Costantini,  Due  casi  di  «  dementia  praecocissima  » 107 

A.  Gramegna,  Sopra  il  segno  di  Grasset  e  Gausse!  nelle  lesioni  di  motilità  degli 

arti  inferiori 11(5 

O.  Bobbì,  Lo  stato  presente  della  sierodiagnosi  nella  tabe  e  nella  paralisi  pro- 
gressiva     ^ 120 

A.  Giannelli,  Sulla  morte  improvvisa  nella  demenza  precoce 145 

S.  Bieca,  Esperienze  e  considerazioni  snll'ergogralia  nsata  a  scopo  clinico  nei 

pazzi 150 

E.  Ferrerò,  Contributo  allo  studio  delle  atrofie  muscolari  congenite  e  partico- 

larmente della  atrofia  numerica  di  Klippel    ...........  19:{ 

F.  Lasagna,  Degli  effetti  della  ipertermia  e  ipo^^ermia  sul  reticolo  neurofibril- 

lare della  cellula  nervosa  di  animali  adulti 2iì 

G.  Catòla,  A  proposito  di  alcune  mieliti  infettive  sperimentali 241 

O.  Bobbì,  Sulla  specificità  della  reazione  di  Was.sermann 272 

G.  Fumarola,  Contributo  allo  studio  della  cura  elettrica  e  chirurgica  delle  pa- 
ralisi periferiche  dal  facciale 289 

]P.  F.  Benigni,  Claudicazione  cerebrale  psichica? Hoo 

G.  Fichera,  Per  lo  studio  della  struttura  normale  e  patologica  del  sistem;i  ner- 
voso. Nuovi  metodi  di  indagine  microscopica Hìu 

T.  Ck>rteBÌ,  Un  caso  di  afasia  totale  per  lesione  sottocorticale  della  zona  di  Broca 

e  della  zona  di  Wemicke :W7 

V.  Scarpini,  Le  lesioni  primarie  delle  fibre  nervose  nell'urinemia,  studiate  in 
condizioni  sperimentali  con  la  colorazione  i^ositiva  di  Donaggio  per  le 

degenerazioni .S49 

G.  Boschi,  Ricerche  sui  centri  nervosi  di  un  embrione  umano  di  due  mesi  .     .  H5.S 
M.  2Salla,  La  «  precipitazione  della  lecitina  »  nella  sierodiagnosi  della  sifilide 

e  delle  affezioni  metasifllitiche :{85 

G.  Biancone,  Contributo  alla  fisiopatologia  del  nucleo  lenticolare a90 

V.  Galletta,  Sclerosi  laterale  amiotrofica  d'origine  emozionale 4(N) 

F.  TJgolotti,  Sui  rapporti  della  psicosi  maniaco-depressiva  coirepilessia.    .     .  418 

G.  Mingazzini,  Sul  decorso  delle  vie  cerebro-cerebellari  neirnonio 43H 

F.  F.  Benigni,  A  proposito  di  un  nuovo  metodo  per  la  sierodiagnosi  nella  si- 

lilide ' 4.52 

O.  Bossi,  Processi  rigenerativi  e  degenerativi  conseguenti  a  ferite  asettiche  del 

sistema  nervoso  centrale.  Midollo  spinale  e  nervo  ottico   .......  481 

O.  Sandri,  Contributo  all'anatomia  e  alla  tisiologia  dell'ipofisi 518 

F.  Alessandrini,  Le  atrofie  del  tipo  Charcot-Marie 5.59 

G.  Bertoldi,  Nota  preventiva  sopra  lo  stato  emotivo  nei  dementi  precoci     .    .  óso 


INDICE  DEGLI  AUTORI 


NB.  —  l  num«»rì  in  grassetto  si  riferiscono  ai  lavori  orif^inali. 


Abraham  K.  179,  381. 
AccUioté  P.  834. 
Alessandrini  P.  286,  653. 
Alquier  L.  46,  373. 
Anglade  141,  142,  478. 
Ansalone  234. 
Antheaiime  A.  471). 
Apelt  F.  376. 
Artom  44. 
Ascenzi  (>.  1,  231. 
Ava  la  232. 

Baillard  P.  19Ó. 

Barbe  A.  94.  144. 

Baschi  eri -Sai  vadori  227. 

Battistelli  L.  330. 

Beccar i  N.  371. 

Becvor  Ch.  E.  33. 

Bolmondo  280,  23-5,  238. 

Benedetti  A.  325. 

Benigni  P.  F.  15, 300, 462- 

Bertoldi  G.  680. 

Bethe  A.  429,  462. 

Biach  V.  41. 

Bianchi  L.  223,  22o,  228,  230, 

238. 
Bianchi  V.  322. 
Biancone  231,  390- 
Biehl  C.  26. 

Bielschowsl%y  M.   138.461. 
Bikeles  G.  25. 
Bioglio  231. 
Boejre  95.  382. 
Bonfigli  R.  239,  478. 
Bonnier  P.  185. 
Bonvìcini  G.  41?  377. 
Boschi  G.  353. 
Boiichet  P.  45. 
Bre^mann  L.  E.  32,  177.  185. 
Brissaiid  3.35. 
Bvchowsl^i  Z.   184.  465. 


i  Cacciapaotl  236. 

Cajal  S.  R.  169,  173,  560. 
i  Calligaris  227. 

GahnetteH  142. 

Caprìati  227. 

Catòla  G.  280,  236,  241- 

Cavatorti  P.  168. 

Ceni  227,  284. 

Cerletti  V.  235,  289. 

Gemili  237. 

Chabrol  E.  477. 

Glande  H.  44,  45,  474. 

Codivilla  231. 

Colella  R.  230,  238. 

Collin  R.  171,  173. 

Colucci  231.  232,  284.  289. 

Cortesi  T.  179,  337. 

Costantini  F.  107,  282. 

Conrtellemont  M.  329. 

D'  Abnndo  G.  192,  469. 

Dej crine  881. 

Deny  G.  94. 

De  Paoli  N.  374. 

De  Sanctis  S.  226,  228,  230. 

Devaux  A.  328. 

Dexler  H.  28. 

Di  Gaspero  H.  187. 

Dì  Mattei  E.  143. 

Dogiel  A.  S.  458. 

Donaggio  A.  238. 

Donzello  G.  175. 

D"  Orniea  A.  479. 

Drcyfns  vS.  G.  3.34. 

Edinger  L.  372. 

Egger  M.  182. 

Erb  W.  81. 

Erben  8.  34. 

Etienne  G.  42,  284,  477. 

Evensen  H.  430. 


Farrar  (/larence  B.  .326. 
Fichera  G.  310. 
Flecbsig  P.  130. 
For^ì  V.  178. 
Forster  £d.  874. 
Fortunati  186. 
FragUlto  O.  292. 
Francìoni  C.  288. 
Frankl-Hochwart  v.  I^.  .38. 
Frey  H.  37. 
Froniowicz  W.  25. 
Fuchs  A.  87. 
Fuchs  E.  24. 
Fumarola  G.  289- 

Galletta  V.  400. 

Garbini  G.  135. 

Giannelli  A.  146.  l72,  178 

231,  321. 
Giardina  A.  138. 
Gehuchten  A.  v.  134.  191. 
Golgi  C.  560. 
Gonrgerot  H.  476. 
Gramegna  A.  116- 
Graaset  J.  1«4. 
Grossmann  M.  35. 
Grflnwald  H.  F.  32. 

Hartenberg  P.  370. 
Hatschek  R.  27. 
Hanpt  H.  186. 
Heilbronner  K.  375. 
Herlitzka  A.  174. 
Hermann  J.  S.  189. 
Hocbhan8  475. 
Hnismans  L.  138. 
nulle»  E.  40. 

Jacqnin  478. 
Jahrmarker  381. 
Janet  P.  370. 


Indice  de(jli  autori 


593 


Karplus  I.  P.  39. 
Klei8t  K.  47,  82. 
Klippel  M.  46,  477. 
Knoblauch  A.  378. 
Koiehi  Miyake,  89. 
Kcllpìn  O.  388. 
Knrr  Shuzo  88. 

Ladanie  Ch.  325. 
La  Pegna  234. 
Lapinsky  M.  59(». 
Larionoff  W.  872. 
Lasagna  F.  211. 
Lasarew  W.  286. 
Latreille  141. 
Lejonne  P.  43,  45. 
Levi  E.  34,  226,  236. 
Lhermitte  J.  44. 
Lippmann  A.  876. 
Long  E.  474. 
Longard  J.  335. 
Liicien  M.  324. 
Lufraro  E.  86,  225.  226. 
22Si.  233. 

Mager  W.  39. 

Marbnrg  O.  41. 

Marcerà  F.  560. 

Marie  A.  48. 

Mari n esco  G.   IHl,  176, 

Massaglia  A.  77- 

Mauro  C.  143. 

Medea  E.  239. 

Mézie  A.  190. 

Mignot  R.  382,  479. 

Milian  P.  332. 

Minea  L  131,  176,  473. 

Minoff  W.  129. 

Mingazzini  0.  176,  186, 
226.  227,  230,  234, 
239.  278.  433. 

Miyake  Koiehi.  39. 

Montesano  G.  144,  467. 

Montet  (de)  M.  321. 

Moravesik  E.  E.  190. 

Morselli  E.  366. 

Moiitirr  F.  430. 

Negro  235. 
Neiirath  R.  36. 


1  Nonne  M.  376. 
I  Nonne  N.  181. 

[ 

j  Orzechowski  v.  K.  41. 

I  Panegrossi  231. 

!  Parrot  L.  882. 

!  Patini  230,  236. 

i  Ferrerò  E.  103- 

i  Perroncifo  A.  284,  470. 

i  Pemsini  G.  826. 

i  Philippson  M.  466. 

!  Pilcz  A.  28. 

I  Pineles  F.  89. 

!  Polimanti  O.  176,  322. 

I  Pòtzl  O.  41. 

i  Pusateri  E.  132. 


Kainiann  E.  36. 
Rancke  O.  472. 
Raymond  F.  43,  46,  3.30.  476, 
Rei)izzi  R.  135. 
227.    Redlich  E.  29,  377. 
Reichlin  C.  467. 
Renauld  H.  328. 
I  Ricca  S.  160. 
i  Riche  A.  478. 
I  Righetti  C.  136. 
'  Roasenda  285. 
473.    Robinovitch  L.  136,  464. 
'  Rose  F.  880,  477. 
Rosenfeld  M.  189,  831. 
■'  RosBi  I.  42,  282. 
Rossi  O.  84.  120,  225,  226, 
230.  232,   234,   236,   287, 
272,  287,  481. 
Roussy  G.  42,  282. 

223,    Sachs  M.  32. 
2:i5,  ,  Salecker  P.  284. 

Sand  R.  30. 

Sandri  O.  618. 

Sanna-Salaris  G.  97,  377. 

Scarpini  V.  349- 
ì  Schaffer  K.  138. 
j  Schlagenhaiifer  F.  29. 

Schlesinger  H.  84. 

SchmiergtMd  378. 
\  Schrameck  E.  382. 

Schnider  P.  374. 


Schiiller  A.  36. 
Schupfer  F.  68,  226. 
Scìnti  M.  281,  284,  239,  285. 
Seppilli  232. 
Serbsky  W,  31. 
Shima  R.  176. 
Shuzo-Kure  38. 
Sìcard  886. 
Siciliano  L.  40. 
Simoncini  R.  191. 
Sollier  P.  183. 
Sonques  A.  84, 144. 
Spieler  F.  33, 
Spìelmeyer  W.  471. 
Spiller  W.  G.  30. 
Spitzer  A.  .39. 
Stefani  A.  174. 
Steinhaus  J.  177. 
Stern  A.  688. 
Stransky  E.  31,  381. 

!  Tamburini  A.  229,  282. 
I  Tanzi  E.  227.  228,  2.30,  2.32, 
286. 

Tchiriev  S.  466. 

Tello  F.  187,  177. 
j  Terrìen  886. 

Timpano  P.  184. 

Tonnini  S.  230. 

Ugolotti  F.  418. 

Verger  H.  475. 
I  Vleuten  C.  F.  180. 
Vogt  II.  138,  589. 

I  Weber  132. 

Wickmann  I.  380. 

Widakowich  V.  40. 
[  Wiswe  329. 

Wladyczko  S.  48. 

Zabloka  M.  E.  .589. 
Zahn  Th.  883. 
Zalla  M.  237,  386. 
Zancla  A.  178. 
Zappert  I.  35. 
Ziehen  Th.  95. 
Zi  veri  A.  480. 
Znekerkandl  E.  24. 


INDICE  DELLE  MATEfilE 


Afasia,  223,  375;  di  Broca,  430:  totale  per 
lesione  sottocorticale  delle  zone  di 
Broca  e  di  Wernicke,  337. 

Agnosia,  tattile,  331. 

Albumina,  precipitazione  frazionata  nei 
liquido  cefalo-rachidiano,  376. 

Alcool  :  azione  sulla  corteccia  cerebrale 
dei  conigli,  144,  467. 

Allocliiria,  delle  rappresentazioni.  370. 

Amenza,  381. 

Anatomia  clinica  dei  centri  nervosi,  trat- 
tato di  Mìngazzini,  278. 

Andatura,  neir emiplegia,  236. 

Anencefalia,  e  difetti  di  sviluppo  dell'or- 
gano dell'udito,  37. 

Anestesia:  di  origine  cerebrale,  231;  elet- 
trica, 464. 

Apparato  reticolare  interno  delle  cellule 
nervose,  560. 

Aprassia,  motoria,  179:  motoria  sinistra, 
180. 

Arterie  della  base  del  cervello,  168. 

Arteriosclerosi  :  pressione  sanguigna  e  la- 
voro del  cuore,  35;  del  sistema  nervoso 
centrale,  237. 

Arti  inferiori  :  segno  di  Grasset  e  Gaussel 
nelle  loro  lesioni  di  motilità,  116. 

Ascesso  cerebrale,  l8l. 

Atassia:  acuta,  185;  spinale  e  cerebellare, 
235. 

Atetosi  idiopatica  doppia.  186. 

Atrofia:  muscolare  dì  Klippel,  103:  tipo 
Charcot-Marie  236,  663. 

Audizione  musicale  iconografica,  232. 

Bandellette  ottiche  :  assenza,  324. 
Barestesia,  182. 

Bromo  :  uso  negli  epilettici,  32. 
Brown-Héquard,  sindrome  di,  477. 
•Bulbo:  forme  bulbari  della  paralisi  progres- 
siva, 332. 


Canalicoli  di  Holmgreen  delle  cellule  ner- 
vose, 550. 

Catatonia  :  e  siringomelia,  94. 

Cecità  corticale,  mancanza  di  coscienza 
del  difetto  nelle  malattie  cerebrali, 
377. 

Cecità  verbale,  sottocorticale  o  pura,  41. 

Cellule  nervose:  struttura:  nei  pesci  e  m- 
gli  anfibi.  372;  apparato  reticolare  in 
terno,  550;  reticolare  esterno  di  Golgi. 
550:  fibrille.  138:  sviluppo.  171.  232; 
metodi  di  colorazione  a  fre.sco,  321  : 
alterazioni  :  consecutive  ad  u.stione 
della  cute,  137  ;  all'azione  dei  raggi 
Rontgen.  175;  nella  malattia  di  Sachs. 
138;  nella  asfissia  rapida,  143;  neiriper- 
ed  ipotermia,  211:  cadaveriche.  143. 

Centri  nervosi:  prime  fasi  di  sviluppo,  322: 
di  un  embrione  umano  di  dm»  mesi.  :i53. 

Cervelletto:  fisiologia,  285;  vie  cerebro-ce- 
reÌH'llarì  nell'uomo,  434:  effetti  del- 
l'asportazione di  un'emisfero,  176:  al- 
terazioni nella  paralisi  generale.  141  : 
alterazioni  senili,  142. 

Cervello  :  fine  struttura  e  metoili  di  colo- 
razione, 372  :  variazioni  di  volume, 
132;  amitomia  dei  vasi,  430;  variazioni 
delle  arterie  della  base,  168  :  sensi- 
bilità alla  pressione  osmotica.  323  : 
sfera  uditiva,  130:  lesioni  sperimen- 
tali della  base,  89;  conseguenza  del- 
l'estirpazione di  un  lolM)  frontale.  176: 
lesioni  traumatiche,  231  ;  tubercoli, 
nella  puerizia.  35;  ascesso,  181  :  tu- 
mori, 29,  39,  84,  177,  373,  179,  191, 
.  376  ;  pseudo-tumori,  181  ;  sifilide  dif- 
fusa, 325;  patologia,  475:  claudica- 
zione, 300;  lesione  dell'emisfero  si- 
nistro, 331  ;  contenuto  in  bromo  dopo 
attiva  bromurazione,  32;  rapporto  tra 
cervello  ed  organi   sessuali,  227  ;   in- 


Indice  delle  ìnaterie 


595 


fluonza  dei  rapporti  tra  Io  sviluppo 
del  cervello  e  quello  della  cavità  cra- 
nica nella  morte  improvvisa  nella  de- 
menza precoce,  334;  cecità  corticale 
nelle  malattie  del  cervello,  377. 

Cliarcot- Marie,  atrofia  muscolare  tipo  C.  M., 
236,  553. 

Cheiroraegalia  e  siringom-ielia,  44. 

Chiasma  :  assenza  congrenita,  324. 

Gisti  emorragica  del  corpo  calloso,  1. 

Claudicazione  cerebrale  psichica,  300- 

Clono  del  piede:  suo  significato  e  studio 
grafico,  .34,  226,  227. 

Colina:  nel  liquido  cefalo  rachidiano  in  al- 
cune malattie  mentali.  480. 

Colorazione:  del  sistema  nervoso  centrale, 
30,  372;  del  sistema  nervoso  in  genere, 
300;  delle  cellule  nervose  a  fresco, 
321  ;  primaria  delle  fibre  nervose,  429. 

Commessura  :  agencsia  delle  e.  bianche  an- 
teriore e  posteriore,  821. 

Complemento:  deviazione  nella  sifilide  e 
forme  metasifllitiche,  120)  232;  de- 
viazione nello  siero  dei  cani,  272. 

Confusione  mentale,  881. 

Congressi:  r  della  Soc.  Itiiliana  di  Xcu- 
rologia,  223. 

Contrattura  nella  paralisi  progressiva,  189. 

Contrazione  muscolare  di  durata  ecces- 
siva, 82. 

Corea  minore:  patogenesi,  41,  1^1;  sinto- 
matologia, 47,  anatomia  patologica, 
41  e  disturbi  mentali, 47;  corea  cronica 
progressiva:  anatomia  patologica,  478. 

Como  d'Ammone  :  alterazioni  neirepiles- 
sin,  326. 

Corpo  calloso  :  anatomia  e  sviluppo.  24  ; 
agenesia,  324;  decussazione  in  esso  di 
fibre  piramidali,  173;  fisiologia,  180; 
emorragia,  1;  rammollimento  trauma- 
tico, 178;  rammollimento  del  ginoc- 
chio, 178;  tumori,  231;  loro  sintomato- 
logia, e  patologia,  376. 

Corteccia  cerebrale:  struttura  nelle  scim- 
mie, 41  ;  localizzazioni  motrici,  42, 
424;  tumori,  84;  lesioni  degli  elementi 
della  corteccia  nei  tumori,  29;  lesioni 
extrarolandichc  ed  epilessia  jakso- 
niana,  68;  corpuscoli  perivasali,  285; 
fenomeni  che  si  svolgono  negli  ele- 
menti mcsodermìci  ed  ectodermici  in 
seguito  all'introduzione  di  corpi  stra- 


nieri asettici,  :^26;  focolai  di  necrosi, 
328  ;  fagocitosi  negli  elemeuti  della 
corteccia,  373. 

Cuore  :  paralisi  cardiaca  in  seguito  a  dif- 
terite, 38;  lavoro  del  cuore  noli  "arte- 
riosclerosi, 36;  difetti  congeniti  o  pa- 
ralisi cerebrali  infantili,  36.      « 

Cura  :  deir  epilessia  coi  sali  di  calcio.  231  ; 
elettrica  e  chirurgica  della  paralisi 
del  facciale,  289;  delle  nevralgie  del 
trigemino,  335;  dell' isterismo,  836. 

Cute  :  alterazioni  nella  paralisi  progres- 
siva, 333. 

Degenerazione  delle  placche  motrici  in 
seguito  al  tiiglio  dei  nervi,  137. 

Delirio  di  relazione,  189. 

Demenza  precoce:  morte  improvvisa,  146; 
morte  in  accesso  catatonico,  334  :  si- 
gnificato dei  traumi  sessuali  giovanili 
nella,  381  ;  forma  parauolde  della,  383; 
e  iperidrosi.  479;  e  ritmo  respirato- 
rio, 479;  stato  emotivo  nei  dementi 
precoci,  581;  prognosi,  589. 

Demenza  precocissima,  107- 

Deviazione  del  complemento  :  nella  sifilide 
e  affezioni  metasifilitiche,  120,  232, 
272. 

Difterite:  paralisi  post-difteriche,  33. 

Disturbi  mentali  :  durante  gli  assedi,  48  ; 
nella  pella^a  degli  arabi,  48  :  nel- 
r  infantilismo,  1S7. 

Disturbi  motori  :  nelle  psicosi,  190. 

Disturbi  trofici:  nella  sclerosi  laterale 
amiotrofica,  43  ;  per  neurite  consecu- 
tiva a  zona,  477. 


Ecchimosi  spontanee,  42. 

Elephas  ìndtcus  :  sistema  nervoso  centrale 
28.     • 

Embrione  :  differenze  di  sviluppo  nella 
cavia,  40:  centri  nervosi  di  un  em- 
brione umano  di  due  mesi,  363* 

Eniianopsia:  sindrome  di  Weber  282. 

Emiraielia:  con  atrofia  numerica,  45. 

Emiplegia:  sintomatologia,  cerebrale,  184; 
cammino  laterale  retrogrado,  236  ;  sin- 
drome emitonoclonica  postemìplegica. 
477. 

Emorragia  cistica  del  corpo  calloso,  l. 
I   Emotività  nei  dementi  precoci.  581. 


m\ 


Indice  delle  lììaterie 


Emozione:  come  cauHa  della  scleroBi  late- 
rale amìotrotìca.  400- 

Epilessia:  alterazioni  del  corno  d'Àmmone 
nella,  325;  ricerche  ematologiche  nella, 
148  ;  epilcRHia  e  sali  di  calcio,  231  : 
rapporti  con  la  psicosi  maniaco-depres- 
siva, 418  ;  epilessia  e  psicosi  perio- 
diche 478  ;  pressione  sanguigna  nel- 
r  epilessia  elettrica,  464. 

Epilessia  jaksoniana,  877;  per  lesione  ex- 
trarolandica,  58. 

Equilibrio  (senso  dell')  84. 

Eredit;V,  28. 

Ergografìa  a  scopo  clinico  nei  pazzi,  150. 

Eterotopie  dei  midollo  spinale,  135. 

Facciale  :  paralisi  periferica,  87  ;  cnra 
elettrica  e  chirurgica  delle  paralisi 
289. 

Fagocitosi:  negli  elementi  della  corteccia 
cerebrale.  874. 

FdHctcuÌHs  circumolivarm»,  172. 

Fascio  :  genicolato  :  sindrome  da  lesione 
del  fascio.  Ah  ;  piramidale  :  compres- 
sione da  tumore  cerebrale,  84;  pedun- 
colare  di  Tllrck  e  sua  origine,  182  : 
fasci  cerebro-cerebellari:  decorso  nel - 
r  uomo,  434;  decussazione  di  fibre 
nel  corpo  calloso,  178, 

Febl)re  Dengue  e  spondilite,  .84. 

Fenomeni  bulbari:  nella  siringomielia,  48. 

Fibre  muscolari  :  prevalenza  delle,  f.  m, 
pallide  nella  miastenia,  878. 

Fibre  nervose:  lesicmi  nella  urinemia  spe- 
rimentale, 349  ;  del  Mauthncr  nei 
l)esci  e  negli  anfibi,  871  ;  colorabilità 
primaria,  429;  rigenerazione  nei  nervi 
periferici,  470;  di  proiezione  della 
corteccia,  474. 

Fissativi  per  il  metodo  Cajal.  178. 

Friedreich  (nìorlio  di)  281.        ' 


Gangli:  ipospinali  microsimpatici,  131  ; 
spinali,  anatomia  ed  anatomia  pato- 
logica, 287,  4.58.  461  ;  rigenerazione 
delle  radici  posteriori,  469. 

(ìaugrena  spontanea  simmetrica!  delle 
estremità,  476. 

Ghiandole  a  secrezione  interna:  negli  am- 
malati di  mente,  237  ;  tiroide  e  reu- 
matismo cronico,  884  :    ghiandole  ge- 


nitali e  sistema  nervoso,  86;  rapporto 

col  cervello,  227. 
Grasset (segno  di):  nella  paralisi  degli  arti 

inferiori,  184. 
Gaussel  (segno  di)  :  nella  pai'alisi  degli  arti 

inferiori,  184. 

Helweg-Westphal  (tratto  di),  173. 

Idiozia:  patologia  e  anatomia  patologica, 
138;  familiare  amaurotica,  138;  ri- 
cerche anatomiche  e  cliniche  su  una 
forma  particolare  della  idiozia  aman- 
rotica,  471. 

Illusione:  teoria  dell'  illnsione  di  ric-ono- 
scimento,  2.36. 

Infantilismo  psichico.  187,  226. 

Infiltrazione  perivascolare  nel  sistema 
nervoso  centrale  di  conigli  alcool iz- 
zati.  144,  467. 

Intervento  operatorio  nei  tumori  cerebrali, 
191. 

Iperidrosi  e  demenza  precoce,  479. 

Ipertensione  primitiva,  287. 

Ipofisi:  anatomia  e  fisiologia,  518  ;  tnmori, 
177,  373. 

Ipoglos.so  :  alterazioni  delT  apparito  reti- 
colare intemo  nelle  sue  cellule  di  ori- 
gine consecutive  a  taglio  o  strappa- 
mento. 560. 

Isterismo  :  sonno,  183  ;  simnlante  la  sin- 
drome di  Brown-Séquard,  184:  pseudo 
peritonite  isterica.  330;  curabilità  del- 
l'isterismo,  836;  alterazioni  dei  centri 
nervosi  neiristerismo,  414;  discussione 
suir  isterismo  alla  Société  de  Neuro- 
logie, 684. 

Istogenesi,  delle  cellule  nervose,  171,  232. 

Klausner  (metodo  di)  nella  sierodingnosi 
della  sifilide  e  paralisi  progressiva. 
252. 

Klippel  (atrofia  numerica  di)  193. 

Korsakow  (malattia  di)  31. 

Labirinto  :  rnpporti  coir  apparato  della 
visione,  26:  intossicazione  labirintica 
e  disturbi  oculari,  186  ;  disturbi  ocu- 
lari d'  origine  labirintica  nella  tabe, 
284. 

Lacune    nel  sistema  nervoso  centrale,  286. 

Larve:  muscoli  metamerici  nelle lan'c  di 
anuri,  1.88. 


Indice  delle  materie 


597 


Lenticolare  nucleo  :  fisiopatologia,  300- 

Lesioni  ;  Bperimentali  della  base  del  cer- 
vello, 39  ;  dell'  emisfero  cerebrale  si- 
nistro 339  ;  delle  zone  di  Broca  e  di 
Wemicke  337  ;  delle  libre  nervose  nel- 
Turinemia  sperimentale,  349* 

Linguaggio  :  disturbi,  223,  376. 

Liquido  cerebro-spinale  :  uscita  spontanea, 
32;  precipitazione  frazionata  delle  sue 
albumine  nei  sani,  sifilitici  e  meta- 
sifilitici,  376  ;  presenza  di  colina  e 
di  potassio  in  alcune  malattie  mentali 
480  ;  deviazione  del  complemento,  120) 
232,  272  ;  precipitazione  della  leci- 
tina, 385- 

Lobo  frontale:  fisiologia,  228,  322;  pato- 
logia, 228;  anatomia,  322;  effetti  del- 
l' asportazione  di  un  lobo  frontale  e 
di  un  emisfero  cerebellare,  176;  tu- 
more del  lobo  frontale  sinistro,  178. 

Localizzazione  di  un  oggetto  nello  spazio, 
32. 

Localizzazioni  motrici  della  corteccia  ce- 
rebrale, 442.  474. 

Loeb  :  teorìa  segmentarla,  133. 

Malattia:  a  focolaio  e  psicosi,  95;  dì  Heine- 
Medin,  380:  di  Klippel,  193;  dì  Kor- 
sakow,  31;  di  Pott,  44,  231. 

Melancolia  :  e  omicidio,  36, 

Meningi  :  tumori  benigni,  181. 

Meningite  :  sifilitica,  231  ;  tubercolare,  462. 

Meralgia  paraestethica  anterior,  286. 

Metameria  sensitiva  spinale,  227. 

Miastenia  di  origine  nervosa  periferica, 
286;  prevalenza  delle  fibre  muscolari 
chiare  nella  miastenia,  378. 

Midollo  allungato  :  neoformazione,  329. 

Midollo  spinale:  degli  ungulati,  41;  emi- 
mielia  ed  atrofia  numericji,  46  ;  vie  dei 
rifiessi  delle  estremità  inferiori,  26;  me- 
tameria, 227;  malformazioni  ed  etere- 
topie  artificiali,  135;  azione  dei  raggi 
Rontgen  sulle  cellule,  175;  infiamma- 
zione, 236,  241  ;  sifilide ,  44,  231  ; 
sclerosi  a  placche,  15;  lesioni  in  se- 
guito a  processi  osteoporotici  delle 
vertebre,  29;  degenerazione  e  rigene- 
razione, 236,  481. 

Mieliti  sperimentali,  236,  241. 

Miopatia  pseudo-ipertrofica,  330. 

Mogigratìa  :  terapia,  192. 


Monoplegia  crurale,  di  orìgine  corticale, 
474. 

Movimenti  volontari  bilaterali  ;  ricerche 
cronografie he,  174. 

Muscoli  :  eccessiva  durata  dì  contrazione, 
32;  perseverazione  delle  contrazioni, 
181  ;  metameria  nelle  larve  di  anuri 
e  teoria  segmentarla,  1-33  ;  atrofia  con- 
genita numerica,  193  ;  sviluppo  In 
relazione  con  le  sìndromi  motorie  del- 
rinfanzia,  283;  miopatia  pseudo-iper- 
trofica, 330  ;  prevalenza  delle  fibre 
chiare  nella  miastenia,  378  ;  muscoli 
addominali:  paralisi  segmentarla,  284; 
muscolo  grande  pettorale  :  atrofia,  330  ; 
muscoli  oculari:  paralisi  24;  paralisi 
associate,  30;  disturbi  jn  seguito  ad 
intossicazione  labirintica,  186;  disturbi 
nella  tabe,  284;  disturbi  nella  paralisi 
progressiva,  .382. 

Necrosi:  focolai  nella  corteccia,  328. 

Nervi  periferici  :  alterazioni  nella  para- 
lisi progressiva  e  in  altre  psicosi.  31  ; 
degenerazione  e  rigenerazione  delle 
placche  motrici,  137. 

Nervo  :  facciale  :  paralisi  periferica,  37  ; 
cura  elettrica  e  chirurgica,  289  ;  ipo- 
glosso  ;  alterazioni  dell'apparato  reti- 
colare interno  nelle  cellule  di  origine 
in  seguito  a  taglio  o  strappamento,  660  ; 
ottico:  rigenerazione,  177.  236,  481; 
neuritis  op'tica  haereditaria,  186  ;  as- 
senza congenita,  324;  trigemino  :  ana- 
tomia comparata,  40  ;  anatomia,  84  ; 
nevralgia,  3.36  :  vago  :  azione  negli 
scambi  organici,  174  ;  sindrome  nella 
paralisi  progressiva,  332. 

Neurite:  ottica  famigliare,  186;  sensitiva, 
atrofica  in  seguito  a  zona,  477. 

Neuroblasti  :  evoluzione,  169. 

Neurofibrille,  232;  sviluppo  cmbrionario, 
171;  funzione  di  conduzione,  462:  al- 
terazioni: nella  malattia  di  Tay-Sachs, 
138  ;  cadaveriche,  146  ;  neir  asfissia 
rapida,  143;  per  ipertermia  e  ipoter- 
mia, 211  ;  azione  della  elettricità, 
874. 

Nevralgia  del  trigemino,  336. 

Nevrastenia,  478  ;  psicologia  del  nevraste- 
nico, 370. 

Nucleo  lenticolare:  fisiopatologia  del,  390* 


51W 


Indice  delle  materie 


Nucleus  ruber  tegmenti:  anatomia  com- 
parata, 27. 

Occhio:  rapporto  col  labirinto.  26;  negli 

alienati,  190. 
Oftalmoplegia,  24,  382. 
Omicidio  di  melancolicì,  86. 
Organo  dell'udito  :  difetti  di  Bviluppo  in 

ancncefali,  37. 
Orientazione  :  rovesciamento  del  senso  di, 

370. 
Osteoporosi   delle   vertebre  e   lesioni   del 

midollo  spinale,  29. 
Ottico  :  rigenerazione,  177,  236,  481;  neu- 

n'tisoptica  haer editar ia^  186;  assenza 

congenita.  324  ; 

Pallestesia:  fisiopatologia,  237. 

Paralisi  ;  cerebrali  infantili  e  vizi  cardiaci 
36  ;  dei  muscoli  oculari,  24,  382  ;  seg 
mentaria  dei  muscoli  addominali,  284 
dei  movimenti  oculari,  Jissociata,  30 
degli  arti  inferiori,  segno  di  Grasset 
184;   facciale,  37;  periferica  del  fac 
ciale,  289;  progressiva,  alterazioni  dei 
nervi  periferici,  31  ;  della  cute.  333 
contrattura,  189:  disturbi  oculari,  382 
forma  bulbare  ^sindrome  del  vago  e 
di  angoscia),  332,  giovanile,  231;  pre- 
cipitazione frazionata  delle  albumine 
del  liquido  cefalo- rachidiano,  376;  sie- 
ro-diagnosi, 120, 232,  272, 886,  462;; 
postdifteriche,   33;  pseudobulbari,  38, 
46. 

Paranoia:  periodica,  382;  e  demenza  pre- 
coce, 388. 

Paraplegia:  spinale  spastica,  286;  spasmo- 
dica famigliare,  329. 

Parati roidi  :  cura  della  tetania  con  prepa- 
rati dì,  39. 

Patogenesi  :  delle  paralisi  postdifteriche, 
33;  della  cìwrea  minor,  Ai,  191:  del- 
l' emimielia,  45  ;   del  mixoedema,  77. 

Pazzìa  morale.  335. 

Pellagra  degli  arabi,  48. 

Peritonite  pseudo-isterica,  330. 

Placche  motrici  :  degenerazioni  e  rigene- 
razioni dopo  sezione  dei  nervi.  137. 

Plasmaselìen  nel  sistema  nervoso  di  co- 
nigli alcoolizzati,  467. 

Poliencefalite  superiore:  anatomia  patolo- 
•    gica,  374. 


Poliomielite  acuta,  380. 

Potassio:  presenza  nel  liquido  cefalo-ra- 
chidiano e  nel  sangne,  461. 

Pott  (malattìa  di)  e  sifilide  del  midollo,  44  ; 
note  sul  morbo,  231. 

Pressione  osmotica  :  sensibilità  del  cervello, 
323. 

Pressione  sanguigna  :  neir  arteriosclerosi, 
35  ;  neir  epilessia  elettrica,  464. 

Processi  psichici  :  loro  sede  negli  animali, 
466. 

Prodotti  di  disfacimento  nel  sistema  ner- 
voso centrale,  326. 

Psichiatria  :  trattato  di  Ziehen,  95  ;  i  pro- 
blemi odierni  della,  (Lugaro),  86. 

Psicologia:  e  spiritismo,  366;  psicologia 
del  nevrastenico,  370. 

Psicosi:  alterazioni  dei  nervi  nelle,  31; 
ghiandole  a  secrezione  interna,  237  ; 
forme  lacunari,  285  ;  malattie  a  fo- 
colaio, 95  ;  giovanili.  39;  maniaco-de- 
pressi  va  e  rapporti  coli'  epilessia,  418  ; 
periodica,  rapporti  coll'epilessia,  478; 
poliueurìtiche,  590. 

Puerilismo.  226. 

Radici  posteriori:  rigenerazione,  469. 

Reazione  pupillare,  49. 

Respirazione:  nella  paralisi  pseudo^ul- 
bare,  33  ;  ritmo  nei  dementi  precoci, 
479. 

Resoconto:  del  manicomio  di  Tokio,  38; 
del  1"  Congi-esso  della  Soc.  I tal.  di  neu- 
rologia, 223. 

Retina:  fatti  degenerativi  e  rigenerativi 
in  seguito  al  tiiglio  dell'ottico,  177. 

Reumatismo  cronico  :  insufficienza  tiroi- 
dea, 334;  disturbi  trofici,  477. 

Ricambio  organico:  azione  del  vago  175. 

Ricerche  urologiche  ed  ematologiche  nei 
psicopatici,  07;  ematologiche  negli 
epilettici,  148;  cronogratìche  nei  mo- 
vimenti volontari,  174. 

Riflessi  :  vie,  25;  meccanismo,  134,  465; 
tempo  di  latenza  nel  cane,  466. 

Rigenerazione:  delle  placche  motrici,  137  ; 
del  midollo,  236,  481;  del  nervo  ot- 
tico, 177,  236,  481;  degli  elementi  non 
nervosi  della  corteccia,  321;  collate- 
rale nei  gangli  spinali,  287;  delle  ra- 
dici posteriori,  469;  dei  nervi  perife- 
rici, 470. 


Indice  delle  materie 


599 


Kisimcìtazione  di  animali  elettrizzati,  136. 
464. 

ROngten:  effetti  dei  raggi  di  R.  sulle  cel- 
lule nervose.  175. 

iSangne:  nelle  psicopatie.  07;  nell'epiles- 
sia, 143;  presenza  di  colina  e  di  po- 
tassio in  alcune  malattie  mentali,  480; 
pressione  sanguigna  neir  arterioscle- 
rosi, 35;  nell'epilessia  elettrica,  464. 

Scimmie  :  struttura  della  corteccia  cere- 
brale, 41. 

Sclerosi  :  a  placche  del  midollo  spinale, 
15;  laterale  amiotrofica  e  degenera- 
zione delle  vie  piramidali,  42;  sclerosi 
laterale  amiotrofica  dì  origine  emozio- 
nale, 400;  sclerosi  tuberosa,  589. 

Scrittura  a.Hsociata  come  terapia  della  mo- 
gigrafìa.  192. 

Senso  deir equilìbrio,  34. 

Sì  ero- diagnosi  :  nella  tabe  e  paralisi  pro- 
gressiva, 120,  232,  272,  462  ;  della 
sifìlide  col  metodo  della  precipitazione 
della  lecitina,  385' 

Sifìlide:  s.  midollare  e  male  di  Pott,  devia- 
zione del  complemento  nella,  120, 
232;  si  ero- diagnosi  coi  metodi  della 
precipitazione.  385r452;  cerebrale 
difTusa,  325;  diagnosi  precoce  della  si- 
fìlide del  sistema  nervoso,  81  ;  del  si- 
stema nervoso  centrale,  231;  precipi- 
tazione frazionata  delle  albumine  del 
liquido  cerebro-spinale  nella  sifilide 
del  sistema  nervoso,  376. 

Sindromi  :  da  lesione  del  fascio  genicolato, 
45  ;  di  Weber  con  emianopsìa,  282  ; 
motorie  dell'infanzia,  383;  di  Brown- 
Séquard  simulata  dairisteria,  164;  del 
vago  e  d'angoscia  nella  paralisi  pro- 
gressiva, 332;  di  Friedreich,  231;  emi- 
tonoclonica  postemiplegica,  477. 

Sintoma  dì  Grasset  e  Gaussel  nelle  lesioni 
di  motilità  degli  arti  inferiori,  116. 

Sìringomielia:  con  fenomeni  bulbari  e  di- 
sturbi trofici.  43;  con  cheiromegalia, 
44;  s.  e  catatonia,  74;  s.  e  tabe,  144; 
s.  spasmodica  dolorosa,  475. 

Sistema  nervoso  :  metodi  di  colorazione, 
30,  300;  dì  conservazione,  331  ;  dtì- 
VElephas  indicuSy  28;  evoluzione  dei 
neuroblasti,  169  ;  delle  cellule  nervose, 
232  ;  sviluppo  ncirembrione  di  cavia, 


40;  struttura,  372;  rapporti  colle  ghian- 
dole sessuali,  36,  227;  anatomia  cli- 
nica, 278;  rigenerazione,  481,  177,  236, 
481  ;  sistema  nervoso  centrale  :  la- 
cune nelle  malattie  mentali,  285;  pro- 
dotti di  disfacimento,  236;  infiltrazione 
di  FlcLsmazelUn  nei  conigli  alcooliz- 
zati,  144,  467;  alterazioni  per  iniezioni 
di  bile,  176;  alterazioni  per  azione 
dell'adrenalina,  176. 

Sonno:  ed  isterismo,  183. 

Spiritismo  e  psicologia,  366. 

Spondilite  infettiva,  34. 


Tabe  :  sierodiagnosì,  120,  282, 273,  385; 
disturbi  dei  muscoli  oculari,  284:  t-. 
e  sìringomielia.  144  ;  precipitazione 
frazionata  delle  albumine  nel  liquido 
cerebro-spinale,  376  ;  patogenesi  ed 
anatomia  patologica,  473. 

Tay-Sachs  :  idiozia  familiare  amaurotica, 
188;  ricerche  anatomiche  e  cliniche  in 
una  forma  speciale,  471. 

Tecnica  istologica,  30,  300,  331- 

Teoria  dell'  illusione  dì  riconoscimento, 
236;  t.  della  dottrina  metamerica  e  ri- 
generazione delle  radici  posteriori. 469. 

Terminazioni  nervose:  rigenerafz ione  e  de- 
generazione in  segni to  al  taglio  del 
nervo,  137. 

Tetania  :  trattamento,  con  estratti  di  para- 
tiroidi,  39. 

Tiroide  :  insufficienza  e  reumatismo  cro- 
nico, 384. 

Traumi  sessuali  giovanili  e  loro  significato 
nella  demenza  precoce,  381. 

Trigemino  :  anatomia  comparata,  40  ;  ana- 
tomia, 84;  nevralgia,  385. 

Tubercoli,  cerebrali  nella  puerizia,  35. 

Tumori  cerebrali  :  lesioni  della  corteccia, 
29  ;  sintomi  vasomotori ,  39  ;  della 
zona  parietale,  84;  del  lobo  prefron- 
tale sinistro,  179  ;  del  corpo  calloso, 
281,  876;  intervento  operatorio,  191  : 
tumori  fantastici,  181  ;  tumori  ipofi- 
sari, 177,  373;  tumori  meningei,  181; 
tumori  midollari  (del  midollo  allun- 
gato), 329;  tumori  del  quarto  ventri- 
colo, 588. 

Ttlrck  (origine  del  fascio  peduncolare  dì), 
132. 


GOO 


indice  delle  materie 


Udito  :  sfera  uditiva  del  cervello  umano, 
130. 

Ungulati  :  midollo  spinale,  41. 

Urinemìa:  lesioni  delle  fibre  nervose  nell", 
340. 

Ustioni  della  cute  e  consecutive  altera- 
zioni delle  cellule  nervose,  136. 

Vago  ;  azione  sugli  scarabi  organici,  174  ; 
sindrome  del  vago  nella  paralisi  pro- 
gressiva, 332. 

Vasi:  lesioni  nella  gangrena  spontanea 
simmetrica  delle  estremità,  476. 

Vasi  cerebrali:  anatomia,  430;  infiltra- 
zione, nei  conigli  alcoolizzati,  144, 
467. 


Ventricolo  quarto:  anatomia  129:  tumori, 

588. 
Vescica   urinaria:  disturbi   nei    ragazzi. 

38. 
Via  piramidale  :  degenerazione  nella  scie-* 

rosi  laterale  amiotrofica,  42. 
Vie  cerebro-cerebellari  neir  uomo.  4:i4. 


Wassermann  :    specificità  della  reazione. 

120,  232,  272. 
Weber  (sindrome  di)  :  con  emianopftia.  282. 


Zona  fibrillogena  nelle  cellule  nervose  em- 
brionarie, 171. 


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