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RIVISTA ITALIANA
DI
NUMISMATICA
E SCIENZE AFFINI
RIVISTA ITALIANA
DI
NUMISMATICA
E SCIENZE AFFINI
PUBBLICATA PER CURA DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
E DIRETTA DA
FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI
ANNO XVIII - 1905 - VOL. XVIII
MILANO
Tip.-Editrice L. F. Cogliati
Corso P. Romana, N. 17
I905.
PROPRIETÀ LETTERARIA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Presidente Onorario
S. M. VITTORIO EMANUELE III
Re d' Italia
Presidente
Conte Comm. NICOLÒ PAPADOPOLI
Senatore del Regno.
Vice - Presidenti
GNECCHI Comm. Francesco — GNECCH1 Cav. Uff. Ercole.
Consiglieri
AMBROSOLI Dott. Cav. Solone, Conservatore del R. Gabinetto Numisma-
tico di Brera e Libero docente di Numism. presso la R. Accad.
Scient.-Lett. in Milano (Bibliotecario della Società).
GAVAZZI Cav. Giuseppe.
MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana.
RICCI Dott. Serafino, Conservatore-aggiunto nel R. Gabinetto Numisma-
tico di Brera in Milano (Vice-bibliotecario della Società).
RUGGERO Comm. Magg. Gen. Giuseppe.
VISCONTI March. Carlo Ermes.
Angelo Maria Cornelio, Segretario.
CONSIGLIO DI REDAZIONE DELLA RIVISTA PEL 1905.
Gnhcchi Francesco e Gnecchi Ercolk, Direttori — Ambrosoli Solone
Gavazzi Giuseppe — Motta Emilio — Papadopoli C. Nicolò
Ricci Serafino — Visconti M. Carlo Ermes.
FASCICOLO L
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
LXIV.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI.
Il compianto capitano Prayer, morto nel 1892 (0,
col quale fui lungamente in ottimi rapporti come
collettore e come amico, possedeva diverse collezioni
artistiche e scientifiche di monete, autografi, disegni,
miniature ; e, amante del bello in tutte le sue mani-
festazioni, s'era pure procurato parecchie serie di
riproduzioni di pietre incise, di cammei e di monete
antiche appartenenti a celebri musei. Fra le altre,
ne possedeva una di riproduzioni in zolfo di me-
daglioni romani, la quale portava per titolo : Meda-
glioni Vaticani, una superba serie di circa trecento
pezzi, fra cui una buona dozzina muniti di cerchio
ornamentale.
Siccome questa era la partita che maggiormente
mi interessava, chiesi all'amico Prayer e facilmente
ottenni, d'averla a casa mia per alcuni giorni, onde
poterla esaminare e studiare a mio agio. Così m'av-
vidi, confrontando quei pezzi col Cohen, che ve se
ne -trovavano parecchi inediti. Mi meravigliai sulle
(1) Vedi Necrologia in Rivista Hai. di Num., 1892, pag. 397.
12 FRANCESCO GNECCHI
prime come il Cohen non conoscesse questi meda-
glioni, trattandosi di una collezione pubblica, e come
nell'opera sua non fosse mai citata la Collezione Va-
ticana ; ma poi facilmente mi spiegai la cosa, riflet-
tendo come il Cohen, pubblicando il suo catalogo,
poco o punto si sia curato di quanto esisteva in
Italia ; al che forse aveva una scusa nel fatto che
molte delle nostre collezioni pubbliche sono o per
lo meno sono state per lungo tempo nel passato in-
visibili, o assai difficilmente accessibili; ciò che pur
troppo debbo affermare anche per esperienza mia
propria. Mi rallegrai invece della copiosa messe di
buona roba inedita, che il caso mi offriva; feci una
nota accurata di tutti i pezzi, segnando i numeri del
Cohen per quelli che vi trovai corrispondenti, e
prendendo invece la descrizione di quelli che erano
nuovi o che presentavano qualche variante, — una
quarantina all' incirca — coli' intenzione di verificare
poi il tutto sul vero e d'aggiungervi i pesi e le ripro-
duzioni dei pezzi più interessanti, e offrire poi ai let-
tori della Rivista, oltre alla descrizione completa di una
serie altrettanto famosa quanto poco nota, una nuova
e importante contribuzione al Corpus Numorum.
Fui a Roma diverse volte dopo quell'epoca ;
ma, talvolta per colpa mia, tal'altra per colpa altrui,
arrivai fino all'anno 1903 senza poter penetrare nel
Gabinetto Vaticano, e la minuta del mio articolo, in
attesa d'essere completata, rimase così quasi tre
lustri dimenticata fra le mie carte, oltrepassando
così il prudenziale consiglio d'Orazio :
. . . nonumque prematur in annum
Membranis intus positis
Il che dopo tutto non fu male, perchè il tempo
m'ha fornito molte notizie che allora non erano a
mia conoscenza.
I MEDAGLIONI EX- VATICANI
13
Fu solo nell'aprile 1903, all'epoca del Congresso
Storico che, grazie alla gentilezza dell'attuale diret-
tore cav. Serafini, potei avere un appuntamento al
Vaticano e mi fu dato di varcare finalmente la soglia
di quella porta che dalla biblioteca mette al gabi-
netto numismatico.
Ammirai dapprima la stupenda serie consolare,
certo una delle più belle esistenti, sia pel numero
(circa 8000 pezzi), sia per le rarità che vi si ammi-
rano, sia per le conservazioni che, meno pochissime
eccezioni, sono si può dire tutte a fior di conio.
Vidi in seguito la serie imperiale, nella quale alcuni
pezzf belli e vari e alcune bellissime conservazioni
brillano in mezzo a molta roba che non esce dalla
mediocrità. Notai subito come non vi figurassero i
superbi medaglioni che io conoscevo per le impronte
e che mi tardava di contemplare sul vero. Ma, os-
servando pazientemente il resto, vivevo nella dolce
illusione che tale serie fosse collocata a parte, e che
mi fosse riserbata per ultima come il boccone più
ghiotto.
Allorché però mi parve che tutto si andasse
esaurendo e che noi fossimo giunti allY/£, missa est,
non potei trattenermi dal chiedere specificatamente
al direttore di vedere ciò che maggiormente mi stava
a cuore e formava anzi l'oggetto specialissimo della
mia visita.
Ed egli, come chi risponde alla domanda più
ingenua: « I medaglioni; » mi disse « ma questi da
oltre un secolo non esistono più al Gabinetto Vati-
cano. In seguito al trattato di Tolentino i nostri
medaglioni con tutte le altre nostre monete varca-
rono le Alpi in compagnia dei cento famosi capi
d'arte ».
— Ma i capi d'arte non furono poi restituiti
nel 1815?
14
FRANCESCO GNECCHI
— I grossi capi d'arte sì, ma le cose spicciole
esportate arbitrariamente, senza catalogo, non si vi-
dero più ritornare. O per meglio dire, come restitu-
zione delle monete preziose tolte al Gabinetto Vati-
cano, non tornò che un egual numero di monete
qualsiansi e in cambio dei medaglioni un sacco di
bronzo.... tutte monetaccie di scarto ; ma del buono
non tornò più nulla.
Com' io rimasi all'udire queste parole
Noi domandar lettor, eh' io non lo scrivo.
La dichiarazione del direttore era tanto enorme,
che al primo momento mi parve impossibile... ma
pur troppo dovetti persuadermi che essa non era
che la pura verità. Difatti di tutta la mia nota non
un pezzo solo si trova ora nel medagliere vaticano.
Siccome poi quello che avvenne dei medaglioni av-
venne pure di tutte le altre serie, ne consegue che
quanto ora si vede non è che una ricostituzione che
data dall'ultimo secolo, il che spiega le deficienze
che m'avevano colpito nelle monete imperiali romane.
Le sole due serie che oggi siano veramente ricosti-
tuite sono la consolare romana e la papale, mentre
delle altre si può dire non esista che uno scheletro (x).
(i) Del resto pur troppo il fatto del medagliere vaticano non è
l'unico e neppure il più grave in questa nostra Italia, dove tutti a tutte
le epoche saccheggiarono. Sono moltissime le città nostre che ebbero
a soffrire, oltre alle esportazioni che dirò legali, perchè almeno larvate
da una parvenza contrattuale, quelle altre che non possono avere altro
nome che di latrocinio, se la rapina pubblica per un travolgimento di
senso morale non fosse stata finora considerata sotto un aspetto diverso
della privata. E valgano alcuni esempii.
Qui nella nostra Milano la Biblioteca Ambrosiana non ebbe che
restituzione parziale di quanto le fu sottratto nel 1797, e i minori codici
Vinciani restano sempre a Parigi, come vi restò il Tiziano di S. Maria
delle Grazie. Il tesoro di Monza, fra i molti pezzi che furono preda della
cleptomania napoleonica, perdette la corona d'oro d'Agilulfo, la quale
il Museo di Parigi non seppe neppure conservare per sé, giacché, ru-
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 15
Ma, fermandoci ai nostri medaglioni, dove anda-
rono essi a finire ? Dovrebbero essere tutti al Ga-
binetto di Parigi ; invece non vi si trovano che
in parte, in grandissima parte, nella massima parte,
se si vuole ; ma pure alcuni mancano. Infatti, se vi
fossero tutti, tutti sarebbero stati descritti nell'opera
di Cohen, perchè, quantunque l'opera di Cohen non
sia il catalogo del Gabinetto di Parigi, ciò non to-
glie che il Gabinetto di Parigi ne sia stata la base
principale; e non si potrebbe comprendere come vi
bata al Gabinetto delle monete dove era stata depositata, nella famosa
notte dal 16 al 17 febbraio del 1804, veniva immediatamente fusa dai
ladri insieme ad altri oggetti d'oro.
In epoca più recente la città di Mantova vedeva gli splendidi arazzi
disegnati da Giulio Romano passare tacitamente e senza protocollo dal
palazzo dei Gonzaga a quello degli Absburgo, e restarvi ; e più recen-
temente ancora quando l'aquila grifagna che per più divorar due becchi
porta veniva una buona volta costretta a ritirarsi dalla veneta laguna, colta
da un improvviso furore artistico, e dall'ambizioso desiderio di formare
nel nuovo Museo di Vienna la più splendida galleria dell'arte pittorica
veneziana, strappava coi propri artigli tutti i capolavori che adorna-
vano le sale del palazzo ducale.... uno solo escluso, l'immensa scena
del Tintoretto, perchè, nella fretta del trasloco, non trovò il tempo
di imballare tanti metri quadrati di tela ; e fortunatamente non le
sovvenne in quel momento l'esempio di un'altra grandissima tela ve-
neziana che era stata dalle non meno rapaci aquile francesi traspor-
tata a Parigi.... da dove non è più ritornata precisamente perchè
troppo grande e quindi troppo incomoda da trasportare !.... L'andata
le era riuscita agevole ; ma il ritorno riusciva impossibile, e così le
Nozze di Cana del Veronese sono sempre là a decorare una parete
nel Salon carré al Louvre !
E qui faccio punto, non perchè manchi la materia ; ma perchè la
lugubre lista minaccia di diventare troppo lunga, e quanto esposi mi
pare che possa bastare.
Chi ne volesse sapere di più, potrebbe fra altro consultare un opu-
scoletto pubblicato a Venezia nel 1799 e ristampato poi a Milano
(dalla tipografia di Giuseppe Borsani sul Corso di Porta Orientale al
N. 636, senza data), dal titolo : Catalogo dei capi d'opera di Pittura,
Scultura, Antichità, Libri, Storia naturale ed altre curiosità trasportati
dall'Italia in Francia e confrontare i ritornati coi rimasti.
La lista, però, per quanto occupi 32 pagine, è lontana dall'essere
completa.
l6 FRANCESCO GNECCHI
si siano omessi pezzi di simile importanza. Vediamo
dunque come andarono le cose, giacche ora sono in
grado di chiarire e documentare il breve dialogo
avuto due anni sono col direttore del Gabinetto
Vaticano e lo posso, grazie allo stesso cav. Serafini,
il quale, dietro mio invito, ebbe lo scorso autunno
la cortesia di fornirmi molte preziose notizie relative
alle collezioni Vaticane e alla loro emigrazione in
Francia, notizie che poi mi furono pienamente con-
fermate anche da Parigi, come vedremo in seguito.
Mi pare che tali particolari poco noti di un inci-
dente che tocca la storia, l'arte, la scienza e il diritto
debbano avere interesse per tutti i lettori della nostra
Rivista e credo perciò bene di esporli, incominciando
dal riportare testualmente e quasi completamente la
lettera direttami dal cav. Serafini il 17 settembre 1904:
Innanzi tutto, se le impronte del Prayer riproducono
davvero C1) medaglioni un tempo esistenti nel medagliere
vaticano, esse sicuramente furono prese innanzi alla fine
del secolo XVIII e più precisamente anteriormente alla spo-
gliazione di quel gabinetto per opera dei francesi nel 1798
in forza del trattato di Tolentino (17 febbraio 1797), perchè
tutti i medaglioni posseduti a quell'epoca furono trasportati
al medagliere di Francia e confusi con esso, né più fecero
ritorno. Questa asserzione esattissima è comprovata da
parecchi documenti che brevemente le accennerò.
Lo splendore della serie vaticana di medaglioni sul de-
clinare del secolo XVIII è celebrata dall' Eckhel (2), che l'ap-
pella una tra le più illustri esistenti. Essa era formata dai
medaglioni Albani, illustrati dal Venuti (3) in numero di 328
(1) Se li riproducono davvero vedremo in seguito. -
(2) Hujus classis splendorem, cum Romae agerem, non aequavere
aliae. Doctrina Numorum veterum, Prol. gen. Cap. XXIII, pag. CLXXIV.
(3) Antiqua Numismata maximi moduli ex museo Alexandri S.
R. E. Card. Albani in Vaticanam Bibliothecam a Clemente XII Pont.
Opt. Max. translata et a Rudulphino Venuto cortonensi notis illustrata.
Romae MDCCXXXIX.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 17
circa, dai medaglioni Carpegna, illustrati dal Buonarroti 0),
in numero di 177 circa, e dalla collezione Odescalchi (an-
ch'essa pubblicata non ricordo da chi (2)), ricca di oltre 1383
monete antiche tra le quali parecchi medaglioni, oltre ad
acquisti minuti dei prefetti della Biblioteca Vaticana, dei
quali peraltro non si conserva precisa memoria.
Tutto ciò si desume dalla copia dell'atto di consegna
esistente nella nostra Biblioteca fatta da Mons. Rezzi al
cittadino Vicar incaricato dal Direttorio il 24 floreale del-
l'anno VI, nella quale consegna si trovano enumerate 9854
monete e medaglie destinate ad arricchire il medagliere di
Francia.
Uscirono pertanto queste monete dal Vaticano e furono
consegnate al rappresentante della Repubblica francese; ma
sappiamo pure che giunsero in buono stato a Parigi, poiché
l'aggiunto di quell'epoca a quel medagliere A. L. Cointreau
in un suo volumetto sullo stato degli acquisti ed aumenti
del Gabinetto dall'anno 1754 alla fine del secolo (anno Vili)
ci fa sapere che l'8 termidoro dell'anno VI giunsero da
Roma 26 casse, delle quali 21 destinate al medagliere e 5
alla Biblioteca; e che, aperte le dette 21 casse, visi rinven-
nero 56 medaglieri di varie forme, che descrive, con un totale
di oltre 9000 monete e medaglie. Tra queste nota special-
mente 320 medaglioni Albani, 170 Carpegna, 3250 tra meda-
glioni e monete antiche d'ogni serie, che egli attribuisce alla
Regina Cristina, mentre in verità dovevano far parte, almeno
per un certo numero di pezzi, della collezione Odescalchi,
poiché la raccolta della Regina Cristina non era in Vaticano,
ma di proprietà del Duca Braschi nipote di Pio VI.
fi) Buonarroti Filippo. Raccolta di Medaglioni del Museo dell' Emi-
nentissimo e Reverendissimo Sig. Cardinale Gasparo di Carpegna.
Roma 1698.
Esiste anche un'altra pubblicazione di Giuseppe Montorchi, dal ti-
tolo : Scelta de' Medaglioni più rari nella Biblioteca dell' Em. e Rev. Prin-
cipe il Sig. Cardinale Gasparo Carpegna, Vicario di nostro Signore,
Roma M DC LXXIX.
(2) Questo catalogo non m'ò riuscito di trovarlo né a Brera ne
altrove. Deve essere però poco importante nel ramo che ci riguarda,
perchè i medaglioni sono quasi tutti descritti nei due cataloghi precedenti.
F. G.
l8 FRANCESCO GNECCHI
Oltre a questa importante testimonianza, possediamo
anche la copia del verbale in data 16 ottobre 1815 redatto
allorché il Marini ed il Canova delegati del Papa, ed il
Barone d'Ottenfels commissario dell'imperatore d'Austria
procedettero alla riconsegna delle monete esportate dal
Vaticano. In esso dicesi tra le altre cose che i delegati tro-
varono che una gran parte delle monete tolte al medagliere
pontificio erano state immesse in quello (allora) regio senza
veruna annotazione e descrizione, e le altre erano state
lasciate intatte (?) nelle cassette di trasporto. Essi, che non
possedevano un catalogo descrittivo, ma soltanto un elenco
numerativo delle monete da ricuperare, e che per giunta
poco o punto conoscevano il valore delle serie esportate,
non sapendo a qual partito appigliarsi, né volendo per troppo
grande delicatezza (!), aver rischio di impossessarsi di monete
non loro, stabilirono di prendere in consegna tutti i pezzi
che trovarono nelle cassette di trasporto in numero di 3315
e per le restanti 6500 circa ricevettero in cambio altret-
tante monete della specie e del metallo designato; ma di
quale rarità e conservazione è facile immaginare. Di fatto
furono eccettuati da questa restituzione per via di cambii
i medaglioni, i quali non sono affatto nominati in quell'atto
e pei quali probabilmente i buoni negoziatori ricevettero
qualche centinaio di monete di bronzo di prima grandezza.
Ecco perchè quando le monete venute di Francia furono
riconsegnate al Prefetto della Biblioteca vaticana, questi che
ben conosceva il pregio della raccolta già nel medagliere
esistente, scrisse che in cambio delle collezioni dei meda-
glioni e di gran numero di monete rubate si erano riman-
dati alcuni cartocci di scarti.
Questo è il riassunto della spogliazione francese e della
parziale reintegrazione del medagliere vaticano. Soltanto
riportandosi allo stato tumultuoso ed ai gravissimi interessi
in giuoco a quell'epoca, si può intendere come si lasciasse
in Francia senza protesta quella parte così cospicua del
medagliere, che ne formava senza dubbio il principale pregio,
mentre, esibendo i cataloghi pubblicati e ben noti dei tre
medaglieri acquistati dai Papi, si sarebbe potuto esigere la
completa restituzione.
I MEDAGLIONI EX-VATlCANI lg
Queste comunicazioni del cav. Serafini hanno
la loro completa conferma in quelle che ebbi diret-
tamente dal Gabinetto di Francia, per le quali rendo
pubbliche grazie a quei signori conservatori.
Non poteva essere diversamente trattandosi di
fatti consegnati nei verbali e in parte anche già resi di
pubblica ragione; ma è bene dare qui anche una
parte della relazione avuta da Parigi, onde si veda
come le due relazioni s' accordino e si completino
a vicenda.
En 1797, lors de la signature du traité de Tolentino
entre Bonaparte et le Souverain Pontife Pie VI, le gouver-
nement de la république consentit à ce qu'une partie de
la contribution de guerre, payable en argent, fùt remplacée
par une cession d'oeuvres d'art. En conséquence le cabinet
de France entra en possession de diverses médailliers du
Vatican le 8 thermidor an VI. Ils représentaient 21 colis
contenant 51 coffrets " en bois satiné et d'acajou „.
Les médailles y étaient fixées dans des cercles de cuivre
dorè et mobiles en sorte qu'on pùt retourner toute une
rangée de pièces rattachées à une tige commune C1).
La restitution du médailler du Vatican a été faite le 6
oct. 1815 par l'administrateur general de la Bibliothèque et
les fonctionnaires du cabinet: Gosselin, Millin, Mionnet et du
Mersant, entre les mains des commissaires de S. S. l'abbé
Marini et l'abbé Canova, assistés du Baron d'Ottenfels com-
missaire de l'empereur d'Autriche et accompagnés par la
force armée. On leur rendit les médaillers avec les pièces
qui s'y trouvaient encore. Pour celles insérées dans notre
suite et qu'un examen attentif ne permit pas de reconnaitre
on procèda par compensation en puisant dans les doubles
(1) Tutti questi particolari si trovano nel volume Histoire abrégée
du Cabinet des médailles et des antiques de la Bibliothèque Nationale ou
état succint des acquisitions et augmen/alions, qui ont eu lieu à dater de
l'année 1754 jusqu'à la fin du siede (an Vili de la République franfaise),
pubblicato da Cointreau, il quale aveva avuto, come primo impiegato
del Gabinetto, l' incarico di ricevere e installare le collezioni vaticane.
20 FRANCESCO GNECCHI
du cabinet fort nombreux depuis l'achat par le roi en 1776
de la collection Pellerin, qui contenait plus de 32000 pièces,
du médaillier de l'abbaye parisienne de S.te Geneviève et
de ceux de l'abbé de Tersan achetés en 1791 et du comte
de Valentinois. La restitution porta sur 9836 pièces de
toutes natures, dont 3995 primitives, les autres substituées.
Elle fut faite au Baron d'Ottenfels, qui en donna regu et
les remit aux deux commissaires pontificaux, qui en don-
nérent à leur tour regu à lui et à la Bibliothèque.
Il Du Mersant, che pure partecipò a tali opera-
zioni, racconta le medesime cose più crudamente e
direi più cinicamente, rallegrandosi delle difficoltà che
si opponevano alla genuina e completa restituzione:
« Le Musée du Louvre vit emballer, sous les bayonettes
« autrichiennes, l'Apollon du Belvedere, la Vénus de Médicis,
" le Laocoon, les tableaux de Raphael; et le cabinet des
" médailles rendit, non sans les disputer vivement, les monu-
" ments qu'il avait pu croire sa propriété. Cependant il y
" eu pour lui une chance favorable dans la multitude des
" objets redemandés et dans la presqu'impossibilité où l'on
" était de reconnaìtre dix milles médailles dont la plus part
" étaient, depuis longtemps, insérés dans les diverses suites
" du Cabinet de France. Il fallut en venir à une transaction
* qui fut habilement dirigée par les conservateurs du
" cabinet... „ (1).
Dai verbali poi, che lo stesso autore riassume,
(pag. 181, 182) riporto i passaggi seguenti:
M. M. les Commissaires ayant jugé par eux mèmes de
l'impossibilité de retrouver les suites des médailles telles
qu'elles avaient été emportées de Rome, ignorant d'ailleurs
si elles ont été remises intactes au cabinet de la Bibliothèque
du Roi, ont vu la nécessité d'établir une espèce de change
ou de compensation pour les objets qui n'ont pu ètre
(1) Du Mersant. Histoire du Cabinet des Médailles. Paris, 1838,
pag. 182.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 21
retrouvés et ne point s'exposer à enlever de la collection
du Roi des pièces qui n'appartiendraient pas à celle de
Sa Sainteté.
En conséquence les boìtes ou médailliers du Vatican,
au nombre de cinquante et un, ont été remis à M. M. les
Commissaires de S. S.
Les nombres indiqués dans l'état presente par M. M.
les Commissaires ont été complétés . . .
Il a été dressé un état des médailles d'or, d'argent et
de bronze grecques et romaines en compensation des mé-
daillons, qui n'ont pu ètre reconnus dans la suite du Roi de
France (J).
M. M. les Commissaires reconnaissent que la restitution
se trouve pleine et entière (!) et qu'il ne prétendent plus
avoir aucun droit à des réclamations ultérieures.
Fati à Paris le ij Octobre i8rj.
Baron d'Ottenfels
Chambellan et Commissaire de S. M. I. et R. autrichienne.
Marini et Canova
Commissaires de S. S.
Così la poco scrupolosa astuzia dei commissarii
francesi fu meravigliosamente coadiuvata dall'inef-
fabile dabbenaggine e dalla assoluta incompetenza
dei due abati pontifici, i quali meritano d'essere se-
gnalati all'ammirazione e alla riconoscenza dei posteri!
Ed ora vengo finalmente a rispondere al dubbio
che mi esprimeva nel chiudere la sua lettera il
cav. Serafini, dubbio pure condiviso dagli attuali
conservatori del Gabinetto di Parigi, ove si era ve-
nuti nella supposizione, ed a ragione finche non si
avevano altre prove, che le impronte Prayer appar-
tenessero alla grande serie del Mionnet e che quindi
non ve se ne trovassero che per caso alcune ripro-
(i) E che invece erano forse i soli che mediante i tre cataloghi si
sarebbero potuti perfettamente identificare.
22 FRANCESCO GNF.CCHI
ducenti medaglioni del Gabinetto Vaticano. Il cav. Se-
rafini mi scriveva dunque alla fine della sua lettera:
Dopo ciò, egregio signore, sorge naturale la dimanda
come mai il Cohen non abbia riportato che parte dei meda-
glioni ex Vaticani che debbono esser tutti a Parigi, e se
perciò gli zolfi del Prayer non riproducano piuttosto esemplari
di qualche altra collezione. A lei sarà agevole sincerarsi di
ciò consultando il Venuti, il Bonarroti e l'illustratore del
Museo Odescalchi.
E difatti la verifica non mi fu difficile, consul-
tando appunto i due Cataloghi delle collezioni Al-
bani e Carpegna, nei quali è facilitata la ricerca dal-
l'essere tutti i pezzi incisi in grandi e belle tavole.
Nel loro complesso le impronte rappresentano pre-
cisamente i pezzi di queste due ricche collezioni. Ve
ne sono alcune in più, ossia di pezzi che non trovo
descritti nei cataloghi e devono certamente rappre-
sentare i pezzi provenienti dalla collezione Odescalchi
oppure gli acquisti fatti dal Vaticano alla spiccio-
lata. Ne mancano alcune, una diecina o giù di lì, di
pezzi descritti nei cataloghi (*), e questo ha la sua na-
turale spiegazione nella fragilità della materia. Le im-
pronte di zolfo non erano assicurate in apposite cu-
stodie; ma arrotolate alla bell'e meglio in vecchie carte
e questa deve essere stata la causa naturale della rot-
tura e conseguente dispersione di parecchie. Alcune
difatti le trovai spezzate e qualcheduna aveva sof-
ferto al punto d'essere frantumata in piccoli pezzetti
e in polvere, in modo da riuscire irriconoscibile.
In un lungo secolo di vita è troppo spiegabile che
un certo numero di esse sia andato disperso.
(i) Non bisogna badare alla cifra totale di medaglioni prima esposta
che risulterebbe di circa 500, perchè in questo numero sono compresi
anche i greci.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 23
Resta quindi indubitabile che la leggenda Meda-
glioni Vaticani che stava scritta su ciascuno dei 20
o 30 pacchi, era veritiera. E, se se ne vuole una prova
di più, fra le impronte Prayer si trovavano oltre
quelle dei medaglioni greci, altre di molti pezzi di
semplice gran bronzo (di cui io ho trascurato di
tener nota), incominciando da Augusto, Agrippa,
Nerone, Trajano, Elio e venendo fino ad Annia
Faustina, Magnenzio e ad altri nomi, precisamente
come nel catalogo Albani sono descritti o perchè
scambiati per medaglioni, o perchè ornati di cerchio,
o perchè estremamente belli o rari o infine per com-
pletare la serie dei nomi. A noi servono a comple-
tare la certezza del nostro asserto.
In questi ultimi anni avevo fatto moltissime
ricerche per sapere ove potessero essere andate
a finire quelle impronte in seguito alla dispersione
avvenuta per la vendita delle collezioni Prayer; ma
avevo poi abbandonata ogni speranza di rintrac-
ciarle, quando nel novembre scorso, per un caso
inaspettato, venni a sapere che esse, dopo d'essere
emigrate a Genova, ove dimorarono per parecchi
anni miseramente in una soffitta, erano state rega-
late al museo municipale di Lodi ove si conser-
vano. Fui felicissimo della scoperta e con grande
piacere rividi quelle antiche conoscenze, che mi offri-
vano la possibilità di collazionare e ricorreggere le
mie antiche annotazioni e di offrire la riproduzione
di qualche pezzo, e per di più di potere anche
constatare che quelle impronte furono veramente
prese sui pezzi originali provenienti dal Gabinetto
Vaticano ed ora esistenti nella massima parte al
Gabinetto di Parigi.
Avendo mandato a confrontare coi pezzi del
medagliere parigino un certo numero di impronte,
potei convincermi che a Parigi è rimasta la massima
24
FRANCESCO GNECCHI
parte dei pezzi, ma non tutti, alcuni essendo andati
a finire a Vienna, a Milano, a Londra, altri scom-
parsi, e pel momento, di domicilio ignoto. Come tale
dispersione sia avvenuta, davvero non so ; ma, vista
la poca regolarità e il poco scrupolo con cui in quei
tempi si trattavano le cose pubbliche, non può essere
giudicato temerario il dubbio che qualche malversa-
zione possa essere avvenuta o prima o durante la
consegna o dopo e che quindi alcuni pezzi — e non
certo i meno belli e i meno importanti — siano sfug-
giti dai cartoni papali o reali per passare nel com-
mercio o in private raccolte prima e finire poi even-
tualmente in qualche museo pubblico, come si può
accertare di parecchi. E ciò dà una spiegazione più
che sufficiente del non trovarsi al completo la col-
lezione vaticana al Gabinetto di Parigi.
Concludendo la parte narrativa di questa me-
moria e sintetizzando quanto fu esposto, ne risulta:
Che i medaglieri contenenti le collezioni numi-
smatiche vaticane furono portati a Parigi nel 1798
e tornarono a Roma nel 1815; ma Vi tornarono or-
ribilmente manomessi. Che di quanto in essi era
contenuto non vi fu lasciato che la parte meno im-
portante, mentre il buono e il buonissimo levato
venne sostituito con altrettanti pezzi di scarto. In
altre parole che furono restituiti i medaglieri, ma
non le medaglie ; l'astuccio, ma non il contenuto.
Che se oramai, dopo un secolo, e senza nuovi
documenti (di cui però non è esclusa l'esistenza),
riuscirebbe impossibile una cernita di tutte le mo-
nete (circa 9000) rimaste illegalmente e indebitamente
a Parigi, si può fare una eccezione pei medaglioni
romani (io ho parlato e parlo unicamente dei latini;
ma vi si potrebbero aggiungere anche i greci, che
pure nei cataloghi sono descritti e riprodotti nelle
impronte) la cui serie mediante i cataloghi delle
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 25
collezioni Albani e Carpegna e coll'aiuto delle im-
pronte al museo di Lodi, potrebbe assai facilmente
e indiscutibilmente ricostituirsi.
Questo è il risultato semplicissimo che scatu-
risce dai fatti quali sono emersi da quella specie
d' inchiesta a cui naturalmente e quasi senza volerlo
mi condusse la serie d'impronte casualmente venutami
fra le mani, risultato che qui non faccio che registrare,
ben lontano dall' idea che ciò debba o possa avere
una portata al di là di una semplice constatazione.
Che se mai per la progredita civilizzazione, un giorno
idee più larghe o più giuste avessero a farsi strada nel
cervello degli uomini, cosicché le azioni dei governi
dovessero essere giudicate alla medesima stregua che
si usa per gli individui; se mai un giorno il nuovo
mondo potesse essere di scuola all'antico e il no-
bile esempio di Morgan che rende generosamente
ad Ascoli Piceno il piviale di Nicolò IV, perchè
di malo acquisto, potesse essere apprezzato a fatti
e non solo a parole, chi allora vivrà mi sarà grato
di aver segnalato i mezzi di renderne possibile V imi-
tazione !
Detto ciò, veniamo a quello che fu lo scopo
primitivo ed unico di questa memoria, alla descri-
zione dei pezzi varianti o inediti i quali si po-
tranno registrare con tutta tranquillità nel Corpus
dei Medaglioni romani, anche se gli originali ri-
mangono di ignoto domicilio, perchè le impronte
li rappresentano con tanta sincerità da fornire dati
sufficienti per giudicare anche dell' autenticità. E
difatti non manca nella serie qualche falsificazione,
come non manca mai in nessuna raccolta... e la si
riconosce.
Colla descrizione delle inedite o varianti non
credo fuori di luogo il dare anche la lista (col
semplice riferimento ai numeri di Cohen) di tutti
26 FRANCESCO GNECCHI
gli altri pezzi componenti la serie delle impronte
vaticane completa, o almeno quale oggi si trova
al Museo di Lodi, parendomi bene conservarne la
memoria.
E, sempre allo scopo di ricordare, noto a cia-
scun pezzo l'antica provenienza, segnando colla let-
tera A quelli della collezione Albani e colla lettera C
quelli della collezione Carpegna. I pezzi non portanti
alcuna speciale indicazione sono di provenienza sco-
nosciuta.
Giacche poi mi si presenta l'occasione, credo
giusta una parola di riabilitazione a quei vecchi cata-
loghi. Generalmente godono poca fama, al punto che
non se ne tiene conto, come non ne ha tenuto il Cohen.
Ebbene, avendo ora fatto il lavoro di confrontare
quelle incisioni e quelle descrizioni colle impronte,
debbo confermare che li ho trovati esattissimi e il
Cohen avrebbe potuto citarli con tutta tranquillità,
mentre non sono altrettanto attendibili le troppo fre-
quenti citazioni da Vaillant.
Tutti i pezzi del seguente elenco che non hanno
indicazione di metallo s'intendono di bronzo.
I MEDAGLIONI EX- VATICANI 27
ELENCO DEI MEDAGLIONI
COLLA DESCRIZIONE
dei Pezzi inediti o varianti, corretti o completati
ADRIANO.
Coh. n. 539 (cerchiato), 540 C 575 A (cerchiato).
Varietà del n. 537 C.
& — HADRIANVS ÀVGVSTVS Testa laureata a destra.
I# — COS III Cibele seduta in un carro tirato da quattro
leoni, a destra.
Diam. mill. 34.
Var. Coh. 563 C.
& — HADRIANVS AVG- COS III PP Busto laureato a si-
nistra col paludamento.
1$ — Anepigrafo. Pane ignudo che cammina a destra col
mantello sulle spalle, trascinando un ariete e tenendo
un'ascia. A destra si vede l'entrata di un tempio, da-
vanti al quale sta un'ara accesa. A sinistra un albero.
Diam. mill. 34.
NB. Un esemplare simile o forse anche identico appartenente alla
mia collezione, venne da me descritto e illustrato nel 1892. Vedi Rivista
It. di Num., pag. 17. La straordinaria conservazione mi permise di leg-
gere cos in pp. scritto in caratteri minutissimi al rovescio, che Cohen
non lesse sull'esemplare del Gabinetto di Parigi, e ben a ragione perchè,
se si tratta, come non dubito, dell'esemplare ex-Vaticano, è di pessima
conservazione. Riterrei però assai probabile che la leggenda esista su
tutti indistintamente.
Dopo Coh. 551 A.
& - IMP CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG. Busto
laureato a sinistra col paludamento e la corazza, visto
per di dietro.
28 FRANCESCO GNECCHI
R) - PONT MAX TR POT COS III La Felicità diademata
a sinistra con un caduceo e un cornucopia.
Diam. mill. 33. (Tav. I, N. 1).
NB. Cohen avrebbe collocato questo pezzo nella serie g b. senza s e,
che fa seguire a quella dei medaglioni. Difatti si tratta precisamente
di un g b. o semplice sesterzio imperatorio. Il rovescio è in tutto simile
come arte e rilievo a un gb. comune, mentre nel diritto il rilievo è
molto risentito. Ad ogni modo è un pezzo nuovo e inedito.
Dopo 565 A.
B' — HÀDRIANVS AVGVSTVS Testa laureata a sinistra.
1$ — Anepigrafo. Bacco ignudo e Apollo seminudo se-
duti su di un carro tirato da una pantera e da una
capra diretti a destra. Bacco, appoggiandosi sul gomito
destro, tiene il tirso ; Apollo seduto alla sua sinistra
suona la lira volgendosi a lui. Sulla capra cavalca Cu-
pido suonando un doppio flauto.
Diam. mill. 34.
NB. Posseggo nella mia collezione una variante di questo meda-
glione (colla testa dell'imperatore a destra) che descrissi nella Rivista
It. di Num. nel 1888. Vedi pag. 281. Il tipo era sconosciuto a Cohen.
ANTINOO.
Esistono le impronte di tutti i pezzi illustrati negli antichi
cataloghi ; ma, appartenendo alla serie greca, ne ometto
la descrizione.
SABINA.
Coh. 38.
ELIO.
Coh. 52.
NB. Questo non è un medaglione, bensì un gran bronzo munito di
un cerchio ornamentale. Anche il Cohen, descrivendo questo pezzo di
cui dà anche la riproduzione, fa la medesima osservazione e ragione-
volmente lo pone fra i gran bronzi. Mionnet, osservando sempre questo
medesimo esemplare, lo classificò medaglione, probabilmente pel cerchio
di cui è ornato, e tale venne tenuto e illustrato nel catalogo della Col-
lezione Albani, e viene pure riportato dal Vaillant (cum circulo aereo in
museo Albani nunc Vaticano). Se io l'ho messo qui nella serie è unica-
mente come esempio di quei pezzi, cui ho più sopra accennato, che furono
fatti servire a colmare le lacune dei nomi, e che a noi servono mira-
bilmente a identificare la provenienza e il passaggio di proprietà della
completa serie.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 29
ANTONINO PIO.
Coh. n. 379 A, 380 A, 382 (cerchiato) A, 383 (cerchiato),
387 (cerchiato) C, 403 (cerchiato) A, 404 (cerchiato) A,
407 A, 416 C, 417 A, 418 A e 418 (cerchiato) C, 425 A,
428, 430 A, 433 A, 534 (cerchiato) A, 437, 442 A, 451 A.
NB. Siamo perfettamente dell' opinione di Cohen, il quale dubita
dell'autenticità dei due medaglioni N. 425 e 430. Per me sono più che so-
spetti, e anche sulle semplici impronte, li giudicherei falsi.
L'arte nei rovesci sembra piuttosto cinquecentesca che romana. Nel
dritto ci si presenta una testa di tale grandezza quale non vidi mai su
altro medaglione, e poi il medesimo conio ha servito per ambedue i
diritti, ciò che costituisce ancora una seria aggravante.
Rettifica Coh. 376.
& — ANTONINVS AVO PIVS PP TR P COS III IMP II Testa
laureata a destra.
Jfy — ÀESCVLAPIVS Nave che passa a destra sotto un
ponte. Alla poppa sta il pilota. Alla prora un serpente
in atto di slanciarsi. Davanti il Tevere sdraiato a sinistra
nell'acqua, con una canna. Nel secondo piano una roccia
su cui tre edifici e un albero.
NB. Nelle mie vecchie annotazioni avevo fatto seguire la descrizione
di questo medaglione dalla seguente nota: " Questo medaglione non
" ha col N. 374 del Cohen che la semplice differenza imp ii nella finale
■ del diritto. Potrebbe forse trattarsi di una omissione nella descrizione
* di Cohen. „
Ora, avendo avuto, grazie alla gentilezza del sig. de Villenoisy, l'op-
portunità di verificare la cosa al Gabinetto di Parigi, risulta che la mia
supposizione era vera. Non si tratta quindi di una variante, ma di una
semplice rettifica, poiché l'esemplare già Vaticano ora parigino porta
appunto la leggenda quale io la davo, ossia col completamento imp u,
l'omissione della quale non era che una inesattezza di Cohen.
Dopo Coh. 389 C.
& — IMP CAES T AEL HADR ANTONINVS AVO PIVS PP
Testa laureata a destra coll'egida.
9 — COS IMI Roma in abito militare coll'asta, volta a
destra porge la mano all'imperatore (o al Cesare M. Au-
relio?). Dietro Roma un personaggio che tiene un'an-
fora (?) sul capo. Dietro l'imperatore due altre figure.
Mill. 40 e 63 col cerchio. (Tav. I, N. 2).
3<5 FRANCESCO GNECCHI
Dopo 407.
& - ANTONINVS AVO PIVS PP TR P COS III Busto nudo
a destra col paludamento e la corazza.
ty — VICTORIA AVGVSTI S C Vittoria a sinistra con una
ghirlanda.
Diam. mill. 36.
NB. Cohen descrivendo questo medaglione senatorio (vrai médaillon,
malgré les lettres s e) lascia in dubbio se la Vittoria tenga un diadema
o una ghirlanda, poi nel supplemento corregge dicendo che la Vittoria
tiene decisamente un diadema. Sub" esemplare vaticano invece, tiene
decisamente una ghirlanda.
FAUSTINA (MADRE)
Coh. 128 A, 130 (cerchiato) A, 133, 136 A.
MARC' AURELIO.
Coh. 362 A, 362 (con piccolo cerchio) C, 367, 383, 388,
390 A, 392 A, 393 A, 395 C, 401 (cerchiato), 406 A.
MARC' AURELIO e LUCIO VERO.
Coh. 1 C.
LUCIO VERO.
Coh. 91 A, 92, 97 A, 101 A, 103 C.
LUCILLA.
Coh. 39.
COMMODO e ANNIO VERO.
Coh. 1.
COMMODO.
Coh. 347, 348 A e 348 (con fortissimo cerchio ornato),
352 C, 354, 355 A, 356 A, 359 A e C, 361 A, 364,
366 A, 368 (falso?), 373, 374, 389 C, 391, 392 A, 396 A,
400 A, 403 A, 412 A, 415 A, 425 C, 430, 433 A, 435 C
(due esemplari), 438 A, 441 A (tre esemplari), 444 A.
Dopo Coh. n. 368 A.
& — L AVREL COMMODVS GERM SARM TR P IMI Busto
laureato giovanile a destra col paludamento.
fy — IMP MI (in giro) COS II PP (all'esergo) Vittoria in
quadriga lenta a sinistra.
Diam. mill. 35.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 31
Varietà Coh. 378 A.
& — IMP COMMODVS AVG- PIVS FELIX Busto laureato a
destra col paludamento e la corazza.
R) — PIO IMP OMNIA FELICIA P M TR P XV IMP Vili
(in giro) COS VI P P (all'esergo) Nettuno ignudo a destra
col tridente e un delfino, il piede destro appoggiato su
di una prora. In faccia a lui Commodo velato con una
patera e un libro. Fra i due un'ara accesa (anno 190 d. C).
Diam. mill. 37.
Completamento n. 388 di Cohen.
,B* — M AVREL COMMODVS ANTONINVS AVG- PIVS Busto
laureato a destra col paludamento e la corazza.
R) — P M TR P Villi IMP VI (in giro) COS IMI P P (al-
l'esergo) Marte galeato colla corazza e il manto a destra
sostiene l'asta colla destra alzata, mentre colla sinistra
si appoggia allo scudo. Ai suoi piedi una sfinge. In
faccia a lui Venere pure colPasta e il gomito sinistro
appoggiato a una colonna. Davanti a lei una colomba
(anno 184 d. C).
Diam. mill. 37.
NB. Cohen non dà che il rovescio di questo medaglione, riportan-
dolo da Vaillant.
Completamento n. 434 di Cohen.
& — M AVREL COMMODVS ANTONINVS AVO Busto lau-
reato e corazzato a destra.
$ TR P Vili IMP V COS IMI P P Commodo in abito
militare coll'asta nella sinistra, in atto di posare la destra
su di un trofeo ai piedi del quale due prigionieri pian-
genti (anno 183 d. C).
Mill. 38. (Tav. I, n. 3).
NB. Cohen cita da Vaillant questo medaglione senza darne il diritto
e dando incompleta la leggenda del rovescio.
Fra i medaglioni di Commodo figura pure quello col rovescio salvs.
da Cohen citato in nota come falso. Anche a me l'impronta dà la me-
desima impressione.
COMMODO e CRISPINA.
Coh. 1 A e C, 2.
32 FRANCESCO GNECCHI
COMMODO e MARCIA.
Coh. i A, 4 A (2 esemplari).
ALBINO.
Esemplare col rovescio di Minerva pacifera, evidentemente
falso.
NB. Dopo d'avere indegnamente appartenuto al Gabinetto Vaticano,
questa contraffazione cinquecentesca venne a finire nelle mie mani
e constato che è veramente l'esemplare vaticano.
Da molti anni giace dimenticato nella serie delle monete false, né
ora posso ricordare come e da chi mi sia venuto.
Non conoscendosi alcun pezzo originale da cui potesse esser copiato,
l'ho sempre ritenuto una delle molte mistificazioni, ossia un'invenzione
d'artista; ora invece ho scoperto che è la riproduzione o almeno imi-
tazione di un medaglione reale, ciò che mi procurerà l'occasione di ri-
tornare sull'argomento in un prossimo appunto.
SETTIMIO SEVERO.
Coh. 464 A, 468 A, 469, 474 C.
Rettifica Coh. 463 A.
& - L SEPTIMIVS SEVERVS PERTINAX ÀVG- IMP UH Busto
laureato a destra col paludamento e la corazza.
ty — DIIS AVSPICIBVS P M TR P III (in giro) COS II P P
(all' esergo) Bacco ed Ercole nudi a sinistra. Ercole
appoggiato alla clava tiene la pelle del leone, Bacco
tiene un vaso (o un simpulo?) e un tirso. Fra i due una
pantera (anno 195 d. C).
NB. Devo ripetere qui l'osservazione fatta al Med. d'Antonino Pio
Cohen 376.
Non si tratta di una variante ; bensì di una semplice rettifica. La
leggenda cos 11 p p dell'esergo fu omessa dal Cohen; ma esisteva sul
pezzo da lui descritto, pezzo già appartenente al Vaticano ed attual-
mente a Parigi, ove potè essere verificato.
GIULIA DOMNA.
Coh. 130 C.
Dopo 131.
& — IVLIA AVG-VSTA Busto a destra.
P — VESTA MATER S C Sei Vestali sacrificanti su di
un'ara accesa, davanti a un tempio.
Diam. mill. 42.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 33
NB. Questo bellissimo medaglione senatorio si trova attualmente al
Gabinetto di Brera, perciò ebbi già l'occasione di darne la descrizione
quando nel 1884 pubblicai nel Bull. Numism. e Sfragistico di Camerino
" Monete e Medaglioni inediti nel R. Gabinetto Numismatico di Brera „.
GIULIA SOEMIADE.
Coh. 1 (argento) A.
ALESSANDRO SEVERO.
Coh. 230 A, 231, 232 A, 336 C.
Dopo Coh. 240.
& — IMP SEV ALEXANDER AVG- Busto laureato a mezza
figura a destra, collo scettro.
IJf — PONTIFEX MAX TR P IMI (in giro) COS II P P (al-
l'esergo) Quadriga trionfale di fronte condotta da due
Vittorie. Nel carro sta Alessandro collo scettro e una
Vittoria che lo incorona.
Diam. mill. 33.
ALESSANDRO e GIULIA MAMMEA.
Coh. 13 A.
MASSIMINO.
Coh. 44 (citato da Vaillant) C, 45 A.
MASSIMINO e MASSIMO.
Coh. 3 A.
GORDIANO I
(Rifatto su un Trajano Decio).
GORDIANO III.
171 A, 178 A, 183 C, 185 A, 186, 189 (due esempi.) A e C,
190 A, 191, 192 A, 193, 197 C, 202 C.
Var. Coh. 178 A.
SY — IMP GORDIANVS PIVS FELIX AVG- Busto laureato
a destra colla corazza e l'egida.
R) - AEQVITAS AVGVSTI Le tre Monete colle bilancie e
il cornucopia. Ai loro piedi i tre mucchi di metallo.
Diam. mil. 35.
5
34
FRANCESCO GNECCHI
Var. 184.
& - IMP G-ORDIÀNVS PIVS FELIX AVO Busto laureato a
destra a mezza figura colla corazza e lo scettro.
R) — LIBERALITAS AVG-VSTI II Gordiano seduto a sinistra
su di un palco. Dietro a lui il prefetto del pretorio e
un milite che si appoggia all'asta. Davanti la Liberalità
colla tessera e il cornucopia. Un popolano sale i gradini
del palco, al basso del quale si vedono sei militi armati
di lancia (anno 239 d. C.)
Diam. mill. 35. (Tav. I, n. 4).
Var. 185 di Cohen.
& — IMP GORDIANVS PIVS FELIX AVO Busto laureato a
destra con paludamento e corazza.
R) — MVNIFICENTIA GORDIANI AVG- L'anfiteatro, all' in-
terno del quale si vede una lotta fra un toro e un ele-
fante. Esternamente a sinistra la statua della fortuna, a
destra la Meta sudans.
FILIPPO PADRE.
Coh. 1 (argento) A, 115 A, 117 A.
Var. Coh. 2 (argento).
& - IMP CAES M IVL PHILIPPVS AVO Busto laureato a
destra col paludamento e la corazza.
~$1 — AEQVITAS AVGG- Le tre Monete, tipo solito.
FILIPPO PADRE e FILIPPO FIGLIO.
Coh. 4 (citato da Vaillant) C.
FILIPPO PADRE, FILIPPO FIGLIO e OTAC1LLA
Coh. 6 A, 8 C, io A, 12.
Var. Coh. 4 A.
& — CONCORDIA ÀVGVSTORVM Busti accollati di Filippo
padre laureato col paludamento e la corazza e d'Otacilla
diademata a destra, affrontati al busto laureato di Filippo
figlio a sin. col paludamento.
R) EX ORACVLO APOLLINIS Tempio rotondo a quattro
colonne su otto gradini, in cima al quale un'aquila.
Neil' interno una statua seduta (Apollo ?) (a. 244 d. C).
] MEDAGLIONI EX-VATICANI 35
Var. Coh. 5 A.
0 — Come il precedente, ossia a differenza dei meda-
glioni descritti da Cohen, il capo di Filippo giovane è
laureato.
^ — GER MAX CARPICI MAX (in giro) III ET II COS (al-
l'esergo). La Vittoria in quadriga trionfale al passo a
sinistra in atto d' invitare a salire i due Filippi. Dietro
Filippo si vede Marte. Davanti a una ruota del carro
due prigionieri legati (a. 248 d. C).
(Tav. I, n. 5).
OTAC1LLA SEVERA.
Coh. 34 A (due esemplari), 35 C.
OTAC1LLA con i FILIPPI al rovescio.
Coh. 1, 2 (due esemplari) A.
FILIPPO FIGLIO.
1 (argento citato da Vaillant) A, 53 A, 54 A.
TRAJANO DECIO.
Coh. 57 (tre esemplari) A, 61 (2 esemplari) A.
ETRUSCILLA.
Coh. 18 (tre esemplari) A.
TREBONIANO GALLO.
Coh. 2 (argento) C, 2 (argento, modulo più grande) A, 79,
80 A.
TREBONIANO GALLO e VOLUSIANO.
Coh. 1 C, 4 A.
VALERIANO
Coh. 3 (argento) A.
Var. Coh. 2 C.
& — IMP C VALERIANVS P F AVG- Busto laureato e in
corazza a destra.
P — AEQVITAS AVGG- Le tre Monete, tipo solito.
36 FRANCESCO GNECCHI
VALERIANO e GALLIENO.
Coh. 3 C, 4 A.
Dopo Coh. 4 (argento) A.
& — PIETAS AVGVSTORVM Busti affrontati di Valeriano
e di Gallieno, ambedue col paludamento e laureati.
ty — MONETA AVGG Le tre Monete, tipo solito.
GALLIENO.
Coh. 8 (arg.) A, 11 (arg.) A, 22 (oro) A, 712 A, 713 A,
719 A, 722 C, 726 A e C, 732, 735.
Dopo Coh. 725 A.
1& — IMP GALLIENVS P F AVG Busto laureato a destra a
mezza figura, colla clamide.
^ — MONETA AVG Le tre Monete, tipo solito.
Diam. mill. 38. (Tav. I, n. 6).
Dopo 729 A.
7& — IMP GALLIENVS P F AVG GERM Testa laureata a
destra.
P — MONETA AVGG Le tre Monete, tipo solito.
Diam. mill. 30.
Dopo Coh. 729 bis C.
W - IMP CAES LIC GALLIENVS AVG Busto laureato a
destra col paludamento.
I? — Come il precedente.
Diam. mill. 32.
Dopo Coh. 729 ter. A.
-& — GALLIENVS PIVS FEL AVG Busto a destra, il capo
ornato della pelle del leone.
^ — Come i precedenti.
Diam. mill. 35.
Dopo Coh. 735 A.
& - IMP GALLIENVS PIVS FEL AVG Testa a destra or-
nata della pelle di leone.
P* - VOTIS DECENNALIBVS S C in una corona d'alloro.
Diam. mill. 35. (Tav> L n -^
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 37
NB. Questo è uno dei rarissimi esempi di medaglioni senatoriali di
Gallieno. Il Cohen descrivendo il suo N. 735, che ha questo rovescio
con un altro diritto, dice : " Vrai médaillon malgré les lettres s c....„
GALLIENO e SALON1NA.
Coh. 7 A.
SALON1NA.
Coh. 2 (argento, tre esemplari diversi) A e C, 5 (argento),
6 (arg.) C, 8 (arg.) A, 98 A.
Dopo Coh. 112.
& — CORNELIA SALONINA AVG Busto diademato a destra.
R/ — PIETAS AVGG La Pietà seduta a sinistra in atto di
tendere la mano a due fanciulli. Un terzo fanciullo vi-
cino alla sedia.
(Tav. I, n. 8).
NB. Al N. 112 di Cohen è descritto questo medesimo g b con s e.
Il pezzo vaticano sarebbe dunque un g b o sesterzio imperatorio.
SALONINO
Coh. 63 C.
CLAUDIO GOTICO.
Coh. 20, 21 (citato da Tanini).
Var. Coh. 26 A.
P — IMP C CLAVDIVS P F AVG Busto laureato a destra
con paludamento e corazza.
91 — MONETA AVG- Le tre Monete, tipo solito.
TACITO.
Coh. 25 (due esemplari) A.
FLORIANO.
Coh. io (due esemplari) A.
Prima di Coh. 9 A.
& — IMP C M ANN FLORIANVS AVG Busto laureato a
destra col paludamento e la corazza.
$ - AEQVITAS AVGVSTI Le tre Monete, tipo solito.
38 FRANCESCO GNECCHI
PROBO.
Coh. 62 A, 63 A, 67 (citato da Wiczay) C, 70 (due esem-
plari) A, 71 C, 72 A, 73 (tre esemplari) A e C, 76 A,
77 (due esemplari), 78 A, 80 A, 83 A, 90 A, 91 A,
93 A, 95 A, 96 A.
CARO.
Coh. 20 (tre esemplari diversi) A e C.
NUMERIANO.
Coh. 14 C, 16 (due esemplari) A, 18 C, 33.
Var. Coh. 14 A.
& — IMP C NVMERIANVS P F AVG COS Busto laureato
a destra a mezza figura col paludamento e la corazza.
Tiene lo scettro sormontato dall'aquila, e un globo stel-
lato sormontato da una Vittoria.
$ - MONETA AVGG Le tre Monete, tipo solito.
CARINO.
Coh. 33 A. 34 C, 36 A, 38 A.
MAONA URBICA.
Coh. 5 A.
DIOCLEZIANO.
Coh. 109 (quattro esemplari) A e C, 11 1 (due esemplari) A,
112, 113 A, 114 C, 115 C, 116 A, 119 (due esempi.) A.
Var. Coh. ni A.
& - IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AVG Busto lau-
reato a destra col paludamento e la corazza.
$ - MONETA AVGG- Le tre Monete, tipo solito.
Var. Coh. 115.
& - IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AVG Busto lau-
reato a destra col paludamento e la corazza.
^ - MONETA IOVI ET HERCVL ÀVGCy La Moneta di
fronte rivolta a sinistra colla bilancia e il cornucopia tra
Giove ignudo, il mantello sulla spalla e volto a destra,
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 39
collo scettro e il fulmine ed Ercole pure ignudo che si
volge a sinistra, tenendo la pelle del leone sul braccio
sinistro, appoggiato alla clava, con un pomo. Ai piedi
della Moneta un mucchio di metallo.
Var. 115 bis.
& - IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AVG Busto lau-
reato e corazzato a sinistra.
IJK — Come il precedente.
Var. Coh. 122 A.
& - IMP C DIOCLETIANVS P F AVG Busto laureato e
corazzato a sinistra armato di lancia e scudo.
$ - MONETA AVGG Le tre Monete, tipo solito.
MASSIMIANO ERCULEO e DIOCLEZIANO.
Coh. 4 A.
MASSIMIANO ERCULEO.
Coh. 121 A, 122 A e C, 125 (tre esemplari) A, 126 C, 127 A,
129 (due esemplari) A e C, 132 C.
Dopo Coh. 126 C.
& — IMP C M AVR VAL MAXIMIANVS AVG Busto laureato
a destra con paludamento e corazza.
$ — MONETA IOVI ET HERCVLI AVGG La Moneta di
fronte volta a sinistra colla bilancia e il cornucopia, fra
Giove ignudo collo scettro e il fulmine e Ercole ignudo
colla clava e la pelle del leone. Ai piedi della Moneta
un mucchio di metallo.
Var. Coh. 129 C.
& - IMP C M AVR VAL MAXIMIANVS AVG Busto laureato
a destra col paludamento e la corazza.
fy - MONETA AVGG Le tre Monete, tipo solito.
Var. Coh. 130.
& - IMP C M AVR VAL MAXIMIANVS P F AVG Busto lau-
reato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sor-
montato da un'aquila.
F$ — Come il precedente.
40 FRANCESCO GNECCHI
COSTANZO CLORO
Coh. 6 (oro) A, 74 (due esemplari) A, 75 A (1).
GALERIO MASSIMIANO.
Coh. 44 (tre esemplari) 47 A, 49 C.
MASSENZIO.
Coh. 27.
COSTANTINO I.
Coh. 164 (due esemplari) A e C, 176 A, 177 (due esem-
plari) A e C.
COSTANTINOPOLI.
Coh. 4 C, 5 C.
ROMA
Coh. 3.
Dopo Coh. 3.
i& - VRBS ROMA Busto galeato di Roma a sinistra col
manto imperiale.
1$ — VIRTVS ÀVGG- N N Costantino a destra con uno
scettro trasversale e un globo.
COSTANTINO II.
Coh. 60 (due esemplari) C, 61 (due esemplari) A.
COSTANTE.
Coh. 16 (argento) A, 19 (argento) A, 94 A, 96 A, 100 A,
106 A, in (due< esemplari) A.
Dopo Coh. 95 A.
B' — CONSTANS P F ÀVG- Testa diademata a sinistra.
I# — VICTORIA AVG-G- Costante a cavallo a sinistra, pre-
ceduto dalla Vittoria con una corona e una palma.
Diam. mill. 32.
(1) I medaglioni di Costanzo Cloro nel Catalogo Albani sono attribuiti
a Costanzo II.
I MEDAGLIONI EX-VATICANI 41
COSTANZO II.
Coh. 27 (oro), 22 (argento) A, 171 A, 172 A, 197 A, 201 (due
esemplari) A.
Completamento del n. 163 A.
^ - D N FL CONSTANTIVS NOB CAES Busto con palu-
damento e corazza a destra, testa nuda.
9 — GLORIA ROMANORVM Vittoria a destra in atto di
scrivere VOT V MVLT X su di uno scudo che tiene, ap-
poggiandolo al ginocchio.
MAONENZIO.
Dopo Coh. 27.
& - IMP CAE MAGNENTIVS AVG- Busto a destra col pa-
ludamento e la corazza. Testa nuda.
P - VIRTVS AVGVSTORVM Magnenzio in abito militare
di fronte volto a destra con un'asta e il parazonio.
Diam. mill. 38.
DECENZIO.
Coh. 14 C.
Var. Coh. 11.
i& - MAO DECENTIVS CAES Busto corazzato a destra.
Testa nuda.
IJ( — VICTORIA AVGG Vittoria con corona e palma cor-
rente a sinistra in atto di dare un calcio a un prigioniero.
Diam. mill. 29.
GIULIANO II.
Coh. 51 (citato da Wiczay) (*).
GIOVIANO.
Dopo Coh. 18.
& - D N IOVIANVS P F AVG- Busto diademato a destra
col paludamento.
(1) Cohen, citando questo medaglione da Wiczay, osserva che, se è
ben descritto, è l'unico di Giuliano che porti il monogramma di Cristo.
La descrizione di Wiczay è questa volta esatta.
6
42 FRANCESCO GNECCHI
P - VICTORIA ÀVG-VSTORVM Gioviano a destra col la-
baro e un globo niceforo. AU'esergo TESA.
VALENT1NIANO I.
Coh. 4 (argento).
VALENTE
Coh. i (oro) A, 16 (argento), 68 A.
TEODOSIO I.
Coh. 3 (argento).
ONORIO.
Coh. 5 (argento, due esemplari) A.
ATTALO.
Coh. i (argento) A.
Francesco Gnecchi.
L'ATELIER MONÉTAIRE D'ARLES
PENDANT LA PÉRIODE CONSTANTINIENNE
de 313 à 337
L'atelier d'Arelas (J) ou Arelate (2) ne fut ouvert
par Constantin qu'après la mort de Maximin Daza,
car le nom de cet empereur ne fut pas inscrit sur
ses monnaies.
Le colonel Voetter a déjà montré que ce fut après
la fermeture de l'atelier d'Ostia que fut ouvert celui
d'Arles (3) ; c'est-à dire en Juillet 313. Cet atelier ne
suspendit ses frappes monétaires ni pendant le règne
de Constantin, ni pendant celui de ses fìls; mais de
326 à 340 il inscrivit aux exergues de ses pièces
l'inscription CONST. ; abréviation de CONSTÀNTINÀ.
La ville d'Arelas recut ce nom en l'honneur de
Constantin li ainsi qu'on le verrà plus loin, après
la mort de Crispus en 326 ; elle le porta jusqu'à la
mort de Constantin II tue en 340 au cours de la
guerre qu'il fit à son frère Constant I (4), Les exer-
gues des monnaies de son atelier indiquèrent ce
changement de nom, ainsi qu'il vient d'ètre dit ;
(1) Arelas dans Ausone, Epist. XXIII, v. 81 et XXIV, v. 83; dans
Prudence, Hymn. Peristaphenon, IV.
(2) Arelate dans Caesar, Cin, 1, 36.
(3) Otto Voetter, Erste Christliche Zeichen auf rómischen Munzen,
Numismatische Zeitschrift, 1892, p. 55.
(4) Lenain de Tillemont, Histoire des Empereurs, Paris, 1723, IV,
p. 328.
44 JULES MAURICE
toutefois de 326 à 330, les inscriptions, P CONST. à
Q CONST. alternent avec PARL à QARL et ARLP à ARLQ;
tandis que l'ori ne trouve plus ensuite aux exergues
des pièces que l'indication de la ville de CONST
(antina) jusqu'en 340 (J).
L'atelier d'Arles témoigne comme ceux de Trèves
et de Lyon par les légendes palennes et l'absence
de signes chrétiens sur ses monnaies de la persis-
tance du paganisme dans les Gaules ; tandis que
dans les diocèses d'Espagne et de Pannonie, les
ateliers de Tarragone, de Siscia et de Thessalonica
inscrivaient déjà des signes chrétiens dans le champ
de leurs monnaies. En Orient ce fut après la chute
de Licinius en 324 que les signes chrétiens parurent
sur les monnaies. Dans les Gaules, et bien que ces
provinces fussent gouvernées par un empereur chré-
tien, l'atelier d'Arles ne fit graver, comme premier
symbole chrétien, le monogramme Constantinien
qu'en 335 et ceux de Trèves et de Lyon qu'en 337
après la mort de Constantin.
J'ai tàché en effet de montrer dans des recher-
ches précédentes que les officiers monétaires gar-
daient une assez grande liberté dans le choix des diffé-
rents qui caractérisaient les séries monétaires et les
émissions. Aussi n'inscrivirent - ils de signes chré-
tiens sur les monnaies que lorsqu'ils se crurent
sùrs de l'approbation de l'empereur et que d'autre
part ils pensèrent répondre dans une certame mesure
aux voeux des populations (2>.
(1) Je décris des Augustes fils les émissions frappées jusqu'à la
proclamation de Constantin en Septembre 337 ; pour celles qui paru-
rent en 338, 339 jusqu'en 340 voir Hettner, Rómische Mùnzschatzfunde
in den Rheinlanden dans Wedts-deùtsch. Zchft.f. gesch-und kanst VII, II,
p. 138-139.
(2) J. Maurice, Signes chrétiens sur les monnaies de l'epoque de
Constantin, Bulletin de la Sociélé Nazionale des Antiquaires de France,
1901, p. 197 à 201, séance du 29 Mai.
L ATELIER MONETAIRE D ARLES 45
C'est ce que semole confirmer ce fait que les
ateliers des Gaules et de Bretagne ne présentèrent pas
sous Constantin de signes chrétiens sur leurs mon-
naies contrairement à celui de Tarragone en Espagne,
province convertie au Christianisme dans la pre-
mière moitié du règne de Constantin de 309 à 314 (*).
L'on trouve mentionné dans la Notitia Dignt-
tatum {in partibus occidentis) le Procurator Monetae
Arelatensis. Ce n'est pas que la présence de ce ma-
gistrat fut une exception. Jl y a tout lieu d'admettre
avec Mommsen que sous Dioclétien chaque diocèse
fut pourvu d'un atelier monétaire place sous la di-
rection d'un' Procurator Monetae (2).
Toutefois il manquait un atelier dans le diocesis
Viennensis; celui d'Arles ne fut ouvert qu'en 313,
tandis que jusqu'à cette epoque celui de Lyon, bien
que faisant partie du diocèse des Gaules, comme
celui de Trèves, avait été créé pour des raisons que
(1) J'ai montré dans une étude (sur les iconographies des Empereurs
Romains de la fin du IIIme et du IVme siede) parue dans la Revue Nu-
mismatique de 1904, pp. 36, 37, 38, que l'Espagne avait appartenu suc-
cessivement à Hercule, Sevère et Maxence de 285 à 309. En 309 cette
province passa dans les mains de Constantin, cf. J. Maurice, L'Atelier
monétaire de Tarragone, Revue Numismatique, 1900, p. 279, et en 214
la croix parut sur les monnaies, mème revue p. 226. D'autre part
Ruynart place encore une persécution des Chrétiens en Espagne sous
Hercule. Cf. P. Ruynart, Atta Martyrutn, 1849, p. 43). Enfin plusieurs
auteurs rapportent la conversion de l'Espagne (Ibérie) et de son roi
par une captive Chrétienne sous Constantin, conversion au Christia-
nisme qui amena l'Espagne à se soumettre à Constantin. Cf. Irénée,
lib. I, cap. 3; Rafin d'Aquilée, Hist. Eccles. lib. I, cap. X; Socrate,
Hist. Eccles. libr. I, cap. 19; Sozomène, lib. II, cap. 7. En fait la sou-
mission de l'Espagne à Constantin en 309, indiquée par les émissions
monétaires, se fit sans guerre, ou n'en a aucune autre indication dans
les auteurs, et les premiers de tous les signes chrétiens apparurent sur
les monnaies de Tarragone en 314. Il est donc probable que le récit de la
conversion de l'Espagne est authentique quant au fond tout au moins.
(2) Mommsen. Die fiinfzthn Miinzstàtten der funfzehn Diocletianischen
Diocesen, Zeitschrift fttr Numismatik, XV, année 1887, p. 242 et s. e.
46 JULES MAURICE
j'ai cherché à mettre en lumière dans mon étude sur
cet atelier (J).
Lyon était en effet le siège du Conciliiim Pro-
vinciae. Elle était au point de convergence des routes
des trois provinces des Gaules.
Constantin le Grand fut consul pour la quatrième
fois en 315 et plusieurs monnaies frappées en cette
année lui attribuent ce consulat ainsi que le titre de
Maximus qui ne parut pas plus tòt sur les monnaies
courantes de bronze, mais lui fut attribué dès l'an-
née 313 sur un médaillon de Tarragone ainsi qu'on
le verrà plus loin. Constantin séjourna à Arles en 316.
Première émission.
Frappée depuis la période qui suivit la mort de Maximin
Daza survenue en Juin 313 (2) jusqu'à la prise du con-
sulat en commun par Constantin et Licinius le ier Jan-
vier 31 j (3).
Les pièces frappées au début de cette émission
présentent à leur revers des légendes inscrites sur
les monnaies à l'occasion de la prise de Rome par
Constantin (4). Ce sont les légendes: RECVPERATOR •
VRBIS • SVAE ou encore S. P. Q. R. OPTIMO PRINCIPI.
Celles frappées pendant la guerre présentent la le-
gende Soli Invicto Corniti.
Les petits folles ou monnaies de bronze de cette
(i) j. Maurice, Classification Chronologique des Emissions Monétaires
de l'Atelier de Lyon pendant la période Constantinienne. Mémoires de la
Société Nalionale des Antiquaires de France. 1902, pp. 23 à 26.
(2) Julf.s Maurice, L'Atelier Monétaire d'Alexandrie. Numismatic
Chronicle, 1902, p. 117; Eusèbe, Hist. Eccles. X, 5; Lactance, De Mort.
Pers. e. XLVII, XLVIII, XLIX,
(3) Consularia Constantinopolitana: Constantino UH et Licinio IIII,
anno 315. Monum: Gemi: Histor: Chron : Minora, pag. 231.
(4) J. Maurice, L'Atelier Monétaire de Rome, 1899, P- 4^3-
L ATELIER MONÉTAIRE D ARLES 47
émission ont des poids oscillant entre 3 grammes,
50 centigr. et 4 gr., 50 e; leur poids moyen est
donc supérieur à celui du ftummus Centenionalis
qui est de 3 gr. 50 e. ; ces petits folles mesurent
de 0,023 à 0,024 millimètres de diamètre. Le Num-
mus Centenionalis fut créé par Constantin après la
guerre de 314 (J).
Les pièces d'or frappées au cours de cette émis-
sion dans les états de Constantin sont pour la plus-
part de Tespèce du Solidus ou 72™ à la livre d'or
créée en 309 par cet empereur (2). L'on émit pour-
tant encore quelques pièces de l'espèce du 6ome à
la livre qui avait cours sous Dioclétien.
Exergues de l'émission.
PÀRL SARL TARL QARL
Première partie de l'émission — Pièces de bronze.
1. On trouve au revers : en legende: S- P. Q. R. OPTIMO
PRINCIPI et comme type trois enseignes militaires sur-
montées celle du milieu de l'aigle légionnaire, les deux
autres qui sont des enseignes manipulaires l'une d'une
main, l'autre d'une couronne.
Au droit: i.° IMP. C. CONSTÀNTINVS P. F. AVG-. Son buste
laure et drapé ou laure drapé et cuirassé à droite.
Cohen, 559. br. mus. ; Voetter, off p-t poids moyen de ces pièces
est de 5 grammes et le diamètre moyen de 0,024 millimètres.
2.0 IMP. LICINIVS P. F. AVG. Buste analogue.
Cohen, 165. br. mvs. off t.
(1) J. Maurick, L'Atelier Monétaire de Trèves. Mémoires de la Sociale
Nationale des Antiquaires de France, tome LXI, 1902, p. 174.
(2) J. Maurice, [J Atelier Monétaire de Trèves. Mémoires des Anti-
quaires de France, 1902, p. 164 a 168; et L'Atelier Monétaire de Torni-
none. Revue Numismatique, 1900, p. 282 à 285.
48 JULES MAURICE
L'on trouve cette méme legende du revers in-
serite sur les pièces sorties de l'atelier de Rome,
après la prise de cette ville par Constantin sur Ma-
xence, ce qui indique qu'elle exprime l'accueil en-
thousiaste et la reception triomphale que Constantin
trouva à Rome (0, conformément au dire de Lactance,
après la chute de cet usurpateur dont la tyrannie
avait accablé tout à la fois le Sénat et le peuple
Romain (2).
IL Au revers: RECVPERÀTOR. VRBIS SVAE. Constantin est
assis à gauche sur une cuirasse, tandis qu'un soldat lui
présente le globe de la puissance souveraine surmonté
d'une Victoire ; derrière lui un bouclier.
Au droit: IMP. CONSTÀNTINVS P. F. AVG. Son buste laure
à droite, portant le manteau imperiai, tenant une fleur?
et un globe surmonté d'une Victoire.
Cohen, 464. fr. 14849 bis ; musée de Berlin ; Voetter, off p-s.
Cette legende exprime par elle méme que Cons-
tantin a repris la ville de Rome sur Maxence con-
sidéré comme usurpateur.
Le poi.ds de ces pièces est en general inférieur
à la moyenne indiquée plus haut.
L'on remontre sur les pièces de la ière partie de
cette émission les légendes SOLI INVICTO COMITI et
MARTI CONSERVATORI dont la première a seule con-
tinue à étré frappée pendant la guerre de 314.
(1) Lactance, De Mortibus Persecutorum, cap. XLIV: cum magna
Senatus populique Romani laetitia susceptus Imperator Constantinus.
(2) La loi ière du titre Vili. De Bonis Vacantibus. Cod. Theodo-
sianus, lib. X doit se rapporter aux biens restitués à ceux qui avaient
été déponillés par Maxence. La loi 3™ du titre XIV, De Infirmandis
his qui sub tyrannis. Cod. Theod. lib. XV, réforme les dispositi ons
injustes prises par décrets par Maxence. Toutefois Constantin laisse
subsister les obligations nouvelles, l'hérédité pour les Naviculaires.
Cod. Theod. XV, XIV, etc. La licence des Prétoriens de Maxence
avait devastò Rome.
L ATELIER MONETAI RE D ARLES 49
C'est par analogie avec ce qui se passa dans les
ateliers de Tarragone, de Rome, de Londres où l'on
émit pendant cette guerre des pièces dans les lé-
gendes desquelles il n'était plus question que d'un
seul Auguste SOLI INVICTO COMITI AVG N que l'on
peut avancer ces faits, car les ateliers des Gaules,
Trèves, Lyon et Arles n'émirent pas de séries dis-
tinctes avant et pendant la guerre de 314.
III. Au revers : SOLI • INVICTO COMITI Le soleil radié à
demi nu debout de face, regardant à gauche, levant la
droite et tenant un globe.
Au droit: i.° IMP. C. CONSTANTINVS. P. F. AVG. Son
buste laure, drapé et cuirassé à gauche.
Cohen, 540. br. mvs. ; Voetter, 0,023 mm- OFF- p-s-q.
2.0 IMP. LICINIVS. P. F. AVG. Son buste laure, drapé et
cuirassé à droite.
Cohen, 163. br. mvs.; Voetter, musée d' Arles off. p-t.'
3.0 IMP. CONSTANTINVS P. F. AVG. Son buste laure, drapé
et cuirassé à droite.
Cohen, 536. br. mvs. Voetter, fr. 14955 J 4 gr- 80 ; 0,022 millim.
OFF. P-S-T-Q.
Les deux pièces précédentes de Licinius et de
Constantin ont été émises en mème temps, c'est à
dire avant la guerre de 314; pendant la guerre l'on
dut continuer à frapper celle au noni de Constantin,
et après la guerre l'on n'émit plus de monnaies de
bronze d'un poids aussi élevé, ainsi qu'on le verrà
dans le tableau de l'émission qui suit celle-ci.
IV. Au revers: MARTI • CONSERVATORI. Mars casqué et en
habit militaire debout à gauche, posant le pied sur un
captif et tenant une haste et un bouclier.
Au droit: IMP. CONSTANTINVS P. F. AVG. Son buste laure
à gauche avec le manteau imperiai tenant un sceptre
surmonté d'un aigle et un globe.
Cohen, 350. FR. 14765, 0,020 mm. off. p.
7
5© JULES MAURICE
V. Meme legende du revers, mais Mars en habit militaire
debout à droite, tenant une haste renversée et appuyé
' sur un bouclier.
Au droit : IMP. LICINIVS • P. F. AVO. Son buste laure et
cuirassé à droite.
Cohen, 139, musée d'Arles. Voetter, off. s.
VI. Meme legende du revers, mais Mars en habit militaire,
marchant à droite, tenant une haste transversale et un
trophée sur l'épaule.
Au droit: IMP. CONSTÀNTINVS P. F. ÀVG-. Son buste
casqué et cuirassé à gauche, tenant une haste et un
bouclier, pièce inèdite.
Voetter, off. p.
.11 existe de toutes ces pièces des exemplaires
de poids supérieur à ceux des pièces émises après
la guerre de 314. L'on doit donc les ranger dans
l'émission présente, mais certaines d'entre elles ont
continue à ètre frappées au cours de l'émission
suivante.
VII. Au revers: VTILITAS PVBLICA. L'Utilité debout dans
une galère tenant une balance et une come d'abondance»
derrière elle Mars casqué en habit militaire tenant un
globe surmonté d'une Victoire.
Au droit : IMP. CONSTÀNTINVS P. F. AVO. Son buste laure
et drapé a droite, tenant un sceptre surmonté d'un
aigle (*).
Ce petit bronze (0,021 mm. de diamètre) doit
probablement se classer dans cette émission après
la prise de Rome par Constantin. L'Utilitas Publica
est une personnifìcation d'une divinité de la vie pu-
blique comme l'Annona, la Felicitas Publica, l'U-
bertas Saeculi, l'Aequitas Publica qui furent en grand
(1) PI. II, n. 1. J'ai décrit cette pièce dans le Bulletin de la So-
ciété N. des Antiquaires de France, 1898, p. 383. off. p. br. mvs.
l'atelier monétaire d'arles 51
honneur sous Dioclétien et continuèrent à paraìtre
sous Constantin en prenant un sens de plus en plus
abstrait, tandis que les autres cessèrent de paraìtre
sous ce règne. L'Utilitas est ici personnifiée comme
l'Aequitas et l'Annona réunies tenant une balance
et une come d'abondance. L'Utilitas est en effet
une divinité dont les attributions peuvent réunir
celles de plusieurs autres déesses également utiles à
l'empire (*).
Pièces d'or.
I. Au revers : FELICITAS PERPETVA SAECVLI. Constantin en
habit militaire et le manteau tombant; et un personnage
radié, le manteau rejeté en arrière, le soleil ou Licinius
soutenant ensemble un globe surmonté d'une Victoire ;
entre eux un captif à genoux tendant les mains.
Au droit: CONSTÀNTINVS P. F. ÀVG-. Sa tète lauree à
droite.
Cohen, 147, br. mvs. ; 4 gr. 62; 0,018 mn.; musée d'Arles; off. t.
Les pièces d'or émises d'Arles présentent géné-
ralement des lettres d'officines. Mais il n'y parut
plus de monnaies d'or à partir de 315.
La pièce qui vient d'ètre décrite exprime comme
beaucoup d'autres la préference de Constantin pour
le eulte du soleil, parmi les autres cultes pa'iens,
pendant la période où il ne faisait encore représenter
que des symboles paTens sur les monnaies et qui dura
jusqu'en 314. D'autre part les monnaies suivantes
expriment la descendance Heracléenne de Constantin
par son beau pere Maximien Hercule.
(1) Voici un tableau synoptique de ces divinités dans Gnecchi:
Le Personificazioni Allegoriche sulle monete Imperiali Romane. Atti del
Congr. I. d. Scienze Storiche, Roma, 1904, p. 38 à 47.
52 JULES MAURICE
II. Au revers: VIRTVS AVGVSTI. Lion marchant à gauche:
au travers du champ, au dessus du lion, la massue
d' Hercule.
Au droit: CONSTÀNTINVS P. F AVG. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 679 fr. 1550 4 gr. 60 cj 0,017 mm' 0FF- T-> On trouve éga-
lement l'exergue — — sans lettres d'officines (PI. II, n. 2).
0 arl ' '
III. Meme revers avec VIRTVS AVG. C'est le type du revers
des pièces de Constantin applique à Licinius.
Au droit : LICINIVS P, F. AVG. Téte analogue.
Cohen, 180. off. p.
IV. Au revers. VIRTVS SAECVLI- Lion marchant à gauche •
au travers du champ, au dessus du lion, la massue
d'Hercule.
Au droit: CONSTÀNTINVS P. F- AVG. Sa téte lauree à
droite.
Pièce inèdite, h. mvs. v. 0,016 mm. Solidus.
Au revers en legende; PRINCIPIS PROVIDENTISSIMI • en
legende; dans le milieu du champ une colonne sur la face
antérieure de laquelle est écrit le mot SAPIENTIA en
quatre lignes. En haut de la colonne une chouette ; au
pied à gauche un casque, à droite un bouclier et une
lance.
Au droit: CONSTÀNTINVS P. F. AVG. Sa tète lauree à
droite.
Cohen, 453. pr. 1533, 4 gr. 91. 0,017 mm- BR- mvs., 0,016 millim.
(PI. II, n. 3).
Le poids moyen de la pièce d'or du 6ome à la
livre d'or est de 5 grammes, 45 cent. ; le poids moyen
du Solidus ou 72me à la livre, est de 4 gr. 50 cent.
La plupart des pièces qui viennent d'ètre décrites
ont des poids voisins du celui du Solidus et doivent
se classer dans cette espèce qui fut créée par Cons-
tantin en 309, et frappée depuis lors dans ses ate-
liers, mais non pas exclusivement, car l'on trouve
des pièces de l'espèce du 6ome émises dans les ate-
liers de Constantin pendant les années qui suivirent.
L ATELIER MONETAIRE D ARLES
53
Deuxième émission.
Frappèe depuis la prise en commuti du consulat par Cons-
tantin et Licinius le ier Janvier 315 ; jusqu'à Célévation
des Césars Crispus, Constantin li et Licinius II en Oc-
cident le ier Mars jij (0.
Les pièces de bronze de cette émission sont de
l'espèce du Nummus Centenionalis et ont en general
des poids inférieurs à celui de 3 grammes 50 centigr.
qui est le poids moyen de cette espèce qui n'a été
emise dans tous les ateliers de Constantin qu'après
la guerre de 314.
Tout un ensemble de sigles caractérise cette
émission dont plusieurs pièces sont datées de l'année
315 par le IVme consulat de Constantin. Elle ne
comprend que les monnaies des deux Augustes,
Constantin et Licinius.
Tableau des exergues, lettres, dans le champ et
difìférent monétaire de l'émission (2):
1
Première sèrie.
1 1
1
PARL
SARL TARL
Deuxième sèrie.
QVRL
S|F
S | F S 1 F
S | F
PARL
SARL TARL
QARL
(1) L'epoque de l'élevation des Césars en Occident ne fut pas la
mème qu'en Orient dans les états de Licinius ; cf. J. Maurice, L'Atelier
Monétaire d'Alexandrie. Numismatic Chronicle, 1902, pp. 127 à 131.
(2) J'ai cru pouvoir reconnaìtre dans la lettre f l'initiale du gentilice
Flavius ou d'un adjectif tire de ce noni, les lettres s, t, m, étant des
initiales de mots quelconques.
54
JULES MAURICE
Troisième sèrie.
T IF
PARL
TIF TIF
SARL TARL
T|F
QARL
Quatrième sèrie.
PARL
SARL TARL
Cinquième sèrie.
QARL
M | F
M I F M | F
M | F
PARL
SARL TARL
QARL
avec une lettre d'officine grecque :
M | F
ARLA
I. On trouve au revers : SOLI • INVICTO • COMITI. Le soldi
radié à demi nu debout de face regardant à gauche
levant la main droite et tenant un globe.
Au droit: i.° IMP. CONSTÀNTINVS P. F. AVG-. Son buste
laure et drapé ou laure, drapé et cuirassé à droite.
Cohen, 536, ière serie, fr. 14986, 14993, b. mvs.; 2me sèrie, fr. 14942,
14954, H989» 14997, 3 gr. 60 e. br. mvs.; ^me sèrie. Voetter, br. mvs.;
4me sèrie fr. 14929, 14990, 14996, 14955 (PI. II, 11. 4), 3 gr. 53 e;
3 gr. 13 e. br. mvs.; sme sèrie 14940, 14953, J4988) 3 gr- 55 e; 2 gr. 83 e.
br. mvs. Toutes ces séries sont émises dans les quatre officines p-s-t-q.
L'on trouve exceptionnellement une lettre d'officine grecque a.; fr. 14929;
3 gr. 30 e. sme sèrie.
Au droit: 2.0 IMP. LICINIVS P. F. AVG. Son buste laure
et drapé à droite.
Cohen, 163. iére sèrie, fr. 14297, br. mvs.; 2"ie sèrie fr. J4274, 14277,
3 gr. 40, 0,020 mm.; 4"ie sèrie fr. J4272, 14299 off. p-s-t-q (PI. II, n. 5).
Au droit: 3.0 CONSTÀNTINVS MAX. AVO. COS. IMI. Son
buste laure tenant un globe surmonté d'un aigle.
Cohen 543, h. mvs. v. n. 25889 ière sèrie off. t.
II. Au revers: TRB. P. COS. III!. P. P. PROCONSVL. Cons
tantin assis à gauche tenant un globe et un sceptre.
L ATELIER MONETAIRE D ARI.ES 55
Au droit : IMP. CONSTANTINVS P. F. AVG. Son buste laure
et drapé à droite.
Cohen, 561. h. mvs. v. n. 25887; musée de Berlin, ière sèrie off. t.
Ces dernières pièces sont datées de l'année 315
par le consulat UH de Constantin. Ce sont les pre-
mières pièces de bronze qui donnent à cet empereur
le titre de Maximus. Pourtant Constantin prit ce titre
en 312 après la prise de Rome ainsi que le rap-
porte Lactance (l) et que le démontre un beau mé-
daillon de bronze frappé a Tarragone en Février 313
a Toccasion de Tarrivée de Constantin et de Licinius
FELIX ADVENTVS • AVG. N. N. à Milan où se tint entre
ces empereurs la conférence qui aboutit à l'édit qui
donna la paix réligieuse au monde romain. Ce mé-
daillon présente au droit la legende: INVICTVS CONS-
TANTINVS MAX. AVG. M. Babelon l'a décrit dans les
Mélanges Boissier (2) et dans une communication à
l'Académie des Inscriptions et Belles Lettres. Mais
l'on peut dire que si le titre de Maximus fut donne
à Constantin à partir de la prise de Rome sur des
médaillons frappés en des occasions exceptionnelles
comme celui dont il vient d'ètre question, il n'en
fut pas de mème sur les pièces de bronze. J'ai tàché
de montrer dans plusieurs études sur les ateliers
monétaires que Fon ne renouvelait pas chaque année
les coins qui servaient à la frappe des monnaies de
bronze et qu'en conséquence des nouvelles légendes
n'apparaissaient souvent sur les monnaies de bronze
qu'assez long temps après avoir été inscrites sur
les médaillons.
Aussi ne rencontre-t-on ce titre de Maximus
(1) Lactance, De Mortibus Persecutorum, XLIV. Senatus Constan-
tino, virtutis gratia, primi nominis titulum decrevit quem sibi Maximinus
vindicabat.
(2) Mélanges Boissier, Paris, 1903.
56 JULES MAURICE
sur les monnaies de bronze qu'à partir de l'année 315.
Le titre de Proconsul se retrouve sur quelques
monnaies de Constantin (0 qui sont de diverses
époques de son règne (2>.
Cet empereur séjourna à Arles en aoùt 316 et
il eut un palais dans cette ville pour laquelle il
semble avoir eu une prédilection particulière puis-
qu'il lui donna plus tard le nom de son fils Cons-
tantin II. Il y avait fait construire un palais. Les
monnaies frappées à Arles sous Constantin sont
pourtant presque exclusivement paì'ennes, fait qui
doit indiquer la persistance du paganisme dans les
gaules. Ce ne fut qu'à partir de 335 qu'apparurent
les signes chrétiens sur les monnaies d'Arles. Les
Gaules se trouvaient alors sous le gouvernement
provisoire de Constantin IL
III. Au revers; GENIO • POP. ROM. Genie coiffé du Modius
tenant une patere et une come d'abondance.
Au droit: i.° IMP. CONSTÀNTINVS P. F. AVG-. Son buste
laure et drapé ou cuirassé à droite.
Cohen, 205 ou 206. 2me sèrie off. s. Voetter, 4me sèrie off. t. Musée
de Bonn. Senkler catalogue.
2.0 IMP. LICINIVS P. F. AVG. Son buste laure et drapé à
droite.
Cohen, 49. 2me sèrie off. s. Voetter.
Ces deux pièces ont du étre frappées également
avant la guerre de 314.
(1) Notamment dans les n. 1 16, 398, 400, 403 de Constantin dans
Cohen, voi. VII.
(2) Années 313, 315, 320. Sur le n. 403 de Cohen frappé à Trèves de 309
à 313 pendant une période où Constantin fit frapper en grand nombre
les monnaies du soleil, cet empereur porte le titre de Pontifex Maximus.
J. Maurice, L'Atelier de Trèves. Mémoire de la S. N. d. Antiquaires de
Foranee, 1902, p. 165. D'autres pièces de Londres et de Trèves émises
en 312, 315, 320 indiquent le mèi ne titre, mais toutes les pièces connues
sont antérieures à l'unification de l'empire en 324.
L ATELIER MONETAIRE D ARLES 57
IV. Au revers: MARTI CONSERVATORI. Mars en habit mili-
taire debout à gauche posant le pied sur un vaincu et
tenant un bouclier et une haste.
Au droit: IMP. CONSTANTINVS P. F. AVO Son buste laure
à gauche avec le manteau imperiai tenant un sceptre
surmonté d'un aigle et un globe.
Cohen, 350. ière serie fr. 14765 off. p.
V. Meme legende du revers. Mars en habit militaire mar-
chant à droite, tenant une haste transversale et un trophée.
Au droit: i.° IMP. CONSTANTINVS P. F. AVG-. Son buste
casqué ou laure à gauche tenant une haste et un bouclier.
Pièces inéditts ière sèrie off p. Voetter, musée de Berlin off. q.
2.0 Meme legende. Son buste laure, drapé et cuirassé à
droite.
Cohen, 355. Musée d'Arles ière sèrie off. p.
VI. Au revers : VIRTVS EXERCITVS GALL. Mars nu, le man-
teau flottant, marchant à droite, portant une haste et
un trophée entre deux captifs assis à terre.
Au droit: CONSTANTINVS P. F. AVO. Sa tète lauree à
droite.
Cohen, 702. Musée d'Arles ière sèrie off. p.
Une pièce analogue frappée à Siscia est datée
de l'année 315 par ce fait qu'elle est de l'espèce du
iSolidus qui ne fut emise dans cet atelier qu'après
la guerre de 314 qui fit tomber Siscia dans les mains
de Constantin (]). Aussi cette pièce doit-elle célébrer
la valeur des légions des gaules dans la guerre de
314 entre Constantin et Licinius. Des monnaies
pareilles furent émises à cette epoque dans plusieurs
ateliers de Constantin (2).
(1) J. Maurice, L'Atelier Monéiaire de Siscia. Numismatic Chroiiicle,
1900, p. 321.
(2) Ct. J. Maurice, L Atelier de Tr'eves. Mémoires des Anliquaires de
France, tome XLI, 1902, p. 179.
8
58 JULES MAURICE
La legende Providentiae Augg. a du ètre inserite
sur les pièces d'Arles au cours de cette émission à
l'epoque où des légendes semblables ou analogues,
mais accompagnées d'autres types étaient inscrites
sur les monnaies des ateliers de Licinius, Héraclée
de Thrace et Nicomédie. Mais pas plus en Orient
qu'en Occident, ces types monétaires ne furent sem-
blables à celui que la chancellerie de Constantin en-
voya dans tout l'empire avec la mème legende pour
ètre grave sur les coins monétaires après la con-
quète de l'Orient par Constantin sur Licinius en 324.
Il est bien remarquable que l'on ait conserve, tout
en modifiant le type à graver, cette legende Provi-
dentiae Augg au pluriel après la chute de Licinius,
alors qu'il n'y avait plus qu'un Auguste.
VII. Au revers : PROVIDENTIAE AVG-G-. Figure fémmine tou-
relée, tenant un étendard de la main gauche et donnant
la droite à une femme debout dans une galère qui porte
une come d'abondance.
Au droit: IMP. CONSTÀNTINVS P. F- ÀVGG. Son buste
laure à gauche avec le manteau imperiai, tenant un
sceptre surmonté d'un aigle.
Cohen, 461. Musée de Berlin, br. mvs. 3 gr. 30 e. 0,021 mm. ière
serie off. p. (PI. II, n. 6).
Je suis porte à voir dans la figure tourelée la
ville de Rome souvent ainsi représentée et dans la
femme debout dans la galère, portant une come
d'abondance, le symbole ou la personnifìcation de
l'Annone qui pourvoyait Rome par mer et serait
placée sous la protection de la Providence des Au-
gustes. L'on aurait ainsi une serie d'allégories et de
symboles tels qu'il s'en présente fréquemment à cette
epoque. Quant à la Providence, elle peut ètre celle
de la serie des Augustes qui se succèdent chrono-
logiquement.
l'atelier monétaire d'arles 59
Troisième émission.
Frappée depuis la reconnaissance des trois Césars Crispus,
Licinius II et Constantin II en Occident par Constantin
le grand jusquà la première célébration par anticipation
des fétes des quinquennalia des Césars le ier Mars 320
qui flit suivie de l'inscription de leurs Vota V sur les
monnaies.
La reconnaissance des Césars en Occident eut
lieu trois ans plus tard qu'en Orient ainsi que j'ai
essayé de le prouver dans mes études sur les ate-
liers d'Alexandrie W et de Nicomédie (2). Licinius
attribua en Orient le titre de Césars à son fils et
à Crispus aussitòt après la guerre de 314 (3), puis
à Constantin II.
C'est ce que prouve les émissions monétaires
sorties en 315 et 316 des ateliers d'Orient, émissions
qui comprennent les pièces des Césars et correspon-
dent chronologiquement à celle d'Arles qui vient
d'ètre décrite laquelle ne se compose que des pièces
de Constantin le Grand et de Licinius Augustes.
La reconnaissance des Césars en Occident au
ier Mars 317 est affirmée par un panégyrique pro-
noncé à Rome en 321 (4) et par les Chroniqueurs qui
ont puisé aux sources occidentales (5).
Un fait d'épigraphie numismatique signale cette
(1) J. Maurice. L'Atelier Monétaire d'A/exandrte. Numismatic Chro
nicle, 1902, pp. 127 à 131.
(2) J. M. L'Atelier Monétaire de Nicomédie. Numism. Chron., 1903,
pp. 238 à 242.
(3) Licinius II avait méme porte le titre de Cesar sur les monnaies
pendant la guerre de 314.
(4) Nazarii Panegirgens, Eumenii X, cap. 2.
(5) Les Fastes d'Idace ou Consularia Consiantinopolitana et le Chro-
nicon Pasca/ile. Monumenta Germaniae hislorica Chronica Minora Saecc,
IV, V, VI, VII, voi. I, pag. 232.
6o JULES MAURICE
reconnaissance des Césars dans tout l'empire. Les
légendes monétaires qui indiquent les noms et les
titres des Césars à partir du ier Mars 317 copient
des modèles uniformes adoptés par les chancelleries
d'Orient et d'Occident; tandis que les monnaies frap-
pées en 315 et 316 aux noms des Césars, en Orient,
presenterà des irrégularités, des fautes d'orthogra-
phe, des lettres sans signification et ont été sans
doute composées par des ouvriers qui ignoraient le
latin. Elles prètent au jeune Licinius II le prénom
de Constantinus qu'il ne porterà plus ensuite.
Les premiers voeux souhaités aux Césars, ceux
de leurs quinquennalia, Vota V, ne paraissent pas
encore au cours de l'émission présente qui est ca-
ractérisée par un ensemble de sigles différents de
celui de la précédente. Les pièces de bronze sont
de l'espèce du Nummus Centenionalis.
Les légendes du revers des monnaies sont en-
core exclusivement paiennes, ou s'appliquent à des
types paiens. Ce sont les légendes Iovi Conservatori
ou Conservatori Aug., Soli Invicto Corniti et Clarìtas
Reipublicae appliquée au soleil.
L'on verrà dans la suite de cette étude la per-
sistance plus tardive de quelques types paiens sur
les monnaies d'Arles sous forme de divinités allégo-
riques et l'on y constaterà Fabsence complète de sym-
boles ou signes chrétiens jusqu'à l'année 335, par-
ticularité qui dut avoir pour cause la persistance
plus grande du paganisme dans les Gaules que dans
les provinces d'Orient 011 des Balkans ou dans celle
d'Espagne (0 convertie particulièrement au christia-
nisme avant l'année 314.
(1) Voir pour ces provinces mes études sur les ateliers de Siscia
{Numismatic C/tromc/e, 1900, pp. 297 à 362), de Thessalonica (Numisma-
tische Zeitschrift, 1901, pp. 112 à 146), de Tarragone {Revue Numisma-
iique, 1900, pp. 260 à 315).
l'atelier monétaire d'arles
61
Tableau des exergues et sigles de l'émission (r):
Première sèrie.
PARL
SARL TARL
Deuxième sèrie.
QARL
C 1 S
PARL
c 1 s c | s
SARL TARA
Troisième sèrie.
C | S
QARL
R ! S
PARL
R | S R | S
SARL TARL
Quatrième sèrie.
R | S
QARL
R | S
ARLA
1
R ! S R 1 S
ARLB ARLr
Cinquième sèrie.
1 1
R | S
ARLA
1
PO A
SUA TOA
Variété de cette sèrie.
QOA
P 1
1 P 1
1
PO A
TOA
I. Au revers: SOLI • INVICTO • COMITI. Le soleil radié à
demi nu debout de face, regardant à gauche, levant la
mairi droite et tenant un globe.
Au droit: i.° IMP. CONSTAMTINVS P. F. AVG-. Son buste
laure, drapé ou laure, drapé et cuirassé.
Cohen, 536. iére sèrie fr. 14638, J4951, br. mvs. off p-s-t-q; 2me sèrie
mèmes offici nes fr. 14939, 2 gr. 80, 0,020 mm. br mvs.; 3me sèrie fr.
(1) La quatrième sèrie présente des lettres d'officines grecques
A-B-T-A au lieu des lettres latines P-S-T-Q. Les lettre C-R dans le
champ ne se rencontrent qu'à partir de l'avènement des Césars et
pourraient ètre empruntées au génitif Caesarum. Le sens secret de
toutes ces lettres n'est pas toujours possible à déterminer. Les lettres
C-R se rencontrent fréquemment sur une méme pièce parmi celles
de Lyon.
62 JULES MAURICE
14928, 3 gr. 53 c. 0,019 mm. 14941, br. mvs., mimes off.; 4.™ sèrie br.
mvs. Voetter, officines A-B-r-A; 5™ sèrie fr. 14936, 3 gr. 86 e, 14937,
3 gr. 50 e, 14952. Voetter, off. p-s-t-q.
2.0 IMP. LICINIVS P. F. ÀVG-. Son buste laure et drapé à
droite.
Cohen, 163. ière sèrie off. p-s-r f., 14273, 3 gr. 20 e, 0,020 mm.
Voetter; 2™e sèrie fr. 14298, 14273, 3 gr. 40 e, br mvs. off. p-s-t-q.;
3tne sèrie off. t. Voetter.
II. Au revers: PRINCIPIA • IVVENTVTIS. Crispus casqué en
habit militaire debout à gauche appuyée sur un bouclier
et tenant une haste renversée.
Cette legende du revers ne se rencontre que sur
les pièces émises au nom de Crispus.
Au droit : CRISPVS NOB. CAES. Son buste laure, drapé
et cuirassé à droite.
Cohen, 100. 2me sèrie fr. 15459- Voetter, off.q.; 2me sèrie fr. 15466.
Voetter, off. fr. ; 4me sèrie. Voetter off. A ; 5me sèrie. Voetter off. q.
15400, et avec la lettre p dans le champ fr. 15461. Voetter, off. q.
III. Meme legende du revers et mème type, mais Crispus
est tourné à droite, mème legende du droit. Son buste
laure et drapé à droite. L'on trouve toutes les mèmes
séries que celles qui viennent d'ètre indiquées.
Cohen, 105. br. mvs. Voetter, fr. 15466.
IV. Meme legende du revers, mais Mars nu, le manteau
flottant, marchant à droite en posture de combattant,
tenant une haste transversale et un bouclier.
Au droit : Meme legende et méme buste.
Cohen, 99. 3me sèrie br. 35472. Voetter, ofe. q.; 4.™ sèrie. Voetter,
Il y a lieu de remarquer que tandis que les
pièces de Constantin le Grand et de Licinius I, ont
été émises dans les quatre officines ouvertes dans
l'atelier d'Arles, celles de Crispus ne Font été que
l'atklier monétaire d'arles 63
dans la 4me désignée par les lettres Q et A ; celles
de Constantin II ont presque toutes été émises dans
la 2me officine désignce par les lettres S ou B; et celles
de Licinius II dans la troisième T. Il y eut donc des of-
ficines spéciales auxquelles furent attribuées les frappes
des pièces des Césars. Une particularité plus curieuse
est à noter encore. Les pièces des empereurs d'Orient,
Licinius I et II, sont les seules qui ne présentent
pas de lettres d'officines grecques à leurs exergues.
Il en serait sans doute autrement si les pièces de
l'atelier d'Arles avaient été spécialement destinées
à circuler en Orient, mais il est possible que les
lettres grecques que l'on trouve sur les monnaies
d'Arles indiquent soit la persistance de l'emploi de
la numération grecque à Arles mème, soit la desti-
nation principale des monnaies aux pays voisins de
langue grecque comme l'Afrique.
Enfin 011 peut encore ajouter que de mème que
les lettres d'officines diffèrent sur les pièces des
Césars, il en est de mème des légendes de revers.
On lit la legende PRINCIPIA IVVENTVTIS au revers des
pièces de Crispus ; CLARITAS • REIPVB. au revers de
celles de Constantin II y accompagnant le mème
type du Soleil que Fon trouve sur les monnaies de
son pére Constantin le Grand avec la legende SOLI
INVICTO COMITI; et enfin IOVI CONSERVATORI au revers
des pièces de Licinius II comme de celles de Li-
cinius I son pere, empereurs d'Orient, tous deux de
la dynastie Jovienne.
V. Au revers: CLARITAS • REIPVB. Le soleil radié, à demi
nu, debout de face, regardant à gauche, levant la main
droite et tenant un globe.
Au droit: i.° CONSTANTINVS IVN NOB. C Son buste
laure et drapé à droite.
Cohen, 44. Collection Mowat, 2nie sèrie, okk. s.
64 JULES MAURICK
2.0 CONSTANTINVS • IVN NOB. CAES. Son buste, laure,
drapé et cuirassé à droite.
Cohen, 46. 2me sèrie fr. 15635, 3 gr. 0,920 rara, Arles, Voetter, off. s;
3me sèrie fr. 15636, 3 gr. 50 e. Arles, Voetter, off. s. exceptionnelle-
ment p.; 4"ie sèrie. Voetter off. b.; 5>ne sèrie, fr. 14634. Voetter off. p-s.
parfois la lettre p. dans le champ (PI. II, n. 8).
VI. Meme legende du revers ; mais le soleil radié à demi
nu, marchant à gauche, levant la droite et tenant un globe.
Au droit : Meme legende et mème buste.
Cohen, 47. Voetter, 3^ séiie off. s.
VII. Au revers : IOVI • CONSERVATORI • AVO- Un aigle dans
le champ volant à droite emportant l'empereur sous les
traits de Jupiter qui tient le foudre et le sceptre.
Au droit : IMP. LICINIVS AVG. Son buste laure et cuirassé
à droite.
Cohen, 96. ìére sèrie, fr. 14186, 14187, 3 grammes, 0,018 mm. Arles»
Voetter, off. p-s-t. (PI. II, n. 9).
Cette pièce est en billon ; il y en eut d'analogues
frappées dans l'atelier de Trèves ; elles ont du étre
argentées.
Vili. Au revers: IOVI • CONSERVATORI. Jupiter à demi nu,
debout à gauche, le manteau rejeté sur l'épaule, tenant
le foudre et s'appuyant sur un sceptre.
Au droit: i.° VAL LICINIVS NOB. CAES. Son buste laure
et drapé à droite.
Cohen, 22. 2me sèrie, musée d'Arles, Voetter, fr. 14364, off. t. ;
gme sèrie, Arles, Voetter ; 5™e sèrie fr. 14364, 4 gr. 20, 0,020 min.
Voetter; également avec la lettre p dans le champ. Voetter, musée
Brera, toujours, opf. t.
2.0 FLA. LICINIVS NOB. CAES. Mème buste; pièce voisine
de Cohen 23 dont elle diffère par l'abbréviation du pré-
nom Flavius en FL. ou FLA.
Voetter, 3"ie sèrie, off. t.
IX. Au revers : IOVI CONSERVATORI. Jupiter nu courant à
droite, le manteau flottant et lancant le foudre.
l'atelier monétaire d'arles 65
Au droit: VAL LICINIVS NOB. CAES. Son buste laure et
drapé a droite.
Cohen, 27. 2me sèrie, Voetter; 3«ie sèrie fr. 14365. Voetter, Arles,
OFF. T.
Quatrième émission.
Frappée depuis l'inscription, par anticipation d'un an, des
Vota V des trois premiers Césars a partir du 1" Mars
J20 et des Vota XV et XX de Constantin appliqués en
Occident aux deux Augustes dans la méme année jusqu'à
Vélévation de Constantin II au rang de Cesar le 8 No-
vembre 324.
Cette émission commenea en effet à paraìtre
en 320. C'est ce que prouvent les pièces d'or de
certains ateliers portant des exergues caractéristiques
des émissions synchroniques de celle-ci, ainsi que
l'inscription en legende du VIme consulat de Cons-
tantin qui est de l'année 320 (*). Les Vota X des
Césars furent inscrits d'une facon encore plus an-
ticipée sur les monnaies à la fin de l'année 324 (2).
Quant aux Vota XV et XX de Constantin dans les
premiers étaient accomplis en 321, ils lui furent tous
deux souhaités (vota suscepta) en cette année, ainsi
que nous l'apprend le Panégyrique d'Eumène pro-
noncé à l'occasion des quinquennalia des Césars
en 321 (quintum decimum maximus princeps salutaris
imperii annum degit, sed auguramur jam vicen-
nalia) (3).
(1) J. Maurice, L'atelier monétaire d'Aquilèe " Rivista Italiana di
Numismatica „ 1901, p. 310.
(2) C'est ce que prouve notamment une émission de l'atelier de
Siscia, cfr. J. Maurice, L'atelier de Siscia " Numismatic Chronicle », 1900,
PP- 340-341-
(3) Eumène panégyrique (Nazarii), chap. II. Les Vota X de Cons-
tantin furent inscrits sur les monnaies à partir de l'année 315, J. Maurice
L'atelier monétaire de Lyon. Mèmoires des antiquaires de France, 1403-71.
66 JULES MAURICE
Ils furent dès lors inscrits tous deux sur les
monnaies et mème probablement un an plus tòt en
320 par suite de cette anticipation d'un an dans la
célébration des anniversaires impériaux qui est la
règie la plus generale de cette epoque où l'on ré-
pétait deux fois les fètes des anniversaires, l'année
méme de l'anniversaire et celle qui la précédait (0,
Les picces qui présentent au revers la legende
VICTORIAE LAETÀE PRINC PERP. ont été émises dès le
début de cette émission comme semble Tindiquer le
fait qu'elles présentent un exergue déjà paru anté-
rieurement. Cette legende était déjà panie dans des
émissions antérieures. Elle fut toutefois principale-
ment inserite sur les monnaies au cours de celle-ci.
C'est ce que prouve pour les ateliers des Gaules
la suspension des frappes de celui de Lyon qui
récuvrit en 320 en émettant les monnaies qui por-
tent cette legende. Les pièces de bronze de cette
émission sont de l'espèce du Nammus Centenionalis (2).
Tableau des exergues de l' émission. — Première sèrie.
PARL SARL TARL QARL
Deuxième sèrie.
PA SA TA QA
Troisième sèrie.
PUA SUA TUA QUA
(1) La Chronique de S.t Jerome nous apprend que les Vicennalia
de Constantin furent célébrés une première fois à Nicomédie en 325
par anticipation, une second fois à Rome en 326. Cfr. Hieronymì Chro-
nicon, anno 2342. Vicennalia Constantini Nicomediae acta et sequenti
anno Romae edita.
(2) J. Maurice, L'atelier monétaire de Lyon. Mèmoires des Antiquaires
de France, 1903, pp. 80-81.
l'atelier monétaire d'arles 67
Quatrième sèrie.
P*À S*A T*A Q*A
Cinquième sèrie.
PÒÀR SOAR TÒAR QÙAR
La première sèrie présente une variante où la
lettre d'officine T est rejetée à la fin de l'inscription
de l'exergue ; l'on a ARLT.
I. Au revers : VICTORIAE • LAETAE • PRINC PERP. Deux
Victoires debout posant un bouclier sur un autel ; l'une
d'elles écrit sur le bouclier VOT- PR.
Au droit: I.° IMP. CONSTANTINVS AVG. Son buste cui-
rassé à droite avec le casque laure.
Cohen, 636. ièi"e sèrie fr. 15053; br. mvs. ; Voetter, off. p-s-t. ;
^me sèrie br. mvs. Voetter, off. p-t-q.
2.0 Son buste cuirassé à gauche avec un casque à cimier
et des étoiles sur le casque, tenant une haste sur l'épaule.
Cohen, 638. pr. 15061; 3 gr. io; 0,018 mm. musée d'Arles.
L'on remarquera que c'est sur les monnaies
analogues et contemporaines de Siscia qu'apparais-
sent les monogrammes chrétiens. L'on ne trouve au
contraire aucun signe chrétien sur les pièces des
ateliers des Gaules frappées antérieurement à la
mort de Constantin.
3.0 IMP. CONSTANTINVS MAX. AVG. Son buste cuirassé à
droite avec le casque laure.
Cohen, 640. i*rc sèrie fr. 15070, 15077, 15079; br. mus., Voetter;
off. p-s-t. (PI. II, n. io).
Je décris en téte de cette émission les pièces
portant en légendes : Victoriae Laetae Princ. Perp. et
Virtus Exerat, par ce que ce sont les seules sur
68 JULES MAURICE
les quelles l'ori trouve les exergues de la première
sèrie qui faisaient déjà partie de l'émission pré-
cédente.
IL Au revers: VIRTVS EXERCIT. Etendard au pied du quel
sont assis deux captifs, la téte laissée., dans l'attitude eie
l'accablement. Sur l'étendard VOT- XX.
Au droit: i.° CONSTANTINVS AVG-. Son buste casqué et
cuirassé a droite.
Cohen, 690. fr. 15108, 3 gr. 13, 0,018 mm. ; ière sèrie off. p.
2.0 IMP. CONSTANTINVS AVO. Meme buste.
Pièce inèdite, br. mvs. iere sèrie off. s.
3.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. C Son buste laure et cui-
rassé à droite.
Cohen, 258. fr. 15849, 3 gr. 30 e, 0,018 mm. ; ière sèrie off. s.
4.0 LICINIVS NOB. CAES. Son buste radié, drapé et cui-
rassé à droite.
Cohen, 73. fr. 14448; iere sèrie off. s.
5.0 LICINIVS IVN. N. C. Meme buste.
Cohen, 72. fr. 14446, 7, Voetter; ière sèrie (PI. II, n. 11).
Les Vota XX sont toujours ceux des Augustes
mème quand les pièces sont frappées aux noms des
Césars.
III. On trouve au revers: CAESARVM NOSTRORVM dans une
couronne de laurier dans laquelle on lit VOT- V.
Au droit : CRISPVS NOB. CAES. Sa téte lauree à droite.
Cohen, 30. 2me br. mvs., Voetter; 3"ie sèrie fr. 15383; br. mvs., Voetter;
^me sèrie fr. mvs., Voetter, off. t.
2.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. C Téte analogue.
Cohen, 31. 2<ne et 31*6 sèrie br. mvs., Voetter; 4me sèrie br. mvs.
Voetter, off. q., partout exceptionnellement off. p.
3.0 LICINIVS NOB. CAES. Téte analogue.
Cohen, 7. 2">e sèrie br. mvs., Voetter ; 3"»^ serie fr. 14354, 14356,
Voetter off. t-q; 4me sèrie fr. 14357, br,
l'atelier monétaire d'arles 69
IV. Au revers: CAESARVM NOSTRORVM autour de VOTIS V-
dans le champ.
Au droit: i.° CRISPVS NOB. CÀES. Sa téte lauree à droite.
Pièce mal décrite dans Cohen. 2«ie sèrie; h. br. mvs. v. off. t.
2.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. CAES. Tète analogue.
Cohen, 35. 2.me sèrie, Voetter, br. mvs. off. q.
3.0 LICINIVS NOB. CAES. Tète analogue.
Cohen, io. 2me sèrie fr. 14361, 2; Voetter, br. mvs., off. o.
V. Au revers: D. N. CONSTANTINI MAX. AVG- Autour d'une
couronne de laurier dans laquelle on lit VOT. XX.
Au droit: i.° CONSTANTINVS AVG-. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 123. 2™«, 3"ie et 4'ne sèrie, Voetter, fr. 14557, 8, off. f.
t^me sèrie pr. 14540, Voetter off. p. (PI. II, n. 12).
L'on remarquera que la 5me serie d'exergues
n'a pas été inserite sur les pièees qui portent les
Vota V des Césars. Elle se rencontre au contraire
sur celles sur lesquelles Ton relève les Vota XX
de Constantin I et sur celles où sont inscrits les
Vota X des Césars. Ces deux séries de Vota ont
donc été inscrites sur les monnaies dans des frappes
contemporaines à la fin de cette émission alors que
l'on ne frappait plus de pièees de Licinius.
2.a CONSTANTINVS IVN. NOB. CAES. Sa téte lauree à droite.
jme sèrie off. p. pièce hybride du British Museum.
VI. Au revers: D. N. LICINI AVG-VSTI Autour d'une couronne
de lauriers dans laquelle on lit VOTi XX.
Ces Vota XX sont ceux de Constantin attribués
à Licinius.
Au droit: IMP. LICINIVS AVG-. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 14. 2i>e, 3iie et 4.me sèrie br. mvs. Voetter, off. s. exception-
nellement p.
70 JULES MAURICE
VII. Au revers: CONSTANTINI AVO. En legende autour de
VOTIS XX en trois lignes dans le champ.
Au droit: IMP. LICINIVS PF AVG. Sa téte lauree à droite.
Cohen, 82. 2"ie sèrie off. p. et variété avec des points entre les
lettres -p-^-
Vili. Au revers: LICINI AVG. En legende autour de VOTIS XX
en trois lignes dans le champ.
Au droit : IMP. LICINIVS PF ÀVG-. Sa téte lauree à droite.
Cohen, 134. br. mvs. 2me sèrie, off. p. et variété avec des points.
IX. Au revers : SARMATIA DEVICTA Victoire marchant à
pas précipités à droite, tenant un trophée et une palme,
et mettant le pied sur un captif assis qui retourne la tète.
Au droit: CONSTANTINVS AVG- Sa tète lauree à droite.
Cohen, 487. fr. 14863; 3 gr. 12 e.; 0,019 mm. 14870 ; br. mvs. 5«ne sèrie
off. p. s.
J'ai montré dans mon étude sur l'atelier de Sir-
mium (') que la Victoire deConstantin sur les Sarmates
a laquelle se rapportent la monnaie qui vient d'ètre
décrite'fut remportée par cet empereur au 25 No-
vembre ou au ier Décembre 322 ; les dates étant
données par le calendrier de Philocalus (2) et l'année
fixée par les evènements. Mais les monnaies com-
memorati ves de la victoire ont du ètre frappées
pendant toute la fin de cette émission. C'est ce que
semble indiquer l'exergue de la 5™ serie qui se re-
trouve sur les pièces portant l'inscription des Vota X
des Césars, pièces parues en 324. C'est d'ailleurs un
fait conforme au fonctionnement des ateliers de
cette epoque, que cette répétition pendant quelque
temps, jusqu'à la fin de l'émission, d'un modèle de
pièces de bronze.
(1) J. Maurice, L'atelier monétaire de Sirmium. Atti d. Congresso
Inter, di Scienze Storiche. Voi. VI, Roma 1904, p. 236-237, et Rivista
Ita/, d. Numism., 1904, p. 69.
(2) C I. L., tome I, p. 326 et 356. Commentarti diurni de Mommsen.
L ATELIER MONÉTAIRE D ARLES 71
J'ai montré dans une serie d'études qu'à Siscia
les Vota X des Césars ne parurent sur les monnaies
que pendant la guerre de 324 (T); qu'à Nicomédie
ils ne furent inscrits sur les monnaies qu'après la
prise de l'atelier par Constantin à la fin de cette
guerre (2); qu'à Heraclée de Thrace, atelier qui tomba
le premier au cours de cette guerre dans les mains
de Constantin, ils ne furent inscrits sur les mon-
naies qu'après la prise de l'atelier par Constantin,
mais un peu plus tòt qu'à Nicomédie en mème temps
que les Vota V. L'on peut voir dans la présence
des exergues de la 5me serie sur les pièces d'Arles
une indication conforme à toutes les autres de la
frappe des monnaies qui portent les Vota X des
Césars pendant la guerre de 324.
X. On trouve au revers : CAESARVM NOSTRORVM. Autour
d'une couronne de laurier dans laquelle on lit VOT. X.
Au droit: i.° CRISPVS NOB. CAES. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 41. fr. 15401, 15404 exergue exceptionnel — ■ 5^ sèrie
BR. MVS. OFF. S-T.
2.0 Meme legende. Son buste laure, drapé et cuirassé à
droite.
Cohen, 42. 4me sèrie h. mvs. v. off. t.
3.0 IVL. CRISPVS NOB. Q. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 44. 5<ne sèrie fr. 15414, off. p.
4.0 FL. IVL. CRISPVS NOB. CAES. Son buste laure, drapé
et cuirassé à droite.
Cohen, 46. s^e sèrie fr. 15422, 23, 3 gr., fs. c. : 0.019 mm. off. t.
(PI. II, n. 13).
5.0 Meme legende. Meme buste à gauche.
Cohen, 47. 5"" sèrie fr. 15426, off. t.
(1) J. Maurice, Uatelier monttaire de Siscia. Numismatic Chronicle,
1900, p. 341.
(2) J. Maurice. L'atelier m. de Nicomédie. " N. Chr. „, 1903, p. 437.
72 JULES MAURICE
6.° CONSTANTINVS IVN. NOB. C Sa téte lauree à droite.
Cohen, 38. Exergue ARL^~ fr. 15611; 4me série fr. 15624, off. q,
2 gr. 95 e. ; 5me série fr. 15624, off. q,
7.0 Meme legende. Son buste laure, drape et cuirassé à
gauche.
Cohen, 40. 5me série pr. br. mus. off. q.
Les Vota X des Césars n'ont pas été ;nscrits
sur les pièces de Licinius jeune. C'est une preuve
que toute la série monétaire qui les présente a été
frappée après la rupture des négociations entre
Constantin et Licinius.
Cinquième émission.
/« rappée depuis l'élévation de Constance II au rang de Cesar
le 8 Novembre 324 jusqu'à la mori de Fausta qui suivit
celle de Crispus en Aoùt ou Septembre 326 (0.
En effet cette émission offre dans toutes ses
séries les monnaies de Constance II. Elle est la seule
au cours de laquelle furent frappées les monnaies
de Fausta, que l'on commenea à émettre au moment
où son second fils fùt élevé au rang de Cesar.
Les monnaies de l'impératrice S.te Helène furent
frappées à la mème epoque. Celles de Crispus et
de Fausta cessèrent de paraìtre avec cette émission.
L'étude de l'atelier d'Arles confirme le dire de
Zosime que la mort de Fausta suivit de près celle
de Crispus (2). En effet les monnaies de Fausta ne
parurent plus après l'émission présente lorsque
(1) J. Maurice, Atelier monétaire d'Antioche. " Numismatic Chro-
nicle „, 1899, p. 237.
(2) Lenain de Tillemont. Hist. des Emperettrs, IV, 224, expose les
diverses opinions sans prendre parti Zosimi hist. II, 29.
L ATELIER MONÉTAIRE D ARLES 73
Constantin donna à la ville d'Arles le noni de Cons-
tantina en l'honneur de son fils Constantin II, après
avoir quitte Rome où il avait célèbre ses Vicennalia
en Juillet 326 et tandis qu'il séjournait dans le Nord
de l'Italie en Octobre ou en Novembre ('), Fausta était
donc morte à cette epoque et sa mémoire condamnée
puisque ses monnaies ne furent plus émises dans
l'émission qui parut alors.
Les pièces de bronze de cette émission sont de
l'espèce du Nummus Centenionalis.
Tableau des exergues de l'émission. — Première sèrie.
PAURL SÀURL TAuRL QAuRL
Deuxième sèrie.
P*ÀR S*AR T*AR Q*AR
I. Au revers : PROVIDENTIAE AVGG-- Porte de camp sur-
montée de deux tours ; au dessus une étoile.
Au droit: i.° CONSTANTINVS AVG-. Sa tète lauree à droite.
Cohen, 424. ière sèrie fr. 14798; 14811, 2 gr. 96; 0,020 mm. off. p-s;
2"ie serie pr. mvs. v. ; musée d'Arles; Voetter (PI. II, n. 14).
Il est à remarquer la téte de Constantin qui est
diadémée sur les pièces des ateliers d'Orient, aussi-
tót après la guerre de 324 ; ne Test pas encore sur
celles des ateliers d'Occident.
Au droit: i.° CRISPVS NOB. CAES. Son buste laure et
cuirassé à droite.
Cohen, 116. 2me sèrie br. mvs.; musée d'Arles, Voetter; off. t.
(1) J. Maurice, Bulletin de la Socièìé N. des Antiquaires de Fratte?,
1904, p. 169-173.
74 JULES MAURICE
2.0 Meme buste à gauche.
Cohen, 117. 2"" sèrie fr. 15479; 2 gr. 70 e. 0,818 mm. : off. t.
3.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. C Son buste laure et cui-
rassé à droite.
Cohen, 164, ière sèrie br. mvs, Voetter, off. t-q ; 2"ie sèrie br. mvs.
off. Q.
4.0 Meme buste à gauche.
2me sèrie br. mvs., off. q.
5.0 FL. IVL. CONSTANTINVS NOB. C. Son buste laure, drapé
et cuirassé à droite.
Cohen, 168. ière et 2m« sèrie br. mvs. : Voetter, off. q.
6.° Meme buste à gauche.
Cohen, 167. 2me sèrie br. mvs., Voetter; off. q.
III. Au revers : VIRTVS ÀVGG-. Porte de camp ouverte au
milieu, surmontée de quatre tourelles et d'une étoile.
Au droit : i.° CONSTANTINVS AV(j. Sa tète laure à droite.
Cohen, 665. ière sèrie fr. 15091. 2, 3 gr., 05 e, 0,01 mm., off. p-s.
(PI. II, n. 15).
2.0 Meme legende. Son buste laure et cuirassé à droite.
ière sèrie, br. mvs., off. p-s.
IV. Au revers: VIRTVS CAESS. Meme porte de camp et
étoile.
Au droit: i.° CRISPVS NOB. CAES. Son buste laure et
drapé à gauche.
Cohen, ière sèrie, collection Voetter et Gnecchi, off. t.
2.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. C Son buste laure et drapé
à gauche.
Cohen, 239. i«re sèrie, br. mvs. Voetter, Musée d'Arles, off. p-t-q.
3.0 FL. IVL CONSTANTINVS NOB. C Son buste laure et
drapé à droite.
Pièce inèdite ière sèrie, musée d'Arles, Voetter, off. q.
V. Au revers : SALVS REIPVBLICAE D. L'impératrice debout
de face regardant à gauche, tenant Constantin II et
Constance II enfants dans ses bras.
L ATELIER MONÉTAIRE D ARLES 75
Au droit: FLAV. MAX. FAVSTA AVG-. Son buste drapé à
droite, avec les cheveux ondulés et noués derrière la tète.
ière sèrie Voetter, off. q. ; 2"ie sèrie br. mvs. : musée d'Arles,
Voetter, off. q.
VI. Au revers : SPES REIPVBLICAE. Meme type du revers.
Au droit : Meme legende et mème buste.
Cohen, 15. ière sèrie. Musée d'Arles, off. t.
VII. Au revers : SECVRITAS REIPVBLICE. La Sécurité voilée
debout à gauche ; tenant un rameau et soutenant sa
robe.
Au droit: FL. HELENA AUG-VSTA. Son buste diadémé et
drapé à droite avec un collier de perle au cou.
Cohen, 12. ière sèrie, br. mvs, off. t.
Toutes ces pièces sont analogues à celles qui
ont été frappées à la mème epoque à Rome dont
l'atelier émit des émissions synchroniques de celles
d'Arles et absolument parallèles.
Sixième émission.
Frappée depuis les morts de Crispus et de Fausta dont la
dernière eut lieu probablemeni en Septembre 326 et l'at-
tribution du nom de Constantina a la ville d'Arelas par
Constantin probablement en Qctobre de la mème année
jusqu'à l'epoque de l'inauguration officielle et religieuse
de Constantinople le 11 Mai jjo 00.
En effet les monnaies de Crispus et de Fausta
ne parurent plus au cours de cette émission. D'autre
part l'exergue ccrì^~f~ avec l'une des lettres d'offi-
cines P-S-T-Q, qui est la signature de Constantina,
nom nouveau de la ville d'Arelas, se montre au
cours de toute cette émission. L'on verrà plus loin
(1) J. Maurice, L'atelier monétaire de Constantinople, 1901, p. 182.
76 JULES MAURICE
à quelle epoque précise il faut reporter ce change-
ment de noni.
L'on ne possedè sur cette question qu'un do-
cument écrit tout à fait insuffisant ; mais la numis-
matique permet de résoudre ce problème.
Le document écrit est une lettre des évèques
dépendants de la Métropole d'Arles à Saint Leon
le Grand (r|; lettre écrite au milieu du cinquième
siècle, dans laquelle les Pères voulant faire valoir
les titres à la prééminence dans les Gaules de leur
Métropole dans laquelle se trouvait alors la pré-
fecture des Gaules, rappellent que l'empereur Cons-
tante le Grand de glorieuse mémoire qui honora
particulièrement la ville d'Arles l'appela Constantina
en lui donnant son propre nom de meme que Va-
lentinien et Honorius lui donnèrent une autre épithète
flatteuse, celle de Mère des Gaules.
Il est assez visible que les Péres ont eu pour but
de faire valoir les souvenirs glorieux de la ville d'Arles
et qu'ils n'étaient plus au courant lorsqu'ils écrivirent
cette lettre des conditions dans lesquelles cette ville
recut le nom de Constantina ni des drames du palais
de Constantin. C'est ce que démontre la numismatique.
Les circonstances dans lesquelles la ville d'Arelas
recut le nom de Constantina et celles dans lesquel-
les elle le perdit, sont en effet parlantes dès que
l'on a mis en lumière les dates de ces évènements
à l'aide du classement chronologique des émissions
monétaires. Hettner 0) et le Colonel Voetter (3) ont
(1) Cfr. Migne, Patres Latini, tome VI, p. 882. Sancti Leonis, Epi-
stolae LXX, cap. III. S.t Leon fùt élu Pape en 440. Il fùt ambassadeur
auprès d'Attila en 452 ; il le fut auprès de Genserie en 405. Cfr. Clinton,
Fasti Romani, II, p. 474.
(2) Hettner. Róimsche Munzschatzfunde in den Rheinlanden. West
Zeitsch. f. Gesch nnd kunst, VII, II, p. 136-149.
(3) O. Voetter, Ersle christliche Zeichen auf ròmischen Miinsen.
Wien, 1892, p. 59.
l'atelier monètaire d'arles 77
déjà fixé approximativement à l'année 327 le chan-
gement de nom de la ville d'Arles en Constantina et
en 340 la reprise du nom d'Arelas par la ville de
Constantina. Hettner avait fait remarquer que ce
fùt lors de la mort de Constantin II qu'Arles perdit
le nom de Constantina et qu'il y avait en conséquence
des raisons de croire que ce fùt à ce prince qu'elle
dùt son nom. J'ai dernièrement dans une communi-
cation à la Société des Antiquaires de France pu dé-
terminer plus exactement les circonstances dans les-
quelles Constantin le Grand changea le nom d'Arles.
Cet empereur ordonna la mort de Crispus pendant
le séjour qu'il fit à Rome à l'occasion de ses Vi-
cennalia en 326. Il entra à Rome le 21 Juillet et une
loi datée de Spolète du 25 Septembre est le premier
indice de son départ de Rome (?). 11 séjourna alors
à Milan et à Aquilée en Octobre et en Novembre (2l
Or l'émission d'Arles, dès le debut de laquelle les
monnaies portent le nom de cONST(antina) à leurs
exergues, ne comprend plus de monnaies de Crispus
ni celles de Fausta. Nous savons que Crispus périt
pendant le séjour de Constantin à Rome (3); ce fùt donc
après son départ de cette ville et évidemment pen-
dant son séjour dans le Nord de l'Italie qu'il dut
régler les affaires des Gaules et baptiser d'un nou-
veau nom la ville d'Arelas. Fausta était déjà morte
à cette epoque puisque ses monnaies ne parais-
saient plus. Constantin ne dut pas aller à Arles.
L'on ne possedè de lui que des lois datées du
Nord de l'Italie en Septembre, Octobre et Novembre.
Il regagna ensuite la Pannonie (4). Mais j'ai eu l'oc-
(1) Codex Theodosianus, XVI, 5, 2; O. Sekck, voir plus loin.
(2) Cod. Theod., IV, 22, 1 ; VI, 27, 1, et Cod. Just. II, 19, n.
(3) Zosimi hist. II, 29.
(4) O. SkiiCK, Die Zeitfolge des Gesetze Constantins. Zeitschrift f. Rechi 's-
'.eschichte, X Rum. Abt. p. 237.
78 JULES MAURICE
casion de démontrer que la dédicace de Constanti-
nople avait eu lieu dans les mèmes conditions; Cons-
tantin ne se rendit pas dans sa nouvelle capitale.
Ce fùt à Nicomédie ou à Nicée qu'il signa le décret
qui donnait son nom à Byzance 00. Ce fùt de mème
de Milan ou d'Aquilée qu'il donna le nom de son
fils Constantin II à la ville d'Arelas. Constantin II
était non seulement devenu son fils aìné par la mort
de Crispus, mais il était le seul qu'il pouvait associer
à son gouvernement après la mort de Crispus.
Constance II était trop jeune (2) ; bien qu'il eut déjà
été promis Cesar en 324.
On peut ajouter que Constantin II fùt spécialement
chargé quelques années plus tard par son pere du
gouvernement des Gaules (3).
Il est important de fixer le baptème d'Arles en
Constantina en 326 et de le dater des mois qui sui-
virent la mort de Crispus ; car c'est ce fait controlé
par celui de la reprise du nom d'Arelas par la ville
en 340 aussitót après la mort de Constantin II et
la condamnation de sa mémoire par son adversaire
et son frère Constant Ier qui ne laisse pas de doute
sur l'origine du nom de Constantina.
En effet si la ville avait recu ce nom de Cons-
tantin le Grand, dont la mémoire continua à étre
honorée par Constant Ier, elle ne l'aurait pas perdu
après la mort de Constantin li et la condamnation
(1) J. Maurice, Les origines de Constantinople. Volarne du Centenaire
de la Société Nationale des antiquaires de France, Paris 1904, p. 289; et
L'atelier monétaire de Constantinople. Revue Namismatique, 1901, p. 178.
(2) Il était né le 7 aoùt 317. On connaìt son Natalis Dies par le
Calendrier de Philocolus, CIL. tome I, p. .276 et 302, et le Code Théodo-
sien, VI, 4, io; l'année d'après celle de sa mort et son àge en 361.
Cfr. Dizion. Epigraf. d. Ruggiero, Voi. II, p. 668 ; article de F. Ferrerò
sur Constantin IL
(3) Anonymus Valesii, VI, 35; Zosimi /tisi., II, 39.
L ATELIER MONETAIRE D ARLES
79
de sa mémoire ; elle ne l'aurait pas recu non plus
après la mort de Crispus.
Les pièces de ce dernier Cesar font encore
partie de séries monétaires spéciales frappées à l'oc-
casion des Decennalia des Césars le ier Mars 326.
Sur ces monnaies les princes ont la figure tournée
vers le ciel et les yeux levés dans l'attitude de la
prière. Ce type du droit des monnaies d'or, de bronze
et d'argent date de l'année qui suivit le concile
de Nicée.
11 fùt reproduit dès lors à tous les anniversaires
impériaux jusque sous Tempereur Julien. C'est le
type de tète et d'attitude qu'Eusèbe a décrit dans
sa vie de Constantin (*).
Les pièces de bronze de cette émission sont de
Tespèce du Nummus Centenionalis.
Tableau des exergues et des sigles de V émission
Première sèrie.
S I F
PARL
S 1 F
SARL
S I F
TARL
S I F
Deuxième sèrie.
S I F S I F
SI F
ARLP
ARLS ARLT
Troisième sèrie.
ARLQ
SI F
PCONST
S | F S ! F
SCONST TCONST
Quairième sèrie.
S I F
QCONST
TI F
PCONST
TIF TIF
SCONST TCONST
TIF
QCONST
(1) Eusèbe, Vita Constantini, liber IV, cap. 15, u><; &vu> £JXé^iv òoxecv
àvaxtTa|A6voi; «pò; (teiv.
8o JULES MAURICE
I. On trouve au revers: PROVIDENTIAE AVG-G- avec la porte
de camp ouverte au milieu surmontée de deux tours ;
au dessus une étoile.
Au droit: i.° CONSTANTINVS AVG-. Sa téte lauree à droite.
Cohen, 454. ière sèrie br. mvs. off. p-s ; 2"'e sèrie fr. 14784, 5;
3 gr. 32 e. 0,020 mm. br. mvs. ; Voetter off. p-s.
2.0 Meme legende avec son buste diadémé et drapé à
droite.
Cohen, 455. 3me fr. 14799; 14812; ^me sèrie fr. 14800, 14842, 3;
3 gr. 19, 0,019 mm. br. mvs. osf. p-s.
IL Au revers: PROVIDENTIAE CAESS avec le mème type du
revers.
Au droit: i.° CONSTANTINVS IVN. NOB. C Son buste laure,
drapé et cuirassé à gauche.
Cohen, 165. 2me sèrie br. t. mvs. Voetter, musée d'Arles; off. t.
et parfois T ; ^mt sèrie br. 15805, Voetter; off. t.
2.0 FL. IVL. CONSTANTINVS NOB. C Son buste laure, drapé
et cuirassé à gauche.
Cohen, 167. 2"ie sèrie, Musée d'Arles et Voetter off. q. et exception-
nellement A ; 4me sèrie fr. 16236, 16253 OFF- P"Q (PI- H» n- x6).
3.0 Son buste laure, drapé et cuirassé à droite.
Cohen, 168. 2me sèrie br. mvs. off. t.
III. Au revers: VIRTVS AVG-G- Porte de camp avec deux
battants, surmontée de quatre tour; au dessus une étoile.
Au droit: CONSTANTINVS AVG-. Sa téte diadémée à droite.
Cohen, 665. 2»ne sène fr. 15089. Voetter, 3 gr. 25 e.; 0,020 mm.
15090 off. ps; 5«ne sèrie fr. 15089, 15097, 8, Voetter off. p-s-q.
IV. Au revers: VIRTVS CAESS. Avec le mème revers.
Au droit: i.° CONSTANTINVS IVN. NOB. C Son buste
laure, drapé et cuirassé à gauche.
Cohen, 239. 2«ie sèrie pr. 15829, 30, 2 gr. 90 e. ; 0,020 mm., Musée
d'Arles, Voetter, off. t. ; 4^ PR. 15831; 15833, 4, 5, 3 gr. 30 e. : 0,018 mm.
Voetter off. p-t-q.
2.0 FL. IVL. CONSTANTINVS NOB. C Son buste laure, drapé
et cuirassé à gauche.
Cohen, 314, ière sèrie off. q. Voetter; 2me sèrie, Musée d'Arles.
Voetter off. q. ; 4"ie sèrie, Voetter fr. off. q. et exceptionnelleme Ant,
l'atelier monétaire d'arles 8i
V. Au revers: SECVRITAS REIPVBLICE. L'Impératrice voilée,
debout à gauche, tenant un rameau baissé et soutenant
sa robe.
Au droit: FL HELENA ÀVGVSTÀ. Son buste à gauche,
drapé, avec un diadème orné de perles dans les cheveux
et un collier de perles au cou.
Cohen, 12. 2me sèrie fr. 13862, 3. gr. 20 e. 0,020 mm. br. t. mvs. ;
Voetter off. s-t; 2me série FR- I39I3J Voetter off. p-s-t (PI. II, n. 17).
L'Impératrice S.te Hélène mourut au cours de
cette émission probablement au début de l'an-
née 329 (*).
Septième émission.
Frappée depuis l'epoque de l'inauguration officielle et relì-
giense de Constantinople le 11 Mai 330 (2) jusqu'à l'élé-
vation de Constant ier au rang de Cesar au 23 Di-
cembre 333.
En effet cette émission débute par la frappe
des monnaies à l'effigie des deux capitales: Rome
et Constantinople ; elle comprend des monnaies de
Constantin le Grand, de Constantin II et de Cons-
tance II ; mais elle n'en comprend pas de Cons-
tant I qui n'était pas encore promu Cesar.
Tableau des différents monétaires et des exergues
de V émission.
Les différents : la palme, Tetoile ou le croissant
sont placés entre deux étendards.
(1) J. Maurice. L'atelier monétaire de Constantinople. Revue Numisma-
tique, 1901, p. 187.
(2) Pour les réferences cfr. J. Maurice: L'atelier monétaire de Trèves
dans les Mémoires de la Société Nationale des Antiquaires de France,
1903, p. 85. Ce sont les Fastes d'Idace; S.* Jerome Chron. a. 2. 346, Cas-
siodore, etc, le Code Théodosien ; à partir de l'epoque de l'inaugu-
ration l'on à des lois datées de Constantinopolis, cfr. J. Maurice : Les
origines de Constantinople. Volume du Centenaire de la Société des Anti-
quaires de Ftance, 1904, p. 281 et 39.
82 JULES MAURICE
Première sèrie.
Palme Palme
PCONST SCONST
Deuxième sèrie.
Etoile Etoile
PCONST SCONST
Troisième sèrie.
Croissant Croissant
PCONST SCONST
L'atelier cTArles Constantina a réduit en 330,
ainsi qu'on le voit par ce tableau, le nombre de ses
officines de quatre à deux. Le nom d'Arelas, Are-
latum, disparut complètement des exergues.
Il fallut donc en 340 un nouveau décret pour
lui rendre ce nom. Les pièces de cette émission
sont de l'espèce du Nummus Centenionalis, mais ré-
duite au poids moyen de 2 grammes 50 centigrammes.
I. Au revers : GLORIA EXERCITVS. Deux soldats, casqués,
tenant chacun une haste et appuyés sur un bouclier ;
entre eux deux enseignes militaires surmontées de dra-
peaux ornés de couronnes.
Au droit: i.° CONSTANTINVS MAX. AVG-. Son buste dia-
démé et drapé à droite.
Cohen, 256. ière sèrie fr. 14675-0; brit. mvs. Voetter; 3me sèrie fr.
off. p-s, pour toutes les séries.
2.0 CONSTANTINVS IVN. N. C. Son buste laure et cuirassé
à droite.
Cohen, 126. 2me serie fr. 15740; 3me sèrie fr. 15741, 2 gr. 30 e.
OFF. p-s.
3.0 CONSTANTINVS IVN. NOB. C Un buste laure et cui-
rassé à droite.
Cohen, 127. xère sèrie off. p-s. brit. mvs. Voetter ; 2me sèrie, off. p-s.
fr. 15740, Voetter ; gne sèrie off. p-s. fr. 15741, 2 gr. 30 e. ; Voetter.
(PI. II, n. 18).
L* ATELIER MONÉTAIRE d'aRLES 83
4.0 FL IVL. CONSTANTIVS NOB. C Son buste laure et
cuirassé à droite.
Cohen, 105, ière sèrie off. s. fr. 16217, Voetter ; 2™e sèrie off. s.
brit. mvs. Voetter; 3"^ sèrie fr. 16225 OFF- s-
II. Au revers : Sans legende. Victoire debout à gauche po-
sant le pied sur une proue de vaisseau, tenant un sceptre
transversai et appuyée sur un bouclier.
Au droit: CONSTÀNTINOPOLIS. Buste de Constantinople à
gauche portant un casque laure, le manteau imperiai et
un sceptre.
Cohen, 21. ière sèrie, mais il y à un groupe de palmes, fr. 15181-2-3,
2 gr. 80 e. 0,017 mrn- OFF- p"s- %me sèrie Voetter fr. ; 3^ sèrie, Voet-
ter, off. p-s.
III. Au revers : La Louve à gauche, allaitant Romulus et
Remus et les regardant. Au dessus deux étoiles (J).
Au droit: VRBS. ROMA. Son buste à gauche avec une
aigrette sur le casque et le manteau imperiai.
Cohen, 17. ière sèrie fr. 15256, avé'c un groupe de palmes. brit.
mvs. Voetter, off. s. ; 2"ie sèrie, Voetter, off. s. ; 3«ne sèrie fr. 15254,
Voetter, off. s. (PI. II, n. 19).
Huitième émission.
Frappée depuis l'élévation de Constant ier au rang de Cesar
le 23 Décembre 333 jusqu'à la ménte élévation de Del-
matius le 18 Septembre 33$.
En effet cette émission comprend les monnaies
frappées aux noms des trois Césars Constantin II,
Constance II et Constant I et ne comprend pas en-
core celles de Delmace.
Les pièces de bronze sont encore de l'espèce
du Nitmmus Centenionalis.
(1) Ces étoiles ne sont pas des différents monétaires, mais sont
celles des Dioscures qui se trouvent généralement au dessus de la Louve.
84 JULES MAURICE
Première sèrie.
Palme Palme
PCONST SCONST
Variétés de cette sèrie avec plusieurs palmes
sur les pièces de Rome et de Constantinople.
Deux palmes
Deux palmes
croisées
id.
Troii
' palmes
S-CONST
id.
Deuxième sèrie.
Couronne
Couronne
PCONST
SCONST
Troisième sèrie.
Couronne
avec point
Couronne
avec point
PCONST
SCONST
Quatrième sèrie.
Fer de lance Per de lance
PCONST SCONST
Les différents monétaires tels que la couronne
et le fer de lance qui se rencontrent sur les pièces
de Constant sont caractéristiques de cette émission
ou tout au moins la distinguent de la précédente.
I. Au revers: GLORIA EXERCITVS. Avec le type déjà décrit;
et deux enseignes militaires entre les soldats.
Au droit: i.° CONSTANTINVS MAX. AVG-.
Cohen, 256. déjà décrit lère sèrie fr. 14674 à 76, Voetter; 2me et 2>mt
sèrie, Voetter; 4">e sèrie fr. 14679, Voetter, off. p-s. toutes les séries.
2.0 CONSTANTINVS IVN. N. C. Son buste laure et cuirassé
à droite.
Cohen, 126. ière sèrie fr. 15740, Voetter; 2me sèrie fr. 15730;
2 gr. 80 e; 0,017 mm., Voetter; 3™ sèrie fr. 1571, 15732-3, Voetter;
4me sèrie fr. 15724, Voetter, off. p-s. toutes les séries de pièces.
l'atelier monétaire d'arles 85
3.0 FL IVL. CONSTANTIVS NOB. C-
Cohen, 105. Déjà dèci it. ière sèrie, fr. 16216-7, 2 gr. 30 e; 0,010 mm.,
Voetter, off. s. ; 2me sèrie, fr, 16220, Voetter, off. p-s.; 3me sèrie fr.
16223, 16224, Voetter, off. s. ; 4«ie sèrie, fr. 16225-6, Voetter, off. s.
(PI. II, n. 20).
4.0 FL. IVL. CONSTANS NOB. C Son buste laure et cui-
rassé à droite.
Cohen, 75. ière sèrie indiquée dans Cohen ; 2me sèrie fr. 15920,
off. s. ; 4me sèrie, Voetter, off. s.
II. Sans legende avec la Victoire et le type du revers décrit.
Au droit : CONSTÀNTINOPOLIS.
Cohen, 21. ière sèrie, Voetter, off. p-s.; 2me sèrie, Voetter, fr.
15 180, 15195 : 3me sèrie Voetter,OFF. p-s. ; 4^e sèrie Voetter, off. p-s.
III. Sans légendes avec le type de la Louve et des Jumeaux
déjà décrit.
Au droit: VRBS ROMA-
Cohen, 17. Déjà décrit. ière sèrie fr. 15256, Voetter, Gnecchi, off. p-s.;
2me sèrie, collections Voetter et Gnecchi, off. ps. ; 3"ie sèrie, fr. 15255,
Voetter, off. s.
Neuvième émission.
Frappée depuis l'élévation de Dalmatius au rang de Cesar
le 18 Septembre 335 jusqu*à la reconnaissance des Au-
gustes Constantin II, Constance II et Constant I dans
tout l'empire le 9 Septembre 337 C1).
Cette émission est coupce en deux parties par
la mort de Constantin le Grand au 22 Mai 337,
mais les monnaies des trois Césars ses fils continuè-
rent à paraitre jusqu'au 9 Septembre ; ce ne fùt
également qu'à partir de cette date qu'on dut frapper
les monnaies du Divus Constantinus désigné comme
(1) Consularia Constantinopolilana. Monumenta Germaniae Hist. Chro-
nica Mon. I, p. 235, anno 337 : Nuncupati sunt tres Augusti Constanti-
nus, Constantius et Constans V. Idus Septem.
86 JULES MAURICE
Pater Augustorum. Delmace fùt massacré peu de
temps après la mort de Constantin et ses monnaies
durent cesser de paraltre avant la fin de cette émission.
Le noni de Constantina continue à ètre indiqué
aux exergues des pièces de cette émission.
Les signes chrétiens, le monogramme Constan-
tinien et la Croix apparurent sur les pièces de cet
atelier de Constantina au cours de cette émission.
L'on y trouve des pièces de bronze de deux
sortes, les unes sont de l'espèce du Nummus Cen-
tenionalis réduite de poids, les autres sont des demi
Centenionales.
Séries monétaires. — Première sèrie.
Couronne Couronne
PCONST SCONST
Deuxième sèrie.
PCONST
SCONST
Troisième
sèrie.
±
±
PCONST
SCONST
+
. +
PCONST
SCONST
I. Au revers : GLORIA EXERCITVS. Avec le type déjà déerit
et deux étendards.
i.° CONSTANTINVS MAX AVG-
Cohen, 256. Déjà déerit. ière sèrie fr. 14979, Voetter; 2i>e sèrie
musée de Bonn, Senckler ; 3me sèrie, Voetter.
2.0 CONSTANTINVS IVN. N. C
Cohen, 126. Déjà déerit. ière sèrie, fr. 1571, Voetter; 3me sèrie
Voetter.
l'atelier monétaire d'arles 87
3.0 FL. IVL. CONSTANTIVS NOB. C
Cohen, 105. Déjà décrit. ière sèrie, fr. 16225-6; 2.me sèrie, musée de
Bonn, Senckler ; 3me sèrie collection Lichtenstein.
4.0 PL. IVL. CONSTANS NOB. C
Cohen, 75. Déjà décrit. ière sèrie, Voetter ; 2me sèrie musée de
Bonn, Senckler.
5.0 FL. DELMATIVS NOB. CAES- Son buste laure et drapé
à droite.
Cohen, li. ìère sèrie fr. 15568, Voetter, off. p. ; 3™* sèrie, avec le
monogramme br;t. mvs. Voetter.
6.° FL. DELMATIVS NOB. CAES. Son buste laure et cuirassé
à droite.
Cohen, 12. fr. 1577 1 off. p.
Le monogramme Constantinien qui constitue le
différent monétaire de la troisième sèrie parut sur
les pièces de tous les empereurs au cors de cette
émission de l'atelier d'Arles, tandis qu'on ne le
trouve par sur celles de Lyon ou de Trèves.
II. Au revers : GLORIA EXERCITVS. Deux soldats, debout,
casqués, tenant chacun une haste et appuyés sur un
bouclier, entre eux une enseigne militaire surmontée
d'un drapeau.
Au droit: i.° CONSTANTINVS MAX. AVG-. Son buste diadémé
et drapé à droite.
Cohen, 251. 3me sèrie, fr. 14618, 1 gr. 62 e. ; 0,016 mm., Voetter,
off. p-s.
2.0 CONSTANTINVS IVN. N. C Son buste laure et cuirassé
à droite.
Cohen, 119. ^e sèrie, fr. 15678, 1 gr. 35 e; 0,016 mm. 15679, Voet-
ter, off. p-s.
3.0 FL. IVL CONSTANTIVS NOB. C- Son buste laure drapé
et cuirassé à droite.
Cohen, 92. 2"ie sèrie, Voetter ; 3"ie sèrie fr. 16150, 1 gr. 50 e. ;
0,016 mm. Voetter, off. p-s.
88 JULES MAURICE
4.0 FL IVL CONSTANS NOB. C. Son buste laure et cui-
rassé à droite.
Cohen, 64. fr. 15929, 15930, 1 gr. 50 e; 0,016 mm.; 3™ sèrie, off. s.
(PI. II, n. 21).
5.0 FL. DELMATIVS NOB. C Son buste laure et drapé à
droite.
Cohen, 9. fr. 15564, 15565, 1 gr. 60 e; 0,016 ìnm. Voetter; 3™ sè-
rie, ogf. p-s. (PI. II, n. 22).
III. Au revers: Sans legende. Victoire debout à gauche,
posant le pied sur une proue de vaisseau, tenant un
sceptre transversai et appuyée sur un bouclier.
Au droit: CONSTANTINOPOLIS Buste de Constantinople
casque et laure à gauche, portant le manteau imperiai
et tenant un sceptre.
Cohen, 21. fr. 15181-2, brit. mvs. Voetter; 2<ne et 3me serie, off. p-s.
IV. Au revers : Sans legende. La Louve à gauche allaitant
Romulus et Remus et les regardant.
Au droit : VRBS ROMA. Buste de Rome à gauche avec
une aigrette sur le casque et le manteau imperiai.
Cohen, 19. ière serie, fr. 15255, Gnecchi ; 2™ sèrie fr. 15241, 1 gr.
96 e.; 0,018 mm. 15242; 3«ne sèrie, Gnecchi, off. p-s.
Toutes les pièces qui viennent d'étre décrites
ont été émises avant et après la mort de Constantin.
La suivante est frappée encore du Divus Cons-
stantinus.
V. Au revers: AETERNA PIETAS. Constantin debout à droite
en habit militaire et le manteau deployé, tenant une
haste et un globe.
Au droit: DIVO CONSTANTINO. Son buste voile à droite.
Cohen, 13. fr. 14458, Voetter; 4me sèrie, off. p-s. (PI. II, n. 23).
Jules Maurice.
PROVISINO INEDITO
DI BONIFACIO IX PAPA
(1389-1404).
Esiste nella mia raccolta di monete papali un
provisino del Senato Romano che qui descrivo :
& — ♦ SENATVS P. Q. R. Nel centro, pettine e simboli.
$ — * BONIFATIVS P. P- N... Croce e stelletta fra i bracci
della croce.
Mistura gr. 0550 : diam. mill. 14.
Il titolo ne è molto basso, come si conviene
all'epoca della emissione della moneta. Infatti, con-
sultando il dotto lavoro del Capobianchi (J) e parti-
colarmente la tavola dimostrativa dei graduali dete-
rioramenti nel valore e prezzo del denaro provisino
del Senato Romano, troviamo che, mentre al tempo
della costituzione della zecca di Roma, già avvenuta
all'anno 1184, la nuova moneta del denaro provisino
conteneva gr. 0,30 d'argento fino, al 1271 il suo
valore era stato gradualmente già ridotto a gr. 0,22,
(1) Capobianchi (V ). Appunti per servire all'ordinamento delle Monete
coniate dal Senato di Roma, ecc. Roma, a cura della Società di Storia
patria, 1895.
90 E. MARTINORI
e sul declinare del XIV ed inizio del XV secolo,
epoca del nostro inedito provisino, i deterioramenti
di questa moneta erano stati tali e tanti che nel 1395
non conteneva più di gr. 0,054 e nel I4°3 gr- 0,046
di argento fino W,
Il provisino del Senato Romano per l'esiguità
del suo peso e valore divenne infine moneta ideale
e fu convertito nella nuova moneta del quattrino, così
denominata perchè valeva quattro denari provisini.
Il provisino del Senato Romano trasse origine
dal provisino o pruvinese dei Conti di Sciampagna
in Francia, battuto nella Città di Provins, del quale
è una imitazione nel tipo, valore e nome <2).
Il denaro provisino della Sciampagna ebbe corso
legale in Roma, precedendo quello del Senato Ro-
mano. Esso vi principia ad apparire circa la metà
del XII secolo, come ben lo dice una pergamena
dell'anno 1154 spettante al Ven. monastero di Roma
dei SS. Cosma e Damiano, perdurandovi fino all'anno
1180 circa, epoca della costituzione della zecca del
Senato Romano.
Il Capobianchi che si occupò di questo impor-
tante ed oscuro periodo della nostra numismatica
medioevale, ci fa sapere che l'origine della singo-
lare comparsa di questa moneta in Roma devesi
ritrovare nelle Crociate, alla seconda delle quali
(1147-1149) dovettero partecipare i Conti di Sciam-
pagna. « Ingenti somme di denari pruvinensi, durante
« la seconda crociata ed in seguito, dovettero per-
« venire alla Camera Apostolica, sia per oblazioni,
« sia per le tasse della protezione che la chiesa ro-
(1) Garampi. Saggi d'osservazione sul valore delle antiche monete
pontificie.
(2) Blanchet (J.-AJ. Nouveau manuel de Numismatique du moyen
àge, ecc. Paris, 1890. T. J, pag. 406 e seg.
PROVISINO INEDITO DI BONIFACIO IX PAPA 91
« mana concedeva alle persone ed ai beni dei cro-
« ciati, che portavansi in Terra Santa. L' inopero-
« sita della zecca di Roma, già dal 1050 circa, e
« l'esaurimento del buon denaro pavese, del quale dal
« 1100 era terminata la battitura, dovettero essere
« le ragioni per le quali la Camera apostolica mise
« in corso quella moneta straniera, la quale acqui-
« stando credito, divenne moneta legale corrente,
« in particolar modo là ove la chiesa romana eser-
« citava giurisdizione 0) ».
Il provisino del Senato Romano ebbe costante
il tipo e le leggende. Da un lato SENATVS P. Q. R.
con T insegna del pettine sormontata da una S fian-
cheggiata da simboli quali il sole o un crescente o
le stellette, dall'altra ROMA CAPVT o CAPVD o anche
CAPVS MVNDl e croce con vari simboli tra le braccia
della croce o anche nulla.
Facevano eccezione fino ad ora due soli esem-
plari. Un provisino di Carlo d'Angiò che, senatore
per ben tre volte nel periodo che corre dal 1265
al 1285, volle porre il suo nome su questa popolare
moneta e l'altro che Cola di Rienzo tribuno nel 1397
fece coniare col suo pomposo titolo di Tribuno au-
gusto. Ma pochi esemplari sono giunti fino a noi di
queste monete che costituiscono vere eccezioni.
A queste viene ora ad aggiungersi un' altra
anche più interessante, che non il nome del sena-
tore, ma sibbene porta impresso quello di un Papa.
Eccezione di grande interesse storico, come mi ac-
cingo a dimostrare.
In quale circostanza, o meglio in quale critico
momento, il Senato Romano, così geloso delle sue
prerogative, ha dovuto permettere al Papa la conia-
zione di questo provisino lasciando che questo sim-
(1) Capobianchi, op. cit., pag. io.
92 E. MARTINORI
bolo di libertà ed indipendenza divenisse indicazione
certa di suggezione al Papato?
La zecca del Senato coniava in quel tempo, è
vero, moneta grossa d'argento per conto del Ponte-
fice, moneta che aveva il suo corso nelle località
ove questi esercitava la sua giurisdizione, ma la mo-
neta minuta era prerogativa del Senato come le
stesse leggende ci addimostrano.
Fiere lotte ebbe continuamente a sostenere Bo-
nifacio IX con il popolo romano durante i quindici
anni del suo pontificato.
Appena salito al trono sullo scorcio del 1389
Bonifacio trovò che Roma era governata da un se
natore unico, tal Damiano Cattaneo genovese W
assistito da un consesso di conservatori e bande-
resi (2) i quali nominati dal popolo, sempre pieni
di diffidenza verso il Pontefice, mantenevano in Cam
pidoglio ancora intatta la libertà della Repubblica
Neh" anno seguente si celebrò in Roma la festi-
vità dell'anno santo o del Giubileo, e, come sem-
pre avveniva in questo periodo di vero negozio
pecuniario per tutti, l'anno trascorse senza notevoli
incidenti.
Ma non appena finito l'anno giubilare, gli animi
dei romani erano tornati contrari alla Curia ed al
Pontefice. Riuscì nonpertanto a questo di stipulare
un contratto con la Repubblica romana ove questa,
oltre a riconoscere l' immunità del clero,, promet-
teva di cooperare alla rivendicazione dei beni eccle-
siastici in Tuscia fornendo anche milizie per guer-
(1) Nell'aula massima capitolina conservasi il suo stemma marmoreo
discoperto sulla facciata del palazzo senatorio nel 1889.
(2) Così denominati dalla bandiera che questi magistrati ricevevano,
quando venivano eletti, come distintivo della loro carica. Questo go-
verno popolare durò interrottamente dal 1360 circa al 1397. Capobianchi,
op. cit, pag. 109.
PROVISINO INEDITO DI BONIFACIO IX PAPA 93
reggiare contro i nemici che si agitavano nel Pa-
trimonio (x>.
E Bonifacio se ne valse per riconquistare Vi-
terbo che gli era stato tolto da Giovanni Sciarra ed
era occupato da soldatesche francesi assoldate dal-
l'antipapa Clemente VII. Ma in seguito non avendo
i romani ottenuto, come erasi precedentemente pat-
tuito, che si alienassero alcuni beni della Basilica di
S. Pietro per ristorare le esauste finanze del Senato
e risarcirlo delle spese sostenute per la guerra, il
popolo insorse ed una rivoluzione scoppiò in Roma
che persuase il Papa a rifugiarsi in Perugia. Ciò
avvenne nell'ottobre del 1392.
Ma l'anno seguente i romani già pentiti man-
darono messi al Pontefice pregandolo di ritornare.
Bonifacio accondiscese, ma impose condizioni che,
per quanto gravi, furono dai volubili romani accet-
tate per tema che il papato si trasferisse nell'Umbria,
come il Papa accortamente minacciava.
Ma poco durò l'accordo fra le due autorità; che
ritornato sulla fine del 1393 in Roma, Bonifacio corse
nuovamente pericolo di morte in seguito ad una più
seria sollevazione del popolo che a niun conto vo-
leva riconoscere i patti conchiusi dal Senato col
Pontefice come troppo dannosi ai propri diritti.
Bonifacio ebbe salva la vita per l'intervento di
Ladislao re di Napoli, il quale con molte soldatesche
fece ingresso in Roma nell'autunno del 1394 e potè
ristabilire l'ordine liberando il Pontefice dal suo stato
pericoloso.
Né qui cessano le cospirazioni e le ribellioni
dei romani. A porre un rimedio a questo stato di
cose il Papa decise a tutti i costi di distruggere la
(1) Gregorovius (F.). Storia della Città di Roma nel Medioevo.
Voi. Ili, pag. 562.
94 e. martinorì
potenza dei banderesi o meglio il potere popolare
rovesciando il reggimento repubblicano di Roma.
La lotta potè durare ancora qualche anno, ma
la vittoria finale fu di Bonifacio, che riuscì nel suo
intento profittando dell'aiuto nuovamente offertogli
da Ladislao e profittando dell'avvicinarsi dell'anno
1400 nel quale avrebbe dovuto indire nuovamente
la solennità dell'anno santo.
La prospettiva del prossimo guadagno, gì' in-
terni dissidi e la presenza in Roma delle soldatesche
napoletane indussero i romani a cedere conferendo
al Pontefice il pieno dominio della Città, accondi-
scendendo che si abolisse la dignità dei banderesi
e lasciando al Papa il diritto di nomina del se-
natore (x)«
Una nuova congiura popolare contro la Signoria
pontificia fu soffocata nel sangue e le teste dei con-
giurati caddero sui gradini del Campidoglio ove
s' insediò Bonifacio assoluto signore e padrone di
Roma O).
Ecco cessata V indipendenza repubblicana dei
romani e Roma riverisce il pieno dominio del Papa.
Lorenzo Valla, scrivano apostolico sotto Nicolò V,
chiama Bonifacio IX il primo tiranno di Roma,
mentre Giorgio Stella nei suoi annali generali si
contenta di nomarlo Dominus Urbis Romae.
Ed ora che abbiamo lumeggiata la storia di
questo importante periodo del Senato Romano, ci
sarà facile assegnare al nostro provisino l'epoca pre-
cisa della sua coniazione. Questa non può essere
avvenuta che dopo il 1398, anno dell'insediamento
di Bonifacio IX in Campidoglio. L'approssimarsi del-
(1) Ciò avvenne sullo scorcio del 1397. Gregorovius, op. cit.
(2) Agosto 1398. Gasparini, Cronic. di Perugia, pag. 272. " Del mese
di agosto fu fatto el papa signore di Roma, et esso mise el senatore „.
PROVISINO INEDITO DI BONIFACIO IX PAPA 95
l'anno santo che conduceva in Roma un numero
stragrande di pellegrini era motivo per emettere
moneta minuta, e Bonifacio impadronitosi della zecca
non si lasciò sfuggire certo l'occasione per porre
sulla moneta una impronta della sua nuova signoria
conservandole, per ragioni ovvie, il tipo, e sostituendo
il proprio nome alla epopeica e tradizionale formola
ROMA CAPVT MVNDI.
Come e perchè, fino ad oggi, non si siano rin-
venuti altri esemplari di questa importante moneta,
non è facile indagare ; può ben darsi che in seguito
ad una convenzione conchiusa in Vaticano ai 27 ot-
tobre 1404 fra il popolo romano e Papa Innocenzo VII
con l' intervento di Ladislao re di Napoli, avendo
potuto i romani riacquistare il Campidoglio e ridurlo
nuovamente a forma di palazzo comunale, distrug-
gendo le fortificazioni fatte da Bonifacio IX, siano
entrati anche in possesso della zecca (J) ed abbiano
distrutto il conio e ritirata la moneta che rappre-
sentava per essi un'onta ed un documento vivente
della loro soggezione incondizionata al papato.
Il Fioravanti è anche egli di parere che al tempo
di Innocenzo VII al Senato Romano venisse resti-
tuita la zecca o meglio la facoltà di battere moneta
propria, in seguito all'atto di concordia stipulato
colla mediazione di Ladislao.
La zecca aveva i suoi locali alle dipendenze
del Campidoglio e precisamente vicino all'arco di
Settimio Severo, come deducesi dal Signorili che
sul principio del XV secolo era scrivano del popolo
romano e ci lasciò una relazione della città e delle
chiese di Roma (2K
Roma, gennaio 1905.
E. Martinori.
(1) Fioravanti (B.) antiqui romanorum Pontificum Dettarti, ecc. p. 92.
(2) Man. Vat. 3536.
MONETE INEDITE
DELLA
RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA
Considerate le difficoltà che ordinariamente si
frappongono alla divulgazione per le stampe di mo-
nete esistenti in collezioni private, non riuscirà certo
discara agli studiosi la presente memoria, che illu-
stra alcune monete inedite conservate nella ricca
collezione del conte cav. Antonio de Lazara di Pa-
dova. Egli, dopo avermi fornito, con la gentilezza
che lo distingue, utili spiegazioni sulle monete da
pubblicarsi, metteva queste a completa mia dispo-
sizione, permettendomi di farle conoscere col mio
nome da questa importante Rivista. Vivissime grazie
dunque gliene rendo anche per i cultori della nu-
mismatica.
E qui incomincierò subito dalle monete di casa
Savoia.
SAVOIA.
Carlo Emanuele 1 (1580-1630).
1. Quarto di ducato.
CAROLVS • EM. D: G. DVX • SABÀVDI/E Busto del Principe
a destra con corazza e collare alla spagnuola. Sotto:
T-1621.
13
98 I. RIZZOLI JUN.
* DE VENTRE • MÀTRIS • DEVS • PRCTECTOR • MEVS Scudo
ornato e coronato colle armi di Savoia, accostato dal
motto FE-RT-
(Argento, ottima conservazione. — Peso gr. 7,900).
(Tav. Ili, n. 1).
Questa moneta fu battuta nel 1621, quando la
zecca di Torino era appaltata a Giovanni Matteo
Torazza, il quale aveva assunto l'obbligo di battere
annualmente marchi 10,000 tra ducatoni, mezzi e
quarti, e marchi 6,000 di quarti col rimedio di pezzi 4
per marco da cedersi a beneficio di S. A. Carlo
Emanuele I di Savoia (*X
Il tipo di essa non è nuovo, poiché ci risulta
essere stato usato fin dal 1598, allorquando teneva
la zecca Rolando Gastaldo; si ripetè quindi nel 1601,
nel 1607 e nel 1610 con identico stemma, col motto
FERT e colla stessa leggenda nel rovescio.
L'importanza della presente moneta sta in ciò,
che mentre nel 1621 erano stati decretati : duca-
toni, mezzi ducatoni e quarti, non si conoscevano
invece fino ad oggi che i ducatoni ed i mezzi f*X
Il nostro spezzato colma la lacuna e giustifica l'ob-
bligo imposto dalla Camera Ducale allo Zecchiere.
2. Da sei soldi.
• 8 • CAR • El GRATI • 1629: D • PEDE.... Scudo colla croce
di Savoia coronato ed accostato da due nodi d'amore ;
sotto : V • I.
. DV a |N a * Hoc • EGO A SPER E • C Nel campo il motto
FE-RT, accostato superiormente ed inferiormente da due
nodi d'amore. All'esergo : • VI • S •
(Mistura, buona conservazione. — Peso gr. 5,500).
(Tav. Ili, n. 2).
(1) Promis Domenico. Monete dei Reali di Savoia. Torino, 1841,
Chirio e Mina, in-8°, voi. I a pag. 228.
(2) Ibidem, tav. XXXVII, n. 56.
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA 99
Se a stretto rigore la presente moneta non è
al tutto inedita, pure è una varietà così importante
del n. 19 del Promis e del n. 18 delle monete di
Casa Savoia pubblicate dal Rossi (r) da meritare qui
una speciale menzione. Di fatto la leggenda circolare
del rovescio non corrisponde a quella dei due pezzi
ora indicati, riportando essa il motto : in hoc ego spe-
rabo, che riscontrasi sul rovescio di alcune monete
d'oro, d'argento e di mistura battutesi sotto lo stesso
principe dopo il 1610. È da tenersi conto però nel
nostro caso, forse perchè la moneta fu ribattuta, che
le iscrizioni del diritto e del rovescio devono aver
subito tali alterazioni per lo spostamento di sillabe
o di parole da presentarcene segni manifestissimi.
Vittorio Amedeo I (1630- 1637).
3. Soldo.
• DVX • SAB • C • RE Scudo con la croce di Savoia.
FI • 1631 Croce trilobata, accantonata da un
nodo d'amore.
(Mistura, mediocre conservazione. — Peso gr. 1,030).
(Tav. Ili, n. 3).
Nel rovescio di questa moneta non si legge che FI
e il millesimo 1631, che è chiarissimo e che ci ri-
porta al ducato di Vittorio Amedeo I, il quale, am-
miratore della riforma monetaria introdotta da Ema-
nuele Filiberto, volle che la lira divenisse definiti-
vamente l'unità monetale e risultasse composta di
soldi 20. Il giorno 18 novembre del 1631 venne a
tale proposito appaltata la zecca di Torino e di Ver-
celli a Giovanni Pietro Rotta di Venezia e Cesare
Cavalleris di Torino. Costoro si obbligarono di pre-
sentare entro 15 mesi marchi 52,000 di lire ducali,
(1) Promis, op. cit., voi. II, tav. XXX, n. 19 e Rossi Umberto, Mo-
nete inedite del Piemonte in " Gazzetta Numismatica „ a. Ili (1883) n. 11-12.
ÌOO L. RIZZOLI JUN.
marchi 113,000 di soldi ducali e marchi 53,700 di
mezzi soldi (*). In data 12 giugno del 1632 si sospese
però la coniazione troppo copiosa, cui dobbiamo as-
segnare il nostro soldo con l'anno 1631.
Se si esaminano i tipi delle monete sabaude
precedenti, nessuna si mostra simile a questa, che
è da ritenersi per ciò un tipo nuovo, donde derivò
la moneta di mistura coniatasi nel 1641, ma che ha
lo scudo con la croce di Savoia coronato.
Non v'ha dubbio che sul rovescio della nostra
moneta dovevasi leggere: in te Domine confi\do\, motto
usatosi in molte altre monete di Vittorio Amedeo I.
Lo provano sufficientemente le lettere Fi, con
le quali doveva terminare il motto suddetto.
GENOVA.
Lodovico XII Re di Francia (1499-1512).
4. Grosso da cinque soldi.
+ . LV . XII . REX . FRAN . IANVE . D Scudo di Francia co-
ronato e accostato da due istrici reggentisi sulle gambe
posteriori.
* • COMVNITÀS • IANVE • A o C Grande croce patente,
con una stella di 5 raggi nell'angolo inferiore destro ;
sotto la croce -il castello.
(Argento, buona conservazione. — Peso gr. 2,830).
(Tav. Ili, n. 4).
Assai interessante è il grosso da j soldi qui de-
scritto, che per il tipo si appalesa uno spezzato dello
scudo da 60 soldi, battutosi dopo la rivoluzione del
1507 da Luigi XII Re di Francia (2). Anche il suo
peso ne è ottima prova, imperocché si sa che in
(1) Promis, op. cit., pag. 252 del voi. I.
(2) Tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal irjp
al 1814. Genova, 1890, pag. 98 e tav. Ili, n. 38.
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE I.AZARA DI PADOVA IOI
quel tempo lo scudo d'argento pesava grammi 37,779
essendo pari in valore al ducato d'oro (J).
In tal modo viene confermata maggiormente l'ipo-
tesi del valoroso numismatico comm. Giuseppe Rug-
gero, il quale, fin dal 1893, pubblicando un testone
da 20 soldi di tipo identico al ducato d'argento sopra
indicato, aveva ammesso l'esistenza di un' intera serie
di monete con a capo quel superbo multiplo (2).
Anche le sigle dell'ufficiale di zecca, che si tro-
vano nel ducato, nel testone e nel grosso da 5 soldi,
sono le stesse e corrispondono al nome di Ambrogio
de Camilla o a quello di Agostino Calvo, i quali
coprirono la carica nel 1508 e nel 1509 (3).
CASTIGLIONE DELLE STIVIERE.
Ferdinando I Gonzaga (1616-1678).
5. Soldo.
- ® • FERDIN • M • CA • Testa del Marchese a sinistra.
S.-PETRVS • — • i>' • CAS • Figura di S. Pietro, ritto a si-
nistra, benedicente.
(Rame, cattiva conservazione. — Peso gr. 0,700).
È questa la seconda moneta di Ferdinando I
Gonzaga, che reca nella iscrizione il titolo di Mar-
chese di Castiglione. Le altre monete che gli spet-
tano lo dicono Principe di Castiglione e Marchese
(1) lb., pag. 41-42.
(2) Ruggero Giuseppe, Annotazioni numismatiche genovesi, XX III:
Nuove monete di Lodovico XII in " Riv. hai. di Numism. „ a. VI (1893),
pag. 178 e sgg.
(3) Tavole cit., pag. 286.
Ì02 L. RIZZOLI JUN.
di Medole. Una moneta simile è quella pubblicata
dall'Agostini al n. 171 della sua Zecca di Castiglione
delle Stiviere. Ma se la nostra reca da un lato la
testa del Principe, quella ha invece in luogo della
testa lo stemma dei Gonzaga (J).
BOZZOLO.
Scipione Gonzaga (1609-1671).
6. Sesino.
• SCIP. GON. DVX. SABL • Fiamme.
• BOZ • PRIN • MAR • HOSTI Nel campo: L.
(Mistura, discreta conservazione. — Peso gr. 0,600).
(Tav. Ili, n. 5).
A Scipione Gonzaga, figlio di Ferrante signore
di Rivarolo, che ottenne l' investitura del ducato di
Sabbioneta dopo il 1636 e fu. Principe di Bozzolo e
Marchese di Ostiano, appartiene il presente sesino.
Almeno per il rovescio questa moneta si rivela una
servile imitazione dei quattrini di Lucca col Volto
Santo e con la lettera L, spettanti alla fine del se-
colo XVI. Questi, quantunque a base di rame e
quindi di poco valore, per aver avuto la fortuna di
essere accettati in ogni luogo senza difficoltà, ven-
nero frequentemente falsificati nelle piccole zecche
della Lombardia e del Piemonte (2).
Le contraffazioni però, se bene si esaminano,
distinguonsi dalle monete genuine o per le leggende,
che sono o in tutto od in parte differenti, o per la
mancanza, non assoluta però, dei numeri posti ac-
ci) Agostini Agostino, Castiglione delle Stiviere. La zecca, Brescia,
a. 1895, pag. 59 e tav. VI, n. 79.
(2) Massagh Domenico, Introduzione alla storia della zecca e delle
monete lucchesi, Lucca, a. 1870, pag. 110.
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA IO3
canto alla lettera L ad indicare il tempo della conia-
zione, secondo l'uso della zecca di Lucca nel se-
colo XVI.
Qui non ommetterò di ricordare che il Massagli,
fra le imitazioni delle monete lucchesi, notò come
esistenti nella sua privata collezione un quattrino
con il S. Volto ed L, appartenente alla zecca di No-
vellara, ed un altro con la leggenda: FERD: G-: CAST:
PRINC, appartenente alla zecca di Castiglione delle
Stiviere U).
Questa seconda monetina è quindi contempo-
ranea alla nostra, poiché Ferdinando 1 Gonzaga fu
principe di Castiglione dal 1616 al 1678.
SOLFERINO.
Carlo Gonzaga (1637-1680).
7. Sesino.
CAR • D • G- • PRIN : C : S : D Testa del Principe a destra.
MVNI... - SESIN (in due linee) entro cartella.
(Mistura, mediocre conservazione. — Peso gr. 0,450).
(Tav. Ili, n. 6).
Imitazione o meglio contraffazione dei sesini di
Modena, battutisi sotto Francesco I e Alfonso IV (2),
è il sesino qui sopra descritto.
Le lettere M ed l, poste accanto a VN nel ro-
vescio della moneta, formano una sola parola, com-
binata evidentemente per trarre in errore chi non
l'avesse letta con diligenza, potendosi facilmente
scambiare con MVTIN-SESIN.
La nostra contraffazione appartiene a Carlo
Gonzaga che fu signore di Solferino e Principe di
(1) lo., pag. 112, cfr. anche: Agostini, op. cit. tav. VII, n. iol
(2) Crespellani Arsenio, La Zecca di Modena, Modena, 1884, tav. XII,
n. no e tav. XIII, n. 117.
104 L. RIZZOLI JUN.
Castiglione; il che precisamente si rileva anche dalla
iscrizione della piccola moneta. Con essa dunque
viene alcun poco aumentata la scarsa serie delle
monete di Solferino (J).
MODENA.
Ercole II (1534- 1559).
8. Quattrino o Sesino (?).
COMVNITATIS • MV...NE • Stemma comunale in scudo ornato.
S. GEMINIANVS • MVT. S. Geminiano seduto a destra, con
mitria ed insegne pastorali.
(Mistura, mediocre conservazione. — Peso gr. 0,440).
Non deve far meraviglia se nell'opera sulla zecca
di Modena del Crespellani non trovasi descritta questa
monetina che, a considerarla dal peso, dal diametro,
dalla qualità del metallo e dal tipo dovrebbesi rite-
nere un quattrino o un sesino. Parecchie altre mo-
nete modenesi esistenti nella collezione del Museo
Bottacin di Padova non ebbero allora la fortuna di es-
sere menzionate in quella pubblicazione, che quanto
più diligentemente viene esaminata, tanto meno per-
fetta ed esauriente fa duopo riconoscere (2).
(1) Veggasi : Affò Ireneo, Le monete dei Gonsaghi principi di Ca-
stiglione delle Stiviere e signori di Solferino in Zanetti, " Nuova Rac-
colta delle Monete e Zecche d'Italia „, t. Ili, Bologna, a. 1783, pag. 209-211.
(2) Rizzoli Luigi jun., Alcune monete della zecca di Modena nel Museo
Bottacin di Padova, in " Bollett. del Museo Civ. di Padova „ a. I, (il
pag. 104 sgg.
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA 105
Quantunque non ci sia sulla nostra moneta il
nome del Principe, sotto il quale fu' battuta, pure la
leggenda: COMVNITAS MVTINE ce la fa attribuire al
Duca Ercole II, sulle cui monete soltanto questa leg-
genda appunto si riscontra (0. Per il tipo la mone-
tina corrisponderebbe a quei denari usciti dalla zecca
di Modena nel 26 febbraio del 1539 dei quali, se-
condo il Crespellani, avrebbe ricordata Y impronta
il cronista Tomasino Lancilotti narrando che avevano
da una parte il busto di S. Geminiano e dall'altra
una croce colle lettere Comunitatis Mutinae <2).
Cesare I (1597- 1628).
9. Quarto di Unghero.
CAESAR : DVX : MVT : REO — % • II Duca in arma-
tura, stante a destra, impugna con la mano sinistra la
spada e con la destra lo scettro.
Stemma Estense coronato ed accostato da due rosette.
(Oro, buona conservazione. — Peso gr. 0,830).
(Tav. Ili, n. 7).
Anche questa interessante moneta manca al-
l'opera del Crespellani. È una frazione deìYungkero e
corrisponde molto approssimativamente ad un quarto
del peso di questo. 11 suo rovescio s'identifica con
quello dell'unghero descritto dal Crespellani al n. 52,
pur essendo la nostra moneta alquanto differente e
per la mancanza del toson d'oro intorno allo scudo
e per le due rosette che sostituiscono le due iniziali
L-S poste accanto allo stemma (3).
(1) Crespellani, op. cit., tav. V, n. 40.
(2) lb., pag. 41.
(3) Io., tav. VII, n. 52.
H
IOÓ L. RIZZOLI JUN.
È strano che non vi siano documenti, che ri-
cordino gli spezzati del ducato d'oro, coi quali si com-
pleta, per così dire, la ricca serie delle monete d'oro
di Cesare I pervenute alla nostra conoscenza.
Francesco I (1629-1658).
io. Giorgino.
FRA • I • MV • REG • ZD • Vili * Busto del Duca volto a
destra e sotto : • I • T •
SANCT - GEMINIA S. Geminiano genuflesso a destra ed
orante. A' suoi piedi il simulacro della città.
(Mistura, ottima conservazione. — Peso gr. 1,900).
(Tav. Ili, n. 8).
Ai molti giorgini fino ad ora noti, battutisi sotto
Francesco I, devesi aggiungere il presente pezzo, il
quale reca nel rovescio la leggenda SANCT-G-EMINIA,
anziché la comunissima PROTEC. NOSTER.
Il conio di questo giorgino, come si rileva dalle
sigle poste sotto il busto del Duca, devesi attribuire
a Ioseffo Teseo, israelita che più volte ebbe l'eser-
cizio della zecca di Modena dal 1630 al 1646 (J).
REGGIO.
Ercole II (1534-1559)-
11. Bag aitino.
HER • Il • DVX ■ REG-II Testa del Duca a sinistra; sotto: ....
• SANGVINIS • XPI • IHESV Reliquiario.
(Rame, mediocre conservazione. — Peso gr. 1,050).
(Tav. Ili, n. 9).
Ad incominciare dal 1538 numerosissime furono
in Reggio le emissioni di bagattini, ordinati dal Duca
(1) Crespellani, op. cit., pag. 93 e sgg., tav. XII, n. 100,
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA IO7
Ercole IL Le varietà descritte dal Malaguzzi- Valeri
attestano precisamente la grande copia dei bagattini
coniati. Fra quelle però non figura la nostra moneta,
che dal rovescio s'appalesa una contraffazione di
moneta mantovana. Può per ciò ragionevolmente ve-
nire aggruppata ai due bagattini, descritti dal Ma-
laguzzi ai n. 88 e 89, che sono pure contraffazioni
mantovane CO, recanti tutte e due nel rovescio il re-
liquiario del Sangue di Cristo, ma una l'iscrizione
CORP. IS • XPI, e l'altra SANG-VINIS • XPI •
12. Bag aitino.
* • REG-IVM • LEPIDI Scudo ornato, di forma moderna, con
l'arma di Reggio.
— RE — GIVM — • LE — PIDI (in quattro linee).
(Rame, mediocre conservazione. — Peso gr. 1,200).
Non ostante questa moneta manchi del nome
del Principe, dal quale fu emessa, pure può farsene
con probabile certezza egualmente l'assegnazione.
Mentre il diritto di essa presenta l'identico tipo del
rovescio della moneta descritta dal Malaguzzi al
n. 76 e che appartiene ad Ercole II, il rovescio in-
vece è identico a quello della moneta descritta dallo
stesso autore al n. 69, pur questa spettante ad Er-
cole II (2). Si direbbe che il nostro bagattino è
un'ibrida composizione di due monete varie ma dello
stesso valore.
(1) Malaguzzi- Valeri Francesco, La zecca di Reggio nell'Emilia,
Milano, a. 1894, pag. 108.
(2) Malaguzzi, op. cit, pag. 105 e seg., tav. XII, n. 8 e 7.
ìoè L. RIZZOLI JUN.
MIRANDOLA.
Alessandro I Pico (1602-1637).
13. Mezzo denaro.
ALEX • PIC • DVX • MIR.... Stemma Pico a scacchi.
MEZO • DENARO Sfera armillare.
(Rame, cattiva conservazione. — Peso gr. 0,600).
(Tav. Ili, n. io).
14. Mezzo denaro.
S. C S. Caterina in piedi, di faccia.
MEZO • DENARO Sfera armillare.
(Rame, cattiva conservazione. — Peso gr. 0,630).
(Tav. Ili, n. 11).
Il primo di questi due mezzi denari è una va-
rietà della monetina descritta dal Litta fra le incerte
mirandolesi (0, Ho creduto però di pubblicarlo qui
egualmente, in quanto che per avere esso 1* iscrizione
abbastanza chiara e leggibile, non solo possiamo
rettificare l'erronea lettura che ne era stata fatta dal
Litta sul proprio esemplare, ma anche ne ricaviamo
il nome del Principe al quale la moneta appartiene.
Il Litta difatti, leggendo per errore IO nell'iscri-
zione del diritto, credette di poter attribuire il mezzo
denaro a Gianfrancesco Pico, mentre invece colla
scorta della nostra moneta, che ci lascia vedere
ALEX • pie, viene dissipato ogni dubbio sulla attribu-
zione di ambedue le monete.
10 inclinerei poi ad assegnarle, tenuto conto
del loro tipo e carattere stilistico, al primo Alessandro.
11 secondo mezzo denaro, qui sopra descritto, è
una moneta, per quanto mi consta, fino ad ora sco-
nosciuta. La figura di S. Caterina non trovasi che
(t) Litta Pompeo, Famiglie celebri italiane, Pico.
MONETE INEDITE DELLA RACCOLTA DE LAZARA DI PADOVA IÒ9
sulle monete mirandolesi di Alessandro I, al quale
perciò, fino a prova contraria, assegno pure questo
raro cimelio.
ROMA.
Paolo V (1605-1621).
15. Doppia da due.
PAVLVS • V • PON • MAX • A • fili Busto del Papa in piviale,
a sinistra.
S. PAVLVS • AL — MA • ROMA S. Paolo stante a sinistra ;
a' suoi piedi una piccola arma gentilizia.
(Oro, ottima conservazione. — Peso gr. 13,130).
(Tav. Ili, n. 12).
Fra le monete d'oro di Paolo V non era stata
posta fino ad ora questa importante doppia da due,
la quale corrisponde perfettamente, in quanto al tipo,
ad un testone dal Cinagli ricordato al n. 37 della
pag. 134 nella sua pregevolissima opera sulle mo-
nete papali (J).
VENEZIA.
Nicolò Contarini (1630-1631).
16. Da due zecchini.
NIC. CONT - • S • M • VENET II Doge genuflesso riceve il
vessillo astato da S. Marco stante. Lungo l'asta del ves-
sillo: DVX.
IST • (sic) T • XPE • DAT • Q • T - REGIS • ISTE • DVC II Re-
dentore stante di faccia e benedicente, entro un' ellissi
di perline. Nel campo, entro l'ellissi, 17 stellette.
(Oro, ottima conservazione. — Peso gr. 7).
(Tav. Ili, n. 13).
(1) Cinagli Angelo, Le monete dei Papi, Fermo, 1848.
HO L. RIZZOLI JUN.
Da quanto mi consta, moneta unica e di certis-
sima autenticità è questo pezzo da due zecchini del
doge Nicolò Contarmi. Non è simile per tipo alla
moneta da due zecchini, proposta dai provveditori
alla zecca fin dal 1575, doge Alvise I Mocenigo, ma
non approvata (r). Questa è di diametro maggiore
(mm. 29) ed ha neLTesergo del diritto il numero ro-
mano II ed un giro di perline che divide le iscri-
zioni circolari dal campo. La nostra invece assomi-
glia al solito zecchino, non ha le iniziali degli ufficiali
di zecca all'esergo, che riscontransi nello zecchino
d'argento e suoi sottomultipli, ed in diametro mi-
sura mm. 20.
È dunque un pezzo assai prezioso che viene ad
aggiungersi alla breve serie delle monete di un doge,
che per poco tempo soltanto tenne il governo della
Repubblica.
Dott. L. Rizzoli, jun.
(1) Rizzoli L. jun. Monete veneziane del Museo Bottacin di Padova,
estr. da " Atti del Congresso Int. di Se. St., voi. XI, Sezione numis. „
Roma, a. 1904, pag. 6-7.
UN DENARO
della Contessa RICHILDA (?)
Nel fascicolo 5-6 della Rassegna Numismatica di
Orbetello dell'anno scorso è comparsa una mono-
grafia del Signor Comm. Alessandro Lisini di Siena,
che attribuiva un denaro col nome dell'imperatore
Enrico ad una Contessa Richilda moglie del Mar-
chese Bonifacio Duca di Toscana- e padre della ce-
lebre Contessa Matilde.
Passata la prima sorpresa derivata dal trovare
monete con nome di vassalli in un tempo in cui gli
imperatori erano sommamente gelosi dell' autorità
sovrana specialmente in tale materia, e quella più
grande ancora di vedere l'effigie di una Contessa
sovra un pezzo di argento nell'epoca in cui gl'im-
peratori stessi non vi ponevano che il nome attorno
alla croce, mi avvidi che la moneta di cui si univa
il disegno era già stata da me giudicata veneziana
e pubblicata nel primo volume de « Le Monete di
Venezia » al n. 12 della tavola IV.
È dunque ben naturale che io difenda il mio
asserto e che, esponendo le ragioni del mio giudizio,
cerchi dimostrarne l'esattezza e la verità.
La moneta, come ogni altro monumento della
storia e dell'arte, è intimamente legata agli altri del
suo tempo e, come trova le sue origini nel passato,
così assai spesso lascia una traccia che ne ricorda
il passaggio nei prodotti che seguono. Ora i denari
veneziani assegnati da me, come da altri numisma-
tici, agl'imperatori Enrico IV e V, ricordano nel
112 NICOLÒ PAPADOPOLI
diritto quelli dei loro predecessori, ma si distinguono
da quelli coniati dagli stessi sovrani in altri luoghi
d' Italia per la protome di S. Marco che si trova nel
loro rovescio. Tale fatto non è interamente nuovo,
perchè si era già vista sulle monete di Salerno la
effigie di San Matteo e quella di San Pietro sui de-
nari romani dei Papi. Più che a quest'ultima, la fi-
gura rappresentata sulla monetina veneziana somiglia
a quella di San Matteo di Salerno con la quale ha
comune l'origine, perchè tutt'e due provengono dal
busto del Redentore che si trova in molte monete
bizantine, disegnato di fronte come i ritratti degli
imperatori, delle imperatrici e dei principi della casa
imperiale di Costantinopoli. Questo tipo si conservò
lungo tempo sui denari veneziani, e si può ritenere
che il nome Enrico continuò ad essere segnato, non
solo per tutta la durata del regno dei due sovrani
di questo nome, ma anche dopo, sino a che i vene-
ziani non lo sostituirono con quello del doge, con-
servando però il tipo col busto del santo che troviamo
mantenuto per secoli su di una moneta di piccolis-
simo valore.
Naturalmente, durante un periodo di oltre set-
tantanni, le stesse monete subirono delle modifica-
zioni tanto nell'aspetto esterno quanto nell'intrinseco
valore. Infatti i più antichi denari di Enrico con la
testa di San Marco pesano circa 16 grani veneti,
mentre i più recenti variano fra gli 8 e i 9 grani,
e forse sono anche inferiori ai primi nella bontà
dell'argento. Quanto alle modificazioni nell'aspetto
della moneta, esse non sono importanti, ma pure,
studiandole attentamente, si riconosce che il tipo e
la leggenda subirono lievi ma continue alterazioni.
Nei primi denari la testa del Santo è rozzamente
disegnata e senza aureola, il vestito è decorato di
un ornamento che circonda il collo e discende sul
UN DENARO DELLA CONTESSA RICHILDA (?)- 113
petto come il pallio dei vescovi: mentre nelle più
recenti la testa è circondata da una serie di punti
in forma di aureola, e gli ornamenti del vestito sono
formati da linee incrociate e da punti come le toghe
degl'imperatori bizantini.
Nelle più antiche si legge chiaramente la leg-
genda S • MÀRCVS • VENECIA in caratteri del secolo XI,
che da principio sono di forma abbastanza corretta, poi
s' imbarbariscono progressivamente sino a ridursi ad
una scritta incomprensibile. La S diventa un'asta con
due appendici che talora anche scompariscono, la M
diventa H, l'A forma nesso con la R e le due E di
Venecia si uniscono alla V e alla N. Più tardi i nessi
si guastano e l'A unita alla R diventa l-R. Conviene
ricordarsi che allora la conoscenza della scrittura
non era cosa comune e gli operai che incidevano i
coni riproducevano materialmente le forme che erano
loro indicate senza comprenderne il significato.
Per questo nel primo volume delle Monete di Ve-
nezia ho riportato ben diciassette varietà con tredici
disegni di questi denari, in cui appariscono chiara-
mente le successive modificazioni e il progressivo
degenerare del tipo e della leggenda: anzi il n. 12
della tav. IV è assai poco dissimile da quello ripor-
tato dal sig. Comm. A. Lisini.
Abbiamo già nel secolo XVIII un esempio di
erronea lettura di uno di questi denaretti con la
testa di San Marco, nel quale il nome dell'impera-
tore Enrico sembrò a G. G. Lìruti W KNDNVS IMPER,
che fu da lui interpretato Krtstus poster domìnvs
IMPERA/, seguito in tale lettura da Gerolamo Zanetti (2)
(1) Liruti di Villafredda, Della Moneta propria e Forestiera ch'ebbe
corso nel Ducato del Friuli. Venezia, 1749, pag. 149, tav. X, n. 105.
(2) Dell'Origine e della Antichità della Moneta Viniziana, Ragiona-
mento. Venezia, 1750, pag. 32-33, n. Ili della tavola.
«5
114 NICOLÒ PAPADOPOI.I
e da altri, mentre Odoardo Corsini (*) osservava che
la erronea lettura di KNDNVS invece di ENRICVS doveva
attribuirsi alla cattiva conservazione dell'esemplare
che aveva avuto in mano il Liruti. Ciò non impedì al
celebre professore Gioacchino LeleweK2^ di riprodurre
il disegno con la leggenda KNDNVS, togliendolo dalle
opere del Liruti o dello Zanetti, per farvi alcune osser-
vazioni ed attribuirlo all'imperatore Carlo il Grosso.
È questa una prova evidente del modo con cui
si diffondono e si ripetono gli errori, anche se com-
battuti con buone ragioni, quando la confutazione
non è pubblicata in modo da essere facilmente co-
nosciuta da tutti gli studiosi. Ho creduto perciò mio
dovere di levarmi a contrastare una interpretazione
che mi sembra del tutto errata e di dare al mio
scritto la massima pubblicità sul più antico ed au-
torevole periodico di Numismatica del nostro paese.
Spero che le mie parole varranno a sradicare
il male sino dal principio, e che la Contessa Richilda
andrà a tenere compagnia ad altre favole che hanno
infestato lo studio della numismatica veneziana ,
come il KNDNVS IMPERAT, il POLANVS IMPERATOR, la
redonda, l'aureolo e il grosso d'oro.
Nicolò Papadopoli.
(i) Corsini Odoardo, Relazione dello scuoprimento e ricognizione
fatta in Ancona dei sacri Corpi di S. Ciriaco Marcellino e Liberio, ecc.
Roma, 1756, pag. 7.
(2) Lelewel Joachim, Numismatique du Moyen-Age, Paris, 1835,
Première Partie, pag. 122, tav. XIV, n. 37.
Intorno ad un nuovo esemplare
della moneta Cavallina di Candia
Lettera al Signor Conte Nicolò Papadopoli
Senatore del Regno, Presidente della Società Numism. Italiana.
Illustrissimo Signor Conte,
Volge ormai più d'un mezzo secolo, dacché lo
Zon (J) e il Lazari (2) ci facevano conoscere V inte-
ressantissima moneta veneta del 1571 con l'epigrafe
/ES ARGENTI X, attribuendola a Cipro.
Era riserbato al di Lei acume il correggere fe-
licemente l'attribuzione ormai invalsa da gran tempo,
ravvisando invece in quell'enigmatico pezzo la mo-
neta Cavallina dei documenti (così chiamata dal nome
del Provveditore generale Cavalli), e assegnandola
per conseguenza a Candia (3).
(1) Zon (A.). Zecca e monete di Venezia. la Venezia e le sue lagune,
voi. I, par. II, Venezia (Antonelli), 1847 — (a pag. 69).
(2) Lazari (Vincenzo). Le monete dei possedimenti veneziani di oltre-
mare e di terraferma, descritte e illustrate. Venezia (Santini), 1851 —
(a pag. 127-28 e 163, e alla tav. XIV, n. 68).
(3) Papadopoli (N.). Di alcune monete veneziane per Candia. Ve-
nezia (Visentini), 1871 (Estr. dall'Archivio Veneto, tomo II, parte II) —
(a pag. 7-9).
Ristamp. in Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia
d'Italia, voi. V, Firenze, 1873 — (a pag. 30-31).
Ìl6 SOLONE AMBROSOLI
Un decennio più tardi, il compianto Co. Miari
dava notizia di un altro esemplare della stessa
moneta, consunto, ma vario per l'anno, 1572 op-
pure 1573 (r).
Ora sono lieto di poterLe dire che alla mia
volta ho rinvenuto un esemplare, logoro e sformato
da contromarche ma tuttavia indiscutibilmente rico-
noscibile, di codesta rarissima moneta (2), e che tale
esemplare, per la sua provenienza, conferma appieno
la di Lei attribuzione, poiché mi fu mandato, in-
sieme ad altre monete da esaminare, precisamente
da Candia.
Questo esemplare è poi (se non m'inganno) di
straordinaria importanza perchè reca appunto due
contromarche : la prima racchiude 1' iscrizione INTE-
RIN ; la seconda, un piccolo leone di S. Marco, as-
solutamente identico per forma e dimensioni a quello
che vediamo nell'area, sopra l'epigrafe, delle due
ossidionali di Candia del 1650 (3), — circostanza
questa che mi sembra ribadire sempre più vittorio-
samente l'attribuzione da Lei proposta, poiché nulla
vi sarebbe di più naturale che i Veneziani, allora o
(1) Miari (Fulcio Luigi). Z/aes argenti — -f/72. In Gazzetta Numi-
smatica, anno I, n. 2, Como, 1881 — (a pag. 5) — " La differenza che
si riscontra nell'anno „ — osserva il Co. Miari — "è presto spiegata,
quando si consideri che tale moneta fu fatta battere in Candia dal Ca-
valli durante i 22 mesi del suo governo in queir Isola, cioè dal 17 mag-
gio 1571 al 1573 inclusivo „.
Padovan (Vincenzo). Le monete dei Veneziani. Sommario. Terza
edizione. Venezia (Visentini), 1881 (Estr. da\Y Archivio Veneto) — (a
pag. 95 e 35^-57)-
Miari (F. L.). Di alcune rarissime monete e medaglie esistenti nella
Raccolta Miari. In Archivio Veneto, nuova serie, anno XVII, tomo XXXIV,
Venezia, 1887 — (a pag. 393).
Catalogo della Collezione del Conte Fulcio Miari di Venezia. Milano
(Pirola), 1889 — (a pag. 29, n. 681).
(2) Il Padovan (op. cit-, — a pag. 357) ne annovera soltanto cinque
esemplari.
(3) Lazari, op. cit. — (alla tav. XIII, nn. 61-62).
INTORNO AD UN NUOVO ESEMPLARE DELLA MONETA CAVALLINA 117
più tardi, per penuria di monete avessero ricorso
all'espediente di contromarcare le Cavalline tuttora
circolanti in Candia.
Mi sia lecito infine di notare una minuta parti-
colarità di queste contromarche, la quale forse può
giovare al mio assunto in modo analogo alla « pic-
cola stella » che a Lei giovò per identificare la
moneta Cavallina 0>. Entrambe le contromarche cioè
sono accompagnate da piccoli gigli (uno sopra e uno
sotto T iscrizione INTERIN, un altro sotto il leone) ;
ora i gigli sono « parte integrante » dello stemma
della famiglia Riva di Venezia (2), la medesima cui
suppongo appartenesse il Generale Giacomo Riva,
quegli che due anni dopo, nel 1652, per ordine del
Senato, proibiva in Candia le monete ivi coniate dal
Capitano generale Grimani (3).
A chi ha ben altra competenza di me nelle cose
venete il rimbeccarmi se non avessi còlto nel segno.
Intanto, con sincero ossequio, mi onoro sotto-
scrivermi :
Milano, tj marzo ipoj.
di Lei, ill.mo Signor Conte,
devotissimo
Solone Ambrosoli.
(1) PAPADOPOLr, op. cit. — (a pag. 8) — " quando potesse ri-
manere alcun dubbio, servirebbe a farlo svanire una piccola stella im-
pressa sul libro del Leone, essendo la stella parte integrante dello
stemma Cavalli „. — " La famiglia Cavalli porta, in campo vermiglio,
un cavallo rizzato d'argento, attraversato da una fascia azzurra carica
di tre stelle d'oro „.
(2) La famiglia Riva porta, in campo d'oro, una banda azzurra ca-
rica di tre gigli d'oro.
(3) Valiero (Andrea). Historia della Guerra di Candia. In Venetia,
presso Paolo Baglioni, 1679 — (a pag. 289).
NECROLOGIE
ALFONSO GAROVAGLIO.
Il 28 se. febbraio, si spegneva in Milano, nella tarda età
di 85 anni, il Dott. Cav. Alfonso Garovaglio, nativo di Cantù
(Prov. di Como). Cultore appassionato dell'archeologia, fu
uno dei fondatori e dei principali collaboratori della Rivista
archeologica della Provincia di Como. R. Ispettore circon-
dariale degli scavi e monumenti, promosse la formazione e
cooperò all'ordinamento del Museo Civico di Como ; al quale
generosamente legò poi morendo le collezioni archeologiche
da lui radunate nella sua villa di Loveno sopra Menaggio.
S' interessava pure vivamente per la numismatica, e fu
tra i primi che s' iscrissero come associati alla nostra Rivista,
cui rimase poi sempre fedele.
S. A.
Da Carloforte (Sardegna) ci giunge la notizia della immatura
perdita del Dott. Pietro Remaggi, medico chirurgo ivi residente,
il quale da alcuni anni si era dedicato con intelligente amore a
formarsi una raccolta di monete romane e di monete italiane e
straniere.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI.
Montini (Domenico). Una preziosa medaglia del Museo Comu-
nale di Trento. (In Tridentum, Rivista di studi scientifici, Fa-
scicolo IV, 1904).
Fra i medaglisti, che nell' Italia settentrionale, special-
mente a Verona, si distinsero dopo il Pisanello e Matteo de
Pasti, si può mettere in prima linea Giovanni Maria Pome-
delli di Villafranca Veronese.
Fu artista eccellente, ed a un tempo, pittore, orafo, me-
daglista ed incisore di stampe. Fino ad ora ben poco si sa-
peva della vita di questo rinomato artista veronese, ma ora,
un suo conterraneo, Domenico Montini, illustrando nella
Tridentum, una medaglia del Pomedelli, conservata nel ci-
vico Museo di Trento, ci dà alcuni interessanti dettagli, pro-
mettendo, fra non molto, di pubblicare una interessante bio-
grafia di questo sconosciuto artista veronese.
Il Montini per ora si limita ad illustrare una medaglia
quasi inedita. Dico, inedita, perchè all' infuori di Diego Za-
nandreis, che ne fece un semplice accenno nella breve vita
del Pomedelli, per aver vista la detta medaglia riprodotta
in una buona incisione in rame, nel libro edito dal Raman-
zini Degli uomini illustri di Grecia, di Cornelio Nepote Ve-
ronese, e dall'editore dedicato ad un rampollo della nobile
famiglia Brenzona.
Per la descrizione della medaglia non faccio altro che
riportare quanto dice il mio carissimo amico Montini.
■ È una medaglia di rame, di gran formato, la più grande
" anzi, delle opere del succitato artefice (92 mm. di diametro).
120 BIBLIOGRAFIA
" Essa rappresenta al diritto, il busto volto a sinistra d'una
" donna attempata, avente i capelli aggruppati e tenuti con
" ispilloni (*)) una fila di perle al collo e l'orecchio senza
" gioiello, attorno alla figura evvi la scritta :
" ANGELA • BRENZONA • VERONENSIS • VX(or)
" LVC/E • BVS(nati) • VEN(eti).
" Il rovescio rappresenta un cane coi piedi dinanzi po-
* sati sur un osso ed il capo sollevato da un lato con un
" bel movimento verso il cielo, in atto di guardare un ge-
" nietto che spiccasi verso di lui con un libro nella sinistra
"di cui segna colla destra il dettato. L'iscrizione dice:
" IOANES MARIA • POMEDELVS • VILAFRANCOR(um) • VON • F.
" Sotto sta un monogramma che è quello inciso in altre
" medaglie dello stesso autore, consistente in un rozzo pomo
" attraversato da una zeta schiacciata nella quale sono com-
* prese le quattro lettere formanti il nome di lui in dialetto
" veneto: ZVAN. Ai lati della sigla, la data: 27 settembre 1524 „.
Quello che è degno di nota in questa medaglia è il ro-
vescio, il quale sarebbe ripetuto su di un'altra medaglia de-
dicata a Lodovico Canossa, vescovo di Bayeux, ed attribuita
al Pomedelli dall'Armand. Quest'ultima medaglia che ha al
diritto, il busto d'un giovane senza alcuna inscrizione, ed il
rovescio identico a quella sopra descritta, trovasi nel Gabi-
netto Imperiale di Vienna.
Conviene conchiudere col Montini che, avendo l'autore
ripetuta l'allegoria in suoi due diversi lavori, ne sanzionò
così il valore artistico. La medaglia del Museo di Trento
quindi, avendo avuto l'onore della riproduzione in un altro
pezzo dello stesso artefice, ha accresciuto il suo pregio,
perchè tale fatto in arte non si verifica che raramente, e
solo pei capolavori.
Per ora, non posso che rallegrarmi col Montini, della
geniale illustrazione, ed attendo l'occasione di presto parlare
del suo nuovo lavoro che pubblicherà sul Pomedelli.
Ala, Trentino, 1905.
Vittorio Salvaro.
(1) Propendo a credere che non sieno i capelli trattenuti da spil-
loni, ma bensì chiusi entro una reticella ornata con grosse perle, come
usavano a portare ancora le donne pochi anni or sono.
BIBLIOGRAFIA 121
Shermau Benson (Frank). Ancient Greek Coins. — (Boston,
1903-1904) (Estratto dall' American Journal of Numismatics).
Della geniale pubblicazione di uno dei più intelligenti e
fini raccoglitori di monete greche d'oltremare, incominciata
nel 1900, viene ora pubblicato in volume quanto apparve nel
giornale americano di Numismatica durante gli anni 1903 e
1904, e che forma così il III volume della serie compren-
dendo i capitoli XI a XIV, tutti dedicati a quei veri gioielli
artistici che sono le monete della Sicilia e di cui si offrono
in nitide tavole i bellissimi esemplari appartenenti alla col-
lezione dell'autore.
Nel primo volume sono descritte e illustrate le monete
della Magna Grecia, Taranto, Metaponto, Crotone, Posidonia,
Caulonia, Sibari, Elea, Reggio, Napoli, Eraclea, Arpi, Teano,
Terina.
Nel secondo le numerose monete di Siracusa; nel terzo
ora apparso quelle di altre città della Sicilia, Agrigento,
Erice, Catania, Camarina, Gela, Imera, Leontini.
Fabriczy (Cornelius von). Italian Medals. Translated by Mrs. Gu-
stavus W. Hamilton.
Della nota opera di Fabriczy sui medaglisti italiani della
Rinascenza è uscita a Londra una versione inglese, in isplen-
dida veste tipografica, coll'aggiunta di nuove e bellissime
illustrazioni.
KM" Abbiamo ricevuto pubblicazioni dai Sigg.: Bali ri Vidi,
Cerrato, De Jonglie, Hill, Maurice, nonché dalle Case
editrici Leroux di Parigi e Reimer di Berlino. Se ne parlerà nel
prossimo fascicolo della Rivista.
16
122 BIBLIOGRAFIA
PERIODICI.
[1904].
Revue Numismatique, dirigée par A. de Barthélemy, G. Schlum-
berger, E. Babelon {Secrétaire de la Rédaction: A. Dieudonné).
Paris, chez Rollin et Feuardent; 4, me de Louvois.
Quatrième sèrie. — Tome huitième. — Quatrième trimestre 1904
Maurice (J.). Uiconographie par les médailles des empereurs romains
de la fin du IIIe et du IV e siècles [Continuazione. — Con 3 tav. in
fototipia : a) Iconografia di Galerio, b) Icon. di Severo, e) Icon. di Mas-
simino Daza]. — Bordeaux (P.). Les atelier s monétaires de Toulouse et
de Panuers pendant la Ligue [Continuaz. — Con disegno nel testo]. —
Castellane (C.te de). Le gros tournois de Charles d'Anjou et le gros
tournois du roi de France au chàtel fleurdelisé [Con disegni nel testo.
— Art. che indirettamente interessa anche la numismatica ital.J. —
Chronique [La Soc. Num. Ital. e la quistione dell'esportaz. delle monete.
— Il corso di Num. del Prof. Babelon al " Collège de France „. Verte
quest'anno sulle mon. del Peloponneso]. — Bulletin bibliographique
[Homo (L.). Essai sur le règne de l'empereur Aurélien. L'A. tien conto
accuratamente anche dei dati numism. — Borrelli de Serres. La po-
litique monètaire de Philippe le Bel. — Elenco delle pubblicaz. edite avanti
il i.° luglio 1904 : libri e art. di Num.]. — Périodiques. — Procès-verbaux
de la Société francaise de numismatique [Con disegno nel testo].
Gazette numismatique francaise, dirigée par F. Mazerolle et éditée
par M. E. Bertrand, Chalon-s-Saóne, et par Mme Vve R. Serrure,
19, rue des Petits-Champs, Paris.
Année 1904. — 2e livraison.
Babelon. Marcel de Marchéville {1840-1904). Biographie et bibliogra-
phie numismatique [Con ritratto]. — Mazerolle. Inventaire des poincons
et des cotns de la Monnaie des Médailles (1697-98) [Continuazione]. —
Notiamo i seguenti NN. : 403. Presa di Nizza. — 405. Id. — 427. Pun-
zone col ritratto di Ludovico XII, " duca di Milano „. — 554. Il card. An-
tonio Barberini, grand'elemosiniere di Francia. — 587. Il card. Mazza-
rino. — 607. Punzone col ritratto di Carlo Emanuele, duca di Savoia.
— 812. S. Francesco d'Assisi (punzone per med. di devoz.). — 948.
Busto di Faustina madre (con disegno). — 949. Rov. corrispondente,
AETERNITAS (con dis.). — 950. Busto di Lucio Vero (con dis.). — 951.
Rov. corrisp., PROV DEOR TR P II COS lì (Con dis.). — 952. Imita-
zione d'una mon. d'Emerita (con dis.). — 953. Id. d'una mon. di Germanico
BIBLIOGRAFIA 123
o d'Antonino (con dis.). — 954. Id. delle moti, di Neapolis (con dis.)]. —
Lo stesso. S.-E. Vernier. Catalogne de son oeuvre. Deuxième supplément
[Con 2 tav. in fototipia]. — Mélanges {La médaille du Prix de Sauvetage
des noyés fondée par la ville de Paris en 1779). — tomptes rendus [Cenno
del Sig. Denise sulla 4* relaz. annuale dell'Amministraz. monetaria del
Belgio]. — Les périodiques. — Nouvelles diverses.
ulletin de numismatique. Rédaction et Expédition: Vv« Raymond
Serrure, 19, Rue des Petits-Champs, Paris.
ne volume. — 4C livraison. — Juillet-aoùt 1904.
Correspondance numismatique. — B. (C). La montiate de Fa/iang,
dite " Chapeau-monnaie „ [Con disegni di codeste curiosissime monete
dello stato di Pahang nell' Indo-Cina. Hanno la forma di un cappello
quadrato, a larghe falde, sulle quali recano le leggende in malese]. —
Bibliographie (Meili. O meio circulante no Brazil). — Revue des Revues.
— Lectures [Le nuove monete francesi in nichelio, da 25 centes. Il con-
torno, invece d'essere rotondo e liscio, è sfaccettato a 22 tratti di circa
2 millim. ciascuno, perchè la moneta, soprattutto al tatto, possa distin-
guersi dal pezzo da 1 franco], — Médailles nouvelles [La med. della
casa Mayer e Wilhelm, di Stoccarda, per l'elezione di Pio X. Di gran
modulo, reca nel dr. il ritratto del Pontefice, e intorno i busti dei car-
dinali che parteciparono all'elezione; nel rov., il triregno e le chiavi,
con un'epigrafe in latino. — La medaglia dei Bersaglieri, incisa dalla
Sig.a Lancelot-Croce, ed offerta a S. M. il Re dal 3.0 battagl. dei Ber-
saglieri]. — Trouvailles. — Sociétés [La nuova Soc. Num. Rumena]. —
Necrologie (A. de Barthélemy).
5e et 6e livraisons. — Septembre-octobre 1904.
Correspondance numismatique [Incomincia con la seguente domanda:
■ L'ancienne interprétation du fameux chiffre XXI, qu'on retrouve sur les
" Antoniniens depuis Aurélien (XX Antoniniens =z I denier), ayant été
" fortement ébranlée et mise en doute par un article de M. F. Gnecchi
" paru dans la dernière livraison de la Rivista Italiana di Numismatica
" {" Tarraco 011 Ticinum et Mediolanum ? „), on demande si quelque
" numismate en trouve une autre à proposer „]. — Béranger (J.). Les
bons des communes émis dans l'arrondissement de Bernay pendant la
Revolution. Deux jetons de la ville de Bernay. — Bibliographie (Svoronos.
Corpus des monnaies de l'Empire des Ptolémées. — Pubblicaz. di Aliotte
de la Fuye, Blanchet, Soutzo, Perini e Zay). — Revue des Revues. —
Lectures [Il Congresso Internaz. di Liegi per la riproduz. dei mss., delle
monete e dei sigilli. — Le nuove mon. tedesche da 50 pfennig. — Le
mon. commemor. dell' incoronaz. di Pietro I di Serbia, coniate a Vienna].
— Médailles nouvelles [Placchetta d'oro, offerta al venerando elemosi-
niere di Saint-Cyr, Monsign. Lanusse, per il suo " giubileo di diamante „.
124 BIBLIOGRAFIA
Reca la sua effigie, col nome delle battaglie in cui prodigò i suoi atti
di devozione e di coraggio. — La placchetta di Sainte-Beuve. Ripro-
duce il medaglione di Vernier, inaugurato a Boulogne-sur-Mer sulla
casa dove nacque il celebre critico]. — Trouvailles. — Sociétés. — Ne-
crologie (M. de Marchéville [Cenno della Sig.a Serrure. L'A. fa voti
perchè il figlio del compianto Sig. de Marchéville abbia a pubblicare
un catalogo ragionato e illustrato della collezione paterna]). — Cata-
logne de livres et brochures de numismatique [in vendita, a prezzi segnati].
The Numismatic Chronicle and " Journal of the Numismatic So-
ciety „, edited by J. Evans, B. V. Head, H. A. Grueber, and E. J.
Rapson. London, Bernard Quaritch; 15, Piccadilly.
Fourth Series. — 1904. — Part. IV.
Wroth (W.). Greek Coins acquired by the British Musenm in iqoj
[Con 2 tav. in autotipia. — Le mon. greche entrate nel Museo durante
l'anno furono 551. Il pezzo più notevole è un tetradramma di Ales-
sandro I Baia, re di Siria, con la moglie Cleopatra Thea, ch'è il se-
condo esemplare di una rarissima moneta di cui si conosceva sinora
soltanto quello conservato nel nostro Gabinetto Numismatico di Brera].
— Rapson (E. J.). Ancient Silver Coins front Baluchistan [Con tav.]. —
Walters (F. A.). The Coinage of Richard II [Con 2 tav.]. — Evans (Sir J.).
An advertising Medal of the Elizabethan Period [Con disegni]. — Notice
of recent Numismatic Publication [Cenno del Sig. Grueber sul volume
postumo di N. Rondot : Les médailleurs et les graveurs de monnaies,
jetons et médailles en France, pubblicato per cura del Sig. de la Tour].
AteOvY]c 'E<pYjfi.epi(; x-rjc NojxiofjLaxcxYjc ' Ap^aioXo^ia^ — Journal Inter-
national d'Archeologie numismatique, dirige et publié par
J. N. Svoronos. Athènes, chez l'Éditeur M. J. N. Svoronos et chez
MM. Beck et Barth.
Tome septième. — Troisième et quatrième trimestre 1904.
Babelon. Les origines de la monnaie à Athènes. — Konstantopou-
los (K. M.). BoCavuaxà jioXopSóPooMoc iv tù> 'E6vixoù) NojjLiofxaxtxà) Moooetu)
AOyjvwv [Continuaz.]. — Dutilh (E. D. J.). Vestiges defaux monnayages
antiques à Alexandrie. — Svoronos. Tò 'EOvixòv Nojxto|j.aTixòv Moooeìov xatà
tò àxa8f]fj.aixòv sto? 1903-4 [Durante l'anno dal i.° sett. 1903 al 31 ago.
1904, il cospicuo Gab. Num. ateniese si è arricchito di oltre 7000 mon.,
delle quali una sessantina in oro e più di millesettecento in arg. Fra
gì' incrementi più importanti si distinguono quelli provenienti dai doni
della collez. A. Soutzo e della collez. dei fratelli Zarife. Della prima di
esse, il Sig. Svoronos ci dà l'elenco (la race, comprende soprattutto
mon. gr. e rom.) nonché una scelta della parte greca, accompagnata da
BIBLIOGRAFIA 125
io tav. in fototipia]. — Lo stesso. yExOeotc irepl cdiv Iv tu NofuajjL. Moooeia)
spYocatdiv xaxà xà axa§. Stv) 1901-2 nal T902-3 [Relaz. al Rettore dell'Uni-
versità di Atene sull'operato della Direz. del Gabinetto. Vi si accenna
anche alle ricerche ed agli studi quivi compiuti da alcuni stranieri, so-
vrattutto dal eh. Dott. Hans von Fritze, che per incarico dell'Accad.
delle Scienze di Berlino descrisse diligentemente molte mon. apparte-
nenti alle serie dell'Asia minore, allo scopo di pubblicarle nel Corpus
delle mon. gr.]. — Lo stesso. MéOava •?] 'Apoivórj x^c ITeXoitovvfjaoo. —
01 àp^aìot vo|xta|JLattxol xóirot xal xà véa ypa|A(JiaxóoYj}xa xyjc Vfjooo Kp*fjX-r]<;
[Con tavola in fototipia e con fotoincis. nel testo. — Art. sui franco-
bolli di Candia, alcuni dei quali sono ispirati ai tipi dell' antica numi-
smatica di Creta, e altri riproducono addirittura mon. di Cnosso, Gor-
tina, ecc.].
American Journal of Numismatics and " Bulletin of American
Numismatic and Archoeological Societies „. W. T. R. Marvin and
L. H. Low, Editors. Boston (73, Federai Street).
Voi. XXXIX. — N. 187. — 1904 (December).
Benson (F. S.). Ancient Greek Coins : Sicily (Kaiane) [Con tavola in
fototipia]. — The oldest known Coin ? — Recent Washington Medals. —
The copper Currency of Canadian Banks. — A Coin of Tarsus. — Si-
gnatures of Engravers on Greek Coins. — Storer (H. R.). The Medals,
fetons and Tokens illustrative of the Science of Medicine [Continuaz.]. —
Trowbridge (C. O.) & Howland Wood. Sutlers' Checks. — Nichols (C. P.).
Medals [Contin.]. — The Iteti. Medallists and their Works [Cenno sulla
traduz. ingl. dell'opera del Sig. von Fabriczy]. — A Medal for Com-
tnander Peary. — Marvin (W. T. R.). Masonic Medals [Contin.]. —
Wealth in tiny Particles of Gold. — The American Numismatic and Ar-
chaeological Society. — Centennial Medal of the New York Historical So-
ciety. — Panama Cjinage [Mon. battute a Filadelfia per la nuova Re-
pubblica di Panama. Recano nel dr. il busto dell'esploratore spagnuolo
Vasco Nunez de Balboa, che scoperse l'Oceano Pacifico]. — Notes and
Queries. — Coin Sales. — Edìtorial [La preziosa collezione di medaglie
attinenti alla Medicina, radunata dal Dott. Storer e da lui donata alla
Biblioteca Medica di Boston. Progressi e diffusione delle raccolte nu-
mismatiche nelle Università degli Stati Uniti].
S. A.
VARIETÀ
£a Legge sull'Esportazione degli oggetti d'Arte
e d'Antichità. — In seguito alla deliberazione presa dal
Consiglio della Società Num. Italiana nella sua Seduta
del 20 dicembre 1904, la Presidenza di detta Società ha
compilato un Memoriale al Ministro della P. I., nel quale
gli si fanno noti i gravi inconvenienti derivanti dalla Legge
e specialmente dal nuovo Regolamento sull' Esportazione
degli oggetti d'arte e di antichità, per quanto riguarda la
moneta, inconvenienti, i quali, nonché favorire, paralizzano
totalmente V incremento delle collezioni e degli studi di nu-
mismatica in Italia.
Quel Memoriale sarà fra poco presentato dal Presidente
della Società, il Conte Comm. Nicolò Papadopoli, al Mini-
stro della P. I. Nell'interesse dei nostri raccoglitori, facciamo
voti che questo passo valga ad ottenere qualche efficace
provvedimento.
Ne diamo qui in seguito il testo, e vi facciamo seguire
le firme di coloro che ci mandarono la loro adesione. A
questi, che sono per la maggior parte raccoglitori, vollero
unirsi alcuni Direttori di Musei, scrittori e studiosi di nu-
mismatica, ed altri che, in un modo o nell'altro, si interes-
sano a questa scienza e ai suoi progressi.
Dalla lista abbiamo però ommesso :
a) i nomi di tutti quelli che, a quanto ci consta, sono
puramente negozianti di monete, i quali pure ci mandarono
la loro adesione; non volendo che la nostra protesta assuma
in alcun modo un carattere di interesse commerciale o per-
sonale ;
b) i nomi di tutti gli amatori stranieri, dei quali, quan-
tunque noi non abbiamo fatto alcuna richiesta diretta, ci
giunsero numerose ed importanti adesioni.
128 VARIETÀ
Accenneremo da ultimo che molti, mandandoci la loro
adesione, vollero accompagnarla con parole di simpatia e
di incoraggiamento alla Società, perchè voglia persistere
neir intrapresa propaganda e continuarla efficacemente finché
si sia raggiunto il desiderato intento.
Se ci giungeranno altre adesioni, le pubblicheremo nel
prossimo fascicolo.
A S. Ecc.za il Ministro della Pubblica Istruzione.
" La Società Numismatica Italiana, venuta a conoscenza
del Regolamento in applicazione della Legge sulla Conser-
vazione dei Monumenti e degli oggetti di antichità e d'arte,
per quanto riguarda le Monete agli Art. 253, 254, 297, 299,
e, riflettendo che tale applicazione peggiora la condizione
dei Raccoglitori numismatici italiani, già resa critica e diffi-
cile per effetto della semplice Legge 0), ha creduto oppor-
tuno rivolgersi all' Ecc. Vostra, onde farle noto i loro giusti
lagni e il grave danno che ne deriva nell' indirizzo delle
loro collezioni.
* La suddetta Legge ha voluto premunirsi contro le
possibili frodi istituendo l'unica difesa nella Dogana : e qui
sorsero disposizioni che, per quanto saggie, sono altrettanto
fiscali o, per meglio dire, praticamente proibitive.
" Ricorrendo al freno doganale, abbiamo di conseguenza
la più esplicita circoscrizione d'azione entro i confini italiani,
limite troppo ristretto allo spirito di qualunque raccolta,
poiché, dovendo sottostare ai regolamenti tutelari a tale pro-
posito stabiliti, questi gravitano talmente di spese di disturbi
per ogni operazione doganale infinitamente complicata, come
è stabilito agli Art. 301, 302, 303, 304, 305, 306, 307, 308
nel caso di temporanea esportazione od importazione, da
(1) La Legge, all'Art. 32, parlando delle monete di proprietà
privata, tendeva a proteggere soltanto gli oggetti di notorio gran
pregio che abbiano valore esclusivamente istorico od artistico, mentre
nel Regolamento, agli Art. 253, 254, accennando alle monete ag-
giunge: qualunque sia il loro pregio intrinseco e la loro impor-
tanza storica.
VARIETÀ 129
costringere il raccoglitore a rinunciare a qualunque suo de-
siderio di comunicare coll'estero, causando indiscutibilmente
l'annientamento di energia, di studio, di progresso nelle
raccolte.
* Anzitutto bisogna ammettere che la Collezione numi-
smatica si divide in due grandi serie :
* a) Vantica (monete greche e romane) che interessa
l'Italia e il mondo intero;
" b) la medioevale e moderna che interessa nella mas-
sima parte l' Italia, per la sua indole propriamente politica.
" Ogni nazione ama e preferisce le proprie monete, e
l'Italia che in questo naturalmente segue il gusto universale,
ha sempre avuto agio di ben fornirsi di eccellente materiale
da diversi paesi dell' Estero, acquistando a vantaggiose con-
dizioni le migliori monete italiane, altrove tenute in minor
conto ; ma oggi si trova costretta a rinunciare a tali favo-
revoli acquisti, non potendo più avere il materiale in esame,
per farne la scelta opportuna e ritornare poi quanto non ag-
grada o non fa comodo di acquistare.
" Simili acquisti oggi si possono considerare pressoché
impossibili, giacché per effettuarli è ancora preferibile incon-
trare la spesa del dazio d'entrata, salvo poi trovarsi in peg-
gior imbarazzo per far uscire ciò che si deve ritornare al-
l'estero, già gravato da questo dazio, anziché valersi della
concessa temporanea importazione ed esportazione, essendo
in pratica impossibile affrontare le fiscali modalità stabilite
nei suddetti Art. 301 a 308 — quali a lor volta vengono ap-
plicate a seconda dei propri regolamenti doganali (0.
" Lasciando anche il campo prettamente commerciale e
considerando la cosa dal lato scientifico, il raccoglitore e lo
studioso si trovano assolutamente costretti a comunicare col-
l'estero, mandando colà le monete in esame o ricevendone
(1) Fra le molte formalità obbligatorie in questa sorta d'ope-
razioni Doganali, vi è quella del bollo in ceralacca ad ogni sin-
golo oggetto; ora semplicemente si domanda come si possa appli-
care tale bollo sopra una moneta, che può avere una minima
dimensione, oltreché s' incontrerebbe la più sicura rovina sciupan-
dosi la sua superficie al contatto della ceralacca infiammata.
I30 VARIETÀ
da esaminare per sentirne la impressione circa l'autenticità,
per i confronti, per cambi di esemplari con altri migliori, e,
ciò che più monta, per trattare cambi di monete straniere,
per noi poco interessanti, e ottenerne monete italiane.
" Tutto questo è pressoché impedito grazie alle nuove
disposizioni in materia ; poiché pur decidendosi a rinunciare
alle suddette concessioni, e ricorrendo alla risorsa più spiccia
del pagare per riuscirvi, occorrono la licenza delle Sovrain-
tendenze competenti CO ed il pagamento di dazi ingiustificati,
cioè quello d'entrata per quanto dovrà ritornare al paese
straniero e quello d'uscita per quanto ritornerà presso il rac-
coglitore, e da tale inconveniente ne deriva : I. La svoglia-
tezza e paralizzazione nei raccoglitori a tutto favore del furbo
falsario, il quale non desidera di meglio che trovare la vit-
tima abbandonata a sé stessa, senza guida, senza consiglio.
II. Il vantaggio allo speculatore straniero, il quale, libero
nella sua azione, sa approffittare della situazione imbarazzante
dei raccoglitori italiani, lucrando a suo piacimento su tutte
le operazioni che un italiano saprebbe far da sé, e meglio
che col mezzo di un intruso intermediario.
Tutto questo è noto alla Società Numismatica Italiana,
ed essa si trova in dovere di informarne l'Ecc. Vostra, chie-
dendo, quale unico rimedio, P esclusione delle monete, nel
modo più assoluto, dalla applicazione della Legge protezio-
nista sugli oggetti d'arte antica in genere.
Crediamo inoltre opportuno far osservare all' Ecc. Vo-
stra, che le monete, per il loro esiguo volume e peso, si
possono considerare incompatibili col regime doganale; anzi,
imponendo un fiscalismo per l'uscita, si adescherà maggior-
mente l'abilità del contrabbandiere, e l'Ecc. Vostra di leg-
gieri comprenderà come, volendo impedire l'esodo delle mo-
nete, tanto più facilmente esse usciranno, quanto più grave
ne sarà il dazio e tale Legge, nella sua applicazione, avrà
(1) Simili licenze sono soltanto rilasciate in io città d'Italia,
cosichè in molti che non hanno la fortuna di risiedere in quei dati
centri, incombe l'onere di recarvisi in persona non bastando il man-
dare le monete, poiché occorre concertarsi coli' ispettore a ciò in-
caricato per stabilirne il valore.
VARIETÀ 131
solo per effetto l'imprigionare la roba scadente, che occorre
spacciare all'estero, perchè superflua ed imbarazzante, non
potendo essa incontrare gravi spese in causa del suo poco
o nessun valore.
" L'Ecc. Vostra, dopo queste considerazioni vorrà, lo
speriamo, rendersi convinta che la Legge e il Regolamento
suaccennato, per quanto si riferisce alle monete, raggiungono
praticamente uno scopo contrario a quello desiderato, e cioè :
* a) favoriscono l'uscita clandestina delle monete pre-
gevoli ;
* b) inceppano e quasi impediscono l'entrata delle
esterne ;
* e) paralizzano la passione e il culto della Numismatica
Nazionale.
* Pertanto la Società Numismatica Italiana presenta al-
l'Ecc. Vostra questa Memoria, a cui aderiscono tutti i Rac-
coglitori e i Numismatici italiani qui firmati, nella fiducia
che la suesposta domanda di esclusione delle monete dal
complesso degli oggetti d'arte e d'antichità, sia presa in
seria considerazione ed esaudita.
* Coi sensi della più profonda stima si professa del-
l' Ecc. Vostra
" dev.m0
" Conte NICOLÒ PAPADOPOLI
* Senatore del Regno
" Presidente Effettivo della Società Numismatica Italiana ,,.
Agostini Ing. Agostino — Castiglione Stiviere.
Ambrosoli Dott. Cav. Solone, Conservatore del R. Gabinetto Num.
di Brera — Milano.
Anelli Prof. Luigi, Dirett. del Gabinetto Archeologico di Vasto.
Anzani Rag. Arturo — Milano.
Arcari Dott. Francesco, Dirett. del Museo Civico di Cremona.
Argnani Prof. Federigo, Dirett. della Pinacoteca Comunale e del
Museo di Faenza.
Armenise Avv. Michele — Bari.
Baguzzi Guglielmo — Bozzolo.
132
VARIETÀ
Balletti Avv. Andrea — Reggio Emilia.
Baretti Dott. Egidio — Mondovì.
Baretti Prof. Riccardo — Alba.
Barone Vincenzo — Napoli.
Barozzi Comtn, Nicolò, Dirett. del Museo Archeologico di Venezia.
Bartoli-Avveduti Avv. Giulio — Roma.
Battigalli Ciro — Viterbo.
Bazetta Cav. Giulio, Conserv. del Museo Galletti di Domodossola.
Bazzero-Mattei Nob. Dott. Cav. Carlo — Milano.
Belimbau Piero — Firenze.
Bellezza Cav. Uff. Paolo — Buggiano.
Beretta Conte Cav. Fabio , già conserv. del Civico Museo e Biblio-
teca di Udine.
Bernardi Gio. Batt. Dirett. del Civico Museo Opitergino - Oderzo.
Bernasconi Sac. Cav. Baldassare — Tremezzo.
Berry Edoardo E., Vice-Console Britannico — Bordighera.
Bertolini Gian Carlo, Conserv. del Museo Nazionale Concordiese
di Portogruaro.
Beserianni Rag. Costantino — Napoli.
Bettinelli Giovanni — Bergamo.
Bianchi Francesco — Roma.
Bignami Arturo — Roma.
Bignami Cav. Giulio — Roma.
Bonomi Enrico — Legnago.
Borghesi Conte Bartolomeo — San Marino.
Bosco Emilio — Mombaruzzo.
Bratti Dott. Ricciotti — Venezia.
Bruscolini Emilio — Castelnuovo.
Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma.
Caporaletti Giuseppe — Jesi.
Carotti Cav. Prof. Dott. Giulio — Milano.
Carpaneto Cav. Gabriele — Genova.
Carpinoni Michele — Brescia.
Casagrandi Prof. Vincenzo — Catania.
Casamarte Antonio — Loreto Aprutino.
Casella F. fu G. — Napoli.
Castellani Prof. Giuseppe — Venezia.
Castellani Cav. Col. Raffaele — Spoleto.
Castiglioni Arturo — Milano.
Cattaneo Ettore — Milano.
Cavalieri Cav. Giuseppe — Ferrara.
Cavazza Luigi Ermanno — Bologna.
Celati Avv. Luigi Agenore — Livorno.
VARIETÀ 133
Cerrato Giacinto — Torino.
Ceruti Sac. Dott. Cav. Antonio — Cernobbio.
Ciani Dott. Ing Giorgio — Trento.
Cini Cav Avv. Tito — Montevarchi.
Colloredo Marchese Paolo (di) — Udine.
Colonna Conte Ferdinando dei Principi di Stigliano — Napoli.
Comelli Avv. Giuseppe — Udine.
Conconi Giulio — Milano.
Correrà Dott. Luigi — Napoli.
Crespi Comm. Benigno — Milano.
Crivelli J. — Milano.
Cunietti-Cunietti Alberto — Novara.
Damiani Avv. Leone — Portoferrajo.
De Bergamini S. — Carrara.
De Champdoré Georges — Palermo.
De Ciccio Mario — Palermo.
De Puppi Conte Luigi — Udine.
De Toma Dott. Giacomo — Rosciate.
Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia.
Dell'Erba Cav. Luigi — Napoli.
Del Proposto Angelo — Castellamare Adriatico.
Del Vecchio Alberto — Firenze.
Dessi Cav. Vincenzo — Sassari.
Di Bartolo Prof. Francesco, Dirett. del Museo Civico di Catania.
Di Diego Antonio — Scerni.
Di Lenna Col. Gio. Batta. — Mantova.
Di Prampero Conte Antonino, Senatore del Regno — Udine.
Di Trento Antonio — Udine.
Donati Cav. Uff. Giovanni — Firenze.
Egidi Prof. Ascanio — Ancona.
Emiliani Cap. Dott. Antonio — Monte Giorgio.
Falcioni Vincenzo — Viterbo.
Fattori Carlo — Scurano (Parma).
Ferraironi Sac. Giolindo — San Ginesio (Marche).
Finamore dott. Gennaro — Lanciano.
Finazzi Avv. Gio. Batta. — Novara.
Franceschini G. Silvio — Reggio Emilia.
Franzoni Cav. Luigi — Bologna.
Galeotti Avv. Arrigo — Livorno.
Gallavresi Dott. Giuseppe — Milano.
Galletti Ettore — Castel d'Ario.
Galli Romeo, Conserv. della Biblioteca Comunale di Imola.
Gardini Prof. Cav. Galdino — Ferrara.
134
VARIETÀ
Garzia Avv. Raffaello - Maglie.
Gavazzi Dott. Carlo - Milano.
Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano.
Gigli Giuseppe - Cesena.
Gioppi Dott. Luigi — Borgotaro.
Giorcelli Cav, Dott. Giuseppe — Casale Monferrato.
Gnecchi Cav. Uff. Ercole — Milano.
Gnecchi Corani. Francesco — Milano.
Grassi-Grassi Cav. Antonino — Acireale.
Grillo Guglielmo — Milano.
Guastalla Marco — Mantova.
Guglielmina Pietro — Voghera.
Guiducci Comm. Dott. Antonio - Arezzo.
Hoffmann Carlo — Milano.
Hillsen Prof. Dott. Ch., Segretario dell' Imp. Istituto Archeologico
Germanico — Roma.
Jacobellis Cav. Avv. Giovanni — Acquaviva delle Fonti.
Jesurum Aldo — Venezia.
Johnson Comm. Federico — Milano.
K night Carlo — Napoli.
Koeniger Dott. C. — Gardone {Lago di Garda).
Laffranchi Lodovico — Milano.
Lanzara Raffaele — Salerno.
Lanzoni Giuseppe — Mantova.
La Rizza Dott. Pietro — Reggio Calabria.
Lazara-Pisani Conte Antonio (de) — Padova.
Leone Cav. Camillo — Vercelli.
Levi Priamo — Bologna.
Levi-Civita Cesare — Padova.
Lisini Comm Alessandro — Siena.
Luciani Dott. Michele - Acquaviva delle Fonti.
Lupis-Crisafi Avv. Cav. Fortunato — Sider no- Marina (Calabria).
Maggiulli Comm. Luigi — Muro Leccese.
Magnolfi Cav. Sisto — Livorno.
Maiocchi Rodolfo, Conserv. del Civico Museo Malaspina — Pavia.
Malagola Prof. Comm. Carlo, Dir. dell'Ardi, di Stato — Venezia.
Malavolti E. — Modena.
Manin Conte Lodovico Leonardo — Passariano.
Mannelli Lorenzo — Campiglia Marittima.
Maraini Ing. Comm. Clemente Roma.
Marazzani-Visconti-Terzi Conte Lodovico — Piacenza.
Marcello Conte Gerolamo — Venezia.
Marchisio Avv. Alfredo Federigo — Torino.
VARIETÀ 135
Marchisio Avv. Giacinto — Torino.
Marcovich Luigi — Venezia.
Mariani Cav. Avv. Prof. Mariano — Pavia.
Marietti Dott. Antonio — Milano.
Martinori Cav. Ing. Edoardo — Roma.
Mattoi Edoardo — Milano.
Mazzi Dott. Angelo, Dirett. della Biblioteca Civica di Bergamo.
Mazzini Gioachino — Livorno.
Mazzoccolo Avv. Enrico — Roma.
Meiners Dott. Faust — Pordenone.
Mera Rag. Angelo — Como.
Mirenghi Avv. Venturo — Bari.
Misani Prof. Massimo — Udine.
Mondini Magg. Raffaello — Palermo.
Mongini Luigi — Legnano
Montebugnoli Rag. Antonio — Castel S. Pietro (Emilia).
Monti Pompeo — Milano.
Morelli Cav. Prof. Benedetto - Bari.
Morelli Ing. Roberto — Santamaria Capua Vetere.
Moschetti Dott. Andrea, Dirett. del Museo Civico di Padova.
Mossuto Giuseppe — Girgenti.
Motta Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana — Milano.
Nani-Mocenigo Conte Filippo — Venezia.
Nattero Ignazio — Alassio.
Nervegna Cav. Giuseppe — Brindisi.
Nicoletti Ab. Cav. Giuseppe, Vice-Dirett. del Museo Civico e Correr
di Venezia.
Novati Cav. Prof. Francesco, Presidente della Società Storica Lom-
barda — Milano.
Nuvolari Dott. Angelo — Castel d' Ario.
Nuvolari Francesco — Castel d'Ario.
Obermuller Guglielmo — Genova.
Oberziner Dott. L. — Dir. della Bibl. e del Museo Com. di Trento.
Oliva Cesare — Genova.
Olivieri Dott. Carlo — Roma.
Osnago Enrico — Milano.
Pagano A. — Genova.
Panciatichi Marchesa Marianna ved. Paulucci — Firenze.
Panciera di Zoppola Conte Dott. Francesco — Brescia.
Panciera di Zoppola Conte Nicolò — Brescia.
Pansa Avv. Prof. Giovanni — Sulmona.
Pappalardo Dario — Catania.
Pascoli Giuseppe — Tolmezzo.
I36 VARIETÀ
Pasetti Luigi — Ferrara.
Patuzzi Massimino — Milano.
Pedani Raffaele — Fermo.
Pellegrino Concetto — Catania.
Perini Cav. Quintilio — Rovereto.
Perissini Michele — Udine.
Piamonte Avv. Emilio — Conegliano Veneto.
Piancastelli Dott. Carlo — Fusignano (Ravenna).
Piccirilli Luigi M. — Napoli.
Piccolomini Prof. A., Bibliotecario della Malatestiana — Cesena.
Picozzi Capitano Giuseppe — Spezia.
Pigorini Comm. Prof. Luigi, Dir. del Museo Kircheriano — Roma.
Pini Dott. Tomaso — Milano.
Pinoli Avv. Galileo — Ivrea.
Piuma Marchese Nicolino — Perti.
Poccardi Cesare — Torino.
Puschi Prof. Cav. Alberto, Dir. del Mus. Civ. di Antichità di Trieste.
Puzio Ing. Vincenzo — Napoli.
Quaranta Angelo — Roseto Valfortore (Foggia).
Quaranta Bernardino — Chatillon (Torino).
Raffo Emanuele — Chiavari.
Ratti Dott. Luigi — Milano.
Ravenna Gio. Batta — Firenze.
Rebuschini Avv. Pietro — Como.
Reina Cav. Ferdinando — Milano.
Ricci Prof. Antonio — Milano.
Ricci Milziade — Città di Castello.
Ricci Prof. Dott. Serafino, Conserv. Aggiunto del R. Gabinetto
Num. di Brera — Milano.
Ricciardi Edoardo — Napoli.
Rivani Giuseppe, Dirett. del Museo Civico di Ferrara.
Rizzoli Dott. Luigi fu Gius., già Cons. del Museo Bottacin di Padova.
Rizzoli Dott. Luigi juniore, Conserv. del Museo Bottacin di Padova.
Rocca Conte Mario Leone — Venezia.
Roghi Agenore — Sanguinetto (Verona).
Romano Prof. Francesco — Avola.
Romussi On. Dott. Carlo, Deputato al Parlamento — Milano.
Rosa Francesco — Milano.
Rossi Magg. Cav. Quintino — Suna.
Rossi-Domilli Luigi — Viterbo.
Ruggero Comm. Gen. Giuseppe — Roma.
Russo Sac. Salvatore Petronio — Adernò (Catania).
Salvaro Vittorio — Ala (Trentino).
VARIETÀ 137
Sandri Dott. Benedetto — Peseta.
San Rome Mario — Milano.
Savini Cav. Rag. Paolo — Milano.
Saya Cav. Pasquale — Messina.
Scacchi Prof. Eugenio — Napoli.
Scarpa Ettore — Treviso.
Scheyer Joachim — Milano.
Scrinzi Dott. Prof. Angelo, Dir. del Museo Civ. e Correr di Venezia.
Seletti Cav. Avv. Emilio, Consigl. della Soc. Stor. Lomb. — Milano.
Sellenati Dott. Antonio — Genova.
Serafini Cav. Camillo, Dirett. del Gab. Num. Vaticano — Roma.
Sessa Rodolfo — Milano.
Sgulmero Cav. Pietro, iJirett. del Museo Civico di Verona.
Simonetti Barone Alberto — S. Chirico- Raparo.
Soldi Tullio — Cremona.
Sormani-Andreani Conte Lorenzo — Milano.
Sozzani Ing. Vincenzo — Vigevano.
Spigardi Arturo — Firenze.
Squicciarini Avv. Michele — Bari.
Stiavelli Carlo, Bibliotecario, Dirett. del Museo Civico di Pescia.
Strada Marco — Milano.
Superchi Dott. Giulio — Castel d'Ario.
Tatti Ing. Paolo — Milano
Tonetti Claudio - Varallo.
Trenta Giorgio — Pisa.
Trivulzio Princ. Luigi Alberico Milano.
Tropea Prof. Giacomo — Padova.
Vaccari Emanuele — Ferrara.
Valdes Giovanni — Palermo.
Valerani Cav. Dott. Flavio - Casale Monferrato.
Varisco Sac. Prof. Achille — Monza.
Vercelloni Rag. Carlo, Dirett. del Museo Civico di Lecco.
Vercesi Galileo — Padova.
Vergani Cav. Dott. Giovanni — Milano.
Verzì Venerando - Biancavilla (Catania).
Vicentini Cav. Col. Giovanni Ettore - Firenze.
Vigano Gaetano — Desio.
Villoresi Arturo - Firenze.
Virzì Ignazio — Palermo.
Visconti March. Cav. Carlo Ermes — Milano.
Wood Charles M. — Roma.
Zane Cav. Riccardo — Milano.
18
138 VARIETÀ
Commissione monetaria. — La Commissione mone-
taria istituita nell'aprile dello se. anno 1904 con decreto del
Ministro del Tesoro, on. Luzzatti, per esaminare (come già
annunciammo) le qualità artistiche e tecniche dei nuovi mo-
delli per monete metalliche nazionali, si radunò la prima
volta in Roma nei giorni 20 e 21 gennaio u. se.
Essa fu poi ampliata, e trasformata in Commissione
Reale e permanente, col Regio Decreto che segue :
VITTORIO EMANUELE III, RE D' ITALIA.
Riconosciuta la opportunità e la convenienza di instituire presso
l'Amministrazione del Tesoro un Ufficio permanente, allo scopo di as-
sisterla di consiglio, con continuità di criteri, in tutto quanto attiensi
all'esame dei conii delle monete e ad ogni altra questione relativa alla
monetazione,
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per il Tesoro
Abbiamo decretato e decretiamo
Articolo 1.
È istituita presso il Ministero del Tesoro una Commissione perma-
nente con l'incarico di esaminare i tipi delle nuove monete metalliche
nazionali ed i relativi conii, e di pronunziarsi sovra ogni altro argo-
mento affine od attinente alla monetazione, nei riguardi tecnici, e per
mantenere intatte le tradizioni artistico-monetarie Italiane.
La Commissione potrà delegare un Comitato esecutivo, composto
di tre membri scelti fra i componenti della Commissione, per lo studio
delle questioni deferite al suo esame e per rappresentarla in permanenza.
Articolo 2.
La Commissione è composta come appresso :
Presidente
S. E. il Ministro del Tesoro.
Vice-Presiden ti
Il Direttore Generale del Tesoro.
Ambrosoli Cav. Prof. Solone, Direttore del Gabinetto Numism. di Brera.
Membri
Di Lorenzo Comm. Prof. Tommaso, Direttore della R. Calcografìa —
Roma.
Gnecchi Cav. Uff. Ercole — Milano. *
Gnecchi Comm. Francesco — Milano.
Johnson Comm. Federico, Industriale — Milano.
VARIETÀ I39
Lancelot-Croce Marcella, Scultrice — Ruma.
Levi Comm. Primo, Pubblicista — Roma.
Monteverde Grand'Ufficiale Prof. Giulio, Senatore del Regno, Scultore
— Roma.
Salinas Comm. Prof. Antonino, Direttore del Museo Archeologico di
Palermo.
Tesorone Prof. Giovanni — Napoli.
Trentacoste Domenico, Scultore — Firenze.
Venturi Comm. Prof. Adolfo, Insegnante nella R. Università di Roma.
Il Direttore Capo di Divisione preposto ai servizi di zecca e di mo-
netazione.
Un segretario amministrativo del Ministero del Tesoro disimpegnerà
le funzioni di Segretario della Commissione.
Articolo 3.
Le spese per la Commissione, come quelle per il conferimento di
premi agli artisti in relazione a concorsi od a lavori deliberati ed altre
eventuali, saranno imputate al capitolo 89 del bilancio del Ministero
del Tesoro per l'esercizio in corso, o a quello corrispondente degli
esercizi successivi.
Ordiniamo, ecc.
Dato a Roma il 29 gennaio 1905.
VITTORIO EMANUELE
Visto — // Guardasigilli Ronchetti. L. Luzzatti.
Monete celtiche. — Nel fase. IV della scorsa annata
della Rivista, abbiamo dato un breve cenno intorno ad un
opuscolo del Sig. Aldor (z). In tale opuscolo, ch'è la tradu-
zione francese di un articolo comparso in magiaro nel pe-
riodico Numizmatikai Kòzlòny di Budapest, l'a. descrive un
copioso ripostiglio di monete celtiche, rinvenuto nell'isola
di Tótfalu, a poca distanza dalla capitale ungherese; l'im-
portanza della sua pubblicazione merita che ritorniamo sul-
l'argomento.
(1) Aldor (Jules). La trouvaille de monnaies celtiques de Tótfalu.
Budapest, 1904.
I40 VARIETÀ
Il suolo dell'Ungheria è fertile in ripostigli di monete
barbariche (*). Quello scoperto a Tótfalu (nell'autunno del
1903) consisteva in piccole monete d'argento, del peso com-
plessivo di due chilogr. e mezzo ; ed è uno dei più copiosi
rinvenuti nel territorio ungherese e nelle regioni circonvicine.
Una parte dei pezzi componenti il ripostiglio reca al
dr., invece d' una testa, una ghirlanda d'alloro fra linee e
cordoni di perline, simile a quella che si osserva sulle pic-
cole monete d'argento scoperte a Simmering, presso Vienna,
nel 1880 (2). Il rov. di quasi tutti rappresenta un cavallo ga-
loppante, a sin. ; e tutti, senza eccezione, codesti pezzi tro-
vati a Tótfalu sono anepigrafi ; mentre due di quelli del ri-
postiglio di Simmering recano sotto il cavallo l'iscrizione
NONN, abbreviatura del nome di un capo o principe dei
Celti, Nonnos, che su diversi tetradrammi di quel ripostiglio
si legge in tutte lettere, assieme ai nomi di Jantumarus,
Devil, Coisa, e specialmente di Biatec.
In un'altra parte delle monete di Tótfalu, la grande co-
rona d'alloro è accompagnata da un profilo di testa imberbe;
od anche da una piccola testa dietro la corona. In altri esem-
plari, infine, il tipo del dr. consiste in una specie di ramo a
forma di Y o di T, circondato da cerchietti e fregi, nei quali
il Sig. Aldor giustamente ravvisa un principio di rappresen-
tazione d' una testa umana. Gli esemplari più interessanti
sono riprodotti nelle due tavole in fototipia che corredano
l'accuratissimo inventario del ripostiglio.
Quanto all'epoca di emissione delle monete di Tótfalu, l'a.,
aderendo alle conclusioni formulate dal Prof. Gohl a proposito
di un altro ripostiglio scoperto in Ungheria, quello di Nàdasd,
è d'avviso che risalga agli anni fra il 60 e il 45 av. Cristo.
(1) " Il Gabinetto di Budapest raccoglie particolarmente i monu-
menti numismatici trovati in paese, e suo vanto principale è la serie
preziosissima delle monete barbare trovate appunto in Ungheria; sono
circa tre migliaia di pezzi importantissimi, in parte imitazioni di tipi
greci e delle consolari romane „ (Ambrosoli, Note numismatiche di un
viaggio ad Atene e Costantinopoli. In Rivista, anno V, 1892).
(2) Blanchet (Adrien). Traiti des monnaies gauloises. Paris, 1905
— a pag. 451: " Il est évident que ce type a été produit par une dé-
iormation de la tète, dont la couronne de laurier reste seule nettement
apparente „.
VARIETÀ I4 1
Ite monete e la ceramica antica. — In un recente
suo opuscolo, il Sig. Blanchet (*) rileva V importanza delle
monete nel determinare la data delle varie forme di vasi
usate nelle Gallie, avanti la conquista romana.
Egli pone per fondamento lo studio di quei pochi vasi
che contenevano monete galliche delle quali si è potuto re-
digere l' inventario. Purtroppo, com'è noto, i recipienti che
racchiudono ripostigli monetali vengono quasi sempre infranti,
e i loro frammenti finiscono coll'andar dispersi. Ciononostante,
l'A. ne enumera una certa quantità, incominciando da un
vaso scoperto nel 1841 ; e correda il suo scritto con una
tavola in cui sono delineate le forme più caratteristiche dei
vasi che fornirono argomento a codesta sua indagine par-
ticolare.
In memoria. — L'u del corr. mese di marzo compieva
un decennio dalla morte di Cesare Cantù. Prendiamo occa-
sione da questa data per rendere omaggio alla memoria
dello storico illustre, che non trascurò mai la Numismatica
e se ne valse anzi con predilezione per corroborare le pro-
prie ricerche e documentarne i risultati.
Prescindendo dai numerosissimi accenni numismatici dis-
seminati nelle sue opere, rileveremo poi il fatto che la sua
Storia universale, nel volume sull'Archeologia e le Belle Arti,
contiene un capitolo espressamente dedicato alla nostra di-
sciplina ; è una specie di trattato succinto su tale materia,
ed è mirabile addirittura se si consideri ch'è scritto da chi
non si era occupato ex professo di questi studi così speciali.
Il Congresso internazionale d'Archeologia, che
s' inaugurerà ad Atene il 7 aprile, avrà una sezione (la IVa)
dedicata ali 'Epigrafia e Numismatica.
Fra le numerose comunicazioni che vediamo annun-
ciate nel Bollettino del Congresso, alcune si riferiscono ap-
punto alla Numismatica antica.
(1) Blanchet (Adrien). Vases de la Gaule indépendante. Caen, 1905.
— (Estr. dal Compte-rendu du LXX Congrès archéologique de France).
Ì42 VARIETÀ
Miscellanea medaglistica. — Dalla cortesia di un
nostro associato, Don Achille Varisco, riceviamo le seguenti
note:
ft All'illustre Prof. Trombetti fu decretata e presentata dal
Consiglio Comunale di Cuneo una medaglia d'oro a ricordo del
grande premio dei Lincei conferitogli pei suoi studi di glottologia.
é*„ Per il 50.0 anno di cattedra del eh. Prof. Giuseppe Allievo,
nestore dei pedagogisti, i suoi discepoli e amici gli offersero una
grande med. d'oro, con la sua effigie ritratta maestrevolmente dal-
l'artista Celestino Fumagalli.
t\ A Monsignor Gerolamo Comi, pel suo giubileo sacerdotale,
venne presentata un' artistica med. d' oro, che reca nel dr. il suo
ritratto e nel rov. l'altare di S. Ambrogio.
*t Una med. d'oro fu solennemente consegnata al Sindaco di
Modena, Avv. Luigi Albinelli. per le sue benemerenze verso quel-
l'amministrazione municipale.
t\ Al Questore Comm. Ceola, trasferito a Roma a coprire la
carica di ispettore generale della P. S., i funzionari della P. S. di
Milano offersero una med. d'oro.
w\ 11 25.0 anno di ufficialato del bravo comandante dei pom-
pieri di Milano, Cav. Alberto Goldoni, diede occasione a questo
benemerito corpo di presentargli una bella medaglia d'oro.
ft Gli ufficiali del 29.0 Regg. Fanteria offersero una med. d'oro
al loro Colonn. Co. Bernardo Dorelli, che recentemente andò in
pensione.
Una rarissima medaglia milanese a Fanny Elssler.
— Questa celebre ballerina viennese comparve per la prima
volta in Italia al teatro alla Scala di Milano nella stagione
di carnevale-quaresima nel 1844.
Le cronache milanesi di quell'anno narrano del grande
entusiasmo suscitato e degli onori di ogni sorta a lei tribu-
tati, con numerose corone, serenate sotto alla sua abitazione,
con un' infinità di poesie, fra cui una anche del Prati, e onore
massimo, con questa bella medaglia C1) qui fregiante il mio
modesto articolo.
(1) Vedi Alfredo Comandini, L'Italia nei cento anni del secolo XIX.
Disp. 42, anni 1843-44 marzo, pag. 1098.
VARIETÀ 143
In seguito le stesse cronache accennano anche a dimo-
strazione ostili avvenute in teatro e da lei provocate, che,
pel carattere politico assunto, la costrinsero a sciogliere il
contratto coli' impresario Merelli e ritornarsene a Vienna.
Troppo accesi gli animi degli italiani in quel tempo,
non è quindi a meravigliarsi se ogni benché minimo atto
da parte dell'aborrito straniero, desse luogo a subitanea
reazione. Tutto questo però non tolse di vedere l'anno ap-
presso ritornare sulla temuta medesima scena la graziosa
silfide, l' impareggiabile danzatrice-mima amata un dì ar-
dentemente dal figlio di Napoleone I, l' infelice Duca di
Reichstadt, deliziare ancora i milanesi. Nuovi allori conti-
nuava a mietere nel 1847, e così pure la rivediamo (ma
questa volta fu l'ultima) danzare nel 1848, dai primi di gen-
naio sino alla vigilia di quel 18 marzo, primo dì della rivo-
luzione delle Cinque Giornate " in cui si videro i giovani
che più fervidamente a quell'epoca acclamavano la Elssler,
la Cerrito e la Taglioni essere i primi a slanciarsi sulle bar-
ricate „.
Premesso tutto ciò, io non conosco di questa bella me-
daglia che due soli esemplari in bronzo, quello nel ricco
medagliere dell'amico carissimo comm. Federico Johnson e
il mio, da lui donatomi per la speciale mia collezione in
144 VARIETÀ
medaglie risguardanti il teatro C1). Essa fu modellata e in-
cisa dal milanese Vittorio Nesti autore di buone opere scul-
torie e di ben altre trentacinque medaglie note ai nummofili
italiani ed apprezzate.
Eccone la descrizione :
Diam. mill. 60.
& — FANNY ELSSLER Testa a sin.; Sotto: Vittorio Nesti f.
^f — In sette righe : IMPAREGGIABILE - NELL'ARTE DI
TERSICORE - AMMIRATA - NELL'UNO E NELL'ALTRO
EMISFERO - BEAVA DI SE - QUESTA INSUBRE ME-
TROPOLI - L'ANNO MDCCCXXXXIV.
In suo onore altra ne esiste nella mia collezione, coniata
a Vienna nel 1842, incisa da F. Gaul.
Milano, Dicembre 1904.
Edoardo Mattoi.
Una pubblicazione, d'argomento in gran parte meda-
glistico, ci si annuncia dal Belgio, quella di un volume del-
l' Ing. Augusto Moyaux : Les Chemins de Fer autrefois et
aujourd'hui et leur Médailles commèmoratives. Il voi. è edito
dal Dupriez, ed è corredato di numerose illustrazioni nel
testo e di 11 tav. in fototipia.
L,e Medaglie di Garibaldi. — L'on. Dott. Carlo Ro-
mussi, Deputato al Parlamento, ha pubblicato un interessan-
tissimo volumetto dal titolo : Garibaldi nelle medaglie del
Museo del Risorgimento in Milano.
È una vivace rassegna, la quale ha per base quasi esclu-
siva il Medagliere garibaldino che il Municipio di Milano
acquistò dal Sig. Ing. Carlo Clerici, come fu qui accennato
a suo tempo (2).
(1) Teatro in Nummis, Catalogo della collezione E. Mattoi, con il-
lustrazioni, in corso di stampa.
(2) Rivista, 1904, a pag. 286-87.
FASCICOLO IL
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
LXV.
GABINETTO VATICANO
MEDAGLIONI ROMANI INEDITI O VARIANTI.
(tavole iv, v e vi).
È completamente alla cortesia del Cav. Serafini,
direttore del Gabinetto Numismatico Vaticano, al
quale non ebbi che esprimere un desiderio per ve-
derlo soddisfatto, che io debbo l'onore e, aggiungerò
pure, il piacere di offrire oggi ai lettori della Rivista
come primizia una serie di pezzi inediti scelti nella
parte più eletta — ossia medaglioni o pezzi spe-
ciali — della serie romana imperiale del Vaticano.
All'egregio direttore e carissimo amico debbo la
cura di averli studiati, a lui la cura delle impronte
fornitemi, che mi permisero di darne unitamente al
testo la riproduzione, a lui infine, che dovrebbe fir-
mare questo articolo invece di me, debbo la soddi-
sfazione di pubblicare con questa memoria un pic-
colo compenso all'ultima (Appunto n. LXIV) in cui
s'è parlato dei Medaglioni ex-Vaticani, e glie ne
faccio quindi pubblicamente i più cordiali e sentiti
ringraziamenti. In quell'appunto poco allegro si trattò
di molti pezzi che c'erano e che ora non ci sono
più ; in questo invece si tratterà di pochi, che vi sono
150 FRANCESCO GNECCHI
entrati dappoi, i quali, se non compensano i primi,
accennano però all' inizio del risorgimento della col-
lezione Vaticana C1).
E noi vorremmo augurare che tale risorgimento
fosse rapido e glorioso ; ma pur troppo, anche colla
migliore volontà, che certo non fa difetto, di chi vi
dedica le sue cure, la reintegrazione del Museo ri-
chiederebbe dei secoli se l'annuo assegno che la
Santa Sede vi destina dovesse sempre mantenersi
nel limite attuale il quale è tanto estremamente esiguo
che non oso neppure accennarlo.
Eppure siamo a Roma, dove ancora si trova
roba ogni giorno, che va a disperdersi in tutte le
parti del mondo ; siamo a Roma e in Vaticano, dove
la dignità stessa del luogo, V impegno di una antica
e gloriosa tradizione consiglierebbero, imporrebbero
anzi il completamento di una serie che fu già cele-
brata fra le più insigni, e che ora dopo più di un
secolo dalla dispersione non è che all' inizio della
sua seconda esistenza.
La serie numismatica, come la più devastata,
all' infausta epoca napoleonica, rimane ora veramente
sproporzionata a tutte le altre collezioni dei Musei
Vaticani, le quali o non furono tocche, o lo furono
con una certa discrezione o per lo meno furono
reintegrate. E sarebbe quella che potrebbe essere
ristabilita con sacrificio relativamente lieve...
Ma a che servono tanti sterili lamenti ? Posso
io forse pretendere che la mia voce arrivi fino al
soglio pontificio e commuova l'animo di chi tiene
(1) I pezzi che si descrivono provengono tutti, o quasi, dalla rac-
colta Vitali, acquistata da S. S. Pio VII nei primi anni del secolo scorso,
circa il 1817, e illustrata con fenomenale ottimismo sia per le rarità
come per le conservazioni dal dott. Alessandro Visconti nella Indica-
zione delle Medaglie antiche del signor Pietro Vitali, voi. 2. Roma,
Tip. Fulgoni, 1805.
GABINETTO VATICANO 151
le sante chiavi? Dio mi guardi da tanta presunzione!
Ma però, riflettendoci, fra le cose possibili c'è anche
questa; che S. S. in una delle sue passeggiate nella
lunghissima galleria della Biblioteca Apostolica, ar-
rivasse qualche volta fino all'estremità del braccio,
dove è collocato il Gabinetto numismatico e, arrivato
fin là, vi entrasse a dire buon giorno al direttore.
Il direttore, trattandosi di cosa che certo non gli re-
cherebbe dispiacere, avrebbe cura di lasciare sulla
sua scrivania il fascicolo della Rivista, aperto pre-
cisamente a questa pagina. E, se S. S. si degnasse
di gettarvi uno sguardo, potrebbe darsi il caso che
l'animo suo tutt'altro che avverso alle cose d'arte e
di scienza, come lo provano alcuni cataloghi, anche
numismatici, che si stanno compilando sotto la sua
ispirazione, fosse spinto a un atto di eccezionale
generosità, leggendovi come moltissimi, che stimano
gloria patria lo splendore del Vaticano, in unione
all'umile scrivente, si rallegrerebbero e sarebbero
fieri di vedere incisa sull' ingresso del Gabinetto
questa laconica non meno romana che numismatica
iscrizione :
PIVS X PONT MAX RESTITVIT.
Ed ora veniamo alla descrizione dei pezzi inediti.
ADRIANO.
1. Dopo 551.
i& — IMP CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVO. Busto lau-
reato a sinistra col paludamento e la corazza, visto per
di dietro.
9 — PONT MAX TR POT COS III. La Pace diademata a
sinistra con una cornucopia e un ramoscello.
Medaglione di bronzo (mill. 45, gr. 64.720). (Tav. IV, n. 1).
NB. Per una curiosissima combinazione questo bellissimo pezzo,
che si registra come il primo nella nuova serie dei pezzi vaticani, cor-
I52 FRANCESCO GNECCHI
risponde precisamente ad altro esemplare d'Adriano che figura al n. 1
della tavola unita all'ultimo appunto relativo ai medaglioni ex- Vaticani.
Solo che quello aveva le dimensioni di un gran bronzo, questo è bat-
tuto su di un disco di medaglione, pure conservando le medesime di-
mensioni di conio, ossia del cerchio di perline. I due conii però, sia del
dritto che del rovescio, sono differenti (1).
2. Var. Coh. 558.
& — HADRIANVS AVGVSTVS PP. Testa laureata a destra.
1$ — Anepigrafo. Nettuno a destra, col tridente, il piede
sinistro appoggiato su di una prora. In faccia a lui
Minerva. Tra i due un albero.
Medaglione di bronzo (mi 11. 38, gr. 42.62).
ANTONINO PIO.
3. Var. Coh. 420.
B' — ANTONINVS AVO PIVS PP TR P COS III. Busto lau-
reato d'Antonino a destra con paludamento e corazza,
visto per di dietro.
y> — Anepigrafo. Minerva a sin. discorre con Vulcano
seduto, col martello nella destra ; accanto a lui l'incu-
dine su cui è un elmo. Dietro Minerva, a terra, uno
scudo.
Medaglione di bronzo (mill. 46, gr. 73.25). (Tav. IV, n. 3).
4. Inedito. Dopo 869.
& — IMP T AEL CAES HÀDR ANTONINVS AVG PIVS. Testa
laureata a sinistra.
R) — TR POT COS II S C Vittoria a sinistra con una
statuetta e una palma.
Medaglione senatorio o doppio sesterzio (mill. 40, gr. 52.25).
(Tav. IV, n. 2).
ANTONINO PIO e M. AURELIO.
5. Variante Coh. 16.
& — ANTONINVS AVO PIVS PP TR P COS III. Testa nuda
d'Antonino Pio a destra.
P - AVRELIVS CAESAR ÀVG- PII F COS. Testa nuda gio
vanile di M. Aurelio a destra.
Medaglione di bronzo (mill. 45, gr. 63.750). (Tav. IV, n. 4).
(1) Vedi tav. I, n. 1, Riv. IL di Num., fase. I, 1905.
GABINETTO VATICANO 153
FAUSTINA MADRE.
6. Variante n. 170.
& — DIVA AVGVSTÀ FAVSTINA. Busto a destra.
1$ — EX S C (all'esergo). Faustina su di un carro tirato
da quattro elefanti a sinistra.
Medaglione senatorio o doppio sesterzio (mill. 38, gr. 44.25).
M. AURELIO.
7. Inedito. Dopo Coh. 374.
& — M AVREL ANTONINVS AVG. Busto laureato a destra
con paludamento e corazza.
$ — PROF AVG (all'esergo). M. Aurelio cavalcante al
passo a destra colla lancia, accompagnato da altro ca-
valiere e preceduto da un milite armato di lancia e scudo.
Medaglione di bronzo (mill. 39, gr. 35.000).
NB. Questo medaglione è eccessivamente e male ritoccato.
FAUSTINA GIOVANE.
8. Variante Coh. 100.
ft — FAVSTINA AVGVSTÀ. Busto a sinistra.
ty — FECVNDITATI AVGVSTÀE. La Fecondità seduta a
destra con un bambino sulle ginocchia. Dietro e da-
vanti due altri bambini che le stendono la mano.
Piccolo medaglione di bronzo (mill. 32, gr. 24.600).
(Tav. V, n. 2).
NB. È lo stesso medaglione descritto al n. 100, ma di piccolo modulo.
COMMODO.
9. Var. Coh. 377.
& — M COMMODVS ANTONINVS PIVS FELIX AVG BRIT.
Busto laureato a mezza figura a destra colla corazza e
l'egida, e un lembo di paludamento sulla spalla sinistra.
IjJ — PACI AETER P NI TR P XIIII IMP Vili (in giro)
COS V PP (all'esergo). La Pace seduta a sinistra con un
ramo e un lungo scettro.
Medaglione di bronzo (mill. 41, gr. 50.80). (Tav. IV, ». 5).
154 FRANCESCO GNECCHI
io. Var. Coh. 389.
& — M AVREL COMMODVS ANTONINVS ÀVG PIVS. Busto
laureato e corazzato a destra visto per di dietro.
P — P M TR P VINI IMP VI COS INI P P. Roma seduta
a sinistra con una Vittoria e lo scettro; vicino a lei uno
scudo.
Medaglione di bronzo a due metalli (mill. 42, gr. 62.30).
11. Inedito. Dopo Coh. 434.
B1 — M AVREL COMMODVS ANTONINVS ÀVG. Busto lau-
reato a destra con paludamento e corazza..
ty — TR P VINI IMP V COS IMI P P. Giove seduto a de-
stra collo scettro, presenta un globo a Commodo che
lo riceve, in piedi.
Medaglione di bronzo (mill. 40, gr. 53.300).
12. Var. Coh. 400.
P — M COMMODVS ANTONINVS PIVS FELIX AVG BRIT.
Busto laureato a destra, il petto ignudo e l'egida tratte-
nuta da una fascia trasversale.
ty — P M TR P XI IMP VII (in giro) COS V P P (all'esergo)
Commodo con uno scettro sormontato dall'aquila e sten-
dendo la destra in quadriga lenta a destra. La biga è
ornata da Vittorie.
Medaglione di bronzo a due metalli (mill. 43, gr. 65.40).
(Tav. IV, n. 6).
PERTINACE.
13. Coh. 48. GB. pesante.
& — IMP CAES P HELV PERTINAX ÀVG. Testa laureata
a destra.
R) — VOT DECEN TR P COS II S C L'imperatore velato
sacrificante su di un tripode.
Medaglione senatorio o doppio sesterzio (mill. 39, gr. 63,80).
(Tav. V, n. 1).
NB. Questo splendido bronzo è l'unico conosciuto di Pertinace (il
quale non ha medaglioni propriamente detti) che, coll'ertezza di milli-
metri 7 V2, passi il peso normale, raggiungendo abbondantemente quello
del doppio sesterzio.
GABINETTO VATICANO I55
GIULIA DONNA.
14. Inedito. Dopo Coh. 131.
& - IVLIA ÀVGVSTÀ. Busto diademato a destra.
R) - FELICITATI PE...(RPETVAE ?). Giulia seduta a sinistra
con una patera, e intorno a lei tre donne, di cui quella
che le sta davanti le offre un globo. All'esergo si ve-
dono le traccie di altra leggenda, che forse era: VOTA
SVSC
Medaglione di bronzo (mill. 33, gr. 41.20). (Tav. V, n. 3).
NB. 11 rovescio è affatto nuovo fra i medaglioni di Giulia Donna,
i quali del resto non sono che due. Assomiglia molto a quello che tro-
viamo con Giulia Mamea o con questa e Alessandro, colle leggende
FELICITAS PERPETVA o FELICITAS TEMPORVM. Assai probabil-
mente il medaglione aveva un cerchio.
CARACALLA.
15. Coh. 501. GB. pesante.
i& - - M AVREL ANTONINVS PIVS AVG. Busto imberbe e
laureato a destra, ornato dell'egida.
$ — PONTIF TR P X COS II S C Caracalla in abito mi-
litare e con un'asta galoppante a destra.
Medaglione senatorio cerchiato o doppio sesterzio (mill. 38, gr. 32).
(Tav. V, n. 4).
NB. 11 cerchio non è rimesso, ma il tutto forma un solo pezzo.
ALESSANDRO SEVERO e GIULIA MAMMEA.
16. Inedito. Dopo 17.
i& — IMP SEV ALEXAND AVG- IVLIA MAMAEA AVG (in giro)
MATER AVG- (all'esergo). Busti affrontati di Alessandro
laureato col paludamento e la corazza e di Giulia dia-
demata.
ty — LIBERALITAS AVGVSTI III S C. La Liberalità colla
tessera e il cornucopia.
Medio bronzo o meglio piccolo medaglione (mill. 29, e dovrebbero
essere alcuni di più, se non fosse ribattuto intorno, gr. 16.50).
(Tav. V, n. 5).
156 FRANCESCO GNECCHI
GORDIANO PIO.
17. Inedito. Dopo 323.
& — IMP GORDIANVS PIVS FELIX AVG. Busto laureato a
sinistra con paludamento e corazza.
$ — TRAIECTVS ÀVG- Ponte sul quale si vedono passare
cinque soldati diretti a sinistra.
Mezzo bronzo imperatorio o medaglioncino (mill. 28, gr. 18.300).
(Tav. V, n. 6).
18. Coh. 150. GB. pesante.
0 - IMP M IVL PHILIPPVS ÀVG. Busto laureato a destra
col paludamento.
9 - LAET FVNDATA S C L'Allegrezza a sinistra con
una corona e un timone di nave.
Medaglione senatorio o quadruplo sesterzio (mill. 39, gr. 87.520).
QALLIENO.
19. Var. Coh. 850.
0 — IMP GALLIENVS P F ÀVG GERM. Busto laureato e
corazzato a sinistra, armato di lancia e scudo.
? - VICTORIA GERMANICA. Gallieno in abito militare a
destra coronato da una Vittoria. Ai suoi piedi due pri-
gionieri seduti, uno da ciascun lato.
Medio bronzo imperatorio o medaglioncino (m. 27, gr. 14.800).
(Tav. V, n. 7).
AURELIANO.
20. Inedito.
1& - IMP AVRELIANVS P F AVG Busto laureato e coraz-
zato a destra.
ty — ÀDVENTVS AVG. Aureliano cavalcante a destra, pre-
ceduto e seguito da due soldati.
Medaglione di bronzo (mill. 35, gr. 17.40). (Tav. V, n. 8).
NB. Questo pezzo è riconiato su altro che ora è troppo difficile
determinare. Si vede però chiaramente che i conii furono invertiti, sul-
l'antico diritto venne coniato il rovescio e viceversa.
Questo è il terzo medaglione conosciuto di Aureliano.
PROBO.
21. Var. Coh. 69.
V - IMP PROBVS IIWICTVS AVG. Busto laureato di Probo,
GABINETTO VATICANO I57
corazzato e armato di lancia e scudo, accollato al busto
• del Sole radiato.
fy — IMP PROBVS CONS II. Probo in una quadriga di
fronte con un ramo e coronato dalla Vittoria. Due sol-
dati stanno ai lati dei cavalli.
Medaglione di bronzo (mill. 28, gr. 12.40). Tav. V, n. io).
NUMER1ANO.
22. Var. Coh. 16.
& — IMP C MAVR NVMERIÀNVS AVG. Busto laureato a
destra col paludamento e la corazza.
$ — MONETA AVG-G. Le tre Monete, tipo solito; ma
quella di mezzo è rivolta di faccia.
Medaglione di bronzo (mill. 33, gr. 18.400). (Tav. V, n. 9).
DIOCLEZIANO.
23. Var. Coli. 115.
<B' - IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AVG. Busto lau-
reato a sinistra in corazza, armato di lancia.
PI - MONETA IOVI ET HERCVLI AVGG. La Moneta di
fronte col cornucopia e lo scettro fra Giove" ed Ercole.
Medaglione di bronzo (mill. 37, gr. 35.800). (Tav. V, n. 11).
24. Inedito.
& - IOVI DIOCLETIANO AVG-. Busto radiato a sinistra,
col petto ignudo, armato di scettro.
y> — VOTA PVBLICA. Nettuno ignudo col tridente, il piede
sinistro appoggiato su di una prora in atto di offrire un
delfino a una donna (l'Africa ?) che gli sta davanti te
nendo un sistro.
Medio bronzo o medaglioncino? (mill. 27, gr. 9.200).
(Tav. V, n. 12).
NB. Il medesimo rovescio esiste in un bronzo di Massimiano Er-
culeo (1) e in altro di Diocleziano; ma difficile riesce il determinare a
quale categoria ascriverli.
(1) Rivista lini, di Nutn., 1897, fase. I. Appunti di Numis, Romana,
n. XLII.
158 FRANCESCO GNECCHI
DIOCLEZIANO e MASSIMIANO ERCULEO.
25. Var. Coh. 6.
<& - DIOCLETIANVS ET MAXIMIANVS AVGG-. Busti lau-
reati e corazzati di Diocleziano e Massimiano affrontati.
P - MONETA AVG-G-. Le tre Monete, tipo solito.
Medaglione di bronzo (mill. 33, gr. 20.300). (Tav. VI, n. 1).
MASSIMIANO ERCULEO.
26. Var. Coh. 122.
& - IMP C M AVR VAL MAXIMIANVS ÀVG-. Busto laureato
a sinistra col manto imperiale. Tiene nella destra un
globo niceforo, e colla sinistra lo scettro.
$ — MONETA AVGG-. Le tre Monete, tipo solito.
Medaglione di bronzo (mill. 36, gr. 29.400).
COSTANTINO IL GRANDE.
27. Coh. 174.
& — CONSTANTINVS P F AVO. Busto laureato e coraz-
zato a destra.
1$ — VICTORIA BEATISSIMORVM CAESS. Vittoria seduta
a sinistra su di una corazza con uno scudo sulle ginoc-
chia, sul quale VOT XX MVLT XXX.
Medaglione di bronzo (mill. 34, gr. 22.40). (Tav. VI, n. 2).
NB. Cohen cita questo medaglione da Havercamp e in un modulo
maggiore.
COSTANTINOPOLI.
28. Var. Coh. 7.
& — CONSTANTINOPOLIS. Busto a sinistra coll'elmo e
la corazza.
Ri - VICTORIA AVGVSTI. Vittoria seduta a sinistra con
un ramo e il cornucopia.
Medaglione di bronzo (mill. 33, gr. 24.40). (Tav. VI, n. 3).
ROMA.
29. Var. Coh. 7.
1& — VRBS ROMA. Busto galeato di Roma a destra.
P — Anepigrafo. La Lupa in una grotta, che allatta Ro-
molo e Remo. Ai lati due pastori.
Medaglione di bronzo (mill. 41, gr. 37.600). (Tav. VI, n. 4).
NB. Quantunque martellato all'ingiro, questo medaglione è ancora
il più grande di tutti quelli conosciuti colla testa di Roma.
GABINETTO VATICANO 159
COSTANTE I.
30. Var. Coh. 98.
& - D N FL CONSTANS AVO. Busto diademato a destra
col paludamento e corazza.
^ — VICTORIA AVG. Vittoria seduta su di una corazza
a destra, in atto di scrivere VOT XX su di uno scudo,
che tiene sulle ginocchia.
Medaglione di bronzo (mill. 30. gr. 18.250).
COSTANZO II.
31. Var. 166.
& — CONSTANT IVS P F AVG. Busto diademato a destra
con paludamento e corazza.
R) — ROMA BEATA. Roma seduta a sinistra su di uno
scudo con una Vittoriola e un'asta.
Medaglione di bronzo (mill. 32, gr. 25.100).
NB. Il pezzo è molto ritoccato.
32. Completamento del n. 173 di Cohen (citazione da d'Ennery).
& - D N CONSTANTIVS P F AVG. Busto diademato a
destra con paludamento e corazza.
^ — VICTORIA AVG- NOSTRI. La Vittoria con una corona
e una palma corrente a sinistra.
Medaglione di bronzo (mill. 35, gr. 20.600). (Tav. VI, n. 5).
VALENTINIANO I.
33. Var. 51.
F-DN VALENTINIANVS P F AVG. Busto diademato a
destra con paludamento e corazza.
R) — MONETA AVGG- Le tre Monete, tipo solito.
Gran bronzo (o medagl.?) (mill. 30, gr. 12.65). (Tav. VI, n. 6).
34. Var. Coh. 52.
^-DN VALENTINIANVS P F AVG. Busto diademato e
corazzato a destra.
P — RESTITVTOR REIP. Valentiniano di fronte, volto a
sinistra con un globo niceforo e un'asta. All'esergo R.
Gr<m bronzo (mill. 29, gr. 8.400). (Tav. VI, n. 7).
GRAZIANO.
35. Inedito. Dopo 58.
F- DN GRATIANVS P F AVG. Busto diademato a destra
con paludamento e corazza.
$ — RESTITVTOR REIPVBLICAE. Graziano di fronte ri-
IÓO FRANCESCO GNECCHI
volto a destra con uno stendardo e un globo niceforo.
All'esergo R. P.
Gran bronzo (o medagl.?) (mill. 28, gr. n). (Tav. VI, n. 8).
TEODOSIO.
36. Completamento del n. 5 di Cohen.
B ' — D N THEODOSIVS P F AVG. Busto diademato a de-
stra col paludamento e la corazza.
^ — TRIVMFATOR GENT BÀRB. Teodosio in abito mili-
tare di fronte rivolto a sinistra con uno stendardo e un
globo. A sinistra ai suoi piedi un prigioniero inginoc-
chiato, colle mani legate. All'esergo R. T.
Medaglione d'argento (mill. 36, gr. 12).
NB. Quantunque assai malconcio il pezzo serve a completare quella
data da Cohen riportandola da Khell.
Chiudono la serie e sono riprodotti nella ta-
vola VI (n. 9 e io) due pezzi di difficile classifica-
zione, due grossi medaglioni di bronzo, ricoperti
nella parte centrale, esclusa cioè la cornice, di una
sottile lamina d'argento, la quale è perfettamente
conservata al diritto, ma fu asportata al rovescio.
Il primo è dell'imperatore Filippo:
IMP CAES NI IVL PHILIPPVS ÀVG. Busto laureato in corazza
e paludamento a sinistra.
Il secondo è di Valeriano:
IMP C D LIC VALERIÀNVS AVG. Busto laur. a d. col palud.
Sono due pezzi estremamente rari, anzi credo
unici; ma il cui scopo riesce assai difficile determi-
nare. Servirono a fregiare insegne militari ? o bril-
larono sulla bardatura del cavallo di qualche celebre
capitano ? Chi lo sa ? Quello che credo si possa af-
fermare con sicurezza è che nulla essi hanno a che
vedere colla numismatica.... E quindi precisamente
per questo motivo, ad essi può forse applicarsi, me-
glio che ad altri pezzi, cui da tempo fu dato in un
significato non proprio e neppure bene determinato,
il titolo di Medaglioni.
LXVI.
SCAVI DI ROMA NEL 1904.
« Nessuna terra dà quel che tu doni » canta un
modernissimo poeta (*)f e invero il suolo di Roma è
inesauribile, e anche in questi anni, in cui non vi si
fanno lavori speciali di scavo, offrì sempre alla numi-
smatica il suo contributo. Fra le monete che mi ven-
nero spedite o che scovai io stesso a Roma nello
scorso anno, sono sette i pezzi nuovi che mi trovo
in grado di presentare ai lettori della Rivista; sette
pezzi tutti di buona o buonissima conservazione,
caso abbastanza raro. Sono tutte monete che basta
presentare senza commenti ; ma i due bellissimi me-
daglioni di Faustina e di Caracalla sono sufficienti
a dar valore a questo appunto.
NERONE.
N. 1. Gran bronzo imperatorio, dopo Coh. 84.
& NERO CLAVD CAESAR ÀVG GER M P TR P IMP P P.
Busto laureato a destra coll'eguìa.
R) — ANNONA ÀVGVSTI CERES (senza S C). Cerere e
l'Annona, tipo solito.
(Tav. VII, N. 1).
FAUSTINA PIGLIA.
N. 2. Medaglione di bronzo, dopo Coh. 97.
& - DIVA FÀVSTINA PIA. Busto a destra coi capelli on
dulati.
(1) Pastonchi. " A Roma „ (Sul limite dell'Ombra, 1905).
1Ó2 FRANCESCO GNECCH I
R) — AETERNITAS. L'Eternità a sinistra appoggiata a una
colonna. Tiene colla destra un globo sormontato dalla
fenice; colla sinistra un lungo scettro trasversale.
Diam. mill. 37,000, peso gr. 40,500. (Tav. VII, N. 2).
Da molto tempo possedevo un medaglione miseramente sciupato
da una fortissima martellatura all' ingiro, la quale, ricurvando l'orlo
tutt' intorno, ne aveva ridotto il diametro a soli 30 mill. coprendo tutta
la leggenda. Al dritto era facilmente riconoscibile la testa di Faustina
giovane. Al rovescio si vedeva pure la figura rappresentante l'Eter-
nità; ma le leggende non si sarebbero potute che indovinare, essendo
completamente ricoperte dall'orlo su di esse ripiegato. Ora la combina-
zione mi fece capitare nel medaglione sopra descritto la spiegazione
completa del primo. Sono due esemplari identici e il peso anche con-
corda perfettamente. Per la singolarità del caso, li ho riprodotti am-
bedue nella tavola.
(Tav. VII, N. 3).
N. 3. Gran Bronzo, dopo Coh. 201.
& - FAVSTINAE AVO PII AVO FIL. Busto a destra con
un vezzo di perle nei capelli.
R) - PVDICITIA S C. Il Pudore velato e diademato se-
duto a destra, con due spighe nella destra.
(Tav. VII, N. 4).
Non conosco altro esempio in cui il Pudore tenga come simbolo
le spighe.
N. 4. Gran Bronzo, Var. Coh. 223.
& - FAVSTINAE AVG- PII AVO FIL. Busto diademato a
destra.
~$ — VENERI GENETRICI S C Venere a sinistra con un
pomo e una torcia.
(Tav. VII, N. 5).
CARACALLA.
N. 5. Medaglione di Bronzo, Var. Coh 384.
& — NI AVRELIVS ANTONINVS CAES. Busto giovanile a
destra col paludamento.
$ — SEVERI AVG PII FIL. lstrumenti da sacrificio. Ba-
stone augurale, coltello, patera, vaso, simpulo e aspersorio.
Diam. mill. 40, peso gr. 52. (Tav. VII, N. 6).
SCAVI DI ROMA NEL 1904 163
MACRINO.
N. 6. Gran Bronzo, Var. Coh. 101.
& - IMP CAES M OPEL SEV MACRINVS AVG. Busto lau-
reato a destra con paludamento e corazza.
P - PONTIF MAX TR P II COS P P S C La Felicità a
sin. con un lungo caduceo e il cornucopia.
(Tav. VII, N. 7).
MAONA URB1CA.
N. 7. Piccolo Bronzo, Var. Coh. 9.
& - MAGMA VRBICA AVG-. Busto diademato a destra
colla mezzaluna.
~$l - VENVS CAELESTIS. Venere stante a sinistra con un
pomo e un lungo scettro. All'esergo SXXI.
(Tav. VII, N. 8).
LXVII.
L'ULTIMA DELLE MONETE POSTUME
(tav. vii, N. 9).
M'era stato detto che un raccoglitore di Roma
possedeva un piccolo bronzo nel cui diritto, intorno a
una testa, stava la leggenda DOMINORVM NOSTRORVM
e me se ne domandava la spiegazione. Questa non
era facile a darsi ; ma la cosa, appunto per la sua
difficoltà di interpretazione, destava curiosità. An-
dando a Roma, conobbi il raccoglitore, ebbi nelle
mani la monetina, un piccolissimo bronzo, sul quale
lessi io pure alla prima : DOMINORVM NOSTRORVM al
diritto, mentre il rovescio non presentava che una
piccola croce in mezzo a una corona. E ne seppi
come prima. Ma più tardi, essendomi riuscito d'acqui-
stare la moneta, ebbi campo di studiarla più atten-
tamente di quello che avessi potuto fare in una vi-
sita di sera, e mi accorsi che la prima lettura era
sbagliata. La descrizione corretta e completa della
moneta è la seguente :
& - DOMINORVM NOSTR P AVG. Busto diademato a
destra con paludamento e corazza.
I# — Anepigrafo. Croce in mezzo a una corona formata
da due rami fra i quali superiormente, un globo.
L'orizzonte incominciò a rischiararsi e mi parve
di poter interpretare la leggenda : DOMINORVM NO-
l'ultima delle monete postume 165
STRORVM PATRI AVG-VSTO. La monetina però non ces-
sava di rimanere estremamente singolare anzi unica
nel suo genere. Vi sono bensì nella serie romana
monete col diritto anepigrafo, incominciando da Au-
gusto e venendo giù fino all'epoca costantiniana, vi
sono monete senza il nome del principe rappresen-
tato, come per es. un medaglione d'argento di Co-
stantino II colla semplice leggenda AVG-VSTVS e altro
di Costanzo Gallo colla leggenda CAESAR, vi sono
monete postume dedicatorie, nelle quali è espresso
il nome del commemorato insieme a quello del com-
memorante, come quelle di Massenzio in memoria
del figlio Romolo (MAXENTIVS DIVO NV FILIO) o dello
suocero Massimiano (IMP MAXENTIVS DIVO MAXIMIANO
SOCERO), quelle di Massimino in memoria del padre
(DIVO MAXIMIANO MAXIMINVS AVO FIL) e simili; ma non
ne esiste, che io sappia, alcuna che porti una sem-
plice dedica, in cui non figura nessun nome, come
nel piccolo bronzo in questione. La nostra moneta
fu evidentemente coniata per ricordare l'augusto
padre di due figli regnanti. E venuti a questo punto
non è diffìcile identificarla.
Il tipo della moneta la fa indubbiamente attri-
buire ai bassissimi tempi, ossia alla fine del terzo
secolo o al principio del quarto. Il rovescio presen-
tante la croce in una corona è comune nell'oro
di quest'epoca, e non è sconosciuto neppure nel
bronzo. Io ebbi già a pubblicare nel 1889 (*) un pic-
colo bronzo di Valentiniano III che ha precisamente
questo rovescio. Ora, assegnata l'epoca, è ovvio pre-
cisare anche il nome dell' imperatore, il quale non
può essere che Teodosio I, essendo questo l'unico
principe di quell' epoca, a cui i due figli Onorio
(1) Appunti di Numismatica Romana, num. VII. Moneta num. 182,
Tav. VII, n. 14.
l66 FRANCESCO GNECCHI
e Arcadio potessero riferirsi nella leggenda dedi-
catoria.
Anche V iconografia, per quanto assai poco ci
si possa affidare in questi bassi tempi, conferma
l'attribuzione, poiché l'effigie è precisamente quella
che vediamo sulle numerose monete di Teodosio.
È poi a notarsi un'altra particolarità, che cioè
il dedicante qui non è, come nei casi citati di Mas-
senzio o di Massimino, il principe che conia la mo-
neta. La dedica è semplicemente alla memoria del
padre degli attuali principi, e quindi il dedicante non
nominato, deve ritenersi il popolo in generale o il
senato.
Comunque sia, resta assodato che il singolaris-
simo piccolo bronzo è una moneta postuma di Teo-
dosio, coniata durante il regno dei figli. A un secolo
di distanza da quelle di Romolo e dei Massimiano
parmi possa considerarsi come l'ultima nella nume-
rosa serie delle monete postume romane.
LXVIII.
LE MONETE DI STAGNO.
Il signor Giorgio Macdonald pubblica nella Nu-
mismatic Chronick un interessante articoletto dal titolo
« Un recente ritrovamento di monete romane in
Scozia (0 ». Il ripostiglio non è molto importante
per se stesso. Si tratta di pochi denari imperiali dei
primi tempi, da M. Antonio a M. Aurelio, 14 in
tutto, di cui dieci furono verificati di stagno. Ma è
appunto questa circostanza delle monete di stagno
che rende interessante il ripostiglio, perchè il signor
Macdonald esprime su tali monete una nuova ipotesi
alla quale io non ero arrivato quando nel 1892 scrissi
una breve memoria sui Numi plumbei (2).
Parlando di queste imitazioni di monete antiche
d'argento o di bronzo in un metallo ignobile, che
io, seguendo chi non aveva parlato che delle tessere
romane, credetti di piombo, mentre veramente sono
di stagno te), cercandone lo scopo, venivo per esclu-
(1) Numismatic Chronick, 1905, Parte I. G. Macdonald: A recent
find of roman coins in Scotland.
(2) Appunti di numismatica romana, n. XXII, nella Rivista Italiana
di Numismatica del 1892.
(3) A questo proposito noterò, come anche lo stesso signor Macdo-
nald nell'articolo citato riferisca che circa venti anni sono vennero tro-
vate nel letto del Tevere dei denari repubblicani d'Augusto battuti in
piombo. Ebbene fra i molti che io posseggo appunto provenienti dal
Tevere e che con tutta probabilità sono parte di quelli stessi di cui
discorre il Macdonald, ne feci analizzare un certo numero e tutti furono
trovati di stagno. Si vede che piombo era la parola accettata per in-
dicare queste monete, senza che nessuno si fosse incaricato di verifi-
carne il metallo, e in tal senso vago vanno probabilmente interpretati
anche gli antichi autori quando parlano di Numi plumbei.
l68 FRANCESCO GNECCHI
sione (escludendo cioè che potessero essere tessere,
prove di zecca, monete genuine, anime di monete
falsificate), a concludere che dovevano essere mo-
nete false. Ebbene il signor Macdonald ha tro-
vato una soluzione che, se alla mia si avvicina per
le esclusioni accennate e perchè infine viene a dire
che sono monete false o imitazioni di monete, la
completa però indicandone lo scopo, il quale non
era precisamente quello di frodare, nel vero senso
di questa parola, vale a dire di frodare i propri si-
mili. La frode, se così si può chiamare, era destinata
a colpire chi non doveva risentirne danno, ossia la
divinità. Dall'essere stato il piccolo ripostiglio scoz-
zese trovato nel fondo di un pozzo, il signor Macdo-
nald è portato a supporre che il gettarvi delle mo-
nete come offerta alle divinità acquatiche o bosche-
reccie fosse anticamente un atto di religiosità am-
messo fra le comuni usanze famigliari, atto che pare
fosse praticato anche in diversi altri paesi presso
popolazioni primitive. Data l'usanza, il passo è breve
alla supposizione che, per tale scopo, si seguisse
un principio di giusta economia, fabbricando delle
monete apposite... di stagno ; il che molto bene si
confaceva all'indole punto splendida, anzi piuttosto
tenace di quegli abitanti.
L'idea però può essere generalizzata ed, anzi
che averla esclusiva per la Scozia, può parimenti
applicarsi alle monete simili che si trovano a Roma
o altrove. Difatti, come ebbi già ad osservare nella
mia Memoria del 1892, per la massima parte quelle
monete provengono dal Tevere. Ora le fonti o i fiumi,
al pari di un pozzo, potevano essere ricettacoli oppor-
tuni per offerte votive. Difatti altre stipi votive più
antiche composte di bronzo rude o segnato vennero
trovate in certe fonti che si ritenevano sacre. Le
offerte alla divinità erano in principio schiette e sin-
LE MONETE DI STAGNO 169
cere, nella vera valuta corrente ; ma la civiltà sus-
seguente suggerì il mezzo di farle con un dispendio
minore, creando delle monete apposite, o dei si-
mulacri di monete a miglior mercato delle monete
reali. Il simbolo restava lo stesso, il valore intrin-
seco non contava. E del resto noi vediamo anche
ai giorni nostri la poverella che non può offrire alla
Madonna del Santuario un cuore d'argento massiccio
come la gran dama, offrirlo di lastra sottile ; e chi
non arriva neanche a questo accontentarsi di fare
la propria offerta con del rame argentato.
La soluzione quindi che le monete di stagno
fossero coniate o fuse sulle monete correnti di bronzo
o d'argento (fino all'oro non si osava giungere, esor-
bitando dalle aspirazioni degli offerenti) allo scopo
di farne pezzi votivi da sacrificare alle divinità e che
per questo si gettassero nei pozzi, nelle fonti, nei
fiumi, in luogo cioè da dove era assentito che non
dovessero più uscire, sembra la più razionale, la
sola che spieghi il numero grande di questi amuleti
che le acque ci rendono ancora dopo tanti secoli.
Io l'accetto ben volontieri, senza punto escludere
con ciò che queste monete di stagno potessero ser-
vire anche all'inganno fra i mortali. In un recente
ripostiglio trovato a Narni, in mezzo a un numero
di gran bronzi dell'alto impero, si trovarono parec-
chie imitazioni di stagno (0 le quali a prima vista
si confondevano con quelle di bronzo e fu d'uopo
(1) I bronzi del ripostiglio, tutti di pessima conservazione e per la
massima parte di prima grandezza, si estendevano da Claudio fino alla
fine del terzo secolo e le imitazioni di stagno, che tutte potei avere,
erano le seguenti: 2 di Claudio (Coh. 88), 2 di Nerone (Coh. 1156233),
2 di Vitellio (Coh. 78), 2 di Vespasiano (Coh. 486), 1 d'Adriano (Coh. 891),
i di Plotina (Coh. io), 1 d'Antonino Pio (Coh. 761), 2 di Marco Aurelio
(Coh. 496), 1 di Commodo (Coh. 601), 2 di Macrino (Coh. 87) più un
medaglione di Commodo (variante del n. 402 di Cohen) e un medaglione
d'Alessandro Severo (Coh. 231).
170 FRANCESCO GNECCHI
sceglierle accuratamente. Ora il trovarsi queste con-
traffazioni frammiste alle monete genuine non poteva
indicare che delle due cose l'una. O il ripostiglio
rappresentava una stipe sacra d'offerenti generosi i
quali non avevano adoperato che in minima parte
il surrogato di stagno, oppure e più probabilmente
rappresentava un vero tesoretto di monete fra le
quali si erano infiltrate fraudolentemente alcune fal-
sificazioni.
Ma questa possibile duplicità d'uso nulla toglie
alla spiegazione esauriente del signor Macdonald, la
quale trova un'ultima prova nella statistica numerica
dei pezzi che ci sono rimasti delle diverse epoche.
Numerosissime al tempo della repubblica, le monete
di stagno si fanno già meno abbondanti nel primo
secolo, diminuiscono nel secondo per cessare comple-
tamente nel terzo (0, del che va attribuita con tutta
probabilità la causa all'avvento del Cristianesimo.
È naturale che l'uso superstizioso andasse dimi-
nuendo man mano che la civiltà progrediva, e anche
è naturale che la religione cristiana ponesse termine
a una usanza eminentemente pagana.
(1) L'ultima moneta di stagno che io conosco è di Massimiano Er-
culeo; ma appare già isolata e quasi eccezionale, perchè, per trovarne
altre, bisogna risalire circa mezzo secolo.
LXIX.
LE MONETE ARGENTATE.
L'egregio amico e nostro collaboratore Sig. Dat-
tari fino dall'8 febbraio scorso, mandandomi alcuni
piccoli bronzi dell'epoca costantiniana di bellissima
conservazione e di un brillantissimo colore d'argento,
che dava loro l'aspetto di pezzi che uscissero dalla
zecca in quel momento, mi scriveva: « Ho scritto un
« appunto su queste monetine, che forse richiamerà
« la sua attenzione e forse la sua critica ». Attesi
l'articolo, e in questi giorni lo vidi pubblicato sulla
« Rassegna » col titolo : Le monete cosidette imbian-
cate, oppure stagnate e confesso che attirò subito la
mia attenzione e con questa non già la critica,
ma la completa approvazione, perchè, a mio cre-
dere, vi si decide in modo esauriente una questione
che finora rimase inesplicata. E trovo bene rias-
sumerlo onde farlo noto a tutti i lettori della nostra
Rivista.
Venne finora generalmente ritenuto che le mo-
nete di bronzo che, a partire dal regno di Gal-
lieno, appaiono sovente ricoperte da uno strato di
metallo bianco, e che noi chiamiamo quindi im-
biancate o stagnate, e che i francesi con frase più
spregiativa chiamano saucees, fossero così ridotte,
perchè la frode del governo le voleva far passare
per argento.
È vero che contro a tale teoria stava l'eguale
imbiancatura non solo degli antoniniani, ma ben
23
172
FRANCESCO GNECCHI
anche dei follis ai tempi della riforma monetaria di
Diocleziano, ed una riforma che si appoggia su delle
sfacciate falsificazioni sembra una contraddizione
troppo stridente. Ciò malgrado però, la vecchia teoria
continuò a dominare o per lo meno nessuno ne trovò
una migliore. È il Signor Dattari che oggi ce la
offre, ammettendo che l'argentatura (x) fosse fatta
bensì dal Governo, ma allo scopo di rendere impos-
sibili le falsificazioni o per lo meno di porvi un
freno.
Le monete di bronzo erano a quei tempi falsi-
ficate colla fusione, come ne fanno fede le numero-
sissime forme d'argilla che ci vennero conservate.
Tale arte era abbastanza perfezionata, di modo che
le monete fuse, dopo una breve circolazione, facil-
mente si confondevano con quelle coniate. Qual
mezzo si poteva immaginare per evitare tale con-
fusione ?
Opportunamente, per mettere una linea di de-
marcazione sicura fra le monete vere e le false,
ossia fra le coniate e le fuse, si immaginò il pro-
cesso dell'argentatura, la quale non poteva prendere
la lucentezza che dalla coniatura, e, per quanto
leggera, avrebbe avuto una discreta durata, per lo
meno tra le lettere delle leggende e nelle parti
incavate dei tipi. Il falsario non avrebbe potuto
argentare le sue monete che dopo fuse e, per ot-
tenere il brillante, si sarebbe trovato nella neces-
(1) Finora queste monete furono generalmente ritenute coperte di
un leggero strato di stagno. Dattari dice d'aver fatto delle prove e
d'aver trovato che lo strato è di buon argento. Hanno tutti ragione,
perchè, da alcuni esperimenti da me eseguiti e fatti eseguire, mi risulta
che, secondo le epoche, c'è dell'uno e dell'altro. Del resto non è questa
la questione che ora si dibatte; possiamo quindi continuare a chiamare
le nostre monete argentate, intendendo indicare quelle che presentano un
aspetto d'argentatura, senza preoccuparci per ora della qualità del me-
tallo che le rende tali.
LE MONETE ARGENTATE I73
sita di imbrunirle una ad una; ciò che avrebbe fru-
strata l'opera sua di falsario, perchè il ricavo non
avrebbe francata la spesa ; mentre il governo, ar-
gentando i tondelli, otteneva colla coniatura la vo-
luta lucentezza.
La teoria è semplicissima e mi pare altrettanto
convincente. Oltre al dare una spiegazione soddisfa-
cente di un fatto che finora era rimasto avvolto nel
mistero, essa avrà per effetto di agevolare gli studi
sulle zecche di parecchie monetazioni incominciando
da quella di Gallieno, sulla quale pesano ancora
molti dubbi e nella quale v'hanno evidentemente
emissioni parallele di bronzo naturale e di bronzo
argentato. Lo studio comparativo delle zecche che
trovarono necessario il processo dell'argentatura e
di quelle che non la trovarono, o delle epoche in cui
nelle diverse zecche tale sistema fu introdotto, o abo-
lito — perchè abbiamo ad esempio il fatto che sotto la
tetrarchia gli antoniniani anteriori alla riforma sono
argentati, mentre non lo sono più quelli posteriori —
può condurci a risultati assai interessanti ; come
interessanti osservazioni ci possono presentare, sotto
questo aspetto dell'argentatura, i ripostigli. E la prima
di tali osservazioni serve anzi di chiusa all'articolo
del nostro collega. Egli osserva che dai ritrovi che
si fanno giornalmente in Egitto risulta che le mo-
nete appartenenti alle epoche, in cui si usava im-
biancare le monete, presentano una conservazione
buona o buonissima, mentre invece sono general-
mente assai consunte quelle anteriori o posteriori,
e da ciò arguisce che le monete le quali avevano
perduto le traccie dell'argentatura venivano di mano
in mano ritirate dalla circolazione sempre nell' in-
tento di rendere impossibile o difficilissima la falsi-
ficazione.
Io mi congratulo quindi vivamente coll'amico
174 FRANCESCO GNECCHI
Dattari, il quale in un articoletto, cui egli ha attri-
buito nessuna importanza, ci offre una delle sue più
interessanti e geniali trovate.
Ma nella scienza come nell'arte non sono mai
gli autori che giudicano del valore delle loro opere.
Chi non sa che messer Francesco Petrarca appog-
giava la fama del suo nome ai poemi latini, mentre
chiamava scherzosamente le sue rime italiane : Nu-
gel/as meas vulgares?
Francesco Gnecchi.
I RITRATTI DEGLI IMPERATORI ROMANI
SULLE MONETE
Una recente discussione, piuttosto appassionata,
sulla supposta semi-falsificazione di un medio bronzo
di Elio, mi ha dato occasione di fare alcune osser-
vazioni intorno ai ritratti degli imperatori impressi
sulle monete. Dico supposta semi-falsificazione, perchè
non ho visto la moneta e non posso pronunziare su
di essa un parere, ma così è stata qualificata in un
articolo intitolato Contributi al Corpus delle falsifica-
zioni pubblicato nel n. 3 del Bollettino di Numisma-
tica e di Arte della Medaglia.
Ho visto però i gessi della moneta stessa, ri-
cavati prima e dopo della sua ripulitura e da essi
ho ricevuto V impressione che il ritratto rappresen-
tatovi non sia quello di Elio e nemmeno quello di
M. Aurelio, come vorrebbero il Comm. Francesco
176
P. STETTINER
Gnecchi M e l'autore anonimo dell'articolo citato,
bensì quello di Adriano. E dello stesso mio parere sono
il Comm. Bignami, il Prof. Serafini, l'Avv. Pansa
ed altri. Infatti i tratti del viso sono tali da non la-
sciare alcun dubbio: i capelli, la barba corta, il naso,
sono quelli di Adriano.
E insisto su questo punto per sostenere che la
moneta, pur avendo il ritratto di Adriano, potrebbe
essere indifferentemente di Elio o di M. Aurelio.
A chi ha una certa pratica di monete imperiali
non sarà sfuggito il fatto abbastanza comune di
(1) Credo opportuno riprodurre qui il mezzo bronzo in questione,
onde ognuno possa giudicarne.
Quanto a me, senza punto entrare nel merito della questione che
il bronzo ha suscitato, mi permetto solo di spiegare la mia opinione
sul ritratto rappresentato. È vero che i tratti dell'effigie, e dirò più
specialmente del viso, per quanto il giudizio non possa essere sicuris-
simo su di una moneta ritoccata, sono piuttosto quelli d'Adriano che
non di M. Aurelio. Se, malgrado ciò, ho attribuito, come ancora attri-
buisco, il ritratto originale a M. Aurelio, eccone le ragioni : i.° La capi-
gliatura ricciuta, e che non fu menomamente ritoccata, è precisamente
quella che si vede in tutte le numerosissime monete che rappresentano
M. Aurelio Cesare ; ma è molto diversa da quella ondulata ma non
ricciuta, che ci si offre nelle monete di Adriano. 2.0 Il rovescio corrisponde
perfettamente a quello di un medio bronzo conosciuto di M. Aurelio
(Coh. N. 442). 3° Infine anche la forma poco rotonda della moneta me-
glio s'addice all'epoca di M. Aurelio che a quella d'Adriano.
F. Gnecchi.
I RITRATTI DEGLI IMPERATORI ROMANI SULLE MONETE I77
esemplari che, mentre portano il nome e i titoli di
un imperatore, hanno poi il ritratto di un altro.
Ed ecco un esempio pratico che si può desumere
dalle impronte delle quattro monete di Vespasiano
qui sopra riprodotte, appartenenti alla collezione del
Coram. Mezzetti di Roma, che gentilmente ha accon-
sentito le pubblicassi.
Tutt'e quattro portano il nome ed i titoli di Ve-
spasiano, però, mentre la prima ha il ritratto vero
e ben conosciuto di Vespasiano, la seconda porta il
.ritratto spiciccato dell'imperatore Vitellio, la terza la
testa caratteristica di Galba e la quarta il ritratto di
Lucio Vitellio.
E a nessuno, credo, verrebbe in mente di dire
che tale somiglianza sia casuale, perchè i tratti del
viso dei quattro personaggi, così differenti non ren-
dono possibile il dubbio e non sarebbe sostenibile
l'ipotesi che i quattro ritratti appartengano alla stessa
persona. Chiunque abbia pratica dei ritratti degli im-
peratori romani,, dirà, se non si ferma a leggere
l' iscrizione, che la moneta n. 2 è di Vitellio, che
quella n. 3 è di Galba e che quella n. 4 è di Lucio
Vitellio. Infatti come sarebbe possibile confondere
la bella e nobile testa di Galba, dalla fronte alta,
dal mento sporgente, colla testa di Vitellio, tonda,
grassa, dall'occhio porcino ?
Non insisto, dunque, con altri argomenti sul
fatto, ma di esso vorrei trovare la spiegazione, e la
cosa non è facile.
La prima idea che viene in mente per analogia
è l'uso delle restituzioni delle monete fatte da impe-
ratori in onore ed in omaggio di qualche loro pre-
decessore ; ma tali monete portano, oltre il ritratto
dell' imperatore cui si volle rendere omaggio ed il
suo nome, anche il nome del suo successore che
volle onorarlo con tale manifestazione. Bisognerebbe
I78 P. STETTINER
dunque supporre che le monete che non portano
l'indicazione della restituzione siano ugualmente un
omaggio, diciamo così, incompleto dal nostro punto
di vista, ma che la presenza del ritratto di un altro
personaggio sia la manifestazione dell'omaggio stesso.
Un'altra ipotesi che si presenta è quella che gli
incisori dei conii avendo già preparati dei punzoni
coi ritratti di alcuni imperatori ormai scomparsi, ab-
biano voluto utilizzarli adoperandoli per il succes-
sore, facendovi in giro l' iscrizione col suo nome ed
i suoi titoli. Ipotesi che potrebbe trovare fondamento
anche nel fatto che spesse volte i personaggi accla-
mati imperatori erano lontani da Roma e impiega-
vano talvolta anche parecchi mesi per giungere alla
capitale, sia per la lontananza, sia per la deficienza
ed insufficienza dei mezzi di trasporto, sia a causa
di guerre e di lotte coi loro competitori. È quindi
probabile che gli incisori della zecca in quei primi
momenti, e per la fretta di fare uscire le monete
col nome del nuovo imperatore, e forse anche per
l' impossibilità di avere presente l'effigie del nuovo
padrone, abbiano adoperato punzoni con altri ritratti.
Ad ogni modo io non pretendo affatto al fon-
damento delle ipotesi enunciate ; ho esposto un'os-
servazione documentata dalle monete e sarei lietis-
simo che altri più competenti di me trovassero una
spiegazione più giusta, più esatta, più ragionevole.
P. Stettiner.
MONNAIES INÉDITES
DE L'EMPIRE ROMAIN
(Coli. Lucien Naville).
IV.
Quelques monnaies de Gallien en or et en bronze
(Suite).
Siscia j.eme période.
i. & — GALLI ENVS AVO. Sa téte radiée à droite.
I# - ÀBVNDANTIA AVG-. L'Abondance debout à gauche,
vidant une come d'où s'échappent de nombreuses pièces
d'argent.
Petit bronze saucé. Antoninien. (PI. Vili, n. i).
Cette petite pièce, fort insignifiante en apparence est cependant
digne d'ètre notée. En effet, sur les monnaies de Gallien au type de
l'Abondance debout, cette divinité est toujours tournée à droite; les
antoniniens généralement portent en outre la lettre B, marque de la
2.ème officine de Rome.
lei, rien de semblable, et le style nous indique que cette pièce a
été frappée à Siscia. On ne la trouve pas décrite dans le mémoire de
M.r Voetter (i) ni dans Cohen.
2. f¥ — GALLIENVS AVG-. Son buste radié et cuirassé à
droite.
I# — FI DEI PRAET. Genie à demi-nu, coiffé du modius,
debout à gauche, tenant une patere et une come d'abon-
dance ; à droite, une enseigne.
Petit bronze saucé. Antoninien.
(i) Otto Voetter. Die Mùnzen des Kaisers Gallienus and seiner
Familie. " Numismatische Zeitschrift „ voi. XXXIII, 1901. Voir Siscia,
p. 92-100, avec Atlas pi. XXVIII-XXX (i.er tirage).
34
l8o LUCIEN NAVILLE
Ce type est exactement semblable à celui qui est dessiné aux
n.084-5 de la planche XXIX de l'Atlas Voetter, sauf que les mots VOTA X
ne figurent pas ici.
Puisque nous en sommes aux monnaies de Gal-
lien frappées à Siscia, je me permettrai cTajouter
quelques mots à ce que je disais précédemment 0)
au sujet des monnaies qui ont pour legende GAL-
LIENAE AVG-VSTAE et sur lesquelles on voit Gallien
orné d'une couronne composée suivant les uns, d'épis,
suivant les autres, de roseaux.
Je m'étais efforcé de réfuter l'argumentation de
M. L. Forrer (2) seulement ; car je ne connaissais
pas alors le mémoire de M. le commandant R. Mowat,
dans lequel cet éminent numismate a traité du mème
sujet, mais pour arriver a une conclusion toute autre
que la mienne (3).
M. Mowat reconnalt des roseaux dans la cou-
ronne en question, et suppose que Gallien, en se
faisant représenter orné de cet emblème, a voulu se
poser en dieu-fleuve.
Cette hypothèse peut paraìtre vraisemblable au
premier abord. Pour ma part, j'ai longtemps cherché
une solution de ce còte, et je croyais d'autant mieux
ètre sur la bonne voie, que les pièces sur lesquelles
on trouve cette couronne ont été frappées à Siscia,
et que d'autre part, parmi les monnaies de Gallien
sorties de cet atelier, on a les revers : PM TRP Vii
COS PP avec deux fleuves couchés, tenant chacun un
roseau à la main, et SISCIA AVG, Siscia assise à gau-
che, à l'exergue : un dieu-fleuve.
(i) Voir Rivista Ita/, di Num. 1904, anno XVII, fase. IV. Monnaies
inéd., etc. § I.
(2) L. F. A very rare coin 0/ Gallienus. " Monthly Numismatic Cir-
cular „ 1898, tome VI, n. 66, col. 2738. C'est par erreur que j'ai donne
cet article comme ayant paru dans la " Numismatic Chronicle „.
(3) Conlributions à la numismalique de Gallien. Recueil de Mémoires
publié par la Société des Antiquaires de France. Paris, 1904.
MONNAlES INED1TES DE i/EMPIRE ROMAlN l8l
Ce qui m'a fait renoncer à chercher plus long-
temps dans cette direction, c'est l'examen attentif
de plusieurs aurei à fleur de coin, ayant au revers
VBIQVE PAX ou VICTORIA AVG-, et à l'avers GÀLLIENAE
AVOVSTAE.
J'ai remarqué que sur ces pièces, les différents
grainS qui composent l'épi de la couronne sont par-
faitements distincts. Ce petit détail échappe le plus
souvent à la reproduction photographique; cepen-
dant on peut le distinguer assez bien à la planche XXI
du magnifique catalogue de la collection Montagu,
aux n. 634 et 638. Il va sans dire que si Ton a les
originaux en main, et que l'on s'aide d'une loupe,
les grains de l'épi ressortent d'une facon bien plus
nette.
Tout le monde connaìt, par contre, le fruit du
roseau, forme d'une sorte de cylindre uni et compact,
dont on ne distingue séparément aucune graine, et
qui ne ressemble en rien à l'épi d'une cereale.
J'estime donc que nous avons affaire ici à une
véritable couronne d'épis, attribut de Cérès et de
Proserpine. J'ai dit précédemment pourquoi je croyais
à une représentation de Gallien en Proserpine.
Sur l'aureus qui porte au revers PM TRP VII
COS PP on voit l'empereur debout, tenant à la main
une sorte de bàton dans lequel, à cause de sa cour-
bure, M. Mowat n'hésite pas à reconnaìtre un roseau.
Tout d'abord remarquons que sur toutes les
monnaies romaines qui représentent une divinité
aquatique tenant un roseau, celui-ci n'est pas figure
par une simple tige unie, mais bien par une tige
d'où partent plusieurs feuilles. En outre je ne crois
pas que cette courbure dont parie M. Mowat, et
qui ne me semble pas très frappante, soit un argu-
ment bien convaincant. En consultant les séries ro-
maines, on trouve sans peine un grand nombre de
182 LUCIEN NAVILLE
hastes et de sceptres, dont la rectitude laisse fort à
désirer. On peut voir par là, que les graveurs n'at-
tachaient pas une grande importance a ce détail.
La terminaison fémmine des mots GALLIENAE
AVGVSTAE se rapporterai^ selon M. Mowat, à une
fìlle de l'empereur Gallien, nommée Galliena, dont
l'existence serait confìrmée par une monnaie décrite
par Goltzius, ayant à l'avers LICIN GALLIENA AVG et
au revers PIETAS AVGVSTA.
S'il est, comme disait Vaillant, « un paradoxe
odieux et insoutenable de prétendre que Goltzius
n'ait pas vu les médailles qu'il rapporte et qu'il a
si bien dessinées », il me semble au moins aussi pa-
radoxal d'admettre que toutes ces pièces extraor-
dinaires que Goltzius a vues étaient réellement au-
thentiques.
Goltzius a décrit un grand nombre de monnaies
remarquables, telles que des Baliste, Trebellien, Cen-
sorin, Firmus etc.... qu'il a vues probablement, mais
dont la critique moderne a cependant fait justice. Je
ne vois donc pas pour quelles raisons il faudrait
admettre l'authenticité d'une mònnaie de Galliena,
monnaie dont la trace est perdue, qui est restée
unique en son genre, et dont la legende insolite du
revers rend déjà soupconneux. En etìet, on lit PIETAS
AVGVSTA en toutes lettres, alors que tous les anto-
niniens de cette epoque au type de la Piété portent
PIETAS AVG ou AVGG en abrégé.
Il ne semble pas, comme le voudrait M. Mowat,
que Télévation de deux des enfants de Gallien, Sa-
lonin et Galliena, au rang d'Augustes ait pu avoir
lieu en mème temps. Salonin mourut en 259 et les
monnaies avec Gallienae Augustae ont été frappées
à Siscia, atelier qui ne commenca à fonctionner qu'en
266, soit 7 ans plus tard. L'aureus qui porte PM TR
P VII COS PP n'indique pas la 7.eme puissance tribù-
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN 183
nitienne de l'empereur, mais son 7.ème consulat Telle
est, du moins, l'hypothèse de Monsieur le lieut. col.
O. Voetter (*) et elle a toutes chances d'ètre la bonne
puisque l'on ne trouve aucune monnaie frappée à
Siscia, pouvant etre attribuée aux deux premières
périodes du règne de Gallien. En effet, il n'a été
frappé dans cet atelier :
Aucune monnaie à l'effigie de Valérien;
Aucune monnaie de Gallien en moyen et grand bronze;
Aucune monnaie de Salonin ;
Généralement, aucune pièce en bon billon.
Quoi qu'il en soit, le titre d'Auguste a fort bien
pu ne pas ètre donne à Galliena au mème moment
qu'à Salonin (2) et il n'est pas impossible que Gal-
lien ait voulu honorer sa fille en faisant figurer le
nom de celle-ci sur les monnaies.
Dans ce cas, n'eut-il pas été plus conforme à
l'usage d'y joindre le portrait de cette princesse, ou
bien alors, d'inserire ce nom au revers des pièces?
M. Mowat explique la présence insolite d'une
legende féminine autour d'une tète d'homme en dé-
crivant et en donnant la reproduction de deux pièces
du Cabinet de France dont Tune est un Marc Au-
rèle avec la legende FAVSTINA AVGVSTA, l'autre une
monnaie coloniale de Lucius Verus portant le nom
de Lucilla sa femme.
Ces deux pièces uniques et étranges, me sem-
blent le produit d'erreurs commises par les graveurs,
analogues à celle que l'on trouvera décrite plus loin
à Aurélien (n. 24). Erreurs plus complètes sans doute,
mais qui ont fort bien pu se produire.
(1) Voir die Munzen des Kaisers Gallienus, etc, pag. 96.
(2) J'admets ici que Salonin a recu le titre d'Auguste, ce qui, malgré
quelques monnaies qui l' indiquent, n'est pas encore tout-à-fait prouvé.
184 LUCIEN NAVI! LE
Remarquons que le bronze de Marc Aurèle pos-
sedè un revers tout à fait inintelligible, que M. Mowat
qualifie de barbare. Or l'on ne saurait admettre que
l'on ait frappé, dans un atelier régulier, des pièces
mi-romaines, mi-barbares. En admettant, ce qui me
paraìt fort improbable, que l'on ait possedè à Rome
des coins barbares, on n'en eùt certes pas fait usage
pour la frappe de monnaies émises en vertu d'un
décret du sénat ou de l'empereur. Donc, de deux
choses l'une, ou bien cette pièce est entièrement
barbare, ce qui me paraìt fort probable : dans ce
cas on ne peut pas s'appuyer sur un exemple de ce
genre; ou bien elle a été frappée dans un atelier
régulier, et alors, le fait que le revers en est incom-
préhensible prouve que toute la pièce est anormale.
Dans ce cas voici ce qui a pu se produire. A l'ate-
lier monétaire, on se sera apercu que le coin d'un
Marc Aurèle avait recu par erreur le nom de l'im-
pératrice Faustine, et l'on aura frappé cette pièce
unique à seul fin de se rendre compte comment le
portrait de l'empereur avait réussi. A cet effet, on
se sera servi, pour le revers, d'un coin qu'il était
indifférent de détériorer et sur lequel on avait peut-
ètre essayé, soit la forme à donner aux lettres al-
phabétiques, soit la dureté et le tranchant des burins.
Cela expliquerait l'inscription absolument inintelli-
gible qui figure ici: R P III I MEON | IPMISA | DNLEIII | DS-
La pièce coloniale de Lucius Verus peut fort
bien ètre aussi le produit hybride d'une erreur de
graveur.
Admettons cependant pour un instant, que nous
sommes ici en présence de monnaies régulières,
gravées ainsi intentionnellement. Le fait pourrait
s'expliquer à la rigueur, si l'on songe que les traits
de Marc Aurèle et de Lucius Verus étaient suffi-
samment connus par le grand nombre de monnaies
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN 185
répandues dans le public, et que toute confusion
devait étre impossible.
Mais tei n'était pas le cas pour Galliena. Les
monnaies n'avaient propagé aucun portrait d'elle et
le public devait étre fort désorienté en lisant ce nom
nouveau, accompagnant la tète de Gallien, et qui
plus est, de Gallien représenté, suivant M. Mowat,
en dieu-fleuve.
11 me semble évident que le public, ne connais-
sant pas Galliena, et ayant sous les yeux le portrait
de l'empereur orné d'attributs nouveaux, avec son
noni au féminin devait reconnaìtre tout naturellement
l'empereur Gallien représenté en deesse.
V.
Divers petits bronzes de Victorin à Carin.
TARRACO.
Tacite. Antoninien.
3. & — IMP CM CL TACITVS ÀVG-. Son buste radié à gauche,
cuirassé, à mi-corps, vu de dos, le bouclier suspendu
sur l'épaule gauche, la haste dirigée en avant.
1$ — SALVS PVBLI. La Sante, debout à droite, tenant
un serpent qu'elle nourrit au moyen d'une patere.
Exergue T (3e officine).
Variété de buste de C. 126 (1). (PI. Vili, n. 4).
Probus. Antoniniens.
4. & — VIRTVS PROBI AVO. Son buste radié, drapé et cui-
rassé à droite, tenant une haste sur l'épaule gauche.
R) — CONS-ERVA • AVG-. Le soleil radié, à demi-nu, debout,
de face, regardant à gauche, levant la main droite et
tenant un globe. Exergue TXXT.
Variété de C. 174. (PI. Vili, n. 5).
(1) Tous les n. de Cohen cités ici sont ceux de la 2.de édition.
l86 LUCIEN NAVILLE
5. & - IMP C M AVR PROBO ÀVG. Son buste radié, drapé
et cuirassé à droite, l'épaule en avant.
R) — RESTITVT SAEC. L'Empereur en habit militaire,
debout, à gauche, tenant un globe et une haste, couronné
par une Victoire, debout, derrière lui, qui tient une
palme. Exergue VIXXT.
Legende au datif. Variété de C. 511.
Carin. Antoninien.
6. & — M • AVR • CARINVS • NOB • C. Son buste radié, drapé
et cuirassé à droite.
P — PRINC-IPI IV-VENTVTI. L'Empereur en habit mili-
taire, debout, à gauche, tenant une enseigne et une
haste. Exergue VIXXI.
Cohen 105 indique par erreur sceptre au lieu de haste.
LUGDUNUM.
Victor in. Antoninien.
7. & — VICTORINVS • P • F • AVG-. Son buste radié et cui-
rassé à gauche, la main droite tient une haste sur l'épaule,
un bouclier orné d'une tète de Meduse couvre l'épaule
gauche.
Ri SALVS AVO. La Sante debout à droite, nourrissant un
serpent qu'elle tient dans ses bras.
(PI. Vili, n. 2).
Cohen n. 112-117 indique six avers différents dont cinq variétés de
légendes allant avec le revers ci-dessus. La legende VICTORINVS •
P • F ■ AVG, se rencontre ici pour la première fois sur les monnaies de
cet empereur.
Tacite. Antoninien.
8. & — IMP C M CL TACITVS AVG-. Son buste radié et cui-
rassé à gauche ; la main droite tient une haste sur
l'épaule dr., un bouclier orné d'une tète de Meduse
couvre l'épaule gauche.
1$ — VIRTVS ÀVG-. La Valeur casquée, en habit militaire,
debout à gauche, s'appuyant sur un bouclier et tenant
une haste.
Variété de buste de C. 170.
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN 187
Florien. Antoninien.
9. i& - IMP C M AN FLORIANVS PF AVG. Son buste radié,
drapé et cuirassé à droite.
R) - TEMPORVM FELICITAS. La Félicité, debout à gauche,
tenant un long caducée et une come d'abondance. Ex. I.
C. 88 indique la Félicité tournée à droite.
Probus. Antoninien.
io. & - IMP C M AVR PROBVS AVG. Son buste radié et
cuirassé à droite.
R) — ORIENS AVG. Le Soleil radié, à demi-nu, debout
à droite, brandissant une branche d'arbre, tenant un
are et posant le pied gauche sur un captif à terre qui
s'efforce de se relever. Ex. III.
(PI. Vili, n. 6).
Ce revers n'est pas dans Cohen à Probus. On le rencontre pour
la première fois au règne d'Aurélien (C. 159) frappé à Rome. Il est
curieux de constater que nous le retrouvons grave de la mème facon
maladroite à l'atelier de Lyon.
Carus. Antoninien.'
11. & - IMP C M AVR CARVS AVG. Son buste radié et cui-
rassé à gauche avec le casque radié, l'épaule gauche
en avant.
9< — PAX AVGG. La Paix debout à gauche tenant un
rameau et un sceptre transversal. Dans le champ à
gauche : B.
Variété de buste de C. 49. (PI. Vili, n. io).
Carus et Carin. Antoninien.
12. & - CARVS ET CARINVS AVGG. Buste de Carus radié
et cuirassé, accollé à la tète radiée de Carin.
l$l — PAX AVG. La Paix marchant à gauche, tenant un
rameau et un sceptre transversal.
(PI. Vili, n. li).
C. au n. 5 indique AVG à l'avers, ce qui est une erreur. En outre
le buste de Carus seul est cuirassé (1).
(1) Comparer à ce sujet la pièce reproduite à la planche 41 n. 2274
du Catalogne de la Coli. Bachofen von Echi. O. Voetter, Vienne, 1903.
=5
l88 LUCIEN NAVILLE
Numérien. Antoninien.
13. &> - IMP C NVMERIANVS AVG. Son buste radié et du-
rasse à droite, tenant une haste sur l'épaule.
R) — FELIC-ITAS AVGG-. La Félicité debout, de face,
regardant à gauche, les jambes croisées, tenant un
caducée et appuyée à une colonne.
Variété de buste de C. 14.
Variété de buste de C. 14.
14. & - IMP C NVMERIANVS AVG. Son buste de face, avec
le manteau imperiai, tenant de la main droite un sceptre
surmonté d'un aigle. Sa tète est radiée à droite.
R) — PAX AVGG. La Paix debout à gauche, tenant un
rameau et une haste transversale. Dans le champ à
gauche : B.
(PI. Vili, n. 12).
ROMA.
Florien. Antoniniens.
15. & — IMP C M ANN FLORIANVS AVG. Son buste radié,
drapé et cuirassé à droite, l'épaule en avant.
^ — SALVS AVG- La Sante debout à gauche, nourrissant
avec une patere, un serpent qui s'élance d'un autel,
et tenant un sceptre court. Ex. XXIA.
La legende de l'avers diffère de celle de C. 83.
16. ì& — Meme legende. Son buste radié, drapé et cuirassé
à droite.
R) — IOVI STATORI. Jupiter nu, debout, de face, regar-
dant à droite, tenant un long sceptre et un foudre.
Ex. XXIZ.
La legende de l'avers diffère de celle de C. 35.
Probus. Semis.
17. & — IMP PRO-BVS AVG. Son buste laure, drapé et cui-
rassé à droite, l'épaule en avant.
ty - PM TR P-V-C-O-S IMI PP. L'Empereur en habit mi-
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN 189
litaire debout à gauche, entre deux enseignes, levant
la main droite et tenant un sceptre.
(PI. Vili, n. 31).
On trouve un semis analogue au n. 439, mais les dates en sont
différentes.
Cette pièce, les trois suivantes et celle de Dio-
clétien n. 20 sont des semis-antoniniens, dont le type
fut créé par Aurélien, et dont la frappe fut continuée
par tous ses successeurs jusqu'à la réforme de
Dioclétien.
Cohen ne semble pas avoir reconnu le véritable
caractère de ces petites pièces, qu'il décrit tantót
comme P. B., tantòt comme P. B. petit module, tantòt
comme quinaires. Cette dernière confusion est mème
fort étrange car le quinaire est une pièce notable-
ment plus petite que le semis. Comparer à la pian-
elle Vili les numéros 35 et 36.
18. &* — PROBV-S PF AVG. Son buste laure et cuirassé à
droite.
I# — MAR-S V-L-TOR. Mars marchant à grands pas à
droite, tenant une haste transversale et un bouclier.
Variété de legende et de module de C. 349. (PI. Vili, n. 32).
Numérien. Semis.
19. & — |MP NVMERIANVS AVG. Son buste laure et drapé
à droite, l'épaule en avant.
R} — PA-X ÀVGG- La Paix marchant à gauche à grands
pas, tenant une branche d'olivier et une sceptre trans-
versal.
(PI. Vili, n. 33).
Variété de module de C. 349. Il existe aussi un quinaire de ce type
Carin. Semis.
20. & — IMP C NI AVR CARINVS AVG. Son buste laure, drapé
et cuirassé à droite.
9< — PAX AVGG. Comme au n. précédent.
(PI. VIII, n. 34).
I9O LUCIEN NAVILLE
Cette monnaie est analogue au n. 64 de C. sauf que les lettres P F
ne figurent pas ici. Cohen (64) décrit l'exemplaire du Cabinet de France
comme étant un petit bronze, alors qu'il en donne un dessin, montrant
qu'il s'agit là certainement d'un moyen bronze, semblable, par consé-
quent, à l'exemplaire du Cabinet de Vienne décrit au n. suivant.
SISCIA.
Florien. Antoninien.
21. & - IMP C M AN FLORIANVS P AVG-. Son buste radié
et cuirassé à droite.
ty — VICTORIÀE AVGVST-I. Deux Victoires debout, en
face I'une de l'autre, soutenant un bouclier sur lequel
on lit: V^T. Exergue XXIT.
La legende de l'avers diffère de celle de C. 94.
Probus. Antoninien.
22. & - IMP C M AVR PROBVS AVG-. Son buste radié et
cuirassé à droite.
P - PM TR I P COS-II PP. Lion radié, allant à droite,
tenant un foudre dans sa gueule. Ex. XXIS.
Variété de C. 452. (PI. Vili, n. 8-9).
23. & - IMP C M AVR PROBVS P AVG. Son buste radié,
cuirassé, a mi-corps à gauche tenant une haste sur
Tépaule droite. Une attaché est nouée sur l'épaule
gauche.
R) — SOLI IN-VICTO. Le Soleil radié, debout dans un
quadrige au galop, de face, levant la main droite et
tenant un globe. Dans le fond, un fouet ; sous le qua-
drige, des nuages ou des flots. Ex. XXIP (en are de
cercle).
Variété de C. 671. (PI. Vili, ri. 7).
KYZIKOS.
Aurelien. Antoninien.
24. & — IMP AVRELIANVS ÀVG-. Son buste radié et cui-
rassé à droite.
MONNAIES INEDITES DE L EMPIRE ROMAIN I9I
R) — RESTITVTOR ORCHI (sic). Victoire debout à droite,
tenant une couronne et une palme ; en face d'elle,
Aurélien, en habit militaire, debout à gauche, présen-
tant la main droite et tenant une haste — -.
(PI. Vili, n. 3).
Nous sommes ici en présence d'un de cts mélanges de deux lé-
gendes différentes, assez fréquents dans la numismatique romaine. Nous
trouvons à Cyzique les deux revers suivants (1) :
RESTITVTOR EXERCITI
RESTITVTOR ORBIS.
Il est aisé de voir que, de ces deux légendes, le graveur avait l'in-
tention d'inserire la seconde, mais qu'il a été distrait dans son travail.
Sur les pièces qui ont EXERCITI, le dieu Mars se trouve représenté
en lieu et place de la Victoire.
VI.
Monnaies en bronze la Tetrarchie Dioclétienne
et de Carausius.
Je n'ai pas joint ces monnaies à celles qui sont
décrites au paragraphe précédent, bien qu'elles en
forment cependant la suite normale. En voici la
raison. En décrivant mes monnaies inédites, j'ai
cherché à les comparer, pour chaque empereur, à
ce qui a été publié de plus complet sur le sujet,
(en tenant compte, cela va sans dire, des articles
parus depuis lors dans les différents périodiques).
Or, pour la période qui va de Victorin à Carin,
jusqu'ici Aurélien et Sévérine ont seuls leur Corpus (2)
(voir n. 24) pour les autres empereurs, c'est encore
à Cohen qu'il faut s'en rapporter.
(1) Voir Tu. Rhode. Die Miinzen des Kaisers Aurelianus, etc. Mis-
kolz, 1881, 3.0 partie, page 392, n. 332 et 337.
(is) M. O. Voetter publiera prochainement celui de l'empereur Probus.
192 LUCIEN NAVILLE
J'estime cependant que lorsqu'on peut abandon-
ner cet auteur et prendre un meilleur guide, il faut
s'empresser de le faire. C'est le cas ici. Le très re-
marquable travail de M. le lieut. col. O. Voetter 0) a
jeté sur cette période une clarté qui contraste sin-
gulièrement avec la confusion qui rogne à cette
partie de l'ouvrage de Cohen.
M. Voetter a principalement décrit les pièces
de sa propre collection avec lesquelles il a forme
des tabelles qui donnent le canevas des émissions,
et dont, comme il le dit lui-mème, beaucoup de cases
peuvent encore ètre remplies.
Les pièces qui suivent ne fìgurent pas dans ces
tabelles, mais la plupart y ont leur place toute prete.
LUGDUNUM.
Antoniniens.
25. & - IMP C MAXIMIANVS P ÀVG-. Son buste radié et
cuirassé à gauche, vu de dos, avec le bouclier sur
l'épaule gauche et la lance dirigée en avant.
^ — PAX kWGG- La Paix debout à gauche, tenant un
globe surmonté d'une Victoire et un sceptre trans-
versal. Ex. S.
A classer : Voetter page 245. Pièce frappée en 289. Le buste avec
la lance dirigée en avant apparaìt très rarement sur les pièces de la
tetrarchie frappées avant la réforme monétaire.
26. B1 — IMP DIOCLETIANVS ÀVG-. Son buste radié à gau-
che, avec le manteau imperiai, tenant un sceptre sur-
monté d'un aigle.
R) — SECVRIT PERP. La Sécurité debout, de face, re-
fi) O. Voetter. Die Kupferpràgung der Diocletianischen Tetrarchie,
" Numismatische Zeitschrift „, 1899, t. XXXI, p. 1 à 34 et 223 à 310 avec
pi. I-X, XTV-XX1II.
MONNAIES INÉDITES DE L EMPIRE ROMAIN I93
gardant à droite, posant la main sur sa tète, et appuyée
sur une colonne. Ex. P.
À classer V. p. 246, colonne 6, ligne 9, année 290.
27. Jy - IMP MAXIMIANVS ÀVG. Son buste radié à gauche,
avec le manteau imperiai, tenant un sceptre surmonté
d'un aigle.
P — ADVENTV-S ÀVG-G. Les deux empereurs en habit
rnilitaire, à cheval, galopant à droite, et levant la main
droite. Ex. II.
(PI. Vili, 11. 13).
Ce revers est fort rare. Cohen (n. 5) décrit une
pièce semblable à la mienne, sans en indiquer l'exer-
gue. M. Voetter page 247 col. 1, ligne 8 a suppose
que la lettre s devait figurer ici, puisque l'on trouve
la lettre P sur une pièce parallèle de Dioclétien,
frappé en 290. Chose étrange, sur mon exemplaire
on lit distinctement la marque II. Comme ces sigles
l, II, III. ne se retrouvent que plus tard, en fan 294
(V. pages 256-7) cela semblerait indiquer que le re-
vers Adventus augg. a été frappé une première fois,
avec les lettres P et S en 290 et une seconde fois
avec les marques I et II en 294, à l'occasion d'un
second évènement. Dans ce cas, il faudrait piacer
la monnaie ci-dessus V. p. 256, ligne 6.
28. & - IMP DIOCLETIANVS P AVG. Son buste radié et
cuirassé à droite.
^ — IOVI CONSERVATORI AVGG- Jupiter nu, debout à
gauche, tenant un globe et un long sceptre ; en face
de lui une Victoire, debout à droite lui présente une
couronne. Ex. A.
(PI. Vili, n. 14-15).
Ce revers est rare; il figure ici pour la première fois avec cette
legende d'avers.
A classer V. p. 248, col. 2, ligne 5.
194 LUCIEN NAVILLE
29. & — IMP MAXIMIANVS AVG-. Son buste radié et cuirassé
à droite.
ty — AEQVITAS AVG-G-. L'Equité debout à gauche, te-
nant une balance et une come d'abondance.
À ajouter V. p. 253, col. i, ligne 4.
30. & — IMP MAXIMIANVS P AVG. Son buste radié et cui-
rassé à droité.
9 — PM TR P Vili COS fili PP. Lion radié, allant à
gauche, tenant un foudre dans sa gueule. Ex. A et une
étoile.
La présence de la lettre A sur ce revers de Maximien Hercule
provient sans doute d'une confusion avec un coin destine à Dioclétien.
A classer V. p. 253, col. 9, ligne 3.
M. Voetter, à la planche X, a dessiné une seule
espèce de monnaies ayant au revers VOTIS X et deux
empereurs sacrifiant.
Un examen attentif m'a cependant démontré qu'il
existait quatre variétés distinctes de ce revers. Ce sont:
Type I. VOTIS X. Deux empereurs en toge, debout en face
l'un de l'autre tenant chacun une patere avec laquelle
ils sacrifìent sur un trépied allume. Celui qui est dans
la partie droite du champ tient un sceptre court.
(Voir pi. Vili, n. 17).
Type II. Comme le précédent, mais le personnage place du
coté gauche tient également un sceptre court.
(Voetter, pi. X, n. 5).
Type III. Comme le précédent mais un aigle surmonte ce
dernier sceptre.
Type IV. Comme le précédent mais VOTIS • X %
(Voir pi. Vili, n. 19).
Les monnaies que je possedè rentrent dans les
types I, II et IV. Le type III m'a été fourni par
M. Francesco Gnecchi, lequel, avec son obligeance
habituelle, a bien voulu m'envoyer plusieurs plàtres
de monnaies ayant au revers Votis X.
MONNAIE3 INÉDITES DE L EMPIRE ROMAIN 195
31. & - IMP MAXIMIANVS ÀVG- Son buste radié à gauche
avec le manteau imperiai.
$ — VOTIS X. Type n. I.
(PI. Vili, n. 16-17).
Le buste du droit est nouveau avec ce revers.
32. fi? — Meme legende. Son buste radié à gauche avec le
manteau imperiai, et un globe dans la main droite.
R) — Type n. I.
33. (B* — Meme legende. Son buste radié à gauche avec le
manteau imperiai, tenant un sceptre surmonté d'un
aigle.
P — Type n. I.
34. i& — Meme legende et mème buste.
$ — Type n. II.
35. & — IMP MAXIMIANVS P ÀVG. Mème buste.
P — Type n. II.
36. & — IMP MAXIMIANVS AVG-. Mème buste qu'au n. 32.
P - Type n. III.
Cette pièce appartient à M. F. Gnecchi qui l'a
publiée dans son Appunto n. XXXVIII au n. 259.
37. & — IMP DIOCLETIANVS AVG. Son buste radié à gauche
avec le manteau imperiai, tenant un sceptre surmonté
d'un aigle.
R) — VOTIS • X •. Type n. IV.
(PI. Vili, n. 18-19).
Ces revers VOTIS X sont beaucoup plus rares sur les monnaies
de Dioclétien (Cohen 30 frcs.) que sur celles de Maximien Hercule
(Cohen 6 frcs.).
38. i& — IMP MAXIMIANVS AVO. Meme buste qu'au n. 33.
19 — Type n. IV.
Pièce appartenant à M. F. Gnecchi.
26
I96 LUCIEN NAVILLE
TREVERI.
Antoniniens.
39. & — IMP DIOCLETIANVS ÀVG-. Son buste radié, drapé
et cuirassé à droite, l'épaule en avant.
$ — PIETAS AVG-G-. L'empereur, en habit militaire, de-
bout à droite, tenant un sceptre long- et relevant de la
main droite, une femme tourelée, agenouillée en face
de lui, et qui tient une come d'abondance. Ex. PTR.
(PI. IV, n. 21-22).
Ce revers, cité déjà sur des monnaies d' Hercule, Constance et Ga-
lère, est nouveau chez Dioclétien.
À classer V. p. 262-3, c°l- 4> ligne X.
40. & — DIOCLETIANVS AVG-. Meme buste qu'au n. précédent.
$' — TEMP-OR FEL. La Félicité debout à gauche tenant
I C
un long caducée et une come d'abondance. -=-.
& PTR
A ajouter V. p. 262-3 c°l- 5» ligne 5-
41. & — MAXIMIANVS P F ÀVG. Son buste radié et cuirassé
à droite.
9* — TEMPOR — FELICIT. La Félicité tourelée assise à
gauche, tenant une patere et une come d'abondance
ci
PTR*
Comparer: F. Gnecchi. Appunti XXXVIII, n. 250. Sur mon exem-
plaire la lettre C est dans la partie gauche du champ.
A ajouter V. p. 262-3, col. 6, ligne 9.
42. B' - MAXIMIANVS AVG-. Meme buste qu'au n. précédent.
R) — VIRTV-S AVGG-. Maximien laure, en habit militaire
debout de face, regardant à droite, tenant une haste
et un parazonium, posant le pied gauche sur le dos
C I
d'un captif nu, agenouillé devant lui --1- .
(PI. Vili, n. 20).
A classer V. p. 262-3, col. 7, ligne 11.
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN I97
43. & — MAXIMIÀNVS PF AVO. Meme buste.
9* — VOTIS — AVG-G. Deux empereurs voilés, en cos-
tume de sacrificateurs, debout, en face l'un de l'autre,
tenant chacun une patere avec laquelle ils sacrifient
sur un autel allume. Celui qui est dans la partie gauche
du champ tient dans la main gauche une mappa, l'autre
c !
tient un sceptre court — .
PTR
Cette pièce est à piacer V. p. 262-3, col. 9, ligne 9. Elle n'est pas
décrite dans Cohen, et ne se rencontre pour le moment que chez
M. Hercule. M. Voetter en a donne un dessin à la pi. XV, n. 27. L'exem-
plaire que je décris ici, diffère de ce dessin en ce sens que les deux
empereurs sont eu toge, et laurés, sur la pièce de M. Voetter, tandis
qu'ils sont nettement voilés sur la mienne. Etant donne la rareté de ce
type, je signale cette petite variante.
CAMULODUNUM.
Antoniniens.
44. & - IMP C M CARAVSIVS P AVG. Son buste radié et
drapé à droite.
R) — PAX AVG-. La Paix debout à gauche tenant un ra-
meau et un sceptre long.
(Pi. Vili, n. 24).
45. & — |MP C MA CARAVSIVS ÀVG. Son buste radié et
drapé à droite.
9 — PIETA-S AVG. La Piété debout à gauche sacrifiant
sur un autel.
Il est fort difficile de déterminer dans quel atelier ont été frappées
ces deux pièces qui ne se ressemblent en rien comme fabrique.
46. & — IMP C M AVR M CARAVSIVS P AVO. Son buste
radié et drapé à droite.
ty — VIRTV-S ÀVGG. La Valeur casquée debout à gauche
S I P
tenant une haste et appuyée sur un bouclier .
(PI. Vili, n. 25).
198 LUCIEN NAVILLE
Ce qu'il y a d'intéressant dans ces trois der-
nières pièces, c'est la présence des lettres M, MA et
MAVRM. Les monnaies qui portent les prénoms de
Carausius sont très rares. À telles enseignes que
le British Museum, qui certes est riche en monnaies
de cet empereur, n'en possedè pas une seule.
Les noms Marcus AVRelius sont suivis de la
lettre M qui a fait l'objet de plusieurs disserta-
tions (rX
Bornons nous à rappeler que M. R. Mowat re-
connaìt, dans cette lettre, l'initiale du nom celtique
Mausaius.
47. & - IMP C DIOCLETIANVS P AVG. Son buste radié,
drapé et cuirassé à droite.
S I P
^ — VIRTV-S AVGGG- — — . Comme au n. précédent.
48. & — IMP C DIOCLETIANVS AVG- Son buste radié, drapé
et cuirassé à droite.
ty — PROVI-D AVGGG. La Providence debout à gauche,
S I P
tenant un globe et un sceptre transversai ' .
(PI. IV, n. 26-27).
49. & - IMP C M A VAL MAXIMIANVS AVG. Son buste radié
et cuirassé à droite.
R) — PAX-À-VGGG- La Paix debout à gauche, tenant un
S I P
rameau et un sceptre ' .
(PI. Vili, n. 28).
(1) Voir R. Mowat : Les noms de l'Empereur Carausius. " Revue
Numismatique „, t. XIII, 1895, p. 129-133; Monnaies inédites ou peu con-
nues de Carausius. Meme revue t. XIV, 1896, p. 145-153 et Sir John
Evans : Rare or unpublished coins of Carausius " Numismatic Chronicle „
1905, part. I, p. 18-35.
MONNAIES INEDITES DE L EMPIRE ROMAIN I99
Ces quatre dernières pièces ont été frappées
par Carausius lors de son alliance avec Dioclétien
et Maximien Hercule.
ROME.
Semis.
50. i& - IMP DIOCLETIANVS AVG. Son buste laure drapé
et cuirassé à droite, l'épaule en avant.
ty - IOVI CO-NSER-VÀT AVG- Jupiter nu, de face, regar-
dant à gauche, le manteau déployé derrière lui, tenant
un foudre et un long sceptre.
(PI. IV, n. 35).
Ce semis a été frappé par Dioclétien alors qu'il était seul au pouvoir
avant son association avec Maximien H. (Voir Voetter, p. 34).
Antoniniens.
51. i& — IMP MAXIMI-ÀNVS PF AVG. Son buste radié, drapé
et cuirassé à droite.
ty - PRIMIS X MVLTIS XX. Hercule nu de face, regar-
dant à droite, appuyé sur sa massue et tenant un are.
La peau de lion est suspendue à son bras droit. Ex. XXIA.
A classer V. p. 273 col. 1, ligne 2.
52. & — IMP MAXIMIANVS PF AVG. Son buste radié à gau-
che, avec le manteau imperiai tenant un sceptre sur-
monte d'un aigle.
R) — PRIMIS X MVLTIS XX. Victoire debout à droite, le
pied gauche pose sur un globe écrivant _y sur un
bouclier suspendu contre un palmier. Ex. XXI€.
À piacer V. p. 273, col. 5, ligne 7.
Quinaire.
53. &. — imp DIOCLETIANVS AVG. Son buste laure et cui-
rassé à droite.
P — IOVI CO-NSER-VAT AVGG- Jupiter nu, debout, de
face regardant à gauche, le manteau déployé derrière
lui, tenant un foudre et un long sceptre.
A piacer V, p. 276, col. 3. (PI. Vili, n. 36).
200 LUCIEN NAVILLE
SISCIA.
Antoninien.
54. & - IMP G MA VAL MAXIMIANVS PF AVG. Son buste
radié et cuirassé à droite.
I? — VIRTVS ÀV-GG. Un empereur en toge, debout à
droite tendant la mairi droite pour recevoir une Victoire
à gauche, qui tient une couronne et une palme, pré-
sentée par un autre empereur place en face du premier
en habit militaire, tenant une haste transversale. Entre
les deux : un captif accroupi à gauche. Au centre un
point. Exergue : • XX • I" •.
(PI. Vili, n. 29-30).
Voici une pièce qui a un revers entièrement nouveau. Si l'on veut
bien examiner les tabelles des émissions de Siscia (Voetter, p. 282-295)
on verrà que ce revers n'y figure pas. Les deux empereurs sont repré-
sentés sur mon exemplaire, d'une facon identique à ceux qui figurent
au revers VICTORIA AVGG ~ (V. pi. XX, n. 15;. Cette émission a
dù suivre immédiatement celle de Victoria augg et date de l'an 293.
Lucien Naville.
Spigolature numismatiche abruzzesi
i.
La zecca di Aquila nella prima metà del sec. XVI.
Con Lodovico XII, che succeduto a Carlo Vili
nel governo di Francia e nelle pretensioni sul reame
di Napoli, mantenne la signoria sulla Terra di La-
voro e sull'Abruzzo fino all'anno 1504, ritiene il La-
zari cessata la zecca aquilana C1). Riuniti, dopo più
anni di contese, i regni di Napoli e di Sicilia sotto
Carlo V, questi ne accordò il riaprimento, con di-
ploma del 30 aprile 1520, nei termini seguenti :
« Habeatque dieta civitas facultatem cudendi mo-
« netas cum insigniis et imaginibus nostris, aereas,
« argenteas et aureas, prout eidem placuerit, meli-
« usque et commodius visum fuerit » (2K Però, dice
Lazari, di questo diritto Aquila non si valse, e perciò
quell'officina, ch'ebbe più lunga durata d'ogni altra
abruzzese, deve ritenersi cessata col duodecimo Lo-
dovico di Francia.
Questo sentimento del dotto numismatico e be-
nemerito illustratore delle zecche abruzzesi è oggi
contradetto dai documenti del tempo, che ci mettono
in grado di provare come la zecca aquilana, fra le
più prospere ed operose del regno, conservò ancora
il suo diritto a coniare per lungo periodo di tempo
e certamente sino all'anno 1552.
(1) Zecche e monete degli Abruzzi, pag. 57.
(a) Regia Munificentia, pag. 290.
202 GIOVANNI PANSA
Imprendendo a trattare di tale periodo finora
sconosciuto, muoverò appunto dall'epoca di Lodo-
vico XII, al quale il Lazari assegna un solo stampo
di monete, quello del sestino di rame, di cui offre un
disegno al n. 27 della tav. III. Non di quel solo tipo
di monete diede saggio l'officina monetaria di Aquila,
ma di altre ancora in oro e argento coniate al
nome dello stesso re francese e sin qui ignorate. È
noto come nel 1501 e nel seguente anno l'ufficio di
zecchiere di Aquila fu affidato a Giovanni Aczio-
pacia, figlio del barone Troiano Acziopacia, che fu
partigiano di Carlo Vili (J). A lui, nel 1502, Lodo-
vico XII diede incarico di mettere in ordine l'officina
di Aquila e di riprendere dalle mani di Messer Che-
rubino gli utensili monetari affine di poter comin-
ciare lo stampo delle nuove monete (2). Che molte
di queste, in argento, recanti l'insegna dell'aquiletta
debbano spettare alla città di Aquila, è fuori dub-
bio (3); ed oltre a quella derivante dai tipi che se ne
conoscono, ne abbiamo una prova da un documento
dell'epoca.
Infatti, nella seduta della Camera Aquilana del
io maggio 1503, fu proposto e risoluto affermativa-
mente da tutti i singoli componenti che per far fronte
all'urgente bisogno di denaro, « in la ceccha se po-
« tesse baptere argento » U). Il tipo di siffatte monete
d'argento sarebbe quello del doppio tornese avente
nel diritto tre gigli dentro un trilobo con l'aquiletta
soprastante e nel rovescio la croce quadrilobata.
(1) Sambon A. I " cavalli „ di Ferdinando I d'Aragona (In Rivista
ltal. di Numism., an. IV, fase. III. 1891).
(2) Archivio di Stato. Camera della Sommaria, voi. 32, fol. 62.
(3) Cfr. Proces-verbaux des séances de la Sociéié frane, de Numism.,
1898, pag. ix. — De Castellane C.te Le ducat napolitain de Louis JC/I
et ses imitations (in Rev. Numism. frane., 1901, pag. 58).
(4) Archiv. Comun. di Aquila. Lio. Reformationum, an. 1503, e. 73.
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 203
Veniamo adesso alla moneta d'oro, tipo assai
importante e da poco restituito alla zecca di Aquila.
Che i re di Francia, pervenuti alla signoria del-
l'Abruzzo, avessero accordato ad Aquila lo stampo
delle monete d'oro, è finora riconosciuto per il solo
Lodovico XII. Tuttavia io dubito che anche il pre-
decessore Carlo Vili avesse fregiata quella città del
privilegio di battere moneta d'oro; e n'è prova la
bozza di alcuni capitoli di grazie domandate dagli
aquilani nel 1495, nei quali è fatta espressa domanda
di poter coniare moneta in bronzo, argento ed oro f?).
Ma finora non si conosce alcun tipo di quella specie.
Il ducato d' oro di Lodovico XII col motto
PERDAM BABILLONIS NOMEN, attribuito precedentemente
a Napoli (2), è stato oggi, con criteri che a me pa-
iono sicuri, restituito alla città di Aquila dal signor
di Castellane nell'articolo sopra menzionato in nota.
L'elemento di attribuzione che ha servito di base a
quella restituzione, è la rosetta che si vede al co-
minciamento della leggenda del rovescio, mentre il
tipo analogo, attribuito a Napoli, ha la crocetta sem-
plicemente. Non mi fermerò sugli argomenti e le
prove in forza dei quali il Castellane è giunto alla
conclusione, di dover cioè attribuire ad Aquila il
famoso ducato, ne starò a ripetere come a norma
di siffatta attribuzione, anche i ducati d'oro di Al-
fonso Il e Ferdinando II d'Aragona, parimenti con
la rosetta, acquistino una nuova conferma per essere
restituiti ad Aquila, come già lo furono dal Fusco
e recentemente dal Sambon te). Egli è certo che fin
(1) Bragagnolo G. Carlo Vili e l'Abruzzo (in Bollett. d. Soc. d.
Stor. Patr. Abruzz., 1890, Punt. IV, pag. 162).
(2) Cartier. No tic e sur l'écu d'or de Louis Xll avec le titre de roi de
Naples (in Revue Numism. frane., 1842, pag. 350).
(3) Fusco G. V. Dichiaraz. di alcune monete battute nel reame di
Napoli (in Annali di Numism. del Fiorelli, 1, 177). — Sambon A. I " ca-
valli „ cit.
37
204 GIOVANNI PANSA
dall'epoca di Ferdinando I d'Aragona l'officina mo-
netaria di Aquila coniò pezzi in oro; e se fino ad
oggi tali pezzi sono stati confusi con quelli napole-
tani, egli è perchè poco o affatto se ne discostavano
dal tipo, a tenore di quell'ordinanza secondo la quale
« il n'était pas permis de mettre les armes de la
« ville sur la monnaie d'or » (*). La rosetta infatti
(eh' è distintivo della zecca e non semplice orna-
mento o contrassegno di zecchiere) è la caratteri-
stica assoluta che distingue, in mancanza d'altro, le
monete d'oro provenienti dall'officina di Aquila.
È noto come venuto il regno di Napoli in po-
tere di Lodovico XII, Gian Carlo Tramontano, che
avea la direzione della zecca di Napoli e di Aquila,
perde quest'ultima che fu affidata, come si è visto,
all'Acziopacia. Cambiate le sorti in favore dell'Ara-
gonese, il Tramontano nel 1503 tornò a dirigere la
zecca di Napoli e nel 1504, quella di Aquila (2).
Questo ritorno è la prova evidente che Aquila, dopo
partiti i francesi, non intermise la zecca, come volle
il Lazari, ma la continuò ; e se ne ha un' ulteriore
conferma negli stessi capitoli del 1507, ne* quali pure
della zecca si fa menzione (3).
Non si conoscono tipi di monete relativi a que-
st'epoca ed è incerto come andassero le cose, in
ordine all'officina monetaria, fino al 1520. Al 30
aprile di quest'anno Carlo V, in nome proprio e
della madre Giovanna, concesse agli aquilani, come
da principio si è detto, la riapertura della zecca.
Sortì effetto la concessione? Pare di no, perchè nei
capitoli di grazie rilasciati alla città il 5 novem-
bre 1523 da Carlo de Lanoy, a nome di S. M. Ce-
(1) Sambon A. Monnaies d'or de Charles Vili frappées en Italie (in
Annuaire de la Soc. franf. de Nutnism., 1896, pag. 49),
(2) Sambon A. Op. e loc. cit.
(3) Ivi.
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 205
sarea, si tornò a domandare « che iuxta seriem pri-
« vilegiorum suorum epsa Cita possa far battere mo-
« neta et tenere sycla in ditta Cita, per che ultra
« la commodita che epsa cita ne perceperia, coni-
li pleria questo grandemente alla celere et expedita
« satisfatene de le functionj Regie et subventioni
u de li occurrenti de la Regia Corte ». E il viceré
Lanoy fece rispondere : « Sua I Dominatio vult primo
« attendere ad renovationem monetarum regni et
« post modum prouidere de sicla in ditta Ciuita da-
« quile » (1). Nel 1527 la concessione ancora si fa-
ceva aspettare. Un rescritto di Carlo V, del 14 lu-
glio di quell'anno, diretto al viceré Lanoy, così dice:
« Hauendone supplicato la Università et nomini de
« quessa Cita de laquila che volessemo fareli bac-
« tere la cecca in dieta cita et fare moneta ; perchè
« messer Marcello se oppone, volemo essere infor-
« mati da voi corno è stato solito farese quando si
« è bactuto argento in decta Cita et factone mo-
« neta. Per tanto incontinente ne manderite dieta
« informatione, acioche possiamo poi oportunamente
« prouedere ». Appresso alla data del rescritto si
trova la seguente annotazione del Lanoy diretta al
Capitano della città : « Ne aduiseriti si in quessa Cita
u se trouano persune sufficiente et fide digne per
« fare lo officio de mastro de proua et de mastro
« de cugnio et de affilatura rallargaturj de la mo-
« neta, et spanditurj del argento, et si teneno in-
« structione et capituli de lordine che hanno da ob-
« seruare, tanto in la liga et tenuta, come in tucto
« lo altro circa lo fare de dieta moneta, de la quale
« ne manderitj copia ad tale che, inteso tucto, si
« potrà ben prouedere » (2). Forse la buona volontà
(1) Archiv. Comun. di Aquila, Sez. I, scaff. i°, cass. XXV, fase. 52
e 53, n. 24.
(2) Ivi, num. 68.
20Ó GIOVANNI PANSA
del Sovrano e le rispondenti attitudini da parte del-
l' Università non sarebbero mancate per attuare il
riaprimento della zecca, se' le dolorose vicende del
1528 non fossero venute a turbare la buona armonia
Ira il governo spagnuolo e la città di Aquila. Nella
spedizione delle armi francesi comandate dal Lau-
trech contro Carlo V, Aquila sopraffatta dai vecchi
fautori del partito francese, tornò a sollevare le in-
segne della ribellione. Ma nel 1529, dopo la cacciata
dei francesi, Filiberto d'Orange venuto di persona a
nome dell' Imperatore a trarre vendetta dei ribelli,
saccheggiò la città, la privò d'ogni privilegio e le im-
pose un taglione di centomila scudi, che furono pa-
gati spogliando le case e le chiese di quanto avevano
di prezioso in oro e argento. In quella circostanza
Aquila perdette tutte le sue antiche franchigie, i pri-
vilegi, le prerogative e fu trattata alla stregua di
città di conquista (T>. La tirannide spagnuola d'allora
in poi si aggravò terribilmente sul popolo aquilano
ed altri feroci capitani, dopo la partenza dell'Orange,
continuarono a tiranneggiarla e spogliarla fino al 1535.
Nel 1537 non solo non si parlava più dell'uf-
ficio della zecca, ma le condizioni dell'erario erano
cadute così in basso, che non correvano più monete
di lega, ma « quatrini noui et de mala manera che,
« ancho che seano de zecha, non sonno de bona
« lega et de altra sorte che appena possono viuere
« perche fora de epsa Cita non se ne trouano ad
« spendere ». Laonde i cittadini domandavano a Don
Pietro di Toledo che venisse autorizzato il corso alle
monete vecchie, ancorché liscie e consumate; ed il
viceré li faceva contenti (2). Migliorate le proprie sorti
(1) Cirillo B. Annali dell'Aquila, pag. 128 e sgg.
(2) Archiv. Comun. di Aquila. Sez. I, scaff. i°, cass. XXV : " Ma-
" gràfico Viro Cap.° Civitatis Aquile Regio fideli dilecto. Carolus quintus
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 207
ed i rapporti col governo spagnuolo, mercè le lunghe
pratiche a tutti note per la restaurazione degli an-
tichi privilegi e diritti, tornò la città nel 1544 a^ in-
sistere di nuovo per la riapertura della zecca. Allora
il sindaco Alessandro Oliva fu chiamato a Napoli,
al Parlamento Generale, per trattare sui provvedi-
menti necessari alla difesa del regno dalle scorrerie
dell'armata ottomana guidata dal Barbarossa. Fu con-
fermato in quella circostanza il donativo di 150,000
ducati domandato dal Governo alle Università e ne
fu aggiunto altro di 50,000 per l'abbassamento e la
mancanza delle monete (x). Non tardò in effetto a ve-
■ Romanorum Imperator semper augustus rex Germanie, Ioanna mater
" et Idem Carolus filius reges Castelle, Aragonum utriusque Sicilie,
" hierusalem, ungarie, dalmatie Croatieque. Magni" Vir dilecte. Ad noi
" e stato presentato memorial del tenor seguente: IU.mo S.°«": La Uni-
" versita et homini de laquila fanno intendere ad V.a Ex.a corno antiqua-
■ mente in la p.ta cita se sonno dispesi quatrini fiorentini et senesi de
" zecha et de bona lega et per ogni carlino de Regno diece grane, de
■ modo che per tutta la provincia de apruzo se dispendeno et dispen-
" deno et valeno. Al presente nce sonno super abundati tanti quatrini
" noui et de mala manera che, ancho che seano de zecha, non sonno
■ de bona lega et de altra sorte che appéna possono viuere perche
■ fora de epsa Cita non se trouano ad spendere. Per tanto supplicano a
" V. Ex.a se degne prouidere alla loro indempnita con mandare ordine
" al mag.co cap.° de ditta Cita che ditti quatrini non vagliano nullo
" modo, ecepto quelli che ualeuano antiquamente che erano boni de
" lega et sonno lissi o, saltem, si hanno ad valere, che ne vadano tanti
■ più ad carlino quanti parerà alla Ex.a vostra, quantunche che alloro
" sia gratia singulare che non valessero nullo modo, azio possano
" platticare epsi supplicanti per tucto con quelli quatrini che per tutto
" con quelli quatrini (sic) che per tutta la prouintia se spendono et an-
" tiquamente sono valuti diece grane ad Carlino boni de zecca et de
" lega et se receuera da Vostra Excellentia ad merce segnialata. Ut
■ deus, etc. Noi, intesa tal exposicione, Ve dicemo et ordinamo che in
" nullo modo faziate dispendere li quatrinj nouj et de mal lega, che
" questa è nostra volunta, non fando lo contrario, per quanto havite
" cara la gratia de Sua M.ta et la pena de ducatj mille desiderate eui-
■ tare. La presente reste al presentante. Datum in civitate Puteolorum
" die XXI mensis martij 1537 — Don Petro de Toledo „.
(1) Antinori, Annali manoscritti della Bibliot. Provine, di Aquila.
Voi. XIX, pag. 217.
2o8 GIOVANNI PANSA
nire ordine ad Aquila perchè si sbandissero le mo-
nete di rame minute, dette quattrini, sulle quali, come
si è visto, nel 1537 la città avea domandato espe-
diente. Alla riapertura della zecca, domandata pure
con altro memoriale dell'Oliva, faceva allora ostacolo
il maestro dell'officina monetaria di Napoli, insistendo
presso il viceré perchè fosse data a lui facoltà di
mandare all'Aquila operai adatti al lavoro. Si vede
che questi facevano difetto, tanto più che la città su
tale pretensione fu costretta a cedere (T). Ma non ci
consta da verun documento come allora in Aquila
si cominciasse a coniare. Che ciò, tuttavia, avvenisse
subito o qualche anno dopo, risulta da un rescritto
della Camera Esecutoriale del 1552, con cui si con-
cede a Giovan Battista Ravaschiero di Napoli l'uf-
ficio di mastro della zecca di quella città e di Aquila
insieme, il quale ufficio era stato tolto al Conte di
S. Agata per la di lui pessima amministrazione (2).
Da quanto si è visto, l'ufficio della zecca con-
tinuò, dopo la partenza dei francesi dal regno ; e
sospeso in seguito per un lungo periodo, che si può
fissare fra il 1523 e il 1544, tornò verso quest'epoca
a rifiorire.
Ma quale, fra i tanti tipi di monete di Carlo V,
si può assegnare ad Aquila? « Non essendovene al-
cuno (dice il Sambon) che rechi il solito contras-
segno della zecca aquilana, si deve supporre che il
conio servì solo per maggiore comodità di quella
provincia e non per ostentare particolare predile-
zione da parte del Sovrano » e che, quindi, dal 1504
in poi non si mettesse sulle monete aquilane alcun
simbolo o distintivo di zecca (3\ L' ipotesi è ragio-
nevole. Tuttavia mette conto osservare che fra le
(1) Ivi.
(2) Archiv. di Stato. Reperì., fol. 290 — Sambon. / " cavalli „ cit.
(3) / " cavalli „ cit.
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 209
numerose varietà di monete di Carlo V attribuite alla
zecca di Napoli ed a quella di Messina, non man-
cano elementi di attribuzione che andrebbero studiati.
Se la figura dell'aquila monocipite, ad ali spiegate,
fu sempre il contrassegno della zecca di Aquila,
com' è anche insegna della città, perchè si deve cre-
dere che tale contrassegno spetti esclusivamente alla
zecca di Messina che pure ebbe per insegna l'aquila?
E se le due zecche si fregiarono della rappresenta-
zione di quell'uccello, quale distintivo separa l'una
dall'altra? Non le sigle degli zecchieri, perchè sono
varie e numerose, sebbene io propenda a credere
che le due iniziali che si trovano costantemente ora
ai fianchi dell'aquila, ora sotto, non sieno sempre
note di zecchieri. Il tipo seguente da quattro tari
reca l'aquila ad ali spiegate e le sigle I ed AM o MA.
Sigle consimili, come I • M, offrono molti esemplari
riportati dall' Heiss (J); ma occorre tener presenti due
circostanze:
i.° Che lo stemma di Aquila è appunto l'aquila
ad ali spiegate, avente ai lati le due sigle I • M, che
spiegano Immota manet, oppure I • PHS • M, con l'ag-
giunta del PHS di dubbia interpretazione (2>. La spie-
gazione del primo motto è tolta da Virgilio:
.... non hiemes illam, non flabra, neque imbres
Convellunt: immota manet (3).
(1) Monedas hisp. crisi. Madrid, 1865, Tav. 122, n. io, ecc.
(2) Leosini A. L'arma dell'Aquila. Ivi, Vecchioni, 1876.
(3) Virg., Georg., II, 293.
2IO GIOVANNI PANSA
2.0 Che del tipo sopra riprodotto, ma con
le iniziali I • M, senza nesso alla seconda lettera, ho
trovato gran copia d'esemplari in Aquila, presso
persone che mi assicurano essere di provenienza
locale.
Comunque sia, io non voglio insistere sul dubbio
senso delle sigle surriferite, che altri potrà continuare
benissimo ad attribuire allo zecchiere. Su quale altro
segnale caratteristico potrebbe basarsi il riconosci-
mento degli esemplari aquilani?
Si è veduto più sopra come l' indice manifesto,
che contrassegnò le monete di Aquila, anche senza
l' insegna della città, fu quello della rosetta. Si os-
servi ora, in mezzo alle congerie numerose delle mo-
nete di Carlo V, tanto d'argento che d'oro, come ta-
lune portano la detta rosetta ed altre no (r). Può af-
fermarsi che ciò dipende dal caso, ovvero è appli-
cabile anche qui il criterio adottato per le mo-
nete in oro, di cui sopra si è parlato? Non voglio
erigermi a giudice, ne farmi arbitro di rivendica-
zioni tra Aquila e Messina. Se queste due città eb-
bero da Federico II il privilegio dell' insegna im-
periale nell'arma cittadina, consistente appunto nel-
l'aquila, ebbero anche quello di fregiarsene nella
zecca. Ad altri ora, più che a me, spetta di stabilire
in quale misura se ne valsero entrambe e quali sono
i caratteri differenziali delle monete coniate al nome
delle due illustri città consorelle.
(i) Heiss. Op. cit. Tav. 125, io; 122, io; 128, 41, ecc.
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 211
II.
Mezzo bolognino autonomo di Atri finora inedito.
• •
i& — s. NICOLAVS. Busto mitrato del Santo entro circolo.
9? — * ADRIANA VRBI. La seconda parola disposta in
croce nel mezzo.
Argento.
Di singolare importanza per la storia di Atri
è questo mezzo bolognino sin qui inedito, che con-
servasi nella mia collezione. Finora non si conosceva
di Atri che la zecca feudale-dinastica, rappresentata
dalle monete di Giosia Acquaviva e di Matteo di
Capua (J), coniate le prime tra il 1459 e 62 e le altre,
dal 1462 al 64, secondo il Lazari. A queste due
monete che ebbero corso nell'epoca della prima con-
giura dei baroni contro Ferdinando I, per opera di
feudatarii ribelli e non per concessione di principe
o di pontefice, fa singolare contrasto il mezzo bolo-
gnino autonomo di cui si dà notizia.
Precedette esso o susseguì al periodo della zecca
dinastica ? È diffìcile il precisarlo. Si può solo os-
servare come esso rechi scolpito il busto e non la
mezza figura del Santo ; il che lo farebbe ritenere
del tipo imitante i bolognini pontificii, come quello
Guardiagrele coniato da Napoleone Orsini ; e ciò
anche per lo stile e la disposizione delle lettere se-
(1) Lazari. Zecche e monete degli Abruzzi, pag. 59-64 e tav. Ili,
n. 28 e 29.
a8
212 GIOVANNI PANSA
gnate in croce. Il non discostarsi dal tipo solito dei
bolognini pontificii smesso più tardi, secondo lo stesso
criterio adottato dal Lazari per quelli aquilani di
Giovanna II (l), farebbe risalire la nostra moneta alla
fine del sec. XIV o primi anni del XV. Una con-
ferma di ciò si ha anche nella costituzione pontificia
di Pio II del 1463, concernente V illegale esercizio
della zecca nelle terre contigue agli Abruzzi, sui
quali pure, come su provincie di regno vassallo alla
Chiesa, il Papa vantava l'alto dominio (2). Devesi,
dunque, con molta probabilità attribuire la nostra
monetina ad un periodo anteriore all'anno 1393, ossia
all'epoca in cui la città di Atri perdendo il titolo di
città demaniale, fu venduta ad Antonio Acquaviva,
Conte di Giulianova.
Come nel doppio bolognino di Matteo di Capua,
così in questo mezzo autonomo è effigiata l' imma-
gine di S. Nicola. Se ciò non deve far meraviglia
pel primo, potendosi addurre una particolare devo-
zione di quel feudatario pel Santo di Bari, molto
meno deve farlo pel secondo ; poiché S. Nicola di
Bari ebbe in Atri un culto antichissimo e una chiesa
anteriore alla stessa cattedrale che risale al 1285 ®«
Vero è che nel 1320 fu scelta a principale protet-
trice della città S. Reparata, martire di Cesarea ;
ma si può credere che la particolare devozione per
S. Nicola, nell'epoca in cui fu coniato il mezzo bo-
lognino, continuasse ancora, come continuò in seguito
fino ai tempi dell' Acquaviva.
(1) Ivi, pag. 29 e 80.
(2) Ivi, pag. 63 e seg.
(3) Cherubini G. Monografia di Atri (in Regno delle due Sic. descr.
ed ìllustr. Napoli, 1853, pag. 15). — Storace B. Istoria della fam. Acqua-
viva, ecc. Roma, 1738, pag. 34.
SPIGOLATURE NUMISMATICHE ABRUZZESI 21 3
III.
Tornese di Carlo III di Durazzo per Sulmona.
<B* — * R • KROLVS • T • Croce dentro circolo.
R) — DE • SVLMONÀ. Pianta del castello, sopra cui un giglio.
Mistura.
i& — * R • KROLVS . T . Croce dentro circolo.
9 ~ DE SERMONA. Pianta del castello, sopra cui un giglio.
Rame.
I due tornesi descritti, di cui si omette il disegno,
trattandosi di tipo già noto, furono coniati sotto
Carlo III di Durazzo che primo concesse alla città di
Sulmona il privilegio della zecca. Essi furono pubbli-
cati per la prima volta dal De Petra (*); però i due
esemplari di cui ci occupiamo hanno notevoli varianti.
II primo nel rovescio reca SVLMONA per SVLMONE,
come nell'esemplare del tesoretto napoletano. L'altro
riproduce nel suo genuino dialetto l'appellativo di
quella città, che nel Medioevo chiamossi variamente
Sulmona, Sulmone, Selmona, Sermona, Salemona e
Salmona (2). Nel Cluverio (3) si legge: « ... ubi etiam
Sulmo, nunc Sulmona et Surmona, sive Sermona ».
Un « Messer Paulo Thesauriere da Sermona » , ossia
Paolo Capograssi, tesoriere di Papa Martino V nel
1425, è menzionato in alcuni registri della tesoreria
apostolica di Perugia (4). Siffatti dialettismi non re-
cano meraviglia, dappoiché la zecca, come tutti gli
altri cespiti d'entrata delle Università, veniva affittata
spesso a persone ignoranti ed inesperte del corretto
linguaggio.
(1) Catal. de tesoretto dei tornesi trovati a Napoli (In Archiv. Stor.
per le Prov. Napolet. An. XI, 1886, fase. Ili, p. 501).
(2) Di Pietro I. Mem. Stor. di Sulmona, pag. 62.
(3) Introduci. Geograph., lib. Ili, cap. 28.
(4) Fumi L. Inventario e spoglio dei reg. della Tesoreria Apost. di
Perugia e Umbria. Perugia, Un. Tip. Coop., 1901, pag. 14.
214 GIOVANNI PANSA
IV.
Intorno alla zecca di Lanciano.
Il 15 ottobre 1444 Alfonso I d'Aragona tornò a
fare concessione della zecca alla città di Lanciano,
come risulta da un privilegio di quel principe, pub-
blicato dal Sambon (0. 11 diritto di battere moneta, a
termini del privilegio, esisteva precedentemente e
l'officina monetaria lancianese, stando al tenore di
esso, era assai importante e « non molto da meno
di quella di Napoli ». Il reale d'Alfonso del Museo
Nazionale di Napoli, che si potrebbe attribuire a
Lanciano, reca nel mezzo dell'epigrafe una lancia
fra due stelle; ma l'esemplare è troppo logoro, dice il
Sambon, perchè se ne possa con certezza tener conto.
Passandomi sopra l'esistenza della moneta, che
in un periodo più o meno lontano potrà venir fuori,
osservo come la zecca lancianese continuò a funzio-
nare anche dopo Alfonso, producendo esemplari in
oro, argento e rame. Nei capitoli di grazie concessi
da Ferdinando II alla città il 28 ottobre 1495, è detto:
« Item piaccia alla Maestà predicta concedere ad
« essa Università gratia per comodità del popolo
« d'essa se possa battere in Lanciano sempre la
« zecca, perchè provvederà far battere moneta de
« bona qualità de oro, et de argento, et de rame
« con servitio de Sua Maestà ». Il re accordava il
privilegio invocato (2).
Giovanni Pansa.
(1) Di alcune monete inedite di Alfonso I d' Aragona e Ferdinando 1
e di due officine monetarie del Napoletano sinora sconosciute (In Rw.
Hai. di Numism., an. V, 1892, fase. III).
(2) Fella J. Chronologia Urbis Lanciani. Ms. presso di me.
LE MONETE
DELLA
REPUBBLICA DI RAGUSA
Generalmente la zecca di questo piccolo, ma
una volta fiorente comune della Dalmazia viene an-
noverata fra quelle d' Italia, ciò che, secondo me,
non è giusto, perchè Ragusa fu, è vero, dall'anno
1205 alla metà del secolo XIV sotto il dominio ve-
neto, ma precisamente durante il tempo, in cui cade
la più forte operosità di questa zecca, cioè dalla se-
conda metà del secolo XIV fino al principio del XIX,
Ragusa fu (dall'anno 1358) sotto il protettorato del-
l'Ungheria e poi (dall'anno 1526) sotto quello della
Turchia ; né si possono far valere ragioni etnogra-
fiche, giacche la popolazione della città, una volta
latina, si era ben prima della fine del secolo XV
slavizzata completamente. Nulladimeno è ben giusti-
ficato l'interesse che gli Italiani hanno per Ragusa,
che fu sempre sul campo della coltura in generale,
e in particolare poi su quello della letteratura e delle
scienze, strettamente unita all' Italia, da cui riceveva
continuamente nuovi impulsi e nuovo alimento in
tutte le emanazioni di una vita più fine. Ma all'in-
teresse che si ha in Italia per Ragusa non va di
pari passo la cognizione della monetazione di que-
sta repubblica : me ne sono convinto ultimamente,
dacché , volendo completare le notizie che rac-
2l6 DOTT. MILAN RESETAR
colgo sulle monete di Ragusa, che si conservano
nelle collezioni pubbliche e private d'Italia, trovo
nella maggior parte delle informazioni , che con
somma gentilezza mi si danno, poca o nessuna pre-
cisione nella determinazione delle varie monete ra-
gusee (*). Deduco da ciò che in Italia sono poco co-
nosciuti i lavori che furono finora editi sulla zecca
di Ragusa, e ciò non soltanto quello in lingua tede-
sca di N. Dechant (nel II volume della Numisma-
tische Zeitschrift di Vienna dell'anno 1870), ma anche
quelli in italiano di V. Adamovic (Della monetazione
ragusea. Ragusa 1874) e di mio padre, Paolo cav. de
Resetar (La zecca della repubblica di Ragusa. Spa-
lato, 1891-92). Questi due ultimi, essendo stati pub-
blicati in piccolo numero di esemplari fuori com-
mercio , pervennero senza dubbio nelle mani di
pochi studiosi italiani. Credo perciò fare cosa utile
e gradita ai colleghi d'Italia, dando con questo ar-
ticolo una breve descrizione delle varie specie di mo-
nete ragusee, indicando, oltre al loro nome e valore
ufficiale, tutto ciò che potebbe interessare chi, posse-
dendo monete di questo genere, vorrebbe sapere che
cosa abbia e che cosa gli manchi. Da questo lato
credo di poter porgere un elenco completo dei vari
tipi ed anni, perchè il Dechant si limita ad illustrare,
con poche eccezioni, le monete di Ragusa esistenti
a Vienna, l'Adamovic poi e mio padre soltanto quelle
che si trovavano a Ragusa stessa, mentre io mi sono
dato la cura di sapere, quali monete di Ragusa si
trovino anche nelle principali collezioni pubbliche e
private d' Europa, sicché credo di poter asserire che
sarà ben difficile che, sia in qualche ripostiglio, che
(1) Avverto che noi di Ragusa in Dalmazia ci chiamiamo Ragusei,
mentre Ragusani sono gli abitanti di Ragusa in Sicilia ; la forma poi
Ragusinus o Rhacusinus, che corrisponde alla forma latina Ragusium
o Rhacusa, si adopera esclusivamente nei documenti latini.
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 21 7
venga tratto alla luce, sia in qualche collezione di
minor importanza, si trovi qualche tipo o anno da
me non conosciuto. La descrizione però, che io
qui do, è del tutto sommaria, riservandomi di dare
una dettagliata illustrazione della collezione iniziata
da mio padre e da me continuata (0 (insieme ai tipi
e alle varietà mancanti alla nostra e esistenti in altre
collezioni) in uno studio sulla zecca di Ragusa a cui
sto accudendo. Descrivendo poi i singoli tipi, non
terrò conto delle piccole varianti nella leggenda, ne
poi tratterò delle medaglie ne dei pezzi coniati cogli
stessi o con simili coni come le monete, ma che,
sia per il metallo sia per il peso, evidentemente non
erano monete, riservandomi di fare ciò nel lavoro
principale. Per questa ragione non addurrò nemmeno
le ragioni, per cui, nella determinazione della serie
cronologica delle piccole monete senza data, mi sono
in parte allontanato da quanto hanno detto in propo-
sito quelli che trattarono finora di questo argomento.
Attenendomi dunque al compito di dare una suc-
cinta descrizione delle varie monete di Ragusa, non
parlerò nemmeno dell' istituzione e dello sviluppo
di questa zecca ; avviserò soltanto che la sua esi-
stenza è comprovata con tutta sicurezza appena per
l'anno 1327, e probabilmente non va oltre al prin-
cipio di questo secolo ; tutt' al più arriva alla fine
del duecento. Invece gioverà avvertire che il sistema
monetario di Ragusa si basa sulle due più antiche
monete che si coniavano ancora sotto il dominio
veneto, cioè sul follavo di rame e sul grosso d'argento,
formando dai tempi più antichi fino alla caduta della
repubblica (nel 1808) trenta follavi un grosso.
(1) La raccolta conta ora tra monete e medaglie circa 1500 pezzi,
di cui 2 in oro, circa 550 in rame e bronzo, il resto in argento, ed è
senza confronto la più completa e più bella collezione di questo genere.
2l8 DOTT. MILAN RESETAR
A. — Monete di rame.
I. Follaro, dalla metà del secolo XVII in poi detto co-
munemente picciolo (in latino parvulus) oppure bagattmo, più
raramente obolo; si coniarono fino alla prima metà del se-
colo XVII, venendo nella seconda metà di questo secolo
sostituiti dai soldi; però fino alla fine della repubblica rima-
sero come monete di computo nella relazione di 30 follari
(bagattini) = 1 grossetto.
1. tipo.
j¥ — Busto a destra (J) di figura togata, senza leggenda.
P — Lettera gotica R fra quattro stelle.
Diametro, 14-16 mm., peso 0,36-1,84 gr.; secolo XIV.
2. UpO.
fi? — Busto di guerriero antico a sinistra, senza leggenda.
1$ — Lettera gotica R fra quattro stelle e quattro gruppi
di tre punti disposti in forma triangolare, che alternano
colle stelle.
Diam. circa 16 mm., peso 0,77-1,475 gr.; prima metà del secolo XV.
J. tipo.
& — Busto di guerriero antico a sinistra con scettro, che
finisce in un giglio, appoggiato sulla spalla sinistra ; a
sinistra in caratteri gotici RAG-VSA (oppure RAGVSII,
RAGVSI).
T$ — Porta di città con due torri ai fianchi e una di
mezzo, sopra le due torri ai fianchi le lettere R-A.
Diam. 14-15 mm., peso 0,615-1,26 gr.; prima metà del secolo XV.
4. tipo.
fi? — Come nel 3 tipo, però colla leggenda DOMINAOIO,
l'ultima lettera della quale può trovarsi a destra fra la
testa e lo scettro o fra questo e la spalla.
I$f — Come nel 3 tipo.
Diam. 14-15 mm., peso 0,485-1,50 gr.; prima metà del secolo XV.
(1) Le indicazioni " a destra „ e " a sinistra „ devono sempre pren-
dersi dal punto di vista dello spettatore.
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 219
j. tipo.
f¥ — Come nel 3 tipo, però colla leggenda Ll[BER]TÀS.
T$l — Nel mezzo $$, cioè una lettera minuscola r in ca-
rattere gotico, sormontata da una corona e fiancheggiata,
da ogni lato, da una rosa fra due foglie.
Diam. 15 mm., peso 0,88 gr.; prima metà del secolo XV.
6. tipo.
Comprendo sotto questo tipo la massa dei follari di Ra-
gusa, coniati dalla metà del secolo XV alla metà del XVII,
che variano per diametro e peso, disegno e caratteri, nonché
per profondità dell' impronta, ma che tutti concordano nella
figura principale e nella leggenda, cioè :
]& — Testa imberbe a sinistra colla leggenda intorno,
raramente da sinistra to, MONETA-RAGVSII.
IJl — Porta di città con tre torri colla leggenda intorno
CIVITAS-RAGVSII.
Attenendomi ai limiti di questo articolo, descriverò i
cinque gruppi principali delle varianti di questo tipo :
a) Impronta alta, caratteri che dal gotico passano
al latino, conservando però almeno in singole lettere, specie
nella G-, il carattere gotico; sul p la porta di città (fra due
finestre) ha per base una fossa in forma triangolare.
Diam. 16-20 mm., peso 0,565-3,35 gr.; seconda metà del secolo XV
e prima del XVI.
b) Impronta bassa, caratteri pretti latini ; sul I# muro
di città con tre porte che hanno per base questa linea: •— -~.
Diam. 17-19 mm., peso 0,635-2,235 gr.; seconda metà del secolo XVI.
c) Impronta bassa, caratteri pretti latini; sul I# una
sola porta senza finestre che ha per base un arco di cerchio.
Diam. 16-18 mm., peso 0,53-2,53 gr. ; seconda metà del secolo XVI.
d) Impronta del tutto bassa, caratteri pretti latini ;
sul IJl sotto la porta, fiancheggiata da due torri senza base
comune, un triangolo.
Diam. 15-18 mm., peso 0,35-1,825 gr. ; prima metà del secolo XVII.
(1) Meno rare eccezioni, le leggende su tutte le monete di Ragusa
incominciano da destra (dello spettatore).
29
220 DOTT. MILAN RESETAR
e) Impronta del tutto bassa, caratteri pretti latini ;
sul 1J/ la torre di mezzo è un campanile sormontato da
una croce e la base è di nuovo formata da una fossa in
forma triangolare.
Diam. 16-17 mm., peso 0,39-0,685 gr.; prima metà del secolo XVII.
7. tipo.
£? e Tp come nel tipo 6, dj, ma d'ambe le parti l'iscri-
zione è divisa dalla figura mediante un circolo, ciò che
non è il caso in nessuno dei follari antecedenti. Diffe-
risce poi da tutti gli altri follari anche per il formato.
Diam. 23,5 mm., peso 2,55 gr. Esemplare unico, forse una prova
della moneta da dieci piccioli, decretata nel 1675.
IL Soldo. In seguito al deprezzamento della moneta
d'argento la zecca di Ragusa non poteva più coniare, con
profitto, follari, dei quali appena trenta pezzi eguagliavano
un grosso (grossetto) d'argento; perciò verso la metà del
secolo XVII fu abbandonata la coniazione dei follari e circa
nel 1678 s'incominciarono a coniare soldi di rame, dei quali
sei dovevano formare un grossetto, quindi uno essere uguale
a cinque bagattini (follari). I più vecchi non portano data,
mentre gli altri appartengono agli anni 1682, 1689, 1706,
1707, 1710(7), 1712, 1720, 1723, 1727 (?), 1729, 1731, 1750,
1752, 1762, 1763, 1770, 1771, 1780, 1781, 1791, 1793, 1795 e
1797. Osservo che i soldi di Ragusa sono generalmente
male conservati, sicché spesso non è facile leggere l'anno,
per la qual causa sarà bene di essere prudenti qualora si
creda di aver da fare con soldi di qualche altro anno.
Il diametro dei soldi è di 20-23 mm., e il peso varia da 0,845 a
3»i7 gr-
1. tipo.
<& — Busto di Santo, in abito pontificale colla destra sol-
levata in atto di benedire e con pastorale nella sinistra,
ergendosi sopra un muro di città con torri ; leggenda
per regola da destra e raramente da sinistra: MONETA-
CIVITA RAGVSI.
I# — Il Redentore in piedi colla destra sollevata in atto
di benedire fra due stemmi e un'elisse di stelle, senza
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 221
leggenda. Di questo tipo sono i soldi senza anno e
quelli dell'anno 1682; questi ultimi hanno, come tutti
quelli con data, l'anno sul & sotto il muro, mentre quelli
senza anno differiscono da tutti gli altri in ciò, che sul 2?
si vedono a destra davanti il busto del Santo soltanto
alcune torri senza muro di città.
2. tipo.
i& — Come nel 1 tipo, ma colla leggenda (raramente da
sinistra) CIVITAS (o CIVITA)-RA(xVSII (o RAGVS •).
I# — Come nel 1 tipo. Di questo tipo sono tutti gli altri
soldi ; quelli del 1780 possono avere sul 1$ all'esergo la
sigla M, come di regola l'hanno quelli del 1781, mentre
i soldi del 1791 in poi possono allo stesso luogo avere
la sigla G-.
III. Mezzanino (di rame), cioè mezzo grossetto ossia tre
soldi; si coniò soltanto nel 1795 e 1796 (anche qui in se-
guito a cattiva coniazione e conservazione si vogliono leg-
gere non di rado altre date).
Diam. 24-25 mm., peso 2,41-6,75 gr. !
<£¥ — Figura di Santo in piedi in abito pontificale colla
destra sollevata in atto di benedire, tenendo nella sini-
stra il pastorale e una città, leggenda PROT • REIP • —
RHACVSIN (o RHÀCVSINE), nel campo ai due lati del
Santo l'anno diviso.
P — Il Redentore in piedi, leggenda DEVS • REFVG- •
(o REFVGI) - ET • VIRTVS, all'esergo la sigla G o G • A.
B. — Monete d'argento.
I. Grosso, dal principio del secolo XVII comunemente
detto, a causa del peso ridotto, grossetto; siccome poi i
grossi fino alla fine del secolo XVI non portano mai data,
mentre l' hanno sempre i grossetti del 1626 in poi, così credo
che oggigiorno si possano senz'altro denominare " grossi „
tutte le monete di questo genere senza data per distinguerle
222 DOTT. MFLA.N RESETAR
dai * grossetti „ portanti l'anno, e ciò tanto più, inquantocchè
fra le due categorie vi è una differenza essenziale di tipo.
I • grossi „ cioè hanno tutti sul $ il Redentore in un'aureola
elittica col monogramma IC— XC ai due lati e senz'altra leg-
genda, mentre i * grossetti „ da questo lato presentano
il Redentore in un'elisse formata da stelle colla leggenda
TVTÀ-SALVS. Il grosso o grossetto di Ragusa divide le vi-
cende di tutte le monete d'argento ; nel corso di cinque se-
coli, in cui fu battuto, cioè dal principio del secolo XIV al-
l'anno 1761, perde continuamente di peso e peggiora nella
lega, di modo che da 1,90 grammi circa, che hanno i più
vecchi grossi, il peso scende fino a poco più di l/t di grammo,
che hanno i grossetti degli ultimi anni, quindi a circa Ve del
peso originario ! Di pari passo andò il peggioramento della
lega, diminuendo sempre più la quantità dell'argento puro e
aumentando in proporzione quella del rame : così nel 1337
fu stabilito che l'argento dovesse formare 11 dodicesimi della
massa, quindi 916,3 millesimi, mentre nel 1698 la parte del-
l'argento puro fu ridotto a 600 millesimi. In proporzione fu
diminuito anche il diametro che da 19-22 mm. per i grossi
più antichi scese a 16 mm. per i grossetti del 1754-1761. I
grossi e grossetti di Ragusa presentano queste principali
varietà di tipo :
/. tipo.
£? — Figura di Santo in piedi in abito pontificale di foggia
greca, colla destra innalzata in atto di benedire e te-
nendo nella sinistra il pastorale; leggenda in caratteri
semi-gotici S • BLASIV-S • RAGVSIL
P — Il Redentore in piedi in un'aureola elittica, ai lati
IO— Xa. Dal principio del secolo XIV fino circa al-
l'anno 1375.
2. tipo.
/F e 9 come nel 1 tipo, ma sul Ì& sotto il braccio destro
del Santo varie sigle, le quali, ricorrendo abbastanza
di rado, forse non indicano lo zecchiere responsabile
per la buona qualità della moneta, né il fabbricatore del
conio, bensì la persona, per conto della quale fu bat-
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 223
tuta una data partita di grossi. Sigle a me note: punto (?),
croce, stella, rosa formata da 7 punti, lettera 3 (cioè S
all' inverso). Della stessa epoca come il 1 tipo.
3. tipo.
£¥ e ^i come nel 1 tipo, ma leggenda in caratteri gotici,
sul IJf Iff— Xff. Da circa l'anno 1375 all'anno 1438.
4. tipo.
F e^ come nel terzo tipo, ma sul i& sotto il braccio
destro del Santo varie sigle ; sigle a me note : <, stella,
rosa di 7 punti, rosa di 5 punti (?), 3 e S, mezzaluna,
giglio, A3, «>v, •'• — .'., •— • (le due ultime divise ai due
lati del Santo). Della stessa epoca come il 3 tipo.
/. tipo.
(Fel$ come nel 3 e 4 tipo, ma nel X¥ sotto il braccio de-
stro del Santo una coroncina. Lo distinguo dal 4 tipo,
perchè ci consta che, quando ne fu decretata la conia-
zione nel 1438, il Senato ordinò che si aggiungesse la
coroncina, la quale in questo modo (come anche la let-
tera R del seguente tipo) forma parte della figura senza
avere il carattere di una sigla.
6. tipo.
^eR) come prima, ma sul i& sotto il braccio destro
del Santo la lettera R, senza dubbio l'iniziale di Ra.
gusium. Di questo tipo, che si coniò dalla metà circa
del secolo XV fino verso l'anno 1580, abbiamo due
gruppi principali di varianti : a) con caratteri del tutto
o almeno in parte gotici (più a lungo di tutti si mantiene
la (5 in forma gotica) e col monogramma IG- — Xff (sul 90,
b) con caratteri pretti latini (anche C per (3, conservan-
dosi però A per A) e col monogramma IC — IX (in molte
e varie combinazioni, ma mai con una fl). 1 grossi del
primo gruppo si coniarono fino all'anno 1558, quando
fu decretata la coniazione di grossi " nuovi „ cioè di
grossi del secondo gruppo con caratteri pretti latini
(anche colla C per (3).
224 DOTT. MILAN RESETAR
7. tipo.
Vi appartengono i grossi del 6 tipo, gruppo b), sui quali
nel 1581 fu impressa nel mezzo una contromarca, cioè
sul J& una porta di città fra due punti, e sul 1$ una
testa mitrata pure fra due punti.
8. tipo.
Nel 1594 fu decretata la coniazione di grossi, i quali
dovevano avere già nel conio la contromarca che si appli-
cava su quelli del 7 tipo.
J& — Il Santo con una porta di città sul petto, sotto il
braccio destro una R, leggenda S • BLASIV-S • RÀG-VSII ••
$ — Il Redentore assiso con una testa mitrata sul petto
e col vecchio monogramma Ifi — Xff.
q. tipo.
/B' — Il Santo in abito di foggia greca, ma con una grande
croce sul petto, la destra in atto di benedire e nella si-
nistra il pastorale, sotto il braccio destro una R, leg-
genda S • BLASIV-S R • ÀGVSII.
R) — Il Redentore in piedi nella solita elisse col mono-
gramma IE— XE-
Coniato circa verso la fine del secolo XVI.
io. tipo.
i& — Il Santo in ornato di foggia latina con una gran
croce in petto, tenendo colla sinistra il pastorale e una
città, sotto il braccio destro una R, leggenda S • BLASIVS-
RÀCVSII (anche con A per A e G- per C).
91 — Il Redentore nella solita elisse, tenendo colla sini-
stra il globo terrestre (in tutti i tipi precedenti tiene in-
vece l'evangelo), monogramma Ifl— XP.
Coniato al principio del secolo XVII.
11. tipo.
(Grossetto). I primi grossetti furono coniati nel 1626 e
se ne continuò la coniazione, con vari intervalli più o meno
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 225
grandi, fino all'anno 1761. Anche per i grossetti vale quanto
fu detto per i soldi, cioè che si può assai facilmente errare
nello stabilire l'anno ; io credo che non ne esistano di altri
anni che i seguenti: 1626-1631, 1632 (?), 1633 (?), 1642-1669,
1672 (?), 1674 (?), 1676-1692, 1695-1716, 1718, 1720-1727,
1728 (?), 1748, 1751, 1754, 1756, 1757, 1761. Tutti sono dello
stesso tipo :
$¥ — Il Santo in veste di foggia latina con croce in petto,
pastorale e città nella sinistra, leggenda S • BLASIVS-
RÀG-VSII (su quelli degli anni 1754-1761 RAG-VSIN • e in
parte anche S • BLASII), l'anno diviso nel campo ai due
lati del Santo.
IJf — Il Redentore in un'elisse di stelle, leggenda TVTÀ-
SALVS.
IL Mezzanino (d'argento), cioè mezzo grosso ; si coniò
dal 1370 fino al principio del secolo XVII. Il diametro ne è
di 15-17 mm. e il peso di 0,33-0,835 gr., perdendo nel peso
e peggiorando nella lega in proporzione dei grossi. Presenta
due tipi principali :
7. tipo.
/& — Testa di Santo mitrata, leggenda in caratteri che,
come dai grossi del 6 tipo, poco a poco passano dal
gotico al latino : S • BLASIVS • RÀG-VSII ••
ty — Testa del Redentore, leggenda IGSVS • (JRISTVS.
Con tutta probabilità anche qui s' incominciarono a co-
niare appena nel 1558 i pezzi con caratteri pretti latini.
2. tipo.
^e^ come nel 1 tipo, leggenda a caratteri pretti latini,
ma sul £? si vede anche il petto o almeno le spalle del
Santo.
Coniati al principio del secolo XVII.
III. Artilucco. Nel 1627 s'incominciarono a coniare mo-
nete più grosse d'argento ; in primo luogo un pezzo da
3 grossi il quale, avendo in Turchia il corso di 6 para, fu
226 DOTT. MILAN RESETAR
colà denominato altiliik, cioè, pezzo da sei, nome che fu adot-
tato generalmente anche dai Ragusei, corrompendolo in al-
tilucco, artilucco, invece del nome * Grossus triplex „ che
figura (in abbreviatura) sul p della moneta stessa. Ve ne
sono di questi anni: 1627-1633, 1635, 1642-1647, 1649, 1683-
1686, 1692, 1701, 1715 (?).
Il diametro ne è di 21-22 mm., il peso di 1,38 a 2,22 gr., la lega di
circa 812-937 millesimi d'argento puro. Ne abbiamo di due tipi, poco
differenti.
1. tipo.
£? — Busto di Santo in abito pontificale a dritta, leggenda
S • BLASIVS • RÀGVSII.
1$ — Città fra due stemmi, leggenda (sopra la città in
due linee) III e l'anno diviso in due (sotto la città in tre
linee) GROS • ÀRGE I TRIP • CIVI I • RÀGV •
A questo tipo appartengono tutti gli artilucchi ad eccezione di
quello del 1715 (?).
2. tipo.
Differisce dal primo in ciò che sul <& il busto del Santo
è più piccolo ed ha sulla testa invece dell'alta mitra un
basso berretto ; in generale il disegno d'ambe le parti
è del tutto diverso da quello del 1 tipo restando la com-
posizione e la leggenda invariate.
IV. Iperpero o Perpero. Mentre fino alla fine del se-
colo XVII l' iperpero era una semplice unità di computo, cioè
12 grossi o grossetti, in quest'epoca s'incominciarono a co-
niare pezzi d'argento di questo nome e del valore di 12 gros-
setti. Io ne conosco degli anni 1683, 1692, 1702, 1705-1709,
1723, 1725, 1728-1730, 1732-1734, 1744, 1750, 1801-1803.
Anche qui devono statuirsi due tipi che differiscono specialmente
per peso e lega.
1. tipo (iperpero vecchio).
fi? — Figura di Santo in piedi, leggenda PROT • R/E\P -
RHÀCVSIN/E, ai due lati del Santo S-B; l'anno fino al 1706
si trova nel campo obliquamente sopra la lettera S che
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 227
è a sinistra del Santo; invece in rari esemplari dell'anno
1706 e in tutti i seguenti sta nel campo diviso ai due
lati del Santo, sotto le lettere S-B.
^ — Il Redentore in piedi circondato da un'elisse di stelle,
leggenda TVTA-SALVS.
Il diametro dei pezzi di questo tipo è di 27-30 mm., il peso di 5,08-
6,585 gr., la lega di circa 562-750 millesimi. Di questo tipo sono gli
iperperi fino all'anno 1750.
2. tipo (iperpero nuovo).
& — Il Santo in piedi, leggenda PROT • REIP.-RHACVSIN •
coll'anno in fine della leggenda.
ty — 11 Redentore senza elisse di stelle, leggenda TVTA-
SALVS, sul ty e in parte anche sul /B' all'esergo il nome
del fabbricatore del conio a. obAd (cioè A. Obad). A
questo tipo appartengono gli iperperi degli anni 1801-
1803, che sono (insieme al mezzo iperpero) le ultime
monete coniate nella zecca di Ragusa.
Diametro 24-25 mm., peso 3,61-4,255 gr., lega circa 375 millesimi.
V. Mezzo iperpero, del valore di 6 grossetti ; fu coniato
soltanto nel 1801 colla lega dell' " iperpero nuovo „,
Diametro 20 mm., peso 1,90-2,105 gr.
& - Il Santo in piedi, leggenda PROT- REIP. RHACVSIN •
1801.
~$l — Nel mezzo di una fronda di quercia in tre linee :
GROS I SETTI ! VI.
VI. Scudo, valeva 3 iperperi ossia 36 grossetti, e fu
coniato negli anni 1708, 1709, 1739, 1747, 1748 e 1750.
Diametro 37-38 mm., peso 15,73-17,96 gr., lega circa 625 millesimi.
^ — Il Santo in piedi; nel campo ai due lati del Santo
S-B e l'anno diviso, leggenda: PROTECTOR • REIPVBLIC^ •
RHAGVSIN/E.
yi — Il Redentore in piedi circondato da stelle, leggenda
TVTA • SALVS • SPES • ET • PR>ESIDIVM.
30
228 DOTT. MILAN RESETAR
VII. Mezzo scudo, quindi i 1j9 iperpero ossia 18 gros-
setti ; differisce dallo scudo soltanto per il diametro e il peso.
Diametro 31-32 mm., peso 8,16-9,355 gr. Ve ne sono degli anni 1708,
1709, 1748 e 1750.
Vili. Ducato. Il ducato era già nel secolo XVII una
unità di computo da 40 grossetti; fu dippoi coniato e ciò
nel 1722, 1723 e 1797, e di regola calcolato sempre pari a
40 grossetti. Ve ne sono due tipi diversi, che differiscono
poco nel disegno, invece sensibilmente nel diametro, peso e
nella lega.
/. tipo (ducato vecchio, degli anni 1722 e 1723).
P? - 11 Santo in piedi, leggenda TVIS • A • DEO -AVSPI-
CIIS •, nel campo ai due lati del Santo S-B ; l'anno nel
ducato dell'anno 1722 è in fine della leggenda, su quello
dell'anno 1723, invece, nel campo diviso ai due lati del
Santo sotto le lettere S-B.
R) — Stemma di Ragusa, leggenda DVCAT • REIP — RHA-
CVSIIM/E.
Diametro 40-41 mm., peso 19,425-19,55 gr., lega circa 687 millesimi.
2. tipo (ducato nuovo, del 1797) del tutto simile al ducato
vecchio, ma col diametro di 37-38 mm., col peso di 12,32-
13-63 gr. e colla lega di circa 562 millesimi. Alcuni
ducati nuovi sul & non hanno nel campo le lettere S-B,
dove hanno tutti l'anno diviso ; invece tutti hanno sul
fi? all'esergo la sigla G-A e in parte anche sul 1$ la
sigla À-O.
V. Tallero. Aveva di regola il valore di 1 1jt ducato
ossia 60 grossetti. È la più comune moneta grossa di Ragusa
e se ne coniarono grandi quantità, sicché della maggior
parte degli anni si possono trovare diverse varianti. Si coniò
dal 1725 al 1779. Hanno tutti la lega di circa 562 millesimi,
soltanto alcuni del 1725 sono di lega migliore, cioè di circa
625 millesimi. Questi ne sono i tipi :
/. tipo (tallero di S. Biagio).
& - Busto del Santo a dritta, leggenda DIVINA- PER •-• TE-
OPE -, nel campo ai due lati della testa del Santo le
lettere S-B.
LE MONETE DELLA REPUBBLICA DI RAGUSA 229
9/ - Stemma di Ragusa, leggenda DVCAT • ET • SEM - REIP
• RHAC • ; in fine della leggenda di regola l'anno, mentre
soltanto la maggior parte degli esemplari dell'anno 1725
hanno l'anno nel campo, diviso ai due lati dello stemma. Ve
ne sono degli anni 1725, 1730, 1731, 1733-1736, 1738, 1743.
Diametro 42-45 mm., peso 28,22-29,12 gr.
2. tipo (tallero rettorale vecchio) :
& — Busto di magistrato in parrucca a sinistra, leggenda
(da sinistra!) • RECTOR • REIP - RHACVSIN ••
1$ — Come nel 1 tipo. Anni in cui fu coniato: 1743 -1748.
Diametro 43-45 mm., peso 28,225-28,67 gr.
j. tipo.
£¥ — Il Santo inginocchiato a sinistra, in fondo la città,
leggenda (all'esergo) • S • B • P • R • RH -, (intorno da si-
nistra) ET • PR/ESIDIVM - ET • DECVS • 1751.
1$ — La Vergine assisa su nubi, leggenda COELI • REGINA •-
RP • RHAC • PATRONA.
4. tipo (tallero rettorale nuovo).
FeR) simile al 2 tipo, ma sul i& la leggenda incomincia
da dritta; dal 1751 al 1765 sigle sul R) sotto lo stemma
(G-B); dal 1766 in poi anche sul & sopra le spalle del
busto (G-B, G-A, e D-M, nelle varie combinazioni possi-
bili). Coniato negli anni 1 751-1753 e 1755-1779.
Diametro 41-43 mm., peso 27,29-28,77 gr.
VI. Mezzo tallero. Vi sono mezzi talleri di S. Biagio
e mezzi talleri rettorali (vecchi), coniati i primi del 1731 e
1735, i secondi del 1747 e 1748. Il disegno d'ambo le parti
e la leggenda del i& corrispondono perfettamente ai talleri di
5. Biagio, rispettivamente ai talleri rettorali vecchi; soltanto
sul IJf i mezzi talleri di S. Biagio hanno la leggenda MED •
DVC • ET • SEM — REIP • RHAC • e l'anno, e i mezzi talleri
rettorali • MEDIVS • DVCAT - ET • SEMIS • e l'anno.
Diametro 35-37 mm., peso 13,59-14,03 gr., lega come i talleri.
VII. Libertina: è un'imitazione del tallero di Maria Te-
resa che era tanto ricercato in Oriente ; ebbe questo nome
dalla parola Libertas che figura nello scudo del 20 tipo. Il
valore officiale era di due ducati ossia 80 grossetti.
Diametro 42 mm., peso 28,45-29,35 gr., lega circa 625 millesimi. Si
coniò negli anni 1791-3795.
23O DOTT. MILAN RESETAR
/. tipo.
& — Busto di donna a dritta, leggenda RESPVBL • —
RHACVS -, sotto il busto la sigla G • A.
^1 — Stemma di Ragusa, leggenda DVCE • DEO-FIDE •
ET • IVST -, sotto lo stemma l'anno fra le lettere G-A ;
così le libertine del 1791.
2. tipo.
£¥ come nel 1 tipo, anche il I? simile a quello, ma in-
vece dello stemma uno scudo coli' iscrizione in tre linee:
LI I BER | TAS ; così le libertine del 1792-1795.
C. — Monete d'oro.
La repubblica di Ragusa non coniò monete d'oro ; esi-
stono però due pezzi in oro del tipo degli iperperi vecchi e
un terzo del tipo del ducato vecchio; ma evidentemente sono
pezzi singoli, non destinati alla circolazione, quindi d'anno-
verarsi fra le medaglie.
Giunto alla fine di questa breve descrizione delle
varie monete della repubblica di Ragusa, credo di
dover accentuare ancora una volta che lo scopo di
questo articolo non era altro che quello di fare co-
noscere in Italia un po' meglio la vera denominazione
e il vero valore di queste monete. Nello stesso tempo
mi permetto di pregare tutti quelli, che fossero al-
l'occasione di poterlo fare, di volermi rendere av-
vertito nel caso sapessero di qualche tipo o anno di
moneta ragusea da me qui non contemplato ; così
pure mi dichiaro pronto ad acquistare monete di
Ragusa, nel caso qualche collega volesse sbaraz-
zarsene.
Doti. Milan Resetar.
Professore all' Universi fa di Vienna
(Austria) Vili, Kochgasse ij.
STUDI SULLA NUMISMATICA DI CASA SAYOJA
Memoria VII.
Supplemento alla Memoria VI sulle prove di zecca per
Re Vittorio Emanuele II.
La Memoria che ho pubblicato l'anno scorso in questa
Rivista (J) intorno alle prove di zecca per Re Vittorio Ema-
nuele II mi ha fruttato gentili schiarimenti, gradite osserva-
zioni, ed anche alcuni acquisti nuovi ; per cui, alla distanza
di un anno appena, posso fare un supplemento. Dico subito
che per il molto che ancora ho frugato dopo quella prima
pubblicazione ho ragione di credere questa nota quasi com-
plementare, e che ben poco si possa avere lusinga di ag-
giungere circa una materia facile con un po' di buona vo-
lontà ad essere esaurita, per la sua qualità di contemporanea.
Ed ecco quanto ho ancora raccolto (2):
La prova di zecca, per Firenze, riferita a pag. 210, e
con il relativo disegno al n. 14 della tav. IX, fu fatta non
solo in mistura, ma anche in piombo. Possedendo entrambe
dette prove, ne ho riscontrato il rispettivo peso, e trovai che
il peso di grammi 3,800 si deve attribuire all'esemplare in
piombo; quello di mistura invece pesa solo grammi 3.
(1) Anno 1904, fase. II, pag. 205 e segg., con 3 tav.
(2) È da notare anzitutto che il disegno che fu fatto al n. io della
tav. X è identico al n. 8, e non corrisponde perciò alla descrizione cui
si riferisce (pag. 213) ove è detto Cu. 96 Ni. 4 e non Cu. 95 Ni. j.
Ognuno può essersi accorto che per errore materiale si ripetè nel di-
segno n. io, al rovescio, il rovescio della prova n. 8 invece del rovescio
di quella che si doveva rappresentare ; la piccola correzione, segnalato
l'errore, ognuno può farsela per conto proprio.
232
A. F. MARCHISIO
Il fiorino cC argento battuto pel Governo Provvisorio di
Toscana (tav. X, n. i) ebbe pure la sua prova in piombo;
e l'esemplare che io tengo pesa grammi 4,900 ; la moneta
corrispondente ha invece il peso di grammi 6,877, che è
il legale.
Quanto al Ruspone (tav. X, n. 2) ne fu fatta una prova
in bronzo; e l'esemplare della mia raccolta pesa grammi 5,925.
A proposito del Ruspone devo soggiungere che la lettera G*,
posta in basso nel diritto della moneta, non è l'iniziale di
Gori; il Gori stesso, a quanto mi si comunica, ebbe ad affer-
mare trovarsi tale lettera sul punzone antico da cui eseguì
il Ruspone in parola.
Alla destra del Giglio poi, in corrispondenza colla G-*
di sinistra, il piccolo segno (di sei monti araldici attraver-
sati da una banda) è l'arme del marchese Luigi Ridotti, di-
rettore della zecca fiorentina, e figlio all'illustre Cosimo.
Fu in Toscana usanza generalmente seguita che i diret-
tori di zecca apponessero sulle monete la propria arme di
famiglia, quale segno e ricordo della direzione avuta sul-
l'eseguita monetazione.
Nel fiorino abbiamo, sotto il leone, tre cornette in campo
azzurro, stemma del Guicciardini, che fu pure nel 1859, e
prima del Ridotti, direttore della zecca di Firenze. Il Ridolfi
seguitò poi ad apporre la propria arme sotto il busto di
Vittorio Emanuele nel pezzo da cinque lire e in tutti gli
spezzati d'argento detti del Re eletto.
Dacché sono in tema di monete d'argento coniate a Fi-
renze per il nuovo sovrano negli anni 1859, 1860 e 1861,
dirò che per i pezzi da lire 2, 1, e centesimi 50 furono fatte
le prove in piombo (come per il fiorino e per il Saggio d'un
popolano, e come si fece in bronzo per il Ruspone) e la data
usata fu il 1860. La prova in piombo del pezzo da lire 2
porta, come la moneta, all'esergo del diritto l'arme dei Ri-
dolfi, e all'esergo del rovescio un piccolo serpe che si morde
la coda, e pesa grammi 7,100. La prova ripiombo del pezzo
da lire 1, avendo come la moneta lo stemma Ridolfi al-
l'esergo del diritto reca all'esergo del rovescio una piccola
mano che impugna lo scettro, e pesa grammi 3,840. La prova
STUDI SULLA NUMISMATICA DI CASA SAVOJA 233
in piombo del pezzo da centesimi 50, avendo l'arme solita
all'esergo del diritto, porta nell'esergo del rovescio la punta
di uno strale, e pesa grammi 1,620. Mi vien fatto sapere
che i tre segni sopra riferiti fanno l'ufficio di punti segreti,
e sono stati apposti collo scopo di scoprire le monete false;
a me però sembra che troppo chiari e visibili siano codesti
segni per attribuirli a uno scopo tanto segreto e geloso, e
che se pure così avvenne, la scelta non fu pratica, anzi è
addirittura ingenua.
Sempre in tema di monete della zecca fiorentina per
Vittorio Emanuele II aggiungo ancora che posseggo una in-
teressante prova o tessera di argento, stesso modulo del
pezzo da una lira, la quale non portando nel diritto variante
apparente dalla moneta ben nota, reca nel rovescio la croce
di Savoja, in campo rosso, che occupa tutto lo spazio, senza
altro segno o leggenda. Il contorno è liscio, ed il peso è di
grammi 4,300. Sebbene la moneta sia d'argento, l'aspetto è
alquanto rossigno, e la fattura è squisitamente accurata. Un
giro di perline sta al bordo estremo del diritto, e manca af-
fatto nel rovescio che fu occupato esclusivamente, come dico,
dallo Scudo Sabaudo.
Quanto alle monete di rame pel Governo Provvisorio
della Toscana, da. centesimi 5, 2, 1, soli tipi battuti e ben
noti, e colla sola data 1859, non portano l'arme di alcun
direttore di zecca, e la ragione è che non escono dalla of-
ficina di Firenze ; esse infatti furono tutte coniate alla zecca
di Birmingham (x).
Ho detto nella Memoria, di cui la presente è supple-
mento {Rivista Italiana, pag. 221), che la pezza da io cen-
tesimi è l'unica moneta di Vittorio Emanuele II che non sia
stata coniata esclusivamente in Italia, e ho nominate le
quattro zecche estere che concorsero colle nostre alla loro
coniazione. È mestieri ora, a rettifica del sopradetto, aggiun-
gere la serie di rame del Governo Provvisorio di Toscana,
che reca il nome del Re e la Croce di Savoja.
(1) V. Spink & Son's, Morti hly Nuwistnalic Circular, a pag. 7076,
(septcmber 1903) il magistrale lavoro di L. Forrer: Biographical Diciio-
nary of Medallists% etc.
334 A- F- MARCHISIO
Il Forrer, a pag. 7075 della Numismatic Circular, sotto
la rubrica Italy, attribuisce alla zecca di Birmingham anche
la coniazione di pezzi da 1, 2, 5 e io centesimi, dal 1861
al 1862, colla effigie del nuovo Re d' Italia.
Codesta affermazione, in opera di tanto valore quale è
quella del Forrer, contraddice apparentemente alla pubbli-
cazione fatta a Roma nel 1902 per cura del Ministero del
Tesoro, riguardo la monetazione italiana del secolo XIX; in
questa pubblicazione infatti, alla quale non è del tutto estraneo
chi scrive queste linee, le pezze da centesimi 1, 2 e 5 sono
ascritte esclusivamente a zecche italiane (ed è la verità) ;
d'altra parte le monete stesse, colle marche che portano
(B, M, N, per i pezzi da 5 centesimi, M, N, T, per i pezzi da
2 e da 1 centesimo) affermano che le zecche in cui furono
coniate sono quelle di Bologna, Milano, Napoli e Torino.
Ma, come dissi, la contraddizione è apparente e giustificabile,
poiché, come si può leggere a pag. 154 dell'opera del Re-
possi : Milano e la sua zecca, con Decreto 15 dicembre 1860
venne approvata la fabbricazione per appalto delle nuove
monete di rame ; fabbricazione che assunta dalla Ditta Hea-
ton & Fils di Birmingham, venne poi eseguita alla zecca
milanese negli anni 1860 e 1861, per l'ammontare di 12 mi-
lioni di lire (J).
(1) Il pezzo da 5 centesimi, anno 1861, senza marca di zecca, fu
coniato a Bologna, così come quello molto più raro che reca la
marca B.
Già nel 1860 alla zecca di Bologna, per bisogno di moneta corrente,
si era fatta una riconiazione dei rozzi pezzi di Carlo Felice del 1826,
da centesimi 5, 3, 1, lasciando intatta perfino la data ; ma per distin-
guere le monete così coniate dalle sincrone, e numerosissime, delle
zecche di Genova e Torino, si lasciò da parte ogni segno di zecca e
lettera iniziale del direttore di fabbricazione. Quanto poi ai pezzi da
io centesimi coniati all'estero, dirò per chi l' ignora che quelli senza
marca non sono italiani; che la marca OM in nesso (con, o senza punti
che l'accostano), è per la Casa Oesgher Mesdach, di Strasburgo ; e
che la marca H è per la Casa Heaton, Balph & Sons, di Birmingham,
che mutò più volte ragion sociale (come ad es. si può vedere per le
monete di Umberto 1 che portano BI, iniziale di Birmingham, in nesso).
L'esame analitico e statistico di ogni moneta, data, zecca, ecc., per Re
Vittorio Emanuele II, sarà tema di successiva Memoria.
STUDI SULLA NUMISMATICA DI CASA SAVOJA 235
Per la zecca di Milano segnalo una bella curiosità che
ebbi recentemente ad aggiungere al medagliere. Essa è un
pezzo (autentico di zecca) portante al diritto e al rovescio
le impronte e le leggende del noto pezzo da 2 centesimi,
non dissimile nel modulo, ma di tanto spessore da sembrare
un pie fori della moneta che rappresenta; pesa infatti gr. 3,350,
invece di 2 che è il peso legale.
La ragione di tale aumento di peso e spessore non è
mistero ; si vede infatti molto chiaramente sotto la nuova
coniatura al diritto il rovescio, e al rovescio il diritto del
Carantano, che come è noto fu fatto battere alla zecca mi-
lanese negli anni 1858 e 1859 da Francesco Giuseppe per
l'Impero Austriaco.
In codesto mio esemplare si vede benissimo la data
obliterata 1859, ultimo anno in cui la zecca di Milano ebbe
a coniare per l'Austria. Qualche fervido italiano della nobile
e gloriosa zecca si vede che volle far asservire l'ultima mo-
neta di bronzo coniata colla marca M per altre terre, alla
prima di eguale metallo e simile modulo coniata per la pa-
tria risorta (*).
Per la zecca di Torino aggiungo :
i.° Una pezza da lire 20, data 1850, coniata in po-
chissimi esemplari, con una speciale lega d'argento, che dà
alla moneta-prova un tale aspetto bianchiccio da assomigliarla
alle monete di elettro, e a quelle di platino coniate in Russia;
il peso è sensibilmente superiore a quello dei soliti pezzi da
lire 20 ; l'esecuzione è meravigliosa, come per lo scudo già
segnalato nella memoria precedente, con certe leghe di espe
rimento (2).
(1) Codesto scherzo patriottico della zecca di Milano non manca di
precedenti ; basti citare la lira del 1810 per Napoleone I Imperatore e
Re, alla cui coniazione si dice non essere stato estraneo Pietro Verri.
(V. Gnecchi, Le Monete di Milano, pag. 216, n. 56 e nota, e tav. XLIX
numero 3).
(2) Rivista Italiana, 1904, pag. 216.
3>
236 A. F. MARCHISIO
2.0 Una prova di mistura, di cui ecco la descrizione:
]& — Nel campo, testa di Vittorio Emanuele di profilo,
a sin.; attorno, ® Zecca di Torino &, e all'esergo, 1861.
R) — Nel campo in quattro linee C jo — Saggio — di
— eroso misto. In fondo, stelletta a cinque raggi.
Contorno liscio, peso grammi 4, diametro mm. 21.
Finalmente, per la zecca di Venezia, a pag. 220-21 di
questa Rivista, anno 1904, ho data la descrizione di una
specie di prova o tessera, posseduta in argento e in rame,
ed alla tav. XI, n. 14 il relativo disegno.
Un raccoglitore mi comunicò gentilmente che possedeva
altra tessera in rame, di egual tipo del soldo, come la mia,
e che perciò trova adatta sede in queste note. Come il
n. 14 ha il diametro di mm. 25, il peso di grammi 5,900, e
il contorno liscio ; il diritto non varia menomamente dal di-
ritto della tessera di cui ho dato il disegno, e dal pezzo in
corso da 5 centesimi inciso dal Ferraris; nel rovescio invece
porta scritto attorno : Venezia restituita all' Italia. Nel campo,
lo stesso leone ; ma sul piedestallo, invece di 19 — otto-
bre — 1866, si legge 3 — ottobre — 1866. Questo pezzo,
assai raro e interessante, manca al grande catalogo del
Camozzi-Vertova, e fino ad ora fu da me completamente
ignorato.
Credo con quanto sovra di avere pressoché esaurito
l'argomento delle prove di zecca per Vittorio Emanuele II ;
se amici ed amatori mi vorranno ancora essere cortesi dei
loro lumi per eventuali aggiunte, possono essere certi della
mia sincera gratitudine.
Torino, Maggio ipoj.
A. F. Marchisio.
CRONACA DELLE FALSIFICAZIONI
Nell'anno 1902 ho pubblicato su questa Rivista (*) 23 mo-
nete italiane d'oro false. Ora faccio una aggiunta a quel-
l'articoletto dando la descrizione di 12 altre monete false,
che potei avere nelle mani, e che, come quelle, provengono
tutte dalla famigerata officina di Roma. Di queste contraf-
fazioni purtroppo rimasero vittime parecchi nostri raccogli-
tori, e, fra questi, alcuni molto provetti.
ANCONA.
1. Giulio II (1503-1513), Zecchino (2).
& - IVLIVS • Il • PONT. MAX. Stemma.
$ - SANCTVS • PETRVS • MARCHIA. San Pietro nella na-
vicella che tira le reti.
Oro.
BRINDISI.
2. Federico II Imp. (1 198-1250) Mezza augustale.
& - * FRI DE RICVS. Busto laur. a destra.
ty - CESAR AVO- • IMP ROM. Aquila di prospetto colle
ali aperte.
Oro.
(1) Falsificazioni di monete italiane. Rivista Italiana di Nutn., 1902,
fase. Ili, pag. 333-342, tav. XII, XIII.
(2) Fino dall'epoca della suaccennata pubblicazione conoscevo l'esi-
stenza di questa falsificazione e l'avevo accennata in nota a quell'arti-
coletto, senza poter darne la descrizione, perchè non mi era ancora
pervenuta nelle mani. Lo stesso si dica dei N. 2, 5 e n.
238 ERCOLE GNECCHI
CAMERINO.
3. Giulia Varano (1527-1538). Zecchino.
& - *IVL + VAR + DERVRE + CAMERT+ DVX +. Stemma.
$ - + NON • TIMEBO • MALA • QVONIA • TV • MECV : ES.
Croce gigliata e ornata.
Oro.
CIVITADUCALE.
4. Autonoma (1460). Doppio bolognino.
& - (Torre) DE CIVITA @ DVCALI. Croce.
BJ — * S. MAR INVS. Mezza figura del Santo di faccia,
col pastorale nella sin. e la destra alzata in atto di be-
nedire.
Argento.
FERRARA.
5. Ercole I d'Este (1471-1505). Mezzo zecchino.
& - HERCVLES • DVX • FERRARIAE & C. Cavaliere a
destra.
9/ - S. MAVRELIVS . EPISCOP. Il Santo seduto col pa-
storale nella sin. e la destra alzata in atto di benedire.
Oro.
NB. — Questa falsificazione fu eseguita sul grossetto d'argento.
MANTOVA.
6. Lodovico III (1444- 1478). Zecchino.
& - LODOVICVS • MARCHIO • MANTVE & C Lodovico in
piedi piegato a d. Nella d. tiene la spada e colla sinistra
sostiene lo stemma.
$ - SANCTVS GEORG-IVS. Il Santo a cavallo a sin. che
ferisce il drago.
Oro.
7. Vincenzo I (1587-1612). Doppia da due.
& - ® VINCENTIVS @ D ® G ® DVX ft MANT @ UH é.
Busto corazzato del duca a sinistra; testa nuda. Al-
Tesergo ® 1590 ®.
CRONACA DELLE FALSIFICAZIONI 239
^l - ¥ ET * MONTIS * FERRATI * Il #. Stemma sor-
montato da corona. Fra lo stemma e la corona il
M. Olimpo e FIDES.
Oro.
MESOCCO.
8. Gian Giacomo Trivulzio (1487-1518) Scudo d'oro del Sole.
& — * IO • IA • TRI • MAR • VIOLE • ET • MARES • FRAN •.
Scudo coi tre nicchi disposti a triangolo, due in alto e
uno abbasso, sormontato dalla corona di marchese.
9! — (Nicchio coronato) XPS • VINCIT • XPS • REG-NAT •
XPS • IMPERAT : Croce gigliata.
Oro.
ROMA.
9. Paolo IV (1555- 1559. Scudo d'oro.
& - PAVLVS INI • • PONT MAX. Stemma colle chiavi e il
triregno.
R) - S. PAVLVS ALMA ROMA. Il Santo in piedi colla spada
nella d. e il libro nella sin.
Oro.
NB. — È il tipo identico del giulio.
io. Gregorio XIII (1572- 1588). Scudo d'oro.
& - GREG- • XIII • PON • M • A • VI. Stemma colle chiavi e
il triregno.
P - BEARE • SOLEO • AMICOS • MEOS. Busto del Reden-
tore a sin.
Oro.
11. Leone XI (1605). Testone.
& - LEO • XI • PONT • MAX. Stemma Medici colle chiavi
e il triregno.
5/ - S. PETRVS ALMA ROMA. Il Santo in piedi a sinistra
colla destra alzata.
Argento.
NB. — Mentre tutte le altre monete qui descritte sono imitazioni
di monete genuine, questa è una pretta invenzione.
34-0 ERCOLE GNECCHI
12. Urbano Vili (1623-1644). Doppio scudo d'oro.
& - VRBANVS • Vili • PONT • MAX • A • I. Stemma colle
chiavi e il triregno.
9/ - CANDOR LV CIS >ETERN/E. La SS. Concezione.
Oro.
Nella mia pubblicazione citata alla nota n. 2, avevo
accennato a un nuovo genere di contraffazioni dell'officina
romana, quella cioè di zecchini papali, sui quali il nome di
zecca ROMA fu abilmente sostituito dal nome di qualche
zecca rara, come Ancona, Parma, Perugia, Macerata, ecc.
Ora che le monete moderne rare sono molto ricercate, pare
che l'attività dei nostri contraffatori tenda a rivolgersi anche
a queste. Così mi vennero alle mani due pezzi di 40 lire di
Napoleone I, coniati a Milano, sui quali i millesimi comuni
furono cambiati in quello molto raro del 1806. Credo bene
quindi mettere in guardia i nostri raccoglitori pel caso fos-
sero loro presentate monete moderne rare, avvertendoli che
queste sostituzioni di anni sono eseguite con rara abilità e
che non si possono discernere che dopo un diligente esame
fatto colla lente.
E. Gnecchi.
OPERE NUMISMATICHE
DI
CARLO KUNZ
(Continuazione: Vedi Fase. IV, 1903)
DUE SIGILLI VESCOVILI DI NONA
DEL MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE («)
Dopo quanto esposero intorno ai sigilli molti valentis-
simi scrittori, e basti nominare Mabillon, Heinecio, Papen-
broeck, Gorleo, Struvio, l'abate Goffredo Gotvicense, Ciac-
conio, Ughelli, Muratori, Domenico Maria Manni, che in trenta
volumi ne illustrò grandissimo numero, tornerebbe superfluo
rilevare l' importanza che hanno pella storia, pel diritto pub-
blico, pella genealogia i vecchi sigilli, e ripetere cose notis-
sime sulla loro origine, qualità, materia, tipi e leggende (2).
Basti qui accennare come scopo di tali piccoli monumenti
fosse quello di dare ai documenti maggior valore di auten-
ticità e credibilità che non la semplice sottoscrizione, come
essi siano testimoni fedeli ed imparziali dei fatti passati e
perciò tornino di grande sussidio alla storia, come lo studio
della sfragistica abbia ormai acquistato posto distinto fra le
archeologiche discipline e venga ognor maggiormente colti-
vato, e come i vecchi sigilli, care memorie di tempi passati,
(i) Dall' Archeografo Triestino, 1880, fase. I-II, pag. 137-142.
(2) Vedansi, fra gli autori moderni : Gloria. Compendio delle le-
zioni teorico pratiche di paleografia e diplomatica. Padova, 1870. — Luri.
Manuale di paleografia delle carte. Firenze, 1875.
244 CARLO KUNZ
si tengano in grande estimazione e se ne facciano collezioni
da musei e da privati con zelo pari a quello impiegato nel
formare serie di medaglie e di monete. Ed a ragione, impe-
rocché numismatica e sfragistica sieno due dottrine intima-
mente collegate, che di sovente si completano a vicenda, e
tendono ad un medesimo scopo, quasi due rami d'una stessa
famiglia.
Conviene poi respingere l'accusa che da molti vien fatta
a cotali monumenti, di non offerire squisitezza di lavoro ar-
tistico pari a quello delle monete e delle medaglie. Le va-
ghissime composizioni di grande numero di sigilli ecclesia-
stici dei secoli XIV e XV, specialmente italiani, dai quali
traluce un riflesso delle grandi arti della scultura e della
pittura di quei tempi; quelli, ancor più vaghi, del secolo XVI,
in ispecialità di cardinali e vescovi, e moltissimi di città e
principi d'ogni paese, sono là a dimostrare che l'arte vi eser-
citò intorno ogni suo più diligente magistero, che valentis-
simi, sebbene per la maggior parte ignoti, erano gli artefici
che li eseguirono, e ch'essi reggono bene al confronto delle
più segnalate medaglie. Fra i molti che potrebbero anno-
verarsi basti ricordare quelli, che più da vicino ci riguar-
dano, dei vescovi di Trieste Marino di Cernotis (1424-1441)
e Nicolò Aldegardis (1441-1447), già riportati in questo Ar-
cheografo (J). Il sigillo originale dell'Aldegardis è ora bello
ornamento del nostro Museo civico di antichità, al quale
pervenne con le collezioni Cumano. Quel disegno, fatto an-
teriormente dietro logora impronta in cera, non rende che
imperfettamente l' immagine di tale per noi insigne cimelio.
Oltre la preziosa serie di sigilli radunata dal Cumano (2),
il Museo raccolse ormai buon numero d'altri, con alcuni di
merito speciale. Tali sono due vescovili di Nona, l'antica
Enonia, città della Dalmazia, nel distretto di Zara, la isti-
tuzione della cui sede vescovile risale all'anno 879, se non
prima, annoverante una serie accertata di cinquantasei ve-
scovi, fino all'anno 1827, in cui fu soppressa con bolla del
(1) Nuova serie, voi. IV, pag. 27, e voi. V, p. 184.
(2Ì Vedasi Archeografo. N. s., voi. VI, pag. 50.
DUE SIGILLI VESCOVILI DI NONA 245
pontefice Leone XII ed aggregata all'arcivescovo di Zara.
Nona è ora parrocchia decanale con titolo di arcipretale.
Non dispiacerà siano qui riportati i disegni di entrambi,
potendo interessare quelli che si compiacciono di siffatte cose.
Il primo sigillo spetta a Jacopo Bragadino, della no-
bile famiglia veneziana di tal nome, che fu il ventesimot-
tavo vescovo di Nona (1463-1474). Di ottimo lavoro, ve-
rosimilmente di artefice veneziano, viene a conferma del
suesposto giudizio sul merito di molti sigilli ed è della forma
ovale, a sesto acuto, usata più comunemente dagli arcive-
scovi, vescovi, abati, abadesse, e dai monasteri e capitoli.
Mostra Maria Vergine coronata, col bambino, in mezzo a
due Santi vescovi, entro una specie di tabernacolo architet-
tonico sorretto da due pilastri corinti, ornato nel fregio da
encarpi portati da cinque maschere e, nel timpano del fron-
tispizio arcuato, da una testa di cherubino. Inferiormente
vedesi l'arme, sormontata dalla mitra vescovile, dei Braga-
dini, ch'era spaccata di azzurro e d'argento con una croce
rossa sopra il tutto. Altra più antica arma dello stesso ca-
sato, prima che fosse diviso in due rami, ostendeva un'aquila
nera in campo d'oro. Corre sul margine del sigillo l'iscri-
zione: f S • IACOBI • BRAGADINO • EPISCOPI • NONENSIS • ET • C •
Jacopo Bragadino fu dapprima ventesimosesto vescovo
di Scardona (1460- 1463). Dopo la prima età coltivò lo studio
della filosofia e del gius civile ed ecclesiastico. Recatosi a
Roma diede saggio di singolare dottrina, per cui dal ponte-
fice Pio II, fautore dei buoni studi, fu insignito del titolo e
delle insegne di suo cameriere. Dopo la vacanza della sede
di Scardona, pella morte del vescovo Felice (1460), lo stesso
pontefice destinavalo a quella chiesa. Jacopo, dopo la con-
sacrazione episcopale, trovò la sede illegalmente occupata
da Alessandro, dell'ordine dei frati minori di S. Francesco,
il quale gliene vietò l'accesso. Lorenzo, metropolita di Spa-
lato, incaricato con lettera dal pontefice di espellere l'intruso,
essendo assente, trasmise l'ordine a Maffeo arcivescovo di
Zara. Alessandro sgomentato dalla minaccia delle pene ca-
noniche, cedette e si dimise. Il Bragadino occupò allora la
sede che tenne tre anni, essendo stato trasferito dallo stesso
246 CARLO KUNZ
pontefice al governo di quella di Nona nell'anno 1463. A lui
subentrò in quella di Scardona il nominato Alessandro, tor-
nato in grazia del pontefice.
Quantunque Mattia, re d'Ungheria, vedesse malvolen-
tieri la nomina del Bragadino al vescovato di Nona, che
pretendeva fosse di suo diritto, nonostante che quella città
fosse soggetta ai Veneziani, non giudicò prudente di opporsi
al volere del pontefice, ma, cedendo al riflesso dell'aiuto che
poteva avere da lui contro i Turchi invadenti, ai meriti del
Bragadino, ed alle raccomandazioni di Giovanni Emo, ora-
tore della Repubblica presso di sé, approvò la elezione,
come consta da lettera di quel re, in data di Varasdino
12 settembre 1463, riportata dal Farlati.
Il Bragadino sostenne lunghe contese coi patrizi zaratini
per possessi tenuti da essi e per altri diritti accampati, con-
tese che furono appianate mercè l'intervento del Doge e del
Senato. Dopo avere governato quella sede undici anni, morì
nel 1474, e fu sepolto nella cattedrale davanti all'altare mag-
giore. La lapide, che ne porta scolpita l'effìgie con gli or-
namenti vescovili, reca l'iscrizione: HIC • IACET • IACOBVS •
BRAGADENO • PATRICIVS • VENETVS • EPISCOPVS • NONENSIS.
Il secondo sigillo spetta al ventesimottavo vescovo di
Nona, Jacopo, della antichissima e nobilissima famiglia Difnica
(Divinic) di Sebenico, distinta per amplissimi privilegi di re
ed imperatori, annoverante molti uomini illustri nelle armi
e nelle lettere, insigniti di cariche militari civili ed ecclesia-
stiche. E piccoletto tondo, e mostra nel mezzo la sua arme,
ch'è uno scudo quadrato, con una banda accompagnata da
due rose di cinque foglie, cimata dalla mitra vescovile colla
infula pendente. Gli smalti di tale arme sarebbero, di rosso
pello scudo e d'oro per la banda e le rose, secondo infor-
mazione datami gentilmente dal chiaris. Sig. Dr. Francesco
Danilo di Zara, dal quale apprendo inoltre che altra arme
della stessa famiglia portava un leone d'oro con tre rose
pure d'oro. Intorno all'arme corre la leggenda: f IACOBVS •
DIPHINICVS • EPISCOPVS • NONENSIS- La lezione del nome
è dunque differente da quella data dagli autori e del monu-
mento del vescovo Giorgio suo zio, dove leggesi Diphnicus.
DUE SIGILLI VESCOVILI DI NONA 247
Jacopo Difnico fu designato successore di Giorgio suo
zio, che fu ventesimosettimo vescovo di Nona, ed occupò
quella sede per ben 55 anni (1475-1530). Vivente lo zio, del
quale seguì i virtuosi esempì, fu suo coadiutore, ammini-
strando sapientemente i proventi della sede in tempi cala-
mitosi in cui 1' Ungheria era osteggiata dai Turchi. Assunta
la dignità vescovile mantenne vicario M. Antonio Raimondi,
ch'era stato già tale sotto lo zio, e che lasciò una descri-
zione del territorio nonense. Custode geloso dei diritti e
delle immunità della sua chiesa, amministrò giustizia equa-
mente, appianò liti, dettò una regola sul modo di percezione
e ripartizione delle decime, e diede buon esempio al Capi-
tolo di conformazione alle norme della onestà e della reli-
gione. Vigilò la conservazione degli argenti e delle altre
suppellettili preziose della cattedrale, ordinando se ne facesse
l'elenco, onde evitare che per incuria o per frode ne fosse
fatta dispersione ; provvidissima misura, che, dove per av-
ventura non sia di già adottata, sarebbe più che mai neces-
saria nel nostro tempo in cui tanta è la smaniosa avidità
degli oggetti rari.
Durante il suo episcopato, nell'anno 1537, Nedino (Ne-
dinum), castello nella diocesi di Nona, cadde in potere dei
Turchi, che già nel 1500 erano giunti con 2000 cavalli sotto
Zara terrorizzando la circostante campagna. Nedino era al-
lora magazzino e granaio dei Veneziani, dove avevano ra-
dunate abbondanti provvigioni per continuare la guerra contro
i Turchi e che, ritirandosi,, diedero alle fiamme, dopo averne
asportato ogni cosa. Nel sito di quel castello, quindici miglia
a levante di Zara, sta ora il villaggio denominato Nedin,
con 400 abitanti. Lo stesso chiarissimo Signor Dr. Fran-
cesco Danilo, al quale sono lieto di esprimere la mia più
sentita riconoscenza , mi fa sapere come poco lontano ,
sopra un colle, s'innalzino le rovine di un castellacelo
medioevale, presso il quale evvi un gruppo di casolari
che portano il nome di Staro selo (Villa vecchia), dove
non è infrequente il rinvenimento di ruderi e di monete
romane che attestano come il sito fosse abitato da tempi
remoti.
248 CARLO KUNZ
Il vescovo Jacopo Difnico morì nell'anno 1556 e la sua
salma fu deposta nello stesso sepolcro della cattedrale che
lo zio Giorgio faceva innalzare per sé e che porta la se-
guente iscrizione :
HIC IACET AENONIVS
PRAESVL SED DIPHNICA
PROLES
SIT SVA SORS
INTER
REGIA CELSA
PRECOR
OBIIT Vili. AVG-VSTI ANNO
MDXXX.
MONETE INEDITE O RARE
DI ZECCHE ITALIANE W
Lavorando anni parecchi nelle poche ore che mi resta-
vano libere dalle cure della vita, mettendo in pratica quasi
alla lettera il precetto nulla dies sine linea, sono arrivato,
disegnando ed annotando, a formare un copioso schedario
di monete di zecche italiane, sia spogliando libri nei quali
trovansi riportate, sia aggiungendo quante passavanmi pelle
mani od erami dato di osservare in qualche pubblica o pri-
vata collezione. Con tale faticoso ma utile lavoro, che altri
fecero certamente prima e faranno dopo di me, non ebbi
altro scopo che quello di appianarmi all'uopo le difficili ri-
cerche quando fossemi necessario di ricordare quanto avevo
veduto e quanto fu fatto in opere numerosissime e spesso
di difficile possesso per chi non è dotato di beni di fortuna.
Sono contento del tempo impiegato per soddisfare ad una
di quelle attraenti ed oneste manìe, le quali in chi vi è do-
minato, aiutano a vincere le noie e le avversità della esi-
stenza, senza lasciare rughe di pentimento.
Allorché mi avviene di scartabellare tali mie schede vi
trovo qua e là memoria di alcune monete sfuggite alle di-
ligenti ricerche di quelli che faticarono nello studio della
numismatica italiana e di altre che, quantunque già pubbli-
cate, mi lasciarono qualche dubbio sulla esatta loro riprodu-
zione od interpretazione. Alieno dalla manìa di atteggiarmi
a scopritore di cose nuove, e più ancora di erigermi a cor-
rettore di scusabili errori, avrei lasciati sempre obliati tali
(i) DM'Archeografo Triestino, voi. VII, fase. III-IV, 1880.
25O CARLO KUNZ
miei disegni ed annotazioni, senza le cortesi istanze di egregi
e chiarissimi amici, ai quali parve che non sarebbe forse
opera del tutto infruttuosa la pubblicazione neir ' Archeografo
di una parte di tali cose, potendo esse servire a colmare
qualche lacuna nella serie delle monete italiane. Farò adunque
ciò che mi si chiede, spigolando nel mio schedario quanto
mi sembrerà meritevole di menzione. Saranno alcuni articoli,
nei quali procederò a capriccio ed a sbalzi, senza altro or-
dine, nemmeno richiesto per lavoro di tal fatta, che quello
necessario alle singole parti, ad imitazione di quanto fecero
prima di me alcuni valentissimi nummografi C1). Tralascerò
possibilmente la ripetizione di cose notissime, limitando le
annotazioni al mero necessario, onde non allungare di troppo
gli articoli, ed usurpare troppe pagine del periodico a lavori
ben più meritevoli.
MONETE DEI CONTI E DUCHI DI URBINO
Le monete dei signori e duchi di Urbino, dei casati di
Montefeltro e della Rovere, uscite dalle zecche di Gubbio,
Pesaro ed Urbino, nella quale ultima città furono battute
anche quelle del duca Francesco Maria I della Rovere per
Sinigaglia, che trovansi in parte riportate nei trattati del
Muratori e del Bellini, nei due volumi delle monete d'oro e
d'argento del museo imperiale ed in qualche altra opera,
ebbero in fine la buona ventura di essere dottamente ed
ampiamente illustrate da Rinaldo Reposati e da Guid'Antonio
Zanetti. L'opera del primo : Della zecca di Gubbio e delle
gesta dei Conti e Duchi di Urbino (Bologna, 1772-1773), ela-
borata coll'aiuto del Zanetti, fu poi da questo rifatta e com-
(1) Così : R. Chalon. Curiosités numismatiques ; Monnaies rares ou
inédites (Revue de la Numism. belge), 1860 e seguenti. — C. Brambilla.
Alcune annotazioni numismatiche. Pavia, 1867 ; Altre annotazioni numi-
smatiche. Pavia, 1870. — D. Promis. Monete del Piemonte inedite o rare.
Torino, 1852 ; Monete di zecche italiane inedite o corrette. Torino, 1867 ;
Monete di zecche italiane inedite. Torino, 1868 ; Monete di zecche italiane
inedite 0 corrette. Torino, 1871.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 25 1
pendiata, con esclusione della storia di Gubbio e dei conti
e duchi di Urbino, e con aggiunta di nuove notizie e mo-
nete, e da lui inserita nel primo tomo della sua Nuova Rac-
colta delle monete e zecche d'Italia (Bologna, 1875), col titolo :
Delle monete di Gubbio de' secoli bassi e delle altre coniate
nelle zecche dei duchi di Urbino. In fine di quel primo volume
lo stesso Zanetti inseriva una Appendice contenente alcune
correzioni ed aggiunte al precedente trattato, e finalmente
nel terzo tomo della sua Raccolta aggiungeva altre notizie
ed altre diciasette monete di Gubbio, Pesaro ed Urbino di
quei dinasti.
Dopo sì diligenti ed esaurienti lavori, i quali lasciavano
poca speranza che altri potesse aggiungervi qualche cosa,
riusciva a me di pubblicare un nuovo quattrino di Gubbio,
di Guidobaldo II, del Museo di Trieste (0, e prima ancora,
un testone di Francesco Maria II, del Museo di Padova (2),
sfuggiti alle indagini di quei valenti.
Accennando alle monete di Urbino del Museo di Padova
promettevo di occuparmi quando che fosse di qualche altra
moneta inedita di quella zecca, venuta a mia cognizione.
Eccomi ora a sciogliere la promessa, aggiungendo qualche
altro pezzo a quelli che allora avevo in mira. Non sono
molte, né tutte d' importanza, ma serviranno allo scopo, già
propostosi da Reposati e da Zanetti, di contribuire alla com-
pleta illustrazione de' monumenti usciti dalle zecche degli
Urbinati e dimostrare maggiormente quanto fossero attive
per opera loro. Ma prima di passare alla descrizione di esse
siami concesso di esprimere il desiderio che da altri siano
divulgate tutte quelle monete delle tre menzionate zecche
che giacciono ancora inedite nelle pubbliche o private col-
lezioni. Reposati e Zanetti menzionarono parecchie che non
ebbero la sorte di vedere, ma delle quali raccolsero atten-
dibili notizie. Sarebbe inedita la moneta da una sedicina, col
ritratto di Francesco Maria II, accennata dal Morbio {Opere
(1) Archeografo Triestino. Nuova serie, voi. VI, pag. 57, n. 8 della
Tavola.
(2) Periodico di Numismatica e Sfragistica. Firenze, voi. Ili, 1871,
pag. 61, Tav. VII, ri. 7.
252 CARLO KUNZ
storico-numismatiche. Bologna, 1870, pag. 123). Nel Primo
Catalogo del Museo Bartolomeo Borghesi (Roma, 1879) sono
elencate le seguenti. Un quattrino di Guidobaldo I colle ini-
ziali G. D. sotto a corona (n. 2078); un testone con URBINI
sotto il rovere (n. 1204) ed un mezzo quattrino coll'arme
(n. 2103), di Francesco Maria II. Non sono inedite, come fu
notato in quel catalogo, le monete n. 2104 e 2106, perchè
pubblicate dal Zanetti nella Appendice ai trattati dei primi
tre tomi, come non era inedito il piccolo di Federico II col
monogramma, che ora ripubblico sotto il n. 2. Fu grave
danno la cessazione del Periodico di Firenze che offeriva
facile mezzo di pubblicazione anche a brevi memorie e no-
tizie le quali difficilmente trovano modo di essere divulgate
in altra guisa.
GUID'ANTONIO DI MONTEFELTRO
VI CONTE DI URBINO E II SIGNORE DI GUBBIO
(1404 f 1442) (*).
1. G • A • G • MOTISFE In alto, armetta di casa Montefeltro,
ch'era pari a quella del Comune di Urbino, bandata
d'azzurro e d'oro. Nel campo le lettere : T • R • I • ; ed
una rosetta.
DE • EV • GV • Bl • Al sommo, monte di cinque cocuzzoli,
arme di Gubbio, fra due rosette. Nel campo A, fra
quattro punti.
Bolognino di buon argento, peso decigrammi 8,40.
Trovasi descritto nel catalogo Reichel (2). Reposati e
Zanetti non conobbero di questo signore, per Gubbio, altre
monete che quattrini di due specie, con alcune varietà ; gli
(1) Di questo Duca, valentissimo nell'arte militare, nominato dai
Fiorentini e dai Veneziani Capitano supremo, ammirasi nel cortile del
Palazzo ducale di Venezia, sotto l'orologio, una statua, lodata opera del
fiorentino Giovanni Bandini, donata alla Repubblica dal duca Francesco
Maria II della Rovere.
(2) Die Reichelsche Munzsammhing in St. Petersburg, tomo IX, 1843,
pag. 79, n. 539.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 253
uni con l'arme di Casa Feltria da un lato e l'arme di Gubbio
dall'altro; gli altri, con pari dritto, ma al rovescio il busto
di San Ubaldo, principale protettore della città. Consimili
bolognini, battuti da prima in Bologna nell'anno 1236, ed
imitati soccessivamente in Ancona, Ascoli, Fermo, Macerata,
Rimini, Recanati, Camerino, Modena, Ferrara, Crema, Cre-
mona, Chieti, Pesaro, conoscevansi per Gubbio soltanto di
Federico II, duca d'Urbino, figlio naturale di Guid'Antonio,
che Reposati disse essere stato il primo che dotava il suo
stato di moneta d'argento. Il presente è dunque di partico-
lare interesse.
FEDERICO DI MONTEFELTRO
li DUCA D'URBINO
(1444 f I482).
2. f FEDERICVS • CO • Nel mezzo, monogramma composto
delle lettere t fc> 5.
VR * VI * NI f (stV- Al sommo, aquiletta fra due stelle.
Nel campo, arme di casa Montefeltro.
Quadrino di bassa lega. Peso decigr. 5,90.
Il chiarissimo P. Tonini pubblicò già tale quattrino nel
Periodico di Firenze (J) credendolo giustamente meritevole di
particolare illustrazione. Se lo ripubblico ora gli è perchè
quel dotto nummografo non interpretò giustamente il mono-
gramma che porta impresso, il quale secondo lui sarebbe
composto delle sole lettere f ed 3, ma a chi fece il suo di-
segno sfuggì un tratto superiore, pure alquanto visibile, che
forma l'asta obliqua di una terza lettera, cioè di una t), la
quale aggiunta alle altre due, compone il monogramma dei
tre elementi f 5 t) che fanno parte del nome feoericuB. Trat-
tandosi di moneta assai pregevole stimai opportuna tale ret-
tificazione, la quale spero sia anche confermata dall'esem-
plare della collezione Borghesi, / Catalogo, n. 2075, nel quale,
come già dissi, tale quattrino fu detto erroneamente inedito.
(1) Tomo II, pag. 34.
254
CARLO KUNZ
GUIDO UBALDO I
III DUCA D' URBINO
(1482 f I508).
3. OVIDVS • VB • * • DVX • VRBINI Al sommo, stella fra due
doppi punti. Nel campo, busto giovanile del Duca.
FIDES * SPES * CARITAS Superiormente, stella fra due
doppi punti. Scudo a teschio di cavallo, coll'arme in-
quartata : 1 e 4, l'aquila di Urbino ; 2 e 3 le bande dei
Montefeltro ; la inquartatura partita da un palo colla
insegna pontificia.
Quattrino di rame.
Reposati riportò tre simili quattrini (pag. 41, n. Ili, IV, V),
ma colla testa del Duca rivolta alla sinistra, e con inverso
collocamento dei tre quarti dell'arme. Parvemi meritevole di
pubblicazione il presente, perchè tanto differente e per il
bel disegno della testa quasi infantile del Duca, il quale a
soli dieci anni succedette al padre Federico, ondechè tale
moneta dovrebbe ritenersi essere una delle prime da lui
battute.
FRANCESCO MARIA I DELLA ROVERE
IV DUCA D' URBINO
(1508, 1516 e 1521 f I538)-
4. f FRANC t MARIA •:• VRBI • DVX Arme coronata inquar-
tata : 1, aquila coronata, per Urbino ; 2, il rovere dei
della Rovere; 3, le bande di Montefeltro; 4, d'Aragona,
arme concessa a Giovanni della Rovere, padre di Fran-
cesco Maria, da Ferdinando I re di Napoli ; la inquar-
tatura partita dal palo colla insegna pontificia.
'•:•• S • CRISCENTINE • OR • PRO • N • San Crescentino a
cavallo, armato di lancia, con la quale ferisce il drago.
Argento, grammi 3,157.
Il barile feretrano, annoverato in bando senza data di
Lorenzo de' Medici, investito da Leone X, suo zio, del du-
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 255
cato di Urbino, dopo che n'ebbe spogliato nell'anno 1516 il
duca Francesco Maria I, avente corso per quattrini trenta-
sette e mezzo doveva essere, secondo l'opinione dei men-
zionati due autori, moneta d'Urbino, per l'etimologia del-
l'aggettivo, derivato dalla casa di Montefeltro, detta Fere-
trana. Doveva inoltre, sì nel peso, che nella grandezza, es-
sere simile al barile fiorentino, perchè di nome uguale. Il
barile fiorentino o gabellotto fu battuto la prima volta nel-
l'anno 1505, ad imitazione del carlino, battuto un anno avanti,
e valse soldi 12 e danari 6. Quel nome gli fu dato perchè
serviva al pagamento della gabella di un barile di vino, ov-
vero di due barili di olio. Fu coniato appositamente per tale
uso, onde facilitare il pagamento di quelle gabelle che per
lo innanzi facevasi con grave incomodo con monete piccole.
Si può vedere la figura di esso nell'opera dell'Orsini: Storia
delle monete della Repubblica fiorentina, pag. 283.
Il barile feretrano, che pel suo valore di quattrini 37 !/2
doveva essere maggiore delle monete d'argento di Urbino
anteriori al bando di Lorenzo de' Medici, fu moneta invano
desiderata e cercata da Reposati e da Zanetti. Forse non
erro ammettendo la sudescritta moneta essere appunto il
barile feretrano. Il suo modulo, maggiore di quello di qua-
lunque altra moneta argentea urbinate anteriore a quel bando,
ed uguale a quello del barile fiorentino; il suo peso di poco
inferiore allo stesso, che in esemplari di ottima conservazione
trovai di grammi 3,415 a 3,519 e l'epoca del dominio del
duca Francesco Maria I, di poco posteriore alla prima bat-
titura del barile di Firenze, appoggiano bastantemente la mia
opinione. Non escludo tuttavia la possibilità che la moneta
che qui riporto possa invece essere uno dei doppi grossi di
San Crescentino, valutati nel predetto bando quattrini tren-
tatre, e che il vero barile feretrano resti ancora a scoprirsi
e fosse di un tipo più simile al fiorentino, per esempio con
l'arme da un lato e due Santi dall'altro, press'a poco come
le monete da due sedicine e da trenta quattrini del duca
Francesco Maria II (Reposati, pag. 120, n. 25, 32, 33). Ma
sia come si voglia, la presente bella moneta deve ritenersi
assai pregevole, perchè finora ignorata e perchè maggiore
di tutte le finora conosciute del quarto duca d'Urbino. È
256 CARLO KUNZ
verosimile che il solo Francesco Maria I abbia battuto tanto
il barile che il doppio grosso menzionato, ed anzi ch'egli
non abbia ciò fatto che nel primo periodo del suo dominio,
dal 1508 al 1516.
5. FRANC •:• MA •;• VRBI •;• DVX • In alto, scudetto bandato
fra due rosette. Nel mezzo, arme coronata inquartata :
I e 4, d'Aragona ; 2, di della Rovere ; 3, controinquar-
tato, aquila d'Urbino e, sembra, le bande.
S • CRIS • ORA • PRON • Il Santo Crescentino a cavallo che
uccide il drago.
Grosso, grammi 1,447, ma alquanto stronzate
È una varietà del grosso recato dal Reposati (pag. 51,
n. IV), per l'assenza del gonfalone ed il diverso collocamento
degli altri elementi dell'arme. Nessuna altra moneta d' Urbino
offre l'arme così composta. La mancanza del gonfalone, che
notasi in altro grosso di questo duca (Reposati, pag. 51, n. Ili)
dimostra che anche questo fu battuto dopo l'anno 1516, in
cui fu spogliato del ducato e del titolo di Capitano generale
della Chiesa.
GUIDOBALDO II DELLA ROVERE
V DUCA D' URBINO
(1538 t 1574)-
6. Corona formata di due rami d'alloro, che dove si uniscono
hanno una rosetta. Nel campo le lettere G. V. (Guidus
Ubaldus), sotto a corona.
Il • • VRB • DVX • IMI • Aquila coronata ad ali aperte, rivolta
a destra.
Soldo, d'argento, decigr. 4,65.
II tipo di questo soldo si accosta alquanto a quello delle
due varietà a pag. 83, n. 30 e 31 di Reposati, ma n'è diffe-
rente per l'assenza della iscrizione sul primo lato e per
l'aquila, che in quelli è senza corona e veduta di faccia.
Reposati assegna i suoi alla zecca di Pesaro, ma l'aquila
giustificherebbe piuttosto l'attribuzione sì di quelli che di
questo ad Urbino.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 257
FRANCESCO MARIA II DELLA ROVERE
VI ED ULTIMO DUCA D' URBINO
(1574, 1624 f 1631).
7. FRÀNC • M • il • VRB • DVX • VI • ET • C • Arme coronata in-
quarta : 1, aquila coronata; 2, il rovere; 3, le bande;
4, d'Aragona ; la inquartatura partita dal palo col gon-
falone della Chiesa.
AVXILIVM DE • SANCTO • San Francesco genuflesso, di
faccia, in atto di ricevere le stimate. Sotto: PISÀVR.
Paolo, peso grammi 3,209.
È alquanto differente dal paolo recato da Reposati,
pag. 93, n. 5, nel quale il Santo è rappresentato di profilo,
ed il motto che lo accompagna incomincia in alto alla destra,
come in paolo simile battuto in Urbino. Tali monete, che
da prima si denominavano giuli più tardi furono detti paoli,
quando fu fatta la moneta da due grossi (cioè quella col
valore : 2 GROSSI, inscritto nel rovescio, entro corona di
quercia), di valore alquanto inferiore, alla quale restò il nome
di giulio.
8. F ■ M • Il • VRB • DVX • VI . ET C • Arme coronata, come
nel precedente paolo.
Corona di quercia, entro la quale : PI — SÀV — B) in
tre righe.
Sesino di bassa lega.
Tale moneta, ignorata dai menzionati autori, giudico es-
sere sesino anziché quattrino, perchè simile ad uno, uscito
del pari dalla zecca di Pesaro, il quale, in luogo del nome
della città, porta inscritto quel valore sul secondo lato (Re-
posati, pag. 106, n. 16).
Ometto alcune altre varietà di minor conto, di monete
degli Urbinati, che non gioverebbero gran fatto al presente
argomento.
258 CARLO KUNZ
9. ERRORVM • FINIS • PROPE • Vaso di fiamme (?). In alto,
stella forata fra due punti.
CÀRITAS • San Martino a cavallo che taglia un lembo del
suo manto per vestire un poverello ignudo.
Argento, decigr ?
Questa bella monetina, non infrequente nelle collezioni,
anche di coni variati, non ha elementi tali che possano soc-
correre e determinarla a prima vista. Ne propongo la spie-
gazione ai valenti cultori della numismatica italiana, molti
dei quali l'avranno già fatta scopo delle loro indagini. L'ho
messa qui in aggiunta alle precedenti dei duchi d'Urbino,
trovando in essa qualche cosa che potrebbe farla credere
uscita da alcuna delle loro zecche. L'oggetto raffigurato sul
primo suo lato, che vedesi di più forme sopra alcune mo-
nete da quattro e da due bolognini e soldi e quattrini, di
Guidobaldo II, della zecca di Pesaro, che Reposati disse
vaso di fiamme ed anche pietra focaia figurata come un vaso,
e che si riconosce talvolta per un acciarino simile a quelli
che formano parte della collana del tosone d'oro, potrebbe
alludere a tale decorazione, della quale il nominato Duca fu
insignito dall'imperatore Carlo V nell'anno 1558. Il suo peso
è uguale ai doppi bolognini dello stesso duca che nel primo
lato mostrano un consimile oggetto e nell'altro la figura di
S. Terenzio (Reposati, pag. 83, n. 28 e 29). Potendo talvolta
alcuni piccoli dettagli sulle monete incerte aiutare la loro
spiegazione, aggiungerò ancora come i punti triangolari ri-
corrono in monete di Pesaro di Giovanni Sforza, e le stelle
forate in monete pure di Pesaro di Leone X (Olivieri: Della
zecca di Pesaro, ecc., in Zanetti, t. I, pag. 240. tav. Ili,
n. XXXXII e XXXXIII). Lascio il rimanente a chi ne sa
più, così di vedere se il motto: Prossimo alla fine dell'errore,
possa riferirsi a qualche fatto della vita di Guidobaldo II, ed
il perchè del San Martino su tale moneta.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 259
MIRANDOLA W
L'origine di Mirandola è incerta. Che Astolfo, re de'
Longobardi, abbia donato il castello della Mirandola con la
corte di Quarantola a S. Anselmo, fondatore della Badia di
Nonantola ; che Rodolfo, successore di Anselmo, l'abbia dato
a Bonifacio, padre di Matilde ; che Matilde v'abbia fatto co-
struire una rocca e donato poi il tutto ad Ugo, figlio di
Manfredo e fido di Matilde, padre di un Bernardo da cui
derivano i Pio da Carpi, di un Guido, ed in fine di un Al-
berto il cui figlio Pizo diede vita e cognome, poi cambiato
in quella di Pico, ai signori della Mirandola, e così avanti,
non importa gran fatto, bastando per il mio scopo di ricor-
dare come il vero principio della signoria dei Pico rimonti
all'anno 131 1, nel quale un Francesco Pico ottenne dall'im-
peratore Enrico VII Quarantola e Mirandola a titolo di feudo
per sé ed i suoi discendenti, e di toccare brevemente di
quelli della famiglia Pico sotto il dominio dei quali lavorò
la zecca di Mirandola.
Se Francesco non avesse mirato al dominio e nel 1311
non avesse ottenuta quella investitura, la Mirandola sarebbe
sempre restata un luogo di poca importanza. Ai Pico adunque
essa andò debitrice del suo ingrandimento e splendore. La
Concordia, seconda città dello stato dei Pico, che Tiraboschi
trovò ricordata in carta dell'anno 1360, innalzata a contea
dall' imperatore Sigismondo nel 1432 ed a marchesato quando
Mirandola, nel 1597, divenne principato, prese forse il nome
da una pace conchiusa fra vari membri della famiglia Pico
nell'anno 1396.
La famiglia Pico fu feconda d'uomini illustri d'ogni ge-
nere, e nelle belle lettere principalmente essa sorpassò ogni
altra famiglia sovrana. Uno speciale amore per le lettere e
per i letterati fu eredità perpetua lasciata ad essi da Gio-
(1) DaWArcheografo Triestino, voi. Vili, fase. MI, 1881.
34
2Ó0 CARLO KUNZ
vanni Pico, che il suo secolo denominò fenice degli ingegni
e monstrum sine vilio, il quale, per vivere libero e tutto de-
dito agli studi, vendette la sua parte di principato al nipote
Gian Francesco per 30000 ducati. Nell'anno 1824 i Miran-
dolesi sciolsero un voto di postuma gratitudine, erigendogli
un monumento nella chiesa di S. Francesco. Gian Fran-
cesco II, nipote di Giovanni, che primo dotò la Mirandola di
una tipografia e della zecca, ebbe il titolo di letteratissimo
per il suo vasto sapere (x). Anche gli altri signori della Mi-
randola, non escluso il violento Galeotto II, non escluse pa-
recchie donne del loro casato, coltivarono le lettere o pro-
tessero letterati, scienziati ed artisti.
Nell'ultimo (XVIII) secolo i dinasti della Mirandola s'in-
titolavano : duchi della Mirandola, marchesi della Concordia
e signori di San Martino in Spino. Erano reputati sovrani,
ed in documenti del duca di Savoia, del granduca di To-
scana, e persino dei re di Francia e d'Inghilterra sono detti
cugini. Avevano tutti i diritti di regalia, compreso quello di
battere moneta, concesso nell'anno 1515 a Gian Francesco II
dall'imperatore Massimiliano I. Gareggiavano colle più il-
lustri famiglie d'Italia ed erano imparentati colle principali
di esse.
L'arma loro, fino al tempo in cui Alessandro I fu creato
duca, fu varia, come può vedersi sulle monete di Gian Fran-
cesco, di Galeotto II, di Lodovico II e di Galeotto III, e sui
monumenti sepolcrali riportati nelle tavole del Litta. Da al-
lora in poi l'arme loro era inquartata, nel primo e quarto
punto, d'oro, insegna della Mirandola (2). Il secondo e terzo
(1) Le opere di Giovanni Pico furono stampate in Bologna nell'anno
1496, in Venezia nel 1498, in Argentina nel 1504, in Reggio (?) nel 1506,
in Parigi nel 1817, di nuovo in Venezia nel 1519 e nel 1556, e final-
mente, assieme a quelle di Gian Francesco, in Basilea nel 1557, 1573
e 1601 (Tiraboschi, Biblioteca Modenese, tomo IV, pag. 105). Le opere
di Gian Francesco sono ricordate dal Tiraboschi, tomo IV, pag. 113 e 122,
Un elenco più completo trovasi nella Cronaca della Mirandola di Ingrano
Bratti. Mirandola, 1872.
(2) L'antico stemma della Mirandola era un capriolo, chevron, d'oro,
in campo azzurro, e le fu restituito nel 1742 dagli Estensi.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 2ÓI
campo, fasciato d'argento e d'azzurro, caricato da un leone
rosso, armato, lingusto e coronato d'oro, per Concordia.
Sopra il tutto uno scudetto scaccato d'argento e di azzurro,
ch'era l'arme Pico. Nel capo dello scudo l'aquila dell'Impero,
adottata dai Pico nel 1311, quando la provincia di Miran-
dola fu innalzata alla dignità di vicariato imperiale.
Gian Francesco, figlio di Galeotto I e zio di Giovanni
la fenice, fu adunque il primo a dotare la Mirandola di una
zecca. Nel 1499 ottenne dall'imperatore Massimiliano I una
investitura in conferma delle precedenti, la quale ordinava
che i secondogeniti, Lodovico e Federico, lo riconoscessero
come sovrano. Ma i fratelli, che pure avevano riconosciuta
la cessione, non vollero poi saperne, e nel 1502 assalirono
la Mirandola e la presero. Gian Francesco, fatto prigione,
dovette prendere la via dell'esilio, dove, insidiato dai fratelli
nella vita, fu loro generoso di perdono. Ottenne nuovi de-
creti dall' imperatore, il quale poi contraddicendosi, dette il
governo della Mirandola a Francesca Trivulzio, vedova di
Lodovico, morto nel frattempo. Giulio II, intento a scacciare
i Francesi dall'Italia, prese Mirandola nell'anno 1511 e la
restituì a Gian Francesco ; ma nello stesso anno il mare-
sciallo Trivulzio ne lo espulse di nuovo. Ad appianare le
discordie l' imperatore ordinò che lo stato, già piccolo, fosse
diviso in due, e Gian Francesco scelse per sé la Mirandola,
lasciando la Concordia aila cognata, tutrice di Galeotto ancor
bambino. Mancato in seguito a questa l'appoggio del Tri-
vulzio, Gian Francesco ottenne nel 1515 dall' imperatore
nuova investitura di tutto lo stato, col diritto di zecca, e cre-
dendosi ormai sicuro, poiché anche l'altro fratello Federico
era morto, diedesi a governare con amore il suo stato, de-
dicandosi in pari tempo tutto agli studi. Ma un nuovo e più
fiero nemico gli sorse contro nella persona di Galeotto, figlio
di Lodovico, il quale impaziente di dominio ed allevato nel-
l'odio contro lo zio, nella notte del 15 ottobre 1533 mandò
una mano di sicari che, scalando le mura della Mirandola,
sorpresero Gian Francesco mentre stava orando a' piedi di
2Ó2 CARLO KUNZ
un crocifisso, e lo uccisero. In tale modo perdette misera-
mente vita e dominio l'infelice Gian Francesco, nell'età di
sessantatre anni C1), e la sua morte fu deplorata da tutta Italia.
Egli fu condottiero d'armi di parecchi signori, e bene me-
ritò il titolo di letteratissimo datogli dai suoi contemporanei (2).
* Afflitto da continui disastri, più volte profugo dalla patria,
distratto da ripetuti viaggi, avvolto nelle cure di governo e
talvolta in quelle di belliche spedizioni, reca stupore come
gli rimanesse ozio e volontà da comporre tante opere quante
ne pubblicò ,, (3).
Belle sono le monete ch'egli fece battere, particolarmente
quelle d'oro, nelle quali si vede il suo busto con la testa
nuda ed armato di corazza, ovvero col capo coperto di largo
cappello. L'espressione della sua testa barbata vi è nobile
e grave. Sulle doppie vedesi G. Cristo che ascende al cielo,
colla Vergine e quattro o più Apostoli genuflessi, ovvero
S. Francesco che riceve le stimate ; sopra i ducati (foro,
G. Cristo nell'orto, ovvero la sua arme. Gian Francesco fu
accusato di aver fatto morire chi gli batteva monete false,
ma per il suo carattere mite e generoso potrebbe dubitarsi
di ciò, e nessuna sua moneta falsa mi fu dato di vedere o
di trovare segnalata dagli autori.
Il grave delitto indusse l' imperatore Carlo V, nel 1534,
a dichiarare ribelle Galeotto II e ad ordinare ad Antonio
de Leyva, suo generale e governatore di Milano, di farlo
processare e spogliare del dominio. Egli schernì le minaccie
ed il suo stato non fu toccato, perchè seppe corrompere
l'avaro de Leyva, che doveva eseguire la sentenza. Devoto
alla Francia, nel 1536 si pose sotto la protezione di Fran-
cesco I che lo aiutò a resistere all'imperatore e nella guerra
fra l' Imperatore ed il Re accorse in Piemonte a militare
contro gì' imperiali, e la Mirandola divenne intanto asilo di
(1) Non sessantaquattro, perchè nacque nel 1470. Vedasi la nota
a pag. 200 della Cronaca della famiglia Pico, di autore anonimo. Mi-
randola, 1874.
(2) Le sue opere sono latine e versano sopra ogni ramo dello
scibile.
(3) Veronesi. Quadro storico della Mirandola, 1847.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 263
facinorosi e ribelli e centro di macchinazioni. Avendo inco-
minciato la sua carriera con un assassinio procedette ardito
e senza riguardi. Quando andò a vuoto la congiura di Fieschi
e' fece pure tentativi per fare uccidere il Doria, e prese parte
ad altra cospirazione di Giulio Cybo col medesimo intento ;
poi fece scontare colla vita di molti una congiura diretta
contro lui stesso. Nell'anno 1593, essendo estinta tutta la
discendenza mascolina di Gian Francesco, Galeotto, ormai
fuori di paura, tornò alla dipendenza dell'imperatore, il quale
gli perdonò la lunga aberrazione. Questo celebre assassino,
scrive il Litta, era stato accarezzato con predilezione dalla
corte di Francia, e Francesco I, nell'anno 1540, l'aveva in-
signito della collana di S. Michele. Morì a Parigi, di soli
quarantadue anni, il giorno 20 novembre 1550.
Le monete di Galeotto II pubblicate sono poche e tutte
senza il suo ritratto (J). Uno scudo d'oro, descritto nel cata-
logo Reichel ed in quello più recente della collezione Rossi,
porta impressa l'arme di Mirandola-Concordia, colParmetta
Pico nel centro, ed al rovescio una croce ornata, come usa-
vasi in tale specie di moneta ; un grosso mostra l'arme sor-
montata da un elmo che ha per cimiero un'aquila nascente,
ed al rovescio un gallo posato sopra una tuba, ornata di
serpi ed ali a modo di caduceo, entro una ghirlanda.
Lodovico II, primogenito di Galeotto II, fu riconosciuto
signore. La protezione della Francia gli costò subito dieci
mesi di assedio per opera di Giulio III, collegatosi cogli im-
periali, quando, dopo la morte di Pier Luigi Farnese, occu-
parono Piacenza. L'assedio rimase senza effetto e nel 1552
fu composta una tregua. Nell'anno 1554 Lodovico andò alla
difesa di Siena, protetta dalla Francia contro Cosimo I, as-
sistito da Carlo V. Ritornato alla Mirandola, cercò di affezio-
narsi i sudditi, occupandosi della amministrazione, abbellendo
la città, erigendo la torre dell'orologio e facendo lavorare
(1) Farebbe eccezione una piccola moneta di lega colla sua testa
da un lato ed un gallo dall'altro, se presto fede ad una mia nota, fatta
in un tempo nel quale non mettevo la necessaria diligenza in tale studio.
Se ciò fosse vero quella monetina sarebbe importante, avvegnaché
manchino intieramente i suoi ritratti di qualunque maniera. Esiste forse
in qualche collezione?
264 CARLO KUiNZ
valenti artisti, fra cui il pittore veneziano Sante Peranda.
Morì di quarant'un anno nel 1568, con sospetto di veleno,
propinatogli da coloro che, avendo cospirato poco prima
contro di lui, furono, assenti, condannati nella vita e nelle
sostanze.
Fra le sue monete, due d'argento ne mostrano il ritratto,
che più distinto vedesi sopra le medaglie riportate dal Litta.
Fulvia da Correggio, vedova di Lodovico II, fino dal-
l'anno 1561 aveva assunto la tutela dei figli Galeotto e Ales-
sandro, e, capace di governo, finché visse, comandò sola.
Il figlio maggiore, Galeotto III, scemo ed epilettico, fu nul-
lameno da re Carlo IX creato cavaliere, capitano e suo gen-
tiluomo, acciocché, pervenendo al governo, si mantenesse
fedele alla Francia ; ma egli riconosciutosi inetto si associò
il fratello Federico, al quale ben presto abbandonò il governo.
Morì nel 1592.
Di Galeotto III non conoscevasi alcuna moneta, e le
diligenti Tavole sinottiche delle monete d'Italia dell' illustre
cav. V. Promis ne omettono persino il nome. Godo perciò
di potere aggiungere in questi appunti il disegno di un suo
scudo d'oro, simile a quello, soltanto descritto, di Galeotto II,
ed a quelli di Lodovico II pubblicati dal Litta e da altri.
Non posso fare altrettanto per Federico, il quale forse non
fece lavorare la zecca.
Federico non avendo lasciato figli, gli succedette il fra-
tello terzogenito Alessandro I, il quale, avendo intrapresa la
carriera ecclesiastica, mirava alla porpora, rifiutatagli da
Clemente VIII. Seguitò l'esempio del fratello nella devozione
verso le corti di Vienna e di Madrid. La prima gli conferì
la investitura, lo insignì nel 1606 del tosone d'oro, e l' im-
peratore Mattia, nel 1617, gli accordò per la Mirandola il
titolo di ducato. Insorta nell'anno 1629 la guerra degl'Impe-
riali e degli Spagnuoli per la successione del Monferrato
contro i Gonzaga protetti dalla Francia, avendo il fiero conte
di Collalto investito il Mantovano con gli Imperiali, senza
risparmiare lo stato amico del duca. Alessandro, questi, se-
guendo gli impulsi del suo cuore, ricoverò nella Mirandola
i contadini esposti al furore delle soldatesche, le quali agli
altri mali aggiunsero la pestilenza. Alessandro, per satollare
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 265
l'avidità degli invasori, impegnò le sue gioie ed i suoi ar-
genti e quanto aveva di prezioso, pagando ad essi 70,000
talleri. Alessandro fu buon principe e lodato da un contem-
poraneo imparziale quale padre de' virtuosi, paragone de' Ut-
terati, mecenate de' suoi tempi, oracolo de' principi, amore
de' suoi sudditi. Amò la splendidezza, ebbe addobbi ricchi e
superbi, credenze ben fornite di argenteria, gioie famose.
Fondò l'archivio, incominciò la costruzione di un palazzo
alla Concordia, fece la villa della Motta, curò le opere edi-
lizie, fondò un seminario e con saggia amministrazione ac-
crebbe l'erario. Compianto universalmente morì il 2 settem-
bre 1637 (x), superati di poco i 70 anni.
Le monete di Alessandro I sono numerose ; particolar-
mente belli il ducatone ed i molti talleri. Sembra che non
facesse lavorare coni speciali per monete d'oro, perchè un
suo pezzo d'oro, segnalato dal Promis, esistente nel R. Ga-
binetto di Torino, ed altro pezzo grande d'oro, furono fatti
con coni dell'argento. Buon numero de' suoi pezzi, quan-
tunque portanti il suo nome, sono imitazioni di monete d'altre
zecche. Ciò dispiace, trattandosi di un principe onesto ; ma
la confusione e la mala concorrenza in fatto di monete era
in quel tempo un male troppo comune, né soltanto delle pic-
cole zecche, né soltanto in Italia.
Alessandro I ebbe un solo figlio naturale, di nome Ga-
leotto, che fu da lui legittimato col consenso dell'imperatore
Mattia nel 1617, ed abilitato alla successione, ma che morì
tre mesi prima del padre. Il figlio di Galeotto, Alessandro II,
seguì l'avo nel dominio sotto la reggenza della madre Maria
Cybo di Massa, della quale ei scosse in breve il giogo. Nel-
l'anno 1641 ottenne dall'imperatore Ferdinando III la con-
ferma delle precedenti investiture. Nel 1669 andò in qualità
di mastro di campo delle genti Pontificie alla guerra di
Candia, ch'ebbe esito infelice per le armi cristiane. Ritornato
(1) Così il Papotti. Annali o memorie storiche della Mirandola, ed
il Veronesi. Quadro storico della Mirandola. Il Litta scrive che morì il
2 dicembre.
2Ó6 CARLO KUNZ
nel suo stato, lo governò con saggezza, acquistando riputa-
zione fra i principi d' Italia. Dedicossi allo studio, imitò la
magnificenza dell'avo, protesse le arti, tutelò la giustizia,
fondò uno studio di teologia, edificò chiese, eresse la villa
della Fossa, e raccolse una galleria ed una biblioteca. Morì
il 2 febbraio 1691, di sessantanni.
Fra le sue monete emergono una bella doppia pubbli-
cata dal Promis (0 ed un ducutone recato dal Litta. Verosi-
milmente spettano a lui tutte le monete mirandolesi anonime.
Francesco, primogenito di Alessandro II, lo precedette
nel sepolcro il 19 aprile 1689, dopo essersi impalmato alla
principessa Anna Camilla Borghese di Roma. Giovane di
grandi speranze, lodato come dotto e buon poeta, avendo
dato alle fiamme i suoi scritti, non lasciò che alcuni frammenti
poetici. Restava un pupillo, ancora infante, Francesco Maria,
nato da Francesco, con prescrizione testamentaria di Ales-
sandro II destinato a suo erede, senza riguardo ai propri figli
Galeotto, Giovanni e Lodovico, del quale Brigida, sua prozia,
sorella di Alessandro II assunse la tutela. I nominati tre fra-
telli, accusati di attentato alla vita del pupillo, furono pro-
cessati e dichiarati ribelli dall'imperatore, ma dopo una causa
che durò sei anni furono assolti dall'accusa calunniosa e fu
concesso loro il ritorno alla Mirandola, dove non poterono
rientrare che nel 1702, quando il pupillo, sempre sotto la
tutela di Brigida, si riconciliò con essi. Seguì la guerra per
la successione di Spagna, durante la quale la Mirandola e
la Concordia furono messe a fuoco, le campagne devastate,
gli abitanti obbligati alla fuga, la Mirandola assediata dai Gal-
lispani. Il duchino, di soli sedici anni, erasi dato alla prote-
zione della Francia e della Spagna ; ma per la battaglia di
Torino, 7 settembre 1706, vinta dal principe Eugenio, anche
Mirandola dovette essere ceduta agli Imperiali, e l' impera-
tore, confiscando i beni allodiali della famiglia Pico, comandò
ai Mirandolesi di non riconoscere più Francesco Maria.
Ai 15 luglio 1710 la Mirandola fu venduta al duca di
(1) Monete di secche italiane inedite. Memoria seconda.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 267
Modena per 175,000 doppie delle cinque stampe (x). Così la
famiglia Pico perdette il dominio della Mirandola da essa
tenuto per ben quattrocento anni. Il disgraziato Francesco
Maria morì a Madrid il 26 novembre 1747, d'anni 60.
BIBLIOGRAFIA DELLE MONETE MIRANDOLESI
Registro quanto mi è noto, lasciando ad altri di com-
pletare il presente elenco. Vi saranno anche altre opere, spe-
cialmente tedesche, non venute a mia cognizione.
1. Molte tariffe di Anversa, Gand, Aia (Graven-Haghe), del
secolo XVI e del principio del secolo XVII, nelle quali
sono raffigurate monete di Gian Francesco, Lodovico II
e Alessandro I.
2. Tariffa veneta, in foglio grande, colla data 20 novem-
bre 1554. Contiene una moneta d'argento di Galeotto II,
una d'oro e tre d'argento di Lodovico II.
3. New- Muntz- Buech. Monaco, per Adamo Berg. 1597. Due
doppie di Gian Francesco con ommissione delle leggende.
4. Borelli. Editti antichi e nuovi dei sovrani e principi della
reale casa di Savoia. Torino, 1681. Opera citata da
V. Promis, ma che non vidi.
5. L. W. Hoffmann. Alter und neuer Munzschlùssel. Niirnbt rg,
1683. Altre edizioni, 1692 e 1715.
6. Thalercollection. Erste Abtheilung. Hamburg, 17 io. Ri-
stampata nel 1739 col titolo: Auserlesene Sammlung v.
Speciesthalern. Hamburg, 17 io.
7. Damoreau : Traité des négociations de Banque et des mon-
naies étrangères. Paris, 1827.
8. Argelati. Additiones ad nummos variarum Italiae urbium.
Nel voi. Ili della sua Raccolta. Milano, 1750.
(1) Erano quelle di Spagna, Roma, Venezia, Genova e Firenze.
35
2Ó8 CARLO KUNZ
9. Bellini. De monetis ltaliae medii aevi hactenus non evul-
gaiis. Quattro dissertazioni. Ferrara, 1755-1779.
io. Monnaies en argent du Cabinet de S. M. Vienna, 1756.
Altra edizione, 1769. Supplemento, 1770.
11. Monnaies en or du Cabinet de S. M. Vienna, 1759. Sup-
plemento, 1769. Di queste due opere fu fatta una nuova
edizione coi supplementi riuniti e con aggiunte, col ti-
tolo : Catalogne des monnaies en argent (e rispettiva-
mente en or), qui composent une de différentes parties
du Cabinet Imperiai. Vienna, 1769.
12. Litta. Famiglie celebri italiane. Famiglia Pico. Contiene
in due tavole il maggior numero delle monete pubbli-
cate, colla loro descrizione a lato.
13. Trèsor de numismatique et de glyptique. Paris, 1846.
14. V. Promis. Monete di zecche italiane inedite. Memoria
seconda. Torino, 1868. Un doppione da quattro scudi di
Alessandro II.
15. Kunz. // Museo Bottacin. Periodico di Numismatica e
Sfragistica. Voi. II. Firenze, 1869. Quattro monete.
MONETE SOLTANTO DESCRITTE
16. Indice delle monete d'Italia raccolte da Mons. Gianago-
stino Gradenigo. Nel tomo II della Nuova raccolta delle
Monete e zecche d'Italia, di G. A. Zanetti, Bologna 1679,
pag. 119. Descrive otto monete.
Il Zanetti, che in più luoghi della sua raccolta accenna
a monete della Mirandola, aveva promesso (t. IV, pag. 459)
d' illustrare i prodotti di quella zecca, ma anche tale suo
onesto proponimento fu reso vano dalla morte che troppo
presto lo colse.
17. P. Pozzetti. Lettere mirandolesi. ìùeNApe Italiana di
Firenze e nuovamente in Reggio, 1835. Lettera XIX.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 269
Descrive in 47 numeri, con poca esattezza, altrettante
monete, comprendendo come tali anche alcune medaglie,
ed accennando ad altre cose.
18. Il Comm. Visconti, nel Giornale di Roma, 1854, inserì
una nota sopra una monetina mirandolese, riprodotta nel
Messaggero di Modena, 1854, n. 901, ed alla quale
C. Cavedoni, ivi pag. 903, fece una correzione. Ignoro
nota e rettificazione, ma da una nota degli Annali o
Memorie storiche della Mirandola, del P. Francesco Pa-
potti, tomo I, Mirandola, 1876, rilevo che trattavasi di
una moneta, non so quale, di Galeotto II, già riportata
dal Litta.
Numerosi Cataloghi moderni di Collezioni numismatiche
contengono descrizioni di monete Mirandolesi, ma sarebbe
lavoro ingrato e superfluo il volerli menzionare.
L' illustre Comm. Luigi Pigorini, il quale prego volermi
perdonare l'indiscrezione, mentre era ancora preposto alla
direzione del R. Museo di Parma, aveva fatto suo il con-
cetto del Zanetti d'illustrare la zecca e le monete della Mi-
randola ; ma chiamato al governo del Museo preistorico ed
etnologico di Roma, e datosi perciò ad altro ordine di studi,
con quella genialità e perseveranza che tanto lo distinguono,
interruppe l' intrapreso lavoro. Deve ciò sommamente deplo-
rarsi, perchè quanto egli fece per alcune parti della numi-
smatica italiana era di merito tale da assicurargli seggio
eminente fra i più distinti cultori di tale dottrina C1). Augu-
riamo ch'egli trovi ancora agio di condurre a buon fine V in-
(1) Le opere di numismatica italiana del Comm. Pigorini sono : Me-
morie storico-numismatiche di Borgotaro Bardi e Compiano. Parma, 1863;
Monete e medaglie de' Landi di Val di Taro (Rivista della numismatica
antica e moderna). Asti, voi. I, 1864, pag. 58; Monete, medaglie e sigilli
dei Marchesi e Principi di Soragna. Parma, 1867; Catalogo generale del
Regio Museo d'Antichità di Parma. Appendice I. Parma, i863; Anno-
tazione per la zecca di Gazzoldo {Periodico di numismatica e sfragistica).
Firenze, voi. Ili, 1871, pag. 116; Baiocchelle papali e loro contraffazioni
{Periodico, ecc.), voi. V, 1873, pag. 148; Ongaro di Piacenza del duca
Ranuccio 1 Farnese {Periodico, ecc.), voi. VI, 1874, pag. 209.
27O CARLO KUNZ
trapreso lavoro, che sarebbe accolto con plauso e ricono-
scenza da quanti tengono in pregio il nobile studio delle
monete.
Io non posso fare altro che portare alcuni pochi ele-
menti, desunti quasi unicamente dalle mie schede, in aggiunta
a quanto fecero altri per le monete mirandolesi.
GIAN FRANCESCO PICO, Signore
1. I. F. PICVS. MIRAND. D. C. C. (Mirandulae Dominus Con-
cordiaeque Comes). Testa di Gian Francesco a sini-
stra, con cappello a soffietto. Al sommo, piccola aquila
bicipite.
MIRACVLVM. AMORIS. San Francesco genuflesso a destra,
in atto di ricevere le stimate.
Doppio zecchino, peso grammi 6,8.
Differente da quello del Litta, n. 3, che ha il Santo ri-
volto alla sinistra, né può dirsi inedito, perchè trovasi in più
d'una tariffa fiamminga, ma per essere tali tariffe alla portata
di pochi, ho stimato utile darne il disegno, che trassi dalla
moneta stessa.
GALEOTTO II PICO, Signore
Uno scudo d'oro, non riportato dal Litta, descritto nel
Catalogo Reichel 0), e nel recente catalogo Rossi, n. 2689,
forse lo stesso che vedesi figurato nel Supplemento, che
non vidi, del Gabinetto imperiale, è simile a quello di Ga-
leotto III che riporto più avanti.
Di una sua monetina, che sarebbe rara e inedita, feci
già cenno.
(1) Die Reichel'sche Miinzammlung in St. Petersbourg, tomo IX,
Italia, 1843.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 27 1
LODOVICO II PICO, Signore
I55°-i568-
2. LVDOVICVS P. II. MIR. CON. Q. DNS. (Concordiaeque Do-
minus). Arme di Mirandola-Concordia, coll'armetta Pico
nel centro. Sopra lo scudo, stella e mezzaluna.
*f IN. TE. DOMINE. CONFIDO. Croce di fiorellini con gigli
sulle estremità e gigli etti negli angoli.
Mezzo scudo d'oro.
Questa bella e rarissima moneta conservasi nel R. Ga-
binetto di Torino, e porgo le più sentite grazie al Direttore
di esso, l'illustr. cav. Vincenzo Promis, che mi concesse di
pubblicarla.
3. LVD. PICVS. II. MIR. CON. Q. DNS. Busto del Signore, a
sinistra, vestito d'armatura.
DEVS. DOMINVS. FORTITVDO. MEA. Donna galeata assisa
a sinistra, con mezzaluna nella destra ed asta nella si-
nistra. Dietro essa, corazza; sotto: MIRAN.
Argento.
Copiai il disegno di questa bella moneta dalla rara ta-
riffa veneziana del 1554, che sarà in mano di pochi. Il suo
peso, ivi notato, sarebbe di carati veneti 24 (gr. 5,0), il va-
lore, di soldi 15 e 6 piccoli. Sarà dunque la moneta miran-
dolese da 15 soldi, menzionata dall'Affò, in Zanetti, tomo V,
pag. 201. La figura galeata assisa sarà la personificazione
della Mirandola. La mezza luna che tiene e che vedesi anche
al sommo dell'arme del precedente mezzo scudo d'oro, e
d'altre sue monete, non so spiegare ; forse era impresa pri-
vata di Lodovico II, o forse attributo della città?
4. L. P. (Ludovicus Picus), sormontate da un giglio, entro
corona d'alloro.
ti IN. TE- DOMINE. CONFIDO. Croce di gigli con quattro
giglietti negli angoli.
Argento basso. Peso ?
Verosimilmente un soldo.
Della moneta riportata dal Litta al n. io, esiste una va-
rietà con: SI. DEVS.-CVM. NO— BIS. QVIS— CONTRÀ- NOS.
272
CARLO K.UNZ
GALEOTTO III PICO, Signore
1568-1592.
5. O G-ALEOTVS. PICVS. III. MIR. CONC DNS. Scudo ornato
di cartocci, coll'arme inquartata di Mirandola e Con-
cordia ; sopra il tutto lo scudetto dei Pico.
ù IN. TE. DOMINE. CONFIDO. Croce ornata, con gigli sulle
estremità e fiorellini negli angoli.
Scudo d'oro. Peso grammi 3,4.
È fino ad ora la sola moneta, per quanto mi è noto, di
questo signore.
ALESSANDRO I PICO, Principe poi Duca
1602-1637.
6. * ALEX. DVX. MIR. CONCOR. III. Arme coronata inquar-
tata, 1 e 4 Mirandola-Concordia, 2 e 3, una specie di
saracinesca, ovvero quattro pali sormontati da una fascia.
Lo scudo attraversato da una croce obliqua, simile a
quella di Borgogna, ch'era formata da due tronchi di
alloro.
* TVTISSIMA * QVIES *• Aquila bicipite, coronata.
Argento. Peso grammi 5,1.
Imitazione di monete di Campen, che avevano corso in
tutta l'Olanda per uno Schelling, ovvero sei sols, in vecchie
tariffe d'Olanda detti anche patars, o semplicemente solz.
Promis 0) dice che tali monete si chiamavano in Italia fiorini.
L'arme di Campen che qui si volle contraffare è composta
di tre torri. Numerose sono le contraffazioni italiane di tali
monete, avendosene di Dezana, Messerano, Guastalla, Boz-
zolo e Correggio. Una simile, di questo Duca, coll'arme re-
golare di Mirandola-Concordia, ed il motto : OMNIA. HINC.
ET- HVIC, pubblicai nel Periodico di Numismatica e Sfragi-
stica ed altra, ma senza la croce sotto l'arme, vedesi raffi-
gurata, col nome di solz de Mirandule, nella Ordonnance
d'Anversa del 1633.
(1) Monete di Messerano e Crevacuore, pag. 64.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 273
7. MONETA • NOVA • MIRÀN. Arme coronata, come nella pre-
cedente.
* TVTISSIMÀ * QVIES *. Aquila bicipite coronata, come
nella precedente.
Argento. Peso grammi 5,2.
8. ALEXAN • PICVS • MIRAN. • DVX • I. Busto del Duca a sini-
stra. Sotto, 1617.
S. POSSIDONIVS * * MIR. EPI *. Il Santo mitrato, assiso,
che benedice colla mano destra e regge il Pastorale
colla sinistra. Sotto, A. R.
Argento. Peso grammi 2,4.
Litta pubblicò già questa moneta, ma secondo un im-
perfetto esemplare sul quale non apparivano intiere le leg-
gende, né si vedevano le due sigle. Accenna però ad altri
esemplari con gli anni 1616, 1617 e 1618, ed anche alle sud-
dette sigle.
Tale moneta era forse il giorgino di elenco di monete
assaggiate nella zecca di Parma, addì 3 febbraio 1623 (0,
così denominato verosimilmente per analogia coi giorgini di
Ferrara di Alfonso II, che colà valevano quattro soldi mar-
chesani. Le sigle A. R. potrebbero per avventura dinotare il
zecchiere Agostino Rivarolo, che lavorò anche nella zecca
di Parma per Ranuccio I Farnese ed Odoardo ?
Vuole essere notato che erroneamente su questa moneta
il Santo Posidonio è detto vescovo di Mirandola, la quale
non ebbe mai vescovato, non essendo riuscito nemmeno al
Duca Alessandro II di ottenere tale dignità alla sua città.
Il corpo di quel Santo, trasportato dalla Puglia, si venera
nella villa di pari nome.
9. ALEX. PI. DVX. MIR. Scudo coronato, ornato di cartocci,
coli' arme di Mirandola -Concordia , avente nel capo
un'aquila semplice.
S. CATERINA • AD. (advocata). La Santa ritta, colla destra
sulla ruota e palma nella sinistra.
Parpagliola ?, di basso argento, pesa grammi 1,9.
(1) Zanetti. Tomo IV, pag. 242.
274
CARLO KUNZ
Nelle tavole del Litta evvi una simile, ma con lo scudo
d'altra forma e senza l'aquila nel capo. Denominò tale mo-
neta parpagliola, perchè di basso argento e simile alle par-
pagliole da soldi 2 e mezzo di Milano colla Provvidenza,
imitate anche nelle zecche di Messerano, Passerano, Man-
tova e Novellara. Se fosse di buon argento potrebbe cre-
dersi da dieci soldi e imitazione di moneta di Mantova di
Carlo I.
ALESSANDRO II PICO, Duca
1637-1691.
io. S. CATE. ADVOC ... La Santa ritta, con palma nella
destra e la sinistra sulla ruota.
MEZO • DENARO. Sfera armillare.
Quattrino, di rame.
Lo assegno ad Alessandro II, al quale si attribuisce un
altro quattrino, coll'arme Pico da un lato e con pari rovescio.
Per finire piacemi accennare ad alcune altre monete
mirandolesi delle quali, per quanto sembrami, non fu dato
ancora il disegno.
GIAN FRANCESCO.
Doppio zecchino, col libro e l'ascensione di G. Cristo, simile al testone
d'argento del Litta, n. 9. Esiste nel R. Museo di Parma.
Moneta d'argento (testone ?), simile ad uno dei doppi zecchini colla testa
del signore coperta col cappello, ed il S. Francesco. — Descritta
nel Catalogo Welzl (1), tomo II, n. 3787.
GALEOTTO II.
Scudo d'oro, e quattrino colla testa ed il gallo. Già menzionati.
LODOVICO II.
Pozzetti descrisse erroneamente ai nn. XXI e XXIII, quali monete
d'argento (?) due sue medaglie di bronzo che vedonsi nelle tavole
del Litta, nn. 2 e 3 delle medaglie.
(1) Ver^eichniss der Munì- u"d Medaillen-Srmmlung, von Leopold Wel\lvon Wellenheitn.
Wien, 1844.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 275
ALESSANDRO I.
Da dieci doppie, fatta coi coni dell'argento, avendo servito pel primo
lato quello di un ducatone (Litta, n. 2), e pel rovescio quello di un
tallero (Litta, n. io), ma coll'anno 1618. Nel R. Gabinetto di Torino.
— Promis. Monete di zecche italiane inedite. Memoria seconda, pag. 35-
Altra moneta d'oro, dell'anno 1617, descrisse il co. Gian Francesco Fer-
rari-Moreni nel Messaggere di Modena, 23 settembre 1857. Sembra
forse fatta coi coni di un tallero. Nota agli Annali del Papotti,
tomo I, pag. 136.
Tallero, simile al n. io del Litta, e colle stesse iniziali di zecchiere.
A. R. sotto il busto, ma di più, a' lati del busto, 16-18, e sotto, dopo
un rabesco, il n. 56. — Madai (1), tomo I, n. 2003.
Tallero, simile, ma colle iniziali G. A. R., sotto il busto, ai lati del quale
la stessa data 16-18, e sotto, fra due rosette, 56. — Catalogo Welzl,
n. 3796.
Tengo il disegno di entrambi, che ometto per economia di tavole e
perchè non sono che varietà di quello del Litta.
Tallero: ALEXANDER . PICVS . DVX . MIR. Sotto il busto (a destra?)
1633, ed inoltre, 10— B e 48. Il rovescio come nei precedenti. —
Catalogo Welzl, n. 3797.
Tallero : ALEXANDER . PICVS . DVX . MIR. Busto a destra, sotto,
1638 e 84. Rovescio come nei precedenti , con CORCORDIAE .
MARCHIO . Ili, ma l'arme senza la collana del tosone. — Catalogo
Reichel (2), tomo IX, 1843, n. 1759. Potrebbe credersi l'anno fallato
e dovesse dire 1633, e che il numero 84 fosse inversione di 48, Bo-
lognini ?
Tallero: ALEX * DEI * GRA * AC * SACRI * ROM * IMP * DVX *
M * I *X Busto a destra, con armatura, paludamento, collare a
latuca e tosone. Rov. CONCOR * MAR * III * * SAN * MART *
BARO. Arme coronata colla collana del tosone : 1 e 4 di Mirandola-
Concordia ; 2 e 3 spaccate, a destra fascia, a sinistra leone. Sopra
il tutto scudetto con aquila coronata. — Catalogo Schulthess-Rech-
berg (3), tomo II, n. 5941. Sopra un testone (?), Litta, n. 14, Ales-
sandro 1 s' intitola Signore di S. Martino in Spino, ch'era un feudo
del Pico, dipendente dal Vescovato di Reggio.
(1) VollstSndiges Thaler-Cabinet. Kftnigsberg, 1765.
(a) Die Reichel'sche Munxsammlung in St. Petersburg.
(3) Die Riiter voti Schulthess-Rechberg'sche Miin^- u. Medaillen-Sammlung. Zweite
Abtheilung. Dresden, 1869.
276 CARLO KUNZ
Tallero : ALEX . DVX . MIR . I . CON . MAR . Ili . S . MART . IN ..SPI .
DOM. Busto armato a destra con collare a latuca e tosone. —
ANTIQVISSIMAE . FAMI . PICAE . INSIGNIA. Arme coronata con
la collana (forse come nel tallero seguente). — Madai, voi. II, n. 4511.
— Reichel, n. 1735.
Tallero : ALEX * DVX * MIR * I . CON . MAR . Ili * S . MART .
IN . SPI . DOM. Busto come nel precedente, sotto 1622. — * IN-
SIGNIA ANTIQVISSIMAE . ET MATERNA. Arme coronata, or-
nata della collana, inquartata; 1, partito con fascia e aquila; 2, leone
rampante; 3, di Mirandola-Concordia, coll'armetta Pico nel centro;
4, inquartato, fascia, leone, uccello e fasciato. Sopra il tutto, scu-
detto con aquila coronata. — Raffigurato nell'opera del Museo im-
periale, e descritto da Reichel, ecc- — Nel Catalogo Rossi, n. 2703,
coiranno 161 1; forse errore?
Da nove Bolognini: ALEX . PICVS . DVX . MIRANDV. Busto a destra
ai lati i-6. — MONETA . DA . BOLOG . NOV. Arme di Danzica,
due croci poste una sopra l'altra, sostenuta da due leoni. Sopra lo
scudo, 36. I due numeri riuniti danno l' anno 1636 ? — Welzl,
n. 3795-
Fiorino ?: ALEXANDER . DVX . ecc. Busto.' — TVTISSIMA . QVIES.
Aquila bicipite coronata. Il rovescio dunque come nei fiorini, che
pubblicò Welzl, n. 3792.
Moneta di rame, descritta insufficientemente da Pozzetti, n. XLI, col
busto del Duca e l'arme con la iscrizione : OM : HI : ET : HV.
(Omnia hinc et huic). — È forse di Alessandro II, come Litta n. 6?
Ometto uno scudo, con S. Antonino, che sarà stato equivoco del
Bassi (1), come sospettava già Zanetti, voi. Ili, pag. 205, nota 196.
ALESSANDRO li.
Mezzo ducatone, simile all'intiero colla fenice. Accennato dal Litta.
Moneta d'argento (lira). Simile a quella del Litta, n. 1, colla S.te Agata,
ma colla figura di S.w Caterina. — Pozzetti n. XLIII, se non è
errore ?
Moneta di biglione, colla effigie ed il nome del Duca, ed al rovescio una
figura vestita alla militare colla faccia rivolta al sole, e leggenda
sciupata illeggibile. — Pozzetti, n. XLIV.
(Continua) Carlo Kunz.
(1) De historia Ss. Imaginum.
Un documento del secolo XII sulla zecca pavese
Poco ci è noto sul funzionamento delle zecche delle città
lombarde nel secolo XII. Si considerava universalmente la
moneta come una regalia dell'impero; ma in fatto le zecche
venivano esercitate dai comuni, i quali avevano cominciato
a possederle in virtù di graziose concessioni del principe,
più spesso perchè fino dagli esordi della vita comunale le
città si erano impadronite di questa come delle altre regalie,
approfittando della debolezza degli ufficiali e dei messi regi
e della lontananza del sovrano, o spogliandone i conti e i
vescovi che ripetevano i propri diritti da più antiche con-
cessioni.
Fra le zecche lombarde che nel secolo XII ebbero mag-
giore importanza, va annoverata quella di Pavia, l'antica
capitale del regno. Il Brambilla, studiando la storia delle
monete pavesi (*), ebbe ad osservare che * a Pavia l'ammi-
" nistrazione della cosa pubblica passò dagli ufficiali regi od
r' imperiali nei rappresentanti del comune, per gradi, ma
* senza l'intervento del conte o del vescovo; e così anche
* la zecca, già esercita da quegli ufficiali e sempre aperta
" ed operosa, pervenne a mani del comune, quasi in via di
u fatto verso il 1100, divenendo municipale, ossia di proprietà
" della città, lavorata per suo conto „. Le premesse di questa
induzione non ci sembrano del tutto esatte. Si può bensì
affermare che il vescovo di Pavia non abbia mai avuto il
distretto e le giurisdizioni temporali nella città e nella dio-
cesi. Quanto al conte, parecchie carte pavesi, fino oltre il 1150,
ci fanno trovare ancora, accanto al comune, il conte pala-
tino investito di diritti e di giurisdizioni comitali non solo
(1) Monete di Pavia, 1883, p. 233.
278 GEROLAMO BISCARO
nei due comitati di Pavia e di'Lomello, ma nella stessa
città C1). Il prezzo dell'aiuto promesso dal comune a Fede-
rico Barbarossa nella prima sua spedizione in Lombardia,
pare sia stato l'acquiescenza del sovrano alla cacciata del
conte dalla città e dal territorio, alla distruzione della rocca
di Lomello e all'avocazione, per parte del comune, delle
giurisdizioni e dei diritti comitali (2). Fra i diritti del conte
palatino che il comune confiscò, vi era anche la moneta?
Non abbiamo dati positivi per rispondere alla domanda. Avuto
però riguardo alla potenza politica ed economica cui era
salita la città di Pavia sino dalla metà del secolo XI, si
può ammettere che, se la moneta era altra delle regalie
che il conte palatino teneva per concessione imperiale, prima
ancora della sua espulsione dalla città e dal territorio il co-
mune glie ne avesse tolto l'esercizio, coartandolo a darne
l'investitura ai cittadini nella solita forma dei livelli a per-
petuità che si praticava per eludere i divieti delle alienazioni
dei feudi. Un procedimento presso a poco eguale è proba-
bile si fosse seguito intorno alla stessa epoca dal comune
di Milano per fare propria la moneta, che la nota bolla di
Alessandro III all'arcivescovo Oberto, del 1162, continuava
a registrare fra i diritti dell'arcivescovo; sebbene da lungo
tempo fosse passata nelle mani del comune.
Non crediamo che la solenne definizione delle regalie
provocata dall'imperatore alla dieta di Roncaglia del no-
vembre 1158, abbia influito in danno dei Pavesi, facendo loro
perdere l'esercizio della propria zecca. Consta in realtà che
negli anni successivi Federico, per mezzo dei suoi messi di
nazionalità teutonica preposti al governo di parecchie città,
tentò di ricuperare le regalie abusivamente possedute dai
comuni e da privati (3). Ma è certo che a Pavia e a Cremona
non fece novità; né vi destinò ufficiali tedeschi ad ammini-
(1) Ci riserviamo di illustrare altrove i documenti che sono inediti.
(2) Ottonis Fris. Gesta Fr. itnp., in Pertz, Mon. Ger. Hist. XX p. 402.
(3) Nel diploma rilasciato ai Trivigiani, intorno al 1164, nella spe-
ranza che non facessero causa comune colle città ribelli della lega ve-
ronese, l' imperatore restituì loro molendina et cetera regalia nostra a
nuntiis nostris intromissa (Ficker, Forsch. IV, p. 139).
UN DOCUMENTO DEL SECOLO XII SULLA ZECCA PAVESE 279
strare la giustizia in suo nome. In contemplazione dei grandi
sacrifici sostenuti per la rivendicazione dei diritti dell'impero
e delle vittorie ottenute contro i comuni nemici, le due città
ottennero dall'imperatore la conferma dei privilegi e delle
giurisdizioni fino allora possedute. Nel diploma ai Cremonesi,
del 13 giugno 1162, specificandosi le regalie concesse o con-
fermate, si fa menzione anche della moneta (J); in quello ai
Pavesi, dell'otto agosto 1164, si concedono in genere omnia
regalia quecwnque sunt in civitate vel extra (2), compren-
dendo necessariamente la moneta, considerata la regalia per
eccellenza.
*
* *
Il documento che pubblichiamo più innanzi, trovasi fra
le pergamene dell'archivio di stato di Milano, provenienti dal
soppresso monastero pavese di S. Cristoforo. È datato da
Pavia, addì i.° novembre 1174, e contiene le seguenti sti-
pulazioni :
I. Ottone Braga (3) e Nicolò, padre e figlio, si obbli-
gano verso i fratelli Girardo e Sigifredo de la Volta (4), An-
rico de Bivolta, i figli del fu Rolando Rofifa, ed i fratelli Gu-
glielmo, Alberto e Giovanni Roffa, di cessare dall'esercizio
dell'arte del monetario;
II. I sunnominati Girardo, Anrico e Guglielmo, anche
a nome dei compagni assenti, concedono al solo Nicolò di
continuare l'esercizio dell'arte, ma limitatamente al tempo che
durerà la moneta che si lavora al presente.
(1) Weiland, Moti. Ger. Hist. Legum, IV. Const. et acta imp. I, n. 212.
Conventio cum Cremonensibus.
(2) Bòhmer, Ada imp. sei. Doc. n. 121.
(3) Nel catalogo delle antiche famiglie pavesi trasmesso nel 1399 a
Gian Galeazzo Visconti e che pare risalga alla metà del secolo XIII,
figura : in Societate populi — parentela de Brachiis gibellina (Robolini,
Notizie sulla storia di Pavia, IV, II, p. 172).
(4) Nel predetto catalogo: in Societate populi — parentela de la Volta
guelfa. — Si ha anche notizia di un Beltramo de la Volta, console di
Pavia nel 1169 (Robolini, ibid. Ili, p. 152 e 414).
280 GEROLAMO BISCARO
Crediamo che colle parole u ministerium litterandi de-
narios ,> si sia voluto designare l'esercizio della zecca citta-
dina ed insieme il possesso dell'officina e dei relativi attrezzi.
Non par dubbio che la locuzione " litierare denarios „ signi-
fichi coniare moneta. I denari che allora si battevano a Pavia
e nelle altre zecche lombarde, hanno per impronta poche
lettere in rozzi caratteri, indicanti il nome del sovrano e
quello della città sede della zecca.
La duplice stipulazione, di rinuncia per parte di Ottone
e di Nicolò, e di limitata concessione a favore del solo Ni-
colò, non offre dati sufficienti per poter affermare con cer-
tezza se si sia in presenza nella prima parte dell'atto, di una
retrocessione del diritto di conduzione della zecca pavese,
fatta dai due monetari alle persone dalle quali erano stati in
precedenza investiti di questo diritto, e nella seconda parte,
della rinnovazione dell' investitura al solo Nicolò, limitata
quanto al termine; ovvero se i due monetari abbiano rinun-
ciato all'esercizio di fatto della zecca ed al possesso dei re-
lativi attrezzi già di proprietà del comune, per conto del
quale avevano fino a quel giorno coniato la moneta in qua-
lità di locatori d'opera.
Questa seconda ipotesi ci sembra più verosimile della
prima; perchè la frase * ministerium litterandi denarios „
accenna più all'esercizio di un'arte o mestiere che ad un rap-
porto giuridico, e perchè se Ottone e Nicolò avessero avuto
il diritto alla conduzione della zecca per un tempo maggiore
di quello portato dalla successiva concessione ottenuta dal
solo Nicolò, molto probabilmente avrebbero preteso un in-
dennizzo per la retrocessione o rinuncia del loro diritto.
Le condizioni politiche di Pavia nell'ottobre 1174, alla
vigilia della spedizione cui la città era chiamata a parteci-
pare al seguito dell' imperatore contro le città della lega,
fanno pensare che il comune, esaurite le risorse ordinarie,
non riuscendo a trovare denaro senza offrire ai sovventori
idonee garanzie sopra i cespiti straordinari, abbia data la
zecca in pegno, sotto forma di cessione, ad alcuni cittadini,
tabulami o campsores, costituitisi in compagnia. I nuovi ti-
tolari della zecca, appena immessi nel possesso della officina,
vollero regolare la propria posizione di fronte ai monetari ;
UN DOCUMENTO DEL SECOLO XII SULLA ZECCA PAVESE 28 1
accettata la rinunzia di uno di essi, acconsentirono a tenere
l'altro in via provvisoria, fino al prossimo cambiamento della
moneta, che forse si prevedeva sarebbesi verificato a sca-
denza non lontana. Così si spiega il mancato intervento nel-
l'atto, relativo all'esercizio di una così importante regalia,
dei consoli o di altri officiali del comune (*).
Gerolamo Biscaro.
DOCUMENTO.
Originale in pergamena in buono stato (22 X I6), dell'archivio di
stato di Milano, archivio diplomatico, fondo del monastero pavese di
S. Cristoforo. Scrittura corsiva di una sola mano, nitida ma sbiadita,
in 16 linee.
- Anno dominice incarnationis millesimo, centesimo sep-
tuagesimo quarto, primo die mensis novembris. indictione
septima. In civitate papia. Per lignum quod suis manibus
tenebant otto braga et nicolaus filius eius per consensum
patris sui fecerunt finem et refutacionem adversus girar-
dum de lavolta et sigefredum fratrem suum per girardum
suum fratrem et missum. et adversus Anricum de bi-
volta et filios quondam rolandi roffe et guilielmum roffam
et albertum et iohannem fratrem per ipsum guilielmum
fratrem et cosinum et missum eorum nominative de mini-
sterio litterandi denarios. omnia cum omnibus in integrum.
Eo modo fecerunt infrascripti pater et filius infrascriptam
finem et reffutacionem quod ipsi pater et filius de hinc in
antea per se et per suos heredes semper habent stare ta-
citi et contenpti de infrascripto ministerio litterandi dena-
rios adversus infrascriptos homines illorunque heredes. in
pena viginta libras denariorum honorum papieasiun. In-
(1) Intorno al funzionamento della zecca pavese dalla fine del se-
colo XIV alla metà del XV veggansi i capitoli di appalto dell'anno 1400,
riportati dall'ARGELLATi {De Monetis Italiae, III, pag. 59 e seg.), e i do-
cumenti pubblicati da M. Mariani {Bollettino della Società Pavese di
storia patria, II, pag. 46).
282 GEROLAMO BISCARO
super eciam infrascripti anricus et guilielmus et girardus
concedunt infrascripto nicolao habere locum (?) litterandi
denarios. donec hec moneta que modo fit ad presens du-
rabit et non plus. Juravit infrascriptus nicolaus manu sua
propria ad sancta dei evangelia adversus infrascriptos
homines quod ipse per se nec per submissam personam
non habet agere nec causare nec placitare nec aliquo modo
in brigare infrascriptos homines nec illorum heredes. de
infrascripto ministerio litterandi denarios et quod tacitus
et contenptus secundum quod dictum est supra permanere
habet adversus infrascriptos homines illorumque heredes.
Et ita adtendere habent infrascripti versus nicolaum. se
sciente bona fide sine fraude si deus illum adiuvet et illa
sancta dei evangelia.
" Signa manuum infrascriptorum patris et filii qui hoc
breve fieri rogaverunt ut supra legitur et pater filio con-
sensi ut supra legitur. Interfuerunt Andreanus. Iohannes
scagonus. et dianesius testes
" Ego Oliverius sacri palacii notarius internai hoc breve
scripsi et tradidi „.
NECROLOGIE
Abbiamo a deplorare la morte del eh. nostro socio
P. Giambattista Adriani, dotto e venerando ecclesiastico
piemontese ; archeologo, storico, erudito, e uno dei decani
della Numismatica Italiana, essendo nato nel 1823, a Cherasco.
Non è qui il luogo di ricordare le numerose cariche a
lui affidate, le onorificenze e le alte distinzioni accademiche
da lui conseguite nella sua lunga e laboriosa esistenza, ri-
corderemo soltanto che coltivò pure con buon successo gli
studi numismatici e si formò anche una bella collezione,
particolarmente di monete e medaglie del Piemonte e di
Casa Savoia. Aveva esordito con una memoria su: Lettere e
monete inedite del secolo XVI, appartenenti ai Ferrerò- Fieschi,
antichi conti di Lavagna e marchesi di Messerano (Torino, 1851).
Augusto Carlo Teixeira de Aragào, Conservatore del
Gabinetto Numismatico di S. M. il Re del Portogallo a Li-
sbona, e autore, fra l'altro, della grande opera : Descripcào
geral e historica das moedas de Portugal (Lisb., 1874-80).
Enrico Morin-Pons, banchiere di Lione, cultore della
Numismatica feudale francese. Gli si deve anche una breve
memoria intorno ad : Une monnaie de Guillaume Ier Palèo-
logue, marquis de Monferrat (nella Revue belge, 1899).
Francesco Trau, uno de' fondatori della Società Numi-
smatica Viennese, e distinto raccoglitore di monete romane.
Già sofferente di salute in questi ultimi anni, fu colpito poi
anche da cecità — " la sciagura più grave per un collezio-
nista „, come osserva il Dott. Scholz nell'affettuoso necro-
logio che gli dedica nella Numismatische Zeitschrift.
37
284 NECROLOGIE
Edoardo Foest, capo di una casa di fonderia in metalli,
socio della Soc. Num. Viennese. Prediligeva le medaglie re-
lative al regno di Francesco Giuseppe, e se ne era formato
una copiosa raccolta, di cui lascia interrotto il catalogo de-
scrittivo, ch'egli destinava alla stampa.
Eugenio Schott, pure appartenente alla Soc. Num. Vien-
nese ; raccoglitore di monete romane.
Gerardo Edoardo Van Even, di Lovanio, archivista della
sua città natale, membro di più accademie, decano dei cor-
rispondenti regnicoli della Società Numismatica Belga. Pos-
sedeva una serie notevole di medaglie e gettoni del Sec. XVIII,
e diede anche alle stampe qualche scritto d'argomento nu-
mismatico.
Giacomo A. Van der Chijs, di Leida, vissuto per lunghi
anni alle Indie Olandesi, Conservatore della collezione nu-
mismatica della Società di Scienze ed Arti di Batavia nel-
P isola di Giava, e autore dell'eccellente catalogo di quella
raccolta.
Giovanni G. Stephanik, Conservatore della collezione
numismatica delia R. Società Archeologica di Amsterdam,
Segretario della R. Società Numismatica Neerlandese, morto
nella verde età di 45 anni.
Alla vedova, e alle Società consorelle, giungano le sin-
cere condoglianze della Società Numismatica Italiana.
S. A.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI.
Blaiieliet (Adrien). Tratte des monnaies gauloises. — Paris
(Ernest Leroux), 1905. — (Un grosso voi. in due parti, di com-
plessive pag. 650 in-8°, con 3 tav. in fototipia, una carta to-
pogr e più di 500 fìg nel testo).
L' opera dell' ottimo amico nostro Blanchet è dedicata,
con pio pensiero di riconoscenza, alla memoria di Anatolio
de Barthélemy, " qui étudia les monnaies gauloises pendant
* soixante-cinq années et qui fut le guide bienveillant et
* excellent de plusieurs générations d'érudits. „
Essa è destinata, nell'intenzione dell'autore, a dimostrare
che la Francia, a malgrado di una parvenza d'intiepidimento,
continua ancora ad interessarsi a codesta serie numismatica,
eminentemente nazionale per essa ; oggi che in Austria, in
Ungheria, in Germania, in Inghilterra, le monete celtiche at-
traggono sempre più l'attenzione degli studiosi.
Ben a ragione, del resto, il Blanchet asserisce che se
le monete galliche sono poco notevoli dal punto di vista
dell'arte, sono importanti invece come documenti delle rela-
zioni fra i popoli del mondo antico, e per ricostituire la
storia e la geografìa di paesi pei quali non abbiamo che
scarsissime fonti d'informazione.
Fedele allo scopo ch'egli si è prefisso, l'a. ha studiato
soprattutto le monete della Gallia propriamente detta. Ecco
la ripartizione dell'opera :
Cap. I. — Introduzione.
Cap. II. — La moneta primitiva nella Gallia.
Cap. III. - I metalli.
Cap. IV. — Fabbricazione delle monete.
Cap. V. — Leggende monetali.
Cap. VI. — Tipi delle monete celtiche.
286 BIBLIOGRAFIA
Cap. VII. — Prototipi greci e romani delle monete celtiche.
Cap. Vili. — Imitazioni dello statere macedonico.
Cap. IX. — Massalia e imitazioni delle monete massaliote.
Cap. X. — Monete della valle del Rodano.
Cap. XI. — Monete del sud-ovest della Gallia.
Cap. XII. — Monete dell'ovest della Gallia.
Cap. XIII. — Monete dei popoli armoricani.
Cap. XIV. — Monete del nord-ovest; popoli fra la Loira e la Senna.
Cap. XV. — Monete dei popoli del nord della Gallia.
Cap. XVI. — Monete dei popoli del nord-est della Gallia.
Cap. XVII. — Monete dell'est e del centro della Gallia.
Cap. XVIII. — Monete delle colonie romane, ecc.
Cap. XIX. — Monete celtiche dell' Europa centrale.
Cap. XX. — Monete dell'isola di Bretagna.
Cap. XXI. — Circolazione delle monete celtiche.
Appendice I. — Inventario dei ripostigli delle monete galliche.
Appendice II. — ■ Musei che posseggono collezioni di monete galliche.
Appendice III. — Prezzo attuale delle monete galliche.
Nel grosso volume dell'amico Blanchet non mancano i
passi che interessano la nostra numismatica : basti l'accen-
nare alle imitazioni della dramma di Massilia, cioè a quelle
curiose monetucce con un leone sformato che frequentemente
si scoprono nella valle del Po. Nell'appendice : inventario
dei ripostigli, si dà notizia di monete scoperte nel Canton
Ticino, e a Como, e nella plaga fra Novara e Vercelli, giusta
informazioni fornite all'a. dal Dott. Magni e dal Prof. Castel-
franco ; altrove si parla di alcune monete d'oro concave, rin-
venute in diverse località del Piemonte, ecc.
Gaebler (Hugo). Zur Munzkunde Makedoniens. V. — (Un opusc.
di pag. 38 in-8°, con 3 tav. in fotot.). — Estr. dalla Zeitschrift
filr Numismatik, Berlino, 1905).
Seconda parte dello studio sulle monete della Macedonia
durante V Impero, con interessanti ed acute osservazioni ti-
pologiche.
Dressel (Heinrich). Das Tempelbild der Athena Polias auf den
Mììnzen von Priene. — (Un fase, di pag. io in-40, con tavola
in fototipia). — (Estr. dai Sitzungsberichte der Kónigl. Preuss.
Akademie der Wissenschaften, Berlino, 1905).
Priene nella Ionia era celebre per il suo tempio di Pal-
lade. In esso si venerava un simulacro della dea, intorno
alla forma del quale si hanno poche ed incerte notizie ; il
BIBLIOGRAFIA 28'/
eh. Dott. Dressel osserva tuttavia che a questa lacuna si può
rimediare esaminando meglio la serie monetale di quella
città, serie di cui Pallade è appunto il tipo principale. Egli
conclude che il simulacro nel tempio di Priene, pur essendo
ispirato sostanzialmente al classico prototipo di Fidia nel
Partenone, non ne era una copia (come fu asserito) ma bensì
una libera modificazione, di carattere proprio.
Hill (George Francis). Catalogne of the Greek Coins of Cyprus. —
London, 1904. — (Un voi. di pag. cxxxiv-iiq in-8°, con una
tav. di caratteri ciprioti, una carta topogr. dell'isola, e 26 tav.
in fototipia).
E il più recente fra gli splendidi cataloghi delle monete
greche del Museo Britannico.
A dir vero, per un profano alla Numismatica, non ini-
ziato quindi alla terminologia convenzionale della nostra
scienza, il titolo di questo volume sarebbe fonte di meravi-
glia, poiché sfogliando il testo lo vedrebbe irto di caratteri
esotici (come sfogliando le tavole gli passerebbero sott'occhio
molti ritratti d'imperatori romani).
La serie numismatica descritta dallo Hill (esclusa benin-
teso la parte che si riferisce alla dominazione romana in
Cipro), è fra le più ardue e le più oscure; la relativa colle-
zione del Museo Britannico è probabilmente la più ricca di
esemplari che si conosca, ma il coscienzioso scrittore ha vo-
luto inoltre completare i suoi studi ricorrendo ad impronte
procuratesi da vari altri medaglieri d'Europa.
I caratteri ciprioti inseriti nel testo, furono fusi apposi-
tamente per questo bel volume ; in cui, come osserva il
Prof. Kubitschek in un' estesa recensione pubblicata nella
Numismatische Zeitschrift di Vienna, il benemerito Hill ha
pure introdotto (rispetto ai precedenti volumi del Catalogo
del Museo Britannico) una novità scientificamente importante,
cioè l'indicazione del peso anche per le monete di bronzo.
H Irseli (Jacob). Die nachgelassene Sammlung griechischer Milnzen
eines bekannten Archàologen. — Munchen, 1905. — (Un ele-
gante voi. di circa 300 pag. in-40, con 58 tav. in fototipia).
È un catalogo di vendita ; ma, per la cura grandissima
con cui fu compilato dal Dott. Hirsch, e per la copia straor-
dinaria e lo splendore delle tavole, acquista piuttosto il ca-
rattere e l'efficacia di un trattato di Numismatica greca.
288 BIBLIOGRAFIA
La raccolta descritta venne formata con oltre sessantanni
di indefesse ricerche ; e con lo scopo di giungere a renderla
possibilmente completa per tutte le regioni, talché ben poche
sono le città che non vi siano rappresentate. Atene e Creta
hanno nel volume una parte preponderante, ma anche l'Italia
e la Sicilia vi figurano magnificamente.
Kalirfeldt (M.). Die rómisch-sicilischen Munzen aus der Zeit der
Republik. — (Un opusc. di pag. 120 in-8°, con 5 tav. in foto-
tipia e con illustrazioni nel testo). - (Estr. dalla Revue suisse
de numismatique, Ginevra, 1904).
In questa, che sarà la prima sezione di una monografia
tripartita dedicata alle monete repubblicane emesse fuor di
Roma da magistrati romani, ma con carattere più o meno
locale, l'egr. Colonn. Bahrfeldt ha riunito e studiato con la
ben nota sua accuratezza un certo numero di pezzi (tutti in
bronzo) che sinora furono descritti soltanto in via incidentale
e isolatamente, cioè le monete romano-sicule.
Dopo di aver accennato alla relativa letteratura, disse-
minata nelle opere di Panata, Torremuzza, Landolina-Paternò,
Salinas, nonché di Mommsen, Fr. Lenormant, Head, Imhoof-
Blumer, Hill, Fa. ricorda due lavori speciali: quello di Klein,
Die Verwaltungsbeamten von Sicilien und Sardinien (Bonna,
1878), e la Geschichte des sicilischen Munzwesens bis zur
Zeit des Augustus, del compianto Adolfo Holm (X). Ricorda
pure la Sylloge inscriptionum latinarum (Torino, 1875), m
cui Garrucci dà un elenco dei Nummi in Sicilia cusi a leg-
genda latina.
Procede quindi alla descrizione sistematica delle monete,
dividendole in quattro gruppi.
Il primo ha quasi sempre nel I}1 il nome del magistrato
oppure un simbolo, entro corona.
Il secondo gruppo ha nel & la testa di Giove; nel 9'
un guerriero con asta e patera, accostato dal nome (o mo-
nogramma) del magistrato, e talvolta dal monogramma di
Panormus.
Il terzo gruppo è costituito da monete a leggenda latina,
che appartengono senza dubbio alla Sicilia, ma non si pos-
sono collocare nei due gruppi precedenti.
Nel quarto gruppo, infine, Fa. ha raccolto una serie di
(1) Nel voi. Ili della sua Geschichte Siciliens itn Alterthum (Lipsia, 1898).
BIBLIOGRAFIA 289
monete, prive per lo più di qualsiasi leggenda, della mag-
gior parte delle quali si può affermare con sicurezza che
appartengano esse pure alla Sicilia, ma non che siano state
emesse per autorità di magistrati romani. Talune di queste
monete sono inedite.
Maurice (Jules). Classification chronologique des émissions moné-
taires de l'atelier de Lyon pendant la période constantinienne
(305-337) • ~ (Un opusc. di pag. 90 in-8°, con 2 tavole in foto •
incisione). — (Estr. d. Mémoires de la Société nationale des
Antiquaires de France, Parigi, 1904).
L'autore è noto pei suoi diligenti studi sulle emissioni
monetarie delle diverse zecche dell'Impero durante il periodo
costantiniano.
Nella presente memoria egli tratta della zecca di Lione.
Essa non era la principale delle Gallie, essendo molto meno
importante di quella di Treviri ; non vi si coniarono che mo-
nete di bronzo, per le quali il Sig. Maurice riconosce nove
distinte emissioni.
U ' iconographie par les me'dailles des empereurs romains de la
fin du IIIe et du IVe siècles. — (Un opusc. di pag. 34 in 8°,
con 3 tav. in fototipia). — (Estr. dalla Revue Numismatique,
Parigi, 1904).
Forma la seconda parte del lavoro pubblicato nell'auto-
revole rivista francese, e comprende l'iconografia di Galeno,
Severo e Massimino Daza.
Pisani Dosai (Alberto). Verdesiacum. — (Un opusc. di pag. 26
in-8°, con 2 tav. e con illustrazioni nel testo). — (Estr. dal
Bollettino della Società Pavese di Storia patria, 1905).
In questa breve ma interessante memoria, il eh. Comm.
Nob. Pisani Dossi rende conto degli scavi da lui intrapresi
sul luogo dell'antico Verdesiaco (non lungi da Abbiategrasso).
Vi si scoperse una necropoli, esaminata e descritta con tutta
cura nella presente monografia ; gli oggetti colà rinvenuti si
trovano oggi riuniti a Corbetta in casa Pisani Dossi. Nel-
l'elenco, si accennano e talora si descrivono anche, diverse
monete romane ; che furono classificate, per quanto il loro
stato di conservazione lo permetteva, dal Comm. Francesco
Gnecchi.
290 BIBLIOGRAFIA
Cerrato (Giacinto). Note di Numismatica Sabauda: Un mezzo
testone di Carlo li per Nizza. — (Un opusc. di pag. 4 in 8°, con
disegno). — Estr. dal Bollettino di Numismatica, Milano, 1905).
Con questo mezzo testone (inedito ed unico sinora, e in-
discutibilmente di Nizza per le iniziali che reca della zecca
e del maestro generale Guillod), l'a. corregge un'attribuzione
di Domenico Promis, il quale, nelle Monete dei Reali di Sa-
voia (voi. II, tav. XIX, n. 54) assegna a Nizza un mezzo
testone che dev'esser uscito invece dall'officina di Borgo in
Bressa.
Une médaille savoyarde inèdite. — (Un opusc. di pag. 6 in-8°,
con dis.). — (Estr. dalla Gazette numismatique, Bruxelles, 1905).
Medaglia in bronzo (della collezione dell'a.), coi busti
del duca Emanuele Filiberto e del giovane principe Carlo
Emanuele.
Reca la firma del medaglista piemontese Gian Maria
Augustello, conosciuto sinora soltanto per una medaglia del
Museo Britannico.
Oiorcelli (Giuseppe). Una Zecca piemontese medioevale sconosciuta.
— (Un opusc. di pag. 6 in-8°). — (Estr. dal Bollettino di Nu-
mismatica, Milano, 1905).
La nuova zecca è quella di Dego, " grossa terra posta
" sulla riva sinistra della Bormida orientale, detta di Spigno,
u lungo la strada che da Acqui conduce a Savona. Dego,
" nel medioevo, faceva parte del Marchesato di Ponzone „.
La importante comunicazione del Dott. Giorcelli tende a di-
mostrare che Dego, e non Ponzone, fu la zecca di quei
Marchesi.
Papadopoli (Nicolò). Sebastiano Venier e le sue monete (1577-
1578). — Venezia (Tipografia Emiliana), 1905. — (Un opusc.
di pag. 23 in 40, con disegni). — (Per nozze Persico-Venier).
È trascorso ormai più d'un decennio, dacché il nostro
benemerito Presidente Conte Sen. Papadopoli pubblicava il
primo volume dell'apprezzatissima sua opera: Le monete di
Venezia descritte ed illustrate. Codesto primo volume com-
prendeva il periodo " Dalle origini a Cristoforo Moro „ ; il
BIBLIOGRAFIA 2(JI
secondo, ch'è atteso con vivo desiderio dagli studiosi, e che
trovasi fortunatamente già avanzato nella stampa, compren-
derà il periodo * Da Nicolò Tron al principio del Sec. XVII „.
Nell'occasione in cui la Contessa Sofia Persico, cugina
del eh. autore, andava sposa al Conte Sebastiano Venier,
omonimo e discendente del celebre Doge, il Sen. Papado-
poli volle stralciare con gentile pensiero dal proprio lavoro
in preparazione le pagine che si riferiscono al di lui princi-
pato, formando con questa primizia un elegante opuscolo
che commemorerà degnamente le cospicue nozze.
" La mente elevata, il carattere intemerato, le virtù
■ civili e militari „ — così incomincia il Co. Papadopoli —
- portarono Sebastiano Venier all'onore del principato, che
* fu degno coronamento di una vita tutta spesa in servizio
" della pafria.
" Venezia, riavutasi appena dal flagello della peste in
" cui erano perite numerose ed illustri vittime, aveva cele-
* brato solennemente la liberazione dal morbo, decretando
* l'erezione di un tempio al Redentore su progetto del Pal-
* ladio, quando un furioso incendio del Palazzo Ducale di-
" struggeva memorie preziose e tesori di storia e di arte.
* Amareggiato da quest'ultima sventura, il vecchio Doge
" moriva innanzi di aver compiuto il primo anno del suo
" regno „.
Poche e non comuni sono le monete di questo Prin-
cipe „, prosegue l'a.; ma in realtà alle sue diligenti indagini
riuscì di radunare la descrizione di 68 conii (7 per lo zecchino,
1 per il mezzo zecchino, 1 per il quarto di zecchino, 15 per
il due lire, 8 per la lira, ben 29 per il sesino, 1 per il quat-
trino, 3 per il mezzo quattrino, e 3 infine per l'unica osella
che si abbia di quel Doge).
Dessi (Vincenzo). Ricerche sull'origine dello stemma di Sassari e
sugli stemmi dei Giudicati Sardi. — Sassari (Tipografia Ditta
Giuseppe Dessi), 1905. — (Un opusc. di pag. 34 in-40 gr.,
con 2 tav.).
Qualche anno fa, l'autore pubblicò una prima memoria
sulla zecca di Sassari C1); ora egli riprende a trattar l'argo-
mento con maggior copia di materiali.
Descrive anzitutto quattro varietà di minuti di Carlo V,
tre delle quali sono rappresentate nella insigne Collezione di
S. M. il Re, un'altra nella collezione Vidal Quadras y Ramon
(1) V. la recensione in Rivista, 1899 (a pag. 271-72).
38
2CJG BIBLIOGRAFIA
di Barcellona e in quella dell'a. Tutte recano lo scudo
d'Aragona, la torre (arme di Sassari), e il nome dell' impe-
ratore, ma differiscono nel resto delle leggende. La prima
varietà le ha retrograde e confuse, nella seconda si legge
chiaramente : CIVITÀS TVRITÀNÀ , nella terza : GAVINVS
PROTVS, nella quarta : G-ÀVINV • . PR G-EN (codeste ultime
leggende sono allusive ai SS. Gavino, Proto e Gianuario,
martiri turritani).
Il Cav. Dessi ribadisce poi le osservazioni documentate
già da lui esposte nella citata sua memoria per dimostrare
che l'arme antica di Sassari era veramente la sola torre ;
egli riporta anche tre sigilli rinvenuti in quel territorio, i
quali hanno appunto la torre come stemma. Né certo, osserva
l'egr. nostro consocio, si ha bisogno, per sostenere tal tesi,
di ricorrere all'argomento messo innanzi da uno scrittore
del sec. XVII, il quale voleva ravvisare l'arme di Sassari
nella torre o porta di campo che si vedeva su molti piccoli
bronzi costantiniani trovati durante il restauro del porto di
Torres !
Caspar (Erich). Roger II. (i 101-1154) und die Grilndung der
normannisch-sicilischen Monarchie. — Innsbruck (Wagner), J904.
— (Un voi. di pag. 652 in-8°).
Quest'opera contiene anche un accenno alle intricate
condizioni monetarie del regno Normanno, e ai tentativi di
Ruggero II per dirimere la confusione di esse (pag. 26667).
Capobiancht (Vincenzo). Le origini del peso gallico. — (Un
opusc. di pag. 49, con fotoincisione). — (Estr. dall'Archivio
della R. Società Romana di Storia patria, 1904).
Il nome del Cav. Capobianchi è noto agli studiosi della
numismatica medioevale, soprattutto per la diligente mono-
grafia inserita nell'Archivio della Società Romana di Storia
patria sotto il titolo modesto di: Appunti per servire all' or-
dinamento delle monete coniate dal Senato di Roma dal 1184
al 14J9.
Di lui la nostra Rivista ebbe già ad accogliere, anni
sono, un'importante memoria metrologica (*), alla quale
forma sèguito un altro lavoro ch'egli pubblicò nei Mélanges
d'archeologie et d'histoire della Scuola Francese di Roma (2).
(1) Pesi proporzionali desunti dai documenti della libra romana, me-
rovingia e di Carlo Magno, Milano, 1892.
(2) Les CAROLI PONDVS conservés en Italie, Paris-Rome, 1900.
BIBLIOGRAFIA 293
L'opuscolo che abbiamo sott'occhio costituisce alla sua
volta il complemento dei due studi metrologici testé accennati.
Nel primo di essi l'a. dimostrava come nelle Gallie,
sotto i Merovingi, si usassero contemporaneamente due lib-
bre diverse: la u libra romana „ ed un'altra alquanto più
pesante, ch'egli denominò " libra merovingia „. Codeste due
libbre avrebbero cessato quando Carlo Magno ne creò una
nuova, corrispondente a 16 oncie di libbra romana.
Nel secondo, con la scorta dei campioni che recano la
leggenda CAROLI PONDVS, l'a. concludeva che Carlo Magno
non aveva creato un nuovo peso, come si credeva, ma bensì
generalizzato il peso romano già in uso nelle Gallie.
Nel terzo studio infine, eh' è contenuto nella presente
memoria: Le origini del peso gallico, l'a., illustrando un
campione ponderale in pietra rinvenuto nell'Aquitania, di-
mostra che quella libbra in uso sotto i Merovingi la quale,
soppressa da Carlo Magno per la generalizzazione della
libbra romana, fu detta libra antiqua, è di remota origine
gallica.
Bordeaux (Paul). Les ateliers monétaires de Toulouse et de Pa-
miers pendant la Ligue. — (Un opusc. di pag. 125 in-8°, con
dis. nel testo). — (Estr. dalla Revue Numismatique, Parigi, 1905).
Nel periodo agitato di tempo cui si riferisce l'autore, le
monete recavano il nome di tre re di Francia, secondochè
esse provenivano dall'una o dall'altra zecca. Le più nume-
rose hanno per leggenda, dal 1589 in poi: Enrico IV, re di
Francia e Navarra; — altre portano: Carlo X, re di Francia,
titolo che sopravvisse fino al 1597 al cardinale di Borbone
medesimo, morto nel 1590; — alcune infine, e sono le più
rare, continuano sino al 1594 ad offrirci la effigie e la leg-
genda di Enrico III, re di Francia e Polonia, benché questo
sovrano fosse morto nel 1589.
" Le regioni ribellatesi „ — osserva l'a. — * coniano
* monete col nome di re defunti, perchè esse vogliono costi-
■ tuirsi a provincie indipendenti dal potere centrale, e perchè
■ esse considerano l'autorità d'un re come puramente no-
" minale „.
Alcuni fra i documenti pubblicati dal Sig. Bordeaux
tendono appunto a dimostrare la verità di quest'asserzione,
per la zecca di Tolosa.
Altri curiosi documenti si riferiscono all'impianto del-
l'officina di Pamiers, che Enrico IV aveva ordinato di aprire
in sostituzione e in odio a quella di Tolosa, ma che proba-
bilmente non ebbe mai a funzionare.
294
BIBLIOGRAFIA
De Joiiglie (V<e B.). Un denier noir frappé à Ypres par Gui
de Dampierre, comte de Fiandre. — (Un opusc. di pag. 8
in 8°, con disegno). — (Estr. dalla Revue belge de Numisma-
tique, 1905).
In questa recentissima fra le numerose sue memorie, il
eh. Presidente della Reale Società del Belgio accresce d'una
nuova moneta la numismatica della città d'Ypres.
Questa città, situata sui confini della Fiandra occidentale,
e sòrta verisimilmente appena nella seconda metà del X° sec,
s' ingrandì presto e assunse importanza, in ispecie per lo
sviluppo delle sue fabbriche di panno. Ypres, che oggi non
tocca forse i 20,000 abitanti, nel sec. XIII° ne albergava,
dicesi, 200,000, superando Gand e Bruggia. Vi battevano
4,000 telai, possedeva 7 chiese parrocchiali, e vedeva sorgere,
per la iniziativa de' suoi drappieri, quella grandiosa " Halle
aux draps „ ch'è uno de' più notevoli edifici d'un paese ar-
chitettonicamente così ricco qual è il Belgio.
I>e Witte (Alphonse). Deux monnaies liégeoises inédites de la col-
lection de S. A. S. le due d' Arenberg. — (Un opusc. di pag. 8
in-8°, con disegni nel testo). — (Estr. dalla Revue belge de
Numismatique, Bruxelles, 1905).
La collezione del Duca d'Aremberg, a Brusselles, com-
prende circa 2000 monete, medaglie e gettoni che si riferi-
scono alla storia della sua famiglia. Nella memoria che ab-
biamo dinanzi, il solerte Segretario della Società Reale del
Belgio ne illustra due monete, l'una coniata da Guglielmo
de la Marck (1482-84), figlio di Giovanni signore d'Aremberg
e di Sedan, l'altra da Everardo de la Marck (148889), fra-
tello di Everardo signore d'Aremberg ; le quali, pur appar-
tenendo, come si vede, a quella serie, interessano la numi-
smatica del Vescovato di Liegi.
Hazerolle (F.). Les médailleurs francais du XV e siede au mi-
lieu du XVIIe. Tome troisième : Album. — Paris (Ernest Le-
roux), 1904. — (Un voi. in 40, di tav. 42 in fototipia).
Nell'annata 1903 della presente Rivista (a pag. 492 -93)
salutavamo la comparsa dei due volumi di testo della grande
opera intrapresa dall'infaticabile Archivista della Zecca di
Parigi, opera che forma parte della " Collection de docu-
ments inédits sur l'histoire de France publiés par les soins
BIBLIOGRAFIA 295
du Ministère de l'Instruction publique „. Richiamavamo allora
l'attenzione sulla ingente copia di materiali e documenti,
raccolta e disposta in ordine cronologico dal benemerito
Mazerolle, e da lui corredata di preziose notizie storiche e
d'una ricca bibliografia.
Ora riceviamo V Album con cui si completa l'opera, e
che in 42 tavole a fototipia riproduce una scelta di quasi
200 fra medaglie e gettoni, ordinati, per quanto era possi-
bile, artista per artista. Ci sfila così dinanzi agli occhi, in
rapida rassegna, la medaglistica francese, da' suoi rigidi
primordi che richiamano la sfragistica medioevale, sino ai
medaglioni monumentali di Guglielmo Dupré.
Anche V Album è munito d'un indice accurato, per la
rispondenza coi numeri del catalogo descrittivo delle medaglie
e dei gettoni che costituisce il volume secondo dell'opera;
e d'un indice per nomi di personaggi e medaglisti, per sog-
getti, ecc.
I>'All»on (Eugen Baron). Die Affaire Marschall. — Wien (Georg
Szelinski), 1905. — (Un opusc. di pag. 60 in-40, con illustrazioni).
Quest'opuscolo tratteggia la rapida e brillante carriera
artistica del giovane ma ormai già celebre scultore viennese
Rodolfo Marschall, successore di Tautenhayn nella carica di
medaglista della corte imperiale; e le amarezze che lo con-
tristarono dopo la recente sua nomina a professore di Me-
daglistica presso l'Accademia di Belle Arti.
Le tavole di riproduzioni che accompagnano l'opuscolo
sono dirette a sfatare l'accusa mossa a Marschall di essersi
valso dell'opera altrui per il rovescio della sua medaglia
" omaggio dell'infanzia „ pel giubileo dell'imperatore.
Moyaux (Auguste). Les chemins de fer autrefois et aujourd'hui
et leurs médailles commémoratives. Notice historique suivie d'un
catalogue descriptif des médailles de tous les pays. — Bru
xelles (Charles Dupriez), 1905. — (Un bel voi. di pag 262
picc. in folio, con 11 tav. in fototipia rappresentati medaglie e
placchette).
Ecco un volume interessantissimo per sé stesso, ma
inoltre, come suol dirsi, di vera " attualità „ ; poiché non
poteva uscire più opportunamente che ora, mentre si sta
preparando in Milano la Esposizione internazionale dedicata
appunto ai mezzi di trasporto.
Come l'autore spiega nella briosa prefazione al suo libro,
296 BIBLIOGRAFIA
il fondamento di questo è dato dal catalogo delle medaglie,
che forma la seconda parte del volume; la prima (cioè la " No-
tice historique sur les chemins de fer „) si è andata costi-
tuendo con le note accumulate durante la formazione della
raccolta di medaglie, note che furono poi coordinate, com-
pletate, e arricchite d' illustrazioni, talvolta soltanto curiose,
ma non di rado molto importanti dal punto di vista storico
e tecnico.
Sarebbe qui fuor di luogo l' intrattenerci sulla " Notice
historique „, che dai primissimi tentativi ferroviari giunge
sino al progetto della linea Parigi-Nuova York per lo Stretto
di Behring ; diremo soltanto che anche in essa è fatta la
dovuta parte all' Italia, sia nel testo che nelle illustrazioni.
La parte sostanziale del libro è formata, come abbiamo
detto, dal catalogo delle medaglie commemorative di strade
ferrate. Esso occupa 150 pagine circa, del formato in-folio
picc, e comprende un mezzo migliaio di numeri, cioè due
terzi di più del catalogo pubblicato dal Cav. Augusto von
Loehr nelle Mitteilungen des Clubs der Mùnz- und Medail-
lenfreunde (Vienna, 1892-97).
A questo proposito, l'a. osserva che, per quanto è a
sua contezza, esistono soltanto tre pubblicazioni speciali de-
dicate alla medaglistica ferroviaria, cioè quella generale del
Cav. von Loehr (di gran lunga la più importante), quella di
G. W. J. Potter: Railway Medals and Tokens (Brighton, 1901),
concernente l'Inghilterra, e quella del nostro socio Ing. Carlo
Clerici : Ponti, strade, ecc. in Italia, secondo le medaglie
(Milano, 1901).
Giova notare tuttavia che il presente catalogo dell' Ing.
Moyaux non si limita a descrivere le sole medaglie che
commemorino propriamente le ferrovie. Esso abbraccia tutti
i monumenti numismatici (gettoni, monete, medaglie, plac-
chette) che ricordino un avvenimento qualsiasi che abbia
attinenza con la storia delle strade ferrate (concessioni, opere
d'arte, inauguraziohi, giubilei) ; abbraccia inoltre quei ricordi
medaglistici che furono emessi in onore di personaggi ap-
partenenti al " mondo ferroviario „, purché tali ricordi non
si riferiscano ad anniversari intimi o di famiglia, ma bensì
a qualche particolarità della loro carriera.
Il catalogo è così ripartito :
Inghilterra e Colonie.
Belgio.
Stato Indipendente del Congo.
Francia e Colonie.
Svizzera.
Italia.
BIBLIOGRAFIA 297
Penisola Iberica : Spagna e Portogallo.
Austria-Ungheria.
Germania.
Olanda e Colonie.
Lussemburgo.
Stati scandinavici : Svezia, Norvegia e Danimarca.
Russia.
Stati balcanici : Turchia, Rumenia e Bulgaria.
America: Canada, Stati Uniti, Cuba, Messico, Guatemala, Equa-
tore, Bolivia, Brasile, Perù, Chili, Repubblica Argentina.
Le medaglie di ciascun riparto sono disposte in ordine
cronologico, accuratamente e minutamente descritte, e spesso
accompagnate da note esplicative e complementari utilissime.
Ogni sezione geografica si apre con un riassunto della
relativa storia ferroviaria : quello che si riferisce all' Italia
incomincia da quando era smembrata e divisa, per giungere
sino all'esercizio di stato che s' inaugura col i.° luglio del
corr. anno 1905.
E per restringerci appunto al nostro paese, diremo che
le medaglie italiane descritte dall' Ing. Moyaux sono circa
cinquanta, cominciando da quella per la ferrovia da Napoli
a Nocera e Castellamare (1840) concessa da Ferdinando II
ai fratelli Bayard de la Vingtrie. Questa prima medaglia,
piccola e ottagonale, è anche riprodotta in fototipia in una
delle tavole annesse al volume, insieme alla medaglia del
1843 per la ferrovia da Milano a Venezia, a quella di gran
modulo per la linea da Napoli a Caserta (1846), e a quella,
pure di gran modulo, per le feste inaugurali del traforo del
Cenisio (1871).
Comandili! (Alfredo). L'Italia nei Cento Anni del Secolo XIX,
giorno per giorno illustrata. — Milano, Antonio Vallardi editore.
Quell'inesauribile repertorio di date, di ricordi e di cu-
riosità storiche ed aneddotiche, di documenti artistici e pa-
triottici ch'è la pubblicazione del valente Dott. Comandini,
prosegue con l'usato corredo d'illustrazioni numismatiche e,
in ispecie, medaglistiche.
Spigoliamo dalle due dispense più recenti :
Dispensa 4Sa (Dal i° genn. al i° ottobre 184J). — Medaglia data
da Pio IX ai vigili di Roma. — Prima med. annuale di Pio IX, allusiva
al collocamento delle statue dei SS. Pietro e Paolo appiè della gradi-
nata esterna della Basii. Vaticana. — Med. coniata a Torino in onore
di Vinc. Gioberti. — Med. conferita da Ferdin. II per la difesa contro
gì' insorti di Messina. — Med. coniata in Milano per l' ingresso del-
298 BIBLIOGRAFIA
l'Arciv. Romilli. — Med. coniata in Venezia per la visita dei dotti del
IX Congresso a quell'arsenale (col busto di Dante). — Med. per la IX
Riunione degli Scienziati Italiani (col busto di Marco Polo).
Dispensa 4Óa {Dall'ottobre 1847 al j marzo 1848). — Med. coniata
nella zecca di Torino per sanzionare le riforme di Carlo Alberto (ot-
tobre 1847). — ld. fatta coniare dalia Città di Novara. — Med. di To-
rino a memoria della Lega Doganale. — Medaglie popolari coniate in
Torino per la Lega Dog. fra Pio IX, Carlo Alberto e Leopoldo II. —
Bozzetto di medaglione col busto dtll'Avv. G. B. Nazari di Treviglio
(medagliere del venerando patriotta Sen. Camozzi-Vertova di Bergamo).
— Rara medaglia coll'tffigie di Pio IX e di S. Galdino, portata in Mi-
lano dai liberali (collez. dell' Ing. Carlo Clerici). — Med. commemorativa
della rivoluz. di Sicilia. — Med. commemorante la largizione dtllo Sta-
tuto agli Stati Sardi.
Come si vede, il materiale numismatico disseminato
nell'opera del eh. Dott. Comandini, frammezzo ai ritratti,
alle vedute, alle riproduzioni di stampe, di autografi, di carte,
di stemmi, d'insegne, di cimeli d'ogni fatta, è sì copioso ed
interessante da assicurarle un posto affatto singolare fra le
pubblicazioni odierne e un durevole valore di consultazione
anche per le nostre ricerche speciali.
Halkc (H.). Einleitung in das Studium der Numismatik. Dritte,
vermehrte und verbesserte Auflage. — Berlin (Georg Reimer),
1905. — (Un voi. di pag. xm-219 in-8°, con 8 tav. in fotot. e con
dis. nel testo). — (Prezzo 6 marchi).
La * Introduzione allo studio della Numismatica „, di
Halke, gode di un meritato favore in Germania. È un suc-
cinto trattato che abbraccia tutte le diverse serie numisma-
tiche, quantunque (com'è naturale) conceda uno spazio più
largo alle monete tedesche.
La IIa edizione, uscita nel 1889, segnava già un note-
vole miglioramento sulla Ia (del 1882) ; ora poi, per cura
della rinomata casa editrice Reimer di Berlino che ne as-
sunse nel frattempo la pubblicazione, il libro di Halke ci si
presenta per la IIIa volta, ancora accresciuto e migliorato ;
vi troviamo aggiunto, fra l'altro, un capitolo sui metalli e
sui sistemi monetari.
Solone Ambrosoli.
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l' Iliupersis ; Gabrici E. La numismatica di Augusto : studi di tipo-
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Basi alla Micenea in colonne italo-doriche ; Pernier L. Le armi di
Vetulonia; Milani L. A. I Dattili d'Ilio, indigitamenta troiana: quadro
generale ermeneutico di tutti i monumenti trovati a Troia ; Pel-
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Museum]. London.
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con ellas se relacionan, datos y noticias que de la misma se deducen.
Madrid, Beneto Cerezo, 1903, in-4, P- 33&
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Japan, Corea, en Annam, behoorende tot de numismatische verzameling
van het Bataviaasch Genootschap van kunsten en wetenschappen. Ba-
tavia, M. Nijkoff, 1904, in-8, pp. xxvi-227.
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E. M.
302
BIBLIOGRAFIA
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Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia, con
un' Appendice archeologica e artistica. Periodico mensile del Circolo
Numismatico Milanese. Redazione e Amministrazione : Milano, via
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Anno III. N. 1. — Gennaio 1905.
La Redazione. Il Circolo Numism. Mil. e il ■ Boll, di Num. „ giu-
dicati d. Num. Circular di Londra. — Carrara (F.) Issa, Monografia
num. (edita ed annot. dal Dott. L. Rizzoli jun.) [Continuaz. — Con zin-
cografie]. — Simonetti (A.) Numismatica della magna Grecia. [Conti-
nuazione]. — Monti (P.)-Laffranchi (L.) Non Tarraco, ma sempre 7Y-
cinum e Mediolanum. — La Redazione. Bibliogr. num. romana [Recen-
sione del lavoro del sig. Maurice sull'iconografia degl'imper. rom. della
fine del sec. Ili, e del sec. IV, desunta dalle loro monete]. — Salvaro (V.)
Medaglistica: Place/ietta per gli studenti italiani d'innsbruck [Con fotoin-
cisione]. — Placchetla triestina [Per l'Università italiana. — Con foto-
incisione]. — Mattoi (E.) Medaglia commemor. del decennio del Touring-
Club Italiano [Con fotoinc. — Tutti questi lavori escono dallo Stab.
Johnson di Milano]. — Notizie varie [Ancóra di Bart. Borghesi. — Un
opusc. raro. — La nuova Soc. Num. d'Amburgo. — " La circolaz. mo-
netaria nella storia e nella pratica „, conferenza del Prof. S. Ricci. —
Lo commissione tecnico-artistica monetaria].
N. 2. — Febbraio 1905.
Carrara (F.). Issa [Contin. — Con zincogr.]. — Giorcelli (G.) Una
zecca piemontese medioevale sconosciuta. — Ricci (S.) La nuova zecca di
Dego (Ponzone) [A proposito dell'art, preced. del Dott. Giorcelli]. —
Del Corno (T.) Medaglia della Banca Popolare [Con fotoinc] — La Di-
rezione. Medaglia annuale Verdiana [Con fotoinc.]. — Ricci (S.). Il grave
problema della circolaz. internaz. delle mon. antiche.
N. 3. — Marzo 1905.
L. (L.). Contributi al Corpus delle falsificazioni : I. Le semi-falsifica-
zioni [Con fotoinc.]. II. Gran bronzo " inedito „ di Macrino. — Pe-
rini (Q.). Il ripostiglio di Cai ribollo (presso Mar ostica") [Matapani di Ve-
nezia e di Serbia ; grosso di Brescia coi tre santi, grossi aquilini e
tirolini di Merano e Mantova [Con zincografia]. — Ricci (S.) e Grassi
Grassi (A.). Intorno alle presunte monete dei Chiaramonte. — Sgul-
mero (P.). Due bronzi di Pio VI {varietà inedite). — Notizie varie [Corso
di Num. greca alla R. Univ. di Pavia, inaugur. dal Prof. S. Ricci. —
11 Corpus delle mon. tolemaiche, di Svoronos. — Il Congr. internaz. di
Archeol. in Atene].
BIBLIOGRAFIA 303
N. 4. — Aprile 1905.
Carrara (F.). Issa [Contin. e fine]. — Perini. Il rip. di Carribollo
[Contin. e fine. — Con zincografia]. — Cerrato (G.). Nota di Numi-
smatica Sabauda: Un mezzo testone di Carlo II per Nizza [Con zinco-
grafia].
N. 5. - Maggio 1905.
Simonetti. Numismatica della Magna Grecia [Contin.]. — Monti e
Laffranchi. La data di coniazione delle monete di Elena nella zecca di
Antiochia [Con fotoincisioni]. — L. (L.). Correzione all'art. " Sulle fal-
sifìcaz. imp. rom. „. — Ricci (S.). Medaglistica : La medaglia-ricordo del
Traforo del Sempione [Con fotoinc] ; La med. del Circolo artist. di
Trieste al Prof. Lorenzoni ; La med. d'oro dell' Esposiz. di Venezia, ecc. —
Atti del Circ. Num. Milanese. — Notizie varie [Ritrovamenti di monete.
— Il catal. di una notev. collez. di mon. greche, compilato dal Dottor
Hirsch, ecc.].
N. 6. — Giugno 1905.
Ricci (S.). L'argentatura delle monete antiche. — Grillo (G.). Mo-
nete inedite e corrette di Castiglione delle Stiviere [Con tavola]. — L. (L.).
Bibliografia numismatica romana [Recens. delle pubblicaz. di Leon Homo
e Jules Maurice]. — Ricci. Bibliografia numismatica e medaglistica varia.
— Mattoi (E.). Uua rarissima medaglia a Gaetano Donizelti [Eseguita
a Parigi nel 1852. — Con fotoincisione]. — Notizie varie [Doni al Museo
Archeol. di Siracusa. — La collez. di mon. rom. del Municipio di Mi-
lano, ecc.]. — Necrologio. — Doni al Circolo.
Rassegna Numismatica, diretta da Furio Lenzi. Orbetello.
Anno II. Num. 1. — Gennaio 1905.
Lenzi. Ricominciando. — Falchi (I.). Su la riduzione in peso dell'asse
romano e l'usura in Roma nel IV e V Sec. av. G. C. [Continuaz.]. —
L. (F.). Correzioni all'ultima ediz. della Guida Gnecchi. — Rassegna dei
periodici. — Rass. medaglistica. — Recensioni. — Varietà. — Nella scienza
e nella vita.
Num. 2. — Marzo 1905.
La Rass. Num. A quelli di lassù. — Falchi. Su la riduz. in peso
dell'asse rom. ecc. [Contin. e fine]. — Piccione (M.). Un aureo di Pompeo.
II. — L. (F.). Note di Numismatica pontificia. Ili : Clemente VII e
IJaolo IV. — Spigardi (A.). Spigolature d'archivio — Fiaschi (D.). No-
tizie istoriche della R. Zecca di Firenze. — Recensioni [Cenno intorno
all'opera di R. Del Rosso : Pesche e peschiere antiche e moderne del-
l'Etruria marittima (Firenze, 1905), accompagnato da una tav. di mo-
304 BIBLIOGRAFIA
nete dell' Etruria con emblemi marini]. — Rassegna medaglistica [Con
disegno]. — Varietà [Gli scavi intorno alla Torre spagnuola presso Or-
betello; vi si rinvennero anche molte mon. imperiali]. — Sommari. —
Monete in vendita [Elenco di mon. ital. per i principianti, coi prezzi
segnati].
Num. 3. — Maggio 1905.
Eddé. Ce que contenait le trésor d'Aboukir. — Dattari (G.). Le mo-
nete cosidette " imbiancate „ oppure " stagnate „. — Fiaschi. Notizie isto-
riente della R. Zecca di Firenze [Continuaz.]. — Barabesi (R.). Biblio-
grafia numism. della prov. di Grosseto. — Stettiner (P.). Una medaglia
in onore di Guglielmo Marconi [Offertagli dalla Città di Bologna. Di
questa med. furono eseguiti : un esempi, in oro, quattro in arg. dor. e
dugento in br. Il fi? reca il busto del celebre inventore; il £# un genio
assiso, con la legg. : FULGURA PRAEVERTENS VACUAMI VOX
PERMEAT ÀETHRAM* — Con fotoincisione]. — L. (F.). Recensioni
[Pubblicaz. di Ambrosoli, Perini, ecc.], — Varietà. — Sommari.
Revue Numismatique, dirigée par G. Schlumberger, E. Babelon,
A. Blanchet {Secrétaire de la Rédaction: A. Dieudonné). Paris,
chez Rollin et Feuardent; 4, rue de Louvois.
Quatrième sèrie. — Tome neuvième. — Premier trimestre 19x35.
Jameson (R.). Quelques pieces de la sèrie des Séleucides. — Foville (J. de).
Un scarabée archaìque et les monnaies archai'ques de Thasos [Con di-
segni nel testo]. — Barthélemy (A. de). Numismatique Clunisienne [Ar-
ticolo postumo del compianto Nestore de' numismatici francesi. " M. de
Barthélemy „ — annotano i redattori del periodico — " n'a pas revu
les épreuves de cet article, le dernier sorti de sa piume. „]. — Bor-
deaux (P.). Les ateliers monétaires de Toulouse et de Pamiers pendant
la ligue [Continuazione e fine]. — Dieudonné. Choix de monnaies et mé-
dailles du Cabinet de France [Continuaz. — Monete della Magna Grecia.
— Con tavola in fototipia : Mon. di Nola, Nuceria Alfaterna, Suessa,
Teano, Arpi, Teate, Taranto]. — Mélanges et documents (Mowat: D'un
recueil general des monnaies antiques. — Raimbault : La charte du Par-
lement general des monnayeurs du sermenl de l'Empire tenu à Avi-
gnon en 1349). — Chronique [Notizie riassuntive del Sig. Blanchet
sulle recenti scoperte di ripostigli. Il rip. di Carbonara presso Bari;
il rip. di Castelletto-Stura, descritto dal Prof. Seraf. Ricci. Interessante
Tesoretto scoperto a Lalbenque (Lot), composto di 200 e più mon. d'oro
del principio del sec. XVI, fra le quali alcuni fiorini di Firenze e zec-
chini di Venezia, uno di Rodi, ecc. Formavano parte del tesoretto anche
due mon. d'arg., un testone milan. di Gal. M. Sforza e uno di Giangal. M.
per Genova. — Notizie, redatte dal Sig. Dieudonné, intorno alle ven-
dite recenti più notevoli. La collez. Pogge, venduta all'asta a Franco-
forte dalla Casa Hamburger. Lo scudo di Giambatt. Spinola per Ver-
BIBLIOGRAFIA 305
gagni, che apparteneva a quella collez., raggiunse i 2000 marchi. Un
esempi, della magnif. med. di Hans Reinhart, con la Trinità nel /& e
una cartella sostenuta da due angeli nel R), toccò il prezzo di 3,780
marchi. La collez. Trau, venduta a Vienna dai Sigg. Egger. Una med.
di Leonello d'Este, del Pisanello, raggiunse quasi le 2000 lire; una
d' Isotta, di Matteo de' Pasti, e una del Pastorino, il mezzo migliaio di
lire, ecc. — Urna dei giuochi o tiara? Art. del Sig. Dieudonnè, a pro-
posito di un' ipotesi formulata da Dressel e Zahn, e implicitam. accet-
tata da Wroth. — Monete di Pacaziano ; nota del Sig. Blanchet. — Le
pubblicazioni della " Société des Antiquaires de France „. — Gli acquisti
del Gab. Num. di Berlino. — Le nuove med. frane. — Il Congresso di
Liegi per la riproduz. dei manoscr., delle mon. e dei sigilli. — Il Congr.
internaz. d'Archeol. di Atene. — Il monum. a Bartol. Borghesi, a
S. Marino. — Il nuovo gr. sigillo di Francia, ordinato al capo incisore
Vernon. La terza Repubblica si è servita sinora del gr. sigillo della
Rep. del 1848]. — Bulle fin bibliographique [Schreiber, Sludien ùber das
Bildniss Alex, des Grossen. Recens. di Babelon. — Strack, Der Mùnz-
fund auf den Sels'schen Ziegeleien bei Ntuss. Mon. romane, galliche,
gallo-romane, ecc., descritte e commentate. — Codrington, A Manual
of Musalman numismatics. — Mazerolle, Les médailleurs francais. Re-
cens. del Sig. Jean de Foville. — Bibliographie métodique : Périodiques
et publications diverses. Spoglio per del cura Sig. Blanchet]. — Procès-
verbaux de la Société francaise de numismatique [Con disegni nel testo].
Bulletin international de Numismatique, publié sous les auspkes de
la Société Francaise de Numismatique et dirige par Adrien Blanchet.
— Paris, Ernest Leroux, Editeur, 28, rue Bonaparte (VP).
Tome troisième (1904). — N. 4.
Notices (Dieudonnè : Une monnaie de Perga au tyPe du croissant
[Con disegno]. — A propos de la loi italienne sur l'exportation des objets
d'art [Il Sig. Blanchet conclude : "Il y a évidemment dans les deux
" canips, — libre-échangistes et protectionnistes des objets d'art, — des
" partisans convaincus et qui s'intéressent à la grandeur de leurs pays,
" bien que se placant à un point de vue différent. Quelle que soit
■ l'opinion préférée, il faut bien admettre que la loi italienne ne pourra
" jamais empècher l'exportation des monnaies antiques „]). — Trouvailles
[Ripost, di S. Adriano, presso Roma : monete dei tempi d'Augusto. —
Rip. di Stromberg, tra Coblenza e Magonza : 500 picc. br. dell'epoca
costantiniana. — Picc. rip. di mon. rora., scoperto a Parigi, in piazza
del Pantheon. Una apparteneva a Quintillo. — Rip. d' un migliaio
circa di denari carolingi, rinvenuto nell'Allier. — 11 tesoretto di San-
dersleben (Sassonia) : mon. d'arg. medioev. ted., più d'un migliaio. —
Rip. di Edelsthal, presso Presburgo : 2000 pezzi circa, austriaci, bava-
resi, ecc. Il tesoretto dev'essere stato nascosto verso il 1470. — Rip.
di mon. medioev., di Virzburgo, Bamberga, della Turingia, ecc., scoperto
306 bibliografia
a Schleusingen. Trovasi ora per la maggior parte al Gab. ducale di
Gotha. — Gr. ripostiglio, trovato a Iena, di 5000 pezzi ; per la mass,
parte, grossi di Misnia, che risalgono al principio del sec. XV. — 11
rip. di Razuns, nei Grigioni (descritto da Fritz von Jecklin ed Ercole
Gnecchi in questa stessa Rivista)]. — Sociétés [Sedute della Soc. Frane,
di Num., della R. Soc. Belga, della R. Soc. di Londra e della Soc. Num.
Britanna, della Soc. di Berlino, del Circolo di Norimberga, della Soc.
Svizz. e della Soc. Neerlandese. Notevole particolarmente la lettura di
Sir John Evans, alla R. Soc. londinese, intorno a 36 mon. di Carausio
appartenenti alla sua collezione]. — Musées [Dono di 25,000 marchi al
Gab. num. di Monaco di Baviera, per acquisti di monete e medaglie.
— Il Museo germanico di Norimberga ha ricevuto dall' imperat. d'Au-
stria 2000 corone per acquisti di medaglie che si riferiscano alla casa
di Austria-Lorena. — Vendita della collez. de Somzée : med. dei se-
coli XV-XVIII]. — Nouvelles diverses [Il corso di Num. del Prof. Babe-
lon al " Coliège de France „. — Il nuovo Circolo Num. d'Amburgo. —
Il distintivo del Congr. internaz. d' igiene dei lavoratori : consisteva in
una riduz. della placch. di Lefebvre che rappresenta nel (& l'Igiene e
l'Architettura in atto di concertarsi per tracciare dei progetti di abi-
tazioni salubri, nel ^ il ritorno del lavoratore alla sua casetta risanata
e resa lieta da piantagioni. — Placch., di Greg. Calvet, offerta a Del-
cassé; reca il busto del ministro, e la figura della Repubbl. che pre-
senta due spade le quali si trasformano in un ramo d'ulivo. — Placch.
di Carlo Seffher pel centenario di Schiller. — Placch. in onore del filo-
sofo nonagenario Edoardo Zeller]. — Bibliographie.
Bulletin de numismatique. Rédaction et Expédition: Vve Raymond
Serrure, 19, Rue des Petits-Champs, Paris.
IX* volume. — 7*-8e bvraison. — Novembre-décembre 1904.
Correspondance numismatique. — Blanchet (A.). Documents numis-
matiques concernant Versailles [Con disegni nel testo]. — Bibliographie
(Perini, Di alcuni ripostigli di monete medioevali. — Castellane (Cte de),
Le gros tournois de Charles d'Anjou. — Joùbert, Victor- Emmanuel III
numismate. — Piccione, Un aureo vetrificato. — Lo stesso, Le monete
sub-erate. Le monete di Uranio. Un aureo di Pompeo). — Revue des
Revues. — Lectures [Una medaglia di Alfonso XI il, in commtmoraz.
del suo giuramento alla Costituzione. — Le med. della Rinascenza nella
collez. Dutuit. — La produz. della Zecca di Parigi nel 1904; richiese
complessivamente, 649,300 chilogr. di metallo. — La collez. del D.r Storer
di Newport (St. Uniti). Com'è noto, è una raccolta speciale di medaglie,
tessere, gettoni, ecc. che si riferiscono alla Medicina e alla Chirurgia.
Il proprietario ne fece dono, qualche anno fa, alla Biblioteca medica
di Boston, in memoria del proprio padre che iniziò la raccolta più di
cinquant'anni or sono. — La quistione dell'esportazione degli oggetti
d'arte e la Soc. Num. Italiana]. — Médailles nouvelles [La med. in onore
BIBLIOGRAFIA
307
di Bened. Tissier, m. in Egitto, vittima della scienza; la med. per la
Società di Oceanografìa. — Il nuovo gr. sigillo di Francia, di Vernon.
Rappresenta, contrariamente all'uso, la testa della Repubblica di pro-
spetto, non di profilo. — La placchetta della ■ Société des Gens de
Lettres „. Nel & ha una composizione allegorica : La pensée anime
l'univers. Nel R) una cartella per il nome, sormontata da una fiaccola,
con altri attributi. — La med. per la Banca commerc. ital.]. — Trou-
vailles. — Sociétés [Comunicaz. di Babelon all'Accademia delle Iscrizioni,
intorno alle origini della moneta ateniese. — Il nuovo Circolo Num.
Amburghese]. — Catalogne de livres et brochures de numismatique [in
vendita, a prezzi segnati].
Revue belge de numismatique, publiée sous les auspices de la So-
ciété Royale de numismatique. Directeurs: Vte B. de Jonghe, Cte Th.
de Limburg-Stirum et A. de Witte. — Bruxelles, J. Goemaere, Imp.
du Roi, Edit.
1905. — Soixante et unième année. — Première livraison.
Forrer (L.). Les signatures des graveurs sur les médailles grecques
[Continuaz. — Con disegni e fotoincisioni nel testo]. — Jonghe (De). Un
denier noir frappé à Ypres, par Gui de Dampierre, comte de Fiandre (1280-
IJ°S) [Con dis.]. — Bernays (Ed.) Un demi-gros de Jean de Bavière, due
de Luxembourg, 1418-142J (Trouvaille de Heiligkreus) [Con disegni]. —
Vanden Broeck (Ed.). Numismatique bruxelloise: Les jetons des seigneurs-
irésoriers de Bruxelles au XVlle siede (1620-1698) [Con tavola]. — Bor-
deaux (P.) Jelon franco allemand de la première république et méreaux
mayencais contremarqués de 1792 à 181 4 [Con dis.]. — Peny (E.). Jetons
et méreaux de charbonnages: Hainaut (IP partie) [Con tavola, e con
disegni nel testo]. — Hamal-Mouton. Médaillon et décorations liégeois,
1789 et 1794 [Con tavola]. — Mélanges [Aggiunte d\Y Essai sur les jetons
et méd. de mines francaises del Sig. Florange. — Cenno del Visconte
de Jonghe suW'Allg. Mùnskunde des Mittelalters del Prof. Luschin von
Ebengreuth. — Il Corpus delle mon. tolemaiche, di Svoronos. — Som-
marii dei periodici di Numismatica]. — Société royale de Numismatique
[Elenco delle pubblicaz. ricevute nel 40 trimestre 1904, ecc.]. — (Con
numerazione separata: medaglie attinenti al regno di Leopoldo II, con
3 tav. in fototipia. Notiamo la med. in onore di Vanden Broeck, la plac-
chetta Bruxelles pori de mer, la pi. commemor. dell' inauguraz. del pa-
lazzo di città di Saint-Gilles, la med. del Congresso archeolog. di Mons,
1904, quella per la rappres. dell' " Anello del Nibelungo „ al Teatro
della Monnaie di Brusselles, la med. pel Congr. dei Fisiologi, 1904, rap-
presentante Andrea Vesalio, ecc.).
Deuxième livraison.
Forrer. Les signatures de graveurs sur les monnaies grecques.
[Contin. — Con tavola, e con fotoincisioni e disegni nel testo]. — Du-
308 BIBLIOGRAFIA
xiLH (E.-D.-J.). Une trouvaille de 191 monnaies d'or byzantines et d'une
pièce dargent [Con disegni]. — Bernays. Un timbez de Guillaume li,
comte de Nantur {1301-1418) [Con dis.]. — De Witte. Deux monn. lie-
geoises ined. de la coli, de S. A. S. le due d' Arenberg [Con disegni]. —
Vanden Broeck. Numismatique bruxelloise : Les jetons des seigneurs-
trésoriers de Bruxelles (deuxième art.) [Con tavola]. — Bordeaux (P.).
Jeton franco-allemand, etc. [Contin. e fine. — Con disegni]. — Peny.
Jetons et méreaux de charbonnages (HI4 partie) [Con 3 tav., e con foto-
incisione nel testo]. — Alvin (F.). Contributions à la sigillographie na-
lionate (premier article) [Sigilli conservati nel Gab. Num. di Bruxelles. —
Con tavola, e con disegno nel testo], — Necrologie (Teixeira de Aragào.
— Morin-Pons. — Van Even). — Mélanges [Operazioni eseguite alla
Zecca di Bruxelles nel 1904: cambii e rifondite, coniazioni, riproduz. di
conii, ecc. — Decreto reale del 14 giugno 1904, che stabilisce il tipo
delle nuove mon. belghe da 2 fr. e da 1 fr. (con fotoincis.). — Le prime
mon. del nuovo regno di Serbia, coniate in Ungheria, nella zecca di
Kremnitz : sono pezzi da 5 franchi con le effigi accollate di Karagiorgio
e Pietro I. — Modificaz. del pezzo frane, da 25 centes. — Il sistema
monet. della Rep. di Panama. L'unità monet. sarà il balboa, moneta
d'oro equival. al dollaro degli S. U. — La Colombia adotta per unità
il peso d'oro, equivalente anch'esso al dollaro americano. — Il gover.
giapponese sopprime la monetaz. a base argentea che vigeva tuttora
nell'isola di Formosa, sostituendovi col i° luglio 1904 quella a base
aurea. — Recens. del Sig. De Witte sulla parte 2a dell'opera di Simonis:
L'art du médailleur en Belgique. — Cenni sulla 3a ediz. del man. di Halke
e sull'atlante di medaglie frane, a corredo dell'opera di Mazerolle. —
Le medaglie dell' Esposiz. di Liegi. — La sezione belga della " Soc.
Batavo-Belga degli amici della med. d'arte „. — Recens. del Visc. de
Jonghe sul Traile des monnaies gauloises di Ad. Blanchet. — Il Corpus
delle mon. tolem., di Svoronos. — La Medaglietta del Petrarca, per le
feste di Padova. — La med. per auguri di capodanno, di Paolo Fisch,
incisore a Brusselles. — La med. pel 750 anniv. dell'indipendenza belga.
Fu posta a concorso fra una ventina di medaglisti. — Vendita di mon.
med., gettoni e tessere, provenienti dalle collez. del Cav. van Eersel e
del Sig. Reychler, a Brusselles ; un quarto di statere d'oro di Tolomeo
Sotere raggiunse i 105 fr.; uno stat. d'oro di Alessandro i no fr.; un
tetradr. di Lisimaco, di bello stile, i 75 ; un aureo di Nerone (IVPITER
CVSTOS), 105 fr. — Sommarii dei periodici]. — Société royale de Nu-
mismatique [Elenco delle pubblicaz. rie. dalla Soc. durante il i° trime-
stre 1905, ecc.].
Tijdschrift van het Koninklijken Nederlandsch Genootschap
voor Munt- en Penningkunde. — Amsterdam, Johannes Muller.
i3e Jaargang. — 1905. — [Dispense ia e aB].
Wigersma (S.). Iets over Wigle van Aytta van Zwichum, zijne munt-
eli penningverzameling en de gedenkpenningen met zijne beeltenis [Con
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ritratto e vedute, e con 2 tav. in fototipia riproducenti medaglie del
sec. XVI]. — Zwierzina (W. K. F.). Nederlandsche penningen 1864-1898.
Deel II : 1879-1890 [Continuaz. — Con tavola in fotot.]. — Sillem (J. A.).
De Cameraarsrekeningen vari Deventer (ijjj-ijjó). — Sassen (A.). Mijn
goed recht tegenover Mr. Sillem gehandhaafd. — Faddegon (J. M.). No-
tice sur les Cauris [Interessanti ricerche sulle conchiglie-moneta]. — In
memoriam (J. A. van der Chijs). — Ter Gow (J. E.). De munì in de
volkstaal. IV. — Gemengde berichten [Prove di zecca della Rep. Batava,
del 1799. — Vendita della collez. Stephanik di Amsterdam. — Pic-
chetta in onore della regina-madre Emma. — Curiosità numismatiche e
bibliografiche, ecc. — Sommarii dei periodici].
Zeitschrift fur Numismatik, herausgegeben von H. Dannenberg,
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Gaebler (H.). Zur Mùnzkunde Makedoniens. V [Con 3 tav. in foto-
tipia]. — Regling (K.J. Zur griechischen Miìnzkunde. IV [Thera. —
Bithynium (-Claudiopolis). — Lycia]. — Weil (R.). Das Mùnzmonopol
Athens im ersten attischen Seebund [Con 2 fotoincis. nel testo]. — Dan-
nenberg. Der Denarfund von Polna. — Lo stesso. Noch drei estimisene
Denarfunde [Con disegni]. — Kirsch (Th.). Der Miinzfund zu Schalke.
Beitrag zur mittelalter lichen Miìnzkunde der Grafschaft Mark [Con ta-
vola in fototipia], — Maurice (J.). L'atelier monétaire de Cyzique pendant
la période Constantinienne [Con 2 tav. in fotot.]. — Literatur [Luschin
von Ebengreuth, Allg. Miìnzkunde und Geldgesch. d. Mittelalt. u. d.
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Prof. Dr. H. Riggauer). Munchen, Selbstverlag der B. N. G.
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fahrtsorte, Kirchen und Klòsier [Con tavola in fotot.]. — Kull. Die
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Speyer [Con fotoincisione]. — Friesenegger (Msgr. J. M.). Ueber Ulrichs-
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zioni di Luschin von Ebengreuth, Halke e Schulte].
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Numismatische ZeitSChrift, herausgegeben von der Numismatischen
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kupfergeldes [Con disegni e fotoincisioni nel testo]. — Markl (A.). Die
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Numismatique orientale : Monnaies inédites ou rares des Dynasties mu-
sulmanes de la collection de l'auteur [Con tavola in fototipia]. — Dan-
nenberg (H.). Die àltesten Mùnzen Ostsachsens [Con 2 tav.]. — Fiala (F.).
Die àltesten Rait-pfennige Joachimstals [Continuazione. — Con tavola in
fotot.]. — Domanig (K.). Josef Tautenhayn senior, k. und k. Kammerme-
dailleur [Con io tav. in fotot., con fotoincisioni nel testo, e col ritratto
del medaglista]. — Franz Tran [Necrologio, dovuto alla penna del
Dott. Scholz. — Con ritratto]. — Numismatische Literatur [Hill, A Ca-
talogne 0/ the Greek coins of Cyprus. Estesa e particolareggiata recen-
sione del Prof. Kubitschek. — Petrowicz, Sammlung Petrowicz : Arsa-
cidenmùnzen. — Luschin von Ebengreuth, Allg. Mùnzkunde u. Geldgesch.
d. Mittelalt. u. d. neuer. Zeit. Recens. del Cav. von Ernst. — Schròtter,
Das preuss. Mùnzwesen im 18. Jahrhundert. Diffusa recens. di Ernst. —
Fiala, Mùnzen u. Medaillen der Welfischen Lande. Id. — Bahrfeld (E.),
Die Mùnzen- u. Medaillensammlung in der Marienburg, (IL Band). Id. —
Forrer, Biograph. Dictionary of Medallists (Voi. II). Cenno del Dottor
Scholz. — Meili, O mejo circolante no Brazil (Parte III). Cenno di Ernst].
— Bramsen, Médailler Napolèon le Grand ou description des médailles,
clichés, repoussés et médailles-décorations relatives aux affair es de la France
pendant le Consulat et l'Empire (Première partie). Recens. dello stesso
Cav. von Ernst. — Katal. d. Mùnzen- u. Medaillen-Stempel-Sammlung d.
k. k. Hauptmùnzamtes in Wien (III. Band). Id. — Rohde, Kollection Ernst
Prinz zu Windisch-Gràtz : Mùnzen d. byzant. Kaiserreiches. — Fiala,
Koll. Ernst Pr. zu W.-Gràtz : Mùnzen u. Medaillen von Deutschl. u. d.
Schweiz. — " Orientalische Numismatik „. Sotto questo titolo sono rag-
gruppate molte recens. dovute al Cap. Edoardo von Zambaur, specia-
lista per tali studi]. — Jahresbericht der Num. Gesellschaft ùber das
Jahr 1904.
Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in "Wien (Verant-
wortlicher Schriftleiter: Prof. Adolf Friedrich). Universitatsplatz, 2.
Nr. 258. — Janner 1905.
Markl (A.) Weder Mediolanum, noch Ticinum, sondern Tarraco [Con-
tinuaz. e fine]. — Mùnzfunde [Il ripostiglio di Spital (mon. rom.). [Un raro
testone di Siro d'Austria, principe di Correggio, rinvenuto a Sierring,
nell'Austria Super.; esso, — come osserva il Sig. Schmidel, cui si deve
questa notizia, — è identico all'esempi, riportato al n. 1095 della tav. VII
del Catal. Gnecchi]. — Besprechungen. — Verschiedenes [Necrol. di E. Foest.
BIBLIOGRAFIA 3II
— Le placch. di capodanno d'Arturo Krupp e di Bachofen von Echt.
— Le nuove mon. belghe da 2 e da i fr. — Le med. per l' Esposiz. di
Liegi (1905). — Placch. ordinata dal Gov. belga per ricordare i nomi
dei donatori di una statua di Settimio Severo, acquistata da alcuni me-
cenati alla vendita Somzée di Brusselles e da essi destinata al Museo
Reale. La placch. è opera del valente medaglista Devreese, di cui ab-
biamo parlato piuttosto diffusamente lo scorso anno. — Coniazioni di meda-
glie nella zecca di Londra. Nello scorso anno essa produsse ben 210,462
med., per la maggior parte di commissione privata. Le med. ufficiali
comprendevano quella commemor. della defunta regina Vittoria, quelle
•consuete di premio per Società scientifiche, per il " Board of Trade „,
pei cadetti di Sandhurst, Woolwich e del R. Coli. Brit. di Marina. Fu
inoltre coniata una nuova med. pel servizio di trasporto marittimo; essa
reca nel J& il busto del re in uniforme di marina, e nel I# un grande
piroscafo, tra i cinque continenti distribuiti nel campo. La legg. è: OB
PATRIAM MILITIBVS PER MARE TRÀNSVECTIS ADIVTÀM].
Nr. 259. — Februar 1905.
Generalversammlung der Wiener num. Gesellschaft ani 25. Jdnner ipoj
[L'assemblea, fra l'altro, nominò soci corrispondenti i Sigg. Blanchet,
De la Tour, Dieudonné, Maurice, Mowat, Grueber, Wroth, Hill, Weber
(d'Amburgo), Jòrgensen (di Copenaghen)]. — Besprechungen [Von Hófken.
Numismatische Denkmale auf den Protestantismus in Oesterreich (Im-
portante anche per le notizie storiche ond'è accompagnata quasi ogni
singola descrizione delle medaglie pubblicate). — Fiala, Miinzen und
Medaillen der Welfischen Lande. — Halke, Etnleitung in das Studium
der Numismaiik (3* ediz.) — Bramsen, Médailler Napoléon le Grand.
Première partie : 1799-1809]. — Verschiedenes [Necrol. di A. de Barthé-
lemy, F. Trau ed E. Schott. — Placch. di Hujer pel 500 anno di servizio
del Consigl. Cav. von Kamler, direttore delle Poste e dei Telegrafi in
Vienna, i — Med. di premio pel Consorzio dei Fabbricanti di macchine
e dei Meccanici di Vienna. È lavoro anch'essa del giovane ma valente
medaglista Hujer, e reca al <£?, nel campo incavato, una mezza figura
d'Archimede].
Nr. 260. — Màrz 1905.
Zambaur (E. von). Unedierte orientalische Miinzen. — Vorstandssitzung
vom 8. Màrz ipoj [11 Prof. Kubitschek richiama l'attenzione del Consi-
glio sulle recenti disposizioni del Gov. Italiano circa le collez. numi-
smatiche, in quanto riguarda specialmente le prescrizioni doganali]. —
Miinzf unde [Mon. romane trovate nell'Austria Super.; notizie comuni-
cate dal Sig. Schmidel]. — Verschiedenes [Med. di Schopenhauer, del
Prof. Rod. Mayer, al quale si devono altre med. di Goethe, Schiller,
Liszt, Beethoven, Wagner, ecc. — Med. per l'inauguraz. del monum. a
Pietro Tunner, fondatore dell'Accademia mineraria. — La quistione della
esportaz. delle mon. antiche e la Soc. Num. Italiana].
312 BIBLIOGRAFIA
Nr. 261-262. — April-Mai 1905.
Zambaur. Uned. orientai. Mùnzen [Continuaz.] — Ordenti. Versamml.
d. W. nunt. Gesallschaft am 22. Mdrz igoj [Il Prof. Kubitschek comu-
nica all'assemblea le recenti disposiz. governative italiane, rilevando che
esse inceppano lo studio delle collez. e per conseguenza creano ostacoli
alle indagini numismatiche; propone che la Soc. Num. Viennese formuli
in proposito un voto da trasmettere per via ministeriale al Governo
Italiano. Altri fra gli intervenuti si associano alla proposta Kubitschek,
che viene poi approvata all'unanimità], — Besprechungen [De Dompierre
de Chaufepié, Les médailles et plaqueites modernes], — Numismatische
Literatur. — Verschiedenes [Storia della med. per Amerigo Vespucci. —
Med. per il 500 anno dacché l'imper. Frane. Giuseppe è proprietario del
Regg. 8° d'Artiglieria. — Pubblicazioni del Klubder Miinz- und Medail-
lenfreunde in Wien. — La vendita Hirsch e il suo catalogo, che forma
(per servirci dell'espressione usata dal Monaisblatt) un pregevolissimo
compendio della Numismatica greca).
Numizmatikai K5zl8ny. Organo della Società Numismatica Unghe-
rese, diretto dal Prof. Edmondo Gohl. Budapest. — [In magiaro].
Anno IV. — 1905. — Fase. I.
Brunsmid (J.). Le più antiche monete croate [Con disegni nel testo],
— Gohl. Elenco particolareggiato delle falsificazioni numismatiche viste
ed esaminate personalmente dall'a. in quest'ultimo decennio. — Ko-
vÀcz (E.). Il ripostiglio di Sólyomkò, in Transilvania [Monete dei
sec. XIII-XIV, ungheresi, serbe, ecc. — Con disegni]. — Gohl. Rarità
[Con fotoincisioni e dis.]. — Nuove medaglie ungheresi [Con fotoincis.
della med. di Szirmai coi ritratti accollati di Francesco Giuseppe e di
Oscar II e la data della visita di Abbazia, 5 febbr. 1904]. — Opere del
medaglista Carlo Gerì [Con fotoincisione di una med. dedicata all'Un-
gheria]. — Bibliografia [Pubblicaz. di Blanchet, Luschin von Ebengreuth,
Mazerolle, Bahrfeldt, ecc.]. — Notizie della Società Num. Ungherese. —
Elenco dei Soci. — (Supplemento: Gohl, Medaglie recenti di Budapest).
The Numismatic Chronicle and " Journal of the Numismatic So-
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Rare or unpublished coins of Carausius [con 2 tav.]. — Hill (G. F.).
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di monete d'Alessandro Magno e di mon. della Lega Achea]. — Forrer (L.).
Biographical Notices of Medallists &> ancien t and modernes, with References
io their Works. B. C. joo - A. D. iqoo {Keller- Kruse) [Con copiosissimo
corredo d'illustrazioni: notevoli soprattutto, per la Num. antica, l'art, su
Cimone, e per quella moderna, gli articoli sui medaglisti contemporanei].
— Perini. Nelle zecche d'Italia: Modena [Con disegni nel testo]. — Trem-
blay (P. O.). Décorations pontificales. — Higgins (F. C.) Sketches of European
Continental History and Heraldry for the use of Numismatists [Continuaz.
— Con fotoincisioni di mon. del Brunsvick e Luneburgo], — Forrer.
A Portrait-Medaillon of the late G. F. Watts, R. A., by Theodore Spicer-
Simson [Con fotoincis. del gr. medaglione-ritratto, che riproduce le ener-
giche fattezze del celebre artista quali apparivano ancora pochi mesi
prima della sua morte]. — Three interesting naval Medals [Con fotoin.
di una med. in oro di Pio VI|. — Inediled Coins [Con illustrazioni, fra
l'altro di una curiosa medaglia satirica di Carlo XII di Svezia, coniata
su di una piastra turca di Achmed II (1691)]. — Nadrowski (R.). Gemein-
schaftsmùnzen [Con disegno di moneta medioevale]. — Fletcher (L. L.).
Some Notes on Irish Seventeenth Century Tokens [Con fotoincisioni]. —
Sydenham (S.). Bath Tokens of the Nineteenth Century and their Issuers
[Con illustrazioni]. — Waters (A. W.). Silver Tokens of the Nineteenth
Century. — List of Deputy Masters of the Australian Mints [Le zecche
australiane in attività sono Melbourne, Sydney e Perth, quest'ultima
istituita soltanto nel 1897]. — Zerbe (Farran). American Numismatic
Association Convention. — Louisiana Gold " Quarters „ and " Halves „
[Con disegni di codeste minuscole monetucce, coniate come ricordo
dell'Esposizione di Saint Louis, dello scorso anno]. — Finds. — Reviews
[Recensione del Sig. Forrer sul Catalogne of the Greek Coins of Cyprus,
di Hill. — Cenno sugli Atti del Congresso di Roma (1903), voi. Numi-
smatica], — Numismatic Societies, Museums, <S*. — Num. Books, Maga-
zines, Catalogues, &. — Obituary. — Estesi elenchi-cataloghi di mon.,
med., decorazioni, libri di Numism., coi prezzi segnati.
24-V1-905.
Solone Ambrosoli,
bibliotecario.
Battaglie di Archeologia. Roma, Tipografia Editrice Romana, via della
Frezza, 59-61.
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Museo arqueológico nacional. Seccion III. Numismatica.
E. M.
VARIETÀ
Nuovi studi del doti. Haeberlin suW antichissimo
sistema monetario romano. — Annunciamo con piacere
un recentissimo lavoro dell'illustre numismatico dott. E. J.
Haeberlin, di Francoforte sul Meno, il quale al Congresso
internazionale storico di Roma pronunciò un'allocuzione ac-
compagnata dall'esposizione delle splendide tavole che illu-
streranno la sua opera di prossima pubblicazione, il Corpus
numorum aeris gravis, opera la quale deve fare veramente
epoca nella storia della numismatica romana.
Molti anni di continue ricerche hanno condotto il dot-
tor Haeberlin a trovare finalmente la chiave, per così dire,
del gran segreto della più antica monetazione romana. I suoi
studi sono ora pubblicati dai Berliner Mùnzblàtter, nei quali
già il eh. dott. Bahrfeldt annunciò con parole lusinghiere il
valore intrinseco dell'opera dello Haeberlin.
La pubblicazione dei Berliner Mùnzblàtter uscirà anche
in lavoro a parte, e sarà stampata nel prossimo fascicolo
della nostra Rivista italiana di Numismatica, per autorizza-
zione dello stesso sig. Haeberlin, a cura del nostro Vice-Bi-
bliotecario dott. Serafino Ricci, traduttore anche del lavoro
su Le monete romano-campane del Col. M. Bahrfeldt (*).
Il lavoro del dott. Haeberlin, intitolato in tedesco Die
Systematik des àltesten Ròmischen Miinzwesens, formerà la in-
troduzione al suo Corpus numorum aeris gravis sopra citato.
Nell'allocuzione del Congresso lo Haeberlin era giunto
alla conclusione seguente:
* Io ometto qui ogni discussione su ciò che riguarda
Yaes grave del Lazio, della Puglia, del Piceno, dell'Umbria
e dell'Etruria. Mi basta di aver constatato per lo sviluppo
culturale ed economico di Roma, che la sua monetazione di
più vecchia data basavasi su di un fondamento nazionale,
(i) Ved. Rivista Hai. di Numismatica (XII (1889), pag. 387 e segg.;
XIII (1900) pag. 11 e segg.
31 8 VARIETÀ
sul fondamento di severa e proba rettitudine, e che un de-
terioramento, o piuttosto fallimento dello Stato nell'epoca
della riduzione, non è ammissibile „ (*).
Ora lo Haeberlin ci presenta lo studio appunto delle mo-
nete del Lazio e della Campania fra loro a confronto, e in-
vece di affermare come al Congresso che * una positiva ed
integra risposta alle premesse domande resta tutt'ora un non
liquet „ (2), dichiara d'aver trovato la soluzione di tutte le
questioni dell'origine e dei rapporti reciproci delle varie
serie monetarie più antiche, che attendevano ancora la loro
spiegazione esauriente, d'aver trovato insomma il sistema
della più antica monetazione romana, che lo Haeberlin rico-
nosce fondata su una base molto più ampia di quella che
si credeva finora. Infatti, per l'estensione stessa del suo do-
minio, Roma doveva avere due zecche, una nella Urbs, l'altra
in Capua per la regione meridionale d'Italia, e le differenti
serie monetarie che fra loro hanno continue corrispondenze
e costanti proporzioni possono essere divise prima dell'introdu-
zione della moneta d'argento, cioè fino al 268 a. C, nei se-
guenti tre periodi di coniazione :
I. Dal 335 al 312; II. dal 312 al 286; III. dal 286 al 268 a. C.
In questi tre periodi di monetazione antichissima, oltre
le serie della Capitale con l'impronta della prora, lo Haeberlin
avrebbe riconosciuto altre sei serie di pezzi monetari fusi
contemporaneamente a quelle, senza leggenda, come anche
la serie dei pezzi quadrilateri e inoltre la coniazione delle
monete d'oro, d'argento e di bronzo della serie cosìdetta
romano-campana.
Così, come il lettore giudicherà dal lavoro che avrà
sott'occhio nel prossimo fascicolo della Rivista, sarà possibile,
dopo i dotti e geniali risultati scientifici del dott. Haeberlin,
di aggiudicare ad ognuna delle molte serie dell'arcaica moneta-
zione romana il posto che le spetta secondo il tempo e secondo
il luogo d'origine con tutta chiarezza ed esattezza scientifica.
La Redazione.
(1) Ved. Atti del Congresso Internazionale di Scienze Storiche, voi. VI,
Numismatica. Roma, R. Accademia dei Lincei, 1904, pag. 148.
(2) Ved. Op. cit., pag. 145.
VARIETÀ
319
Corpus numorum romanorum maximi moduli. —
Il sottoscritto, essendo venuto, dietro incoraggiamento di
colleghi e promesse d'appoggio da parte di tutti i grandi
musei, nella decisione di compilare una descrizione generale
dei Medaglioni romani, desiderando che l'opera riesca com-
pleta il più possibile, rivolge preghiera a tutti i direttori di
musei e i raccoglitori di monete romane, di volergli trasmet-
tere la distinta dei medaglioni d'oro, d'argento o di bronzo
contenuti nelle loro collezioni. Tale distinta dovrebbe essere
accompagnata dalla nota dei singoli diametri e pesi, even-
tualmente da qualche cenno sulla provenienza e dalle im-
pronte dei pezzi più importanti, inediti o di bella conser-
vazione; intendendosi dare nelle tavole la riproduzione dal
vero possibilmente di tutti i tipi nei migliori esemplari. Tutte
le collezioni e tutti i pezzi saranno citati. — Anticipando i
dovuti ringraziamenti,
dev.°
Francesco Gnecchi
Via Filodrammatici io, Milano.
R. Accademia dei Georgofili di Firenze. Gettone
di presenza (1768). — Questa Accademia ritenuta secondo
il Tabarrini (0 la prima istituzione di tal genere surta in
Europa, che avesse per iscopo il perfezionamento dell'agri-
coltura, ebbe vita per merito del Canonico Lateranense
don Ubaldo Montelatici (1692-1770) nel 1753.
Tanto il Consiglio di Reggenza che governava allora
la Toscana in luogo di Francesco Lorena, quanto Pietro
Leopoldo e suoi successori non mancarono di accordare a
questa Accademia la loro protezione.
Da documenti rilevati nell'Archivio di Stato (2) risulta
(1) Tabarrini "Marco. Degli studi e delle vicende della Reale Ac-
cademia dei Georgofili nel primo secolo di sua esistenza. Sommario
storico. Corredato da un catalogo generale dei Soci e di due indici
degli Atti Accademici compilati da Luigi de' Marchesi Ridolfi. Firenze,
coi tipi di M. Celimi e C. 1856, a pag. 3, n. I.
(2) Tali documenti vengono, in questa piccola monografia, ommessi
per riprodurli nel prossimo lavoro, già promesso sino dal 1902 (Vedi
Rivista Italiana di Numismatica e sciente affini, anno 1902, pag. 242, n. 2).
320 VARIETÀ
che nel 1768 si coniarono nella zecca di Firenze, per muni-
ficenza di Pietro Leopoldo, dei gettoni di presenza d'argento
con diversi coni da regalarsi a tutti i Soci che intervenivano
alle adunanze.
Abbiamo la conferma di ciò dai seguenti brani del ver-
bale di un'adunanza, che qui trascrivo, mercè la gentilezza
del chiarissimo signor cav. Tito Marucelli commesso del-
l'Accademia.
" A dì 2 Marzo 1768
" L'Accademia stimando necessario di dovere con una
Deputazione ringraziare S. A. R. delle stanze accordatele
benignamente in Palazzo Vecchio e delle medaglie d'argento
fatte distribuire in questa sessione a tutti gli Accademici
presenti ordinari, elesse per tale incombenza i signori . .
" L'accennata medaglia d'argento è dell'annessa gran-
dezza (e qui si vedono nell'originale due circoli aventi un
diametro ciascuno di mm. 33). Nel diritto si vede in pro-
filo l* effigie di Sua Altezza Reale con lettere in giro
ÀRCH • PETRVS LEOPOLDVS M. E. D. L. SIRIES F. Nel
rovescio si osservano due piante una di vite e F altra di un
frutto, che ciascheduna per parte adorna un semicerchio
della medaglia e poi si incontrano sulla cima, essendo nel
9 suo principio assieme congiunte ad un nastro, si legge la
" seguente iscrizione: REI AGRARIÀE AVG-ENDAE „.
Il Museo Nazionale, diretto dal eh. signor prof. I. B. Su-
pino, al quale debbo sentite grazie per avermi permesso di
esaminare, con la di lui cooperazione, tanto i coni che le
medaglie, non possiede né un conio né un esemplare di tale
gettone.
Il Corsi nel suo Catalogo C1) ne registra due esemplari
diversi e siccome nessuna collezione privata da me cono-
sciuta di Firenze possiede tale cimelio, così avevo messo da
parte il pensiero di possedere tale rarità.
(1) Catalogo della collezione del fu Comm. Sen. Tommaso Corsi re-
datto, ecc. Firenze 1891, tip. Bonducciana A. Meozzi, Piazza del Duomo,
27 al n. 1593.
VARIETÀ 321
Nel 1903 scorrendo il Catalogo della vendita fatta a
Francoforte sul Meno nel 1902 della collezione di monete
medioevali del chiar. signor cav. Ercole Gnecchi di Milano,
trovai al n. 1441 il gettone ricercato.
Fatte in proposito le opportune ricerche venni a cono-
scere che trovavasi presso il signor dott. Jacob Hirsch di
Monaco, il quale avendomelo gentilmente ceduto posso darne
qui sotto l'esatta descrizione insieme all' illustrazione.
& — ARCH * PETRVS LEOPOLDVS * M * E * D *.
Busto corazzato a destra. Sotto al taglio del braccio :
L • SIRIES • F • Il tutto entro doppio giro di perline.
9/ — Nel campo su tre linee ed entro corona formata da
due rami uno di vite e l'altro di spighe annodati in basso
da nastro : REI — ÀGRÀRIÀE — AVGENDAE. Il tutto
entro doppio giro di perline.
Argento, C. Diam. mm. 30, peso gr. 9,000.
Anche questo adunque è venuto ad accrescere il numero
della mia piccola raccolta che ha per iscopo di illustrare tutte
le medaglie coniate dalla zecca di Firenze durante il periodo
Austro-Lorenese, il quale lavoro se avrà la pecca di ritar-
dare di vedere la luce, avrà però il merito di riuscire più
completo, essendo mia costante cura di aumentarne i pezzi
anche con sacrifìci pecuniari non lievi.
Firenze, Aprile 190J.
Arturo Spigardi.
322
VARIETÀ
Per gl'Incisori e Cesellatori: Concorsi Grazioli
per l'anno 1906. — La R. Accademia di Belle Arti in Mi-
lano ha pubblicato il seguente avviso :
ISTITUZIONE GRAZIOLI
CONCORSO PER LE MEDAGLIE.
Premio. — L. 2000 (lire duemila).
Oggetto del concorso : Medaglie ottenute da coni d'acciaio.
Saranno ammessi al Concorso gli artisti italiani, anche se dimoranti
all'estero, con medaglie ottenute da coni d'acciaio, firmati dall'autore, e
da lui incisi nel quinquennio anteriore al concorso.
Il soggetto delle medaglie è libero. Si richiede però che vi cam-
peggi almeno una figura od un ritratto artisticamente eseguiti.
Si terrà conto, nel giudizio, anche del rovescio della medaglia.
Ogni artista non potrà concorrere che con una sola opera.
Le medaglie presentate al concorso dovranno essere opere origi-
nali, eseguite dal concorrente anche nei disegni e nei modelli. Non de-
vono essere copie di altre medaglie, né essere state esposte in pub-
bliche Mostre. A parità di merito sarà preferita la medaglia che abbia
riprodotto un soggetto storico patrio.
Della medaglia per il concorso si dovranno presentare due esem-
plari che verranno restituiti dopo il giudizio; però l'autore della me-
daglia premiata dovrà lasciarli all'Accademia e consegnarne ancora un
terzo per il R. Gabinetto Numismatico.
Il premiato non sarà ammesso ad un nuovo concorso, se non dopo
trascorsi due altri concorsi d'incisione dall'ottenuto premio.
La Commissione giudicatrice sarà composta di uno scultore, un pit-
tore, uno studioso di storia dell'arte, del conservatore del Gabinetto
Numismatico e di un incisore di medaglie, e poi sottoposto alla defini-
tiva approvazione del Consiglio Accademico.
CONCORSO PEL CESELLO.
Premio. — L. 2000 (lire duemila).
Oggetto del concorso. — Un lavoro d'arte di cesello a sbalzo.
Saranno ammessi al concorso i lavori d'arte destinati a qualsiasi
uso e di qualunque soggetto, cesellati a sbalzo in lastra d'oro, argento,
rame, ottone o ferro, ecc., eseguiti nel quinquennio anteriore al presente
concorso e che non sieno stati esposti a pubbliche Mostre.
Il lavoro dovrà essere di composizione e disegno del concorrente,
e non copia di lavori consimili, ed in esso dovranno campeggiare al-
meno una figura od un ritratto artisticamente eseguiti. A pari merito
sarà preferito un soggetto storico patrio. — Nessun artista potrà con-
correre al premio con più di un'opera.
VARIETÀ 323
Non si ammettono al concorso i lavori ottenuti con stampi, galva-
noplastica, fusioni o qualsiasi altro sistema, dovendo l'opera per il con-
corso essere esclusivamente lavoro di cesello a sbalzo, in lastra di me-
tallo, eseguito a mano, e non altrimenti.
Il cesello premiato rimarrà di proprietà dell'autore, che ne dovrà con-
segnare all'Accademia una buona riproduzione in fotografia od in gesso.
Il concorrente premiato non sarà ammesso ad altro concorso se non
dopo due concorsi di cesello dall'ottenuto premio.
La Commissione giudicatrice sarà composta da uno scultore, da un
pittore, da un cesellatore, da uno studioso di storia dell'arte, e dal se-
gretario dell'Accademia.
Disposizioni comuni ai predetti concorsi.
Le opere dei concorrenti (artisti italiani viventi) dovranno essere
presentate complete all' Ispettore-Economo dell'Accademia di Brera nei
locali dell'Esposizione Permanente (Via Principe Umberto 32) non più
tardi delle ore 16 del giorno 28 febbraio 1906. Non si ammettono giu-
stificazioni sul ritardo oltre questo termine.
L'Accademia non s'incarica di ritirare le opere, quantunque ad
essa dirette, né dalle ferrovie, né dalle dogane, né da altri ; perciò gli
artisti non residenti in Milano dovranno spedire le loro opere franche
di spesa e a domicilio.
È nella facoltà dell'Accademia di escludere dal concorso e di rifiu-
tare l'esposizione di quelle opere, che, per ragione d'arte o di conve-
nienze sociali, non fossero presentabili al pubblico.
All'atto della consegna, le opere che non fossero trovate in buona
condizione non saranno ricevute.
Di tutte le opere presentate al concorso si farà una pubblica espo-
sizione, durante la quale saranno pronunciati i giudizi e conferiti i
premi. Le opere esposte non potranno essere ritirate prima della chiu-
sura della esposizione. L'opera premiata porterà l'indicazione del premio
ottenuto.
La restituzione delle opere si farà dall' Ispettore-Economo, al quale
gli autori o i loro commessi dovranno restituire le singole ricevute da
lui rilasciate all'atto della consegna.
L'Accademia non risponde della conservazione delle opere non ri-
tirate entro un mese dalla chiusura della pubblica Mostra.
Collezione Mattoi. — Il Sig. Edoardo Mattoi, che ha
riunito in Milano, com'è noto, una pregevolissima raccolta
speciale di medaglie, ci dà in un opuscolo illustrato l'elenco
di quelle che concernono poeti tragici e lirici, commediografi,
artisti tragici e comici, maestri di musica, artisti di canto,
43
324
VARIETÀ
coreografi, ecc., con un'appendice di altre medaglie che si
riferiscono a teatri, conservatorii, istituti, scuole, società,
esposizioni, concorsi e feste musicali.
Notiamo le medaglie e placchette del Bravi per Gabriele
d'Annunzio, Giacosa, A. Boito, Giordano, Gomes, Leonca-
vallo, Mascagni, Tina di Lorenzo, E. Novelli, Tamagno.
• l,a. médaille en Belgique au XIX siede „ forma
l'argomento di una pregevolissima monografia, pubblicata
da Alfonso de Witte in occasione dell'Esposizione Univer-
sale ed Internazionale di Liegi, 1905.
Dopo di aver dato uno sguardo allo stato dell' incisione
in medaglie nelle provincie belghe quando le truppe della
Repubblica Francese presero definitivamente possesso di
queste nel 1794, e dopo di aver aggiunto che durante la
Repubblica e l' Impero le zecche di Brusselles e di Liegi
rimasero chiuse, talché per avere le medaglie necessarie
pei concorsi scientifici, artistici, ecc., bisognava rivolgersi a
Parigi, Fa. ci dà notizia dei primi tentativi medaglistici fatti dal
brussellese Simon nella riaperta zecca della sua città natale.
Il vero creatore della glittica moderna, nel Belgio, è
tuttavia Braemt, nato a Gand nel 1796, e che fu incisore
alla zecca di Brusselles dal 1832 al 1864.
Altri artisti distinti furono i fratelli Wiener, come pure
il vivente Lemaire ; sinché si giunge agli odierni medaglisti
della nuova scuola : anzitutto lo scultore F. Dubois, allievo
di Van der Stappen ; poi Dillens, P. Du Bois, L. Dupuis,
Isid. de Rudder, ecc.; infine Ippol. Le Roy e Goffr. Devreese,
del quale la Rivista ha già ripetutamente parlato.
L'opuscolo del Sig. de Witte contiene inoltre molti
istruttivi particolari tecnici sull'esecuzione delle medaglie ;
nonché, in appendice, un elenco di tutti gli artisti citati, con
la succinta loro biografia ; ed è ornato di due tavole fotoin-
cise, che riproducono due medaglie per l' Esposizione di
Liegi, modellate la prima da Devreese, la seconda da Paolo
Du Bois.
Nuovo periodico. — Sotto il titolo di Museumskunde e
sotto la direzione del D.r Carlo Koetschau, Conservatore del
VARIETÀ 325
R. Museo Storico di Dresda, l'editore Giorgio Reimer di
Berlino ha iniziato la pubblicazione di un periodico destinato
esclusivamente allo studio delle quistioni tecniche ed ammi-
nistrative che concernono i musei e le collezioni pubbliche
e private di tutti i paesi.
Nel primo fascicolo notiamo una estesa ed interessantis-
sima relazione illustrata, del eh. Prof. Menadier, intorno alla
nuova sistemazione del R. Gabinetto Numismatico di Ber-
lino nel Museo dell' Imperatore Federico.
Rutilio Gaci, nobile fiorentino, architetto, scultore e me-
daglista dei re Filippo III e IV di Spagna, fornisce argomento
ad uno studio assai geniale e nutrito che Adolfo Herrera, de-
dicandolo al colto mecenate Sig. Paolo Bosch, pubblica nel
Boletin de la Sociedad Espanola de excursiones di Madrid.
Vi si descrivono e riproducono quattro medaglie di
quell'artista valente ma poco noto ; e con la scorta dell' ul-
tima, che ne reca l'auto-ritratto col nome in extenso, si spiega
l'abbreviatura RVT. (scritta così oppure in monogramma)
che si vede sulle altre.
Intorno al labaro di Costantino, il eh. nostro col.
laboratore Sig. Giulio Maurice, che già nel 1903 aveva in-
trattenuto in proposito la " Société des Antiquaires de
France „ per precisare l'origine del celebre vessillo cristiano,
fece più tardi una seconda comunicazione, che troviamo nei
rendiconti di quel dotto consesso.
Egli dimostra che il labaro, propriamente parlando, è
simile agli stendardi della cavalleria romana, introdottavi
l'aggiunta del monogramma di Cristo sulla parte superiore
dell'asta che reggeva lo stendardo medesimo. E ciò confor-
memente alla descrizione che ne dà Eusebio nella sua Vita
Constantini, e alla rappresentazione che si vede nel rov.
del raro piccolo bronzo di quelP imperatore con la leggenda
SPES PVBLICA (Cohen, n. 483 della I ed., nn. 551 e 552
della II ed.).
A benefìcio della Società Numismatica. — Il Conte
Nicolò Papadopoli ha generosamente fatto dono alla Società
326 VARIETÀ
di 25 estratti dell'interessantissimo lavoro di Eugenio Demole,
La zecca dei Conti del Genevese ad Annecy (ijjó-ijpi) pub-
blicato nei fascicoli III-1V dell'anno 1904 di questa Rivista.
Detti estratti sono vendibili a favore della Società presso la
sua Sede, al Castello Sforzesco, al prezzo di L. 2.—
Attentino di monete papali moderne, a sussidio del
Cinagli. — Così s' intitola un elegante volumetto che il
Dott. Ambrosoli ha pubblicato in questo scorcio di giugno
nella collezione dei " Manuali Hoepli „. Riproduce in fotoin-
cisione 200 monete papali (cominciando da Urbano Vili,
162344), ciascuna col relativo valore numismatico, desunto
dalla Tariffa del Cav. Vitalini ; è fregiato del ritratto di An-
gelo Cinagli ; e costa L. 2,50.
Commissione monetaria. — La Commissione tecnico-
artistica monetaria, istituita nell'aprile dello scorso anno 1904
con decreto dell'allora Ministro del Tesoro, on. Luzzatti
(ampliata poi e trasformata, su proposta di lui, in Commis-
sione Reale e permanente), compilò un programma di con-
corso per nuovi tipi di monete, programma che venne ban-
dito il 15 aprile 1905 dal successore dell'on. Luzzatti, l'on.
Ministro Carcano.
Più innanzi, diamo integralmente le condizioni di questo
concorso : qui gioverà far precedere alcuni schiarimenti per
prevenire possibili obbiezioni.
All'art. 2. — Circa la limitazione del concorso a quegli artisti italiani
che abbiano già eseguito lavori di medaglistica, va notato quanto segue.
L'apparente facilità di ideare un progetto di moneta, anzi di idearne
altrettanti quanti sono i tipi di monete che si pongono a concorso, è
tale da poter dare origine ad una ingente quantità di progetti ; tanto
più se si consideri che per ogni tipo di moneta occorrono o almeno si
possono presentare due modelli, uno per il diritto e l'altro per il rovescio.
Con la presente dicitura dell'articolo, si restringe il numero dei
concorrenti nella cerchia di coloro che avendo già eseguito lavori d'un
genere affine alla moneta, cioè lavori di medaglistica, abbiano avuto
campo di rendersi conto in pratica delle esigenze e delle difficoltà af-
fatto speciali di codest'arte.
All'art. 4. — Con la dicitura di effigie, la Commissione ha voluto
lasciare ai concorrenti la massima libertà di scegliere la forma artistica
in cui credono di ritrarre il Sovrano, all' infuori da qualunque precon-
cetto tradizionale e convenzionale.
VARIETÀ 327
È bensì vero che nella monetazione moderna di tutti i paesi pre-
vale, o meglio è quasi esclusiva, la rappresentazione delle teste o dei
busti, di profilo ; ed è altrettanto vero che nelle monete imperiali ro-
mane, almeno in quelle dei primi secoli dell'Impero, accade altrettanto.
Ma ciò non toglie che vi siano esempi di teste di fronte o viste di tre
quarti, sia isolatamente fra le antiche monete greche, sia in intiere
serie di ritratti, come per le medesime monete imperiali romane di
epoca più tarda, sia per le bizantine, per talune serie del Medio Evo,
e anche in molti Stati della Germania, d'epoca più recente. La stessa
monetazione italiana ci offre un tentativo in quest'ordine d' idee, nella
prova di zecca del pezzo da 100 franchi di Napoleone, incisa dal Vas-
sallo per Genova.
Poiché il concetto fondamentale del concorso è di suscitare fra i
concorrenti una gara dalla quale possa eventualmente uscire qualche
vera opera d'arte, di carattere proprio ed originale, la Commissione
non volle inceppare con nessuna pastoia l'estro degli artisti, i quali
potranno per conseguenza presentare un'effigie del Sovrano, nella forma
che verrà loro suggerita dalla più libera ispirazione.
Siccome tuttavia è presumibile che il ritratto in profilo sarà scelto
dal maggior numero dei concorrenti, si reca a notizia di essi che po-
tranno ottenere una recentissima fotografia di S. M. il Re, visto di pro-
filo, rivolgendone domanda alla Direzione generale del Tesoro in Roma.
All'art, j. — Quanto al tipo incavato nel rovescio, proposto pei
nuovi pezzi in nichelio puro da centes. 20, la Commissione avverte che
si è scelto espressamente questo tipo, affatto diverso da quello di tutte
le altre monete, per evitare le confusioni sinora deplorate fra la mo-
neta di nichelio e quella d'argento.
Altre nazioni europee hanno già tentato con diversi ripieghi di
ovviare a questo grave inconveniente offerto dalle monete di nichelio,
o adottando per esse un disco traforato come quello delle monete ci-
nesi, o facendone poligonale il contorno. Il tipo incuso proposto dalla
Commissione, del resto, se sostanzialmente ha anch'esso un carattere
di ripiego, non è tuttavia arbitrario, ma bensì ispirato alle antichissime
monete italiche, a quelle cioè della Magna Grecia (di Taranto, Meta-
ponto, Sibari, Crotone, ecc.), coniate nel sec. V circa av. Cristo; talché,
sia detto incidentalmente, farebbe rivivere così, sotto una nuova forma,
un tipo monetario schiettamente nazionale.
All'art, ij. — La dicitura : lavori di medaglistica, dev'essere inter-
pretata in senso largo, in guisa cioè da ammettere, oltre alle medaglie
d'ogni genere, anche le targhette o placchette, quando le dimensioni
non eccessive di queste le rendano assimilabili alle medaglie.
La Commissione si radunò poi di nuovo nel corr. giugno,
sotto la presidenza dell'on. Ministro Carcano, per esaminare le
condizioni del concorso al posto di Incisore della R. Zecca di
Roma (v. più innanzi) e fu anche consultata circa il concorso
da bandire per nuovi biglietti di Stato da lire 5 e da 1. io.
328 VARIETÀ
Concorso per nuove monete italiane. — Con rife-
rimento a quanto abbiamo scritto più sopra, diamo in extenso
il programma :
MINISTERO DEL TESORO
Concorso nazionale per nuovi tipi di monete metalliche
italiane.
IL MINISTRO DEL TESORO
Sentita la Commissione tecnico-artistica per l'esame dei
coni delle monete e delle questioni affini o attinenti alla
monetazione ;
Dispone :
Art. 1.
È aperto un concorso per i modelli di cinque nuovi tipi
di monete italiane da lire 50 e io in oro, da centesimi 50 in
argento, da centesimi 5 in bronzo e da centesimi 20 in ni-
chelio puro.
Art. 2.
Possono prender parte al concorso tutti gli artisti ita-
liani, purché abbiano già eseguito lavori di medaglistica.
Art. 3.
Ciascun concorrente dovrà presentare, per il diritto e
per il rovescio di ogni tipo di moneta cui intenda concor-
rere, modelli in gesso del diametro di cm. 25.
Art. 4.
Pei nuovi tipi dei pezzi da lire 50 e io in oro, da cen-
tesimi 50 in argento e da centesimi 5 in bronzo è lasciata ai
concorrenti la più ampia libertà di concetto e di interpreta-
zione, col solo vincolo che il diritto di ciascuna moneta rechi
il nome e l'effigie di S. M. il Re Vittorio Emanuele III ed il
rovescio il valore della moneta e Tanno di coniazione, e che
VARIETÀ 329
nella moneta sia contenuta la leggenda " Regno d'Italia „
o " Re d'Italia „.
L'altezza, dei bassorilievi non dovrà superare in aggetto
l'orlo della moneta.
Art. 5.
Il nuovo tipo per la moneta da centesimi 20 di nichelio
puro dovrà essere semplicissimo, e consistere in un emblema,
rilevato nel diritto e incavato nel rovescio, colla dicitura
" Regno d'Italia „, colle indicazioni del valore della moneta
e dell'anno di coniazione, e con un contorno ornamentale
alquanto rilevato, in guisa che le monete si possano sovrap-
porre (impilare).
Art. 6.
I concorrenti terranno presente che tutte le dette mo-
nete dovranno poi essere coniate con diametro preciso a
quello delle monete di pari valore sinora emesse nel Regno
d' Italia.
Art. 7.
Giudicherà il concorso una Commissione da scegliersi
fra i componenti della Commissione tecnico-artistica nominata
col regio decreto 29 gennaio 1905, la quale avrà facoltà di
aggregarsi a tal fine membri estranei, senza che si ecceda,
in complesso, il numero di cinque.
La Commissione giudicatrice prenderà in esame i mo-
delli in gesso presentati dai concorrenti ed indicherà quali
siano i più meritevoli sotto l'aspetto tecnico ed artistico.
Art. 8.
Ai vincitori del concorso verranno assegnati i seguenti
premi :
Lire 4000 per il pezzo da 50 lire in oro.
„ 3000 id. 5 centesimi in bronzo.
„ 2000 id. io lire in oro.
„ 2000 id. 50 centesimi in argento.
„ 1000 id. 20 centesimi in nichelio.
330 VARIETÀ
Art. 9.
Prima del conferimento dei premi verrà eseguita, a spese
dello Stato, la riduzione dei migliori modelli per ogni tipo
di moneta, alle proporzioni fissate, per il definitivo giudizio.
A questa riduzione gli autori dei modelli stessi avranno
facoltà di assistenza.
Art. io.
Eccezionalmente la Commissione giudicatrice potrà sce-
gliere per ciascun tipo un modello per il diritto e un altro
per il rovescio, e, in tal caso, il premio sarà ripartito pro-
porzionalmente, a giudizio della Commissione, fra i due artisti.
In caso di rifiuto di uno fra gli autori dei modelli pre-
scelti, si ripeterà il concorso fra i due artisti.
Art. 11.
Pei lavori più meritevoli, dopo quello premiato, la Com-
missione potrà proporre la concessione di uno o due diplomi
di merito.
Art. 12.
I modelli dovranno essere consegnati completi e liberi
da qualunque spesa, non più tardi del 31 dicembre 1905,
alla Direzione generale del Tesoro, che ne rilascerà ricevuta.
Art. 13.
I modelli saranno contrassegnati da un motto, ripetuto
sopra un piego sigillato, contenente nome, cognome e indi-
rizzo preciso di ciascun concorrente, unitamente ai saggi e
documenti, da cui risulti aver egli già eseguito lavori di me-
daglistica.
Art. 14.
La Direzione generale del Tesoro avrà la maggior
cura per la conservazione dei lavori presentati, ma non sarà
responsabile dei danni eventuali.
Art. 15.
I modelli presentati da ciascun concorrente verranno
esposti al pubblico io giorni innanzi al giudizio del concorso
VARIETÀ 331
e io giorni dopo l'approvazione, da parte del Ministero
del Tesoro, del giudizio dato dalla Commissione, con la even-
tuale designazione dei vincitori del concorso stesso; dopo il
qual termine i modelli non premiati potranno essere ritirati
dagli artisti che ne facciano richiesta.
Art. 16.
I modelli premiati resteranno in proprietà dello Stato,
il quale non assume alcun vincolo di adottarli per la mo-
netazione.
Quando però il modello premiato sia adottato per la
monetazione, l'artista prescelto avrà facoltà di assistenza ai
primi saggi della coniazione.
Roma, addì ij aprile ipoj.
Il Ministro
C ARCANO.
Concorso al posto di incisore presso la R. Zecca
in Roma. — In data del 26 corr. giugno, il Ministro del
Tesoro, sentita la Commissione tecnico-artistica monetaria,
ha disposto quanto segue :
È aperto un concorso al posto di incisore presso la R. Zecca in
Roma, cui è annesso lo stipendio annuo di L. 4500, aumentabile dei
due decimi sessennali a norma delle vigenti disposizioni.
L'Amministrazione si riserva di concedere all'incisore speciali com-
pensi di carattere straordinario per nuovi tipi o lavori di peculiare im-
portanza.
Possono prender parte al concorso tutti gli artisti italiani.
Ciascun concorrente dovrà presentare i modelli in gesso del dia-
metro di centim. 25, per una moneta del diametro del pezzo da venti lire
in oro (mm. 21) e per una medaglia del diametro di 70 millimetri.
I modelli per la moneta dovranno contenere : al diritto l'effigie di
S. M. il Re, al rovescio la leggenda : " Regno d' Italia - 20 lire - „ ;
quelli per la medaglia, al diritto, un'allegoria rappresentante la terza
Italia, e al rovescio, un motivo decorativo e una leggenda.
I modelli saranno contrassegnati da un motto, ripetuto sopra un
piego sigillato, contenente i seguenti documenti:
a) Domanda del concorrente su carta da bollo da L. 1,20 per la
ammissione al concorso, con indicazione del suo domicilio ;
b) Certificato di nascita;
43
332
VARIETÀ
c) Certificato penale di data non anteriore a tre mesi dalla data
del presente avviso;
d) Certificato di buona condotta.
In detto piego saranno inclusi i lavori di medaglistica che even-
tualmente il concorrente avesse eseguito in precedenza e gli altri titoli
o documenti che credesse di presentare.
Giudicherà il concorso una Commissione di 5 membri, da scegliersi
fra i componenti della Commissione tecnico-artistica monetaria nomi-
nata col Reale Decreto 29 gennaio 1905.
La Commissione giudicatrice prenderà in esame i lavori presentati
dai vari concorrenti, ed indicherà quello o quelli che sieno più meri-
tevoli sotto l'aspetto tecnico ed artistico.
Il concorrente od i concorrenti, i cui lavori siano stati giudicati più
meritevoli sotto l'aspetto tecnico ed artistico, dovranno poi eseguire
una prova, sia di estemporanea modellazione, sia di incisione in acciaio,
su tema che sarà determinato dalla Commissione giudicatrice ed alle
condizioni che verranno da essa stabilite.
Esaminati i titoli allegati alla domanda dei concorrenti e i risultati
delle prove di cui sopra, la anzidetta Commissione pronuncierà il suo
definitivo giudizio circa il conferimento del posto messo a concorso; e,
se lo ritenga conveniente, potrà eventualmente deliberare l'assegnazione
di due premi, uno di 1500 e l'altro di 1000 lire tra i concorrenti ammessi
alle suddette prove.
I modelli presentati e le prove eseguite da ciascun concorrente
verranno esposti al pubblico per dieci giorni dopo l'approvazione, da
parte del Ministro del Tesoro, del giudizio dato dalla Commissione, con
la eventuale designazione del vincitore del concorso stesso e della as-
segnazione dei premi; trascorso il detto termine, i modelli non pre-
miati potranno essere ritirati dagli artisti che ne facciano richiesta.
I modelli, di cui sopra, dovranno essere consegnati, completi e li-
beri da qualunque spesa, non più tardi del 30 novembre 1905, alla
Direzione Generale del Tesoro, che ne rilascerà ricevuta ed avrà la
maggior cura per la conservazione di essi, non restando però respon-
sabile per i danni eventuali.
II vincitore del concorso sarà nominato incisore della R. Zecca a
titolo di esperimento, la cui durata sarà di un biennio, trascorso il
quale, e sempre che l'esperimento sia riconosciuto favorevole, potrà,
sentito il parere della Commissione tecnico-artistico monetaria, conse-
guire la nomina definitiva.
L' incisore della Zecca ha la direzione tecnica dello studio di inci-
sione e dipende gerarchicamente ed amministrativamente dal Direttore
dello Stabilimento.
Esso è tenuto ad eseguire o a dirigere l'esecuzione di tutti i lavori
della sua arte, occorrenti all'Amministrazione, sotto la osservanza delle
norme e disposizioni di servizio vigenti per lo Stabilimento.
L'Amministrazione avrà sempre la facoltà di rivolgersi anche ad
altri artisti per nuovi modelli o lavori occorrenti alla Zecca.
VARIETÀ 333
La Legge sull'Esportazione degli oggetti d'Arte e
d'Antichità. — Nel fascicolo precedente di questa Rivista
abbiamo pubblicato il nome di 259 numismatici italiani i
quali hanno dato la loro piena e incondizionata adesione al
Memoriale presentato dalla Società Numismatica Italiana al
Ministro della P. L, allo scopo di ottenere una modificazione
alla Legge e specialmente al Regolamento sull'Esportazione
degli oggetti d'arte e d'antichità, escludendo da questo di-
vieto le monete.
A quei nomi siamo lieti di poter aggiungerne alcuni
altri, giunti in ritardo e che non fummo in tempo di intro-
durre in quella prima lista. Eccoli :
Albini dott. Ezio — FiloUrano (Ancona).
Canale Parola prof. Ercole Ispett. Scavi e Monumenti — Caserta.
Caputo cav. Filippo — Spinoso (Basilicata).
Casati avv. Carlo — Roma.
Concina conte Corrado (de) — San Daniele del Friuli.
Dalla-Cà Alessandro — Schio.
Della Nave Nello — Pisa.
Di Palma prof. Francesco — 5. Elia a Pianisi (Campobasso).
Dotti Enrico — Milano.
Ferraro mons. Salvatore — Gaeta.
Fratini dott. Tomaso — Mandano (Grosseto).
Galli sac. Stanislao — Cerea (Verona).
Gambassini Agostino — Milano.
Gilli prof. Serse Alessio — Roma.
Grasselli prof. sac. Luigi — Milano.
Mandruzzato comm. avv. Giambattista — Treviso.
Mariani cav. dott. Ugo — Pescia.
Martini Napoleone — Castel d'Ario.
Mondini Giuseppe — Como.
Nicolai Adolfo — Roma.
Nicolai Francesco — Roma.
Ottani Carlo — Omegna (Lago d'Orla).
Pasi avv. Adolfo — Bologna.
Pegrassi prof. Angelo — Trento.
Polidori Orazio — Roma.
Renier avv. comm. Ignazio — Udine.
Trombetta cav. uff. Carmelo — Messina.
334 VARIETÀ
Mentre fervono le trattative a questo proposito, parecchi
periodici esteri si sono occupati della iniziativa della nostra
Società, facendo voti perchè essa ottenga il desiderato scopo.
Dall'Estero poi, e specialmente dalla Francia, ci giunsero
numerose adesioni, e fra di esse notiamo quelle dei più au-
torevoli ed eminenti numismatici.
WF P. S. — All'ultimo momento ci giunge la notizia che
la Legge 27 giugno 1903 sulla conservazione dei monumenti
e degli oggetti di antichità ed arte, rimarrà in vigore per
altri diciotto mesi, cioè sino al 31 dicembre 1906.
ATTI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Seduta del Consiglio, 15 Giugno 1905.
(Estratto dai Verbali).
Il Consiglio è radunato alle ore 14 74 nella Sala Sociale
al Castello Sforzesco.
I. Dietro proposta dei Vice-Presidenti, Francesco ed
Ercole Gnecchi, sono ammessi quali Soci Corrispondenti i
signori : Dott. George Olcott di New York , Pompeo Monti
di Milano, e il Cav. Dott. Carlo Koeniger di Gardone (Ri-
viera).
II. Il Segretario A. M. Cornelio dà lettura del Bilancio
Consuntivo 1904, da presentarsi allAssemblea Generale dei
Soci. E approvato ad unanimità.
III. Il Vice-Presidente Comm. Francesco Gnecchi, legge
la Relazione sull'andamento morale della Società durante il
1904, che è approvata.
IV. Il segretario dà in seguito partecipazione dei se-
guenti doni pervenuti alla Società nei mesi di aprile e maggio
del corrente anno.
Bordeaux Paul di Neuilly.
Le sue pubblicazioni : Les ateliers monétaires de Toulouse et de Pa-
miers pendant la ligue. Paris, 1905 (Estratto). — Jeton franco-alle-
mand de la première république et méreaux mayencais contre-
marqués de 1792 à 1814. Bruxelles, 1905 (Estratto).
336 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Cerrato Giacinto di Torino.
La sua pubblicazione : Un mezzo testone di Carlo II per Nizza. Milano,
1905 (Estratto).
Dessi Cav. Vincenzo di Sassari.
La sua pubblicazione : Ricerche sull'origine dello Stemma di Sassari e
sugli stemmi dei Giudicati Sardi. Sassari, 1905.
Qnecchl Cav. Uff. Ercole.
N. 17 Cataloghi di Vendite monete, Estratti, Operette numismatiche.
Qnecchi Comm. Francesco.
N. 80 falsificazioni romane in bronzo ; 35 monete romane in bronzo ;
18 monete greche in br. ; 40 pesi monetali in ottone.
Jona Prof. Salomone.
La sua pubblicazione : Due amuleti del Museo Civico Modenese. SaS'
sari, 1905.
Stucchi Ing. Cesare.
Blocco di monete di bronzo.
Alle ore 14 8/4 , esaurito l'Ordine del giorno, la seduta
è levata.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 337
Assemblea Generale dei Soci 15 Giugno 1905
(Estratto dai Verbali).
L'Assemblea è convocata per le ore 15 nella Sede del
Castello. Sono presenti i due Vice-Presidenti Francesco ed
Ercole Gnecchi, quattro membri del Consiglio e parecchi Soci.
Approvato il Verbale dellAssemblea precedente, il Vice-
Presidente Comm. Francesco Gnecchi dà lettura della se-
guente Relazione :
Egregi Colleghi,
La nostra Società è entrata nel suo quattordicesimo anno
di vita. Forse, a giudizio di taluni, il suo sviluppo, la sua
azione, le sue risorse avrebbero dovuto a quest'ora essere
ben maggiori. Noi però, nel fondarla, avendo sott'occhio
l'esempio di altre società consorelle, eravamo ben lontani
dal nutrire delle grandi aspirazioni ; nostro solo scopo era
quello di formare il nucleo, intorno al quale si unissero, si
svilupassero e si mantenessero vive e feconde tante piccole
iniziative, che prima vivevano sparse, isolate, senza appoggio
ed incoraggiamento ed erano perciò probabilmente destinate
a sparire senza alcun risultato efficace.
Ora questo intento, per quanto modesto, ci pare sia
stato raggiunto. La fondazione della Società ha giovato non
poco a far conoscere e riunire fra di loro gli amatori e gli
studiosi di numismatica disseminati per tutta Italia, e ad
affiatarli anche coi colleghi dell'estero. Molti, che si potevano
chiamare raccoglitori di nome, lo divennero di fatto. Vecchie
Collezioni da tempo dimenticate furono riordinate e conti-
nuate ; se ne iniziarono di nuove e ne sorgono ogni giorno.
La Rivista intanto creava nuovi scrittori, e molti, che forse
senza questa opportunità, non avrebbero mai fatto noto ai
colleghi il risultato dei loro studii, e forse non avrebbero
neppure studiato, ne approfittarono in modo tale da alimen-
338
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
tare non solo la nostra Rivista, ma anche altre due minori,
dedicate esclusivamente alla numismatica. Ciò non sarebbe
stato assolutamente possibile una quindicina d'anni fa.
Ma se, al pari degli anni scorsi, abbiamo la soddisfazione
di constatare il lento ma continuo progresso morale del no-
stro Sodalizio, pur troppo dobbiamo anche ripetere la do-
lorosa nota per quanto riguarda la parte materiale o diremo
finanziaria, la quale non accenna peranco a risorgere. Sta
bene che ci siano le ragioni che spiegano tale malessere,
come ora vedremo ; ma sarebbe ben desiderabile vedere
una volta la nostra Società stabilita su più solide basi.
Soci — Abbonati alla Rivista — Collezioni Sociali.
Alla fine dello scorso anno 1904, la Società contava
54 Soci effettivi e 62 Corrispondenti. Gli abbonati alla Rivista
sommavano a 142; in complesso, un piccolo aumento sul
numero dell'anno precedente.
Le Collezioni Sociali di libri e di monete vanno del pari
aumentando, grazie alla generosità dei nostri Soci. La Bi-
blioteca contiene ora:
Volumi ....
Opuscoli ....
Il Medagliere è così costituito :
f Oro .
) Argento
Bronzo
Vetro .
( Argento
Medaglie \ Bronzo
( Metalli diversi
Piombi ....
Totale pezzi N. 7620
Monete
l
ì. 602
„ 1228
. N.
13
»
680
»
5862
»
448
»
20
»
336
n
IOO
' »
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Giova però tener conto che in tale computo sono com-
presi i duplicati e le monete di scarto ; quindi il numero
vero della Collezione scemerà di molto, quando il suo ordì-
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 339
namento, che fu ritardato per la deficienza dei medaglieri,
sarà completato.
Una nuova serie che abbiamo creduto di aggiungere
quest'anno alle nostre Collezioni e che, fra qualche tempo,
potrà raggiungere una certa importanza, senza alcun aggravio
per la Società, è quella degli Autografi di Numismatici. I
vostri Vice-Presidenti offrono oggi stesso il primo nucleo di
tale raccolta con una serie di 200 autografi di numismatici
antichi e moderni, e intanto approfittiamo dell'occasione del-
l'odierna Assemblea per raccomandare caldamente a tutti i
nostri Soci di voler contribuire all'incremento di questa col-
lezione ora iniziata.
La Rivista.
Anche nel 1904, come nell'anno precedente, nessuna
opera di mole in fatto di numismatica apparve in Italia. Quelle
che già abbiamo segnalate nella precedente Relazione, vanno
maturando, e una almeno sarà pronta nel corrente 1905 ;
qualche altra si sta incominciando ; ma frattanto tutta la no-
stra produzione numismatica, la quale non fu certo sterile,
non ebbe altra esplicazione all' infuori di quella dei Periodici.
La nostra Rivista non sofferse mai difetto di materia e diede
il suo volume, come del resto ormai è entrato nell'abitudine,
con oltre cento pagine in più di quanto sarebbe suo obbligo
di dare ; e se gli occhi paterni non ci fanno velo al vero, ci
pare che anche riguardo alla distribuzione della materia, si
sia mantenuto i) dovuto equilibrio, per accontentare le varie
tendenze dei nostri Soci ed Abbonati, non esclusi neppure
quelli che non si occupano della numismatica propriamente
detta, ma piuttosto delle scienze affini.
La Legge
sull'esportazione degli oggetti d'arte e d'antichità.
Il vostro Consiglio, in seguito alla discussione avvenuta
nell'Assemblea precedente a proposito di questa Legge, aveva
la via tracciata, e la seguì. Esso presentò al Ministro della
P. I. un Memoriale in cui si esponevano i gravi inconvenienti
derivanti dall'infausta legge e dal più infausto Regolamento
44
340 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
riguardo l'esportazione delle monete, e lo presentò corredato
da poco meno di trecento firme, nelle quali era compreso
pressoché tutto il fiore di quanto v'ha in Italia di più noto
e di più cospicuo fra le persone che si dedicano a raccolte
e a studii di numismatica.
Quella lista avrebbe potuto essere molto più lunga, se
buon numero di persone non ci avessero confessato che, pure
essendo totalmente del nostro parere, non si sentivano il co-
raggio di apporre la propria firma a quel Memoriale, perchè
legati da qualche incarico governativo e dipendenti dallo
Stato. Ora ci resta a vedere in qual conto sarà tenuto questo
plebiscito dei numismatici italiani.
La Commissione
per la coniazione delle nuove monete.
Finalmente fu sentito in Italia il bisogno di migliorare
le nostre monete, e questo giusto desiderio provocò la no-
mina di una Commissione, della quale vennero chiamati a
far parte quattro membri della nostra Società. Come abbiamo
informati i lettori della Rivista, quella Commissione dapprima
non era che provvisoria; ma venne poi convertita in Com-
missione permanente. Si radunò lo scorso inverno per la
prima volta, e a giorni sarà nuovamente convocata. Venne
dapprima bandito un concorso per alcuni tagli di monete.
Ora si tratta di bandire due altri concorsi ; uno pel posto di
incisore presso la R. Zecca, l'altro per un nuovo tipo di bi-
glietti di Stato da L. io, da L. 5. E giacché alle monete me-
talliche vennero aggiunte anche le cartacee, sarebbe forse
desiderabile che alla medesima Commissione numismatica-
tecnica-artistica venisse pure dato l'incarico di aprire un con-
corso anche per una nuova emissione di francobolli o in ogni
modo di trovare i mezzi atti a migliorare anche questi pic-
coli e pure interessantissimi rappresentanti di valori i quali
coi biglietti di banca hanno una certa relazione.
Non è giusto che questa nostra Italia, la quale fu già
maestra al mondo per tutto quanto ha attinenza all'arte,
debba ora restare alla coda delle nazioni civili. E se il giorno
del risorgimento è venuto, lo si esplichi coraggiosamente in
tutte le diverse manifestazioni.
atti della società numismatica italiana 34i
Bilancio.
Ed ora veniamo al Bilancio Consuntivo 1904 della nostra
Società, che sottoponiamo alla vostra approvazione:
Rimanenze attive del 1903.
In Cassa L. 133 io
Quote da riscuotere » 120 —
L. 253 io
Entrate dell'anno 1904.
Quote di Soci e di Abbonati alla Rivista L. 4240 —
Elargiz.*5 del Conte Comm. N. Papadopoli » 500 —
» dei Fratelli F. e E. Gnecchi . » 500 —
L. 5240 —
Rimanenze passive.
Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1905. . L. 180 —
L. 5673 io
Rimanenze passive del 1903.
Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1904. . L. 190 —
Spese del 1904.
Stampa della Rivista ed accessori . . . L. 4300 —
Fotoincisioni ed eliotipie » 653 —
Affitto locale nel Castello Sforzesco . . » 250 —
Al Custode dell'Ufficio » 100 —
Spese di Segreteria » 100 —
Spese postali > 17 —
L. 5420 —
Rimanenze attive al 31 dicembre 1904.
In Cassa L. 23 io
Quote da riscuotere » 40 —
L. 63 io
L. 5673 io
342 atti della società numismatica italiana
Dimostrazione.
Attività in principio di esercizio . . . . L. 253 io
Passività » 190 —
L. 63 io
Attività in fine di esercizio L. 63 io
Passività ■ 180 —
L. 116 90
Diminuzione di Patrimonio L. 180 —
Rendite dell'anno L. 5240 —
Spese » 5420 —
Disavanzo L. 180 —
// Segretario Tesoriere: Angelo Maria Cornelio.
Come si ricava da questa breve esposizione, il pareggio
che si era faticosamente raggiunto nel Bilancio dell'anno
precedente, fu, in quello del 1904, nuovamente turbato da
un aumento di spesa, e si ebbe un deficit di L. 180. Questo è
unicamente dovuto al costo della Rivista la quale, per impegni
assunti cogli Autori, ha dato a suoi soci ed abbonati un'an-
nata di 624 pagine con 15 tavole, raggiungendo la spesa di
L. 4953, superiore di L. 550 a quella dell'annata precedente.
Il piccolo aumento di abbonati non ha compensato che in
minima parte il sensibile aumento di spesa.
A colmare il disavanzo straordinario e quello ordinario
che finora trovò chi lo coperse, ma che potrebbe da un mo-
mento all'altro rimanere scoperto, occorrerebbe o un cen-
tinaio d'abbonati di più, o qualche risorsa affatto straordinaria
come piovve dal cielo a una Rivista consorella.... ma dei due
rimedii pur troppo non vediamo molto vicina la probabilità.
La Relazione morale e finanziaria 1904 è approvata.
Il Socio, Cav. Avv. Emilio Seletti, anche a nome di
altri Soci, propone all'Assemblea una modificazione allo
Statuto, nel senso che, dato il caso di scioglimento della
Società, si stabilisca una destinazione fissa da dare alle
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 343
Collezioni e a tutti gli enti che formano il patrimonio Sociale.
La proposta è accolta favorevolmente, ma non essendo al-
l'ordine del giorno, si delibera di farne oggetto della prima
Assemblea.
Si passa da ultimo alla nomina di tre Membri del Con-
siglio, in sostituzione dei signori: Comm. Francesco Gnecchi,
Ing. Emilio Motta, Marchese Carlo Ermes Visconti, scadenti
per anzianità. Fatta la votazione, i tre Consiglieri uscenti
riescono rieletti a grande maggioranza.
Vengono pure riconfermate per acclamazione le cariche
sociali in corso pel 1906.
Alle ore 16 V„ esaurito l'Ordine del Giorno, i Vice-Pre-
sidenti dichiarano sciolta l'adunanza.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 345
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Presidente Onorario :
S. M. Vittorio Emanuele III, Re d'Italia.
Presidente Effettivo:
Conte Comm. Nicolò Papadopoli, Senatore del Regno.
Vice- Presidenti :
Comm. Francesco Gnecchi.
Cav. Uff. Ercole Gnecchi.
Consiglieri :
Ambrosoli Dott. Cav. Solone {Bibliotecario).
Gavazzi Cav. Giuseppe.
Motta Ing. Emilio.
Ricci Prof. Dott. Serafino {Vice- Bibliotecario).
Ruggero Magg. Gen. Comm. Giuseppe.
Visconti March. Cav. Carlo Ermes.
Angelo Maria Cornelio, Segretario.
Finito di stampare il 30 Giugno 1905.
Achille Martelli, Gerente responsabile.
FASCICOLO III.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
LXX.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE
SULLE MONETE IMPERIALI M.
(Vedi Tavole XIIa a XVIIa).
Fra le caratteristiche della monetazione romana,
per le quali essa si distingue da qualunque altra,
una delle più notevoli è la personificazione di quelle
Deità, come la Pace, l'Abbondanza, la Salute, alle
quali, benché non avessero la propria sede nell'Olimpo,
i romani dedicavano un culto, e avevano eretto templi
ed altari in Roma e nelle altre città dell' impero.
Gli Dei e gli Eroi furono dapprima rappresen-
tati sulle monete greche, e da queste passarono alle
romane ; ma la Personificazione delle Deità astratte
è una innovazione tutta romana, che ebbe poi qualche
rara imitazione in alcuna delle serie monetarie me-
dioevali.
Ognuna di queste Deità è rappresentata in uno
o più modi ; ed è naturale supporre che le raffigu-
razioni offerteci dalle monete non siano che la ripro-
duzione delle statue loro erette. Fatto sta che i tipi
una volta stabiliti, continuano costanti e inalterati,
salve le variazioni dovute al variare dell'arte nel
corso dei secoli ; e gli attributi proprii di ciascuna,
(i) Di questa Memoria venne letto un sunto al Congresso interna-
zionale di scienze storiche tenutosi in Roma nell'aprile 1903.
350 FRANCESCO GNECCHI
quantunque alle volte molto numerosi, sono scrupo-
losamente conservati. Iniziate nei primissimi anni
dell' impero, e talune anche all'epoca repubblicana,
durano fino al tempo di Costantino, dopo il quale,
i costumi e gli usi mutati, la nuova religione uffi-
cialmente introdotta nel mondo romano, il decadi-
mento dell'arte ed altre cause minori fecero sì che
a poco a poco si andarono modificando e infine si
perdettero totalmente, come si perdettero sulle mo-
nete i numerosi altri tipi antichi, per dar posto agli
scarsi e scialbi tipi bizantini, segnanti la decadenza
artistica, morale e politica dell' impero.
Le Personificazioni sulle monete sono quasi
sempre accompagnate dalla relativa leggenda ; tal-
volta però questa manca, oppure ve n'è sostituita
un'altra che non è se non l'indicazione d'una data,
in continuazione alla leggenda del dritto, o, in altro
modo, vi è affatto estranea. Così per es. su moltis-
sime monete di Trajano troviamo le diverse Perso-
nificazioni, la Pace, la Vittoria, la Sicurezza, la Sa-
lute, ecc., invariabilmente accompagnate dalla leg-
genda così comune nelle monete di quell'imperatore:
SPQR OPTIMO PRINCIPI, e su monete d'oro, d'argento
o di bronzo di molti imperatori, le medesime non
portano che leggende come : COS III, oppure P M TR
P COS II o MI o IV, oppure TR P IMP V, VI o VII,
COS V P P o simili. Le Personificazioni però, mal-
grado la mancanza della relativa leggenda, sono
sempre facilmente riconoscibili dal loro tipo, dall'at-
teggiamento, dall'abbigliamento e dai simboli.
V'ha un solo caso in cui chi non ha grande
pratica può essere indotto in errore ed è quello in
cui — è opportuno notarlo qui una volta per tutte —
la leggenda accenna bensì a una Personificazione,
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 35I
ma non corrispondente a quella che vi è rappre-
sentata. Ciò non avviene mai ai bei tempi dell' im-
pero, è sempre eccezionale anche in epoca più inol-
trata ; ma avviene con abbastanza frequenza nei
tempi barbari e nelle zecche più eccentriche. Spe-
cialmente sotto i tiranni non è raro di trovare ad
esempio la leggenda FORTVNA col tipo della Salute,
SALVS col tipo della Vittoria, della Pace o altre si-
mili sconcordanze. Gli è perciò che le monete dei
Tiranni e specialmente quelle di Carausio e dei Te-
trici non possono far testo in argomento. Vanno
considerate semplicemente come errori barbarici ed
io non ne tengo nessun conto nella presente me-
moria, bastandomi avere accennato il fatto.
Non è raro il caso in cui la Personificazione
venga sostituita da un semplice simbolo. Così un
antoniniano di Caro colla leggenda ABVNDANTIA rap-
presenta una galera e l'allusione è abbastanza evi-
dente ; in altro antoniniano di Tetrico, colla medesima
leggenda ABVNDANTIA, sono rappresentati gli istro-
menti da sacrificio, a significare probabilmente un sa-
crificio per rendimento di grazie alla divinità per
l'accordata abbondanza. PIETAS è pure rappresentata
talora da un tempio o dagli istromenti da sacrificio,
VICTORIA da un trofeo e così via.
Tali esempi sono frequenti in tutti i tempi, ne
sono difficili da interpretarsi.
Dal principio dell'impero fino a Costantino sono
120 i nomi di imperatori, cesari, augusti o auguste
che adottarono sulle loro monete Personificazioni alle-
goriche, e queste salgono al numero di quaranta; ma,
mentre v'hanno principi che ne adottarono una sola,
352 FRANCESCO GNECCHI
v' ha chi ne adottò fino a trenta, e così, mentre v'hanno
personificazioni che figurano sotto un solo principe,
altre si ripetono fin sotto a ottanta principi diversi.
L'ordine dei principi che adottarono Personifi-
cazioni sulle loro monete è il seguente : Concordia
ebbe 80 principi che l'adottarono, Victoria 77, Feli-
citas 66, Pax 64, Pietas 61, Providentia 58, Aequitas
e Salus 55, Virtus 54, Fides e Securitas 53, Fortuna
51, Spes 40, Moneta 38, Aeternitas 36, Laetitia e Li-
beralitas 31, Annona e Libertas 28, Genius 24, Abun-
dantia 23, Uberitas e Pudici tia 20, Hilaritas 17,
Clementia e Indulgentia 15, Fecunditas 13, Iustitia ti,
Bonus Eventus io, Nobilitas e Perpetuitas 7, Claritas
6, Honos, Juventus e £)z«£s 5, Munificentia e 7raw-
quillitas 4, Caritas e 0/>s 2, Patientia 1.
L'ordine delle Personificazioni adottate da cia-
scun principe è il seguente: Antonino Pio ne adottò 30,
Gallieno e Adriano 27, Settimio Severo 25, Com-
modo e Caracalla 24, Claudio Gotico 23, Marc'Aurelio,
Alessandro Severo, Diocleziano 22, Elagabalo 21,
Tetrico padre 20, Carino e Massimiano Erculeo 19,
Trajano, Gordiano Pio, Treboniano Gallo, Valeriano,
Postumo, Probo, Carausio 18, Vespasiano, Volusiano,
Vittorino, Quintillo, Tacito, e Galerio Massimiano 17,
Giulia Domna, Geta, Filippo padre, Salonina, Floriano,
Caro e Costanzo Cloro 16, Galba, Trajano, Decio
e Costantino M. 15, Tito, Domiziano e Tetrico figlio 14,
Pescennio, Albino, Aureliano e Alletto 13, Vitellio,
Faustina juniore e Numeriano 12, Giulia Mammea 11,
Nerva, Lucio Vero, Macrino, Massimino, Filippo fi-
glio e Ostiliano io, Faustina seniore, Erennio Etrusco
e Massimino Daza 9, Lucilla, Giulia Mesa, Otacilla,
Etruscilla, Emiliano e Salonino 8, Nerone, Elio, Per-
tinace, Balbino, Massenzio e Licinio figlio 7, Cri-
spina, Pacaziano, Macriano, Mario, Severo II e Li-
cinio padre 6, Gordiano I, Gordiano II, Pupieno,
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 353
Quieto ed Elena 5, Sabina, Giulia Soemiade, Giulia
Paola, Valeriano figlio, Leliano, Vaballato e Magna
Urbica 4, Augusto, Livia, Claudio, Ottone, Domitilla,
Plautilla, Aquillia Severa, Tranquillina, Regaliano,
Severina e Giuliano II 3, M. Antonio, Giulia di Tito,
Didio Giuliano, Didia Clara, Plotina, Diadumeniano,
Orbiana, Dom. Domiziano e Teodora 2, Pompeo,
Bruto, Tiberio, Caligola , Nerone , Druso , Domizia,
Matidia, Manlia Scantilla, Annia Faustina, Massimo,
Jotapiano, Cornelia Supera, Mariniana e Saturnino 1.
Tutto ciò risulterà più chiaramente dal prospetto
sinottico che precede 1' Elenco delle Personifica-
zioni (0, come l'illustrazione dei tipi avrà il suo com-
plemento nelle tavole, le quali riproducono un nu-
mero più che sufficiente di monete per dare una
adeguata idea di questa specialità, una delle più ca-
ratteristiche, certo la più vasta della monetazione
romana.
Tutti questi dati statistici e illustrativi ho pa-
zientemente raccolto, e sottopongo ai colleghi, per-
chè mi pare che lo studio di essi, il ricercare
l'origine e il significato contemporaneo di ogni Per-
sonificazione, l'osservare come e con quali simboli
ciascun tipo sia raffigurato, quale imperatore pel
primo l'abbia adottato, quali e quanti altri principi
ne abbiano continuata la riproduzione, mentre altri
la esclusero, siano tutti argomenti che possono pre-
sentare dell' interesse, offrendo una serie di problemi
da sciogliere e un campo aperto per ulteriori inda-
gini, sia analitiche, sia generali.
(1) Superfluo l'osservare che tale prospetto, compilato sulle monete
attualmente conosciute, potrà essere in seguito ampliato, di mano in
mano che nuove monete verranno in luce. Difatti parecchie aggiunte
già dovetti farvi, dopo la prima edizione di due anni sono.
354
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Prospetto sinottici
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Faustina F. .
Lucio Vero . .
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D. Clara ....
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Personificazioni.
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360 FRANCESCO GNECCHI
ELENCO
delle Personificazioni allegoriche
coi relativi tipi e simboli.
ABVNDANTIA.
*
ABVNDANTIA AVG, AVG N, AVGG, AVGG ET CAESS N N — TEMPORVM —
È sotto lo splendore del regno di Trajano che l'idea
della larga ricchezza, della copia, della pienezza di quanto
può occorrere alla vita fa la sua prima apparizione sulle
monete romane. Manca ancora la leggenda ABVNDANTIA,
sostituita dall'altra ALIM. ITAL ; ma la figura femminile che
tiene il cornucopia e le spighe e distribuisce i suoi doni ai
figli del popolo è precisamente quella dell'Abbondanza, come
la troviamo abbastanza frequentemente colla propria leg-
genda a partire dal regno d'Eliogabalo fino all'epoca dei
tetrarchi.
Essa è generalmente rappresentata da una matrona che
tiene un cornucopia detto appunto corno d'abbondanza e
delle spighe. Ordinariamente la figura dell'Abbondanza è
rappresentata sola, qualche volta però, e principalmente
su alcuni medaglioni (vedi p. es. Giulia Mammea e Salonina),
essa forma parte di un quadro più complesso, trovandosi
fra l'imperatore e Minerva o con altre raffigurazioni. Talvolta
l'Abbondanza tiene semplicemente il cornucopia, tal'altra ne
versa il contenuto in un modio o a persone che lo rac-
colgono.
" Aurea fruges
Italiani pieno diffundit copia cornu „.
Hor. Ep. 12, Lib. 1.
tibi copia
Manabit ad plenum benigno
Ruviis honorum opulenta cornu.
. Hor. Lib. I, Od. 17.
Se poi tale contenuto debba ritenersi monete o frutti,
difficile è stabilire ; ma propenderei per la seconda ipotesi,
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 361
quantunque, tanto le monete quanto i frutti della terra, pos-
sano egualmente prestarsi a simboleggiare l'Abbondanza.
All'Abbondanza viene in certo modo a riannodarsi la
rappresentazione del Seculo frugifero, leggenda cui corri-
sponde sotto Pertinace e Postumo un caduceo alato con
delle spighe, sotto Albino e Severo il Genio dell'Abbon-
danza, oppure sotto lo stesso Albino una divinità non ancora
ben definita, ma che ha tutto il tipo d'una Cerere Africana
e pare debba pure intendersi come significato d'Abbondanza.
AEQVITAS.
AEQVITAS (O AEQVTAS) (AEQVITATI.) — AVG, AVGVST, AVGVSTI, AVGG,
AVG NOSTRI — PVBLICA.
\J Aequitas non è da confondersi colla Iustitia, che pure
troviamo sulle monete romane. Se questa va intesa nel senso
morale, come giudizio delle azioni umane, l'Equità va invece
intesa nel senso economico commerciale, quella cioè che sta-
bilisce la rettitudine delle transazioni e che risponde pubbli-
camente della bontà delle monete, tanto che colla Moneta
viene quasi confusa. Su molti medaglioni, ove sono rappre-
sentate le tre Monete, vediamo alternarsi indifferentemente le
leggende AEQVITAS oppure MONETA.
Introdotta da Vespasiano, la Personificazione dell'Equità
prosegue con pochissime interruzioni fino a Costantino.
Tipo unico dell'Equità una matrona stante colla bilancia
nella destra e il cornucopia nella sinistra. In qualche raris-
simo caso il cornucopia è sostituito da una palma.
Quando, a personificare l'Equità sono rappresentate le
tre Monete, ognuna di queste tiene la bilancia e il cornu-
copia e ognuna ha ai proprii piedi un mucchio di metallo,
rappresentante l'oro, l'argento e il bronzo.
AETERN1TAS.
AETERNITAS (AETERNITATI.) — AVG, AVGVSTA, AVGVSTI, AVGG. — IM-
perii — p(opuli) R(omani) — aeternitatibvs.
È Vespasiano che pel primo adottò l'AETERNITAS ed
essa dura per circa tre secoli, fino a Massimiano Erculeo.
362 FRANCESCO GNECCHI
I tipi, adibiti a rappresentarla, sono straordinariamente
varii e numerosi. I più comuni, e che possono considerarsi
quali vere personificazioni, sono rappresentati da una figura
femminile, sovente velata, che porta la testa del Sole e della
Luna, una per ciascuna mano ; e questo è già, per così dire,
un simbolo derivato perchè ab antico simboleggiavano l'eter-
nità dell'universo le statue del Sole e della Luna portanti
ciascuna un globo, simbolo della potenza sovrana. L'Eter-
nità è poi anche rappresentata da una figura femminile collo
scettro che siede sul globo, oppure che tiene un globo sor-
montato dalla fenice, oppure ancora da una figura femminile
stante collo scettro e il cornucopia, appoggiata a una co-
lonna o il piede destro poggiante sopra un globo.
Ma moltissimi altri sono i tipi o, per dir meglio, i sim-
boli, cui va unita la leggenda ÀETERNITAS, e principalmente
sotto il regno degli Antonini, il motto ÀETERNITAS comu-
nissimo sulle monete delle auguste è combinato colle più
svariate rappresentazioni. La troviamo non raramente ac-
compagnata dalla figura di Cerere, di Diana, di Giunone, della
Pietà, della Fortuna, dell' Italia, dell'augusta stessa, tirata in
biga di leoni o in quadriga d'elefanti, oppure da un tempio o
perfino dalla scena della battaglia dei Romani contro i Sabini
in un medaglione di Faustina seniore.
Nei bassi tempi poi, sotto Massenzio e Probo, alla leg-
genda ÀETERNITAS corrispondono i Dioscuri o la Lupa ro-
mana. Se a queste rappresentazioni aggiungiamo il signifi-
cato delle diverse leggende, come ÀETERNITAS AVG- la più co-
mune, ÀETERNITAS P(opuli) R(omani) che si trova su di un
rarissimo bronzo di Vespasiano, ÀETERNITAS IMPERII, abba-
stanza comune sulle monete dei Severi, si vedrà facilmente
come il concetto fondamentale dell' Eternità, o diremo forse
più precisamente delle stabilità — giacché ÀETERNITAS non
va intesa nel senso odierno o cristiano — sia sempre a ri-
ferirsi a Roma, all'impero romano o alla famiglia imperiale.
ROMA AETERNÀ è sempre il significato ultimo in qualunque
modo V Eternità ci venga presentata.
.... polus dum sidera pascet
Semper honos nomenque tuum, laudesque manebunt
Virg. En. L. I.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 363
ANNONA.
ANNONA (ANNONAE) — AVG, AVGVSTA, AVGVSTI, AVGVSTORVM. — AN-
NONA AVGVSTI CERES — AVGVSTI FELIX.
Quantunque l'Annona abbia'una certa anzi molta ana-
logia coli' Abbondanza — e difatti sono press'a poco i me-
desimi simboli che rappresentano l'una e l'altra — conviene
però tenerla distinta e spiegarne bene il significato romano,
il quale è tutto speciale^ e ben più importante di quanto po-
trebbe supporre chi giudicasse nell'ambiente delle abitudini
moderne. Per comprenderne l' importanza bisogna che ci
riportiamo a quei tempi e ricordare come Roma repubbli-
cana, non potendo già bastare alla propria alimentazione,
avesse i suoi granai nella Sicilia e nella Sardegna. Quando
queste isole non furono più sufficienti a nutrire il colosso
sempre crescente, fu necessario ricorrere all' Egitto e al-
l'Africa ; e Tacito osserva che i cittadini romani erano attri-
stati da tale necessità, pensando che la loro sussistenza era
in balia dei venti e delle tempeste. L'enorme quantità di
grano occorrente per l'alimentazione di Roma imperiale, for-
nita per un terzo dall' Italia e per due terzi dall'Africa, era
riunita sotto la sorveglianza dei procuratori imperiali nei
porti, e di là doveva poi essere spedita alla capitale, dove
enormi granai erano stati all'uopo costruiti. Una flotta spe-
ciale era stata organizzata pel trasporto, che si eseguiva ad
epoca fissa, e che portava una animazione straordinaria nei
porti d'Ostia e di Pozzuoli, ove il popolo accorreva in massa
a vedere l'arrivo delle grosse triremi, che portavano il vet-
tovagliamento di Roma.
Si comprende da ciò facilmente come V Annona (ossia
la sussistenza di un anno) (0 avesse pei Romani una straor-
dinaria importanza e meritasse d'essere deificata.
L'Annona Sancta godeva di un culto speciale nei porti di
partenza e d'arrivo, i quali ad essa dovevano buona parte
(i) Per questo motivo mi sembra assai naturale che Annona tragga
il suo nome da Annus, mentre mi ha semplicemente l'aria d'un giuo-
chetto di parole l'etimologia che si vorrebbe derivare da AD NONAM,
vale a dire all'ora nona, ora che si sa era dai romani dedicata al pranzo.
•17
364 FRANCESCO GNECCHI
del loro movimento, e dove molta gente, marinai, misuratori,
portatori e operai d'ogni genere guadagnavano per essa la
vita. È quindi naturale che in Roma si erigessero templi ed
altari alla Dea Annona, per implorare messi abbondanti e
mare favorevole, da tali due circostanze dipendendo l'alimen-
tazione dell'immensa metropoli.
È perciò che l'Annona è rappresentata da una donna,
i cui costanti emblemi sono il cornucopia, il modio ripieno
di spighe o di frutti campestri, e la tessera, e non manca
mai al primo o al secondo piano la prora della trireme.
L'Annona sulle monete compare per la prima volta sotto
Nerone, ove è rappresentata in compagnia di Cerere, che
ne completa il significato (ANNONA AVGVSTI CERES). Non è
però fra le raffigurazioni più frequenti e saltuariamente va
fino a Diocleziano.
BONVS EVENTVS.
BONVS EVENTVS, BONO EVENTVI.
Tipo che occorre raramente e che, come significato,
quasi può formare un duplicato con FORTVNA. È rappresen-
tato da una persona maschile ignuda la quale tiene costan-
temente colla destra una patera che sta versando su di
un'ara accesa, e colla sinistra un ramo, due spighe, oppure
un cornucopia.
Introdotto da Galba, questo tipo è usato da pochi im-
peratori e termina con Gallieno.
CARITAS.
CARITAS AVGG — MVTVA.
L'Affezione è rappresentata da un unico tipo e su di
un'unica moneta di Tetrico padre ; una figura femminile
stante colla destra alzata e distesa. Ai suoi piedi un'ara.
La leggenda CARITAS MVTVA si trova su alcune monete
di Balbino e di Pupieno, ma alla leggenda corrisponde sem-
plicemente il simbolo di due mani giunte, il quale altre volte,
sotto i due medesimi imperatori è accompagnato dalle leg-
gende : AMOR MVTVVS, FIDES MVTVA, PIETAS MVTVA.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 365
CLARITAS.
CLARITAS AVG O AVGG — RLTP O REIPVBLICAE.
Onde assomigliare l'imperatore al Sole, onde egua-
gliarne, per così dire, lo splendore, s'è trovata al tempo di
Postumo la parola CLARITAS e la relativa personificazione,
la quale non è che un sostituto al Sole stesso. E difatti il
tipo che alla leggenda CLARITAS corrisponde è precisamente
quella del Sole, una figura maschile ignuda e radiata. Venne
adottata dai tetrarchi e poi dalla famiglia di Costantino e
filologicamente il vocabolo perdurò nella nostra lingua, se
non nel sostantivo, quale aggettivo fino a noi, quantunque
ora accenni a cadere in disuso. Difatti ancora si chiama chiara
o chiarissima una personalità, che sia o che almeno si voglia
considerare illustre.
CLEMENTIA.
CLEMENTIA — (CLEMENTIAE) — AVG — CAESARIS — IMP GERMANICI
— TEMP.
Moderazione .nella vittoria e clemenza verso il vinto,
sono le due doti più saggie del vincitore. Ed è appunto in
questo senso che la CLEMENTIA va intesa. Un primo accenno
alla Moderazione e alla Clemenza è fatto in due bronzi di
Tiberio, ma per ben poche volte è rappresentata prima del-
l'epoca di Tacito e Probo.
Il tipo della Clemenza non è ben definito. Talora è rap-
presentato da una matrona stante con un ramo e uno scettro.
Tal altro da una figura femminile munita dello scettro e ap-
poggiata a un tronco di colonna. Da Probo in poi la rap-
presentazione più comune è quella di due figure virili (Giove
e T imperatore) insieme sostenenti un globo, rappresentanti
l'unione della Clemenza divina e della Clemenza imperiale
dominanti sul mondo.
CONCORDIA.
CONCORDIA (CONCORDIAE) — AETERNA — AVG, AVGVSTA, AVGVSTI,
AVGG, AVGGG, AVGVSTORVM — AVGG ET CAESS N N (o NNNn)-
366 FRANCESCO GNECCHI
COMMODI — EQVITVM (O AEQVITVM) — EXERCITVS — EXERCITVVM
— FELIX — IMPERII — LEGIONVM — MILITVM — PERPETVA —
p(opuli) R(omani) — praetorianorvm — provinciarvm — senatvs.
La Concordia è una delle Personificazioni più comuni,
anzi la più comune di tutte, quella cioè che fu adottata dal
maggior numero di principi. Incominciando da Nerone, la
troviamo rappresentata sulle monete di quasi tutti gli impe-
ratori, salvo pochissime eccezioni, fino all'epoca costantiniana.
Spesso si riferisce agli augusti ; ma più sovente alle corpo-
razioni militari, all'esercito in genere, alle legioni, ai preto-
riani e così via, fra i quali stava molto a cuore all' impera-
tore e al senato che la Concordia fosse costantemente con-
servata.
I tipi sotto i quali essa viene raffigurata sono moltissimi
e moltissimi gli emblemi che le vengono attribuiti a seconda
delle circostanze. Direi anzi che è forse la personificazione
per la quale tipi ed emblemi sono meno specificati di qua-
lunque altro, e sono presi a prestito da quelli della Pace,
con cui viene quasi confusa, oppure della Vittoria o dell'Ab-
bondanza, come a significare che Pace, Vittoria e Abbon-
danza sono elementi indispensabili alla Concordia o ne sono
i frutti.
E vi si aggiungono poi gli emblemi religiosi o militari
quando la Concordia si deve riferire al culto o all'esercito.
La matrona stante o seduta che raffigura la Concordia
ha dunque per simbolo, secondo le occasioni, il cornucopia,
la patera, il ramo d'ulivo, lo scettro, l'ara accesa, le spighe,
la statuetta della Speranza, il fiore, la ruota, la colomba, la
prora di nave, oppure una, due, tre o fino a sei insegne
militari.
La Concordia imperiale è talvolta rappresentata dal-
l' imperatore e dall'augusta che si danno la mano ; così in
qualche bronzo d'Antonino; oppure dai due imperatori come
M. Aurelio col padre Antonino o il fratello adottivo Lucio
Vero.
Non è raro poi il caso in cui manchi la figura e a rap-
presentare la Concordia resti solo un simbolo, la colomba,
il pavone, due mani giunte, un'ara, le insegne o le aquile
legionarie.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 367
FECUNDITAS.
FECVNDITAS — (FECVNDITATl) — AVG, AVGG — AVGVSTA, AVGVSTAF.
— TEMPORVM.
Raffigurazione eminente appropriata alle auguste, viene
introdotta da Faustina moglie d'Antonino Pio e viene in se-
guito riprodotta da quasi tutte le imperatrici fino a Salonina,
il che non toglie che sia stata ^dottata eccezionalmente anche
da qualche imperatore, come Gallieno e Claudio Gotico.
La Fecondità è generalmente rappresentata da una donna,
con uno o più fanciulli, più raramente dalla Terra circondata
dai quattro fanciulli raffiguranti le quattro stagioni.
FELICITAS.
FELICITAS (FELICITATI, FELICITATEm) — AETERNA — AVG, AVGVSTA,
AVGVSTI, AVGVSTORVM — CAESARVM — DEORVM — IM PERII —
IMPP, IMPERATORVM — ITALICA — PERPETVA — P R, POPVLI
ROMANI — POSTVMI — PVBLICA — REIPVBLICAE — ROMANORVM
— SAECVLI — TEMPORVM (0 FELICIA TEMPORA).
La Felicità è rappresentata sulle monete di quasi tutti
gli imperatori e di tutte le auguste, incominciando da Galba
e venendo fino a Costantino. Il che è facilmente spiegabile
quando si pensi che la Felicità era il supremo scopo a cui
lo stato romano mirava, che alla Dea Felicità tutte le altre
erano subordinate. E difatti a che l'Abbondanza, V Equità,
la Concordia, la Pace, la Vittoria se non per raggiungere il
supremo scopo della Felicità dell'imperatore e del popolo
romano ?
Emblemi della Felicità sono il caduceo, la pàtera, il ramo,
lo scettro, il cornucopia, quelli appunto che sono gli emblemi
delle deità suaccennate e similiari.
Gli epiteti che accompagnano la leggenda FELICITAS,
aeterna, augusta, publica, perpetua, ecc., non abbisognano
di spiegazione ; ma ve n'ha uno ben singolare ed è il FELI-
CITAS DEORVM che troviamo su di un raro antoniniano di Ma-
riniana, tanto singolare che la spiegazione ne riesce difficile.
Può darsi che, trattandosi di una moneta postuma, si sia
voluto intendere la Felicità dell'Olimpo per avervi ricevuta
368 FRANCESCO GNECCHI
l'anima di Mariniana ; a meno che, i tempi correndo allora
ben tristi in questo basso mondo, si volesse indicare che la
Felicità non poteva trovarsi che fra gli Dei. E forse sarebbe
a trovarsi in questa moneta di Mariniana quella punta sati-
rica, che si vorrebbe riconoscere in alcune monete di Gallieno.
FIDES.
FIDES, (FIDEt, FIDEM) AVG, AVGG, AVGG ET CAESS N N — COHORTIVM —
EQV1TVM (O AEQVJT) — EXERCITVS, EXERCITVVM — FORTVNA —
LEG — MAXIMA — MILITVM — MVTVA — PRAETORIANORVM —
PVBLICA.
A tutti gli stati sociali si riferisce la Fedeltà; all'impe-
ratore, all'esercito, al pubblico. Tipo comune delle Fedeltà
in senso generale è quella di una figura femminile, spesso
velata; Et Fides albo velata panno C1), che tiene due spighe
in una mano e un canestro di frutti nell'altra. Talvolta però
essa tiene semplicemente un cornucopia e una patera, op-
pure una colomba e costantemente delle insegne quando si
riferisce all'esercito. Talvolta il soggetto militare è amplifi-
cato colla figura dell'imperatore e quelle di alcuni militi, tal-
volta semplificato con due o più insegne. La Fedeltà è tal-
volta simboleggiata da due destre che si stringono — accipe
da que fidem — e fra le quali sovente, a significarne i buoni
frutti, sta un caduceo, o fiori, o palme, o due spighe e un
papavero ; e quando la Fedeltà si riferisce a cose militari,
le destre stringono un' insegna o un'aquila legionaria talora
appoggiata a una prora di nave o a un fulmine.
La rappresentazione della Fedeltà si estende da Galba
a Massenzio.
FORTVNA.
FORTVNA, (FORTVNAE) — AVG, AVGG, AVGG N N, AVGG ET CAESS N N
— DVX, FELIX — MANENS — MVLIEBRIS — OBSEQVENS — REDVX
— BONA FORTVNA — FORS FORTVNA.
I Romani, dediti piuttosto alla superstizione, tenevano
assai alla Fortuna, in quel vago senso nel quale va quasi
(i) Hor.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 369
confusa col Caso, col Buon Evento e colla Provvidenza, la-
sciando supporre che ponessero una discreta fede in quel
detto ciceroniano : Vitatn regit fortuna non sapientia. Pa-
recchi erano i templi eretti in Roma e nelle provincie alla
Fortuna sotto i suoi diversi epiteti, e la sua raffigurazione
è molto comune sulle monete da Galba fino a Galeno Mas-
simiano.
La Fortuna è generalmente rappresentata da una figura
muliebre stante o seduta, e i suoi emblemi sono invariabil-
mente il cornucopia, a cui si aggiunge spesso il timone di
nave, talvolta appoggiato a una prora o a un globo, la pa-
tera oppure un ramo d'ulivo. Talvolta la Fortuna è collo-
cata su di un cippo ornato di ghirlande, talvolta essa tiene
un cavallo pel freno ; spesso poi una ruota è ai suoi piedi
o sotto il suo sedile.
GENIVS.
GENIVS (GENIO) — AVO, AVGVST, AVGVSTI — AVGVSTI D N — AVGVST1
P1I — AVG FEL, FELIC — AVGG ET CAESS N N — BRITANN — C C
— caesaris — crvrr(atis) MCOM(ediae) — exercitvs — exer-
CITVS ILLIRICIANI — FEL(Ìx) — ILLYRICI IMPERATOR1S — L,
LVG(duniensis) — popvli — p, r — popvli romani — senatvs.
Ogni individuo, come ogni popolo, ogni corporazione,
ogni città e ogni località aveva nel mondo romano il proprio
Genio. Così troviamo il Genio dell' imperatore o del cesare,
il Genio del popolo romano, il Genio dell'esercito o del se-
nato e quello di diverse città.
Emblema eminentemente religioso, il Genio è general-
mente rappresentato da una figura maschile ignuda o mu-
nita di un semplice mantello gettato sulle spalle, e il modio
in testa, e un cornucopia al braccio in atto di versare una pa-
tera talvolta su di un'ara. Raramente il Genio tiene lo scettro;
più spesso ha un'aquila ai suoi piedi. Troviamo questi due
emblemi associati al Genio del popolo romano, l'aquila su
innumerevoli bronzi della tetrarchia, lo scettro accompagna
la testa del Genio su alcuni denari dell'interregno di Galba,
il che dimostra come la democrazia fosse altrimenti intesa
dai romani che dai nostri contemporanei !
37°
FRANCESCO GNECCHI
Talvolta il Genio, quando rappresenta l'esercito, ha una
o più insegne accanto (p. es. Trajano Decio) ed è avvolto
nella toga quando rappresenta il Senato, come in parecchie
monete d'Antonino Pio.
La Personificazione del Genio appare per la prima volta
su alcuni bronzi di Nerone.
H1LARITAS.
HILARITAS AVG, AVGG — AVGGG — p(opulì( R(omani) — TEMPOR.
Nel significato d'Allegrezza, di Giubilo, l' HILARITAS
può essere presa quasi un sinonimo di LAETITIA ; ma al-
quanto diversi ne sono i simboli. La donna che la raffigura
porta quasi sempre una lunga palma in una mano e nell'altra
un cornucopia, un ramo d'alloro o una corona e spesso è
accompagnata da uno o due fanciulli. Incomincia con Adriano,
appare raramente fino ad Elagabalo e poi solo eccezional-
mente per Tetrici, Carausio ed Alletto.
HONOS.
HONOS, (HONORl) — HONOS — HONOS ET VIRTVS.
L'onore è rappresentato in due modi distinti. Al suo
primo apparire sulle monete imperiali è sempre accompa-
gnato dal Valore (HONOS ET VIRTVS). Tale lo troviamo sui
bronzi di Galba, Vitellio e Vespasiano, dove è raffigurato
seminudo con un lungo scettro e il cornucopia, di fronte al
Valore rappresentato in abito militare, armato di lancia e di
parazonio, e col piede destro poggiato su di un elmo. Pare
che l'associazione dell'Onore col Valore venisse dalla leg-
genda (storica o semplice tradizione?) che M. Marcello, vo-
lendo erigere un tempio all'Onore e al Valore, e non es-
sendogli ciò stato consentito dagli auguri, ne fece due, di-
sposti in modo che, per entrare nel tempio dell'Onore, fosse
necessario passare per quello del Valore, come a designare
che non si poteva giungere a quello senza di questo.
Le figure dell'Onore e del Valore e anche la loro associa-
zione viene dai tempi repubblicani e noi troviamo quella
rappresentazione sui denari dell'Aquillia, della Durmia, della
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 371
Fufia. Più tardi l'Onore è rappresentato da un personaggio
maschile, togato, probabilmente F imperatore stesso, e tale
lo troviamo sotto Antonino e Marc'Aurelio, dopo i quali
cessa completamente.
Sia accompagnato dal Valore, sia solo, l'Onore presso
i Romani ha sempre il significato di gloria militare ed è a
notarsi che HONOS non è mai accompagnato da alcun ag-
gettivo, neppure dal solito AVG-
INDVLGENTIA.
INDVLGENTIA, (iNDVLGENTIAE) — AVG, AVGG IN CARTH — AVGG IN
ITALIAM — FECVNDA — PIA — POSTVMI AVG.
La parola Indulgenza deve intendersi come condono di
pena o di imposta, e dalle monete parrebbe doversi ritenere
che quest'ultimo significato sia quello cui si mira più comu-
nemente.
Quantunque tale condono fiscale sia ricordato già sulle
monete di Galba e di Nerva, come un atto degno della li-
beralità e munificenza imperiale, non è che sotto Adriano
che l' INDVLGENTIA viene personificata e la si rappresenta con
una matrona seduta munita dello scettro e Colla destra distesa.
In seguito, oltre allo scettro, essa tiene anche una patera.
È principalmente sotto i Severi che troviamo largamente
adottata la rappresentazione dell' Indulgenza ; solo che a
quest'epoca si abbandona quasi completamente il vecchio
tipo per sostituirvene due nuovi. Riferendosi specificamente
l' indulgenza imperiale a condoni accordati in Italia o in
Africa, nel primo caso essa è rappresentata dalla figura del-
l' Italia seduta sul globo, nel secondo — volendosi precisa-
mente significare il condono dell' imposta che dall'epoca di
Adriano gravava sui cartaginesi per rimborsare le spese del
grande acquedotto dal monte Zaghouan a Cartagine — dalla
Dea Cibele seduta sul dorso di un leone galoppante. E per
di più, a migliore indicazione del fatto, si vedono da un lato
alcune roccie da cui sgorga una fonte.
INDVLGENTIA però non è fra le leggende che figurano
abbondantemente sulle monete imperiali. Propenderei, come
dissi sopra, a intenderla in generale come condono di imposte
48
372
FRANCESCO GNECCHI
e forse nel significato eccezionale di condono di pena (quan-
tunque anche il significato fiscale possa benissimo correre),
può essere interpretata sulle monete di Faustina figlia e di
Salonina; non dico di Giulia Domna, essendo questa tale
donna da occuparsi seriamente d'ogni sorta d'affari di stato;
e difatti le sue monete colla leggenda INDVLGENTIA portano
l'identica rappresentazione di Cibele sul leone, come quelle
del marito Settimio Severo.
IVST1TIA.
1VSTITIA AVG, AVGVSTI — VENERABILIS.
Parlando dell'Equità, abbiamo stabilita la differenza che
corre fra questa e la Giustizia. La prima va intesa nel senso
economico, la seconda nel senso morale, e nelle monete ro-
mane la prima ha un'estensione molto maggiore della seconda.
La Giustizia, il cui nome appare per la prima volta sotto il
ritratto di Livia, figlia d'Augusto, viene poi introdotta da
Nerva nella sua personificazione; ma non è ripetuta che in
pochissime monete di pochi imperatori, Adriano, Antonino,
M. Aurelio, Settimio Severo e cessa con Severo Alessandro
per riapparire ancora su alcune monete postume di Costan-
tino, nelle quali è aggiunto il titolo di VENERABILIS.
Tipo, matrona seduta con un ramo e uno scettro, oppure
con una patera e uno scettro. Raramente in piedi colle bilancie,
e in questo caso richiama assai il tipo solito dell'Equità.
IVVENTAS.
IVVENTAS, IWENTVS (o IVBENTVS) AVG — IVVENTA IMPERII.
È Marc' Aurelio che introduce la Gioventù sulle sue
monete coniate mentre era Cesare, rappresentandola con una
figura femminile, munita di una patera, in atto di deporre un
grano d'incenso su di un tripode acceso.
Possiamo anzi dire unica sulle monete di Marc'Aurelio
tale raffigurazione, perchè, quantunque altri tre imperatori,
Caracalla, Claudio Gotico e Vaballato riportino la leggenda
su alcune loro monete, non hanno però la personificazione.
Il denaro di Caracalla (IVVENTA IMPERI!) rappresenta l'im-
peratore, i piccoli bronzi di Claudio e di Vaballato rappre-
sentano Ercole.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 373
LAETITIA.
LAETITIA (LAI TITIAE) — AVG, AVGVSTI, AVGG. AVGGG — AVG N. —
KVNDATA — PVBLICA — TEMrORVM.
L'Allegrezza, generalmente personificata in una donna
che tiene l'asta e le spighe oppure una corona colla destra,
mentre colla sinistra si appoggia a un'ancora o a un timone
di nave, talvolta è rappresentata semplicemente da una tri-
reme. — Appare per la prima volta sotto Antonino Pio e
dura fino a Galeno Massimiano.
LIBERALITAS.
LIBERALITAS AVG, AVGVSTI, AVGG AVGVSTORVM — AVG O AVGG I, II,
III, IV, V, VI, VII, Vili, Villi.
La Liberalità era uno dei più potenti elementi del potere
imperiale. Pattern et Circenses offriva l'imperatore al popolo
per tenerselo amico e soggetto, e se i giuochi erano oppor-
tuni, il pane era necessario. Era quindi ben naturale che la
Liberalità fosse una delle figure più simpatiche al popolo e
apparisse ben sovente sulle monete a commemorare le lar-
gizioni imperiali.
Le più antiche monete colla leggenda LIBERALITAS sono
d'Adriano, ma la raffigurazione della Liberalità la troviamo
su monete ben più antiche. Tralasciando quelle della Repub-
blica, per non attenerci che alle imperiali, le prime che por-
tino la figura della Liberalità sono i sesterzii di Nerone,
rappresentanti il congiario, ossia tutta la scena della distri-
buzione di denaro o di viveri al popolo, e così continuano
anche sulle simili monete dei seguenti imperatori, nelle quali
la figura simbolica della Liberalità sta fra le figure reali del-
l'imperatore, del prefetto del pretorio, di qualche soldato e
del popolano che ascende al palco imperiale a ricevere il
dono. La scena del congiario è rappresentata variamente,
con più o meno personaggi; ma la figura della Liberalità
non vi manca mai. Preest congìariis omnibus.
E solo sotto Adriano che scompajono le figure reali (per
ricomparire poi più tardi), e la figura della Liberalità cam-
peggia da sola, riassumendo in sé stessa quello che antica-
374 FRANCESCO GNECCHI
mente si chiamava Congiarium e più tardi prese il nome di
Largitio. La figura della Liberalità dura fino ai tempi di
Costantino.
Parecchi imperatori tennero più di una liberalità, e al-
lora queste sono numerate: Liberalitas II, III, ecc., fino alla
VI per Severo e Geta, fino alla VII per Marc' Aurelio, alla
VIII per Adriano, alla Villi per Antonino Pio, Commodo e
Caracalla.
Tipo comune della Liberalità è una matrona stante che
porta la tessera o tabella nella destra e il cornucopia, tal-
volta doppio, nella sinistra.
Come tipo secondario si può aggiungere una figura fem-
minile in atto di versare un cornucopia (Antonino Pio), tipo
più proprio dell'Abbondanza. — Talvolta poi è l'imperatore
stesso togato che porta la tessera, e rappresenta così la Li-
beralità, come si vede su di un denaro dello stesso Antonino.
LIBERTAS.
LIBERTAS (O LEIBERTAS) — AVG, AVGG, AVGVSTA, AVGVSTI — P R. —
PVBL1CA — RESTITVTA — SAECVLI — R XL (o XL r).
La personificazione della Libertà, che bene si adattava alle
monete repubblicane, pare poco appropriata almeno in molti
casi sulle imperiali. Tuttavia non la troviamo meno frequen-
temente in queste che in quelle, volendosi forse che l'idea
della cosa supplisse alla mancanza della realtà.
Nelle repubblicane (come era allora negli usi) è rappre-
sentata la sola testa della Libertà, nuda o velata, mentre
nelle monete imperiali la Libertà è personificata in una figura
femminile di solito col berretto e lo scettro, raramente col
berretto e il cornucopia.
La troviamo per la prima volta, per adulazione quasi
ironica del senato, sulle monete di bronzo di Claudio C1) e
di Nerone, giustamente poi su quelle di Galba, di Vespa-
siano, di Trajano, di Adriano e degli Antonini; poi ricom-
pare interpolatamente, ma abbastanza frequentemente, sulle
monete di molti imperatori fino a Carausio.
(i) Non tengo conto di un bronzo ibrido di Caligola.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 375
MONETA.
MONETA AVG, AVGG, AVGGG (i) — AVGVSTI, AVGVSTORVM — CAESARVM
— RESTITVTA — SACRA AVGG ET CAESS NOSTR — VRBIS VESTRAE.
Originariamente le monete a Roma erano fabbricate nel
tempio di Giunone-Moneta. Da qui il nome di Moneta venne
a significare la zecca, e tale appunto è il significato di
MONETA personificata in una matrona che tiene il cornucopia
e le bilancie, e talvolta versa dalla cornucopia le monete nel
modio che le sta appiedi. — Sovente la Moneta è rappre-
sentata da tre figure femminili, sempre colle bilancie e il
cornucopia, e appiedi di ciascuna sta un mucchio di metallo
per rappresentare l'oro, l'argento e il bronzo.
Introdotta da Domiziano la personificazione della Mo-
neta, è ripetuta da molti imperatori e anche da parecchie
auguste, incominciando da Giulia Domna e dalla tetrarchia
in poi prende l'epiteto di SACRA.
Alessandro Severo è l'unico che abbia la leggenda
MONETA RESTITVTA; ma tale leggenda, che bene avrebbe
potuto appropriarsi a parecchi imperatori, Nerone, per es.,
Aureliano, Diocleziano, davvero non sappiamo perchè l'abbia
adottata Alessandro Severo, il quale nulla fece — almeno
nel fatto — per una riorganizzazione della zecca.
MVNIFICENTIA.
MVNIFICENTIA AVG — GORDIANI AVG.
Fu sotto Antonino Pio che venne introdotto il raro tipo
della Munificenza, il quale assai probabilmente ebbe origine
dai giuochi circensi celebrati con una straordinaria grandiosità.
Il tipo, diremo classico, della Munificenza è rappresentato
da una matrona colle insegne regali, lo scettro e la corona
e con un leone ai suoi piedi. Ma in diversi bronzi d'Anto-
nino è il solo leone o un elefante che la rappresentano, e
l'elefante si ripete anche in monete di Sett. Severo e d'Elio-
gabalo. Gordiano Pio invece la rappresenta con una com-
pleta scena di belve combattenti nell'Anfiteatro.
(1) Wiczay pubblica anche MONETA II AVG (Sett. Severo) e
MONETAE AVG II (Giulia Domna); ma io non l'ho mai vista, e inclino
a credere a una mala interpretazione.
376 FRANCESCO GNECCHI
NOBILITAS.
NOBIL1TAS AVO O AVGG.
La Nobiltà, sia ereditata per antichità e distinzione di
famiglie, sia acquisita per pubbliche alte cariche occupate,
era tenuta in grandissimo pregio presso i Romani; è però
poco usata sulle monete. Fino a Commodo non appare, e
tosto ne abusa Geta il quale non si sa a quale specie di
nobiltà potesse riferirsi. Da Elagabalo non figura più fino
ai Tetrici e con questi finisce; notando che, invece della
Personificazione, viene rievocato il titolo di nobilis o nobi-
lissimus, per la prima volta introdotto da Filippo figlio quale
Cesare e da Diocleziano in poi è comune la leggenda di
NOBILIS o NOBILISSIMVS CÀESÀR, (N • C o NOB • C) NOBILIS-
SIMA FOEMINA (N F) come troviamo nelle monete di Elena
e di Fausta.
La Nobiltà è generalmente personificata da una donna
munita di un lungo scettro e del palladio.
OPS.
OPI AVG DIV1NAE.
Una matrona seduta con due spighe nella destra, op-
pure collo scettro e la destra alzata al disopra del capo,
deve supporsi rappresentare la Dea moglie di Saturno, op-
pure la Personificazione della Ricchezza? Propenderei per
la seconda ipotesi; ma non avrei una seria ragione per
escludere la prima. Ad ogni modo tale rappresentazione è
assai rara e potrebbe anzi dirsi eccezionale, non comparendo
che sotto Antonino Pio (col titolo di AVO) e sotto Pertinace
(col titolo di DIVINA).
PATIENTIA.
PATIENTJA AVGVSTI.
La Pazienza Romana, come bene osserva il Vaillant,
non va intesa nel senso cristiano, ossia nel sopportare con
forza e rassegnazione le avversità della sorte o le miserie
della vita, bensì piuttosto nel senso di perseveranza nel
compiere opere difficili o penose. Questo significato che ri-
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 377
sulta anche dalla rappresentazione stessa di una donna che
tiene uno scettro e indica la forza del proposito colla destra
distesa, ben s'addice al grande Adriano, su di un unico e
raro denaro del quale troviamo tale personificazione (0.
PAX.
PAX (O PAXS, PACI) — AETERNA — AVG — AVGVSTA, AVGVSTI, AVGG,
AVGVSTORVM — EQVITVM — EXERCH VS — FVNDATA — ORBIS
TERRARVM — PERPETVA — P ROMANI — PVBLICA.
Per quanto l'impero romano fosse fondato sulle guerre
e vivesse delle guerre, pure la pace era tenuta nel più alto
pregio e considerata appunto quale premio della guerra e
dono degli dei, e numerosissime sono quindi le monete sulle
quali la Pace è celebrata.
Tipo comune della Pace, che incomincia con Augusto
e dura fino a Costantino, è una figura femminile seduta,
stante o corrente col lungo scettro generalmente portato di
traverso, il ramo d'ulivo, il cornucopia, il caduceo, l'insegna
militare, le spighe, la palma o la corona.
Troviamo talvolta la Pace con una torcia in atto di dar
fuoco a un mucchio d'armi; ma più spesso alla leggenda
PAX corrisponde una rappresentazione che assai direttamente
si collega colla guerra, di cui non poteva essere, nel pen-
siero romano, che la necessaria conseguenza.
In un antoniniano di Gallieno colla leggenda PAX FVN-
DATA ci si presenta un trofeo con due prigionieri. In un
aureo di Costantino colla leggenda PAX AETERNA AVG- N
sono raffigurate due donne turrite, una delle quali presenta
all'imperatore una corona, l'altra una vittoria; e in un pic-
colo bronzo dello stesso Costantino alla leggenda PACIS
FVND(ator) corrisponde la rappresentazione di Marte guer-
riero che porta un trofeo e trascina un prigioniero. Tale è
(i) È vero che Spartiano racconta dell'imperatore Adriano ■ frigora
" et tempestates ita patienter tulit ut nunquam caput tegeret „ ma, mal-
grado questa asserzione e, prestandovi pure intera fede, non crederei
dover attribuire alla pazienza di Adriano il senso che siamo abituati
attribuire a quella di Giobbe; e, se è vero che Adriano andava sempre
a capo scoperto, dobbiamo conchiudere che il coprirlo gli dava noia.
378 FRANCESCO GNECCHI
la pace intesa dai romani. E si noti, che, mentre la Vittoria
è sovente accompagnata, come vedremo a suo tempo, da
un epiteto ricordante il popolo vinto, la Pace invece è
sempre accennata in senso generico. Roma non trattava
la pace coll'uno o colFaltro popolo, ma l'accordava, dopo
la vittoria, a tutto il mondo. Pax orbi terrarum!
Alle monete ricordanti la Pace si riannodano quelle
colla leggenda ARA PACIS (o semplicemente PACIS) e raffi-
guranti un'ara, nelle quali la Pace assume un carattere
decisamente religioso.
Al quale proposito una osservazione di qualche interesse
viene suggerita da alcune monete di Salonina colla leggenda
AVG(usta) IN PACE accompagnata dalla rappresentazione
della Pace seduta. È un tipo che diede luogo a lunghe di-
scussioni; e vi furono attribuiti diversi significati, fra cui
quello noto del De Witte, il quale ve ne volle trovare
uno religioso-cristiano, e, riferendolo alla pace eterna, ne
dedusse che Salonina fosse convertita alla nuova fede. Tale
interpretazione mi pare per lo meno stiracchiata e assai più
ovvia mi sembra quella di Angusta sotto le spoglie della
Pace. Questa darebbe anche la chiave per l'interpretazione
di altre monete, fra cui per es. alcune delle due Faustine,
ove alla semplice leggenda AVG-VSTA corrisponde la rappre-
sentazione dell'Eternità. Non sarebbe naturale riconoscere
che anche in queste s'è inteso rappresentare l'Augusta sotto
le spoglie dell'Eternità?
PERPETVITAS.
PERPETVITAS (PERPETVITATI, PERPETVITATE) AVG, AVGG — IMP AVG.
È una personificazione che quasi va a confondersi con
AETERNITA.S. Il tipo difatti in principio, allorché viene intro-
dotto da Alessandro Severo, è costituito da una donna collo
scettro e il globo, appoggiata col gomito a una colonna
mentre nei bassi tempi viene sostituito dalla figura di Roma
nicefora, tipo comune a rappresentare appunto l'Eternità,
e precisamente l'eternità e perpetuità di Roma.
E poi a notare come in quest'ultimo caso, quando cioè
vi è rappresentata Roma, come in un bronzo di Severo II
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 379
ed in altro simile di Costantino, la leggenda PERPETVITAS
sia al caso nominativo, mentre sulle monete portanti la per-
sonificazione allegorica della Perpetuità la leggenda che vi
si riferisce è talvolta al dativo; ma più sovente all'ablativo.
Un altro caso di nominativo si verifica in un denaro
posteriore all'epoca che ci siamo imposta, appartenente a
Valentiniàno II. In questo denaro (riportato nel Cohen dalla
Numismatic Chronicle) alla leggenda PERPETVETAS (sic) cor-
risponde la rappresentazione della Fenice sul globo ; ciò che
dimostra ancora come la Perpetuità si confondesse in certo
modo coll'Eternità.
La Perpetuità del resto non è uno dei tipi comuni nella
monetazione romana.
PIETAS.
PIETAS (PIETATl) — AVG, AVGG — AVGVSTA, AVGVSTAE, AVGVSTI,
AVGVSTORVM — AVGG ET CAESS NN — DDD NNN — FALERI —
MILITVM — MVTVA — PVBLICA — ROMANA — SAECVLI — SENATVS.
La Pietà, indicante l'ossequio alla divinità, la devozione
all'imperatore, l'affezione fra gli augusti, o fra l'augusto e
il popolo, o, in altre parole, la Religione, formava grandis-
sima parte della politica romana e quei savii reggitori di
popoli tenevano immensamente alla conservazione di tale
indispensabile elemento di governo.
È perciò che la raffigurazione della Pietà è una delle
prime che l'impero eredita dalla repubblica e, come l'impe-
ratore conserva, da Antonino in poi, il titolo di PIVS, così
sulle monete è conservata gelosamente e abbondantemente
la rappresentazione della Pietà, quasi senza interruzione fino
alla fine; riferendosi ora all'imperatore, all'imperatrice o alla
famiglia imperiale, ora al senato, all'esercito, a Roma e in
generale al pubblico.
Tipi della Pietà sono: una matrona raramente seduta,
ma quasi sempre stante e sovente velata, con una patera e
uno scettro; rarissimamente colle insegne militari quando è
riferita all'esercito. Spesso sta vicina ad un'ara sulla quale
talvolta versa la patera o pone dell'incenso. Talvolta alza
una mano o ambe le mani al cielo, talvolta infine la sua
49
380 FRANCESCO GNECCHI
personificazione rassomiglia assai a quella della Fecondità,
avendo tre o quattro bambini in collo o vicino a lei.
Talvolta è un tempio che simboleggia la Pietà o sem-
plicemente gli istrumenti da sacrificio, il che è di facile spie-
gazione ; ma occorre anche il caso in cui la leggenda Pietas
corrisponda alla rappresentazione di Mercurio — e non certo
per errore perchè si ripete troppe volte — combinazione di
cui non riesco ad afferrare nettamente il significato.
Sotto Balbino e Pupieno le due destre unite che hanno
le leggende CARITAS MVTVA, FIDES MVTVÀ e AMOR MVTVVS,
hanno pure PIETAS MVTVA.
PROV1DENTIA.
PROVIDENTIA (PROVIDENTIAE) — AVG, AVG N, AVGVSTI, AVGG — CAESS
— DEORVM — PROBI AVG NOSTRI — SENATVS.
La Provvidenza divina si unisce e si confonde quasi
presso i Romani colla imperiale, o, per meglio dire, inco-
minciata coll'aureola della divinità, diventa a poco a poco
imperiale. La leggenda PROVIDENTIA è introdotta per la
prima volta sulle monete senatoriali d'Augusto, accompagnata
dalla rappresentazione di un'ara accesa, e tale la troviamo
ripetuta sulle monete di Vitellio, di Vespasiano e de' suoi figli.
Sotto Tito però la rappresentazione muta e subisce nel
suo significato una prima evoluzione. Qui sono i due impe-
ratori, Tito e Vespasiano di fronte, di cui l'uno presenta al-
l'altro un globo. Con Trajano la personificazione della Provvi-
denza prende il suo vero carattere, ed è rappresentata da una
figura femminile collo scettro, spesso appoggiata a una co-
lonna, e con un globo ai suoi piedi, che sovente essa indica
con una bacchetta. Questo è il tipo che più comunemente
troviamo sulle monete di moltissimi imperatori fino a Costan-
tino; il che però non toglie che altri tipi vi si innestino a
sostituirlo o per lo meno a modificarlo. Sotto Adriano la
Provvidenza pare sia ancora quasi completamente riferibile
agli dei, tanto che in qualche moneta prende il titolo di
PROVIDENTIA DEORVM, colla rappresentazione dell'imperatore
togato che riceve uno scettro portatogli da un'aquila, e
quindi evidentemente ab Jove. — La medesima leggenda
sotto Antonino accompagna la rappresentazione di un fui-
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 381
mine, altro simbolo di Giove. Ma col regno di Commodo la
Provvidenza scende dall'olimpo e, facendosi terrena, si ri-
ferisce ai grani che l'imperatore fa venire dall'Africa, si
confonde quasi colPAnnona ed è rappresentata ora da una
trireme, ora dall'Africa stessa che si incontra con Ercole,
e non si saprebbe dire se più relazione abbia ormai colla di-
vinità oppure coll'imperatore. I simboli e gli emblemi vanno
grado grado modificandosi. Lo scettro e' il globo che da
principio formavano il tipo vero della Provvidenza, sono a
poco a poco sostituiti da un cornucopia, da una patera, da
un aratro, da un timone di nave, da due spighe o anche
da un' insegna militare. Settimio Severo e Caracalla rappre-
sentano la Provvidenza colla testa di Medusa, Gallieno con
Mercurio, Aureliano finalmente con Venere. E la Provi-
dentia Deorum si trasforma finalmente in Providentia Senatns
e Providentia Probi aug nostri.
PVDICITIA.
PVDJC1TIA (PVD1CITIAE) — AVG, AVGG, AVGVSTVE.
La virtuosa Plotina è la prima sulle cui monete è rap-
presentato il Pudore, in un bel denaro d'oro e d'argento che
porta la scritta ARA PVDIC
Ma subito dopo adottano tale emblema Adriano e Sa-
bina ; malgrado che quest'ultima, poco felice nel suo matri-
monio e probabilmente anche poco corretta, avesse i sonni
turbati dallo spettro di Antinoo....
E poi l'adottano non solo le poche auguste che pote-
vano onorarsene ; ma altresì le molte per le quali non po-
teva suonare che ironia.
Secondo le nostre idee, il Pudore si direbbe virtù piut-
tosto femminile che maschile e a noi parrebbe — non so
se a ragione o a torto — che tale emblema dovesse essere
stato adottato solamente per le auguste, e ci riesce quindi
strano il vederlo raffigurato anche sulle monete di parecchi
imperatori. Se si trattasse solo di Trajano Decio, Erennio
Etrusco, Ostiliano, Treboniano Gallo e Gallieno (') saremmo
(1) Tralascio due denari, barbaro l'uno e suberato l'altro, di Settimio
Severo e Gordiano che non possono formar base di giudizio.
382 FRANCESCO GNECCHI
quasi tentati di supporre che le loro monete portanti tale
impronta fossero ibride, fatte cioè coi conii d' Etruscilla pei
primi e di Salonina per Gallieno ; ciò che non desterebbe
molta meraviglia dati i tempi non troppo regolari per la mo-
netazione. Ma abbiamo i denari d'Adriano (proprio d'Adriano!);
i quali non possono lasciare alcun dubbio. Sono parecchi i
suoi denari su cui figura il Pudore, e fra gli altri ve n'ha
uno il quale con tale rappresentazione e la leggenda PVDIC
nel campo, porta la leggenda circolare PM TR P COS III,
la quale non può non riferirsi ad Adriano, non essendo
questa l'epoca delle leggende scorrette.
Dobbiamo quindi ritenere regolari anche tutte le monete
dei sopra citati imperatori, quantunque non ci riesca che fino
a un certo punto, di afferrarne il significato.
Il Pudore è rappresentato da una donna stante o seduta
ravvolta nella propria veste, sovente in atto di coprirsi con
un velo il viso o il seno, oppure colla mano alla bocca o al
seno, e generalmente porta lo scettro. Qualche volta ha seco
qualche bambino, talvolta è in atto di sacrificare su di un'ara.
La sua figura è sempre sola sulle monete; ma su qualche
raro medaglione, il Pudore si trova in compagnia della Fe-
licità, della Sicurezza o dell'Abbondanza.
Su di un gran bronzo della mia collezione, trovato lo
scorso anno a Roma i1) e che credo unico, di Faustina gio-
vane colla leggenda PVDICITIÀ, la figura seduta e velata
tiene due spighe. Probabilmente si intese di rappresentare
il Pudore sotto le apparenze della Casta Cerere.
QVIES - REQVIES.
QVIES AVG, AVGG, AVGVSTORVM — REQVIES OPTIMORVM MERITORVM.
Una donna stante con un ramo abbassato e uno scettro
raffigura il Riposo (QVIES) il quale è pure rappresentato
dall' imperatore seduto in sedia curule colla destra alzata e
collo scettro (REQVIES).
Questi tipi non sono adottati che da Claudio Gotico,
Diocleziano, Massimiano, Ercole e Costanzo Cloro.
(1) Vedi Appunti di Num. Romana, n. LXVI.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 383
SALVS.
SALVS (SALVTi) — AVG, AVGG, AVGG — AVGG ET CAESS NN — AVG
NOSTRI — AVGVSTA, AVGVSTI — DD NN AVGG ET CAESS — DD
NN — EXERCITVS — GEN (O GENERIS) HVMANI — ITAL — MILITVM
— POSTVMI AVG — PROVINCIARVM — PVBLICA — REIPVBLICAE.
Anche la Salute è una delle rappresentazioni molto an-
tiche e l'impero non fa che continuarne l'uso già introdotto
dalla repubblica. Per l'ultima volta con Livia della Salute
non è rappresentata che la testa ; poi subito sotto i primi
imperatori viene adottata la vera Personificazione consistente
in una figura femminile stante, seduta o appoggiata a una
colonna, che il più delle volte è in atto di nutrire un ser-
pente, il quale talora sta fra le sue braccia, talora si svolge
da un'ara, e da un albero. Altre volte la raffigurazione è
meno precisa e gli emblemi sono quelli appartenenti ad altre
Personificazioni e in ispecie alla Pietà, forse a significare che
la salute è un dono degli Dei. Tale p. es. la patera versata
su di un'ara accesa, lo scettro, il timone di nave, le spighe, ecc.
Talvolta anche la Salute è rappresentata da un altare.
Talvolta invece è Esculapio che la rappresenta.
Ma la Salute che il più delle volte è presa nel senso
materiale di Salute fisica, alla quale i Romani ben giusta-
mente davano una enorme importanza, come lo provano al-
cune monete coniate in memoria della ricuperata salute del-
l' imperatore, è talvolta, o almeno può essere, intesa anche
in senso traslato. Tale è la SALVS GENERIS HVMANI rappre-
sentata generalmente da una Vittoria, la SALVS EXERCITVS
o MILITVM, la SALVS PROVINCIARVM di Postumo a cui cor-
risponde la figura del Reno, nei quali casi non si saprebbe
dire precisamente se è il senso concreto o il senso traslato
che debba essere inteso.
La parola SALVS è poi destinata a esprimere un signi-
ficato assolutamente astratto quando ai bassi tempi in qualche
aureo d'Olibrio SALVS MVNDI è scritto intorno al simbolo
della croce.
SALVS è fra le personificazioni più comuni sulle monete
imperiali.
384 FRANCESCO GNECCHI
SECVRITAS.
SECVRITAS (SECVRITATl) AVO, AVGG, AVGVSTI IMPERI! — IMP GERMAN
(Vitellio) — ORBIS — PERPETVA — POPVLI ROMANI — PVBLICA
— REIPVBLICAE — ROMAE — SAECVLI — TEMPORVM.
La Sicurezza, altra fra le più usitate personificazioni,
incomincia diremo egoisticamente con Nerone, sulle cui mo-
nete è sempre scritto chiaramente in tutte lettere SECVRITAS
AVGVSTI mentre subito in quelle di Galba è riferita al pò-
polo, SECVRITAS P ROMANI. In seguito è adottata da gran
numero di imperatori riferendosi ora all'imperatore, ora al
popolo romano, ora all'orbe intero.
Diversi sono i tipi che la rappresentano, ma il più co-
mune è quello di una matrona stante o seduta, nell'atto di
riposo di chi ha nulla a temere. Provvista di uno scettro o
di una patera o un cornucopia, una corona, una palma o
un globo, la matrona o è in piedi appoggiata a una colonna
colle gambe incrociate, la destra alzata al disopra della testa,
o seduta col gomito appoggiato alla spalliera della sedia
in atto di sostenersi il capo. Spesso presso di lei un'ara, a
cui sovente è appoggiata una torcia.
La Sicurezza pareggiata quasi alla Pace, è talvolta rap-
presentata da Pallade (Caracalla), altre volte la leggenda
SECVRITAS accompagna la rappresentazione dell'imperatore
in quadriga con un ramo d'alloro (Licinio padre).
Ai tempi di Costantino la Sicurezza viene ancora a con-
fondersi colla Pace e troviamo rappresentato l'imperatore
in atto di erigere o di coronare un trofeo.
E andando più in là dei tempi costantiniani, troviamo nei
medii bronzi di Giuliano l'Apostata colla leggenda SECVRITAS
REIPVBLICAE la rappresentazione di un toro, il quale forse
richiamava il Bue Api, o con maggiore probabilità una vittima
da sacrificio. E in un piccolo bronzo d'Anniballiano colla leg-
genda SECVRITAS PVBLICA la raffigurazione dell'Eufrate.
SPES.
SPES (SPEI) - AVG, AVGG, AVGGG — AVGVSTA, AVGVSTI, AVGVSTOR —
FELICITATA ORBIS — P R — PROBI AVG — PVBLICA — R P, REI-
PVBLICAE — BONA SPES, BONAE SPEI — SPES FIRMA.
Chi si accinge a grandi opere non lo può fare senza
essere animato dalla speranza del successo. Era dunque in-
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 385
dispensabile la Speranza ai romani, e perciò fu collocata
fra le divinità. Claudio l'introduce sulle monete e vi resta
fino all'epoca costantiniana, conservando con grande rego-
larità il suo tipo; una giovane donna in abito discinto, che
porta un fiore (simbolo della speranza perchè dal fiore il
frutto C1)) in atto di camminare sollevandosi la veste.
Talvolta la Speranza è al cospetto di tre militi (Vespa-
siano, Aless. Severo).
In qualche rarissimo caso la giovane donna è sostituita
da una figura maschile nel medesimo atteggiamento (Aless.
Severo).
Rarissimo anche il caso in cui alla leggenda SPES PV-
BLICA corrisponde un tempio (Erennio) che dobbiamo sup-
porre eretto alla Speranza.
Al tempo di Costantino, mutati i tempi, mutate le cre-
denze, mutata la religione, vediamo a questa medesima leg-
genda servire di simbolo il labaro col monogramma di Cristo.
TRANQVILLITAS.
TRANQVILLITAS AVG, AVGG.
Quattro soli imperatori adottano questa personificazione
la quale molto si avvicina nel significato e negli attributi
alla SECVRITÀS, e si può dire non abbia un tipo veramente
proprio. Presso Adriano e Antonino Pio il tipo è quello
della Sicurezza, donna stante, talvolta turrita, collo scettro,
oppure con un timone e due spighe, appoggiata a una
colonna. Presso Filippo Padre e Tacito è rappresentata come
la Felicità con un drago e lo scettro.
VBERITAS.
VBERTAS (O VBERITAS) — AVG, AVGG — SAECVLI.
La Personificazione della Fertilità della terra non inco-
mincia ad apparire sulle monete che al tempo di Trajano
Decio, e dura saltuariamente fino a Costantino. È simbo-
(1) Invece di un fiore potrebbe essere anche una specie di trifoglio,
le prime foglie cioè sbucciate da tra seme; il che in qualche modo cor-
risponderebbe al nostro " verde della speranza „.
386 FRANCESCO GNECCHI
leggiata da una donna che tiene un cornucopia nella sinistra
e nella destra un oggetto indistinto, nel quale molti videro
una borsa, ma che parrebbe più razionale interpretare per
un grappolo d'uva o forse anche per una poppa di vacca,
come vorrebbe Cavedoni. Difatti a tale leggenda in alcune
monete di Carausio corrisponde appunto una vacca munta
da una donna, ed è questa forse la volta che anche il bar-
baro Carausio il quale, come abbiamo osservato in principio,
non fa legge C1), ne ha azzeccata una.
VICTORIA.
VICTORIA (VICTORIAE) — AVG, AVG NOSTRI, AVGG, AVGG NN (o NO-
STRORVM), AVGG ET CAESS NN — DD NN AVGG. AVG I, II, III, VI,
VII, Vili, Villi — AVGVSTORVM CAESS, CAESS NN, BEATISSIMORVM
CAESS — AETERNA — COMES AVG — EXERCITVS — FELIX — IM-
PERII ROMANI — IVST. AVG — LAETA — LEG(Ìonum) — LIBERA
— MAXIMA — NAVALIS — PERPETVA — PNINCIPVM — BRITANNICA
— carpica — gallica — germanica — G(ermanica) M(axima)
— GOTHICA — PARTHICA — PARTHICA MAXIMA — PERSICA PON-
THICA — SARMATICA — ALEXANDRI AVG N — ANTONINI AVG —
CONSTANT AVG (Costanzo Cloro) CONSTANTINI AVG — CONSTANTINI
CAES — CRISPI CAES — GALLIENI AVG — GORDIANI AVG — IMP
GERMANICI (Vitellio) — IMP VESPASIANI — MAXIMINI AVG —
OTHONIS — PROBI AVG — SEVERI AVG.
È troppo naturale che la Vittoria dovesse fornire uno
dei contingenti più copiosi, più varii, più continui alla mone-
tazione romana, e tale è il fatto. Essa vi figura assai abbon-
dantemente ; appare al principio deir impero, assume nume-
rosissime denominazioni, e la serie è continuata anche assai
oltre l'epoca costantiniana, anche quando il nome di Vittoria
era diventato un non senso.
La Vittoria è generalmente rappresentata con una figura
femminile seminuda e alata, in diversi atteggiamenti; stante,
seduta su di una corazza o degli scudi, in atto di cammi-
(1) Difatti questa medesima leggenda VBERITAS la ritroviamo
sulle monete dello stesso Carausio con altri tipi, per esempio con quello
di una donna che dà la mano a un soldato, la quale scena, a quanto
pare, ben poco ha a che fare colla Fertilità.
LE PERSONIFICAZIONI ALLEGORICHE SULLE MONETE IMPERIALI 387
nare, di correre o di volare, oppure in biga o in quadriga
veloce, e i suoi attributi sono la palma, la corona o la ghir-
landa, lo scettro, il ramo d'alloro, lo scudo, lo stendardo o
il trofeo. Talora essa sta coronando un trofeo o scrivendo
su di uno scudo parole indicanti vittorie o voti. Sovente si
vedono uno o due prigionieri ai suoi piedi, oppure ne tra-
scina uno essa stessa pei capelli. Talora la Vittoria offre una
corona all' imperatore o !' incorona o precede la sua caval-
catura o ne conduce la quadriga trionfale, o l'accompagna,
incoronandolo, sul medesimo carro.
Non è raro il caso in cui siano rappresentate due Vit-
torie erigenti un trofeo o in atto di sostenere insieme uno
scudo o di appenderlo a un palmizio. Su qualche moneta
sono rappresentate anche tre Vittorie.
La Vittoria poi, come naturale, viene frequentemente
associata al nome di un imperatore, VICTORIA OTHONIS,
VICTORIA CONSTANTINI, o prende il nome dal popolo vinto
VICTORIA GERMANICA, VICTORIA PARTICA, ecc., ecc., e così
sono numerosissimi gli epiteti che le vengono attribuiti, più
numerosi che a qualunque altra Personificazione.
VIRTVS.
VIRTVS (VIRTVTI, VIRTVTE) — AEQV1TVM (o EQVITVM) — AETERNA —
AVG, AVGG, AVG N, AVGGG, AVGG ET CAESS — AVGVSTORVM ,
AVGVSTORVM NN — CAESARIS, CAESARVM — CARI AVG, CARI INVICTI
AVG — CLAVDI AVG — CONSTANTINI CAES — DN CONSTANTINI AVG
— FALERI (VALERI ?) — GALL1ENI AVG — HERCVLI CAESARIS
(Costanzo Cloro) — hercvlis (Massimiano) — postvmi avg —
PROBI AVG — EXERCITVS, EXERCITI, EXERCITVVM — EXERCITVS
GALL — EXERCITVS ROMANI, ROMANORVM — ILLIRICI — INVICTI
AVG — MILITVM — MILITVM DD NN — PERPETVA.
Su alcune monete d'oro e d'argento (Galba, Gallieno, ecc.)
è rappresentata la testa del Valore coll'elmo, oppure di Marte
giovane. Ma questo è un ritorno all'antica usanza repub-
blicana.
Un milite coll'asta e lo scudo oppure colla spada, ge-
neralmente col piede destro appoggiato su di un elmo, è
la più comune e tipica rappresentazione del Valore, il quale
ha una grandissima parte nelle raffigurazioni che illustrano
50
388 FRANCESCO GNECCHI
tutta la serie monetaria imperiale. Il milite però molte volte
è sostituito da Marte o da Roma in abito militare e questa ora
è ritta in piedi ora è seduta su di una corazza o delle armi,
sempre col piede appoggiato sopra un elmo che le serve
di sgabello. La personificazione del Valore è introdotta da
Galba e dura, accentuandosi anzi sempre più col progredire
dei tempi, fino a Costantino ed oltre. Sul principio il Valore
è talvolta accompagnato dall'Onore (v. HONOS) e su di un
aureo di Trajano lo troviamo in compagnia della Felicità ;
ma il più delle volte è rappresentato solo, e nei tipi semplici
sopra descritti e in molti altri modi più complessi. Marte in
tutte le guise, con trofei e prigionieri, l' imperatore a piedi
o a cavallo in atteggiamento di trionfo, di vittoria o di bat-
taglia, ora in atto di atterrare uno o più nemici, ora di ab-
battere belve feroci, Romolo che cammina con un'asta e un
trofeo, Ercole nelle diverse sue imprese, Vulcano e Minerva,
una Vittoria che corona Y imperatore, un trofeo, un leone,
sono altrettante rappresentazioni che corrispondono alla leg-
genda VIRTVS.
Da ultimo poi, ossia a partire dal regno di Postumo,
viene adottata una nuova espressione del Valore, senza una
speciale raffigurazione. Su moltissime monete del terzo se-
colo, qualunque sia la rappresentazione del rovescio, tro-
viamo al dritto le leggende VIRTVS POSTVMI, VIRTVS FLO-
RIANI, VIRTVS PROBI. L'idea del valore resta così identificata
col nome dell' imperatore. La sua personificazione avviene
neir imperatore stesso.
Francesco Gnecchi.
COSTANTINO II AVGVSTO
A torto la maggior parte dei collezionisti di
monete imperiali ne considera solo il lato artistico
trascurandone quello storico. Tale deplorevole si-
stema, ebbe per risultato la indifferenza verso le
monete di poco pregio artistico come quelle del IV se-
colo, e conseguentemente ne derivò la incertezza che
sui testi fondamentali di numismatica regna ancora
circa l'attribuzione di monete ad imperatori omonimi.
Il Cohen ci dà un esempio di questa trascuratezza:
diffatti se egli ritenne necessario diffondersi nei mi-
nimi particolari per insegnare a distinguere le mo-
nete di Caracalla da quelle di Eliogabalo, per quelle
dei due Massimiani si limitò ad una dissertazione
inconcludente lasciando sussistere la confusione pri-
mitiva, e pei due Costantini I e II credè degne di
studio soltanto le monete d'oro e d'argento ed i me-
daglioni, trascurando le monete di bronzo che for-
mano la parte più numerosa.
È quindi necessario stabilire una distinzione tra
i due Costantini Augusti specialmente per ciò che
riguarda le monete di bronzo, e allo scopo di col-
mare meno imperfettamente che sia possibile questa
lacuna abbiamo creduto utile pubblicare il risultato
delle osservazioni da noi fatte basandoci esclusiva-
mente sulle monete. Avvertiamo però che non si
tratta di cosa interamente nuova poiché altri tratta-
rono già in parte questo argomento (*).
(i) Il Voetter nel suo articolo : I Simboli Cristiani sulle monete ro-
mane, stabilisce la differenza fra le monete dei due Costantini Augusti
coniate nelle zecche di Aquileia e di Arelate. Vedi Numismatische seil-
schrift, anno 1892.
9
390 L. LAFFRANCHI E P. MONTI
L'opera del Cohen, come già dicemmo, se per
le monete di Costantino II col titolo di Augusto è
abbastanza completa nell'oro e nell'argento, nel
bronzo si limita ai n. 133 e 182 che hanno la leggenda
del diritto VIC CONSTANTINVS AVG ed al n. 121 che ha
CONSTANTINVS IVN AVG, perchè le qualifiche di Victor
e di Iunior rendono evidente l'attribuzione al secondo
Costantino. Ma per le altre monete portanti il sem-
plice nome di Costantino, senza nessuna qualifica o
prenome, egli non si curò di stabilire alcuna distin-
zione e le attribuì in blocco a Costantino I. Le nostre
osservazioni ci hanno invece dimostrato che delle mo-
nete col I# GLORIA EXERCITVS al tipo di una sola insegna
tra due soldati, la maggior parte appartengono a
Costantino II, e non solo gli appartengono tutte
quelle col semplice nome di Costantino senza alcuna
qualifica, ma gli appartengono in buona parte anche
quelle col titolo di Massimo, il che sembrerà incre-
dibile a coloro che sono profani alla numismatica
costantiniana. Cosicché di tutte le varietà descritte
dal Cohen ai numeri 245, 246, 247, 248, 249, 250,
251, 252 i primi cinque e l'ultimo appartengono in-
teramente a Costantino II, mentre i numeri 250, 251
comprendono monete di ambedue i Costantini.
Prima però di passare alla descrizione delle
monete, spiegheremo quali sono gli elementi che
servono alla distinzione fra i due Costantini.
i.° La Storia. — Alla morte di Costantino
Magno avvenuta nel maggio 337 si procedette ad
una divisione dell'impero per effetto della quale oltre
che ai figli una parte toccò anche ai nipoti Delmazio
ed Anniballiano. Però i figli Costantino II, Costante
e Costanzo II non presero il titolo di Augusti che
nel settembre ; in questo frattempo essi provocarono
una sollevazione militare per cui Delmazio ed Anni-
balliano furono spogliati della loro parte ed uccisi,
COSTANTINO II AVGVSTO 39I
Procedutosi ad una nuova divisione dell' impero, a
Costantino II toccarono la Gallia, la Spagna e la
Britannia colle zecche di Treviri, Lugdunum ed Arelate,
a Costante toccò l'Italia, l'Illirico e l'Africa colle
zecche di Roma, Aquileia, Siscia e Tessalonica, Co-
stanzo II ebbe l'Oriente e l'Egitto colle zecche di
Heraclea, Costantinopoli, Cizico, Nicomedia, Antiochia,
Alessandria. Costantino II, il maggiore dei fratelli,
che aveva fama di valoroso per essersi già distinto
nelle guerre coi Franchi, gli Alemanni ed i Goti, sì
da riceverne il titolo di Victor che compare sulle
monete, non si tenne pago della parte avuta e divisò
di pigliarsi le provincie appartenenti a Costante, il
minore dei fratelli. Perciò fingendo di recarsi in
Oriente ad aiutare Costanzo II che combatteva contro
i Goti, invase l'Italia Superiore. Presso Aquileia av-
venne la battaglia che fu sfavorevole a Costantino,
il quale rimase sconfitto ed ucciso, in età di 24 anni.
Questo avveniva nell'aprile del 340. Alla sua morte
i suoi stati passarono in potere di Costante.
La Storia quindi, se non ci insegna a distinguere
le monete dei due Costantini può servire però d'in-
stradamento mostrandoci che Costantino II portò il
titolo di Augusto per ben tre anni (337-340) durante
i quali le sue monete di bronzo dovettero essere co-
niate in gran quantità, e necessariamente non pos-
sono limitarsi ai n. 121, 133 e 182 del Cohen, ma
devono esistere tante varietà di conio, quante ne
esistono per Costanzo II e Costante che regnarono
contemporaneamente a Costantino IL
2.0 Ly Iconografia. — La fisionomia di Costan-
tino Magno è così caratteristica che a tutti coloro i
quali ebbero qualche dimestichezza colle sue monete
è rimasta impressa nella mente e tutti ebbero agio
di osservare che, quantunque si tratti di un'epoca di
decadenza artistica, le monete di tutte le zecche si
392 L. LAFFRANCIII E P. MONTI
accordano nel rappresentare un'effìgie costantemente
caratterizzata dal naso aquilino. Ciò deriva dal fatto
che la lunga durata del suo regno permise agli zec-
chieri di perfezionarsi continuamente sino a raggiun-
gere l'effigie vera.
Invece la fisionomia di Costantino figlio quale
si vede sulle monete coniate avanti il 337 e portanti
la leggenda Constantinus Jun. Nob. C. non presenta
alcuna somiglianza col padre, ed oltre al non avere
il naso aquilino, i suoi tratti sono piuttosto quelli
della madre Fausta e dell'avo Massimiano.
Ne consegue quindi che le monete intestate a
Costantino Augusto appartengono al primo quando
portano una fisionomia spiccata, col naso aquilino,
ed al secondo quando ne hanno una simile a quella
delle monete col titolo di Cesare, oppure un'altra
senza carattere spiccato.
E qui giova tener conto del noto fenomeno delle
sostituzioni d'effigie che si osserva anche nelle monete
di Costantino II: e cioè le sue monete coniate nelle
zecche dipendenti da Costante e da Costanzo II por-
tano le effigi di costoro anziché la sua propria. Qual-
che eccezione però vien fatta dalle zecche di Aquileia,
di Siscia e di Heraclea, che hanno invece delle buone
effigi di Costantino II. Così pure la Zecca di Roma
conia monete di Costantino II colla sua vera effigie
(Tav. XVIII, fig. n. 2, 3) e monete con quelle di Co-
stante (fig. n. 1).
3.0 Le Leggende del diritto. — Anche le leg-
gende del diritto sono di qualche utilità per stabilire
la differenza tra i due Costantini.
Se noi osserviamo le monete del periodo pre-
cedente (330-336) caratterizzato dal R) GLORIA EXER-
CiTVS a due insegne militari noi vediamo che le mo-
nete del Costantino Padre hanno sempre la leggenda
Constantinus Max. Aug.; portano cioè quel titolo di
Costantino ii avgvstó 393
Massimo che, conferitogli ufficialmente dal Senato,
comparisce la prima volta sui rovesci delle monete
di bronzo verso il 320 e sui diritti nel 324 dopo la
sconfitta di Licinio. È dunque inammissibile che negli
anni 336-337 possano essersi coniate monete senza
questo titolo, e perciò tutte le monete di Costantino
Augusto in cui esso manca si devono attribuire al
figlio. E questo è provato anche dalla comparazione
delle monete in questione con quelle dei fratelli Co-
stanzo e Costante: alle monete colla leggenda Con-
stantinus Aug sono contemporanee quelle con Con-
stantius Aug e Constans Aug; a quelle con D N Con-
stantinus P F Aug, sono contemporanee quelle con
D N Constantius P F Aug, D N Constans P F Aug. ;
e così per le altre leggende come vedremo in seguito.
Inoltre la comparazione delle monete ci mostra
un fatto importantissimo non riportato dalla storia: il
titolo di Massimo conferito anche al figlio. E su ciò
non è possibile il dubbio. Se la zecca di Alessandria
conia per Costante e Costanzo le monete a testa
laureata colle leggende: Constans Max Aug e Con-
stantius Max Aug, le monete colla testa egualmente
laureata, colle medesime lettere nel campo e colla
leggenda Constantinus Max Aug, devono necessaria-
mente essere loro contemporanee e quindi appar-
tengono a Costantino II anziché al padre.
Altre monete vennero coniate a Costantino II col
titolo di Massimo nelle zecche di Aquileia, di Siscia e
di Lugdunum, senza che esistano quelle dei fratelli
col medesimo titolo, e ciò è comprovato dalle effigi e
dai simboli del rovescio, come diremo più avanti.
Venendo quindi ad una conclusione riguardo le
leggende dei diritti, quali si trovano sulle monete in
bronzo di Costantino II Augusto, ne daremo l'elenco
indicando i numeri del Cohen ai quali si riferiscono
e le zecche in cui vennero coniate, avvertendo che
394 L- LAFFRANCHI E P. MONTI
i numeri delle prime due sono dal Cohen attribuiti
al Costantino figlio e gli altri a Costantino Magno.
VIC CONSTANTINVS AVG Roma Coh. N. 133, 182
CONSTANTINVS IVN AVG Lugdunum 121
CONSTANTINVS AVG Treviri, Heraclea, An-
tiochia 245
CONSTANTINVS P F AVG Aquileia, Tessalonica,
Cizico 246, 247
DN CONSTANTINVS PF AVG Costantinopoli , Nico-
media, Cizico 249
IMP CONSTANTINVS AVG Constantina (Arelate) 248 ret-
tificata
CONSTANTINVS MAX AVG Alessandria, Siscia,
Aquileia, Lugdunum 250-251-
252 e varietà a testa laureata.
4.0 L'acconciatura delle teste. — Altro mezzo
per distinguere i due Costantini è l'acconciatura delle
teste. Generalmente coloro che ebbero a trattare di
queste monete si limitano a dire : testa laureata o
testa diademata, senza spiegare chiaramente la distin-
zione tra queste due qualifiche. Noi a maggior intelli-
genza dei lettori spiegheremo i termini che dovremo
adoperare più avanti nella descrizione delle monete.
A) Testa laureata. Quella ornata da una semplice corona
d'alloro, della quale, le foglie si distinguono facilmente
dalle gemme del diadema, perchè esse sono di forma
ovale, mentre le gemme sono di forma rotonda. Vedi
tav. XVIII, fig. n. 49.
B) Testa laurodiademata. Quella ornata da corona di alloro,
sulla quale si alternano due o più foglie ed una grossa
gemma. Le gemme sono talvolta rotonde, e talvolta
quadrate, però sulla sommità della testa, vi è sempre
una grossa gemma rotonda. Vedi fig. n. 50.
C) Testa diademata. Quella ornata del diadema, cioè da un
nastro con due o tre file di perline o piccole gemme.
Sulla sommità della testa vi è una grossa gemma tal-
volta contornata da un anello di perline. Vedi fig. n. 51.
COSTANTINO II AVGVSTO 395
Le monete di Costantino Magno hanno soltanto
la testa laurodiademata mentre quelle di Costantino II
l'hanno anche laureata o diademata.
5.0 / Simboli. — È nota la parte importante
che i simboli hanno sulle monete romane della de-
cadenza. Le monete di cui trattiamo portano anch'esse
dei simboli, ognuno dei quali caratterizza un'emis-
sione, ed una emissione a sua volta rappresenta
un'epoca. L'utilità dei simboli per stabilire la diffe-
renza tra i due Costantini Augusti è grandissima,
poiché, avendo questi ultimi regnato in due epoche
diverse, i simboli che esistono sulle monete di uno
non esistono su quelle dell'altro, e così riesce facile
la distinzione. Ad esempio: Le monete delle zecche
di Siscia e di Lione colla leggenda Constantinus Max.
Aug. esistono con due varietà di simboli, i.° il globo
che si vede, anche nelle monete dei cesari Costantino
Jun.e, Costanzo, Costante e Delmazio; 2.0 il crismon
($j che esiste sulle monete identiche di Costanzo II
e Costante Augusti.
È quindi evidente che le prime furono coniate
avanti il maggio 337 ed appartengono a Costantino
Magno; le seconde furono coniate dopo ed appar-
tengono al figlio. Ciò è avvalorato anche dalle effigi
che figurano sulle monete, quella delle prime è l'ef-
figie di Costantino Magno; quella delle seconde è
l'effigie di Costantino II. I Simboli che appariscono
sulle monete di quest'epoca, e generalmente sono
collocati sullo stendardo oppure all' esergo o nel
campo sono: .
La croce, il crismon, la corona, la palma, le due
palme, il globo, l* astro, ti crescente, il punto, il trifoglio
e varie lettere (x, Y, I, M, SR).
Se il significato di taluni simboli è abbastanza
chiaro, per taluni altri vi sono dispareri, o sono ad-
dirittura inesplicabili. Così la croce ed il crismon
5"
396 L. LAFFRANCHI E P. MONTI
sono gli emblemi del Cristianesimo, mentre il cre-
scente è il simbolo pagano della luna e l'astro quello
del sole. La corona e la palma sono gli emblemi
della vittoria, e le lettere SR delle monete di Ales-
sandria a nostra supposizione potrebbero esplicarsi
per iniziali dei motti: Securitas Reipublicae, Salus
Reipublicae oppure Spes Romanorum i quali, uniti alla
leggenda Gloria Exercitus, significherebbero che la
sicurezza e la speranza dei romani erano affidate ai
tre giovani imperatori.
In quanto agli altri simboli o lettere non vediamo
quale significato si possa loro attribuire.
Ora che abbiamo spiegato con quali mezzi si
possono distinguere i due Costantini, passeremo alla
descrizione delle monete di cui rimane stabilita l'at-
tribuzione a Costantino II Augusto.
Monete d'oro e d'argento e Medaglioni.
Non è nostro compito diffonderci su questo ar-
gomento, perchè la loro estrema rarità rende diffi-
cilissimo uno studio che dovrebbe basarsi sul con-
fronto di molti esemplari.
Del resto anche uno sguardo sommario all'opera
del Cohen ci persuade che, se egli trascurò comple-
tamente i piccoli bronzi, usò maggior attenzione alle
monete d'oro e d'argento ed ai medaglioni, cosicché
riguardo ad esse vi saranno assai meno errori d'at-
tribuzione che non tra quelle di bronzo.
Per un buon numero di monete d'oro ogni equi-
voco circa l'attribuzione a Costantino II viene elimi-
nato dalla leggenda: FL CL CONSTÀTINVS (PF) AVG-
essendo noto che il prenome di Flavio Claudio appar-
tiene a Costantino II mentre al padre spetta quello di
Flavio Valerio. Perciò nessun dubbio può elevarsi circa
COSTANTINO II AVGVSTO
397
i seguenti numeri del Cohen: 180, 181, 195, 205,
212, 264.
Tra le monete d'oro col semplice nome di Co-
stantino Augusto, certamente ve ne saranno di quelle
che attribuite al padre spettano invece al figlio, tale
è il caso del n. 579: &. CONSTÀNTINVS AVG-. — R). VIC-
TORIA AVO. la cui attribuzione a Costantino II è av-
valorata dall'essere questa moneta in tutto identica
a quelle di Costanzo e di Costante, mentre differisce
dalle monete di Costantino Magno della precedente
emissione di Antiochia. Ecco uno specchietto dimo-
strativo:
Zecca di Antiochia (1).
Sigla
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R) VICTORIA CAESAR N N
(2)
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Coh. : inedito ,
Coli. Trau.
Constantius Nob
Caes.
Cohen: inedito,
venditaSabatier
J L Jul Constans
Nob C.
Cohen: n. 143.
VICTORIA CON-
STANTINI AUG
Constantinus
Max Aug.
Cohen: n. 605.
337-40
Sigle:
CONSTANTINUS
AUG
Cohen : 579 di
Costantino
Magno.
LXXII
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5* VICTORIA AUG
Constantius Aug
Cohen n. 200.
Constans Aug
Cohen: inedito,
Mus. Brit.
(1) Per queste monete e per il significato della cifra LXXII, vedi
R. Movat, Combinaisons sécrètes de lettres, eie. etc, nella Revue Numi-
smatique, 1897. L/A. però descrive la moneta in questione, seguendo il
Cohen nell'attribuzione a Costantino Magno.
(2) Non si sono ancora rinvenute le monete di Costantino II colla
leggenda Constantinus Jun Nob C.
398 L. LAFFRANCHI E P. MONTI
Viceversa il n. 222 di Costantino II coniato a
Cizico ed avente la leggenda del T$. VICTORIB AVGG- ET
CAES NN appartiene a Costantino Magno, quantunque
non porti la sua effige caratteristica perchè coniato
quando la zecca era appena venuta in potere di Co-
stantino nel 324.
Riguardo ai medaglioni di bronzo colla leggenda
VICT CONSTANTINVS AVG il Cohen ed i numismatici
precedenti ebbero ragione di attribuirli a Costan-
tino IL Difatti l'effige è veramente la sua propria e
lo stile ed i rovesci sono simili a quelli dei meda-
glioni di Costante e Costanzo. Essi furono indubbia-
mente coniati a Roma poiché le leggende dei diritti:
Vict Constantinus Aug, D N F L Constans Aug,
D N F L. Constantius Aug, le effigi e l'acconciatura dei
busti sono identici a quelli dei P B ivi coniati come
dimostreremo più avanti nella tavola della zecca di
Roma. La emissione dei medaglioni avvenuta in
questa zecca nel periodo 337-340 comprende per
Costantino II i n. di Coh. 89, 90, 196, 198, 199, per
Costante i n. 7, 43, 118, 122 e per Costanzo II i
n. 201, 203, 204, 224.
Però tra i medaglioni d'argento dal Cohen at-
tribuiti a Costantino II, uno ve n'è che noi crediamo
debba levarglisi; è il n. 30 che per l'effige noi cre-
diamo spettare a Costanzo II, coniato verso il 352
contemporaneamente al n. 60 di Costanzo Gallo.
Monete di bronzo.
Per le monete di bronzo, anziché limitarci alla
descrizione dei P B di Costantino II, abbiamo creduto
utile estenderci a quella di tutte le monete emesse
nel periodo 336-340 in tutte le tredici zecche del-
COSTANTINO II AVGVSTO 399
T Impero, prima e dopo la morte di Costantino Ma-
gno C1).
E per maggior chiarezza noi le abbiamo disposte
in tavole sinottiche in modo che nella prima colonna
figurano quelle di Costantino II, vengono poi quelle
di Costanzo e Costante, ed in ultimo quelle di Co-
stantino Magno. Le monete di Costantino li Augusto
si distinguono per le leggende del diritto scritte in
carattere maiuscolo.
Infine dobbiamo scusarci se queste tavole man-
cheranno di qualche varietà di conio, poiché per
compilarle abbiamo dovuto servirci quasi esclusiva-
mente della nostra collezione non trovandosi queste
monete, quantunque comunissime, nei musei e nelle
grandi collezioni.
(i) Abbiamo però escluse le monete di Delmazio ed Anniballiano e
quelle colle teste di Roma, di Costantinopoli, e del Popolo Romano,
le quali sono contemporanee a quelle descritte, ma non interessano il
nostro studio.
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DUE MEDAGLIONI CERCHIATI
E A TIPO UNILATERALE
Contributo al " Corpus numorum maximi moduli ,,.
i.° - IMP CAES NERVA TRAIAN AVO GERMI. Busto laur. di
Traiano a d. — T$l Liscio. (Diam. nuli. 44. Peso gr. 48.50).
2° ANTONINVS AVO PIVS P M (TR) P...XII... Busto laur.
d'Antonino a d. — ty Liscio. (Diam. mill. 40. Peso gr. 73).
416 GIOVANNI PANSA
I due medaglioni descritti ed entrati a far parte
della mia collezione, provengono dagli ultimi scavi
di Roma dove ho avuta occasione d'acquistarli. Il
primo ha in giro, a modo di cornice, un grosso cer-
chio o anello che non è rimesso al tondino, ma fa
parte dell'insieme. Il secondo, di Antonino Pio, ha
pure un cerchio rilevato che non si stacca dal ton-
dino per effetto del grosso solco, come nel primo, e
proviene dallo stesso conio del medaglione, esclu-
dendo ogni ipotesi di martellamento in giro. Mentre
il medaglione di Traiano è dello spessore ordinario,
quello d'Antonino ha un'ertezza di mill. 7, che gli
dà l'aspetto come d'un grosso peso. Il singolare poi
d'ambedue i pezzi è quello di non avere affatto ro-
vescio, cosa insolita nei così detti medaglioni cer-
chiati ai quali, dopo gli ultimi studi, si attribuisce
oggi un carattere puramente commemorativo (r). Se-
condo la dottrina del Kenner e di altri (2), i meda-
glioni romani in genere, sieno senatorii che impera-
torii, non sarebbero che multipli di moneta corrente;
ed infatti, nella rappresentazione del diritto e del ro-
vescio non fanno che imitare il tipo delle monete
usuali. L'arte vi predomina in modo speciale e, senza
dubbio, più accurato. Questa teorica, secondo me, ha
un sostrato inoppugnabile non solo nelle sigle uffi-
ciali di S. C, che appaiono nel medaglione senatorio,
(1) Gnecchi F., Un medaglione ined. d'Adriano (in " Riv. Ital. di
Numism. „ An. IV, 1891, fase. III).
(2) Kenner F., Der Ramisene Medaillon (In " Numism. Zeitsch. „,
riassunto dall'Ambrosoli nella R. 1. d. N., An. II, 1889). — Gnecchi F.,
// medaglione Senatorio, in " Riv. Ital. d. Num. „, 1892, fase. III. —
Id., Serie del bronzo imperai. (Ivi, 1892, fase. IV). — Id., Medaglioni
inediti (Ivi, 1888). — Id., Numismata maximi moduli (Ivi, 1896). — Id., An-
cora sulla teoria monetaria dei Medaglioni di bronzo (Ivi, 1901). — At-
tendiamo dallo stesso Comm. Gnecchi la pubblicazione del Corpus nu-
morum romanorum maximi moduli che sarà, senza dubbio, felice sintesi
delle sue fortunate ricerche.
DUE MEDAGLIONI CERCHIATI E A TIPO UNILATERALE 417
quantunque tipico e solitario, di Traiano Decio (*),
ma in altre caratteristiche, tra le quali non mi sembra
l'ultima e meno importante quella della contromarca,
alla quale nessuno fin ad ora ha attribuito gran peso.
Nei medaglioni romani la contromarca non è così
frequente come in quelli greci coloniali; ed è la mi-
gliore prova per attribuire ad essi unicamente e sta-
bilmente la qualità di moneta corrente (2).
Lo stesso non può dirsi dei grossi pezzi cer-
chiati, ai quali solo spetterebbe il nome di medaglioni,
come osserva saviamente lo Gnecchi. Infatti meda-
glione nel senso antico (sebbene tal nome sfugga ai
testi) corrisponderebbe alla nostra medaglia, nel modo
come oggi l'intendiamo; e la medaglia è essenzial-
mente commemorativa. Se prendiamo a considerare
l'origine e lo sviluppo tecnico di quei pezzi di bronzo,
troviamo che il cerchio da principio non faceva parte
del gran bronzo comune adoperato, ma veniva ap-
plicato dopo; il che vuol dire che alle monete cor-
renti e, di preferenza, a quelle che ricordavano un
fatto importante, l'applicazione del cerchio o del-
l'anello significava toglierle alla circolazione e dar loro
un carattere commemorativo, se ciò specialmente ac-
cadeva dopo la morte dell'imperatore rappresentata
nel bronzo comune. Più tardi questo bronzo, che
(1) Un bronzo senatorio di Domiziano (Cohen, 307), appartenente
alla collezione Gnecchi e pure munito di cerchio, è entrato a far parte
dei medagl. senatorii (Gnecchi F., Medagl. senatorio o doppio sesterzio
cerchiato di Domiziano. In " Riv. Ital. d. Num. „ An. IX, 1896, fase. IV).
(2) L'uso delle contromarche nei medaglioni tanto greci che romani,
di cui offre parecchi esempì il Bimard (Note al Jobert, Hantaler. Exer-
cit. facil. ad Numism., I, 242) ha ingenerata la falsa supposizione che i
medaglioni, sebbene non si fabbricassero per porli immediatamente in
commercio con le altre monete ed avessero un carattere puramente
commemorativo, potessero in seguito diventare monete correnti, quando
cioè la contromarca venne ad imprimere loro il carattere monetario che
prima non avevano.
416 GIOVANNI PANSA
funge come tondino, diventa tutt'uno col cerchio e
si ha un insieme eh' è detto più propriamente meda-
glione cerchiato (*).
Premesse queste nozioni, che a me paiono ac-
cettabili, è da riflettere che i medaglioni sopra de-
scritti (se pure così debbono chiamarsi) escono dalla
categoria di quelli monetali, considerati come multipli
di monete, e di quegli altri che per la cerchiatura
contemporanea o postuma, sono ascritti fra i com-
memorativi. Essi hanno la peculiarità del rovescio,
che manca, e si ha ragione di supporre come l'uso a
cui erano destinati doveva essere limitato alla sola
mostra o esibizione del diritto. Di medaglioni cer-
chiati e privi di rovescio finora, per quanto a me
consti, non si aveva esempio <a>. Il Cohen non ne
riporta alcuno, quantunque il detto scrittore non
faccia espressa . distinzione fra medaglioni semplici e
cerchiati. Ora la mancanza del rovescio sta senza
dubbio ad indicare come questi pezzi, gli unici che
appaiono oggi sul mercato, rientrino nella categoria
di semplici mostre od ornamentazioni. Non manca fra
i contorniati qualche tipo privo di rovescio; ma, a
parte la natura di quelle pseudomonete che io, sino
a prova contraria, considero con lo Gnecchi come
tessere lusorie, è da osservare che i due nostri me-
daglioni non sono, come i contorniati, fattura del III
(i) Gnecchi F., Medaglione senat. cit.
(2) Un medaglione di Gordiano III a rovescio levigato ho potuto
osservare nella collezione Prowe di Mosca recentemente venduta all'asta
(Wien, 1904. Vertag von Brùder Egger. Tav. XIV, n. 2646). Si tratta,
però, d'un medaglione semplice e non cerchiato. Qualche analogia coi
nostri medaglioni potrebbero avere due esemplari cerchiati di Filippo
Seniore e di Valeriano, conservati nel museo Vaticano. Essi hanno il
diritto coperto, nella parte centrale, da una sottile lamina d'argento, la
quale è interamente asportata nel rovescio. Servirono a fregiare insegne
militari o brillarono sulla bardatura del cavallo di qualche capitano?
(Rtv. Hai. d. Num., 1905, fase. II, p. 160).
DUE MEDAGLIONI CERCHIATI E A TIPO UNILATERALE 419
o IV secolo, ossia posteriori assai alla persona che
ricordano. Essi hanno tutte le qualità per appartenere
al tempo di Traiano ed Antonino. Lo fa chiaro, an-
zitutto, l'arte spiccatamente della buona epoca, come
nel tipo dell'Antonino in tutto conforme a quello degli
altri bronzi di quell'imperatore. Anche il tipo del
Traiano appartiene all'epoca sua e non ha che ve-
dere col Traiano immaginario dei contorniati. Un'altra
conferma è data dallo spessore, che supera molto
quello dei contorniati, e dalla leggenda che ha pre-
cisamente lo stile delle buone monete di Traiano,
mentre nei contorniati la leggenda a volte sbagliata,
solitamente abbreviata, va con lo stesso rapporto
immaginario della figura. Uno sguardo, in ultimo,
alla parte meccanica del lavoro ne fa persuasi che
non trattasi di medaglioni postumi, come i contorniati
o tipi affini, mentre in questi prevale la fusione che
sembra affatto da escludersi nei nostri due pezzi.
Mancando, dunque, ad essi ogni carattere di
moneta usuale e corrente e messo parimenti da banda
la qualità di medaglione commemorativo che, come
si è visto, si adatta unicamente ai pezzi cerchiati col
diritto e rovescio, quale spiegazione si può dare a
questa nuova categoria di medaglioni? Secondo me,
quella di semplici fregi ed ornamenti, applicazioni a
trofei, bardature di cavalli o altro. E qui sarei di-
sposto a credere che fossero più propriamente de-
stinati ai così detti signa muta o insegne militari
dell'esercito imperiale. Presso i romani, sotto l'Im-
pero, mentre le legioni avevano per insegna propria
la figura d'un animale (come la Leg. XX Valeria
Victrix, quella del cinghiale), i manipoli conservavano
i loro signa particolari, che consistevano in una mano
o corona posta in alto; e al disotto, le immagini di
qualche dio o, più spesso, quella dell'imperatore.
Qualche volta vi si appose quella d'un ministro, come
54
420 GIOVANNI PANSÀ
fu di Seiano, sotto Tiberio (*). Ma questa teorica del-
l'uso dei medaglioni applicati alle insegne militari,
non è nuova. Il Cohen (2) l'accettò parzialmente,
quantunque ritenesse che l'obbietto principale dei
monetieri fosse stato quello di coniare i medaglioni
per far mostra della propria capacità. Egli, in altri
termini, immagina come una specie di concorso che
sarebbesi tenuto presso gli antichi, in cui il meda-
glione sarebbe stato la prova di conio, ossia il titolo
più atto a mostrare le buone qualità del concorrente.
Quest'ultima supposizione, da quanto si è visto,
è oggi abbandonata, mentre non v'ha ragione di
escludere la prima che riconosce nei medaglioni l'uso
di fregio alle insegne militari. Ma questa nuova cate-
goria dovrebbe essere ristretta ai soli tipi privi di
rovescio, come il nostro, restando così immutato il
carattere delle altre due serie, la monetale e la com-
memorativa, che oggi appaiono sufficientemente di-
stinte e provate.
Sulmona, agosto del 190J.
Giovanni Pansa.
(1) Sueton, Tib., 48. — Tacit., Annoi., IV, 2. Cfr. Lubker F., Lessic.
rag. dell' Antich. class., ad voc. ■ Signa „.
(2) Description des Médaill. Imper., Voi. I, p. XXII.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
LXXI.
I MEDAGLIONI UNILATERALI.
L'egregio Avv. Pansa ha dettate le prime parole
su di una specialità dei medaglioni, che finora passò
inavvertita, forse per essere tanto ristretta. La sua
memoria mi fece ricordare d'avere io pure nella mia
collezione due di quei pezzi ai quali, per vero dire,
non attribuii mai una eccessiva importanza e appro-
fitto volontieri dell'occasione per farli conoscere onde
la serie non si inizii troppo meschinamente con due
soli esemplari.
I miei due appartengono ad Antonino Pio ed a
Faustina seniore. Il primo porta il busto di Antonino
a destra colla leggenda:
ANTONINVS AVO PIVS PP TR P COS III IMP....
(diam. mill. 38, peso gr. 37).
Il secondo il busto velato di Faustina madre a destra
colla leggenda :
DIVA AVG FAVSTINA (diam. mill. 40, gr. 46).
I due rovesci sono senza impronta, lisci ; ma legger-
mente convessi. Si direbbe che il disco sul quale
veniva a stamparsi il conio della testa fosse appog-
giato su di un supporto concavo, come fosse il fondo
di una scodella.
422 FRANCESCO GNECCHI
Due altri esemplari di Medaglioni unilaterali
esistono al Museo imperiale di Berlino, uno di Fau-
stina madre colla leggenda:
DIVA AVGVSTA FAVSTINA
Busto a destra (d. m. 40, gr. 36.010), il secondo di
Lucilla colla leggenda;
LVCILLA AVG- ANTONINI ÀVG- F (d. m. 35, gr. 32,720).
Quello di Faustina ha il rovescio convesso come i
miei, mentre quello di Lucilla ha il rovescio piano.
E se ne può ancora aggiungere un'altro di Tra-
jano, proveniente dal ripostiglio di Lusigny, colla
leggenda :
IMP CAES NERVA TRAIAN AVG G-ER P M (*)
Fatte però queste aggiunte alla lista iniziata
dall'avv. Panza, è doveroso togliervi il pezzo di Gor-
diano che l'autore cita dalla Collezione Prowe di
Mosca. Ebbi occasione d'averlo fra le mani e lo giu-
dico senza esitazione un lavoro moderno.
Ed ora, venendo a qualche osservazione sull'es-
sere di questi pezzi, mi vedo nella spiacevole circo-
stanza di non trovarmi d'accordo coll'egregio autore
della prima memoria, e tanto più me ne spiace perchè
mi vedo citato tante volte e sempre in senso di be-
nevola approvazione ; ma non sarà certo per una
vana cortigianeria che sacrificherò la libera discus-
sione sempre ammessa in questa nostra Rivista e,
pure professando tutto il rispetto per l'opinione del-
l'egregio autore, io esporrò francamente la mia.
Perfettamente d* accordo coli' autore che i due
medaglioni unilaterali da lui descritti, come gli altri
che io aggiunsi, non abbiano nulla a che vedere
coi contorniati, presentando tutti gli elementi per
dirli coniati precisamente all'epoca che ciascuno rap-
(1) V. Annuaire de Numismatique 1873-74, pag. 346.
I MEDAGLIONI UNILATERALI 423
presenta, non posso accordarmi con lui in nessuna
delle due destinazioni accennate come possibili.
Non credo assolutamente che potessero aver
servito come ornamenti di bardature, perchè troppo
alta era presso i romani la venerazione e direi quasi
il culto dell'effigie imperiale, la quale — giova ricor-
darlo — era venuta col principio dell' impero a so-
stituire sulle monete quella della divinità, che formava
il suggello della moneta repubblicana. Non si sarebbe
certamente tollerato che la sacra effigie imperiale
fosse adibita ad uso così modesto, pel quale avrebbe
egualmente servito una testa per esempio di leone.
E ancora, dato e non concesso che l'ostacolo fosse
rimosso, l'effigie non sarebbe stata circondata dalla
leggenda ufficiale, quale si trova sui veri medaglioni.
Ne credo egualmente che potessero essere adi-
biti quali immagini per le insegne militari. Troppe
sono le ragioni che si' addussero per negare que-
st'uso ai medaglioni, contro le quali mi pare non valga
l'essere questi unilaterali. Il peso e le troppo esigue
dimensioni stanno contro questo uso, e difatti i bas-
sorilievi che ci rimangono ci mostrano chiaramente
come le imagines imperiali delle insegne fossero molto
più grandi. Per di più esse offrono sempre l'effigie
dell' imperatore di fronte e circondata invece che
dalla leggenda da una corona d' alloro. È poi sup-
ponibile che fossero fatte a sbalzo su di una lastra
o d'argento o di rame dorato e forse quella d'argento
dorato lavorata a sbalzo trovata a Niederbieber, del
diametro di 19 centimetri, è la vera imago militare
romana, la quale è ben diversa d' un medaglione.
Cos'erano dunque questi medaglioni unilaterali ?
Io li crederei semplicemente prove di conio. Alcuni
non sarebbero che semplici prove, i due descritti
dall' Avv. Pansa due prove destinate forse ad essere
presentate per l'approvazione e per conseguenza ese-
424 FRANCESCO GNECCHI
guite con un poco di cornice, che meglio facesse risal-
tare il lavoro. Il peso quindi, quantunque l'abbia dato
anch'io degli aggiunti per completarne la descrizione,
per parte mia lo credo affatto inconcludente. Sup-
pongo che tali prove saranno state coniate, precisa-
mente come si fa oggidì, su di un tondino di metallo
qualsiasi, scelto col solo intento che meglio si pre-
stasse a far valere il lavoro dell'incisore; ma senza
alcuna preoccupazione del peso.... preoccupazione che
molto probabilmente affligge noi assai più degli an-
tichi romani, i quali senza dubbio avevano le viste
molto più larghe di quella che volle a suo tempo
attribuir loro un celebre scienziato colla famosa, ma
non meno assurda teoria della monetazione leggera
e pesante.
La rarità estrema dei pezzi unilaterali in con-
fronto a quella dei medaglioni completi non è punto
ostacolo alla teoria da me espressa. Anche le prove
moderne sono eccessivamente rare in confronto ai
pezzi finiti, e la somiglianza di quanto avviene anche
oggidì, allorché un incisore fa la prova di un conio,
serve ad avvalorarla.
Aggiungerò poi a conferma il fatto che io pos-
siedo un medio bronzo d'Antonino Pio, unilaterale,
esibente cioè da un lato la testa, e con rovescio
perfettamente liscio e piano. Io 1' ho sempre consi-
derato come prova di conio — ne saprei davvero
come considerarlo altrimenti. — Mi pare che questo
bronzo si trovi nelle identiche condizioni dei me-
daglioni in discorso.
Una conferma positiva sarebbe quella di trovare
un medaglione unilaterale col solo rovescio. Se qual-
cheduno lo possedesse è pregato di farlo conoscere.
S. Bernardino, / Agosto 190J.
Francesco Gnecchi.
UN DOCUMENTO
SU LE MONETE OSSIDIONALI DI CASALE
(1630)
Fra i numerosi assedi che ebbe a sostenere la
città di Casale Monferrato, uno dei più memorandi
fu quello che durò dal maggio all'ottobre 1630.
Sono a tutti note le circostanze storiche che vi
diedero luogo. — Morto nel dicembre 1627 Vin-
cenzo II, ultimo della famiglia dei Gonzaga, duchi
di Mantova e di Monferrato, era stato chiamato a
succedergli un discendente del ramo dei Gonzaga
trapiantato in Francia, cioè Carlo Gonzaga, duca di
Nevers e di Rethel, malgrado le pretese e i diritti
che altri potentati accampavano; fra cui primeggiava
l'irrequieto duca di Savoia Carlo Emanuele I. — E
benché la nomina fosse già stata fatta dall'Imperatore
Ferdinando, il quale, avocata a se la causa, avea
risolta la questione, aggiudicando il dominio dei due
ducati al predetto Carlo di Nevers, tuttavia non si
potè evitare una lunga guerra, detta appunto di suc-
cessione del Monferrato; della quale furono due epi-
sodii i due assedii cui fu soggetta Casale, l'uno cioè
del 1628-29, l'altro del 1630.
In quest'ultimo assediavano la città gli spagnuoli,
guidati dal governatore stesso di Milano, il marchese
Ambrogio Spinola, genovese, che erasi acquistato
grande fama nelle guerre di Fiandra. Era alla difesa
della città assediata il maresciallo Francesco di Toy-
426 FLAVIO VALERANI
ras, alla testa delle truppe francesi, che occupavano
la città, il castello e la famosa cittadella, di cui era
allora munita la capitale del Monferrato. L'assedio
durò fino al 26 ottobre; nel qual giorno essendo ar-
rivato il soccorso delle armi francesi, venne tolto;
e la città, liberata dai francesi e dagli spagnuoli ad
un tempo, ritornò tosto sotto il dominio del nuovo
signore.
Fin dalle prime settimane dell'assedio si sentì in
Casale la mancanza del denaro, necessario non solo
per la paga delle milizie, ma anche per le provviste
di vettovaglie, e pei lavori di fortificazione. A queste
strettezze avea tentato di metter riparo il cardinale
di Richelieu, il quale ordinò a banchieri di Lione di
mandare 30.000 scudi al maresciallo ; ma questi non
avevano potuto far pervenire il danaro nella città as-
sediata.
Non si perdette d'animo il Toyras ; e dopo aver
trovata insufficiente la fusione dell'argenteria per ri-
durla in moneta, dovette col rame dei cannoni far
battere alcuni pezzi, cui si diede un valore conven-
zionale, come accade nelle città assediate. E intorno
a queste monete ossidionali sono parecchi gli autori
che scrissero, fra cui citerò Baudier W, Promis <2),
Maillet (3), P. Bordeaux (4), E. Bertana (5), e più re-
centemente Q. Perini (6).
Quattro furono le monete coniate; e tutte diven-
nero rare oggidì e ricercate per la loro importanza
(1) Histoire du Maréchal de Toyras, par Baudier ; Paris, 1644.
(2) Monete ossidionali del Piemonte, Torino, 1834.
(3) Maillet, Catalogne des Monnaies obsidionales, Bruxelles, 1873.
(4) Paul Bordeaux, de Neuilly, Annuaire de la Société francaise de
numismatique, Paris, 1891.
(5) E. Bertana, Del valore delle monete anticamente correnti nel Mon-
ferrato. Appendice terza. Casale, 1895.
(6) Q. Perini, Le monete ossidionali di Casale del i6jo. Rovereto, 1902.
UN DOCUMENTO SU LE MONETE OSSIDIONALI DI CASALE 427
storica, e per la bellezza delle loro iscrizioni. - Delle
tre prime, cioè delle maggiori, non farò cenno, perchè
sul loro valore non fu mai contestazione alcuna; né
può nascere dubbio, essendo chiaramente indicato
sul diritto della moneta stessa. Difatti la più grande
emessa pel valore di venti fiorini, porta sul W± a
lato allo stemma dei gigli di Francia, F— XX, cioè
fiorini venti; la seconda valutata dieci fiorini, porta,
sempre a fianco dei tre gigli, F— X; la terza, che ebbe
il valore nominale di cinque fiorini, ha F-5.
Il disaccordo sorse intorno al valore da attri-
buire alla quarta moneta, che è anche la più piccola.
Eccone la descrizione:
]& — Stemma di Francia, coi tre gigli, coronato, colla
leggenda: HIS • FAVENTIBVS, 1630.
IJf — Due palme addossate e coronate in uno scudetto
accartocciato; e tra le due palme, in basso, C (Casale):
OPPRESSA BIS EXALTOR
Havvi però una variante, di notevole importanza,
la quale nel P ai lati dello scudetto ha G-3.
Il valore di questa moneta fu dai numismatici
variamente apprezzato. Domenico Promis, il quale
non potè conoscere la variante accennata, attribuì ad
essa il valore di un fiorino; e dopo di lui il Maillet
fu di uguale avviso. Questa fu l'opinione che prevalse
fino a questi ultimi anni; tanto che nei pochi cata-
loghi monetari, in cui è fatta menzione di questo
pezzo, esso è sempre registrato col valore di un fio-
rino: basti citare, fra i più importanti, il catalogo
della collezione Rossi W e quello della collezione
Gnecchi (2).
(1) Catalogo della Collezione Rossi, di Roma, 1880, N. 873.
(2) ltalienische Mùnsen, Collezione Gnecchi. Frankfurt a. M., 1901,
N. 906.
55
428 FLAVIO VALERANI
Baudier invece avea fissato a questa moneta il
valore di cinque soldi tornesi di Francia, cioè la
terza parte del pezzo da cinque fiorini. Così le veniva
accordato un valore superiore al fiorino. Questa pure
fu l'opinione di P. Bordeaux, accettata da E. Bertana
nella preziosa e diligente sua memoria W; e per ul-
timo anche da Q. Perini.
Questa divergenza di giudizio è spiegata dal fatto
che, a determinare il valore di questa moneta non
ci soccorre il solito criterio del peso e dell' intrinseca
bontà del metallo; poiché si tratta di moneta fidu-
ciaria, ossidionale, non avente perciò alcun rapporto
con quelle coniate prima dalla zecca medesima. Ad
accrescere la difficoltà veniva la mancanza di un'in-
dicazione qualsiasi sulle due faccie della moneta,
giacche i primi e più comuni esemplari che caddero
sott'occhio, non portavano la marca G-3 che trovasi
negli esemplari della variante.
Per ultimo, nessun documento del 1630 o di quel-
l'epoca, relativo a questa monetazione, potè finora
recare un po' di luce in questo argomento.
Il documento, che ora mi venne fatto di trovare (2)
e che presento al lettore, definisce in modo preciso
la questione; e mentre dimostra erronee le supposi-
zioni fatte finora, stabilisce definitivamente il valore
di questo pezzo ossidionale.
È una grida o editto del Duca Carlo ai Casalesi,
in cui annunzia l'emissione di queste quattro monete
ossidionali, e stabilisce le pene per coloro che non
volessero accettarle, o cercassero di falsificarle.
(1) Bertana, Mem. cit., pag. 63.
(2) Debbo questo documento alla gentilezza dell'amico ing. conte
Guglielmo Langosco di Langosco; e sono lieto di rendergliene qui vivi
ringraziamenti.
UN DOCUMENTO SU LE MONETE OSSIDIONALI DI CASALE 429
CARLO PRIMO
Per la Gratia di Dio
Duca di Mantova, Monferrato
Nevers, Umena, Retel, etc.
Levando il presente assedio la sicurezza e commodità
alla Maestà Christianissima di far inviare denari per servitio
di questa sua soldatesca destinata alla difesa di questa Piazza,
siamo stati necessitati condescendere et permettere, che il
sig. Marescial Toyras possa far stampare nella nostra Cecca
monete di puro rame con gli impronti stabiliti col nostro
Maestrato, da spendersi per fiorini vinti, dieci, cinque, et
grossi tre stando massime che il Rossi nostro Granaruolo
in conformità dell'ordine delli 15 Maggio passato havuto
dalli sig. Lumaga e Mascaranico di Lione, s' è obligato * in
buona forma avanti il medemo nostro Maestrato di ritirarle
fra due mesi dopo finito in qual si voglia modo il predetto
Assedio, et pagarne il giusto valore a chi gli consegnarà
dette pezze di moneta di puro rame come sopra, in buona
valuta , valutando sin' adesso per all' hora a fiorini cin-
quant* otto la doppia di spagna. Et affinchè non siano ricu-
sati detti danari da negotianti et altri, habbiamo stimato
bene notificarlo a tutti con la presente nostra grida, In virtù
della quale ordiniamo, et espressamente commandiamo, che
non sia alcuno di che grado, stato e conditione si sia, che
ardisca ricusare in pagamento per qual si voglia mercantia
o debito, ma si debbano accettare et spendere liberamente
come leale, attesa la promessa sodetta del Rossi, et ordine
delli sodetti signori Lumaga e Mascaranico, così ricercando
il buon servitio nostro tanto congiunto con quello di sua
Maestà, sotto pena del quadruplo per ogni contrafaciente, et
tutte le volte che contrafarà, nella qual pena incorreranno
quelli che ne faranno mercantia; Dichiarando però eccet-
tuarsi da questo obbligo quelli che introduranno robbe man-
giative forastiere, à quali si dovrà pagarne il prezzo in buone
valute secondo il solito. Et perchè si trovono persone così
430 FLAVIO VALERANI
poco timorate della giustitia, che per ingordigia del guadagno
havranno ardire di fabbricare simili monete. Per tanto proi-
biamo a qualunque persona come sopra che ardisca far stam-
pare cioè Pille, Torchielli, ne meno burinarle, ne spender
si fatta moneta contrafatta, ne dar aiuto a commetter si fatte
transgressioni sotto pena della vita, et confiscatone de beni
d'esser applicata per due terzi alla Camera nostra, e il re-
stante all'accusatore. — E finalmente incharichiamo alli Pro-
veditori ad invigilare, che questa battitura non siano alterati
i prezzi delle robbe e mercantie, Volendo che ciascuno bot-
tigaro si contenga nei ragionevoli prezzi stabiliti, sotto pena
di due doppie, et tre tratti di corda d'esser irremissibilmente
essequita contro chi si sia, perchè così ricerca la ragion di
buon governo et il servitio publico. — Di Casale li 18 Giu-
gno 1630.
Ferdinando figlio
V. Guiscardus. Locus Sigilli
Samerus prò secret.
In CASALE per Cesare Gossij Stampator Ducale. M. DCXXX.
Questa grida prova anzitutto che la mancanza
di danaro fu notata fin dal principio dell' assedio,
tanto che già dal 15 maggio erasi pensato a prov-
vedervi.
Essa dimostra inoltre — e questa è l' importanza
numismatica del documento — che il valore della più
piccola moneta ossidionale, fra le quattro state co-
niate, era di tre grossi, come del resto era chiaramente
indicato dal segno G-3 che si osserva in alcuni
esemplari. L'essere altri esemplari privi di tale in-
dicazione, non infirma punto il nostro asserto: ciò
prova tutto al più che vi furono due emissioni suc-
cessive di questa moneta; e che in una di queste
emissioni l'incisore non credette necessario porre il
segno, che indica il valore del pezzo ossidionale. Del
resto anche per altri pezzi fu necessario ripetere
UN DOCUMENTO SU LE MONETE OSS1DIONALI DI CASALE 43I
remissione, come è comprovato da qualche variante,
anche lieve, che si osserva nei diversi esemplari. Ad
esempio nel pezzo da cinque fiorini, più comune è la
leggenda: D*. NEC VI NEC FRAVDE — R). VOS CANDIDI
ME PVRAM; ma v'hanno esemplari (come in quello
della mia collezione) sul cui rovescio sta scritto :
VOS CANDIDI ME PVRA.
Il valore di tre grossi corrispondeva, a quel-
l'epoca, alla terza parte di un fiorino di Monferrato;
il qual fiorino era poi la stessa cosa del reale, nome
d'importazione spagnuola. Questa moneta ai tempi
di Vincenzo I, cioè sul finire del cinquecento, e sui
primi del seicento, valeva dodici grossi; ma nel 1630
era scaduta di valore, e non era più contata che per
nove grossi; il grosso poi si poteva ragguagliare
presso a poco a cinque centesimi della moneta pre-
sente.
Dal pezzo di cinque fiorini si discendeva così
rapidamente, senz'altra moneta intermedia, sino a
questo pezzo di tre grossi o terzo di fiorino; e questa
transizione, che può parere troppo grande in tempi
normali, non doveva essere così sentita, ne così piena
d'inconvenienti in tempi d'assedio. D'altronde, per
l'uso quotidiano, è appunto il bisogno d'una moneta
spicciola quello che maggiormente si fa sentire.
Qualunque obbiezione, del resto cade, e diviene
superflua, come superflua ogni discussione, davanti
all'evidenza della grida riportata, che fissa il valore
del pezzo ossidionale in modo indiscutibile.
Ricorderò per ultimo che, levato l'assedio, queste
monete ossidionali vennero presentate al banchiere
{granaruolo, nella grida) Giorgio Rossi, di Casale, per
il cambio in oro e argento di buona valuta. Ma non
tutta la somma fu presentata al cambio. Il maresciallo
di Toyras ne aveva fatto coniare pel valore di 30
mila scudi d'oro, e per 20 mila lire di Francia, cioè
432
FLAVIO VALERANI
per un totale di 733.320 fiorini di Monferrato, equi-
valente a circa 400.000 lire de' nostri giorni. Or bene
di questa somma, dieci mila lire (di Francia) non
furono presentate al cambio. I pezzi ossidionali, pel
valore di queste diecimila lire, furono ritenuti dai
soldati delle varie nazioni, e dai cittadini casalesi, per
conservare una memoria dell'assedio; il che permise
che alcune di queste monete, sfuggite così alla di-
struzione, potessero pervenire fino a noi.
Casale Monferrato, Luglio iooj.
Flavio Valerani.
UN ONGARO INEDITO
DI JACOPO III MANDELLI, CONTE DI MACCAGNO
Tra le zecche italiane di durata più effimera sta
certo quella di Maccagno, feudo principale della mi-
lanese famiglia Mandelli. Si ritenne infatti che un
solo membro di quella famiglia, Jacopo III, vi avesse
battuto moneta.
È risaputo che questo conte, nato nel 1582 da
Tazio, e Lucrezia Beolca, ebbe molte distinzioni
e privilegi dall'imperatore germanico Ferdinando II;
e principalissimo, quello di batter moneta nella sua
terra, con Diploma 16 luglio 1622; il che non pro-
fittava soltanto all'ambizione.
Morto lui, nel 1645, l'opinione che la sua zecca
si chiudesse colla sua tomba fu quasi universalmente
accettata, fino al giorno in cui uno fra i più simpa-
tici e pazienti studiosi di numismatica, Costantino
Luppi, ebbe la fortuna di scoprire e la premura
di pubblicare con ottima critica una monetina di
rame, battuta da Gio. Francesco Maria, figliuolo di
Jacopo III (0.
Dubito assai che altri, all' infuori di codesti due
signori, abbia nella famiglia Mandelli approfittato della
imperiale concessione di zecca. Di Gio. Francesco
Maria la moneta segnalata e illustrata dal Luppi, seb-
bene non unica, rimane fino ad oggi la sola cono-
sciuta. Di Jacopo III invece, per cui fu una cosa
sola avere il privilegio e servirsene (come lo pro-
(1) Luppi Costantino : Di una moneta recentemente scoperta, appar-
tenente al Conte Giovanni Francesco Maria Mandelli, battuta in Maccagno
(" Bollettino d'arte, antichità, numismatica, ecc. „. Roma, 1881, voi. I).
V. anche ■ Gazzetta Numismatica „, anno VI, pag. 83.
434
A. F. MARCHISIO
vano le date di alcune sue monete — 1622 — prima
ancora che si concedesse il lusso di uno zecchiere
nella persona di Pellegrino Vanni a cui affidò re-
golarmente l'esercizio delle battiture il 1 febbraio
1624) vengono fuori a quando a quando nuovi tipi
di monete ; tra cui ho il piacere di qui dare il di-
segno e la descrizione di un ongaro finora inedito,
per quanto sappia, e che acquistai con altre monete
dell'epoca da un antiquario della Valle d'Aosta, dove
con tutta probabilità deve essere stato trovato.
L'esemplare è quasi un fior di conio, e pesa
grammi 3,400. Eccolo :
& — MON AVR • IÀC • T • — M • FI • M • R • C • CO d).
Nel campo, figura ritta, di prospetto, del conte, in com-
pleta armatura, tenente nella destra una alabarda, e pog-
giante la sinistra sull'impugnatura della spada.
$ - SACRIQ • ROMA • — IMPERI VIC • PER (2). In alto,
rosetta a cinque foglie, e in basso piccola armetta (3).
Nel campo, scudo ovale ornato di cartocci, tripartito
retto e perpendicolare, di nove punti, suddivisi il 4 e 6,
con due aquile rispettivamente sovrapposte, 1, 3, 7, 9,
piccola ala, 2, 8, tre bisanti, 5, leone saliente.
Tutto quanto si era prima pubblicato, e tutto
quanto si conosceva di manoscritto circa la piccola
zecca di Maccagno ebbe un illustratore valente e
(1) Che si legge: Moneta aurea Jacobi, Tatti Mandelli filii, Machanei
Regalis Curiae comi ti s.
(2) Che si legge : Sacrique Romani Imperli Vicarii perpetui.
(3) Che può essere marca di zecchiere.
UN ONGARO INEDITO DI JACOPO III MANDELLI 435
coscienzioso in Carlo Kunz, triestino, che nel 1865
(con data 16 giugno 1864) pubblicò una pregevole
monografìa nella Rivista Numismatica del Maggiora-
Vergano (x); monografìa che fu da quella antica
piemontese Rivista, ormai di difficile reperimento,
trasportata integralmente nella attuale italiana (2), e
che il Muoni aveva già prima riprodotta, per la parte
descrittiva e pei disegni delle monete, in aggiunta
alle tavole genealogiche della famiglia Mandelli (3).
Dopo l'opera del Kunz poche altre monete fu-
rono pubblicate della zecca di Maccagno, oltre la
già citata memoria del Luppi. Il Muoni nulla ag-
giunse nelle sue tavole ; ed ecco in seguito tutto il
materiale scientifico che è a mia conoscenza :
i.° Due contraffazioni, segnalate da Morel-Fatio,
in due sue memorie, in una delle quali riporta una
moneta erosa imitante i tipi di Lucerna (4), e nell'altra
una seconda moneta erosa, che contraffa i così detti
dictzen, pure di Lucerna (5). (Di queste contraffazioni
il Kunz non ha fatto cenno).
2.0 Nota di due Ducatoni, riportati dal Demole
nella sua memoria sui saggi della zecca di Zurigo (6).
(1) " Rivista della Numismatica antica e moderna „. Asti 1865,
voi. I, pag. 147 e seg., e tav. IV, n. 1-5 (Sono descritte 18 monete, cioè
una doppia da due, una doppia, 5 ongari, 4 ducati d'oro, 2 ducatoni, un
mezzo ducatone, un quarto di ducutone, un soldo, un quattrino eroso e
un quattrino di rame).
(2) " Rivista Italiana di Numismatica „ anno 1896, voi. IX, pag. 473
e seg., e Tav. Vili.
(3) Muoni Damiano : Famiglie notabili milanesi, 1875, voi. I, Milano,
Vallardi.
(4) A. Morel-Fatio : Imitations ou contrefacons de la monnaie Suisse
fabriquées à l'étr anger aux i6me et I7me siècles. Zurich, 1862, tav. II,
num. 15.
(5) Id.: Imitations des diverses monnaies Suisses. Zurich, 1864,
tav. Ili, n. 1.
(6) Demole Eugène : Monnaies inédiles d'Italie figurées dans le livre
d'essai de la monnaie de Zurich. Bruxelles, 1888, pag. 9-11 e tav. IX,
n. 2, tav. XII, n. 12.
56
436 A. F. MARCHISIO
3.0 Uno zecchino o ducato d'oro, apparso nella
vendita della collezione Giancarlo Rossi, di Roma (*).
4.0 Una doppia d'oro, diversa da quella riportata
dal Kunz al n. 2, (il Kunz però non vide la moneta,
ma ne ebbe contezza dall'abate Sebastiano Ciampi,
e dai manoscritti di Giorgio Viani) ce la segnala e
descrive, dandone pure il disegno, Vincenzo Promis
in una sua memoria pubblicata nel 1882 (fl). È una
moneta di alto interesse, e non conosco altra rac-
colta all' infuori della reale, che ne possegga un se-
condo esemplare.
5.0 Ercole Gnecchi, nella Rivista, presenta (3) un
tallero, prima sconosciuto, contraffatto al tipo olan-
dese (il solito detto del Brabanté). E successivamente
dà (4) il disegno e la descrizione di due ducati d'oro
l'uno di Maccagno, per Jacopo III, e l'altro anonimo,
ma quasi certamente di identica origine.
Ne va taciuto dello stesso autore il ducato d'oro
di Maccagno che ebbe a incontrare e riconoscere
fattura di un falsario, e che riprodusse con altra
simile lordura nella ben utile monografia sulle falsi-
ficazioni (5).
6.° Finalmente nel catalogo di vendita della col-
lezione Gnecchi (6) figurano sufficientemente descritti
5 ongari, 5 ducati d'oro, 1 ducatone, e 3 quattrini. La
tavola che vi si riferisce dà il disegno di 4 ongari,
dei 5 ducati d'oro, e del ducatone.
Una sola moneta vi si riscontra nuova per tipo,
cioè il ducato d'oro che figura descritto e disegnato
al n. 1894 ; tipo abbastanza artistico e molto inte-
(1) Roma, 1880, pag. 130, n. 1774, e tav. IV.
(2) Promis Vincenzo : Monete di zecche italiane inedite 0 corrette.
Memoria quarta. Torino, MDCCCLXXXII, pag. 39-40, e tav. V, n. 49.
(3) " Rivista Italiana di Numismatica „ anno 1891, tomo IV, pag. 371.
(4) Ibid. pag. 377 e seg.
(5) " Riv. It. di Num. „ anno 1902, tomo XV, p. 339, e Tav. XII, n. li.
(6) Asta Hamburger: Frankfurt a/m. 1902, pag. 99-100, e tav. XII.
UN ONGARO INEDITO DI JACOPO III MANDELLI 437
ressante, che reca la data 1622, cioè quella di con-
cessione al conte, come notai, del diritto di zecca.
Tutte le altre monete già erano prima note e
descritte in varie pubblicazioni, ma di talune man-
cava ancora il disegno ; e fu ottimo consiglio rag-
gruppare sì ricca messe della effimera zecca in una
tavola illustrativa.
Chi del resto vuole avere piena cognizione di
quanto si andò via via pubblicando sulla zecca e
sulle monete di Maccagno non ha che da consultare
le ben note guide Bibliografiche Numismatiche del
Promis (0 e dei fratelli Gnecchi (2) per sapere ove
far capo ; e chi vuol sapere dove attingere per no-
tizie storiche sulla famiglia Mandelli troverà nel Kunz
e nel Muoni non solo dottissime pagine, ma le fonti
da cui derivano, e i nomi dei loro autori.
Resta ancora ad aggiungere una parola riguardo
alla noneta di cui diedi il disegno. Il tipo, superfi-
cialmente considerato, rammenta quello dell' ongaro
che il Kunz descrive al n. 3, e che si trova dise-
gnato nel catalogo del Museo di Vienna (3). Quella
moneta del Gabinetto Imperiale di Vienna, che non
so se da altri medaglieri sia posseduta, è, come si
può constatare, del tutto diversa da questa, nella
leggenda e nel campo, sia al diritto che al rovescio;
ma neir insieme le due monete dimostrano una certa
affinità, e se ne può desumere che provengono dalla
mano di uno stesso incisore, molto probabilmente
Pellegrino Vanni, come lo dice anche lo stile, oltre
l'eleganza artistica e armonica delle due facciate.
(1) Promis Vincenzo : Tavole sinottiche, ecc., pagine 95, 96. To-
rino, MDCCCLXIX.
(2) Francesco ed Ercole Gnecchi : Saggio di Bibliografia Numi-
smatica, ecc., pag. 172, 173, 466. Milano, 1889.
(3) Duval et Froelich: Monnaies en or du cabinet de Vienne.
Vienne, 1759, pag. 259, n. 1.
438 A. F. MARCHISIO
Lo stemma del rovescio, dove tutto si trova,
salvo lo scudo dei Mandelli (J), è fatto per eccitare la
curiosità degli studiosi. Il Kunz, dopo descritta la
moneta, soggiunge : « / differenti punti di tale arma
alludono forse ai feudi posseduti dai Mandelli, od a pa-
rentele? »
La risposta io non so darla, e se pure m'az-
zardassi a fare dei tentativi andrei fuori dal campo
e dall' indole di questa breve nota; mi limito quindi
a fare una sola constatazione : Tra le piccole diffe-
renze nei punti dello stemma per Yongaro di Vienna
e per quello teste descritto ve ne ha una importante:
In questo, cioè, quattro piccole alette sostituiscono i
quattro piccoli gigli nei quattro punti 1, 3, 7, 9. Non
saranno queste alette per ricordare la così detta ala
negra, in campo d'argento, strappata dall'aquila ce-
sarea, e legata da Ottone I a Tazio e Robaconte
Mandelli, in un col feudo di Maccagno, quale rimu-
nerazione agli aiuti che gli prestarono a cacciare
Berengario, e bloccare la rócca dell'isola di S. Giulio?
Del resto Jacopo III usò relativamente di rado l'arme
propria nelle monete ; col diritto di zecca ebbe con-
cessione di incidere nei conii anche l'arme della con-
sorte; chi sa fin dove e come abusò di stemmi, come
abusò di basso titolo e di contraffazioni, nelle proprie
monete! Ma se questi abusi si risolsero in un danno
altrui, a vantaggio del proprio scrigno, quell'altro
può molta luce apportare, se diligentemente studiato,
alla storia della illustre famiglia milanese.
Torino, giugno 190J.
A. F. Marchisio.
(1) Lo stemma Mandelli è uno scudo di rosso con tre leopardi d'oro
nel cuore dell'aquila dell'impero, cimato dalla corona comitale e da un
listello caricato del motto : LoyauU passe tout.
Scudo d'oro inedito di Paolo III
PER CAMERINO
È vera compiacenza il recare un contributo, sia
pure modesto, alla storia e alle arti belle della no-
stra regione. E tal piacere si raddoppia quando la
scoperta riflette particolarmente la propria patria.
Ecco la mia volta, gicchè ho la fortunata occa-
sione di segnalare una rarissima, anzi fin qui unica
moneta, spettante alla zecca di Camerino.
Paolo III, addivenuto diretto signore del Ducato
di Camerino, per la rinuncia di Guidobaldo della Ro-
vere e della consorte Giulia Varano, nel 1539, volle
che in quella zecca si proseguisse a battere moneta
di ogni specie.
Il Santoni ne' suoi Studii sulla zecca di Came-
rino, riportò il privilegio papale, accennato già dal
Garampi nelle Osservazioni e Documenti.
Eccone riassunto il tenore :
* Anno 1539. — Capitoli della zecca di Camerino per
* anni 5. Battinsi scudi d'oro da 22 carati, taglio 100 per
* libra. & S • PAVLVS • CAMERINI. ^ Arme. — Mezzi grossi
■ papali di fino on. 11.1 di peso danari 1.13 ljt al taglio 186
" per libra. & S • VENANTIVS • CAMERINI mezza figura.
* 9 Arme, etc. „.
Seguono le altre monete, le quali sono già note
e conosciute.
Il chiarissimo Ercole Gnecchi, tanto benemerito
della scienza numismatica, ebbe in mano per primo
44°
O. VITAI.INI
il mezzo grosso (Riv. Numis., V, p. 64), e lo illustrò
brevemente, notando lo scudetto dello zecchiere, ma
leggendovi solo le lettere M. B.
Ed ora ecco lo scudo d'oro che comparisce pa-
rimente la prima volta, essendone prive tutte le col-
lezioni, anche di primo ordine, da me visitate, ed es-
sendo stato fin qui male descritto dallo Scilla (p. 134,
n. 12), dal Cinagli (p. 104, n. 16) e dal Kòhler (I, 410,
n. 1274), i quali probabilmente non fecero altro che
copiarsi successivamente l' un l'altro, senza avere
avuto sott'occhio l'esemplare.
Questo da me posseduto, e che faceva parte di
un ricco ripostiglio del secolo XVI, come vedesi nel
disegno, ha :
<& — Lo stemma Farnese, con triregno e chiavi; intorno
PÀVLVSIII- • PONT ■ MAX-
P — S. Paolo in piedi, con la destra alza la spada, con
la sinistra regge un libro, e le parole S • PAVLVS • •
CAMERINI.
Merita però speciale attenzione la marca dello
zecchiere, sfuggita a tutti i citati autori, e che sta
evidentissima vicina al piede sinistro dell'Apostolo,
in uno scudetto sormontato da una stella e diviso in
tre comparti con le lettere M. B. p. Questa stessa marca
è ripetuta nel mezzo grosso dal Gnecchi, colla va-
riante della croce sopra lo scudo in cambio della
SCUDO DORO INEDITO DI PAOLO IH PER CAMERINO 44I
stella, ed egli vi notò che probabilmente era quella
dell' incisore, il cui nome gli restava ignoto.
Lo scultore dei conii delle monete pontificie, re-
gnante Paolo III, fu Benvenuto Cellini, che pavo-
neggiandosi riferisce « che il Papa disse che altri
« non gli parlassi più di monete, perchè voleva che
« io fussi quello che le facessi e non altri ».
Ma il Cellini nel 1538 era prigione a Castello,
e Tanno seguente si rifugiò sotto le ali del cardinale
Ippolito d'Este ; nò di questa moneta fa cenno, nella
sua vita, sebbene si vanti di avere incisa l'altra col
VÀS • ELECTIONIS, che la dovè precedere.
Nella lontananza di costui il Papa si servì del-
l'opera di Alessandro Cesati, detto il Grechetto. Nella
provincia della Marca e a Macerata dove risiedeva
il Legato e il Tesoriere, dopo la morte di Antonio
del Migliori e di Paolo Sinibaldi, si erano succeduti
gli zecchieri Francesco Cavigliano, Annibale de Car-
nechis, Andrea Rieti, Mazzeo di Mazzeo, fino al 1568.
A Camerino la zecca era stata affidata, nel 1535,
dalla duchessa Catarina, a Girolamo di Agostino Gen-
tili. Ma di nessuno di costoro concordano le iniziali
dei nomi.
L'ozio campestre in cui ora mi trovo, mi ha
suggerito di riscontrare l'opera del Garampi, e la
curiosità è stata ben soddisfatta. Nel citato docu-
mento LXX, con i Capitoli va unita la concessione
della zecca a Messer Bartolomeo alias Maruce Pu-
ntella, a Michele de Angelotti, a Baldassare Piccelli,
tutti di Camerino.
Abbiamo dunque, tra costoro, il desiderato mae-
stro, nel Bartolomeo Puntella o nel Baldassare Pic-
celli. La valentìa dell'arte si rivela nella figura del
S. Paolo, che moltissimo assomiglia a quella dise-
gnata dal Cellini, da far sospettare che provenga
dallo stesso ponzone.
442 o. VITALINÌ
E questa scoperta viene in tempo a sfatare una
falsificazione a cui si erano dati i soliti industriali,
cancellando cioè dallo scudo abbastanza comune del
Vas electionis queste due parole, e col metodo già
noto, e da me stigmatizzato in altro scritto, sosti-
tuendo la parola CAMERINI. Ma la cifra dello zec-
chiere è stata la sfinge di costoro, che non poterono
riprodurla per essere loro ignota, e lasciarono l'altra
de' due bastoni decussati, o due branche, segno assai
controverso del Cellini.
Rocca d'Ajello, agosto iooj.
O. VlTALINI.
LA CIFRA XXI
SOPRA I COSÌ DETTI ANTONINIANI
E SOPRA I FOLLIS DELLA TETRARCHIA
* Troppo male si regge l' interpretazione di 20 eguale
a 1 che viene data alla cifra XXI „.
Questa è la conclusione che ha dato Francesco Gnecchi
nel suo recente articolo, * Tarraco o Ticinum e Mediola-
num? „ (*) conclusione che, a quanto sembra, ha prodotto
l'effetto de^derato dall'autore, giacché nell'ultimo numero del
Bulletin de Numismalique (2), un anonimo domanda se qual-
cheduno poteva trovare un'altra soluzione da quella talmente
scossa e messa in dubbio dal Sig. Gnecchi.
Per conto mio, dico francamente che quella conclusione
mi ha tanto convinto che non esito un momento a provare
di soddisfare alla domanda dell'anonimo.
A tale uopo s' impone la necessità che io faccia osser-
vare che il Sig. Gnecchi, a guisa di ultimo puntello di so-
stegno di quanto aveva felicemente dimostrato, dice : Se si
aggiunge poi che la medesima cifra XXI si trova anche sui
medii bronzi o follis della Tetrarchia i quali naturalmente
dovevano avere un valore ben diverso dagli antoniniani, ecc. ecc.
Questa idea, che del resto credo predominante tra i nu-
mismatici, io mi permetto di combattere, provando che le
due monete dovevano avere uno stesso valore.
Non v'ha alcun dubbio che uno degli ostacoli che sempre
si oppose alla vera soluzione della cifra XXI, sta nell' in-
veterata idea che prevale di volere ritenere per antoniniani
(1) Rivista Italiana di Numismatica, anno XVII, fase. III.
(2) IIe volume 5e-6e livraisons, septembre-octobre.
57
444 G' LATTARI
tutte le monete sulle quali la testa dell'Augusto è radiata.
Quelle monete non sono certo degli antoniniani per il loro
valore intrinseco, né per il peso e la grandezza, né per
l'estetica in generale, ed è impossibile di non ammettere
che a partire da Gallieno quelle monete differiscano di molto
dai veri antoniniani emessi in epoche anteriori. Non ostante
quelle disparità, si vuole che esse sieno degli antoniniani
avviliti per opera fraudolenta dei governanti, i quali con
un poco di stagno che fecero dare loro sopra la superficie
le facevano passare per monete d'argento.
Non so se in parte questa vecchia teoria sia stata scossa
dal mio recente articolo sull' imbiancatura delle monete C1)
con il quale cercai di provare che quell'imbiancatura non era
il risultato della frode, ma bensì era dovuta alla tecnica la
quale sola poteva garantire le monete genuine dalle false.
Se quanto dissi allora non bastasse, ricorriamo alla logica.
Le monete di Aureliano sono le prime che portano la
cifra XXI e quell'innovazione venne fatta in .forza di certe
leggi che avevano per scopo di porre un freno agli abusi
commessi dai monetarii, dei quali ben 7000 perirono per
essersi opposti alla irrevocabile decisione e risolutezza di
Aureliano. Come si può dunque ammettere che quello Au-
gusto il quale non peritò di spargere tanto sangue pur di
riabilitare il valore della moneta, proprio in quell'occasione
egli facesse battere delle monete dando loro un valore che
non avevano?
Quale possa essere stato il nome che venne dato a
quella jnuova moneta, per il momento è impossibile di stabi-
lirlo: ma senza alcun dubbio, tanto quelle monete come quelle
a loro simili, a partire da Gallieno, dovevano rappresentare
delle frazioni dell' antoniniano e per tali dovevano essere
spese e nulla di più !
Scartata l' idea di voler considerare come antoniniani
le monete con la cifra XXI, la loro assimilazione con i follis
ne diviene una probabilità ed i pesi come le analisi con i
calcoli che sottopongo lo confermano.
(1) Rassegna Numismatica, anno III, n. 3, maggio 1905.
LA CIFRA XXI SOPRA I COSÌ DETTI ANTONINIANI, ECC. 445
Ho pesato 200 monete (che per comodo di tutti conti
nuerò a chiamare antoniniani) della Tetrarchia con al ro
vescio la cifra XXI, ed è risultato un peso medio di g. 3,89
Cento di quelle monete erano più o meno a fiore di conio
le altre tra la bella ed assai bella conservazione; le prime
pesavano un totale di g. 392, le seconde, di g. 380. Dal
l'analisi risulta che contengono circa g. 0,055 ^ di argento
e perciò g. 3,865 di bronzo ed altra lega. Ho quindi pesato
una assai rispettabile quantità di follis battuti in Alessandria,
tanto con la cifra XXI come con S | P o altre lettere e sim-
boli e così pure una quantità delle stesse monete battute
in altre zecche, tutti pezzi di primissima conservazione ed
ho ottenuto una media quasi esatta di g. io (2). Le analisi di
queste monete hanno dato circa g. 0,045 di argento (3) e
perciò g. 9,955 di bronzo ed altra lega.
Secondo il Blanchet (4), la riforma di Diocleziano con-
sistette nella riduzione del peso dell'aureo, nella restituzione
del denaro di Nerone, nell'emissione del denarius comunis
e dei follis, questi ultimi sulla base di 36 la libbra e gli
altri su quella di 72. Sempre secondo lo stesso autore, il
denarius comunis valeva la quarantaduesima parte del denaro
di argento ; tanto vale a dire che con quella riforma il rap-
porto tra il valore del bronzo e quello dell'argento non
cambiò poiché il denarius comunis in tal caso pesava g. 4,55
(327: 72); questo peso moltiplicato per 42 ci dà g. 191,10,
ossia praticamente g. 192, cioè il valore di 16 assi eguali a
un denaro dell'epoca di Nerone. Se dunque non cambiò la
proporzione del bronzo rispetto all'argento, valiamoci dei
(1) Th. Mommsen : " Histoire de la monnaie Romaine „ tradotta da
Le Due de Blacas, voi. 3, pag. 94.
(2) 700 monete hanno dato una media di g. io; 300 di g. 10; 150
di g. io; 104 di g. 9,96; io di g. io; 16 di g. io; 2 di g. io; 5 di g. io;
io di g. io e 2 di g. io.
(3) Secondo Sabatier, citato da Mommsen, pag. 98, voi. Ili, dice
che un follis ha dato 1 g. 50 argento, 88 g. 93 di bronzo, 8 g. 28 di
zinco e g. t,2o di stagno. Diverse monete che feci esaminare hanno
dato 45, 40, 30 e 25 °/00 di argento. Queste monete analizzate si trovano
ora presso la Società Numismatica di Milano.
(4) " Les Monnaies Romaines „, pag. 15.
446 G. DATTARI
dati ben conosciuti della monetazione di Nerone ed appli-
chiamoli alle monete in questione.
Gli antoniniani contenendo g. 0,055 di argento, questo
valore corrispondeva a g. 30,967 di bronzo (g. 3,41 argento:
g. 192 bronzo : : g. 0,055 : x) ; se a questo peso aggiungiamo
g. 3,865 di bronzo contenuti nelFantoniniano stesso abbiamo
un totale di g. 34,732 in valore di bronzo. Facendo la
stessa operazione per i follis i quali abbiamo detto che con-
tengono g. 0,045 di argento equivalente a g. 25,334 di bronzo;
questa quantità aggiunta a g. 9,955 che contiene la moneta
stessa, ci dà un totale di g. 35,289 in valore di bronzo; dunque:
i follis ridotti in valore di bronzo erano eguali a g. 35,289
gli antoniniani eguali „ „ 34. 732
Differenza in più nel valore dei follis g. 0,557
Questo risultato abbastanza eloquente e con pochis-
simo rischio di essere contradetto, permette di stabilire che
gli antoniniani con la cifra XXI ed i follis del peso medio
di g. io avevano il medesimo valore intrinseco ed una mo-
neta non fece che rimpiazzare l'altra. Logicamente il risul-
tato non potrebbe essere differente.
Sopra a certi antoniniani la cifra (?) I venne omessa.
Sembra impossibile che quell'omissione sia dovuta alla man
canza di spazio ; ma se ciò fosse, resta a sapere sotto quale
regola i romani potevano leggere 21 (XXl) allorché vi era
scritto 20 (XX).
Sopra i follis la stessa I non venne mai omessa, ma
sovente venne distaccata dalle altre due cifre, cioè XX è
scritto alla sinistra del tipo e I alla destra. La combinazione
dell' I, omessa sopra gli antoniniani e dislocata sopra i follis
si presenta quale chiave di tutta la questione ; inquantochè
sembra spiegare che 1' I poteva essere rimossa totalmente
oppure allontanata dalle due XX senza che il significato di
queste venisse alterato e ciò non sarebbe stato possibile se
la cifra XXl avesse dovuto sempre rappresentare 21; poiché,
oltre le ragioni già citate, tenendo conto che quella cifra
trovasi sopra le monete emesse nell'occasione del riordina-
mento delle zecche come pure sopra a quelle di una riforma,
è chiaro che l' inserzione del valore fu giudicata necessaria
LA CIFRA XXI SOPRA I COSÌ DETTI ANTONINIANI, ECC. 447
onde le masse s'impratichissero a conoscere il valore di
quella moneta e nel caso degli antoniniani l'avervi scritto 20
anziché 21 non rispondeva allo scopo.
Tutto considerato, io sono del parere di A. Missong,
O. Seeck, e Kubitschek (1) i quali pensano che Y I deve
essere letta separatamente; però essi vogliono che l'I rap-
presenti 1' unità (20=1), mentre io proporrei che XX (20),
esprima la quantità, oppure il valore e I la qualità, oppure
l'unità monetaria e perciò segno il quale non deve essere
altro che il secolare segno dell'asse e per conseguenza io
vi leggerei :
XX I
20 assi (2)
Non pretendo né mi illudo che questa soluzione sia
esente da mclte obbiezioni, alcune delle quali prevedo e
spero di appianare facilmente ; per le altre che non pre-
vedo attenderò che mi sieno significate e vedrò se vi sarà
maniera di appianarle.
Da prima mi si dirà che il segno dell'asse (l) sì a Roma
che altrove venne sempre posto sulla moneta che rappre-
sentava quella frazione e non sopra i suoi multipli per i
quali vi erano dei segni distinti, e questo è vero; ma, ai
tempi di Aureliano come in quelli della riforma quei mul-
tipli erano scomparsi, le monete con la cifra XXI rappresen-
tavano una nuova frazione, ma che doveva sempre avere per
base la divisione dell'asse; perciò avranno creduto più pra-
tico d'inserirvi il numero di assi che valeva la moneta, come
era già stato praticato sopra i denari ai tempi della repub-
blica; di più gli venne aggiunto il segno dell'asse (2).
La rassomiglianza del segno dell'asse con il numero uno
dei romani poteva portare una confusione nell'interpreta-
(1) A. Missong. Zeit fiir Num., t. VII, 1880, p. 260, nota; O. Seeck.
Zeit fur Num. t. XVII, 1890, p. 117; Kubitschek. Monatsblatt della soc.
num. di Vienna, giugno 1892, p. 139.
(2) E. Babelon. Tratte des Monnaies Grecques et Romaines, parte I,
pag. 610 dice. La marque XX . I ou KA serait donc une sorte d'equa-
tion signifiant 20 sesterces — une unite.
448 G. DATTARI
zione del valore. Questa osservazione è giusta se giudicata
da criteri ispirati alle idee moderne. Quante e quante in-
terpretazioni curiose non sono state date e si danno tut-
t'oggi a certe lettere che si trovano all' esergo oppure nel
campo delle monete? quanta carta e quanto inchiostro non
venne versato a causa di quelle lettere che non arriviamo
a ricostituire? e tutto ciò per la buona ragione che lo stato
sociale di allora differiva da quello attuale, tanto che tro-
viamo difficile per non dire impossibile di pensare come
pensavano 2000 anni fa. Dunque la confusione tra il numero
uno ed il segno dell'asse non deve impressionarci.
Se questa spiegazione la si trovasse troppo autocratica
dirò allora che sopra gli antoniniani, osservando bene la
cifra XXI, nella maggioranza dei casi 1' I è più piccolo delle
XX e le sue estremità sono mancanti delle linee trasversali
che si vedono distintamente nelle due XX cioè XX. Dunque
1' I non doveva rappresentare un numero.
Sopra certi antoniniani al posto della cifra XXI vi ap-
pariscono le lettere greche KA alle quali venne data la stessa
interpetrazione delle cifre XXI cioè K = 20 e A = 1.
Se è vero che in Oriente la lingua greca era la predo-
minante, non è men vero che la latina era quella ufficiale.
Non solo ai tempi in cui quelle monete vennero emesse,
ma bensì molto avanti, gran parte delle zecche di Oriente
cessarono di battere la moneta autonoma ; altre la batterono
ad intervalli, talché con pochissime eccezioni le monete bat-
tute in quelle contrade non formavano che una parte delle
monete che circolavano unitamente ed in armonia con le
monete romane le quali fino dai tempi della repubblica ave-
vano corso e furono sempre bene accettate; tanto basta per
convincerci che quei popoli erano assai famigliari con le
monete di Roma e per conseguenza con il suo asse. Tanto
è vero che molte monete autonome di certe città della Ci-
licia, della Licia, della Pamfilia e della Pisidia, sul rovescio
portano indicato il loro valore in rapporto con Yassarion,
cioè :
sopra quelle di Side, A€; AH; IÀ; = a 5, 8, io accrapta,
rispettivamente.
sopra quelle di Attalla e Barata AH = ««roapia 8.
LA CIFRA XXI SOPRA I COSÌ DETTI ANTONINIANI, ECC. 449
sopra quelle di Aspendus, Carallia, Casa, Colybrassus,
Etenna, Laerte, Lyrbé e Syedra, IA = occcrapia, io.
sopra quelle di Magydus, IA e KB = ascapia io e 22.
sopra quelle di Perga, KÀ = acsapia 20.
Dunque non vedo perchè sopra gli antoniniani le let-
tere KA non debbano essere interpretate per K = 20 e
A = Assaria.
Benché le lettere KA si trovino ancora sulle monete
battute a Roma, quelle lettere sono particolari alle zecche
d'Oriente, se si eccettua giusto l'Egitto ove la lingua greca
non solo era la commerciale, ma ben anche quella ufficiale.
Questa anomalia sembra confermare che l'I, doveva rappre-
sentare il segno dell'asse e non la cifra uno.
Se per l'Egitto le cifre romane XX (20) e il segno I
vennero adottate a preferenza delle lettere KA, ciò è dovuto
al fatto che l'Egitto da oltre 5 secoli usava di porre le date
sulle sue monete (espresse in lettere greche); se dunque
avessero posto le lettere KA accompagnate dalla lettera in-
dicante l'officina, nell'insieme queste potevano essere prese
per delle date; d'altra parte il segno I non era nuovo per
l'Egitto, anzi lo avevano conosciuto prima che Roma non
lo avesse adottato per il suo asse, giacché in Egitto già dai
tempi dei Lagidi e quindi in quelli dell'impero, quel segno
veniva posto sulla frazione che rappresentava l'unità mo-
netaria; quello stesso segno lo si ritrova sopra i papiri delle
epoche della riforma e dopo di quella.
In conclusione propongo che la così detta cifra XX I e
le sue equivalenti KÀ, debbano essere lette:
| — 20 . j = Asses oppure Assaria.
Cairo, 24 giugno iqoj.
G. Dattari.
ANNOTAZIONI
NUMISMATICHE ITALIANE
Vili.
Intorno ad un motto usato in alcune monete
di Vittorio Amedeo I.
Sono note a tutti i Numismatici le lire di questo
Duca, che hanno tre bandiere passate in una corona
col motto: NEC NVMINA DESVNT, tipo ripetuto in alcune
monete d'oro (*). La corona è aperta nei primi anni,
chiusa nel 1634 per il titolo di Re di Cipro assunto
dal Duca. Le bandiere portano rispettivamente le
insegne dell'Annunziata, di S. Maurizio e di Savoia ;
e a questo proposito non saprei spiegarmi l'errore
del Guichenon, il quale scambia la croce Mauriziana
pel Sudario. Infatti, egli dice a pag. 911, trattando
delle diverse imprese di questo Duca :
« Il prit encore trois estendarts, l'un du sainct
« Suaire, l'autre de la Croix bianche, Armoirie de
« la Royale Maison de Savoye; et le troisième de
« TAnnonciade passés dans une couronne Royale
« avec ces paroles, Nec Numina desunt, pour signi-
« fier que la Savoye seroit tòujours assistée de la
« protection divine (2) ».
(1) Promis, Monete dei Reali di Savoia. Torino, 1841, voi. II, tavole.
V. Amed. I, nn. 1, io, 11 e 13.
(2) Guichenon, Histoire généalogique de la Maison Royale de Savoye.
Lyon, 1666.
5»
452 G. RUGGERO
Promis, a pag. 253, voi. I, crede di interpretare
queir impresa nel senso, che al Duca non mancasse
titolo alcuno da eguagliarlo ai Re. Or bene, tanto
l'uno che l'altro non hanno colpito giusto. Guichenon
non ha veduto che la protezione divina in genere,
e gli sfuggì lo scopo particolare pel quale veniva
invocata: Promis si smarrì del tutto. Ma d'altronde,
si parva licet componere magnis e mi si perdoni l'ir-
riverenza, direi che le imprese hanno questo di co-
mune colla Bibbia e con la Divina Commedia: cioè,
che tutte le interpretazioni possono aver ragione, fin-
che non sia nota l'intenzione vera dell'autore che
si vuol spiegare.
S. M. il Re possiede un esemplare del Gui-
chenon, annotato dal Conte Emanuele Tesauro; e nel
farmi osservare una di queste note apposta al brano
qui sopra riferito, la M. S. si degnava suggerirmi
l'opportunità di pubblicarla, potendo essa interessare
i cultori della Numismatica Italiana. Ond' io, con
animo grato ed ossequente, trascrivo qui testualmente
la nota, che spiega il significato dell' impresa in di-
scorso.
« L'occasione di questa divisa fu, che volendo
« S. A. stampare una nuova moneta d'argento per
« le lire, domandò parere à me et ad altri à Che-
« rasco in una piccola conferenza : ogn'uno disse
u la sua, vi era il Conte Filippo, il Conte di Frussasco,
« il Presidente Monodo, et alcuni altri. Io dissi che
« sicome il Duca Carlo Emanuele suo padre havea
« stampato un braccio con la spada in pugno, et il
« motto OMNIA DAT QVI IVSTA NEG-AT W preso dalle
« parole di Cesare apresso Lucano (2): volendo allu-
(1) Promis, op. cit., n. 68 delle monete di C. Em. I.
(2) Pharsalia, lib. I, v. 349.
È da notarsi che in alcune edizioni, al presente DESVNT è so-
stituito il futuro DEERVNT; ed in nota vien constatata la differenza
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 453
« dere ch'egli havrebbe preso tutto il Monferrato
« perchè gli Spagnuoli non voleano condescender à
u Trino et Alba; la quale impresa parve troppo ar-
« dita, et fu ragione di risposte piccanti: così mi
« pareva che trattandosi in quella conferenza di
« Cherasco tra gli Plenipotentiari di sodisfare à S.
« A. circa la medesima pretensone del Monferrato;
« S. A. poteva inserire la medesima pretentione con
« termini più moderati et levar la invidia al Motto
« della divisa del Padre, attribuendo la speranza sua
« al patrocinio de; Santi suoi Protettori, Vittore et
« B. Amedeo, più tosto che alla forza della spada:
« et continuare per motto il verso di Lucano che
« dice così. Omnia dat qui iusta negat, nec Numina
« desunt. Questo mio pensiero conferiva con altre
« monete che si chiamavano gli Amedei, dov'era
« impresso il B. Amedeo, et così non si faceva molta
« varietà. Et da S. A. fu eletto per imprimerlo, ri-
« fiutando tutte le altre divise. Ma nella esecutione,
« il Cauda C1) che avea dato il consiglio di cancellar
« tutte le monete del Duca Carlo Emanuele per can-
« celiarne la memoria, vedendo di nuovo quel Beato
« Amedeo, che quel Duca avea impresso sulle sue
« monete, trovò quella chimera delle tre bandiere,
« lasciando il motto che io avea proposto NEC NV-
« MINA DESVNT, e togliendo quel Santo: cosa che fu
« biasimata ».
Nelle ultime parole del dotto Piemontese, tra-
sparisce un certo dispetto, dovuto forse a due cause
diverse; l'una, la maggior efficacia che egli attribuiva
alla protezione del Beato Amedeo, che non a quella
di lezione secondo i vari codici. Parmi tuttavia, che la controversia non
dovrebbe esistere, e che non si dovrebbe ammettere che il presente,
sia per la concordanza del tempo, che per la ragione del verso.
(1) Il Cauda era presidente di Finanza, e come dice il Tesauro in
altra postilla poco benevola, era quegli che maneggiava ogni cosa.
454 G- ROGGERO
dei tre simbolici vessilli ; l'altra, l'amor proprio offeso
perchè non fosse stato seguito completamente il sug-
gerimento dato. Quest'ultimo motivo è forse meno
bello, ma certamente più umano.
Non si può negare, che la variante subita dal
progetto del Tesauro abbia compromessa la chiarezza
del significato. E veramente, le tre bandiere invece
di indicare l'Annunziata, S. Maurizio e la Croce,
potevano anche riferirsi alla Casa di Savoia ed ai
suoi ordini equestri; ed in questo secondo senso
vennero spiegate da Promis, il quale per altro tra-
scurò il nesso del motto con la prima parte del
verso, e le condizioni politiche di quegli anni.
G. Ruggero.
NECROLOGIE
E. D. J. DUT1LH.
Il 4 agosto scorso, improvvisamente còlto da conge-
stione cerebrale spegnevasi in Alessandria d'Egitto E. D. J.
Dutilh, Conservatore del Gabinetto Numismatico del Museo
Greco-Romano di quella città.
Nato a Smirne, d'origine olandese, ancora giovane si
stabilì al Cairo, ove con intelligenza e rara onestà riuscì a
fondare una delle più grandi case commerciali d' Oriente,
posizione che gli valse l'onore d'essere creato Console di
Olanda.
Il destino avverso lo perseguitò, ed egli con serenità
e forza di spirito attraversò dei momenti difficili. Autodidatto,
pervenne a guadagnarsi un posto onorato nel mondo scien-
tifico; e le cognizioni numismatiche acquistate per dilettan-
tismo gli vennero in soccorso e lo resero atto a disimpe-
gnare l'ufficio che il giorno avanti la sua morte occupava
ancora con incomparabile zelo, entusiasmo e devozione (i).
G. Dattari.
(i) Fra le pubblicazioni del compianto sig. Dutilh ricorderemo due
lavori inseriti nella nostra Rivista, cioè: Monnaies des Nòmes oh art-
ciennes Préfectures de fÉgy^'e du Médailler du Musée d'antiqitités de
Ghizeh (a. VII, 1894, con 2 tav.), e: A iravers les colleclions numisma-
tiques du Caire (a. Vili, 1895).
La Redazione.
456 NECROLOGIE
Ermanno Dannenberg, uno de' Nestori della Numisma-
tica tedesca, morto più che ottantenne il 14 se. giugno. Gli
si deve un'opera grandiosa sulle monete medioevali de-
gl' imperatori di Germania {Die deutschen Mùnzen der sàch-
sischen and frànkischen Kaiser); fu condirettore della Zeii-
schrift fur Numismaiik di Berlino, e pubblicò anche un
manuale elementare di Numismatica (Grundzùge der Miinz-
kunde).
Giovanni Camerana, magistrato e poeta, nativo di To-
rino. Fu appassionato cultore della Numismatica, e di lui si
cita il seguente sonetto che descrive il famoso decadramma
di Siracusa:
Non già nel saldo scintillante argento,
Ma nelle strofe mie battuta e chiusa,
Questa grave, Jerace, a te presento
Medaglia trionfai di Siracusa.
Dal centro splende, i forti ricci al vento
— Come un astro — il profil dell'Aretusa;
Amor fremon le nari avide, il mento
Impera; e la stupenda testa inclusa
Fra i guizzanti delrìn, canta il peana
Della quadrupla immensa Urbe, la gloria
Feral d'Imera, e la doma Catana.
Ecco a te il decadramma — e retro, scalpita,
Coronata dal voi della Vittoria,
La gran quadriga — e il saldo argento palpita.
Giuseppe Brettauer, medico anconitano, oculista al-
l'Ospedale Civico di Trieste; distinto raccoglitore, con la
specialità delle monete e medaglie riferentisi alla Medicina.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI.
Engel (Arthur) et Serrare (Raymond). Tratte de Numismatique
dn moyen àge. — Tome troisième. — Paris (Ernest Leroux,
éditeur), 1905. — (Un grosso voi. di pag. 515 in-8° gr., con
514 illustraz. nel testo).
Più di dieci anni sono trascorsi dalla comparsa del
secondo volume di quest'opera (v. il cenno in Rivista, 1894,
a pag. 253-56).
Nel frattempo uscì il Traité de Numismatique moderne
et contemporaine, dei medesimi autori, utilissimo anch'esso;
ma rimaneva vivo il desiderio che si completasse, col terzo
volume mancante, quella ch'è giustamente chiamata un'enci-
clopedia monetale del Medio Evo.
Ora quest'ultimo volume ci sta dinanzi, ed è degno
de' precedenti. Comprende il periodo dall'introduzione del
grosso d'argento sino a quella del tallero, e si ripartisce
ne' seguenti capitoli:
Cap. I. — Il Regno di Francia dall'introduzione del grosso d'argento
e della moneta d'oro sotto S. Luigi sino a quella dei
testoni sotto Lodovico XII.
— I feudi francesi dopo la riforma di S. Luigi.
— Gli stati dell'antico Regno d'Arles.
— La Lorena e i tre Vescovadi.
— I Paesi-Bassi meridionali.
VI. — I Paesi-Bassi settentrionali.
I Paesi-Bassi sotto le Case di Borgogna e d'Austria, da
Filippo il Buono sino all'età maggiore di Carlo V (1520).
Cap.
II.
Cap.
III.
Cap.
IV.
Cap.
V.
Cap.
VI.
Cap.
VII.
458 BIBLIOGRAFIA
Cap. Vili. — Le Isole Britanniche dalla fine del sec. XIII sino alla
morte di Enrico Vili.
Cap. IX. — L'Impero di Germania.
Cap. X. — La Boemia, la Lusazia, la Slesia e la Moravia.
Cap. XI. — L'Ungheria e la Slavonia.
Cap. XII. — La Polonia.
Cap. XIII. — I paesi dell' Ordine Teutonico e dell'Ordine di Livonia.
Cap. XIV. — l Paesi Scandinavi.
Cap. XV. — La Spagna e il Portogallo.
Cap. XVI. - L'Italia.
Cap. XVII. — La Russia, i paesi slavi del Sud e la Rumenia.
Cap. XVIII. — L'Impero Bizantino e l'Oriente latino.
Cap. XIX. — L'Armenia e la Georgia.
Cap. XX. — Le contromarche.
Cap. XXI — Le monete internazionali e le imitazioni locali.
L'Italia occupa una parte notevole anche in questo terzo
volume, sia nel corpo dell'opera che nell'interessante ultimo
capitolo d'appendice sulle monete d'imitazione internazionale
(fiorino d'oro, ecc.).
Siamo lieti che sia stato finalmente condotto a termine
un sì grandioso lavoro.
KW Abbiamo ricevuto pubblicazioni dai Sigg. Cabli, Ca-
stellani, He «lunghe, tifarceli!, Hill, Luschln von
Ebengreuth, e Rizzoli. Ne parleremo nel prossimo fascicolo
della Rivista.
BIBLIOGRAFIA 459
PERIODICI.
[1904].
Gazette numismatique francaise, dirigée par F. Mazerolle.
Année 1904. — 3-e et 4e livraison.
Mazerolle. Inventaire des poitifons et des coins de la Monnaie des
Médailles (i6p7-ióp8). [Continuaz. — Col ritr. di Nic. Delaunay, direttore
dell'officina delle medaglie (1696-1727). — N. 957. Conio del rov. d'una
medaglia del Card. Giorgio d'Ambóise, aspirante al pontificato dopo la
morte di Alessandro VI. — NN. 958,9596960. Conii che servirono per
battere medaglie di Frane. I " dans le temps mème qu'il partit pour se
" mettre en possession du duché de Milan „ e " pour la victoire qu'il
" remporta sur les Suisses à la bataille de Marignan, les 13 et 14 oc-
" tobre 1515, ce qui fut suivy de la réduction entière du Milanois et
" de la citadelle mème de Milan „. — NN. 964 e 965. Paolo III Farnese.
— N. 967. Lega contro Carlo V. Rov. di med. di Enrico II, coniata
" lorsqu'il se disposoit à obliger l'empereur Charles V de rendre le
" repos à l'Allemagne et à l'Italie „. — N. 969. Enrico II, VINDEX
ITALIC/E ET G-ERMANIC/E LIBERTATIS. 1552. - NN. 974 e 975.
Papa Giulio III. — N. 981. Caterina de' Medici. — NN. 988-993. Medaglie
di Pio IV. — NN. 997 e 998. Pio V. — N. 1010. Cater. de' Medici. —
N. 1012 e 1013, id. — N. 1014. Renato Birago, cancelliere di Francia.
— N. 1021, id. — N. 1035. Enrico IV e Maria de' Medici. — N. 1038.
Incoronaz. di M. de' Medici. — NN. 1039 e 1040. M. de' Medici. — N. 1045.
Medaglia con la " veue de la ville de Casal, deux armées en présence
" l'une de l'autre et entre deux, un cavalier qui fait signe du chapeau,
" pour représenter le seigneur Jules Mazarini, avant qu'il fut cardinal
" et lorsqu'en mil six cens trente il conclut le traité de paix de Casal
" et empescha par un coup de chapeau les armées de France d'en
" venir aux mains avec les troupes d'Italie; ce qui est exprimé par
" ces mots qui sont autour: INFESTAS ACIES NVTV DIRIMIT,
" et dans l'esergue: CASALI. 1630 „. - NN. 1046-48. Maria de' Me-
dici. — N. 1069. Fondaz. dell'Accad. reale di pittura e scultura a Parigi
e a Roma (anno 1647). — NN. 1103-1105. Il Cardinale Mazzarino. —
NN. 1132-36, id. — N. 1157. Carlo Emanuele, duca di Savoia. — N. 1170.
Piramide innalzata a Roma (nel 1664) OB NEF. SCELVS A CORSI S
EDIT- IN ORÀTOREM REGIS FRANC. - N. 1208. Demoliz. della
piramide dei Còrsi. — NN. 1215 e 1216. Leonardo da Vinci. — NN. 1246
e 1247. Michelangelo. — N. 1277. Messina soccorsa. — NN. 1289-91.
Battaglia navale d'Augusta di Sicilia (anno 1676). — NN. 1297-99. Com-
battimento navale di Palermo (stesso anno). — 1362. Casale consegn. a
Luigi XIV. — N. 1365 e 1368, id. — N. 1396 e 3397. Bombardamento
59
460 BIBLIOGRAFIA
di Genova (a. 1684). — N. 1426. Arrivo del doge di Genova. — N. 1427.
Sottomissione della Rep. di Genova (a. 1685). — N. 1471. Conquista
della Savoia (a. 1690). — N. 1477. Presa di Nizza (a. 1691). — N. 1480,
id. — Conii per gettoni: N. 1522. Battaglia di Ravenna. — NN. 1523 e
1524. Lodovico XII, duca di Milano. — NN. 1607 e 1608. Presa di Piom-
bino e di Porto Longone (a. 1646). — N. 1636. Istituz. di dote per fan-
ciulle povere del Nivernese, fatta da Lodovico di Gonzaga ed Elisabetta
di Clèves. — N. 1662. Il Card. Mazzarino. — NN. 1668 e 1669. Carlo II
Gonzaga, duca di Nevers. — N. 1782. Il Card. Antonio Barberini,
grand'elemosiniere di Francia — N. 1890. 11 Card. Mazzarino]. — Maze-
rolle, F. de Vernon. Catalogue de son oeuvre [Supplemento al catal. pubbl.
nella Gazette del 1899. — Con 6 tav. in fototipia]. — Mélanges. — Comples
rendus [Cenno del sig. Mazerolle intorno alla prima parte della pubblicaz.
di L. Bramsen: Médailler Napoléon le Grand}. — Les Périodiques. — Nou-
velles diverses [Il corso di Num. di Babelon al " Collège de France „. —
L'Accad. delle B. Arti assegna in premio una somma di 1000 fr. al sig. De
la Tour, per aver condotto a termine e pubblicato l'opera di N. Rondot: Les
médailleurs et les graveurs de monnaies, jetons et médailles en France. —
Assemblea gen. della Soc. Svizz. di Num., tenuta a Friburgo il 3 set-
tembre 1904; agl'intervenuti fu distribuito un gettone commemor. che
recava l'effigie di L. Coraggioni, autore della Munsgescliichte der Schweiz.
— Il Biograph. Diciion. del sig. Forrer. — Ambrosoli, Man. di Numi-
smatica. Recens. della HI ediz. — Studio del sig. Alvin, Conserv. del
Gab. Num. di Bruxelles, intorno a quell'istituto (inserito nella Revue
des biblioth. et archives de Belgique, 1903 e 1904). — Art. del sig. Tour-
neur (nella stessa rivista) intorno ad una med. commemor. della fondaz.
di Bois-le-Duc o Hertogenbosch, eseguita verso il 1530; il rov. è la ri-
produz. d'un cristallo di rocca inciso da Gio. Bernardi da Castel Bolo-
gnese. — Chevreux, Le sculpteur médailleur H. Ponscarme, 182J iqoj,
biografia accompagnata da 5 tav. di medaglie, pubblicata negli Ann. de
la Soc. d'Emulation du Départ. des Vosges. — Nuove pubblicaz. del
sig. Alfonso de Witte. — Florange, Essai sur les jetons et médailles de
tnines francaises. Codesta monografia sarà seguita da un'altra per le
med. straniere. — Articoli di medaglistica neW'Art et Décoration. — La
Numismatique benédictine e la Num. gregorienne, di A. J. Corbierre. —
Il tomo HI (Album) dell'opera: Mazerolle, Les Médailleurs francais du
XlVe siede au milieu du XVll.e — 11 Répertoire gén. de médaillistique
del sig. Stroehlin. — Il Journ. des Collection/ieurs].
VARIETÀ
l,a monografìa del eh. Dottor Haeberlin intorno alle
vetuste monete romane, la quale doveva uscir tradotta nel
presente fascicolo della Rivista per cura del Prof. Serafino
Ricci, è rimandata per motivi indipendenti dalla volontà del
traduttore. Chiediamo scusa ai lettori per questo ritardo.
Notizie degli Scavi. — Nel fase, n dell'annata 1904
delle Notizie, troviamo un pregevole articolo della Dott. Lo-
renzina Cesano, Conserv. nel Museo Nazionale Romano,
intorno alle monete rinvenute negli scavi eseguiti a Norba
dai Sigg. Prof. Savignoni e Ing. Mengareili.
Notevole soprattutto è un'enigmatica monetuccia, di cui
è dato il disegno, e ch'è illustrata come segue dalla egregia
Signorina Cesano:
" Testa di Pallade a destra con elmo corinzio e lunghi capelli
sciolti. Dietro la testa la monetina, di argento, è molto corrosa, per cui
rimane visibile solo un segno, Y (?) forse lettera di una parola. Jjj spiga,
nel campo a sinistra NOVR (peso gr. 0,72; diam. mm. 10,5) „.
" Il tipo del dir. e del rov., come il peso ed il diametro, ricorda le
monete di Metaponto. Manca però il nome di questa città che è sosti-
tuito dalla scritta su citata. Questa risulta sconosciuta sia come etnico
di una città che potò essere confederata con Metaponto, sia come n> me
di incisore o magistrato della stessa Metaponto. La mancanza del nome
di questa città, solitamente scritto, fa escludere quest' ultima ipotesi.
Inoltre anche la forma della lettera R, che pare non ricorra sulle mo-
nete della Lucania in genere e di Metaponto in ispecie, potrebbe per-
mettere di vedervi un nesso K R. Credo però non si possa pensare a
Nuceria dei Bruzzi, sulle cui monete di bronzo si legge NOVKPINS2N,
per la troppa lontananza dei luoghi. Il segno Y del dritto mi fa pensare
a AY o AYK, abbreviazione di Lucania, quindi si potrebbe riconoscere
in questa una delle monete coniate a nome di tutta la Lucania durante
il IV secolo, e in tale caso nel rovescio il nome di un magistrato „.
462 VARIETÀ
Museo Archeologico in Bari. — Avviso dì concorso.
1. Presso la Deputazione provinciale di Bari è aperto un concorso
per titoli al posto di direttore del Museo provinciale, cui e assegnato
l'annuo stipendio lordo di lire 3200, oltre le spese e le indennità di
trasferta ai sensi del regolamento.
2. Chi intende concorrere dovrà presentare alla Segreteria provin-
ciale, non più tardi del 31 ottobre 190J, una istanza in forma legale cor-
redata dei seguenti documenti :
A) atto di nascita da cui risulti che il concorrente non abbia ol-
trepassato il 450 anno di età;
B) certificato penale di data non anteriore a tre mesi;
C) titoli comprovanti il conseguito diploma di laurea in archeo-
logia e una speciale competenza nei varii rami della scienza medesima
sia con documenti di studii compiuti sia con speciali pubblicazioni a
stampa e con documenti che attestino anche la sua pratica esperienza,
per assumere la direzione di un museo archeologico.
3. Le domande coi corrispondenti documenti saranno, a cura della
Deputazione provinciale, sottoposte allo esame di una speciale Com-
missione, composta nei sensi del deliberato consiliare 30 settembre 1903.
4. La nomina sarà fatta dal Consiglio provinciale fra i primi tre
graduati ed avrà a titolo di esperimento la durata di tre anni. In man-
canza di diffida sei mesi prima dello scadere dei tre anni, la nomina
s'intenderà prorogata di altri cinque anni. Dopo questo secondo pe-
riodo, se non disdetto sei mesi prima della scadenza, il direttore ac-
quisterà la stabilità.
5. Il concorso non sarà valido se almeno due concorrenti non con-
seguiranno la eleggibilità.
11 Cav. Ortensio Vitalini, nostro socio e collabo-
ratore, è stato colpito da una gravissima sciagura dome-
stica che ha avuto larga eco di commiserazione in Italia
e fuori. Uno de' suoi figli, Francesco, appena quarantenne,
valentissimo pittore, è morto vittima di una disgrazia di
montagna.
Al desolato padre, e al fratello dell'estinto, giunga la
espressione delle nostre condoglianze.
Finito di stampare il 30 Settembre 1905.
Achille Martelli, Gerente responsabile.
FASCICOLO IV.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
LXXII.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE D'ALBINO.
Il Medaglione. — Una caratteristica dei Medaglioni d'Albino. — Il Me-
daglione originale e una sua contraffazione.
(Tavola XIX).
Il pezzo che intendo presentare è nuovo in
quanto che nessun altro esemplare è conosciuto in
alcun museo, e non si trova registrato nel Cohen;
ma, se consultiamo alcuni vecchi cataloghi, il tipo
ne è conosciuto, anzi è il primo e, per un certo
tempo, l'unico tipo conosciuto di medaglione d'Al-
bino. Questa specie di contraddizione spiega il punto
interrogativo che ho messo nel titolo. A complicare
poi la faccenda si aggiunge la combinazione che una
antica contraffazione del medaglione, la quale si trova
presso di me da molto tempo, forse da vent'anni,
vale a dire assai prima della comparsa dell'originale,
ebbe già la sua dimora or fa più di un secolo in un
pubblico celebre museo; mentre nessun esemplare
originale era conosciuto prima d'oggi; dal che può
nascere anche la dimanda se i vecchi cataloghi ab-
biano descritto un pezzo originale in seguito perduto
oppure una falsificazione.
466 FRANCESCO GNECCHI
Tutta questa aggrovigliata matassa da dipa-
nare, oltre a quanto era a dire sul medaglione
stesso, fece sì che quella che doveva essere la
semplice esposizione d'un tipo più o meno nuovo,
mi si allargò e sviluppò poco a poco sotto mano,
assumendo quasi la proporzione di una monografia
dei Medaglioni d'Albino e di alcune contraffazioni.
Ho creduto quindi far cosa grata al cortese
lettore dividendo il troppo lungo articolo in parecchi
paragrafi, onde lasciargli la possibilità di saltare
quello o quelli il cui argomento non credesse inte-
ressargli.... a meno che preferisca saltare il tutto
addirittura.
Il Medaglione.
Il Medaglione, o l'avanzo di medaglione, che ho
l'onore di presentare mi venne da Roma nel dicem-
bre del 1904. Non lo feci tuttavia figurare nell'ap-
punto riguardante gli scavi di Roma di quell'anno
perchè non offre per nulla i caratteri di una moneta
di scavo. Lungi dal presentare quell'apparenza ca-
ratteristica direi di freschezza nell'antichità, che in-
dica il recente ridestarsi da un lungo sonno sepol-
crale, esso offre invece evidenti i segni di una troppo
lunga e forse non interrotta, per quanto ignorata,
permanenza nel consorzio umano. Non è impossibile
che, invece d'essere tornato all'onore della vita dopo
una più o meno lunga sepoltura, come avvenne della
più gran parte delle monete antiche, esso sia rimasto
nella circolazione fino dalla sua origine, ossia per
un periodo di quasi diciotto secoli, senza riposo; il
che giustificherebbe come delle primitive impronte
ora non resti se non quanto è necessario per iden-
tificarlo.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE D'ALBINO 467
Infatti, ecco tutta la descrizione che se ne può
dare:
fy — TIMIVS Busto dell'imperatore Albino a
destra con paludamento e corazza. Testa nuda.
ty — R CIF COS II Minerva galeata a sinistra
appoggiata al proprio scudo. La lancia riposa sul suo
braccio sinistro.
Dia. mill. 39. Peso gr. 48,500.
Come si vede, e come ancora meglio risulta
dalla riproduzione alla tavola, si tratta di un rudero....
ma vi sono ruderi assai più degni d'attirare l'atten-
zione che altri monumenti della più perfetta conser-
vazione; e questo è del numero.
La leggenda, poco visibile nel rovescio, è quasi
totalmente scomparsa nel diritto; ma sulle traccie ri-
maste e coll'ajuto dei pochi, ma energici e caratte-
ristici tratti della fisionomia dell'imperatore, e colla
ben nota figura della Minerva pacifera al rovescio,
non è difficile ricostruirla pel diritto in :
B' — D CLODIVS SEPTIMIVS ALBINVS CAES
e pel rovescio in :
$ — MINER PACIF COS II.
E così il rudero, malgrado la rovina attuale,
conserva tutto il suo valore scientifico, portando un
nuovo contributo alla serie così esigua dei meda-
glioni di questo imperatore.
Sarebbe difatti il terzo tipo che viene in luce, due
altri soli essendo realmente finora conosciuti. Il primo,
esistente da molto tempo al Gabinetto imperiale di
Vienna e a questo pervenuto dalla antica collezione
dei Padri Certosini, è quello con rovescio FORTVNAE
REDVCI la Fortuna seduta, Cohen N. 53, mentre
l'altro dal rovescio SAECVLO FRVGIFERO, la Sfinge (o
l'ignota deità africana) seduta fra due leoni alati
468 FRANCESCO GNECCHI
(Coh. 54), si trova pure da assai tempo al Gabinetto
di Parigi (J). — Ora appare il nuovo tipo della Minerva
Pacifera, e questa triade rappresenta tutto quanto è
conosciuto, per un esemplare originale, in fatto di
medaglioni d'Albino.
Uua caratteristica dei Medaglioni d'Albino.
Ci troviamo in uno dei pochi casi in cui tutti i
non numerosi prototipi sono noti; perciò volontieri li
ho riuniti nella tavola, ove appariscono sì bene armo-
nizzati nella comune sventura. I tre monumenti, mu-
tilati, contusi, coperti di ferite insanabili, in parte acci-
dentali, in parte prodotte dalla nequizia degli uomini,
afflitti e avviliti per le ingiurie del tempo e pei disagi
di una vita lunga e travagliata, sembrano in loro muto
e triste linguaggio ammonirci che i pezzi di estrema
rarità è fortuna trovarli anche nel più miserevole stato.
Ma non fu questo il motivo per cui pensai di
riunire la triade veneranda. Dalla loro riunione emerge
anche un altro fatto che può sulle prime parere di
poco momento; ma che invece ha una grande signifi-
cazione. V'ha una particolarità che collega i tre me-
daglioni in un unico concetto.
Tutti e tre offrono un rovescio preso dalle mo-
nete comuni dello stesso Albino <2) senza alcuna
variante, salvo l'ingrandimento.
(1) L'esemplare del Gabinetto di Parigi venne finora ritenuto unico;
solo recentissimamente, esaminando la ricca collezione del R. Museo ar-
chelogico di Bologna, vengo a scoprire che vi esiste un altro esemplare
di questo medaglione. 11 suo stato di conservazione non è certo felice;
ma un poco superiore a quello di Parigi. Il pezzo non venne tormentato
da buchi, e la leggenda, almeno al dritto, è in parte leggibile.
(2) Il tipo della Fortuna lo troviamo negli aurei descritti da Cohen
ai N. 7 e 16, nei denari d'argento N. 17 e 18 e nei bronzi N. 61 e 62,
quello della Minerva pacifera nei denari d'argento N. 26 e 27 e nel
bronzo N. 64; quello infine del secolo frugifero nell'aureo N. 41.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE d' ALBINO 469
A semplice titolo di curiosità sarebbe valsa la
pena di notare il fatto, il quale riesce tanto più no-
tevole, se si considera che esso si verifica appena
dopo il regno di Commodo. Si sarebbe quasi indotti
a credere a un sentimento di reazione, tanto è rapido
e improvviso il passaggio all'estrema semplicità dopo
il trionfo dell'esuberanza.
Ma tale particolarità ebbe il merito di richiamare
la mia mente a un fatto, che non avevo mai notato
prima d'ora, e che neppure altri notò — al fatto cioè
della riproduzione dei tipi monetali sui medaglioni.
Ciò che Albino adottò esclusivamente, era già stato
in piccole proporzioni adottato anteriormente e lo fu
posteriormente. Quasi tutti gli imperatori, da Adriano
a Settimio Severo, fra i molti rovesci speciali dei
loro medaglioni, ne hanno anche alcuni tolti dalle
monete correnti, solo è dovuto al piccolo numero di
questi, se la cosa passò inavvertita o per lo meno
non le fu attribuita la sua giusta importanza. Ma tale
promiscuità di tipi, nella questione così lungamente
discussa e non peranco esaurita sull'essenza e sullo
scopo del medaglione di bronzo, è forse il più valido
argomento pei sostenitori della teoria monetaria di
questo.
Essa dimostra ad evidenza come un'intimo nesso
esistesse fra la moneta del senato e il medaglione
emesso dall'imperatore; come questo si aggirasse
necessariamente nell'ambito della moneta, ne seguisse
l'andamento e le leggi e come quindi, al pari del meda-
glione d'argento e d'oro, pure ammettendo che, come
quelli, fosse stato in origine emesso a scopo di dono,
dovesse egualmente avere valore di moneta.
Se così non fosse, se il medaglione di bronzo
avesse corrisposto a un dipresso alle nostre meda-
glie, perchè, come, e con quale diritto vi si sarebbero
riprodotti i tipi delle monete correnti?
470 FRANCESCO GNECCHI
L'argomento è dei più stringenti e certo l'avrei
messo innanzi — se l'avessi allora avvertito — quando
alcuni anni sono, in diverse memorie sostenni quella
tesi, che mi appare sempre più evidente. E, se l'avesse
avvertito, non l'avrebbe certo trascurato il D.r Kenner,
il quale si limitò ad accennare che qualche relazione
esiste fra il Medaglione e la moneta spicciola impe-
ratoria.
È in questo senso che l'osservazione provocata
dai Medaglioni d'Albino mi parve degna d'essere
notata, e dissi avere una portata superiore a quanto
poteva alla prima apparire.
Il Medaglione originale e la sua contraffazione.
Veniamo ora al fatto abbastanza curioso che ho
accennato in principio di questa memoria.
Noi abbiamo considerato come primo conosciuto
il Medaglione FORTVNAE REDVCl, come secondo SAECVLO
FRVGIFERO, come terzo finalmente MINERVAE PACIFERàE.
Questo l'ordine cronologico in cui i tre prototipi en-
travano ufficialmente a far parte del Corpus aens
romani maximi moduli. Ora, se noi consultiamo i
vecchi cataloghi, troviamo, con nostra grande sor-
presa, che l'ultimo venuto fu il primo conosciuto;
anzi per qualche tempo il solo tipo conosciuto fu
appunto questo che ora ci si presenta come una no-
vità. Pedrusi al principio del 1700 pubblica un solo
tipo di Medaglione d'Albino ed è precisamente il tipo
della Minerva pacifera, Mediobarba lo riporta, e così
pure il Vaillant, il quale però lo accompagna con altri
tre, uno dei quali rimase finora sconosciuto (*)«
(1) Ecco i medaglioni descritti da Vaillant:
I. & _ D CLODIVS SEPTIMIVS ALBINVS CAES
Caput Albini nudum.
COS II Cybele sedens inter duo leones.
II. Eadem epigraphe. Fortuna sedens dextra timonem , sinistra
cornucopiae gerit.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE D'ALBINO 47I
Il primo che omette il tipo della Minerva è
MionnetO) e l'omissione continua nel Cohen, ciò che
ne forma appunto una novità oggidì.
Ora, se il medaglione è descritto nei vecchi ca-
taloghi, vuol dire che si trovava in qualche vecchia
collezione e allora come avvenne che andasse per-
duto? Io qui faccio una supposizione che, per quanto
a tutta prima possa parere paradossale, non è perciò
meno probabile. Io credo che i nostri vecchi numi-
smatici abbiano, prima dell'originale, conosciuto una
riproduzione del secolo XVI o XVII, e la supposi-
zione mi viene suggerita dal fatto che, mentre nessun
pezzo autentico ci provenne dalle vecchie collezioni,
possediamo invece una contraffazione, la quale può
documentare la sua permanenza in un pubblico e ce-
lebre museo.
III. MINER PACIF COS li Minerva galeata stans, dextra ra-
mimi, sinistra clypeum et hastam.
IV. FORTVNAE REDVCI Fortuna sedens, dextra timonem, si-
nistra cornucopiae gerit; ad imum sedis rota.
Solo a quest'ultimo però aggiunge: " in museo Austriaco Vindobo-
nensi, olim PP CC „ mentre degli altri non cita la collezione o la pro-
venienza; motivo per cui Cohen giustamente non ne tenne conto.
(1) Mionnet cita tre medaglioni d'Albino ossia il SAECVLO
FRVGIFERO, il FORTVNAE REDVCI, e un terzo senza epigrafe,
ma coll'avvertenza " Médaillon retouché. „ Cohen cita pure questo me-
daglione, notando che è talmente ritoccato da non potersi affermare se
non vi sia stata in origine la leggenda FORTVNAE REDVCI. Questo
infelice medaglione sta da molto tempo al Gabinetto di Francia, anzi è
il primo che v'è entrato perchè lo trovo solo illustrato nell'opera ■ Nu-
mismata Moduli maximi vulgo Medaigloni (sic) ex Cimeliarchio Ludo-
vici XIV potentissimi Galliarum Monarchae — Eleutheropoli MDCC1V „
ed è probabilmente sempre a questo esemplare che si riferisce Vaillant
al suo N. 2; di cui non cita che la finale della leggenda " COS II „
come fa del resto anche del N. i, certamente in causa della pessima
conservazione degli esemplari. L'enigma ora viene sciolto da un esem-
plare abbastanza ben conservato appartenente alla collezione del signor
Console Weber d'Amburgo e di cui ebbi notizia solo pochi giorni sono.
Si tratta di una variante del N. 4, nel quale intorno alla medesima rap-
presentazione della Fortuna corre la leggenda: FORT REDVCI COS II.
61
472 FRANCESCO GNECCHI
Esiste un bronzo del Padovanino o per lo meno
di quell'epoca, riproducente il medaglione d'Albino
col rovescio della Minerva. Non si può dire una copia
esatta del medaglione descritto, perchè il busto del-
l'imperatore è rivolto a sinistra invece che a destra,
il che può dipendere o dall'essere stata presa da un
altro originale o più probabilmente da una di quelle
piccole licenze che i nostri medaglisti si permette-
vano sovente, preferendo essi, appunto perchè artisti,
ispirarsi alle monete romane piuttosto che riprodurle
servilmente. Il rovescio però offre il preciso tipo
della Minerva pacifera come nell'originale, salvo la
differenza di stile che sempre si riscontra fra gli
originali antichi e le riproduzioni posteriori.
L'esistenza di questa contraffazione lascia sup-
porre che un esemplare autentico ossia romano, ora
scomparso — il quale potrebbe essere anche l'esem-
plare stesso da me descritto — sia stato per un
certo tempo conosciuto qualche secolo addietro e
sia poi di nuovo ricaduto nelle tenebre della dimen-
ticanza.
Come ciò sia avvenuto, e come fino a jeri sia
stata nota la copia e non l'originale, non è molto
difficile immaginare. Basta supporre che il medaglione
nello stato infelice nel quale lo conosciamo o poco
meno, nel secolo decimosesto o decimosettimo fosse
capitato nelle mani di un falsificatore o, diciamo
semplicemente, di un medaglista — perchè probabil-
mente molte volte le imitazioni dei bronzi romani
non erano allora fatte coli' intenzione precisa di com-
mettere dei falsi — il quale, dopo d'essersene servito
come modello, non se ne curò più che tanto e lo
buttò come oggetto che per sé stesso non meritava
d'essere conservato. Così avvenne che l'imitazione
girò onorevolmente ed usurpò il posto dell'infelice
originale, il quale fu probabilmente obbligato a errare
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE d' ALBINO 473
ancora per tre o quattro secoli, sbalestrato da una
piccola collezione ad un'altra ; oppure, rigettato anche
da questa per la sua bruttezza, prese dimora, quale
scarto, presso qualche oscuro rigattiere di Transte-
vere, condannato a smussarsi fra numerosi compagni
di sventura, a guisa di un ciottolo rotolato dalle acque
di un fiume; o fors'anche venne abbandonato quale
balocco ai fanciulli, le cui manine rosee, deboli ed
innocenti saranno però state abilissime a completarne
lo scempio.
Spuntò però finalmente il giorno, in cui la sorte
volle che cadesse sotto gli occhi di persona intelli-
gente, che me lo spediva da Roma perchè gli fossero
finalmente resi i tardi ma dovuti onori; ciò che ho
tentato di fare presentandolo al mondo numismatico.
Se però l'originale sfuggì per tanto tempo all'at-
tenzione e riuscì a rimanere finora completamente
ignorato, non fu così della contraffazione e precisa-
mente dell'esemplare in mie mani che qui riproduco,
il quale or fa più di un secolo trovò modo di en-
trare e di rimanere per un certo tempo in quella che
allora era forse la collezione più insigne di meda-
glioni, nella collezione del Gabinetto Vaticano. Non
ci è dato precisare come ne quando vi sia entrato,
474 Francesco gnecchi
perchè non figura in nessuno dei cataloghi delle
collezioni che costituirono il nucleo principale di
quel gabinetto; non apparteneva cioè né alla colle-
zione Albani, né alla collezione Carpegna, e dob-
biamo quindi ritenere che vi sia entrato, vuoi come
dono, vuoi come acquisto, alla spicciolata; ma che
realmente vi fosse, ne fa fede l'impronta dell'esem-
plare ora riprodotto esistente nella serie dei meda-
glioni Vaticani al Museo di LodiO).
È dunque accertato che a sua volta, malgrado
quella testa ispirata, quel busto ampolloso e quella
Minerva mollemente flessuosa, che tradivano l'arte
del cinquecento, ben diversa dalla realtà, dalla forza
e dalla rigidezza dell'arte romana, malgrado tutto, la
contraffazione trovò chi la giudicò genuina. E pare
anzi che il giudizio non sia stato effimero, se dob-
biamo argomentare non solo dal suo stato generale
di conservazione tutt'altro che buono; ma più ancora
dal fatto che il pezzo fu anticamente ajutato con un
ritocco a bulino. Tutta la leggenda è ritoccata e tutto
il fondo ribassato, meno la parte che circonda l'effigie;
circostanza che non mi è mai occorso di avvertire in
una moneta falsa, e che sarebbe quasi un argomento
per ritenerla autentica, se non vi si opponesse in
modo assoluto lo stile; ma vale a confermare che,
se tale non poteva essere, tale fu però ritenuta.
Rimarrebbe a sapere come e quando il nostro
falso medaglione uscì dalla collezione vaticana e si
trovò di nuovo a errare pel mondo. Che, riconosciuto
falso, sia stato giustiziato ed espulso, pare poco pro-
babile, perchè, anche escluso dalla serie, sarebbe
sempre stato ritenuto sia in quarantena sia nella
serie delle falsificazioni; ma ben difficilmente ne sa-
rebbe uscito, e ritornato alla vita randagia.
(i) Vedasi l'Appunto N. LXIV dedicato ai Medaglioni ex-Vaticani,
nel primo fascicolo della Rivista di quest'anno e precisamente a pag. 32.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE D'ALBINO 475
Più probabile mi pare invece che esso sia scom-
parso in compagnia dei parecchi altri, che nel for-
tunoso trasporto della collezione vaticana da Roma
a Parigi nel 1797 presero il volo per le più disparate
direzioni (*); e in questo caso ne sarebbe uscito sempre
coll'aureola dell'autenticità; anzi quale uno dei pezzi
più prelibati, come sarebbe certamente stato, se non
avesse avuto quel brutto peccato d'origine
A me, mi pare che sia pervenuto in una vecchia
raccolta che acquistai anni sono a Treviso; ma non
lo posso ricordare con precisione, non avendovi mai
attribuita alcuna importanza — e poco preme del
resto il saperlo. — Fu solo quando vidi le impronte
vaticane, che mi sovvenne di possedere un pezzo
simile. Ne feci ricerca fra gli scarti dimenticati e mi
avvidi che si trattava non di un pezzo simile, sib-
bene dello stesso identico esemplare. Il quale ora ha
una storia e merita d'essere conservato. Lo offro
quindi al Gabinetto di Brera, ove nella ricca e istrut-
tiva serie delle falsificazioni farà il pajo con un altro
pezzo, il quale, quantunque sia non solamente falsi-
ficato, ma inventato di pianta, occupa da quasi un
secolo il posto più onorifico (2). Entrato a far parte del
Gabinetto Braidense colla Collezione S. Clemente nel
181 1, venne collocato nella serie dei medaglioni e in-
disturbato vi rimase fino ad oggi. Sarebbe ormai tempo
che lasciasse quel posto, non per emigrare dal gabi-
netto ; ma per ritirarsi in quello più modesto che gli
compete, rimanendovi a documentare la fallacia dei
giudizi umani !
(1) Vedasi Appunto citato, pagg. 23-24.
(2) Questa medesima falsificazione in doppio esemplare, doppio
cioè nel diritto, con due diversi rovesci, figura in altro pubblico museo,
non solo fra le monete genuine; ma nella parte scelta della serie ro-
mana esposta al pubblico. Se questo avviso valesse a farlo ritirare,
avrebbe ottenuto il suo scopo.
lxxiii.
unico e nuovo (?) medaglione
DI PERTINACE
NEL R. MUSEO ARCHEOLOGICO DI BOLOGNA.
Debbo alla squisita cortesia del prof. Brizio, so-
lerte e intelligente direttore del Museo archeologico di
Bologna, se oggi mi è permesso di comunicare una
rarità di primissimo ordine.
Molti bellissimi pezzi del ricco medagliere di
questo insigne Museo, finora ignorati, verranno in
luce colla pubblicazione del « Corpus » dei Meda-
glioni romani ; ma non ho potuto resistere al desi-
derio di dare come primizia l' illustrazione di un
pezzo di cui nessuno sospetta l'esistenza, che vale a
dare un'idea dell'importanza di questa serie scelta (*)
(i) I medaglioni sono circa un centinaio.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE DI PERTINACE 477
nella collezione romana del Medagliere governativo (J),
ricca per numero, rarità e belle conservazioni spe-
cialmente nel bronzo.
Eccone la descrizione :
& — DIVVS PERTINAX PIVS PATER. Busto di Pertinace
divinizzato col paludamento, a destra.
T$l — AETERNITAS. Carro portante il simulacro di Perti-
nace, tirato da quattro elefanti, montati da quattro con-
dottieri, diretto a sinistra.
Diam. mill. 38, peso gr. 61,500.
La testa dell' imperatore magistralmente model-
lata ci offre il tipo che conosciamo nelle monete di
consacrazione, poiché di Pertinace, come di parecchi
altri imperatori, il tipo postumo e divinizzato ci si
mostra alquanto differente da quello che siamo usi
vedere sulle monete che lo rappresentano vivente.
(1) Il Medagliere governativo, proveniente dall' Università non è il
solo di cui sia depositario il Museo Civico di Bologna, il quale lo è pure
di un'altro di proprietà municipale proveniente dal legato Palagi. Questa
seconda collezione è pure importantissima, anzi più importante della
prima, contenendo all' incirca 1400 pezzi in oro, 15000 in argento e
23000 in bronzo ; un complesso quindi d'una quarantina di mila monete,
ciò che sarebbe più che sufficiente a costituire da solo un esimio ga-
binetto numismatico. E si noti che certamente vi si conterrà un mate-
riale preziosissimo perchè inesplorato. E qui sta il punto doloroso.
L'attuale direttore non ne ebbe ancora la consegna da parte del Mu-
nicipio, cosicché la collezione rimane chiusa a doppia chiave e assolu-
tamente inacessibile agli studiosi.
Non sarebbe tempo di diseppellire questo tesoro? Si fanno tanti
scavi sulla semplice speranza di trovare qualche avanzo dell'antichità....
qui invece abbiamo la certezza che il tesoro esiste, e molto copioso.
La questione è tutta nell'accordo delle due chiavi per mettere il tutto
in luce, accordo al quale davvero non vedo quale ostacolo possa opporsi.
Non solo a nome mio, ma a nome di molti egregi colleghi e, posso ag-
giungere, anche del direttore stesso del Museo, esprimo il voto che chi
regge le sorti della civile e colta Bologna, non permetta che duri più
a lungo uno stato di cose così anormale e in troppo stridente contrasto
coll'antico e storico motto : Bononia docet.
478 FRANCESCO GNECCHI
La bella testa di Pertinace nelle sue monete postume
risente un poco delle fattezze di Settimio Severo.
Il tipo del rovescio, conosciuto in alcuni bronzi
di Faustina seniore e di M. Aurelio, ma affatto nuovo
nella serie dei medaglioni, ci offre la rappresenta-
zione più maestosa e più imponente della deificazione,
il simulacro dell' imperatore al fastigio di un carro
tirato da quattro elefanti. E noterò qui per preci-
sione di termini, come nelle descrizioni consimili
si dica : « V imperatore in quadriga ». Ora questa
espressione, se è giusta quando si tratta di trionfo
reale, di moneta cioè coniata vivente imperatore, non
lo è del pari nel caso di consacrazione. Qui non è
più la persona dell'imperatore che è raffigurata, essa
non appartenendo più al numero dei mortali, sib-
bene la sua effìgie o il suo simulacro.
Il pezzo è di conservazione discreta; anzi rela-
tivamente alla straordinaria rarità, essendo per ora
nella categoria dei pezzi unici, nella quale rimarrà
forse per sempre, si potrebbe anche dir buona, se
da mano inconscia non avesse subito quel barbaro
trattamento della martellatura sull'orlo, che ha sciu-
pato tanti bei pezzi. Perchè a una cert'epoca sia
venuto di moda questo barbaro uso nessuno è finora
riuscito a spiegarlo con sicurezza ; fatto sta che le
vittime furono generalmente pezzi rari ; non certa-
mente scelti perchè tali — tanto più che allora pro-
babilmente non lo erano — ma perchè il requisito
principale pare fosse l'ertezza. Furono difatti scelti
di preferenza i sesterzi pesanti dell'epoca di Settimio
Severo e i medaglioni, in ispecial modo quelli del
quarto secolo, ciò che fa supporre che tale opera-
zione fosse venuta di moda all'epoca costantiniana,
all'epoca cioè dei contorniati. Pare che a questi la
bassa gente trovasse nei primi un surrogato a mi-
glior mercato per farne delle tessere lusorie.
UN NUOVO (?) MEDAGLIONE DI PERTINACE 479
Malgrado la martellatura però, malgrado che que-
sta lo sciupi esteticamente e abbia quasi fatto scompa-
rire la leggenda, il pezzo resta la più fulgida gemma
della serie imperiale romana nel Museo bolognese.
Ma ora, dopo d'avere presentato il medaglione
di Pertinace come una prelibata primizia, io debbo
dar ragione del punto interrogativo che ho posto
nel titolo.... Ebbene, il pezzo non è nuovo; era anzi
conosciuto molto anticamente. Quando io lo vidi per
la prima volta ne restai colpito come di un'altissima
novità, e credo che tutti i moderni raccoglitori lo
sarebbero stati del pari ; ma qualche tempo dopo,
sfogliando il grosso volume del Mezzabarba, per
ricercarvi il medaglione d'Albino che non ci si trova,
fu colla mia più grande sorpresa che mi cadde lo
sguardo sull'ultima moneta di Pertinace, così descritta :
&' — DIVVS PERTINAX PIVS PATER.
ì£ — AETERNITAS Currus consecrationis a quatuor ele-
phantibus tractus, supra elephantos singulos singuli ses-
sores ; in curru statua imperatoris.
E vi segue la nota :
" Egregium nomisma, vulgo Medaglione „.
Ecco dunque il nostro medaglione perfettamente
descritto. E qui mi pare anzi di poter asserire che
l'esemplare descritto dal Mezzabarba sia precisa-
mente l'esemplare bolognese. L'autore accenna come
collezione cui il pezzo apparteneva « Ex ind. Po-
latio ». Chi era costui ? mi domandai, precisamente
come don Abbondio alle prese coli' ignoto Cameade.
Ce lo dice lo stesso Mezzabarba nell'« Indice degli
autori e delle collezioni » che fa seguire al suo
« Catalogo » :
« Tanta antiquorum nummorum delectatione te-
« nebatur Valerius Polatius Bononiensis ut nulli
63
480 FRANCESCO GNECCHI
« sumptui parceret, prò eorundem redemptione ; hic
« moriens, thesaurum reliquit quovis Principe dignum,
« cujus pretium sine dubio insigniter auxit, ipsorum
« Numismatum Index ab Eruditissimo D. Joseph
« Magnavacca, singulari studio descriptus ».
E la pubblicazione del Mezzabarba non è la
sola. Essa è ripetuta mezzo secolo più tardi da Vail-
lant, il quale però ebbe il torto di accompagnarla con
quella di un secondo medaglione che pare non esista
per davvero e che in ogni caso sarebbe un sesterzio,
perchè l' incisione la riproduce con tanto di SC i1).
L'accoppiamento nocque ; e la moneta spuria
attirò il discredito anche sulla buona; cosicché dai
successivi autori, il pezzo venne decisamente abban-
donato, mentre non solo ne sussisteva la memoria
(e quante monete, di cui l'originale fu perduto, non
vivono che per la memoria !) ma sussisteva pure
l'originale oggi rievocato, il quale probabilmente non
uscì mai da Bologna in questi ultimi duecento anni.
Francesco Gnecchi.
(1) Questo secondo medaglione viene così descritto da Vaillant :
0 — IMP CAES P HELV PERTINAX AVG Caput Per-
tinacis laureatum.
E; VOT DECEN TR P COS II Pertinax velatus ad aram,
dextra pateram tenet.
E tal pezzo non porta in sé stesso alcuna contraddizione, cosicché
potrebbe esistere, come realmente esiste l'altro tipo. Se non che ha la
disgrazia di essere accompagnato da una incisione che non vi corri-
sponde affatto. Vi è bensì riprodotto il tipo dell'imperatore sacrificante;
ma la leggenda è altra che nel testo, ossia : VOTIS DECENNA-
LIBVS ; e di più nel campo vi sono le lettere SC.
Ce n'è quindi d'avanzo per non fidarsi e sono pienamente giusti-
ficati gli autori che non si fidarono.
MONNAIES INÉDITES
DE L'EMPIRE ROMAIN
(Coli. O. Voetter).
VII.
Monnaies en bronze de la Tetrarchie Dioclé-
tienne et de Carausius.
(Suite).
CAMULODUNUM.
Antoninien.
i. & — IMP C M AV M CARAVSIVS PF ÀVG. Son buste
radié et drapé à droite.
1$ — PAX — A — VGGG-. La Paix debout, à gauche, tenant
f s ! p
un rameau et un sceptre. . ■
C (Fig. i).
Voici. encore un petit bronze portant les divers
prénoms de Carausius CO. L'avers en est semblable
(i) Voir Rivista ltal. di Num., 1905, anno XVIII, fase. II, p. 198. Le
revers du Carausius décrit au n. 46 est fort mal conserve. La dernière
lettre étant totalement effacée, il en est résulté que j'ai lu AVGG au
lieu de AVGGG.
482 LUCIEN NAVILLE
aux deux pièces décrites par M. Mowat et Sir John
Evans, avec le revers PROV— ÀVGGG-.
SISCIA.
En décrivant, dans un précédent article ('), une
pièce de Maximien Hercule. frappée à Siscia, et
ayant au revers VIRTVS ÀVGG, j'ai fait remarquer
que ce type ne figurait pas dans les tabelles que
M. le lieut. col. O. Voetter a dressées dans son ma-
gistral mémoire intitulé die Kupferpràgung der Diocle-
tianischen Tetrarchie (2).
Au moment de la publication de son ouvrage,
M. Voetter ne possédait encore aucune monnaie de
ce type qui, d'autre part, était totalement inconnu.
Depuis lors, M. Voetter a acquis deux variétés uni-
ques de Dioclétien au type VIRTVS ÀVGG, en petits
bronzes, que je publie ici avec son aimable auto-
risation.
2 3
Antoniniens.
2. & — IMP C C VAL DIOCLETIANVS P AVO. Son buste
radié et cuirassé à droite.
(1) Ibidem, p. 200.
(2) Numismatische Zeitschrift, 1899, l- XXXI, p. 1-34 et 223 à 310
avec pi. I-X et XIV-XXIII.
MONNAIES INÉDITES DE L'EMPIRE ROMAIN 483
1$ — VIRTVS AV — GG. Un empereur en toge, debout à
droite, tendant la main droite pour recevoir une Victoire à
gauche, qui, tenant une couronne et une palme, est pré-
sentée par un autre empereur, place en face du premier,
debout en habit militaire, tenant une haste transversale.
Entre les deux : un captif accroupi à gauche. Au centre,
un point. Exergue : • XXI • T •
(Fig. 2).
3. & — IMP C C VAL DIOCLETIANVS P AVG. Son buste
radié et cuirassé à droite.
Ijl — VIRTVS À-VGG. Un empereur en habit militaire,
debout, à droite, tenant une haste, tendant la main droite
pour recevoir une Victoire à gauche, qui, tenant une cou-
ronne, est présentée par Jupiter nu, debout en face de
Pempereur. Jupiter regarde à gauche et tient un sceptre.
Entre deux: un captif accroupi à gauche. Ex.: • XXI • B •
(Fig. 3).
Ce dernier type diffère sensiblement du précé-
dent. En effet, les deux personnages principaux ne
sont pas les memes ; en outre, le captif est de plus
petite dimension; il ressemble extremement à celui
qui est figure sur les petits bronzes de Galère Ma-
ximien et de Constance Chlore ayant au revers PRAE-
SIDIA REIPVBLIC. On peut en inférer que le type
VIRTVS AVGG (fig. 3) avec Jupiter a été frappé pour
les deux Augustes en mème temps que PRAESIDIA
REIPVBLIC était frappé pour les deux Césars.
En résumé voici les cinq pièces connues de
l'atelier de Siscia ayant un captif au revers:
An 29}.
Dioclétien Auguste: VIRTVS ÀV-GG (fig. 2). Ex. • XXI • r •
(Voetter).
Maximien Herc. Auguste: VIRTVS AV-GG (fig. 2). Ex. • XXI • T-
(Navflle).
484 LUCIEN NA VILLE
À partir du ier mars 293.
Dioclétien Auguste: VIRTVS A- VGG (fig. 3). Ex. • XXI • B •
(Voetter).
La pièce parallèle de Maximien Hercule est encore à trouver.
Galère Maximien Cesar U): PRAESIDIÀ REIPVBLICEx. XXIA.
(Gnecchi).
Constance Chlore Cesar : PRAESIDIÀ REIPVBLIC Ex. XXIA.
(Mus. Vienne).
Lucien Naville.
(1) Sur cette monnaie, Galère Maximien est représenté comme suit:
Son buste radié et drapé à droite, l'épaule en avant (et non pas en
ardere comme l'indique par erreur M. Voetter).
ANNOTAZIONI
NUMISMATICHE ITALIANE
IX.
Le monete di Teramo.
Questa zecca, sconosciuta ai primi illustratori
delle Meridionali e perfino a quel dotto storico delle
Abruzzesi che fu il Lazzari, venne aggiunta all'elenco
delle Italiane dall'Ambrosoli, nel suo primo Manuale
del 189 1.
La prima notizia che la riguarda, è dovuta a
Francesco Savini, il quale descrisse un denaro Te-
ramano di Andrea Matteo Acquaviva della colle-
zione Marignoli, nel n. del 25 marzo 1888 del gior-
nale la Provincia di Teramo ; lo stesso A. ripubblicò
quella descrizione nel 1895 (*).
Ecco il disegno di quella moneta, che ora fa
parte della coli, di S. M. il Re :
i& — ♦ • DVX ADRIA- Le ultime lettere nel centro disposte
cosi : V II NS II in un cerchio a cordone.
R) — * DE TERAMO Croce patente in un cerchio come
sopra.
Mistura. Peso gr. 0,54. Cons. buona.
(1) II Comune Teramano. Roma, Forzani, a p. 284.
^E6 G. RUGGERO
Nella stessa collezione, trovasi un secondo de-
naro inedito veramente, sia per la descrizione che
per la figura.
fi' — * • DVX • ADRIA • Le lettere NVS nel campo, disposte
attorno al centro in un cerchio.
I# — * D TAERAMO Croce patente in un cerchio.
Mistura. Peso gr. 0,45. Cons. mediocre.
Questa nuova moneta, anonima come la prima,
si differenzia da quella per la disposizione delle tre
lettere terminali del fi*, e molto più per il dittongo
nel nome della città al ^. Debbo avvertire, che per
una forte ossidazione che ha guastato in molte parti
la monetina, non mi è riuscito di constatare, se dopo
il D al $ vi sia un punto oppure un taglietto di ab-
breviazione.
Non si hanno documenti Teramani relativi a
monete ivi coniate, per assegnare con assoluta cer-
tezza questi denari ad uno più che all'altro dei Duchi
d'Atri ; dobbiamo dunque affidarci alla sola guida
dei caratteri delle monete stesse. E questi caratteri
sono tali, da persuadere chiunque, che non possano
convenire che alla seconda metà del XIV secolo, o
tutt'al più ai primi anni del seguente. E con ciò ri-
mane giustificata l'assegnazione fatta al secondo Duca.
Il primo Duca d'Atri, fu Antonio di Matteo
Acquaviva, il quale acquistò quel feudo Ducale nel
1393, dopo che già da tre anni era Signore di Te-
ramo. Egli morì nel 1394 lasciando a successore il
figlio Andrea Matteo. Questi, invitato dai Ghibellini
d'Ascoli, nel 1395, si impadronì di quella città e vi
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 487
coniò moneta (*), ma dovette abbandonare quel nuovo
acquisto nell'anno seguente : nel 1407 venne pugna-
lato in Teramo dalla famiglia dei Melatini. Degli altri
che seguirono non è il caso di far menzione, perchè
si andrebbe oltre il limite massimo che ci è fissato
dai caratteri delle monete.
Queste potrebbero appartenere al primo Duca;
ma parmi poco probabile che egli abbia pensato a
coniare nel breve tempo che rimase in vita dopo
avuta la dignità Ducale. È logico invece e naturale,
che il secondo Duca Andrea Matteo, dopo aver co-
niato in Ascoli per la prima volta, abbia creduto
bene di far lo stesso nei suoi domini aviti, sia du-
rante sia dopo l'effimera Signoria di Ascoli.
X.
Circa la monetazione Aquilana del XVI secolo.
Nel secondo fascicolo della nostra Rivista, ho
letto una Memoria interessante sulle zecche degli
Abruzzi, del Pansa. Nella prima parte, TA. trattando
della monetazione aquilana del s. XVI, va ricercando
se fra le monete conosciute eli Carlo V, ve ne siano
alcune che possano ritenersi per prodotti di quella
zecca. A questo proposito, egli espone un suo dubbio,
cioè che forse non tutte le monete di Carlo col-
l'aquila al ty, appartengano alla zecca di Messina.
Non potendo convenire in questa supposizione del-
l'A., ritengo mio dovere di esporre le ragioni che
mi fanno dissentire da lui.
(1) De Minicis: Numismatica Ascolana, 2a ediz. Roma, 1857. Tav. I,
num. 7.
63
488 G. RUGGERO
In primo luogo, tutte le monete di Carlo V e
dei Filippi suoi successori, uscite dalle zecche di
oltre Faro, hanno una costante fisionomia di famiglia.
Lo stesso carattere artistico del conio e la stessa
trascuratezza nella coniazione mi fanno escludere la
esistenza fra esse di esemplari provenienti da zecche
di terraferma.
Ma vi è di meglio. Mentre tutte quelle coniate
a Napoli, o per esser più esatti, che si credettero
sempre coniate a Napoli, portano al ty la leggenda :
REX ARAGQNE, oppure: HISPANIARVM, VTRIVSQVE SICILIE,
quelle coniate in Sicilia, hanno costantemente la sola
leggenda : REX SICILIE. E questa differenza si spiega
benissimo : il regno di Napoli facea parte della co-
rona di Spagna, mentre quello di Sicilia fu sempre
considerato indipendente.
In conseguenza di queste premesse sono piena-
mente convinto, che le monete di Carlo V per Aquila
non possano portare la leggenda Sicula. O sono
state improntate dello stesso conio di Napoli, ed in
questo caso sarà ben difficile distinguerle dalle altre;
oppure portavano l'aquila, ed allora dovevano diffe-
rire dalle Siciliane per la leggenda. In questo se-
condo caso non sarebbe improbabile che presto o
tardi ne venisse fuori qualcuna.
Voglio credere che FA. della Memoria in que-
stione non vorrà aversene a male, se io francamente
ho combattuta una piccola parte, che è anche la
meno importante, del suo scritto. Ritengo che nello
interesse scientifico, la discussione sia sempre da
preferirsi al sistema del silenzio. Beninteso, che non
ammetto la polemica che non sia impersonale e con-
dotta in modo rispettoso e degno, come pur troppo
avviene talvolta, anche in pubblicazioni scientifiche.
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 489
XI.
Circa le monete Astesi con leggenda comunale.
Promis, nella sua Zecca d'Asti, assegnò al duca
Carlo d'Orleans una moneta colla leggenda MONETA
ASTENSIS, per analogia con altre di quel tempo W,
qualificandola per un obolo da mezzo forte. Lo scri-
vente, pubblicando in questa Rivista del 1902, altre
due monete consimili ma colle leggende di CIVITAS
l'una e di COMVNIS l'altra, esprimeva il parere, che
dovessero appartenere a qualche breve periodo di
governo autonomo, avvenuto in seguito ai frequenti
sconvolgimenti interni propri di que' tempi, sui quali
egli augurava miglior luce da nuove ricerche <2).
Il dott. Orazio Roggiero in una recente sua
pubblicazione (3), comincia coll'asserire che il nome
di obolo è sbagliato, essendo tale specie già da
tempo cessata per il progressivo peggioramento mo-
netario. Ma egli non ricorda, che Promis non ha
inteso ritenere quella moneta per un obolo da mezzo
denaro, bensì per un obolo da mezzo forte ossia
da -jj- di grosso. Circa ai veri oboli del sistema an-
tico, egli li ritenne definitivamente cessati sino dal
1280 circa (4). E per ciò che riguarda l'estensore del
breve cenno in questa Rivista del 1902 (5), egli usò la
voce obolo nello stesso significato datogli dal Promis.
(1) Opera citata, tav. II, n. io.
(2) Rivista Italiana di Numismatica, G. Ruggero, Annotazione V.
(3) Bollettino storico bibliografico Subalpino, X, III. Pinerolo, tipo-
grafia Sociale, 1905.
(4) Op. cit, pag. 22.
(5) Questa è la perifrasi usata dall'A. per designarmi, sebbene l'ar-
ticolo non sia anonimo. Forse non ha voluto nominarmi per un riguardo
eccessivo; ma pure essendogliene grato, tengo a dichiarare che ri-
spondo sempre di ciò che scrivo, e che non avrei difficoltà alcuna a
confessare l'errore, se veramente dimostrato tale.
49° G. RUGGERO
Dunque, se questo nome è stato adoperato irrego-
larmente, non potè recar danno, essendo ben definito
il valore ed il sistema monetario al quale apparteneva.
In seguito, l'A. vuol dimostrare che quella luce
da me invocata, viene chiara ed intera da certi do-
cumenti dell'Archivio Camerale Torinese, i quali pro-
verebbero come le dette monetine non siano altro
che dei denari imperiali, coniati dal 1476 in poi a
nome e per dritto del Comune.
Questi documenti, sono conti del tesoriere di
Asti, per la duchessa Maria Cleves-Orleans rettrice
ed amministratrice del duca Ludovico e degli altri
suoi figli. In questi, sono registrati alla partita delle
entrate del Comune, gli sborsi fatti negli anni 1476, 77
e 78 da Filippo Borgesio maestro della zecca Astese
al Comune d'Asti, per il diritto di signoraggio (prò
iure domini), in dipendenza della coniazione di 2096
marchi ed onde quattro di imperiali Astesi e di 405
ducati d'oro, operata dal Borgesio in quel triennio,
sotto il controllo delle due guardie della zecca.
Dirò francamente che non posso convenire nelle
conclusioni dell'A., perchè non parmi che la prova
desiderata sia raggiunta.
Prima di tutto, manca assolutamente qualunque
dato riguardante le monete coniate all' infuori del
nome ; non risulta a qual legge fossero tagliate, né
quale ne fosse l' impronta e la leggenda. Un fatto
ben chiaro emerge da queste carte, cioè, che negli
anni 1476, 77 e 78 il Comune aveva la gestione
della zecca, e ne introitava i proventi. L'A. ne de-
duce che questo avvenisse per dritto del Comune,
e che perciò quelle monete portassero leggende co-
munali. Mi sembra che questa ipotesi non sia con-
ciliabile col titolo stesso di questi conti : Computus
Andree de Damianis Thesaurarij Astensis, prò Ill.ma et
Inclita principissa et domina nostra, etc. Parmi dunque
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 49 1
che la duchessa abbia incaricato il Comune suo di-
pendente della gestione della zecca, e della riscos-
sione del dritto di signoraggio per conto del vero
Signore. Ne potrò credere mai che fosse lasciata fa-
coltà di improntare quelle monete, e massime quelle
d'oro, con leggende autonome. Questa supposizione
dell'A. non è compatibile colla serie abbastanza nu-
merosa in tutti i metalli del duca Ludovico, e tutta
segnata col suo nome. È da notarsi inoltre, che
queste monete non spettano ad un solo momento del
suo dominio, ma con i loro caratteri, e specialmente
i paleografici, denotano differenze cronologiche che
vanno dal principio alla fine di quel periodo di
33 anni, prima che Ludovico cingesse la corona di
Francia nel 1498.
Il nostro A. crede di trovare un'altra prova
della sua tesi nel nome di imperiale. Se il duca, egli
dice, coniava in Asti secondo il sistema francese, ed
il Comune batteva imperiali, questi ultimi non po-
tevano portare il nome Ducale, ma bensì le leggende
MONETA, CIVITAS e COMVNIS ASTENSIS. Con ciò egli
viene ad ammettere due zecche Astesi, le quali la-
vorassero parallelamente per due diverse autorità e
con due sistemi diversi. A questo punto non credo
che sia il caso di una confutazione. Il nome, secondo
me, dice poco o nulla se manchino gli altri dati per
ben identificare una moneta. Molti di noi sanno per
esperienza, come il popolino sia refrattario ad accet-
tare in pochi anni le varianti nei sistemi de' pesi,
misure e monete. Onde non è raro il caso, che anche
molti anni dopo avvenuta la mutazione, pur serven-
dosi della nuova moneta, si adoperino ancora gli
antichi nomi. Questo potrebbe spiegare l'uso del
nome imperiali in conti del 1476, mentre vigeva il
sistema monetario di Francia ; né mi stupirei che si
fosse inteso di nominare così quella monetina ripor-
492 G. RUGGERO
tata al n. 8, tav. IV del Promis, cioè la maglia di
bianchetto o -£- del grosso ; mentre i ducati d'oro
doveano certamente esser quelli del n. 4 e non già
i più antichi del n. 6, tav. III. Mi si potrebbe op-
porre, che in documenti pubblici si avrebbe dovuto
usare il nome legale e non quello volgare; ma non
erano quelli i tempi adatti al formalismo burocratico
de' giorni nostri.
Infine, dato e non concesso che nel 1476 il
Comune Astese avesse potuto coniare qualche mo-
netina senza il nome del Signore, non potrei mai
concedere che si trattasse per l'appunto delle mo-
nete in questione. Studiandone i caratteri e confron-
tandole colle altre, risulta evidente che non possono
convenire ad un'epoca così inoltrata.
I documenti scritti, possono di rado servire di
guida sicura in numismatica, quando non vi sieno
ben specificate le monete alle quali si riferiscono. In
questo caso si corre rischio di errare, come hanno
errato molti scrittori confondendo monete ed epoche
diverse. Perciò non conviene perdere di vista quegli
altri documenti che sono le monete effettive.
Ottobre ipoj.
G. Ruggero.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ITALIANA
XIX.
UN QUATTRINO DI CATERINA RIARIO SFORZA
Signora di Forlì.
Fra tanti numismatici che scrissero sulle monete
italiane, ben pochi si occuparono della piccola zecca
di Forlì. Chi ne trattò più diffusamente fu lo Za-
netti (J), il quale, servendosi anche di qualche breve
notizia fornita dal Bonoli (2) e da altri, diede la de-
scrizione di quattro monete battute dai Riarii, Signori
di quella città. Queste sono: un ducato d'oro e un car-
lino appartenenti al conte Gerolamo Riario, una mo-
neta di basso argento col nome della moglie Caterina
Sforza, e un'altra della stessa, unitamente al figlio Ot-
taviano. È tutto quanto si conosce finora intorno
a quella zecca.
(i) Zanetti Guidj Antonio. Della moneta di Forlì — Zanetti. Nuova
raccolta delle monete e zecche d'Italia. Tomo II, pag. 455-468 ; tav. VII,
io, 11, 13, 14.
(2) Bonoli Paolo. Istoria della città di Forlì, ecc. Forlì, 1661.
494 ERCOLE GNECCHI
Il Burriél nella sua storia di Caterina Sforza (*>,
dà pure un cenno su quella zecca, ma, e in questo
e nella tavola che l'accompagna, egli non fa che ri-
produrre lo Zanetti. Il Litta, che nelle sue Fami-
glie celebri italiane, dedica buon numero di tavole
alla illustrazione delle monete e medaglie della Fa-
miglia Sforza, coniate a Milano, a Genova, a Pe-
saro ed in altre città, dimentica affatto la zecca
di Forlì.
Intorno alle vicende di Caterina pubblicò, or
non è molto, una copiosa ed erudita storia il conte
P. D. Pasolini (2>. In essa però ho cercato invano
qualche nuovo contributo alla zecca di Forlì. L'au-
tore si limita a citare due documenti già conosciuti
e a dare un fac-simile delle monete pubblicate dallo
Zanetti. Da oltre un secolo dunque nessuna nuova
moneta di quell'officina fu nota agli studiosi.
La storia della zecca di Forlì abbraccia due di-
stinti periodi e due furono i privilegi di battere mo-
neta accordati a questa città.
Il primo, per attestazione unanime degli storici
e dei cronisti, le fu concesso dall' Imp. Federico II
nel 1241 ; non esiste però alcun documento che lo
provi, è, in ogni modo, non si conosce finora alcuna
moneta di quell'epoca col nome di Forlì. « Non si
prevalsero allora i forlivesi di una tale prerogativa
probabilmente — così lo Zanetti (3) — perchè non
erano in necessità di aver moneta, dovendo eglino
essere bastantemente provveduti dalle zecche circon-
vicine, e specialmente dalla bolognese ».
(1) Burriél Antonio. Vita di Caterina Sforza Riario, contessa d'Imola
e Signora di Forlì. Bologna, 1795 ; voi. 3 in-40 (con tavola di monete
e medaglie).
(2) Conte Pier Desiderio Pasolini. Caterina Sforza. Roma, 1893 ;
3 voi. in-160 (con tavole e disegni).
(3) Op. cit., pag. 456.
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 495
In attesa dunque che possa un giorno venire
alla luce qualche moneta di Forlì, dei secoli XIII
o XIV, per parlare delle poche conosciute è d'uopo
portarci alla fine del secolo XV, ossia alla Signoria
dei Riarii.
Nel 1480 moriva Pino Ordelaffi, signore di Forlì,
e alla sua moglie Costanza Pico, in seguito alla morte
del figlio Sinibaldo, veniva tolto il dominio di quella
città. Fu allora che Papa Sisto IV, accampando certi
diritti su Forlì, se ne impossessò a nome dello Stato
della Chiesa. Poi nel medesimo anno ne infeudava
suo nipote Gerolamo Riario, signore di Imola, al
quale, già dal 1477, aveva accordato, in merito dei
servigi da lui prestati alla Santa Sede, il diritto per
se e suoi successori di battere moneta in ogni me-
tallo nella città di Imola e- in tutte le altre soggette
al suo dominio, e di imprimervi il suo nome, decre-
tando inoltre che dette monete avessero corso e fos-
sero valutate al pari delle monete pontificie, purché
fossero in tutto uniformi a quelle che si coniavano
nella zecca di Roma. Il decreto, tutt'ora esistente, è
pubblicato per intero dallo Zanetti (J).
Il conte Gerolamo Riario colla moglie Caterina
Sforza da Roma si recò a prendere possesso del
suo nuovo feudo di Forlì il 15 luglio del 1481. Di
lui si conoscono, come dissi, due sole monete ; il
ducato d'oro, descritto dallo Zanetti (2), il quale porta
la data del 1480, e, secondo alcuni, sarebbe stato da
lui preparato e coniato nella zecca di Roma « per
minor dispendio e per averli pronti allorché si re-
cava a prendere il possesso della città, di cui aveva
ottenuto novamente il dominio » (3). L'altra sarebbe
(1) Op. cit, pag. 459.
(2) Op. cit., pag. 460; tav. VII, io.
(3) Zanetti. Op. cit., pag. 460.
64
496 ERCOLE GNECCUI
il carlino o paolo (0 anonimo e senza data, col ritratto
di Filippo re di Macedonia e al rovescio l'arme dei
Riario. Quest'ultima moneta, secondo un manoscritto
di Memorie istoriche della Casa Riaria, citato dallo
Zanetti (2>, sarebbe stata battuta dal conte Gerolamo
in Roma per gittarla al popolo durante il suo in-
gresso in Forlì.
Il 14 aprile 1488 il conte Gerolamo moriva as-
sassinato, e Caterina restava assoluta padrona dello
Stato colla tutela del figlio Ottaviano. A quest'epoca
appartengono le altre due monete forlivesi illustrate
dallo Zanetti. La prima è una moneta d'argento
col nome di Caterina, e al rovescio l' immagine e
il nome di S. Mercuriale ; la seconda una moneta
pure d'argento coi busti e i nomi di Caterina e
del figlio.
Queste quattro monete però non sarebbero le
sole coniate dai Riarii a Forlì. Nella sua Cronaca
Forlivese lo storico Andrea Bernardi di Bologna, pure
ricordato dallo Zanetti, parla di tre altre monete escite
da quella zecca. La prima è un quattrino col nome
di Caterina Sforza e le iniziali C S insieme legate e
al rovescio il busto e il nome di San Mercuriale ;
la seconda una moneta da quattro quattrini, identica
alla prima; la terza un pezzo da due baiocchi, che ha
nel diritto un trapano e il nome di Caterina, e al
rovescio una rocca e la leggenda FORLIVM. A questa
descrizione l'autore aggiunge che « a niuno dei mo-
netografi è riuscito fino ad ora di rinvenire alcuna
delle suddette monete, non ostante le diligenti ri-
cerche da essi fatti ».
Una monetina, recentemente venuta in luce,
colma una di queste lacune. Il quattrino, eh' io pre-
(1) ld. Op. cit., pag. 468.
(2) ld. Op. cit., pag. 468.
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 497
sento oggi ai miei lettori, sarebbe precisamente la
prima delle monete descritte dal Bernardi, ossia il
quattrino di Caterina Sforza, moneta di cui io non
conosco altro esemplare esistente (*),
Eccone il disegno e la descrizione :
fiy — Nel campo, in un circolo di perline, le lettere C S F
(in monogramma), fra due punti. In giro : (Testina mi-
trata) • VICE • COMES •
$ — • S • MERCVRIALIS. Nel campo, in un circolo e. s.,
il busto mitrato del Santo, di faccia.
Peso gr. 0,550.
È singolare il fatto che Caterina nelle sue mo-
nete facesse uso unicamente dei suoi cognomi pa-
terni SFORTIA VICECOMES (2), omettendo quello dei
Riarii. Molto probabilmente, come osserva lo Za-
netti (3), essa così faceva perchè in quell'epoca (1490?)
aveva sposato segretamente il suo favorito Giacomo
Feo, barone del Re di Francia, e, dopo l'assassinio
di questi, avvenuto il 27 agosto 1495, era passata
ad altre nozze (1497) con Giovanni di Pier Francesco
de' Medici, detto Popolano. Questi due matrimoni
erano stati con grande cautela tenuti segreti da Ca-
terina per non perdere la tutela dei figli e il governo
dello Stato.
(1) Questa preziosa monetina fu testé acquistata dall'egregio mio
amico signor Mario San Rome, il quale gentilmente mi ha concesso di
pubblicarla.
(2) Caterina era figlia di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano,
nato da Francesco Sforza e da Bianca Maria Visconti.
(3) Op. cit., pag. 463.
498 ERCOLE GNECCHI
Caterina tenne la Signoria di Forlì fino al gen-
naio dell'anno 1500, quando, dopo una eroica difesa,
le fu giocoforza cedere alle armi del duca Valentino,
che la trasse prigioniera a Roma. Rimessa poi in
libertà nell'anno seguente, per ordine del Re di
Francia, Caterina si ritirò a vita privata a Firenze,
dove morì nel 1509. Colla fine di questa Signoria
fu chiusa per sempre la zecca di Forlì.
Ercole Gnecchi.
OPERE NUMISMATICHE
DI
CARLO KUNZ
(Continuazione: Vedi Fase. II, 19051
MONETE INEDITE O RARE
DI ZECCHE ITALIANE W
CORREGGIO.
Correggio, castello nella provincia di Reggio dell'Emilia,
con titolo di contado. La prima memoria che se ne ha è del
secolo X, in cui trovasi nominato Castrum Corrigiae. Di-
venne in processo di tempo piccola ma vaga città, adorna
di bei fabbricati, ed ebbe il vanto di dare i natali al sommo
pittore Antonio Allegri.
Diede il nome alla famiglia da Correggio, una fra le più
illustri d'Italia pel corso di sei secoli. 11 primo signore di
tale casato, secondo il Litta, sarebbe stato un Frogerio che
morì nel 1029. Lunga e avvicendata per fazioni, discordie e
mutamenti di possesso è la storia dei suoi discendenti, i quali
si segnalarono sopra tutto per valore nelle armi, che valse
loro titoli e cariche insigni. Alcuni furono vicari imperiali ;
altri capitani di Modena, Parma, Lucca, Padova; condottieri
dei Veneziani, degli Estensi, degli Sforzeschi ; molti furono
podestà di Modena, Reggio, Bologna, Genova, Parma, Pia-
cenza, Milano, Pavia, Padova, Treviso, Firenze, Siena, Ri-
mini, Ravenna, Mantova, Cremona, Pistoia. Giberto, figlio
di Guido, fu signore di Parma (1303-1316), poi di Cremona;
e signore di Parma fu pure il di lui figlio Azzo (1341-1344
t 1367), amico del Petrarca che lo applaudì con una can-
zone e lo confortò nella sventura coll'opera : De remediis
utriusque fortunae (2). Guidotto fu vescovo di Mantova (1231,
ucciso nel 1233). Girolamo non fu degenere dalla sua stirpe,
(1) Dall' Are heografo triestino, 1882, voi. Vili, fase. III-IV.
(2) Secondo l'ili. Michele Lopez (Aggiunta alla zecca e moneta par-
migiana), spettano ai signori correggeschi Azzone e suoi fratelli Simone
e Guido, che nel 1341 liberarono Panna dalla tirannia di Martino della
Scala, un grosso aquilino di quella città segnato con l'armetta del loro
casato, ch'era di rosso con fascia d'argento, ed un piccolo colla testa
di San Bovo.
502 CARI O KUNZ
perchè, quantunque prelato, vestì da laico con la spada al
fianco, fino a che venne decorato con la porpora cardinalizia.
Taluni non isdegnarono le belle lettere, così Galasso (f 1442?),
che lasciò manoscritta una Historia Britonum; Nicolò (1450
f 1508), che coltivò i buoni studi e fu autore dell'Aurora,
favola pastorale eseguita in Ferrara nel 1487, d'un poemetto
in ottava rima, Psiche, e d'altre poesie; Isotta, figlia di Ni-
colò, fattasi monaca, che fu lodata poetessa ed improvvisa-
trice, ma della quale nulla si ha alle stampe. L'insigne poe-
tessa Veronica Gambara può considerarsi correggese per
avere sposato nel 1509 Giberto da Correggio e, rimasta ve-
dova nel 1518, governò saggiamente il piccolo stato, dettò
lodatissime prose e poesie italiane e latine e fu onorata da
grandi e da dotti CO.
Non è mio compito di dilungarmi sulla storia de' correg
geschi, trattata egregiamente dal Litta, e dal Bigi nel : Di-
scorso storico di Azzo da Correggio e dei Correggi (Mo-
dena, 1866), e da Camillo in giù, nelle: Memorie di Camillo
e Siro da Correggio e loro zecca (Modena 1870), bastandomi
di toccare brevemente di quelli che esercitarono il diritto
della moneta.
Camillo, Giberto e Fabrizio, fratelli di Manfredo e di
Lucrezia d' Este, tennero insieme il dominio di Correggio.
Camillo fra i migliori capitani del suo tempo, fu governatore
di Corfù ed ebbe comando di galere veneziane nella famosa
battaglia di Lepanto, ultimo fatto glorioso di questa famiglia.
Giberto, dedito parimenti alle armi, seguì l'esempio del fra-
tello quando abbandonò il partito del Papa per seguire la
causa della Spagna, delle cui genti fu nominato generale (2).
(1) Baldassare Camillo Zamboni ne scrisse la vita, premessa alla
raccolta delle sue rime e lettere. Brescia, 1759. — Vedasi Tiraboschi:
Biblioteca modenese, tomo II, p. 135, e Storia della letteratura italiana,
t. VII, p. 1133.
(2) Secondo il Bigi, Giberto negli ultimi anni della sua vita si de-
dicò a studi di storia politica, giurisprudenza e belle lettere, ed istituì
l'accademia degli scioperati, la quale adunavasi nel suo palazzo, dove
fece fondere una campana di 2931 chilogrammi, che portava la iscri-
zione : Congrego clerum — Voco plebem — Laudo deum verum — Festa
decoro — Tempestatem fugo — Defunctos ploro. Ma la pia leggenda non
impedì che quella campana, nel giorno 16 gennaio 1710, fosse colpita e
spaccata mentre suonava per cattivo tempo.
MONETE INEDTTK O RARE DI ZECCHE ITALIANE 503
Fabrizio visse senza infamia e senza lode. La devozione alla
causa di Spagna, mosse V imperatore Carlo V a concedere
nuova investitura nel 1551 ai tre fratelli, e nel 1559 la con-
cessione del diritto di zecca che esercitarono in comune. Ma
le prime monete fatte coniare per essi sembra non fossero
anteriori all'anno 1569. Essendo morto Giberto nel 1580, Ca-
millo e Fabrizio continuarono uniti l'esercizio della zecca,
come apparisce da alcune monete d'oro, d'argento, ed una
di biglione che riporto più avanti, segnata coi loro nomi.
Non poche delle monete anonime spettano certamente al-
l'esercizio comune dei tre fratelli o dei soli Camillo e Fabrizio,
e più particolarmente quelle che portano il titolo in plurale
Comites.
Vedendo Camillo e Fabrizio che l'antico stemma del loro
casato era uguale a quello di Casa d'Austria, e immaginando
discendere da essa, ottennero, il 16 marzo 1580, dall' impe-
ratore di potersi denominare d'Austria, e per alludere a tale
pretesa origine posero sopra alcune monete la leggenda :
Originis inclitae signum insigne, leggenda conservata anche
da Siro, il quale poi adottò l'altra : Antiquissima familiae
austriaca insignia. L' iscrizione Sub umbra alarum tuarum,
accompagnata dall'aquila, di molte monete di Correggio, al-
lude alla protezione della stessa casa.
Morto anche Fabrizio nel 1597, Camillo, rimasto solo,
continuò a far battere monete d'oro, d'argento e di biglione,
col suo nome e verosimilmente anche senza. Morì Camillo
a' 3 giugno 1605.
Siro, figlio illegittimo, ma legittimato, di Camillo, ottenne
nuova investitura dall'imperatore Mattia, il quale a' 13 feb-
braio 1616, eresse Correggio, che dal 1459 era Contea, in
Principato, dichiarando Siro Principe dell'Impero (0. Privo
di meriti propri, visse nel riflesso della gloria dei suoi an-
tenati, e, imprevidente e dappoco, andò incontro a gravi
sventure. Non gli bastò di compromettersi con Roma e
con la Spagna, ma andò con cuore leggero incontro alla
(1) Secondo il Bigi l'erezione di Correggio in Principato, verso
l'esborso di 120,000 talleri, che l'Antonioli disse 6,000 soldi, d'oro, era
del 13 febbraio 1615. Forse errore di stampa ?
65
504 CARLO KUN7.
propria rovina, emettendo in larga misura, per biasimevole
sete di lucro, monete alterate nella legge, per la massima
parte contraffatte, e quelle d'altre zecche, senza che vales-
sero avvertimenti e reclami a farlo ravvedere. Particolar-
mente dalla Germania si moltiplicavano le proteste pelle
monete d' imitazione ch'egli faceva lavorare dal zecchiere
Rivarola e da altri. Ne avvenne che un decreto imperiale
del 1630 lo dichiarò spogliato dello stato, salvo che si po-
tesse redimere col pagamento di fiorini 230,000 ; ma non
potendo egli ciò fare, il duca di Modena Francesco I, pa-
gando tale somma alla Spagna ebbe il Principato, ed egli,
dopo avere implorato invano a Vienna la revoca del fatale
decreto, prese la via dell'esilio, e morì povero in Mantova
a' 25 ottobre 1645.
Il Litta scrive che la confisca dello stato fu ingiusta,
perchè l'editto monetario dell' Impero del 1559 infliggeva la
multa di cinquanta marche d'oro per la fabbricazione di mo-
nete non approvate, ed il trattato di Ratisbona aggiungeva
la soppressione della zecca. Sia come si voglia, a lui, che
fu l'ultimo signore di Correggio, toccò pagare il fio fra tanti
altri principi, che, investiti del diritto di zecca, per voglia
di lucro ne abusavano, adulterando le monete.
ARME.
L'arme del Principato di Correggio, quale vedesi raffi-
gurata nel Litta, nel bel mezzo tallero di Siro che adduco
più avanti, e sopra i suoi pezzi da quattro soldi col Santo
Giovanni, è partita di due, spaccato di uno : 1 e 6, d'oro
con aquila nera coronata ; 2, di rosso con correggia nera ;
3 e 4, d'azzurro con leone rampante d'oro, con giglio d'oro
sopra la testa ; 5 di porpora (?) con un cane levriere nero
al naturale ; nel centro scudetto di rosso con fascia d'ar-
gento ; sovrasta un capo d'oro caricato di un'aquila nera bi-
cipite. Tale arme, sopra altre monete di Siro, subì alcune
modificazioni e aggiunte arbitrarie di parentela o meno con
lo scopo di mascherare meglio le contraffazioni.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 505
L'antica arme della famiglia dei Correggio era di rosso,
con una fascia d'argento, come avevano anche i Gennari di
Ravenna, i d'Asella di Napoli, i Foscolo di Venezia, i Guidi
di Firenze, i Tommasi di Siena, i Savignani di Bologna, gli
Antignoli di Perugia (*), e pari era l'arme di Casa d'Austria;
donde, come fu detto, venne la pretesa dei Correggeschi di
discendere da essa. Federico III, erigendo nel 1452 la Si-
gnoria in Contea, concedette alla famiglia l'aquila nera co-
ronata in campo d'oro, e due leoni rampanti d'oro con giglio
d'oro sul capo, in campo celeste. La correggia nera in campo
rosso era un emblema desunto dal cognome. Guido di Ghe-
rardo adottò nel 1247 l'impresa del cane levriere, in memoria
della vittoria riportata contro Federico II mentre egli era
alla caccia. L'aquila imperiale fu concessa a Siro pel Prin-
cipato.
Un sigillo di ferro, esistente nel Museo di Padova mo-
stra uno scudo coronato, accollato a due rami di palma, in-
quartato di due aquile e due leoni, l'inquartatura divisa da
una croce, con lo scudetto della fascia nel centro, come
vedesi in parecchie monete di Camillo e Fabrizio, di Fabrizio
solo, e di Siro ; arme della Contea. La leggenda che corre
intorno: C/ELI GIBERTO REGINA DEDIT, allude ad un favo-
loso aneddoto sull'arme più antica della famiglia, narrato da
Rinaldo Corso nella vita di Giberto. Non so a quale correg-
gese possa spettare. Ne dò il disegno al numero 1.
BIBLIOGRAFIA DELLA ZECCA DI CORREGGIO.
1. Tariffe d'Anversa, degli anni 1580, 1627, 1629, 1633;
dall'Aia, 1630, ecc.
2. L. W. Hoffmann : Alter und neuer Munzschlussel. No-
rimberga, 1683, 1692 e 1715. Opera citata da altri per
non so quali monete di Correggio, mancando le tavole
all'esemplare che tengo.
(1) Gin anni : L'arte del Blasone.
506 CARLO KUNZ
3. I. C. Kòhler: Historische Munzbelustigung. Norimberga,
1729- 1765. Tomi 22 e 2 registri. Opera citata da Vin-
cenzo Promis, che non ebbi occasione di consultare, per
monete di Camillo.
4. Monnaies en argent du cabinet de S. M. Vienna, 1756 e 1769.
5. Monnaies en or du cabinet de S. M. Vienna, 1759 e 1769.
6. Carli : Opere, voi. III. Milano, 1784. Un breve cenno
sulla zecca, con la descrizione di un paolo anonimo.
7. G. A. Gradenigo : Indice delle monete d'Italia. In Za-
netti. Tomo II, Bologna, 1789, pag. 83. Descrive sette
monete (J).
8. P. Litta : Famiglie celebri Italiane. Fascicolo XV. Mi-
lano, 1825. Famiglia da Correggio. Non avendo egli po-
tuto dare tutti i disegni delle monete da lui raccolti,
perchè gli andarono perduti, riportò soltanto quelli di
tre ongari, due di Camillo ed uno anonimo, ma vero-
similmente dello stesso, che tolse all'opera n. 5: Monn.
en arg. ecc.
9. R. Chalon : Deux Monnaies italiennes du XVI lme siede.
{" Revue de Numismatique belge „, 1852). Illustra un
tallero anonimo secondo la tariffa d'Anversa del 1633,
dove porta il nome di Daldre de Origenes (2).
io. G. Picqué : Quelques monnaies et médailles inédites de
la collection Jonghe {" Revue de Numismatique belge „,
1861). Illustra non senza qualche errore, Tongaro di Ca-
millo con la Madonna, già pubblicato dal Litta.
11. G. Bigi : Di Camillo e Siro da Correggio e delle loro
monete. Modena 1870. In dieci tavole con 87 numeri, ri-
(1) Dal Zanetti apprendiamo che il dott. Girolamo Colleoni, di Cor-
reggio, erasi proposto d' illustrare la zecca della sua città, ma che, di-
stratto da altre cure, morì nel 1777, lasciando il lavoro interrotto. Il
dott. Michele Antonioli mostrò volerlo compiere, coll'aiuto del Zanetti,
ma non seppe perseverare. Morì poi anche il Zanetti, che avrebbe fatto
lavoro egregio, e l'opera sua delle zecche italiane non ebbe altro seguito.
(2) Perchè ommesso nell'opera del Bigi, ne dò la descrizione: ORI-
GINIS . INCL1T . SIGN . INSIG. Scudo coronato dal quale pende un
festone di foglie e frutti. L'arme di nove pezze, partita di due, .spac-
cata di due: 1, 3, 4, 6, 7, 9, leone rampante; 2, 5, 8, aquila bicipite co-
ronata. Rovescio : SI . PRO . NOBIS . QVIS . CONTRA . NOS . Aquila
bicipite coronata, avente nel cuore uno scudetto con la fascia.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 507
porta altrettante monete, alcune soltanto accennate quali
varietà, o per essergli mancati i disegni.
12. C. Kunz : // Museo Bottacin annesso alla Civica Biblio-
teca e Museo di Padova. (" Periodico di Numismatica e
Sfragistica „. Firenze, Tomo II, 1869-70). Cinque monete
ed una tessera, che non figurano nell'opera del Bigi.
13. D. Promis : Monete di zecche italiane inedite o corrette.
Memoria III, Torino 1871. Un mezzo scudo (?) d'oro, ano-
nimo, accompagnato da illustrazione storica.
14. H. Dannenberg: Unedirte Thaler (" Numismatische Zeit-
schrift „. Vienna, anno III, 1871) C1).
15. E. Forchheimer : Ein Thaler des Fùrsten Syrus von
Correggio. (" Numismatische Zeitschrift ,,. Vienna, 1876,
tav. VI, num. 1) (2).
(1) Con altre monete dà la descrizione ed il disegno di un tallero
di tipo olandese di Camillo. Eccone la descrizione: X MO X NO X
CAM X X AVS X CO X CO X- Uomo armato fino alla cintura, che
ha sotto uno scudo ornato di cartocci, entro il quale vi è un leone
rampante. Sotto: SO-70 (Soldi 70) — Rovescio * X CONFIDENS X
DNO X NON X MOVETVR X Leone rampante. — Verosimilmente
quello nominato in tariffa parmigiana del 1609 (Zanetti, t. V, p. 124,
nota 187), è la stessa moneta che il Bigi, p. 74, n. 57, dice aver trovato
valutata in tariffa di Bologna, 4 agosto 1612, per lire 1.15 o soldi 35,
dunque per metà del valore per cui fu emessa, certamente per ragione
della sua bassissima lega.
(2) Torna utile dare la descrizione di quel tallero: * LEODEGA-
R1VS . D . G . EPISCOPVS : AVGVPTODVNEN . P . S . Busto bar-
bato a d. con mozzetta, avente ai lati la data, 16-21. — Rovescio: IN-
SIGNIA . ANTICHISSIMA . ET . MATERNA . Arme cimata con co-
rona ducale, inquartata: 1, tre fascie; 2, leone; 3, partito, con una fa-
scia e tre bande; 4, partito con leone rampante e figura indistinta
l'innesto in punta, non chiaro, sarà di cinque gigli ; nel centro scudetto
con un'aquila. — Sarebbero le armi d' Ungheria, Boemia, Austria, Bor
gogna, Absburgo, Gorizia, nel centro Tirolo. Il tipo di tale tallero è si
mile ad alcuni del Tirolo dell'arciduca Leopoldo, degli anni 1620-1621
Vuoisi notare lo strano accoppiamento del nome di Santo Leodegario,
vescovo di Autun (?), con un tipo d' imitazione del Tirolo. Il busto poi
non è quello di quel santo, che nelle monete di Lucerna o dell'abazia
di Murbach e Ltìders, è rappresentato col trapano col quale fu acce-
cato, ma copia perfetta di quello del predetto arciduca. L'anno 1621
corrisponde bene all'epoca di Siro, e le lettere finali P. S. possono
anche significare Princeps Syrus. Finalmente l'iscrizione del secondo
508 CARLO KUNZ
16. A. Engel: Documents pour servir à la Numismatique de
l'Alsace, n. 7. — Contrefacons italiennes de quelqucs
monnaies d? Alsace. Mulhouse, 1879. — Sono riportati
tre pezzi di tipo strasburghese del Principe Siro, due
dei quali secondo il mio articolo del Periodico, ed altro
dello stesso Siro, imitato ad una moneta di Hanau, già
pubblicata nell'Or dormane e d'Anversa, 1643, e dal Bigi,
num. 65.
Ometto numerosi cataloghi nei quali sono soltanto de-
scritte monete di Correggio.
Il lavoro più copioso per le monete di Correggio è
adunque il libro del Bigi, il quale servirà di guida ai futuri
ricercatori. Ma, per quanto diligente e ricca di notizie sia
quell'opera, pure lascia qualche desiderio. La distribuzione
delle monete per anni dei signori, basata sopra vaghi dati
di capitoli di zecca, potrebbe non essere intieramente esatta;
l'attribuzione delle monete anonime apparisce di sovente ar-
bitraria o sbagliata (per esempio la doppia n. 58, assegnata
a Siro, quantunque porti il titolo plurale, Comites); il senso
di alcune leggende avrebbe richiesto una spiegazione ; la
descrizione ed il nome di qualche moneta non è sempre
esatta ; alcuna è riportata più volte ; i disegni non sono
sempre fedeli. Il tallero ch'egli adduce al n. 33, con le mo-
nete di Camillo, e suppone battuto anteriormente alla con-
cessione della zecca per semplice saggio (?), non è di Cor-
reggio, ma, come notai altrove {Periodico di Numismatica e
Sfragistica, tomo II), di Neuss, Nussia, città del Capitolo di
Colonia, nella provincia renana di Prussia, fra Dusseldorf e
Colonia, dove gli arcivescovi eressero verosimilmente una
zecca. Quella città ebbe più tardi il diritto di zecca, proba-
bilmente dall'imperatore Federico III (1452-1493), la cui statua
adorna la sua grande piazza. L'aquila bicipite del rovescio
di quel tallero alluderebbe a quell' imperatore. Il santo Qui-
lato non sarebbe che una variante delle altre : ORIGIN1S INCLITAE
SIGNVM INSIGNE, e ANTICHISSIMA FAMILIAE INSIGNIA, che si
leggono sopra alcune monete di Correggio. Ciò rende molto plausibile
l'attribuzione proposta dal valente numismatico di Vienna, di quella
abile contraffazione.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 509
rino raffiguratovi è il soldato martire, che servì nell'armata
di Massenzio e fu decapitato per ordine di Aurelio, prefetto,
di Roma. Il santo Quirino delle monete di Correggio è in-
vece il vescovo martire, nato a Siscia, annegato il 4 giugno
303 il cui corpo, dalle catacombe di Roma, fu nell'anno 1140
deposto nella chiesa di Santa Maria in Trastevere (0.
Ecco le monete inedite che posso aggiungere a quelle
finora pubblicate. Non potendosi sempre determinare con
esattezza a quale dei signori di Correggio spettino le ano-
nime, seguo il metodo già tenuto dall' illustr. V. Prornis nelle
Tavole sinottiche, il quale ne fece una serie a parte, e come
lui incomincio da esse (2).
MONETE ANONIME.
2. + S • QUIRINE • EPE • CORREGE • ET • PRO • Testa nimbata
mitrata del Santo, accostata dalle lettere S--Q.
HIS • PETENT • SIDERA • PENNIS • Pegaso volante a destra,
dietro il quale c&-
Cavallotto d'argento, da soldi 6, grammi 2,47.
Nessuno di questi cavallotti riportati dal Bigi ha quelle
iniziali, né dal suo libro si ricava a quale dei zecchieri da
lui menzionati possano alludere. Ometto qualche altra va-
rietà, senza le sigle del massaro, una delle quali, col Santo
privo del nimbo, ha dietro il pegaso un piccolo giglio in-
vece della più comune crocetta. Cavallotti col pegaso e
Santa Catterina, battevansi nella zecca di Bozzolo, e forse
anche in Guastalla, col cavallo in quelle di Sabbionetta e
di Guastalla.
3. + COMITES + + CORRIG-II. Arme entro uno scudo ovale
ornato di cartocci, colla fascia ed un capo d'aquila fra
due leoni.
(1) A. Butler: Vite dei Padri e Martiri. Venezia, 1824.
(2) Il paolo anonimo che il Bigi tolse della tariffa di Anversa : Or-
donnance et instruction pour les changeurs, 1633, e diede nella tav. Ili,
n. 19, non è già un da sei soldi ma da otto, come appare dal numero 8
segnato sotto il santo, ch'egli prese per 6.
510 CARLO KUNZ
PERCVRRAM • QVACVNQVE • VELOX. Cavallo in corsa verso
la destra.
Cavallotto d'argento da soldi 5 (?), grammi 2,32.
È simile al n. 31 del Bigi, ma differente da quello per
l'assenza della maschera sopra lo scudo, e per altro collo-
camento della leggenda del secondo lato. Poiché Affò (in
Zanetti, Tav. V, pag. 242), menziona un cavallotto di Cor-
reggio, forse questo, valutato in tariffa di Parma 3 febbraio
1623, lire 3,6, e per essere il suo peso inferiore a quello
dei cavallotti col pegaso, oltreché di tipo differente, suppongo
valesse in Correggio soldi cinque. L'arme è quella della
Contea, ma non è facile poter dimostrare se tale moneta
spetti ai tre fratelli Camillo, Giberto e Fabrizio, od ai soli
Camillo o Fabrizio.
4. C COR. — SPERAC — • ALP. Testa giovanile a sinistra.
SPECIETV • - • AL • M • A. Testa galeata di Alessandro
Magno più simile a quella di Minerva.
Parpagliola di biglione, grammi 1,44.
Imitazione di parpagliole di Parma del duca Alessandro
Farnese, battute vivente suo padre Ottavio. C. COR. credo
doversi spiegare per Comes o Comites Corrigiae; A • M •
significano Alexander Magnus come in quelle di Parma ;
SPERAC- SPECIETV sono alterazione di Speculum e Speculator.
Vi sono imitazioni simili anche di Frinco.
5. + MON. COM. CORRIG-. Tre armette disposte a modo di
trifoglio.
SOLI — DEO — G-LO — RIA. Croce grande che divide la
leggenda, intersecata diagonalmente da altra più breve.
6. Simile, con : •:• MON • COM • CORIG- •
7. Simile, con : > MON • COM • CORRG ; in altra, CORRIG-.
Argento, grammi 1,03; 1,13; 1,08.
Sono varietà della moneta riportata dal Bigi, tav. V,
n. 50, ch'egli dice impropriamente sesino. Le tre armette
colla fascia, l'aquila ed il leone hanno diverso collocamento.
Cotali contraffazioni di baizen di Uri, Svitto e Underwald,
spettano verosimilmente a Siro. Una simile è della zecca di
Guastalla,
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 51I
8 NO. CIVIT. CORRIG- .... Scudo a teschio di cavallo,
con banda scaccata ed il capo di una croce.
Spino fiorito, con fogliette nel giro.
Quattrino, di basso biglione, decigr. 5,0.
Contraffazione di quattrini di Alberico Cybo, principe di
Massa Lunigiana (0. Raccolta del signor conte Nicolò Papa-
dopoli di Venezia (2).
9. + DOMINI • CIVITA .... Nell'area grande L ch'era proba-
bilmente accompagnata da due numeri di data.
+ S . . . VS • QVIRINVS • E • Busto coronato, nimbato.
Quattrino, di rame.
Nel Periodico di Firenze riportai altro simile quattrino
imitato secondo quelli di Lucca col Volto Santo, della se-
conda metà del secolo XVI, e del principio del secolo XVII.
Si hanno consimili imitazioni anche di Treggiana, Castiglione
delle Stiviere, e Novellara.
CAMILLO e FABRIZIO, CONTI
(1580- 1597).
io. •: CAM • ET • FAB • C • CIV • COR • Nell'area + C • F +, fra
due doppie righe, sotto le quali è una piccola correggia.
+ SALVS • MVNDI • I • DO K Croce trifogliata.
Quattrino, di rame.
Imitazione di quarti di Carlo Emmanuele I, duca di Sa-
voia (3). È probabilmente la moneta alla quale A. Morel-Fatio,
(1) Viani : Memorie della famiglia Cybo, ecc. Tav. X, n. 6, 7, 8,9, IX, 12, 13.
(2) Quando incominciai a pubblicare questi articoli m'ero proposto
di attingere unicamente alle mie schede, ma già nel secondo articolo
deviai dal mio proponimento, pubblicando, per gentile concessione del-
l' illustr. cav. Vincenzo Promis, un mezzo scudo d'oro di Lodovico II
Pico, Signore di Mirandola. Dopo d'allora l' illustr. signor Conte Nicolò
Papadopoli, dottissimo nummografo e possessore d'una delle più ricche
collezioni di monete italiane, con generosità piuttosto unica che rara,
mi concesse spontaneamente di valermi del suo medagliere per quei
pezzi che vi trovassi appropriati al mio scopo. Gli è perciò che già in
questo terzo articolo figurano non poche monete inedite di Correggio
della serie da lui posseduta. Mercè sua il lavoro al quale mi sono sob-
barcato acquisterà quell'interesse che altrimenti non avrebbe avuto.
Abbia il nobile signore e generoso mecenate le mie più sentite grazie.
(3) Promis : Monete dei Reali di Savoia, tav. XXIX, n. 15.
66
512 CARLO KUNZ
pubblicando una simile di Frinco U)j accennava, dicendola
battuta dai Conti di Correggio ad imitazione dei quarti da
sette al soldo, battuti in Ciamberì dal 1584 al 1586. Colle-
zione Papadopoli. Altre imitazioni di tali quarti sono di Asti,
Frinco, Messerano, Passerano e Castiglione.
CAMILLO, CONTE
(1597-1605).
li. « MONETA * NOV * * AVRÒ * CI * C * Uomo cata-
fratto, di faccia, che tiene con la destra un'alabarda.
* TV * NOS * AB * HOSTE * PROTESE **# Maria V. coro-
nata, colFinfante sulle ginocchia, e mezza luna sotto i piedi.
Ongaro, grammi 3,40.
Fra i tre ongari pubblicati dal Litta vi è uno simile e
con pari rovescio, il quale, intorno alla figura, che tiene
nella destra il bastone del comando, ha il nome di Camillo,
per cui anche questo, sebbene privo del suo nome, deve
appartenergli. Sono imitazioni, al pari di uno di Ranuccio I
Farnese, duca di Parma, d'Ongari di Ungheria dei re Matteo
Corvino e Ladislao II. Uno simile al presente, coll'uomo ar-
mato che tiene l'alabarda, appartenente alla Gheldria, fu
pubblicato da J. Rittensten nel periodico Wiener Numisma-
tische Monatshefte, t. II, Vienna 1866. Tali ongari di Cor-
reggio sembra fossero tutti di basso titolo, perchè in una
grida del 26 decembre 1596, presso il Gobio, si tariffano in
Mantova, gli ongari tutti lire 9,10, eccettuati quelli di Cor-
reggio che furono banditi perchè adulterini (2). Anche questo
rarissimo pezzo è posseduto dal signor Conte Papadopoli.
SIRO D'AUSTRIA, CONTE poi PRINCIPE
(1615-1630 f 1645).
12. SYRVS • AVST • SACR • R • IMP PRINCIPI • ET • CORRIGII •
Busto del principe verso la sinistra, con armatura e col-
lare liscio.
* MONETA - * NOVA - * CIVITA - TI * CORR. Scudo
sormontato da corona, inquartato, 1 e 4, aquila; 2 e 3,
(1) Monnaies inédites de Dezana, Frinco et Passerano (Revue Numts-
matìque, 1865).
(2) Affò, in Zanetti, t. V, p. 212,
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 513
leone rampante. Nel centro scudetto colla fascia ; la in-
quartatila divisa da una croce. Dallo scudo sporgono
quattro gigli che fingono le estremità d'una croce dia-
gonale gigliata.
Ducutone, di basso argento, grammi 23,10.
Sia pel ritratto del Principe, rivolto alla sinistra, che per
le altre sue particolarità, tale pezzo, che vanta pure la col-
lezione Papadopoli, riesce singolare e nuovo pel disegno ;
ma ne diede la descrizione il Madai, con la sola differenza
di COR invece di CORRIGII (0.
13. SYRVS : AVSTRIA : S : R : IMPERI : AC : P : CO : Busto del
Principe a destra, con armatura e collare a lattuca.
ANTIQVISS • FAM • INSIGNIA • 1628. Scudo coronato, ornato
di cartocci, ed un giglio sotto la corona. I punti dello scudo
sono quelli dell'arme del Principato descritta più addietro.
Mezzo ducatone, d'argento, grammi 14,10.
Anche tale bella moneta, che trovo descritta in Madai (2)
ed in Appel (3) è posseduta dal signor Conte Papadopoli.
14. * SYRI AVSTRI • SA • RO • IM • PRIN • ET ■ C • Aquila bici-
pite coronata, con globo nel petto dal quale sorge una croce.
MO - NETA N - OVA • CI - VITATI ■ — CO- Arme coro-
nata inquartata, 1 e 4 controinquartata, 1 e 4 scudetto
colla fascia, 2e3, aquila; 2 e 3 leone rampante. Dietro
lo scudo sporgono obliquamente le estremità di una
croce simile a quella di Borgogna. Vedansi i num. 6
e 7 del precedente articolo : Monete di Mirandola.
Fiorino, d'argento, grammi 4,55.
È differente dal n. 79 del Bigi per la croce dietro lo
scudo, che in quello manca.
15. * SYRI * AVSTRI * SA * RO * IM * PRIN * ET * C
Aquila a due teste, coronata.
* MON — ETÀ * NO — VA * CI - VITAS * — CO * Arme
coronata, dalla quale sporge la croce, come nella mo-
(1) D. S. Madai: Volls/dndiges Thaler-Cabinet, t. II. Konigsberg,
1766, n. 4603.
(2) T. I, n. 2056, con ET invece di AC.
(3) Repertorium der Miinzkunde des Mittelalters und der neueren Zeit,
voi. Ili, Vienna, n. 1703.
5I4 CARLO KUNZ
neta precedente. Lo scudo è partito d'uno, spaccato di
due: i, aquila coronata; 2 e 3 leone rampante; 4 e 6,
campo caricato di una fascia ; 5 scudetto colla fascia.
Fiorino, d'argento, grammi 4,50.
È questo un altro pezzo della insigne collezione Papa-
dopoli, che non trovai pubblicato da altri.
16. • SIRVS • AVST • CORR • PRIN • Arme coronata come nel
mezzo ducatone, n. 13.
S • IO • AVST -DE CORR • AB • Santo vescovo seduto,
con pastorale nella destra.
Da quattro soldi, d'argento, peso .... ?
Simile ai n. 74 e 75 del Bigi, ma con la differenza che
il primo ha sotto il Santo il numero UH del valore, ed il
secondo, senza tale numero, ha lo scudo privo degli orna-
menti che si vedono in questo. Il Santo rappresentato sopra
tali pezzi, come m' insegna l'erudito signor dott. Don Pietro
Tomasin, sarebbe San Giovanni Austero, che nato nel 1454
a Nicopoli di Siria, fu consacrato vescovo di Colonia nel-
l'Armenia, poi arcivescovo di Sebaste, e morì di 104 anni
nel convento di S. Saba dove erasi ritirato.
17. SYRVS : AVSTRIAC : CORR : Aquila bicipite coronata, con
uno scudetto o globo crucigero nel petto, entro il quale
è iscritto il numero 3.
+ SI : PRO : NOBIS : QVIS : CON : NOS : Scudetto caricato
di una fascia, accostato di due punti e sormontato dalla
data 1617.
Argento basso, grammi 1,50.
Imitazione perfetta, tranne che nelle leggende, di pezzi
da tre kreuzer di Zugo, la cui arme è d'argento con una
fascia azzurra, analogia che indusse Siro a far eseguire tale
contraffazione, destinata piuttosto che alla circolazione nel
suo stato, alla diffusione clandestina nella Svizzera.
È posseduta anche questa dall' illustr. signor Conte Pa-
padopoli, al quale sono lietissimo di ripetere la mia devo-
zione e riconoscenza.
MASSA LOMBARDA (*>.
La famiglia d'Este fu una delle più antiche e principali
d'Italia. Un marchese Adalberto, della fine del secolo X, ch'è
il primo menzionato da Muratori, sarebbe disceso dagli an-
tichi duchi e marchesi della Toscana. Coi figli di Azzone II
(t 1097), Guelfo IV e Folco I, il casato si divise in due rami
principali, il tedesco e l'italiano. Guelfo IV, erede della casa
Gue/ph, fu duca di Baviera e così pure Guelfo V, Arrigo II
il nero, ecc., e da lui discesero i casati principeschi di Brun-
swick e di Annover, il quale ultimo diede all' Inghilterra i
re Giorgio I, Giorgio II e Giorgio III. Altri furono conti di
Maine, duchi di Glocester, di York, di Sussex, di Clarence,
di Cumberland, di Kent, di Cambridge.
Il ramo italiano ebbe per fondatore Folco (f 1128), dal
quale discesero i marchesi della Marca d'Ancona, poi signori
di Ferrara, Modena e Reggio. Il cospicuo casato annoverò
uomini insigni nelle armi, nelle dignità ecclesiastiche e nella
magistratura ; molti presero parte alle crociate, ebbero illu-
stri parentele con principi ed imperatori, resero splendida la
corte di Ferrara con feste, tornei, caccie e pompe d'ogni
maniera.
Fra i marchesi della Marca d'Ancona e signori di Fer-
rara siano ricordati i seguenti. Azzo VI (f 1212), vicario im-
periale, podestà di Ferrara, di Padova e di Mantova, poi
primo signore di Ferrara, 1208. — Aldrovandino (f 1215),
erede del padre Azzo VI, non col titolo di signore, quan-
tunque lo fosse, ma con quello di podestà di Ferrara, come
lo fu di Mantova e di Verona. — Azzo Novello (f 1264),
investito da Federico II dei suoi domini, perde nel 1222 Fer-
rara, che riacquista nel 1240. Preludiò alla munificenza degli
Estensi verso le lettere, proteggendo i poeti provenzali. —
Obizzo (f 1293), successore dell'avo Azzo Novello. Nel 1288
fu eletto signore di Modena, e nel 1289 prese possesso di
Reggio, e portò al colmo la potenza di casa d' Este. —
(1) Dall' Are heografo Triestino, 1882, voi. IX, fase. I-li,
5l6 CARLO KUNZ
Azzo VII (t 1308), che alla morte del padre Obizzo fu ri-
conosciuto signore di Ferrara, Modena e Reggio, le quali
ultime poi gli si ribellarono, costituendosi in Repubblica. Nel
1304 fu ascritto coi figli alla nobiltà veneta. — Obizzo II
(f 1352) riacquistò Modena e tenne per poco Parma. — Ni-
colò II (f 1388), che conseguì da Carlo VI la investitura dei
suoi stati, e da Nicolò V, nel 1368, il confalonierato perpetuo
per sé e la sua casa. — Nicolò III (+ 1441), promosse le
arti e le manifatture in Ferrara, vi eresse la celebre torre
del Duomo, scrisse lettere latine che furono pubblicate. Ma-
rito in seconde nozze di Parisina, che fece decapitare col
figliastro Ugo, fatto che diede argomento di tragedia al no-
stro illustre Antonio Somma. — Leonello (f 1450), figlio del
precedente, uomo di gran senno, erudito, colto nelle scienze
sacre e poeta. Fece fiorire la università di Ferrara, radunò
codici, oggetti d'arte e di antichità, con cui diede principio
alle famose collezioni che, ad emulazione dei Medici, resero
la casa d' Este benemerita del sapere. Ebbe alla sua corte
molti letterati, protesse gli uomini dotti, e per sua esortazione
Gian Battista Alberti pubblicò i suoi libri sull'architettura.
Fra quelli che furono duchi di Modena e di Reggio e
duchi di Ferrara vogliono essere menzionati: Borso (f 1471),
fratello di Leonello, pel quale l' imperatore Federico III
(1452) eresse Modena e Reggio, colla Garfagnana, in du-
cato, e Rovigo in contea. Fu tra i principi d' Italia celebra-
tissimo per le sue virtù e la protezione accordata ai buoni
studi ; emanò savie leggi ed ottimi provvedimenti : protesse
le manifatture ed incoraggiò l'agricoltura. — Ercole I (f 1505),
fratello di Leonello e di Borso. Fu guerreggiato dalla Re-
pubblica Veneta ; amò grandemente le feste, gli spettacoli,
le giostre e le caccie. A lui si deve l' istituzione dei teatri
in Ferrara, da dove uscirono gli attori che insegnarono il
modo di recitare le commedie. I Menecmi di Plauto, rappre-
sentati in Ferrara nel i486, possono considerarsi per la prima
rappresentazione eseguita in Italia. La sua corte fu sede di
distinti letterati, quali il Boiardo, il Collenuccio, il Leoniceno,
il Guarino, il Tibaldeo. A lui è dovuto il volgarizzamento
di molti codici greci e lo stabilimento di una tipografia in
Ferrara, nel 1476.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 517
Tutto ciò e molto più ancora può leggersi in Pigna (r),
in Muratori (2), in Litta (3) ed in altri. A me basta quale
preambolo per venire ad Alfonso I, che fu terzo duca di
Ferrara, dal 1505 al 1534, e padre di Francesco d'Este,
marchese di Massa Lombarda, argomento del presente ar-
ticolo.
Alfonso I incominciò il suo governo colle avversità, che
non lo abbandonarono quasi mai. Ebbe insidiata la vita dai
fratelli e da altri ; fu osteggiato da molti e specialmente dai
rapaci pontefici Giulio II, Leone X e Clemente VII, che am-
bivano il possesso dei suoi Stati e miravano alla rovina della
sua casa. Scomunicato più volte, combattè strenuamente con
le armi come un semplice soldato, e con le ragioni, contro
le pretensioni di quei papi, né fra tanti travagli dimenticò le
nobili aspirazioni, perchè professò amore e stima ai dotti ed
ai letterati. Per tacere degli altri, amò sopra tutto Lodovico
Ariosto, che adoperò in gravi affari (4). Tenne pure in gran
conto i valenti artefici, particolarmente i pittori; fu peritissimo
della musica ; ebbe grande cognizione d'armi, d'uccelli e di
cavalli ; dilettossi assai dell'architettura ; fabbricò piatti di
terracotta dei quali si servì quando, pei suoi bisogni di
guerra, dovette impegnare le argenterie della propria tavola;
fece fondere gran copia di bellissime artiglierie che adoperò
egli stesso in difesa propria ed in aiuto d'altri; inventò i pi-
strini per la fabbrica della polvere. Morì il 3 ottobre 1534.
Lascio la parola al Muratori, il quale scrive : " Così terminò
* i suoi giorni Alfonso I d'Este, duca di Ferrara, principe
" di gran mente, che nell'avversa fortuna fu sempre intre-
" pido e maggiore di sé stesso, e nella prospera moderatis-
" simo, e che per tutta 1' Europa dilatò la fama di Ferrara
* e la gloria del suo nome, non meno pel valore delle armi
* che per la saviezza e destrezza sua nel maneggio degli
" affari politici e nel buon governo de' suoi Stati. Servirono
u i terribili contrattempi in mezzo ai quali si trovò per tanti
(1) Historie dei Principi d'Este. Ferrara, 1570 e 1596.
(2) Antichità Estensi. Modena, 1717.
(3) Frantigli a d'Este.
(4) Giulio II in un impeto di collera voleva far gettare nel Tevere
l'Ariosto, ambasciadore di Alfonso !
518 CARLO KUNZ
" anni a far maggiormente risplendere il coraggio e l'ac-
" cortezza sua in aver saputo resistere a tre papi cotanto a
" lui superiori in autorità e potenza e insieme sì acerbi ne-
" mici suoi e sempre meditanti e provocanti la di lui ro-
* vina ,.
La prima moglie di Alfonso fu Anna di Galeazzo Maria
Sforza, duca di Milano (f 1497). Costretto per ragioni di po-
litica di prendere per seconda moglie Lucrezia Borgia, ve-
dova di tre mariti, figlia spuria di Alessandro VI, sorella
del duca Valentino, il più grande scellerato dei suoi tempi,
ebbe da essa Ercole, Ippolito, Eleonora e Francesco. Er-
cole II gli succedette nel ducato ; Ippolito fu cardinale; Eleo-
nora fu monaca, e di Francesco dirò quanto abbisogna.
Francesco, figlio del duca Alfonso e di Lucrezia Borgia,
nacque nell'anno 1516 e fu appellato Don Francesco. Nel
1538 fu inviato dal fratello Ercole II ai servizi dell' impera-
tore Carlo V. Tornato a Ferrara, dopo avere accompagnato
in Ispagna ed a Nizza Y imperatore, fu spedito dal fratello a
Roma, dove conchiuse un accordo fra Paolo III ed il Duca,
colla rinnovazione della investitura data da Alessandro VI
alla casa d' Este. Passò poi a Napoli per accompagnarsi con
Donna Maria di Cardona marchesa della Padula, con la quale
era stato conchiuso il matrimonio per interposizione dell'im-
peratore. Portò la principessa in dote non solo quel Mar-
chesato, ma non poche altre signorie, le quali non continua-
rono nella casa d' Este, sendochè ella non lasciò figliuoli e
cessò di vivere nel 1563.
Fu Don Francesco intrepido nelle armi e non inferiore
a nessuno. Già durante l' impresa di Marsiglia cominciò a
• dare saggio di valore che raffermò vieppiù a Gand ch'erasi
ribellata, nella impresa d'Algeri, poi nuovamente nelle Fiandre
contro Guglielmo duca di Cleves, in qualità di generale della
cavalleria leggera. Nel 1543 fu fatto prigione e liberato dal
re di Francia. Militò in Piemonte quale generale della fan-
teria italiana, poscia in Germania contro Gian Federico duca
di Sassonia e contro il Landgravio di Assia. Nella guerra
contro i francesi, allorché fu presa Lucemburgo, ruppe mille
cavalli comandati dal signore di Brissac, sconfisse poscia il
Principe di Rocca Sorione che conduceva una compagnia
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 519
d'uomini d'arme. Mancato di vita Carlo V, passò ad istanza
del fratello duca, per interessi di famiglia, al servizio della
Francia, dalla quale ebbe il comando di una compagnia d'arme
ed il collare dell'ordine di San Michele. Fu poi spedito luo-
gotenente regio a Montalcino, dove, dopo la caduta di Siena,
erasi raccolta la rappresentanza di quella Repubblica. Ri-
dotto alla quiete in Ferrara vi morì nell'anno 1578. Dalla
moglie Maria di Cardona non ebbe figli, ma lasciò due figlie
naturali, Bradamante (J) e Marfisa. La prima fu maritata al
conte Ercole Bevilacqua ; la seconda, lasciata erede di
300,000 scudi, fu, secondo l'ordine del testamento del padre,
data in moglie a Don Alfonsino suo cugino, dal Tasso in
una canzone chiamato giovine regale.
Il padre gli aveva lasciato Massa Lombarda, terra nella
provincia di Ravenna, non ignobile agri Ferrariensis oppidum,
(Bellini), che gli abati di S. Maria di Cosmedin in Ravenna
avevano anticamente dato a Leonello d' Este. Massa Lom-
barda, che dapprima fu detta Massa di San Paolo, per una
chiesa erettavi, dedicata a tale Santo, ebbe tale nome quando,
divenuta importante verso il 1232, andarono a stanziarvisi
molte famiglie lombarde, specialmente di Brescia e di Man-
tova, fuggenti il governo dei ministri di Federico II impera-
tore. Francesco d' Este vi ottenne dall' imperatore il titolo
marchionale e dal 1564 il diritto di zecca (2).
(t) Così Muratori; Litta scrive Brandimarte, che sarà lo stesso.
(2) Muratori scrive che Alfonso, figlio del duca Alfonso e della
Dianti, vedendo che suo fratello Francesco aveva ottenuto che Massa
Lombarda fosse eretta in Marchesato, non volendo essere da meno di
lui, anch'egli impetrò nel 1562 dall' imp. Ferdinando I l'erezione della
terra di Montecchio, a lui spettante, in Marchesato, per sé e suoi di-
scendenti maschi, con la facoltà di battere moneta d'ogni metallo. S'è
così, la concessione a Francesco sarebbe anteriore all'anno 1564, come
affermano Litta, Promis (Tavole sinottiche) ed altri. E Bellini scrive :
Privilegium cudendi ex omni metallo monetas a Ferdinando lmp. Vili
Kal. Novembris MDLX1V Franciscum impetrasse, eodemque tempore
Massam Lombardorum fuisse Marchionalus titulo ab ibsomet Caesare
condecoratam. La domanda di Alfonso per uguale concessione deve
dunque essere posteriore all'anno 1562. Ignorasi poi s'egli abbia otte-
nuto il suo desiderio, e se Montecchio abbia avuto zecca, ma è per-
messo dubitare.
67
520 CARLO KUNZ
Esercitarono gli Estensi, prima e dopo, il diritto di zecca
in Ferrara, Modena, Reggio e Brescello. Quanto alla Gar-
fagnana, le monete di Cesare d' Este col titolo PRINCEPS •
G-ARFIGNÀNÀE, furono da lui fatte lavorare in Modena, come
dimostrano le lettere L. S., sopra uno dei due quattrini, che
spettano al zecchiere di Modena Lodovico Selvatico. Riguardo
ad Este, dalla quale la casa trasse l'origine ed ebbe il nome,
le monete di Ercole I, Alfonso I, Alfonso II, Cesare, Fran-
cesco I, Francesco II, Rinaldo e Francesco III, con NOBILI-
TAS • ESTENSIS, furono tutte battute in Ferrara. Per Rovigo
mancandomi nuovi dati in proposito, non posso fare altro
che ripetere quanto dissi altra volta a proposito di un quat-
trino di Borso d'Este con un liocorno, ed al rovescio una
aquila bicipite coronata, con la leggenda : COMITÀTws IN-
SìGrne (J). Sorge il pensiero che quel quattrino sia battuto
(per uso di quella città, aggiungo ora), nella occasione in
cui l'imperatore Federico II investì quel principe della Contea
di Rovigo, decretando per essa l'arme partita, di azzurro con
mezza aquila d'argento, e d'oro con mezza aquila di nero (2).
Ottenuto ch'ebbe il marchese Francesco il diritto di
zecca, imprese ben presto a far lavorare monete d'ogni me-
tallo, le quali formano una delle più interessanti e rare serie
della numismatica italiana. Da codicillo del suo testamento
menzionato da Bellini, e riportato in parte in una recentis-
sima pubblicazione del Can. Teol. Luigi Balduzzi (3) risulta
che la zecca era nella terra stessa, e che i casamenti nei
quali fu impiantata restassero in proprietà della sua erede
universale Marfisa.
Guido Antonio Zanetti, annotando l' indice delle Monete
di mons. Gian Agostino Gradenigo, prometteva di pubbli-
(1) Museo Bottacin. Periodico di Numismatica e Sfragistica, voi II.
(2) Pigna : Historia dei principi d'Este, ijjo. — Nicolio : Historia
dell'origine et antichità di Rovigo, 1582. — Bronziero : Istoria delle ori-
gini e condizioni dei luoghi principali del Polesine di Rovigo, 1747.
(3) L'arme di Massa Lombarda; cenni storici. Dal Giornale araldico-
genealogico, anno IX, Pisa, 1882. — Porgo le più sentite grazie all'il-
lustrissimo sindaco di Massa Lombarda, il quale, ad una mia domanda,
quale fosse l'arme di quella terra, rispondevami con la massima gen-
tilezza e coli' invio della suddetta memoria, ricca di belle notizie storiche.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 52 1
care a suo tempo le monete di questa serie, ed in una let-
tera a Francesco Bellati annunziava un trattato sulle monete
di tutte le zecche estensi, compresa quella di Massa Lom-
barda (*), ma anche tale suo generoso proponimento frustrò
la morte e privò la numismatica italiana di un lavoro che,
al pari degli altri suoi, avrebbe dato testimonianza del suo
sapere e di quell'acume che lo resero tanto segnalato. Im-
porterebbe assai che qualcuno si occupasse del suo lascito
manoscritto, che trovasi nella Biblioteca di Brera, pubblicando
quanto può tornare utile nello stato presente della scienza.
Trattandosi di una non grande, quantunque bella serie di
monete del marchese Francesco, trovo opportuno di descri-
vere tutte quelle che mi sono note, aggiungendo il disegno
di alcune. Se il seguente elenco riuscì meno incompleto ne
devo particolare riconoscenza all' illustrissimo signor conte
Nicolò Papadopoli, il quale, come fece già pel precedente
articolo di Correggio, con isquisita e rara gentilezza mi con-
cesse d' ispezionare quelle non poche monete di tale serie
ch'egli possiede, per cui gli rendo amplissime grazie.
FRANCESCO D' ESTE
i564-i578-
1. Scudo d'oro, peso grammi 3,40.
FRANCISCVS * ESTENSIS Busto del Marchese a destra,
armato di corazza.
DVX • IN • HOSTES • PARITER • ET • CLYPEVS. L'aquila estense,
ch'era d'argento in campo azzurro, entro uno scudo
ovale, ornato.
Fu pubblicato da V. Bellini, nella prima dissertazione,
pag. 64, n. 1 (2), Il tipo di questa moneta è piuttosto da
ducato, ma il peso, con esempio insolito, è eguale a quello
dello scudo d'oro che segue.
(1) B. Biondelli : Lettere inedite di Guid' Antonio Zanetti. Milano,
1861, pag. 38.
(2) De monetis Italiae medii aevi hactenus non evulgatis, ecc. Fer-
rame, 1755.
522 CARLO KUNZ
2. Scudo d'oro, grammi 3,40.
FRANC • ESTENS • MARCH • MASSAE. L'aquila estense, entro
uno scudo a rombo, o piuttosto un quadrato collocato
obbliquamente, sormontato da corona formata di un
semplice cerchio, e accostato da sei cornucopie, due in
alto e quattro sotto,
SPERABO • ET- NON • CONFVNDAR. Piccola croce colle estre-
mità formate a doppio riccio, sormontata ciascuna da un
cardo con quattro foglie.
I cardi alludono alla moglie, Maria di Cardona. L'arme
dei Cardona di Spagna era di rosso, con tre cardi fioriti
d'oro, gambuti e fogliati di verde; i Cardona d'Italia porta-
vano d'azzurro con tre cardi simili.
Vedesi il disegno di tale scudo d'oro in Tariffa veneta in
foglio, del 17 marzo 1564, dove è valutato lire 6 e soldi 16 (J).
Fu pubblicato inoltre dà Giovanni Brunacci (2) col segno
dell'argento, certamente per errore, come errò dicendo car-
ciofi i cardi della croce, e da Bellini, nella seconda disser-
tazione (3). Entrambi questi pezzi sono posseduti dall' illustr.
signor conte Nicolò Papadopoli.
3. Tallero.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MAR • MAS. Il suo busto a
destra, fino alla cintura, in armatura, sopra un listello
sotto il quale è un rabesco di due foglie.
+ DVX • IN HOSTES • PVR • ITER (sic) ET • CLIPEVS. Aquila
spiegata colla testa rivolta a destra.
W. Stiirmer : Verzeichniss und Gepràge der groben und
kleinen Mùnzsorten. Leipzig. 1572. L. W, HofTmann : Alter
und neuer Mùnzschlùssel. Nurnberg 1715, T. I, tav. 28.
4. Tallero, grammi 26,29.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MAR • MAS. Busto armato del
(1) In quel tempo lo scudo d'oro di Venezia valutavasi L. 6, s. 18.
Questo fu dunque riconosciuto alquanto inferiore.
(2) Monete tre estensi, lettera al sig. Nicoletto Venezze, Padova, 1763.
(3) Altera dissertatici, Ferrariae, 1767.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 523
Marchese, a destra, con la mano destra al fianco, e la
sinistra sulla impugnatura della spada.
+ DVX • IN HOSTES • PARITER • ET CLIPEVS. Aquila spie-
gata, colla testa rivolta alla sinistra.
Nel Museo di Padova. Stimandolo inedito, ne dò il di-
segno* (n. 1 della tavola).
5. Tallero.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MARCH • MAS. Busto del Mar-
chese, in armatura, come nel precedente.
* SI • NON • VIRES • ANIMVS. Leone sedente a sinistra, colla
zampa anteriore destra alzata.
L. W. Hoffmann, opera citata, T. I, tav. 28. Il leone
dovrebbe avere la zampa alzata ferita, sgorgante sangue,
ciò che non apparisce nel disegno dell' Hoffmann, come in
altre monete che descrivo più avanti. Tale tipo singolare
del leone ferito, allude forse a taluna delle imprese guerre-
sche in cui il valoroso Marchese rimase ferito ?
6. Tallero, grammi 25,87.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MARCH • MAS. Il suo busto
armato, come nei due talleri precedenti.
* PARI *•—-•# ANIMO. Due tempietti rotondi con colonne,
cupola e lanterna. Sotto la base un ornatino di foglie.
W. Stiirmer ; descritto da D. S. Madai Thaler- Cabinet,
T. I. Kònigsberg, 1765 n. 1999, e da Reichel: Die Reichel'sche
Munzsammlung , T. IX, n. 1652, da questi colla differenza di
tre crocette, invece delle rosette.
Litta diede il disegno di una medaglia del Marchese
Francesco, col suo busto accompagnato dalla leggenda:
FRANCISCVS • ESTENSIS-, e al rovescio i due tempietti, sotto
i quali lo stesso motto : PARI • ANIMO.
Non mi riesce indovinare il concetto di tale bel tipo
dei due tempietti, che comparisce anche in altri pezzi. Forse
allude al marchese Francesco ed al padre di lui Alfonso I ;
forse al Marchese ed alla di lui moglie Maria di Cardona?
(N. 2 della tavola).
524 CARLO KUNZ
7. Tallero, grammi 27,50.
FRAN • ESTENS • MAR • MAS. Due tempietti, come nel tal-
lero precedente. Sotto la base : PARI • ANIMO, e un or-
natino di foglie.
+ DVX • IN HOSTES FARITER ET CLIPEVS. Aquila spie-
gata colla testa rivolta alla sinistra.
Il disegno, quasi sempre uguale, che vedesi in alcune
Tariffe fiamminghe; in Stiirmer ; nel New-Munzbiich, Mtin-
chen, 1597 ; nella citata opera di L. W. Hoffmann, ecc., mo-
stra qualche differenza, perchè il motto : PARI • ÀNIMO, an-
ziché nell'esergo, sta, assieme ai due tempietti, entro il cer-
chio che li racchiude, ma ciò stimo essere nulla più che
inesattezza del disegnatore. Madai, Reichel, ecc. lo descris-
sero. Il peso lo desumo da un perfetto esemplare posseduto
dal signor conte Papadopoli.
8. Tallero.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MAR • MAS. Nave a tre alberi,
colle vele spiegate, ornata da un mascherone sullo scafo.
+ DVX • IN HOSTES • PARITER ET CLIPEVS. Aquila colle
ali spiegate e la testa rivolta alla sinistra.
Come il precedente, è raffigurato in alcune Tariffe fiam-
minghe ; nel New-Miìnzbuch ; in Stiirmer; in Hoffmann, e de-
scritto da Madai.
Navi di varie specie vedonsi rappresentate su grandi
monete, talleri, ducatoni, ecc., di zecche italiane, come Loano,
Parma, Mantova, Modena, Messerano e Venezia.
9. Tallero.
+ FRANCISCVS • ESTENSIS • MAR MAS. Arme inquartata;
1 e 4, aquila spiegata ; 2 e 3 leone, che dovrebbe es-
sere quello del tallero n. 5.
+ DVX • IN HOSTES • PARITER • ET • CLIPEVS. Aquila spie-
gata con scudetto tondo nel petto, entro il quale il nu-
mero 60 (bolognini ?).
Effigiato in Tariffe fiamminghe; da Stiirmer ; nel New-
Mùnzbuch, e da L. W. Hoffmann ; descritto da Madai, T. I,
n. 2000.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 525
io. Mezzo tallero.
FRANCISCVS • — ESTENSIS +. Il suo busto a destra.
Sotto ; LS * S1.
MAR • MASSE • LOMBARDOR. Scudo ovale ornato, coronato,
entro il quale l'aquila estense spiegata, colle ali abbassate.
Bellini : Postrema dissertatio, tav. IX, n. 3, il quale dice
essere ex infimo argento compacto e nella Novissima dis-
sertatio riporta altro simile, con differente interpunzione e
privo delle sigle, che saranno del massaro.
11. Testone, grammi 10,090,
FRANC • ESTNS (sic). Busto paludato del Marchese a destra.
Sotto, con lettere piccole : MARCH • MASS/E.
I due tempietti come nei talleri n. 6 e 7. Sott'essi : PARI
ANIMO.
Bellini : Altera dissertatio pag. 76, n. 6, e descritto da
Reichel, che lo dice medaglia (?).
Un bello esemplare, che mi dà il peso, serba il meda-
gliere Papadopoli.
12. Mezza lira ?, grammi 4,200.
* • FRANCISCVS • * • ESTENSIS. Busto del Marchese a destra.
• SI NON VIRES ANIMVS • *. Leone sedente rivolto
alla sinistra, che stilla sangue dalla zampa anteriore de-
stra, sollevata e ferita, e dal corpo.
Kunz : Le Collezioni Cumano. " Archeografo Triestino „,
N. S., voi. VI, n. 1 della tavola. Bella moneta, nella quale
apparisce molto efficace l'espressione di dolore del leone,
che nella posa ricorda quello maggiore del Pireo, dinanzi
V ingresso di terra dell'Arsenale di Venezia.
13. Giulio o doppio grosso.
FRANCISCVS ESTENSIS. Aquila estense entro uno scudo
ovale ornato, sormontato da corona.
S • PÀVLVS • MASSE • — LOMBAR • C II Santo ritto, con
spada nella destra e libro nella sinistra.
Bellini : Postrema dissertatio, tav. IX, n. 1. S. Paolo era
protettore di Massa, secondo Bellini, e in pari tempo arme
della terra.
526 CAHLO KUNZ
* Quest'arme prima di essere municipale, fu certamente
il sigillo della Parrocchia, ma quando Massa, col crescere
della sua popolazione, divenne Comune autonomo, Parrocchia
e Comune usarono l'arme medesima „. Balduzzi, nella citata
memoria.
14. Giulio, grammi 3,312.
FRANCIS • — • ESTENSI. Aquila nello scudo coronato, come
nel precedente.
S PAVLVS • MASSE • LOMBAR • CE. Il Santo come nel
precedente.
15. Giulio, grammi 3,30.
O FRÀN • EST MAR • MASSE. L'aquila estense entro
uno scudo ovale ornato, privo della corona.
S PAVLVS • MA - SSE • LONBR. Il Santo ritto colla
spada ed il volume.
Vedesi in Tariffa veneta figurata, in foglio del 20 no-
vembre 1554, con leggende scorrette, dove è valutato a
soldi io e piccoli 6. Essendo quella tariffa pochissimo nota,
ne dò il disegno che trassi da un buon esemplare (n. 3 della
tavola), ed il peso lo ricavo da uno della Raccolta Papadopoli.
16. Giulio.
MAR • MASSE • LOMBARDO. Aquila entro uno scudo ornato,
coronato.
S • — PAVLVS • MASS — E ■ LOMBAR. Il Santo ritto colla
spada ed il volume.
Descritto da Appel : Repertorium zur Mùnzkunde des
Mittelalters und der neueren Zeit, voi. Ili, n. 21 14, il quale
erroneamente lo attribuiva a Carlo Cybo Malaspina, principe
di Massa di Lunigiana. Dubitavo della lettura dell'Appel, ma
mi ricredetti dopo averlo trovato descritto in pari modo nel
Catalogo della Collezione Rossi, Roma, 1880, n. 2187.
17. Giulio.
FRANCIS • — ESTENSIS. Aquila entro lo scudo ovale or-
nato e coronato, come nei precedenti.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 527
S • — PETRVS • MAS — SE • LOMBÀR. Il Santo ritto colle
chiavi nella destra e volume nella sinistra.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 2.
Un esemplare del medagliere Papadopoli ha in fine della
leggenda del rovescio due sigle simili a VS (55?). Per essere
alquanto mancante non pesa che grammi 2,80.
18. Mezzo giulio, grammi, 1,60.
FRÀN • EST • MAR • MASSE. L'aquila estense entro uno scudo
ovale ornato di cartocci.
S • PAVLVS • MASE (sic) LOMBARDOR. Il Santo ritto colla
spada ed il volume.
Raccolta Papadopoli (n. 4 della tavola). In altro esem-
plare leggesi, al rovescio, correttamente, MASSE.
19. Mezzo giulio.
FRAN • EST ■ MAR • MASSE • 57. Aquila in scudo ovale or-
nato di cartocci.
S • PAVLVS • MASSE • LONBARDOR • 57. Il Santo ritto coi
consueti attributi.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 3. In altro si-
mile, che ha la fine della prima leggenda mancante, nel fine
della seconda si legge, V7.
20. Mezzo giulio , grammi 1,60.
* FRAN • EST • MAR • MASSE • V7. L'aquila estense entro
uno scudo ovale, ornato con cartocci differentemente
dai precedenti.
S • PAVLVS • MASSE • LONBARDOR • V7. Il Santo ritto, come
nei precedenti.
E una bella varietà posseduta dal signor conte Papa-
dopoli (n. 5 della tavola). Il numero 57 o V7, sulle monete
di questa zecca, suppongo sia l'anno di età del Marchese,
in cui furono battute. Essendo egli nato nel 1516, corrispon-
derebbe al 1573.
2i. Mezzo giulio.
FRANCISCVS • ESTENS • MARCH • MASS. L'aquila entro uno
scudo ovale ornato.
68
528
CARLO KUNZ
S • PAVLVS • MASS/E — PROTECTOR. Il Santo ritto coi suoi
attributi.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. IV.
22. Mezzo giulio, grammi 1,60.
FRANCISCVS • ESTENSIS. L'aquila estense entro uno scudo
quadrangolare ornato di cartocci e sormontato da corona.
Donna ritta che regge colla mano sinistra una cornucopia,
tiene colla destra un fanciullo nudo che le sta vicino, ed
ha dall'altro lato altro fanciullo nudo. Sotto: CHARITAS.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 6. Il peso di
tale moneta, che trovo in esemplare posseduto dal signor
conte Papadopoli, dimostra essere un mezzo giulio.
23. Grossetto, o quarto di giulio ?
MARCHIO • MASSAE. Nel campo grande F coronata.
Donna assisa sopra una base o scanno. Sotto: POVERTÀ.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 7.
24. Grossetto?
FRANC • ESTENS • MARCH • MASSAE. Busto del Marchese
a sinistra, con volto giovanile.
SI • NON • VIRES • ANIMVS X. Il leone ferito, come nel tal-
lero n. 12.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 5.
25. Grossetto ?
FRAN • EST • MAR • MASSE. Busto del Marchese, come nel
precedente.
SI • NON • VIRES • ANIMVS. Leone come nel precedente.
Bellini : Altera disserlatio, pag. 76, n. 2. Un esemplare
del medagliere Papadopoli ha MASSAE ; la testa del Mar-
chese barbata, è di basso argento, come erano quelli di
Bellini, e pesa grammi 1,70.
26. Grosso tir olino, grammi 0,982 a 1,087.
+ FRANCIS • ESTENSIS. Aquila colle ali spiegate alzate.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 529
MAR-MAS-LOM-BAR. Croce grande che divide in quattro
la leggenda, intersecata diagonalmente da altra croce
minore.
Bellini : Altera dissertalo, pag. 76, n. 1, ma colle ali
abbassate, che sarà errore. Errò poi Gradenigo, in Zanetti,
n. 2, leggendo : MAS-LOM-BAR-DAR — Esiste un conio falso,
udinese, facilmente riconoscibile.
E questo l'ultimo grosso tirolino di zecca italiana, tipo
il cui prototipo fu quello di Merano, di Mainardo e succes-
sori, dal 1271 al 1496. Per ordine di tempo, quelli di zecche
italiane possono collocarsi così : Cortemiglia, Acqui, Ivrea,
Incisa, Mantova, Verona, Crevacuore, Bellinzona, Massa Lom-
barda. In grida del 7 nov. 1310, di Enrico VII, citata da
Giovanelli : Alterthumliche Entdeckungen in Sudtirol im Jahre
1838, sono menzionati anche grossi tirolini di Ponzone e di
Chivasso, che però non sono pervenuti a noi. Uno di Trento,
col nome del vescovo Nicolò da Bruna, è apocrifo, udinese.
Il Museo di Trieste ha uno di Goslar, nell'Annover, che
mostra essere del secolo XV.
27. Soldi, di basso argento.
Hanno da un lato, nel campo, le lettere F • E, Franciscus
Estensis, sotto a corona, e dall'altro l'aquila spiegata. Le
varietà pubblicate a me note sono :
a. -f- LOMBARDORVM. Sotto le accennate lettere, R (?)
4- NOBILITAS • COMVN (?).
Muratori : Antiquitates italicae, T. II, pag. 764, e in Ar-
gelati, T. I, tav. LXXXIV, n. 2, leggendo come sopra er-
roneamente, attribuiva la monetina all'imperatore Federico I,
dopo la pace di Costanza. Giovanni Brunacci : Lettera al si-
gnor Nicoletto Venezze, Padova, 1763, e prima ancora in
foglio, senza luogo ed anno, rilevò in più modi ciò ch'egli
disse sproposito, del Muratori, mostrandosi troppo vanaglo-
rioso di correggerlo. Ma valgano pel sommo modenese le
attenuanti, ch'egli la pubblicò fra le incerte, che l'artista che
fece il suo disegno, perchè egli non vide la moneta, lo alterò,
e ch'egli stesso, in una lettera allo Scotti, lamentò di non
avere avuto un migliore impronto.
530 CARLO KUNZ
Il Brunacci porge le seguenti tre varietà :
b. LOMBARDORVM . . . , sotto le due lettere nulla.
TSE SATILIBON, cioè : NOBILITAS • EST, scritto a rovescio.
Ripetuta da Bellini : Altera dissertalo, pag. 76, n. 3.
e. + LOMBARDORVM. Sotto le due lettere tre oggetti non
chiari, ch'egli dice carciofi, ma che nel disegno somi-
gliano a spiche o pannocchie.
+ NOBILITAS EST-
d. -{ • • OMBA • • • ORVM • 57. Sotto le due lettere, +.
+ NOBILITAS • E • • 57.
Anche questa ripetuta da Bellini, ivi n. 4.
e. + LOMBARDORVM. Sotto le due lettere coronate una
specie di canestro (?).
+ NOBILITAS • EST.
Bellini : Postrema dissertalo, tav. IX, n. 2.
/. LOMBARDORVM. Sotto le due lettere un oggetto non
chiaro, simile ad un gruppo di quattro foglie.
NOBILITAS • EST.
Mia scheda.
g. Dopo una aquiletta (?) : LOMBARDORVM • • • 7, e sotto
le due iniziali piccola M-
• • NOBILITAS • EST • V7.
Raccolta Papadopoli.
28. Sesino, di bassa lega.
FRA • STE (sic) MAR • MASSE. Busto del Marchese a sinistra.
Aquila spiegata, con le ali alzate.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. io.
29. Sesino, grammi 1,395 è 1,035.
FRAN • EST MAR • MASSE. Busto simile.
Aquila spiegata, colle ali abbassate.
Museo di Padova e Raccolta Papadopoli.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 53I
30. Sesino.
FRAN • EST • MAR • MASSE. Busto del Marchese, a destra.
L'aquila spiegata, con le ali alzate.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 9.
31. Sesino.
FRANCISCVS • ESTENSIS. Busto simile a destra.
Aquila simile.
Bellini : Prima dissertazione, pag. 64, n. 8.
32. Quattrino, di bassa lega, decigr. 6,0.
. S • MAV-RELIVS. Il Santo Vescovo assiso, di faccia, con
città nella destra e pastorale nella sinistra.
• SI • NON • VIRES • ANIMVS. Leone rampante, sanguinante,
che tiene un'asta.
Kunz : Le Collezioni Cumano, n. 2 della tavola. Con tale
monetina il marchese Francesco volle imitare i quattrini chia-
varmi di Bologna, ponendovi, invece del santo Petronio, il
protettore di Ferrara.
AGGIUNTA AGLI ARTICOLI PRECEDENTI
DI
MIRANDOLA E CORREGGIO
Dopo la stampa di quelli articoli ebbi un esemplare con
le tavole dell'opera di L. W. Hoffmann : Alter und neuer
Mùnzschlussel, Norimberga 17 15 C1), nella quale vi sono al-
cuni disegni di monete di Mirandola e di Correggio, che al-
lora non conoscevo. Stimo perciò utile di descrivere quei
pezzi a parziale completamento di quanto ho esposto. La
letteratura numismatica tedesca abbonda di opere nelle quali
sono ricordate monete di zecche italiane. In Germania, prima
e più che in Italia, si fecero collezioni di monete medioevali
e moderne che furono disegnate e descritte. A pochi è dato
conoscerle tutte ed a me non fu possibile che di vederle in
parte. Ciò mi serva di scusa se alcune monete che vado
pubblicando, credendole inedite, non sono tali. Riesciranno
però in gran parte nuove al maggior numero dei cultori
della numismatica italiana.
MIRANDOLA
ALESSANDRO I.
1. Testone ?
+ ALEXANDER * DVX x MIRANDVL/C x I. Busto paludato
del Duca a destra.
* • CONCORDI/E + MARCHIO • IMI. Arme inquartata, 1 e 4
aquila spiegata ; 2 e 3 leone ; nel cuore, lo scudetto
scaccato.
L'aspetto di tale moneta è dunque simile al n. 14 del
(1) L' ili. V. Promis ebbe conoscenza dell' opera dell' Hoffmann
quando pubblicò le diligentissime sue Tavole sinottiche delle monete bat-
tute in Italia.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 533
Litta, ma differente pel titolo inscritto sul secondo lato e
per l'assenza della corona sullo scudo.
2. Fiorino d'argento.
ALEX • DVX • MIR + • INSI ■ ANTIQVA. Aquila spiegata entro
uno scudo cimato da elmo chiuso, ornato da lambre-
chini e coronato, col cimiero di un'aquila fra due piume.
TVTISSIMA • QVIES. Aquila bicipite coronata.
INCERTE.
3. Da ventiquattro soldi.
* S • POSSIDO • PROT • MIRÀNDVUE. Busto del Santo alla
destra, mitrato e nimbato, col pastorale nella destra.
OMNIA -f- HINC f- ET + HVIC *. Aquila a due teste
fra le quali sorge una lunga croce. Sotto, scudetto con
un uccello.
4. Da ventiquattro, simile.
S • POSIDO • PROT • MIRANDVL/E. Busto mitrato del Santo
a destra, col pastorale nella sinistra.
* OMNIA * HINC x ET x HVIC Aquila a due teste nim-
bate, fra le quali è impiantata una piccola croce.
Una moneta simile a questa fu riportata dal Litta, al
n. 3, col ri. 24 sotto il Santo e con differente leggenda nel
secondo lato, che ha l'aquila coronata coli' armetta Pico
nel petto.
Altre simili monete di differenti valori sono di Guastalla
(Don Ferdinando), degli anni 1615, 1618, 1619; di Correggio
(Siro), del 1617 ; di Dezana (Antonio Maria), del 1619 ; di
Messerano (Francesco Filiberto Ferrerò), soltanto descritta
da Promis; di Maccagno (Jacopo Mandelli), del 1623. —
Sono imitazioni di testoni (diken) di Lucerna, che l'Affò, per
quello di Guastalla, disse da quaranta soldi e Hoffmann da
sei batzen. Avendosi le date bene precisate di tali contraf-
fazioni italiane, riesce ovvio attribuire quelle di Mirandola,
quantunque senza data, al duca Alessandro I.
Il gabinetto numismatico di S. M. in Torino possiede
una moneta di Lodovico II Pico, simile a quella da me ri-
portata al n. 3, colla donna galeata assisa, la quale è però
notevolmente più larga (30 mill. anziché 27) e potrebbe per
534
CARLO KUNZ
avventura essere di valore doppio di quella della tariffa ve-
neta. Il suo peso è di grammi 5,100. Devo tale notizia al-
l'ili, cav. Vincenzo Promis, mentissimo bibliotecario e con-
servatore di quel gabinetto.
CORREGGIO
SIRO.
5. Testone.
MON • NO • ARO — SYR • AVSC (sic) • PRI. Busto armato
di Siro, fino alla cintura, colla mano destra al fianco e
la sinistra sulla impugnatura della spada. Sotto, scudetto
colla fascia.
* SVB • VMBRA • ALARAM • TVARVM. Aquila con due teste
nimbate, fra le quali una croce.
Simile adunque a quello del Bigi, tav. Vili, n. 67, ma
differente pella leggenda del secondo lato.
6. Da ventiquattro soldi?
MONETA • NOV — CORRIGIENS x. Aquila a due teste nim-
bate fra le quali sorge una croce. Sotto, scudetto colla
fascia.
Per la ragione addotta poc'anzi al n. 3, e per esservi
una simile moneta di Siro (Bigi, tav. Vili, n. 63), anche questa
deve spettare a lui.
7. Fiorino.
x SYR — AVST • S R • - I • COR • — PRIN • COM • FAB.
Scudo coronato attraversato diagonalmente da una croce
fogliata, partito di due, spaccato d'uno, 1 aquila, 2 giglio,
3 e 4 leone, 5, nel centro, scudo colla fascia, 6 uccello
sopra un ramo. Sotto quelle partizioni altre due, 1 og-
getto incerto, 2 correggia.
SI ■ PRO • NOBIS • QVIS • CONTRA • NOS. Aquila bicipite
coronata.
Il titolo: COM • FAB, allude a Fabbricio terra del Principato.
L' Hoffmann riporta anche il tallero di tipo olandese,
come quello che descrissi al n. 14 della bibliografia secondo
H. Dannenberg, con qualche lieve variante.
ASTI O.
* Nessuna città del Piemonte potè contendere con Asti,
né di ricchezze, né d'armi; nessuna ebbe maggiore influenza
sulle sorti d'Italia ; nessuna contò fra i suoi cittadini e vas-
salli più gran numero di baroni „. Queste parole d'un illu-
stre Piemontese (2) siano degno esordio al presente articolo.
Infatti Asti, già gloriosa per assedi sostenuti contro i Goti,
moenia vindicis Astae (3), nelle sue monete e nei suoi sigilli
assumeva l'altera divisa : Aste nitet mundo, Sancte Custode
Secundo (4). Il suo commercio fioriva negli stati principali
d'Europa, il suo dominio estendevasi sopra una gran parte
del Piemonte, e le fiere e potenti famiglie marchionali che la
attorniavano n'erano in gran parte vassalle. Nei secoli XIII e
XIV era una delle più potenti città italiane. Guido Mala-
baila le assegna per quei tempi da sessanta a ottantamila
abitanti; né ciò deve ritenersi esagerato, anzi inferiore al vero,
e più prossimo il numero di centomila. Come Tebe ebbe
cento porte, ella vantava cento torri, fra le quali vogliono
intendersi anche quelle dei suoi nobili palazzi. Nuova gloria
le venne in tempo vicino da Vittorio Alfieri, al quale eresse
una bella statua.
Quanto ne scrissero valenti autori (5) mi dispensa dal-
l'annoverare i fatti della sua storia. Mi limiterò a pochi cenni,
i quali, pel tempo della durata della sua zecca, aiutino l' in-
(1) Dall' Archeografo Triestino.
(2) Gbrario : Opere e frammenti storici.
(3) Claudiano.
(4) San Secondo fu il primo dei suoi vescovi dopo la metà del terzo
secolo.
(5) Guido Malabaila e Guglielmo Ventura, cronisti, in Rerum ita-
licarum scriptores e nei Monumenti di Storia Patria. — Ogerio Alfieri;
De gestis Astensium. — Guichenon : Histoire généalogique de la maison
de Savoie. — Muratori : Annali d'Italia. — Durandi : Piemonte cispa-
dano antico. — Grassi : Storia d'Asti. — Cibrakio : Storia della monar-
chia di Savoia. — Grandi : Repubblica d'Asti dell'anno 1797, con un
sommario della storia della città, ecc.
69
536
CARLO KUNZ
telligenza delle sue monete, e servano di connessione a quelle
finora pubblicate ed alle altre che qui aggiungerò.
Anticamente colonia romana, fu denominata Asta Pom-
pata (*). — Cresciuta in potenza e bene munita, diede rico-
vero ad Onorio contro Atalarico, che vi fu sconfitto da Sti-
licone. — Caduta in potere dei Goti, che vi regnarono dal
493 al 569, ebbe a patire gravi disastri per opera dei Bor-
gognoni. — Nel 569, quando scese in Italia Alboino, fu com-
presa nel regno dei Longobardi e fatta capo di un vasto
ducato che toccava il mare. — Carlo Magno, distrutto il
regno longobardo, ne formò un marchesato, come paese di
confine. — Ottone I la diede ai suoi vescovi, dai quali alla
fine del secolo IX incominciò ad emanciparsi. — Nel 1140
ottenne da Corrado II il privilegio della zecca, e primeg-
giando per ricchezze e mercatura fra tutte le città dell' Italia
occidentale diede norma alle altre nel sistema numerario,
nei pesi e nelle misure. — Federico Barbarossa, flagello
delle città lombarde, prende Asti che saccheggia e distrugge
nel 1155; poi pacificato, nel 1159 le concede la regalia delle
monete. — Nel 1168 Asti prende parte alla lega lombarda,
e concorre alla fondazione di Alessandria, che manda a po-
polare con centinaia di suoi cittadini; ma nel 1 174 Federico
l'assale e la prende nuovamente. — Nel 1185 interviene col
suo vescovo Guglielmo alla pace di Costanza. — Alla morte
di Federico fa guerra al marchese di Monferrato; dopo avere
nel 1190 aboliti i Consoli e cominciato a nominare un po-
destà. — Nel 1230 accostasi ad Ottone IV: il suo territorio
viene devastato dai milanesi ; indi, nel 1244, abbandona nuo-
vamente la parte dell' Impero, per seguire quella della Lega.
— Patisce gravi danni per cagione delle casane (banche di
prestiti) che, ricchissima, teneva in Francia, nelle Fiandre e
altrove, d'onde ritraeva molte ricchezze che le permisero,
fino allora cinta di uno spinaio (2), di munirsi di forti mura.
— Il suo territorio è devastato da Carlo d'Angiò, conte di
(1) Che il suo nome derivi dal greco fiato, città, quasi a significare
città per eccellenza, è creduto da alcuni, ma può mettersi in dubbio.
(2) Eral dieta civitas de spinis clausa, et non erat in dieta civitate
domus aliqua de matonis novis. Ogerio Alfieri.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 537
Provenza, poi dal marchese di Monferrato. — Lacerata da
intestine discordie per opera dei partiti Guelfo e Ghibellino,
pacificata nel 1310 da Enrico VII, ma ricaduta nelle dissen-
sioni, si dà nel 1339 a Giovanni marchese di Monferrato,
che ottiene da Carlo IV il titolo di Vicario imperiale, ed ai
signori di Milano : Lucchino, 1342, e Giovanni Visconti, 1349.
— Da Secondotto, figlio del marchese Giovanni, ebbela, nel
1378, Galeazzo Visconti che la trasmise a Gian Galeazzo,
Conte di Virtù, il quale costituivala in dote, nel 1382, col
suo contado, a Valentina sua figliuola, moglie di Lodovico
duca d'Orléans, fratello di Carlo VI re di Francia. Fu go-
vernata dal duca dal 1387 al 1406. — Filippo Maria Visconti,
non riconoscendo i diritti di Carlo duca d'Orléans, succeduto
a Lodovico, la costringe nel 1438 a giurargli fedeltà. — Alla
morte di Filippo Maria, 1447, il duca Carlo, figliuolo di Va-
lentina, ne diventa signore, e dopo di lui, nel 1465, suo figlio
Lodovico, che ebbe pure titolo di duca. — Nel 1498, mo-
rendo Carlo Vili re di Francia senza prole, Lodovico, diven-
tato re (XII), occupa il ducato di Milano ed Asti, la quale
cade poi in potere del marchese di Monferrato, di Massimi-
liano e di Francesco II Sforza. — Francesco I, re di Francia,
succeduto nel 1515 a Lodovico XII, occupa la città, che
lascia a Carlo V, il quale la rimette allo Sforza. — Fatto
prigione il re Francesco nel 1525, e conchiusa la pace di
Cambrai, l' imperatore se ne dichiara signore, e la infeuda
a Carlo della Noa, suo viceré di Napoli. — Morto costui
poco appresso, Carlo V ne investe, nel 153 1, Beatrice di
Portogallo, sua cognata, moglie di Carlo III duca di Savoia.
— Venuta a morte Beatrice nel 1538, passò lo stato d'Asti
a suo figlio Emmanuele Filiberto, il quale, succedendo al
padre nel ducato, nel 1553, e vinti i francesi a San Quintino,
pel trattato di Cambresis, 1559, ottiene che gli spagnuoli, i
quali occupavano sempre militarmente Asti, ne ritirassero il
presidio. — Da allora la città, pur soggiacendo a varie vi-
cende e temporanei passaggi di dominio per le guerre delle
quali il Piemonte fu teatro, rimase sotto il governo di Casa
Savoia.
538 CARLO KUNZ
Chi per lo passato avesse voluto dedicarsi allo studio
delle monete d'Asti, avrebbe dovuto ricorrere a numerose
opere di storia, di genealogia e di numismatica, ed a buon
numero di vecchie tariffe, riviste e cataloghi (T). Tale im-
proba e difficile fatica fu rimossa ed appianata dal compianto
comm. D. Promis colla memoria che porta il titolo: Monete
della zecca d'Asti (2), nella quale l' illustre piemontese, con
quella profonda conoscenza della materia e lodevole conci-
sione che incontrasi in tutti gli egregi suoi lavori, espose
quanto riguarda la storia di quella zecca. Egli corredò la
preziosa memoria con sette tavole, contenenti ben settanta-
nove monete, dopo che aveva già prima riportato nella
grande sua opera (3) buon numero di quelle del principe
Emmanuele Filiberto, conte d'Asti. Più tardi, illustrando le
monete dei Paleologi, marchesi di Monferrato (4), aggiungeva
qualche varietà dei pochi pezzi che i marchesi Giovanni e
Secondotto, nel tempo che furono signori d'Asti, vi fecero
lavorare. Finalmente l'illustrissimo cav. E. Maggiore-Vergano
aggiunse alla serie due monete inedite di Carlo duca di
Orléans (5).
Dopo d'allora non mi venne fatto di rilevare che altri mo-
numenti di questa zecca siano stati pubblicati ; gli è perciò
che stimo utile di dare il presente supplemento, con alcune
monete più o meno inedite della forte città di San Secondo.
Il Promis divide la storia monetaria d'Asti in quattro
epoche, che corrispondono ai quattro sistemi adottati nella
fabbricazione delle sue monete, cioè :
I epoca. — Dal privilegio della moneta concessole dal-
l'imperatore Corrado II (III in Germania), nell'anno 1140,
(1) Nella diligentissima opera : Tavole sinottiche delle monete battute
in Italia. Torino, 1869, dell' ili. dott. Vincenzo Promis, degnissimo suc-
cessore del padre nella direzione della biblioteca e del gabinetto nu-
mismatico di S. M. in Torino, sono registrati anche per Asti i libri che
contengono disegni di sue monete, ai quali si potrebbe aggiungere
qualche altro.
(2) Torino, 1853.
(3) Monete dei Reali di Savoia. Torino, 1841.
(4) Torino, 1858.
(5) Rivista della Numismatica italiana, voi. I, pag. 191.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE
539
fino al 1340, nel quale la città si mise sotto la protezione
dei Visconti. Da allora, fino al 1406, non si hanno monete
battute esclusivamente per Asti. Le monete della Repub-
blica sono: doppi grossi, grossi, denari ed oboli, battuti alla
legge d'altre zecche d' Italia, principalmente di Pavia e di
Milano. Un grosso tornese, ultimo della serie, è fatto ad imi-
tazione dei grossi tornesi di Luigi IX re di Francia.
Fanno seguito alle monete della Repubblica alcune mo-
nete dei marchesi di Monferrato, Giovanni e Secondotto, la-
vorate secondo il sistema di quel Marchesato.
II epoca. — Dei duchi d'Orléans, dall'anno 1406, in cui
Carlo duca d'Orléans divenne signore della città, fino al 1498,
nel quale Lodovico figliuolo di Carlo, succeduto al trono di
Francia, conquista lo Stato di Milano. Monete lavorate alla
legge di quelle dei re di Francia, colle modificazioni adot-
tate dalle zecche di Savoia: scudi d'oro, grossi tornesi,
grossi, mezzi grossi, quarti di grosso, forti e oboli.
Ili epoca. — Dei re di Francia, Lodovico XII e Fran-
cesco I, dal 1498 al 1531, quando Carlo V investì del con-
tado d'Asti Beatrice duchessa di Savoia. La zecca lavorò in
tale periodo, secondo il sistema di quella di Milano : ducati
d'oro, quarti di testone (?), cavallotti, parpagliole, mezze par-
pagliuole, soldini e treline. Di Carlo V si hanno : testoni,
mezzi testoni, cavallotti e doppi grossi.
IV epoca. — Dal 1542, quando Carlo II, duca di Savoia,
a nome del figlio Emmanuele Filiberto, principe di Savoia
e conte d'Asti, erede della madre Beatrice, vi fece battere
monete al sistema delle zecche del Piemonte : scudi d'oro,
testoni, da quattro grossi, da due grossi, cavallotti, quarti
di grossi e forti. Quando Asti divenne provincia piemontese,
intorno al 1590, la sua zecca non lavorava più.
Esposto ciò, e seguendo sempre l'illustre maestro Promis,
esporrò ora le monete che mi sembrano meritevoli di essere
conosciute. Di poche posso dare il peso, perchè per le più
non ebbi agio di determinarlo. Giova notare che le monete
d'Asti, eccettuati alcuni denari ed oboli della Repubblica ed
alcune monetine di lega dei duchi d'Orléans, sono tutte rare,
alcune rarissime.
54°
CARLO KUNZ
REPUBBLICA
1 140-1340.
Le monete di questa serie, lavorate alla legge della lira
imperiale, usata allora nella Lombardia, sono tutti uniformi,
col nome ed il titolo di Corrado II, ed il nome della città,
e variano soltanto pel modulo, il peso e la forma di alcune
lettere. Di alcune leggere varianti, specialmente nelle inter-
punzioni, da quelle recate dal Promis, non serve tener conto,
e perciò le sorpasso. Rarissimo è il doppio grosso e più an-
cora il grosso tornese.
L'encomiato autore, accennando ad un fiorino d'oro,
nominato in un consulto legale dell'anno 1379, riportato dal
Moriondo (z), dove è detto di fiorini d'oro di Savona, Ceva,
Asti, Genova, Firenze, Milano, Venezia, Avignone, Pro-
venza, ecc., conchiude affermando che il fiorino d'Asti do-
vette essere pretta contraffazione di quello di Firenze; e sta
bene, perchè se in quel consulto sono nominati fiorini che
non possono essere di stampo fiorentino (Milano e Venezia),
quelli di Savona (di Ceva non si conoscono, di Genova do-
vrebbero esservene, stando ad una tariffa pubblicata dal-
l' ili. G. Fr. Gamurrini) O), quelli di Cortemiglia, di Chivasso,
di Amedeo VI di Savoia, dunque battuti nel Piemonte e nella
Liguria, sono al tipo di Firenze. Deve dunque ammettersi
che anche quello d'Asti sia stato tale. Speriamo che col tempo
si rinvenga.
MARCHESI DI MONFERRATO
GIOVANNI I PALEOLOGO
i395"I372-
SECONDOTTO
1372-1377.
Al primo possono spettare due monete di lega, bian-
chetto e forte bianco, una delle quali in due varietà, col solo
(1) Monumenta Aquensia.
(2) Bullettino di Numismatica italiana, anno I, n. 2.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 54I
titolo : Marchio Montisf errati. Di Secondotto, senza dubbio,
perchè col suo nome, sono due varietà di un grosso poco
dissimile da uno battuto dal marchese Teodoro II in Chi-
vasso o Casale. A tali rarissimi pezzi non mi è dato potere
aggiunger nulla.
DUCHI D'ORLEANS
CARLO
1408-1422 e 1447- 1465.
1. Grosso tornese.
+ KAROLVS o DX © AVRELIENSIS • Scudo triangolare col-
Tarme di Francia, al lambello di tre pendenti, distintivo
dei secondogeniti.
+ AST • NITET • MONDO • CVST • S • SEC • Leggenda in-
terna : + ASTENSIS • Croce patente.
È il grosso tornese, alcun poco variato nelle leggende,
pubblicato dal Promis col disegno di Le Blanc, non abba-
stanza fedele, onde credo utile di darne uno migliore.
Si hanno consimili grossi, imitati più o meno fedelmente
a quelli di Filippo di Valois, nelle zecche vicine alla Francia
di Pietra Castello (Savoia-Vaud), di Torino (Ramo d'Acaia),
di Savoia (Aimone), di Cortemiglia e di Cuneo, per tacere
di Avignone e di Provenza (Re Angioini di Sicilia).
2. Forte ?
+ SANCTVS • SECONDVS • Busto nimbato del Santo, di
faccia.
-f ■ MONETA ASTENSIS • Croce patente.
Uno simile fu pubblicato dal eh. E. Maggiore-Verzano (0,
e da lui assegnato con probabilità al duca Carlo d'Orléans,
per la somiglianza che presenta con uno attribuitogli dal
Promis. Ma in quello la testa è di profilo ; le leggende in
parte incerte per la cattiva conservazione dell'esemplare.
(r) Rivista della Numismatica italiana, a. I, pag. 193.
542 CARLO KUNZ
3. Obolo o mezzo forte, decigrammi 4,65.
+ KAROLVS • DVX Croce fiorata.
4- AVRELIAN • 2 • MEDI Nel campo, fra due linee pa-
rallele, ÀST, con lettere gotiche tonde.
Monetina di rame quasi schietto, del Museo di Padova, si-
mile all'obolo riportato dal Bellini C1) e dal Promis (tav. II, 11),
tranne che nella parola AST, che in quelli è con lettere go-
tiche tedesche. Pel titolo di duca di Milano, che avevano
probabilmente anche quelli, alquanto logori, dei nominati
autori, spetta alla seconda epoca dell'Orleanese, dopo la
morte di Filippo Maria Visconti ed il riacquisto di quello Stato.
LODOVICO
1465- 1498.
4. Gran bianco. >
-f LV : D — AVRE LIAN - MILA • Scudo coll'arme inquar-
tata d'Orléans-Milano, entro una cornice di quattro archi
alternati con quattro angoli, dalle estremità dei quali
ultimi sorgono quattro fiori gigliati che interrompono
la leggenda.
f DVX : AC • ASTE NSIS • DOMINVS • Santo ritto paludato,
con spada rivolta a terra nella mano destra e città nella
sinistra.
Quel Santo si direbbe a prima vista San Paolo, ma la
città che tiene alla sinistra dimostra, parmi, essere San Se-
condo, sebbene vestito in modo differente dal consueto.
Tale moneta, che per l'analogia che presenta con altre
riportate dal Promis, denomino Gran bianco, non è inedita,
ma fu pubblicata dall'Argelati (2). Omessa dal Promis, che
forse dubitava della esattezza del disegno dell'Argelati, fu
però ricordata dal figlio di lui nelle Tavole sinottiche, come
ricordò anche un altro pezzo (parpagliola?) pubblicato dal
(1) Altera dissertatio, pag. 17, ri. 1.
(2) Additiones ad nummos variarum Italiae Urbium, voi. Ili della
sua raccolta, pag. 70, tav. IX, n. 3.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 543
Bellini (*) ma omesso dal padre. Ho voluto riprodurre il di-
segno dell'Argelati acciò non resti dimenticato.
5. Mezzo bianco, da cinque denari.
rf • # • LVDOVICVS : * : DVX • * • Scudo coll'arme inquar-
tata d'Orléans-Milano.
+ AVRELIANENSIS • 2 ■ MED Croce gigliata entro un doppio
quadrilobo ornato di punti.
È simile al n. 2 della tav. IV del Promis, con qualche
lieve differenza e ne completa la leggenda del secondo lato.
6. Bianchetto. Decigr. 8,80.
+ • DVX • AVRELIANENSIS. Nel campo grande L fra due
rosette.
+' • * • DVX • MEDIOLANI • 2cf • * • Croce ancorata.
Fu pure pubblicato dall'encomiato autore, ma da un
esemplare sciupato, colla leggenda del rovescio mancante.
RE DI FRANCIA
LODOVICO XII
1498-1515.
7. Parpagliuola.
+ LVDOVIC • D • G • REX • FRAN • SICIL • IHL * Scudo
di quattro quarti, in ciascuno dei quali i tre gigli di
Francia, cimato da piccola corona.
-I- MLI ■ DVX • ASTENSIS • QVE • DOMINVS • Croce patente,
accantonata da quattro gigli, entro una cornice di quattro
archi.
Costituisce, per le leggende, una varietà di quella data
dal Promis, tav. V, n. 1, ed è descritta in alcuni cataloghi (a).
(1) Altera dissertalo, voi. II, pag. 17, n. 3.
(2) Die Reichelsche Mùnzsammlung, t. IX, pag. 40, n. 283. — Cata-
logne des monnaies nationales de Frattce, collection Rousseau, n. 1029. —
Catalogo Rossi, n. 226.
70
544
CARLO KUNZ
8. Tr elina.
* LV • DEI • G • FRÀNCOR • REX • Nel campo i tre gigli
di Francia.
* NILI • DVX • ASTENSIS • Q • D • Croce gigliata.
Per la croce di tale forma che vedesi in treline di Fran-
cesco I, costituisce una interessante varietà delle treline fatte
conoscere dal Promis.
La seguente osservazione non sarà qui fuori di luogo.
Il Promis denomina treline da tre denari le monetine di questo
re che hanno nel campo tre gigli, e dice mezza tr elina una
simile con due soli gigli. Parmi più esatto di attribuire a
questa il valore di due terzi di trelina, espresso appunto dai
due gigli. Lo stesso osservasi per Milano, che ha simili mo-
nete con tre, con due, ed anche con un solo giglio, la quale
ultima rappresenterà il terzo della trelina, ovvero il denaro.
FRANCESCO I
i5i5-*529-
Alle poche rarissime monete di questo re non mi è dato
di potere aggiungere nulla di nuovo.
CARLO V
i529-i53T-
Fanno seguito alle monete dei re di Francia alcune poche,
pure rarissime, dell' imperatore Carlo V, alle quali si possono
aggiunge're le seguenti.
9. Cavallotto.
KROLVS • QVINTVS • IMPERATOR. Arme della monarchia
di Spagna, sormontata da corona aperta, fiancheggiata
dalle lettere K K.
+ • SANTVS • SECVNDVS • ASTENSIS • Il Santo armato a
cavallo, verso la destra, con vessillo nella mano destra.
Questa bella varietà, particolarmente notevole per l'or-
tografia del nome dell'imperatore e per le partizioni del-
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 545
l'arme, del cavallotto recato dal Promis, è serbata nel Museo
di Padova.
io. Quattrino, di bassa lega; grammi 1,140.
CHAROL' • DI • FA • CLE • Aquila bicipite coronata.
ROMANOR' • IMP' • AC ■ AST • D • Croce doppia, quasi
ancorata.
È inedito, e simile ad un quattrino ch'è forse di Casale,
con eguale leggenda nel primo lato : Carolus divina /avente
clementia, e nel secondo semplicemente: ROMANOR' • IMPE-
RATOR . Altri simili, imitati dai precedenti, con: CARVACOR •
MONETA — CA • ARG- • MONETA • FLI, ovvero MONETA
FLISCA • ÀR • M -, ed al rovescio: AVE • CRVX • SANTA •
ET • B, uscirono dalla zecca di Crevacuore, probabilmente per
opera di Filiberto Ferrerò Fieschi, che ne ha una col suo
nome. Altro ancora fu pubblicato dall'ili, cav. Camillo Bram-
billa C1), col nome di Pietro Luca Fieschi. Finalmente un si-
mile quattrino, colle leggende : + B • TICIO • C • DE • VICÀ •
IM -, — IN • HOC • SIGNO • VINCITVR, spetta a Gian Barto-
lomeo Tizzoni, conte di Dezana. Forse ve ne sono altri an-
cora ? Ciò mi fa pensare come sarebbe pur utile di riunire
in singole monografie le monete d'uno stesso tipo di diffe-
renti zecche italiane, col riscontro dei prototipi per quelle
che sono imitazioni di zecche straniere. Qualche simile la-
voro fu già fatto per altri paesi.
EMMANUELE FILIBERTO
I542-I553-
Di questo principe del Piemonte, prima che diventasse
duca, posso segnalare le seguenti varietà :
Un bel testone, del Museo di Trieste, simile a quello
del Promis, tav. VII, n. 7. Il busto è in armatura ; la leg-
genda, che corre tutto intorno, incomincia in alto ; nel se-
fi) Altre annotazioni numismatiche, Pavia, 1870.
546
CARLO KUNZ
condo lato manca la lettera À sotto l'arme; e sotto il listello,
invece della stella, offre il millesimo 1543, fra due rosette.
Un grosso, come quelli riportati dal Promis C1). Lo scudo
tenuto dal leone è di forma simmetrica ; sotto il listello vi è
una stella ; la croce trifogliata del secondo lato è vuota.
(1) Reali di Savoia, tav. XXII, n. 13 e Monete d'Asti, tav. XII, n. 6.
POSTILLA.
La Gazzetta numismatica di Como, diretta dal chiaris-
simo signor dott. Solone Ambrosoli, nei n. 1 e 2 dell'anno III,
1883, riporta un brano di una pubblicazione del chiarissimo
signor Fantuzzi (Lapide astese relativa al Duca Carlo d'Or-
léans, Torino 1882), nel quale sono descritte tre varietà del
grosso tornese del duca Carlo d'Orléans, e menziona una
memoria dell'anno 1868 del chiarissimo sig. cav. E. Maggiora-
Vergano sopra la zecca d'Asti.
Nel mentre si stampava il precedente articolo ignoravo,
come ignoro ancora, entrambe quelle pubblicazioni. Ciò mi
valga di scusa per quelle ripetizioni, aventi l'aria di plagio,
nelle quali fossi incorso involontariamente.
C. K.
FERRARA (').
Ferrara, ora silenziosa città di soli 30000 abitanti, che
trae vita dal fertile territorio che la circonda, ebbe un'epoca
di grande splendore e prosperità che la rese emula delle
più grandi, quando fu governata dai principi di casa d'Este,
i più moderati e generosi, se crediamo al Frizzi (2), che prima
o poi vantar potesse alcuna città d'Italia. Di quello spendore
ella fu debitrice agli ultimi marchesi estensi ed ai suoi duchi.
In quei due secoli e mezzo tutto concorse a rendere Fer-
rara una delle più amene, ricche e brillanti città della peni-
sola. La gloria militare, le arti pacifiche e gli studi vi furono
in pari modo coltivati. Per la protezione accordata dalla fami-
glia d' Este si videro in essa istituiti i teatri, nascere la com-
media italiana ed il dramma pastorale, esservi coltivata e
condotta a perfezione la poesia epica. Grande fu il numero
degli uomini illustri, nelle scienze, nelle arti e nella lettera-
tura, che vi nacquero o la scelsero a dimora. Suntuosi pa-
lazzi, chiese e chiostri vi furono innalzati; V Addizione erculea,
operata dal duca Ercole I, ne allargò il perimetro; statue
equestri di bronzo dei suoi principi (Nicolò III e Borso) ne
abbellirono le piazze ; feste d'ogni maniera, quali usavansi
in quei tempi, la riempivano di tripudio. Quelle feste, occa-
sionate dai passaggi d' imperatori, principi, pontefici, amba-
scierie, dovuti alla posizione di Ferrara, ed alle frequenti
nascite e maritaggi di casa d'Este, tanto ricca di rampolli,
la mantenevano in una continua felice disposizione di letizia
e di benessere.
Dell'alto grado toccato dalle arti in Ferrara al tempo
degli Estensi dà testimonianza la sua scuola pittorica che
annovera una lunga schiera di distinti artisti, fra i quali giova
ricordare Tisi da Garofolo, il Dossi, il Carpi, Carlo Bonone,
(1) Dall' Are heografo Triestino.
(2) Memorie per la storia di Ferrara. Seconda edizione. Ferrara
1847-1848.
548
CARLO KUNZ
lo Scarsellini, il Bastaruolo (Filippo Mazzuoli), il Bastianino,
lo Scannavini, il Parolini, Alfonso Cittadella. Né meno egregi
furono molti suoi architetti e scultori.
Una prova della perfezione che vi raggiunse l'arte la
danno anche le monete uscite dalla sua zecca in quel tempo,
che sono fra le più belle ed interessanti che si conoscono.
Di alcuni dei suoi più rimarchevoli coni farò cenno nel pro-
gresso di questo articolo.
Oltre alle sue belle monete vanta Ferrara una serie di
medaglie eseguite per gli Estensi dai più valenti artefici del
secolo XV. Quelle medaglie, e intendo le fuse, del tempo
in cui la tecnica non permetteva ancora la coniazione di
pezzi grandi, portano i nomi di Vittore Pisano, Amedeo Mi-
lanese, Nicolò da Ferrara, Jacopo Licignolo, Petrecino da Fi-
renze, Sperandio, Baldassare Estense, Corradini (di Modena?),
Nicolò Fiorentino. I tipi di esse possono vedersi in Bellini,
in Litta e soprattutto nella dottissima opera del Dr. Giulio
Friedlànder 0). Non conosco l'opera di pari argomento del
signor Alfredo Armand di Parigi.
Ferrara più fortunata di molte altre città, che attendono
ancora chi ne illustri i fasti monetali, ebbe in Vincenzo Bel-
lini, raccoglitore instancabile, un dotto, diligente e perspicace
illustratore della sua zecca (2). Dopo di lui non trovo pub-
blicata che qualche singola moneta sfuggitagli, che ricor-
derò a suo luogo. L'opera del Mayr (3) è estranea al mio
presente assunto.
Federico I, calato in Italia per la seconda volta nel 1 158,
trovandosi in guerra con molte città italiane, tentò di vinco-
lare alcune a sé con privilegi, come faceva con Ferrara,
alla quale confermò i suoi diritti e buone consuetudini, con
(1) Die italien. Medaillen des fiinfzehnìen Jahrhunderts. Berlin, 1882.
(2) Dell'antica lira ferrarese. Ferrara, 1754. — Delle monete di Fer-
rara. Ferrara, 1761. — De monetis Italiae medii aevi. Ferrara, I, II, III,
iv, 1755-1779-
(3) Gli ultimi periodi della zecca di Ferrara. Ferrara, 1823. La se-
conda edizione, Venezia, 1868, restò incompleta.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 549
diploma del 23 di maggio del 1164. Dall'ampiezza dei pri-
vilegi in quella occasione sanzionati, Muratori desunse che
vi fosse compreso anche quello della moneta; né può dubi-
tarsi di ciò, perchè le prime monete uscite dalla zecca di
Ferrara sono appunto un denaro ferrarese ed un bagatiino
col nome di queir imperatore. Inoltre, Enrico VI, succeduto
a Federico I, confermò con diploma ai Ferraresi i suoi di-
ritti ed il jus di battere moneta, a tenore dei privilegi di
Federico, nel tempo stesso che concedette tale diritto a Bo-
logna (*).
Dopo quelle due monete di Federico I non ce ne sono
altre per l' intervallo di 180 anni, fino ad Obizzo IH marchese
(1344- 1352). Del jus confermato da Enrico VI non fu adunque
fatto uso, e Ferrara si sarà servita in quegli anni delle mo-
nete d'altre città, e principalmente di quelle di Bologna.
Registro senza commento la opinione dell' ili. cav. Vin-
cenzo Promis O) che le monete col nome di Federico I de-
vono essersi continuate a battere sotto i primi da Este, non
conoscendosene del loro nome anteriormente ad Obizzo III.
Degli Estensi signori di Ferrara, anteriori ad Obizzo III,
basterà qualche cenno in aggiunta al poco notato nell'arti-
colo delle monete di Massa Lombarda.
Casa d' Este, creduta discendente dai marchesi di To-
scana, prese il nome dalla terra d'Este, dove aveva possi-
denza e dominio con titolo marchionale.
OBIZZO, figlio di Folco, fu quello che primo si fermò
ad abitare in Ferrara, verso il 1187. Fu podestà di Padova,
investito delle marche di Milano e di Genova, deputato vi-
cario imperiale della Marca Trivigiana.
1. A ZZ OLINO.
(Azzo VI, f 1212).
Alzatosi sulle rovine dei suoi competitori i Torelli ed i
Marcheselli, fu da Innocenzo III dichiarato marchese d'An-
(1) Frizzi, t. Ili, pag. 32.
(2) Tavole sinottiche delie monete battute in Italia, ecc. Torino, 1869,
pag. 68.
55°
CARLO KUNZ
cona, coi suoi discendenti, e nel 1208 creato signore per-
petuo di Ferrara, primo esempio, osserva Muratori, di città
libera la quale, a fine di estinguere le discordie civili, si
diede a governare ad un solo.
2. ALDROVANDINO
(t 1215).
Succeduto ad Azzolino nel governo della famiglia e degli
stati, ebbe breve e non prospero dominio.
3. AZZO NOVELLO
(t 1264).
Fratello di Aldrovandino, governò Ferrara con Salin-
guerra II Torello, il quale, dopo qualche predominio, fu
vinto da Azzo, che governando Ferrara, la fece prosperare.
4. OBIZZO, di Rinaldo
(t 1273).
Nipote di Azzo Novello, fu eletto a suo successore dal
popolo, poi proclamato signore di Modena e di Reggio.
5. AZZO, di Obizzo
(Azzo VII, t 1308).
Succede al padre e perde Modena e Reggio che gli si
ribellano.
6. RINALDO
(t 1335)-
Coi fratelli Obizzo e Nicolò I, eletti dal popolo signori
di Ferrara, dopo che furono vinti i Catalani che occupavano
Ferrara pel re Roberto di Napoli. Investiti del vicariato di
Ferrara da Giovanni XXII. Rinaldo fu principe bellicoso e
non mancò di ferocia per conservare il dominio alla sua
casa (Litta).
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 55 1
7. OBI ZZO III
(1344 f I35«);
II Litta dice Obizzo IL Combattè costantemente per la
causa della sua famiglia. Morto Rinaldo suo fratello, divenne
capo della casa, riebbe Modena, nella quale fece solenne in-
gresso (1336), poi Reggio ; cancellò le tracce della guerra
civile.
A lui spetta la prima moneta estense di Ferrara ch'è
un bagattino, o piuttosto denaro ferrarino o doppio bagat-
tino, pubblicato da Bellini e da Mayr CO, battuto, secondo
Mario Equicola (2) nel 1347. Già prima, Azzo VII, figlio di
Obizzo, aveva fatto battere un bolognino a Modena, ed uno
a Reggio.
8. ALDROVANDINO
(1352 f 1361).
Figlio naturale di Obizzo III e di Lippa Ariosti, succes-
sore del padre nel principato. Ebbe da Carlo IV la conferma
del vicariato di Modena e investitura degli stati imperiali di
Rovigo, Adria, ecc. In mezzo agli sconvolgimenti conservò
in pace e tranquillità lo stato di Ferrara.
Al Gradenigo, il quale riferendosi al Bellini, disse che
sotto di lui non lavorò la zecca, il Zanetti rispose che di
questo principe il Bellini pubblicò poscia nella seconda dis-
sertazione, al n. 1, una moneta d'argento (3). Fu un equivoco
del Zanetti, perchè quella moneta è un bolognino o soldo
marchesino di Alberto V. Di questo Aldrovandino non si
conosce ancora nessuna moneta.
9. NICOLÒ II
(1361 f 1388).
Nicolò II, detto il zoppo, fratello di Aldrovandino, ebbe
da Carlo IV confermata la investitura degli stati che dipen-
(1) // bagattino di Obizzo 111. Ferrara, 1836.
(2) Annali, Ms. (?)
(3) Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia, t. II, pag. 87.
71
552
CARLO KUNZ
devano dall' impero. Fu sempre di parte guelfa ; ottenne da
Nicolò V il gonfalonierato perpetuo della chiesa ; accrebbe il
proprio dominio con compensi e compere ; edificò il castello
che divenne poi residenza dei duchi, e fu abbellito da pitture
di G. Bellino, Tiziano e Dosso Dossi ; innalzò la sua città a
sede delle belle arti e delle scienze.
Le sole monete conosciute dal marchese Nicolò II sono
un bolognino o soldo marchesino, ed un quattrino. Grade-
nigo, dopo avere descritto il quattrino come lo diede Bellini
al n. 99, annovera un altro quasi simile, in cui il Santo ve-
scovo sarebbe rappresentato soltanto fino alle ginocchia, ma
forse un esemplare imperfetto lo indusse in errore.
io. ALBERTO
(1388 f 1393).
Fu fratello di Aldrovandino e di Nicolò II. Minacciato
da una congiura che lo pose a rischio della vita, ne fu salvo,
ma dovette imbrattarsi nel sangue di ben cinque suoi pa-
renti, con circostanze in parte atroci. Ebbe da Bonifacio IX
la rosa d'oro ed il privilegio di fondare uno studio generale,
coi privilegi di quelli di Bologna e Parigi. Abbellì di nobili
edifizi Ferrara, la quale gli innalzò una statua sulla facciata
del duomo.
A lui spetta il rarissimo bolognino o soldo marchesino
sopraccennato pubblicato dal Bellini nella seconda disser-
tazione.
È pur suo un grande sigillo coll'aquila estense, ripor-
tato dal Manni (1).
11. NICOLO III
(1393 f 1441).
Successe di nove anni al padre Alberto, sotto un con-
siglio di reggenza fino al 1402. Ebbe dominio agitato da
tentativi di congiure seguiti da condanne capitali, e da guerre
coi Visconti, coi Veneziani e con altri. Promosse le arti e
le manifatture in Ferrara, dove nel 1412 eresse la celebre
(1) Osservazioni storiche sopra i sigilli antichi e dei bassi tempi, t. VII.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 553
torre del duomo ; edificò suntuosi palazzi ; ripristinò la uni-
versità fondata da suo padre, che per ragione di economia
era stata chiusa otto anni ; ingrandì lo stato con vari acqui-
sti ; scrisse lettere latine che furono pubblicate ; attrasse va-
lenti letterati e trasmise ai figli Leonello e Borso l'amore
alle scienze. Delle sue tre mogli la seconda fu Parisina, che
fece decapitare per adulterio col figliastro Ugo, truce fatto
poeteggiato da Byron e da Somma. Litta annovera ben di-
ciassette suoi figli, quasi tutti naturali.
Bellini, che pubblicò quattro sue monete, non conobbe
un denaro ferr arino anonimo divulgato da Giuseppe Bo-
schini (0 che glielo attribuisce (2), col tipo di una cupola di
cisterna e Tarme della città e la leggenda spartita sui due
lati : + NE • SICIANT — + FERRARIENSES. La forma gotica
di alcune lettere, ma non il futile argomento del globetto,
addotto dall'autore, fa ritenere verisimile l'attribuzione di
quella singolare monetina a Nicolò III.
12. LEONELLO
(1441 f 1450).
Leonello, Borso, Ercole I, figli di Nicolò III, successero,
nel dominio di Ferrara uno dopo l'altro e fecero godere ai
Ferraresi un secolo d'oro. Leonello, dal padre dichiarato suo
successore, non fu ignaro dell'arte militare, che apprese dal
celebre Braccio di Montone. Ma più che uomo d'armi fu
uomo di pace e di lettere, che apprese dal Guarino. Di-
stinto per amabilità di carattere, giocondità di spirito e gen-
tilezza di costume, protesse il commercio e l' industria, pro-
mosse le arti e le scienze e particolarmente il rinato studio
della antica letteratura. Fece rifiorire l'università di Ferrara,
radunò codici, gemme, oggetti d'arte e d'antichità, coi quali
iniziò le famose raccolte estensi. Mecenate di letterati e di
uomini dotti, fu còlto egli stesso nelle scienze sacre e poeta.
Alle sue monete illustrate da Bellini deve aggiungersi
(i) Non Gaiani come molti scrivono.
(2) Notizie di una moneta aneddoto della zecca di Ferrara. Fer-
rara, 1441.
554
CARLO KUNZ
un bel ducato d'oro pubblicato da Giuseppe Mayr (0. Oltre
quel esemplare, passato nella raccolta civica di Ferrara, vi
ha notizia di altro ch'era nella raccolta Viani. Altro, con
qualche variante, del Museo di Lione, fu pubblicato come
inedito da O. Vitalini (2). Mi sia concesso di riportare il di-
segno di uno, ch'era nella raccolta Bruzzoni e che dovrebbe
trovarsi nel Museo di Brescia. A rigore non può dirsi va-
rietà nuova, perchè vedesi scorretto in alcune vecchie ta-
riffe fiamminghe ed in Hoffmann (3), ma quanti hanno sot-
t'occhio quelle opere?
i. Ducato d'oro, grammi 3,519.
+ LEONELVS • MARCHIO • ESTEN. Antenna piantata in terra,
dalla quale pende una vela spiegata, con le sue corde
e carruccole; non nave con le vele ammainate, come fu
detto da altri.
SVREXIT • XPS • SPES • ME. G. Cristo ch'esce dal sepolcro,
e sott'esso, armetta inquartata, con l'aquila primitiva
degli Estensi ed i tre gigli concessi ad essi da Carlo VII
re di Francia.
Fra le monete del marchese Leonello è bello il grossetto
d'argento, del quale ecco una varietà della ricca collezione
dell'ili.0 sig. conte Nicolò Papadopoli di Venezia, che gene-
rosamente mi concede di pubblicarlo.
2. Grossetto, grammi i,6o„.
L • MARCHIO • S • M • E • FERARI • (le due M fatte come
N, la C come D). Il marchese in armatura e S. Maurelio
con pastorale, ritti.
+ XPS • REX • VENIT • IN • PACE (manca l' armetta di
Ferrara che si vede in quello di Bellini). G. Cristo in
mezza figura, benedicente, con lunga croce nella sinistra.
La seguente graziosa monetina è inedita se non erro.
(1) Alcune parole sopra una medaglia d'oro di Alfonso li, e di un
ducato d'oro del marchese Leonello, signori di Ferrara. Ferrara, 1832.
(2) Bullettino di Numismatica e sfragistica. Camerino, anno 1, pag. 100,
tav. Ili, 6.
(3) Mùnzschlussel, t. I, tav. io.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 555
3. Soldino d'argento, decigr. 4,65.
LEON ■ EL • MARCH'. Elmo di profilo, col cimiero d' un
cuscino, sul quale siede una lince cogli occhi bendati
da una fascia svolazzante.
+ DE • FÉ RA RIA • Scudo triangolare, coli' arme in-
quartata con l'aquila ed i gigli.
La lince con gli occhi bendati che Gaetani (0 non osò
di spiegare, osservasi anche in alcune medaglie di Leonello,
e fu certamente impresa sua personale.
La seguente è della raccolta dell' ill.° sig. Conte N. Pa
padopoli. Fu descritta nel primo Catalogo Borghesi, n. 510(2).
col nome di quattrino (?)
4 (?) argento, decig. 2,5.
LEONEL — VS • MAR. Figura ritta muliebre, che sembra
quella di una Santa.
+ • • • DE • FERRARIA. Armetta della città. Nel campo
l'aquila estense.
Nel catalogo della collezione Rossi (3) è descritto un
suo quattrino con un'aquila ed al rovescio uno stemma, che
sarà quello della città. La lunghezza della leggenda sul
primo lato: + LEONEL • MARCHIO, non permette il dubbio
che si tratti del piccolo o bagattino recato dal Bellini a
pag. 120, n. 5, il quale è fama fosse stato da lui pagato
dieci scudi, prezzo enorme per quel tempo. Ammesso ciò,
il quattrino del Rossi, se genuino, sarebbe inedito.
I. B O R S O.
(1450 f 1471.)
Alla morte del fratello Leonello succedette nel dominio
conforme al volere del padre. Durante il suo principato lo
stato godette la pace e la prosperità del popolo fu tutelata.
L'imperatore Federico III, per la stima che di lui aveva
(1) Museum Mazzuchellianum.
(2) Roma, 1879.
(3) Roma, 1880.
556 CARLO KUNZ
eresse nel 1452 Modena e Reggio in Ducato imperiale, colla
Garfagnana e Rovigo in Contea. Nel 1471 Paolo II lo inco-
ronò duca di Ferrara in Roma. Borso è tra i principi d'Italia
uno dei più celebrati. Fu d'indole pacifica, probo, giusto e
provvido ed ebbe pari alle virtù la riputazione. Protesse i
buoni studi; emanò savie leggi; incoraggiò le manifatture
e l'agricoltura; infrenò il lusso; vietò i giuochi, e mercè
una prudente economia si trovò sempre ricco a segno da
poter esercitare grande magnificenza. Visse nel celibato
per non intorbidare con propri figli la successione al fra-
tello Ercole.
Delle monete di Borso alcune portano il titolo di mar-
chese, altre quello di duca.
Bello e di grande rarità è il ducato d'oro col suo busto,
pubblicato da Bellini. Non tanto per qualche lieve differenza
che presenta da quello, quanto per porgere un miglior di-
segno di tale moneta, la sola che mostri il ritratto di questo
duca, mi sia concesso di riportarlo quale esiste nella rac-
colta dello stesso fortunato possessore, conte N. Papadopoli,
al quale tributo la mia più viva riconoscenza per tanti favori
di cui mi è largo.
5. Ducato d'oro, grammi, 3,40.
BORSIVS • DVX • Z C' • FERRARIE Z C'. Busto del duca
rivolto a sinistra, con tocco ornato di un gioiello.
SVREXIT XPS REX G-LORIE. G. Cristo, uscente dal sepolcro,
benedicendo colla destra e tenendo il vessillo colla si-
nistra. Sulla cassa del sepolcro una sola crocetta.
Altro ducato con pari rovescio, ma col titolo di mar-
chese coll'arme inquartata in luogo del busto, trovasi de-
scritto e rappresentato nel primo Catalogo del Museo Bor-
ghesi, n. 512.
Bellini fece conoscere due suoi grossetti, il primo col
titolo di marchese e S. Maurelio affrontato a Borso, il se-
condo con quello di duca, e S. Giorgio a lato del duca.
Posso aggiungere la seguente importante varietà del se-
condo, posseduta dal Museo di Padova, e dall'ili, signor conte
Nicolò Papadopoli.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 557
6. Grossetto, grammi 1,30.
BORSIV • DVX — S • GEORGIV'. S. Giorgio in armatura
sopra il drago ed il duca in veste talare, tenendo assieme
uno stendardo. *
S • M • EPS • FER-RÀRIENSIS. S. Maurelio ritto, benedi-
cente, entro una cerchia di sei archetti.
Si distingue da quello del Bellini principalmente per gli
archetti che circondano il Santo ed accrescono vaghezza
alla moneta.
I grossetti di Leonello e di Borso furono banditi nel 1475,
perchè trovati tosati e calanti. Con ciò si spiega la loro rarità.
Un quattrino con un'aquila semplice, il titolo di duca, e
lo scudo ed il nome di Ferrara al rovescio, è uno dei molti
prodotti di famigerato falsario moderno.
Fu già notato più volte come il quattrino anonimo col
liocorno e l'aquila bicipite, accompagnata dalla leggenda:
■f- CLAR/zw COMITATI INSIG-w*, dev'essere stato battuto
nella occasione in cui l'imperatore Federico III investì Borso
della contea di Rovigo. Il liocorno era impresa di Borso C1).
II. ERCOLE I
(1471 f 1505).
Alla morte del fratello, Ercole I fu salutato duca di Fer-
rara e di Modena, delle quali fu investito da Sisto IV, e
dall' imperatore Massimiliano. Domata una congiura, ebbe a
difendersi dai Veneziani che gli mossero aspra guerra e gli
tolsero il Polesine e più luoghi del Ferrarese. Tre grandi
passioni lo dominarono, i viaggi, le fabbriche e gli spetta-
coli, più di quello che convenisse al buon andamento del
governo. I Menecmi e Y Anfitrione di Plauto,* rappresentati
in Ferrara, furono, dopo l'Orfeo di Poliziano, le prime rap-
presentazioni teatrali in Italia. Ampliò la città coli' 'Addizione
Erculea ed innalzò molti edifizì. La sua corte fu sede di let-
(1) " Tolsero i Veneziani nel partire (1483) un liocorno di bronzo,
insegna di Borso, che stava sopra una cisterna della Certosa ,,. —
Frizzi, t. IV, pag. 144.
55^ CARLO KUNZ
terati distinti, quali il Boiardo, il Collenuccio, il Leoniceno,
il Prisciano, il Tibaldeo, Guarino il vecchio. Favorì anche
l'agricoltura e bonificò terreni paludosi.
A proposito di questo principe non sarà discaro ai let-
tori delll' Archeografo se riporto il seguente carme, parteci-
patomi dal eh. signor dott. Attilio Hortis, di Raffaele Zo-
venzoni, poeta triestino, in onore di Ercole I, accolto a grande
onore dai Veneziani nel 1472 (*).
HERCULI DUCI FERRARIAE.
Hercules, pacis venerande princeps,
Hercules, belli decus universi,
Hercules, quo nil melius nec hoc fé-
Licius aevo,
Cerne, te quanto Veneti triumpho,
Qua ducenti pompa comitantur omnes,
Quam frequens cunctis sedeat fenestris
Virgo nurusque.
Filius coram venit ad parentem,
Illa te totis inhians lacertis
Excipit. Quantum pietatis hic est,
Oh ! bone Jesu !
Ecce sunt nodis data corda circum,
Quos dies nullus veniens resolvet.
Si fidem quaeris, monumenta fusi
Sanguinis extant.
Immemor nunquam meus imperator
Hercules fiet Veneti senatus,
Quem patrem verum vocat et patronum
Praesidiumque.
Adde quod monstri domitor Latini,
Si quod in silva latet aut in agris,
Hic erit, huic et caput est datura
Bellua Lernae.
Sed tuos quid nunc memorem labores
Hercules? Dulci genio litandum est,
Non vides, ut te veniente totus
Ridet Olympus.
(1) Di che vedi Muratori: Antichità Estensi, t. II, pag. 231.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 559
Qui graves nimbos posuit, serenum
Induens cultum, placidasque ponti
Dat vias parens Veneto leoni
Ennosigaeus.
Te putant nymphae pelago natantes
Aureum (sic) Martem generumque Thetis
Optat, oh! felix, quater illa tanto
Digna marito.
Gaudeant sceptro populi beato,
Quos pater verus patriae gubernas,
Gaudeat tanto merito superbus
Principe mundus.
Dux dies laetos videas triaevi
Nestoris, fatum tua sit voluntas,
Teque natorum faciat parentem
Diva deumque.
Ricca e variata è la serie delle monete di Ercole I, nelle
quali si palesa l' influenza del rinascimento dell'arte. Fra i
pezzi pubblicati da Bellini ve n'ha uno grande d'oro, ch'egli
non vide ma che tolse da Muratori, il quale pel suo tipo e
pel suo modulo ricorda la lira moceniga di Venezia inco-
minciata a battersi in quel tempo (1474-76). Sospetto possa
essere sbagliato il segno del metallo e trattarsi di una lira
consimile, uscita dalla zecca di Ferrara, e rimasta forse allo
stadio di progetto.
Simile a quello riportato di Borso è un ducato d'oro
assai raro, colla sua testa e G. Cr. ch'esce dal sepolcro, ma
non so se merita fede un doppio ducato di tale impronto che
comparisce in vecchie tariffe.
Su altre sue monete d'oro e d'argento vediamo espressi
argomenti della leggenda dell'antico eroe dal quale il duca
ebbe il nome : Ercole che atterra il toro di Creta o che sbrana
il leone nemeo.
Alcuni bei testoni mostrano il leggiadro tipo, che incon-
trasi anche in un testone di Messerano, di un uomo nudo a
cavallo, non accompagnato da leggenda. Il seguente offre
una particolarità da altri non avvertita :
7. Testone o quarto, grammi 10,00.
HERCVLES • DVX • FERRARIAE. Testa del duca a sinistra.
7»
560 CARLO KUNZ
Cavallo a destra, cavalcato da un uomo nudo che protende
il braccio sinistro.
Nei più noti testoni simili l'uomo non alza il braccio
destro, ma il sinistro, come in questo, in quello di Messerano
di Pier Luigi Fieschi, che Promis (T) giudicò lavoro dello
stesso artefice.
Inferiore al testone, che valeva soldi 15, Yìdra da 12
soldi è di lavoro sì squisito che l' ili. dott. Friedlander non
esitò di attribuirlo al Raibolini detto il Francia.
Sono pur belle monete il grossone col S. Giorgio, i dia-
manti ed alcune altre minori. La monetina denominata ma-
senetta ricorda l'attivazione delle mole per macinare il grano,
attuate quando la rigidezza dell' inverno aveva fatto agghiac-
ciare il Po, sicché i molini non potevano lavorare, fatto re-
gistrato dalle cronache e confermato da quella interessante
monetuccia.
III. ALFONSO I
^5°5 t 1534)-
Una breve notizia di questo duca, data in un precedente
articolo, dove trattai delle monete di Francesco d'Este, suo
figlio, marchese di Massa Lombarda, mi dispensa da ogni
preambolo, per cui passo senz'altro alle sue monete, le quali,
non meno belle di quelle di suo padre Ercole I, si presen-
tano con maggiore diversità d' impronti.
Il doppio ducato d'oro col Fariseo mostra nelle due va-
rietà la testa imberbe ovvero sbarbata del duca, ma soltanto
nel secondo modo e d'altro conio hassi moneta d'argento di
nome ignoto.
SIC • REPVGNÀT è il motto che leggesi sopra una idra
simile a quella di Ercole I, l'esistenza della quale proprio
mi ripugna di ammettere. Bellini che non la vide la tolse da
Argelati, e questo da Palazzi o da Luchio, mentre un Plac-
card du roi d'Anversa, del 1644, fu il primo che diede il
disegno di quel pezzo, che merita poca fede.
(1) Monete di Messerano e Crevacuere, tav. IV, n. 1.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 561
Fra le varietà del bel quarto col tipo di Sansone che tiene
la testa troncata del leone, quella colla testa del duca rivolta
a destra esposta dall'Argelati, sembra non esistere. Non so
se sia da prestar fede ad un simile testone ignorato da Bel
lini, con la leggenda: EX • ORE • FORTIS • DVLCEDO, che
vedesi in vecchie tariffe. Una varietà simile a quella del
Bellini a pag. 169, posseduta pure dal signor conte N. Pa-
padopoli, ha la testa del duca barbata.
Belle monete sono pur anche le mezze lire colla Madonna
sull'asinelio, colla Maddalena che unge i piedi al Salvatore,
e col pastore che toglie la pecora al leone, alludente a
Leone X, la cui morte liberò Alfonso del suo più fiero ne-
mico. Di tale moneta, come di tante altre, esistono varietà
di conio che devo sorpassare.
Della mezza lira colla Maddalena il Bellini porse due
varietà, ma con disegni che non danno punto idea della
squisitezza di quei coni. Gli è perciò che non so resistere
alla" tentazione di addurre il disegno della seconda, nella
quale è rimarchevole sopra tutto la testa atletica del duca.
8. Mezza lira, grammi 6,0.
ÀLFONSVS DVX • FERRÀRIAE III. Testa del duca a sinistra.
FIDES • TVA • SALVÀM • TE • FECI- Gesù assiso, di contro
alla Maddalena inginocchiata che gli unge i piedi.
IV. ERCOLE II
(1534 t 1559)-
Figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia, succedette nel
ducato dopo la morte del padre. Gli riuscì di amicarsi Paolo III,
dal quale ottenne l' investitura di Ferrara per sé e suoi di-
scendenti maschi legittimi. Fu principe probo e pacifico e la
sua corte fu sempre brillantissima. Onorò le scienze e le
arti, promosse gli studi, fu amico di Benvenuto Cellini, fece
collezione di medaglie, introdusse in Ferrara l'arte degli
arazzi all'uso di Fiandra.
Un suo grande pezzo, pubblicato molte volte, colla rap-
presentazione di Ercole che insegue un uomo armato e la
data 1546, da Bellini ed altri creduto moneta, secondo Sca-
562 CARLO KUNZ
labrini battuto in occasione della congiura tentata contro di
lui da Manfrone, deve ritenersi piuttosto medaglia, per ra-
gione del suo forte rilievo e perchè trovasi in oro, in ar-
gento ed in bronzo.
9. Scudo d'oro, grammi 3.3.
* HERCVLES • Il * • • * DVX • FERRA • IMI. Arme in-
quartata con T aquila ed i gigli, partita da un palo
colle chiavi ed il triregno, e nel centro scudetto col-
liquila estense. L'arme è sormontata da corona comi-
tale periata.
IN • TE • QVI • SPERAT • NON • CONFVN. La Maddalena
genuflessa, che abbraccia la croce del Calvario.
Non so se comparisca in alcuna delle vecchie tariffe, ma
in Bellini tale moneta ha l'arme senza la corona.
Altro simile scudo d'oro colla data 1534 ed il titolo di
duca di Chartres, che ottenne pel suo matrimonio con Renea,
figlia di Luigi XII, spetta alla zecca di Modena.
Fra le sue monete d'argento è mirabile particolarmente
il testone col gruppo di sette santi, fra i quali distinguonsi
dagli attributi, S. Caterina, S. Pietro, S. Paolo e la Ver-
gine, battuto in memoria d'essere stato innalzato alla di-
gnità ducale nel giorno d'Ognissanti, forse lavoro del valente
Girolamo Lombardo, scultore ferrarese.
Ercole II, che in una medaglia, imitando l' imp. Com-
modo, si fece rappresentare in aspetto dell'eroe antico (*), in
un testone di molta rarità volle seguire l'esempio del suo
omonimo avolo, rappresentando la fatica di Ercole che in-
catena il cerbero.
Altro quarto o testone ed un mezzo quarto mostrano il
tipo leggiadro della Pazienza, ripetuto anche in alcune sue
medaglie, quale vedesi espressa da Cecchino Salvietti (Fran-
cesco Rossi) nella Galleria Pitti.
Siano ancora ricordati il bianco della Giustizia e la mo-
neta di nome ignoto, di grande rarità, con una nave sul se-
condo lato.
(t) Litta, n. 27.
MONETE INEDITE O RARE DI ZECCHE ITALIANE 563
V. A L FO N S O II
(i559 t 1597)-
Fu più volte in Francia e ritornò a Ferrara alla morte
del padre. L'argomento più importante del suo principato
fu l'estinzione del suo ramo, Paolo III avendo ristretta la
successione ai soli discendenti legittimi.
Essendo morto senza eredi legittimi maschi, non avendo
potuto ottenere che gli succedesse il cugino Cesare, il papa
Clemente VIII avvocò a sé il ducato, quale feudo papale,
separandolo da Modena e Reggio, feudi imperiali rimasti
dopo Alfonso a Cesare suo cugino. La sua memoria va unita
alla prigionia del Tasso, innamoratosi di Leonora sua sorella.
Merita lode per avere protetto i buoni studi ed ordinato che
per la biblioteca estense si facesse acquisto di tutti i libri
pubblicati dalla invenzione della stampa, ma fu biasimato
pel soverchio lusso della sua corte, dei suoi tornei, delle sue
caccie, che lo obbligavano ad accrescere le imposte con
malcontento dei sudditi. Cesare tentò invano di entrare in
possesso dello stato ; vinsero le armi spirituali e temporali di
Clemente, e col cessare della signoria degli Estensi cadde
la fortuna e lo splendore di Ferrara, scemò la popolazione,
decaddero le arti e le industrie, l'università restò quasi de-
serta e la città già tanto lieta e ridente prese quell'aspetto
di silenzio e di solitudine che conserva ancora.
Con Alfonso II incominciano, come in altre zecche le
monete di grande modulo, ducatoni o mezzi ducatont, né
mancano i testoni. Le belle rappresentazioni sono per la mas-
sima parte di genere allegorico, mantenuto; il ritratto sul
lato principale. Ricompariscono i diamanti simili a quelli di
Ercole I, ed incominciano i numerosi grossi col S. Giorgio,
ed i grossetti collo stesso Santo ritto. L'arte in tali monete
palesa visibilmente la decadenza. Una curiosa moneta di nome
ignoto, mostra la testa di Alfonso d'ambo i lati.
Le monete d'oro sono un ongaro, un mezzo ducato d'oro
colla sua testa e l'aquila senza epigrafe al rovescio, e lo scudo
d' oro.
564 CARLO KUNZ
Perchè differente nella figura del duca da quello del
Bellini, riporto a completamento della tavola il seguente :
io. Ongaro, grammi 3,410.
'•' ÀLF • Il • FÉ • MV • - RE • ET • C • DVX. Il duca ritto,
coronato, in armatura, colla destra al fianco ed il bastone
di comando nella sinistra.
'•" NOBILITAS • ESTENSIS '• Arme coronata.
Uno simile, ma coiranno 1596 sotto la figura del duca,
nell'opera del Museo imperiale (J) e sembra che Zanetti lo
credesse della zecca di Modena (2). L'assegno a Ferrara pel
nome di questa città che precede quello di Modena.
Clemente Vili fu sollecito ad affermare il suo possesso
di Ferrara colla coniazione di alcune monete, con le quali
ha principio la seconda serie monetale di questa città; ma di
esse non intendo occuparmi.
(1) Monnaies en or du cabinet de S. M.
(2) T. V, pag. 211, nota 150.
Alle monete pubblicate dopo la dissertazione del com-
mendatore D. Promis, menzionate nel precedente articolo
delle monete d'Asti, devono aggiungersi altre due palesate
dal figlio di lui il chiar. cav. V. Promis, nella Memoria :
Monete di zecche italiane inedite o corrette, Torino, 1882, cioè
un obolo di Carlo duca d'Orleans, ed un doppio grosso di
Carlo V. L'uguaglianza di nome dei due illustri autori mi
fece credere un istante, che quelle due monete fossero state
pubblicate dal padre.
DUE SIGILLI
DEL
MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE (')
Fra gli ultimi acquisti del nostro Museo sono meritevoli
di osservazione due sigilli ecclesiastici, originali, di bronzo,
preziosi monumenti storici, dei quali porgo il disegno nella
annessa tavola.
Il primo è per noi assai pregevole, perchè arricchisce la
raccolta patria di un cimelio senza dubbio unico, di un ve-
scovo della nostra città. Pregevole è pure il secondo per
la persona alla quale si riferisce. Come furono acquistati as-
sieme, così uniti li pubblico nella speranza che sieno bene
accolti dai lettori dell' Archeografo.
RINALDO SCARLICHIO
VESCOVO DI TRIESTE
(lÓ2I — 1640)
Il sigillo di questo vescovo è tondo, del diametro di 53
millimetri. Nel margine, dopo un giro di piccoli ovali, alter-
nati con globetti, offre la leggenda: REINÀLDUS SCARLICHIVS
EPVS ET COMES TERGESTINVS. Il campo è occupato da uno
scudo quadrato, ntondato in punta, riccamente ornato di car-
tocci e di due festoni di frutta, con una maschera muliebre
al sommo ed altra piccola maschera di sotto. Lo scudo è
(1) Dall' Archeografo Triestino.
566 CARLO KUNZ
cimato del cappello vescovile con tre ordini di fiocchi, i. 2. 3.
Entro lo scudo evvi una montagna di tre cime, movente
dalla base dello scudo, sulla quale sta un leone saliente che
tiene fra le zampe anteriori un ramo di pianta con tre grap-
poli, coperti con altrettante foglie, e con tre altre piccole
foglie. Resterebbero a determinare i colori di questi elementi
i quali naturalmente non sono segnati nell'intaglio, perchè
l'invenzione dei tratti o punti indicanti i colori delle arme è
posteriore al tempo del nostro sigillo. Non sono segnati i
colori nemmeno in un abbozzo di disegno dell'arme di questo
vescovo in volume manoscritto intolato: Vescovi di Trieste,
dell'Archivio Diplomatico del diligente raccoglitore di me-
morie patrie Luigi de Jenner. La pianta che tiene il leone
in quello schizzo è d'altra forma, perchè sbarbicata e por-
tante alcuni fiorellini simili a giglietti, ma deve ritenersi
esatta in questo sigillo. Sospetto che tale dettaglio dell'arme
dello Scarlichio sia parlante, alluda cioè, per qualche somi-
glianza del nome della pianta, al nome del prelato. Non ho
potuto determinare la qualità della pianta ed il suo nome,
anche ricorrendo a qualche valente botànico, ma non man-
cano esempli nell'araldica che un dettaglio dell'arme si rife-
risca al nome della persona o del casato. Così gli Sforza di
Cotignola hanno un leone saliente che tiene un cotogno; i
Stella, un leone che tiene una stella; i Marescalchi, un
leone che tiene un ferro di cavallo, ecc.
Bella è la composizione del sigillo e ottimo n' è il lavoro,
quale si addice al tempo in cui fu fatto. Peccato che di esso,
come della maggior parte dei sigilli, non si conosca l'artefice,
il quale verosimilmente sarà stato della nostra città.
Per notizie di questo vescovo tergestino non saprei fare
di meglio che ripetere quanto ne scrisse il nostro illustre
Dottor Pietro Kandler (*).
" Rinaldo Scarlich, o come l'uso d'allora portava, Scar-
* lichio, oriundo di Monfalcone, nacque in Graz di Stiria ove
(1) Documenti raccolti e pubblicati in occasione di collocazione di
busti enei sulla facciata del Duomo di Trieste, in onore di Enea Silvio
Piccolomini, vescovo di Trieste, poi Papa Pio II; di Andrea Rapicelo, ve-
scovo di Trieste, consigliere imperiale, e di Rinaldo Scarlichio, vescovo
di Trieste Luogotenente dell'Austria interiore. — Trieste, 1862.
DUE SIGILLI DEL MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE 567
suo padre era al servizio della Corte, nell'anno 158.... e
fu tenuto al sacro fonte dall'arciduca Ferdinando, figlio di
Carlo Arciduca, Sovrano dell'Austria inferiore; di quel
Ferdinando che salito al trono imperiale fu notissimo sotto
il nome di Ferdinando II. Entrò nell'Ordine dei Minori
Francescani Conventuali, dal quale uscì, sembra, nel 1613,
quando Ferdinando lo nominò Preposito di Pirano, in so-
stituzione all'Antonio Zara favorito e compagno d'infanzia
di Arciduca Ferdinando, nominato nel 1602 vescovo di
Pedena, con dispensa di età (contando allora 26 anni), tolto
troppo sollecitamente alle lettere ed alla pietà, nelle quali
era insigne, nell'età di 45 anni ; autore dell'opera : de Ana-
tomia Ingeniorum. — Corre fama che Rinaldo Scarlichio
fosse stato uno degli institutori dell'Arciduca Ferdinando,
poi Imperatore secondo di questo nome.
* Era stato fatto Visitatore delle Nunciature di Graz
(resideva allora Nunzio per l'Austria interiore, con amplis-
sime giurisdizioni, tra le quali tutta la polizia ecclesiastica
che era dei Patriarchi di Aquileja nelle terre arciducali),
delegato da Papa Gregorio XV (Ludovisi) e dal suo suc-
cessore Urbano VIII (Barberini), dal 1621 in poi. Impera-
tore Mattia, e Ferdinando lo nominarono loro Consigliere
intimo.
" Il 5 giugno del 1621 fu nominato vescovo di Trieste
da Arciduca Ferdinando e venne consacrato il dì 14 agosto
1622 nella Basilica Mariana di Trieste dal Principe vescovo
di Lubiana Tomaso Chrón, coli' assistenza dei vescovi:
Girolamo Rusca di Capodistria (*) dell'Ordine dei France-
scani; Giovanni Battista Agatich di Segna, dell'Ordine
degli Agostiniani; di Carlo Weinberger di Pedena, del-
l' Ordine dei Francescani della stretta osservanza. Rinaldo
Scarlichio era affezionati ssimo all' Ordine dei Francescani,
(1) Il Museo di Trieste possiede anche un bel sigillo del vescovo
Girolamo Rusca, il disegno del quale, comunicato all' ili. signor mar-
chese Alberto Rusconi, fu da lui pubblicato nella encomiata sua opera
genealogica : Memorie storiche del Casato Rusca o Rusconi. — Bologna,
1874, 1877. Mostra, intorno alla sua arme, l' iscrizione : F ■ HIERONY-
MVS • RVSCA • EPVS ■ IVSTINOP.
73
568 CARLO KUNZ
ed anche dopo uscitone ed alzato a vescovo, compiacevasi
dirsi figlio di quell'alma religione. Splendide furono le fe-
stività fatte in onore di sì distinto prelato.
* Stette nove anni al governo della chiesa triestina, e
contemporaneamente delegato della Nunziatura. Durante
il suo reggimento il vicariato d'Opchina venne alzato a
Parrocchia (1622); furono riconosciute nel Duomo le reli-
quie di Santo Giusto Martire che la tradizione soltanto
indicava collocate sotto l'altare; furono scoperte le reliquie
di S. Apolinare (1624); (x) venne accolta la religione dei
Fatebenefratelli in servizio dell'Ospitale (1625); fu fondato
il Convento dei Frati Minori Francescani Conventuali in
Grignano e fatta la cappella di S. Giuseppe in Duomo
(1626); data ai Canonici del Duomo la zanfarda; cominciata
la costruzione della chiesa di S. Maria Maggiore dell'Or-
dine Lojoleo (1627); composte le differenze per la cappella
di S. Pietro (1629). E senz'acro fu consultato sulle gra-
vissime mosse dei Goriziani per l'instituzione in Gorizia
di Vescovato, con soppressione del Patriarcato d'Aquileja,
questioni animatissime durate per tre secoli, venute a solu-
zione nel 1750 con scindere in due l'amplissima Arcidiocesi
patriarcale, e la Diocesi ordinaria, formando due Arcive-
scovati, l'uno in Udine, per le terre soggette al Principe
veneto, l'altro in Gorizia per le terre soggette al Principe
austriaco. Né l'uno né l'altro Arcivescovato durò lunga-
mente, ridotto quello di Udine a Diocesi, suffraganea del
Patriarca di Venezia, nei primi anni di questo secolo;
poi in tempi vicini riavuta la dignità arcivescovile per
mero onore. Gorizia, che aveva in suoi suffraganei i Ve-
scovi di Como, di Trento, di Trieste, di Pedena, ed in
sua giurisdizione buona parte della Carintia e di Cilli, nel
1788 cessò persino di essere Vescovato, trasferito in Gra-
disca, poi ricuperò il Vescovato ristretto assai, indi la Me-
tropolitia, assai minore della vecchia.
(1) Il Mainati : Croniche ossia memorie storiche sacro profane di
Trieste. Venezia 1817-1819, t. Ili, pag. 224, ed il Jenner nel suo MS. nar-
rano diffusamente del rinvenimento delle reliquie di quei due Santi,
vedasi anche Scussa: Storia cronologica di Trieste. Trieste, 1863, pag. 120.
DUE SIGILLI DEL MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE 569
a Nel 1630 Vescovo Rinaldo Scarlichio fu trasferito al
* Vescovato di Lubiana che porta titolo di Principato, e no-
" minato Luogotenente del Principe nell'Austria Interiore,
" con presidenza di quei Consigli aulici, ed ampli poteri. Nei
* dieci anni di sua Reggenza ebbe gravissime fatiche ed
* amarezze, intento come fu nel riformare i costumi, e nel
* preservare la chiesa dalle irruenti novità, cominciate ai
* tempi di Ferdinando I, alle quali erano propensi li nobili
* e buona parte di borghesi.
* Moriva nel dì 17 dicembre 1640 in Lubiana, e veniva
" sepolto nel Duomo all'altare delle Anime, in tomba pre-
* parata dal suo antecessore Tomaso Chròn.
" Memorabile è di lui che non potesse pronunciare la r,
" e si narra di orazione recitata da lui dinanzi all' Imperatore
" nella quale la lettera r fu con grandissima arte evitata,
" senza che scemasse il pregio di queir eloquentissima ora-
" zione.
* Il popolo di Trieste amò il vescovo Scarlichio di af-
" fettuosissimo amore, ricambiato dal vescovo, di che sono
* documenti la iscrizione posta in suo onore, il carteggio
■ cangiato e la amorevole lettera di congedo del Vescovo. „
Valvasor C1) notando che il vescovo Scarlichio era debole
di gambe, per modo che, arrivato a Lubiana, dovette essere
portato alla chiesa in sedia, suggiunge che era uomo molto
assennato e prudente ed aveva la testa migliore delle gambe.
Egli scrive che lo Scarlichio nacque in Dalmazia da nobili
genitori, e dello stesso avviso sono lo Scussa (2) ed il Jenner,
il quale dice non sapersi quali fossero i suoi genitori. L'Ughelli
poi, citando il Bucellino, lo dice ungherese.
Sulla facciata del Duomo di Trieste fu posta la seguente
iscrizione in di lui onore, decretata dal Consiglio Maggiore,
quando fu promosso al Vescovato di Lubiana. Fu pubblicata
più volte da Mainati e dal Kandler, e la trascrivo dalla pietra.
L'arme che vi sovrasta ha lo scudo uguale a quello del nostro
sigillo.
(1) Die Ehre des Herzogthums Krain. II ediz., Rudolfswerth, 1877-79,
t. II, pag. 672.
(2) Storia cronografica di Trieste. Trieste, 1863, pag. 119.
57° CARLO KUNZ
D • O • M •
REINALDO • SCARLICHIO
PONTIFICI • SUO
SI « NON • MAXIMO • SALTE • OPTIMO
PIETATE • MVNIFICENTIA • OMNIQ • VIRTVTE
PRAECLARO
GREGORIO • XV • ET • VRB° • VIII • P • P • MAXI •
IN • GRAEC • NVNCIATVRA • VISITATORI • DELEGATO
DIVIS • MATTHIAE
AC
FERDINANDO • II • FOELICITER • IMPERANTIS
A • CONSILIIS
EIDEMQ/. • IN • EXC • REGIM • GRAEC • PRESIDI • INTEGER0
ECCLAE • CLERI • AEDIV • ET • PROVENTVM • EPALIVM
BENEFACTORI • CONSPICVO
AD • EPATVM • ET • PRINCIP • LABAC • VOCAT0
S • P • Q • T •
QVEM • PRAESENTEM • CVLTV • AC • VENERATIONE
ABEVNTEM • LACRYMIS • ET • AMORE
PROSEQVVTVS
HAS • PERPETVAE • DEVOTIONIS • ERGO • TABVLAS • POSVIT
MENSE • IVN • AN ■ Cl3 13 CXXX •
GIOVANNI BATTISTA CASTAGNA
ARCIVESCOVO DI ROSSANO
(1553 — Ì583)-
Questo secondo sigillo è pure di bronzo rotondo, del
diametro di 39 centimetri. Dopo un giro esterno di perline
forate reca l'iscrizione: IO : BAPTA • CASTANEVS • ARCHI-
EPISC • ROSSANENSIS. Nel mezzo vi è uno scudo ovale
DUE SIGILLI DEL MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE 57 1
contornato da cartocci e da viticci e cimato di una croce
trifogliata. Entro lo scudo vedesi 1' arme, composta di tre
bande abbassate sotto una fascia in divisa, sormontata da
una castagna col suo involucro spinoso, con due foglie, al-
lusiva al nome del prelato. Deve perciò ritenersi sbagliato
il disegno dell'arme al nome di Urbano VII (che tale nome
assunse il Castagna diventando Pontefice) nell'opera del Pla-
tina (J) dove invece del frutto di castagno, vedasi una rosa
di quattro foglie nel mezzo di una croce patente, accanto-
nata da quattro raggi.
La città di Rossano giace a due chilometri dalla sponda
occidentale del golfo di Taranto, nella provincia della Ca-
labria Citeriore, sopra un ameno còlle, e conta 8000 (?) abi-
tanti. Di antichissima fondazione, fu patria di S. Nilo, del
Pontefice Giovanni VII, dell' antipapa Giovanni XVII, del
filosofo Paramato, del giureconsulto Amarellis, del poeta
A. Greco, ecc. Vantava un tempo una accademia letteraria
detta di Naviganti, poi altra, denominata degli Spensierati,
ed è sede di un arcivescovato che dicesi derivato dal sop-
presso vescovato di Turio. Finché il paese fu sottoposto ai
Greci, i Rossanesi mantennero il rito greco, del quale ri-
mane ancora qualche pratica. Per privilegio di Tancredi,
re di Sicilia, il prelato di Rossano fu insignito, fino dal 1191,
del titolo arcivescovile. La serie dei suoi pastori incomincia
con Saturnino (2) intorno all'anno 680, e ne conta sessan-
tanove, fino a Pietro Cilento (1844) ultimo annoverato dal
Cappelletti.
Giambattista Castagna, al quale spetta il nostro sigillo
fu il quarantraquattresimo. Nacque in Roma nell'anno 1521,
da Pietro Cosimo Castagna, genovese e da madre romana
di casa Ricci. Dedicatosi alle discipline ecclesiastiche e stu-
diando a Bologna, acquistò fondamento di dottrina nelle leggi
civili e canoniche. Andato a Roma fu fatto Referendario di
giustizia, nominato arcivescovo di Rossano (1553) e mandato
governatore a Fano. Finito il tempo di governo andò a quello
(1) Vite dei Pontefici.
(2) G. Cappelletti: Le chiese d'Italia, voi. XXI. L'Ughelli non men-
ziona Saturnino
572 CARLO KUNZ
della sua chiesa, poscia fu mandato da Paolo IV governatore
di Perugia e dell'Umbria. Intimata la continuazione del Con-
cilio di Trento, dove tutti i vescovi furono chiamati, vi andò
egli pure, e vi stette sino alla fine. Ritornato nella sua sede
fu bentosto richiamato da Pio IV che lo mandò Nunzio in
Spagna, dove dopo la morte di quel Pontefice fu confer-
mato da Pio V, e stando colà condusse a termine la lega
fra il Papa, il Re e la Repubblica di Venezia. Seguita la
morte di Pio V, fu dal suo successore, Gregorio XIII, desti-
nato a Governatore di Bologna, ma non essendovi egli in-
clinato, rassegnò liberamente in mano del Pontefice l'arcive-
scovato, rinunziando alla pensione. Fu poi mandato Nunzio
a Venezia ed a Colonia, dove, non essendosi potuto con-
chiudere la pace fra re Filippo II e gli Stati della Fiandra,
ritornò alla corte di Rema, dove fu aggregato fra i Prelati
della Congregazione del Santo Ufficio ed impiegato nelle
cose dello Stato Ecclesiastico. Nell'anno 1583, 12 dicembre,
Papa Gregorio XIII l'aveva creato cardinale, col titolo di
San Marcello.
Piacemi riportare qui un aneddoto narrato dal Platina.
Essendo Sisto V a tavola ed arrivate le frutta, il Pontefice,
tagliata una prima pera, poi una seconda, e trovatele en-
trambe guaste, disse doversi rinunziare a quel frutto ed ap-
pigliarsi alle castagne, alludendo a se stesso eh' era della
famiglia Peretti, che nella sua arme teneva delle pere, ed
al cardinale, che siccome di casa Castagna, ostendeva nella
propria la castagna, preconizzando con ciò all'avvenimento
del Cardinale al Pontificato. E così avvenne, perchè seguito
il conclave alla morte di Pio V, il Cardinale cH San Marcello
fu eletto Pontefice nel giorno 15 settembre 1590, e come
tale volle chiamarsi Urbano, VII di tale nome.
Il suo Pontificato fu breve, perchè, ammalatosi subito
dopo, morì nel giorno 27 settembre dello stesso anno, nella
età di 70 anni, dopo avere largheggiato coi poveri, rimessi
i crediti che teneva per denari prestati, vietato che i suoi
più intimi servitori vestissero di seta, e comandato che fossero
proseguite le fabbriche incominciate da Sisto V. Il suo corpo
deposto in San Pietro fu poi trasferito nella chiesa della
Minerva.
DUE SIGILLI DEL MUSEO CIVICO DI ANTICHITÀ DI TRIESTE 573
Non è priva d'interesse la seguente notizia riportata
dal chiarissimo Don Angelo Marsich (*) che la trasse dal
Theiner (2).
* 1530, 1 febbraio — Bologna — Papa Clemente VII
" delega l' arcivescovo Rossanensem, suo nunzio presso la
" corte di Ferdinando re d'Ungheria e di Boemia, perchè
" voglia interessarsi di indurlo a restituire alla Chiesa di
■ Parenzo la contea di Pisino che le era stata donata dai
a re Ottone e Rodolfo, e della quale quei vescovi avevano
" investiti i Conti d'Istria della casa di Gorizia, né cui diritti
" seguivali la casa d'Austria „.
L'arcivescovo di Rossano al quale tale notizia si riferisce
fu Vincenzo Pimpinella (1525 f 1534). E difficile indovinare
come sia avvenuto che il sigillo di un altro arcivescovo di
Rossano siasi smarrito in queste nostre parti, così lontane
al luogo dove fu usato.
Carlo Kunz.
(1) Effemeridi di città e luoghi marittimi dell'Istria. Capodistria,
1881, pag. 30.
(2) Velerà monumenta slavorum, I, 609.
VARIETÀ
Ritrovamento di monete a Verona. — I giornali
veronesi riferirono tempo fa del rinvenimento di un gruzzolo
di monete nelle demolizioni delle case soprastanti al Teatro
romano di quella città. Il cav. Sgulmero, direttore del Museo,
comunica le seguenti notizie circa il valore storico di quelle
monete:
Gli zecchini recano le scritte dei seguenti dogi: Francesco
Donato (1545-53), Francesco Venier 1554-56), Girolamo Priuli
(1556-67), Luigi Mocenigol (1570-77), Nicolò da Ponte (1578-85),
Francesco Cicogna (1585-96), Marin Grimani (1595-1606), Leo-
nardo Donato (1606-12), Antonio Priuli (1618-23), Marcantonio
Memo (1612-15), e portano da un lato Cristo e dall'altro
San Marco che dà il potere al doge inginocchiato. Attorno
si legge la scritta : SIT TIBI CRISTE DATVS QVIA TV REGIS
ISTE DVCATVS.
Furono pure trovate: due ungari d'oro, monete del Belgio,
colla data 1595-96 e colle seguenti leggende: CONCORDIA PAR-
V/E RES CRESCVNT - MONETA ORDINARIA PROVINCIARVM
FEDERATIONIS BELG-ICAE AD LEGEM IMPERI ; cinque monete
turche; circa 200 ducati d'argento coi dogi succitati e con
questi ancora : Leonardo Donato, Pasquale Cicogna, Gio-
vanni Corner, Francesco Contarmi, Giovanni Bembo.
Si trovarono inoltre più di seicento monete d'argento
anonime dell'occupazione spagnuola di Milano, e cinque grosse
monete d'argento, dette giustine e mezze giustine.
Queste monete furono coniate dopo la vittoria dei Vene-
ziani alle Curzolari nel giorno di Santa Giustina.
Ritrovamenti di monete a Terni. — Il muratore
Marino Rossi, procedendo a dei lavori di restauro al Caffè
Elvezia a Terni, trovò un vaso di terra cotta pieno di monete
d'oro, coniate all'epoca di Papa Alessandro VI.
74
57^ VARIETÀ
Queste monete, che in principio furono credute puglie
di nessun valore, e che perciò furono lasciate in balìa di chi
volle appropriarsele, sono state oggi riconosciute di un grande
valore storico e consegnate al Municipio, il quale le invierà
al locale Museo. Un Commissario di polizia è stato incari-
cato di ricercare quelle altre che vennero prese al momento
della scoperta.
Per gli amatori di Monete Greche. — I successori
di Adolfo Hess di Francoforte (Adolph Hess Nachfolger)
dirigeranno nel primo trimestre del 1906 una seconda ven-
dita di duplicati del Gabinetto Imperiale di Berlino, come
ne diressero la prima nel 1902. Questa seconda parte com-
prenderà le monete della Grecia propriamente detta e delle
isole, circa 1600 pezzi fra i quali molte rarità di primo or-
dine ed esemplari di bellezza eccezionale.
Vendita Wehle. — Nei giorni 20, 21 e 22 dello scorso
novembre, presso il signor Rodolfo Ratto di Genova, ebbe
luogo la vendita della collezione di monete italiane del
signor Johann Wehle di Vienna.
Ci fu molta gara fra gli acquirenti e i prezzi furono
brillantissimi. Per alcune monete poi si arrivò a dei prezzi
non mai raggiunti nelle aste pubbliche.
Ne citiamo alcune :
N. 2. Savoia — Amedeo VII — grosso tornese (Promis 5). L. 285
94. Asti — Luigi XII — cavallotto (Promis n) „ 140
263. Torriglia — Violante Doria — luigino „ 285
351. Milano — Gal. M. Sforza — doppio ducato (Gnecchi 3) „ 325
362. „ — Bona di Savoia — testone „ 165
366. „ — Lodovico M. Sforza — doppio ducato . . „ 220
368. ,, — Lud. XII — testone (Gnecchi 11) ... . „ 150
514. Retegno — Ant. Gaet. Trivulzio — doppio zecchino . „ 600
582. Mantova — Eleonora Medici — giulio „ 225
667. Guastalla — Ferrante II Gonzaga — ungaro (inedito) „ 555
668. „ „ „ „ — scudo ,, „ 265
695. Venezia — Cristoforo Moro — bagattino (con ritratto) „ 205
702. „ — Alvise I Mocenigo — quarto di ducato . . „ 400
786. Cattaro — Assedio 1813 — pezzo da io franchi . . . „ 355
1009. Mirandola — Alessandro I Pico — testone (tipo di
Lucerna) „ 300
1030. Correggio — Siro — (tipo di Brunswick) „ 325
VARIETÀ 577
Il nuovo tallero d'Etiopia. — V imperatore Menelik
ha introdotto in Etiopia un nuovo tallero con le sue suddi-
visioni. In luogo dell' immagine opulenta di Maria Teresa,
l'artista francese — poiché le nuove monete furono coniate
a Parigi — ha effigiato Menelik, col classico nome di Etiopia
in caratteri amarici.
La nuova moneta è stata annunciata col seguente bando,
che il prof. Ignazio Guidi dell'Università di Roma ha tradotto:
REGNO DI ETIOPIA
Proclama.
* Odi ! Odi ! Che Iddio tolga la concordia ai nemici dei
monti e dei colli ! (del paese). Odi ! Odi ! Che Iddio tolga la
concordia ai nemici del nostro Signore Menelik ! Odi ! Odi !
Che Iddio tolga la concordia ai nemici di Maria.
" Ora ci conviene dire il soggetto (del proclama).
" Acciocché il nostro paese di Etiopia venga in onore e
il nostro commercio prosperi, io ho fatto coniare e ti ho fatto
venire un nuovo tallero, impresso con la mia effige e il mio
nome. Questo tallero è più puro dell'antico, ma per il peso gli
è uguale. La leggenda scrittavi sopra è in amarico. Essendo
mio intendimento d'abituare all'uso di questo nuovo tallero
coniato col nome di Etiopia, cessando l'antico, tu ricevilo
nel commercio insieme, ed equiparandolo al tallero anteriore;
e tu, o orefice, non fondere questo nuovo tallero di questa
specie, fin tanto che una grande quantità non ne sia entrata
in paese. Inoltre per l'acquisto di piccoli oggetti io ho fatto
conoscere e ti ho fatto venire un mezzo tallero, il quarto e
l'ottavo. Nel traffico cambia (il sale, ecc.), calcolando il nuovo
mezzo tallero, il quarto e l'ottavo come il vecchio mezzo
tallero, il quarto e l'ottavo.
■ La persona che si rifiuta di riceverlo, presala a forza,
porta a noi „.
Una medaglia d'oro al prof. Savoldi. — La Società
per la conservazione dei monumenti pavesi dell'arte cristiana
aveva deliberato l'omaggio di una medaglia d'oro all'insigne
architetto prof. Angelo Savoldi, per l'opera sua illuminata e
benemerita nei ristauri ammirati dell'antica basilica di S. Pietro
578 VARIETÀ
in Ciel d'oro a Pavia. La cerimonia della consegna ebbe
luogo a Milano il giorno 4 ottobre scorso, nella sala della
biblioteca del R. Istituto Tecnico Superiore, in piazza Cavour,
coli' intervento di parecchi invitati.
ha medaglia d'oro a Pierpont Morgan. — Per at-
testare la riconoscenza dell' Italia a Pierpont Morgan, che
restituì il piviale di Papa Nicolò IV, il Ministro della Pub-
blica Istruzione gli offrì una gran medaglia d'oro colla se-
guente iscrizione, dettata dall'onorevole Barnabei :
OB MERITUM LIBERALITATIS
qua - PIERPONTIUS MORGAN
DOMO EBORACO NOVO — CIMELIUM INSIGNE
AESCULANAE ECCLESIAE IN PICENO MISERE SUBREPTUM
MAGNO SUMPTO REDEMIT ET IMPENSA REMISSA
CIVITATI AESCULANAE ITALIAEQUE
MUNIFICE REDDIDIT
SUMMUS IN ITALICO REGNO
STUDIORUM CURATOR
VIRO EXIMIO BENEMERENTI
Due milanesi premiati al Concorso per la meda-
glia ai benemeriti dell'istruzione artistica ed indu-
striale. — Alla gara presero parte 24 concorrenti, di cui
alcuni inviarono più di un modello. L'on. Rava, accogliendo
la proposta del Comitato, conferì il premio di lire mille al
bozzetto distinto col motto : " Melograno „ eseguito dallo
scultore Enrico Saroldi di Milano, e il premio di lire 500 al
bozzetto contrassegnato col motto : " Spine e rose „ dello
scultore Albino Dal Castagne, pure di Milano.
La medaglia del Saroldi ha nel diritto l'Istruzione indu-
striale e commerciale, seduta con un gran libro sulle ginoc-
chia ; a destra 1* Industria, un uomo nudo, seduto sull' incu-
dine, colla mano sinistra appoggiata su un ingranaggio, e
colla destra sul libro dell'Istruzione ; a sinistra il Commercio,
un uomo nudo in piedi, che tiene nella mano destra il ca-
duceo e la sinistra appoggiata sul libro dell'Istruzione. Tanto
l'Industria, quanto il Commercio sono in atto di attenzione
allo studio. In giro corre la leggenda: MINISTERO DI AGRI-
COLTURA INDVSTRIA E COMMERCIO ; nell'esergo 1905.
VARIETÀ 579
La medaglia rappresenta poi nel rovescio la prosperità
della patria, frutto dell' istruzione. Una donna, seduta sopra
un gran covone di spighe, si abbandona colla testa tra i
frutti di un melo molto produttivo, e si sorregge, tenendosi
colla mano sinistra ad un ramo dell'albero stesso ; colla
destra tiene una cornucopia carica di prodotti; nello sfondo
si vedono delle pecore ; nell'estremità superiore del circolo
vi è uno spazio libero per il nome del premiato e in alto a
destra la leggenda, dettata dal prof. Sanvisenti : COLLA
G-VIDA DELL' ISTRVZIONE CHE ABBREVIA ED AGEVOLA
L' ESPERIENZA SI SVOLGERANNO L' INDVSTRIA E IL COM-
MERCIO PER LA PROSPERITÀ' DELLA PATRIA.
La medaglia dello scultore Dal Castagne rappresenta
sul diritto una figura simboleggiante il genio della scienza,
che porge la destra, guida un gruppo di lavoratori, incorag-
giandoli nella via dell' industria e del commercio.
Il rovescio simboleggia l'agricoltura. Davanti ad un vasto
orizzonte di campagne, dove, in fondo, si vedono i camini
dell' industria moderna, passa un gruppo di muse, portando
i frutti della scienza agricola.
Una medaglia ad una suora, — Nella sua prima
visita all' Ospedale maggiore di Vercelli, mons. Valfrè ebbe
le più affettuose accoglienze da parte del personale d'am-
ministrazione come dei ricoverati. Fra le suore della carità
che gli resero omaggio, si notava una vecchia suora che
tocca già gli 86 anni, la famosa, pei Vercellesi, suora Amedea,
che da 67 anni assiste i poveri ammalati in quell'ospedale. È
degno di nota un episodio, che riflette questa veneranda suora
e mons. Valfrè. Anni e anni sono era presidente dell' Ospe-
dale maggiore il marchese Adolfo Del Carretto, il quale, vi-
sitando un giorno l'Ospedale col nipote Teodoro, giovinetto
allora sui 15 anni, lo presentò a suor Amedea come prossimo
ad entrare nella carriera militare. La nostra suora bonaria-
mente disse al giovinetto: " E perchè vuol farsi militare? Si
faccia prete, e verrà un giorno arcivescovo di Vercelli. „ Fu
indovina! Suor Amedea, nella sua età di 86 anni, ricorda
quella visita e la risposta di quel dì. È facile immaginare la
commozione di suor Amedea, quando ieri l'altro potè baciare
l'anello del neo arcivescovo, il giovinetto Teodoro di un dì.
580 VARIETÀ
Con gentile e grato pensiero l' onorevole Lucca ed il
Consiglio d'amministrazione avevano fatto coniare una me-
daglia da offrire a suor Amedea in benemerenza di tutti i
caritatevoli e pietosi servizi resi agli ammalati nei 67 anni
di permanenza nell'Ospedale maggiore, e vollero concedere
a monsignor Arcivescovo il piacere e la consolazione di
presentare pubblicamente questa medaglia alla suora.
Sulla medaglia da una parte era scolpito il ritratto del
cardinale Guala Bicchieri , fondatore dell' Ospedale, e dal-
l'altra si leggevano queste parole: A SVOR AMEDEA REGI-
ROLI NEL 67.» ANNIVERSARIO DI SVO PIETOSO MINISTERO
NELL'OSPEDALE DI VERCELLI. - 1905.
Una nuova medaglia commemorativa. — Si an-
nuncia che sarà istituita una medaglia commemorativa per
premiare coloro che si distinsero a favore dei danneggiati.
Il primo insignito sarebbe il Re.
Una medaglia di Chaplain, dono di I^onbet. —
Air Esposizione Orticola Internazionale di Varese, fra le
ricchissime coppe e le fini medaglie donate, si notò una
splendida medaglia d'argento, opera pregevole del celebre
cesellatore francese Chaplain, e offerta dal primo magistrato
della nazione francese.
Loubet ha voluto, con quest'atto gentile, rendere omag-
gio alla cittadinanza varesina, che, in occasione del suo
viaggio in Italia, gì' inviò una splendida riproduzione in
bronzo del Garibaldino.
Altre medaglie offerte in occasioni speciali furono:
quella delle rappresentanze agricole dei cinque circondari
della provincia di Novara, donata a S. M. il Re ; quella d'oro
offerta dal Comitato triestino in omaggio a Carducci, che
fu distribuita in Roma in tre esemplari d'argento al Sindaco,
al Presidente del Senato e al Presidente della Camera; quella
commemorativa in argento del traforo del Sempione, data dal
Ministro Svizzero, conte Pioda, agli on. Biancheri, Rubini e
Alfredo Baccelli; quella d'oro, fatta coniare pel Sindaco dimis-
sionario di Bergamo, conte comm. Giuseppe Malliani, dagli im-
piegati municipali, in segno di stima e di affetto riconoscente.
ATTI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Seduta del Consiglio, 15 Dicembre 1905
(Estratto dai Verbali).
La seduta è aperta alle ore 14 nella Sala del Castello:
I. — Vengono ammessi come Soci corrispondenti :
Signor Luigi Comparetti, conservatore del Gabinetto Nu-
mismatico annesso alla Zecca degli Stati Uniti in Filadelfia,
presentato dai Fratelli Gnecchi e il Sig. Col. Alberto Cunietti-
Cunietti, presentato dal Prof. Ricci e dal Signor Grillo.
II. — La composizione dell'ultimo fascicolo incontra
alcune difficoltà per questione di salute di due dei membri
del Consiglio di Redazione. Il fascicolo dovea comprendere
almeno la prima parte del lavoro del Dott. Haeberlin sul-
l'antica monetazione del bronzo italico, traduzione del Pro-
fessor S. Ricci. Il materiale era già pronto non solo, ma
anche composto in tipografia. La lunga convalescenza non
ancora terminata del Prof. Ricci non gli permise e non gli
permette di correggere le bozze e quindi il lavoro deve per
forza essere procrastinato. D'altra parte una malattia abba-
stanza seria, da cui fu colpito appunto in questi giorni il
Prof. Ambrosoli, lo obbliga a sospendere ogni occupazione
e quindi anche la solita Bibliografia di fine d'anno che come
di consueto si era assunto e che anzi aveva già condotto a
buon punto. Per colmare la lacuna che tali sospensioni por-
tano al fascicolo, si decise di dar termine alla pubblicazione
del Kunz, pel quale appunto si aspettava l'occasione oppor-
582 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
tuna, essendosi ormai tale pubblicazione trascinata da tanti
anni. L'ultimo fascicolo con questa sostituzione avrà il solito
numero di pagine e, sia il lavoro del Dott. Haeberlin quanto
la Bibliografia, prenderanno posto nel primo fascicolo del 1906.
III. — Il Segretario presenta i seguenti doni perve-
nuti alla Società :
Gnecchi comm. Francesco.
O Archeologo Portugues. — Annata 1905.
Annales de la Société Archéologique de Bruxelles. — Annata 1905.
Macdonald George.
Catalogue of Greek Coins in the Hunterian collection. — Volume III,
Glasgon, 1905.
Osnago Enrico.
N. 7 monete italiane in argento e 2 in rame.
Alle ore 15 '/„ esaurito V Ordine del Giorno, la seduta
è tolta.
COLLABORATORI DELLA RIVISTA
NELL'ANNO 1905
Memorie e Dissertazioni.
Ambrosoli Solone
Biscaro Gerolamo
Dattari Giannino
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
f Kunz Carlo
Laffranchi Lodovico
Marchisio A. F.
Martinori Edoardo
Maurice Jules
Monti Pompeo
Na VILLE LUCIEN
Pansa Giovanni
Papadopoli Nicolò
Resetar Milan
Rizzoli Luigi jun.
Ruggero Giuseppe
Stettiner Pietro
Valerani Flavio
Vitalini Ortensio
Cronaca.
Ambrosoli Solone
Dattari Giannino
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
Mattoi Edoardo
Motta Emilio
Ricci Serafino
Spigardi Arturo
7S
ELENCO DEI MEMBRI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
E DEGLI
ASSOCIATI ALLA RIVISTA
PER L'ANNO I905
SOCI EFFETTIVI (•).
1. *S. M. il Re Vittorio Emanuele III.
2. S. M. la Regina Elena.
3. *Ambrosoli Dott. Cav. Solone — Milano.
4. *Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona.
5. Cantoni Dott. Aldo.
6. Caruso Lanza Avv. Michele — Girgenti.
7. 'Castellani Prof. Giuseppe — Venezia.
8. Celati Avv. Luigi Agenore Livorno.
9. *Ciani Dott. Cav. Giorgio — Trento.
io. Circolo Numismatico milanese — Milano.
11. Cornaggia Gian Luigi (dei Marchesi) — Milano.
12. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto).
13. Dessi Cav. Vincenzo — Sassari.
14. *FaselIa Comm. Carlo — Milano.
15. "Fiorasi Colonnello Cav. Gaetano — Livorno.
16. "Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano.
17. Gavazzi Dott. Carlo di Pio — Milano.
18. *Gnecchi Cav. uff. Ercole — Milano.
19. *Gnecchi Comm. Francesco — Milano..
20. Grillo Guglielmo — Milano.
21. Hirsch Dott. Jacopo — Monaco di Baviera.
(*) I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori.
586 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
22. Jesurum Aldo — Venezia.
23. *Johnson Corani. Federico — Milano.
24. Lazara (De) Conte Antonio — Padova.
25. 'Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza.
26. 'Mariotti Sen. Dott. Comm. Giovanni — Parma.
27. Mattoi Edoardo — Milano.
28. Menchetti Nob. Andrea — Ostra.
29. 'Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze.
30. 'Motta Ing. Emilio — Milano.
31. Naville Luciano — Ginevra.
32. Nervegna Cav. Giuseppe — Brindisi.
33. Novati Prof. Cav. Francesco — Milano.
34. 'Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò — Venezia.
35. Pisani Dossi Nob. Comm. Alberto — Milano.
36. Puschi Prof. Cav. Alberto — Trieste.
37. 'Ratti Dott. Luigi — Milano.
38. Ricci Prof. Serafino — Milano.
39. Rizzoli Luigi — Padova.
40. Rocca Conte Mario Leone — Venezia.
41. 'Ruggero Comm. Magg. Gen. Giuseppe — Roma.
42. *Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo.
43. San Rome Mario — Milano.
44. Savini Paolo — Milano.
45. Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano.
46. *Sessa Rodolfo — Milano.
47. *Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano.
48. Strada Marco — Milano.
49. 'Tatti Ing. Paolo — Milano.
50. Traversa Francesco — Bra.
51. Trivulzio Principe Alberico Luigi — Milano.
52. 'Visconti Ermes March. Cav. Carlo — Milano.
SOCI CORRISPONDENTI.
1. f Adriani Prof. Comm. G. B. — Cherasco.
2. Balli Emilio — Locamo.
3. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania.
4. Belimbau Piero — Firenze.
5. Bordeaux Paolo — Neuilly.
6. Boris Ivanoff — Sofia.
ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 587
7. Bosco Ing. Emilio — Mombaruzzo.
8. Bruscolini Emilio — Castelnuovo Val di Cecina.
9. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno.
io. Camozzi Dott. Guido — Cefalu.
11. Canessa Cesare — Napoli.
12. Castellani Cav. Ten. Colonnello Raffaele — Spoleto.
13. Cavalli Gustavo — Skofde (Svezia).
14. Cerrato Giacinto — Torino.
15. Clerici Ing. Carlo — Milano.
16. Conconi Cap. Giulio — Domodossola.
17. De' Ciccio Mario — Palermo.
18. Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia.
19. Fantaguzzi Ing. Cav. Giuseppe — Asti.'
20. Foa Alessandro — Torino.
21. Forrer L. — Bromley.
22. Franco Augusto — Firenze.
23. Galeotti Dott. Arrigo — Livorno.
24. Garzia Avv. Raffaello — Maglie.
25. Gazzoletti Dott. Cav. Antonio — Nago.
26. Geigy Dott. Alfredo — Basilea.
27. Giorcelli Dott. Cav. Giuseppe — Casalmonf errato.
28. Hess Adolf Nachfolger — Francoforte s. M.
29. Koeniger Dott. Carlo — Gardone (Riviera).
30. Lambros Giovanni Paolo — Atene.
31. Lanzoni Giuseppe — Mantova.
32. Lenzi Furio — Orbetello.
33. Leone Dott. Conim. Camillo — Vercelli.
34. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia.
35. Martinori Cav. Ing. Edoardo — Roma.
36. Monti Pompeo — Milano.
37. Morchio e Mayer — Venezia.
38. Nahmann M. — Cairo (Egitto).
39. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario.
40. Oettinger Prof. S. — Nuova York.
41. Olcott Dott. Giorgio — Roma e Nuova York.
42. Pagnoni Ernesto — Vaprio d'Adda.
43. Paulucci Panciatichi Marchesa M.a — Firenze.
44. Pansa Avv. Giovanni — Sulmona.
45. Perini Cav. Quintilio — Rovereto.
46. Pinoli Avv. Galileo — Ivrea.
47. Pinto Avv. Gerardo — Venosa.
48. Podetti Francesco — Trento.
49. *Romussi Dott. Carlo — Milano.
588 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
50. Sai varo Vittorio — Ala.
51. Savo Doimo — Spalato.
52. Scaglione Francesco — Sciacca.
53. Schiavuzzi Dott. Bernardo — Pola.
54. Simonetti Alberto — S. Chirico Rapavo.
55. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra.
56. Spigardi Arturo - Firenze.
57. Spink Samuele — Londra.
58.. Stettiner Comm. Pietro — Roma.
59. Stroehlin Paolo — Ginevra.
60. Valerani Dott. Cav. Flavio — Casale Monferrato.
61. Valton Prospero — Parigi.
62. Vianna de Moraes — Lisbona.
63. Vigano Gaetano — Desio.
64. Vitalini Cav. Ortensio — Roma.
65. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles.
66. Zane Cav. Riccardo — Milano.
67. Zitelli Pietro — Scio.
BENEMERITI DELLA SOCIETÀ.
S. M. il Re Vittorio Emanuele III.
Ambrosoli Dott. Cav. Solone.
Cuttica de Cassine Marchesa Maura.
Cuzzi Ing. Arturo.
Dattari Giovanni.
Gnecchi Cav. uff. Ercole.
Gnecchi Comm. Francesco.
•f Gnecchi Comm. Ing. Giuseppe.
Johnson Comm. Federico.
f Luppi Prof. Cav. Costantino.
Osnago Enrico.
f Padoa Cav. Vittorio.
Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò.
ASSOCIATI ALLA RIVISTA.
American Journal of Archaeology — Nuova York.
American Journal of Numismatics — Boston.
ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 589
Annales de la Société d'Archeologie — Bruxelles.
Archeologo Portoghese — Lisbona.
Archivio della Società Romana di Storia patria — Roma.
Archivio Storico Italiano — Firenze.
Archivio Storico Lombardo — Milano.
Archivio Storico Napoletano — Napoli.
Bagatti Valsecchi Nob. Cav. Fausto — Milano.
Baglio Vassallo Cataldo — San Cataldo.
Bahrfeldt Colonnello Max — Breslavia.
Baldwin C. A. — Colorado.
Bari — Museo Provinciale.
Bassano — Museo Civico.
Behrentz Ermanno — Bonn.
Beltrami Architetto Sen. Comm. Luca — Milano.
Benson Sherman Frank — Brooklyn (S. U.).
Berarducci Emiliano — Roma.
Beserianni Costantino — Napoli.
Bignami Comm. Giulio — Roma.
Bocca Fratelli — Torino (copie 2).
Boghandel Tillges — Copenaghen.
Bollettino di Archeologia e Storia — Spalato.
Bologna — Biblioteca Municipale.
Bret Edoardo — Nimes.
Brockhaus F. A. — Lipsia (copie 2).
Bullettino delVImp. Istituto Archeologico Germanico — Roma.
Cagliari — Regio Museo di Antichità.
Camozzi Vertova Conte Sen. Comm. G. B. — Bergamo.
Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma.
Carpinoni Michele — Brescia.
Ceppaglia Tenente Colonnello Cav. Federico — Padova.
Cini Avv. Tito — Montevarchi.
Clausen Carlo — Torino (copie 12).
Como — Biblioteca Comunale.
» — Museo Civico.
Cuzzi Ing. Arturo — Trieste.
Da Celleno P. Gius. Giacinto — Aleppo (Siria).
Del Hierro Dott. José — Madrid.
Detken e Rocholl — Napoli.
Dotti Enrico — Milano.
Dressel Dott. Enrico — Berlino.
Dupriez Carlo — Bruxelles.
Eddé J. — Alessandria d'Egitto.
Engel Dott. Arturo — Parigi.
59° ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
Firenze — Biblioteca Marucelliana.
Fioristella (Barone di) — Acireale.
Formenti Giuseppe — Milano.
Gandino Giovanni — Genova.
f Garovaglio Cav. Dott. Alfonso — Milano.
Genova — Biblioteca Civica.
Grassi Barone Antonino — Acireale.
Grevel H. e C. — Londra.
Guiducci Dott. Antonio — Arezzo.
Hiersemann Carlo — Lipsia (copie 2)
Hoepli Dott. Comm. Ulrico — Milano (copie 2).
Journal international d'Archeologie numismatique — Atene.
Lussemburgo — Istituto Granducale.
Magyar Numizmatikai Tàrsulat — Budapest.
Mantova — Biblioteca Comunale.
Marsiglia — Biblioteca Civica.
Marucci Nicola — Castelpizzuto .
Milano — R. Gabinetto Numismatico di Brera.
» — Biblioteca Braidense.
» — Biblioteca Ambrosiana.
Modena — R. Galleria Estense.
Molgatini Giacomo — Vanzone.
Napoli — R. Museo di Antichità.
Numisrnatic Chronicle — Londra.
Numismatische Zeitschrift — Vienna.
Nuovo Archivio Veneto — Venezia.
Nutt Davide — Londra.
Osnago Enrico — Milano.
Pancera di Zoppola Conte Nicolò — Brescia.
Parazzoli Antonio — Cairo.
Parma — R. Museo di "Antichità.
Pavia — Museo Civico di Storia patria.
Pesaro — Biblioteca Oliveriana.
Piacenza — Biblioteca Passerini-Landi.
Pietroburgo — Gabinetto Num. dell'Eremitaggio Imperiale.
Polybiblion — Parigi.
Ratto Rodolfo — Genova.
Revue francaise de Numismatique — Parigi.
Riggauer Dott. Prof. Hans — Monaco di Baviera.
Rivani Giuseppe — Ferrara.
Rivista di Storia Antica — Padova.
Rizzini Dott. Cav. Prospero — Brescia.
Roma — R. Accademia dei Lincei.
ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 591
Roma — Direzione della R. Zecca.
» — Biblioteca della Camera dei Deputati.
» — Gabinetto Numismatico Vaticano.
San Marco (Conte di) — Palermo.
Scarpa Dott. Ettore — Treviso.
Schultz Albert — Paris.
Seltman E. J. — Berkhamsted.
Smithsonian Institution — Washington.
Società Neerlandese di Numismatica — Amsterdam.
Société d'Archeologie — Bruxelles.
Société R. de Numismatique — Bruxelles.
Strolin Teopisto — Schio.
Tinti Cesare — Bologna.
Tolstoy Conte Giovanni — Pietroburgo.
Torino — R. Biblioteca Nazionale.
» — R. Museo di Antichità.
Torrequadra Rogadeo Conte Giovanni — Bitonto.
Trento — Biblioteca Comunale.
Vaccari Emanuele — Ferrara.
Varese — Museo Archeologico.
Varisco Sac. Achille — Monza.
Venezia — Ateneo Veneto.
» — R. Biblioteca Marciana.
» — Museo Civico.
Verona — Biblioteca Comunale.
Vicenza — Museo Civico.
Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale.
Virzì Ignazio — Palermo.
Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci.
Zeitschrift fUr Numismatik — Berlino.
Zurigo — Biblioteca Civica.
7<>
INDICE METODICO
DELL'ANNO 1905
NUMISMATICA ANTICA.
(Memorie e Dissertazioni).
Appunti di Numismatica Romana. F. Gnecchi:
LXIV. I Medaglioni ex-Vaticani (i tav.)
LXV. Gabinetto Vaticano, medaglioni romani inediti o va
rianti (3 tav.)
LXVI. Scavi di Roma nel 1904 (1 tav.)
LXVII. L'ultima delle monete postume (fig.) .
LXVIII. Le monete di stagno
LXIX. Le monete argentate
LXX. Le personificazioni allegoriche sulle monete impe
riali (6 tav.)
LXXI. I medaglioni unilaterali ....
LXXII. Un nuovo (?) Medaglione d'Albino (1 tav.)
LXXIII. Unico e nuovo (?) Medaglione di Pertinace (fig.)
L'Atelier monétaire d'Arles pendant la période Constanti
nienne (1 tav.). J. Maurice
I ritratti degli imperatori romani sulle mon. (fig.). P. Stettiner
Monnaies inédites de l'empire romain (Continuazione) (1 tav.)
L. Naville
Idem (Continuazione) (fig.)
Costantino II Augusto (1 tav.). L. Laffranchi e P. Monti
Due medaglioni cerchiati e a tipo unilaterale (fig.). G. Pansa
La cifra XXI sopra i così detti antoniniani e sopra i follis
della Tetrarchia. G. Dattari
Pag. 1 1
» 149
160
„ 164
,, 167
171
». 349
» 421
» 465
n 476
43
• 175
» !79
„ 481
„ 389
i 415
n 443
594
INDICE METODICO DELL'ANNO I905
(Varietà).
Monete celtiche Pag- 139
Le monete e la ceramica antica „ 141
Nuovi studi del dott. Haeberlin sull'antichissimo sistema mo-
netario romano (La Redazione) „ 317
Corpus numorum romanorum maximi moduli (F. Gnecchi) . „ 319
Intorno al labaro di Costantino ........ 325
La monografia del eh. dott. Haeberlin „ 461
Notizie degli scavi „ 461
Per gli amatori di monete Greche „ 576
NUMISMÀTICA MEDIOEVÀLE E MODERNA.
(Memorie e Dissertazioni).
Provisino inedito di Bonifacio IX Papa (fig.). E. Martinori . Pag. 89
Monete inedite della Raccolta de Lazara di Padova (fig.).
L. Rizzoli jun » 97
Un denaro della Contessa Richilda (?). Nicolò Papadopoli „ 11 1
Intorno ad un nuovo esemplare della moneta Cavallina di
Candia (fig.). S. Ambrosoli 115
Spigolature numismatiche abruzzesi (fig.). G. Pansa . . „ 201
Le monete della Repubblica di Ragusa. M. Resetar . . „ 215
Studi sulla Numismatica di Casa Savoia. A. F. Marchisio :
VII. Supplemento alla Memoria VI sulla prove di zecca per
Re Vittorio Emanuele II " . „ 231
Cronaca delle falsificazioni E. Gnecchi „ 237
Un documento del secolo XII sulla zecca pavese. G. Biscaro „ 277
Un documento sulle monete ossidionali di Casale. F. Valerani „ 425
Un ongaro inedito di Jacopo III Mandelli, Conte di Mac-
cagno (fig.) A. F. Marchisio . . . 433
Scudo d'oro inedito di Paolo III per Camerino (fig.). Ortensio
Vitalini „ 439
Annotazioni numismatiche italiane. G. Ruggero :
Vili. Intorno ad un motto usato in alcune monete di Vit-
torio Amedeo I „ 451
IX. Le monete di Teramo (fig.) „ 485
X. Circa la monetazione di Aquilana del XVI secolo . „ 487
XI. Circa le monete Astesi con leggenda comunale . . „ 489
Un quattrino di Caterina Riario Sforza, Signora di Forlì
(fig.) E. Gnecchi „ 493
Due Sigilli vescovili di Nona (1 tav.) C. Kunz „ 243
Monete inedite o rare di zecche italiane. C. Kunz:
Monete dei Conti e duchi d'Urbino (1 tav.) . . . „ 250
Mirandola (1 tav.) „ 259
INDICE METODICO DELL'ANNO I905 595
Correggio (i tav.) Pag. 501
Massa Lombarda (1 tav.) n 515
Asti (1 tav.) . . . . . . . . . . „ 535
Ferrara (1 tav.) » 547
Due Sigilli del Museo Civico di antichità di Trieste (1 tav.). „ 565
(Varietà).
Atlantino di monete papali moderne
Ritrovamento di monete a Verona .
Ritrovamento di monete a Terni
Vendita Wehle
Il nuovo tallero d' Etiopia .
Pag. 326
n 575
» 575
» 576
» 577
MEDÀGLIE.
(Varietà).
Miscellanea medaglistica Pag. 142
Una rarissima medaglia milanese a Fanny Elssler. E. Mattoi „ 142
Una pubblicazione d'argomento in gran parte medaglistico . „ 144
Le medaglie di Garibaldi „ 144
R. Accademia dei Georgofili di Firenze. Gettone di presenza
(1768). A. Spigardi „ 319
Per gli Incisori e Cesellatori : Concorso Grazioli per l'anno 1906 „ 322
Collezione Mattoi „ 323
La médaille en Belgique au XIX siècle „ 324
Rutilio Gaci „ 325
Concorso al posto di incisore presso la R. Zecca in Roma . „ 331
Una medaglia d'oro al prof. Savoldi „ 577
La medaglia d'oro a Pierpont Morgan „ 578
Due milanesi premiati al concorso per la medaglia ai bene-
meriti dell' istruzione artistica e industriale „ 578
Una medaglia ad una suora „ 579
Una nuova medaglia commemorativa „ 580
Una medaglia di Chaplain, dono di Loubet „ 580
Altre medaglie offerte „ 580
NECROLOGIE.
Alfonso Garavaglio. S. A Pag. 118
P. Giambattista Adriani. S. A „ 283
A. C. Teixeira de Aragào. S. A „ 283
596
INDICE METODICO DELL ANNO T905
Enrico Morin Pons. S. A Pag. 283
Francesco Trau. S. A. „ 283
Edoardo Foest. S. A „ 284
Eugenio Schott. S. A „ 284
G. Ed. Van Even. S. A » 284
Giacomo A. Van der Chijs. S. A , 284
Gio. G. Stephanik. S. A „ 284
E. D. J. Dutilh. G. Dattari „ 455
Ermanno Dannenberg , 456
Giovanni Camerana „ 456
Giuseppe Brettauer „ 456
BIBLIOGRAFIA.
Montini Domenico. Una preziosa medaglia del Museo Comu
naie di Trento (Vittorio Salvaro)
Sherman Benson Frank. Ancient Grecie Coins
Fabriczy {Cornelius von). Italian Medals
Blanchet Adrien. Traité des monnaies gauloises. (S. Ambrosoli)
Gaebler Hugo. Zur Munzkunde Makedoniens. (S. Ambrosoli)
Dressel Heinrich. Das Tempelbild der Athena Polias auf den
Milnzen von Priene. (S. Ambrosoli) ....
Hill George Francis. Catalogue of the Greek Coins of Cyprus
(S. Ambrosoli)
Hirsch Jacob. Die nachgelassene Sammlung griechischer
Munzen eines bekannten Archàologen. (S. Ambrosoli)
Bahrfeldt M. Die ròmisch-sicilischen Munzen aus der Zeit
der Republik. (S. Ambrosoli)
Maurice Jules. Classification chronologique des émissions mo
nétaires de l'atelier de Lyon pendant la période constan
tinienne. (S. Ambrosoli)
Pisani Dossi Alberto. Verdesiacum. (S. Ambrosoli)
Cerralo Giacinto. Note di Numismatica Sabauda : Un mezzo
testone di Carlo II per Nizza. (S. Ambrosoli) .
Giorcelli Giuseppe. Una zecca piemontese medioevale scono-
sciuta. (S. Ambrosoli)
Papadopoli Nicolò. Sebastiano Venier e le sue monete. (S. A.)
Dessi Vincenzo. Ricerche sull'origine dello stemma di Sassari
e sugli stemmi dei Giudicati Sardi
Caspar Erich. Roger II •(1101-1154) und die Grùndung der
normannisch-sicilischen Monarchie. (S. Ambrosoli) .
Capobianchi Vincenzo. Le origini del peso gallico (S. A.)
Bordeaux Paul. Les ateliers monétaires de Toulose et de
Pamiers pendant la Ligue. (S. Ambrosoli)
D. Jonghe {VM B). Un denier noir frappé à Ypres par Gui
de Dompierre, comte de Fiandre. (S. Ambrosoli) .
Pag.
119
»
121
n
121
n
285
n
286
11
286
11
287
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287
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288
11
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11
289
290
290
290
291
292
292
293
294
INDICE METODICO DELL ANNO I905
597
De Witte Alphonse. Deux monnaies liégeoises inédites de la
collection de S. A. S. le due d'Arenberg. (S. Ambrosoli)
Mazerolle F. Les médailleurs francais du XV siècle au milieu
du XVII. (S. Ambrosoli)
D' Albon Eugen Baron. Die Affaire Marschall. (S. Ambrosoli)
Moyaux Auguste. Les chemins de fer autrefois et aujourd'hui
et leurs médailles commémoratives. (S. Ambrosoli)
Comandini Alfredo, L' Italia nei Cento Anni del Secolo XIX
giorno per giorno illustrata. (S. Ambrosoli)
Halke H. Einleitung in das Studium der Numismatik. (S. A
Engel et Serrure. Traité de Numismatique du moyen àge
Pubblicazioni diverse
Pag. 294
» 294
„ 295
» 295
» 297
„ 298
» 457
» 299
(Periodici di Numismatica).
Revue Numismatique Pag- J22, 304
Gazette numismatique francaise „ 122, 459
Bulletin de numismatique „ 123, 306
The Numismatic Chronicle „ 124, 312
Journal International d'Archeologie numismatique . . „ 124
American Journal of Numismatics „ 125
Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia . „ 302
Rassegna Numismatica „ 303
Bulletin international de Numismatique „ 305
Revue belge de numismatique „ 307
Tijdschrift van het Koninklijken NederlandschGenootschap
voor Munt- en Penningkunde „ 308
Zeitschrift fur Numismatik „ 309
Mitteilungen der Bayerischen Numismatischen Gesellschaft „ 309
Numismatische Zeitschrift „ 310
Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien . „ 310
Numizmatikai Kòzlòny » 312
Numismatic Circular „ 313
Battaglie di Archeologia. Solone Ambrosoli, bibliotecario „ 313
Articoli di Numismatica in Periodici diversi. E. M. . „ 314
MISCELLANEA.
La Legge sull'Esportazione degli oggetti d'Arte e d'Antichità
Commissione monetaria ....
In memoria
Il Congresso internazionale d'Archeologia
Nuovo Periodico
A beneficio della Società Numismatica
Commissione monetaria ....
Pag.
127
138
141
141
324
325
326
*g
• 328
n
333
n
462
ii
462
»
583
598 INDICE METODICO DELL 'AN NO I905
Concorso per le nuove monete italiane
La Legge sull'Esportazione degli oggetti d'Arte e d'Antichità
Museo Archeologico in Bari
Il cav. Ortensio Vitalini
Collaboratori della Rivista nell'anno 1905
Elenco dei Membri della Società Numismatica italiana e degli
Associati alla Rivista per l'anno 1905 , 585
Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana.
Seduta del Consiglio 24 marzo 1905 Pag. 146
15. giugno 1905 ,,335
Assemblea generale dei Soci 15 giugno 1905 , 337
Seduta del Consiglio 15 dicembre 1905 „ 581
Finito di stampare il 31 Dicembre 1905.
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Achille Martelli, Gerente responsabile.
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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. I.
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FRANCESCO GNFXCHI. — I Medaglioni ex- Vaticani.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. II
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JULES MAURICE - L'Atelier moiiétnlre d'Arie».
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. III.
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LUIGI RIZZOLI - Monete inedito della Raccolta de Lazara di Padova.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. IV.
FRANCESCO GNECCHI - dìabinetto Vaticano.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno i9o5 Tav v
FRANCESCO GNOCCHI - Gabinetto Vaticinio.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno i 905
/
Tav. VI.
FRANCESCO GNECCHI - Gabinetto Vaticano.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. VII.
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v 4\ ''t
;
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FRANCESCO GNECCHI - Scavi di Roma UHM. — I/altlma dolio raonoto postumo.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav. Vili
LUCIEN NAVILLE - Monnales Inèdite» de l'empire romain.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. IX.
CARLO KUNZ. — Due Sigilli Vescovili di Nona.
. , - ». ,
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. X.
CARLO KUNZ. — Monete del Conti e Duchi di Urbino.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. XI.
CARLO KUNZ. — Monete inedite o rare di zecche Italiane. Mirandola.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav. XII.
ABVNDANTIA, AEQVITAS, AETEKNITAS,
ANNONA.
Francesco Gnocchi - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav. XIII.
BON EVENTVS, CARITAS, CLARITAS, CLEMENTIA,
CONCORDIA, FECVNDITAS, FELICITAS.
Francesco Onecchl - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav. XIV.
FIDES, FORTVNA, GENIVS, HILARITAS,
HONOS, INDVLGENTIA, IVSTITIA, IVVENTAS,
LAETITIA.
Francesco 0 nocchi - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav. XV.
LIBERALITAS, LIBERTAS, MONETA,
MVNIFICENTIÀ, NOBILITAR, OI'S, PATIENTIA, PAX,
PERPETVITAS.
Francesco («nocchi - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 190 5 Tav XVI.
PIETAS, PROVIDENTIA PVDICITIA, QVIES,
REQVIES, SALVS, SECVRITAS, SPES,
TRANQVILLITAS, VBERITAS.
Francesco (ìucccli! - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905 Tav xvn
VICTORIA, VIRTUS.
Francesco Gnocchi - Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1905
Tav. XVIII.
L. La lira» ehi e P. Monti - Costantino II Augusto.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno i9o5 Tav> XIX.
\ìMm
FORTVNAE REDVCI
Gabinetto Imperiala di Vienna,
SAECVLO FRVGIFERO
Gabinetto di Parigi
MINERVAE PACIFERAE
Coli' 'Francesce Gwefr.fù- a. Milano
I MEDAGLIONI D'ALBINO
FRANCESCO GNECCHI - Appunti di Numismatica Romana N. LXXII.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. XX.
CARLO KUNZ. - Monete Inedite o rare di zecche Italiane. Correggio.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. XXII
CARLO KUNZ. — Monete Inedite o rare di zecche italiane. Correggio.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. XXII
CARLO KUNZ. — Monete Inedite o rare di zecche Italiane. Massa Lombarda.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905. Tav. XXIL
CARLO KUNZ. - Monete inedite o rare di zecche Italiane. Asti.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVJII, 1905.
Tav. XXIV
CARLO KUNZ. Monete inedite o rare di zecche italiane. Ferrara.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno XVIII, 1905.
Tav. XX>
CARLO KUNZ. — Due sigilli del Museo Civico di Antichità di Trieste.
1'
CJ Rivista italiana di numisma-
9 tica e scienze affini
R6
▼.18
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