Skip to main content

Full text of "Rivista italiana di numismatica e scienze affini"

See other formats


li 


mm 


iwn 


Mm 


4'llP 


ir 


'7)I#ÌV 


I 


RIVISTA  ITALIANA 


DI 


NUMISMATICA 

E  SCIENZE  AFFINI 


RIVISTA  ITALIANA 

DI 

NUMISMATICA 

E    SCIENZE    AFFINI 

PUBBLICATA   PER    CURA   DELLA 

SOCIETÀ   NUMISMATICA    ITALIANA 

E   DIRETTA   DA 

FRANCESCO  ed  ERCOLE  GNECCHI 


ANNO  XVIII  -  1905  -  VOL.  XVIII 


MILANO 
Tip.-Editrice  L.  F.  Cogliati 

Corso  P.  Romana,  N.  17 
I905. 


PROPRIETÀ    LETTERARIA 


SOCIETÀ   NUMISMATICA   ITALIANA 


Presidente  Onorario 

S.   M.   VITTORIO   EMANUELE   III 
Re   d'  Italia 

Presidente 

Conte    Comm.    NICOLÒ    PAPADOPOLI 

Senatore    del    Regno. 

Vice  -  Presidenti 
GNECCHI  Comm.  Francesco  —  GNECCH1  Cav.  Uff.  Ercole. 

Consiglieri 

AMBROSOLI  Dott.  Cav.  Solone,  Conservatore  del  R.  Gabinetto  Numisma- 
tico di  Brera  e  Libero  docente  di  Numism.  presso  la  R.  Accad. 
Scient.-Lett.  in  Milano  (Bibliotecario  della  Società). 

GAVAZZI  Cav.  Giuseppe. 

MOTTA  Ing.  Emilio,  Bibliotecario  della  Trivulziana. 

RICCI  Dott.  Serafino,  Conservatore-aggiunto  nel  R.  Gabinetto  Numisma- 
tico di  Brera  in  Milano  (Vice-bibliotecario  della  Società). 

RUGGERO  Comm.  Magg.  Gen.  Giuseppe. 
VISCONTI  March.  Carlo  Ermes. 

Angelo  Maria  Cornelio,  Segretario. 


CONSIGLIO  DI  REDAZIONE  DELLA  RIVISTA  PEL  1905. 

Gnhcchi  Francesco  e  Gnecchi  Ercolk,  Direttori  —  Ambrosoli  Solone 

Gavazzi  Giuseppe  —  Motta  Emilio  —  Papadopoli  C.  Nicolò 

Ricci  Serafino  —  Visconti  M.  Carlo  Ermes. 


FASCICOLO  L 


APPUNTI 


DI 


NUMISMATICA     ROMANA 


LXIV. 
I   MEDAGLIONI   EX-VATICANI. 

Il  compianto  capitano  Prayer,  morto  nel  1892  (0, 
col  quale  fui  lungamente  in  ottimi  rapporti  come 
collettore  e  come  amico,  possedeva  diverse  collezioni 
artistiche  e  scientifiche  di  monete,  autografi,  disegni, 
miniature  ;  e,  amante  del  bello  in  tutte  le  sue  mani- 
festazioni, s'era  pure  procurato  parecchie  serie  di 
riproduzioni  di  pietre  incise,  di  cammei  e  di  monete 
antiche  appartenenti  a  celebri  musei.  Fra  le  altre, 
ne  possedeva  una  di  riproduzioni  in  zolfo  di  me- 
daglioni romani,  la  quale  portava  per  titolo  :  Meda- 
glioni Vaticani,  una  superba  serie  di  circa  trecento 
pezzi,  fra  cui  una  buona  dozzina  muniti  di  cerchio 
ornamentale. 

Siccome  questa  era  la  partita  che  maggiormente 
mi  interessava,  chiesi  all'amico  Prayer  e  facilmente 
ottenni,  d'averla  a  casa  mia  per  alcuni  giorni,  onde 
poterla  esaminare  e  studiare  a  mio  agio.  Così  m'av- 
vidi, confrontando  quei  pezzi  col  Cohen,  che  ve  se 
ne -trovavano  parecchi  inediti.    Mi   meravigliai    sulle 


(1)  Vedi  Necrologia  in  Rivista  Hai.  di  Num.,  1892,  pag.  397. 


12  FRANCESCO   GNECCHI 


prime  come  il  Cohen  non  conoscesse  questi  meda- 
glioni, trattandosi  di  una  collezione  pubblica,  e  come 
nell'opera  sua  non  fosse  mai  citata  la  Collezione  Va- 
ticana ;  ma  poi  facilmente  mi  spiegai  la  cosa,  riflet- 
tendo come  il  Cohen,  pubblicando  il  suo  catalogo, 
poco  o  punto  si  sia  curato  di  quanto  esisteva  in 
Italia  ;  al  che  forse  aveva  una  scusa  nel  fatto  che 
molte  delle  nostre  collezioni  pubbliche  sono  o  per 
lo  meno  sono  state  per  lungo  tempo  nel  passato  in- 
visibili, o  assai  difficilmente  accessibili;  ciò  che  pur 
troppo  debbo  affermare  anche  per  esperienza  mia 
propria.  Mi  rallegrai  invece  della  copiosa  messe  di 
buona  roba  inedita,  che  il  caso  mi  offriva;  feci  una 
nota  accurata  di  tutti  i  pezzi,  segnando  i  numeri  del 
Cohen  per  quelli  che  vi  trovai  corrispondenti,  e 
prendendo  invece  la  descrizione  di  quelli  che  erano 
nuovi  o  che  presentavano  qualche  variante,  —  una 
quarantina  all' incirca  —  coli' intenzione  di  verificare 
poi  il  tutto  sul  vero  e  d'aggiungervi  i  pesi  e  le  ripro- 
duzioni dei  pezzi  più  interessanti,  e  offrire  poi  ai  let- 
tori della  Rivista,  oltre  alla  descrizione  completa  di  una 
serie  altrettanto  famosa  quanto  poco  nota,  una  nuova 
e  importante  contribuzione  al  Corpus  Numorum. 

Fui  a  Roma  diverse  volte  dopo  quell'epoca  ; 
ma,  talvolta  per  colpa  mia,  tal'altra  per  colpa  altrui, 
arrivai  fino  all'anno  1903  senza  poter  penetrare  nel 
Gabinetto  Vaticano,  e  la  minuta  del  mio  articolo,  in 
attesa  d'essere  completata,  rimase  così  quasi  tre 
lustri  dimenticata  fra  le  mie  carte,  oltrepassando 
così  il  prudenziale  consiglio  d'Orazio  : 

.    .    .    nonumque  prematur  in  annum 
Membranis  intus  positis 

Il  che  dopo  tutto  non  fu  male,  perchè  il  tempo 
m'ha  fornito  molte  notizie  che  allora  non  erano  a 
mia  conoscenza. 


I    MEDAGLIONI   EX- VATICANI 


13 


Fu  solo  nell'aprile  1903,  all'epoca  del  Congresso 
Storico  che,  grazie  alla  gentilezza  dell'attuale  diret- 
tore cav.  Serafini,  potei  avere  un  appuntamento  al 
Vaticano  e  mi  fu  dato  di  varcare  finalmente  la  soglia 
di  quella  porta  che  dalla  biblioteca  mette  al  gabi- 
netto numismatico. 

Ammirai  dapprima  la  stupenda  serie  consolare, 
certo  una  delle  più  belle  esistenti,  sia  pel  numero 
(circa  8000  pezzi),  sia  per  le  rarità  che  vi  si  ammi- 
rano, sia  per  le  conservazioni  che,  meno  pochissime 
eccezioni,  sono  si  può  dire  tutte  a  fior  di  conio. 
Vidi  in  seguito  la  serie  imperiale,  nella  quale  alcuni 
pezzf  belli  e  vari  e  alcune  bellissime  conservazioni 
brillano  in  mezzo  a  molta  roba  che  non  esce  dalla 
mediocrità.  Notai  subito  come  non  vi  figurassero  i 
superbi  medaglioni  che  io  conoscevo  per  le  impronte 
e  che  mi  tardava  di  contemplare  sul  vero.  Ma,  os- 
servando pazientemente  il  resto,  vivevo  nella  dolce 
illusione  che  tale  serie  fosse  collocata  a  parte,  e  che 
mi  fosse  riserbata  per  ultima  come  il  boccone  più 
ghiotto. 

Allorché  però  mi  parve  che  tutto  si  andasse 
esaurendo  e  che  noi  fossimo  giunti  allY/£,  missa  est, 
non  potei  trattenermi  dal  chiedere  specificatamente 
al  direttore  di  vedere  ciò  che  maggiormente  mi  stava 
a  cuore  e  formava  anzi  l'oggetto  specialissimo  della 
mia  visita. 

Ed  egli,  come  chi  risponde  alla  domanda  più 
ingenua:  «  I  medaglioni;  »  mi  disse  «  ma  questi  da 
oltre  un  secolo  non  esistono  più  al  Gabinetto  Vati- 
cano. In  seguito  al  trattato  di  Tolentino  i  nostri 
medaglioni  con  tutte  le  altre  nostre  monete  varca- 
rono le  Alpi  in  compagnia  dei  cento  famosi  capi 
d'arte   ». 

—  Ma  i  capi  d'arte  non  furono  poi  restituiti 
nel  1815? 


14 


FRANCESCO   GNECCHI 


—  I  grossi  capi  d'arte  sì,  ma  le  cose  spicciole 
esportate  arbitrariamente,  senza  catalogo,  non  si  vi- 
dero più  ritornare.  O  per  meglio  dire,  come  restitu- 
zione delle  monete  preziose  tolte  al  Gabinetto  Vati- 
cano, non  tornò  che  un  egual  numero  di  monete 
qualsiansi  e  in  cambio  dei  medaglioni  un  sacco  di 
bronzo....  tutte  monetaccie  di  scarto  ;  ma  del  buono 
non  tornò  più  nulla. 

Com'  io  rimasi  all'udire  queste  parole 

Noi  domandar  lettor,  eh'  io  non  lo  scrivo. 

La  dichiarazione  del  direttore  era  tanto  enorme, 
che  al  primo  momento  mi  parve  impossibile...  ma 
pur  troppo  dovetti  persuadermi  che  essa  non  era 
che  la  pura  verità.  Difatti  di  tutta  la  mia  nota  non 
un  pezzo  solo  si  trova  ora  nel  medagliere  vaticano. 
Siccome  poi  quello  che  avvenne  dei  medaglioni  av- 
venne pure  di  tutte  le  altre  serie,  ne  consegue  che 
quanto  ora  si  vede  non  è  che  una  ricostituzione  che 
data  dall'ultimo  secolo,  il  che  spiega  le  deficienze 
che  m'avevano  colpito  nelle  monete  imperiali  romane. 
Le  sole  due  serie  che  oggi  siano  veramente  ricosti- 
tuite sono  la  consolare  romana  e  la  papale,  mentre 
delle  altre  si  può  dire  non  esista  che  uno  scheletro  (x). 


(i)  Del  resto  pur  troppo  il  fatto  del  medagliere  vaticano  non  è 
l'unico  e  neppure  il  più  grave  in  questa  nostra  Italia,  dove  tutti  a  tutte 
le  epoche  saccheggiarono.  Sono  moltissime  le  città  nostre  che  ebbero 
a  soffrire,  oltre  alle  esportazioni  che  dirò  legali,  perchè  almeno  larvate 
da  una  parvenza  contrattuale,  quelle  altre  che  non  possono  avere  altro 
nome  che  di  latrocinio,  se  la  rapina  pubblica  per  un  travolgimento  di 
senso  morale  non  fosse  stata  finora  considerata  sotto  un  aspetto  diverso 
della  privata.  E  valgano  alcuni  esempii. 

Qui  nella  nostra  Milano  la  Biblioteca  Ambrosiana  non  ebbe  che 
restituzione  parziale  di  quanto  le  fu  sottratto  nel  1797,  e  i  minori  codici 
Vinciani  restano  sempre  a  Parigi,  come  vi  restò  il  Tiziano  di  S.  Maria 
delle  Grazie.  Il  tesoro  di  Monza,  fra  i  molti  pezzi  che  furono  preda  della 
cleptomania  napoleonica,  perdette  la  corona  d'oro  d'Agilulfo,  la  quale 
il  Museo  di  Parigi  non  seppe  neppure  conservare  per  sé,  giacché,  ru- 


I   MEDAGLIONI  EX-VATICANI  15 


Ma,  fermandoci  ai  nostri  medaglioni,  dove  anda- 
rono essi  a  finire  ?  Dovrebbero  essere  tutti  al  Ga- 
binetto di  Parigi  ;  invece  non  vi  si  trovano  che 
in  parte,  in  grandissima  parte,  nella  massima  parte, 
se  si  vuole  ;  ma  pure  alcuni  mancano.  Infatti,  se  vi 
fossero  tutti,  tutti  sarebbero  stati  descritti  nell'opera 
di  Cohen,  perchè,  quantunque  l'opera  di  Cohen  non 
sia  il  catalogo  del  Gabinetto  di  Parigi,  ciò  non  to- 
glie che  il  Gabinetto  di  Parigi  ne  sia  stata  la  base 
principale;  e  non  si  potrebbe  comprendere  come  vi 


bata  al  Gabinetto  delle  monete  dove  era  stata  depositata,  nella  famosa 
notte  dal  16  al  17  febbraio  del  1804,  veniva  immediatamente  fusa  dai 
ladri  insieme  ad  altri  oggetti  d'oro. 

In  epoca  più  recente  la  città  di  Mantova  vedeva  gli  splendidi  arazzi 
disegnati  da  Giulio  Romano  passare  tacitamente  e  senza  protocollo  dal 
palazzo  dei  Gonzaga  a  quello  degli  Absburgo,  e  restarvi  ;  e  più  recen- 
temente ancora  quando  l'aquila  grifagna  che  per  più  divorar  due  becchi 
porta  veniva  una  buona  volta  costretta  a  ritirarsi  dalla  veneta  laguna,  colta 
da  un  improvviso  furore  artistico,  e  dall'ambizioso  desiderio  di  formare 
nel  nuovo  Museo  di  Vienna  la  più  splendida  galleria  dell'arte  pittorica 
veneziana,  strappava  coi  propri  artigli  tutti  i  capolavori  che  adorna- 
vano le  sale  del  palazzo  ducale....  uno  solo  escluso,  l'immensa  scena 
del  Tintoretto,  perchè,  nella  fretta  del  trasloco,  non  trovò  il  tempo 
di  imballare  tanti  metri  quadrati  di  tela  ;  e  fortunatamente  non  le 
sovvenne  in  quel  momento  l'esempio  di  un'altra  grandissima  tela  ve- 
neziana che  era  stata  dalle  non  meno  rapaci  aquile  francesi  traspor- 
tata a  Parigi....  da  dove  non  è  più  ritornata  precisamente  perchè 
troppo  grande  e  quindi  troppo  incomoda  da  trasportare  !....  L'andata 
le  era  riuscita  agevole  ;  ma  il  ritorno  riusciva  impossibile,  e  così  le 
Nozze  di  Cana  del  Veronese  sono  sempre  là  a  decorare  una  parete 
nel  Salon  carré  al  Louvre  ! 

E  qui  faccio  punto,  non  perchè  manchi  la  materia  ;  ma  perchè  la 
lugubre  lista  minaccia  di  diventare  troppo  lunga,  e  quanto  esposi  mi 
pare  che  possa  bastare. 

Chi  ne  volesse  sapere  di  più,  potrebbe  fra  altro  consultare  un  opu- 
scoletto  pubblicato  a  Venezia  nel  1799  e  ristampato  poi  a  Milano 
(dalla  tipografia  di  Giuseppe  Borsani  sul  Corso  di  Porta  Orientale  al 
N.  636,  senza  data),  dal  titolo  :  Catalogo  dei  capi  d'opera  di  Pittura, 
Scultura,  Antichità,  Libri,  Storia  naturale  ed  altre  curiosità  trasportati 
dall'Italia  in  Francia  e  confrontare  i  ritornati  coi  rimasti. 

La  lista,  però,  per  quanto  occupi  32  pagine,  è  lontana  dall'essere 
completa. 


l6  FRANCESCO   GNECCHI 


si  siano  omessi  pezzi  di  simile  importanza.  Vediamo 
dunque  come  andarono  le  cose,  giacche  ora  sono  in 
grado  di  chiarire  e  documentare  il  breve  dialogo 
avuto  due  anni  sono  col  direttore  del  Gabinetto 
Vaticano  e  lo  posso,  grazie  allo  stesso  cav.  Serafini, 
il  quale,  dietro  mio  invito,  ebbe  lo  scorso  autunno 
la  cortesia  di  fornirmi  molte  preziose  notizie  relative 
alle  collezioni  Vaticane  e  alla  loro  emigrazione  in 
Francia,  notizie  che  poi  mi  furono  pienamente  con- 
fermate anche  da  Parigi,  come  vedremo  in  seguito. 
Mi  pare  che  tali  particolari  poco  noti  di  un  inci- 
dente che  tocca  la  storia,  l'arte,  la  scienza  e  il  diritto 
debbano  avere  interesse  per  tutti  i  lettori  della  nostra 
Rivista  e  credo  perciò  bene  di  esporli,  incominciando 
dal  riportare  testualmente  e  quasi  completamente  la 
lettera  direttami  dal  cav.  Serafini  il  17  settembre  1904: 

Innanzi  tutto,  se  le  impronte  del  Prayer  riproducono 
davvero  C1)  medaglioni  un  tempo  esistenti  nel  medagliere 
vaticano,  esse  sicuramente  furono  prese  innanzi  alla  fine 
del  secolo  XVIII  e  più  precisamente  anteriormente  alla  spo- 
gliazione di  quel  gabinetto  per  opera  dei  francesi  nel  1798 
in  forza  del  trattato  di  Tolentino  (17  febbraio  1797),  perchè 
tutti  i  medaglioni  posseduti  a  quell'epoca  furono  trasportati 
al  medagliere  di  Francia  e  confusi  con  esso,  né  più  fecero 
ritorno.  Questa  asserzione  esattissima  è  comprovata  da 
parecchi  documenti  che  brevemente  le  accennerò. 

Lo  splendore  della  serie  vaticana  di  medaglioni  sul  de- 
clinare del  secolo  XVIII  è  celebrata  dall' Eckhel  (2),  che  l'ap- 
pella una  tra  le  più  illustri  esistenti.  Essa  era  formata  dai 
medaglioni  Albani,  illustrati  dal  Venuti  (3)  in  numero  di  328 


(1)  Se  li  riproducono  davvero  vedremo  in  seguito.    - 

(2)  Hujus  classis  splendorem,  cum  Romae  agerem,  non  aequavere 
aliae.  Doctrina  Numorum  veterum,  Prol.  gen.  Cap.  XXIII,  pag.  CLXXIV. 

(3)  Antiqua  Numismata  maximi  moduli  ex  museo  Alexandri  S. 
R.  E.  Card.  Albani  in  Vaticanam  Bibliothecam  a  Clemente  XII  Pont. 
Opt.  Max.  translata  et  a  Rudulphino  Venuto  cortonensi  notis  illustrata. 
Romae  MDCCXXXIX. 


I    MEDAGLIONI   EX-VATICANI  17 

circa,  dai  medaglioni  Carpegna,  illustrati  dal  Buonarroti  0), 
in  numero  di  177  circa,  e  dalla  collezione  Odescalchi  (an- 
ch'essa pubblicata  non  ricordo  da  chi  (2)),  ricca  di  oltre  1383 
monete  antiche  tra  le  quali  parecchi  medaglioni,  oltre  ad 
acquisti  minuti  dei  prefetti  della  Biblioteca  Vaticana,  dei 
quali  peraltro  non  si  conserva  precisa  memoria. 

Tutto  ciò  si  desume  dalla  copia  dell'atto  di  consegna 
esistente  nella  nostra  Biblioteca  fatta  da  Mons.  Rezzi  al 
cittadino  Vicar  incaricato  dal  Direttorio  il  24  floreale  del- 
l'anno VI,  nella  quale  consegna  si  trovano  enumerate  9854 
monete  e  medaglie  destinate  ad  arricchire  il  medagliere  di 
Francia. 

Uscirono  pertanto  queste  monete  dal  Vaticano  e  furono 
consegnate  al  rappresentante  della  Repubblica  francese;  ma 
sappiamo  pure  che  giunsero  in  buono  stato  a  Parigi,  poiché 
l'aggiunto  di  quell'epoca  a  quel  medagliere  A.  L.  Cointreau 
in  un  suo  volumetto  sullo  stato  degli  acquisti  ed  aumenti 
del  Gabinetto  dall'anno  1754  alla  fine  del  secolo  (anno  Vili) 
ci  fa  sapere  che  l'8  termidoro  dell'anno  VI  giunsero  da 
Roma  26  casse,  delle  quali  21  destinate  al  medagliere  e  5 
alla  Biblioteca;  e  che,  aperte  le  dette  21  casse,  visi  rinven- 
nero 56  medaglieri  di  varie  forme,  che  descrive,  con  un  totale 
di  oltre  9000  monete  e  medaglie.  Tra  queste  nota  special- 
mente 320  medaglioni  Albani,  170  Carpegna,  3250  tra  meda- 
glioni e  monete  antiche  d'ogni  serie,  che  egli  attribuisce  alla 
Regina  Cristina,  mentre  in  verità  dovevano  far  parte,  almeno 
per  un  certo  numero  di  pezzi,  della  collezione  Odescalchi, 
poiché  la  raccolta  della  Regina  Cristina  non  era  in  Vaticano, 
ma  di  proprietà  del  Duca  Braschi  nipote  di  Pio  VI. 


fi)  Buonarroti  Filippo.  Raccolta  di  Medaglioni  del  Museo  dell' Emi- 
nentissimo  e  Reverendissimo  Sig.  Cardinale  Gasparo  di  Carpegna. 
Roma  1698. 

Esiste  anche  un'altra  pubblicazione  di  Giuseppe  Montorchi,  dal  ti- 
tolo :  Scelta  de'  Medaglioni  più  rari  nella  Biblioteca  dell' Em.  e  Rev.  Prin- 
cipe il  Sig.  Cardinale  Gasparo  Carpegna,  Vicario  di  nostro  Signore, 
Roma  M  DC  LXXIX. 

(2)  Questo  catalogo  non  m'ò  riuscito  di  trovarlo  né  a  Brera  ne 
altrove.  Deve  essere  però  poco  importante  nel  ramo  che  ci  riguarda, 
perchè  i  medaglioni  sono  quasi  tutti  descritti  nei  due  cataloghi  precedenti. 

F.  G. 


l8  FRANCESCO   GNECCHI 


Oltre  a  questa  importante  testimonianza,  possediamo 
anche  la  copia  del  verbale  in  data  16  ottobre  1815  redatto 
allorché  il  Marini  ed  il  Canova  delegati  del  Papa,  ed  il 
Barone  d'Ottenfels  commissario  dell'imperatore  d'Austria 
procedettero  alla  riconsegna  delle  monete  esportate  dal 
Vaticano.  In  esso  dicesi  tra  le  altre  cose  che  i  delegati  tro- 
varono che  una  gran  parte  delle  monete  tolte  al  medagliere 
pontificio  erano  state  immesse  in  quello  (allora)  regio  senza 
veruna  annotazione  e  descrizione,  e  le  altre  erano  state 
lasciate  intatte  (?)  nelle  cassette  di  trasporto.  Essi,  che  non 
possedevano  un  catalogo  descrittivo,  ma  soltanto  un  elenco 
numerativo  delle  monete  da  ricuperare,  e  che  per  giunta 
poco  o  punto  conoscevano  il  valore  delle  serie  esportate, 
non  sapendo  a  qual  partito  appigliarsi,  né  volendo  per  troppo 
grande  delicatezza  (!),  aver  rischio  di  impossessarsi  di  monete 
non  loro,  stabilirono  di  prendere  in  consegna  tutti  i  pezzi 
che  trovarono  nelle  cassette  di  trasporto  in  numero  di  3315 
e  per  le  restanti  6500  circa  ricevettero  in  cambio  altret- 
tante monete  della  specie  e  del  metallo  designato;  ma  di 
quale  rarità  e  conservazione  è  facile  immaginare.  Di  fatto 
furono  eccettuati  da  questa  restituzione  per  via  di  cambii 
i  medaglioni,  i  quali  non  sono  affatto  nominati  in  quell'atto 
e  pei  quali  probabilmente  i  buoni  negoziatori  ricevettero 
qualche  centinaio  di  monete  di  bronzo  di  prima  grandezza. 
Ecco  perchè  quando  le  monete  venute  di  Francia  furono 
riconsegnate  al  Prefetto  della  Biblioteca  vaticana,  questi  che 
ben  conosceva  il  pregio  della  raccolta  già  nel  medagliere 
esistente,  scrisse  che  in  cambio  delle  collezioni  dei  meda- 
glioni e  di  gran  numero  di  monete  rubate  si  erano  riman- 
dati alcuni  cartocci  di  scarti. 

Questo  è  il  riassunto  della  spogliazione  francese  e  della 
parziale  reintegrazione  del  medagliere  vaticano.  Soltanto 
riportandosi  allo  stato  tumultuoso  ed  ai  gravissimi  interessi 
in  giuoco  a  quell'epoca,  si  può  intendere  come  si  lasciasse 
in  Francia  senza  protesta  quella  parte  così  cospicua  del 
medagliere,  che  ne  formava  senza  dubbio  il  principale  pregio, 
mentre,  esibendo  i  cataloghi  pubblicati  e  ben  noti  dei  tre 
medaglieri  acquistati  dai  Papi,  si  sarebbe  potuto  esigere  la 
completa  restituzione. 


I    MEDAGLIONI   EX-VATlCANI  lg 

Queste  comunicazioni  del  cav.  Serafini  hanno 
la  loro  completa  conferma  in  quelle  che  ebbi  diret- 
tamente dal  Gabinetto  di  Francia,  per  le  quali  rendo 
pubbliche  grazie  a  quei  signori  conservatori. 

Non  poteva  essere  diversamente  trattandosi  di 
fatti  consegnati  nei  verbali  e  in  parte  anche  già  resi  di 
pubblica  ragione;  ma  è  bene  dare  qui  anche  una 
parte  della  relazione  avuta  da  Parigi,  onde  si  veda 
come  le  due  relazioni  s' accordino  e  si  completino 
a  vicenda. 

En  1797,  lors  de  la  signature  du  traité  de  Tolentino 
entre  Bonaparte  et  le  Souverain  Pontife  Pie  VI,  le  gouver- 
nement  de  la  république  consentit  à  ce  qu'une  partie  de 
la  contribution  de  guerre,  payable  en  argent,  fùt  remplacée 
par  une  cession  d'oeuvres  d'art.  En  conséquence  le  cabinet 
de  France  entra  en  possession  de  diverses  médailliers  du 
Vatican  le  8  thermidor  an  VI.  Ils  représentaient  21  colis 
contenant  51  coffrets  "  en  bois  satiné  et  d'acajou  „. 

Les  médailles  y  étaient  fixées  dans  des  cercles  de  cuivre 
dorè  et  mobiles  en  sorte  qu'on  pùt  retourner  toute  une 
rangée  de  pièces  rattachées  à  une  tige  commune  C1). 

La  restitution  du  médailler  du  Vatican  a  été  faite  le  6 
oct.  1815  par  l'administrateur  general  de  la  Bibliothèque  et 
les  fonctionnaires  du  cabinet:  Gosselin,  Millin,  Mionnet  et  du 
Mersant,  entre  les  mains  des  commissaires  de  S.  S.  l'abbé 
Marini  et  l'abbé  Canova,  assistés  du  Baron  d'Ottenfels  com- 
missaire  de  l'empereur  d'Autriche  et  accompagnés  par  la 
force  armée.  On  leur  rendit  les  médaillers  avec  les  pièces 
qui  s'y  trouvaient  encore.  Pour  celles  insérées  dans  notre 
suite  et  qu'un  examen  attentif  ne  permit  pas  de  reconnaitre 
on  procèda  par   compensation   en   puisant  dans  les  doubles 


(1)  Tutti  questi  particolari  si  trovano  nel  volume  Histoire  abrégée 
du  Cabinet  des  médailles  et  des  antiques  de  la  Bibliothèque  Nationale  ou 
état  succint  des  acquisitions  et  augmen/alions,  qui  ont  eu  lieu  à  dater  de 
l'année  1754  jusqu'à  la  fin  du  siede  (an  Vili  de  la  République  franfaise), 
pubblicato  da  Cointreau,  il  quale  aveva  avuto,  come  primo  impiegato 
del  Gabinetto,  l' incarico  di  ricevere  e  installare  le   collezioni  vaticane. 


20  FRANCESCO   GNECCHI 


du  cabinet  fort  nombreux  depuis  l'achat  par  le  roi  en  1776 
de  la  collection  Pellerin,  qui  contenait  plus  de  32000  pièces, 
du  médaillier  de  l'abbaye  parisienne  de  S.te  Geneviève  et 
de  ceux  de  l'abbé  de  Tersan  achetés  en  1791  et  du  comte 
de  Valentinois.  La  restitution  porta  sur  9836  pièces  de 
toutes  natures,  dont  3995  primitives,  les  autres  substituées. 
Elle  fut  faite  au  Baron  d'Ottenfels,  qui  en  donna  regu  et 
les  remit  aux  deux  commissaires  pontificaux,  qui  en  don- 
nérent  à  leur  tour  regu  à  lui  et  à  la  Bibliothèque. 

Il  Du  Mersant,  che  pure  partecipò  a  tali  opera- 
zioni, racconta  le  medesime  cose  più  crudamente  e 
direi  più  cinicamente,  rallegrandosi  delle  difficoltà  che 
si  opponevano  alla  genuina  e  completa  restituzione: 

«  Le  Musée  du  Louvre  vit  emballer,  sous  les  bayonettes 
«  autrichiennes,  l'Apollon  du  Belvedere,  la  Vénus  de  Médicis, 
"  le  Laocoon,  les  tableaux  de  Raphael;  et  le  cabinet  des 
"  médailles  rendit,  non  sans  les  disputer  vivement,  les  monu- 
"  ments  qu'il  avait  pu  croire  sa  propriété.  Cependant  il  y 
"  eu  pour  lui  une  chance  favorable  dans  la  multitude  des 
"  objets  redemandés  et  dans  la  presqu'impossibilité  où  l'on 
"  était  de  reconnaìtre  dix  milles  médailles  dont  la  plus  part 
"  étaient,  depuis  longtemps,  insérés  dans  les  diverses  suites 
"  du  Cabinet  de  France.  Il  fallut  en  venir  à  une  transaction 
*  qui  fut  habilement  dirigée  par  les  conservateurs  du 
"  cabinet...  „  (1). 

Dai  verbali  poi,  che  lo  stesso  autore  riassume, 
(pag.   181,  182)  riporto  i  passaggi  seguenti: 

M.  M.  les  Commissaires  ayant  jugé  par  eux  mèmes  de 
l'impossibilité  de  retrouver  les  suites  des  médailles  telles 
qu'elles  avaient  été  emportées  de  Rome,  ignorant  d'ailleurs 
si  elles  ont  été  remises  intactes  au  cabinet  de  la  Bibliothèque 
du  Roi,  ont  vu  la  nécessité  d'établir  une  espèce  de  change 
ou    de    compensation    pour    les    objets    qui    n'ont    pu    ètre 

(1)  Du    Mersant.    Histoire   du    Cabinet  des   Médailles.    Paris,    1838, 
pag.  182. 


I    MEDAGLIONI   EX-VATICANI  21 


retrouvés  et  ne  point  s'exposer  à  enlever  de  la  collection 
du  Roi  des  pièces  qui  n'appartiendraient  pas  à  celle  de 
Sa  Sainteté. 

En  conséquence  les  boìtes  ou  médailliers  du  Vatican, 
au  nombre  de  cinquante  et  un,  ont  été  remis  à  M.  M.  les 
Commissaires  de  S.  S. 

Les  nombres  indiqués  dans  l'état  presente  par  M.  M. 
les  Commissaires  ont  été  complétés  .  . . 

Il  a  été  dressé  un  état  des  médailles  d'or,  d'argent  et 
de  bronze  grecques  et  romaines  en  compensation  des  mé- 
daillons,  qui  n'ont  pu  ètre  reconnus  dans  la  suite  du  Roi  de 
France  (J). 

M.  M.  les  Commissaires  reconnaissent  que  la  restitution 
se  trouve  pleine  et  entière  (!)  et  qu'il  ne  prétendent  plus 
avoir  aucun  droit  à  des  réclamations  ultérieures. 

Fati  à  Paris  le  ij  Octobre  i8rj. 

Baron  d'Ottenfels 

Chambellan  et  Commissaire  de  S.  M.  I.  et  R.  autrichienne. 

Marini  et  Canova 

Commissaires    de    S.    S. 

Così  la  poco  scrupolosa  astuzia  dei  commissarii 
francesi  fu  meravigliosamente  coadiuvata  dall'inef- 
fabile dabbenaggine  e  dalla  assoluta  incompetenza 
dei  due  abati  pontifici,  i  quali  meritano  d'essere  se- 
gnalati all'ammirazione  e  alla  riconoscenza  dei  posteri! 

Ed  ora  vengo  finalmente  a  rispondere  al  dubbio 
che  mi  esprimeva  nel  chiudere  la  sua  lettera  il 
cav.  Serafini,  dubbio  pure  condiviso  dagli  attuali 
conservatori  del  Gabinetto  di  Parigi,  ove  si  era  ve- 
nuti nella  supposizione,  ed  a  ragione  finche  non  si 
avevano  altre  prove,  che  le  impronte  Prayer  appar- 
tenessero alla  grande  serie  del  Mionnet  e  che  quindi 
non  ve  se  ne  trovassero  che  per  caso  alcune  ripro- 


(i)  E  che  invece  erano  forse  i  soli  che  mediante  i  tre   cataloghi  si 
sarebbero  potuti  perfettamente  identificare. 


22  FRANCESCO    GNF.CCHI 


ducenti  medaglioni  del  Gabinetto  Vaticano.  Il  cav.  Se- 
rafini mi  scriveva  dunque  alla  fine  della  sua  lettera: 

Dopo  ciò,  egregio  signore,  sorge  naturale  la  dimanda 
come  mai  il  Cohen  non  abbia  riportato  che  parte  dei  meda- 
glioni ex  Vaticani  che  debbono  esser  tutti  a  Parigi,  e  se 
perciò  gli  zolfi  del  Prayer  non  riproducano  piuttosto  esemplari 
di  qualche  altra  collezione.  A  lei  sarà  agevole  sincerarsi  di 
ciò  consultando  il  Venuti,  il  Bonarroti  e  l'illustratore  del 
Museo  Odescalchi. 

E  difatti  la  verifica  non  mi  fu  difficile,  consul- 
tando appunto  i  due  Cataloghi  delle  collezioni  Al- 
bani e  Carpegna,  nei  quali  è  facilitata  la  ricerca  dal- 
l'essere tutti  i  pezzi  incisi  in  grandi  e  belle  tavole. 
Nel  loro  complesso  le  impronte  rappresentano  pre- 
cisamente i  pezzi  di  queste  due  ricche  collezioni.  Ve 
ne  sono  alcune  in  più,  ossia  di  pezzi  che  non  trovo 
descritti  nei  cataloghi  e  devono  certamente  rappre- 
sentare i  pezzi  provenienti  dalla  collezione  Odescalchi 
oppure  gli  acquisti  fatti  dal  Vaticano  alla  spiccio- 
lata. Ne  mancano  alcune,  una  diecina  o  giù  di  lì,  di 
pezzi  descritti  nei  cataloghi  (*),  e  questo  ha  la  sua  na- 
turale spiegazione  nella  fragilità  della  materia.  Le  im- 
pronte di  zolfo  non  erano  assicurate  in  apposite  cu- 
stodie; ma  arrotolate  alla  bell'e  meglio  in  vecchie  carte 
e  questa  deve  essere  stata  la  causa  naturale  della  rot- 
tura e  conseguente  dispersione  di  parecchie.  Alcune 
difatti  le  trovai  spezzate  e  qualcheduna  aveva  sof- 
ferto al  punto  d'essere  frantumata  in  piccoli  pezzetti 
e  in  polvere,  in  modo  da  riuscire  irriconoscibile. 
In  un  lungo  secolo  di  vita  è  troppo  spiegabile  che 
un  certo  numero  di  esse  sia  andato  disperso. 


(i)  Non  bisogna  badare  alla  cifra  totale  di  medaglioni  prima  esposta 
che  risulterebbe  di  circa  500,  perchè  in  questo  numero  sono  compresi 
anche  i  greci. 


I    MEDAGLIONI   EX-VATICANI  23 

Resta  quindi  indubitabile  che  la  leggenda  Meda- 
glioni Vaticani  che  stava  scritta  su  ciascuno  dei  20 
o  30  pacchi,  era  veritiera.  E,  se  se  ne  vuole  una  prova 
di  più,  fra  le  impronte  Prayer  si  trovavano  oltre 
quelle  dei  medaglioni  greci,  altre  di  molti  pezzi  di 
semplice  gran  bronzo  (di  cui  io  ho  trascurato  di 
tener  nota),  incominciando  da  Augusto,  Agrippa, 
Nerone,  Trajano,  Elio  e  venendo  fino  ad  Annia 
Faustina,  Magnenzio  e  ad  altri  nomi,  precisamente 
come  nel  catalogo  Albani  sono  descritti  o  perchè 
scambiati  per  medaglioni,  o  perchè  ornati  di  cerchio, 
o  perchè  estremamente  belli  o  rari  o  infine  per  com- 
pletare la  serie  dei  nomi.  A  noi  servono  a  comple- 
tare la  certezza  del  nostro  asserto. 

In  questi  ultimi  anni  avevo  fatto  moltissime 
ricerche  per  sapere  ove  potessero  essere  andate 
a  finire  quelle  impronte  in  seguito  alla  dispersione 
avvenuta  per  la  vendita  delle  collezioni  Prayer;  ma 
avevo  poi  abbandonata  ogni  speranza  di  rintrac- 
ciarle, quando  nel  novembre  scorso,  per  un  caso 
inaspettato,  venni  a  sapere  che  esse,  dopo  d'essere 
emigrate  a  Genova,  ove  dimorarono  per  parecchi 
anni  miseramente  in  una  soffitta,  erano  state  rega- 
late al  museo  municipale  di  Lodi  ove  si  conser- 
vano. Fui  felicissimo  della  scoperta  e  con  grande 
piacere  rividi  quelle  antiche  conoscenze,  che  mi  offri- 
vano la  possibilità  di  collazionare  e  ricorreggere  le 
mie  antiche  annotazioni  e  di  offrire  la  riproduzione 
di  qualche  pezzo,  e  per  di  più  di  potere  anche 
constatare  che  quelle  impronte  furono  veramente 
prese  sui  pezzi  originali  provenienti  dal  Gabinetto 
Vaticano  ed  ora  esistenti  nella  massima  parte  al 
Gabinetto  di  Parigi. 

Avendo  mandato  a  confrontare  coi  pezzi  del 
medagliere  parigino  un  certo  numero  di  impronte, 
potei  convincermi  che  a  Parigi  è  rimasta  la  massima 


24 


FRANCESCO    GNECCHI 


parte  dei  pezzi,  ma  non  tutti,  alcuni  essendo  andati 
a  finire  a  Vienna,  a  Milano,  a  Londra,  altri  scom- 
parsi, e  pel  momento,  di  domicilio  ignoto.  Come  tale 
dispersione  sia  avvenuta,  davvero  non  so  ;  ma,  vista 
la  poca  regolarità  e  il  poco  scrupolo  con  cui  in  quei 
tempi  si  trattavano  le  cose  pubbliche,  non  può  essere 
giudicato  temerario  il  dubbio  che  qualche  malversa- 
zione possa  essere  avvenuta  o  prima  o  durante  la 
consegna  o  dopo  e  che  quindi  alcuni  pezzi  —  e  non 
certo  i  meno  belli  e  i  meno  importanti  —  siano  sfug- 
giti dai  cartoni  papali  o  reali  per  passare  nel  com- 
mercio o  in  private  raccolte  prima  e  finire  poi  even- 
tualmente in  qualche  museo  pubblico,  come  si  può 
accertare  di  parecchi.  E  ciò  dà  una  spiegazione  più 
che  sufficiente  del  non  trovarsi  al  completo  la  col- 
lezione vaticana  al  Gabinetto  di  Parigi. 

Concludendo  la  parte  narrativa  di  questa  me- 
moria e  sintetizzando  quanto  fu  esposto,  ne  risulta: 

Che  i  medaglieri  contenenti  le  collezioni  numi- 
smatiche vaticane  furono  portati  a  Parigi  nel  1798 
e  tornarono  a  Roma  nel  1815;  ma  Vi  tornarono  or- 
ribilmente manomessi.  Che  di  quanto  in  essi  era 
contenuto  non  vi  fu  lasciato  che  la  parte  meno  im- 
portante, mentre  il  buono  e  il  buonissimo  levato 
venne  sostituito  con  altrettanti  pezzi  di  scarto.  In 
altre  parole  che  furono  restituiti  i  medaglieri,  ma 
non  le  medaglie  ;  l'astuccio,  ma  non  il  contenuto. 

Che  se  oramai,  dopo  un  secolo,  e  senza  nuovi 
documenti  (di  cui  però  non  è  esclusa  l'esistenza), 
riuscirebbe  impossibile  una  cernita  di  tutte  le  mo- 
nete (circa  9000)  rimaste  illegalmente  e  indebitamente 
a  Parigi,  si  può  fare  una  eccezione  pei  medaglioni 
romani  (io  ho  parlato  e  parlo  unicamente  dei  latini; 
ma  vi  si  potrebbero  aggiungere  anche  i  greci,  che 
pure  nei  cataloghi  sono  descritti  e  riprodotti  nelle 
impronte)    la    cui   serie    mediante    i    cataloghi   delle 


I   MEDAGLIONI    EX-VATICANI  25 

collezioni  Albani  e  Carpegna  e  coll'aiuto  delle  im- 
pronte al  museo  di  Lodi,  potrebbe  assai  facilmente 
e  indiscutibilmente  ricostituirsi. 

Questo  è  il  risultato  semplicissimo  che  scatu- 
risce dai  fatti  quali  sono  emersi  da  quella  specie 
d' inchiesta  a  cui  naturalmente  e  quasi  senza  volerlo 
mi  condusse  la  serie  d'impronte  casualmente  venutami 
fra  le  mani,  risultato  che  qui  non  faccio  che  registrare, 
ben  lontano  dall'  idea  che  ciò  debba  o  possa  avere 
una  portata  al  di  là  di  una  semplice  constatazione. 
Che  se  mai  per  la  progredita  civilizzazione,  un  giorno 
idee  più  larghe  o  più  giuste  avessero  a  farsi  strada  nel 
cervello  degli  uomini,  cosicché  le  azioni  dei  governi 
dovessero  essere  giudicate  alla  medesima  stregua  che 
si  usa  per  gli  individui;  se  mai  un  giorno  il  nuovo 
mondo  potesse  essere  di  scuola  all'antico  e  il  no- 
bile esempio  di  Morgan  che  rende  generosamente 
ad  Ascoli  Piceno  il  piviale  di  Nicolò  IV,  perchè 
di  malo  acquisto,  potesse  essere  apprezzato  a  fatti 
e  non  solo  a  parole,  chi  allora  vivrà  mi  sarà  grato 
di  aver  segnalato  i  mezzi  di  renderne  possibile  V  imi- 
tazione ! 

Detto  ciò,  veniamo  a  quello  che  fu  lo  scopo 
primitivo  ed  unico  di  questa  memoria,  alla  descri- 
zione dei  pezzi  varianti  o  inediti  i  quali  si  po- 
tranno registrare  con  tutta  tranquillità  nel  Corpus 
dei  Medaglioni  romani,  anche  se  gli  originali  ri- 
mangono di  ignoto  domicilio,  perchè  le  impronte 
li  rappresentano  con  tanta  sincerità  da  fornire  dati 
sufficienti  per  giudicare  anche  dell'  autenticità.  E 
difatti  non  manca  nella  serie  qualche  falsificazione, 
come  non  manca  mai  in  nessuna  raccolta...  e  la  si 
riconosce. 

Colla  descrizione  delle  inedite  o  varianti  non 
credo  fuori  di  luogo  il  dare  anche  la  lista  (col 
semplice  riferimento  ai    numeri    di    Cohen)    di    tutti 


26  FRANCESCO    GNECCHI 


gli  altri  pezzi  componenti  la  serie  delle  impronte 
vaticane  completa,  o  almeno  quale  oggi  si  trova 
al  Museo  di  Lodi,  parendomi  bene  conservarne  la 
memoria. 

E,  sempre  allo  scopo  di  ricordare,  noto  a  cia- 
scun pezzo  l'antica  provenienza,  segnando  colla  let- 
tera A  quelli  della  collezione  Albani  e  colla  lettera  C 
quelli  della  collezione  Carpegna.  I  pezzi  non  portanti 
alcuna  speciale  indicazione  sono  di  provenienza  sco- 
nosciuta. 

Giacche  poi  mi  si  presenta  l'occasione,  credo 
giusta  una  parola  di  riabilitazione  a  quei  vecchi  cata- 
loghi. Generalmente  godono  poca  fama,  al  punto  che 
non  se  ne  tiene  conto,  come  non  ne  ha  tenuto  il  Cohen. 
Ebbene,  avendo  ora  fatto  il  lavoro  di  confrontare 
quelle  incisioni  e  quelle  descrizioni  colle  impronte, 
debbo  confermare  che  li  ho  trovati  esattissimi  e  il 
Cohen  avrebbe  potuto  citarli  con  tutta  tranquillità, 
mentre  non  sono  altrettanto  attendibili  le  troppo  fre- 
quenti citazioni  da  Vaillant. 

Tutti  i  pezzi  del  seguente  elenco  che  non  hanno 
indicazione  di  metallo  s'intendono  di  bronzo. 


I    MEDAGLIONI   EX- VATICANI  27 


ELENCO   DEI    MEDAGLIONI 

COLLA    DESCRIZIONE 

dei    Pezzi    inediti  o  varianti,  corretti   o   completati 


ADRIANO. 

Coh.  n.  539  (cerchiato),  540  C  575  A  (cerchiato). 
Varietà  del  n.  537  C. 

&  —  HADRIANVS  ÀVGVSTVS  Testa  laureata  a  destra. 
I#    —  COS  III  Cibele  seduta  in  un  carro  tirato  da  quattro 
leoni,  a  destra. 
Diam.  mill.  34. 

Var.  Coh.  563  C. 

&  —  HADRIANVS  AVG-  COS  III  PP  Busto  laureato  a  si- 
nistra col  paludamento. 
1$  —  Anepigrafo.  Pane  ignudo  che  cammina  a  destra  col 
mantello  sulle  spalle,  trascinando  un  ariete  e  tenendo 
un'ascia.  A  destra  si  vede  l'entrata  di  un  tempio,  da- 
vanti al  quale  sta  un'ara  accesa.  A  sinistra  un  albero. 
Diam.  mill.  34. 

NB.  Un  esemplare  simile  o  forse  anche  identico  appartenente  alla 
mia  collezione,  venne  da  me  descritto  e  illustrato  nel  1892.  Vedi  Rivista 
It.  di  Num.,  pag.  17.  La  straordinaria  conservazione  mi  permise  di  leg- 
gere cos  in  pp.  scritto  in  caratteri  minutissimi  al  rovescio,  che  Cohen 
non  lesse  sull'esemplare  del  Gabinetto  di  Parigi,  e  ben  a  ragione  perchè, 
se  si  tratta,  come  non  dubito,  dell'esemplare  ex-Vaticano,  è  di  pessima 
conservazione.  Riterrei  però  assai  probabile  che  la  leggenda  esista  su 
tutti  indistintamente. 

Dopo  Coh.  551  A. 

&  -  IMP  CAESAR  TRAIANVS  HADRIANVS  AVG.  Busto 
laureato  a  sinistra  col  paludamento  e  la  corazza,  visto 
per  di  dietro. 


28  FRANCESCO    GNECCHI 


R)    -   PONT  MAX  TR  POT  COS  III  La  Felicità   diademata 
a  sinistra  con  un  caduceo  e  un  cornucopia. 
Diam.  mill.  33.  (Tav.  I,  N.  1). 

NB.  Cohen  avrebbe  collocato  questo  pezzo  nella  serie  g  b.  senza  s  e, 
che  fa  seguire  a  quella  dei  medaglioni.  Difatti  si  tratta  precisamente 
di  un  g  b.  o  semplice  sesterzio  imperatorio.  Il  rovescio  è  in  tutto  simile 
come  arte  e  rilievo  a  un  gb.  comune,  mentre  nel  diritto  il  rilievo  è 
molto  risentito.  Ad  ogni  modo  è  un  pezzo  nuovo  e  inedito. 

Dopo  565  A. 

B'  —  HÀDRIANVS  AVGVSTVS  Testa  laureata  a  sinistra. 
1$  —  Anepigrafo.  Bacco  ignudo  e  Apollo  seminudo  se- 
duti su  di  un  carro  tirato  da  una  pantera  e  da  una 
capra  diretti  a  destra.  Bacco,  appoggiandosi  sul  gomito 
destro,  tiene  il  tirso  ;  Apollo  seduto  alla  sua  sinistra 
suona  la  lira  volgendosi  a  lui.  Sulla  capra  cavalca  Cu- 
pido suonando  un  doppio  flauto. 
Diam.  mill.  34. 

NB.  Posseggo  nella  mia  collezione  una  variante  di  questo  meda- 
glione (colla  testa  dell'imperatore  a  destra)  che  descrissi  nella  Rivista 
It.  di  Num.  nel  1888.  Vedi  pag.  281.  Il  tipo  era  sconosciuto  a  Cohen. 

ANTINOO. 

Esistono  le  impronte  di  tutti  i  pezzi  illustrati  negli  antichi 
cataloghi  ;  ma,  appartenendo  alla  serie  greca,  ne  ometto 
la  descrizione. 

SABINA. 

Coh.  38. 

ELIO. 

Coh.  52. 

NB.  Questo  non  è  un  medaglione,  bensì  un  gran  bronzo  munito  di 
un  cerchio  ornamentale.  Anche  il  Cohen,  descrivendo  questo  pezzo  di 
cui  dà  anche  la  riproduzione,  fa  la  medesima  osservazione  e  ragione- 
volmente lo  pone  fra  i  gran  bronzi.  Mionnet,  osservando  sempre  questo 
medesimo  esemplare,  lo  classificò  medaglione,  probabilmente  pel  cerchio 
di  cui  è  ornato,  e  tale  venne  tenuto  e  illustrato  nel  catalogo  della  Col- 
lezione Albani,  e  viene  pure  riportato  dal  Vaillant  (cum  circulo  aereo  in 
museo  Albani  nunc  Vaticano).  Se  io  l'ho  messo  qui  nella  serie  è  unica- 
mente come  esempio  di  quei  pezzi,  cui  ho  più  sopra  accennato,  che  furono 
fatti  servire  a  colmare  le  lacune  dei  nomi,  e  che  a  noi  servono  mira- 
bilmente a  identificare  la  provenienza  e  il  passaggio  di  proprietà  della 
completa  serie. 


I    MEDAGLIONI   EX-VATICANI  29 

ANTONINO  PIO. 

Coh.  n.  379  A,  380  A,  382  (cerchiato)  A,  383  (cerchiato), 
387  (cerchiato)  C,  403  (cerchiato)  A,  404  (cerchiato)  A, 
407  A,  416  C,  417  A,  418  A  e  418  (cerchiato)  C,  425  A, 
428,  430  A,  433  A,  534  (cerchiato)  A,  437,  442  A,  451  A. 

NB.  Siamo  perfettamente  dell'  opinione  di  Cohen,  il  quale  dubita 
dell'autenticità  dei  due  medaglioni  N.  425  e  430.  Per  me  sono  più  che  so- 
spetti, e  anche  sulle  semplici  impronte,  li  giudicherei  falsi. 

L'arte  nei  rovesci  sembra  piuttosto  cinquecentesca  che  romana.  Nel 
dritto  ci  si  presenta  una  testa  di  tale  grandezza  quale  non  vidi  mai  su 
altro  medaglione,  e  poi  il  medesimo  conio  ha  servito  per  ambedue  i 
diritti,  ciò  che  costituisce  ancora  una  seria  aggravante. 

Rettifica  Coh.  376. 

&  —  ANTONINVS  AVO  PIVS  PP  TR  P  COS  III  IMP  II  Testa 
laureata  a  destra. 

Jfy  —  ÀESCVLAPIVS  Nave  che  passa  a  destra  sotto  un 
ponte.  Alla  poppa  sta  il  pilota.  Alla  prora  un  serpente 
in  atto  di  slanciarsi.  Davanti  il  Tevere  sdraiato  a  sinistra 
nell'acqua,  con  una  canna.  Nel  secondo  piano  una  roccia 
su  cui  tre  edifici  e  un  albero. 

NB.  Nelle  mie  vecchie  annotazioni  avevo  fatto  seguire  la  descrizione 
di  questo  medaglione  dalla  seguente  nota:  "  Questo  medaglione  non 
"  ha  col  N.  374  del  Cohen  che  la  semplice  differenza  imp  ii  nella  finale 
■  del  diritto.  Potrebbe  forse  trattarsi  di  una  omissione  nella  descrizione 
*  di  Cohen.  „ 

Ora,  avendo  avuto,  grazie  alla  gentilezza  del  sig.  de  Villenoisy,  l'op- 
portunità di  verificare  la  cosa  al  Gabinetto  di  Parigi,  risulta  che  la  mia 
supposizione  era  vera.  Non  si  tratta  quindi  di  una  variante,  ma  di  una 
semplice  rettifica,  poiché  l'esemplare  già  Vaticano  ora  parigino  porta 
appunto  la  leggenda  quale  io  la  davo,  ossia  col  completamento  imp  u, 
l'omissione  della  quale  non  era  che  una  inesattezza  di  Cohen. 

Dopo  Coh.  389  C. 

&  —  IMP  CAES  T  AEL  HADR  ANTONINVS    AVO    PIVS    PP 

Testa  laureata  a  destra  coll'egida. 
9    —  COS  IMI  Roma  in  abito    militare    coll'asta,    volta    a 
destra  porge  la  mano  all'imperatore  (o  al  Cesare  M.  Au- 
relio?). Dietro  Roma  un  personaggio    che    tiene   un'an- 
fora (?)  sul  capo.  Dietro  l'imperatore  due  altre  figure. 
Mill.  40  e  63  col  cerchio.  (Tav.  I,  N.  2). 


3<5  FRANCESCO    GNECCHI 


Dopo  407. 

&  -  ANTONINVS  AVO  PIVS  PP  TR  P  COS  III  Busto  nudo 

a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
ty    —  VICTORIA  AVGVSTI  S  C  Vittoria  a  sinistra  con  una 
ghirlanda. 
Diam.  mill.  36. 

NB.  Cohen  descrivendo  questo  medaglione  senatorio  (vrai  médaillon, 
malgré  les  lettres  s  e)  lascia  in  dubbio  se  la  Vittoria  tenga  un  diadema 
o  una  ghirlanda,  poi  nel  supplemento  corregge  dicendo  che  la  Vittoria 
tiene  decisamente  un  diadema.  Sub"  esemplare  vaticano  invece,  tiene 
decisamente  una  ghirlanda. 

FAUSTINA  (MADRE) 

Coh.  128  A,  130  (cerchiato)  A,   133,   136  A. 

MARC' AURELIO. 

Coh.  362  A,  362  (con  piccolo  cerchio)  C,  367,  383,  388, 
390  A,  392  A,  393  A,  395  C,  401  (cerchiato),  406  A. 

MARC' AURELIO  e  LUCIO  VERO. 

Coh.  1  C. 

LUCIO  VERO. 

Coh.  91  A,  92,  97  A,  101  A,  103  C. 

LUCILLA. 

Coh.  39. 

COMMODO  e  ANNIO  VERO. 

Coh.  1. 

COMMODO. 

Coh.  347,  348  A  e  348  (con  fortissimo  cerchio  ornato), 
352  C,  354,  355  A,  356  A,  359  A  e  C,  361  A,  364, 
366  A,  368  (falso?),  373,  374,  389  C,  391,  392  A,  396  A, 
400  A,  403  A,  412  A,  415  A,  425  C,  430,  433  A,  435  C 
(due  esemplari),  438  A,  441  A    (tre    esemplari),   444  A. 

Dopo  Coh.  n.  368  A. 

&  —  L  AVREL  COMMODVS  GERM  SARM  TR  P  IMI    Busto 

laureato  giovanile  a  destra  col  paludamento. 
fy    —  IMP  MI  (in  giro)  COS  II  PP   (all'esergo)    Vittoria    in 
quadriga  lenta  a  sinistra. 
Diam.  mill.  35. 


I    MEDAGLIONI    EX-VATICANI  31 

Varietà  Coh.  378  A. 
&  —  IMP  COMMODVS  AVG-  PIVS  FELIX   Busto  laureato  a 

destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
R)  —  PIO  IMP  OMNIA  FELICIA  P  M  TR  P  XV  IMP  Vili 
(in  giro)  COS  VI  P  P  (all'esergo)  Nettuno  ignudo  a  destra 
col  tridente  e  un  delfino,  il  piede  destro  appoggiato  su 
di  una  prora.  In  faccia  a  lui  Commodo  velato  con  una 
patera  e  un  libro.  Fra  i  due  un'ara  accesa  (anno  190  d.  C). 
Diam.  mill.  37. 

Completamento  n.  388  di  Cohen. 
,B*  —  M  AVREL  COMMODVS  ANTONINVS  AVG-  PIVS  Busto 

laureato  a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
R)  —  P  M  TR  P  Villi  IMP  VI  (in  giro)  COS  IMI  P  P  (al- 
l'esergo) Marte  galeato  colla  corazza  e  il  manto  a  destra 
sostiene  l'asta  colla  destra  alzata,  mentre  colla  sinistra 
si  appoggia  allo  scudo.  Ai  suoi  piedi  una  sfinge.  In 
faccia  a  lui  Venere  pure  colPasta  e  il  gomito  sinistro 
appoggiato  a  una  colonna.  Davanti  a  lei  una  colomba 
(anno  184  d.  C). 
Diam.  mill.  37. 

NB.  Cohen  non  dà  che  il  rovescio  di  questo  medaglione,  riportan- 
dolo da  Vaillant. 

Completamento  n.  434  di  Cohen. 

&  —  M  AVREL  COMMODVS  ANTONINVS  AVO  Busto  lau- 
reato e  corazzato  a  destra. 

$  TR  P  Vili    IMP  V  COS  IMI    P  P    Commodo  in    abito 

militare  coll'asta  nella  sinistra,  in  atto  di  posare  la  destra 
su  di  un  trofeo  ai  piedi  del  quale  due  prigionieri  pian- 
genti (anno  183  d.  C). 

Mill.  38.  (Tav.  I,  n.  3). 

NB.  Cohen  cita  da  Vaillant  questo  medaglione  senza  darne  il  diritto 
e  dando  incompleta  la  leggenda  del  rovescio. 

Fra  i  medaglioni  di  Commodo  figura  pure  quello  col  rovescio  salvs. 
da  Cohen  citato  in  nota  come  falso.  Anche  a  me  l'impronta  dà  la  me- 
desima impressione. 

COMMODO  e  CRISPINA. 

Coh.    1   A  e  C,  2. 


32  FRANCESCO    GNECCHI 


COMMODO  e  MARCIA. 

Coh.  i  A,  4  A  (2  esemplari). 

ALBINO. 

Esemplare  col  rovescio  di  Minerva   pacifera,   evidentemente 
falso. 

NB.  Dopo  d'avere  indegnamente  appartenuto  al  Gabinetto  Vaticano, 
questa  contraffazione  cinquecentesca  venne  a  finire  nelle  mie  mani 
e  constato  che  è  veramente  l'esemplare  vaticano. 

Da  molti  anni  giace  dimenticato  nella  serie  delle  monete  false,  né 
ora  posso  ricordare  come  e  da  chi  mi  sia  venuto. 

Non  conoscendosi  alcun  pezzo  originale  da  cui  potesse  esser  copiato, 
l'ho  sempre  ritenuto  una  delle  molte  mistificazioni,  ossia  un'invenzione 
d'artista;  ora  invece  ho  scoperto  che  è  la  riproduzione  o  almeno  imi- 
tazione di  un  medaglione  reale,  ciò  che  mi  procurerà  l'occasione  di  ri- 
tornare sull'argomento  in  un  prossimo  appunto. 

SETTIMIO  SEVERO. 

Coh.  464  A,  468  A,  469,  474  C. 
Rettifica  Coh.  463  A. 

&  -  L  SEPTIMIVS  SEVERVS  PERTINAX  ÀVG-  IMP  UH  Busto 

laureato  a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
ty  —  DIIS  AVSPICIBVS  P  M  TR  P  III  (in  giro)  COS  II  P  P 
(all'  esergo)  Bacco  ed  Ercole  nudi  a  sinistra.  Ercole 
appoggiato  alla  clava  tiene  la  pelle  del  leone,  Bacco 
tiene  un  vaso  (o  un  simpulo?)  e  un  tirso.  Fra  i  due  una 
pantera  (anno  195  d.  C). 

NB.  Devo  ripetere  qui  l'osservazione  fatta  al  Med.  d'Antonino  Pio 
Cohen  376. 

Non  si  tratta  di  una  variante  ;  bensì  di  una  semplice  rettifica.  La 
leggenda  cos  11  p  p  dell'esergo  fu  omessa  dal  Cohen;  ma  esisteva  sul 
pezzo  da  lui  descritto,  pezzo  già  appartenente  al  Vaticano  ed  attual- 
mente a  Parigi,  ove  potè  essere  verificato. 

GIULIA  DOMNA. 

Coh.  130  C. 
Dopo  131. 

&  —  IVLIA  AVG-VSTA  Busto  a  destra. 
P    —  VESTA  MATER  S  C    Sei    Vestali    sacrificanti    su    di 
un'ara  accesa,  davanti  a  un  tempio. 
Diam.  mill.  42. 


I   MEDAGLIONI   EX-VATICANI  33 

NB.  Questo  bellissimo  medaglione  senatorio  si  trova  attualmente  al 
Gabinetto  di  Brera,  perciò  ebbi  già  l'occasione  di  darne  la  descrizione 
quando  nel  1884  pubblicai  nel  Bull.  Numism.  e  Sfragistico  di  Camerino 
"  Monete  e  Medaglioni  inediti  nel  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  „. 

GIULIA  SOEMIADE. 

Coh.  1  (argento)  A. 

ALESSANDRO  SEVERO. 

Coh.  230  A,  231,  232  A,  336  C. 
Dopo  Coh.  240. 

&  —  IMP  SEV  ALEXANDER  AVG-  Busto  laureato  a   mezza 

figura  a  destra,  collo  scettro. 
IJf    —  PONTIFEX  MAX  TR  P  IMI  (in  giro)   COS  II    P  P   (al- 
l'esergo)  Quadriga  trionfale  di  fronte    condotta    da   due 
Vittorie.  Nel  carro  sta  Alessandro    collo    scettro   e  una 
Vittoria  che  lo  incorona. 
Diam.  mill.  33. 

ALESSANDRO  e  GIULIA  MAMMEA. 

Coh.  13  A. 

MASSIMINO. 

Coh.  44  (citato  da  Vaillant)  C,  45  A. 

MASSIMINO  e  MASSIMO. 

Coh.  3  A. 

GORDIANO  I 

(Rifatto  su  un  Trajano  Decio). 

GORDIANO  III. 

171  A,  178  A,  183  C,  185  A,  186,  189  (due  esempi.)  A  e  C, 
190  A,  191,  192  A,  193,  197  C,  202  C. 

Var.  Coh.  178  A. 

SY  —  IMP  GORDIANVS   PIVS    FELIX    AVG-    Busto  laureato 

a  destra  colla  corazza  e  l'egida. 
R)    -  AEQVITAS  AVGVSTI  Le  tre  Monete  colle  bilancie  e 

il  cornucopia.  Ai  loro  piedi  i  tre  mucchi  di  metallo. 

Diam.  mil.  35. 

5 


34 


FRANCESCO    GNECCHI 


Var.  184. 

&  -  IMP  G-ORDIÀNVS  PIVS  FELIX  AVO  Busto  laureato  a 
destra  a  mezza  figura  colla  corazza  e  lo  scettro. 

R)  —  LIBERALITAS  AVG-VSTI  II  Gordiano  seduto  a  sinistra 
su  di  un  palco.  Dietro  a  lui  il  prefetto  del  pretorio  e 
un  milite  che  si  appoggia  all'asta.  Davanti  la  Liberalità 
colla  tessera  e  il  cornucopia.  Un  popolano  sale  i  gradini 
del  palco,  al  basso  del  quale  si  vedono  sei  militi  armati 
di  lancia  (anno  239  d.  C.) 
Diam.  mill.  35.  (Tav.  I,  n.  4). 

Var.  185  di  Cohen. 

&  —  IMP  GORDIANVS  PIVS  FELIX  AVO  Busto  laureato  a 
destra  con  paludamento  e  corazza. 

R)  —  MVNIFICENTIA  GORDIANI  AVG-  L'anfiteatro,  all'  in- 
terno del  quale  si  vede  una  lotta  fra  un  toro  e  un  ele- 
fante. Esternamente  a  sinistra  la  statua  della  fortuna,  a 
destra  la  Meta  sudans. 

FILIPPO  PADRE. 

Coh.  1  (argento)  A,  115  A,  117  A. 
Var.  Coh.  2  (argento). 

&  -  IMP  CAES  M  IVL  PHILIPPVS  AVO  Busto  laureato  a 
destra  col  paludamento  e  la  corazza. 

~$1    —  AEQVITAS  AVGG-  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

FILIPPO  PADRE  e  FILIPPO  FIGLIO. 

Coh.  4  (citato  da  Vaillant)  C. 

FILIPPO  PADRE,  FILIPPO  FIGLIO  e  OTAC1LLA 

Coh.  6  A,  8  C,  io  A,  12. 
Var.  Coh.  4  A. 

&  —  CONCORDIA  ÀVGVSTORVM  Busti  accollati  di  Filippo 
padre  laureato  col  paludamento  e  la  corazza  e  d'Otacilla 
diademata  a  destra,  affrontati  al  busto  laureato  di  Filippo 
figlio  a  sin.  col  paludamento. 
R)  EX  ORACVLO  APOLLINIS  Tempio  rotondo  a  quattro 
colonne  su  otto  gradini,  in  cima  al  quale  un'aquila. 
Neil'  interno  una  statua  seduta  (Apollo  ?)  (a.  244  d.  C). 


]    MEDAGLIONI  EX-VATICANI  35 

Var.  Coh.  5  A. 

0  —  Come  il  precedente,  ossia  a  differenza  dei  meda- 
glioni descritti  da  Cohen,  il  capo  di  Filippo  giovane  è 
laureato. 

^  —  GER  MAX  CARPICI  MAX  (in  giro)  III  ET  II  COS  (al- 
l'esergo).  La  Vittoria  in  quadriga  trionfale  al  passo  a 
sinistra  in  atto  d' invitare  a  salire  i  due  Filippi.  Dietro 
Filippo  si  vede  Marte.  Davanti  a  una  ruota  del  carro 
due  prigionieri  legati  (a.  248  d.  C). 

(Tav.  I,  n.  5). 

OTAC1LLA  SEVERA. 

Coh.  34  A  (due  esemplari),  35  C. 

OTAC1LLA  con  i  FILIPPI  al  rovescio. 
Coh.  1,  2  (due  esemplari)  A. 

FILIPPO  FIGLIO. 

1  (argento  citato  da  Vaillant)  A,  53  A,  54  A. 

TRAJANO  DECIO. 

Coh.  57  (tre  esemplari)  A,  61  (2  esemplari)  A. 

ETRUSCILLA. 

Coh.  18  (tre  esemplari)  A. 

TREBONIANO  GALLO. 

Coh.  2  (argento)  C,   2  (argento,   modulo  più  grande)  A,  79, 
80  A. 

TREBONIANO  GALLO  e  VOLUSIANO. 

Coh.  1  C,  4  A. 

VALERIANO 

Coh.  3  (argento)  A. 
Var.  Coh.  2  C. 

&  —  IMP  C  VALERIANVS  P  F  AVG-  Busto  laureato  e  in 
corazza  a  destra. 

P    —  AEQVITAS  AVGG-  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 


36  FRANCESCO    GNECCHI 


VALERIANO  e  GALLIENO. 

Coh.  3  C,  4  A. 

Dopo  Coh.  4  (argento)  A. 

&  —  PIETAS  AVGVSTORVM  Busti   affrontati   di  Valeriano 
e  di  Gallieno,  ambedue  col  paludamento  e  laureati. 

ty    —  MONETA  AVGG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

GALLIENO. 

Coh.  8   (arg.)  A,    11   (arg.)  A,    22  (oro)    A,    712    A,    713  A, 

719  A,  722  C,  726  A  e  C,  732,  735. 
Dopo  Coh.  725  A. 

1&  —   IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  Busto  laureato  a  destra  a 

mezza  figura,  colla  clamide. 
^    —  MONETA  AVG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 
Diam.  mill.  38.  (Tav.  I,  n.  6). 

Dopo  729  A. 
7&  —  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  GERM    Testa    laureata    a 

destra. 
P    —  MONETA  AVGG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 
Diam.  mill.  30. 

Dopo  Coh.  729  bis  C. 

W  -   IMP    CAES    LIC    GALLIENVS    AVG  Busto  laureato  a 

destra  col  paludamento. 
I?    —  Come  il  precedente. 

Diam.  mill.  32. 

Dopo  Coh.  729  ter.  A. 
-&  —  GALLIENVS  PIVS  FEL  AVG  Busto  a  destra,   il   capo 

ornato  della  pelle  del  leone. 
^    —  Come  i  precedenti. 
Diam.  mill.  35. 

Dopo  Coh.  735  A. 

&  -   IMP  GALLIENVS  PIVS  FEL  AVG  Testa   a   destra  or- 
nata della  pelle  di  leone. 

P*    -   VOTIS  DECENNALIBVS  S  C  in  una    corona   d'alloro. 
Diam.  mill.  35.  (Tav>  L  n   -^ 


I   MEDAGLIONI    EX-VATICANI  37 

NB.  Questo  è  uno  dei  rarissimi  esempi  di  medaglioni  senatoriali  di 
Gallieno.  Il  Cohen  descrivendo  il  suo  N.  735,  che  ha  questo  rovescio 
con  un  altro  diritto,  dice  :    "   Vrai   médaillon  malgré  les  lettres  s  c....„ 

GALLIENO  e  SALON1NA. 

Coh.  7  A. 

SALON1NA. 

Coh.  2  (argento,  tre  esemplari  diversi)  A   e  C,   5   (argento), 

6  (arg.)  C,  8  (arg.)  A,  98  A. 
Dopo  Coh.  112. 

&  —  CORNELIA  SALONINA  AVG  Busto  diademato  a  destra. 
R/    —  PIETAS  AVGG  La  Pietà  seduta  a  sinistra  in  atto  di 
tendere  la  mano  a  due  fanciulli.   Un   terzo   fanciullo   vi- 
cino alla  sedia. 

(Tav.  I,  n.  8). 

NB.  Al  N.  112  di  Cohen  è  descritto  questo  medesimo  g  b  con  s  e. 
Il  pezzo  vaticano  sarebbe  dunque  un  g  b  o  sesterzio  imperatorio. 

SALONINO 

Coh.  63  C. 

CLAUDIO  GOTICO. 

Coh.  20,  21  (citato  da  Tanini). 
Var.  Coh.  26  A. 

P  —  IMP  C  CLAVDIVS  P  F  AVG  Busto  laureato  a  destra 
con  paludamento  e  corazza. 

91    —  MONETA  AVG-  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

TACITO. 

Coh.  25  (due  esemplari)  A. 

FLORIANO. 

Coh.  io  (due  esemplari)  A. 
Prima  di  Coh.  9  A. 

&  —  IMP    C    M    ANN    FLORIANVS    AVG  Busto  laureato  a 
destra  col  paludamento  e  la  corazza. 

$    -  AEQVITAS  AVGVSTI  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 


38  FRANCESCO   GNECCHI 


PROBO. 

Coh.  62  A,  63  A,  67  (citato  da  Wiczay)  C,  70  (due  esem- 
plari) A,  71  C,  72  A,  73  (tre  esemplari)  A  e  C,  76  A, 
77  (due  esemplari),  78  A,  80  A,  83  A,  90  A,  91  A, 
93  A,  95  A,  96  A. 

CARO. 

Coh.  20  (tre  esemplari  diversi)  A  e  C. 

NUMERIANO. 

Coh.  14  C,  16  (due  esemplari)  A,  18  C,  33. 
Var.  Coh.  14  A. 

&  —  IMP  C  NVMERIANVS  P  F   AVG   COS   Busto   laureato 
a  destra  a  mezza  figura  col  paludamento  e  la   corazza. 
Tiene  lo  scettro  sormontato  dall'aquila,  e  un  globo  stel- 
lato sormontato  da  una  Vittoria. 
$    -   MONETA  AVGG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

CARINO. 

Coh.  33  A.  34  C,  36  A,  38  A. 

MAONA  URBICA. 

Coh.  5  A. 

DIOCLEZIANO. 

Coh.  109  (quattro  esemplari)  A  e  C,  11 1  (due  esemplari)  A, 
112,  113  A,  114  C,  115  C,  116  A,  119  (due  esempi.)  A. 
Var.  Coh.  ni  A. 
&  -   IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS  P    F   AVG   Busto   lau- 
reato a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
$    -   MONETA  AVGG-  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

Var.  Coh.  115. 

&  -  IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS  P  F  AVG  Busto  lau- 
reato a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 

^  -  MONETA  IOVI  ET  HERCVL  ÀVGCy  La  Moneta  di 
fronte  rivolta  a  sinistra  colla  bilancia  e  il  cornucopia  tra 
Giove  ignudo,  il  mantello  sulla  spalla    e  volto  a  destra, 


I   MEDAGLIONI    EX-VATICANI  39 

collo  scettro  e  il  fulmine  ed  Ercole  pure  ignudo  che  si 
volge  a  sinistra,  tenendo  la  pelle  del  leone  sul  braccio 
sinistro,  appoggiato  alla  clava,  con  un  pomo.  Ai  piedi 
della  Moneta  un  mucchio  di  metallo. 

Var.  115  bis. 

&  -  IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS   P  F  AVG    Busto    lau- 
reato e  corazzato  a  sinistra. 
IJK    —   Come  il  precedente. 

Var.  Coh.  122  A. 
&  -  IMP  C  DIOCLETIANVS  P  F   AVG   Busto    laureato    e 

corazzato  a  sinistra  armato  di  lancia  e  scudo. 
$    -   MONETA  AVGG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

MASSIMIANO  ERCULEO  e  DIOCLEZIANO. 

Coh.  4  A. 

MASSIMIANO  ERCULEO. 

Coh.  121  A,  122  A  e  C,  125  (tre  esemplari)  A,  126  C,  127  A, 
129  (due  esemplari)  A  e  C,  132  C. 

Dopo  Coh.  126  C. 

&  —  IMP  C  M  AVR  VAL  MAXIMIANVS  AVG  Busto  laureato 

a  destra  con  paludamento  e  corazza. 
$  —  MONETA  IOVI  ET  HERCVLI  AVGG  La  Moneta  di 
fronte  volta  a  sinistra  colla  bilancia  e  il  cornucopia,  fra 
Giove  ignudo  collo  scettro  e  il  fulmine  e  Ercole  ignudo 
colla  clava  e  la  pelle  del  leone.  Ai  piedi  della  Moneta 
un  mucchio  di  metallo. 

Var.  Coh.  129  C. 

&  -  IMP  C  M  AVR  VAL  MAXIMIANVS  AVG  Busto  laureato 

a  destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
fy    -   MONETA  AVGG  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 

Var.  Coh.  130. 

&  -  IMP  C  M  AVR  VAL  MAXIMIANVS  P  F  AVG  Busto  lau- 
reato a  sinistra  col  manto  imperiale  e  lo  scettro  sor- 
montato da  un'aquila. 

F$    —  Come  il  precedente. 


40  FRANCESCO   GNECCHI 


COSTANZO  CLORO 

Coh.  6  (oro)  A,  74  (due  esemplari)  A,  75  A  (1). 

GALERIO  MASSIMIANO. 

Coh.  44  (tre  esemplari)  47  A,  49  C. 

MASSENZIO. 

Coh.  27. 

COSTANTINO  I. 

Coh.  164  (due   esemplari)  A    e  C,    176  A,    177   (due   esem- 
plari) A  e  C. 

COSTANTINOPOLI. 

Coh.  4  C,  5  C. 

ROMA 

Coh.  3. 
Dopo  Coh.  3. 
i&  -   VRBS  ROMA  Busto  galeato  di  Roma  a   sinistra   col 

manto  imperiale. 
1$    —  VIRTVS   ÀVGG-   N  N    Costantino    a   destra   con   uno 
scettro  trasversale  e  un  globo. 

COSTANTINO  II. 

Coh.  60  (due  esemplari)  C,  61  (due  esemplari)  A. 

COSTANTE. 

Coh.  16  (argento)  A,  19  (argento)  A,    94  A,    96  A,    100  A, 

106  A,  in  (due<  esemplari)  A. 
Dopo  Coh.  95  A. 

B'  —  CONSTANS  P  F  ÀVG-  Testa  diademata  a  sinistra. 
I#    —  VICTORIA  AVG-G-  Costante  a  cavallo  a  sinistra,  pre- 
ceduto dalla  Vittoria  con  una  corona  e  una  palma. 
Diam.  mill.  32. 


(1)  I  medaglioni  di  Costanzo  Cloro  nel  Catalogo  Albani  sono  attribuiti 
a  Costanzo  II. 


I   MEDAGLIONI   EX-VATICANI  41 

COSTANZO  II. 

Coh.  27  (oro),  22  (argento)  A,   171  A,  172  A,  197  A,  201  (due 

esemplari)  A. 
Completamento  del  n.   163  A. 

^  -   D  N  FL  CONSTANTIVS  NOB  CAES  Busto    con   palu- 
damento e  corazza  a  destra,  testa  nuda. 
9    —  GLORIA  ROMANORVM    Vittoria    a    destra  in  atto  di 
scrivere  VOT  V  MVLT  X  su  di  uno  scudo  che  tiene,  ap- 
poggiandolo al  ginocchio. 

MAONENZIO. 

Dopo  Coh.  27. 

&  -  IMP  CAE  MAGNENTIVS  AVG-  Busto  a  destra  col  pa- 
ludamento e  la  corazza.  Testa  nuda. 

P    -  VIRTVS  AVGVSTORVM  Magnenzio  in   abito   militare 
di  fronte  volto  a  destra  con  un'asta  e  il  parazonio. 
Diam.  mill.  38. 

DECENZIO. 

Coh.  14  C. 
Var.  Coh.  11. 

i&  -  MAO  DECENTIVS  CAES    Busto    corazzato    a   destra. 

Testa  nuda. 
IJ(    —  VICTORIA  AVGG  Vittoria  con  corona  e  palma   cor- 
rente a  sinistra  in  atto  di  dare  un  calcio  a  un  prigioniero. 
Diam.  mill.  29. 

GIULIANO  II. 

Coh.  51  (citato  da  Wiczay)  (*). 

GIOVIANO. 

Dopo  Coh.  18. 

&  -   D  N  IOVIANVS  P  F  AVG-  Busto  diademato   a  destra 
col  paludamento. 


(1)  Cohen,  citando  questo  medaglione  da  Wiczay,  osserva  che,  se  è 
ben  descritto,  è  l'unico  di  Giuliano  che  porti  il  monogramma  di  Cristo. 
La  descrizione  di  Wiczay  è  questa  volta  esatta. 

6 


42  FRANCESCO    GNECCHI 


P      -  VICTORIA  ÀVG-VSTORVM  Gioviano  a  destra   col   la- 
baro e  un  globo  niceforo.  AU'esergo  TESA. 

VALENT1NIANO   I. 

Coh.  4  (argento). 

VALENTE 

Coh.   i  (oro)  A,  16  (argento),  68  A. 

TEODOSIO  I. 

Coh.  3  (argento). 

ONORIO. 

Coh.  5  (argento,  due  esemplari)  A. 

ATTALO. 

Coh.   i  (argento)  A. 


Francesco  Gnecchi. 


L'ATELIER  MONÉTAIRE  D'ARLES 

PENDANT    LA    PÉRIODE    CONSTANTINIENNE 
de    313    à    337 


L'atelier  d'Arelas  (J)  ou  Arelate  (2)  ne  fut  ouvert 
par  Constantin  qu'après  la  mort  de  Maximin  Daza, 
car  le  nom  de  cet  empereur  ne  fut  pas  inscrit  sur 
ses  monnaies. 

Le  colonel  Voetter  a  déjà  montré  que  ce  fut  après 
la  fermeture  de  l'atelier  d'Ostia  que  fut  ouvert  celui 
d'Arles  (3)  ;  c'est-à  dire  en  Juillet  313.  Cet  atelier  ne 
suspendit  ses  frappes  monétaires  ni  pendant  le  règne 
de  Constantin,  ni  pendant  celui  de  ses  fìls;  mais  de 
326  à  340  il  inscrivit  aux  exergues  de  ses  pièces 
l'inscription  CONST.  ;  abréviation  de  CONSTÀNTINÀ. 
La  ville  d'Arelas  recut  ce  nom  en  l'honneur  de 
Constantin  li  ainsi  qu'on  le  verrà  plus  loin,  après 
la  mort  de  Crispus  en  326  ;  elle  le  porta  jusqu'à  la 
mort  de  Constantin  II  tue  en  340  au  cours  de  la 
guerre  qu'il  fit  à  son  frère  Constant  I  (4),  Les  exer- 
gues des  monnaies  de  son  atelier  indiquèrent  ce 
changement    de    nom,    ainsi    qu'il    vient    d'ètre  dit  ; 


(1)  Arelas  dans  Ausone,  Epist.  XXIII,  v.  81  et  XXIV,  v.  83;   dans 
Prudence,  Hymn.  Peristaphenon,  IV. 

(2)  Arelate  dans  Caesar,  Cin,  1,  36. 

(3)  Otto  Voetter,  Erste  Christliche  Zeichen  auf  rómischen  Munzen, 
Numismatische  Zeitschrift,  1892,  p.  55. 

(4)  Lenain  de  Tillemont,  Histoire   des  Empereurs,    Paris,    1723,  IV, 
p.  328. 


44  JULES   MAURICE 


toutefois  de  326  à  330,  les  inscriptions,  P  CONST.  à 
Q  CONST.  alternent  avec  PARL  à  QARL  et  ARLP  à  ARLQ; 

tandis  que  l'ori  ne  trouve  plus  ensuite  aux  exergues 
des  pièces  que  l'indication  de  la  ville  de  CONST 
(antina)  jusqu'en  340  (J). 

L'atelier  d'Arles  témoigne  comme  ceux  de  Trèves 
et  de  Lyon  par  les  légendes  palennes  et  l'absence 
de  signes  chrétiens  sur  ses  monnaies  de  la  persis- 
tance  du  paganisme  dans  les  Gaules  ;  tandis  que 
dans  les  diocèses  d'Espagne  et  de  Pannonie,  les 
ateliers  de  Tarragone,  de  Siscia  et  de  Thessalonica 
inscrivaient  déjà  des  signes  chrétiens  dans  le  champ 
de  leurs  monnaies.  En  Orient  ce  fut  après  la  chute 
de  Licinius  en  324  que  les  signes  chrétiens  parurent 
sur  les  monnaies.  Dans  les  Gaules,  et  bien  que  ces 
provinces  fussent  gouvernées  par  un  empereur  chré- 
tien,  l'atelier  d'Arles  ne  fit  graver,  comme  premier 
symbole  chrétien,  le  monogramme  Constantinien 
qu'en  335  et  ceux  de  Trèves  et  de  Lyon  qu'en  337 
après  la  mort  de  Constantin. 

J'ai  tàché  en  effet  de  montrer  dans  des  recher- 
ches  précédentes  que  les  officiers  monétaires  gar- 
daient  une  assez  grande  liberté  dans  le  choix  des  diffé- 
rents  qui  caractérisaient  les  séries  monétaires  et  les 
émissions.  Aussi  n'inscrivirent  -  ils  de  signes  chré- 
tiens sur  les  monnaies  que  lorsqu'ils  se  crurent 
sùrs  de  l'approbation  de  l'empereur  et  que  d'autre 
part  ils  pensèrent  répondre  dans  une  certame  mesure 
aux  voeux  des  populations  (2>. 


(1)  Je  décris  des  Augustes  fils  les  émissions  frappées  jusqu'à  la 
proclamation  de  Constantin  en  Septembre  337  ;  pour  celles  qui  paru- 
rent en  338,  339  jusqu'en  340  voir  Hettner,  Rómische  Mùnzschatzfunde 
in  den  Rheinlanden  dans  Wedts-deùtsch.  Zchft.f.  gesch-und  kanst  VII,  II, 
p.  138-139. 

(2)  J.  Maurice,  Signes  chrétiens  sur  les  monnaies  de  l'epoque  de 
Constantin,  Bulletin  de  la  Sociélé  Nazionale  des  Antiquaires  de  France, 
1901,  p.  197  à  201,  séance  du  29  Mai. 


L  ATELIER   MONETAIRE    D  ARLES  45 

C'est  ce  que  semole  confirmer  ce  fait  que  les 
ateliers  des  Gaules  et  de  Bretagne  ne  présentèrent  pas 
sous  Constantin  de  signes  chrétiens  sur  leurs  mon- 
naies  contrairement  à  celui  de  Tarragone  en  Espagne, 
province  convertie  au  Christianisme  dans  la  pre- 
mière moitié  du  règne  de  Constantin  de  309  à  314  (*). 

L'on  trouve  mentionné  dans  la  Notitia  Dignt- 
tatum  {in  partibus  occidentis)  le  Procurator  Monetae 
Arelatensis.  Ce  n'est  pas  que  la  présence  de  ce  ma- 
gistrat  fut  une  exception.  Jl  y  a  tout  lieu  d'admettre 
avec  Mommsen  que  sous  Dioclétien  chaque  diocèse 
fut  pourvu  d'un  atelier  monétaire  place  sous  la  di- 
rection d'un'  Procurator  Monetae  (2). 

Toutefois  il  manquait  un  atelier  dans  le  diocesis 
Viennensis;  celui  d'Arles  ne  fut  ouvert  qu'en  313, 
tandis  que  jusqu'à  cette  epoque  celui  de  Lyon,  bien 
que  faisant  partie  du  diocèse  des  Gaules,  comme 
celui  de  Trèves,  avait  été  créé  pour  des  raisons  que 


(1)  J'ai  montré  dans  une  étude  (sur  les  iconographies  des  Empereurs 
Romains  de  la  fin  du  IIIme  et  du  IVme  siede)  parue  dans  la  Revue  Nu- 
mismatique  de  1904,  pp.  36,  37,  38,  que  l'Espagne  avait  appartenu  suc- 
cessivement  à  Hercule,  Sevère  et  Maxence  de  285  à  309.  En  309  cette 
province  passa  dans  les  mains  de  Constantin,  cf.  J.  Maurice,  L'Atelier 
monétaire  de  Tarragone,  Revue  Numismatique,  1900,  p.  279,  et  en  214 
la  croix  parut  sur  les  monnaies,  mème  revue  p.  226.  D'autre  part 
Ruynart  place  encore  une  persécution  des  Chrétiens  en  Espagne  sous 
Hercule.  Cf.  P.  Ruynart,  Atta  Martyrutn,  1849,  p.  43).  Enfin  plusieurs 
auteurs  rapportent  la  conversion  de  l'Espagne  (Ibérie)  et  de  son  roi 
par  une  captive  Chrétienne  sous  Constantin,  conversion  au  Christia- 
nisme qui  amena  l'Espagne  à  se  soumettre  à  Constantin.  Cf.  Irénée, 
lib.  I,  cap.  3;  Rafin  d'Aquilée,  Hist.  Eccles.  lib.  I,  cap.  X;  Socrate, 
Hist.  Eccles.  libr.  I,  cap.  19;  Sozomène,  lib.  II,  cap.  7.  En  fait  la  sou- 
mission  de  l'Espagne  à  Constantin  en  309,  indiquée  par  les  émissions 
monétaires,  se  fit  sans  guerre,  ou  n'en  a  aucune  autre  indication  dans 
les  auteurs,  et  les  premiers  de  tous  les  signes  chrétiens  apparurent  sur 
les  monnaies  de  Tarragone  en  314.  Il  est  donc  probable  que  le  récit  de  la 
conversion  de  l'Espagne  est  authentique  quant  au  fond  tout  au  moins. 

(2)  Mommsen.  Die  fiinfzthn  Miinzstàtten  der  funfzehn  Diocletianischen 
Diocesen,  Zeitschrift  fttr  Numismatik,  XV,  année  1887,  p.  242  et  s.  e. 


46  JULES    MAURICE 


j'ai  cherché  à  mettre  en  lumière  dans  mon  étude  sur 
cet  atelier  (J). 

Lyon  était  en  effet  le  siège  du  Conciliiim  Pro- 
vinciae.  Elle  était  au  point  de  convergence  des  routes 
des  trois  provinces  des  Gaules. 

Constantin  le  Grand  fut  consul  pour  la  quatrième 
fois  en  315  et  plusieurs  monnaies  frappées  en  cette 
année  lui  attribuent  ce  consulat  ainsi  que  le  titre  de 
Maximus  qui  ne  parut  pas  plus  tòt  sur  les  monnaies 
courantes  de  bronze,  mais  lui  fut  attribué  dès  l'an- 
née  313  sur  un  médaillon  de  Tarragone  ainsi  qu'on 
le  verrà  plus  loin.  Constantin  séjourna  à  Arles  en  316. 

Première  émission. 

Frappée  depuis  la  période  qui  suivit  la  mort  de  Maximin 
Daza  survenue  en  Juin  313  (2)  jusqu'à  la  prise  du  con- 
sulat en  commun  par  Constantin  et  Licinius  le  ier  Jan- 
vier  31  j  (3). 

Les  pièces  frappées  au  début  de  cette  émission 
présentent  à  leur  revers  des  légendes  inscrites  sur 
les  monnaies  à  l'occasion  de  la  prise  de  Rome  par 
Constantin  (4).  Ce  sont  les  légendes:  RECVPERATOR  • 
VRBIS  •  SVAE  ou  encore  S.  P.  Q.  R.  OPTIMO  PRINCIPI. 
Celles  frappées  pendant  la  guerre  présentent  la  le- 
gende Soli  Invicto  Corniti. 

Les  petits  folles  ou  monnaies  de  bronze  de  cette 


(i)  j.  Maurice,  Classification  Chronologique  des  Emissions  Monétaires 
de  l'Atelier  de  Lyon  pendant  la  période  Constantinienne.  Mémoires  de  la 
Société  Nalionale  des  Antiquaires  de  France.  1902,  pp.  23  à  26. 

(2)  Julf.s  Maurice,  L'Atelier  Monétaire  d'Alexandrie.  Numismatic 
Chronicle,  1902,  p.  117;  Eusèbe,  Hist.  Eccles.  X,  5;  Lactance,  De  Mort. 
Pers.  e.  XLVII,  XLVIII,  XLIX, 

(3)  Consularia  Constantinopolitana:  Constantino  UH  et  Licinio  IIII, 
anno  315.  Monum:  Gemi:  Histor:  Chron  :  Minora,  pag.  231. 

(4)  J.  Maurice,  L'Atelier  Monétaire  de  Rome,  1899,  P-  4^3- 


L  ATELIER    MONÉTAIRE    D  ARLES  47 

émission  ont  des  poids  oscillant  entre  3  grammes, 
50  centigr.  et  4  gr.,  50  e;  leur  poids  moyen  est 
donc  supérieur  à  celui  du  ftummus  Centenionalis 
qui  est  de  3  gr.  50  e.  ;  ces  petits  folles  mesurent 
de  0,023  à  0,024  millimètres  de  diamètre.  Le  Num- 
mus  Centenionalis  fut  créé  par  Constantin  après  la 
guerre  de  314  (J). 

Les  pièces  d'or  frappées  au  cours  de  cette  émis- 
sion dans  les  états  de  Constantin  sont  pour  la  plus- 
part  de  Tespèce  du  Solidus  ou  72™  à  la  livre  d'or 
créée  en  309  par  cet  empereur  (2).  L'on  émit  pour- 
tant  encore  quelques  pièces  de  l'espèce  du  6ome  à 
la  livre  qui  avait  cours   sous  Dioclétien. 

Exergues  de  l'émission. 


PÀRL  SARL  TARL  QARL 

Première  partie  de  l'émission  —  Pièces  de  bronze. 

1.  On  trouve   au   revers  :    en   legende:   S-  P.  Q.  R.   OPTIMO 
PRINCIPI  et  comme  type  trois  enseignes  militaires   sur- 
montées  celle  du  milieu  de  l'aigle  légionnaire,  les  deux 
autres  qui  sont  des  enseignes  manipulaires   l'une   d'une 
main,  l'autre  d'une  couronne. 
Au  droit:  i.°  IMP.  C.  CONSTÀNTINVS  P.  F.  AVG-.  Son  buste 
laure  et  drapé  ou  laure  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  559.  br.  mus.  ;  Voetter,  off  p-t  poids  moyen  de  ces  pièces 
est  de  5  grammes  et  le  diamètre  moyen  de  0,024  millimètres. 

2.0  IMP.  LICINIVS  P.  F.  AVG.  Buste  analogue. 

Cohen,  165.  br.  mvs.  off  t. 


(1)  J.  Maurick,  L'Atelier  Monétaire  de  Trèves.  Mémoires  de  la  Sociale 
Nationale  des  Antiquaires  de  France,  tome  LXI,  1902,  p.  174. 

(2)  J.  Maurice,  [J Atelier  Monétaire  de  Trèves.  Mémoires  des  Anti- 
quaires de  France,  1902,  p.  164  a  168;  et  L'Atelier  Monétaire  de  Torni- 
none. Revue  Numismatique,   1900,  p.  282  à  285. 


48  JULES   MAURICE 


L'on  trouve  cette  méme  legende  du  revers  in- 
serite sur  les  pièces  sorties  de  l'atelier  de  Rome, 
après  la  prise  de  cette  ville  par  Constantin  sur  Ma- 
xence,  ce  qui  indique  qu'elle  exprime  l'accueil  en- 
thousiaste  et  la  reception  triomphale  que  Constantin 
trouva  à  Rome  (0,  conformément  au  dire  de  Lactance, 
après  la  chute  de  cet  usurpateur  dont  la  tyrannie 
avait  accablé  tout  à  la  fois  le  Sénat  et  le  peuple 
Romain  (2). 

IL  Au  revers:  RECVPERÀTOR.  VRBIS  SVAE.  Constantin  est 
assis  à  gauche  sur  une  cuirasse,  tandis  qu'un  soldat  lui 
présente  le  globe  de  la  puissance  souveraine  surmonté 
d'une  Victoire  ;  derrière  lui  un  bouclier. 
Au  droit:  IMP.  CONSTÀNTINVS  P.  F.  AVG.  Son  buste  laure 
à  droite,  portant  le  manteau  imperiai,  tenant  une  fleur? 
et  un  globe  surmonté  d'une  Victoire. 
Cohen,  464.  fr.  14849  bis  ;  musée  de  Berlin  ;  Voetter,  off  p-s. 

Cette  legende  exprime  par  elle  méme  que  Cons- 
tantin a  repris  la  ville  de  Rome  sur  Maxence  con- 
sidéré  comme  usurpateur. 

Le  poi.ds  de  ces  pièces  est  en  general  inférieur 
à  la  moyenne  indiquée  plus  haut. 

L'on  remontre  sur  les  pièces  de  la  ière  partie  de 
cette  émission  les  légendes  SOLI  INVICTO  COMITI  et 
MARTI  CONSERVATORI  dont  la  première  a  seule  con- 
tinue   à    étré    frappée    pendant    la    guerre    de    314. 


(1)  Lactance,  De  Mortibus  Persecutorum,  cap.  XLIV:  cum  magna 
Senatus  populique  Romani  laetitia  susceptus  Imperator  Constantinus. 

(2)  La  loi  ière  du  titre  Vili.  De  Bonis  Vacantibus.  Cod.  Theodo- 
sianus,  lib.  X  doit  se  rapporter  aux  biens  restitués  à  ceux  qui  avaient 
été  déponillés  par  Maxence.  La  loi  3™  du  titre  XIV,  De  Infirmandis 
his  qui  sub  tyrannis.  Cod.  Theod.  lib.  XV,  réforme  les  dispositi  ons 
injustes  prises  par  décrets  par  Maxence.  Toutefois  Constantin  laisse 
subsister  les  obligations  nouvelles,  l'hérédité  pour  les  Naviculaires. 
Cod.  Theod.  XV,  XIV,  etc.  La  licence  des  Prétoriens  de  Maxence 
avait  devastò  Rome. 


L  ATELIER   MONETAI  RE    D  ARLES  49 

C'est  par  analogie  avec  ce  qui  se  passa  dans  les 
ateliers  de  Tarragone,  de  Rome,  de  Londres  où  l'on 
émit  pendant  cette  guerre  des  pièces  dans  les  lé- 
gendes  desquelles  il  n'était  plus  question  que  d'un 
seul  Auguste  SOLI  INVICTO  COMITI  AVG  N  que  l'on 
peut  avancer  ces  faits,  car  les  ateliers  des  Gaules, 
Trèves,  Lyon  et  Arles  n'émirent  pas  de  séries  dis- 
tinctes  avant  et  pendant  la  guerre  de  314. 

III.  Au  revers  :  SOLI  •  INVICTO  COMITI  Le  soleil  radié  à 
demi  nu  debout  de  face,  regardant  à  gauche,  levant  la 
droite  et  tenant  un  globe. 

Au  droit:    i.°    IMP.    C.    CONSTANTINVS.    P.    F.   AVG.   Son 

buste  laure,  drapé  et  cuirassé  à  gauche. 
Cohen,  540.  br.  mvs.  ;  Voetter,  0,023  mm-  OFF-  p-s-q. 

2.0  IMP.  LICINIVS.  P.  F.  AVG.   Son    buste   laure,    drapé   et 
cuirassé  à  droite. 
Cohen,  163.  br.  mvs.;  Voetter,  musée  d' Arles  off.  p-t.' 

3.0  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.  AVG.  Son  buste  laure,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  536.  br.  mvs.  Voetter,  fr.    14955  J    4    gr-   80  ;   0,022    millim. 

OFF.   P-S-T-Q. 

Les  deux  pièces  précédentes  de  Licinius  et  de 
Constantin  ont  été  émises  en  mème  temps,  c'est  à 
dire  avant  la  guerre  de  314;  pendant  la  guerre  l'on 
dut  continuer  à  frapper  celle  au  noni  de  Constantin, 
et  après  la  guerre  l'on  n'émit  plus  de  monnaies  de 
bronze  d'un  poids  aussi  élevé,  ainsi  qu'on  le  verrà 
dans  le  tableau  de  l'émission  qui  suit  celle-ci. 

IV.  Au  revers:  MARTI  •  CONSERVATORI.  Mars  casqué  et  en 
habit  militaire  debout  à  gauche,  posant  le  pied  sur  un 
captif  et  tenant  une  haste  et  un  bouclier. 

Au  droit:  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.  AVG.  Son  buste  laure 
à  gauche  avec  le   manteau   imperiai   tenant   un   sceptre 
surmonté  d'un  aigle  et  un  globe. 
Cohen,  350.  FR.  14765,  0,020  mm.  off.  p. 

7 


5©  JULES   MAURICE 


V.  Meme  legende  du  revers,   mais   Mars   en   habit   militaire 

debout  à  droite,  tenant  une  haste  renversée   et   appuyé 
'     sur  un  bouclier. 

Au  droit  :  IMP.  LICINIVS  •  P.  F.   AVO.    Son    buste    laure    et 
cuirassé  à  droite. 
Cohen,  139,  musée  d'Arles.  Voetter,  off.  s. 

VI.  Meme  legende  du  revers,  mais  Mars  en  habit  militaire, 
marchant  à  droite,  tenant  une  haste  transversale  et  un 
trophée  sur  l'épaule. 

Au    droit:    IMP.    CONSTÀNTINVS    P.    F.    ÀVG-.    Son    buste 
casqué  et  cuirassé  à  gauche,    tenant    une    haste    et    un 
bouclier,  pièce  inèdite. 
Voetter,  off.  p. 

.11  existe  de  toutes  ces  pièces  des  exemplaires 
de  poids  supérieur  à  ceux  des  pièces  émises  après 
la  guerre  de  314.  L'on  doit  donc  les  ranger  dans 
l'émission  présente,  mais  certaines  d'entre  elles  ont 
continue  à  ètre  frappées  au  cours  de  l'émission 
suivante. 

VII.  Au  revers:  VTILITAS  PVBLICA.  L'Utilité  debout  dans 
une  galère  tenant  une  balance  et  une  come  d'abondance» 
derrière  elle  Mars  casqué  en  habit  militaire  tenant  un 
globe  surmonté  d'une  Victoire. 

Au  droit  :  IMP.  CONSTÀNTINVS  P.  F.  AVO.  Son  buste  laure 
et  drapé  a  droite,  tenant  un  sceptre  surmonté  d'un 
aigle  (*). 

Ce  petit  bronze  (0,021  mm.  de  diamètre)  doit 
probablement  se  classer  dans  cette  émission  après 
la  prise  de  Rome  par  Constantin.  L'Utilitas  Publica 
est  une  personnifìcation  d'une  divinité  de  la  vie  pu- 
blique  comme  l'Annona,  la  Felicitas  Publica,  l'U- 
bertas  Saeculi,  l'Aequitas  Publica  qui  furent  en  grand 


(1)  PI.  II,    n.  1.  J'ai   décrit  cette    pièce   dans   le  Bulletin  de   la  So- 
ciété  N.  des  Antiquaires  de  France,  1898,  p.  383.  off.  p.  br.  mvs. 


l'atelier  monétaire  d'arles  51 


honneur  sous  Dioclétien  et  continuèrent  à  paraìtre 
sous  Constantin  en  prenant  un  sens  de  plus  en  plus 
abstrait,  tandis  que  les  autres  cessèrent  de  paraìtre 
sous  ce  règne.  L'Utilitas  est  ici  personnifiée  comme 
l'Aequitas  et  l'Annona  réunies  tenant  une  balance 
et  une  come  d'abondance.  L'Utilitas  est  en  effet 
une  divinité  dont  les  attributions  peuvent  réunir 
celles  de  plusieurs  autres  déesses  également  utiles  à 
l'empire  (*). 

Pièces  d'or. 

I.  Au  revers  :  FELICITAS  PERPETVA  SAECVLI.  Constantin  en 
habit  militaire  et  le  manteau  tombant;  et  un  personnage 
radié,  le  manteau  rejeté  en  arrière,  le  soleil  ou  Licinius 
soutenant  ensemble  un  globe  surmonté  d'une  Victoire  ; 
entre  eux  un  captif  à  genoux  tendant  les  mains. 

Au  droit:  CONSTÀNTINVS   P.    F.    ÀVG-.    Sa    tète    lauree    à 
droite. 
Cohen,  147,  br.  mvs.  ;  4  gr.  62;  0,018  mn.;  musée  d'Arles;  off.  t. 

Les  pièces  d'or  émises  d'Arles  présentent  géné- 
ralement  des  lettres  d'officines.  Mais  il  n'y  parut 
plus  de  monnaies  d'or  à  partir  de  315. 

La  pièce  qui  vient  d'ètre  décrite  exprime  comme 
beaucoup  d'autres  la  préference  de  Constantin  pour 
le  eulte  du  soleil,  parmi  les  autres  cultes  pa'iens, 
pendant  la  période  où  il  ne  faisait  encore  représenter 
que  des  symboles  paTens  sur  les  monnaies  et  qui  dura 
jusqu'en  314.  D'autre  part  les  monnaies  suivantes 
expriment  la  descendance  Heracléenne  de  Constantin 
par  son  beau  pere  Maximien  Hercule. 


(1)  Voici  un  tableau  synoptique  de  ces  divinités  dans  Gnecchi: 
Le  Personificazioni  Allegoriche  sulle  monete  Imperiali  Romane.  Atti  del 
Congr.  I.  d.  Scienze  Storiche,  Roma,  1904,  p.  38  à  47. 


52  JULES   MAURICE 


II.  Au  revers:  VIRTVS  AVGVSTI.   Lion  marchant  à  gauche: 

au  travers    du    champ,    au    dessus    du    lion,  la    massue 
d'  Hercule. 
Au  droit:  CONSTÀNTINVS  P.  F  AVG.  Sa  tète  lauree  à  droite. 
Cohen,  679  fr.  1550  4  gr.  60  cj  0,017  mm'  0FF-  T->  On  trouve  éga- 

lement  l'exergue    — —   sans  lettres  d'officines  (PI.  II,  n.  2). 

0        arl  '  ' 

III.  Meme  revers  avec  VIRTVS  AVG.  C'est  le  type  du  revers 
des  pièces  de  Constantin  applique  à  Licinius. 

Au  droit  :  LICINIVS  P,  F.  AVG.  Téte  analogue. 

Cohen,  180.  off.  p. 

IV.  Au  revers.  VIRTVS  SAECVLI-  Lion  marchant  à  gauche  • 
au  travers  du  champ,  au  dessus  du  lion,  la  massue 
d'Hercule. 

Au  droit:    CONSTÀNTINVS    P.    F-    AVG.    Sa   téte  lauree  à 
droite. 

Pièce  inèdite,  h.  mvs.  v.  0,016  mm.  Solidus. 

Au  revers  en  legende;    PRINCIPIS  PROVIDENTISSIMI  •   en 

legende;  dans  le  milieu  du  champ  une  colonne  sur  la  face 
antérieure    de    laquelle  est  écrit   le    mot    SAPIENTIA   en 
quatre  lignes.  En  haut  de  la  colonne  une  chouette  ;    au 
pied  à  gauche  un  casque,  à  droite   un   bouclier   et  une 
lance. 
Au  droit:    CONSTÀNTINVS    P.    F.    AVG.    Sa  tète  lauree  à 
droite. 
Cohen,  453.  pr.  1533,  4  gr.  91.   0,017    mm-   BR-   mvs.,   0,016   millim. 
(PI.  II,  n.  3). 

Le  poids  moyen  de  la  pièce  d'or  du  6ome  à  la 
livre  d'or  est  de  5  grammes,  45  cent.  ;  le  poids  moyen 
du  Solidus  ou  72me  à  la  livre,  est  de  4  gr.  50  cent. 
La  plupart  des  pièces  qui  viennent  d'ètre  décrites 
ont  des  poids  voisins  du  celui  du  Solidus  et  doivent 
se  classer  dans  cette  espèce  qui  fut  créée  par  Cons- 
tantin en  309,  et  frappée  depuis  lors  dans  ses  ate- 
liers,  mais  non  pas  exclusivement,  car  l'on  trouve 
des  pièces  de  l'espèce  du  6ome  émises  dans  les  ate- 
liers  de  Constantin  pendant  les  années  qui  suivirent. 


L  ATELIER   MONETAIRE    D  ARLES 


53 


Deuxième  émission. 

Frappèe  depuis  la  prise  en  commuti  du  consulat  par  Cons- 
tantin  et  Licinius  le  ier  Janvier  315 ;  jusqu'à  Célévation 
des  Césars  Crispus,  Constantin  li  et  Licinius  II  en  Oc- 
cident  le  ier  Mars  jij  (0. 

Les  pièces  de  bronze  de  cette  émission  sont  de 
l'espèce  du  Nummus  Centenionalis  et  ont  en  general 
des  poids  inférieurs  à  celui  de  3  grammes  50  centigr. 
qui  est  le  poids  moyen  de  cette  espèce  qui  n'a  été 
emise  dans  tous  les  ateliers  de  Constantin  qu'après 
la  guerre  de  314. 

Tout  un  ensemble  de  sigles  caractérise  cette 
émission  dont  plusieurs  pièces  sont  datées  de  l'année 
315  par  le  IVme  consulat  de  Constantin.  Elle  ne 
comprend  que  les  monnaies  des  deux  Augustes, 
Constantin  et  Licinius. 

Tableau  des  exergues,  lettres,  dans  le  champ  et 
difìférent  monétaire  de  l'émission  (2): 


1 

Première    sèrie. 

1             1 

1 

PARL 

SARL               TARL 

Deuxième  sèrie. 

QVRL 

S|F 

S  |  F                 S  1  F 

S  |  F 

PARL 

SARL               TARL 

QARL 

(1)  L'epoque  de  l'élevation  des  Césars  en  Occident  ne  fut  pas  la 
mème  qu'en  Orient  dans  les  états  de  Licinius  ;  cf.  J.  Maurice,  L'Atelier 
Monétaire  d'Alexandrie.  Numismatic  Chronicle,  1902,  pp.  127  à  131. 

(2)  J'ai  cru  pouvoir  reconnaìtre  dans  la  lettre  f  l'initiale  du  gentilice 
Flavius  ou  d'un  adjectif  tire  de  ce  noni,  les  lettres  s,  t,  m,  étant  des 
initiales  de  mots  quelconques. 


54 

JULES    MAURICE 

Troisième  sèrie. 

T  IF 
PARL 

TIF                TIF 
SARL               TARL 

T|F 
QARL 

Quatrième  sèrie. 


PARL 

SARL               TARL 

Cinquième  sèrie. 

QARL 

M  |  F 

M  I  F                M  |  F 

M  |  F 

PARL 

SARL                TARL 

QARL 

avec  une  lettre  d'officine  grecque  : 

M  |  F 
ARLA 

I.  On  trouve  au  revers  :  SOLI  •  INVICTO  •  COMITI.    Le  soldi 

radié  à  demi    nu    debout    de    face    regardant   à  gauche 
levant  la  main  droite  et  tenant  un  globe. 
Au  droit:  i.°  IMP.  CONSTÀNTINVS  P.  F.    AVG-.   Son    buste 
laure  et  drapé  ou  laure,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  536,  ière  serie,  fr.  14986,  14993,  b.  mvs.;  2me  sèrie,  fr.  14942, 

14954,  H989»  14997,  3  gr.  60  e.  br.  mvs.;  ^me  sèrie.    Voetter,   br.    mvs.; 

4me    sèrie    fr.    14929,    14990,    14996,    14955   (PI.  II,    11.    4),  3   gr.    53    e; 

3  gr.  13  e.  br.  mvs.;  sme  sèrie  14940,  14953,  J4988)  3  gr-  55  e;  2  gr.  83  e. 

br.  mvs.  Toutes  ces  séries  sont  émises  dans  les  quatre  officines  p-s-t-q. 

L'on  trouve  exceptionnellement  une  lettre  d'officine  grecque  a.;  fr.  14929; 

3  gr.  30  e.  sme  sèrie. 

Au  droit:  2.0    IMP.  LICINIVS  P.  F.  AVG.   Son    buste    laure 
et  drapé  à  droite. 

Cohen,  163.  iére  sèrie,  fr.  14297,  br.  mvs.;  2"ie  sèrie  fr.  J4274,  14277, 
3  gr.  40,  0,020  mm.;  4"ie  sèrie  fr.  J4272,  14299  off.  p-s-t-q  (PI.  II,  n.  5). 

Au  droit:    3.0   CONSTÀNTINVS    MAX.  AVO.  COS.  IMI.    Son 

buste  laure  tenant  un  globe  surmonté  d'un  aigle. 
Cohen  543,  h.  mvs.  v.  n.  25889  ière  sèrie  off.  t. 

II.  Au  revers:  TRB.  P.  COS.    III!.    P.  P.  PROCONSVL.    Cons 

tantin  assis  à  gauche  tenant  un  globe  et  un  sceptre. 


L  ATELIER   MONETAIRE    D  ARI.ES  55 


Au  droit  :  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.  AVG.  Son  buste  laure 
et  drapé  à  droite. 
Cohen,  561.  h.  mvs.  v.  n.  25887;  musée  de  Berlin,  ière  sèrie  off.  t. 

Ces  dernières  pièces  sont  datées  de  l'année  315 
par  le  consulat  UH  de  Constantin.  Ce  sont  les  pre- 
mières  pièces  de  bronze  qui  donnent  à  cet  empereur 
le  titre  de  Maximus.  Pourtant  Constantin  prit  ce  titre 
en  312  après  la  prise  de  Rome  ainsi  que  le  rap- 
porte  Lactance  (l)  et  que  le  démontre  un  beau  mé- 
daillon  de  bronze  frappé  a  Tarragone  en  Février  313 
a  Toccasion  de  Tarrivée  de  Constantin  et  de  Licinius 
FELIX  ADVENTVS  •  AVG.  N.  N.  à  Milan  où  se  tint  entre 
ces  empereurs  la  conférence  qui  aboutit  à  l'édit  qui 
donna  la  paix  réligieuse  au  monde  romain.  Ce  mé- 
daillon  présente  au  droit  la  legende:  INVICTVS  CONS- 
TANTINVS MAX.  AVG.  M.  Babelon  l'a  décrit  dans  les 
Mélanges  Boissier  (2)  et  dans  une  communication  à 
l'Académie  des  Inscriptions  et  Belles  Lettres.  Mais 
l'on  peut  dire  que  si  le  titre  de  Maximus  fut  donne 
à  Constantin  à  partir  de  la  prise  de  Rome  sur  des 
médaillons  frappés  en  des  occasions  exceptionnelles 
comme  celui  dont  il  vient  d'ètre  question,  il  n'en 
fut  pas  de  mème  sur  les  pièces  de  bronze.  J'ai  tàché 
de  montrer  dans  plusieurs  études  sur  les  ateliers 
monétaires  que  Fon  ne  renouvelait  pas  chaque  année 
les  coins  qui  servaient  à  la  frappe  des  monnaies  de 
bronze  et  qu'en  conséquence  des  nouvelles  légendes 
n'apparaissaient  souvent  sur  les  monnaies  de  bronze 
qu'assez  long  temps  après  avoir  été  inscrites  sur 
les  médaillons. 

Aussi    ne    rencontre-t-on    ce    titre   de    Maximus 


(1)  Lactance,  De  Mortibus  Persecutorum,  XLIV.  Senatus  Constan- 
tino,  virtutis  gratia,  primi  nominis  titulum  decrevit  quem  sibi  Maximinus 
vindicabat. 

(2)  Mélanges  Boissier,  Paris,  1903. 


56  JULES   MAURICE 


sur  les  monnaies  de  bronze  qu'à  partir  de  l'année  315. 
Le  titre  de  Proconsul  se  retrouve  sur  quelques 
monnaies  de  Constantin  (0  qui  sont  de  diverses 
époques  de  son  règne  (2>. 

Cet  empereur  séjourna  à  Arles  en  aoùt  316  et 
il  eut  un  palais  dans  cette  ville  pour  laquelle  il 
semble  avoir  eu  une  prédilection  particulière  puis- 
qu'il  lui  donna  plus  tard  le  nom  de  son  fils  Cons- 
tantin II.  Il  y  avait  fait  construire  un  palais.  Les 
monnaies  frappées  à  Arles  sous  Constantin  sont 
pourtant  presque  exclusivement  paì'ennes,  fait  qui 
doit  indiquer  la  persistance  du  paganisme  dans  les 
gaules.  Ce  ne  fut  qu'à  partir  de  335  qu'apparurent 
les  signes  chrétiens  sur  les  monnaies  d'Arles.  Les 
Gaules  se  trouvaient  alors  sous  le  gouvernement 
provisoire  de  Constantin  IL 

III.  Au  revers;  GENIO  •  POP.  ROM.  Genie  coiffé  du   Modius 
tenant  une  patere  et  une  come  d'abondance. 
Au  droit:  i.°  IMP.  CONSTÀNTINVS  P.  F.   AVG-.    Son    buste 
laure  et  drapé  ou  cuirassé  à  droite. 

Cohen,  205  ou  206.  2me  sèrie  off.  s.  Voetter,  4me  sèrie  off.  t.  Musée 
de  Bonn.  Senkler  catalogue. 

2.0  IMP.  LICINIVS  P.  F.  AVG.  Son  buste  laure   et   drapé  à 
droite. 
Cohen,  49.  2me  sèrie  off.  s.  Voetter. 

Ces  deux  pièces  ont  du  étre  frappées  également 
avant  la  guerre  de  314. 


(1)  Notamment  dans  les  n.  1 16,  398,  400,  403  de  Constantin  dans 
Cohen,  voi.  VII. 

(2)  Années  313,  315,  320.  Sur  le  n.  403  de  Cohen  frappé  à  Trèves  de  309 
à  313  pendant  une  période  où  Constantin  fit  frapper  en  grand  nombre 
les  monnaies  du  soleil,  cet  empereur  porte  le  titre  de  Pontifex  Maximus. 
J.  Maurice,  L'Atelier  de  Trèves.  Mémoire  de  la  S.  N.  d.  Antiquaires  de 
Foranee,  1902,  p.  165.  D'autres  pièces  de  Londres  et  de  Trèves  émises 
en  312,  315,  320  indiquent  le  mèi  ne  titre,  mais  toutes  les  pièces  connues 
sont  antérieures  à  l'unification  de  l'empire  en  324. 


L  ATELIER   MONETAIRE    D  ARLES  57 

IV.  Au  revers:  MARTI  CONSERVATORI.  Mars  en  habit  mili- 
taire  debout  à  gauche  posant  le  pied  sur  un  vaincu  et 
tenant  un  bouclier  et  une  haste. 

Au  droit:  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.  AVO  Son  buste  laure 
à  gauche  avec  le  manteau    imperiai    tenant    un   sceptre 
surmonté  d'un  aigle  et  un  globe. 
Cohen,  350.  ière  serie  fr.  14765  off.  p. 

V.  Meme  legende  du  revers.  Mars    en   habit   militaire   mar- 

chant  à  droite,  tenant  une  haste  transversale  et  un  trophée. 
Au  droit:   i.°  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.   AVG-.    Son   buste 
casqué  ou  laure  à  gauche  tenant  une  haste  et  un  bouclier. 
Pièces  inéditts  ière  sèrie  off  p.  Voetter,  musée  de  Berlin  off.  q. 

2.0  Meme  legende.  Son  buste  laure,   drapé    et   cuirassé   à 
droite. 
Cohen,  355.  Musée  d'Arles  ière  sèrie  off.  p. 

VI.  Au  revers  :  VIRTVS  EXERCITVS  GALL.  Mars  nu,  le  man- 
teau flottant,  marchant  à  droite,  portant  une  haste  et 
un  trophée  entre  deux  captifs  assis  à  terre. 

Au  droit:    CONSTANTINVS    P.    F.    AVO.    Sa   tète  lauree  à 
droite. 
Cohen,  702.  Musée  d'Arles  ière  sèrie  off.  p. 

Une  pièce  analogue  frappée  à  Siscia  est  datée 
de  l'année  315  par  ce  fait  qu'elle  est  de  l'espèce  du 
iSolidus  qui  ne  fut  emise  dans  cet  atelier  qu'après 
la  guerre  de  314  qui  fit  tomber  Siscia  dans  les  mains 
de  Constantin  (]).  Aussi  cette  pièce  doit-elle  célébrer 
la  valeur  des  légions  des  gaules  dans  la  guerre  de 
314  entre  Constantin  et  Licinius.  Des  monnaies 
pareilles  furent  émises  à  cette  epoque  dans  plusieurs 
ateliers  de  Constantin  (2). 


(1)  J.  Maurice,  L'Atelier  Monéiaire  de  Siscia.  Numismatic  Chroiiicle, 
1900,  p.  321. 

(2)  Ct.  J.  Maurice,  L Atelier  de  Tr'eves.  Mémoires  des  Anliquaires  de 
France,  tome  XLI,  1902,  p.  179. 

8 


58  JULES   MAURICE 


La  legende  Providentiae  Augg.  a  du  ètre  inserite 
sur  les  pièces  d'Arles  au  cours  de  cette  émission  à 
l'epoque  où  des  légendes  semblables  ou  analogues, 
mais  accompagnées  d'autres  types  étaient  inscrites 
sur  les  monnaies  des  ateliers  de  Licinius,  Héraclée 
de  Thrace  et  Nicomédie.  Mais  pas  plus  en  Orient 
qu'en  Occident,  ces  types  monétaires  ne  furent  sem- 
blables à  celui  que  la  chancellerie  de  Constantin  en- 
voya  dans  tout  l'empire  avec  la  mème  legende  pour 
ètre  grave  sur  les  coins  monétaires  après  la  con- 
quète  de  l'Orient  par  Constantin  sur  Licinius  en  324. 
Il  est  bien  remarquable  que  l'on  ait  conserve,  tout 
en  modifiant  le  type  à  graver,  cette  legende  Provi- 
dentiae Augg  au  pluriel  après  la  chute  de  Licinius, 
alors  qu'il  n'y  avait  plus  qu'un  Auguste. 

VII.  Au  revers  :  PROVIDENTIAE  AVG-G-.  Figure  fémmine  tou- 
relée,  tenant  un  étendard  de  la  main  gauche  et  donnant 
la  droite  à  une  femme  debout  dans  une  galère  qui  porte 
une  come  d'abondance. 
Au  droit:    IMP.    CONSTÀNTINVS    P.  F-  ÀVGG.    Son    buste 
laure    à    gauche    avec    le    manteau   imperiai,   tenant  un 
sceptre  surmonté  d'un  aigle. 
Cohen,  461.  Musée  de  Berlin,  br.  mvs.  3    gr.    30    e.    0,021   mm.  ière 
serie  off.  p.  (PI.  II,  n.  6). 

Je  suis  porte  à  voir  dans  la  figure  tourelée  la 
ville  de  Rome  souvent  ainsi  représentée  et  dans  la 
femme  debout  dans  la  galère,  portant  une  come 
d'abondance,  le  symbole  ou  la  personnifìcation  de 
l'Annone  qui  pourvoyait  Rome  par  mer  et  serait 
placée  sous  la  protection  de  la  Providence  des  Au- 
gustes.  L'on  aurait  ainsi  une  serie  d'allégories  et  de 
symboles  tels  qu'il  s'en  présente  fréquemment  à  cette 
epoque.  Quant  à  la  Providence,  elle  peut  ètre  celle 
de  la  serie  des  Augustes  qui  se  succèdent  chrono- 
logiquement. 


l'atelier  monétaire  d'arles  59 


Troisième  émission. 

Frappée  depuis  la  reconnaissance  des  trois  Césars  Crispus, 
Licinius  II  et  Constantin  II  en  Occident  par  Constantin 
le  grand  jusquà  la  première  célébration  par  anticipation 
des  fétes  des  quinquennalia  des  Césars  le  ier  Mars  320 
qui  flit  suivie  de  l'inscription  de  leurs  Vota  V  sur  les 
monnaies. 

La  reconnaissance  des  Césars  en  Occident  eut 
lieu  trois  ans  plus  tard  qu'en  Orient  ainsi  que  j'ai 
essayé  de  le  prouver  dans  mes  études  sur  les  ate- 
liers  d'Alexandrie  W  et  de  Nicomédie  (2).  Licinius 
attribua  en  Orient  le  titre  de  Césars  à  son  fils  et 
à  Crispus  aussitòt  après  la  guerre  de  314  (3),  puis 
à  Constantin  II. 

C'est  ce  que  prouve  les  émissions  monétaires 
sorties  en  315  et  316  des  ateliers  d'Orient,  émissions 
qui  comprennent  les  pièces  des  Césars  et  correspon- 
dent  chronologiquement  à  celle  d'Arles  qui  vient 
d'ètre  décrite  laquelle  ne  se  compose  que  des  pièces 
de  Constantin  le  Grand  et  de  Licinius  Augustes. 

La  reconnaissance  des  Césars  en  Occident  au 
ier  Mars  317  est  affirmée  par  un  panégyrique  pro- 
noncé  à  Rome  en  321  (4)  et  par  les  Chroniqueurs  qui 
ont  puisé  aux  sources  occidentales  (5). 

Un  fait  d'épigraphie  numismatique  signale  cette 


(1)  J.  Maurice.  L'Atelier  Monétaire  d'A/exandrte.  Numismatic  Chro 
nicle,  1902,  pp.  127  à  131. 

(2)  J.  M.  L'Atelier  Monétaire  de  Nicomédie.  Numism.  Chron.,  1903, 
pp.  238  à  242. 

(3)  Licinius  II  avait  méme  porte  le  titre  de  Cesar  sur  les  monnaies 
pendant  la  guerre  de  314. 

(4)  Nazarii  Panegirgens,  Eumenii  X,  cap.  2. 

(5)  Les  Fastes  d'Idace  ou  Consularia  Consiantinopolitana  et  le  Chro- 
nicon  Pasca/ile.  Monumenta  Germaniae  hislorica  Chronica  Minora  Saecc, 
IV,  V,  VI,  VII,  voi.  I,  pag.  232. 


6o  JULES   MAURICE 


reconnaissance  des  Césars  dans  tout  l'empire.  Les 
légendes  monétaires  qui  indiquent  les  noms  et  les 
titres  des  Césars  à  partir  du  ier  Mars  317  copient 
des  modèles  uniformes  adoptés  par  les  chancelleries 
d'Orient  et  d'Occident;  tandis  que  les  monnaies  frap- 
pées  en  315  et  316  aux  noms  des  Césars,  en  Orient, 
presenterà  des  irrégularités,  des  fautes  d'orthogra- 
phe,  des  lettres  sans  signification  et  ont  été  sans 
doute  composées  par  des  ouvriers  qui  ignoraient  le 
latin.  Elles  prètent  au  jeune  Licinius  II  le  prénom 
de  Constantinus  qu'il  ne  porterà  plus  ensuite. 

Les  premiers  voeux  souhaités  aux  Césars,  ceux 
de  leurs  quinquennalia,  Vota  V,  ne  paraissent  pas 
encore  au  cours  de  l'émission  présente  qui  est  ca- 
ractérisée  par  un  ensemble  de  sigles  différents  de 
celui  de  la  précédente.  Les  pièces  de  bronze  sont 
de  l'espèce  du  Nummus  Centenionalis. 

Les  légendes  du  revers  des  monnaies  sont  en- 
core exclusivement  paiennes,  ou  s'appliquent  à  des 
types  paiens.  Ce  sont  les  légendes  Iovi  Conservatori 
ou  Conservatori  Aug.,  Soli  Invicto  Corniti  et  Clarìtas 
Reipublicae  appliquée  au  soleil. 

L'on  verrà  dans  la  suite  de  cette  étude  la  per- 
sistance  plus  tardive  de  quelques  types  paiens  sur 
les  monnaies  d'Arles  sous  forme  de  divinités  allégo- 
riques  et  l'on  y  constaterà  Fabsence  complète  de  sym- 
boles  ou  signes  chrétiens  jusqu'à  l'année  335,  par- 
ticularité  qui  dut  avoir  pour  cause  la  persistance 
plus  grande  du  paganisme  dans  les  Gaules  que  dans 
les  provinces  d'Orient  011  des  Balkans  ou  dans  celle 
d'Espagne  (0  convertie  particulièrement  au  christia- 
nisme  avant  l'année  314. 


(1)  Voir  pour  ces  provinces  mes  études  sur  les  ateliers  de  Siscia 
{Numismatic  C/tromc/e,  1900,  pp.  297  à  362),  de  Thessalonica  (Numisma- 
tische  Zeitschrift,  1901,  pp.  112  à  146),  de  Tarragone  {Revue  Numisma- 
iique,  1900,  pp.  260  à  315). 


l'atelier  monétaire  d'arles 


61 


Tableau  des  exergues  et  sigles  de  l'émission  (r): 
Première  sèrie. 


PARL 

SARL                TARL 

Deuxième  sèrie. 

QARL 

C  1  S 
PARL 

c  1  s           c  |  s 

SARL                TARA 

Troisième  sèrie. 

C  |  S 
QARL 

R  !  S 
PARL 

R  |  S                R  |   S 
SARL               TARL 

Quatrième  sèrie. 

R  |  S 
QARL 

R  |  S 
ARLA 

1 

R  !  S               R  1  S 
ARLB                ARLr 

Cinquième  sèrie. 

1                         1 

R  |  S 
ARLA 

1 

PO  A 

SUA              TOA 

Variété  de  cette  sèrie. 

QOA 

P   1 

1                    P  1 

1 

PO  A 


TOA 


I.  Au    revers:    SOLI  •  INVICTO  •  COMITI.    Le    soleil    radié    à 

demi  nu  debout  de  face,  regardant  à  gauche,  levant   la 

mairi  droite  et  tenant  un  globe. 

Au  droit:  i.°  IMP.  CONSTAMTINVS  P.  F.  AVG-.    Son   buste 

laure,  drapé  ou  laure,  drapé  et  cuirassé. 

Cohen,  536.  iére  sèrie  fr.  14638,  J4951,  br.  mvs.  off  p-s-t-q;  2me  sèrie 

mèmes  offici nes  fr.  14939,  2  gr.  80,  0,020  mm.   br    mvs.;   3me   sèrie  fr. 


(1)  La  quatrième  sèrie  présente  des  lettres  d'officines  grecques 
A-B-T-A  au  lieu  des  lettres  latines  P-S-T-Q.  Les  lettre  C-R  dans  le 
champ  ne  se  rencontrent  qu'à  partir  de  l'avènement  des  Césars  et 
pourraient  ètre  empruntées  au  génitif  Caesarum.  Le  sens  secret  de 
toutes  ces  lettres  n'est  pas  toujours  possible  à  déterminer.  Les  lettres 
C-R  se  rencontrent  fréquemment  sur  une  méme  pièce  parmi  celles 
de  Lyon. 


62  JULES   MAURICE 


14928,  3  gr.  53  c.  0,019  mm.  14941,  br.  mvs.,  mimes  off.;  4.™  sèrie  br. 
mvs.  Voetter,  officines  A-B-r-A;  5™  sèrie  fr.  14936,  3  gr.  86  e,  14937, 
3  gr.  50  e,  14952.  Voetter,  off.  p-s-t-q. 

2.0  IMP.  LICINIVS  P.  F.  ÀVG-.  Son  buste  laure   et   drapé  à 
droite. 
Cohen,    163.    ière    sèrie    off.    p-s-r  f.,  14273,   3   gr.    20  e,  0,020  mm. 
Voetter;  2™e  sèrie  fr.  14298,  14273,  3  gr.  40  e,  br   mvs.    off.    p-s-t-q.; 
3tne  sèrie  off.  t.  Voetter. 

II.  Au  revers:  PRINCIPIA  •  IVVENTVTIS.    Crispus    casqué    en 

habit  militaire  debout  à  gauche  appuyée  sur  un  bouclier 
et  tenant  une  haste  renversée. 

Cette  legende  du  revers  ne  se  rencontre  que  sur 
les  pièces  émises  au  nom  de  Crispus. 

Au  droit  :  CRISPVS  NOB.  CAES.    Son    buste    laure,    drapé 
et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  100.  2me  sèrie  fr.  15459-  Voetter,  off.q.;  2me  sèrie  fr.  15466. 
Voetter,  off.  fr.  ;  4me  sèrie.  Voetter  off.  A  ;  5me  sèrie.  Voetter  off.  q. 
15400,  et  avec  la  lettre  p  dans  le  champ  fr.  15461.  Voetter,  off.  q. 

III.  Meme  legende  du  revers  et  mème  type,  mais  Crispus 
est  tourné  à  droite,  mème  legende  du  droit.  Son  buste 
laure  et  drapé  à  droite.  L'on  trouve  toutes  les  mèmes 
séries  que  celles  qui  viennent  d'ètre  indiquées. 

Cohen,  105.  br.  mvs.  Voetter,  fr.  15466. 

IV.  Meme  legende  du  revers,  mais  Mars  nu,  le  manteau 
flottant,  marchant  à  droite  en  posture  de  combattant, 
tenant  une  haste  transversale  et  un  bouclier. 

Au  droit  :  Meme  legende  et  méme  buste. 
Cohen,  99.  3me  sèrie  br.  35472.  Voetter,  ofe.  q.;  4.™  sèrie.  Voetter, 


Il  y  a  lieu  de  remarquer  que  tandis  que  les 
pièces  de  Constantin  le  Grand  et  de  Licinius  I,  ont 
été  émises  dans  les  quatre  officines  ouvertes  dans 
l'atelier  d'Arles,    celles  de  Crispus  ne  Font  été  que 


l'atklier  monétaire  d'arles  63 

dans  la  4me  désignée  par  les  lettres  Q  et  A  ;  celles 
de  Constantin  II  ont  presque  toutes  été  émises  dans 
la  2me  officine  désignce  par  les  lettres  S  ou  B;  et  celles 
de  Licinius  II  dans  la  troisième  T.  Il  y  eut  donc  des  of- 
ficines  spéciales  auxquelles  furent  attribuées  les  frappes 
des  pièces  des  Césars.  Une  particularité  plus  curieuse 
est  à  noter  encore.  Les  pièces  des  empereurs  d'Orient, 
Licinius  I  et  II,  sont  les  seules  qui  ne  présentent 
pas  de  lettres  d'officines  grecques  à  leurs  exergues. 
Il  en  serait  sans  doute  autrement  si  les  pièces  de 
l'atelier  d'Arles  avaient  été  spécialement  destinées 
à  circuler  en  Orient,  mais  il  est  possible  que  les 
lettres  grecques  que  l'on  trouve  sur  les  monnaies 
d'Arles  indiquent  soit  la  persistance  de  l'emploi  de 
la  numération  grecque  à  Arles  mème,  soit  la  desti- 
nation  principale  des  monnaies  aux  pays  voisins  de 
langue  grecque  comme  l'Afrique. 

Enfin  011  peut  encore  ajouter  que  de  mème  que 
les  lettres  d'officines  diffèrent  sur  les  pièces  des 
Césars,  il  en  est  de  mème  des  légendes  de  revers. 
On  lit  la  legende  PRINCIPIA  IVVENTVTIS  au  revers  des 
pièces  de  Crispus  ;  CLARITAS  •  REIPVB.  au  revers  de 
celles  de  Constantin  II  y  accompagnant  le  mème 
type  du  Soleil  que  Fon  trouve  sur  les  monnaies  de 
son  pére  Constantin  le  Grand  avec  la  legende  SOLI 
INVICTO  COMITI;  et  enfin  IOVI  CONSERVATORI  au  revers 
des  pièces  de  Licinius  II  comme  de  celles  de  Li- 
cinius I  son  pere,  empereurs  d'Orient,  tous  deux  de 
la  dynastie  Jovienne. 

V.  Au  revers:  CLARITAS  •  REIPVB.  Le  soleil  radié,  à  demi 
nu,  debout  de  face,  regardant  à  gauche,  levant  la  main 
droite  et  tenant  un  globe. 

Au    droit:    i.°    CONSTANTINVS    IVN    NOB.    C    Son    buste 
laure  et  drapé  à  droite. 

Cohen,  44.  Collection  Mowat,  2nie  sèrie,  okk.  s. 


64  JULES   MAURICK 


2.0   CONSTANTINVS  •  IVN    NOB.    CAES.    Son    buste,    laure, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 

Cohen,  46.  2me  sèrie  fr.  15635,  3  gr.  0,920  rara,  Arles,  Voetter,  off.  s; 

3me  sèrie  fr.  15636,  3  gr.  50  e.  Arles,  Voetter,    off.    s.    exceptionnelle- 

ment  p.;  4"ie  sèrie.  Voetter  off.  b.;  5>ne  sèrie,  fr.  14634.  Voetter  off.  p-s. 

parfois  la  lettre  p.  dans  le  champ  (PI.  II,  n.  8). 

VI.  Meme  legende  du  revers  ;  mais  le  soleil  radié  à  demi 
nu,  marchant  à  gauche,  levant  la  droite  et  tenant  un  globe. 

Au  droit  :  Meme  legende  et  mème  buste. 
Cohen,  47.  Voetter,  3^  séiie  off.  s. 

VII.  Au  revers  :  IOVI  •  CONSERVATORI  •  AVO-  Un  aigle  dans 
le  champ  volant  à  droite  emportant  l'empereur  sous  les 
traits  de  Jupiter  qui  tient  le  foudre  et  le  sceptre. 

Au  droit  :  IMP.  LICINIVS  AVG.  Son  buste  laure  et  cuirassé 
à  droite. 
Cohen,  96.  ìére  sèrie,  fr.  14186,  14187,  3  grammes,  0,018  mm.  Arles» 
Voetter,  off.  p-s-t.  (PI.  II,  n.  9). 

Cette  pièce  est  en  billon  ;  il  y  en  eut  d'analogues 
frappées  dans  l'atelier  de  Trèves  ;  elles  ont  du  étre 
argentées. 

Vili.  Au  revers:  IOVI  •  CONSERVATORI.  Jupiter  à  demi   nu, 
debout  à  gauche,  le  manteau  rejeté  sur  l'épaule,  tenant 
le  foudre  et  s'appuyant  sur  un  sceptre. 
Au  droit:  i.°  VAL  LICINIVS  NOB.  CAES.    Son   buste   laure 
et  drapé  à  droite. 
Cohen,  22.  2me  sèrie,  musée  d'Arles,    Voetter,   fr.    14364,    off.   t.  ; 
gme    sèrie,    Arles,    Voetter  ;    5™e    sèrie    fr.    14364,    4   gr.  20,  0,020  min. 
Voetter;    également  avec  la   lettre    p    dans    le  champ.  Voetter,  musée 
Brera,  toujours,  opf.  t. 

2.0  FLA.  LICINIVS  NOB.  CAES.  Mème  buste;  pièce  voisine 
de  Cohen  23  dont  elle  diffère  par  l'abbréviation  du  pré- 
nom  Flavius  en  FL.  ou  FLA. 

Voetter,  3"ie  sèrie,  off.  t. 

IX.  Au  revers  :  IOVI  CONSERVATORI.  Jupiter  nu  courant  à 
droite,  le  manteau  flottant  et  lancant  le  foudre. 


l'atelier  monétaire  d'arles  65 

Au  droit:  VAL  LICINIVS  NOB.  CAES.    Son   buste   laure  et 
drapé  a  droite. 
Cohen,  27.  2me  sèrie,  Voetter;    3«ie  sèrie  fr.  14365.  Voetter,  Arles, 

OFF.  T. 

Quatrième    émission. 

Frappée  depuis  l'inscription,  par  anticipation  d'un  an,  des 
Vota  V  des  trois  premiers  Césars  a  partir  du  1"  Mars 
J20  et  des  Vota  XV  et  XX  de  Constantin  appliqués  en 
Occident  aux  deux  Augustes  dans  la  méme  année  jusqu'à 
Vélévation  de  Constantin  II  au  rang  de  Cesar  le  8  No- 
vembre 324. 

Cette  émission  commenea  en  effet  à  paraìtre 
en  320.  C'est  ce  que  prouvent  les  pièces  d'or  de 
certains  ateliers  portant  des  exergues  caractéristiques 
des  émissions  synchroniques  de  celle-ci,  ainsi  que 
l'inscription  en  legende  du  VIme  consulat  de  Cons- 
tantin qui  est  de  l'année  320  (*).  Les  Vota  X  des 
Césars  furent  inscrits  d'une  facon  encore  plus  an- 
ticipée  sur  les  monnaies  à  la  fin  de  l'année  324  (2). 
Quant  aux  Vota  XV  et  XX  de  Constantin  dans  les 
premiers  étaient  accomplis  en  321,  ils  lui  furent  tous 
deux  souhaités  (vota  suscepta)  en  cette  année,  ainsi 
que  nous  l'apprend  le  Panégyrique  d'Eumène  pro- 
noncé  à  l'occasion  des  quinquennalia  des  Césars 
en  321  (quintum  decimum  maximus  princeps  salutaris 
imperii  annum  degit,  sed  auguramur  jam  vicen- 
nalia)  (3). 


(1)  J.  Maurice,  L'atelier  monétaire  d'Aquilèe  "  Rivista  Italiana  di 
Numismatica  „  1901,  p.  310. 

(2)  C'est  ce  que  prouve  notamment  une  émission  de  l'atelier  de 
Siscia,  cfr.  J.  Maurice,  L'atelier  de  Siscia  "  Numismatic  Chronicle  »,  1900, 
PP-  340-341- 

(3)  Eumène  panégyrique  (Nazarii),  chap.  II.  Les  Vota  X  de  Cons- 
tantin furent  inscrits  sur  les  monnaies  à  partir  de  l'année  315,  J.  Maurice 
L'atelier  monétaire  de  Lyon.  Mèmoires  des  antiquaires  de  France,  1403-71. 


66  JULES   MAURICE 


Ils  furent  dès  lors  inscrits  tous  deux  sur  les 
monnaies  et  mème  probablement  un  an  plus  tòt  en 
320  par  suite  de  cette  anticipation  d'un  an  dans  la 
célébration  des  anniversaires  impériaux  qui  est  la 
règie  la  plus  generale  de  cette  epoque  où  l'on  ré- 
pétait  deux  fois  les  fètes  des  anniversaires,  l'année 
méme  de  l'anniversaire  et  celle  qui   la   précédait  (0, 

Les  picces  qui  présentent  au  revers  la  legende 
VICTORIAE  LAETÀE  PRINC  PERP.  ont  été  émises  dès  le 
début  de  cette  émission  comme  semble  Tindiquer  le 
fait  qu'elles  présentent  un  exergue  déjà  paru  anté- 
rieurement.  Cette  legende  était  déjà  panie  dans  des 
émissions  antérieures.  Elle  fut  toutefois  principale- 
ment  inserite  sur  les  monnaies  au  cours  de  celle-ci. 

C'est  ce  que  prouve  pour  les  ateliers  des  Gaules 
la  suspension  des  frappes  de  celui  de  Lyon  qui 
récuvrit  en  320  en  émettant  les  monnaies  qui  por- 
tent  cette  legende.  Les  pièces  de  bronze  de  cette 
émission  sont  de  l'espèce  du  Nammus  Centenionalis  (2). 

Tableau  des  exergues  de  l' émission.  —  Première  sèrie. 


PARL  SARL  TARL  QARL 

Deuxième  sèrie. 


PA  SA  TA  QA 

Troisième  sèrie. 


PUA  SUA  TUA  QUA 


(1)  La  Chronique  de  S.t  Jerome  nous  apprend  que  les  Vicennalia 
de  Constantin  furent  célébrés  une  première  fois  à  Nicomédie  en  325 
par  anticipation,  une  second  fois  à  Rome  en  326.  Cfr.  Hieronymì  Chro- 
nicon,  anno  2342.  Vicennalia  Constantini  Nicomediae  acta  et  sequenti 
anno  Romae  edita. 

(2)  J.  Maurice,  L'atelier  monétaire  de  Lyon.  Mèmoires  des  Antiquaires 
de  France,  1903,  pp.  80-81. 


l'atelier  monétaire  d'arles  67 


Quatrième  sèrie. 


P*À  S*A  T*A  Q*A 

Cinquième  sèrie. 


PÒÀR  SOAR  TÒAR  QÙAR 

La  première  sèrie  présente  une  variante  où  la 
lettre  d'officine  T  est  rejetée  à  la  fin  de  l'inscription 
de  l'exergue  ;  l'on  a  ARLT. 

I.  Au    revers  :    VICTORIAE  •   LAETAE  •  PRINC    PERP.   Deux 
Victoires  debout  posant  un  bouclier  sur  un  autel  ;  l'une 
d'elles  écrit  sur  le  bouclier  VOT-  PR. 
Au  droit:  I.°  IMP.  CONSTANTINVS   AVG.    Son    buste    cui- 
rassé  à  droite  avec  le  casque  laure. 
Cohen,   636.    ièi"e   sèrie    fr.    15053;    br.    mvs.  ;    Voetter,  off.  p-s-t.  ; 
^me  sèrie  br.  mvs.  Voetter,  off.  p-t-q. 

2.0  Son  buste  cuirassé  à  gauche  avec  un  casque  à  cimier 
et  des  étoiles  sur  le  casque,  tenant  une  haste  sur  l'épaule. 
Cohen,  638.  pr.  15061;  3  gr.  io;  0,018  mm.  musée  d'Arles. 

L'on  remarquera  que  c'est  sur  les  monnaies 
analogues  et  contemporaines  de  Siscia  qu'apparais- 
sent  les  monogrammes  chrétiens.  L'on  ne  trouve  au 
contraire  aucun  signe  chrétien  sur  les  pièces  des 
ateliers  des  Gaules  frappées  antérieurement  à  la 
mort  de  Constantin. 

3.0  IMP.  CONSTANTINVS  MAX.  AVG.  Son   buste   cuirassé  à 
droite  avec  le  casque  laure. 
Cohen,  640.  i*rc  sèrie  fr.  15070,    15077,    15079;   br.   mus.,  Voetter; 
off.  p-s-t.  (PI.  II,  n.  io). 

Je  décris  en  téte  de  cette  émission  les  pièces 
portant  en  légendes  :  Victoriae  Laetae  Princ.  Perp.  et 
Virtus  Exerat,  par  ce  que    ce    sont    les    seules  sur 


68  JULES   MAURICE 


les  quelles  l'ori  trouve  les  exergues  de  la  première 
sèrie  qui  faisaient  déjà  partie  de  l'émission  pré- 
cédente. 

IL  Au  revers:  VIRTVS  EXERCIT.  Etendard  au  pied   du  quel 
sont  assis  deux  captifs,  la  téte  laissée.,  dans  l'attitude  eie 
l'accablement.  Sur  l'étendard  VOT-  XX. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  AVG-.  Son   buste   casqué   et 
cuirassé  a  droite. 
Cohen,  690.  fr.  15108,  3  gr.  13,  0,018  mm.  ;  ière  sèrie  off.  p. 

2.0  IMP.  CONSTANTINVS  AVO.  Meme  buste. 
Pièce  inèdite,  br.  mvs.  iere  sèrie  off.  s. 

3.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Son  buste   laure    et    cui- 
rassé à  droite. 

Cohen,  258.  fr.  15849,  3  gr.  30  e,  0,018  mm.  ;  ière  sèrie  off.  s. 

4.0  LICINIVS  NOB.  CAES.  Son  buste  radié,    drapé    et    cui- 
rassé à  droite. 
Cohen,  73.  fr.  14448;  iere  sèrie  off.  s. 

5.0  LICINIVS  IVN.  N.  C.  Meme  buste. 
Cohen,  72.  fr.  14446,  7,  Voetter;  ière  sèrie  (PI.  II,  n.   11). 

Les  Vota  XX  sont  toujours  ceux  des  Augustes 
mème  quand  les  pièces  sont  frappées  aux  noms  des 
Césars. 

III.  On  trouve  au  revers:  CAESARVM  NOSTRORVM  dans  une 
couronne  de  laurier  dans  laquelle  on  lit  VOT-  V. 
Au  droit  :  CRISPVS  NOB.  CAES.  Sa  téte   lauree   à   droite. 
Cohen,  30.  2me  br.  mvs.,  Voetter;  3"ie  sèrie  fr.  15383;  br.  mvs.,  Voetter; 
^me  sèrie  fr.  mvs.,  Voetter,  off.  t. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Téte  analogue. 
Cohen,  31.  2<ne  et  31*6  sèrie   br.    mvs.,   Voetter;  4me  sèrie   br.  mvs. 
Voetter,  off.  q.,  partout  exceptionnellement  off.  p. 

3.0  LICINIVS  NOB.  CAES.  Téte  analogue. 
Cohen,  7.  2">e  sèrie  br.    mvs.,  Voetter  ;   3"»^  serie  fr.  14354,    14356, 
Voetter  off.  t-q;  4me  sèrie  fr.  14357,  br, 


l'atelier  monétaire  d'arles  69 


IV.  Au  revers:  CAESARVM  NOSTRORVM  autour  de  VOTIS  V- 
dans  le  champ. 

Au  droit:  i.°  CRISPVS  NOB.  CÀES.  Sa  téte  lauree  à  droite. 
Pièce  mal  décrite  dans  Cohen.  2«ie  sèrie;  h.  br.  mvs.  v.  off.  t. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  CAES.  Tète  analogue. 
Cohen,  35.  2.me  sèrie,  Voetter,  br.  mvs.  off.  q. 

3.0  LICINIVS  NOB.  CAES.  Tète  analogue. 
Cohen,  io.  2me  sèrie  fr.  14361,  2;  Voetter,  br.  mvs.,  off.  o. 

V.  Au  revers:  D.  N.  CONSTANTINI  MAX.  AVG-  Autour  d'une 

couronne  de  laurier  dans  laquelle  on  lit  VOT.   XX. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  AVG-.  Sa  tète  lauree  à  droite. 
Cohen,    123.   2™«,    3"ie    et   4'ne    sèrie,  Voetter,   fr.  14557,  8,  off.  f. 
t^me  sèrie  pr.  14540,  Voetter  off.  p.  (PI.  II,  n.  12). 

L'on  remarquera  que  la  5me  serie  d'exergues 
n'a  pas  été  inserite  sur  les  pièees  qui  portent  les 
Vota  V  des  Césars.  Elle  se  rencontre  au  contraire 
sur  celles  sur  lesquelles  Ton  relève  les  Vota  XX 
de  Constantin  I  et  sur  celles  où  sont  inscrits  les 
Vota  X  des  Césars.  Ces  deux  séries  de  Vota  ont 
donc  été  inscrites  sur  les  monnaies  dans  des  frappes 
contemporaines  à  la  fin  de  cette  émission  alors  que 
l'on  ne  frappait  plus  de  pièees  de  Licinius. 

2.a  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  CAES.  Sa  téte  lauree  à  droite. 

jme  sèrie  off.  p.  pièce  hybride  du  British  Museum. 

VI.  Au  revers:  D.  N.  LICINI  AVG-VSTI  Autour  d'une  couronne 
de  lauriers  dans  laquelle  on  lit  VOTi  XX. 

Ces  Vota  XX  sont  ceux  de  Constantin  attribués 
à  Licinius. 

Au  droit:  IMP.  LICINIVS  AVG-.  Sa  tète  lauree  à  droite. 
Cohen,  14.  2i>e,  3iie  et  4.me  sèrie  br.  mvs.  Voetter,  off.  s.  exception- 
nellement  p. 


70  JULES   MAURICE 


VII.  Au  revers:  CONSTANTINI  AVO.  En  legende   autour   de 
VOTIS  XX  en  trois  lignes  dans  le  champ. 
Au  droit:  IMP.  LICINIVS  PF  AVG.  Sa  téte  lauree  à  droite. 
Cohen,  82.  2"ie  sèrie  off.  p.  et   variété  avec   des   points    entre    les 

lettres   -p-^- 

Vili.  Au  revers:  LICINI  AVG.  En  legende  autour  de  VOTIS  XX 
en  trois  lignes  dans  le  champ. 
Au  droit  :  IMP.  LICINIVS  PF  ÀVG-.  Sa  téte  lauree  à  droite. 
Cohen,  134.  br.  mvs.  2me  sèrie,  off.  p.  et  variété  avec  des  points. 

IX.  Au  revers  :    SARMATIA    DEVICTA    Victoire    marchant    à 

pas  précipités  à  droite,  tenant  un  trophée  et  une  palme, 

et  mettant  le  pied  sur  un  captif  assis  qui  retourne  la  tète. 

Au  droit:  CONSTANTINVS  AVG-  Sa  tète   lauree    à    droite. 

Cohen,  487.  fr.  14863;  3  gr.  12  e.;  0,019  mm.  14870  ;  br.  mvs.  5«ne  sèrie 

off.  p.  s. 

J'ai  montré  dans  mon  étude  sur  l'atelier  de  Sir- 
mium  (')  que  la  Victoire  deConstantin  sur  les  Sarmates 
a  laquelle  se  rapportent  la  monnaie  qui  vient  d'ètre 
décrite'fut  remportée  par  cet  empereur  au  25  No- 
vembre ou  au  ier  Décembre  322  ;  les  dates  étant 
données  par  le  calendrier  de  Philocalus  (2)  et  l'année 
fixée  par  les  evènements.  Mais  les  monnaies  com- 
memorati ves  de  la  victoire  ont  du  ètre  frappées 
pendant  toute  la  fin  de  cette  émission.  C'est  ce  que 
semble  indiquer  l'exergue  de  la  5™  serie  qui  se  re- 
trouve  sur  les  pièces  portant  l'inscription  des  Vota  X 
des  Césars,  pièces  parues  en  324.  C'est  d'ailleurs  un 
fait  conforme  au  fonctionnement  des  ateliers  de 
cette  epoque,  que  cette  répétition  pendant  quelque 
temps,  jusqu'à  la  fin  de  l'émission,  d'un  modèle  de 
pièces  de  bronze. 


(1)  J.  Maurice,  L'atelier  monétaire  de  Sirmium.  Atti  d.  Congresso 
Inter,  di  Scienze  Storiche.  Voi.  VI,  Roma  1904,  p.  236-237,  et  Rivista 
Ita/,  d.  Numism.,  1904,  p.  69. 

(2)  C  I.  L.,  tome  I,  p.  326  et  356.  Commentarti  diurni  de  Mommsen. 


L  ATELIER   MONÉTAIRE   D  ARLES  71 

J'ai  montré  dans  une  serie  d'études  qu'à  Siscia 
les  Vota  X  des  Césars  ne  parurent  sur  les  monnaies 
que  pendant  la  guerre  de  324  (T);  qu'à  Nicomédie 
ils  ne  furent  inscrits  sur  les  monnaies  qu'après  la 
prise  de  l'atelier  par  Constantin  à  la  fin  de  cette 
guerre  (2);  qu'à  Heraclée  de  Thrace,  atelier  qui  tomba 
le  premier  au  cours  de  cette  guerre  dans  les  mains 
de  Constantin,  ils  ne  furent  inscrits  sur  les  mon- 
naies qu'après  la  prise  de  l'atelier  par  Constantin, 
mais  un  peu  plus  tòt  qu'à  Nicomédie  en  mème  temps 
que  les  Vota  V.  L'on  peut  voir  dans  la  présence 
des  exergues  de  la  5me  serie  sur  les  pièces  d'Arles 
une  indication  conforme  à  toutes  les  autres  de  la 
frappe  des  monnaies  qui  portent  les  Vota  X  des 
Césars  pendant  la  guerre  de  324. 

X.  On  trouve  au  revers  :  CAESARVM   NOSTRORVM.    Autour 

d'une  couronne  de  laurier  dans  laquelle  on  lit    VOT.   X. 

Au  droit:  i.°  CRISPVS  NOB.  CAES.  Sa  tète  lauree  à  droite. 

Cohen,  41.  fr.  15401,  15404  exergue   exceptionnel  — ■  5^  sèrie 

BR.    MVS.    OFF.    S-T. 

2.0  Meme  legende.  Son  buste  laure,   drapé    et    cuirassé  à 
droite. 
Cohen,  42.  4me  sèrie  h.  mvs.  v.  off.  t. 

3.0  IVL.  CRISPVS  NOB.  Q.  Sa  tète  lauree  à  droite. 
Cohen,  44.  5<ne  sèrie  fr.  15414,  off.  p. 

4.0  FL.  IVL.  CRISPVS  NOB.  CAES.  Son  buste  laure,    drapé 
et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  46.  s^e  sèrie  fr.  15422,  23,    3    gr.,  fs.  c.  :  0.019  mm.  off.  t. 
(PI.  II,  n.  13). 

5.0  Meme  legende.  Meme  buste  à  gauche. 
Cohen,  47.  5""  sèrie  fr.  15426,  off.  t. 


(1)  J.  Maurice,  Uatelier  monttaire  de  Siscia.  Numismatic  Chronicle, 
1900,  p.  341. 

(2)  J.  Maurice.  L'atelier  m.  de  Nicomédie.  "  N.  Chr.  „,  1903,  p.  437. 


72  JULES   MAURICE 


6.°  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Sa  téte  lauree    à    droite. 

Cohen,  38.  Exergue     ARL^~  fr.  15611;  4me  série  fr.    15624,  off.  q, 
2  gr.  95  e.  ;  5me  série  fr.  15624,  off.  q, 

7.0  Meme  legende.  Son  buste  laure,  drape    et    cuirassé  à 
gauche. 
Cohen,  40.  5me  série  pr.  br.  mus.  off.  q. 

Les  Vota  X  des  Césars  n'ont  pas  été  ;nscrits 
sur  les  pièces  de  Licinius  jeune.  C'est  une  preuve 
que  toute  la  série  monétaire  qui  les  présente  a  été 
frappée  après  la  rupture  des  négociations  entre 
Constantin  et  Licinius. 


Cinquième  émission. 

/«  rappée  depuis  l'élévation  de  Constance  II  au  rang  de  Cesar 
le  8  Novembre  324  jusqu'à  la  mori  de  Fausta  qui  suivit 
celle  de  Crispus  en  Aoùt  ou  Septembre  326  (0. 

En  effet  cette  émission  offre  dans  toutes  ses 
séries  les  monnaies  de  Constance  II.  Elle  est  la  seule 
au  cours  de  laquelle  furent  frappées  les  monnaies 
de  Fausta,  que  l'on  commenea  à  émettre  au  moment 
où  son  second  fils  fùt  élevé  au  rang  de  Cesar. 

Les  monnaies  de  l'impératrice  S.te  Helène  furent 
frappées  à  la  mème  epoque.  Celles  de  Crispus  et 
de  Fausta  cessèrent  de  paraìtre  avec  cette  émission. 

L'étude  de  l'atelier  d'Arles  confirme  le  dire  de 
Zosime  que  la  mort  de  Fausta  suivit  de  près  celle 
de  Crispus  (2).  En  effet  les  monnaies  de  Fausta  ne 
parurent    plus    après    l'émission     présente     lorsque 


(1)  J.    Maurice,   Atelier  monétaire   d'Antioche.    "  Numismatic  Chro- 
nicle  „,  1899,  p.  237. 

(2)  Lenain  de  Tillemont.  Hist.  des  Emperettrs,  IV,  224,  expose    les 
diverses  opinions  sans  prendre  parti  Zosimi  hist.  II,  29. 


L  ATELIER    MONÉTAIRE    D  ARLES  73 


Constantin  donna  à  la  ville  d'Arles  le  noni  de  Cons- 
tantina  en  l'honneur  de  son  fils  Constantin  II,  après 
avoir  quitte  Rome  où  il  avait  célèbre  ses  Vicennalia 
en  Juillet  326  et  tandis  qu'il  séjournait  dans  le  Nord 
de  l'Italie  en  Octobre  ou  en  Novembre  ('),  Fausta  était 
donc  morte  à  cette  epoque  et  sa  mémoire  condamnée 
puisque  ses  monnaies  ne  furent  plus  émises  dans 
l'émission  qui  parut  alors. 

Les  pièces  de  bronze  de  cette  émission  sont  de 
l'espèce  du  Nummus  Centenionalis. 

Tableau  des  exergues  de  l'émission.   —   Première  sèrie. 


PAURL       SÀURL      TAuRL      QAuRL 

Deuxième  sèrie. 


P*ÀR  S*AR  T*AR  Q*AR 

I.  Au  revers  :  PROVIDENTIAE    AVGG--    Porte    de    camp    sur- 
montée  de  deux  tours  ;  au  dessus  une  étoile. 

Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  AVG-.  Sa  tète  lauree  à  droite. 

Cohen,  424.  ière  sèrie  fr.  14798;  14811,  2  gr.  96;  0,020  mm.  off.  p-s; 
2"ie  serie  pr.  mvs.  v.  ;  musée  d'Arles;  Voetter  (PI.  II,  n.  14). 

Il  est  à  remarquer  la  téte  de  Constantin  qui  est 
diadémée  sur  les  pièces  des  ateliers  d'Orient,  aussi- 
tót  après  la  guerre  de  324  ;  ne  Test  pas  encore  sur 
celles  des  ateliers  d'Occident. 

Au  droit:    i.°    CRISPVS  NOB.  CAES.    Son  buste    laure    et 
cuirassé  à  droite. 
Cohen,  116.  2me  sèrie  br.  mvs.;  musée  d'Arles,  Voetter;  off.  t. 


(1)  J.  Maurice,  Bulletin  de  la  Socièìé  N.  des  Antiquaires  de  Fratte?, 
1904,  p.  169-173. 


74  JULES   MAURICE 


2.0  Meme  buste  à  gauche. 
Cohen,  117.  2""  sèrie  fr.  15479;  2  gr.  70  e.  0,818  mm.  :  off.  t. 

3.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Son  buste    laure    et  cui- 
rassé  à  droite. 
Cohen,  164,  ière  sèrie  br.  mvs,  Voetter,  off.  t-q  ;  2"ie  sèrie  br.  mvs. 
off.  Q. 

4.0  Meme  buste  à  gauche. 

2me  sèrie  br.  mvs.,  off.  q. 

5.0  FL.  IVL.  CONSTANTINVS  NOB.  C.  Son  buste  laure,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  168.  ière  et  2m«  sèrie  br.  mvs.  :  Voetter,  off.  q. 

6.°  Meme  buste  à  gauche. 
Cohen,  167.  2me  sèrie  br.  mvs.,  Voetter;  off.  q. 

III.  Au  revers  :    VIRTVS    ÀVGG-.   Porte  de  camp  ouverte  au 
milieu,  surmontée    de    quatre  tourelles    et   d'une  étoile. 

Au  droit  :  i.°  CONSTANTINVS  AV(j.  Sa  tète  laure  à  droite. 
Cohen,  665.  ière  sèrie  fr.  15091.  2,  3  gr.,  05  e,  0,01  mm.,  off.  p-s. 
(PI.  II,  n.  15). 

2.0  Meme  legende.  Son  buste  laure    et   cuirassé  à  droite. 
ière  sèrie,  br.  mvs.,  off.  p-s. 

IV.  Au  revers:    VIRTVS    CAESS.    Meme  porte   de    camp  et 
étoile. 

Au  droit:    i.°    CRISPVS    NOB.    CAES.    Son  buste  laure  et 
drapé  à  gauche. 
Cohen,  ière  sèrie,  collection  Voetter  et  Gnecchi,  off.  t. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Son  buste  laure  et  drapé 
à  gauche. 
Cohen,  239.  i«re  sèrie,  br.   mvs.  Voetter,  Musée  d'Arles,  off.  p-t-q. 

3.0  FL.  IVL    CONSTANTINVS  NOB.    C    Son  buste  laure  et 
drapé  à  droite. 
Pièce  inèdite  ière  sèrie,  musée  d'Arles,  Voetter,  off.  q. 

V.  Au  revers  :  SALVS  REIPVBLICAE  D.  L'impératrice  debout 

de  face    regardant    à    gauche,    tenant    Constantin  II    et 
Constance  II  enfants  dans  ses  bras. 


L  ATELIER   MONÉTAIRE    D  ARLES  75 

Au  droit:    FLAV.  MAX.  FAVSTA  AVG-.    Son    buste  drapé  à 
droite,  avec  les  cheveux  ondulés  et  noués  derrière  la  tète. 
ière   sèrie    Voetter,  off.   q.  ;    2"ie   sèrie   br.   mvs.  :   musée    d'Arles, 
Voetter,  off.  q. 

VI.  Au  revers  :  SPES  REIPVBLICAE.    Meme  type  du  revers. 
Au  droit  :  Meme  legende  et  mème  buste. 

Cohen,  15.  ière  sèrie.  Musée  d'Arles,  off.  t. 

VII.  Au  revers  :  SECVRITAS  REIPVBLICE.  La  Sécurité  voilée 
debout  à  gauche  ;  tenant  un  rameau  et  soutenant  sa 
robe. 

Au  droit:    FL.    HELENA    AUG-VSTA.  Son  buste  diadémé  et 
drapé  à  droite  avec  un  collier  de  perle  au  cou. 
Cohen,  12.  ière  sèrie,  br.  mvs,  off.  t. 

Toutes  ces  pièces  sont  analogues  à  celles  qui 
ont  été  frappées  à  la  mème  epoque  à  Rome  dont 
l'atelier  émit  des  émissions  synchroniques  de  celles 
d'Arles  et  absolument  parallèles. 

Sixième  émission. 

Frappée  depuis  les  morts  de  Crispus  et  de  Fausta  dont  la 
dernière  eut  lieu  probablemeni  en  Septembre  326  et  l'at- 
tribution  du  nom  de  Constantina  a  la  ville  d'Arelas  par 
Constantin  probablement  en  Qctobre  de  la  mème  année 
jusqu'à  l'epoque  de  l'inauguration  officielle  et  religieuse 
de  Constantinople  le  11  Mai  jjo  00. 

En  effet  les  monnaies  de  Crispus  et  de  Fausta 
ne  parurent  plus  au  cours  de  cette  émission.  D'autre 

part  l'exergue  ccrì^~f~  avec  l'une    des    lettres  d'offi- 

cines  P-S-T-Q,  qui  est  la  signature  de  Constantina, 
nom  nouveau  de  la  ville  d'Arelas,  se  montre  au 
cours  de  toute  cette  émission.  L'on  verrà  plus  loin 


(1)  J.  Maurice,  L'atelier  monétaire  de  Constantinople,  1901,  p.  182. 


76  JULES   MAURICE 


à  quelle  epoque  précise  il  faut  reporter  ce  change- 
ment  de  noni. 

L'on  ne  possedè  sur  cette  question  qu'un  do- 
cument  écrit  tout  à  fait  insuffisant  ;  mais  la  numis- 
matique  permet  de  résoudre  ce  problème. 

Le  document  écrit  est  une  lettre  des  évèques 
dépendants  de  la  Métropole  d'Arles  à  Saint  Leon 
le  Grand  (r|;  lettre  écrite  au  milieu  du  cinquième 
siècle,  dans  laquelle  les  Pères  voulant  faire  valoir 
les  titres  à  la  prééminence  dans  les  Gaules  de  leur 
Métropole  dans  laquelle  se  trouvait  alors  la  pré- 
fecture  des  Gaules,  rappellent  que  l'empereur  Cons- 
tante le  Grand  de  glorieuse  mémoire  qui  honora 
particulièrement  la  ville  d'Arles  l'appela  Constantina 
en  lui  donnant  son  propre  nom  de  meme  que  Va- 
lentinien  et  Honorius  lui  donnèrent  une  autre  épithète 
flatteuse,  celle  de  Mère  des  Gaules. 

Il  est  assez  visible  que  les  Péres  ont  eu  pour  but 
de  faire  valoir  les  souvenirs  glorieux  de  la  ville  d'Arles 
et  qu'ils  n'étaient  plus  au  courant  lorsqu'ils  écrivirent 
cette  lettre  des  conditions  dans  lesquelles  cette  ville 
recut  le  nom  de  Constantina  ni  des  drames  du  palais 
de  Constantin.  C'est  ce  que  démontre  la  numismatique. 

Les  circonstances  dans  lesquelles  la  ville  d'Arelas 
recut  le  nom  de  Constantina  et  celles  dans  lesquel- 
les elle  le  perdit,  sont  en  effet  parlantes  dès  que 
l'on  a  mis  en  lumière  les  dates  de  ces  évènements 
à  l'aide  du  classement  chronologique  des  émissions 
monétaires.  Hettner  0)  et  le  Colonel  Voetter  (3)  ont 


(1)  Cfr.  Migne,  Patres  Latini,  tome  VI,  p.  882.  Sancti  Leonis,  Epi- 
stolae  LXX,  cap.  III.  S.t  Leon  fùt  élu  Pape  en  440.  Il  fùt  ambassadeur 
auprès  d'Attila  en  452  ;  il  le  fut  auprès  de  Genserie  en  405.  Cfr.  Clinton, 
Fasti  Romani,  II,  p.  474. 

(2)  Hettner.  Róimsche  Munzschatzfunde  in  den  Rheinlanden.  West 
Zeitsch.  f.  Gesch  nnd  kunst,  VII,  II,  p.  136-149. 

(3)  O.  Voetter,  Ersle  christliche  Zeichen  auf  ròmischen  Miinsen. 
Wien,   1892,  p.  59. 


l'atelier  monètaire  d'arles  77 

déjà  fixé  approximativement  à  l'année  327  le  chan- 
gement  de  nom  de  la  ville  d'Arles  en  Constantina  et 
en  340  la  reprise  du  nom  d'Arelas  par  la  ville  de 
Constantina.  Hettner  avait  fait  remarquer  que  ce 
fùt  lors  de  la  mort  de  Constantin  II  qu'Arles  perdit 
le  nom  de  Constantina  et  qu'il  y  avait  en  conséquence 
des  raisons  de  croire  que  ce  fùt  à  ce  prince  qu'elle 
dùt  son  nom.  J'ai  dernièrement  dans  une  communi- 
cation  à  la  Société  des  Antiquaires  de  France  pu  dé- 
terminer  plus  exactement  les  circonstances  dans  les- 
quelles  Constantin  le  Grand  changea  le  nom  d'Arles. 
Cet  empereur  ordonna  la  mort  de  Crispus  pendant 
le  séjour  qu'il  fit  à  Rome  à  l'occasion  de  ses  Vi- 
cennalia  en  326.  Il  entra  à  Rome  le  21  Juillet  et  une 
loi  datée  de  Spolète  du  25  Septembre  est  le  premier 
indice  de  son  départ  de  Rome  (?).  11  séjourna  alors 
à  Milan  et  à  Aquilée  en  Octobre  et  en  Novembre  (2l 
Or  l'émission  d'Arles,  dès  le  debut  de  laquelle  les 
monnaies  portent  le  nom  de  cONST(antina)  à  leurs 
exergues,  ne  comprend  plus  de  monnaies  de  Crispus 
ni  celles  de  Fausta.  Nous  savons  que  Crispus  périt 
pendant  le  séjour  de  Constantin  à  Rome  (3);  ce  fùt  donc 
après  son  départ  de  cette  ville  et  évidemment  pen- 
dant son  séjour  dans  le  Nord  de  l'Italie  qu'il  dut 
régler  les  affaires  des  Gaules  et  baptiser  d'un  nou- 
veau  nom  la  ville  d'Arelas.  Fausta  était  déjà  morte 
à  cette  epoque  puisque  ses  monnaies  ne  parais- 
saient  plus.  Constantin  ne  dut  pas  aller  à  Arles. 

L'on  ne  possedè  de  lui  que  des  lois  datées  du 
Nord  de  l'Italie  en  Septembre,  Octobre  et  Novembre. 
Il  regagna  ensuite  la  Pannonie  (4).  Mais  j'ai  eu  l'oc- 


(1)  Codex  Theodosianus,  XVI,  5,  2;  O.  Sekck,  voir  plus  loin. 

(2)  Cod.  Theod.,  IV,  22,  1  ;  VI,  27,  1,  et  Cod.  Just.  II,  19,  n. 

(3)  Zosimi  hist.  II,  29. 

(4)  O.  SkiiCK,  Die  Zeitfolge  des  Gesetze  Constantins.  Zeitschrift  f.  Rechi 's- 
'.eschichte,  X  Rum.  Abt.  p.  237. 


78  JULES   MAURICE 


casion  de  démontrer  que  la  dédicace  de  Constanti- 
nople  avait  eu  lieu  dans  les  mèmes  conditions;  Cons- 
tantin  ne  se  rendit  pas  dans  sa  nouvelle  capitale. 
Ce  fùt  à  Nicomédie  ou  à  Nicée  qu'il  signa  le  décret 
qui  donnait  son  nom  à  Byzance  00.  Ce  fùt  de  mème 
de  Milan  ou  d'Aquilée  qu'il  donna  le  nom  de  son 
fils  Constantin  II  à  la  ville  d'Arelas.  Constantin  II 
était  non  seulement  devenu  son  fils  aìné  par  la  mort 
de  Crispus,  mais  il  était  le  seul  qu'il  pouvait  associer 
à  son  gouvernement  après  la  mort  de  Crispus. 
Constance  II  était  trop  jeune  (2)  ;  bien  qu'il  eut  déjà 
été  promis  Cesar  en  324. 

On  peut  ajouter  que  Constantin  II  fùt  spécialement 
chargé  quelques  années  plus  tard  par  son  pere  du 
gouvernement  des  Gaules  (3). 

Il  est  important  de  fixer  le  baptème  d'Arles  en 
Constantina  en  326  et  de  le  dater  des  mois  qui  sui- 
virent  la  mort  de  Crispus  ;  car  c'est  ce  fait  controlé 
par  celui  de  la  reprise  du  nom  d'Arelas  par  la  ville 
en  340  aussitót  après  la  mort  de  Constantin  II  et 
la  condamnation  de  sa  mémoire  par  son  adversaire 
et  son  frère  Constant  Ier  qui  ne  laisse  pas  de  doute 
sur  l'origine  du  nom  de  Constantina. 

En  effet  si  la  ville  avait  recu  ce  nom  de  Cons- 
tantin le  Grand,  dont  la  mémoire  continua  à  étre 
honorée  par  Constant  Ier,  elle  ne  l'aurait  pas  perdu 
après  la  mort  de  Constantin  li  et    la  condamnation 


(1)  J.  Maurice,  Les  origines  de  Constantinople.  Volarne  du  Centenaire 
de  la  Société  Nationale  des  antiquaires  de  France,  Paris  1904,  p.  289;  et 
L'atelier  monétaire  de  Constantinople.  Revue  Namismatique,  1901,  p.  178. 

(2)  Il  était  né  le  7  aoùt  317.  On  connaìt  son  Natalis  Dies  par  le 
Calendrier  de  Philocolus,  CIL.  tome  I,  p.  .276  et  302,  et  le  Code  Théodo- 
sien,  VI,  4,  io;  l'année  d'après  celle  de  sa  mort  et  son  àge  en  361. 
Cfr.  Dizion.  Epigraf.  d.  Ruggiero,  Voi.  II,  p.  668  ;  article  de  F.  Ferrerò 
sur  Constantin  IL 

(3)  Anonymus  Valesii,  VI,  35;  Zosimi  /tisi.,  II,  39. 


L  ATELIER    MONETAIRE   D  ARLES 


79 


de  sa  mémoire  ;  elle  ne  l'aurait  pas  recu  non  plus 
après  la  mort  de  Crispus. 

Les  pièces  de  ce  dernier  Cesar  font  encore 
partie  de  séries  monétaires  spéciales  frappées  à  l'oc- 
casion  des  Decennalia  des  Césars  le  ier  Mars  326. 
Sur  ces  monnaies  les  princes  ont  la  figure  tournée 
vers  le  ciel  et  les  yeux  levés  dans  l'attitude  de  la 
prière.  Ce  type  du  droit  des  monnaies  d'or,  de  bronze 
et  d'argent  date  de  l'année  qui  suivit  le  concile 
de  Nicée. 

11  fùt  reproduit  dès  lors  à  tous  les  anniversaires 
impériaux  jusque  sous  Tempereur  Julien.  C'est  le 
type  de  tète  et  d'attitude  qu'Eusèbe  a  décrit  dans 
sa  vie  de  Constantin  (*). 

Les  pièces  de  bronze  de  cette  émission  sont  de 
Tespèce  du  Nummus  Centenionalis. 

Tableau  des  exergues  et  des  sigles  de  V émission 
Première  sèrie. 


S  I  F 
PARL 


S  1  F 
SARL 


S  I  F 
TARL 


S  I  F 


Deuxième  sèrie. 
S  I  F  S  I  F 


SI  F 


ARLP 

ARLS                ARLT 

Troisième  sèrie. 

ARLQ 

SI  F 
PCONST 

S  |  F                 S  !  F 
SCONST          TCONST 

Quairième  sèrie. 

S  I  F 
QCONST 

TI  F 
PCONST 

TIF                 TIF 
SCONST          TCONST 

TIF 
QCONST 

(1)  Eusèbe,  Vita  Constantini,  liber  IV,  cap.  15,  u><;  &vu>  £JXé^iv  òoxecv 
àvaxtTa|A6voi;  «pò;  (teiv. 


8o  JULES    MAURICE 


I.  On  trouve  au  revers:  PROVIDENTIAE  AVG-G-  avec  la  porte 

de  camp  ouverte  au  milieu  surmontée  de    deux    tours  ; 

au  dessus  une  étoile. 

Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  AVG-.  Sa  téte  lauree  à  droite. 

Cohen,  454.  ière  sèrie   br.    mvs.   off.    p-s  ;    2"'e  sèrie   fr.    14784,  5; 

3  gr.  32  e.  0,020  mm.  br.  mvs.  ;  Voetter  off.  p-s. 

2.0  Meme  legende   avec    son    buste   diadémé    et    drapé   à 
droite. 

Cohen,  455.  3me  fr.    14799;   14812;  ^me  sèrie    fr.    14800,    14842,  3; 
3  gr.  19,  0,019  mm.  br.  mvs.  osf.  p-s. 

IL  Au  revers:  PROVIDENTIAE  CAESS  avec  le  mème  type  du 
revers. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C  Son  buste  laure, 
drapé  et  cuirassé  à  gauche. 
Cohen,  165.  2me  sèrie  br.  t.  mvs.  Voetter,    musée  d'Arles;   off.    t. 
et  parfois  T  ;  ^mt  sèrie  br.  15805,  Voetter;  off.  t. 

2.0  FL.  IVL.  CONSTANTINVS  NOB.  C  Son  buste  laure,  drapé 
et  cuirassé  à  gauche. 
Cohen,  167.  2"ie  sèrie,  Musée  d'Arles  et  Voetter  off.  q.  et  exception- 
nellement  A  ;  4me  sèrie  fr.  16236,  16253  OFF-  P"Q  (PI-  H»  n-  x6). 

3.0  Son  buste  laure,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
Cohen,  168.  2me  sèrie  br.  mvs.  off.  t. 

III.  Au  revers:  VIRTVS  AVG-G-    Porte    de    camp    avec  deux 
battants,  surmontée  de  quatre  tour;  au  dessus  une  étoile. 

Au  droit:  CONSTANTINVS  AVG-.  Sa  téte  diadémée  à  droite. 
Cohen,  665.  2»ne  sène  fr.    15089.  Voetter,  3    gr.    25    e.;   0,020  mm. 
15090  off.  ps;  5«ne  sèrie  fr.  15089,  15097,  8,  Voetter  off.  p-s-q. 

IV.  Au  revers:  VIRTVS  CAESS.  Avec  le  mème  revers. 

Au  droit:    i.°    CONSTANTINVS    IVN.    NOB.    C    Son    buste 
laure,  drapé  et  cuirassé  à  gauche. 
Cohen,  239.  2«ie  sèrie  pr.  15829,  30,  2  gr.  90  e.  ;  0,020  mm.,    Musée 
d'Arles,  Voetter,  off.  t.  ;  4^  PR.   15831;  15833,  4,  5,  3  gr.  30  e.  :  0,018  mm. 
Voetter  off.  p-t-q. 

2.0  FL.  IVL.  CONSTANTINVS  NOB.  C  Son  buste  laure,  drapé 
et  cuirassé  à  gauche. 
Cohen,  314,  ière    sèrie  off.  q.  Voetter;  2me   sèrie,    Musée   d'Arles. 
Voetter  off.  q.  ;  4"ie  sèrie,  Voetter  fr.  off.  q.  et  exceptionnelleme  Ant, 


l'atelier  monétaire  d'arles  8i 


V.  Au  revers:  SECVRITAS  REIPVBLICE.  L'Impératrice  voilée, 
debout  à  gauche,  tenant  un  rameau  baissé  et  soutenant 
sa  robe. 
Au  droit:  FL  HELENA  ÀVGVSTÀ.  Son  buste  à  gauche, 
drapé,  avec  un  diadème  orné  de  perles  dans  les  cheveux 
et  un  collier  de  perles  au  cou. 

Cohen,  12.  2me  sèrie  fr.  13862,  3.  gr.  20  e.  0,020  mm.    br.  t.   mvs.  ; 
Voetter  off.  s-t;  2me  série  FR-  I39I3J  Voetter  off.  p-s-t  (PI.  II,    n.    17). 

L'Impératrice  S.te  Hélène  mourut  au  cours  de 
cette  émission  probablement  au  début  de  l'an- 
née  329  (*). 

Septième  émission. 

Frappée  depuis  l'epoque  de  l'inauguration  officielle  et  relì- 
giense  de  Constantinople  le  11  Mai  330  (2)  jusqu'à  l'élé- 
vation  de  Constant  ier  au  rang  de  Cesar  au  23  Di- 
cembre 333. 

En  effet  cette  émission  débute  par  la  frappe 
des  monnaies  à  l'effigie  des  deux  capitales:  Rome 
et  Constantinople  ;  elle  comprend  des  monnaies  de 
Constantin  le  Grand,  de  Constantin  II  et  de  Cons- 
tance  II  ;  mais  elle  n'en  comprend  pas  de  Cons- 
tant I  qui  n'était  pas  encore  promu  Cesar. 

Tableau  des  différents  monétaires  et  des  exergues 
de  V émission. 

Les  différents  :  la  palme,  Tetoile  ou  le  croissant 
sont  placés  entre  deux  étendards. 


(1)  J.  Maurice.  L'atelier  monétaire  de  Constantinople.  Revue  Numisma- 
tique,  1901,  p.  187. 

(2)  Pour  les  réferences  cfr.  J.  Maurice:  L'atelier  monétaire  de  Trèves 
dans  les  Mémoires  de  la  Société  Nationale  des  Antiquaires  de  France, 
1903,  p.  85.  Ce  sont  les  Fastes  d'Idace;  S.*  Jerome  Chron.  a.  2.  346,  Cas- 
siodore,  etc,  le  Code  Théodosien  ;  à  partir  de  l'epoque  de  l'inaugu- 
ration l'on  à  des  lois  datées  de  Constantinopolis,  cfr.  J.  Maurice  :  Les 
origines  de  Constantinople.  Volume  du  Centenaire  de  la  Société  des  Anti- 
quaires de  Ftance,  1904,  p.  281  et  39. 


82  JULES    MAURICE 


Première  sèrie. 
Palme  Palme 


PCONST  SCONST 

Deuxième  sèrie. 

Etoile  Etoile 

PCONST  SCONST 

Troisième  sèrie. 
Croissant  Croissant 

PCONST  SCONST 

L'atelier  cTArles  Constantina  a  réduit  en  330, 
ainsi  qu'on  le  voit  par  ce  tableau,  le  nombre  de  ses 
officines  de  quatre  à  deux.  Le  nom  d'Arelas,  Are- 
latum,  disparut  complètement  des  exergues. 

Il  fallut  donc  en  340  un  nouveau  décret  pour 
lui  rendre  ce  nom.  Les  pièces  de  cette  émission 
sont  de  l'espèce  du  Nummus  Centenionalis,  mais  ré- 
duite  au  poids  moyen  de  2  grammes  50  centigrammes. 

I.  Au  revers  :  GLORIA  EXERCITVS.    Deux  soldats,    casqués, 
tenant  chacun  une  haste  et  appuyés    sur    un    bouclier  ; 
entre  eux  deux  enseignes  militaires  surmontées  de  dra- 
peaux  ornés  de  couronnes. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  MAX.  AVG-.    Son    buste   dia- 
démé  et  drapé  à  droite. 
Cohen,  256.  ière  sèrie  fr.  14675-0;  brit.  mvs.  Voetter;  3me  sèrie  fr. 
off.  p-s,  pour  toutes  les  séries. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  N.  C.  Son  buste  laure  et  cuirassé 
à  droite. 

Cohen,  126.  2me  serie  fr.  15740;    3me   sèrie    fr.    15741,  2    gr.  30  e. 
OFF.  p-s. 

3.0  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C    Un    buste    laure    et  cui- 
rassé à  droite. 
Cohen,  127.  xère  sèrie  off.  p-s.  brit.  mvs.  Voetter  ;  2me  sèrie,  off.  p-s. 
fr.  15740,  Voetter  ;  gne  sèrie   off.  p-s.  fr.  15741,    2  gr.  30  e.  ;  Voetter. 
(PI.  II,  n.  18). 


L* ATELIER   MONÉTAIRE    d'aRLES  83 

4.0  FL  IVL.   CONSTANTIVS    NOB.    C    Son   buste   laure    et 
cuirassé  à  droite. 

Cohen,  105,  ière  sèrie  off.  s.  fr.  16217,  Voetter  ;  2™e  sèrie  off.  s. 
brit.  mvs.  Voetter;  3"^  sèrie  fr.  16225  OFF-  s- 

II.  Au  revers  :  Sans  legende.  Victoire  debout  à  gauche  po- 

sant  le  pied  sur  une  proue  de  vaisseau,  tenant  un  sceptre 
transversai  et  appuyée  sur  un  bouclier. 
Au  droit:  CONSTÀNTINOPOLIS.  Buste  de  Constantinople  à 
gauche  portant  un  casque  laure,  le  manteau  imperiai  et 
un  sceptre. 
Cohen,  21.  ière  sèrie,  mais  il  y  à  un  groupe  de  palmes,  fr.  15181-2-3, 
2  gr.  80  e.  0,017  mrn-  OFF-  p"s-  %me  sèrie  Voetter    fr.  ;   3^  sèrie,  Voet- 
ter, off.  p-s. 

III.  Au  revers  :    La   Louve    à    gauche,  allaitant  Romulus  et 
Remus  et  les  regardant.  Au  dessus  deux  étoiles  (J). 

Au  droit:    VRBS.    ROMA.    Son  buste    à    gauche  avec  une 
aigrette  sur  le  casque  et  le  manteau  imperiai. 

Cohen,  17.  ière  sèrie  fr.  15256,  avé'c  un  groupe  de  palmes.  brit. 
mvs.  Voetter,  off.  s.  ;  2"ie  sèrie,  Voetter,  off.  s.  ;  3«ne  sèrie  fr.  15254, 
Voetter,  off.  s.  (PI.  II,  n.  19). 


Huitième  émission. 

Frappée  depuis  l'élévation  de  Constant  ier  au  rang  de  Cesar 
le  23  Décembre  333  jusqu'à  la  ménte  élévation  de  Del- 
matius  le  18  Septembre  33$. 

En  effet  cette  émission  comprend  les  monnaies 
frappées  aux  noms  des  trois  Césars  Constantin  II, 
Constance  II  et  Constant  I  et  ne  comprend  pas  en- 
core  celles  de  Delmace. 

Les  pièces  de  bronze  sont  encore  de  l'espèce 
du  Nitmmus  Centenionalis. 


(1)  Ces  étoiles  ne  sont  pas    des   différents   monétaires,   mais   sont 
celles  des  Dioscures  qui  se  trouvent  généralement  au  dessus  de  la  Louve. 


84  JULES   MAURICE 


Première  sèrie. 
Palme  Palme 


PCONST  SCONST 


Variétés  de  cette  sèrie    avec    plusieurs    palmes 
sur  les  pièces  de  Rome  et  de  Constantinople. 


Deux  palmes 

Deux  palmes 
croisées 

id. 

Troii 

'  palmes 

S-CONST 

id. 

Deuxième  sèrie. 

Couronne 

Couronne 

PCONST 

SCONST 

Troisième  sèrie. 

Couronne 
avec  point 

Couronne 
avec  point 

PCONST 

SCONST 

Quatrième  sèrie. 

Fer  de  lance  Per  de  lance 

PCONST  SCONST 

Les  différents  monétaires  tels  que  la  couronne 
et  le  fer  de  lance  qui  se  rencontrent  sur  les  pièces 
de  Constant  sont  caractéristiques  de  cette  émission 
ou  tout  au  moins  la  distinguent  de  la  précédente. 

I.  Au  revers:  GLORIA  EXERCITVS.  Avec  le  type  déjà  décrit; 
et  deux  enseignes  militaires  entre  les  soldats. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  MAX.  AVG-. 

Cohen,  256.  déjà  décrit  lère  sèrie  fr.  14674  à  76,  Voetter;  2me  et  2>mt 
sèrie,  Voetter;  4">e  sèrie  fr.  14679,  Voetter,  off.  p-s.  toutes  les  séries. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  N.  C.  Son  buste  laure  et  cuirassé 
à  droite. 
Cohen,    126.    ière    sèrie   fr.    15740,    Voetter;   2me    sèrie   fr.  15730; 
2  gr.  80  e;    0,017  mm.,  Voetter;   3™  sèrie   fr.  1571,  15732-3,  Voetter; 
4me  sèrie  fr.  15724,  Voetter,  off.  p-s.  toutes  les  séries  de  pièces. 


l'atelier  monétaire  d'arles  85 

3.0  FL  IVL.  CONSTANTIVS  NOB.  C- 

Cohen,  105.  Déjà  dèci  it.  ière  sèrie,  fr.  16216-7,  2  gr.  30  e;  0,010  mm., 
Voetter,  off.  s.  ;  2me  sèrie,  fr,  16220,  Voetter,  off.  p-s.;  3me  sèrie  fr. 
16223,  16224,  Voetter,  off.  s.  ;  4«ie  sèrie,  fr.  16225-6,  Voetter,  off.  s. 
(PI.  II,  n.  20). 

4.0  FL.  IVL.  CONSTANS  NOB.  C  Son    buste    laure    et    cui- 
rassé  à  droite. 
Cohen,  75.  ière    sèrie    indiquée    dans   Cohen  ;    2me    sèrie  fr.  15920, 
off.  s.  ;  4me  sèrie,  Voetter,  off.  s. 

II.  Sans  legende  avec  la  Victoire  et  le  type  du  revers  décrit. 

Au  droit  :  CONSTÀNTINOPOLIS. 

Cohen,  21.  ière  sèrie,  Voetter,  off.  p-s.;  2me  sèrie,  Voetter,  fr. 
15 180,  15195  :  3me  sèrie  Voetter,OFF.  p-s.  ;  4^e  sèrie  Voetter,  off.  p-s. 

III.  Sans  légendes  avec  le  type  de  la  Louve  et  des  Jumeaux 
déjà  décrit. 

Au  droit:  VRBS  ROMA- 
Cohen,  17.  Déjà  décrit.  ière  sèrie  fr.  15256,  Voetter,  Gnecchi,  off.  p-s.; 
2me  sèrie,  collections  Voetter  et  Gnecchi,  off.  ps.  ;  3"ie  sèrie,  fr.  15255, 
Voetter,  off.  s. 


Neuvième  émission. 

Frappée  depuis  l'élévation  de  Dalmatius  au  rang  de  Cesar 
le  18  Septembre  335  jusqu*à  la  reconnaissance  des  Au- 
gustes  Constantin  II,  Constance  II  et  Constant  I  dans 
tout  l'empire  le  9  Septembre  337  C1). 

Cette  émission  est  coupce  en  deux  parties  par 
la  mort  de  Constantin  le  Grand  au  22  Mai  337, 
mais  les  monnaies  des  trois  Césars  ses  fils  continuè- 
rent  à  paraitre  jusqu'au  9  Septembre  ;  ce  ne  fùt 
également  qu'à  partir  de  cette  date  qu'on  dut  frapper 
les  monnaies  du  Divus  Constantinus  désigné  comme 


(1)  Consularia  Constantinopolilana.  Monumenta  Germaniae  Hist.  Chro- 
nica  Mon.  I,  p.  235,  anno  337  :  Nuncupati  sunt  tres  Augusti  Constanti- 
nus, Constantius  et  Constans  V.  Idus  Septem. 


86  JULES   MAURICE 


Pater  Augustorum.  Delmace  fùt  massacré  peu  de 
temps  après  la  mort  de  Constantin  et  ses  monnaies 
durent  cesser  de  paraltre  avant  la  fin  de  cette  émission. 

Le  noni  de  Constantina  continue  à  ètre  indiqué 
aux  exergues  des  pièces  de  cette  émission. 

Les  signes  chrétiens,  le  monogramme  Constan- 
tinien  et  la  Croix  apparurent  sur  les  pièces  de  cet 
atelier    de    Constantina  au  cours  de  cette   émission. 

L'on  y  trouve  des  pièces  de  bronze  de  deux 
sortes,  les  unes  sont  de  l'espèce  du  Nummus  Cen- 
tenionalis  réduite  de  poids,  les  autres  sont  des  demi 
Centenionales. 

Séries  monétaires.  —  Première  sèrie. 

Couronne  Couronne 

PCONST  SCONST 

Deuxième  sèrie. 


PCONST 

SCONST 

Troisième 

sèrie. 

± 

± 

PCONST 

SCONST 

+ 

.     + 

PCONST 

SCONST 

I.  Au  revers  :  GLORIA  EXERCITVS.  Avec  le  type  déjà  déerit 
et  deux  étendards. 
i.°  CONSTANTINVS  MAX  AVG- 

Cohen,  256.  Déjà  déerit.    ière    sèrie    fr.    14979,   Voetter;    2i>e  sèrie 
musée  de  Bonn,  Senckler  ;  3me  sèrie,  Voetter. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  N.  C 

Cohen,  126.  Déjà  déerit.    ière    sèrie,    fr.    1571,    Voetter;    3me    sèrie 
Voetter. 


l'atelier  monétaire  d'arles  87 

3.0  FL.  IVL.  CONSTANTIVS  NOB.  C 

Cohen,  105.  Déjà  décrit.  ière  sèrie,  fr.  16225-6;  2.me  sèrie,  musée  de 
Bonn,  Senckler  ;  3me  sèrie  collection  Lichtenstein. 

4.0  PL.  IVL.  CONSTANS  NOB.  C 

Cohen,  75.    Déjà    décrit.    ière  sèrie,    Voetter  ;   2me   sèrie    musée  de 
Bonn,  Senckler. 

5.0  FL.  DELMATIVS  NOB.  CAES-  Son  buste  laure  et  drapé 
à  droite. 

Cohen,  li.  ìère  sèrie  fr.  15568,  Voetter,  off.  p.  ;  3™*  sèrie,  avec  le 
monogramme  br;t.  mvs.  Voetter. 

6.°  FL.  DELMATIVS  NOB.  CAES.  Son  buste  laure  et  cuirassé 
à  droite. 
Cohen,  12.  fr.  1577 1  off.  p. 

Le  monogramme  Constantinien  qui  constitue  le 
différent  monétaire  de  la  troisième  sèrie  parut  sur 
les  pièces  de  tous  les  empereurs  au  cors  de  cette 
émission  de  l'atelier  d'Arles,  tandis  qu'on  ne  le 
trouve  par  sur  celles  de  Lyon  ou  de  Trèves. 

II.    Au    revers  :  GLORIA  EXERCITVS.  Deux  soldats,   debout, 
casqués,  tenant  chacun    une    haste    et    appuyés    sur  un 
bouclier,  entre    eux    une   enseigne    militaire    surmontée 
d'un  drapeau. 
Au  droit:  i.°  CONSTANTINVS  MAX.  AVG-.  Son  buste  diadémé 
et  drapé  à  droite. 
Cohen,  251.  3me  sèrie,  fr.  14618,    1    gr.  62  e.  ;    0,016  mm.,  Voetter, 
off.  p-s. 

2.0  CONSTANTINVS  IVN.  N.  C  Son  buste  laure  et  cuirassé 
à  droite. 

Cohen,  119.  ^e  sèrie,  fr.  15678,  1  gr.  35  e;  0,016  mm.  15679,  Voet- 
ter, off.  p-s. 

3.0  FL.  IVL  CONSTANTIVS  NOB.  C-  Son  buste  laure  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 

Cohen,  92.   2"ie  sèrie,    Voetter  ;   3"ie   sèrie  fr.    16150,    1   gr.  50  e.  ; 
0,016  mm.  Voetter,  off.  p-s. 


88  JULES    MAURICE 


4.0  FL  IVL  CONSTANS  NOB.  C.  Son    buste    laure    et    cui- 
rassé  à  droite. 
Cohen,  64.  fr.  15929,  15930,  1  gr.  50  e;  0,016  mm.;  3™  sèrie,  off.  s. 
(PI.  II,  n.  21). 

5.0  FL.  DELMATIVS  NOB.  C    Son    buste    laure   et  drapé  à 
droite. 
Cohen,  9.  fr.  15564,  15565,  1  gr.  60  e;  0,016  ìnm.  Voetter;  3™  sè- 
rie, ogf.  p-s.  (PI.  II,  n.  22). 

III.  Au  revers:  Sans  legende.  Victoire  debout  à  gauche, 
posant  le  pied  sur  une  proue  de  vaisseau,  tenant  un 
sceptre  transversai  et  appuyée  sur  un  bouclier. 

Au  droit:   CONSTANTINOPOLIS    Buste    de    Constantinople 
casque  et  laure  à  gauche,  portant  le   manteau   imperiai 
et  tenant  un  sceptre. 
Cohen,  21.  fr.  15181-2,  brit.  mvs.  Voetter;  2<ne  et  3me  serie,  off.  p-s. 

IV.  Au  revers  :  Sans  legende.  La  Louve  à  gauche  allaitant 
Romulus  et  Remus  et  les  regardant. 

Au  droit  :  VRBS  ROMA.    Buste    de  Rome    à    gauche  avec 
une  aigrette  sur  le  casque  et  le  manteau  imperiai. 
Cohen,  19.  ière  serie,  fr.  15255,  Gnecchi  ;  2™  sèrie  fr.  15241,  1  gr. 
96  e.;  0,018  mm.  15242;  3«ne  sèrie,  Gnecchi,  off.  p-s. 

Toutes  les  pièces  qui  viennent  d'étre  décrites 
ont  été  émises  avant  et  après  la  mort  de  Constantin. 
La  suivante  est  frappée  encore  du  Divus  Cons- 
stantinus. 

V.  Au  revers:  AETERNA  PIETAS.  Constantin  debout  à  droite 

en    habit    militaire    et    le    manteau  deployé,  tenant  une 
haste  et  un  globe. 
Au  droit:  DIVO  CONSTANTINO.  Son  buste  voile  à  droite. 
Cohen,  13.  fr.  14458,  Voetter;  4me  sèrie,  off.  p-s.  (PI.  II,  n.  23). 

Jules  Maurice. 


PROVISINO  INEDITO 

DI    BONIFACIO    IX   PAPA 

(1389-1404). 


Esiste  nella  mia  raccolta  di  monete  papali  un 
provisino  del  Senato  Romano  che  qui  descrivo  : 

&  —  ♦  SENATVS  P.  Q.  R.  Nel  centro,  pettine  e  simboli. 
$    —  *  BONIFATIVS  P.  P-  N...  Croce  e  stelletta  fra  i  bracci 
della  croce. 
Mistura  gr.  0550  :  diam.  mill.  14. 

Il  titolo  ne  è  molto  basso,  come  si  conviene 
all'epoca  della  emissione  della  moneta.  Infatti,  con- 
sultando il  dotto  lavoro  del  Capobianchi  (J)  e  parti- 
colarmente la  tavola  dimostrativa  dei  graduali  dete- 
rioramenti nel  valore  e  prezzo  del  denaro  provisino 
del  Senato  Romano,  troviamo  che,  mentre  al  tempo 
della  costituzione  della  zecca  di  Roma,  già  avvenuta 
all'anno  1184,  la  nuova  moneta  del  denaro  provisino 
conteneva  gr.  0,30  d'argento  fino,  al  1271  il  suo 
valore  era  stato  gradualmente  già  ridotto  a  gr.  0,22, 


(1)  Capobianchi  (V  ).  Appunti  per  servire  all'ordinamento  delle  Monete 
coniate  dal  Senato  di  Roma,  ecc.  Roma,  a  cura  della  Società  di  Storia 
patria,  1895. 


90  E.    MARTINORI 


e  sul  declinare  del  XIV  ed  inizio  del  XV  secolo, 
epoca  del  nostro  inedito  provisino,  i  deterioramenti 
di  questa  moneta  erano  stati  tali  e  tanti  che  nel  1395 
non  conteneva  più  di  gr.  0,054  e  nel  I4°3  gr-  0,046 
di  argento  fino  W, 

Il  provisino  del  Senato  Romano  per  l'esiguità 
del  suo  peso  e  valore  divenne  infine  moneta  ideale 
e  fu  convertito  nella  nuova  moneta  del  quattrino,  così 
denominata  perchè   valeva   quattro  denari  provisini. 

Il  provisino  del  Senato  Romano  trasse  origine 
dal  provisino  o  pruvinese  dei  Conti  di  Sciampagna 
in  Francia,  battuto  nella  Città  di  Provins,  del  quale 
è  una  imitazione  nel  tipo,  valore  e  nome  <2). 

Il  denaro  provisino  della  Sciampagna  ebbe  corso 
legale  in  Roma,  precedendo  quello  del  Senato  Ro- 
mano. Esso  vi  principia  ad  apparire  circa  la  metà 
del  XII  secolo,  come  ben  lo  dice  una  pergamena 
dell'anno  1154  spettante  al  Ven.  monastero  di  Roma 
dei  SS.  Cosma  e  Damiano,  perdurandovi  fino  all'anno 
1180  circa,  epoca  della  costituzione  della  zecca  del 
Senato  Romano. 

Il  Capobianchi  che  si  occupò  di  questo  impor- 
tante ed  oscuro  periodo  della  nostra  numismatica 
medioevale,  ci  fa  sapere  che  l'origine  della  singo- 
lare comparsa  di  questa  moneta  in  Roma  devesi 
ritrovare  nelle  Crociate,  alla  seconda  delle  quali 
(1147-1149)  dovettero  partecipare  i  Conti  di  Sciam- 
pagna. «  Ingenti  somme  di  denari  pruvinensi,  durante 
«  la  seconda  crociata  ed  in  seguito,  dovettero  per- 
«  venire  alla  Camera  Apostolica,  sia  per  oblazioni, 
«  sia  per  le  tasse  della  protezione  che  la  chiesa  ro- 


(1)  Garampi.  Saggi  d'osservazione   sul  valore   delle   antiche  monete 
pontificie. 

(2)  Blanchet  (J.-AJ.  Nouveau  manuel  de  Numismatique   du   moyen 
àge,  ecc.  Paris,  1890.  T.  J,  pag.  406  e  seg. 


PROVISINO   INEDITO    DI   BONIFACIO   IX    PAPA  91 

«  mana  concedeva  alle  persone  ed  ai  beni  dei  cro- 
«  ciati,  che  portavansi  in  Terra  Santa.  L' inopero- 
«  sita  della  zecca  di  Roma,  già  dal  1050  circa,  e 
«  l'esaurimento  del  buon  denaro  pavese,  del  quale  dal 
«  1100  era  terminata  la  battitura,  dovettero  essere 
«  le  ragioni  per  le  quali  la  Camera  apostolica  mise 
«  in  corso  quella  moneta  straniera,  la  quale  acqui- 
«  stando  credito,  divenne  moneta  legale  corrente, 
«  in  particolar  modo  là  ove  la  chiesa  romana  eser- 
«  citava  giurisdizione  0)  ». 

Il  provisino  del  Senato  Romano  ebbe  costante 
il  tipo  e  le  leggende.  Da  un  lato  SENATVS  P.  Q.  R. 
con  T  insegna  del  pettine  sormontata  da  una  S  fian- 
cheggiata da  simboli  quali  il  sole  o  un  crescente  o 
le  stellette,  dall'altra  ROMA  CAPVT  o  CAPVD  o  anche 
CAPVS  MVNDl  e  croce  con  vari  simboli  tra  le  braccia 
della  croce  o  anche  nulla. 

Facevano  eccezione  fino  ad  ora  due  soli  esem- 
plari. Un  provisino  di  Carlo  d'Angiò  che,  senatore 
per  ben  tre  volte  nel  periodo  che  corre  dal  1265 
al  1285,  volle  porre  il  suo  nome  su  questa  popolare 
moneta  e  l'altro  che  Cola  di  Rienzo  tribuno  nel  1397 
fece  coniare  col  suo  pomposo  titolo  di  Tribuno  au- 
gusto. Ma  pochi  esemplari  sono  giunti  fino  a  noi  di 
queste  monete  che  costituiscono  vere  eccezioni. 

A  queste  viene  ora  ad  aggiungersi  un'  altra 
anche  più  interessante,  che  non  il  nome  del  sena- 
tore, ma  sibbene  porta  impresso  quello  di  un  Papa. 
Eccezione  di  grande  interesse  storico,  come  mi  ac- 
cingo a  dimostrare. 

In  quale  circostanza,  o  meglio  in  quale  critico 
momento,  il  Senato  Romano,  così  geloso  delle  sue 
prerogative,  ha  dovuto  permettere  al  Papa  la  conia- 
zione di  questo  provisino  lasciando  che   questo   sim- 


(1)  Capobianchi,  op.  cit.,  pag.  io. 


92  E.    MARTINORI 


bolo  di  libertà  ed  indipendenza  divenisse  indicazione 
certa  di  suggezione  al  Papato? 

La  zecca  del  Senato  coniava  in  quel  tempo,  è 
vero,  moneta  grossa  d'argento  per  conto  del  Ponte- 
fice, moneta  che  aveva  il  suo  corso  nelle  località 
ove  questi  esercitava  la  sua  giurisdizione,  ma  la  mo- 
neta minuta  era  prerogativa  del  Senato  come  le 
stesse  leggende  ci  addimostrano. 

Fiere  lotte  ebbe  continuamente  a  sostenere  Bo- 
nifacio IX  con  il  popolo  romano  durante  i  quindici 
anni  del  suo  pontificato. 

Appena  salito  al  trono   sullo  scorcio  del  1389 
Bonifacio  trovò  che  Roma  era  governata  da  un    se 
natore    unico,    tal    Damiano    Cattaneo    genovese   W 
assistito    da    un    consesso  di   conservatori   e   bande- 
resi  (2)    i    quali    nominati  dal   popolo,   sempre   pieni 
di  diffidenza  verso  il  Pontefice,  mantenevano  in  Cam 
pidoglio  ancora  intatta   la   libertà   della   Repubblica 
Neh"  anno    seguente    si    celebrò    in    Roma    la    festi- 
vità   dell'anno  santo  o  del  Giubileo,    e,   come   sem- 
pre  avveniva    in    questo    periodo    di    vero    negozio 
pecuniario  per   tutti,  l'anno  trascorse  senza  notevoli 
incidenti. 

Ma  non  appena  finito  l'anno  giubilare,  gli  animi 
dei  romani  erano  tornati  contrari  alla  Curia  ed  al 
Pontefice.  Riuscì  nonpertanto  a  questo  di  stipulare 
un  contratto  con  la  Repubblica  romana  ove  questa, 
oltre  a  riconoscere  l' immunità  del  clero,,  promet- 
teva di  cooperare  alla  rivendicazione  dei  beni  eccle- 
siastici in  Tuscia  fornendo  anche   milizie   per   guer- 


(1)  Nell'aula  massima  capitolina  conservasi  il  suo  stemma  marmoreo 
discoperto  sulla  facciata  del  palazzo  senatorio  nel  1889. 

(2)  Così  denominati  dalla  bandiera  che  questi  magistrati  ricevevano, 
quando  venivano  eletti,  come  distintivo  della  loro  carica.  Questo  go- 
verno popolare  durò  interrottamente  dal  1360  circa  al  1397.  Capobianchi, 
op.  cit,  pag.  109. 


PROVISINO    INEDITO    DI    BONIFACIO    IX   PAPA  93 

reggiare  contro  i  nemici  che  si  agitavano  nel  Pa- 
trimonio (x>. 

E  Bonifacio  se  ne  valse  per  riconquistare  Vi- 
terbo che  gli  era  stato  tolto  da  Giovanni  Sciarra  ed 
era  occupato  da  soldatesche  francesi  assoldate  dal- 
l'antipapa Clemente  VII.  Ma  in  seguito  non  avendo 
i  romani  ottenuto,  come  erasi  precedentemente  pat- 
tuito, che  si  alienassero  alcuni  beni  della  Basilica  di 
S.  Pietro  per  ristorare  le  esauste  finanze  del  Senato 
e  risarcirlo  delle  spese  sostenute  per  la  guerra,  il 
popolo  insorse  ed  una  rivoluzione  scoppiò  in  Roma 
che  persuase  il  Papa  a  rifugiarsi  in  Perugia.  Ciò 
avvenne  nell'ottobre  del  1392. 

Ma  l'anno  seguente  i  romani  già  pentiti  man- 
darono messi  al  Pontefice  pregandolo  di  ritornare. 
Bonifacio  accondiscese,  ma  impose  condizioni  che, 
per  quanto  gravi,  furono  dai  volubili  romani  accet- 
tate per  tema  che  il  papato  si  trasferisse  nell'Umbria, 
come  il  Papa  accortamente  minacciava. 

Ma  poco  durò  l'accordo  fra  le  due  autorità;  che 
ritornato  sulla  fine  del  1393  in  Roma,  Bonifacio  corse 
nuovamente  pericolo  di  morte  in  seguito  ad  una  più 
seria  sollevazione  del  popolo  che  a  niun  conto  vo- 
leva riconoscere  i  patti  conchiusi  dal  Senato  col 
Pontefice  come  troppo  dannosi  ai  propri  diritti. 

Bonifacio  ebbe  salva  la  vita  per  l'intervento  di 
Ladislao  re  di  Napoli,  il  quale  con  molte  soldatesche 
fece  ingresso  in  Roma  nell'autunno  del  1394  e  potè 
ristabilire  l'ordine  liberando  il  Pontefice  dal  suo  stato 
pericoloso. 

Né  qui  cessano  le  cospirazioni  e  le  ribellioni 
dei  romani.  A  porre  un  rimedio  a  questo  stato  di 
cose  il  Papa  decise  a  tutti  i  costi  di  distruggere  la 


(1)    Gregorovius   (F.).    Storia    della    Città    di   Roma    nel   Medioevo. 
Voi.  Ili,  pag.  562. 


94  e.  martinorì 


potenza  dei  banderesi  o  meglio  il  potere  popolare 
rovesciando  il  reggimento  repubblicano  di  Roma. 

La  lotta  potè  durare  ancora  qualche  anno,  ma 
la  vittoria  finale  fu  di  Bonifacio,  che  riuscì  nel  suo 
intento  profittando  dell'aiuto  nuovamente  offertogli 
da  Ladislao  e  profittando  dell'avvicinarsi  dell'anno 
1400  nel  quale  avrebbe  dovuto  indire  nuovamente 
la  solennità  dell'anno  santo. 

La  prospettiva  del  prossimo  guadagno,  gì'  in- 
terni dissidi  e  la  presenza  in  Roma  delle  soldatesche 
napoletane  indussero  i  romani  a  cedere  conferendo 
al  Pontefice  il  pieno  dominio  della  Città,  accondi- 
scendendo che  si  abolisse  la  dignità  dei  banderesi 
e  lasciando  al  Papa  il  diritto  di  nomina  del  se- 
natore (x)« 

Una  nuova  congiura  popolare  contro  la  Signoria 
pontificia  fu  soffocata  nel  sangue  e  le  teste  dei  con- 
giurati caddero  sui  gradini  del  Campidoglio  ove 
s' insediò  Bonifacio  assoluto  signore  e  padrone  di 
Roma  O). 

Ecco  cessata  V  indipendenza  repubblicana  dei 
romani  e  Roma  riverisce  il  pieno  dominio  del  Papa. 

Lorenzo  Valla,  scrivano  apostolico  sotto  Nicolò  V, 
chiama  Bonifacio  IX  il  primo  tiranno  di  Roma, 
mentre  Giorgio  Stella  nei  suoi  annali  generali  si 
contenta  di  nomarlo  Dominus  Urbis  Romae. 

Ed  ora  che  abbiamo  lumeggiata  la  storia  di 
questo  importante  periodo  del  Senato  Romano,  ci 
sarà  facile  assegnare  al  nostro  provisino  l'epoca  pre- 
cisa della  sua  coniazione.  Questa  non  può  essere 
avvenuta  che  dopo  il  1398,  anno  dell'insediamento 
di  Bonifacio  IX  in  Campidoglio.  L'approssimarsi  del- 


(1)  Ciò  avvenne  sullo  scorcio  del  1397.  Gregorovius,  op.  cit. 

(2)  Agosto  1398.  Gasparini,  Cronic.  di  Perugia,  pag.  272.  "  Del  mese 
di  agosto  fu  fatto  el  papa  signore  di  Roma,  et  esso  mise  el  senatore  „. 


PROVISINO    INEDITO    DI   BONIFACIO   IX    PAPA  95 

l'anno  santo  che  conduceva  in  Roma  un  numero 
stragrande  di  pellegrini  era  motivo  per  emettere 
moneta  minuta,  e  Bonifacio  impadronitosi  della  zecca 
non  si  lasciò  sfuggire  certo  l'occasione  per  porre 
sulla  moneta  una  impronta  della  sua  nuova  signoria 
conservandole,  per  ragioni  ovvie,  il  tipo,  e  sostituendo 
il  proprio  nome  alla  epopeica  e  tradizionale  formola 
ROMA  CAPVT  MVNDI. 

Come  e  perchè,  fino  ad  oggi,  non  si  siano  rin- 
venuti altri  esemplari  di  questa  importante  moneta, 
non  è  facile  indagare  ;  può  ben  darsi  che  in  seguito 
ad  una  convenzione  conchiusa  in  Vaticano  ai  27  ot- 
tobre 1404  fra  il  popolo  romano  e  Papa  Innocenzo  VII 
con  l' intervento  di  Ladislao  re  di  Napoli,  avendo 
potuto  i  romani  riacquistare  il  Campidoglio  e  ridurlo 
nuovamente  a  forma  di  palazzo  comunale,  distrug- 
gendo le  fortificazioni  fatte  da  Bonifacio  IX,  siano 
entrati  anche  in  possesso  della  zecca  (J)  ed  abbiano 
distrutto  il  conio  e  ritirata  la  moneta  che  rappre- 
sentava per  essi  un'onta  ed  un  documento  vivente 
della  loro  soggezione  incondizionata  al  papato. 

Il  Fioravanti  è  anche  egli  di  parere  che  al  tempo 
di  Innocenzo  VII  al  Senato  Romano  venisse  resti- 
tuita la  zecca  o  meglio  la  facoltà  di  battere  moneta 
propria,  in  seguito  all'atto  di  concordia  stipulato 
colla  mediazione  di  Ladislao. 

La  zecca  aveva  i  suoi  locali  alle  dipendenze 
del  Campidoglio  e  precisamente  vicino  all'arco  di 
Settimio  Severo,  come  deducesi  dal  Signorili  che 
sul  principio  del  XV  secolo  era  scrivano  del  popolo 
romano  e  ci  lasciò  una  relazione  della  città  e  delle 
chiese  di  Roma  (2K 

Roma,  gennaio  1905. 

E.  Martinori. 


(1)  Fioravanti  (B.)  antiqui  romanorum  Pontificum  Dettarti,  ecc.  p.  92. 

(2)  Man.  Vat.  3536. 


MONETE  INEDITE 

DELLA 

RACCOLTA  DE  LAZARA  DI  PADOVA 


Considerate  le  difficoltà  che  ordinariamente  si 
frappongono  alla  divulgazione  per  le  stampe  di  mo- 
nete esistenti  in  collezioni  private,  non  riuscirà  certo 
discara  agli  studiosi  la  presente  memoria,  che  illu- 
stra alcune  monete  inedite  conservate  nella  ricca 
collezione  del  conte  cav.  Antonio  de  Lazara  di  Pa- 
dova. Egli,  dopo  avermi  fornito,  con  la  gentilezza 
che  lo  distingue,  utili  spiegazioni  sulle  monete  da 
pubblicarsi,  metteva  queste  a  completa  mia  dispo- 
sizione, permettendomi  di  farle  conoscere  col  mio 
nome  da  questa  importante  Rivista.  Vivissime  grazie 
dunque  gliene  rendo  anche  per  i  cultori  della  nu- 
mismatica. 

E  qui  incomincierò  subito  dalle  monete  di  casa 
Savoia. 

SAVOIA. 

Carlo  Emanuele  1  (1580-1630). 

1.  Quarto  di  ducato. 
CAROLVS  •  EM.  D:  G.  DVX  •  SABÀVDI/E  Busto  del  Principe 
a  destra  con    corazza    e    collare  alla  spagnuola.    Sotto: 

T-1621. 

13 


98  I.    RIZZOLI   JUN. 


*  DE  VENTRE  •  MÀTRIS  •  DEVS  •  PRCTECTOR  •  MEVS  Scudo 
ornato  e  coronato  colle  armi  di  Savoia,  accostato  dal 
motto  FE-RT- 

(Argento,  ottima  conservazione.  —  Peso  gr.  7,900). 

(Tav.  Ili,  n.  1). 

Questa  moneta  fu  battuta  nel  1621,  quando  la 
zecca  di  Torino  era  appaltata  a  Giovanni  Matteo 
Torazza,  il  quale  aveva  assunto  l'obbligo  di  battere 
annualmente  marchi  10,000  tra  ducatoni,  mezzi  e 
quarti,  e  marchi  6,000  di  quarti  col  rimedio  di  pezzi  4 
per  marco  da  cedersi  a  beneficio  di  S.  A.  Carlo 
Emanuele  I  di  Savoia  (*X 

Il  tipo  di  essa  non  è  nuovo,  poiché  ci  risulta 
essere  stato  usato  fin  dal  1598,  allorquando  teneva 
la  zecca  Rolando  Gastaldo;  si  ripetè  quindi  nel  1601, 
nel  1607  e  nel  1610  con  identico  stemma,  col  motto 
FERT  e  colla  stessa  leggenda  nel  rovescio. 

L'importanza  della  presente  moneta  sta  in  ciò, 
che  mentre  nel  1621  erano  stati  decretati  :  duca- 
toni,  mezzi  ducatoni  e  quarti,  non  si  conoscevano 
invece  fino  ad  oggi  che  i  ducatoni  ed  i  mezzi  f*X 
Il  nostro  spezzato  colma  la  lacuna  e  giustifica  l'ob- 
bligo imposto  dalla  Camera  Ducale   allo   Zecchiere. 

2.  Da  sei  soldi. 

•  8  •  CAR  •  El  GRATI  •  1629:  D  •  PEDE....  Scudo  colla  croce 

di  Savoia  coronato  ed  accostato  da  due  nodi  d'amore  ; 
sotto  :  V  •  I. 
.  DV  a  |N  a  *  Hoc  •  EGO  A  SPER     E  •  C  Nel  campo  il  motto 
FE-RT,  accostato  superiormente  ed  inferiormente  da  due 
nodi  d'amore.  All'esergo  :  •  VI  •  S  • 
(Mistura,  buona  conservazione.  —  Peso  gr.  5,500). 

(Tav.  Ili,  n.  2). 


(1)  Promis    Domenico.    Monete   dei   Reali  di   Savoia.    Torino,    1841, 
Chirio  e  Mina,  in-8°,  voi.  I  a  pag.  228. 

(2)  Ibidem,  tav.  XXXVII,  n.  56. 


MONETE    INEDITE    DELLA    RACCOLTA    DE   LAZARA   DI   PADOVA  99 

Se  a  stretto  rigore  la  presente  moneta  non  è 
al  tutto  inedita,  pure  è  una  varietà  così  importante 
del  n.  19  del  Promis  e  del  n.  18  delle  monete  di 
Casa  Savoia  pubblicate  dal  Rossi  (r)  da  meritare  qui 
una  speciale  menzione.  Di  fatto  la  leggenda  circolare 
del  rovescio  non  corrisponde  a  quella  dei  due  pezzi 
ora  indicati,  riportando  essa  il  motto  :  in  hoc  ego  spe- 
rabo,  che  riscontrasi  sul  rovescio  di  alcune  monete 
d'oro,  d'argento  e  di  mistura  battutesi  sotto  lo  stesso 
principe  dopo  il  1610.  È  da  tenersi  conto  però  nel 
nostro  caso,  forse  perchè  la  moneta  fu  ribattuta,  che 
le  iscrizioni  del  diritto  e  del  rovescio  devono  aver 
subito  tali  alterazioni  per  lo  spostamento  di  sillabe 
o  di  parole  da    presentarcene    segni    manifestissimi. 

Vittorio  Amedeo  I  (1630- 1637). 

3.  Soldo. 

•  DVX  •  SAB  •  C  •  RE Scudo  con  la  croce  di  Savoia. 

FI  •  1631    Croce    trilobata,  accantonata  da  un 

nodo  d'amore. 
(Mistura,  mediocre  conservazione.  —  Peso  gr.  1,030). 

(Tav.  Ili,  n.  3). 

Nel  rovescio  di  questa  moneta  non  si  legge  che  FI 
e  il  millesimo  1631,  che  è  chiarissimo  e  che  ci  ri- 
porta al  ducato  di  Vittorio  Amedeo  I,  il  quale,  am- 
miratore della  riforma  monetaria  introdotta  da  Ema- 
nuele Filiberto,  volle  che  la  lira  divenisse  definiti- 
vamente l'unità  monetale  e  risultasse  composta  di 
soldi  20.  Il  giorno  18  novembre  del  1631  venne  a 
tale  proposito  appaltata  la  zecca  di  Torino  e  di  Ver- 
celli a  Giovanni  Pietro  Rotta  di  Venezia  e  Cesare 
Cavalleris  di  Torino.  Costoro  si  obbligarono  di  pre- 
sentare entro  15  mesi  marchi  52,000  di  lire   ducali, 


(1)  Promis,  op.  cit.,  voi.  II,  tav.  XXX,  n.  19  e  Rossi  Umberto,  Mo- 
nete inedite  del  Piemonte  in  "  Gazzetta  Numismatica  „  a.  Ili  (1883)  n.  11-12. 


ÌOO  L.    RIZZOLI    JUN. 

marchi  113,000  di  soldi  ducali  e  marchi  53,700  di 
mezzi  soldi  (*).  In  data  12  giugno  del  1632  si  sospese 
però  la  coniazione  troppo  copiosa,  cui  dobbiamo  as- 
segnare il  nostro  soldo  con  l'anno  1631. 

Se  si  esaminano  i  tipi  delle  monete  sabaude 
precedenti,  nessuna  si  mostra  simile  a  questa,  che 
è  da  ritenersi  per  ciò  un  tipo  nuovo,  donde  derivò 
la  moneta  di  mistura  coniatasi  nel  1641,  ma  che  ha 
lo  scudo  con  la  croce  di  Savoia  coronato. 

Non  v'ha  dubbio  che  sul  rovescio  della  nostra 
moneta  dovevasi  leggere:  in  te  Domine  confi\do\,  motto 
usatosi  in  molte  altre  monete  di  Vittorio  Amedeo  I. 

Lo  provano  sufficientemente  le  lettere  Fi,  con 
le  quali  doveva  terminare  il  motto  suddetto. 

GENOVA. 

Lodovico  XII  Re  di  Francia  (1499-1512). 

4.  Grosso  da  cinque  soldi. 

+  .  LV  .  XII  .  REX  .  FRAN  .  IANVE  .  D  Scudo  di  Francia  co- 
ronato e  accostato  da  due  istrici  reggentisi  sulle  gambe 
posteriori. 

*  •  COMVNITÀS  •  IANVE  •  A  o  C  Grande  croce  patente, 
con  una  stella  di  5  raggi  nell'angolo  inferiore  destro  ; 
sotto  la  croce -il  castello. 

(Argento,  buona  conservazione.  —  Peso  gr.  2,830). 

(Tav.  Ili,  n.  4). 

Assai  interessante  è  il  grosso  da  j  soldi  qui  de- 
scritto, che  per  il  tipo  si  appalesa  uno  spezzato  dello 
scudo  da  60  soldi,  battutosi  dopo  la  rivoluzione  del 
1507  da  Luigi  XII  Re  di  Francia  (2).  Anche  il  suo 
peso  ne  è  ottima    prova,    imperocché    si    sa  che  in 


(1)  Promis,  op.  cit.,  pag.  252  del  voi.  I. 

(2)  Tavole  descrittive    delle    monete    della    zecca    di  Genova   dal  irjp 
al  1814.  Genova,  1890,  pag.  98  e  tav.  Ili,  n.  38. 


MONETE    INEDITE    DELLA    RACCOLTA    DE    I.AZARA    DI    PADOVA         IOI 

quel  tempo  lo  scudo  d'argento  pesava  grammi  37,779 
essendo  pari  in  valore  al  ducato  d'oro  (J). 

In  tal  modo  viene  confermata  maggiormente  l'ipo- 
tesi del  valoroso  numismatico  comm.  Giuseppe  Rug- 
gero, il  quale,  fin  dal  1893,  pubblicando  un  testone 
da  20  soldi  di  tipo  identico  al  ducato  d'argento  sopra 
indicato,  aveva  ammesso  l'esistenza  di  un'  intera  serie 
di  monete  con  a  capo  quel  superbo  multiplo  (2). 

Anche  le  sigle  dell'ufficiale  di  zecca,  che  si  tro- 
vano nel  ducato,  nel  testone  e  nel  grosso  da  5  soldi, 
sono  le  stesse  e  corrispondono  al  nome  di  Ambrogio 
de  Camilla  o  a  quello  di  Agostino  Calvo,  i  quali 
coprirono  la  carica  nel  1508  e  nel  1509  (3). 

CASTIGLIONE    DELLE   STIVIERE. 

Ferdinando  I  Gonzaga  (1616-1678). 


5.  Soldo. 

-  ®  •  FERDIN  •  M  •  CA  •  Testa  del  Marchese  a  sinistra. 

S.-PETRVS  •  —  •  i>'  •  CAS  •  Figura  di  S.  Pietro,   ritto  a  si- 
nistra, benedicente. 
(Rame,  cattiva  conservazione.  —  Peso  gr.  0,700). 

È  questa  la  seconda  moneta  di  Ferdinando  I 
Gonzaga,  che  reca  nella  iscrizione  il  titolo  di  Mar- 
chese di  Castiglione.  Le  altre  monete  che  gli  spet- 
tano  lo  dicono   Principe   di  Castiglione  e  Marchese 


(1)  lb.,  pag.  41-42. 

(2)  Ruggero  Giuseppe,  Annotazioni  numismatiche  genovesi,  XX III: 
Nuove  monete  di  Lodovico  XII  in  "  Riv.  hai.  di  Numism.  „  a.  VI  (1893), 
pag.  178  e  sgg. 

(3)  Tavole  cit.,  pag.  286. 


Ì02  L.    RIZZOLI    JUN. 


di  Medole.  Una  moneta  simile  è  quella  pubblicata 
dall'Agostini  al  n.  171  della  sua  Zecca  di  Castiglione 
delle  Stiviere.  Ma  se  la  nostra  reca  da  un  lato  la 
testa  del  Principe,  quella  ha  invece  in  luogo  della 
testa  lo  stemma   dei  Gonzaga  (J). 

BOZZOLO. 

Scipione  Gonzaga  (1609-1671). 

6.  Sesino. 

•  SCIP.  GON.  DVX.  SABL  •  Fiamme. 

•  BOZ  •  PRIN  •  MAR  •  HOSTI  Nel  campo:  L. 
(Mistura,  discreta  conservazione.  —  Peso  gr.  0,600). 

(Tav.  Ili,  n.  5). 

A  Scipione  Gonzaga,  figlio  di  Ferrante  signore 
di  Rivarolo,  che  ottenne  l' investitura  del  ducato  di 
Sabbioneta  dopo  il  1636  e  fu.  Principe  di  Bozzolo  e 
Marchese  di  Ostiano,  appartiene  il  presente  sesino. 
Almeno  per  il  rovescio  questa  moneta  si  rivela  una 
servile  imitazione  dei  quattrini  di  Lucca  col  Volto 
Santo  e  con  la  lettera  L,  spettanti  alla  fine  del  se- 
colo XVI.  Questi,  quantunque  a  base  di  rame  e 
quindi  di  poco  valore,  per  aver  avuto  la  fortuna  di 
essere  accettati  in  ogni  luogo  senza  difficoltà,  ven- 
nero frequentemente  falsificati  nelle  piccole  zecche 
della  Lombardia  e  del  Piemonte  (2). 

Le  contraffazioni  però,  se  bene  si  esaminano, 
distinguonsi  dalle  monete  genuine  o  per  le  leggende, 
che  sono  o  in  tutto  od  in  parte  differenti,  o  per  la 
mancanza,  non  assoluta  però,  dei  numeri    posti    ac- 


ci) Agostini  Agostino,  Castiglione  delle  Stiviere.  La  zecca,  Brescia, 
a.  1895,  pag.  59  e  tav.  VI,  n.  79. 

(2)  Massagh  Domenico,  Introduzione  alla  storia  della  zecca  e  delle 
monete  lucchesi,  Lucca,  a.  1870,  pag.  110. 


MONETE    INEDITE   DELLA    RACCOLTA    DE    LAZARA    DI    PADOVA        IO3 

canto  alla  lettera  L  ad  indicare  il  tempo  della  conia- 
zione, secondo  l'uso  della  zecca  di  Lucca  nel  se- 
colo XVI. 

Qui  non  ommetterò  di  ricordare  che  il  Massagli, 
fra  le  imitazioni  delle  monete  lucchesi,  notò  come 
esistenti  nella  sua  privata  collezione  un  quattrino 
con  il  S.  Volto  ed  L,  appartenente  alla  zecca  di  No- 
vellara,  ed  un  altro  con  la  leggenda:  FERD:  G-:  CAST: 
PRINC,  appartenente  alla  zecca  di  Castiglione  delle 
Stiviere  U). 

Questa  seconda  monetina  è  quindi  contempo- 
ranea alla  nostra,  poiché  Ferdinando  1  Gonzaga  fu 
principe  di  Castiglione  dal  1616  al  1678. 

SOLFERINO. 

Carlo   Gonzaga   (1637-1680). 

7.  Sesino. 

CAR  •  D  •  G-  •  PRIN  :  C  :  S  :  D  Testa  del  Principe  a  destra. 
MVNI...  -  SESIN  (in  due  linee)  entro  cartella. 
(Mistura,  mediocre  conservazione.  —  Peso  gr.  0,450). 

(Tav.  Ili,  n.  6). 

Imitazione  o  meglio  contraffazione  dei  sesini  di 
Modena,  battutisi  sotto  Francesco  I  e  Alfonso  IV  (2), 
è  il  sesino  qui  sopra  descritto. 

Le  lettere  M  ed  l,  poste  accanto  a  VN  nel  ro- 
vescio della  moneta,  formano  una  sola  parola,  com- 
binata evidentemente  per  trarre  in  errore  chi  non 
l'avesse  letta  con  diligenza,  potendosi  facilmente 
scambiare  con  MVTIN-SESIN. 

La  nostra  contraffazione  appartiene  a  Carlo 
Gonzaga  che  fu  signore  di   Solferino   e   Principe  di 


(1)  lo.,  pag.  112,  cfr.  anche:  Agostini,  op.  cit.  tav.  VII,  n.  iol 

(2)  Crespellani  Arsenio,  La  Zecca  di  Modena,  Modena,  1884,  tav.  XII, 
n.  no  e  tav.  XIII,  n.  117. 


104  L.    RIZZOLI    JUN. 


Castiglione;  il  che  precisamente  si  rileva  anche  dalla 
iscrizione  della  piccola  moneta.  Con  essa  dunque 
viene  alcun  poco  aumentata  la  scarsa  serie  delle 
monete  di  Solferino  (J). 


MODENA. 
Ercole  II  (1534- 1559). 


8.  Quattrino  o  Sesino  (?). 

COMVNITATIS  •  MV...NE  •  Stemma  comunale  in  scudo  ornato. 
S.  GEMINIANVS  •  MVT.  S.  Geminiano  seduto  a  destra,  con 
mitria  ed  insegne  pastorali. 
(Mistura,  mediocre  conservazione.  —  Peso  gr.  0,440). 

Non  deve  far  meraviglia  se  nell'opera  sulla  zecca 
di  Modena  del  Crespellani  non  trovasi  descritta  questa 
monetina  che,  a  considerarla  dal  peso,  dal  diametro, 
dalla  qualità  del  metallo  e  dal  tipo  dovrebbesi  rite- 
nere un  quattrino  o  un  sesino.  Parecchie  altre  mo- 
nete modenesi  esistenti  nella  collezione  del  Museo 
Bottacin  di  Padova  non  ebbero  allora  la  fortuna  di  es- 
sere menzionate  in  quella  pubblicazione,  che  quanto 
più  diligentemente  viene  esaminata,  tanto  meno  per- 
fetta ed  esauriente  fa  duopo  riconoscere  (2). 


(1)  Veggasi  :  Affò  Ireneo,  Le  monete  dei  Gonsaghi  principi  di  Ca- 
stiglione delle  Stiviere  e  signori  di  Solferino  in  Zanetti,  "  Nuova  Rac- 
colta delle  Monete  e  Zecche  d'Italia  „,  t.  Ili,  Bologna,  a.  1783,  pag.  209-211. 

(2)  Rizzoli  Luigi  jun.,  Alcune  monete  della  zecca  di  Modena  nel  Museo 
Bottacin  di  Padova,  in  "  Bollett.  del  Museo  Civ.  di  Padova  „  a.  I,  (il 
pag.  104  sgg. 


MONETE    INEDITE    DELLA    RACCOLTA   DE   LAZARA   DI    PADOVA        105 

Quantunque  non  ci  sia  sulla  nostra  moneta  il 
nome  del  Principe,  sotto  il  quale  fu' battuta,  pure  la 
leggenda:  COMVNITAS  MVTINE  ce  la  fa  attribuire  al 
Duca  Ercole  II,  sulle  cui  monete  soltanto  questa  leg- 
genda appunto  si  riscontra  (0.  Per  il  tipo  la  mone- 
tina corrisponderebbe  a  quei  denari  usciti  dalla  zecca 
di  Modena  nel  26  febbraio  del  1539  dei  quali,  se- 
condo il  Crespellani,  avrebbe  ricordata  Y  impronta 
il  cronista  Tomasino  Lancilotti  narrando  che  avevano 
da  una  parte  il  busto  di  S.  Geminiano  e  dall'altra 
una  croce  colle  lettere  Comunitatis  Mutinae  <2). 


Cesare  I  (1597- 1628). 

9.  Quarto  di  Unghero. 

CAESAR  :  DVX :  MVT  :  REO  —  %  •  II  Duca  in  arma- 
tura, stante  a  destra,  impugna  con  la  mano  sinistra  la 
spada  e  con  la  destra  lo  scettro. 

Stemma  Estense  coronato  ed  accostato  da  due  rosette. 

(Oro,  buona  conservazione.  —  Peso  gr.  0,830). 

(Tav.  Ili,  n.  7). 

Anche  questa  interessante  moneta  manca  al- 
l'opera del  Crespellani.  È  una  frazione  deìYungkero  e 
corrisponde  molto  approssimativamente  ad  un  quarto 
del  peso  di  questo.  11  suo  rovescio  s'identifica  con 
quello  dell'unghero  descritto  dal  Crespellani  al  n.  52, 
pur  essendo  la  nostra  moneta  alquanto  differente  e 
per  la  mancanza  del  toson  d'oro  intorno  allo  scudo 
e  per  le  due  rosette  che  sostituiscono  le  due  iniziali 
L-S  poste  accanto  allo  stemma  (3). 


(1)  Crespellani,  op.  cit.,  tav.  V,  n.  40. 

(2)  lb.,  pag.  41. 

(3)  Io.,  tav.  VII,  n.  52. 


H 


IOÓ  L.    RIZZOLI    JUN. 


È  strano  che  non  vi  siano  documenti,  che  ri- 
cordino gli  spezzati  del  ducato  d'oro,  coi  quali  si  com- 
pleta, per  così  dire,  la  ricca  serie  delle  monete  d'oro 
di  Cesare  I  pervenute  alla  nostra  conoscenza. 

Francesco  I  (1629-1658). 

io.  Giorgino. 
FRA  •  I  •  MV  •  REG  •  ZD  •  Vili  *    Busto    del   Duca   volto   a 

destra  e  sotto  :  •  I  •  T  • 
SANCT  -  GEMINIA    S.  Geminiano    genuflesso    a    destra    ed 
orante.  A'  suoi  piedi  il  simulacro  della  città. 
(Mistura,  ottima  conservazione.  —  Peso  gr.  1,900). 

(Tav.  Ili,  n.  8). 

Ai  molti  giorgini  fino  ad  ora  noti,  battutisi  sotto 
Francesco  I,  devesi  aggiungere  il  presente  pezzo,  il 
quale  reca  nel  rovescio  la  leggenda  SANCT-G-EMINIA, 
anziché  la  comunissima  PROTEC.  NOSTER. 

Il  conio  di  questo  giorgino,  come  si  rileva  dalle 
sigle  poste  sotto  il  busto  del  Duca,  devesi  attribuire 
a  Ioseffo  Teseo,  israelita  che  più  volte  ebbe  l'eser- 
cizio della  zecca  di  Modena  dal  1630  al  1646  (J). 


REGGIO. 
Ercole  II  (1534-1559)- 

11.  Bag aitino. 
HER  •  Il  •  DVX  ■  REG-II  Testa  del  Duca  a  sinistra;  sotto:  .... 
•  SANGVINIS  •  XPI  •  IHESV  Reliquiario. 
(Rame,  mediocre  conservazione.  —  Peso  gr.  1,050). 

(Tav.  Ili,  n.  9). 

Ad  incominciare  dal  1538  numerosissime  furono 
in  Reggio  le  emissioni  di  bagattini,  ordinati  dal  Duca 


(1)  Crespellani,  op.  cit.,  pag.  93  e  sgg.,  tav.  XII,  n.  100, 


MONETE    INEDITE   DELLA    RACCOLTA   DE   LAZARA    DI    PADOVA        IO7 

Ercole  IL  Le  varietà  descritte  dal  Malaguzzi- Valeri 
attestano  precisamente  la  grande  copia  dei  bagattini 
coniati.  Fra  quelle  però  non  figura  la  nostra  moneta, 
che  dal  rovescio  s'appalesa  una  contraffazione  di 
moneta  mantovana.  Può  per  ciò  ragionevolmente  ve- 
nire aggruppata  ai  due  bagattini,  descritti  dal  Ma- 
laguzzi ai  n.  88  e  89,  che  sono  pure  contraffazioni 
mantovane  CO,  recanti  tutte  e  due  nel  rovescio  il  re- 
liquiario del  Sangue  di  Cristo,  ma  una  l'iscrizione 
CORP.  IS  •  XPI,  e  l'altra  SANG-VINIS  •  XPI  • 


12.  Bag aitino. 
*  •  REG-IVM  •  LEPIDI  Scudo  ornato,  di  forma  moderna,  con 

l'arma  di  Reggio. 
—  RE  —  GIVM  —  •  LE  —  PIDI  (in  quattro  linee). 

(Rame,  mediocre  conservazione.  —  Peso  gr.  1,200). 

Non  ostante  questa  moneta  manchi  del  nome 
del  Principe,  dal  quale  fu  emessa,  pure  può  farsene 
con  probabile  certezza  egualmente  l'assegnazione. 
Mentre  il  diritto  di  essa  presenta  l'identico  tipo  del 
rovescio  della  moneta  descritta  dal  Malaguzzi  al 
n.  76  e  che  appartiene  ad  Ercole  II,  il  rovescio  in- 
vece è  identico  a  quello  della  moneta  descritta  dallo 
stesso  autore  al  n.  69,  pur  questa  spettante  ad  Er- 
cole II  (2).  Si  direbbe  che  il  nostro  bagattino  è 
un'ibrida  composizione  di  due  monete  varie  ma  dello 
stesso  valore. 


(1)  Malaguzzi- Valeri  Francesco,    La   zecca  di  Reggio   nell'Emilia, 
Milano,  a.  1894,  pag.  108. 

(2)  Malaguzzi,  op.  cit,  pag.  105  e  seg.,  tav.  XII,  n.  8  e  7. 


ìoè  L.    RIZZOLI  JUN. 


MIRANDOLA. 
Alessandro  I  Pico  (1602-1637). 

13.  Mezzo  denaro. 

ALEX  •  PIC  •  DVX  •  MIR....  Stemma  Pico  a  scacchi. 
MEZO  •  DENARO  Sfera  armillare. 
(Rame,  cattiva  conservazione.  —  Peso  gr.  0,600). 

(Tav.  Ili,  n.  io). 

14.  Mezzo  denaro. 

S.  C S.  Caterina  in  piedi,  di  faccia. 

MEZO  •  DENARO  Sfera  armillare. 
(Rame,  cattiva  conservazione.  —  Peso  gr.  0,630). 

(Tav.  Ili,  n.  11). 

Il  primo  di  questi  due  mezzi  denari  è  una  va- 
rietà della  monetina  descritta  dal  Litta  fra  le  incerte 
mirandolesi  (0,  Ho  creduto  però  di  pubblicarlo  qui 
egualmente,  in  quanto  che  per  avere  esso  1*  iscrizione 
abbastanza  chiara  e  leggibile,  non  solo  possiamo 
rettificare  l'erronea  lettura  che  ne  era  stata  fatta  dal 
Litta  sul  proprio  esemplare,  ma  anche  ne  ricaviamo 
il  nome  del  Principe  al  quale  la  moneta  appartiene. 

Il  Litta  difatti,  leggendo  per  errore  IO  nell'iscri- 
zione del  diritto,  credette  di  poter  attribuire  il  mezzo 
denaro  a  Gianfrancesco  Pico,  mentre  invece  colla 
scorta  della  nostra  moneta,  che  ci  lascia  vedere 
ALEX  •  pie,  viene  dissipato  ogni  dubbio  sulla  attribu- 
zione di  ambedue  le  monete. 

10  inclinerei  poi  ad  assegnarle,  tenuto  conto 
del  loro  tipo  e  carattere  stilistico,  al  primo  Alessandro. 

11  secondo  mezzo  denaro,  qui  sopra  descritto,  è 
una  moneta,  per  quanto  mi  consta,  fino  ad  ora  sco- 
nosciuta. La  figura  di  S.  Caterina  non   trovasi    che 


(t)  Litta  Pompeo,  Famiglie  celebri  italiane,  Pico. 


MONETE   INEDITE   DELLA   RACCOLTA   DE    LAZARA   DI    PADOVA        IÒ9 

sulle  monete  mirandolesi  di  Alessandro  I,  al  quale 
perciò,  fino  a  prova  contraria,  assegno  pure  questo 
raro  cimelio. 


ROMA. 
Paolo  V  (1605-1621). 

15.  Doppia  da  due. 

PAVLVS  •  V  •  PON  •  MAX  •  A  •  fili  Busto  del  Papa  in  piviale, 

a  sinistra. 
S.  PAVLVS  •  AL  —  MA  •  ROMA    S.  Paolo  stante  a  sinistra  ; 
a'  suoi  piedi  una  piccola  arma  gentilizia. 
(Oro,  ottima  conservazione.  —  Peso  gr.  13,130). 

(Tav.  Ili,  n.  12). 

Fra  le  monete  d'oro  di  Paolo  V  non  era  stata 
posta  fino  ad  ora  questa  importante  doppia  da  due, 
la  quale  corrisponde  perfettamente,  in  quanto  al  tipo, 
ad  un  testone  dal  Cinagli  ricordato  al  n.  37  della 
pag.  134  nella  sua  pregevolissima  opera  sulle  mo- 
nete papali  (J). 

VENEZIA. 

Nicolò  Contarini  (1630-1631). 

16.  Da  due  zecchini. 

NIC.  CONT  -  •  S  •  M  •  VENET  II  Doge  genuflesso  riceve  il 
vessillo  astato  da  S.  Marco  stante.  Lungo  l'asta  del  ves- 
sillo: DVX. 
IST  •  (sic)  T  •  XPE  •  DAT  •  Q  •  T  -  REGIS  •  ISTE  •  DVC  II  Re- 
dentore stante  di  faccia  e  benedicente,  entro  un'  ellissi 
di  perline.  Nel  campo,  entro  l'ellissi,  17  stellette. 
(Oro,  ottima  conservazione.  —  Peso  gr.  7). 

(Tav.  Ili,  n.  13). 


(1)  Cinagli  Angelo,  Le  monete  dei  Papi,  Fermo,  1848. 


HO  L.    RIZZOLI    JUN. 


Da  quanto  mi  consta,  moneta  unica  e  di  certis- 
sima autenticità  è  questo  pezzo  da  due  zecchini  del 
doge  Nicolò  Contarmi.  Non  è  simile  per  tipo  alla 
moneta  da  due  zecchini,  proposta  dai  provveditori 
alla  zecca  fin  dal  1575,  doge  Alvise  I  Mocenigo,  ma 
non  approvata  (r).  Questa  è  di  diametro  maggiore 
(mm.  29)  ed  ha  neLTesergo  del  diritto  il  numero  ro- 
mano II  ed  un  giro  di  perline  che  divide  le  iscri- 
zioni circolari  dal  campo.  La  nostra  invece  assomi- 
glia al  solito  zecchino,  non  ha  le  iniziali  degli  ufficiali 
di  zecca  all'esergo,  che  riscontransi  nello  zecchino 
d'argento  e  suoi  sottomultipli,  ed  in  diametro  mi- 
sura mm.  20. 

È  dunque  un  pezzo  assai  prezioso  che  viene  ad 
aggiungersi  alla  breve  serie  delle  monete  di  un  doge, 
che  per  poco  tempo  soltanto  tenne  il  governo  della 
Repubblica. 


Dott.  L.  Rizzoli,  jun. 


(1)  Rizzoli  L.  jun.  Monete  veneziane  del  Museo  Bottacin  di  Padova, 
estr.  da  "  Atti  del  Congresso  Int.  di  Se.  St.,  voi.  XI,  Sezione  numis.  „ 
Roma,  a.  1904,  pag.  6-7. 


UN    DENARO 
della    Contessa   RICHILDA  (?) 


Nel  fascicolo  5-6  della  Rassegna  Numismatica  di 
Orbetello  dell'anno  scorso  è  comparsa  una  mono- 
grafia del  Signor  Comm.  Alessandro  Lisini  di  Siena, 
che  attribuiva  un  denaro  col  nome  dell'imperatore 
Enrico  ad  una  Contessa  Richilda  moglie  del  Mar- 
chese Bonifacio  Duca  di  Toscana-  e  padre  della  ce- 
lebre Contessa  Matilde. 

Passata  la  prima  sorpresa  derivata  dal  trovare 
monete  con  nome  di  vassalli  in  un  tempo  in  cui  gli 
imperatori  erano  sommamente  gelosi  dell'  autorità 
sovrana  specialmente  in  tale  materia,  e  quella  più 
grande  ancora  di  vedere  l'effigie  di  una  Contessa 
sovra  un  pezzo  di  argento  nell'epoca  in  cui  gl'im- 
peratori stessi  non  vi  ponevano  che  il  nome  attorno 
alla  croce,  mi  avvidi  che  la  moneta  di  cui  si  univa 
il  disegno  era  già  stata  da  me  giudicata  veneziana 
e  pubblicata  nel  primo  volume  de  «  Le  Monete  di 
Venezia  »  al  n.  12  della  tavola  IV. 

È  dunque  ben  naturale  che  io  difenda  il  mio 
asserto  e  che,  esponendo  le  ragioni  del  mio  giudizio, 
cerchi  dimostrarne  l'esattezza  e  la  verità. 

La  moneta,  come  ogni  altro  monumento  della 
storia  e  dell'arte,  è  intimamente  legata  agli  altri  del 
suo  tempo  e,  come  trova  le  sue  origini  nel  passato, 
così  assai  spesso  lascia  una  traccia  che  ne  ricorda 
il  passaggio  nei  prodotti  che  seguono.  Ora  i  denari 
veneziani  assegnati  da  me,  come  da  altri  numisma- 
tici,   agl'imperatori    Enrico    IV   e   V,  ricordano  nel 


112  NICOLÒ   PAPADOPOLI 


diritto  quelli  dei  loro  predecessori,  ma  si  distinguono 
da  quelli  coniati  dagli  stessi  sovrani  in  altri  luoghi 
d' Italia  per  la  protome  di  S.  Marco  che  si  trova  nel 
loro  rovescio.  Tale  fatto  non  è  interamente  nuovo, 
perchè  si  era  già  vista  sulle  monete  di  Salerno  la 
effigie  di  San  Matteo  e  quella  di  San  Pietro  sui  de- 
nari romani  dei  Papi.  Più  che  a  quest'ultima,  la  fi- 
gura rappresentata  sulla  monetina  veneziana  somiglia 
a  quella  di  San  Matteo  di  Salerno  con  la  quale  ha 
comune  l'origine,  perchè  tutt'e  due  provengono  dal 
busto  del  Redentore  che  si  trova  in  molte  monete 
bizantine,  disegnato  di  fronte  come  i  ritratti  degli 
imperatori,  delle  imperatrici  e  dei  principi  della  casa 
imperiale  di  Costantinopoli.  Questo  tipo  si  conservò 
lungo  tempo  sui  denari  veneziani,  e  si  può  ritenere 
che  il  nome  Enrico  continuò  ad  essere  segnato,  non 
solo  per  tutta  la  durata  del  regno  dei  due  sovrani 
di  questo  nome,  ma  anche  dopo,  sino  a  che  i  vene- 
ziani non  lo  sostituirono  con  quello  del  doge,  con- 
servando però  il  tipo  col  busto  del  santo  che  troviamo 
mantenuto  per  secoli  su  di  una  moneta  di  piccolis- 
simo valore. 

Naturalmente,  durante  un  periodo  di  oltre  set- 
tantanni, le  stesse  monete  subirono  delle  modifica- 
zioni tanto  nell'aspetto  esterno  quanto  nell'intrinseco 
valore.  Infatti  i  più  antichi  denari  di  Enrico  con  la 
testa  di  San  Marco  pesano  circa  16  grani  veneti, 
mentre  i  più  recenti  variano  fra  gli  8  e  i  9  grani, 
e  forse  sono  anche  inferiori  ai  primi  nella  bontà 
dell'argento.  Quanto  alle  modificazioni  nell'aspetto 
della  moneta,  esse  non  sono  importanti,  ma  pure, 
studiandole  attentamente,  si  riconosce  che  il  tipo  e 
la  leggenda  subirono  lievi  ma  continue  alterazioni. 
Nei  primi  denari  la  testa  del  Santo  è  rozzamente 
disegnata  e  senza  aureola,  il  vestito  è  decorato  di 
un  ornamento  che  circonda   il   collo  e  discende   sul 


UN    DENARO   DELLA   CONTESSA    RICHILDA   (?)-  113 

petto  come  il  pallio  dei  vescovi:  mentre  nelle  più 
recenti  la  testa  è  circondata  da  una  serie  di  punti 
in  forma  di  aureola,  e  gli  ornamenti  del  vestito  sono 
formati  da  linee  incrociate  e  da  punti  come  le  toghe 
degl'imperatori  bizantini. 

Nelle  più  antiche  si  legge  chiaramente  la  leg- 
genda S  •  MÀRCVS  •  VENECIA  in  caratteri  del  secolo  XI, 
che  da  principio  sono  di  forma  abbastanza  corretta,  poi 
s' imbarbariscono  progressivamente  sino  a  ridursi  ad 
una  scritta  incomprensibile.  La  S  diventa  un'asta  con 
due  appendici  che  talora  anche  scompariscono,  la  M 
diventa  H,  l'A  forma  nesso  con  la  R  e  le  due  E  di 
Venecia  si  uniscono  alla  V  e  alla  N.  Più  tardi  i  nessi 
si  guastano  e  l'A  unita  alla  R  diventa  l-R.  Conviene 
ricordarsi  che  allora  la  conoscenza  della  scrittura 
non  era  cosa  comune  e  gli  operai  che  incidevano  i 
coni  riproducevano  materialmente  le  forme  che  erano 
loro  indicate  senza  comprenderne  il  significato. 

Per  questo  nel  primo  volume  delle  Monete  di  Ve- 
nezia ho  riportato  ben  diciassette  varietà  con  tredici 
disegni  di  questi  denari,  in  cui  appariscono  chiara- 
mente le  successive  modificazioni  e  il  progressivo 
degenerare  del  tipo  e  della  leggenda:  anzi  il  n.  12 
della  tav.  IV  è  assai  poco  dissimile  da  quello  ripor- 
tato dal  sig.  Comm.  A.  Lisini. 

Abbiamo  già  nel  secolo  XVIII  un  esempio  di 
erronea  lettura  di  uno  di  questi  denaretti  con  la 
testa  di  San  Marco,  nel  quale  il  nome  dell'impera- 
tore Enrico  sembrò  a  G.  G.  Lìruti  W  KNDNVS  IMPER, 
che  fu  da  lui  interpretato  Krtstus  poster  domìnvs 
IMPERA/,  seguito  in  tale  lettura  da  Gerolamo  Zanetti  (2) 


(1)  Liruti  di  Villafredda,  Della  Moneta  propria  e  Forestiera  ch'ebbe 
corso  nel  Ducato  del  Friuli.  Venezia,  1749,  pag.  149,  tav.  X,  n.  105. 

(2)  Dell'Origine  e  della  Antichità  della  Moneta  Viniziana,   Ragiona- 
mento. Venezia,  1750,  pag.  32-33,  n.  Ili  della  tavola. 

«5 


114  NICOLÒ    PAPADOPOI.I 


e  da  altri,  mentre  Odoardo  Corsini  (*)  osservava  che 
la  erronea  lettura  di  KNDNVS  invece  di  ENRICVS  doveva 
attribuirsi  alla  cattiva  conservazione  dell'esemplare 
che  aveva  avuto  in  mano  il  Liruti.  Ciò  non  impedì  al 
celebre  professore  Gioacchino  LeleweK2^  di  riprodurre 
il  disegno  con  la  leggenda  KNDNVS,  togliendolo  dalle 
opere  del  Liruti  o  dello  Zanetti,  per  farvi  alcune  osser- 
vazioni ed  attribuirlo  all'imperatore  Carlo  il  Grosso. 

È  questa  una  prova  evidente  del  modo  con  cui 
si  diffondono  e  si  ripetono  gli  errori,  anche  se  com- 
battuti con  buone  ragioni,  quando  la  confutazione 
non  è  pubblicata  in  modo  da  essere  facilmente  co- 
nosciuta da  tutti  gli  studiosi.  Ho  creduto  perciò  mio 
dovere  di  levarmi  a  contrastare  una  interpretazione 
che  mi  sembra  del  tutto  errata  e  di  dare  al  mio 
scritto  la  massima  pubblicità  sul  più  antico  ed  au- 
torevole periodico  di  Numismatica  del  nostro  paese. 

Spero  che  le  mie  parole  varranno  a  sradicare 
il  male  sino  dal  principio,  e  che  la  Contessa  Richilda 
andrà  a  tenere  compagnia  ad  altre  favole  che  hanno 
infestato  lo  studio  della  numismatica  veneziana , 
come  il  KNDNVS  IMPERAT,  il  POLANVS  IMPERATOR,  la 
redonda,  l'aureolo  e  il  grosso  d'oro. 


Nicolò  Papadopoli. 


(i)  Corsini  Odoardo,  Relazione  dello  scuoprimento  e  ricognizione 
fatta  in  Ancona  dei  sacri  Corpi  di  S.  Ciriaco  Marcellino  e  Liberio,  ecc. 
Roma,  1756,  pag.  7. 

(2)  Lelewel  Joachim,  Numismatique  du  Moyen-Age,  Paris,  1835, 
Première  Partie,  pag.  122,  tav.  XIV,  n.  37. 


Intorno  ad  un  nuovo  esemplare 
della  moneta   Cavallina   di  Candia 


Lettera  al  Signor  Conte   Nicolò   Papadopoli 
Senatore  del  Regno,  Presidente  della  Società  Numism.  Italiana. 


Illustrissimo  Signor  Conte, 

Volge  ormai  più  d'un  mezzo  secolo,  dacché  lo 
Zon  (J)  e  il  Lazari  (2)  ci  facevano  conoscere  V  inte- 
ressantissima moneta  veneta  del  1571  con  l'epigrafe 
/ES  ARGENTI  X,  attribuendola  a  Cipro. 

Era  riserbato  al  di  Lei  acume  il  correggere  fe- 
licemente l'attribuzione  ormai  invalsa  da  gran  tempo, 
ravvisando  invece  in  quell'enigmatico  pezzo  la  mo- 
neta Cavallina  dei  documenti  (così  chiamata  dal  nome 
del  Provveditore  generale  Cavalli),  e  assegnandola 
per  conseguenza  a  Candia  (3). 


(1)  Zon  (A.).  Zecca  e  monete  di  Venezia.  la  Venezia  e  le  sue  lagune, 
voi.  I,  par.  II,  Venezia  (Antonelli),  1847  —  (a  pag.  69). 

(2)  Lazari  (Vincenzo).  Le  monete  dei  possedimenti  veneziani  di  oltre- 
mare e  di  terraferma,  descritte  e  illustrate.  Venezia  (Santini),  1851  — 
(a  pag.  127-28  e  163,  e  alla  tav.  XIV,  n.  68). 

(3)  Papadopoli  (N.).  Di  alcune  monete  veneziane  per  Candia.  Ve- 
nezia (Visentini),  1871  (Estr.  dall'Archivio  Veneto,  tomo  II,  parte  II)  — 
(a  pag.  7-9). 

Ristamp.  in  Periodico  di  Numismatica  e  Sfragistica  per  la  Storia 
d'Italia,  voi.  V,  Firenze,  1873  —  (a  pag.  30-31). 


Ìl6  SOLONE   AMBROSOLI 


Un  decennio  più  tardi,  il  compianto  Co.  Miari 
dava  notizia  di  un  altro  esemplare  della  stessa 
moneta,  consunto,  ma  vario  per  l'anno,  1572  op- 
pure 1573  (r). 

Ora  sono  lieto  di  poterLe  dire  che  alla  mia 
volta  ho  rinvenuto  un  esemplare,  logoro  e  sformato 
da  contromarche  ma  tuttavia  indiscutibilmente  rico- 
noscibile, di  codesta  rarissima  moneta  (2),  e  che  tale 
esemplare,  per  la  sua  provenienza,  conferma  appieno 
la  di  Lei  attribuzione,  poiché  mi  fu  mandato,  in- 
sieme ad  altre  monete  da  esaminare,  precisamente 
da  Candia. 

Questo  esemplare  è  poi  (se  non  m'inganno)  di 
straordinaria  importanza  perchè  reca  appunto  due 
contromarche  :  la  prima  racchiude  1'  iscrizione  INTE- 
RIN  ;  la  seconda,  un  piccolo  leone  di  S.  Marco,  as- 
solutamente identico  per  forma  e  dimensioni  a  quello 
che  vediamo  nell'area,  sopra  l'epigrafe,  delle  due 
ossidionali  di  Candia  del  1650  (3),  —  circostanza 
questa  che  mi  sembra  ribadire  sempre  più  vittorio- 
samente l'attribuzione  da  Lei  proposta,  poiché  nulla 
vi  sarebbe  di  più  naturale  che  i  Veneziani,  allora  o 


(1)  Miari  (Fulcio  Luigi).  Z/aes  argenti  —  -f/72.  In  Gazzetta  Numi- 
smatica, anno  I,  n.  2,  Como,  1881  —  (a  pag.  5)  —  "  La  differenza  che 
si  riscontra  nell'anno  „  —  osserva  il  Co.  Miari  —  "è  presto  spiegata, 
quando  si  consideri  che  tale  moneta  fu  fatta  battere  in  Candia  dal  Ca- 
valli durante  i  22  mesi  del  suo  governo  in  queir  Isola,  cioè  dal  17  mag- 
gio 1571  al  1573  inclusivo  „. 

Padovan  (Vincenzo).  Le  monete  dei  Veneziani.  Sommario.  Terza 
edizione.  Venezia  (Visentini),  1881  (Estr.  da\Y Archivio  Veneto)  —  (a 
pag.  95  e  35^-57)- 

Miari  (F.  L.).  Di  alcune  rarissime  monete  e  medaglie  esistenti  nella 
Raccolta  Miari.  In  Archivio  Veneto,  nuova  serie,  anno  XVII,  tomo  XXXIV, 
Venezia,  1887  —  (a  pag.  393). 

Catalogo  della  Collezione  del  Conte  Fulcio  Miari  di  Venezia.  Milano 
(Pirola),  1889  —  (a  pag.  29,  n.  681). 

(2)  Il  Padovan  (op.  cit-,  —  a  pag.  357)  ne  annovera  soltanto  cinque 
esemplari. 

(3)  Lazari,  op.  cit.  —  (alla  tav.  XIII,  nn.  61-62). 


INTORNO    AD    UN    NUOVO   ESEMPLARE   DELLA   MONETA   CAVALLINA     117 

più  tardi,  per  penuria  di  monete  avessero  ricorso 
all'espediente  di  contromarcare  le  Cavalline  tuttora 
circolanti  in  Candia. 

Mi  sia  lecito  infine  di  notare  una  minuta  parti- 
colarità di  queste  contromarche,  la  quale  forse  può 
giovare  al  mio  assunto  in  modo  analogo  alla  «  pic- 
cola stella  »  che  a  Lei  giovò  per  identificare  la 
moneta  Cavallina  0>.  Entrambe  le  contromarche  cioè 
sono  accompagnate  da  piccoli  gigli  (uno  sopra  e  uno 
sotto  T  iscrizione  INTERIN,  un  altro  sotto  il  leone)  ; 
ora  i  gigli  sono  «  parte  integrante  »  dello  stemma 
della  famiglia  Riva  di  Venezia  (2),  la  medesima  cui 
suppongo  appartenesse  il  Generale  Giacomo  Riva, 
quegli  che  due  anni  dopo,  nel  1652,  per  ordine  del 
Senato,  proibiva  in  Candia  le  monete  ivi  coniate  dal 
Capitano  generale  Grimani  (3). 

A  chi  ha  ben  altra  competenza  di  me  nelle  cose 
venete  il  rimbeccarmi  se  non  avessi  còlto  nel  segno. 

Intanto,  con  sincero  ossequio,  mi  onoro  sotto- 
scrivermi : 

Milano,  tj  marzo  ipoj. 

di  Lei,  ill.mo  Signor  Conte, 

devotissimo 

Solone  Ambrosoli. 


(1)  PAPADOPOLr,  op.  cit.  —  (a  pag.  8)  —  "  quando  potesse  ri- 
manere alcun  dubbio,  servirebbe  a  farlo  svanire  una  piccola  stella  im- 
pressa sul  libro  del  Leone,  essendo  la  stella  parte  integrante  dello 
stemma  Cavalli  „.  —  "  La  famiglia  Cavalli  porta,  in  campo  vermiglio, 
un  cavallo  rizzato  d'argento,  attraversato  da  una  fascia  azzurra  carica 
di  tre  stelle  d'oro  „. 

(2)  La  famiglia  Riva  porta,  in  campo  d'oro,  una  banda  azzurra  ca- 
rica di  tre  gigli  d'oro. 

(3)  Valiero  (Andrea).  Historia  della  Guerra  di  Candia.  In  Venetia, 
presso  Paolo  Baglioni,  1679  —  (a  pag.  289). 


NECROLOGIE 


ALFONSO    GAROVAGLIO. 

Il  28  se.  febbraio,  si  spegneva  in  Milano,  nella  tarda  età 
di  85  anni,  il  Dott.  Cav.  Alfonso  Garovaglio,  nativo  di  Cantù 
(Prov.  di  Como).  Cultore  appassionato  dell'archeologia,  fu 
uno  dei  fondatori  e  dei  principali  collaboratori  della  Rivista 
archeologica  della  Provincia  di  Como.  R.  Ispettore  circon- 
dariale degli  scavi  e  monumenti,  promosse  la  formazione  e 
cooperò  all'ordinamento  del  Museo  Civico  di  Como  ;  al  quale 
generosamente  legò  poi  morendo  le  collezioni  archeologiche 
da  lui  radunate  nella  sua  villa  di   Loveno    sopra  Menaggio. 

S' interessava  pure  vivamente  per  la  numismatica,  e  fu 
tra  i  primi  che  s' iscrissero  come  associati  alla  nostra  Rivista, 
cui  rimase  poi  sempre  fedele. 

S.  A. 

Da  Carloforte  (Sardegna)  ci  giunge  la  notizia  della  immatura 
perdita  del  Dott.  Pietro  Remaggi,  medico  chirurgo  ivi  residente, 
il  quale  da  alcuni  anni  si  era  dedicato  con  intelligente  amore  a 
formarsi  una  raccolta  di  monete  romane  e  di  monete  italiane  e 
straniere. 


BIBLIOGRAFIA 


LIBRI    NUOVI   E   PUBBLICAZIONI. 


Montini  (Domenico).  Una  preziosa  medaglia  del  Museo  Comu- 
nale di  Trento.  (In  Tridentum,  Rivista  di  studi  scientifici,  Fa- 
scicolo IV,  1904). 

Fra  i  medaglisti,  che  nell'  Italia  settentrionale,  special- 
mente a  Verona,  si  distinsero  dopo  il  Pisanello  e  Matteo  de 
Pasti,  si  può  mettere  in  prima  linea  Giovanni  Maria  Pome- 
delli  di  Villafranca  Veronese. 

Fu  artista  eccellente,  ed  a  un  tempo,  pittore,  orafo,  me- 
daglista ed  incisore  di  stampe.  Fino  ad  ora  ben  poco  si  sa- 
peva della  vita  di  questo  rinomato  artista  veronese,  ma  ora, 
un  suo  conterraneo,  Domenico  Montini,  illustrando  nella 
Tridentum,  una  medaglia  del  Pomedelli,  conservata  nel  ci- 
vico Museo  di  Trento,  ci  dà  alcuni  interessanti  dettagli,  pro- 
mettendo, fra  non  molto,  di  pubblicare  una  interessante  bio- 
grafia di  questo  sconosciuto  artista  veronese. 

Il  Montini  per  ora  si  limita  ad  illustrare  una  medaglia 
quasi  inedita.  Dico,  inedita,  perchè  all'  infuori  di  Diego  Za- 
nandreis,  che  ne  fece  un  semplice  accenno  nella  breve  vita 
del  Pomedelli,  per  aver  vista  la  detta  medaglia  riprodotta 
in  una  buona  incisione  in  rame,  nel  libro  edito  dal  Raman- 
zini  Degli  uomini  illustri  di  Grecia,  di  Cornelio  Nepote  Ve- 
ronese, e  dall'editore  dedicato  ad  un  rampollo  della  nobile 
famiglia  Brenzona. 

Per  la  descrizione  della  medaglia  non  faccio  altro  che 
riportare  quanto  dice  il  mio  carissimo  amico  Montini. 

■  È  una  medaglia  di  rame,  di  gran  formato,  la  più  grande 
"  anzi,  delle  opere  del  succitato  artefice  (92  mm.  di  diametro). 


120  BIBLIOGRAFIA 


"  Essa  rappresenta  al  diritto,  il  busto  volto  a  sinistra  d'una 
"  donna  attempata,  avente  i  capelli  aggruppati  e  tenuti  con 
"  ispilloni  (*))  una  fila  di  perle  al  collo  e  l'orecchio  senza 
"  gioiello,  attorno  alla  figura  evvi  la  scritta  : 

"  ANGELA  •  BRENZONA  •  VERONENSIS  •  VX(or) 
"  LVC/E  •  BVS(nati)  •  VEN(eti). 

"  Il  rovescio  rappresenta  un  cane  coi  piedi  dinanzi   po- 

*  sati  sur  un  osso  ed  il  capo  sollevato  da  un  lato  con  un 
"  bel  movimento  verso  il  cielo,  in  atto  di  guardare  un  ge- 
"  nietto  che  spiccasi  verso  di  lui  con  un  libro  nella  sinistra 
"di  cui  segna  colla  destra  il  dettato.  L'iscrizione  dice: 
"  IOANES  MARIA  •  POMEDELVS  •  VILAFRANCOR(um)  •  VON  •  F. 
"  Sotto  sta  un  monogramma  che  è  quello  inciso  in  altre 
"  medaglie  dello  stesso  autore,  consistente  in  un  rozzo  pomo 
"  attraversato  da  una  zeta  schiacciata  nella  quale  sono  com- 

*  prese  le  quattro  lettere  formanti  il  nome  di  lui  in  dialetto 
"  veneto:  ZVAN.  Ai  lati  della  sigla,  la  data:  27  settembre  1524  „. 

Quello  che  è  degno  di  nota  in  questa  medaglia  è  il  ro- 
vescio, il  quale  sarebbe  ripetuto  su  di  un'altra  medaglia  de- 
dicata a  Lodovico  Canossa,  vescovo  di  Bayeux,  ed  attribuita 
al  Pomedelli  dall'Armand.  Quest'ultima  medaglia  che  ha  al 
diritto,  il  busto  d'un  giovane  senza  alcuna  inscrizione,  ed  il 
rovescio  identico  a  quella  sopra  descritta,  trovasi  nel  Gabi- 
netto Imperiale  di  Vienna. 

Conviene  conchiudere  col  Montini  che,  avendo  l'autore 
ripetuta  l'allegoria  in  suoi  due  diversi  lavori,  ne  sanzionò 
così  il  valore  artistico.  La  medaglia  del  Museo  di  Trento 
quindi,  avendo  avuto  l'onore  della  riproduzione  in  un  altro 
pezzo  dello  stesso  artefice,  ha  accresciuto  il  suo  pregio, 
perchè  tale  fatto  in  arte  non  si  verifica  che  raramente,  e 
solo  pei  capolavori. 

Per  ora,  non  posso  che  rallegrarmi  col  Montini,  della 
geniale  illustrazione,  ed  attendo  l'occasione  di  presto  parlare 
del  suo  nuovo  lavoro  che  pubblicherà  sul  Pomedelli. 

Ala,  Trentino,  1905. 

Vittorio  Salvaro. 


(1)  Propendo  a  credere  che  non  sieno  i  capelli  trattenuti  da  spil- 
loni, ma  bensì  chiusi  entro  una  reticella  ornata  con  grosse  perle,  come 
usavano  a  portare  ancora  le  donne  pochi  anni  or  sono. 


BIBLIOGRAFIA  121 


Shermau   Benson   (Frank).  Ancient  Greek  Coins.  —  (Boston, 
1903-1904)  (Estratto  dall' American  Journal  of  Numismatics). 

Della  geniale  pubblicazione  di  uno  dei  più  intelligenti  e 
fini  raccoglitori  di  monete  greche  d'oltremare,  incominciata 
nel  1900,  viene  ora  pubblicato  in  volume  quanto  apparve  nel 
giornale  americano  di  Numismatica  durante  gli  anni  1903  e 
1904,  e  che  forma  così  il  III  volume  della  serie  compren- 
dendo i  capitoli  XI  a  XIV,  tutti  dedicati  a  quei  veri  gioielli 
artistici  che  sono  le  monete  della  Sicilia  e  di  cui  si  offrono 
in  nitide  tavole  i  bellissimi  esemplari  appartenenti  alla  col- 
lezione dell'autore. 

Nel  primo  volume  sono  descritte  e  illustrate  le  monete 
della  Magna  Grecia,  Taranto,  Metaponto,  Crotone,  Posidonia, 
Caulonia,  Sibari,  Elea,  Reggio,  Napoli,  Eraclea,  Arpi,  Teano, 
Terina. 

Nel  secondo  le  numerose  monete  di  Siracusa;  nel  terzo 
ora  apparso  quelle  di  altre  città  della  Sicilia,  Agrigento, 
Erice,  Catania,  Camarina,  Gela,  Imera,  Leontini. 


Fabriczy  (Cornelius  von).  Italian  Medals.  Translated  by  Mrs.  Gu- 
stavus  W.  Hamilton. 

Della  nota  opera  di  Fabriczy  sui  medaglisti  italiani  della 
Rinascenza  è  uscita  a  Londra  una  versione  inglese,  in  isplen- 
dida  veste  tipografica,  coll'aggiunta  di  nuove  e  bellissime 
illustrazioni. 


KM"  Abbiamo  ricevuto  pubblicazioni  dai  Sigg.:  Bali  ri  Vidi, 
Cerrato,  De  Jonglie,  Hill,  Maurice,  nonché  dalle  Case 
editrici  Leroux  di  Parigi  e  Reimer  di  Berlino.  Se  ne  parlerà  nel 
prossimo  fascicolo  della  Rivista. 


16 


122  BIBLIOGRAFIA 


PERIODICI. 

[1904]. 

Revue  Numismatique,  dirigée  par  A.  de  Barthélemy,  G.  Schlum- 
berger,  E.  Babelon  {Secrétaire  de  la  Rédaction:  A.  Dieudonné). 
Paris,  chez  Rollin  et  Feuardent;  4,  me   de  Louvois. 

Quatrième  sèrie.  —  Tome  huitième.  —  Quatrième   trimestre  1904 

Maurice  (J.).  Uiconographie  par  les  médailles  des  empereurs  romains 
de  la  fin  du  IIIe  et  du  IV e  siècles  [Continuazione.  —  Con  3  tav.  in 
fototipia  :  a)  Iconografia  di  Galerio,  b)  Icon.  di  Severo,  e)  Icon.  di  Mas- 
simino  Daza].  —  Bordeaux  (P.).  Les  atelier s  monétaires  de  Toulouse  et 
de  Panuers  pendant  la  Ligue  [Continuaz.  —  Con  disegno  nel  testo].  — 
Castellane  (C.te  de).  Le  gros  tournois  de  Charles  d'Anjou  et  le  gros 
tournois  du  roi  de  France  au  chàtel  fleurdelisé  [Con    disegni   nel  testo. 

—  Art.  che  indirettamente  interessa  anche  la  numismatica  ital.J.  — 
Chronique  [La  Soc.  Num.  Ital.  e  la  quistione  dell'esportaz.  delle  monete. 

—  Il  corso  di  Num.  del  Prof.  Babelon  al  "  Collège  de  France  „.  Verte 
quest'anno  sulle  mon.  del  Peloponneso].  —  Bulletin  bibliographique 
[Homo  (L.).  Essai  sur  le  règne  de  l'empereur  Aurélien.  L'A.  tien  conto 
accuratamente  anche  dei  dati  numism.  —  Borrelli  de  Serres.  La  po- 
litique  monètaire  de  Philippe  le  Bel.  —  Elenco  delle  pubblicaz.  edite  avanti 
il  i.°  luglio  1904  :  libri  e  art.  di  Num.].  —  Périodiques.  —  Procès-verbaux 
de  la  Société  francaise  de  numismatique  [Con  disegno  nel  testo]. 

Gazette  numismatique  francaise,  dirigée  par  F.  Mazerolle  et  éditée 
par  M.  E.  Bertrand,  Chalon-s-Saóne,  et  par  Mme  Vve  R.  Serrure, 
19,  rue  des  Petits-Champs,  Paris. 

Année  1904.  —  2e  livraison. 

Babelon.  Marcel  de  Marchéville  {1840-1904).  Biographie  et  bibliogra- 
phie  numismatique  [Con  ritratto].  —  Mazerolle.  Inventaire  des  poincons 
et  des  cotns  de  la  Monnaie  des  Médailles  (1697-98)  [Continuazione].  — 
Notiamo  i  seguenti  NN.  :  403.  Presa  di  Nizza.  —  405.  Id.  —  427.  Pun- 
zone col  ritratto  di  Ludovico  XII,  "  duca  di  Milano  „.  —  554.  Il  card.  An- 
tonio Barberini,  grand'elemosiniere  di  Francia.  —  587.  Il  card.  Mazza- 
rino. —  607.     Punzone  col  ritratto  di  Carlo  Emanuele,  duca  di  Savoia. 

—  812.  S.  Francesco  d'Assisi  (punzone  per  med.  di  devoz.).  —  948. 
Busto  di  Faustina  madre  (con  disegno).  —  949.  Rov.  corrispondente, 
AETERNITAS  (con  dis.).  —  950.  Busto  di  Lucio  Vero  (con  dis.).  —  951. 
Rov.  corrisp.,  PROV  DEOR  TR  P  II  COS  lì  (Con  dis.).  —  952.  Imita- 
zione d'una  mon.  d'Emerita  (con  dis.).  —  953.  Id.  d'una  mon.  di  Germanico 


BIBLIOGRAFIA  123 


o  d'Antonino  (con  dis.).  —  954.  Id.  delle  moti,  di  Neapolis  (con  dis.)].  — 
Lo  stesso.  S.-E.  Vernier.  Catalogne  de  son  oeuvre.  Deuxième  supplément 
[Con  2  tav.  in  fototipia].  —  Mélanges  {La  médaille  du  Prix  de  Sauvetage 
des  noyés  fondée  par  la  ville  de  Paris  en  1779).  —  tomptes  rendus  [Cenno 
del  Sig.  Denise  sulla  4*  relaz.  annuale  dell'Amministraz.  monetaria  del 
Belgio].  —  Les  périodiques.  —  Nouvelles  diverses. 

ulletin  de  numismatique.  Rédaction  et  Expédition:  Vv«  Raymond 
Serrure,  19,  Rue  des  Petits-Champs,  Paris. 

ne  volume.  —  4C  livraison.  —  Juillet-aoùt  1904. 

Correspondance  numismatique.  —  B.  (C).  La  montiate  de  Fa/iang, 
dite  "  Chapeau-monnaie  „  [Con  disegni  di  codeste  curiosissime  monete 
dello  stato  di  Pahang  nell' Indo-Cina.  Hanno  la  forma  di  un  cappello 
quadrato,  a  larghe  falde,  sulle  quali  recano  le  leggende  in  malese].  — 
Bibliographie  (Meili.  O  meio  circulante  no  Brazil).  —  Revue  des  Revues. 

—  Lectures  [Le  nuove  monete  francesi  in  nichelio,  da  25  centes.  Il  con- 
torno, invece  d'essere  rotondo  e  liscio,  è  sfaccettato  a  22  tratti  di  circa 
2  millim.  ciascuno,  perchè  la  moneta,  soprattutto  al  tatto,  possa  distin- 
guersi dal  pezzo  da  1  franco],  —  Médailles  nouvelles  [La  med.  della 
casa  Mayer  e  Wilhelm,  di  Stoccarda,  per  l'elezione  di  Pio  X.  Di  gran 
modulo,  reca  nel  dr.  il  ritratto  del  Pontefice,  e  intorno  i  busti  dei  car- 
dinali che  parteciparono  all'elezione;  nel  rov.,  il  triregno  e  le  chiavi, 
con  un'epigrafe  in  latino.  —  La  medaglia  dei  Bersaglieri,  incisa  dalla 
Sig.a  Lancelot-Croce,  ed  offerta  a  S.  M.  il  Re  dal  3.0  battagl.  dei  Ber- 
saglieri]. —  Trouvailles.  —  Sociétés  [La  nuova  Soc.  Num.  Rumena].  — 
Necrologie  (A.  de  Barthélemy). 

5e  et  6e  livraisons.  —  Septembre-octobre  1904. 

Correspondance  numismatique  [Incomincia  con  la  seguente  domanda: 
■  L'ancienne  interprétation  du  fameux  chiffre  XXI,  qu'on  retrouve  sur  les 
"  Antoniniens  depuis  Aurélien  (XX  Antoniniens  =z  I  denier),  ayant  été 
"  fortement  ébranlée  et  mise  en  doute  par  un  article  de  M.  F.  Gnecchi 
"  paru  dans  la  dernière  livraison  de  la  Rivista  Italiana  di  Numismatica 
"  {"  Tarraco  011  Ticinum  et  Mediolanum  ?  „),  on  demande  si  quelque 
"  numismate  en  trouve  une  autre  à  proposer  „].  —  Béranger  (J.).  Les 
bons  des  communes  émis  dans  l'arrondissement  de  Bernay  pendant  la 
Revolution.  Deux  jetons  de  la  ville  de  Bernay.  —  Bibliographie  (Svoronos. 
Corpus  des  monnaies  de  l'Empire  des  Ptolémées.  —  Pubblicaz.  di  Aliotte 
de  la  Fuye,  Blanchet,  Soutzo,  Perini  e  Zay).  —  Revue  des  Revues.  — 
Lectures  [Il  Congresso  Internaz.  di  Liegi  per  la  riproduz.  dei  mss.,  delle 
monete  e  dei  sigilli.  —  Le  nuove  mon.  tedesche  da  50  pfennig.  —  Le 
mon.  commemor.  dell' incoronaz.  di  Pietro  I  di  Serbia,  coniate  a  Vienna]. 

—  Médailles  nouvelles  [Placchetta  d'oro,  offerta  al  venerando  elemosi- 
niere di  Saint-Cyr,  Monsign.  Lanusse,  per  il  suo  "  giubileo  di  diamante  „. 


124  BIBLIOGRAFIA 


Reca  la  sua  effigie,  col  nome  delle  battaglie  in  cui  prodigò  i  suoi  atti 
di  devozione  e  di  coraggio.  —  La  placchetta  di  Sainte-Beuve.  Ripro- 
duce il  medaglione  di  Vernier,  inaugurato  a  Boulogne-sur-Mer  sulla 
casa  dove  nacque  il  celebre  critico].  —  Trouvailles.  —  Sociétés.  —  Ne- 
crologie (M.  de  Marchéville  [Cenno  della  Sig.a  Serrure.  L'A.  fa  voti 
perchè  il  figlio  del  compianto  Sig.  de  Marchéville  abbia  a  pubblicare 
un  catalogo  ragionato  e  illustrato  della  collezione  paterna]).  —  Cata- 
logne de  livres  et  brochures  de  numismatique  [in  vendita,  a  prezzi  segnati]. 

The  Numismatic  Chronicle  and  "  Journal  of  the  Numismatic  So- 
ciety „,  edited  by  J.  Evans,  B.  V.  Head,  H.  A.  Grueber,  and  E.  J. 
Rapson.  London,  Bernard  Quaritch;  15,  Piccadilly. 

Fourth  Series.  —  1904.  —  Part.  IV. 

Wroth  (W.).  Greek  Coins  acquired  by  the  British  Musenm  in  iqoj 
[Con  2  tav.  in  autotipia.  —  Le  mon.  greche  entrate  nel  Museo  durante 
l'anno  furono  551.  Il  pezzo  più  notevole  è  un  tetradramma  di  Ales- 
sandro I  Baia,  re  di  Siria,  con  la  moglie  Cleopatra  Thea,  ch'è  il  se- 
condo esemplare  di  una  rarissima  moneta  di  cui  si  conosceva  sinora 
soltanto  quello  conservato  nel  nostro  Gabinetto  Numismatico  di  Brera]. 
—  Rapson  (E.  J.).  Ancient  Silver  Coins  front  Baluchistan  [Con  tav.].  — 
Walters  (F.  A.).  The  Coinage  of  Richard  II  [Con  2  tav.].  —  Evans  (Sir  J.). 
An  advertising  Medal  of  the  Elizabethan  Period  [Con  disegni].  —  Notice 
of  recent  Numismatic  Publication  [Cenno  del  Sig.  Grueber  sul  volume 
postumo  di  N.  Rondot  :  Les  médailleurs  et  les  graveurs  de  monnaies, 
jetons  et  médailles  en  France,  pubblicato  per  cura  del  Sig.  de  la  Tour]. 

AteOvY]c  'E<pYjfi.epi(;  x-rjc  NojxiofjLaxcxYjc  ' Ap^aioXo^ia^  —  Journal  Inter- 
national d'Archeologie  numismatique,  dirige  et  publié  par 
J.  N.  Svoronos.  Athènes,  chez  l'Éditeur  M.  J.  N.  Svoronos  et  chez 
MM.  Beck  et  Barth. 

Tome  septième.  —  Troisième  et  quatrième  trimestre  1904. 

Babelon.  Les  origines  de  la  monnaie  à  Athènes.  —  Konstantopou- 
los  (K.  M.).  BoCavuaxà  jioXopSóPooMoc  iv  tù>  'E6vixoù)  NojjLiofxaxtxà)  Moooetu) 
AOyjvwv  [Continuaz.].  —  Dutilh  (E.  D.  J.).  Vestiges  defaux  monnayages 
antiques  à  Alexandrie.  —  Svoronos.  Tò  'EOvixòv  Nojxto|j.aTixòv  Moooeìov  xatà 
tò  àxa8f]fj.aixòv  sto?  1903-4  [Durante  l'anno  dal  i.°  sett.  1903  al  31  ago. 
1904,  il  cospicuo  Gab.  Num.  ateniese  si  è  arricchito  di  oltre  7000  mon., 
delle  quali  una  sessantina  in  oro  e  più  di  millesettecento  in  arg.  Fra 
gì'  incrementi  più  importanti  si  distinguono  quelli  provenienti  dai  doni 
della  collez.  A.  Soutzo  e  della  collez.  dei  fratelli  Zarife.  Della  prima  di 
esse,  il  Sig.  Svoronos  ci  dà  l'elenco  (la  race,  comprende  soprattutto 
mon.  gr.  e  rom.)  nonché  una  scelta  della  parte  greca,  accompagnata  da 


BIBLIOGRAFIA  125 


io  tav.  in  fototipia].  —  Lo  stesso.  yExOeotc  irepl  cdiv  Iv  tu  NofuajjL.  Moooeia) 
spYocatdiv  xaxà  xà  axa§.  Stv)  1901-2  nal  T902-3  [Relaz.  al  Rettore  dell'Uni- 
versità di  Atene  sull'operato  della  Direz.  del  Gabinetto.  Vi  si  accenna 
anche  alle  ricerche  ed  agli  studi  quivi  compiuti  da  alcuni  stranieri,  so- 
vrattutto  dal  eh.  Dott.  Hans  von  Fritze,  che  per  incarico  dell'Accad. 
delle  Scienze  di  Berlino  descrisse  diligentemente  molte  mon.  apparte- 
nenti alle  serie  dell'Asia  minore,  allo  scopo  di  pubblicarle  nel  Corpus 
delle  mon.  gr.].  —  Lo  stesso.  MéOava  •?]  'Apoivórj  x^c  ITeXoitovvfjaoo.  — 
01  àp^aìot  vo|xta|JLattxol  xóirot  xal  xà  véa  ypa|A(JiaxóoYj}xa  xyjc  Vfjooo  Kp*fjX-r]<; 
[Con  tavola  in  fototipia  e  con  fotoincis.  nel  testo.  —  Art.  sui  franco- 
bolli di  Candia,  alcuni  dei  quali  sono  ispirati  ai  tipi  dell'  antica  numi- 
smatica di  Creta,  e  altri  riproducono  addirittura  mon.  di  Cnosso,  Gor- 
tina,  ecc.]. 


American  Journal  of  Numismatics  and  "  Bulletin  of  American 
Numismatic  and  Archoeological  Societies  „.  W.  T.  R.  Marvin  and 
L.  H.  Low,  Editors.  Boston  (73,  Federai  Street). 

Voi.  XXXIX.  —  N.  187.  —  1904  (December). 

Benson  (F.  S.).  Ancient  Greek  Coins  :  Sicily  (Kaiane)  [Con  tavola  in 
fototipia].  —  The  oldest  known  Coin  ?  —  Recent  Washington  Medals.  — 
The  copper  Currency  of  Canadian  Banks.  —  A  Coin  of  Tarsus.  —  Si- 
gnatures  of  Engravers  on  Greek  Coins.  —  Storer  (H.  R.).  The  Medals, 
fetons  and  Tokens  illustrative  of  the  Science  of  Medicine  [Continuaz.].  — 
Trowbridge  (C.  O.)  &  Howland  Wood.  Sutlers'  Checks.  —  Nichols  (C.  P.). 
Medals  [Contin.].  —  The  Iteti.  Medallists  and  their  Works  [Cenno  sulla 
traduz.  ingl.  dell'opera  del  Sig.  von  Fabriczy].  —  A  Medal  for  Com- 
tnander  Peary.  —  Marvin  (W.  T.  R.).  Masonic  Medals  [Contin.].  — 
Wealth  in  tiny  Particles  of  Gold.  —  The  American  Numismatic  and  Ar- 
chaeological  Society.  —  Centennial  Medal  of  the  New  York  Historical  So- 
ciety. —  Panama  Cjinage  [Mon.  battute  a  Filadelfia  per  la  nuova  Re- 
pubblica di  Panama.  Recano  nel  dr.  il  busto  dell'esploratore  spagnuolo 
Vasco  Nunez  de  Balboa,  che  scoperse  l'Oceano  Pacifico].  —  Notes  and 
Queries.  —  Coin  Sales.  —  Edìtorial  [La  preziosa  collezione  di  medaglie 
attinenti  alla  Medicina,  radunata  dal  Dott.  Storer  e  da  lui  donata  alla 
Biblioteca  Medica  di  Boston.  Progressi  e  diffusione  delle  raccolte  nu- 
mismatiche nelle  Università  degli  Stati  Uniti]. 

S.  A. 


VARIETÀ 


£a  Legge  sull'Esportazione  degli  oggetti  d'Arte 
e  d'Antichità.  —  In  seguito  alla  deliberazione  presa  dal 
Consiglio  della  Società  Num.  Italiana  nella  sua  Seduta 
del  20  dicembre  1904,  la  Presidenza  di  detta  Società  ha 
compilato  un  Memoriale  al  Ministro  della  P.  I.,  nel  quale 
gli  si  fanno  noti  i  gravi  inconvenienti  derivanti  dalla  Legge 
e  specialmente  dal  nuovo  Regolamento  sull'  Esportazione 
degli  oggetti  d'arte  e  di  antichità,  per  quanto  riguarda  la 
moneta,  inconvenienti,  i  quali,  nonché  favorire,  paralizzano 
totalmente  V  incremento  delle  collezioni  e  degli  studi  di  nu- 
mismatica in  Italia. 

Quel  Memoriale  sarà  fra  poco  presentato  dal  Presidente 
della  Società,  il  Conte  Comm.  Nicolò  Papadopoli,  al  Mini- 
stro della  P.  I.  Nell'interesse  dei  nostri  raccoglitori,  facciamo 
voti  che  questo  passo  valga  ad  ottenere  qualche  efficace 
provvedimento. 

Ne  diamo  qui  in  seguito  il  testo,  e  vi  facciamo  seguire 
le  firme  di  coloro  che  ci  mandarono  la  loro  adesione.  A 
questi,  che  sono  per  la  maggior  parte  raccoglitori,  vollero 
unirsi  alcuni  Direttori  di  Musei,  scrittori  e  studiosi  di  nu- 
mismatica, ed  altri  che,  in  un  modo  o  nell'altro,  si  interes- 
sano a  questa  scienza  e  ai  suoi  progressi. 

Dalla  lista  abbiamo  però  ommesso  : 

a)  i  nomi  di  tutti  quelli  che,  a  quanto  ci  consta,  sono 
puramente  negozianti  di  monete,  i  quali  pure  ci  mandarono 
la  loro  adesione;  non  volendo  che  la  nostra  protesta  assuma 
in  alcun  modo  un  carattere  di  interesse  commerciale  o  per- 
sonale ; 

b)  i  nomi  di  tutti  gli  amatori  stranieri,  dei  quali,  quan- 
tunque noi  non  abbiamo  fatto  alcuna  richiesta  diretta,  ci 
giunsero  numerose  ed  importanti  adesioni. 


128  VARIETÀ 

Accenneremo  da  ultimo  che  molti,  mandandoci  la  loro 
adesione,  vollero  accompagnarla  con  parole  di  simpatia  e 
di  incoraggiamento  alla  Società,  perchè  voglia  persistere 
neir  intrapresa  propaganda  e  continuarla  efficacemente  finché 
si  sia  raggiunto  il  desiderato  intento. 

Se  ci  giungeranno  altre  adesioni,  le  pubblicheremo  nel 
prossimo  fascicolo. 

A  S.  Ecc.za  il  Ministro  della  Pubblica  Istruzione. 

"  La  Società  Numismatica  Italiana,  venuta  a  conoscenza 
del  Regolamento  in  applicazione  della  Legge  sulla  Conser- 
vazione dei  Monumenti  e  degli  oggetti  di  antichità  e  d'arte, 
per  quanto  riguarda  le  Monete  agli  Art.  253,  254,  297,  299, 
e,  riflettendo  che  tale  applicazione  peggiora  la  condizione 
dei  Raccoglitori  numismatici  italiani,  già  resa  critica  e  diffi- 
cile per  effetto  della  semplice  Legge  0),  ha  creduto  oppor- 
tuno rivolgersi  all' Ecc.  Vostra,  onde  farle  noto  i  loro  giusti 
lagni  e  il  grave  danno  che  ne  deriva  nell'  indirizzo  delle 
loro  collezioni. 

*  La  suddetta  Legge  ha  voluto  premunirsi  contro  le 
possibili  frodi  istituendo  l'unica  difesa  nella  Dogana  :  e  qui 
sorsero  disposizioni  che,  per  quanto  saggie,  sono  altrettanto 
fiscali  o,  per  meglio  dire,  praticamente  proibitive. 

"  Ricorrendo  al  freno  doganale,  abbiamo  di  conseguenza 
la  più  esplicita  circoscrizione  d'azione  entro  i  confini  italiani, 
limite  troppo  ristretto  allo  spirito  di  qualunque  raccolta, 
poiché,  dovendo  sottostare  ai  regolamenti  tutelari  a  tale  pro- 
posito stabiliti,  questi  gravitano  talmente  di  spese  di  disturbi 
per  ogni  operazione  doganale  infinitamente  complicata,  come 
è  stabilito  agli  Art.  301,  302,  303,  304,  305,  306,  307,  308 
nel  caso    di    temporanea    esportazione    od   importazione,  da 


(1)  La  Legge,  all'Art.  32,  parlando  delle  monete  di  proprietà 
privata,  tendeva  a  proteggere  soltanto  gli  oggetti  di  notorio  gran 
pregio  che  abbiano  valore  esclusivamente  istorico  od  artistico,  mentre 
nel  Regolamento,  agli  Art.  253,  254,  accennando  alle  monete  ag- 
giunge: qualunque  sia  il  loro  pregio  intrinseco  e  la  loro  impor- 
tanza storica. 


VARIETÀ  129 

costringere  il  raccoglitore  a  rinunciare  a  qualunque  suo  de- 
siderio di  comunicare  coll'estero,  causando  indiscutibilmente 
l'annientamento  di  energia,  di  studio,  di  progresso  nelle 
raccolte. 

*  Anzitutto  bisogna  ammettere  che  la  Collezione  numi- 
smatica si  divide  in  due  grandi  serie  : 

*  a)  Vantica  (monete  greche  e  romane)  che  interessa 
l'Italia  e  il  mondo  intero; 

"  b)  la  medioevale  e  moderna  che  interessa  nella  mas- 
sima parte  l' Italia,  per  la  sua  indole   propriamente   politica. 

"  Ogni  nazione  ama  e  preferisce  le  proprie  monete,  e 
l'Italia  che  in  questo  naturalmente  segue  il  gusto  universale, 
ha  sempre  avuto  agio  di  ben  fornirsi  di  eccellente  materiale 
da  diversi  paesi  dell'  Estero,  acquistando  a  vantaggiose  con- 
dizioni le  migliori  monete  italiane,  altrove  tenute  in  minor 
conto  ;  ma  oggi  si  trova  costretta  a  rinunciare  a  tali  favo- 
revoli acquisti,  non  potendo  più  avere  il  materiale  in  esame, 
per  farne  la  scelta  opportuna  e  ritornare  poi  quanto  non  ag- 
grada o  non  fa  comodo  di  acquistare. 

"  Simili  acquisti  oggi  si  possono  considerare  pressoché 
impossibili,  giacché  per  effettuarli  è  ancora  preferibile  incon- 
trare la  spesa  del  dazio  d'entrata,  salvo  poi  trovarsi  in  peg- 
gior  imbarazzo  per  far  uscire  ciò  che  si  deve  ritornare  al- 
l'estero, già  gravato  da  questo  dazio,  anziché  valersi  della 
concessa  temporanea  importazione  ed  esportazione,  essendo 
in  pratica  impossibile  affrontare  le  fiscali  modalità  stabilite 
nei  suddetti  Art.  301  a  308  —  quali  a  lor  volta  vengono  ap- 
plicate a  seconda  dei  propri  regolamenti  doganali  (0. 

"  Lasciando  anche  il  campo  prettamente  commerciale  e 
considerando  la  cosa  dal  lato  scientifico,  il  raccoglitore  e  lo 
studioso  si  trovano  assolutamente  costretti  a  comunicare  col- 
l'estero, mandando  colà  le  monete    in   esame  o  ricevendone 


(1)  Fra  le  molte  formalità  obbligatorie  in  questa  sorta  d'ope- 
razioni Doganali,  vi  è  quella  del  bollo  in  ceralacca  ad  ogni  sin- 
golo oggetto;  ora  semplicemente  si  domanda  come  si  possa  appli- 
care tale  bollo  sopra  una  moneta,  che  può  avere  una  minima 
dimensione,  oltreché  s' incontrerebbe  la  più  sicura  rovina  sciupan- 
dosi la  sua  superficie  al  contatto  della  ceralacca  infiammata. 


I30  VARIETÀ 

da  esaminare  per  sentirne  la  impressione  circa  l'autenticità, 
per  i  confronti,  per  cambi  di  esemplari  con  altri  migliori,  e, 
ciò  che  più  monta,  per  trattare  cambi  di  monete  straniere, 
per  noi  poco  interessanti,  e  ottenerne  monete  italiane. 

"  Tutto  questo  è  pressoché  impedito  grazie  alle  nuove 
disposizioni  in  materia  ;  poiché  pur  decidendosi  a  rinunciare 
alle  suddette  concessioni,  e  ricorrendo  alla  risorsa  più  spiccia 
del  pagare  per  riuscirvi,  occorrono  la  licenza  delle  Sovrain- 
tendenze  competenti  CO  ed  il  pagamento  di  dazi  ingiustificati, 
cioè  quello  d'entrata  per  quanto  dovrà  ritornare  al  paese 
straniero  e  quello  d'uscita  per  quanto  ritornerà  presso  il  rac- 
coglitore, e  da  tale  inconveniente  ne  deriva  :  I.  La  svoglia- 
tezza e  paralizzazione  nei  raccoglitori  a  tutto  favore  del  furbo 
falsario,  il  quale  non  desidera  di  meglio  che  trovare  la  vit- 
tima abbandonata  a  sé  stessa,  senza  guida,  senza  consiglio. 
II.  Il  vantaggio  allo  speculatore  straniero,  il  quale,  libero 
nella  sua  azione,  sa  approffittare  della  situazione  imbarazzante 
dei  raccoglitori  italiani,  lucrando  a  suo  piacimento  su  tutte 
le  operazioni  che  un  italiano  saprebbe  far  da  sé,  e  meglio 
che  col  mezzo  di  un  intruso  intermediario. 

Tutto  questo  è  noto  alla  Società  Numismatica  Italiana, 
ed  essa  si  trova  in  dovere  di  informarne  l'Ecc.  Vostra,  chie- 
dendo, quale  unico  rimedio,  P  esclusione  delle  monete,  nel 
modo  più  assoluto,  dalla  applicazione  della  Legge  protezio- 
nista sugli  oggetti  d'arte  antica  in  genere. 

Crediamo  inoltre  opportuno  far  osservare  all' Ecc.  Vo- 
stra, che  le  monete,  per  il  loro  esiguo  volume  e  peso,  si 
possono  considerare  incompatibili  col  regime  doganale;  anzi, 
imponendo  un  fiscalismo  per  l'uscita,  si  adescherà  maggior- 
mente l'abilità  del  contrabbandiere,  e  l'Ecc.  Vostra  di  leg- 
gieri comprenderà  come,  volendo  impedire  l'esodo  delle  mo- 
nete, tanto  più  facilmente  esse  usciranno,  quanto  più  grave 
ne  sarà  il  dazio  e  tale  Legge,  nella    sua    applicazione,  avrà 


(1)  Simili  licenze  sono  soltanto  rilasciate  in  io  città  d'Italia, 
cosichè  in  molti  che  non  hanno  la  fortuna  di  risiedere  in  quei  dati 
centri,  incombe  l'onere  di  recarvisi  in  persona  non  bastando  il  man- 
dare le  monete,  poiché  occorre  concertarsi  coli' ispettore  a  ciò  in- 
caricato per  stabilirne  il  valore. 


VARIETÀ  131 

solo  per  effetto  l'imprigionare  la  roba  scadente,  che  occorre 
spacciare  all'estero,  perchè  superflua  ed  imbarazzante,  non 
potendo  essa  incontrare  gravi  spese  in  causa  del  suo  poco 
o  nessun  valore. 

"  L'Ecc.  Vostra,  dopo  queste  considerazioni  vorrà,  lo 
speriamo,  rendersi  convinta  che  la  Legge  e  il  Regolamento 
suaccennato,  per  quanto  si  riferisce  alle  monete,  raggiungono 
praticamente  uno  scopo  contrario  a  quello  desiderato,  e  cioè  : 

*  a)  favoriscono  l'uscita  clandestina  delle  monete  pre- 
gevoli ; 

*  b)   inceppano    e    quasi    impediscono    l'entrata    delle 
esterne  ; 

*  e)  paralizzano  la  passione  e  il  culto  della  Numismatica 
Nazionale. 

*  Pertanto  la  Società  Numismatica  Italiana  presenta  al- 
l'Ecc.  Vostra  questa  Memoria,  a  cui  aderiscono  tutti  i  Rac- 
coglitori e  i  Numismatici  italiani  qui  firmati,  nella  fiducia 
che  la  suesposta  domanda  di  esclusione  delle  monete  dal 
complesso  degli  oggetti  d'arte  e  d'antichità,  sia  presa  in 
seria  considerazione  ed  esaudita. 

*  Coi  sensi  della  più  profonda  stima  si  professa  del- 
l' Ecc.  Vostra 

"   dev.m0 
"   Conte  NICOLÒ  PAPADOPOLI 

*   Senatore  del  Regno 

"   Presidente  Effettivo  della  Società  Numismatica  Italiana  ,,. 


Agostini  Ing.  Agostino  —  Castiglione  Stiviere. 

Ambrosoli  Dott.  Cav.  Solone,  Conservatore  del  R.  Gabinetto  Num. 

di  Brera  —  Milano. 
Anelli  Prof.  Luigi,  Dirett.  del  Gabinetto  Archeologico  di   Vasto. 
Anzani  Rag.  Arturo   —  Milano. 

Arcari  Dott.  Francesco,  Dirett.  del  Museo  Civico  di  Cremona. 
Argnani   Prof.    Federigo,   Dirett.  della  Pinacoteca  Comunale  e  del 

Museo  di  Faenza. 
Armenise  Avv.  Michele  —  Bari. 
Baguzzi  Guglielmo  —  Bozzolo. 


132 


VARIETÀ 


Balletti  Avv.  Andrea  —  Reggio  Emilia. 

Baretti  Dott.  Egidio  —  Mondovì. 

Baretti  Prof.  Riccardo  —  Alba. 

Barone  Vincenzo  —  Napoli. 

Barozzi  Comtn,  Nicolò,  Dirett.  del  Museo  Archeologico  di  Venezia. 

Bartoli-Avveduti  Avv.  Giulio  —  Roma. 

Battigalli  Ciro  —   Viterbo. 

Bazetta  Cav.  Giulio,  Conserv.  del  Museo  Galletti  di  Domodossola. 

Bazzero-Mattei  Nob.  Dott.  Cav.  Carlo  —  Milano. 

Belimbau  Piero  —  Firenze. 

Bellezza  Cav.  Uff.  Paolo  —  Buggiano. 

Beretta  Conte  Cav.  Fabio ,  già  conserv.  del  Civico  Museo  e  Biblio- 
teca di  Udine. 

Bernardi  Gio.  Batt.  Dirett.  del  Civico  Museo  Opitergino  -  Oderzo. 

Bernasconi  Sac.  Cav.  Baldassare  —   Tremezzo. 

Berry  Edoardo  E.,  Vice-Console  Britannico  —  Bordighera. 

Bertolini  Gian  Carlo,  Conserv.  del  Museo  Nazionale  Concordiese 
di  Portogruaro. 

Beserianni  Rag.  Costantino  —  Napoli. 

Bettinelli  Giovanni  —  Bergamo. 

Bianchi  Francesco  —  Roma. 

Bignami  Arturo  —  Roma. 

Bignami  Cav.  Giulio   —  Roma. 

Bonomi  Enrico  —  Legnago. 

Borghesi  Conte  Bartolomeo  —  San  Marino. 

Bosco  Emilio  —  Mombaruzzo. 

Bratti  Dott.  Ricciotti   —    Venezia. 

Bruscolini  Emilio  —  Castelnuovo. 

Capobianchi  Cav.  Prof.  Vincenzo  —  Roma. 

Caporaletti  Giuseppe  —  Jesi. 

Carotti  Cav.  Prof.  Dott.  Giulio  —  Milano. 

Carpaneto  Cav.  Gabriele  —  Genova. 

Carpinoni  Michele  —  Brescia. 

Casagrandi  Prof.  Vincenzo   —  Catania. 

Casamarte  Antonio    —  Loreto  Aprutino. 

Casella  F.  fu  G.   —  Napoli. 

Castellani  Prof.  Giuseppe  —   Venezia. 

Castellani  Cav.  Col.  Raffaele  —  Spoleto. 

Castiglioni  Arturo  —  Milano. 

Cattaneo  Ettore  —  Milano. 

Cavalieri  Cav.  Giuseppe  —  Ferrara. 

Cavazza  Luigi  Ermanno   —  Bologna. 

Celati  Avv.  Luigi  Agenore  —  Livorno. 


VARIETÀ  133 

Cerrato  Giacinto  —    Torino. 

Ceruti  Sac.  Dott.  Cav.  Antonio  —   Cernobbio. 

Ciani  Dott.  Ing    Giorgio    —    Trento. 

Cini  Cav    Avv.  Tito  —  Montevarchi. 

Colloredo  Marchese  Paolo  (di)  —   Udine. 

Colonna  Conte  Ferdinando  dei  Principi  di  Stigliano  —  Napoli. 

Comelli  Avv.  Giuseppe  —   Udine. 

Conconi  Giulio  —  Milano. 

Correrà  Dott.  Luigi  —  Napoli. 

Crespi  Comm.  Benigno  —  Milano. 

Crivelli  J.    —  Milano. 

Cunietti-Cunietti  Alberto    —  Novara. 

Damiani  Avv.  Leone  —  Portoferrajo. 

De  Bergamini  S.  —   Carrara. 

De  Champdoré  Georges  —  Palermo. 

De  Ciccio  Mario  —  Palermo. 

De  Puppi  Conte  Luigi  —   Udine. 

De  Toma  Dott.  Giacomo  —  Rosciate. 

Dell'Acqua  Dott.  Cav.  Girolamo    —  Pavia. 

Dell'Erba  Cav.  Luigi  —  Napoli. 

Del  Proposto  Angelo   —  Castellamare  Adriatico. 

Del  Vecchio  Alberto    —  Firenze. 

Dessi  Cav.  Vincenzo   —  Sassari. 

Di  Bartolo  Prof.  Francesco,  Dirett.  del  Museo  Civico  di  Catania. 

Di  Diego  Antonio  —  Scerni. 

Di  Lenna  Col.  Gio.  Batta.  —  Mantova. 

Di  Prampero  Conte  Antonino,  Senatore  del  Regno  —   Udine. 

Di  Trento  Antonio  —   Udine. 

Donati  Cav.  Uff.  Giovanni  —  Firenze. 

Egidi  Prof.  Ascanio  —  Ancona. 

Emiliani  Cap.  Dott.  Antonio  —  Monte  Giorgio. 

Falcioni  Vincenzo  —    Viterbo. 

Fattori  Carlo  —  Scurano  (Parma). 

Ferraironi  Sac.  Giolindo  —  San  Ginesio  (Marche). 

Finamore  dott.  Gennaro   —  Lanciano. 

Finazzi  Avv.  Gio.  Batta.  —  Novara. 

Franceschini  G.  Silvio  —  Reggio  Emilia. 

Franzoni  Cav.  Luigi  —  Bologna. 

Galeotti  Avv.  Arrigo   —  Livorno. 

Gallavresi  Dott.  Giuseppe  —  Milano. 

Galletti  Ettore   —  Castel  d'Ario. 

Galli  Romeo,  Conserv.  della  Biblioteca  Comunale  di  Imola. 

Gardini  Prof.  Cav.  Galdino  —  Ferrara. 


134 


VARIETÀ 


Garzia  Avv.  Raffaello    -  Maglie. 

Gavazzi  Dott.  Carlo    -  Milano. 

Gavazzi  Cav.  Giuseppe  —  Milano. 

Gigli  Giuseppe   -    Cesena. 

Gioppi  Dott.  Luigi   —  Borgotaro. 

Giorcelli  Cav,  Dott.  Giuseppe  —  Casale  Monferrato. 

Gnecchi  Cav.  Uff.  Ercole  —  Milano. 

Gnecchi  Corani.  Francesco  —  Milano. 

Grassi-Grassi  Cav.  Antonino  —  Acireale. 

Grillo  Guglielmo  —  Milano. 

Guastalla  Marco   —  Mantova. 

Guglielmina  Pietro   —   Voghera. 

Guiducci  Comm.  Dott.  Antonio   -    Arezzo. 

Hoffmann  Carlo  —  Milano. 

Hillsen  Prof.   Dott.  Ch.,  Segretario  dell' Imp.  Istituto  Archeologico 

Germanico  —  Roma. 
Jacobellis  Cav.  Avv.  Giovanni  —  Acquaviva  delle  Fonti. 
Jesurum  Aldo  —   Venezia. 
Johnson  Comm.  Federico  —  Milano. 
K night  Carlo  —  Napoli. 

Koeniger  Dott.  C.  —   Gardone  {Lago  di  Garda). 
Laffranchi  Lodovico  —  Milano. 
Lanzara  Raffaele  —  Salerno. 
Lanzoni  Giuseppe   —  Mantova. 
La  Rizza  Dott.  Pietro  —  Reggio  Calabria. 
Lazara-Pisani  Conte  Antonio  (de)   —  Padova. 
Leone  Cav.  Camillo    —    Vercelli. 
Levi  Priamo  —  Bologna. 
Levi-Civita  Cesare  —  Padova. 
Lisini  Comm    Alessandro   —  Siena. 
Luciani  Dott.  Michele    -  Acquaviva  delle  Fonti. 
Lupis-Crisafi  Avv.  Cav.  Fortunato  —  Sider no- Marina  (Calabria). 
Maggiulli  Comm.  Luigi  —  Muro  Leccese. 
Magnolfi  Cav.  Sisto  —  Livorno. 

Maiocchi  Rodolfo,  Conserv.  del  Civico  Museo  Malaspina  —  Pavia. 
Malagola  Prof.  Comm.  Carlo,  Dir.  dell'Ardi,  di  Stato  —  Venezia. 
Malavolti  E.    —  Modena. 

Manin  Conte  Lodovico  Leonardo   —  Passariano. 
Mannelli  Lorenzo  —  Campiglia  Marittima. 
Maraini  Ing.  Comm.  Clemente         Roma. 
Marazzani-Visconti-Terzi  Conte  Lodovico  —  Piacenza. 
Marcello  Conte  Gerolamo  —   Venezia. 
Marchisio  Avv.  Alfredo  Federigo  —   Torino. 


VARIETÀ  135 

Marchisio  Avv.  Giacinto  —   Torino. 

Marcovich  Luigi  —   Venezia. 

Mariani  Cav.  Avv.  Prof.  Mariano  —  Pavia. 

Marietti  Dott.  Antonio   —   Milano. 

Martinori  Cav.  Ing.  Edoardo  —  Roma. 

Mattoi  Edoardo  —  Milano. 

Mazzi  Dott.  Angelo,  Dirett.  della  Biblioteca  Civica  di  Bergamo. 

Mazzini  Gioachino    —  Livorno. 

Mazzoccolo  Avv.  Enrico  —  Roma. 

Meiners  Dott.  Faust  —  Pordenone. 

Mera  Rag.  Angelo   —  Como. 

Mirenghi  Avv.  Venturo  —  Bari. 

Misani  Prof.  Massimo  —   Udine. 

Mondini  Magg.  Raffaello  —  Palermo. 

Mongini  Luigi  —  Legnano 

Montebugnoli  Rag.  Antonio  —  Castel  S.  Pietro  (Emilia). 

Monti  Pompeo  —   Milano. 

Morelli  Cav.  Prof.  Benedetto    -  Bari. 

Morelli  Ing.  Roberto  —  Santamaria  Capua   Vetere. 

Moschetti  Dott.  Andrea,  Dirett.  del  Museo  Civico  di  Padova. 

Mossuto  Giuseppe  —  Girgenti. 

Motta  Ing.  Emilio,  Bibliotecario  della  Trivulziana  —  Milano. 

Nani-Mocenigo  Conte  Filippo  —   Venezia. 

Nattero  Ignazio  —  Alassio. 

Nervegna  Cav.  Giuseppe  —  Brindisi. 

Nicoletti  Ab.  Cav.  Giuseppe,  Vice-Dirett.  del  Museo  Civico  e  Correr 
di   Venezia. 

Novati  Cav.  Prof.  Francesco,  Presidente  della  Società  Storica  Lom- 
barda —  Milano. 

Nuvolari  Dott.  Angelo  —  Castel  d' Ario. 

Nuvolari  Francesco  —   Castel  d'Ario. 

Obermuller  Guglielmo   —   Genova. 

Oberziner  Dott.  L.  —  Dir.  della  Bibl.  e  del  Museo  Com.  di  Trento. 

Oliva  Cesare  —  Genova. 

Olivieri  Dott.  Carlo    —  Roma. 

Osnago  Enrico   —  Milano. 

Pagano  A.  —  Genova. 

Panciatichi  Marchesa  Marianna  ved.  Paulucci   —  Firenze. 

Panciera  di  Zoppola  Conte  Dott.  Francesco  —  Brescia. 

Panciera  di  Zoppola  Conte  Nicolò    —  Brescia. 

Pansa  Avv.  Prof.  Giovanni  —  Sulmona. 

Pappalardo  Dario  —  Catania. 

Pascoli  Giuseppe  —   Tolmezzo. 


I36  VARIETÀ 

Pasetti  Luigi  —  Ferrara. 

Patuzzi  Massimino  —  Milano. 

Pedani  Raffaele  —  Fermo. 

Pellegrino  Concetto  —  Catania. 

Perini  Cav.  Quintilio  —  Rovereto. 

Perissini  Michele  —   Udine. 

Piamonte  Avv.  Emilio  —  Conegliano   Veneto. 

Piancastelli  Dott.  Carlo  —  Fusignano  (Ravenna). 

Piccirilli  Luigi  M.  —  Napoli. 

Piccolomini  Prof.  A.,  Bibliotecario  della  Malatestiana  —  Cesena. 

Picozzi  Capitano  Giuseppe  —  Spezia. 

Pigorini  Comm.  Prof.  Luigi,  Dir.  del  Museo  Kircheriano  —  Roma. 

Pini  Dott.  Tomaso  —  Milano. 

Pinoli  Avv.  Galileo  —  Ivrea. 

Piuma  Marchese  Nicolino  —  Perti. 

Poccardi  Cesare  —   Torino. 

Puschi  Prof.  Cav.  Alberto,  Dir.  del  Mus.  Civ.  di  Antichità  di  Trieste. 

Puzio  Ing.  Vincenzo   —  Napoli. 

Quaranta  Angelo  —  Roseto   Valfortore  (Foggia). 

Quaranta  Bernardino  —  Chatillon  (Torino). 

Raffo  Emanuele    —   Chiavari. 

Ratti  Dott.  Luigi  —  Milano. 

Ravenna  Gio.  Batta  —  Firenze. 

Rebuschini  Avv.  Pietro  —  Como. 

Reina  Cav.  Ferdinando  —  Milano. 

Ricci  Prof.  Antonio  —  Milano. 

Ricci  Milziade  —  Città  di  Castello. 

Ricci  Prof.  Dott.  Serafino,    Conserv.    Aggiunto    del    R.    Gabinetto 

Num.  di  Brera  —  Milano. 
Ricciardi  Edoardo  —  Napoli. 

Rivani  Giuseppe,  Dirett.  del  Museo  Civico  di  Ferrara. 
Rizzoli  Dott.  Luigi  fu  Gius.,  già  Cons.  del  Museo  Bottacin  di  Padova. 
Rizzoli  Dott.  Luigi  juniore,  Conserv.  del  Museo  Bottacin  di  Padova. 
Rocca  Conte  Mario  Leone  —   Venezia. 
Roghi  Agenore  —  Sanguinetto  (Verona). 
Romano  Prof.  Francesco  —  Avola. 

Romussi  On.  Dott.  Carlo,  Deputato  al  Parlamento  —  Milano. 
Rosa  Francesco   —  Milano. 
Rossi  Magg.  Cav.  Quintino  —  Suna. 
Rossi-Domilli  Luigi   —   Viterbo. 
Ruggero  Comm.  Gen.  Giuseppe  —  Roma. 
Russo  Sac.  Salvatore  Petronio  —  Adernò  (Catania). 
Salvaro  Vittorio  —  Ala  (Trentino). 


VARIETÀ  137 

Sandri  Dott.  Benedetto  —  Peseta. 

San  Rome  Mario  —  Milano. 

Savini  Cav.  Rag.  Paolo  —  Milano. 

Saya  Cav.  Pasquale  —  Messina. 

Scacchi  Prof.  Eugenio  —  Napoli. 

Scarpa  Ettore  —   Treviso. 

Scheyer  Joachim  —  Milano. 

Scrinzi  Dott.  Prof.  Angelo,  Dir.  del  Museo  Civ.  e  Correr  di  Venezia. 

Seletti  Cav.  Avv.  Emilio,  Consigl.  della  Soc.  Stor.  Lomb.  —  Milano. 

Sellenati  Dott.  Antonio  —  Genova. 

Serafini  Cav.  Camillo,  Dirett.  del  Gab.  Num.  Vaticano   —  Roma. 

Sessa  Rodolfo  —  Milano. 

Sgulmero  Cav.  Pietro,  iJirett.  del  Museo  Civico  di   Verona. 

Simonetti  Barone  Alberto  —  S.  Chirico- Raparo. 

Soldi  Tullio  —   Cremona. 

Sormani-Andreani  Conte  Lorenzo  —  Milano. 

Sozzani  Ing.  Vincenzo  —   Vigevano. 

Spigardi  Arturo  —  Firenze. 

Squicciarini  Avv.  Michele  —  Bari. 

Stiavelli  Carlo,  Bibliotecario,  Dirett.  del    Museo    Civico   di  Pescia. 

Strada  Marco  —   Milano. 

Superchi  Dott.  Giulio  —  Castel  d'Ario. 

Tatti  Ing.  Paolo    —  Milano 

Tonetti  Claudio   -    Varallo. 

Trenta  Giorgio  —  Pisa. 

Trivulzio  Princ.  Luigi  Alberico         Milano. 

Tropea  Prof.  Giacomo  —  Padova. 

Vaccari  Emanuele  —  Ferrara. 

Valdes  Giovanni  —  Palermo. 

Valerani  Cav.  Dott.  Flavio     -   Casale  Monferrato. 

Varisco  Sac.  Prof.  Achille  —  Monza. 

Vercelloni  Rag.  Carlo,  Dirett.  del  Museo  Civico  di  Lecco. 

Vercesi  Galileo  —  Padova. 

Vergani  Cav.  Dott.  Giovanni  —  Milano. 

Verzì  Venerando    -    Biancavilla  (Catania). 

Vicentini  Cav.  Col.  Giovanni  Ettore    -  Firenze. 

Vigano  Gaetano  —  Desio. 

Villoresi  Arturo    -   Firenze. 

Virzì  Ignazio  —  Palermo. 

Visconti  March.  Cav.  Carlo  Ermes  —  Milano. 

Wood  Charles  M.  —  Roma. 

Zane  Cav.  Riccardo  —  Milano. 

18 


138  VARIETÀ 

Commissione  monetaria.  —  La  Commissione  mone- 
taria istituita  nell'aprile  dello  se.  anno  1904  con  decreto  del 
Ministro  del  Tesoro,  on.  Luzzatti,  per  esaminare  (come  già 
annunciammo)  le  qualità  artistiche  e  tecniche  dei  nuovi  mo- 
delli per  monete  metalliche  nazionali,  si  radunò  la  prima 
volta  in  Roma  nei  giorni  20  e  21  gennaio  u.  se. 

Essa  fu  poi  ampliata,  e  trasformata  in  Commissione 
Reale  e  permanente,  col  Regio  Decreto  che  segue  : 

VITTORIO  EMANUELE  III,  RE  D' ITALIA. 

Riconosciuta  la  opportunità  e  la  convenienza  di  instituire  presso 
l'Amministrazione  del  Tesoro  un  Ufficio  permanente,  allo  scopo  di  as- 
sisterla di  consiglio,  con  continuità  di  criteri,  in  tutto  quanto  attiensi 
all'esame  dei  conii  delle  monete  e  ad  ogni  altra  questione  relativa  alla 
monetazione, 

Sulla  proposta  del  Nostro  Ministro  Segretario  di  Stato  per  il  Tesoro 

Abbiamo  decretato  e  decretiamo 

Articolo  1. 

È  istituita  presso  il  Ministero  del  Tesoro  una  Commissione  perma- 
nente con  l'incarico  di  esaminare  i  tipi  delle  nuove  monete  metalliche 
nazionali  ed  i  relativi  conii,  e  di  pronunziarsi  sovra  ogni  altro  argo- 
mento affine  od  attinente  alla  monetazione,  nei  riguardi  tecnici,  e  per 
mantenere  intatte  le  tradizioni  artistico-monetarie  Italiane. 

La  Commissione  potrà  delegare  un  Comitato  esecutivo,  composto 
di  tre  membri  scelti  fra  i  componenti  della  Commissione,  per  lo  studio 
delle  questioni  deferite  al  suo  esame  e  per  rappresentarla  in  permanenza. 

Articolo  2. 

La  Commissione  è  composta  come  appresso  : 

Presidente 
S.  E.  il  Ministro  del  Tesoro. 

Vice-Presiden  ti 
Il  Direttore  Generale  del  Tesoro. 
Ambrosoli  Cav.  Prof.  Solone,  Direttore  del  Gabinetto  Numism.  di  Brera. 

Membri 

Di  Lorenzo  Comm.  Prof.  Tommaso,  Direttore   della    R.  Calcografìa  — 

Roma. 
Gnecchi  Cav.  Uff.  Ercole  —  Milano.  * 

Gnecchi  Comm.  Francesco  —  Milano. 
Johnson  Comm.  Federico,  Industriale  —  Milano. 


VARIETÀ  I39 

Lancelot-Croce  Marcella,  Scultrice  —  Ruma. 

Levi  Comm.  Primo,  Pubblicista  —  Roma. 

Monteverde  Grand'Ufficiale  Prof.  Giulio,  Senatore  del  Regno,  Scultore 
—  Roma. 

Salinas  Comm.  Prof.  Antonino,  Direttore  del  Museo  Archeologico  di 
Palermo. 

Tesorone  Prof.  Giovanni  —  Napoli. 

Trentacoste  Domenico,  Scultore  —  Firenze. 

Venturi  Comm.  Prof.  Adolfo,  Insegnante  nella  R.  Università  di  Roma. 

Il  Direttore  Capo  di  Divisione  preposto  ai  servizi  di  zecca  e  di  mo- 
netazione. 

Un  segretario  amministrativo  del  Ministero  del  Tesoro  disimpegnerà 
le  funzioni  di  Segretario  della  Commissione. 

Articolo  3. 

Le  spese  per  la  Commissione,  come  quelle  per  il  conferimento  di 
premi  agli  artisti  in  relazione  a  concorsi  od  a  lavori  deliberati  ed  altre 
eventuali,  saranno  imputate  al  capitolo  89  del  bilancio  del  Ministero 
del  Tesoro  per  l'esercizio  in  corso,  o  a  quello  corrispondente  degli 
esercizi  successivi. 

Ordiniamo,  ecc. 

Dato  a  Roma  il  29  gennaio  1905. 

VITTORIO   EMANUELE 
Visto  —  //  Guardasigilli  Ronchetti.  L.  Luzzatti. 


Monete  celtiche.  —  Nel  fase.  IV  della  scorsa  annata 
della  Rivista,  abbiamo  dato  un  breve  cenno  intorno  ad  un 
opuscolo  del  Sig.  Aldor  (z).  In  tale  opuscolo,  ch'è  la  tradu- 
zione francese  di  un  articolo  comparso  in  magiaro  nel  pe- 
riodico Numizmatikai  Kòzlòny  di  Budapest,  l'a.  descrive  un 
copioso  ripostiglio  di  monete  celtiche,  rinvenuto  nell'isola 
di  Tótfalu,  a  poca  distanza  dalla  capitale  ungherese;  l'im- 
portanza della  sua  pubblicazione  merita  che  ritorniamo  sul- 
l'argomento. 


(1)  Aldor  (Jules).  La   trouvaille   de   monnaies   celtiques   de  Tótfalu. 
Budapest,  1904. 


I40  VARIETÀ 

Il  suolo  dell'Ungheria  è  fertile  in  ripostigli  di  monete 
barbariche  (*).  Quello  scoperto  a  Tótfalu  (nell'autunno  del 
1903)  consisteva  in  piccole  monete  d'argento,  del  peso  com- 
plessivo di  due  chilogr.  e  mezzo  ;  ed  è  uno  dei  più  copiosi 
rinvenuti  nel  territorio  ungherese  e  nelle  regioni  circonvicine. 

Una  parte  dei  pezzi  componenti  il  ripostiglio  reca  al 
dr.,  invece  d' una  testa,  una  ghirlanda  d'alloro  fra  linee  e 
cordoni  di  perline,  simile  a  quella  che  si  osserva  sulle  pic- 
cole monete  d'argento  scoperte  a  Simmering,  presso  Vienna, 
nel  1880  (2).  Il  rov.  di  quasi  tutti  rappresenta  un  cavallo  ga- 
loppante, a  sin.  ;  e  tutti,  senza  eccezione,  codesti  pezzi  tro- 
vati a  Tótfalu  sono  anepigrafi  ;  mentre  due  di  quelli  del  ri- 
postiglio di  Simmering  recano  sotto  il  cavallo  l'iscrizione 
NONN,  abbreviatura  del  nome  di  un  capo  o  principe  dei 
Celti,  Nonnos,  che  su  diversi  tetradrammi  di  quel  ripostiglio 
si  legge  in  tutte  lettere,  assieme  ai  nomi  di  Jantumarus, 
Devil,  Coisa,  e  specialmente  di  Biatec. 

In  un'altra  parte  delle  monete  di  Tótfalu,  la  grande  co- 
rona d'alloro  è  accompagnata  da  un  profilo  di  testa  imberbe; 
od  anche  da  una  piccola  testa  dietro  la  corona.  In  altri  esem- 
plari, infine,  il  tipo  del  dr.  consiste  in  una  specie  di  ramo  a 
forma  di  Y  o  di  T,  circondato  da  cerchietti  e  fregi,  nei  quali 
il  Sig.  Aldor  giustamente  ravvisa  un  principio  di  rappresen- 
tazione d' una  testa  umana.  Gli  esemplari  più  interessanti 
sono  riprodotti  nelle  due  tavole  in  fototipia  che  corredano 
l'accuratissimo  inventario  del  ripostiglio. 

Quanto  all'epoca  di  emissione  delle  monete  di  Tótfalu,  l'a., 
aderendo  alle  conclusioni  formulate  dal  Prof.  Gohl  a  proposito 
di  un  altro  ripostiglio  scoperto  in  Ungheria,  quello  di  Nàdasd, 
è  d'avviso  che  risalga  agli  anni  fra  il  60  e  il  45  av.  Cristo. 


(1)  "  Il  Gabinetto  di  Budapest  raccoglie  particolarmente  i  monu- 
menti numismatici  trovati  in  paese,  e  suo  vanto  principale  è  la  serie 
preziosissima  delle  monete  barbare  trovate  appunto  in  Ungheria;  sono 
circa  tre  migliaia  di  pezzi  importantissimi,  in  parte  imitazioni  di  tipi 
greci  e  delle  consolari  romane  „  (Ambrosoli,  Note  numismatiche  di  un 
viaggio  ad  Atene  e  Costantinopoli.  In  Rivista,  anno  V,  1892). 

(2)  Blanchet  (Adrien).  Traiti  des  monnaies  gauloises.  Paris,  1905 
—  a  pag.  451:  "  Il  est  évident  que  ce  type  a  été  produit  par  une  dé- 
iormation  de  la  tète,  dont  la  couronne  de  laurier  reste  seule  nettement 
apparente  „. 


VARIETÀ  I4 1 

Ite  monete  e  la  ceramica  antica.  —  In  un  recente 
suo  opuscolo,  il  Sig.  Blanchet  (*)  rileva  V  importanza  delle 
monete  nel  determinare  la  data  delle  varie  forme  di  vasi 
usate  nelle  Gallie,  avanti  la  conquista  romana. 

Egli  pone  per  fondamento  lo  studio  di  quei  pochi  vasi 
che  contenevano  monete  galliche  delle  quali  si  è  potuto  re- 
digere l' inventario.  Purtroppo,  com'è  noto,  i  recipienti  che 
racchiudono  ripostigli  monetali  vengono  quasi  sempre  infranti, 
e  i  loro  frammenti  finiscono  coll'andar  dispersi.  Ciononostante, 
l'A.  ne  enumera  una  certa  quantità,  incominciando  da  un 
vaso  scoperto  nel  1841  ;  e  correda  il  suo  scritto  con  una 
tavola  in  cui  sono  delineate  le  forme  più  caratteristiche  dei 
vasi  che  fornirono  argomento  a  codesta  sua  indagine  par- 
ticolare. 

In  memoria.  —  L'u  del  corr.  mese  di  marzo  compieva 
un  decennio  dalla  morte  di  Cesare  Cantù.  Prendiamo  occa- 
sione da  questa  data  per  rendere  omaggio  alla  memoria 
dello  storico  illustre,  che  non  trascurò  mai  la  Numismatica 
e  se  ne  valse  anzi  con  predilezione  per  corroborare  le  pro- 
prie ricerche  e  documentarne  i  risultati. 

Prescindendo  dai  numerosissimi  accenni  numismatici  dis- 
seminati nelle  sue  opere,  rileveremo  poi  il  fatto  che  la  sua 
Storia  universale,  nel  volume  sull'Archeologia  e  le  Belle  Arti, 
contiene  un  capitolo  espressamente  dedicato  alla  nostra  di- 
sciplina ;  è  una  specie  di  trattato  succinto  su  tale  materia, 
ed  è  mirabile  addirittura  se  si  consideri  ch'è  scritto  da  chi 
non  si  era  occupato  ex  professo  di  questi  studi  così  speciali. 

Il    Congresso    internazionale    d'Archeologia,    che 

s' inaugurerà  ad  Atene  il  7  aprile,  avrà  una  sezione  (la  IVa) 
dedicata  ali 'Epigrafia  e  Numismatica. 

Fra  le  numerose  comunicazioni  che  vediamo  annun- 
ciate nel  Bollettino  del  Congresso,  alcune  si  riferiscono  ap- 
punto alla  Numismatica  antica. 


(1)  Blanchet  (Adrien).  Vases  de  la  Gaule  indépendante.  Caen,  1905. 
—  (Estr.  dal  Compte-rendu  du  LXX     Congrès  archéologique  de  France). 


Ì42  VARIETÀ 

Miscellanea  medaglistica.  —  Dalla  cortesia  di  un 
nostro  associato,  Don  Achille  Varisco,  riceviamo  le  seguenti 
note: 

ft  All'illustre  Prof.  Trombetti  fu  decretata  e  presentata  dal 
Consiglio  Comunale  di  Cuneo  una  medaglia  d'oro  a  ricordo  del 
grande  premio  dei  Lincei  conferitogli  pei  suoi  studi  di  glottologia. 

é*„  Per  il  50.0  anno  di  cattedra  del  eh.  Prof.  Giuseppe  Allievo, 
nestore  dei  pedagogisti,  i  suoi  discepoli  e  amici  gli  offersero  una 
grande  med.  d'oro,  con  la  sua  effigie  ritratta  maestrevolmente  dal- 
l'artista Celestino  Fumagalli. 

t\  A  Monsignor  Gerolamo  Comi,  pel  suo  giubileo  sacerdotale, 
venne  presentata  un'  artistica  med.  d'  oro,  che  reca  nel  dr.  il  suo 
ritratto  e  nel  rov.  l'altare  di  S.  Ambrogio. 

*t  Una  med.  d'oro  fu  solennemente  consegnata  al  Sindaco  di 
Modena,  Avv.  Luigi  Albinelli.  per  le  sue  benemerenze  verso  quel- 
l'amministrazione municipale. 

t\  Al  Questore  Comm.  Ceola,  trasferito  a  Roma  a  coprire  la 
carica  di  ispettore  generale  della  P.  S.,  i  funzionari  della  P.  S.  di 
Milano  offersero  una  med.  d'oro. 

w\  11  25.0  anno  di  ufficialato  del  bravo  comandante  dei  pom- 
pieri di  Milano,  Cav.  Alberto  Goldoni,  diede  occasione  a  questo 
benemerito  corpo  di  presentargli  una  bella  medaglia  d'oro. 

ft  Gli  ufficiali  del  29.0  Regg.  Fanteria  offersero  una  med.  d'oro 
al  loro  Colonn.  Co.  Bernardo  Dorelli,  che  recentemente  andò  in 
pensione. 

Una  rarissima  medaglia  milanese  a  Fanny  Elssler. 

—  Questa  celebre  ballerina  viennese  comparve  per  la  prima 
volta  in  Italia  al  teatro  alla  Scala  di  Milano  nella  stagione 
di  carnevale-quaresima  nel  1844. 

Le  cronache  milanesi  di  quell'anno  narrano  del  grande 
entusiasmo  suscitato  e  degli  onori  di  ogni  sorta  a  lei  tribu- 
tati, con  numerose  corone,  serenate  sotto  alla  sua  abitazione, 
con  un'  infinità  di  poesie,  fra  cui  una  anche  del  Prati,  e  onore 
massimo,  con  questa  bella  medaglia  C1)  qui  fregiante  il  mio 
modesto  articolo. 


(1)  Vedi  Alfredo  Comandini,  L'Italia  nei  cento  anni  del  secolo  XIX. 
Disp.  42,  anni  1843-44  marzo,  pag.  1098. 


VARIETÀ  143 

In  seguito  le  stesse  cronache  accennano  anche  a  dimo- 
strazione ostili  avvenute  in  teatro  e  da  lei  provocate,  che, 
pel  carattere  politico  assunto,  la  costrinsero  a  sciogliere  il 
contratto  coli' impresario  Merelli  e  ritornarsene  a  Vienna. 

Troppo  accesi  gli  animi  degli  italiani  in  quel  tempo, 
non  è  quindi  a  meravigliarsi  se  ogni  benché  minimo  atto 
da  parte  dell'aborrito  straniero,  desse  luogo  a  subitanea 
reazione.  Tutto  questo  però  non  tolse  di  vedere  l'anno  ap- 
presso ritornare  sulla  temuta  medesima  scena  la  graziosa 
silfide,  l' impareggiabile  danzatrice-mima  amata  un  dì  ar- 
dentemente dal  figlio  di  Napoleone  I,  l' infelice  Duca  di 
Reichstadt,  deliziare  ancora  i  milanesi.  Nuovi  allori  conti- 
nuava a  mietere  nel  1847,  e  così  pure  la  rivediamo  (ma 
questa  volta  fu  l'ultima)  danzare  nel  1848,  dai  primi  di  gen- 
naio sino  alla  vigilia  di  quel  18  marzo,  primo  dì  della  rivo- 
luzione delle  Cinque  Giornate  "  in  cui  si  videro  i  giovani 
che  più  fervidamente  a  quell'epoca  acclamavano  la  Elssler, 
la  Cerrito  e  la  Taglioni  essere  i  primi  a  slanciarsi  sulle  bar- 
ricate „. 


Premesso  tutto  ciò,  io  non  conosco  di  questa  bella  me- 
daglia che  due  soli  esemplari  in  bronzo,  quello  nel  ricco 
medagliere  dell'amico  carissimo  comm.  Federico  Johnson  e 
il  mio,  da  lui   donatomi    per   la   speciale    mia    collezione  in 


144  VARIETÀ 

medaglie  risguardanti  il  teatro  C1).  Essa  fu  modellata  e  in- 
cisa dal  milanese  Vittorio  Nesti  autore  di  buone  opere  scul- 
torie e  di  ben  altre  trentacinque  medaglie  note  ai  nummofili 
italiani  ed  apprezzate. 

Eccone  la  descrizione  : 

Diam.  mill.  60. 

&  —  FANNY  ELSSLER  Testa  a  sin.;  Sotto:  Vittorio  Nesti  f. 

^f  —  In  sette  righe  :  IMPAREGGIABILE  -  NELL'ARTE  DI 
TERSICORE  -  AMMIRATA  -  NELL'UNO  E  NELL'ALTRO 
EMISFERO  -  BEAVA  DI  SE  -  QUESTA  INSUBRE  ME- 
TROPOLI   -   L'ANNO  MDCCCXXXXIV. 

In  suo  onore  altra  ne  esiste  nella  mia  collezione,  coniata 
a  Vienna  nel  1842,  incisa  da  F.  Gaul. 

Milano,  Dicembre  1904. 

Edoardo  Mattoi. 


Una  pubblicazione,  d'argomento  in  gran  parte  meda- 
glistico,  ci  si  annuncia  dal  Belgio,  quella  di  un  volume  del- 
l' Ing.  Augusto  Moyaux  :  Les  Chemins  de  Fer  autrefois  et 
aujourd'hui  et  leur  Médailles  commèmoratives.  Il  voi.  è  edito 
dal  Dupriez,  ed  è  corredato  di  numerose  illustrazioni  nel 
testo  e  di  11  tav.  in  fototipia. 


L,e  Medaglie  di  Garibaldi.  —  L'on.  Dott.  Carlo  Ro- 
mussi,  Deputato  al  Parlamento,  ha  pubblicato  un  interessan- 
tissimo volumetto  dal  titolo  :  Garibaldi  nelle  medaglie  del 
Museo  del  Risorgimento  in  Milano. 

È  una  vivace  rassegna,  la  quale  ha  per  base  quasi  esclu- 
siva il  Medagliere  garibaldino  che  il  Municipio  di  Milano 
acquistò  dal  Sig.  Ing.  Carlo  Clerici,  come  fu  qui  accennato 
a  suo  tempo  (2). 


(1)  Teatro  in  Nummis,  Catalogo  della  collezione  E.  Mattoi,   con   il- 
lustrazioni, in  corso  di  stampa. 

(2)  Rivista,  1904,  a  pag.  286-87. 


FASCICOLO  IL 


APPUNTI 


DI 


NUMISMATICA     ROMANA 


LXV. 
GABINETTO  VATICANO 

MEDAGLIONI  ROMANI  INEDITI  O  VARIANTI. 
(tavole  iv,  v  e  vi). 

È  completamente  alla  cortesia  del  Cav.  Serafini, 
direttore  del  Gabinetto  Numismatico  Vaticano,  al 
quale  non  ebbi  che  esprimere  un  desiderio  per  ve- 
derlo soddisfatto,  che  io  debbo  l'onore  e,  aggiungerò 
pure,  il  piacere  di  offrire  oggi  ai  lettori  della  Rivista 
come  primizia  una  serie  di  pezzi  inediti  scelti  nella 
parte  più  eletta  —  ossia  medaglioni  o  pezzi  spe- 
ciali —  della  serie  romana  imperiale  del  Vaticano. 
All'egregio  direttore  e  carissimo  amico  debbo  la 
cura  di  averli  studiati,  a  lui  la  cura  delle  impronte 
fornitemi,  che  mi  permisero  di  darne  unitamente  al 
testo  la  riproduzione,  a  lui  infine,  che  dovrebbe  fir- 
mare questo  articolo  invece  di  me,  debbo  la  soddi- 
sfazione di  pubblicare  con  questa  memoria  un  pic- 
colo compenso  all'ultima  (Appunto  n.  LXIV)  in  cui 
s'è  parlato  dei  Medaglioni  ex-Vaticani,  e  glie  ne 
faccio  quindi  pubblicamente  i  più  cordiali  e  sentiti 
ringraziamenti.  In  quell'appunto  poco  allegro  si  trattò 
di  molti  pezzi  che  c'erano  e  che  ora  non  ci  sono 
più  ;  in  questo  invece  si  tratterà  di  pochi,  che  vi  sono 


150  FRANCESCO   GNECCHI 


entrati  dappoi,  i  quali,  se  non  compensano  i  primi, 
accennano  però  all'  inizio  del  risorgimento  della  col- 
lezione Vaticana  C1). 

E  noi  vorremmo  augurare  che  tale  risorgimento 
fosse  rapido  e  glorioso  ;  ma  pur  troppo,  anche  colla 
migliore  volontà,  che  certo  non  fa  difetto,  di  chi  vi 
dedica  le  sue  cure,  la  reintegrazione  del  Museo  ri- 
chiederebbe dei  secoli  se  l'annuo  assegno  che  la 
Santa  Sede  vi  destina  dovesse  sempre  mantenersi 
nel  limite  attuale  il  quale  è  tanto  estremamente  esiguo 
che  non  oso  neppure  accennarlo. 

Eppure  siamo  a  Roma,  dove  ancora  si  trova 
roba  ogni  giorno,  che  va  a  disperdersi  in  tutte  le 
parti  del  mondo  ;  siamo  a  Roma  e  in  Vaticano,  dove 
la  dignità  stessa  del  luogo,  V  impegno  di  una  antica 
e  gloriosa  tradizione  consiglierebbero,  imporrebbero 
anzi  il  completamento  di  una  serie  che  fu  già  cele- 
brata fra  le  più  insigni,  e  che  ora  dopo  più  di  un 
secolo  dalla  dispersione  non  è  che  all'  inizio  della 
sua  seconda  esistenza. 

La  serie  numismatica,  come  la  più  devastata, 
all'  infausta  epoca  napoleonica,  rimane  ora  veramente 
sproporzionata  a  tutte  le  altre  collezioni  dei  Musei 
Vaticani,  le  quali  o  non  furono  tocche,  o  lo  furono 
con  una  certa  discrezione  o  per  lo  meno  furono 
reintegrate.  E  sarebbe  quella  che  potrebbe  essere 
ristabilita  con  sacrificio  relativamente  lieve... 

Ma  a  che  servono  tanti  sterili  lamenti  ?  Posso 
io  forse  pretendere  che  la  mia  voce  arrivi  fino  al 
soglio  pontificio    e    commuova   l'animo  di   chi   tiene 


(1)  I  pezzi  che  si  descrivono  provengono  tutti,  o  quasi,  dalla  rac- 
colta Vitali,  acquistata  da  S.  S.  Pio  VII  nei  primi  anni  del  secolo  scorso, 
circa  il  1817,  e  illustrata  con  fenomenale  ottimismo  sia  per  le  rarità 
come  per  le  conservazioni  dal  dott.  Alessandro  Visconti  nella  Indica- 
zione delle  Medaglie  antiche  del  signor  Pietro  Vitali,  voi.  2.  Roma, 
Tip.  Fulgoni,  1805. 


GABINETTO  VATICANO  151 


le  sante  chiavi?  Dio  mi  guardi  da  tanta  presunzione! 
Ma  però,  riflettendoci,  fra  le  cose  possibili  c'è  anche 
questa;  che  S.  S.  in  una  delle  sue  passeggiate  nella 
lunghissima  galleria  della  Biblioteca  Apostolica,  ar- 
rivasse qualche  volta  fino  all'estremità  del  braccio, 
dove  è  collocato  il  Gabinetto  numismatico  e,  arrivato 
fin  là,  vi  entrasse  a  dire  buon  giorno  al  direttore. 
Il  direttore,  trattandosi  di  cosa  che  certo  non  gli  re- 
cherebbe dispiacere,  avrebbe  cura  di  lasciare  sulla 
sua  scrivania  il  fascicolo  della  Rivista,  aperto  pre- 
cisamente a  questa  pagina.  E,  se  S.  S.  si  degnasse 
di  gettarvi  uno  sguardo,  potrebbe  darsi  il  caso  che 
l'animo  suo  tutt'altro  che  avverso  alle  cose  d'arte  e 
di  scienza,  come  lo  provano  alcuni  cataloghi,  anche 
numismatici,  che  si  stanno  compilando  sotto  la  sua 
ispirazione,  fosse  spinto  a  un  atto  di  eccezionale 
generosità,  leggendovi  come  moltissimi,  che  stimano 
gloria  patria  lo  splendore  del  Vaticano,  in  unione 
all'umile  scrivente,  si  rallegrerebbero  e  sarebbero 
fieri  di  vedere  incisa  sull'  ingresso  del  Gabinetto 
questa  laconica  non  meno  romana  che  numismatica 
iscrizione  : 

PIVS  X  PONT  MAX  RESTITVIT. 

Ed  ora  veniamo  alla  descrizione  dei  pezzi  inediti. 

ADRIANO. 

1.  Dopo  551. 
i&  —  IMP  CAESAR  TRAIANVS  HADRIANVS  AVO.  Busto  lau- 
reato a  sinistra  col  paludamento  e  la  corazza,  visto  per 
di  dietro. 
9    —  PONT  MAX  TR  POT  COS  III.  La  Pace  diademata  a 
sinistra  con  una  cornucopia  e  un  ramoscello. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  45,  gr.  64.720).  (Tav.  IV,  n.  1). 

NB.  Per  una  curiosissima  combinazione   questo   bellissimo  pezzo, 
che  si  registra  come  il  primo  nella  nuova  serie  dei  pezzi  vaticani,  cor- 


I52  FRANCESCO   GNECCHI 


risponde  precisamente  ad  altro  esemplare  d'Adriano  che  figura  al  n.  1 
della  tavola  unita  all'ultimo  appunto  relativo  ai  medaglioni  ex- Vaticani. 
Solo  che  quello  aveva  le  dimensioni  di  un  gran  bronzo,  questo  è  bat- 
tuto su  di  un  disco  di  medaglione,  pure  conservando  le  medesime  di- 
mensioni di  conio,  ossia  del  cerchio  di  perline.  I  due  conii  però,  sia  del 
dritto  che  del  rovescio,  sono  differenti  (1). 

2.  Var.  Coh.  558. 

&  —  HADRIANVS  AVGVSTVS  PP.  Testa  laureata  a  destra. 
1$    —  Anepigrafo.  Nettuno  a  destra,  col  tridente,  il  piede 

sinistro    appoggiato    su    di    una   prora.    In   faccia  a  lui 

Minerva.  Tra  i  due  un  albero. 

Medaglione  di  bronzo  (mi  11.  38,  gr.  42.62). 
ANTONINO   PIO. 

3.  Var.  Coh.  420. 

B'  —  ANTONINVS  AVO  PIVS  PP  TR  P  COS  III.  Busto  lau- 
reato d'Antonino  a  destra  con  paludamento  e  corazza, 
visto  per  di  dietro. 

y>  —  Anepigrafo.  Minerva  a  sin.  discorre  con  Vulcano 
seduto,  col  martello  nella  destra  ;  accanto  a  lui  l'incu- 
dine su  cui  è  un  elmo.  Dietro  Minerva,  a  terra,  uno 
scudo. 

Medaglione  di  bronzo  (mill.  46,  gr.  73.25).  (Tav.  IV,  n.  3). 

4.  Inedito.  Dopo  869. 

&  —  IMP  T  AEL  CAES  HÀDR  ANTONINVS  AVG  PIVS.  Testa 

laureata  a  sinistra. 
R)   —  TR  POT  COS  II  S  C  Vittoria   a   sinistra    con   una 

statuetta  e  una  palma. 

Medaglione  senatorio  o  doppio  sesterzio  (mill.  40,  gr.  52.25). 

(Tav.  IV,  n.  2). 

ANTONINO  PIO  e  M.  AURELIO. 

5.  Variante  Coh.  16. 

&  —  ANTONINVS  AVO  PIVS  PP  TR  P  COS  III.  Testa  nuda 

d'Antonino  Pio  a  destra. 
P    -  AVRELIVS  CAESAR  ÀVG-  PII  F  COS.  Testa  nuda  gio 

vanile  di  M.  Aurelio  a  destra. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  45,  gr.  63.750).  (Tav.  IV,  n.  4). 


(1)  Vedi  tav.  I,  n.  1,  Riv.  IL  di  Num.,  fase.  I,  1905. 


GABINETTO    VATICANO  153 


FAUSTINA  MADRE. 

6.  Variante  n.  170. 

&  —  DIVA  AVGVSTÀ  FAVSTINA.  Busto  a  destra. 
1$   —  EX  S  C  (all'esergo).  Faustina  su  di  un  carro  tirato 
da  quattro  elefanti  a  sinistra. 

Medaglione  senatorio  o  doppio  sesterzio  (mill.  38,  gr.  44.25). 

M.  AURELIO. 

7.  Inedito.  Dopo  Coh.  374. 

&  —  M  AVREL  ANTONINVS  AVG.  Busto  laureato  a  destra 

con  paludamento  e  corazza. 
$   —  PROF   AVG   (all'esergo).    M.   Aurelio    cavalcante   al 
passo  a  destra  colla  lancia,  accompagnato  da  altro   ca- 
valiere e  preceduto  da  un  milite  armato  di  lancia  e  scudo. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  39,  gr.  35.000). 
NB.  Questo  medaglione  è  eccessivamente  e  male  ritoccato. 

FAUSTINA  GIOVANE. 

8.  Variante  Coh.  100. 

ft  —  FAVSTINA  AVGVSTÀ.  Busto  a  sinistra. 

ty  —  FECVNDITATI  AVGVSTÀE.  La  Fecondità  seduta  a 
destra  con  un  bambino  sulle  ginocchia.  Dietro  e  da- 
vanti due  altri  bambini  che  le  stendono  la  mano. 

Piccolo  medaglione  di  bronzo  (mill.  32,  gr.  24.600). 

(Tav.  V,  n.  2). 

NB.  È  lo  stesso  medaglione  descritto  al  n.  100,  ma  di  piccolo  modulo. 
COMMODO. 

9.  Var.  Coh.  377. 

&  —  M  COMMODVS  ANTONINVS  PIVS    FELIX    AVG    BRIT. 

Busto  laureato  a  mezza  figura  a  destra  colla  corazza  e 

l'egida,  e  un  lembo  di  paludamento  sulla  spalla  sinistra. 
IjJ    —  PACI    AETER    P    NI    TR    P    XIIII    IMP    Vili    (in   giro) 

COS  V  PP  (all'esergo).  La  Pace  seduta  a  sinistra  con  un 

ramo  e  un  lungo  scettro. 

Medaglione  di  bronzo  (mill.  41,  gr.  50.80).  (Tav.  IV,  ».  5). 


154  FRANCESCO   GNECCHI 


io.  Var.  Coh.  389. 
&  —  M  AVREL  COMMODVS  ANTONINVS  ÀVG  PIVS.  Busto 

laureato  e  corazzato  a  destra  visto  per  di  dietro. 
P    —  P  M  TR  P  VINI  IMP  VI  COS  INI  P  P.   Roma  seduta 
a  sinistra  con  una  Vittoria  e  lo  scettro;  vicino  a  lei  uno 
scudo. 
Medaglione  di  bronzo  a  due  metalli  (mill.  42,  gr.  62.30). 

11.  Inedito.  Dopo  Coh.  434. 

B1  —  M  AVREL  COMMODVS  ANTONINVS  ÀVG.  Busto  lau- 
reato a  destra  con  paludamento  e  corazza.. 

ty    —  TR  P  VINI  IMP  V  COS  IMI  P  P.  Giove  seduto  a  de- 
stra collo  scettro,  presenta  un  globo   a   Commodo   che 
lo  riceve,  in  piedi. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  40,  gr.  53.300). 

12.  Var.  Coh.  400. 

P  —  M    COMMODVS  ANTONINVS  PIVS    FELIX  AVG   BRIT. 

Busto  laureato  a  destra,  il  petto  ignudo  e  l'egida  tratte- 
nuta da  una  fascia  trasversale. 
ty  —  P  M  TR  P  XI  IMP  VII  (in  giro)  COS  V  P  P  (all'esergo) 
Commodo  con  uno  scettro  sormontato  dall'aquila  e  sten- 
dendo la  destra  in  quadriga  lenta  a  destra.  La  biga  è 
ornata  da  Vittorie. 
Medaglione  di  bronzo  a  due  metalli  (mill.  43,  gr.  65.40). 

(Tav.  IV,  n.  6). 

PERTINACE. 

13.  Coh.  48.  GB.  pesante. 

&  —  IMP  CAES  P  HELV  PERTINAX  ÀVG.    Testa   laureata 

a  destra. 
R)   —  VOT  DECEN  TR  P  COS  II  S  C  L'imperatore  velato 
sacrificante  su  di  un  tripode. 
Medaglione  senatorio  o  doppio  sesterzio  (mill.  39,  gr.  63,80). 

(Tav.  V,  n.  1). 

NB.  Questo  splendido  bronzo  è  l'unico  conosciuto  di  Pertinace  (il 
quale  non  ha  medaglioni  propriamente  detti)  che,  coll'ertezza  di  milli- 
metri 7  V2,  passi  il  peso  normale,  raggiungendo  abbondantemente  quello 
del  doppio  sesterzio. 


GABINETTO    VATICANO  I55 


GIULIA  DONNA. 

14.  Inedito.  Dopo  Coh.  131. 

&  -   IVLIA  ÀVGVSTÀ.  Busto  diademato  a  destra. 

R)  -  FELICITATI  PE...(RPETVAE  ?).  Giulia  seduta  a  sinistra 
con  una  patera,  e  intorno  a  lei  tre  donne,  di  cui  quella 
che  le  sta  davanti  le  offre  un  globo.  All'esergo  si  ve- 
dono le  traccie  di  altra  leggenda,  che  forse  era:  VOTA 
SVSC 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  33,  gr.  41.20).  (Tav.  V,  n.  3). 

NB.  11  rovescio  è  affatto  nuovo  fra  i  medaglioni  di  Giulia  Donna, 
i  quali  del  resto  non  sono  che  due.  Assomiglia  molto  a  quello  che  tro- 
viamo con  Giulia  Mamea  o  con  questa  e  Alessandro,  colle  leggende 
FELICITAS  PERPETVA  o  FELICITAS  TEMPORVM.  Assai  probabil- 
mente il  medaglione  aveva  un  cerchio. 

CARACALLA. 

15.  Coh.  501.  GB.  pesante. 

i&  -  -  M  AVREL  ANTONINVS  PIVS  AVG.    Busto   imberbe   e 

laureato  a  destra,  ornato  dell'egida. 
$    —  PONTIF  TR  P  X  COS  II  S  C    Caracalla  in  abito  mi- 
litare e  con  un'asta  galoppante  a  destra. 
Medaglione  senatorio  cerchiato  o  doppio  sesterzio  (mill.  38,  gr.  32). 

(Tav.  V,  n.  4). 

NB.  11  cerchio  non  è  rimesso,  ma  il  tutto  forma  un  solo  pezzo. 
ALESSANDRO  SEVERO  e  GIULIA  MAMMEA. 

16.  Inedito.  Dopo  17. 

i&  —  IMP  SEV  ALEXAND  AVG-  IVLIA  MAMAEA  AVG  (in  giro) 
MATER  AVG-  (all'esergo).  Busti  affrontati  di  Alessandro 
laureato  col  paludamento  e  la  corazza  e  di  Giulia  dia- 
demata. 

ty  —  LIBERALITAS  AVGVSTI  III  S  C.  La  Liberalità  colla 
tessera  e  il  cornucopia. 

Medio  bronzo  o  meglio  piccolo  medaglione  (mill.  29,  e  dovrebbero 
essere  alcuni  di  più,  se  non  fosse  ribattuto  intorno,  gr.  16.50). 

(Tav.  V,  n.  5). 


156  FRANCESCO   GNECCHI 


GORDIANO  PIO. 

17.  Inedito.  Dopo  323. 

&  —   IMP  GORDIANVS  PIVS  FELIX  AVG.  Busto  laureato  a 

sinistra  con  paludamento  e  corazza. 
$    —  TRAIECTVS  ÀVG-  Ponte  sul  quale  si  vedono  passare 
cinque  soldati  diretti  a  sinistra. 

Mezzo  bronzo  imperatorio  o  medaglioncino  (mill.  28,  gr.  18.300). 

(Tav.  V,  n.  6). 

18.  Coh.  150.  GB.  pesante. 

0  -   IMP  M  IVL  PHILIPPVS  ÀVG.  Busto  laureato  a  destra 

col  paludamento. 
9    -  LAET  FVNDATA   S  C     L'Allegrezza    a    sinistra   con 

una  corona  e  un  timone  di  nave. 
Medaglione  senatorio  o  quadruplo  sesterzio  (mill.  39,  gr.  87.520). 

QALLIENO. 

19.  Var.  Coh.  850. 

0  —  IMP  GALLIENVS  P  F  ÀVG  GERM.  Busto    laureato    e 

corazzato  a  sinistra,  armato  di  lancia  e  scudo. 
?    -  VICTORIA  GERMANICA.  Gallieno  in  abito  militare  a 
destra  coronato  da  una  Vittoria.  Ai  suoi  piedi   due   pri- 
gionieri seduti,  uno  da  ciascun  lato. 
Medio  bronzo  imperatorio  o  medaglioncino  (m.  27,  gr.  14.800). 

(Tav.  V,  n.  7). 

AURELIANO. 

20.  Inedito. 

1&  -  IMP  AVRELIANVS  P  F  AVG    Busto  laureato  e  coraz- 
zato a  destra. 

ty    —   ÀDVENTVS  AVG.  Aureliano  cavalcante  a  destra,  pre- 
ceduto e  seguito  da  due  soldati. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  35,  gr.  17.40).  (Tav.  V,  n.  8). 

NB.  Questo  pezzo  è  riconiato  su  altro  che  ora  è  troppo  difficile 
determinare.  Si  vede  però  chiaramente  che  i  conii  furono  invertiti,  sul- 
l'antico diritto  venne  coniato  il  rovescio  e  viceversa. 

Questo  è  il  terzo  medaglione  conosciuto  di  Aureliano. 

PROBO. 

21.  Var.  Coh.  69. 

V  -  IMP  PROBVS  IIWICTVS  AVG.  Busto  laureato  di  Probo, 


GABINETTO   VATICANO  I57 


corazzato  e  armato  di  lancia  e  scudo,  accollato  al  busto 

•     del  Sole  radiato. 

fy    —  IMP  PROBVS  CONS  II.  Probo    in    una    quadriga    di 
fronte  con  un  ramo  e  coronato  dalla  Vittoria.   Due  sol- 
dati stanno  ai  lati  dei  cavalli. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  28,  gr.  12.40).  Tav.  V,  n.  io). 

NUMER1ANO. 

22.  Var.  Coh.  16. 

&  —  IMP  C  MAVR  NVMERIÀNVS   AVG.    Busto    laureato    a 

destra  col  paludamento  e  la  corazza. 
$    —  MONETA  AVG-G.    Le    tre    Monete,    tipo    solito;    ma 

quella  di  mezzo  è  rivolta  di  faccia. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  33,  gr.  18.400).  (Tav.  V,  n.  9). 

DIOCLEZIANO. 

23.  Var.  Coli.  115. 

<B'    -    IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS   P   F  AVG.   Busto  lau- 
reato a  sinistra  in  corazza,  armato  di  lancia. 
PI    -   MONETA    IOVI  ET  HERCVLI    AVGG.    La    Moneta    di 
fronte  col  cornucopia  e  lo  scettro  fra   Giove"  ed  Ercole. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  37,  gr.  35.800).  (Tav.  V,  n.  11). 

24.  Inedito. 

&  -   IOVI  DIOCLETIANO  AVG-.    Busto    radiato  a  sinistra, 

col  petto  ignudo,  armato  di  scettro. 
y>    —  VOTA  PVBLICA.  Nettuno  ignudo  col  tridente,  il  piede 

sinistro  appoggiato  su  di  una  prora  in  atto  di  offrire  un 

delfino  a  una  donna   (l'Africa ?)   che  gli  sta  davanti   te 

nendo  un  sistro. 

Medio  bronzo  o  medaglioncino?  (mill.  27,  gr.  9.200). 

(Tav.  V,  n.  12). 

NB.  Il  medesimo  rovescio  esiste  in  un  bronzo  di  Massimiano  Er- 
culeo (1)  e  in  altro  di  Diocleziano;  ma  difficile  riesce  il  determinare  a 
quale  categoria  ascriverli. 


(1)  Rivista  lini,  di  Nutn.,   1897,  fase.  I.   Appunti  di  Numis,  Romana, 
n.  XLII. 


158  FRANCESCO    GNECCHI 


DIOCLEZIANO  e  MASSIMIANO   ERCULEO. 

25.  Var.  Coh.  6. 

<&   -   DIOCLETIANVS  ET   MAXIMIANVS    AVGG-.    Busti    lau- 
reati e  corazzati  di  Diocleziano  e  Massimiano  affrontati. 
P     -   MONETA  AVG-G-.  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  33,  gr.  20.300).  (Tav.  VI,  n.  1). 

MASSIMIANO  ERCULEO. 

26.  Var.  Coh.  122. 

&  -  IMP  C  M  AVR  VAL  MAXIMIANVS  ÀVG-.  Busto  laureato 
a  sinistra  col  manto  imperiale.  Tiene  nella  destra  un 
globo  niceforo,  e  colla  sinistra  lo  scettro. 

$    —  MONETA  AVGG-.  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  36,  gr.  29.400). 

COSTANTINO  IL  GRANDE. 

27.  Coh.  174. 

&  —  CONSTANTINVS  P  F  AVO.    Busto  laureato   e   coraz- 
zato a  destra. 
1$    —  VICTORIA  BEATISSIMORVM  CAESS.    Vittoria    seduta 
a  sinistra  su  di  una  corazza  con  uno  scudo  sulle  ginoc- 
chia, sul  quale  VOT  XX  MVLT  XXX. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  34,  gr.  22.40).  (Tav.  VI,  n.  2). 

NB.  Cohen  cita  questo  medaglione  da  Havercamp  e  in  un  modulo 
maggiore. 

COSTANTINOPOLI. 

28.  Var.  Coh.  7. 

&  —  CONSTANTINOPOLIS.    Busto    a    sinistra   coll'elmo  e 

la  corazza. 
Ri    -  VICTORIA  AVGVSTI.  Vittoria   seduta   a  sinistra  con 
un  ramo  e  il  cornucopia. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  33,  gr.  24.40).  (Tav.  VI,  n.  3). 

ROMA. 

29.  Var.  Coh.  7. 

1&  —  VRBS  ROMA.  Busto  galeato  di  Roma  a  destra. 
P    —  Anepigrafo.  La  Lupa  in  una  grotta,  che  allatta  Ro- 
molo e  Remo.  Ai  lati  due  pastori. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  41,  gr.  37.600).  (Tav.  VI,  n.  4). 

NB.  Quantunque  martellato  all'ingiro,  questo  medaglione  è  ancora 
il  più  grande  di  tutti  quelli  conosciuti  colla  testa  di  Roma. 


GABINETTO    VATICANO  159 


COSTANTE  I. 

30.  Var.  Coh.  98. 

&  -   D  N  FL  CONSTANS  AVO.  Busto  diademato  a  destra 

col  paludamento  e  corazza. 
^    —  VICTORIA  AVG.  Vittoria  seduta   su   di  una   corazza 

a  destra,  in  atto  di  scrivere  VOT  XX    su    di   uno  scudo, 

che  tiene  sulle  ginocchia. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  30.  gr.  18.250). 

COSTANZO  II. 

31.  Var.  166. 

&  —  CONSTANT  IVS  P  F  AVG.  Busto  diademato  a  destra 

con  paludamento  e  corazza. 
R)    —  ROMA  BEATA.    Roma   seduta  a  sinistra    su    di    uno 
scudo  con  una  Vittoriola  e  un'asta. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  32,  gr.  25.100). 
NB.  Il  pezzo  è  molto  ritoccato. 

32.  Completamento  del  n.  173  di  Cohen  (citazione  da  d'Ennery). 
&  -   D  N  CONSTANTIVS    P    F  AVG.    Busto    diademato    a 

destra  con  paludamento  e  corazza. 
^    —  VICTORIA  AVG-  NOSTRI.  La  Vittoria  con  una  corona 
e  una  palma  corrente  a  sinistra. 
Medaglione  di  bronzo  (mill.  35,  gr.  20.600).  (Tav.  VI,  n.  5). 

VALENTINIANO  I. 

33.  Var.  51. 

F-DN  VALENTINIANVS  P  F  AVG.   Busto    diademato  a 

destra  con  paludamento  e  corazza. 
R)    —   MONETA  AVGG-  Le  tre  Monete,  tipo  solito. 
Gran  bronzo  (o  medagl.?)  (mill.  30,  gr.  12.65).     (Tav.  VI,  n.  6). 

34.  Var.  Coh.  52. 

^-DN  VALENTINIANVS  P  F  AVG.    Busto    diademato  e 

corazzato  a  destra. 
P    —  RESTITVTOR  REIP.    Valentiniano   di   fronte,  volto  a 

sinistra  con  un  globo  niceforo  e   un'asta.   All'esergo    R. 
Gr<m  bronzo  (mill.  29,  gr.  8.400).  (Tav.  VI,  n.  7). 

GRAZIANO. 

35.  Inedito.  Dopo  58. 

F-   DN  GRATIANVS  P  F  AVG.  Busto  diademato  a  destra 

con  paludamento  e  corazza. 
$    —  RESTITVTOR  REIPVBLICAE.    Graziano    di    fronte   ri- 


IÓO  FRANCESCO    GNECCHI 


volto  a  destra  con  uno  stendardo  e  un   globo   niceforo. 
All'esergo  R.  P. 
Gran  bronzo  (o  medagl.?)  (mill.  28,  gr.  n).         (Tav.  VI,  n.  8). 

TEODOSIO. 

36.  Completamento  del  n.  5  di  Cohen. 

B '  —  D  N  THEODOSIVS  P  F  AVG.  Busto  diademato  a  de- 
stra col  paludamento  e  la  corazza. 
^  —  TRIVMFATOR  GENT  BÀRB.  Teodosio  in  abito  mili- 
tare di  fronte  rivolto  a  sinistra  con  uno  stendardo  e  un 
globo.  A  sinistra  ai  suoi  piedi  un  prigioniero  inginoc- 
chiato, colle  mani  legate.  All'esergo  R.  T. 
Medaglione  d'argento  (mill.  36,  gr.  12). 

NB.  Quantunque  assai  malconcio  il  pezzo  serve  a  completare  quella 
data  da  Cohen  riportandola  da  Khell. 

Chiudono  la  serie  e  sono  riprodotti  nella  ta- 
vola VI  (n.  9  e  io)  due  pezzi  di  difficile  classifica- 
zione, due  grossi  medaglioni  di  bronzo,  ricoperti 
nella  parte  centrale,  esclusa  cioè  la  cornice,  di  una 
sottile  lamina  d'argento,  la  quale  è  perfettamente 
conservata  al  diritto,    ma  fu  asportata   al   rovescio. 

Il  primo  è  dell'imperatore  Filippo: 

IMP  CAES  NI  IVL  PHILIPPVS  ÀVG.  Busto  laureato  in  corazza 
e  paludamento  a  sinistra. 

Il  secondo  è  di  Valeriano: 

IMP  C  D  LIC  VALERIÀNVS  AVG.  Busto  laur.  a  d.  col  palud. 

Sono  due  pezzi  estremamente  rari,  anzi  credo 
unici;  ma  il  cui  scopo  riesce  assai  difficile  determi- 
nare. Servirono  a  fregiare  insegne  militari  ?  o  bril- 
larono sulla  bardatura  del  cavallo  di  qualche  celebre 
capitano  ?  Chi  lo  sa  ?  Quello  che  credo  si  possa  af- 
fermare con  sicurezza  è  che  nulla  essi  hanno  a  che 
vedere  colla  numismatica....  E  quindi  precisamente 
per  questo  motivo,  ad  essi  può  forse  applicarsi,  me- 
glio che  ad  altri  pezzi,  cui  da  tempo  fu  dato  in  un 
significato  non  proprio  e  neppure  bene  determinato, 
il  titolo  di  Medaglioni. 


LXVI. 
SCAVI    DI    ROMA    NEL    1904. 


«  Nessuna  terra  dà  quel  che  tu  doni  »  canta  un 
modernissimo  poeta  (*)f  e  invero  il  suolo  di  Roma  è 
inesauribile,  e  anche  in  questi  anni,  in  cui  non  vi  si 
fanno  lavori  speciali  di  scavo,  offrì  sempre  alla  numi- 
smatica il  suo  contributo.  Fra  le  monete  che  mi  ven- 
nero spedite  o  che  scovai  io  stesso  a  Roma  nello 
scorso  anno,  sono  sette  i  pezzi  nuovi  che  mi  trovo 
in  grado  di  presentare  ai  lettori  della  Rivista;  sette 
pezzi  tutti  di  buona  o  buonissima  conservazione, 
caso  abbastanza  raro.  Sono  tutte  monete  che  basta 
presentare  senza  commenti  ;  ma  i  due  bellissimi  me- 
daglioni di  Faustina  e  di  Caracalla  sono  sufficienti 
a  dar  valore  a  questo  appunto. 

NERONE. 

N.   1.   Gran  bronzo  imperatorio,  dopo  Coh.  84. 

&         NERO  CLAVD  CAESAR  ÀVG  GER  M  P  TR  P  IMP  P  P. 

Busto  laureato  a  destra  coll'eguìa. 
R)    —  ANNONA    ÀVGVSTI    CERES    (senza  S  C).    Cerere    e 

l'Annona,  tipo  solito. 

(Tav.  VII,  N.  1). 

FAUSTINA  PIGLIA. 

N.  2.  Medaglione  di  bronzo,  dopo  Coh.  97. 

&  -  DIVA  FÀVSTINA  PIA.  Busto  a  destra   coi  capelli  on 
dulati. 


(1)  Pastonchi.  "  A  Roma  „  (Sul  limite  dell'Ombra,  1905). 


1Ó2  FRANCESCO    GNECCH I 


R)    —  AETERNITAS.  L'Eternità  a  sinistra  appoggiata  a  una 
colonna.  Tiene  colla  destra  un  globo   sormontato   dalla 
fenice;  colla  sinistra  un  lungo  scettro  trasversale. 
Diam.  mill.  37,000,  peso  gr.  40,500.  (Tav.  VII,  N.  2). 

Da  molto  tempo  possedevo  un  medaglione  miseramente  sciupato 
da  una  fortissima  martellatura  all' ingiro,  la  quale,  ricurvando  l'orlo 
tutt'  intorno,  ne  aveva  ridotto  il  diametro  a  soli  30  mill.  coprendo  tutta 
la  leggenda.  Al  dritto  era  facilmente  riconoscibile  la  testa  di  Faustina 
giovane.  Al  rovescio  si  vedeva  pure  la  figura  rappresentante  l'Eter- 
nità; ma  le  leggende  non  si  sarebbero  potute  che  indovinare,  essendo 
completamente  ricoperte  dall'orlo  su  di  esse  ripiegato.  Ora  la  combina- 
zione mi  fece  capitare  nel  medaglione  sopra  descritto  la  spiegazione 
completa  del  primo.  Sono  due  esemplari  identici  e  il  peso  anche  con- 
corda perfettamente.  Per  la  singolarità  del  caso,  li  ho  riprodotti  am- 
bedue nella  tavola. 

(Tav.  VII,  N.  3). 

N.  3.  Gran  Bronzo,  dopo  Coh.  201. 

&  -   FAVSTINAE  AVO  PII  AVO  FIL.   Busto   a   destra   con 
un  vezzo  di  perle  nei  capelli. 

R)    -   PVDICITIA  S  C.   Il  Pudore    velato   e   diademato   se- 
duto a  destra,  con  due  spighe  nella  destra. 

(Tav.  VII,  N.  4). 

Non  conosco  altro  esempio  in  cui  il  Pudore  tenga  come  simbolo 
le  spighe. 

N.  4.  Gran  Bronzo,  Var.  Coh.  223. 

&  -   FAVSTINAE  AVG-  PII   AVO  FIL.    Busto    diademato    a 

destra. 
~$    —   VENERI  GENETRICI  S  C  Venere  a  sinistra    con    un 
pomo  e  una  torcia. 

(Tav.  VII,  N.  5). 

CARACALLA. 

N.  5.  Medaglione  di  Bronzo,  Var.  Coh    384. 

&  —  NI  AVRELIVS  ANTONINVS  CAES.    Busto   giovanile   a 

destra  col  paludamento. 
$    —  SEVERI  AVG  PII  FIL.   lstrumenti   da    sacrificio.    Ba- 
stone augurale,  coltello,  patera,  vaso,  simpulo  e  aspersorio. 
Diam.  mill.  40,  peso  gr.  52.  (Tav.  VII,  N.  6). 


SCAVI    DI   ROMA    NEL    1904  163 


MACRINO. 

N.  6.  Gran  Bronzo,  Var.  Coh.  101. 

&  -   IMP  CAES  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG.  Busto  lau- 
reato a  destra  con  paludamento  e  corazza. 

P    -   PONTIF  MAX  TR  P  II  COS  P  P  S  C    La   Felicità  a 
sin.  con  un  lungo  caduceo  e  il  cornucopia. 

(Tav.  VII,  N.  7). 

MAONA  URB1CA. 

N.  7.  Piccolo  Bronzo,  Var.  Coh.  9. 

&  -   MAGMA  VRBICA  AVG-.    Busto    diademato    a    destra 

colla  mezzaluna. 
~$l    -   VENVS  CAELESTIS.  Venere  stante  a  sinistra  con  un 

pomo  e  un  lungo  scettro.  All'esergo  SXXI. 

(Tav.  VII,  N.  8). 


LXVII. 

L'ULTIMA    DELLE    MONETE    POSTUME 

(tav.  vii,  N.  9). 


M'era  stato  detto  che  un  raccoglitore  di  Roma 
possedeva  un  piccolo  bronzo  nel  cui  diritto,  intorno  a 
una  testa,  stava  la  leggenda  DOMINORVM  NOSTRORVM 
e  me  se  ne  domandava  la  spiegazione.  Questa  non 
era  facile  a  darsi  ;  ma  la  cosa,  appunto  per  la  sua 
difficoltà  di  interpretazione,  destava  curiosità.  An- 
dando a  Roma,  conobbi  il  raccoglitore,  ebbi  nelle 
mani  la  monetina,  un  piccolissimo  bronzo,  sul  quale 
lessi  io  pure  alla  prima  :  DOMINORVM  NOSTRORVM  al 
diritto,  mentre  il  rovescio  non  presentava  che  una 
piccola  croce  in  mezzo  a  una  corona.  E  ne  seppi 
come  prima.  Ma  più  tardi,  essendomi  riuscito  d'acqui- 
stare la  moneta,  ebbi  campo  di  studiarla  più  atten- 
tamente di  quello  che  avessi  potuto  fare  in  una  vi- 
sita di  sera,  e  mi  accorsi  che  la  prima  lettura  era 
sbagliata.  La  descrizione  corretta  e  completa  della 
moneta  è  la  seguente  : 

&  -  DOMINORVM  NOSTR   P   AVG.    Busto    diademato    a 
destra  con  paludamento  e  corazza. 

I#    —  Anepigrafo.  Croce  in  mezzo  a  una  corona  formata 
da  due  rami  fra  i  quali  superiormente,  un  globo. 

L'orizzonte  incominciò  a  rischiararsi  e  mi  parve 
di  poter   interpretare   la   leggenda  :    DOMINORVM   NO- 


l'ultima  delle  monete  postume  165 

STRORVM  PATRI  AVG-VSTO.  La  monetina  però  non  ces- 
sava di  rimanere  estremamente  singolare  anzi  unica 
nel  suo  genere.  Vi  sono  bensì  nella  serie  romana 
monete  col  diritto  anepigrafo,  incominciando  da  Au- 
gusto e  venendo  giù  fino  all'epoca  costantiniana,  vi 
sono  monete  senza  il  nome  del  principe  rappresen- 
tato, come  per  es.  un  medaglione  d'argento  di  Co- 
stantino II  colla  semplice  leggenda  AVG-VSTVS  e  altro 
di  Costanzo  Gallo  colla  leggenda  CAESAR,  vi  sono 
monete  postume  dedicatorie,  nelle  quali  è  espresso 
il  nome  del  commemorato  insieme  a  quello  del  com- 
memorante, come  quelle  di  Massenzio  in  memoria 
del  figlio  Romolo  (MAXENTIVS  DIVO  NV  FILIO)  o  dello 
suocero  Massimiano  (IMP  MAXENTIVS  DIVO  MAXIMIANO 
SOCERO),  quelle  di  Massimino  in  memoria  del  padre 
(DIVO  MAXIMIANO  MAXIMINVS  AVO  FIL)  e  simili;  ma  non 
ne  esiste,  che  io  sappia,  alcuna  che  porti  una  sem- 
plice dedica,  in  cui  non  figura  nessun  nome,  come 
nel  piccolo  bronzo  in  questione.  La  nostra  moneta 
fu  evidentemente  coniata  per  ricordare  l'augusto 
padre  di  due  figli  regnanti.  E  venuti  a  questo  punto 
non  è  diffìcile  identificarla. 

Il  tipo  della  moneta  la  fa  indubbiamente  attri- 
buire ai  bassissimi  tempi,  ossia  alla  fine  del  terzo 
secolo  o  al  principio  del  quarto.  Il  rovescio  presen- 
tante la  croce  in  una  corona  è  comune  nell'oro 
di  quest'epoca,  e  non  è  sconosciuto  neppure  nel 
bronzo.  Io  ebbi  già  a  pubblicare  nel  1889  (*)  un  pic- 
colo bronzo  di  Valentiniano  III  che  ha  precisamente 
questo  rovescio.  Ora,  assegnata  l'epoca,  è  ovvio  pre- 
cisare anche  il  nome  dell'  imperatore,  il  quale  non 
può  essere  che  Teodosio  I,  essendo  questo  l'unico 
principe  di  quell'  epoca,    a    cui    i    due    figli   Onorio 


(1)  Appunti  di  Numismatica  Romana,  num.  VII.  Moneta  num.  182, 
Tav.  VII,  n.  14. 


l66  FRANCESCO   GNECCHI 


e  Arcadio  potessero  riferirsi  nella  leggenda  dedi- 
catoria. 

Anche  V  iconografia,  per  quanto  assai  poco  ci 
si  possa  affidare  in  questi  bassi  tempi,  conferma 
l'attribuzione,  poiché  l'effigie  è  precisamente  quella 
che  vediamo  sulle  numerose  monete  di  Teodosio. 

È  poi  a  notarsi  un'altra  particolarità,  che  cioè 
il  dedicante  qui  non  è,  come  nei  casi  citati  di  Mas- 
senzio o  di  Massimino,  il  principe  che  conia  la  mo- 
neta. La  dedica  è  semplicemente  alla  memoria  del 
padre  degli  attuali  principi,  e  quindi  il  dedicante  non 
nominato,  deve  ritenersi  il  popolo  in  generale  o  il 
senato. 

Comunque  sia,  resta  assodato  che  il  singolaris- 
simo piccolo  bronzo  è  una  moneta  postuma  di  Teo- 
dosio, coniata  durante  il  regno  dei  figli.  A  un  secolo 
di  distanza  da  quelle  di  Romolo  e  dei  Massimiano 
parmi  possa  considerarsi  come  l'ultima  nella  nume- 
rosa serie  delle  monete  postume  romane. 


LXVIII. 
LE   MONETE    DI    STAGNO. 


Il  signor  Giorgio  Macdonald  pubblica  nella  Nu- 
mismatic  Chronick  un  interessante  articoletto  dal  titolo 
«  Un  recente  ritrovamento  di  monete  romane  in 
Scozia  (0  ».  Il  ripostiglio  non  è  molto  importante 
per  se  stesso.  Si  tratta  di  pochi  denari  imperiali  dei 
primi  tempi,  da  M.  Antonio  a  M.  Aurelio,  14  in 
tutto,  di  cui  dieci  furono  verificati  di  stagno.  Ma  è 
appunto  questa  circostanza  delle  monete  di  stagno 
che  rende  interessante  il  ripostiglio,  perchè  il  signor 
Macdonald  esprime  su  tali  monete  una  nuova  ipotesi 
alla  quale  io  non  ero  arrivato  quando  nel  1892  scrissi 
una  breve  memoria  sui  Numi  plumbei  (2). 

Parlando  di  queste  imitazioni  di  monete  antiche 
d'argento  o  di  bronzo  in  un  metallo  ignobile,  che 
io,  seguendo  chi  non  aveva  parlato  che  delle  tessere 
romane,  credetti  di  piombo,  mentre  veramente  sono 
di  stagno  te),  cercandone  lo  scopo,  venivo  per  esclu- 


(1)  Numismatic  Chronick,  1905,  Parte  I.  G.  Macdonald:  A  recent 
find  of  roman  coins  in  Scotland. 

(2)  Appunti  di  numismatica  romana,  n.  XXII,  nella  Rivista  Italiana 
di  Numismatica  del  1892. 

(3)  A  questo  proposito  noterò,  come  anche  lo  stesso  signor  Macdo- 
nald nell'articolo  citato  riferisca  che  circa  venti  anni  sono  vennero  tro- 
vate nel  letto  del  Tevere  dei  denari  repubblicani  d'Augusto  battuti  in 
piombo.  Ebbene  fra  i  molti  che  io  posseggo  appunto  provenienti  dal 
Tevere  e  che  con  tutta  probabilità  sono  parte  di  quelli  stessi  di  cui 
discorre  il  Macdonald,  ne  feci  analizzare  un  certo  numero  e  tutti  furono 
trovati  di  stagno.  Si  vede  che  piombo  era  la  parola  accettata  per  in- 
dicare queste  monete,  senza  che  nessuno  si  fosse  incaricato  di  verifi- 
carne il  metallo,  e  in  tal  senso  vago  vanno  probabilmente  interpretati 
anche  gli  antichi  autori  quando  parlano  di  Numi  plumbei. 


l68  FRANCESCO   GNECCHI 


sione  (escludendo  cioè  che  potessero  essere  tessere, 
prove  di  zecca,  monete  genuine,  anime  di  monete 
falsificate),  a  concludere  che  dovevano  essere  mo- 
nete false.  Ebbene  il  signor  Macdonald  ha  tro- 
vato una  soluzione  che,  se  alla  mia  si  avvicina  per 
le  esclusioni  accennate  e  perchè  infine  viene  a  dire 
che  sono  monete  false  o  imitazioni  di  monete,  la 
completa  però  indicandone  lo  scopo,  il  quale  non 
era  precisamente  quello  di  frodare,  nel  vero  senso 
di  questa  parola,  vale  a  dire  di  frodare  i  propri  si- 
mili. La  frode,  se  così  si  può  chiamare,  era  destinata 
a  colpire  chi  non  doveva  risentirne  danno,  ossia  la 
divinità.  Dall'essere  stato  il  piccolo  ripostiglio  scoz- 
zese trovato  nel  fondo  di  un  pozzo,  il  signor  Macdo- 
nald è  portato  a  supporre  che  il  gettarvi  delle  mo- 
nete come  offerta  alle  divinità  acquatiche  o  bosche- 
reccie fosse  anticamente  un  atto  di  religiosità  am- 
messo fra  le  comuni  usanze  famigliari,  atto  che  pare 
fosse  praticato  anche  in  diversi  altri  paesi  presso 
popolazioni  primitive.  Data  l'usanza,  il  passo  è  breve 
alla  supposizione  che,  per  tale  scopo,  si  seguisse 
un  principio  di  giusta  economia,  fabbricando  delle 
monete  apposite...  di  stagno  ;  il  che  molto  bene  si 
confaceva  all'indole  punto  splendida,  anzi  piuttosto 
tenace  di  quegli  abitanti. 

L'idea  però  può  essere  generalizzata  ed,  anzi 
che  averla  esclusiva  per  la  Scozia,  può  parimenti 
applicarsi  alle  monete  simili  che  si  trovano  a  Roma 
o  altrove.  Difatti,  come  ebbi  già  ad  osservare  nella 
mia  Memoria  del  1892,  per  la  massima  parte  quelle 
monete  provengono  dal  Tevere.  Ora  le  fonti  o  i  fiumi, 
al  pari  di  un  pozzo,  potevano  essere  ricettacoli  oppor- 
tuni per  offerte  votive.  Difatti  altre  stipi  votive  più 
antiche  composte  di  bronzo  rude  o  segnato  vennero 
trovate  in  certe  fonti  che  si  ritenevano  sacre.  Le 
offerte  alla  divinità  erano  in  principio  schiette  e  sin- 


LE   MONETE   DI    STAGNO  169 


cere,  nella  vera  valuta  corrente  ;  ma  la  civiltà  sus- 
seguente suggerì  il  mezzo  di  farle  con  un  dispendio 
minore,  creando  delle  monete  apposite,  o  dei  si- 
mulacri di  monete  a  miglior  mercato  delle  monete 
reali.  Il  simbolo  restava  lo  stesso,  il  valore  intrin- 
seco non  contava.  E  del  resto  noi  vediamo  anche 
ai  giorni  nostri  la  poverella  che  non  può  offrire  alla 
Madonna  del  Santuario  un  cuore  d'argento  massiccio 
come  la  gran  dama,  offrirlo  di  lastra  sottile  ;  e  chi 
non  arriva  neanche  a  questo  accontentarsi  di  fare 
la  propria  offerta  con  del  rame  argentato. 

La  soluzione  quindi  che  le  monete  di  stagno 
fossero  coniate  o  fuse  sulle  monete  correnti  di  bronzo 
o  d'argento  (fino  all'oro  non  si  osava  giungere,  esor- 
bitando dalle  aspirazioni  degli  offerenti)  allo  scopo 
di  farne  pezzi  votivi  da  sacrificare  alle  divinità  e  che 
per  questo  si  gettassero  nei  pozzi,  nelle  fonti,  nei 
fiumi,  in  luogo  cioè  da  dove  era  assentito  che  non 
dovessero  più  uscire,  sembra  la  più  razionale,  la 
sola  che  spieghi  il  numero  grande  di  questi  amuleti 
che  le  acque  ci  rendono  ancora    dopo    tanti    secoli. 

Io  l'accetto  ben  volontieri,  senza  punto  escludere 
con  ciò  che  queste  monete  di  stagno  potessero  ser- 
vire anche  all'inganno  fra  i  mortali.  In  un  recente 
ripostiglio  trovato  a  Narni,  in  mezzo  a  un  numero 
di  gran  bronzi  dell'alto  impero,  si  trovarono  parec- 
chie imitazioni  di  stagno  (0  le  quali  a  prima  vista 
si  confondevano  con  quelle  di  bronzo  e   fu    d'uopo 


(1)  I  bronzi  del  ripostiglio,  tutti  di  pessima  conservazione  e  per  la 
massima  parte  di  prima  grandezza,  si  estendevano  da  Claudio  fino  alla 
fine  del  terzo  secolo  e  le  imitazioni  di  stagno,  che  tutte  potei  avere, 
erano  le  seguenti:  2  di  Claudio  (Coh.  88),  2  di  Nerone  (Coh.  1156233), 
2  di  Vitellio  (Coh.  78),  2  di  Vespasiano  (Coh.  486),  1  d'Adriano  (Coh.  891), 
i  di  Plotina  (Coh.  io),  1  d'Antonino  Pio  (Coh.  761),  2  di  Marco  Aurelio 
(Coh.  496),  1  di  Commodo  (Coh.  601),  2  di  Macrino  (Coh.  87)  più  un 
medaglione  di  Commodo  (variante  del  n.  402  di  Cohen)  e  un  medaglione 
d'Alessandro  Severo  (Coh.  231). 


170  FRANCESCO   GNECCHI 


sceglierle  accuratamente.  Ora  il  trovarsi  queste  con- 
traffazioni frammiste  alle  monete  genuine  non  poteva 
indicare  che  delle  due  cose  l'una.  O  il  ripostiglio 
rappresentava  una  stipe  sacra  d'offerenti  generosi  i 
quali  non  avevano  adoperato  che  in  minima  parte 
il  surrogato  di  stagno,  oppure  e  più  probabilmente 
rappresentava  un  vero  tesoretto  di  monete  fra  le 
quali  si  erano  infiltrate  fraudolentemente  alcune  fal- 
sificazioni. 

Ma  questa  possibile  duplicità  d'uso  nulla  toglie 
alla  spiegazione  esauriente  del  signor  Macdonald,  la 
quale  trova  un'ultima  prova  nella  statistica  numerica 
dei  pezzi  che  ci  sono  rimasti  delle  diverse  epoche. 
Numerosissime  al  tempo  della  repubblica,  le  monete 
di  stagno  si  fanno  già  meno  abbondanti  nel  primo 
secolo,  diminuiscono  nel  secondo  per  cessare  comple- 
tamente nel  terzo  (0,  del  che  va  attribuita  con  tutta 
probabilità  la  causa  all'avvento  del  Cristianesimo. 

È  naturale  che  l'uso  superstizioso  andasse  dimi- 
nuendo man  mano  che  la  civiltà  progrediva,  e  anche 
è  naturale  che  la  religione  cristiana  ponesse  termine 
a  una  usanza  eminentemente  pagana. 


(1)  L'ultima  moneta  di  stagno  che  io  conosco  è  di  Massimiano  Er- 
culeo; ma  appare  già  isolata  e  quasi  eccezionale,  perchè,  per  trovarne 
altre,  bisogna  risalire  circa  mezzo  secolo. 


LXIX. 
LE    MONETE   ARGENTATE. 


L'egregio  amico  e  nostro  collaboratore  Sig.  Dat- 
tari  fino  dall'8  febbraio  scorso,  mandandomi  alcuni 
piccoli  bronzi  dell'epoca  costantiniana  di  bellissima 
conservazione  e  di  un  brillantissimo  colore  d'argento, 
che  dava  loro  l'aspetto  di  pezzi  che  uscissero  dalla 
zecca  in  quel  momento,  mi  scriveva:  «  Ho  scritto  un 
«  appunto  su  queste  monetine,  che  forse  richiamerà 
«  la  sua  attenzione  e  forse  la  sua  critica  ».  Attesi 
l'articolo,  e  in  questi  giorni  lo  vidi  pubblicato  sulla 
«  Rassegna  »  col  titolo  :  Le  monete  cosidette  imbian- 
cate, oppure  stagnate  e  confesso  che  attirò  subito  la 
mia  attenzione  e  con  questa  non  già  la  critica, 
ma  la  completa  approvazione,  perchè,  a  mio  cre- 
dere, vi  si  decide  in  modo  esauriente  una  questione 
che  finora  rimase  inesplicata.  E  trovo  bene  rias- 
sumerlo onde  farlo  noto  a  tutti  i  lettori  della  nostra 
Rivista. 

Venne  finora  generalmente  ritenuto  che  le  mo- 
nete di  bronzo  che,  a  partire  dal  regno  di  Gal- 
lieno, appaiono  sovente  ricoperte  da  uno  strato  di 
metallo  bianco,  e  che  noi  chiamiamo  quindi  im- 
biancate o  stagnate,  e  che  i  francesi  con  frase  più 
spregiativa  chiamano  saucees,  fossero  così  ridotte, 
perchè  la  frode  del  governo  le  voleva  far  passare 
per  argento. 

È  vero  che  contro  a  tale  teoria  stava  l'eguale 
imbiancatura    non    solo    degli    antoniniani,    ma   ben 

23 


172 


FRANCESCO   GNECCHI 


anche  dei  follis  ai  tempi  della  riforma  monetaria  di 
Diocleziano,  ed  una  riforma  che  si  appoggia  su  delle 
sfacciate  falsificazioni  sembra  una  contraddizione 
troppo  stridente.  Ciò  malgrado  però,  la  vecchia  teoria 
continuò  a  dominare  o  per  lo  meno  nessuno  ne  trovò 
una  migliore.  È  il  Signor  Dattari  che  oggi  ce  la 
offre,  ammettendo  che  l'argentatura  (x)  fosse  fatta 
bensì  dal  Governo,  ma  allo  scopo  di  rendere  impos- 
sibili le  falsificazioni  o  per  lo  meno  di  porvi  un 
freno. 

Le  monete  di  bronzo  erano  a  quei  tempi  falsi- 
ficate colla  fusione,  come  ne  fanno  fede  le  numero- 
sissime forme  d'argilla  che  ci  vennero  conservate. 
Tale  arte  era  abbastanza  perfezionata,  di  modo  che 
le  monete  fuse,  dopo  una  breve  circolazione,  facil- 
mente si  confondevano  con  quelle  coniate.  Qual 
mezzo  si  poteva  immaginare  per  evitare  tale  con- 
fusione ? 

Opportunamente,  per  mettere  una  linea  di  de- 
marcazione sicura  fra  le  monete  vere  e  le  false, 
ossia  fra  le  coniate  e  le  fuse,  si  immaginò  il  pro- 
cesso dell'argentatura,  la  quale  non  poteva  prendere 
la  lucentezza  che  dalla  coniatura,  e,  per  quanto 
leggera,  avrebbe  avuto  una  discreta  durata,  per  lo 
meno  tra  le  lettere  delle  leggende  e  nelle  parti 
incavate  dei  tipi.  Il  falsario  non  avrebbe  potuto 
argentare  le  sue  monete  che  dopo  fuse  e,  per  ot- 
tenere  il    brillante,  si  sarebbe   trovato   nella   neces- 


(1)  Finora  queste  monete  furono  generalmente  ritenute  coperte  di 
un  leggero  strato  di  stagno.  Dattari  dice  d'aver  fatto  delle  prove  e 
d'aver  trovato  che  lo  strato  è  di  buon  argento.  Hanno  tutti  ragione, 
perchè,  da  alcuni  esperimenti  da  me  eseguiti  e  fatti  eseguire,  mi  risulta 
che,  secondo  le  epoche,  c'è  dell'uno  e  dell'altro.  Del  resto  non  è  questa 
la  questione  che  ora  si  dibatte;  possiamo  quindi  continuare  a  chiamare 
le  nostre  monete  argentate,  intendendo  indicare  quelle  che  presentano  un 
aspetto  d'argentatura,  senza  preoccuparci  per  ora  della  qualità  del  me- 
tallo che  le  rende  tali. 


LE   MONETE   ARGENTATE  I73 


sita  di  imbrunirle  una  ad  una;  ciò  che  avrebbe  fru- 
strata l'opera  sua  di  falsario,  perchè  il  ricavo  non 
avrebbe  francata  la  spesa  ;  mentre  il  governo,  ar- 
gentando i  tondelli,  otteneva  colla  coniatura  la  vo- 
luta lucentezza. 

La  teoria  è  semplicissima  e  mi  pare  altrettanto 
convincente.  Oltre  al  dare  una  spiegazione  soddisfa- 
cente di  un  fatto  che  finora  era  rimasto  avvolto  nel 
mistero,  essa  avrà  per  effetto  di  agevolare  gli  studi 
sulle  zecche  di  parecchie  monetazioni  incominciando 
da  quella  di  Gallieno,  sulla  quale  pesano  ancora 
molti  dubbi  e  nella  quale  v'hanno  evidentemente 
emissioni  parallele  di  bronzo  naturale  e  di  bronzo 
argentato.  Lo  studio  comparativo  delle  zecche  che 
trovarono  necessario  il  processo  dell'argentatura  e 
di  quelle  che  non  la  trovarono,  o  delle  epoche  in  cui 
nelle  diverse  zecche  tale  sistema  fu  introdotto,  o  abo- 
lito —  perchè  abbiamo  ad  esempio  il  fatto  che  sotto  la 
tetrarchia  gli  antoniniani  anteriori  alla  riforma  sono 
argentati,  mentre  non  lo  sono  più  quelli  posteriori  — 
può  condurci  a  risultati  assai  interessanti  ;  come 
interessanti  osservazioni  ci  possono  presentare,  sotto 
questo  aspetto  dell'argentatura,  i  ripostigli.  E  la  prima 
di  tali  osservazioni  serve  anzi  di  chiusa  all'articolo 
del  nostro  collega.  Egli  osserva  che  dai  ritrovi  che 
si  fanno  giornalmente  in  Egitto  risulta  che  le  mo- 
nete appartenenti  alle  epoche,  in  cui  si  usava  im- 
biancare le  monete,  presentano  una  conservazione 
buona  o  buonissima,  mentre  invece  sono  general- 
mente assai  consunte  quelle  anteriori  o  posteriori, 
e  da  ciò  arguisce  che  le  monete  le  quali  avevano 
perduto  le  traccie  dell'argentatura  venivano  di  mano 
in  mano  ritirate  dalla  circolazione  sempre  nell'  in- 
tento di  rendere  impossibile  o  difficilissima  la  falsi- 
ficazione. 

Io    mi   congratulo    quindi  vivamente    coll'amico 


174  FRANCESCO    GNECCHI 


Dattari,  il  quale  in  un  articoletto,  cui  egli  ha  attri- 
buito nessuna  importanza,  ci  offre  una  delle  sue  più 
interessanti  e  geniali  trovate. 

Ma  nella  scienza  come  nell'arte  non  sono  mai 
gli  autori  che  giudicano  del  valore  delle  loro  opere. 
Chi  non  sa  che  messer  Francesco  Petrarca  appog- 
giava la  fama  del  suo  nome  ai  poemi  latini,  mentre 
chiamava  scherzosamente  le  sue  rime  italiane  :  Nu- 
gel/as  meas  vulgares? 


Francesco  Gnecchi. 


I  RITRATTI  DEGLI  IMPERATORI  ROMANI 


SULLE  MONETE 


Una  recente  discussione,  piuttosto  appassionata, 
sulla  supposta  semi-falsificazione  di  un  medio  bronzo 
di  Elio,  mi  ha  dato  occasione  di  fare  alcune  osser- 
vazioni intorno  ai  ritratti  degli  imperatori  impressi 
sulle  monete.  Dico  supposta  semi-falsificazione,  perchè 
non  ho  visto  la  moneta  e  non  posso  pronunziare  su 
di  essa  un  parere,  ma  così  è  stata  qualificata  in  un 
articolo  intitolato  Contributi  al  Corpus  delle  falsifica- 
zioni pubblicato  nel  n.  3  del  Bollettino  di  Numisma- 
tica e  di  Arte  della  Medaglia. 

Ho  visto  però  i  gessi  della  moneta  stessa,  ri- 
cavati prima  e  dopo  della  sua  ripulitura  e  da  essi 
ho  ricevuto  V  impressione  che  il  ritratto  rappresen- 
tatovi non  sia  quello  di  Elio  e  nemmeno  quello  di 
M.  Aurelio,   come   vorrebbero   il  Comm.  Francesco 


176 


P.   STETTINER 


Gnecchi  M  e  l'autore  anonimo  dell'articolo  citato, 
bensì  quello  di  Adriano.  E  dello  stesso  mio  parere  sono 
il  Comm.  Bignami,  il  Prof.  Serafini,  l'Avv.  Pansa 
ed  altri.  Infatti  i  tratti  del  viso  sono  tali  da  non  la- 
sciare alcun  dubbio:  i  capelli,  la  barba  corta,  il  naso, 
sono  quelli  di  Adriano. 

E  insisto  su  questo  punto  per  sostenere  che  la 
moneta,  pur  avendo  il  ritratto  di  Adriano,  potrebbe 
essere  indifferentemente  di  Elio  o  di  M.  Aurelio. 

A  chi  ha  una  certa  pratica  di  monete  imperiali 
non    sarà    sfuggito    il    fatto    abbastanza   comune   di 


(1)  Credo  opportuno  riprodurre  qui  il  mezzo  bronzo   in   questione, 
onde  ognuno  possa  giudicarne. 


Quanto  a  me,  senza  punto  entrare  nel  merito  della  questione  che 
il  bronzo  ha  suscitato,  mi  permetto  solo  di  spiegare  la  mia  opinione 
sul  ritratto  rappresentato.  È  vero  che  i  tratti  dell'effigie,  e  dirò  più 
specialmente  del  viso,  per  quanto  il  giudizio  non  possa  essere  sicuris- 
simo su  di  una  moneta  ritoccata,  sono  piuttosto  quelli  d'Adriano  che 
non  di  M.  Aurelio.  Se,  malgrado  ciò,  ho  attribuito,  come  ancora  attri- 
buisco, il  ritratto  originale  a  M.  Aurelio,  eccone  le  ragioni  :  i.°  La  capi- 
gliatura ricciuta,  e  che  non  fu  menomamente  ritoccata,  è  precisamente 
quella  che  si  vede  in  tutte  le  numerosissime  monete  che  rappresentano 
M.  Aurelio  Cesare  ;  ma  è  molto  diversa  da  quella  ondulata  ma  non 
ricciuta,  che  ci  si  offre  nelle  monete  di  Adriano.  2.0  Il  rovescio  corrisponde 
perfettamente  a  quello  di  un  medio  bronzo  conosciuto  di  M.  Aurelio 
(Coh.  N.  442).  3°  Infine  anche  la  forma  poco  rotonda  della  moneta  me- 
glio s'addice  all'epoca  di  M.  Aurelio  che  a  quella  d'Adriano. 

F.  Gnecchi. 


I   RITRATTI   DEGLI   IMPERATORI    ROMANI    SULLE    MONETE  I77 

esemplari  che,  mentre  portano  il  nome  e  i  titoli  di 
un  imperatore,  hanno  poi  il  ritratto  di  un  altro. 

Ed  ecco  un  esempio  pratico  che  si  può  desumere 
dalle  impronte  delle  quattro  monete  di  Vespasiano 
qui  sopra  riprodotte,  appartenenti  alla  collezione  del 
Coram.  Mezzetti  di  Roma,  che  gentilmente  ha  accon- 
sentito le  pubblicassi. 

Tutt'e  quattro  portano  il  nome  ed  i  titoli  di  Ve- 
spasiano, però,  mentre  la  prima  ha  il  ritratto  vero 
e  ben  conosciuto  di  Vespasiano,  la  seconda  porta  il 
.ritratto  spiciccato  dell'imperatore  Vitellio,  la  terza  la 
testa  caratteristica  di  Galba  e  la  quarta  il  ritratto  di 
Lucio  Vitellio. 

E  a  nessuno,  credo,  verrebbe  in  mente  di  dire 
che  tale  somiglianza  sia  casuale,  perchè  i  tratti  del 
viso  dei  quattro  personaggi,  così  differenti  non  ren- 
dono possibile  il  dubbio  e  non  sarebbe  sostenibile 
l'ipotesi  che  i  quattro  ritratti  appartengano  alla  stessa 
persona.  Chiunque  abbia  pratica  dei  ritratti  degli  im- 
peratori romani,,  dirà,  se  non  si  ferma  a  leggere 
l' iscrizione,  che  la  moneta  n.  2  è  di  Vitellio,  che 
quella  n.  3  è  di  Galba  e  che  quella  n.  4  è  di  Lucio 
Vitellio.  Infatti  come  sarebbe  possibile  confondere 
la  bella  e  nobile  testa  di  Galba,  dalla  fronte  alta, 
dal  mento  sporgente,  colla  testa  di  Vitellio,  tonda, 
grassa,  dall'occhio  porcino  ? 

Non  insisto,  dunque,  con  altri  argomenti  sul 
fatto,  ma  di  esso  vorrei  trovare  la  spiegazione,  e  la 
cosa  non  è  facile. 

La  prima  idea  che  viene  in  mente  per  analogia 
è  l'uso  delle  restituzioni  delle  monete  fatte  da  impe- 
ratori in  onore  ed  in  omaggio  di  qualche  loro  pre- 
decessore ;  ma  tali  monete  portano,  oltre  il  ritratto 
dell'  imperatore  cui  si  volle  rendere  omaggio  ed  il 
suo  nome,  anche  il  nome  del  suo  successore  che 
volle  onorarlo  con  tale  manifestazione.  Bisognerebbe 


I78  P.    STETTINER 


dunque  supporre  che  le  monete  che  non  portano 
l'indicazione  della  restituzione  siano  ugualmente  un 
omaggio,  diciamo  così,  incompleto  dal  nostro  punto 
di  vista,  ma  che  la  presenza  del  ritratto  di  un  altro 
personaggio  sia  la  manifestazione  dell'omaggio  stesso. 

Un'altra  ipotesi  che  si  presenta  è  quella  che  gli 
incisori  dei  conii  avendo  già  preparati  dei  punzoni 
coi  ritratti  di  alcuni  imperatori  ormai  scomparsi,  ab- 
biano voluto  utilizzarli  adoperandoli  per  il  succes- 
sore, facendovi  in  giro  l' iscrizione  col  suo  nome  ed 
i  suoi  titoli.  Ipotesi  che  potrebbe  trovare  fondamento 
anche  nel  fatto  che  spesse  volte  i  personaggi  accla- 
mati imperatori  erano  lontani  da  Roma  e  impiega- 
vano talvolta  anche  parecchi  mesi  per  giungere  alla 
capitale,  sia  per  la  lontananza,  sia  per  la  deficienza 
ed  insufficienza  dei  mezzi  di  trasporto,  sia  a  causa 
di  guerre  e  di  lotte  coi  loro  competitori.  È  quindi 
probabile  che  gli  incisori  della  zecca  in  quei  primi 
momenti,  e  per  la  fretta  di  fare  uscire  le  monete 
col  nome  del  nuovo  imperatore,  e  forse  anche  per 
l' impossibilità  di  avere  presente  l'effigie  del  nuovo 
padrone,  abbiano  adoperato  punzoni  con  altri  ritratti. 

Ad  ogni  modo  io  non  pretendo  affatto  al  fon- 
damento delle  ipotesi  enunciate  ;  ho  esposto  un'os- 
servazione documentata  dalle  monete  e  sarei  lietis- 
simo che  altri  più  competenti  di  me  trovassero  una 
spiegazione  più  giusta,  più   esatta,    più   ragionevole. 


P.  Stettiner. 


MONNAIES     INÉDITES 

DE   L'EMPIRE   ROMAIN 


(Coli.  Lucien  Naville). 

IV. 

Quelques  monnaies  de  Gallien  en  or  et  en  bronze 

(Suite). 

Siscia  j.eme  période. 

i.  &  —  GALLI  ENVS  AVO.  Sa  téte  radiée  à  droite. 

I#    -  ÀBVNDANTIA  AVG-.  L'Abondance  debout  à  gauche, 
vidant  une  come  d'où  s'échappent  de  nombreuses  pièces 
d'argent. 
Petit  bronze  saucé.  Antoninien.  (PI.  Vili,  n.  i). 

Cette  petite  pièce,  fort  insignifiante  en  apparence  est  cependant 
digne  d'ètre  notée.  En  effet,  sur  les  monnaies  de  Gallien  au  type  de 
l'Abondance  debout,  cette  divinité  est  toujours  tournée  à  droite;  les 
antoniniens  généralement  portent  en  outre  la  lettre  B,  marque  de  la 
2.ème  officine  de  Rome. 

lei,  rien  de  semblable,  et  le  style  nous  indique  que  cette  pièce  a 
été  frappée  à  Siscia.  On  ne  la  trouve  pas  décrite  dans  le  mémoire  de 
M.r  Voetter  (i)  ni  dans  Cohen. 

2.  f¥  —  GALLIENVS  AVG-.    Son    buste    radié    et    cuirassé  à 
droite. 
I#    —  FI  DEI  PRAET.    Genie  à  demi-nu,    coiffé  du  modius, 
debout  à  gauche,  tenant  une  patere  et  une  come  d'abon- 
dance  ;  à  droite,  une  enseigne. 

Petit  bronze  saucé.  Antoninien. 


(i)  Otto  Voetter.  Die  Mùnzen  des  Kaisers  Gallienus  and  seiner 
Familie.  "  Numismatische  Zeitschrift  „  voi.  XXXIII,  1901.  Voir  Siscia, 
p.  92-100,  avec  Atlas  pi.  XXVIII-XXX  (i.er  tirage). 


34 


l8o  LUCIEN    NAVILLE 


Ce  type  est  exactement  semblable  à  celui  qui  est  dessiné  aux 
n.084-5  de  la  planche  XXIX  de  l'Atlas  Voetter,  sauf  que  les  mots  VOTA  X 
ne  figurent  pas  ici. 

Puisque  nous  en  sommes  aux  monnaies  de  Gal- 
lien  frappées  à  Siscia,  je  me  permettrai  cTajouter 
quelques  mots  à  ce  que  je  disais  précédemment  0) 
au  sujet  des  monnaies  qui  ont  pour  legende  GAL- 
LIENAE  AVG-VSTAE  et  sur  lesquelles  on  voit  Gallien 
orné  d'une  couronne  composée  suivant  les  uns,  d'épis, 
suivant  les  autres,  de  roseaux. 

Je  m'étais  efforcé  de  réfuter  l'argumentation  de 
M.  L.  Forrer  (2)  seulement  ;  car  je  ne  connaissais 
pas  alors  le  mémoire  de  M.  le  commandant  R.  Mowat, 
dans  lequel  cet  éminent  numismate  a  traité  du  mème 
sujet,  mais  pour  arriver  a  une  conclusion  toute  autre 
que  la  mienne  (3). 

M.  Mowat  reconnalt  des  roseaux  dans  la  cou- 
ronne en  question,  et  suppose  que  Gallien,  en  se 
faisant  représenter  orné  de  cet  emblème,  a  voulu  se 
poser  en  dieu-fleuve. 

Cette  hypothèse  peut  paraìtre  vraisemblable  au 
premier  abord.  Pour  ma  part,  j'ai  longtemps  cherché 
une  solution  de  ce  còte,  et  je  croyais  d'autant  mieux 
ètre  sur  la  bonne  voie,  que  les  pièces  sur  lesquelles 
on  trouve  cette  couronne  ont  été  frappées  à  Siscia, 
et  que  d'autre  part,  parmi  les  monnaies  de  Gallien 
sorties  de  cet  atelier,  on  a  les  revers  :  PM  TRP  Vii 
COS  PP  avec  deux  fleuves  couchés,  tenant  chacun  un 
roseau  à  la  main,  et  SISCIA  AVG,  Siscia  assise  à  gau- 
che, à  l'exergue  :  un  dieu-fleuve. 


(i)  Voir  Rivista  Ita/,  di  Num.  1904,  anno  XVII,  fase.  IV.  Monnaies 
inéd.,  etc.  §  I. 

(2)  L.  F.  A  very  rare  coin  0/  Gallienus.  "  Monthly  Numismatic  Cir- 
cular  „  1898,  tome  VI,  n.  66,  col.  2738.  C'est  par  erreur  que  j'ai  donne 
cet  article  comme  ayant  paru  dans  la  "  Numismatic  Chronicle  „. 

(3)  Conlributions  à  la  numismalique  de  Gallien.  Recueil  de  Mémoires 
publié  par  la  Société  des  Antiquaires  de  France.  Paris,  1904. 


MONNAlES   INED1TES   DE    i/EMPIRE   ROMAlN  l8l 

Ce  qui  m'a  fait  renoncer  à  chercher  plus  long- 
temps  dans  cette  direction,  c'est  l'examen  attentif 
de  plusieurs  aurei  à  fleur  de  coin,  ayant  au  revers 
VBIQVE  PAX  ou  VICTORIA  AVG-,  et  à  l'avers  GÀLLIENAE 
AVOVSTAE. 

J'ai  remarqué  que  sur  ces  pièces,  les  différents 
grainS  qui  composent  l'épi  de  la  couronne  sont  par- 
faitements  distincts.  Ce  petit  détail  échappe  le  plus 
souvent  à  la  reproduction  photographique;  cepen- 
dant  on  peut  le  distinguer  assez  bien  à  la  planche  XXI 
du  magnifique  catalogue  de  la  collection  Montagu, 
aux  n.  634  et  638.  Il  va  sans  dire  que  si  Ton  a  les 
originaux  en  main,  et  que  l'on  s'aide  d'une  loupe, 
les  grains  de  l'épi  ressortent  d'une  facon  bien  plus 
nette. 

Tout  le  monde  connaìt,  par  contre,  le  fruit  du 
roseau,  forme  d'une  sorte  de  cylindre  uni  et  compact, 
dont  on  ne  distingue  séparément  aucune  graine,  et 
qui  ne  ressemble  en  rien  à  l'épi  d'une  cereale. 

J'estime  donc  que  nous  avons  affaire  ici  à  une 
véritable  couronne  d'épis,  attribut  de  Cérès  et  de 
Proserpine.  J'ai  dit  précédemment  pourquoi  je  croyais 
à  une  représentation  de  Gallien  en  Proserpine. 

Sur  l'aureus  qui  porte  au  revers  PM  TRP  VII 
COS  PP  on  voit  l'empereur  debout,  tenant  à  la  main 
une  sorte  de  bàton  dans  lequel,  à  cause  de  sa  cour- 
bure,  M.  Mowat  n'hésite  pas  à  reconnaìtre  un  roseau. 

Tout  d'abord  remarquons  que  sur  toutes  les 
monnaies  romaines  qui  représentent  une  divinité 
aquatique  tenant  un  roseau,  celui-ci  n'est  pas  figure 
par  une  simple  tige  unie,  mais  bien  par  une  tige 
d'où  partent  plusieurs  feuilles.  En  outre  je  ne  crois 
pas  que  cette  courbure  dont  parie  M.  Mowat,  et 
qui  ne  me  semble  pas  très  frappante,  soit  un  argu- 
ment  bien  convaincant.  En  consultant  les  séries  ro- 
maines, on  trouve  sans  peine  un  grand  nombre   de 


182  LUCIEN     NAVILLE 


hastes  et  de  sceptres,  dont  la  rectitude  laisse  fort  à 
désirer.  On  peut  voir  par  là,  que  les  graveurs  n'at- 
tachaient  pas  une  grande  importance  a  ce  détail. 

La  terminaison  fémmine  des  mots  GALLIENAE 
AVGVSTAE  se  rapporterai^  selon  M.  Mowat,  à  une 
fìlle  de  l'empereur  Gallien,  nommée  Galliena,  dont 
l'existence  serait  confìrmée  par  une  monnaie  décrite 
par  Goltzius,  ayant  à  l'avers  LICIN  GALLIENA  AVG  et 
au  revers  PIETAS  AVGVSTA. 

S'il  est,  comme  disait  Vaillant,  «  un  paradoxe 
odieux  et  insoutenable  de  prétendre  que  Goltzius 
n'ait  pas  vu  les  médailles  qu'il  rapporte  et  qu'il  a 
si  bien  dessinées  »,  il  me  semble  au  moins  aussi  pa- 
radoxal  d'admettre  que  toutes  ces  pièces  extraor- 
dinaires  que  Goltzius  a  vues  étaient  réellement  au- 
thentiques. 

Goltzius  a  décrit  un  grand  nombre  de  monnaies 
remarquables,  telles  que  des  Baliste,  Trebellien,  Cen- 
sorin,  Firmus  etc....  qu'il  a  vues  probablement,  mais 
dont  la  critique  moderne  a  cependant  fait  justice.  Je 
ne  vois  donc  pas  pour  quelles  raisons  il  faudrait 
admettre  l'authenticité  d'une  mònnaie  de  Galliena, 
monnaie  dont  la  trace  est  perdue,  qui  est  restée 
unique  en  son  genre,  et  dont  la  legende  insolite  du 
revers  rend  déjà  soupconneux.  En  etìet,  on  lit  PIETAS 
AVGVSTA  en  toutes  lettres,  alors  que  tous  les  anto- 
niniens  de  cette  epoque  au  type  de  la  Piété  portent 
PIETAS  AVG  ou  AVGG  en  abrégé. 

Il  ne  semble  pas,  comme  le  voudrait  M.  Mowat, 
que  Télévation  de  deux  des  enfants  de  Gallien,  Sa- 
lonin  et  Galliena,  au  rang  d'Augustes  ait  pu  avoir 
lieu  en  mème  temps.  Salonin  mourut  en  259  et  les 
monnaies  avec  Gallienae  Augustae  ont  été  frappées 
à  Siscia,  atelier  qui  ne  commenca  à  fonctionner  qu'en 
266,  soit  7  ans  plus  tard.  L'aureus  qui  porte  PM  TR 
P  VII  COS  PP  n'indique    pas    la  7.eme  puissance  tribù- 


MONNAIES    INÉDITES    DE    L'EMPIRE    ROMAIN  183 


nitienne  de  l'empereur,  mais  son  7.ème  consulat  Telle 
est,  du  moins,  l'hypothèse  de  Monsieur  le  lieut.  col. 
O.  Voetter  (*)  et  elle  a  toutes  chances  d'ètre  la  bonne 
puisque  l'on  ne  trouve  aucune  monnaie  frappée  à 
Siscia,  pouvant  etre  attribuée  aux  deux  premières 
périodes  du  règne  de  Gallien.  En  effet,  il  n'a  été 
frappé  dans  cet  atelier  : 

Aucune  monnaie  à  l'effigie  de  Valérien; 

Aucune  monnaie  de  Gallien  en  moyen  et  grand  bronze; 

Aucune  monnaie  de  Salonin  ; 

Généralement,  aucune  pièce  en  bon  billon. 

Quoi  qu'il  en  soit,  le  titre  d'Auguste  a  fort  bien 
pu  ne  pas  ètre  donne  à  Galliena  au  mème  moment 
qu'à  Salonin  (2)  et  il  n'est  pas  impossible  que  Gal- 
lien ait  voulu  honorer  sa  fille  en  faisant  figurer  le 
nom  de  celle-ci  sur  les  monnaies. 

Dans  ce  cas,  n'eut-il  pas  été  plus  conforme  à 
l'usage  d'y  joindre  le  portrait  de  cette  princesse,  ou 
bien  alors,  d'inserire  ce  nom  au  revers  des  pièces? 

M.  Mowat  explique  la  présence  insolite  d'une 
legende  féminine  autour  d'une  tète  d'homme  en  dé- 
crivant  et  en  donnant  la  reproduction  de  deux  pièces 
du  Cabinet  de  France  dont  Tune  est  un  Marc  Au- 
rèle  avec  la  legende  FAVSTINA  AVGVSTA,  l'autre  une 
monnaie  coloniale  de  Lucius  Verus  portant  le  nom 
de  Lucilla  sa  femme. 

Ces  deux  pièces  uniques  et  étranges,  me  sem- 
blent  le  produit  d'erreurs  commises  par  les  graveurs, 
analogues  à  celle  que  l'on  trouvera  décrite  plus  loin 
à  Aurélien  (n.  24).  Erreurs  plus  complètes  sans  doute, 
mais  qui  ont  fort  bien  pu  se  produire. 


(1)  Voir  die  Munzen  des  Kaisers  Gallienus,  etc,  pag.  96. 

(2)  J'admets  ici  que  Salonin  a  recu  le  titre  d'Auguste,  ce  qui,  malgré 
quelques  monnaies  qui  l' indiquent,  n'est  pas  encore  tout-à-fait  prouvé. 


184  LUCIEN    NAVI!  LE 


Remarquons  que  le  bronze  de  Marc  Aurèle  pos- 
sedè un  revers  tout  à  fait  inintelligible,  que  M.  Mowat 
qualifie  de  barbare.  Or  l'on  ne  saurait  admettre  que 
l'on  ait  frappé,  dans  un  atelier  régulier,  des  pièces 
mi-romaines,  mi-barbares.  En  admettant,  ce  qui  me 
paraìt  fort  improbable,  que  l'on  ait  possedè  à  Rome 
des  coins  barbares,  on  n'en  eùt  certes  pas  fait  usage 
pour  la  frappe  de  monnaies  émises  en  vertu  d'un 
décret  du  sénat  ou  de  l'empereur.  Donc,  de  deux 
choses  l'une,  ou  bien  cette  pièce  est  entièrement 
barbare,  ce  qui  me  paraìt  fort  probable  :  dans  ce 
cas  on  ne  peut  pas  s'appuyer  sur  un  exemple  de  ce 
genre;  ou  bien  elle  a  été  frappée  dans  un  atelier 
régulier,  et  alors,  le  fait  que  le  revers  en  est  incom- 
préhensible  prouve  que  toute  la  pièce  est  anormale. 
Dans  ce  cas  voici  ce  qui  a  pu  se  produire.  A  l'ate- 
lier monétaire,  on  se  sera  apercu  que  le  coin  d'un 
Marc  Aurèle  avait  recu  par  erreur  le  nom  de  l'im- 
pératrice Faustine,  et  l'on  aura  frappé  cette  pièce 
unique  à  seul  fin  de  se  rendre  compte  comment  le 
portrait  de  l'empereur  avait  réussi.  A  cet  effet,  on 
se  sera  servi,  pour  le  revers,  d'un  coin  qu'il  était 
indifférent  de  détériorer  et  sur  lequel  on  avait  peut- 
ètre  essayé,  soit  la  forme  à  donner  aux  lettres  al- 
phabétiques,  soit  la  dureté  et  le  tranchant  des  burins. 
Cela  expliquerait  l'inscription  absolument  inintelli- 
gible qui  figure  ici:   R  P  III  I  MEON  |  IPMISA  |  DNLEIII  |  DS- 

La  pièce  coloniale  de  Lucius  Verus  peut  fort 
bien  ètre  aussi  le  produit  hybride  d'une  erreur  de 
graveur. 

Admettons  cependant  pour  un  instant,  que  nous 
sommes  ici  en  présence  de  monnaies  régulières, 
gravées  ainsi  intentionnellement.  Le  fait  pourrait 
s'expliquer  à  la  rigueur,  si  l'on  songe  que  les  traits 
de  Marc  Aurèle  et  de  Lucius  Verus  étaient  suffi- 
samment  connus  par  le  grand  nombre  de  monnaies 


MONNAIES   INÉDITES    DE   L'EMPIRE    ROMAIN  185 


répandues  dans  le  public,  et  que  toute  confusion 
devait  étre  impossible. 

Mais  tei  n'était  pas  le  cas  pour  Galliena.  Les 
monnaies  n'avaient  propagé  aucun  portrait  d'elle  et 
le  public  devait  étre  fort  désorienté  en  lisant  ce  nom 
nouveau,  accompagnant  la  tète  de  Gallien,  et  qui 
plus  est,  de  Gallien  représenté,  suivant  M.  Mowat, 
en  dieu-fleuve. 

11  me  semble  évident  que  le  public,  ne  connais- 
sant  pas  Galliena,  et  ayant  sous  les  yeux  le  portrait 
de  l'empereur  orné  d'attributs  nouveaux,  avec  son 
noni  au  féminin  devait  reconnaìtre  tout  naturellement 
l'empereur  Gallien  représenté  en  deesse. 


V. 
Divers  petits  bronzes   de  Victorin  à  Carin. 

TARRACO. 

Tacite.  Antoninien. 

3.  &  —  IMP  CM  CL  TACITVS  ÀVG-.  Son  buste  radié  à  gauche, 

cuirassé,  à  mi-corps,  vu    de    dos,    le   bouclier  suspendu 
sur  l'épaule  gauche,  la  haste  dirigée  en  avant. 
1$    —  SALVS  PVBLI.    La    Sante,    debout  à  droite,    tenant 
un    serpent    qu'elle    nourrit    au    moyen    d'une    patere. 
Exergue  T  (3e  officine). 
Variété  de  buste  de  C.  126  (1).  (PI.  Vili,  n.  4). 

Probus.  Antoniniens. 

4.  &  —  VIRTVS  PROBI  AVO.  Son  buste  radié,  drapé  et  cui- 

rassé à  droite,  tenant  une  haste  sur  l'épaule  gauche. 
R)    —   CONS-ERVA  •  AVG-.  Le  soleil  radié,  à  demi-nu,  debout, 
de  face,  regardant  à  gauche,    levant    la    main  droite  et 
tenant  un  globe.  Exergue  TXXT. 
Variété  de  C.  174.  (PI.  Vili,  n.  5). 


(1)  Tous  les  n.  de  Cohen  cités  ici  sont  ceux  de  la  2.de  édition. 


l86  LUCIEN    NAVILLE 


5.  &  -   IMP  C  M  AVR  PROBO  ÀVG.  Son  buste  radié,  drapé 

et  cuirassé  à  droite,  l'épaule  en  avant. 
R)    —  RESTITVT    SAEC.    L'Empereur    en    habit    militaire, 
debout,  à  gauche,  tenant  un  globe  et  une  haste,  couronné 
par    une  Victoire,    debout,    derrière    lui,    qui    tient    une 
palme.  Exergue  VIXXT. 
Legende  au  datif.  Variété  de  C.  511. 

Carin.  Antoninien. 

6.  &  —  M  •  AVR  •  CARINVS  •  NOB  •  C.  Son  buste  radié,  drapé 

et  cuirassé  à  droite. 
P    —  PRINC-IPI  IV-VENTVTI.   L'Empereur    en    habit    mili- 
taire, debout,    à    gauche,    tenant    une    enseigne    et   une 
haste.  Exergue  VIXXI. 
Cohen  105  indique  par  erreur  sceptre  au  lieu  de  haste. 

LUGDUNUM. 

Victor  in.  Antoninien. 

7.  &  —  VICTORINVS  •  P  •  F  •  AVG-.  Son  buste  radié    et    cui- 

rassé à  gauche,  la  main  droite  tient  une  haste  sur  l'épaule, 
un  bouclier  orné  d'une  tète  de  Meduse  couvre   l'épaule 
gauche. 
Ri    SALVS  AVO.  La  Sante  debout  à  droite,  nourrissant  un 

serpent  qu'elle  tient  dans  ses  bras. 

(PI.  Vili,  n.  2). 

Cohen  n.  112-117  indique  six  avers  différents  dont  cinq  variétés  de 
légendes  allant  avec  le  revers  ci-dessus.  La  legende  VICTORINVS  • 
P  •  F  ■  AVG,  se  rencontre  ici  pour  la  première  fois  sur  les  monnaies  de 
cet  empereur. 

Tacite.  Antoninien. 

8.  &  —  IMP  C  M  CL  TACITVS  AVG-.  Son  buste  radié  et  cui- 

rassé à  gauche  ;  la  main  droite  tient  une  haste  sur 
l'épaule  dr.,  un  bouclier  orné  d'une  tète  de  Meduse 
couvre  l'épaule  gauche. 
1$  —  VIRTVS  ÀVG-.  La  Valeur  casquée,  en  habit  militaire, 
debout  à  gauche,  s'appuyant  sur  un  bouclier  et  tenant 
une  haste. 
Variété  de  buste  de  C.  170. 


MONNAIES   INÉDITES    DE   L'EMPIRE   ROMAIN  187 

Florien.  Antoninien. 

9.  i&  -   IMP  C  M  AN  FLORIANVS  PF  AVG.  Son  buste  radié, 
drapé  et  cuirassé  à  droite. 
R)    -  TEMPORVM  FELICITAS.  La  Félicité,  debout  à  gauche, 
tenant  un  long  caducée  et  une  come  d'abondance.  Ex.  I. 
C.  88  indique  la  Félicité  tournée  à  droite. 

Probus.  Antoninien. 

io.  &  -  IMP  C  M  AVR  PROBVS  AVG.  Son  buste  radié  et 
cuirassé  à  droite. 
R)  —  ORIENS  AVG.  Le  Soleil  radié,  à  demi-nu,  debout 
à  droite,  brandissant  une  branche  d'arbre,  tenant  un 
are  et  posant  le  pied  gauche  sur  un  captif  à  terre  qui 
s'efforce  de  se  relever.  Ex.  III. 

(PI.  Vili,  n.  6). 

Ce  revers  n'est  pas  dans  Cohen  à  Probus.  On  le  rencontre  pour 
la  première  fois  au  règne  d'Aurélien  (C.  159)  frappé  à  Rome.  Il  est 
curieux  de  constater  que  nous  le  retrouvons  grave  de  la  mème  facon 
maladroite  à  l'atelier  de  Lyon. 

Carus.  Antoninien.' 

11.  &  -   IMP  C  M  AVR  CARVS  AVG.  Son  buste  radié  et  cui- 

rassé à  gauche  avec  le  casque  radié,    l'épaule   gauche 

en  avant. 
9<    —  PAX  AVGG.    La  Paix  debout  à  gauche   tenant  un 

rameau  et  un  sceptre  transversal.    Dans    le    champ    à 

gauche  :  B. 
Variété  de  buste  de  C.  49.  (PI.  Vili,  n.  io). 

Carus  et  Carin.  Antoninien. 

12.  &  -  CARVS  ET  CARINVS  AVGG.  Buste  de  Carus  radié 

et  cuirassé,  accollé  à  la  tète  radiée  de  Carin. 
l$l    —  PAX  AVG.  La  Paix  marchant  à  gauche,  tenant  un 
rameau  et  un  sceptre  transversal. 

(PI.  Vili,  n.  li). 

C.  au  n.  5  indique  AVG  à  l'avers,  ce  qui  est  une  erreur.  En  outre 
le  buste  de  Carus  seul  est  cuirassé  (1). 


(1)  Comparer  à  ce  sujet  la  pièce  reproduite  à  la  planche  41  n.  2274 
du  Catalogne  de  la  Coli.  Bachofen  von  Echi.    O.  Voetter,  Vienne,  1903. 


=5 


l88  LUCIEN     NAVILLE 


Numérien.  Antoninien. 

13.  &>  -  IMP  C  NVMERIANVS  AVG.  Son  buste  radié  et  du- 

rasse à  droite,  tenant  une  haste  sur  l'épaule. 
R)    —  FELIC-ITAS  AVGG-.    La    Félicité    debout,   de   face, 

regardant    à    gauche,    les   jambes    croisées,   tenant  un 

caducée  et  appuyée  à  une  colonne. 
Variété  de  buste  de  C.  14. 

Variété  de  buste  de  C.  14. 

14.  &  -  IMP  C  NVMERIANVS  AVG.  Son  buste  de  face,  avec 

le  manteau  imperiai,  tenant  de  la  main  droite  un  sceptre 
surmonté  d'un  aigle.  Sa  tète  est  radiée  à  droite. 
R)    —  PAX  AVGG.  La  Paix  debout  à  gauche,  tenant  un 
rameau  et  une  haste  transversale.    Dans    le    champ    à 
gauche  :  B. 

(PI.  Vili,  n.  12). 

ROMA. 

Florien.  Antoniniens. 

15.  &  —  IMP  C  M  ANN  FLORIANVS  AVG.    Son  buste  radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite,  l'épaule  en  avant. 
^    —  SALVS  AVG-  La  Sante  debout  à  gauche,  nourrissant 

avec  une  patere,  un  serpent    qui    s'élance    d'un    autel, 

et  tenant  un  sceptre  court.  Ex.  XXIA. 
La  legende  de  l'avers  diffère  de  celle  de  C.  83. 

16.  ì&  —  Meme  legende.  Son  buste  radié,  drapé  et  cuirassé 

à  droite. 
R)    —  IOVI  STATORI.  Jupiter  nu,  debout,  de  face,  regar- 
dant   à    droite,    tenant    un    long    sceptre    et   un  foudre. 

Ex.  XXIZ. 
La  legende  de  l'avers  diffère  de  celle  de  C.  35. 

Probus.  Semis. 

17.  &  —  IMP  PRO-BVS  AVG.  Son  buste  laure,  drapé  et  cui- 

rassé à  droite,  l'épaule  en  avant. 
ty    -  PM  TR  P-V-C-O-S  IMI  PP.  L'Empereur  en  habit  mi- 


MONNAIES    INÉDITES   DE    L'EMPIRE   ROMAIN  189 

litaire  debout  à  gauche,  entre  deux    enseignes,    levant 
la  main  droite  et  tenant  un  sceptre. 

(PI.  Vili,  n.  31). 

On  trouve  un  semis  analogue  au  n.  439,   mais   les   dates   en    sont 
différentes. 

Cette  pièce,  les  trois  suivantes  et  celle  de  Dio- 
clétien  n.  20  sont  des  semis-antoniniens,  dont  le  type 
fut  créé  par  Aurélien,  et  dont  la  frappe  fut  continuée 
par  tous  ses  successeurs  jusqu'à  la  réforme  de 
Dioclétien. 

Cohen  ne  semble  pas  avoir  reconnu  le  véritable 
caractère  de  ces  petites  pièces,  qu'il  décrit  tantót 
comme  P.  B.,  tantòt  comme  P.  B.  petit  module,  tantòt 
comme  quinaires.  Cette  dernière  confusion  est  mème 
fort  étrange  car  le  quinaire  est  une  pièce  notable- 
ment  plus  petite  que  le  semis.  Comparer  à  la  pian- 
elle Vili  les  numéros  35  et  36. 

18.  &*  —  PROBV-S  PF  AVG.  Son  buste  laure   et   cuirassé  à 

droite. 
I#    —   MAR-S  V-L-TOR.  Mars  marchant  à   grands   pas   à 

droite,  tenant  une  haste  transversale  et  un  bouclier. 
Variété  de  legende  et  de  module  de  C.  349.      (PI.  Vili,  n.  32). 

Numérien.  Semis. 

19.  &  —  |MP  NVMERIANVS  AVG.  Son  buste  laure  et  drapé 

à  droite,  l'épaule  en  avant. 

R}    —  PA-X  ÀVGG-  La  Paix  marchant  à  gauche  à  grands 

pas,  tenant  une  branche  d'olivier  et  une  sceptre  trans- 

versal. 

(PI.  Vili,  n.  33). 

Variété  de  module  de  C.  349.  Il  existe  aussi  un  quinaire  de  ce  type 

Carin.  Semis. 

20.  &  —  IMP  C  NI  AVR  CARINVS  AVG.  Son  buste  laure,  drapé 

et  cuirassé  à  droite. 
9<    —  PAX  AVGG.  Comme  au  n.  précédent. 

(PI.  VIII,  n.  34). 


I9O  LUCIEN    NAVILLE 


Cette  monnaie  est  analogue  au  n.  64  de  C.  sauf  que  les  lettres  P  F 
ne  figurent  pas  ici.  Cohen  (64)  décrit  l'exemplaire  du  Cabinet  de  France 
comme  étant  un  petit  bronze,  alors  qu'il  en  donne  un  dessin,  montrant 
qu'il  s'agit  là  certainement  d'un  moyen  bronze,  semblable,  par  consé- 
quent,  à  l'exemplaire  du  Cabinet  de  Vienne  décrit  au  n.  suivant. 

SISCIA. 

Florien.  Antoninien. 

21.  &   -   IMP  C  M  AN  FLORIANVS  P  AVG-.  Son  buste  radié 

et  cuirassé  à  droite. 
ty    —  VICTORIÀE  AVGVST-I.  Deux  Victoires  debout,   en 
face  I'une  de  l'autre,  soutenant  un  bouclier  sur   lequel 

on  lit:  V^T.  Exergue  XXIT. 
La  legende  de  l'avers  diffère  de  celle  de  C.  94. 

Probus.  Antoninien. 

22.  &  -   IMP  C  M  AVR  PROBVS  AVG-.    Son  buste   radié  et 

cuirassé  à  droite. 
P    -  PM  TR  I  P  COS-II  PP.  Lion  radié,  allant  à  droite, 
tenant  un  foudre  dans  sa  gueule.  Ex.  XXIS. 
Variété  de  C.  452.  (PI.  Vili,  n.  8-9). 

23.  &  -   IMP  C  M   AVR  PROBVS  P  AVG.    Son  buste    radié, 

cuirassé,  a  mi-corps  à  gauche  tenant  une  haste  sur 
Tépaule  droite.  Une  attaché  est  nouée  sur  l'épaule 
gauche. 

R)  —  SOLI  IN-VICTO.  Le  Soleil  radié,  debout  dans  un 
quadrige  au  galop,  de  face,  levant  la  main  droite  et 
tenant  un  globe.  Dans  le  fond,  un  fouet  ;  sous  le  qua- 
drige, des  nuages  ou  des  flots.  Ex.  XXIP  (en  are  de 
cercle). 

Variété  de  C.  671.  (PI.  Vili,  ri.  7). 

KYZIKOS. 

Aurelien.  Antoninien. 

24.  &  —  IMP  AVRELIANVS  ÀVG-.    Son    buste    radié    et    cui- 

rassé à  droite. 


MONNAIES   INEDITES   DE   L  EMPIRE    ROMAIN  I9I 

R)  —  RESTITVTOR  ORCHI  (sic).  Victoire  debout  à  droite, 
tenant  une  couronne  et  une  palme  ;  en  face  d'elle, 
Aurélien,  en  habit  militaire,  debout  à   gauche,    présen- 

tant  la  main  droite  et  tenant  une   haste  — -. 

(PI.  Vili,  n.  3). 

Nous  sommes  ici  en  présence  d'un  de  cts  mélanges  de  deux  lé- 
gendes  différentes,  assez  fréquents  dans  la  numismatique  romaine.  Nous 
trouvons  à  Cyzique  les  deux  revers  suivants  (1)  : 

RESTITVTOR  EXERCITI 
RESTITVTOR  ORBIS. 

Il  est  aisé  de  voir  que,  de  ces  deux  légendes,  le  graveur  avait  l'in- 
tention  d'inserire  la  seconde,  mais  qu'il  a  été  distrait  dans  son  travail. 
Sur  les  pièces  qui  ont  EXERCITI,  le  dieu  Mars  se  trouve  représenté 
en  lieu  et  place  de  la  Victoire. 


VI. 

Monnaies  en  bronze  la  Tetrarchie  Dioclétienne 
et  de  Carausius. 

Je  n'ai  pas  joint  ces  monnaies  à  celles  qui  sont 
décrites  au  paragraphe  précédent,  bien  qu'elles  en 
forment  cependant  la  suite  normale.  En  voici  la 
raison.  En  décrivant  mes  monnaies  inédites,  j'ai 
cherché  à  les  comparer,  pour  chaque  empereur,  à 
ce  qui  a  été  publié  de  plus  complet  sur  le  sujet, 
(en  tenant  compte,  cela  va  sans  dire,  des  articles 
parus  depuis  lors  dans  les  différents  périodiques). 
Or,  pour  la  période  qui  va  de  Victorin  à  Carin, 
jusqu'ici  Aurélien  et  Sévérine  ont  seuls  leur  Corpus  (2) 
(voir  n.  24)  pour  les  autres  empereurs,  c'est  encore 
à  Cohen  qu'il  faut  s'en  rapporter. 


(1)  Voir  Tu.  Rhode.  Die  Miinzen  des  Kaisers  Aurelianus,   etc.   Mis- 
kolz,  1881,  3.0  partie,  page  392,  n.  332  et  337. 

(is)  M.  O.  Voetter  publiera  prochainement  celui  de  l'empereur  Probus. 


192  LUCIEN    NAVILLE 


J'estime  cependant  que  lorsqu'on  peut  abandon- 
ner  cet  auteur  et  prendre  un  meilleur  guide,  il  faut 
s'empresser  de  le  faire.  C'est  le  cas  ici.  Le  très  re- 
marquable  travail  de  M.  le  lieut.  col.  O.  Voetter  0)  a 
jeté  sur  cette  période  une  clarté  qui  contraste  sin- 
gulièrement  avec  la  confusion  qui  rogne  à  cette 
partie  de  l'ouvrage  de  Cohen. 

M.  Voetter  a  principalement  décrit  les  pièces 
de  sa  propre  collection  avec  lesquelles  il  a  forme 
des  tabelles  qui  donnent  le  canevas  des  émissions, 
et  dont,  comme  il  le  dit  lui-mème,  beaucoup  de  cases 
peuvent  encore  ètre  remplies. 

Les  pièces  qui  suivent  ne  fìgurent  pas  dans  ces 
tabelles,  mais  la  plupart  y  ont  leur  place  toute  prete. 


LUGDUNUM. 

Antoniniens. 

25.  &  -   IMP  C  MAXIMIANVS  P  ÀVG-.    Son    buste    radié    et 

cuirassé  à  gauche,    vu   de   dos,    avec   le   bouclier  sur 
l'épaule  gauche  et  la  lance  dirigée  en  avant. 
^    —  PAX  kWGG-  La  Paix  debout  à  gauche,    tenant  un 
globe    surmonté    d'une    Victoire    et    un   sceptre  trans- 
versal.  Ex.  S. 

A  classer  :  Voetter  page  245.  Pièce  frappée  en  289.  Le  buste  avec 
la  lance  dirigée  en  avant  apparaìt  très  rarement  sur  les  pièces  de  la 
tetrarchie  frappées  avant  la  réforme  monétaire. 

26.  B1  —  IMP  DIOCLETIANVS  ÀVG-.  Son  buste  radié  à  gau- 

che, avec  le  manteau  imperiai,  tenant  un  sceptre   sur- 
monté d'un  aigle. 
R)    —   SECVRIT  PERP.  La  Sécurité  debout,   de   face,   re- 


fi) O.  Voetter.  Die  Kupferpràgung  der  Diocletianischen  Tetrarchie, 
"  Numismatische  Zeitschrift  „,  1899,  t.  XXXI,  p.  1  à  34  et  223  à  310  avec 
pi.  I-X,  XTV-XX1II. 


MONNAIES   INÉDITES    DE   L  EMPIRE    ROMAIN  I93 

gardant  à  droite,  posant  la  main  sur  sa  tète,  et  appuyée 
sur  une  colonne.  Ex.  P. 
À  classer  V.  p.  246,  colonne  6,  ligne  9,  année  290. 

27.  Jy  -   IMP  MAXIMIANVS  ÀVG.  Son  buste  radié  à  gauche, 

avec  le  manteau  imperiai,  tenant  un  sceptre  surmonté 
d'un  aigle. 
P   —  ADVENTV-S  ÀVG-G.  Les  deux  empereurs  en  habit 
rnilitaire,  à  cheval,  galopant  à  droite,  et  levant  la  main 
droite.  Ex.  II. 

(PI.  Vili,  11.  13). 

Ce  revers  est  fort  rare.  Cohen  (n.  5)  décrit  une 
pièce  semblable  à  la  mienne,  sans  en  indiquer  l'exer- 
gue.  M.  Voetter  page  247  col.  1,  ligne  8  a  suppose 
que  la  lettre  s  devait  figurer  ici,  puisque  l'on  trouve 
la  lettre  P  sur  une  pièce  parallèle  de  Dioclétien, 
frappé  en  290.  Chose  étrange,  sur  mon  exemplaire 
on  lit  distinctement  la  marque  II.  Comme  ces  sigles 
l,  II,  III.  ne  se  retrouvent  que  plus  tard,  en  fan  294 
(V.  pages  256-7)  cela  semblerait  indiquer  que  le  re- 
vers Adventus  augg.  a  été  frappé  une  première  fois, 
avec  les  lettres  P  et  S  en  290  et  une  seconde  fois 
avec  les  marques  I  et  II  en  294,  à  l'occasion  d'un 
second  évènement.  Dans  ce  cas,  il  faudrait  piacer 
la  monnaie  ci-dessus  V.  p.  256,  ligne  6. 

28.  &  -   IMP    DIOCLETIANVS  P  AVG.    Son    buste    radié    et 

cuirassé  à  droite. 
^    —  IOVI  CONSERVATORI  AVGG-  Jupiter  nu,  debout  à 
gauche,  tenant  un  globe  et  un  long   sceptre  ;    en    face 
de  lui  une  Victoire,  debout  à  droite    lui    présente   une 
couronne.  Ex.  A. 

(PI.  Vili,  n.  14-15). 

Ce  revers  est  rare;  il  figure  ici  pour  la  première   fois   avec   cette 
legende  d'avers. 

A  classer  V.  p.  248,  col.  2,  ligne  5. 


194  LUCIEN    NAVILLE 


29.  &  —  IMP  MAXIMIANVS  AVG-.  Son  buste  radié  et  cuirassé 

à  droite. 
ty    —  AEQVITAS  AVG-G-.    L'Equité  debout  à  gauche,   te- 

nant  une  balance  et  une  come  d'abondance. 
À  ajouter  V.  p.  253,  col.  i,  ligne  4. 

30.  &  —  IMP  MAXIMIANVS  P  AVG.  Son  buste  radié  et  cui- 

rassé à  droité. 
9    —  PM  TR  P  Vili  COS    fili    PP.    Lion    radié,    allant    à 

gauche,  tenant  un  foudre  dans  sa  gueule.  Ex.  A  et  une 

étoile. 
La  présence  de  la  lettre  A  sur   ce   revers   de   Maximien    Hercule 
provient  sans  doute  d'une  confusion  avec  un  coin  destine  à  Dioclétien. 
A  classer  V.  p.  253,  col.  9,  ligne  3. 

M.  Voetter,  à  la  planche  X,  a  dessiné  une  seule 
espèce  de  monnaies  ayant  au  revers  VOTIS  X  et  deux 
empereurs  sacrifiant. 

Un  examen  attentif  m'a  cependant  démontré  qu'il 
existait  quatre  variétés  distinctes  de  ce  revers.  Ce  sont: 

Type  I.  VOTIS  X.  Deux  empereurs  en  toge,  debout  en  face 
l'un  de  l'autre  tenant  chacun  une  patere  avec  laquelle 
ils  sacrifìent  sur  un  trépied  allume.  Celui  qui  est  dans 
la  partie  droite  du  champ  tient  un  sceptre  court. 

(Voir  pi.  Vili,  n.  17). 

Type  II.  Comme  le  précédent,  mais  le  personnage  place  du 
coté  gauche  tient  également  un  sceptre  court. 

(Voetter,  pi.  X,  n.  5). 

Type  III.  Comme  le  précédent  mais  un  aigle  surmonte  ce 
dernier  sceptre. 

Type  IV.  Comme  le  précédent  mais  VOTIS  •  X  % 

(Voir  pi.  Vili,  n.  19). 

Les  monnaies  que  je  possedè  rentrent  dans  les 
types  I,  II  et  IV.  Le  type  III  m'a  été  fourni  par 
M.  Francesco  Gnecchi,  lequel,  avec  son  obligeance 
habituelle,  a  bien  voulu  m'envoyer  plusieurs  plàtres 
de  monnaies  ayant  au  revers   Votis  X. 


MONNAIE3   INÉDITES    DE    L  EMPIRE   ROMAIN  195 

31.  &  -  IMP  MAXIMIANVS  ÀVG-  Son  buste  radié  à  gauche 

avec  le  manteau  imperiai. 
$   —  VOTIS  X.  Type  n.  I. 

(PI.  Vili,  n.  16-17). 
Le  buste  du  droit  est  nouveau  avec  ce  revers. 

32.  fi?  —  Meme  legende.  Son  buste  radié  à  gauche  avec  le 

manteau  imperiai,  et  un  globe  dans  la  main  droite. 
R)    —  Type  n.  I. 

33.  (B*  —  Meme  legende.  Son  buste  radié  à  gauche  avec  le 

manteau  imperiai,     tenant   un    sceptre    surmonté    d'un 
aigle. 
P    —  Type  n.  I. 

34.  i&  —  Meme  legende  et  mème  buste. 
$   —  Type  n.  II. 

35.  &  —  IMP  MAXIMIANVS  P  ÀVG.  Mème  buste. 
P   —  Type  n.  II. 

36.  &  —  IMP  MAXIMIANVS  AVG-.  Mème   buste   qu'au   n.  32. 
P    -  Type  n.  III. 

Cette  pièce  appartient  à  M.  F.  Gnecchi  qui  l'a 
publiée  dans  son  Appunto  n.  XXXVIII  au  n.  259. 

37.  &  —  IMP  DIOCLETIANVS  AVG.  Son  buste  radié  à  gauche 

avec  le  manteau  imperiai,  tenant  un  sceptre  surmonté 
d'un  aigle. 
R)    —  VOTIS  •  X  •.  Type  n.  IV. 

(PI.  Vili,  n.  18-19). 

Ces  revers  VOTIS  X  sont  beaucoup  plus  rares  sur  les  monnaies 
de  Dioclétien  (Cohen  30  frcs.)  que  sur  celles  de  Maximien  Hercule 
(Cohen  6  frcs.). 

38.  i&  —  IMP  MAXIMIANVS  AVO.  Meme  buste   qu'au   n.  33. 
19  —  Type  n.  IV. 

Pièce  appartenant  à  M.  F.  Gnecchi. 

26 


I96  LUCIEN     NAVILLE 


TREVERI. 

Antoniniens. 

39.  &  —  IMP  DIOCLETIANVS  ÀVG-.  Son  buste  radié,    drapé 

et  cuirassé  à  droite,  l'épaule  en  avant. 
$    —  PIETAS  AVG-G-.  L'empereur,  en  habit  militaire,  de- 
bout  à  droite,  tenant  un  sceptre  long-  et  relevant  de  la 
main  droite,  une  femme  tourelée,   agenouillée   en  face 
de  lui,  et  qui  tient   une    come    d'abondance.    Ex.  PTR. 

(PI.  IV,  n.  21-22). 

Ce  revers,  cité  déjà  sur  des  monnaies  d' Hercule,  Constance  et  Ga- 
lère, est  nouveau  chez  Dioclétien. 

À  classer  V.  p.  262-3,  c°l-  4>  ligne  X. 

40.  &  —  DIOCLETIANVS  AVG-.  Meme  buste  qu'au  n.  précédent. 

$'  —  TEMP-OR  FEL.  La  Félicité  debout  à  gauche  tenant 

I  C 

un  long  caducée  et  une  come  d'abondance.  -=-. 

&  PTR 

A  ajouter  V.  p.  262-3   c°l-  5»  ligne  5- 

41.  &  —  MAXIMIANVS  P  F  ÀVG.  Son  buste  radié  et  cuirassé 

à  droite. 
9*    —  TEMPOR  —  FELICIT.  La  Félicité  tourelée  assise  à 
gauche,  tenant  une  patere    et    une    come  d'abondance 

ci 

PTR* 

Comparer:  F.  Gnecchi.  Appunti  XXXVIII,  n.  250.  Sur   mon  exem- 
plaire  la  lettre  C  est  dans  la  partie  gauche  du  champ. 
A  ajouter  V.  p.  262-3,  col.  6,  ligne  9. 

42.  B'  -   MAXIMIANVS  AVG-.  Meme  buste  qu'au  n.  précédent. 
R)    —  VIRTV-S  AVGG-.  Maximien  laure,  en  habit  militaire 

debout  de  face,  regardant  à  droite,    tenant    une    haste 

et  un  parazonium,  posant  le  pied  gauche    sur   le    dos 

C  I 
d'un  captif  nu,  agenouillé  devant  lui  --1- . 

(PI.  Vili,  n.  20). 
A  classer  V.  p.  262-3,  col.  7,  ligne  11. 


MONNAIES   INÉDITES   DE   L'EMPIRE    ROMAIN  I97 

43.  &  —  MAXIMIÀNVS  PF  AVO.  Meme  buste. 

9*  —  VOTIS  —  AVG-G.  Deux  empereurs  voilés,  en  cos- 
tume de  sacrificateurs,  debout,  en  face  l'un  de  l'autre, 
tenant  chacun  une  patere  avec  laquelle  ils  sacrifient 
sur  un  autel  allume.  Celui  qui  est  dans  la  partie  gauche 
du  champ  tient  dans  la  main  gauche  une  mappa,  l'autre 

c  ! 

tient  un   sceptre  court  —  . 

PTR 

Cette  pièce  est  à  piacer  V.  p.  262-3,  col.  9,  ligne  9.  Elle  n'est  pas 
décrite  dans  Cohen,  et  ne  se  rencontre  pour  le  moment  que  chez 
M.  Hercule.  M.  Voetter  en  a  donne  un  dessin  à  la  pi.  XV,  n.  27.  L'exem- 
plaire  que  je  décris  ici,  diffère  de  ce  dessin  en  ce  sens  que  les  deux 
empereurs  sont  eu  toge,  et  laurés,  sur  la  pièce  de  M.  Voetter,  tandis 
qu'ils  sont  nettement  voilés  sur  la  mienne.  Etant  donne  la  rareté  de  ce 
type,  je  signale  cette  petite  variante. 


CAMULODUNUM. 

Antoniniens. 

44.  &  -  IMP  C  M  CARAVSIVS  P  AVG.   Son    buste  radié  et 

drapé  à  droite. 
R)    —  PAX  AVG-.  La  Paix  debout  à  gauche  tenant  un  ra- 
meau  et  un  sceptre  long. 

(Pi.  Vili,  n.  24). 

45.  &  —  |MP  C  MA  CARAVSIVS  ÀVG.    Son  buste   radié   et 

drapé  à  droite. 
9    —  PIETA-S  AVG.  La  Piété  debout  à  gauche  sacrifiant 
sur  un  autel. 

Il  est  fort  difficile  de  déterminer  dans  quel  atelier  ont  été  frappées 
ces  deux  pièces  qui  ne  se  ressemblent  en  rien  comme  fabrique. 

46.  &  —  IMP    C  M  AVR  M  CARAVSIVS    P   AVO.    Son  buste 

radié  et  drapé  à  droite. 

ty    —  VIRTV-S  ÀVGG.  La  Valeur  casquée  debout  à  gauche 

S  I  P 
tenant  une  haste  et  appuyée  sur  un  bouclier  . 

(PI.  Vili,  n.  25). 


198  LUCIEN    NAVILLE 


Ce  qu'il  y  a  d'intéressant  dans  ces  trois  der- 
nières  pièces,  c'est  la  présence  des  lettres  M,  MA  et 
MAVRM.  Les  monnaies  qui  portent  les  prénoms  de 
Carausius  sont  très  rares.  À  telles  enseignes  que 
le  British  Museum,  qui  certes  est  riche  en  monnaies 
de  cet  empereur,  n'en  possedè  pas  une  seule. 

Les  noms  Marcus  AVRelius  sont  suivis  de  la 
lettre  M  qui  a  fait  l'objet  de  plusieurs  disserta- 
tions  (rX 

Bornons  nous  à  rappeler  que  M.  R.  Mowat  re- 
connaìt,  dans  cette  lettre,  l'initiale  du  nom  celtique 
Mausaius. 

47.  &  -  IMP  C  DIOCLETIANVS   P   AVG.    Son    buste    radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 

S  I  P 
^    —    VIRTV-S    AVGGG-   — — .  Comme  au  n.  précédent. 

48.  &  —  IMP  C  DIOCLETIANVS  AVG-  Son  buste  radié,  drapé 

et  cuirassé  à  droite. 

ty    —  PROVI-D  AVGGG.  La  Providence  debout  à  gauche, 

S  I  P 
tenant  un  globe  et  un   sceptre  transversai      '     . 

(PI.  IV,  n.  26-27). 

49.  &  -  IMP  C  M  A  VAL  MAXIMIANVS  AVG.  Son  buste  radié 

et  cuirassé  à  droite. 

R)    —  PAX-À-VGGG-  La  Paix  debout  à  gauche,  tenant  un 

S  I  P 
rameau  et  un  sceptre      '     . 

(PI.  Vili,  n.  28). 


(1)  Voir  R.  Mowat  :  Les  noms  de  l'Empereur  Carausius.  "  Revue 
Numismatique  „,  t.  XIII,  1895,  p.  129-133;  Monnaies  inédites  ou  peu  con- 
nues  de  Carausius.  Meme  revue  t.  XIV,  1896,  p.  145-153  et  Sir  John 
Evans  :  Rare  or  unpublished  coins  of  Carausius  "  Numismatic  Chronicle  „ 
1905,  part.  I,  p.  18-35. 


MONNAIES   INEDITES   DE    L  EMPIRE    ROMAIN  I99 

Ces  quatre  dernières  pièces  ont  été  frappées 
par  Carausius  lors  de  son  alliance  avec  Dioclétien 
et  Maximien  Hercule. 

ROME. 

Semis. 

50.  i&  -   IMP  DIOCLETIANVS  AVG.    Son   buste  laure  drapé 

et  cuirassé  à  droite,  l'épaule  en  avant. 
ty    -  IOVI  CO-NSER-VÀT  AVG-  Jupiter  nu,  de  face,  regar- 
dant  à  gauche,  le  manteau  déployé  derrière  lui,  tenant 
un  foudre  et  un  long  sceptre. 

(PI.  IV,  n.  35). 

Ce  semis  a  été  frappé  par  Dioclétien  alors  qu'il  était  seul  au  pouvoir 
avant  son  association  avec  Maximien  H.  (Voir  Voetter,  p.  34). 

Antoniniens. 

51.  i&  —  IMP  MAXIMI-ÀNVS  PF  AVG.  Son  buste  radié,  drapé 

et  cuirassé  à  droite. 
ty    -  PRIMIS  X  MVLTIS  XX.  Hercule  nu  de  face,  regar- 

dant  à  droite,  appuyé  sur  sa  massue  et  tenant  un  are. 

La  peau  de  lion  est  suspendue  à  son  bras  droit.  Ex.  XXIA. 
A  classer  V.  p.  273  col.  1,  ligne  2. 

52.  &  —  IMP  MAXIMIANVS  PF  AVG.  Son  buste  radié  à  gau- 

che, avec  le  manteau  imperiai  tenant  un   sceptre  sur- 
monte  d'un  aigle. 
R)  —  PRIMIS  X  MVLTIS  XX.  Victoire  debout  à  droite,  le 

pied  gauche  pose  sur   un    globe  écrivant    _y    sur   un 

bouclier  suspendu  contre  un  palmier.  Ex.  XXI€. 
À  piacer  V.  p.  273,  col.  5,  ligne  7. 

Quinaire. 

53.  &.  —  imp  DIOCLETIANVS  AVG.  Son  buste  laure  et  cui- 

rassé à  droite. 

P  —  IOVI  CO-NSER-VAT  AVGG-  Jupiter  nu,  debout,  de 
face  regardant  à  gauche,  le  manteau  déployé  derrière 
lui,  tenant  un  foudre  et  un  long  sceptre. 

A  piacer  V,  p.  276,  col.  3.  (PI.  Vili,  n.  36). 


200  LUCIEN    NAVILLE 


SISCIA. 

Antoninien. 

54.  &  -  IMP  G  MA  VAL  MAXIMIANVS  PF  AVG.  Son  buste 
radié  et  cuirassé  à  droite. 
I?  —  VIRTVS  ÀV-GG.  Un  empereur  en  toge,  debout  à 
droite  tendant  la  mairi  droite  pour  recevoir  une  Victoire 
à  gauche,  qui  tient  une  couronne  et  une  palme,  pré- 
sentée  par  un  autre  empereur  place  en  face  du  premier 
en  habit  militaire,  tenant  une  haste  transversale.  Entre 
les  deux  :  un  captif  accroupi  à  gauche.  Au  centre  un 
point.  Exergue  :  •  XX  •  I"  •. 

(PI.  Vili,  n.  29-30). 

Voici  une  pièce  qui  a  un  revers  entièrement  nouveau.  Si  l'on  veut 
bien  examiner  les  tabelles  des  émissions  de  Siscia  (Voetter,  p.  282-295) 
on  verrà  que  ce  revers  n'y  figure  pas.  Les  deux  empereurs  sont  repré- 
sentés  sur  mon  exemplaire,  d'une  facon  identique  à  ceux  qui  figurent 
au  revers  VICTORIA  AVGG  ~  (V.  pi.  XX,  n.  15;.  Cette  émission  a 
dù  suivre  immédiatement  celle  de  Victoria  augg  et  date  de  l'an  293. 

Lucien  Naville. 


Spigolature  numismatiche  abruzzesi 


i. 

La  zecca  di  Aquila  nella  prima  metà  del  sec.  XVI. 

Con  Lodovico  XII,  che  succeduto  a  Carlo  Vili 
nel  governo  di  Francia  e  nelle  pretensioni  sul  reame 
di  Napoli,  mantenne  la  signoria  sulla  Terra  di  La- 
voro e  sull'Abruzzo  fino  all'anno  1504,  ritiene  il  La- 
zari  cessata  la  zecca  aquilana  C1).  Riuniti,  dopo  più 
anni  di  contese,  i  regni  di  Napoli  e  di  Sicilia  sotto 
Carlo  V,  questi  ne  accordò  il  riaprimento,  con  di- 
ploma del  30  aprile  1520,  nei  termini  seguenti  : 
«  Habeatque  dieta  civitas  facultatem  cudendi  mo- 
«  netas  cum  insigniis  et  imaginibus  nostris,  aereas, 
«  argenteas  et  aureas,  prout  eidem  placuerit,  meli- 
«  usque  et  commodius  visum  fuerit  »  (2K  Però,  dice 
Lazari,  di  questo  diritto  Aquila  non  si  valse,  e  perciò 
quell'officina,  ch'ebbe  più  lunga  durata  d'ogni  altra 
abruzzese,  deve  ritenersi  cessata  col  duodecimo  Lo- 
dovico di  Francia. 

Questo  sentimento  del  dotto  numismatico  e  be- 
nemerito illustratore  delle  zecche  abruzzesi  è  oggi 
contradetto  dai  documenti  del  tempo,  che  ci  mettono 
in  grado  di  provare  come  la  zecca  aquilana,  fra  le 
più  prospere  ed  operose  del  regno,  conservò  ancora 
il  suo  diritto  a  coniare  per  lungo  periodo  di  tempo 
e  certamente  sino  all'anno  1552. 


(1)  Zecche  e  monete  degli  Abruzzi,  pag.  57. 
(a)  Regia  Munificentia,  pag.  290. 


202  GIOVANNI    PANSA 


Imprendendo  a  trattare  di  tale  periodo  finora 
sconosciuto,  muoverò  appunto  dall'epoca  di  Lodo- 
vico XII,  al  quale  il  Lazari  assegna  un  solo  stampo 
di  monete,  quello  del  sestino  di  rame,  di  cui  offre  un 
disegno  al  n.  27  della  tav.  III.  Non  di  quel  solo  tipo 
di  monete  diede  saggio  l'officina  monetaria  di  Aquila, 
ma  di  altre  ancora  in  oro  e  argento  coniate  al 
nome  dello  stesso  re  francese  e  sin  qui  ignorate.  È 
noto  come  nel  1501  e  nel  seguente  anno  l'ufficio  di 
zecchiere  di  Aquila  fu  affidato  a  Giovanni  Aczio- 
pacia,  figlio  del  barone  Troiano  Acziopacia,  che  fu 
partigiano  di  Carlo  Vili  (J).  A  lui,  nel  1502,  Lodo- 
vico XII  diede  incarico  di  mettere  in  ordine  l'officina 
di  Aquila  e  di  riprendere  dalle  mani  di  Messer  Che- 
rubino gli  utensili  monetari  affine  di  poter  comin- 
ciare lo  stampo  delle  nuove  monete  (2).  Che  molte 
di  queste,  in  argento,  recanti  l'insegna  dell'aquiletta 
debbano  spettare  alla  città  di  Aquila,  è  fuori  dub- 
bio (3);  ed  oltre  a  quella  derivante  dai  tipi  che  se  ne 
conoscono,  ne  abbiamo  una  prova  da  un  documento 
dell'epoca. 

Infatti,  nella  seduta  della  Camera  Aquilana  del 
io  maggio  1503,  fu  proposto  e  risoluto  affermativa- 
mente da  tutti  i  singoli  componenti  che  per  far  fronte 
all'urgente  bisogno  di  denaro,  «  in  la  ceccha  se  po- 
«  tesse  baptere  argento  »  U).  Il  tipo  di  siffatte  monete 
d'argento  sarebbe  quello  del  doppio  tornese  avente 
nel  diritto  tre  gigli  dentro  un  trilobo  con  l'aquiletta 
soprastante  e  nel  rovescio  la  croce  quadrilobata. 


(1)  Sambon  A.  I  "  cavalli  „  di  Ferdinando  I  d'Aragona  (In  Rivista 
ltal.  di  Numism.,  an.  IV,  fase.  III.  1891). 

(2)  Archivio  di  Stato.  Camera  della  Sommaria,  voi.  32,  fol.  62. 

(3)  Cfr.  Proces-verbaux  des  séances  de  la  Sociéié  frane,  de  Numism., 
1898,  pag.  ix.  —  De  Castellane  C.te  Le  ducat  napolitain  de  Louis  JC/I 
et  ses  imitations  (in  Rev.  Numism.  frane.,  1901,  pag.  58). 

(4)  Archiv.  Comun.  di  Aquila.  Lio.  Reformationum,  an.  1503,   e.  73. 


SPIGOLATURE    NUMISMATICHE   ABRUZZESI  203 

Veniamo  adesso  alla  moneta  d'oro,  tipo  assai 
importante  e  da  poco  restituito  alla  zecca  di  Aquila. 
Che  i  re  di  Francia,  pervenuti  alla  signoria  del- 
l'Abruzzo, avessero  accordato  ad  Aquila  lo  stampo 
delle  monete  d'oro,  è  finora  riconosciuto  per  il  solo 
Lodovico  XII.  Tuttavia  io  dubito  che  anche  il  pre- 
decessore Carlo  Vili  avesse  fregiata  quella  città  del 
privilegio  di  battere  moneta  d'oro;  e  n'è  prova  la 
bozza  di  alcuni  capitoli  di  grazie  domandate  dagli 
aquilani  nel  1495,  nei  quali  è  fatta  espressa  domanda 
di  poter  coniare  moneta  in  bronzo,  argento  ed  oro  f?). 
Ma  finora  non  si  conosce  alcun  tipo  di  quella  specie. 

Il  ducato  d' oro  di  Lodovico  XII  col  motto 
PERDAM  BABILLONIS  NOMEN,  attribuito  precedentemente 
a  Napoli  (2),  è  stato  oggi,  con  criteri  che  a  me  pa- 
iono sicuri,  restituito  alla  città  di  Aquila  dal  signor 
di  Castellane  nell'articolo  sopra  menzionato  in  nota. 
L'elemento  di  attribuzione  che  ha  servito  di  base  a 
quella  restituzione,  è  la  rosetta  che  si  vede  al  co- 
minciamento  della  leggenda  del  rovescio,  mentre  il 
tipo  analogo,  attribuito  a  Napoli,  ha  la  crocetta  sem- 
plicemente. Non  mi  fermerò  sugli  argomenti  e  le 
prove  in  forza  dei  quali  il  Castellane  è  giunto  alla 
conclusione,  di  dover  cioè  attribuire  ad  Aquila  il 
famoso  ducato,  ne  starò  a  ripetere  come  a  norma 
di  siffatta  attribuzione,  anche  i  ducati  d'oro  di  Al- 
fonso Il  e  Ferdinando  II  d'Aragona,  parimenti  con 
la  rosetta,  acquistino  una  nuova  conferma  per  essere 
restituiti  ad  Aquila,  come  già  lo  furono  dal  Fusco 
e  recentemente  dal  Sambon  te).  Egli  è  certo  che  fin 


(1)  Bragagnolo  G.  Carlo  Vili  e  l'Abruzzo  (in  Bollett.  d.  Soc.  d. 
Stor.  Patr.  Abruzz.,  1890,  Punt.  IV,  pag.  162). 

(2)  Cartier.  No  tic  e  sur  l'écu  d'or  de  Louis  Xll  avec  le  titre  de  roi  de 
Naples  (in  Revue  Numism.  frane.,  1842,  pag.  350). 

(3)  Fusco  G.  V.  Dichiaraz.  di  alcune  monete  battute  nel  reame  di 
Napoli  (in  Annali  di  Numism.  del  Fiorelli,  1,  177).  —  Sambon  A.  I  "  ca- 
valli „  cit. 

37 


204  GIOVANNI    PANSA 


dall'epoca  di  Ferdinando  I  d'Aragona  l'officina  mo- 
netaria di  Aquila  coniò  pezzi  in  oro;  e  se  fino  ad 
oggi  tali  pezzi  sono  stati  confusi  con  quelli  napole- 
tani, egli  è  perchè  poco  o  affatto  se  ne  discostavano 
dal  tipo,  a  tenore  di  quell'ordinanza  secondo  la  quale 
«  il  n'était  pas  permis  de  mettre  les  armes  de  la 
«  ville  sur  la  monnaie  d'or  »  (*).  La  rosetta  infatti 
(eh'  è  distintivo  della  zecca  e  non  semplice  orna- 
mento o  contrassegno  di  zecchiere)  è  la  caratteri- 
stica assoluta  che  distingue,  in  mancanza  d'altro,  le 
monete  d'oro  provenienti  dall'officina  di  Aquila. 

È  noto  come  venuto  il  regno  di  Napoli  in  po- 
tere di  Lodovico  XII,  Gian  Carlo  Tramontano,  che 
avea  la  direzione  della  zecca  di  Napoli  e  di  Aquila, 
perde  quest'ultima  che  fu  affidata,  come  si  è  visto, 
all'Acziopacia.  Cambiate  le  sorti  in  favore  dell'Ara- 
gonese, il  Tramontano  nel  1503  tornò  a  dirigere  la 
zecca  di  Napoli  e  nel  1504,  quella  di  Aquila  (2). 
Questo  ritorno  è  la  prova  evidente  che  Aquila,  dopo 
partiti  i  francesi,  non  intermise  la  zecca,  come  volle 
il  Lazari,  ma  la  continuò  ;  e  se  ne  ha  un'  ulteriore 
conferma  negli  stessi  capitoli  del  1507,  ne*  quali  pure 
della  zecca  si  fa  menzione  (3). 

Non  si  conoscono  tipi  di  monete  relativi  a  que- 
st'epoca ed  è  incerto  come  andassero  le  cose,  in 
ordine  all'officina  monetaria,  fino  al  1520.  Al  30 
aprile  di  quest'anno  Carlo  V,  in  nome  proprio  e 
della  madre  Giovanna,  concesse  agli  aquilani,  come 
da  principio  si  è  detto,  la  riapertura  della  zecca. 
Sortì  effetto  la  concessione?  Pare  di  no,  perchè  nei 
capitoli  di  grazie  rilasciati  alla  città  il  5  novem- 
bre  1523  da  Carlo  de  Lanoy,  a  nome  di  S.  M.  Ce- 


(1)  Sambon  A.  Monnaies  d'or  de  Charles  Vili  frappées   en  Italie   (in 
Annuaire  de  la  Soc.  franf.  de  Nutnism.,  1896,  pag.  49), 

(2)  Sambon  A.  Op.  e  loc.  cit. 

(3)  Ivi. 


SPIGOLATURE    NUMISMATICHE    ABRUZZESI  205 

sarea,  si  tornò  a  domandare  «  che  iuxta  seriem  pri- 
«  vilegiorum  suorum  epsa  Cita  possa  far  battere  mo- 
«  neta  et  tenere  sycla  in  ditta  Cita,  per  che  ultra 
«  la  commodita  che  epsa  cita  ne  perceperia,  coni- 
li pleria  questo  grandemente  alla  celere  et  expedita 
«  satisfatene  de  le  functionj  Regie  et  subventioni 
u  de  li  occurrenti  de  la  Regia  Corte  ».  E  il  viceré 
Lanoy  fece  rispondere  :  «  Sua  I  Dominatio  vult  primo 
«  attendere  ad  renovationem  monetarum  regni  et 
«  post  modum  prouidere  de  sicla  in  ditta  Ciuita  da- 
«  quile  »  (1).  Nel  1527  la  concessione  ancora  si  fa- 
ceva aspettare.  Un  rescritto  di  Carlo  V,  del  14  lu- 
glio di  quell'anno,  diretto  al  viceré  Lanoy,  così  dice: 
«  Hauendone  supplicato  la  Università  et  nomini  de 
«  quessa  Cita  de  laquila  che  volessemo  fareli  bac- 
«  tere  la  cecca  in  dieta  cita  et  fare  moneta  ;  perchè 
«  messer  Marcello  se  oppone,  volemo  essere  infor- 
«  mati  da  voi  corno  è  stato  solito  farese  quando  si 
«  è  bactuto  argento  in  decta  Cita  et  factone  mo- 
«  neta.  Per  tanto  incontinente  ne  manderite  dieta 
«  informatione,  acioche  possiamo  poi  oportunamente 
«  prouedere  ».  Appresso  alla  data  del  rescritto  si 
trova  la  seguente  annotazione  del  Lanoy  diretta  al 
Capitano  della  città  :  «  Ne  aduiseriti  si  in  quessa  Cita 
u  se  trouano  persune  sufficiente  et  fide  digne  per 
«  fare  lo  officio  de  mastro  de  proua  et  de  mastro 
«  de  cugnio  et  de  affilatura  rallargaturj  de  la  mo- 
«  neta,  et  spanditurj  del  argento,  et  si  teneno  in- 
«  structione  et  capituli  de  lordine  che  hanno  da  ob- 
«  seruare,  tanto  in  la  liga  et  tenuta,  come  in  tucto 
«  lo  altro  circa  lo  fare  de  dieta  moneta,  de  la  quale 
«  ne  manderitj  copia  ad  tale  che,  inteso  tucto,  si 
«  potrà  ben  prouedere  »  (2).  Forse  la  buona  volontà 


(1)  Archiv.  Comun.  di  Aquila,  Sez.  I,  scaff.  i°,  cass.  XXV,  fase.  52 
e  53,  n.  24. 

(2)  Ivi,  num.  68. 


20Ó  GIOVANNI   PANSA 


del  Sovrano  e  le  rispondenti  attitudini  da  parte  del- 
l' Università  non  sarebbero  mancate  per  attuare  il 
riaprimento  della  zecca,  se'  le  dolorose  vicende  del 
1528  non  fossero  venute  a  turbare  la  buona  armonia 
Ira  il  governo  spagnuolo  e  la  città  di  Aquila.  Nella 
spedizione  delle  armi  francesi  comandate  dal  Lau- 
trech  contro  Carlo  V,  Aquila  sopraffatta  dai  vecchi 
fautori  del  partito  francese,  tornò  a  sollevare  le  in- 
segne della  ribellione.  Ma  nel  1529,  dopo  la  cacciata 
dei  francesi,  Filiberto  d'Orange  venuto  di  persona  a 
nome  dell'  Imperatore  a  trarre  vendetta  dei  ribelli, 
saccheggiò  la  città,  la  privò  d'ogni  privilegio  e  le  im- 
pose un  taglione  di  centomila  scudi,  che  furono  pa- 
gati spogliando  le  case  e  le  chiese  di  quanto  avevano 
di  prezioso  in  oro  e  argento.  In  quella  circostanza 
Aquila  perdette  tutte  le  sue  antiche  franchigie,  i  pri- 
vilegi, le  prerogative  e  fu  trattata  alla  stregua  di 
città  di  conquista  (T>.  La  tirannide  spagnuola  d'allora 
in  poi  si  aggravò  terribilmente  sul  popolo  aquilano 
ed  altri  feroci  capitani,  dopo  la  partenza  dell'Orange, 
continuarono  a  tiranneggiarla  e  spogliarla  fino  al  1535. 
Nel  1537  non  solo  non  si  parlava  più  dell'uf- 
ficio della  zecca,  ma  le  condizioni  dell'erario  erano 
cadute  così  in  basso,  che  non  correvano  più  monete 
di  lega,  ma  «  quatrini  noui  et  de  mala  manera  che, 
«  ancho  che  seano  de  zecha,  non  sonno  de  bona 
«  lega  et  de  altra  sorte  che  appena  possono  viuere 
«  perche  fora  de  epsa  Cita  non  se  ne  trouano  ad 
«  spendere  ».  Laonde  i  cittadini  domandavano  a  Don 
Pietro  di  Toledo  che  venisse  autorizzato  il  corso  alle 
monete  vecchie,  ancorché  liscie  e  consumate;  ed  il 
viceré  li  faceva  contenti  (2).  Migliorate  le  proprie  sorti 


(1)  Cirillo  B.  Annali  dell'Aquila,  pag.  128  e  sgg. 

(2)  Archiv.  Comun.  di  Aquila.  Sez.  I,  scaff.  i°,    cass.   XXV  :    "  Ma- 
"  gràfico  Viro  Cap.°  Civitatis  Aquile  Regio  fideli  dilecto.  Carolus  quintus 


SPIGOLATURE    NUMISMATICHE   ABRUZZESI  207 

ed  i  rapporti  col  governo  spagnuolo,  mercè  le  lunghe 
pratiche  a  tutti  note  per  la  restaurazione  degli  an- 
tichi privilegi  e  diritti,  tornò  la  città  nel  1544  a^  in- 
sistere di  nuovo  per  la  riapertura  della  zecca.  Allora 
il  sindaco  Alessandro  Oliva  fu  chiamato  a  Napoli, 
al  Parlamento  Generale,  per  trattare  sui  provvedi- 
menti necessari  alla  difesa  del  regno  dalle  scorrerie 
dell'armata  ottomana  guidata  dal  Barbarossa.  Fu  con- 
fermato in  quella  circostanza  il  donativo  di  150,000 
ducati  domandato  dal  Governo  alle  Università  e  ne 
fu  aggiunto  altro  di  50,000  per  l'abbassamento  e  la 
mancanza  delle  monete  (x).  Non  tardò  in  effetto  a  ve- 


■  Romanorum  Imperator  semper  augustus  rex  Germanie,  Ioanna  mater 
"  et  Idem  Carolus  filius  reges  Castelle,  Aragonum  utriusque  Sicilie, 
"  hierusalem,  ungarie,  dalmatie  Croatieque.  Magni"  Vir  dilecte.  Ad  noi 
"  e  stato  presentato  memorial  del  tenor  seguente:  IU.mo  S.°«":  La  Uni- 
"  versita  et  homini  de  laquila  fanno  intendere  ad  V.a  Ex.a  corno  antiqua- 

■  mente  in  la  p.ta  cita  se  sonno  dispesi  quatrini  fiorentini  et  senesi  de 
"  zecha  et  de  bona  lega  et  per  ogni  carlino  de  Regno  diece  grane,  de 

■  modo  che  per  tutta  la  provincia  de  apruzo  se  dispendeno  et  dispen- 
"  deno  et  valeno.  Al  presente  nce  sonno  super  abundati  tanti  quatrini 
"  noui   et  de  mala  manera  che,  ancho  che  seano  de  zecha,  non  sonno 

■  de  bona  lega  et  de  altra  sorte   che   appéna   possono   viuere  perche 

■  fora  de  epsa  Cita  non  se  trouano  ad  spendere.  Per  tanto  supplicano  a 
"  V.  Ex.a  se  degne  prouidere  alla  loro  indempnita  con  mandare  ordine 
"  al  mag.co  cap.°  de  ditta  Cita  che  ditti  quatrini  non  vagliano  nullo 
"  modo,  ecepto  quelli  che  ualeuano  antiquamente  che  erano  boni  de 
"  lega  et  sonno  lissi  o,  saltem,  si  hanno  ad  valere,  che  ne  vadano  tanti 

■  più  ad  carlino  quanti  parerà  alla  Ex.a  vostra,  quantunche  che  alloro 
"  sia  gratia  singulare  che  non  valessero  nullo  modo,  azio  possano 
"  platticare  epsi  supplicanti  per  tucto  con  quelli  quatrini  che  per  tutto 
"  con  quelli  quatrini  (sic)  che  per  tutta  la  prouintia  se  spendono  et  an- 
"  tiquamente  sono  valuti  diece  grane  ad  Carlino  boni  de  zecca  et  de 
"  lega  et  se  receuera  da  Vostra  Excellentia   ad   merce   segnialata.  Ut 

■  deus,  etc.  Noi,  intesa  tal  exposicione,  Ve  dicemo  et  ordinamo  che  in 
"  nullo  modo  faziate  dispendere  li  quatrinj  nouj  et  de  mal  lega,  che 
"  questa  è  nostra  volunta,  non  fando  lo  contrario,  per  quanto  havite 
"  cara  la  gratia  de  Sua  M.ta  et  la  pena  de  ducatj  mille  desiderate  eui- 

■  tare.  La  presente  reste  al  presentante.  Datum  in  civitate  Puteolorum 
"  die  XXI  mensis  martij  1537  —  Don  Petro  de  Toledo  „. 

(1)  Antinori,    Annali   manoscritti   della    Bibliot.  Provine,  di  Aquila. 
Voi.  XIX,  pag.  217. 


2o8  GIOVANNI    PANSA 


nire  ordine  ad  Aquila  perchè  si  sbandissero  le  mo- 
nete di  rame  minute,  dette  quattrini,  sulle  quali,  come 
si  è  visto,  nel  1537  la  città  avea  domandato  espe- 
diente. Alla  riapertura  della  zecca,  domandata  pure 
con  altro  memoriale  dell'Oliva,  faceva  allora  ostacolo 
il  maestro  dell'officina  monetaria  di  Napoli,  insistendo 
presso  il  viceré  perchè  fosse  data  a  lui  facoltà  di 
mandare  all'Aquila  operai  adatti  al  lavoro.  Si  vede 
che  questi  facevano  difetto,  tanto  più  che  la  città  su 
tale  pretensione  fu  costretta  a  cedere  (T).  Ma  non  ci 
consta  da  verun  documento  come  allora  in  Aquila 
si  cominciasse  a  coniare.  Che  ciò,  tuttavia,  avvenisse 
subito  o  qualche  anno  dopo,  risulta  da  un  rescritto 
della  Camera  Esecutoriale  del  1552,  con  cui  si  con- 
cede a  Giovan  Battista  Ravaschiero  di  Napoli  l'uf- 
ficio di  mastro  della  zecca  di  quella  città  e  di  Aquila 
insieme,  il  quale  ufficio  era  stato  tolto  al  Conte  di 
S.  Agata  per  la  di  lui   pessima   amministrazione  (2). 

Da  quanto  si  è  visto,  l'ufficio  della  zecca  con- 
tinuò, dopo  la  partenza  dei  francesi  dal  regno  ;  e 
sospeso  in  seguito  per  un  lungo  periodo,  che  si  può 
fissare  fra  il  1523  e  il  1544,  tornò  verso  quest'epoca 
a  rifiorire. 

Ma  quale,  fra  i  tanti  tipi  di  monete  di  Carlo  V, 
si  può  assegnare  ad  Aquila?  «  Non  essendovene  al- 
cuno (dice  il  Sambon)  che  rechi  il  solito  contras- 
segno della  zecca  aquilana,  si  deve  supporre  che  il 
conio  servì  solo  per  maggiore  comodità  di  quella 
provincia  e  non  per  ostentare  particolare  predile- 
zione da  parte  del  Sovrano  »  e  che,  quindi,  dal  1504 
in  poi  non  si  mettesse  sulle  monete  aquilane  alcun 
simbolo  o  distintivo  di  zecca  (3\  L' ipotesi  è  ragio- 
nevole. Tuttavia  mette    conto   osservare    che   fra   le 


(1)  Ivi. 

(2)  Archiv.  di  Stato.  Reperì.,  fol.  290  —  Sambon.  /  "  cavalli  „  cit. 

(3)  /  "  cavalli  „  cit. 


SPIGOLATURE   NUMISMATICHE   ABRUZZESI  209 

numerose  varietà  di  monete  di  Carlo  V  attribuite  alla 
zecca  di  Napoli  ed  a  quella  di  Messina,  non  man- 
cano elementi  di  attribuzione  che  andrebbero  studiati. 
Se  la  figura  dell'aquila  monocipite,  ad  ali  spiegate, 
fu  sempre  il  contrassegno  della  zecca  di  Aquila, 
com'  è  anche  insegna  della  città,  perchè  si  deve  cre- 
dere che  tale  contrassegno  spetti  esclusivamente  alla 
zecca  di  Messina  che  pure  ebbe  per  insegna  l'aquila? 
E  se  le  due  zecche  si  fregiarono  della  rappresenta- 
zione di  quell'uccello,  quale  distintivo  separa  l'una 
dall'altra?  Non  le  sigle  degli  zecchieri,  perchè  sono 
varie  e  numerose,  sebbene  io  propenda  a  credere 
che  le  due  iniziali  che  si  trovano  costantemente  ora 
ai  fianchi  dell'aquila,  ora  sotto,  non  sieno  sempre 
note  di  zecchieri.  Il  tipo    seguente    da    quattro    tari 


reca  l'aquila  ad  ali  spiegate  e  le  sigle  I  ed  AM  o  MA. 
Sigle  consimili,  come  I  •  M,  offrono  molti  esemplari 
riportati  dall' Heiss  (J);  ma  occorre  tener  presenti  due 
circostanze: 

i.°  Che  lo  stemma  di  Aquila  è  appunto  l'aquila 
ad  ali  spiegate,  avente  ai  lati  le  due  sigle  I  •  M,  che 
spiegano  Immota  manet,  oppure  I  •  PHS  •  M,  con  l'ag- 
giunta del  PHS  di  dubbia  interpretazione  (2>.  La  spie- 
gazione del  primo  motto  è  tolta  da  Virgilio: 

....  non  hiemes  illam,  non  flabra,  neque  imbres 
Convellunt:  immota  manet  (3). 


(1)  Monedas  hisp.  crisi.  Madrid,  1865,  Tav.  122,  n.  io,  ecc. 

(2)  Leosini  A.  L'arma  dell'Aquila.  Ivi,  Vecchioni,  1876. 

(3)  Virg.,  Georg.,  II,  293. 


2IO  GIOVANNI   PANSA 


2.0  Che  del  tipo  sopra  riprodotto,  ma  con 
le  iniziali  I  •  M,  senza  nesso  alla  seconda  lettera,  ho 
trovato  gran  copia  d'esemplari  in  Aquila,  presso 
persone  che  mi  assicurano  essere  di  provenienza 
locale. 

Comunque  sia,  io  non  voglio  insistere  sul  dubbio 
senso  delle  sigle  surriferite,  che  altri  potrà  continuare 
benissimo  ad  attribuire  allo  zecchiere.  Su  quale  altro 
segnale  caratteristico  potrebbe  basarsi  il  riconosci- 
mento degli  esemplari  aquilani? 

Si  è  veduto  più  sopra  come  l' indice  manifesto, 
che  contrassegnò  le  monete  di  Aquila,  anche  senza 
l' insegna  della  città,  fu  quello  della  rosetta.  Si  os- 
servi ora,  in  mezzo  alle  congerie  numerose  delle  mo- 
nete di  Carlo  V,  tanto  d'argento  che  d'oro,  come  ta- 
lune portano  la  detta  rosetta  ed  altre  no  (r).  Può  af- 
fermarsi che  ciò  dipende  dal  caso,  ovvero  è  appli- 
cabile anche  qui  il  criterio  adottato  per  le  mo- 
nete in  oro,  di  cui  sopra  si  è  parlato?  Non  voglio 
erigermi  a  giudice,  ne  farmi  arbitro  di  rivendica- 
zioni tra  Aquila  e  Messina.  Se  queste  due  città  eb- 
bero da  Federico  II  il  privilegio  dell'  insegna  im- 
periale nell'arma  cittadina,  consistente  appunto  nel- 
l'aquila, ebbero  anche  quello  di  fregiarsene  nella 
zecca.  Ad  altri  ora,  più  che  a  me,  spetta  di  stabilire 
in  quale  misura  se  ne  valsero  entrambe  e  quali  sono 
i  caratteri  differenziali  delle  monete  coniate  al  nome 
delle  due  illustri  città  consorelle. 


(i)  Heiss.  Op.  cit.  Tav.  125,  io;  122,  io;  128,  41,  ecc. 


SPIGOLATURE    NUMISMATICHE    ABRUZZESI  211 

II. 

Mezzo  bolognino  autonomo  di  Atri  finora  inedito. 


•   • 


i&  —  s.  NICOLAVS.  Busto  mitrato  del  Santo  entro  circolo. 
9?    —  *   ADRIANA  VRBI.    La    seconda    parola  disposta  in 
croce  nel  mezzo. 

Argento. 

Di  singolare  importanza  per  la  storia  di  Atri 
è  questo  mezzo  bolognino  sin  qui  inedito,  che  con- 
servasi nella  mia  collezione.  Finora  non  si  conosceva 
di  Atri  che  la  zecca  feudale-dinastica,  rappresentata 
dalle  monete  di  Giosia  Acquaviva  e  di  Matteo  di 
Capua  (J),  coniate  le  prime  tra  il  1459  e  62  e  le  altre, 
dal  1462  al  64,  secondo  il  Lazari.  A  queste  due 
monete  che  ebbero  corso  nell'epoca  della  prima  con- 
giura dei  baroni  contro  Ferdinando  I,  per  opera  di 
feudatarii  ribelli  e  non  per  concessione  di  principe 
o  di  pontefice,  fa  singolare  contrasto  il  mezzo  bolo- 
gnino autonomo  di  cui  si  dà  notizia. 

Precedette  esso  o  susseguì  al  periodo  della  zecca 
dinastica  ?  È  diffìcile  il  precisarlo.  Si  può  solo  os- 
servare come  esso  rechi  scolpito  il  busto  e  non  la 
mezza  figura  del  Santo  ;  il  che  lo  farebbe  ritenere 
del  tipo  imitante  i  bolognini  pontificii,  come  quello 
Guardiagrele  coniato  da  Napoleone  Orsini  ;  e  ciò 
anche  per  lo  stile  e  la  disposizione  delle  lettere  se- 


(1)  Lazari.   Zecche   e   monete   degli   Abruzzi,    pag.  59-64  e   tav.  Ili, 
n.  28  e  29. 

a8 


212  GIOVANNI    PANSA 


gnate  in  croce.  Il  non  discostarsi  dal  tipo  solito  dei 
bolognini  pontificii  smesso  più  tardi,  secondo  lo  stesso 
criterio  adottato  dal  Lazari  per  quelli  aquilani  di 
Giovanna  II  (l),  farebbe  risalire  la  nostra  moneta  alla 
fine  del  sec.  XIV  o  primi  anni  del  XV.  Una  con- 
ferma di  ciò  si  ha  anche  nella  costituzione  pontificia 
di  Pio  II  del  1463,  concernente  V  illegale  esercizio 
della  zecca  nelle  terre  contigue  agli  Abruzzi,  sui 
quali  pure,  come  su  provincie  di  regno  vassallo  alla 
Chiesa,  il  Papa  vantava  l'alto  dominio  (2).  Devesi, 
dunque,  con  molta  probabilità  attribuire  la  nostra 
monetina  ad  un  periodo  anteriore  all'anno  1393,  ossia 
all'epoca  in  cui  la  città  di  Atri  perdendo  il  titolo  di 
città  demaniale,  fu  venduta  ad  Antonio  Acquaviva, 
Conte  di  Giulianova. 

Come  nel  doppio  bolognino  di  Matteo  di  Capua, 
così  in  questo  mezzo  autonomo  è  effigiata  l' imma- 
gine di  S.  Nicola.  Se  ciò  non  deve  far  meraviglia 
pel  primo,  potendosi  addurre  una  particolare  devo- 
zione di  quel  feudatario  pel  Santo  di  Bari,  molto 
meno  deve  farlo  pel  secondo  ;  poiché  S.  Nicola  di 
Bari  ebbe  in  Atri  un  culto  antichissimo  e  una  chiesa 
anteriore  alla  stessa  cattedrale  che  risale  al  1285  ®« 
Vero  è  che  nel  1320  fu  scelta  a  principale  protet- 
trice della  città  S.  Reparata,  martire  di  Cesarea  ; 
ma  si  può  credere  che  la  particolare  devozione  per 
S.  Nicola,  nell'epoca  in  cui  fu  coniato  il  mezzo  bo- 
lognino, continuasse  ancora,  come  continuò  in  seguito 
fino  ai  tempi  dell' Acquaviva. 


(1)  Ivi,  pag.  29  e  80. 

(2)  Ivi,  pag.  63  e  seg. 

(3)  Cherubini  G.  Monografia  di  Atri  (in  Regno  delle  due  Sic.  descr. 
ed  ìllustr.  Napoli,  1853,  pag.  15).  —  Storace  B.  Istoria  della  fam.  Acqua- 
viva,  ecc.  Roma,  1738,  pag.  34. 


SPIGOLATURE    NUMISMATICHE   ABRUZZESI  21 3 

III. 

Tornese  di  Carlo  III  di  Durazzo  per  Sulmona. 

<B*  —  *  R  •  KROLVS  •  T  •  Croce  dentro  circolo. 

R)   —  DE  •  SVLMONÀ.  Pianta  del  castello,  sopra  cui  un  giglio. 

Mistura. 

i&  —  *  R  •  KROLVS  .  T  .  Croce  dentro  circolo. 
9    ~  DE  SERMONA.  Pianta  del  castello,  sopra  cui  un  giglio. 

Rame. 

I  due  tornesi  descritti,  di  cui  si  omette  il  disegno, 
trattandosi  di  tipo  già  noto,  furono  coniati  sotto 
Carlo  III  di  Durazzo  che  primo  concesse  alla  città  di 
Sulmona  il  privilegio  della  zecca.  Essi  furono  pubbli- 
cati per  la  prima  volta  dal  De  Petra  (*);  però  i  due 
esemplari  di  cui  ci  occupiamo  hanno  notevoli  varianti. 

II  primo  nel  rovescio  reca  SVLMONA  per  SVLMONE, 
come  nell'esemplare  del  tesoretto  napoletano.  L'altro 
riproduce  nel  suo  genuino  dialetto  l'appellativo  di 
quella  città,  che  nel  Medioevo  chiamossi  variamente 
Sulmona,  Sulmone,  Selmona,  Sermona,  Salemona  e 
Salmona  (2).  Nel  Cluverio  (3)  si  legge:  «  ...  ubi  etiam 
Sulmo,  nunc  Sulmona  et  Surmona,  sive  Sermona  ». 
Un  «  Messer  Paulo  Thesauriere  da  Sermona  » ,  ossia 
Paolo  Capograssi,  tesoriere  di  Papa  Martino  V  nel 
1425,  è  menzionato  in  alcuni  registri  della  tesoreria 
apostolica  di  Perugia  (4).  Siffatti  dialettismi  non  re- 
cano meraviglia,  dappoiché  la  zecca,  come  tutti  gli 
altri  cespiti  d'entrata  delle  Università,  veniva  affittata 
spesso  a  persone  ignoranti  ed  inesperte  del  corretto 
linguaggio. 


(1)  Catal.  de  tesoretto  dei  tornesi  trovati  a  Napoli   (In    Archiv.   Stor. 
per  le  Prov.  Napolet.  An.  XI,  1886,  fase.  Ili,  p.  501). 

(2)  Di  Pietro  I.  Mem.  Stor.  di  Sulmona,  pag.  62. 

(3)  Introduci.  Geograph.,  lib.  Ili,  cap.  28. 

(4)  Fumi  L.    Inventario    e    spoglio   dei  reg.  della   Tesoreria  Apost.  di 
Perugia  e  Umbria.  Perugia,  Un.  Tip.  Coop.,  1901,  pag.  14. 


214  GIOVANNI    PANSA 


IV. 
Intorno  alla  zecca  di  Lanciano. 

Il  15  ottobre  1444  Alfonso  I  d'Aragona  tornò  a 
fare  concessione  della  zecca  alla  città  di  Lanciano, 
come  risulta  da  un  privilegio  di  quel  principe,  pub- 
blicato dal  Sambon  (0.  11  diritto  di  battere  moneta,  a 
termini  del  privilegio,  esisteva  precedentemente  e 
l'officina  monetaria  lancianese,  stando  al  tenore  di 
esso,  era  assai  importante  e  «  non  molto  da  meno 
di  quella  di  Napoli  ».  Il  reale  d'Alfonso  del  Museo 
Nazionale  di  Napoli,  che  si  potrebbe  attribuire  a 
Lanciano,  reca  nel  mezzo  dell'epigrafe  una  lancia 
fra  due  stelle;  ma  l'esemplare  è  troppo  logoro,  dice  il 
Sambon,  perchè  se  ne  possa  con  certezza  tener  conto. 

Passandomi  sopra  l'esistenza  della  moneta,  che 
in  un  periodo  più  o  meno  lontano  potrà  venir  fuori, 
osservo  come  la  zecca  lancianese  continuò  a  funzio- 
nare anche  dopo  Alfonso,  producendo  esemplari  in 
oro,  argento  e  rame.  Nei  capitoli  di  grazie  concessi 
da  Ferdinando  II  alla  città  il  28  ottobre  1495,  è  detto: 
«  Item  piaccia  alla  Maestà  predicta  concedere  ad 
«  essa  Università  gratia  per  comodità  del  popolo 
«  d'essa  se  possa  battere  in  Lanciano  sempre  la 
«  zecca,  perchè  provvederà  far  battere  moneta  de 
«  bona  qualità  de  oro,  et  de  argento,  et  de  rame 
«  con  servitio  de  Sua  Maestà  ».  Il  re  accordava  il 
privilegio  invocato  (2). 

Giovanni  Pansa. 


(1)  Di  alcune  monete  inedite  di  Alfonso  I  d' Aragona  e  Ferdinando  1 
e  di  due  officine  monetarie  del  Napoletano  sinora  sconosciute  (In  Rw. 
Hai.  di  Numism.,  an.  V,  1892,  fase.  III). 

(2)  Fella  J.  Chronologia  Urbis  Lanciani.  Ms.  presso  di  me. 


LE    MONETE 


DELLA 


REPUBBLICA    DI   RAGUSA 


Generalmente  la  zecca  di  questo  piccolo,  ma 
una  volta  fiorente  comune  della  Dalmazia  viene  an- 
noverata fra  quelle  d' Italia,  ciò  che,  secondo  me, 
non  è  giusto,  perchè  Ragusa  fu,  è  vero,  dall'anno 
1205  alla  metà  del  secolo  XIV  sotto  il  dominio  ve- 
neto, ma  precisamente  durante  il  tempo,  in  cui  cade 
la  più  forte  operosità  di  questa  zecca,  cioè  dalla  se- 
conda metà  del  secolo  XIV  fino  al  principio  del  XIX, 
Ragusa  fu  (dall'anno  1358)  sotto  il  protettorato  del- 
l'Ungheria e  poi  (dall'anno  1526)  sotto  quello  della 
Turchia  ;  né  si  possono  far  valere  ragioni  etnogra- 
fiche, giacche  la  popolazione  della  città,  una  volta 
latina,  si  era  ben  prima  della  fine  del  secolo  XV 
slavizzata  completamente.  Nulladimeno  è  ben  giusti- 
ficato l'interesse  che  gli  Italiani  hanno  per  Ragusa, 
che  fu  sempre  sul  campo  della  coltura  in  generale, 
e  in  particolare  poi  su  quello  della  letteratura  e  delle 
scienze,  strettamente  unita  all'  Italia,  da  cui  riceveva 
continuamente  nuovi  impulsi  e  nuovo  alimento  in 
tutte  le  emanazioni  di  una  vita  più  fine.  Ma  all'in- 
teresse che  si  ha  in  Italia  per  Ragusa  non  va  di 
pari  passo  la  cognizione  della  monetazione  di  que- 
sta repubblica  :  me  ne  sono  convinto  ultimamente, 
dacché ,    volendo    completare    le    notizie    che    rac- 


2l6  DOTT.    MILAN   RESETAR 


colgo  sulle  monete  di  Ragusa,  che  si  conservano 
nelle  collezioni  pubbliche  e  private  d'Italia,  trovo 
nella  maggior  parte  delle  informazioni ,  che  con 
somma  gentilezza  mi  si  danno,  poca  o  nessuna  pre- 
cisione nella  determinazione  delle  varie  monete  ra- 
gusee  (*).  Deduco  da  ciò  che  in  Italia  sono  poco  co- 
nosciuti i  lavori  che  furono  finora  editi  sulla  zecca 
di  Ragusa,  e  ciò  non  soltanto  quello  in  lingua  tede- 
sca di  N.  Dechant  (nel  II  volume  della  Numisma- 
tische  Zeitschrift  di  Vienna  dell'anno  1870),  ma  anche 
quelli  in  italiano  di  V.  Adamovic  (Della  monetazione 
ragusea.  Ragusa  1874)  e  di  mio  padre,  Paolo  cav.  de 
Resetar  (La  zecca  della  repubblica  di  Ragusa.  Spa- 
lato, 1891-92).  Questi  due  ultimi,  essendo  stati  pub- 
blicati in  piccolo  numero  di  esemplari  fuori  com- 
mercio ,  pervennero  senza  dubbio  nelle  mani  di 
pochi  studiosi  italiani.  Credo  perciò  fare  cosa  utile 
e  gradita  ai  colleghi  d'Italia,  dando  con  questo  ar- 
ticolo una  breve  descrizione  delle  varie  specie  di  mo- 
nete ragusee,  indicando,  oltre  al  loro  nome  e  valore 
ufficiale,  tutto  ciò  che  potebbe  interessare  chi,  posse- 
dendo monete  di  questo  genere,  vorrebbe  sapere  che 
cosa  abbia  e  che  cosa  gli  manchi.  Da  questo  lato 
credo  di  poter  porgere  un  elenco  completo  dei  vari 
tipi  ed  anni,  perchè  il  Dechant  si  limita  ad  illustrare, 
con  poche  eccezioni,  le  monete  di  Ragusa  esistenti 
a  Vienna,  l'Adamovic  poi  e  mio  padre  soltanto  quelle 
che  si  trovavano  a  Ragusa  stessa,  mentre  io  mi  sono 
dato  la  cura  di  sapere,  quali  monete  di  Ragusa  si 
trovino  anche  nelle  principali  collezioni  pubbliche  e 
private  d' Europa,  sicché  credo  di  poter  asserire  che 
sarà  ben  difficile  che,  sia  in  qualche  ripostiglio,  che 


(1)  Avverto  che  noi  di  Ragusa  in  Dalmazia  ci  chiamiamo  Ragusei, 
mentre  Ragusani  sono  gli  abitanti  di  Ragusa  in  Sicilia  ;  la  forma  poi 
Ragusinus  o  Rhacusinus,  che  corrisponde  alla  forma  latina  Ragusium 
o  Rhacusa,  si  adopera  esclusivamente  nei  documenti  latini. 


LE  MONETE    DELLA    REPUBBLICA    DI    RAGUSA  21 7 

venga  tratto  alla  luce,  sia  in  qualche  collezione  di 
minor  importanza,  si  trovi  qualche  tipo  o  anno  da 
me  non  conosciuto.  La  descrizione  però,  che  io 
qui  do,  è  del  tutto  sommaria,  riservandomi  di  dare 
una  dettagliata  illustrazione  della  collezione  iniziata 
da  mio  padre  e  da  me  continuata  (0  (insieme  ai  tipi 
e  alle  varietà  mancanti  alla  nostra  e  esistenti  in  altre 
collezioni)  in  uno  studio  sulla  zecca  di  Ragusa  a  cui 
sto  accudendo.  Descrivendo  poi  i  singoli  tipi,  non 
terrò  conto  delle  piccole  varianti  nella  leggenda,  ne 
poi  tratterò  delle  medaglie  ne  dei  pezzi  coniati  cogli 
stessi  o  con  simili  coni  come  le  monete,  ma  che, 
sia  per  il  metallo  sia  per  il  peso,  evidentemente  non 
erano  monete,  riservandomi  di  fare  ciò  nel  lavoro 
principale.  Per  questa  ragione  non  addurrò  nemmeno 
le  ragioni,  per  cui,  nella  determinazione  della  serie 
cronologica  delle  piccole  monete  senza  data,  mi  sono 
in  parte  allontanato  da  quanto  hanno  detto  in  propo- 
sito quelli  che  trattarono  finora  di  questo  argomento. 
Attenendomi  dunque  al  compito  di  dare  una  suc- 
cinta descrizione  delle  varie  monete  di  Ragusa,  non 
parlerò  nemmeno  dell'  istituzione  e  dello  sviluppo 
di  questa  zecca  ;  avviserò  soltanto  che  la  sua  esi- 
stenza è  comprovata  con  tutta  sicurezza  appena  per 
l'anno  1327,  e  probabilmente  non  va  oltre  al  prin- 
cipio di  questo  secolo  ;  tutt'  al  più  arriva  alla  fine 
del  duecento.  Invece  gioverà  avvertire  che  il  sistema 
monetario  di  Ragusa  si  basa  sulle  due  più  antiche 
monete  che  si  coniavano  ancora  sotto  il  dominio 
veneto,  cioè  sul  follavo  di  rame  e  sul  grosso  d'argento, 
formando  dai  tempi  più  antichi  fino  alla  caduta  della 
repubblica  (nel  1808)  trenta  follavi  un  grosso. 


(1)  La  raccolta  conta  ora  tra  monete  e  medaglie  circa  1500  pezzi, 
di  cui  2  in  oro,  circa  550  in  rame  e  bronzo,  il  resto  in  argento,  ed  è 
senza  confronto  la  più  completa  e  più  bella  collezione  di  questo  genere. 


2l8  DOTT.  MILAN  RESETAR 


A.  —  Monete  di  rame. 

I.  Follaro,  dalla  metà  del  secolo  XVII  in  poi  detto  co- 
munemente picciolo  (in  latino  parvulus)  oppure  bagattmo,  più 
raramente  obolo;  si  coniarono  fino  alla  prima  metà  del  se- 
colo XVII,  venendo  nella  seconda  metà  di  questo  secolo 
sostituiti  dai  soldi;  però  fino  alla  fine  della  repubblica  rima- 
sero come  monete  di  computo  nella  relazione  di  30  follari 
(bagattini)  =  1  grossetto. 

1.  tipo. 

j¥  —  Busto  a  destra  (J)  di  figura  togata,  senza  leggenda. 
P    —  Lettera  gotica  R  fra  quattro  stelle. 
Diametro,  14-16  mm.,  peso  0,36-1,84  gr.;  secolo  XIV. 

2.  UpO. 

fi?  —  Busto  di  guerriero  antico  a  sinistra,  senza  leggenda. 
1$    —  Lettera  gotica  R  fra  quattro  stelle  e  quattro  gruppi 

di  tre  punti  disposti  in  forma  triangolare,  che  alternano 

colle  stelle. 
Diam.  circa  16  mm.,  peso  0,77-1,475  gr.;  prima  metà  del  secolo  XV. 

J.  tipo. 

&  —  Busto  di  guerriero  antico  a  sinistra  con  scettro,  che 
finisce  in  un  giglio,  appoggiato  sulla  spalla  sinistra  ;  a 
sinistra  in  caratteri  gotici  RAG-VSA  (oppure  RAGVSII, 
RAGVSI). 
T$  —  Porta  di  città  con  due  torri  ai  fianchi  e  una  di 
mezzo,  sopra  le  due  torri  ai  fianchi  le  lettere  R-A. 
Diam.  14-15  mm.,  peso  0,615-1,26  gr.;  prima  metà  del  secolo  XV. 

4.  tipo. 

fi?  —  Come  nel  3  tipo,  però  colla  leggenda  DOMINAOIO, 
l'ultima  lettera  della  quale  può  trovarsi  a  destra  fra   la 
testa  e  lo  scettro  o  fra  questo  e  la  spalla. 
I$f    —  Come  nel  3  tipo. 

Diam.  14-15  mm.,  peso  0,485-1,50  gr.;  prima  metà  del  secolo  XV. 


(1)  Le  indicazioni  "  a  destra  „  e  "  a  sinistra  „  devono  sempre  pren- 
dersi dal  punto  di  vista  dello  spettatore. 


LE   MONETE   DELLA    REPUBBLICA    DI    RAGUSA  219 

j.  tipo. 

f¥  —  Come  nel  3  tipo,  però  colla   leggenda   Ll[BER]TÀS. 
T$l    —  Nel  mezzo  $$,  cioè  una  lettera  minuscola    r   in  ca- 
rattere gotico,  sormontata  da  una  corona  e  fiancheggiata, 
da  ogni  lato,  da  una  rosa  fra  due  foglie. 
Diam.  15  mm.,  peso  0,88  gr.;  prima  metà  del  secolo  XV. 

6.  tipo. 

Comprendo  sotto  questo  tipo  la  massa  dei  follari  di  Ra- 
gusa, coniati  dalla  metà  del  secolo  XV  alla  metà  del  XVII, 
che  variano  per  diametro  e  peso,  disegno  e  caratteri,  nonché 
per  profondità  dell'  impronta,  ma  che  tutti  concordano  nella 
figura  principale  e  nella  leggenda,  cioè  : 

]&  —  Testa  imberbe  a  sinistra  colla  leggenda  intorno, 
raramente  da  sinistra  to,  MONETA-RAGVSII. 

IJl  —  Porta  di  città  con  tre  torri  colla  leggenda  intorno 
CIVITAS-RAGVSII. 

Attenendomi  ai  limiti  di  questo  articolo,  descriverò  i 
cinque  gruppi  principali  delle  varianti  di  questo  tipo  : 

a)  Impronta  alta,  caratteri  che  dal  gotico  passano 
al  latino,  conservando  però  almeno  in  singole  lettere,  specie 
nella  G-,  il  carattere  gotico;  sul  p  la  porta  di  città  (fra  due 
finestre)  ha  per  base  una  fossa  in  forma  triangolare. 

Diam.  16-20  mm.,  peso  0,565-3,35  gr.;  seconda  metà  del  secolo  XV 
e  prima  del  XVI. 

b)  Impronta  bassa,  caratteri  pretti  latini  ;  sul  I#  muro 
di  città  con  tre  porte  che  hanno  per  base  questa  linea:  •— -~. 

Diam.  17-19  mm.,  peso  0,635-2,235  gr.;  seconda  metà  del  secolo  XVI. 

c)  Impronta  bassa,  caratteri  pretti  latini;  sul  I#  una 
sola  porta  senza  finestre  che  ha  per  base  un  arco  di  cerchio. 

Diam.  16-18  mm.,  peso  0,53-2,53  gr.  ;  seconda  metà  del  secolo  XVI. 

d)  Impronta  del  tutto  bassa,  caratteri  pretti  latini  ; 
sul  IJl  sotto  la  porta,  fiancheggiata  da  due  torri  senza  base 
comune,  un  triangolo. 

Diam.  15-18  mm.,  peso  0,35-1,825  gr.  ;  prima  metà  del  secolo  XVII. 


(1)  Meno  rare  eccezioni,  le  leggende  su  tutte  le  monete  di  Ragusa 
incominciano  da  destra  (dello  spettatore). 

29 


220  DOTT.  MILAN  RESETAR 


e)  Impronta  del  tutto  bassa,  caratteri  pretti  latini  ; 
sul  1J/  la  torre  di  mezzo  è  un  campanile  sormontato  da 
una  croce  e  la  base  è  di  nuovo  formata  da  una  fossa  in 
forma  triangolare. 

Diam.  16-17  mm.,  peso  0,39-0,685  gr.;  prima  metà  del  secolo  XVII. 

7.  tipo. 
£?  e  Tp  come  nel  tipo  6,  dj,  ma  d'ambe   le   parti    l'iscri- 
zione è  divisa  dalla  figura  mediante  un  circolo,  ciò  che 
non  è  il  caso  in  nessuno   dei  follari  antecedenti.   Diffe- 
risce poi  da  tutti  gli  altri  follari  anche  per  il  formato. 

Diam.  23,5  mm.,  peso  2,55  gr.  Esemplare   unico,   forse   una   prova 
della  moneta  da  dieci  piccioli,  decretata  nel  1675. 

IL  Soldo.  In  seguito  al  deprezzamento  della  moneta 
d'argento  la  zecca  di  Ragusa  non  poteva  più  coniare,  con 
profitto,  follari,  dei  quali  appena  trenta  pezzi  eguagliavano 
un  grosso  (grossetto)  d'argento;  perciò  verso  la  metà  del 
secolo  XVII  fu  abbandonata  la  coniazione  dei  follari  e  circa 
nel  1678  s'incominciarono  a  coniare  soldi  di  rame,  dei  quali 
sei  dovevano  formare  un  grossetto,  quindi  uno  essere  uguale 
a  cinque  bagattini  (follari).  I  più  vecchi  non  portano  data, 
mentre  gli  altri  appartengono  agli  anni  1682,  1689,  1706, 
1707,  1710(7),  1712,  1720,  1723,  1727  (?),  1729,  1731,  1750, 
1752,  1762,  1763,  1770,  1771,  1780,  1781,  1791,  1793,  1795  e 
1797.  Osservo  che  i  soldi  di  Ragusa  sono  generalmente 
male  conservati,  sicché  spesso  non  è  facile  leggere  l'anno, 
per  la  qual  causa  sarà  bene  di  essere  prudenti  qualora  si 
creda  di  aver  da  fare  con  soldi  di  qualche  altro  anno. 

Il  diametro  dei  soldi  è  di  20-23  mm.,    e   il   peso   varia   da   0,845  a 
3»i7  gr- 

1.  tipo. 

<&  —  Busto  di  Santo,  in  abito  pontificale  colla  destra  sol- 
levata in  atto  di  benedire  e  con  pastorale  nella  sinistra, 
ergendosi  sopra  un  muro  di  città  con  torri  ;  leggenda 
per  regola  da  destra  e  raramente  da  sinistra:  MONETA- 
CIVITA  RAGVSI. 

I#  —  Il  Redentore  in  piedi  colla  destra  sollevata  in  atto 
di  benedire  fra  due  stemmi  e  un'elisse    di   stelle,  senza 


LE  MONETE   DELLA   REPUBBLICA    DI    RAGUSA  221 

leggenda.  Di  questo  tipo  sono  i  soldi  senza  anno  e 
quelli  dell'anno  1682;  questi  ultimi  hanno,  come  tutti 
quelli  con  data,  l'anno  sul  &  sotto  il  muro,  mentre  quelli 
senza  anno  differiscono  da  tutti  gli  altri  in  ciò,  che  sul  2? 
si  vedono  a  destra  davanti  il  busto  del  Santo  soltanto 
alcune  torri  senza  muro  di  città. 

2.  tipo. 

i&  —  Come  nel  1  tipo,  ma  colla  leggenda  (raramente  da 
sinistra)  CIVITAS  (o  CIVITA)-RA(xVSII  (o  RAGVS  •). 

I#  —  Come  nel  1  tipo.  Di  questo  tipo  sono  tutti  gli  altri 
soldi  ;  quelli  del  1780  possono  avere  sul  1$  all'esergo  la 
sigla  M,  come  di  regola  l'hanno  quelli  del  1781,  mentre 
i  soldi  del  1791  in  poi  possono  allo  stesso  luogo  avere 
la  sigla  G-. 

III.  Mezzanino  (di  rame),  cioè  mezzo  grossetto  ossia  tre 
soldi;  si  coniò  soltanto  nel  1795  e  1796  (anche  qui  in  se- 
guito a  cattiva  coniazione  e  conservazione  si  vogliono  leg- 
gere non  di  rado  altre  date). 

Diam.  24-25  mm.,  peso  2,41-6,75  gr.  ! 

<£¥  —  Figura  di  Santo  in  piedi  in  abito  pontificale  colla 
destra  sollevata  in  atto  di  benedire,  tenendo  nella  sini- 
stra il  pastorale  e  una  città,  leggenda  PROT  •  REIP  •  — 
RHACVSIN  (o  RHÀCVSINE),  nel  campo  ai  due  lati  del 
Santo  l'anno  diviso. 

P  —  Il  Redentore  in  piedi,  leggenda  DEVS  •  REFVG-  • 
(o  REFVGI)  -  ET  •  VIRTVS,  all'esergo  la  sigla  G  o  G  •  A. 


B.  —  Monete  d'argento. 

I.  Grosso,  dal  principio  del  secolo  XVII  comunemente 
detto,  a  causa  del  peso  ridotto,  grossetto;  siccome  poi  i 
grossi  fino  alla  fine  del  secolo  XVI  non  portano  mai  data, 
mentre  l' hanno  sempre  i  grossetti  del  1626  in  poi,  così  credo 
che  oggigiorno  si  possano  senz'altro  denominare  "  grossi  „ 
tutte  le  monete  di  questo  genere  senza  data  per  distinguerle 


222  DOTT.    MFLA.N    RESETAR 


dai  *  grossetti  „  portanti  l'anno,  e  ciò  tanto  più,  inquantocchè 
fra  le  due  categorie  vi  è  una  differenza  essenziale  di  tipo. 
I  •  grossi  „  cioè  hanno  tutti  sul  $  il  Redentore  in  un'aureola 
elittica  col  monogramma  IC— XC  ai  due  lati  e  senz'altra  leg- 
genda, mentre  i  *  grossetti  „  da  questo  lato  presentano 
il  Redentore  in  un'elisse  formata  da  stelle  colla  leggenda 
TVTÀ-SALVS.  Il  grosso  o  grossetto  di  Ragusa  divide  le  vi- 
cende di  tutte  le  monete  d'argento  ;  nel  corso  di  cinque  se- 
coli, in  cui  fu  battuto,  cioè  dal  principio  del  secolo  XIV  al- 
l'anno 1761,  perde  continuamente  di  peso  e  peggiora  nella 
lega,  di  modo  che  da  1,90  grammi  circa,  che  hanno  i  più 
vecchi  grossi,  il  peso  scende  fino  a  poco  più  di  l/t  di  grammo, 
che  hanno  i  grossetti  degli  ultimi  anni,  quindi  a  circa  Ve  del 
peso  originario  !  Di  pari  passo  andò  il  peggioramento  della 
lega,  diminuendo  sempre  più  la  quantità  dell'argento  puro  e 
aumentando  in  proporzione  quella  del  rame  :  così  nel  1337 
fu  stabilito  che  l'argento  dovesse  formare  11  dodicesimi  della 
massa,  quindi  916,3  millesimi,  mentre  nel  1698  la  parte  del- 
l'argento puro  fu  ridotto  a  600  millesimi.  In  proporzione  fu 
diminuito  anche  il  diametro  che  da  19-22  mm.  per  i  grossi 
più  antichi  scese  a  16  mm.  per  i  grossetti  del  1754-1761.  I 
grossi  e  grossetti  di  Ragusa  presentano  queste  principali 
varietà  di  tipo  : 

/.  tipo. 

£?  —  Figura  di  Santo  in  piedi  in  abito  pontificale  di  foggia 
greca,  colla  destra  innalzata  in  atto  di  benedire  e  te- 
nendo nella  sinistra  il  pastorale;  leggenda  in  caratteri 
semi-gotici  S  •  BLASIV-S  •  RAGVSIL 
P  —  Il  Redentore  in  piedi  in  un'aureola  elittica,  ai  lati 
IO— Xa.  Dal  principio  del  secolo  XIV  fino  circa  al- 
l'anno 1375. 

2.  tipo. 

/F  e  9  come  nel  1  tipo,  ma  sul  Ì&  sotto  il  braccio  destro 
del  Santo  varie  sigle,  le  quali,  ricorrendo  abbastanza 
di  rado,  forse  non  indicano  lo  zecchiere  responsabile 
per  la  buona  qualità  della  moneta,  né  il  fabbricatore  del 
conio,  bensì  la  persona,  per  conto    della    quale   fu    bat- 


LE  MONETE   DELLA    REPUBBLICA    DI    RAGUSA  223 

tuta  una  data  partita  di  grossi.  Sigle  a  me  note:  punto  (?), 
croce,  stella,  rosa  formata  da  7  punti,  lettera  3  (cioè  S 
all'  inverso).  Della  stessa  epoca  come  il  1  tipo. 

3.  tipo. 

£¥  e  ^i  come  nel  1  tipo,  ma  leggenda  in  caratteri  gotici, 
sul  IJf  Iff— Xff.  Da  circa  l'anno  1375  all'anno  1438. 

4.  tipo. 

F  e^  come  nel  terzo  tipo,  ma  sul  i&  sotto  il  braccio 
destro  del  Santo  varie  sigle  ;  sigle  a  me  note  :  <,  stella, 
rosa  di  7  punti,  rosa  di  5  punti  (?),  3  e  S,  mezzaluna, 
giglio,  A3,  «>v,  •'• — .'.,  •— •  (le  due  ultime  divise  ai  due 
lati  del  Santo).  Della  stessa  epoca  come  il  3  tipo. 

/.  tipo. 
(Fel$  come  nel  3  e  4  tipo,  ma  nel  X¥  sotto  il  braccio  de- 
stro del  Santo  una  coroncina.  Lo  distinguo  dal  4  tipo, 
perchè  ci  consta  che,  quando  ne  fu  decretata  la  conia- 
zione nel  1438,  il  Senato  ordinò  che  si  aggiungesse  la 
coroncina,  la  quale  in  questo  modo  (come  anche  la  let- 
tera R  del  seguente  tipo)  forma  parte  della  figura  senza 
avere  il  carattere  di  una  sigla. 

6.  tipo. 

^eR)  come  prima,  ma  sul  i&  sotto  il  braccio  destro 
del  Santo  la  lettera  R,  senza  dubbio  l'iniziale  di  Ra. 
gusium.  Di  questo  tipo,  che  si  coniò  dalla  metà  circa 
del  secolo  XV  fino  verso  l'anno  1580,  abbiamo  due 
gruppi  principali  di  varianti  :  a)  con  caratteri  del  tutto 
o  almeno  in  parte  gotici  (più  a  lungo  di  tutti  si  mantiene 
la  (5  in  forma  gotica)  e  col  monogramma  IG-  —  Xff  (sul  90, 
b)  con  caratteri  pretti  latini  (anche  C  per  (3,  conservan- 
dosi però  A  per  A)  e  col  monogramma  IC  —  IX  (in  molte 
e  varie  combinazioni,  ma  mai  con  una  fl).  1  grossi  del 
primo  gruppo  si  coniarono  fino  all'anno  1558,  quando 
fu  decretata  la  coniazione  di  grossi  "  nuovi  „  cioè  di 
grossi  del  secondo  gruppo  con  caratteri  pretti  latini 
(anche  colla  C  per  (3). 


224  DOTT.    MILAN   RESETAR 


7.  tipo. 

Vi  appartengono  i  grossi  del  6  tipo,  gruppo  b),  sui  quali 
nel  1581  fu  impressa  nel  mezzo  una  contromarca,  cioè 
sul  J&  una  porta  di  città  fra  due  punti,  e  sul  1$  una 
testa  mitrata  pure  fra  due  punti. 

8.  tipo. 

Nel  1594  fu  decretata  la  coniazione  di  grossi,  i  quali 
dovevano  avere  già  nel  conio  la  contromarca  che  si  appli- 
cava su  quelli  del  7  tipo. 

J&  —  Il  Santo  con  una  porta  di  città  sul  petto,  sotto  il 
braccio  destro  una  R,  leggenda  S  •  BLASIV-S  •  RÀG-VSII  •• 

$  —  Il  Redentore  assiso  con  una  testa  mitrata  sul  petto 
e  col  vecchio  monogramma  Ifi — Xff. 

q.  tipo. 
/B'  —  Il  Santo  in  abito  di  foggia  greca,  ma  con  una  grande 
croce  sul  petto,  la  destra  in  atto  di  benedire  e  nella  si- 
nistra il  pastorale,  sotto  il  braccio    destro   una    R,    leg- 
genda S  •  BLASIV-S  R  •  ÀGVSII. 
R)    —  Il  Redentore  in  piedi  nella  solita  elisse    col    mono- 
gramma IE— XE- 
Coniato  circa  verso  la  fine  del  secolo  XVI. 

io.  tipo. 
i&  —  Il  Santo  in  ornato   di  foggia  latina   con   una  gran 
croce  in  petto,  tenendo  colla  sinistra  il  pastorale  e  una 
città,  sotto  il  braccio  destro  una  R,  leggenda  S  •  BLASIVS- 
RÀCVSII  (anche  con  A  per  A  e  G-  per  C). 
91    —  Il  Redentore  nella  solita  elisse,  tenendo   colla   sini- 
stra il  globo  terrestre  (in  tutti  i  tipi  precedenti  tiene  in- 
vece l'evangelo),  monogramma  Ifl— XP. 
Coniato  al  principio  del  secolo  XVII. 

11.  tipo. 

(Grossetto).  I  primi  grossetti  furono  coniati  nel  1626  e 
se  ne  continuò  la  coniazione,  con  vari  intervalli  più  o  meno 


LE  MONETE   DELLA  REPUBBLICA    DI    RAGUSA  225 

grandi,  fino  all'anno  1761.  Anche  per  i  grossetti  vale  quanto 
fu  detto  per  i  soldi,  cioè  che  si  può  assai  facilmente  errare 
nello  stabilire  l'anno  ;  io  credo  che  non  ne  esistano  di  altri 
anni  che  i  seguenti:  1626-1631,  1632  (?),  1633  (?),  1642-1669, 
1672  (?),  1674  (?),  1676-1692,  1695-1716,  1718,  1720-1727, 
1728  (?),  1748,  1751,  1754,  1756,  1757,  1761.  Tutti  sono  dello 
stesso  tipo  : 

$¥  —  Il  Santo  in  veste  di  foggia  latina  con  croce  in  petto, 
pastorale  e  città  nella  sinistra,  leggenda  S  •  BLASIVS- 
RÀG-VSII  (su  quelli  degli  anni  1754-1761  RAG-VSIN  •  e  in 
parte  anche  S  •  BLASII),  l'anno  diviso  nel  campo  ai  due 
lati  del  Santo. 

IJf  —  Il  Redentore  in  un'elisse  di  stelle,  leggenda  TVTÀ- 
SALVS. 

IL  Mezzanino  (d'argento),  cioè  mezzo  grosso  ;  si  coniò 
dal  1370  fino  al  principio  del  secolo  XVII.  Il  diametro  ne  è 
di  15-17  mm.  e  il  peso  di  0,33-0,835  gr.,  perdendo  nel  peso 
e  peggiorando  nella  lega  in  proporzione  dei  grossi.  Presenta 
due  tipi  principali  : 

7.  tipo. 

/&  —  Testa  di  Santo  mitrata,  leggenda  in  caratteri  che, 
come  dai  grossi  del  6  tipo,  poco  a  poco  passano  dal 
gotico  al  latino  :  S  •  BLASIVS  •  RÀG-VSII  •• 

ty  —  Testa  del  Redentore,  leggenda  IGSVS  •  (JRISTVS. 
Con  tutta  probabilità  anche  qui  s' incominciarono  a  co- 
niare appena  nel  1558  i  pezzi  con  caratteri  pretti  latini. 

2.  tipo. 

^e^  come  nel  1  tipo,  leggenda  a  caratteri  pretti  latini, 
ma  sul  £?  si  vede  anche  il  petto  o  almeno  le  spalle  del 
Santo. 
Coniati  al  principio  del  secolo  XVII. 

III.  Artilucco.  Nel  1627  s'incominciarono  a  coniare  mo- 
nete più  grosse  d'argento  ;  in  primo  luogo  un  pezzo  da 
3  grossi  il  quale,  avendo  in  Turchia  il  corso  di  6   para,   fu 


226  DOTT.  MILAN  RESETAR 


colà  denominato  altiliik,  cioè,  pezzo  da  sei,  nome  che  fu  adot- 
tato generalmente  anche  dai  Ragusei,  corrompendolo  in  al- 
tilucco,  artilucco,  invece  del  nome  *  Grossus  triplex  „  che 
figura  (in  abbreviatura)  sul  p  della  moneta  stessa.  Ve  ne 
sono  di  questi  anni:  1627-1633,  1635,  1642-1647,  1649,  1683- 
1686,  1692,  1701,   1715  (?). 

Il  diametro  ne  è  di  21-22  mm.,  il  peso  di  1,38  a  2,22  gr.,  la  lega  di 
circa  812-937  millesimi  d'argento  puro.  Ne  abbiamo  di  due  tipi,  poco 
differenti. 

1.  tipo. 

£?  —  Busto  di  Santo  in  abito  pontificale  a  dritta,  leggenda 
S  •  BLASIVS  •  RÀGVSII. 

1$  —  Città  fra  due  stemmi,  leggenda  (sopra  la  città  in 
due  linee)  III  e  l'anno  diviso  in  due  (sotto  la  città  in  tre 
linee)    GROS  •  ÀRGE  I  TRIP  •  CIVI  I  •  RÀGV  • 

A  questo  tipo  appartengono  tutti  gli  artilucchi  ad  eccezione  di 
quello  del  1715  (?). 

2.  tipo. 

Differisce  dal  primo  in  ciò  che  sul  <&  il  busto  del  Santo 
è  più  piccolo  ed  ha  sulla  testa  invece  dell'alta  mitra  un 
basso  berretto  ;  in  generale  il  disegno  d'ambe  le  parti 
è  del  tutto  diverso  da  quello  del  1  tipo  restando  la  com- 
posizione e  la  leggenda  invariate. 

IV.  Iperpero  o  Perpero.  Mentre  fino  alla  fine  del  se- 
colo XVII  l' iperpero  era  una  semplice  unità  di  computo,  cioè 
12  grossi  o  grossetti,  in  quest'epoca  s'incominciarono  a  co- 
niare pezzi  d'argento  di  questo  nome  e  del  valore  di  12  gros- 
setti. Io  ne  conosco  degli  anni  1683,  1692,  1702,  1705-1709, 
1723,  1725,  1728-1730,  1732-1734,  1744,  1750,  1801-1803. 

Anche  qui  devono  statuirsi  due  tipi  che  differiscono  specialmente 
per  peso  e  lega. 

1.  tipo  (iperpero  vecchio). 
fi?  —  Figura  di  Santo  in  piedi,   leggenda   PROT  •  R/E\P  - 
RHÀCVSIN/E,  ai  due  lati  del  Santo  S-B;  l'anno  fino  al  1706 
si  trova  nel  campo  obliquamente  sopra  la  lettera  S  che 


LE    MONETE    DELLA    REPUBBLICA    DI     RAGUSA  227 

è  a  sinistra  del  Santo;  invece  in  rari  esemplari  dell'anno 
1706  e  in  tutti  i  seguenti  sta  nel   campo   diviso   ai   due 
lati  del  Santo,  sotto  le  lettere  S-B. 
^    —  Il  Redentore  in  piedi  circondato  da  un'elisse  di  stelle, 
leggenda  TVTA-SALVS. 

Il  diametro  dei  pezzi  di  questo  tipo  è  di  27-30  mm.,  il  peso  di  5,08- 
6,585  gr.,  la  lega  di  circa  562-750  millesimi.  Di  questo  tipo  sono  gli 
iperperi  fino  all'anno  1750. 

2.  tipo  (iperpero  nuovo). 

&  —  Il  Santo  in  piedi,  leggenda  PROT  •  REIP.-RHACVSIN  • 
coll'anno  in  fine  della  leggenda. 

ty  —  11  Redentore  senza  elisse  di  stelle,  leggenda  TVTA- 
SALVS,  sul  ty  e  in  parte  anche  sul  /B'  all'esergo  il  nome 
del  fabbricatore  del  conio  a.  obAd  (cioè  A.  Obad).  A 
questo  tipo  appartengono  gli  iperperi  degli  anni  1801- 
1803,  che  sono  (insieme  al  mezzo  iperpero)  le  ultime 
monete  coniate  nella  zecca  di  Ragusa. 
Diametro  24-25  mm.,  peso  3,61-4,255  gr.,  lega  circa  375  millesimi. 

V.  Mezzo  iperpero,  del  valore  di  6  grossetti  ;  fu  coniato 
soltanto  nel  1801  colla  lega  dell'  "  iperpero  nuovo  „, 

Diametro  20  mm.,  peso  1,90-2,105  gr. 

&  -  Il  Santo  in  piedi,  leggenda  PROT-  REIP.  RHACVSIN  • 

1801. 
~$l    —  Nel  mezzo  di  una  fronda  di  quercia   in    tre   linee  : 

GROS  I  SETTI  !  VI. 

VI.  Scudo,  valeva  3  iperperi    ossia    36   grossetti,    e   fu 
coniato  negli  anni  1708,  1709,  1739,  1747,  1748  e  1750. 

Diametro  37-38  mm.,  peso  15,73-17,96  gr.,  lega  circa  625  millesimi. 

^  —  Il  Santo  in  piedi;  nel  campo  ai  due  lati  del  Santo 
S-B  e  l'anno  diviso,  leggenda:  PROTECTOR  •  REIPVBLIC^  • 
RHAGVSIN/E. 

yi  —  Il  Redentore  in  piedi  circondato  da  stelle,  leggenda 
TVTA  •  SALVS  •  SPES  •  ET  •  PR>ESIDIVM. 

30 


228  DOTT.    MILAN    RESETAR 


VII.  Mezzo  scudo,  quindi  i  1j9  iperpero  ossia    18   gros- 
setti  ;  differisce  dallo  scudo  soltanto  per  il  diametro  e  il  peso. 
Diametro  31-32  mm.,  peso  8,16-9,355  gr.  Ve  ne  sono  degli  anni  1708, 
1709,  1748  e  1750. 

Vili.  Ducato.  Il  ducato  era  già  nel  secolo  XVII  una 
unità  di  computo  da  40  grossetti;  fu  dippoi  coniato  e  ciò 
nel  1722,  1723  e  1797,  e  di  regola  calcolato  sempre  pari  a 
40  grossetti.  Ve  ne  sono  due  tipi  diversi,  che  differiscono 
poco  nel  disegno,  invece  sensibilmente  nel  diametro,  peso  e 
nella  lega. 

/.  tipo  (ducato  vecchio,  degli  anni  1722  e  1723). 
P?  -   11  Santo  in  piedi,  leggenda   TVIS  •  A  •  DEO  -AVSPI- 
CIIS  •,  nel  campo  ai  due  lati  del  Santo  S-B  ;    l'anno  nel 
ducato  dell'anno  1722  è  in  fine  della  leggenda,  su  quello 
dell'anno  1723,  invece,  nel  campo  diviso  ai  due  lati  del 
Santo  sotto  le  lettere  S-B. 
R)    —  Stemma  di  Ragusa,  leggenda   DVCAT  •  REIP  —  RHA- 
CVSIIM/E. 
Diametro  40-41  mm.,  peso  19,425-19,55  gr.,  lega  circa  687  millesimi. 

2.  tipo  (ducato  nuovo,  del  1797)  del  tutto  simile  al  ducato 
vecchio,  ma  col  diametro  di  37-38  mm.,  col  peso  di  12,32- 
13-63  gr.  e  colla  lega  di  circa  562  millesimi.  Alcuni 
ducati  nuovi  sul  &  non  hanno  nel  campo  le  lettere  S-B, 
dove  hanno  tutti  l'anno  diviso  ;  invece  tutti  hanno  sul 
fi?  all'esergo  la  sigla  G-A  e  in  parte  anche  sul  1$  la 
sigla  À-O. 

V.  Tallero.  Aveva  di  regola  il  valore  di  1  1jt  ducato 
ossia  60  grossetti.  È  la  più  comune  moneta  grossa  di  Ragusa 
e  se  ne  coniarono  grandi  quantità,  sicché  della  maggior 
parte  degli  anni  si  possono  trovare  diverse  varianti.  Si  coniò 
dal  1725  al  1779.  Hanno  tutti  la  lega  di  circa  562  millesimi, 
soltanto  alcuni  del  1725  sono  di  lega  migliore,  cioè  di  circa 
625  millesimi.  Questi  ne  sono  i  tipi  : 

/.  tipo  (tallero  di  S.  Biagio). 
&  -  Busto  del  Santo  a  dritta,  leggenda  DIVINA- PER  •-•  TE- 
OPE  -,  nel  campo  ai  due    lati    della    testa    del    Santo  le 
lettere  S-B. 


LE    MONETE   DELLA   REPUBBLICA    DI    RAGUSA  229 

9/  -  Stemma  di  Ragusa,  leggenda  DVCAT  •  ET  •  SEM  -  REIP 
•  RHAC  •  ;  in  fine  della  leggenda  di  regola  l'anno,  mentre 
soltanto  la  maggior  parte  degli  esemplari  dell'anno  1725 
hanno  l'anno  nel  campo,  diviso  ai  due  lati  dello  stemma.  Ve 
ne  sono  degli  anni  1725,  1730,  1731,  1733-1736,  1738,  1743. 

Diametro  42-45  mm.,  peso  28,22-29,12  gr. 

2.  tipo  (tallero  rettorale  vecchio)  : 

&  —  Busto  di  magistrato  in  parrucca  a  sinistra,  leggenda 

(da  sinistra!)  •  RECTOR  •  REIP  -  RHACVSIN  •• 
1$    —  Come  nel  1  tipo.  Anni  in  cui  fu  coniato:  1743 -1748. 
Diametro  43-45  mm.,  peso  28,225-28,67  gr. 

j.  tipo. 

£¥  —  Il  Santo  inginocchiato  a  sinistra,  in  fondo  la   città, 
leggenda  (all'esergo)  •  S  •  B  •  P  •  R  •  RH  -,  (intorno  da  si- 
nistra) ET  •  PR/ESIDIVM  -  ET  •  DECVS  •  1751. 
1$    —   La  Vergine  assisa  su  nubi,  leggenda  COELI  •  REGINA  •- 
RP  •  RHAC  •  PATRONA. 

4.  tipo  (tallero  rettorale  nuovo). 

FeR)  simile  al  2  tipo,  ma  sul  i&  la  leggenda  incomincia 
da  dritta;  dal  1751  al  1765  sigle  sul  R)  sotto  lo  stemma 
(G-B);  dal  1766  in  poi  anche  sul  &  sopra  le  spalle  del 
busto  (G-B,  G-A,  e  D-M,  nelle  varie  combinazioni  possi- 
bili). Coniato  negli  anni  1 751-1753  e  1755-1779. 
Diametro  41-43  mm.,  peso  27,29-28,77  gr. 

VI.  Mezzo  tallero.  Vi  sono  mezzi  talleri  di  S.  Biagio 
e  mezzi  talleri  rettorali  (vecchi),  coniati  i  primi  del  1731  e 
1735,  i  secondi  del  1747  e  1748.  Il  disegno  d'ambo  le  parti 
e  la  leggenda  del  i&  corrispondono  perfettamente  ai  talleri  di 

5.  Biagio,  rispettivamente  ai  talleri  rettorali  vecchi;  soltanto 
sul  IJf  i  mezzi  talleri  di  S.  Biagio  hanno  la  leggenda  MED  • 
DVC  •  ET  •  SEM  —  REIP  •  RHAC  •  e  l'anno,  e  i  mezzi  talleri 
rettorali  •  MEDIVS  •  DVCAT  -  ET  •  SEMIS  •  e  l'anno. 

Diametro  35-37  mm.,  peso  13,59-14,03  gr.,  lega  come  i  talleri. 

VII.  Libertina:  è  un'imitazione  del  tallero  di  Maria  Te- 
resa che  era  tanto  ricercato  in  Oriente  ;  ebbe  questo  nome 
dalla  parola  Libertas  che  figura  nello  scudo  del  20  tipo.  Il 
valore  officiale  era  di  due  ducati  ossia  80  grossetti. 

Diametro  42  mm.,  peso  28,45-29,35  gr.,  lega  circa  625  millesimi.  Si 
coniò  negli  anni  1791-3795. 


23O  DOTT.    MILAN    RESETAR 


/.  tipo. 
&  —  Busto    di   donna    a    dritta,    leggenda    RESPVBL  •  — 

RHACVS  -,  sotto  il  busto  la  sigla  G  •  A. 
^1    —  Stemma    di    Ragusa,    leggenda    DVCE  •  DEO-FIDE  • 

ET  •  IVST  -,  sotto  lo  stemma  l'anno  fra  le   lettere    G-A  ; 

così  le  libertine  del  1791. 

2.  tipo. 
£¥  come  nel  1  tipo,  anche  il    I?    simile    a   quello,   ma  in- 
vece dello  stemma  uno  scudo  coli' iscrizione  in  tre  linee: 
LI  I  BER  |  TAS  ;  così  le  libertine  del  1792-1795. 

C.  —  Monete  d'oro. 

La  repubblica  di  Ragusa  non  coniò  monete  d'oro  ;  esi- 
stono però  due  pezzi  in  oro  del  tipo  degli  iperperi  vecchi  e 
un  terzo  del  tipo  del  ducato  vecchio;  ma  evidentemente  sono 
pezzi  singoli,  non  destinati  alla  circolazione,  quindi  d'anno- 
verarsi fra  le  medaglie. 

Giunto  alla  fine  di  questa  breve  descrizione  delle 
varie  monete  della  repubblica  di  Ragusa,  credo  di 
dover  accentuare  ancora  una  volta  che  lo  scopo  di 
questo  articolo  non  era  altro  che  quello  di  fare  co- 
noscere in  Italia  un  po'  meglio  la  vera  denominazione 
e  il  vero  valore  di  queste  monete.  Nello  stesso  tempo 
mi  permetto  di  pregare  tutti  quelli,  che  fossero  al- 
l'occasione di  poterlo  fare,  di  volermi  rendere  av- 
vertito nel  caso  sapessero  di  qualche  tipo  o  anno  di 
moneta  ragusea  da  me  qui  non  contemplato  ;  così 
pure  mi  dichiaro  pronto  ad  acquistare  monete  di 
Ragusa,  nel  caso  qualche  collega  volesse  sbaraz- 
zarsene. 

Doti.  Milan  Resetar. 

Professore  all' Universi  fa  di  Vienna 
(Austria)  Vili,  Kochgasse  ij. 


STUDI  SULLA  NUMISMATICA  DI  CASA  SAYOJA 


Memoria  VII. 

Supplemento  alla  Memoria  VI  sulle  prove  di  zecca  per 
Re  Vittorio  Emanuele  II. 

La  Memoria  che  ho  pubblicato  l'anno  scorso  in  questa 
Rivista  (J)  intorno  alle  prove  di  zecca  per  Re  Vittorio  Ema- 
nuele II  mi  ha  fruttato  gentili  schiarimenti,  gradite  osserva- 
zioni, ed  anche  alcuni  acquisti  nuovi  ;  per  cui,  alla  distanza 
di  un  anno  appena,  posso  fare  un  supplemento.  Dico  subito 
che  per  il  molto  che  ancora  ho  frugato  dopo  quella  prima 
pubblicazione  ho  ragione  di  credere  questa  nota  quasi  com- 
plementare, e  che  ben  poco  si  possa  avere  lusinga  di  ag- 
giungere circa  una  materia  facile  con  un  po'  di  buona  vo- 
lontà ad  essere  esaurita,  per  la  sua  qualità  di  contemporanea. 
Ed  ecco  quanto  ho  ancora  raccolto  (2): 

La  prova  di  zecca,  per  Firenze,  riferita  a  pag.  210,  e 
con  il  relativo  disegno  al  n.  14  della  tav.  IX,  fu  fatta  non 
solo  in  mistura,  ma  anche  in  piombo.  Possedendo  entrambe 
dette  prove,  ne  ho  riscontrato  il  rispettivo  peso,  e  trovai  che 
il  peso  di  grammi  3,800  si  deve  attribuire  all'esemplare  in 
piombo;  quello  di  mistura  invece  pesa  solo  grammi  3. 


(1)  Anno  1904,  fase.  II,  pag.  205  e  segg.,  con  3  tav. 

(2)  È  da  notare  anzitutto  che  il  disegno  che  fu  fatto  al  n.  io  della 
tav.  X  è  identico  al  n.  8,  e  non  corrisponde  perciò  alla  descrizione  cui 
si  riferisce  (pag.  213)  ove  è  detto  Cu.  96  Ni.  4  e  non  Cu.  95  Ni.  j. 
Ognuno  può  essersi  accorto  che  per  errore  materiale  si  ripetè  nel  di- 
segno n.  io,  al  rovescio,  il  rovescio  della  prova  n.  8  invece  del  rovescio 
di  quella  che  si  doveva  rappresentare  ;  la  piccola  correzione,  segnalato 
l'errore,  ognuno  può  farsela  per  conto  proprio. 


232 


A.    F.   MARCHISIO 


Il  fiorino  cC argento  battuto  pel  Governo  Provvisorio  di 
Toscana  (tav.  X,  n.  i)  ebbe  pure  la  sua  prova  in  piombo; 
e  l'esemplare  che  io  tengo  pesa  grammi  4,900  ;  la  moneta 
corrispondente  ha  invece  il  peso  di  grammi  6,877,  che  è 
il  legale. 

Quanto  al  Ruspone  (tav.  X,  n.  2)  ne  fu  fatta  una  prova 
in  bronzo;  e  l'esemplare  della  mia  raccolta  pesa  grammi  5,925. 
A  proposito  del  Ruspone  devo  soggiungere  che  la  lettera  G*, 
posta  in  basso  nel  diritto  della  moneta,  non  è  l'iniziale  di 
Gori;  il  Gori  stesso,  a  quanto  mi  si  comunica,  ebbe  ad  affer- 
mare trovarsi  tale  lettera  sul  punzone  antico  da  cui  eseguì 
il  Ruspone  in  parola. 

Alla  destra  del  Giglio  poi,  in  corrispondenza  colla  G-* 
di  sinistra,  il  piccolo  segno  (di  sei  monti  araldici  attraver- 
sati da  una  banda)  è  l'arme  del  marchese  Luigi  Ridotti,  di- 
rettore della  zecca  fiorentina,  e  figlio  all'illustre  Cosimo. 

Fu  in  Toscana  usanza  generalmente  seguita  che  i  diret- 
tori di  zecca  apponessero  sulle  monete  la  propria  arme  di 
famiglia,  quale  segno  e  ricordo  della  direzione  avuta  sul- 
l'eseguita  monetazione. 

Nel  fiorino  abbiamo,  sotto  il  leone,  tre  cornette  in  campo 
azzurro,  stemma  del  Guicciardini,  che  fu  pure  nel  1859,  e 
prima  del  Ridotti,  direttore  della  zecca  di  Firenze.  Il  Ridolfi 
seguitò  poi  ad  apporre  la  propria  arme  sotto  il  busto  di 
Vittorio  Emanuele  nel  pezzo  da  cinque  lire  e  in  tutti  gli 
spezzati  d'argento  detti  del  Re  eletto. 

Dacché  sono  in  tema  di  monete  d'argento  coniate  a  Fi- 
renze per  il  nuovo  sovrano  negli  anni  1859,  1860  e  1861, 
dirò  che  per  i  pezzi  da  lire  2,  1,  e  centesimi  50  furono  fatte 
le  prove  in  piombo  (come  per  il  fiorino  e  per  il  Saggio  d'un 
popolano,  e  come  si  fece  in  bronzo  per  il  Ruspone)  e  la  data 
usata  fu  il  1860.  La  prova  in  piombo  del  pezzo  da  lire  2 
porta,  come  la  moneta,  all'esergo  del  diritto  l'arme  dei  Ri- 
dolfi, e  all'esergo  del  rovescio  un  piccolo  serpe  che  si  morde 
la  coda,  e  pesa  grammi  7,100.  La  prova  ripiombo  del  pezzo 
da  lire  1,  avendo  come  la  moneta  lo  stemma  Ridolfi  al- 
l'esergo del  diritto  reca  all'esergo  del  rovescio  una  piccola 
mano  che  impugna  lo  scettro,  e  pesa  grammi  3,840.  La  prova 


STUDI   SULLA    NUMISMATICA    DI   CASA    SAVOJA  233 


in  piombo  del  pezzo  da  centesimi  50,  avendo  l'arme  solita 
all'esergo  del  diritto,  porta  nell'esergo  del  rovescio  la  punta 
di  uno  strale,  e  pesa  grammi  1,620.  Mi  vien  fatto  sapere 
che  i  tre  segni  sopra  riferiti  fanno  l'ufficio  di  punti  segreti, 
e  sono  stati  apposti  collo  scopo  di  scoprire  le  monete  false; 
a  me  però  sembra  che  troppo  chiari  e  visibili  siano  codesti 
segni  per  attribuirli  a  uno  scopo  tanto  segreto  e  geloso,  e 
che  se  pure  così  avvenne,  la  scelta  non  fu  pratica,  anzi  è 
addirittura  ingenua. 

Sempre  in  tema  di  monete  della  zecca  fiorentina  per 
Vittorio  Emanuele  II  aggiungo  ancora  che  posseggo  una  in- 
teressante prova  o  tessera  di  argento,  stesso  modulo  del 
pezzo  da  una  lira,  la  quale  non  portando  nel  diritto  variante 
apparente  dalla  moneta  ben  nota,  reca  nel  rovescio  la  croce 
di  Savoja,  in  campo  rosso,  che  occupa  tutto  lo  spazio,  senza 
altro  segno  o  leggenda.  Il  contorno  è  liscio,  ed  il  peso  è  di 
grammi  4,300.  Sebbene  la  moneta  sia  d'argento,  l'aspetto  è 
alquanto  rossigno,  e  la  fattura  è  squisitamente  accurata.  Un 
giro  di  perline  sta  al  bordo  estremo  del  diritto,  e  manca  af- 
fatto nel  rovescio  che  fu  occupato  esclusivamente,  come  dico, 
dallo  Scudo  Sabaudo. 

Quanto  alle  monete  di  rame  pel  Governo  Provvisorio 
della  Toscana,  da.  centesimi  5,  2,  1,  soli  tipi  battuti  e  ben 
noti,  e  colla  sola  data  1859,  non  portano  l'arme  di  alcun 
direttore  di  zecca,  e  la  ragione  è  che  non  escono  dalla  of- 
ficina di  Firenze  ;  esse  infatti  furono  tutte  coniate  alla  zecca 
di  Birmingham  (x). 

Ho  detto  nella  Memoria,  di  cui  la  presente  è  supple- 
mento {Rivista  Italiana,  pag.  221),  che  la  pezza  da  io  cen- 
tesimi è  l'unica  moneta  di  Vittorio  Emanuele  II  che  non  sia 
stata  coniata  esclusivamente  in  Italia,  e  ho  nominate  le 
quattro  zecche  estere  che  concorsero  colle  nostre  alla  loro 
coniazione.  È  mestieri  ora,  a  rettifica  del  sopradetto,  aggiun- 
gere la  serie  di  rame  del  Governo  Provvisorio  di  Toscana, 
che  reca  il  nome  del  Re  e  la  Croce  di  Savoja. 


(1)  V.  Spink  &  Son's,  Morti hly  Nuwistnalic  Circular,  a  pag.  7076, 
(septcmber  1903)  il  magistrale  lavoro  di  L.  Forrer:  Biographical  Diciio- 
nary  of  Medallists%  etc. 


334  A-    F-    MARCHISIO 


Il  Forrer,  a  pag.  7075  della  Numismatic  Circular,  sotto 
la  rubrica  Italy,  attribuisce  alla  zecca  di  Birmingham  anche 
la  coniazione  di  pezzi  da  1,  2,  5  e  io  centesimi,  dal  1861 
al  1862,  colla  effigie  del  nuovo  Re  d' Italia. 

Codesta  affermazione,  in  opera  di  tanto  valore  quale  è 
quella  del  Forrer,  contraddice  apparentemente  alla  pubbli- 
cazione fatta  a  Roma  nel  1902  per  cura  del  Ministero  del 
Tesoro,  riguardo  la  monetazione  italiana  del  secolo  XIX;  in 
questa  pubblicazione  infatti,  alla  quale  non  è  del  tutto  estraneo 
chi  scrive  queste  linee,  le  pezze  da  centesimi  1,  2  e  5  sono 
ascritte  esclusivamente  a  zecche  italiane  (ed  è  la  verità)  ; 
d'altra  parte  le  monete  stesse,  colle  marche  che  portano 
(B,  M,  N,  per  i  pezzi  da  5  centesimi,  M,  N,  T,  per  i  pezzi  da 
2  e  da  1  centesimo)  affermano  che  le  zecche  in  cui  furono 
coniate  sono  quelle  di  Bologna,  Milano,  Napoli  e  Torino. 
Ma,  come  dissi,  la  contraddizione  è  apparente  e  giustificabile, 
poiché,  come  si  può  leggere  a  pag.  154  dell'opera  del  Re- 
possi :  Milano  e  la  sua  zecca,  con  Decreto  15  dicembre  1860 
venne  approvata  la  fabbricazione  per  appalto  delle  nuove 
monete  di  rame  ;  fabbricazione  che  assunta  dalla  Ditta  Hea- 
ton  &  Fils  di  Birmingham,  venne  poi  eseguita  alla  zecca 
milanese  negli  anni  1860  e  1861,  per  l'ammontare  di  12  mi- 
lioni di  lire  (J). 


(1)  Il  pezzo  da  5  centesimi,  anno  1861,  senza  marca  di  zecca,  fu 
coniato  a  Bologna,  così  come  quello  molto  più  raro  che  reca  la 
marca  B. 

Già  nel  1860  alla  zecca  di  Bologna,  per  bisogno  di  moneta  corrente, 
si  era  fatta  una  riconiazione  dei  rozzi  pezzi  di  Carlo  Felice  del  1826, 
da  centesimi  5,  3,  1,  lasciando  intatta  perfino  la  data  ;  ma  per  distin- 
guere le  monete  così  coniate  dalle  sincrone,  e  numerosissime,  delle 
zecche  di  Genova  e  Torino,  si  lasciò  da  parte  ogni  segno  di  zecca  e 
lettera  iniziale  del  direttore  di  fabbricazione.  Quanto  poi  ai  pezzi  da 
io  centesimi  coniati  all'estero,  dirò  per  chi  l' ignora  che  quelli  senza 
marca  non  sono  italiani;  che  la  marca  OM  in  nesso  (con,  o  senza  punti 
che  l'accostano),  è  per  la  Casa  Oesgher  Mesdach,  di  Strasburgo  ;  e 
che  la  marca  H  è  per  la  Casa  Heaton,  Balph  &  Sons,  di  Birmingham, 
che  mutò  più  volte  ragion  sociale  (come  ad  es.  si  può  vedere  per  le 
monete  di  Umberto  1  che  portano  BI,  iniziale  di  Birmingham,  in  nesso). 
L'esame  analitico  e  statistico  di  ogni  moneta,  data,  zecca,  ecc.,  per  Re 
Vittorio  Emanuele  II,  sarà  tema  di  successiva  Memoria. 


STUDI   SULLA    NUMISMATICA   DI   CASA   SAVOJA  235 


Per  la  zecca  di  Milano  segnalo  una  bella  curiosità  che 
ebbi  recentemente  ad  aggiungere  al  medagliere.  Essa  è  un 
pezzo  (autentico  di  zecca)  portante  al  diritto  e  al  rovescio 
le  impronte  e  le  leggende  del  noto  pezzo  da  2  centesimi, 
non  dissimile  nel  modulo,  ma  di  tanto  spessore  da  sembrare 
un  pie  fori  della  moneta  che  rappresenta;  pesa  infatti  gr.  3,350, 
invece  di  2  che  è  il  peso  legale. 

La  ragione  di  tale  aumento  di  peso  e  spessore  non  è 
mistero  ;  si  vede  infatti  molto  chiaramente  sotto  la  nuova 
coniatura  al  diritto  il  rovescio,  e  al  rovescio  il  diritto  del 
Carantano,  che  come  è  noto  fu  fatto  battere  alla  zecca  mi- 
lanese negli  anni  1858  e  1859  da  Francesco  Giuseppe  per 
l'Impero  Austriaco. 

In  codesto  mio  esemplare  si  vede  benissimo  la  data 
obliterata  1859,  ultimo  anno  in  cui  la  zecca  di  Milano  ebbe 
a  coniare  per  l'Austria.  Qualche  fervido  italiano  della  nobile 
e  gloriosa  zecca  si  vede  che  volle  far  asservire  l'ultima  mo- 
neta di  bronzo  coniata  colla  marca  M  per  altre  terre,  alla 
prima  di  eguale  metallo  e  simile  modulo  coniata  per  la  pa- 
tria risorta  (*). 


Per  la  zecca  di  Torino  aggiungo  : 

i.°  Una  pezza  da  lire  20,  data  1850,  coniata  in  po- 
chissimi esemplari,  con  una  speciale  lega  d'argento,  che  dà 
alla  moneta-prova  un  tale  aspetto  bianchiccio  da  assomigliarla 
alle  monete  di  elettro,  e  a  quelle  di  platino  coniate  in  Russia; 
il  peso  è  sensibilmente  superiore  a  quello  dei  soliti  pezzi  da 
lire  20  ;  l'esecuzione  è  meravigliosa,  come  per  lo  scudo  già 
segnalato  nella  memoria  precedente,  con  certe  leghe  di  espe 
rimento  (2). 


(1)  Codesto  scherzo  patriottico  della  zecca  di  Milano  non  manca  di 
precedenti  ;  basti  citare  la  lira  del  1810  per  Napoleone  I  Imperatore  e 
Re,  alla  cui  coniazione  si  dice  non  essere  stato  estraneo  Pietro  Verri. 
(V.  Gnecchi,  Le  Monete  di  Milano,  pag.  216,  n.  56  e  nota,  e  tav.  XLIX 
numero  3). 

(2)  Rivista  Italiana,  1904,  pag.  216. 

3> 


236  A.   F.    MARCHISIO 


2.0  Una  prova  di  mistura,  di  cui  ecco  la   descrizione: 

]&  —  Nel  campo,  testa  di  Vittorio   Emanuele   di  profilo, 
a  sin.;  attorno,  ®  Zecca  di  Torino  &,  e  all'esergo,  1861. 

R)    —  Nel  campo  in  quattro   linee  C  jo  —  Saggio  —  di 
—  eroso  misto.  In  fondo,  stelletta  a  cinque  raggi. 
Contorno  liscio,  peso  grammi  4,  diametro  mm.  21. 

Finalmente,  per  la  zecca  di  Venezia,  a  pag.  220-21  di 
questa  Rivista,  anno  1904,  ho  data  la  descrizione  di  una 
specie  di  prova  o  tessera,  posseduta  in  argento  e  in  rame, 
ed  alla  tav.  XI,  n.  14  il  relativo  disegno. 

Un  raccoglitore  mi  comunicò  gentilmente  che  possedeva 
altra  tessera  in  rame,  di  egual  tipo  del  soldo,  come  la  mia, 
e  che  perciò  trova  adatta  sede  in  queste  note.  Come  il 
n.  14  ha  il  diametro  di  mm.  25,  il  peso  di  grammi  5,900,  e 
il  contorno  liscio  ;  il  diritto  non  varia  menomamente  dal  di- 
ritto della  tessera  di  cui  ho  dato  il  disegno,  e  dal  pezzo  in 
corso  da  5  centesimi  inciso  dal  Ferraris;  nel  rovescio  invece 
porta  scritto  attorno  :  Venezia  restituita  all' Italia.  Nel  campo, 
lo  stesso  leone  ;  ma  sul  piedestallo,  invece  di  19  —  otto- 
bre —  1866,  si  legge  3  —  ottobre  —  1866.  Questo  pezzo, 
assai  raro  e  interessante,  manca  al  grande  catalogo  del 
Camozzi-Vertova,  e  fino  ad  ora  fu  da  me  completamente 
ignorato. 

Credo  con  quanto  sovra  di  avere  pressoché  esaurito 
l'argomento  delle  prove  di  zecca  per  Vittorio  Emanuele  II  ; 
se  amici  ed  amatori  mi  vorranno  ancora  essere  cortesi  dei 
loro  lumi  per  eventuali  aggiunte,  possono  essere  certi  della 
mia  sincera  gratitudine. 

Torino,  Maggio  ipoj. 

A.  F.  Marchisio. 


CRONACA  DELLE  FALSIFICAZIONI 


Nell'anno  1902  ho  pubblicato  su  questa  Rivista  (*)  23  mo- 
nete italiane  d'oro  false.  Ora  faccio  una  aggiunta  a  quel- 
l'articoletto  dando  la  descrizione  di  12  altre  monete  false, 
che  potei  avere  nelle  mani,  e  che,  come  quelle,  provengono 
tutte  dalla  famigerata  officina  di  Roma.  Di  queste  contraf- 
fazioni purtroppo  rimasero  vittime  parecchi  nostri  raccogli- 
tori, e,  fra  questi,  alcuni  molto  provetti. 


ANCONA. 

1.  Giulio  II  (1503-1513),  Zecchino  (2). 

&  -  IVLIVS  •  Il  •  PONT.  MAX.  Stemma. 
$    -  SANCTVS  •  PETRVS  •  MARCHIA.  San  Pietro  nella  na- 
vicella che  tira  le  reti. 
Oro. 

BRINDISI. 

2.  Federico  II  Imp.  (1 198-1250)  Mezza  augustale. 
&  -  *  FRI  DE  RICVS.  Busto  laur.  a  destra. 

ty    -  CESAR  AVO-  •  IMP  ROM.    Aquila   di    prospetto  colle 
ali  aperte. 
Oro. 


(1)  Falsificazioni  di  monete  italiane.  Rivista  Italiana  di  Nutn.,  1902, 
fase.  Ili,  pag.  333-342,  tav.  XII,  XIII. 

(2)  Fino  dall'epoca  della  suaccennata  pubblicazione  conoscevo  l'esi- 
stenza di  questa  falsificazione  e  l'avevo  accennata  in  nota  a  quell'arti- 
coletto,  senza  poter  darne  la  descrizione,  perchè  non  mi  era  ancora 
pervenuta  nelle  mani.  Lo  stesso  si  dica  dei  N.  2,  5  e  n. 


238  ERCOLE    GNECCHI 


CAMERINO. 

3.  Giulia  Varano  (1527-1538).  Zecchino. 

&  -  *IVL  +  VAR +  DERVRE  +  CAMERT+ DVX +.  Stemma. 
$    -  +  NON  •  TIMEBO  •  MALA  •  QVONIA  •  TV  •  MECV  :    ES. 

Croce  gigliata  e  ornata. 
Oro. 

CIVITADUCALE. 

4.  Autonoma  (1460).  Doppio  bolognino. 

&  -  (Torre)  DE  CIVITA  @  DVCALI.  Croce. 

BJ    —  *  S.  MAR  INVS.  Mezza  figura  del  Santo  di  faccia, 
col  pastorale  nella  sin.  e  la  destra  alzata  in  atto  di  be- 
nedire. 
Argento. 

FERRARA. 

5.  Ercole  I  d'Este  (1471-1505).  Mezzo  zecchino. 

&  -  HERCVLES  •  DVX  •  FERRARIAE  &  C.  Cavaliere  a 
destra. 

9/  -  S.  MAVRELIVS  .  EPISCOP.  Il  Santo  seduto  col  pa- 
storale nella  sin.  e  la  destra  alzata  in  atto  di  benedire. 
Oro. 

NB.  —  Questa  falsificazione  fu  eseguita  sul  grossetto  d'argento. 

MANTOVA. 

6.  Lodovico  III  (1444- 1478).  Zecchino. 

&  -  LODOVICVS  •  MARCHIO  •  MANTVE  &  C  Lodovico  in 
piedi  piegato  a  d.  Nella  d.  tiene  la  spada  e  colla  sinistra 
sostiene  lo  stemma. 

$    -  SANCTVS  GEORG-IVS.  Il  Santo  a  cavallo  a  sin.  che 
ferisce  il  drago. 
Oro. 

7.  Vincenzo  I  (1587-1612).  Doppia  da  due. 

&  -  ®  VINCENTIVS  @  D  ®  G  ®  DVX  ft  MANT  @  UH  é. 
Busto  corazzato  del  duca  a  sinistra;  testa  nuda.  Al- 
Tesergo  ®  1590  ®. 


CRONACA   DELLE   FALSIFICAZIONI  239 

^l    -  ¥  ET  *  MONTIS  *  FERRATI  *  Il  #.  Stemma  sor- 
montato   da    corona.    Fra    lo    stemma    e    la    corona  il 
M.  Olimpo  e  FIDES. 
Oro. 

MESOCCO. 

8.  Gian  Giacomo  Trivulzio  (1487-1518)  Scudo  d'oro  del  Sole. 
&  —  *  IO  •  IA  •  TRI  •  MAR  •  VIOLE  •  ET  •  MARES  •  FRAN  •. 

Scudo  coi  tre  nicchi  disposti  a  triangolo,  due  in  alto  e 
uno  abbasso,  sormontato  dalla  corona  di  marchese. 
9!    —  (Nicchio    coronato)    XPS  •  VINCIT  •  XPS  •  REG-NAT  • 
XPS  •  IMPERAT  :  Croce  gigliata. 

Oro. 

ROMA. 

9.  Paolo  IV  (1555- 1559.  Scudo  d'oro. 

&  -  PAVLVS  INI  •  •  PONT  MAX.  Stemma  colle  chiavi  e  il 

triregno. 
R)  -  S.  PAVLVS  ALMA  ROMA.  Il  Santo  in  piedi  colla  spada 
nella  d.  e  il  libro  nella  sin. 
Oro. 
NB.  —  È  il  tipo  identico  del  giulio. 

io.  Gregorio  XIII  (1572- 1588).  Scudo  d'oro. 

&  -  GREG-  •  XIII  •  PON  •  M  •  A  •  VI.  Stemma  colle  chiavi  e 
il  triregno. 

P  -  BEARE  •  SOLEO  •  AMICOS  •  MEOS.  Busto  del  Reden- 
tore a  sin. 
Oro. 

11.  Leone  XI  (1605).  Testone. 
&  -  LEO  •  XI  •  PONT  •  MAX.  Stemma  Medici   colle  chiavi 

e  il  triregno. 
5/    -   S.  PETRVS  ALMA  ROMA.  Il  Santo  in  piedi  a  sinistra 

colla  destra  alzata. 

Argento. 

NB.  —  Mentre  tutte  le  altre  monete  qui   descritte  sono   imitazioni 
di  monete  genuine,  questa  è  una  pretta  invenzione. 


34-0  ERCOLE  GNECCHI 


12.  Urbano  Vili  (1623-1644).  Doppio  scudo  d'oro. 
&  -  VRBANVS  •  Vili  •  PONT  •  MAX  •  A  •  I.    Stemma    colle 

chiavi  e  il  triregno. 
9/    -  CANDOR  LV  CIS  >ETERN/E.  La  SS.  Concezione. 
Oro. 

Nella  mia  pubblicazione  citata  alla  nota  n.  2,  avevo 
accennato  a  un  nuovo  genere  di  contraffazioni  dell'officina 
romana,  quella  cioè  di  zecchini  papali,  sui  quali  il  nome  di 
zecca  ROMA  fu  abilmente  sostituito  dal  nome  di  qualche 
zecca  rara,  come  Ancona,  Parma,  Perugia,  Macerata,  ecc. 
Ora  che  le  monete  moderne  rare  sono  molto  ricercate,  pare 
che  l'attività  dei  nostri  contraffatori  tenda  a  rivolgersi  anche 
a  queste.  Così  mi  vennero  alle  mani  due  pezzi  di  40  lire  di 
Napoleone  I,  coniati  a  Milano,  sui  quali  i  millesimi  comuni 
furono  cambiati  in  quello  molto  raro  del  1806.  Credo  bene 
quindi  mettere  in  guardia  i  nostri  raccoglitori  pel  caso  fos- 
sero loro  presentate  monete  moderne  rare,  avvertendoli  che 
queste  sostituzioni  di  anni  sono  eseguite  con  rara  abilità  e 
che  non  si  possono  discernere  che  dopo  un  diligente  esame 
fatto  colla  lente. 

E.  Gnecchi. 


OPERE  NUMISMATICHE 

DI 

CARLO    KUNZ 


(Continuazione:  Vedi  Fase.  IV,  1903) 


DUE  SIGILLI  VESCOVILI  DI  NONA 

DEL  MUSEO  CIVICO  DI  ANTICHITÀ  DI  TRIESTE  («) 


Dopo  quanto  esposero  intorno  ai  sigilli  molti  valentis- 
simi scrittori,  e  basti  nominare  Mabillon,  Heinecio,  Papen- 
broeck,  Gorleo,  Struvio,  l'abate  Goffredo  Gotvicense,  Ciac- 
conio,  Ughelli,  Muratori,  Domenico  Maria  Manni,  che  in  trenta 
volumi  ne  illustrò  grandissimo  numero,  tornerebbe  superfluo 
rilevare  l' importanza  che  hanno  pella  storia,  pel  diritto  pub- 
blico, pella  genealogia  i  vecchi  sigilli,  e  ripetere  cose  notis- 
sime sulla  loro  origine,  qualità,  materia,  tipi  e  leggende  (2). 
Basti  qui  accennare  come  scopo  di  tali  piccoli  monumenti 
fosse  quello  di  dare  ai  documenti  maggior  valore  di  auten- 
ticità e  credibilità  che  non  la  semplice  sottoscrizione,  come 
essi  siano  testimoni  fedeli  ed  imparziali  dei  fatti  passati  e 
perciò  tornino  di  grande  sussidio  alla  storia,  come  lo  studio 
della  sfragistica  abbia  ormai  acquistato  posto  distinto  fra  le 
archeologiche  discipline  e  venga  ognor  maggiormente  colti- 
vato, e  come  i  vecchi  sigilli,  care  memorie  di  tempi  passati, 


(i)  Dall' Archeografo  Triestino,  1880,  fase.  I-II,  pag.  137-142. 

(2)  Vedansi,  fra  gli  autori  moderni  :  Gloria.  Compendio  delle  le- 
zioni teorico  pratiche  di  paleografia  e  diplomatica.  Padova,  1870.  —  Luri. 
Manuale  di  paleografia  delle  carte.  Firenze,  1875. 


244  CARLO   KUNZ 


si  tengano  in  grande  estimazione  e  se  ne  facciano  collezioni 
da  musei  e  da  privati  con  zelo  pari  a  quello  impiegato  nel 
formare  serie  di  medaglie  e  di  monete.  Ed  a  ragione,  impe- 
rocché numismatica  e  sfragistica  sieno  due  dottrine  intima- 
mente collegate,  che  di  sovente  si  completano  a  vicenda,  e 
tendono  ad  un  medesimo  scopo,  quasi  due  rami  d'una  stessa 
famiglia. 

Conviene  poi  respingere  l'accusa  che  da  molti  vien  fatta 
a  cotali  monumenti,  di  non  offerire  squisitezza  di  lavoro  ar- 
tistico pari  a  quello  delle  monete  e  delle  medaglie.  Le  va- 
ghissime composizioni  di  grande  numero  di  sigilli  ecclesia- 
stici dei  secoli  XIV  e  XV,  specialmente  italiani,  dai  quali 
traluce  un  riflesso  delle  grandi  arti  della  scultura  e  della 
pittura  di  quei  tempi;  quelli,  ancor  più  vaghi,  del  secolo  XVI, 
in  ispecialità  di  cardinali  e  vescovi,  e  moltissimi  di  città  e 
principi  d'ogni  paese,  sono  là  a  dimostrare  che  l'arte  vi  eser- 
citò intorno  ogni  suo  più  diligente  magistero,  che  valentis- 
simi, sebbene  per  la  maggior  parte  ignoti,  erano  gli  artefici 
che  li  eseguirono,  e  ch'essi  reggono  bene  al  confronto  delle 
più  segnalate  medaglie.  Fra  i  molti  che  potrebbero  anno- 
verarsi basti  ricordare  quelli,  che  più  da  vicino  ci  riguar- 
dano, dei  vescovi  di  Trieste  Marino  di  Cernotis  (1424-1441) 
e  Nicolò  Aldegardis  (1441-1447),  già  riportati  in  questo  Ar- 
cheografo  (J).  Il  sigillo  originale  dell'Aldegardis  è  ora  bello 
ornamento  del  nostro  Museo  civico  di  antichità,  al  quale 
pervenne  con  le  collezioni  Cumano.  Quel  disegno,  fatto  an- 
teriormente dietro  logora  impronta  in  cera,  non  rende  che 
imperfettamente  l' immagine  di  tale  per  noi  insigne   cimelio. 

Oltre  la  preziosa  serie  di  sigilli  radunata  dal  Cumano  (2), 
il  Museo  raccolse  ormai  buon  numero  d'altri,  con  alcuni  di 
merito  speciale.  Tali  sono  due  vescovili  di  Nona,  l'antica 
Enonia,  città  della  Dalmazia,  nel  distretto  di  Zara,  la  isti- 
tuzione della  cui  sede  vescovile  risale  all'anno  879,  se  non 
prima,  annoverante  una  serie  accertata  di  cinquantasei  ve- 
scovi, fino  all'anno  1827,  in  cui  fu  soppressa  con    bolla   del 


(1)  Nuova  serie,  voi.  IV,  pag.  27,  e  voi.  V,  p.  184. 
(2Ì  Vedasi  Archeografo.  N.  s.,  voi.  VI,  pag.  50. 


DUE   SIGILLI   VESCOVILI   DI    NONA  245 

pontefice  Leone  XII  ed  aggregata  all'arcivescovo   di   Zara. 
Nona  è  ora  parrocchia  decanale  con  titolo  di  arcipretale. 

Non  dispiacerà  siano  qui  riportati  i  disegni  di  entrambi, 
potendo  interessare  quelli  che  si  compiacciono  di  siffatte  cose. 

Il  primo  sigillo  spetta  a  Jacopo  Bragadino,  della  no- 
bile famiglia  veneziana  di  tal  nome,  che  fu  il  ventesimot- 
tavo  vescovo  di  Nona  (1463-1474).  Di  ottimo  lavoro,  ve- 
rosimilmente di  artefice  veneziano,  viene  a  conferma  del 
suesposto  giudizio  sul  merito  di  molti  sigilli  ed  è  della  forma 
ovale,  a  sesto  acuto,  usata  più  comunemente  dagli  arcive- 
scovi, vescovi,  abati,  abadesse,  e  dai  monasteri  e  capitoli. 
Mostra  Maria  Vergine  coronata,  col  bambino,  in  mezzo  a 
due  Santi  vescovi,  entro  una  specie  di  tabernacolo  architet- 
tonico sorretto  da  due  pilastri  corinti,  ornato  nel  fregio  da 
encarpi  portati  da  cinque  maschere  e,  nel  timpano  del  fron- 
tispizio arcuato,  da  una  testa  di  cherubino.  Inferiormente 
vedesi  l'arme,  sormontata  dalla  mitra  vescovile,  dei  Braga- 
dini,  ch'era  spaccata  di  azzurro  e  d'argento  con  una  croce 
rossa  sopra  il  tutto.  Altra  più  antica  arma  dello  stesso  ca- 
sato, prima  che  fosse  diviso  in  due  rami,  ostendeva  un'aquila 
nera  in  campo  d'oro.  Corre  sul  margine  del  sigillo  l'iscri- 
zione: f  S  •  IACOBI  •  BRAGADINO  •  EPISCOPI  •  NONENSIS  •  ET  •  C  • 

Jacopo  Bragadino  fu  dapprima  ventesimosesto  vescovo 
di  Scardona  (1460- 1463).  Dopo  la  prima  età  coltivò  lo  studio 
della  filosofia  e  del  gius  civile  ed  ecclesiastico.  Recatosi  a 
Roma  diede  saggio  di  singolare  dottrina,  per  cui  dal  ponte- 
fice Pio  II,  fautore  dei  buoni  studi,  fu  insignito  del  titolo  e 
delle  insegne  di  suo  cameriere.  Dopo  la  vacanza  della  sede 
di  Scardona,  pella  morte  del  vescovo  Felice  (1460),  lo  stesso 
pontefice  destinavalo  a  quella  chiesa.  Jacopo,  dopo  la  con- 
sacrazione episcopale,  trovò  la  sede  illegalmente  occupata 
da  Alessandro,  dell'ordine  dei  frati  minori  di  S.  Francesco, 
il  quale  gliene  vietò  l'accesso.  Lorenzo,  metropolita  di  Spa- 
lato, incaricato  con  lettera  dal  pontefice  di  espellere  l'intruso, 
essendo  assente,  trasmise  l'ordine  a  Maffeo  arcivescovo  di 
Zara.  Alessandro  sgomentato  dalla  minaccia  delle  pene  ca- 
noniche, cedette  e  si  dimise.  Il  Bragadino  occupò  allora  la 
sede  che  tenne  tre  anni,  essendo  stato  trasferito  dallo  stesso 


246  CARLO   KUNZ 


pontefice  al  governo  di  quella  di  Nona  nell'anno  1463.  A  lui 
subentrò  in  quella  di  Scardona  il  nominato  Alessandro,  tor- 
nato in  grazia  del  pontefice. 

Quantunque  Mattia,  re  d'Ungheria,  vedesse  malvolen- 
tieri la  nomina  del  Bragadino  al  vescovato  di  Nona,  che 
pretendeva  fosse  di  suo  diritto,  nonostante  che  quella  città 
fosse  soggetta  ai  Veneziani,  non  giudicò  prudente  di  opporsi 
al  volere  del  pontefice,  ma,  cedendo  al  riflesso  dell'aiuto  che 
poteva  avere  da  lui  contro  i  Turchi  invadenti,  ai  meriti  del 
Bragadino,  ed  alle  raccomandazioni  di  Giovanni  Emo,  ora- 
tore della  Repubblica  presso  di  sé,  approvò  la  elezione, 
come  consta  da  lettera  di  quel  re,  in  data  di  Varasdino 
12  settembre  1463,  riportata  dal  Farlati. 

Il  Bragadino  sostenne  lunghe  contese  coi  patrizi  zaratini 
per  possessi  tenuti  da  essi  e  per  altri  diritti  accampati,  con- 
tese che  furono  appianate  mercè  l'intervento  del  Doge  e  del 
Senato.  Dopo  avere  governato  quella  sede  undici  anni,  morì 
nel  1474,  e  fu  sepolto  nella  cattedrale  davanti  all'altare  mag- 
giore. La  lapide,  che  ne  porta  scolpita  l'effìgie  con  gli  or- 
namenti vescovili,  reca  l'iscrizione:  HIC  •  IACET  •  IACOBVS  • 
BRAGADENO  •  PATRICIVS  •  VENETVS  •  EPISCOPVS  •  NONENSIS. 

Il  secondo  sigillo  spetta  al  ventesimottavo  vescovo  di 
Nona,  Jacopo,  della  antichissima  e  nobilissima  famiglia  Difnica 
(Divinic)  di  Sebenico,  distinta  per  amplissimi  privilegi  di  re 
ed  imperatori,  annoverante  molti  uomini  illustri  nelle  armi 
e  nelle  lettere,  insigniti  di  cariche  militari  civili  ed  ecclesia- 
stiche. E  piccoletto  tondo,  e  mostra  nel  mezzo  la  sua  arme, 
ch'è  uno  scudo  quadrato,  con  una  banda  accompagnata  da 
due  rose  di  cinque  foglie,  cimata  dalla  mitra  vescovile  colla 
infula  pendente.  Gli  smalti  di  tale  arme  sarebbero,  di  rosso 
pello  scudo  e  d'oro  per  la  banda  e  le  rose,  secondo  infor- 
mazione datami  gentilmente  dal  chiaris.  Sig.  Dr.  Francesco 
Danilo  di  Zara,  dal  quale  apprendo  inoltre  che  altra  arme 
della  stessa  famiglia  portava  un  leone  d'oro  con  tre  rose 
pure  d'oro.  Intorno  all'arme  corre  la  leggenda:  f  IACOBVS  • 
DIPHINICVS  •  EPISCOPVS  •  NONENSIS-  La  lezione  del  nome 
è  dunque  differente  da  quella  data  dagli  autori  e  del  monu- 
mento del  vescovo  Giorgio  suo  zio,  dove  leggesi  Diphnicus. 


DUE    SIGILLI   VESCOVILI    DI    NONA  247 

Jacopo  Difnico  fu  designato  successore  di  Giorgio  suo 
zio,  che  fu  ventesimosettimo  vescovo  di  Nona,  ed  occupò 
quella  sede  per  ben  55  anni  (1475-1530).  Vivente  lo  zio,  del 
quale  seguì  i  virtuosi  esempì,  fu  suo  coadiutore,  ammini- 
strando sapientemente  i  proventi  della  sede  in  tempi  cala- 
mitosi in  cui  1'  Ungheria  era  osteggiata  dai  Turchi.  Assunta 
la  dignità  vescovile  mantenne  vicario  M.  Antonio  Raimondi, 
ch'era  stato  già  tale  sotto  lo  zio,  e  che  lasciò  una  descri- 
zione del  territorio  nonense.  Custode  geloso  dei  diritti  e 
delle  immunità  della  sua  chiesa,  amministrò  giustizia  equa- 
mente, appianò  liti,  dettò  una  regola  sul  modo  di  percezione 
e  ripartizione  delle  decime,  e  diede  buon  esempio  al  Capi- 
tolo di  conformazione  alle  norme  della  onestà  e  della  reli- 
gione. Vigilò  la  conservazione  degli  argenti  e  delle  altre 
suppellettili  preziose  della  cattedrale,  ordinando  se  ne  facesse 
l'elenco,  onde  evitare  che  per  incuria  o  per  frode  ne  fosse 
fatta  dispersione  ;  provvidissima  misura,  che,  dove  per  av- 
ventura non  sia  di  già  adottata,  sarebbe  più  che  mai  neces- 
saria nel  nostro  tempo  in  cui  tanta  è  la  smaniosa  avidità 
degli  oggetti  rari. 

Durante  il  suo  episcopato,  nell'anno  1537,  Nedino  (Ne- 
dinum),  castello  nella  diocesi  di  Nona,  cadde  in  potere  dei 
Turchi,  che  già  nel  1500  erano  giunti  con  2000  cavalli  sotto 
Zara  terrorizzando  la  circostante  campagna.  Nedino  era  al- 
lora magazzino  e  granaio  dei  Veneziani,  dove  avevano  ra- 
dunate abbondanti  provvigioni  per  continuare  la  guerra  contro 
i  Turchi  e  che,  ritirandosi,,  diedero  alle  fiamme,  dopo  averne 
asportato  ogni  cosa.  Nel  sito  di  quel  castello,  quindici  miglia 
a  levante  di  Zara,  sta  ora  il  villaggio  denominato  Nedin, 
con  400  abitanti.  Lo  stesso  chiarissimo  Signor  Dr.  Fran- 
cesco Danilo,  al  quale  sono  lieto  di  esprimere  la  mia  più 
sentita  riconoscenza ,  mi  fa  sapere  come  poco  lontano , 
sopra  un  colle,  s'innalzino  le  rovine  di  un  castellacelo 
medioevale,  presso  il  quale  evvi  un  gruppo  di  casolari 
che  portano  il  nome  di  Staro  selo  (Villa  vecchia),  dove 
non  è  infrequente  il  rinvenimento  di  ruderi  e  di  monete 
romane  che  attestano  come  il  sito  fosse  abitato  da  tempi 
remoti. 


248  CARLO   KUNZ 


Il  vescovo  Jacopo  Difnico  morì  nell'anno  1556  e  la  sua 
salma  fu  deposta  nello  stesso  sepolcro  della  cattedrale  che 
lo  zio  Giorgio  faceva  innalzare  per  sé  e  che  porta  la  se- 
guente iscrizione  : 

HIC  IACET  AENONIVS 

PRAESVL    SED    DIPHNICA 

PROLES 

SIT   SVA  SORS 

INTER 

REGIA  CELSA 

PRECOR 

OBIIT  Vili.  AVG-VSTI   ANNO 

MDXXX. 


MONETE  INEDITE  O  RARE 

DI  ZECCHE   ITALIANE  W 


Lavorando  anni  parecchi  nelle  poche  ore  che  mi  resta- 
vano libere  dalle  cure  della  vita,  mettendo  in  pratica  quasi 
alla  lettera  il  precetto  nulla  dies  sine  linea,  sono  arrivato, 
disegnando  ed  annotando,  a  formare  un  copioso  schedario 
di  monete  di  zecche  italiane,  sia  spogliando  libri  nei  quali 
trovansi  riportate,  sia  aggiungendo  quante  passavanmi  pelle 
mani  od  erami  dato  di  osservare  in  qualche  pubblica  o  pri- 
vata collezione.  Con  tale  faticoso  ma  utile  lavoro,  che  altri 
fecero  certamente  prima  e  faranno  dopo  di  me,  non  ebbi 
altro  scopo  che  quello  di  appianarmi  all'uopo  le  difficili  ri- 
cerche quando  fossemi  necessario  di  ricordare  quanto  avevo 
veduto  e  quanto  fu  fatto  in  opere  numerosissime  e  spesso 
di  difficile  possesso  per  chi  non  è  dotato  di  beni  di  fortuna. 
Sono  contento  del  tempo  impiegato  per  soddisfare  ad  una 
di  quelle  attraenti  ed  oneste  manìe,  le  quali  in  chi  vi  è  do- 
minato, aiutano  a  vincere  le  noie  e  le  avversità  della  esi- 
stenza, senza  lasciare  rughe  di  pentimento. 

Allorché  mi  avviene  di  scartabellare  tali  mie  schede  vi 
trovo  qua  e  là  memoria  di  alcune  monete  sfuggite  alle  di- 
ligenti ricerche  di  quelli  che  faticarono  nello  studio  della 
numismatica  italiana  e  di  altre  che,  quantunque  già  pubbli- 
cate, mi  lasciarono  qualche  dubbio  sulla  esatta  loro  riprodu- 
zione od  interpretazione.  Alieno  dalla  manìa  di  atteggiarmi 
a  scopritore  di  cose  nuove,  e  più  ancora  di  erigermi  a  cor- 
rettore di  scusabili  errori,  avrei  lasciati   sempre    obliati    tali 


(i)  DM'Archeografo  Triestino,  voi.  VII,  fase.  III-IV,  1880. 


25O  CARLO   KUNZ 


miei  disegni  ed  annotazioni,  senza  le  cortesi  istanze  di  egregi 
e  chiarissimi  amici,  ai  quali  parve  che  non  sarebbe  forse 
opera  del  tutto  infruttuosa  la  pubblicazione  neir '  Archeografo 
di  una  parte  di  tali  cose,  potendo  esse  servire  a  colmare 
qualche  lacuna  nella  serie  delle  monete  italiane.  Farò  adunque 
ciò  che  mi  si  chiede,  spigolando  nel  mio  schedario  quanto 
mi  sembrerà  meritevole  di  menzione.  Saranno  alcuni  articoli, 
nei  quali  procederò  a  capriccio  ed  a  sbalzi,  senza  altro  or- 
dine, nemmeno  richiesto  per  lavoro  di  tal  fatta,  che  quello 
necessario  alle  singole  parti,  ad  imitazione  di  quanto  fecero 
prima  di  me  alcuni  valentissimi  nummografi  C1).  Tralascerò 
possibilmente  la  ripetizione  di  cose  notissime,  limitando  le 
annotazioni  al  mero  necessario,  onde  non  allungare  di  troppo 
gli  articoli,  ed  usurpare  troppe  pagine  del  periodico  a  lavori 
ben  più  meritevoli. 

MONETE  DEI  CONTI   E    DUCHI    DI   URBINO 


Le  monete  dei  signori  e  duchi  di  Urbino,  dei  casati  di 
Montefeltro  e  della  Rovere,  uscite  dalle  zecche  di  Gubbio, 
Pesaro  ed  Urbino,  nella  quale  ultima  città  furono  battute 
anche  quelle  del  duca  Francesco  Maria  I  della  Rovere  per 
Sinigaglia,  che  trovansi  in  parte  riportate  nei  trattati  del 
Muratori  e  del  Bellini,  nei  due  volumi  delle  monete  d'oro  e 
d'argento  del  museo  imperiale  ed  in  qualche  altra  opera, 
ebbero  in  fine  la  buona  ventura  di  essere  dottamente  ed 
ampiamente  illustrate  da  Rinaldo  Reposati  e  da  Guid'Antonio 
Zanetti.  L'opera  del  primo  :  Della  zecca  di  Gubbio  e  delle 
gesta  dei  Conti  e  Duchi  di  Urbino  (Bologna,  1772-1773),  ela- 
borata coll'aiuto  del  Zanetti,  fu  poi  da  questo  rifatta  e  com- 


(1)  Così  :  R.  Chalon.  Curiosités  numismatiques ;  Monnaies  rares  ou 
inédites  (Revue  de  la  Numism.  belge),  1860  e  seguenti.  —  C.  Brambilla. 
Alcune  annotazioni  numismatiche.  Pavia,  1867  ;  Altre  annotazioni  numi- 
smatiche. Pavia,  1870.  —  D.  Promis.  Monete  del  Piemonte  inedite  o  rare. 
Torino,  1852  ;  Monete  di  zecche  italiane  inedite  o  corrette.  Torino,  1867  ; 
Monete  di  zecche  italiane  inedite.  Torino,  1868  ;  Monete  di  zecche  italiane 
inedite  0  corrette.  Torino,  1871. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  25 1 

pendiata,  con  esclusione  della  storia  di  Gubbio  e  dei  conti 
e  duchi  di  Urbino,  e  con  aggiunta  di  nuove  notizie  e  mo- 
nete, e  da  lui  inserita  nel  primo  tomo  della  sua  Nuova  Rac- 
colta delle  monete  e  zecche  d'Italia  (Bologna,  1875),  col  titolo  : 
Delle  monete  di  Gubbio  de'  secoli  bassi  e  delle  altre  coniate 
nelle  zecche  dei  duchi  di  Urbino.  In  fine  di  quel  primo  volume 
lo  stesso  Zanetti  inseriva  una  Appendice  contenente  alcune 
correzioni  ed  aggiunte  al  precedente  trattato,  e  finalmente 
nel  terzo  tomo  della  sua  Raccolta  aggiungeva  altre  notizie 
ed  altre  diciasette  monete  di  Gubbio,  Pesaro  ed  Urbino  di 
quei  dinasti. 

Dopo  sì  diligenti  ed  esaurienti  lavori,  i  quali  lasciavano 
poca  speranza  che  altri  potesse  aggiungervi  qualche  cosa, 
riusciva  a  me  di  pubblicare  un  nuovo  quattrino  di  Gubbio, 
di  Guidobaldo  II,  del  Museo  di  Trieste  (0,  e  prima  ancora, 
un  testone  di  Francesco  Maria  II,  del  Museo  di  Padova  (2), 
sfuggiti  alle  indagini  di  quei  valenti. 

Accennando  alle  monete  di  Urbino  del  Museo  di  Padova 
promettevo  di  occuparmi  quando  che  fosse  di  qualche  altra 
moneta  inedita  di  quella  zecca,  venuta  a  mia  cognizione. 
Eccomi  ora  a  sciogliere  la  promessa,  aggiungendo  qualche 
altro  pezzo  a  quelli  che  allora  avevo  in  mira.  Non  sono 
molte,  né  tutte  d' importanza,  ma  serviranno  allo  scopo,  già 
propostosi  da  Reposati  e  da  Zanetti,  di  contribuire  alla  com- 
pleta illustrazione  de'  monumenti  usciti  dalle  zecche  degli 
Urbinati  e  dimostrare  maggiormente  quanto  fossero  attive 
per  opera  loro.  Ma  prima  di  passare  alla  descrizione  di  esse 
siami  concesso  di  esprimere  il  desiderio  che  da  altri  siano 
divulgate  tutte  quelle  monete  delle  tre  menzionate  zecche 
che  giacciono  ancora  inedite  nelle  pubbliche  o  private  col- 
lezioni. Reposati  e  Zanetti  menzionarono  parecchie  che  non 
ebbero  la  sorte  di  vedere,  ma  delle  quali  raccolsero  atten- 
dibili notizie.  Sarebbe  inedita  la  moneta  da  una  sedicina,  col 
ritratto  di  Francesco  Maria  II,  accennata  dal  Morbio  {Opere 


(1)  Archeografo  Triestino.  Nuova  serie,  voi.  VI,  pag.   57,  n.  8  della 
Tavola. 

(2)  Periodico  di  Numismatica  e  Sfragistica.  Firenze,  voi.   Ili,   1871, 
pag.  61,  Tav.  VII,  ri.  7. 


252  CARLO    KUNZ 


storico-numismatiche.  Bologna,  1870,  pag.  123).  Nel  Primo 
Catalogo  del  Museo  Bartolomeo  Borghesi  (Roma,  1879)  sono 
elencate  le  seguenti.  Un  quattrino  di  Guidobaldo  I  colle  ini- 
ziali G.  D.  sotto  a  corona  (n.  2078);  un  testone  con  URBINI 
sotto  il  rovere  (n.  1204)  ed  un  mezzo  quattrino  coll'arme 
(n.  2103),  di  Francesco  Maria  II.  Non  sono  inedite,  come  fu 
notato  in  quel  catalogo,  le  monete  n.  2104  e  2106,  perchè 
pubblicate  dal  Zanetti  nella  Appendice  ai  trattati  dei  primi 
tre  tomi,  come  non  era  inedito  il  piccolo  di  Federico  II  col 
monogramma,  che  ora  ripubblico  sotto  il  n.  2.  Fu  grave 
danno  la  cessazione  del  Periodico  di  Firenze  che  offeriva 
facile  mezzo  di  pubblicazione  anche  a  brevi  memorie  e  no- 
tizie le  quali  difficilmente  trovano  modo  di  essere  divulgate 
in  altra  guisa. 

GUID'ANTONIO  DI  MONTEFELTRO 

VI     CONTE     DI     URBINO     E     II     SIGNORE     DI     GUBBIO 

(1404  f  1442)  (*). 

1.  G  •  A  •  G  •  MOTISFE  In  alto,  armetta  di  casa  Montefeltro, 
ch'era  pari  a  quella  del  Comune  di  Urbino,  bandata 
d'azzurro  e  d'oro.  Nel  campo  le  lettere  :  T  •  R  •  I  •  ;  ed 
una  rosetta. 
DE  •  EV  •  GV  •  Bl  •  Al  sommo,  monte  di  cinque  cocuzzoli, 
arme  di  Gubbio,  fra  due  rosette.  Nel  campo  A,  fra 
quattro  punti. 
Bolognino  di  buon  argento,  peso  decigrammi  8,40. 

Trovasi  descritto  nel  catalogo  Reichel  (2).  Reposati  e 
Zanetti  non  conobbero  di  questo  signore,  per  Gubbio,  altre 
monete  che  quattrini  di  due  specie,  con   alcune  varietà  ;  gli 


(1)  Di  questo  Duca,  valentissimo  nell'arte  militare,  nominato  dai 
Fiorentini  e  dai  Veneziani  Capitano  supremo,  ammirasi  nel  cortile  del 
Palazzo  ducale  di  Venezia,  sotto  l'orologio,  una  statua,  lodata  opera  del 
fiorentino  Giovanni  Bandini,  donata  alla  Repubblica  dal  duca  Francesco 
Maria  II  della  Rovere. 

(2)  Die  Reichelsche  Munzsammhing  in  St.  Petersburg,  tomo  IX,  1843, 
pag.  79,  n.  539. 


MONETE   INEDITE   O   RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  253 

uni  con  l'arme  di  Casa  Feltria  da  un  lato  e  l'arme  di  Gubbio 
dall'altro;  gli  altri,  con  pari  dritto,  ma  al  rovescio  il  busto 
di  San  Ubaldo,  principale  protettore  della  città.  Consimili 
bolognini,  battuti  da  prima  in  Bologna  nell'anno  1236,  ed 
imitati  soccessivamente  in  Ancona,  Ascoli,  Fermo,  Macerata, 
Rimini,  Recanati,  Camerino,  Modena,  Ferrara,  Crema,  Cre- 
mona, Chieti,  Pesaro,  conoscevansi  per  Gubbio  soltanto  di 
Federico  II,  duca  d'Urbino,  figlio  naturale  di  Guid'Antonio, 
che  Reposati  disse  essere  stato  il  primo  che  dotava  il  suo 
stato  di  moneta  d'argento.  Il  presente  è  dunque  di  partico- 
lare interesse. 


FEDERICO  DI  MONTEFELTRO 

li     DUCA     D'URBINO 
(1444  f   I482). 

2.  f  FEDERICVS  •  CO  •  Nel  mezzo,    monogramma    composto 
delle  lettere  t  fc>  5. 
VR  *  VI  *  NI  f  (stV-    Al   sommo,    aquiletta  fra  due  stelle. 
Nel  campo,  arme  di  casa  Montefeltro. 
Quadrino  di  bassa  lega.  Peso  decigr.  5,90. 

Il  chiarissimo  P.  Tonini  pubblicò  già  tale  quattrino  nel 
Periodico  di  Firenze  (J)  credendolo  giustamente  meritevole  di 
particolare  illustrazione.  Se  lo  ripubblico  ora  gli  è  perchè 
quel  dotto  nummografo  non  interpretò  giustamente  il  mono- 
gramma che  porta  impresso,  il  quale  secondo  lui  sarebbe 
composto  delle  sole  lettere  f  ed  3,  ma  a  chi  fece  il  suo  di- 
segno sfuggì  un  tratto  superiore,  pure  alquanto  visibile,  che 
forma  l'asta  obliqua  di  una  terza  lettera,  cioè  di  una  t),  la 
quale  aggiunta  alle  altre  due,  compone  il  monogramma  dei 
tre  elementi  f  5  t)  che  fanno  parte  del  nome  feoericuB.  Trat- 
tandosi di  moneta  assai  pregevole  stimai  opportuna  tale  ret- 
tificazione, la  quale  spero  sia  anche  confermata  dall'esem- 
plare della  collezione  Borghesi,  /  Catalogo,  n.  2075,  nel  quale, 
come  già  dissi,  tale  quattrino  fu  detto  erroneamente  inedito. 


(1)  Tomo  II,  pag.  34. 


254 


CARLO   KUNZ 


GUIDO  UBALDO  I 

III  DUCA    D' URBINO 
(1482    f    I508). 

3.  OVIDVS  •  VB  •  *  •  DVX  •  VRBINI  Al  sommo,   stella   fra   due 

doppi  punti.  Nel  campo,  busto  giovanile  del  Duca. 
FIDES  *  SPES  *  CARITAS  Superiormente,  stella  fra  due 
doppi  punti.  Scudo  a  teschio  di  cavallo,  coll'arme  in- 
quartata :  1  e  4,  l'aquila  di  Urbino  ;  2  e  3  le  bande  dei 
Montefeltro  ;  la  inquartatura  partita  da  un  palo  colla 
insegna  pontificia. 
Quattrino  di  rame. 

Reposati  riportò  tre  simili  quattrini  (pag.  41,  n.  Ili,  IV,  V), 
ma  colla  testa  del  Duca  rivolta  alla  sinistra,  e  con  inverso 
collocamento  dei  tre  quarti  dell'arme.  Parvemi  meritevole  di 
pubblicazione  il  presente,  perchè  tanto  differente  e  per  il 
bel  disegno  della  testa  quasi  infantile  del  Duca,  il  quale  a 
soli  dieci  anni  succedette  al  padre  Federico,  ondechè  tale 
moneta  dovrebbe  ritenersi  essere  una  delle  prime  da  lui 
battute. 

FRANCESCO  MARIA  I  DELLA  ROVERE 

IV  DUCA   D' URBINO 

(1508,  1516  e  1521  f  I538)- 

4.  f  FRANC  t  MARIA  •:•  VRBI  •  DVX    Arme    coronata   inquar- 

tata :  1,  aquila  coronata,  per  Urbino  ;  2,  il  rovere  dei 
della  Rovere;  3,  le  bande  di  Montefeltro;  4,  d'Aragona, 
arme  concessa  a  Giovanni  della  Rovere,  padre  di  Fran- 
cesco Maria,  da  Ferdinando  I  re  di  Napoli  ;  la  inquar- 
tatura partita  dal  palo  colla  insegna  pontificia. 
'•:••  S  •  CRISCENTINE  •  OR  •  PRO  •  N  •  San  Crescentino  a 
cavallo,  armato  di  lancia,  con  la  quale  ferisce  il  drago. 

Argento,  grammi  3,157. 

Il  barile  feretrano,  annoverato  in  bando  senza  data  di 
Lorenzo  de'  Medici,  investito  da  Leone  X,  suo  zio,   del   du- 


MONETE  INEDITE   O   RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  255 

cato  di  Urbino,  dopo  che  n'ebbe  spogliato  nell'anno  1516  il 
duca  Francesco  Maria  I,  avente  corso  per  quattrini  trenta- 
sette e  mezzo  doveva  essere,  secondo  l'opinione  dei  men- 
zionati due  autori,  moneta  d'Urbino,  per  l'etimologia  del- 
l'aggettivo, derivato  dalla  casa  di  Montefeltro,  detta  Fere- 
trana.  Doveva  inoltre,  sì  nel  peso,  che  nella  grandezza,  es- 
sere simile  al  barile  fiorentino,  perchè  di  nome  uguale.  Il 
barile  fiorentino  o  gabellotto  fu  battuto  la  prima  volta  nel- 
l'anno 1505,  ad  imitazione  del  carlino,  battuto  un  anno  avanti, 
e  valse  soldi  12  e  danari  6.  Quel  nome  gli  fu  dato  perchè 
serviva  al  pagamento  della  gabella  di  un  barile  di  vino,  ov- 
vero di  due  barili  di  olio.  Fu  coniato  appositamente  per  tale 
uso,  onde  facilitare  il  pagamento  di  quelle  gabelle  che  per 
lo  innanzi  facevasi  con  grave  incomodo  con  monete  piccole. 
Si  può  vedere  la  figura  di  esso  nell'opera  dell'Orsini:  Storia 
delle  monete  della  Repubblica  fiorentina,  pag.  283. 

Il  barile  feretrano,  che  pel  suo  valore  di  quattrini  37  !/2 
doveva  essere  maggiore  delle  monete  d'argento  di  Urbino 
anteriori  al  bando  di  Lorenzo  de'  Medici,  fu  moneta  invano 
desiderata  e  cercata  da  Reposati  e  da  Zanetti.  Forse  non 
erro  ammettendo  la  sudescritta  moneta  essere  appunto  il 
barile  feretrano.  Il  suo  modulo,  maggiore  di  quello  di  qua- 
lunque altra  moneta  argentea  urbinate  anteriore  a  quel  bando, 
ed  uguale  a  quello  del  barile  fiorentino;  il  suo  peso  di  poco 
inferiore  allo  stesso,  che  in  esemplari  di  ottima  conservazione 
trovai  di  grammi  3,415  a  3,519  e  l'epoca  del  dominio  del 
duca  Francesco  Maria  I,  di  poco  posteriore  alla  prima  bat- 
titura del  barile  di  Firenze,  appoggiano  bastantemente  la  mia 
opinione.  Non  escludo  tuttavia  la  possibilità  che  la  moneta 
che  qui  riporto  possa  invece  essere  uno  dei  doppi  grossi  di 
San  Crescentino,  valutati  nel  predetto  bando  quattrini  tren- 
tatre, e  che  il  vero  barile  feretrano  resti  ancora  a  scoprirsi 
e  fosse  di  un  tipo  più  simile  al  fiorentino,  per  esempio  con 
l'arme  da  un  lato  e  due  Santi  dall'altro,  press'a  poco  come 
le  monete  da  due  sedicine  e  da  trenta  quattrini  del  duca 
Francesco  Maria  II  (Reposati,  pag.  120,  n.  25,  32,  33).  Ma 
sia  come  si  voglia,  la  presente  bella  moneta  deve  ritenersi 
assai  pregevole,  perchè  finora  ignorata  e  perchè  maggiore 
di  tutte  le  finora  conosciute   del    quarto    duca    d'Urbino.   È 


256  CARLO  KUNZ 


verosimile  che  il  solo  Francesco  Maria  I  abbia  battuto  tanto 
il  barile  che  il  doppio  grosso  menzionato,  ed  anzi  ch'egli 
non  abbia  ciò  fatto  che  nel  primo  periodo  del  suo  dominio, 
dal  1508  al  1516. 

5.  FRANC  •:•  MA  •;•  VRBI  •;•  DVX  •    In    alto,    scudetto    bandato 

fra  due  rosette.  Nel  mezzo,  arme   coronata   inquartata  : 

I  e  4,  d'Aragona  ;  2,  di  della  Rovere  ;  3,  controinquar- 
tato,  aquila  d'Urbino  e,  sembra,  le  bande. 

S  •  CRIS  •  ORA  •  PRON  •  Il  Santo  Crescentino  a  cavallo  che 
uccide  il  drago. 
Grosso,  grammi  1,447,  ma  alquanto  stronzate 

È  una  varietà  del  grosso  recato  dal  Reposati  (pag.  51, 
n.  IV),  per  l'assenza  del  gonfalone  ed  il  diverso  collocamento 
degli  altri  elementi  dell'arme.  Nessuna  altra  moneta  d' Urbino 
offre  l'arme  così  composta.  La  mancanza  del  gonfalone,  che 
notasi  in  altro  grosso  di  questo  duca  (Reposati,  pag.  51,  n.  Ili) 
dimostra  che  anche  questo  fu  battuto  dopo  l'anno  1516,  in 
cui  fu  spogliato  del  ducato  e  del  titolo  di  Capitano  generale 
della  Chiesa. 

GUIDOBALDO  II  DELLA  ROVERE 

V     DUCA     D' URBINO 
(1538    t    1574)- 

6.  Corona  formata  di  due  rami  d'alloro,  che  dove  si  uniscono 

hanno  una  rosetta.  Nel  campo  le  lettere  G.   V.   (Guidus 

Ubaldus),  sotto  a  corona. 
Il  •  •  VRB  •  DVX  •  IMI  •  Aquila  coronata  ad  ali  aperte,  rivolta 

a  destra. 
Soldo,  d'argento,  decigr.  4,65. 

II  tipo  di  questo  soldo  si  accosta  alquanto  a  quello  delle 
due  varietà  a  pag.  83,  n.  30  e  31  di  Reposati,  ma  n'è  diffe- 
rente per  l'assenza  della  iscrizione  sul  primo  lato  e  per 
l'aquila,  che  in  quelli  è  senza  corona  e  veduta  di  faccia. 
Reposati  assegna  i  suoi  alla  zecca  di  Pesaro,  ma  l'aquila 
giustificherebbe  piuttosto  l'attribuzione  sì  di  quelli  che  di 
questo  ad  Urbino. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI   ZECCHE   ITALIANE  257 

FRANCESCO  MARIA  II  DELLA  ROVERE 

VI  ED  ULTIMO  DUCA  D' URBINO 
(1574,  1624  f  1631). 

7.  FRÀNC  •  M  •  il  •  VRB  •  DVX  •  VI  •  ET  •  C  •  Arme  coronata  in- 

quarta :    1,  aquila  coronata;    2,  il  rovere;    3,  le  bande; 
4,  d'Aragona  ;  la  inquartatura  partita  dal  palo  col  gon- 
falone della  Chiesa. 
AVXILIVM  DE  •  SANCTO  •    San    Francesco    genuflesso,    di 
faccia,  in  atto  di  ricevere  le  stimate.  Sotto:  PISÀVR. 
Paolo,  peso  grammi  3,209. 

È  alquanto  differente  dal  paolo  recato  da  Reposati, 
pag.  93,  n.  5,  nel  quale  il  Santo  è  rappresentato  di  profilo, 
ed  il  motto  che  lo  accompagna  incomincia  in  alto  alla  destra, 
come  in  paolo  simile  battuto  in  Urbino.  Tali  monete,  che 
da  prima  si  denominavano  giuli  più  tardi  furono  detti  paoli, 
quando  fu  fatta  la  moneta  da  due  grossi  (cioè  quella  col 
valore  :  2  GROSSI,  inscritto  nel  rovescio,  entro  corona  di 
quercia),  di  valore  alquanto  inferiore,  alla  quale  restò  il  nome 
di  giulio. 

8.  F  ■  M  •  Il  •  VRB  •  DVX  •  VI  .  ET    C  •    Arme    coronata,    come 

nel  precedente  paolo. 
Corona  di  quercia,   entro   la    quale  :   PI  —  SÀV  —  B)   in 
tre  righe. 

Sesino  di  bassa  lega. 

Tale  moneta,  ignorata  dai  menzionati  autori,  giudico  es- 
sere sesino  anziché  quattrino,  perchè  simile  ad  uno,  uscito 
del  pari  dalla  zecca  di  Pesaro,  il  quale,  in  luogo  del  nome 
della  città,  porta  inscritto  quel  valore  sul  secondo  lato  (Re- 
posati, pag.  106,  n.  16). 

Ometto  alcune  altre  varietà  di  minor  conto,  di  monete 
degli  Urbinati,  che  non  gioverebbero  gran  fatto  al  presente 
argomento. 


258  CARLO   KUNZ 


9.  ERRORVM  •  FINIS  •  PROPE  •  Vaso   di    fiamme  (?).    In    alto, 
stella  forata  fra  due  punti. 
CÀRITAS  •  San  Martino  a  cavallo  che  taglia  un  lembo  del 
suo  manto  per  vestire  un  poverello  ignudo. 
Argento,  decigr ? 

Questa  bella  monetina,  non  infrequente  nelle  collezioni, 
anche  di  coni  variati,  non  ha  elementi  tali  che  possano  soc- 
correre e  determinarla  a  prima  vista.  Ne  propongo  la  spie- 
gazione ai  valenti  cultori  della  numismatica  italiana,  molti 
dei  quali  l'avranno  già  fatta  scopo  delle  loro  indagini.  L'ho 
messa  qui  in  aggiunta  alle  precedenti  dei  duchi  d'Urbino, 
trovando  in  essa  qualche  cosa  che  potrebbe  farla  credere 
uscita  da  alcuna  delle  loro  zecche.  L'oggetto  raffigurato  sul 
primo  suo  lato,  che  vedesi  di  più  forme  sopra  alcune  mo- 
nete da  quattro  e  da  due  bolognini  e  soldi  e  quattrini,  di 
Guidobaldo  II,  della  zecca  di  Pesaro,  che  Reposati  disse 
vaso  di  fiamme  ed  anche  pietra  focaia  figurata  come  un  vaso, 
e  che  si  riconosce  talvolta  per  un  acciarino  simile  a  quelli 
che  formano  parte  della  collana  del  tosone  d'oro,  potrebbe 
alludere  a  tale  decorazione,  della  quale  il  nominato  Duca  fu 
insignito  dall'imperatore  Carlo  V  nell'anno  1558.  Il  suo  peso 
è  uguale  ai  doppi  bolognini  dello  stesso  duca  che  nel  primo 
lato  mostrano  un  consimile  oggetto  e  nell'altro  la  figura  di 
S.  Terenzio  (Reposati,  pag.  83,  n.  28  e  29).  Potendo  talvolta 
alcuni  piccoli  dettagli  sulle  monete  incerte  aiutare  la  loro 
spiegazione,  aggiungerò  ancora  come  i  punti  triangolari  ri- 
corrono in  monete  di  Pesaro  di  Giovanni  Sforza,  e  le  stelle 
forate  in  monete  pure  di  Pesaro  di  Leone  X  (Olivieri:  Della 
zecca  di  Pesaro,  ecc.,  in  Zanetti,  t.  I,  pag.  240.  tav.  Ili, 
n.  XXXXII  e  XXXXIII).  Lascio  il  rimanente  a  chi  ne  sa 
più,  così  di  vedere  se  il  motto:  Prossimo  alla  fine  dell'errore, 
possa  riferirsi  a  qualche  fatto  della  vita  di  Guidobaldo  II,  ed 
il  perchè  del  San  Martino  su  tale  moneta. 


MONETE    INEDITE    O    RARE   DI    ZECCHE    ITALIANE  259 


MIRANDOLA  W 


L'origine  di  Mirandola  è  incerta.  Che  Astolfo,  re  de' 
Longobardi,  abbia  donato  il  castello  della  Mirandola  con  la 
corte  di  Quarantola  a  S.  Anselmo,  fondatore  della  Badia  di 
Nonantola  ;  che  Rodolfo,  successore  di  Anselmo,  l'abbia  dato 
a  Bonifacio,  padre  di  Matilde  ;  che  Matilde  v'abbia  fatto  co- 
struire una  rocca  e  donato  poi  il  tutto  ad  Ugo,  figlio  di 
Manfredo  e  fido  di  Matilde,  padre  di  un  Bernardo  da  cui 
derivano  i  Pio  da  Carpi,  di  un  Guido,  ed  in  fine  di  un  Al- 
berto il  cui  figlio  Pizo  diede  vita  e  cognome,  poi  cambiato 
in  quella  di  Pico,  ai  signori  della  Mirandola,  e  così  avanti, 
non  importa  gran  fatto,  bastando  per  il  mio  scopo  di  ricor- 
dare come  il  vero  principio  della  signoria  dei  Pico  rimonti 
all'anno  131 1,  nel  quale  un  Francesco  Pico  ottenne  dall'im- 
peratore Enrico  VII  Quarantola  e  Mirandola  a  titolo  di  feudo 
per  sé  ed  i  suoi  discendenti,  e  di  toccare  brevemente  di 
quelli  della  famiglia  Pico  sotto  il  dominio  dei  quali  lavorò 
la  zecca  di  Mirandola. 

Se  Francesco  non  avesse  mirato  al  dominio  e  nel  1311 
non  avesse  ottenuta  quella  investitura,  la  Mirandola  sarebbe 
sempre  restata  un  luogo  di  poca  importanza.  Ai  Pico  adunque 
essa  andò  debitrice  del  suo  ingrandimento  e  splendore.  La 
Concordia,  seconda  città  dello  stato  dei  Pico,  che  Tiraboschi 
trovò  ricordata  in  carta  dell'anno  1360,  innalzata  a  contea 
dall'  imperatore  Sigismondo  nel  1432  ed  a  marchesato  quando 
Mirandola,  nel  1597,  divenne  principato,  prese  forse  il  nome 
da  una  pace  conchiusa  fra  vari  membri  della  famiglia  Pico 
nell'anno  1396. 

La  famiglia  Pico  fu  feconda  d'uomini  illustri  d'ogni  ge- 
nere, e  nelle  belle  lettere  principalmente  essa  sorpassò  ogni 
altra  famiglia  sovrana.  Uno  speciale  amore  per  le  lettere  e 
per  i  letterati  fu  eredità  perpetua  lasciata  ad    essi   da    Gio- 


(1)  DaWArcheografo  Triestino,  voi.  Vili,  fase.  MI,  1881. 

34 


2Ó0  CARLO    KUNZ 


vanni  Pico,  che  il  suo  secolo  denominò  fenice  degli  ingegni 
e  monstrum  sine  vilio,  il  quale,  per  vivere  libero  e  tutto  de- 
dito agli  studi,  vendette  la  sua  parte  di  principato  al  nipote 
Gian  Francesco  per  30000  ducati.  Nell'anno  1824  i  Miran- 
dolesi  sciolsero  un  voto  di  postuma  gratitudine,  erigendogli 
un  monumento  nella  chiesa  di  S.  Francesco.  Gian  Fran- 
cesco II,  nipote  di  Giovanni,  che  primo  dotò  la  Mirandola  di 
una  tipografia  e  della  zecca,  ebbe  il  titolo  di  letteratissimo 
per  il  suo  vasto  sapere  (x).  Anche  gli  altri  signori  della  Mi- 
randola, non  escluso  il  violento  Galeotto  II,  non  escluse  pa- 
recchie donne  del  loro  casato,  coltivarono  le  lettere  o  pro- 
tessero letterati,  scienziati  ed  artisti. 

Nell'ultimo  (XVIII)  secolo  i  dinasti  della  Mirandola  s'in- 
titolavano :  duchi  della  Mirandola,  marchesi  della  Concordia 
e  signori  di  San  Martino  in  Spino.  Erano  reputati  sovrani, 
ed  in  documenti  del  duca  di  Savoia,  del  granduca  di  To- 
scana, e  persino  dei  re  di  Francia  e  d'Inghilterra  sono  detti 
cugini.  Avevano  tutti  i  diritti  di  regalia,  compreso  quello  di 
battere  moneta,  concesso  nell'anno  1515  a  Gian  Francesco  II 
dall'imperatore  Massimiliano  I.  Gareggiavano  colle  più  il- 
lustri famiglie  d'Italia  ed  erano  imparentati  colle  principali 
di  esse. 

L'arma  loro,  fino  al  tempo  in  cui  Alessandro  I  fu  creato 
duca,  fu  varia,  come  può  vedersi  sulle  monete  di  Gian  Fran- 
cesco, di  Galeotto  II,  di  Lodovico  II  e  di  Galeotto  III,  e  sui 
monumenti  sepolcrali  riportati  nelle  tavole  del  Litta.  Da  al- 
lora in  poi  l'arme  loro  era  inquartata,  nel  primo  e  quarto 
punto,  d'oro,  insegna  della  Mirandola  (2).  Il  secondo  e  terzo 


(1)  Le  opere  di  Giovanni  Pico  furono  stampate  in  Bologna  nell'anno 
1496,  in  Venezia  nel  1498,  in  Argentina  nel  1504,  in  Reggio  (?)  nel  1506, 
in  Parigi  nel  1817,  di  nuovo  in  Venezia  nel  1519  e  nel  1556,  e  final- 
mente, assieme  a  quelle  di  Gian  Francesco,  in  Basilea  nel  1557,  1573 
e  1601  (Tiraboschi,  Biblioteca  Modenese,  tomo  IV,  pag.  105).  Le  opere 
di  Gian  Francesco  sono  ricordate  dal  Tiraboschi,  tomo  IV,  pag.  113  e  122, 
Un  elenco  più  completo  trovasi  nella  Cronaca  della  Mirandola  di  Ingrano 
Bratti.  Mirandola,  1872. 

(2)  L'antico  stemma  della  Mirandola  era  un  capriolo,  chevron,  d'oro, 
in  campo  azzurro,  e  le  fu  restituito  nel  1742  dagli  Estensi. 


MONETE    INEDITE   O    RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  2ÓI 

campo,  fasciato  d'argento  e  d'azzurro,  caricato  da  un  leone 
rosso,  armato,  lingusto  e  coronato  d'oro,  per  Concordia. 
Sopra  il  tutto  uno  scudetto  scaccato  d'argento  e  di  azzurro, 
ch'era  l'arme  Pico.  Nel  capo  dello  scudo  l'aquila  dell'Impero, 
adottata  dai  Pico  nel  1311,  quando  la  provincia  di  Miran- 
dola fu  innalzata  alla  dignità  di  vicariato  imperiale. 


Gian  Francesco,  figlio  di  Galeotto  I  e  zio  di  Giovanni 
la  fenice,  fu  adunque  il  primo  a  dotare  la  Mirandola  di  una 
zecca.  Nel  1499  ottenne  dall'imperatore  Massimiliano  I  una 
investitura  in  conferma  delle  precedenti,  la  quale  ordinava 
che  i  secondogeniti,  Lodovico  e  Federico,  lo  riconoscessero 
come  sovrano.  Ma  i  fratelli,  che  pure  avevano  riconosciuta 
la  cessione,  non  vollero  poi  saperne,  e  nel  1502  assalirono 
la  Mirandola  e  la  presero.  Gian  Francesco,  fatto  prigione, 
dovette  prendere  la  via  dell'esilio,  dove,  insidiato  dai  fratelli 
nella  vita,  fu  loro  generoso  di  perdono.  Ottenne  nuovi  de- 
creti dall'  imperatore,  il  quale  poi  contraddicendosi,  dette  il 
governo  della  Mirandola  a  Francesca  Trivulzio,  vedova  di 
Lodovico,  morto  nel  frattempo.  Giulio  II,  intento  a  scacciare 
i  Francesi  dall'Italia,  prese  Mirandola  nell'anno  1511  e  la 
restituì  a  Gian  Francesco  ;  ma  nello  stesso  anno  il  mare- 
sciallo Trivulzio  ne  lo  espulse  di  nuovo.  Ad  appianare  le 
discordie  l' imperatore  ordinò  che  lo  stato,  già  piccolo,  fosse 
diviso  in  due,  e  Gian  Francesco  scelse  per  sé  la  Mirandola, 
lasciando  la  Concordia  aila  cognata,  tutrice  di  Galeotto  ancor 
bambino.  Mancato  in  seguito  a  questa  l'appoggio  del  Tri- 
vulzio, Gian  Francesco  ottenne  nel  1515  dall'  imperatore 
nuova  investitura  di  tutto  lo  stato,  col  diritto  di  zecca,  e  cre- 
dendosi ormai  sicuro,  poiché  anche  l'altro  fratello  Federico 
era  morto,  diedesi  a  governare  con  amore  il  suo  stato,  de- 
dicandosi in  pari  tempo  tutto  agli  studi.  Ma  un  nuovo  e  più 
fiero  nemico  gli  sorse  contro  nella  persona  di  Galeotto,  figlio 
di  Lodovico,  il  quale  impaziente  di  dominio  ed  allevato  nel- 
l'odio contro  lo  zio,  nella  notte  del  15  ottobre  1533  mandò 
una  mano  di  sicari  che,  scalando  le  mura  della  Mirandola, 
sorpresero  Gian  Francesco  mentre  stava  orando  a'  piedi    di 


2Ó2  CARLO    KUNZ 


un  crocifisso,  e  lo  uccisero.  In  tale  modo  perdette  misera- 
mente vita  e  dominio  l'infelice  Gian  Francesco,  nell'età  di 
sessantatre  anni  C1),  e  la  sua  morte  fu  deplorata  da  tutta  Italia. 
Egli  fu  condottiero  d'armi  di  parecchi  signori,  e  bene  me- 
ritò il  titolo  di  letteratissimo  datogli  dai  suoi  contemporanei  (2). 
*  Afflitto  da  continui  disastri,  più  volte  profugo  dalla  patria, 
distratto  da  ripetuti  viaggi,  avvolto  nelle  cure  di  governo  e 
talvolta  in  quelle  di  belliche  spedizioni,  reca  stupore  come 
gli  rimanesse  ozio  e  volontà  da  comporre  tante  opere  quante 
ne  pubblicò  ,,  (3). 

Belle  sono  le  monete  ch'egli  fece  battere,  particolarmente 
quelle  d'oro,  nelle  quali  si  vede  il  suo  busto  con  la  testa 
nuda  ed  armato  di  corazza,  ovvero  col  capo  coperto  di  largo 
cappello.  L'espressione  della  sua  testa  barbata  vi  è  nobile 
e  grave.  Sulle  doppie  vedesi  G.  Cristo  che  ascende  al  cielo, 
colla  Vergine  e  quattro  o  più  Apostoli  genuflessi,  ovvero 
S.  Francesco  che  riceve  le  stimate  ;  sopra  i  ducati  (foro, 
G.  Cristo  nell'orto,  ovvero  la  sua  arme.  Gian  Francesco  fu 
accusato  di  aver  fatto  morire  chi  gli  batteva  monete  false, 
ma  per  il  suo  carattere  mite  e  generoso  potrebbe  dubitarsi 
di  ciò,  e  nessuna  sua  moneta  falsa  mi  fu  dato  di  vedere  o 
di  trovare  segnalata  dagli  autori. 

Il  grave  delitto  indusse  l' imperatore  Carlo  V,  nel  1534, 
a  dichiarare  ribelle  Galeotto  II  e  ad  ordinare  ad  Antonio 
de  Leyva,  suo  generale  e  governatore  di  Milano,  di  farlo 
processare  e  spogliare  del  dominio.  Egli  schernì  le  minaccie 
ed  il  suo  stato  non  fu  toccato,  perchè  seppe  corrompere 
l'avaro  de  Leyva,  che  doveva  eseguire  la  sentenza.  Devoto 
alla  Francia,  nel  1536  si  pose  sotto  la  protezione  di  Fran- 
cesco I  che  lo  aiutò  a  resistere  all'imperatore  e  nella  guerra 
fra  l' Imperatore  ed  il  Re  accorse  in  Piemonte  a  militare 
contro  gì'  imperiali,  e  la  Mirandola  divenne  intanto   asilo   di 


(1)  Non  sessantaquattro,  perchè  nacque  nel  1470.  Vedasi  la  nota 
a  pag.  200  della  Cronaca  della  famiglia  Pico,  di  autore  anonimo.  Mi- 
randola, 1874. 

(2)  Le  sue  opere  sono  latine  e  versano  sopra  ogni  ramo  dello 
scibile. 

(3)  Veronesi.  Quadro  storico  della  Mirandola,  1847. 


MONETE  INEDITE  O   RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  263 

facinorosi  e  ribelli  e  centro  di  macchinazioni.  Avendo  inco- 
minciato la  sua  carriera  con  un  assassinio  procedette  ardito 
e  senza  riguardi.  Quando  andò  a  vuoto  la  congiura  di  Fieschi 
e'  fece  pure  tentativi  per  fare  uccidere  il  Doria,  e  prese  parte 
ad  altra  cospirazione  di  Giulio  Cybo  col  medesimo  intento  ; 
poi  fece  scontare  colla  vita  di  molti  una  congiura  diretta 
contro  lui  stesso.  Nell'anno  1593,  essendo  estinta  tutta  la 
discendenza  mascolina  di  Gian  Francesco,  Galeotto,  ormai 
fuori  di  paura,  tornò  alla  dipendenza  dell'imperatore,  il  quale 
gli  perdonò  la  lunga  aberrazione.  Questo  celebre  assassino, 
scrive  il  Litta,  era  stato  accarezzato  con  predilezione  dalla 
corte  di  Francia,  e  Francesco  I,  nell'anno  1540,  l'aveva  in- 
signito della  collana  di  S.  Michele.  Morì  a  Parigi,  di  soli 
quarantadue  anni,  il  giorno  20  novembre  1550. 

Le  monete  di  Galeotto  II  pubblicate  sono  poche  e  tutte 
senza  il  suo  ritratto  (J).  Uno  scudo  d'oro,  descritto  nel  cata- 
logo Reichel  ed  in  quello  più  recente  della  collezione  Rossi, 
porta  impressa  l'arme  di  Mirandola-Concordia,  colParmetta 
Pico  nel  centro,  ed  al  rovescio  una  croce  ornata,  come  usa- 
vasi  in  tale  specie  di  moneta  ;  un  grosso  mostra  l'arme  sor- 
montata da  un  elmo  che  ha  per  cimiero  un'aquila  nascente, 
ed  al  rovescio  un  gallo  posato  sopra  una  tuba,  ornata  di 
serpi  ed  ali  a  modo  di  caduceo,  entro  una  ghirlanda. 

Lodovico  II,  primogenito  di  Galeotto  II,  fu  riconosciuto 
signore.  La  protezione  della  Francia  gli  costò  subito  dieci 
mesi  di  assedio  per  opera  di  Giulio  III,  collegatosi  cogli  im- 
periali, quando,  dopo  la  morte  di  Pier  Luigi  Farnese,  occu- 
parono Piacenza.  L'assedio  rimase  senza  effetto  e  nel  1552 
fu  composta  una  tregua.  Nell'anno  1554  Lodovico  andò  alla 
difesa  di  Siena,  protetta  dalla  Francia  contro  Cosimo  I,  as- 
sistito da  Carlo  V.  Ritornato  alla  Mirandola,  cercò  di  affezio- 
narsi i  sudditi,  occupandosi  della  amministrazione,  abbellendo 
la  città,  erigendo  la  torre  dell'orologio    e   facendo   lavorare 


(1)  Farebbe  eccezione  una  piccola  moneta  di  lega  colla  sua  testa 
da  un  lato  ed  un  gallo  dall'altro,  se  presto  fede  ad  una  mia  nota,  fatta 
in  un  tempo  nel  quale  non  mettevo  la  necessaria  diligenza  in  tale  studio. 
Se  ciò  fosse  vero  quella  monetina  sarebbe  importante,  avvegnaché 
manchino  intieramente  i  suoi  ritratti  di  qualunque  maniera.  Esiste  forse 
in  qualche  collezione? 


264  CARLO    KUiNZ 


valenti  artisti,  fra  cui  il  pittore  veneziano  Sante  Peranda. 
Morì  di  quarant'un  anno  nel  1568,  con  sospetto  di  veleno, 
propinatogli  da  coloro  che,  avendo  cospirato  poco  prima 
contro  di  lui,  furono,  assenti,  condannati  nella  vita  e  nelle 
sostanze. 

Fra  le  sue  monete,  due  d'argento  ne  mostrano  il  ritratto, 
che  più  distinto  vedesi  sopra  le  medaglie  riportate  dal  Litta. 

Fulvia  da  Correggio,  vedova  di  Lodovico  II,  fino  dal- 
l'anno 1561  aveva  assunto  la  tutela  dei  figli  Galeotto  e  Ales- 
sandro, e,  capace  di  governo,  finché  visse,  comandò  sola. 
Il  figlio  maggiore,  Galeotto  III,  scemo  ed  epilettico,  fu  nul- 
lameno  da  re  Carlo  IX  creato  cavaliere,  capitano  e  suo  gen- 
tiluomo, acciocché,  pervenendo  al  governo,  si  mantenesse 
fedele  alla  Francia  ;  ma  egli  riconosciutosi  inetto  si  associò 
il  fratello  Federico,  al  quale  ben  presto  abbandonò  il  governo. 
Morì  nel  1592. 

Di  Galeotto  III  non  conoscevasi  alcuna  moneta,  e  le 
diligenti  Tavole  sinottiche  delle  monete  d'Italia  dell'  illustre 
cav.  V.  Promis  ne  omettono  persino  il  nome.  Godo  perciò 
di  potere  aggiungere  in  questi  appunti  il  disegno  di  un  suo 
scudo  d'oro,  simile  a  quello,  soltanto  descritto,  di  Galeotto  II, 
ed  a  quelli  di  Lodovico  II  pubblicati  dal  Litta  e  da  altri. 
Non  posso  fare  altrettanto  per  Federico,  il  quale  forse  non 
fece  lavorare  la  zecca. 

Federico  non  avendo  lasciato  figli,  gli  succedette  il  fra- 
tello terzogenito  Alessandro  I,  il  quale,  avendo  intrapresa  la 
carriera  ecclesiastica,  mirava  alla  porpora,  rifiutatagli  da 
Clemente  VIII.  Seguitò  l'esempio  del  fratello  nella  devozione 
verso  le  corti  di  Vienna  e  di  Madrid.  La  prima  gli  conferì 
la  investitura,  lo  insignì  nel  1606  del  tosone  d'oro,  e  l' im- 
peratore Mattia,  nel  1617,  gli  accordò  per  la  Mirandola  il 
titolo  di  ducato.  Insorta  nell'anno  1629  la  guerra  degl'Impe- 
riali e  degli  Spagnuoli  per  la  successione  del  Monferrato 
contro  i  Gonzaga  protetti  dalla  Francia,  avendo  il  fiero  conte 
di  Collalto  investito  il  Mantovano  con  gli  Imperiali,  senza 
risparmiare  lo  stato  amico  del  duca.  Alessandro,  questi,  se- 
guendo gli  impulsi  del  suo  cuore,  ricoverò  nella  Mirandola 
i  contadini  esposti  al  furore  delle  soldatesche,  le  quali  agli 
altri  mali  aggiunsero  la  pestilenza.  Alessandro,  per  satollare 


MONETE  INEDITE   O   RARE    DI   ZECCHE    ITALIANE  265 

l'avidità  degli  invasori,  impegnò  le  sue  gioie  ed  i  suoi  ar- 
genti e  quanto  aveva  di  prezioso,  pagando  ad  essi  70,000 
talleri.  Alessandro  fu  buon  principe  e  lodato  da  un  contem- 
poraneo imparziale  quale  padre  de'  virtuosi,  paragone  de'  Ut- 
terati,  mecenate  de'  suoi  tempi,  oracolo  de'  principi,  amore 
de'  suoi  sudditi.  Amò  la  splendidezza,  ebbe  addobbi  ricchi  e 
superbi,  credenze  ben  fornite  di  argenteria,  gioie  famose. 
Fondò  l'archivio,  incominciò  la  costruzione  di  un  palazzo 
alla  Concordia,  fece  la  villa  della  Motta,  curò  le  opere  edi- 
lizie, fondò  un  seminario  e  con  saggia  amministrazione  ac- 
crebbe l'erario.  Compianto  universalmente  morì  il  2  settem- 
bre  1637  (x),  superati  di  poco  i  70  anni. 

Le  monete  di  Alessandro  I  sono  numerose  ;  particolar- 
mente belli  il  ducatone  ed  i  molti  talleri.  Sembra  che  non 
facesse  lavorare  coni  speciali  per  monete  d'oro,  perchè  un 
suo  pezzo  d'oro,  segnalato  dal  Promis,  esistente  nel  R.  Ga- 
binetto di  Torino,  ed  altro  pezzo  grande  d'oro,  furono  fatti 
con  coni  dell'argento.  Buon  numero  de' suoi  pezzi,  quan- 
tunque portanti  il  suo  nome,  sono  imitazioni  di  monete  d'altre 
zecche.  Ciò  dispiace,  trattandosi  di  un  principe  onesto  ;  ma 
la  confusione  e  la  mala  concorrenza  in  fatto  di  monete  era 
in  quel  tempo  un  male  troppo  comune,  né  soltanto  delle  pic- 
cole zecche,  né  soltanto  in  Italia. 

Alessandro  I  ebbe  un  solo  figlio  naturale,  di  nome  Ga- 
leotto, che  fu  da  lui  legittimato  col  consenso  dell'imperatore 
Mattia  nel  1617,  ed  abilitato  alla  successione,  ma  che  morì 
tre  mesi  prima  del  padre.  Il  figlio  di  Galeotto,  Alessandro  II, 
seguì  l'avo  nel  dominio  sotto  la  reggenza  della  madre  Maria 
Cybo  di  Massa,  della  quale  ei  scosse  in  breve  il  giogo.  Nel- 
l'anno 1641  ottenne  dall'imperatore  Ferdinando  III  la  con- 
ferma delle  precedenti  investiture.  Nel  1669  andò  in  qualità 
di  mastro  di  campo  delle  genti  Pontificie  alla  guerra  di 
Candia,  ch'ebbe  esito  infelice  per  le  armi  cristiane.  Ritornato 


(1)  Così  il  Papotti.  Annali  o  memorie  storiche  della  Mirandola,  ed 
il  Veronesi.  Quadro  storico  della  Mirandola.  Il  Litta  scrive  che  morì  il 
2  dicembre. 


2Ó6  CARLO   KUNZ 


nel  suo  stato,  lo  governò  con  saggezza,  acquistando  riputa- 
zione fra  i  principi  d' Italia.  Dedicossi  allo  studio,  imitò  la 
magnificenza  dell'avo,  protesse  le  arti,  tutelò  la  giustizia, 
fondò  uno  studio  di  teologia,  edificò  chiese,  eresse  la  villa 
della  Fossa,  e  raccolse  una  galleria  ed  una  biblioteca.  Morì 
il  2  febbraio  1691,  di  sessantanni. 

Fra  le  sue  monete  emergono  una  bella  doppia  pubbli- 
cata dal  Promis  (0  ed  un  ducutone  recato  dal  Litta.  Verosi- 
milmente spettano  a  lui  tutte  le  monete  mirandolesi  anonime. 

Francesco,  primogenito  di  Alessandro  II,  lo  precedette 
nel  sepolcro  il  19  aprile  1689,  dopo  essersi  impalmato  alla 
principessa  Anna  Camilla  Borghese  di  Roma.  Giovane  di 
grandi  speranze,  lodato  come  dotto  e  buon  poeta,  avendo 
dato  alle  fiamme  i  suoi  scritti,  non  lasciò  che  alcuni  frammenti 
poetici.  Restava  un  pupillo,  ancora  infante,  Francesco  Maria, 
nato  da  Francesco,  con  prescrizione  testamentaria  di  Ales- 
sandro II  destinato  a  suo  erede,  senza  riguardo  ai  propri  figli 
Galeotto,  Giovanni  e  Lodovico,  del  quale  Brigida,  sua  prozia, 
sorella  di  Alessandro  II  assunse  la  tutela.  I  nominati  tre  fra- 
telli, accusati  di  attentato  alla  vita  del  pupillo,  furono  pro- 
cessati e  dichiarati  ribelli  dall'imperatore,  ma  dopo  una  causa 
che  durò  sei  anni  furono  assolti  dall'accusa  calunniosa  e  fu 
concesso  loro  il  ritorno  alla  Mirandola,  dove  non  poterono 
rientrare  che  nel  1702,  quando  il  pupillo,  sempre  sotto  la 
tutela  di  Brigida,  si  riconciliò  con  essi.  Seguì  la  guerra  per 
la  successione  di  Spagna,  durante  la  quale  la  Mirandola  e 
la  Concordia  furono  messe  a  fuoco,  le  campagne  devastate, 
gli  abitanti  obbligati  alla  fuga,  la  Mirandola  assediata  dai  Gal- 
lispani.  Il  duchino,  di  soli  sedici  anni,  erasi  dato  alla  prote- 
zione della  Francia  e  della  Spagna  ;  ma  per  la  battaglia  di 
Torino,  7  settembre  1706,  vinta  dal  principe  Eugenio,  anche 
Mirandola  dovette  essere  ceduta  agli  Imperiali,  e  l' impera- 
tore, confiscando  i  beni  allodiali  della  famiglia  Pico,  comandò 
ai  Mirandolesi  di  non  riconoscere  più  Francesco  Maria. 

Ai  15  luglio  1710  la  Mirandola    fu   venduta   al   duca  di 


(1)  Monete  di  secche  italiane  inedite.  Memoria  seconda. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI   ZECCHE    ITALIANE  267 

Modena  per  175,000  doppie  delle  cinque  stampe  (x).  Così  la 
famiglia  Pico  perdette  il  dominio  della  Mirandola  da  essa 
tenuto  per  ben  quattrocento  anni.  Il  disgraziato  Francesco 
Maria  morì  a  Madrid  il  26  novembre  1747,  d'anni  60. 


BIBLIOGRAFIA   DELLE   MONETE  MIRANDOLESI 


Registro  quanto  mi  è  noto,  lasciando  ad  altri  di  com- 
pletare il  presente  elenco.  Vi  saranno  anche  altre  opere,  spe- 
cialmente tedesche,  non  venute  a  mia  cognizione. 

1.  Molte  tariffe  di  Anversa,  Gand,  Aia  (Graven-Haghe),  del 

secolo  XVI  e  del  principio  del  secolo  XVII,  nelle  quali 
sono  raffigurate  monete  di  Gian  Francesco,  Lodovico  II 
e  Alessandro  I. 

2.  Tariffa  veneta,    in    foglio    grande,    colla    data  20  novem- 

bre 1554.  Contiene  una  moneta  d'argento  di  Galeotto  II, 
una  d'oro  e  tre  d'argento  di  Lodovico  II. 

3.  New- Muntz- Buech.  Monaco,  per  Adamo  Berg.    1597.   Due 

doppie  di  Gian  Francesco  con  ommissione  delle  leggende. 

4.  Borelli.  Editti  antichi  e  nuovi  dei  sovrani  e  principi  della 

reale  casa  di  Savoia.  Torino,  1681.  Opera  citata  da 
V.  Promis,  ma  che  non  vidi. 

5.  L.  W.  Hoffmann.  Alter  und  neuer  Munzschlùssel.  Niirnbt  rg, 

1683.  Altre  edizioni,  1692  e  1715. 

6.  Thalercollection.    Erste    Abtheilung.    Hamburg,    17 io.    Ri- 

stampata nel  1739  col  titolo:  Auserlesene  Sammlung  v. 
Speciesthalern.  Hamburg,  17 io. 

7.  Damoreau  :    Traité  des  négociations  de  Banque  et  des  mon- 

naies  étrangères.  Paris,  1827. 

8.  Argelati.  Additiones  ad  nummos  variarum  Italiae  urbium. 

Nel  voi.  Ili  della  sua  Raccolta.  Milano,  1750. 


(1)  Erano  quelle  di  Spagna,  Roma,  Venezia,  Genova  e  Firenze. 

35 


2Ó8  CARLO    KUNZ 


9.  Bellini.  De  monetis  ltaliae  medii  aevi  hactenus  non  evul- 
gaiis.  Quattro  dissertazioni.  Ferrara,  1755-1779. 

io.  Monnaies  en  argent  du  Cabinet  de  S.  M.  Vienna,  1756. 
Altra  edizione,  1769.  Supplemento,  1770. 

11.  Monnaies  en  or  du  Cabinet  de  S.  M.  Vienna,  1759.  Sup- 

plemento, 1769.  Di  queste  due  opere  fu  fatta  una  nuova 
edizione  coi  supplementi  riuniti  e  con  aggiunte,  col  ti- 
tolo :  Catalogne  des  monnaies  en  argent  (e  rispettiva- 
mente en  or),  qui  composent  une  de  différentes  parties 
du  Cabinet  Imperiai.  Vienna,  1769. 

12.  Litta.  Famiglie  celebri  italiane.  Famiglia  Pico.  Contiene 
in  due  tavole  il  maggior  numero  delle  monete  pubbli- 
cate, colla  loro  descrizione  a  lato. 

13.  Trèsor  de  numismatique  et  de  glyptique.  Paris,   1846. 

14.  V.  Promis.  Monete  di  zecche  italiane  inedite.  Memoria 
seconda.  Torino,  1868.  Un  doppione  da  quattro  scudi  di 
Alessandro  II. 

15.  Kunz.  //  Museo  Bottacin.  Periodico  di  Numismatica  e 
Sfragistica.  Voi.  II.  Firenze,  1869.  Quattro  monete. 


MONETE   SOLTANTO   DESCRITTE 


16.  Indice  delle  monete  d'Italia  raccolte  da  Mons.  Gianago- 
stino  Gradenigo.  Nel  tomo  II  della  Nuova  raccolta  delle 
Monete  e  zecche  d'Italia,  di  G.  A.  Zanetti,  Bologna  1679, 
pag.  119.  Descrive  otto  monete. 

Il  Zanetti,  che  in  più  luoghi  della  sua  raccolta  accenna 
a  monete  della  Mirandola,  aveva  promesso  (t.  IV,  pag.  459) 
d' illustrare  i  prodotti  di  quella  zecca,  ma  anche  tale  suo 
onesto  proponimento  fu  reso  vano  dalla  morte  che  troppo 
presto  lo  colse. 

17.  P.  Pozzetti.  Lettere  mirandolesi.  ìùeNApe  Italiana  di 
Firenze  e  nuovamente  in    Reggio,    1835.    Lettera    XIX. 


MONETE    INEDITE   O    RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  269 


Descrive  in  47  numeri,  con  poca  esattezza,  altrettante 
monete,  comprendendo  come  tali  anche  alcune  medaglie, 
ed  accennando  ad  altre  cose. 

18.  Il  Comm.  Visconti,  nel  Giornale  di  Roma,  1854,  inserì 
una  nota  sopra  una  monetina  mirandolese,  riprodotta  nel 
Messaggero  di  Modena,  1854,  n.  901,  ed  alla  quale 
C.  Cavedoni,  ivi  pag.  903,  fece  una  correzione.  Ignoro 
nota  e  rettificazione,  ma  da  una  nota  degli  Annali  o 
Memorie  storiche  della  Mirandola,  del  P.  Francesco  Pa- 
potti,  tomo  I,  Mirandola,  1876,  rilevo  che  trattavasi  di 
una  moneta,  non  so  quale,  di  Galeotto  II,  già  riportata 
dal  Litta. 

Numerosi  Cataloghi  moderni  di  Collezioni  numismatiche 
contengono  descrizioni  di  monete  Mirandolesi,  ma  sarebbe 
lavoro  ingrato  e  superfluo  il  volerli  menzionare. 

L' illustre  Comm.  Luigi  Pigorini,  il  quale  prego  volermi 
perdonare  l'indiscrezione,  mentre  era  ancora  preposto  alla 
direzione  del  R.  Museo  di  Parma,  aveva  fatto  suo  il  con- 
cetto del  Zanetti  d'illustrare  la  zecca  e  le  monete  della  Mi- 
randola ;  ma  chiamato  al  governo  del  Museo  preistorico  ed 
etnologico  di  Roma,  e  datosi  perciò  ad  altro  ordine  di  studi, 
con  quella  genialità  e  perseveranza  che  tanto  lo  distinguono, 
interruppe  l' intrapreso  lavoro.  Deve  ciò  sommamente  deplo- 
rarsi, perchè  quanto  egli  fece  per  alcune  parti  della  numi- 
smatica italiana  era  di  merito  tale  da  assicurargli  seggio 
eminente  fra  i  più  distinti  cultori  di  tale  dottrina  C1).  Augu- 
riamo ch'egli  trovi  ancora  agio  di  condurre  a  buon  fine  V  in- 


(1)  Le  opere  di  numismatica  italiana  del  Comm.  Pigorini  sono  :  Me- 
morie storico-numismatiche  di  Borgotaro  Bardi  e  Compiano.  Parma,  1863; 
Monete  e  medaglie  de'  Landi  di  Val  di  Taro  (Rivista  della  numismatica 
antica  e  moderna).  Asti,  voi.  I,  1864,  pag.  58;  Monete,  medaglie  e  sigilli 
dei  Marchesi  e  Principi  di  Soragna.  Parma,  1867;  Catalogo  generale  del 
Regio  Museo  d'Antichità  di  Parma.  Appendice  I.  Parma,  i863;  Anno- 
tazione per  la  zecca  di  Gazzoldo  {Periodico  di  numismatica  e  sfragistica). 
Firenze,  voi.  Ili,  1871,  pag.  116;  Baiocchelle  papali  e  loro  contraffazioni 
{Periodico,  ecc.),  voi.  V,  1873,  pag.  148;  Ongaro  di  Piacenza  del  duca 
Ranuccio  1  Farnese  {Periodico,  ecc.),  voi.  VI,  1874,  pag.  209. 


27O  CARLO    KUNZ 


trapreso  lavoro,  che  sarebbe  accolto  con  plauso  e  ricono- 
scenza da  quanti  tengono  in  pregio  il  nobile  studio  delle 
monete. 

Io  non  posso  fare  altro  che  portare  alcuni  pochi  ele- 
menti, desunti  quasi  unicamente  dalle  mie  schede,  in  aggiunta 
a  quanto  fecero  altri  per  le  monete  mirandolesi. 


GIAN  FRANCESCO  PICO,  Signore 

1.  I.  F.  PICVS.  MIRAND.  D.  C.  C.  (Mirandulae  Dominus  Con- 
cordiaeque  Comes).  Testa  di  Gian  Francesco  a  sini- 
stra, con  cappello  a  soffietto.  Al  sommo,  piccola  aquila 
bicipite. 
MIRACVLVM.  AMORIS.  San  Francesco  genuflesso  a  destra, 
in  atto  di  ricevere  le  stimate. 
Doppio  zecchino,  peso  grammi  6,8. 

Differente  da  quello  del  Litta,  n.  3,  che  ha  il  Santo  ri- 
volto alla  sinistra,  né  può  dirsi  inedito,  perchè  trovasi  in  più 
d'una  tariffa  fiamminga,  ma  per  essere  tali  tariffe  alla  portata 
di  pochi,  ho  stimato  utile  darne  il  disegno,  che  trassi  dalla 
moneta  stessa. 

GALEOTTO   II  PICO,  Signore 

Uno  scudo  d'oro,  non  riportato  dal  Litta,  descritto  nel 
Catalogo  Reichel  0),  e  nel  recente  catalogo  Rossi,  n.  2689, 
forse  lo  stesso  che  vedesi  figurato  nel  Supplemento,  che 
non  vidi,  del  Gabinetto  imperiale,  è  simile  a  quello  di  Ga- 
leotto III  che  riporto  più  avanti. 

Di  una  sua  monetina,  che  sarebbe  rara  e  inedita,  feci 
già  cenno. 


(1)  Die  Reichel'sche   Miinzammlung   in    St.    Petersbourg,    tomo    IX, 
Italia,  1843. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  27 1 

LODOVICO  II  PICO,  Signore 
I55°-i568- 

2.  LVDOVICVS  P.  II.  MIR.  CON.  Q.  DNS.  (Concordiaeque  Do- 

minus).  Arme  di  Mirandola-Concordia,  coll'armetta  Pico 
nel  centro.  Sopra  lo  scudo,  stella  e  mezzaluna. 
*f  IN.  TE.  DOMINE.  CONFIDO.  Croce  di  fiorellini   con  gigli 
sulle  estremità  e  gigli  etti  negli  angoli. 
Mezzo  scudo  d'oro. 

Questa  bella  e  rarissima  moneta  conservasi  nel  R.  Ga- 
binetto di  Torino,  e  porgo  le  più  sentite  grazie  al  Direttore 
di  esso,  l'illustr.  cav.  Vincenzo  Promis,  che  mi  concesse  di 
pubblicarla. 

3.  LVD.  PICVS.  II.  MIR.  CON.  Q.  DNS.  Busto  del  Signore,   a 

sinistra,  vestito  d'armatura. 
DEVS.  DOMINVS.  FORTITVDO.  MEA.  Donna  galeata   assisa 
a  sinistra,  con  mezzaluna  nella  destra  ed  asta   nella   si- 
nistra. Dietro  essa,  corazza;  sotto:  MIRAN. 
Argento. 

Copiai  il  disegno  di  questa  bella  moneta  dalla  rara  ta- 
riffa veneziana  del  1554,  che  sarà  in  mano  di  pochi.  Il  suo 
peso,  ivi  notato,  sarebbe  di  carati  veneti  24  (gr.  5,0),  il  va- 
lore, di  soldi  15  e  6  piccoli.  Sarà  dunque  la  moneta  miran- 
dolese  da  15  soldi,  menzionata  dall'Affò,  in  Zanetti,  tomo  V, 
pag.  201.  La  figura  galeata  assisa  sarà  la  personificazione 
della  Mirandola.  La  mezza  luna  che  tiene  e  che  vedesi  anche 
al  sommo  dell'arme  del  precedente  mezzo  scudo  d'oro,  e 
d'altre  sue  monete,  non  so  spiegare  ;  forse  era  impresa  pri- 
vata di  Lodovico  II,  o  forse  attributo  della  città? 

4.  L.  P.  (Ludovicus  Picus),  sormontate   da    un    giglio,    entro 

corona  d'alloro. 
ti  IN.  TE-  DOMINE.  CONFIDO.    Croce  di  gigli   con  quattro 
giglietti  negli  angoli. 
Argento  basso.  Peso ? 

Verosimilmente  un  soldo. 

Della  moneta  riportata  dal  Litta  al  n.  io,  esiste  una  va- 
rietà con:  SI.  DEVS.-CVM.  NO— BIS.  QVIS— CONTRÀ-  NOS. 


272 


CARLO    K.UNZ 


GALEOTTO  III  PICO,  Signore 
1568-1592. 

5.  O  G-ALEOTVS.  PICVS.  III.  MIR.  CONC  DNS.  Scudo  ornato 

di  cartocci,  coll'arme   inquartata    di    Mirandola    e    Con- 
cordia ;  sopra  il  tutto  lo  scudetto  dei  Pico. 
ù  IN.  TE.  DOMINE.  CONFIDO.  Croce  ornata,  con  gigli  sulle 
estremità  e  fiorellini  negli  angoli. 
Scudo  d'oro.  Peso  grammi  3,4. 

È  fino  ad  ora  la  sola  moneta,  per  quanto  mi  è  noto,  di 
questo  signore. 

ALESSANDRO  I  PICO,  Principe  poi  Duca 
1602-1637. 

6.  *  ALEX.  DVX.  MIR.  CONCOR.  III.   Arme   coronata   inquar- 

tata, 1  e  4  Mirandola-Concordia,  2  e  3,  una  specie  di 
saracinesca,  ovvero  quattro  pali  sormontati  da  una  fascia. 
Lo  scudo  attraversato  da  una  croce  obliqua,  simile  a 
quella  di  Borgogna,  ch'era  formata  da  due  tronchi  di 
alloro. 
*  TVTISSIMA  *  QVIES  *•  Aquila  bicipite,  coronata. 
Argento.  Peso  grammi  5,1. 

Imitazione  di  monete  di  Campen,  che  avevano  corso  in 
tutta  l'Olanda  per  uno  Schelling,  ovvero  sei  sols,  in  vecchie 
tariffe  d'Olanda  detti  anche  patars,  o  semplicemente  solz. 
Promis  0)  dice  che  tali  monete  si  chiamavano  in  Italia  fiorini. 
L'arme  di  Campen  che  qui  si  volle  contraffare  è  composta 
di  tre  torri.  Numerose  sono  le  contraffazioni  italiane  di  tali 
monete,  avendosene  di  Dezana,  Messerano,  Guastalla,  Boz- 
zolo e  Correggio.  Una  simile,  di  questo  Duca,  coll'arme  re- 
golare di  Mirandola-Concordia,  ed  il  motto  :  OMNIA.  HINC. 
ET-  HVIC,  pubblicai  nel  Periodico  di  Numismatica  e  Sfragi- 
stica ed  altra,  ma  senza  la  croce  sotto  l'arme,  vedesi  raffi- 
gurata, col  nome  di  solz  de  Mirandule,  nella  Ordonnance 
d'Anversa  del  1633. 


(1)  Monete  di  Messerano  e  Crevacuore,  pag.  64. 


MONETE   INEDITE    O   RARE   DI    ZECCHE   ITALIANE  273 

7.  MONETA  •  NOVA  •  MIRÀN.  Arme  coronata,  come  nella  pre- 

cedente. 
*  TVTISSIMÀ  *  QVIES  *.  Aquila  bicipite  coronata,   come 
nella  precedente. 
Argento.  Peso  grammi  5,2. 

8.  ALEXAN  •  PICVS  •  MIRAN.  •  DVX  •  I.   Busto  del  Duca  a  sini- 

stra. Sotto,  1617. 
S.  POSSIDONIVS  *  *  MIR.  EPI  *.    Il  Santo   mitrato,  assiso, 
che  benedice    colla   mano    destra    e   regge  il  Pastorale 
colla  sinistra.  Sotto,  A.  R. 
Argento.  Peso  grammi  2,4. 

Litta  pubblicò  già  questa  moneta,  ma  secondo  un  im- 
perfetto esemplare  sul  quale  non  apparivano  intiere  le  leg- 
gende, né  si  vedevano  le  due  sigle.  Accenna  però  ad  altri 
esemplari  con  gli  anni  1616,  1617  e  1618,  ed  anche  alle  sud- 
dette sigle. 

Tale  moneta  era  forse  il  giorgino  di  elenco  di  monete 
assaggiate  nella  zecca  di  Parma,  addì  3  febbraio  1623  (0, 
così  denominato  verosimilmente  per  analogia  coi  giorgini  di 
Ferrara  di  Alfonso  II,  che  colà  valevano  quattro  soldi  mar- 
chesani.  Le  sigle  A.  R.  potrebbero  per  avventura  dinotare  il 
zecchiere  Agostino  Rivarolo,  che  lavorò  anche  nella  zecca 
di  Parma  per  Ranuccio  I  Farnese  ed  Odoardo  ? 

Vuole  essere  notato  che  erroneamente  su  questa  moneta 
il  Santo  Posidonio  è  detto  vescovo  di  Mirandola,  la  quale 
non  ebbe  mai  vescovato,  non  essendo  riuscito  nemmeno  al 
Duca  Alessandro  II  di  ottenere  tale  dignità  alla  sua  città. 
Il  corpo  di  quel  Santo,  trasportato  dalla  Puglia,  si  venera 
nella  villa  di  pari  nome. 

9.  ALEX.  PI.  DVX.  MIR.  Scudo  coronato,   ornato   di   cartocci, 

coli' arme    di    Mirandola -Concordia ,    avente    nel    capo 
un'aquila  semplice. 
S.  CATERINA  •  AD.  (advocata).  La  Santa  ritta,  colla  destra 
sulla  ruota  e  palma  nella  sinistra. 

Parpagliola  ?,  di  basso  argento,  pesa  grammi  1,9. 


(1)  Zanetti.  Tomo  IV,  pag.  242. 


274 


CARLO   KUNZ 


Nelle  tavole  del  Litta  evvi  una  simile,  ma  con  lo  scudo 
d'altra  forma  e  senza  l'aquila  nel  capo.  Denominò  tale  mo- 
neta parpagliola,  perchè  di  basso  argento  e  simile  alle  par- 
pagliole  da  soldi  2  e  mezzo  di  Milano  colla  Provvidenza, 
imitate  anche  nelle  zecche  di  Messerano,  Passerano,  Man- 
tova e  Novellara.  Se  fosse  di  buon  argento  potrebbe  cre- 
dersi da  dieci  soldi  e  imitazione  di  moneta  di  Mantova  di 
Carlo  I. 

ALESSANDRO  II  PICO,  Duca 
1637-1691. 

io.  S.  CATE.  ADVOC  ...    La   Santa   ritta,   con  palma  nella 
destra  e  la  sinistra  sulla  ruota. 
MEZO  •  DENARO.  Sfera  armillare. 

Quattrino,  di  rame. 

Lo  assegno  ad  Alessandro  II,  al  quale  si  attribuisce  un 
altro  quattrino,  coll'arme  Pico  da  un  lato  e  con  pari  rovescio. 


Per  finire  piacemi  accennare  ad  alcune  altre  monete 
mirandolesi  delle  quali,  per  quanto  sembrami,  non  fu  dato 
ancora  il  disegno. 

GIAN  FRANCESCO. 

Doppio  zecchino,  col  libro  e  l'ascensione  di  G.  Cristo,  simile  al  testone 
d'argento  del  Litta,  n.  9.  Esiste  nel  R.  Museo  di  Parma. 

Moneta  d'argento  (testone  ?),  simile  ad  uno  dei  doppi  zecchini  colla  testa 
del  signore  coperta  col  cappello,  ed  il  S.  Francesco.  —  Descritta 
nel  Catalogo  Welzl  (1),  tomo  II,  n.  3787. 

GALEOTTO  II. 

Scudo  d'oro,  e  quattrino  colla  testa  ed  il  gallo.  Già  menzionati. 

LODOVICO  II. 

Pozzetti  descrisse  erroneamente  ai  nn.  XXI  e  XXIII,  quali  monete 
d'argento  (?)  due  sue  medaglie  di  bronzo  che  vedonsi  nelle  tavole 
del  Litta,  nn.  2  e  3  delle  medaglie. 


(1)  Ver^eichniss  der  Munì-  u"d  Medaillen-Srmmlung,  von  Leopold  Wel\lvon  Wellenheitn. 
Wien,  1844. 


MONETE   INEDITE    O    RARE    DI   ZECCHE   ITALIANE  275 


ALESSANDRO  I. 

Da  dieci  doppie,  fatta  coi  coni  dell'argento,  avendo  servito  pel  primo 
lato  quello  di  un  ducatone  (Litta,  n.  2),  e  pel  rovescio  quello  di  un 
tallero  (Litta,  n.  io),  ma  coll'anno  1618.  Nel  R.  Gabinetto  di  Torino. 
—  Promis.  Monete  di  zecche  italiane  inedite.  Memoria  seconda,  pag.  35- 

Altra  moneta  d'oro,  dell'anno  1617,  descrisse  il  co.  Gian  Francesco  Fer- 
rari-Moreni  nel  Messaggere  di  Modena,  23  settembre  1857.  Sembra 
forse  fatta  coi  coni  di  un  tallero.  Nota  agli  Annali  del  Papotti, 
tomo  I,  pag.  136. 

Tallero,  simile  al  n.  io  del  Litta,  e  colle  stesse  iniziali  di  zecchiere. 
A.  R.  sotto  il  busto,  ma  di  più,  a'  lati  del  busto,  16-18,  e  sotto,  dopo 
un  rabesco,  il  n.  56.  —  Madai  (1),  tomo  I,  n.  2003. 

Tallero,  simile,  ma  colle  iniziali  G.  A.  R.,  sotto  il  busto,  ai  lati  del  quale 
la  stessa  data  16-18,  e  sotto,  fra  due  rosette,  56.  —  Catalogo  Welzl, 
n.  3796. 

Tengo  il  disegno  di  entrambi,  che  ometto  per  economia  di  tavole  e 
perchè  non  sono  che  varietà  di  quello  del  Litta. 

Tallero:  ALEXANDER  .  PICVS  .  DVX .  MIR.  Sotto  il  busto  (a  destra?) 
1633,  ed  inoltre,  10— B  e  48.  Il  rovescio  come  nei  precedenti.  — 
Catalogo  Welzl,  n.  3797. 

Tallero  :  ALEXANDER  .  PICVS  .  DVX  .  MIR.  Busto  a  destra,  sotto, 
1638  e  84.  Rovescio  come  nei  precedenti ,  con  CORCORDIAE  . 
MARCHIO  .  Ili,  ma  l'arme  senza  la  collana  del  tosone.  —  Catalogo 
Reichel  (2),  tomo  IX,  1843,  n.  1759.  Potrebbe  credersi  l'anno  fallato 
e  dovesse  dire  1633,  e  che  il  numero  84  fosse  inversione  di  48,  Bo- 
lognini ? 

Tallero:  ALEX  *  DEI  *  GRA  *  AC  *  SACRI  *  ROM  *  IMP  *  DVX  * 

M  *  I  *X  Busto  a  destra,  con  armatura,  paludamento,  collare  a 
latuca  e  tosone.  Rov.  CONCOR  *  MAR  *  III  *  *  SAN  *  MART  * 
BARO.  Arme  coronata  colla  collana  del  tosone  :  1  e  4  di  Mirandola- 
Concordia  ;  2  e  3  spaccate,  a  destra  fascia,  a  sinistra  leone.  Sopra 
il  tutto  scudetto  con  aquila  coronata.  —  Catalogo  Schulthess-Rech- 
berg  (3),  tomo  II,  n.  5941.  Sopra  un  testone  (?),  Litta,  n.  14,  Ales- 
sandro 1  s' intitola  Signore  di  S.  Martino  in  Spino,  ch'era  un  feudo 
del  Pico,  dipendente  dal  Vescovato  di  Reggio. 


(1)  VollstSndiges  Thaler-Cabinet.  Kftnigsberg,  1765. 
(a)  Die  Reichel'sche  Munxsammlung  in  St.  Petersburg. 

(3)  Die   Riiter    voti  Schulthess-Rechberg'sche    Miin^-  u.    Medaillen-Sammlung.    Zweite 
Abtheilung.  Dresden,  1869. 


276  CARLO   KUNZ 


Tallero  :  ALEX  .  DVX  .  MIR  .  I  .  CON  .  MAR  .  Ili .  S  .  MART .  IN  ..SPI . 
DOM.  Busto  armato  a  destra  con  collare  a  latuca  e  tosone.  — 
ANTIQVISSIMAE  .  FAMI .  PICAE  .  INSIGNIA.  Arme  coronata  con 
la  collana  (forse  come  nel  tallero  seguente).  —  Madai,  voi.  II,  n.  4511. 
—  Reichel,  n.  1735. 

Tallero  :  ALEX  *  DVX  *  MIR  *  I  .  CON  .  MAR  .  Ili  *  S  .  MART  . 
IN  .  SPI  .  DOM.  Busto  come  nel  precedente,  sotto  1622.  —  *  IN- 
SIGNIA ANTIQVISSIMAE  .  ET  MATERNA.  Arme  coronata,  or- 
nata della  collana,  inquartata;  1,  partito  con  fascia  e  aquila;  2,  leone 
rampante;  3,  di  Mirandola-Concordia,  coll'armetta  Pico  nel  centro; 
4,  inquartato,  fascia,  leone,  uccello  e  fasciato.  Sopra  il  tutto,  scu- 
detto con  aquila  coronata.  —  Raffigurato  nell'opera  del  Museo  im- 
periale, e  descritto  da  Reichel,  ecc-  —  Nel  Catalogo  Rossi,  n.  2703, 
coiranno  161 1;  forse  errore? 

Da  nove  Bolognini:  ALEX  .  PICVS  .  DVX  .  MIRANDV.  Busto  a  destra 
ai  lati  i-6.  —  MONETA  .  DA  .  BOLOG  .  NOV.  Arme  di  Danzica, 
due  croci  poste  una  sopra  l'altra,  sostenuta  da  due  leoni.  Sopra  lo 
scudo,  36.  I  due  numeri  riuniti  danno  l' anno  1636  ?  —  Welzl, 
n.  3795- 

Fiorino  ?:  ALEXANDER  .  DVX  .  ecc.  Busto.'  —  TVTISSIMA  .  QVIES. 
Aquila  bicipite  coronata.  Il  rovescio  dunque  come  nei  fiorini,  che 
pubblicò  Welzl,  n.  3792. 

Moneta  di  rame,  descritta  insufficientemente  da  Pozzetti,  n.  XLI,  col 
busto  del  Duca  e  l'arme  con  la  iscrizione  :  OM  :  HI  :  ET  :  HV. 
(Omnia  hinc  et  huic).  —  È  forse  di  Alessandro  II,  come  Litta  n.  6? 

Ometto  uno  scudo,  con  S.  Antonino,  che  sarà  stato  equivoco  del 
Bassi  (1),  come  sospettava  già  Zanetti,  voi.  Ili,  pag.  205,  nota  196. 

ALESSANDRO  li. 

Mezzo  ducatone,  simile  all'intiero  colla  fenice.  Accennato  dal  Litta. 

Moneta  d'argento  (lira).  Simile  a  quella  del  Litta,  n.  1,  colla  S.te  Agata, 
ma  colla  figura  di  S.w  Caterina.  —  Pozzetti  n.  XLIII,  se  non  è 
errore  ? 

Moneta  di  biglione,  colla  effigie  ed  il  nome  del  Duca,  ed  al  rovescio  una 
figura  vestita  alla  militare  colla  faccia  rivolta  al  sole,  e  leggenda 
sciupata  illeggibile.  —  Pozzetti,  n.  XLIV. 

(Continua)  Carlo  Kunz. 


(1)  De  historia  Ss.  Imaginum. 


Un  documento  del  secolo  XII  sulla  zecca  pavese 


Poco  ci  è  noto  sul  funzionamento  delle  zecche  delle  città 
lombarde  nel  secolo  XII.  Si  considerava  universalmente  la 
moneta  come  una  regalia  dell'impero;  ma  in  fatto  le  zecche 
venivano  esercitate  dai  comuni,  i  quali  avevano  cominciato 
a  possederle  in  virtù  di  graziose  concessioni  del  principe, 
più  spesso  perchè  fino  dagli  esordi  della  vita  comunale  le 
città  si  erano  impadronite  di  questa  come  delle  altre  regalie, 
approfittando  della  debolezza  degli  ufficiali  e  dei  messi  regi 
e  della  lontananza  del  sovrano,  o  spogliandone  i  conti  e  i 
vescovi  che  ripetevano  i  propri  diritti  da  più  antiche  con- 
cessioni. 

Fra  le  zecche  lombarde  che  nel  secolo  XII  ebbero  mag- 
giore importanza,  va  annoverata  quella  di  Pavia,  l'antica 
capitale  del  regno.  Il  Brambilla,  studiando  la  storia  delle 
monete  pavesi  (*),  ebbe  ad  osservare  che  *  a  Pavia  l'ammi- 
"  nistrazione  della  cosa  pubblica  passò  dagli  ufficiali  regi  od 
r'  imperiali    nei   rappresentanti    del    comune,  per   gradi,  ma 

*  senza  l'intervento  del  conte  o  del  vescovo;  e   così   anche 

*  la  zecca,  già  esercita  da  quegli  ufficiali  e  sempre  aperta 
"  ed  operosa,  pervenne  a  mani  del  comune,  quasi  in  via  di 
u  fatto  verso  il  1100,  divenendo  municipale,  ossia  di  proprietà 
"  della  città,  lavorata  per  suo  conto  „.  Le  premesse  di  questa 
induzione  non  ci  sembrano  del  tutto  esatte.  Si  può  bensì 
affermare  che  il  vescovo  di  Pavia  non  abbia  mai  avuto  il 
distretto  e  le  giurisdizioni  temporali  nella  città  e  nella  dio- 
cesi. Quanto  al  conte,  parecchie  carte  pavesi,  fino  oltre  il  1150, 
ci  fanno  trovare  ancora,  accanto  al  comune,  il  conte  pala- 
tino investito  di  diritti  e  di    giurisdizioni   comitali   non    solo 


(1)  Monete  di  Pavia,  1883,  p.  233. 


278  GEROLAMO   BISCARO 


nei  due  comitati  di  Pavia  e  di'Lomello,  ma  nella  stessa 
città  C1).  Il  prezzo  dell'aiuto  promesso  dal  comune  a  Fede- 
rico Barbarossa  nella  prima  sua  spedizione  in  Lombardia, 
pare  sia  stato  l'acquiescenza  del  sovrano  alla  cacciata  del 
conte  dalla  città  e  dal  territorio,  alla  distruzione  della  rocca 
di  Lomello  e  all'avocazione,  per  parte  del  comune,  delle 
giurisdizioni  e  dei  diritti  comitali  (2).  Fra  i  diritti  del  conte 
palatino  che  il  comune  confiscò,  vi  era  anche  la  moneta? 
Non  abbiamo  dati  positivi  per  rispondere  alla  domanda.  Avuto 
però  riguardo  alla  potenza  politica  ed  economica  cui  era 
salita  la  città  di  Pavia  sino  dalla  metà  del  secolo  XI,  si 
può  ammettere  che,  se  la  moneta  era  altra  delle  regalie 
che  il  conte  palatino  teneva  per  concessione  imperiale,  prima 
ancora  della  sua  espulsione  dalla  città  e  dal  territorio  il  co- 
mune glie  ne  avesse  tolto  l'esercizio,  coartandolo  a  darne 
l'investitura  ai  cittadini  nella  solita  forma  dei  livelli  a  per- 
petuità che  si  praticava  per  eludere  i  divieti  delle  alienazioni 
dei  feudi.  Un  procedimento  presso  a  poco  eguale  è  proba- 
bile si  fosse  seguito  intorno  alla  stessa  epoca  dal  comune 
di  Milano  per  fare  propria  la  moneta,  che  la  nota  bolla  di 
Alessandro  III  all'arcivescovo  Oberto,  del  1162,  continuava 
a  registrare  fra  i  diritti  dell'arcivescovo;  sebbene  da  lungo 
tempo  fosse  passata  nelle  mani  del  comune. 

Non  crediamo  che  la  solenne  definizione  delle  regalie 
provocata  dall'imperatore  alla  dieta  di  Roncaglia  del  no- 
vembre 1158,  abbia  influito  in  danno  dei  Pavesi,  facendo  loro 
perdere  l'esercizio  della  propria  zecca.  Consta  in  realtà  che 
negli  anni  successivi  Federico,  per  mezzo  dei  suoi  messi  di 
nazionalità  teutonica  preposti  al  governo  di  parecchie  città, 
tentò  di  ricuperare  le  regalie  abusivamente  possedute  dai 
comuni  e  da  privati  (3).  Ma  è  certo  che  a  Pavia  e  a  Cremona 
non  fece  novità;  né  vi  destinò  ufficiali   tedeschi  ad  ammini- 


(1)  Ci  riserviamo  di  illustrare  altrove  i  documenti  che  sono  inediti. 

(2)  Ottonis  Fris.  Gesta  Fr.  itnp.,  in  Pertz,  Mon.  Ger.  Hist.  XX  p.  402. 

(3)  Nel  diploma  rilasciato  ai  Trivigiani,  intorno  al  1164,  nella  spe- 
ranza che  non  facessero  causa  comune  colle  città  ribelli  della  lega  ve- 
ronese, l' imperatore  restituì  loro  molendina  et  cetera  regalia  nostra  a 
nuntiis  nostris  intromissa  (Ficker,  Forsch.  IV,  p.  139). 


UN    DOCUMENTO   DEL   SECOLO   XII   SULLA   ZECCA   PAVESE  279 

strare  la  giustizia  in  suo  nome.  In  contemplazione  dei  grandi 
sacrifici  sostenuti  per  la  rivendicazione  dei  diritti  dell'impero 
e  delle  vittorie  ottenute  contro  i  comuni  nemici,  le  due  città 
ottennero  dall'imperatore  la  conferma  dei  privilegi  e  delle 
giurisdizioni  fino  allora  possedute.  Nel  diploma  ai  Cremonesi, 
del  13  giugno  1162,  specificandosi  le  regalie  concesse  o  con- 
fermate, si  fa  menzione  anche  della  moneta  (J);  in  quello  ai 
Pavesi,  dell'otto  agosto  1164,  si  concedono  in  genere  omnia 
regalia  quecwnque  sunt  in  civitate  vel  extra  (2),  compren- 
dendo necessariamente  la  moneta,  considerata  la  regalia  per 
eccellenza. 

* 
*    * 

Il  documento  che  pubblichiamo  più  innanzi,  trovasi  fra 
le  pergamene  dell'archivio  di  stato  di  Milano,  provenienti  dal 
soppresso  monastero  pavese  di  S.  Cristoforo.  È  datato  da 
Pavia,  addì  i.°  novembre  1174,  e  contiene  le  seguenti  sti- 
pulazioni : 

I.  Ottone  Braga  (3)  e  Nicolò,  padre  e  figlio,  si  obbli- 
gano verso  i  fratelli  Girardo  e  Sigifredo  de  la  Volta  (4),  An- 
rico  de  Bivolta,  i  figli  del  fu  Rolando  Rofifa,  ed  i  fratelli  Gu- 
glielmo, Alberto  e  Giovanni  Roffa,  di  cessare  dall'esercizio 
dell'arte  del  monetario; 

II.  I  sunnominati  Girardo,  Anrico  e  Guglielmo,  anche 
a  nome  dei  compagni  assenti,  concedono  al  solo  Nicolò  di 
continuare  l'esercizio  dell'arte,  ma  limitatamente  al  tempo  che 
durerà  la  moneta  che  si  lavora  al  presente. 


(1)  Weiland,  Moti.  Ger.  Hist.  Legum,  IV.  Const.  et  acta  imp.  I,  n.  212. 
Conventio  cum  Cremonensibus. 

(2)  Bòhmer,  Ada  imp.  sei.  Doc.  n.  121. 

(3)  Nel  catalogo  delle  antiche  famiglie  pavesi  trasmesso  nel  1399  a 
Gian  Galeazzo  Visconti  e  che  pare  risalga  alla  metà  del  secolo  XIII, 
figura  :  in  Societate  populi  —  parentela  de  Brachiis  gibellina  (Robolini, 
Notizie  sulla  storia  di  Pavia,  IV,  II,  p.  172). 

(4)  Nel  predetto  catalogo:  in  Societate  populi  —  parentela  de  la  Volta 
guelfa.  —  Si  ha  anche  notizia  di  un  Beltramo  de  la  Volta,  console  di 
Pavia  nel  1169  (Robolini,  ibid.  Ili,  p.  152  e  414). 


280  GEROLAMO   BISCARO 


Crediamo  che  colle  parole  u  ministerium  litterandi  de- 
narios  ,>  si  sia  voluto  designare  l'esercizio  della  zecca  citta- 
dina ed  insieme  il  possesso  dell'officina  e  dei  relativi  attrezzi. 
Non  par  dubbio  che  la  locuzione  "  litierare  denarios  „  signi- 
fichi coniare  moneta.  I  denari  che  allora  si  battevano  a  Pavia 
e  nelle  altre  zecche  lombarde,  hanno  per  impronta  poche 
lettere  in  rozzi  caratteri,  indicanti  il  nome  del  sovrano  e 
quello  della  città  sede  della  zecca. 

La  duplice  stipulazione,  di  rinuncia  per  parte  di  Ottone 
e  di  Nicolò,  e  di  limitata  concessione  a  favore  del  solo  Ni- 
colò, non  offre  dati  sufficienti  per  poter  affermare  con  cer- 
tezza se  si  sia  in  presenza  nella  prima  parte  dell'atto,  di  una 
retrocessione  del  diritto  di  conduzione  della  zecca  pavese, 
fatta  dai  due  monetari  alle  persone  dalle  quali  erano  stati  in 
precedenza  investiti  di  questo  diritto,  e  nella  seconda  parte, 
della  rinnovazione  dell'  investitura  al  solo  Nicolò,  limitata 
quanto  al  termine;  ovvero  se  i  due  monetari  abbiano  rinun- 
ciato all'esercizio  di  fatto  della  zecca  ed  al  possesso  dei  re- 
lativi attrezzi  già  di  proprietà  del  comune,  per  conto  del 
quale  avevano  fino  a  quel  giorno  coniato  la  moneta  in  qua- 
lità di  locatori  d'opera. 

Questa  seconda  ipotesi  ci  sembra  più  verosimile  della 
prima;  perchè  la  frase  *  ministerium  litterandi  denarios  „ 
accenna  più  all'esercizio  di  un'arte  o  mestiere  che  ad  un  rap- 
porto giuridico,  e  perchè  se  Ottone  e  Nicolò  avessero  avuto 
il  diritto  alla  conduzione  della  zecca  per  un  tempo  maggiore 
di  quello  portato  dalla  successiva  concessione  ottenuta  dal 
solo  Nicolò,  molto  probabilmente  avrebbero  preteso  un  in- 
dennizzo per  la  retrocessione  o  rinuncia  del  loro  diritto. 

Le  condizioni  politiche  di  Pavia  nell'ottobre  1174,  alla 
vigilia  della  spedizione  cui  la  città  era  chiamata  a  parteci- 
pare al  seguito  dell'  imperatore  contro  le  città  della  lega, 
fanno  pensare  che  il  comune,  esaurite  le  risorse  ordinarie, 
non  riuscendo  a  trovare  denaro  senza  offrire  ai  sovventori 
idonee  garanzie  sopra  i  cespiti  straordinari,  abbia  data  la 
zecca  in  pegno,  sotto  forma  di  cessione,  ad  alcuni  cittadini, 
tabulami  o  campsores,  costituitisi  in  compagnia.  I  nuovi  ti- 
tolari della  zecca,  appena  immessi  nel  possesso  della  officina, 
vollero  regolare  la  propria  posizione  di  fronte  ai   monetari  ; 


UN   DOCUMENTO   DEL   SECOLO   XII   SULLA   ZECCA   PAVESE  28 1 

accettata  la  rinunzia  di  uno  di  essi,  acconsentirono  a  tenere 
l'altro  in  via  provvisoria,  fino  al  prossimo  cambiamento  della 
moneta,  che  forse  si  prevedeva  sarebbesi  verificato  a  sca- 
denza non  lontana.  Così  si  spiega  il  mancato  intervento  nel- 
l'atto, relativo  all'esercizio  di  una  così  importante  regalia, 
dei  consoli  o  di  altri  officiali  del  comune  (*). 

Gerolamo  Biscaro. 


DOCUMENTO. 

Originale  in  pergamena  in  buono  stato  (22  X  I6),  dell'archivio  di 
stato  di  Milano,  archivio  diplomatico,  fondo  del  monastero  pavese  di 
S.  Cristoforo.  Scrittura  corsiva  di  una  sola  mano,  nitida  ma  sbiadita, 
in  16  linee. 

-  Anno  dominice  incarnationis  millesimo,  centesimo  sep- 
tuagesimo  quarto,  primo  die  mensis  novembris.  indictione 
septima.  In  civitate  papia.  Per  lignum  quod  suis  manibus 
tenebant  otto  braga  et  nicolaus  filius  eius  per  consensum 
patris  sui  fecerunt  finem  et  refutacionem  adversus  girar- 
dum  de  lavolta  et  sigefredum  fratrem  suum  per  girardum 
suum  fratrem  et  missum.  et  adversus  Anricum  de  bi- 
volta  et  filios  quondam  rolandi  roffe  et  guilielmum  roffam 
et  albertum  et  iohannem  fratrem  per  ipsum  guilielmum 
fratrem  et  cosinum  et  missum  eorum  nominative  de  mini- 
sterio  litterandi  denarios.  omnia  cum  omnibus  in  integrum. 
Eo  modo  fecerunt  infrascripti  pater  et  filius  infrascriptam 
finem  et  reffutacionem  quod  ipsi  pater  et  filius  de  hinc  in 
antea  per  se  et  per  suos  heredes  semper  habent  stare  ta- 
citi et  contenpti  de  infrascripto  ministerio  litterandi  dena- 
rios adversus  infrascriptos  homines  illorunque  heredes.  in 
pena  viginta    libras    denariorum    honorum    papieasiun.  In- 


(1)  Intorno  al  funzionamento  della  zecca  pavese  dalla  fine  del  se- 
colo XIV  alla  metà  del  XV  veggansi  i  capitoli  di  appalto  dell'anno  1400, 
riportati  dall'ARGELLATi  {De  Monetis  Italiae,  III,  pag.  59  e  seg.),  e  i  do- 
cumenti pubblicati  da  M.  Mariani  {Bollettino  della  Società  Pavese  di 
storia  patria,  II,  pag.  46). 


282  GEROLAMO   BISCARO 


super  eciam  infrascripti  anricus  et  guilielmus  et  girardus 
concedunt  infrascripto  nicolao  habere  locum  (?)  litterandi 
denarios.  donec  hec  moneta  que  modo  fit  ad  presens  du- 
rabit  et  non  plus.  Juravit  infrascriptus  nicolaus  manu  sua 
propria  ad  sancta  dei  evangelia  adversus  infrascriptos 
homines  quod  ipse  per  se  nec  per  submissam  personam 
non  habet  agere  nec  causare  nec  placitare  nec  aliquo  modo 
in  brigare  infrascriptos  homines  nec  illorum  heredes.  de 
infrascripto  ministerio  litterandi  denarios  et  quod  tacitus 
et  contenptus  secundum  quod  dictum  est  supra  permanere 
habet  adversus  infrascriptos  homines  illorumque  heredes. 
Et  ita  adtendere  habent  infrascripti  versus  nicolaum.  se 
sciente  bona  fide  sine  fraude  si  deus  illum  adiuvet  et  illa 
sancta  dei  evangelia. 

"  Signa  manuum  infrascriptorum  patris  et  filii  qui  hoc 
breve  fieri  rogaverunt  ut  supra  legitur  et  pater  filio  con- 
sensi ut  supra  legitur.  Interfuerunt  Andreanus.  Iohannes 
scagonus.  et  dianesius  testes 

"  Ego  Oliverius  sacri  palacii  notarius  internai  hoc  breve 
scripsi  et  tradidi  „. 


NECROLOGIE 


Abbiamo  a  deplorare  la  morte  del  eh.  nostro  socio 
P.  Giambattista  Adriani,  dotto  e  venerando  ecclesiastico 
piemontese  ;  archeologo,  storico,  erudito,  e  uno  dei  decani 
della  Numismatica  Italiana,  essendo  nato  nel  1823,  a  Cherasco. 

Non  è  qui  il  luogo  di  ricordare  le  numerose  cariche  a 
lui  affidate,  le  onorificenze  e  le  alte  distinzioni  accademiche 
da  lui  conseguite  nella  sua  lunga  e  laboriosa  esistenza,  ri- 
corderemo soltanto  che  coltivò  pure  con  buon  successo  gli 
studi  numismatici  e  si  formò  anche  una  bella  collezione, 
particolarmente  di  monete  e  medaglie  del  Piemonte  e  di 
Casa  Savoia.  Aveva  esordito  con  una  memoria  su:  Lettere  e 
monete  inedite  del  secolo  XVI,  appartenenti  ai  Ferrerò- Fieschi, 
antichi  conti  di  Lavagna  e  marchesi  di  Messerano  (Torino,  1851). 

Augusto  Carlo  Teixeira  de  Aragào,  Conservatore  del 
Gabinetto  Numismatico  di  S.  M.  il  Re  del  Portogallo  a  Li- 
sbona, e  autore,  fra  l'altro,  della  grande  opera  :  Descripcào 
geral  e  historica  das  moedas  de  Portugal  (Lisb.,  1874-80). 

Enrico  Morin-Pons,  banchiere  di  Lione,  cultore  della 
Numismatica  feudale  francese.  Gli  si  deve  anche  una  breve 
memoria  intorno  ad  :  Une  monnaie  de  Guillaume  Ier  Palèo- 
logue,  marquis  de  Monferrat  (nella  Revue  belge,  1899). 

Francesco  Trau,  uno  de'  fondatori  della  Società  Numi- 
smatica Viennese,  e  distinto  raccoglitore  di  monete  romane. 
Già  sofferente  di  salute  in  questi  ultimi  anni,  fu  colpito  poi 
anche  da  cecità  —  "  la  sciagura  più  grave  per  un  collezio- 
nista „,  come  osserva  il  Dott.  Scholz  nell'affettuoso  necro- 
logio che  gli  dedica  nella  Numismatische  Zeitschrift. 

37 


284  NECROLOGIE 


Edoardo  Foest,  capo  di  una  casa  di  fonderia  in  metalli, 
socio  della  Soc.  Num.  Viennese.  Prediligeva  le  medaglie  re- 
lative al  regno  di  Francesco  Giuseppe,  e  se  ne  era  formato 
una  copiosa  raccolta,  di  cui  lascia  interrotto  il  catalogo  de- 
scrittivo, ch'egli  destinava  alla  stampa. 

Eugenio  Schott,  pure  appartenente  alla  Soc.  Num.  Vien- 
nese ;  raccoglitore  di  monete  romane. 

Gerardo  Edoardo  Van  Even,  di  Lovanio,  archivista  della 
sua  città  natale,  membro  di  più  accademie,  decano  dei  cor- 
rispondenti regnicoli  della  Società  Numismatica  Belga.  Pos- 
sedeva una  serie  notevole  di  medaglie  e  gettoni  del  Sec.  XVIII, 
e  diede  anche  alle  stampe  qualche  scritto  d'argomento  nu- 
mismatico. 

Giacomo  A.  Van  der  Chijs,  di  Leida,  vissuto  per  lunghi 
anni  alle  Indie  Olandesi,  Conservatore  della  collezione  nu- 
mismatica della  Società  di  Scienze  ed  Arti  di  Batavia  nel- 
P  isola  di  Giava,  e  autore  dell'eccellente  catalogo  di  quella 
raccolta. 

Giovanni  G.  Stephanik,  Conservatore  della  collezione 
numismatica  delia  R.  Società  Archeologica  di  Amsterdam, 
Segretario  della  R.  Società  Numismatica  Neerlandese,  morto 
nella  verde  età  di  45  anni. 

Alla  vedova,  e  alle  Società  consorelle,  giungano  le  sin- 
cere condoglianze  della  Società  Numismatica  Italiana. 

S.  A. 


BIBLIOGRAFIA 


LIBRI    NUOVI   E   PUBBLICAZIONI. 


Blaiieliet  (Adrien).  Tratte  des  monnaies  gauloises.  —  Paris 
(Ernest  Leroux),  1905.  —  (Un  grosso  voi.  in  due  parti,  di  com- 
plessive pag.  650  in-8°,  con  3  tav.  in  fototipia,  una  carta  to- 
pogr    e  più  di  500  fìg    nel  testo). 

L' opera  dell'  ottimo  amico  nostro  Blanchet  è  dedicata, 
con  pio  pensiero  di  riconoscenza,  alla  memoria  di  Anatolio 
de  Barthélemy,  "  qui  étudia  les  monnaies  gauloises  pendant 

*  soixante-cinq    années    et    qui   fut    le  guide   bienveillant  et 

*  excellent  de  plusieurs  générations  d'érudits.  „ 

Essa  è  destinata,  nell'intenzione  dell'autore,  a  dimostrare 
che  la  Francia,  a  malgrado  di  una  parvenza  d'intiepidimento, 
continua  ancora  ad  interessarsi  a  codesta  serie  numismatica, 
eminentemente  nazionale  per  essa  ;  oggi  che  in  Austria,  in 
Ungheria,  in  Germania,  in  Inghilterra,  le  monete  celtiche  at- 
traggono sempre  più  l'attenzione  degli  studiosi. 

Ben  a  ragione,  del  resto,  il  Blanchet  asserisce  che  se 
le  monete  galliche  sono  poco  notevoli  dal  punto  di  vista 
dell'arte,  sono  importanti  invece  come  documenti  delle  rela- 
zioni fra  i  popoli  del  mondo  antico,  e  per  ricostituire  la 
storia  e  la  geografìa  di  paesi  pei  quali  non  abbiamo  che 
scarsissime  fonti  d'informazione. 

Fedele  allo  scopo  ch'egli  si  è  prefisso,  l'a.  ha  studiato 
soprattutto  le  monete  della  Gallia  propriamente  detta.  Ecco 
la  ripartizione  dell'opera  : 

Cap.  I.  —  Introduzione. 

Cap.  II.  —  La  moneta  primitiva  nella  Gallia. 

Cap.  III.  -  I  metalli. 

Cap.  IV.   —  Fabbricazione  delle  monete. 

Cap.  V.  —  Leggende  monetali. 

Cap.  VI.  —  Tipi  delle  monete  celtiche. 


286  BIBLIOGRAFIA 


Cap.  VII.  —  Prototipi  greci  e  romani  delle  monete  celtiche. 

Cap.  Vili.  —  Imitazioni  dello  statere  macedonico. 

Cap.  IX.  —  Massalia  e  imitazioni  delle  monete  massaliote. 

Cap.  X.  —  Monete  della  valle  del  Rodano. 

Cap.  XI.  —  Monete  del  sud-ovest  della  Gallia. 

Cap.  XII.  —  Monete  dell'ovest  della  Gallia. 

Cap.  XIII.  —  Monete  dei  popoli  armoricani. 

Cap.  XIV.  —  Monete  del  nord-ovest;  popoli  fra  la  Loira  e  la  Senna. 

Cap.  XV.  —  Monete  dei  popoli  del  nord  della  Gallia. 

Cap.  XVI.  —  Monete  dei  popoli  del  nord-est  della  Gallia. 

Cap.  XVII.  —  Monete  dell'est  e  del  centro  della  Gallia. 

Cap.  XVIII.  —  Monete  delle  colonie  romane,  ecc. 

Cap.  XIX.  —  Monete  celtiche  dell'  Europa  centrale. 

Cap.  XX.  —  Monete  dell'isola  di  Bretagna. 

Cap.  XXI.  —  Circolazione  delle  monete  celtiche. 

Appendice  I.  —  Inventario  dei  ripostigli  delle  monete  galliche. 

Appendice  II.  — ■  Musei  che  posseggono  collezioni  di  monete  galliche. 

Appendice  III.  —  Prezzo  attuale  delle  monete  galliche. 

Nel  grosso  volume  dell'amico  Blanchet  non  mancano  i 
passi  che  interessano  la  nostra  numismatica  :  basti  l'accen- 
nare alle  imitazioni  della  dramma  di  Massilia,  cioè  a  quelle 
curiose  monetucce  con  un  leone  sformato  che  frequentemente 
si  scoprono  nella  valle  del  Po.  Nell'appendice  :  inventario 
dei  ripostigli,  si  dà  notizia  di  monete  scoperte  nel  Canton 
Ticino,  e  a  Como,  e  nella  plaga  fra  Novara  e  Vercelli,  giusta 
informazioni  fornite  all'a.  dal  Dott.  Magni  e  dal  Prof.  Castel- 
franco ;  altrove  si  parla  di  alcune  monete  d'oro  concave,  rin- 
venute in  diverse  località  del  Piemonte,  ecc. 

Gaebler  (Hugo).  Zur  Munzkunde  Makedoniens.  V.  —  (Un  opusc. 
di  pag.  38  in-8°,  con  3  tav.  in  fotot.).  —  Estr.  dalla  Zeitschrift 
filr  Numismatik,  Berlino,  1905). 

Seconda  parte  dello  studio  sulle  monete  della  Macedonia 
durante  V  Impero,  con  interessanti  ed  acute  osservazioni  ti- 
pologiche. 

Dressel  (Heinrich).  Das  Tempelbild  der  Athena  Polias  auf  den 
Mììnzen  von  Priene.  —  (Un  fase,  di  pag.  io  in-40,  con  tavola 
in  fototipia).  —  (Estr.  dai  Sitzungsberichte  der  Kónigl.  Preuss. 
Akademie  der   Wissenschaften,  Berlino,  1905). 

Priene  nella  Ionia  era  celebre  per  il  suo  tempio  di  Pal- 
lade.  In  esso  si  venerava  un  simulacro  della  dea,  intorno 
alla  forma  del    quale    si    hanno  poche   ed  incerte  notizie  ;  il 


BIBLIOGRAFIA  28'/ 


eh.  Dott.  Dressel  osserva  tuttavia  che  a  questa  lacuna  si  può 
rimediare  esaminando  meglio  la  serie  monetale  di  quella 
città,  serie  di  cui  Pallade  è  appunto  il  tipo  principale.  Egli 
conclude  che  il  simulacro  nel  tempio  di  Priene,  pur  essendo 
ispirato  sostanzialmente  al  classico  prototipo  di  Fidia  nel 
Partenone,  non  ne  era  una  copia  (come  fu  asserito)  ma  bensì 
una  libera  modificazione,  di  carattere  proprio. 


Hill  (George  Francis).  Catalogne  of  the  Greek  Coins  of  Cyprus.  — 
London,  1904.  —  (Un  voi.  di  pag.  cxxxiv-iiq  in-8°,  con  una 
tav.  di  caratteri  ciprioti,  una  carta  topogr.  dell'isola,  e  26  tav. 
in  fototipia). 

E  il  più  recente  fra  gli  splendidi  cataloghi  delle  monete 
greche  del  Museo  Britannico. 

A  dir  vero,  per  un  profano  alla  Numismatica,  non  ini- 
ziato quindi  alla  terminologia  convenzionale  della  nostra 
scienza,  il  titolo  di  questo  volume  sarebbe  fonte  di  meravi- 
glia, poiché  sfogliando  il  testo  lo  vedrebbe  irto  di  caratteri 
esotici  (come  sfogliando  le  tavole  gli  passerebbero  sott'occhio 
molti  ritratti  d'imperatori  romani). 

La  serie  numismatica  descritta  dallo  Hill  (esclusa  benin- 
teso la  parte  che  si  riferisce  alla  dominazione  romana  in 
Cipro),  è  fra  le  più  ardue  e  le  più  oscure;  la  relativa  colle- 
zione del  Museo  Britannico  è  probabilmente  la  più  ricca  di 
esemplari  che  si  conosca,  ma  il  coscienzioso  scrittore  ha  vo- 
luto inoltre  completare  i  suoi  studi  ricorrendo  ad  impronte 
procuratesi  da  vari  altri  medaglieri  d'Europa. 

I  caratteri  ciprioti  inseriti  nel  testo,  furono  fusi  apposi- 
tamente per  questo  bel  volume  ;  in  cui,  come  osserva  il 
Prof.  Kubitschek  in  un'  estesa  recensione  pubblicata  nella 
Numismatische  Zeitschrift  di  Vienna,  il  benemerito  Hill  ha 
pure  introdotto  (rispetto  ai  precedenti  volumi  del  Catalogo 
del  Museo  Britannico)  una  novità  scientificamente  importante, 
cioè  l'indicazione  del  peso  anche  per  le  monete  di  bronzo. 

H  Irseli  (Jacob).  Die  nachgelassene  Sammlung  griechischer  Milnzen 
eines  bekannten  Archàologen.  —  Munchen,  1905.  —  (Un  ele- 
gante voi.  di  circa  300  pag.  in-40,  con  58  tav.  in  fototipia). 

È  un  catalogo  di  vendita  ;  ma,  per  la  cura  grandissima 
con  cui  fu  compilato  dal  Dott.  Hirsch,  e  per  la  copia  straor- 
dinaria e  lo  splendore  delle  tavole,  acquista  piuttosto  il  ca- 
rattere e  l'efficacia  di  un  trattato  di  Numismatica  greca. 


288  BIBLIOGRAFIA 


La  raccolta  descritta  venne  formata  con  oltre  sessantanni 
di  indefesse  ricerche  ;  e  con  lo  scopo  di  giungere  a  renderla 
possibilmente  completa  per  tutte  le  regioni,  talché  ben  poche 
sono  le  città  che  non  vi  siano  rappresentate.  Atene  e  Creta 
hanno  nel  volume  una  parte  preponderante,  ma  anche  l'Italia 
e  la  Sicilia  vi  figurano  magnificamente. 

Kalirfeldt  (M.).  Die  rómisch-sicilischen  Munzen  aus  der  Zeit  der 
Republik.  —  (Un  opusc.  di  pag.  120  in-8°,  con  5  tav.  in  foto- 
tipia e  con  illustrazioni  nel  testo).  -  (Estr.  dalla  Revue  suisse 
de  numismatique,  Ginevra,  1904). 

In  questa,  che  sarà  la  prima  sezione  di  una  monografia 
tripartita  dedicata  alle  monete  repubblicane  emesse  fuor  di 
Roma  da  magistrati  romani,  ma  con  carattere  più  o  meno 
locale,  l'egr.  Colonn.  Bahrfeldt  ha  riunito  e  studiato  con  la 
ben  nota  sua  accuratezza  un  certo  numero  di  pezzi  (tutti  in 
bronzo)  che  sinora  furono  descritti  soltanto  in  via  incidentale 
e  isolatamente,  cioè  le  monete  romano-sicule. 

Dopo  di  aver  accennato  alla  relativa  letteratura,  disse- 
minata nelle  opere  di  Panata,  Torremuzza,  Landolina-Paternò, 
Salinas,  nonché  di  Mommsen,  Fr.  Lenormant,  Head,  Imhoof- 
Blumer,  Hill,  Fa.  ricorda  due  lavori  speciali:  quello  di  Klein, 
Die  Verwaltungsbeamten  von  Sicilien  und  Sardinien  (Bonna, 
1878),  e  la  Geschichte  des  sicilischen  Munzwesens  bis  zur 
Zeit  des  Augustus,  del  compianto  Adolfo  Holm  (X).  Ricorda 
pure  la  Sylloge  inscriptionum  latinarum  (Torino,  1875),  m 
cui  Garrucci  dà  un  elenco  dei  Nummi  in  Sicilia  cusi  a  leg- 
genda latina. 

Procede  quindi  alla  descrizione  sistematica  delle  monete, 
dividendole  in  quattro  gruppi. 

Il  primo  ha  quasi  sempre  nel  I}1  il  nome  del  magistrato 
oppure  un  simbolo,  entro  corona. 

Il  secondo  gruppo  ha  nel  &  la  testa  di  Giove;  nel  9' 
un  guerriero  con  asta  e  patera,  accostato  dal  nome  (o  mo- 
nogramma) del  magistrato,  e  talvolta  dal  monogramma  di 
Panormus. 

Il  terzo  gruppo  è  costituito  da  monete  a  leggenda  latina, 
che  appartengono  senza  dubbio  alla  Sicilia,  ma  non  si  pos- 
sono collocare  nei  due  gruppi  precedenti. 

Nel  quarto  gruppo,  infine,  Fa.  ha  raccolto  una   serie  di 


(1)  Nel  voi.  Ili  della  sua  Geschichte  Siciliens  itn  Alterthum  (Lipsia,  1898). 


BIBLIOGRAFIA  289 


monete,  prive  per  lo  più  di  qualsiasi  leggenda,  della  mag- 
gior parte  delle  quali  si  può  affermare  con  sicurezza  che 
appartengano  esse  pure  alla  Sicilia,  ma  non  che  siano  state 
emesse  per  autorità  di  magistrati  romani.  Talune  di  queste 
monete  sono  inedite. 


Maurice  (Jules).  Classification  chronologique  des  émissions  moné- 
taires  de  l'atelier  de  Lyon  pendant  la  période  constantinienne 
(305-337) •  ~  (Un  opusc.  di  pag.  90  in-8°,  con  2  tavole  in  foto  • 
incisione).  —  (Estr.  d.  Mémoires  de  la  Société  nationale  des 
Antiquaires  de  France,  Parigi,  1904). 

L'autore  è  noto  pei  suoi  diligenti  studi  sulle  emissioni 
monetarie  delle  diverse  zecche  dell'Impero  durante  il  periodo 
costantiniano. 

Nella  presente  memoria  egli  tratta  della  zecca  di  Lione. 
Essa  non  era  la  principale  delle  Gallie,  essendo  molto  meno 
importante  di  quella  di  Treviri  ;  non  vi  si  coniarono  che  mo- 
nete di  bronzo,  per  le  quali  il  Sig.  Maurice  riconosce  nove 
distinte  emissioni. 

U ' iconographie  par  les  me'dailles  des  empereurs  romains  de  la 

fin  du  IIIe  et  du  IVe  siècles.  —  (Un  opusc.  di  pag.  34  in  8°, 
con  3  tav.  in  fototipia).  —  (Estr.  dalla  Revue  Numismatique, 
Parigi,  1904). 

Forma  la  seconda  parte  del  lavoro  pubblicato  nell'auto- 
revole rivista  francese,  e  comprende  l'iconografia  di  Galeno, 
Severo  e  Massimino  Daza. 


Pisani  Dosai  (Alberto).  Verdesiacum.  —  (Un  opusc.  di  pag.  26 
in-8°,  con  2  tav.  e  con  illustrazioni  nel  testo).  —  (Estr.  dal 
Bollettino  della  Società  Pavese  di  Storia  patria,  1905). 

In  questa  breve  ma  interessante  memoria,  il  eh.  Comm. 
Nob.  Pisani  Dossi  rende  conto  degli  scavi  da  lui  intrapresi 
sul  luogo  dell'antico  Verdesiaco  (non  lungi  da  Abbiategrasso). 
Vi  si  scoperse  una  necropoli,  esaminata  e  descritta  con  tutta 
cura  nella  presente  monografia  ;  gli  oggetti  colà  rinvenuti  si 
trovano  oggi  riuniti  a  Corbetta  in  casa  Pisani  Dossi.  Nel- 
l'elenco, si  accennano  e  talora  si  descrivono  anche,  diverse 
monete  romane  ;  che  furono  classificate,  per  quanto  il  loro 
stato  di  conservazione  lo  permetteva,  dal  Comm.  Francesco 
Gnecchi. 


290  BIBLIOGRAFIA 


Cerrato  (Giacinto).  Note  di  Numismatica  Sabauda:  Un  mezzo 
testone  di  Carlo  li  per  Nizza.  —  (Un  opusc.  di  pag.  4  in  8°,  con 
disegno).  —  Estr.  dal  Bollettino  di  Numismatica,  Milano,  1905). 

Con  questo  mezzo  testone  (inedito  ed  unico  sinora,  e  in- 
discutibilmente di  Nizza  per  le  iniziali  che  reca  della  zecca 
e  del  maestro  generale  Guillod),  l'a.  corregge  un'attribuzione 
di  Domenico  Promis,  il  quale,  nelle  Monete  dei  Reali  di  Sa- 
voia (voi.  II,  tav.  XIX,  n.  54)  assegna  a  Nizza  un  mezzo 
testone  che  dev'esser  uscito  invece  dall'officina  di  Borgo  in 
Bressa. 

Une  médaille  savoyarde  inèdite.  —  (Un  opusc.  di  pag.  6  in-8°, 

con  dis.).  —  (Estr.  dalla  Gazette  numismatique,  Bruxelles,  1905). 

Medaglia  in  bronzo  (della  collezione  dell'a.),  coi  busti 
del  duca  Emanuele  Filiberto  e  del  giovane  principe  Carlo 
Emanuele. 

Reca  la  firma  del  medaglista  piemontese  Gian  Maria 
Augustello,  conosciuto  sinora  soltanto  per  una  medaglia  del 
Museo  Britannico. 


Oiorcelli  (Giuseppe).  Una  Zecca  piemontese  medioevale  sconosciuta. 
—  (Un  opusc.  di  pag.  6  in-8°).  —  (Estr.  dal  Bollettino  di  Nu- 
mismatica, Milano,  1905). 

La  nuova  zecca  è  quella  di  Dego,  "  grossa  terra  posta 
"  sulla  riva  sinistra  della  Bormida  orientale,  detta  di  Spigno, 
u  lungo  la  strada  che  da  Acqui  conduce  a  Savona.  Dego, 
"  nel  medioevo,  faceva  parte  del  Marchesato  di  Ponzone  „. 
La  importante  comunicazione  del  Dott.  Giorcelli  tende  a  di- 
mostrare che  Dego,  e  non  Ponzone,  fu  la  zecca  di  quei 
Marchesi. 

Papadopoli  (Nicolò).  Sebastiano  Venier  e  le  sue  monete  (1577- 
1578).  —  Venezia  (Tipografia  Emiliana),  1905.  —  (Un  opusc. 
di  pag.  23  in  40,  con   disegni).   —  (Per    nozze   Persico-Venier). 

È  trascorso  ormai  più  d'un  decennio,  dacché  il  nostro 
benemerito  Presidente  Conte  Sen.  Papadopoli  pubblicava  il 
primo  volume  dell'apprezzatissima  sua  opera:  Le  monete  di 
Venezia  descritte  ed  illustrate.  Codesto  primo  volume  com- 
prendeva il  periodo  "  Dalle  origini  a  Cristoforo  Moro  „  ;  il 


BIBLIOGRAFIA  2(JI 


secondo,  ch'è  atteso  con  vivo  desiderio  dagli  studiosi,  e  che 
trovasi  fortunatamente  già  avanzato  nella  stampa,  compren- 
derà il  periodo  *  Da  Nicolò  Tron  al  principio  del  Sec.  XVII  „. 

Nell'occasione  in  cui  la  Contessa  Sofia  Persico,  cugina 
del  eh.  autore,  andava  sposa  al  Conte  Sebastiano  Venier, 
omonimo  e  discendente  del  celebre  Doge,  il  Sen.  Papado- 
poli  volle  stralciare  con  gentile  pensiero  dal  proprio  lavoro 
in  preparazione  le  pagine  che  si  riferiscono  al  di  lui  princi- 
pato, formando  con  questa  primizia  un  elegante  opuscolo 
che  commemorerà  degnamente  le  cospicue  nozze. 

"  La  mente  elevata,  il  carattere  intemerato,  le  virtù 
■  civili  e  militari  „  —  così  incomincia  il  Co.  Papadopoli  — 
-  portarono  Sebastiano  Venier  all'onore  del  principato,  che 

*  fu  degno  coronamento  di  una  vita  tutta  spesa  in  servizio 
"  della  pafria. 

"  Venezia,  riavutasi  appena  dal  flagello  della  peste  in 
"  cui  erano  perite  numerose  ed  illustri  vittime,  aveva  cele- 

*  brato  solennemente  la  liberazione  dal   morbo,    decretando 

*  l'erezione  di  un  tempio  al  Redentore  su  progetto  del  Pal- 

*  ladio,  quando  un  furioso  incendio  del  Palazzo  Ducale  di- 
"  struggeva  memorie  preziose  e  tesori  di  storia   e   di   arte. 

*  Amareggiato  da  quest'ultima  sventura,  il  vecchio  Doge 
"  moriva  innanzi  di  aver  compiuto  il  primo  anno  del  suo 
"  regno  „. 

Poche  e  non  comuni  sono  le  monete  di  questo  Prin- 
cipe „,  prosegue  l'a.;  ma  in  realtà  alle  sue  diligenti  indagini 
riuscì  di  radunare  la  descrizione  di  68  conii  (7  per  lo  zecchino, 
1  per  il  mezzo  zecchino,  1  per  il  quarto  di  zecchino,  15  per 
il  due  lire,  8  per  la  lira,  ben  29  per  il  sesino,  1  per  il  quat- 
trino, 3  per  il  mezzo  quattrino,  e  3  infine  per  l'unica  osella 
che  si  abbia  di  quel  Doge). 

Dessi  (Vincenzo).  Ricerche  sull'origine  dello  stemma  di  Sassari  e 
sugli  stemmi  dei  Giudicati  Sardi.  —  Sassari  (Tipografia  Ditta 
Giuseppe  Dessi),  1905.  —  (Un  opusc.  di  pag.  34  in-40  gr., 
con  2  tav.). 

Qualche  anno  fa,  l'autore  pubblicò  una  prima  memoria 
sulla  zecca  di  Sassari  C1);  ora  egli  riprende  a  trattar  l'argo- 
mento con  maggior  copia  di  materiali. 

Descrive  anzitutto  quattro  varietà  di  minuti  di  Carlo  V, 
tre  delle  quali  sono  rappresentate  nella  insigne  Collezione  di 
S.  M.  il  Re,  un'altra  nella  collezione  Vidal  Quadras  y  Ramon 


(1)  V.  la  recensione  in  Rivista,  1899  (a  pag.  271-72). 

38 


2CJG  BIBLIOGRAFIA 


di  Barcellona  e  in  quella  dell'a.  Tutte  recano  lo  scudo 
d'Aragona,  la  torre  (arme  di  Sassari),  e  il  nome  dell'  impe- 
ratore, ma  differiscono  nel  resto  delle  leggende.  La  prima 
varietà  le  ha  retrograde  e  confuse,  nella  seconda  si  legge 
chiaramente  :  CIVITÀS  TVRITÀNÀ ,  nella  terza  :  GAVINVS 
PROTVS,  nella  quarta  :  G-ÀVINV  • .  PR  G-EN  (codeste  ultime 
leggende  sono  allusive  ai  SS.  Gavino,  Proto  e  Gianuario, 
martiri  turritani). 

Il  Cav.  Dessi  ribadisce  poi  le  osservazioni  documentate 
già  da  lui  esposte  nella  citata  sua  memoria  per  dimostrare 
che  l'arme  antica  di  Sassari  era  veramente  la  sola  torre  ; 
egli  riporta  anche  tre  sigilli  rinvenuti  in  quel  territorio,  i 
quali  hanno  appunto  la  torre  come  stemma.  Né  certo,  osserva 
l'egr.  nostro  consocio,  si  ha  bisogno,  per  sostenere  tal  tesi, 
di  ricorrere  all'argomento  messo  innanzi  da  uno  scrittore 
del  sec.  XVII,  il  quale  voleva  ravvisare  l'arme  di  Sassari 
nella  torre  o  porta  di  campo  che  si  vedeva  su  molti  piccoli 
bronzi  costantiniani  trovati  durante  il  restauro  del  porto  di 
Torres  ! 

Caspar  (Erich).  Roger  II.  (i  101-1154)  und  die  Grilndung  der 
normannisch-sicilischen  Monarchie.  —  Innsbruck  (Wagner),  J904. 
—  (Un  voi.  di  pag.  652  in-8°). 

Quest'opera  contiene  anche  un  accenno  alle  intricate 
condizioni  monetarie  del  regno  Normanno,  e  ai  tentativi  di 
Ruggero  II  per  dirimere  la  confusione  di  esse  (pag.  26667). 

Capobiancht  (Vincenzo).  Le  origini  del  peso  gallico.  —  (Un 
opusc.  di  pag.  49,  con  fotoincisione).  —  (Estr.  dall'Archivio 
della  R.  Società  Romana  di  Storia  patria,  1904). 

Il  nome  del  Cav.  Capobianchi  è  noto  agli  studiosi  della 
numismatica  medioevale,  soprattutto  per  la  diligente  mono- 
grafia inserita  nell'Archivio  della  Società  Romana  di  Storia 
patria  sotto  il  titolo  modesto  di:  Appunti  per  servire  all' or- 
dinamento delle  monete  coniate  dal  Senato  di  Roma  dal  1184 
al  14J9. 

Di  lui  la  nostra  Rivista  ebbe  già  ad  accogliere,  anni 
sono,  un'importante  memoria  metrologica  (*),  alla  quale 
forma  sèguito  un  altro  lavoro  ch'egli  pubblicò  nei  Mélanges 
d'archeologie  et  d'histoire  della  Scuola  Francese  di  Roma  (2). 


(1)  Pesi  proporzionali  desunti  dai  documenti  della  libra  romana,  me- 
rovingia e  di  Carlo  Magno,  Milano,  1892. 

(2)  Les  CAROLI  PONDVS  conservés  en  Italie,  Paris-Rome,  1900. 


BIBLIOGRAFIA  293 


L'opuscolo  che  abbiamo  sott'occhio  costituisce  alla  sua 
volta  il  complemento  dei  due  studi  metrologici  testé  accennati. 

Nel  primo  di  essi  l'a.  dimostrava  come  nelle  Gallie, 
sotto  i  Merovingi,  si  usassero  contemporaneamente  due  lib- 
bre diverse:  la  u  libra  romana  „  ed  un'altra  alquanto  più 
pesante,  ch'egli  denominò  "  libra  merovingia  „.  Codeste  due 
libbre  avrebbero  cessato  quando  Carlo  Magno  ne  creò  una 
nuova,  corrispondente  a  16  oncie  di  libbra  romana. 

Nel  secondo,  con  la  scorta  dei  campioni  che  recano  la 
leggenda  CAROLI  PONDVS,  l'a.  concludeva  che  Carlo  Magno 
non  aveva  creato  un  nuovo  peso,  come  si  credeva,  ma  bensì 
generalizzato  il  peso  romano  già  in  uso  nelle  Gallie. 

Nel  terzo  studio  infine,  eh' è  contenuto  nella  presente 
memoria:  Le  origini  del  peso  gallico,  l'a.,  illustrando  un 
campione  ponderale  in  pietra  rinvenuto  nell'Aquitania,  di- 
mostra che  quella  libbra  in  uso  sotto  i  Merovingi  la  quale, 
soppressa  da  Carlo  Magno  per  la  generalizzazione  della 
libbra  romana,  fu  detta  libra  antiqua,  è  di  remota  origine 
gallica. 

Bordeaux  (Paul).  Les  ateliers  monétaires  de  Toulouse  et  de  Pa- 
miers  pendant  la  Ligue.  —  (Un  opusc.  di  pag.  125  in-8°,  con 
dis.  nel  testo).  —  (Estr.  dalla  Revue  Numismatique,  Parigi,  1905). 

Nel  periodo  agitato  di  tempo  cui  si  riferisce  l'autore,  le 
monete  recavano  il  nome  di  tre  re  di  Francia,  secondochè 
esse  provenivano  dall'una  o  dall'altra  zecca.  Le  più  nume- 
rose hanno  per  leggenda,  dal  1589  in  poi:  Enrico  IV,  re  di 
Francia  e  Navarra;  —  altre  portano:  Carlo  X,  re  di  Francia, 
titolo  che  sopravvisse  fino  al  1597  al  cardinale  di  Borbone 
medesimo,  morto  nel  1590;  —  alcune  infine,  e  sono  le  più 
rare,  continuano  sino  al  1594  ad  offrirci  la  effigie  e  la  leg- 
genda di  Enrico  III,  re  di  Francia  e  Polonia,  benché  questo 
sovrano  fosse  morto  nel  1589. 

"  Le  regioni  ribellatesi  „  —  osserva  l'a.  —  *  coniano 
*  monete  col  nome  di  re  defunti,  perchè  esse  vogliono  costi- 

■  tuirsi  a  provincie  indipendenti  dal  potere  centrale,  e  perchè 

■  esse  considerano  l'autorità  d'un  re  come  puramente   no- 
"  minale  „. 

Alcuni  fra  i  documenti  pubblicati  dal  Sig.  Bordeaux 
tendono  appunto  a  dimostrare  la  verità  di  quest'asserzione, 
per  la  zecca  di  Tolosa. 

Altri  curiosi  documenti  si  riferiscono  all'impianto  del- 
l'officina di  Pamiers,  che  Enrico  IV  aveva  ordinato  di  aprire 
in  sostituzione  e  in  odio  a  quella  di  Tolosa,  ma  che  proba- 
bilmente non  ebbe  mai  a  funzionare. 


294 


BIBLIOGRAFIA 


De  Joiiglie  (V<e  B.).  Un  denier  noir  frappé  à  Ypres  par  Gui 
de  Dampierre,  comte  de  Fiandre.  —  (Un  opusc.  di  pag.  8 
in  8°,  con  disegno).  —  (Estr.  dalla  Revue  belge  de  Numisma- 
tique,  1905). 

In  questa  recentissima  fra  le  numerose  sue  memorie,  il 
eh.  Presidente  della  Reale  Società  del  Belgio  accresce  d'una 
nuova  moneta  la  numismatica  della  città  d'Ypres. 

Questa  città,  situata  sui  confini  della  Fiandra  occidentale, 
e  sòrta  verisimilmente  appena  nella  seconda  metà  del  X°  sec, 
s' ingrandì  presto  e  assunse  importanza,  in  ispecie  per  lo 
sviluppo  delle  sue  fabbriche  di  panno.  Ypres,  che  oggi  non 
tocca  forse  i  20,000  abitanti,  nel  sec.  XIII°  ne  albergava, 
dicesi,  200,000,  superando  Gand  e  Bruggia.  Vi  battevano 
4,000  telai,  possedeva  7  chiese  parrocchiali,  e  vedeva  sorgere, 
per  la  iniziativa  de'  suoi  drappieri,  quella  grandiosa  "  Halle 
aux  draps  „  ch'è  uno  de'  più  notevoli  edifici  d'un  paese  ar- 
chitettonicamente così  ricco  qual  è  il  Belgio. 


I>e  Witte  (Alphonse).  Deux  monnaies  liégeoises  inédites  de  la  col- 
lection  de  S.  A.  S.  le  due  d' Arenberg.  —  (Un  opusc.  di  pag.  8 
in-8°,  con  disegni  nel  testo).  —  (Estr.  dalla  Revue  belge  de 
Numismatique,  Bruxelles,  1905). 

La  collezione  del  Duca  d'Aremberg,  a  Brusselles,  com- 
prende circa  2000  monete,  medaglie  e  gettoni  che  si  riferi- 
scono alla  storia  della  sua  famiglia.  Nella  memoria  che  ab- 
biamo dinanzi,  il  solerte  Segretario  della  Società  Reale  del 
Belgio  ne  illustra  due  monete,  l'una  coniata  da  Guglielmo 
de  la  Marck  (1482-84),  figlio  di  Giovanni  signore  d'Aremberg 
e  di  Sedan,  l'altra  da  Everardo  de  la  Marck  (148889),  fra- 
tello di  Everardo  signore  d'Aremberg  ;  le  quali,  pur  appar- 
tenendo, come  si  vede,  a  quella  serie,  interessano  la  numi- 
smatica del  Vescovato  di  Liegi. 


Hazerolle  (F.).  Les  médailleurs  francais  du  XV e  siede  au  mi- 
lieu du  XVIIe.  Tome  troisième  :  Album.  —  Paris  (Ernest  Le- 
roux),  1904.  —  (Un  voi.  in  40,  di  tav.  42  in  fototipia). 

Nell'annata  1903  della  presente  Rivista  (a  pag.  492 -93) 
salutavamo  la  comparsa  dei  due  volumi  di  testo  della  grande 
opera  intrapresa  dall'infaticabile  Archivista  della  Zecca  di 
Parigi,  opera  che  forma  parte  della  "  Collection  de  docu- 
ments  inédits  sur  l'histoire  de  France  publiés  par  les  soins 


BIBLIOGRAFIA  295 


du  Ministère  de  l'Instruction  publique  „.  Richiamavamo  allora 
l'attenzione  sulla  ingente  copia  di  materiali  e  documenti, 
raccolta  e  disposta  in  ordine  cronologico  dal  benemerito 
Mazerolle,  e  da  lui  corredata  di  preziose  notizie  storiche  e 
d'una  ricca  bibliografia. 

Ora  riceviamo  V Album  con  cui  si  completa  l'opera,  e 
che  in  42  tavole  a  fototipia  riproduce  una  scelta  di  quasi 
200  fra  medaglie  e  gettoni,  ordinati,  per  quanto  era  possi- 
bile, artista  per  artista.  Ci  sfila  così  dinanzi  agli  occhi,  in 
rapida  rassegna,  la  medaglistica  francese,  da'  suoi  rigidi 
primordi  che  richiamano  la  sfragistica  medioevale,  sino  ai 
medaglioni  monumentali  di  Guglielmo  Dupré. 

Anche  V Album  è  munito  d'un  indice  accurato,  per  la 
rispondenza  coi  numeri  del  catalogo  descrittivo  delle  medaglie 
e  dei  gettoni  che  costituisce  il  volume  secondo  dell'opera; 
e  d'un  indice  per  nomi  di  personaggi  e  medaglisti,  per  sog- 
getti, ecc. 


I>'All»on  (Eugen  Baron).  Die  Affaire  Marschall.  —  Wien  (Georg 
Szelinski),  1905.  —  (Un  opusc.  di  pag.  60  in-40,  con  illustrazioni). 

Quest'opuscolo  tratteggia  la  rapida  e  brillante  carriera 
artistica  del  giovane  ma  ormai  già  celebre  scultore  viennese 
Rodolfo  Marschall,  successore  di  Tautenhayn  nella  carica  di 
medaglista  della  corte  imperiale;  e  le  amarezze  che  lo  con- 
tristarono dopo  la  recente  sua  nomina  a  professore  di  Me- 
daglistica presso  l'Accademia  di  Belle  Arti. 

Le  tavole  di  riproduzioni  che  accompagnano  l'opuscolo 
sono  dirette  a  sfatare  l'accusa  mossa  a  Marschall  di  essersi 
valso  dell'opera  altrui  per  il  rovescio  della  sua  medaglia 
"  omaggio  dell'infanzia  „  pel  giubileo  dell'imperatore. 

Moyaux  (Auguste).  Les  chemins  de  fer  autrefois  et  aujourd'hui 
et  leurs  médailles  commémoratives.  Notice  historique  suivie  d'un 
catalogue  descriptif  des  médailles  de  tous  les  pays.  —  Bru 
xelles  (Charles  Dupriez),  1905.  —  (Un  bel  voi.  di  pag  262 
picc.  in  folio,  con  11  tav.  in  fototipia  rappresentati  medaglie  e 
placchette). 

Ecco  un  volume  interessantissimo  per  sé  stesso,  ma 
inoltre,  come  suol  dirsi,  di  vera  "  attualità  „  ;  poiché  non 
poteva  uscire  più  opportunamente  che  ora,  mentre  si  sta 
preparando  in  Milano  la  Esposizione  internazionale  dedicata 
appunto  ai  mezzi  di  trasporto. 

Come  l'autore  spiega  nella  briosa  prefazione  al  suo  libro, 


296  BIBLIOGRAFIA 


il  fondamento  di  questo  è  dato  dal  catalogo  delle  medaglie, 
che  forma  la  seconda  parte  del  volume;  la  prima  (cioè  la  "  No- 
tice  historique  sur  les  chemins  de  fer  „)  si  è  andata  costi- 
tuendo con  le  note  accumulate  durante  la  formazione  della 
raccolta  di  medaglie,  note  che  furono  poi  coordinate,  com- 
pletate, e  arricchite  d' illustrazioni,  talvolta  soltanto  curiose, 
ma  non  di  rado  molto  importanti  dal  punto  di  vista  storico 
e  tecnico. 

Sarebbe  qui  fuor  di  luogo  l' intrattenerci  sulla  "  Notice 
historique  „,  che  dai  primissimi  tentativi  ferroviari  giunge 
sino  al  progetto  della  linea  Parigi-Nuova  York  per  lo  Stretto 
di  Behring  ;  diremo  soltanto  che  anche  in  essa  è  fatta  la 
dovuta  parte  all'  Italia,  sia  nel  testo  che  nelle  illustrazioni. 

La  parte  sostanziale  del  libro  è  formata,  come  abbiamo 
detto,  dal  catalogo  delle  medaglie  commemorative  di  strade 
ferrate.  Esso  occupa  150  pagine  circa,  del  formato  in-folio 
picc,  e  comprende  un  mezzo  migliaio  di  numeri,  cioè  due 
terzi  di  più  del  catalogo  pubblicato  dal  Cav.  Augusto  von 
Loehr  nelle  Mitteilungen  des  Clubs  der  Mùnz-  und  Medail- 
lenfreunde  (Vienna,  1892-97). 

A  questo  proposito,  l'a.  osserva  che,  per  quanto  è  a 
sua  contezza,  esistono  soltanto  tre  pubblicazioni  speciali  de- 
dicate alla  medaglistica  ferroviaria,  cioè  quella  generale  del 
Cav.  von  Loehr  (di  gran  lunga  la  più  importante),  quella  di 
G.  W.  J.  Potter:  Railway  Medals  and  Tokens  (Brighton,  1901), 
concernente  l'Inghilterra,  e  quella  del  nostro  socio  Ing.  Carlo 
Clerici  :  Ponti,  strade,  ecc.  in  Italia,  secondo  le  medaglie 
(Milano,  1901). 

Giova  notare  tuttavia  che  il  presente  catalogo  dell'  Ing. 
Moyaux  non  si  limita  a  descrivere  le  sole  medaglie  che 
commemorino  propriamente  le  ferrovie.  Esso  abbraccia  tutti 
i  monumenti  numismatici  (gettoni,  monete,  medaglie,  plac- 
chette)  che  ricordino  un  avvenimento  qualsiasi  che  abbia 
attinenza  con  la  storia  delle  strade  ferrate  (concessioni,  opere 
d'arte,  inauguraziohi,  giubilei)  ;  abbraccia  inoltre  quei  ricordi 
medaglistici  che  furono  emessi  in  onore  di  personaggi  ap- 
partenenti al  "  mondo  ferroviario  „,  purché  tali  ricordi  non 
si  riferiscano  ad  anniversari  intimi  o  di  famiglia,  ma  bensì 
a  qualche  particolarità  della  loro  carriera. 

Il  catalogo  è  così  ripartito  : 

Inghilterra  e  Colonie. 

Belgio. 

Stato  Indipendente  del  Congo. 

Francia  e  Colonie. 

Svizzera. 

Italia. 


BIBLIOGRAFIA  297 


Penisola  Iberica  :  Spagna  e  Portogallo. 
Austria-Ungheria. 
Germania. 
Olanda  e  Colonie. 
Lussemburgo. 

Stati  scandinavici  :  Svezia,  Norvegia  e  Danimarca. 
Russia. 

Stati  balcanici  :  Turchia,  Rumenia  e  Bulgaria. 
America:  Canada,  Stati  Uniti,  Cuba,  Messico,  Guatemala,  Equa- 
tore, Bolivia,  Brasile,  Perù,  Chili,  Repubblica  Argentina. 

Le  medaglie  di  ciascun  riparto  sono  disposte  in  ordine 
cronologico,  accuratamente  e  minutamente  descritte,  e  spesso 
accompagnate  da  note  esplicative  e  complementari  utilissime. 

Ogni  sezione  geografica  si  apre  con  un  riassunto  della 
relativa  storia  ferroviaria  :  quello  che  si  riferisce  all'  Italia 
incomincia  da  quando  era  smembrata  e  divisa,  per  giungere 
sino  all'esercizio  di  stato  che  s' inaugura  col  i.°  luglio  del 
corr.  anno  1905. 

E  per  restringerci  appunto  al  nostro  paese,  diremo  che 
le  medaglie  italiane  descritte  dall'  Ing.  Moyaux  sono  circa 
cinquanta,  cominciando  da  quella  per  la  ferrovia  da  Napoli 
a  Nocera  e  Castellamare  (1840)  concessa  da  Ferdinando  II 
ai  fratelli  Bayard  de  la  Vingtrie.  Questa  prima  medaglia, 
piccola  e  ottagonale,  è  anche  riprodotta  in  fototipia  in  una 
delle  tavole  annesse  al  volume,  insieme  alla  medaglia  del 
1843  per  la  ferrovia  da  Milano  a  Venezia,  a  quella  di  gran 
modulo  per  la  linea  da  Napoli  a  Caserta  (1846),  e  a  quella, 
pure  di  gran  modulo,  per  le  feste  inaugurali  del  traforo  del 
Cenisio  (1871). 

Comandili!  (Alfredo).  L'Italia  nei  Cento  Anni  del  Secolo  XIX, 
giorno  per  giorno  illustrata.  —  Milano,  Antonio  Vallardi  editore. 

Quell'inesauribile  repertorio  di  date,  di  ricordi  e  di  cu- 
riosità storiche  ed  aneddotiche,  di  documenti  artistici  e  pa- 
triottici ch'è  la  pubblicazione  del  valente  Dott.  Comandini, 
prosegue  con  l'usato  corredo  d'illustrazioni  numismatiche  e, 
in  ispecie,  medaglistiche. 

Spigoliamo  dalle  due  dispense  più  recenti  : 

Dispensa  4Sa  (Dal  i°  genn.  al  i°  ottobre  184J).  —  Medaglia  data 
da  Pio  IX  ai  vigili  di  Roma.  —  Prima  med.  annuale  di  Pio  IX,  allusiva 
al  collocamento  delle  statue  dei  SS.  Pietro  e  Paolo  appiè  della  gradi- 
nata esterna  della  Basii.  Vaticana.  —  Med.  coniata  a  Torino  in  onore 
di  Vinc.  Gioberti.  —  Med.  conferita  da  Ferdin.  II  per  la  difesa  contro 
gì'  insorti  di  Messina.  —  Med.  coniata   in   Milano    per   l' ingresso    del- 


298  BIBLIOGRAFIA 


l'Arciv.  Romilli.  —  Med.  coniata  in  Venezia  per  la  visita  dei  dotti  del 
IX  Congresso  a  quell'arsenale  (col  busto  di  Dante).  —  Med.  per  la  IX 
Riunione  degli  Scienziati  Italiani  (col  busto  di  Marco  Polo). 

Dispensa  4Óa  {Dall'ottobre  1847  al  j  marzo  1848).  —  Med.  coniata 
nella  zecca  di  Torino  per  sanzionare  le  riforme  di  Carlo  Alberto  (ot- 
tobre 1847).  —  ld.  fatta  coniare  dalia  Città  di  Novara.  —  Med.  di  To- 
rino a  memoria  della  Lega  Doganale.  —  Medaglie  popolari  coniate  in 
Torino  per  la  Lega  Dog.  fra  Pio  IX,  Carlo  Alberto  e  Leopoldo  II.  — 
Bozzetto  di  medaglione  col  busto  dtll'Avv.  G.  B.  Nazari  di  Treviglio 
(medagliere  del  venerando  patriotta  Sen.  Camozzi-Vertova  di  Bergamo). 
—  Rara  medaglia  coll'tffigie  di  Pio  IX  e  di  S.  Galdino,  portata  in  Mi- 
lano dai  liberali  (collez.  dell'  Ing.  Carlo  Clerici).  —  Med.  commemorativa 
della  rivoluz.  di  Sicilia.  —  Med.  commemorante  la  largizione  dtllo  Sta- 
tuto agli  Stati  Sardi. 

Come  si  vede,  il  materiale  numismatico  disseminato 
nell'opera  del  eh.  Dott.  Comandini,  frammezzo  ai  ritratti, 
alle  vedute,  alle  riproduzioni  di  stampe,  di  autografi,  di  carte, 
di  stemmi,  d'insegne,  di  cimeli  d'ogni  fatta,  è  sì  copioso  ed 
interessante  da  assicurarle  un  posto  affatto  singolare  fra  le 
pubblicazioni  odierne  e  un  durevole  valore  di  consultazione 
anche  per  le  nostre  ricerche  speciali. 

Halkc  (H.).  Einleitung  in  das  Studium  der  Numismatik.  Dritte, 
vermehrte  und  verbesserte  Auflage.  —  Berlin  (Georg  Reimer), 
1905.  —  (Un  voi.  di  pag.  xm-219  in-8°,  con  8  tav.  in  fotot.  e  con 
dis.  nel  testo).  —  (Prezzo  6  marchi). 

La  *  Introduzione  allo  studio  della  Numismatica  „,  di 
Halke,  gode  di  un  meritato  favore  in  Germania.  È  un  suc- 
cinto trattato  che  abbraccia  tutte  le  diverse  serie  numisma- 
tiche, quantunque  (com'è  naturale)  conceda  uno  spazio  più 
largo  alle  monete  tedesche. 

La  IIa  edizione,  uscita  nel  1889,  segnava  già  un  note- 
vole miglioramento  sulla  Ia  (del  1882)  ;  ora  poi,  per  cura 
della  rinomata  casa  editrice  Reimer  di  Berlino  che  ne  as- 
sunse nel  frattempo  la  pubblicazione,  il  libro  di  Halke  ci  si 
presenta  per  la  IIIa  volta,  ancora  accresciuto  e  migliorato  ; 
vi  troviamo  aggiunto,  fra  l'altro,  un  capitolo  sui  metalli  e 
sui  sistemi  monetari. 

Solone  Ambrosoli. 


BIBLIOGRAFIA  299 


Balletti  (prof.  Andrea),  La  B.  Vergine  della  Ghiara  nelle  medaglie 
e  nelle  monete.  Reggio-Emilia,  tip.  G.  Bertoni,  1904,  in-i6,  p.  12. 

Studi  e  materiali  di  archeologia  e  numismatica,  pubblicati  per  cura 
di  Luigi  Adriano  Milani.  Voi.  III.  Firenze,  presso  B.  Seeber  1905,  in-4  fig. 
Milani  L.  A.  L'arte  e  la  religione  preellenica  alla  luce  dei  bronzi 
dell'antro  Ideo  cretese  e  dei  monumenti  hetei  (seguito  della  parte  1); 
Karo  G.  Le  oreficerie  di  Narce;  Tosi  T.  Nuove  rappresentanze  del- 
l' Iliupersis  ;  Gabrici  E.  La  numismatica  di  Augusto  :   studi   di  tipo- 
logia, cronologia  e  storia,  II   (La    zecca    imperiale   di   Lugdunum)  ; 
Terzaghi  N.  Monumenti  di  Prometeo:  studio  esegetico;  Patroni  G. 
Basi   alla  Micenea  in  colonne  italo-doriche  ;  Pernier  L.  Le    armi  di 
Vetulonia;  Milani  L.  A.  I  Dattili  d'Ilio,  indigitamenta  troiana:  quadro 
generale   ermeneutico   di    tutti    i    monumenti  trovati  a  Troia  ;  Pel- 
legrini G.   Siena,    Museo    Chigi  :    marmi,    oreficerie,   piombi,  avori, 
ambre,  vetri   e    smalti   vitrei,   gemme,  monete;    Milani  L.  A.   Nota 
sul  torques  e  i  dischetti  d'oro  delle  Casaccie  nel  Museo  Chigi. 
Ricci  {Serafino),  La  circolazione  monetaria  nella  storia  e  nella  pra- 
tica :  conferenza  inaugurale  dell'anno   scolastico   1904-1905  pronunciata 
la  sera  del  31  ottobre  1904  alla  scuola  di  ragioneria  e  commercio  Cavalli- 
Conti    in   Milano.    Milano,   tip.   lit.    Economica   ditta   A.   Montorfano  e 
G.  Valcarenghi,  1904,  in-8,  pag.  50. 

De  Marchi  (Attilio),  Passi  scelti  ad  illustrare  le  Istituzioni  religiose, 
politiche  e  militari  di  Roma  antica,  con  commenti,  introduzioni,  appen- 
dici, carte  ed  illustrazioni.  Milano,  Vallardi,  1904,  in-8. 

Neil1 Appendice  stanno  9  capitoli  a  sé  :  VII,  Alcune  notizie  sulla 
moneta  romana;  IX;  Le  denominazioni  (con  1  rispettivi   ragguagli 
al  valore  odierno)  delle  misure  e  dei  pesi  romani. 
Ambrosoli  (Solone),  Medaglie  del  Petrarca  nel  R.  Gabinetto  Numi- 
smatico di  Brera  in  Milano  (Nella  miscellanea  nuziale  Scherillo-Negri. 
Milano,  U.  Hoepli,  1904). 

L'ambrosino  d'oro.  Ricerche  storico-numismatiche,  con  illu- 
strazioni e  note  (Seconda  edizione).  Milano,  Cogliati,  1905. 


Babelon  (Ern.)  &  Reinach  (Th.),  Recueil  general  des  monnaies 
grecques  d'Asie  Mineure,  commencé  par  feu  W.  H.  Waddington  I,  1. 
(Pont  et  Paphlagonie).  Paris,  Leroux,  1904,  in-4,  PP«  215  et  28  pi. 

Simonis  (I.J,  L'art  du  médailleur  en  Belgique.  Nouvelles  contribu- 
tions  à  l'étude  de  son  histoire  (seconde  moitié  du  XVle  siècle).  Iemeppe 
sur  Meuse,  chez  l'auteur,  1904,  in-4,  P-  230  et  34  pi. 

Feuardent  (F.J,  Jetons  et  méreaux  depuis  Louis  IX  jusqu'à  la  fin 
du  Consulat  de  Bonaparte  I  (Grandes  administrations  de  1'  État  et  de 
la  ville  de  Paris;  Corporations  etc;  Noblesse  et  Villes  de  l'Ue-de-France). 
Paris,  Rollili  &  Feuardent,  1904,  in-8  pp.  xvi-503  et  fig. 

Moors  (B.-P.),  Le  système  des  poids,  mesures  et  monnaies  des 
Israélites  d'après  la  Bible.  Paris,  Hermann,  1905,  in-8  gr. 

Witte  (A.  de),  Godefroid  Devreese  médailleur.  Bibliographie  &  catalo- 
gue  de  son  oeuvre.  Chalons-sur-Saóne,  Bertrand,  1904,  in-8,  p.  19  et  fig. 

Brouet  (G.).  Le  développement  economi que  et  financier  de  l'Italie. 
Hist.  d'une  restauration  financière.  Thèse.  Paris,  Fontemoing,  in-8,  p.  179. 

39 


300  BIBLIOGRAFIA 


Nogaro  (B.),  Le  ròle  de  la  monnaie  dans  le  commerce  international 
et  la  théorie  quantitative.  Paris,  Giard  &  Brière,  1904,  in-8,  p.  215. 

Dictionnaire  des  Antiquités  grecques  et  romaines,  t.  VII,  fase.  36, 
Paris,  Hachette  [Babelon,  Nummus], 

Catalogne  general  illustre  de  monnaies  francaises  (suite).  La  deu- 
xième  République  et  Napoléon  III  (1848-1870).  2.  édit.  Paris,  Cabinet  de 
Numismatique,  1904,  p.  103-33. 

Troisième  République  (1870-1904),    2.  édit.   Paris,   Cabinet   de 

Numismatique,  1904,  p.  137-60,  ili. 

Bramsen  (L.),  Médailler  Napoléon  le  Grand  ou  description  des 
médailles,  clichés,  repoussés  et  médailles-décorations  relatives  aux  af- 
faires  de  la  France  pendant  le  Consulat  et  l'Empire.  Ie  partie  1799-1809. 
Paris,  A.  Picard,  1905,  in-4  pp.  x-150  et  30  pi. 


Stroehlin  (Ernest),  Jean  Petitot  &  Jaques  Bordier,  deux  artistes 
huguenots  du  XVII.me  siècle.  Avec  21  pi.  hors  texte.  Genève,  Kundig, 
1905,  in-8,  pp.  IV285. 

Ueber  Mùnzzirkulation  (Zusammenfassung  ihrer  Verhandlungen 
vom  11  November  1904,  Hrgb.  durch  die  bernische  numismatische  Ge- 
sellschaft)  in-8.  Bern,  Gustav  Grunau,  1904. 


Justice  (J.)  &  Fayen  (A.  R.),  Essai  d'un  répertoire  idéologique  de 
la  numismatique  belge  pour  les  années  1883  à  1900.  Bruxelles,  Dupriez, 
1904,  in-8,  p.  105. 

Mazerolle  (F.),  Nicolas  Briot,  tailleur  general  des  monnaies  (1606- 
1625).  Bruxelles,  J.  Goemaere,  1904,  in-8,  p.  32. 


Klein  (Alò.),  Die  zentrale  Finanzverwaltung  im  Deutschordenstaate 
Preussen  am  Anfang  des  XV.  Jahrhunderts.  Nach  dem  Marienburger 
Tresslerbuch.  Leipzig,  Duncker  &  Humblot,  1904,  in-8,  ("  Staats-und 
sozialwissenschaftliche  Forschungen  „  XXIII,  Bd.  2). 

Halke  (H.),  Einleitung  in  das  Studium  der  fsumismatik.  3.  Auflage. 
Berlin,  Reimer,  1905,  in-8,  pp.  xvi-219.  e  ili. 

Ada  borussica,  Denkmaler  der  preussischen  Staatsverwaltung  im  18. 
Jahrhundert.  Herausgegeben  von  der  K.  Akademie  der  Wissenschaften. 
Die  einzelnen  Gebiete  der  Verwaltung  Miinzwesen,  Munzgeschichtlicher 
Teil.  I  Bd.  Die  Mtìnz- Verwaltung  der  Kònige  Friedrich  I  und  Friedrich 
Wilhelm  I  1705-40.  Darstellung  von  Frdr.  Freiherr  von  Schrótter.  Akten 
bearbeitet  von  G.  Schmoller  u.  Frdr.  Freiherr  von  Schrótter.  Berlin, 
G.  Parey,  1904,  in-8  pp.  xvi-596. 

2  tes  Heft.  Das  preussische  Miinzwesen  im  18.  Jahrhundert  von 

Fr.  Freiherr  von  Schrótter.  Beschreibender  Theil.  2  Thl.  Die  Munzen 
aus  der  Zeit  des  Kónigs  Friedrich  II  des  Grossen.  Berlin,  1904,  in-4, 
pp.  x-159  e  36  tavole, 

Mommsen  (Th.),  Reden  und  Aufsàtze.  Berlin,  Weidmann,  1905. 
[I.  Das  Geld,  Vortrag,  1863  (ripr.  dai  Grenzboten  XXII)]. 


BIBLIOGRAFIA 


301 


Buchenau  (H.),  Die  Mtìnzstàtte  Oldisleben  und  die  in  Thtiringen 
gepragten  Hohlmunzen  der  Sòhne  Albrechts  des  Bàren.  Ein  Beitrag  zur 
Landeskunde  des  Grossherzogtums  Sachsen.  Dresden,  Thieme,  1904,  in-8, 
p.  14,  ili. 

Luschin  von  Ebengreuth  (Arnold),  Allgemeine  Munzkunde  und  Geld- 
geschichte  des  Mittelalters  und  der  Neuern  Zeit.  Mit  107  in  den  Text 
gedruckten  Abbildungen.  Miinchen  &  Berlin,  R.  Oldenbourg,  1904,  in-8 
gr.,  pp.  xvi-287.  ["  Handbuch  der  Mittelalterlichen  &  Neueren  Geschichte. 
Hrgegb.  von  G.  von  Below  u.  F.  Meinecke,  Abth.  V  „]. 

Beschreibung  von  Munzen  und  Medaillen  des  Furstenhauses  u. 
Landes  Baden  aus  der  Sammlung  des  grossherzogl.  badischen  Kom- 
merzienrats  Otto  Bally  in  Sàckingen.  Fortgesetzt  u.  erweitert  auf 
Grund  in-  und  auslàndischer  òffentl.  Sammlungen,  2  Theil.  Einzelunter- 
suchungen.  Neuer  Zugang  Literatur  Register.  Hefte  I  et  II.  Aarau, 
Sauerlànder,  1905,  in-4,  pp  1-45  e  ili.  e  tav. 


Thorburn  (W.  S.),  Guide  to  History  and  Valuation  of  Coins  of  Great 
Britain  and  Ireland  in  Gold,  Silver  and  Copper.  4  ed.  London,  Gill  L.  W. 
1905,  in-8,  p.  298. 

Fabriczy  (C.  von),  Italian  medals.  Transl.  G.  W.  Hamilton.  London, 
Duchworth,  in-4  P-  232  e  41  tav. 

Hill  (G.  F.),  Catalogue  of  the  Greek  coins  of  Cyprus  [del  British 
Museum].  London. 

Medallic  illustrations  of  the  history  of  Great  Britain  and  Ireland. 
London,  British  Museum,  fol.,  p.  12  e  10  tav. 


Garda  Paton  (F.),  La  fabricacion  de  las  monedas;  cuestiones  que 
con  ellas  se  relacionan,  datos  y  noticias  que  de  la  misma  se  deducen. 
Madrid,  Beneto  Cerezo,  1903,  in-4,  P-  33& 


Stuart  (H.  N.),  Catalogus  der  munten  en  amuletten  van  China, 
Japan,  Corea,  en  Annam,  behoorende  tot  de  numismatische  verzameling 
van  het  Bataviaasch  Genootschap  van  kunsten  en  wetenschappen.  Ba- 
tavia,  M.  Nijkoff,  1904,  in-8,  pp.  xxvi-227. 


Zakrzewski  (Z.),  Studya  do  numizmatyki  XI  wieku.  O  denarach 
Adelheidowych  z  imieniem  Boleslawa  przyczynek  do  znajomosci  monet 
polskich  sredniowiecznych  [Etudes  sur  la  numismatique  du  XI*  siede]. 
Cracovie,  Société  Numismatique,  1904  in-8,  p.  23. 

Gii  (Khr.)  i  llin  (A.),  Russkica  monety,  éekanennyia  s  1801-1904  g. 
(Les  monnaies  russes  de  1801  à  1904).  Saint-Pétersbourg,  A.  Ilin,  1904, 
in-8,  p.  125  et  6  pi. 

E.  M. 


302 


BIBLIOGRAFIA 


PERIODICI. 

Bollettino  di  Numismatica  e  di  Arte  della  Medaglia,  con 

un' Appendice  archeologica  e  artistica.  Periodico  mensile  del  Circolo 
Numismatico  Milanese.  Redazione  e  Amministrazione  :  Milano,  via 
Filodrammatici,  4. 

Anno  III.  N.  1.  —  Gennaio  1905. 

La  Redazione.  Il  Circolo  Numism.  Mil.  e  il  ■  Boll,  di  Num.  „  giu- 
dicati d.  Num.  Circular  di  Londra.  —  Carrara  (F.)  Issa,  Monografia 
num.  (edita  ed  annot.  dal  Dott.  L.  Rizzoli  jun.)  [Continuaz.  —  Con  zin- 
cografie]. —  Simonetti  (A.)  Numismatica  della  magna  Grecia.  [Conti- 
nuazione]. —  Monti  (P.)-Laffranchi  (L.)  Non  Tarraco,  ma  sempre  7Y- 
cinum  e  Mediolanum.  —  La  Redazione.  Bibliogr.  num.  romana  [Recen- 
sione del  lavoro  del  sig.  Maurice  sull'iconografia  degl'imper.  rom.  della 
fine  del  sec.  Ili,  e  del  sec.  IV,  desunta  dalle  loro  monete].  —  Salvaro  (V.) 
Medaglistica:  Place/ietta  per  gli  studenti  italiani  d'innsbruck  [Con  fotoin- 
cisione]. —  Placchetla  triestina  [Per  l'Università  italiana.  —  Con  foto- 
incisione]. —  Mattoi  (E.)  Medaglia  commemor.  del  decennio  del  Touring- 
Club  Italiano  [Con  fotoinc.  —  Tutti  questi  lavori  escono  dallo  Stab. 
Johnson  di  Milano].  —  Notizie  varie  [Ancóra  di  Bart.  Borghesi.  —  Un 
opusc.  raro.  —  La  nuova  Soc.  Num.  d'Amburgo.  —  "  La  circolaz.  mo- 
netaria nella  storia  e  nella  pratica  „,  conferenza  del  Prof.  S.  Ricci.  — 
Lo  commissione  tecnico-artistica  monetaria]. 

N.  2.  —  Febbraio  1905. 

Carrara  (F.).  Issa  [Contin.  —  Con  zincogr.].  —  Giorcelli  (G.)  Una 
zecca  piemontese  medioevale  sconosciuta.  —  Ricci  (S.)  La  nuova  zecca  di 
Dego  (Ponzone)  [A  proposito  dell'art,  preced.  del  Dott.  Giorcelli].  — 
Del  Corno  (T.)  Medaglia  della  Banca  Popolare  [Con  fotoinc]  —  La  Di- 
rezione. Medaglia  annuale  Verdiana  [Con  fotoinc.].  —  Ricci  (S.).  Il  grave 
problema  della  circolaz.  internaz.  delle  mon.  antiche. 

N.  3.  —  Marzo  1905. 

L.  (L.).  Contributi  al  Corpus  delle  falsificazioni  :  I.  Le  semi-falsifica- 
zioni [Con  fotoinc.].  II.  Gran  bronzo  "  inedito  „  di  Macrino.  —  Pe- 
rini (Q.).  Il  ripostiglio  di  Cai ribollo  (presso  Mar  ostica")  [Matapani  di  Ve- 
nezia e  di  Serbia  ;  grosso  di  Brescia  coi  tre  santi,  grossi  aquilini  e 
tirolini  di  Merano  e  Mantova  [Con  zincografia].  —  Ricci  (S.)  e  Grassi 
Grassi  (A.).  Intorno  alle  presunte  monete  dei  Chiaramonte.  —  Sgul- 
mero  (P.).  Due  bronzi  di  Pio  VI  {varietà  inedite).  —  Notizie  varie  [Corso 
di  Num.  greca  alla  R.  Univ.  di  Pavia,  inaugur.  dal  Prof.  S.  Ricci.  — 
11  Corpus  delle  mon.  tolemaiche,  di  Svoronos.  —  Il  Congr.  internaz.  di 
Archeol.  in  Atene]. 


BIBLIOGRAFIA  303 


N.  4.  —  Aprile  1905. 

Carrara  (F.).  Issa  [Contin.  e  fine].  —  Perini.  Il  rip.  di  Carribollo 
[Contin.  e  fine.  —  Con  zincografia].  —  Cerrato  (G.).  Nota  di  Numi- 
smatica Sabauda:  Un  mezzo  testone  di  Carlo  II  per  Nizza  [Con  zinco- 
grafia]. 

N.  5.  -  Maggio  1905. 

Simonetti.  Numismatica  della  Magna  Grecia  [Contin.].  —  Monti  e 
Laffranchi.  La  data  di  coniazione  delle  monete  di  Elena  nella  zecca  di 
Antiochia  [Con  fotoincisioni].  —  L.  (L.).  Correzione  all'art.  "  Sulle  fal- 
sifìcaz.  imp.  rom.  „.  —  Ricci  (S.).  Medaglistica  :  La  medaglia-ricordo  del 
Traforo  del  Sempione  [Con  fotoinc]  ;  La  med.  del  Circolo  artist.  di 
Trieste  al  Prof.  Lorenzoni ;  La  med.  d'oro  dell' Esposiz.  di  Venezia,  ecc.  — 
Atti  del  Circ.  Num.  Milanese.  —  Notizie  varie  [Ritrovamenti  di  monete. 

—  Il  catal.  di  una  notev.  collez.  di  mon.  greche,  compilato  dal  Dottor 
Hirsch,  ecc.]. 

N.  6.  —  Giugno  1905. 

Ricci  (S.).  L'argentatura  delle  monete  antiche.  —  Grillo  (G.).  Mo- 
nete inedite  e  corrette  di  Castiglione  delle  Stiviere  [Con  tavola].  —  L.  (L.). 
Bibliografia  numismatica  romana  [Recens.  delle  pubblicaz.  di  Leon  Homo 
e  Jules  Maurice].  —  Ricci.  Bibliografia  numismatica  e  medaglistica  varia. 

—  Mattoi  (E.).  Uua  rarissima  medaglia  a  Gaetano  Donizelti  [Eseguita 
a  Parigi  nel  1852.  —  Con  fotoincisione].  —  Notizie  varie  [Doni  al  Museo 
Archeol.  di  Siracusa.  —  La  collez.  di  mon.  rom.  del  Municipio  di  Mi- 
lano, ecc.].  —  Necrologio.  —  Doni  al  Circolo. 


Rassegna  Numismatica,  diretta  da  Furio  Lenzi.  Orbetello. 

Anno  II.  Num.  1.  —  Gennaio  1905. 

Lenzi.  Ricominciando.  —  Falchi  (I.).  Su  la  riduzione  in  peso  dell'asse 
romano  e  l'usura  in  Roma  nel  IV  e  V  Sec.  av.  G.  C.  [Continuaz.].  — 
L.  (F.).  Correzioni  all'ultima  ediz.  della  Guida  Gnecchi.  —  Rassegna  dei 
periodici.  —  Rass.  medaglistica.  —  Recensioni.  —  Varietà.  —  Nella  scienza 
e  nella  vita. 

Num.  2.  —  Marzo  1905. 

La  Rass.  Num.  A  quelli  di  lassù.  —  Falchi.  Su  la  riduz.  in  peso 
dell'asse  rom.  ecc.  [Contin.  e  fine].  —  Piccione  (M.).  Un  aureo  di  Pompeo. 
II.  —  L.  (F.).  Note  di  Numismatica  pontificia.  Ili  :  Clemente  VII  e 
IJaolo  IV.  —  Spigardi  (A.).  Spigolature  d'archivio  —  Fiaschi  (D.).  No- 
tizie istoriche  della  R.  Zecca  di  Firenze.  —  Recensioni  [Cenno  intorno 
all'opera  di  R.  Del  Rosso  :  Pesche  e  peschiere  antiche  e  moderne  del- 
l'Etruria  marittima  (Firenze,  1905),  accompagnato  da  una   tav.   di    mo- 


304  BIBLIOGRAFIA 


nete  dell' Etruria  con  emblemi  marini].  —  Rassegna  medaglistica  [Con 
disegno].  —  Varietà  [Gli  scavi  intorno  alla  Torre  spagnuola  presso  Or- 
betello;  vi  si  rinvennero  anche  molte  mon.  imperiali].  —  Sommari.  — 
Monete  in  vendita  [Elenco  di  mon.  ital.  per  i  principianti,  coi  prezzi 
segnati]. 

Num.  3.  —  Maggio  1905. 

Eddé.  Ce  que  contenait  le  trésor  d'Aboukir.  —  Dattari  (G.).  Le  mo- 
nete cosidette  "  imbiancate  „  oppure  "  stagnate  „.  —  Fiaschi.  Notizie  isto- 
riente della  R.  Zecca  di  Firenze  [Continuaz.].  —  Barabesi  (R.).  Biblio- 
grafia numism.  della  prov.  di  Grosseto.  —  Stettiner  (P.).  Una  medaglia 
in  onore  di  Guglielmo  Marconi  [Offertagli  dalla  Città  di  Bologna.  Di 
questa  med.  furono  eseguiti  :  un  esempi,  in  oro,  quattro  in  arg.  dor.  e 
dugento  in  br.  Il  fi?  reca  il  busto  del  celebre  inventore;  il  £#  un  genio 
assiso,  con  la  legg.  :  FULGURA  PRAEVERTENS  VACUAMI  VOX 
PERMEAT  ÀETHRAM*  —  Con  fotoincisione].  —  L.  (F.).  Recensioni 
[Pubblicaz.  di  Ambrosoli,  Perini,  ecc.],  —   Varietà.  —  Sommari. 

Revue  Numismatique,  dirigée  par  G.  Schlumberger,  E.  Babelon, 
A.  Blanchet  {Secrétaire  de  la  Rédaction:  A.  Dieudonné).  Paris, 
chez  Rollin  et  Feuardent;  4,  rue  de  Louvois. 

Quatrième  sèrie.  —  Tome  neuvième.  —  Premier  trimestre  19x35. 

Jameson  (R.).  Quelques  pieces  de  la  sèrie  des Séleucides.  —  Foville  (J.  de). 
Un  scarabée  archaìque  et  les  monnaies  archai'ques  de  Thasos  [Con  di- 
segni nel  testo].  —  Barthélemy  (A.  de).  Numismatique  Clunisienne  [Ar- 
ticolo postumo  del  compianto  Nestore  de'  numismatici  francesi.  "  M.  de 
Barthélemy  „  —  annotano  i  redattori  del  periodico  —  "  n'a  pas  revu 
les  épreuves  de  cet  article,  le  dernier  sorti  de  sa  piume.  „].  —  Bor- 
deaux (P.).  Les  ateliers  monétaires  de  Toulouse  et  de  Pamiers  pendant 
la  ligue  [Continuazione  e  fine].  —  Dieudonné.  Choix  de  monnaies  et  mé- 
dailles  du  Cabinet  de  France  [Continuaz.  —  Monete  della  Magna  Grecia. 
—  Con  tavola  in  fototipia  :  Mon.  di  Nola,  Nuceria  Alfaterna,  Suessa, 
Teano,  Arpi,  Teate,  Taranto].  —  Mélanges  et  documents  (Mowat:  D'un 
recueil  general  des  monnaies  antiques.  —  Raimbault  :  La  charte  du  Par- 
lement  general  des  monnayeurs  du  sermenl  de  l'Empire  tenu  à  Avi- 
gnon  en  1349).  —  Chronique  [Notizie  riassuntive  del  Sig.  Blanchet 
sulle  recenti  scoperte  di  ripostigli.  Il  rip.  di  Carbonara  presso  Bari; 
il  rip.  di  Castelletto-Stura,  descritto  dal  Prof.  Seraf.  Ricci.  Interessante 
Tesoretto  scoperto  a  Lalbenque  (Lot),  composto  di  200  e  più  mon.  d'oro 
del  principio  del  sec.  XVI,  fra  le  quali  alcuni  fiorini  di  Firenze  e  zec- 
chini di  Venezia,  uno  di  Rodi,  ecc.  Formavano  parte  del  tesoretto  anche 
due  mon.  d'arg.,  un  testone  milan.  di  Gal.  M.  Sforza  e  uno  di  Giangal.  M. 
per  Genova.  —  Notizie,  redatte  dal  Sig.  Dieudonné,  intorno  alle  ven- 
dite recenti  più  notevoli.  La  collez.  Pogge,  venduta  all'asta  a  Franco- 
forte  dalla  Casa  Hamburger.  Lo  scudo  di  Giambatt.  Spinola  per   Ver- 


BIBLIOGRAFIA  305 


gagni,  che  apparteneva  a  quella  collez.,  raggiunse  i  2000  marchi.  Un 
esempi,  della  magnif.  med.  di  Hans  Reinhart,  con  la  Trinità  nel  /&  e 
una  cartella  sostenuta  da  due  angeli  nel  R),  toccò  il  prezzo  di  3,780 
marchi.  La  collez.  Trau,  venduta  a  Vienna  dai  Sigg.  Egger.  Una  med. 
di  Leonello  d'Este,  del  Pisanello,  raggiunse  quasi  le  2000  lire;  una 
d' Isotta,  di  Matteo  de'  Pasti,  e  una  del  Pastorino,  il  mezzo  migliaio  di 
lire,  ecc.  —  Urna  dei  giuochi  o  tiara?  Art.  del  Sig.  Dieudonnè,  a  pro- 
posito di  un'  ipotesi  formulata  da  Dressel  e  Zahn,  e  implicitam.  accet- 
tata da  Wroth.  —  Monete  di  Pacaziano  ;  nota  del  Sig.  Blanchet.  —  Le 
pubblicazioni  della  "  Société  des  Antiquaires  de  France  „.  —  Gli  acquisti 
del  Gab.  Num.  di  Berlino.  —  Le  nuove  med.  frane.  —  Il  Congresso  di 
Liegi  per  la  riproduz.  dei  manoscr.,  delle  mon.  e  dei  sigilli.  —  Il  Congr. 
internaz.  d'Archeol.  di  Atene.  —  Il  monum.  a  Bartol.  Borghesi,  a 
S.  Marino.  —  Il  nuovo  gr.  sigillo  di  Francia,  ordinato  al  capo  incisore 
Vernon.  La  terza  Repubblica  si  è  servita  sinora  del  gr.  sigillo  della 
Rep.  del  1848].  —  Bulle  fin  bibliographique  [Schreiber,  Sludien  ùber  das 
Bildniss  Alex,  des  Grossen.  Recens.  di  Babelon.  —  Strack,  Der  Mùnz- 
fund  auf  den  Sels'schen  Ziegeleien  bei  Ntuss.  Mon.  romane,  galliche, 
gallo-romane,  ecc.,  descritte  e  commentate.  —  Codrington,  A  Manual 
of  Musalman  numismatics.  —  Mazerolle,  Les  médailleurs  francais.  Re- 
cens. del  Sig.  Jean  de  Foville.  —  Bibliographie  métodique  :  Périodiques 
et  publications  diverses.  Spoglio  per  del  cura  Sig.  Blanchet].  —  Procès- 
verbaux  de  la  Société  francaise  de  numismatique  [Con  disegni  nel  testo]. 

Bulletin  international  de  Numismatique,  publié  sous  les  auspkes  de 
la  Société  Francaise  de  Numismatique  et  dirige  par  Adrien  Blanchet. 
—  Paris,  Ernest  Leroux,  Editeur,  28,  rue  Bonaparte  (VP). 

Tome  troisième  (1904).  —  N.  4. 

Notices  (Dieudonnè  :  Une  monnaie  de  Perga  au  tyPe  du  croissant 
[Con  disegno].  —  A  propos  de  la  loi  italienne  sur  l'exportation  des  objets 
d'art  [Il  Sig.  Blanchet  conclude  :  "Il  y  a  évidemment  dans  les  deux 
"  canips,  —  libre-échangistes  et  protectionnistes  des  objets  d'art,  —  des 
"  partisans  convaincus  et  qui  s'intéressent  à  la  grandeur  de  leurs  pays, 
"  bien  que  se  placant  à  un  point  de  vue  différent.  Quelle  que  soit 
■  l'opinion  préférée,  il  faut  bien  admettre  que  la  loi  italienne  ne  pourra 
"  jamais  empècher  l'exportation  des  monnaies  antiques  „]).  —  Trouvailles 
[Ripost,  di  S.  Adriano,  presso  Roma  :  monete  dei  tempi  d'Augusto.  — 
Rip.  di  Stromberg,  tra  Coblenza  e  Magonza  :  500  picc.  br.  dell'epoca 
costantiniana.  —  Picc.  rip.  di  mon.  rora.,  scoperto  a  Parigi,  in  piazza 
del  Pantheon.  Una  apparteneva  a  Quintillo.  —  Rip.  d' un  migliaio 
circa  di  denari  carolingi,  rinvenuto  nell'Allier.  —  11  tesoretto  di  San- 
dersleben  (Sassonia)  :  mon.  d'arg.  medioev.  ted.,  più  d'un  migliaio.  — 
Rip.  di  Edelsthal,  presso  Presburgo  :  2000  pezzi  circa,  austriaci,  bava- 
resi, ecc.  Il  tesoretto  dev'essere  stato  nascosto  verso  il  1470.  —  Rip. 
di  mon.  medioev.,  di  Virzburgo,  Bamberga,  della  Turingia,  ecc.,  scoperto 


306  bibliografia 


a  Schleusingen.  Trovasi  ora  per  la  maggior  parte  al  Gab.  ducale  di 
Gotha.  —  Gr.  ripostiglio,  trovato  a  Iena,  di  5000  pezzi  ;  per  la  mass, 
parte,  grossi  di  Misnia,  che  risalgono  al  principio  del  sec.  XV.  —  11 
rip.  di  Razuns,  nei  Grigioni  (descritto  da  Fritz  von  Jecklin  ed  Ercole 
Gnecchi  in  questa  stessa  Rivista)].  —  Sociétés  [Sedute  della  Soc.  Frane, 
di  Num.,  della  R.  Soc.  Belga,  della  R.  Soc.  di  Londra  e  della  Soc.  Num. 
Britanna,  della  Soc.  di  Berlino,  del  Circolo  di  Norimberga,  della  Soc. 
Svizz.  e  della  Soc.  Neerlandese.  Notevole  particolarmente  la  lettura  di 
Sir  John  Evans,  alla  R.  Soc.  londinese,  intorno  a  36  mon.  di  Carausio 
appartenenti  alla  sua  collezione].  —  Musées  [Dono  di  25,000  marchi  al 
Gab.  num.  di  Monaco  di  Baviera,  per  acquisti  di  monete  e  medaglie. 
—  Il  Museo  germanico  di  Norimberga  ha  ricevuto  dall' imperat.  d'Au- 
stria 2000  corone  per  acquisti  di  medaglie  che  si  riferiscano  alla  casa 
di  Austria-Lorena.  —  Vendita  della  collez.  de  Somzée  :  med.  dei  se- 
coli XV-XVIII].  —  Nouvelles  diverses  [Il  corso  di  Num.  del  Prof.  Babe- 
lon  al  "  Coliège  de  France  „.  —  Il  nuovo  Circolo  Num.  d'Amburgo.  — 
Il  distintivo  del  Congr.  internaz.  d' igiene  dei  lavoratori  :  consisteva  in 
una  riduz.  della  placch.  di  Lefebvre  che  rappresenta  nel  (&  l'Igiene  e 
l'Architettura  in  atto  di  concertarsi  per  tracciare  dei  progetti  di  abi- 
tazioni salubri,  nel  ^  il  ritorno  del  lavoratore  alla  sua  casetta  risanata 
e  resa  lieta  da  piantagioni.  —  Placch.,  di  Greg.  Calvet,  offerta  a  Del- 
cassé;  reca  il  busto  del  ministro,  e  la  figura  della  Repubbl.  che  pre- 
senta due  spade  le  quali  si  trasformano  in  un  ramo  d'ulivo.  —  Placch. 
di  Carlo  Seffher  pel  centenario  di  Schiller.  —  Placch.  in  onore  del  filo- 
sofo nonagenario  Edoardo  Zeller].  —  Bibliographie. 

Bulletin  de  numismatique.  Rédaction  et  Expédition:  Vve  Raymond 
Serrure,  19,  Rue  des  Petits-Champs,  Paris. 

IX*  volume.  —  7*-8e  bvraison.  —  Novembre-décembre  1904. 

Correspondance  numismatique.  —  Blanchet  (A.).  Documents  numis- 
matiques  concernant  Versailles  [Con  disegni  nel  testo].  —  Bibliographie 
(Perini,  Di  alcuni  ripostigli  di  monete  medioevali.  —  Castellane  (Cte  de), 
Le  gros  tournois  de  Charles  d'Anjou.  —  Joùbert,  Victor- Emmanuel  III 
numismate.  —  Piccione,  Un  aureo  vetrificato.  —  Lo  stesso,  Le  monete 
sub-erate.  Le  monete  di  Uranio.  Un  aureo  di  Pompeo).  —  Revue  des 
Revues.  —  Lectures  [Una  medaglia  di  Alfonso  XI il,  in  commtmoraz. 
del  suo  giuramento  alla  Costituzione.  —  Le  med.  della  Rinascenza  nella 
collez.  Dutuit.  —  La  produz.  della  Zecca  di  Parigi  nel  1904;  richiese 
complessivamente,  649,300  chilogr.  di  metallo.  —  La  collez.  del  D.r  Storer 
di  Newport  (St.  Uniti).  Com'è  noto,  è  una  raccolta  speciale  di  medaglie, 
tessere,  gettoni,  ecc.  che  si  riferiscono  alla  Medicina  e  alla  Chirurgia. 
Il  proprietario  ne  fece  dono,  qualche  anno  fa,  alla  Biblioteca  medica 
di  Boston,  in  memoria  del  proprio  padre  che  iniziò  la  raccolta  più  di 
cinquant'anni  or  sono.  —  La  quistione  dell'esportazione  degli  oggetti 
d'arte  e  la  Soc.  Num.  Italiana].  —  Médailles  nouvelles  [La  med.  in  onore 


BIBLIOGRAFIA 


307 


di  Bened.  Tissier,  m.  in  Egitto,  vittima  della  scienza;  la  med.  per  la 
Società  di  Oceanografìa.  —  Il  nuovo  gr.  sigillo  di  Francia,  di  Vernon. 
Rappresenta,  contrariamente  all'uso,  la  testa  della  Repubblica  di  pro- 
spetto, non  di  profilo.  —  La  placchetta  della  ■  Société  des  Gens  de 
Lettres  „.  Nel  &  ha  una  composizione  allegorica  :  La  pensée  anime 
l'univers.  Nel  R)  una  cartella  per  il  nome,  sormontata  da  una  fiaccola, 
con  altri  attributi.  —  La  med.  per  la  Banca  commerc.  ital.].  —  Trou- 
vailles.  —  Sociétés  [Comunicaz.  di  Babelon  all'Accademia  delle  Iscrizioni, 
intorno  alle  origini  della  moneta  ateniese.  —  Il  nuovo  Circolo  Num. 
Amburghese].  —  Catalogne  de  livres  et  brochures  de  numismatique  [in 
vendita,  a  prezzi  segnati]. 

Revue  belge  de  numismatique,  publiée  sous  les  auspices  de  la  So- 
ciété Royale  de  numismatique.  Directeurs:  Vte  B.  de  Jonghe,  Cte  Th. 
de  Limburg-Stirum  et  A.  de  Witte.  —  Bruxelles,  J.  Goemaere,  Imp. 
du  Roi,  Edit. 

1905.  —  Soixante  et  unième  année.  —  Première  livraison. 

Forrer  (L.).  Les  signatures  des  graveurs  sur  les  médailles  grecques 
[Continuaz.  —  Con  disegni  e  fotoincisioni  nel  testo].  —  Jonghe  (De).  Un 
denier  noir  frappé  à  Ypres,  par  Gui  de  Dampierre,  comte  de  Fiandre  (1280- 
IJ°S)  [Con  dis.].  —  Bernays  (Ed.)  Un  demi-gros  de  Jean  de  Bavière,  due 
de  Luxembourg,  1418-142J  (Trouvaille  de  Heiligkreus)  [Con  disegni].  — 
Vanden  Broeck  (Ed.).  Numismatique  bruxelloise:  Les  jetons  des  seigneurs- 
irésoriers  de  Bruxelles  au  XVlle  siede  (1620-1698)  [Con  tavola].  —  Bor- 
deaux (P.)  Jelon  franco  allemand  de  la  première  république  et  méreaux 
mayencais  contremarqués  de  1792  à  181 4  [Con  dis.].  —  Peny  (E.).  Jetons 
et  méreaux  de  charbonnages:  Hainaut  (IP  partie)  [Con  tavola,  e  con 
disegni  nel  testo].  —  Hamal-Mouton.  Médaillon  et  décorations  liégeois, 
1789  et  1794  [Con  tavola].  —  Mélanges  [Aggiunte  d\Y Essai  sur  les  jetons 
et  méd.  de  mines  francaises  del  Sig.  Florange.  —  Cenno  del  Visconte 
de  Jonghe  suW'Allg.  Mùnskunde  des  Mittelalters  del  Prof.  Luschin  von 
Ebengreuth.  —  Il  Corpus  delle  mon.  tolemaiche,  di  Svoronos.  —  Som- 
marii  dei  periodici  di  Numismatica].  —  Société  royale  de  Numismatique 
[Elenco  delle  pubblicaz.  ricevute  nel  40  trimestre  1904,  ecc.].  —  (Con 
numerazione  separata:  medaglie  attinenti  al  regno  di  Leopoldo  II,  con 
3  tav.  in  fototipia.  Notiamo  la  med.  in  onore  di  Vanden  Broeck,  la  plac- 
chetta Bruxelles  pori  de  mer,  la  pi.  commemor.  dell' inauguraz.  del  pa- 
lazzo di  città  di  Saint-Gilles,  la  med.  del  Congresso  archeolog.  di  Mons, 
1904,  quella  per  la  rappres.  dell'  "  Anello  del  Nibelungo  „  al  Teatro 
della  Monnaie  di  Brusselles,  la  med.  pel  Congr.  dei  Fisiologi,  1904,  rap- 
presentante Andrea  Vesalio,  ecc.). 

Deuxième  livraison. 

Forrer.  Les  signatures  de  graveurs  sur  les  monnaies  grecques. 
[Contin.  —  Con  tavola,  e  con  fotoincisioni  e  disegni  nel   testo].  —  Du- 


308  BIBLIOGRAFIA 


xiLH  (E.-D.-J.).  Une  trouvaille  de  191  monnaies  d'or  byzantines  et  d'une 
pièce  dargent  [Con  disegni].  —  Bernays.  Un  timbez  de  Guillaume  li, 
comte  de  Nantur  {1301-1418)  [Con  dis.].  —  De  Witte.  Deux  monn.  lie- 
geoises  ined.  de  la  coli,  de  S.  A.  S.  le  due  d' Arenberg  [Con  disegni].  — 
Vanden  Broeck.  Numismatique  bruxelloise  :  Les  jetons  des  seigneurs- 
trésoriers  de  Bruxelles  (deuxième  art.)  [Con  tavola].  —  Bordeaux  (P.). 
Jeton  franco-allemand,  etc.  [Contin.  e  fine.  —  Con  disegni].  —  Peny. 
Jetons  et  méreaux  de  charbonnages  (HI4  partie)  [Con  3  tav.,  e  con  foto- 
incisione nel  testo].  —  Alvin  (F.).  Contributions  à  la  sigillographie  na- 
lionate  (premier  article)  [Sigilli  conservati  nel  Gab.  Num.  di  Bruxelles.  — 
Con  tavola,  e  con  disegno  nel  testo],  —  Necrologie  (Teixeira  de  Aragào. 
—  Morin-Pons.  —  Van  Even).  —  Mélanges  [Operazioni  eseguite  alla 
Zecca  di  Bruxelles  nel  1904:  cambii  e  rifondite,  coniazioni,  riproduz.  di 
conii,  ecc.  —  Decreto  reale  del  14  giugno  1904,  che  stabilisce  il  tipo 
delle  nuove  mon.  belghe  da  2  fr.  e  da  1  fr.  (con  fotoincis.).  —  Le  prime 
mon.  del  nuovo  regno  di  Serbia,  coniate  in  Ungheria,  nella  zecca  di 
Kremnitz  :  sono  pezzi  da  5  franchi  con  le  effigi  accollate  di  Karagiorgio 
e  Pietro  I.  —  Modificaz.  del  pezzo  frane,  da  25  centes.  —  Il  sistema 
monet.  della  Rep.  di  Panama.  L'unità  monet.  sarà  il  balboa,  moneta 
d'oro  equival.  al  dollaro  degli  S.  U.  —  La  Colombia  adotta  per  unità 
il  peso  d'oro,  equivalente  anch'esso  al  dollaro  americano.  —  Il  gover. 
giapponese  sopprime  la  monetaz.  a  base  argentea  che  vigeva  tuttora 
nell'isola  di  Formosa,  sostituendovi  col  i°  luglio  1904  quella  a  base 
aurea.  —  Recens.  del  Sig.  De  Witte  sulla  parte  2a  dell'opera  di  Simonis: 
L'art  du  médailleur  en  Belgique.  —  Cenni  sulla  3a  ediz.  del  man.  di  Halke 
e  sull'atlante  di  medaglie  frane,  a  corredo  dell'opera  di  Mazerolle.  — 
Le  medaglie  dell'  Esposiz.  di  Liegi.  —  La  sezione  belga  della  "  Soc. 
Batavo-Belga  degli  amici  della  med.  d'arte  „.  —  Recens.  del  Visc.  de 
Jonghe  sul  Traile  des  monnaies  gauloises  di  Ad.  Blanchet.  —  Il  Corpus 
delle  mon.  tolem.,  di  Svoronos.  —  La  Medaglietta  del  Petrarca,  per  le 
feste  di  Padova.  —  La  med.  per  auguri  di  capodanno,  di  Paolo  Fisch, 
incisore  a  Brusselles.  —  La  med.  pel  750  anniv.  dell'indipendenza  belga. 
Fu  posta  a  concorso  fra  una  ventina  di  medaglisti.  —  Vendita  di  mon. 
med.,  gettoni  e  tessere,  provenienti  dalle  collez.  del  Cav.  van  Eersel  e 
del  Sig.  Reychler,  a  Brusselles  ;  un  quarto  di  statere  d'oro  di  Tolomeo 
Sotere  raggiunse  i  105  fr.;  uno  stat.  d'oro  di  Alessandro  i  no  fr.;  un 
tetradr.  di  Lisimaco,  di  bello  stile,  i  75  ;  un  aureo  di  Nerone  (IVPITER 
CVSTOS),  105  fr.  —  Sommarii  dei  periodici].  —  Société  royale  de  Nu- 
mismatique [Elenco  delle  pubblicaz.  rie.  dalla  Soc.  durante  il  i°  trime- 
stre 1905,  ecc.]. 

Tijdschrift  van  het  Koninklijken  Nederlandsch  Genootschap 
voor  Munt-  en  Penningkunde.  —  Amsterdam,  Johannes  Muller. 

i3e  Jaargang.  —  1905.  —  [Dispense  ia  e  aB]. 

Wigersma  (S.).  Iets  over  Wigle  van  Aytta  van  Zwichum,  zijne  munt- 
eli penningverzameling  en  de  gedenkpenningen   met  zijne  beeltenis    [Con 


BIBLIOGRAFIA  309 


ritratto  e  vedute,  e  con  2  tav.  in  fototipia  riproducenti  medaglie  del 
sec.  XVI].  —  Zwierzina  (W.  K.  F.).  Nederlandsche  penningen  1864-1898. 
Deel  II  :  1879-1890  [Continuaz.  —  Con  tavola  in  fotot.].  —  Sillem  (J.  A.). 
De  Cameraarsrekeningen  vari  Deventer  (ijjj-ijjó).  —  Sassen  (A.).  Mijn 
goed  recht  tegenover  Mr.  Sillem  gehandhaafd.  —  Faddegon  (J.  M.).  No- 
tice  sur  les  Cauris  [Interessanti  ricerche  sulle  conchiglie-moneta].  —  In 
memoriam  (J.  A.  van  der  Chijs).  —  Ter  Gow  (J.  E.).  De  munì  in  de 
volkstaal.  IV.  —  Gemengde  berichten  [Prove  di  zecca  della  Rep.  Batava, 
del  1799.  —  Vendita  della  collez.  Stephanik  di  Amsterdam.  —  Pic- 
chetta in  onore  della  regina-madre  Emma.  —  Curiosità  numismatiche  e 
bibliografiche,  ecc.  —  Sommarii  dei  periodici]. 


Zeitschrift   fur   Numismatik,    herausgegeben    von   H.  Dannenberg, 
H.  Dressel,  J.  Menadier.  Berlin,  Weidmannsche  Buchhandlung,  1905. 

XXV.  Band.  —  Heft  1  und  2. 

Gaebler  (H.).  Zur  Mùnzkunde  Makedoniens.  V  [Con  3  tav.  in  foto- 
tipia]. —  Regling  (K.J.  Zur  griechischen  Miìnzkunde.  IV  [Thera.  — 
Bithynium  (-Claudiopolis).  —  Lycia].  —  Weil  (R.).  Das  Mùnzmonopol 
Athens  im  ersten  attischen  Seebund  [Con  2  fotoincis.  nel  testo].  —  Dan- 
nenberg. Der  Denarfund  von  Polna.  —  Lo  stesso.  Noch  drei  estimisene 
Denarfunde  [Con  disegni].  —  Kirsch  (Th.).  Der  Miinzfund  zu  Schalke. 
Beitrag  zur  mittelalter lichen  Miìnzkunde  der  Grafschaft  Mark  [Con  ta- 
vola in  fototipia],  —  Maurice  (J.).  L'atelier  monétaire  de  Cyzique  pendant 
la  période  Constantinienne  [Con  2  tav.  in  fotot.].  —  Literatur  [Luschin 
von  Ebengreuth,  Allg.  Miìnzkunde  und  Geldgesch.  d.  Mittelalt.  u.  d. 
neueren  Zeit.  —  Halke,  Einleitung  in  das  Studium  der  Numismatik, 
3*  ediz.].  —  Sitzungsberichte  der  Numismatischen  Gesellschaft  zu  Ber- 
lin. 1904. 


Mitteilungen  der  Bayerischen  Numismatischen  Gesellschaft. 

Herausgegeben  von  deren  Redactions-Comité  (J.  V.  Kull,  H.  Riederer, 
Prof.  Dr.  H.  Riggauer).   Munchen,   Selbstverlag  der   B.  N.  G. 

XXIV.  Jahrgang.  —  1905. 

Pachinger  (A.  M.).  Medaillen  von  Peter  und  Paul  Seel  und  diesen 
verwandten  Meistern  [Con  4  tav.  in  fototipia,  rappresentanti  medaglie 
di  devozione].  —  Lo  stesso.  Unedierte  Medaillen  auf  bayerische  Wall- 
fahrtsorte,  Kirchen  und  Klòsier  [Con  tavola  in  fotot.].  —  Kull.  Die 
Denkmùnzen  der  Grafen  von  Wolfstein  [Con  disegno  nel  testo].  — 
Och  (F.).  Ueber  eine  bisher  unbekannte  silberne  Portràt-Medaille  des  Bisium 
Speyer  [Con  fotoincisione].  —  Friesenegger  (Msgr.  J.  M.).  Ueber  Ulrichs- 
kreuze  [Con  disegno,  e  con  tavola  in  fototipia].  —  Literatur  [Pubblica- 
zioni di  Luschin  von  Ebengreuth,  Halke  e  Schulte]. 


>IO  BIBLIOGRAFIA 


Numismatische  ZeitSChrift,  herausgegeben  von  der  Numismatischen 
Gesellschaft  in   Wien,  durch  deren  Redactions-Comité. 

XXXVI.  Band.  —  1904. 

Willers  (H.).  Italische  Bronze-barren  aus  der  letzten  Zeit  des  Roh- 
kupfergeldes  [Con  disegni  e  fotoincisioni  nel  testo].  —  Markl  (A.).  Die 
Reichsmùnzstàtte  in  Serdica.  —  Zambaur  (E.  von).  Contributions  à  la 
Numismatique  orientale  :  Monnaies  inédites  ou  rares  des  Dynasties  mu- 
sulmanes  de  la  collection  de  l'auteur  [Con  tavola  in  fototipia].  —  Dan- 
nenberg  (H.).  Die  àltesten  Mùnzen  Ostsachsens  [Con  2  tav.].  —  Fiala  (F.). 
Die  àltesten  Rait-pfennige  Joachimstals  [Continuazione.  —  Con  tavola  in 
fotot.].  —  Domanig  (K.).  Josef  Tautenhayn  senior,  k.  und  k.  Kammerme- 
dailleur  [Con  io  tav.  in  fotot.,  con  fotoincisioni  nel  testo,  e  col  ritratto 
del  medaglista].  —  Franz  Tran  [Necrologio,  dovuto  alla  penna  del 
Dott.  Scholz.  —  Con  ritratto].  —  Numismatische  Literatur  [Hill,  A  Ca- 
talogne 0/  the  Greek  coins  of  Cyprus.  Estesa  e  particolareggiata  recen- 
sione del  Prof.  Kubitschek.  —  Petrowicz,  Sammlung  Petrowicz  :  Arsa- 
cidenmùnzen.  —  Luschin  von  Ebengreuth,  Allg.  Mùnzkunde  u.  Geldgesch. 
d.  Mittelalt.  u.  d.  neuer.  Zeit.  Recens.  del  Cav.  von  Ernst.  —  Schròtter, 
Das  preuss.  Mùnzwesen  im  18.  Jahrhundert.  Diffusa  recens.  di  Ernst.  — 
Fiala,  Mùnzen  u.  Medaillen  der  Welfischen  Lande.  Id.  —  Bahrfeld  (E.), 
Die  Mùnzen-  u.  Medaillensammlung  in  der  Marienburg,  (IL  Band).  Id.  — 
Forrer,  Biograph.  Dictionary  of  Medallists  (Voi.  II).  Cenno  del  Dottor 
Scholz.  —  Meili,  O  mejo  circolante  no  Brazil  (Parte  III).  Cenno  di  Ernst]. 
—  Bramsen,  Médailler  Napolèon  le  Grand  ou  description  des  médailles, 
clichés,  repoussés  et  médailles-décorations  relatives  aux  affair es  de  la  France 
pendant  le  Consulat  et  l'Empire  (Première  partie).  Recens.  dello  stesso 
Cav.  von  Ernst.  —  Katal.  d.  Mùnzen-  u.  Medaillen-Stempel-Sammlung  d. 
k.  k.  Hauptmùnzamtes  in  Wien  (III.  Band).  Id.  —  Rohde,  Kollection  Ernst 
Prinz  zu  Windisch-Gràtz  :  Mùnzen  d.  byzant.  Kaiserreiches.  —  Fiala, 
Koll.  Ernst  Pr.  zu  W.-Gràtz  :  Mùnzen  u.  Medaillen  von  Deutschl.  u.  d. 
Schweiz.  —  "  Orientalische  Numismatik  „.  Sotto  questo  titolo  sono  rag- 
gruppate molte  recens.  dovute  al  Cap.  Edoardo  von  Zambaur,  specia- 
lista per  tali  studi].  —  Jahresbericht  der  Num.  Gesellschaft  ùber  das 
Jahr  1904. 

Monatsblatt  der  numismatischen  Gesellschaft  in  "Wien  (Verant- 
wortlicher  Schriftleiter:  Prof.  Adolf  Friedrich).  Universitatsplatz,  2. 

Nr.  258.  —  Janner  1905. 

Markl  (A.)  Weder  Mediolanum,  noch  Ticinum,  sondern  Tarraco  [Con- 
tinuaz.  e  fine].  —  Mùnzfunde  [Il  ripostiglio  di  Spital  (mon.  rom.).  [Un  raro 
testone  di  Siro  d'Austria,  principe  di  Correggio,  rinvenuto  a  Sierring, 
nell'Austria  Super.;  esso,  —  come  osserva  il  Sig.  Schmidel,  cui  si  deve 
questa  notizia,  —  è  identico  all'esempi,  riportato  al  n.  1095  della  tav.  VII 
del  Catal.  Gnecchi].  —  Besprechungen.  —  Verschiedenes  [Necrol.  di  E.  Foest. 


BIBLIOGRAFIA  3II 


—  Le  placch.  di  capodanno  d'Arturo  Krupp  e  di   Bachofen  von  Echt. 

—  Le  nuove  mon.  belghe  da  2  e  da  i  fr.  —  Le  med.  per  l' Esposiz.  di 
Liegi  (1905).  —  Placch.  ordinata  dal  Gov.  belga  per  ricordare  i  nomi 
dei  donatori  di  una  statua  di  Settimio  Severo,  acquistata  da  alcuni  me- 
cenati alla  vendita  Somzée  di  Brusselles  e  da  essi  destinata  al  Museo 
Reale.  La  placch.  è  opera  del  valente  medaglista  Devreese,  di  cui  ab- 
biamo parlato  piuttosto  diffusamente  lo  scorso  anno.  —  Coniazioni  di  meda- 
glie nella  zecca  di  Londra.  Nello  scorso  anno  essa  produsse  ben  210,462 
med.,  per  la  maggior  parte  di  commissione  privata.  Le  med.  ufficiali 
comprendevano  quella  commemor.  della  defunta  regina  Vittoria,  quelle 
•consuete  di  premio  per  Società  scientifiche,  per  il  "  Board  of  Trade  „, 
pei  cadetti  di  Sandhurst,  Woolwich  e  del  R.  Coli.  Brit.  di  Marina.  Fu 
inoltre  coniata  una  nuova  med.  pel  servizio  di  trasporto  marittimo;  essa 
reca  nel  J&  il  busto  del  re  in  uniforme  di  marina,  e  nel  I#  un  grande 
piroscafo,  tra  i  cinque  continenti  distribuiti  nel  campo.  La  legg.  è:  OB 
PATRIAM  MILITIBVS  PER  MARE  TRÀNSVECTIS  ADIVTÀM]. 

Nr.  259.  —  Februar  1905. 

Generalversammlung  der  Wiener  num.  Gesellschaft  ani  25.  Jdnner  ipoj 
[L'assemblea,  fra  l'altro,  nominò  soci  corrispondenti  i  Sigg.  Blanchet, 
De  la  Tour,  Dieudonné,  Maurice,  Mowat,  Grueber,  Wroth,  Hill,  Weber 
(d'Amburgo),  Jòrgensen  (di  Copenaghen)].  —  Besprechungen  [Von  Hófken. 
Numismatische  Denkmale  auf  den  Protestantismus  in  Oesterreich  (Im- 
portante anche  per  le  notizie  storiche  ond'è  accompagnata  quasi  ogni 
singola  descrizione  delle  medaglie  pubblicate).  —  Fiala,  Miinzen  und 
Medaillen  der  Welfischen  Lande.  —  Halke,  Etnleitung  in  das  Studium 
der  Numismaiik  (3*  ediz.)  —  Bramsen,  Médailler  Napoléon  le  Grand. 
Première  partie  :  1799-1809].  —  Verschiedenes  [Necrol.  di  A.  de  Barthé- 
lemy,  F.  Trau  ed  E.  Schott.  —  Placch.  di  Hujer  pel  500  anno  di  servizio 
del  Consigl.  Cav.  von  Kamler,  direttore  delle  Poste  e  dei  Telegrafi  in 
Vienna,  i —  Med.  di  premio  pel  Consorzio  dei  Fabbricanti  di  macchine 
e  dei  Meccanici  di  Vienna.  È  lavoro  anch'essa  del  giovane  ma  valente 
medaglista  Hujer,  e  reca  al  <£?,  nel  campo  incavato,  una  mezza  figura 
d'Archimede]. 

Nr.  260.  —  Màrz  1905. 

Zambaur  (E.  von).  Unedierte  orientalische  Miinzen.  —  Vorstandssitzung 
vom  8.  Màrz  ipoj  [11  Prof.  Kubitschek  richiama  l'attenzione  del  Consi- 
glio sulle  recenti  disposizioni  del  Gov.  Italiano  circa  le  collez.  numi- 
smatiche, in  quanto  riguarda  specialmente  le  prescrizioni  doganali].  — 
Miinzf unde  [Mon.  romane  trovate  nell'Austria  Super.;  notizie  comuni- 
cate dal  Sig.  Schmidel].  —  Verschiedenes  [Med.  di  Schopenhauer,  del 
Prof.  Rod.  Mayer,  al  quale  si  devono  altre  med.  di  Goethe,  Schiller, 
Liszt,  Beethoven,  Wagner,  ecc.  —  Med.  per  l'inauguraz.  del  monum.  a 
Pietro  Tunner,  fondatore  dell'Accademia  mineraria.  —  La  quistione  della 
esportaz.  delle  mon.  antiche  e  la  Soc.  Num.  Italiana]. 


312  BIBLIOGRAFIA 


Nr.  261-262.  —  April-Mai  1905. 

Zambaur.  Uned.  orientai.  Mùnzen  [Continuaz.]  —  Ordenti.  Versamml. 
d.  W.  nunt.  Gesallschaft  am  22.  Mdrz  igoj  [Il  Prof.  Kubitschek  comu- 
nica all'assemblea  le  recenti  disposiz.  governative  italiane,  rilevando  che 
esse  inceppano  lo  studio  delle  collez.  e  per  conseguenza  creano  ostacoli 
alle  indagini  numismatiche;  propone  che  la  Soc.  Num.  Viennese  formuli 
in  proposito  un  voto  da  trasmettere  per  via  ministeriale  al  Governo 
Italiano.  Altri  fra  gli  intervenuti  si  associano  alla  proposta  Kubitschek, 
che  viene  poi  approvata  all'unanimità],  —  Besprechungen  [De  Dompierre 
de  Chaufepié,  Les  médailles  et  plaqueites  modernes],  —  Numismatische 
Literatur.  —  Verschiedenes  [Storia  della  med.  per  Amerigo  Vespucci.  — 
Med.  per  il  500  anno  dacché  l'imper.  Frane.  Giuseppe  è  proprietario  del 
Regg.  8°  d'Artiglieria.  —  Pubblicazioni  del  Klubder  Miinz-  und  Medail- 
lenfreunde  in  Wien.  —  La  vendita  Hirsch  e  il  suo  catalogo,  che  forma 
(per  servirci  dell'espressione  usata  dal  Monaisblatt)  un  pregevolissimo 
compendio  della  Numismatica  greca). 

Numizmatikai  K5zl8ny.  Organo  della  Società  Numismatica  Unghe- 
rese, diretto  dal  Prof.  Edmondo  Gohl.  Budapest.  —  [In  magiaro]. 

Anno  IV.  —  1905.  —  Fase.  I. 

Brunsmid  (J.).  Le  più  antiche  monete  croate  [Con  disegni  nel  testo], 

—  Gohl.  Elenco  particolareggiato  delle  falsificazioni  numismatiche  viste 
ed  esaminate  personalmente  dall'a.  in  quest'ultimo  decennio.  —  Ko- 
vÀcz  (E.).  Il  ripostiglio  di  Sólyomkò,  in  Transilvania  [Monete  dei 
sec.  XIII-XIV,  ungheresi,  serbe,  ecc.  —  Con  disegni].  —  Gohl.  Rarità 
[Con  fotoincisioni  e  dis.].  —  Nuove  medaglie  ungheresi  [Con  fotoincis. 
della  med.  di  Szirmai  coi  ritratti  accollati  di  Francesco  Giuseppe  e  di 
Oscar  II  e  la  data  della  visita  di  Abbazia,  5  febbr.  1904].  —  Opere  del 
medaglista  Carlo  Gerì  [Con  fotoincisione  di  una  med.  dedicata  all'Un- 
gheria]. —  Bibliografia  [Pubblicaz.  di  Blanchet,  Luschin  von  Ebengreuth, 
Mazerolle,  Bahrfeldt,  ecc.].  —  Notizie  della  Società  Num.  Ungherese.  — 
Elenco  dei  Soci.  —  (Supplemento:  Gohl,  Medaglie  recenti  di  Budapest). 

The  Numismatic  Chronicle  and  "  Journal  of  the  Numismatic  So- 
ciety „,  edited  by  J.  Evans,  B.  V.  Head,  H.  A.  Grueber,  and  E.  J. 
Rapson.  London,  Bernard  Quaritch;  15,  Piccadilly. 

Fourth  Series.  —  1905.  —  Part  I. 

Farle  Fox  (H.  B.).  Some  Athenian  Problems  [Con  tavola].  —  Mac- 
donald  (G.).  A  recent  find  of  Roman  coins  in  Scoiland.  —  Evans  (Sir  J.). 
Rare  or  unpublished  coins  of  Carausius  [con  2  tav.].  —  Hill  (G.  F.). 
Roman  coins  front  Croydon.  —  Macdonald.  A  hoard  of  Edward  pennies 
found  at  Lochmaben  [Con  tavola].  —  L  aurence  (L.  A.).  The  Coinage  of 
Henri  IV  [Con  tavola].  —  Kenyon  (R.  LI.).  A  find  of  coins  at  Oswestry. 

—  Miscellanea. 


BIBLIOGRAFIA  313 


Numismatic  Circular   {Spink   &  sonJs   monthly).  London,    17   &    18 
Piccadilly  (West);  1  &  2,  Gracechurch  Street  (City). 

Voi.  XIII.  —  N.N.  146-151.  —  January-June  1905. 

Hands  (A.  W.).  Common  Greek  Coins  [Continuaz.  —  Con  fotoincisioni 
di  monete  d'Alessandro  Magno  e  di  mon.  della  Lega  Achea].  —  Forrer  (L.). 
Biographical  Notices  of  Medallists  &>  ancien t  and  modernes,  with  References 
io  their  Works.  B.  C.  joo  -  A.  D.  iqoo  {Keller- Kruse)  [Con  copiosissimo 
corredo  d'illustrazioni:  notevoli  soprattutto,  per  la  Num.  antica,  l'art,  su 
Cimone,  e  per  quella  moderna,  gli  articoli  sui  medaglisti  contemporanei]. 

—  Perini.  Nelle  zecche  d'Italia:  Modena  [Con  disegni  nel  testo].  —  Trem- 
blay  (P.  O.).  Décorations pontificales.  —  Higgins  (F.  C.)  Sketches  of  European 
Continental  History  and  Heraldry  for  the  use  of  Numismatists  [Continuaz. 

—  Con  fotoincisioni  di  mon.  del  Brunsvick  e  Luneburgo],  —  Forrer. 
A  Portrait-Medaillon  of  the  late  G.  F.  Watts,  R.  A.,  by  Theodore  Spicer- 
Simson  [Con  fotoincis.  del  gr.  medaglione-ritratto,  che  riproduce  le  ener- 
giche fattezze  del  celebre  artista  quali  apparivano  ancora  pochi  mesi 
prima  della  sua  morte].  —  Three  interesting  naval  Medals  [Con  fotoin. 
di  una  med.  in  oro  di  Pio  VI|.  —  Inediled  Coins  [Con  illustrazioni,  fra 
l'altro  di  una  curiosa  medaglia  satirica  di  Carlo  XII  di  Svezia,  coniata 
su  di  una  piastra  turca  di  Achmed  II  (1691)].  —  Nadrowski  (R.).  Gemein- 
schaftsmùnzen  [Con  disegno  di  moneta  medioevale].  —  Fletcher  (L.  L.). 
Some  Notes  on  Irish  Seventeenth  Century  Tokens  [Con  fotoincisioni].  — 
Sydenham  (S.).  Bath  Tokens  of  the  Nineteenth  Century  and  their  Issuers 
[Con  illustrazioni].  —  Waters  (A.  W.).  Silver  Tokens  of  the  Nineteenth 
Century.  —  List  of  Deputy  Masters  of  the  Australian  Mints  [Le  zecche 
australiane  in  attività  sono  Melbourne,  Sydney  e  Perth,  quest'ultima 
istituita  soltanto  nel  1897].  —  Zerbe  (Farran).  American  Numismatic 
Association  Convention.  —  Louisiana  Gold  "  Quarters  „  and  "  Halves  „ 
[Con  disegni  di  codeste  minuscole  monetucce,  coniate  come  ricordo 
dell'Esposizione  di  Saint  Louis,  dello  scorso  anno].  —  Finds.  —  Reviews 
[Recensione  del  Sig.  Forrer  sul  Catalogne  of  the  Greek  Coins  of  Cyprus, 
di  Hill.  —  Cenno  sugli  Atti  del  Congresso  di  Roma  (1903),  voi.  Numi- 
smatica], —  Numismatic  Societies,  Museums,  <S*.  —  Num.  Books,  Maga- 
zines,  Catalogues,  &.  —  Obituary.  —  Estesi  elenchi-cataloghi  di  mon., 
med.,  decorazioni,  libri  di  Numism.,  coi  prezzi  segnati. 

24-V1-905. 

Solone  Ambrosoli, 

bibliotecario. 

Battaglie  di  Archeologia.   Roma,  Tipografia  Editrice   Romana,  via  della 
Frezza,  59-61. 

Anno  I.  —  Dicembre  1904. 

[Art.  d'argomento  numismatico  :]  Piccione.  A  quoi  ont  abouti  mes 
expériences  ?  [Con  fotoincisioni  e  disegni]. 


3T4  BIBLIOGRAFIA 


Biblioteca  dell'economista,  serie  4.11  n.  152-154:  Shield  Nicholson. 
Moneta.  —  Price.  Moneta  e  prezzi. 

Rivista  del  collegio  araldico,  a.  Ili,  n.  1,  1905,  Roma:  Dal? An- 
cudine (C).  Una  medaglia  di  Fr.  Girolamo  Savonarola. 

Bollettino  della  r.  deputazione  di  storia  patria  per  l'umbria, 
a.  X,  1904,  fase.  II,  p.  365-71:  Fumi  (Luigi).  Denaro  orvietano  in  argento. 

Rassegna  nazionale,  16  luglio  1904:  Joùbert  (J.).  Victor  Emanuel  III 
(prince  de  Naples),  numismate. 

Archivio  storico  messinese,  V,  1-2,  1904  :  G.  O.  Numismatica  mes- 
sinese [dai  tempi  più  antichi  fino  a  Carlo  V]. 

Rivista  di  storia  antica,  a.  IX,  fase.  Ili,  p.  481-482:  Programma 
del  "  Corpus  des  monnaies  de  l'empire  des  Ptolémées  par  Jean  N. 
Svoronos  „. 

Atti  e  memorie  della  r.  deputazione  di  storia  patria  per  le  Pro- 
vincie di  Romagna,  3.a  serie,  voi.  XXII,  fase.  IV- VI,  1905  :  Sighinolfì  (L.). 
Sulla  lega  dell'argento  e  gli  statuti  degli  orefici  di  Bologna  durante  la 
signoria  di  Giovanni  da  Oleggio. 

Bollettino  della  società  pavese  di  storia  patria,  fase.  I,  1905, 
a  p.  110-116:  Ciapessoni  {Piero).  Recensioni  di  "Atti  del  Congresso  in- 
ternazionale di  scienze  storiche  „,  voi.  VI,  Numismatica. 

Archivio  storico  siciliano,  XXIX,  1-2,  1904  :  Lagumina  (B.).  Ripo- 
stiglio di  monete  arabe  rinvenute  in  Girgenti. 

Emporium,  gennaio  1905  :  Seeck  {Otto).  Monete  greche,  con  tav.  ili. 
[Dai  "  Velhagen  &  Klasings  Monatshefte  „]. 


Revue  économique  Internationale,  15-20  gennaio,  15-20  febbraio  1905: 
Connant  (C.  A.).  Le  change  entre  Ies  pays  à  étalon  d'or  et  à  étalon 
d'argent.  —  Foville  {A.  de).  La  réforme  monétaire  du  Mexique. 

Journal  des  économistes,  15  giugno  1904:  Raffalovich  {A.).  Les  sug- 
gestions  américaines  et  la  réforme  monétaire  de  la  Chine. 

Échos  d'orient,  Paris  1904,  t.  VII,  p.  193-94  :  Germer-Durand  (J.). 
Plombs  byzantins  trouvès  à  Ascalon. 

Revue  d'alsace,  1904,  nouv.  sèrie,  t.  II,  p.  630  e  sgg.:  Gasser.  L'agri- 
culture,  l'industrie  et  le  commerce  à  Soultz.  Corporations,  monnaies, 
poids  et  mesures. 

Intermèdi  aire  des  chercheurs  et  curieux,  io  gennaio  e  15  aprile 
1905  :  Pièce   de  cinq  francs.  —  Monnaies  modernes. 

BULLETIN     DE     LA     SOCIÉTÉ     BELFORTAISE     d'ÉMULATION,    n.   23     (Belfort, 

impr.  Devillers),  1904  :  Pajot  (F.).  A  quelle  localité  attribuer  l'atelier 
monétaire  de  l'Ajoie  de  l'epoque  mérovingienne. 

BULLETIN   DE   LA   SOCIÉTÉ   ARCHÉOLOGIQUE,    SCIENTIF1QUE    ET     LITTÉRAIRE 

du  vendòmois  (Vendòme,  impr.  Empaytoz),  1904:  Alexandre.  Mondou- 
bleau  sous  la  Revolution  1792-1793.  Le  Papier-monnaie  ou  billets  de 
confiance. 

BULLETIN   DE   LA   SOCIÉTÉ    NIVERNAISE    DE    LETTRES,    SCIENCES     ET     ARTS, 

voi.  XX  (Nevers),  1904:  Flamare  {H.  de).  Les  Collections  numismatiques 


BIBLIOGRAFIA  315 


de  la  ville  de  Nevers  et  la  répartition  topographique  des  monnaies 
gauloises,  romaines  et  mérovingiennes,  trouvées  dans  la  Nièvre. 

BULLETIN  ARCHÉOLOGIQUE  ET  HISTOR1QUE  DE  TARN  ET  GARONNE,  4-e  tri- 
mestre, 1903  :  Boè  (d.r).  La  collection  numismatique  du  legs  du  Faur. 

Revue  generale,  luglio  1904:  Joùbert  (C.  /.).  Victor  Emanuel  III 
(prince  de  Naples)  numismate. 

Revue  de  l'agenais,  mai-juin,  1904  :  Dubois  (J.).  Monnaies  gauloises. 

R.EVUE  archéologique,  mars-avril,  1905  :  Milne  (/.  G.).  A  Hoard  of 
Coins  from  Egypt  of  the  fourth  Century  B.  C. 

BULLETIN   DE   LA  SOCIÉTÉ   DE   L'HISTOIRE   DU   PROTESTANTISME    FRANCAIS, 

marzo-aprile  1905  :  Cazenove  (A.  de).  Un  médaillon  de  Calvin. 

BULLETIN   ET   MÉMOIRES   DE   LA    SOCIÉTÉ    ARCHÉOLOGIQUE     ET     HISTORIQUE 

de  la  charente,  t.  IV,  VII  sèrie  (Angoulème,  1905):  Chauvet  (G.).  Mon- 
naie  gauloise  de  Lorigné  (Deux-Sèvres). 

Journal  du  ministère  de  l'instruction  publique  (Saint  Petersbourg), 
gennaio  1905:  Tchétchouline.  Esquisse  de  l'histoire  des  finances  russes 
sous  Catherine  II. 

Mémoires  de  la  société  d'émulation  du  jura,  III  volume,  1903- 1904 
(Lons-Le-Saunier,  1904):  Févret  {Louis).  Note  sur  la  monnaie  de  Lons- 
le-Saunier. 


Neues  berner  taschenbuch  auf  das  Jahr  1905  :  Strickler  {Joh).  Die 
Berner  Munzstatt  und  ihr  Direktor  Christian  Fueter  (1789-1803)  Mit  1 
Tafl.  —  Tùrler  (d.r  H.).  Die  bernischen  Munzmeister. 

Musée  neuchatelois,  XL.me  année  :  Michaud  {A.).  Les  médailles  de 
Jean-Jacques  Perret-Gentil. 

Berner  kunstdenkmaler,  Bd.  I,  Lief.  4-6  :  Grunau  (G.).  Medaillen 
aus  dem  bernischen  Milnzkabinett. 

Anzeiger  fììr  schweizerische  altertumskunde,  Bd.  VI,  n.  2-3,  1905: 
Die  alte  Milnze  in  Solothurn. 


Revue  néo-scolastique,  Louvain,  1905,  t.  XII,  p.  27  sgg.:  Roey  (van  E.). 
La  monnaie  d'après  Saint  Thomas  d'Aquin.  Sa  nature,  ses  fonctions, 
sa  productivité  dans  les  contrats  qui  s'y  rapportent. 


VlERTELJAHRSCHRIFT  FUR  SOCIAL-  UND   WIRTSCHAFTGESCHICHTE,   II,  I9O4 

(Leipzig),  n.  3-4:  Heck(Ph.).  Standeproblem  Wergelder  und  Miinzrech- 
nung  der  Karolingerzeit. 

FORSCHUNGEN   ZUR  BRANDENBURGISCHEN   UND    PREUSSISCHEN  GESCHICHTE, 

voi.  16,  1903,  IIa  parte  :  Koser  (/?.).  Die  preussischen  Finanzen  von  1763 
hi  «  1786. 

Beitrage  zur  alten  geschichte  (Leipzig),  Bd.  Ili  :  Biittner-  Wobst  (Th.). 
Zur  Geschichte  des  pyrrhischen  Krieges.  Der  Depositenzinsfuss  eines 
rómischen  Bankiers. 

41 


316  BIBLIOGRAFIA 


SlTZUNGSBERICHTE   DER  K.  BAYERSCHEN   AKADEMIE   ZU    MUNCHEN,  4,    I904- 

Torp  (A.)  &■  Herbig  (G.).  Einige  neugefundene  etruskische   Inschriften. 

Historische  vierteljahrsschrift,  di  Lipsia,  1904,  t.  VII,  p.  519  e  sgg.: 
Hilliger  (B.).  Der  Schillingswert  der  Ewa  Chamavorum  und  der  Lex 
Frisionum. 

Deutsche  geographische  blatter,  I  livr.  1905  :  Liudernann.  Études 
sur  les  coquilles-monnaies,  par  le  docteur  Oskar  Schneider. 


Atti  dell'  i.  r.  accademia  degli  agiati  di  rovereto,  luglio-die.  1904 
e  gennàio-marzo  1905  :  Perini  (Quintilio).  A  proposito  delle  monete  an- 
tiche di  Merano.  VIII  articolo  ;  Lo  stesso.  Le  medaglie  commemorative 
del  3.0  centenario  del  Concilio  di  Trento  (1845-1863). 

FORSCHUNGEN  UND  MITTEILUNGEN  ZUR  GESCHICHTE  TIROLS  UND  VORALBERG, 

I,  Heft  2-3  (Innsbruck),  1904  :  Moeser  (K).  Zur  àltern  Miinzgeschichte 
Tirols. 

Tridentum,  a.  VII,  fase  IV  (Trento),  1904:  Montini  (Domenico).  Una 
preziosa  medaglia  del  Museo  Comunale  di  Trento,  con  2  ili. 

JAHRBUCH   DER    GESELLSCHAFT     FilR     DIE     GESCHICHTE     DES     PROTESTAN- 

tismus  in  oesterreich  ,  Jubilàumsband ,  t.  XXV ,  p.  72-104 ,  1904  : 
Hófken  (R.  von).  Numismatische  Denkmale  auf  den  Protestantismus  in 
Oesterreich. 


Monthly  review,  febbraio  1905  :  Earl  Egerton  0/  Tatton.  The  papa: 
Medals  of  the  Italian  Renaissance. 

The  quarterly  journal  of  economics,  maggio  1904:  Piati  Andrew  (A)' 
The  End  of  the  Mexican  Dollar. 


O  archeologo  portuguès,  gennaio-ottobre  1904:  Medalla  comme- 
morativa de  Congreso  de  numismatica.  —  Imitacoes  de  moedas  portu- 
guesas  em  Batenburgo.  —  Moeda  inedita  de  4  cruzados  de  1642.  —  Do- 
cumentos  monetarios. 

Bulletin  hispanique,  t.  VII,  gennaio-marzo  1905  :  Berlanga  (R.  de). 
Études  de  numismatique  (deux  monnaies  fausses  qu'on  a  attribuées  à 
Malaga  :  l'une  avec  une  legende  romaine,  l'autre  avec  une  épigraphe 
grecque  mutilée). 

Revista  de  archivos,  novembre-dicembre,  1904,  p.  468-69  :  L.  H. 
Museo  arqueológico  nacional.  Seccion  III.  Numismatica. 

E.  M. 


VARIETÀ 


Nuovi  studi  del  doti.  Haeberlin  suW  antichissimo 
sistema  monetario  romano.  —  Annunciamo  con  piacere 
un  recentissimo  lavoro  dell'illustre  numismatico  dott.  E.  J. 
Haeberlin,  di  Francoforte  sul  Meno,  il  quale  al  Congresso 
internazionale  storico  di  Roma  pronunciò  un'allocuzione  ac- 
compagnata dall'esposizione  delle  splendide  tavole  che  illu- 
streranno la  sua  opera  di  prossima  pubblicazione,  il  Corpus 
numorum  aeris  gravis,  opera  la  quale  deve  fare  veramente 
epoca  nella  storia  della  numismatica  romana. 

Molti  anni  di  continue  ricerche  hanno  condotto  il  dot- 
tor Haeberlin  a  trovare  finalmente  la  chiave,  per  così  dire, 
del  gran  segreto  della  più  antica  monetazione  romana.  I  suoi 
studi  sono  ora  pubblicati  dai  Berliner  Mùnzblàtter,  nei  quali 
già  il  eh.  dott.  Bahrfeldt  annunciò  con  parole  lusinghiere  il 
valore  intrinseco  dell'opera  dello  Haeberlin. 

La  pubblicazione  dei  Berliner  Mùnzblàtter  uscirà  anche 
in  lavoro  a  parte,  e  sarà  stampata  nel  prossimo  fascicolo 
della  nostra  Rivista  italiana  di  Numismatica,  per  autorizza- 
zione dello  stesso  sig.  Haeberlin,  a  cura  del  nostro  Vice-Bi- 
bliotecario dott.  Serafino  Ricci,  traduttore  anche  del  lavoro 
su  Le  monete  romano-campane  del  Col.  M.  Bahrfeldt  (*). 

Il  lavoro  del  dott.  Haeberlin,  intitolato  in  tedesco  Die 
Systematik  des  àltesten  Ròmischen  Miinzwesens,  formerà  la  in- 
troduzione al  suo  Corpus  numorum  aeris  gravis  sopra  citato. 

Nell'allocuzione  del  Congresso  lo  Haeberlin  era  giunto 
alla  conclusione  seguente: 

*  Io  ometto  qui  ogni  discussione  su  ciò  che  riguarda 
Yaes  grave  del  Lazio,  della  Puglia,  del  Piceno,  dell'Umbria 
e  dell'Etruria.  Mi  basta  di  aver  constatato  per  lo  sviluppo 
culturale  ed  economico  di  Roma,  che  la  sua  monetazione  di 
più  vecchia  data   basavasi   su   di   un   fondamento   nazionale, 


(i)  Ved.  Rivista  Hai.  di  Numismatica  (XII  (1889),  pag.  387  e  segg.; 
XIII  (1900)  pag.  11  e  segg. 


31 8  VARIETÀ 

sul  fondamento  di  severa  e  proba  rettitudine,  e  che  un  de- 
terioramento, o  piuttosto  fallimento  dello  Stato  nell'epoca 
della  riduzione,  non  è  ammissibile  „  (*). 

Ora  lo  Haeberlin  ci  presenta  lo  studio  appunto  delle  mo- 
nete del  Lazio  e  della  Campania  fra  loro  a  confronto,  e  in- 
vece di  affermare  come  al  Congresso  che  *  una  positiva  ed 
integra  risposta  alle  premesse  domande  resta  tutt'ora  un  non 
liquet  „  (2),  dichiara  d'aver  trovato  la  soluzione  di  tutte  le 
questioni  dell'origine  e  dei  rapporti  reciproci  delle  varie 
serie  monetarie  più  antiche,  che  attendevano  ancora  la  loro 
spiegazione  esauriente,  d'aver  trovato  insomma  il  sistema 
della  più  antica  monetazione  romana,  che  lo  Haeberlin  rico- 
nosce fondata  su  una  base  molto  più  ampia  di  quella  che 
si  credeva  finora.  Infatti,  per  l'estensione  stessa  del  suo  do- 
minio, Roma  doveva  avere  due  zecche,  una  nella  Urbs,  l'altra 
in  Capua  per  la  regione  meridionale  d'Italia,  e  le  differenti 
serie  monetarie  che  fra  loro  hanno  continue  corrispondenze 
e  costanti  proporzioni  possono  essere  divise  prima  dell'introdu- 
zione della  moneta  d'argento,  cioè  fino  al  268  a.  C,  nei  se- 
guenti tre  periodi  di  coniazione  : 

I.  Dal  335  al  312;  II.  dal  312  al  286;  III.  dal  286  al  268  a.  C. 

In  questi  tre  periodi  di  monetazione  antichissima,  oltre 
le  serie  della  Capitale  con  l'impronta  della  prora,  lo  Haeberlin 
avrebbe  riconosciuto  altre  sei  serie  di  pezzi  monetari  fusi 
contemporaneamente  a  quelle,  senza  leggenda,  come  anche 
la  serie  dei  pezzi  quadrilateri  e  inoltre  la  coniazione  delle 
monete  d'oro,  d'argento  e  di  bronzo  della  serie  cosìdetta 
romano-campana. 

Così,  come  il  lettore  giudicherà  dal  lavoro  che  avrà 
sott'occhio  nel  prossimo  fascicolo  della  Rivista,  sarà  possibile, 
dopo  i  dotti  e  geniali  risultati  scientifici  del  dott.  Haeberlin, 
di  aggiudicare  ad  ognuna  delle  molte  serie  dell'arcaica  moneta- 
zione romana  il  posto  che  le  spetta  secondo  il  tempo  e  secondo 
il  luogo  d'origine  con  tutta  chiarezza  ed  esattezza  scientifica. 

La  Redazione. 


(1)  Ved.  Atti  del  Congresso  Internazionale  di  Scienze  Storiche,  voi.  VI, 
Numismatica.  Roma,  R.  Accademia  dei  Lincei,  1904,  pag.  148. 

(2)  Ved.  Op.  cit.,  pag.  145. 


VARIETÀ 


319 


Corpus  numorum  romanorum  maximi  moduli.  — 

Il  sottoscritto,  essendo  venuto,  dietro  incoraggiamento  di 
colleghi  e  promesse  d'appoggio  da  parte  di  tutti  i  grandi 
musei,  nella  decisione  di  compilare  una  descrizione  generale 
dei  Medaglioni  romani,  desiderando  che  l'opera  riesca  com- 
pleta il  più  possibile,  rivolge  preghiera  a  tutti  i  direttori  di 
musei  e  i  raccoglitori  di  monete  romane,  di  volergli  trasmet- 
tere la  distinta  dei  medaglioni  d'oro,  d'argento  o  di  bronzo 
contenuti  nelle  loro  collezioni.  Tale  distinta  dovrebbe  essere 
accompagnata  dalla  nota  dei  singoli  diametri  e  pesi,  even- 
tualmente da  qualche  cenno  sulla  provenienza  e  dalle  im- 
pronte dei  pezzi  più  importanti,  inediti  o  di  bella  conser- 
vazione; intendendosi  dare  nelle  tavole  la  riproduzione  dal 
vero  possibilmente  di  tutti  i  tipi  nei  migliori  esemplari.  Tutte 
le  collezioni  e  tutti  i  pezzi  saranno  citati.  —  Anticipando  i 
dovuti  ringraziamenti, 

dev.° 

Francesco  Gnecchi 

Via  Filodrammatici  io,  Milano. 

R.  Accademia  dei  Georgofili  di  Firenze.  Gettone 
di  presenza  (1768).  —  Questa  Accademia  ritenuta  secondo 
il  Tabarrini  (0  la  prima  istituzione  di  tal  genere  surta  in 
Europa,  che  avesse  per  iscopo  il  perfezionamento  dell'agri- 
coltura, ebbe  vita  per  merito  del  Canonico  Lateranense 
don  Ubaldo  Montelatici  (1692-1770)  nel  1753. 

Tanto  il  Consiglio  di  Reggenza  che  governava  allora 
la  Toscana  in  luogo  di  Francesco  Lorena,  quanto  Pietro 
Leopoldo  e  suoi  successori  non  mancarono  di  accordare  a 
questa  Accademia  la  loro  protezione. 

Da  documenti   rilevati   nell'Archivio   di  Stato  (2)  risulta 


(1)  Tabarrini  "Marco.  Degli  studi  e  delle  vicende  della  Reale  Ac- 
cademia dei  Georgofili  nel  primo  secolo  di  sua  esistenza.  Sommario 
storico.  Corredato  da  un  catalogo  generale  dei  Soci  e  di  due  indici 
degli  Atti  Accademici  compilati  da  Luigi  de'  Marchesi  Ridolfi.  Firenze, 
coi  tipi  di  M.  Celimi  e  C.  1856,  a  pag.  3,  n.  I. 

(2)  Tali  documenti  vengono,  in  questa  piccola  monografia,  ommessi 
per  riprodurli  nel  prossimo  lavoro,  già  promesso  sino  dal  1902  (Vedi 
Rivista  Italiana  di  Numismatica  e  sciente  affini,  anno  1902,  pag.  242,  n.  2). 


320  VARIETÀ 

che  nel  1768  si  coniarono  nella  zecca  di  Firenze,  per  muni- 
ficenza di  Pietro  Leopoldo,  dei  gettoni  di  presenza  d'argento 
con  diversi  coni  da  regalarsi  a  tutti  i  Soci  che  intervenivano 
alle  adunanze. 

Abbiamo  la  conferma  di  ciò  dai  seguenti  brani  del  ver- 
bale di  un'adunanza,  che  qui  trascrivo,  mercè  la  gentilezza 
del  chiarissimo  signor  cav.  Tito  Marucelli  commesso  del- 
l'Accademia. 

"  A  dì  2  Marzo  1768 

"  L'Accademia  stimando  necessario  di  dovere  con  una 
Deputazione  ringraziare  S.  A.  R.  delle  stanze  accordatele 
benignamente  in  Palazzo  Vecchio  e  delle  medaglie  d'argento 
fatte  distribuire  in  questa  sessione  a  tutti  gli  Accademici 
presenti  ordinari,  elesse  per  tale  incombenza  i  signori  .     . 

"  L'accennata  medaglia  d'argento  è  dell'annessa  gran- 
dezza (e  qui  si  vedono  nell'originale  due  circoli  aventi  un 
diametro  ciascuno  di  mm.  33).  Nel  diritto  si  vede  in  pro- 
filo l*  effigie  di  Sua  Altezza  Reale  con  lettere  in  giro 
ÀRCH  •  PETRVS  LEOPOLDVS  M.  E.  D.  L.  SIRIES  F.  Nel 
rovescio  si  osservano  due  piante  una  di  vite  e  F altra  di  un 
frutto,  che  ciascheduna  per  parte  adorna  un  semicerchio 
della  medaglia  e  poi  si  incontrano  sulla  cima,  essendo  nel 
9  suo  principio  assieme  congiunte  ad  un  nastro,  si  legge  la 
"  seguente  iscrizione:  REI  AGRARIÀE  AVG-ENDAE  „. 

Il  Museo  Nazionale,  diretto  dal  eh.  signor  prof.  I.  B.  Su- 
pino, al  quale  debbo  sentite  grazie  per  avermi  permesso  di 
esaminare,  con  la  di  lui  cooperazione,  tanto  i  coni  che  le 
medaglie,  non  possiede  né  un  conio  né  un  esemplare  di  tale 
gettone. 

Il  Corsi  nel  suo  Catalogo  C1)  ne  registra  due  esemplari 
diversi  e  siccome  nessuna  collezione  privata  da  me  cono- 
sciuta di  Firenze  possiede  tale  cimelio,  così  avevo  messo  da 
parte  il  pensiero  di  possedere  tale  rarità. 


(1)  Catalogo  della  collezione  del  fu  Comm.  Sen.  Tommaso  Corsi  re- 
datto, ecc.  Firenze  1891,  tip.  Bonducciana  A.  Meozzi,  Piazza  del  Duomo, 
27  al  n.  1593. 


VARIETÀ  321 

Nel  1903  scorrendo  il  Catalogo  della  vendita  fatta  a 
Francoforte  sul  Meno  nel  1902  della  collezione  di  monete 
medioevali  del  chiar.  signor  cav.  Ercole  Gnecchi  di  Milano, 
trovai  al  n.  1441  il  gettone  ricercato. 

Fatte  in  proposito  le  opportune  ricerche  venni  a  cono- 
scere che  trovavasi  presso  il  signor  dott.  Jacob  Hirsch  di 
Monaco,  il  quale  avendomelo  gentilmente  ceduto  posso  darne 
qui  sotto  l'esatta  descrizione  insieme  all'  illustrazione. 


&  —  ARCH  *  PETRVS  LEOPOLDVS  *  M  *  E  *  D  *. 
Busto  corazzato  a  destra.  Sotto  al  taglio  del  braccio  : 
L  •  SIRIES  •  F  •  Il  tutto  entro  doppio  giro  di  perline. 

9/    —  Nel  campo  su  tre  linee  ed  entro  corona  formata  da 
due  rami  uno  di  vite  e  l'altro  di  spighe  annodati  in  basso 
da    nastro  :    REI  —  ÀGRÀRIÀE  —  AVGENDAE.    Il    tutto 
entro  doppio  giro  di  perline. 
Argento,  C.  Diam.  mm.  30,  peso  gr.  9,000. 

Anche  questo  adunque  è  venuto  ad  accrescere  il  numero 
della  mia  piccola  raccolta  che  ha  per  iscopo  di  illustrare  tutte 
le  medaglie  coniate  dalla  zecca  di  Firenze  durante  il  periodo 
Austro-Lorenese,  il  quale  lavoro  se  avrà  la  pecca  di  ritar- 
dare di  vedere  la  luce,  avrà  però  il  merito  di  riuscire  più 
completo,  essendo  mia  costante  cura  di  aumentarne  i  pezzi 
anche  con  sacrifìci  pecuniari  non  lievi. 

Firenze,  Aprile  190J. 

Arturo  Spigardi. 


322 


VARIETÀ 


Per  gl'Incisori  e  Cesellatori:  Concorsi  Grazioli 
per  l'anno  1906.  —  La  R.  Accademia  di  Belle  Arti  in  Mi- 
lano ha  pubblicato  il  seguente  avviso  : 

ISTITUZIONE    GRAZIOLI 

CONCORSO  PER  LE  MEDAGLIE. 

Premio.  —  L.  2000  (lire  duemila). 

Oggetto  del  concorso  :  Medaglie  ottenute  da  coni  d'acciaio. 

Saranno  ammessi  al  Concorso  gli  artisti  italiani,  anche  se  dimoranti 
all'estero,  con  medaglie  ottenute  da  coni  d'acciaio,  firmati  dall'autore,  e 
da  lui  incisi  nel  quinquennio  anteriore  al  concorso. 

Il  soggetto  delle  medaglie  è  libero.  Si  richiede  però  che  vi  cam- 
peggi almeno  una  figura  od  un  ritratto  artisticamente  eseguiti. 

Si  terrà  conto,  nel  giudizio,  anche  del  rovescio  della  medaglia. 

Ogni  artista  non  potrà  concorrere  che  con  una  sola  opera. 

Le  medaglie  presentate  al  concorso  dovranno  essere  opere  origi- 
nali, eseguite  dal  concorrente  anche  nei  disegni  e  nei  modelli.  Non  de- 
vono essere  copie  di  altre  medaglie,  né  essere  state  esposte  in  pub- 
bliche Mostre.  A  parità  di  merito  sarà  preferita  la  medaglia  che  abbia 
riprodotto  un  soggetto  storico  patrio. 

Della  medaglia  per  il  concorso  si  dovranno  presentare  due  esem- 
plari che  verranno  restituiti  dopo  il  giudizio;  però  l'autore  della  me- 
daglia premiata  dovrà  lasciarli  all'Accademia  e  consegnarne  ancora  un 
terzo  per  il  R.  Gabinetto  Numismatico. 

Il  premiato  non  sarà  ammesso  ad  un  nuovo  concorso,  se  non  dopo 
trascorsi  due  altri  concorsi  d'incisione  dall'ottenuto  premio. 

La  Commissione  giudicatrice  sarà  composta  di  uno  scultore,  un  pit- 
tore, uno  studioso  di  storia  dell'arte,  del  conservatore  del  Gabinetto 
Numismatico  e  di  un  incisore  di  medaglie,  e  poi  sottoposto  alla  defini- 
tiva approvazione  del  Consiglio  Accademico. 

CONCORSO   PEL   CESELLO. 

Premio.  —  L.  2000  (lire  duemila). 

Oggetto  del  concorso.  —  Un  lavoro  d'arte  di  cesello  a  sbalzo. 

Saranno  ammessi  al  concorso  i  lavori  d'arte  destinati  a  qualsiasi 
uso  e  di  qualunque  soggetto,  cesellati  a  sbalzo  in  lastra  d'oro,  argento, 
rame,  ottone  o  ferro,  ecc.,  eseguiti  nel  quinquennio  anteriore  al  presente 
concorso  e  che  non  sieno  stati  esposti  a  pubbliche  Mostre. 

Il  lavoro  dovrà  essere  di  composizione  e  disegno  del  concorrente, 
e  non  copia  di  lavori  consimili,  ed  in  esso  dovranno  campeggiare  al- 
meno una  figura  od  un  ritratto  artisticamente  eseguiti.  A  pari  merito 
sarà  preferito  un  soggetto  storico  patrio.  —  Nessun  artista  potrà  con- 
correre al  premio  con  più  di  un'opera. 


VARIETÀ  323 

Non  si  ammettono  al  concorso  i  lavori  ottenuti  con  stampi,  galva- 
noplastica, fusioni  o  qualsiasi  altro  sistema,  dovendo  l'opera  per  il  con- 
corso essere  esclusivamente  lavoro  di  cesello  a  sbalzo,  in  lastra  di  me- 
tallo, eseguito  a  mano,  e  non  altrimenti. 

Il  cesello  premiato  rimarrà  di  proprietà  dell'autore,  che  ne  dovrà  con- 
segnare all'Accademia  una  buona  riproduzione  in  fotografia  od  in  gesso. 

Il  concorrente  premiato  non  sarà  ammesso  ad  altro  concorso  se  non 
dopo  due  concorsi  di  cesello  dall'ottenuto  premio. 

La  Commissione  giudicatrice  sarà  composta  da  uno  scultore,  da  un 
pittore,  da  un  cesellatore,  da  uno  studioso  di  storia  dell'arte,  e  dal  se- 
gretario dell'Accademia. 

Disposizioni  comuni  ai  predetti  concorsi. 

Le  opere  dei  concorrenti  (artisti  italiani  viventi)  dovranno  essere 
presentate  complete  all' Ispettore-Economo  dell'Accademia  di  Brera  nei 
locali  dell'Esposizione  Permanente  (Via  Principe  Umberto  32)  non  più 
tardi  delle  ore  16  del  giorno  28  febbraio  1906.  Non  si  ammettono  giu- 
stificazioni sul  ritardo  oltre  questo  termine. 

L'Accademia  non  s'incarica  di  ritirare  le  opere,  quantunque  ad 
essa  dirette,  né  dalle  ferrovie,  né  dalle  dogane,  né  da  altri  ;  perciò  gli 
artisti  non  residenti  in  Milano  dovranno  spedire  le  loro  opere  franche 
di  spesa  e  a  domicilio. 

È  nella  facoltà  dell'Accademia  di  escludere  dal  concorso  e  di  rifiu- 
tare l'esposizione  di  quelle  opere,  che,  per  ragione  d'arte  o  di  conve- 
nienze sociali,  non  fossero  presentabili  al  pubblico. 

All'atto  della  consegna,  le  opere  che  non  fossero  trovate  in  buona 
condizione  non  saranno  ricevute. 

Di  tutte  le  opere  presentate  al  concorso  si  farà  una  pubblica  espo- 
sizione, durante  la  quale  saranno  pronunciati  i  giudizi  e  conferiti  i 
premi.  Le  opere  esposte  non  potranno  essere  ritirate  prima  della  chiu- 
sura della  esposizione.  L'opera  premiata  porterà  l'indicazione  del  premio 
ottenuto. 

La  restituzione  delle  opere  si  farà  dall' Ispettore-Economo,  al  quale 
gli  autori  o  i  loro  commessi  dovranno  restituire  le  singole  ricevute  da 
lui  rilasciate  all'atto  della  consegna. 

L'Accademia  non  risponde  della  conservazione  delle  opere  non  ri- 
tirate entro  un  mese  dalla  chiusura  della  pubblica  Mostra. 


Collezione  Mattoi.  —  Il  Sig.  Edoardo  Mattoi,  che  ha 
riunito  in  Milano,  com'è  noto,  una  pregevolissima  raccolta 
speciale  di  medaglie,  ci  dà  in  un  opuscolo  illustrato  l'elenco 
di  quelle  che  concernono  poeti  tragici  e  lirici,  commediografi, 
artisti  tragici  e  comici,   maestri   di   musica,   artisti   di   canto, 

43 


324 


VARIETÀ 


coreografi,  ecc.,  con  un'appendice  di  altre  medaglie  che  si 
riferiscono  a  teatri,  conservatorii,  istituti,  scuole,  società, 
esposizioni,  concorsi  e  feste  musicali. 

Notiamo  le  medaglie  e  placchette  del  Bravi  per  Gabriele 
d'Annunzio,  Giacosa,  A.  Boito,  Giordano,  Gomes,  Leonca- 
vallo,  Mascagni,  Tina  di  Lorenzo,  E.  Novelli,  Tamagno. 

•  l,a.  médaille  en  Belgique  au  XIX  siede  „  forma 
l'argomento  di  una  pregevolissima  monografia,  pubblicata 
da  Alfonso  de  Witte  in  occasione  dell'Esposizione  Univer- 
sale ed  Internazionale  di  Liegi,  1905. 

Dopo  di  aver  dato  uno  sguardo  allo  stato  dell'  incisione 
in  medaglie  nelle  provincie  belghe  quando  le  truppe  della 
Repubblica  Francese  presero  definitivamente  possesso  di 
queste  nel  1794,  e  dopo  di  aver  aggiunto  che  durante  la 
Repubblica  e  l' Impero  le  zecche  di  Brusselles  e  di  Liegi 
rimasero  chiuse,  talché  per  avere  le  medaglie  necessarie 
pei  concorsi  scientifici,  artistici,  ecc.,  bisognava  rivolgersi  a 
Parigi,  Fa.  ci  dà  notizia  dei  primi  tentativi  medaglistici  fatti  dal 
brussellese  Simon  nella  riaperta  zecca  della  sua  città  natale. 

Il  vero  creatore  della  glittica  moderna,  nel  Belgio,  è 
tuttavia  Braemt,  nato  a  Gand  nel  1796,  e  che  fu  incisore 
alla  zecca  di  Brusselles  dal  1832  al  1864. 

Altri  artisti  distinti  furono  i  fratelli  Wiener,  come  pure 
il  vivente  Lemaire  ;  sinché  si  giunge  agli  odierni  medaglisti 
della  nuova  scuola  :  anzitutto  lo  scultore  F.  Dubois,  allievo 
di  Van  der  Stappen  ;  poi  Dillens,  P.  Du  Bois,  L.  Dupuis, 
Isid.  de  Rudder,  ecc.;  infine  Ippol.  Le  Roy  e  Goffr.  Devreese, 
del  quale  la  Rivista  ha  già  ripetutamente  parlato. 

L'opuscolo  del  Sig.  de  Witte  contiene  inoltre  molti 
istruttivi  particolari  tecnici  sull'esecuzione  delle  medaglie  ; 
nonché,  in  appendice,  un  elenco  di  tutti  gli  artisti  citati,  con 
la  succinta  loro  biografia  ;  ed  è  ornato  di  due  tavole  fotoin- 
cise, che  riproducono  due  medaglie  per  l' Esposizione  di 
Liegi,  modellate  la  prima  da  Devreese,  la  seconda  da  Paolo 
Du  Bois. 

Nuovo  periodico.  —  Sotto  il  titolo  di  Museumskunde  e 
sotto  la  direzione  del  D.r  Carlo  Koetschau,  Conservatore  del 


VARIETÀ  325 

R.  Museo  Storico  di  Dresda,  l'editore  Giorgio  Reimer  di 
Berlino  ha  iniziato  la  pubblicazione  di  un  periodico  destinato 
esclusivamente  allo  studio  delle  quistioni  tecniche  ed  ammi- 
nistrative che  concernono  i  musei  e  le  collezioni  pubbliche 
e  private  di  tutti  i  paesi. 

Nel  primo  fascicolo  notiamo  una  estesa  ed  interessantis- 
sima relazione  illustrata,  del  eh.  Prof.  Menadier,  intorno  alla 
nuova  sistemazione  del  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Ber- 
lino nel  Museo  dell'  Imperatore  Federico. 

Rutilio  Gaci,  nobile  fiorentino,  architetto,  scultore  e  me- 
daglista dei  re  Filippo  III  e  IV  di  Spagna,  fornisce  argomento 
ad  uno  studio  assai  geniale  e  nutrito  che  Adolfo  Herrera,  de- 
dicandolo al  colto  mecenate  Sig.  Paolo  Bosch,  pubblica  nel 
Boletin  de  la  Sociedad  Espanola  de  excursiones   di   Madrid. 

Vi  si  descrivono  e  riproducono  quattro  medaglie  di 
quell'artista  valente  ma  poco  noto  ;  e  con  la  scorta  dell'  ul- 
tima, che  ne  reca  l'auto-ritratto  col  nome  in  extenso,  si  spiega 
l'abbreviatura  RVT.  (scritta  così  oppure  in  monogramma) 
che  si  vede  sulle  altre. 

Intorno  al  labaro  di  Costantino,  il  eh.  nostro  col. 
laboratore  Sig.  Giulio  Maurice,  che  già  nel  1903  aveva  in- 
trattenuto in  proposito  la  "  Société  des  Antiquaires  de 
France  „  per  precisare  l'origine  del  celebre  vessillo  cristiano, 
fece  più  tardi  una  seconda  comunicazione,  che  troviamo  nei 
rendiconti  di  quel  dotto  consesso. 

Egli  dimostra  che  il  labaro,  propriamente  parlando,  è 
simile  agli  stendardi  della  cavalleria  romana,  introdottavi 
l'aggiunta  del  monogramma  di  Cristo  sulla  parte  superiore 
dell'asta  che  reggeva  lo  stendardo  medesimo.  E  ciò  confor- 
memente alla  descrizione  che  ne  dà  Eusebio  nella  sua  Vita 
Constantini,  e  alla  rappresentazione  che  si  vede  nel  rov. 
del  raro  piccolo  bronzo  di  quelP  imperatore  con  la  leggenda 
SPES  PVBLICA  (Cohen,  n.  483  della  I  ed.,  nn.  551  e  552 
della  II  ed.). 

A  benefìcio  della  Società  Numismatica.  —  Il  Conte 
Nicolò  Papadopoli  ha  generosamente  fatto  dono  alla  Società 


326  VARIETÀ 

di  25  estratti  dell'interessantissimo  lavoro  di  Eugenio  Demole, 
La  zecca  dei  Conti  del  Genevese  ad  Annecy  (ijjó-ijpi)  pub- 
blicato nei  fascicoli  III-1V  dell'anno  1904  di  questa  Rivista. 
Detti  estratti  sono  vendibili  a  favore  della  Società  presso  la 
sua  Sede,  al  Castello  Sforzesco,  al  prezzo  di  L.  2.— 

Attentino  di  monete  papali  moderne,  a  sussidio  del 
Cinagli.  —  Così  s'  intitola  un  elegante  volumetto  che  il 
Dott.  Ambrosoli  ha  pubblicato  in  questo  scorcio  di  giugno 
nella  collezione  dei  "  Manuali  Hoepli  „.  Riproduce  in  fotoin- 
cisione 200  monete  papali  (cominciando  da  Urbano  Vili, 
162344),  ciascuna  col  relativo  valore  numismatico,  desunto 
dalla  Tariffa  del  Cav.  Vitalini  ;  è  fregiato  del  ritratto  di  An- 
gelo Cinagli  ;  e  costa  L.  2,50. 

Commissione  monetaria.  —  La  Commissione  tecnico- 
artistica  monetaria,  istituita  nell'aprile  dello  scorso  anno  1904 
con  decreto  dell'allora  Ministro  del  Tesoro,  on.  Luzzatti 
(ampliata  poi  e  trasformata,  su  proposta  di  lui,  in  Commis- 
sione Reale  e  permanente),  compilò  un  programma  di  con- 
corso per  nuovi  tipi  di  monete,  programma  che  venne  ban- 
dito il  15  aprile  1905  dal  successore  dell'on.  Luzzatti,  l'on. 
Ministro  Carcano. 

Più  innanzi,  diamo  integralmente  le  condizioni  di  questo 
concorso  :  qui  gioverà  far  precedere  alcuni  schiarimenti  per 
prevenire  possibili  obbiezioni. 

All'art.  2.  —  Circa  la  limitazione  del  concorso  a  quegli  artisti  italiani 
che  abbiano  già  eseguito  lavori  di  medaglistica,  va  notato  quanto  segue. 

L'apparente  facilità  di  ideare  un  progetto  di  moneta,  anzi  di  idearne 
altrettanti  quanti  sono  i  tipi  di  monete  che  si  pongono  a  concorso,  è 
tale  da  poter  dare  origine  ad  una  ingente  quantità  di  progetti  ;  tanto 
più  se  si  consideri  che  per  ogni  tipo  di  moneta  occorrono  o  almeno  si 
possono  presentare  due  modelli,  uno  per  il  diritto  e  l'altro  per  il  rovescio. 

Con  la  presente  dicitura  dell'articolo,  si  restringe  il  numero  dei 
concorrenti  nella  cerchia  di  coloro  che  avendo  già  eseguito  lavori  d'un 
genere  affine  alla  moneta,  cioè  lavori  di  medaglistica,  abbiano  avuto 
campo  di  rendersi  conto  in  pratica  delle  esigenze  e  delle  difficoltà  af- 
fatto speciali  di  codest'arte. 

All'art.  4.  —  Con  la  dicitura  di  effigie,  la  Commissione  ha  voluto 
lasciare  ai  concorrenti  la  massima  libertà  di  scegliere  la  forma  artistica 
in  cui  credono  di  ritrarre  il  Sovrano,  all'  infuori  da  qualunque  precon- 
cetto tradizionale  e  convenzionale. 


VARIETÀ  327 

È  bensì  vero  che  nella  monetazione  moderna  di  tutti  i  paesi  pre- 
vale, o  meglio  è  quasi  esclusiva,  la  rappresentazione  delle  teste  o  dei 
busti,  di  profilo  ;  ed  è  altrettanto  vero  che  nelle  monete  imperiali  ro- 
mane, almeno  in  quelle  dei  primi  secoli  dell'Impero,  accade  altrettanto. 
Ma  ciò  non  toglie  che  vi  siano  esempi  di  teste  di  fronte  o  viste  di  tre 
quarti,  sia  isolatamente  fra  le  antiche  monete  greche,  sia  in  intiere 
serie  di  ritratti,  come  per  le  medesime  monete  imperiali  romane  di 
epoca  più  tarda,  sia  per  le  bizantine,  per  talune  serie  del  Medio  Evo, 
e  anche  in  molti  Stati  della  Germania,  d'epoca  più  recente.  La  stessa 
monetazione  italiana  ci  offre  un  tentativo  in  quest'ordine  d' idee,  nella 
prova  di  zecca  del  pezzo  da  100  franchi  di  Napoleone,  incisa  dal  Vas- 
sallo per  Genova. 

Poiché  il  concetto  fondamentale  del  concorso  è  di  suscitare  fra  i 
concorrenti  una  gara  dalla  quale  possa  eventualmente  uscire  qualche 
vera  opera  d'arte,  di  carattere  proprio  ed  originale,  la  Commissione 
non  volle  inceppare  con  nessuna  pastoia  l'estro  degli  artisti,  i  quali 
potranno  per  conseguenza  presentare  un'effigie  del  Sovrano,  nella  forma 
che  verrà  loro  suggerita  dalla  più  libera  ispirazione. 

Siccome  tuttavia  è  presumibile  che  il  ritratto  in  profilo  sarà  scelto 
dal  maggior  numero  dei  concorrenti,  si  reca  a  notizia  di  essi  che  po- 
tranno ottenere  una  recentissima  fotografia  di  S.  M.  il  Re,  visto  di  pro- 
filo, rivolgendone  domanda  alla  Direzione  generale  del  Tesoro  in  Roma. 

All'art,  j.  —  Quanto  al  tipo  incavato  nel  rovescio,  proposto  pei 
nuovi  pezzi  in  nichelio  puro  da  centes.  20,  la  Commissione  avverte  che 
si  è  scelto  espressamente  questo  tipo,  affatto  diverso  da  quello  di  tutte 
le  altre  monete,  per  evitare  le  confusioni  sinora  deplorate  fra  la  mo- 
neta di  nichelio  e  quella  d'argento. 

Altre  nazioni  europee  hanno  già  tentato  con  diversi  ripieghi  di 
ovviare  a  questo  grave  inconveniente  offerto  dalle  monete  di  nichelio, 
o  adottando  per  esse  un  disco  traforato  come  quello  delle  monete  ci- 
nesi, o  facendone  poligonale  il  contorno.  Il  tipo  incuso  proposto  dalla 
Commissione,  del  resto,  se  sostanzialmente  ha  anch'esso  un  carattere 
di  ripiego,  non  è  tuttavia  arbitrario,  ma  bensì  ispirato  alle  antichissime 
monete  italiche,  a  quelle  cioè  della  Magna  Grecia  (di  Taranto,  Meta- 
ponto, Sibari,  Crotone,  ecc.),  coniate  nel  sec.  V  circa  av.  Cristo;  talché, 
sia  detto  incidentalmente,  farebbe  rivivere  così,  sotto  una  nuova  forma, 
un  tipo  monetario  schiettamente  nazionale. 

All'art,  ij.  —  La  dicitura  :  lavori  di  medaglistica,  dev'essere  inter- 
pretata in  senso  largo,  in  guisa  cioè  da  ammettere,  oltre  alle  medaglie 
d'ogni  genere,  anche  le  targhette  o  placchette,  quando  le  dimensioni 
non  eccessive  di  queste  le  rendano  assimilabili  alle  medaglie. 

La  Commissione  si  radunò  poi  di  nuovo  nel  corr.  giugno, 
sotto  la  presidenza  dell'on.  Ministro  Carcano,  per  esaminare  le 
condizioni  del  concorso  al  posto  di  Incisore  della  R.  Zecca  di 
Roma  (v.  più  innanzi)  e  fu  anche  consultata  circa  il  concorso 
da  bandire  per  nuovi  biglietti  di  Stato  da  lire  5  e  da  1.  io. 


328  VARIETÀ 

Concorso  per  nuove  monete  italiane.  —  Con  rife- 
rimento a  quanto  abbiamo  scritto  più  sopra,  diamo  in  extenso 
il  programma  : 

MINISTERO    DEL  TESORO 
Concorso  nazionale  per  nuovi  tipi  di  monete  metalliche 

italiane. 

IL  MINISTRO  DEL  TESORO 

Sentita  la  Commissione  tecnico-artistica  per  l'esame  dei 
coni  delle  monete  e  delle  questioni  affini  o  attinenti  alla 
monetazione  ; 

Dispone  : 

Art.  1. 

È  aperto  un  concorso  per  i  modelli  di  cinque  nuovi  tipi 
di  monete  italiane  da  lire  50  e  io  in  oro,  da  centesimi  50  in 
argento,  da  centesimi  5  in  bronzo  e  da  centesimi  20  in  ni- 
chelio puro. 

Art.  2. 

Possono  prender  parte  al  concorso  tutti  gli  artisti  ita- 
liani, purché  abbiano  già  eseguito  lavori  di  medaglistica. 

Art.  3. 

Ciascun  concorrente  dovrà  presentare,  per  il  diritto  e 
per  il  rovescio  di  ogni  tipo  di  moneta  cui  intenda  concor- 
rere, modelli  in  gesso  del  diametro  di  cm.  25. 

Art.  4. 

Pei  nuovi  tipi  dei  pezzi  da  lire  50  e  io  in  oro,  da  cen- 
tesimi 50  in  argento  e  da  centesimi  5  in  bronzo  è  lasciata  ai 
concorrenti  la  più  ampia  libertà  di  concetto  e  di  interpreta- 
zione, col  solo  vincolo  che  il  diritto  di  ciascuna  moneta  rechi 
il  nome  e  l'effigie  di  S.  M.  il  Re  Vittorio  Emanuele  III  ed  il 
rovescio  il  valore  della  moneta  e  Tanno  di  coniazione,  e  che 


VARIETÀ  329 

nella  moneta  sia  contenuta  la  leggenda   "  Regno  d'Italia  „ 
o  "  Re  d'Italia  „. 

L'altezza,  dei  bassorilievi  non  dovrà  superare  in  aggetto 
l'orlo  della  moneta. 

Art.  5. 

Il  nuovo  tipo  per  la  moneta  da  centesimi  20  di  nichelio 
puro  dovrà  essere  semplicissimo,  e  consistere  in  un  emblema, 
rilevato  nel  diritto  e  incavato  nel  rovescio,  colla  dicitura 
"  Regno  d'Italia  „,  colle  indicazioni  del  valore  della  moneta 
e  dell'anno  di  coniazione,  e  con  un  contorno  ornamentale 
alquanto  rilevato,  in  guisa  che  le  monete  si  possano  sovrap- 
porre (impilare). 

Art.  6. 

I  concorrenti  terranno  presente  che  tutte  le  dette  mo- 
nete dovranno  poi  essere  coniate  con  diametro  preciso  a 
quello  delle  monete  di  pari  valore  sinora  emesse  nel  Regno 
d' Italia. 

Art.  7. 

Giudicherà  il  concorso  una  Commissione  da  scegliersi 
fra  i  componenti  della  Commissione  tecnico-artistica  nominata 
col  regio  decreto  29  gennaio  1905,  la  quale  avrà  facoltà  di 
aggregarsi  a  tal  fine  membri  estranei,  senza  che  si  ecceda, 
in  complesso,  il  numero  di  cinque. 

La  Commissione  giudicatrice  prenderà  in  esame  i  mo- 
delli in  gesso  presentati  dai  concorrenti  ed  indicherà  quali 
siano  i  più  meritevoli  sotto  l'aspetto  tecnico  ed  artistico. 

Art.  8. 

Ai  vincitori  del  concorso  verranno  assegnati  i  seguenti 
premi  : 

Lire  4000  per  il  pezzo  da  50  lire  in  oro. 
„      3000  id.  5  centesimi  in  bronzo. 

„     2000  id.  io  lire  in  oro. 

„     2000  id.  50  centesimi  in  argento. 

„      1000  id.  20  centesimi  in  nichelio. 


330  VARIETÀ 

Art.  9. 

Prima  del  conferimento  dei  premi  verrà  eseguita,  a  spese 
dello  Stato,  la  riduzione  dei  migliori  modelli  per  ogni  tipo 
di  moneta,  alle  proporzioni  fissate,  per  il  definitivo  giudizio. 

A  questa  riduzione  gli  autori  dei  modelli  stessi  avranno 
facoltà  di  assistenza. 

Art.  io. 

Eccezionalmente  la  Commissione  giudicatrice  potrà  sce- 
gliere per  ciascun  tipo  un  modello  per  il  diritto  e  un  altro 
per  il  rovescio,  e,  in  tal  caso,  il  premio  sarà  ripartito  pro- 
porzionalmente, a  giudizio  della  Commissione,  fra  i  due  artisti. 

In  caso  di  rifiuto  di  uno  fra  gli  autori  dei  modelli  pre- 
scelti, si  ripeterà  il  concorso  fra  i  due  artisti. 

Art.  11. 

Pei  lavori  più  meritevoli,  dopo  quello  premiato,  la  Com- 
missione potrà  proporre  la  concessione  di  uno  o  due  diplomi 
di  merito. 

Art.  12. 

I  modelli  dovranno  essere  consegnati  completi  e  liberi 
da  qualunque  spesa,  non  più  tardi  del  31  dicembre  1905, 
alla  Direzione  generale  del  Tesoro,  che  ne  rilascerà  ricevuta. 

Art.  13. 

I  modelli  saranno  contrassegnati  da  un  motto,  ripetuto 
sopra  un  piego  sigillato,  contenente  nome,  cognome  e  indi- 
rizzo preciso  di  ciascun  concorrente,  unitamente  ai  saggi  e 
documenti,  da  cui  risulti  aver  egli  già  eseguito  lavori  di  me- 
daglistica. 

Art.  14. 

La  Direzione  generale  del  Tesoro  avrà  la  maggior 
cura  per  la  conservazione  dei  lavori  presentati,  ma  non  sarà 
responsabile  dei  danni  eventuali. 

Art.  15. 

I  modelli  presentati  da  ciascun  concorrente  verranno 
esposti  al  pubblico  io  giorni  innanzi  al  giudizio  del  concorso 


VARIETÀ  331 

e  io  giorni  dopo  l'approvazione,  da  parte  del  Ministero 
del  Tesoro,  del  giudizio  dato  dalla  Commissione,  con  la  even- 
tuale designazione  dei  vincitori  del  concorso  stesso;  dopo  il 
qual  termine  i  modelli  non  premiati  potranno  essere  ritirati 
dagli  artisti  che  ne  facciano  richiesta. 

Art.  16. 

I  modelli  premiati  resteranno  in  proprietà  dello  Stato, 
il  quale  non  assume  alcun  vincolo  di  adottarli  per  la  mo- 
netazione. 

Quando  però  il  modello  premiato  sia  adottato  per  la 
monetazione,  l'artista  prescelto  avrà  facoltà  di  assistenza  ai 
primi  saggi  della  coniazione. 

Roma,  addì  ij  aprile  ipoj. 

Il  Ministro 
C  ARCANO. 

Concorso  al  posto  di  incisore  presso  la  R.  Zecca 
in  Roma.  —  In  data  del  26  corr.  giugno,  il  Ministro  del 
Tesoro,  sentita  la  Commissione  tecnico-artistica  monetaria, 
ha  disposto  quanto  segue  : 

È  aperto  un  concorso  al  posto  di  incisore  presso  la  R.  Zecca  in 
Roma,  cui  è  annesso  lo  stipendio  annuo  di  L.  4500,  aumentabile  dei 
due  decimi  sessennali  a  norma  delle  vigenti  disposizioni. 

L'Amministrazione  si  riserva  di  concedere  all'incisore  speciali  com- 
pensi di  carattere  straordinario  per  nuovi  tipi  o  lavori  di  peculiare  im- 
portanza. 

Possono  prender  parte  al  concorso  tutti  gli  artisti  italiani. 

Ciascun  concorrente  dovrà  presentare  i  modelli  in  gesso  del  dia- 
metro di  centim.  25,  per  una  moneta  del  diametro  del  pezzo  da  venti  lire 
in  oro  (mm.  21)  e  per  una  medaglia  del  diametro  di  70  millimetri. 

I  modelli  per  la  moneta  dovranno  contenere  :  al  diritto  l'effigie  di 
S.  M.  il  Re,  al  rovescio  la  leggenda  :  "  Regno  d' Italia  -  20  lire  -  „  ; 
quelli  per  la  medaglia,  al  diritto,  un'allegoria  rappresentante  la  terza 
Italia,  e  al  rovescio,  un  motivo  decorativo  e  una  leggenda. 

I  modelli  saranno  contrassegnati  da  un  motto,  ripetuto  sopra  un 
piego  sigillato,  contenente  i  seguenti  documenti: 

a)  Domanda  del  concorrente  su  carta  da  bollo  da  L.  1,20  per  la 
ammissione  al  concorso,  con  indicazione  del  suo  domicilio  ; 

b)  Certificato  di  nascita; 

43 


332 


VARIETÀ 


c)  Certificato  penale  di  data  non  anteriore  a  tre  mesi  dalla  data 
del  presente  avviso; 

d)  Certificato  di  buona  condotta. 

In  detto  piego  saranno  inclusi  i  lavori  di  medaglistica  che  even- 
tualmente il  concorrente  avesse  eseguito  in  precedenza  e  gli  altri  titoli 
o  documenti  che  credesse  di  presentare. 

Giudicherà  il  concorso  una  Commissione  di  5  membri,  da  scegliersi 
fra  i  componenti  della  Commissione  tecnico-artistica  monetaria  nomi- 
nata col  Reale  Decreto  29  gennaio  1905. 

La  Commissione  giudicatrice  prenderà  in  esame  i  lavori  presentati 
dai  vari  concorrenti,  ed  indicherà  quello  o  quelli  che  sieno  più  meri- 
tevoli sotto  l'aspetto  tecnico  ed  artistico. 

Il  concorrente  od  i  concorrenti,  i  cui  lavori  siano  stati  giudicati  più 
meritevoli  sotto  l'aspetto  tecnico  ed  artistico,  dovranno  poi  eseguire 
una  prova,  sia  di  estemporanea  modellazione,  sia  di  incisione  in  acciaio, 
su  tema  che  sarà  determinato  dalla  Commissione  giudicatrice  ed  alle 
condizioni  che  verranno  da  essa  stabilite. 

Esaminati  i  titoli  allegati  alla  domanda  dei  concorrenti  e  i  risultati 
delle  prove  di  cui  sopra,  la  anzidetta  Commissione  pronuncierà  il  suo 
definitivo  giudizio  circa  il  conferimento  del  posto  messo  a  concorso;  e, 
se  lo  ritenga  conveniente,  potrà  eventualmente  deliberare  l'assegnazione 
di  due  premi,  uno  di  1500  e  l'altro  di  1000  lire  tra  i  concorrenti  ammessi 
alle  suddette  prove. 

I  modelli  presentati  e  le  prove  eseguite  da  ciascun  concorrente 
verranno  esposti  al  pubblico  per  dieci  giorni  dopo  l'approvazione,  da 
parte  del  Ministro  del  Tesoro,  del  giudizio  dato  dalla  Commissione,  con 
la  eventuale  designazione  del  vincitore  del  concorso  stesso  e  della  as- 
segnazione dei  premi;  trascorso  il  detto  termine,  i  modelli  non  pre- 
miati potranno  essere  ritirati  dagli  artisti  che  ne  facciano  richiesta. 

I  modelli,  di  cui  sopra,  dovranno  essere  consegnati,  completi  e  li- 
beri da  qualunque  spesa,  non  più  tardi  del  30  novembre  1905,  alla 
Direzione  Generale  del  Tesoro,  che  ne  rilascerà  ricevuta  ed  avrà  la 
maggior  cura  per  la  conservazione  di  essi,  non  restando  però  respon- 
sabile per  i  danni  eventuali. 

II  vincitore  del  concorso  sarà  nominato  incisore  della  R.  Zecca  a 
titolo  di  esperimento,  la  cui  durata  sarà  di  un  biennio,  trascorso  il 
quale,  e  sempre  che  l'esperimento  sia  riconosciuto  favorevole,  potrà, 
sentito  il  parere  della  Commissione  tecnico-artistico  monetaria,  conse- 
guire la  nomina  definitiva. 

L' incisore  della  Zecca  ha  la  direzione  tecnica  dello  studio  di  inci- 
sione e  dipende  gerarchicamente  ed  amministrativamente  dal  Direttore 
dello  Stabilimento. 

Esso  è  tenuto  ad  eseguire  o  a  dirigere  l'esecuzione  di  tutti  i  lavori 
della  sua  arte,  occorrenti  all'Amministrazione,  sotto  la  osservanza  delle 
norme  e  disposizioni  di  servizio  vigenti  per  lo  Stabilimento. 

L'Amministrazione  avrà  sempre  la  facoltà  di  rivolgersi  anche  ad 
altri  artisti  per  nuovi  modelli  o  lavori  occorrenti  alla  Zecca. 


VARIETÀ  333 

La  Legge  sull'Esportazione  degli  oggetti  d'Arte  e 
d'Antichità.  —  Nel  fascicolo  precedente  di  questa  Rivista 
abbiamo  pubblicato  il  nome  di  259  numismatici  italiani  i 
quali  hanno  dato  la  loro  piena  e  incondizionata  adesione  al 
Memoriale  presentato  dalla  Società  Numismatica  Italiana  al 
Ministro  della  P.  L,  allo  scopo  di  ottenere  una  modificazione 
alla  Legge  e  specialmente  al  Regolamento  sull'Esportazione 
degli  oggetti  d'arte  e  d'antichità,  escludendo  da  questo  di- 
vieto le  monete. 

A  quei  nomi  siamo  lieti  di  poter  aggiungerne  alcuni 
altri,  giunti  in  ritardo  e  che  non  fummo  in  tempo  di  intro- 
durre in  quella  prima  lista.  Eccoli  : 

Albini  dott.  Ezio  —  FiloUrano  (Ancona). 

Canale  Parola  prof.  Ercole  Ispett.  Scavi  e   Monumenti  —  Caserta. 

Caputo  cav.  Filippo  —  Spinoso  (Basilicata). 

Casati  avv.  Carlo  —  Roma. 

Concina  conte  Corrado  (de)  —  San  Daniele  del  Friuli. 

Dalla-Cà  Alessandro  —  Schio. 

Della  Nave  Nello  —  Pisa. 

Di  Palma  prof.  Francesco  —  5.  Elia  a  Pianisi  (Campobasso). 

Dotti  Enrico  —  Milano. 

Ferraro  mons.  Salvatore  —  Gaeta. 

Fratini  dott.  Tomaso  —  Mandano  (Grosseto). 

Galli  sac.  Stanislao  —  Cerea  (Verona). 

Gambassini  Agostino  —  Milano. 

Gilli  prof.  Serse  Alessio  —  Roma. 

Grasselli  prof.  sac.  Luigi  —  Milano. 

Mandruzzato  comm.  avv.  Giambattista  —   Treviso. 

Mariani  cav.  dott.  Ugo  —  Pescia. 

Martini  Napoleone  —  Castel  d'Ario. 

Mondini  Giuseppe  —  Como. 

Nicolai  Adolfo  —  Roma. 

Nicolai  Francesco  —  Roma. 

Ottani  Carlo  —  Omegna  (Lago  d'Orla). 

Pasi  avv.  Adolfo  —  Bologna. 

Pegrassi  prof.  Angelo  —   Trento. 

Polidori  Orazio  —  Roma. 

Renier  avv.  comm.  Ignazio  —  Udine. 

Trombetta  cav.  uff.  Carmelo  —  Messina. 


334  VARIETÀ 

Mentre  fervono  le  trattative  a  questo  proposito,  parecchi 
periodici  esteri  si  sono  occupati  della  iniziativa  della  nostra 
Società,  facendo  voti  perchè  essa  ottenga  il  desiderato  scopo. 
Dall'Estero  poi,  e  specialmente  dalla  Francia,  ci  giunsero 
numerose  adesioni,  e  fra  di  esse  notiamo  quelle  dei  più  au- 
torevoli ed  eminenti  numismatici. 

WF  P.  S.  —  All'ultimo  momento  ci  giunge  la  notizia  che 
la  Legge  27  giugno  1903  sulla  conservazione  dei  monumenti 
e  degli  oggetti  di  antichità  ed  arte,  rimarrà  in  vigore  per 
altri  diciotto  mesi,  cioè  sino  al  31  dicembre  1906. 


ATTI 

DELLA 

SOCIETÀ   NUMISMATICA   ITALIANA 


Seduta  del  Consiglio,  15  Giugno  1905. 
(Estratto  dai  Verbali). 

Il  Consiglio  è  radunato  alle  ore  14  74  nella  Sala  Sociale 
al  Castello  Sforzesco. 

I.  Dietro  proposta  dei  Vice-Presidenti,  Francesco  ed 
Ercole  Gnecchi,  sono  ammessi  quali  Soci  Corrispondenti  i 
signori  :  Dott.  George  Olcott  di  New  York ,  Pompeo  Monti 
di  Milano,  e  il  Cav.  Dott.  Carlo  Koeniger  di  Gardone  (Ri- 
viera). 

II.  Il  Segretario  A.  M.  Cornelio  dà  lettura  del  Bilancio 
Consuntivo  1904,  da  presentarsi  allAssemblea  Generale  dei 
Soci.  E  approvato  ad  unanimità. 

III.  Il  Vice-Presidente  Comm.  Francesco  Gnecchi,  legge 
la  Relazione  sull'andamento  morale  della  Società  durante  il 
1904,  che  è  approvata. 

IV.  Il  segretario  dà  in  seguito  partecipazione  dei  se- 
guenti doni  pervenuti  alla  Società  nei  mesi  di  aprile  e  maggio 
del  corrente  anno. 

Bordeaux  Paul  di  Neuilly. 
Le  sue  pubblicazioni  :  Les  ateliers  monétaires  de  Toulouse   et   de   Pa- 
miers  pendant  la  ligue.  Paris,  1905  (Estratto).  —  Jeton  franco-alle- 
mand   de   la   première   république   et   méreaux  mayencais  contre- 
marqués  de  1792  à  1814.  Bruxelles,  1905  (Estratto). 


336  ATTI   DELLA  SOCIETÀ   NUMISMATICA   ITALIANA 

Cerrato  Giacinto  di  Torino. 

La  sua  pubblicazione  :  Un  mezzo  testone  di  Carlo  II  per  Nizza.  Milano, 
1905  (Estratto). 


Dessi  Cav.  Vincenzo  di  Sassari. 

La  sua  pubblicazione  :  Ricerche  sull'origine  dello  Stemma   di   Sassari  e 
sugli  stemmi  dei  Giudicati  Sardi.  Sassari,  1905. 


Qnecchl  Cav.  Uff.  Ercole. 
N.  17  Cataloghi  di  Vendite  monete,  Estratti,  Operette  numismatiche. 

Qnecchi  Comm.  Francesco. 

N.  80  falsificazioni  romane  in  bronzo  ;   35  monete   romane   in  bronzo  ; 
18  monete  greche  in  br.  ;  40  pesi  monetali  in  ottone. 

Jona  Prof.  Salomone. 

La  sua  pubblicazione  :   Due    amuleti    del   Museo  Civico  Modenese.  SaS' 
sari,  1905. 

Stucchi  Ing.  Cesare. 
Blocco  di  monete  di  bronzo. 


Alle  ore  14  8/4 ,  esaurito  l'Ordine  del    giorno,  la  seduta 
è  levata. 


ATTI   DELLA   SOCIETÀ   NUMISMATICA   ITALIANA  337 


Assemblea  Generale  dei  Soci  15  Giugno  1905 
(Estratto  dai  Verbali). 

L'Assemblea  è  convocata  per  le  ore  15  nella  Sede  del 
Castello.  Sono  presenti  i  due  Vice-Presidenti  Francesco  ed 
Ercole  Gnecchi,  quattro  membri  del  Consiglio  e  parecchi  Soci. 

Approvato  il  Verbale  dellAssemblea  precedente,  il  Vice- 
Presidente  Comm.  Francesco  Gnecchi  dà  lettura  della  se- 
guente Relazione  : 

Egregi  Colleghi, 

La  nostra  Società  è  entrata  nel  suo  quattordicesimo  anno 
di  vita.  Forse,  a  giudizio  di  taluni,  il  suo  sviluppo,  la  sua 
azione,  le  sue  risorse  avrebbero  dovuto  a  quest'ora  essere 
ben  maggiori.  Noi  però,  nel  fondarla,  avendo  sott'occhio 
l'esempio  di  altre  società  consorelle,  eravamo  ben  lontani 
dal  nutrire  delle  grandi  aspirazioni  ;  nostro  solo  scopo  era 
quello  di  formare  il  nucleo,  intorno  al  quale  si  unissero,  si 
svilupassero  e  si  mantenessero  vive  e  feconde  tante  piccole 
iniziative,  che  prima  vivevano  sparse,  isolate,  senza  appoggio 
ed  incoraggiamento  ed  erano  perciò  probabilmente  destinate 
a  sparire  senza  alcun  risultato  efficace. 

Ora  questo  intento,  per  quanto  modesto,  ci  pare  sia 
stato  raggiunto.  La  fondazione  della  Società  ha  giovato  non 
poco  a  far  conoscere  e  riunire  fra  di  loro  gli  amatori  e  gli 
studiosi  di  numismatica  disseminati  per  tutta  Italia,  e  ad 
affiatarli  anche  coi  colleghi  dell'estero.  Molti,  che  si  potevano 
chiamare  raccoglitori  di  nome,  lo  divennero  di  fatto.  Vecchie 
Collezioni  da  tempo  dimenticate  furono  riordinate  e  conti- 
nuate ;  se  ne  iniziarono  di  nuove  e  ne  sorgono  ogni  giorno. 
La  Rivista  intanto  creava  nuovi  scrittori,  e  molti,  che  forse 
senza  questa  opportunità,  non  avrebbero  mai  fatto  noto  ai 
colleghi  il  risultato  dei  loro  studii,  e  forse  non  avrebbero 
neppure  studiato,  ne  approfittarono  in  modo  tale  da  alimen- 


338 


ATTI    DELLA   SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 


tare  non  solo  la  nostra  Rivista,  ma  anche  altre  due  minori, 
dedicate  esclusivamente  alla  numismatica.  Ciò  non  sarebbe 
stato  assolutamente  possibile  una  quindicina  d'anni  fa. 

Ma  se,  al  pari  degli  anni  scorsi,  abbiamo  la  soddisfazione 
di  constatare  il  lento  ma  continuo  progresso  morale  del  no- 
stro Sodalizio,  pur  troppo  dobbiamo  anche  ripetere  la  do- 
lorosa nota  per  quanto  riguarda  la  parte  materiale  o  diremo 
finanziaria,  la  quale  non  accenna  peranco  a  risorgere.  Sta 
bene  che  ci  siano  le  ragioni  che  spiegano  tale  malessere, 
come  ora  vedremo  ;  ma  sarebbe  ben  desiderabile  vedere 
una  volta  la  nostra  Società  stabilita  su  più  solide  basi. 

Soci  —  Abbonati  alla  Rivista  —  Collezioni  Sociali. 

Alla  fine  dello  scorso  anno  1904,  la  Società  contava 
54  Soci  effettivi  e  62  Corrispondenti.  Gli  abbonati  alla  Rivista 
sommavano  a  142;  in  complesso,  un  piccolo  aumento  sul 
numero  dell'anno  precedente. 

Le  Collezioni  Sociali  di  libri  e  di  monete  vanno  del  pari 
aumentando,  grazie  alla  generosità  dei  nostri  Soci.  La  Bi- 
blioteca contiene  ora: 

Volumi      .... 
Opuscoli    .... 

Il  Medagliere  è  così  costituito  : 

f  Oro     . 
)  Argento 

Bronzo 

Vetro . 
(  Argento 
Medaglie  \  Bronzo 

(  Metalli  diversi 

Piombi  .... 

Totale  pezzi  N.  7620 


Monete 


l 

ì.       602 

„   1228 

.    N. 

13 

» 

680 

» 

5862 

» 

448 

» 

20 

» 

336 

n 

IOO 

'         » 

l6l 

Giova  però  tener  conto  che  in  tale  computo  sono  com- 
presi i  duplicati  e  le  monete  di  scarto  ;  quindi  il  numero 
vero  della  Collezione  scemerà  di  molto,  quando  il  suo  ordì- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA  339 

namento,  che  fu  ritardato  per  la   deficienza   dei    medaglieri, 
sarà  completato. 

Una  nuova  serie  che  abbiamo  creduto  di  aggiungere 
quest'anno  alle  nostre  Collezioni  e  che,  fra  qualche  tempo, 
potrà  raggiungere  una  certa  importanza,  senza  alcun  aggravio 
per  la  Società,  è  quella  degli  Autografi  di  Numismatici.  I 
vostri  Vice-Presidenti  offrono  oggi  stesso  il  primo  nucleo  di 
tale  raccolta  con  una  serie  di  200  autografi  di  numismatici 
antichi  e  moderni,  e  intanto  approfittiamo  dell'occasione  del- 
l'odierna Assemblea  per  raccomandare  caldamente  a  tutti  i 
nostri  Soci  di  voler  contribuire  all'incremento  di  questa  col- 
lezione ora  iniziata. 

La  Rivista. 

Anche  nel  1904,  come  nell'anno  precedente,  nessuna 
opera  di  mole  in  fatto  di  numismatica  apparve  in  Italia.  Quelle 
che  già  abbiamo  segnalate  nella  precedente  Relazione,  vanno 
maturando,  e  una  almeno  sarà  pronta  nel  corrente  1905  ; 
qualche  altra  si  sta  incominciando  ;  ma  frattanto  tutta  la  no- 
stra produzione  numismatica,  la  quale  non  fu  certo  sterile, 
non  ebbe  altra  esplicazione  all'  infuori  di  quella  dei  Periodici. 
La  nostra  Rivista  non  sofferse  mai  difetto  di  materia  e  diede 
il  suo  volume,  come  del  resto  ormai  è  entrato  nell'abitudine, 
con  oltre  cento  pagine  in  più  di  quanto  sarebbe  suo  obbligo 
di  dare  ;  e  se  gli  occhi  paterni  non  ci  fanno  velo  al  vero,  ci 
pare  che  anche  riguardo  alla  distribuzione  della  materia,  si 
sia  mantenuto  i)  dovuto  equilibrio,  per  accontentare  le  varie 
tendenze  dei  nostri  Soci  ed  Abbonati,  non  esclusi  neppure 
quelli  che  non  si  occupano  della  numismatica  propriamente 
detta,  ma  piuttosto  delle  scienze  affini. 

La  Legge 
sull'esportazione  degli  oggetti  d'arte  e  d'antichità. 

Il  vostro  Consiglio,  in  seguito  alla  discussione  avvenuta 
nell'Assemblea  precedente  a  proposito  di  questa  Legge,  aveva 
la  via  tracciata,  e  la  seguì.  Esso  presentò  al  Ministro  della 
P.  I.  un  Memoriale  in  cui  si  esponevano  i  gravi  inconvenienti 
derivanti  dall'infausta  legge  e  dal  più  infausto  Regolamento 

44 


340  ATTI   DELLA    SOCIETÀ   NUMISMATICA    ITALIANA 

riguardo  l'esportazione  delle  monete,  e  lo  presentò  corredato 
da  poco  meno  di  trecento  firme,  nelle  quali  era  compreso 
pressoché  tutto  il  fiore  di  quanto  v'ha  in  Italia  di  più  noto 
e  di  più  cospicuo  fra  le  persone  che  si  dedicano  a  raccolte 
e  a  studii  di  numismatica. 

Quella  lista  avrebbe  potuto  essere  molto  più  lunga,  se 
buon  numero  di  persone  non  ci  avessero  confessato  che,  pure 
essendo  totalmente  del  nostro  parere,  non  si  sentivano  il  co- 
raggio di  apporre  la  propria  firma  a  quel  Memoriale,  perchè 
legati  da  qualche  incarico  governativo  e  dipendenti  dallo 
Stato.  Ora  ci  resta  a  vedere  in  qual  conto  sarà  tenuto  questo 
plebiscito  dei  numismatici  italiani. 

La  Commissione 
per  la  coniazione  delle  nuove  monete. 

Finalmente  fu  sentito  in  Italia  il  bisogno  di  migliorare 
le  nostre  monete,  e  questo  giusto  desiderio  provocò  la  no- 
mina di  una  Commissione,  della  quale  vennero  chiamati  a 
far  parte  quattro  membri  della  nostra  Società.  Come  abbiamo 
informati  i  lettori  della  Rivista,  quella  Commissione  dapprima 
non  era  che  provvisoria;  ma  venne  poi  convertita  in  Com- 
missione permanente.  Si  radunò  lo  scorso  inverno  per  la 
prima  volta,  e  a  giorni  sarà  nuovamente  convocata.  Venne 
dapprima  bandito  un  concorso  per  alcuni  tagli  di  monete. 
Ora  si  tratta  di  bandire  due  altri  concorsi  ;  uno  pel  posto  di 
incisore  presso  la  R.  Zecca,  l'altro  per  un  nuovo  tipo  di  bi- 
glietti di  Stato  da  L.  io,  da  L.  5.  E  giacché  alle  monete  me- 
talliche vennero  aggiunte  anche  le  cartacee,  sarebbe  forse 
desiderabile  che  alla  medesima  Commissione  numismatica- 
tecnica-artistica  venisse  pure  dato  l'incarico  di  aprire  un  con- 
corso anche  per  una  nuova  emissione  di  francobolli  o  in  ogni 
modo  di  trovare  i  mezzi  atti  a  migliorare  anche  questi  pic- 
coli e  pure  interessantissimi  rappresentanti  di  valori  i  quali 
coi  biglietti  di  banca  hanno  una  certa  relazione. 

Non  è  giusto  che  questa  nostra  Italia,  la  quale  fu  già 
maestra  al  mondo  per  tutto  quanto  ha  attinenza  all'arte, 
debba  ora  restare  alla  coda  delle  nazioni  civili.  E  se  il  giorno 
del  risorgimento  è  venuto,  lo  si  esplichi  coraggiosamente  in 
tutte  le  diverse  manifestazioni. 


atti  della  società  numismatica  italiana  34i 

Bilancio. 

Ed  ora  veniamo  al  Bilancio  Consuntivo  1904  della  nostra 
Società,  che  sottoponiamo  alla  vostra  approvazione: 

Rimanenze  attive  del  1903. 

In  Cassa L.     133  io 

Quote  da  riscuotere »      120  — 

L.     253  io 

Entrate  dell'anno  1904. 

Quote  di  Soci  e  di  Abbonati  alla  Rivista     L.  4240  — 

Elargiz.*5  del  Conte  Comm.  N.  Papadopoli      »      500  — 

»        dei   Fratelli    F.   e  E.  Gnecchi    .      »      500  — 

L.  5240  — 

Rimanenze  passive. 
Anticipazioni  quote  di  Soci  ed  Abbonati  pel  1905.    .    L.     180  — 

L.  5673  io 

Rimanenze  passive  del  1903. 
Anticipazioni  quote  di  Soci  ed  Abbonati  pel  1904.     .     L.     190  — 

Spese  del  1904. 

Stampa  della  Rivista  ed  accessori    .     .     .     L.  4300  — 

Fotoincisioni  ed  eliotipie »      653  — 

Affitto  locale  nel  Castello  Sforzesco     .     .      »      250  — 

Al  Custode  dell'Ufficio »      100  — 

Spese  di  Segreteria »      100  — 

Spese  postali >        17  — 

L.  5420  — 

Rimanenze  attive  al  31  dicembre  1904. 

In  Cassa L.      23  io 

Quote  da  riscuotere »        40  — 

L.      63  io 

L.  5673  io 


342  atti  della  società  numismatica  italiana 

Dimostrazione. 

Attività  in  principio  di  esercizio .     .     .     .    L.    253  io 

Passività »      190  — 

L.      63  io 

Attività  in  fine  di  esercizio L.      63  io 

Passività ■      180  — 

L.     116  90 

Diminuzione  di  Patrimonio        L.     180  — 

Rendite  dell'anno L.  5240  — 

Spese »    5420  — 

Disavanzo  L.     180  — 


//  Segretario  Tesoriere:  Angelo  Maria  Cornelio. 


Come  si  ricava  da  questa  breve  esposizione,  il  pareggio 
che  si  era  faticosamente  raggiunto  nel  Bilancio  dell'anno 
precedente,  fu,  in  quello  del  1904,  nuovamente  turbato  da 
un  aumento  di  spesa,  e  si  ebbe  un  deficit  di  L.  180.  Questo  è 
unicamente  dovuto  al  costo  della  Rivista  la  quale,  per  impegni 
assunti  cogli  Autori,  ha  dato  a  suoi  soci  ed  abbonati  un'an- 
nata di  624  pagine  con  15  tavole,  raggiungendo  la  spesa  di 
L.  4953,  superiore  di  L.  550  a  quella  dell'annata  precedente. 
Il  piccolo  aumento  di  abbonati  non  ha  compensato  che  in 
minima  parte  il  sensibile  aumento  di  spesa. 

A  colmare  il  disavanzo  straordinario  e  quello  ordinario 
che  finora  trovò  chi  lo  coperse,  ma  che  potrebbe  da  un  mo- 
mento all'altro  rimanere  scoperto,  occorrerebbe  o  un  cen- 
tinaio d'abbonati  di  più,  o  qualche  risorsa  affatto  straordinaria 
come  piovve  dal  cielo  a  una  Rivista  consorella....  ma  dei  due 
rimedii  pur  troppo  non  vediamo  molto  vicina  la  probabilità. 

La  Relazione  morale  e  finanziaria  1904  è  approvata. 

Il  Socio,  Cav.  Avv.  Emilio  Seletti,  anche  a  nome  di 
altri  Soci,  propone  all'Assemblea  una  modificazione  allo 
Statuto,  nel  senso  che,  dato  il  caso  di  scioglimento  della 
Società,   si  stabilisca   una    destinazione   fissa   da   dare   alle 


ATTI    DELLA   SOCIETÀ   NUMISMATICA  ITALIANA  343 

Collezioni  e  a  tutti  gli  enti  che  formano  il  patrimonio  Sociale. 
La  proposta  è  accolta  favorevolmente,  ma  non  essendo  al- 
l'ordine del  giorno,  si  delibera  di  farne  oggetto  della  prima 
Assemblea. 

Si  passa  da  ultimo  alla  nomina  di  tre  Membri  del  Con- 
siglio, in  sostituzione  dei  signori:  Comm.  Francesco  Gnecchi, 
Ing.  Emilio  Motta,  Marchese  Carlo  Ermes  Visconti,  scadenti 
per  anzianità.  Fatta  la  votazione,  i  tre  Consiglieri  uscenti 
riescono  rieletti  a  grande  maggioranza. 

Vengono  pure  riconfermate  per  acclamazione  le  cariche 
sociali  in  corso  pel  1906. 

Alle  ore  16  V„  esaurito  l'Ordine  del  Giorno,  i  Vice-Pre- 
sidenti dichiarano  sciolta  l'adunanza. 


ATTI   DELLA   SOCIETÀ    NUMISMATICA   ITALIANA  345 


SOCIETÀ   NUMISMATICA    ITALIANA 

Presidente  Onorario  : 
S.  M.  Vittorio  Emanuele  III,  Re  d'Italia. 

Presidente  Effettivo: 
Conte  Comm.  Nicolò  Papadopoli,  Senatore  del  Regno. 

Vice- Presidenti  : 

Comm.  Francesco  Gnecchi. 
Cav.  Uff.   Ercole  Gnecchi. 

Consiglieri  : 

Ambrosoli  Dott.  Cav.  Solone  {Bibliotecario). 

Gavazzi  Cav.  Giuseppe. 

Motta  Ing.  Emilio. 

Ricci  Prof.  Dott.  Serafino  {Vice- Bibliotecario). 

Ruggero  Magg.  Gen.  Comm.  Giuseppe. 

Visconti  March.  Cav.  Carlo  Ermes. 

Angelo  Maria  Cornelio,  Segretario. 


Finito  di  stampare  il  30  Giugno  1905. 

Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


FASCICOLO  III. 


APPUNTI 


DI 


NUMISMATICA     ROMANA 


LXX. 
LE  PERSONIFICAZIONI  ALLEGORICHE 

SULLE    MONETE   IMPERIALI  M. 

(Vedi  Tavole  XIIa  a  XVIIa). 

Fra  le  caratteristiche  della  monetazione  romana, 
per  le  quali  essa  si  distingue  da  qualunque  altra, 
una  delle  più  notevoli  è  la  personificazione  di  quelle 
Deità,  come  la  Pace,  l'Abbondanza,  la  Salute,  alle 
quali,  benché  non  avessero  la  propria  sede  nell'Olimpo, 
i  romani  dedicavano  un  culto,  e  avevano  eretto  templi 
ed  altari  in  Roma  e  nelle  altre  città  dell'  impero. 

Gli  Dei  e  gli  Eroi  furono  dapprima  rappresen- 
tati sulle  monete  greche,  e  da  queste  passarono  alle 
romane  ;  ma  la  Personificazione  delle  Deità  astratte 
è  una  innovazione  tutta  romana,  che  ebbe  poi  qualche 
rara  imitazione  in  alcuna  delle  serie  monetarie  me- 
dioevali. 

Ognuna  di  queste  Deità  è  rappresentata  in  uno 
o  più  modi  ;  ed  è  naturale  supporre  che  le  raffigu- 
razioni offerteci  dalle  monete  non  siano  che  la  ripro- 
duzione delle  statue  loro  erette.  Fatto  sta  che  i  tipi 
una  volta  stabiliti,  continuano  costanti  e  inalterati, 
salve  le  variazioni  dovute  al  variare  dell'arte  nel 
corso  dei  secoli  ;  e  gli  attributi  proprii  di  ciascuna, 


(i)  Di  questa  Memoria  venne  letto  un  sunto  al  Congresso  interna- 
zionale di  scienze  storiche  tenutosi  in  Roma  nell'aprile  1903. 


350  FRANCESCO   GNECCHI 


quantunque  alle  volte  molto  numerosi,  sono  scrupo- 
losamente conservati.  Iniziate  nei  primissimi  anni 
dell'  impero,  e  talune  anche  all'epoca  repubblicana, 
durano  fino  al  tempo  di  Costantino,  dopo  il  quale, 
i  costumi  e  gli  usi  mutati,  la  nuova  religione  uffi- 
cialmente introdotta  nel  mondo  romano,  il  decadi- 
mento dell'arte  ed  altre  cause  minori  fecero  sì  che 
a  poco  a  poco  si  andarono  modificando  e  infine  si 
perdettero  totalmente,  come  si  perdettero  sulle  mo- 
nete i  numerosi  altri  tipi  antichi,  per  dar  posto  agli 
scarsi  e  scialbi  tipi  bizantini,  segnanti  la  decadenza 
artistica,  morale  e  politica  dell'  impero. 


Le  Personificazioni  sulle  monete  sono  quasi 
sempre  accompagnate  dalla  relativa  leggenda  ;  tal- 
volta però  questa  manca,  oppure  ve  n'è  sostituita 
un'altra  che  non  è  se  non  l'indicazione  d'una  data, 
in  continuazione  alla  leggenda  del  dritto,  o,  in  altro 
modo,  vi  è  affatto  estranea.  Così  per  es.  su  moltis- 
sime monete  di  Trajano  troviamo  le  diverse  Perso- 
nificazioni, la  Pace,  la  Vittoria,  la  Sicurezza,  la  Sa- 
lute, ecc.,  invariabilmente  accompagnate  dalla  leg- 
genda così  comune  nelle  monete  di  quell'imperatore: 
SPQR  OPTIMO  PRINCIPI,  e  su  monete  d'oro,  d'argento 
o  di  bronzo  di  molti  imperatori,  le  medesime  non 
portano  che  leggende  come  :  COS  III,  oppure  P  M  TR 
P  COS  II  o  MI  o  IV,  oppure  TR  P  IMP  V,  VI  o  VII, 
COS  V  P  P  o  simili.  Le  Personificazioni  però,  mal- 
grado la  mancanza  della  relativa  leggenda,  sono 
sempre  facilmente  riconoscibili  dal  loro  tipo,  dall'at- 
teggiamento, dall'abbigliamento  e  dai  simboli. 

V'ha  un  solo  caso  in  cui  chi  non  ha  grande 
pratica  può  essere  indotto  in  errore  ed  è  quello  in 
cui  —  è  opportuno  notarlo  qui  una  volta  per  tutte  — 
la  leggenda  accenna  bensì    a    una    Personificazione, 


LE    PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE  SULLE   MONETE   IMPERIALI      35I 

ma  non  corrispondente  a  quella  che  vi  è  rappre- 
sentata. Ciò  non  avviene  mai  ai  bei  tempi  dell'  im- 
pero, è  sempre  eccezionale  anche  in  epoca  più  inol- 
trata ;  ma  avviene  con  abbastanza  frequenza  nei 
tempi  barbari  e  nelle  zecche  più  eccentriche.  Spe- 
cialmente sotto  i  tiranni  non  è  raro  di  trovare  ad 
esempio  la  leggenda  FORTVNA  col  tipo  della  Salute, 
SALVS  col  tipo  della  Vittoria,  della  Pace  o  altre  si- 
mili sconcordanze.  Gli  è  perciò  che  le  monete  dei 
Tiranni  e  specialmente  quelle  di  Carausio  e  dei  Te- 
trici  non  possono  far  testo  in  argomento.  Vanno 
considerate  semplicemente  come  errori  barbarici  ed 
io  non  ne  tengo  nessun  conto  nella  presente  me- 
moria, bastandomi  avere  accennato  il  fatto. 


Non  è  raro  il  caso  in  cui  la  Personificazione 
venga  sostituita  da  un  semplice  simbolo.  Così  un 
antoniniano  di  Caro  colla  leggenda  ABVNDANTIA  rap- 
presenta una  galera  e  l'allusione  è  abbastanza  evi- 
dente ;  in  altro  antoniniano  di  Tetrico,  colla  medesima 
leggenda  ABVNDANTIA,  sono  rappresentati  gli  istro- 
menti  da  sacrificio,  a  significare  probabilmente  un  sa- 
crificio per  rendimento  di  grazie  alla  divinità  per 
l'accordata  abbondanza.  PIETAS  è  pure  rappresentata 
talora  da  un  tempio  o  dagli  istromenti  da  sacrificio, 
VICTORIA  da  un  trofeo  e  così  via. 

Tali  esempi  sono  frequenti  in  tutti  i  tempi,  ne 
sono  difficili  da  interpretarsi. 


Dal  principio  dell'impero  fino  a  Costantino  sono 
120  i  nomi  di  imperatori,  cesari,  augusti  o  auguste 
che  adottarono  sulle  loro  monete  Personificazioni  alle- 
goriche, e  queste  salgono  al  numero  di  quaranta;  ma, 
mentre  v'hanno  principi  che  ne  adottarono  una  sola, 


352  FRANCESCO    GNECCHI 


v'  ha  chi  ne  adottò  fino  a  trenta,  e  così,  mentre  v'hanno 
personificazioni  che  figurano  sotto  un  solo  principe, 
altre  si  ripetono  fin  sotto  a  ottanta  principi  diversi. 

L'ordine  dei  principi  che  adottarono  Personifi- 
cazioni sulle  loro  monete  è  il  seguente  :  Concordia 
ebbe  80  principi  che  l'adottarono,  Victoria  77,  Feli- 
citas  66,  Pax  64,  Pietas  61,  Providentia  58,  Aequitas 
e  Salus  55,  Virtus  54,  Fides  e  Securitas  53,  Fortuna 
51,  Spes  40,  Moneta  38,  Aeternitas  36,  Laetitia  e  Li- 
beralitas  31,  Annona  e  Libertas  28,  Genius  24,  Abun- 
dantia  23,  Uberitas  e  Pudici tia  20,  Hilaritas  17, 
Clementia  e  Indulgentia  15,  Fecunditas  13,  Iustitia  ti, 
Bonus  Eventus  io,  Nobilitas  e  Perpetuitas  7,  Claritas 
6,  Honos,  Juventus  e  £)z«£s  5,  Munificentia  e  7raw- 
quillitas  4,  Caritas  e  0/>s  2,  Patientia  1. 

L'ordine  delle  Personificazioni  adottate  da  cia- 
scun principe  è  il  seguente:  Antonino  Pio  ne  adottò  30, 
Gallieno  e  Adriano  27,  Settimio  Severo  25,  Com- 
modo e  Caracalla  24,  Claudio  Gotico  23,  Marc'Aurelio, 
Alessandro  Severo,  Diocleziano  22,  Elagabalo  21, 
Tetrico  padre  20,  Carino  e  Massimiano  Erculeo  19, 
Trajano,  Gordiano  Pio,  Treboniano  Gallo,  Valeriano, 
Postumo,  Probo,  Carausio  18,  Vespasiano,  Volusiano, 
Vittorino,  Quintillo,  Tacito,  e  Galerio  Massimiano  17, 
Giulia  Domna,  Geta,  Filippo  padre,  Salonina,  Floriano, 
Caro  e  Costanzo  Cloro  16,  Galba,  Trajano,  Decio 
e  Costantino  M.  15,  Tito,  Domiziano  e  Tetrico  figlio  14, 
Pescennio,  Albino,  Aureliano  e  Alletto  13,  Vitellio, 
Faustina  juniore  e  Numeriano  12,  Giulia  Mammea  11, 
Nerva,  Lucio  Vero,  Macrino,  Massimino,  Filippo  fi- 
glio e  Ostiliano  io,  Faustina  seniore,  Erennio  Etrusco 
e  Massimino  Daza  9,  Lucilla,  Giulia  Mesa,  Otacilla, 
Etruscilla,  Emiliano  e  Salonino  8,  Nerone,  Elio,  Per- 
tinace, Balbino,  Massenzio  e  Licinio  figlio  7,  Cri- 
spina,  Pacaziano,  Macriano,  Mario,  Severo  II  e  Li- 
cinio   padre    6,    Gordiano  I,    Gordiano  II,    Pupieno, 


LE    PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI      353 

Quieto  ed  Elena  5,  Sabina,  Giulia  Soemiade,  Giulia 
Paola,  Valeriano  figlio,  Leliano,  Vaballato  e  Magna 
Urbica  4,  Augusto,  Livia,  Claudio,  Ottone,  Domitilla, 
Plautilla,  Aquillia  Severa,  Tranquillina,  Regaliano, 
Severina  e  Giuliano  II  3,  M.  Antonio,  Giulia  di  Tito, 
Didio  Giuliano,  Didia  Clara,  Plotina,  Diadumeniano, 
Orbiana,  Dom.  Domiziano  e  Teodora  2,  Pompeo, 
Bruto,  Tiberio,  Caligola ,  Nerone ,  Druso ,  Domizia, 
Matidia,  Manlia  Scantilla,  Annia  Faustina,  Massimo, 
Jotapiano,  Cornelia  Supera,  Mariniana  e  Saturnino  1. 


Tutto  ciò  risulterà  più  chiaramente  dal  prospetto 
sinottico  che  precede  1'  Elenco  delle  Personifica- 
zioni (0,  come  l'illustrazione  dei  tipi  avrà  il  suo  com- 
plemento nelle  tavole,  le  quali  riproducono  un  nu- 
mero più  che  sufficiente  di  monete  per  dare  una 
adeguata  idea  di  questa  specialità,  una  delle  più  ca- 
ratteristiche, certo  la  più  vasta  della  monetazione 
romana. 

Tutti  questi  dati  statistici  e  illustrativi  ho  pa- 
zientemente raccolto,  e  sottopongo  ai  colleghi,  per- 
chè mi  pare  che  lo  studio  di  essi,  il  ricercare 
l'origine  e  il  significato  contemporaneo  di  ogni  Per- 
sonificazione, l'osservare  come  e  con  quali  simboli 
ciascun  tipo  sia  raffigurato,  quale  imperatore  pel 
primo  l'abbia  adottato,  quali  e  quanti  altri  principi 
ne  abbiano  continuata  la  riproduzione,  mentre  altri 
la  esclusero,  siano  tutti  argomenti  che  possono  pre- 
sentare dell'  interesse,  offrendo  una  serie  di  problemi 
da  sciogliere  e  un  campo  aperto  per  ulteriori  inda- 
gini, sia  analitiche,  sia  generali. 


(1)  Superfluo  l'osservare  che  tale  prospetto,  compilato  sulle  monete 
attualmente  conosciute,  potrà  essere  in  seguito  ampliato,  di  mano  in 
mano  che  nuove  monete  verranno  in  luce.  Difatti  parecchie  aggiunte 
già  dovetti  farvi,  dopo  la  prima  edizione  di  due  anni  sono. 


354 

- 

Prospetto  sinottici 

.2 

a 
a 

TJ 

3 

3 

< 

in 

« 

"3 

cr 
<u 
< 

ir. 

co 

'5 
E 

V 

< 

co 

3 
O 
3 
3 

< 

in 
3 

3 
V 

> 

W 

3 
O 

m 

CO 

■M 

"E 

cO 

U 

m 

CO 

'C 
0 

.2 

3 

<U 

E 
<u 

0 

.2 
-3 

u 
0 
0 

3 
O 

U 

m 

co 

a 

3 

fa 

in 
co 

'a 
fa 

m 

V 

-0 
fa 

co 

3 
3 

u 
O 
fa 

in 

"3 

<U 
O 

(fi 

CO 

'u 
_co 

2 

in 

O 

3 
O 

E 

3 
U 

3 

C 

Vitellio 

• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

: 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

Vespasiano     .... 
Tito 

• 

Elio 

Antonino  Pio.     .     .     . 
Faustina  M.    .     . 
M.  Aurelio      .... 
Faustina  F.    . 
Lucio  Vero     .     . 

Commodo 

Crispina 

Pertinace   .    .    . 

• 
• 

D.  Clara     .... 
Albino    .     .     . 

• 

delle 

Personificazioni. 

355 

lusutia 
Iuventus 

re 

V 

re 
J 

in 

re 

"re 
u 

V 

£1 

J 

Uì 

re 

u 
£> 

re 

4; 

e 
0 

re 

fi 
<u 
0 

55 
e 

3 

re 

0 
z 

tn 

a 

0 

X 
re 

re 

C 

.a 

re 

a, 

re 

'3 

V 

a, 

V 

cu 

V. 

re 

z 

Cu 

re 

e 
y 

> 

0 
u 

CL, 

.2 

■5 

3 

CL, 

e/5 

cu 

a 
cr 

et 

m 

V 

'5 

Ti 

a 

re 
C/3 

(fi 

re 

3 
0 

<u 

m 

V 

Cu 
(fi 

(A 

re 

'3 
cr 
fi 
re 
u 
H 

(fi 
ce 
+■> 

°u 

0) 
■G 

P 

re 
'C 
0 
0 

> 

a 
u 

> 

• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 

• 

• 

• 

• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 

• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 

• 
• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 

• 

• 
• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

1 

T 

2 

3 
3 

T 

• 
• 
• 

• 
• 

I 
I 

3 

7 

15 

3 

T2 

*7 

3 

2 

H 
1 

IO 

18 
2 

1 
27 

4 

7 
30 

9 
22 
12 

IO 

.  .    . 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 

• 
• 
• 
• 

8 

24 

6 

7 

2 

2 

1 

13 

13 

25 

356 

FRANCESCO   GNECCHt 

.2 

e 
ca 

-o 

3 
3 

< 

•li 

ca 

'3 

< 

co 

co 

'2 

u 
ti 

< 

ca 

3 
O 

3 
3 

< 

w 

3 

3 
<U 
> 

W 

3 
O 

CO 

CS 

"u 
ca 
U 

co 

ca 

'ù 
ce 

0 

ca 

3 
V 

E 
<u 

0 

2 
•5 
u 

o 
o 
3 
O 

u 

CO 

ca 

'■5 
3 
3 
ci 
0 

V) 

ca 
"o 

13 

in 

Uh 

ca 

3 
3 

O 

CO 

a 

'E 
<u 
O 

to 

ca 

'(a 

ca 

Geta  .     .         .... 

• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 
• 
• 
• 

•  • 

• 
• 
• 
• 

• 
• 

• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

1    • 

• 
• 

• 

• 
• 

.   .     • 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

.... 

G    Paola 

Aless.  Severo     .    .    . 

• 
• 

::. 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 

• 
• 

■  • 
• 

• 

• 
• 

Trajano  Deciu    .     .     . 

• 
• 

Volusiano  .... 

.    .     .   . 

• 

• 
• 

Salonina 

• 

• 

• 

LE    PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI 


357 


OS 

w 

« 

in 

'3 

cn 

(/> 

3 

« 

ed 

rt 

fi 
<L) 

o 

t/i 

re 

5 

e 

.2 

(/i 

« 

•3 

(A 

fi 
ti 
> 

re 
s- 
u 

J3 

fi 
o 

«fi 
'fi 

3 

o 

fi 

OJ 

> 

o 

Ih 

3 

'3 

<n 

"cS 

3 
CU 

co 
n, 

a 

XI 

o 
u 

tn 

3 
u 

3 

3 

J 

J 

J 

^ 

^ 

Z 

0 

Ph 

O. 

Qu 

0- 

CL 

pu 

O» 

CO 

C/3 

CO 

H 

3 

> 

> 

...•      •     .  .     • •      •      •....• •     . 

•  I*      •      •      •      •..•..•....•      •....•      •      •....•      • 

• 

...»      •      •....• •      •  I ••....•      • 

• •     ....     •      • • 

• 

.    .  .     •      •      •     .  .     •      #..•....•      •....•      •      •....«. 

...     • •     ....     •     ..     • 

• 

• 

...     • 

•  ....     •      •      •  •  •      •      •     ....     •      •      •;....     •      • 

•     ....     •  •  • 

• • •     ....     •  •     ....     • 

• 

• • •      • 

•  • •      • 

• • • •     . 

• • •     . 

...»      •      •      •  •....•      •....•      • •      • 

• 

.    .  .     •      •  • •      •      •      •..•      • 

•     ..     •     ..     •      • 

• • •     ....     •      • 

• •     .  , 

•     . 

•      •      •  •     ....     •  •     ....••     ....     •      •      • 

• •     ....     •     ....     •      • 

•  •     ....     •      •  •      • 

•      •      •  •      •      •  •      • 

•      •      • •....•      •      •     .  .     •      •....•      •      • 

•      •      • •....•      •....•      •....•      •      • 

• •  •     ....     •      • 

•  •  •     ....     •      •  •      •      • •      • 

■ 

...•      •      •      • •....•      •      •     .  .     •      ••..•      •      • 

...     •     ....     • •     ....     •      •      •  •      •     ....     •     .... 

•  • •     ....     • •     ....     • 


16 

24 

3 
16 
io 

2 
21 
8 
4 
4 

3 

1 

22 

2 

11 

io 

1 

5 

5 

7 

5 

18 

3 
16 

8 

io 

6 

1 

15 
8 

9 

io 
18 

17 
8 
1 

18 
1 

27 

16 
8 


35» 

FRANCESCO   GNECCHI 

.2 

C 
CTS 

C 
3 
X> 
< 

in 

'3 
cr 

< 

in 

CTS 

'E 
E 

« 

< 

CTS 

3 
O 
3 
3 

< 

in 

3 

3 
> 

w 

3 
O 
« 

C/) 

CTS 

'E 

« 

CTS 

'C 

CTS 

0 

.2 

3 

£ 

in 

u 

CTS 

'■B 
u 

0 
u 

3 
O 

in 

CTS 

■3 

e 

3 

u 
« 

Uh 

in 

CTS 
Uh 

V) 

Uh 

OS 

3 
3 
"E 
O 
Uh 

in 

3 

'H 
« 

in 

CTS 

'C 

s 

0 

3 
O 

X 

.2 

3 

3 

-0 

3 

• 

• 
• 

• 
• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 
• 
• 

55 

• 

• 
• 
• 
• 
• 

• 
• 
• 
• 

• 

• 

• 
• 

• 
• 

36 

• 

• 
• 

28 

IO 

2 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
6 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 
• 

15 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 
• 
• 

• 
• 
• 

80 

• 

13 

66 

• 

53 

• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 

51 

• 
• 

• 

• 
• 

• 
• 

• 
• 
• 

• 

• 

24 

• 
• 

• 
• 

• 
• 

• 

Tetrico  Padre     .     .     . 

• 
• 

Diocleziano     .... 
Massimiano  Erculeo    . 

Alletto 

• 

• 
• 
• 

• 
• 
• 

D.  Domiziano      .    .     . 
Galerio  Massimiano    . 

23 

*7 

5 

•• 

15 

LE   PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI 


359 


co 

(A 

co 

co 

°3 

co 

CO 

ni 

CO 

3 

CO 

3 
3 

> 

3 

.2 
co 

CO 

"co 

in 

« 

co 

c 
o 

-4-» 

5 
o 

'5 

3 

co 

CO 

o 

co 

a, 

CO 

2 

3 

_CJ 
CO 

co 
'3 

"5 

a. 

s- 

CU 

co 

CO 

3 

■3 

'> 
O 

2 

■3 

3 

cr 
u 

a) 

'3 

co 

C3 

co 
co 

•e 

3 

o 

CD 

CO 

U 

a. 

3 

cr 

3 

CO 

u 

CO 

CO 

'E 

tu 

.2 
o 

CJ 

co 

3 

-J 

J 

J 

èz 

^ 

'é, 

0 

Oh 

CU 

Cu 

Qk 

CU 

a. 

a 

w 

CO 

C/3 

H 

p 

> 

> 

JI 


3' 


3i 


^8 


3» 


64 


61 


58 


uo 


SS 


53 


40 1  4 


77  54 


4 
6 

5 

3 

18 

4 
17 

6 
20 
14 
23 
J7 
13 

3 

4 
17 
16 
18 

1 

16 
12 
19 

4 

3 
22 

19 
18 

l3 

2 

16 

5 
2 

6 
9 
7 
6 

7 
15 


360  FRANCESCO   GNECCHI 


ELENCO 
delle    Personificazioni    allegoriche 

coi  relativi  tipi  e  simboli. 
ABVNDANTIA. 

* 

ABVNDANTIA    AVG,   AVG    N,   AVGG,    AVGG   ET   CAESS  N  N  —  TEMPORVM  — 

È  sotto  lo  splendore  del  regno  di  Trajano  che  l'idea 
della  larga  ricchezza,  della  copia,  della  pienezza  di  quanto 
può  occorrere  alla  vita  fa  la  sua  prima  apparizione  sulle 
monete  romane.  Manca  ancora  la  leggenda  ABVNDANTIA, 
sostituita  dall'altra  ALIM.  ITAL  ;  ma  la  figura  femminile  che 
tiene  il  cornucopia  e  le  spighe  e  distribuisce  i  suoi  doni  ai 
figli  del  popolo  è  precisamente  quella  dell'Abbondanza,  come 
la  troviamo  abbastanza  frequentemente  colla  propria  leg- 
genda a  partire  dal  regno  d'Eliogabalo  fino  all'epoca  dei 
tetrarchi. 

Essa  è  generalmente  rappresentata  da  una  matrona  che 
tiene  un  cornucopia  detto  appunto  corno  d'abbondanza  e 
delle  spighe.  Ordinariamente  la  figura  dell'Abbondanza  è 
rappresentata  sola,  qualche  volta  però,  e  principalmente 
su  alcuni  medaglioni  (vedi  p.  es.  Giulia  Mammea  e  Salonina), 
essa  forma  parte  di  un  quadro  più  complesso,  trovandosi 
fra  l'imperatore  e  Minerva  o  con  altre  raffigurazioni.  Talvolta 
l'Abbondanza  tiene  semplicemente  il  cornucopia,  tal'altra  ne 
versa  il  contenuto  in  un  modio  o  a  persone  che  lo  rac- 
colgono. 

"  Aurea  fruges 
Italiani  pieno  diffundit  copia  cornu  „. 

Hor.  Ep.  12,  Lib.  1. 

tibi  copia 

Manabit  ad  plenum  benigno 
Ruviis  honorum  opulenta  cornu. 

.  Hor.  Lib.  I,  Od.  17. 

Se  poi  tale  contenuto  debba  ritenersi  monete  o  frutti, 
difficile  è  stabilire  ;    ma  propenderei  per  la  seconda  ipotesi, 


LE   PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE   SULLE   MONETE   IMPERIALI      361 

quantunque,  tanto  le  monete  quanto  i  frutti  della  terra,  pos- 
sano egualmente  prestarsi  a  simboleggiare  l'Abbondanza. 

All'Abbondanza  viene  in  certo  modo  a  riannodarsi  la 
rappresentazione  del  Seculo  frugifero,  leggenda  cui  corri- 
sponde sotto  Pertinace  e  Postumo  un  caduceo  alato  con 
delle  spighe,  sotto  Albino  e  Severo  il  Genio  dell'Abbon- 
danza, oppure  sotto  lo  stesso  Albino  una  divinità  non  ancora 
ben  definita,  ma  che  ha  tutto  il  tipo  d'una  Cerere  Africana 
e  pare  debba  pure  intendersi  come  significato  d'Abbondanza. 

AEQVITAS. 

AEQVITAS   (O   AEQVTAS)    (AEQVITATI.)    —    AVG,   AVGVST,   AVGVSTI,   AVGG, 
AVG   NOSTRI   —   PVBLICA. 

\J Aequitas  non  è  da  confondersi  colla  Iustitia,  che  pure 
troviamo  sulle  monete  romane.  Se  questa  va  intesa  nel  senso 
morale,  come  giudizio  delle  azioni  umane,  l'Equità  va  invece 
intesa  nel  senso  economico  commerciale,  quella  cioè  che  sta- 
bilisce la  rettitudine  delle  transazioni  e  che  risponde  pubbli- 
camente  della  bontà  delle  monete,  tanto  che  colla  Moneta 
viene  quasi  confusa.  Su  molti  medaglioni,  ove  sono  rappre- 
sentate le  tre  Monete,  vediamo  alternarsi  indifferentemente  le 
leggende  AEQVITAS  oppure  MONETA. 

Introdotta  da  Vespasiano,  la  Personificazione  dell'Equità 
prosegue  con  pochissime  interruzioni  fino  a  Costantino. 

Tipo  unico  dell'Equità  una  matrona  stante  colla  bilancia 
nella  destra  e  il  cornucopia  nella  sinistra.  In  qualche  raris- 
simo caso  il  cornucopia  è  sostituito  da  una  palma. 

Quando,  a  personificare  l'Equità  sono  rappresentate  le 
tre  Monete,  ognuna  di  queste  tiene  la  bilancia  e  il  cornu- 
copia e  ognuna  ha  ai  proprii  piedi  un  mucchio  di  metallo, 
rappresentante  l'oro,  l'argento  e  il  bronzo. 

AETERN1TAS. 

AETERNITAS  (AETERNITATI.)  —  AVG,  AVGVSTA,  AVGVSTI,  AVGG.  —  IM- 

perii  —  p(opuli)  R(omani)  —  aeternitatibvs. 

È  Vespasiano  che  pel  primo  adottò  l'AETERNITAS  ed 
essa  dura  per  circa  tre  secoli,  fino   a    Massimiano   Erculeo. 


362  FRANCESCO   GNECCHI 


I  tipi,  adibiti  a  rappresentarla,  sono  straordinariamente 
varii  e  numerosi.  I  più  comuni,  e  che  possono  considerarsi 
quali  vere  personificazioni,  sono  rappresentati  da  una  figura 
femminile,  sovente  velata,  che  porta  la  testa  del  Sole  e  della 
Luna,  una  per  ciascuna  mano  ;  e  questo  è  già,  per  così  dire, 
un  simbolo  derivato  perchè  ab  antico  simboleggiavano  l'eter- 
nità dell'universo  le  statue  del  Sole  e  della  Luna  portanti 
ciascuna  un  globo,  simbolo  della  potenza  sovrana.  L'Eter- 
nità è  poi  anche  rappresentata  da  una  figura  femminile  collo 
scettro  che  siede  sul  globo,  oppure  che  tiene  un  globo  sor- 
montato dalla  fenice,  oppure  ancora  da  una  figura  femminile 
stante  collo  scettro  e  il  cornucopia,  appoggiata  a  una  co- 
lonna o  il  piede  destro  poggiante  sopra  un  globo. 

Ma  moltissimi  altri  sono  i  tipi  o,  per  dir  meglio,  i  sim- 
boli, cui  va  unita  la  leggenda  ÀETERNITAS,  e  principalmente 
sotto  il  regno  degli  Antonini,  il  motto  ÀETERNITAS  comu- 
nissimo sulle  monete  delle  auguste  è  combinato  colle  più 
svariate  rappresentazioni.  La  troviamo  non  raramente  ac- 
compagnata dalla  figura  di  Cerere,  di  Diana,  di  Giunone,  della 
Pietà,  della  Fortuna,  dell'  Italia,  dell'augusta  stessa,  tirata  in 
biga  di  leoni  o  in  quadriga  d'elefanti,  oppure  da  un  tempio  o 
perfino  dalla  scena  della  battaglia  dei  Romani  contro  i  Sabini 
in  un  medaglione  di  Faustina  seniore. 

Nei  bassi  tempi  poi,  sotto  Massenzio  e  Probo,  alla  leg- 
genda ÀETERNITAS  corrispondono  i  Dioscuri  o  la  Lupa  ro- 
mana. Se  a  queste  rappresentazioni  aggiungiamo  il  signifi- 
cato delle  diverse  leggende,  come  ÀETERNITAS  AVG-  la  più  co- 
mune, ÀETERNITAS  P(opuli)  R(omani)  che  si  trova  su  di  un 
rarissimo  bronzo  di  Vespasiano,  ÀETERNITAS  IMPERII,  abba- 
stanza comune  sulle  monete  dei  Severi,  si  vedrà  facilmente 
come  il  concetto  fondamentale  dell'  Eternità,  o  diremo  forse 
più  precisamente  delle  stabilità  —  giacché  ÀETERNITAS  non 
va  intesa  nel  senso  odierno  o  cristiano  —  sia  sempre  a  ri- 
ferirsi a  Roma,  all'impero  romano  o  alla  famiglia  imperiale. 
ROMA  AETERNÀ  è  sempre  il  significato  ultimo  in  qualunque 
modo  V  Eternità  ci  venga  presentata. 

....  polus  dum  sidera  pascet 
Semper  honos  nomenque  tuum,  laudesque  manebunt 

Virg.  En.  L.  I. 


LE    PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE   SULLE   MONETE    IMPERIALI      363 


ANNONA. 

ANNONA   (ANNONAE)    —    AVG,    AVGVSTA,   AVGVSTI,   AVGVSTORVM.    —   AN- 
NONA  AVGVSTI   CERES   —   AVGVSTI    FELIX. 

Quantunque  l'Annona  abbia'una  certa  anzi  molta  ana- 
logia coli' Abbondanza  —  e  difatti  sono  press'a  poco  i  me- 
desimi simboli  che  rappresentano  l'una  e  l'altra  —  conviene 
però  tenerla  distinta  e  spiegarne  bene  il  significato  romano, 
il  quale  è  tutto  speciale^  e  ben  più  importante  di  quanto  po- 
trebbe supporre  chi  giudicasse  nell'ambiente  delle  abitudini 
moderne.  Per  comprenderne  l' importanza  bisogna  che  ci 
riportiamo  a  quei  tempi  e  ricordare  come  Roma  repubbli- 
cana, non  potendo  già  bastare  alla  propria  alimentazione, 
avesse  i  suoi  granai  nella  Sicilia  e  nella  Sardegna.  Quando 
queste  isole  non  furono  più  sufficienti  a  nutrire  il  colosso 
sempre  crescente,  fu  necessario  ricorrere  all'  Egitto  e  al- 
l'Africa ;  e  Tacito  osserva  che  i  cittadini  romani  erano  attri- 
stati da  tale  necessità,  pensando  che  la  loro  sussistenza  era 
in  balia  dei  venti  e  delle  tempeste.  L'enorme  quantità  di 
grano  occorrente  per  l'alimentazione  di  Roma  imperiale,  for- 
nita per  un  terzo  dall'  Italia  e  per  due  terzi  dall'Africa,  era 
riunita  sotto  la  sorveglianza  dei  procuratori  imperiali  nei 
porti,  e  di  là  doveva  poi  essere  spedita  alla  capitale,  dove 
enormi  granai  erano  stati  all'uopo  costruiti.  Una  flotta  spe- 
ciale era  stata  organizzata  pel  trasporto,  che  si  eseguiva  ad 
epoca  fissa,  e  che  portava  una  animazione  straordinaria  nei 
porti  d'Ostia  e  di  Pozzuoli,  ove  il  popolo  accorreva  in  massa 
a  vedere  l'arrivo  delle  grosse  triremi,  che  portavano  il  vet- 
tovagliamento di  Roma. 

Si  comprende  da  ciò  facilmente  come  V Annona  (ossia 
la  sussistenza  di  un  anno)  (0  avesse  pei  Romani  una  straor- 
dinaria importanza  e  meritasse  d'essere  deificata. 

L'Annona  Sancta  godeva  di  un  culto  speciale  nei  porti  di 
partenza  e  d'arrivo,   i    quali  ad  essa  dovevano  buona   parte 


(i)  Per  questo  motivo  mi  sembra  assai  naturale  che  Annona  tragga 
il  suo  nome  da  Annus,  mentre  mi  ha  semplicemente  l'aria  d'un  giuo- 
chetto  di  parole  l'etimologia  che  si  vorrebbe  derivare  da  AD  NONAM, 
vale  a  dire  all'ora  nona,  ora  che  si  sa  era  dai  romani  dedicata  al  pranzo. 


•17 


364  FRANCESCO    GNECCHI 


del  loro  movimento,  e  dove  molta  gente,  marinai,  misuratori, 
portatori  e  operai  d'ogni  genere  guadagnavano  per  essa  la 
vita.  È  quindi  naturale  che  in  Roma  si  erigessero  templi  ed 
altari  alla  Dea  Annona,  per  implorare  messi  abbondanti  e 
mare  favorevole,  da  tali  due  circostanze  dipendendo  l'alimen- 
tazione dell'immensa  metropoli. 

È  perciò  che  l'Annona  è  rappresentata  da  una  donna, 
i  cui  costanti  emblemi  sono  il  cornucopia,  il  modio  ripieno 
di  spighe  o  di  frutti  campestri,  e  la  tessera,  e  non  manca 
mai  al  primo  o  al  secondo  piano  la  prora  della  trireme. 

L'Annona  sulle  monete  compare  per  la  prima  volta  sotto 
Nerone,  ove  è  rappresentata  in  compagnia  di  Cerere,  che 
ne  completa  il  significato  (ANNONA  AVGVSTI  CERES).  Non  è 
però  fra  le  raffigurazioni  più  frequenti  e  saltuariamente  va 
fino  a  Diocleziano. 

BONVS   EVENTVS. 

BONVS  EVENTVS,  BONO  EVENTVI. 

Tipo  che  occorre  raramente  e  che,  come  significato, 
quasi  può  formare  un  duplicato  con  FORTVNA.  È  rappresen- 
tato da  una  persona  maschile  ignuda  la  quale  tiene  costan- 
temente colla  destra  una  patera  che  sta  versando  su  di 
un'ara  accesa,  e  colla  sinistra  un  ramo,  due  spighe,  oppure 
un  cornucopia. 

Introdotto  da  Galba,  questo  tipo  è  usato  da  pochi  im- 
peratori e  termina  con  Gallieno. 

CARITAS. 

CARITAS    AVGG    —    MVTVA. 

L'Affezione  è  rappresentata  da  un  unico  tipo  e  su  di 
un'unica  moneta  di  Tetrico  padre  ;  una  figura  femminile 
stante  colla  destra  alzata  e  distesa.  Ai  suoi  piedi  un'ara. 

La  leggenda  CARITAS  MVTVA  si  trova  su  alcune  monete 
di  Balbino  e  di  Pupieno,  ma  alla  leggenda  corrisponde  sem- 
plicemente il  simbolo  di  due  mani  giunte,  il  quale  altre  volte, 
sotto  i  due  medesimi  imperatori  è  accompagnato  dalle  leg- 
gende :  AMOR  MVTVVS,  FIDES  MVTVA,  PIETAS  MVTVA. 


LE   PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE    SULLE   MONETE   IMPERIALI      365 

CLARITAS. 

CLARITAS    AVG   O    AVGG    —    RLTP   O    REIPVBLICAE. 

Onde  assomigliare  l'imperatore  al  Sole,  onde  egua- 
gliarne, per  così  dire,  lo  splendore,  s'è  trovata  al  tempo  di 
Postumo  la  parola  CLARITAS  e  la  relativa  personificazione, 
la  quale  non  è  che  un  sostituto  al  Sole  stesso.  E  difatti  il 
tipo  che  alla  leggenda  CLARITAS  corrisponde  è  precisamente 
quella  del  Sole,  una  figura  maschile  ignuda  e  radiata.  Venne 
adottata  dai  tetrarchi  e  poi  dalla  famiglia  di  Costantino  e 
filologicamente  il  vocabolo  perdurò  nella  nostra  lingua,  se 
non  nel  sostantivo,  quale  aggettivo  fino  a  noi,  quantunque 
ora  accenni  a  cadere  in  disuso.  Difatti  ancora  si  chiama  chiara 
o  chiarissima  una  personalità,  che  sia  o  che  almeno  si  voglia 
considerare  illustre. 

CLEMENTIA. 

CLEMENTIA    —    (CLEMENTIAE)    —    AVG    —    CAESARIS     —     IMP     GERMANICI 

—    TEMP. 

Moderazione  .nella  vittoria  e  clemenza  verso  il  vinto, 
sono  le  due  doti  più  saggie  del  vincitore.  Ed  è  appunto  in 
questo  senso  che  la  CLEMENTIA  va  intesa.  Un  primo  accenno 
alla  Moderazione  e  alla  Clemenza  è  fatto  in  due  bronzi  di 
Tiberio,  ma  per  ben  poche  volte  è  rappresentata  prima  del- 
l'epoca di  Tacito  e  Probo. 

Il  tipo  della  Clemenza  non  è  ben  definito.  Talora  è  rap- 
presentato da  una  matrona  stante  con  un  ramo  e  uno  scettro. 
Tal  altro  da  una  figura  femminile  munita  dello  scettro  e  ap- 
poggiata a  un  tronco  di  colonna.  Da  Probo  in  poi  la  rap- 
presentazione più  comune  è  quella  di  due  figure  virili  (Giove 
e  T  imperatore)  insieme  sostenenti  un  globo,  rappresentanti 
l'unione  della  Clemenza  divina  e  della  Clemenza  imperiale 
dominanti  sul  mondo. 

CONCORDIA. 

CONCORDIA    (CONCORDIAE)     —     AETERNA     —     AVG,     AVGVSTA,     AVGVSTI, 
AVGG,    AVGGG,    AVGVSTORVM    —    AVGG   ET   CAESS   N  N    (o   NNNn)- 


366  FRANCESCO   GNECCHI 


COMMODI    —    EQVITVM  (O  AEQVITVM)   —    EXERCITVS    —   EXERCITVVM 
—    FELIX    —    IMPERII    —    LEGIONVM    —     MILITVM    —    PERPETVA    — 

p(opuli)  R(omani)  — praetorianorvm  —  provinciarvm  —  senatvs. 

La  Concordia  è  una  delle  Personificazioni  più  comuni, 
anzi  la  più  comune  di  tutte,  quella  cioè  che  fu  adottata  dal 
maggior  numero  di  principi.  Incominciando  da  Nerone,  la 
troviamo  rappresentata  sulle  monete  di  quasi  tutti  gli  impe- 
ratori, salvo  pochissime  eccezioni,  fino  all'epoca  costantiniana. 
Spesso  si  riferisce  agli  augusti  ;  ma  più  sovente  alle  corpo- 
razioni militari,  all'esercito  in  genere,  alle  legioni,  ai  preto- 
riani e  così  via,  fra  i  quali  stava  molto  a  cuore  all'  impera- 
tore e  al  senato  che  la  Concordia  fosse  costantemente  con- 
servata. 

I  tipi  sotto  i  quali  essa  viene  raffigurata  sono  moltissimi 
e  moltissimi  gli  emblemi  che  le  vengono  attribuiti  a  seconda 
delle  circostanze.  Direi  anzi  che  è  forse  la  personificazione 
per  la  quale  tipi  ed  emblemi  sono  meno  specificati  di  qua- 
lunque altro,  e  sono  presi  a  prestito  da  quelli  della  Pace, 
con  cui  viene  quasi  confusa,  oppure  della  Vittoria  o  dell'Ab- 
bondanza, come  a  significare  che  Pace,  Vittoria  e  Abbon- 
danza sono  elementi  indispensabili  alla  Concordia  o  ne  sono 
i  frutti. 

E  vi  si  aggiungono  poi  gli  emblemi  religiosi  o  militari 
quando  la  Concordia  si  deve  riferire  al  culto   o   all'esercito. 

La  matrona  stante  o  seduta  che  raffigura  la  Concordia 
ha  dunque  per  simbolo,  secondo  le  occasioni,  il  cornucopia, 
la  patera,  il  ramo  d'ulivo,  lo  scettro,  l'ara  accesa,  le  spighe, 
la  statuetta  della  Speranza,  il  fiore,  la  ruota,  la  colomba,  la 
prora  di  nave,  oppure  una,  due,  tre  o  fino  a  sei  insegne 
militari. 

La  Concordia  imperiale  è  talvolta  rappresentata  dal- 
l' imperatore  e  dall'augusta  che  si  danno  la  mano  ;  così  in 
qualche  bronzo  d'Antonino;  oppure  dai  due  imperatori  come 
M.  Aurelio  col  padre  Antonino  o  il  fratello  adottivo  Lucio 
Vero. 

Non  è  raro  poi  il  caso  in  cui  manchi  la  figura  e  a  rap- 
presentare la  Concordia  resti  solo  un  simbolo,  la  colomba, 
il  pavone,  due  mani  giunte,  un'ara,  le  insegne  o  le  aquile 
legionarie. 


LE   PERSONIFICAZIONI  ALLEGORICHE   SULLE   MONETE   IMPERIALI      367 


FECUNDITAS. 

FECVNDITAS    —    (FECVNDITATl)    —    AVG,    AVGG    —    AVGVSTA,     AVGVSTAF. 

—  TEMPORVM. 

Raffigurazione  eminente  appropriata  alle  auguste,  viene 
introdotta  da  Faustina  moglie  d'Antonino  Pio  e  viene  in  se- 
guito riprodotta  da  quasi  tutte  le  imperatrici  fino  a  Salonina, 
il  che  non  toglie  che  sia  stata  ^dottata  eccezionalmente  anche 
da  qualche  imperatore,  come  Gallieno  e  Claudio  Gotico. 

La  Fecondità  è  generalmente  rappresentata  da  una  donna, 
con  uno  o  più  fanciulli,  più  raramente  dalla  Terra  circondata 
dai  quattro  fanciulli  raffiguranti  le  quattro  stagioni. 

FELICITAS. 

FELICITAS  (FELICITATI,  FELICITATEm)  —  AETERNA  —  AVG,  AVGVSTA, 
AVGVSTI,  AVGVSTORVM  —  CAESARVM  —  DEORVM  —  IM PERII  — 
IMPP,  IMPERATORVM  —  ITALICA  —  PERPETVA  —  P  R,  POPVLI 
ROMANI    —    POSTVMI    —   PVBLICA   —    REIPVBLICAE    —    ROMANORVM 

—  SAECVLI    —    TEMPORVM    (0    FELICIA    TEMPORA). 

La  Felicità  è  rappresentata  sulle  monete  di  quasi  tutti 
gli  imperatori  e  di  tutte  le  auguste,  incominciando  da  Galba 
e  venendo  fino  a  Costantino.  Il  che  è  facilmente  spiegabile 
quando  si  pensi  che  la  Felicità  era  il  supremo  scopo  a  cui 
lo  stato  romano  mirava,  che  alla  Dea  Felicità  tutte  le  altre 
erano  subordinate.  E  difatti  a  che  l'Abbondanza,  V  Equità, 
la  Concordia,  la  Pace,  la  Vittoria  se  non  per  raggiungere  il 
supremo  scopo  della  Felicità  dell'imperatore  e  del  popolo 
romano  ? 

Emblemi  della  Felicità  sono  il  caduceo,  la  pàtera,  il  ramo, 
lo  scettro,  il  cornucopia,  quelli  appunto  che  sono  gli  emblemi 
delle  deità  suaccennate  e  similiari. 

Gli  epiteti  che  accompagnano  la  leggenda  FELICITAS, 
aeterna,  augusta,  publica,  perpetua,  ecc.,  non  abbisognano 
di  spiegazione  ;  ma  ve  n'ha  uno  ben  singolare  ed  è  il  FELI- 
CITAS DEORVM  che  troviamo  su  di  un  raro  antoniniano  di  Ma- 
riniana,  tanto  singolare  che  la  spiegazione  ne  riesce  difficile. 
Può  darsi  che,  trattandosi  di  una  moneta  postuma,  si  sia 
voluto  intendere  la  Felicità  dell'Olimpo  per  avervi   ricevuta 


368  FRANCESCO   GNECCHI 


l'anima  di  Mariniana  ;  a  meno  che,  i  tempi  correndo  allora 
ben  tristi  in  questo  basso  mondo,  si  volesse  indicare  che  la 
Felicità  non  poteva  trovarsi  che  fra  gli  Dei.  E  forse  sarebbe 
a  trovarsi  in  questa  moneta  di  Mariniana  quella  punta  sati- 
rica, che  si  vorrebbe  riconoscere  in  alcune  monete  di  Gallieno. 

FIDES. 

FIDES,  (FIDEt,  FIDEM)  AVG,  AVGG,  AVGG  ET  CAESS  N  N  —  COHORTIVM  — 
EQV1TVM  (O  AEQVJT)  —  EXERCITVS,  EXERCITVVM  —  FORTVNA  — 
LEG  —  MAXIMA  —  MILITVM  —  MVTVA  —  PRAETORIANORVM  — 
PVBLICA. 

A  tutti  gli  stati  sociali  si  riferisce  la  Fedeltà;  all'impe- 
ratore, all'esercito,  al  pubblico.  Tipo  comune  delle  Fedeltà 
in  senso  generale  è  quella  di  una  figura  femminile,  spesso 
velata;  Et  Fides  albo  velata  panno  C1),  che  tiene  due  spighe 
in  una  mano  e  un  canestro  di  frutti  nell'altra.  Talvolta  però 
essa  tiene  semplicemente  un  cornucopia  e  una  patera,  op- 
pure una  colomba  e  costantemente  delle  insegne  quando  si 
riferisce  all'esercito.  Talvolta  il  soggetto  militare  è  amplifi- 
cato colla  figura  dell'imperatore  e  quelle  di  alcuni  militi,  tal- 
volta semplificato  con  due  o  più  insegne.  La  Fedeltà  è  tal- 
volta simboleggiata  da  due  destre  che  si  stringono  —  accipe 
da  que  fidem  —  e  fra  le  quali  sovente,  a  significarne  i  buoni 
frutti,  sta  un  caduceo,  o  fiori,  o  palme,  o  due  spighe  e  un 
papavero  ;  e  quando  la  Fedeltà  si  riferisce  a  cose  militari, 
le  destre  stringono  un'  insegna  o  un'aquila  legionaria  talora 
appoggiata  a  una  prora  di  nave  o  a  un  fulmine. 

La  rappresentazione  della  Fedeltà  si  estende  da  Galba 
a  Massenzio. 

FORTVNA. 

FORTVNA,    (FORTVNAE)    —    AVG,   AVGG,   AVGG   N  N,   AVGG   ET    CAESS    N  N 

—  DVX,    FELIX    —    MANENS   —    MVLIEBRIS     —  OBSEQVENS  —  REDVX 

—  BONA   FORTVNA    —   FORS   FORTVNA. 

I  Romani,  dediti  piuttosto  alla  superstizione,  tenevano 
assai  alla  Fortuna,  in  quel    vago   senso   nel   quale  va   quasi 

(i)  Hor. 


LE   PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE   SULLE   MONETE    IMPERIALI      369 


confusa  col  Caso,  col  Buon  Evento  e  colla  Provvidenza,  la- 
sciando supporre  che  ponessero  una  discreta  fede  in  quel 
detto  ciceroniano  :  Vitatn  regit  fortuna  non  sapientia.  Pa- 
recchi erano  i  templi  eretti  in  Roma  e  nelle  provincie  alla 
Fortuna  sotto  i  suoi  diversi  epiteti,  e  la  sua  raffigurazione 
è  molto  comune  sulle  monete  da  Galba  fino  a  Galeno  Mas- 
simiano. 

La  Fortuna  è  generalmente  rappresentata  da  una  figura 
muliebre  stante  o  seduta,  e  i  suoi  emblemi  sono  invariabil- 
mente il  cornucopia,  a  cui  si  aggiunge  spesso  il  timone  di 
nave,  talvolta  appoggiato  a  una  prora  o  a  un  globo,  la  pa- 
tera oppure  un  ramo  d'ulivo.  Talvolta  la  Fortuna  è  collo- 
cata su  di  un  cippo  ornato  di  ghirlande,  talvolta  essa  tiene 
un  cavallo  pel  freno  ;  spesso  poi  una  ruota  è  ai  suoi  piedi 
o  sotto  il  suo  sedile. 

GENIVS. 

GENIVS   (GENIO)    —    AVO,    AVGVST,  AVGVSTI   —  AVGVSTI  D  N    —    AVGVST1 
P1I    —   AVG    FEL,    FELIC    —    AVGG   ET   CAESS    N  N    —    BRITANN  —  C  C 

—  caesaris  —  crvrr(atis)    MCOM(ediae)   —  exercitvs  —  exer- 

CITVS    ILLIRICIANI     —     FEL(Ìx)     —     ILLYRICI    IMPERATOR1S     —    L, 

LVG(duniensis)  —  popvli  —  p,  r  —  popvli  romani  —  senatvs. 

Ogni  individuo,  come  ogni  popolo,  ogni  corporazione, 
ogni  città  e  ogni  località  aveva  nel  mondo  romano  il  proprio 
Genio.  Così  troviamo  il  Genio  dell'  imperatore  o  del  cesare, 
il  Genio  del  popolo  romano,  il  Genio  dell'esercito  o  del  se- 
nato e  quello  di  diverse  città. 

Emblema  eminentemente  religioso,  il  Genio  è  general- 
mente rappresentato  da  una  figura  maschile  ignuda  o  mu- 
nita di  un  semplice  mantello  gettato  sulle  spalle,  e  il  modio 
in  testa,  e  un  cornucopia  al  braccio  in  atto  di  versare  una  pa- 
tera talvolta  su  di  un'ara.  Raramente  il  Genio  tiene  lo  scettro; 
più  spesso  ha  un'aquila  ai  suoi  piedi.  Troviamo  questi  due 
emblemi  associati  al  Genio  del  popolo  romano,  l'aquila  su 
innumerevoli  bronzi  della  tetrarchia,  lo  scettro  accompagna 
la  testa  del  Genio  su  alcuni  denari  dell'interregno  di  Galba, 
il  che  dimostra  come  la  democrazia  fosse  altrimenti  intesa 
dai  romani  che  dai  nostri  contemporanei  ! 


37° 


FRANCESCO   GNECCHI 


Talvolta  il  Genio,  quando  rappresenta  l'esercito,  ha  una 
o  più  insegne  accanto  (p.  es.  Trajano  Decio)  ed  è  avvolto 
nella  toga  quando  rappresenta  il  Senato,  come  in  parecchie 
monete  d'Antonino  Pio. 

La  Personificazione  del  Genio  appare  per  la  prima  volta 
su  alcuni  bronzi  di  Nerone. 

H1LARITAS. 

HILARITAS   AVG,   AVGG    —   AVGGG    —    p(opulì(    R(omani)     —    TEMPOR. 

Nel  significato  d'Allegrezza,  di  Giubilo,  l' HILARITAS 
può  essere  presa  quasi  un  sinonimo  di  LAETITIA  ;  ma  al- 
quanto diversi  ne  sono  i  simboli.  La  donna  che  la  raffigura 
porta  quasi  sempre  una  lunga  palma  in  una  mano  e  nell'altra 
un  cornucopia,  un  ramo  d'alloro  o  una  corona  e  spesso  è 
accompagnata  da  uno  o  due  fanciulli.  Incomincia  con  Adriano, 
appare  raramente  fino  ad  Elagabalo  e  poi  solo  eccezional- 
mente per  Tetrici,  Carausio  ed  Alletto. 

HONOS. 

HONOS,    (HONORl)    —   HONOS    —   HONOS    ET   VIRTVS. 

L'onore  è  rappresentato  in  due  modi  distinti.  Al  suo 
primo  apparire  sulle  monete  imperiali  è  sempre  accompa- 
gnato dal  Valore  (HONOS  ET  VIRTVS).  Tale  lo  troviamo  sui 
bronzi  di  Galba,  Vitellio  e  Vespasiano,  dove  è  raffigurato 
seminudo  con  un  lungo  scettro  e  il  cornucopia,  di  fronte  al 
Valore  rappresentato  in  abito  militare,  armato  di  lancia  e  di 
parazonio,  e  col  piede  destro  poggiato  su  di  un  elmo.  Pare 
che  l'associazione  dell'Onore  col  Valore  venisse  dalla  leg- 
genda (storica  o  semplice  tradizione?)  che  M.  Marcello,  vo- 
lendo erigere  un  tempio  all'Onore  e  al  Valore,  e  non  es- 
sendogli ciò  stato  consentito  dagli  auguri,  ne  fece  due,  di- 
sposti in  modo  che,  per  entrare  nel  tempio  dell'Onore,  fosse 
necessario  passare  per  quello  del  Valore,  come  a  designare 
che  non  si  poteva  giungere  a  quello  senza  di  questo. 
Le  figure  dell'Onore  e  del  Valore  e  anche  la  loro  associa- 
zione viene  dai  tempi  repubblicani  e  noi  troviamo  quella 
rappresentazione  sui  denari  dell'Aquillia,  della  Durmia,  della 


LE   PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE   MONETE   IMPERIALI      371 

Fufia.  Più  tardi  l'Onore  è  rappresentato  da  un  personaggio 
maschile,  togato,  probabilmente  F  imperatore  stesso,  e  tale 
lo  troviamo  sotto  Antonino  e  Marc'Aurelio,  dopo  i  quali 
cessa  completamente. 

Sia  accompagnato  dal  Valore,  sia  solo,  l'Onore  presso 
i  Romani  ha  sempre  il  significato  di  gloria  militare  ed  è  a 
notarsi  che  HONOS  non  è  mai  accompagnato  da  alcun  ag- 
gettivo, neppure  dal  solito  AVG- 

INDVLGENTIA. 

INDVLGENTIA,     (iNDVLGENTIAE)   —   AVG,     AVGG     IN     CARTH    —    AVGG    IN 
ITALIAM    —   FECVNDA    —    PIA    —    POSTVMI    AVG. 

La  parola  Indulgenza  deve  intendersi  come  condono  di 
pena  o  di  imposta,  e  dalle  monete  parrebbe  doversi  ritenere 
che  quest'ultimo  significato  sia  quello  cui  si  mira  più  comu- 
nemente. 

Quantunque  tale  condono  fiscale  sia  ricordato  già  sulle 
monete  di  Galba  e  di  Nerva,  come  un  atto  degno  della  li- 
beralità e  munificenza  imperiale,  non  è  che  sotto  Adriano 
che  l' INDVLGENTIA  viene  personificata  e  la  si  rappresenta  con 
una  matrona  seduta  munita  dello  scettro  e  Colla  destra  distesa. 
In  seguito,   oltre   allo   scettro,    essa  tiene  anche  una  patera. 

È  principalmente  sotto  i  Severi  che  troviamo  largamente 
adottata  la  rappresentazione  dell'  Indulgenza  ;  solo  che  a 
quest'epoca  si  abbandona  quasi  completamente  il  vecchio 
tipo  per  sostituirvene  due  nuovi.  Riferendosi  specificamente 
l' indulgenza  imperiale  a  condoni  accordati  in  Italia  o  in 
Africa,  nel  primo  caso  essa  è  rappresentata  dalla  figura  del- 
l' Italia  seduta  sul  globo,  nel  secondo  —  volendosi  precisa- 
mente significare  il  condono  dell'  imposta  che  dall'epoca  di 
Adriano  gravava  sui  cartaginesi  per  rimborsare  le  spese  del 
grande  acquedotto  dal  monte  Zaghouan  a  Cartagine  —  dalla 
Dea  Cibele  seduta  sul  dorso  di  un  leone  galoppante.  E  per 
di  più,  a  migliore  indicazione  del  fatto,  si  vedono  da  un  lato 
alcune  roccie  da  cui  sgorga  una  fonte. 

INDVLGENTIA  però  non  è  fra  le  leggende  che  figurano 
abbondantemente  sulle  monete  imperiali.  Propenderei,  come 
dissi  sopra,  a  intenderla  in  generale  come  condono  di  imposte 

48 


372 


FRANCESCO   GNECCHI 


e  forse  nel  significato  eccezionale  di  condono  di  pena  (quan- 
tunque anche  il  significato  fiscale  possa  benissimo  correre), 
può  essere  interpretata  sulle  monete  di  Faustina  figlia  e  di 
Salonina;  non  dico  di  Giulia  Domna,  essendo  questa  tale 
donna  da  occuparsi  seriamente  d'ogni  sorta  d'affari  di  stato; 
e  difatti  le  sue  monete  colla  leggenda  INDVLGENTIA  portano 
l'identica  rappresentazione  di  Cibele  sul  leone,  come  quelle 
del  marito  Settimio  Severo. 

IVST1TIA. 

1VSTITIA   AVG,    AVGVSTI    —    VENERABILIS. 

Parlando  dell'Equità,  abbiamo  stabilita  la  differenza  che 
corre  fra  questa  e  la  Giustizia.  La  prima  va  intesa  nel  senso 
economico,  la  seconda  nel  senso  morale,  e  nelle  monete  ro- 
mane la  prima  ha  un'estensione  molto  maggiore  della  seconda. 
La  Giustizia,  il  cui  nome  appare  per  la  prima  volta  sotto  il 
ritratto  di  Livia,  figlia  d'Augusto,  viene  poi  introdotta  da 
Nerva  nella  sua  personificazione;  ma  non  è  ripetuta  che  in 
pochissime  monete  di  pochi  imperatori,  Adriano,  Antonino, 
M.  Aurelio,  Settimio  Severo  e  cessa  con  Severo  Alessandro 
per  riapparire  ancora  su  alcune  monete  postume  di  Costan- 
tino, nelle  quali  è  aggiunto  il  titolo  di  VENERABILIS. 

Tipo,  matrona  seduta  con  un  ramo  e  uno  scettro,  oppure 
con  una  patera  e  uno  scettro.  Raramente  in  piedi  colle  bilancie, 
e  in  questo  caso  richiama  assai  il  tipo  solito  dell'Equità. 

IVVENTAS. 

IVVENTAS,   IWENTVS   (o   IVBENTVS)   AVG    —    IVVENTA   IMPERII. 

È  Marc'  Aurelio  che  introduce  la  Gioventù  sulle  sue 
monete  coniate  mentre  era  Cesare,  rappresentandola  con  una 
figura  femminile,  munita  di  una  patera,  in  atto  di  deporre  un 
grano  d'incenso  su  di  un  tripode  acceso. 

Possiamo  anzi  dire  unica  sulle  monete  di  Marc'Aurelio 
tale  raffigurazione,  perchè,  quantunque  altri  tre  imperatori, 
Caracalla,  Claudio  Gotico  e  Vaballato  riportino  la  leggenda 
su  alcune  loro  monete,  non  hanno  però  la  personificazione. 
Il  denaro  di  Caracalla  (IVVENTA  IMPERI!)  rappresenta  l'im- 
peratore, i  piccoli  bronzi  di  Claudio  e  di  Vaballato  rappre- 
sentano Ercole. 


LE    PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE    SULLE   MONETE    IMPERIALI      373 

LAETITIA. 

LAETITIA    (LAI  TITIAE)    —    AVG,     AVGVSTI,     AVGG.    AVGGG    —    AVG    N.    — 
KVNDATA    —    PVBLICA    —    TEMrORVM. 

L'Allegrezza,  generalmente  personificata  in  una  donna 
che  tiene  l'asta  e  le  spighe  oppure  una  corona  colla  destra, 
mentre  colla  sinistra  si  appoggia  a  un'ancora  o  a  un  timone 
di  nave,  talvolta  è  rappresentata  semplicemente  da  una  tri- 
reme. —  Appare  per  la  prima  volta  sotto  Antonino  Pio  e 
dura  fino  a  Galeno  Massimiano. 

LIBERALITAS. 

LIBERALITAS    AVG,    AVGVSTI,    AVGG    AVGVSTORVM   —    AVG   O    AVGG   I,    II, 
III,    IV,   V,   VI,    VII,    Vili,    Villi. 

La  Liberalità  era  uno  dei  più  potenti  elementi  del  potere 
imperiale.  Pattern  et  Circenses  offriva  l'imperatore  al  popolo 
per  tenerselo  amico  e  soggetto,  e  se  i  giuochi  erano  oppor- 
tuni, il  pane  era  necessario.  Era  quindi  ben  naturale  che  la 
Liberalità  fosse  una  delle  figure  più  simpatiche  al  popolo  e 
apparisse  ben  sovente  sulle  monete  a  commemorare  le  lar- 
gizioni imperiali. 

Le  più  antiche  monete  colla  leggenda  LIBERALITAS  sono 
d'Adriano,  ma  la  raffigurazione  della  Liberalità  la  troviamo 
su  monete  ben  più  antiche.  Tralasciando  quelle  della  Repub- 
blica, per  non  attenerci  che  alle  imperiali,  le  prime  che  por- 
tino la  figura  della  Liberalità  sono  i  sesterzii  di  Nerone, 
rappresentanti  il  congiario,  ossia  tutta  la  scena  della  distri- 
buzione di  denaro  o  di  viveri  al  popolo,  e  così  continuano 
anche  sulle  simili  monete  dei  seguenti  imperatori,  nelle  quali 
la  figura  simbolica  della  Liberalità  sta  fra  le  figure  reali  del- 
l'imperatore, del  prefetto  del  pretorio,  di  qualche  soldato  e 
del  popolano  che  ascende  al  palco  imperiale  a  ricevere  il 
dono.  La  scena  del  congiario  è  rappresentata  variamente, 
con  più  o  meno  personaggi;  ma  la  figura  della  Liberalità 
non  vi  manca  mai.  Preest  congìariis  omnibus. 

E  solo  sotto  Adriano  che  scompajono  le  figure  reali  (per 
ricomparire  poi  più  tardi),  e  la  figura  della  Liberalità  cam- 
peggia da  sola,  riassumendo  in  sé  stessa  quello   che  antica- 


374  FRANCESCO    GNECCHI 


mente  si  chiamava  Congiarium  e  più  tardi  prese  il  nome  di 
Largitio.  La  figura  della  Liberalità  dura  fino  ai  tempi  di 
Costantino. 

Parecchi  imperatori  tennero  più  di  una  liberalità,  e  al- 
lora queste  sono  numerate:  Liberalitas  II,  III,  ecc.,  fino  alla 
VI  per  Severo  e  Geta,  fino  alla  VII  per  Marc' Aurelio,  alla 
VIII  per  Adriano,  alla  Villi  per  Antonino  Pio,  Commodo  e 
Caracalla. 

Tipo  comune  della  Liberalità  è  una  matrona  stante  che 
porta  la  tessera  o  tabella  nella  destra  e  il  cornucopia,  tal- 
volta doppio,  nella  sinistra. 

Come  tipo  secondario  si  può  aggiungere  una  figura  fem- 
minile in  atto  di  versare  un  cornucopia  (Antonino  Pio),  tipo 
più  proprio  dell'Abbondanza.  —  Talvolta  poi  è  l'imperatore 
stesso  togato  che  porta  la  tessera,  e  rappresenta  così  la  Li- 
beralità, come  si  vede  su  di  un  denaro  dello  stesso  Antonino. 

LIBERTAS. 

LIBERTAS   (O    LEIBERTAS)   —   AVG,    AVGG,   AVGVSTA,    AVGVSTI    —  P  R.  — 
PVBL1CA   —   RESTITVTA   —   SAECVLI    —   R   XL   (o   XL   r). 

La  personificazione  della  Libertà,  che  bene  si  adattava  alle 
monete  repubblicane,  pare  poco  appropriata  almeno  in  molti 
casi  sulle  imperiali.  Tuttavia  non  la  troviamo  meno  frequen- 
temente in  queste  che  in  quelle,  volendosi  forse  che  l'idea 
della  cosa  supplisse  alla  mancanza  della  realtà. 

Nelle  repubblicane  (come  era  allora  negli  usi)  è  rappre- 
sentata la  sola  testa  della  Libertà,  nuda  o  velata,  mentre 
nelle  monete  imperiali  la  Libertà  è  personificata  in  una  figura 
femminile  di  solito  col  berretto  e  lo  scettro,  raramente  col 
berretto  e  il  cornucopia. 

La  troviamo  per  la  prima  volta,  per  adulazione  quasi 
ironica  del  senato,  sulle  monete  di  bronzo  di  Claudio  C1)  e 
di  Nerone,  giustamente  poi  su  quelle  di  Galba,  di  Vespa- 
siano, di  Trajano,  di  Adriano  e  degli  Antonini;  poi  ricom- 
pare interpolatamente,  ma  abbastanza  frequentemente,  sulle 
monete  di  molti  imperatori  fino  a  Carausio. 


(i)  Non  tengo  conto  di  un  bronzo  ibrido  di  Caligola. 


LE   PERSONIFICAZIONI  ALLEGORICHE   SULLE   MONETE    IMPERIALI     375 

MONETA. 

MONETA   AVG,    AVGG,   AVGGG  (i)  —  AVGVSTI,  AVGVSTORVM  —  CAESARVM 
—   RESTITVTA   —    SACRA    AVGG  ET  CAESS  NOSTR   —  VRBIS  VESTRAE. 

Originariamente  le  monete  a  Roma  erano  fabbricate  nel 
tempio  di  Giunone-Moneta.  Da  qui  il  nome  di  Moneta  venne 
a  significare  la  zecca,  e  tale  appunto  è  il  significato  di 
MONETA  personificata  in  una  matrona  che  tiene  il  cornucopia 
e  le  bilancie,  e  talvolta  versa  dalla  cornucopia  le  monete  nel 
modio  che  le  sta  appiedi.  —  Sovente  la  Moneta  è  rappre- 
sentata da  tre  figure  femminili,  sempre  colle  bilancie  e  il 
cornucopia,  e  appiedi  di  ciascuna  sta  un  mucchio  di  metallo 
per  rappresentare  l'oro,  l'argento  e  il  bronzo. 

Introdotta  da  Domiziano  la  personificazione  della  Mo- 
neta, è  ripetuta  da  molti  imperatori  e  anche  da  parecchie 
auguste,  incominciando  da  Giulia  Domna  e  dalla  tetrarchia 
in  poi  prende  l'epiteto  di  SACRA. 

Alessandro  Severo  è  l'unico  che  abbia  la  leggenda 
MONETA  RESTITVTA;  ma  tale  leggenda,  che  bene  avrebbe 
potuto  appropriarsi  a  parecchi  imperatori,  Nerone,  per  es., 
Aureliano,  Diocleziano,  davvero  non  sappiamo  perchè  l'abbia 
adottata  Alessandro  Severo,  il  quale  nulla  fece  —  almeno 
nel  fatto  —  per  una  riorganizzazione  della  zecca. 

MVNIFICENTIA. 

MVNIFICENTIA    AVG    —     GORDIANI   AVG. 

Fu  sotto  Antonino  Pio  che  venne  introdotto  il  raro  tipo 
della  Munificenza,  il  quale  assai  probabilmente  ebbe  origine 
dai  giuochi  circensi  celebrati  con  una  straordinaria  grandiosità. 
Il  tipo,  diremo  classico,  della  Munificenza  è  rappresentato 
da  una  matrona  colle  insegne  regali,  lo  scettro  e  la  corona 
e  con  un  leone  ai  suoi  piedi.  Ma  in  diversi  bronzi  d'Anto- 
nino è  il  solo  leone  o  un  elefante  che  la  rappresentano,  e 
l'elefante  si  ripete  anche  in  monete  di  Sett.  Severo  e  d'Elio- 
gabalo.  Gordiano  Pio  invece  la  rappresenta  con  una  com- 
pleta scena  di  belve  combattenti  nell'Anfiteatro. 


(1)  Wiczay  pubblica  anche  MONETA  II  AVG  (Sett.  Severo)  e 
MONETAE  AVG  II  (Giulia  Domna);  ma  io  non  l'ho  mai  vista,  e  inclino 
a  credere  a  una  mala  interpretazione. 


376  FRANCESCO   GNECCHI 


NOBILITAS. 

NOBIL1TAS   AVO    O    AVGG. 

La  Nobiltà,  sia  ereditata  per  antichità  e  distinzione  di 
famiglie,  sia  acquisita  per  pubbliche  alte  cariche  occupate, 
era  tenuta  in  grandissimo  pregio  presso  i  Romani;  è  però 
poco  usata  sulle  monete.  Fino  a  Commodo  non  appare,  e 
tosto  ne  abusa  Geta  il  quale  non  si  sa  a  quale  specie  di 
nobiltà  potesse  riferirsi.  Da  Elagabalo  non  figura  più  fino 
ai  Tetrici  e  con  questi  finisce;  notando  che,  invece  della 
Personificazione,  viene  rievocato  il  titolo  di  nobilis  o  nobi- 
lissimus,  per  la  prima  volta  introdotto  da  Filippo  figlio  quale 
Cesare  e  da  Diocleziano  in  poi  è  comune  la  leggenda  di 
NOBILIS  o  NOBILISSIMVS  CÀESÀR,  (N  •  C  o  NOB  •  C)  NOBILIS- 
SIMA FOEMINA  (N  F)  come  troviamo  nelle  monete  di  Elena 
e  di  Fausta. 

La  Nobiltà  è  generalmente  personificata  da  una  donna 
munita  di  un  lungo  scettro  e  del  palladio. 

OPS. 

OPI    AVG   DIV1NAE. 

Una  matrona  seduta  con  due  spighe  nella  destra,  op- 
pure collo  scettro  e  la  destra  alzata  al  disopra  del  capo, 
deve  supporsi  rappresentare  la  Dea  moglie  di  Saturno,  op- 
pure la  Personificazione  della  Ricchezza?  Propenderei  per 
la  seconda  ipotesi;  ma  non  avrei  una  seria  ragione  per 
escludere  la  prima.  Ad  ogni  modo  tale  rappresentazione  è 
assai  rara  e  potrebbe  anzi  dirsi  eccezionale,  non  comparendo 
che  sotto  Antonino  Pio  (col  titolo  di  AVO)  e  sotto  Pertinace 
(col  titolo  di  DIVINA). 

PATIENTIA. 

PATIENTJA    AVGVSTI. 

La  Pazienza  Romana,  come  bene  osserva  il  Vaillant, 
non  va  intesa  nel  senso  cristiano,  ossia  nel  sopportare  con 
forza  e  rassegnazione  le  avversità  della  sorte  o  le  miserie 
della  vita,  bensì  piuttosto  nel  senso  di  perseveranza  nel 
compiere  opere  difficili  o  penose.  Questo  significato   che  ri- 


LE    PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI      377 


sulta  anche  dalla  rappresentazione  stessa  di  una  donna  che 
tiene  uno  scettro  e  indica  la  forza  del  proposito  colla  destra 
distesa,  ben  s'addice  al  grande  Adriano,  su  di  un  unico  e 
raro  denaro  del  quale  troviamo  tale  personificazione  (0. 

PAX. 

PAX  (O  PAXS,  PACI)  —  AETERNA  —  AVG  —  AVGVSTA,  AVGVSTI,  AVGG, 
AVGVSTORVM  —  EQVITVM  —  EXERCH  VS  —  FVNDATA  —  ORBIS 
TERRARVM    —   PERPETVA    —    P   ROMANI    —    PVBLICA. 

Per  quanto  l'impero  romano  fosse  fondato  sulle  guerre 
e  vivesse  delle  guerre,  pure  la  pace  era  tenuta  nel  più  alto 
pregio  e  considerata  appunto  quale  premio  della  guerra  e 
dono  degli  dei,  e  numerosissime  sono  quindi  le  monete  sulle 
quali  la  Pace  è  celebrata. 

Tipo  comune  della  Pace,  che  incomincia  con  Augusto 
e  dura  fino  a  Costantino,  è  una  figura  femminile  seduta, 
stante  o  corrente  col  lungo  scettro  generalmente  portato  di 
traverso,  il  ramo  d'ulivo,  il  cornucopia,  il  caduceo,  l'insegna 
militare,  le  spighe,  la  palma  o  la  corona. 

Troviamo  talvolta  la  Pace  con  una  torcia  in  atto  di  dar 
fuoco  a  un  mucchio  d'armi;  ma  più  spesso  alla  leggenda 
PAX  corrisponde  una  rappresentazione  che  assai  direttamente 
si  collega  colla  guerra,  di  cui  non  poteva  essere,  nel  pen- 
siero romano,  che  la  necessaria  conseguenza. 

In  un  antoniniano  di  Gallieno  colla  leggenda  PAX  FVN- 
DATA ci  si  presenta  un  trofeo  con  due  prigionieri.  In  un 
aureo  di  Costantino  colla  leggenda  PAX  AETERNA  AVG-  N 
sono  raffigurate  due  donne  turrite,  una  delle  quali  presenta 
all'imperatore  una  corona,  l'altra  una  vittoria;  e  in  un  pic- 
colo bronzo  dello  stesso  Costantino  alla  leggenda  PACIS 
FVND(ator)  corrisponde  la  rappresentazione  di  Marte  guer- 
riero che  porta  un  trofeo  e  trascina  un   prigioniero.   Tale  è 


(i)  È  vero  che  Spartiano  racconta  dell'imperatore  Adriano  ■  frigora 
"  et  tempestates  ita  patienter  tulit  ut  nunquam  caput  tegeret  „  ma,  mal- 
grado questa  asserzione  e,  prestandovi  pure  intera  fede,  non  crederei 
dover  attribuire  alla  pazienza  di  Adriano  il  senso  che  siamo  abituati 
attribuire  a  quella  di  Giobbe;  e,  se  è  vero  che  Adriano  andava  sempre 
a  capo  scoperto,   dobbiamo   conchiudere  che  il  coprirlo   gli   dava   noia. 


378  FRANCESCO   GNECCHI 


la  pace  intesa  dai  romani.  E  si  noti,  che,  mentre  la  Vittoria 
è  sovente  accompagnata,  come  vedremo  a  suo  tempo,  da 
un  epiteto  ricordante  il  popolo  vinto,  la  Pace  invece  è 
sempre  accennata  in  senso  generico.  Roma  non  trattava 
la  pace  coll'uno  o  colFaltro  popolo,  ma  l'accordava,  dopo 
la  vittoria,  a  tutto  il  mondo.  Pax  orbi  terrarum! 

Alle  monete  ricordanti  la  Pace  si  riannodano  quelle 
colla  leggenda  ARA  PACIS  (o  semplicemente  PACIS)  e  raffi- 
guranti un'ara,  nelle  quali  la  Pace  assume  un  carattere 
decisamente  religioso. 

Al  quale  proposito  una  osservazione  di  qualche  interesse 
viene  suggerita  da  alcune  monete  di  Salonina  colla  leggenda 
AVG(usta)  IN  PACE  accompagnata  dalla  rappresentazione 
della  Pace  seduta.  È  un  tipo  che  diede  luogo  a  lunghe  di- 
scussioni; e  vi  furono  attribuiti  diversi  significati,  fra  cui 
quello  noto  del  De  Witte,  il  quale  ve  ne  volle  trovare 
uno  religioso-cristiano,  e,  riferendolo  alla  pace  eterna,  ne 
dedusse  che  Salonina  fosse  convertita  alla  nuova  fede.  Tale 
interpretazione  mi  pare  per  lo  meno  stiracchiata  e  assai  più 
ovvia  mi  sembra  quella  di  Angusta  sotto  le  spoglie  della 
Pace.  Questa  darebbe  anche  la  chiave  per  l'interpretazione 
di  altre  monete,  fra  cui  per  es.  alcune  delle  due  Faustine, 
ove  alla  semplice  leggenda  AVG-VSTA  corrisponde  la  rappre- 
sentazione dell'Eternità.  Non  sarebbe  naturale  riconoscere 
che  anche  in  queste  s'è  inteso  rappresentare  l'Augusta  sotto 
le  spoglie  dell'Eternità? 

PERPETVITAS. 

PERPETVITAS    (PERPETVITATI,    PERPETVITATE)    AVG,    AVGG   —   IMP   AVG. 

È  una  personificazione  che  quasi  va  a  confondersi  con 
AETERNITA.S.  Il  tipo  difatti  in  principio,  allorché  viene  intro- 
dotto da  Alessandro  Severo,  è  costituito  da  una  donna  collo 
scettro  e  il  globo,  appoggiata  col  gomito  a  una  colonna 
mentre  nei  bassi  tempi  viene  sostituito  dalla  figura  di  Roma 
nicefora,  tipo  comune  a  rappresentare  appunto  l'Eternità, 
e  precisamente  l'eternità  e  perpetuità  di  Roma. 

E  poi  a  notare  come  in  quest'ultimo  caso,  quando  cioè 
vi  è  rappresentata  Roma,  come  in  un  bronzo   di   Severo  II 


LE   PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE   SULLE   MONETE  IMPERIALI      379 

ed  in  altro  simile  di  Costantino,  la  leggenda  PERPETVITAS 
sia  al  caso  nominativo,  mentre  sulle  monete  portanti  la  per- 
sonificazione allegorica  della  Perpetuità  la  leggenda  che  vi 
si  riferisce  è  talvolta  al  dativo;  ma  più  sovente  all'ablativo. 

Un  altro  caso  di  nominativo  si  verifica  in  un  denaro 
posteriore  all'epoca  che  ci  siamo  imposta,  appartenente  a 
Valentiniàno  II.  In  questo  denaro  (riportato  nel  Cohen  dalla 
Numismatic  Chronicle)  alla  leggenda  PERPETVETAS  (sic)  cor- 
risponde la  rappresentazione  della  Fenice  sul  globo  ;  ciò  che 
dimostra  ancora  come  la  Perpetuità  si  confondesse  in  certo 
modo  coll'Eternità. 

La  Perpetuità  del  resto  non  è  uno  dei  tipi  comuni  nella 
monetazione  romana. 

PIETAS. 

PIETAS  (PIETATl)  —  AVG,  AVGG  —  AVGVSTA,  AVGVSTAE,  AVGVSTI, 
AVGVSTORVM  —  AVGG  ET  CAESS  NN  —  DDD  NNN  —  FALERI  — 
MILITVM  —  MVTVA  —  PVBLICA  —  ROMANA  —  SAECVLI  —  SENATVS. 

La  Pietà,  indicante  l'ossequio  alla  divinità,  la  devozione 
all'imperatore,  l'affezione  fra  gli  augusti,  o  fra  l'augusto  e 
il  popolo,  o,  in  altre  parole,  la  Religione,  formava  grandis- 
sima parte  della  politica  romana  e  quei  savii  reggitori  di 
popoli  tenevano  immensamente  alla  conservazione  di  tale 
indispensabile   elemento  di  governo. 

È  perciò  che  la  raffigurazione  della  Pietà  è  una  delle 
prime  che  l'impero  eredita  dalla  repubblica  e,  come  l'impe- 
ratore conserva,  da  Antonino  in  poi,  il  titolo  di  PIVS,  così 
sulle  monete  è  conservata  gelosamente  e  abbondantemente 
la  rappresentazione  della  Pietà,  quasi  senza  interruzione  fino 
alla  fine;  riferendosi  ora  all'imperatore,  all'imperatrice  o  alla 
famiglia  imperiale,  ora  al  senato,  all'esercito,  a  Roma  e  in 
generale  al  pubblico. 

Tipi  della  Pietà  sono:  una  matrona  raramente  seduta, 
ma  quasi  sempre  stante  e  sovente  velata,  con  una  patera  e 
uno  scettro;  rarissimamente  colle  insegne  militari  quando  è 
riferita  all'esercito.  Spesso  sta  vicina  ad  un'ara  sulla  quale 
talvolta  versa  la  patera  o  pone  dell'incenso.  Talvolta  alza 
una  mano  o  ambe  le  mani   al    cielo,    talvolta    infine    la    sua 

49 


380  FRANCESCO   GNECCHI 


personificazione  rassomiglia  assai  a  quella  della  Fecondità, 
avendo  tre  o  quattro  bambini  in  collo  o  vicino  a  lei. 

Talvolta  è  un  tempio  che  simboleggia  la  Pietà  o  sem- 
plicemente gli  istrumenti  da  sacrificio,  il  che  è  di  facile  spie- 
gazione ;  ma  occorre  anche  il  caso  in  cui  la  leggenda  Pietas 
corrisponda  alla  rappresentazione  di  Mercurio  —  e  non  certo 
per  errore  perchè  si  ripete  troppe  volte  —  combinazione  di 
cui  non  riesco  ad  afferrare  nettamente  il  significato. 

Sotto  Balbino  e  Pupieno  le  due  destre  unite  che  hanno 
le  leggende  CARITAS  MVTVA,  FIDES  MVTVÀ  e  AMOR  MVTVVS, 
hanno  pure  PIETAS  MVTVA. 

PROV1DENTIA. 

PROVIDENTIA    (PROVIDENTIAE)    —   AVG,  AVG  N,  AVGVSTI,    AVGG  —  CAESS 
—    DEORVM    —    PROBI   AVG   NOSTRI    —    SENATVS. 

La  Provvidenza  divina  si  unisce  e  si  confonde  quasi 
presso  i  Romani  colla  imperiale,  o,  per  meglio  dire,  inco- 
minciata coll'aureola  della  divinità,  diventa  a  poco  a  poco 
imperiale.  La  leggenda  PROVIDENTIA  è  introdotta  per  la 
prima  volta  sulle  monete  senatoriali  d'Augusto,  accompagnata 
dalla  rappresentazione  di  un'ara  accesa,  e  tale  la  troviamo 
ripetuta  sulle  monete  di  Vitellio,  di  Vespasiano  e  de'  suoi  figli. 

Sotto  Tito  però  la  rappresentazione  muta  e  subisce  nel 
suo  significato  una  prima  evoluzione.  Qui  sono  i  due  impe- 
ratori, Tito  e  Vespasiano  di  fronte,  di  cui  l'uno  presenta  al- 
l'altro un  globo.  Con  Trajano  la  personificazione  della  Provvi- 
denza prende  il  suo  vero  carattere,  ed  è  rappresentata  da  una 
figura  femminile  collo  scettro,  spesso  appoggiata  a  una  co- 
lonna, e  con  un  globo  ai  suoi  piedi,  che  sovente  essa  indica 
con  una  bacchetta.  Questo  è  il  tipo  che  più  comunemente 
troviamo  sulle  monete  di  moltissimi  imperatori  fino  a  Costan- 
tino; il  che  però  non  toglie  che  altri  tipi  vi  si  innestino  a 
sostituirlo  o  per  lo  meno  a  modificarlo.  Sotto  Adriano  la 
Provvidenza  pare  sia  ancora  quasi  completamente  riferibile 
agli  dei,  tanto  che  in  qualche  moneta  prende  il  titolo  di 
PROVIDENTIA  DEORVM,  colla  rappresentazione  dell'imperatore 
togato  che  riceve  uno  scettro  portatogli  da  un'aquila,  e 
quindi  evidentemente  ab  Jove.  —  La  medesima  leggenda 
sotto   Antonino   accompagna   la   rappresentazione  di  un  fui- 


LE    PERSONIFICAZIONI   ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI      381 

mine,  altro  simbolo  di  Giove.  Ma  col  regno  di  Commodo  la 
Provvidenza  scende  dall'olimpo  e,  facendosi  terrena,  si  ri- 
ferisce ai  grani  che  l'imperatore  fa  venire  dall'Africa,  si 
confonde  quasi  colPAnnona  ed  è  rappresentata  ora  da  una 
trireme,  ora  dall'Africa  stessa  che  si  incontra  con  Ercole, 
e  non  si  saprebbe  dire  se  più  relazione  abbia  ormai  colla  di- 
vinità oppure  coll'imperatore.  I  simboli  e  gli  emblemi  vanno 
grado  grado  modificandosi.  Lo  scettro  e'  il  globo  che  da 
principio  formavano  il  tipo  vero  della  Provvidenza,  sono  a 
poco  a  poco  sostituiti  da  un  cornucopia,  da  una  patera,  da 
un  aratro,  da  un  timone  di  nave,  da  due  spighe  o  anche 
da  un'  insegna  militare.  Settimio  Severo  e  Caracalla  rappre- 
sentano la  Provvidenza  colla  testa  di  Medusa,  Gallieno  con 
Mercurio,  Aureliano  finalmente  con  Venere.  E  la  Provi- 
dentia  Deorum  si  trasforma  finalmente  in  Providentia  Senatns 
e  Providentia  Probi  aug  nostri. 

PVDICITIA. 

PVDJC1TIA   (PVD1CITIAE)   —   AVG,    AVGG,    AVGVSTVE. 

La  virtuosa  Plotina  è  la  prima  sulle  cui  monete  è  rap- 
presentato il  Pudore,  in  un  bel  denaro  d'oro  e  d'argento  che 
porta  la  scritta  ARA  PVDIC 

Ma  subito  dopo  adottano  tale  emblema  Adriano  e  Sa- 
bina ;  malgrado  che  quest'ultima,  poco  felice  nel  suo  matri- 
monio e  probabilmente  anche  poco  corretta,  avesse  i  sonni 
turbati  dallo  spettro  di  Antinoo.... 

E  poi  l'adottano  non  solo  le  poche  auguste  che  pote- 
vano onorarsene  ;  ma  altresì  le  molte  per  le  quali  non  po- 
teva suonare  che  ironia. 

Secondo  le  nostre  idee,  il  Pudore  si  direbbe  virtù  piut- 
tosto femminile  che  maschile  e  a  noi  parrebbe  —  non  so 
se  a  ragione  o  a  torto  —  che  tale  emblema  dovesse  essere 
stato  adottato  solamente  per  le  auguste,  e  ci  riesce  quindi 
strano  il  vederlo  raffigurato  anche  sulle  monete  di  parecchi 
imperatori.  Se  si  trattasse  solo  di  Trajano  Decio,  Erennio 
Etrusco,  Ostiliano,  Treboniano  Gallo  e  Gallieno  (')  saremmo 


(1)  Tralascio  due  denari,  barbaro  l'uno  e  suberato  l'altro,  di  Settimio 
Severo  e  Gordiano  che  non  possono  formar  base  di  giudizio. 


382  FRANCESCO   GNECCHI 


quasi  tentati  di  supporre  che  le  loro  monete  portanti  tale 
impronta  fossero  ibride,  fatte  cioè  coi  conii  d'  Etruscilla  pei 
primi  e  di  Salonina  per  Gallieno  ;  ciò  che  non  desterebbe 
molta  meraviglia  dati  i  tempi  non  troppo  regolari  per  la  mo- 
netazione. Ma  abbiamo  i  denari  d'Adriano  (proprio  d'Adriano!); 
i  quali  non  possono  lasciare  alcun  dubbio.  Sono  parecchi  i 
suoi  denari  su  cui  figura  il  Pudore,  e  fra  gli  altri  ve  n'ha 
uno  il  quale  con  tale  rappresentazione  e  la  leggenda  PVDIC 
nel  campo,  porta  la  leggenda  circolare  PM  TR  P  COS  III, 
la  quale  non  può  non  riferirsi  ad  Adriano,  non  essendo 
questa  l'epoca  delle  leggende  scorrette. 

Dobbiamo  quindi  ritenere  regolari  anche  tutte  le  monete 
dei  sopra  citati  imperatori,  quantunque  non  ci  riesca  che  fino 
a  un  certo  punto,  di  afferrarne  il  significato. 

Il  Pudore  è  rappresentato  da  una  donna  stante  o  seduta 
ravvolta  nella  propria  veste,  sovente  in  atto  di  coprirsi  con 
un  velo  il  viso  o  il  seno,  oppure  colla  mano  alla  bocca  o  al 
seno,  e  generalmente  porta  lo  scettro.  Qualche  volta  ha  seco 
qualche  bambino,  talvolta  è  in  atto  di  sacrificare  su  di  un'ara. 

La  sua  figura  è  sempre  sola  sulle  monete;  ma  su  qualche 
raro  medaglione,  il  Pudore  si  trova  in  compagnia  della  Fe- 
licità, della  Sicurezza  o  dell'Abbondanza. 

Su  di  un  gran  bronzo  della  mia  collezione,  trovato  lo 
scorso  anno  a  Roma  i1)  e  che  credo  unico,  di  Faustina  gio- 
vane colla  leggenda  PVDICITIÀ,  la  figura  seduta  e  velata 
tiene  due  spighe.  Probabilmente  si  intese  di  rappresentare 
il  Pudore  sotto  le  apparenze  della  Casta  Cerere. 

QVIES    -    REQVIES. 

QVIES   AVG,   AVGG,   AVGVSTORVM  —   REQVIES  OPTIMORVM    MERITORVM. 

Una  donna  stante  con  un  ramo  abbassato  e  uno  scettro 
raffigura  il  Riposo  (QVIES)  il  quale  è  pure  rappresentato 
dall'  imperatore  seduto  in  sedia  curule  colla  destra  alzata  e 
collo  scettro  (REQVIES). 

Questi  tipi  non  sono  adottati  che  da  Claudio  Gotico, 
Diocleziano,  Massimiano,  Ercole  e  Costanzo  Cloro. 


(1)  Vedi  Appunti  di  Num.  Romana,  n.  LXVI. 


LE  PERSONIFICAZIONI  ALLEGORICHE   SULLE   MONETE   IMPERIALI      383 


SALVS. 

SALVS  (SALVTi)  —  AVG,  AVGG,  AVGG  —  AVGG  ET  CAESS  NN  —  AVG 
NOSTRI  —  AVGVSTA,  AVGVSTI  —  DD  NN  AVGG  ET  CAESS  —  DD 
NN  —  EXERCITVS  —  GEN  (O  GENERIS)  HVMANI  —  ITAL  —  MILITVM 
—    POSTVMI   AVG    —    PROVINCIARVM     —    PVBLICA   —    REIPVBLICAE. 

Anche  la  Salute  è  una  delle  rappresentazioni  molto  an- 
tiche e  l'impero  non  fa  che  continuarne  l'uso  già  introdotto 
dalla  repubblica.  Per  l'ultima  volta  con  Livia  della  Salute 
non  è  rappresentata  che  la  testa  ;  poi  subito  sotto  i  primi 
imperatori  viene  adottata  la  vera  Personificazione  consistente 
in  una  figura  femminile  stante,  seduta  o  appoggiata  a  una 
colonna,  che  il  più  delle  volte  è  in  atto  di  nutrire  un  ser- 
pente, il  quale  talora  sta  fra  le  sue  braccia,  talora  si  svolge 
da  un'ara,  e  da  un  albero.  Altre  volte  la  raffigurazione  è 
meno  precisa  e  gli  emblemi  sono  quelli  appartenenti  ad  altre 
Personificazioni  e  in  ispecie  alla  Pietà,  forse  a  significare  che 
la  salute  è  un  dono  degli  Dei.  Tale  p.  es.  la  patera  versata 
su  di  un'ara  accesa,  lo  scettro,  il  timone  di  nave,  le  spighe,  ecc. 

Talvolta  anche  la  Salute  è  rappresentata  da  un  altare. 
Talvolta  invece  è  Esculapio  che  la  rappresenta. 

Ma  la  Salute  che  il  più  delle  volte  è  presa  nel  senso 
materiale  di  Salute  fisica,  alla  quale  i  Romani  ben  giusta- 
mente davano  una  enorme  importanza,  come  lo  provano  al- 
cune monete  coniate  in  memoria  della  ricuperata  salute  del- 
l' imperatore,  è  talvolta,  o  almeno  può  essere,  intesa  anche 
in  senso  traslato.  Tale  è  la  SALVS  GENERIS  HVMANI  rappre- 
sentata generalmente  da  una  Vittoria,  la  SALVS  EXERCITVS 
o  MILITVM,  la  SALVS  PROVINCIARVM  di  Postumo  a  cui  cor- 
risponde la  figura  del  Reno,  nei  quali  casi  non  si  saprebbe 
dire  precisamente  se  è  il  senso  concreto  o  il  senso  traslato 
che  debba  essere  inteso. 

La  parola  SALVS  è  poi  destinata  a  esprimere  un  signi- 
ficato assolutamente  astratto  quando  ai  bassi  tempi  in  qualche 
aureo  d'Olibrio  SALVS  MVNDI  è  scritto  intorno  al  simbolo 
della  croce. 

SALVS  è  fra  le  personificazioni  più  comuni  sulle  monete 
imperiali. 


384  FRANCESCO    GNECCHI 


SECVRITAS. 

SECVRITAS  (SECVRITATl)  AVO,  AVGG,  AVGVSTI  IMPERI!  —  IMP  GERMAN 
(Vitellio)  —  ORBIS  —  PERPETVA  —  POPVLI  ROMANI  —  PVBLICA 
—    REIPVBLICAE    —    ROMAE    —    SAECVLI    —    TEMPORVM. 

La  Sicurezza,  altra  fra  le  più  usitate  personificazioni, 
incomincia  diremo  egoisticamente  con  Nerone,  sulle  cui  mo- 
nete è  sempre  scritto  chiaramente  in  tutte  lettere  SECVRITAS 
AVGVSTI  mentre  subito  in  quelle  di  Galba  è  riferita  al  pò- 
polo, SECVRITAS  P  ROMANI.  In  seguito  è  adottata  da  gran 
numero  di  imperatori  riferendosi  ora  all'imperatore,  ora  al 
popolo  romano,  ora  all'orbe  intero. 

Diversi  sono  i  tipi  che  la  rappresentano,  ma  il  più  co- 
mune è  quello  di  una  matrona  stante  o  seduta,  nell'atto  di 
riposo  di  chi  ha  nulla  a  temere.  Provvista  di  uno  scettro  o 
di  una  patera  o  un  cornucopia,  una  corona,  una  palma  o 
un  globo,  la  matrona  o  è  in  piedi  appoggiata  a  una  colonna 
colle  gambe  incrociate,  la  destra  alzata  al  disopra  della  testa, 
o  seduta  col  gomito  appoggiato  alla  spalliera  della  sedia 
in  atto  di  sostenersi  il  capo.  Spesso  presso  di  lei  un'ara,  a 
cui  sovente  è  appoggiata  una  torcia. 

La  Sicurezza  pareggiata  quasi  alla  Pace,  è  talvolta  rap- 
presentata da  Pallade  (Caracalla),  altre  volte  la  leggenda 
SECVRITAS  accompagna  la  rappresentazione  dell'imperatore 
in  quadriga  con  un  ramo  d'alloro  (Licinio  padre). 

Ai  tempi  di  Costantino  la  Sicurezza  viene  ancora  a  con- 
fondersi colla  Pace  e  troviamo  rappresentato  l'imperatore 
in  atto  di  erigere  o  di  coronare  un  trofeo. 

E  andando  più  in  là  dei  tempi  costantiniani,  troviamo  nei 
medii  bronzi  di  Giuliano  l'Apostata  colla  leggenda  SECVRITAS 
REIPVBLICAE  la  rappresentazione  di  un  toro,  il  quale  forse 
richiamava  il  Bue  Api,  o  con  maggiore  probabilità  una  vittima 
da  sacrificio.  E  in  un  piccolo  bronzo  d'Anniballiano  colla  leg- 
genda SECVRITAS  PVBLICA  la  raffigurazione  dell'Eufrate. 

SPES. 

SPES  (SPEI)  -  AVG,  AVGG,  AVGGG  —  AVGVSTA,  AVGVSTI,  AVGVSTOR  — 
FELICITATA  ORBIS  —  P  R  —  PROBI  AVG  —  PVBLICA  —  R  P,  REI- 
PVBLICAE  —   BONA    SPES,    BONAE   SPEI    —    SPES   FIRMA. 

Chi  si  accinge  a  grandi  opere  non  lo  può  fare  senza 
essere  animato  dalla  speranza  del  successo.  Era  dunque  in- 


LE    PERSONIFICAZIONI    ALLEGORICHE   SULLE    MONETE    IMPERIALI     385 


dispensabile  la  Speranza  ai  romani,  e  perciò  fu  collocata 
fra  le  divinità.  Claudio  l'introduce  sulle  monete  e  vi  resta 
fino  all'epoca  costantiniana,  conservando  con  grande  rego- 
larità il  suo  tipo;  una  giovane  donna  in  abito  discinto,  che 
porta  un  fiore  (simbolo  della  speranza  perchè  dal  fiore  il 
frutto  C1))  in  atto  di  camminare  sollevandosi  la  veste. 

Talvolta  la  Speranza  è  al  cospetto  di  tre  militi  (Vespa- 
siano, Aless.  Severo). 

In  qualche  rarissimo  caso  la  giovane  donna  è  sostituita 
da  una  figura  maschile  nel  medesimo  atteggiamento  (Aless. 
Severo). 

Rarissimo  anche  il  caso  in  cui  alla  leggenda  SPES  PV- 
BLICA  corrisponde  un  tempio  (Erennio)  che  dobbiamo  sup- 
porre eretto  alla  Speranza. 

Al  tempo  di  Costantino,  mutati  i  tempi,  mutate  le  cre- 
denze, mutata  la  religione,  vediamo  a  questa  medesima  leg- 
genda servire  di  simbolo  il  labaro  col  monogramma  di  Cristo. 

TRANQVILLITAS. 

TRANQVILLITAS   AVG,    AVGG. 

Quattro  soli  imperatori  adottano  questa  personificazione 
la  quale  molto  si  avvicina  nel  significato  e  negli  attributi 
alla  SECVRITÀS,  e  si  può  dire  non  abbia  un  tipo  veramente 
proprio.  Presso  Adriano  e  Antonino  Pio  il  tipo  è  quello 
della  Sicurezza,  donna  stante,  talvolta  turrita,  collo  scettro, 
oppure  con  un  timone  e  due  spighe,  appoggiata  a  una 
colonna.  Presso  Filippo  Padre  e  Tacito  è  rappresentata  come 
la  Felicità  con  un  drago  e  lo  scettro. 

VBERITAS. 

VBERTAS   (O    VBERITAS)    —    AVG,    AVGG    —    SAECVLI. 

La  Personificazione  della  Fertilità  della  terra  non  inco- 
mincia ad  apparire  sulle  monete  che  al  tempo  di  Trajano 
Decio,  e  dura  saltuariamente    fino    a    Costantino.    È   simbo- 


(1)  Invece  di  un  fiore  potrebbe  essere  anche  una  specie  di  trifoglio, 
le  prime  foglie  cioè  sbucciate  da  tra  seme;  il  che  in  qualche  modo  cor- 
risponderebbe al  nostro  "  verde  della  speranza  „. 


386  FRANCESCO   GNECCHI 


leggiata  da  una  donna  che  tiene  un  cornucopia  nella  sinistra 
e  nella  destra  un  oggetto  indistinto,  nel  quale  molti  videro 
una  borsa,  ma  che  parrebbe  più  razionale  interpretare  per 
un  grappolo  d'uva  o  forse  anche  per  una  poppa  di  vacca, 
come  vorrebbe  Cavedoni.  Difatti  a  tale  leggenda  in  alcune 
monete  di  Carausio  corrisponde  appunto  una  vacca  munta 
da  una  donna,  ed  è  questa  forse  la  volta  che  anche  il  bar- 
baro Carausio  il  quale,  come  abbiamo  osservato  in  principio, 
non  fa  legge  C1),  ne  ha  azzeccata  una. 

VICTORIA. 

VICTORIA  (VICTORIAE)  —  AVG,  AVG  NOSTRI,  AVGG,  AVGG  NN  (o  NO- 
STRORVM),  AVGG  ET  CAESS  NN  —  DD  NN  AVGG.  AVG  I,  II,  III,  VI, 
VII,  Vili,  Villi  —  AVGVSTORVM  CAESS,  CAESS  NN,  BEATISSIMORVM 
CAESS  —  AETERNA  —  COMES  AVG  —  EXERCITVS  —  FELIX  —  IM- 
PERII    ROMANI   —   IVST.    AVG    —    LAETA    —    LEG(Ìonum)    —    LIBERA 

—  MAXIMA  —   NAVALIS  —  PERPETVA  —  PNINCIPVM  —  BRITANNICA 

—  carpica  —  gallica  —  germanica  —  G(ermanica)  M(axima) 

—  GOTHICA  —  PARTHICA  —  PARTHICA  MAXIMA  —  PERSICA  PON- 
THICA  —  SARMATICA  —  ALEXANDRI  AVG  N  —  ANTONINI  AVG  — 
CONSTANT  AVG  (Costanzo  Cloro)  CONSTANTINI  AVG  —  CONSTANTINI 
CAES  —  CRISPI  CAES  —  GALLIENI  AVG  —  GORDIANI  AVG  —  IMP 
GERMANICI  (Vitellio)  —  IMP  VESPASIANI  —  MAXIMINI  AVG  — 
OTHONIS   —   PROBI   AVG    —    SEVERI   AVG. 

È  troppo  naturale  che  la  Vittoria  dovesse  fornire  uno 
dei  contingenti  più  copiosi,  più  varii,  più  continui  alla  mone- 
tazione romana,  e  tale  è  il  fatto.  Essa  vi  figura  assai  abbon- 
dantemente ;  appare  al  principio  deir  impero,  assume  nume- 
rosissime denominazioni,  e  la  serie  è  continuata  anche  assai 
oltre  l'epoca  costantiniana,  anche  quando  il  nome  di  Vittoria 
era  diventato  un  non  senso. 

La  Vittoria  è  generalmente  rappresentata  con  una  figura 
femminile  seminuda  e  alata,  in  diversi  atteggiamenti;  stante, 
seduta  su  di  una  corazza  o  degli  scudi,  in    atto    di    cammi- 


(1)  Difatti  questa  medesima  leggenda  VBERITAS  la  ritroviamo 
sulle  monete  dello  stesso  Carausio  con  altri  tipi,  per  esempio  con  quello 
di  una  donna  che  dà  la  mano  a  un  soldato,  la  quale  scena,  a  quanto 
pare,  ben  poco  ha  a  che  fare  colla  Fertilità. 


LE    PERSONIFICAZIONI  ALLEGORICHE    SULLE   MONETE   IMPERIALI      387 

nare,  di  correre  o  di  volare,  oppure  in  biga  o  in  quadriga 
veloce,  e  i  suoi  attributi  sono  la  palma,  la  corona  o  la  ghir- 
landa, lo  scettro,  il  ramo  d'alloro,  lo  scudo,  lo  stendardo  o 
il  trofeo.  Talora  essa  sta  coronando  un  trofeo  o  scrivendo 
su  di  uno  scudo  parole  indicanti  vittorie  o  voti.  Sovente  si 
vedono  uno  o  due  prigionieri  ai  suoi  piedi,  oppure  ne  tra- 
scina uno  essa  stessa  pei  capelli.  Talora  la  Vittoria  offre  una 
corona  all'  imperatore  o  !'  incorona  o  precede  la  sua  caval- 
catura o  ne  conduce  la  quadriga  trionfale,  o  l'accompagna, 
incoronandolo,  sul  medesimo  carro. 

Non  è  raro  il  caso  in  cui  siano  rappresentate  due  Vit- 
torie erigenti  un  trofeo  o  in  atto  di  sostenere  insieme  uno 
scudo  o  di  appenderlo  a  un  palmizio.  Su  qualche  moneta 
sono  rappresentate  anche  tre  Vittorie. 

La  Vittoria  poi,  come  naturale,  viene  frequentemente 
associata  al  nome  di  un  imperatore,  VICTORIA  OTHONIS, 
VICTORIA  CONSTANTINI,  o  prende  il  nome  dal  popolo  vinto 
VICTORIA  GERMANICA,  VICTORIA  PARTICA,  ecc.,  ecc.,  e  così 
sono  numerosissimi  gli  epiteti  che  le  vengono  attribuiti,  più 
numerosi  che  a  qualunque  altra  Personificazione. 

VIRTVS. 

VIRTVS  (VIRTVTI,  VIRTVTE)  —  AEQV1TVM  (o  EQVITVM)  —  AETERNA  — 
AVG,  AVGG,  AVG  N,  AVGGG,  AVGG  ET  CAESS  —  AVGVSTORVM , 
AVGVSTORVM  NN  —  CAESARIS,  CAESARVM  —  CARI  AVG,  CARI  INVICTI 
AVG  —  CLAVDI  AVG  —  CONSTANTINI  CAES  —  DN  CONSTANTINI  AVG 
—   FALERI     (VALERI  ?)     —    GALL1ENI     AVG     —     HERCVLI     CAESARIS 

(Costanzo  Cloro)  —  hercvlis  (Massimiano)  —  postvmi  avg  — 

PROBI  AVG  —  EXERCITVS,  EXERCITI,  EXERCITVVM  —  EXERCITVS 
GALL  —  EXERCITVS  ROMANI,  ROMANORVM  —  ILLIRICI  —  INVICTI 
AVG    —    MILITVM    —    MILITVM   DD    NN    —    PERPETVA. 

Su  alcune  monete  d'oro  e  d'argento  (Galba,  Gallieno,  ecc.) 
è  rappresentata  la  testa  del  Valore  coll'elmo,  oppure  di  Marte 
giovane.  Ma  questo  è  un  ritorno  all'antica  usanza  repub- 
blicana. 

Un  milite  coll'asta  e  lo  scudo  oppure  colla  spada,  ge- 
neralmente col  piede  destro  appoggiato  su  di  un  elmo,  è 
la  più  comune  e  tipica  rappresentazione  del  Valore,  il  quale 
ha  una  grandissima  parte  nelle  raffigurazioni   che  illustrano 

50 


388  FRANCESCO    GNECCHI 


tutta  la  serie  monetaria  imperiale.  Il  milite  però  molte  volte 
è  sostituito  da  Marte  o  da  Roma  in  abito  militare  e  questa  ora 
è  ritta  in  piedi  ora  è  seduta  su  di  una  corazza  o  delle  armi, 
sempre  col  piede  appoggiato  sopra  un  elmo  che  le  serve 
di  sgabello.  La  personificazione  del  Valore  è  introdotta  da 
Galba  e  dura,  accentuandosi  anzi  sempre  più  col  progredire 
dei  tempi,  fino  a  Costantino  ed  oltre.  Sul  principio  il  Valore 
è  talvolta  accompagnato  dall'Onore  (v.  HONOS)  e  su  di  un 
aureo  di  Trajano  lo  troviamo  in  compagnia  della  Felicità  ; 
ma  il  più  delle  volte  è  rappresentato  solo,  e  nei  tipi  semplici 
sopra  descritti  e  in  molti  altri  modi  più  complessi.  Marte  in 
tutte  le  guise,  con  trofei  e  prigionieri,  l' imperatore  a  piedi 
o  a  cavallo  in  atteggiamento  di  trionfo,  di  vittoria  o  di  bat- 
taglia, ora  in  atto  di  atterrare  uno  o  più  nemici,  ora  di  ab- 
battere belve  feroci,  Romolo  che  cammina  con  un'asta  e  un 
trofeo,  Ercole  nelle  diverse  sue  imprese,  Vulcano  e  Minerva, 
una  Vittoria  che  corona  Y  imperatore,  un  trofeo,  un  leone, 
sono  altrettante  rappresentazioni  che  corrispondono  alla  leg- 
genda VIRTVS. 

Da  ultimo  poi,  ossia  a  partire  dal  regno  di  Postumo, 
viene  adottata  una  nuova  espressione  del  Valore,  senza  una 
speciale  raffigurazione.  Su  moltissime  monete  del  terzo  se- 
colo, qualunque  sia  la  rappresentazione  del  rovescio,  tro- 
viamo al  dritto  le  leggende  VIRTVS  POSTVMI,  VIRTVS  FLO- 
RIANI,  VIRTVS  PROBI.  L'idea  del  valore  resta  così  identificata 
col  nome  dell'  imperatore.  La  sua  personificazione  avviene 
neir  imperatore  stesso. 


Francesco  Gnecchi. 


COSTANTINO  II  AVGVSTO 


A  torto  la  maggior  parte  dei  collezionisti  di 
monete  imperiali  ne  considera  solo  il  lato  artistico 
trascurandone  quello  storico.  Tale  deplorevole  si- 
stema, ebbe  per  risultato  la  indifferenza  verso  le 
monete  di  poco  pregio  artistico  come  quelle  del  IV  se- 
colo, e  conseguentemente  ne  derivò  la  incertezza  che 
sui  testi  fondamentali  di  numismatica  regna  ancora 
circa  l'attribuzione  di  monete  ad  imperatori  omonimi. 
Il  Cohen  ci  dà  un  esempio  di  questa  trascuratezza: 
diffatti  se  egli  ritenne  necessario  diffondersi  nei  mi- 
nimi particolari  per  insegnare  a  distinguere  le  mo- 
nete di  Caracalla  da  quelle  di  Eliogabalo,  per  quelle 
dei  due  Massimiani  si  limitò  ad  una  dissertazione 
inconcludente  lasciando  sussistere  la  confusione  pri- 
mitiva, e  pei  due  Costantini  I  e  II  credè  degne  di 
studio  soltanto  le  monete  d'oro  e  d'argento  ed  i  me- 
daglioni, trascurando  le  monete  di  bronzo  che  for- 
mano la  parte  più  numerosa. 

È  quindi  necessario  stabilire  una  distinzione  tra 
i  due  Costantini  Augusti  specialmente  per  ciò  che 
riguarda  le  monete  di  bronzo,  e  allo  scopo  di  col- 
mare meno  imperfettamente  che  sia  possibile  questa 
lacuna  abbiamo  creduto  utile  pubblicare  il  risultato 
delle  osservazioni  da  noi  fatte  basandoci  esclusiva- 
mente sulle  monete.  Avvertiamo  però  che  non  si 
tratta  di  cosa  interamente  nuova  poiché  altri  tratta- 
rono già  in  parte  questo  argomento  (*). 


(i)  Il  Voetter  nel  suo  articolo  :  I  Simboli  Cristiani  sulle  monete  ro- 
mane, stabilisce  la  differenza  fra  le  monete  dei  due  Costantini  Augusti 
coniate  nelle  zecche  di  Aquileia  e  di  Arelate.  Vedi  Numismatische  seil- 
schrift,  anno  1892. 


9 

390  L.   LAFFRANCHI    E    P.    MONTI 

L'opera  del  Cohen,  come  già  dicemmo,  se  per 
le  monete  di  Costantino  II  col  titolo  di  Augusto  è 
abbastanza  completa  nell'oro  e  nell'argento,  nel 
bronzo  si  limita  ai  n.  133  e  182  che  hanno  la  leggenda 
del  diritto  VIC  CONSTANTINVS  AVG  ed  al  n.  121  che  ha 
CONSTANTINVS  IVN  AVG,  perchè  le  qualifiche  di  Victor 
e  di  Iunior  rendono  evidente  l'attribuzione  al  secondo 
Costantino.  Ma  per  le  altre  monete  portanti  il  sem- 
plice nome  di  Costantino,  senza  nessuna  qualifica  o 
prenome,  egli  non  si  curò  di  stabilire  alcuna  distin- 
zione e  le  attribuì  in  blocco  a  Costantino  I.  Le  nostre 
osservazioni  ci  hanno  invece  dimostrato  che  delle  mo- 
nete col  I#  GLORIA  EXERCITVS  al  tipo  di  una  sola  insegna 
tra  due  soldati,  la  maggior  parte  appartengono  a 
Costantino  II,  e  non  solo  gli  appartengono  tutte 
quelle  col  semplice  nome  di  Costantino  senza  alcuna 
qualifica,  ma  gli  appartengono  in  buona  parte  anche 
quelle  col  titolo  di  Massimo,  il  che  sembrerà  incre- 
dibile a  coloro  che  sono  profani  alla  numismatica 
costantiniana.  Cosicché  di  tutte  le  varietà  descritte 
dal  Cohen  ai  numeri  245,  246,  247,  248,  249,  250, 
251,  252  i  primi  cinque  e  l'ultimo  appartengono  in- 
teramente a  Costantino  II,  mentre  i  numeri  250,  251 
comprendono  monete  di  ambedue  i  Costantini. 

Prima  però  di  passare  alla  descrizione  delle 
monete,  spiegheremo  quali  sono  gli  elementi  che 
servono  alla  distinzione  fra  i  due  Costantini. 

i.°  La  Storia.  —  Alla  morte  di  Costantino 
Magno  avvenuta  nel  maggio  337  si  procedette  ad 
una  divisione  dell'impero  per  effetto  della  quale  oltre 
che  ai  figli  una  parte  toccò  anche  ai  nipoti  Delmazio 
ed  Anniballiano.  Però  i  figli  Costantino  II,  Costante 
e  Costanzo  II  non  presero  il  titolo  di  Augusti  che 
nel  settembre  ;  in  questo  frattempo  essi  provocarono 
una  sollevazione  militare  per  cui  Delmazio  ed  Anni- 
balliano furono  spogliati    della  loro  parte  ed  uccisi, 


COSTANTINO    II   AVGVSTO  39I 

Procedutosi  ad  una  nuova  divisione  dell'  impero,  a 
Costantino  II  toccarono  la  Gallia,  la  Spagna  e  la 
Britannia  colle  zecche  di  Treviri,  Lugdunum  ed  Arelate, 
a  Costante  toccò  l'Italia,  l'Illirico  e  l'Africa  colle 
zecche  di  Roma,  Aquileia,  Siscia  e  Tessalonica,  Co- 
stanzo II  ebbe  l'Oriente  e  l'Egitto  colle  zecche  di 
Heraclea,  Costantinopoli,  Cizico,  Nicomedia,  Antiochia, 
Alessandria.  Costantino  II,  il  maggiore  dei  fratelli, 
che  aveva  fama  di  valoroso  per  essersi  già  distinto 
nelle  guerre  coi  Franchi,  gli  Alemanni  ed  i  Goti,  sì 
da  riceverne  il  titolo  di  Victor  che  compare  sulle 
monete,  non  si  tenne  pago  della  parte  avuta  e  divisò 
di  pigliarsi  le  provincie  appartenenti  a  Costante,  il 
minore  dei  fratelli.  Perciò  fingendo  di  recarsi  in 
Oriente  ad  aiutare  Costanzo  II  che  combatteva  contro 
i  Goti,  invase  l'Italia  Superiore.  Presso  Aquileia  av- 
venne la  battaglia  che  fu  sfavorevole  a  Costantino, 
il  quale  rimase  sconfitto  ed  ucciso,  in  età  di  24  anni. 
Questo  avveniva  nell'aprile  del  340.  Alla  sua  morte 
i  suoi  stati  passarono  in  potere  di  Costante. 

La  Storia  quindi,  se  non  ci  insegna  a  distinguere 
le  monete  dei  due  Costantini  può  servire  però  d'in- 
stradamento  mostrandoci  che  Costantino  II  portò  il 
titolo  di  Augusto  per  ben  tre  anni  (337-340)  durante 
i  quali  le  sue  monete  di  bronzo  dovettero  essere  co- 
niate in  gran  quantità,  e  necessariamente  non  pos- 
sono limitarsi  ai  n.  121,  133  e  182  del  Cohen,  ma 
devono  esistere  tante  varietà  di  conio,  quante  ne 
esistono  per  Costanzo  II  e  Costante  che  regnarono 
contemporaneamente  a  Costantino  IL 

2.0  Ly Iconografia.  —  La  fisionomia  di  Costan- 
tino Magno  è  così  caratteristica  che  a  tutti  coloro  i 
quali  ebbero  qualche  dimestichezza  colle  sue  monete 
è  rimasta  impressa  nella  mente  e  tutti  ebbero  agio 
di  osservare  che,  quantunque  si  tratti  di  un'epoca  di 
decadenza  artistica,  le  monete   di  tutte  le  zecche  si 


392  L.   LAFFRANCIII    E   P.    MONTI 

accordano  nel  rappresentare  un'effìgie  costantemente 
caratterizzata  dal  naso  aquilino.  Ciò  deriva  dal  fatto 
che  la  lunga  durata  del  suo  regno  permise  agli  zec- 
chieri di  perfezionarsi  continuamente  sino  a  raggiun- 
gere l'effigie  vera. 

Invece  la  fisionomia  di  Costantino  figlio  quale 
si  vede  sulle  monete  coniate  avanti  il  337  e  portanti 
la  leggenda  Constantinus  Jun.  Nob.  C.  non  presenta 
alcuna  somiglianza  col  padre,  ed  oltre  al  non  avere 
il  naso  aquilino,  i  suoi  tratti  sono  piuttosto  quelli 
della  madre  Fausta  e  dell'avo  Massimiano. 

Ne  consegue  quindi  che  le  monete  intestate  a 
Costantino  Augusto  appartengono  al  primo  quando 
portano  una  fisionomia  spiccata,  col  naso  aquilino, 
ed  al  secondo  quando  ne  hanno  una  simile  a  quella 
delle  monete  col  titolo  di  Cesare,  oppure  un'altra 
senza  carattere  spiccato. 

E  qui  giova  tener  conto  del  noto  fenomeno  delle 
sostituzioni  d'effigie  che  si  osserva  anche  nelle  monete 
di  Costantino  II:  e  cioè  le  sue  monete  coniate  nelle 
zecche  dipendenti  da  Costante  e  da  Costanzo  II  por- 
tano le  effigi  di  costoro  anziché  la  sua  propria.  Qual- 
che eccezione  però  vien  fatta  dalle  zecche  di  Aquileia, 
di  Siscia  e  di  Heraclea,  che  hanno  invece  delle  buone 
effigi  di  Costantino  II.  Così  pure  la  Zecca  di  Roma 
conia  monete  di  Costantino  II  colla  sua  vera  effigie 
(Tav.  XVIII,  fig.  n.  2,  3)  e  monete  con  quelle  di  Co- 
stante (fig.  n.  1). 

3.0  Le  Leggende  del  diritto.  —  Anche  le  leg- 
gende del  diritto  sono  di  qualche  utilità  per  stabilire 
la  differenza  tra  i  due  Costantini. 

Se  noi  osserviamo  le  monete  del  periodo  pre- 
cedente (330-336)  caratterizzato  dal  R)  GLORIA  EXER- 
CiTVS  a  due  insegne  militari  noi  vediamo  che  le  mo- 
nete del  Costantino  Padre  hanno  sempre  la  leggenda 
Constantinus  Max.  Aug.;  portano  cioè  quel  titolo  di 


Costantino  ii  avgvstó  393 

Massimo  che,  conferitogli  ufficialmente  dal  Senato, 
comparisce  la  prima  volta  sui  rovesci  delle  monete 
di  bronzo  verso  il  320  e  sui  diritti  nel  324  dopo  la 
sconfitta  di  Licinio.  È  dunque  inammissibile  che  negli 
anni  336-337  possano  essersi  coniate  monete  senza 
questo  titolo,  e  perciò  tutte  le  monete  di  Costantino 
Augusto  in  cui  esso  manca  si  devono  attribuire  al 
figlio.  E  questo  è  provato  anche  dalla  comparazione 
delle  monete  in  questione  con  quelle  dei  fratelli  Co- 
stanzo e  Costante:  alle  monete  colla  leggenda  Con- 
stantinus  Aug  sono  contemporanee  quelle  con  Con- 
stantius  Aug  e  Constans  Aug;  a  quelle  con  D  N  Con- 
stantinus  P  F  Aug,  sono  contemporanee  quelle  con 
D  N  Constantius  P  F  Aug,  D  N  Constans  P  F  Aug.  ; 
e  così  per  le  altre  leggende  come  vedremo  in  seguito. 

Inoltre  la  comparazione  delle  monete  ci  mostra 
un  fatto  importantissimo  non  riportato  dalla  storia:  il 
titolo  di  Massimo  conferito  anche  al  figlio.  E  su  ciò 
non  è  possibile  il  dubbio.  Se  la  zecca  di  Alessandria 
conia  per  Costante  e  Costanzo  le  monete  a  testa 
laureata  colle  leggende:  Constans  Max  Aug  e  Con- 
stantius Max  Aug,  le  monete  colla  testa  egualmente 
laureata,  colle  medesime  lettere  nel  campo  e  colla 
leggenda  Constantinus  Max  Aug,  devono  necessaria- 
mente essere  loro  contemporanee  e  quindi  appar- 
tengono a  Costantino  II  anziché  al  padre. 

Altre  monete  vennero  coniate  a  Costantino  II  col 
titolo  di  Massimo  nelle  zecche  di  Aquileia,  di  Siscia  e 
di  Lugdunum,  senza  che  esistano  quelle  dei  fratelli 
col  medesimo  titolo,  e  ciò  è  comprovato  dalle  effigi  e 
dai  simboli  del  rovescio,  come  diremo  più  avanti. 

Venendo  quindi  ad  una  conclusione  riguardo  le 
leggende  dei  diritti,  quali  si  trovano  sulle  monete  in 
bronzo  di  Costantino  II  Augusto,  ne  daremo  l'elenco 
indicando  i  numeri  del  Cohen  ai  quali  si  riferiscono 
e  le  zecche  in  cui  vennero  coniate,  avvertendo  che 


394  L-   LAFFRANCHI    E   P.    MONTI 

i  numeri  delle  prime  due   sono  dal  Cohen  attribuiti 
al  Costantino  figlio  e  gli  altri  a  Costantino  Magno. 

VIC  CONSTANTINVS  AVG     Roma  Coh.  N.  133,  182 

CONSTANTINVS  IVN  AVG     Lugdunum  121 

CONSTANTINVS  AVG              Treviri,  Heraclea,  An- 
tiochia 245 

CONSTANTINVS  P  F  AVG       Aquileia,   Tessalonica, 

Cizico  246, 247 

DN  CONSTANTINVS  PF  AVG  Costantinopoli ,    Nico- 

media,  Cizico  249 

IMP  CONSTANTINVS  AVG     Constantina  (Arelate)  248  ret- 
tificata 

CONSTANTINVS  MAX  AVG  Alessandria,   Siscia, 

Aquileia,  Lugdunum  250-251- 

252  e  varietà  a  testa  laureata. 

4.0  L'acconciatura  delle  teste.  —  Altro  mezzo 
per  distinguere  i  due  Costantini  è  l'acconciatura  delle 
teste.  Generalmente  coloro  che  ebbero  a  trattare  di 
queste  monete  si  limitano  a  dire  :  testa  laureata  o 
testa  diademata,  senza  spiegare  chiaramente  la  distin- 
zione tra  queste  due  qualifiche.  Noi  a  maggior  intelli- 
genza dei  lettori  spiegheremo  i  termini  che  dovremo 
adoperare  più  avanti  nella  descrizione  delle  monete. 

A)  Testa  laureata.    Quella    ornata   da    una  semplice  corona 

d'alloro,  della  quale,  le  foglie  si  distinguono  facilmente 
dalle  gemme  del  diadema,  perchè  esse  sono  di  forma 
ovale,  mentre  le  gemme  sono  di  forma  rotonda.  Vedi 
tav.  XVIII,  fig.  n.  49. 

B)  Testa  laurodiademata.  Quella  ornata  da  corona  di  alloro, 

sulla  quale  si  alternano  due  o  più  foglie  ed  una  grossa 
gemma.  Le  gemme  sono  talvolta  rotonde,  e  talvolta 
quadrate,  però  sulla  sommità  della  testa,  vi  è  sempre 
una  grossa  gemma  rotonda.  Vedi  fig.  n.  50. 

C)  Testa  diademata.  Quella  ornata  del  diadema,  cioè  da  un 

nastro  con  due  o  tre  file  di  perline  o  piccole  gemme. 
Sulla  sommità  della  testa  vi  è  una  grossa  gemma  tal- 
volta contornata  da  un  anello  di  perline.  Vedi  fig.  n.  51. 


COSTANTINO   II  AVGVSTO  395 

Le  monete  di  Costantino  Magno  hanno  soltanto 
la  testa  laurodiademata  mentre  quelle  di  Costantino  II 
l'hanno  anche  laureata  o  diademata. 

5.0  /  Simboli.  —  È  nota  la  parte  importante 
che  i  simboli  hanno  sulle  monete  romane  della  de- 
cadenza. Le  monete  di  cui  trattiamo  portano  anch'esse 
dei  simboli,  ognuno  dei  quali  caratterizza  un'emis- 
sione, ed  una  emissione  a  sua  volta  rappresenta 
un'epoca.  L'utilità  dei  simboli  per  stabilire  la  diffe- 
renza tra  i  due  Costantini  Augusti  è  grandissima, 
poiché,  avendo  questi  ultimi  regnato  in  due  epoche 
diverse,  i  simboli  che  esistono  sulle  monete  di  uno 
non  esistono  su  quelle  dell'altro,  e  così  riesce  facile 
la  distinzione.  Ad  esempio:  Le  monete  delle  zecche 
di  Siscia  e  di  Lione  colla  leggenda  Constantinus  Max. 
Aug.  esistono  con  due  varietà  di  simboli,  i.°  il  globo 
che  si  vede,  anche  nelle  monete  dei  cesari  Costantino 
Jun.e,  Costanzo,  Costante  e  Delmazio;  2.0  il  crismon 
($j  che  esiste  sulle  monete  identiche  di  Costanzo  II 
e  Costante  Augusti. 

È  quindi  evidente  che  le  prime  furono  coniate 
avanti  il  maggio  337  ed  appartengono  a  Costantino 
Magno;  le  seconde  furono  coniate  dopo  ed  appar- 
tengono al  figlio.  Ciò  è  avvalorato  anche  dalle  effigi 
che  figurano  sulle  monete,  quella  delle  prime  è  l'ef- 
figie di  Costantino  Magno;  quella  delle  seconde  è 
l'effigie  di  Costantino  II.  I  Simboli  che  appariscono 
sulle  monete  di  quest'epoca,  e  generalmente  sono 
collocati  sullo  stendardo  oppure  all'  esergo  o  nel 
campo  sono: . 

La  croce,  il  crismon,  la  corona,  la  palma,  le  due 
palme,  il  globo,  l*  astro,  ti  crescente,  il  punto,  il  trifoglio 
e  varie  lettere  (x,  Y,  I,  M,  SR). 

Se  il  significato  di  taluni  simboli  è  abbastanza 
chiaro,  per  taluni  altri  vi  sono  dispareri,  o  sono  ad- 
dirittura inesplicabili.    Così   la  croce  ed    il   crismon 

5" 


396  L.   LAFFRANCHI    E   P.   MONTI 


sono  gli  emblemi  del  Cristianesimo,  mentre  il  cre- 
scente è  il  simbolo  pagano  della  luna  e  l'astro  quello 
del  sole.  La  corona  e  la  palma  sono  gli  emblemi 
della  vittoria,  e  le  lettere  SR  delle  monete  di  Ales- 
sandria a  nostra  supposizione  potrebbero  esplicarsi 
per  iniziali  dei  motti:  Securitas  Reipublicae,  Salus 
Reipublicae  oppure  Spes  Romanorum  i  quali,  uniti  alla 
leggenda  Gloria  Exercitus,  significherebbero  che  la 
sicurezza  e  la  speranza  dei  romani  erano  affidate  ai 
tre  giovani  imperatori. 

In  quanto  agli  altri  simboli  o  lettere  non  vediamo 
quale  significato  si  possa  loro  attribuire. 

Ora  che  abbiamo  spiegato  con  quali  mezzi  si 
possono  distinguere  i  due  Costantini,  passeremo  alla 
descrizione  delle  monete  di  cui  rimane  stabilita  l'at- 
tribuzione a  Costantino  II  Augusto. 


Monete  d'oro  e  d'argento  e  Medaglioni. 

Non  è  nostro  compito  diffonderci  su  questo  ar- 
gomento, perchè  la  loro  estrema  rarità  rende  diffi- 
cilissimo uno  studio  che  dovrebbe  basarsi  sul  con- 
fronto di  molti  esemplari. 

Del  resto  anche  uno  sguardo  sommario  all'opera 
del  Cohen  ci  persuade  che,  se  egli  trascurò  comple- 
tamente i  piccoli  bronzi,  usò  maggior  attenzione  alle 
monete  d'oro  e  d'argento  ed  ai  medaglioni,  cosicché 
riguardo  ad  esse  vi  saranno  assai  meno  errori  d'at- 
tribuzione che  non  tra  quelle  di  bronzo. 

Per  un  buon  numero  di  monete  d'oro  ogni  equi- 
voco circa  l'attribuzione  a  Costantino  II  viene  elimi- 
nato dalla  leggenda:  FL  CL  CONSTÀTINVS  (PF)  AVG- 
essendo  noto  che  il  prenome  di  Flavio  Claudio  appar- 
tiene a  Costantino  II  mentre  al  padre  spetta  quello  di 
Flavio  Valerio.  Perciò  nessun  dubbio  può  elevarsi  circa 


COSTANTINO   II    AVGVSTO 


397 


i  seguenti   numeri   del  Cohen:   180,    181,   195,  205, 
212,  264. 

Tra  le  monete  d'oro  col  semplice  nome  di  Co- 
stantino Augusto,  certamente  ve  ne  saranno  di  quelle 
che  attribuite  al  padre  spettano  invece  al  figlio,  tale 
è  il  caso  del  n.  579:  &.  CONSTÀNTINVS  AVG-.  —  R).  VIC- 
TORIA AVO.  la  cui  attribuzione  a  Costantino  II  è  av- 
valorata dall'essere  questa  moneta  in  tutto  identica 
a  quelle  di  Costanzo  e  di  Costante,  mentre  differisce 
dalle  monete  di  Costantino  Magno  della  precedente 
emissione  di  Antiochia.  Ecco  uno  specchietto  dimo- 
strativo: 


Zecca  di  Antiochia  (1). 


Sigla 


± 


LXXII 


SMAN 


336-37 


R)   VICTORIA    CAESAR    N   N 


(2) 


J  L  Jul  Constan- 
tius Nob  C 

Coh.  :  inedito , 
Coli.  Trau. 

Constantius  Nob 
Caes. 

Cohen:    inedito, 

venditaSabatier 


J  L  Jul  Constans 
Nob  C. 
Cohen:  n.  143. 


VICTORIA    CON- 
STANTINI     AUG 

Constantinus 
Max  Aug. 
Cohen:  n.  605. 


337-40 


Sigle: 


CONSTANTINUS 
AUG 

Cohen  :  579  di 
Costantino 
Magno. 


LXXII 


SMAN' 


1  |   LXXII 

sman€ 


5*       VICTORIA   AUG 


Constantius  Aug 
Cohen  n.  200. 


Constans  Aug 
Cohen:   inedito, 
Mus.  Brit. 


(1)  Per  queste  monete  e  per  il  significato  della  cifra  LXXII,  vedi 
R.  Movat,  Combinaisons  sécrètes  de  lettres,  eie.  etc,  nella  Revue  Numi- 
smatique,  1897.  L/A.  però  descrive  la  moneta  in  questione,  seguendo  il 
Cohen  nell'attribuzione  a  Costantino  Magno. 

(2)  Non  si  sono  ancora  rinvenute  le  monete  di  Costantino  II  colla 
leggenda  Constantinus  Jun  Nob  C. 


398  L.   LAFFRANCHI    E   P.    MONTI 

Viceversa  il  n.  222  di  Costantino  II  coniato  a 
Cizico  ed  avente  la  leggenda  del  T$.  VICTORIB  AVGG-  ET 
CAES  NN  appartiene  a  Costantino  Magno,  quantunque 
non  porti  la  sua  effige  caratteristica  perchè  coniato 
quando  la  zecca  era  appena  venuta  in  potere  di  Co- 
stantino nel  324. 

Riguardo  ai  medaglioni  di  bronzo  colla  leggenda 
VICT  CONSTANTINVS  AVG  il  Cohen  ed  i  numismatici 
precedenti  ebbero  ragione  di  attribuirli  a  Costan- 
tino IL  Difatti  l'effige  è  veramente  la  sua  propria  e 
lo  stile  ed  i  rovesci  sono  simili  a  quelli  dei  meda- 
glioni di  Costante  e  Costanzo.  Essi  furono  indubbia- 
mente coniati  a  Roma  poiché  le  leggende  dei  diritti: 
Vict  Constantinus  Aug,  D  N  F  L  Constans  Aug, 
D  N  F  L.  Constantius  Aug,  le  effigi  e  l'acconciatura  dei 
busti  sono  identici  a  quelli  dei  P  B  ivi  coniati  come 
dimostreremo  più  avanti  nella  tavola  della  zecca  di 
Roma.  La  emissione  dei  medaglioni  avvenuta  in 
questa  zecca  nel  periodo  337-340  comprende  per 
Costantino  II  i  n.  di  Coh.  89,  90,  196,  198,  199,  per 
Costante  i  n.  7,  43,  118,  122  e  per  Costanzo  II  i 
n.  201,  203,  204,  224. 

Però  tra  i  medaglioni  d'argento  dal  Cohen  at- 
tribuiti a  Costantino  II,  uno  ve  n'è  che  noi  crediamo 
debba  levarglisi;  è  il  n.  30  che  per  l'effige  noi  cre- 
diamo spettare  a  Costanzo  II,  coniato  verso  il  352 
contemporaneamente  al  n.  60  di  Costanzo  Gallo. 


Monete  di  bronzo. 


Per  le  monete  di  bronzo,  anziché  limitarci  alla 
descrizione  dei  P  B  di  Costantino  II,  abbiamo  creduto 
utile  estenderci  a  quella  di  tutte  le  monete  emesse 
nel  periodo  336-340  in   tutte  le  tredici   zecche  del- 


COSTANTINO    II    AVGVSTO  399 

T  Impero,  prima  e  dopo  la  morte  di  Costantino  Ma- 
gno C1). 

E  per  maggior  chiarezza  noi  le  abbiamo  disposte 
in  tavole  sinottiche  in  modo  che  nella  prima  colonna 
figurano  quelle  di  Costantino  II,  vengono  poi  quelle 
di  Costanzo  e  Costante,  ed  in  ultimo  quelle  di  Co- 
stantino Magno.  Le  monete  di  Costantino  li  Augusto 
si  distinguono  per  le  leggende  del  diritto  scritte  in 
carattere  maiuscolo. 

Infine  dobbiamo  scusarci  se  queste  tavole  man- 
cheranno di  qualche  varietà  di  conio,  poiché  per 
compilarle  abbiamo  dovuto  servirci  quasi  esclusiva- 
mente della  nostra  collezione  non  trovandosi  queste 
monete,  quantunque  comunissime,  nei  musei  e  nelle 
grandi  collezioni. 


(i)  Abbiamo  però  escluse  le  monete  di  Delmazio  ed  Anniballiano  e 
quelle  colle  teste  di  Roma,  di  Costantinopoli,  e  del  Popolo  Romano, 
le  quali  sono  contemporanee  a  quelle  descritte,  ma  non  interessano  il 
nostro  studio. 


4oo 


L.    LAFFRANCHI    E    P.    MONTI 


< 

o 

te 


re 

o 

■u       • 

e  re 

paludame 
-odiademat 

co 

J,    .2 
+     So 

2  c  5 

bO 

re 

***' 

so™ 

ai 

a 

a» 

li] 

SQQ 

o 

E 

o 

* 

ti 

<o     -o 
re 

a 

e? 

*i 

re 

re 

ce 

U-8 

"Se 

o 
2  fi 

^2re 
5S    C    °S 

m 

a 

"^   re 

OC 

<o  C 
re 

^  £  re 

C    3 
2  «  ?, 

00  re 

m 
a 
o 

E 

o 

0» 
* 

CO 

sians 

palud 

eata. 

H 

CD 
> 
0- 

-Ci  T3 

;§  3  re 

Co    O-c  CJ 

s  -a  ii 

2§/§ 

11] 

èli 

U 

« 

> 

s  e  fi 
(j  gre 

o" 

«   fi   3 

£c£ 

0. 

a  =  i 

rr 

■S  o  re 

o  re 

UJ 

U 
OC 
UJ 

^  "  fi 

60 
<2 

TÈ 
H 

LU 
OC 

<o    tj  — • 

o  o  « 
^  «  fi 

k  °  £ 
co  <f 

oc 
co 

^  DI 

k2j 

\- 

H 

X 

UJ 

3    <U 

^3* 

OC 

(0 

< 

3    v 

< 

a 
o 

ce 

O 

_j 

Ci) 

k,        T3 

H- 

k,        T3 

Q        T3 

Q     t 

E 
o 
U 

oc 

* 

02 

•o  o 

CO     S 

0) 

5§ 

> 
u 

UJ 

co 

01 

> 

V 

Ul 

co 

bp  re 

^  2 

e  ì 
2  %  "e 

0) 

1 

1 

1 

"3" 

e 
o 

E 

o 

U 

» 

1 

Constan 
on  pali 
aureata 

OC 

1 

# 

^r  fi  j 

^  re  '<t 

s  a 

^3Ì 
O   e 

OC 

o  — 

0- 

K^      O- 

so™ 

o" 

k2i 

1/3    1 

Q. 

3    <U 

oc 
=2 

>    3  j 

a 
o 

a. 

k,     -d 
re 

4-* 

H 
OC 

C5        1 

re 

4-»  ,- 

o 
a 

fi 

US 

co 

tn  t 

OC 

►©■a 
<;  re 

1) 
bfl 

> 
(!) 

> 

O    r  e 
<  re.5 

*S  N 

J) 

<  S-- 

S  31 

2  re  » 

g  Ni 

c75 

N 

S    S-. 

i-  E 

H    N  TI 

z  re  ; 

H    o  T 

K   O 

OC 

s  o  <g  . 

> 

2    O.S 

a  3  « 

1 

8  ^" 

sr 

z 

VO 

t-v 

< 

8 

) 

) 

COSTANTINO   II   AVGVSTO 


4OI 


le 


(/) 


CO 

0 

4-*         . 

3  re 

ludame 
ademat 

<S   CU  X 

OL 

•5  _,  J-. 

S   5   3 

UJ 

rOOfl 

oc 

CO  0  — 

</) 

k  °  -2 
«5  'P 

< 

Ì>    3    CU 

V- 

Dd 

Q         T3 

> 

re 

u 

0 

UJ 
V) 

^OC  re 

1 

*is 

3^. 

tius 
lud 
ade 

W 

s  «33 

Cons 
con 
laur 

k  2  -2 

^    CO    « 

>  3  2 

Q     -a" 

30 

</> 

1 

> 

(!) 

> 

< 

V)    (fi 

> 

K  u 

OÉ    w 

> 

s- 


e  e 
4)   *-• 

s  M 

1  gif 2 

C  N  re  2 

e  re  e  ° 

<  o  «^ 

H   y  T3  ._ 

Z    o  l"3 

5   °  ".3. 

UrQ   3*6 

2  re  cu 


W 

F 

ai 

C? 

fc 

B 

vu 

C3 

EU 

£E 

ce 

B 

tu 

0- 

ai 

oc 


•x- 


3 

fi 

h- 

3 

cu 

a 

CU 

1- 

« 

oc 

S 

« 

Cw 

n  «"  06 


« 

s 

(f) 

ai 

C. 

a 

a 

0) 

oc 

OC 

§ 

« 

tu 

5  »    si 


M 

6 
Q.    « 

_  a. 

C8      — 

S    Q. 

«    nr 

cu    _ 

CC    E 

a 
CU 


"So 
c/5 


CU 
IO 

à 

bJD 

t/> 

> 

U 
OC 
LU 
X 

UJ 

< 
oc 

O 

_i 

O 

I 


o 
^oc  re 

S    (U  *J 

ili 


3 
«'-3 
<^ 
3   fa 

si 


o  e* 

Q ^_ 

re 

«  2 

"^  3  re 


af 

B 

ITI 

re 
E 

K 

a 

-a 
a 

13 

re 

5) 

03 

CU 

ho 
0 

3 

0 

CJ 

1* 

3 
re 

fe, 

0 

re 

01 

^ 

3 

<u 

q 

T3 

.  3 


c«2!- 

*2E 

<  o  <u 

H    UT) 

O  -TJ 

U    CO    0 

3    |_ 


o 

3 
cu    re 

s  « 

E/5 


cu   cu 

3  .3 
o    u 

0  u 

co     "^ 

2  O 
CU     3 

s  2 

3  (U 

3     _ 

O 

3    re 
re    s 

>  c 

>  C 

re    o 

<u    re 

CJ     cu 
CU 

cu    e 

«-   -3 

"re  a 

SD 

_cu  .- 

Il 

CU    "9 


cu  o 

b  E 

o  re 
■4-1 

2  cu 


«2  -S 


3 

n 

O 

0 

N 

0 

0 

re 

.0 

0 

3 
0 

E 

cu 
re 

co 

(A 

SJ  O     CU 


0 

bfl   0 

Ci     0 

J3 

'E  -£> 

T3 

e   E 

re 

3  '55 

« 

3 

IO 

>-  J5 

cu  ^D 

CU 

3    re 


o    o 

S    cu 
re  ja 

£3 


3     fi 

cr  3 


o  U    g    re 


E 


^    »- 


te 


(U    <u 


re 


E 

o 


"O     CU 


CI) 

3 

N 

<U 

re 

3 
re 

3 

cu 

3 

re 

5J 

u 

0 

U 

cu 

.:  e 

co  cu 

re  3 

>  9 


o   re 


2  cu 

»  I  - 

3  3  -1 

S  2 

u  CJ  •- 

re    re  ce 

a  ^  i 

h  "E 

CU     m  l_ 

Cu  tj  cu 

-     3  CU 

2  cu  _, 

^    cu  ? 

re  .tr  > 

>  T3  re 

■i  rt  1 

3  e  0 
o  3  0 
o    o 

t)    W  H 

-fi    tì  - 

cj  73  re 


1    B  3 

.«  3 

=3  3 

cu  b0 

-D  O 

CU  CU 

.2  S 

i.s 

v  a 


'W    re 

'-3 
re 


v  re  cj 

33  o  r 

CU  cj  Zi 

3  S  c 

QH  N  CU 

aj  prt  fa 

<u  'S  -3" 


o    ° 
S  U 


ìi    H    re 
3    o  > 

'  C.H 

cu    re  •- 

h    T3     3 

CJ      u      CO 

O    «  « 

Sc  -3 

cu  o 

re    tuo  e 

5    S    o 

^     3 


o       -E   > 

i_j  m     3 


402 


L.   LAFFRANCHI    E    P.    MONTI 


< 

l-H 

w 

l-H 

D 

a 


ju  .2 


tuo 
c75 


Cu 
o 


o 
U 


» 


o 

c 
<u 

s 

N  re  <u 

►S  0  — 
<o  °  « 

?  o  8 

A  «  fi 

•g  cn  *■» 
"1    D     . 

re 


*> 


,-  5 
«Ss 

JM 

s  o  « 
•S  «5  s 

F  CQ 


tuo 
lo 


no 


s 

o 
U 


» 


«5  ^i, 

>rec 

n,  re  v^ 
tfl  n  re 

£  2  « 

£  o  «J 

H    O    ^ 

H  ai  rt 
Vi  3  B 
5W  ?! 


< 


< 


<u 
"ti 
173 


bfi 


o 


E 
o 
U 


^ 


re 

o 

c 

<u 

E 

ta 

£ 

^ 

3 

re 

k, 

a 

ft, 

3 

o 

O 

CJ 

5 

o 

> 

<fl 

3 

fi 

ffl 

O 

re 

o 

■*-» 

a 

£ 

u 

s 

^ 

re 
i3 

k 

_3 

"re 

CIh 

a 

c/1 

e 

-*» 

SS 

o 

5 

Vi 

in 

an 


> 

~ 

< 

« 

b 

0 

cu 

re 

N 

'/! 

N 

> 

re 

H   (fl 

'£■  3 


COSTANTINO   II    AVGVSTO 


403 


M 

00 

H 

H 

/«-\ 

IH 

3 

s 

3 

bb 

cC 

bb 

rt 

rt 

bb 

ce 

0 

ce 

ce 

•    0 

4-f 

0 

4-*         . 

tC 

0 

T3 

0 

2  « 

c 

e 

3  co 

2  2 

^    3^ 
^■3.2 
k    ^ 

n    tì  ti 

1ìo2 

CJ    ce 

CO           ""* 

0 

s- 
ce 

e  .2 
2  s 

evi  ce  co 

ce 

T3 

a 
co 

co 

e  ce 

s2 

"v.2  ce 

k  ^ì> 

a.  S  3 

co 

3 
O 

s 

.2 

H 

co  ce 

S  2 

8^3.2 

k,  a° 

3  u 

S  0  « 

•2  «  S 

co    3  fi 
SrO 

•3  « 

■m 

co 

_o 
co 

e/) 

0* 
< 

^-2.2 

k    <Xo 

Q,g3 

0  ce 

co  y  — 

_o 

co 

ce 

e 

CJ 

0 

c 

0» 

< 

Busto 
,  testa 

?  0  ce 

O           - 

0 
g 

co 

ce 

?  0  8 
-S  lo  «5 

SCO 
O           - 

0 
E 

O 
0 

ce 

3 

3 

s  q  ce 

ce 

3 

CO 

co 

co 

< 

)     -a 

k)        T3 

a 

3 

k>        T3 

ce 

ce 

CO 

k)         T3 

ce 

ce 

0 

-ce 

< 

0 

'iS 

0 

0 

co 

■*-»    • 

C  ce 

CJ 

3  ce 

e  ce 

"E 
ce 

> 

% 

3  ce 

^s  1 
ri-i 

'E 
ce 

> 

1 

4> 

bb 

J5 

*  5  2 

k  .2  « 

ce  13 

'E 
ce 

> 

1 

< 

^^2 

r        3  ~ 

ft,*1 

ce 

ft.S.1 

ce' 

a,S-1 

1 

V 

k,^ 

•2  u  j2 

a. 

0 

co 

||| 

0 

co 

co   5   3 

■2  8  * 

co 
u 
Oh 

bb 

c75 

3    "-1 
III 

x  0  « 

(Ò3S 

CJ 

s 

0 

so* 
■2  to  « 

co  3  iJ 

CO 

E 

0 

s  0  5 

^  «  co 

To   3   « 

co 
iU 

s  0  « 

5  ìr>  co 
1   3ÌJ 

0      -a 

0 

1 

k>        -O 

ce 

Tic 

ce 

s 

0 

CJ 

SCQ 

k>     x) 

ce 

ce 

ce 

** 

» 

C/5 

-4-> 

I 

-*-> 

vi 

4) 

co 

co 

co  ^-k 

co  00 

CO 

CO 
CU 

1 

co 

(U 

•«-* 

4J  W 

» 

1-6 

0    r 

» 

Or 

<  ce 

<  « 

<  ce 

*■«  ce  bb 

<  ce 

0 

<  0 

b  2 

fa  oS 

*  0 

fa  0 

* 

00 

5  Ss 

fa  te  ce 

a  S  rt 

a,  ce  ce 

N    4-> 

«>"  Si 

+  s 

2S2 
:  >-  3 

'f  n  ce 

«  n  ce 

co  n  ce 

co  n  ce 

1-  ce  e 

z  u  e 

g  0  co 
Z   «   rt 

Due 
zus 

S.  ce  e 
fe  u  S 

CX 

4  0  <u 

5  0-2 

E  0  «■> 
T   cj  T3 
«5   «   ce 

5  *-•  T3 

e  0  « 

z    •   rt 
<  ■"  T3 

a  0  co 

Sol 

< 

;!  <"  0 

g  S  £ 

H   co    0 

52  3  t. 

H   co   0 

fS  52  0 

2  =  u 

52  3  u 

52  3  u 

i     .2 

§«2 
0     .2 

o03  2 
8     .2 

8mS 

ow  2 
u     .2 

0 

Tj" 

00 

O 
> 

<u 

O 

3 

ce 


ce 

3 

•a 

3 

ce 

4-" 

CO 

O 

U 


rt 

ti 

(U 

O? 

3 

M 

rr 

< 

O 
3 

10 

3 

CTS 

ed 

0 
u 

•^ 

CU 
N 

c 

m 

a 

6 

CU 

3 

N 

ti 

ci 

CJ 

0 

CU 

5 

oa 

co 

cu 

3 

& 

cr 

,3 

< 

Ti 

ce 

cu 

; — ; 

-a 

a; 

3 

3 

a; 

bo 

bfl 

i 

cu 

« 

«J 

1 

k 

CU 

H 

cu 

M 

bD 

2 
0 

co 

E 

CU 

Ih 

i 

CU 

co 

Oh 

^_^ 

2 

e? 

v— / 

■& 

co 

L 

'0 

52 


4°4 


L.    LAFFRANCHI   E    P.   MONTI 


W 

H 

< 

w 
« 

< 

i— i 

h 

h 

co 

Z 

O 

u 


ca 

o 

.    e  ca 

Aug 
ame 
mat 

«  —  ca 

*M 

«)  ci: 

So3 
.X   euJS 

s  o  «5 

o 

■SS  « 

J3 

<o   3  Si 

o 

w> 

<o      -d 

3 

ca  ± 

3 

3 

O 

ÙS^ 

U 

e  ca 

CU 

•<>  ^  •£ 

> 
> 
o 

w 

stans 
palu 
osso. 

H 

a  cj-o 

C/5 

o 

V    UH 

2 

T3 

c 

ca 

O 

■"•        ^ 

U 

CO 

T3 

3 

,s  o  o 

I) 

CO 

_o 

k     •*£ 

H 

3 

Co  re 

co 

co 

»  o 

2 

O 
U 

CU 

CO 

> 

J    3 
fe»g 

•~   co 
■SxS 

cu 

(J 

ce 

"5b 

ni 

to    "*  CU 

c?3 

X 

uu 

Con 
con 
laur 

< 

SO 

cu. 

^«5  <p 

o 

3  cu 

! 

k,     -d 

ca 
-i-i 
co 
cu 

4-1 

» 

onstantinus  Jun  N  C 
Busto  corazzato  a  d., 
ureata. 

nJ     js 

z 

vO 

co 

< 

co 

co 

< 

h- 

cà 

LU 

li 

4-1 

CO 

"i 

a. 

V 

8 

< 

2  ca 

+ 

o 
"3> 

OC 

,s 

•CJ    cO 

S>    4-1 

i-2 

tuo 

LU 

ca 

UU 

3  8 

s  ** 

< 

1 

co 

Ih 

s- 

ca 

ca 

o 

Z 

o 

s  ca 

3  « 

X* 

cu 

(!) 

Sa 

o 

3 

w 

e 

o 
co 

is-tans  Aug 
con  paluds 
laurodiadei 

u 

11 
cu 

:on  palude 
aurodiade 

CU 

tn 

O 

cu 

b 
O 

J 

< 
co 

"5 

cu 

-o 

T3 

<o 

ca 

O 

0 

r«  SS 

U    (0    co 

o 

-a 
ii 

s  o  « 
•S  to  « 

3 

j3 

^    PS 

ca 

<o  3  a 

0) 

4-1 

IO 

O 

"bb 

SCQ 

i 

T3 
3 
CU 

S  CQ 

o 

05 

3 

3 

0 

ca 

a: 

tn 

CTS 

*3 

w 

sr 

O 

o 

_o 

o 

ca 

c 

In 

/ s 

3    CÓ 

*S 

C    C3 

u 

^ 

<u 

3 

t^ 

cu  -e 

co 

<"    « 

CU 

o 

<o 

s 

^ 

a 

H 

antius  Aug 
m  paludam 
urodiadema 

ca 

S    m    3 

co 

0) 

s 

o 

U 

1 

3 

~ 
rd 

3 

M 

4-> 

ed 
u 

3 

o 
X 

o 

H 
IO 

H 

3 

cu 
"bb 
C7) 

Im 

a 

O 
co 

<u 

s 

«ft'«s  P  F  A 
o  con  paludi 
:a  laurodiade 

1 

Lj 

O 

CJ 

O 

J5 

3 

ca 

bb 

bC 

Consi- 
sto  ce 
sta  la 

o 
CJ 

S 

Hi 

n 

3 

'-3 

1 

•S  co  co 

•^ 

3 

23 

4-" 

cu 

co 

Imp 
Bu 
d.,  te 

» 

«o    3  fi 
S  CQ 

k 

~d 

o 

U      -o 

3 

ca    . 

co 

4-1    /— S 
CO     Tt- 

1)    w 

CO 

4-1 

^T3ra 

o 
co 

*<  ca  bb 

6 

cu 

E 
o 
U 

STA-NTINVS 

con  palud. 
ademata  (fi 

m 

"T"    — 

1 

Cu 

< 

» 

IMP   CON 

Busto 
laurodi; 

t> 

O 

ro 

Tf 

co 

co 

o    u 


COSTANTINO    II   AVGVSTO 


405 


Q 


re 

"ÓT 

0 

«     re 

a  re 
2   S  » 

<    2 
uj    a 

re 

[»    -    e 

co     CL     e 

CO                < 

0     2  w 

+    %     |    .g 

re     ai  £ 

Ul      3 

•a  re 

*J2 

•1   S- 

■S  "55  w 
tò  3  « 
SCQ 

O        XI 

<  a 

GiS 

0 

O    03 

re 

re 

re 

O 

"tao 

0 

0 

u| 

(« 

03 
W 

>■ 

03 

0 

■!->        . 

3  re 

73 

•Q  <u 

03  tì 

3 

3 

j 

«^  re 

X 

re 

03 

3   tì 
3  3 
re  c 

0 

X 
S-. 

) 

73 

E 

"3    • 
SJ2  re 
8  0  +: 

0 
re    . 

03 

^x^ 
^1-2 

re 
x 

e 

03 
(fi 

O 

O 
J 
CL. 

Sì 
O 

in  >*  aj 

^  8.2 

►*  °  -2 

0           w 

J               3 

-        1 

n  re 
bvoN  "S 
5s  2  e 
^  0  3 

s  o.2 

03 

O 

X 
s- 
re 

^   3   ^ 

AsoJ 

s  0* 

0 

73 

-J 

ìi()»l 

.ot 

5  tfi""3 

X 

■S  'w  <" 

"3 

C/5 
CO 

> 
u 

CU 
"e? 

E 

so 

a 

3    <U 
kn        X 

u 

0         ss 
re 

X 

co  3   p 
Q      _re 

3 

03 
•4-> 
(fi 

Uì 

re 

^fi   3«J 
*sj         X 

(fi 

<j  o> 

^x 

re 

(fi 
03 

re 
0 

•4-1 

3 

OH 

UJ 

3 

X 

s 

03 

^E 

X 

tu 

< 

«2  re 

-          «  fi 

re 

•  a, 

s  re 

O 

73 
* 

3 

la 

3 

0 

^«    • 

iS  n  re 

re 
h 
(X 

0 

^x 

t\2  re 
«^  re  ti 

0,0-2 
.8 13 

s 

0 

0, 
13 

So 

^8 

1/2     W) 

re  <3 
E 

re  re 

1  8| 

"R       X 

(fi 

03 

E 
0 

(!)     ■ 

* 

1  (/)  re 

re 

ìo.2 
-Slfi-o 

• 

O 

I  0  B 

■S  (fi  OT 

1      '( 

75 

1   3   P 

ex 
0 
(fi 

(0    3    0 

G     ^ 

1 

S  a  B 

SCQ 

G      x 

» 

k,     ,2 

03 

E 

(^ 

re 

re 

re 

co 

G  £ 

0 
u 

1/5  óò" 

4-> 

1 

O        ~      • 

1 

OX  3 

>TJ3 

^x5S 

<;  re 

~  0 

» 

co 

Oh 

< 

*S  N 
N 

<o  re 

S   Ui 

s  0 

re  -4-» 
7)  a,  2 

£   3   £ 

Z   3   3 
«    O    03 
H    CJ  X 

e   ^   ra 

G     .2 

<  ii  X 

H   (fi   0 

z       re 

ffi   3   u 

53  £ 

y          J2 

8nS 

g 

'fi. 

rs 

00 

O 

1 

s 

co 
co 

s 

S 

406 


L.   LAFFRANCHI   E   P.    MONTI 


w 
h 


<s 

o 

4->        . 

3  « 

^£ta 
^  g  E 

T3^ 

<S  -3   2 

«1 

con 
laur 

•v»      _ 

a  o  « 

onsta 
Bust 
,  test 

<o      -O 

o 

°o  rt  i 

J3 

<»        3 

O 

"bb 

e  co 

3 

si? 

3 

^i^ 

o 

co-O 

T3 

S   3   o 

cn 

3 

13 

onsta 
n  pa 
doss 

ai 

3 
CU 

H 

cn 

cj  -a 

o 

"3 
in 

Busto 
visto 
ata. 

• 

C/5 

1*,      xi£ 

di 

> 

k>  3 

co 

tó 

l- 

H 

u 

-Ci    CU 

.9  ** 

• 

oc 

LU 

co 

X 

•1  * 

cu 

LU 

"5  o 

5  -t-" 

bfi 

< 

cs  CO 

t/5 

g    N 

tu 

S   co 

O 

.5    Jh 

U  o 

_i 

cj 

l 

Z,  /«/ 
Busto 
ureata. 

& 

Constantinus  Jun  N  C          F 

Busto  corazzato  a  d.,  testa 
laureata.                                   la 

ss 

vO 

S; 

00 

« 

CO 

CO 

'ÓT 

^ 

< 

# 

b/3 

1- 

CO 

ti 

B 

"C 

^  2  : 

LU 

T3 

— 

F>  <o 

CO 

ca 

OL 

<L) 

3 

^    « 

< 

z 

XJ 
E 

9 
CU 

Cl,T3 
co  co 

oc 

LU 

•5  « 

S  ca 

Ci 

ca 

■*-  ca 

LU 

ss  •— 

co 

bfl 

'a, 

>  > 

1 

cu 
3 
« 

<0 

s  ca 
G  co 

E 

15* 

o  cu 

1 

^  cu 

"« 
& 

ca 

ca 

co 

o 

o 

Di 

0 

*  E 

SO  cu 

-4-> 

a  ■ 

H 

E 

CO 

Oh, 

tu 

11 
CJ 

.2 

O 

'co 

CN 

of 

<M 

/»/  Constans  Au 
sto  con  paludam 
sta  laureata. 

CO 

ca 

3  « 

3  ! 

-    —  - 

Oh   o  ce 

CJ  — 

•S  co  ' 

tó 

3 

3    <U 

CU 

-4-> 

<o  3  <; 

H 

ci 
bfl 

kn        -d 

)      2 

ca 

0-,           ca 

ca 

73 

o 

O 

K     CO 

^Oeu 

«           o 

ug 
imento 

OS 

"bb 

T3 

H 

cT 

s  ca 
11 

.W               "co 

k^ca 

T3 

«  ca 

co  *t 

ìs  N 

2    N 

c/3          o 

a,  aS 

r\ . 

13 

a  ca 

3 

<0    3   3 

3 

L)  o 

co 

s  o  ca 

cu 
co 
o 

Jul 
sto  e 
ata. 

ca" 
E 

a 

•  i    CJ- 

S  o  «. 

g*3 

i   3   « 

o 

<o   3  JO 

"blo 

3 
co 

ré" 

^03  £ 
k,       a 

co 
cu 

s 

i* 

co 

o 

C/5 

a 
o 

co 

-m  , — s 

CO     IH 

V   d 

U 

1 

CU 

S 
o 

T3   C* 
rt  bfi 

l 

• 

U 

AVG 

alud. 
ta(fi 

+     jL) 

CO    £V  CO 

» 

CONSTANTI-N-V 

Busto  con 
laurodiadem 

'il! 

a 

c^ 

o 

co 

ri- 

co 

CO 

COSTANTINO    II    AVGVSTO 


407 


< 

u 

(Ti 


al 

. 

0 

-*~»    • 

C  <s 

C/3 

A)  -H 

\u 

F  Aug 
paludam 
odiadema 

5ó 

<3 

co   w  ■* 

SO* 

C/3 

«  2  ?i 

C/3 

U 

' 

<0        T3 

co 


e  ca 


So  E 


^45 

ci    >- 

?  8  « 

•S  to  «« 

«5  3  « 

,<5       ? 


o 

'C 
«! 


K 


408 


L.    LAFFRANCHI    E    P.    MONTI 


< 

u 

z 

o 

co 
co 

W 

h 


C8 

O 

E    CO 

?V0«  m 

Afa*  ^4« 
paludam 
adiademi 

co 

CO 

+    .2 

tinus 
con 

.  lauri 

M 

bc 

co 

CO 

H 

S 
co 

t3 

Constan 

Busto 

d.,  testa 

CO 

CO 

bb 

o 

o 

**-*' 

a 

C   co 

<1 

co 

H 

o 

JO 

'3o 

CJ 

E 

5:   ^X> 

S 
co 

c 

3 

A  Ca 

pali 

-eata 

F  A 

pali 

rodia 

O 
X 
C 

»s  e  3 

^  si 

^  o  CO 

CJ  ,--. 

co 

co 

co 

co 

H 

X 
C 

usto 
:esta 

usto 
testa 

3 
co 

co 

o 

CO 

SCQ 
L>       13 

SCQ 
<0         X 

u* 

CO 

O   3 

O 

(O 

H 

s 

co 

CO 

> 

u 
oc 

LLI 
X 
UJ 

onstantius  No 
iti  paludamen 
ureata. 

s  P  F  Aug 
>n  paludamen 
urodiademata 

<3 

U  S  « 

.?    oiS 

co 

< 

^ 

.££ 

a 

a: 

sto 

sta 

CO 

O 

3    <" 

55    3   « 

SCQ 

O 

fc,        X 

<0          X 

cj 

i 

CS 

CO 

"3) 
c/5 

^ 

.       CO 

Co  u 

G 

.,  test 
i.  28). 

*S 

>X    « 

<  co  bb 

*  2 

fexS 

<*  co 

^  N 

*i« 

s.9 

s  >- 

Z   Cj   C 

.S    O 

i   O   « 

•s  CJ    . 

H    CJ  XI 

S    _    co 

Z    -    CO 

nsta 
usto 
reat 

3NSTA 

Buste 
urodi 

Offl    3 

Co      _5 

CJ        _ 

2 

VO 

i> 

co 

co 

< 

00 

CO 

< 
w 

u 


« 

CO 

O 

Olì 

^  E  E 

^   CO   «3 

X 

CO 

3 

a 

§5.2 

"Sj    cO  xi 

CO 

2cS 

bfl 

.«  85 

'a. 

CJ 

/~> 

s  0  « 
co  3  « 

< 
1    . 

co 

W 

E 

s 

s  CQ 
.or 
L>      x 

Ì2S 

e 

CO 

« 

bb 

co 

0 

e 

te 

2  E 

■*-• 

v_^ 

3 

«  <u 

O 

.fi 

^E 

E 

O 

O 

"9  X    « 

x 

*5b 

S 

►?     3    -1-" 
S    CJ    U 

1 

a 

CO 

co  a^ 

0 

XI 

Ig-3 

^  0 

u 

2    u    CO 

co   ° 

cO 

S        w 

12 

■i  co 

co    3 

X 

c 

CJ 

- 
E 

,o  0  co 

v    CO   ■(-> 

,    3 

co 

_o 

S 
co 

^CQ     r^ 

r         •£ 

SCQ 

■3 

Co  co 

rt 

co 

*  2 

O 

co 

> 

U 

OC 

LU 

X 

LU 

03 

CO 

< 

s  5.  co 

«   co  ti 
co   (-Ll  cu 
R  --fa 

C 

CJ 

E 

CO 

X 

bo5 
a  co 

^  a 

(o  e 
•2  cj 

hre 

Co  g  « 

< 

s 

****                  w 

"V 

co 

SOS 

s  0 

OC 

"Sto    ? 

SS 

0 
cì> 

CJ 

bb 

k,     x 

co   3 
S  CQ 

cS 

j0 

cO 

cO 

co 

co 

» 

k5  ^ 

X 

<;  co 

CO  - 

«  2 

s  ° 

,St    cO 

<      CO 

^N 

N   : 

N 

ir.  n 

CO     CO 

>  J°  1 

S    U 

Z    feci 

s  0 

NH      O    . 

i*    CJ 

H   cj  1 

S    ^    ™ 
SO*-» 

5  0 

«   -w    CO 

<  •<-• 

2§ì! 

H    CO 

co    3 

§ra  E 

CJ        ^ 

Cj     iS 

l-( 

VO 

0 

< 

CO 

co 

co 

co 

COSTANTINO   II   AVGVSTO 


409 


[9 

-• 

0  co 

co 

a  co 

co 

££ 

OS 

CD 

SI              CO  T3 

e 

■a         -a  « 

3          3  ■-* 

T3 

3               —  TD 

ti 

j             CO    0 

■3             3 

^2 

9         s  co 

-1         0  — 

3.S 

1         y  co 

CO 

/)         0  f 

§5 

< 

sin.,   t 

Idem 
Bus 

sin.,  t 

-i  fi 

co   cu 

t— 1 

eH 

Q 

« 

-a 

0 

C    co 

ni 
co 

§ 

r-       CO 

a  3 

CO 

E 
cu 

O 

3       -§« 

e         co  ;c 

O 

^.5 

1—1 

a  0 

a          -  u 

^  0 

Z 

d          c  3 
5         8l 

<o    3 
.2    co 
■fi  "" 

0  co 

S   co 

fi         ">  ?l 

3  m 

co   cu 

SCQ  ~ 

£H 

3     ^      -a 

3 

+  ^ 


CO 

"cò~ 

£° 

0 

IP, 

damen 
emata. 

-a    <u 

^2 

S  co 

Pni 

JS-3.2 

u  Oc 

8- 

•S    CO 

bC«g 

co 

s  0  2 
■fi 

'0.35 

3   •> 

O   CO 

"o  to' 

e 

s  0  « 

5  «5  fi 

f  1 

9 

bb 

co   3   « 

Li      ta 

K        cu 

O 

CO 

TT 

CO 

< 

c 

3 

a 

3 
3 

-a 

damento 
a. 

"^    CU 

CO* 

S 

0 
0 

O 
M 

3 

nstans  No 

con  palu 

ta  laureat 

a,  "8 

*  2 

-a  a 

CO    CO 

"cO 

£ 

CU 

.2 
■3 

U 

3 

0  0  fi 

^35 

CO 

O 

cn 

E 

5 

Hi 

CU 

H 

CO 
XS 
3 

^     'SS 

Q 

^ 

(D 

0  " 

fi 

S    CO 

co 

o5 

CO 

03 
2 

_o 

£    3 

CO 

^  B 

S 

3 

E 

>»    CO 

•2*a 

CO 

e 

k,  "co 
a   s 

ti,    <u 

CO* 

•*•  -1   • 

,.  *o 

T3 

-M 

< 

co 

> 

U 

Constati 
:on  pali 
aureata 

«fj  co 

11 

u 

co  g 

•5  * 

2  <o 

*1 

-S    3 
co   CO 

CO 

E 
<u 

CO 

s 

OÉ 

v  *—> 

•fi  ^^ 

s  — 

*o 

CO 

UJ 

so* 

K  « 

co 

CO 

X 

""M/5  fi 

5  fi 

co 

CU 

UJ 

,  3  «  ' 

co    CU 

fi 

J3 

CU 

H 

"bb 

< 

k,     TJ 

Q 

1 

53 

OC 

CO 

0 

fi 

_l 

U  11 

>.    CO 

1 

1"S 

<  et 

in  to 

X  s 

cu 

» 

■w  « 

>   CO 

2^5 

N 

H    O 

co   co 

Z    U 

»  •- 
s  0 

'•fi   u     t 

fi—  00 

mstan 
Busto 
ureata 

N    CON 

Testa 
ig.  n. 

O     iS 

0     S 

H 

>o 

i> 

E 

< 

s 

00 
00 

4io 


L.   LAFFRANCHI  E   P.   MONTI 


o 

O 

l-H 

H 

r 

h 

co 

O 
U 


re 

o 

< 

55 

iX)<u  re 

z 
o 

o 

H   3^ 

Crt 

^    2L73 

z 
o 
u 

inus 
con 
laur 

■v»            _, 

S    O    « 

© 

5  «5  « 

Cfl 

2,5  2 

Z 

o 

r  i 

o 

re 

J3 

33 

O 

o 

ca 

"bb 

<o   e 

Z 

«a  cj 

O 

u 

s 

-Si . 

o 

■d  "d  re 

1  N 
Cfl 

5=5 

TI 

u 
re 
-a 

s  No 

palu 

ureat 

1  U 

e 

V 

5  C   re 

•5  g- 

c/i 

2       rt 

8        +J 

O 

o  o  « 

Cfl 

3 
CO 

z 
o 

u 

co 

k.      '35 

> 

-«2 

ai 

f- 

ca 

Z 

U 

<;  v 

o 

od 

0 

LU 

<*  i 

X 

■  •3-3 

< 

LU 

"a  S    • 

S  ^  re 

Cfl 

Z 

o 
u 

< 

t/>    l-11  CD 

OC 

O 

Con 
con 
laur 

_i 

(Sì 

(!) 

i2*  2-S 

z 

.    3   J« 

o 

^m- 

u 

» 

k     xf 

m 

re 

Cfl 

z 

^2 

o 

u 

"^  ai 

< 

K  3  re 

Cfl 

z 
o 

US   J 

n  pa 
urea 

s  o  re 

"Si 

s  ^.  re 

M      0    -t-> 

«  a  « 

co 

~      3      •!-> 

s 

VO 

2; 

cri 

< 

co 

T3 

<L) 

3 

CU 

u« 

re 

— ' 

_J 

,« 

re 
Ut 

OÉ 

bfl 

s 

a 

z 

> 

<: 

1 

2S 


» 


Ss 

r        *- 
§    « 

■  H  « 

"s  "re 

■2  "*3 
<o  > 

a  - 
o  re 

^  SS 


Cfl 


10  E 

> 


U 

ce 

LU 
X 
LU 

< 
OC 

O 

_i 

(!) 


(^ 


S  re 
^  re 

k<£ 


<o  re 

«1 
>  <u 


"  re 

5S.2 

S  2 

v>  re 

a  — ' 


Z      U 


>  re 


&  £ 


z.2  5 

«"-3  re 

7  o  <u 

H  re  co  8 

(fi  — •  co  ~~ 

5  re    .  re 

u  n  R  «»  cn 

D      .  §    V 


o 
u 

N 
i— i 

u 


re 

o 

&8* 

^  1  :i 

H  "2' 

^  §."! 

tn 

ut 

S 

s  o 

sta 

(/) 

<o   3 

* 

o 

ci 

XI 

o 
'So 

co2 

e 

•<b  <u  .. 

3 

* 

"^  i  « 

o 

^"O  ! 

T3 

^3    - 

ts"re  "' 

u 

TD 

-0 

"55  O. 

C 

^ 

S  S  : 

OJ 

? 

*-> 
(/l 

CO 

* 

Ci  °  < 

3 

^2- 

c^ 

- 

^CQ" 

CO 

« 

t,      - 

> 

co* 

"C   o 

LU 
X 

m 

'^1 
s  re 

LU 

« 

'e:  T3 

E 

S  3 

< 

Cfl 

» 

5  J<* 
co   0< 

OC 

O 

^3 

_i 

CJ. 

(!) 

^ 

^s  o 

M 

'  t/1 

•1 

Cfl 

* 

^CQ- 
re-" 

ai 

^1 

bf) 

««5    4> 

73 

COSTANTINO   II   AVGVSTO 


4" 


3  <s 


con 
laur 

a  o  « 

1  o 

J  ** 

•S  w  m 

«0  3  *2 

s 

U         T3 

co 

<*S 

1  w 

e 

•*  ì! 

T3 

">    3    « 

S  A   co 

C3    rt  'ti 
C/)            « 

<5 

O   n   3 

:/) 

SO™ 

3    <U 

w 

V 

to  a 

bb 

C/" 

E 

o  o 

il 

<,    CU 
v>    3 

S   3   « 

CO    Pu  CU 

S          *- 

G  o  « 

"**  v  — 

**•       ~< 
so™ 

"^tn  fi 

u 

3    w 

cf 

k,      -d 

■ 

<->* 

ir. 

fi 
•©  cu 

/; 

<J    03 

~"°   • 
55  £,  a 
*$"c5  re 
^  CXcu 

SC3 

«.  O  co 
•So  — 

a  ^  rt 

q  <-•  <n 

l3- 

O        T> 

a 

O    co 

■ 

S  in 
"*  cu 

N-o 

3   « 

3    S 
3    CU 

S^3   S 

^co 

^2'S 

k  re 

CO    o 

k,  a^ 

§s 

k  g« 

!§ 

IO    u    « 

CO    CO 

sto 
tes 

Sìs 

C/1 

03    a 

©  l"M  3 

>  cu 

k)       'io 

Q 

X  co 

r      w 


.ijj 

5 

09 

s 
5 

CU 

s- 
3 

H 

rt 

K 

.o 

«j 

O   co 

fi 

O   f   3 

>  £*2 

fe   3T3    PO 
CU  "cS    g     • 

a  ^3  c 
I  E-2  * 

T    O        •"* 

«     CJ     «[in 

H   co  ** 
(/)    3      - 

§«.S 
o 


o 

-t- 


n 


>    03 

<h 

U>   cu 
co  «' 

E*  . 

C  co  C 
v  cu 

o2 

cu  co 
~  4» 

Q 


cu 
(7) 


© 

© 

« 

i4 

s 

S 

co 

co 
* 

K 

1 

W 

M 

£ 

s 

) 

co 

co 

© 

• 

ut 

?! 

N      "0 

ro 

M    *C 

3    S 

35  co 

) 

> 

< 

a 

bd 

(0 

a 

• 

7) 

Ci) 

M 

cu 

a 

>-• 

S 

co 

i 

cu 

co 

< 

^» 

\< 

cn 

P. 

•* 

•<] 

co 

■• 

M 

■+ 

a    cu 

W    'E 

bri 

cu 

Ù5 

* 

© 

bfi 

—   m 

M 

M    B 

a 

S 

CO 

CO 

1 

© 

1 

PQ 

M 
S 
co 

S 

co 

i 

< 
a 

co 

< 

s 

S 
co 

cu 
C 
cu 
C/) 

bO 

'03 

I1 

u 
T3 

4.) 
CU 

^  co 

3 

Dh 

^k 

ri 

CS 

Od 

•S  « 

tuo 

S 

s  CO 

ex 

z 

-2    4> 

CU 

> 

CO    > 

3 

S    - 

<J 

1 

O    Ctì 

k>  -55 

1 

Bf 

k       CU 

(£S 

q 

^2 

S     4-> 

*r  co 

N    CU 

k^ 

CO 

«-■ 

s§1 

II 

a  co 

«-« 

SiS 

co 

co 


CU 

"So 
(75 


W  m 

Ci  «5 

"S  cu 


K  « 


42 

3 

w 

CO 

8 

<— i 

53 

CO 

^ 

cu 

H 

Q 

a 

ni 

> 

U 

< 

4-< 

5) 

Ut 

X) 

cu 

rt 

o 

(f) 

♦ 

> 

CO 

K 

co 

3 

h 

CU 

< 

Ih 

3 

W) 

H 

to 

CO 

£ 

E 

O 

CO 

0 

in 

CU 

R 

H 

S3 


4i* 


L.    LAFFRANCHI   E   P.    MONTI 


< 

Q 

< 
co 

co 

W 

< 


o 

o 

"3 

e 

a 

o 

TJ 
ti 

cs 

TJ 

C 


3 
W 

c/i 

> 

u 
oc 

LU 
X 

LU 

< 

oc 

O 

-i 

O 

I 


o 


u 

< 
a 


i/3 


tu 

H  3^ 

là? 

2  e 


O    cfl 


ed 


s  o 

<o   3   " 
U        TJ 


Co  0 
~o    r 

,Q  TJ 

^    Cfl 

IS 

Co    N 

s  co 

o  u 

Co  o 

o 

r       « 


^TJ 
co   cfl 

lo 

S 
S    « 

S  o 

O   tj 


a 


"s  °  2 


<;  « 
a  2 

iè 

•a  w    . 

g   3   I_ 

^m  3 

Cò        ce 


CB 

tuo  «-. 

ss 

•r     'BS 

s 

Ti       V 

^ 

cfl    v- 

3     CU 

k 

9  « 

ci!  ~ 

co 

s 

£  oé 

•S 

bJO  S 

ì: 

'ex  Z 

j| 

s  > 

<0 

S 

<  1 

a 

_J^ 

1  fr 

^ 

s 

e 

Q 

ce 

bi) 

o 

te 

C 

<u 

E 

DJ 

co 

< 
c/3 

«5? 

e 

bio 

^  8-5 

Di 

u 

-4 
< 

•0 

< 

s  o  « 

■§  ss 

S  QQ 

cn 

a 

[A 

C/3 

Co     -o 

ctì 

o 

E* 

Di 

PC 

s 

NT3 

— 

< 

(fi 

H  s  eà 

(fi 

a 

co 

co   3  3 

sos 

cq 

•~  u  "-" 

^ 

< 

< 

< 

Cfi 

s  o  w 

•S   co   co 
<o   3   «J 

cfl 

s 
55 

CB 

<c 

CO 

<u 

a 

*   cfl  vo 

CO 

(n 

«    •  T 

<"2    ■ 

g  3  \n 
-"1  * 

E"  Cu    • 

Z  3cc 

«  o  ■— 

h  o  - 

z  ^  9 

5  *->  cfl 

H    CO    ai 

2  3  S: 

Offl   2 

8     ^S 

e 

CU 

e 

cfl     . 

-a  « 

=  ts 

cfl    3 

b/jCX(U 
S  -"3 
■w    3   cfl 

co 

s  o  rt 
V,  co  co 
co  3  « 
S  CQ 

CO        TJ- 


O 
-1- 

ro 


*   S 


< 


CU 

0 

.« 

-5 

ex 

o 

TI 

'3 

01 

3 

o 
u 

■4-» 

0 
w 

c« 

= 

o 

3 

CT 

e 

rr 

e 

CU 

« 

ed 

C 

0 

co 

a 

K 

m 

s 

a 

o 

e 
o 

Cfl 

a 

3 

Cfl 

•- 
5fi 

^> 

d 

e 

R 

V 

T3 

i 

^ 

CU 
> 

cfl 

a 

1 — ' 

;^ 

Cfl 

« 

re 

S 

3 

o 

=r 

rr 

pj 

s 

0) 

5 

K 

(j 

-~ 

5 

3 

§ 

in 

CJ 

CJ 

ti 

ifi 

0 

o 

E 

> 

u 

u 

Q 

3 

_3 

^ 

TI 

■«. 

V 

(fl 

CJ 

-5 

O 

CO 

3 

-K» 

ri 

._ 

5 

n 

~ 

« 

« 

cfl 

R 

-o 

V 

a 

e 

"Si 

G 
O 

V 

N 

3 

E 

a 

cfl 

B 

rd 

i 

'u, 

TJ 

^ 

3 

4. 

Cfl 

h    w 


co 

CU     b£ 

N      Cd 

(U 
3 

«  s 

W 

t^  2 

y 

oo  .5 

K 

co  -3 

B 

< 

co  2 
co  to 

ri, 

•  -H          O 

H 

3   U 

3 

Cfl     Ig 

5 

._ 

"So  b 

(U     1" 

■^ 

3     C 

COSTANTINO    II    AVGVSTO 


413 


re 

re 

^ 

>-< 

z 

damento 
demata. 

z 

< 

•SPI? 

XJ      <L) 

2* 

^  re 

QhXJ 

i 

H 

z 
0 

S 

0 

< 
s 

co 

3.2  « 

co 

•S  re 

co 

w 

Ch 

§ 

s  §  s 

© 

b/}^ 

s  js 

ri 

0 

<Ti 

z 

«    1 

-2  "i5 

bó 

Oh 

A 

< 

X 

sto  e 
sta  1; 

<3 
S 

CO 

t3 

O 

XI 

Sh 

re 

CU 

l-H 

a 
u 

co 

e 

;  Const 
a      Bu: 

|d.,  te 

'» 

X 

z 

< 

3 

<L> 
Ih 

3 

Z 

Ò> 

Ci 
re 

re 

XJ 
C 
V 

z 
< 

re 

re 
u 

-4-* 

m 

re 

Ih 

OS 

fa 

s 

co 

a. 
a 
0 

u2 

s 

CO 

ai 

0 
a 

0 
3  re 

0 

0 
d 

< 

<S    <U 

z 

V 

S  re 

"aS 

G 

XJ 

^XJ 

N 
2 

0 

"^  re 

N 
Z 

< 
s 

E 

ni 

E  E 
3  5 

XJ 

0 

E 

re 

k,rt 

0 

< 

s 

O 

<*3     • 

s  3  re 

< 

co 

XJ 
-2  re 

3^ 

2  « 

re 

—,  re 

3    TO 

re 
re 

^^ 

> 
0 

Q 
O 

co 

co 

Z 
< 

co 

c 

3 

O 
XI 
In 

re 

XJ 

e 

y«/  Consta 
sto  con  pa 
sta  laureat 

CO 

co 
Z 

S 
co 

Z 
< 

co 

IT) 

3 
bJD 

sto  con  pa 
sta  laureat 

i-H    O 

to   «0 

3 
3 
0 
(/) 

.2 

"u 
re 

sto  con  pa 
:sta  diaden: 

^J  re 

?  re 
5  « 

<o  E 

«^ 

co5 

in 

ai 
z 

tu 

Bu 
d.,  te 

ai 

C 
x 

re 
u 
a 
0 

<o  3  « 

U        XJ 

Idem 

Bu 

d.,  te 

0 

a 
3 
a 

3 

3 

Cons 

Bu 

d.,  te 

(0    <1J 

< 

CO 

"3 

cn 

z 

«e 

< 

CO 

w 

re 

0 

re 
0 

re 
0 

re 

Ih 

re 

<i  flj 

rr> 

E 
0 

u 

*•> 

uì 

S   (fl 

4* 

</> 

5  re 
^a  0 

D 

<u 

e  re 
1  « 

0 

3 
<L> 

V 
XI 

^^ 

Z 

< 

> 

u 

<3 

Z 

3 
z 

< 

0 
a, 

H 

E 
re 

XI 

^2  « 

E  E 
2  « 

"o9 

E 

XJ  re 

re 

re 

^ore 

^  re 
CI,  re 
to  re 

a: 

«  S 

s 

»  0 

0 

3  5  E 

^  § 

•S  E 

«fi      1) 

ai 

■te.    N 

co 

co 

t/j 

ex 

^j  aa3 

Z 

«3 

X 

LU 

s  re 
0  u 
O  0 

U 

< 

> 

„    Ih 

•»    S    3 

s  g  re 

U  — 1 

E 
re 
u 

d  "5 

<o  5  re 
•5  0x1 

«T3 

*  "2 

to  X! 

</) 

03 
Z 

< 

9 

< 

O 
0 

\F  L  Jul 
al     Busto 
llaureata. 

z 

<! 
co 

PQ 

z 

s 

CO 

U 
OC 
ai 
X 

ai 

< 

Constan-ì 
Busto 
d.,  testa 

Busto 
d.,  testa 

3 

re 
E 

re" 

Ih 

|  Constan-. 

..,'.     Busto 
.  |d.,  testa 

s  re 

<i   tri 
to   <u 

SC-H 

a 

,0  5 

rt^A 

re 

C/3 

1 

Os 

O 
(/) 

E 
0 

XJ    •— N 

z 

1 

r         m 

-0     r 

*^<  re 

< 
S 
co 

oc 

0 

_l 

"S  d 

E  M 

re  te 

xfc 

rt  bb 

AVG 

udamentoa 
ta  (fig.  n.  51 

CO 

S  0 

►=  re 

^  N 
.       N 

< 
Z 

< 

1 

O  XJ  ' — ' 

>3  rt 
"*  re  ^ 

xi* 

lì? 

x;  re 

u 
1 

0 

CO 

§ 

» 

co  ^<u 

re  4-1 
are 

e  E 
0  <u 

O  XJ 

1 

AN-TINVS 

;o  con  pai 
diadema 

+    -3 

175 

3  re 

S    O 

43  w     . 

tfl 

^a3 

a  0  re 

SS 

c 

Oh 
< 

Busto 
laureata 

JJ 

«5    ^    rt 

2! 

j-i  XJ 

i/5 

CONST 

Bus 
d.,  te 

JJ  (fi  0 

S    3    u 

•^CQ  3 

CONST 

Busi 
testa 

CO 

co 

00 

% 

s 

co 

co 

1 

3. 

CO 

DUE  MEDAGLIONI    CERCHIATI 

E  A  TIPO    UNILATERALE 


Contributo  al  "  Corpus  numorum  maximi  moduli  ,,. 


i.°  -  IMP  CAES  NERVA  TRAIAN  AVO   GERMI.   Busto   laur.  di 
Traiano  a  d.   —  T$l  Liscio.  (Diam.  nuli.  44.  Peso  gr.  48.50). 


2°         ANTONINVS  AVO  PIVS  P  M  (TR)  P...XII...    Busto   laur. 
d'Antonino  a  d.   —    ty  Liscio.  (Diam.  mill.  40.  Peso  gr.  73). 


416  GIOVANNI    PANSA 


I  due  medaglioni  descritti  ed  entrati  a  far  parte 
della  mia  collezione,  provengono  dagli  ultimi  scavi 
di  Roma  dove  ho  avuta  occasione  d'acquistarli.  Il 
primo  ha  in  giro,  a  modo  di  cornice,  un  grosso  cer- 
chio o  anello  che  non  è  rimesso  al  tondino,  ma  fa 
parte  dell'insieme.  Il  secondo,  di  Antonino  Pio,  ha 
pure  un  cerchio  rilevato  che  non  si  stacca  dal  ton- 
dino per  effetto  del  grosso  solco,  come  nel  primo,  e 
proviene  dallo  stesso  conio  del  medaglione,  esclu- 
dendo ogni  ipotesi  di  martellamento  in  giro.  Mentre 
il  medaglione  di  Traiano  è  dello  spessore  ordinario, 
quello  d'Antonino  ha  un'ertezza  di  mill.  7,  che  gli 
dà  l'aspetto  come  d'un  grosso  peso.  Il  singolare  poi 
d'ambedue  i  pezzi  è  quello  di  non  avere  affatto  ro- 
vescio, cosa  insolita  nei  così  detti  medaglioni  cer- 
chiati ai  quali,  dopo  gli  ultimi  studi,  si  attribuisce 
oggi  un  carattere  puramente  commemorativo  (r).  Se- 
condo la  dottrina  del  Kenner  e  di  altri  (2),  i  meda- 
glioni romani  in  genere,  sieno  senatorii  che  impera- 
torii,  non  sarebbero  che  multipli  di  moneta  corrente; 
ed  infatti,  nella  rappresentazione  del  diritto  e  del  ro- 
vescio non  fanno  che  imitare  il  tipo  delle  monete 
usuali.  L'arte  vi  predomina  in  modo  speciale  e,  senza 
dubbio,  più  accurato.  Questa  teorica,  secondo  me,  ha 
un  sostrato  inoppugnabile  non  solo  nelle  sigle  uffi- 
ciali di  S.  C,  che  appaiono  nel  medaglione  senatorio, 


(1)  Gnecchi  F.,  Un  medaglione  ined.  d'Adriano  (in  "  Riv.  Ital.  di 
Numism.  „  An.  IV,  1891,  fase.  III). 

(2)  Kenner  F.,  Der  Ramisene  Medaillon  (In  "  Numism.  Zeitsch.  „, 
riassunto  dall'Ambrosoli  nella  R.  1.  d.  N.,  An.  II,  1889).  —  Gnecchi  F., 
//  medaglione  Senatorio,  in  "  Riv.  Ital.  d.  Num.  „,  1892,  fase.  III.  — 
Id.,  Serie  del  bronzo  imperai.  (Ivi,  1892,  fase.  IV).  —  Id.,  Medaglioni 
inediti  (Ivi,  1888).  —  Id.,  Numismata  maximi  moduli  (Ivi,  1896).  —  Id.,  An- 
cora sulla  teoria  monetaria  dei  Medaglioni  di  bronzo  (Ivi,  1901).  —  At- 
tendiamo dallo  stesso  Comm.  Gnecchi  la  pubblicazione  del  Corpus  nu- 
morum  romanorum  maximi  moduli  che  sarà,  senza  dubbio,  felice  sintesi 
delle  sue  fortunate  ricerche. 


DUE   MEDAGLIONI   CERCHIATI    E    A    TIPO   UNILATERALE  417 

quantunque  tipico  e  solitario,  di  Traiano  Decio  (*), 
ma  in  altre  caratteristiche,  tra  le  quali  non  mi  sembra 
l'ultima  e  meno  importante  quella  della  contromarca, 
alla  quale  nessuno  fin  ad  ora  ha  attribuito  gran  peso. 
Nei  medaglioni  romani  la  contromarca  non  è  così 
frequente  come  in  quelli  greci  coloniali;  ed  è  la  mi- 
gliore prova  per  attribuire  ad  essi  unicamente  e  sta- 
bilmente la  qualità  di  moneta  corrente  (2). 

Lo  stesso  non  può  dirsi  dei  grossi  pezzi  cer- 
chiati, ai  quali  solo  spetterebbe  il  nome  di  medaglioni, 
come  osserva  saviamente  lo  Gnecchi.  Infatti  meda- 
glione nel  senso  antico  (sebbene  tal  nome  sfugga  ai 
testi)  corrisponderebbe  alla  nostra  medaglia,  nel  modo 
come  oggi  l'intendiamo;  e  la  medaglia  è  essenzial- 
mente commemorativa.  Se  prendiamo  a  considerare 
l'origine  e  lo  sviluppo  tecnico  di  quei  pezzi  di  bronzo, 
troviamo  che  il  cerchio  da  principio  non  faceva  parte 
del  gran  bronzo  comune  adoperato,  ma  veniva  ap- 
plicato dopo;  il  che  vuol  dire  che  alle  monete  cor- 
renti e,  di  preferenza,  a  quelle  che  ricordavano  un 
fatto  importante,  l'applicazione  del  cerchio  o  del- 
l'anello significava  toglierle  alla  circolazione  e  dar  loro 
un  carattere  commemorativo,  se  ciò  specialmente  ac- 
cadeva dopo  la  morte  dell'imperatore  rappresentata 
nel    bronzo   comune.   Più    tardi  questo   bronzo,   che 


(1)  Un  bronzo  senatorio  di  Domiziano  (Cohen,  307),  appartenente 
alla  collezione  Gnecchi  e  pure  munito  di  cerchio,  è  entrato  a  far  parte 
dei  medagl.  senatorii  (Gnecchi  F.,  Medagl.  senatorio  o  doppio  sesterzio 
cerchiato  di  Domiziano.  In  "  Riv.  Ital.  d.  Num.  „  An.  IX,  1896,  fase.  IV). 

(2)  L'uso  delle  contromarche  nei  medaglioni  tanto  greci  che  romani, 
di  cui  offre  parecchi  esempì  il  Bimard  (Note  al  Jobert,  Hantaler.  Exer- 
cit.  facil.  ad  Numism.,  I,  242)  ha  ingenerata  la  falsa  supposizione  che  i 
medaglioni,  sebbene  non  si  fabbricassero  per  porli  immediatamente  in 
commercio  con  le  altre  monete  ed  avessero  un  carattere  puramente 
commemorativo,  potessero  in  seguito  diventare  monete  correnti,  quando 
cioè  la  contromarca  venne  ad  imprimere  loro  il  carattere  monetario  che 
prima  non  avevano. 


416  GIOVANNI   PANSA 


funge  come  tondino,  diventa  tutt'uno  col  cerchio  e 
si  ha  un  insieme  eh'  è  detto  più  propriamente  meda- 
glione cerchiato  (*). 

Premesse  queste  nozioni,  che  a  me  paiono  ac- 
cettabili, è  da  riflettere  che  i  medaglioni  sopra  de- 
scritti (se  pure  così  debbono  chiamarsi)  escono  dalla 
categoria  di  quelli  monetali,  considerati  come  multipli 
di  monete,  e  di  quegli  altri  che  per  la  cerchiatura 
contemporanea  o  postuma,  sono  ascritti  fra  i  com- 
memorativi. Essi  hanno  la  peculiarità  del  rovescio, 
che  manca,  e  si  ha  ragione  di  supporre  come  l'uso  a 
cui  erano  destinati  doveva  essere  limitato  alla  sola 
mostra  o  esibizione  del  diritto.  Di  medaglioni  cer- 
chiati e  privi  di  rovescio  finora,  per  quanto  a  me 
consti,  non  si  aveva  esempio  <a>.  Il  Cohen  non  ne 
riporta  alcuno,  quantunque  il  detto  scrittore  non 
faccia  espressa .  distinzione  fra  medaglioni  semplici  e 
cerchiati.  Ora  la  mancanza  del  rovescio  sta  senza 
dubbio  ad  indicare  come  questi  pezzi,  gli  unici  che 
appaiono  oggi  sul  mercato,  rientrino  nella  categoria 
di  semplici  mostre  od  ornamentazioni.  Non  manca  fra 
i  contorniati  qualche  tipo  privo  di  rovescio;  ma,  a 
parte  la  natura  di  quelle  pseudomonete  che  io,  sino 
a  prova  contraria,  considero  con  lo  Gnecchi  come 
tessere  lusorie,  è  da  osservare  che  i  due  nostri  me- 
daglioni non  sono,  come  i  contorniati,  fattura  del  III 


(i)  Gnecchi  F.,  Medaglione  senat.  cit. 

(2)  Un  medaglione  di  Gordiano  III  a  rovescio  levigato  ho  potuto 
osservare  nella  collezione  Prowe  di  Mosca  recentemente  venduta  all'asta 
(Wien,  1904.  Vertag  von  Brùder  Egger.  Tav.  XIV,  n.  2646).  Si  tratta, 
però,  d'un  medaglione  semplice  e  non  cerchiato.  Qualche  analogia  coi 
nostri  medaglioni  potrebbero  avere  due  esemplari  cerchiati  di  Filippo 
Seniore  e  di  Valeriano,  conservati  nel  museo  Vaticano.  Essi  hanno  il 
diritto  coperto,  nella  parte  centrale,  da  una  sottile  lamina  d'argento,  la 
quale  è  interamente  asportata  nel  rovescio.  Servirono  a  fregiare  insegne 
militari  o  brillarono  sulla  bardatura  del  cavallo  di  qualche  capitano? 
(Rtv.  Hai.  d.  Num.,  1905,  fase.  II,  p.  160). 


DUE   MEDAGLIONI   CERCHIATI   E   A  TIPO   UNILATERALE  419 

o  IV  secolo,  ossia  posteriori  assai  alla  persona  che 
ricordano.  Essi  hanno  tutte  le  qualità  per  appartenere 
al  tempo  di  Traiano  ed  Antonino.  Lo  fa  chiaro,  an- 
zitutto, l'arte  spiccatamente  della  buona  epoca,  come 
nel  tipo  dell'Antonino  in  tutto  conforme  a  quello  degli 
altri  bronzi  di  quell'imperatore.  Anche  il  tipo  del 
Traiano  appartiene  all'epoca  sua  e  non  ha  che  ve- 
dere col  Traiano  immaginario  dei  contorniati.  Un'altra 
conferma  è  data  dallo  spessore,  che  supera  molto 
quello  dei  contorniati,  e  dalla  leggenda  che  ha  pre- 
cisamente lo  stile  delle  buone  monete  di  Traiano, 
mentre  nei  contorniati  la  leggenda  a  volte  sbagliata, 
solitamente  abbreviata,  va  con  lo  stesso  rapporto 
immaginario  della  figura.  Uno  sguardo,  in  ultimo, 
alla  parte  meccanica  del  lavoro  ne  fa  persuasi  che 
non  trattasi  di  medaglioni  postumi,  come  i  contorniati 
o  tipi  affini,  mentre  in  questi  prevale  la  fusione  che 
sembra  affatto  da  escludersi  nei  nostri  due  pezzi. 

Mancando,  dunque,  ad  essi  ogni  carattere  di 
moneta  usuale  e  corrente  e  messo  parimenti  da  banda 
la  qualità  di  medaglione  commemorativo  che,  come 
si  è  visto,  si  adatta  unicamente  ai  pezzi  cerchiati  col 
diritto  e  rovescio,  quale  spiegazione  si  può  dare  a 
questa  nuova  categoria  di  medaglioni?  Secondo  me, 
quella  di  semplici  fregi  ed  ornamenti,  applicazioni  a 
trofei,  bardature  di  cavalli  o  altro.  E  qui  sarei  di- 
sposto a  credere  che  fossero  più  propriamente  de- 
stinati ai  così  detti  signa  muta  o  insegne  militari 
dell'esercito  imperiale.  Presso  i  romani,  sotto  l'Im- 
pero, mentre  le  legioni  avevano  per  insegna  propria 
la  figura  d'un  animale  (come  la  Leg.  XX  Valeria 
Victrix,  quella  del  cinghiale),  i  manipoli  conservavano 
i  loro  signa  particolari,  che  consistevano  in  una  mano 
o  corona  posta  in  alto;  e  al  disotto,  le  immagini  di 
qualche  dio  o,  più  spesso,  quella  dell'imperatore. 
Qualche  volta  vi  si  appose  quella  d'un  ministro,  come 

54 


420  GIOVANNI   PANSÀ 


fu  di  Seiano,  sotto  Tiberio  (*).  Ma  questa  teorica  del- 
l'uso dei  medaglioni  applicati  alle  insegne  militari, 
non  è  nuova.  Il  Cohen  (2)  l'accettò  parzialmente, 
quantunque  ritenesse  che  l'obbietto  principale  dei 
monetieri  fosse  stato  quello  di  coniare  i  medaglioni 
per  far  mostra  della  propria  capacità.  Egli,  in  altri 
termini,  immagina  come  una  specie  di  concorso  che 
sarebbesi  tenuto  presso  gli  antichi,  in  cui  il  meda- 
glione sarebbe  stato  la  prova  di  conio,  ossia  il  titolo 
più  atto  a  mostrare  le  buone  qualità  del  concorrente. 
Quest'ultima  supposizione,  da  quanto  si  è  visto, 
è  oggi  abbandonata,  mentre  non  v'ha  ragione  di 
escludere  la  prima  che  riconosce  nei  medaglioni  l'uso 
di  fregio  alle  insegne  militari.  Ma  questa  nuova  cate- 
goria dovrebbe  essere  ristretta  ai  soli  tipi  privi  di 
rovescio,  come  il  nostro,  restando  così  immutato  il 
carattere  delle  altre  due  serie,  la  monetale  e  la  com- 
memorativa, che  oggi  appaiono  sufficientemente  di- 
stinte e  provate. 

Sulmona,  agosto  del  190J. 

Giovanni  Pansa. 


(1)  Sueton,  Tib.,  48.  —  Tacit.,  Annoi.,  IV,  2.  Cfr.  Lubker  F.,  Lessic. 
rag.  dell' Antich.  class.,  ad  voc.  ■  Signa  „. 

(2)  Description  des  Médaill.  Imper.,  Voi.  I,  p.  XXII. 


APPUNTI 


DI 


NUMISMATICA     ROMANA 


LXXI. 
I  MEDAGLIONI  UNILATERALI. 

L'egregio  Avv.  Pansa  ha  dettate  le  prime  parole 
su  di  una  specialità  dei  medaglioni,  che  finora  passò 
inavvertita,  forse  per  essere  tanto  ristretta.  La  sua 
memoria  mi  fece  ricordare  d'avere  io  pure  nella  mia 
collezione  due  di  quei  pezzi  ai  quali,  per  vero  dire, 
non  attribuii  mai  una  eccessiva  importanza  e  appro- 
fitto volontieri  dell'occasione  per  farli  conoscere  onde 
la  serie  non  si  inizii  troppo  meschinamente  con  due 
soli  esemplari. 

I  miei  due  appartengono  ad  Antonino  Pio  ed  a 
Faustina  seniore.  Il  primo  porta  il  busto  di  Antonino 
a  destra  colla  leggenda: 

ANTONINVS  AVO  PIVS  PP  TR  P  COS  III  IMP.... 

(diam.  mill.  38,  peso  gr.  37). 

Il  secondo  il  busto  velato  di  Faustina  madre  a  destra 
colla  leggenda  : 

DIVA  AVG  FAVSTINA  (diam.  mill.  40,  gr.  46). 

I  due  rovesci  sono  senza  impronta,  lisci  ;  ma  legger- 
mente convessi.  Si  direbbe  che  il  disco  sul  quale 
veniva  a  stamparsi  il  conio  della  testa  fosse  appog- 
giato su  di  un  supporto  concavo,  come  fosse  il  fondo 
di  una  scodella. 


422  FRANCESCO   GNECCHI 


Due  altri  esemplari  di  Medaglioni  unilaterali 
esistono  al  Museo  imperiale  di  Berlino,  uno  di  Fau- 
stina madre  colla  leggenda: 

DIVA  AVGVSTA  FAVSTINA 

Busto  a  destra  (d.  m.  40,  gr.  36.010),  il  secondo  di 
Lucilla  colla  leggenda; 

LVCILLA  AVG-  ANTONINI  ÀVG-  F  (d.  m.  35,  gr.  32,720). 

Quello  di  Faustina  ha  il  rovescio  convesso  come  i 
miei,  mentre  quello  di  Lucilla  ha  il  rovescio  piano. 
E  se  ne  può  ancora  aggiungere  un'altro  di  Tra- 
jano,  proveniente  dal  ripostiglio  di  Lusigny,  colla 
leggenda  : 

IMP  CAES  NERVA  TRAIAN  AVG  G-ER  P  M  (*) 

Fatte  però  queste  aggiunte  alla  lista  iniziata 
dall'avv.  Panza,  è  doveroso  togliervi  il  pezzo  di  Gor- 
diano che  l'autore  cita  dalla  Collezione  Prowe  di 
Mosca.  Ebbi  occasione  d'averlo  fra  le  mani  e  lo  giu- 
dico senza  esitazione  un  lavoro  moderno. 

Ed  ora,  venendo  a  qualche  osservazione  sull'es- 
sere di  questi  pezzi,  mi  vedo  nella  spiacevole  circo- 
stanza di  non  trovarmi  d'accordo  coll'egregio  autore 
della  prima  memoria,  e  tanto  più  me  ne  spiace  perchè 
mi  vedo  citato  tante  volte  e  sempre  in  senso  di  be- 
nevola approvazione  ;  ma  non  sarà  certo  per  una 
vana  cortigianeria  che  sacrificherò  la  libera  discus- 
sione sempre  ammessa  in  questa  nostra  Rivista  e, 
pure  professando  tutto  il  rispetto  per  l'opinione  del- 
l'egregio autore,  io  esporrò  francamente  la  mia. 

Perfettamente  d*  accordo  coli'  autore  che  i  due 
medaglioni  unilaterali  da  lui  descritti,  come  gli  altri 
che  io  aggiunsi,  non  abbiano  nulla  a  che  vedere 
coi  contorniati,  presentando  tutti  gli  elementi  per 
dirli  coniati  precisamente  all'epoca  che  ciascuno  rap- 


(1)  V.  Annuaire  de  Numismatique  1873-74,  pag.  346. 


I    MEDAGLIONI   UNILATERALI  423 


presenta,  non  posso  accordarmi  con  lui  in  nessuna 
delle  due  destinazioni  accennate  come  possibili. 

Non  credo  assolutamente  che  potessero  aver 
servito  come  ornamenti  di  bardature,  perchè  troppo 
alta  era  presso  i  romani  la  venerazione  e  direi  quasi 
il  culto  dell'effigie  imperiale,  la  quale  —  giova  ricor- 
darlo —  era  venuta  col  principio  dell'  impero  a  so- 
stituire sulle  monete  quella  della  divinità,  che  formava 
il  suggello  della  moneta  repubblicana.  Non  si  sarebbe 
certamente  tollerato  che  la  sacra  effigie  imperiale 
fosse  adibita  ad  uso  così  modesto,  pel  quale  avrebbe 
egualmente  servito  una  testa  per  esempio  di  leone. 
E  ancora,  dato  e  non  concesso  che  l'ostacolo  fosse 
rimosso,  l'effigie  non  sarebbe  stata  circondata  dalla 
leggenda  ufficiale,  quale  si  trova  sui  veri  medaglioni. 

Ne  credo  egualmente  che  potessero  essere  adi- 
biti quali  immagini  per  le  insegne  militari.  Troppe 
sono  le  ragioni  che  si'  addussero  per  negare  que- 
st'uso ai  medaglioni,  contro  le  quali  mi  pare  non  valga 
l'essere  questi  unilaterali.  Il  peso  e  le  troppo  esigue 
dimensioni  stanno  contro  questo  uso,  e  difatti  i  bas- 
sorilievi che  ci  rimangono  ci  mostrano  chiaramente 
come  le  imagines  imperiali  delle  insegne  fossero  molto 
più  grandi.  Per  di  più  esse  offrono  sempre  l'effigie 
dell'  imperatore  di  fronte  e  circondata  invece  che 
dalla  leggenda  da  una  corona  d'  alloro.  È  poi  sup- 
ponibile che  fossero  fatte  a  sbalzo  su  di  una  lastra 
o  d'argento  o  di  rame  dorato  e  forse  quella  d'argento 
dorato  lavorata  a  sbalzo  trovata  a  Niederbieber,  del 
diametro  di  19  centimetri,  è  la  vera  imago  militare 
romana,  la  quale  è  ben  diversa  d'  un  medaglione. 

Cos'erano  dunque  questi  medaglioni  unilaterali  ? 
Io  li  crederei  semplicemente  prove  di  conio.  Alcuni 
non  sarebbero  che  semplici  prove,  i  due  descritti 
dall' Avv.  Pansa  due  prove  destinate  forse  ad  essere 
presentate  per  l'approvazione  e  per  conseguenza  ese- 


424  FRANCESCO    GNECCHI 


guite  con  un  poco  di  cornice,  che  meglio  facesse  risal- 
tare il  lavoro.  Il  peso  quindi,  quantunque  l'abbia  dato 
anch'io  degli  aggiunti  per  completarne  la  descrizione, 
per  parte  mia  lo  credo  affatto  inconcludente.  Sup- 
pongo che  tali  prove  saranno  state  coniate,  precisa- 
mente come  si  fa  oggidì,  su  di  un  tondino  di  metallo 
qualsiasi,  scelto  col  solo  intento  che  meglio  si  pre- 
stasse a  far  valere  il  lavoro  dell'incisore;  ma  senza 
alcuna  preoccupazione  del  peso....  preoccupazione  che 
molto  probabilmente  affligge  noi  assai  più  degli  an- 
tichi romani,  i  quali  senza  dubbio  avevano  le  viste 
molto  più  larghe  di  quella  che  volle  a  suo  tempo 
attribuir  loro  un  celebre  scienziato  colla  famosa,  ma 
non  meno  assurda  teoria  della  monetazione  leggera 
e  pesante. 

La  rarità  estrema  dei  pezzi  unilaterali  in  con- 
fronto a  quella  dei  medaglioni  completi  non  è  punto 
ostacolo  alla  teoria  da  me  espressa.  Anche  le  prove 
moderne  sono  eccessivamente  rare  in  confronto  ai 
pezzi  finiti,  e  la  somiglianza  di  quanto  avviene  anche 
oggidì,  allorché  un  incisore  fa  la  prova  di  un  conio, 
serve  ad  avvalorarla. 

Aggiungerò  poi  a  conferma  il  fatto  che  io  pos- 
siedo un  medio  bronzo  d'Antonino  Pio,  unilaterale, 
esibente  cioè  da  un  lato  la  testa,  e  con  rovescio 
perfettamente  liscio  e  piano.  Io  1'  ho  sempre  consi- 
derato come  prova  di  conio  —  ne  saprei  davvero 
come  considerarlo  altrimenti.  —  Mi  pare  che  questo 
bronzo  si  trovi  nelle  identiche  condizioni  dei  me- 
daglioni in  discorso. 

Una  conferma  positiva  sarebbe  quella  di  trovare 
un  medaglione  unilaterale  col  solo  rovescio.  Se  qual- 
cheduno  lo  possedesse  è  pregato  di  farlo  conoscere. 

S.  Bernardino,  /  Agosto  190J. 

Francesco  Gnecchi. 


UN  DOCUMENTO 

SU   LE   MONETE   OSSIDIONALI  DI    CASALE 

(1630) 


Fra  i  numerosi  assedi  che  ebbe  a  sostenere  la 
città  di  Casale  Monferrato,  uno  dei  più  memorandi 
fu  quello  che  durò  dal  maggio  all'ottobre  1630. 

Sono  a  tutti  note  le  circostanze  storiche  che  vi 
diedero  luogo.  —  Morto  nel  dicembre  1627  Vin- 
cenzo II,  ultimo  della  famiglia  dei  Gonzaga,  duchi 
di  Mantova  e  di  Monferrato,  era  stato  chiamato  a 
succedergli  un  discendente  del  ramo  dei  Gonzaga 
trapiantato  in  Francia,  cioè  Carlo  Gonzaga,  duca  di 
Nevers  e  di  Rethel,  malgrado  le  pretese  e  i  diritti 
che  altri  potentati  accampavano;  fra  cui  primeggiava 
l'irrequieto  duca  di  Savoia  Carlo  Emanuele  I.  —  E 
benché  la  nomina  fosse  già  stata  fatta  dall'Imperatore 
Ferdinando,  il  quale,  avocata  a  se  la  causa,  avea 
risolta  la  questione,  aggiudicando  il  dominio  dei  due 
ducati  al  predetto  Carlo  di  Nevers,  tuttavia  non  si 
potè  evitare  una  lunga  guerra,  detta  appunto  di  suc- 
cessione del  Monferrato;  della  quale  furono  due  epi- 
sodii  i  due  assedii  cui  fu  soggetta  Casale,  l'uno  cioè 
del  1628-29,    l'altro  del  1630. 

In  quest'ultimo  assediavano  la  città  gli  spagnuoli, 
guidati  dal  governatore  stesso  di  Milano,  il  marchese 
Ambrogio  Spinola,  genovese,  che  erasi  acquistato 
grande  fama  nelle  guerre  di  Fiandra.  Era  alla  difesa 
della  città  assediata  il  maresciallo  Francesco  di  Toy- 


426  FLAVIO   VALERANI 


ras,  alla  testa  delle  truppe  francesi,  che  occupavano 
la  città,  il  castello  e  la  famosa  cittadella,  di  cui  era 
allora  munita  la  capitale  del  Monferrato.  L'assedio 
durò  fino  al  26  ottobre;  nel  qual  giorno  essendo  ar- 
rivato il  soccorso  delle  armi  francesi,  venne  tolto; 
e  la  città,  liberata  dai  francesi  e  dagli  spagnuoli  ad 
un  tempo,  ritornò  tosto  sotto  il  dominio  del  nuovo 
signore. 

Fin  dalle  prime  settimane  dell'assedio  si  sentì  in 
Casale  la  mancanza  del  denaro,  necessario  non  solo 
per  la  paga  delle  milizie,  ma  anche  per  le  provviste 
di  vettovaglie,  e  pei  lavori  di  fortificazione.  A  queste 
strettezze  avea  tentato  di  metter  riparo  il  cardinale 
di  Richelieu,  il  quale  ordinò  a  banchieri  di  Lione  di 
mandare  30.000  scudi  al  maresciallo  ;  ma  questi  non 
avevano  potuto  far  pervenire  il  danaro  nella  città  as- 
sediata. 

Non  si  perdette  d'animo  il  Toyras  ;  e  dopo  aver 
trovata  insufficiente  la  fusione  dell'argenteria  per  ri- 
durla in  moneta,  dovette  col  rame  dei  cannoni  far 
battere  alcuni  pezzi,  cui  si  diede  un  valore  conven- 
zionale, come  accade  nelle  città  assediate.  E  intorno 
a  queste  monete  ossidionali  sono  parecchi  gli  autori 
che  scrissero,  fra  cui  citerò  Baudier  W,  Promis  <2), 
Maillet  (3),  P.  Bordeaux  (4),  E.  Bertana  (5),  e  più  re- 
centemente Q.  Perini  (6). 

Quattro  furono  le  monete  coniate;  e  tutte  diven- 
nero rare  oggidì  e  ricercate  per  la  loro  importanza 


(1)  Histoire  du  Maréchal  de  Toyras,  par  Baudier  ;  Paris,  1644. 

(2)  Monete  ossidionali  del  Piemonte,  Torino,  1834. 

(3)  Maillet,  Catalogne  des  Monnaies  obsidionales,  Bruxelles,  1873. 

(4)  Paul  Bordeaux,  de  Neuilly,  Annuaire  de  la  Société  francaise  de 
numismatique,  Paris,  1891. 

(5)  E.  Bertana,  Del  valore  delle  monete  anticamente  correnti  nel  Mon- 
ferrato. Appendice  terza.  Casale,  1895. 

(6)  Q.  Perini,  Le  monete  ossidionali  di  Casale  del  i6jo.  Rovereto,  1902. 


UN    DOCUMENTO   SU   LE   MONETE   OSSIDIONALI   DI   CASALE  427 

storica,  e  per  la  bellezza  delle  loro  iscrizioni.  -  Delle 
tre  prime,  cioè  delle  maggiori,  non  farò  cenno,  perchè 
sul  loro  valore  non  fu  mai  contestazione  alcuna;  né 
può  nascere  dubbio,  essendo  chiaramente  indicato 
sul  diritto  della  moneta  stessa.  Difatti  la  più  grande 
emessa  pel  valore  di  venti  fiorini,  porta  sul  W±  a 
lato  allo  stemma  dei  gigli  di  Francia,  F— XX,  cioè 
fiorini  venti;  la  seconda  valutata  dieci  fiorini,  porta, 
sempre  a  fianco  dei  tre  gigli,  F— X;  la  terza,  che  ebbe 
il  valore  nominale  di  cinque  fiorini,  ha  F-5. 

Il  disaccordo  sorse  intorno  al  valore  da  attri- 
buire alla  quarta  moneta,  che  è  anche  la  più  piccola. 
Eccone  la  descrizione: 

]&  —  Stemma  di  Francia,    coi    tre  gigli,    coronato,    colla 

leggenda:  HIS  •  FAVENTIBVS,  1630. 
IJf  —  Due  palme  addossate    e    coronate    in    uno  scudetto 

accartocciato;  e  tra  le  due  palme,  in  basso,  C  (Casale): 

OPPRESSA  BIS  EXALTOR 

Havvi  però  una  variante,  di  notevole  importanza, 
la  quale  nel  P  ai  lati  dello  scudetto  ha  G-3. 

Il  valore  di  questa  moneta  fu  dai  numismatici 
variamente  apprezzato.  Domenico  Promis,  il  quale 
non  potè  conoscere  la  variante  accennata,  attribuì  ad 
essa  il  valore  di  un  fiorino;  e  dopo  di  lui  il  Maillet 
fu  di  uguale  avviso.  Questa  fu  l'opinione  che  prevalse 
fino  a  questi  ultimi  anni;  tanto  che  nei  pochi  cata- 
loghi monetari,  in  cui  è  fatta  menzione  di  questo 
pezzo,  esso  è  sempre  registrato  col  valore  di  un  fio- 
rino: basti  citare,  fra  i  più  importanti,  il  catalogo 
della  collezione  Rossi  W  e  quello  della  collezione 
Gnecchi  (2). 


(1)  Catalogo  della  Collezione  Rossi,  di  Roma,  1880,  N.  873. 

(2)  ltalienische  Mùnsen,   Collezione  Gnecchi.   Frankfurt  a.  M.,  1901, 
N.  906. 

55 


428  FLAVIO    VALERANI 


Baudier  invece  avea  fissato  a  questa  moneta  il 
valore  di  cinque  soldi  tornesi  di  Francia,  cioè  la 
terza  parte  del  pezzo  da  cinque  fiorini.  Così  le  veniva 
accordato  un  valore  superiore  al  fiorino.  Questa  pure 
fu  l'opinione  di  P.  Bordeaux,  accettata  da  E.  Bertana 
nella  preziosa  e  diligente  sua  memoria  W;  e  per  ul- 
timo anche  da  Q.  Perini. 

Questa  divergenza  di  giudizio  è  spiegata  dal  fatto 
che,  a  determinare  il  valore  di  questa  moneta  non 
ci  soccorre  il  solito  criterio  del  peso  e  dell'  intrinseca 
bontà  del  metallo;  poiché  si  tratta  di  moneta  fidu- 
ciaria, ossidionale,  non  avente  perciò  alcun  rapporto 
con  quelle  coniate  prima  dalla  zecca  medesima.  Ad 
accrescere  la  difficoltà  veniva  la  mancanza  di  un'in- 
dicazione qualsiasi  sulle  due  faccie  della  moneta, 
giacche  i  primi  e  più  comuni  esemplari  che  caddero 
sott'occhio,  non  portavano  la  marca  G-3  che  trovasi 
negli  esemplari  della  variante. 

Per  ultimo,  nessun  documento  del  1630  o  di  quel- 
l'epoca, relativo  a  questa  monetazione,  potè  finora 
recare  un  po'  di  luce  in  questo  argomento. 

Il  documento,  che  ora  mi  venne  fatto  di  trovare  (2) 
e  che  presento  al  lettore,  definisce  in  modo  preciso 
la  questione;  e  mentre  dimostra  erronee  le  supposi- 
zioni fatte  finora,  stabilisce  definitivamente  il  valore 
di  questo  pezzo  ossidionale. 

È  una  grida  o  editto  del  Duca  Carlo  ai  Casalesi, 
in  cui  annunzia  l'emissione  di  queste  quattro  monete 
ossidionali,  e  stabilisce  le  pene  per  coloro  che  non 
volessero  accettarle,  o  cercassero  di  falsificarle. 


(1)  Bertana,  Mem.  cit.,  pag.  63. 

(2)  Debbo  questo  documento  alla  gentilezza  dell'amico  ing.  conte 
Guglielmo  Langosco  di  Langosco;  e  sono  lieto  di  rendergliene  qui  vivi 
ringraziamenti. 


UN    DOCUMENTO    SU    LE   MONETE   OSSIDIONALI    DI   CASALE  429 


CARLO  PRIMO 

Per  la  Gratia  di  Dio 

Duca   di    Mantova,    Monferrato 

Nevers,  Umena,  Retel,  etc. 

Levando  il  presente  assedio  la  sicurezza  e  commodità 
alla  Maestà  Christianissima  di  far  inviare  denari  per  servitio 
di  questa  sua  soldatesca  destinata  alla  difesa  di  questa  Piazza, 
siamo  stati  necessitati  condescendere  et  permettere,  che  il 
sig.  Marescial  Toyras  possa  far  stampare  nella  nostra  Cecca 
monete  di  puro  rame  con  gli  impronti  stabiliti  col  nostro 
Maestrato,  da  spendersi  per  fiorini  vinti,  dieci,  cinque,  et 
grossi  tre  stando  massime  che  il  Rossi  nostro  Granaruolo 
in  conformità  dell'ordine  delli  15  Maggio  passato  havuto 
dalli  sig.  Lumaga  e  Mascaranico  di  Lione,  s'  è  obligato  *  in 
buona  forma  avanti  il  medemo  nostro  Maestrato  di  ritirarle 
fra  due  mesi  dopo  finito  in  qual  si  voglia  modo  il  predetto 
Assedio,  et  pagarne  il  giusto  valore  a  chi  gli  consegnarà 
dette  pezze  di  moneta  di  puro  rame  come  sopra,  in  buona 
valuta ,  valutando  sin'  adesso  per  all'  hora  a  fiorini  cin- 
quant*  otto  la  doppia  di  spagna.  Et  affinchè  non  siano  ricu- 
sati detti  danari  da  negotianti  et  altri,  habbiamo  stimato 
bene  notificarlo  a  tutti  con  la  presente  nostra  grida,  In  virtù 
della  quale  ordiniamo,  et  espressamente  commandiamo,  che 
non  sia  alcuno  di  che  grado,  stato  e  conditione  si  sia,  che 
ardisca  ricusare  in  pagamento  per  qual  si  voglia  mercantia 
o  debito,  ma  si  debbano  accettare  et  spendere  liberamente 
come  leale,  attesa  la  promessa  sodetta  del  Rossi,  et  ordine 
delli  sodetti  signori  Lumaga  e  Mascaranico,  così  ricercando 
il  buon  servitio  nostro  tanto  congiunto  con  quello  di  sua 
Maestà,  sotto  pena  del  quadruplo  per  ogni  contrafaciente,  et 
tutte  le  volte  che  contrafarà,  nella  qual  pena  incorreranno 
quelli  che  ne  faranno  mercantia;  Dichiarando  però  eccet- 
tuarsi da  questo  obbligo  quelli  che  introduranno  robbe  man- 
giative forastiere,  à  quali  si  dovrà  pagarne  il  prezzo  in  buone 
valute  secondo  il  solito.  Et  perchè  si  trovono  persone   così 


430  FLAVIO    VALERANI 


poco  timorate  della  giustitia,  che  per  ingordigia  del  guadagno 
havranno  ardire  di  fabbricare  simili  monete.  Per  tanto  proi- 
biamo a  qualunque  persona  come  sopra  che  ardisca  far  stam- 
pare cioè  Pille,  Torchielli,  ne  meno  burinarle,  ne  spender 
si  fatta  moneta  contrafatta,  ne  dar  aiuto  a  commetter  si  fatte 
transgressioni  sotto  pena  della  vita,  et  confiscatone  de  beni 
d'esser  applicata  per  due  terzi  alla  Camera  nostra,  e  il  re- 
stante all'accusatore.  —  E  finalmente  incharichiamo  alli  Pro- 
veditori ad  invigilare,  che  questa  battitura  non  siano  alterati 
i  prezzi  delle  robbe  e  mercantie,  Volendo  che  ciascuno  bot- 
tigaro  si  contenga  nei  ragionevoli  prezzi  stabiliti,  sotto  pena 
di  due  doppie,  et  tre  tratti  di  corda  d'esser  irremissibilmente 
essequita  contro  chi  si  sia,  perchè  così  ricerca  la  ragion  di 
buon  governo  et  il  servitio  publico.  —  Di  Casale  li  18  Giu- 
gno 1630. 

Ferdinando  figlio 

V.  Guiscardus.  Locus  Sigilli 

Samerus  prò  secret. 

In  CASALE  per  Cesare  Gossij  Stampator  Ducale.  M.  DCXXX. 

Questa  grida  prova  anzitutto  che  la  mancanza 
di  danaro  fu  notata  fin  dal  principio  dell'  assedio, 
tanto  che  già  dal  15  maggio  erasi  pensato  a  prov- 
vedervi. 

Essa  dimostra  inoltre  —  e  questa  è  l' importanza 
numismatica  del  documento  —  che  il  valore  della  più 
piccola  moneta  ossidionale,  fra  le  quattro  state  co- 
niate, era  di  tre  grossi,  come  del  resto  era  chiaramente 
indicato  dal  segno  G-3  che  si  osserva  in  alcuni 
esemplari.  L'essere  altri  esemplari  privi  di  tale  in- 
dicazione, non  infirma  punto  il  nostro  asserto:  ciò 
prova  tutto  al  più  che  vi  furono  due  emissioni  suc- 
cessive di  questa  moneta;  e  che  in  una  di  queste 
emissioni  l'incisore  non  credette  necessario  porre  il 
segno,  che  indica  il  valore  del  pezzo  ossidionale.  Del 
resto   anche   per   altri   pezzi   fu   necessario    ripetere 


UN   DOCUMENTO    SU    LE    MONETE    OSS1DIONALI   DI   CASALE  43I 

remissione,  come  è  comprovato  da  qualche  variante, 
anche  lieve,  che  si  osserva  nei  diversi  esemplari.  Ad 
esempio  nel  pezzo  da  cinque  fiorini,  più  comune  è  la 
leggenda:  D*.  NEC  VI  NEC  FRAVDE  —  R).  VOS  CANDIDI 
ME  PVRAM;  ma  v'hanno  esemplari  (come  in  quello 
della  mia  collezione)  sul  cui  rovescio  sta  scritto  : 
VOS  CANDIDI  ME  PVRA. 

Il  valore  di  tre  grossi  corrispondeva,  a  quel- 
l'epoca, alla  terza  parte  di  un  fiorino  di  Monferrato; 
il  qual  fiorino  era  poi  la  stessa  cosa  del  reale,  nome 
d'importazione  spagnuola.  Questa  moneta  ai  tempi 
di  Vincenzo  I,  cioè  sul  finire  del  cinquecento,  e  sui 
primi  del  seicento,  valeva  dodici  grossi;  ma  nel  1630 
era  scaduta  di  valore,  e  non  era  più  contata  che  per 
nove  grossi;  il  grosso  poi  si  poteva  ragguagliare 
presso  a  poco  a  cinque  centesimi  della  moneta  pre- 
sente. 

Dal  pezzo  di  cinque  fiorini  si  discendeva  così 
rapidamente,  senz'altra  moneta  intermedia,  sino  a 
questo  pezzo  di  tre  grossi  o  terzo  di  fiorino;  e  questa 
transizione,  che  può  parere  troppo  grande  in  tempi 
normali,  non  doveva  essere  così  sentita,  ne  così  piena 
d'inconvenienti  in  tempi  d'assedio.  D'altronde,  per 
l'uso  quotidiano,  è  appunto  il  bisogno  d'una  moneta 
spicciola  quello  che  maggiormente  si  fa  sentire. 

Qualunque  obbiezione,  del  resto  cade,  e  diviene 
superflua,  come  superflua  ogni  discussione,  davanti 
all'evidenza  della  grida  riportata,  che  fissa  il  valore 
del  pezzo  ossidionale  in  modo  indiscutibile. 

Ricorderò  per  ultimo  che,  levato  l'assedio,  queste 
monete  ossidionali  vennero  presentate  al  banchiere 
{granaruolo,  nella  grida)  Giorgio  Rossi,  di  Casale,  per 
il  cambio  in  oro  e  argento  di  buona  valuta.  Ma  non 
tutta  la  somma  fu  presentata  al  cambio.  Il  maresciallo 
di  Toyras  ne  aveva  fatto  coniare  pel  valore  di  30 
mila  scudi  d'oro,  e  per  20  mila  lire  di  Francia,  cioè 


432 


FLAVIO    VALERANI 


per  un  totale  di  733.320  fiorini  di  Monferrato,  equi- 
valente a  circa  400.000  lire  de'  nostri  giorni.  Or  bene 
di  questa  somma,  dieci  mila  lire  (di  Francia)  non 
furono  presentate  al  cambio.  I  pezzi  ossidionali,  pel 
valore  di  queste  diecimila  lire,  furono  ritenuti  dai 
soldati  delle  varie  nazioni,  e  dai  cittadini  casalesi,  per 
conservare  una  memoria  dell'assedio;  il  che  permise 
che  alcune  di  queste  monete,  sfuggite  così  alla  di- 
struzione, potessero  pervenire  fino  a  noi. 

Casale  Monferrato,  Luglio  iooj. 

Flavio  Valerani. 


UN  ONGARO  INEDITO 

DI  JACOPO  III  MANDELLI,    CONTE   DI   MACCAGNO 


Tra  le  zecche  italiane  di  durata  più  effimera  sta 
certo  quella  di  Maccagno,  feudo  principale  della  mi- 
lanese famiglia  Mandelli.  Si  ritenne  infatti  che  un 
solo  membro  di  quella  famiglia,  Jacopo  III,  vi  avesse 
battuto  moneta. 

È  risaputo  che  questo  conte,  nato  nel  1582  da 
Tazio,  e  Lucrezia  Beolca,  ebbe  molte  distinzioni 
e  privilegi  dall'imperatore  germanico  Ferdinando  II; 
e  principalissimo,  quello  di  batter  moneta  nella  sua 
terra,  con  Diploma  16  luglio  1622;  il  che  non  pro- 
fittava soltanto  all'ambizione. 

Morto  lui,  nel  1645,  l'opinione  che  la  sua  zecca 
si  chiudesse  colla  sua  tomba  fu  quasi  universalmente 
accettata,  fino  al  giorno  in  cui  uno  fra  i  più  simpa- 
tici e  pazienti  studiosi  di  numismatica,  Costantino 
Luppi,  ebbe  la  fortuna  di  scoprire  e  la  premura 
di  pubblicare  con  ottima  critica  una  monetina  di 
rame,  battuta  da  Gio.  Francesco  Maria,  figliuolo  di 
Jacopo  III  (0. 

Dubito  assai  che  altri,  all'  infuori  di  codesti  due 
signori,  abbia  nella  famiglia  Mandelli  approfittato  della 
imperiale  concessione  di  zecca.  Di  Gio.  Francesco 
Maria  la  moneta  segnalata  e  illustrata  dal  Luppi,  seb- 
bene non  unica,  rimane  fino  ad  oggi  la  sola  cono- 
sciuta. Di  Jacopo  III  invece,  per  cui  fu  una  cosa 
sola  avere  il  privilegio  e  servirsene   (come   lo   pro- 


(1)  Luppi  Costantino  :  Di  una  moneta  recentemente  scoperta,  appar- 
tenente al  Conte  Giovanni  Francesco  Maria  Mandelli,  battuta  in  Maccagno 
("  Bollettino  d'arte,  antichità,  numismatica,  ecc.  „.  Roma,  1881,  voi.  I). 
V.  anche  ■  Gazzetta  Numismatica  „,  anno  VI,  pag.  83. 


434 


A.   F.   MARCHISIO 


vano  le  date  di  alcune  sue  monete  —  1622  —  prima 
ancora  che  si  concedesse  il  lusso  di  uno  zecchiere 
nella  persona  di  Pellegrino  Vanni  a  cui  affidò  re- 
golarmente l'esercizio  delle  battiture  il  1  febbraio 
1624)  vengono  fuori  a  quando  a  quando  nuovi  tipi 
di  monete  ;  tra  cui  ho  il  piacere  di  qui  dare  il  di- 
segno e  la  descrizione  di  un  ongaro  finora  inedito, 
per  quanto  sappia,  e  che  acquistai  con  altre  monete 
dell'epoca  da  un  antiquario  della  Valle  d'Aosta,  dove 
con  tutta  probabilità  deve  essere  stato  trovato. 

L'esemplare   è   quasi   un  fior  di  conio,   e  pesa 
grammi  3,400.  Eccolo  : 


&  —  MON     AVR  •  IÀC  •  T  •  —  M  •  FI  •  M  •  R  •  C  •  CO  d). 

Nel  campo,  figura  ritta,  di  prospetto,  del  conte,  in  com- 
pleta armatura,  tenente  nella  destra  una  alabarda,  e  pog- 
giante la  sinistra  sull'impugnatura  della  spada. 
$  -  SACRIQ  •  ROMA  •  —  IMPERI  VIC  •  PER  (2).  In  alto, 
rosetta  a  cinque  foglie,  e  in  basso  piccola  armetta  (3). 
Nel  campo,  scudo  ovale  ornato  di  cartocci,  tripartito 
retto  e  perpendicolare,  di  nove  punti,  suddivisi  il  4  e  6, 
con  due  aquile  rispettivamente  sovrapposte,  1,  3,  7,  9, 
piccola  ala,  2,  8,  tre  bisanti,  5,  leone  saliente. 

Tutto  quanto  si  era  prima  pubblicato,  e  tutto 
quanto  si  conosceva  di  manoscritto  circa  la  piccola 
zecca   di   Maccagno   ebbe   un   illustratore   valente  e 


(1)  Che  si  legge:  Moneta  aurea  Jacobi,  Tatti  Mandelli  filii,  Machanei 
Regalis  Curiae  comi ti s. 

(2)  Che  si  legge  :  Sacrique  Romani  Imperli  Vicarii  perpetui. 

(3)  Che  può  essere  marca  di  zecchiere. 


UN    ONGARO   INEDITO   DI   JACOPO    III   MANDELLI  435 

coscienzioso  in  Carlo  Kunz,  triestino,  che  nel  1865 
(con  data  16  giugno  1864)  pubblicò  una  pregevole 
monografìa  nella  Rivista  Numismatica  del  Maggiora- 
Vergano  (x);  monografìa  che  fu  da  quella  antica 
piemontese  Rivista,  ormai  di  difficile  reperimento, 
trasportata  integralmente  nella  attuale  italiana  (2),  e 
che  il  Muoni  aveva  già  prima  riprodotta,  per  la  parte 
descrittiva  e  pei  disegni  delle  monete,  in  aggiunta 
alle  tavole  genealogiche  della  famiglia  Mandelli  (3). 
Dopo  l'opera  del  Kunz  poche  altre  monete  fu- 
rono pubblicate  della  zecca  di  Maccagno,  oltre  la 
già  citata  memoria  del  Luppi.  Il  Muoni  nulla  ag- 
giunse nelle  sue  tavole  ;  ed  ecco  in  seguito  tutto  il 
materiale  scientifico  che  è  a  mia  conoscenza  : 

i.°  Due  contraffazioni,  segnalate  da  Morel-Fatio, 
in  due  sue  memorie,  in  una  delle  quali  riporta  una 
moneta  erosa  imitante  i  tipi  di  Lucerna  (4),  e  nell'altra 
una  seconda  moneta  erosa,  che  contraffa  i  così  detti 
dictzen,  pure  di  Lucerna  (5).  (Di  queste  contraffazioni 
il  Kunz  non  ha  fatto  cenno). 

2.0  Nota  di  due  Ducatoni,  riportati  dal  Demole 
nella  sua  memoria  sui  saggi  della  zecca  di  Zurigo  (6). 

(1)  "  Rivista  della  Numismatica  antica  e  moderna  „.  Asti  1865, 
voi.  I,  pag.  147  e  seg.,  e  tav.  IV,  n.  1-5  (Sono  descritte  18  monete,  cioè 
una  doppia  da  due,  una  doppia,  5  ongari,  4  ducati  d'oro,  2  ducatoni,  un 
mezzo  ducatone,  un  quarto  di  ducutone,  un  soldo,  un  quattrino  eroso  e 
un  quattrino  di  rame). 

(2)  "  Rivista  Italiana  di  Numismatica  „  anno  1896,  voi.  IX,  pag.  473 
e  seg.,  e  Tav.  Vili. 

(3)  Muoni  Damiano  :  Famiglie  notabili  milanesi,  1875,  voi.  I,  Milano, 
Vallardi. 

(4)  A.  Morel-Fatio  :  Imitations  ou  contrefacons  de  la  monnaie  Suisse 
fabriquées  à  l'étr anger  aux  i6me  et  I7me  siècles.  Zurich,  1862,  tav.  II, 
num.  15. 

(5)  Id.:  Imitations  des  diverses  monnaies  Suisses.  Zurich,  1864, 
tav.  Ili,  n.  1. 

(6)  Demole  Eugène  :  Monnaies  inédiles  d'Italie  figurées  dans  le  livre 
d'essai  de  la  monnaie  de  Zurich.  Bruxelles,  1888,  pag.  9-11  e  tav.  IX, 
n.  2,  tav.  XII,  n.  12. 

56 


436  A.    F.    MARCHISIO 


3.0  Uno  zecchino  o  ducato  d'oro,  apparso  nella 
vendita  della  collezione  Giancarlo  Rossi,  di  Roma  (*). 

4.0  Una  doppia  d'oro,  diversa  da  quella  riportata 
dal  Kunz  al  n.  2,  (il  Kunz  però  non  vide  la  moneta, 
ma  ne  ebbe  contezza  dall'abate  Sebastiano  Ciampi, 
e  dai  manoscritti  di  Giorgio  Viani)  ce  la  segnala  e 
descrive,  dandone  pure  il  disegno,  Vincenzo  Promis 
in  una  sua  memoria  pubblicata  nel  1882  (fl).  È  una 
moneta  di  alto  interesse,  e  non  conosco  altra  rac- 
colta all'  infuori  della  reale,  che  ne  possegga  un  se- 
condo esemplare. 

5.0  Ercole  Gnecchi,  nella  Rivista,  presenta  (3)  un 
tallero,  prima  sconosciuto,  contraffatto  al  tipo  olan- 
dese (il  solito  detto  del  Brabanté).  E  successivamente 
dà  (4)  il  disegno  e  la  descrizione  di  due  ducati  d'oro 
l'uno  di  Maccagno,  per  Jacopo  III,  e  l'altro  anonimo, 
ma  quasi  certamente  di  identica  origine. 

Ne  va  taciuto  dello  stesso  autore  il  ducato  d'oro 
di  Maccagno  che  ebbe  a  incontrare  e  riconoscere 
fattura  di  un  falsario,  e  che  riprodusse  con  altra 
simile  lordura  nella  ben  utile  monografia  sulle  falsi- 
ficazioni (5). 

6.°  Finalmente  nel  catalogo  di  vendita  della  col- 
lezione Gnecchi  (6)  figurano  sufficientemente  descritti 
5  ongari,  5  ducati  d'oro,  1  ducatone,  e  3  quattrini.  La 
tavola  che  vi  si  riferisce  dà  il  disegno  di  4  ongari, 
dei  5  ducati  d'oro,  e  del  ducatone. 

Una  sola  moneta  vi  si  riscontra  nuova  per  tipo, 
cioè  il  ducato  d'oro  che  figura  descritto  e  disegnato 
al  n.  1894  ;  tipo  abbastanza   artistico   e   molto   inte- 


(1)  Roma,  1880,  pag.  130,  n.  1774,  e  tav.  IV. 

(2)  Promis  Vincenzo  :  Monete   di  zecche   italiane   inedite   0   corrette. 
Memoria  quarta.  Torino,  MDCCCLXXXII,    pag.  39-40,  e  tav.  V,    n.  49. 

(3)  "  Rivista  Italiana  di  Numismatica  „  anno  1891,  tomo  IV,  pag.  371. 

(4)  Ibid.  pag.  377  e  seg. 

(5)  "  Riv.  It.  di  Num.  „   anno  1902,  tomo  XV,  p.  339,  e  Tav.  XII,  n.  li. 

(6)  Asta  Hamburger:  Frankfurt  a/m.  1902,  pag.  99-100,  e  tav.  XII. 


UN   ONGARO   INEDITO    DI  JACOPO    III    MANDELLI  437 

ressante,  che  reca  la  data  1622,  cioè  quella  di  con- 
cessione al  conte,  come  notai,  del  diritto  di  zecca. 

Tutte  le  altre  monete  già  erano  prima  note  e 
descritte  in  varie  pubblicazioni,  ma  di  talune  man- 
cava ancora  il  disegno  ;  e  fu  ottimo  consiglio  rag- 
gruppare sì  ricca  messe  della  effimera  zecca  in  una 
tavola  illustrativa. 

Chi  del  resto  vuole  avere  piena  cognizione  di 
quanto  si  andò  via  via  pubblicando  sulla  zecca  e 
sulle  monete  di  Maccagno  non  ha  che  da  consultare 
le  ben  note  guide  Bibliografiche  Numismatiche  del 
Promis  (0  e  dei  fratelli  Gnecchi  (2)  per  sapere  ove 
far  capo  ;  e  chi  vuol  sapere  dove  attingere  per  no- 
tizie storiche  sulla  famiglia  Mandelli  troverà  nel  Kunz 
e  nel  Muoni  non  solo  dottissime  pagine,  ma  le  fonti 
da  cui  derivano,  e  i  nomi  dei  loro  autori. 

Resta  ancora  ad  aggiungere  una  parola  riguardo 
alla  noneta  di  cui  diedi  il  disegno.  Il  tipo,  superfi- 
cialmente considerato,  rammenta  quello  dell' ongaro 
che  il  Kunz  descrive  al  n.  3,  e  che  si  trova  dise- 
gnato nel  catalogo  del  Museo  di  Vienna  (3).  Quella 
moneta  del  Gabinetto  Imperiale  di  Vienna,  che  non 
so  se  da  altri  medaglieri  sia  posseduta,  è,  come  si 
può  constatare,  del  tutto  diversa  da  questa,  nella 
leggenda  e  nel  campo,  sia  al  diritto  che  al  rovescio; 
ma  neir  insieme  le  due  monete  dimostrano  una  certa 
affinità,  e  se  ne  può  desumere  che  provengono  dalla 
mano  di  uno  stesso  incisore,  molto  probabilmente 
Pellegrino  Vanni,  come  lo  dice  anche  lo  stile,  oltre 
l'eleganza  artistica  e  armonica  delle  due  facciate. 


(1)  Promis   Vincenzo  :    Tavole    sinottiche,    ecc.,    pagine  95,  96.   To- 
rino, MDCCCLXIX. 

(2)  Francesco  ed  Ercole  Gnecchi  :   Saggio   di   Bibliografia   Numi- 
smatica, ecc.,  pag.  172,  173,  466.  Milano,  1889. 

(3)  Duval   et  Froelich:    Monnaies   en   or  du   cabinet    de    Vienne. 
Vienne,  1759,  pag.  259,  n.  1. 


438  A.    F.    MARCHISIO 


Lo  stemma  del  rovescio,  dove  tutto  si  trova, 
salvo  lo  scudo  dei  Mandelli  (J),  è  fatto  per  eccitare  la 
curiosità  degli  studiosi.  Il  Kunz,  dopo  descritta  la 
moneta,  soggiunge  :  «  /  differenti  punti  di  tale  arma 
alludono  forse  ai  feudi  posseduti  dai  Mandelli,  od  a  pa- 
rentele? » 

La  risposta  io  non  so  darla,  e  se  pure  m'az- 
zardassi a  fare  dei  tentativi  andrei  fuori  dal  campo 
e  dall'  indole  di  questa  breve  nota;  mi  limito  quindi 
a  fare  una  sola  constatazione  :  Tra  le  piccole  diffe- 
renze nei  punti  dello  stemma  per  Yongaro  di  Vienna 
e  per  quello  teste  descritto  ve  ne  ha  una  importante: 
In  questo,  cioè,  quattro  piccole  alette  sostituiscono  i 
quattro  piccoli  gigli  nei  quattro  punti  1,  3,  7,  9.  Non 
saranno  queste  alette  per  ricordare  la  così  detta  ala 
negra,  in  campo  d'argento,  strappata  dall'aquila  ce- 
sarea, e  legata  da  Ottone  I  a  Tazio  e  Robaconte 
Mandelli,  in  un  col  feudo  di  Maccagno,  quale  rimu- 
nerazione agli  aiuti  che  gli  prestarono  a  cacciare 
Berengario,  e  bloccare  la  rócca  dell'isola  di  S.  Giulio? 
Del  resto  Jacopo  III  usò  relativamente  di  rado  l'arme 
propria  nelle  monete  ;  col  diritto  di  zecca  ebbe  con- 
cessione di  incidere  nei  conii  anche  l'arme  della  con- 
sorte; chi  sa  fin  dove  e  come  abusò  di  stemmi,  come 
abusò  di  basso  titolo  e  di  contraffazioni,  nelle  proprie 
monete!  Ma  se  questi  abusi  si  risolsero  in  un  danno 
altrui,  a  vantaggio  del  proprio  scrigno,  quell'altro 
può  molta  luce  apportare,  se  diligentemente  studiato, 
alla  storia  della  illustre  famiglia  milanese. 

Torino,  giugno  190J. 

A.  F.  Marchisio. 


(1)  Lo  stemma  Mandelli  è  uno  scudo  di  rosso  con  tre  leopardi  d'oro 
nel  cuore  dell'aquila  dell'impero,  cimato  dalla  corona  comitale  e  da  un 
listello  caricato  del  motto  :  LoyauU  passe  tout. 


Scudo  d'oro  inedito  di  Paolo  III 

PER    CAMERINO 


È  vera  compiacenza  il  recare  un  contributo,  sia 
pure  modesto,  alla  storia  e  alle  arti  belle  della  no- 
stra regione.  E  tal  piacere  si  raddoppia  quando  la 
scoperta  riflette  particolarmente  la  propria  patria. 

Ecco  la  mia  volta,  gicchè  ho  la  fortunata  occa- 
sione di  segnalare  una  rarissima,  anzi  fin  qui  unica 
moneta,  spettante  alla  zecca  di  Camerino. 

Paolo  III,  addivenuto  diretto  signore  del  Ducato 
di  Camerino,  per  la  rinuncia  di  Guidobaldo  della  Ro- 
vere e  della  consorte  Giulia  Varano,  nel  1539,  volle 
che  in  quella  zecca  si  proseguisse  a  battere  moneta 
di  ogni  specie. 

Il  Santoni  ne'  suoi  Studii  sulla  zecca  di  Came- 
rino, riportò  il  privilegio  papale,  accennato  già  dal 
Garampi  nelle  Osservazioni  e  Documenti. 

Eccone  riassunto  il  tenore  : 

*  Anno  1539.  —  Capitoli  della   zecca   di  Camerino  per 

*  anni  5.  Battinsi  scudi   d'oro   da  22  carati,   taglio    100   per 

*  libra.  &  S  •  PAVLVS  •  CAMERINI.  ^  Arme.  —  Mezzi  grossi 
■  papali  di  fino  on.  11.1  di  peso  danari  1.13  ljt  al  taglio  186 
"  per   libra.    &    S  •  VENANTIVS  •  CAMERINI    mezza    figura. 

*  9  Arme,  etc.  „. 

Seguono  le  altre  monete,  le  quali  sono  già  note 
e  conosciute. 

Il  chiarissimo  Ercole  Gnecchi,  tanto  benemerito 
della  scienza  numismatica,  ebbe  in  mano  per  primo 


44° 


O.    VITAI.INI 


il  mezzo  grosso  (Riv.  Numis.,  V,  p.  64),  e  lo  illustrò 
brevemente,  notando  lo  scudetto  dello  zecchiere,  ma 
leggendovi  solo  le  lettere  M.  B. 


Ed  ora  ecco  lo  scudo  d'oro  che  comparisce  pa- 
rimente la  prima  volta,  essendone  prive  tutte  le  col- 
lezioni, anche  di  primo  ordine,  da  me  visitate,  ed  es- 
sendo stato  fin  qui  male  descritto  dallo  Scilla  (p.  134, 
n.  12),  dal  Cinagli  (p.  104,  n.  16)  e  dal  Kòhler  (I,  410, 
n.  1274),  i  quali  probabilmente  non  fecero  altro  che 
copiarsi  successivamente  l' un  l'altro,  senza  avere 
avuto  sott'occhio  l'esemplare. 

Questo  da  me  posseduto,  e  che  faceva  parte  di 
un  ricco  ripostiglio  del  secolo  XVI,  come  vedesi  nel 
disegno,  ha  : 

<& —  Lo  stemma  Farnese,  con  triregno  e  chiavi;  intorno 
PÀVLVSIII-  •  PONT  ■  MAX- 

P  —  S.  Paolo  in  piedi,  con  la  destra  alza  la  spada,  con 
la  sinistra  regge  un  libro,  e  le  parole  S  •  PAVLVS  •  • 
CAMERINI. 


Merita  però  speciale  attenzione  la  marca  dello 
zecchiere,  sfuggita  a  tutti  i  citati  autori,  e  che  sta 
evidentissima  vicina  al  piede  sinistro  dell'Apostolo, 
in  uno  scudetto  sormontato  da  una  stella  e  diviso  in 
tre  comparti  con  le  lettere  M.  B.  p.  Questa  stessa  marca 
è  ripetuta  nel  mezzo  grosso  dal  Gnecchi,  colla  va- 
riante della   croce   sopra   lo  scudo  in   cambio   della 


SCUDO    DORO   INEDITO    DI    PAOLO    IH    PER    CAMERINO  44I 

stella,  ed  egli  vi  notò  che  probabilmente  era  quella 
dell'  incisore,  il  cui  nome  gli  restava  ignoto. 

Lo  scultore  dei  conii  delle  monete  pontificie,  re- 
gnante Paolo  III,  fu  Benvenuto  Cellini,  che  pavo- 
neggiandosi riferisce  «  che  il  Papa  disse  che  altri 
«  non  gli  parlassi  più  di  monete,  perchè  voleva  che 
«  io  fussi  quello  che  le  facessi  e  non  altri  ». 

Ma  il  Cellini  nel  1538  era  prigione  a  Castello, 
e  Tanno  seguente  si  rifugiò  sotto  le  ali  del  cardinale 
Ippolito  d'Este  ;  nò  di  questa  moneta  fa  cenno,  nella 
sua  vita,  sebbene  si  vanti  di  avere  incisa  l'altra  col 
VÀS  •  ELECTIONIS,  che  la  dovè  precedere. 

Nella  lontananza  di  costui  il  Papa  si  servì  del- 
l'opera di  Alessandro  Cesati,  detto  il  Grechetto.  Nella 
provincia  della  Marca  e  a  Macerata  dove  risiedeva 
il  Legato  e  il  Tesoriere,  dopo  la  morte  di  Antonio 
del  Migliori  e  di  Paolo  Sinibaldi,  si  erano  succeduti 
gli  zecchieri  Francesco  Cavigliano,  Annibale  de  Car- 
nechis,  Andrea  Rieti,  Mazzeo  di  Mazzeo,  fino  al  1568. 
A  Camerino  la  zecca  era  stata  affidata,  nel  1535, 
dalla  duchessa  Catarina,  a  Girolamo  di  Agostino  Gen- 
tili. Ma  di  nessuno  di  costoro  concordano  le  iniziali 
dei  nomi. 

L'ozio  campestre  in  cui  ora  mi  trovo,  mi  ha 
suggerito  di  riscontrare  l'opera  del  Garampi,  e  la 
curiosità  è  stata  ben  soddisfatta.  Nel  citato  docu- 
mento LXX,  con  i  Capitoli  va  unita  la  concessione 
della  zecca  a  Messer  Bartolomeo  alias  Maruce  Pu- 
ntella, a  Michele  de  Angelotti,  a  Baldassare  Piccelli, 
tutti  di  Camerino. 

Abbiamo  dunque,  tra  costoro,  il  desiderato  mae- 
stro, nel  Bartolomeo  Puntella  o  nel  Baldassare  Pic- 
celli. La  valentìa  dell'arte  si  rivela  nella  figura  del 
S.  Paolo,  che  moltissimo  assomiglia  a  quella  dise- 
gnata dal  Cellini,  da  far  sospettare  che  provenga 
dallo  stesso  ponzone. 


442  o.  VITALINÌ 


E  questa  scoperta  viene  in  tempo  a  sfatare  una 
falsificazione  a  cui  si  erano  dati  i  soliti  industriali, 
cancellando  cioè  dallo  scudo  abbastanza  comune  del 
Vas  electionis  queste  due  parole,  e  col  metodo  già 
noto,  e  da  me  stigmatizzato  in  altro  scritto,  sosti- 
tuendo la  parola  CAMERINI.  Ma  la  cifra  dello  zec- 
chiere è  stata  la  sfinge  di  costoro,  che  non  poterono 
riprodurla  per  essere  loro  ignota,  e  lasciarono  l'altra 
de'  due  bastoni  decussati,  o  due  branche,  segno  assai 
controverso  del  Cellini. 

Rocca  d'Ajello,  agosto  iooj. 

O.    VlTALINI. 


LA  CIFRA  XXI 

SOPRA  I    COSÌ    DETTI    ANTONINIANI 

E  SOPRA  I  FOLLIS  DELLA  TETRARCHIA 


*  Troppo  male  si  regge  l' interpretazione  di  20  eguale 
a  1  che  viene  data  alla  cifra  XXI  „. 

Questa  è  la  conclusione  che  ha  dato  Francesco  Gnecchi 
nel  suo  recente  articolo,  *  Tarraco  o  Ticinum  e  Mediola- 
num?  „  (*)  conclusione  che,  a  quanto  sembra,  ha  prodotto 
l'effetto  de^derato  dall'autore,  giacché  nell'ultimo  numero  del 
Bulletin  de  Numismalique  (2),  un  anonimo  domanda  se  qual- 
cheduno  poteva  trovare  un'altra  soluzione  da  quella  talmente 
scossa  e  messa  in  dubbio  dal  Sig.  Gnecchi. 

Per  conto  mio,  dico  francamente  che  quella  conclusione 
mi  ha  tanto  convinto  che  non  esito  un  momento  a  provare 
di  soddisfare  alla  domanda  dell'anonimo. 

A  tale  uopo  s' impone  la  necessità  che  io  faccia  osser- 
vare che  il  Sig.  Gnecchi,  a  guisa  di  ultimo  puntello  di  so- 
stegno di  quanto  aveva  felicemente  dimostrato,  dice  :  Se  si 
aggiunge  poi  che  la  medesima  cifra  XXI  si  trova  anche  sui 
medii  bronzi  o  follis  della  Tetrarchia  i  quali  naturalmente 
dovevano  avere  un  valore  ben  diverso  dagli  antoniniani,  ecc.  ecc. 

Questa  idea,  che  del  resto  credo  predominante  tra  i  nu- 
mismatici, io  mi  permetto  di  combattere,  provando  che  le 
due  monete  dovevano  avere  uno  stesso  valore. 

Non  v'ha  alcun  dubbio  che  uno  degli  ostacoli  che  sempre 
si  oppose  alla  vera  soluzione  della  cifra  XXI,  sta  nell'  in- 
veterata idea  che  prevale  di  volere  ritenere  per  antoniniani 


(1)  Rivista  Italiana  di  Numismatica,  anno  XVII,  fase.  III. 

(2)  IIe  volume  5e-6e  livraisons,  septembre-octobre. 


57 


444  G'    LATTARI 


tutte  le  monete  sulle  quali  la  testa  dell'Augusto  è  radiata. 
Quelle  monete  non  sono  certo  degli  antoniniani  per  il  loro 
valore  intrinseco,  né  per  il  peso  e  la  grandezza,  né  per 
l'estetica  in  generale,  ed  è  impossibile  di  non  ammettere 
che  a  partire  da  Gallieno  quelle  monete  differiscano  di  molto 
dai  veri  antoniniani  emessi  in  epoche  anteriori.  Non  ostante 
quelle  disparità,  si  vuole  che  esse  sieno  degli  antoniniani 
avviliti  per  opera  fraudolenta  dei  governanti,  i  quali  con 
un  poco  di  stagno  che  fecero  dare  loro  sopra  la  superficie 
le  facevano  passare  per  monete  d'argento. 

Non  so  se  in  parte  questa  vecchia  teoria  sia  stata  scossa 
dal  mio  recente  articolo  sull'  imbiancatura  delle  monete  C1) 
con  il  quale  cercai  di  provare  che  quell'imbiancatura  non  era 
il  risultato  della  frode,  ma  bensì  era  dovuta  alla  tecnica  la 
quale  sola  poteva  garantire  le  monete  genuine  dalle  false. 
Se  quanto  dissi  allora  non  bastasse,   ricorriamo   alla  logica. 

Le  monete  di  Aureliano  sono  le  prime  che  portano  la 
cifra  XXI  e  quell'innovazione  venne  fatta  in  .forza  di  certe 
leggi  che  avevano  per  scopo  di  porre  un  freno  agli  abusi 
commessi  dai  monetarii,  dei  quali  ben  7000  perirono  per 
essersi  opposti  alla  irrevocabile  decisione  e  risolutezza  di 
Aureliano.  Come  si  può  dunque  ammettere  che  quello  Au- 
gusto il  quale  non  peritò  di  spargere  tanto  sangue  pur  di 
riabilitare  il  valore  della  moneta,  proprio  in  quell'occasione 
egli  facesse  battere  delle  monete  dando  loro  un  valore  che 
non  avevano? 

Quale  possa  essere  stato  il  nome  che  venne  dato  a 
quella  jnuova  moneta,  per  il  momento  è  impossibile  di  stabi- 
lirlo: ma  senza  alcun  dubbio,  tanto  quelle  monete  come  quelle 
a  loro  simili,  a  partire  da  Gallieno,  dovevano  rappresentare 
delle  frazioni  dell' antoniniano  e  per  tali  dovevano  essere 
spese  e  nulla  di  più  ! 

Scartata  l' idea  di  voler  considerare  come  antoniniani 
le  monete  con  la  cifra  XXI,  la  loro  assimilazione  con  i  follis 
ne  diviene  una  probabilità  ed  i  pesi  come  le  analisi  con  i 
calcoli  che  sottopongo  lo  confermano. 


(1)  Rassegna  Numismatica,  anno  III,  n.  3,  maggio  1905. 


LA    CIFRA   XXI   SOPRA    I   COSÌ    DETTI    ANTONINIANI,    ECC.  445 

Ho  pesato  200  monete  (che  per  comodo  di    tutti   conti 
nuerò  a  chiamare  antoniniani)    della    Tetrarchia    con    al   ro 
vescio  la  cifra  XXI,  ed  è  risultato  un  peso  medio  di  g.  3,89 
Cento  di  quelle  monete  erano  più  o  meno  a  fiore  di   conio 
le  altre  tra  la  bella  ed  assai   bella   conservazione;  le  prime 
pesavano  un  totale  di  g.  392,  le    seconde,    di    g.    380.    Dal 
l'analisi  risulta  che  contengono  circa  g.  0,055  ^  di  argento 
e  perciò  g.  3,865  di  bronzo  ed  altra  lega.  Ho  quindi  pesato 
una  assai  rispettabile  quantità  di  follis  battuti  in  Alessandria, 
tanto  con  la  cifra  XXI  come  con  S  |  P  o  altre  lettere  e  sim- 
boli e  così  pure   una   quantità   delle   stesse   monete   battute 
in  altre  zecche,  tutti  pezzi  di   primissima    conservazione   ed 
ho  ottenuto  una  media  quasi  esatta  di  g.  io  (2).  Le  analisi  di 
queste   monete  hanno  dato  circa    g.  0,045    di    argento  (3)   e 
perciò  g.  9,955  di  bronzo  ed  altra  lega. 

Secondo  il  Blanchet  (4),  la  riforma  di  Diocleziano  con- 
sistette nella  riduzione  del  peso  dell'aureo,  nella  restituzione 
del  denaro  di  Nerone,  nell'emissione  del  denarius  comunis 
e  dei  follis,  questi  ultimi  sulla  base  di  36  la  libbra  e  gli 
altri  su  quella  di  72.  Sempre  secondo  lo  stesso  autore,  il 
denarius  comunis  valeva  la  quarantaduesima  parte  del  denaro 
di  argento  ;  tanto  vale  a  dire  che  con  quella  riforma  il  rap- 
porto tra  il  valore  del  bronzo  e  quello  dell'argento  non 
cambiò  poiché  il  denarius  comunis  in  tal  caso  pesava  g.  4,55 
(327:  72);  questo  peso  moltiplicato  per  42  ci  dà  g.  191,10, 
ossia  praticamente  g.  192,  cioè  il  valore  di  16  assi  eguali  a 
un  denaro  dell'epoca  di  Nerone.  Se  dunque  non  cambiò  la 
proporzione   del   bronzo    rispetto    all'argento,    valiamoci    dei 


(1)  Th.  Mommsen  :  "  Histoire  de  la  monnaie  Romaine  „  tradotta  da 
Le  Due  de  Blacas,  voi.  3,  pag.  94. 

(2)  700  monete  hanno  dato  una  media  di  g.  io;  300  di  g.  10;  150 
di  g.  io;  104  di  g.  9,96;  io  di  g.  io;  16  di  g.  io;  2  di  g.  io;  5  di  g.  io; 
io  di  g.  io  e  2  di  g.  io. 

(3)  Secondo  Sabatier,  citato  da  Mommsen,  pag.  98,  voi.  Ili,  dice 
che  un  follis  ha  dato  1  g.  50  argento,  88  g.  93  di  bronzo,  8  g.  28  di 
zinco  e  g.  t,2o  di  stagno.  Diverse  monete  che  feci  esaminare  hanno 
dato  45,  40,  30  e  25  °/00  di  argento.  Queste  monete  analizzate  si  trovano 
ora  presso  la  Società  Numismatica  di  Milano. 

(4)  "  Les  Monnaies  Romaines  „,  pag.  15. 


446  G.    DATTARI 


dati  ben  conosciuti  della  monetazione   di   Nerone    ed    appli- 
chiamoli alle  monete  in  questione. 

Gli  antoniniani  contenendo  g.  0,055  di  argento,  questo 
valore  corrispondeva  a  g.  30,967  di  bronzo  (g.  3,41  argento: 
g.  192  bronzo  :  :  g.  0,055  :  x)  ;  se  a  questo  peso  aggiungiamo 
g.  3,865  di  bronzo  contenuti  nelFantoniniano  stesso  abbiamo 
un  totale  di  g.  34,732  in  valore  di  bronzo.  Facendo  la 
stessa  operazione  per  i  follis  i  quali  abbiamo  detto  che  con- 
tengono g.  0,045  di  argento  equivalente  a  g.  25,334  di  bronzo; 
questa  quantità  aggiunta  a  g.  9,955  che  contiene  la  moneta 
stessa,  ci  dà  un  totale  di  g.  35,289  in  valore  di  bronzo;  dunque: 
i  follis  ridotti  in  valore  di  bronzo  erano  eguali  a  g.  35,289 
gli  antoniniani  eguali „  „    34. 732 

Differenza  in  più  nel  valore  dei  follis  g.     0,557 

Questo  risultato  abbastanza  eloquente  e  con  pochis- 
simo rischio  di  essere  contradetto,  permette  di  stabilire  che 
gli  antoniniani  con  la  cifra  XXI  ed  i  follis  del  peso  medio 
di  g.  io  avevano  il  medesimo  valore  intrinseco  ed  una  mo- 
neta non  fece  che  rimpiazzare  l'altra.  Logicamente  il  risul- 
tato non  potrebbe  essere  differente. 

Sopra  a  certi  antoniniani  la  cifra  (?)  I  venne  omessa. 
Sembra  impossibile  che  quell'omissione  sia  dovuta  alla  man 
canza  di  spazio  ;  ma  se  ciò  fosse,  resta  a  sapere  sotto  quale 
regola  i  romani  potevano  leggere  21  (XXl)  allorché  vi  era 
scritto  20  (XX). 

Sopra  i  follis  la  stessa  I  non  venne  mai  omessa,  ma 
sovente  venne  distaccata  dalle  altre  due  cifre,  cioè  XX  è 
scritto  alla  sinistra  del  tipo  e  I  alla  destra.  La  combinazione 
dell'  I,  omessa  sopra  gli  antoniniani  e  dislocata  sopra  i  follis 
si  presenta  quale  chiave  di  tutta  la  questione  ;  inquantochè 
sembra  spiegare  che  1'  I  poteva  essere  rimossa  totalmente 
oppure  allontanata  dalle  due  XX  senza  che  il  significato  di 
queste  venisse  alterato  e  ciò  non  sarebbe  stato  possibile  se 
la  cifra  XXl  avesse  dovuto  sempre  rappresentare  21;  poiché, 
oltre  le  ragioni  già  citate,  tenendo  conto  che  quella  cifra 
trovasi  sopra  le  monete  emesse  nell'occasione  del  riordina- 
mento delle  zecche  come  pure  sopra  a  quelle  di  una  riforma, 
è   chiaro  che  l' inserzione  del  valore  fu  giudicata  necessaria 


LA   CIFRA    XXI   SOPRA   I   COSÌ   DETTI    ANTONINIANI,   ECC.  447 

onde  le  masse  s'impratichissero  a  conoscere  il  valore  di 
quella  moneta  e  nel  caso  degli  antoniniani  l'avervi  scritto  20 
anziché  21  non  rispondeva  allo  scopo. 

Tutto  considerato,  io  sono  del  parere  di  A.  Missong, 
O.  Seeck,  e  Kubitschek  (1)  i  quali  pensano  che  Y I  deve 
essere  letta  separatamente;  però  essi  vogliono  che  l'I  rap- 
presenti 1'  unità  (20=1),  mentre  io  proporrei  che  XX  (20), 
esprima  la  quantità,  oppure  il  valore  e  I  la  qualità,  oppure 
l'unità  monetaria  e  perciò  segno  il  quale  non  deve  essere 
altro  che  il  secolare  segno  dell'asse  e  per  conseguenza  io 
vi  leggerei  : 

XX  I 

20  assi  (2) 

Non  pretendo  né  mi  illudo  che  questa  soluzione  sia 
esente  da  mclte  obbiezioni,  alcune  delle  quali  prevedo  e 
spero  di  appianare  facilmente  ;  per  le  altre  che  non  pre- 
vedo attenderò  che  mi  sieno  significate  e  vedrò  se  vi  sarà 
maniera  di  appianarle. 

Da  prima  mi  si  dirà  che  il  segno  dell'asse  (l)  sì  a  Roma 
che  altrove  venne  sempre  posto  sulla  moneta  che  rappre- 
sentava quella  frazione  e  non  sopra  i  suoi  multipli  per  i 
quali  vi  erano  dei  segni  distinti,  e  questo  è  vero;  ma,  ai 
tempi  di  Aureliano  come  in  quelli  della  riforma  quei  mul- 
tipli erano  scomparsi,  le  monete  con  la  cifra  XXI  rappresen- 
tavano una  nuova  frazione,  ma  che  doveva  sempre  avere  per 
base  la  divisione  dell'asse;  perciò  avranno  creduto  più  pra- 
tico d'inserirvi  il  numero  di  assi  che  valeva  la  moneta,  come 
era  già  stato  praticato  sopra  i  denari  ai  tempi  della  repub- 
blica; di  più  gli  venne  aggiunto  il  segno  dell'asse  (2). 

La  rassomiglianza  del  segno  dell'asse  con  il  numero  uno 
dei   romani   poteva    portare    una    confusione    nell'interpreta- 


(1)  A.  Missong.  Zeit  fiir  Num.,  t.  VII,  1880,  p.  260,  nota;  O.  Seeck. 
Zeit  fur  Num.  t.  XVII,  1890,  p.  117;  Kubitschek.  Monatsblatt  della  soc. 
num.  di  Vienna,  giugno  1892,  p.  139. 

(2)  E.  Babelon.  Tratte  des  Monnaies  Grecques  et  Romaines,  parte  I, 
pag.  610  dice.  La  marque  XX  .  I  ou  KA  serait  donc  une  sorte  d'equa- 
tion  signifiant  20  sesterces  —  une  unite. 


448  G.    DATTARI 


zione  del  valore.  Questa  osservazione  è  giusta  se  giudicata 
da  criteri  ispirati  alle  idee  moderne.  Quante  e  quante  in- 
terpretazioni curiose  non  sono  state  date  e  si  danno  tut- 
t'oggi  a  certe  lettere  che  si  trovano  all' esergo  oppure  nel 
campo  delle  monete?  quanta  carta  e  quanto  inchiostro  non 
venne  versato  a  causa  di  quelle  lettere  che  non  arriviamo 
a  ricostituire?  e  tutto  ciò  per  la  buona  ragione  che  lo  stato 
sociale  di  allora  differiva  da  quello  attuale,  tanto  che  tro- 
viamo difficile  per  non  dire  impossibile  di  pensare  come 
pensavano  2000  anni  fa.  Dunque  la  confusione  tra  il  numero 
uno  ed  il  segno  dell'asse  non  deve  impressionarci. 

Se  questa  spiegazione  la  si  trovasse  troppo  autocratica 
dirò  allora  che  sopra  gli  antoniniani,  osservando  bene  la 
cifra  XXI,  nella  maggioranza  dei  casi  1'  I  è  più  piccolo  delle 
XX  e  le  sue  estremità  sono  mancanti  delle  linee  trasversali 
che  si  vedono  distintamente  nelle  due  XX  cioè  XX.  Dunque 
1'  I  non  doveva  rappresentare  un  numero. 

Sopra  certi  antoniniani  al  posto  della  cifra  XXI  vi  ap- 
pariscono le  lettere  greche  KA  alle  quali  venne  data  la  stessa 
interpetrazione  delle  cifre  XXI  cioè  K  =  20  e  A  =  1. 

Se  è  vero  che  in  Oriente  la  lingua  greca  era  la  predo- 
minante, non  è  men  vero  che  la  latina  era  quella  ufficiale. 
Non  solo  ai  tempi  in  cui  quelle  monete  vennero  emesse, 
ma  bensì  molto  avanti,  gran  parte  delle  zecche  di  Oriente 
cessarono  di  battere  la  moneta  autonoma  ;  altre  la  batterono 
ad  intervalli,  talché  con  pochissime  eccezioni  le  monete  bat- 
tute in  quelle  contrade  non  formavano  che  una  parte  delle 
monete  che  circolavano  unitamente  ed  in  armonia  con  le 
monete  romane  le  quali  fino  dai  tempi  della  repubblica  ave- 
vano corso  e  furono  sempre  bene  accettate;  tanto  basta  per 
convincerci  che  quei  popoli  erano  assai  famigliari  con  le 
monete  di  Roma  e  per  conseguenza  con  il  suo  asse.  Tanto 
è  vero  che  molte  monete  autonome  di  certe  città  della  Ci- 
licia,  della  Licia,  della  Pamfilia  e  della  Pisidia,  sul  rovescio 
portano  indicato  il  loro  valore  in  rapporto  con  Yassarion, 
cioè  : 

sopra  quelle  di  Side,  A€;  AH;  IÀ;  =  a  5,  8,  io  accrapta, 
rispettivamente. 

sopra  quelle  di  Attalla  e  Barata  AH  =  ««roapia  8. 


LA   CIFRA   XXI    SOPRA   I   COSÌ    DETTI    ANTONINIANI,   ECC.  449 

sopra  quelle  di  Aspendus,  Carallia,  Casa,  Colybrassus, 
Etenna,  Laerte,  Lyrbé  e  Syedra,  IA  =  occcrapia,  io. 
sopra  quelle  di  Magydus,  IA  e  KB  =  ascapia  io  e  22. 
sopra  quelle  di  Perga,  KÀ  =  acsapia  20. 

Dunque  non  vedo  perchè  sopra  gli  antoniniani  le  let- 
tere KA  non  debbano  essere  interpretate  per  K  =  20  e 
A  =  Assaria. 

Benché  le  lettere  KA  si  trovino  ancora  sulle  monete 
battute  a  Roma,  quelle  lettere  sono  particolari  alle  zecche 
d'Oriente,  se  si  eccettua  giusto  l'Egitto  ove  la  lingua  greca 
non  solo  era  la  commerciale,  ma  ben  anche  quella  ufficiale. 
Questa  anomalia  sembra  confermare  che  l'I,  doveva  rappre- 
sentare il  segno  dell'asse  e  non  la  cifra  uno. 

Se  per  l'Egitto  le  cifre  romane  XX  (20)  e  il  segno  I 
vennero  adottate  a  preferenza  delle  lettere  KA,  ciò  è  dovuto 
al  fatto  che  l'Egitto  da  oltre  5  secoli  usava  di  porre  le  date 
sulle  sue  monete  (espresse  in  lettere  greche);  se  dunque 
avessero  posto  le  lettere  KA  accompagnate  dalla  lettera  in- 
dicante l'officina,  nell'insieme  queste  potevano  essere  prese 
per  delle  date;  d'altra  parte  il  segno  I  non  era  nuovo  per 
l'Egitto,  anzi  lo  avevano  conosciuto  prima  che  Roma  non 
lo  avesse  adottato  per  il  suo  asse,  giacché  in  Egitto  già  dai 
tempi  dei  Lagidi  e  quindi  in  quelli  dell'impero,  quel  segno 
veniva  posto  sulla  frazione  che  rappresentava  l'unità  mo- 
netaria; quello  stesso  segno  lo  si  ritrova  sopra  i  papiri  delle 
epoche  della  riforma  e  dopo  di  quella. 

In  conclusione  propongo  che  la  così  detta  cifra  XX  I  e 
le  sue  equivalenti  KÀ,  debbano  essere  lette: 

|  —  20   .   j  =  Asses  oppure  Assaria. 

Cairo,  24  giugno  iqoj. 

G.  Dattari. 


ANNOTAZIONI 

NUMISMATICHE    ITALIANE 


Vili. 


Intorno  ad  un  motto  usato  in  alcune  monete 
di  Vittorio  Amedeo  I. 

Sono  note  a  tutti  i  Numismatici  le  lire  di  questo 
Duca,  che  hanno  tre  bandiere  passate  in  una  corona 
col  motto:  NEC  NVMINA  DESVNT,  tipo  ripetuto  in  alcune 
monete  d'oro  (*).  La  corona  è  aperta  nei  primi  anni, 
chiusa  nel  1634  per  il  titolo  di  Re  di  Cipro  assunto 
dal  Duca.  Le  bandiere  portano  rispettivamente  le 
insegne  dell'Annunziata,  di  S.  Maurizio  e  di  Savoia  ; 
e  a  questo  proposito  non  saprei  spiegarmi  l'errore 
del  Guichenon,  il  quale  scambia  la  croce  Mauriziana 
pel  Sudario.  Infatti,  egli  dice  a  pag.  911,  trattando 
delle  diverse  imprese  di  questo  Duca  : 

«  Il  prit  encore  trois  estendarts,  l'un  du  sainct 
«  Suaire,  l'autre  de  la  Croix  bianche,  Armoirie  de 
«  la  Royale  Maison  de  Savoye;  et  le  troisième  de 
«  TAnnonciade  passés  dans  une  couronne  Royale 
«  avec  ces  paroles,  Nec  Numina  desunt,  pour  signi- 
«  fier  que  la  Savoye  seroit  tòujours  assistée  de  la 
«  protection  divine  (2)  ». 


(1)  Promis,  Monete  dei  Reali  di  Savoia.  Torino,  1841,  voi.  II,  tavole. 
V.  Amed.  I,  nn.  1,  io,  11  e  13. 

(2)  Guichenon,  Histoire  généalogique  de  la  Maison  Royale  de  Savoye. 
Lyon,  1666. 

5» 


452  G.   RUGGERO 


Promis,  a  pag.  253,  voi.  I,  crede  di  interpretare 
queir  impresa  nel  senso,  che  al  Duca  non  mancasse 
titolo  alcuno  da  eguagliarlo  ai  Re.  Or  bene,  tanto 
l'uno  che  l'altro  non  hanno  colpito  giusto.  Guichenon 
non  ha  veduto  che  la  protezione  divina  in  genere, 
e  gli  sfuggì  lo  scopo  particolare  pel  quale  veniva 
invocata:  Promis  si  smarrì  del  tutto.  Ma  d'altronde, 
si  parva  licet  componere  magnis  e  mi  si  perdoni  l'ir- 
riverenza, direi  che  le  imprese  hanno  questo  di  co- 
mune colla  Bibbia  e  con  la  Divina  Commedia:  cioè, 
che  tutte  le  interpretazioni  possono  aver  ragione,  fin- 
che non  sia  nota  l'intenzione  vera  dell'autore  che 
si  vuol  spiegare. 

S.  M.  il  Re  possiede  un  esemplare  del  Gui- 
chenon, annotato  dal  Conte  Emanuele  Tesauro;  e  nel 
farmi  osservare  una  di  queste  note  apposta  al  brano 
qui  sopra  riferito,  la  M.  S.  si  degnava  suggerirmi 
l'opportunità  di  pubblicarla,  potendo  essa  interessare 
i  cultori  della  Numismatica  Italiana.  Ond'  io,  con 
animo  grato  ed  ossequente,  trascrivo  qui  testualmente 
la  nota,  che  spiega  il  significato  dell'  impresa  in  di- 
scorso. 

«  L'occasione  di  questa  divisa  fu,  che  volendo 
«  S.  A.  stampare  una  nuova  moneta  d'argento  per 
«  le  lire,  domandò  parere  à  me  et  ad  altri  à  Che- 
«  rasco  in  una  piccola  conferenza  :  ogn'uno  disse 
u  la  sua,  vi  era  il  Conte  Filippo,  il  Conte  di  Frussasco, 
«  il  Presidente  Monodo,  et  alcuni  altri.  Io  dissi  che 
«  sicome  il  Duca  Carlo  Emanuele  suo  padre  havea 
«  stampato  un  braccio  con  la  spada  in  pugno,  et  il 
«  motto  OMNIA  DAT  QVI  IVSTA  NEG-AT  W  preso  dalle 
«  parole  di  Cesare  apresso  Lucano  (2):  volendo  allu- 


(1)  Promis,  op.  cit.,  n.  68  delle  monete  di  C.  Em.  I. 

(2)  Pharsalia,  lib.  I,  v.  349. 

È  da  notarsi  che  in  alcune  edizioni,  al  presente   DESVNT    è    so- 
stituito il  futuro  DEERVNT;  ed   in  nota  vien  constatata  la  differenza 


ANNOTAZIONI   NUMISMATICHE   ITALIANE  453 


«  dere  ch'egli  havrebbe  preso  tutto  il  Monferrato 
«  perchè  gli  Spagnuoli  non  voleano  condescender  à 
u  Trino  et  Alba;  la  quale  impresa  parve  troppo  ar- 
«  dita,  et  fu  ragione  di  risposte  piccanti:  così  mi 
«  pareva  che  trattandosi  in  quella  conferenza  di 
«  Cherasco  tra  gli  Plenipotentiari  di  sodisfare  à  S. 
«  A.  circa  la  medesima  pretensone  del  Monferrato; 
«  S.  A.  poteva  inserire  la  medesima  pretentione  con 
«  termini  più  moderati  et  levar  la  invidia  al  Motto 
«  della  divisa  del  Padre,  attribuendo  la  speranza  sua 
«  al  patrocinio  de;  Santi  suoi  Protettori,  Vittore  et 
«  B.  Amedeo,  più  tosto  che  alla  forza  della  spada: 
«  et  continuare  per  motto  il  verso  di  Lucano  che 
«  dice  così.  Omnia  dat  qui  iusta  negat,  nec  Numina 
«  desunt.  Questo  mio  pensiero  conferiva  con  altre 
«  monete  che  si  chiamavano  gli  Amedei,  dov'era 
«  impresso  il  B.  Amedeo,  et  così  non  si  faceva  molta 
«  varietà.  Et  da  S.  A.  fu  eletto  per  imprimerlo,  ri- 
«  fiutando  tutte  le  altre  divise.  Ma  nella  esecutione, 
«  il  Cauda  C1)  che  avea  dato  il  consiglio  di  cancellar 
«  tutte  le  monete  del  Duca  Carlo  Emanuele  per  can- 
«  celiarne  la  memoria,  vedendo  di  nuovo  quel  Beato 
«  Amedeo,  che  quel  Duca  avea  impresso  sulle  sue 
«  monete,  trovò  quella  chimera  delle  tre  bandiere, 
«  lasciando  il  motto  che  io  avea  proposto  NEC  NV- 
«  MINA  DESVNT,  e  togliendo  quel  Santo:  cosa  che  fu 
«  biasimata   ». 

Nelle  ultime  parole  del  dotto  Piemontese,  tra- 
sparisce un  certo  dispetto,  dovuto  forse  a  due  cause 
diverse;  l'una,  la  maggior  efficacia  che  egli  attribuiva 
alla  protezione  del  Beato  Amedeo,  che  non  a  quella 


di  lezione  secondo  i  vari  codici.  Parmi  tuttavia,  che  la  controversia  non 
dovrebbe  esistere,  e  che  non  si  dovrebbe  ammettere  che  il  presente, 
sia  per  la  concordanza  del  tempo,  che  per  la  ragione  del  verso. 

(1)  Il  Cauda  era  presidente  di  Finanza,  e  come  dice  il  Tesauro  in 
altra  postilla  poco  benevola,  era  quegli  che  maneggiava  ogni  cosa. 


454  G-   ROGGERO 


dei  tre  simbolici  vessilli  ;  l'altra,  l'amor  proprio  offeso 
perchè  non  fosse  stato  seguito  completamente  il  sug- 
gerimento dato.  Quest'ultimo  motivo  è  forse  meno 
bello,  ma  certamente  più  umano. 

Non  si  può  negare,  che  la  variante  subita  dal 
progetto  del  Tesauro  abbia  compromessa  la  chiarezza 
del  significato.  E  veramente,  le  tre  bandiere  invece 
di  indicare  l'Annunziata,  S.  Maurizio  e  la  Croce, 
potevano  anche  riferirsi  alla  Casa  di  Savoia  ed  ai 
suoi  ordini  equestri;  ed  in  questo  secondo  senso 
vennero  spiegate  da  Promis,  il  quale  per  altro  tra- 
scurò il  nesso  del  motto  con  la  prima  parte  del 
verso,  e  le  condizioni  politiche  di  quegli  anni. 


G.  Ruggero. 


NECROLOGIE 


E.  D.  J.   DUT1LH. 

Il  4  agosto  scorso,  improvvisamente  còlto  da  conge- 
stione cerebrale  spegnevasi  in  Alessandria  d'Egitto  E.  D.  J. 
Dutilh,  Conservatore  del  Gabinetto  Numismatico  del  Museo 
Greco-Romano  di  quella  città. 

Nato  a  Smirne,  d'origine  olandese,  ancora  giovane  si 
stabilì  al  Cairo,  ove  con  intelligenza  e  rara  onestà  riuscì  a 
fondare  una  delle  più  grandi  case  commerciali  d' Oriente, 
posizione  che  gli  valse  l'onore  d'essere  creato  Console  di 
Olanda. 

Il  destino  avverso  lo  perseguitò,  ed  egli  con  serenità 
e  forza  di  spirito  attraversò  dei  momenti  difficili.  Autodidatto, 
pervenne  a  guadagnarsi  un  posto  onorato  nel  mondo  scien- 
tifico; e  le  cognizioni  numismatiche  acquistate  per  dilettan- 
tismo gli  vennero  in  soccorso  e  lo  resero  atto  a  disimpe- 
gnare l'ufficio  che  il  giorno  avanti  la  sua  morte  occupava 
ancora  con  incomparabile   zelo,   entusiasmo  e  devozione  (i). 

G.  Dattari. 


(i)  Fra  le  pubblicazioni  del  compianto  sig.  Dutilh  ricorderemo  due 
lavori  inseriti  nella  nostra  Rivista,  cioè:  Monnaies  des  Nòmes  oh  art- 
ciennes  Préfectures  de  fÉgy^'e  du  Médailler  du  Musée  d'antiqitités  de 
Ghizeh  (a.  VII,  1894,  con  2  tav.),  e:  A  iravers  les  colleclions  numisma- 
tiques  du  Caire  (a.  Vili,  1895). 

La  Redazione. 


456  NECROLOGIE 


Ermanno  Dannenberg,  uno  de'  Nestori  della  Numisma- 
tica tedesca,  morto  più  che  ottantenne  il  14  se.  giugno.  Gli 
si  deve  un'opera  grandiosa  sulle  monete  medioevali  de- 
gl'  imperatori  di  Germania  {Die  deutschen  Mùnzen  der  sàch- 
sischen  and  frànkischen  Kaiser);  fu  condirettore  della  Zeii- 
schrift  fur  Numismaiik  di  Berlino,  e  pubblicò  anche  un 
manuale  elementare  di  Numismatica  (Grundzùge  der  Miinz- 
kunde). 

Giovanni  Camerana,  magistrato  e  poeta,  nativo  di  To- 
rino. Fu  appassionato  cultore  della  Numismatica,  e  di  lui  si 
cita  il  seguente  sonetto  che  descrive  il  famoso  decadramma 
di  Siracusa: 

Non  già  nel  saldo  scintillante  argento, 
Ma  nelle  strofe  mie  battuta  e  chiusa, 
Questa  grave,  Jerace,  a  te  presento 
Medaglia  trionfai  di  Siracusa. 

Dal  centro  splende,  i  forti  ricci  al  vento 
—  Come  un  astro  —  il  profil  dell'Aretusa; 
Amor  fremon  le  nari  avide,  il  mento 
Impera;  e  la  stupenda  testa  inclusa 

Fra  i  guizzanti  delrìn,  canta  il  peana 
Della  quadrupla  immensa  Urbe,  la  gloria 
Feral  d'Imera,  e  la  doma  Catana. 

Ecco  a  te  il  decadramma  —  e  retro,  scalpita, 
Coronata  dal  voi  della  Vittoria, 
La  gran  quadriga  —  e  il  saldo  argento  palpita. 

Giuseppe  Brettauer,  medico  anconitano,  oculista  al- 
l'Ospedale Civico  di  Trieste;  distinto  raccoglitore,  con  la 
specialità  delle  monete  e  medaglie  riferentisi   alla  Medicina. 


BIBLIOGRAFIA 


LIBRI    NUOVI    E    PUBBLICAZIONI. 


Engel  (Arthur)  et  Serrare  (Raymond).  Tratte  de  Numismatique 
dn  moyen  àge.  —  Tome  troisième.  —  Paris  (Ernest  Leroux, 
éditeur),  1905.  —  (Un  grosso  voi.  di  pag.  515  in-8°  gr.,  con 
514  illustraz.  nel  testo). 

Più  di  dieci  anni  sono  trascorsi  dalla  comparsa  del 
secondo  volume  di  quest'opera  (v.  il  cenno  in  Rivista,  1894, 
a  pag.  253-56). 

Nel  frattempo  uscì  il  Traité  de  Numismatique  moderne 
et  contemporaine,  dei  medesimi  autori,  utilissimo  anch'esso; 
ma  rimaneva  vivo  il  desiderio  che  si  completasse,  col  terzo 
volume  mancante,  quella  ch'è  giustamente  chiamata  un'enci- 
clopedia monetale  del  Medio  Evo. 

Ora  quest'ultimo  volume  ci  sta  dinanzi,  ed  è  degno 
de'  precedenti.  Comprende  il  periodo  dall'introduzione  del 
grosso  d'argento  sino  a  quella  del  tallero,  e  si  ripartisce 
ne'  seguenti  capitoli: 


Cap.  I.  —  Il  Regno  di  Francia  dall'introduzione  del  grosso  d'argento 
e  della  moneta  d'oro  sotto  S.  Luigi  sino  a  quella  dei 
testoni  sotto  Lodovico  XII. 

—  I  feudi  francesi  dopo  la  riforma  di  S.  Luigi. 

—  Gli  stati  dell'antico  Regno  d'Arles. 

—  La  Lorena  e  i  tre  Vescovadi. 

—  I  Paesi-Bassi  meridionali. 
VI.  —  I  Paesi-Bassi  settentrionali. 

I  Paesi-Bassi    sotto  le   Case  di  Borgogna  e  d'Austria,  da 
Filippo  il  Buono  sino  all'età  maggiore  di  Carlo  V  (1520). 


Cap. 

II. 

Cap. 

III. 

Cap. 

IV. 

Cap. 

V. 

Cap. 

VI. 

Cap. 

VII. 

458  BIBLIOGRAFIA 


Cap.  Vili.  —  Le  Isole  Britanniche   dalla  fine   del   sec.  XIII  sino  alla 

morte  di  Enrico  Vili. 

Cap.  IX.  —  L'Impero  di  Germania. 

Cap.  X.  —  La  Boemia,  la  Lusazia,  la  Slesia  e  la  Moravia. 

Cap.  XI.  —  L'Ungheria  e  la  Slavonia. 

Cap.  XII.  —  La  Polonia. 

Cap.  XIII.  —  I  paesi  dell'  Ordine  Teutonico  e  dell'Ordine  di  Livonia. 

Cap.  XIV.  —  l  Paesi  Scandinavi. 

Cap.  XV.  —  La  Spagna  e  il  Portogallo. 

Cap.  XVI.  -  L'Italia. 

Cap.  XVII.  —  La  Russia,  i  paesi  slavi  del  Sud  e  la  Rumenia. 

Cap.  XVIII.  —  L'Impero  Bizantino  e  l'Oriente  latino. 

Cap.  XIX.  —  L'Armenia  e  la  Georgia. 

Cap.  XX.  —  Le  contromarche. 

Cap.  XXI   —  Le  monete  internazionali  e  le  imitazioni  locali. 

L'Italia  occupa  una  parte  notevole  anche  in  questo  terzo 
volume,  sia  nel  corpo  dell'opera  che  nell'interessante  ultimo 
capitolo  d'appendice  sulle  monete  d'imitazione  internazionale 
(fiorino  d'oro,  ecc.). 

Siamo  lieti  che  sia  stato  finalmente  condotto  a  termine 
un  sì  grandioso  lavoro. 


KW  Abbiamo  ricevuto  pubblicazioni  dai  Sigg.  Cabli,  Ca- 
stellani, He  «lunghe,  tifarceli!,  Hill,  Luschln  von 
Ebengreuth,  e  Rizzoli.  Ne  parleremo  nel  prossimo  fascicolo 
della  Rivista. 


BIBLIOGRAFIA  459 


PERIODICI. 

[1904]. 

Gazette  numismatique  francaise,  dirigée  par  F.  Mazerolle. 
Année  1904.  —  3-e  et  4e  livraison. 

Mazerolle.  Inventaire  des  poitifons  et  des  coins  de  la  Monnaie  des 
Médailles  (i6p7-ióp8).  [Continuaz.  —  Col  ritr.  di  Nic.  Delaunay,  direttore 
dell'officina  delle  medaglie  (1696-1727).  —  N.  957.  Conio  del  rov.  d'una 
medaglia  del  Card.  Giorgio  d'Ambóise,  aspirante  al  pontificato  dopo  la 
morte  di  Alessandro  VI.  —  NN.  958,9596960.  Conii  che  servirono  per 
battere  medaglie  di  Frane.  I  "  dans  le  temps  mème  qu'il  partit  pour  se 
"  mettre  en  possession  du  duché  de  Milan  „  e  "  pour  la  victoire  qu'il 
"  remporta  sur  les  Suisses  à  la  bataille  de  Marignan,  les  13  et  14  oc- 
"  tobre  1515,  ce  qui  fut  suivy  de  la  réduction  entière  du  Milanois  et 
"  de  la  citadelle  mème  de  Milan  „.  —  NN.  964  e  965.  Paolo  III  Farnese. 

—  N.  967.  Lega  contro  Carlo  V.  Rov.  di  med.  di  Enrico  II,  coniata 
"  lorsqu'il  se  disposoit  à  obliger  l'empereur  Charles  V  de  rendre  le 
"  repos  à  l'Allemagne    et    à  l'Italie  „.    —    N.  969.    Enrico  II,   VINDEX 

ITALIC/E  ET  G-ERMANIC/E  LIBERTATIS.  1552.  -  NN.  974  e  975. 
Papa  Giulio  III.  —  N.  981.  Caterina  de'  Medici.  —  NN.  988-993.  Medaglie 
di  Pio  IV.  —  NN.  997  e  998.  Pio  V.  —  N.  1010.  Cater.  de'  Medici.  — 
N.  1012  e  1013,  id.    —    N.  1014.  Renato  Birago,  cancelliere  di  Francia. 

—  N.  1021,  id.  —  N.  1035.  Enrico  IV  e  Maria  de'  Medici.  —  N.  1038. 
Incoronaz.  di  M.  de'  Medici.  —  NN.  1039  e  1040.  M.  de'  Medici.  —  N.  1045. 
Medaglia  con  la  "  veue  de  la  ville  de  Casal,  deux  armées  en  présence 
"  l'une  de  l'autre  et  entre  deux,  un  cavalier  qui  fait  signe  du  chapeau, 
"  pour  représenter  le  seigneur  Jules  Mazarini,  avant  qu'il  fut  cardinal 
"  et  lorsqu'en  mil  six  cens  trente  il  conclut  le  traité  de  paix  de  Casal 
"  et  empescha  par  un  coup  de  chapeau  les  armées  de  France  d'en 
"  venir  aux  mains  avec  les  troupes  d'Italie;  ce  qui  est  exprimé  par 
"  ces  mots  qui  sont  autour:  INFESTAS  ACIES  NVTV  DIRIMIT, 
"  et  dans  l'esergue:  CASALI.  1630  „.  -  NN.  1046-48.  Maria  de' Me- 
dici. —  N.  1069.  Fondaz.  dell'Accad.  reale  di  pittura  e  scultura  a  Parigi 
e  a  Roma  (anno  1647).  —  NN.  1103-1105.  Il  Cardinale  Mazzarino.  — 
NN.  1132-36,  id.  —  N.  1157.  Carlo  Emanuele,  duca  di  Savoia.  —  N.  1170. 
Piramide  innalzata  a  Roma  (nel  1664)  OB  NEF.  SCELVS  A  CORSI S 
EDIT-  IN  ORÀTOREM  REGIS  FRANC.  -  N.  1208.  Demoliz.  della 
piramide  dei  Còrsi.  —  NN.  1215  e  1216.  Leonardo  da  Vinci.  —  NN.  1246 
e  1247.  Michelangelo.  —  N.  1277.  Messina  soccorsa.  —  NN.  1289-91. 
Battaglia  navale  d'Augusta  di  Sicilia  (anno  1676).  —  NN.  1297-99.  Com- 
battimento navale  di  Palermo  (stesso  anno).  —  1362.  Casale  consegn.  a 
Luigi  XIV.  —  N.  1365  e  1368,  id.   —  N.  1396  e  3397.   Bombardamento 

59 


460  BIBLIOGRAFIA 


di  Genova  (a.  1684).  —  N.  1426.  Arrivo  del  doge  di  Genova.  —  N.  1427. 
Sottomissione  della  Rep.  di  Genova  (a.  1685).  —  N.  1471.  Conquista 
della  Savoia  (a.  1690).  —  N.  1477.  Presa  di  Nizza  (a.  1691).  —  N.  1480, 
id.  —  Conii  per  gettoni:  N.  1522.  Battaglia  di  Ravenna.  —  NN.  1523  e 
1524.  Lodovico  XII,  duca  di  Milano.  —  NN.  1607  e  1608.  Presa  di  Piom- 
bino e  di  Porto  Longone  (a.  1646).  —  N.  1636.  Istituz.  di  dote  per  fan- 
ciulle povere  del  Nivernese,  fatta  da  Lodovico  di  Gonzaga  ed  Elisabetta 
di  Clèves.  —  N.  1662.  Il  Card.  Mazzarino.  —  NN.  1668  e  1669.  Carlo  II 
Gonzaga,  duca  di  Nevers.  —  N.  1782.  Il  Card.  Antonio  Barberini, 
grand'elemosiniere  di  Francia  —  N.  1890.  11  Card.  Mazzarino].  —  Maze- 
rolle, F.  de  Vernon.  Catalogue  de  son  oeuvre  [Supplemento  al  catal.  pubbl. 
nella  Gazette  del  1899.  —  Con  6  tav.  in  fototipia].  —  Mélanges.  —  Comples 
rendus  [Cenno  del  sig.  Mazerolle  intorno  alla  prima  parte  della  pubblicaz. 
di  L.  Bramsen:  Médailler  Napoléon  le  Grand}.  —  Les  Périodiques.  —  Nou- 
velles  diverses  [Il  corso  di  Num.  di  Babelon  al  "  Collège  de  France  „.  — 
L'Accad.  delle  B.  Arti  assegna  in  premio  una  somma  di  1000  fr.  al  sig.  De 
la  Tour,  per  aver  condotto  a  termine  e  pubblicato  l'opera  di  N.  Rondot:  Les 
médailleurs  et  les  graveurs  de  monnaies,  jetons  et  médailles  en  France.  — 
Assemblea  gen.  della  Soc.  Svizz.  di  Num.,  tenuta  a  Friburgo  il  3  set- 
tembre 1904;  agl'intervenuti  fu  distribuito  un  gettone  commemor.  che 
recava  l'effigie  di  L.  Coraggioni,  autore  della  Munsgescliichte  der  Schweiz. 
—  Il  Biograph.  Diciion.  del  sig.  Forrer.  —  Ambrosoli,  Man.  di  Numi- 
smatica. Recens.  della  HI  ediz.  —  Studio  del  sig.  Alvin,  Conserv.  del 
Gab.  Num.  di  Bruxelles,  intorno  a  quell'istituto  (inserito  nella  Revue 
des  biblioth.  et  archives  de  Belgique,  1903  e  1904).  —  Art.  del  sig.  Tour- 
neur  (nella  stessa  rivista)  intorno  ad  una  med.  commemor.  della  fondaz. 
di  Bois-le-Duc  o  Hertogenbosch,  eseguita  verso  il  1530;  il  rov.  è  la  ri- 
produz.  d'un  cristallo  di  rocca  inciso  da  Gio.  Bernardi  da  Castel  Bolo- 
gnese. —  Chevreux,  Le  sculpteur  médailleur  H.  Ponscarme,  182J  iqoj, 
biografia  accompagnata  da  5  tav.  di  medaglie,  pubblicata  negli  Ann.  de 
la  Soc.  d'Emulation  du  Départ.  des  Vosges.  —  Nuove  pubblicaz.  del 
sig.  Alfonso  de  Witte.  —  Florange,  Essai  sur  les  jetons  et  médailles  de 
tnines  francaises.  Codesta  monografia  sarà  seguita  da  un'altra  per  le 
med.  straniere.  —  Articoli  di  medaglistica  neW'Art  et  Décoration.  —  La 
Numismatique  benédictine  e  la  Num.  gregorienne,  di  A.  J.  Corbierre.  — 
Il  tomo  HI  (Album)  dell'opera:  Mazerolle,  Les  Médailleurs  francais  du 
XlVe  siede  au  milieu  du  XVll.e  —  11  Répertoire  gén.  de  médaillistique 
del  sig.  Stroehlin.  —  Il  Journ.  des  Collection/ieurs]. 


VARIETÀ 


l,a  monografìa  del  eh.  Dottor  Haeberlin  intorno  alle 
vetuste  monete  romane,  la  quale  doveva  uscir  tradotta  nel 
presente  fascicolo  della  Rivista  per  cura  del  Prof.  Serafino 
Ricci,  è  rimandata  per  motivi  indipendenti  dalla  volontà  del 
traduttore.  Chiediamo  scusa  ai  lettori  per  questo  ritardo. 

Notizie  degli  Scavi.  —  Nel  fase,  n  dell'annata  1904 
delle  Notizie,  troviamo  un  pregevole  articolo  della  Dott.  Lo- 
renzina  Cesano,  Conserv.  nel  Museo  Nazionale  Romano, 
intorno  alle  monete  rinvenute  negli  scavi  eseguiti  a  Norba 
dai  Sigg.  Prof.  Savignoni  e  Ing.  Mengareili. 

Notevole  soprattutto  è  un'enigmatica  monetuccia,  di  cui 
è  dato  il  disegno,  e  ch'è  illustrata  come  segue  dalla  egregia 
Signorina  Cesano: 

"  Testa  di  Pallade  a  destra  con  elmo  corinzio  e  lunghi  capelli 
sciolti.  Dietro  la  testa  la  monetina,  di  argento,  è  molto  corrosa,  per  cui 
rimane  visibile  solo  un  segno,  Y  (?)  forse  lettera  di  una  parola.  Jjj  spiga, 
nel  campo  a  sinistra  NOVR  (peso  gr.  0,72;  diam.  mm.  10,5)  „. 

"  Il  tipo  del  dir.  e  del  rov.,  come  il  peso  ed  il  diametro,  ricorda  le 
monete  di  Metaponto.  Manca  però  il  nome  di  questa  città  che  è  sosti- 
tuito dalla  scritta  su  citata.  Questa  risulta  sconosciuta  sia  come  etnico 
di  una  città  che  potò  essere  confederata  con  Metaponto,  sia  come  n>  me 
di  incisore  o  magistrato  della  stessa  Metaponto.  La  mancanza  del  nome 
di  questa  città,  solitamente  scritto,  fa  escludere  quest'  ultima  ipotesi. 
Inoltre  anche  la  forma  della  lettera  R,  che  pare  non  ricorra  sulle  mo- 
nete della  Lucania  in  genere  e  di  Metaponto  in  ispecie,  potrebbe  per- 
mettere di  vedervi  un  nesso  K  R.  Credo  però  non  si  possa  pensare  a 
Nuceria  dei  Bruzzi,  sulle  cui  monete  di  bronzo  si  legge  NOVKPINS2N, 
per  la  troppa  lontananza  dei  luoghi.  Il  segno  Y  del  dritto  mi  fa  pensare 
a  AY  o  AYK,  abbreviazione  di  Lucania,  quindi  si  potrebbe  riconoscere 
in  questa  una  delle  monete  coniate  a  nome  di  tutta  la  Lucania  durante 
il  IV  secolo,  e  in  tale  caso  nel  rovescio  il  nome  di  un  magistrato  „. 


462  VARIETÀ 

Museo  Archeologico  in  Bari.  —  Avviso  dì  concorso. 

1.  Presso  la  Deputazione  provinciale  di  Bari  è  aperto  un  concorso 
per  titoli  al  posto  di  direttore  del  Museo  provinciale,  cui  e  assegnato 
l'annuo  stipendio  lordo  di  lire  3200,  oltre  le  spese  e  le  indennità  di 
trasferta  ai  sensi  del  regolamento. 

2.  Chi  intende  concorrere  dovrà  presentare  alla  Segreteria  provin- 
ciale, non  più  tardi  del  31  ottobre  190J,  una  istanza  in  forma  legale  cor- 
redata dei  seguenti  documenti  : 

A)  atto  di  nascita  da  cui  risulti  che  il  concorrente  non  abbia  ol- 
trepassato il  450  anno  di  età; 

B)  certificato  penale  di  data  non  anteriore  a  tre  mesi; 

C)  titoli  comprovanti  il  conseguito  diploma  di  laurea  in  archeo- 
logia e  una  speciale  competenza  nei  varii  rami  della  scienza  medesima 
sia  con  documenti  di  studii  compiuti  sia  con  speciali  pubblicazioni  a 
stampa  e  con  documenti  che  attestino  anche  la  sua  pratica  esperienza, 
per  assumere  la  direzione  di  un  museo  archeologico. 

3.  Le  domande  coi  corrispondenti  documenti  saranno,  a  cura  della 
Deputazione  provinciale,  sottoposte  allo  esame  di  una  speciale  Com- 
missione, composta  nei  sensi  del  deliberato  consiliare  30  settembre  1903. 

4.  La  nomina  sarà  fatta  dal  Consiglio  provinciale  fra  i  primi  tre 
graduati  ed  avrà  a  titolo  di  esperimento  la  durata  di  tre  anni.  In  man- 
canza di  diffida  sei  mesi  prima  dello  scadere  dei  tre  anni,  la  nomina 
s'intenderà  prorogata  di  altri  cinque  anni.  Dopo  questo  secondo  pe- 
riodo, se  non  disdetto  sei  mesi  prima  della  scadenza,  il  direttore  ac- 
quisterà la  stabilità. 

5.  Il  concorso  non  sarà  valido  se  almeno  due  concorrenti  non  con- 
seguiranno la  eleggibilità. 

11  Cav.  Ortensio  Vitalini,  nostro  socio  e  collabo- 
ratore, è  stato  colpito  da  una  gravissima  sciagura  dome- 
stica che  ha  avuto  larga  eco  di  commiserazione  in  Italia 
e  fuori.  Uno  de'  suoi  figli,  Francesco,  appena  quarantenne, 
valentissimo  pittore,  è  morto  vittima  di  una  disgrazia  di 
montagna. 

Al  desolato  padre,  e  al  fratello  dell'estinto,  giunga  la 
espressione  delle  nostre  condoglianze. 


Finito  di  stampare  il  30  Settembre   1905. 
Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


FASCICOLO  IV. 


APPUNTI 


DI 


NUMISMATICA     ROMANA 


LXXII. 
UN  NUOVO  (?)  MEDAGLIONE  D'ALBINO. 

Il  Medaglione.  —  Una  caratteristica  dei  Medaglioni  d'Albino.  —  Il  Me- 
daglione originale   e   una    sua   contraffazione. 

(Tavola  XIX). 

Il  pezzo  che  intendo  presentare  è  nuovo  in 
quanto  che  nessun  altro  esemplare  è  conosciuto  in 
alcun  museo,  e  non  si  trova  registrato  nel  Cohen; 
ma,  se  consultiamo  alcuni  vecchi  cataloghi,  il  tipo 
ne  è  conosciuto,  anzi  è  il  primo  e,  per  un  certo 
tempo,  l'unico  tipo  conosciuto  di  medaglione  d'Al- 
bino. Questa  specie  di  contraddizione  spiega  il  punto 
interrogativo  che  ho  messo  nel  titolo.  A  complicare 
poi  la  faccenda  si  aggiunge  la  combinazione  che  una 
antica  contraffazione  del  medaglione,  la  quale  si  trova 
presso  di  me  da  molto  tempo,  forse  da  vent'anni, 
vale  a  dire  assai  prima  della  comparsa  dell'originale, 
ebbe  già  la  sua  dimora  or  fa  più  di  un  secolo  in  un 
pubblico  celebre  museo;  mentre  nessun  esemplare 
originale  era  conosciuto  prima  d'oggi;  dal  che  può 
nascere  anche  la  dimanda  se  i  vecchi  cataloghi  ab- 
biano descritto  un  pezzo  originale  in  seguito  perduto 
oppure  una  falsificazione. 


466  FRANCESCO    GNECCHI 


Tutta  questa  aggrovigliata  matassa  da  dipa- 
nare, oltre  a  quanto  era  a  dire  sul  medaglione 
stesso,  fece  sì  che  quella  che  doveva  essere  la 
semplice  esposizione  d'un  tipo  più  o  meno  nuovo, 
mi  si  allargò  e  sviluppò  poco  a  poco  sotto  mano, 
assumendo  quasi  la  proporzione  di  una  monografia 
dei  Medaglioni   d'Albino  e  di  alcune  contraffazioni. 

Ho  creduto  quindi  far  cosa  grata  al  cortese 
lettore  dividendo  il  troppo  lungo  articolo  in  parecchi 
paragrafi,  onde  lasciargli  la  possibilità  di  saltare 
quello  o  quelli  il  cui  argomento  non  credesse  inte- 
ressargli.... a  meno  che  preferisca  saltare  il  tutto 
addirittura. 


Il  Medaglione. 

Il  Medaglione,  o  l'avanzo  di  medaglione,  che  ho 
l'onore  di  presentare  mi  venne  da  Roma  nel  dicem- 
bre del  1904.  Non  lo  feci  tuttavia  figurare  nell'ap- 
punto riguardante  gli  scavi  di  Roma  di  quell'anno 
perchè  non  offre  per  nulla  i  caratteri  di  una  moneta 
di  scavo.  Lungi  dal  presentare  quell'apparenza  ca- 
ratteristica direi  di  freschezza  nell'antichità,  che  in- 
dica il  recente  ridestarsi  da  un  lungo  sonno  sepol- 
crale, esso  offre  invece  evidenti  i  segni  di  una  troppo 
lunga  e  forse  non  interrotta,  per  quanto  ignorata, 
permanenza  nel  consorzio  umano.  Non  è  impossibile 
che,  invece  d'essere  tornato  all'onore  della  vita  dopo 
una  più  o  meno  lunga  sepoltura,  come  avvenne  della 
più  gran  parte  delle  monete  antiche,  esso  sia  rimasto 
nella  circolazione  fino  dalla  sua  origine,  ossia  per 
un  periodo  di  quasi  diciotto  secoli,  senza  riposo;  il 
che  giustificherebbe  come  delle  primitive  impronte 
ora  non  resti  se  non  quanto  è  necessario  per  iden- 
tificarlo. 


UN    NUOVO  (?)    MEDAGLIONE  D'ALBINO  467 

Infatti,  ecco  tutta  la  descrizione  che  se  ne  può 
dare: 

fy  — TIMIVS Busto  dell'imperatore  Albino  a 

destra  con  paludamento  e  corazza.  Testa  nuda. 

ty  — R CIF  COS  II  Minerva  galeata  a  sinistra 

appoggiata  al  proprio  scudo.  La  lancia  riposa  sul  suo 
braccio  sinistro. 
Dia.  mill.  39.  Peso  gr.  48,500. 

Come  si  vede,  e  come  ancora  meglio  risulta 
dalla  riproduzione  alla  tavola,  si  tratta  di  un  rudero.... 
ma  vi  sono  ruderi  assai  più  degni  d'attirare  l'atten- 
zione che  altri  monumenti  della  più  perfetta  conser- 
vazione; e  questo  è  del  numero. 

La  leggenda,  poco  visibile  nel  rovescio,  è  quasi 
totalmente  scomparsa  nel  diritto;  ma  sulle  traccie  ri- 
maste e  coll'ajuto  dei  pochi,  ma  energici  e  caratte- 
ristici tratti  della  fisionomia  dell'imperatore,  e  colla 
ben  nota  figura  della  Minerva  pacifera  al  rovescio, 
non  è  difficile  ricostruirla  pel  diritto  in  : 

B'  —  D  CLODIVS  SEPTIMIVS  ALBINVS  CAES 

e  pel  rovescio  in  : 

$    —  MINER  PACIF  COS  II. 

E  così  il  rudero,  malgrado  la  rovina  attuale, 
conserva  tutto  il  suo  valore  scientifico,  portando  un 
nuovo  contributo  alla  serie  così  esigua  dei  meda- 
glioni di  questo  imperatore. 

Sarebbe  difatti  il  terzo  tipo  che  viene  in  luce,  due 
altri  soli  essendo  realmente  finora  conosciuti.  Il  primo, 
esistente  da  molto  tempo  al  Gabinetto  imperiale  di 
Vienna  e  a  questo  pervenuto  dalla  antica  collezione 
dei  Padri  Certosini,  è  quello  con  rovescio  FORTVNAE 
REDVCI  la  Fortuna  seduta,  Cohen  N.  53,  mentre 
l'altro  dal  rovescio  SAECVLO  FRVGIFERO,  la  Sfinge  (o 
l'ignota  deità    africana)    seduta    fra    due   leoni   alati 


468  FRANCESCO    GNECCHI 


(Coh.  54),  si  trova  pure  da  assai  tempo  al  Gabinetto 
di  Parigi  (J).  —  Ora  appare  il  nuovo  tipo  della  Minerva 
Pacifera,  e  questa  triade  rappresenta  tutto  quanto  è 
conosciuto,  per  un  esemplare  originale,  in  fatto  di 
medaglioni  d'Albino. 

Uua  caratteristica  dei  Medaglioni  d'Albino. 

Ci  troviamo  in  uno  dei  pochi  casi  in  cui  tutti  i 
non  numerosi  prototipi  sono  noti;  perciò  volontieri  li 
ho  riuniti  nella  tavola,  ove  appariscono  sì  bene  armo- 
nizzati nella  comune  sventura.  I  tre  monumenti,  mu- 
tilati, contusi,  coperti  di  ferite  insanabili,  in  parte  acci- 
dentali, in  parte  prodotte  dalla  nequizia  degli  uomini, 
afflitti  e  avviliti  per  le  ingiurie  del  tempo  e  pei  disagi 
di  una  vita  lunga  e  travagliata,  sembrano  in  loro  muto 
e  triste  linguaggio  ammonirci  che  i  pezzi  di  estrema 
rarità  è  fortuna  trovarli  anche  nel  più  miserevole  stato. 

Ma  non  fu  questo  il  motivo  per  cui  pensai  di 
riunire  la  triade  veneranda.  Dalla  loro  riunione  emerge 
anche  un  altro  fatto  che  può  sulle  prime  parere  di 
poco  momento;  ma  che  invece  ha  una  grande  signifi- 
cazione. V'ha  una  particolarità  che  collega  i  tre  me- 
daglioni in  un  unico  concetto. 

Tutti  e  tre  offrono  un  rovescio  preso  dalle  mo- 
nete comuni  dello  stesso  Albino  <2)  senza  alcuna 
variante,  salvo  l'ingrandimento. 


(1)  L'esemplare  del  Gabinetto  di  Parigi  venne  finora  ritenuto  unico; 
solo  recentissimamente,  esaminando  la  ricca  collezione  del  R.  Museo  ar- 
chelogico di  Bologna,  vengo  a  scoprire  che  vi  esiste  un  altro  esemplare 
di  questo  medaglione.  11  suo  stato  di  conservazione  non  è  certo  felice; 
ma  un  poco  superiore  a  quello  di  Parigi.  Il  pezzo  non  venne  tormentato 
da  buchi,  e  la  leggenda,  almeno  al  dritto,  è  in  parte  leggibile. 

(2)  Il  tipo  della  Fortuna  lo  troviamo  negli  aurei  descritti  da  Cohen 
ai  N.  7  e  16,  nei  denari  d'argento  N.  17  e  18  e  nei  bronzi  N.  61  e  62, 
quello  della  Minerva  pacifera  nei  denari  d'argento  N.  26  e  27  e  nel 
bronzo  N.  64;  quello  infine  del  secolo  frugifero  nell'aureo  N.  41. 


UN    NUOVO    (?)    MEDAGLIONE    d' ALBINO  469 

A  semplice  titolo  di  curiosità  sarebbe  valsa  la 
pena  di  notare  il  fatto,  il  quale  riesce  tanto  più  no- 
tevole, se  si  considera  che  esso  si  verifica  appena 
dopo  il  regno  di  Commodo.  Si  sarebbe  quasi  indotti 
a  credere  a  un  sentimento  di  reazione,  tanto  è  rapido 
e  improvviso  il  passaggio  all'estrema  semplicità  dopo 
il  trionfo  dell'esuberanza. 

Ma  tale  particolarità  ebbe  il  merito  di  richiamare 
la  mia  mente  a  un  fatto,  che  non  avevo  mai  notato 
prima  d'ora,  e  che  neppure  altri  notò  —  al  fatto  cioè 
della  riproduzione  dei  tipi  monetali  sui  medaglioni. 
Ciò  che  Albino  adottò  esclusivamente,  era  già  stato 
in  piccole  proporzioni  adottato  anteriormente  e  lo  fu 
posteriormente.  Quasi  tutti  gli  imperatori,  da  Adriano 
a  Settimio  Severo,  fra  i  molti  rovesci  speciali  dei 
loro  medaglioni,  ne  hanno  anche  alcuni  tolti  dalle 
monete  correnti,  solo  è  dovuto  al  piccolo  numero  di 
questi,  se  la  cosa  passò  inavvertita  o  per  lo  meno 
non  le  fu  attribuita  la  sua  giusta  importanza.  Ma  tale 
promiscuità  di  tipi,  nella  questione  così  lungamente 
discussa  e  non  peranco  esaurita  sull'essenza  e  sullo 
scopo  del  medaglione  di  bronzo,  è  forse  il  più  valido 
argomento  pei  sostenitori  della  teoria  monetaria  di 
questo. 

Essa  dimostra  ad  evidenza  come  un'intimo  nesso 
esistesse  fra  la  moneta  del  senato  e  il  medaglione 
emesso  dall'imperatore;  come  questo  si  aggirasse 
necessariamente  nell'ambito  della  moneta,  ne  seguisse 
l'andamento  e  le  leggi  e  come  quindi,  al  pari  del  meda- 
glione d'argento  e  d'oro,  pure  ammettendo  che,  come 
quelli,  fosse  stato  in  origine  emesso  a  scopo  di  dono, 
dovesse  egualmente  avere  valore  di  moneta. 

Se  così  non  fosse,  se  il  medaglione  di  bronzo 
avesse  corrisposto  a  un  dipresso  alle  nostre  meda- 
glie, perchè,  come,  e  con  quale  diritto  vi  si  sarebbero 
riprodotti  i  tipi  delle  monete  correnti? 


470  FRANCESCO    GNECCHI 


L'argomento  è  dei  più  stringenti  e  certo  l'avrei 
messo  innanzi  —  se  l'avessi  allora  avvertito  —  quando 
alcuni  anni  sono,  in  diverse  memorie  sostenni  quella 
tesi,  che  mi  appare  sempre  più  evidente.  E,  se  l'avesse 
avvertito,  non  l'avrebbe  certo  trascurato  il  D.r  Kenner, 
il  quale  si  limitò  ad  accennare  che  qualche  relazione 
esiste  fra  il  Medaglione  e  la  moneta  spicciola  impe- 
ratoria. 

È  in  questo  senso  che  l'osservazione  provocata 
dai  Medaglioni  d'Albino  mi  parve  degna  d'essere 
notata,  e  dissi  avere  una  portata  superiore  a  quanto 
poteva  alla  prima  apparire. 

Il  Medaglione  originale  e  la  sua  contraffazione. 

Veniamo  ora  al  fatto  abbastanza  curioso  che  ho 
accennato  in  principio  di  questa  memoria. 

Noi  abbiamo  considerato  come  primo  conosciuto 
il  Medaglione  FORTVNAE  REDVCl,  come  secondo  SAECVLO 
FRVGIFERO,  come  terzo  finalmente  MINERVAE  PACIFERàE. 
Questo  l'ordine  cronologico  in  cui  i  tre  prototipi  en- 
travano ufficialmente  a  far  parte  del  Corpus  aens 
romani  maximi  moduli.  Ora,  se  noi  consultiamo  i 
vecchi  cataloghi,  troviamo,  con  nostra  grande  sor- 
presa, che  l'ultimo  venuto  fu  il  primo  conosciuto; 
anzi  per  qualche  tempo  il  solo  tipo  conosciuto  fu 
appunto  questo  che  ora  ci  si  presenta  come  una  no- 
vità. Pedrusi  al  principio  del  1700  pubblica  un  solo 
tipo  di  Medaglione  d'Albino  ed  è  precisamente  il  tipo 
della  Minerva  pacifera,  Mediobarba  lo  riporta,  e  così 
pure  il  Vaillant,  il  quale  però  lo  accompagna  con  altri 
tre,  uno  dei  quali  rimase  finora  sconosciuto  (*)« 


(1)  Ecco  i  medaglioni  descritti  da  Vaillant: 

I.  &  _  D  CLODIVS  SEPTIMIVS  ALBINVS  CAES 
Caput  Albini  nudum. 

COS  II  Cybele  sedens  inter  duo  leones. 

II.  Eadem  epigraphe.  Fortuna  sedens   dextra   timonem ,    sinistra 
cornucopiae  gerit. 


UN    NUOVO   (?)    MEDAGLIONE    D'ALBINO  47I 

Il  primo  che  omette  il  tipo  della  Minerva  è 
MionnetO)  e  l'omissione  continua  nel  Cohen,  ciò  che 
ne  forma  appunto  una  novità  oggidì. 

Ora,  se  il  medaglione  è  descritto  nei  vecchi  ca- 
taloghi, vuol  dire  che  si  trovava  in  qualche  vecchia 
collezione  e  allora  come  avvenne  che  andasse  per- 
duto? Io  qui  faccio  una  supposizione  che,  per  quanto 
a  tutta  prima  possa  parere  paradossale,  non  è  perciò 
meno  probabile.  Io  credo  che  i  nostri  vecchi  numi- 
smatici abbiano,  prima  dell'originale,  conosciuto  una 
riproduzione  del  secolo  XVI  o  XVII,  e  la  supposi- 
zione mi  viene  suggerita  dal  fatto  che,  mentre  nessun 
pezzo  autentico  ci  provenne  dalle  vecchie  collezioni, 
possediamo  invece  una  contraffazione,  la  quale  può 
documentare  la  sua  permanenza  in  un  pubblico  e  ce- 
lebre museo. 


III.  MINER  PACIF  COS  li  Minerva  galeata  stans,  dextra  ra- 
mimi, sinistra  clypeum  et  hastam. 

IV.  FORTVNAE  REDVCI  Fortuna  sedens,  dextra  timonem,  si- 
nistra cornucopiae  gerit;  ad  imum  sedis  rota. 

Solo  a  quest'ultimo  però  aggiunge:  "  in  museo  Austriaco  Vindobo- 
nensi,  olim  PP  CC  „  mentre  degli  altri  non  cita  la  collezione  o  la  pro- 
venienza; motivo  per  cui  Cohen  giustamente  non  ne  tenne  conto. 

(1)  Mionnet  cita  tre  medaglioni  d'Albino  ossia  il  SAECVLO 
FRVGIFERO,  il  FORTVNAE  REDVCI,  e  un  terzo  senza  epigrafe, 
ma  coll'avvertenza  "  Médaillon  retouché.  „  Cohen  cita  pure  questo  me- 
daglione, notando  che  è  talmente  ritoccato  da  non  potersi  affermare  se 
non  vi  sia  stata  in  origine  la  leggenda  FORTVNAE  REDVCI.  Questo 
infelice  medaglione  sta  da  molto  tempo  al  Gabinetto  di  Francia,  anzi  è 
il  primo  che  v'è  entrato  perchè  lo  trovo  solo  illustrato  nell'opera  ■  Nu- 
mismata  Moduli  maximi  vulgo  Medaigloni  (sic)  ex  Cimeliarchio  Ludo- 
vici XIV  potentissimi  Galliarum  Monarchae  —  Eleutheropoli  MDCC1V  „ 
ed  è  probabilmente  sempre  a  questo  esemplare  che  si  riferisce  Vaillant 
al  suo  N.  2;  di  cui  non  cita  che  la  finale  della  leggenda  "  COS  II  „ 
come  fa  del  resto  anche  del  N.  i,  certamente  in  causa  della  pessima 
conservazione  degli  esemplari.  L'enigma  ora  viene  sciolto  da  un  esem- 
plare abbastanza  ben  conservato  appartenente  alla  collezione  del  signor 
Console  Weber  d'Amburgo  e  di  cui  ebbi  notizia  solo  pochi  giorni  sono. 
Si  tratta  di  una  variante  del  N.  4,  nel  quale  intorno  alla  medesima  rap- 
presentazione della  Fortuna  corre  la  leggenda:  FORT  REDVCI  COS  II. 

61 


472  FRANCESCO    GNECCHI 


Esiste  un  bronzo  del  Padovanino  o  per  lo  meno 
di  quell'epoca,  riproducente  il  medaglione  d'Albino 
col  rovescio  della  Minerva.  Non  si  può  dire  una  copia 
esatta  del  medaglione  descritto,  perchè  il  busto  del- 
l'imperatore è  rivolto  a  sinistra  invece  che  a  destra, 
il  che  può  dipendere  o  dall'essere  stata  presa  da  un 
altro  originale  o  più  probabilmente  da  una  di  quelle 
piccole  licenze  che  i  nostri  medaglisti  si  permette- 
vano sovente,  preferendo  essi,  appunto  perchè  artisti, 
ispirarsi  alle  monete  romane  piuttosto  che  riprodurle 
servilmente.  Il  rovescio  però  offre  il  preciso  tipo 
della  Minerva  pacifera  come  nell'originale,  salvo  la 
differenza  di  stile  che  sempre  si  riscontra  fra  gli 
originali  antichi  e  le  riproduzioni  posteriori. 

L'esistenza  di  questa  contraffazione  lascia  sup- 
porre che  un  esemplare  autentico  ossia  romano,  ora 
scomparso  —  il  quale  potrebbe  essere  anche  l'esem- 
plare stesso  da  me  descritto  —  sia  stato  per  un 
certo  tempo  conosciuto  qualche  secolo  addietro  e 
sia  poi  di  nuovo  ricaduto  nelle  tenebre  della  dimen- 
ticanza. 

Come  ciò  sia  avvenuto,  e  come  fino  a  jeri  sia 
stata  nota  la  copia  e  non  l'originale,  non  è  molto 
difficile  immaginare.  Basta  supporre  che  il  medaglione 
nello  stato  infelice  nel  quale  lo  conosciamo  o  poco 
meno,  nel  secolo  decimosesto  o  decimosettimo  fosse 
capitato  nelle  mani  di  un  falsificatore  o,  diciamo 
semplicemente,  di  un  medaglista  —  perchè  probabil- 
mente molte  volte  le  imitazioni  dei  bronzi  romani 
non  erano  allora  fatte  coli' intenzione  precisa  di  com- 
mettere dei  falsi  —  il  quale,  dopo  d'essersene  servito 
come  modello,  non  se  ne  curò  più  che  tanto  e  lo 
buttò  come  oggetto  che  per  sé  stesso  non  meritava 
d'essere  conservato.  Così  avvenne  che  l'imitazione 
girò  onorevolmente  ed  usurpò  il  posto  dell'infelice 
originale,  il  quale  fu  probabilmente  obbligato  a  errare 


UN   NUOVO   (?)   MEDAGLIONE   d' ALBINO  473 

ancora  per  tre  o  quattro  secoli,  sbalestrato  da  una 
piccola  collezione  ad  un'altra  ;  oppure,  rigettato  anche 
da  questa  per  la  sua  bruttezza,  prese  dimora,  quale 
scarto,  presso  qualche  oscuro  rigattiere  di  Transte- 
vere,  condannato  a  smussarsi  fra  numerosi  compagni 
di  sventura,  a  guisa  di  un  ciottolo  rotolato  dalle  acque 
di  un  fiume;  o  fors'anche  venne  abbandonato  quale 
balocco  ai  fanciulli,  le  cui  manine  rosee,  deboli  ed 
innocenti  saranno  però  state  abilissime  a  completarne 
lo  scempio. 

Spuntò  però  finalmente  il  giorno,  in  cui  la  sorte 
volle  che  cadesse  sotto  gli  occhi  di  persona  intelli- 
gente, che  me  lo  spediva  da  Roma  perchè  gli  fossero 
finalmente  resi  i  tardi  ma  dovuti  onori;  ciò  che  ho 
tentato  di  fare  presentandolo  al  mondo  numismatico. 

Se  però  l'originale  sfuggì  per  tanto  tempo  all'at- 
tenzione e  riuscì  a  rimanere  finora  completamente 
ignorato,  non  fu  così  della  contraffazione  e  precisa- 
mente dell'esemplare  in  mie  mani  che  qui  riproduco, 


il  quale  or  fa  più  di  un  secolo  trovò  modo  di  en- 
trare e  di  rimanere  per  un  certo  tempo  in  quella  che 
allora  era  forse  la  collezione  più  insigne  di  meda- 
glioni, nella  collezione  del  Gabinetto  Vaticano.  Non 
ci  è  dato  precisare  come  ne  quando  vi  sia  entrato, 


474  Francesco  gnecchi 


perchè  non  figura  in  nessuno  dei  cataloghi  delle 
collezioni  che  costituirono  il  nucleo  principale  di 
quel  gabinetto;  non  apparteneva  cioè  né  alla  colle- 
zione Albani,  né  alla  collezione  Carpegna,  e  dob- 
biamo quindi  ritenere  che  vi  sia  entrato,  vuoi  come 
dono,  vuoi  come  acquisto,  alla  spicciolata;  ma  che 
realmente  vi  fosse,  ne  fa  fede  l'impronta  dell'esem- 
plare ora  riprodotto  esistente  nella  serie  dei  meda- 
glioni Vaticani  al  Museo  di  LodiO). 

È  dunque  accertato  che  a  sua  volta,  malgrado 
quella  testa  ispirata,  quel  busto  ampolloso  e  quella 
Minerva  mollemente  flessuosa,  che  tradivano  l'arte 
del  cinquecento,  ben  diversa  dalla  realtà,  dalla  forza 
e  dalla  rigidezza  dell'arte  romana,  malgrado  tutto,  la 
contraffazione  trovò  chi  la  giudicò  genuina.  E  pare 
anzi  che  il  giudizio  non  sia  stato  effimero,  se  dob- 
biamo argomentare  non  solo  dal  suo  stato  generale 
di  conservazione  tutt'altro  che  buono;  ma  più  ancora 
dal  fatto  che  il  pezzo  fu  anticamente  ajutato  con  un 
ritocco  a  bulino.  Tutta  la  leggenda  è  ritoccata  e  tutto 
il  fondo  ribassato,  meno  la  parte  che  circonda  l'effigie; 
circostanza  che  non  mi  è  mai  occorso  di  avvertire  in 
una  moneta  falsa,  e  che  sarebbe  quasi  un  argomento 
per  ritenerla  autentica,  se  non  vi  si  opponesse  in 
modo  assoluto  lo  stile;  ma  vale  a  confermare  che, 
se  tale  non  poteva  essere,  tale  fu  però  ritenuta. 

Rimarrebbe  a  sapere  come  e  quando  il  nostro 
falso  medaglione  uscì  dalla  collezione  vaticana  e  si 
trovò  di  nuovo  a  errare  pel  mondo.  Che,  riconosciuto 
falso,  sia  stato  giustiziato  ed  espulso,  pare  poco  pro- 
babile, perchè,  anche  escluso  dalla  serie,  sarebbe 
sempre  stato  ritenuto  sia  in  quarantena  sia  nella 
serie  delle  falsificazioni;  ma  ben  difficilmente  ne  sa- 
rebbe uscito,  e  ritornato  alla  vita  randagia. 


(i)  Vedasi  l'Appunto  N.  LXIV  dedicato  ai  Medaglioni   ex-Vaticani, 
nel  primo  fascicolo  della  Rivista  di  quest'anno  e  precisamente  a  pag.  32. 


UN   NUOVO  (?)   MEDAGLIONE   D'ALBINO  475 

Più  probabile  mi  pare  invece  che  esso  sia  scom- 
parso in  compagnia  dei  parecchi  altri,  che  nel  for- 
tunoso trasporto  della  collezione  vaticana  da  Roma 
a  Parigi  nel  1797  presero  il  volo  per  le  più  disparate 
direzioni  (*);  e  in  questo  caso  ne  sarebbe  uscito  sempre 
coll'aureola  dell'autenticità;  anzi  quale  uno  dei  pezzi 
più  prelibati,  come  sarebbe  certamente  stato,  se  non 
avesse  avuto  quel  brutto  peccato  d'origine 

A  me,  mi  pare  che  sia  pervenuto  in  una  vecchia 
raccolta  che  acquistai  anni  sono  a  Treviso;  ma  non 
lo  posso  ricordare  con  precisione,  non  avendovi  mai 
attribuita  alcuna  importanza  —  e  poco  preme  del 
resto  il  saperlo.  —  Fu  solo  quando  vidi  le  impronte 
vaticane,  che  mi  sovvenne  di  possedere  un  pezzo 
simile.  Ne  feci  ricerca  fra  gli  scarti  dimenticati  e  mi 
avvidi  che  si  trattava  non  di  un  pezzo  simile,  sib- 
bene  dello  stesso  identico  esemplare.  Il  quale  ora  ha 
una  storia  e  merita  d'essere  conservato.  Lo  offro 
quindi  al  Gabinetto  di  Brera,  ove  nella  ricca  e  istrut- 
tiva serie  delle  falsificazioni  farà  il  pajo  con  un  altro 
pezzo,  il  quale,  quantunque  sia  non  solamente  falsi- 
ficato, ma  inventato  di  pianta,  occupa  da  quasi  un 
secolo  il  posto  più  onorifico  (2).  Entrato  a  far  parte  del 
Gabinetto  Braidense  colla  Collezione  S.  Clemente  nel 
181 1,  venne  collocato  nella  serie  dei  medaglioni  e  in- 
disturbato vi  rimase  fino  ad  oggi.  Sarebbe  ormai  tempo 
che  lasciasse  quel  posto,  non  per  emigrare  dal  gabi- 
netto ;  ma  per  ritirarsi  in  quello  più  modesto  che  gli 
compete,  rimanendovi  a  documentare  la  fallacia  dei 
giudizi  umani  ! 


(1)  Vedasi  Appunto  citato,  pagg.  23-24. 

(2)  Questa  medesima  falsificazione  in  doppio  esemplare,  doppio 
cioè  nel  diritto,  con  due  diversi  rovesci,  figura  in  altro  pubblico  museo, 
non  solo  fra  le  monete  genuine;  ma  nella  parte  scelta  della  serie  ro- 
mana esposta  al  pubblico.  Se  questo  avviso  valesse  a  farlo  ritirare, 
avrebbe  ottenuto  il  suo  scopo. 


lxxiii. 
unico  e  nuovo  (?)  medaglione 

DI  PERTINACE 

NEL  R.  MUSEO  ARCHEOLOGICO  DI  BOLOGNA. 


Debbo  alla  squisita  cortesia  del  prof.  Brizio,  so- 
lerte e  intelligente  direttore  del  Museo  archeologico  di 
Bologna,  se  oggi  mi  è  permesso  di  comunicare  una 
rarità  di  primissimo  ordine. 

Molti  bellissimi  pezzi  del  ricco  medagliere  di 
questo  insigne  Museo,  finora  ignorati,  verranno  in 
luce  colla  pubblicazione  del  «  Corpus  »  dei  Meda- 
glioni romani  ;  ma  non  ho  potuto  resistere  al  desi- 
derio di  dare  come  primizia  l' illustrazione  di  un 
pezzo  di  cui  nessuno  sospetta  l'esistenza,  che  vale  a 
dare  un'idea  dell'importanza  di  questa  serie  scelta  (*) 


(i)  I  medaglioni  sono  circa  un  centinaio. 


UN   NUOVO   (?)    MEDAGLIONE    DI   PERTINACE  477 

nella  collezione  romana  del  Medagliere  governativo  (J), 
ricca  per  numero,  rarità  e  belle  conservazioni  spe- 
cialmente nel  bronzo. 

Eccone  la  descrizione  : 

&  —  DIVVS  PERTINAX  PIVS  PATER.   Busto   di   Pertinace 
divinizzato  col  paludamento,  a  destra. 

T$l   —  AETERNITAS.  Carro  portante  il  simulacro   di  Perti- 
nace, tirato  da  quattro  elefanti,  montati  da  quattro  con- 
dottieri, diretto  a  sinistra. 
Diam.  mill.  38,  peso  gr.  61,500. 

La  testa  dell'  imperatore  magistralmente  model- 
lata ci  offre  il  tipo  che  conosciamo  nelle  monete  di 
consacrazione,  poiché  di  Pertinace,  come  di  parecchi 
altri  imperatori,  il  tipo  postumo  e  divinizzato  ci  si 
mostra  alquanto  differente  da  quello  che  siamo  usi 
vedere  sulle  monete  che   lo   rappresentano   vivente. 


(1)  Il  Medagliere  governativo,  proveniente  dall'  Università  non  è  il 
solo  di  cui  sia  depositario  il  Museo  Civico  di  Bologna,  il  quale  lo  è  pure 
di  un'altro  di  proprietà  municipale  proveniente  dal  legato  Palagi.  Questa 
seconda  collezione  è  pure  importantissima,  anzi  più  importante  della 
prima,  contenendo  all'  incirca  1400  pezzi  in  oro,  15000  in  argento  e 
23000  in  bronzo  ;  un  complesso  quindi  d'una  quarantina  di  mila  monete, 
ciò  che  sarebbe  più  che  sufficiente  a  costituire  da  solo  un  esimio  ga- 
binetto numismatico.  E  si  noti  che  certamente  vi  si  conterrà  un  mate- 
riale preziosissimo  perchè  inesplorato.  E  qui  sta  il  punto  doloroso. 
L'attuale  direttore  non  ne  ebbe  ancora  la  consegna  da  parte  del  Mu- 
nicipio, cosicché  la  collezione  rimane  chiusa  a  doppia  chiave  e  assolu- 
tamente inacessibile  agli  studiosi. 

Non  sarebbe  tempo  di  diseppellire  questo  tesoro?  Si  fanno  tanti 
scavi  sulla  semplice  speranza  di  trovare  qualche  avanzo  dell'antichità.... 
qui  invece  abbiamo  la  certezza  che  il  tesoro  esiste,  e  molto  copioso. 
La  questione  è  tutta  nell'accordo  delle  due  chiavi  per  mettere  il  tutto 
in  luce,  accordo  al  quale  davvero  non  vedo  quale  ostacolo  possa  opporsi. 
Non  solo  a  nome  mio,  ma  a  nome  di  molti  egregi  colleghi  e,  posso  ag- 
giungere, anche  del  direttore  stesso  del  Museo,  esprimo  il  voto  che  chi 
regge  le  sorti  della  civile  e  colta  Bologna,  non  permetta  che  duri  più 
a  lungo  uno  stato  di  cose  così  anormale  e  in  troppo  stridente  contrasto 
coll'antico  e  storico  motto  :  Bononia  docet. 


478  FRANCESCO    GNECCHI 


La  bella  testa  di  Pertinace  nelle  sue  monete  postume 
risente  un  poco  delle  fattezze  di  Settimio  Severo. 

Il  tipo  del  rovescio,  conosciuto  in  alcuni  bronzi 
di  Faustina  seniore  e  di  M.  Aurelio,  ma  affatto  nuovo 
nella  serie  dei  medaglioni,  ci  offre  la  rappresenta- 
zione più  maestosa  e  più  imponente  della  deificazione, 
il  simulacro  dell'  imperatore  al  fastigio  di  un  carro 
tirato  da  quattro  elefanti.  E  noterò  qui  per  preci- 
sione di  termini,  come  nelle  descrizioni  consimili 
si  dica  :  «  V  imperatore  in  quadriga  ».  Ora  questa 
espressione,  se  è  giusta  quando  si  tratta  di  trionfo 
reale,  di  moneta  cioè  coniata  vivente  imperatore,  non 
lo  è  del  pari  nel  caso  di  consacrazione.  Qui  non  è 
più  la  persona  dell'imperatore  che  è  raffigurata,  essa 
non  appartenendo  più  al  numero  dei  mortali,  sib- 
bene  la  sua  effìgie  o  il  suo  simulacro. 

Il  pezzo  è  di  conservazione  discreta;  anzi  rela- 
tivamente alla  straordinaria  rarità,  essendo  per  ora 
nella  categoria  dei  pezzi  unici,  nella  quale  rimarrà 
forse  per  sempre,  si  potrebbe  anche  dir  buona,  se 
da  mano  inconscia  non  avesse  subito  quel  barbaro 
trattamento  della  martellatura  sull'orlo,  che  ha  sciu- 
pato tanti  bei  pezzi.  Perchè  a  una  cert'epoca  sia 
venuto  di  moda  questo  barbaro  uso  nessuno  è  finora 
riuscito  a  spiegarlo  con  sicurezza  ;  fatto  sta  che  le 
vittime  furono  generalmente  pezzi  rari  ;  non  certa- 
mente scelti  perchè  tali  —  tanto  più  che  allora  pro- 
babilmente non  lo  erano  —  ma  perchè  il  requisito 
principale  pare  fosse  l'ertezza.  Furono  difatti  scelti 
di  preferenza  i  sesterzi  pesanti  dell'epoca  di  Settimio 
Severo  e  i  medaglioni,  in  ispecial  modo  quelli  del 
quarto  secolo,  ciò  che  fa  supporre  che  tale  opera- 
zione fosse  venuta  di  moda  all'epoca  costantiniana, 
all'epoca  cioè  dei  contorniati.  Pare  che  a  questi  la 
bassa  gente  trovasse  nei  primi  un  surrogato  a  mi- 
glior mercato  per  farne  delle  tessere  lusorie. 


UN   NUOVO  (?)   MEDAGLIONE   DI   PERTINACE  479 

Malgrado  la  martellatura  però,  malgrado  che  que- 
sta lo  sciupi  esteticamente  e  abbia  quasi  fatto  scompa- 
rire la  leggenda,  il  pezzo  resta  la  più  fulgida  gemma 
della  serie  imperiale  romana   nel   Museo   bolognese. 

Ma  ora,  dopo  d'avere  presentato  il  medaglione 
di  Pertinace  come  una  prelibata  primizia,  io  debbo 
dar  ragione  del  punto  interrogativo  che  ho  posto 
nel  titolo....  Ebbene,  il  pezzo  non  è  nuovo;  era  anzi 
conosciuto  molto  anticamente.  Quando  io  lo  vidi  per 
la  prima  volta  ne  restai  colpito  come  di  un'altissima 
novità,  e  credo  che  tutti  i  moderni  raccoglitori  lo 
sarebbero  stati  del  pari  ;  ma  qualche  tempo  dopo, 
sfogliando  il  grosso  volume  del  Mezzabarba,  per 
ricercarvi  il  medaglione  d'Albino  che  non  ci  si  trova, 
fu  colla  mia  più  grande  sorpresa  che  mi  cadde  lo 
sguardo  sull'ultima  moneta  di  Pertinace,  così  descritta  : 

&'  —  DIVVS  PERTINAX  PIVS  PATER. 

ì£  —  AETERNITAS  Currus  consecrationis  a  quatuor  ele- 
phantibus  tractus,  supra  elephantos  singulos  singuli  ses- 
sores  ;  in  curru  statua  imperatoris. 

E  vi  segue  la  nota  : 
"  Egregium  nomisma,  vulgo  Medaglione  „. 

Ecco  dunque  il  nostro  medaglione  perfettamente 
descritto.  E  qui  mi  pare  anzi  di  poter  asserire  che 
l'esemplare  descritto  dal  Mezzabarba  sia  precisa- 
mente l'esemplare  bolognese.  L'autore  accenna  come 
collezione  cui  il  pezzo  apparteneva  «  Ex  ind.  Po- 
latio  ».  Chi  era  costui  ?  mi  domandai,  precisamente 
come  don  Abbondio  alle  prese  coli' ignoto  Cameade. 
Ce  lo  dice  lo  stesso  Mezzabarba  nell'«  Indice  degli 
autori  e  delle  collezioni  »  che  fa  seguire  al  suo 
«  Catalogo  »  : 

«  Tanta  antiquorum  nummorum  delectatione  te- 
«  nebatur    Valerius    Polatius    Bononiensis    ut    nulli 

63 


480  FRANCESCO    GNECCHI 


«  sumptui  parceret,  prò  eorundem  redemptione  ;  hic 
«  moriens,  thesaurum  reliquit  quovis  Principe  dignum, 
«  cujus  pretium  sine  dubio  insigniter  auxit,  ipsorum 
«  Numismatum  Index  ab  Eruditissimo  D.  Joseph 
«  Magnavacca,  singulari  studio  descriptus  ». 

E  la  pubblicazione  del  Mezzabarba  non  è  la 
sola.  Essa  è  ripetuta  mezzo  secolo  più  tardi  da  Vail- 
lant,  il  quale  però  ebbe  il  torto  di  accompagnarla  con 
quella  di  un  secondo  medaglione  che  pare  non  esista 
per  davvero  e  che  in  ogni  caso  sarebbe  un  sesterzio, 
perchè  l' incisione  la  riproduce   con   tanto  di   SC  i1). 

L'accoppiamento  nocque  ;  e  la  moneta  spuria 
attirò  il  discredito  anche  sulla  buona;  cosicché  dai 
successivi  autori,  il  pezzo  venne  decisamente  abban- 
donato, mentre  non  solo  ne  sussisteva  la  memoria 
(e  quante  monete,  di  cui  l'originale  fu  perduto,  non 
vivono  che  per  la  memoria  !)  ma  sussisteva  pure 
l'originale  oggi  rievocato,  il  quale  probabilmente  non 
uscì  mai  da  Bologna  in  questi  ultimi  duecento  anni. 


Francesco  Gnecchi. 


(1)  Questo  secondo  medaglione  viene  così  descritto  da  Vaillant  : 

0   —    IMP    CAES    P    HELV    PERTINAX    AVG   Caput  Per- 

tinacis  laureatum. 
E;    VOT   DECEN   TR  P  COS   II  Pertinax  velatus  ad  aram, 

dextra  pateram  tenet. 

E  tal  pezzo  non  porta  in  sé  stesso  alcuna  contraddizione,  cosicché 
potrebbe  esistere,  come  realmente  esiste  l'altro  tipo.  Se  non  che  ha  la 
disgrazia  di  essere  accompagnato  da  una  incisione  che  non  vi  corri- 
sponde affatto.  Vi  è  bensì  riprodotto  il  tipo  dell'imperatore  sacrificante; 
ma  la  leggenda  è  altra  che  nel  testo,  ossia  :  VOTIS  DECENNA- 
LIBVS  ;  e  di  più  nel  campo  vi  sono  le  lettere  SC. 

Ce  n'è  quindi  d'avanzo  per  non  fidarsi  e  sono  pienamente  giusti- 
ficati gli  autori  che  non  si  fidarono. 


MONNAIES    INÉDITES 

DE   L'EMPIRE   ROMAIN 


(Coli.  O.  Voetter). 


VII. 


Monnaies  en   bronze   de   la  Tetrarchie   Dioclé- 
tienne  et  de  Carausius. 

(Suite). 

CAMULODUNUM. 


Antoninien. 

i.  &  —  IMP  C  M  AV  M  CARAVSIVS  PF  ÀVG.   Son   buste 

radié  et  drapé  à  droite. 
1$    —  PAX  —  A  —  VGGG-.  La  Paix  debout,  à  gauche,  tenant 

f     s  !  p 

un  rameau  et  un  sceptre.  .  ■ 

C  (Fig.  i). 

Voici.  encore  un  petit  bronze  portant  les  divers 
prénoms  de  Carausius  CO.  L'avers  en  est   semblable 


(i)  Voir  Rivista  ltal.  di  Num.,  1905,  anno  XVIII,  fase.  II,  p.  198.  Le 
revers  du  Carausius  décrit  au  n.  46  est  fort  mal  conserve.  La  dernière 
lettre  étant  totalement  effacée,  il  en  est  résulté  que  j'ai  lu  AVGG  au 
lieu  de  AVGGG. 


482  LUCIEN    NAVILLE 


aux  deux  pièces  décrites  par  M.  Mowat  et  Sir  John 
Evans,  avec  le  revers  PROV— ÀVGGG-. 


SISCIA. 

En  décrivant,  dans  un  précédent  article  ('),  une 
pièce  de  Maximien  Hercule.  frappée  à  Siscia,  et 
ayant  au  revers  VIRTVS  ÀVGG,  j'ai  fait  remarquer 
que  ce  type  ne  figurait  pas  dans  les  tabelles  que 
M.  le  lieut.  col.  O.  Voetter  a  dressées  dans  son  ma- 
gistral  mémoire  intitulé  die  Kupferpràgung  der  Diocle- 
tianischen  Tetrarchie  (2). 

Au  moment  de  la  publication  de  son  ouvrage, 
M.  Voetter  ne  possédait  encore  aucune  monnaie  de 
ce  type  qui,  d'autre  part,  était  totalement  inconnu. 
Depuis  lors,  M.  Voetter  a  acquis  deux  variétés  uni- 
ques  de  Dioclétien  au  type  VIRTVS  ÀVGG,  en  petits 
bronzes,  que  je  publie  ici  avec  son  aimable  auto- 
risation. 


2  3 

Antoniniens. 

2.  &  —  IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS  P  AVO.   Son  buste 
radié  et  cuirassé  à  droite. 


(1)  Ibidem,  p.  200. 

(2)  Numismatische  Zeitschrift,    1899,   l-  XXXI,  p.  1-34  et  223  à  310 
avec  pi.  I-X  et  XIV-XXIII. 


MONNAIES   INÉDITES    DE    L'EMPIRE  ROMAIN  483 

1$  —  VIRTVS  AV  —  GG.  Un  empereur  en  toge,  debout  à 
droite,  tendant  la  main  droite  pour  recevoir  une  Victoire  à 
gauche,  qui,  tenant  une  couronne  et  une  palme,  est  pré- 
sentée  par  un  autre  empereur,  place  en  face  du  premier, 
debout  en  habit  militaire,  tenant  une  haste  transversale. 
Entre  les  deux  :  un  captif  accroupi  à  gauche.  Au  centre, 
un  point.  Exergue  :  •  XXI  •  T  • 

(Fig.  2). 

3.  &  —  IMP  C  C  VAL  DIOCLETIANVS  P  AVG.  Son  buste 
radié  et  cuirassé  à  droite. 

Ijl  —  VIRTVS  À-VGG.  Un  empereur  en  habit  militaire, 
debout,  à  droite,  tenant  une  haste,  tendant  la  main  droite 
pour  recevoir  une  Victoire  à  gauche,  qui,  tenant  une  cou- 
ronne, est  présentée  par  Jupiter  nu,  debout  en  face  de 
Pempereur.  Jupiter  regarde  à  gauche  et  tient  un  sceptre. 
Entre  deux:  un  captif  accroupi  à  gauche.  Ex.:  •  XXI  •  B  • 

(Fig.  3). 

Ce  dernier  type  diffère  sensiblement  du  précé- 
dent.  En  effet,  les  deux  personnages  principaux  ne 
sont  pas  les  memes  ;  en  outre,  le  captif  est  de  plus 
petite  dimension;  il  ressemble  extremement  à  celui 
qui  est  figure  sur  les  petits  bronzes  de  Galère  Ma- 
ximien  et  de  Constance  Chlore  ayant  au  revers  PRAE- 
SIDIA  REIPVBLIC.  On  peut  en  inférer  que  le  type 
VIRTVS  AVGG  (fig.  3)  avec  Jupiter  a  été  frappé  pour 
les  deux  Augustes  en  mème  temps  que  PRAESIDIA 
REIPVBLIC  était  frappé  pour  les  deux  Césars. 

En  résumé  voici  les  cinq  pièces  connues  de 
l'atelier  de  Siscia  ayant  un  captif  au  revers: 

An  29}. 

Dioclétien  Auguste:  VIRTVS  ÀV-GG  (fig.  2).  Ex.  •  XXI  •  r  • 

(Voetter). 

Maximien  Herc.  Auguste:  VIRTVS  AV-GG  (fig.  2).  Ex.  •  XXI  •  T- 

(Navflle). 


484  LUCIEN    NA VILLE 


À  partir  du  ier  mars  293. 

Dioclétien  Auguste:  VIRTVS  A- VGG  (fig.  3).  Ex.  •  XXI  •  B  • 

(Voetter). 

La  pièce  parallèle  de  Maximien  Hercule  est  encore  à  trouver. 

Galère  Maximien  Cesar  U):  PRAESIDIÀ  REIPVBLICEx.  XXIA. 

(Gnecchi). 

Constance  Chlore  Cesar  :  PRAESIDIÀ  REIPVBLIC  Ex.  XXIA. 

(Mus.  Vienne). 


Lucien  Naville. 


(1)  Sur  cette  monnaie,  Galère  Maximien  est  représenté  comme  suit: 
Son  buste  radié  et  drapé  à  droite,  l'épaule  en  avant  (et  non  pas  en 
ardere  comme  l'indique  par  erreur  M.  Voetter). 


ANNOTAZIONI 

NUMISMATICHE    ITALIANE 


IX. 
Le  monete  di  Teramo. 

Questa  zecca,  sconosciuta  ai  primi  illustratori 
delle  Meridionali  e  perfino  a  quel  dotto  storico  delle 
Abruzzesi  che  fu  il  Lazzari,  venne  aggiunta  all'elenco 
delle  Italiane  dall'Ambrosoli,  nel  suo  primo  Manuale 
del  189 1. 

La  prima  notizia  che  la  riguarda,  è  dovuta  a 
Francesco  Savini,  il  quale  descrisse  un  denaro  Te- 
ramano di  Andrea  Matteo  Acquaviva  della  colle- 
zione Marignoli,  nel  n.  del  25  marzo  1888  del  gior- 
nale la  Provincia  di  Teramo  ;  lo  stesso  A.  ripubblicò 
quella  descrizione  nel  1895  (*). 

Ecco  il  disegno  di  quella  moneta,  che  ora  fa 
parte  della  coli,  di  S.  M.  il  Re  : 


i&  —  ♦  •  DVX  ADRIA-  Le  ultime  lettere  nel  centro  disposte 

cosi  :  V  II  NS  II  in  un  cerchio  a  cordone. 
R)    —  *  DE  TERAMO  Croce  patente   in   un  cerchio  come 

sopra. 
Mistura.  Peso  gr.  0,54.  Cons.  buona. 


(1)  II  Comune  Teramano.  Roma,  Forzani,  a  p.  284. 


^E6  G.    RUGGERO 


Nella  stessa  collezione,  trovasi  un  secondo  de- 
naro inedito  veramente,  sia  per  la  descrizione  che 
per  la  figura. 


fi'  —  *  •  DVX  •  ADRIA  •  Le  lettere  NVS  nel  campo,  disposte 

attorno  al  centro  in  un  cerchio. 
I#    —  *  D  TAERAMO  Croce  patente  in  un  cerchio. 
Mistura.  Peso  gr.  0,45.  Cons.  mediocre. 

Questa  nuova  moneta,  anonima  come  la  prima, 
si  differenzia  da  quella  per  la  disposizione  delle  tre 
lettere  terminali  del  fi*,  e  molto  più  per  il  dittongo 
nel  nome  della  città  al  ^.  Debbo  avvertire,  che  per 
una  forte  ossidazione  che  ha  guastato  in  molte  parti 
la  monetina,  non  mi  è  riuscito  di  constatare,  se  dopo 
il  D  al  $  vi  sia  un  punto  oppure  un  taglietto  di  ab- 
breviazione. 

Non  si  hanno  documenti  Teramani  relativi  a 
monete  ivi  coniate,  per  assegnare  con  assoluta  cer- 
tezza questi  denari  ad  uno  più  che  all'altro  dei  Duchi 
d'Atri  ;  dobbiamo  dunque  affidarci  alla  sola  guida 
dei  caratteri  delle  monete  stesse.  E  questi  caratteri 
sono  tali,  da  persuadere  chiunque,  che  non  possano 
convenire  che  alla  seconda  metà  del  XIV  secolo,  o 
tutt'al  più  ai  primi  anni  del  seguente.  E  con  ciò  ri- 
mane giustificata  l'assegnazione  fatta  al  secondo  Duca. 

Il  primo  Duca  d'Atri,  fu  Antonio  di  Matteo 
Acquaviva,  il  quale  acquistò  quel  feudo  Ducale  nel 
1393,  dopo  che  già  da  tre  anni  era  Signore  di  Te- 
ramo. Egli  morì  nel  1394  lasciando  a  successore  il 
figlio  Andrea  Matteo.  Questi,  invitato  dai  Ghibellini 
d'Ascoli,  nel  1395,  si  impadronì  di  quella  città  e  vi 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE   ITALIANE  487 

coniò  moneta  (*),  ma  dovette  abbandonare  quel  nuovo 
acquisto  nell'anno  seguente  :  nel  1407  venne  pugna- 
lato in  Teramo  dalla  famiglia  dei  Melatini.  Degli  altri 
che  seguirono  non  è  il  caso  di  far  menzione,  perchè 
si  andrebbe  oltre  il  limite  massimo  che  ci  è  fissato 
dai  caratteri  delle  monete. 

Queste  potrebbero  appartenere  al  primo  Duca; 
ma  parmi  poco  probabile  che  egli  abbia  pensato  a 
coniare  nel  breve  tempo  che  rimase  in  vita  dopo 
avuta  la  dignità  Ducale.  È  logico  invece  e  naturale, 
che  il  secondo  Duca  Andrea  Matteo,  dopo  aver  co- 
niato in  Ascoli  per  la  prima  volta,  abbia  creduto 
bene  di  far  lo  stesso  nei  suoi  domini  aviti,  sia  du- 
rante sia  dopo  l'effimera  Signoria  di  Ascoli. 


X. 
Circa  la  monetazione  Aquilana  del  XVI  secolo. 

Nel  secondo  fascicolo  della  nostra  Rivista,  ho 
letto  una  Memoria  interessante  sulle  zecche  degli 
Abruzzi,  del  Pansa.  Nella  prima  parte,  TA.  trattando 
della  monetazione  aquilana  del  s.  XVI,  va  ricercando 
se  fra  le  monete  conosciute  eli  Carlo  V,  ve  ne  siano 
alcune  che  possano  ritenersi  per  prodotti  di  quella 
zecca.  A  questo  proposito,  egli  espone  un  suo  dubbio, 
cioè  che  forse  non  tutte  le  monete  di  Carlo  col- 
l'aquila  al  ty,  appartengano  alla  zecca  di  Messina. 
Non  potendo  convenire  in  questa  supposizione  del- 
l'A.,  ritengo  mio  dovere  di  esporre  le  ragioni  che 
mi  fanno  dissentire  da  lui. 


(1)  De  Minicis:  Numismatica  Ascolana,  2a  ediz.  Roma,  1857.  Tav.  I, 
num.  7. 

63 


488  G.   RUGGERO 


In  primo  luogo,  tutte  le  monete  di  Carlo  V  e 
dei  Filippi  suoi  successori,  uscite  dalle  zecche  di 
oltre  Faro,  hanno  una  costante  fisionomia  di  famiglia. 
Lo  stesso  carattere  artistico  del  conio  e  la  stessa 
trascuratezza  nella  coniazione  mi  fanno  escludere  la 
esistenza  fra  esse  di  esemplari  provenienti  da  zecche 
di  terraferma. 

Ma  vi  è  di  meglio.  Mentre  tutte  quelle  coniate 
a  Napoli,  o  per  esser  più  esatti,  che  si  credettero 
sempre  coniate  a  Napoli,  portano  al  ty  la  leggenda  : 
REX  ARAGQNE,  oppure:  HISPANIARVM,  VTRIVSQVE  SICILIE, 
quelle  coniate  in  Sicilia,  hanno  costantemente  la  sola 
leggenda  :  REX  SICILIE.  E  questa  differenza  si  spiega 
benissimo  :  il  regno  di  Napoli  facea  parte  della  co- 
rona di  Spagna,  mentre  quello  di  Sicilia  fu  sempre 
considerato  indipendente. 

In  conseguenza  di  queste  premesse  sono  piena- 
mente convinto,  che  le  monete  di  Carlo  V  per  Aquila 
non  possano  portare  la  leggenda  Sicula.  O  sono 
state  improntate  dello  stesso  conio  di  Napoli,  ed  in 
questo  caso  sarà  ben  difficile  distinguerle  dalle  altre; 
oppure  portavano  l'aquila,  ed  allora  dovevano  diffe- 
rire dalle  Siciliane  per  la  leggenda.  In  questo  se- 
condo caso  non  sarebbe  improbabile  che  presto  o 
tardi  ne  venisse  fuori  qualcuna. 

Voglio  credere  che  FA.  della  Memoria  in  que- 
stione non  vorrà  aversene  a  male,  se  io  francamente 
ho  combattuta  una  piccola  parte,  che  è  anche  la 
meno  importante,  del  suo  scritto.  Ritengo  che  nello 
interesse  scientifico,  la  discussione  sia  sempre  da 
preferirsi  al  sistema  del  silenzio.  Beninteso,  che  non 
ammetto  la  polemica  che  non  sia  impersonale  e  con- 
dotta in  modo  rispettoso  e  degno,  come  pur  troppo 
avviene  talvolta,  anche  in  pubblicazioni  scientifiche. 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  489 

XI. 

Circa  le  monete  Astesi  con  leggenda  comunale. 

Promis,  nella  sua  Zecca  d'Asti,  assegnò  al  duca 
Carlo  d'Orleans  una  moneta  colla  leggenda  MONETA 
ASTENSIS,  per  analogia  con  altre  di  quel  tempo  W, 
qualificandola  per  un  obolo  da  mezzo  forte.  Lo  scri- 
vente, pubblicando  in  questa  Rivista  del  1902,  altre 
due  monete  consimili  ma  colle  leggende  di  CIVITAS 
l'una  e  di  COMVNIS  l'altra,  esprimeva  il  parere,  che 
dovessero  appartenere  a  qualche  breve  periodo  di 
governo  autonomo,  avvenuto  in  seguito  ai  frequenti 
sconvolgimenti  interni  propri  di  que'  tempi,  sui  quali 
egli  augurava  miglior  luce  da  nuove  ricerche  <2). 

Il  dott.  Orazio  Roggiero  in  una  recente  sua 
pubblicazione  (3),  comincia  coll'asserire  che  il  nome 
di  obolo  è  sbagliato,  essendo  tale  specie  già  da 
tempo  cessata  per  il  progressivo  peggioramento  mo- 
netario. Ma  egli  non  ricorda,  che  Promis  non  ha 
inteso  ritenere  quella  moneta  per  un  obolo  da  mezzo 
denaro,  bensì  per  un  obolo  da  mezzo  forte  ossia 
da  -jj-  di  grosso.  Circa  ai  veri  oboli  del  sistema  an- 
tico, egli  li  ritenne  definitivamente  cessati  sino  dal 
1280  circa  (4).  E  per  ciò  che  riguarda  l'estensore  del 
breve  cenno  in  questa  Rivista  del  1902  (5),  egli  usò  la 
voce  obolo  nello  stesso  significato  datogli  dal  Promis. 


(1)  Opera  citata,  tav.  II,  n.  io. 

(2)  Rivista  Italiana  di  Numismatica,  G.  Ruggero,   Annotazione  V. 

(3)  Bollettino  storico  bibliografico  Subalpino,  X,  III.  Pinerolo,  tipo- 
grafia Sociale,  1905. 

(4)  Op.  cit,  pag.  22. 

(5)  Questa  è  la  perifrasi  usata  dall'A.  per  designarmi,  sebbene  l'ar- 
ticolo non  sia  anonimo.  Forse  non  ha  voluto  nominarmi  per  un  riguardo 
eccessivo;  ma  pure  essendogliene  grato,  tengo  a  dichiarare  che  ri- 
spondo sempre  di  ciò  che  scrivo,  e  che  non  avrei  difficoltà  alcuna  a 
confessare  l'errore,  se  veramente  dimostrato  tale. 


49°  G.    RUGGERO 


Dunque,  se  questo  nome  è  stato  adoperato  irrego- 
larmente, non  potè  recar  danno,  essendo  ben  definito 
il  valore  ed  il  sistema  monetario  al  quale  apparteneva. 

In  seguito,  l'A.  vuol  dimostrare  che  quella  luce 
da  me  invocata,  viene  chiara  ed  intera  da  certi  do- 
cumenti dell'Archivio  Camerale  Torinese,  i  quali  pro- 
verebbero come  le  dette  monetine  non  siano  altro 
che  dei  denari  imperiali,  coniati  dal  1476  in  poi  a 
nome  e  per  dritto  del  Comune. 

Questi  documenti,  sono  conti  del  tesoriere  di 
Asti,  per  la  duchessa  Maria  Cleves-Orleans  rettrice 
ed  amministratrice  del  duca  Ludovico  e  degli  altri 
suoi  figli.  In  questi,  sono  registrati  alla  partita  delle 
entrate  del  Comune,  gli  sborsi  fatti  negli  anni  1476,  77 
e  78  da  Filippo  Borgesio  maestro  della  zecca  Astese 
al  Comune  d'Asti,  per  il  diritto  di  signoraggio  (prò 
iure  domini),  in  dipendenza  della  coniazione  di  2096 
marchi  ed  onde  quattro  di  imperiali  Astesi  e  di  405 
ducati  d'oro,  operata  dal  Borgesio  in  quel  triennio, 
sotto  il  controllo  delle  due  guardie  della  zecca. 

Dirò  francamente  che  non  posso  convenire  nelle 
conclusioni  dell'A.,  perchè  non  parmi  che  la  prova 
desiderata  sia  raggiunta. 

Prima  di  tutto,  manca  assolutamente  qualunque 
dato  riguardante  le  monete  coniate  all'  infuori  del 
nome  ;  non  risulta  a  qual  legge  fossero  tagliate,  né 
quale  ne  fosse  l' impronta  e  la  leggenda.  Un  fatto 
ben  chiaro  emerge  da  queste  carte,  cioè,  che  negli 
anni  1476,  77  e  78  il  Comune  aveva  la  gestione 
della  zecca,  e  ne  introitava  i  proventi.  L'A.  ne  de- 
duce che  questo  avvenisse  per  dritto  del  Comune, 
e  che  perciò  quelle  monete  portassero  leggende  co- 
munali. Mi  sembra  che  questa  ipotesi  non  sia  con- 
ciliabile col  titolo  stesso  di  questi  conti  :  Computus 
Andree  de  Damianis  Thesaurarij  Astensis,  prò  Ill.ma  et 
Inclita  principissa  et  domina  nostra,  etc.  Parmi  dunque 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  49 1 

che  la  duchessa  abbia  incaricato  il  Comune  suo  di- 
pendente della  gestione  della  zecca,  e  della  riscos- 
sione del  dritto  di  signoraggio  per  conto  del  vero 
Signore.  Ne  potrò  credere  mai  che  fosse  lasciata  fa- 
coltà di  improntare  quelle  monete,  e  massime  quelle 
d'oro,  con  leggende  autonome.  Questa  supposizione 
dell'A.  non  è  compatibile  colla  serie  abbastanza  nu- 
merosa in  tutti  i  metalli  del  duca  Ludovico,  e  tutta 
segnata  col  suo  nome.  È  da  notarsi  inoltre,  che 
queste  monete  non  spettano  ad  un  solo  momento  del 
suo  dominio,  ma  con  i  loro  caratteri,  e  specialmente 
i  paleografici,  denotano  differenze  cronologiche  che 
vanno  dal  principio  alla  fine  di  quel  periodo  di 
33  anni,  prima  che  Ludovico  cingesse  la  corona  di 
Francia  nel  1498. 

Il  nostro  A.  crede  di  trovare  un'altra  prova 
della  sua  tesi  nel  nome  di  imperiale.  Se  il  duca,  egli 
dice,  coniava  in  Asti  secondo  il  sistema  francese,  ed 
il  Comune  batteva  imperiali,  questi  ultimi  non  po- 
tevano portare  il  nome  Ducale,  ma  bensì  le  leggende 
MONETA,  CIVITAS  e  COMVNIS  ASTENSIS.  Con  ciò  egli 
viene  ad  ammettere  due  zecche  Astesi,  le  quali  la- 
vorassero parallelamente  per  due  diverse  autorità  e 
con  due  sistemi  diversi.  A  questo  punto  non  credo 
che  sia  il  caso  di  una  confutazione.  Il  nome,  secondo 
me,  dice  poco  o  nulla  se  manchino  gli  altri  dati  per 
ben  identificare  una  moneta.  Molti  di  noi  sanno  per 
esperienza,  come  il  popolino  sia  refrattario  ad  accet- 
tare in  pochi  anni  le  varianti  nei  sistemi  de'  pesi, 
misure  e  monete.  Onde  non  è  raro  il  caso,  che  anche 
molti  anni  dopo  avvenuta  la  mutazione,  pur  serven- 
dosi della  nuova  moneta,  si  adoperino  ancora  gli 
antichi  nomi.  Questo  potrebbe  spiegare  l'uso  del 
nome  imperiali  in  conti  del  1476,  mentre  vigeva  il 
sistema  monetario  di  Francia  ;  né  mi  stupirei  che  si 
fosse  inteso  di  nominare  così  quella  monetina  ripor- 


492  G.   RUGGERO 


tata  al  n.  8,  tav.  IV  del  Promis,  cioè  la  maglia  di 
bianchetto  o  -£-  del  grosso  ;  mentre  i  ducati  d'oro 
doveano  certamente  esser  quelli  del  n.  4  e  non  già 
i  più  antichi  del  n.  6,  tav.  III.  Mi  si  potrebbe  op- 
porre, che  in  documenti  pubblici  si  avrebbe  dovuto 
usare  il  nome  legale  e  non  quello  volgare;  ma  non 
erano  quelli  i  tempi  adatti  al  formalismo  burocratico 
de'  giorni  nostri. 

Infine,  dato  e  non  concesso  che  nel  1476  il 
Comune  Astese  avesse  potuto  coniare  qualche  mo- 
netina senza  il  nome  del  Signore,  non  potrei  mai 
concedere  che  si  trattasse  per  l'appunto  delle  mo- 
nete in  questione.  Studiandone  i  caratteri  e  confron- 
tandole colle  altre,  risulta  evidente  che  non  possono 
convenire  ad  un'epoca  così  inoltrata. 

I  documenti  scritti,  possono  di  rado  servire  di 
guida  sicura  in  numismatica,  quando  non  vi  sieno 
ben  specificate  le  monete  alle  quali  si  riferiscono.  In 
questo  caso  si  corre  rischio  di  errare,  come  hanno 
errato  molti  scrittori  confondendo  monete  ed  epoche 
diverse.  Perciò  non  conviene  perdere  di  vista  quegli 
altri  documenti  che  sono  le  monete  effettive. 

Ottobre  ipoj. 

G.  Ruggero. 


APPUNTI 

DI 

NUMISMATICA    ITALIANA 


XIX. 

UN  QUATTRINO  DI  CATERINA  RIARIO  SFORZA 

Signora  di  Forlì. 

Fra  tanti  numismatici  che  scrissero  sulle  monete 
italiane,  ben  pochi  si  occuparono  della  piccola  zecca 
di  Forlì.  Chi  ne  trattò  più  diffusamente  fu  lo  Za- 
netti (J),  il  quale,  servendosi  anche  di  qualche  breve 
notizia  fornita  dal  Bonoli  (2)  e  da  altri,  diede  la  de- 
scrizione di  quattro  monete  battute  dai  Riarii,  Signori 
di  quella  città.  Queste  sono:  un  ducato  d'oro  e  un  car- 
lino appartenenti  al  conte  Gerolamo  Riario,  una  mo- 
neta di  basso  argento  col  nome  della  moglie  Caterina 
Sforza,  e  un'altra  della  stessa,  unitamente  al  figlio  Ot- 
taviano. È  tutto  quanto  si  conosce  finora  intorno 
a  quella  zecca. 


(i)  Zanetti  Guidj  Antonio.  Della  moneta  di  Forlì  —  Zanetti.  Nuova 
raccolta  delle  monete  e  zecche  d'Italia.  Tomo  II,  pag.  455-468  ;  tav.  VII, 
io,  11,  13,  14. 

(2)  Bonoli  Paolo.  Istoria  della  città  di  Forlì,  ecc.  Forlì,  1661. 


494  ERCOLE    GNECCHI 


Il  Burriél  nella  sua  storia  di  Caterina  Sforza  (*>, 
dà  pure  un  cenno  su  quella  zecca,  ma,  e  in  questo 
e  nella  tavola  che  l'accompagna,  egli  non  fa  che  ri- 
produrre lo  Zanetti.  Il  Litta,  che  nelle  sue  Fami- 
glie celebri  italiane,  dedica  buon  numero  di  tavole 
alla  illustrazione  delle  monete  e  medaglie  della  Fa- 
miglia Sforza,  coniate  a  Milano,  a  Genova,  a  Pe- 
saro ed  in  altre  città,  dimentica  affatto  la  zecca 
di  Forlì. 

Intorno  alle  vicende  di  Caterina  pubblicò,  or 
non  è  molto,  una  copiosa  ed  erudita  storia  il  conte 
P.  D.  Pasolini  (2>.  In  essa  però  ho  cercato  invano 
qualche  nuovo  contributo  alla  zecca  di  Forlì.  L'au- 
tore si  limita  a  citare  due  documenti  già  conosciuti 
e  a  dare  un  fac-simile  delle  monete  pubblicate  dallo 
Zanetti.  Da  oltre  un  secolo  dunque  nessuna  nuova 
moneta  di  quell'officina  fu  nota  agli  studiosi. 

La  storia  della  zecca  di  Forlì  abbraccia  due  di- 
stinti periodi  e  due  furono  i  privilegi  di  battere  mo- 
neta accordati  a  questa  città. 

Il  primo,  per  attestazione  unanime  degli  storici 
e  dei  cronisti,  le  fu  concesso  dall'  Imp.  Federico  II 
nel  1241  ;  non  esiste  però  alcun  documento  che  lo 
provi,  è,  in  ogni  modo,  non  si  conosce  finora  alcuna 
moneta  di  quell'epoca  col  nome  di  Forlì.  «  Non  si 
prevalsero  allora  i  forlivesi  di  una  tale  prerogativa 
probabilmente  —  così  lo  Zanetti  (3)  —  perchè  non 
erano  in  necessità  di  aver  moneta,  dovendo  eglino 
essere  bastantemente  provveduti  dalle  zecche  circon- 
vicine, e  specialmente  dalla  bolognese  ». 


(1)  Burriél  Antonio.  Vita  di  Caterina  Sforza  Riario,  contessa  d'Imola 
e  Signora  di  Forlì.  Bologna,  1795  ;  voi.  3  in-40  (con  tavola  di  monete 
e  medaglie). 

(2)  Conte  Pier  Desiderio  Pasolini.  Caterina  Sforza.  Roma,  1893  ; 
3  voi.  in-160  (con  tavole  e  disegni). 

(3)  Op.  cit.,  pag.  456. 


APPUNTI   DI   NUMISMATICA    ITALIANA  495 

In  attesa  dunque  che  possa  un  giorno  venire 
alla  luce  qualche  moneta  di  Forlì,  dei  secoli  XIII 
o  XIV,  per  parlare  delle  poche  conosciute  è  d'uopo 
portarci  alla  fine  del  secolo  XV,  ossia  alla  Signoria 
dei  Riarii. 

Nel  1480  moriva  Pino  Ordelaffi,  signore  di  Forlì, 
e  alla  sua  moglie  Costanza  Pico,  in  seguito  alla  morte 
del  figlio  Sinibaldo,  veniva  tolto  il  dominio  di  quella 
città.  Fu  allora  che  Papa  Sisto  IV,  accampando  certi 
diritti  su  Forlì,  se  ne  impossessò  a  nome  dello  Stato 
della  Chiesa.  Poi  nel  medesimo  anno  ne  infeudava 
suo  nipote  Gerolamo  Riario,  signore  di  Imola,  al 
quale,  già  dal  1477,  aveva  accordato,  in  merito  dei 
servigi  da  lui  prestati  alla  Santa  Sede,  il  diritto  per 
se  e  suoi  successori  di  battere  moneta  in  ogni  me- 
tallo nella  città  di  Imola  e-  in  tutte  le  altre  soggette 
al  suo  dominio,  e  di  imprimervi  il  suo  nome,  decre- 
tando inoltre  che  dette  monete  avessero  corso  e  fos- 
sero valutate  al  pari  delle  monete  pontificie,  purché 
fossero  in  tutto  uniformi  a  quelle  che  si  coniavano 
nella  zecca  di  Roma.  Il  decreto,  tutt'ora  esistente,  è 
pubblicato  per  intero  dallo  Zanetti  (J). 

Il  conte  Gerolamo  Riario  colla  moglie  Caterina 
Sforza  da  Roma  si  recò  a  prendere  possesso  del 
suo  nuovo  feudo  di  Forlì  il  15  luglio  del  1481.  Di 
lui  si  conoscono,  come  dissi,  due  sole  monete  ;  il 
ducato  d'oro,  descritto  dallo  Zanetti  (2),  il  quale  porta 
la  data  del  1480,  e,  secondo  alcuni,  sarebbe  stato  da 
lui  preparato  e  coniato  nella  zecca  di  Roma  «  per 
minor  dispendio  e  per  averli  pronti  allorché  si  re- 
cava a  prendere  il  possesso  della  città,  di  cui  aveva 
ottenuto  novamente  il  dominio  »  (3).    L'altra  sarebbe 


(1)  Op.  cit,  pag.  459. 

(2)  Op.  cit.,  pag.  460;  tav.  VII,  io. 

(3)  Zanetti.  Op.  cit.,  pag.  460. 

64 


496  ERCOLE   GNECCUI 


il  carlino  o  paolo  (0  anonimo  e  senza  data,  col  ritratto 
di  Filippo  re  di  Macedonia  e  al  rovescio  l'arme  dei 
Riario.  Quest'ultima  moneta,  secondo  un  manoscritto 
di  Memorie  istoriche  della  Casa  Riaria,  citato  dallo 
Zanetti  (2>,  sarebbe  stata  battuta  dal  conte  Gerolamo 
in  Roma  per  gittarla  al  popolo  durante  il  suo  in- 
gresso in  Forlì. 

Il  14  aprile  1488  il  conte  Gerolamo  moriva  as- 
sassinato, e  Caterina  restava  assoluta  padrona  dello 
Stato  colla  tutela  del  figlio  Ottaviano.  A  quest'epoca 
appartengono  le  altre  due  monete  forlivesi  illustrate 
dallo  Zanetti.  La  prima  è  una  moneta  d'argento 
col  nome  di  Caterina,  e  al  rovescio  l' immagine  e 
il  nome  di  S.  Mercuriale  ;  la  seconda  una  moneta 
pure  d'argento  coi  busti  e  i  nomi  di  Caterina  e 
del  figlio. 

Queste  quattro  monete  però  non  sarebbero  le 
sole  coniate  dai  Riarii  a  Forlì.  Nella  sua  Cronaca 
Forlivese  lo  storico  Andrea  Bernardi  di  Bologna,  pure 
ricordato  dallo  Zanetti,  parla  di  tre  altre  monete  escite 
da  quella  zecca.  La  prima  è  un  quattrino  col  nome 
di  Caterina  Sforza  e  le  iniziali  C  S  insieme  legate  e 
al  rovescio  il  busto  e  il  nome  di  San  Mercuriale  ; 
la  seconda  una  moneta  da  quattro  quattrini,  identica 
alla  prima;  la  terza  un  pezzo  da  due  baiocchi,  che  ha 
nel  diritto  un  trapano  e  il  nome  di  Caterina,  e  al 
rovescio  una  rocca  e  la  leggenda  FORLIVM.  A  questa 
descrizione  l'autore  aggiunge  che  «  a  niuno  dei  mo- 
netografi  è  riuscito  fino  ad  ora  di  rinvenire  alcuna 
delle  suddette  monete,  non  ostante  le  diligenti  ri- 
cerche da  essi  fatti  ». 

Una  monetina,  recentemente  venuta  in  luce, 
colma  una  di  queste  lacune.  Il  quattrino,  eh'  io  pre- 


(1)  ld.  Op.  cit.,  pag.  468. 

(2)  ld.  Op.  cit.,  pag.  468. 


APPUNTI    DI    NUMISMATICA    ITALIANA  497 


sento  oggi  ai  miei  lettori,   sarebbe   precisamente   la 
prima  delle  monete  descritte   dal   Bernardi,   ossia  il 
quattrino  di  Caterina  Sforza,  moneta  di  cui    io    non 
conosco  altro  esemplare  esistente  (*), 
Eccone  il  disegno  e  la  descrizione  : 


fiy  —  Nel  campo,  in  un  circolo  di  perline,  le  lettere  C  S  F 
(in  monogramma),  fra  due  punti.  In  giro  :  (Testina  mi- 
trata) •  VICE  •  COMES  • 

$    —  •  S  •  MERCVRIALIS.  Nel  campo,  in  un  circolo   e.    s., 
il  busto  mitrato  del  Santo,  di  faccia. 
Peso  gr.  0,550. 

È  singolare  il  fatto  che  Caterina  nelle  sue  mo- 
nete facesse  uso  unicamente  dei  suoi  cognomi  pa- 
terni SFORTIA  VICECOMES  (2),  omettendo  quello  dei 
Riarii.  Molto  probabilmente,  come  osserva  lo  Za- 
netti (3),  essa  così  faceva  perchè  in  quell'epoca  (1490?) 
aveva  sposato  segretamente  il  suo  favorito  Giacomo 
Feo,  barone  del  Re  di  Francia,  e,  dopo  l'assassinio 
di  questi,  avvenuto  il  27  agosto  1495,  era  passata 
ad  altre  nozze  (1497)  con  Giovanni  di  Pier  Francesco 
de'  Medici,  detto  Popolano.  Questi  due  matrimoni 
erano  stati  con  grande  cautela  tenuti  segreti  da  Ca- 
terina per  non  perdere  la  tutela  dei  figli  e  il  governo 
dello  Stato. 


(1)  Questa  preziosa  monetina  fu  testé  acquistata  dall'egregio  mio 
amico  signor  Mario  San  Rome,  il  quale  gentilmente  mi  ha  concesso  di 
pubblicarla. 

(2)  Caterina  era  figlia  di  Galeazzo  Maria  Sforza,  duca  di  Milano, 
nato  da  Francesco  Sforza  e  da  Bianca  Maria  Visconti. 

(3)  Op.  cit.,  pag.  463. 


498  ERCOLE    GNECCHI 


Caterina  tenne  la  Signoria  di  Forlì  fino  al  gen- 
naio dell'anno  1500,  quando,  dopo  una  eroica  difesa, 
le  fu  giocoforza  cedere  alle  armi  del  duca  Valentino, 
che  la  trasse  prigioniera  a  Roma.  Rimessa  poi  in 
libertà  nell'anno  seguente,  per  ordine  del  Re  di 
Francia,  Caterina  si  ritirò  a  vita  privata  a  Firenze, 
dove  morì  nel  1509.  Colla  fine  di  questa  Signoria 
fu  chiusa  per  sempre  la  zecca  di  Forlì. 


Ercole  Gnecchi. 


OPERE  NUMISMATICHE 

DI 

CARLO    KUNZ 


(Continuazione:  Vedi  Fase.  II,  19051 


MONETE  INEDITE  O  RARE 

DI  ZECCHE   ITALIANE  W 


CORREGGIO. 

Correggio,  castello  nella  provincia  di  Reggio  dell'Emilia, 
con  titolo  di  contado.  La  prima  memoria  che  se  ne  ha  è  del 
secolo  X,  in  cui  trovasi  nominato  Castrum  Corrigiae.  Di- 
venne in  processo  di  tempo  piccola  ma  vaga  città,  adorna 
di  bei  fabbricati,  ed  ebbe  il  vanto  di  dare  i  natali  al  sommo 
pittore  Antonio  Allegri. 

Diede  il  nome  alla  famiglia  da  Correggio,  una  fra  le  più 
illustri  d'Italia  pel  corso  di  sei  secoli.  11  primo  signore  di 
tale  casato,  secondo  il  Litta,  sarebbe  stato  un  Frogerio  che 
morì  nel  1029.  Lunga  e  avvicendata  per  fazioni,  discordie  e 
mutamenti  di  possesso  è  la  storia  dei  suoi  discendenti,  i  quali 
si  segnalarono  sopra  tutto  per  valore  nelle  armi,  che  valse 
loro  titoli  e  cariche  insigni.  Alcuni  furono  vicari  imperiali  ; 
altri  capitani  di  Modena,  Parma,  Lucca,  Padova;  condottieri 
dei  Veneziani,  degli  Estensi,  degli  Sforzeschi  ;  molti  furono 
podestà  di  Modena,  Reggio,  Bologna,  Genova,  Parma,  Pia- 
cenza, Milano,  Pavia,  Padova,  Treviso,  Firenze,  Siena,  Ri- 
mini, Ravenna,  Mantova,  Cremona,  Pistoia.  Giberto,  figlio 
di  Guido,  fu  signore  di  Parma  (1303-1316),  poi  di  Cremona; 
e  signore  di  Parma  fu  pure  il  di  lui  figlio  Azzo  (1341-1344 
t  1367),  amico  del  Petrarca  che  lo  applaudì  con  una  can- 
zone e  lo  confortò  nella  sventura  coll'opera  :  De  remediis 
utriusque  fortunae  (2).  Guidotto  fu  vescovo  di  Mantova  (1231, 
ucciso  nel  1233).  Girolamo  non  fu  degenere  dalla  sua  stirpe, 


(1)  Dall' Are heografo  triestino,  1882,  voi.  Vili,  fase.  III-IV. 

(2)  Secondo  l'ili.  Michele  Lopez  (Aggiunta  alla  zecca  e  moneta  par- 
migiana), spettano  ai  signori  correggeschi  Azzone  e  suoi  fratelli  Simone 
e  Guido,  che  nel  1341  liberarono  Panna  dalla  tirannia  di  Martino  della 
Scala,  un  grosso  aquilino  di  quella  città  segnato  con  l'armetta  del  loro 
casato,  ch'era  di  rosso  con  fascia  d'argento,  ed  un  piccolo  colla  testa 
di  San  Bovo. 


502  CARI  O    KUNZ 


perchè,  quantunque  prelato,  vestì  da  laico  con  la  spada  al 
fianco,  fino  a  che  venne  decorato  con  la  porpora  cardinalizia. 
Taluni  non  isdegnarono  le  belle  lettere,  così  Galasso  (f  1442?), 
che  lasciò  manoscritta  una  Historia  Britonum;  Nicolò  (1450 
f  1508),  che  coltivò  i  buoni  studi  e  fu  autore  dell'Aurora, 
favola  pastorale  eseguita  in  Ferrara  nel  1487,  d'un  poemetto 
in  ottava  rima,  Psiche,  e  d'altre  poesie;  Isotta,  figlia  di  Ni- 
colò, fattasi  monaca,  che  fu  lodata  poetessa  ed  improvvisa- 
trice, ma  della  quale  nulla  si  ha  alle  stampe.  L'insigne  poe- 
tessa Veronica  Gambara  può  considerarsi  correggese  per 
avere  sposato  nel  1509  Giberto  da  Correggio  e,  rimasta  ve- 
dova nel  1518,  governò  saggiamente  il  piccolo  stato,  dettò 
lodatissime  prose  e  poesie  italiane  e  latine  e  fu  onorata  da 
grandi  e  da  dotti  CO. 

Non  è  mio  compito  di  dilungarmi  sulla  storia  de'  correg 
geschi,  trattata  egregiamente  dal  Litta,  e  dal  Bigi  nel  :  Di- 
scorso storico  di  Azzo  da  Correggio  e  dei  Correggi  (Mo- 
dena, 1866),  e  da  Camillo  in  giù,  nelle:  Memorie  di  Camillo 
e  Siro  da  Correggio  e  loro  zecca  (Modena  1870),  bastandomi 
di  toccare  brevemente  di  quelli  che  esercitarono  il  diritto 
della  moneta. 

Camillo,  Giberto  e  Fabrizio,  fratelli  di  Manfredo  e  di 
Lucrezia  d' Este,  tennero  insieme  il  dominio  di  Correggio. 
Camillo  fra  i  migliori  capitani  del  suo  tempo,  fu  governatore 
di  Corfù  ed  ebbe  comando  di  galere  veneziane  nella  famosa 
battaglia  di  Lepanto,  ultimo  fatto  glorioso  di  questa  famiglia. 
Giberto,  dedito  parimenti  alle  armi,  seguì  l'esempio  del  fra- 
tello quando  abbandonò  il  partito  del  Papa  per  seguire  la 
causa  della  Spagna,  delle  cui  genti  fu  nominato  generale  (2). 


(1)  Baldassare  Camillo  Zamboni  ne  scrisse  la  vita,  premessa  alla 
raccolta  delle  sue  rime  e  lettere.  Brescia,  1759.  —  Vedasi  Tiraboschi: 
Biblioteca  modenese,  tomo  II,  p.  135,  e  Storia  della  letteratura  italiana, 
t.  VII,  p.  1133. 

(2)  Secondo  il  Bigi,  Giberto  negli  ultimi  anni  della  sua  vita  si  de- 
dicò a  studi  di  storia  politica,  giurisprudenza  e  belle  lettere,  ed  istituì 
l'accademia  degli  scioperati,  la  quale  adunavasi  nel  suo  palazzo,  dove 
fece  fondere  una  campana  di  2931  chilogrammi,  che  portava  la  iscri- 
zione :  Congrego  clerum  —  Voco  plebem  —  Laudo  deum  verum  —  Festa 
decoro  —  Tempestatem  fugo  —  Defunctos  ploro.  Ma  la  pia  leggenda  non 
impedì  che  quella  campana,  nel  giorno  16  gennaio  1710,  fosse  colpita  e 
spaccata  mentre  suonava  per  cattivo  tempo. 


MONETE    INEDTTK    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  503 

Fabrizio  visse  senza  infamia  e  senza  lode.  La  devozione  alla 
causa  di  Spagna,  mosse  V  imperatore  Carlo  V  a  concedere 
nuova  investitura  nel  1551  ai  tre  fratelli,  e  nel  1559  la  con- 
cessione del  diritto  di  zecca  che  esercitarono  in  comune.  Ma 
le  prime  monete  fatte  coniare  per  essi  sembra  non  fossero 
anteriori  all'anno  1569.  Essendo  morto  Giberto  nel  1580,  Ca- 
millo e  Fabrizio  continuarono  uniti  l'esercizio  della  zecca, 
come  apparisce  da  alcune  monete  d'oro,  d'argento,  ed  una 
di  biglione  che  riporto  più  avanti,  segnata  coi  loro  nomi. 
Non  poche  delle  monete  anonime  spettano  certamente  al- 
l'esercizio comune  dei  tre  fratelli  o  dei  soli  Camillo  e  Fabrizio, 
e  più  particolarmente  quelle  che  portano  il  titolo  in  plurale 
Comites. 

Vedendo  Camillo  e  Fabrizio  che  l'antico  stemma  del  loro 
casato  era  uguale  a  quello  di  Casa  d'Austria,  e  immaginando 
discendere  da  essa,  ottennero,  il  16  marzo  1580,  dall'  impe- 
ratore di  potersi  denominare  d'Austria,  e  per  alludere  a  tale 
pretesa  origine  posero  sopra  alcune  monete  la  leggenda  : 
Originis  inclitae  signum  insigne,  leggenda  conservata  anche 
da  Siro,  il  quale  poi  adottò  l'altra  :  Antiquissima  familiae 
austriaca  insignia.  L' iscrizione  Sub  umbra  alarum  tuarum, 
accompagnata  dall'aquila,  di  molte  monete  di  Correggio,  al- 
lude alla  protezione  della  stessa  casa. 

Morto  anche  Fabrizio  nel  1597,  Camillo,  rimasto  solo, 
continuò  a  far  battere  monete  d'oro,  d'argento  e  di  biglione, 
col  suo  nome  e  verosimilmente  anche  senza.  Morì  Camillo 
a'  3  giugno  1605. 

Siro,  figlio  illegittimo,  ma  legittimato,  di  Camillo,  ottenne 
nuova  investitura  dall'imperatore  Mattia,  il  quale  a'  13  feb- 
braio 1616,  eresse  Correggio,  che  dal  1459  era  Contea,  in 
Principato,  dichiarando  Siro  Principe  dell'Impero  (0.  Privo 
di  meriti  propri,  visse  nel  riflesso  della  gloria  dei  suoi  an- 
tenati, e,  imprevidente  e  dappoco,  andò  incontro  a  gravi 
sventure.  Non  gli  bastò  di  compromettersi  con  Roma  e 
con    la    Spagna,    ma    andò  con  cuore  leggero  incontro  alla 


(1)  Secondo  il  Bigi  l'erezione  di  Correggio  in  Principato,  verso 
l'esborso  di  120,000  talleri,  che  l'Antonioli  disse  6,000  soldi,  d'oro,  era 
del  13  febbraio  1615.  Forse  errore  di  stampa  ? 

65 


504  CARLO    KUN7. 


propria  rovina,  emettendo  in  larga  misura,  per  biasimevole 
sete  di  lucro,  monete  alterate  nella  legge,  per  la  massima 
parte  contraffatte,  e  quelle  d'altre  zecche,  senza  che  vales- 
sero avvertimenti  e  reclami  a  farlo  ravvedere.  Particolar- 
mente dalla  Germania  si  moltiplicavano  le  proteste  pelle 
monete  d' imitazione  ch'egli  faceva  lavorare  dal  zecchiere 
Rivarola  e  da  altri.  Ne  avvenne  che  un  decreto  imperiale 
del  1630  lo  dichiarò  spogliato  dello  stato,  salvo  che  si  po- 
tesse redimere  col  pagamento  di  fiorini  230,000  ;  ma  non 
potendo  egli  ciò  fare,  il  duca  di  Modena  Francesco  I,  pa- 
gando tale  somma  alla  Spagna  ebbe  il  Principato,  ed  egli, 
dopo  avere  implorato  invano  a  Vienna  la  revoca  del  fatale 
decreto,  prese  la  via  dell'esilio,  e  morì  povero  in  Mantova 
a'  25  ottobre  1645. 

Il  Litta  scrive  che  la  confisca  dello  stato  fu  ingiusta, 
perchè  l'editto  monetario  dell'  Impero  del  1559  infliggeva  la 
multa  di  cinquanta  marche  d'oro  per  la  fabbricazione  di  mo- 
nete non  approvate,  ed  il  trattato  di  Ratisbona  aggiungeva 
la  soppressione  della  zecca.  Sia  come  si  voglia,  a  lui,  che 
fu  l'ultimo  signore  di  Correggio,  toccò  pagare  il  fio  fra  tanti 
altri  principi,  che,  investiti  del  diritto  di  zecca,  per  voglia 
di  lucro  ne  abusavano,  adulterando  le  monete. 


ARME. 


L'arme  del  Principato  di  Correggio,  quale  vedesi  raffi- 
gurata nel  Litta,  nel  bel  mezzo  tallero  di  Siro  che  adduco 
più  avanti,  e  sopra  i  suoi  pezzi  da  quattro  soldi  col  Santo 
Giovanni,  è  partita  di  due,  spaccato  di  uno  :  1  e  6,  d'oro 
con  aquila  nera  coronata  ;  2,  di  rosso  con  correggia  nera  ; 
3  e  4,  d'azzurro  con  leone  rampante  d'oro,  con  giglio  d'oro 
sopra  la  testa  ;  5  di  porpora  (?)  con  un  cane  levriere  nero 
al  naturale  ;  nel  centro  scudetto  di  rosso  con  fascia  d'ar- 
gento ;  sovrasta  un  capo  d'oro  caricato  di  un'aquila  nera  bi- 
cipite. Tale  arme,  sopra  altre  monete  di  Siro,  subì  alcune 
modificazioni  e  aggiunte  arbitrarie  di  parentela  o  meno  con 
lo  scopo  di  mascherare  meglio  le  contraffazioni. 


MONETE   INEDITE   O    RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  505 

L'antica  arme  della  famiglia  dei  Correggio  era  di  rosso, 
con  una  fascia  d'argento,  come  avevano  anche  i  Gennari  di 
Ravenna,  i  d'Asella  di  Napoli,  i  Foscolo  di  Venezia,  i  Guidi 
di  Firenze,  i  Tommasi  di  Siena,  i  Savignani  di  Bologna,  gli 
Antignoli  di  Perugia  (*),  e  pari  era  l'arme  di  Casa  d'Austria; 
donde,  come  fu  detto,  venne  la  pretesa  dei  Correggeschi  di 
discendere  da  essa.  Federico  III,  erigendo  nel  1452  la  Si- 
gnoria in  Contea,  concedette  alla  famiglia  l'aquila  nera  co- 
ronata in  campo  d'oro,  e  due  leoni  rampanti  d'oro  con  giglio 
d'oro  sul  capo,  in  campo  celeste.  La  correggia  nera  in  campo 
rosso  era  un  emblema  desunto  dal  cognome.  Guido  di  Ghe- 
rardo adottò  nel  1247  l'impresa  del  cane  levriere,  in  memoria 
della  vittoria  riportata  contro  Federico  II  mentre  egli  era 
alla  caccia.  L'aquila  imperiale  fu  concessa  a  Siro  pel  Prin- 
cipato. 

Un  sigillo  di  ferro,  esistente  nel  Museo  di  Padova  mo- 
stra uno  scudo  coronato,  accollato  a  due  rami  di  palma,  in- 
quartato di  due  aquile  e  due  leoni,  l'inquartatura  divisa  da 
una  croce,  con  lo  scudetto  della  fascia  nel  centro,  come 
vedesi  in  parecchie  monete  di  Camillo  e  Fabrizio,  di  Fabrizio 
solo,  e  di  Siro  ;  arme  della  Contea.  La  leggenda  che  corre 
intorno:  C/ELI  GIBERTO  REGINA  DEDIT,  allude  ad  un  favo- 
loso aneddoto  sull'arme  più  antica  della  famiglia,  narrato  da 
Rinaldo  Corso  nella  vita  di  Giberto.  Non  so  a  quale  correg- 
gese  possa  spettare.  Ne  dò  il  disegno  al  numero  1. 


BIBLIOGRAFIA  DELLA  ZECCA  DI  CORREGGIO. 

1.  Tariffe    d'Anversa,    degli    anni    1580,   1627,    1629,   1633; 

dall'Aia,  1630,  ecc. 

2.  L.  W.  Hoffmann  :  Alter  und  neuer  Munzschlussel.  No- 
rimberga, 1683,  1692  e  1715.  Opera  citata  da  altri  per 
non  so  quali  monete  di  Correggio,  mancando  le  tavole 
all'esemplare  che  tengo. 


(1)  Gin  anni  :  L'arte  del  Blasone. 


506  CARLO    KUNZ 


3.  I.  C.  Kòhler:  Historische  Munzbelustigung.  Norimberga, 

1729- 1765.  Tomi  22  e  2  registri.  Opera  citata  da  Vin- 
cenzo Promis,  che  non  ebbi  occasione  di  consultare,  per 
monete  di  Camillo. 

4.  Monnaies  en  argent  du  cabinet  de  S.  M.  Vienna,  1756  e  1769. 

5.  Monnaies  en  or  du  cabinet  de  S.  M.  Vienna,  1759  e  1769. 

6.  Carli  :  Opere,  voi.  III.  Milano,  1784.  Un  breve  cenno 
sulla  zecca,  con  la  descrizione  di  un  paolo  anonimo. 

7.  G.  A.  Gradenigo  :  Indice  delle  monete  d'Italia.  In  Za- 
netti. Tomo  II,  Bologna,  1789,  pag.  83.  Descrive  sette 
monete  (J). 

8.  P.  Litta  :  Famiglie  celebri  Italiane.  Fascicolo  XV.  Mi- 
lano, 1825.  Famiglia  da  Correggio.  Non  avendo  egli  po- 
tuto dare  tutti  i  disegni  delle  monete  da  lui  raccolti, 
perchè  gli  andarono  perduti,  riportò  soltanto  quelli  di 
tre  ongari,  due  di  Camillo  ed  uno  anonimo,  ma  vero- 
similmente dello  stesso,  che  tolse  all'opera  n.  5:  Monn. 
en  arg.  ecc. 

9.  R.  Chalon  :  Deux  Monnaies  italiennes  du  XVI lme  siede. 
{"  Revue  de  Numismatique  belge  „,  1852).  Illustra  un 
tallero  anonimo  secondo  la  tariffa  d'Anversa  del  1633, 
dove  porta  il  nome  di  Daldre  de  Origenes  (2). 

io.  G.  Picqué  :  Quelques  monnaies  et  médailles  inédites  de 
la  collection  Jonghe  {"  Revue  de  Numismatique  belge  „, 
1861).  Illustra  non  senza  qualche  errore,  Tongaro  di  Ca- 
millo con  la  Madonna,  già  pubblicato  dal  Litta. 

11.  G.  Bigi  :  Di  Camillo  e  Siro  da  Correggio  e  delle  loro 
monete.  Modena  1870.  In  dieci  tavole  con  87  numeri,  ri- 


(1)  Dal  Zanetti  apprendiamo  che  il  dott.  Girolamo  Colleoni,  di  Cor- 
reggio, erasi  proposto  d' illustrare  la  zecca  della  sua  città,  ma  che,  di- 
stratto da  altre  cure,  morì  nel  1777,  lasciando  il  lavoro  interrotto.  Il 
dott.  Michele  Antonioli  mostrò  volerlo  compiere,  coll'aiuto  del  Zanetti, 
ma  non  seppe  perseverare.  Morì  poi  anche  il  Zanetti,  che  avrebbe  fatto 
lavoro  egregio,  e  l'opera  sua  delle  zecche  italiane  non  ebbe  altro  seguito. 

(2)  Perchè  ommesso  nell'opera  del  Bigi,  ne  dò  la  descrizione:  ORI- 
GINIS  .  INCL1T  .  SIGN  .  INSIG.  Scudo  coronato  dal  quale  pende  un 
festone  di  foglie  e  frutti.  L'arme  di  nove  pezze,  partita  di  due,  .spac- 
cata di  due:  1,  3,  4,  6,  7,  9,  leone  rampante;  2,  5,  8,  aquila  bicipite  co- 
ronata. Rovescio  :  SI  .  PRO  .  NOBIS  .  QVIS  .  CONTRA  .  NOS  .  Aquila 
bicipite  coronata,  avente  nel  cuore  uno  scudetto  con  la  fascia. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  507 

porta  altrettante  monete,  alcune  soltanto  accennate  quali 
varietà,  o  per  essergli  mancati  i  disegni. 

12.  C.  Kunz  :  //  Museo  Bottacin  annesso  alla  Civica  Biblio- 

teca e  Museo  di  Padova.  ("  Periodico  di  Numismatica  e 
Sfragistica  „.  Firenze,  Tomo  II,  1869-70).  Cinque  monete 
ed  una  tessera,  che  non  figurano  nell'opera  del  Bigi. 

13.  D.  Promis  :  Monete  di  zecche  italiane  inedite  o  corrette. 
Memoria  III,  Torino  1871.  Un  mezzo  scudo  (?)  d'oro,  ano- 
nimo, accompagnato  da  illustrazione  storica. 

14.  H.  Dannenberg:   Unedirte  Thaler  ("  Numismatische  Zeit- 

schrift  „.  Vienna,  anno  III,  1871)  C1). 

15.  E.    Forchheimer  :    Ein    Thaler    des   Fùrsten   Syrus    von 

Correggio.  ("  Numismatische  Zeitschrift  ,,.  Vienna,  1876, 
tav.  VI,  num.  1)  (2). 


(1)  Con  altre  monete  dà  la  descrizione  ed  il  disegno  di  un  tallero 
di  tipo  olandese  di  Camillo.  Eccone  la  descrizione:  X  MO  X  NO  X 
CAM  X  X  AVS  X  CO  X  CO  X-  Uomo  armato  fino  alla  cintura,  che 
ha  sotto  uno  scudo  ornato  di  cartocci,  entro  il  quale  vi  è  un  leone 
rampante.  Sotto:  SO-70  (Soldi  70)  —  Rovescio  *  X  CONFIDENS  X 
DNO  X  NON  X  MOVETVR  X  Leone  rampante.  —  Verosimilmente 
quello  nominato  in  tariffa  parmigiana  del  1609  (Zanetti,  t.  V,  p.  124, 
nota  187),  è  la  stessa  moneta  che  il  Bigi,  p.  74,  n.  57,  dice  aver  trovato 
valutata  in  tariffa  di  Bologna,  4  agosto  1612,  per  lire  1.15  o  soldi  35, 
dunque  per  metà  del  valore  per  cui  fu  emessa,  certamente  per  ragione 
della  sua  bassissima  lega. 

(2)  Torna  utile  dare  la  descrizione  di  quel  tallero:  *  LEODEGA- 
R1VS  .  D  .  G  .  EPISCOPVS  :  AVGVPTODVNEN  .  P  .  S  .  Busto  bar- 
bato a  d.  con  mozzetta,  avente  ai  lati  la  data,  16-21.  —  Rovescio:  IN- 
SIGNIA  .  ANTICHISSIMA  .  ET  .  MATERNA  .  Arme  cimata  con  co- 
rona ducale,  inquartata:  1,  tre  fascie;  2,  leone;  3,  partito,  con  una  fa- 
scia e  tre  bande;  4,  partito  con  leone  rampante  e  figura  indistinta 
l'innesto  in  punta,  non  chiaro,  sarà  di  cinque  gigli  ;  nel  centro  scudetto 
con  un'aquila.  —  Sarebbero  le  armi  d'  Ungheria,  Boemia,  Austria,  Bor 
gogna,  Absburgo,  Gorizia,  nel  centro  Tirolo.  Il  tipo  di  tale  tallero  è  si 
mile  ad  alcuni  del  Tirolo  dell'arciduca  Leopoldo,  degli  anni  1620-1621 
Vuoisi  notare  lo  strano  accoppiamento  del  nome  di  Santo  Leodegario, 
vescovo  di  Autun  (?),  con  un  tipo  d' imitazione  del  Tirolo.  Il  busto  poi 
non  è  quello  di  quel  santo,  che  nelle  monete  di  Lucerna  o  dell'abazia 
di  Murbach  e  Ltìders,  è  rappresentato  col  trapano  col  quale  fu  acce- 
cato, ma  copia  perfetta  di  quello  del  predetto  arciduca.  L'anno  1621 
corrisponde  bene  all'epoca  di  Siro,  e  le  lettere  finali  P.  S.  possono 
anche  significare  Princeps  Syrus.   Finalmente    l'iscrizione    del    secondo 


508  CARLO    KUNZ 


16.  A.  Engel:  Documents  pour  servir  à  la  Numismatique  de 
l'Alsace,  n.  7.  —  Contrefacons  italiennes  de  quelqucs 
monnaies  d? Alsace.  Mulhouse,  1879.  —  Sono  riportati 
tre  pezzi  di  tipo  strasburghese  del  Principe  Siro,  due 
dei  quali  secondo  il  mio  articolo  del  Periodico,  ed  altro 
dello  stesso  Siro,  imitato  ad  una  moneta  di  Hanau,  già 
pubblicata  nell'Or  dormane  e  d'Anversa,  1643,  e  dal  Bigi, 
num.  65. 

Ometto  numerosi  cataloghi  nei  quali  sono  soltanto  de- 
scritte monete  di  Correggio. 

Il  lavoro  più  copioso  per  le  monete  di  Correggio  è 
adunque  il  libro  del  Bigi,  il  quale  servirà  di  guida  ai  futuri 
ricercatori.  Ma,  per  quanto  diligente  e  ricca  di  notizie  sia 
quell'opera,  pure  lascia  qualche  desiderio.  La  distribuzione 
delle  monete  per  anni  dei  signori,  basata  sopra  vaghi  dati 
di  capitoli  di  zecca,  potrebbe  non  essere  intieramente  esatta; 
l'attribuzione  delle  monete  anonime  apparisce  di  sovente  ar- 
bitraria o  sbagliata  (per  esempio  la  doppia  n.  58,  assegnata 
a  Siro,  quantunque  porti  il  titolo  plurale,  Comites);  il  senso 
di  alcune  leggende  avrebbe  richiesto  una  spiegazione  ;  la 
descrizione  ed  il  nome  di  qualche  moneta  non  è  sempre 
esatta  ;  alcuna  è  riportata  più  volte  ;  i  disegni  non  sono 
sempre  fedeli.  Il  tallero  ch'egli  adduce  al  n.  33,  con  le  mo- 
nete di  Camillo,  e  suppone  battuto  anteriormente  alla  con- 
cessione della  zecca  per  semplice  saggio  (?),  non  è  di  Cor- 
reggio, ma,  come  notai  altrove  {Periodico  di  Numismatica  e 
Sfragistica,  tomo  II),  di  Neuss,  Nussia,  città  del  Capitolo  di 
Colonia,  nella  provincia  renana  di  Prussia,  fra  Dusseldorf  e 
Colonia,  dove  gli  arcivescovi  eressero  verosimilmente  una 
zecca.  Quella  città  ebbe  più  tardi  il  diritto  di  zecca,  proba- 
bilmente dall'imperatore  Federico  III  (1452-1493),  la  cui  statua 
adorna  la  sua  grande  piazza.  L'aquila  bicipite  del  rovescio 
di  quel  tallero  alluderebbe  a  quell'  imperatore.  Il  santo  Qui- 


lato  non  sarebbe  che  una  variante  delle  altre  :  ORIGIN1S  INCLITAE 
SIGNVM  INSIGNE,  e  ANTICHISSIMA  FAMILIAE  INSIGNIA,  che  si 
leggono  sopra  alcune  monete  di  Correggio.  Ciò  rende  molto  plausibile 
l'attribuzione  proposta  dal  valente  numismatico  di  Vienna,  di  quella 
abile  contraffazione. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  509 


rino  raffiguratovi  è  il  soldato  martire,  che  servì  nell'armata 
di  Massenzio  e  fu  decapitato  per  ordine  di  Aurelio,  prefetto, 
di  Roma.  Il  santo  Quirino  delle  monete  di  Correggio  è  in- 
vece il  vescovo  martire,  nato  a  Siscia,  annegato  il  4  giugno 
303  il  cui  corpo,  dalle  catacombe  di  Roma,  fu  nell'anno  1140 
deposto  nella  chiesa  di  Santa  Maria  in  Trastevere  (0. 


Ecco  le  monete  inedite  che  posso  aggiungere  a  quelle 
finora  pubblicate.  Non  potendosi  sempre  determinare  con 
esattezza  a  quale  dei  signori  di  Correggio  spettino  le  ano- 
nime, seguo  il  metodo  già  tenuto  dall' illustr.  V.  Prornis  nelle 
Tavole  sinottiche,  il  quale  ne  fece  una  serie  a  parte,  e  come 
lui  incomincio  da  esse  (2). 

MONETE   ANONIME. 

2.  +  S  •  QUIRINE  •  EPE  •  CORREGE  •  ET  •  PRO  •  Testa  nimbata 

mitrata  del  Santo,  accostata  dalle  lettere  S--Q. 
HIS  •  PETENT  •  SIDERA  •  PENNIS  •  Pegaso  volante  a  destra, 
dietro  il  quale  c&- 

Cavallotto  d'argento,  da  soldi  6,  grammi  2,47. 

Nessuno  di  questi  cavallotti  riportati  dal  Bigi  ha  quelle 
iniziali,  né  dal  suo  libro  si  ricava  a  quale  dei  zecchieri  da 
lui  menzionati  possano  alludere.  Ometto  qualche  altra  va- 
rietà, senza  le  sigle  del  massaro,  una  delle  quali,  col  Santo 
privo  del  nimbo,  ha  dietro  il  pegaso  un  piccolo  giglio  in- 
vece della  più  comune  crocetta.  Cavallotti  col  pegaso  e 
Santa  Catterina,  battevansi  nella  zecca  di  Bozzolo,  e  forse 
anche  in  Guastalla,  col  cavallo  in  quelle  di  Sabbionetta  e 
di  Guastalla. 

3.  +  COMITES  +  +  CORRIG-II.  Arme  entro  uno  scudo   ovale 

ornato  di  cartocci,  colla  fascia  ed  un   capo   d'aquila   fra 
due  leoni. 


(1)  A.  Butler:  Vite  dei  Padri  e  Martiri.  Venezia,  1824. 

(2)  Il  paolo  anonimo  che  il  Bigi  tolse  della  tariffa  di  Anversa  :  Or- 
donnance  et  instruction  pour  les  changeurs,  1633,  e  diede  nella  tav.  Ili, 
n.  19,  non  è  già  un  da  sei  soldi  ma  da  otto,  come  appare  dal  numero  8 
segnato  sotto  il  santo,  ch'egli  prese  per  6. 


510  CARLO    KUNZ 


PERCVRRAM  •  QVACVNQVE  •  VELOX.  Cavallo  in  corsa  verso 
la  destra. 
Cavallotto  d'argento  da  soldi  5  (?),  grammi  2,32. 

È  simile  al  n.  31  del  Bigi,  ma  differente  da  quello  per 
l'assenza  della  maschera  sopra  lo  scudo,  e  per  altro  collo- 
camento della  leggenda  del  secondo  lato.  Poiché  Affò  (in 
Zanetti,  Tav.  V,  pag.  242),  menziona  un  cavallotto  di  Cor- 
reggio, forse  questo,  valutato  in  tariffa  di  Parma  3  febbraio 
1623,  lire  3,6,  e  per  essere  il  suo  peso  inferiore  a  quello 
dei  cavallotti  col  pegaso,  oltreché  di  tipo  differente,  suppongo 
valesse  in  Correggio  soldi  cinque.  L'arme  è  quella  della 
Contea,  ma  non  è  facile  poter  dimostrare  se  tale  moneta 
spetti  ai  tre  fratelli  Camillo,  Giberto  e  Fabrizio,  od  ai  soli 
Camillo  o  Fabrizio. 

4.  C  COR.  —  SPERAC   —   •  ALP.  Testa  giovanile  a  sinistra. 
SPECIETV  •  -  •  AL  •  M  •  A.    Testa    galeata    di    Alessandro 

Magno  più  simile  a  quella  di  Minerva. 
Parpagliola  di  biglione,  grammi  1,44. 

Imitazione  di  parpagliole  di  Parma  del  duca  Alessandro 
Farnese,  battute  vivente  suo  padre  Ottavio.  C.  COR.  credo 
doversi  spiegare  per  Comes  o  Comites  Corrigiae;  A  •  M  • 
significano  Alexander  Magnus  come  in  quelle  di  Parma  ; 
SPERAC- SPECIETV  sono  alterazione  di  Speculum  e  Speculator. 
Vi  sono  imitazioni  simili  anche  di  Frinco. 

5.  +  MON.  COM.  CORRIG-.  Tre  armette   disposte  a  modo  di 

trifoglio. 
SOLI  —  DEO  —  G-LO  —  RIA.  Croce   grande    che   divide   la 
leggenda,  intersecata  diagonalmente  da  altra  più  breve. 

6.  Simile,  con  :  •:•  MON  •  COM  •  CORIG-  • 

7.  Simile,  con  :    >  MON  •  COM  •  CORRG  ;    in    altra,    CORRIG-. 

Argento,  grammi  1,03;  1,13;  1,08. 

Sono  varietà  della  moneta  riportata  dal  Bigi,  tav.  V, 
n.  50,  ch'egli  dice  impropriamente  sesino.  Le  tre  armette 
colla  fascia,  l'aquila  ed  il  leone  hanno  diverso  collocamento. 
Cotali  contraffazioni  di  baizen  di  Uri,  Svitto  e  Underwald, 
spettano  verosimilmente  a  Siro.  Una  simile  è  della  zecca  di 
Guastalla, 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI   ZECCHE   ITALIANE  51I 

8 NO.  CIVIT.  CORRIG-  ....  Scudo  a  teschio  di  cavallo, 

con  banda  scaccata  ed  il  capo  di  una  croce. 
Spino  fiorito,  con  fogliette  nel  giro. 
Quattrino,  di  basso  biglione,  decigr.  5,0. 

Contraffazione  di  quattrini  di  Alberico  Cybo,  principe  di 
Massa  Lunigiana  (0.  Raccolta  del  signor  conte  Nicolò  Papa- 
dopoli  di  Venezia  (2). 

9.  +  DOMINI  •  CIVITA  ....  Nell'area  grande  L   ch'era   proba- 
bilmente accompagnata  da  due  numeri  di  data. 

+  S  . . .  VS  •  QVIRINVS  •  E  •  Busto  coronato,  nimbato. 

Quattrino,  di  rame. 

Nel  Periodico  di  Firenze  riportai  altro  simile  quattrino 
imitato  secondo  quelli  di  Lucca  col  Volto  Santo,  della  se- 
conda metà  del  secolo  XVI,  e  del  principio  del  secolo  XVII. 
Si  hanno  consimili  imitazioni  anche  di  Treggiana,  Castiglione 
delle  Stiviere,  e  Novellara. 

CAMILLO  e  FABRIZIO,  CONTI 
(1580- 1597). 

io.    •:  CAM  •  ET  •  FAB  •  C  •  CIV  •  COR  •  Nell'area  +  C  •  F  +,  fra 
due  doppie  righe,  sotto  le  quali  è  una  piccola  correggia. 
+  SALVS  •  MVNDI  •  I  •  DO  K  Croce  trifogliata. 
Quattrino,  di  rame. 

Imitazione  di  quarti  di  Carlo  Emmanuele  I,  duca  di  Sa- 
voia (3).  È  probabilmente  la  moneta  alla  quale  A.  Morel-Fatio, 


(1)  Viani  :  Memorie  della  famiglia  Cybo,  ecc.  Tav.  X,  n.  6, 7, 8,9,  IX,  12, 13. 

(2)  Quando  incominciai  a  pubblicare  questi  articoli  m'ero  proposto 
di  attingere  unicamente  alle  mie  schede,  ma  già  nel  secondo  articolo 
deviai  dal  mio  proponimento,  pubblicando,  per  gentile  concessione  del- 
l' illustr.  cav.  Vincenzo  Promis,  un  mezzo  scudo  d'oro  di  Lodovico  II 
Pico,  Signore  di  Mirandola.  Dopo  d'allora  l' illustr.  signor  Conte  Nicolò 
Papadopoli,  dottissimo  nummografo  e  possessore  d'una  delle  più  ricche 
collezioni  di  monete  italiane,  con  generosità  piuttosto  unica  che  rara, 
mi  concesse  spontaneamente  di  valermi  del  suo  medagliere  per  quei 
pezzi  che  vi  trovassi  appropriati  al  mio  scopo.  Gli  è  perciò  che  già  in 
questo  terzo  articolo  figurano  non  poche  monete  inedite  di  Correggio 
della  serie  da  lui  posseduta.  Mercè  sua  il  lavoro  al  quale  mi  sono  sob- 
barcato acquisterà  quell'interesse  che  altrimenti  non  avrebbe  avuto. 
Abbia  il  nobile  signore  e  generoso  mecenate  le  mie  più  sentite  grazie. 

(3)  Promis  :  Monete  dei  Reali  di  Savoia,  tav.  XXIX,  n.  15. 

66 


512  CARLO    KUNZ 


pubblicando  una  simile  di  Frinco  U)j  accennava,  dicendola 
battuta  dai  Conti  di  Correggio  ad  imitazione  dei  quarti  da 
sette  al  soldo,  battuti  in  Ciamberì  dal  1584  al  1586.  Colle- 
zione Papadopoli.  Altre  imitazioni  di  tali  quarti  sono  di  Asti, 
Frinco,  Messerano,  Passerano  e  Castiglione. 

CAMILLO,   CONTE 
(1597-1605). 

li.  «  MONETA  *  NOV  *  *  AVRÒ  *  CI  *  C  *    Uomo    cata- 
fratto, di  faccia,  che  tiene  con  la  destra  un'alabarda. 

*  TV  *  NOS  *  AB  *  HOSTE  *  PROTESE  **#  Maria  V.  coro- 
nata, colFinfante  sulle  ginocchia,  e  mezza  luna  sotto  i  piedi. 

Ongaro,  grammi  3,40. 

Fra  i  tre  ongari  pubblicati  dal  Litta  vi  è  uno  simile  e 
con  pari  rovescio,  il  quale,  intorno  alla  figura,  che  tiene 
nella  destra  il  bastone  del  comando,  ha  il  nome  di  Camillo, 
per  cui  anche  questo,  sebbene  privo  del  suo  nome,  deve 
appartenergli.  Sono  imitazioni,  al  pari  di  uno  di  Ranuccio  I 
Farnese,  duca  di  Parma,  d'Ongari  di  Ungheria  dei  re  Matteo 
Corvino  e  Ladislao  II.  Uno  simile  al  presente,  coll'uomo  ar- 
mato che  tiene  l'alabarda,  appartenente  alla  Gheldria,  fu 
pubblicato  da  J.  Rittensten  nel  periodico  Wiener  Numisma- 
tische  Monatshefte,  t.  II,  Vienna  1866.  Tali  ongari  di  Cor- 
reggio sembra  fossero  tutti  di  basso  titolo,  perchè  in  una 
grida  del  26  decembre  1596,  presso  il  Gobio,  si  tariffano  in 
Mantova,  gli  ongari  tutti  lire  9,10,  eccettuati  quelli  di  Cor- 
reggio che  furono  banditi  perchè  adulterini  (2).  Anche  questo 
rarissimo  pezzo  è  posseduto   dal  signor  Conte    Papadopoli. 

SIRO  D'AUSTRIA,  CONTE  poi  PRINCIPE 
(1615-1630  f  1645). 

12.  SYRVS  •  AVST  •  SACR  •  R  •  IMP     PRINCIPI  •  ET  •  CORRIGII  • 

Busto  del  principe  verso  la  sinistra,  con  armatura  e  col- 
lare liscio. 

*  MONETA  -  *  NOVA  -  *  CIVITA  -  TI  *  CORR.  Scudo 
sormontato  da  corona,  inquartato,  1  e  4,  aquila;   2  e  3, 


(1)  Monnaies  inédites  de  Dezana,  Frinco  et  Passerano  (Revue  Numts- 
matìque,  1865). 

(2)  Affò,  in  Zanetti,  t.  V,  p.  212, 


MONETE   INEDITE   O    RARE   DI    ZECCHE   ITALIANE  513 

leone  rampante.  Nel  centro  scudetto  colla  fascia  ;  la  in- 
quartatila divisa  da  una  croce.  Dallo    scudo    sporgono 
quattro  gigli  che  fingono  le  estremità  d'una   croce    dia- 
gonale gigliata. 
Ducutone,  di  basso  argento,  grammi  23,10. 

Sia  pel  ritratto  del  Principe,  rivolto  alla  sinistra,  che  per 
le  altre  sue  particolarità,  tale  pezzo,  che  vanta  pure  la  col- 
lezione Papadopoli,  riesce  singolare  e  nuovo  pel  disegno  ; 
ma  ne  diede  la  descrizione  il  Madai,  con  la  sola  differenza 
di  COR  invece  di  CORRIGII  (0. 

13.  SYRVS  :  AVSTRIA  :  S  :  R  :  IMPERI  :  AC  :  P  :  CO  :  Busto  del 
Principe  a  destra,  con  armatura  e  collare  a  lattuca. 

ANTIQVISS  •  FAM  •  INSIGNIA  •  1628.  Scudo  coronato,  ornato 
di  cartocci,  ed  un  giglio  sotto  la  corona.  I  punti  dello  scudo 
sono  quelli  dell'arme  del  Principato  descritta  più  addietro. 
Mezzo  ducatone,  d'argento,  grammi  14,10. 

Anche  tale  bella  moneta,  che  trovo  descritta  in  Madai  (2) 
ed  in  Appel  (3)  è  posseduta  dal  signor  Conte  Papadopoli. 

14.  *  SYRI     AVSTRI  •  SA  •  RO  •  IM  •  PRIN  •  ET  ■  C  •  Aquila  bici- 

pite coronata,  con  globo  nel  petto  dal  quale  sorge  una  croce. 
MO  -  NETA  N  -  OVA  •  CI  -  VITATI  ■  —  CO-  Arme  coro- 
nata inquartata,  1  e  4  controinquartata,  1  e  4  scudetto 
colla  fascia,  2e3,  aquila;  2  e  3  leone  rampante.  Dietro 
lo  scudo  sporgono  obliquamente  le  estremità  di  una 
croce  simile  a  quella  di  Borgogna.  Vedansi  i  num.  6 
e  7  del  precedente  articolo  :  Monete  di  Mirandola. 
Fiorino,  d'argento,  grammi  4,55. 

È  differente  dal  n.  79  del  Bigi  per  la  croce  dietro  lo 
scudo,  che  in  quello  manca. 

15.  *  SYRI  *  AVSTRI  *  SA  *  RO  *  IM  *  PRIN   *    ET  *  C 

Aquila  a  due  teste,  coronata. 
*  MON  —  ETÀ  *  NO  —  VA  *  CI  -  VITAS  *  —  CO  *  Arme 
coronata,  dalla  quale  sporge  la  croce,   come   nella   mo- 


(1)  D.  S.   Madai:    Volls/dndiges     Thaler-Cabinet,    t.    II.    Konigsberg, 
1766,  n.  4603. 

(2)  T.  I,  n.  2056,  con  ET  invece  di  AC. 

(3)  Repertorium  der  Miinzkunde  des  Mittelalters  und  der  neueren  Zeit, 
voi.  Ili,  Vienna,  n.  1703. 


5I4  CARLO    KUNZ 


neta  precedente.  Lo  scudo  è  partito  d'uno,  spaccato   di 
due:  i,  aquila  coronata;  2  e  3  leone  rampante;   4  e  6, 
campo  caricato  di  una  fascia  ;  5  scudetto  colla  fascia. 
Fiorino,  d'argento,  grammi  4,50. 

È  questo  un  altro  pezzo  della  insigne  collezione  Papa- 
dopoli,  che  non  trovai  pubblicato  da  altri. 

16.  •  SIRVS  •  AVST  •  CORR  •  PRIN  •  Arme  coronata  come  nel 
mezzo  ducatone,  n.  13. 

S  •  IO  •  AVST  -DE CORR  •  AB  •   Santo  vescovo  seduto, 

con  pastorale  nella  destra. 
Da  quattro  soldi,  d'argento,  peso  ....  ? 

Simile  ai  n.  74  e  75  del  Bigi,  ma  con  la  differenza  che 
il  primo  ha  sotto  il  Santo  il  numero  UH  del  valore,  ed  il 
secondo,  senza  tale  numero,  ha  lo  scudo  privo  degli  orna- 
menti che  si  vedono  in  questo.  Il  Santo  rappresentato  sopra 
tali  pezzi,  come  m' insegna  l'erudito  signor  dott.  Don  Pietro 
Tomasin,  sarebbe  San  Giovanni  Austero,  che  nato  nel  1454 
a  Nicopoli  di  Siria,  fu  consacrato  vescovo  di  Colonia  nel- 
l'Armenia, poi  arcivescovo  di  Sebaste,  e  morì  di  104  anni 
nel  convento  di  S.  Saba  dove  erasi  ritirato. 

17.  SYRVS  :  AVSTRIAC  :  CORR  :  Aquila  bicipite  coronata,  con 

uno  scudetto  o  globo  crucigero  nel  petto,  entro  il  quale 
è  iscritto  il  numero  3. 
+  SI  :  PRO  :  NOBIS  :  QVIS  :  CON  :  NOS  :    Scudetto   caricato 
di  una  fascia,  accostato  di  due  punti  e  sormontato  dalla 
data  1617. 
Argento  basso,  grammi  1,50. 

Imitazione  perfetta,  tranne  che  nelle  leggende,  di  pezzi 
da  tre  kreuzer  di  Zugo,  la  cui  arme  è  d'argento  con  una 
fascia  azzurra,  analogia  che  indusse  Siro  a  far  eseguire  tale 
contraffazione,  destinata  piuttosto  che  alla  circolazione  nel 
suo  stato,  alla  diffusione  clandestina  nella  Svizzera. 

È  posseduta  anche  questa  dall'  illustr.  signor  Conte  Pa- 
padopoli,  al  quale  sono  lietissimo  di  ripetere  la  mia  devo- 
zione e  riconoscenza. 


MASSA    LOMBARDA  (*>. 

La  famiglia  d'Este  fu  una  delle  più  antiche  e  principali 
d'Italia.  Un  marchese  Adalberto,  della  fine  del  secolo  X,  ch'è 
il  primo  menzionato  da  Muratori,  sarebbe  disceso  dagli  an- 
tichi duchi  e  marchesi  della  Toscana.  Coi  figli  di  Azzone  II 
(t  1097),  Guelfo  IV  e  Folco  I,  il  casato  si  divise  in  due  rami 
principali,  il  tedesco  e  l'italiano.  Guelfo  IV,  erede  della  casa 
Gue/ph,  fu  duca  di  Baviera  e  così  pure  Guelfo  V,  Arrigo  II 
il  nero,  ecc.,  e  da  lui  discesero  i  casati  principeschi  di  Brun- 
swick e  di  Annover,  il  quale  ultimo  diede  all'  Inghilterra  i 
re  Giorgio  I,  Giorgio  II  e  Giorgio  III.  Altri  furono  conti  di 
Maine,  duchi  di  Glocester,  di  York,  di  Sussex,  di  Clarence, 
di  Cumberland,  di  Kent,  di  Cambridge. 

Il  ramo  italiano  ebbe  per  fondatore  Folco  (f  1128),  dal 
quale  discesero  i  marchesi  della  Marca  d'Ancona,  poi  signori 
di  Ferrara,  Modena  e  Reggio.  Il  cospicuo  casato  annoverò 
uomini  insigni  nelle  armi,  nelle  dignità  ecclesiastiche  e  nella 
magistratura  ;  molti  presero  parte  alle  crociate,  ebbero  illu- 
stri parentele  con  principi  ed  imperatori,  resero  splendida  la 
corte  di  Ferrara  con  feste,  tornei,  caccie  e  pompe  d'ogni 
maniera. 

Fra  i  marchesi  della  Marca  d'Ancona  e  signori  di  Fer- 
rara siano  ricordati  i  seguenti.  Azzo  VI  (f  1212),  vicario  im- 
periale, podestà  di  Ferrara,  di  Padova  e  di  Mantova,  poi 
primo  signore  di  Ferrara,  1208.  —  Aldrovandino  (f  1215), 
erede  del  padre  Azzo  VI,  non  col  titolo  di  signore,  quan- 
tunque lo  fosse,  ma  con  quello  di  podestà  di  Ferrara,  come 
lo  fu  di  Mantova  e  di  Verona.  —  Azzo  Novello  (f  1264), 
investito  da  Federico  II  dei  suoi  domini,  perde  nel  1222  Fer- 
rara, che  riacquista  nel  1240.  Preludiò  alla  munificenza  degli 
Estensi  verso  le  lettere,  proteggendo  i  poeti  provenzali.  — 
Obizzo  (f  1293),  successore  dell'avo  Azzo  Novello.  Nel  1288 
fu  eletto  signore  di  Modena,  e  nel  1289  prese  possesso  di 
Reggio,    e   portò   al   colmo   la    potenza   di    casa  d' Este.  — 


(1)  Dall'  Are heografo   Triestino,  1882,  voi.  IX,  fase.  I-li, 


5l6  CARLO   KUNZ 


Azzo  VII  (t  1308),  che  alla  morte  del  padre  Obizzo  fu  ri- 
conosciuto signore  di  Ferrara,  Modena  e  Reggio,  le  quali 
ultime  poi  gli  si  ribellarono,  costituendosi  in  Repubblica.  Nel 
1304  fu  ascritto  coi  figli  alla  nobiltà  veneta.  —  Obizzo  II 
(f  1352)  riacquistò  Modena  e  tenne  per  poco  Parma.  —  Ni- 
colò II  (f  1388),  che  conseguì  da  Carlo  VI  la  investitura  dei 
suoi  stati,  e  da  Nicolò  V,  nel  1368,  il  confalonierato  perpetuo 
per  sé  e  la  sua  casa.  —  Nicolò  III  (+  1441),  promosse  le 
arti  e  le  manifatture  in  Ferrara,  vi  eresse  la  celebre  torre 
del  Duomo,  scrisse  lettere  latine  che  furono  pubblicate.  Ma- 
rito in  seconde  nozze  di  Parisina,  che  fece  decapitare  col 
figliastro  Ugo,  fatto  che  diede  argomento  di  tragedia  al  no- 
stro illustre  Antonio  Somma.  —  Leonello  (f  1450),  figlio  del 
precedente,  uomo  di  gran  senno,  erudito,  colto  nelle  scienze 
sacre  e  poeta.  Fece  fiorire  la  università  di  Ferrara,  radunò 
codici,  oggetti  d'arte  e  di  antichità,  con  cui  diede  principio 
alle  famose  collezioni  che,  ad  emulazione  dei  Medici,  resero 
la  casa  d' Este  benemerita  del  sapere.  Ebbe  alla  sua  corte 
molti  letterati,  protesse  gli  uomini  dotti,  e  per  sua  esortazione 
Gian  Battista  Alberti  pubblicò  i  suoi  libri  sull'architettura. 

Fra  quelli  che  furono  duchi  di  Modena  e  di  Reggio  e 
duchi  di  Ferrara  vogliono  essere  menzionati:  Borso  (f  1471), 
fratello  di  Leonello,  pel  quale  l' imperatore  Federico  III 
(1452)  eresse  Modena  e  Reggio,  colla  Garfagnana,  in  du- 
cato, e  Rovigo  in  contea.  Fu  tra  i  principi  d' Italia  celebra- 
tissimo  per  le  sue  virtù  e  la  protezione  accordata  ai  buoni 
studi  ;  emanò  savie  leggi  ed  ottimi  provvedimenti  :  protesse 
le  manifatture  ed  incoraggiò  l'agricoltura.  —  Ercole  I  (f  1505), 
fratello  di  Leonello  e  di  Borso.  Fu  guerreggiato  dalla  Re- 
pubblica Veneta  ;  amò  grandemente  le  feste,  gli  spettacoli, 
le  giostre  e  le  caccie.  A  lui  si  deve  l' istituzione  dei  teatri 
in  Ferrara,  da  dove  uscirono  gli  attori  che  insegnarono  il 
modo  di  recitare  le  commedie.  I  Menecmi  di  Plauto,  rappre- 
sentati in  Ferrara  nel  i486,  possono  considerarsi  per  la  prima 
rappresentazione  eseguita  in  Italia.  La  sua  corte  fu  sede  di 
distinti  letterati,  quali  il  Boiardo,  il  Collenuccio,  il  Leoniceno, 
il  Guarino,  il  Tibaldeo.  A  lui  è  dovuto  il  volgarizzamento 
di  molti  codici  greci  e  lo  stabilimento  di  una  tipografia  in 
Ferrara,  nel  1476. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  517 

Tutto  ciò  e  molto  più  ancora  può  leggersi  in  Pigna  (r), 
in  Muratori  (2),  in  Litta  (3)  ed  in  altri.  A  me  basta  quale 
preambolo  per  venire  ad  Alfonso  I,  che  fu  terzo  duca  di 
Ferrara,  dal  1505  al  1534,  e  padre  di  Francesco  d'Este, 
marchese  di  Massa  Lombarda,  argomento  del  presente  ar- 
ticolo. 

Alfonso  I  incominciò  il  suo  governo  colle  avversità,  che 
non  lo  abbandonarono  quasi  mai.  Ebbe  insidiata  la  vita  dai 
fratelli  e  da  altri  ;  fu  osteggiato  da  molti  e  specialmente  dai 
rapaci  pontefici  Giulio  II,  Leone  X  e  Clemente  VII,  che  am- 
bivano il  possesso  dei  suoi  Stati  e  miravano  alla  rovina  della 
sua  casa.  Scomunicato  più  volte,  combattè  strenuamente  con 
le  armi  come  un  semplice  soldato,  e  con  le  ragioni,  contro 
le  pretensioni  di  quei  papi,  né  fra  tanti  travagli  dimenticò  le 
nobili  aspirazioni,  perchè  professò  amore  e  stima  ai  dotti  ed 
ai  letterati.  Per  tacere  degli  altri,  amò  sopra  tutto  Lodovico 
Ariosto,  che  adoperò  in  gravi  affari  (4).  Tenne  pure  in  gran 
conto  i  valenti  artefici,  particolarmente  i  pittori;  fu  peritissimo 
della  musica  ;  ebbe  grande  cognizione  d'armi,  d'uccelli  e  di 
cavalli  ;  dilettossi  assai  dell'architettura  ;  fabbricò  piatti  di 
terracotta  dei  quali  si  servì  quando,  pei  suoi  bisogni  di 
guerra,  dovette  impegnare  le  argenterie  della  propria  tavola; 
fece  fondere  gran  copia  di  bellissime  artiglierie  che  adoperò 
egli  stesso  in  difesa  propria  ed  in  aiuto  d'altri;  inventò  i  pi- 
strini  per  la  fabbrica  della  polvere.  Morì  il  3  ottobre  1534. 
Lascio  la  parola  al  Muratori,  il  quale  scrive  :  "  Così  terminò 

*  i  suoi  giorni  Alfonso  I  d'Este,  duca  di  Ferrara,  principe 
"  di  gran  mente,  che  nell'avversa  fortuna  fu  sempre  intre- 
"  pido  e  maggiore  di  sé  stesso,  e  nella  prospera  moderatis- 
"  simo,  e  che  per  tutta  1'  Europa  dilatò  la  fama   di   Ferrara 

*  e  la  gloria  del  suo  nome,  non  meno  pel  valore  delle  armi 

*  che  per  la  saviezza  e  destrezza  sua  nel  maneggio  degli 
"  affari  politici  e  nel  buon  governo  de'  suoi  Stati.  Servirono 
u  i  terribili  contrattempi  in  mezzo  ai  quali  si  trovò  per  tanti 


(1)  Historie  dei  Principi  d'Este.  Ferrara,  1570  e  1596. 

(2)  Antichità  Estensi.  Modena,  1717. 

(3)  Frantigli  a  d'Este. 

(4)  Giulio  II  in  un  impeto  di  collera  voleva  far  gettare  nel  Tevere 
l'Ariosto,  ambasciadore  di  Alfonso  ! 


518  CARLO    KUNZ 


"  anni  a  far  maggiormente  risplendere  il  coraggio  e  l'ac- 
"  cortezza  sua  in  aver  saputo  resistere  a  tre  papi  cotanto  a 
"  lui  superiori  in  autorità  e  potenza  e  insieme  sì  acerbi  ne- 
"  mici  suoi  e  sempre  meditanti  e  provocanti  la  di  lui  ro- 
*  vina ,. 

La  prima  moglie  di  Alfonso  fu  Anna  di  Galeazzo  Maria 
Sforza,  duca  di  Milano  (f  1497).  Costretto  per  ragioni  di  po- 
litica di  prendere  per  seconda  moglie  Lucrezia  Borgia,  ve- 
dova di  tre  mariti,  figlia  spuria  di  Alessandro  VI,  sorella 
del  duca  Valentino,  il  più  grande  scellerato  dei  suoi  tempi, 
ebbe  da  essa  Ercole,  Ippolito,  Eleonora  e  Francesco.  Er- 
cole II  gli  succedette  nel  ducato  ;  Ippolito  fu  cardinale;  Eleo- 
nora fu  monaca,  e  di  Francesco  dirò  quanto  abbisogna. 

Francesco,  figlio  del  duca  Alfonso  e  di  Lucrezia  Borgia, 
nacque  nell'anno  1516  e  fu  appellato  Don  Francesco.  Nel 
1538  fu  inviato  dal  fratello  Ercole  II  ai  servizi  dell'  impera- 
tore Carlo  V.  Tornato  a  Ferrara,  dopo  avere  accompagnato 
in  Ispagna  ed  a  Nizza  Y  imperatore,  fu  spedito  dal  fratello  a 
Roma,  dove  conchiuse  un  accordo  fra  Paolo  III  ed  il  Duca, 
colla  rinnovazione  della  investitura  data  da  Alessandro  VI 
alla  casa  d'  Este.  Passò  poi  a  Napoli  per  accompagnarsi  con 
Donna  Maria  di  Cardona  marchesa  della  Padula,  con  la  quale 
era  stato  conchiuso  il  matrimonio  per  interposizione  dell'im- 
peratore. Portò  la  principessa  in  dote  non  solo  quel  Mar- 
chesato, ma  non  poche  altre  signorie,  le  quali  non  continua- 
rono nella  casa  d' Este,  sendochè  ella  non  lasciò  figliuoli  e 
cessò  di  vivere  nel  1563. 

Fu  Don  Francesco  intrepido  nelle  armi  e  non  inferiore 
a  nessuno.  Già  durante  l' impresa  di  Marsiglia  cominciò  a 
•  dare  saggio  di  valore  che  raffermò  vieppiù  a  Gand  ch'erasi 
ribellata,  nella  impresa  d'Algeri,  poi  nuovamente  nelle  Fiandre 
contro  Guglielmo  duca  di  Cleves,  in  qualità  di  generale  della 
cavalleria  leggera.  Nel  1543  fu  fatto  prigione  e  liberato  dal 
re  di  Francia.  Militò  in  Piemonte  quale  generale  della  fan- 
teria italiana,  poscia  in  Germania  contro  Gian  Federico  duca 
di  Sassonia  e  contro  il  Landgravio  di  Assia.  Nella  guerra 
contro  i  francesi,  allorché  fu  presa  Lucemburgo,  ruppe  mille 
cavalli  comandati  dal  signore  di  Brissac,  sconfisse  poscia  il 
Principe  di  Rocca  Sorione   che    conduceva    una    compagnia 


MONETE    INEDITE   O    RARE   DI   ZECCHE   ITALIANE  519 

d'uomini  d'arme.  Mancato  di  vita  Carlo  V,  passò  ad  istanza 
del  fratello  duca,  per  interessi  di  famiglia,  al  servizio  della 
Francia,  dalla  quale  ebbe  il  comando  di  una  compagnia  d'arme 
ed  il  collare  dell'ordine  di  San  Michele.  Fu  poi  spedito  luo- 
gotenente regio  a  Montalcino,  dove,  dopo  la  caduta  di  Siena, 
erasi  raccolta  la  rappresentanza  di  quella  Repubblica.  Ri- 
dotto alla  quiete  in  Ferrara  vi  morì  nell'anno  1578.  Dalla 
moglie  Maria  di  Cardona  non  ebbe  figli,  ma  lasciò  due  figlie 
naturali,  Bradamante  (J)  e  Marfisa.  La  prima  fu  maritata  al 
conte  Ercole  Bevilacqua  ;  la  seconda,  lasciata  erede  di 
300,000  scudi,  fu,  secondo  l'ordine  del  testamento  del  padre, 
data  in  moglie  a  Don  Alfonsino  suo  cugino,  dal  Tasso  in 
una  canzone  chiamato  giovine  regale. 

Il  padre  gli  aveva  lasciato  Massa  Lombarda,  terra  nella 
provincia  di  Ravenna,  non  ignobile  agri  Ferrariensis  oppidum, 
(Bellini),  che  gli  abati  di  S.  Maria  di  Cosmedin  in  Ravenna 
avevano  anticamente  dato  a  Leonello  d' Este.  Massa  Lom- 
barda, che  dapprima  fu  detta  Massa  di  San  Paolo,  per  una 
chiesa  erettavi,  dedicata  a  tale  Santo,  ebbe  tale  nome  quando, 
divenuta  importante  verso  il  1232,  andarono  a  stanziarvisi 
molte  famiglie  lombarde,  specialmente  di  Brescia  e  di  Man- 
tova, fuggenti  il  governo  dei  ministri  di  Federico  II  impera- 
tore. Francesco  d' Este  vi  ottenne  dall'  imperatore  il  titolo 
marchionale  e  dal  1564  il  diritto  di  zecca  (2). 


(t)  Così  Muratori;  Litta  scrive  Brandimarte,  che  sarà   lo   stesso. 

(2)  Muratori  scrive  che  Alfonso,  figlio  del  duca  Alfonso  e  della 
Dianti,  vedendo  che  suo  fratello  Francesco  aveva  ottenuto  che  Massa 
Lombarda  fosse  eretta  in  Marchesato,  non  volendo  essere  da  meno  di 
lui,  anch'egli  impetrò  nel  1562  dall'  imp.  Ferdinando  I  l'erezione  della 
terra  di  Montecchio,  a  lui  spettante,  in  Marchesato,  per  sé  e  suoi  di- 
scendenti maschi,  con  la  facoltà  di  battere  moneta  d'ogni  metallo.  S'è 
così,  la  concessione  a  Francesco  sarebbe  anteriore  all'anno  1564,  come 
affermano  Litta,  Promis  (Tavole  sinottiche)  ed  altri.  E  Bellini  scrive  : 
Privilegium  cudendi  ex  omni  metallo  monetas  a  Ferdinando  lmp.  Vili 
Kal.  Novembris  MDLX1V  Franciscum  impetrasse,  eodemque  tempore 
Massam  Lombardorum  fuisse  Marchionalus  titulo  ab  ibsomet  Caesare 
condecoratam.  La  domanda  di  Alfonso  per  uguale  concessione  deve 
dunque  essere  posteriore  all'anno  1562.  Ignorasi  poi  s'egli  abbia  otte- 
nuto il  suo  desiderio,  e  se  Montecchio  abbia  avuto  zecca,  ma  è  per- 
messo dubitare. 

67 


520  CARLO    KUNZ 


Esercitarono  gli  Estensi,  prima  e  dopo,  il  diritto  di  zecca 
in  Ferrara,  Modena,  Reggio  e  Brescello.  Quanto  alla  Gar- 
fagnana,  le  monete  di  Cesare  d'  Este  col  titolo  PRINCEPS  • 
G-ARFIGNÀNÀE,  furono  da  lui  fatte  lavorare  in  Modena,  come 
dimostrano  le  lettere  L.  S.,  sopra  uno  dei  due  quattrini,  che 
spettano  al  zecchiere  di  Modena  Lodovico  Selvatico.  Riguardo 
ad  Este,  dalla  quale  la  casa  trasse  l'origine  ed  ebbe  il  nome, 
le  monete  di  Ercole  I,  Alfonso  I,  Alfonso  II,  Cesare,  Fran- 
cesco I,  Francesco  II,  Rinaldo  e  Francesco  III,  con  NOBILI- 
TAS  •  ESTENSIS,  furono  tutte  battute  in  Ferrara.  Per  Rovigo 
mancandomi  nuovi  dati  in  proposito,  non  posso  fare  altro 
che  ripetere  quanto  dissi  altra  volta  a  proposito  di  un  quat- 
trino di  Borso  d'Este  con  un  liocorno,  ed  al  rovescio  una 
aquila  bicipite  coronata,  con  la  leggenda  :  COMITÀTws  IN- 
SìGrne  (J).  Sorge  il  pensiero  che  quel  quattrino  sia  battuto 
(per  uso  di  quella  città,  aggiungo  ora),  nella  occasione  in 
cui  l'imperatore  Federico  II  investì  quel  principe  della  Contea 
di  Rovigo,  decretando  per  essa  l'arme  partita,  di  azzurro  con 
mezza  aquila  d'argento,  e  d'oro  con  mezza  aquila  di  nero  (2). 

Ottenuto  ch'ebbe  il  marchese  Francesco  il  diritto  di 
zecca,  imprese  ben  presto  a  far  lavorare  monete  d'ogni  me- 
tallo, le  quali  formano  una  delle  più  interessanti  e  rare  serie 
della  numismatica  italiana.  Da  codicillo  del  suo  testamento 
menzionato  da  Bellini,  e  riportato  in  parte  in  una  recentis- 
sima pubblicazione  del  Can.  Teol.  Luigi  Balduzzi  (3)  risulta 
che  la  zecca  era  nella  terra  stessa,  e  che  i  casamenti  nei 
quali  fu  impiantata  restassero  in  proprietà  della  sua  erede 
universale  Marfisa. 

Guido  Antonio  Zanetti,  annotando  l' indice  delle  Monete 
di  mons.  Gian  Agostino   Gradenigo,   prometteva   di   pubbli- 


(1)  Museo  Bottacin.  Periodico  di  Numismatica  e  Sfragistica,   voi  II. 

(2)  Pigna  :  Historia  dei  principi  d'Este,  ijjo.  —  Nicolio  :  Historia 
dell'origine  et  antichità  di  Rovigo,  1582.  —  Bronziero  :  Istoria  delle  ori- 
gini e  condizioni  dei  luoghi  principali  del  Polesine  di  Rovigo,  1747. 

(3)  L'arme  di  Massa  Lombarda;  cenni  storici.  Dal  Giornale  araldico- 
genealogico,  anno  IX,  Pisa,  1882.  —  Porgo  le  più  sentite  grazie  all'il- 
lustrissimo sindaco  di  Massa  Lombarda,  il  quale,  ad  una  mia  domanda, 
quale  fosse  l'arme  di  quella  terra,  rispondevami  con  la  massima  gen- 
tilezza e  coli' invio  della  suddetta  memoria,  ricca  di  belle  notizie  storiche. 


MONETE   INEDITE    O   RARE   DI    ZECCHE    ITALIANE  52 1 


care  a  suo  tempo  le  monete  di  questa  serie,  ed  in  una  let- 
tera a  Francesco  Bellati  annunziava  un  trattato  sulle  monete 
di  tutte  le  zecche  estensi,  compresa  quella  di  Massa  Lom- 
barda (*),  ma  anche  tale  suo  generoso  proponimento  frustrò 
la  morte  e  privò  la  numismatica  italiana  di  un  lavoro  che, 
al  pari  degli  altri  suoi,  avrebbe  dato  testimonianza  del  suo 
sapere  e  di  quell'acume  che  lo  resero  tanto  segnalato.  Im- 
porterebbe assai  che  qualcuno  si  occupasse  del  suo  lascito 
manoscritto,  che  trovasi  nella  Biblioteca  di  Brera,  pubblicando 
quanto  può  tornare  utile  nello  stato  presente  della  scienza. 
Trattandosi  di  una  non  grande,  quantunque  bella  serie  di 
monete  del  marchese  Francesco,  trovo  opportuno  di  descri- 
vere tutte  quelle  che  mi  sono  note,  aggiungendo  il  disegno 
di  alcune.  Se  il  seguente  elenco  riuscì  meno  incompleto  ne 
devo  particolare  riconoscenza  all' illustrissimo  signor  conte 
Nicolò  Papadopoli,  il  quale,  come  fece  già  pel  precedente 
articolo  di  Correggio,  con  isquisita  e  rara  gentilezza  mi  con- 
cesse d' ispezionare  quelle  non  poche  monete  di  tale  serie 
ch'egli  possiede,  per  cui  gli  rendo  amplissime  grazie. 


FRANCESCO   D' ESTE 
i564-i578- 

1.  Scudo  d'oro,  peso  grammi  3,40. 
FRANCISCVS  *  ESTENSIS     Busto    del   Marchese  a  destra, 

armato  di  corazza. 
DVX  •  IN  •  HOSTES  •  PARITER  •  ET  •  CLYPEVS.  L'aquila  estense, 

ch'era  d'argento   in    campo    azzurro,    entro   uno    scudo 

ovale,  ornato. 

Fu  pubblicato  da  V.  Bellini,  nella  prima  dissertazione, 
pag.  64,  n.  1  (2),  Il  tipo  di  questa  moneta  è  piuttosto  da 
ducato,  ma  il  peso,  con  esempio  insolito,  è  eguale  a  quello 
dello  scudo  d'oro  che  segue. 


(1)  B.  Biondelli  :    Lettere    inedite   di    Guid' Antonio  Zanetti.   Milano, 
1861,  pag.  38. 

(2)  De  monetis  Italiae  medii  aevi  hactenus  non   evulgatis,    ecc.    Fer- 
rame, 1755. 


522  CARLO    KUNZ 


2.  Scudo  d'oro,  grammi  3,40. 

FRANC  •  ESTENS  •  MARCH  •  MASSAE.  L'aquila  estense,  entro 
uno  scudo  a  rombo,  o  piuttosto  un  quadrato  collocato 
obbliquamente,  sormontato  da  corona  formata  di  un 
semplice  cerchio,  e  accostato  da  sei  cornucopie,  due  in 
alto  e  quattro  sotto, 

SPERABO  •  ET-  NON  •  CONFVNDAR.  Piccola  croce  colle  estre- 
mità formate  a  doppio  riccio,  sormontata  ciascuna  da  un 
cardo  con  quattro  foglie. 

I  cardi  alludono  alla  moglie,  Maria  di  Cardona.  L'arme 
dei  Cardona  di  Spagna  era  di  rosso,  con  tre  cardi  fioriti 
d'oro,  gambuti  e  fogliati  di  verde;  i  Cardona  d'Italia  porta- 
vano d'azzurro  con  tre  cardi  simili. 

Vedesi  il  disegno  di  tale  scudo  d'oro  in  Tariffa  veneta  in 
foglio,  del  17  marzo  1564,  dove  è  valutato  lire  6  e  soldi  16  (J). 
Fu  pubblicato  inoltre  dà  Giovanni  Brunacci  (2)  col  segno 
dell'argento,  certamente  per  errore,  come  errò  dicendo  car- 
ciofi i  cardi  della  croce,  e  da  Bellini,  nella  seconda  disser- 
tazione (3).  Entrambi  questi  pezzi  sono  posseduti  dall'  illustr. 
signor  conte  Nicolò  Papadopoli. 

3.  Tallero. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MAR  •  MAS.  Il  suo  busto  a 
destra,  fino  alla  cintura,  in  armatura,  sopra  un  listello 
sotto  il  quale  è  un  rabesco  di  due  foglie. 

+  DVX  •  IN  HOSTES  •  PVR  •  ITER  (sic)  ET  •  CLIPEVS.  Aquila 
spiegata  colla  testa  rivolta  a  destra. 

W.  Stiirmer  :  Verzeichniss  und  Gepràge  der  groben  und 
kleinen  Mùnzsorten.  Leipzig.  1572.  L.  W,  HofTmann  :  Alter 
und  neuer  Mùnzschlùssel.  Nurnberg  1715,  T.  I,  tav.  28. 

4.  Tallero,  grammi  26,29. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MAR  •  MAS.   Busto  armato  del 


(1)  In  quel  tempo  lo  scudo  d'oro  di  Venezia  valutavasi  L.  6,  s.  18. 
Questo  fu  dunque  riconosciuto  alquanto  inferiore. 

(2)  Monete  tre  estensi,  lettera  al  sig.  Nicoletto  Venezze,  Padova,  1763. 

(3)  Altera  dissertatici,  Ferrariae,  1767. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  523 

Marchese,  a  destra,  con  la  mano  destra  al  fianco,   e  la 
sinistra  sulla  impugnatura  della  spada. 
+  DVX  •  IN  HOSTES  •  PARITER  •  ET  CLIPEVS.  Aquila  spie- 
gata, colla  testa  rivolta  alla  sinistra. 

Nel  Museo  di  Padova.  Stimandolo  inedito,  ne  dò  il  di- 
segno* (n.  1  della  tavola). 

5.  Tallero. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MARCH  •  MAS.  Busto  del  Mar- 
chese, in  armatura,  come  nel  precedente. 

*  SI  •  NON  •  VIRES  •  ANIMVS.  Leone  sedente  a  sinistra,  colla 
zampa  anteriore  destra  alzata. 

L.  W.  Hoffmann,  opera  citata,  T.  I,  tav.  28.  Il  leone 
dovrebbe  avere  la  zampa  alzata  ferita,  sgorgante  sangue, 
ciò  che  non  apparisce  nel  disegno  dell'  Hoffmann,  come  in 
altre  monete  che  descrivo  più  avanti.  Tale  tipo  singolare 
del  leone  ferito,  allude  forse  a  taluna  delle  imprese  guerre- 
sche in  cui  il  valoroso  Marchese  rimase  ferito  ? 

6.  Tallero,  grammi  25,87. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MARCH  •  MAS.    Il    suo   busto 
armato,  come  nei  due  talleri  precedenti. 

*  PARI  *•—-•#  ANIMO.  Due  tempietti  rotondi  con  colonne, 
cupola  e  lanterna.  Sotto  la  base  un   ornatino   di  foglie. 

W.  Stiirmer  ;  descritto  da  D.  S.  Madai  Thaler- Cabinet, 
T.  I.  Kònigsberg,  1765  n.  1999,  e  da  Reichel:  Die  Reichel'sche 
Munzsammlung ,  T.  IX,  n.  1652,  da  questi  colla  differenza  di 
tre  crocette,  invece  delle  rosette. 

Litta  diede  il  disegno  di  una  medaglia  del  Marchese 
Francesco,  col  suo  busto  accompagnato  dalla  leggenda: 
FRANCISCVS  •  ESTENSIS-,  e  al  rovescio  i  due  tempietti,  sotto 
i  quali  lo  stesso  motto  :  PARI  •  ANIMO. 

Non  mi  riesce  indovinare  il  concetto  di  tale  bel  tipo 
dei  due  tempietti,  che  comparisce  anche  in  altri  pezzi.  Forse 
allude  al  marchese  Francesco  ed  al  padre  di  lui  Alfonso  I  ; 
forse  al  Marchese  ed  alla  di  lui  moglie  Maria  di  Cardona? 
(N.  2  della  tavola). 


524  CARLO    KUNZ 


7.  Tallero,  grammi  27,50. 

FRAN  •  ESTENS  •  MAR  •  MAS.  Due  tempietti,  come  nel  tal- 
lero precedente.  Sotto  la  base  :  PARI  •  ANIMO,  e  un  or- 
natino  di  foglie. 

+  DVX  •  IN  HOSTES  FARITER  ET  CLIPEVS.  Aquila  spie- 
gata colla  testa  rivolta  alla  sinistra. 

Il  disegno,  quasi  sempre  uguale,  che  vedesi  in  alcune 
Tariffe  fiamminghe;  in  Stiirmer  ;  nel  New-Munzbiich,  Mtin- 
chen,  1597  ;  nella  citata  opera  di  L.  W.  Hoffmann,  ecc.,  mo- 
stra qualche  differenza,  perchè  il  motto  :  PARI  •  ÀNIMO,  an- 
ziché nell'esergo,  sta,  assieme  ai  due  tempietti,  entro  il  cer- 
chio che  li  racchiude,  ma  ciò  stimo  essere  nulla  più  che 
inesattezza  del  disegnatore.  Madai,  Reichel,  ecc.  lo  descris- 
sero. Il  peso  lo  desumo  da  un  perfetto  esemplare  posseduto 
dal  signor  conte  Papadopoli. 

8.  Tallero. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MAR  •  MAS.  Nave  a  tre  alberi, 
colle  vele  spiegate,  ornata  da  un  mascherone  sullo  scafo. 

+  DVX  •  IN  HOSTES  •  PARITER  ET  CLIPEVS.  Aquila  colle 
ali  spiegate  e  la  testa  rivolta  alla  sinistra. 

Come  il  precedente,  è  raffigurato  in  alcune  Tariffe  fiam- 
minghe ;  nel  New-Miìnzbuch  ;  in  Stiirmer;  in  Hoffmann,  e  de- 
scritto da  Madai. 

Navi  di  varie  specie  vedonsi  rappresentate  su  grandi 
monete,  talleri,  ducatoni,  ecc.,  di  zecche  italiane,  come  Loano, 
Parma,  Mantova,  Modena,  Messerano  e  Venezia. 

9.  Tallero. 

+  FRANCISCVS  •  ESTENSIS  •  MAR  MAS.  Arme  inquartata; 
1  e  4,  aquila  spiegata  ;  2  e  3  leone,  che  dovrebbe  es- 
sere quello  del  tallero  n.  5. 

+  DVX  •  IN  HOSTES  •  PARITER  •  ET  •  CLIPEVS.  Aquila  spie- 
gata con  scudetto  tondo  nel  petto,  entro  il  quale  il  nu- 
mero 60  (bolognini  ?). 

Effigiato  in  Tariffe  fiamminghe;  da  Stiirmer  ;  nel  New- 
Mùnzbuch,  e  da  L.  W.  Hoffmann  ;  descritto  da  Madai,  T.  I, 
n.  2000. 


MONETE   INEDITE    O   RARE    DI   ZECCHE    ITALIANE  525 

io.  Mezzo  tallero. 

FRANCISCVS  •  —  ESTENSIS  +.    Il  suo  busto    a    destra. 
Sotto  ;   LS  *  S1. 
MAR  •  MASSE  •  LOMBARDOR.  Scudo  ovale  ornato,  coronato, 
entro  il  quale  l'aquila  estense  spiegata,  colle  ali  abbassate. 
Bellini  :  Postrema  dissertatio,  tav.  IX,  n.  3,  il  quale  dice 
essere  ex  infimo   argento   compacto   e   nella   Novissima   dis- 
sertatio riporta  altro  simile,    con    differente   interpunzione   e 
privo  delle  sigle,  che  saranno  del  massaro. 

11.  Testone,  grammi  10,090, 

FRANC  •  ESTNS  (sic).  Busto  paludato  del  Marchese  a  destra. 

Sotto,  con  lettere  piccole  :  MARCH  •  MASS/E. 
I  due  tempietti  come  nei  talleri  n.  6  e  7.  Sott'essi  :    PARI 
ANIMO. 

Bellini  :  Altera  dissertatio  pag.  76,  n.  6,  e   descritto   da 
Reichel,  che  lo  dice  medaglia  (?). 

Un  bello  esemplare,  che  mi  dà  il  peso,  serba   il   meda- 
gliere Papadopoli. 

12.  Mezza  lira  ?,  grammi  4,200. 

*  •  FRANCISCVS  •  *  •  ESTENSIS.  Busto  del  Marchese  a  destra. 

•  SI    NON   VIRES ANIMVS  •  *.    Leone    sedente    rivolto 

alla  sinistra,  che  stilla  sangue  dalla  zampa  anteriore  de- 
stra, sollevata  e  ferita,  e  dal  corpo. 
Kunz  :  Le  Collezioni  Cumano.  "  Archeografo  Triestino  „, 
N.  S.,  voi.  VI,  n.  1  della  tavola.  Bella  moneta,  nella  quale 
apparisce  molto  efficace  l'espressione  di  dolore  del  leone, 
che  nella  posa  ricorda  quello  maggiore  del  Pireo,  dinanzi 
V  ingresso  di  terra  dell'Arsenale  di  Venezia. 

13.  Giulio  o  doppio  grosso. 

FRANCISCVS ESTENSIS.  Aquila  estense  entro  uno  scudo 

ovale  ornato,  sormontato  da  corona. 
S  •  PÀVLVS  •  MASSE  •  —  LOMBAR  •  C    II    Santo    ritto,    con 
spada  nella  destra  e  libro  nella  sinistra. 
Bellini  :  Postrema  dissertatio,  tav.  IX,  n.  1.  S.  Paolo  era 
protettore  di  Massa,  secondo  Bellini,  e  in  pari   tempo   arme 
della  terra. 


526  CAHLO    KUNZ 


*  Quest'arme  prima  di  essere  municipale,  fu  certamente 
il  sigillo  della  Parrocchia,  ma  quando  Massa,  col  crescere 
della  sua  popolazione,  divenne  Comune  autonomo,  Parrocchia 
e  Comune  usarono  l'arme  medesima  „.  Balduzzi,  nella  citata 
memoria. 

14.  Giulio,  grammi  3,312. 

FRANCIS  •  —  •  ESTENSI.  Aquila  nello  scudo  coronato,  come 

nel  precedente. 
S PAVLVS  •  MASSE  •  LOMBAR  •  CE.   Il  Santo  come  nel 

precedente. 

15.  Giulio,  grammi  3,30. 

O  FRÀN  •  EST MAR  •  MASSE.    L'aquila    estense    entro 

uno  scudo  ovale  ornato,  privo  della  corona. 

S PAVLVS  •  MA  -  SSE  •  LONBR.    Il    Santo    ritto  colla 

spada  ed  il  volume. 

Vedesi  in  Tariffa  veneta  figurata,  in  foglio  del  20  no- 
vembre 1554,  con  leggende  scorrette,  dove  è  valutato  a 
soldi  io  e  piccoli  6.  Essendo  quella  tariffa  pochissimo  nota, 
ne  dò  il  disegno  che  trassi  da  un  buon  esemplare  (n.  3  della 
tavola),  ed  il  peso  lo  ricavo  da  uno  della  Raccolta  Papadopoli. 

16.  Giulio. 

MAR  •  MASSE  •  LOMBARDO.  Aquila  entro  uno  scudo  ornato, 

coronato. 
S  •  —  PAVLVS  •  MASS  —  E  ■  LOMBAR.    Il    Santo    ritto  colla 

spada  ed  il  volume. 

Descritto  da  Appel  :  Repertorium  zur  Mùnzkunde  des 
Mittelalters  und  der  neueren  Zeit,  voi.  Ili,  n.  21 14,  il  quale 
erroneamente  lo  attribuiva  a  Carlo  Cybo  Malaspina,  principe 
di  Massa  di  Lunigiana.  Dubitavo  della  lettura  dell'Appel,  ma 
mi  ricredetti  dopo  averlo  trovato  descritto  in  pari  modo  nel 
Catalogo  della  Collezione  Rossi,  Roma,   1880,  n.  2187. 

17.  Giulio. 

FRANCIS  •  —   ESTENSIS.  Aquila  entro  lo    scudo   ovale   or- 
nato e  coronato,  come  nei  precedenti. 


MONETE   INEDITE    O    RARE   DI   ZECCHE    ITALIANE  527 

S  •  —  PETRVS  •  MAS  —  SE  •  LOMBÀR.  Il  Santo  ritto  colle 
chiavi  nella  destra  e  volume  nella  sinistra. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  2. 

Un  esemplare  del  medagliere  Papadopoli  ha  in  fine  della 
leggenda  del  rovescio  due  sigle  simili  a  VS  (55?).  Per  essere 
alquanto  mancante  non  pesa  che  grammi  2,80. 

18.  Mezzo  giulio,  grammi,  1,60. 

FRÀN  •  EST  •  MAR  •  MASSE.  L'aquila  estense  entro  uno  scudo 

ovale  ornato  di  cartocci. 
S  •  PAVLVS  •  MASE  (sic)  LOMBARDOR.  Il  Santo  ritto   colla 

spada  ed  il  volume. 

Raccolta  Papadopoli  (n.  4  della  tavola).  In  altro  esem- 
plare leggesi,  al  rovescio,  correttamente,  MASSE. 

19.  Mezzo  giulio. 

FRAN  •  EST  ■  MAR  •  MASSE  •  57.  Aquila  in  scudo  ovale  or- 
nato di  cartocci. 

S  •  PAVLVS  •  MASSE  •  LONBARDOR  •  57.  Il  Santo  ritto  coi 
consueti  attributi. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  3.  In  altro  si- 
mile, che  ha  la  fine  della  prima  leggenda  mancante,  nel  fine 
della  seconda  si  legge,  V7. 

20.  Mezzo  giulio ,  grammi  1,60. 

*  FRAN  •  EST  •  MAR  •  MASSE  •  V7.    L'aquila    estense    entro 

uno  scudo   ovale,    ornato    con    cartocci    differentemente 

dai  precedenti. 
S  •  PAVLVS  •  MASSE  •  LONBARDOR  •  V7.  Il  Santo  ritto,  come 

nei  precedenti. 

E  una  bella  varietà  posseduta  dal  signor  conte  Papa- 
dopoli (n.  5  della  tavola).  Il  numero  57  o  V7,  sulle  monete 
di  questa  zecca,  suppongo  sia  l'anno  di  età  del  Marchese, 
in  cui  furono  battute.  Essendo  egli  nato  nel  1516,  corrispon- 
derebbe al  1573. 

2i.  Mezzo  giulio. 

FRANCISCVS  •  ESTENS  •  MARCH  •  MASS.  L'aquila  entro  uno 
scudo  ovale  ornato. 

68 


528 


CARLO    KUNZ 


S  •  PAVLVS  •  MASS/E  —  PROTECTOR.  Il  Santo  ritto  coi  suoi 
attributi. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  IV. 

22.  Mezzo  giulio,  grammi  1,60. 

FRANCISCVS  •  ESTENSIS.  L'aquila  estense  entro  uno  scudo 
quadrangolare  ornato  di  cartocci  e  sormontato  da  corona. 

Donna  ritta  che  regge  colla  mano  sinistra  una  cornucopia, 
tiene  colla  destra  un  fanciullo  nudo  che  le  sta  vicino,  ed 
ha  dall'altro  lato  altro  fanciullo  nudo.  Sotto:  CHARITAS. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  6.  Il  peso  di 
tale  moneta,  che  trovo  in  esemplare  posseduto  dal  signor 
conte  Papadopoli,  dimostra  essere  un  mezzo  giulio. 

23.  Grossetto,  o  quarto  di  giulio  ? 

MARCHIO  •  MASSAE.  Nel  campo  grande  F  coronata. 
Donna  assisa  sopra  una  base  o  scanno.  Sotto:  POVERTÀ. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  7. 

24.  Grossetto? 

FRANC  •  ESTENS  •  MARCH  •  MASSAE.  Busto  del  Marchese 
a  sinistra,  con  volto  giovanile. 

SI  •  NON  •  VIRES  •  ANIMVS  X.  Il  leone  ferito,  come  nel  tal- 
lero n.  12. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  5. 

25.  Grossetto  ? 

FRAN  •  EST  •  MAR  •  MASSE.  Busto  del  Marchese,   come  nel 

precedente. 
SI  •  NON  •  VIRES  •  ANIMVS.    Leone    come    nel    precedente. 

Bellini  :  Altera  disserlatio,  pag.  76,  n.  2.  Un  esemplare 
del  medagliere  Papadopoli  ha  MASSAE  ;  la  testa  del  Mar- 
chese barbata,  è  di  basso  argento,  come  erano  quelli  di 
Bellini,  e  pesa  grammi  1,70. 

26.  Grosso  tir  olino,  grammi  0,982  a  1,087. 

+   FRANCIS  •  ESTENSIS.    Aquila    colle    ali  spiegate  alzate. 


MONETE   INEDITE   O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  529 

MAR-MAS-LOM-BAR.  Croce  grande  che  divide  in  quattro 
la  leggenda,  intersecata  diagonalmente  da  altra  croce 
minore. 

Bellini  :  Altera  dissertalo,  pag.  76,  n.  1,  ma  colle  ali 
abbassate,  che  sarà  errore.  Errò  poi  Gradenigo,  in  Zanetti, 
n.  2,  leggendo  :  MAS-LOM-BAR-DAR  —  Esiste  un  conio  falso, 
udinese,  facilmente  riconoscibile. 

E  questo  l'ultimo  grosso  tirolino  di  zecca  italiana,  tipo 
il  cui  prototipo  fu  quello  di  Merano,  di  Mainardo  e  succes- 
sori, dal  1271  al  1496.  Per  ordine  di  tempo,  quelli  di  zecche 
italiane  possono  collocarsi  così  :  Cortemiglia,  Acqui,  Ivrea, 
Incisa,  Mantova,  Verona,  Crevacuore,  Bellinzona,  Massa  Lom- 
barda. In  grida  del  7  nov.  1310,  di  Enrico  VII,  citata  da 
Giovanelli  :  Alterthumliche  Entdeckungen  in  Sudtirol  im  Jahre 
1838,  sono  menzionati  anche  grossi  tirolini  di  Ponzone  e  di 
Chivasso,  che  però  non  sono  pervenuti  a  noi.  Uno  di  Trento, 
col  nome  del  vescovo  Nicolò  da  Bruna,  è  apocrifo,  udinese. 
Il  Museo  di  Trieste  ha  uno  di  Goslar,  nell'Annover,  che 
mostra  essere  del  secolo  XV. 

27.  Soldi,  di  basso  argento. 

Hanno  da  un  lato,  nel  campo,  le  lettere  F  •  E,  Franciscus 
Estensis,  sotto  a  corona,  e  dall'altro  l'aquila  spiegata.  Le 
varietà  pubblicate  a  me  note  sono  : 

a.  -f-  LOMBARDORVM.  Sotto  le  accennate  lettere,  R  (?) 
4-  NOBILITAS  •  COMVN  (?). 

Muratori  :  Antiquitates  italicae,  T.  II,  pag.  764,  e  in  Ar- 
gelati,  T.  I,  tav.  LXXXIV,  n.  2,  leggendo  come  sopra  er- 
roneamente, attribuiva  la  monetina  all'imperatore  Federico  I, 
dopo  la  pace  di  Costanza.  Giovanni  Brunacci  :  Lettera  al  si- 
gnor Nicoletto  Venezze,  Padova,  1763,  e  prima  ancora  in 
foglio,  senza  luogo  ed  anno,  rilevò  in  più  modi  ciò  ch'egli 
disse  sproposito,  del  Muratori,  mostrandosi  troppo  vanaglo- 
rioso di  correggerlo.  Ma  valgano  pel  sommo  modenese  le 
attenuanti,  ch'egli  la  pubblicò  fra  le  incerte,  che  l'artista  che 
fece  il  suo  disegno,  perchè  egli  non  vide  la  moneta,  lo  alterò, 
e  ch'egli  stesso,  in  una  lettera  allo  Scotti,  lamentò  di  non 
avere  avuto  un  migliore  impronto. 


530  CARLO    KUNZ 


Il  Brunacci  porge  le  seguenti  tre  varietà  : 

b.  LOMBARDORVM  . . .  ,  sotto  le  due  lettere  nulla. 

TSE    SATILIBON,  cioè  :  NOBILITAS  •  EST,  scritto  a  rovescio. 

Ripetuta  da  Bellini  :  Altera  dissertalo,  pag.  76,  n.  3. 

e.  +  LOMBARDORVM.  Sotto  le  due  lettere  tre  oggetti  non 
chiari,  ch'egli  dice  carciofi,  ma  che  nel  disegno  somi- 
gliano a  spiche  o  pannocchie. 

+  NOBILITAS  EST- 

d.  -{    •  •  OMBA  •  •  •  ORVM  •  57.  Sotto  le  due  lettere,  +. 
+  NOBILITAS  •  E    •  •  57. 

Anche  questa  ripetuta  da  Bellini,  ivi  n.  4. 

e.  +  LOMBARDORVM.  Sotto  le  due  lettere  coronate  una 
specie  di  canestro  (?). 

+  NOBILITAS  •  EST. 

Bellini  :  Postrema  dissertalo,  tav.  IX,  n.  2. 

/.  LOMBARDORVM.  Sotto  le  due  lettere  un  oggetto  non 
chiaro,  simile  ad  un  gruppo  di  quattro  foglie. 

NOBILITAS  •  EST. 
Mia  scheda. 

g.  Dopo  una  aquiletta  (?)  :  LOMBARDORVM  •  •  •  7,    e    sotto 

le  due  iniziali  piccola  M- 
•  •  NOBILITAS  •  EST  •  V7. 

Raccolta  Papadopoli. 

28.  Sesino,  di  bassa  lega. 

FRA  •  STE  (sic)  MAR  •  MASSE.  Busto  del  Marchese  a  sinistra. 
Aquila  spiegata,  con  le  ali  alzate. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  io. 

29.  Sesino,  grammi  1,395  è  1,035. 
FRAN  •  EST    MAR  •  MASSE.  Busto  simile. 
Aquila  spiegata,  colle  ali  abbassate. 

Museo  di  Padova  e  Raccolta  Papadopoli. 


MONETE    INEDITE   O   RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  53I 

30.  Sesino. 

FRAN  •  EST  •  MAR  •  MASSE.    Busto    del    Marchese,  a  destra. 
L'aquila  spiegata,  con  le  ali  alzate. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  9. 

31.  Sesino. 

FRANCISCVS  •  ESTENSIS.  Busto  simile  a  destra. 
Aquila  simile. 

Bellini  :  Prima  dissertazione,  pag.  64,  n.  8. 

32.  Quattrino,  di  bassa  lega,  decigr.  6,0. 

.  S  •  MAV-RELIVS.  Il  Santo  Vescovo  assiso,  di  faccia,  con 
città  nella  destra  e  pastorale  nella  sinistra. 

•  SI  •  NON  •  VIRES  •  ANIMVS.  Leone  rampante,  sanguinante, 
che  tiene  un'asta. 

Kunz  :  Le  Collezioni  Cumano,  n.  2  della  tavola.  Con  tale 
monetina  il  marchese  Francesco  volle  imitare  i  quattrini  chia- 
varmi di  Bologna,  ponendovi,  invece  del  santo  Petronio,  il 
protettore  di  Ferrara. 


AGGIUNTA    AGLI    ARTICOLI    PRECEDENTI 


DI 


MIRANDOLA    E    CORREGGIO 


Dopo  la  stampa  di  quelli  articoli  ebbi  un  esemplare  con 
le  tavole  dell'opera  di  L.  W.  Hoffmann  :  Alter  und  neuer 
Mùnzschlussel,  Norimberga  17 15  C1),  nella  quale  vi  sono  al- 
cuni disegni  di  monete  di  Mirandola  e  di  Correggio,  che  al- 
lora non  conoscevo.  Stimo  perciò  utile  di  descrivere  quei 
pezzi  a  parziale  completamento  di  quanto  ho  esposto.  La 
letteratura  numismatica  tedesca  abbonda  di  opere  nelle  quali 
sono  ricordate  monete  di  zecche  italiane.  In  Germania,  prima 
e  più  che  in  Italia,  si  fecero  collezioni  di  monete  medioevali 
e  moderne  che  furono  disegnate  e  descritte.  A  pochi  è  dato 
conoscerle  tutte  ed  a  me  non  fu  possibile  che  di  vederle  in 
parte.  Ciò  mi  serva  di  scusa  se  alcune  monete  che  vado 
pubblicando,  credendole  inedite,  non  sono  tali.  Riesciranno 
però  in  gran  parte  nuove  al  maggior  numero  dei  cultori 
della  numismatica  italiana. 


MIRANDOLA 
ALESSANDRO  I. 

1.   Testone  ? 

+  ALEXANDER  *  DVX  x  MIRANDVL/C  x  I.    Busto    paludato 

del  Duca  a  destra. 
*  •  CONCORDI/E  +  MARCHIO  •  IMI.  Arme  inquartata,  1  e  4 

aquila  spiegata  ;    2  e  3  leone  ;    nel    cuore,    lo    scudetto 

scaccato. 

L'aspetto  di  tale  moneta  è  dunque    simile    al    n.  14  del 


(1)  L' ili.  V.  Promis  ebbe  conoscenza  dell'  opera  dell'  Hoffmann 
quando  pubblicò  le  diligentissime  sue  Tavole  sinottiche  delle  monete  bat- 
tute in  Italia. 


MONETE   INEDITE   O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  533 

Litta,  ma  differente  pel  titolo  inscritto    sul    secondo    lato    e 
per  l'assenza  della  corona  sullo  scudo. 

2.  Fiorino  d'argento. 

ALEX  •  DVX  •  MIR  +  •  INSI  ■  ANTIQVA.  Aquila  spiegata  entro 
uno  scudo  cimato  da  elmo  chiuso,  ornato  da  lambre- 
chini  e  coronato,  col  cimiero  di  un'aquila  fra  due  piume. 

TVTISSIMA  •  QVIES.  Aquila  bicipite  coronata. 

INCERTE. 

3.  Da  ventiquattro  soldi. 

*  S  •  POSSIDO  •  PROT  •  MIRÀNDVUE.  Busto  del  Santo  alla 
destra,  mitrato  e  nimbato,  col  pastorale  nella  destra. 

OMNIA  -f-  HINC f-  ET  +  HVIC  *.    Aquila   a   due  teste 

fra  le  quali  sorge  una  lunga  croce.  Sotto,  scudetto  con 
un  uccello. 

4.  Da  ventiquattro,  simile. 

S  •  POSIDO  •  PROT  •  MIRANDVL/E.  Busto  mitrato  del  Santo 
a  destra,  col  pastorale  nella  sinistra. 

*  OMNIA  *  HINC  x  ET  x  HVIC  Aquila  a  due  teste  nim- 
bate, fra  le  quali  è  impiantata  una  piccola  croce. 

Una  moneta  simile  a  questa  fu  riportata  dal  Litta,  al 
n.  3,  col  ri.  24  sotto  il  Santo  e  con  differente  leggenda  nel 
secondo  lato,  che  ha  l'aquila  coronata  coli'  armetta  Pico 
nel  petto. 

Altre  simili  monete  di  differenti  valori  sono  di  Guastalla 
(Don  Ferdinando),  degli  anni  1615,  1618,  1619;  di  Correggio 
(Siro),  del  1617  ;  di  Dezana  (Antonio  Maria),  del  1619  ;  di 
Messerano  (Francesco  Filiberto  Ferrerò),  soltanto  descritta 
da  Promis;  di  Maccagno  (Jacopo  Mandelli),  del  1623.  — 
Sono  imitazioni  di  testoni  (diken)  di  Lucerna,  che  l'Affò,  per 
quello  di  Guastalla,  disse  da  quaranta  soldi  e  Hoffmann  da 
sei  batzen.  Avendosi  le  date  bene  precisate  di  tali  contraf- 
fazioni italiane,  riesce  ovvio  attribuire  quelle  di  Mirandola, 
quantunque  senza  data,  al  duca  Alessandro  I. 

Il  gabinetto  numismatico  di  S.  M.  in  Torino  possiede 
una  moneta  di  Lodovico  II  Pico,  simile  a  quella  da  me  ri- 
portata al  n.  3,  colla  donna  galeata  assisa,  la  quale  è  però 
notevolmente  più  larga  (30  mill.  anziché  27)  e  potrebbe  per 


534 


CARLO    KUNZ 


avventura  essere  di  valore  doppio  di  quella  della  tariffa  ve- 
neta. Il  suo  peso  è  di  grammi  5,100.  Devo  tale  notizia  al- 
l'ili, cav.  Vincenzo  Promis,  mentissimo  bibliotecario  e  con- 
servatore di  quel  gabinetto. 

CORREGGIO 

SIRO. 

5.  Testone. 

MON  •  NO  •  ARO  —  SYR  •  AVSC  (sic)  •  PRI.  Busto  armato 
di  Siro,  fino  alla  cintura,  colla  mano  destra  al  fianco  e 
la  sinistra  sulla  impugnatura  della  spada.  Sotto,  scudetto 
colla  fascia. 
*  SVB  •  VMBRA  •  ALARAM  •  TVARVM.  Aquila  con  due  teste 
nimbate,  fra  le  quali  una  croce. 

Simile  adunque  a  quello  del  Bigi,  tav.  Vili,  n.  67,   ma 
differente  pella  leggenda  del  secondo  lato. 

6.  Da  ventiquattro  soldi? 

MONETA  •  NOV  —  CORRIGIENS  x.  Aquila  a  due  teste  nim- 
bate fra  le  quali  sorge  una  croce.  Sotto,  scudetto  colla 
fascia. 
Per  la  ragione  addotta  poc'anzi  al   n.  3,    e   per  esservi 

una  simile  moneta  di  Siro  (Bigi,  tav.  Vili,  n.  63),  anche  questa 

deve  spettare  a  lui. 

7.  Fiorino. 

x  SYR  —  AVST  •  S     R  •   -   I  •  COR  •  —  PRIN  •  COM  •  FAB. 

Scudo  coronato  attraversato  diagonalmente  da  una  croce 
fogliata,  partito  di  due,  spaccato  d'uno,  1  aquila,  2  giglio, 
3  e  4  leone,  5,  nel  centro,  scudo  colla  fascia,  6  uccello 
sopra  un  ramo.  Sotto  quelle  partizioni  altre  due,  1  og- 
getto incerto,  2  correggia. 
SI  ■  PRO  •  NOBIS  •  QVIS  •  CONTRA  •  NOS.  Aquila  bicipite 
coronata. 

Il  titolo:  COM  •  FAB,  allude  a  Fabbricio  terra  del  Principato. 
L' Hoffmann  riporta  anche   il    tallero    di    tipo    olandese, 

come  quello  che  descrissi  al  n.  14  della  bibliografia  secondo 

H.  Dannenberg,  con  qualche  lieve  variante. 


ASTI  O. 

*  Nessuna  città  del  Piemonte  potè  contendere  con  Asti, 
né  di  ricchezze,  né  d'armi;  nessuna  ebbe  maggiore  influenza 
sulle  sorti  d'Italia  ;  nessuna  contò  fra  i  suoi  cittadini  e  vas- 
salli più  gran  numero  di  baroni  „.  Queste  parole  d'un  illu- 
stre Piemontese  (2)  siano  degno  esordio  al  presente  articolo. 
Infatti  Asti,  già  gloriosa  per  assedi  sostenuti  contro  i  Goti, 
moenia  vindicis  Astae  (3),  nelle  sue  monete  e  nei  suoi  sigilli 
assumeva  l'altera  divisa  :  Aste  nitet  mundo,  Sancte  Custode 
Secundo  (4).  Il  suo  commercio  fioriva  negli  stati  principali 
d'Europa,  il  suo  dominio  estendevasi  sopra  una  gran  parte 
del  Piemonte,  e  le  fiere  e  potenti  famiglie  marchionali  che  la 
attorniavano  n'erano  in  gran  parte  vassalle.  Nei  secoli  XIII  e 
XIV  era  una  delle  più  potenti  città  italiane.  Guido  Mala- 
baila  le  assegna  per  quei  tempi  da  sessanta  a  ottantamila 
abitanti;  né  ciò  deve  ritenersi  esagerato,  anzi  inferiore  al  vero, 
e  più  prossimo  il  numero  di  centomila.  Come  Tebe  ebbe 
cento  porte,  ella  vantava  cento  torri,  fra  le  quali  vogliono 
intendersi  anche  quelle  dei  suoi  nobili  palazzi.  Nuova  gloria 
le  venne  in  tempo  vicino  da  Vittorio  Alfieri,  al  quale  eresse 
una  bella  statua. 

Quanto  ne  scrissero  valenti  autori  (5)  mi  dispensa  dal- 
l'annoverare  i  fatti  della  sua  storia.  Mi  limiterò  a  pochi  cenni, 
i  quali,  pel  tempo  della  durata  della  sua  zecca,  aiutino  l' in- 


(1)  Dall' Archeografo   Triestino. 

(2)  Gbrario  :  Opere  e  frammenti  storici. 

(3)  Claudiano. 

(4)  San  Secondo  fu  il  primo  dei  suoi  vescovi  dopo  la  metà  del  terzo 
secolo. 

(5)  Guido  Malabaila  e  Guglielmo  Ventura,  cronisti,  in  Rerum  ita- 
licarum  scriptores  e  nei  Monumenti  di  Storia  Patria.  —  Ogerio  Alfieri; 
De  gestis  Astensium.  —  Guichenon  :  Histoire  généalogique  de  la  maison 
de  Savoie.  —  Muratori  :  Annali  d'Italia.  —  Durandi  :  Piemonte  cispa- 
dano antico.  —  Grassi  :  Storia  d'Asti.  —  Cibrakio  :  Storia  della  monar- 
chia di  Savoia.  —  Grandi  :  Repubblica  d'Asti  dell'anno  1797,  con  un 
sommario  della  storia  della  città,  ecc. 

69 


536 


CARLO    KUNZ 


telligenza  delle  sue  monete,  e  servano  di  connessione  a  quelle 
finora  pubblicate  ed  alle  altre  che  qui  aggiungerò. 

Anticamente  colonia  romana,  fu  denominata  Asta  Pom- 
pata (*).  —  Cresciuta  in  potenza  e  bene  munita,  diede  rico- 
vero ad  Onorio  contro  Atalarico,  che  vi  fu  sconfitto  da  Sti- 
licone.  —  Caduta  in  potere  dei  Goti,  che  vi  regnarono  dal 
493  al  569,  ebbe  a  patire  gravi  disastri  per  opera  dei  Bor- 
gognoni. —  Nel  569,  quando  scese  in  Italia  Alboino,  fu  com- 
presa nel  regno  dei  Longobardi  e  fatta  capo  di  un  vasto 
ducato  che  toccava  il  mare.  —  Carlo  Magno,  distrutto  il 
regno  longobardo,  ne  formò  un  marchesato,  come  paese  di 
confine.  —  Ottone  I  la  diede  ai  suoi  vescovi,  dai  quali  alla 
fine  del  secolo  IX  incominciò  ad  emanciparsi.  —  Nel  1140 
ottenne  da  Corrado  II  il  privilegio  della  zecca,  e  primeg- 
giando per  ricchezze  e  mercatura  fra  tutte  le  città  dell'  Italia 
occidentale  diede  norma  alle  altre  nel  sistema  numerario, 
nei  pesi  e  nelle  misure.  —  Federico  Barbarossa,  flagello 
delle  città  lombarde,  prende  Asti  che  saccheggia  e  distrugge 
nel  1155;  poi  pacificato,  nel  1159  le  concede  la  regalia  delle 
monete.  —  Nel  1168  Asti  prende  parte  alla  lega  lombarda, 
e  concorre  alla  fondazione  di  Alessandria,  che  manda  a  po- 
polare con  centinaia  di  suoi  cittadini;  ma  nel  1 174  Federico 
l'assale  e  la  prende  nuovamente.  —  Nel  1185  interviene  col 
suo  vescovo  Guglielmo  alla  pace  di  Costanza.  —  Alla  morte 
di  Federico  fa  guerra  al  marchese  di  Monferrato;  dopo  avere 
nel  1190  aboliti  i  Consoli  e  cominciato  a  nominare  un  po- 
destà. —  Nel  1230  accostasi  ad  Ottone  IV:  il  suo  territorio 
viene  devastato  dai  milanesi  ;  indi,  nel  1244,  abbandona  nuo- 
vamente la  parte  dell'  Impero,  per  seguire  quella  della  Lega. 

—  Patisce  gravi  danni  per  cagione  delle  casane  (banche  di 
prestiti)  che,  ricchissima,  teneva  in  Francia,  nelle  Fiandre  e 
altrove,  d'onde  ritraeva  molte  ricchezze  che  le  permisero, 
fino  allora  cinta  di  uno  spinaio  (2),  di  munirsi  di  forti  mura. 

—  Il  suo  territorio  è  devastato  da  Carlo  d'Angiò,   conte   di 


(1)  Che  il  suo  nome  derivi  dal  greco  fiato,  città,  quasi  a  significare 
città  per  eccellenza,  è  creduto  da  alcuni,  ma  può  mettersi  in  dubbio. 

(2)  Eral  dieta  civitas  de  spinis  clausa,  et  non   erat   in    dieta   civitate 
domus  aliqua  de  matonis  novis.  Ogerio  Alfieri. 


MONETE    INEDITE    O   RARE    DI   ZECCHE   ITALIANE  537 

Provenza,  poi  dal  marchese  di  Monferrato.  —  Lacerata  da 
intestine  discordie  per  opera  dei  partiti  Guelfo  e  Ghibellino, 
pacificata  nel  1310  da  Enrico  VII,  ma  ricaduta  nelle  dissen- 
sioni, si  dà  nel  1339  a  Giovanni  marchese  di  Monferrato, 
che  ottiene  da  Carlo  IV  il  titolo  di  Vicario  imperiale,  ed  ai 
signori  di  Milano  :  Lucchino,  1342,  e  Giovanni  Visconti,  1349. 

—  Da  Secondotto,  figlio  del  marchese  Giovanni,  ebbela,  nel 
1378,  Galeazzo  Visconti  che  la  trasmise  a  Gian  Galeazzo, 
Conte  di  Virtù,  il  quale  costituivala  in  dote,  nel  1382,  col 
suo  contado,  a  Valentina  sua  figliuola,  moglie  di  Lodovico 
duca  d'Orléans,  fratello  di  Carlo  VI  re  di  Francia.  Fu  go- 
vernata dal  duca  dal  1387  al  1406.  —  Filippo  Maria  Visconti, 
non  riconoscendo  i  diritti  di  Carlo  duca  d'Orléans,  succeduto 
a  Lodovico,  la  costringe  nel  1438  a  giurargli  fedeltà.  —  Alla 
morte  di  Filippo  Maria,  1447,  il  duca  Carlo,  figliuolo  di  Va- 
lentina, ne  diventa  signore,  e  dopo  di  lui,  nel  1465,  suo  figlio 
Lodovico,  che  ebbe  pure  titolo  di  duca.  —  Nel  1498,  mo- 
rendo Carlo  Vili  re  di  Francia  senza  prole,  Lodovico,  diven- 
tato re  (XII),  occupa  il  ducato  di  Milano  ed  Asti,  la  quale 
cade  poi  in  potere  del  marchese  di  Monferrato,  di  Massimi- 
liano e  di  Francesco  II  Sforza.  —  Francesco  I,  re  di  Francia, 
succeduto  nel  1515  a  Lodovico  XII,  occupa  la  città,  che 
lascia  a  Carlo  V,  il  quale  la  rimette  allo  Sforza.  —  Fatto 
prigione  il  re  Francesco  nel  1525,  e  conchiusa  la  pace  di 
Cambrai,  l' imperatore  se  ne  dichiara  signore,  e  la  infeuda 
a  Carlo  della  Noa,  suo  viceré  di  Napoli.  —  Morto  costui 
poco  appresso,  Carlo  V  ne  investe,  nel  153 1,  Beatrice  di 
Portogallo,  sua  cognata,  moglie  di  Carlo  III  duca  di  Savoia. 

—  Venuta  a  morte  Beatrice  nel  1538,  passò  lo  stato  d'Asti 
a  suo  figlio  Emmanuele  Filiberto,  il  quale,  succedendo  al 
padre  nel  ducato,  nel  1553,  e  vinti  i  francesi  a  San  Quintino, 
pel  trattato  di  Cambresis,  1559,  ottiene  che  gli  spagnuoli,  i 
quali  occupavano  sempre  militarmente  Asti,  ne  ritirassero  il 
presidio.  —  Da  allora  la  città,  pur  soggiacendo  a  varie  vi- 
cende e  temporanei  passaggi  di  dominio  per  le  guerre  delle 
quali  il  Piemonte  fu  teatro,  rimase  sotto  il  governo  di  Casa 
Savoia. 


538  CARLO    KUNZ 


Chi  per  lo  passato  avesse  voluto  dedicarsi  allo  studio 
delle  monete  d'Asti,  avrebbe  dovuto  ricorrere  a  numerose 
opere  di  storia,  di  genealogia  e  di  numismatica,  ed  a  buon 
numero  di  vecchie  tariffe,  riviste  e  cataloghi  (T).  Tale  im- 
proba e  difficile  fatica  fu  rimossa  ed  appianata  dal  compianto 
comm.  D.  Promis  colla  memoria  che  porta  il  titolo:  Monete 
della  zecca  d'Asti  (2),  nella  quale  l' illustre  piemontese,  con 
quella  profonda  conoscenza  della  materia  e  lodevole  conci- 
sione che  incontrasi  in  tutti  gli  egregi  suoi  lavori,  espose 
quanto  riguarda  la  storia  di  quella  zecca.  Egli  corredò  la 
preziosa  memoria  con  sette  tavole,  contenenti  ben  settanta- 
nove monete,  dopo  che  aveva  già  prima  riportato  nella 
grande  sua  opera  (3)  buon  numero  di  quelle  del  principe 
Emmanuele  Filiberto,  conte  d'Asti.  Più  tardi,  illustrando  le 
monete  dei  Paleologi,  marchesi  di  Monferrato  (4),  aggiungeva 
qualche  varietà  dei  pochi  pezzi  che  i  marchesi  Giovanni  e 
Secondotto,  nel  tempo  che  furono  signori  d'Asti,  vi  fecero 
lavorare.  Finalmente  l'illustrissimo  cav.  E.  Maggiore-Vergano 
aggiunse  alla  serie  due  monete  inedite  di  Carlo  duca  di 
Orléans  (5). 

Dopo  d'allora  non  mi  venne  fatto  di  rilevare  che  altri  mo- 
numenti di  questa  zecca  siano  stati  pubblicati  ;  gli  è  perciò 
che  stimo  utile  di  dare  il  presente  supplemento,  con  alcune 
monete  più  o  meno  inedite  della  forte  città  di  San  Secondo. 

Il  Promis  divide  la  storia  monetaria  d'Asti  in  quattro 
epoche,  che  corrispondono  ai  quattro  sistemi  adottati  nella 
fabbricazione  delle  sue  monete,  cioè  : 

I  epoca.  —  Dal  privilegio  della  moneta  concessole  dal- 
l'imperatore  Corrado  II  (III   in   Germania),   nell'anno   1140, 


(1)  Nella  diligentissima  opera  :  Tavole  sinottiche  delle  monete  battute 
in  Italia.  Torino,  1869,  dell'  ili.  dott.  Vincenzo  Promis,  degnissimo  suc- 
cessore del  padre  nella  direzione  della  biblioteca  e  del  gabinetto  nu- 
mismatico di  S.  M.  in  Torino,  sono  registrati  anche  per  Asti  i  libri  che 
contengono  disegni  di  sue  monete,  ai  quali  si  potrebbe  aggiungere 
qualche  altro. 

(2)  Torino,  1853. 

(3)  Monete  dei  Reali  di  Savoia.  Torino,  1841. 

(4)  Torino,  1858. 

(5)  Rivista  della  Numismatica  italiana,  voi.  I,  pag.  191. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE 


539 


fino  al  1340,  nel  quale  la  città  si  mise  sotto  la  protezione 
dei  Visconti.  Da  allora,  fino  al  1406,  non  si  hanno  monete 
battute  esclusivamente  per  Asti.  Le  monete  della  Repub- 
blica sono:  doppi  grossi,  grossi,  denari  ed  oboli,  battuti  alla 
legge  d'altre  zecche  d' Italia,  principalmente  di  Pavia  e  di 
Milano.  Un  grosso  tornese,  ultimo  della  serie,  è  fatto  ad  imi- 
tazione dei  grossi  tornesi  di  Luigi  IX  re  di  Francia. 

Fanno  seguito  alle  monete  della  Repubblica  alcune  mo- 
nete dei  marchesi  di  Monferrato,  Giovanni  e  Secondotto,  la- 
vorate secondo  il  sistema  di  quel  Marchesato. 

II  epoca.  —  Dei  duchi  d'Orléans,  dall'anno  1406,  in  cui 
Carlo  duca  d'Orléans  divenne  signore  della  città,  fino  al  1498, 
nel  quale  Lodovico  figliuolo  di  Carlo,  succeduto  al  trono  di 
Francia,  conquista  lo  Stato  di  Milano.  Monete  lavorate  alla 
legge  di  quelle  dei  re  di  Francia,  colle  modificazioni  adot- 
tate dalle  zecche  di  Savoia:  scudi  d'oro,  grossi  tornesi, 
grossi,  mezzi  grossi,  quarti  di  grosso,  forti  e  oboli. 

Ili  epoca.  —  Dei  re  di  Francia,  Lodovico  XII  e  Fran- 
cesco I,  dal  1498  al  1531,  quando  Carlo  V  investì  del  con- 
tado d'Asti  Beatrice  duchessa  di  Savoia.  La  zecca  lavorò  in 
tale  periodo,  secondo  il  sistema  di  quella  di  Milano  :  ducati 
d'oro,  quarti  di  testone  (?),  cavallotti,  parpagliole,  mezze  par- 
pagliuole,  soldini  e  treline.  Di  Carlo  V  si  hanno  :  testoni, 
mezzi  testoni,  cavallotti  e  doppi  grossi. 

IV  epoca.  —  Dal  1542,  quando  Carlo  II,  duca  di  Savoia, 
a  nome  del  figlio  Emmanuele  Filiberto,  principe  di  Savoia 
e  conte  d'Asti,  erede  della  madre  Beatrice,  vi  fece  battere 
monete  al  sistema  delle  zecche  del  Piemonte  :  scudi  d'oro, 
testoni,  da  quattro  grossi,  da  due  grossi,  cavallotti,  quarti 
di  grossi  e  forti.  Quando  Asti  divenne  provincia  piemontese, 
intorno  al  1590,  la  sua  zecca  non  lavorava  più. 

Esposto  ciò,  e  seguendo  sempre  l'illustre  maestro  Promis, 
esporrò  ora  le  monete  che  mi  sembrano  meritevoli  di  essere 
conosciute.  Di  poche  posso  dare  il  peso,  perchè  per  le  più 
non  ebbi  agio  di  determinarlo.  Giova  notare  che  le  monete 
d'Asti,  eccettuati  alcuni  denari  ed  oboli  della  Repubblica  ed 
alcune  monetine  di  lega  dei  duchi  d'Orléans,  sono  tutte  rare, 
alcune  rarissime. 


54° 


CARLO    KUNZ 


REPUBBLICA 
1 140-1340. 

Le  monete  di  questa  serie,  lavorate  alla  legge  della  lira 
imperiale,  usata  allora  nella  Lombardia,  sono  tutti  uniformi, 
col  nome  ed  il  titolo  di  Corrado  II,  ed  il  nome  della  città, 
e  variano  soltanto  pel  modulo,  il  peso  e  la  forma  di  alcune 
lettere.  Di  alcune  leggere  varianti,  specialmente  nelle  inter- 
punzioni, da  quelle  recate  dal  Promis,  non  serve  tener  conto, 
e  perciò  le  sorpasso.  Rarissimo  è  il  doppio  grosso  e  più  an- 
cora il  grosso  tornese. 

L'encomiato  autore,  accennando  ad  un  fiorino  d'oro, 
nominato  in  un  consulto  legale  dell'anno  1379,  riportato  dal 
Moriondo  (z),  dove  è  detto  di  fiorini  d'oro  di  Savona,  Ceva, 
Asti,  Genova,  Firenze,  Milano,  Venezia,  Avignone,  Pro- 
venza, ecc.,  conchiude  affermando  che  il  fiorino  d'Asti  do- 
vette essere  pretta  contraffazione  di  quello  di  Firenze;  e  sta 
bene,  perchè  se  in  quel  consulto  sono  nominati  fiorini  che 
non  possono  essere  di  stampo  fiorentino  (Milano  e  Venezia), 
quelli  di  Savona  (di  Ceva  non  si  conoscono,  di  Genova  do- 
vrebbero esservene,  stando  ad  una  tariffa  pubblicata  dal- 
l' ili.  G.  Fr.  Gamurrini)  O),  quelli  di  Cortemiglia,  di  Chivasso, 
di  Amedeo  VI  di  Savoia,  dunque  battuti  nel  Piemonte  e  nella 
Liguria,  sono  al  tipo  di  Firenze.  Deve  dunque  ammettersi 
che  anche  quello  d'Asti  sia  stato  tale.  Speriamo  che  col  tempo 
si  rinvenga. 

MARCHESI    DI    MONFERRATO 

GIOVANNI  I    PALEOLOGO 
i395"I372- 

SECONDOTTO 
1372-1377. 

Al  primo  possono  spettare  due  monete  di  lega,  bian- 
chetto e  forte  bianco,  una  delle  quali  in  due  varietà,  col  solo 


(1)  Monumenta  Aquensia. 

(2)  Bullettino  di  Numismatica  italiana,  anno  I,  n.  2. 


MONETE   INEDITE   O    RARE   DI    ZECCHE   ITALIANE  54I 

titolo  :  Marchio  Montisf errati.  Di  Secondotto,  senza  dubbio, 
perchè  col  suo  nome,  sono  due  varietà  di  un  grosso  poco 
dissimile  da  uno  battuto  dal  marchese  Teodoro  II  in  Chi- 
vasso  o  Casale.  A  tali  rarissimi  pezzi  non  mi  è  dato  potere 
aggiunger  nulla. 

DUCHI   D'ORLEANS 

CARLO 
1408-1422  e  1447- 1465. 

1.  Grosso  tornese. 

+  KAROLVS  o  DX  ©  AVRELIENSIS  •  Scudo  triangolare  col- 
Tarme  di  Francia,  al  lambello  di  tre  pendenti,  distintivo 
dei  secondogeniti. 

+  AST  •  NITET  •  MONDO  •  CVST  •  S  •  SEC  •  Leggenda  in- 
terna :  +  ASTENSIS  •  Croce  patente. 

È  il  grosso  tornese,  alcun  poco  variato  nelle  leggende, 
pubblicato  dal  Promis  col  disegno  di  Le  Blanc,  non  abba- 
stanza fedele,  onde  credo  utile  di  darne  uno  migliore. 

Si  hanno  consimili  grossi,  imitati  più  o  meno  fedelmente 
a  quelli  di  Filippo  di  Valois,  nelle  zecche  vicine  alla  Francia 
di  Pietra  Castello  (Savoia-Vaud),  di  Torino  (Ramo  d'Acaia), 
di  Savoia  (Aimone),  di  Cortemiglia  e  di  Cuneo,  per  tacere 
di  Avignone  e  di  Provenza  (Re  Angioini  di  Sicilia). 

2.  Forte  ? 

+  SANCTVS  •  SECONDVS  •   Busto    nimbato    del    Santo,  di 

faccia. 
-f  ■  MONETA    ASTENSIS  •  Croce  patente. 

Uno  simile  fu  pubblicato  dal  eh.  E.  Maggiore-Verzano  (0, 
e  da  lui  assegnato  con  probabilità  al  duca  Carlo  d'Orléans, 
per  la  somiglianza  che  presenta  con  uno  attribuitogli  dal 
Promis.  Ma  in  quello  la  testa  è  di  profilo  ;  le  leggende  in 
parte  incerte  per  la  cattiva  conservazione  dell'esemplare. 


(r)  Rivista  della  Numismatica  italiana,  a.  I,  pag.  193. 


542  CARLO    KUNZ 


3.  Obolo  o  mezzo  forte,  decigrammi  4,65. 
+  KAROLVS  •  DVX Croce  fiorata. 

4-  AVRELIAN  •  2  •  MEDI Nel  campo,  fra  due  linee  pa- 
rallele, ÀST,  con  lettere  gotiche  tonde. 

Monetina  di  rame  quasi  schietto,  del  Museo  di  Padova,  si- 
mile all'obolo  riportato  dal  Bellini  C1)  e  dal  Promis  (tav.  II,  11), 
tranne  che  nella  parola  AST,  che  in  quelli  è  con  lettere  go- 
tiche tedesche.  Pel  titolo  di  duca  di  Milano,  che  avevano 
probabilmente  anche  quelli,  alquanto  logori,  dei  nominati 
autori,  spetta  alla  seconda  epoca  dell'Orleanese,  dopo  la 
morte  di  Filippo  Maria  Visconti  ed  il  riacquisto  di  quello  Stato. 

LODOVICO 
1465- 1498. 

4.  Gran  bianco.  > 

-f  LV  :  D  —  AVRE  LIAN  -  MILA  •  Scudo  coll'arme  inquar- 
tata d'Orléans-Milano,  entro  una  cornice  di  quattro  archi 
alternati  con  quattro  angoli,  dalle  estremità  dei  quali 
ultimi  sorgono  quattro  fiori  gigliati  che  interrompono 
la  leggenda. 

f  DVX  :  AC  •  ASTE  NSIS  •  DOMINVS  •  Santo  ritto  paludato, 
con  spada  rivolta  a  terra  nella  mano  destra  e  città  nella 
sinistra. 

Quel  Santo  si  direbbe  a  prima  vista  San  Paolo,  ma  la 
città  che  tiene  alla  sinistra  dimostra,  parmi,  essere  San  Se- 
condo, sebbene  vestito  in  modo  differente  dal  consueto. 

Tale  moneta,  che  per  l'analogia  che  presenta  con  altre 
riportate  dal  Promis,  denomino  Gran  bianco,  non  è  inedita, 
ma  fu  pubblicata  dall'Argelati  (2).  Omessa  dal  Promis,  che 
forse  dubitava  della  esattezza  del  disegno  dell'Argelati,  fu 
però  ricordata  dal  figlio  di  lui  nelle  Tavole  sinottiche,  come 
ricordò  anche  un  altro  pezzo   (parpagliola?)    pubblicato    dal 


(1)  Altera  dissertatio,  pag.  17,  ri.  1. 

(2)  Additiones  ad   nummos   variarum  Italiae  Urbium,    voi.  Ili    della 
sua  raccolta,  pag.  70,  tav.  IX,  n.  3. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI   ZECCHE    ITALIANE  543 

Bellini  (*)  ma  omesso  dal  padre.  Ho  voluto  riprodurre  il  di- 
segno dell'Argelati  acciò  non  resti  dimenticato. 

5.  Mezzo  bianco,  da  cinque  denari. 

rf  •  #  •  LVDOVICVS  :  *  :  DVX  •  *  •  Scudo  coll'arme  inquar- 
tata d'Orléans-Milano. 

+  AVRELIANENSIS  •  2  ■  MED  Croce  gigliata  entro  un  doppio 
quadrilobo  ornato  di  punti. 

È  simile  al  n.  2  della  tav.  IV  del  Promis,  con   qualche 
lieve  differenza  e  ne  completa  la  leggenda  del  secondo  lato. 

6.  Bianchetto.  Decigr.  8,80. 

+  •  DVX  •  AVRELIANENSIS.    Nel  campo  grande   L   fra  due 

rosette. 
+'  •  *  •  DVX  •  MEDIOLANI  •  2cf  •  *  •  Croce  ancorata. 

Fu    pure    pubblicato    dall'encomiato    autore,    ma    da  un 
esemplare  sciupato,  colla  leggenda    del   rovescio   mancante. 

RE    DI    FRANCIA 

LODOVICO  XII 
1498-1515. 

7.  Parpagliuola. 

+  LVDOVIC  •  D  •  G  •  REX  •  FRAN  •  SICIL  •  IHL  *  Scudo 

di  quattro  quarti,  in  ciascuno    dei    quali    i    tre   gigli   di 

Francia,  cimato  da  piccola  corona. 
-I-  MLI  ■  DVX  •  ASTENSIS  •  QVE  •  DOMINVS  •  Croce  patente, 

accantonata  da  quattro  gigli,  entro  una  cornice  di  quattro 

archi. 

Costituisce,  per  le  leggende,  una  varietà  di  quella  data 
dal  Promis,  tav.  V,  n.  1,  ed  è  descritta  in  alcuni  cataloghi  (a). 


(1)  Altera  dissertalo,  voi.  II,  pag.  17,  n.  3. 

(2)  Die  Reichelsche  Mùnzsammlung,  t.  IX,  pag.  40,  n.  283.  —  Cata- 
logne des  monnaies  nationales  de  Frattce,  collection  Rousseau,  n.  1029.  — 
Catalogo  Rossi,  n.  226. 


70 


544 


CARLO    KUNZ 


8.    Tr elina. 

*  LV  •  DEI  •  G  •  FRÀNCOR  •  REX  •  Nel  campo  i  tre  gigli 
di  Francia. 

*  NILI  •  DVX  •  ASTENSIS  •  Q  •  D  •  Croce  gigliata. 

Per  la  croce  di  tale  forma  che  vedesi  in  treline  di  Fran- 
cesco I,  costituisce  una  interessante  varietà  delle  treline  fatte 
conoscere  dal  Promis. 

La  seguente  osservazione  non  sarà  qui  fuori  di  luogo. 
Il  Promis  denomina  treline  da  tre  denari  le  monetine  di  questo 
re  che  hanno  nel  campo  tre  gigli,  e  dice  mezza  tr  elina  una 
simile  con  due  soli  gigli.  Parmi  più  esatto  di  attribuire  a 
questa  il  valore  di  due  terzi  di  trelina,  espresso  appunto  dai 
due  gigli.  Lo  stesso  osservasi  per  Milano,  che  ha  simili  mo- 
nete con  tre,  con  due,  ed  anche  con  un  solo  giglio,  la  quale 
ultima  rappresenterà  il  terzo  della  trelina,  ovvero  il  denaro. 

FRANCESCO  I 
i5i5-*529- 

Alle  poche  rarissime  monete  di  questo  re  non  mi  è  dato 
di  potere  aggiungere  nulla  di  nuovo. 


CARLO    V 
i529-i53T- 

Fanno  seguito  alle  monete  dei  re  di  Francia  alcune  poche, 
pure  rarissime,  dell'  imperatore  Carlo  V,  alle  quali  si  possono 
aggiunge're  le  seguenti. 

9.  Cavallotto. 

KROLVS  •  QVINTVS  •  IMPERATOR.  Arme  della  monarchia 
di  Spagna,  sormontata  da  corona  aperta,  fiancheggiata 
dalle  lettere  K     K. 

+  •  SANTVS  •  SECVNDVS  •  ASTENSIS  •  Il  Santo  armato  a 
cavallo,  verso  la  destra,  con  vessillo  nella  mano  destra. 

Questa  bella  varietà,  particolarmente  notevole  per  l'or- 
tografia del  nome  dell'imperatore    e    per    le    partizioni  del- 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  545 

l'arme,  del  cavallotto  recato  dal  Promis,  è  serbata  nel  Museo 
di  Padova. 

io.  Quattrino,  di  bassa  lega;  grammi  1,140. 
CHAROL'  •  DI  •  FA  •  CLE  •    Aquila  bicipite  coronata. 
ROMANOR'  •  IMP'  •  AC  ■  AST  •  D  •    Croce    doppia,    quasi 
ancorata. 

È  inedito,  e  simile  ad  un  quattrino  ch'è  forse  di  Casale, 
con  eguale  leggenda  nel  primo  lato  :  Carolus  divina  /avente 
clementia,  e  nel  secondo  semplicemente:  ROMANOR'  •  IMPE- 
RATOR  .  Altri  simili,  imitati  dai  precedenti,  con:  CARVACOR  • 
MONETA  —  CA  •  ARG-  •  MONETA  •  FLI,  ovvero  MONETA 
FLISCA  •  ÀR  •  M  -,  ed  al  rovescio:  AVE  •  CRVX  •  SANTA  • 
ET  •  B,  uscirono  dalla  zecca  di  Crevacuore,  probabilmente  per 
opera  di  Filiberto  Ferrerò  Fieschi,  che  ne  ha  una  col  suo 
nome.  Altro  ancora  fu  pubblicato  dall'ili,  cav.  Camillo  Bram- 
billa C1),  col  nome  di  Pietro  Luca  Fieschi.  Finalmente  un  si- 
mile quattrino,  colle  leggende  :  +  B  •  TICIO  •  C  •  DE  •  VICÀ  • 
IM  -,  —  IN  •  HOC  •  SIGNO  •  VINCITVR,  spetta  a  Gian  Barto- 
lomeo Tizzoni,  conte  di  Dezana.  Forse  ve  ne  sono  altri  an- 
cora ?  Ciò  mi  fa  pensare  come  sarebbe  pur  utile  di  riunire 
in  singole  monografie  le  monete  d'uno  stesso  tipo  di  diffe- 
renti zecche  italiane,  col  riscontro  dei  prototipi  per  quelle 
che  sono  imitazioni  di  zecche  straniere.  Qualche  simile  la- 
voro fu  già  fatto  per  altri  paesi. 

EMMANUELE  FILIBERTO 
I542-I553- 

Di  questo  principe  del  Piemonte,  prima  che  diventasse 
duca,  posso  segnalare  le  seguenti  varietà  : 

Un  bel  testone,  del  Museo  di  Trieste,  simile  a  quello 
del  Promis,  tav.  VII,  n.  7.  Il  busto  è  in  armatura  ;  la  leg- 
genda, che  corre  tutto  intorno,  incomincia  in   alto  ;    nel    se- 


fi)  Altre  annotazioni  numismatiche,  Pavia,  1870. 


546 


CARLO   KUNZ 


condo  lato  manca  la  lettera  À  sotto  l'arme;  e  sotto  il  listello, 
invece  della  stella,  offre  il  millesimo  1543,  fra  due  rosette. 
Un  grosso,  come  quelli  riportati  dal  Promis  C1).  Lo  scudo 
tenuto  dal  leone  è  di  forma  simmetrica  ;  sotto  il  listello  vi  è 
una  stella  ;  la  croce  trifogliata  del  secondo  lato  è  vuota. 


(1)  Reali  di  Savoia,  tav.  XXII,  n.  13  e  Monete  d'Asti,  tav.  XII,  n.  6. 


POSTILLA. 


La  Gazzetta  numismatica  di  Como,  diretta  dal  chiaris- 
simo signor  dott.  Solone  Ambrosoli,  nei  n.  1  e  2  dell'anno  III, 
1883,  riporta  un  brano  di  una  pubblicazione  del  chiarissimo 
signor  Fantuzzi  (Lapide  astese  relativa  al  Duca  Carlo  d'Or- 
léans, Torino  1882),  nel  quale  sono  descritte  tre  varietà  del 
grosso  tornese  del  duca  Carlo  d'Orléans,  e  menziona  una 
memoria  dell'anno  1868  del  chiarissimo  sig.  cav.  E.  Maggiora- 
Vergano  sopra  la  zecca  d'Asti. 

Nel  mentre  si  stampava  il  precedente  articolo  ignoravo, 
come  ignoro  ancora,  entrambe  quelle  pubblicazioni.  Ciò  mi 
valga  di  scusa  per  quelle  ripetizioni,  aventi  l'aria  di  plagio, 
nelle  quali  fossi  incorso  involontariamente. 

C.  K. 


FERRARA  ('). 

Ferrara,  ora  silenziosa  città  di  soli  30000  abitanti,  che 
trae  vita  dal  fertile  territorio  che  la  circonda,  ebbe  un'epoca 
di  grande  splendore  e  prosperità  che  la  rese  emula  delle 
più  grandi,  quando  fu  governata  dai  principi  di  casa  d'Este, 
i  più  moderati  e  generosi,  se  crediamo  al  Frizzi  (2),  che  prima 
o  poi  vantar  potesse  alcuna  città  d'Italia.  Di  quello  spendore 
ella  fu  debitrice  agli  ultimi  marchesi  estensi  ed  ai  suoi  duchi. 
In  quei  due  secoli  e  mezzo  tutto  concorse  a  rendere  Fer- 
rara una  delle  più  amene,  ricche  e  brillanti  città  della  peni- 
sola. La  gloria  militare,  le  arti  pacifiche  e  gli  studi  vi  furono 
in  pari  modo  coltivati.  Per  la  protezione  accordata  dalla  fami- 
glia d'  Este  si  videro  in  essa  istituiti  i  teatri,  nascere  la  com- 
media italiana  ed  il  dramma  pastorale,  esservi  coltivata  e 
condotta  a  perfezione  la  poesia  epica.  Grande  fu  il  numero 
degli  uomini  illustri,  nelle  scienze,  nelle  arti  e  nella  lettera- 
tura, che  vi  nacquero  o  la  scelsero  a  dimora.  Suntuosi  pa- 
lazzi, chiese  e  chiostri  vi  furono  innalzati;  V Addizione  erculea, 
operata  dal  duca  Ercole  I,  ne  allargò  il  perimetro;  statue 
equestri  di  bronzo  dei  suoi  principi  (Nicolò  III  e  Borso)  ne 
abbellirono  le  piazze  ;  feste  d'ogni  maniera,  quali  usavansi 
in  quei  tempi,  la  riempivano  di  tripudio.  Quelle  feste,  occa- 
sionate dai  passaggi  d' imperatori,  principi,  pontefici,  amba- 
scierie,  dovuti  alla  posizione  di  Ferrara,  ed  alle  frequenti 
nascite  e  maritaggi  di  casa  d'Este,  tanto  ricca  di  rampolli, 
la  mantenevano  in  una  continua  felice  disposizione  di  letizia 
e  di  benessere. 

Dell'alto  grado  toccato  dalle  arti  in  Ferrara  al  tempo 
degli  Estensi  dà  testimonianza  la  sua  scuola  pittorica  che 
annovera  una  lunga  schiera  di  distinti  artisti,  fra  i  quali  giova 
ricordare  Tisi  da  Garofolo,  il  Dossi,  il  Carpi,  Carlo  Bonone, 


(1)  Dall' Are heografo  Triestino. 

(2)  Memorie  per  la  storia  di  Ferrara.    Seconda    edizione.    Ferrara 
1847-1848. 


548 


CARLO   KUNZ 


lo  Scarsellini,  il  Bastaruolo  (Filippo  Mazzuoli),  il  Bastianino, 
lo  Scannavini,  il  Parolini,  Alfonso  Cittadella.  Né  meno  egregi 
furono  molti  suoi  architetti  e  scultori. 

Una  prova  della  perfezione  che  vi  raggiunse  l'arte  la 
danno  anche  le  monete  uscite  dalla  sua  zecca  in  quel  tempo, 
che  sono  fra  le  più  belle  ed  interessanti  che  si  conoscono. 
Di  alcuni  dei  suoi  più  rimarchevoli  coni  farò  cenno  nel  pro- 
gresso di  questo  articolo. 

Oltre  alle  sue  belle  monete  vanta  Ferrara  una  serie  di 
medaglie  eseguite  per  gli  Estensi  dai  più  valenti  artefici  del 
secolo  XV.  Quelle  medaglie,  e  intendo  le  fuse,  del  tempo 
in  cui  la  tecnica  non  permetteva  ancora  la  coniazione  di 
pezzi  grandi,  portano  i  nomi  di  Vittore  Pisano,  Amedeo  Mi- 
lanese, Nicolò  da  Ferrara,  Jacopo  Licignolo,  Petrecino  da  Fi- 
renze, Sperandio,  Baldassare  Estense,  Corradini  (di  Modena?), 
Nicolò  Fiorentino.  I  tipi  di  esse  possono  vedersi  in  Bellini, 
in  Litta  e  soprattutto  nella  dottissima  opera  del  Dr.  Giulio 
Friedlànder  0).  Non  conosco  l'opera  di  pari  argomento  del 
signor  Alfredo  Armand  di  Parigi. 

Ferrara  più  fortunata  di  molte  altre  città,  che  attendono 
ancora  chi  ne  illustri  i  fasti  monetali,  ebbe  in  Vincenzo  Bel- 
lini, raccoglitore  instancabile,  un  dotto,  diligente  e  perspicace 
illustratore  della  sua  zecca  (2).  Dopo  di  lui  non  trovo  pub- 
blicata che  qualche  singola  moneta  sfuggitagli,  che  ricor- 
derò a  suo  luogo.  L'opera  del  Mayr  (3)  è  estranea  al  mio 
presente  assunto. 


Federico  I,  calato  in  Italia  per  la  seconda  volta  nel  1 158, 
trovandosi  in  guerra  con  molte  città  italiane,  tentò  di  vinco- 
lare alcune  a  sé  con  privilegi,  come  faceva  con  Ferrara, 
alla  quale  confermò  i  suoi  diritti  e  buone   consuetudini,   con 


(1)  Die  italien.  Medaillen  des  fiinfzehnìen  Jahrhunderts.  Berlin,  1882. 

(2)  Dell'antica  lira  ferrarese.  Ferrara,  1754.  —  Delle  monete  di  Fer- 
rara. Ferrara,  1761.  —  De  monetis  Italiae  medii  aevi.  Ferrara,  I,  II,  III, 

iv,  1755-1779- 

(3)  Gli  ultimi  periodi  della  zecca  di  Ferrara.    Ferrara,    1823.   La  se- 
conda edizione,  Venezia,  1868,  restò  incompleta. 


MONETE   INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  549 

diploma  del  23  di  maggio  del  1164.  Dall'ampiezza  dei  pri- 
vilegi in  quella  occasione  sanzionati,  Muratori  desunse  che 
vi  fosse  compreso  anche  quello  della  moneta;  né  può  dubi- 
tarsi di  ciò,  perchè  le  prime  monete  uscite  dalla  zecca  di 
Ferrara  sono  appunto  un  denaro  ferrarese  ed  un  bagatiino 
col  nome  di  queir  imperatore.  Inoltre,  Enrico  VI,  succeduto 
a  Federico  I,  confermò  con  diploma  ai  Ferraresi  i  suoi  di- 
ritti ed  il  jus  di  battere  moneta,  a  tenore  dei  privilegi  di 
Federico,  nel  tempo  stesso  che  concedette  tale  diritto  a  Bo- 
logna (*). 

Dopo  quelle  due  monete  di  Federico  I  non  ce  ne  sono 
altre  per  l' intervallo  di  180  anni,  fino  ad  Obizzo  IH  marchese 
(1344- 1352).  Del  jus  confermato  da  Enrico  VI  non  fu  adunque 
fatto  uso,  e  Ferrara  si  sarà  servita  in  quegli  anni  delle  mo- 
nete d'altre  città,  e  principalmente  di  quelle  di  Bologna. 

Registro  senza  commento  la  opinione  dell'  ili.  cav.  Vin- 
cenzo Promis  O)  che  le  monete  col  nome  di  Federico  I  de- 
vono essersi  continuate  a  battere  sotto  i  primi  da  Este,  non 
conoscendosene  del  loro  nome  anteriormente  ad  Obizzo  III. 

Degli  Estensi  signori  di  Ferrara,  anteriori  ad  Obizzo  III, 
basterà  qualche  cenno  in  aggiunta  al  poco  notato  nell'arti- 
colo delle  monete  di  Massa  Lombarda. 

Casa  d' Este,  creduta  discendente  dai  marchesi  di  To- 
scana, prese  il  nome  dalla  terra  d'Este,  dove  aveva  possi- 
denza e  dominio  con  titolo  marchionale. 

OBIZZO,  figlio  di  Folco,  fu  quello  che  primo  si  fermò 
ad  abitare  in  Ferrara,  verso  il  1187.  Fu  podestà  di  Padova, 
investito  delle  marche  di  Milano  e  di  Genova,  deputato  vi- 
cario imperiale  della  Marca  Trivigiana. 

1.    A  ZZ  OLINO. 
(Azzo  VI,  f  1212). 

Alzatosi  sulle  rovine  dei  suoi  competitori  i  Torelli  ed  i 
Marcheselli,  fu  da  Innocenzo  III   dichiarato  marchese   d'An- 


(1)  Frizzi,  t.  Ili,  pag.  32. 

(2)  Tavole  sinottiche  delie  monete  battute  in  Italia,  ecc.  Torino,  1869, 
pag.  68. 


55° 


CARLO    KUNZ 


cona,  coi  suoi  discendenti,  e  nel  1208  creato  signore  per- 
petuo di  Ferrara,  primo  esempio,  osserva  Muratori,  di  città 
libera  la  quale,  a  fine  di  estinguere  le  discordie  civili,  si 
diede  a  governare  ad  un  solo. 

2.  ALDROVANDINO 

(t    1215). 

Succeduto  ad  Azzolino  nel  governo  della  famiglia  e  degli 
stati,  ebbe  breve  e  non  prospero  dominio. 

3.  AZZO   NOVELLO 

(t  1264). 

Fratello  di  Aldrovandino,  governò  Ferrara  con  Salin- 
guerra  II  Torello,  il  quale,  dopo  qualche  predominio,  fu 
vinto  da  Azzo,  che  governando  Ferrara,  la  fece  prosperare. 

4.  OBIZZO,  di  Rinaldo 
(t  1273). 

Nipote  di  Azzo  Novello,  fu  eletto  a  suo  successore  dal 
popolo,  poi  proclamato  signore  di  Modena  e  di  Reggio. 

5.  AZZO,  di  Obizzo 
(Azzo  VII,  t  1308). 

Succede  al  padre  e  perde  Modena  e  Reggio  che  gli  si 
ribellano. 


6.  RINALDO 

(t  1335)- 

Coi  fratelli  Obizzo  e  Nicolò  I,  eletti  dal  popolo  signori 
di  Ferrara,  dopo  che  furono  vinti  i  Catalani  che  occupavano 
Ferrara  pel  re  Roberto  di  Napoli.  Investiti  del  vicariato  di 
Ferrara  da  Giovanni  XXII.  Rinaldo  fu  principe  bellicoso  e 
non  mancò  di  ferocia  per  conservare  il  dominio  alla  sua 
casa  (Litta). 


MONETE   INEDITE   O    RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  55 1 

7.    OBI  ZZO    III 
(1344  f  I35«); 

II  Litta  dice  Obizzo  IL  Combattè  costantemente  per  la 
causa  della  sua  famiglia.  Morto  Rinaldo  suo  fratello,  divenne 
capo  della  casa,  riebbe  Modena,  nella  quale  fece  solenne  in- 
gresso (1336),  poi  Reggio  ;  cancellò  le  tracce  della  guerra 
civile. 

A  lui  spetta  la  prima  moneta  estense  di  Ferrara  ch'è 
un  bagattino,  o  piuttosto  denaro  ferrarino  o  doppio  bagat- 
tino,  pubblicato  da  Bellini  e  da  Mayr  CO,  battuto,  secondo 
Mario  Equicola  (2)  nel  1347.  Già  prima,  Azzo  VII,  figlio  di 
Obizzo,  aveva  fatto  battere  un  bolognino  a  Modena,  ed  uno 
a  Reggio. 

8.    ALDROVANDINO 
(1352  f   1361). 

Figlio  naturale  di  Obizzo  III  e  di  Lippa  Ariosti,  succes- 
sore del  padre  nel  principato.  Ebbe  da  Carlo  IV  la  conferma 
del  vicariato  di  Modena  e  investitura  degli  stati  imperiali  di 
Rovigo,  Adria,  ecc.  In  mezzo  agli  sconvolgimenti  conservò 
in  pace  e  tranquillità  lo  stato  di  Ferrara. 

Al  Gradenigo,  il  quale  riferendosi  al  Bellini,  disse  che 
sotto  di  lui  non  lavorò  la  zecca,  il  Zanetti  rispose  che  di 
questo  principe  il  Bellini  pubblicò  poscia  nella  seconda  dis- 
sertazione, al  n.  1,  una  moneta  d'argento  (3).  Fu  un  equivoco 
del  Zanetti,  perchè  quella  moneta  è  un  bolognino  o  soldo 
marchesino  di  Alberto  V.  Di  questo  Aldrovandino  non  si 
conosce  ancora  nessuna  moneta. 

9.    NICOLÒ    II 
(1361  f  1388). 

Nicolò  II,  detto  il  zoppo,  fratello  di  Aldrovandino,  ebbe 
da  Carlo  IV  confermata  la  investitura  degli  stati  che  dipen- 


(1)  //  bagattino  di  Obizzo  111.  Ferrara,  1836. 

(2)  Annali,  Ms.  (?) 

(3)  Nuova  raccolta  delle  monete  e  zecche  d'Italia,  t.  II,  pag.  87. 

71 


552 


CARLO    KUNZ 


devano  dall'  impero.  Fu  sempre  di  parte  guelfa  ;  ottenne  da 
Nicolò  V  il  gonfalonierato  perpetuo  della  chiesa  ;  accrebbe  il 
proprio  dominio  con  compensi  e  compere  ;  edificò  il  castello 
che  divenne  poi  residenza  dei  duchi,  e  fu  abbellito  da  pitture 
di  G.  Bellino,  Tiziano  e  Dosso  Dossi  ;  innalzò  la  sua  città  a 
sede  delle  belle  arti  e  delle  scienze. 

Le  sole  monete  conosciute  dal  marchese  Nicolò  II  sono 
un  bolognino  o  soldo  marchesino,  ed  un  quattrino.  Grade- 
nigo,  dopo  avere  descritto  il  quattrino  come  lo  diede  Bellini 
al  n.  99,  annovera  un  altro  quasi  simile,  in  cui  il  Santo  ve- 
scovo sarebbe  rappresentato  soltanto  fino  alle  ginocchia,  ma 
forse  un  esemplare  imperfetto  lo  indusse  in  errore. 

io.    ALBERTO 
(1388  f   1393). 

Fu  fratello  di  Aldrovandino  e  di  Nicolò  II.  Minacciato 
da  una  congiura  che  lo  pose  a  rischio  della  vita,  ne  fu  salvo, 
ma  dovette  imbrattarsi  nel  sangue  di  ben  cinque  suoi  pa- 
renti, con  circostanze  in  parte  atroci.  Ebbe  da  Bonifacio  IX 
la  rosa  d'oro  ed  il  privilegio  di  fondare  uno  studio  generale, 
coi  privilegi  di  quelli  di  Bologna  e  Parigi.  Abbellì  di  nobili 
edifizi  Ferrara,  la  quale  gli  innalzò  una  statua  sulla  facciata 
del  duomo. 

A  lui  spetta  il  rarissimo  bolognino  o  soldo  marchesino 
sopraccennato  pubblicato  dal  Bellini  nella  seconda  disser- 
tazione. 

È  pur  suo  un  grande  sigillo  coll'aquila  estense,  ripor- 
tato dal  Manni  (1). 


11.    NICOLO    III 
(1393   f  1441). 

Successe  di  nove  anni  al  padre  Alberto,  sotto  un  con- 
siglio di  reggenza  fino  al  1402.  Ebbe  dominio  agitato  da 
tentativi  di  congiure  seguiti  da  condanne  capitali,  e  da  guerre 
coi  Visconti,  coi  Veneziani  e  con  altri.  Promosse  le  arti  e 
le  manifatture  in  Ferrara,  dove  nel  1412    eresse    la   celebre 


(1)  Osservazioni  storiche  sopra  i  sigilli  antichi  e  dei  bassi  tempi,  t.  VII. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  553 

torre  del  duomo  ;  edificò  suntuosi  palazzi  ;  ripristinò  la  uni- 
versità fondata  da  suo  padre,  che  per  ragione  di  economia 
era  stata  chiusa  otto  anni  ;  ingrandì  lo  stato  con  vari  acqui- 
sti ;  scrisse  lettere  latine  che  furono  pubblicate  ;  attrasse  va- 
lenti letterati  e  trasmise  ai  figli  Leonello  e  Borso  l'amore 
alle  scienze.  Delle  sue  tre  mogli  la  seconda  fu  Parisina,  che 
fece  decapitare  per  adulterio  col  figliastro  Ugo,  truce  fatto 
poeteggiato  da  Byron  e  da  Somma.  Litta  annovera  ben  di- 
ciassette suoi  figli,  quasi  tutti  naturali. 

Bellini,  che  pubblicò  quattro  sue  monete,  non  conobbe 
un  denaro  ferr arino  anonimo  divulgato  da  Giuseppe  Bo- 
schini  (0  che  glielo  attribuisce  (2),  col  tipo  di  una  cupola  di 
cisterna  e  Tarme  della  città  e  la  leggenda  spartita  sui  due 
lati  :  +  NE  •  SICIANT  —  +  FERRARIENSES.  La  forma  gotica 
di  alcune  lettere,  ma  non  il  futile  argomento  del  globetto, 
addotto  dall'autore,  fa  ritenere  verisimile  l'attribuzione  di 
quella  singolare  monetina  a  Nicolò  III. 

12.    LEONELLO 
(1441  f  1450). 

Leonello,  Borso,  Ercole  I,  figli  di  Nicolò  III,  successero, 
nel  dominio  di  Ferrara  uno  dopo  l'altro  e  fecero  godere  ai 
Ferraresi  un  secolo  d'oro.  Leonello,  dal  padre  dichiarato  suo 
successore,  non  fu  ignaro  dell'arte  militare,  che  apprese  dal 
celebre  Braccio  di  Montone.  Ma  più  che  uomo  d'armi  fu 
uomo  di  pace  e  di  lettere,  che  apprese  dal  Guarino.  Di- 
stinto per  amabilità  di  carattere,  giocondità  di  spirito  e  gen- 
tilezza di  costume,  protesse  il  commercio  e  l' industria,  pro- 
mosse le  arti  e  le  scienze  e  particolarmente  il  rinato  studio 
della  antica  letteratura.  Fece  rifiorire  l'università  di  Ferrara, 
radunò  codici,  gemme,  oggetti  d'arte  e  d'antichità,  coi  quali 
iniziò  le  famose  raccolte  estensi.  Mecenate  di  letterati  e  di 
uomini  dotti,  fu  còlto  egli  stesso  nelle  scienze  sacre  e  poeta. 

Alle  sue  monete  illustrate  da  Bellini   deve   aggiungersi 


(i)  Non  Gaiani  come  molti  scrivono. 

(2)  Notizie   di   una   moneta   aneddoto   della   zecca   di  Ferrara.  Fer- 
rara, 1441. 


554 


CARLO    KUNZ 


un  bel  ducato  d'oro  pubblicato  da  Giuseppe  Mayr  (0.  Oltre 
quel  esemplare,  passato  nella  raccolta  civica  di  Ferrara,  vi 
ha  notizia  di  altro  ch'era  nella  raccolta  Viani.  Altro,  con 
qualche  variante,  del  Museo  di  Lione,  fu  pubblicato  come 
inedito  da  O.  Vitalini  (2).  Mi  sia  concesso  di  riportare  il  di- 
segno di  uno,  ch'era  nella  raccolta  Bruzzoni  e  che  dovrebbe 
trovarsi  nel  Museo  di  Brescia.  A  rigore  non  può  dirsi  va- 
rietà nuova,  perchè  vedesi  scorretto  in  alcune  vecchie  ta- 
riffe fiamminghe  ed  in  Hoffmann  (3),  ma  quanti  hanno  sot- 
t'occhio  quelle  opere? 

i.  Ducato  d'oro,  grammi  3,519. 

+  LEONELVS  •  MARCHIO  •  ESTEN.  Antenna  piantata  in  terra, 
dalla  quale  pende  una  vela  spiegata,  con  le  sue  corde 
e  carruccole;  non  nave  con  le  vele  ammainate,  come  fu 
detto  da  altri. 

SVREXIT  •  XPS  •  SPES  •  ME.  G.  Cristo  ch'esce  dal  sepolcro, 
e  sott'esso,  armetta  inquartata,  con  l'aquila  primitiva 
degli  Estensi  ed  i  tre  gigli  concessi  ad  essi  da  Carlo  VII 
re  di  Francia. 

Fra  le  monete  del  marchese  Leonello  è  bello  il  grossetto 
d'argento,  del  quale  ecco  una  varietà  della  ricca  collezione 
dell'ili.0  sig.  conte  Nicolò  Papadopoli  di  Venezia,  che  gene- 
rosamente mi  concede  di  pubblicarlo. 

2.  Grossetto,  grammi  i,6o„. 

L  •  MARCHIO  •  S  •  M  •  E  •  FERARI  •  (le   due  M  fatte  come 

N,  la  C  come  D).  Il  marchese  in  armatura  e  S.  Maurelio 

con  pastorale,  ritti. 
+  XPS  •  REX    •  VENIT   •    IN   •   PACE  (manca   l' armetta   di 

Ferrara  che  si  vede  in  quello  di   Bellini).   G.    Cristo   in 

mezza  figura,  benedicente,  con  lunga  croce  nella  sinistra. 

La  seguente  graziosa  monetina  è  inedita  se  non  erro. 


(1)  Alcune  parole  sopra  una  medaglia  d'oro  di  Alfonso   li,    e    di   un 
ducato  d'oro  del  marchese  Leonello,  signori  di  Ferrara.  Ferrara,  1832. 

(2)  Bullettino  di  Numismatica  e  sfragistica.  Camerino,  anno  1,  pag.  100, 
tav.  Ili,  6. 

(3)  Mùnzschlussel,  t.  I,  tav.  io. 


MONETE    INEDITE    O    RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  555 

3.  Soldino  d'argento,  decigr.  4,65. 

LEON  ■  EL  •  MARCH'.  Elmo   di    profilo,    col   cimiero   d' un 
cuscino,  sul  quale  siede   una    lince    cogli   occhi   bendati 
da  una  fascia  svolazzante. 
+  DE  •  FÉ      RA      RIA  •   Scudo   triangolare,  coli' arme  in- 
quartata con  l'aquila  ed  i  gigli. 

La  lince  con  gli  occhi  bendati  che  Gaetani  (0  non  osò 
di  spiegare,  osservasi  anche  in  alcune  medaglie  di  Leonello, 
e  fu  certamente  impresa  sua  personale. 

La  seguente  è  della  raccolta  dell'  ill.°  sig.  Conte  N.  Pa 
padopoli.  Fu  descritta  nel  primo  Catalogo  Borghesi,  n.  510(2). 
col  nome  di  quattrino  (?) 

4 (?)  argento,  decig.  2,5. 

LEONEL — VS   •   MAR.    Figura    ritta    muliebre,    che    sembra 

quella  di  una  Santa. 
+  •  •  •  DE  •   FERRARIA.    Armetta   della   città.   Nel   campo 

l'aquila  estense. 

Nel  catalogo  della  collezione  Rossi  (3)  è  descritto  un 
suo  quattrino  con  un'aquila  ed  al  rovescio  uno  stemma,  che 
sarà  quello  della  città.  La  lunghezza  della  leggenda  sul 
primo  lato:  +  LEONEL  •  MARCHIO,  non  permette  il  dubbio 
che  si  tratti  del  piccolo  o  bagattino  recato  dal  Bellini  a 
pag.  120,  n.  5,  il  quale  è  fama  fosse  stato  da  lui  pagato 
dieci  scudi,  prezzo  enorme  per  quel  tempo.  Ammesso  ciò, 
il  quattrino  del  Rossi,  se  genuino,  sarebbe  inedito. 

I.     B  O  R  S  O. 
(1450  f  1471.) 

Alla  morte  del  fratello  Leonello  succedette  nel  dominio 
conforme  al  volere  del  padre.  Durante  il  suo  principato  lo 
stato  godette  la  pace  e  la  prosperità  del  popolo  fu  tutelata. 
L'imperatore   Federico  III,  per   la    stima   che    di    lui   aveva 


(1)  Museum  Mazzuchellianum. 

(2)  Roma,  1879. 

(3)  Roma,  1880. 


556  CARLO    KUNZ 


eresse  nel  1452  Modena  e  Reggio  in  Ducato  imperiale,  colla 
Garfagnana  e  Rovigo  in  Contea.  Nel  1471  Paolo  II  lo  inco- 
ronò duca  di  Ferrara  in  Roma.  Borso  è  tra  i  principi  d'Italia 
uno  dei  più  celebrati.  Fu  d'indole  pacifica,  probo,  giusto  e 
provvido  ed  ebbe  pari  alle  virtù  la  riputazione.  Protesse  i 
buoni  studi;  emanò  savie  leggi;  incoraggiò  le  manifatture 
e  l'agricoltura;  infrenò  il  lusso;  vietò  i  giuochi,  e  mercè 
una  prudente  economia  si  trovò  sempre  ricco  a  segno  da 
poter  esercitare  grande  magnificenza.  Visse  nel  celibato 
per  non  intorbidare  con  propri  figli  la  successione  al  fra- 
tello Ercole. 

Delle  monete  di  Borso  alcune  portano  il  titolo  di  mar- 
chese, altre  quello  di  duca. 

Bello  e  di  grande  rarità  è  il  ducato  d'oro  col  suo  busto, 
pubblicato  da  Bellini.  Non  tanto  per  qualche  lieve  differenza 
che  presenta  da  quello,  quanto  per  porgere  un  miglior  di- 
segno di  tale  moneta,  la  sola  che  mostri  il  ritratto  di  questo 
duca,  mi  sia  concesso  di  riportarlo  quale  esiste  nella  rac- 
colta dello  stesso  fortunato  possessore,  conte  N.  Papadopoli, 
al  quale  tributo  la  mia  più  viva  riconoscenza  per  tanti  favori 
di  cui  mi  è  largo. 

5.  Ducato  d'oro,  grammi,  3,40. 

BORSIVS  •  DVX  •  Z  C'  •  FERRARIE  Z  C'.  Busto  del  duca 
rivolto  a  sinistra,  con  tocco  ornato  di  un  gioiello. 

SVREXIT  XPS  REX  G-LORIE.  G.  Cristo,  uscente  dal  sepolcro, 
benedicendo  colla  destra  e  tenendo  il  vessillo  colla  si- 
nistra. Sulla  cassa  del  sepolcro  una  sola  crocetta. 

Altro  ducato  con  pari  rovescio,  ma  col  titolo  di  mar- 
chese coll'arme  inquartata  in  luogo  del  busto,  trovasi  de- 
scritto e  rappresentato  nel  primo  Catalogo  del  Museo  Bor- 
ghesi, n.  512. 

Bellini  fece  conoscere  due  suoi  grossetti,  il  primo  col 
titolo  di  marchese  e  S.  Maurelio  affrontato  a  Borso,  il  se- 
condo con  quello  di  duca,  e  S.  Giorgio  a  lato  del  duca. 
Posso  aggiungere  la  seguente  importante  varietà  del  se- 
condo, posseduta  dal  Museo  di  Padova,  e  dall'ili,  signor  conte 
Nicolò  Papadopoli. 


MONETE   INEDITE    O   RARE   DI    ZECCHE    ITALIANE  557 

6.  Grossetto,  grammi  1,30. 

BORSIV  •  DVX  —  S  •  GEORGIV'.  S.  Giorgio  in  armatura 
sopra  il  drago  ed  il  duca  in  veste  talare,  tenendo  assieme 
uno  stendardo.  * 

S  •  M  •  EPS  •  FER-RÀRIENSIS.  S.  Maurelio  ritto,  benedi- 
cente, entro  una  cerchia  di  sei  archetti. 

Si  distingue  da  quello  del  Bellini  principalmente  per  gli 
archetti  che  circondano  il  Santo  ed  accrescono  vaghezza 
alla  moneta. 

I  grossetti  di  Leonello  e  di  Borso  furono  banditi  nel  1475, 
perchè  trovati  tosati  e  calanti.  Con  ciò  si  spiega  la  loro  rarità. 

Un  quattrino  con  un'aquila  semplice,  il  titolo  di  duca,  e 
lo  scudo  ed  il  nome  di  Ferrara  al  rovescio,  è  uno  dei  molti 
prodotti  di  famigerato  falsario  moderno. 

Fu  già  notato  più  volte  come  il  quattrino  anonimo  col 
liocorno  e  l'aquila  bicipite,  accompagnata  dalla  leggenda: 
■f-  CLAR/zw  COMITATI  INSIG-w*,  dev'essere  stato  battuto 
nella  occasione  in  cui  l'imperatore  Federico  III  investì  Borso 
della  contea  di  Rovigo.  Il  liocorno  era  impresa  di  Borso  C1). 


II.    ERCOLE    I 

(1471  f  1505). 

Alla  morte  del  fratello,  Ercole  I  fu  salutato  duca  di  Fer- 
rara e  di  Modena,  delle  quali  fu  investito  da  Sisto  IV,  e 
dall'  imperatore  Massimiliano.  Domata  una  congiura,  ebbe  a 
difendersi  dai  Veneziani  che  gli  mossero  aspra  guerra  e  gli 
tolsero  il  Polesine  e  più  luoghi  del  Ferrarese.  Tre  grandi 
passioni  lo  dominarono,  i  viaggi,  le  fabbriche  e  gli  spetta- 
coli, più  di  quello  che  convenisse  al  buon  andamento  del 
governo.  I  Menecmi  e  Y  Anfitrione  di  Plauto,*  rappresentati 
in  Ferrara,  furono,  dopo  l'Orfeo  di  Poliziano,  le  prime  rap- 
presentazioni teatrali  in  Italia.  Ampliò  la  città  coli' 'Addizione 
Erculea  ed  innalzò  molti  edifizì.  La  sua  corte  fu  sede  di  let- 


(1)  "  Tolsero  i  Veneziani  nel  partire  (1483)  un  liocorno  di  bronzo, 
insegna  di  Borso,  che  stava  sopra  una  cisterna  della  Certosa  ,,.  — 
Frizzi,  t.  IV,  pag.  144. 


55^  CARLO   KUNZ 


terati  distinti,  quali  il  Boiardo,  il  Collenuccio,  il  Leoniceno, 
il  Prisciano,  il  Tibaldeo,  Guarino  il  vecchio.  Favorì  anche 
l'agricoltura  e  bonificò  terreni  paludosi. 

A  proposito  di  questo  principe  non  sarà  discaro  ai  let- 
tori delll' Archeografo  se  riporto  il  seguente  carme,  parteci- 
patomi dal  eh.  signor  dott.  Attilio  Hortis,  di  Raffaele  Zo- 
venzoni,  poeta  triestino,  in  onore  di  Ercole  I,  accolto  a  grande 
onore  dai  Veneziani  nel  1472  (*). 

HERCULI  DUCI  FERRARIAE. 

Hercules,  pacis  venerande  princeps, 
Hercules,  belli  decus  universi, 
Hercules,  quo  nil  melius  nec  hoc  fé- 
Licius  aevo, 

Cerne,  te  quanto  Veneti  triumpho, 
Qua  ducenti  pompa  comitantur  omnes, 
Quam  frequens  cunctis  sedeat  fenestris 
Virgo  nurusque. 

Filius  coram  venit  ad  parentem, 
Illa  te  totis  inhians  lacertis 
Excipit.  Quantum  pietatis  hic  est, 
Oh  !  bone  Jesu  ! 

Ecce  sunt  nodis  data  corda  circum, 
Quos  dies  nullus  veniens  resolvet. 
Si  fidem  quaeris,  monumenta  fusi 
Sanguinis  extant. 

Immemor  nunquam  meus  imperator 
Hercules  fiet  Veneti  senatus, 
Quem  patrem  verum  vocat  et  patronum 
Praesidiumque. 

Adde  quod  monstri  domitor  Latini, 
Si  quod  in  silva  latet  aut  in  agris, 
Hic  erit,  huic  et  caput  est  datura 
Bellua  Lernae. 

Sed  tuos  quid  nunc  memorem  labores 
Hercules?  Dulci  genio  litandum  est, 
Non  vides,  ut  te  veniente  totus 
Ridet  Olympus. 


(1)  Di  che  vedi  Muratori:  Antichità  Estensi,  t.  II,  pag.  231. 


MONETE   INEDITE   O   RARE    DI    ZECCHE    ITALIANE  559 


Qui  graves  nimbos  posuit,  serenum 
Induens  cultum,  placidasque  ponti 
Dat  vias  parens  Veneto  leoni 
Ennosigaeus. 

Te  putant  nymphae  pelago  natantes 
Aureum  (sic)  Martem  generumque  Thetis 
Optat,  oh!  felix,  quater  illa  tanto 
Digna  marito. 

Gaudeant  sceptro  populi  beato, 
Quos  pater  verus  patriae  gubernas, 
Gaudeat  tanto  merito  superbus 

Principe  mundus. 

Dux  dies  laetos  videas  triaevi 
Nestoris,  fatum  tua  sit  voluntas, 
Teque  natorum  faciat  parentem 
Diva  deumque. 

Ricca  e  variata  è  la  serie  delle  monete  di  Ercole  I,  nelle 
quali  si  palesa  l' influenza  del  rinascimento  dell'arte.  Fra  i 
pezzi  pubblicati  da  Bellini  ve  n'ha  uno  grande  d'oro,  ch'egli 
non  vide  ma  che  tolse  da  Muratori,  il  quale  pel  suo  tipo  e 
pel  suo  modulo  ricorda  la  lira  moceniga  di  Venezia  inco- 
minciata a  battersi  in  quel  tempo  (1474-76).  Sospetto  possa 
essere  sbagliato  il  segno  del  metallo  e  trattarsi  di  una  lira 
consimile,  uscita  dalla  zecca  di  Ferrara,  e  rimasta  forse  allo 
stadio  di  progetto. 

Simile  a  quello  riportato  di  Borso  è  un  ducato  d'oro 
assai  raro,  colla  sua  testa  e  G.  Cr.  ch'esce  dal  sepolcro,  ma 
non  so  se  merita  fede  un  doppio  ducato  di  tale  impronto  che 
comparisce  in  vecchie  tariffe. 

Su  altre  sue  monete  d'oro  e  d'argento  vediamo  espressi 
argomenti  della  leggenda  dell'antico  eroe  dal  quale  il  duca 
ebbe  il  nome  :  Ercole  che  atterra  il  toro  di  Creta  o  che  sbrana 
il  leone  nemeo. 

Alcuni  bei  testoni  mostrano  il  leggiadro  tipo,  che  incon- 
trasi anche  in  un  testone  di  Messerano,  di  un  uomo  nudo  a 
cavallo,  non  accompagnato  da  leggenda.  Il  seguente  offre 
una  particolarità  da  altri  non  avvertita  : 

7.   Testone  o  quarto,  grammi  10,00. 

HERCVLES  •  DVX  •  FERRARIAE.  Testa  del  duca  a  sinistra. 

7» 


560  CARLO   KUNZ 


Cavallo  a  destra,  cavalcato  da  un  uomo  nudo  che  protende 
il  braccio  sinistro. 

Nei  più  noti  testoni  simili  l'uomo  non  alza  il  braccio 
destro,  ma  il  sinistro,  come  in  questo,  in  quello  di  Messerano 
di  Pier  Luigi  Fieschi,  che  Promis  (T)  giudicò  lavoro  dello 
stesso  artefice. 

Inferiore  al  testone,  che  valeva  soldi  15,  Yìdra  da  12 
soldi  è  di  lavoro  sì  squisito  che  l' ili.  dott.  Friedlander  non 
esitò  di  attribuirlo  al  Raibolini  detto  il  Francia. 

Sono  pur  belle  monete  il  grossone  col  S.  Giorgio,  i  dia- 
manti ed  alcune  altre  minori.  La  monetina  denominata  ma- 
senetta  ricorda  l'attivazione  delle  mole  per  macinare  il  grano, 
attuate  quando  la  rigidezza  dell'  inverno  aveva  fatto  agghiac- 
ciare il  Po,  sicché  i  molini  non  potevano  lavorare,  fatto  re- 
gistrato dalle  cronache  e  confermato  da  quella  interessante 
monetuccia. 

III.    ALFONSO    I 
^5°5  t  1534)- 

Una  breve  notizia  di  questo  duca,  data  in  un  precedente 
articolo,  dove  trattai  delle  monete  di  Francesco  d'Este,  suo 
figlio,  marchese  di  Massa  Lombarda,  mi  dispensa  da  ogni 
preambolo,  per  cui  passo  senz'altro  alle  sue  monete,  le  quali, 
non  meno  belle  di  quelle  di  suo  padre  Ercole  I,  si  presen- 
tano con  maggiore  diversità  d' impronti. 

Il  doppio  ducato  d'oro  col  Fariseo  mostra  nelle  due  va- 
rietà la  testa  imberbe  ovvero  sbarbata  del  duca,  ma  soltanto 
nel  secondo  modo  e  d'altro  conio  hassi  moneta  d'argento  di 
nome  ignoto. 

SIC  •  REPVGNÀT  è  il  motto  che  leggesi  sopra  una  idra 
simile  a  quella  di  Ercole  I,  l'esistenza  della  quale  proprio 
mi  ripugna  di  ammettere.  Bellini  che  non  la  vide  la  tolse  da 
Argelati,  e  questo  da  Palazzi  o  da  Luchio,  mentre  un  Plac- 
card  du  roi  d'Anversa,  del  1644,  fu  il  primo  che  diede  il 
disegno  di  quel  pezzo,  che  merita  poca  fede. 


(1)  Monete  di  Messerano  e  Crevacuere,  tav.  IV,  n.  1. 


MONETE   INEDITE   O    RARE    DI    ZECCHE   ITALIANE  561 

Fra  le  varietà  del  bel  quarto  col  tipo  di  Sansone  che  tiene 
la  testa  troncata  del  leone,  quella  colla  testa  del  duca  rivolta 
a  destra  esposta  dall'Argelati,  sembra  non  esistere.  Non  so 
se  sia  da  prestar  fede  ad  un  simile  testone  ignorato  da  Bel 
lini,  con  la  leggenda:  EX  •  ORE  •  FORTIS  •  DVLCEDO,  che 
vedesi  in  vecchie  tariffe.  Una  varietà  simile  a  quella  del 
Bellini  a  pag.  169,  posseduta  pure  dal  signor  conte  N.  Pa- 
padopoli,  ha  la  testa  del  duca  barbata. 

Belle  monete  sono  pur  anche  le  mezze  lire  colla  Madonna 
sull'asinelio,  colla  Maddalena  che  unge  i  piedi  al  Salvatore, 
e  col  pastore  che  toglie  la  pecora  al  leone,  alludente  a 
Leone  X,  la  cui  morte  liberò  Alfonso  del  suo  più  fiero  ne- 
mico. Di  tale  moneta,  come  di  tante  altre,  esistono  varietà 
di  conio  che  devo  sorpassare. 

Della  mezza  lira  colla  Maddalena  il  Bellini  porse  due 
varietà,  ma  con  disegni  che  non  danno  punto  idea  della 
squisitezza  di  quei  coni.  Gli  è  perciò  che  non  so  resistere 
alla"  tentazione  di  addurre  il  disegno  della  seconda,  nella 
quale  è  rimarchevole  sopra  tutto  la  testa  atletica  del   duca. 

8.  Mezza  lira,  grammi  6,0. 

ÀLFONSVS    DVX  •  FERRÀRIAE  III.  Testa  del  duca  a  sinistra. 
FIDES  •  TVA  •  SALVÀM  •  TE  •  FECI-  Gesù  assiso,  di  contro 
alla  Maddalena  inginocchiata  che  gli  unge  i  piedi. 

IV.    ERCOLE    II 
(1534  t  1559)- 

Figlio  di  Alfonso  I  e  di  Lucrezia  Borgia,  succedette  nel 
ducato  dopo  la  morte  del  padre.  Gli  riuscì  di  amicarsi  Paolo  III, 
dal  quale  ottenne  l' investitura  di  Ferrara  per  sé  e  suoi  di- 
scendenti maschi  legittimi.  Fu  principe  probo  e  pacifico  e  la 
sua  corte  fu  sempre  brillantissima.  Onorò  le  scienze  e  le 
arti,  promosse  gli  studi,  fu  amico  di  Benvenuto  Cellini,  fece 
collezione  di  medaglie,  introdusse  in  Ferrara  l'arte  degli 
arazzi  all'uso  di  Fiandra. 

Un  suo  grande  pezzo,  pubblicato  molte  volte,  colla  rap- 
presentazione di  Ercole  che  insegue  un  uomo  armato  e  la 
data  1546,  da  Bellini  ed  altri  creduto  moneta,  secondo  Sca- 


562  CARLO    KUNZ 


labrini  battuto  in  occasione  della  congiura  tentata  contro  di 
lui  da  Manfrone,  deve  ritenersi  piuttosto  medaglia,  per  ra- 
gione del  suo  forte  rilievo  e  perchè  trovasi  in  oro,  in  ar- 
gento ed  in  bronzo. 

9.  Scudo  d'oro,  grammi  3.3. 

*  HERCVLES  •  Il  *  •  •  *  DVX  •  FERRA  •  IMI.  Arme  in- 
quartata con  T  aquila  ed  i  gigli,  partita  da  un  palo 
colle  chiavi  ed  il  triregno,  e  nel  centro  scudetto  col- 
liquila estense.  L'arme  è  sormontata  da  corona  comi- 
tale periata. 

IN  •  TE  •  QVI  •  SPERAT  •  NON  •  CONFVN.  La  Maddalena 
genuflessa,  che  abbraccia  la  croce  del  Calvario. 

Non  so  se  comparisca  in  alcuna  delle  vecchie  tariffe,  ma 
in  Bellini  tale  moneta  ha  l'arme  senza  la  corona. 

Altro  simile  scudo  d'oro  colla  data  1534  ed  il  titolo  di 
duca  di  Chartres,  che  ottenne  pel  suo  matrimonio  con  Renea, 
figlia  di  Luigi  XII,  spetta  alla  zecca  di  Modena. 

Fra  le  sue  monete  d'argento  è  mirabile  particolarmente 
il  testone  col  gruppo  di  sette  santi,  fra  i  quali  distinguonsi 
dagli  attributi,  S.  Caterina,  S.  Pietro,  S.  Paolo  e  la  Ver- 
gine, battuto  in  memoria  d'essere  stato  innalzato  alla  di- 
gnità ducale  nel  giorno  d'Ognissanti,  forse  lavoro  del  valente 
Girolamo  Lombardo,  scultore  ferrarese. 

Ercole  II,  che  in  una  medaglia,  imitando  l' imp.  Com- 
modo, si  fece  rappresentare  in  aspetto  dell'eroe  antico  (*),  in 
un  testone  di  molta  rarità  volle  seguire  l'esempio  del  suo 
omonimo  avolo,  rappresentando  la  fatica  di  Ercole  che  in- 
catena il  cerbero. 

Altro  quarto  o  testone  ed  un  mezzo  quarto  mostrano  il 
tipo  leggiadro  della  Pazienza,  ripetuto  anche  in  alcune  sue 
medaglie,  quale  vedesi  espressa  da  Cecchino  Salvietti  (Fran- 
cesco Rossi)  nella  Galleria  Pitti. 

Siano  ancora  ricordati  il  bianco  della  Giustizia  e  la  mo- 
neta di  nome  ignoto,  di  grande  rarità,  con  una  nave  sul  se- 
condo lato. 

(t)  Litta,  n.  27. 


MONETE   INEDITE   O    RARE   DI   ZECCHE    ITALIANE  563 


V.    A  L  FO  N  S  O    II 
(i559  t  1597)- 

Fu  più  volte  in  Francia  e  ritornò  a  Ferrara  alla  morte 
del  padre.  L'argomento  più  importante  del  suo  principato 
fu  l'estinzione  del  suo  ramo,  Paolo  III  avendo  ristretta  la 
successione  ai  soli  discendenti  legittimi. 

Essendo  morto  senza  eredi  legittimi  maschi,  non  avendo 
potuto  ottenere  che  gli  succedesse  il  cugino  Cesare,  il  papa 
Clemente  VIII  avvocò  a  sé  il  ducato,  quale  feudo  papale, 
separandolo  da  Modena  e  Reggio,  feudi  imperiali  rimasti 
dopo  Alfonso  a  Cesare  suo  cugino.  La  sua  memoria  va  unita 
alla  prigionia  del  Tasso,  innamoratosi  di  Leonora  sua  sorella. 
Merita  lode  per  avere  protetto  i  buoni  studi  ed  ordinato  che 
per  la  biblioteca  estense  si  facesse  acquisto  di  tutti  i  libri 
pubblicati  dalla  invenzione  della  stampa,  ma  fu  biasimato 
pel  soverchio  lusso  della  sua  corte,  dei  suoi  tornei,  delle  sue 
caccie,  che  lo  obbligavano  ad  accrescere  le  imposte  con 
malcontento  dei  sudditi.  Cesare  tentò  invano  di  entrare  in 
possesso  dello  stato  ;  vinsero  le  armi  spirituali  e  temporali  di 
Clemente,  e  col  cessare  della  signoria  degli  Estensi  cadde 
la  fortuna  e  lo  splendore  di  Ferrara,  scemò  la  popolazione, 
decaddero  le  arti  e  le  industrie,  l'università  restò  quasi  de- 
serta e  la  città  già  tanto  lieta  e  ridente  prese  quell'aspetto 
di  silenzio  e  di  solitudine  che  conserva  ancora. 

Con  Alfonso  II  incominciano,  come  in  altre  zecche  le 
monete  di  grande  modulo,  ducatoni  o  mezzi  ducatont,  né 
mancano  i  testoni.  Le  belle  rappresentazioni  sono  per  la  mas- 
sima parte  di  genere  allegorico,  mantenuto;  il  ritratto  sul 
lato  principale.  Ricompariscono  i  diamanti  simili  a  quelli  di 
Ercole  I,  ed  incominciano  i  numerosi  grossi  col  S.  Giorgio, 
ed  i  grossetti  collo  stesso  Santo  ritto.  L'arte  in  tali  monete 
palesa  visibilmente  la  decadenza.  Una  curiosa  moneta  di  nome 
ignoto,  mostra  la  testa  di  Alfonso  d'ambo  i  lati. 

Le  monete  d'oro  sono  un  ongaro,  un  mezzo  ducato  d'oro 
colla  sua  testa  e  l'aquila  senza  epigrafe  al  rovescio,  e  lo  scudo 
d'  oro. 


564  CARLO    KUNZ 


Perchè  differente  nella  figura  del  duca  da  quello  del 
Bellini,  riporto  a  completamento  della  tavola  il  seguente  : 

io.  Ongaro,  grammi  3,410. 

'•'  ÀLF  •  Il  •  FÉ  •  MV  •  -  RE  •  ET  •  C  •  DVX.  Il  duca  ritto, 
coronato,  in  armatura,  colla  destra  al  fianco  ed  il  bastone 
di  comando  nella  sinistra. 

'•"  NOBILITAS  •  ESTENSIS  '•    Arme  coronata. 

Uno  simile,  ma  coiranno  1596  sotto  la  figura  del  duca, 
nell'opera  del  Museo  imperiale  (J)  e  sembra  che  Zanetti  lo 
credesse  della  zecca  di  Modena  (2).  L'assegno  a  Ferrara  pel 
nome  di  questa  città  che  precede  quello  di  Modena. 

Clemente  Vili  fu  sollecito  ad  affermare  il  suo  possesso 
di  Ferrara  colla  coniazione  di  alcune  monete,  con  le  quali 
ha  principio  la  seconda  serie  monetale  di  questa  città;  ma  di 
esse  non  intendo  occuparmi. 


(1)  Monnaies  en  or  du  cabinet  de  S.  M. 

(2)  T.  V,  pag.  211,  nota  150. 


Alle  monete  pubblicate  dopo  la  dissertazione  del  com- 
mendatore D.  Promis,  menzionate  nel  precedente  articolo 
delle  monete  d'Asti,  devono  aggiungersi  altre  due  palesate 
dal  figlio  di  lui  il  chiar.  cav.  V.  Promis,  nella  Memoria  : 
Monete  di  zecche  italiane  inedite  o  corrette,  Torino,  1882,  cioè 
un  obolo  di  Carlo  duca  d'Orleans,  ed  un  doppio  grosso  di 
Carlo  V.  L'uguaglianza  di  nome  dei  due  illustri  autori  mi 
fece  credere  un  istante,  che  quelle  due  monete  fossero  state 
pubblicate  dal  padre. 


DUE  SIGILLI 


DEL 


MUSEO  CIVICO  DI  ANTICHITÀ  DI  TRIESTE  (') 


Fra  gli  ultimi  acquisti  del  nostro  Museo  sono  meritevoli 
di  osservazione  due  sigilli  ecclesiastici,  originali,  di  bronzo, 
preziosi  monumenti  storici,  dei  quali  porgo  il  disegno  nella 
annessa  tavola. 

Il  primo  è  per  noi  assai  pregevole,  perchè  arricchisce  la 
raccolta  patria  di  un  cimelio  senza  dubbio  unico,  di  un  ve- 
scovo della  nostra  città.  Pregevole  è  pure  il  secondo  per 
la  persona  alla  quale  si  riferisce.  Come  furono  acquistati  as- 
sieme, così  uniti  li  pubblico  nella  speranza  che  sieno  bene 
accolti  dai  lettori  dell' Archeografo. 


RINALDO    SCARLICHIO 

VESCOVO    DI    TRIESTE 
(lÓ2I    —    1640) 

Il  sigillo  di  questo  vescovo  è  tondo,  del  diametro  di  53 
millimetri.  Nel  margine,  dopo  un  giro  di  piccoli  ovali,  alter- 
nati con  globetti,  offre  la  leggenda:  REINÀLDUS  SCARLICHIVS 
EPVS  ET  COMES  TERGESTINVS.  Il  campo  è  occupato  da  uno 
scudo  quadrato,  ntondato  in  punta,  riccamente  ornato  di  car- 
tocci e  di  due  festoni  di  frutta,  con  una  maschera  muliebre 
al  sommo  ed  altra  piccola   maschera   di   sotto.  Lo   scudo   è 


(1)  Dall' Archeografo  Triestino. 


566  CARLO   KUNZ 


cimato  del  cappello  vescovile  con  tre  ordini  di  fiocchi,  i.  2.  3. 
Entro  lo  scudo  evvi  una  montagna  di  tre  cime,  movente 
dalla  base  dello  scudo,  sulla  quale  sta  un  leone  saliente  che 
tiene  fra  le  zampe  anteriori  un  ramo  di  pianta  con  tre  grap- 
poli, coperti  con  altrettante  foglie,  e  con  tre  altre  piccole 
foglie.  Resterebbero  a  determinare  i  colori  di  questi  elementi 
i  quali  naturalmente  non  sono  segnati  nell'intaglio,  perchè 
l'invenzione  dei  tratti  o  punti  indicanti  i  colori  delle  arme  è 
posteriore  al  tempo  del  nostro  sigillo.  Non  sono  segnati  i 
colori  nemmeno  in  un  abbozzo  di  disegno  dell'arme  di  questo 
vescovo  in  volume  manoscritto  intolato:  Vescovi  di  Trieste, 
dell'Archivio  Diplomatico  del  diligente  raccoglitore  di  me- 
morie patrie  Luigi  de  Jenner.  La  pianta  che  tiene  il  leone 
in  quello  schizzo  è  d'altra  forma,  perchè  sbarbicata  e  por- 
tante alcuni  fiorellini  simili  a  giglietti,  ma  deve  ritenersi 
esatta  in  questo  sigillo.  Sospetto  che  tale  dettaglio  dell'arme 
dello  Scarlichio  sia  parlante,  alluda  cioè,  per  qualche  somi- 
glianza del  nome  della  pianta,  al  nome  del  prelato.  Non  ho 
potuto  determinare  la  qualità  della  pianta  ed  il  suo  nome, 
anche  ricorrendo  a  qualche  valente  botànico,  ma  non  man- 
cano esempli  nell'araldica  che  un  dettaglio  dell'arme  si  rife- 
risca al  nome  della  persona  o  del  casato.  Così  gli  Sforza  di 
Cotignola  hanno  un  leone  saliente  che  tiene  un  cotogno;  i 
Stella,  un  leone  che  tiene  una  stella;  i  Marescalchi,  un 
leone  che  tiene  un  ferro  di  cavallo,  ecc. 

Bella  è  la  composizione  del  sigillo  e  ottimo  n'  è  il  lavoro, 
quale  si  addice  al  tempo  in  cui  fu  fatto.  Peccato  che  di  esso, 
come  della  maggior  parte  dei  sigilli,  non  si  conosca  l'artefice, 
il  quale  verosimilmente  sarà  stato  della  nostra  città. 

Per  notizie  di  questo  vescovo  tergestino  non  saprei  fare 
di  meglio  che  ripetere  quanto  ne  scrisse  il  nostro  illustre 
Dottor  Pietro  Kandler  (*). 

"  Rinaldo  Scarlich,  o  come  l'uso  d'allora  portava,  Scar- 
*  lichio,  oriundo  di  Monfalcone,  nacque  in  Graz  di  Stiria  ove 


(1)  Documenti  raccolti  e  pubblicati  in  occasione  di  collocazione  di 
busti  enei  sulla  facciata  del  Duomo  di  Trieste,  in  onore  di  Enea  Silvio 
Piccolomini,  vescovo  di  Trieste,  poi  Papa  Pio  II;  di  Andrea  Rapicelo,  ve- 
scovo di  Trieste,  consigliere  imperiale,  e  di  Rinaldo  Scarlichio,  vescovo 
di  Trieste  Luogotenente  dell'Austria  interiore.  —  Trieste,  1862. 


DUE    SIGILLI    DEL    MUSEO   CIVICO    DI   ANTICHITÀ    DI   TRIESTE         567 

suo  padre  era  al  servizio  della  Corte,  nell'anno  158....  e 
fu  tenuto  al  sacro  fonte  dall'arciduca  Ferdinando,  figlio  di 
Carlo  Arciduca,  Sovrano  dell'Austria  inferiore;  di  quel 
Ferdinando  che  salito  al  trono  imperiale  fu  notissimo  sotto 
il  nome  di  Ferdinando  II.  Entrò  nell'Ordine  dei  Minori 
Francescani  Conventuali,  dal  quale  uscì,  sembra,  nel  1613, 
quando  Ferdinando  lo  nominò  Preposito  di  Pirano,  in  so- 
stituzione all'Antonio  Zara  favorito  e  compagno  d'infanzia 
di  Arciduca  Ferdinando,  nominato  nel  1602  vescovo  di 
Pedena,  con  dispensa  di  età  (contando  allora  26  anni),  tolto 
troppo  sollecitamente  alle  lettere  ed  alla  pietà,  nelle  quali 
era  insigne,  nell'età  di  45  anni  ;  autore  dell'opera  :  de  Ana- 
tomia Ingeniorum.  —  Corre  fama  che  Rinaldo  Scarlichio 
fosse  stato  uno  degli  institutori  dell'Arciduca  Ferdinando, 
poi  Imperatore  secondo  di  questo  nome. 

*  Era  stato  fatto  Visitatore  delle  Nunciature  di  Graz 
(resideva  allora  Nunzio  per  l'Austria  interiore,  con  amplis- 
sime giurisdizioni,  tra  le  quali  tutta  la  polizia  ecclesiastica 
che  era  dei  Patriarchi  di  Aquileja  nelle  terre  arciducali), 
delegato  da  Papa  Gregorio  XV  (Ludovisi)  e  dal  suo  suc- 
cessore Urbano  VIII  (Barberini),  dal  1621  in  poi.  Impera- 
tore Mattia,  e  Ferdinando  lo  nominarono  loro  Consigliere 
intimo. 

"  Il  5  giugno  del  1621  fu  nominato  vescovo  di  Trieste 
da  Arciduca  Ferdinando  e  venne  consacrato  il  dì  14  agosto 
1622  nella  Basilica  Mariana  di  Trieste  dal  Principe  vescovo 
di  Lubiana  Tomaso  Chrón,  coli' assistenza  dei  vescovi: 
Girolamo  Rusca  di  Capodistria  (*)  dell'Ordine  dei  France- 
scani; Giovanni  Battista  Agatich  di  Segna,  dell'Ordine 
degli  Agostiniani;  di  Carlo  Weinberger  di  Pedena,  del- 
l' Ordine  dei  Francescani  della  stretta  osservanza.  Rinaldo 
Scarlichio  era  affezionati ssimo  all'  Ordine  dei  Francescani, 


(1)  Il  Museo  di  Trieste  possiede  anche  un  bel  sigillo  del  vescovo 
Girolamo  Rusca,  il  disegno  del  quale,  comunicato  all'  ili.  signor  mar- 
chese Alberto  Rusconi,  fu  da  lui  pubblicato  nella  encomiata  sua  opera 
genealogica  :  Memorie  storiche  del  Casato  Rusca  o  Rusconi.  —  Bologna, 
1874,  1877.  Mostra,  intorno  alla  sua  arme,  l' iscrizione  :  F  ■  HIERONY- 
MVS  •  RVSCA  •  EPVS  ■  IVSTINOP. 

73 


568  CARLO    KUNZ 


ed  anche  dopo  uscitone  ed  alzato  a  vescovo,  compiacevasi 
dirsi  figlio  di  quell'alma  religione.  Splendide  furono  le  fe- 
stività fatte  in  onore  di  sì  distinto  prelato. 

*  Stette  nove  anni  al  governo  della  chiesa  triestina,  e 
contemporaneamente  delegato  della  Nunziatura.  Durante 
il  suo  reggimento  il  vicariato  d'Opchina  venne  alzato  a 
Parrocchia  (1622);  furono  riconosciute  nel  Duomo  le  reli- 
quie di  Santo  Giusto  Martire  che  la  tradizione  soltanto 
indicava  collocate  sotto  l'altare;  furono  scoperte  le  reliquie 
di  S.  Apolinare  (1624);  (x)  venne  accolta  la  religione  dei 
Fatebenefratelli  in  servizio  dell'Ospitale  (1625);  fu  fondato 
il  Convento  dei  Frati  Minori  Francescani  Conventuali  in 
Grignano  e  fatta  la  cappella  di  S.  Giuseppe  in  Duomo 
(1626);  data  ai  Canonici  del  Duomo  la  zanfarda;  cominciata 
la  costruzione  della  chiesa  di  S.  Maria  Maggiore  dell'Or- 
dine Lojoleo  (1627);  composte  le  differenze  per  la  cappella 
di  S.  Pietro  (1629).  E  senz'acro  fu  consultato  sulle  gra- 
vissime mosse  dei  Goriziani  per  l'instituzione  in  Gorizia 
di  Vescovato,  con  soppressione  del  Patriarcato  d'Aquileja, 
questioni  animatissime  durate  per  tre  secoli,  venute  a  solu- 
zione nel  1750  con  scindere  in  due  l'amplissima  Arcidiocesi 
patriarcale,  e  la  Diocesi  ordinaria,  formando  due  Arcive- 
scovati, l'uno  in  Udine,  per  le  terre  soggette  al  Principe 
veneto,  l'altro  in  Gorizia  per  le  terre  soggette  al  Principe 
austriaco.  Né  l'uno  né  l'altro  Arcivescovato  durò  lunga- 
mente, ridotto  quello  di  Udine  a  Diocesi,  suffraganea  del 
Patriarca  di  Venezia,  nei  primi  anni  di  questo  secolo; 
poi  in  tempi  vicini  riavuta  la  dignità  arcivescovile  per 
mero  onore.  Gorizia,  che  aveva  in  suoi  suffraganei  i  Ve- 
scovi di  Como,  di  Trento,  di  Trieste,  di  Pedena,  ed  in 
sua  giurisdizione  buona  parte  della  Carintia  e  di  Cilli,  nel 
1788  cessò  persino  di  essere  Vescovato,  trasferito  in  Gra- 
disca, poi  ricuperò  il  Vescovato  ristretto  assai,  indi  la  Me- 
tropolitia,  assai  minore  della  vecchia. 


(1)  Il  Mainati  :  Croniche  ossia  memorie  storiche  sacro  profane  di 
Trieste.  Venezia  1817-1819,  t.  Ili,  pag.  224,  ed  il  Jenner  nel  suo  MS.  nar- 
rano diffusamente  del  rinvenimento  delle  reliquie  di  quei  due  Santi, 
vedasi  anche  Scussa:  Storia  cronologica  di  Trieste.  Trieste,  1863,  pag.  120. 


DUE    SIGILLI   DEL    MUSEO   CIVICO    DI   ANTICHITÀ   DI   TRIESTE         569 

a  Nel  1630  Vescovo  Rinaldo  Scarlichio  fu   trasferito  al 

*  Vescovato  di  Lubiana  che  porta  titolo  di  Principato,  e  no- 
"  minato  Luogotenente  del  Principe  nell'Austria  Interiore, 
"  con  presidenza  di  quei  Consigli  aulici,  ed  ampli  poteri.  Nei 

*  dieci   anni   di   sua  Reggenza   ebbe   gravissime  fatiche  ed 

*  amarezze,  intento  come  fu  nel  riformare  i   costumi,  e  nel 

*  preservare  la  chiesa   dalle   irruenti   novità,  cominciate  ai 

*  tempi  di  Ferdinando  I,  alle  quali  erano  propensi  li  nobili 

*  e  buona  parte  di  borghesi. 

*  Moriva  nel  dì  17  dicembre  1640  in  Lubiana,  e  veniva 
"  sepolto  nel  Duomo  all'altare  delle  Anime,  in   tomba   pre- 

*  parata  dal  suo  antecessore  Tomaso  Chròn. 

"  Memorabile  è  di  lui  che  non  potesse  pronunciare  la  r, 
"  e  si  narra  di  orazione  recitata  da  lui  dinanzi  all'  Imperatore 
"  nella  quale  la  lettera  r  fu  con  grandissima  arte  evitata, 
"  senza  che  scemasse  il  pregio  di  queir  eloquentissima  ora- 
"  zione. 

*  Il  popolo  di  Trieste  amò  il  vescovo  Scarlichio  di  af- 
"  fettuosissimo  amore,  ricambiato  dal  vescovo,  di  che  sono 

*  documenti  la  iscrizione  posta  in  suo  onore,  il  carteggio 
■  cangiato  e  la  amorevole  lettera  di  congedo  del  Vescovo.  „ 

Valvasor  C1)  notando  che  il  vescovo  Scarlichio  era  debole 
di  gambe,  per  modo  che,  arrivato  a  Lubiana,  dovette  essere 
portato  alla  chiesa  in  sedia,  suggiunge  che  era  uomo  molto 
assennato  e  prudente  ed  aveva  la  testa  migliore  delle  gambe. 
Egli  scrive  che  lo  Scarlichio  nacque  in  Dalmazia  da  nobili 
genitori,  e  dello  stesso  avviso  sono  lo  Scussa  (2)  ed  il  Jenner, 
il  quale  dice  non  sapersi  quali  fossero  i  suoi  genitori.  L'Ughelli 
poi,  citando  il  Bucellino,  lo  dice  ungherese. 

Sulla  facciata  del  Duomo  di  Trieste  fu  posta  la  seguente 
iscrizione  in  di  lui  onore,  decretata  dal  Consiglio  Maggiore, 
quando  fu  promosso  al  Vescovato  di  Lubiana.  Fu  pubblicata 
più  volte  da  Mainati  e  dal  Kandler,  e  la  trascrivo  dalla  pietra. 
L'arme  che  vi  sovrasta  ha  lo  scudo  uguale  a  quello  del  nostro 
sigillo. 


(1)  Die  Ehre  des  Herzogthums  Krain.  II  ediz.,  Rudolfswerth,  1877-79, 
t.  II,  pag.  672. 

(2)  Storia  cronografica  di  Trieste.  Trieste,  1863,  pag.  119. 


57°  CARLO   KUNZ 


D    •    O    •    M  • 

REINALDO  •  SCARLICHIO 

PONTIFICI    •    SUO 

SI    «    NON    •    MAXIMO    •    SALTE    •    OPTIMO 

PIETATE   •    MVNIFICENTIA    •    OMNIQ    •    VIRTVTE 

PRAECLARO 

GREGORIO  •  XV  •  ET  •  VRB°  •  VIII  •  P  •  P  •  MAXI  • 

IN    •    GRAEC    •    NVNCIATVRA    •    VISITATORI    •    DELEGATO 

DIVIS    •    MATTHIAE 

AC 

FERDINANDO    •    II    •    FOELICITER    •    IMPERANTIS 

A    •    CONSILIIS 

EIDEMQ/.     •     IN     •     EXC     •     REGIM     •     GRAEC     •     PRESIDI     •    INTEGER0 

ECCLAE    •    CLERI    •    AEDIV    •    ET    •    PROVENTVM    •    EPALIVM 

BENEFACTORI    •    CONSPICVO 

AD    •    EPATVM    •    ET    •    PRINCIP    •    LABAC    •    VOCAT0 

S    •    P    •    Q    •    T    • 

QVEM  •  PRAESENTEM  •  CVLTV  •  AC  •  VENERATIONE 

ABEVNTEM  •  LACRYMIS  •  ET  •  AMORE 

PROSEQVVTVS 

HAS  •  PERPETVAE  •  DEVOTIONIS  •  ERGO  •  TABVLAS  •  POSVIT 

MENSE  •  IVN  •  AN  ■  Cl3  13  CXXX  • 


GIOVANNI    BATTISTA    CASTAGNA 

ARCIVESCOVO    DI    ROSSANO 
(1553  —  Ì583)- 

Questo  secondo  sigillo  è  pure  di  bronzo  rotondo,  del 
diametro  di  39  centimetri.  Dopo  un  giro  esterno  di  perline 
forate  reca  l'iscrizione:  IO  :  BAPTA  •  CASTANEVS  •  ARCHI- 
EPISC  •  ROSSANENSIS.   Nel   mezzo   vi    è    uno    scudo    ovale 


DUE   SIGILLI    DEL   MUSEO    CIVICO    DI   ANTICHITÀ    DI   TRIESTE         57 1 

contornato  da  cartocci  e  da  viticci  e  cimato  di  una  croce 
trifogliata.  Entro  lo  scudo  vedesi  1'  arme,  composta  di  tre 
bande  abbassate  sotto  una  fascia  in  divisa,  sormontata  da 
una  castagna  col  suo  involucro  spinoso,  con  due  foglie,  al- 
lusiva al  nome  del  prelato.  Deve  perciò  ritenersi  sbagliato 
il  disegno  dell'arme  al  nome  di  Urbano  VII  (che  tale  nome 
assunse  il  Castagna  diventando  Pontefice)  nell'opera  del  Pla- 
tina (J)  dove  invece  del  frutto  di  castagno,  vedasi  una  rosa 
di  quattro  foglie  nel  mezzo  di  una  croce  patente,  accanto- 
nata da  quattro  raggi. 

La  città  di  Rossano  giace  a  due  chilometri  dalla  sponda 
occidentale  del  golfo  di  Taranto,  nella  provincia  della  Ca- 
labria Citeriore,  sopra  un  ameno  còlle,  e  conta  8000  (?)  abi- 
tanti. Di  antichissima  fondazione,  fu  patria  di  S.  Nilo,  del 
Pontefice  Giovanni  VII,  dell'  antipapa  Giovanni  XVII,  del 
filosofo  Paramato,  del  giureconsulto  Amarellis,  del  poeta 
A.  Greco,  ecc.  Vantava  un  tempo  una  accademia  letteraria 
detta  di  Naviganti,  poi  altra,  denominata  degli  Spensierati, 
ed  è  sede  di  un  arcivescovato  che  dicesi  derivato  dal  sop- 
presso vescovato  di  Turio.  Finché  il  paese  fu  sottoposto  ai 
Greci,  i  Rossanesi  mantennero  il  rito  greco,  del  quale  ri- 
mane ancora  qualche  pratica.  Per  privilegio  di  Tancredi, 
re  di  Sicilia,  il  prelato  di  Rossano  fu  insignito,  fino  dal  1191, 
del  titolo  arcivescovile.  La  serie  dei  suoi  pastori  incomincia 
con  Saturnino  (2)  intorno  all'anno  680,  e  ne  conta  sessan- 
tanove, fino  a  Pietro  Cilento  (1844)  ultimo  annoverato  dal 
Cappelletti. 

Giambattista  Castagna,  al  quale  spetta  il  nostro  sigillo 
fu  il  quarantraquattresimo.  Nacque  in  Roma  nell'anno  1521, 
da  Pietro  Cosimo  Castagna,  genovese  e  da  madre  romana 
di  casa  Ricci.  Dedicatosi  alle  discipline  ecclesiastiche  e  stu- 
diando a  Bologna,  acquistò  fondamento  di  dottrina  nelle  leggi 
civili  e  canoniche.  Andato  a  Roma  fu  fatto  Referendario  di 
giustizia,  nominato  arcivescovo  di  Rossano  (1553)  e  mandato 
governatore  a  Fano.  Finito  il  tempo  di  governo  andò  a  quello 


(1)  Vite  dei  Pontefici. 

(2)  G.  Cappelletti:  Le  chiese  d'Italia,  voi.  XXI.  L'Ughelli  non  men- 
ziona Saturnino 


572  CARLO    KUNZ 


della  sua  chiesa,  poscia  fu  mandato  da  Paolo  IV  governatore 
di  Perugia  e  dell'Umbria.  Intimata  la  continuazione  del  Con- 
cilio di  Trento,  dove  tutti  i  vescovi  furono  chiamati,  vi  andò 
egli  pure,  e  vi  stette  sino  alla  fine.  Ritornato  nella  sua  sede 
fu  bentosto  richiamato  da  Pio  IV  che  lo  mandò  Nunzio  in 
Spagna,  dove  dopo  la  morte  di  quel  Pontefice  fu  confer- 
mato da  Pio  V,  e  stando  colà  condusse  a  termine  la  lega 
fra  il  Papa,  il  Re  e  la  Repubblica  di  Venezia.  Seguita  la 
morte  di  Pio  V,  fu  dal  suo  successore,  Gregorio  XIII,  desti- 
nato a  Governatore  di  Bologna,  ma  non  essendovi  egli  in- 
clinato, rassegnò  liberamente  in  mano  del  Pontefice  l'arcive- 
scovato, rinunziando  alla  pensione.  Fu  poi  mandato  Nunzio 
a  Venezia  ed  a  Colonia,  dove,  non  essendosi  potuto  con- 
chiudere la  pace  fra  re  Filippo  II  e  gli  Stati  della  Fiandra, 
ritornò  alla  corte  di  Rema,  dove  fu  aggregato  fra  i  Prelati 
della  Congregazione  del  Santo  Ufficio  ed  impiegato  nelle 
cose  dello  Stato  Ecclesiastico.  Nell'anno  1583,  12  dicembre, 
Papa  Gregorio  XIII  l'aveva  creato  cardinale,  col  titolo  di 
San  Marcello. 

Piacemi  riportare  qui  un  aneddoto  narrato  dal  Platina. 
Essendo  Sisto  V  a  tavola  ed  arrivate  le  frutta,  il  Pontefice, 
tagliata  una  prima  pera,  poi  una  seconda,  e  trovatele  en- 
trambe guaste,  disse  doversi  rinunziare  a  quel  frutto  ed  ap- 
pigliarsi alle  castagne,  alludendo  a  se  stesso  eh'  era  della 
famiglia  Peretti,  che  nella  sua  arme  teneva  delle  pere,  ed 
al  cardinale,  che  siccome  di  casa  Castagna,  ostendeva  nella 
propria  la  castagna,  preconizzando  con  ciò  all'avvenimento 
del  Cardinale  al  Pontificato.  E  così  avvenne,  perchè  seguito 
il  conclave  alla  morte  di  Pio  V,  il  Cardinale  cH  San  Marcello 
fu  eletto  Pontefice  nel  giorno  15  settembre  1590,  e  come 
tale  volle  chiamarsi  Urbano,  VII  di  tale  nome. 

Il  suo  Pontificato  fu  breve,  perchè,  ammalatosi  subito 
dopo,  morì  nel  giorno  27  settembre  dello  stesso  anno,  nella 
età  di  70  anni,  dopo  avere  largheggiato  coi  poveri,  rimessi 
i  crediti  che  teneva  per  denari  prestati,  vietato  che  i  suoi 
più  intimi  servitori  vestissero  di  seta,  e  comandato  che  fossero 
proseguite  le  fabbriche  incominciate  da  Sisto  V.  Il  suo  corpo 
deposto  in  San  Pietro  fu  poi  trasferito  nella  chiesa  della 
Minerva. 


DUE   SIGILLI    DEL    MUSEO   CIVICO    DI    ANTICHITÀ    DI    TRIESTE         573 

Non  è  priva  d'interesse  la  seguente  notizia  riportata 
dal  chiarissimo  Don  Angelo  Marsich  (*)  che  la  trasse  dal 
Theiner  (2). 

*  1530,  1  febbraio  —  Bologna  —  Papa  Clemente  VII 
"  delega  l' arcivescovo  Rossanensem,  suo  nunzio  presso  la 
"  corte  di  Ferdinando  re  d'Ungheria  e  di  Boemia,  perchè 
"  voglia  interessarsi  di  indurlo  a  restituire  alla  Chiesa  di 
■  Parenzo  la  contea  di  Pisino  che  le  era  stata  donata  dai 
a  re  Ottone  e  Rodolfo,  e  della  quale  quei  vescovi  avevano 
"  investiti  i  Conti  d'Istria  della  casa  di  Gorizia,  né  cui  diritti 
"  seguivali  la  casa  d'Austria  „. 

L'arcivescovo  di  Rossano  al  quale  tale  notizia  si  riferisce 
fu  Vincenzo  Pimpinella  (1525  f  1534).  E  difficile  indovinare 
come  sia  avvenuto  che  il  sigillo  di  un  altro  arcivescovo  di 
Rossano  siasi  smarrito  in  queste  nostre  parti,  così  lontane 
al  luogo  dove  fu  usato. 

Carlo  Kunz. 


(1)  Effemeridi   di   città   e  luoghi   marittimi   dell'Istria.  Capodistria, 
1881,  pag.  30. 

(2)  Velerà  monumenta  slavorum,  I,  609. 


VARIETÀ 


Ritrovamento  di  monete  a  Verona.  —  I  giornali 
veronesi  riferirono  tempo  fa  del  rinvenimento  di  un  gruzzolo 
di  monete  nelle  demolizioni  delle  case  soprastanti  al  Teatro 
romano  di  quella  città.  Il  cav.  Sgulmero,  direttore  del  Museo, 
comunica  le  seguenti  notizie  circa  il  valore  storico  di  quelle 
monete: 

Gli  zecchini  recano  le  scritte  dei  seguenti  dogi:  Francesco 
Donato  (1545-53),  Francesco  Venier  1554-56),  Girolamo  Priuli 
(1556-67),  Luigi  Mocenigol  (1570-77),  Nicolò  da  Ponte  (1578-85), 
Francesco  Cicogna  (1585-96),  Marin  Grimani  (1595-1606),  Leo- 
nardo Donato  (1606-12),  Antonio  Priuli  (1618-23),  Marcantonio 
Memo  (1612-15),  e  portano  da  un  lato  Cristo  e  dall'altro 
San  Marco  che  dà  il  potere  al  doge  inginocchiato.  Attorno 
si  legge  la  scritta  :  SIT  TIBI  CRISTE  DATVS  QVIA  TV  REGIS 
ISTE  DVCATVS. 

Furono  pure  trovate:  due  ungari  d'oro,  monete  del  Belgio, 
colla  data  1595-96  e  colle  seguenti  leggende:  CONCORDIA  PAR- 
V/E  RES  CRESCVNT  -  MONETA  ORDINARIA  PROVINCIARVM 
FEDERATIONIS  BELG-ICAE  AD  LEGEM  IMPERI  ;  cinque  monete 
turche;  circa  200  ducati  d'argento  coi  dogi  succitati  e  con 
questi  ancora  :  Leonardo  Donato,  Pasquale  Cicogna,  Gio- 
vanni Corner,  Francesco  Contarmi,  Giovanni  Bembo. 

Si  trovarono  inoltre  più  di  seicento  monete  d'argento 
anonime  dell'occupazione  spagnuola  di  Milano,  e  cinque  grosse 
monete  d'argento,  dette  giustine  e  mezze  giustine. 

Queste  monete  furono  coniate  dopo  la  vittoria  dei  Vene- 
ziani alle  Curzolari  nel  giorno  di  Santa  Giustina. 

Ritrovamenti  di  monete  a  Terni.  —  Il  muratore 
Marino  Rossi,  procedendo  a  dei  lavori  di  restauro  al  Caffè 
Elvezia  a  Terni,  trovò  un  vaso  di  terra  cotta  pieno  di  monete 
d'oro,  coniate  all'epoca  di  Papa  Alessandro  VI. 

74 


57^  VARIETÀ 

Queste  monete,  che  in  principio  furono  credute  puglie 
di  nessun  valore,  e  che  perciò  furono  lasciate  in  balìa  di  chi 
volle  appropriarsele,  sono  state  oggi  riconosciute  di  un  grande 
valore  storico  e  consegnate  al  Municipio,  il  quale  le  invierà 
al  locale  Museo.  Un  Commissario  di  polizia  è  stato  incari- 
cato di  ricercare  quelle  altre  che  vennero  prese  al  momento 
della  scoperta. 

Per  gli  amatori  di  Monete  Greche.  —  I  successori 
di  Adolfo  Hess  di  Francoforte  (Adolph  Hess  Nachfolger) 
dirigeranno  nel  primo  trimestre  del  1906  una  seconda  ven- 
dita di  duplicati  del  Gabinetto  Imperiale  di  Berlino,  come 
ne  diressero  la  prima  nel  1902.  Questa  seconda  parte  com- 
prenderà le  monete  della  Grecia  propriamente  detta  e  delle 
isole,  circa  1600  pezzi  fra  i  quali  molte  rarità  di  primo  or- 
dine ed  esemplari  di  bellezza  eccezionale. 

Vendita  Wehle.  —  Nei  giorni  20,  21  e  22  dello  scorso 
novembre,  presso  il  signor  Rodolfo  Ratto  di  Genova,  ebbe 
luogo  la  vendita  della  collezione  di  monete  italiane  del 
signor  Johann   Wehle  di  Vienna. 

Ci  fu  molta  gara  fra  gli  acquirenti  e  i  prezzi  furono 
brillantissimi.  Per  alcune  monete  poi  si  arrivò  a  dei  prezzi 
non  mai  raggiunti  nelle  aste  pubbliche. 

Ne  citiamo  alcune  : 

N.        2.  Savoia  —  Amedeo  VII  —  grosso  tornese  (Promis  5).  L.  285 

94.  Asti  —  Luigi  XII  —  cavallotto  (Promis  n) „  140 

263.   Torriglia  —  Violante  Doria  —  luigino „  285 

351.  Milano  —  Gal.  M.  Sforza  —  doppio  ducato  (Gnecchi  3)  „  325 

362.      „         —  Bona  di  Savoia  —  testone „  165 

366.       „         —  Lodovico  M.  Sforza  —  doppio  ducato      .     .  „  220 

368.       ,,         —  Lud.  XII  —  testone  (Gnecchi  11)    ...    .  „  150 

514.  Retegno  —  Ant.  Gaet.  Trivulzio  —  doppio  zecchino    .  „  600 

582.  Mantova  —  Eleonora  Medici  —  giulio „  225 

667.  Guastalla  —  Ferrante  II  Gonzaga  —  ungaro  (inedito)  „  555 

668.  „  „  „  „  —  scudo  ,,  „  265 
695.  Venezia  —  Cristoforo  Moro  —  bagattino  (con  ritratto)  „  205 
702.  „  —  Alvise  I  Mocenigo  —  quarto  di  ducato  .  .  „  400 
786.  Cattaro  —  Assedio  1813  —  pezzo  da  io  franchi  .     .     .  „  355 

1009.  Mirandola  —    Alessandro   I    Pico   —   testone  (tipo   di 

Lucerna) „    300 

1030.  Correggio  —  Siro  —  (tipo  di  Brunswick) „    325 


VARIETÀ  577 

Il  nuovo  tallero  d'Etiopia.  —  V  imperatore  Menelik 
ha  introdotto  in  Etiopia  un  nuovo  tallero  con  le  sue  suddi- 
visioni. In  luogo  dell'  immagine  opulenta  di  Maria  Teresa, 
l'artista  francese  —  poiché  le  nuove  monete  furono  coniate 
a  Parigi  —  ha  effigiato  Menelik,  col  classico  nome  di  Etiopia 
in  caratteri  amarici. 

La  nuova  moneta  è  stata  annunciata  col  seguente  bando, 
che  il  prof.  Ignazio  Guidi  dell'Università  di  Roma  ha  tradotto: 

REGNO   DI   ETIOPIA 
Proclama. 

*  Odi  !  Odi  !  Che  Iddio  tolga  la  concordia  ai  nemici  dei 
monti  e  dei  colli  !  (del  paese).  Odi  !  Odi  !  Che  Iddio  tolga  la 
concordia  ai  nemici  del  nostro  Signore  Menelik  !  Odi  !  Odi  ! 
Che  Iddio  tolga  la  concordia  ai  nemici  di  Maria. 

"  Ora  ci  conviene  dire  il  soggetto  (del  proclama). 

"  Acciocché  il  nostro  paese  di  Etiopia  venga  in  onore  e 
il  nostro  commercio  prosperi,  io  ho  fatto  coniare  e  ti  ho  fatto 
venire  un  nuovo  tallero,  impresso  con  la  mia  effige  e  il  mio 
nome.  Questo  tallero  è  più  puro  dell'antico,  ma  per  il  peso  gli 
è  uguale.  La  leggenda  scrittavi  sopra  è  in  amarico.  Essendo 
mio  intendimento  d'abituare  all'uso  di  questo  nuovo  tallero 
coniato  col  nome  di  Etiopia,  cessando  l'antico,  tu  ricevilo 
nel  commercio  insieme,  ed  equiparandolo  al  tallero  anteriore; 
e  tu,  o  orefice,  non  fondere  questo  nuovo  tallero  di  questa 
specie,  fin  tanto  che  una  grande  quantità  non  ne  sia  entrata 
in  paese.  Inoltre  per  l'acquisto  di  piccoli  oggetti  io  ho  fatto 
conoscere  e  ti  ho  fatto  venire  un  mezzo  tallero,  il  quarto  e 
l'ottavo.  Nel  traffico  cambia  (il  sale,  ecc.),  calcolando  il  nuovo 
mezzo  tallero,  il  quarto  e  l'ottavo  come  il  vecchio  mezzo 
tallero,  il  quarto  e  l'ottavo. 

■  La  persona  che  si  rifiuta  di  riceverlo,  presala  a  forza, 
porta  a  noi  „. 

Una  medaglia  d'oro  al  prof.  Savoldi.  —  La  Società 
per  la  conservazione  dei  monumenti  pavesi  dell'arte  cristiana 
aveva  deliberato  l'omaggio  di  una  medaglia  d'oro  all'insigne 
architetto  prof.  Angelo  Savoldi,  per  l'opera  sua  illuminata  e 
benemerita  nei  ristauri  ammirati  dell'antica  basilica  di  S.  Pietro 


578  VARIETÀ 

in  Ciel  d'oro  a  Pavia.  La  cerimonia  della  consegna  ebbe 
luogo  a  Milano  il  giorno  4  ottobre  scorso,  nella  sala  della 
biblioteca  del  R.  Istituto  Tecnico  Superiore,  in  piazza  Cavour, 
coli'  intervento  di  parecchi  invitati. 

ha  medaglia  d'oro  a  Pierpont  Morgan.  —  Per  at- 
testare la  riconoscenza  dell'  Italia  a  Pierpont  Morgan,  che 
restituì  il  piviale  di  Papa  Nicolò  IV,  il  Ministro  della  Pub- 
blica Istruzione  gli  offrì  una  gran  medaglia  d'oro  colla  se- 
guente iscrizione,  dettata  dall'onorevole  Barnabei  : 

OB    MERITUM    LIBERALITATIS 

qua    -    PIERPONTIUS    MORGAN 

DOMO  EBORACO  NOVO    —   CIMELIUM   INSIGNE 

AESCULANAE    ECCLESIAE    IN    PICENO    MISERE    SUBREPTUM 

MAGNO    SUMPTO    REDEMIT    ET    IMPENSA    REMISSA 

CIVITATI     AESCULANAE     ITALIAEQUE 

MUNIFICE    REDDIDIT 

SUMMUS      IN     ITALICO     REGNO 

STUDIORUM    CURATOR 

VIRO    EXIMIO    BENEMERENTI 

Due  milanesi  premiati  al  Concorso  per  la  meda- 
glia ai  benemeriti  dell'istruzione  artistica  ed  indu- 
striale. —  Alla  gara  presero  parte  24  concorrenti,  di  cui 
alcuni  inviarono  più  di  un  modello.  L'on.  Rava,  accogliendo 
la  proposta  del  Comitato,  conferì  il  premio  di  lire  mille  al 
bozzetto  distinto  col  motto  :  "  Melograno  „  eseguito  dallo 
scultore  Enrico  Saroldi  di  Milano,  e  il  premio  di  lire  500  al 
bozzetto  contrassegnato  col  motto  :  "  Spine  e  rose  „  dello 
scultore  Albino  Dal  Castagne,  pure  di  Milano. 

La  medaglia  del  Saroldi  ha  nel  diritto  l'Istruzione  indu- 
striale e  commerciale,  seduta  con  un  gran  libro  sulle  ginoc- 
chia ;  a  destra  1*  Industria,  un  uomo  nudo,  seduto  sull'  incu- 
dine, colla  mano  sinistra  appoggiata  su  un  ingranaggio,  e 
colla  destra  sul  libro  dell'Istruzione  ;  a  sinistra  il  Commercio, 
un  uomo  nudo  in  piedi,  che  tiene  nella  mano  destra  il  ca- 
duceo e  la  sinistra  appoggiata  sul  libro  dell'Istruzione.  Tanto 
l'Industria,  quanto  il  Commercio  sono  in  atto  di  attenzione 
allo  studio.  In  giro  corre  la  leggenda:  MINISTERO  DI  AGRI- 
COLTURA   INDVSTRIA  E  COMMERCIO  ;   nell'esergo  1905. 


VARIETÀ  579 

La  medaglia  rappresenta  poi  nel  rovescio  la  prosperità 
della  patria,  frutto  dell'  istruzione.  Una  donna,  seduta  sopra 
un  gran  covone  di  spighe,  si  abbandona  colla  testa  tra  i 
frutti  di  un  melo  molto  produttivo,  e  si  sorregge,  tenendosi 
colla  mano  sinistra  ad  un  ramo  dell'albero  stesso  ;  colla 
destra  tiene  una  cornucopia  carica  di  prodotti;  nello  sfondo 
si  vedono  delle  pecore  ;  nell'estremità  superiore  del  circolo 
vi  è  uno  spazio  libero  per  il  nome  del  premiato  e  in  alto  a 
destra  la  leggenda,  dettata  dal  prof.  Sanvisenti  :  COLLA 
G-VIDA  DELL'  ISTRVZIONE  CHE  ABBREVIA  ED  AGEVOLA 
L'  ESPERIENZA  SI  SVOLGERANNO  L'  INDVSTRIA  E  IL  COM- 
MERCIO PER  LA  PROSPERITÀ'  DELLA  PATRIA. 

La  medaglia  dello  scultore  Dal  Castagne  rappresenta 
sul  diritto  una  figura  simboleggiante  il  genio  della  scienza, 
che  porge  la  destra,  guida  un  gruppo  di  lavoratori,  incorag- 
giandoli nella  via  dell'  industria  e  del  commercio. 

Il  rovescio  simboleggia  l'agricoltura.  Davanti  ad  un  vasto 
orizzonte  di  campagne,  dove,  in  fondo,  si  vedono  i  camini 
dell'  industria  moderna,  passa  un  gruppo  di  muse,  portando 
i  frutti  della  scienza  agricola. 

Una  medaglia  ad  una  suora,  —  Nella  sua  prima 
visita  all'  Ospedale  maggiore  di  Vercelli,  mons.  Valfrè  ebbe 
le  più  affettuose  accoglienze  da  parte  del  personale  d'am- 
ministrazione come  dei  ricoverati.  Fra  le  suore  della  carità 
che  gli  resero  omaggio,  si  notava  una  vecchia  suora  che 
tocca  già  gli  86  anni,  la  famosa,  pei  Vercellesi,  suora  Amedea, 
che  da  67  anni  assiste  i  poveri  ammalati  in  quell'ospedale.  È 
degno  di  nota  un  episodio,  che  riflette  questa  veneranda  suora 
e  mons.  Valfrè.  Anni  e  anni  sono  era  presidente  dell'  Ospe- 
dale maggiore  il  marchese  Adolfo  Del  Carretto,  il  quale,  vi- 
sitando un  giorno  l'Ospedale  col  nipote  Teodoro,  giovinetto 
allora  sui  15  anni,  lo  presentò  a  suor  Amedea  come  prossimo 
ad  entrare  nella  carriera  militare.  La  nostra  suora  bonaria- 
mente disse  al  giovinetto:  "  E  perchè  vuol  farsi  militare?  Si 
faccia  prete,  e  verrà  un  giorno  arcivescovo  di  Vercelli.  „  Fu 
indovina!  Suor  Amedea,  nella  sua  età  di  86  anni,  ricorda 
quella  visita  e  la  risposta  di  quel  dì.  È  facile  immaginare  la 
commozione  di  suor  Amedea,  quando  ieri  l'altro  potè  baciare 
l'anello  del  neo  arcivescovo,  il  giovinetto  Teodoro  di  un  dì. 


580  VARIETÀ 

Con  gentile  e  grato  pensiero  l' onorevole  Lucca  ed  il 
Consiglio  d'amministrazione  avevano  fatto  coniare  una  me- 
daglia da  offrire  a  suor  Amedea  in  benemerenza  di  tutti  i 
caritatevoli  e  pietosi  servizi  resi  agli  ammalati  nei  67  anni 
di  permanenza  nell'Ospedale  maggiore,  e  vollero  concedere 
a  monsignor  Arcivescovo  il  piacere  e  la  consolazione  di 
presentare  pubblicamente  questa  medaglia  alla  suora. 

Sulla  medaglia  da  una  parte  era  scolpito  il  ritratto  del 
cardinale  Guala  Bicchieri ,  fondatore  dell'  Ospedale,  e  dal- 
l'altra si  leggevano  queste  parole:  A  SVOR  AMEDEA  REGI- 
ROLI  NEL  67.»  ANNIVERSARIO  DI  SVO  PIETOSO  MINISTERO 
NELL'OSPEDALE  DI  VERCELLI.  -   1905. 

Una  nuova  medaglia  commemorativa.  —  Si  an- 
nuncia che  sarà  istituita  una  medaglia  commemorativa  per 
premiare  coloro  che  si  distinsero  a  favore  dei  danneggiati. 
Il  primo  insignito  sarebbe  il  Re. 

Una   medaglia   di   Chaplain,   dono  di   I^onbet.   — 

Air  Esposizione  Orticola  Internazionale  di  Varese,  fra  le 
ricchissime  coppe  e  le  fini  medaglie  donate,  si  notò  una 
splendida  medaglia  d'argento,  opera  pregevole  del  celebre 
cesellatore  francese  Chaplain,  e  offerta  dal  primo  magistrato 
della  nazione  francese. 

Loubet  ha  voluto,  con  quest'atto  gentile,  rendere  omag- 
gio alla  cittadinanza  varesina,  che,  in  occasione  del  suo 
viaggio  in  Italia,  gì'  inviò  una  splendida  riproduzione  in 
bronzo  del  Garibaldino. 

Altre  medaglie  offerte  in  occasioni  speciali  furono: 
quella  delle  rappresentanze  agricole  dei  cinque  circondari 
della  provincia  di  Novara,  donata  a  S.  M.  il  Re  ;  quella  d'oro 
offerta  dal  Comitato  triestino  in  omaggio  a  Carducci,  che 
fu  distribuita  in  Roma  in  tre  esemplari  d'argento  al  Sindaco, 
al  Presidente  del  Senato  e  al  Presidente  della  Camera;  quella 
commemorativa  in  argento  del  traforo  del  Sempione,  data  dal 
Ministro  Svizzero,  conte  Pioda,  agli  on.  Biancheri,  Rubini  e 
Alfredo  Baccelli;  quella  d'oro,  fatta  coniare  pel  Sindaco  dimis- 
sionario di  Bergamo,  conte  comm.  Giuseppe  Malliani,  dagli  im- 
piegati municipali,  in  segno  di  stima  e  di  affetto  riconoscente. 


ATTI 

DELLA 

SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 


Seduta  del  Consiglio,  15  Dicembre  1905 
(Estratto  dai  Verbali). 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  14  nella  Sala  del  Castello: 

I.  —  Vengono  ammessi  come  Soci  corrispondenti  : 
Signor  Luigi  Comparetti,  conservatore  del  Gabinetto  Nu- 
mismatico annesso  alla  Zecca  degli  Stati  Uniti  in  Filadelfia, 
presentato  dai  Fratelli  Gnecchi  e  il  Sig.  Col.  Alberto  Cunietti- 
Cunietti,  presentato  dal  Prof.  Ricci  e  dal  Signor  Grillo. 

II.  —  La  composizione  dell'ultimo  fascicolo  incontra 
alcune  difficoltà  per  questione  di  salute  di  due  dei  membri 
del  Consiglio  di  Redazione.  Il  fascicolo  dovea  comprendere 
almeno  la  prima  parte  del  lavoro  del  Dott.  Haeberlin  sul- 
l'antica monetazione  del  bronzo  italico,  traduzione  del  Pro- 
fessor S.  Ricci.  Il  materiale  era  già  pronto  non  solo,  ma 
anche  composto  in  tipografia.  La  lunga  convalescenza  non 
ancora  terminata  del  Prof.  Ricci  non  gli  permise  e  non  gli 
permette  di  correggere  le  bozze  e  quindi  il  lavoro  deve  per 
forza  essere  procrastinato.  D'altra  parte  una  malattia  abba- 
stanza seria,  da  cui  fu  colpito  appunto  in  questi  giorni  il 
Prof.  Ambrosoli,  lo  obbliga  a  sospendere  ogni  occupazione 
e  quindi  anche  la  solita  Bibliografia  di  fine  d'anno  che  come 
di  consueto  si  era  assunto  e  che  anzi  aveva  già  condotto  a 
buon  punto.  Per  colmare  la  lacuna  che  tali  sospensioni  por- 
tano al  fascicolo,  si  decise  di  dar  termine  alla  pubblicazione 
del  Kunz,  pel  quale  appunto  si  aspettava  l'occasione  oppor- 


582  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

tuna,  essendosi  ormai  tale  pubblicazione  trascinata  da  tanti 
anni.  L'ultimo  fascicolo  con  questa  sostituzione  avrà  il  solito 
numero  di  pagine  e,  sia  il  lavoro  del  Dott.  Haeberlin  quanto 
la  Bibliografia,  prenderanno  posto  nel  primo  fascicolo  del  1906. 
III.  —  Il  Segretario  presenta  i  seguenti  doni  perve- 
nuti alla  Società  : 

Gnecchi  comm.  Francesco. 
O  Archeologo  Portugues.  —  Annata  1905. 
Annales  de  la  Société  Archéologique  de  Bruxelles.  —  Annata  1905. 

Macdonald  George. 

Catalogue  of  Greek  Coins  in  the  Hunterian  collection.    —    Volume  III, 
Glasgon,  1905. 

Osnago  Enrico. 

N.  7  monete  italiane  in  argento  e  2  in  rame. 

Alle  ore  15  '/„  esaurito   V  Ordine  del  Giorno,  la  seduta 
è  tolta. 


COLLABORATORI  DELLA  RIVISTA 
NELL'ANNO    1905 


Memorie  e  Dissertazioni. 

Ambrosoli  Solone 
Biscaro  Gerolamo 
Dattari  Giannino 
Gnecchi  Ercole 
Gnecchi  Francesco 
f  Kunz  Carlo 
Laffranchi  Lodovico 
Marchisio  A.  F. 
Martinori  Edoardo 
Maurice  Jules 
Monti  Pompeo 

Na VILLE    LUCIEN 

Pansa  Giovanni 
Papadopoli  Nicolò 
Resetar  Milan 
Rizzoli  Luigi  jun. 
Ruggero  Giuseppe 
Stettiner  Pietro 
Valerani  Flavio 
Vitalini  Ortensio 


Cronaca. 

Ambrosoli  Solone 
Dattari  Giannino 
Gnecchi  Ercole 
Gnecchi  Francesco 
Mattoi  Edoardo 
Motta  Emilio 
Ricci  Serafino 
Spigardi  Arturo 


7S 


ELENCO  DEI  MEMBRI 

DELLA 

SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

E   DEGLI 

ASSOCIATI    ALLA    RIVISTA 

PER      L'ANNO      I905 


SOCI  EFFETTIVI  (•). 

1.  *S.  M.  il  Re  Vittorio  Emanuele  III. 

2.  S.  M.  la  Regina  Elena. 

3.  *Ambrosoli  Dott.  Cav.  Solone  —  Milano. 

4.  *Arcari  Dott.  Cav.  Francesco  —  Cremona. 

5.  Cantoni  Dott.  Aldo. 

6.  Caruso  Lanza  Avv.  Michele  —  Girgenti. 

7.  'Castellani  Prof.  Giuseppe  —   Venezia. 

8.  Celati  Avv.  Luigi  Agenore        Livorno. 

9.  *Ciani  Dott.  Cav.  Giorgio  —   Trento. 

io.  Circolo  Numismatico  milanese  —  Milano. 

11.  Cornaggia  Gian  Luigi  (dei  Marchesi)  —  Milano. 

12.  Dattari  Giovanni  —  Cairo  (Egitto). 

13.  Dessi  Cav.  Vincenzo  —  Sassari. 

14.  *FaselIa  Comm.  Carlo  —  Milano. 

15.  "Fiorasi  Colonnello  Cav.  Gaetano  —  Livorno. 

16.  "Gavazzi  Cav.  Giuseppe  —  Milano. 

17.  Gavazzi  Dott.  Carlo  di  Pio  —  Milano. 

18.  *Gnecchi  Cav.  uff.  Ercole  —  Milano. 

19.  *Gnecchi  Comm.  Francesco  —  Milano.. 

20.  Grillo  Guglielmo  —  Milano. 

21.  Hirsch  Dott.  Jacopo  —  Monaco  di  Baviera. 


(*)  I  nomi  segnati  con  asterisco  sono  quelli  dei  Soci  Fondatori. 


586  ELENCO    DEI    MEMBRI    DELLA    SOCIETÀ,    ECC. 

22.  Jesurum  Aldo  —   Venezia. 

23.  *Johnson  Corani.  Federico  —  Milano. 

24.  Lazara  (De)  Conte  Antonio  —  Padova. 

25.  'Marazzani  Visconti  Terzi  Conte  Lodovico  —  Piacenza. 

26.  'Mariotti  Sen.  Dott.  Comm.  Giovanni  —  Parma. 

27.  Mattoi  Edoardo  —  Milano. 

28.  Menchetti  Nob.  Andrea  —   Ostra. 

29.  'Milani  Prof.  Cav.  Luigi  Adriano  —  Firenze. 

30.  'Motta  Ing.  Emilio  —  Milano. 

31.  Naville  Luciano  —  Ginevra. 

32.  Nervegna  Cav.  Giuseppe  —  Brindisi. 

33.  Novati  Prof.  Cav.  Francesco  —  Milano. 

34.  'Papadopoli  Conte  Sen.  Comm.  Nicolò  —   Venezia. 

35.  Pisani  Dossi  Nob.  Comm.  Alberto  —  Milano. 

36.  Puschi  Prof.  Cav.  Alberto  —   Trieste. 

37.  'Ratti  Dott.  Luigi  —  Milano. 

38.  Ricci  Prof.  Serafino  —  Milano. 

39.  Rizzoli  Luigi  —  Padova. 

40.  Rocca  Conte  Mario  Leone  —   Venezia. 

41.  'Ruggero  Comm.  Magg.  Gen.  Giuseppe  —  Roma. 

42.  *Salinas  Comm.  Prof.  Antonino  —  Palermo. 

43.  San  Rome  Mario  —  Milano. 

44.  Savini  Paolo   —  Milano. 

45.  Seletti  Avv.  Cav.  Emilio  —  Milano. 

46.  *Sessa  Rodolfo  —  Milano. 

47.  *Sormani  Andreani  Conte  Lorenzo  —  Milano. 

48.  Strada  Marco  —  Milano. 

49.  'Tatti  Ing.  Paolo  —  Milano. 

50.  Traversa  Francesco  —  Bra. 

51.  Trivulzio  Principe  Alberico  Luigi  —  Milano. 

52.  'Visconti  Ermes  March.  Cav.  Carlo  —  Milano. 


SOCI    CORRISPONDENTI. 

1.  f  Adriani  Prof.  Comm.  G.  B.  —  Cherasco. 

2.  Balli  Emilio  —  Locamo. 

3.  Bartolo  (Di)  Prof.  Francesco  —  Catania. 

4.  Belimbau  Piero  —  Firenze. 

5.  Bordeaux  Paolo  —  Neuilly. 

6.  Boris  Ivanoff  —  Sofia. 


ELENCO    DEI    MEMBRI   DELLA    SOCIETÀ,   ECC.  587 

7.  Bosco  Ing.  Emilio  —  Mombaruzzo. 

8.  Bruscolini  Emilio  —   Castelnuovo   Val  di  Cecina. 

9.  Cahn  E.  Adolfo  —  Francoforte  sul  Meno. 
io.  Camozzi  Dott.  Guido  —  Cefalu. 

11.  Canessa  Cesare   —  Napoli. 

12.  Castellani  Cav.  Ten.  Colonnello  Raffaele  —  Spoleto. 

13.  Cavalli  Gustavo  —  Skofde  (Svezia). 

14.  Cerrato  Giacinto   —    Torino. 

15.  Clerici  Ing.  Carlo  —  Milano. 

16.  Conconi  Cap.  Giulio  —  Domodossola. 

17.  De'  Ciccio  Mario  —  Palermo. 

18.  Dell'Acqua  Dott.  Cav.  Girolamo  —  Pavia. 

19.  Fantaguzzi  Ing.  Cav.  Giuseppe  —  Asti.' 

20.  Foa  Alessandro  —   Torino. 

21.  Forrer  L.  —   Bromley. 

22.  Franco  Augusto  —  Firenze. 

23.  Galeotti  Dott.  Arrigo  —  Livorno. 

24.  Garzia  Avv.  Raffaello  —  Maglie. 

25.  Gazzoletti  Dott.  Cav.  Antonio  —  Nago. 

26.  Geigy  Dott.  Alfredo  —  Basilea. 

27.  Giorcelli  Dott.  Cav.  Giuseppe  —  Casalmonf errato. 

28.  Hess  Adolf  Nachfolger  —  Francoforte  s.  M. 

29.  Koeniger  Dott.  Carlo  —  Gardone  (Riviera). 

30.  Lambros  Giovanni  Paolo  —  Atene. 

31.  Lanzoni  Giuseppe  —  Mantova. 

32.  Lenzi  Furio  —  Orbetello. 

33.  Leone  Dott.  Conim.  Camillo  —    Vercelli. 

34.  Mariani  Prof.  Cav.  Mariano  —  Pavia. 

35.  Martinori  Cav.  Ing.  Edoardo  —  Roma. 

36.  Monti  Pompeo  —  Milano. 

37.  Morchio  e  Mayer  —   Venezia. 

38.  Nahmann  M.  —  Cairo  (Egitto). 

39.  Nuvolari  Francesco  —  Castel  d'Ario. 

40.  Oettinger  Prof.  S.  —  Nuova   York. 

41.  Olcott  Dott.  Giorgio  —  Roma  e  Nuova   York. 

42.  Pagnoni  Ernesto  —   Vaprio  d'Adda. 

43.  Paulucci  Panciatichi  Marchesa  M.a  —  Firenze. 

44.  Pansa  Avv.  Giovanni  —  Sulmona. 

45.  Perini  Cav.  Quintilio  —  Rovereto. 

46.  Pinoli  Avv.  Galileo  —  Ivrea. 

47.  Pinto  Avv.  Gerardo  —   Venosa. 

48.  Podetti  Francesco  —   Trento. 

49.  *Romussi  Dott.  Carlo  —  Milano. 


588  ELENCO    DEI   MEMBRI    DELLA   SOCIETÀ,    ECC. 

50.  Sai  varo  Vittorio  —  Ala. 

51.  Savo  Doimo  —  Spalato. 

52.  Scaglione  Francesco  —  Sciacca. 

53.  Schiavuzzi  Dott.  Bernardo  —  Pola. 

54.  Simonetti  Alberto  —  S.  Chirico  Rapavo. 

55.  Società  Svizzera  di  Numismatica  —  Ginevra. 

56.  Spigardi  Arturo  -    Firenze. 

57.  Spink  Samuele  —  Londra. 

58..  Stettiner  Comm.  Pietro  —  Roma. 

59.  Stroehlin  Paolo  —  Ginevra. 

60.  Valerani  Dott.  Cav.  Flavio  —   Casale  Monferrato. 

61.  Valton  Prospero  —  Parigi. 

62.  Vianna  de  Moraes  —  Lisbona. 

63.  Vigano  Gaetano  —  Desio. 

64.  Vitalini  Cav.  Ortensio  —  Roma. 

65.  Witte  (De)  Cav.  Alfonso  —  Bruxelles. 

66.  Zane  Cav.  Riccardo  —  Milano. 

67.  Zitelli  Pietro  —  Scio. 


BENEMERITI    DELLA    SOCIETÀ. 

S.  M.  il  Re  Vittorio  Emanuele  III. 

Ambrosoli  Dott.  Cav.  Solone. 

Cuttica  de  Cassine  Marchesa  Maura. 

Cuzzi  Ing.  Arturo. 

Dattari  Giovanni. 

Gnecchi  Cav.  uff.  Ercole. 

Gnecchi  Comm.  Francesco. 
•f  Gnecchi  Comm.  Ing.  Giuseppe. 

Johnson  Comm.  Federico. 
f  Luppi  Prof.  Cav.  Costantino. 

Osnago  Enrico. 
f  Padoa  Cav.  Vittorio. 

Papadopoli  Conte  Sen.  Comm.  Nicolò. 


ASSOCIATI    ALLA    RIVISTA. 

American  Journal  of  Archaeology   —  Nuova   York. 
American  Journal  of  Numismatics  —  Boston. 


ELENCO    DEI    MEMBRI    DELLA   SOCIETÀ,    ECC.  589 

Annales  de  la  Société  d'Archeologie  —  Bruxelles. 

Archeologo  Portoghese  —  Lisbona. 

Archivio  della  Società  Romana  di  Storia  patria  —  Roma. 

Archivio  Storico  Italiano  —  Firenze. 

Archivio  Storico  Lombardo  —  Milano. 

Archivio  Storico  Napoletano  —  Napoli. 

Bagatti  Valsecchi  Nob.  Cav.  Fausto  —  Milano. 

Baglio  Vassallo  Cataldo  —  San  Cataldo. 

Bahrfeldt  Colonnello  Max  —  Breslavia. 

Baldwin  C.  A.  —  Colorado. 

Bari  —  Museo  Provinciale. 

Bassano  —  Museo  Civico. 

Behrentz  Ermanno  —   Bonn. 

Beltrami  Architetto  Sen.  Comm.  Luca  —  Milano. 

Benson  Sherman  Frank  —  Brooklyn  (S.  U.). 

Berarducci  Emiliano  —  Roma. 

Beserianni  Costantino  —  Napoli. 

Bignami  Comm.  Giulio  —  Roma. 

Bocca  Fratelli  —   Torino  (copie  2). 

Boghandel  Tillges  —  Copenaghen. 

Bollettino  di  Archeologia  e  Storia  —   Spalato. 

Bologna  —  Biblioteca  Municipale. 

Bret  Edoardo  —  Nimes. 

Brockhaus  F.  A.  —  Lipsia  (copie  2). 

Bullettino  delVImp.  Istituto  Archeologico  Germanico  —  Roma. 

Cagliari  —  Regio  Museo  di  Antichità. 

Camozzi  Vertova  Conte  Sen.  Comm.  G.  B.  —  Bergamo. 

Capobianchi  Cav.  Prof.  Vincenzo  —  Roma. 

Carpinoni  Michele  —  Brescia. 

Ceppaglia  Tenente  Colonnello  Cav.  Federico  —  Padova. 

Cini  Avv.  Tito  —  Montevarchi. 

Clausen  Carlo  —   Torino  (copie  12). 

Como  —  Biblioteca  Comunale. 

»      —  Museo  Civico. 
Cuzzi  Ing.  Arturo  —   Trieste. 
Da  Celleno  P.  Gius.  Giacinto  —  Aleppo  (Siria). 
Del  Hierro  Dott.  José  —  Madrid. 
Detken  e  Rocholl  —  Napoli. 
Dotti  Enrico  —  Milano. 
Dressel  Dott.  Enrico  —  Berlino. 
Dupriez  Carlo  —  Bruxelles. 
Eddé  J.  —  Alessandria  d'Egitto. 
Engel  Dott.  Arturo  —  Parigi. 


59°  ELENCO    DEI   MEMBRI    DELLA   SOCIETÀ,   ECC. 

Firenze  —  Biblioteca  Marucelliana. 

Fioristella  (Barone  di)  —  Acireale. 

Formenti  Giuseppe  —  Milano. 

Gandino  Giovanni  —  Genova. 

f  Garovaglio  Cav.  Dott.  Alfonso  —  Milano. 

Genova  —  Biblioteca  Civica. 

Grassi  Barone  Antonino  —  Acireale. 

Grevel  H.  e  C.  —  Londra. 

Guiducci  Dott.  Antonio  —  Arezzo. 

Hiersemann  Carlo  —  Lipsia  (copie  2) 

Hoepli  Dott.  Comm.  Ulrico  —  Milano  (copie  2). 

Journal  international  d'Archeologie  numismatique  —  Atene. 

Lussemburgo  —  Istituto  Granducale. 

Magyar  Numizmatikai  Tàrsulat  —  Budapest. 

Mantova  —  Biblioteca  Comunale. 

Marsiglia  —  Biblioteca  Civica. 

Marucci  Nicola  —  Castelpizzuto . 

Milano    —  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Brera. 

»  —  Biblioteca  Braidense. 

»  —  Biblioteca  Ambrosiana. 

Modena  —  R.  Galleria  Estense. 
Molgatini  Giacomo  —    Vanzone. 
Napoli    —  R.  Museo  di  Antichità. 
Numisrnatic  Chronicle  —  Londra. 
Numismatische  Zeitschrift  —   Vienna. 
Nuovo  Archivio   Veneto  —   Venezia. 
Nutt  Davide  —  Londra. 
Osnago  Enrico  —  Milano. 
Pancera  di  Zoppola  Conte  Nicolò  —  Brescia. 
Parazzoli  Antonio  —  Cairo. 
Parma  —  R.  Museo  di  "Antichità. 
Pavia  —  Museo  Civico  di  Storia  patria. 
Pesaro  —  Biblioteca  Oliveriana. 
Piacenza  —  Biblioteca  Passerini-Landi. 
Pietroburgo  —  Gabinetto  Num.  dell'Eremitaggio  Imperiale. 
Polybiblion  —  Parigi. 
Ratto  Rodolfo  —  Genova. 
Revue  francaise  de  Numismatique  —  Parigi. 
Riggauer  Dott.  Prof.  Hans  —  Monaco  di  Baviera. 
Rivani  Giuseppe  —  Ferrara. 
Rivista  di  Storia  Antica  —  Padova. 
Rizzini  Dott.  Cav.  Prospero  —  Brescia. 
Roma  —  R.  Accademia  dei  Lincei. 


ELENCO    DEI    MEMBRI    DELLA    SOCIETÀ,    ECC.  591 

Roma  —  Direzione  della  R.  Zecca. 

»      —  Biblioteca  della  Camera  dei  Deputati. 
»       —  Gabinetto  Numismatico  Vaticano. 
San  Marco  (Conte  di)  —  Palermo. 
Scarpa  Dott.  Ettore  —  Treviso. 
Schultz  Albert  —  Paris. 
Seltman  E.  J.  —  Berkhamsted. 
Smithsonian  Institution  —  Washington. 
Società  Neerlandese  di  Numismatica  —  Amsterdam. 
Société  d'Archeologie  —  Bruxelles. 
Société  R.  de  Numismatique  —  Bruxelles. 
Strolin  Teopisto  —  Schio. 
Tinti  Cesare  —  Bologna. 
Tolstoy  Conte  Giovanni  —  Pietroburgo. 
Torino  —  R.  Biblioteca  Nazionale. 

»       —  R.  Museo  di  Antichità. 
Torrequadra  Rogadeo  Conte  Giovanni  —  Bitonto. 
Trento  —  Biblioteca  Comunale. 
Vaccari  Emanuele  —  Ferrara. 
Varese  —  Museo  Archeologico. 
Varisco  Sac.  Achille  —  Monza. 
Venezia  —  Ateneo  Veneto. 

»         —  R.  Biblioteca  Marciana. 

»        —  Museo  Civico. 
Verona   —  Biblioteca  Comunale. 
Vicenza  —  Museo  Civico. 

Vienna    —  Gabinetto  Num.  di  Antichità  della  Casa  Imperiale. 
Virzì  Ignazio  —  Palermo. 
Volterra  —  Museo  e  Biblioteca  Guarnacci. 
Zeitschrift  fUr  Numismatik  —  Berlino. 
Zurigo  —  Biblioteca  Civica. 


7<> 


INDICE    METODICO 

DELL'ANNO    1905 


NUMISMATICA    ANTICA. 

(Memorie    e    Dissertazioni). 


Appunti  di  Numismatica  Romana.  F.  Gnecchi: 

LXIV.      I  Medaglioni  ex-Vaticani  (i  tav.) 

LXV.      Gabinetto  Vaticano,  medaglioni  romani  inediti  o  va 

rianti  (3  tav.) 

LXVI.     Scavi  di  Roma  nel  1904  (1  tav.) 
LXVII.    L'ultima  delle  monete  postume  (fig.) . 

LXVIII.  Le  monete  di  stagno 

LXIX.     Le  monete  argentate 

LXX.       Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete   impe 

riali  (6  tav.) 

LXXI.     I  medaglioni  unilaterali         .... 
LXXII.     Un  nuovo  (?)  Medaglione  d'Albino  (1  tav.) 
LXXIII.  Unico  e  nuovo  (?)  Medaglione  di  Pertinace  (fig.) 
L'Atelier  monétaire  d'Arles  pendant  la  période   Constanti 

nienne  (1  tav.).  J.  Maurice 

I  ritratti  degli  imperatori  romani  sulle  mon.  (fig.).  P.  Stettiner 
Monnaies  inédites  de  l'empire  romain  (Continuazione)  (1  tav.) 

L.  Naville 

Idem  (Continuazione)  (fig.) 

Costantino  II  Augusto  (1  tav.).  L.  Laffranchi  e  P.  Monti 
Due  medaglioni  cerchiati  e  a  tipo  unilaterale  (fig.).  G.  Pansa 
La  cifra  XXI  sopra  i  così  detti  antoniniani  e  sopra   i   follis 

della  Tetrarchia.  G.  Dattari 


Pag.     1 1 

»       149 
160 

„       164 

,,       167 

171 

».  349 

»  421 

»  465 

n  476 

43 
•       175 

»       !79 
„      481 

„      389 
i      415 

n       443 


594 


INDICE    METODICO    DELL'ANNO    I905 


(Varietà). 

Monete  celtiche Pag-  139 

Le  monete  e  la  ceramica  antica „  141 

Nuovi  studi  del  dott.  Haeberlin  sull'antichissimo  sistema  mo- 
netario romano  (La  Redazione) „  317 

Corpus  numorum  romanorum  maximi  moduli  (F.  Gnecchi)  .       „  319 

Intorno  al  labaro  di  Costantino  ........  325 

La  monografia  del  eh.  dott.  Haeberlin „  461 

Notizie  degli  scavi „  461 

Per  gli  amatori  di  monete  Greche „  576 


NUMISMÀTICA  MEDIOEVÀLE  E  MODERNA. 

(Memorie  e   Dissertazioni). 


Provisino  inedito  di  Bonifacio  IX  Papa  (fig.).  E.  Martinori  .  Pag.  89 
Monete  inedite  della  Raccolta    de    Lazara    di    Padova  (fig.). 

L.  Rizzoli  jun »  97 

Un  denaro  della  Contessa  Richilda  (?).  Nicolò  Papadopoli  „  11 1 
Intorno  ad  un   nuovo    esemplare    della  moneta  Cavallina    di 

Candia  (fig.).  S.  Ambrosoli 115 

Spigolature  numismatiche  abruzzesi  (fig.).  G.  Pansa       .        .  „  201 

Le  monete  della  Repubblica  di  Ragusa.  M.  Resetar       .        .  „  215 
Studi  sulla  Numismatica  di  Casa  Savoia.  A.  F.  Marchisio  : 
VII.  Supplemento  alla  Memoria  VI  sulla  prove  di  zecca  per 

Re  Vittorio  Emanuele  II "      .  „  231 

Cronaca  delle  falsificazioni  E.  Gnecchi „  237 

Un  documento  del  secolo  XII  sulla  zecca  pavese.  G.  Biscaro  „  277 

Un  documento  sulle  monete  ossidionali  di  Casale.  F.  Valerani  „  425 
Un  ongaro   inedito   di   Jacopo  III   Mandelli,   Conte   di   Mac- 

cagno  (fig.)  A.  F.  Marchisio  .        .        . 433 

Scudo  d'oro  inedito  di  Paolo  III  per  Camerino  (fig.).  Ortensio 

Vitalini „  439 

Annotazioni  numismatiche  italiane.  G.  Ruggero  : 
Vili.  Intorno  ad   un    motto    usato    in    alcune  monete  di  Vit- 
torio Amedeo  I „  451 

IX.  Le  monete  di  Teramo  (fig.) „  485 

X.  Circa  la  monetazione  di  Aquilana  del  XVI  secolo         .  „  487 

XI.  Circa  le  monete  Astesi  con  leggenda  comunale     .        .  „  489 
Un  quattrino  di    Caterina    Riario    Sforza,    Signora    di   Forlì 

(fig.)  E.  Gnecchi „  493 

Due  Sigilli  vescovili  di  Nona  (1  tav.)  C.  Kunz  „  243 
Monete  inedite  o  rare  di  zecche  italiane.  C.  Kunz: 

Monete  dei  Conti  e  duchi  d'Urbino  (1  tav.)      .                 .        .  „  250 

Mirandola  (1  tav.) „  259 


INDICE    METODICO    DELL'ANNO    I905  595 

Correggio  (i  tav.) Pag.  501 

Massa  Lombarda  (1  tav.) n      515 

Asti  (1  tav.)   .        .        .        .        .        .        .        .                .        .  „      535 

Ferrara  (1  tav.) »      547 

Due  Sigilli  del  Museo  Civico  di  antichità  di  Trieste  (1  tav.).  „      565 


(Varietà). 


Atlantino  di  monete  papali  moderne 
Ritrovamento  di  monete  a  Verona  . 
Ritrovamento  di  monete  a  Terni 

Vendita  Wehle 

Il  nuovo  tallero  d'  Etiopia   . 


Pag.  326 
n  575 
»  575 
»      576 

»      577 


MEDÀGLIE. 

(Varietà). 

Miscellanea  medaglistica Pag.  142 

Una  rarissima  medaglia  milanese  a  Fanny  Elssler.  E.  Mattoi  „  142 

Una  pubblicazione  d'argomento  in  gran  parte  medaglistico  .  „  144 

Le  medaglie  di  Garibaldi „  144 

R.  Accademia  dei  Georgofili  di  Firenze.  Gettone  di  presenza 

(1768).  A.  Spigardi „  319 

Per  gli  Incisori  e  Cesellatori  :  Concorso  Grazioli  per  l'anno  1906  „  322 

Collezione  Mattoi „  323 

La  médaille  en  Belgique  au  XIX  siècle „  324 

Rutilio  Gaci „  325 

Concorso  al  posto  di  incisore  presso  la  R.  Zecca  in  Roma .  „  331 

Una  medaglia  d'oro  al  prof.  Savoldi „  577 

La  medaglia  d'oro  a  Pierpont  Morgan „  578 

Due  milanesi  premiati  al  concorso  per  la  medaglia  ai  bene- 
meriti dell'  istruzione  artistica  e  industriale  „  578 

Una  medaglia  ad  una  suora „  579 

Una  nuova  medaglia  commemorativa „  580 

Una  medaglia  di  Chaplain,  dono  di  Loubet  „  580 

Altre  medaglie  offerte „  580 


NECROLOGIE. 

Alfonso  Garavaglio.  S.  A Pag.  118 

P.  Giambattista  Adriani.  S.  A „      283 

A.  C.  Teixeira  de  Aragào.  S.  A „       283 


596 


INDICE    METODICO    DELL  ANNO    T905 


Enrico  Morin  Pons.  S.  A Pag.  283 

Francesco  Trau.  S.  A. „  283 

Edoardo  Foest.  S.  A „  284 

Eugenio  Schott.  S.  A „  284 

G.  Ed.  Van  Even.  S.  A »  284 

Giacomo  A.  Van  der  Chijs.  S.  A ,  284 

Gio.  G.  Stephanik.  S.  A „  284 

E.  D.  J.  Dutilh.  G.  Dattari „  455 

Ermanno  Dannenberg ,  456 

Giovanni  Camerana „  456 

Giuseppe  Brettauer „  456 

BIBLIOGRAFIA. 


Montini  Domenico.  Una  preziosa  medaglia  del  Museo  Comu 

naie  di  Trento  (Vittorio  Salvaro) 

Sherman  Benson  Frank.  Ancient  Grecie  Coins 

Fabriczy  {Cornelius  von).  Italian  Medals 

Blanchet  Adrien.  Traité  des  monnaies  gauloises.  (S.  Ambrosoli) 
Gaebler  Hugo.  Zur  Munzkunde  Makedoniens.  (S.  Ambrosoli) 
Dressel  Heinrich.  Das  Tempelbild  der  Athena  Polias  auf  den 

Milnzen  von  Priene.  (S.  Ambrosoli)    .... 
Hill  George  Francis.  Catalogue  of  the  Greek  Coins  of  Cyprus 

(S.  Ambrosoli) 

Hirsch   Jacob.    Die    nachgelassene    Sammlung    griechischer 

Munzen  eines  bekannten  Archàologen.  (S.  Ambrosoli) 
Bahrfeldt  M.  Die  ròmisch-sicilischen    Munzen    aus    der   Zeit 

der  Republik.  (S.  Ambrosoli) 

Maurice  Jules.  Classification  chronologique  des  émissions  mo 

nétaires  de  l'atelier  de  Lyon  pendant  la  période  constan 

tinienne.  (S.  Ambrosoli) 

Pisani  Dossi  Alberto.  Verdesiacum.  (S.  Ambrosoli) 

Cerralo  Giacinto.  Note  di  Numismatica  Sabauda  :   Un  mezzo 

testone  di  Carlo  II  per  Nizza.  (S.  Ambrosoli)  . 
Giorcelli  Giuseppe.  Una  zecca  piemontese  medioevale  scono- 
sciuta. (S.  Ambrosoli) 

Papadopoli  Nicolò.  Sebastiano  Venier  e  le  sue  monete.  (S.  A.) 
Dessi  Vincenzo.  Ricerche  sull'origine  dello  stemma  di  Sassari 

e  sugli  stemmi  dei  Giudicati  Sardi 

Caspar  Erich.   Roger  II  •(1101-1154)  und   die    Grùndung   der 

normannisch-sicilischen  Monarchie.  (S.  Ambrosoli)  . 
Capobianchi  Vincenzo.  Le  origini  del  peso  gallico  (S.  A.) 
Bordeaux  Paul.  Les  ateliers  monétaires   de    Toulose    et   de 

Pamiers  pendant  la  Ligue.  (S.  Ambrosoli) 
D.  Jonghe  {VM  B).  Un  denier  noir  frappé  à  Ypres  par  Gui 

de  Dompierre,  comte  de  Fiandre.  (S.  Ambrosoli)    . 


Pag. 

119 

» 

121 

n 

121 

n 

285 

n 

286 

11 

286 

11 

287 

11 

287 

11 

288 

11 

289 

11 

289 

290 

290 
290 

291 

292 
292 

293 
294 


INDICE    METODICO    DELL  ANNO    I905 


597 


De  Witte  Alphonse.  Deux  monnaies  liégeoises  inédites  de  la 

collection  de  S.  A.  S.  le  due  d'Arenberg.  (S.  Ambrosoli) 
Mazerolle  F.  Les  médailleurs  francais  du  XV  siècle  au  milieu 

du  XVII.  (S.  Ambrosoli) 

D' Albon  Eugen  Baron.  Die  Affaire  Marschall.  (S.  Ambrosoli) 
Moyaux  Auguste.  Les  chemins  de  fer  autrefois  et  aujourd'hui 

et  leurs  médailles  commémoratives.  (S.  Ambrosoli) 
Comandini  Alfredo,  L' Italia  nei  Cento  Anni  del  Secolo  XIX 

giorno  per  giorno  illustrata.  (S.  Ambrosoli) 
Halke  H.  Einleitung  in  das  Studium  der  Numismatik.  (S.  A 
Engel  et  Serrure.  Traité  de  Numismatique  du  moyen  àge 
Pubblicazioni  diverse 


Pag.  294 

»  294 

„  295 

»  295 

»  297 

„  298 

»  457 

»  299 


(Periodici   di  Numismatica). 

Revue  Numismatique Pag-  J22,  304 

Gazette  numismatique  francaise „  122,  459 

Bulletin  de  numismatique „  123,  306 

The  Numismatic  Chronicle „  124,  312 

Journal  International  d'Archeologie  numismatique    .        .  „  124 

American  Journal  of  Numismatics „  125 

Bollettino  di  Numismatica  e  di  Arte  della  Medaglia         .  „  302 

Rassegna  Numismatica „  303 

Bulletin  international  de  Numismatique  „  305 

Revue  belge  de  numismatique „  307 

Tijdschrift  van  het  Koninklijken  NederlandschGenootschap 

voor  Munt-  en  Penningkunde „  308 

Zeitschrift  fur  Numismatik „  309 

Mitteilungen  der  Bayerischen  Numismatischen  Gesellschaft  „  309 

Numismatische  Zeitschrift „  310 

Monatsblatt  der  numismatischen  Gesellschaft  in  Wien     .  „  310 

Numizmatikai  Kòzlòny »  312 

Numismatic  Circular „  313 

Battaglie  di  Archeologia.  Solone  Ambrosoli,  bibliotecario  „  313 

Articoli  di  Numismatica  in  Periodici  diversi.  E.  M.  .  „  314 


MISCELLANEA. 


La  Legge  sull'Esportazione  degli  oggetti  d'Arte  e  d'Antichità 
Commissione  monetaria       .... 

In  memoria 

Il  Congresso  internazionale  d'Archeologia 

Nuovo  Periodico 

A  beneficio  della  Società  Numismatica 
Commissione  monetaria        .... 


Pag. 


127 
138 

141 
141 

324 
325 
326 


*g 

•    328 

n 

333 

n 

462 

ii 

462 

» 

583 

598  INDICE    METODICO    DELL 'AN NO    I905 

Concorso  per  le  nuove  monete  italiane 

La  Legge  sull'Esportazione  degli  oggetti  d'Arte  e  d'Antichità 

Museo  Archeologico  in  Bari 

Il  cav.  Ortensio  Vitalini 

Collaboratori  della  Rivista  nell'anno  1905 

Elenco  dei  Membri  della  Società  Numismatica  italiana  e  degli 

Associati  alla  Rivista  per  l'anno  1905 ,       585 


Atti  e  Memorie  della  Società  Numismatica  Italiana. 

Seduta  del  Consiglio  24  marzo  1905 Pag.  146 

15.  giugno  1905 ,,335 

Assemblea  generale  dei  Soci  15  giugno  1905 ,       337 

Seduta  del  Consiglio  15  dicembre  1905 „      581 


Finito  di  stampare  il  31  Dicembre  1905. 

i>»»»<M«««4»«l>llll»»tH4«»»«t««>»«m»»<HMI»IHMH»«»»tHH»«M»»»«M»«»«W»«»<l«<»»»»«Mt»»»»IHI«»l'»»tt4M<«f»<4»»«^><»t|t|>|i 

Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


TAVOLE 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  1905 


Tav.  I. 


■\y^\  'A 


fi)  K  H'àv 


FRANCESCO  GNFXCHI.  —  I  Medaglioni  ex- Vaticani. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno    1905 


Tav.  II 


•• 


10 


v  A 
/Si 


£La>? 


^S*™/ 


*<&;  W 


« 


22 


28 


JULES  MAURICE  -  L'Atelier  moiiétnlre  d'Arie». 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno    1905 


Tav.  III. 


1 


{gì}    CM    1  Pf&'ìtfu 


firn 


• 


i/l/v 


■ 


§®àm 


in< 


LUIGI  RIZZOLI  -  Monete  inedito  della  Raccolta  de  Lazara  di  Padova. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  1905 


Tav.  IV. 


FRANCESCO  GNECCHI  -  dìabinetto  Vaticano. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 

Anno   i9o5  Tav    v 


FRANCESCO  GNOCCHI  -  Gabinetto  Vaticinio. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno    i 905 


/ 


Tav.  VI. 


FRANCESCO  GNECCHI  -  Gabinetto  Vaticano. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno   1905 


Tav.  VII. 


%(é 


m&v-.  té ■  -<r% 


v  4\  ''t 


; 


-^w  ^  « 


FRANCESCO  GNECCHI  -  Scavi  di  Roma  UHM.  —  I/altlma  dolio  raonoto  postumo. 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 
Anno  1905  Tav.  Vili 


LUCIEN  NAVILLE  -  Monnales  Inèdite»  de  l'empire  romain. 


RIVISTA   ITALIANA   DI   NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  IX. 


CARLO  KUNZ.  —  Due  Sigilli  Vescovili  di  Nona. 


.    ,  -  ». , 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  X. 


CARLO  KUNZ.  —  Monete  del  Conti  e  Duchi  di  Urbino. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  XI. 


CARLO  KUNZ.  —  Monete  inedite  o  rare  di  zecche  Italiane.  Mirandola. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno   1905  Tav.  XII. 


ABVNDANTIA,      AEQVITAS,      AETEKNITAS, 

ANNONA. 

Francesco  Gnocchi  -  Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA   DI   NUMISMATICA 

Anno  1905  Tav.  XIII. 


BON   EVENTVS,      CARITAS,      CLARITAS,      CLEMENTIA, 
CONCORDIA,      FECVNDITAS,      FELICITAS. 

Francesco  Onecchl  -  Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno  1905  Tav.  XIV. 


FIDES,      FORTVNA,      GENIVS,      HILARITAS, 
HONOS,      INDVLGENTIA,      IVSTITIA,      IVVENTAS, 
LAETITIA. 
Francesco  0 nocchi  -  Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno   1905  Tav.  XV. 


LIBERALITAS,      LIBERTAS,      MONETA, 

MVNIFICENTIÀ,      NOBILITAR,    OI'S,      PATIENTIA,      PAX, 

PERPETVITAS. 

Francesco  («nocchi  -   Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno   190 5  Tav    XVI. 


PIETAS,      PROVIDENTIA      PVDICITIA,      QVIES, 

REQVIES,      SALVS,      SECVRITAS,      SPES, 

TRANQVILLITAS,      VBERITAS. 

Francesco  (ìucccli!  -  Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno   1905  Tav    xvn 


VICTORIA,      VIRTUS. 
Francesco  Gnocchi  -  Le  personificazioni  allegoriche  sulle  monete  imperiali. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno   1905 


Tav.  XVIII. 


L.   La  lira»  ehi  e  P.  Monti  -  Costantino  II  Augusto. 


RIVISTA   ITALIANA    DI   NUMISMATICA 

Anno  i9o5  Tav>  XIX. 


\ìMm 


FORTVNAE    REDVCI 
Gabinetto  Imperiala  di  Vienna, 


SAECVLO    FRVGIFERO 
Gabinetto    di   Parigi 


MINERVAE   PACIFERAE 
Coli' 'Francesce    Gwefr.fù-  a. Milano 


I    MEDAGLIONI    D'ALBINO 
FRANCESCO  GNECCHI  -  Appunti  di  Numismatica  Romana  N.  LXXII. 


RIVISTA    ITALIANA    DI   NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  XX. 


CARLO  KUNZ.   -  Monete  Inedite  o  rare  di  zecche  Italiane.  Correggio. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  XXII 


CARLO  KUNZ.  —  Monete  Inedite  o  rare  di  zecche  italiane.  Correggio. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  XXII 


CARLO  KUNZ.  —  Monete  Inedite  o  rare  di  zecche  Italiane.  Massa  Lombarda. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 
Anno  XVIII,  1905.  Tav.  XXIL 


CARLO  KUNZ.   -    Monete  inedite  o  rare  di  zecche  Italiane.  Asti. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  XVJII,  1905. 


Tav.  XXIV 


CARLO  KUNZ.        Monete  inedite  o  rare  di  zecche  italiane.  Ferrara. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno  XVIII,  1905. 


Tav.  XX> 


CARLO  KUNZ.  —  Due  sigilli  del  Museo  Civico  di  Antichità  di  Trieste. 


1' 


CJ  Rivista  italiana  di  numisma- 

9  tica  e  scienze  affini 

R6 
▼.18 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 

UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY 


WEB 


inai 


HHi 


■ 


!.«« 


O.WM