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?&arfaarli College librarg*
FROM THB
J. HUNTINGTON WOLCOTT FUND.
Established by Roger Wolcott (H.U. 1870), in inemory
of his father, for "the purchase of books of per-
manent value, the preference to b« given to
Works of History, Politicai Economy,
and Sociology." (Letter of Rojfer
Wolcott, June 1, 1891.)
Received Vrl/Uir.. .I.&S.S _
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RIVISTA STORICA ITALIANA
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V
PROPRIBTÀ LRTTBRAItU
Traili* - VINOBNZO BONA, Tip. di S. IL
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^.]%-^:X^^>
Anno Xl^ gennaio-marzo Fascicolo 1^
ÈiyiSTi. ■
STOEICA ITALIANA
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE
DIRETTA
DAI.
Prof. C. RINAUDO
COX LA COLLABOUAZIOXX DI
j^. PABRETTI — P. VILLARI — G. DE LEVA
e di molti cultori di Storia Patria
FRATELLI BOCCA EDITORI
LIBRAI DI 8. M. IL BB d' ITALIA
TORINO
1894
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INDICE DELLE MATERIE
contenute nel presente fascicolo.
JP. Qabotto.
MEMOBIE
Le guerre civili astigiane e la ristorauione angioina pag.
BECEN810NI
c;
0« Tropea* — D. Atto Paganelli, La cronologia romana
Id. — II. Pedkoli. Roma e la Gallia Cisalpina (dai H25 al 44 a.
Id. — Gr. Rizzo, La tavola dei Chnnasiarchi a Tauromenio
V* Marcitesi. — G. A. De Gerbaix-Sonnaz di St-Romain, Studi storici
sul contado di Savoia e marchesato in Italia
O» Mcuszatinti. — Bexadduci G., Della Signoria di Francesco Sforza
nella Marca e peculiarmente in Tolentino .
Xf. Usseglio. — F. Gabotto, Lo Stato Sabaudo da Amedeo Vili ad
Emanuele FiKberto. Voi. II (1467-1496)
F. LioìtU* — Biblioteca storica siciliana. Voi. I. — G. Arena primo, La
Sicilia nella battaglia di Lepanto .
C M* — Campagne del Principe Eugenio di Savoia. Voi. IV
A» BattisteUa* — A. Moschetti, IÌ Gobbo di Rialto e le sue relazioni
con Pasquino. — V. Lazzarini, Marino Faliero avanti il dogculo, —
E. Volpi, Storie intime di Venezia repubblica ....
Vm — G. Carducci, Storia del • Giorno » di Giuseppe Parini .
Bigoni* — D. Carutti, Storia della Corte di Savoia durante la rivo
luzione e Tlmpero francese
— G. Costetti, La Compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821
al 1855
C* F» — A. M. Stokvis, Manuel d'histoire de genealogie et de chronologie
de tous les états du globe
P. Boschi. — M. Fattoki, Ricordi storici della repubblica San Marino
X. — D. Carutti, La storia della città di Pinerolo ....
Y.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
I. Storia polìtica
II. Storia militare
III. Storia ecclesiastica
1^ in lingua italiana
2° in lingaa francese
3® in lingaa tedesca
4* in lingua inglese
5° in lingae varie
ELENCO ni LIBBI
N. 136
N. 45
N.
N.
N.
35
16
14
NOTIZIE
Concorsi a premi su temi storici. — Nuove società storiche. — Nuove Riviste.
— Pubblicazioni di società storiche. — Collezioni di testi, Indici e Ca-
taloghi, Inventari e Regesti. — Archivio storico municipale d'Asti. —
Pubblicazioni storico-geografiche i>er dispense. — Libri francesi. — Ri-
cordi necrologici »
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Il prezzo d'abbonamento alla Rivista Storica è di L. 20 annue
per tntto il Regno^ e di L. 24 per tutti i Paesi compresi
nell'Unione postale. — Ogni fascicolo separato L. 6.
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MEMORIE
Le guerre civili astigiane
e là ristorazione angioina.
I.
Morte di Gaglielmo VII di Monferrato : suo carattere e sae imprese. — Condizioni
politiche del Piemonte : Asti di fronte al risorgere degli elementi fendali. — La
casa di Savoia : acquisti di Tomaso III e di Amedeo V. — Successi del marchese
Tomaso I di Salozzo. — Le minori famiglie aleramiche : i marchesi Del Carretto,
di Bnsca, di Ceva, di Clavesana, dlncisa. — Rovina dei conti di Biandrate. —
Decadenza e risorgimento dei marchesi di Romagnano. — Rivalità dei conti di
Yalperga e di San Martino. — Sorti delle signorie ecclesiastiche: le abazie. —
Sfacimento della potenza dei vescovi d*Ivrea, Torino e Vercelli. — Miglior fortuna
dei vescovi di Asti e di Alba: tentato risorgimento^ acquisti e lotte dei vescovi
astigiani Corrado ed Oherto. — I Comuni maggiori : soggezione di Alba, Cuneo,
Possano, Ivrea, Casale, Vercelli, Novara. — Conquiste di Alessandria e di Asti:
dedizione della prima a Matteo Visconti. — Vitalità del Comune in Chierì. —
Egemonia astese su Cherasco e Savigliano. — Monteregale e le sue lotte coi
Bressani e col vescovo d'Asti. — Inimicizie particolari in Piemonte : guelfi e ghi-
bellini. — Origine delle discordie civili astigiane.
L*anno 1292» addi 6 febbraio, moriva in Alessandria, prigioniero
de' cittadini, il marchese Guglielmo Vn di Monferrato, barone au-
dace, ambizioso, protervo, cui le tradizioni famigliari di rinomanza
in armi ed in poesia erano state eccitamento fiero ad emulare e
superare la gloria avita, ricostruendo la disfatta grandezza degli
Àleramidi. Volta a volta feudatario, < signore > e < capitano »
d'Ivrea, Torino, Ghivasso, Casale, Alba, Acqui, Alessandria, Tortona,
Vercelli, Novara, Como, fin Milano e Pavia, alleato or de* Torriani,
or de' Visconti, or de' guelfi, or de' ghibellini, oggi amico di re Carlo
d'ÀDgìò, domani in guerra con lui, sempre per amor di dominio ;
egli soggiaceva alle voglie smodate di signoria ed alla tenace impla-
cabile diplomazia di Asti (1). Sorge Asti < republicana > dove la
(1) Di Guglielmo VII e del sao tempo discorrerò di nroposito in altro lavoro (Il
gran march^e), B. Sah Gioboio, Cron. di Monf., p. 79, Torino, 1780, ne ritarda
la morte al 13 ; 11 Ghilini, Ann. di Aless., p. 50, Milano, 1666, Tanticipa al 5.
Pel 6 sta decisiva Pantorità di 0. Alfieri^ in M. h. p., Script, III, 681, e di
G. Ventura, ibidem, 718. Per l'esattezza ed antichità del passo di quest'ultimo
cfr. G. Dilla Chiesa, ibidem, 930, e G. Del Carretto, ibidepit 1158.
Bivitta Storica Italiana, XI.
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Z MEMORIE
confluenza del Borbore dilagante col Tanaro dal letto incassato al-
larga il piano fra amena cerchia di colli pampinosi e boschivi: a
monte sta, pur antica, la rivale Alba € Pompeia», mentre si stende
a valle, dopo altre sinuosità del fiume, la nova lombarda Alessandria;
tre città che la storia comunale del Piemonte riempiono sovra le
altre de* casi loro molti e svariati. Nel 1290, quando per opera degli
Astigiani fu catturato il marchese Guglielmo, la lor città era lieta
di una vita comunale precisamente di due secoli, liete le sue mi-
lizie popolaresche di gloria insperata pe' trionfi sulle schiere feudali
e regali delKAngioino, battute nel 1275 a Roccavione, indi mano a
mano cacciate da tutta la terra subalpina. E già poteva vantare
trentanni avanti la prigionia del conte sabaudo Tomaso II ed il
Piemonte a lei soggetto come a naturale dominatrice : primato che
la signoria provenzale aveva interrotto, ma or pareva ricostituito e
raffermato più che mai. Pure, in un quarto di secolo, erano avve-
nute mutazioni profonde, e più nella coscienza e potenzialità che
nel fatto medesimo. L*éra de' liberi comuni volgeva al termine: il
feudalesimo, abbassato dalla preponderanza astigiana, risorgeva in-
dubbiamente. La gelosia de* comuni minori e Tinteresse baronale,
insieme, avevano chiamato lo straniero : ancorché battuti gli An-
gioini, il seme gettato fruttificava, ed i feudatari rialzavano il capo,
atteggiati volontieri nel nuovo aspetto di € signori >. Ultimo suc-
cesso, Guglielmo VII era prostrato; ma Tillusione del trionfo non
rispondeva alla realtà (1). Fin dal 1272 erano ridiscesi in Piemonte
i fratelli Tomaso III ed Amedeo V di Savoia, figlio dell'antico pri-
gione di Àsti, e formidabili giudicano gli storici nostri le forze loro,
dacché sottomisero senza combattere vassalli restii; e si accinge-
vano forse a cose maggiori, quando l'incalzar degli eventi e le scon-.
fitte dei siniscalchi regi indussero Tomaso III a firmare il 18 giugno *78
un trattato di alleanza con Asti e i di lei aderenti. NeirSO, recan-
dosi il Monferrino in Ispagna, fu dal Sabaudo catturato e costretto
il 21 giugno a rendergli Collegno, Grugliasco, Torino e dipendenze:
di qui alla casa di Savoia si riapriva la via di esercitare qualche
influsso efficace sulle cose di Piemonte. Tomaso III non sopravisse
a lungo a questo risultamento in avvenire fecondo, ma Amedeo V,
(1) G. Ventora, c. 12, p. 715. Per le cose dette, G. Gorrini, Il Comune ast. e
ìa sua storiogr,, 20, Firenze, 1884; G. Merckbl, Un quarto di sec. di vitacom.,
Torino, 1890, e La domin. di Carlo d^Angiò in Pieìn. e in Lomb., Torino, 1891.
Del lavoro di G. Surra, Vicende della lotta fra H Com. astìg. e la Casa di Angiò^
Torino, 1893, non merita si tenga conto.
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OABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 3
successo nel titolo comitale al zio Filippo nell'SS, con pregiudizio
del nipote^ detto Filippo ancor egli e stipite del ramo di Acaia,
continuò Topera fraterna, e postosi al servizio degli Astigiani, non
combattè soltanto per la Republica, ma tolse per proprio conto a
Guglielmo VII l'importante luogo di Pianezza (1). Anche il marchese
Tomaso I di Saluzzo assumeva un contegno più gagliardo rispetto
ad Asti: alleato già de' Provenzali, cui avera poi disertato per ti-
more de' nemici soprafacenti e speranza di proprio vantaggio, ricu-
perava infatti Val di Stura, Centallo ed altri luoghi, rompendo nel
'77 un corpo angioino presso Busca, che ridusse indi a sua obbe-
dienza tra rSO e l'Sl. Una nuova vittoria riportata in maggio '81
a Borgo San Dalmazzo crébbene ancora il prestigio, tantoché i Cur
neesì, i quali, non ritenendo omai più abbastanza sicura la prote-
zione astigiana sancita l'S dicembre '79, avevano invocato un'altra
volta gli Angioioi e sorpreso Montemale al Saluzzese, finirono in-
vece per iscendere a patti con lui, rendendogli parecchie terre e
promettendogli un censo per altre, oltre l'impegno di far guerra,
esercito e cavalcata per lui contro tutti, fuorché il marchese di Mon-
ferrato, l'abate di San Dalmazzo, Monteregale ed Asti. L'acquisto
di Cuneo metteva a dirittura di fronte Tomaso I e la Repubblica;
onde questa, formando tregua col siniscalco di Provenza a' 13 feb-
braio '83, escludeva da essa il territorio del marchese e di Cuneo,
inchiudendovì solo i castelli e luoghi di Carmagnola, Lequio e Sa-
luzzo, su cui vantava diritti signorili. Nondimeno la guerra cogli
Angioini era favorevole a Tomaso, il quale, composte le dissensioni
con Guglielmo VII per le pretese su Alba, che si era data a que-
st'ultimo, neir85 vinceva di nuovo con lui i Provenzali a Borgo
San Dalmazzo, tantoché la villa, dopo lunga difesa di Pietro De
Brayda e dei fuorusciti di Cuneo, procedeva il 7 aprile ad accordi
ed il 9 apriva le porte ai due marchesi. Più tardi, Asti era costretta
dalla guerra contro il Monferrino ad usar riguardi al Saluzzese,
introducendo una clausola a favore di lui nella lega del 30 giugno '90
co' fuorusciti d'Alba. Che se poi, il 19 gennaio '91, bisognò al mar-
ci) CiBRARio, 8t. moti, di 8av., II, 167, 169 segg., 214, Torino, 1841, e Orig, e
progr. mon. di Sav,, II, 70-71, Firenze, 1869 ; Sella e Vayra, Dei cod. d'Asti,
cxii, Roma, 1887. ~ Infondata la notizia di nna rotta sul Sangone inflitta dagli
Artigiani a Tomaso III, che dà il Grassi, Si, d^Asti, 2» ed., I, 178, Asti, 1890-91,
confondendo eoi casi di Tomaso II. — San Giorgio, 77. In Arch, di St. di Tor.,
Prott, duce, è un atto per cui Guglielmo VII depone 6000 lire a guarentigia di
non offender Tomaso per l'arresto subito. — Vedi infine Datta, St princ. di Acaiat
I. 5 segg.; II, 19, 23, Torino, 1832, e Codex Aatensis, App., nn. 1026-1034.
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4 MEMORIE
chese di Salazzo prestar per forza ad Amedeo V la fedeltà, prima
diniegata o sospesa, per Busca, Bernezzo, Barge e Scarnaflgi, le
coDchiusioni rimangono inalterate, perocché era segno di debolezza
dinanzi a maggior potenza feudale, non già ad un libero comune (1).
Àgli altri Àleramidi la sola dispersione in molti rami sarebbe
bastata a togliere omai la possibilità di un ritomo alla potenza an-
tica: né i marchesi di Busca, travolti nella fiumana del grandeg-
giare astese durante la prima metà del secolo XIII, riuscirono invero
a rialzarsi, poste poveramente le sorti loro in correlazione e dipen-
denza del marchesato di Saluzzo ; né i Del Carretto, tratti da' do-
mini sui due versanti dell'Apennino a rivolgere di preferenza Tat-
tenzione loro alle cose di Liguria, esercitarono più un influsso di
qualche efficacia in Piemonte (2). Ma anche qui Teccezione conferma
la regola, perchè invece la casa di Cova seppe comprimere le sue di-
scordie intestine e rafforzarsi e ricrescere col dare unità d'indirizzo
agl'interessi di tutta la famiglia. Del che ha merito anzitutto una
sentenza arbitrale pronunziata il 6 marzo 1287 dal conte Pietro di
San Giorgio, per cui il marchese Giorgio II, detto Nano, e suo figlio
Giorgio III erano tenuti a restituire a' cugini Bonifacio, Manfredo
e Paoluccio, figliuoli di Guglielmo III, il castello e luogo di Nucetto,
contro rinuncia de' medesimi di ogni ragione loro spettasse nel mar-
chesato cevasco. L'opera iniziata con quest'atto era proseguita dalla
donazione fatta il 20 maggio '91 di simili lor diritti a Giorgio III
da parte dei figli e delle figlie di Pagano, fratello di Guglielmo III
e signore di Scagnello; e fu poi compiuta alcuni anni dopo, nel '99,
quando anche Guglielmo IV ed i suoi figli furono costretti da Nano
a cedergli le proprie pretese o ragioni, riconoscendo la primazia
del ramo di Giorgio I (3). Se i marchesi di Clavesana avessero fatto
(1) Sella e Vatra, oxl, cl seg.; G. Della Chiesa, 919 segg.; Cod. Att. nn. 955^
981 (Per la correzione della data, Sella e Yatra, lziv), 980 ; Muletti, Mem. stor.
città e marchea. Sai.y II, 415 segg., 425, 436 segg., 456. Per qaanto concerne Caneo,
è a distingnere Tatto del 7 laglio 1281 in Muletti, II, 415, dalla vera dedizione
ch'ebbe luogo Vìi giugno 1282 {Arch. di St di Tor,, Prov., Cuneo, Mazzo I, n. 10).
— Su Pietro De Brayda, cfr. le mie Bic. e 8t. st di Bra, I, 63 segg., Bra, 1891.
— Infine Cibrario, St mon., II, 215.
(2^ Mbrckel, Manfr, I e Manfr. II Lancia, Torino, 1886; G. Della Chiesa,
passim ; Sella e Vayra, alleg. 7, tav. IV ; P. Giopfredo, St. Alpi mariU., in M.
h, p., Script, t. II. Che siano aleramiche le famiglie di cui nel testo, dimostrarono,
contro il San Quintino, Osserv, crit, in Mem. B. Accad, Se, di Tor., 8. II, tt. XIII
e XIV, parecchi altri eruditi, quali il Manuel di San Giovanni, Dei march, del
Vasto, Torino, 1858 ; Debimoni, SuOe marche delVA. L, Genova, 1868 (Cfr. Giorn.
Ligust del 1878); Dionisotti, Le fam, cel. mediev, deWIt Sup,, 101 segg., Torino,
1887, ed UsBEGLio, in Biv. star, it, X, 385 segg.
(3) Arch, di St di Tor,, Prov., Mmdo^, Mazzo X, nn. 3ter e 4. Cfr. più in-
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GABOTTO — LB GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 5
altrettanto, non la lor successione sarebbe caduta in men di un se-
colo a Genova, e meno avrebbe forse gravato ia fortuna di Gu-
glielmo VII sovra i marchesi d'Incisa queiranno stesso 1292. Del
resto, la sottomissione loro non fu cosi fatale come quella di un'altra
grande famiglia subalpina, di origine diversa ed oscura, certo an-
tìca, forse regale; una famiglia che aveva goduto in altri tempi
potenza pari, se non maggiore, degli Àleramidi. I conti di Biandrate
erano davvero abbattuti, nonostante facessero ancora più tardi ge-
nerosi sforzi per risollevarsi. Sconfitto e morto a Sommari va del
Bosco il giovane Federico, figlio del conte Emanuele, in novembre '90
Riva si rimetteva in balia degli Astigiani, ed il 10 dicembre dello
stesso anno anche Emanuele medesimo, l'altro figlio Guido ed il
nipote Antonio piegavano dinanzi al comune vincitore, abbandonan-
dogli molte terre. Verso lo stesso tempo (24 novembre), Baldracco
Solare, podestà di Chieri, arbitro interessato ne' dissensi fra questo
Comune e Pietro di Bonifacio di Biandrate, sentenziava dovesse il
medesimo vendere ai Ghieresi i luoghi di Andezeno e di Cesoie e
pagar loro un fodro annuale. Appena il ramo di San Giorgio, per
la maggior lontananza de' suoi possessi da Chieri ed Asti, conservò
un avanzo dell'antico splendore nell'attual provincia di Novara, pur
urtandosi colà con altre ambizioni feudali e comunali (1), del pari
che la schiatta, forse affine, de' marchesi di Romagnano : questi Ar-
duinici, nondimeno, tornarono più tardi a risorgere (2). In fine,
sotto la suprema signorìa monferrina, poi di Savoia, continuavano
a contrastarsi le terre del bel Canavese le stirpi sorelle e nemiche
dei Valperga e dei San Martino (3).
Dal risorgere degli elementi feudali sulla fine del secolo XIII tro-
Tianzi, p. 22-23. La genealogia, anziché in Olivero, Mem, stor. città e marches. Ceva,
(leva, Ì858, r. in Sella e Vayra, alleg. 7, tav. V, colle modificazioni del Martini,
Cenni stor. del marches, di Ceva, Cova, 1893, di cni ò in corso di stampa ana mia
minuta recensione critica.
(1) G. Ventura, c. 22, 730 seg.; G. Della Chiesa, 926 ; Cod. Ast, nn. 809, 810
e (Àpp.) 1035; CiBRARio, 8t di Chieri, 148, 2* ed., Torino, 1831. La discendenza
dei Biandrate dai conti di Pombia è sostenuta dal Tonetti, 8t. Valle Sesia, Va-
rallo, 1875 ; dal Bunchstti, L'Ossola mf,, 1. 1, Varallo, 1878 ; dal Garutti, Umb. I
ed U re Ard.. 270 segg., Roma, 1884, e dal Rusconi, I ce. di P. e di B., Milano,
1885 ; Tardoinica dal Dionisotti, Op. cit, 73 segg. Se poi i conti di Pombia ap-
partengano alla Casa d'Ivrea è altra più ardaa questione, cui risolve affermati va-
inente il Cabutti, /. e.
(2) Vedi per ora il mio libro Lo Stato sab. da Am. Vili ad Em. FU., I, 40 segg.,
Torino, 1892. Più ampie notizie darò altrove. Per Taffinità coi Biandrate, Dioni-
sotti, La VdUesia ed il Com, di Eomagnano Sesia^ Torino, 1871, e Fam, cel,
71 segg.
(8) P. AzAKio, De belìo canapiciano^ 336 segg., ed. Milano, 1771; Bbktolotti,
Pauegg, star, nel Canav.y passim.
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6 MEMORIE
viamo però esclasi i vescovi e gli abati, cai Paura de* nuovi tempi
non soffiava punto favorevole. A nulla, o quasi, erano ridotti nel fatta
i diritti delle abazie di Breme, Novalesa, San Solutore, Santa Maria
di Pinerolo, Santa Maria di Caramagna, ecc.; a stento Tabate Federica
di San Dalmazzo di Pedona, venerando per età e nella vita politica
sperimentato, otteneva dal marchese di Saluzzo il riconoscimento di
alcune ragioni nel Borgo ed in Gentallo (9 aprile '85 e 21 febbraio *87):
solo Tabazia fruttuariense continuò ancbe più tardi a sussister com-
patta nel basso Canavese co* suoi forti villaggi di Montanaro, Volpiano,
Lombardore e Feletto intorno alla chiesa ed al borgo centrale di
San Benigno (1). Il vescovo d'Ivrea, i cui diritti signorili sulla città
erano ancora salvaguardati negli atti comunali del 1260, era stata
poco a poco spogliato di ogni terra importante dal marchese di Mon-
ferrato, in ispecie dopoché la città, il 23 luglio '78, aveva prestata
giuramento a Guglielmo VII, acquisitore fin dal 19 marzo prece-
dente di tutti i diritti che vi vantava il Comune di Vercelli: egli
stesso, il prelato, par fosse stretto di assedio in un suo ultimo ca-
stello (2). A Torino, il vescovo Goffredo dì Montanaro, pur uomo
attivo ed intelligente, non riusci a ricuperare i castelli di Rivoli e
Cavour per cui si arrovellava presso la curia romana fin dal '67;
tanto meno Montozolo, occupato da'Chieresi: par anzi non potesse
neppur ottenere Castel vecchio presso Moncalieri, che gli doveva esser
reso per disposto testamentario di Tomaso III (3). Da Vercelli, dopo
la cessione fatta nel 1243 al Comune dal legato pontificio Gregorio
di Montelungo, in tempo di sede vescovile vacante, di quanto la
Chiesa eusebiana possedesse tra il Po, la Dora e la Sesia e nel ter-
ritorio di Casal Sant'Evasio, il nuovo eletto Martino Avogadro di
Quaregna aveva dovuto riparar nel Biellese, dov'eran molte le terre
de' suoi congiunti: Biella ed i luoghi circostanti divennero d'allora
in poi il rifugio de' suoi successori, ancorché il Comune vercellese,
con un importante atto deir86, restituisse al vescovo il castello di
Mongrando e gli riconoscesse il diritto di ricevere le istanze degli
uomini del distretto e giurisdizione di Vercelli, de' conti, signori ed
uomini del Canavese e de' Comuni d'Ivrea, Trino e Casale (4). Di
(1) Arch, di Si. di Tor., Abazie ; Muletti, II, 439, 445 segg. Su Fruttuaria,
il mio jS^^. sab., II, 173 segg., e per i tempi più antichi Calligarib, Utì'ant. cron.
pierAont ined., Torino, 1889.
(2) Arch, Com. d'Ivrea, Mazzo I, nn. 80, 38, 39 ; Datta, I, 14.
(8) M,h. p., Chart, I, 1479 segg.; Cibrario, 8U man., II, 175, cfrtato con
Datta, I, 22.
(4) Mandelli, Il Com, di Vere, I, 247 segg.; IV, 107 segg., Vercelli, 1857-61 j
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G.\BOTTO — LE GtTRRRB CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 7
Àsti e di Alba» naturalmente, i vescovi, già potentissimi, non erano
ancor tanto scaduti: anzi questo, sempre signore di Verduno e di
Roddi, in qualità di delegato apostolico teneva allora un posto co-
spicuo in Piemonte in un coirabate di Vallombrosa, suo subdelegato;
quello poi, cercava fin di profittare de' primi segni di debolezza del
Comune astigiano per riguadagnare il perduto e riallargare un'altra
volta i suoi possessi, sebbene Tattuazione riuscisse a lui più difficile
che il disegno, ed anche al riguardo si notino fatti rivelatori d'im-
potenza a reggere all'età nuova. Dopo la cacciata de' Provenzali, i
cittadini, desiderosi che fossero tolte le censure ecclesiastiche fulmi-
nate contro di loro per l'usurpazione di parecchi feudi della Chiesa
d'Asti, ne prometteratto restituzione al vescovo Corrado, che il
24 gennaio '79 levò infatti la scomunica: in realtà però non li
dismisero punto. Il 22 luglio *82 Benedetto Della Torre vendeva al
prelato la sua porzione di tal feudo per lire 150 astesi, ed altret-
tanto faceva Ottone il 10 ottobre '85 per la sua del medesimo e
dell'attro di San Michele. Oberto, un de' successori di Corrado,
comprò per 800 lire astesi una parte di Oovone da Rainero Solaro
(23 novembre '89), e più tardi Sant'Albano da Petrino de Drua,
che ratificò la vendita il 10 maggio '92. A' vescovi d'Asti toccò
appunto in quest'epoca di sostenere un'aspra lotta con alcuni signori
aventi possessi nella lor terra di Bene inferiore: prima, il lOmaggio '80,
Anselmo di Calosso, podestà del luogo pel vescovo Corrado, pronun-
ziava sentenza di bando e 'confisca per congiura e ribellione contro
Giacomo di Oorzegno ; più tardi, nel giugno ^82, Uberto di Oovone,
nuovo podestà di Bene, ne emanava altre contro i fratelli Oddone
e Bartolomeo Caccia per ribellione, tradimento, omicidi, adulteri ed
altri delitti. I Caccia furono a lungo renitenti: mallevò per loro
Guglielmo VII, finsero di sottomettersi, da capo rialzarono la su-
perba cervice. Dair87 al '90 è una serie di minaccio, ingiunzioni,
misure coercitive contro di loro da parte del vescovo, de' suoi 'uf-
ficiali e fin del subdelegato apostolico: soltanto in luglio '91 i Caccia
consentirono a vendere per 1000 lire astesi quanto tenevano in
Bene, e a rilasciare dalle carceri di Bonvicino i sudditi del prelato
che vi tenevano prigionieri (1).
Importanza particolare hanno i rapporti del vescovo d'Asti con
MuLLATBRA, Mem. eron. Bielìa, 36 segg.. Biella, 1778 ; Cibrì[Rio, Oper. e fircmm.
«tOf., 157-158, Firenze, 1856 ; Arch, Com. di Vere., Mazzo XVIII.
(1) Libro Verde della Chiesa d'Asti, un. orig. in Areh. di St di Tur.; copia
autentica nella NasiùnaU della stessa città, N. TV, 13, ff. 5, 19, 20, 49, 75, 88-92, 94.
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8 MEMORIE
Monteregale, or Mondovi, in quanto e* introducono ad esporre la
condizione de* maggiori Comuni subalpini a quest'epoca. Alba si era
data al marchese di Monferrato, Cuneo soggiaceva a quel di Saluzzo,
Possano era degli Astigiani, Torino di Savoia, Ivrea e Casale par
monferrine. Novara e Vercelli, dal cui vescovo dipendeva Biella,
erano state anch'esse di Guglielmo VII, or proclamavano « capitano »
per cinque anni Matteo Visconti (1). Gli Alessandrini, cui, per aver
imprigionato il marchese, spettava il principal merito di una rovina,
toglievano per sé Viarigi e San Salvatore, mentre gli Astigiani oc*
cupavanó Albugnano ed altri luoghi. Par tuttavia che qualche for-
tezza di Alessandria fosse ancora in mano de* Monferrini, i quali non
la sgombrarono che più tardi, quando il 28 febbraio *92 ricevette
anch'essa « capitano > il Visconti (2). In Chieri l'energia di libertà
era maggiore che ne<^li altri Comuni piemontesi : alleati di Asti, ma
non suoi dipendenti, i Chieresi furono tra coloro che raccolsero più
frutti della caduta di Guglielmo VII. Oltre le cessioni imposte a
Pietro di Biandrate, nello stesso mese di novembre '90 costringe-
vano i signori di Moncucco a compromettere le loro differenze col
Comune nel podestà Baldracco Solare, il quale pronunciava anche
stavolta che detti signori dovevano cedere i castelli e luoghi di Mon-
cucco e Cinzano e le parti che possedevano in Vernone e Mombello,
salvo a riaverli in feudo gentile dal Comune stesso, che ne li investi
infatti il giorno 9. Già precedentemente, il 25 settembre, i signori
di Arignano avevano dovuto donare e riaver quindi in feudo altre
parti di Mombello e di Arignano, e 1*11 novembre rinnovarono la
cessione e la fedeltà. Parimenti, fin dal 3 ottobre, si era reso al-
leato e cittadino di Chieri Uberto de' conti Radicati di San Seba-
stiano, signor di Avuglione ; e poco più tardi Ubertino, Ranieri ed
altri signori di Castelnuovo chiedevano l'investitura di Moriondo, e
giuravano fedeltà parecchi uomini di Vernone. Nell'aprile '91 fu
occupata in armi la villa di Berzano fra Albugnano e Moncucco;
ed il 3 settembre di detto anno Matteo, sire d'Osterò, ed ì suoi figli
giurarono similmente la cittadinanza nelle mani di Guglielmo Alfieri,
promettendo di servir Chieri del castello contro tutti, eccettuati il
marchese di Monferrato ed i signori di Sciolze, da cui lo tenevano
(1) G. Vbntura, 719; G. Fiamma, Man, flarum, e. 329, in B. I. 8., XI; Ann.
Mediolan,, e. 62, ibidem, XVI.
(2) G. Ventura, l. e. Alle ville da lai eDamerate, B. San Giorgio, 79, aggiunge il
castello e la villa di Cossombrato, il castello di Montiglio, la Villa, Àgliano, Menale
« e le altre terre vicine ». — Ghiuni, 51; G. Fiamma, c. 331.
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OABOTTO — LE OUERRB CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 9
in feudo (1). Di Gherasco non risulta da alcun documento che il
4 aprile '89 prestasse fedeltà a Carlo II d'Àngib, anzi le condizioni
generali del Piemonte a quest'epoca sembrano escludere assoluta-
mente il fatto: par invece che il Comune conservasse Tautonomia
!>otto il primato e protettorato degli Astigiani. Consta infatti che,
il 9 marzo '77, Àsti, Chieri ed Alba, allora non per anco datasi a
Monferrato, avevano conchiuso pace ed alleanza con Gherasco, co-
stretta a riconoscere l'egemonia astigiana persino in certe questioni
di gabelle. Fra gli articoli di questo trattato eravene uno che pre-
scriveva apposita convenzione per la reciproca cittadinanza dì Asti
e Gherasco: essa fu poi stipulata il 29 novembre '81, ed in due atti
del *92, di cui sarà discorso più innanzi, le due terre appaiono
sempre alleate senza che si abbia notizia di dissensi inframmezzo (2).
Press'a poco in ugual condizione era Sa vigliano dopo la sua ricon-
ciliazione con Asti il 25 dicembre '76 : il Comune saviglianese, per
altro, sembra godesse maggior libertà di azione rispetto alla Repu-
blica dominatrice che non quello di Gherasco; e la non avvenuta
restituzione della torre di Montemaggiore da parte appunto dei Cbe-
raschesi, contro il tenore dei patti del '76, doveva lasciar qualche
traccia di malumore in Savigliano. Quivi pertanto, ancorché essa
appaia sempre aderente di Asti negli atti succitati del 12 luglio e
26 dicembre *92, maturavano germi fecondi più tardi di ostilità (3).
Intorno a Monteregale le notizie storiche di questi anni abbon-
dano maggiormente e ne chiariscono anche meglio le condizioni.
Dopo la cacciata degli Angioini, il Comune ebbe anzitutto di mira
di regolare certe questioni ond'era turbato fin dal periodo prece-
dente: di qui la vendita e cessione del castello di Mirabelle o della
Chiusa a Federico Bressano e consorti per lire 200 astesi (2 di-
cembre '77), con impegno da parte degli uomini di detto luogo di
non offendere quelli di Mondovi; di qui ancora, in dicembre '84,
la determinazione de' confini con Montaldo e Roburent riguardo
al bosco negro, e qualche altra convenzione di ugual natura fin
nel '90, ed oltre, cogli uomini della montagna, Garessio, ecc. Il
(1) Areh. Com. di Chieri Libro rosso, ff. 115, 121, 128, 144, 152, 157, 158,
160-161, 165, 170; Cibrario. Chieri, 147. Cfr. sopra, p.5.
(2) Cod. Ast,, nn. 661 e 928; Mon, hist patriae. Chart,,ll, 1671 segg. L'affer-
mazione erronea solo in Yoersio, Hist. di Cher,, 453-454, Mondovi, 1618 (Cfr. Adriani,
Ina. anoMt. e cron. di ah, dece, per servire aUa st di Cher., 47, Torino, 1857).
(8) Cod, Ast., n. 713 (La data 1277, a natìviiate, accettata dal Tuklbtti, 8t di
Samgl, I, 150 aegg,, Saviffliano, 1879 segg., e da me stesso, Bic. e st st. Èra, I,
4748, come secondo lo stile comune, va corretta nel medesimo in 1276. Cfr. Sella
e Vayra, oli). — VoERBio, 134 ; Adriani, 47 (n. 158) ; Turletti, l e.
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10 MEMORIE
26 febbraio *88 Oaglielmo di Ceva consentiva a farsi cittadino del
Monte con obbligo di tenervi una casa e difendere il Comune da
ogni nemico, ed altro accordo era stipulato il 16 agosto fra il Co-
mune stesso ed il marchese di Clavesana. Non tutti questi patti,
invero, suonavano pace: il cevaaco, ad esempio, si sottometteva a
Mondovi per far testa al cugino Nano, cui contrastava la successione
totale del marchesato, sebben dovesse infine piega rglisi. In genere,
però, le principali diflBcoltà venivano a Monteregale dal vescovo
d*Asti e da* Bressani e Della Valle, possente famiglia uscita dal seno
della nuova terra e volta a volta, in sua irrefrenata ambizione,
dominatrice airinterno, o nemica al di fuori. A quest'epoca i Bres-
sani erano preponderanti nel Comune ; eppercib, il 21 giugno '82,
il vescovo astigiano Corrado, intimando agli uomini del Monte di
accettare e riconoscere il podestà da lui nominato in persona del
suo fido e valente Uberto di Govone, ordinava pure a quei signori
di non ricevere in Mondovi, né altrove, i traditori del vescovo né
i banditi di Bene. I rapporti incominciavano dunque ad esser tesi :
da altri documenti del 22 e 23 appare che il Comune voleva arro-
garsi la nomina del podestà ed altri diritti spettanti al prelato, il
quale ne faceva assoluto divieto, come pure di elegger consoli che
non fossero della villa del Monte, od in numero soltanto di uno. Alla
renitenza de* cittadini il vescovo disegnava contraporre altri atti più
energici e, in sua speranza, efficaci, al qual fine delegava il 4 luglio
suo procuratore Sismondo Mazoco. Senza che ben se ne intenda la
ragione, essendo vivo Uberto — che rivedremo più tardi effettiva-
mente podestà della terra — , il 23 settembre sì procedeva di nuovo
dal vescovo alla nomina di un podestà del Monte in persona di Sel-
lando Solare, d'Asti. Un silenzio di alcuni anni nei documenti non
prova, ma rende più accettabile l'ipotesi cheli prelato ed il Comune
fossero venuti temporariamente ad accordi, e Corrado nominasse in
proprio nome la persona già scelta all'alto ufficio da* cittadini: espe-
diente che appare in realtà adoperato qualche anno dopo e che mo-
strerebbe fin d'allora assai scossa l'autorità del vescovo 'd*Asti in
Mondovi, e più appariscente che efficace Topera sua ristoratrice.
Neli*85 era da capo lotta aperta fra le due autorità : 1*11 novembre,
il nuovo vescovo Oberto passava procura per un'altra intimazione
a* Monregalesi riguardo al regime cosi del podestà, come de' consoli,
ed all'osservanza delle convenzioni reciproche; e solo il 13 aprile '89,
in adendovi, il prelato stesso — ad istanza di Bressano de' Bressani
e di altri cittadini — asfiolves^a i consoli e rettori del luogo dalle
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GABOTTO — LE GUERRE CIVIU ASTIGIANE E LA EISTOR. ANGIOINA II
censure incorse per aver usurpato i diritti della Chiesa astese, fa-
cendo le parti compromesso di lor differenze in Sismondo Mazoco
ed in Guglielmo prevosto di Masio, per un mese oltre il ritorno di
Oberto dalla Curia romana, e confermando questi i capitoli del
Monte e consentendo a* cittadini di fame altri» purché non contro
i diritti della Chiesa d*Asti» nonché di eleggere il podestà, pur di
riceverne dal vescovo la conferma. Tosto i Monregalesi elessero
Uberto di Govone, cui il prelato subito del pari riconfermò. Non-
dimeno, in alcuni degli anni seguenti, il podestà di Mòndovi appar
di nuovo nominato senz'altro dal vescovo d*Astiy e nel *94, essendo
vacante la sede astese, il 13 luglio il Capitolo cassava ed annullava
relezione fatta dal Comune in persona di Anselmo Berruto, ancorché
— segno evidente di debolezza — lui poi nominasse con altr*atto
del medesimo giorno (1).
A compiere il quadro delle condizioni politiche generali del Pie-
monte alla morte di Guglielmo VII, resta ad avvertire come fossero
vive le inimicizie e le gelosie di terra a terra, di famiglia a famìglia.
Tra Possano e Savigliano Tastio era vecchio, e la rivalità si pro-
trasse anche sotto il dominio sabaudo; Alba aveva lottato a lungo
contro Asti per la supremazia del Piemonte meridionale, e benché
soprafatta da.iremula, non poteva comprimere il rimpianto e Tani-
mosità. Appunto perché Possano, sebbene sorta in odio ad Asti, n*era
presto diventata fida aderente, Savigliano le era nemica, ed Alba erasi
poi data neir82 al Monferrìno, e doveva più tardi farsi autrice precipua
della ristorazione angioina (2). Talvolta gli odi particolari si amman-
tavano sotto i nomi generici di guelfi e ghibellini : de* primi erano nel
Canavese i conti di San Martino, contrapposti a* Valperga e a* Bian-
dràte; in Ivirea i Tagliantì contro i Soleri; in Vercelli gli Avogadri
contro i Tizzoni; in Chieri gli Englesii ed i Tasca contro i Balbi; in
Alba i Rappa ed i Costanzi, poi i Falletti, contro i De Brayda; in Asti,
infine, i Solari contro i Gattuarì, Isnardi e Turchi, riuniti, all'uso
del tempo, in un < ospizio > col sopranome comune « De Castello > (3).
(1) Iuta cwUatìa McnUsregaHa, ff. 208 segg., 890 v., 893 seg., 413 segg., Mod-
dovì, 1598 (Cfr. Arch. di 8t di Ter,, Prov,y Mond,, Mazzo I, n 2); Libro Verde
deììa Chiesa d'Asti, ma. cit., &. 14, 62, 65 seg. ; Liber instrumeniorum Montisre'
gaJìs, f. 29 ▼., ms. membranaceo nella Biblioteca di 8. M. in Torino. Sai Bressanì,
Mebcebl, Un quarto di secolo e La dom. di Carlo d'Angiò, passim. Cfr. sopra,
p. 10.
(2) Tdrletti, I, passim ; Merckel, Opp. dtt., passim ; Cipolla e Merckel,
UfCistriz. del 12B6 e Vorig, di Fossano, in Biv. stùr. il, VI, 28. Deficiente il
Paserio, Not, 8tor. di Foss., Fossano, 1872.
(3) G. Bella Chiesa, 927 segg., 987 (Cfr. le mìe Sic, e si. si. di Bra, I, 156
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12 BIEMORIE
Fin dal 1261 le ferite scambiate fra Bonifacio Solaro e Robaldo De
Catena, genero di Rufino Guttnario, avevano provocato un primo scin-
dersi de' cittadini in parti, e quindici € ospizi > sVrano accolti in una
grande società, che si denominò dei « Becchi ncenere > per resistere
alla prepotenza dei Solari. Ne vennero nuove reciproche violenze,
e nel '71 (1) una vera battaglia combattuta sul mercato durò circa
un'ora. Composte le discordie, un autorevole cronista del tempo,
che ricorda essersi trovato presente alla mischia del *71, afferma
che la città rimase poi in pace interna fino al 1300 : nondimeno lo
stesso scrittore accenna altrove ad atti segreti d'inimicizia fra Solari
e Guttuari al tempo della dedizione di Cuneo a Tomaso I di Saluzzo.
Secondo il Ventura, adunque, l'occupazione di quel luogo da parte
del marchese sarebbe avvenuta col tacito assenso de' Guttuari, al-
lora preponderanti, mentre i Solari erano tenuti in basso « per aver
favorito gli Angioini >; accusa abbastanza singolare per chiunque
osservi come nella celebre seduta del Consiglio astese al campo di
Quaranta, il 30 luglio '75, nel momento della lotta più intensa contro
i Provenzali, sedessero sette Solari, un sol Guttuario, nessun Isnardo
e nessun Turco (2). Comechessia, anche in Asti era negli animi un
turbamento foriero di non lontane sventure.
Or da questo stato di cose e dalle lotte del decennio successivo,
si origina e si determina quel complesso d'indirizzi e di fatti che
governa e spiega tutta la storia del Piemonte nel secolo XIV.
II.
Dissoluzione dello Stato monferrìno : il marchese Giovanni I condotto in Provenza. —
Pratiche di accordo con Amedeo V. — Trattato con Asti : violazione dei patti o
nuova guerra. — Immistione angioina in Piemonte : sottomissione de* marchesi
dlncisa agli Astigiani. — Tregna fra Asti e Monferrato. — Scarsità di notìzie
sul Piemonte meridionale pel 1293 : Matteo Visconti capitano e governatore dei
Monferrato. — Ritorno di Giovanni I : nuova guerra con Asti. — Compromessi
fra Amedeo V, Lodovico e Filippo di Savoia: divisione degli Stati savoini. —
Filippo in Piemonte: negoziati con Asti. — Donazione di Tomaso I di Saluzzo
al primogenito Manfredo IV. — Guerra di Ceva: Monteregale e Guglielmo IV
contro il marchese Nano. — Autorità di Amedeo V: matrimonio di Giovanni I
con Margherita di Savoia. — Questioni fra Ivrea ed i signori di Settimo Vittone. —
Congresso di Pinerolo e sue conseguenze. — Questione delUomaggio dell^abate di
segg.); Mandelli, IV, passim; Cibrario, Chieri^ 229 segg., 2^ ed. Notisi che anche
in Chieri vi era un Ospizio « De Castello >, ma guelfo e popolare.
(1) La data risulta con certezza da G. Ventura, c. 4, 706, che ricorda come po-
destà Galeotto Lambertini e, Tanno dopo, Guglielmo della stessa famiglia. Ciò vale
anche a correggere la tavola dei podestò astigiani data dai sigg. Sella e Vayra,
ocLxxx seg., in quanto la podesteria di Galeotto nel 71 risulta dal Codex,
(2) G. Ventura, c. 12, 715; Cod, Aat, App., n. 1023. Cfr. sopra, p. 2.
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 13
San Dalmazzo fra Salnzzo e Monferrato. — Morte di Tomaso I : Oìovanni di
Dogliani. — Guerra fra Delfinato e Savoia : spedizione di Filippo in Val San Mar-
tino. — Altra guerra fra Monferrato ed Asti : contegno di Alba, Savigliano, Che-
rasoo e Monteregale. — Fatti d'armi. — Pace fra Monteregale e Nano di Ceva :
sottomissione di Guglielmo IV e suoi aderenti. — Imprese di Giovanni I contro
il Visconti. — Tregue e paci in Piemonte alla vigilia del Giubileo. — Negoziati
ed accordi fra Monteregale ed i Bressani.
Se allo Stato monferrino, con tanto avvedimento e tenacia rico-
stituito ed ampliato da Guglielmo VII, noceva già molto la prigionia
del marchese, la morte di lui crebbe ancora la confusione e la ro-
vina. Gli Astigiani, gli Alessandrini ed il Visconti continuavano le
loro conquiste, ed insorgevano tutte le terre nuovamente aggiunte
da Guglielmo all'avito marchesato. Pavia proclamò signore Manfre-
dino Beccaria, indi a non molto cacciato; Alba, ancorché non se
ne conosca la data precisa, entrò pur essa neirorbita dell'influenza
astigiana, e già il 26 o 27 maggio, abbisognandole denaro per pagar
molti debiti, toglieva a mutuo 1468 lire da Pietro De Brayda, ri-
messo in grazia dal Comune non solo, insieme cogli altri € graffa-
gnini » 0 fuorusciti, ma or preponderante nella città, si che per
malleveria del suo prestito gli si ipotecava l'importante castello e
luogo della Morra (1). Men certa è la condotta d'Ivrea, la quale
appare bensì tra gli aderenti del marchese nella tregua del 26 di-
cembre seguente, ma consta aver tardato oltre due anni il giura-
mento a Giovanni I (2). Egli stesso, il giovane signore, fu da be-
nevoli fatto condurre in luogo sicuro fuor del suo Stato, prima presso
Tomaso e Manfredo di Saluzzo, poi presso il conte delfino Umberto»
infine sotto la protezione di re Carlo II in Provenza (3). II governo
del Monferrato rimase affidato a quattro prodi e leali gentiluomini,
Uberto di Cocconato, Facino di Tiglio, Nicolò bastardo di Gu-
glielmo VII e Giacomo di Gabiano, de' quali fu precipua cura stringer
accordi co* nemici esterni a fine di salvar lo Stato dall'ultimo sfa-
celo. Amedeo V di Savoia, oltre la condotta al servizio degli Asti-
giani, il 22 giugno '87 aveva conchiuso lega particolare con Ottone
Visconti, arcivescovo di Milano e zio di Matteo, e colle città di Mi-
lano stessa, Pavia, Cremona e Piacenza: con lui, prima che con
ogni altro, s'iniziarono pratiche di accomodamento, e nonostante le
smentite recate in Asti da Amedeo di Conflans, vicario generale di
(1) G. Dilla Chiesa, 931; G. Ventura, c. 14, 719; God, Ast, nn. 927-928;
Ar<^. di St, di Tor.^ Monferr, marchea.. Mazzo IV, colla data 27; ibidem, Monferr.
feudi. Mazzo LI, n. 1, colla data 26.
(2) Arch. Com, d'Ittrea^ Mazzo I, n. 40. Notisi che appaiono aderenti anche Ver-
celli e Norara, ^ià datesi al Visconti.
(3) Muletti, IV, 408, 486 ; 0. Alfieri, 681 ; G. Ventura e G. Della Chiesa, Il ce.
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14r MEMORIE
qua dell'Alpi pel Conte» la sua attitudine sembra aver indotto la
Repablica a conchiudere un onesto trattato di pace coi governatori
monferrini (1). Stipulossi l'atto il 12 giugno nel campo astese su
quel di Tonco : per esso veniva fatta rinunzia agli Astigiani di tutti
i diritti del Monferrato in Felizzano, Vignale, Castagnole, Calliano,
Incisa e, in genere, in tutti i luoghi tenuti dal Comune; cedati
inoltre Tonco e Corticelle, in vece della qual'ultima terra, però,
era riservato a quattro arbitri di determinare un compenso, quando
non fosse rilasciata fra otto giorni. Non adempiendosi la sentenza
arbitrale, sarebbe irrita e nulla la pace, pur rimanendo ferme le
cessioni ad Asti, la quale riounziava, intanto, a sua volta, ad ogni
pretesa o ragione sui luoghi rimasti al marchese. Un articolo spe-
ciale riguardava il riconoscimento dell'indipendenza albese; un altro
l'obbligo dei nobili di Cocconato di pagare ad Asti le taglie ed i
fodri per due feudi che tenevano da essa. La serie degli aderenti
nominati da Asti rispecchia mirabilmente la situazione politica ge-
nerale : vi si annoverano, in quest'ordine, l'arcivescovo di Milano;
il vescovo di Alba; il conte di Savoia per tutta la terra di qua dei
monti ; il Comune di Chieri co* suoi vassalli ; Emanuele ed Antonio
conti di Biandrate; i Comuni ed uomini di Alba, Savigliano, Pos-
sano, Monteregale, Cherasco; i signori d'Incisa; poi Genova, Cre*
mona, Brescia, Piacenza, Pavia, Vercelli, Novara e Tortona. Meno
di un mese dopo (7 luglio '92), anche fra Amedeo V ed i governa-
tori del Monferrato si stipulava tregua regolare, convertita più tardi
in rapporti amichevoli e famigliari con Giovanni I (2).
Il trattato del 12 giugno non ristabili immediatamente la pace,
essendo insorte difBcoltà per l'esecuzione degli articoli concernenti
il castello e luogo di Gorticelle. Gli arbitri si riunirono il 20 giugno
ad Alflano, presso Tonco, ma non riuscirono a mettersi d'accordo.
Il contegno energico e minaccioso de' rappresentanti astigiani mosse
i monferrini a fissare un nuovo colloquio il 28, a Cossombrato, pro-
rogato a tal fine il termine della sentenza ; ma né allora né poi fu
possibile l'intesa, e ricominciarono le ostilità, colla peggio, s'intende,
de' marchionali : PoUenzo, riedificata neir85, andò allora definitiva-
mente distrutta, e gli Astigiani fecero uno statuto che non potesse
più essere riedificata (3). A salvare il Monferrato, fermando le armi v
(1) Cod. Ast, n. 927; 0. Alfieri, 682. — Arch. di 8t di Tor,, Monferr, marches.,
Mazzo II. — CiBRARio, 8t. mon., II, 214 seg.
(2) Cad, Aat, l e. — Arch. di St di Tor,, Monferr, marches.. Mazzo II.
(3) Cfr. 6. Della Chiesa, 92B, cod 0. Alfieri, 682. — Statuta civitatis Ast.,
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OABOTTO ~ LE OUBRRB CIVILI ASTIOI/INB E LA RISTOR. ANGIOINA 15
vincitrici della Repablica, Tenne in buon punto l'intervento degli
Angioini, spianti Toccasione di rimetter piede nelle regioni subal-
pine e rifarvi il perduto dominio. Berengario Gancelm fu delegato
da re Carlo governatore ed amministratore di quel marchesato» e la
sua presenza in Ghivasso rianimò tutti i malcontenti del nuovo or-
dine di cose. Ancorché benemerito di aver fatto passare Giovanni I
al di là dei monti, fu contro il Salu^zese che si diressero i primi
atti ostili della nuova autorità. Subito Manfredo di Btisca in nome
SDO e de* nipoti Giovanni e Ramasio, con lui spogliati fin dal *77
de* possessi aviti da Tomaso I, chiedeva al Gaucelm di concedergli
investitura a nome del Re de* castelli e ville di Busca, Montemale,
Drenerò, Villamairana, Lagnasco, parte di Cervignasco, di Pagno,
di Castellar e di Brondello; ed il 31 agosto Carlo II ordinava da
Tarascona al suo rappresentante di accettare Tofferto omaggio, che
fo prestato il 13 dicembre in Chivasso da un procuratore dei mar-
chesi di Busca. Assumevano costoro Tobbligo di servire ogni anno
due mesi con due cavalli e la terza parte degli uomini di detti
luoghi quante volte accadesse a' Provenzali di far guerra in Lom-
bardia, e con tutte le loro forze nel raggio di dieci miglia. Acqui-
stando il Re qualche terra nel marchesato di Saluzzo che fosse pik
stata di essi signori di Busca, doveva rimetterla a* medesimi ; e pa-
rimenti costoro, acquistando paesi già stati del Re. Gravissimo in
so e per le conseguenze avrebbe potuto avere, un articolo speciale
che impegnava l'Angioino a non far pace o tregua col marchese di
Saluzzo senza consenso di quelli di Busca. I patti furono mandati a
Carlo per la ratifica, ma intanto Asti, preferendo accettare i Pro-
venzali come amichevoli mediatori, anziché, cosi esausta da due ter-
ribili guerre, combatterne un ritomo armato in Piemonte, il 30 no-
vembre deputava quattro ambasciatori a conchiudere tregua con
Giovanni L Tra il 18 ed il 21 dicembre, il Comune riceveva ancora
la sottomissione di Alberto III, Manfredo, Guglielmo, Giacomo e
Raimondo, tutti marchesi d'Incisa, i quali giurarono di far guerra
per esso e soggiacere a tutti i carichi dal medesimo imposti o da
imporsi ; il 26, poi, stipulavasi in Nizza di Provenza la tregua fra
Asti ed il Monferrato, duratura per cinque anni. Tomaso di Saluzzo
fu dichiarato da ambe le parti fra i proprii aderenti, ma dagli Asti-
c. 50, Asti, 1534. Fa corretta in 20 la data 17 giugno, tenendo conto della discor-
danza del giorno del mese e della settimana, nonché di altre date dello stesso n. 927
del Cod. Ast — Cfr. anche le mie Eie. e st, St Bra, I, 63 segg.
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16 KEMORIE
giani solo per ci5 che tenera in feado da loro ; da Oiovanni I, in-
vece, anche come « consanguineo ed amico >. Conseguentemente,
il 1 febbraio *93 era dal Re ingiunto al Oaucelm di annullare Tar-
ticolo bellicoso nella convenzione co* marchesi di Busca, ed egli lo
cassava infatti il 5 aprile consecutivo. Ma a quest'epoca il Gaucelm
era già di ritorno a Montpellier: la sua opera era finita dinanzi
airincalzare di nuovi eventi (1).
Nel trattato del 26 dicembre *92, Asti dichiarava tra* suoi ade-
renti cosi il Comune come il vescovo d*Alba: nondimeno le due au-
torità sembra non procedessero allora con molto accordo. Il 27 gen-
naio *93 il Comune albese riceveva il giuramento della sua « società
del popolo > dagli uomini di Diano, Rodello, Verduno e Roddi, e
queste due ultime vedemmo terre vescovili (2). In quest'anno, per
altro, sulla storia del Piemonte meridionale si stende folta la te-
nebria : oltre questa notizia interessante, ma isolata, non è cenno
che di fatti di scarsa importanza (3). Teatro di gravi avvenimenti
era sempre il Monferrato, dove fin dall'anno avanti Matteo Visconti
aveva assalito Trino ed altri luoghi, tantoché bisognò andassero a
Milano i due governatori paesani Uberto di Cocconato e Bonifacio
di Tiglio, e concordassero con lui, il 17 marzo, di crearlo « capi-
tano e governatore > del marchesato per cinque anni, con provvi-
sione di 3000 lire di tercioli, e quitanza di tutte le somme dovute
dal Comune milanese a Guglielmo VII e, quindi, al di lui figlio.
Partito il Gaucelm, al Cocconato ed a* suoi colleghi parve atto
più generoso e più saggio conservar Tindipendenza del Monferrato
e salvaguardar la successione del legittimo erede, respingendo i
messi del Visconti a pigliar in custodia le fortezze e far sciOrre
alcuni prigioni. Di qui, il 28 ottobre, vive recriminazioni di Matteo,
il quale, nondimeno, dal seguito degli eventi par fosse ricevuto infine
in Casale, ch'era il luogo che gli premeva di più. Verso il mede-
simo tempo, Lodovico di Savoia, fratello di Amedeo V, avrebbe
(1) Docc- in Muletti, II, 474 segg., 478 segg. — Cod. Ast, nn. 533 (Nella data
che ivi è il 20 dicembre, i sigg. Sella e Vatra, lxvii, rilevarono, dalla discordanza
col giorno della settimana, ano sbaglio di due giorni in più ; ma in una copia an-
tica A^WArch, di 8t di Tor.f ProU, duce., leggesi anzi 21) e 928.
(2) CiBRARio, Ghieriy 151 n. Cfr. sopra, p. 7.
(3) Accordo per decime Salazzo e Cervignasco fra Tomaso I e Collegiata Monca-
lieri (Muletti, li, 481 segg.); altro fra il medesimo e le monache di Rifreddo circa
giarisdizione sagli uomini di Sant'Ilario e Paralupo, presso Rovello (ibidemj ; patti
fra Monteregale e Bressano Della Valle per condotta acqua d'Ellero {Tura Montisreg.,
ff. 330, 420 1?.); accordo pei confini fra Savigliano e Cavallermaggiore (Turletti, IV,
doc. 133, 10 die).
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QABOTTO — LB QUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 17
occupato Chivasso e Verraa, seppure non è falso il documento che
ce ne ha conservato notizia (1).
Carlo II aveva trattenuto a lungo Giovanni I colla lusinga di
dargli in moglie una sua figliuola : intanto egli si vedeva ogni giorno
più vicino a perder tutto quanto lo Stato. Tornò adunque di qua
dell'Alpi nella primavera dei '94: il 4 marzo ricevette da Tomaso
di Saluzzo il consueto omaggio per Dogliani, che questi teneva in
feudo da lui ; neiraprile era già rientrato nel Monferrato senza in-
contrar ostacoli da parte del Visconti, che anzi fin da principio
sembra si comportasse con lui come amico. Ivrea lo riconobbe « ca-
pitano > il 16 maggio, mediante certi patti convenuti seco in nome
della città dal sindaco Deberlenda in presenza del vescovo Alberto
Gonzaga; la vendita di Gornegliano al Saluzzese gli assicurò alleanze
e denari per ripigliar la guerra con Asti. Intorno ad essa, però,
durante il *04 è profonda oscurità : i particolari che ne raccontano
alcuni storici appartengono ad altro tempo (2).
Lo stesso anno '94 accadde un fatto invero decisivo per Tav ve-
nire del Piemonte, e forse d'Italia. Già si è detto come Amedeo V
assumesse il comitato di Savoia^ che pur sarebbe spettato a suo ni-
pote Filippo. Ne nacquero naturalmente contese, anche perché Lo-
dovico, fratello di Amedeo, vedendo lui conte, volle per sé parte
Doaggior dell'avuta. Con Lodovico, stipite della linea di Vaud, fu
tuttavia possibile mettersi d'accordo mediante una serie di compro-
messi e negoziati diversi: restava ad intendersi con Filippo, cui il
padre aveva lasciato i domini aviti di Piemonte sotto la tutela della
noadre Guia di Borgogna. Fin dal 9 febbraio '86 la tutrice aveva
rimesso il governo efiettivo del paese al cognato Amedeo, e l'ordine
era stato promulgato il 24 maggio in un'assemblea ragunata sulle
rive del Sangone presso Giaveno. Ma Amedeo V governò poscia in
suo proprio nome ; onde il nipote, uscito ornai di minorità, moveva
giusti richiami^ che avrebbero potuto dar luogo a grossi guai. A
(1) Mandelli, IV, 119; B. Sak Giorgio, 80 segg. (Francesco di Tiglio è ivi
errore per Facino, ossia Bonifacio); G. Della Chiesa, 932.
(2) Muletti, II, 486, dov'è rettificata la data dei cronisti. — G. Della Chiesa,
933; G. Del Carreiito, 1159. — Arch. Com, cTIvrea, Mazzo I, n. 40. — B. San
Giorgio, /. e, riferisce un documento, secondo cui, il 12 maggio *94, Galeazzo Vi-
sconti, figlio di Matteo e vicario imperiale, avrebbe pronunziato, come arbitro e co-
mune amico, dover il conte Ijodovico di Savoia restituire a Giovanni 1 Chivasso e
Yerrua. A me il documento riesce molto sospetto. — Ad Asti, G. Della Chiesa,
ì, e, aggiunge nella guerra Alessandria, ma non par probabile. — Come nascesse,
infine. Terrore di B. San Giorgio, 80 (L. Della Chiesa, St del Piem., 82, Torino,
1777, e Muratori, Ann, d'It\ spiegherò altrove.
Bi'vUta Storica Italiana, XI.
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18 MEMORIE
tagliare il male alle radici, fa, secondo il sistema di allora, com-
promesso in Lodovico di Vaud, Umberto di Lairieux e Pier Simondi
giureconsulto, i quali pronunziarono appunto il 10 dicembre '94 che
Filippo ed i suoi fratelli dovessero rinunziare a qualsiasi titolo e
ragione sul comitato di Savoia e ducato di Aosta: Amedeo V dis-
metterebbe in cambio al nipote il Piemonte da Kivoli in giù, vale
a dire Gollegno, Alpignano, Pianezza, Torino, Grugliasco, Gavoretto,
Moncalieri, Castel vecchio, Carignano, Vigono, Villafranca, Cavour,
Miradolo, Porosa e valle, Pinerolo, Cumiana, Frossasco e Macello,
e Tomaggio dei nobili di Alpignano, Piossasco, Trana, Bandissero,
Scalenghe, Piobesi, Vinovo, Lucerna, Torre, Bobbio, Airasca, Val
San Martino, Lombriasco, Bricherasio, Mombrone, Beinasco, e dei
marchesi di Romagnano, co* diritti su Montozolo, ancor tenuto dai
Chieresi, e Somraariva del Bosco, da Giovanni I, riservandosi solo
l'omaggio dei marchesi di Monferrato e di Saluzzo; questi paesi sa-
rebbero tenuti da Filippo e suoi successori in feudo da* conti di Sa-
voia; Guia si riterrebbe soddisfatta di sue ragioni dotali mediante
la cessione suddetta al suo primogenito, il quale darebbe 400 lirp
tornesi annue a* suoi fratelli finché fossero provveduti di un vesco-
vato o dì altro sufSciente beneficio. Non tutti si acquetarono al pro-
nunziato, ed i parenti di Borgogna istigavano Filippo a rigettarlo:
egli, invece, lo ratificò il 31 gennaio '95, e cosi già il 24 febbraio
gh erano rimesse le sue terre (1). L'importanza di quest'avveni-
mento fu enorme : creato un ramo collaterale della Casa sabauda in
Piemonte con interessi unicamente di qua dell'Alpi, veniva dato a
quella dinastia un impulso vigoroso a riguardare con più cura alle
cose nostre, e perchè colla conservazione di Val di Susa e l'alta so-
vranità sul rimanente la linea comitale continuava ad esservi inte-
ressata ancor essa, si preparavano gli splendidi destini nazionali degli
Umbertidi.
Filippo di Savoia impiegò i primissimi mesi del suo reggimento a
visitare i proprii domini e riceverne, tra feste e conviti, gli omaggi.
Ma assai per tempo volse l'occhio alla politica estema, e già alla
fine di aprile negoziava a Torino con cinque cittadini astigiani, fra
cui principale Petrino Isnardi, e mandava poi in Asti, suo ambascia-
tore, Ottone di Miglioreto (2). Da questo momento la situazione
(1) CiBRAiiio, Si. mon,, II, 194 segg. — Uatta, II» 20 segg., 23 segg. (la data
va corretta come nei testo), 27 segg. — Arch, di St. di Tot., ProU. duce.
(2) Datta, I. 25 segg., Saraceno, Beg. princ, Ac, 23-28, Torino, 1881 (estr.
Mise. 8t tt, XX).
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<}ABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 19
generale si delinea meglio. Tomaso I di Saluzzo aveva già da pia
anni conferito gran parte del governo al primogenito Manfredo IV:
or ril luglio *94 aggiungeva altra larga donazione al medesimo,
pur non trascurando di acquistar ancora per sé, nel '95, la terza
parte di Boves da Emanuele Mondini e consorti (1). Tutto un vi-
luppo di guerre ardeva nel Piemonte meridionale, dove perdurava
l'ostinazione di Guglielmo IV di Ceva in sostenere i suoi diritti ad
una parte di quel marchesato contro Tindirizzo accentratoro di
Nano. Con lui si erano posti i signori di Monasterolo, Ormea, Bat-
tifollo, Scagnello, Massimino, Poroasio, Nucetto e Gosio, pentiti forse
Ài aver ceduto poc*anzi alle premure e pressioni di Nano stesso ; e
per opera de' Bressani li appoggiava tutti Monteregale — di nuovo
io lotta anche colla Chiesa d'Asti intorno airelezione del podestà — ,
scendendo a combatter per essi contro il marchese (2). Tra Asti e
Monferrato durava sempre l'altra guerra incominciata Tanno avanti,
per cui forse il 17 gennaio '95 il capitano del popolo ed il Consiglio
dei duecento savi della città concedevano al Comune ed uomini di
Bra la custodia del territorio di PoUenzo, con vari diritti : tale con-
cessione, per altro, non ebbe effetto che due anni e mezzo dopo,
nell'agosto '97, quando di nuovo erano vive le ostilità fra la Repu-
blica e i due marchesi Giovanni I e Manfredo IV (3). Della guerra
monferrina, per allora, sembra entrasse appunto mediatore Filippo di
Savoia: ma fallita l'opera sua, era nel maggio '95 richiesto di aiuti
da Giovanni, e mandavagli infatti soldati sotto Palchetto de' Bersa-
tori, altre genti chiamando da vari punti del suo Stato ; onde lo stesso
capitano d'Asti si recava a Pinerolo, prescelta dimora del giovine
principe, e tra' conviti si riprendevano i negoziati, che forse stavolta
approdarono a pace o tregua, giacché pel resto dell'anno non si ha
più notizia di fatti d'armi, ad eccezione, in epoca incerta, di un
tentativo di Filippo medesimo di entrar per sorpresa nel castello di
Moretta (4).
r^on è improbabile che durante questa guerra cominciasse a sca-
dere l'autorità della Republica su' Comuni di Alba, Savigliano, Che-
rasco e Monteregale; onde si spiegherebbe meglio il contegno assunto
(1) Muletti, 11,486; G. Della Chiesa, 933.
(2) Arch. di St di Tor., Prov., Mond., Mazzo X, n. 6. — lura Montiareg.f
ft. 4él segg. — Cfr. sopra, pp. 5 e 10.
(3) Arch. Cam, di Bra, Privil., Mazzo I, n. 1. Cfr. Rie, e st. st Bra, I, 48 segg.
Fu in seguito alla cessione di PoUenzo a Bra ch'ebbe luogo nel '98 la delimitazione
di confini fra Bra stessa e Cherasco, sa cui Adriani, Indice, 48 seg.
(4) Saracbso, 28-29. — Datta, I, 27.
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20 MEMORIE
allora reciprocamente dalla medesima e da Nano di Ceva. Questi
— una delle più insigni figure della storia subalpina di quella età,
saggio, valoroso, prudente — comprendeva che la salate e Tavve-
Dire di sua famiglia stavano nelPafférmazione della propria autorità
su tutti i collaterali. Per trionfare, non esitò dinanzi ad un partito
audace e rischioso, accogliendo Tavviso di Oddone Del Carretto, che
lo consigliava a rinserrare i vincoli di unione con Asti; epperò il
22 ottobre *95 le vendeva tutti i suoi possessi al prezzo di 100.000 lire
astesi, riavendoli tosto in feudo dalla Republica, con promessa di
donarle e ricever pure in feudo da essa quanto potesse in avvenire
acquistare. L'articolo contemplava appunto Guglielmo IV e le sue
terre. Ratificati i patti il 21 novembre, e da' figli Giorgio III e Gu-
glielmo V il 16 febbraio *96, la vittoria decisiva era ornai per Nano
5:oltanto più questione di tempo, in quanto dietro di lui erano tutte
le forze astigiane. Per tener testa più gagliardamente, Monteregale
ed i Bressani cercarono invano di eliminare le altre difficoltà, ri-
solvendo il litigio con Guidotto di Valperga, vescovo d'Asti, me-
diante lodo proferto da Tomaso Asinari il 24 dicembre '96, dichia-
rato indi meglio il 6 aprile '97 : tutto fu inutile, in ispecie per la
piega assunta d'un tratto dalla politica generale, nonché dalla rot-
tura co' Bressani, sopravvenuta forse appunto per le prime manife-
stazioni pacifiche del Cìomune (1).
Amedeo V, composti i dissensi famigliari, pacificato col Delfino di
Vienna e col conte di Ginevra, carezzato da Bonifacio Vili che gli
concedeva con un suo breve non potrebbesi promulgar sentenza di
scomunica contro di lui, né d'interdetto contro i suoi domini senza
speciale mandato della Sede apostolica, cresceva ogni giorno più di
autorità, onde la sua amicizia era grandemente ricercata. Nei '96,
il marchese di Monferrato ne chiese ed ottenne in moglie la figliuola
Margherita (23 marzo), con dote di 20.000 lire astesi assicurate sulla
valle di Susa: lo sposo vi aggiunse una controdote di altre 10.000,
dando a guarentigia del tutto i castelli di Lanzo, Cirio e Caselle (2).
(1) Areh. di St, di Tor,, Prov., M<md., Mazzo X, n. 6. — lura Montisreg.,
f. 129. — Liber istrum. M. B., ras. cit, f. 57 v,
(2) CiBRAKio, 8t man., II, 201 se^e. — Arch. di St di Tor,, Prott duce. (25 no-
vembre '95), e Beai Casa, Mazzo III. — Più tardi, neU*aprile 1300, per maggior
gaarentigia, Margherita mandò un sao procnratore a rioever giuramento di fedeltà
da' tre luoghi. Ubbeguo^ Lango, 82, Torino, 1887. — Ne* domini di Giovanni I
verteva allora contesa fra Ivrea, i signori di Vallesa e Settimo Vittone ed il po-
destà di San Martino. Vedi Arch. Gom, d'Ivrea, Mazzo I, nn. 42-44: 22 gennaio "96:
transazione, presente il marchese, per cui detti signori cedono alla Cittò il castello
di Settimo, riservata la casa che avevano in esso a censo dal Comune, con facoltà
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RlSTOR. ANGIOINA 21
Neiragosto ebbe luogo a Pinerolo un congresso, cui intervennero
gli ambasciatori de* marchesi di Monferrato e di Ferrara; poco più
tardi, in settembre, Filippo di Savoia, ch'era stato in Inghilterra,
riceveva certi Genovesi, non si sa se ambasciatori o mercanti. In
quella, l'omaggio nuovamente prestato a Tomaso di Saluzzo dal-
Tabate di San Dalmazzo per Borgo, Monasterolo, Roccavione e Val
Vermenagna, ma preteso aucbe da Giovanni I, poco mancò mettesse
fra loro alle mani i due Aleramidi: pur fu trovato termine di ac-
comodamento, per cui il monferrino rinunziava alle sue ragioni in
ricambio di aiuti contro Asti. Tomaso 1 mori indi a poco, il 3 di-
cembre, lasciando numerosa flgliuolanza di maschi e femmine: di
quelli alcuni furono ecclesiastici ; Giovanni, che, secondo il disposto
paterno, doveva ricever solo 100 marche d'argento, accampava tut-
tavia pretese, cui rinunziò poscia il 17 febbraio '97 mediante inve-
stitura di Busca e Centallo, cui furono aggiunti in processo di tempo
Dogiiani ed altri luoghi e castelli. Costui fu uomo savio, astuto e
rinomato, onde lo chiamarono « Giovan grande » e « Giovan spada
lunga », ed i nemici « Giovan cane »: di sua stirpe vennero! si-
gnori di Dogiiani e la seconda casa de* marchesi di Clavesana. In
compenso, Manfredo di Busca ed i suoi nipoti, abbandonati da* Pro-
venzali, facevano il 18 marzo la loro sottomissione per Lagnasco ed
altre terre (1).
Nel *96 sembra fossero sopite le ostilità in tutto il Piemonte, an-
corché Vercelli temesse in novembre qualche assalto da parte d'Ivrea
per i luoghi di Bolengo, Piverone e Palazzo, contrastati fra le due
città: per contro si riaccesero più vive e complesse nel '97. Rinata
guerra fra Amedeo V ed Umberto Delfino, vi partecipò pel primo
anche il giovane Filippo. In maggio il Conte andò a Roma presso il
Pontefice; in luglio era già di ritorno, ed assisteva in. Torino ad
una congrega di tutta la nobiltà savoina di Piemonte, nella quale
è credibile si trattasse appunto di quella guerra. In princìpio di agosto,
infatti, raccoglieva Filippo le sue genti in Val San Martino e poneva
assedio al castello di Perrero. Il marchese di Saluzzo fu chiamato
pur egli ad unirsi all'esercito di Savoia, ed il castello costretto in-
ai medesimo di costrarre in quel luogo un borgo; 16 aprile: sentenza arbitrale del
▼eMOTo Alberto Gonzaga, ohe trasferisce in Ivrea il mero e misto impero ; 8 di-
cembre: investitara in feudo gentile del castello di Settimo fatta da Giacomo del
fa Corrado, signore di detto mogo, a favore dlvrea, colle corti, palazzi, ete., me-
diante 300 lire di segusini vecchi.
(1) Sabaohio, 80. — G. Della Chiesa, 933, 964. — Muletti, II, 506; III, 9-11.
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22 MEMORIE
fine ad arrendersi. Contemporaneameote, Giovanni I e Manfredo IV
riprendevano le armi contro Asti, e contro la Republica si pronun--
davano anche Monteregale, Alba e Savigliano, la qual ultima terra
già l'anno avanti aveva accolto truppe monferrine. Nonostante la
scarsezza di documenti, si può ritenere come accertato che fra Gio-
vanni I e Matteo Visconti corressero in questi anni amichevoli rap-
porti ; onde fu certo per consenso ed opera del secondo che il primo
ebbe aiuti da Alessandria, Tortona e Vercelli. Con essi, il 15 marzo,
si spinse il marchese fino al ponte d'Isola, presso Àsti, e bruciò molte
terre fino a Neive; in aprile continuò il guasto del territorio ne-
mico, ed alla fine di maggio tornò a' borghi della città medesima,
procedendo oltre fino a Castel Alfero. Ma gli Astigiani non tarda-
rono a pigliarsi amara rivincita, bruciando, guastando e saccheg-
giando co* loro aderenti i territori di Alba, Savigliano e Mondovi,
nonché di Guglielmo IV di Ceva e di altri signori di sua parte. Fu
perciò che il Comune monregalese, travagliato in ispecial modo da
Nano, scese il 25 giugno ad accordi con lui, ed in ricambio del ri-
conoscimento del proprio territorio ne* castelli e luoghi di Torre,
Roburent, Montaldo, Frabosa, Roccaforte, Vasco, San Biagio, Rocca
de' Baldi, Carrù e Carassone, e del rilascio de* prigionieri fatti du-
rante le ostilità, consentiva ad espellere dalle sue terre i marchesi
Oddone e Francesco di Clavesana, Guglielmo IV e tutti gli altri
membri della casa cevasca in disaccordo col capo della famiglia,
impegnandosi inoltre a non far pace o tregua co' Bressani senza
consentimento di lui. Proseguendo i successi, le milizie astigiane
espugnavano intanto Vignale; poi, il 3 ottobre, Albugnano, il 2 no-
vembre Bieleta, il 3 Moncucco e Castiglione, il 2 dicembre Cartosio
vecchio (1). La guerra prosegui nel '98: con quali fatti particolari
s'ignora; ma consta che in detto anno i quattro Comuni di Alba,
Cherasco, Savigliano e Mondovi, stanchi di patir danni da ambe le^
parti, si unirono in una lega, che durò anche più tardi (2). A' cu-
(1) Mandelli, IV, 123 segg. — Cibrario, St, mon., II, 235. — Saraceno, 31-32. —
G. Della Chiesa, 933-936. — lura Montisreg., ff. 421 segg. — Fin dal 20 feb-
braio *96, insieme con Giovanni Scarella, congignore di parte di Garessio, Provenca,
Marsecco e Ceresole, aveva Nano concesso forti riduzioni perpetue dMniposta agli abi-
tanti di detti luoghi per gli aiuti avutine nella guerra {Arch, di St. di Tor., Prov,,
Mond., Mazzo XIV, n. 66m).
(2) Più che sulla testimonianza del Voeksio, 191 e 482, e del Novellis, St. di
SavigL, 57, che, del resto, aifermano la lega diretta contro Giovanni I e Man-
frodo IV — nel qual caso non si capirebbe perchè non si fossero unite a dirittura
con Asti — , mi fondo sulVatto 8 gennaio 1300, di cui infra {Liber instrum. M. E.»
ms. cit, f. 42).
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 23
gini di Nano di Ceva, fin allora a lui restii, convenne fare di ne-
cessità virtù, ed il lor dissenso con Ini compromettere in due citta-
dini astesi, Enrico Pelletta e Rufino Alfieri, i quali pronunziarono
il 20 dicembre doversi da ambe le parti rimettere le ingiurie, danni
e guasti recati; esser tenuti Guglielmo IV ed ì suoi figli a rinun-
ziare ad ogni ragione loro competente in Rezzo, Mursecco, Proenca,
Ceresole, Bardinetto, Bagnasco, Massimino, Urmea, Monasterolo, Mon-
tezemolo, Castelnuovo, Bastìa di Carassone, Gastol vecchio e Castel-
bianco, salvo solo ciò che avevano in Ceva, Roasio e Priola; ven-
dersi da* medesimi a Nano per 6000 lire astesi la metà dì Ceva meno
un*ottava parte, la villa di Roasio, i castelli e ville di Priola, Mom-
basiglio, Montegrosso, Lesegno, Cigliaro, Rocca, metà di Niella e
metà di Perlo, co* mulini, battitoi, forni e redditi del mercato di
Ceva, riavendoli in feudo da Nano stesso ; cedersi infine da Leone,
Oberto, Guglielmo, Giovanni e Francesco di Scagnello ogni ragione
sa tutto il marchesato cevasco, a riserva di Scagnello or detto. Il
4 febbraio *99, una serie di atti effettuò le decisioni degli arbitri;
il giorno stesso. Nano, a tener de* patti del 95, prestò omaggio e
fedeltà agli Astigiani pe' luoghi nuovamente acquistati (1).
A quest* epoca doveva certo esser già stipulato un trattato di
pace o tregua fra il Comune astese ed il Monferrato, perchè Tat-
tenzione di Giovanni I si rivolge ora a tutt* altra parte: forse la
sottomissione particolare di Guglielmo IV e dei suoi cugini a Nano
fa conseguenza di questa pace che loro toglieva le ultime speranze
di aiuto contro di lui. Sul finire del '98 era venuto meno il buon
accordo fra il Monferrino e Matteo Visconti, ed il primo collega-
vasi col conte Filippo di Langosco, con Manfredo Beccaria e coi
Pavesi per far guerra al secondo. Le ostilità cominciarono in marzo
'99: congiuntesi il 18 le schiere a Mortara, il Beccaria marciò
tosto su Novara, di cui gli furono aperte per intesa le porte. Due
giorni dopo anche Vercelli era tolta a* Visconti dai Pavesi, e dopo
una scorreria sul Milanese, si davano a Giovanni I Casale, poi Como.
La guerra si prolungò iti Lombardia fino al 4 settembre, ancorché
\i\k stipulata la pace generale il 31 luglio a mediazione di Venezia,
e data V8 agosto alla medesima l'adesione di Vercelli. Il marchese
fu l'ultimo a far tregua, e vi si acconciò soltanto allora per non
aver i mezzi di combatter oltre da solo. Quindi, il 16 settembre
stesso, Matteo Visconti si avviava col figlio Galeazzo e molti ar-
(1) Arch. di 8t. di Tar., Mond., Mazzo X, n. 6.
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24 MEMORIE
mati a Novara, poi a Vercelli, e là da' Tornielli, qui da' Tizzoni,
gli furono restituite le città (1).
L'altra guerra fra Delflnato e Savoia si complicava colla lotta
vitale tra Inghilterra e Francia, onde nelle tregue fra i due Stati
maggiori erano compresi anche i minori. Sulla fine del '97 e nel
corso del '98 fu dunque pace sulle Alpi. Nel '99, invece, le osti-
lità ricominciarono, ed il Delfino accennava ad assalire anche i pos-
sessi alpini di Filippo di Savoia, il quale, pertanto, chiamò tosto in
armi le sue genti e cavalcò poi nel luglio per le valli al di sopra
di Pìnerolo. Scarsi i risultamenti di questa campagna, al ritorno
dalla quale scoppiò rissa tra quei di Moncalieri e di Torino, tan-
toché da una parte e dall'altra s'ebbero morti e feriti, e, in con-
chiudione, i due luoghi dovettero pagar grosse multe. Ò però no-
tevole osservare che il marchese di Saluzzo era ancor strettamente
unito col principe sabaudo, e quest' ultimo aveva pur ricevuto in
Avigliana, fin dal maggio, «certi ambasciatori saviglianesi » (2).
Verso la fine del '99, adunque, un' aura di pace sembrava spi-
rare su tutto il Piemonte. Dopo gli atti del 4 febbraio, anche Nano
di Ceva non .doveva più aver ragione di mantener guerra fra Mon-
teregale ed i Bressani, ed il 10 ottobre, infatti, si conchiudeva una
tregua. Seguirono ancora € novità » nel Comune per causa di quella
turbolenta famiglia; epperciò ebbero luogo arresti e commovimenti.
Ma il principio dell'intesa era posato, ed il 21 dicembre i Bressani
e Della Valle, signori di Carrù, delegavano procuratore Giacomo
Solaro a compromettere le lor discordie e diflferenze co' Monrega-
lesi nel Vescovo d'Asti — Guido Valperga — e negli ambasciatori
di Alba, Savigliano e Gherasco. Il compromesso fu fatto il di me-
desimo fino al febbraio 1300: due giorni dopo, il termine venne
prorogato a piacimento degli arbitri, e dichiarò accedervi anche
Oddone Bressano, uno de' personaggi più ragguardevoli e più riot-
tosi del casato. L'istrumento è dell'S gennaio seguente: fu redatto
in Monteregale, sotto il portico della casa di Oddone di Morozzo,
sindaco del Comune Guglielmo Bigliono, procuratore de' Bressani il
Solaro. In esso pronunziarono unanimi gli arbitri: dover essere
buona amistà fra le parti, con facoltà reciproca di andare, stare e
tornare ne' territoil 1' una dell'altra; rimesse a vicenda le offese,
(1) B. San Giorgio. 82; G. Dblla Chiesa, 936; G. Fiamma, c. 337; Atm, Medici,
e. 70; GiULiNi, Mem. di Mil, Vili, 512; Mandelli, IV, 129 segg.
(2) CiBRARio, St mon., II, 237. — Arch. Gom. dì Monc.y Mazzo II. — Sara-
ceno, 33-34, 3Sn.
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 25
per i Bressani fino a quei di, per i loro aderenti Ano al 10 ottobre
passato; obbligo di ratificare la sentenza e pace fra quindici giorni;
restituiti vicendevolmente i beni tolti o sequestrati; liberati i pri-
^i«mi, contumaci e ban^iiti per le ultime «novità», nonché quelli
tenuti da* Bressani e Della Valle in Garrù, mediante pagamento di
una somma a benefizio del vescovo d*Asti, del podestà e del capi-
tano del Monte. Il castello di Garassone verrebbe per otto anni
riroesso « in protezione e custodia » del vescovo e della Chiesa
d'Asti, che vi avrebbero tenuto presidio a spese del Comune di Mon-
dovi, né reso nel frattempo, se non distrutto e spianato, salvi, si
intende, i diritti e redditi de* Bressani : trascorsi gli otto anni pro-
nunzierebbero gli arbitri che ne fosse da fare. Movendo alcuno del
Monte ad offendere i Bressani, il vescovo sarebbe tenuto a difen-
derli; però niuno di essi, né di Carrù, potrebbe dimorare intanto nel
suddetto castello di Carassone, se non messovi appunto in guardia dal
vescovo. Prescritta Tosservanza de* patti contenuti nella vendita di
Carrù a Bressano de* Bressani, venivano aboliti i processi e le con-
daooe contro quella famiglia, che però doveva rispondere dei danni
recati a* beni da essa venduti ad Astigiani, e ratificar la pace fra
il Comune ed il marchese Nano, purché questi facesse altrettanto
verso detta famiglia e non fossero pregiudicati i diritti della me-
desima: Monteregale, tuttavia, mediante eccezioni riguardo alle
rappresaglie, dichiarava non voler essere tenuta a far guerra al
potente marchese cevasco. Risse parziali non romperebbero la pace,
ma sarebbero punite reciprocamente secondo giustizia; infine, la
«società del popolo» del Monte rimarrebbe quafera, né vi si po-
trebbe far mutazione senza la volontà della maggior parte del con-
siglio di essa, con che i Bressani e i Della Valle fossero ammessi
al Consiglio ed agli uffici del Comune, né dai Consiglio medesimo,
né da quello della « società», si potesse, alla lor volta, fare alcun
nuovo capitolo a danno de* suddetti. Una convenzione addizionale
dello stesse giorno stabiliva che nulla si dovesse innovare riguardo
al castello di Roccaforte, ma rimanesse « in volontà del vescovo ed
io piacere degli arbitri ». Per le questioni non per anco risolte, la
domane proroga vasi il compromesso (1). L*anno del Giubileo si an-
nunziava cosi prosperamente: ma nel 1300 appunto divampava dal
centro stesso della vita subalpina la fiamma che doveva incendiare'
tutto il Piemonte, promovendo un indicibile sconvolgimento. In Asti,
(1) Liber mrium MfmUsreg,, ms. cit., ff. 47-48.
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26 MEMORIE
fiera di vittorie, ricca di commerci, bella di ricordi e di paesaggio,
lieta di lunga signori», rinascevano d*un tratto, lungamente dissi-
mulate, ma covanti sotto la cenere, le funeste lotte civili.
III.
BecradesceDza delle discordie civili astigiane : rapporti fra i Solari e Filippo di
Savoia. — Viaggio di Filippo a Roma e suo matrimonio con Isabella di Villchardonin*
— Ritorno in Piemonte e spedizione di Acaia. — Il Piemonte negli anni 1300-1301. —
Guerra di Giovanni I in Lombardia e cacciata di Matteo Visconti. — I marchesi
di Monferrato e di Salazzo introdotti in Asti dai De Castello : rifugio de* Solari
in Alba, e violenze de' vincitori. — Condizioni di Asti sotto il reggimento dei
De Castello: i Solari si appoggiano al principe di Acaia ed agli Angioini. —
Dedizione di Alba a Carlo II : ambasciatori angioini in Piemonte e loro cattura. —
Nuova guerra fra Monteregale ed i Bressani : fazioni militari fra Solari e De Ca-
stello. — Il luogotenente d' Acaia rimette in Asti i Solari : loro crudele reazione. —
I De Castello nelle ville : ainti prestati da Giovanni I. — Negoziati de* fuorusciti
coi conti di Biandrate. — Sottomissione di Cossombrato ad Asti, non efifettuata. —
Inviti di Monteregale agli Angioini: Carlo II nomina Bainaldo de Leto a sini-
scalco di Piemonte. — Ritorno di Filippo dalla Grecia : sua elezione a capitano
delle armi in Asti. — Testamento e morte di Giovanni I di Monferrato.
II risorgere degli elementi feudali, lo stabilimento di una linea
sabauda con interessi tutti al di qua deirAlpi» la gelosia ed animo-
sità de' Comuni del Piemonte meridionale contro Asti, erano altret-
tanti fattori ineluttabili di un nuovo ordine di cose : nondimeno la
potenza della Repubblica sarebbe stata ancor sufficiente a tener in
iscacco per un pezzo i nemici esteriori senza il sopravenire dell'in-
terno dissolvimento. Le discordie civili astigiane furono la causa
immediata, se non prima, del nuovo indirizzo che informa la storia
de' nostri paesi subalpini nel secolo XIV: da esse fu promossa la
ristorazione angioina; per esse incominciò a crescere il giovane
Stato di Filippo di Savoia.
L'astio fra i Solari e i Do Castello non s'era spento mai: ruc-
cisione di Guglielmo Turco per mano di alcuni de' primi fu la scin-
tilla onde riarse la guerra intestina. Tutti i casati astigiani più
cospicui furono tratti a favorire T una parte o l'altra: co' Solari
appaiono Malabayla, Garretti, Troya, De Curia, Falletti, Ricci, Da-
miani, Perla, Cassoni ed alcuni pochi de Layoli, Àsinari, Pelletta
e Roeri ; aderivano per contro ai De Castello, Alfieri, Lunelli, Sca-
rampi, Voglietti, Vischi, Testa, Bertrand!, Di San Giovanni, Pal-
lidi, Catena, Gardini, Borgognoni, Cacherani, Bunei, e la maggior
parte dei Roero, Pelletta, Asinari e Layoli. Allora, a giudizio di
un poeta storiografo della città, crebbe singolarmente in Asti il nu-
mero delle torri e case forti, e tuttodì erano insulti, risse, violenze.
Fin dal dicembre '300 vediamo i Solari in intima relazione con
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GABOTTO — LE GUERRB CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 27
Filippo di Savoia, che il 29 si disponeva a cavalcar da Vigono con
sae genti per recar loro Taiuto richiesto, e, di ritorno entro pochi
giorni, già di nuovo apparecchiava un'altra spedizione in lor favore
li 7 gennaio *301 (1). L*ll del mese, il principe sabaudo parti di
Piemonte alla volta di Roma, non pel Giubileo, com'è errore co-
mune, ma per compiere il negoziato di sue nozze con Isabella di
Villehardouin, figlia ed erede di Guglielmo principe di Acaia o di
Morea, e vedova già di ben due mariti. Fin dal settembre '295
egli praticava infatti questo parentado ; a) qual fine forse s'era re-
cato nel marzo '99 a Venezia e vi rimandò poi nell'aprile '301 il
suo medico Guglielmo, ned è probabile fosse estranea anche la pre-
senza di Amedeo V in Roma da parecchi mesi. Certo è che nell'e-
terna città, la domenica di carnevale (12 febbraio), Filippo sposava
^solennemente Isabella e la domane consumava seco il coniugio.
Cinque giorni innanzi, la Villehardouin si era costituito in dote l'in-
tero principato; il 23 febbraio, Carlo II, re di Napoli e padre di Filippo
di Taranto che s'intitolava imperator latino di Costantinopoli, ne
investiva il Sabaudo in nome del figlio. Il 10 marzo, Filippo di Acaia
— d'ora in poi converrà cosi chiamarlo — si rimise in viaggio per
tornare in Piemonte ; il 31 si fermava in Asti presso Leonardo So-
larn, che appare, a sua volta, circa un mese dopo, ospite del Prin-
cipe a Pinerolo. Furono ad incontrar gli sposi fino a Ohieri molti
signori delle terre savoine: in luglio, invece, erano Filippo ed Isa-
bella ad attendere e ricevere Carlo di Valois, che si recava a com-
piere le note prodezze a Firenze. Tranne una breve spedizione
contro Barge il 16 luglio, e certa provvisione sulle monete, di nulla
aveva allor cura il Principe, fuorché di prepararsi ad un viaggia
in Grecia per ristorare ed affermare il suo nuovo Stato. Parti in-
atti sulla fine del *301, dopo conchiusa una nuova tregua di un
anno col Delfino, e rimase assente oltre la metà del '304. Durante
la sua lontananza, governò con titolo di luogotenente il suo fida-
tissimo Guglielmo di Mombello — cavaliere non meno saggio che
ardito, prode in armi ed esperto ne* publici negozi — , assistito da
un consiglio di altri nobili signori (2).
Nel rimanente del Piemonte, il vescovo d'Asti continuava le sue
compre di feudi: nel '300 era la volta di una porzione di Govone,
(1) Sella e Vatra, cxvii. — Ant. Astesamo, 1. IV, e. 11., in Muratori, R. I. 8.^
XI, 1057 segg. — Saraceno, 34-35.
(2) Datta, I. 34 segg., 37 sesfg. : II, 30 segg. ; Saraceno, 35-39; Cibrario, St mon.y
Il 235. — GuicHENON, Hi8t gin,, IV, Preuves. — Arch, di St. di Tor., Proti, duce.
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28 MEMORIE
vendutagli il 28 novembre per 6350 lire astesi da quel Leonardo
Solaro poc'anzi ricordato (1). Manfredo IV di Saluzzo largiva fran-
chigie alle terre da lui dipendenti, e il 6 novembre *300 stesso si
riconosceva vassallo del conte di Savoia per Barge» Busca, Bernezzo
e Scarnafigi. Quasi in compenso, Tanno seguente otteneva da Ottone
di Rossana la donazione di una delle quattro parti di quel borgo,
eh* egli teneva in feudo dalla chiesa di Torino. Soltanto nel '302 i
buoni rapporti fin allora durati fra Saluzzo e Savoia cominciarono
ad alterarsi, ed il marchese prese a negoziar le nozze di suo figlio
Federico cfon una figlia del Delfino Umberto: esse furono poi sti-
pulate davvero il 3 settembre '303, e Manfredo le accompagnò con
un atto di donazione allo sposo dell'intero marchesato, sebbene di
questo ritenesse tuttavia il reggimento effettivo (2). Monterogale con-
tinuava a praticar accordi con tutti i vicini, e nel corso del '301
sembrò aver condotto l'opera di pace a compimento. Il 23 ottobre
'300, infatti, delegava Pietro Tricolo come sindaco e procuratore
del Comune per compor t<ttte le discordie; il 22 dicembre seguivano
p:itti di riappaciamento co' signori di Morozzo ; il 22 marzo seguente,
altri co' signori della Bastia, per cui arbitravasi che i signori ed
uomini di detto luogo dovessero far esercito e cavalcata pel Comune;
pagar questi ultimi ogni anno 20 lire astesi per fodro e taglia;
quelli comperare prima di San Michele una casa nel Monte ed abi-
tarvi uno 0 due; in sostanza, dar tutti aiuto, non danno, a' Mon-
regalesi. B già il 21 marzo eransi fatte nuove convenzioni co* Bres-
sani, cui accedettero poco a poco anche i Della Valle. Il 14 giugno,
infine, nel castello di Bene, pronunziavano il vescovo astigiano
Guido e gli ambasciatori di Alba, Savigliano e Cherasco un ultimo
lodo definitivo, in virtù del quale stabilivasi la liberazione de' Bres<-
sani ancora detenuti in Mondovi; l'obbligo de' signori di Carrù di
aiutare il Comune e non riceverne i nemici, anzi prenderli e con-
segnarli, osservando i patti e le convenzioni antiche; altro obbligo
simile da parte di Monteregale verso i Bressanì ; remissione reci-
proca de' danni, e cancellazione de' processi, banni, etc. Quest'ac-
cordo ottenne il 20 giugno la ratifica del Consiglio di Carrù; pur
non sembra avesse lunga durata (3). Del pari Cherasco procedeva
fi) Libro Verde deUa Ch. éTAsH, ms.cit., f. 50.
(2) Franchifirie a Saluzzo, il 18 febbraio *99 (Moletti, ITI, 18 9egg,); a Bacconigi,
rS gennaio *H00 {Arch. Com, di Raccon,, Voi. CXLVI, n. 10). — Muletti, HI,
49 segg. — G. Della Chiesa, 936. — Arch, di St di Tor.y ProU. duce,
(3) Liber instrum. Montisreg., ff. 44-45; lura Montisreg., ff. 213,216, 355, 357».;
Arch, di Si. di Tor., Prov., Mond,^ Mazzo I, n. 2.
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OABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 29
ad an trattato con Bene riguardo a' confini verso Novello, mediante
sentenza arbitrale pronunciata il 4 febbraio '301 dal prelato astese
e da procuratori dei due luoghi (1). In Asti, per contro, crescevano
sempre più le discordie, ma i particolari fanno interamente difetto,
come pure per Alba, Savigliano e Ghieri. Giovanni I riusci a ri-
guadagnare nei *301 Taileanza di Vercelli e Novara, scacciando da
questa i Tornielii, da quella i Tizzoni, ghibellini, ed appoggiandosi
sui guelfi Brusati ed Avogadri. Di lui era sempre alleato Manfredo IV :
s'aggiunsero poi anche in una sol lega, oltre le due città insorte
contro il Visconti, le altre di Pavia, Cremona, Lodi e Crema ed i
profughi Torriani, e provocando sommosse e tradimenti in Milano,
finirono per cacciarne afiatto Matteo nel giugnov^ '302. Il Monfer-
rino ne guadagnò aumento di autorità e di potenza: già il 4 gen-
naio '302 Vercelli aveva convenuto con Ivrea di restituirle la metà
per indiviso de' luoghi di Piverone e Palazzo, con rinunzia degli
Eporediesi all'altra metà ; I' anno dopo, il 25 luglio, gli uomini di
Casale conferivano al marchese ed a* suoi discendenti ed eredi in
perpetuo la signoria di quel luogo, ch'egli teneva solo temporaria-
mente; infine era chiamato dai De Castello ad intervenire nelle
lotte civili astigiane (2).
Le maggiori potenze del Piemonte — Asti, Monferrato, Acaia,
Saluzzo — non furono mai del tutto guelfe o ghibelline, ma sole-
vano unirsi coir una parte o coll'altra secondo i proprii interessi
del momento: ninna meraviglia pertanto che Giovanni I, fautore
degli Avogadri in Vercelli e dei Brusati in Novara, fosse al con-
trario, nelle cose d'Asti, in istrette relazioni coi De Castello ghi-
bellini contro i guelfi Solari. Di segreta intesa appunto co' De Ca-
stello, i marchesi di Monferrato e di Saluzzo s'avanzarono il 5
maggio '503 a poche miglia da Asti: questi apertamente, quegli
dopo aver sparso voce di essere a Chivasso e nell'Oltrepò. Uscirono
i cittadini in campo, ma alcuno comincib a dir con malizia che la
città sarebbe stata meglio difesa dietro le mura; onde l'esercito si
sbandò. Un' ora dopo Giovanni I e Manfredo IV si presentavano
eoo tutte le loro forze a porta San Lorenzo ed entravano senza
opposizione, correndo subito a porre a ruba ed a fuoco le torri e
(1) Adriani, Indice, 52.
(2) B. San Giorgio. 82-83; G. Fiamma, c. 341; Ann. Med., e. 74; P. Azario,
Chron., in B. /. S., XVI, 301 segg. ; De Mussi, Chron, pìac, ibidem, 484 segg. ;
G. Villani, 1. VIII, e. 61; Mandblli, IV, 132 segg., 135 segg. — Arch. Cam, cPIvrea,
Maxzo I, n. 45.
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30 MEMORIE
case dei Solari, che poi furono interamente abbattute. Gii assaliti,
dopo vana prova di resistenza, furono la sera costretti ad uscir di
patria, dirigendosi verso Alba. Camminarono tutta la notte ; la mat-
tina, a sole alzato, giunsero ai «porto», ossia al tragitto del Ta-
naro, dinanzi a quella città. Quivi, volendo Leone di Brandino So-
lare montar. primo sul porto, dal cavallo aorobratosi fu gettato nel
fiume, e miseramente annegò. Passarono gli altri con miglior ven-
tura e s'appressavano ad Alba per entrarvi; ma già correvano a
contrastare in armi i Elappa ed i Costanzi co* lor seguaci di parte
ghibellina, quando l'intervento del podestà Ottone III Del Carretto,
antico amico dei Solari, li fé' ricevere a dispetto degli oppositori,
ancorché poco dipoi le minaccio di Monferrato e Saluzzo e degl'in-
trinseci d'Asti lui costringessero a partirsi dalla città e ritirarsi nelle
sue terre.
Imperversava intanto in Asti la sfrenata violenza de' vincitori.
A Francesco Guttuario ed a Rubeo Isnardi fu data balia di confi-
nare i sospetti, insieme con una commissione ov*essi facevan lecito
d'ogni voglia, estorcendo denaro, ordinando rovine di case, impo-
nendo grosse sicurtà per l'osservanza del confine e del bando, im-
prigionando infine senza pietà i riottosi alle loro ingiunzioni. Creato
podestà Manuele Spinola e « capitano » Faraveiio D'Oria, genovesi,
l'autorità publica prestava braccio forte alle private vendette, ed
erano saqcite tutte le condanne volute dai De Castello. Il popolo
era ridotto nell'ultima angoscia; più nessuno osava parlare libera-
mente ; de' Solari non si poteva pronunciare il nome se non a fine
di vituperarli ; dicevasi che non bisognava lasciarli in Alba, ma per-
seguitarli finché fuggissero in India. Dinanzi a quest' oppressione
parecchi cittadini volontariamente esularono: cosi si recarono in
Chìeri, ben accolti da quel libero Comune, Tomaso e Simone Roero,
Muzio e Rubeo Asinari, Tomaso e Paolino Troya, Raimondo Fal-
letti e parecchi de' Peyla o Perla. Per contro, Francesco Solare,
o ritenesse assicurato per un pezzo il trionfo dei De' Castello, o lo
movesse qualche rancore particolare, tradì la parte di sua famiglia
per l'avversaria, onde poi quella, a sua volta, lo rinnegò nella vit-
toria. I marchesi di Monferrato e di Saluzzo si erano stabiliti,
Tuno nella casa de* Falletti, l'altro in quella de* Troya, e pasciuti
di ricchi doni, vi traevano grassa vita colle cantine e colle prov-
vigioni de' vinti. Disertavano pure la città, con lor presenza, Gio-
vanni di Saluzzo, Enrico Del Carretto e Raimondo d* Incisa, al qual
ultimo, al suo partire, fu donato il castello di Canelli. Giovanni I
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OABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 31
si fece restituire Vignale, la metà di Felizzano e di Riva, la quinta
parte di Castelnuovo di Rivalba ed un bellissimo padiglione tolto a
suo padre ; ebbe poi anche Tonco, sebbene i De Castello ne mostras-
sero malcontento; ed i signori e uomini di Castagnole non vollero
far nulla pel Comune. Manfredo IV ottenne per parte sua Possano
e Gavallermaggiore, la qual ultima, però, dovette poi conquistare
per forza d'armi.
I fuorusciti, infatti, favoriti dalFadesione di Alba e di Chieri, co-
minciavano a riaversi del primo stupore e sgomento. Un mese dopo
il loro ingresso in Alba ne cacciavano i Rappa ed i Costanzi, ed
imprendevano quindi a molestare i De Castello con frequenti e vive
scorrerie, ancorché da principio con poca fortuna. Ma i Chieresi,
sollecitati con parecchie ambascierìe a cacciare i fuorusciti astigiani
ricoverati presso di loro, opponevano un reciso diniego, e Muzio
Asinari, da Chieri appunto, andava più volte a visitare i Solari in
Alba ed intrattenersi con loro sul da farsi, finché di comune ac-
cordo chiesero aiuto al luogotenente generale di Filippo d*Acaia. A
far riuscir la pratica con Guglielmo di Mombello dovette adoperarsi
anche Nano di Ceva, perocché poco dopo egli appare in Alba con
sue genti in nome del Principe, contribuendo a83ai a respingere in
giugno un fiero assalto dei marchesi di Monferrato e di Saluzzo (1).
Nondimeno le forze savoine e cevascbe parevano insufficienti alla
distretta: di qui la decisione degli Albesi di entrare in rapporto
cogli Angioini, ridando la città a Carlo IL A che le deliberazioni
fossero legali occorreva Tintervento del podestà, ma Ottone Del Car-
retto temeva non poco l'ira nemica. A colorire il disegno con si-
curezza, adoperò un de* soliti ripieghi. Rientrò provvisoriamente in
Alba, ed il 21 di luglio, premesse le consuete considerazioni gene-
riche e la necessità in cui era di assentarsi di nuovo, delegava
sao vicario e luogotenente il giudice Pantaleone Rabino, tosto ri-
partendo per le sue terre. La domenica successiva, 28 luglio, sulle
solite < volte » della cattedrale di San Lorenzo, congregavasi dal
vicario il Consiglio generale, chiamati straordinariamente ad inter-
venirvi oltre cento capifamiglia: ivi, unanimi, i cittadini, diedero
incarico a Nano Curato e Baldovino de' Beccari di portar a Carlo
la dedizione della città, con amplissimo mandato. Gli eletti si av-
(1) G. Ventura, ce. 29-31, 739 segg. (G. Della Chiesa, 937 seg., e G. Del Car-
retto, 1159 seg.^ ; A. Astebano, 1. V, ce. 2-3, 1058 seg. Cirea roccapazione di Fos-
aano da parte di Manfredo IV, cfr. anche Muletti, III, 58, sebbene da fonti poco
autorevoli.
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32 MEMORIE
TÌarono tosto verso Napoli : intanto, nelfagosto, Giovanni I e Man-
fredo IV, cos'intrìnseci astesi, tornarono a fare una spedisione
contro Alba, ma con non miglior successo. Il 28 settembre, il Ca-
rato ed il Beccarì si presentavano nel palazzo reale di Àversa e,
verificati i loro poteri, sottoponevano all'Angioino, e suoi discen-
denti maschi legittimi, la città, distretto, giurisdizione, mero e misto
impero, redditi e beni di Alba, alle stesse condizioni sotto cui i
cittadini si erano già sottoposti a Carlo I, con promessa di tenere
il governo in nome del Re finche questi deputasse alcun suo rap-
presentante a prendere il possesso effettivo del paese. Prestarono
dipoi il dovuto omaggio e fedeltà per so e per la totalità degli
nomini della terra, impegnandosi ad osservarla sotto pena di 500
marche d'argento, per cui si obbligavano in solido i beni delfintera
cittadinanza. Carlo, in riconoscenza della lor fede, fece parecchie
concessioni agli Albesi, fra cui prima, che, ricuperandosi da lui Che-
rasce, dovesse fare un corpo solo con Alba, quando ciò si potesse
conseguire < senza scandalo > e di consenso e volontà della totalità
degli uòmini di detto luogo. A questo proposito, siccome, secondo
la dedizione del 1259, la taglia da pagarsi dal Comune pel salario
degli ufficiali regi era di 400 lire astesi all'anno, di cui Gherasco
pagava in allora la quarta parte, cosi parve onesto fosse ridotta a
300 fino a nuova riunione dei due luoghi. Circa le « comunanze »
e le « regalie », secondo i patti dei '59 dovevano spettare al signore,
ma perchè il Comune avevate poi vendute ad alcuni cittadini per lo
spazio di 26 anni, fu stabilito che i compratori ne godessero il pro-
vento per tutto quel tempo, tranne che il Re volesse restituire loro
l'intero prezzo sborsato, nel qual caso avrebbe riavuto egli dette
«comunanze» e «regalie». Scadevano però subito nel signore le
porzioni dei ribelli, i quali erano pure esclusi dalla restituzione
delle castella appartenenti a cittadini albesi, posta nella dedizione
a Carlo I, con che, nondimeno, potessero Carlo II ed i suoi eredi
riceverli in grazia e render loro i luoghi tenuti, se mai paresse ai
medesimi conveniente in avvenire « pel buon Stato proprio e del
Comune ». Ugpal limitazione fu posta alla promessa regia di tener
in bando Gugltelmo Rappa, Alberto Costanzo e tutte le persone di
lor casato e loro seguaci espulsi dalla città in qualità appunto di ribelli
del Comune e del Re. Intorno a molti contratti che si dicevano fatti dai
medesimi con laici ed ecclesiastici albesi da trent'annì in poi, la Maestà
Regia considererebbe caso per caso se fossero da confermarsi od infir-
marsi, in modo che nulla rimanesse operato contro le leggi. Tutto il
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GABOTTO — LB GUERRE CIVIU ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 33
paese che il Re ricupererebbe od acquisterebbe per qualsiasi via
legittima dal marchese di Saluzzo, da suo fratello Giovanui e da En-
rico Del Carretto entro un raggio di 15 miglia da Alba, doveva di-
pendere dal vicario della medesima, e cosi ogni altro paese entro un
raggio di cinque miglia, se pur si potesse fare « senza scandalo e senza
danno del Re e suoi eredi, nonchò senza pregiudizio di terzi >;
inoltre Carlo II non verrebbe a patti co' suddetti signori senza ciie
restituissero i beni tolti ad Albesi, e precipuamente i castelli di
Cornegliano e Bagnolo a Pietro De Brayda, il castello e la villa di
Sineo a* Cerrati, ed il castello e la villa di Piobesi a Daniele De
Brayda. Promise ancora il Re che non chiederebbe od esigerebbe
Dolla dal Comune, personalmente o per mezzo altrui, a vantaggio
della curia regia in occasione di delitti commessi in persona di chi«
chesaia o sotto pretesto d'ingiurie, danni, redditi e proventi dei
banni e delle condanne del tempo passato, né s'intrometterebbe in
tali cose, riservandosi tuttavia, se mai ne ricevesse istanza, di far
giustizia intomo ad esse direttamente o per mezzo del proprio vi-
cario, dando la dovuta soddisfazione a chi avesse sofferto danno od
ingiuria : nessuno, però, potrebbe esser chiamato a giudizio fuori
d'Alba, cosi in cause civili, come in criminali. Volendo il Comune
far Statuti sui maiefizi, cause civili, banni dei beni estrinseci ed
altri negozi, n'era autorizzato, con che fossero sottoposti all'esame
dei Re ; la società del popolo rimarrebbe qual era allora fino a be-
neplacito del medesimo, ma tutte le altre leghe, confederazioni, so-
cietà ed unioni private dovevano essere disciolte. Infine, non fu di-
menticato Nano di Ceva, che difendeva in que' giorni stessi la città;
e perchè aveva preso molta parte alla precedente cacciata degli
Angioini ed occupava terre state già de' Provenzali, si convenne a
suo riguardo, che volendo rientrare in grazia del Re, rendendo ciò
che al medesimo apparteneva, < per amor del Comune d'Alba » sa*
rebbe stato rioevuto benevolmente e liberalmente (1). In conseguenza,
(1) Ar<^. di 8t di Tor., Prov., Alba, Mazzo I, d. 6 (copia aatentica sec. XYIII,
da pergamena dell' Arch. di Marsiglia, ora Bocche del Rodano. La data, in Adriani,
89pra ah. doec, e codd. mss, di cose subà^, od iud. conserv, negli arch. e bibh Fr.
nwrii., 68, Tonno, 1855, è invece 28 novembre). SnUe e volte > di San Lorenzo,
V. PiccAROLO, La eaUedr, ant éPAlba e le sue rekuB. col Com. aXb., 19 segg., Alba,
1888. - Cfr. G. YiiiTURA, e. SO, 742; e G. Della Chiesa, 933. — L'Adriani, In-
dice, 52-53, rammenta, di sai Dupay, un atto in data 24 agosto '803, per cai Che-
rftBOo avrebbe delegato sindaci a trattar la dedizione del Inogo a Carlo II, i due
cittadini Rafino Mazooo ed Ottone Carosio. Anche senz'aver sott'occhio il testo com-
piuto dei doe docamentì, l'idrati tà del giorno, del mese e dei sindaci e l'espressione
« eonte di Provenza > per designar Carlo, bastano a dimostrare che il preteso atto
24 agosto '303 non è che an equivoco del Dapny che scambiò un trasanto del 1803
RivUta Storica Italiana, XI. 8
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34 MEMORIE
Carlo II destinava a visitare il nuovo acquisto, ed a ricever anche
il giuramento de* Solari e loro aderenti, Leonardo de Turco ed altri
suoi fedeli, i quali, adempiuto il proprio ufficio in Alba, si dirìge-
vano verso Monteregale, accompagnati da Folco Caze, Aleramo La*
yolo, Corrado De Brayda ed altri Astigiani ed Albesi, quando la
comitiva fu sorpresa, tra via, da un bastardo de* Bressani con pa-
recchi uomini di parte De Castello. Nella zuffa, Polo Caze restò
morto; gli altri furono condotti prigioni a Possano. Se ne riaccese
la guerra fra Monteregale ed i Bressani, in odio de* quali fu di-
strutto e spianato il castello di Roccaforte, ed il Re mandò un nuovo
messo in pertona di Egidio da Perugia, suo famigliare, ad ammonire
grintrinseci d*Asti di rispettare Alba e gli Albesì sudditi suoi, cai
non avrebbe potuto mancar di aiuto. Ma i De Castello si fecero beffe
del regio procuratore, e se prima avevano in animo di nuocere ad
Alba, ora fecero peggio. In novembre, intanto, Manfredo IV assaliva
Cavai lermaggiore e l'espugnava per forza d* armi, costringendo il
4 dicembre gli abitanti a giurargli fedeltà. Pur vi peri d^un colpo
di lancia Vasino Guttuario, de* maggiorenti fra i De Castello (1).
Il 3 aprile *304, Guglielmo Turco e Manfredino Isnardi sovrano-
minato < il Rosso », con circa 100 cavalieri astigiani e turba di pe-
doni, andavano ad assalir la Morra, terra d*Alba ; ma n*erano vio-
lentemente ributtati, e Tinsuccesso parve presagir Timminente rovina
di lor parte. Gli affari di Acaia, infatti, esigevano Tunione di Filippo
di Savoi'a cogli Angioini; opperò quegli, sollecitato da Filippo di
di Taranto, faceva appoggiare in Piemonte grinteressi di re Carlo
e di Raimondo Berengario, figlio ed erede di lui per la contea di
Provenza. Guglielmo di Mombello, pertanto, assunse Tufficio di ri-
condurre in Asti i Solari. Le operazioni furono fissate pel 2 maggio,
a fine di non dar tempo a* De Castello di valersi della legge asti-
giana sul possesso per un anno e un giorno. Indettatisi cogli amici
rimasti nella sconvolta republica, movevano contemporaneamente
gli Albesi ed i fuorusciti ricoverati presso di loro sotto il podestà
col vero atto 24 agosto 1259 edito dall' Adriani, di sairorìginale deirArch. di Mar-
siglia, in 3f. h. p. Chart, II, 1589. Anche la notizia di an*alleanza stipulata nel '803
fra Asti (8ic)y Oberasco, Savigliano e Monteregale per escludere dagli uffizi de' ConiQDi
confederati tinto i Solari quanto i De Castello (F. A. Della Chiesa^ Descriz. gen.
del Piem,, e. 57, ms. nella Bibl. dì S. M. in Torino ; Novellis, St. di Sav», 57 ; Canatese,
Mem, 8tor, di Mond,, 58; Adriani, Ind., 53, e Torletti, 1, 158) non trova conferaia
nei documenti, pur leggendo Alba in luogo di Asti. Però un'intesa cordiale fra Alba
H tessa, Cherasco, Monteregale e Savigliano appare da* fatti che saranno or ora accennati.
(1) Liber instrum. Montisreg., ms. cit., f. 72. — G. Ventura, ce. 31-32, 742 segg. ;
G. Della Chiesa, 937; G. Del Carretto, 1160.
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GABOTTO — LE GUERRE GITILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 35
Alberto Spettini di Piacenza, e le milizie di Chieri cogli altri esuli,
riaoendosi col Mombello partito da Moncalieri. Le schiere, in nu-
mero di 5000 pedoni e 200 militi, pernottarono a Villanova d'Asti,
e la domane, per tempo, marciarono contro la città, avanzandosi
pel borgo dei SS. Apostoli fino al ponte omonimo sul Berbere, fra
le acclamazioni del popolo incostante, che offriva loro da bere vo-
ciando : € Vivano i Solari, e muoiano i perfidi De Castello » . Questi
ultimi sì provarono a resistere, e ricacciarono invero i nemici da
porta deirArco al monastero di Sant'Anna ; ma qui i Solari ed i loro
aderenti rivoltarono fronte, e, favoriti dal popolo minuto, che aveva
arso la porta dell'Arco per agevolarne l'ingresso, cacciarono alla
loro volta i De Castello fino alla piazza de* Guttuari, or dell'Erbe,
cadendo parecchi de' principali ghibellini e fuggendo gli altri nel
Monferrato. I fuggiaschi non furono inseguiti : ben venne messa a
ruba il di stesso la casa del podestà Spinola, che si era pur egli
allontanato a furia, abbandonando la moglie e la nuora. Giovanni I
profittò della sconfitta de' suoi alleati, come già di lor vittoria, che
quel giorno medesimo gli fu posto in mano Galliano da contadini del
luogo (1).
L'entusiasmo popolare aveva dunque salutato il trionfo de' Solari;
ma, pur troppo, essi furon cagione che sbollisse assai presto. Natural-
mente, oltre l'intero Ospizio dei De Castello, andarono esuli molti
altri cittadini, che ne avevano seguito le parti, fino al numero di 500.
Il di medesimo della vittoria ed il seguente , i Solari arsero le case
di Guglielmo Turco, di Giorgio Voglietto e di altri fuorusciti, e rovi-
narono la torre de' Guttuari sulle dimore d' innocenti vicini. Indi
cominciarono le violenze contro gli stessi amici del giorno avanti,
e contro diversi Solari assassini non s'iniziò neppur processo. Occu-
pati i beni de' monasteri e fin le castella del Comune, non fu male
che non rendessero per bene avuto; onde si partorì grande odio
contro la possente famiglia guelfa. Intanto i De Castello , anziché
abbandonare il territorio astese, si erano afforzati ne* lor feudi di
Settime, Rocca, Magliano, Ferrerò, Menale, La Cisterna, Cellarengo,
Soramariva Perno, Sommariva del Bosco, Sanfrè , Monticelli, Cassi-
nasco, Canale, Corticelle, Masio, Frinco, Quattordio, Refrancore,
Moasca, e godevano il favore anche della villa comunale di Bra (2).
^ (1) Arch. di Si. di Tar., Beai Casa, Principi Acaia, — G. Ventura, ce. 32-33,
744 seg. (G. Del Carretto, l e. ; A. Astesano, 1. V, e. 4).
(2) 6. Ventura, ce. 34, 36, 48, 745 segg., 768 segg. Accetto la lezione muratoriana
« Canale » anziché Tal tra € Canal li » dei M. h, p., perchè Canelli era stato ceduto
al marchese dlncisa (v. sopra, p. 30). — Bic, e st st, Bra, 1, 83 segg.
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96 MEMORIE
Il marchese di Monferrato era lontano: introtoessosi di nuovo nelle
cose di Lombardia, dove gii si dava Trino insorta contro ì VerceU
lesi, si trovava allora a campo a San Giovanni presso Piacenza, colle
genti della lega torrianesca, contro Alberto Scotto e Matteo Visconti.
A richiesta dello Scotto, il podestà Spettini, surrogato anche in Asti
allo Spinola, indusse i cittadini a mandar 100 militi in soccorso di
quelfambisioso signore; perchè Giovanni I e gli estrinseci d'Asti,
eh*eran con lui, la notte stessa tornarono alle lor case. Di rincontro,
mentre una quaratina di cavalieri astesi intrìnseci moveva nel giugno
in aiuto di Cherasco, travagliata da Giovanni di Saluzzo, questi assaltò
per via la piccola truppa, e parte n'ebbe prigione, il rimanente
disperse. La terra monferrina di Gastelvero, occupata da* Solari, fu
tosto ripresa dal marchese, che decise anzi di tentare un assalto
su Asti (1). A consolidare la parte loro, gii estrinseci si erano già riac-
costati a' nemici secolari della lor patria, giacché flu dal 1 agosto.
Guido, Antonio e Bonifacio di Monteacuto, conti di Biandrate, pas-
savano procura in capo di Guido di Cocconato e di Pietro di San
Giorgio per far tega con Giacomo Guttoario, Guglielmo Isnardi, si-
gnore di Sanfré, ed altri maggiorenti fra* De Castello, ancorché gli
accordi definitivi non fossero propriamente stipulati che più tardi (2).
Il 1 settembre, Giovanni di Monferrato e Filippone di Langosco,
colle milizie di Pavia, Vercelli e Novara ed i fuorusciti astigiani,
ai avanzarono infatti, con circa 800 militi e 3000 fanti, fino al borgo
di San Lorenzo, e vi stettero da terza a vespro senza vantaggio
alcuno, che anche i chierici e le donne presero le armi contro di
loro, seppur qui non s* ha una figura retorica del cronista poeta
Antonio AjBtesano. Più fortunata, invece, fu nell'ottobre una scor-
reria degli occupanti verso Moncalvo{3).
li 5 novembre, Giovanni I, Pietro di San Giorgio e Giacomo Gut-
tuario, eletti arbitri sovra le differenze fra i predetti conti di Bian-
drate e g<i estrinseci d*Asti come rappresentanti il Comune, pro-
nunciavano si dovesse far lega perpetua fra le due parti, salvo
contro i marchesi di Monferrato stesso e di Saluzzo ed il principe
di Acaia, al quale si volevano ancora usar riguardi; fossero resi
a* conti Porcile, Poirino, Tegerone, Stearda, Castiglione, Buttigliera,
(1) Irico, Berum patriaruniy 104, colle osservazioni del Mand£lli, IV, 119 tegg, —
G. Ventura, c. 35, 746.
(2) Arch. di 8t di Tor., Pr&v., Asti, Mazzo II, un. H%egg,
(3) A. AsTssASo, 1. V, e. 5, 1061, Cfr. G. Ventura, c. 86, 747, dove preferisco pare
la lezione maratorìana iu attesa di dare io stesso nna noova edizione del Memoricden
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 37
Mercurolio, Manila e Cerasole, colle loro dipendenze ; si ritenessero
abrogate tatto le convenzioni e patti anteriori in contrario. Le
questioni rimaste tattor.i pendenti vennero poi risolte con altra sen-
tenza de* medesimi arbitri, in data 6 dicembre, per la qnale si de*
fini sarebbero cedute ai tre conti anche la villa Desaya posta nel
luogo della Monta del Fango, e quelle di Canale, Antevisio e Castel-
letto, ridotte in Canale nuovo, insieme colla giurisdizione, mero e
misto impero ed ogni cosa inerente ad esse, obbligandosi i fuoru-
sciti a far ratificare la cessione quando potessero rientrare in Àsti(l).
Quel mese di dicembre fu uno de* più fecondi in eventi dell'agi-
tatissimo anno *304. La villa di Cosaombrato sottomettevasi il 14
agli occupanti astigiani a condizione che gli abitatori non potessero
venir rimessi ne' luoghi donde venivano. Stipulò l'accordo, come
procuratore della città, Martino Mignano, e ratificollo il di medesimo
Guglielmo Borbino, a ciò appositamente delegato dal Comune e dalla
€ Società del popolo > : tuttavia la convenzione non ebbe effetto
che piò tardi (2). Pur in dicembre, Carlo II e Raimondo Beren-
gario, stimolati dagl'inviti di Monteregale, che aveva mandato fino
ad Àix i suoi sindaci e procuratori Giacomo Bigliono e Nicoletto
Veglazio a trattar la propria dedizione a Riccardo Gambatesa, sini-
scalco di Provenza, si decidevano infino ad operare efficacemente in
Piemonte, destinandovi un proprio siniscalco in persona di Rainaldo
de Leto, cui passavano il 13 procara per convenire con quella ed
ogni altra terra a lui paresse (3). Da ultimo, sempre in quel mese,
approdava a Genova , di ritorno dalla Grecia, Filippo di Àcaia, e
forse questo fatto non era senza intima connessione col precedente.
Certo» Filippo si recò tosto in Àsti, e gl'intrinseci uscirongli in-
contro un buon tratto, facendogli grande onore. Sembra fosse già
considerato come a' lor stipendi per gli aiuti prestati in sua assenza
dal Morobello : infatti gli pagarono poi a tal titolo diverse somme.
Comechessia, allora lo elessero capitano d'armi per tre anni, e per
i primi tre mesi del *305 nominarono podestà il Mombello stesso, con-
ferendo cosi al Principe una specie di signorìa temporaria (4). Molte
cose si preparavano, quando ad accrescere la confusione — né forse
a caso, se si potesse prestar fede una volta almeno alle troppo fre-
(1) Arch. di St. di Tor., Prov., Asti, Mazzo II, nn. 15 e 16.
(2) Ibidem, Mazzo I, un. 1 e se^g. ; Mazzo XV, n. 3.
Ì3) lÀber ùutrum. MontKreg., ms. cit.. fi. 66, 70v.-71v.
4) SARAcnio, 40. — G. Vkntora, c. 36, 747 ; Cron. di Monferr,, in Morioxdo,
Jfcfon. Aq., II, 203.
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38 MEMORIE
quenti voci di avvelenamento — , il marchese Giovanni I, dopo aver
ricevuto il 13 gennaio '305 Tomaggio di qaattro signori d'Incisa ,
moriva quasi improvvisamente in Ghivasso, sembra il 19, senza la-
sciare flgliuolanza. Aveva però avuto tempo di far testamento, in
virtù del quale chiamava eredi, in primo luogo, i figli postumi,
maschi o femmine, uno o più, potrebbe avere da sua moglie Mar-
gherita; in secondo, la sorella Jolanda, moglie dell'imperator greca
Andronico Paleologo, ed i lor figliuoli; in terzo e quarto, i figli
della sorella Alasina, e Giovanni infante di Castiglia, nato dall'altra
sorella Margherita; in ultimo, il marchese di Saluzzo, a cui infrat-
tanto, ed a Filippone di Langosco col Comune di Pavia, delegava il
governo e la difesa dello Stato fino alla' venuta dell'erede (1).
IV.
Progressi degrintrìnseci d'Asti. — Assemblea del Monferrato in Trino: parti nella
medesima. — Disegni di Manfredo IV snlla snccessìone monferrina : gnerra civile
che ne consegne. — Arrivo di Rainaldo de Leto in Alba: nuova dedizione di
Monteregale, Savigliano e Cherasco agli Angioini. — Imprese degli occupanti asti-
giani contro il marchese di Salnzzo : loro alleanza col siniscalco regio. — Bicon-
qaista provenzale di Caneo e dintorni : perdono di Nano di Ceva, e sottomissione
di Manfredo IV e Giovanni di Salnzzo. — Trattato segreto tra Filippo di Acaia
e Carlo II per la divisione di Asti e di Chieri. — Conquiste e contegno di Filippo:
affari intemi de' paesi angioini. — Edificazione e distruzione di Mortiola : tenta-
tivi del Principe per impadronirsi di Asti. — Trattato di alleanza tra Filippo ed
Amedeo V. — Arrivo e progressi di Teodoro Paleologo in Piemonte. — Viluppo
diplomatico fra Acaia, Salnzzo ed Angiò: Manfredo IV cede al Re Possano e i
diritti sul Monferrato. — Assedio e resa di Cavallermaggiore : trattati del-
l'I 1 maggio 1307 tra Filippo e Carlo II. — Assedio di Moncalvo: tentativo an-
gioino su Asti. — Battaglia di Vignale : pace fra Monferrato ed il Re. — Politica
di raccoglimento de* Provenzali : condizione dei vescovi di Asti e di Torino. —
Proseguimento delle ostilità ira intrinseci ed estrinseci astigiani : distruzione di
Moasca. — Pace fra Salnzzo ed Acaia: donazione del Piemonte angioino a Ro-
berto. — Discordie civili di Alessandria : cacciata de' ghibellini. — Nuovi accordi
fra Asti e Filippo: morte dì Carlo II.
La coincidenza de* tre fatti essenziali della storia subalpina nel
primo decennio del Trecento, in parte solo fortuita, produsse tosto
singolari complicazioni in ciascuno. Il principe di Acaia profittando
dello sconcerto gettato dalla morte di Giovanni I fra i De Castello,
spinse gagliardamente le ostilità contro di essi. Con un assedio di
venti giorni fu ricuperato il castello di Rocca; dipoi, in febbraio,
cadevano anche Cossombrato, che non aveva mantenuto i patti del
(1) B. San Giorgio, 83-84. Cfr. G. Vbntdri, l e. (G. Dblla Chiisa, 938). Del-
Tavvelenamento fu incolpato uno de' medici, perciò ucciso. Il testamento in laico,
Ber. patr.f 106 segg., ed in Muletti, III, 59 segg.
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GaBOTTO — LE OHERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 39
14 dicembre, e la vicina villa di Corsione (1). Nel marzo, il nuovo
podestà Guglielmo di Mombello e gli occupanti astigiani ebbero i
castelli d*ÀgIiano e Menale, cui sovvertirono dalle fondamenta ; più
tardi arsero la villa di Montiglio , sebbene resistesse il castello pel
contegno ornai equivoco di Filippo, che volle partirsene dopo solo tre
giorni di assedio. Furono presi infine la villa di Colcavagno ed il
castello e la villa di Murisengo {2).
In questo frattempo si erano raccolti in Trino i rappresentanti
dei nobili e delle comunità del Monferrato, di autorità del marchese
di Saluzzo, e con intervento di ambasciatori pavesi e di Riccardino
di Langoaco, figlio del conte Filippone. L'assemblea dovette essere
tumultuosa, perchè v'erano intervenuti tanto i capi di parte guelfa,
che volevano adempiuto il testamento di Giovanni I coirìnvio di
messi ad invitar Jolanda a destinare un de* suoi figli al governo
dello Stato monferrino, quanto quelli di parte ghibellina, che desi-
deravano passar sopra le volontà del defunto, e risalendo al comun
stipite aleramico, riconoscere ogni autorità di diritto e di fatto in
Manfredo IV. Alla testa de' guelfi era Facino, ossia Bonifacio, di
Tiglio» molto autorevole per aver già tenuto il governo nel '92 e
difeso allora con energia l'indipendenza del paese : a lui aderivano
naturalmente i parenti Giacomo ed Anselmo e tutti i cosidetti < graf-
fSEigna ». Per contro, capitanava i ghibellini il possente Guido di
Cocconato con tutta la sua numerosa famiglia; e con lui erano
stretti gli estrinseci d'Asti, presenti in qualità di testimoni alle de-
liberazioni del Parlamento. Prevalsero i guelfi, come quelli che
avevano per sé la legittimità e l'opinione publica, rappresentata,
a quanto sembra, dairelemento comunale ; ed il 9 marzo decretavasi
pertanto la nomina di nunzi e procuratori dell' assemblea presso
l'Imperatrice. Spiacque la soluzione al Saluzzese, che, a farne man-
care l'effetto, pensò di spedire a sua volta ambasciatori in Oriente
ad annunziare ad Andronico Paleologo la pretesa gravidanza della
ved'ova dell'ultimo marchese , onde sarebbe stato inutile l' invìo di
un figlio di lui ad assumere il reggimento del Monferrato. Nel tempo
stesso, per afforzarsi coll'amicizia di Savoia, provvedeva a regolar
le sorti della marchesana Margherita, cui assegnò il 14 le castel-
(1) G. Vehtura, c 87, 748. Per altro, poco dipoi, il 1 marzo, la Repnblica rati-
fìcaYA qoe* patti, ed in aprile, ad istanza degli aomioi dei dae luoghi, riaffermava
che in avvenire non ne avrebbero più formato che nn solo, godendo quelli di Cor-
rione delle concessioni &tte agli nomini di Cossombrato {Areh. di 8t. di Tor., Prov.^
Asti, Mazzo I).
(2) G. Vemtura, ce. 37 e 40, 748 e 751.
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40 MEMORIE
lanie di Lanzo, Ciriè e Caselle, riservato il diritto di riscatto me-
diante pagamento delle 30.000 lire dotali. Naova diflScoltà gli si af-
facciava neirattitudine ostile de* Vercellesi, che rivendicavano Trino;
ma da questo travaglio lo liberò un compromesso del 2 maggio in
Filippone di Langosco e Guido Della Torre, e cedendo Trino per lor
sentenza, ebbe in compenso la pace. Sciolto da queirimpaccio, Man-
fredo IV cominciava a contrastare apertamente a* < graffagna », ornai
levatisi in armi contro di lui, ed insignorivasi facilmente di Chivasso.
Moncalvo, Vignale, Lu, ed altri luogliì, espugnando una notte a forza
anche Gunico. La fortuna sembrava sorridergli: a Costantinopoli,
Tambascieria monferrina ufficiale ottenne solo a stento che si man-
dasse ad appurare la verità sulla gravidanza della marchesa vedova,
sospesa infrattanto la venuta in Italia di Teodoro Paleologo, cui Jo-
landa destinava la successione di Giovanni I. Ma mentre questo ri-
tardo poteva assicurare il Monferrato al marchese di Saluzzo, che
ragionevolmente ne esultava, gravi fatti sopravvenivano altronde ad
arrestarne i progressi, ed in sua speranza di acquistare Taltrui, per-
deva gran parte del proprio (1).
Rainaldo De Leto erasi mosso prontamente da Aversa, ed alla no-
tizia del suo approssimarsi, il Comune di Monteregale delegava il
5 febbraio Tomaso Garbena per dare e trasferire in re Carlo e suoi
eredi legittimi il dominio e la signoria dei luogo e dipendenze (2).
Nel marzo, il siniscalco era già in Piemonte: conduceva seco 100 mi-
liti e 200 balestrieri, e fermò la sua prima stanza in A.lba, salutato
con gran plauso da* popoli. Il 21, nel palazzo arcivescovile di quella
città, fu compiuta la dedizione di Mondovi : il sindaco Garbena pose
il Comune sotto la signoria delP Angioino, promettendo omaggio e fe-
deltà a condizione che il Re non potesse alienare né obbligare la
terra, né sotto alcun titolo trasferirla in altri che ne* suoi figli
maschi. Ogni anno, il giorno di San Martino, Monteregale darebbe
al Signore una somma per cui chi possedesse 300 lire astesi, o più,
pagherebbbe tre soldi; chi da 100 a 300 due soldi, chi meno di 100,
uno solo: Testimo sarebbe fatto da probi uomini del Monte, a ciò
eletti dalla curia regia. La nomina de* publici ufficiali doveva spet-
(1) B. San GiORQio, SSsegg.; G. Ventura, c. 36, 748 (G. Della Chiesa, 938;
G. Del Carretto, 1161). — Arch. di St di Tor„ Monferr. Marchei., e Beai Casa,
Matrim., Mazzo III. — Irico, 107 segg.; Muletti, III, 61 segg. — Probabilmente
« graitagna > era dispregiativo per e gaelfl » . Cfr. i « graifagnini » d*Alba, sopra,
p. 13.
(2) Liber instrum. Montiareg., ms. cit., f. 71 1?. La domane troviamo unUmportante
concessione dì privilegi a Demente (Arch. Com. di Demonte, Carte e tit, div.).
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 41
tare al Re, parche noo li prendesse da Mondovi, né dal distretto,
e salvi i diritti del foscoyo d*Asti intomo aiTelezione del podestà e
de* consoli: detti ufiBciali sarebbero tenuti a reggere secondo gli
Statuti del Cornane, con che il nunzio regio potesse assistere alla
compilazione de* naovi capitoli sui maleflzl, riservati anche in ciò i
diritti della Chiesa d'Asti. Gli uomini dei Monte si obbligavano ad
andare in esercito pel Re e successori suoi ana volta air anno, a
spese del Comune, per venti giorni, nel territorio compreso da Mon**
calieri ed Asti fino a Limone e Briga : oltre questi limiti, non po-
trebbero venir chiamati ad esercito o cavalcata, se non a spese del
Re; ed accadendo di non esser richiesti un anno, non si esigerebbe
in altro tempo il servizio allora non fatto. Aggiungevasi al riguardo,
che di coloro i quali < stavano al medesimo pane, luogo, fuoco e ca-
tena» non dovrebbero andare in campo più di due, da* 17 a* 60 anni,
ed essendovi due soli, non ne andrebbe che uno. Per le armature
perdute in guerra e pe* cavalli < magagnati » era stabilito un com-
penso entro il mese: i prigioni fatti in servizio del Re sarebbero
riscattati mediante cambio. Promise, a sua volta, il siniscalco di man-
tenere i diritti del Comune, crescerli ed ampliarli : non permette*
rebbe che uscisse dal distretto niun luogo appartenentevi; non pre-
tenderebbe i castelli tenuti dalla Chiesa d*Asti , specialmente Vico,
Torre, Montaldo e Roburent, nò chiederebbe in dette ville se non
quanto potevano chiedere gli uomini di Mondovl, rispettando i di-
ritti della Chiesa suddetta, e permettendo che il vescovo potesse mu-
nire quei castelli di vettovaglie e clienti del Monte. Non dovevano
esser violate le convenzioni fra il prelato, o suoi antecessori, ed il
re Carlo I, né i Monregalesi potevano venir chiamati a combattere
contro di lui. Erano dichiarate ville del distretto Rocca de* Baldi ,
San Biagio, Carrù, Frabosa e Bastia di Carassono; e sotto la giu-
risdizione del vicario del Monte cadrebbero pure le altre ville e ca-
stella che gli Angioini potrebbero acquistare entro un raggio di sei
miglia, nel quale, ad ogni modo, 3*intendevano fin d*ora compresi
il castello di Miribello, la villa della Chiusa, il castello e la villa di
Morozzo. Miribello, poi, comunque acquistato, doveva essere distrutto.
Veniva sancita un'amnistia per 17 mesi in addietro, nonché per Te-
spulsione delle genti regie al tempo di Carlo I ; prometteva:»i inoltre
dal De Leto immunità agli uomini di Mondovi da ogni pedaggio o
maltolta in tutti i domini subalpini del Re, e rimessione degli ob-
blighi loro verso Alba, Asti e Possano, come pure delle rappresaglie
e licenze degli uomini di questi luoghi contro Monregalesi. Il Re
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42 MEMORIE
terrebbe indenni i Della Valle per la distrazione del castello di Roc-
caforte eseguita < pel bene del Comune > ; del resto ad essi ed a* Bres-
sani estende vasi pure l'amnistia. Nessuno potrebbe essere chiamato
in giudizio fuori del Monte per cause civili o criminali, né tratto in
ostaggio, 0 confinato fuori del distretto, senza volontà del Comune ;
la società del popolo conservata, senza che vi si potesse fare muta-
zione alcuna. Infine, per la convenzione presente si ritenevano abro-
gati tutti i patti anteriori, tranneché, parendo al siniscalco ed al
sindaco di farvi aggiunte, modificazioni o cancellazioni, dovevano
aver riguardo alle scritture ed istrumenti fermati l'anno avanti in
Àix fra i rappresentanti di Mondovi e Riccardo Gambatesa (1). Sa-
vigliano e Cherasco, ancorché tenessero fin da principio un conte-
gno benevolo, non sembrano però essersi date al siniscalco se non
più tardi, forse quando già le armi provenzali avevano fatto in
Piemonte maggiori progressi: per Savigliano, almeno, il primo do-
cumento che vi attesti ristorata la signoria angioina é, per ora,
soltanto del 4 ottobre ; per Cherasco , anche più tardo, cioè del 5
novembre , quando il siniscalco concesse a quel Comune la prima
cognizione delle cause civili e criminali, colla conferma di altri pri-
vilegi. Di Savigliano ci è pur fatto noto da un documento posteriore
che aveva posta la condizione che, riacquistandosi dal Re Cavaller-
maggiore, Cavallerleone , Polonghera, Villano va (Solare), Menaste-
rolo, Scarnafigi, Lagnasco, Solere, Oenola, Levaldigi, La Manta,
Marene e Montemaggiore, dovessero far parte del suo distretto e
dipendenze (2).
La ristorazione angioina in Alba e Mondovi era avvenuta colla
benevolenza degli intrinseci d'Asti, ond'era naturale una colleganza
fra essi ed il siniscalco regio. Nella Republica, finita la podesteria,
del Mombello, riusci a Filippo di Savoia di far cassare l'elezione di
un successore a lui sgradito; opperò si creavano quattro consoli
pel luglio, poi altrettanti per l'agosto. In questi mesi ebbero luo<;o
fatti d'arme di qualche importanza. Dai momento i De Castello erano
uniti col marchese di Saluzzo, e questi teneva Possano e Cavaller-
maggìore, era il naturai nemico degli occupanti e del Principe, i
quali diedero infatti il guasto a Carmagnola con metà dei cavalieri
astesi. L'altra metà, in numero di circa 60, col grosso delle milizie
cittadine, usci un giorno contro Casorzo, ed accorrendovi da Mon-
(1) G. Ventura, c. 39, 750. — Liber instrum. MonUareg,, ms. cit., ff. 66 seg.
(2) ToRLETTi, I, 160-161. — Adriani, Ind., 54.
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6AB0TT0 — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 43
calvo Manfredo [V co' fuorusciti, accennò ad appiccar seco battaglia
in tal ordine e contegno, eh* egli preferi evitare lo scontro e vol-
gere in ritirata. Verso lo stesso tempo — ma se prima o dopo non
consta — gl'intrìnseci andavano ad altri guasti intorno a Tengo ed
a Moncalvo, insieme colle genti provenzali : sotto Moncalvo appunto
cadde prigione Leone Vogl ietto, uom notevole fra i De Castello, e
condotto in Asti, fu tenuto a lungo nelle carceri delia città. Dipoi,
a richiesta del siniscalco, andarono alla loro volta gli occupanti
astesi a* guasti di Novello, e dormirono la notte in Cherasco, già
amica, se non già suddita del Re. Disegno del De Leto era di ritòr
Cuneo a Manfredo IV per mezzo di segrete intelligenze, ma una
pioggia torrenziale indugiò e deviò per istrada gli assalitori, tan-
toché non furono all'ora convenuta, e quindi parecchi loro fautori,
intimoriti per creder scoverta la trama, si affrettarono ad abbando-
nare la terra (1).
Cominciava dunque il marchese di Saluzzo ad accorgersi che il
nuovo nembo addensantesi sarebbe andato a cadere sovra di lui, già
travagliato airinterno del Monferrato dai < graffagna >, all'esterno
dagl'intrinseci d'Asti, dal siniscalco e dal Principe, ed abbandonato
fin dal Delfino per le aderenze di questo colla casa reale di Francia.
Vuoisi allora volgesse l'animo suo a tal signore che dell'infido pa-
rente era nemico, e su Filippo di Acaia poteva as^ai come capofa-
miglia e signore feudale. Di qui, il 3 agosto, Manfredo IV avrebbe
delegato Francesco Soave per procedere ad accordi con Amedeo V
di Savoia, facendogli omaggio di tutti i castelli, ville, giurisdizioni,
diritti, feudi ed allodi possedesse ne' marchesati di Monferrato e di
Saluzzo; ed il 27 il Soave e Pietro di San Giorgio avrebbero do-
nato e riavuto in feudo tutte le cose suddette, particolarmente Sa-
luzzo, Revello, Racconigi e Carmagnola, a nome non solo di Man-
fredo, ma anche di Federico, contro promessa di aiuto. Però il
documento non è senza sospetto, e d'altronde Amedeo V era allora
impegnato più che mai nella guerra contro il Delfino (2).
11 siniscalco, invece, attendeva validi aiuti dalla Provenza. Il
30 agosto medesimo, Giacomo Arduino, procuratore di re Carlo, ot-
teneva agevolmente la fedeltà di Roccasparviera e Val di Stura, e
(1) G. Venturi, ce. 37 e 39, 749 seggr.
(2) CiBRARio, St man,, II, 274 seg. ; Moletti, III« 65 9egg. I dubbi in Manfroni,
I dir. di Casa Sav. sopra il march, di Sol., in Bendic. B. Accad. Lincei, 8. IV,
t. I, 494 seg. (AtH, 1884-1885). Cfr. tattavia Arch. di St di Tor., Sai Marches.,
Catég. IV, Mazzo I, n. 15.
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44 MEMORIE
nel settembre 300 militi ed oltre 1000 fonti angioini scendevano a
Demonte, che transigè subito il giorno 6 in tatte ie questioni che
aveva coiraatorità regia. Nondimeno qneiresercito esitava ad avan-
zarsi nel paese nemico, temendo qualche sorpresa. A dargli mano
andò in persona il De Leto ; e con lui movevano pure il prìncipe dt
Àcaia e le milizie astigiane capitanate dal nuovo podestà Moroello
Isimbardi, di Pavia, che, entrato in carica il 1 del mese per sei,
ebbe poscia prorogato l'ufBcio ad un anno. La conquista fu rapida:
già il 16 settembre stesso, Carlo II aveva conceduto a Nano ed a
Giorgio III di Ceva patenti di grazia per ogni danno, offesa e fel-
lonia, considerando con quanti servizi avessero ricomprata la par-
tecipazione alla guerra contro Carlo I, sia difendendo Alba ed i
Solari nel *303, sia combattendo ancora presentemente con ogni pos-
sanza per la caflsa guelfa in Piemonte; or anche Giovanni di Sa-
lu^zo, sgomento dal turbine imperversante intorno a* suoi domini,
ne aveva stimolo efficace ad abbandonare il fratello e prestar omaggio
a' Provenzali per Busca. In men di tre mesi, il siniscalco occupò
Cuneo, il distretto e le valli, e potè rimandar le sue truppe in Pro-
venza dopo aver costretto Manfredo IV ad una pace onerosa. Egli
cedeva infatti agli Angioini le loro recenti conquiste, e di più man-
dava Ano a Napoli due ambasciatori a far dichiarare dal Re i proprii
diritti sul Monferrato; il che ebbe luogo in effetto il 7 febbraio *306,
caduti in compenso a Carlo, il giorno IO, i luoghi di Nizza delia
Paglia e Castagnole, e riconosciuto da lui il rimanente del marche-
sato monferrino (1).
Di tanti successi cominciarono ad impensierirsi ed aombrarsi gli
Astigiani, cui nulla aveva il De Leto comunicato anteriormente di
suoi disegni; e che non avessero torto, mostrano invero le tratta-
tive corse allora tra il Re e Filippo di Acaia per mezzo del sini-
scalco e di Girardo da Vigono. Fatto compromesso in Corrado De
Brayda e Zaberto (o Lamberto) di Luserna, pronunziavano questi in
Asti medesima, il 17 novembre *305, che i due princìpi dovevano cer*
care in comune d'impadronirsi della Città e sue dipendenze, come pure
di Chieri e del suo territorio: l'acquistato sarebbe diviso in due parti
uguali, a giudizio di due arbitri, pigliando ciascuno per sé la parte
più conveniente per la posizione de' suoi domini; però a Filippo erano
(1) G. Della Chiesa, 939, 944. — Arch. Com. di Demonte^ Primi etc. —
O. Ventura, ce. 38-39, 41, 749-750, 752; Arch, Com. di Mone., Conti, voi. I. -
- Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo X, n. 3. — Camera, Ann. dei regno
Due Sicilie, II, 117, Napoli, 1860. — B. San Giorgio, 90-91.
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OABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 45
a^iadicati in più i castelli e luoghi di Poirìiio, Sommariva del Bosco,
Ifontozolo, Gastelnuovo, Montemagoo e CeresoJe, ooU'omaggio dei
agnoli di Porcile, Troffarello e Revigliasco, e riservati i diritti al
suo stipendio di < capitano » d*Asti. Le spese sarebbero comuni;
ognnno terrebbe tanti armati quanto Taltro ; il Principe non potrebbe
esser chiamato a servire fuor della terra regia di Piemonte e dei
territori di Chieri ed Asti. L'alleanza fra i contraenti, ai solito, per*
petua; pur non sarebbe Filippo obbligato a far guerra a ninno della
casa di Savoia, o neanche al marchese di Salozzo, se non di propria
volontà. Ma s*egli volesse rivendicare diritti da un altro principe
sabaudo, e ricuperar colle armi i feudi di Barge, Scarnaflgi e Ca»
ramagna, tenuti dal Saluzzese, il Re non vi dovrebbe frapporre ai-
cuna difficoltà, anzi aiutarlo con ogni suo mezeo. Pel Comune di
Pinerolo, infine, era sancita Tesenzione dal servizio militare oltre i
40 giorni e fuor di un raggio di venti miglia, mentre un altro ar-
ticolo prevedeva un eventuale dissenso avvenire fra i contraenti,
stabilendo in tal caso la neutralità del territorio acquistato in co*
mune (1).
Naturalmente, quest'arbitrato fu tenuto segreto, e non ebbe mai
effetto: nondimeno qualcosa dovè trapelare agli Astigiani, che si
mostrarono ancor più insospettiti riguardo alle intenzioni di Filippo.
Il podestà Isimbardi vigilava, ancorché spesso la guerra lo chiamasse
airadempimeoto di altri doveri. Per suo consiglio, la Republica si
era unita co* guelfi monferrini, che, nel caso non venisse il figliuolo
dell'Imperatore d'Oriente, promettevano di cooperare a farle riavere
tutto il paese restituito già dai De Castello a Giovanni L II 2 no-
vembre stesso, a richiesta appunto dei < graffagna », oltre 200 mi-
lìti e 2000 pedoni astigiani movevano contro Montemagno: la
pioggia continua, rattenendoli sulle vie maestre, impedi loro di ri-
portare alcun vantaggio: ma la notte del 10 erano invitati a recarsi
a Pontestura e^ dopo alcune difficoltà, l'avevano a patti per esser
con loro una ventina di cavalieri guelfi del Monferrato col vessillo
paesano. Invano accorsero da Moncalvo a VigoaJe Manfredo IV e i
De Castello : gl'intrinseci astesi rientrarono senza molestie in Città,
ed a' graffagna venne un notevole accrescimento di autorità e di
potenza (2).
Il 3 febbraio '306 il Consiglio comunale di Cuneo deliberava^ ed
(1) G. Ventura, c. 39, 751. — Datti II, 32 segg.
(2) G. Vektura, c. 88, 749 «eg.
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46 MEMORIE
il 9 il giudice regio Tenchapassa approvava, di abolire certo pe-
daggio contro cui avevano protestato i Monregalesi: era conforme
a* patti deditizi di questi, ed insieme un primo benefizio della co-
mune dipendenza dagli Angioini. Un mese e mezzo dopo (24 marzo),
Pietro Veglazio si presentava nel castello di Bene dinanzi a Guido,
vescovo d'Asti, e gli dichiarava che, pur riservandone i diritti, il
Comune del Monte, di cui era nunzio e procuratore, intendeva per
Tavvenire esser retto soltanto da consoli, e cosi in buona maniera
ne declinava Tingerenza neirelezione del podestà. Il 20 agosto poi,
nuova conferma di concessioni e privilegi toccava a Gherasco, di-
mostrando negli Angioini ferma volontà di formarsi un dominio
stabile in Piemonte colTadesione e l'amore dei popoli (1). All'asso-
damento, com'è naturale, andava unito sempre il desiderio di amplia-
mento, ma questo era sotto più di un aspetto nocivo, perocché ec-
citava perturbazioni ed inimicizie. Il 25 aprile, Roberto, figlio di
Garlo II e suo erede dopo la morte di Raimondo Berengario, rati-
ficava l'arbitrato e la convenzione del 17 novembre '305 tra suo
padre e Filippo di Acaia, ma quest'ultimo aveva preso ancor egli
sospetto della potenza provenzale, e rigettate le proposte del legato
angioino per la conquista in comune del Monferrato, cominciava a
preferire vicini meno pericolosi. Continuando per conto suo la guerra
contro Manfredo IV, s'impadroniva di parecchie terre monferrine,
specialmente del Canavese, come Verrua, Castiglione, Baratonia,
Varisene, Sant'Egidio, Monastero, Geronda, Balangero, Barbania e
Piano, ed il 14 maggio riceveva la dedizione di Gassino, ancorché
questo luogo fosse stato l'anno prima beneficato dal marchese me-
diante concessioni riguardo a' forni, mulini ed altre cose; perii che,
insuperbito, mirava omai ad impadronirsi di Asti senza farne parte
al Re. Era d'altronde malcontento di non ricevere a tempo il suo
stipendio, e temeva che la Città potesse darsi ancor essa un qualche
giorno agli Angioini. Nondimeno, a tentar l'impresa da solo gli pa-
reva richiedersi troppa audacia: pensò che gl'inconvenienti temuti
osservando gli accordi con Garlo, non si sarebbero verificati strin*
gendo patti somiglianti con un altro principe, ed il prescelto fu il
proprio zio Amedeo V. La convenzione fra 11 conte di Savoia e Fi-
lippo fu stipulata soltanto più tardi, ma già dal 17 giugno erano
nominati i procuratori del primo a conchiuderla (2). Per mostrarsi
(1) lura Montisreg., ft. 423-424. — Adriani, Ind,, 54.
(2) Arch, di St di Tor., Prov., Asti, Mazzo II, n. 18. Cfr. però Cambrì, lì,
131 8g. — CiBRARio, II, 291, escludeQdo Giriè, eh era di Margherita di Savoia e che
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GABOTTO — LE QDERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 47
indispensabile e tórre insieme a* cittadini confidenza di fargli oppo-
sizione, procurò il Principe d^Àcaia fossero battuti alla prima occa-
sione; né questa tardò. Il 24 giugno grintrinseci, il marchese di
Cova ed un corpo di militi chieresi, moveyano insieme con lui al
colle di Mortiola e yi gettavano le fondamenta di una villa, sca-
vando larghi fossati e costruendo una solida palizzata. Ivi ponevano
lor stanza uomini e donne di Murisengo e di Montiglio, trasportan-
dovi (^ni avere : ma il luogo non era ancora ultimato, che già Fi-
lippo voleva partirsene. Lo si trattenne alcuni di con premure;
infine decise di ritirarsi, né consenti, come capitano generale, che
vi restassero almeno le milizie cittadine, i Chieresi e Giorgio di
Ceva, ma lasciovvi solo un piccolo presidio sotto Oddone di Castel-
linaldo. Ritornato l'esercito in Àsti, subito Manfredo IV e gli estrin-
seci Tennero ad assalire la nuova terra, espugnandola il 16 luglio
con la morte del Castellinaldo e prigionia degli altri difensori. Oli
occupanti, ch'erano dossi in aiuto, avvertiti per via, tornavano ad-
dietro : pieni di maltalento contro il Principe, gli lasciarono inten-
dere che se non avesse preso pronta vendetta del disastro, lo
avrebbero ritenuto come nemico. Si avvicinava per lui il momento
decisivo: sotto colore di voler marciare contro Manfredo IV ed i
fuorusciti, coi quali, invece, cominciava ad intendersela, chiamò in
armi quante truppe aveva ; né soltanto sue, ma anche del conte di
Savoia. Parendogli allora di esser forte abbastanza, dichiarò a viso
aperto le sue intenzioni ad alcuni su cui riteneva poter contare:
tra questi era il capitano del popolo, Raimondino da Terzago, compro
con molto denaro. Fé' dunque raccogliere una moltitudine di citta-
dini nell'orto de' frati minori : il suo assessore, Nicolino Due, che
aveva il carico di dirigerla, badò si componesse principalmente di
amici de' fuorusciti. In questa ragunata, presente Filippo medesimo,
proponeva il Due di dar balia ai Principe per riappaciare gli occu-
panti e gli estrinseci: gli amiei di questi ultimi ed alcuni ingenui
o corrotti vociavano: < Sia, sia! » Ma Catalano Solare, nobile e sde-
gnosa figura di cittadino, sorse primo a ribattere che né re né prin-
cipe gli farebbe far pace cogli uccisori di suo padre; e le sue pa-
role trovarono eco in più d'uno. Ed ecco Sibaudo Solare mettere
io riterrei rispettata da Filippo ; Dàtta, II, 36 segg., 89. Cfr. anche 6. San Giorgio,
94, e G. Vehtuba, ce. 42, 756. Più tardi, il 2 aprile '307, Filippo di Acaia riceveva
Tomaggìo anche di Enrico ed altri signori della Rocca di Coriu, che gli donavano
i loro possessi e n'erano da lui rinvestiti (Beriolotti, Pass, nel Canav., VII, 284). —
Areh, Com. di Gassino, Primi,, eie.: 4 marzo *305.
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48 MEMORIE
innanzi una proposta dilatoria, che poteva essere capeiosa tanto a
danno dei Prìncipe quanto della libertà : esser naile le decisioni di
qneiraflsemblea senta titolo effettivo ; si convocasse il maggior Con-
siglio, che avrebbe deciso al riguardo. Piacque il partito, e Filippo
dispose per la convocasione del Consiglio in giornata. Ma il podestà
laimbardi, coi essa toccava, era apertamente ostile a* disegni libera
ticidi : rifiutò dunque, e bisognò che il Terzago assumesse so^ra di
sé la responsahiiità di far suonare e bandire il Consiglio la mattina
seguente, anzi Taurora. I Solari ed i loro fautori vi accorsero nu-
morosi, e la seduta fu tempestosissima. L'assessore Due ripeto le prò-
poste del giorno avanti, e per far pressione sugli animi, il Principe,
che stava nella vicina canonica in attesa delFesito, mandò a dire
al Terzago venisse a lui con tutti i Consiglieri per deliberare in sua
presenza. Tra* contrari pareri, lo strepito diventava immenso ; onde
Filippo chiese ad un cittadino in cui aveva dducia, che fosse tanto
rumore. Rispose : < Monsignore, io temo per la persona vostra, che
si vocifera tra il popolo esser d'uopo imitare l'esempio degli Ales-
sandrini col marchese di Monferrato ». Fosse generosa menzogna,
o corresse davvero il motto, come pare d'altronde, Filippo ne fa
intimorito : rinunziò pel momento al disegno, accontentandosi che i
cittadini giurassero di non darsi al Re per tre anni, ed il 23 del
mese rinviò to:sk> la consorte sotto colore andasse in Acaia. Ma le
apparenze non rispondono mai alla realtà, e le precauzioni non provano
soltanto la paura, ma accennano anche a perseveranza d'intendi-
menti. Il 26, infatti, nella solita casa d^glt Scarampi, abitazione del
Prìncipe, convenivano con lui i procuratori del Conte di Savoia,
Ugo di Rupecula e Rodolfo di Montmajeur, e stipulavano alleanza
é fraternità fra i contraenti « ad onore ed incremento » della casa
di Savoia. Ogni acquisto < in Lombardia » sarebbe comune, otte-
nendone ciascuna delle parti la metà, purché cosi Tana come l'altra
vi avessero concorso con soldati a richiesta reciproca, intendendosi
sufficiente la domanda fatta dal Prìncipe al bali di vai di Suaa;
procurerebbero entrambi d'impadronirai di Asti e di Chierì eoi loro
territorio, dividendole al modo stesso, riservati però esclusivamente
a Filippo i castelli di Montozolo, Revigliasco e Troffareilo ; concor-
rerebbe il Principe a difendere il paese non solo del Conte, ma si
anche di Margherita di lui figlia; le spese sarebbero comuni, do-
vendo ciascuno tenere ugual numero di armati per far guerra al
marchese di Monferrato od a chiunque altro volesse opporsi a' lor
disegni su Asti. A giudizio d'arbitri si lasciava la definizione dei
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6AB0TT0 — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 49
diritti di Filippo riguardo allo stipendio dovutogli come capitano
d*armi di questa Città, e cosi qualsiasi altra controversia potesse
insorgere a proposito della convenzione presente. Infine, per Tese-
cuzione di essa, era stabilito che dovesse tosto passare in Lombardia
od Amedeo V stesso, o suo figlio Edoardo, e rimanervi fino a guerra
finita* ovvero a tempo in cui non fosse più necessario mantener
truppe per difesa degli acquisti fatti (1). L'occasione, però, era
perduta, anzi non era stata mai; quindi anche questo trattato ri-
mase lettera morta.
Intanto le ripetute provocazioni del Principe al Re, con rompere
i patti del 17 novembre *305, continuar la guerra contro Salozzo,
esigere dagli Astigiani giuramento di non darsi al siniscalco, ave-
vano finito per condurre Carlo II a staggirgli quanto ancor rima-
neva dei principato d'Àcaia, perocché una parte era pur caduta in
mano dell* imperatore Andronico. E vieppiù sMngarbugliavano le cose
del Pienionte, quando in settembre approdava a Genova Teodoro
Paleologo, finalmente licenziato da* genitori, dopo verificata Timpos-
sibilità della nascita di figli postumi di Giovanni I. Il giovane mar-
chese, tolta in moglie Argentina — figliuola di Opizzino Spinola, un
de* capitani di quella Republica — , veniva subito ricevuto in Casale
col favore di Filippone di Langosco, e di là invitava tutti i signori
e tutte le terre del Monferrato a prestargli la debita fedeltà (16 set-
tembre). 1121, dopo breve resistenza, Pontestura si sottometteva a
Teodoro, e presto ne seguiva Tesempio Mombello. Siccome poi gli
Astigiani, nemici implacabili di Manfredo IV, avevano dato fin al-
lora aiuto a* guelfi monferrini contro di lui, il Paleologo desiderò
procedere a più stretta alleanza con essi, epperb si abboccavano il
29 al ponte della Rotta, presso Grazzano, conducendo ancora le mi-
lizie astesi il prìncipe Filippo. I due signori si gettarono le braccia
al collo: da parte di quest'ultimo era, al dir del Ventura, il bacio
di Giuda. Tra le parti fu combinato che, essendo il marchese di
Saluzzo nemico di entrambe, il Comune aiuterebbe il Monferrino a
ricuperare il suo Stato, e questi, a sua volta, li soccorrerebbe contro
i fuorusciti. In realtà, di ritorno in Asti, Filippo cercò di frastornar
Talleanza con Teodoro, considerando le offese de* Paleologi nelKA-
caia: fermolla nondimeno la Republica, e cosi si aggiunse nuova
(1) Si cfrti inaieme G. Ventura, ce. 41 e 47, 752-753 e 760-761. Gli storici
nostri di uno fecero due tentativi. — Cjbkario, St mon.y II, 285, n. 2. — Datta,
II, 38 aegy.
Rivinta Storica Italicma^ II.
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50 IfEMORIE
causa di reciproco maltalento. Mentre, pertanto, il marchese di
Monferrato attendeva al ricupero del suo paese col favor de* < graf-
fa^na », del Langosco e degli intrinseci d*Àsti, il Principe si riac-
costava a Manfredo IV, ed il 15 ottobre compromettevano in Lodo-
vico II di Vaud. Ma perchè il Saluzzese, considerandosi come legit-
timo padrone del Monferrato, era restio a consentire alle molte
usurpazioni e pretese di Filippo, non fu loro possibile di mettere
d'accordo. Della qual cosa profittava Teodoro, che in dicembre oc-
capò Cbivasso, San Raffaele ed altri luoghi, pur rispettando Oassino
e Castiglione, tenute dal Principe, ancora in buoni rapporti cogli
Astigiani, ed aspettando la primavera per portar colpi decisivi (1).
Ricominciate le ostilità fra Saluzzo ed Acaia, cui aiutavano spe-
cialmente i Chieresi, Manfredo IV ricorreva per protezione a Carlo II.
Ebbela invero per lettere regie dell'I 1 marzo *307 al Comune di
Alba, ma a costo solo di nuovi sacrifizi. Perocché il 16 aprile l'An-
gioino spediva procura da Marsiglia al De Leto e ad altri suoi uffi-
ciali a fine di accettare la donazione , offerta dal marchese di Sa-
luzzo, di tutti i suoi diritti sul Monferrato, nonché sul luogo, distretto
e pertinenze di Possano; ed il 6 maggio, nel castello inferiore di
Busca, si redigeva l'istrumento che l'affermava fatta < per i bene-
fizi, largizioni e munificenze che il marchese aveva ricevuto e sperava
ricevere in avvenire dal Re ». Di che natura fossero questi < bene-
fizi, largizioni e munificenze » fa intendere a pieno una supplica
indirizzata quel di medesimo dal povero Manfredo a Carlo II, in cui
si espone come nella pace del '305 fosse convenuta la restituzione di
tutte le terre state già degli Angioini, ma il De Leto ne avesse pur
occupate altre molte ingiustamente, epperb si chiedono i compensi
promessi in Provenza ed altrove per Possano e pel Monferrato, e la
restituzione di Boves, Brusaporcello, Rocca viene, Quaranta, Caraglio,
Moutemale, Valgrana, Monterosso, Pradleves, Castelmagno, omaggio
di Busca, fedeltà di Centalle, Demonte e tutta Val Sturana, Bernezzo,
Vignolo, Cervasca, Roccasparviera e la Manta, pur con offerta di
tenere ogni cosa dalla Maestà regia. Ma della supplica non si fé*
conto; invece, per virtù della donazione predetta, Moncalvo, Vi-
gnale e Lu furono tosto rimesse agli Angioini, ed il 13 maggio
stesso Manfredo IV delegava Nicolò di Costigliele e Mulazzano di
Saluzzo, suo fratel bastardo, a consegnare anche Possano a Rostagno
(1) G. VE.MUBà, c. 42, 75586?. (G. Della Chiesa, 942; G. Del Carretto, 1166). —
B. San Giorgio, 91-94. — Arch. di St di Tor., March. Sai, Mazzo I.
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OABOTTO — LB OUBRRB CIVILI ASTIGIANE B LA RISTOR. ANGIOINA 51
de* Uaironiy ufficiale del Re, con grande sdegno degli Astigiani, che
costrìnsero il De Leto a partirsi dalla loro città. Eppure tutto ciò
rìnsci inutile al marchese! (1).
Infatti, già neiraprìle, gli Astigiani erano entrati per sorpresa
nella villa di Cavallermaggiore ,' e vi chiamavano tosto Filippo di
Savoia , ch*era ancora nella loro Città, anzi vi aveva fatto tornare
la moglie. Il Principe non volle assentire alla richiesta, e la domane
parti corrucciato con tutta la famiglia. Cominciò allora ad entrare
ìd pratica aperta co* fuorusciti, in ispecie con Guglielmo Turco, Fe-
derico Asinari e Guglielmo Guttuario, ch'erano de' capi, ricevendoli
famigliarmente nelle sue terre, ed addacendo a ragione del suo con-
tano il non pagato stipendio da un biennio. Nondimeno, la venuta
a Cavallermaggiore di Giorgio di Ceva, con sue genti, in capo di
venti giorni costrinse alla resa anche il castello; e la stessa brusca
partenza e la nuova attitudine di Filippo erano dovute ad un riav-
vicinamento co' Provenzali, neppur esso propizio a Manfredo IV. Fin
dal 27 dicembre precedente, il Principe aveva disciolto ed annullato
i patti con Amedeo V « che , sempre occupato altrove , non poteva
discendere nò mandar il figlio in Piemonte: opperò il 16 aprile,
mentre destinava i procuratori a ricevere la donazione del marchese
di Salnzzo, Carlo II, con doppio negoziato , ne delegava pur altri a
strìngere nuovi patti con Filippo d'Acaia. L'il maggio — e conti-
Duava sempre l'inganno verso il Saluzzese — si stipularono a Go-
vone parecchi trattati fra il Re ed il Principe: i procuratori regi
erano quei medesimi destinati a ricevere la donazione di Man-
fredo IV; Filippo intervenne personalmente. Col primo si riferivano
le parti all'arbitrato e convenzione del 17 novembre '305 riguardo
alla divisione de' Comuni e territori di Asti e di Chieri , coH'e-
spressa condizione che non vi si dovesse adoprar guerra né vio-
lenza, e né il Principe, né il Re, e loro successori, potessero otte-
nere il dominio e la capitania di quella città se non in comune;
rescisse inoltre le prelevazioni di terre o denari in favore di uno
qualsiasi de' contraenti, ed aggiunto V obbligo per Filippo e suoi
eredi di tener l'acquisto in feudo dal Re e discendenti suoi. Una
seconda convenzione contemplava la conquista del Monferrato per
forza d'armi: il paese sarebbe diviso in quattro parti, due al Re,
(1) Arch. di St. di Tar., March. Sài, Mazzo I. Cfr. G. Della Chiesa, 943 8eg. —
Mdlbtti, III, 77,80; VI, 339; Adriani, Docc. provem,, 69. — G. Ventura, ce. 42
e ^, 755 e 757 ; 6. San Giorgio, 94-95. — Moriondo, II, 452 ; Lanfranchj, St,
diFo88., II, 208, doo. 90, ma. nella Biblioteca di S. M. in Torino.
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52 MEMORIE
una al Principe e la quarta al conte di Savoia, se accedesse al trat-
trato entro il maggio; queste ultime come feudo di Carlo. Non acce-
dendo Amedeo V, la sua parte toccherebbe pur essa a Filippo ; Vi-
gnale e Lu erano assegnate a* Provenzali , che già li tenevano, ed
al Principe, reciprocamente. Piano, Oassino, e gli omaggi di Busso-
lino, Castiglione, Settimo e Baratonia, sempre in qualità di feudi
regi, e salvi i diritti che il Re stesso potrebbe avere in Baratonia
per i signori di San Martino. Da ultimo un terzo trattato tra Fi-
lippo di Taranto e Filippo di Savoia — a nome anche della consorte
Isabella — portava la cessione dell'Àcaia al primo mediante com-
penso nel regno di Napoli. Doveva consistere il compenso nella con-
tea di Alba neirAbbruzzo ed in tante terre vicine quante fossero
necessarie a formare il reddito annuo di 200 oncie d*oro; ma,
sebbene i trattati deiri 1 maggio fossero tutti ratificati il 24 luglio,
ed il 30 settembre Filippo delegasse Berlione Rivoira e Nicolino Due
a ricevere rinvestitura di quei paesi, effettuata il 25 ottobre in
Marsiglia, il Principe non fu immesso mai nel dominio: neanche
è certo fossero pagate le somme interinalmente promesse, ed il cui
sborso appare invero ordinato dal Re (2 e 18 ottobre). Ancora il
31 gennaio *308 ragionavasi dell'esecuzione de* patti riguardo al
cambio dell'Acaia colla contea di Alba: in quel giorno, infatti, essa
fu eretta da Carlo II in principato. Nondimeno, la non avvenuta
esecuzione del trattato permise a Filippo di Savoia ed a* successori
suoi di continuare a fregiarsi del titolo di Acaia e di provarsi pa-
recchie volte a rivendicarne la signoria. Anche le altre conven-
zioni dell* 11 maggio *307 non ebbero altro seguito che di tentativi:
pur non solo per questi, ma anche in se stesse hanno molto mag-
gior importanza storica, in quanto colF-obbligo di vassallaggio, im-
posto al Principe per gli acquisti da farsi in comune, dimostrano
sempre meglio gì* intendimenti angioini di signoreggiare in modo
stabile tutta la regione piemontese. Questo disegno, appar, del resto,
anche da un altr*atto del *307, che dichiara indissolubilmente unite
le tre contee di Provenza, Forcalchieri e Piemonte, nonchò delFinvio
di rinforzi sotto Gerardo di Sant*Elpidio per cominciare la guerra
contro il Monferrato (1).
(1) G. Ventdra, ce. 42 e 47, 756 e 761. — Cibrario, 8t mon„ II, 276 ae^s:. ;
ScARABELLi, PoTal^. di St piemofiL, 35 aegg. {Arch, St it., S. I, t. XIII), Fi-
renze, 1847. — Datta, II, 43 Begg., 45 segg. — Arch. di St. di Tor., Prov., Asti,
Mazzo II, DD. 19 e 21, e RecU Ccuta, Prmeip. Ac. (Cfr. Datta, I, 50). — Adriani,
Doec, prov., 69-70 (cfr. Arch. di St. di Tor., Beai Casa, I. e, e Prov,, Alba, Mazao I,
n. 7). — GuiCHBNON, IV, 104. — Camera, II, 130 e 147. — Le 200 onde d'oro
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 53
Singolarissima appare la disposizione dei potentati subalpini verso
l'estate del '307. Asti, ^elfa pel prevalere dei Solari, era unita coi
guelfi di Lombardia, ma anche col marchese di Monferrato, cui sor-
regevano ad un tempo i € graffagna » paesani ed il casato genovese
ghibellino degli Spinola (1) ; per contro, gli Angioini e Filippo di
Savoia, già guelfo anch'egli , si vedono non solo riconciliati col
marchese di Salozzo, ma adoperarsi ancora per rimettere in Asti
i De Castello: tanto son false le opinioni volgari. Il 5 maggio, Teo-
doro Paleologo, coll'aiuto degl'intrinseci di Asti, poneva assedio a
Moncalvo, dov'era un presidio angioino con molti fuorusciti; ma,
stando intorno alla terra, riceveva da Chierì disfida di Filippo e
Lodovico di Savoia, in data 19 e 21 del mese (2). Traevano infatti
in soccorso della piazza le forze combinate del siniscalco, del Prin-
cipe e di Giorgio di deva; onde intimoriti gli assediatori, tornarono
alle case loro. Ma la mossa de' collegati non era solo ad intento di
liberar Moncalvo: avanzatisi il di seguente nella campagna di Tonco,
sotto pretesto di acquistar vettovaglie, s'intrattennero cogli estrin-
seci d'Asti, indi Filippo e il De Leto mandarono Giacomo O^ero di
Savigliano in quella città a chieder facoltà di entrarvi colle lor
genti per pigliare alcun riposo. I Solari ed il popolo erano omai
soiravviso, che il notaio Uberto Gambarelli aveva rivelato la reda-
zione dell'atto 17 novembre *306: all'insidiosa domandarsi oppose
un fermo diniego, anzi, provveduto d'urgenza alla difesa, s'intimò
agh Angioini di non avvicinarsi alle mura, con divieto fin di vender
loro checchesia. Il grand' esercito si diresse allora verso Moncucco,
assediato il 6 giugno dal Principe ; e Teodoro , ripreso animo , si
collocò fra Vignale e Lu, in modo da stringer ambe le terre. I due
luoghi vennero presto a patti: il 10 Lu, il 12 Vignale. Prestavano
omaggio e fedeltà al marchese di Monferrato, a condizione che, ve-
nendo le armi regie in aiuto prima della fine del luglio prossimo,
e non potendo il Paleologo ricacciarle entro dieci giorni, non var-
rebbe il giuramento fatto, ed essi tornerebbero sotto l'Angioino. In
conseguenza, il 17 era stato convocato da Teodoro l'esercito gene-
rale monferrìno, al quale nella prima settimana di agosto veniva
erano per la piccola Margherita, figlia di Filippo e d'Isabella, cai erano stati donati,
alla sua nascita, parecchi luoghi. A' genitori, pel tempo in cr.i viveva la principessa
di Taranto, che aveva in appanaggio la contea d*Alba, dovevano toccare annualmente
600 oncie d'oro.
(1) Altro che « contribuire a schiacciare il capo allldra guelfa > , come dì Teodoro
dice il Ferrai. Studi stor., 12.
(2) B. San Giorgio, 94. Di qui appare che Ghieri era aderente più fida del Prin-
cii» che degl'intrinseci d'Asti.
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54 MEMORIB
pure ad unirsi Filippone di Langosco collo sforzo de' Pavesi e di
altri alleati lombardi. Il siniscalco, dal canto suo, andò a porre il
proprio campo sotto Vignale : allora il Langosco fé' ritrarre la per*
sona del marchese a Rosignano, e la mattina dopo attaccò con gran
furore il nemico. Acerba la pugna : da ultimo furono vinti i Monfer-
rini, e lo stesso Filippone cadde prigioniero de' Provenzali. La bat*
taglia decise la campagna, ma non la guerra ; il Principe di Acaia
s^impadroni ancora di Leyni, ma col Re poteva presto conchiudersi
da Teodoro pace onorevole e vantaggiosa per mezzo del suocera
Opizzino. Carlo II rimise in libertà il Langosco e restituì i luoghi
di MoDcalvo e Vignale, ritenuti in seguito dallo Spinola come pegno
della dote della figlia Argentina, sebbene il primo prestasse fedeltà
al Paleologo il 9 gennaio '308 (1).
Questa desistenza di Carlo dall'impresa monferrina era però un'al-
tra grave lesione de' patti dell* 11 maggio, né mancò il Principe dì
richiamarsene vivamente. Il 31 gennaio, adunque, procedevano ad
un'altra convenzione pel risarcimento dei danni. Fu stabilito lo
sborso di una somma di denaro, ed il Re l'ordinò con sue lettere
del 6 ed 8 febbraio , nel qnal ultimo giorno dispensava pure Fi-
lippo dall'obbligo di servirlo personalmente in guerra come vassallo,
nonostante le consuetudini contrarie. A questi accordi, altri ten-
nero subito . dietro fra il Principe stesso e Manfredo IV, per opera
principalmente di Amedeo V e di suo figlio Edoardo, il qual ultimo
fu eletto arbitro dalle parti insieme con Robaldo di Rivalba e Ru-
fino De Brajda. Il 17 maggio il conte di Savoia investiva il Saluz-
zese di Busca, Fontanile e Bonavalle, e tre di dopo gli arbitri pu-
blicavano una tregua fino al 1 novembre. Verso lo stesso tempo,
rivocato il siniscalco De Leto, contro cui si erano accumulati od! e
rancori, e che d'altronde pareva nutrire inclinazioni più bellicose
che pacifiche, Carlo II, aderendo alle preghiere de' fuorusciti d'Alba,
Cherasco e Monteregale, ne chiamava in sua presenza i sindaci, e,
mostrandosi dolente delle « uccisioni, stragi, rapine, pericoli di corpi
e di anime, dispersioni di beni », esprimeva loro la volontà di < ri-
condurre la concordia e la fratellanza fra' cittadini di una stessa
terra », confortandoli ad aiutarlo d'opera e di consiglio. In con-
chiusione, l'il maggio stesso scrìveva da Genova al nuovo siniscalco
Raimondo del Balzo di rìmettere dovunque gli estrinseci dopo fatta
(1) G. Venturi, ce. 42 e 44, 755-757 (G. Della Chiesa, 944, e G. Del Carretto,
1167); B. San Giorgio, 94 segg. — Saraceno, 40. All'assedio di Leynì farono con-
dotti trabuchi da* Moncalieresi (Arch. Com, cU Monc^ Contif voi. I).
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OABOTTO — LE 6URRRE CIVILI ASTIGIANE E LA RlSTOR. ANGIOINA 55
ragtoDe delle offese parziali, divietando assolutamente per Tavvenire
i Domi di « ghibellini » e di € guelfi » a fine di togliere « ogni scin-
tilla di civile discordia». Per adempiere agii ordini regi, il 30 lu-
glio seguente si procedeva ad un nuovo trattato di pace fra Mon-
teregale, gli Angioini, il vescovo d^Àsti ed i Bressani, per cui, definite
le vertenze fra i medesimi, il Del Balzo rimetteva nella terra i
Bressani stessi e loro seguaci, con obbligo ad essi di osservar pure
gli accordi fra il Monte e Nano di Ceva. In quest'atto la Chiesa
d*Àsti appare strettamente unita colla curia regia: era Tultima ta-
vola di salvezza a cui si appigliava tenacemente a difesa degli avanzi
dell'antica signoria; perchè, sebbene il 12 gennaio di queir anno
parecchi nobili di Cocconato impegnassero al vescovo Guido il loro
feudo di Montaldo, ed anche più tardi i suoi successori facessero
altri acquisti , omai la nuova situazione politica generale era tale,
che condannava ineluttabilmente l'avvenire di tutte le potenze ec-
clesiastiche subalpine. Infatti anche le armi temporali e spirituali
del vescovo di Torino si frangevano in quegli anni , in ogni cir-
costanza, contro i principi sabaudi ed altri meno forti di essi : cosi
il vescovo Tedisio, dopo lunga contesa con Amedeo V, durante la
quale non mancò di fulminare la scomunica contro gl'innocenti
Lanzesi, era poi costretto nel dicembre '309 a subire i patti impo-
stigli dal Conte, rinunziando ai diritti signorili su Lanzo e sulle sue
▼allì in cambio del permesso di riscuotervi le decime ed i novali;
e la sua condizione era talmente immiserita, che nel '808 dovette
chiedere l'incorporazione della prepositura di Leramo nella sua
mensa, e nel '310 anche della pievania di Caraglio (1).
Soltanto gì* intrinseci d'Asti continuavano la guerra contro gli
estrinseci, riportando in aprile un successo al ponte della Versa, nel
giugno un altro sotto Masio, nel luglio un terzo sotto Moasca. In
agosto, eletti quattro consoli in sostituzione del podestà scadente
Bergadanodi San Nazario, pavere, tornarono gl'intrinseci, con Giorgio
di Ceva ed un corpo di ausigliari chieresi, ad assalire Moasca e vi
posero intorno l'assedio. A soccorrer la terra, si raccoglievano i
fuorusciti ad Incisa» ed il marchese di Saluzzo tendeva loro la mano,
(1) Aréh. di 8l di Tot., Beai Casa, Princ, Ac. — Muletti, III, 81 aegg. Cfr.
anche G. Della Chiesa, 945. — Liber instrum. MorUitreg,, ins. oit., ff. 72 segg.
(cfr. Adriaki, Ind,, 54) e 76 segg. (2 agosto: ratifiche dei Bressani; 20: proclama-
ZÌ0D6 della pace). — Libro Verde della Ch, d'Asti, f. 28. — IJsseglio, Latuto,
85 segg. Amedeo V agiva a nome della figlia Margherita, perchò Lanzo^ Cirio e
Caselle furono incorporate nello Stato sabaudo solo dopo la morte di lei. — Semeria,
SL Ch, metrop. di Tor., 189, Torino, 1840.
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56 MEMORIE
avanzandosi fino a Gassinasco. Dopo alcani scontri insignificanti, Tar-
rivo di un intero esercito chierese decise i fuorusciti ad arrendersi
dopo 22 giorni di resistenza, ed i vincitori distrussero il luogo dalle
fondamenta, recandosi quindi in settembre a devastar le seminagioni
di Sommariva del Bosco, dove colsero molti di quei terrazzani alla
campagna e li trassero via prigioni a scorno deirodiato Guglielmo
Isnardi (1).
La tregua fra Saluzzo ed Acaia doveva convertirsi in pace sul
principio del *309 colla nuova sentenza intomo a* feudi di Casal -
grasso e Castagnole pronunziata il 4 gennaio dairammiraglio Cor*
radoDoria: però non pare ch*essa abbia avuto effetto (2). Dal canto
suo, Carlo II, per ovviare a* molti inconvenienti che la sua lonta-
nanza recava alle proprie terre subalpine, le cedeva al figlio Ro-
berto, ordinando con sue lettere a Raimondo Del Balzo di far da
loro prestare il dovuto giuramento a* rappresentanti del nuovo si-
gnore, nominati invero il di medesimo 17 febbraio nelle persone di
Rainaldo De Leto, or siniscalco di Provenza e di Forcalchieri, e
Raimondo d*Àquila, giudice e consigliere del Re (3). Ma già nuovo
strepito d*arme si faceva intendere per le contese civili di Ales-
sandria, che or si aggiungevano a quelle d*Asti con non dissimile
successo. Nel febbraio stesso, la possente famiglia de* Guaschi, capi
di parte guelfa, cacciava il non men cospicuo casato dei Lanzavecchia,
che si restrinse tosto cogli esuli astesi. Né molto andò che di Ales-
sandria usci anche Guglielmo Inviziati, traendosi dietro, oltre la sua
famiglia, Merlani, FiroflSni e Squarzaflchi — questi ultimi diventati di
guelfi ghibellini. Di fronte a questi avvenimenti, grintrinseci d'Asti
ritennero sag<(io avviso riaccostarsi a Filippo di Acaia, con cui ave-
vano già aperto negoziati finora senza frutto. Il 6 aprile, i consoh
Robertono Trotto e Berardo Solare convenivano seco in Chierì e
riuscivano a stipular nuovi patti. In virtù di essi, otteneya il
Principe un censo annuo vitalizio di 4500 lire di buoni denari astesi
piccoli, annullando dal canto suo tutte le convenzioni o pratiche
contrarie alla Republica od a cittadini astesi, tranneché non fosse
pagato il censo. Inoltre egli assicurava il Comune dalle pretese
degli stipendiar!, e prometteva di tenerlo indenne da ogni domanda
(1) G. Ventura, c. 45. 758.
(2) Arch, di Si. di Tor., ProtL duce. — Il 18 febbraio Manfredo IV investì
Paci accio di Nacetto della terza parte di Cavallerleone ch'egli a?6va acquistata il
dì innanzi da Ottone di Rossana (Mcletti, III, 85 segg.).
(3) Datta, II, 57 segg.
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OABOTTO — LE OUERRE CIVILI ASTIGIANE B LA RISTOR. ANGIOINA 57
al riguardo, tranne rispetto a Guglielmo di Mombello» che doveva
essere soddisfatto a parte. Facendosi pace tra occupanti e fuorusciti,
costoro dovrebbero ratificare espressamente gli obblighi assunti da
quelli col presente trattato; intanto, però, Filippo escluderebbe gli
estrìnseci dalle proprie terre, considerandoli come ribelli, nemici e
banditi proprii, e &rebbe lora viva guerra, « intendendosi per Co-
mane d'Asti la parte guelfa allora al potere ». Le questioni che
potessero insorgere, sarebbero deferite a' Chieresi, i quali sembrano
pertanto, da tutto il complesso del documento, aver servito da me-
diaiorì. Il 22 aprile stesso, il siniscalco regio di Piemonte congre-
gava in Cuneo i signori e delegati delle terre angioine di quel di-
stretto e faceva da loro prestar nuova fedeltà a Roberto in mano
de* procuratori De Leto e D'Aquila : ne' di seguenti facevasi altret-
tanto in Busca, Demonte, Sa vigliano, Possano, Cherasco, Alba e
Monteregale (1). Era tempo. Àncora una volta, il 5 maggio ('309)
segnava una data memorabile: moriva Carlo II, ed in tutti i suoi
▼asti e diversi domini succedeva appunto Roberto, mentre già fin
dal 27 novembre '308 era stato eletto e proclamato un nuovo re
dei Romani in Enrico VII di Lussemburgo, che s'impegnava a pas-
sare entro due anni in Italia a cingervi la corona im]perìale.
Enrico VII e Roberto d\-\n^ìò : loro carattere nella storia. — Sconfitta de^rintrin-
seet astigiani a Qnattordio : arbitrato di Amedeo V e di Filippo di A caia, e tem-
porarìa restituzione de' fuor asci ti. — Pacificazione degli Stati subalpini : amba-
sciatori di Enrico VII in Lombardia. — Re Roberto in Piemonte: trattato coi
Solari, e dedizione di Alessandria. — Discesa di Enrico VII : i De Castello rimessi
in Asti, i Tizzoni in Vercelli. — Franchigie elargite da Amedeo V e da Filippo:
i dae Sabaudi alla corte di Enrico VII. — Il conte di Savoia vicario generale
di Lombardia : sooi rapporti finanziari con Asti. — Obblighi assunti dai De Ca-
stello verso il Principe: sua nomina a vicario di Pavia, Novara e Vercelli. —
Pace definitiva fra Teodoro I e Manfredo IV, e franchigie concesse dal secondo. —
Triste fine del vicariato di Filippo: riforma degli Statati in Chierì e nuove di-
scordie civili astigiane. — Condizione di Possano : i De Castello cacciati da Asti.
— Filippo occupa Riva e Poirìno : dedizione di Asti a Boherto. — Enrico VII dona
Asti ad Amedeo V : guerra aperta fra Angioini ed Imperiali in Piemonte. —
Nuove donazioni imperiali a Manfredo IV e ad Amedeo V : guerra fra SalU'^zo
ed Angiò. — Bando contro le città angioine del Piemonte : morte di Enrico VII. —
I guelfi sotto Milano : dedizione de* Soleri d*Ivrea ad Amedeo V. — Accordi del
Conte col Prìncipe : loro patti col Comune e col vescovo d'Ivrea. — Lega sahauda
contro i Provenzali. — Assedio di Drenerò: Roberto accetta la signoria di Asti.
II nome di Enrico VII snscita anche nel lettore moderno una
forte e nobile impressione al ricordo delle speranze di Dante e del
(1) Geiuxi, Ann,^ 58 seg.; Schiavina, Ann, Alex,, in Af. h. p,, Script, IV, 803
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58 MEMORIE
Compagni, cai si potrebbero aggiungere il Ventura, il Mussato, il
Da Cermenate e quanti uomini del tempo suo non traviò accieca-
mento di parte. La grandezza dell'animo, Tonestà degrintendimenti, il
disinteresse profondo, la stessa fine immaturi, destano ancora molta
simpatia per l'ultimo Imperatore del Medio Evo, colla cui morte
suolsi incominciare Tetà nuova del Rinascimento. Altro il senso che
proviamo rammemorando Roberto di Napoli, il <re dei preti»,
come lo chiamarono per ischerno, ma anche Tamico di Francesco
Petrarca e de* primi umanisti, uomo dotto invero nelle cose teolo-
giche, autore di trattati sulla povertà monastica, pur ip politica
destro ed aggiratore, intorno al quale un vero giudizio non può
ancora esaere pronunziato senza temerarietà. Due uomini diversis-
simi, ad ogni modo, compiacevasi il caso, come sempre, di mettere
a fronte, ed il Piemonte era il primo teatro in cui si dovevano in-
contrare ed urtare (1).
Enrico VII aveva sposata la cognata di Amedeo V : cosi alle tra-
dizioni imperialistiche della Casa sabauda si aggiungeva nella pa-
rentela un nuovo elemento di colleganza fra il re dei Romani ed
il Conte. Era morto da poco Carlo II, quando , nel giugno '309,
Amedeo V fu delegato ambasciatore di Enrico al Papa, insieme con
altri prelati e baroni, a chieder libero accesso in Italia ed a Roma
per Tincoronazione. Il felice esito dell'ambasciata incoraggiò il Ce-
sare tedesco, sebbene solo nella primavera del '310 premettesse al-
cuni suoi nunzi e rappresentanti ad indagare le condizioni d'Italia,
quale accoglienza vi avrebbe trovato, chi gli si sarebbe dichiarato
risoluto fautore, chi tepido aderente, chi aperto o segreto nemico (2).
In Piemonte, la lotta delle fazioni, cessata all'interno dei domini
angioini, continuava all' infuori di essi, ed ammantate de' pomposi
g/anno va corretto in '308). — G. Ventura, c 47, 761. — Datta, II, 51 sgg., 61 segg.
fr. Adriani. Doee, prov., 70, e Ind., 55. li De Leto fa a Canee ed a Basca col
D* Aquila, poi andò solo a Demonte, tornando in Provenza, mentre il D* Aquila si
recava nelle altre terre.
(1) Sa Enrico VII, oltre le collezioni del BOhmer, del DOnniges e del Bonaini,
che saranno man mano citate, DOnnioes, KriUx der Quellen fùr Gesch. Heinrich VII,
Berlino, 1841 ; Felsbero, Beitràge gur Ge9ch. des BUmerzugea Heinrich VII, I,
Lipsia, 1886 : Sommkrfbldt, Die Romfahrt Kaiser H VII, EOnigsberg, 1888 (cfr.
Deutsche Zeitschrift fikr Geschichteumsenechaft del 1889), e Ferrai, St. star., 844,
Padova Verona, 1 892. — Sa R*iberto fa bandito due volte concorso dalla R. Accad.
di Napoli, ma andò deserto. Come materiale, è sempre da oonsaltarsi il Camera,
Ann. Due Sic, II, 154 segg. Lavoro speciale mediocre, Siracusa, Vingegno, il sa-
pere e gVintendimenti di Bob. d'Angiò, Palermo, 1891.
(2) Pertz, Man, Oerm, hist, Leges, IV, 492 segg. ; Bonaini, Aeta Henr, VII,
I, doc. 2, Firenze, 1877. — G. Da Cermenate, Hist, e. 10, in Fonti per ìa si. cCIt.,
n, 20.
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GABOTTO — LB GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 59
nomi pablici dì ghibellini e di guelfi, incrudivano le rivalità poli-
tiche e le inimicizie famigliari. Filippo di Acaia aveva tolto a Teo-
doro I i castelli di Settimo e della Rocca nel Canavese; altrove
i villici di Settime, per sottrarsi a* signori, distruggevano la propria
terra e coli' aiuto degli estrinseci d*Asti, ne edificavano un* altra
sovra un* altura poco distante, dove la posizione li affrancava dal
giogo baronale. I Guaschi ed i Lanzavecchia, alessandrini, i Solari
e i De Castello, astigiani, non desistevano dalle reciproche offese:
in maggio, gli occupanti astesi devastavano il territorio d*Incisa;
poi, rinforzati da 300 Cbieresi, parte movevano a Felizzano, parte,
rimasti nella città, si recavano infine essi pure ad Annone. Dove-
vano gli uni avanzare, gli altri retrocedere su Quattordio per darvi
il guasto: durante le loro mosse, i fuorusciti uscirono da Incisa e
da Masio, e colti in imboscata i nemici disgiunti, ne sgominarono
ambi gli eserciti, gettando grande costernazione ne* vinti. I Ghie-
resi non opposero alcuna resistenza : in tutto, i collegati ebbero oltre
400 uomini fuori combattimento, la maggior parte prigioni, tra i
quali più di 26 delle ville, 12- popolani e 7 nobili, cioè Robertono
Trotto, due Solari, due Pelletta e due Malabayla. Nel terrore, fu-
rono chiamati in gran fretta Filippo, che entrò in Asti con 100
militi, e Giorgio di Cova, con 20 (1). Il 22 luglio, il re di Napoli,
da Avignone, confermava ad Ardizzone Operto l'aderenza già fatta
da Carlo I con Pietro Operto di Sarmatorio, ed il 15 agosto rinno-
vava le convenzioni de* suoi antecessori con Cherasco: atti, invero»
confacienti a nuovo signore, ma che possono anche significare prepa-
razione di una base per una prossima azione diplomatico-militare (2).
Ma Filippo fu pronto a prevenire, ogni disegno sifatto e, prevalen-
dosi delle circostanze, conseguire quanto gli era stato ricusato tre
anni avanti, la balia per riconciliare occupanti e fuorusciti d*Asti.
Bbbela il 5 agosto, in pieno Consiglio generale, unitamente col conte
dì Savoia, che ispirava forse maggior fiducia in sua ben nota lealtà.
Apposita ambascierìa si recava a Chambérj ad invitare Amedeo,
ed egli, passate le Alpi, cominciava a pronunciare il 31 ottobre che
il Comune dovrebbe pagare ogni anno al Principe 3000 lire astesi,
oltre le 4500 convenute neiraprile; poi, il 18 dicembre, dava con
Filippo il lodo sulle differenze civili. In virtù di esso, erano tenuti
gli estrinseci a rendere senza riscatto i prigioni fatti a Quattordio
(1) B. Sa» Giorgio, 96 ; G. Della Chiesa, 945. — G. Ventura, ce. 51-52, 768-770.
(^ ÀDRiAHj, Degli ani. sigg. dì Sarmat, Mang. e Monfak., 424 seg., Torino,
1858. — Idem, J«<f., 55 ; Yobrsio, St. di CJter., 181 seg.
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60 MEMORIE
e restitnire al Comune, contro 6000 lire, i luoghi indebitamente oc-
cupati a quello. Guglielmo Turco veniva confinato a Cipro, e non
volendovi andare, doveva recarvisi un de* suoi figli, restando egli
tutta la vita al di là del torrente Sangone : non consentendo nep-
pure a ciò, gli altri dell* Ospizio De Castello lo abbandonerebbero
affatto, né gli darebbero aiuto contro il Comune, né contro i Solari.
Franceschino, Cagna ed altri Oardini dovevano esser immessi nel
possesso di Menale ; altre disposizioni riguardavano Àgliano, Castel-
nuovo di Calcea, Moasca, Rocca d*Azzano, Neivp, Cossombrato, Cor-
sione, Corca vagno e Settime, nonché modalità di minore importanza.
Rientrati i De Castello, scambiarono il bacio di pace co' Solari sulla
piazza di San Secondo; Guglielmo Turco, però, non volle andare a
Cipro, né mandarvi suo figlio. Roberto e Nicolino Bertaldi ricusa-
rono parimenti di render Masio, onde furono fatti dipingere sul
mercato appiccati per i piedi (1).
Il 3 marzo *310 duravano ancora le fazioni di guerra fra Mon-
ferrato ed Acaia, perché é notizia esser stata allora incendiata Cam-
biano: le cose, però, volgevano a pace. Il 19, in assenza del Prìn-
cipe — dichiarato « conservatore del pacifico e tranquillo stato di
Asti ed esecutore della sentenza arbitrale del 18 dicembre», — il
suo vicario Rubeo Mahoneri si presentava in Menale per adempiere
il prescritto riguardo a* Gardini : segno certo delle disposizioni di Fi-
lippo ad osservar Tarbitrato, sebbene poco dipoi, il 22 maggio, i Solari
tornassero a cacciare i tre casati deirOspizio De Castello, stavolta,
però, seguiti a Masio solo da pochi fedeli. Intanto erano creati
arbitri fra il Principe e Teodoro I, per intesa delle parti, Tomaso
di Gabiano, Giacomo di Scalenghe e Guglielmo di Rivaròlo: pronun-
ciarono una prima volta il 5 aprile, ma la sentenza non piacque;
onde convennero di nuovo ripetutamente, finché il 26 giugno, nella
pievania di Cossombrato, riuscirono a gettar le basi di un accordo
in realtà effettuato. In forza della nuova sentenza, Filippo doveva
dismettere entro otto giorni dalla ratifica il castello e luogo di Lieyni;
quanto agli altri luoghi da lui occupati dopo la morte di Giovanni I,
rimaneva in facoltà di Teodoro riacquistarli fra cinque anni, pa-
gando 50.000 fiorini : passati i cinque anni, rimarrebbero al Prin-
cipe (2). Il giorno avanti si era pure stipulata definitivamente la pace
(1) G. Vbstura, c. 51, 769 seg. — God. Ast, App., nn. 1040 e 1041 (trasalito di
trasanto di parte della sentenza arbitrale, che perciò vaol essere integrato con
G. Vemtura, 1. e).
(2) Chron. vetus civit Cheru^ in Cibrario, St di Ch^ II, 355 ; Miolo, Cron,, in
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6AB0TT0 — LE GU£RRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 61
tra Filippo e Manfredo IV, ed il 1 luglio facevano compromesso
anche i marchesi di Saluzzo e di Monferrato. Come prova di fidacia,
qaest* ulti mo scelse a suo rappresentante Filippo di Àcaia: accettollo
il primo, aggiungendovi Guglielmo di Ocano e Bertolotto di Baldis-
«ero, priore di Pagno; ma per allora la sentenza non ebbe effetto.
Infine, il 6, aveva luogo la restituzione di Leyni al Paleologo, e
cosi, per qualche giorno almeno, il Piemonte parve pacificato, esclusi
soltanto — al solito — i De Castello (1).
À quest'epoca erano già in Lombardia Gerardo, vescovo di Co-
stanza, e Sifrido, di Coirà, nunzi di Enrico VII a spianar la via
per la sua calata in Italia. Cosi i guelfi Filippone di Langosco e
Guido Della Torre, rispettivamente dominatori in Pavia ed in Mi-
lano, come i ghibellini Riccardo Tizzoni, esule da Vercelli, e Matteo
Visconti, spogliato dell'antica signorìa, mostravano ugual premura in
favorire i divisamenti del re dei Romani, e non è pertanto mera-
viglia se un fenomeno identico accadesse ne* grandi feudatari pie-
montesi, e questi si riconciliassero tra loro sotto Tinflusso detrazione
de* rappresentanti imperiali, che non dovè certo rimanere estranea
agli atti surriferiti. Ma a contrastare e prevenire i disegni di En-
rico VII e de* suoi nunzi, fin dal 10 giugno passava le Alpi Roberto,
allora in Provenza, avviandosi con 500 militi per Cuneo, Fossano,
Savigliano, Cherasco ed Alba. L*ll luglio i Cheraschesi nominavano
appositi sindaci e procuratori a riverirlo, ed anche i Solari e gli
altri occupanti astesi non si mostravano alieni dal venire a patti
con lui. Filippo si affrettò a congregare il Consiglio della Città, e
perchè erano presenti il vescovo di Basilea ed il sire di Vaud, am-
basciatori di Enrico, colfopera loro potè strapparne promessa di non
darsi al Re ; ma, partiti i nunzi imperiali, fu deciso rinvio di otto
persone airAngioino, giunto già in Alba. Sindaco del Comune era
stato eletto Salimbene Casseno : il Principe gFìntimò di non andare
ad Alba, e tanto impauri lui e gli altri con sue minaccie, che non
osarono adempiere il mandato. Bonifacio, Sibaudo e Carlotto Solaro,
invece, a dispetto del Principe, si recarono presso il Re, che molto
li accarezzò ed onorò. In conchiusione, il 28 luglio, nella casa dove
era ospitato Roberto, stipulavasi un trattato di alleanza fra Boni-
facio Solaro, quale sindaco della Republica, e Bertrando di Mar-
Mùe. di gt, ìL, 1, 151. — God. Ast, App., n. 1041. — G. Ventura, c. 51, 770. —
Arch. di St di Tor., March. Monferr.^ Mazzo IV. — Datta, II, 71 Begg.
(1) Arch, di 8t di Tor., March. Sal^ e March, Monfèrr., Mazzo cit. — Muletti,
III, 88 8eg.
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62 MBMORIB
sigila, procuratore dell'Angioino: per esso gli Astigiani si ponevano
sotto la protezione del Re e gli promettevano ogni anno cento marche
d'argento, con impegno di darsegli affatto qaando fosse dal Papa
consentito. Poco dipoi, il 9 agosto, recavasi Roberto stesso in Asti
con 40 cavalieri, e nel giorno di San Lorenzo dava un gran pranzo
a* cittadini nel convento de* frati minori, sfoggiando il lusso, nuovo
in Piemonte, del vasellame d* oro e d' argento a mensa. Il 12 dei
mese eotrb quindi in Alessandria, che si die pure, sotto certe con-
dizioni, al nuovo siniscalco Riccardo Gambatesa, prestando tosto il
solito giuramento di fedeltà (1). Intanto Enrico VII, scortato appena
da 500 a 600 persone (2), cominciava la spedizione d'Italia.
Nel settembre, Amedeo V mosse incontro al re dei Romani a So>
letta e Taccompagnò di là, attraverso la Svizzera e la Savoia, fino
a Susa, dove cominciarono a trovare signori lombardi, come il Vi-
sconti e il Langosco, ed ambasciatori di Chieri, Asti ed altre città.
Da Susa venne Burico a Torino, poi a Chieri, donde il 10 novembre
il vescovo di Basilea invitava il marchese di Saluzzo a raggiungere
il suo signore (3). Il 10 stesso, o TU, il Cesare lussemburghese
(1) BoNÀiMi, I, 4 segg., 12 86gg., docc. 6, 8, 9, 24. — Voerbjo, 203 ; Adriaiii,
Jnà., 55. — G. Ventura, c. 53, 771, di cui seguo le date a preferenza di quelle di
G. Dilla Chiesa, 946, che, attingendo tatto il resto della narrazione al Ventura,
appar qui corrotto. Tanto meno poi hanno valore le date del Ghilini, 58 seg., troppo
tardo. Per gli atti deditizi, Adriani, Docc, prov., 70, cfrtando anche Nicolò di
BoTRiNTo, Bel de H. VII iUn. ital,, in BOhhbr, Fonica rerum german., I, 70 segg.
(2^ Anche sul numero delle truppe che accompagnavano Enrico VII è discrepanza
fra 1 cronisti. G. Ventura, c. 58, 776, dice 3000 uomini e più (nel testo muratorìano
< plus quam 6000 » che forse dovrebbe correggersi in e 600 »), onde ripetono na-
turalmente e 3000 >. G. Della Chiesa, 947, e G. Del Carretto, 1170. Per contro,
G. Villani, IX, 7, scrive: e con poca gente »; D. Compagni, 111, 24, e con pochi
avalli >; A. Mussato, Hist. aug,, I, 9, « 800 cavalieri e 300 &nti »; Nicolò di
Botrinto, 69, e con lui erano pochi >; G. Da Cermenate, 38, e. 16, « salivano a
500 persone ». La testimonianza del Ferreto, IV, 1058, si riferisce al tempo del
soggiorno in Asti.
(3) Ancorché il Ferrai, nelle note al Cermenate, non se ne sia punto accorto,
anzi accetti ciecamente le date del Muletti, con una citazione spropositata per giunta,
nulla di pia difficile che la cronologia dei primi tempi del soggiorno di Enrico VII
in Piemonte. Il Miolo, 150, la cui cronaca si estende fino al 1569, dà le date se-
guite dal Muletti, III, 89, e dal Cibrario, St mon.t 306 (Cfr. Istit. man, Sav., II,
84, Firenze, 1869), cioè : 22 ottobre, a Susa ; 30, a Torino. In un codice di Coblenza
descrìtto dal Gar, in Arch. 8tor. It, II, 329, leggesi : e Bex ascendit Montsenys.
Henrìcus rex descendit Suse, anno X, die XXIII octobrìs ». Invece G. Ventura,
€. 58, 776, dice : « Appnlerunt Secusie mense septembris », e G. Da Cermenate, 1. e,
determina meglio: e Circa festum b. Michaelis », che è il 29 settembre. Quanto
minor fede si debba prestare al Miolo ed a' suoi copisti moderni, di fronte al Ven-
tura ed al Cermenate, mostra, oltre la tardità, Terrore di far dimorare Enrico VII
A Torino fino al 17 novembre: potrebbe però esservi errore nel testo attuale
del Ventura e del Cermenate. Così, per quanto riguarda i personaggi che andarono
incontro ad Enrico, le notizie confuse del Miolo, che sono poi quelle del Muletti,
vanno certo posposte a quelle del Ventura e del Cermenate, cui mi sono di prefe-
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 63
entrava in Àsti, rìcondacendo seco i De Castello, e coogregato il 15
il CoQsiglio sulle vòlte del Duomo, otteneva di quel giorno la fe-
deltà dai sindaci Filippo di Viale e Benedetto Pelletta, confermando
tutti i privilegi della Città, prima a bocca, poi, il 17, con solenne
diploma. Rivelatogli allora il trattato del 28 luglio, Enrico lo fé*
abbruciare dal vescovo Nicolò di Botrinto ; quindi, il 18, convocò
tatto il popolo sulla piazza del Mercato, e chiese ed ebbe generale
balia; infine, il 25, cassò il podestà Bonifacio Guasco ed il capitano
Robertono Trotto, istituendo vicario Nicolò Bonsignori: più tardi
ancora, il 3 dicembre, confermò la sentenza arbitrale pronunciata
l'anno avanti da Amedeo V e Filippo. Fu pure durante il sog-
giorno del re dei Romani in Àsti ch*ebbe luogo, il 24 novembre,
Tomaggio ed investitura del conte di Savoia, ed il 25 quello di
Teodoro I come marchese del Monferrato, nonostante Topposizione
dianzi suscitatagli da Manfredo IV di Saluzzo (1).
Partito da Àsti il 12 dicembre, Enrico VII si dirigeva successi-
▼amento a Casale, Vercelli, Novara e Milano, ricevendo ovunque
il giuramento, riconciliando le parti, rimettendo gli esuli, costituendo
ricarì suoi : cosi furono pel momento composte le vertenze fra Tiz-
zoni ed Àvogadri in Vercelli, Tornielli da una parte, Cavalieri e
Brasati, dairaltra, in Novara (2). Mentre il re dei Romani prose-
guiva in Lombardia, la casa di Savoia, che lo aveva sovvenuto a
più riprese di milizie, si preparava a raccogliere i frutti del favore
prestatogli. Amedeo V era presente il 27 dicembre alFatto di ricon-
ciliazione steso in Milano fra Torriani e Visconti; il Principe, in-
rensL atteanto. Per Ghierì v. anche Chron. vetus Cheru, in Gibràrio, Chieri, II,
355 seg. La questione si complica poi per ciò che in questi aitimi anni fa pablicato
an documento che porrebbe un convegno fra Enrico VII e Clemente V, papa, nel
castello di Rivoli (Clarbtta, Cìem. V ed Enr. VII al cast di Evo., Pisa, 1885,
estr. dal Qiom, ArM,) ; ma l'egregio uomo, che mi onora di sua amicizia, permet-
terà che io ritenga il documento come tarda spiegazione di pitture, non ricordo di
fatto storico realmente accaduto. Per la lettera del vescovo di Basilea a Manfredo IV,
ed altra precedente del Re al medesimo, G. Dklla Chiesa, 948, che dovette averle
sott'occhio. Anche sci giorno delFingresso di Enrico in Asti è discrepanza fra il
Ventura^ che pone il 10, e le Gesta Baìdewini, che TU novembre.
(1) G. Ventura, c, 58, 777. Cfr. Arch. di SU di Tor., Prav., Asti, Mazzo I. —
BoNAiNi, I, 61-72 ; DOknigkb, Ada Henr. VII, I, 3 segg., 6, 1,1 segg. Che ivi debba
correggersi in « XVIII » il e XXXIII > , anziché in e 24 > , come vuole il DOnniges
stesso, od in « 23 » , come ritiene il Sommerfeldt, 37, appare dal confronto col e era-
stina die » del Ventura dopo la conferma dei privilegi del 17. — B. San Giorgio,
99-100. — N. Di Botrinto, 70 seg. ; Sommerfeldt, 87 segg.
(2) DOrnioes, I, 15 segg. ; BOhmer, Begesta Imperii (1246-1313), 285. Stuttgart
e Tabinga, 1844. A Vercelli si fermò dal 15 al 19 dicembre. Le fedeltà in Bonaini,
I, 57, 59. Per ritinerario, anche il codice di Coblenza, 1. e. E sovratutto Mandelli,
IV, 165 segg.
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64 MBMORIS
vece, ancora il 15 di quel mese si trovava a Pinerolo, donde lar-
giva franchigie al Comune ed nomini di Garignano, imitando Te-
sempio dato poc'anzi dal Conte rispetto a Caselle. Non ristette però
gran tempo senza recarsi egli pnre alla corte di Enrico, e già il
6 gennaio '311 assisteva con Amedeo V, Teodoro I, Manfredo IV
ed altri signori subalpini all'incoronazione del Lussemburghese a re
d'Italia; nella qual 'occasione vuoisi cominciassero le pratiche di al-
leanza particolare tra il Principe stesso ed il Delfino di Vienna,
indi a poco conchiusa (1).
Il 6 gennaio stesso, Enrico creava Amedeo suo vicario generale
in Lombardia, ed invero^ l'S febbraio, i deputati delle città gli pre-
stavano giuramento di pagare ogni anno lo stipendio delle truppe
che ciascuna di esse era quotata a mantenere per la comune di-
fesa. Appunto per pattuire intomo alla paga del contingente asti-
giano — che il Ventura fa salire indi a poco, al tempo dell'assedio
di Brescia, a 70 cavalieri e 1000 fanti — , il vicario imperiale ed
il Consiglio della città avevano delegato fin dal 28 gennaio due sin-
daci, nelle persone di Aimone Solaro e Guglielmo Isnardi — l'un
guelfo, l'altro ghibellino — , con facoltà inolire di obbligare il Co-
mune per un debito di 10.000 lire verso il conte di Savoia, cioè
4000 propriamente verso di lui, e 6000 per le quali egli si era
obbligato in nome della Kepublica a Bongiovanni Asinari ed a Gia-
como Malabayla. Vuoisi notare, però, a quest'ultimo proposito, che
Amedeo si era obbligato bensì, ma non aveva sborsato, né sborsò
poi il denaro, ed ancora nel '312 il Malabayla ed Agliano Cache-
rano, collettori de* redditi del Comune astese, chiedevano al Con-
siglio, in nome proprio, dell'Asinari e nipoti suoi, la facoltà di con-
vertire detti redditi in estinzione di un loro credito, che ora figura
non solo di lire 6000, ma 7500, in vigore dell'obbligazione passata
ad essi il 13 dicembre '309, col consenso del Consiglio stesso, dal
conte di Savoia e dal Principe, onde procedevasi a deliberazioni e
provvedimenti al riguardo (2).
Il 10 febbraio, ne' domini angioini di Piemonte, dove la vita pro-
cedeva tranquilla sotto un governo regolare, si veniva, conforme
(1) Ubseqlio, Laneo, 92 ; Saraceno, 41. — Datta, II, 76 segg. — Arch. Com,
di Caselle^ Coneesa. e prwiL — Muletti, III, 92.
(2) Datta, I, 65. Sulla natura del vicariato di Amedeo V, « imperiale », non
e di Enrico VII » personalmente, vedi Soarabelli, 28^ e, sovratutto, Felsberg, I,
9 segg. — G. Ventura, ce. 59 e 60, 778 segg., cfrtati insieme. — Cod. AsL, App.,
n. 1042. — Arch. di 8t, di Tot., Prav., Asti, Mazzo III, n. 1.
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RlSTOR. ANGIOINA 65
all*nltima pacificazione fra Mooteregale ed il vescovo d*Àsti, ad ana
nuova dichiarazione dei confini fra quel Comune ed i luoghi di
Vico, Montaldo, Roburent ed altri dipendenti dal prelato (1). II di
medesimo, a Milano, nella chiesa dei frati minori, si stipulava al-
leanza fra il Delfino Giovanni, suo fratello Guido, signore di Albon,
e Filippo di Acaia, in forza di cui i contraenti si promettevano
reciproco aiuto contro ognuno, escluso solo da ambe le parti Tlm-
peratore ; da quella del Principe, anche il conte e tutta la casa di
Savoia ed il comune di Ghieri ; da quella, infine, di Giovanni e di
Guido, il re di Francia ed il marchese di Saluzzo — quest'ultimo,
però, soltanto nel caso che vivesse la marchesa Margherita, moglie
del giovane Federico, o qualche figlio di lei. Se mai fosse guerra
fra il Delfino, il sire d*Àibon ed il conte di Savoia, i primi non
sarebbero più tenuti a soccorrere Filippo, tranne fosse personal-
mente assediato; cosi il Principe, se fosse in guerra col marchese
di Monferrato o di Saluzzo, o col re di Napoli, o con qualche
Comune grande per cui potesse trovarsi in condizioni rischiose. Da
alcuni moderni questi patti furono interpretati quasi come un ritorno
di Filippo al guelfismo; ma nulla di men vero, perchè egli appare
a quest*epoca piii che mai in via di compiere queirevoluzione verso
i ghibellini, ch*era già in precedenza determinata dal suo opportu-
nismo. L*ll marzo, infatti, il Bonsignori condannava la comunità
dì Settime ad una multa di 500 lire per non aver voluto ottempe-
rare alla sentenza di Amedeo V e del Principe a favor de* signori
del luogo, e neiraprile i De Castello si stringevano intimamente ad
Acaia, promettendo, con tutta una serie di atti, di adoperarsi affinchè,
alla morte dell'Imperatore, Filippo ed i suoi eredi venissero in po-
tere di Asti, castelli, ville e distretto, determinando fin d'ora le
reciproche attribuzioni del Comune e del nuovo signore. Filippo,
dal canto suo, riservati l'Imperatore stesso e la casa di Savoia, s'im-
pegnava a difendere in ogni circostanza i De Castello ed i loro
amici contro i Solari e quelli che ad essi aderivano, combattendo
questi ultimi e cacciandoli all'occorrenza. La prima convenzione
ebbe luogo il giorno 8 in Torino fra Guglielmo di Mumbello, pro-
curatore di Acaia, e Guglielmo Isnardi a nome suo, di Guglielmo
Turco e di dieci Guttuarii. Essa fu poi confermata in Asti, il 18,
da parecchi membri di questa famigliale da un altro Isnardi, ed
il 22, nel castello di Frinco, da Domenico Turco e Giacomo Gut-
(1) luro Montisreg^ f. 196.
Rivitta Storica Italiana, XI.
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66 BIEMORIB
taario. Contemporaneamente all'approvazione, prestarono i De Ca-
stello giuramento di fedeltà (1).
Per tutto il corso delFanno '311 continuò il favore di Enrico VII
verso la casa di Savoia. Neil' autunno, passando egli per Pavia,
dove nel giugno erano avvenuti gravi tumulti, a persuasione di
Amedeo V diede il vicariato di quella città, Vercelli, Novara e
€ Piemonte » a Filippo di Acaia (2). Anche qui i cronisti ghibellini
accusano il Prìncipe di aver parteggiato pe' guelfi ; ma non è esatto,
e pare anzi fossero i ghibellini stessi, i quali, volendo spadroneg-
giare e trovando in lui riluttanza ad assecondarne tutti i colpevoli
istinti, reiteratamente lo accusarono presso il re dei Romani a fine
di farlo destituire. Queste pratiche cominciarono subito dopo la par-
tenza del Lussemburghese da Pavia, e prima ancora del suo arrivo
a Genova; ma da principio non trovarono eco presso Enrico, ai
fianchi del quale era il conte di Savoia, sempre potentissimo e su-
surrante ogni di che causa de' tumulti era la restituzione e nomina
a vicario di Milano dell'inviso Matteo Visconti, avvenuta il 13 luglio
precedente (3). Intanto, a Genova, il Cesare, animato dal solito
desiderio di rimetter dovunque potesse la pace, si studiava di com-
porre in modo stabile e fermo la vertenza pendente ancora per la
successione raonferrina tra Manfredo IV e Teodoro I. Fatta pertanto
nuova scelta di arbitrì nelle persone di Opizzino Spinola^ il suocero
del Paleologo, e Bonifacio protonotarìo di Saluzzo, fratello del mar-
chese Manfredo, si conveniva il 3 novembre che Teodoro darebbe
in feudo al Saluzzese i castelli e ville di Mombarcaro e Camerana,
tutti i diritti su Cortemiglia, Cagna, Lisio, Ormea e Saleggio,
nonché su Dogliani, Monchiero, Bobbio e, in genere, tutti i luoghi
da Alba e Cortemiglia verso Ormea; in ricambio, s'intende, Man-
fredo rinunziava alle pretese sul Monferrato (4). Lo stesso di Man-
(1) GuicHENON, Preuves, IV, 106. — Erronea interpretazione del trattato fra il
Principe ed il Delfino, cfr. insieme Datta, I, 67, e Del Lungo, II, 867, n. 25 a
D. Compagni, Gran., 1. Ili, e. 27. — Arch. di St. di Tar., Prov., Asti, Mazzo XXII. —
Cod. Ast., App., nn. 1043-1044.
(2) BoNAiNi, I, doc. 116. Cfr. D. Compagni, 1. Ili, e. 80, e G. Da Cerkbmate,
e. 42, 90. — G. Ventura, c. 61, 780. Cfr. Mandelli, IV, 170.
(8) G. Da Cermenate, c. 48, 98 seg. Cfr. Bonaini, I, 189 segg., e Sickel, Dos
Vicariai der Visconti, in Wiener Sitewngsherichte del 1859, 7 segg.
(4) G. Della Chiesa, 948 seg. Siccome Mombarcaro e Camerana erano tenuti
allora da Obertazzo Spinola, il Paleologo si obbligò a darli a Manfredo solo dopo
la morte dell'attuale possessore, e non potendo allora riaverli e consegnarli, paghe-
rebbe ona congrua somma di denaro e sarebbe ad ogni modo tenuto ad aintare in
effetto il Saluzzese ad acquistarli. Parimenti furono riservate le concessioni feudali
fatte dal Monferrino a Rinaldo Spinola di Lucoli in Cagna, Lisio, e te.
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OABOTTO — LB GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RI8T0R. ANGIOINA 67
&edo IV ricevette da Teodoro l'investitura di quei luoghi, indi tornò
nel suo marchesato, dove poi, il 14 maggio '312, affrancava Dronero,
la domane il borgo nuovo di Revello, e, a poco a poco, tutte le
terre principali. Soltanto più tardi il marchese di Saluzzo tornò a
raggiungere a Pisa Enrico, già coronato Imperatore (1).
Anche Teodoro I, che già altra volta (12 gennaio '311) aveva
dovuto impetrare ugual licenza, non tardò a chiedere ed ottenere
di tornare nel suo paese, dispensato dal servizio personale verso En-
rico con 100 militi, in vista delle «brighe e turbolenze» ond'era
sossopra il Monferrato: il 14 novembre — '311 — , anzi, otteneva
di poter impegnare quattro castelli a Guido di Cocconato, obbligan-
dosi di nuovo a mandar 100 cavalieri al re dei Romani solo con
atto del 2 febbraio '312 (2). Le condizioni, infatti, del Piemonte al
principio di quest' anno erano ridiventate scabrose, destando serie
preoccupazioni in quanti non potevano amare i nuovi successi degli
Angioini e de' loro fautori.
11 vicariato di Filippo in Pavia, Novara e Vercelli non fu punto
calmo : a quel modo stesso che, senz'essere ghibellino, erasi in Asti
unito affatto coi De Castello per porre un argine al dilagare dei
Provenzali e veder anzi, possibilmente, di far sua la città, cosi
nelle contrade della Sesia e del Ticino proteggeva i guelfi, senza
appartenere a questa fazione, per timore della nuova potenza vi-
scontea. Era sempre la stessa tradizionale politica, ma stavolta non
riuscì a seconda de' suoi voti, e fini anzi per alienargli ambe le
parti. Neiril, infatti, mentre i Chieresi attendevano provvidamente
a riordinare e riformare i proprii statuti, si riaccendevano in Àsti
le lotte civili, non senza che il fuoco vi fosse attizzato da Ugo Del
Balzo, allora siniscalco angioino di Piemonte. Politicamente, i va-
gheggiatori della grandezza patria non sapevano perdonare ad Enrico
di aver confermato Canelli a Raimondino d'Incisa, restituito Por-
cile a' conti di Biandrate, concesso Cossano a Giorgio di Busca, dato
ad altri altre castella, e ne movevano grave doglianza : non ultima
fra le ragioni, o scuse, addotte poi a giustificare la dedizione al re
di Napoli. Crebbe le ire l'uccisione di Rubeo Isnardi per parte di
alcun Solaro: il sire di Sommari va del Bosco chiamò, a vendicarlo,
Francesco de' marchesi di Clavesana, già cacciato neiril da Cre-
mona, il quale fu tosto inviato dal re dei Romani per opera di Fi-
(1) MuLKTTi, III, 96 8sgg. ; Manuel di San Gjovanni, Mem. stor. dì Dronero,
III, 35 segg., Torino, 1868.
(2) D5NN16ES, I, 32, II, 23 segg., 169 seg., 168 seg.
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Ì5S MEMORIE
lippo di Acaia, a quei tempo ancora in favore. li Clavesana procurò
un'accolta di armati a Frinco per irrompere nella città ed espel-
lerne i guelfi, che lo placarono a mala pena, non 8«^nza che il vi*
cario Tomaso di Ànzola ne condannasse parecchi a grossa multa,
con minaccia del taglio di un piede a chi non pagasse, mentre neppur
uno dei De Castello fu punito per l'accaduta sedizione. Parecchi
furono costretti ad esulare, principalmente gli uccisori di Rubeo
Isnardi, i quali però un bel giorno occupavano il castello di Agliano,
destando gran timore ne' ghibellini. Ornai gii eventi precipitavano:
la crisi suprema era giunta, ed un viaggio di Filippo a Cuneo e
Marsiglia per abboccarsi con Roberto ed intendersi con lui, o rimuo-
verlo da' suoi disegni, rimase sterile di ogni efficacia, seppur non
sì converse in inganno del Principe stesso. I Solari estrinseci, d'in-
tesa cogli altri rimasti in patria, assalirono energicamente i De Ca-
stello: la lotta durò, con brevi intermittenze, dal 31 marzo al 4
aprile '312; finalmente i ghibellini furono cacciati dalla città, fug-
gendo a furia nel Monferrato. Il Principe, che aveva alcuni suoi
militi nella fortezza d'Asti, trasse tosto a riscossa, occupando Riva
e Poirino, ma intendendo che Ugo Del Balzo era già entrato nella
città colle genti regie, ritornò indietro con ugual prontezza, non
ritenendosi forte abbastanza per venir seco a battaglia (1). Allora
i sindaci Raimondo Caze e Giacomino Allione congregarono il Con-
siglio generale, chiedendo avviso sui mali pubblici: sorse Sinibaldo
Solare, impronto sempre e risoluto, e propose una balia di dodici
persone, cioè i due sindaci stessi, i due Chiavari, i quattro rettori
del popolo, due savi di ospizio e due di popolo. Nessuno si oppose,
onde creata la balia, convenne il 17 di quel mese stesso di aprile
la dedizione di Asti a Roberto. Redigevasi 1' atto nella casa degli
Alfieri, dimora del siniscalco, e stipulavasi in esso che il Re avrebbe
ogni anno, in settembre, tre soldi astesi minuti da qualunque per-
sona possedesse almeno 600 lire, due da chi 300 a 600, uno da chi
(1) CiBRAKio, Chierif I, 188 segg., 2> ed., che di quegli Statoti dà una larga
analisi. — Arch, Cam, di Mone., CkmU, Voi. 1 (Vedi il mio opuscolo Pinerólo e %
suoi recenti sturici, 18, n. 3, Pinerolo, 1898). — G. Ventura, ce. 60, 69, 70; 779,
786 segg. Negano la ritirata di Filippo i sigg. Sella e Vayra, cxx, ma la connes-
sione che è nel Grassi colla dedizione dei De Castello al Principe, che risulta ante-
riore (Cfr. sopra, p. 65), non si trova nel Ventura. D'altronde, poco più tardi, noi
giugno U3, Riva e Poirino appaiono realmente tenute da Filippo (DOnnigeb, II^ 210»
e cfrta pure n^WArch, di St di Tor., Proti, duce. Voi. VII, Patto, invero solo del
18 marzo U8, con cui egli investe Benedetto, del fu Antonio di Biandrate, dei ca-
stelli e luoghi di Porcile e Poirino). Sulle spese militari imposte da Enrico VII ad
Asti, e sulla donazione di Canelli all'Incisa, DOnkiges, II, 159 segg., e 211.
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GABOlTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 69
meii di 300. Erano, del resto, divise le entrate fra il Signore ed
il Cornane, con divieto al primo d*impor nuove tasse o di aumentar
le esistenti a proprio vantaggio; determinati gli obblighi reciproci,
specialmente certe spese da parte del Re, ed il servizio militare per
venti giorni entro un raggio di 30 miglia, da parte de' cittadini; as-
sicurata al Comune la nomina del vicario; la libera riunione del
Consiglio, previo consenso del medesimo; Tannua riforma degli Sta-
tuti a piacimento de* consiglieri ; la conservazione delle società dei
nobili e del popolo, con facoltà di nominare i proprii capitani, ret-
tori ed ufficiali; la coniazione esclusiva della moneta; l'immanità da
qualsiasi maltolta, gabella o pedaggio in ogni terra soggetta al Re.
Questi doveva assumere l'impegno di ricuperare colle armi, in ge-
nere le ville, castella e fortezze perdute dal Comune, negli ultimi
25 anni, in ispecie quelle tenute dai banditi, ribelli e fuorusciti,
dal marchese d'Incisa e da Filippo di Savoia; tener fuori e lontani
dalla città e distretto tutti i Guttuari, Turchi, Isnardi, Pallidi, Asi-
nari, Rolandi, Catena, Cacherani e numerosi altri cittadini, consi-
derandoli come nemici e ribelli suoi, e ricercarli, arrestarli, condan-
narli nell'avere e nelle persone, con cessione a lui delle lor terre
li possessi; procurare, invece, la liberazione di sei Solari e di altri
cittadini prigioni di Filippo di Savoia e di Guglielmo di Mombello,
e se mai il conte Amedeo, il Principe, il Delfino, i Genovesi od altri
qualsiasi di qua o di là de' monti, arrestasse per causa della pre-
sente convenzione qualche cittadino astigiano, adoperarsi pel mede-
simo, anzi non far trattato o lega, in perpetuo, con chi arrestasse o
maltrattasse Astesi fino a piena soddisfazione. I Solari convennero poi
patti speciali a proprio vantaggio, nonché famigliare, individuale:
utile precauzione generica fu, invece, la convenzione che se alcuno
della famiglia del Re o de' suoi rappresentanti, fosse anche il sini-
scalco, commettesse qualche delitto nella città, dovrebbe esser pu-
nito a tener degli Statuti, come un semplice cittadino. Aboliti gli
accordi precedenti quali si fossero, questi non dovevano valere fino
alla ratifica di Roberto : però già nel frattempo il siniscalco doveva
rinforzare le fortificazioni della città (1).
Colla dedizione di Asti a Roberto le ostilità fra Angioini ed Im-
(1) La data di quest'atto, mal corretta dal Grassi, St. d'Asti, l, 267, in 1313,
fa già restitaita dal Prohis, in Mise, di 8t it,, IX, 137, in 1312, e così accettata
a ragione dal Vassallo, Il beato Enrico Alfieri, 18, Asti. 1890. Nondimeno i
gigg. Sklla e Vayra, cxz, danno di nuovo r8 (sic) aprile 1313. Il testo di G. Ventura,
oc. 69-72, parrebbe dar loro ragione, ma taglia la questione Tatto 12 settembre '12,
in DOxmoBs, II, 187 segg. (Gfr. anche ibidem, 193-194: 12 febbraio * 13).
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70 MEMORIE
periati erano aperte di fatto, e tosto la € Villa Nuora di San Se-
condo», terminata l'anno avanti colla rovina dell'antica Cossom-
brato, si diede a Teodoro I. Anche in Lombardia i guelfi rialzavano
il capo: tra le altre cose, Fìlippone di Langosco aveva imprigio-
nato Manfredo Beccaria, ed il Principe era sospetto di complicità
nel proditorio attentato. Questi fatti risvegliarono Enrico, e lo fe-
cero infine accorto che il Papa Tintratteneva ed aggirava a parole,
mentre il re di Napoli operava efficacemente a* suoi danni, renden-
done omai illusorio il concetto di riconciliazione universale. Abbi-
sognando pertanto armi, non paci, mandava in Lombardia buon nerbo
di truppe sotto Wernher von Homberg, che da prima fece sentire
la sua rozza e militaresca energia alla disgraziata Cremona, indi,
congiuntosi con Filippo e Teodoro I, guastava in giugno il Pavese
ed espugnava Oarlasco, in quella appunto che il siniscalco entrava in
Casale e ne cacciava la famiglia ghibellina dei Cani. In luglio, rinata
lotta civile in Vercelli fra Avogadri e Tizzoni, Wernher fu chiamato
nella città da^ secondi : v'entrò con un migliaio d'uomini, e ne espulse
il non sicuro vicario, con cui aveva militato poc'anzi. Al Principe
toccò salvarsi, pressoché nudo, nella rocca degli Avogadri, abban-
donando armi, cavalli, gioielli; onde, conchiusa indi una tregua di
due mesi tra le fazioni, parvegli miglior partito ritirarsi a Torino,
sebbene già, a sua richiesta, accorressero prontamente di qua delle
Alpi, con truppe savoiarde, i due figli del conte, Edoardo ed Aimone,
ed altre genti gli venissero da' comuni del suo Stato, specialmente da
Moncalieri. Non erano invero trascorsi quindici giorni, che, ripartito
THomberg, penetrava a sua volta in Vercelli il Langosco co* guelfi
pavesi, ed incendiate le case dei Tizzoni, li cacciava nell'agosto non
senza molta uccisione (1). Anche Valenza era già stata occupata dagli
Angioini, opperò il 22 settembre Enrico VII citava da Arezzo il re
di Napoli a difendersi dinanzi a lui per la lega contratta co' ribelli
subalpini e l'intromissione di truppe in Asti, Casale e Valenza stessa :
cosi rimaneva del tutto irrita la pace indetta il mese innanzi fra i
due sovrani dal pontefice Clemente V. Pur nel settembre, Ugo Del
(1) Otr. insieme 6. Da Cgrmenate, ce. 45-50^ 101 segg., e G. Ventura, ce 63 e
69, 782 e 787 (G. Della Chiesa, 950; G. Del Carretto, 1176). Su Wernher, che
sottentrò ad Amedeo V nel vicariato di Lombardia, cfì*. Morigia, Chron. Modòet,.
in B. I. 8., XII, 1106; L(ìnio, Cod. it., I, 33, e Bartholdt, Heinrichs Ròmerzug,
II, 155. Vedi anche Dionisotti, Mem. star, di Vercelli, Biella, 1864, e Mandelli.
IV, 166 seg^. — Vassallo, Chiem dei SS. Apostoli, 31 segg.. Asti, 1892. — Ci-
BRARio» St mon.y II, 316, n. 1; Arch. Com. di Mone, Conti, voi. I. — DGnkiges,
II, 61 seg. Sulle cose di Vercelli, particolari, non tutti desunti da fonti sincrone ed
autorevoli, in Capellina, I Tizz. e gli Avog., 26 segg.
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OABOTTO — LB 6UBRRE CITILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 71
Balzo, rinforzato di 100 militi venuti allora allora di Provenza, ot-
teneva anche la sottomissione di Pavia e di Vercelli; intanto Gio-
vanni Dalpozzo, creato vicario di Roberto in Asti, distruggeva Set-
time ed il 26 batteva gli estrinseci poco lungi da Riva. Forse fu
appunto per timore di nuove ostilità augioine che, due mesi dopo
(26 novembre), questa Comunità passai^a procura per sottomettersi
al conte di Savoia (1).
Sebbene avesse abbandonato il campo, non più sostenibile di Ver-
celli, Novara e Pavia, Filippo di A caia non era disposto a rinunziare
anche allo stipendio che gli competeva per T ufficio esercitato : chie-
devalo istantemeote, ma invano. Fin daini era morta la moglie
sua Isabella, lasciando un'unica figliuola : decideva pertanto di torre
un'altra sposa in Caterina di Vienna, sorella del Delfino ; in occa*
sione delle quali nozze, invitati parecchi gentiluomini vercellesi, no-
varesi e pavesi, li ritenne in ostaggio e pegno delle somme dovu-
tegli. Dipoi, ad iscusarsi, mandò ambasciatori ad Enrico, i quali
rappresentassero in suo nome le offese fattegli e i diritti conculcati,
e chiedessero per lui 8000 fiorini ed il compenso che il re dei Ro-
mani aveva promesso di ottenergli da Roberto per l'Acaia; per
Lodovico di Vaud, altre somme, di cui era anche quegli creditore.
L' ambasciata sembra esser rimasta infruttifera, e solo il 2 di ot-
tobre *13 composero poi i Vercellesi in Torino mediante sborso di
12.000 fiorini, ed in maggio '15 i Pavesi, mediante altri 15.000, con
rinuncia del Prìncipe alle pretese rispetto a Novara e rilascio degli
ostaggi di tutte quelle città (2).
Omai le cose di Piemonte avevano preso una brutta piega per la
parte imperiale. Contro Asti, sovratutto, causa precipua del male,
era indignatissimo Enrico VII, che perciò il 12 febbraio '13 facevano
donazione, con tutte le sue pertinenze, ad Amedeo V, sotto condi-
zione di riscatto a favore dell'Impero mediante fiorini d'oro 200.000
(L. 5.765.000), e con obbligo al Conte di servirlo ogni anno in
Italia con 200 uomini d'arme. Dal canto loro, i fuorusciti di Casale
pregavano ilmperatore di raccomandarli a Teodoro I, e questi, a
sua volta, implorava l'aiuto de' vicari imperiali contro i ribelli, im-
petrando anche il vicariato d'Ivrea, Casale, Valenza, Canavese e
Tortona. La guerra continuava non senza vivezza: in qualche
(11 D(JKifiG«8, II, 187 seg., 231. — G. Ventura, c. 71, 788. — Arch, di 8t di
Tor., Prov., Asti, Mazzo III, n. 2.
(2) GuicHEMOK, Preuvea, IV, 138. — G. Da Cermbhaw, c. 64, 133; G. Ventura,
e 70, 787. — Batta. I, 69 seg.; II, 87 segg. (Cfr. DOnmiqes, I, 81).
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72 MEMORIE
scontro, di cai è però incerta la data, erano caduti prigionieri degli
intrinseci Tomeno Isnardi, un figlio di Giacomo e quattro di Fran-
cesco Gattuario, onde i genitori e Tomeno supplicavano Enrico di
invitar Filippo a soccorrerli, rimettendo in lor mani i sei ostaggi
Solari ed altri Astigiani guelfi che aveva in suo potere (1). Per
contro, un documento, invero non del tutto ineccepibile, sembra in-
dicare che Fossano si era sottratta alla signoria provenzale e si
teneva indipendente, ma oppugnata ad un tempo dagli Astigiani e
da* marchesi di Monferrato e di Saiuzzo, tantoché poi, il 15 marzo,
Ardizzone Operto, già aderente del Re, or proponeva al general
Consiglio di darsi al Principe, che avrebbe meglio difeso i cittadini;
e la proposta era accettata, con riserva solo del tempo e del modo
di attuarla (2). Nel marzo stesso, l'esercito imperiale ed il regio si
scontravano inopinatamente a Quattordio, luogo d'infausta memoria
per gli occupanti astesi. Stavolta la vittoria fu del siniscalco: solo
cadde prigione de' ghibellini, mentre vigliaccamente fuggiva, l'intri-
gante Corrado De Brajrda, subito chiesto all'Imperatore da Manfredo
Beccaria, o per cambiarlo, o vendicarsene, o trarne grosso riscatto,
sebbene non gli fosse concesso e venisse invece scambiato con un
nipote dell'Homberg. Nondimeno gl'Imperiali rientravano presto in
campagna e, dopo aver occupata Annone, Teodoro I e Wernher si
avanzavano fino a' mulini del Tanaro, battendo gl'intrinseci usciti
ad assalirli. Più tardi, a Quarto, di nuovo toccava a' guelfi lacri-
mosa sconfitta (3).
Il 26 aprile, Enrico VII pronunciò la sentenza definitiva contro
Roberto: i riguardi erano omai inutili ; opperò, concedendo 1*8 maggio
ampia investitura del marchesato saluzzese a Manfredo IV, con un
altro diploma di quel di gli faceva dono di Alba come feudo impe-
riale, e poco dipoi, nel giugno, confermava tutti i suoi domini al
conte di Savoia, scrivendo il 3 una lettera circolare agli uomini di
Cuneo, Canelli, Cherasco, Cavallermaggiore, Poirino, Masio, Mon-
dovi, Sommariva del Bosco, Sommariva Perno, Riva, Felizzano, An-
none, Pavarolo ed in genere tutti i sudditi astesi, affinchè a lui
obbedissero, con ordine del giorno stesso a Filippo di Acaia, Rai-
mondino d'Incisa e Guglielmo Vacca (per Annone) di dismettere le
(1) DdNNiGEB, I, 59, 68, 70, TSseg.; II, 194 segg. (anche Guichenon, Preuves,
IV, 139).
(2) Adbiani, Sigg. di Sarmat., 426 segg.; Paserio, I, 159 segg. L*atto potrebbe
essere apocrifo o di altr'epoca.
(3) G. Vektdra, c. 72, 788.
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 73
piazze da essi occupate. Il 15 era rÌDDOvata ai Principe IMntima
zioDe in forma anche piò generica, ed il 27 ordinato al Delfino di
desistere dalle offese contro Amedeo V, occupato in servizio deirim
peratore. Infine, tutta un'altra serie di atti tendeva a rendere effi
cace la donazione di Asti al Conte, ingiungendo a* marchesi di Mon
ferrato, Del Garretto e Glavesana, a* conti e signori del Canavese,
a' vicari imperiali di Novara, Milano, Verona, Tortona, Mantova,
Modena, Ivrea e Ghieri e, genericamente, a tutti i nobili e Comuni
di Lombardia, di prestargli man Torte a fine di cacciare da Asti
medesima i ribelli dell'Impero; anzi, il 16, Enrico dirigeva analoga
intimazione al vescovo ed a' cittadini astesi. Nel luglio, mentre
Amedeo andava un'altra volta ambasciatore del Lussemburghese al
Papa, divampava guerra anche fra Manfredo IV ed i Provenzali,
che lo consideravano come ribelle per aver accettato la donazione
di Alba. Assediato in Saluzzo dalle genti regie, il Ynarchese aveva
bisogno degh aiuti di Acaia : li ottenne bensì, ma rinunziando alla
cessione di Alba, Fessane e Savigliano e a* diritti su Monteregale e
Cherasco. Senoncbè il furbo Manfredo, facendo il 14 tale rinunzia,
vi premetteva un altr'atto, per cui, giuridicamente, egli rinunziava
a cose ornai non più sue. Esiste infatti un altro documento dello
stesso giorno, per cui il Saluzzese dona i luoghi anzidetti a Bernabò
de' Bonifazi, < in ricompensa de' servizi prestatigli ». E sempre il 14,
Enrico VII dichiarava ribelli e posti al bando deirimpero le città
di Pavia, Vercelli, Asti ed Alba, le ville di Alessandria, Valenza
e Casale, il conte Pilippone di Langosco, Simone Avogadro di Colo-
biano ed altre persone, privandole di ogni privilegio, grazia, ragione,
franchigie, libertà, e pronunciando ch'esse città e ville dovevano
venir distrutte dalle fondamenta, riempiuti i fossati di terra, né
potessero esser restituite in pristino senza imperiale licenza; multata
inoltre Asti di 10.000 libbre d'oro, Pavia di 8000, Vercelli di 6000,
Alba di 2000, Alessandria di 4000, Gasale e Valenza di 1000 eia-
scana, e ciò per aver detti luoghi fatta fedeltà al re Roberto, ri-
cevendone le genti e gli ufficiali. Ma quei luoghi non temevano la
sentenza imperiale, ed Asti confermava anzi il 1 agosto la sua de-
dizione, mentre Ugo Del Balzo, siniscalco di Piemonte, e Tomaso
di Squillace, maresciallo di Sicilia e siniscalco di Provenza, spinge-
vano le ostilità nel marchesato di Saluzzo, dove sceudeva pure un
altro esercito angioino sotto Guglielmo di Veumilio. Il 7 agosto,
infatti, nella località detta « Pianca di Alisene », sul territorio di
Acceglio, convenivano col duce provenzale i deputati di Acceglio,
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74 MEMORIE
Ussolo e Frazzo, con a capo il pievano Pietro Donadei, e promet-
tevano che questi paesi avrebbero giurato fedeltà al Re otto giorni
dopo Dronero, pagando poscia ogni anno alla Curia regia 40 lire
viennesi pel libero traffico ne' contadi di Provenza e Forcalchieri,
senz'altro pedaggio o balzello sulle mercanzie: per riscatto de* guasti
ed incendi militari darebbero anche, prima di San Michele, 100 marche
d'argento fino; consegnerebbero per tutto ciò sei ostaggi; si aster-
rebbero, da ultimo, fino a detto giorno, da ogni ostilità contro gli
Angioini. La morte dì Enrico VII, avvenuta il 24 di quel mese,
non esercitò pel momento alcun influsso sulle cose di Piemonte,
perocché se da una parte giovava a* guelfi, noce va pur loro, dal-
l'altra, pel ritorno del conte di Savoia. Nel settembre, Ugo Del Balzo
e Tomaso di Squillace si avanzavano da Pavia verso Milano e bat-
tevano le genti viscontee, fra cui militava anche il marchese di
Monferrato. Corse voce che i vincitori, già penetrati nei sobborghi,
si ritraessero, compri dall'oro di Matteo; ma è più probabile ciò
che racconta il Ventura, fossero cioè sgominati i fanti gettatisi in-
nanzi all'impazzata, onde Tomaso ed Ugo dovettero tornare dolenti
in Asti, ripagandosi a mala pena sul luogo di Morozzo, dove pre-
sero una cinquantina di fuorusciti cuneesi e parte lasciarono perire
in carcere, parte mandarono a dirittura alle forche (1).
A tener testa a' progressi del guelfismo in Piemonte era neces-
saria una forte intesa fra tutti coloro che ne avevano a temere il
trionfo. Già erano scesi in campo Teodoro I, Manfredo IV e Filippo:
or il 24 settembre, in Avigliana, i Soleri d'Ivrea offrivano al conte
di Savoia di dargli la città con che si contentasse de' pedaggi e ga-
belle esistenti, senza imporne di nuovi; non esigesse in esercito o
cavalcata, al di qua de' monti, nel suo paese e dieci miglia oltre i
confini, se non 200 clienti quando intervenisse in persona egli stesso
o un suo figlio, 100 in ogni altro caso; scegliesse il vicario entro
una terna proposta dal Comune, dandogli annua provvisione di 600
lire per lui, un cavaliere e due giudici ; mantenesse i diritti della
Città su Piverone e Palazzo; favorisse i Soleri e si governasse col
lor consiglio ; distruggesse, al più tardi fra un mese, le barricate e
(1) DOwriQES, II, 198 segg., 209 Begjf. (Cfir. Arch. di St, di Tar., Prov., Asti,
Mazzo III, n. 4). — Muletti, III, 107 seg. — 6. Da Cbrmenatb, c. 62, 125 j A. Mcs-
BATO, 1. XVI, rabr. 1, e DegesHè It., 1. 1, r. 6, 578 segg. — G. Della Chiesa, 950. —
Saraceno, 48. — Adriani, Ind.^ 87. — B. San Giorgio, 100 seg. — Manuel di
San Giovanni, Dronero, III, 40 segg. — G. Ventura, c. 66, 784 segg. (G. Del Car-
retto, 1175).
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OABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 75
fortificazioni innalzate da' nemici de* qiedesimi ; aiutasse i Palazzesi
a fortificarsi; permettesse a' signori di Vallesa, Pont, Settimo Vit-
tone e Castr'Ussone d'estrar vettovaglie da Ivrea per proprio uso;
non fabbricasse nuove fortezze nella Città ; facesse rinunciar dal
Comune ad ogni diritto su Settimo ; aiutasse Pietro D'Azeglio contro
i Vercellesi ; procurasse infine l'adempimento de' patti comunali coi
suddetti signori di Yallesa e di Pont, non chiamandone gli uomini
in giudizio in Ivrea se non per reati ivi commessi, né costringendoli
a fedeltà verso Ivrea stessa. Da qualche tempo, invero, i rapporti
del Principe col zio apparivano tesi, e per la vecchia usurpazione
del comitato, e per recenti questioni di terre; ma ambe le parti
compresero ch'era interesse comune riconciliarsi prontamente, e già
il 20 ottobre, nella chiesa de' SS. Martiri di Alpignano, compromet-
tevano ogni lor differenza in Papiniano vescovo di Parma, Ottone
di Grandson, Guicciardo sire di Beaujeu e Lodovico II di Vaud, la
cai sentenza, del 29, nel giardino del castello di Rivoli, fu accettata
e ratificata da Amedeo e da Filippo. Confermato l'arbitrato del 1294,
il Conte prometteva al Principe, entro un anno, equo compenso per
Beinasco e Piobesi, a luì dati senza che ne potesse disporre : com-
prerebbe inoltre, in ugual termine, e concederebbegli in aumento
di feudo tanta terra fra il Po e la Stura da rendere annualmente
1000 lire viennesi, e non trovandosi a comprare, darebbegli 25.000
lire; dividerebbero per metà il dominio d'Ivrea e del Canavese,
salvochè i castelli di Lanzo, Ciriè e Caselle sarebbero esclusivamente
di Amedeo, e Balangero^ Fiano, Rocca, Rivarossa, Baratonia, Viu,
Settimo, Borgaro e Barbania esclusivamente di Filippo, con facoltà
a quest'ultimo di comporre co' signori di San Martino, Rivarolo,
Agliè, Front e Castellamonte; il Conte, infine, assoderebbe di special
grazia il nipote nelle ragioni testé acquistate dall'Imperatore sulla
contea di Asti, sulla villa e territorio di Chieri e sulle fedeltà dei
marchesi Del Carretto e di Cova e di Giovanni di Saluzzo, lasciando
però interamente al Principe le due Sommarive, Cavallermaggiore
e Riva. S'intende che Filippo teneva ogni suo possesso in feudo da
Amedeo, e i due signori si promettevano reciproco aiuto e difesa.
Composte cosi tutte le cause di dissenso, il 15 novembre si stipulava
la vera dedizione d'Ivrea al Conte ed al Principe, a' nostri storici
ignota : stavolta non era più soltanto una fazione, ma l'intera città
che si dava ad essi e loro eredi maschi legittimi, statuendo che i
sindaci e credendari dovessero giurar fedeltà a nome del Consiglio ;
a* nuovi signori spettassero i banni e le condanne, la gabella del
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76 MEMORIE
sale, il pedaggio del grano, de' mulini e de* cavalli; fosse lecito al
Comune di far Statuti, purché non contrari a' presenti patti ; si
proponessero dal Comune stesso, due mesi prima delia scadenza del
▼icario, quattro persone tra cui il Conte ed il Principe scegliereb-
bero il nuovo, potendo essi procedere a nomina diretta solo in di*
fette di tal proposta, e con che il prescelto fosse cavaliere, castel-
lano 0 nobile; al vicario suddetto si corrispondesse dai due signori
uno stipendio annuo di 600 lire imperiali almeno ; fossero il vicario
stesso, suoi militi e giudici tenuti a giurare l'osservanza de' patti o
statuti d'Ivrea e l'adempimento del loro ufficio a tener de' medesimi,
e ciò prima di scendere da cavallo; fossero tenuti il Comune ed u. -
mini d'Ivrea, sobborghi, ville e distretto a far esercito e cavalcata
pel Conte e pel Principe per lo spazio di 24 giorni, a proprie spese,
ma solo al di qua de* monti e dentro un raggio di 40 miglia; do-
vessero i signori salvaguardar la Città ed i suoi al>itaD'^i, loro beni
e ragioni, e far pace e guerra per essi; non potesseio i medesimi
mandare, condurre o far condurre senza giusta causa alcun citta-
dino d'Ivrea in ostaggio; fosse, invece, in lor facoltà di farcostrurre
uno 0 più castelli dovunque volessero, sia nella città, sia nel terri-
torio. Anche il vescovo eporediese, Alberto Qonzaga, entrava in lega
con Amedeo e Filippo il 4 dicembre: le condizioni, che il Vescovo
cedesse al Conte i suoi diritti su Chivasso, Castagnette, San Giorgio,
Verolengo, Orio, Terrazza ed Azeglio, ottenendo in compenso varie
esazioni, la promessa di non difendere alcuna causa contro la Chiesa
d'Ivrea e l'omaggio per i feudi ceduti. Infine, il 12, i conti di Val-
perga e di Mazze prestavano essi pure omaggio e fedeltà al Conte
ed al Principe, i quali si collegarono quindi il 17, dichiarando in-
teso nell'arbitrato del 29 ottobre che gli acquisti potessero fare sul
re Roberto o su qualunque altro potentato italico sarebbero divisi
a metà, tranne Possano e Savigliano, che sarebbero per intero di
Filippo, tenendo questi, a! solito, ogni cosa in feudo da Amedeo.
Tutte queste convenzioni furono fedelmente osservate. Il 20 gen-
naio '14, nella chiesa di Sommariva del Bosco, riunivasi, secondo
Tuso. il Consiglio generale, di 64 capifamiglia, e giurava fedeltà al
Principe, ottenendo da lui alcune franchigie; il 22, prestavagli l'o-
maggio, a condizioni analoghe, anche Sommariva Perno (1).
(1) Datta, I, 73 segg.; II, 89 s^g., 95 segg., 101 segg., 104 segg. — Cibkario,
Si. mon., II, 318 segg. — Arch, Com. d'Ivrea, Voi. I, n. 49. — Arch. di St di
Tot., Proti, Duce, e Prov., Alba, Mazzo XIV, n. 1. — Alasia, Comp. stor, di
Somm. del B„ 15 segg., Carmagnola, 1820.
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GABOTTO — LE GUERRE CIVILI ASTIGIANE E LA RISTOR. ANGIOINA 77
Continuava intanto la guerra. Mancano indicazioni sufficienti a
determinare se proprio in questi mesi, piuttosto che ne* precedenti
o ne* seguenti, accadessero i^lcuni fatti d*arme di cui parlano i cro-
nisti: cosi una volta gli estrinseci d*Asti si sarebbero avanzati &no
a Quarto, infliggendo una rotta agli occupanti; un'altra Martino
Alfieri, fuoruscito, avrebbe sorpreso il castello di Mombarcaro ; una
terza quelli di Nizza della Paglia sarebbero usciti a dar il guasto a
Castagnole. Ben è certo che in gennaio '14 — forse il 1 dell'anno — ,
Tomaso di Squillace compariva dinanzi a Drenerò, terra di Man-
fredo IV, con un grosso corpo di truppe angioine, cioè 50 militi
astesi, molti Provenzali e le genti del contado di Ventimiglia e della
valle di Lantosca sotto il bali Giacomo Rufil. Il marchese trasse in
soccorso della piazza con 500 uomini, ma gli assediatorì si erano
afforzati con difese di legno e di neve, onde non potè operar nulla.
In quella, il 4 marzo, inviava Roberto l'accettazione dei patti del
17 aprile '12, per cui Àsti sottoponevasi al suo governo: finiva la
gloriosa libertà astigiana, e la signoria angioina, ricostituita e cre-
sciuta fra le discordie civili del Piemonte, trionfava, grazie alle
medesime, della flena Repubblica che l'aveva altra volta abbattuta,
raggiungendo cosi l'apogeo. Ma ornai, a difesa dell'indipendenza,
s'era pure invigorita e temprata alle lotte future l'augusta Casa
di Savoia (1).
Ferdinando Gabotto.
(1) G. Vrntura, ce. 67, 72 e 73, 785, 789. — P. Giopfredo, St. delle Alpi
fRoritt., in M, h, p,, Script, II, 703 ; Manuel di San Giovanni, Dr(m.y I, 76. —
Orassi, St (TAsti, I, 269.
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RECENSIONI
D. ATTO PAGANELLI, La cronologia romana. Milano, Tipografia
pontificia di S. Giuseppe, 1892. Prezzo L. 6 — pag. 172 in-4*.
L*A. rivela subito lo scopo di questa pubblicazione nel dirci che
essa debba servire a confermare i resultati della sua Cronologia rir
vendicata, mostrando su quali basi questa si fondi in quanto alla storia,
e, specialmente, in riguardo alla romana. In questo lavoro egli cor-
reda la cronologia di testi desunti da tutti gli storici greci e laiint
che gli sono venuti per le mani e che ha creduto capaci di scabUime
in modo non equivoco^ anzi indiscutibile, l'andamento. Egli finalmente
si propone di far vedere e toccare con mano come tutti gli storici
sono in pieno e perfetto accordo fra di loro, rispetto alla fondazione
di RomxL, avvenuta il 21 aprile del 752 avanti Véra volgare, che è
anche quello deWanno IV della VI olimpiade, e del 431* dopo la di-
struzione di Troia.
A quest'ultimo fine egli impiega 17 pagine a due colonne, cercando
di dimostrare la sua tesi, se non molto vittoriosamente, certo con molta
diligenza ed argutezza di vedute. L'esame dei fonti lascia il desiderio
di vederli compulsati con maggiore maestria; cosi presso che inutile
è lo studio dei fonti derivati da Catone e da Varrone, quando essi si
attengono al fonte primitivo, mentre sarebbe stato assai proficuo il
cominciare dallo studio delle ère di Varrone e di Catone, non fer-
mandosi alla data della fondazione di Roma, ma risalendo a quella
che è come il perno di tutta la cronologia greca e romana, voglio
dire la data della distruzione di Troia. Ed intorno a questa data che
Catone [Eratostene] segna al 1184, seguito da Diodoro (ap. Eusebio, I,
283) e da Dionigi d*Alicarnasso (1,71), che Eusebio colloca al 1181/80;
che l'èra di Sosibio nota nel 1172, cioè 4331 anni dalla fondazione del
mondo, seguito da Fabio e questi da Sincello, l'A. avrebbe dovuto fer-
marsi di più. A lui non sorge mai il dubbio sulla sicurezza di questa
data; e, stabilita che rabbia, corre al saccheggio dei fonti, senza pe-
sarli, senza alcun riguardo alla patologia dei fonti stessi ed alla loro
filiazione.
In 171 tavole TA. sviluppa la cronologia romana, dall'anno 753 a. C
sino al 287 d. C, ed a pie' di ciascuna tavola cita per esteso quei
brani di testi latini o greci, dai quali o è tratta la data o è confer-
mata. Utile il sincronismo delle diverse ère, ed assai comodo è il de-
terminare, a colpo d'occhio, la corrispondenza tra l'èra di Roma, le
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D. A. PAGANELLI — LA CRONOLOGIA ROMANA 79
olimpìadi, il periodo Giallano e Tèra volgare. Il lavoro, in questa si-
stemazione di cifi'e, è prova di molto buon volere, benché, qui e li, non
manchino alcune inesattezze ; p. e., alla tav. 121, lo scoppio della guerra
civile è posto al 703/4 d. R. seguendo Livio (Suppl. GIII, 136, 387),
senza tener conto di Velleio (I, 8, 4) che designa il 703 e di Varrone
che lo pone al 705; ed a tav. 140 dove TA., seguendo Velleio, assegna
il 781 d. R. per il consolato di Vinicio, senza tener conto del 783 dato
da Varrone a quel consolato. Nessuna questione cronologica è toccata
airinfuori di quella della data di fondazione di Roma.
Non mancano errori anche grossolani (pag. 131 si parla di Siieto-
nius Luydunensis che TA. traduce per Svetonio Lionese ecc.); ma
il difetto capitale del lavoro è neiruso poco giudizioso dei testi. A
prescindere dalle edizioni, ciò che del resto, oggi, costituisce un grave
torto (per Livio l'A. usa Tedizione torinese, tipi Pomba, 1825; per Dio-
nigi d*Alicarnasso, quella di Basilea, 1532, ecc.), dopo tanto lavoro per
la ricostruzione dei testi ; senza tener conto di citazioni poco precise
(p. e. Veli, Patere, 7, a pag. 140, ecc.); quello che non si può tolle-
rare è l'uso dei traduttori e la citazione dei testi greci pei traduttori
stessi, anzi alcuni, come Dionigi d*Alicamasso, non citati secondo la
traduzione latina, ma secondo quella italiana che è traduzione della
traduzione.
Questa maniera di servirsi dei fonti toglie molto credito alle cifre
che dai fonti stessi derivano, e fa riuscire quasi inutile, se non molte
volte dannosa, la citazione per esteso del passo latino o greco. — Si
scorge neirA. il desiderio imperioso di non lasciare lacune tra anno
ed anno, onde quando gli manchi il fonte autorevole, come avviene
per Livio, per Dionigi, per Tacito, piuttostochè contentarsi di lasciare
spazi vuoti, ricorre a fonti poco autorevoli; e quando si serve di Livio
non tiene conto alcuno di tutto il lavoro di ricostruzione del testo li-
viano, che ha fatto la diligente e spassionata critica moderna.
E sommamente penoso poi il vedere che TA. non si è mai servito
per la sua cronologia nò del sussidio epigrafico, nò dei Fasti Capito-
lini, nò di altri fonti ; e nulla, proprio nulla, conosce della letteratura
del suo argomento.
Secondo me, il lavoro è basato tutto sopra un dato che si doveva
discutere, Tèra troiana; ha il peccato di essere andato in cerca di
date nei testi, mentre doveva seguire il cammino opposto, cercare
cioè i testi, assicurarsi della loro genuinità, tener conto degli studi
che vi si sono &tti su, ed accogliere le date soltanto allora quando
dei testi si fosse stati ben sicuri. Quanta parte del Livio delFA. ò fat-
tura degli' umanisti, e quante volte la citazione è poggiata sulle pa-
role del Freinshemius, piuttosto che su quelle di Livio come 1*A.
sappone! G. Tropea.
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80 RECENSIONI — G. TROPEA \
UBERTO PEDROLI, Roma e la GaUia Cisalpina {dal 225 al 44 a. C.V
Torino, E. Loescher, 1893, pag. 142.
Il libro è dedicato a Giulio Beloch, onore dell'Ateneo romano e pro-
fondo cultore di storia antica. Evidentemente TA. è un discepolo della
scuola di Roma, quella che, con Taltra di Pisa, avente a capo l'illustre
Ettore Pais, tiene alto il decoro degli studi di storia antica in Italia.
In una sobria Introduzione^ il Pedroli, toccando delle fonti, dice
che i materiali antichi, per quel tratto di tempo che è dal 225 a. C.
alla morte di Cesare, sono deficienti: che di Livio non c'è che lape-
riocha del lib. 20', poi il racconto dei fatti fino al 167, poi di nuovo
una interruzione e poi frammenti. Per la guerra del 225 supplisce
Polibio (II, 19 e sg.ì, ma per gli anni che decorrono dal 167 a. G. in
giù, è necessario di ricorrere alle notizie sparse in Appiano, Orosio,
Veli. Patercolo, nei Fasti trionfali e consolari, nel C. I. L., V, 1, 2
e XI, 1; ma fonte importantissima è VE. N, (lib. S*) di Plinio, là dove
.si parla della corografia d'Italia al tempo di Augusto.
Quanto alla letteratura del tema, l'A. si riserva di parlarne, volta
per volta, quando gli si presenti l'occasione.
Il lavoro è diviso in tre parti: la GaUia Cisalpina al 225 a. C.
la conquista, la romanizzazione.
La prima parte contiene uno studio geografico sui confini della re-
gione rispetto ai paesi coi quali era estesa la dominazione romana:
studia l'etnografia della regione, determina i popoli che, secondo Polibio
(II, 14 sg.) la abitavano, e non di rado tocca importanti questioni to-
pografiche; a lungo si ferma sui Liguri e sulle loro tribù. Dove le
fonti letterarie gli manchino, ricorre a quelle epigrafiche ed esamina,
con critica spregiudicata, i lavori dei moderni.
Il capitolo è tutta una buona preparazione per rintelligenza dei pro-
gressi fatti dai Romani nella conquista di questo territorio dal 225 a. C.
in poi. Fa penosa impressione la quantità di errori tipografici, special-
mente nel greco (pagg. 5, 6, 7, 9, 11, 15, 25, 31, 41).
L'A., nel 2" capitolo, premette che non si fermerà sui particolari
dei movimenti militari, ma soltanto là dove « le notizie che noi pos-
sediamo sulla conquista della Gallia Cisalpina abbiano carattere od
economico o civile, e sui resultati delle battaglie ». — Dopo di avere
accennato alle conseguenze arrecate dalla conquista del paese dei Se-
noni, per trovare, secondo Polibio (II, 21, 7), la causa precipua della
successiva guerra gallica, e, secondo l'A., una delle cause ohe concor-
sero al grande passo del muoversi dei Galli dalla valle del Po verso
Roma; dopo di avere osservato che, per la convenzione del 228, i Ro-
mani, liberatisi dai Cartaginesi, poterono impiegare le loro forze contro
i Galli, e si servirono anche di mezzi diplomatici, come l'alleanza dei
Veneti e Cenomani che obbligava gl'Insubri ed i Boi ad immobilizzare
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U. PBOROLI — ROliA E LA GALLIA CISALPINA ECC. 81
una parte delle loro forze per la tutela dei confini; segue, sulla base
degli studi del Mommsen (Róm. Forschungen, 11, 383-406) e del Beloch
{Bevótkerung, 355-370), la rassegna delle forze combattenti romane
(768.000 uomini), celtiche (70.000 tra fanti, cavalieri e combattenti
sui carri), galliche (200.000 uomini), ed esamina le affermazioni stati-
stiche di Fabio, di Diodoro, di Polibio. Dopo la vittoria romana di Te-
lamone, i consoli del 224 procedono contro i Galli, accettano la resa
dei Boi e, forse, dei Lingoni ; nel 223 si ritorna alla lotta, gli Anamari
si arrendono e concludono un trattato di alleanza — ed abbiamo la
sottomissione di tutti i Galli dì qua dal Po. Nel 222 avviene la vittoria
di Glastidium e di Mediolanum, e, di conseguenza, la sottomissione
degrinsubri. Così, dal 225 al 222, Roma passò airoffensiva contro i
QMì. I tentativi di riscossa dei Galli indussero Roma a dedurre le
colonie di Placentia e Cremona, che furono fortificate; quando arriva
Annibale.
Qui la generale sollevazione dei Galli in favore del cartaginese, la
sconfitta tpccata al console L. Postumio Albino, ma la pace del 201
tra Roma e Cartagine riapre violente le lotte tra Galli e Romani;
gr insorti (40.000) saccheggiano Piacenza, assediano Cremona, ma il
pretore Furio li vince presso Cremona. E la lotta continuò, ora lenta,
ora acre, fino alla grande sconfitta toccata ai Galli nel 197 a. C. Segue
la sottomissione di Bononia.
Nel 193 si sollevano i Liguri, che sono sottomessi; nel 186 i Galli
Transalpini molestano i Veneti, e nel 183, dopo inutili trattative, è
spedito M. Claudio Marcello, al cui arrivo 10.000 Galli cedettero le
armi, ma il Senato le restituì a patto che ri valicassero le Alpi.
In questo tempo, per premunirsi, Roma dedusse ad Aquileia una
colonia latina, mentre con la deduzione delle colonie a Mutina e Parma
si proseguiva nella romanizzazione AeWager gallicus. Nel 181 è vinto
Tesercito ligure (40.000) da Paolo Emilio; poi sottomessi gli Apuani
e trasportati nel Sannio; nel 179 nuova discesa e nuovo ritorno alle
loro sedi di Galli Transalpini ; nel 178-77 guerra con gì' Istri. È de-
dotta la colonia di Luna, ed ai campi Macri sono sedati gì' insorti
Liguri dal console C. Valerio Levino, poi di nuovo nel 175, nel 173.
Nulla di notevole sino al 169, anno nel quale furono spediti rinforzi
agli Aquileiensi esposti alle scorrerie degli Istri e degli miri. Ma la
sconfitta completa è data ai Liguri nel 166. — Rimaneva ancora a
sottomettere la parte estrema occidentale e settentrionale della Cisal-
pina: i Salassi, che da Augusto sono totalmente soggiogati nel 25 a. C.
Abbiamo seguito di corsa il cammino degli avvenimenti quale ci è
dato dall' A., il quale è arrivato un po' stanco sino ai Levi, Marici,
Ldl>eci e Taurini, talché delle lotte con queste genti ci dà soltanto
scarsissimi cenni.
BMàta storica luaUma, XI. 6
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82 RECENSIONI — O. TROPEA
Ed ora veniamo airultima parte del lavoro: la romanizzazione. L*A.
studia, sulla guida dei lavori del Beloch e del Mommsen, il catalogo
pliniano, per quanto si riferisce alla Gallia, e si propone di completare
le notizie sulla base delle iscrizioni. Trae Telenco delle colonie e dei
municipi nelle regioni YII, Vili, IX, X, XI; esamina le colonie ed i
municipi e, procedendo per eliminazione, cerca quali debbano la Icmx)
fondazione ai triumviri o ad Augusto, e quali risalgano ad età prean-
gustea. E comincia dalle colonie, criticando^ dove occorra, il catalogo
pliniano, e, ragionando A delle colonie latine, che di quelle e. r., de-
dotte nella Cisalpina. Tratta in proseguo dei concUiabiUa e dei fì^a,
sei'vendosi del Mommsen (Róm* Staatrecht\ del Beloch {It Bund),
del Kubitscheck {Imp, rom. iribuUm descr.). Stabilita Testensione del
dominio romano nella Gallia cisalpina, prima della guerra sociale, FA.
esamina lo stato di altre città non assegnate ad alcuna delle categorie
da lui studiate, e comincia da Pisa, segue con Ravenna, Genua (cfvi-
tates foederatae). Parla poi delle strade costruite nella regione e che
rafforzarono sempre più il dominio romano nella Cisalpina, accennando
alla via Flaminia che, innestandosi alla Cassia ad Arezzo, conduceva
sino a Roma; poi alla J^m^^, da Ariminum a Bononia, ed al suo pro-
lungamento sino ad Aquileia; alìSL Postumia^ costruita forse nel 148
a. C, da Placentia a Genua; alla PopiUia^ ed alle minori AnnùXy
Fulvia, Emilia (nuova), una rete fitta di vie che stabilivano pronte
e facili comunicazioni con Placentia, Genua, Eporedia, Cremona, Bo-
nonia ed Ariminum, le fortezze romane cioè della Gallia cisalpina.
Quando nel 91 a. C interviene la guerra sociale. Qui TA. studia la
parte sostenuta dai Galli nel grande avvenimento e le cons^^enze
che esso ebbe nei rapporti fra Roma e le città della Gallia, fino al 49,
allora che Cesare, avendo bisogno deirappoggio dei Transpadani per
attuare i suoi disegni politici, concesse ai Cisalpini la cittadinanza ed
il governo municipale romano. G. Tropea.
GAETANO RIZZO, La tavola dei Qinnasiarchi a Tauromenio. Con-
tributi alla storia deirelemento dorico in Sicilia. Parte I. Palermo,
Clausen, 1893; pag. 75. L. 3.
L*A. illustra la tavola riferita dal Kaibel (/. G. S. et /., pp. 79>li2)
nelle iscrizioni di Tauromenio, e deciflrata dal Bormann, dopo gli studi
di valenti epigrafisti italiani ^ tedeschi. Egli prende a sussidio la ta-
vola degli strategi (K., n. 421), e si propone di ristudiare la tavola
dei ginnasiarchi al lume del testo bormanniano. Cerca di fissare Tepoca
del documento, rilegandola al periodo storico di Tauromenio; poi esa-
mina l'ordine cronologico dei ginnasiarchi, seguendo, dì ugual passo,
quello degli strategi, e conclude col dirci che i resoconti dei ginna-
siarchi vanno dal 195 al 124 a. C, abbracciando cosi un periodo di
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6. RIZZO — LA TAVOLA OBI QINNA8IARCHI A TAUROMENIO 83
71 anni, mentre la strategia contìnua a funzionare per altri 5 anni,
arriTando cosi al 119; e soggiunge non essere impossibile che le due
istitiizioni si siano protratte ancora di un secolo, sino alla coloniz*
zazione deUa città per opera di Ottaviano.
Nel 2*" capitolo parla del modo onde era costituito e funzionava il
Ginnasio di Taoromenio, degli uffici delF eponimo e dei ginnasiarchì,
i quali crede siano magistrati responsabili, del passaggio da stratego a
gianasiarca e viceversa, e riferisce i nomi di 40 ginnasiarchi. Chiude
il capitolo r iUustrazione di due epigrafi, scoperte n^ 1770, riferite
dal D'Orville e dal Castelli, e, secondo FA., non bene interpretate.
D 3^ capitolo s'intrattiene sulle relazioni che corrono tra le tavole
dei ginnasiarchi e degli strategi con le otto tavole finanziarie; e VA.
conclude ijke gli amministratori del comune dovevamo avere relazioni
di affari coi ginnasiarchi. In questo capitolo tocca della topografia del
Ginnasio tauromenitano.
Prima di venire ai resoconti d'esito e d'introito, dà uno sguardo al
sistema generale di misurazione adottato dai Greci di Tauromenio, e
vi impiega tutto il 4*" capitolo. Il ^ consacra ai resoconti che egli
può dare solo per 22 anni, essendo scomparsi quelli di 11 anni. Così
conclude che in IS anni si diedero 597 spettacoli e si consumarono
hL 669,31 di olio, in media hi. 37,18 per ogni spettacolo; che per
4 spettacoli separati si consumarono hi. 150,62 di dio, cioè 37,65 hi.
in media per ciascuno spettacolo; che per i tre ultimi spettacoli si
spesero taL 11726, in media tal. 3908 e libbre 80 per ciascuno -- onde
si ha un totale di 601 spettacoli e hi. 819,93 di olio.
VA., partendo dallo studio della tavola, tenta la ricostruzione di
alcune pagine della storia di Tauromenio, e da una hiterruzione di
cm. 36 che egli trova nel marmo e che calcola potesse contenere
25 linee, computando 8 linee per annata, crede manchino i resoconti
di 3 anni, cioè dal 71 al 75 eseluso ; dall'anno 97 in poi egli crede
vi debba essere una grandissima lacuna, di 40 anni, senza che vi sia
spazio vuoto, 0 nota, o segno che giustifichi rinterruzione. Egli spiega
il fatto supponendo che dal 167 al 127 sia avvenuta una grande rivo-
lozione neir ordinamento dello stato tauromenitano, che sia sórta
Vanarchia, che non abbia più registrata l'entrata e Foscita del Gin*-
nasio; che il muUmieniQ sostanziale nelle magistrtaure si sia risoluto
in un nihUismo, per il quale nessuno *si curò più dell'amministrazione
del Ginnasio. L' ipotesi, in verità, è tanto ardita che non esiterei a
dichiararla addirittura strana; e tanto più, quando si rifletta che le
strategie si seguono regolari dal 98 in poi, cioè dopo il celebre 97
deU'anarchia desunta dalla interruzione nella tavola dei ginnasiarchi.
Era dunque un'anarchia che colpiva i gìnnasiardbi e lasciava in piedi
gli strategi?
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84 RECENSIONI — e. TROPEA
A pagg. 34>36, TA. riferisce una delle due epigrafi, quella che con-
tiene il nome di un vero e proprio ginnasiarca. Tralascio la poca
osservanza della buona trascrizione epigrafica, e riporto Tepigrafe come
rha segnata il Rizzo: Tóio^ KXauòio^ | MaapKOuio^ MadpKcXXo^ | T.
L*A. dice che qui si tratta di un nome romano, che è CcOus Claudius
MarceUus; che nella storia di Roma s'incontrano parecchi della gente
de* Glaudii che portano il cognome di Marcello, fra cui il famoso vin-
citore di Siracusa (212-214); che raro è fi^ i grandi magistrati di Roma
trovare una persona che porti il prenome Gaio unito a Claudio Mar-
cello; che trova però un Cixius Claudius MarceUus console con Len-
tulo nel 50 a. C; che un Marco Claudio Marcello, console nel 51, non
è il padre di Gaio, ma cugino di lui ; che, finalmente, padre di Gaio
dovette essere un Marco che non avendo importanza politica, restò
nell'oscurità. Vedremo poi le conclusioni del Rizzo. Per ora osserviamo
che Caio Claudio Marcello fu console nel 49 e 48 con L. Bmilio Paolo
e L. Cornelio Lentulo (Dione, XL, 82; Liv., SuppL CIX, 2 (Preinshem.);
CIX, 29; Dione, XLI, 91 ; Veli. Patere, II, 234) ; che M. Claudio Marcello
fli console con Ser. Sulpizio Rufo nel 50 (Liv., Suppl CVIII (Freinshem.)
11; Dione, XL, 78); che è infondata la supposizione di un Marco padre
di Gaio. L'A., continuando sulla base di ipotesi, conclude col dirci che
egli non esita ad identificare il Ca^is Claudius MarceUus console col
rdioc KXaóòio^ MadpxeXXo^ deirepigrafe, e vi fabbrica una pagina di
storia, afiermando che forse il console, attirato dalla rinomanza del
Ginnasio di Tauromenio, vi andò, vi fu nominato ginnasiarca onorifico
(carica, in verità, nuova del tutto) e, quando egli usci di città, i cittadini
vollero tramandare ai posteri, il ricordo di tanto onore, con quella epi-
grafo. É un lavoro di fantasia, e sia pure; ma noi ci permettiamo di
domandare all'A. che cosa ha fatto del MaapKouio^, giacché ha saputo
collocare così bene le altre tre parole deirepigrafe. 0 che forse Tidea
di un padre dal nome Marco gli sarà nata dalla scomposizione di
MaapKOuio^ in Ma&pxou e u\ó^?
Ed ora spigoliamo, qui e li, alcune osservazioni che siamo venuti
facendo durante la lettura del lavoro. Lasciata da parte la frase un
pò* enfatica e non sempre esatta che il Rizzo usa per la prefazione
di un lavoro d'indole cosi positiva, noto i seguenti fatti:
a pag. 12, nota 1 e 2, manca il fonte di Diodoro; a pag. 14 è
inesatta la citazione Diodoro, XIV; a pag. 15 non è vero che « è pro-
vato ... che i coloni greci costituivano subito un corpo politico ordinato
e la prima lor cura nello stabilirsi sul territorio occupato era quella
di fondare la città ed erigervi i pubblici edifizii necessari alla vita
religiosa e civile di un greco ^; a p. 15 di Diodoro è da citarsi il XIV,
96, 4, non 4-5; a p. 18, nota 1, inesatta è la citazione: Gic. in Verr. ... 5,
19, 49, 22, 56; a p. 23 è citato Demostene, cosi, senz'altro; a p. 25 TA.,
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DB OBRBAIX-SONNÀZ — STUDI STORICI SUL CONTADO DI SAVOIA 85
in luogo di riferirsi ad un fonte, cita i versi 19-24 della poesia del
Leopardi, Ad un vincUore nel pallone, ed ai poeti (Leopardi, Monti,
Ohiabrera) ricorre ancora nella nota 3 a pagg. 26-27; sono afferma-
zioni troppo ardite quelle dì : « Amministratori del bilancio comunale
di Tauromenio, veri banchieri, che hanno conti correntia (pag. 39);
a pag. 45 sono citati, non si sa in quale delle loro opere, V Holm ed
il Beloch, al quale ultimo TA., nella fine della nota 1, vorrebbe far
dire che il 21 a. G. sia stato il principio della dominazione romana
in Tauromenio; ma sarà probabilmente un errore tipografico; alla
stessa pagina poi è citato THead nella Hist numm. (che è numorum
[Oxford, 1887]) non si sa dove; non bella la citazione latina di Suida
a pag. 46.
Belliasima la tesi scelta dal Rizzo e noi abbiamo letto con piacere
questo interessante lavoro; ma essa abbisogna ancora di studio. Pare
come se TA., in molti punti, Tavesse voluta togliere a pretesto p^
inserire pagine di storia o notizie archeologiche da molto tempo ac-
colte 0 confutate dagli studiosi. Tuttavia, la maggior diligenza, la più
riservata maniera di aflTermare, un più profondo studio dell'impero
siracusano e dei rapporti tra la città potente ed i piccoli centri della
vita dorica potranno fornire al Rizzo gli elementi per cogliere tutto
intero il frutto dei suoi non pochi né mal fondati studii.
G. Tropea.
C. ALBERTO DE GERBAIX-SONNAZ DI ST.-ROMAIN, Studi storici
sul contado di Savoia e marchesato in Italia. Torino, Roux
e C, 1893.
Nove anni sono già scorsi dalla pubblicazione del primo volume di
quest'opera interessante e ricca di pregi, cosi che temevamo che TA.^
distratto da altre e più gravi cure, avesse abbandonato l'idea di con-
tinoarla. Fortunatamente ci siamo ingannati, ed ora ci sta dinanzi un
bel volume, edito dal Roux con quella signorile eleganza e nitidezza
dì tipi, alla quale, da molto tempo, egli ci ha avvezzato.
La prima parte di questo secondo volume abbraccia il periodo di
storia che corre dall'iavvenimento al trono di Tommaso I, il restau-
ratore dello Stato (1189), al 1263, onde, scrive giustamente l'A. nella
prefozione, « in questo libro si comprendono gl'importanti eventi, nei
« quali, verso la metà del ^XIII secolo, ebbe ingerenza, e non senza
« gloriosa &ma, la Gasa di Savoia ».
Umberto HI, morendo nel 1188, lasciò in misere condizioni il suo
piccolo Stato al figlio Tommaso, che, essendo in minore età, fu sotto
la tutela di Bonifacio di Monferrato, uomo valoroso nelle armi, insigne
statista, d'animo nobilissimo ed amante delle lettere. Educato da un
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86 HSCETOIOia — V. MAECHBSI
tale personaggio, il giovine principe aavoiarilo potò sviluppare pìb
ftu^ilmente le héLìe doti di cai la natura Taveva fornito e divenire nno
d«i più illostri personaggi del sno tempo. Trovò lo Stato in dissolu-
zione e, morendo» k> trasmise fiorente al suo suocessore.
Fervido e costante amico delle libertà comunali, intese allo scopo
di abbattere la prepotenza dei fisodatari, Tommaso I approvò le leghe
dei campagnuoii coi cittadini esistenti nel contado di Aosta^ e largì a
Snsa un libéralissimo statuto, mentre, sino dai primi anni del suo
regno, volse Tanimo al raequisto di Torino e della regione tra il Po
e le Alpi savoine e nello stesso tempo a fortificarsi e ad ingrandirsi
anche fiiori dltalia. Dall'imperatore Filippo di Svevia, che nel 1207
gli diede a Basilea rinvestitura con tre bandiere (cerimonia riservata
soltanto ai principi di primo ordine), Tommaso ottenne la signoria di
Ghieri e di Testone (Fodiema lioncalieri) in Piemonte e di Moudon
in Borgogna; slmpadronl di Pinarolo, alla quale pure concesse una
carta di flranchigia; primo della sua casa ebbe dairimperatore Fede-
rico II la dignità di vicario imperiale per tntta la Lombardia sino a
Susa ed alle Alpi ; condusse guerre fortunate contro varie città pie-
montesi, contro Bertoldo Y, duca di Zàhringen e potente rettore della
Borgogna, coniro il vescovo di Losanna ed i marchesi di Saluzzo e
Monferrato e contro Oenova e Milano; in una parola, colle armi, coi
negoziati, coi maritaggi, colla destrezza e col valore ampliò i domini
savoiardi e rese forte e rispettato lo Stato cosi al di qua come al di
là delle Alpi.
« Quando, scrive il De Gerbaix-Sonnaz, Tommaso I prese il governo
< della sua signoria, i domini umbertini si arrestavano allo sbocco
« della valle di Susa ; quando passò di vita, tutta la regione sino alle
< porte di Torino era rioccupata dalle armi di Savoia, di più, verso
« il mezzodì, la pianura subalpina, che appunto in quei dì assumeva
« il borioso nome di Piemonte, era in gran parte sotto la signoria,
< 0 l'egemonia del conte di Savoia ».
Amedeo IV, allorché successe al padre, contava trentasei anni, e,
da quasi venti, era stato iniziato agli affari dello Stato. Quindi, lo dirò
coll'A., la sua signoria segui le preclare orme paterne e, salvo lievi
errori, si può asserire che la sua amministrazione fu d^^a di quella
di Tommaso I.
Prima peraltro d*intratten^e il lettore sulle gesta di lui, il De Oer-
baix-Sonnaz parla degli altri figli del morto principe ed in alcune pa-
gine ne narra le vicende. Cinque di loro, entrati nel sacerdozio, vi
ottennero cospicue dignità. Bcmiflicio, nel 1248, con bolla di Inno-
cenzo IV, fu eletto vescovo di Gantorbery; Guglielmo ebbe prima il
vescovado di Wincester» poi quello di Liegi; Pietro II dal 1241 al 68
Al il primo consigliere della corte inglese, mentre Tommaso II e Fi-
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DB OBRBAIX-SONNAZ — 8TDDI STORICI SUL CONTADO DI SAVOIA 87
lippe I, lasciata la pretura ed indossate nTiOYamente le vesti laicali,
sponroDo, il primo, coirappoggio di S. Luigi IX di Francia, Giovanna
di Hainaut, contessa di Fiandra, e il secondo Alice di Borgogna. L*ul-
timo nato, Aimone, il quale aveva ricevuto dal padre in appannaggio
le signorie di Ghillon, di Vaud e di San Maurizio, di salute cagione-
vole, fini la vita in giovane età.
Nel capitolo seguente, Yk. espone brevemente, ma con grande esat*
tezza, la parte rappresentata dai prìncipi savoiardi nella terribile lotta
Ora guelfi e (Zibellini, combattutasi dal 1238 al 1250. In questi anni
rodio accanito dei preti perseguitò ferocemente il grande imperatore
Pederìoo II e tutta Italia, o, per meglio dire^ l'Buropa intera, si divise
in due partiti, l'un contro Taltro armati. « I principi di Savoia, scrìve
< il De Gerbaix-Sonnaz, cercarono di far prevalere le idee sublimi di
« conciliazione e di moderazione fra implacabili nemici. I tre prelati,
€ Guglielmo, Filippo e Bonifacio, tennero, com'era naturale, per il
« Papa e Pietro ebbe pure tendenza guelfo, mentre Amedeo IV e Tom*
< maso U si mantennero fedeli nella fede giurata airimperatore. Tutti
« poi i figli di Tommaso I serbarono tra loro sentimenti di sincera
« affezione e, morto nel 1250 Federico II, la rìconciliazione con papa
€ Innocenzo IV riesci facilissima pei due principi savoiardi ghibellini ».
Questa parte del libro è la più bella ed originale, perchè le rela«
zioni corse nel secolo XIII tra la casa di Savoia, il partito guelfo e
rimperatore Federico II, furmo, in verità, assai poco studiate dagli
storici. Tanto maggior lode adunque spetta airA., il quale, con ammi-
rabile diligenza e con singolare acutezza, seppe porgercene un'idea
chiara e precisa.
Naturalmente il favore dimostrato da Amedeo IV alla parte impe-
riale gli valse la scomunica di papa Innocenzo IV, il quale, deciso di
annientare la casa sveva e di strapparle le terre italiane, si rivolse
a vari principi stranieri, invitandoli a scendere nella penisola ed a
togliere, in nome della Chiesa, lo scettro siculo-napoletano ai figli del-
Tediato Federico II. Alla fine Arrigo III, re d'Inghilterra, accettò l'of-
ferta pel suo secondogenito Edoardo di Lancastro. Nelle negoziazioni
avviate a tale scopo tra la corte inglese e la S. Sede, ebbero gran
parte tre principi di casa Savoia : Filippo, arcivescovo di Lione, Pie-
tro II e Tommaso II, al quale ultimo Arrigo HI omferi il principato
di Capua. Inoltre lo stesso Tommaso doveva avere il comando supremo
della spedizione, che anche il nuovo papa Alessandro IV mostrava di
desiderare vivamente. Per disgrazia, il principe savoiardo fli sconfitto
dal comune di Asti, geloso della potenza da lui ottenuta nella regione
subalpina, e dai Torinesi chiuso in carcere. A questo punto il nostro A.,
fondandosi su due lettere dettate da Arrigo III, nelle quali questo so-
vrano allega la prigionia di Tommaso di Savoia come causa del ri-
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88 RBOENSIONI — O. MAZZATINTI
tardo frapposto alla conquista della Sicilia, crede di poter affermare
essere stata appunto tale prigionia il motivo che indusse il re inglese
a rinunciare in modo definitivo alla spedizione da lui stabilita contro
lo svevo Manfredi. Questa affermazione, a mio modesto avviso, non è
accettabile, e soltanto si può ammettere che Arrigo III abbia colto
Toccasione della prigionia di Tommaso, prima per differire l'adempi-
mento della sua promessa e poi per rinunciare del tutto ad un*im-
presa difficile assai ed osteggiata dai grandi e dal parlamento inglese.
In questo mezzo Amedeo l\ era passato di vita (luglio 1253). D
De Gerbaix-Sonnaz lo dice fornito di molte doti e di destrezza politica
e reputa ingiusto il giudizio del Gibrario, il quale sentenziò essere
stato il primogenito dei grande Tommaso I privo di virtù e di accor-
gimento politico.
Cinse allora la corona Bonifacio, figlio di Amedeo IV, fanciullo di
circa nove anni. La sua signoria fu senza alcuna importanza e gli zìi
governarono per lui sino alla sua morte, avvenuta, sembra, nel 1263.
L*A. finisce il suo volume osservando che i principi savoiardi rap-
presentarono una grande parte nella storia europea del secolo xm
per le loro preclare doti e per le loro splendide virtù. A questa con-
clusione noi sottoscriviamo pienamente, mentre lodiamo il De Gerbaix-
Sonnaz di aver dettato un libro geniale e degno di esser letto dai
cultori degli studi storici. Un solo appunto ci permettiamo di fargli
riguardo allo stile ed alla lingua, non sempre corretti ed eleganti.
y. Marchesi.
BENADDUGI G., Della Signoria di Francesco Sforza nella Marca e
peculiarmente in Tolentino. Tolentino, stab. tip. Francesco Pilelfo,
1892; in-8^ pp. vii-398-gxiii.
Il prof. A. Gianandrea, cosi benemerito cultore della storia marche-
giana, trovati neirarch. di Jesi i documenti sulla signoria di Francesco
Sforza nella Marca, pubblicò su tale argomento una bella monografìa
neir« Arch. stor. lombardo » dell* 81. Egli ebbe in mente di dare un
buon esempio e d*indurre altri studiosi della sua regione a fare inda-
gini sul soletto medesimo negli archivi marchegiani, che la storia
del dominio sforzesco in quella parte d' Italia era, allora, « lungi dal-
l'essere interamente nota e accertata per via di documenti ». Ed aveva
pienissima ragione; dagli storici municipali della Marca poco di quel
periodo era stato detto, e quel poco non sempre buono e sicuro. L'e-
sempio suo fu presto seguito, che il Valeri molto raccolse neirarch.
di Serrasanquirico intomo a quel dominio e nell' 84 ne die comuni-
cazione nello stesso < Arch. lomb. ». Le prime ricerche prosegui poi
il Gianandrea e dagli archivi settempedano e fabrianese dedusse altre
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BBNADDUCI — DELLA SIGNORIA DI FRANCESCO SFORZA NELLA MARCA 89
notizie sforzesche e, fattone argomento di due studi, le pubblicò Del-
l' 85 neir« Arch. lomb. » e quattro anni appresso neir< Arch. stor.
italiano ». Dopo i resultati d'indagini così feconde, una sintesi, quaFè
appunto nei libro del Benadduci, riesce gradita e opportuna; non pura
ed arida sintesi dì fatti noti e documenti già illustrati, ma racconto
pieno delle vicende storiche nella Marca dal dicembre del 1433 al-
l'agosto del 47, confortato da nuove testimonianze raccolte negli ar-
chivi inesplorati di Tolentino, Macerata, Givitanova, Cingoli, Recanati,
Ascoli e d'altre città. Singolare storia di quei quattordici annil « ri-
bellioni improvvise, restaurazioni effimere di governi caduti, tragica
fine di tiranni, assedi accaniti, resistenze eroiche, capitolazioni onore-
voli^ taglie di guerra, cittadini magnanimi che si danno spontanei in
ostaggio al nemico per salvare la patria, atti di coraggio degni d*ogni
encomio; ovunque rumore di armi, pugne, scaramucce, saccomanni,
discordie cittadine, ire di parte, odii, vendette, stragi ft^a paesi limi-
trofi; influenza provvidenziale di uomini di Dio che predicano pace
e correzione di costumi; uomini di lettere che s'interpongono presso
i vincitori a prò di città e cittadini; uomini di chiesa che ancor essi
brandiscono la spada; un continuo alternarsi di politiche rivoluzioni
promosse o seguite da tradimenti di capitani; impiccagioni di traditori,
smantellamento di rocche, imposizioni gravissime, incessanti; requisi-
zioni di viveri e di armati: conseguenza ultima di tutto ciò, carestia,
peste, miseria, desolazione ». Cosi l'A. sbozza felicemente nella prefa*
zione il disegno del libro. La spedizione dello Sforza nella Marca fu
cominciata sullo scorcio del 1433 e nel dicembre, dal 7 al 25, egli
aveva conquistato, od a lui s'erano sottomesse Jesi, Pausola, Macerata,
Fermo, Recanati, Osimo e, via via procedendo, Ascoli: Tolentino re-
sistè fino al 35 e Camerino fino al gennaio del 36; l'una e l'altra città
nel 37 ribellatesi, quella dovè l'anno successivo sostenere un assedio
Serissimo (né a calmare lo sdegno dello Sforza valse la eloquente ora-
zione che gl'invio il 6 di ottobre da Siena Francesco Filelfo) e ritor-
nare all'obbedienza, questa si rìsottomise a lui volontariamente. Nel 42
il Papa, collegatosi con Filippo Maria Visconti e con Alfonso d'Aragona,
tentò di riprendere la Marca, e Tolentino, dopo le dure strette del-
l'assedio del 43, a lui fu restituita: d'ora innanzi, numerose defezioni
dì capitani sforzeschi a favore del Papa, insurrezioni di città desiderose
di tornare sotto l'antico dominio, nuove battaglie e nuove scorrerie,
Tassodio e la resa di Castelfidardo a Francesco Piccinino, la battaglia
di Montolmo in cui questi è fotte prigione dallo Sforza, e le vittorie
degli sforzeschi sul Mala testa e su l'Aragonese. Così fino al 45: allora,
al sopraggiungere del Legato pontificio, Tolentino potè finalmente sotr
trarsi alla tirannia dello Sforza. Il quale l'anno dopo si provò, ma senza
riuscire, di togliere al Papa TUmbria ed il Lazio; tornato nella Marca
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90 BECBNSIOIfl — G. MAZZATINTI
e posto l*a88edio a Gradara, eìAe notizie sconsolanti di Filippo Maria
che, vecchio e malaticcio, lo invitava a Milano a prender le redini
dello Stato. Il 23 febbraio del 47 moriva, com*è noto, Bugenio lY, e
Nicolò V gli succedeva il 5 di marzo. Bandita la tregua, combinata
con lui la cessione di Jesi e di Staffolo, e investito il fratello Alessandro
della signoria di Pesaro, Francesco pensò di ritirarsi dalla Marca : « lo
richiamavano in Lombardia le voci della natura e del sangue, il do»
vere, Tinteresse, la politica, la ragione di stato e la quasi impossibilità
di riacquistare il perduto dominio » (p. 396).
< Quando saranno venuti alla luce (cosi TA. alla fine del libro) tutti
i documenti sforzeschi che tuttora nascosti e ignorati giacciono in non
pochi archivi dei comuni marchigiani, questo mio storico lavoro potrà
avere schiarimenti, rettifiche, perfezione ». Chi allora riprenderà Tar-
gomento per trattarlo con pienezza maggiore si gioverà dei Bandi di
tregue fra i MaUztesta, gli Sforza e Federico di Montefeltro, che
dairon. R. Marietti fìirono da poco pubblicati per circostanza di nozze
(Fano, 1892; in-S"", di pp. 17): è fra questi il bando di tregua (15 maggio
1444) fra Sigismondo Malatesta, capitano generale dello Sforza, e il
duca d*Uii)]no, la quale (come rilevasi dalla lettera di Sigismondo agli
ufl9ziali di Fano) fu conclusa « a complacentia de lo ili. Signore messer
lo Marchese de Ferara », e dovea durare trenta giorni; scaduta, fu
rifermata il 15 giugno per sei mesi, sempre in grazia della « mezanità »
dello stesso marchese. E talune rettifiche dovrà fare nel libro del B.
La pace del 44 tra lo Sforza ed il Papa Ai, è vero, trattata a Perugia,
ma non conclusa il 9 di ottobre, bensì il giorno prima, alle ore due
di notte: il Bonazzi, suirautorità della Cronaca di Rimini, del Sanuto,
del Oraziani e delle note del prof. Fabretti al Graziani stesso, asse-
risce che a queirora, sebbene tarda, < le campane del Comune e di
S. Lorenzo ne annunciarono la conclusione e ta solennemente bandita
nel 19 ottobre (il B. la dice ratificata il 9 e sottoscritta il 30 del mese
precedente) rinnovandosi lo scampanio e le allegrezze ».
Il B. pone sotto Fa. 1433 la prigionia di Cristoforo da Tolentino e
di ser Guerriero eugubino : l'autore delle Cronache fermane dà il
fktto come avvenuto il 4 di marzo, senza dichiarare la ragione della
prigionia perchè non la sa (< quomodo et quare nescio »); questa in-
dicazione del giorno è nella Cron, Rim, {R. I. S., XV, 931) cambiata
in 8 febbraio; il B., che s'attiene al racconto di ser Guerriero di Sil-
vestro, pone il fatto nel febbraio. Ma il cronista eugubino (perchè il
B. lo chiama Guarniero Berni se ormai, dopo Tediz. della Cronaca, fatta
su Tautogr., è accertato che il suo nome è ser Guerriero [cfr. « Arch.
stor. per le Marche e l'Umbria », 1, 422] e ser Silvestro fu suo padre?)
ricorda l'avvenimento all' a. 1442 e ne dice il giorno, il 16 febbraio:
nell'autogr. della sua cronaca leggesi che il Tolentinate fli « da Nicolò
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BBNADDUCI — DELLA SIGNORIA DI FRANGBSOO SFORZA NELLA MARCA 91
Piccinino preso et messo in lo cassero de Assisi et fa' [io] perchè era
suo cancelliere con Ini »; le qnali parole il Muratori stampò con
{R. I. 8^ XXr, 981): < da Nicolò Piccinino messo nel cassero d'Assisi
ed io li ero Cancelliere e Segretario insieme con lui ». Al passo del
cronista, cosi riferito dal Muratori, il B. si affida; certo, al senso del
testo muratoriano si riduce Taulogr., corre^endolo: ma è da notare
che il testo a stampa non può servir di base alla ricostituzione del-
Taatogr.^ perchè derira dal noto ood. Vaticano che è del 1577 e che
più volte si allontana sensibilmente dall'originale. Resta férmo, a ogni
modo, che nell'un testo e nell'altro la data, 16 fd)brBio 1442, non
varia. A pag. 67 e sg., narrandosi il combattimento a Fiordimonte fi:*a
le milizie sforzesche e quelle dì Nicolò Fortebraccio, è detto che questi
(h morto per mano < di Cristoforo da Tolentino ». Ckwi aveva asserito
il Litta, mentre il Ricotti attribui quel fatto ad un Cristoforo da Forlì;
il Lili, a cui il Ricotti prestò fede, corresse poi altrove quel nome e
non « da Forlì » chiamò l'uccisore del Fortebraccio, ma « da Tolen-
tino ». Però un cronista veridico come Antonio dei Veghi non darebbe
ragione a nessun di loro, che si limitò a semplicemente dichiarare
come « il Taliano, ch'era a campo con il conte Francesco, dette adesso
al signore Nicolò e fta ammazzato et il campo andò in mina » (A. Fa-
brettj. Cren. <U Perugia, II, 15). Il Yeghì allora, nel 1435, era vivo;
ond'è che i suoi diari (1423-91) hanno maggior valore delle storie del
Lili. Più gìfa, a pag. 69, il B. afferma che Francesco Sforza « nel set^
tembre [1435] era sempre a Cesena »; tanto ciò è vero che datò da
questa città « varie ordinanze ai comuni marchigiani: il mese ap-
presso, valicato il Savio, fa a Forlì dove obbligò l'Ordelaffl a riconci-
liarsi col papa ». Invece il Cobelli scrive che < del mese de septembre
a di 20 el conte Francesco de Cotognola capitano de la lega se partì
dal Gesinato d'un loco chiamato Martirano e vene in sul terretorio de
Poriivio a una villa chiamata Bagnolo ». E aggiunge che il 25 dello
stesso mese se ne andò da Forlì e da Bagnacavallo si recò a Firenze.
Dopo un anno ritornò in Romagna, nuovamente ai danni di Forlì; ma
la città egli non ebbe il 24 luglio^ come dice il B., ma il 14: in tal
giorno « el conte Francesco venni a pe' della rocca e fo a parlamento
con lo castellano »; con questi « fo d'acordo » e quindi < intrò dentro
la citate e venne in fine al palacio e illì fé' un poco colacione e bebé
de l'acqua perchè non beveva vino ». Tre giorni dopo cinque gen-
tiluomini forlivesi recaronsi a Roma per dichiarare al Pontefice ob-
bedienza e fargli omaggio; e il Papa « gli fece buona accoglienza et
benedilli, promettendoli voler far bene alla città ». Ma il valore del
libro non resta davvero scemato per tali sviste leggiere né per altre
che per brevità non dichiaro. Però alcune osservazioni non voglio
tralasciare. « Maestro Nicola Geccho » (p. 234) è « si può quasi assi-
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92 RRCENSIONI — L. USSEGLIO
curare, fratello del celebre Francesco Fìlelfo di cui il cognome vero
era Gecchi o Geccho, come risulta dalla sentenza emanata contro di
lui dalla Rep. florentina ai 22 sett. del 1436, colla quale Ai condannato
al taglio della lingua e al bando, pubblicata dal Fabronì nella Vita cU
Cosimo de* Medici » : noti il B. che il Fabroni stampa eoa il nome
del Filelfo < Francesco di Cecco »! Ma la dichiarazione dei nomi non
è, si vede, il suo forte: infatti egli dà « Caterve di Tommaso » (pp. 152»
Ì62) con la medesima disinvoltura onde stampa « maestro Antonio
Claudi > (pp. 152, 161, 162), « Matteo Sciavi » (pp. 161, 164), « Gio-
vanni di Jacopo Stefani » (pp. 144, 161), « Giovanni Catervi » (p. 144),
« Giovanni di Caterve » (p. 162), « Ser Nicolò di ser Petri » (ivi),
€ Caterve Serafini » (ivi), ecc. L'indice alfabetico dei luoghi e delle
persone non è perfetto: per es. (e di queste omissioni potrei citarne
parecchie) non vi sono citati Giacomo da Gubbio (p. 67) e Cristoforo
da Forlì (p. 68); alla voce « Assisi » non è rimandato il lettore a p. 68.
E poi, che cosa voglion dire i nomi di luoghi e di persone, stampati
in maiuscolo, senz'avere a canto alcun numero di pagina? E perchè
mandare in giro il lettore da Erode a Pilato per farlo poi restare a
bocca asciutta?: io, leggendo il libro, ho avuto necessità di saper varie
cose su Francesco Sforza; son corso, nelF indice, al nome « Sforza >
ed ho letto « Vedi Attendoli »; son tornato indietro e sotto questo nome
ho letto € Attendoli (Alessandro Sforza degli) » e poi « Id. Francesco
Sforza degli », e nient*altro, e nessun rinvìo alle pagine del volume.
E perchè presso al nome « Visconti Bianca Maria » son registrati
venticinque numeri di pagine e a canto a quello di Filippo Maria non
c*è un numero solo? — I documenti inseriti nel testo sono copiosis-
simi; TA. non li ha confinati nelle note o in fine al libro perchè ha
voluto seguire l'esempio dMnsigni scrittori fra i quali Tillustre Pasquale
Yillari »; ma riducono essi « a moderna l'antiquata ortografia e locu-
zione » dei documenti?; e proprio il prof. Villari offre al B. l'esemplo
di tradurre in volgare gli antichi documenti latini?
Giuseppe Mazzatinti.
F. GABOTTO, Lo Staio Sabaudo da Amedeo Vili ad Emanuele Fi-
liberto. Voi. II: (1467-1496). Torino, Roux e C, 1893.
Atteso con desiderio da quanti, dal primo volume pubblicato quasi
a modo di saggio, avevano concepito la speranza di veder finalmente
svolta colla dovuta ampiezza e profondità la storia del secolo che corre
fra l'abdicazione di Amedeo Vili e la restaurazione di E. Filiberto, è
comparso da poco il libro di cui trascrissi il titolo. Mi piace dir subito
che le speranze non furono deluse, e se, come non v*ha dubbio, nei
volumi che ancora dovranno tenergli dietro il prof. Gabotto continuerà
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OABOTTO — LO STATO SABAUDO DA AMEDEO Vili AD EM. FILIBERTO 93
a mostrarsi pari a se stesso, potrem dire che quell'epoca, travagliosa
e triste fra tatte, ha finalmente trovato il suo storico. Storico coscien-
zìoflo ed imparziale, che non perdona a ricerche e a fatiche, per ista-
bilire, anche nelle menomo cose, il vero; che sa elevarsi alle più alte
considerazioni, abbracciando, quando occorre, tutto il complesso della
politica europea nelle sue relazioni con quella di Savoia, e scender
con ugual precisione ai più minuti ragguagli d'avvenimenti in appa«
ronza lievi, e d'interesse personale o locale, ma pur Influenti sullo
svolgersi della pubblica cosa; che offlre col suo lavoro un quadro com-
pleto non pure delle vicende politiche, ma delle intime condizioni della
società che prende a descrivere, lì Gr. mostra un'ampia conoscenza
bibliografica, e dei lavori di quanti lo precedettero sa far suo van-
talo con giusta misura, senza lasciarsi però condur mai ad accettar
come vero un fatto per questo solo che altri prima di lui l'abbia af-
fermato ; ma tutto con pazienti indagini controlla su documenti auten-
tici, dei quali molti (forse con soverchia larghezza) riprodotti testual-
mente nelle note, fanno buona testimonianza della profondità dei suoi
stadi. Bd infine devo pur rendere al G. questa lode, che se le note
riescono talvolta alquanto prolisse, la narrazione corre invece nel
testo spedita ed attraente, ed egli, meglio che nel primo volume, seppe
mantener la promessa d'una forma efficace se non elegante che ne
renda meno faticosa la lettura. Che anzi in taluni punti apparisce
evidente non dirò lo sforzo, ma la deliberata ricerca d*un cotal leno*
clnio di stile, eccesso ad ogni modo ben più scusabile di quello in cui
par voglia cader oggi una scuola che, sdegnosa quasi d'ogni arte,
sembra studiarsi di ridurre la storia geniale all'aridità di formule
algebriche.
U presente volume abbraccia lo spazio d'un trentennio, ma questo
Inngo lasso di tempo può idealmente scindersi in vari periodi. Del
primo, in cui sono protagonisti, ed antagonisti quasi sempre, la Du-
chessa Iolanda e Filippo Senza terra (poiché lo sventurato Amedeo IX,
che ebbe nelle vicende dei suoi tempi cosi poca parte, presenta in
queste pagine una figura forse anche più sbiadita del vero); del se-
condo, che narra l'avvilimento e la miseria in cui la prepotenza di
Francia, il maltalento dei Principi, le ingordigie dei Grandi, lo discordie
del popolo piombarono lo Stato nei quattr'anni che Filiberto regnò
privo dell'egida materna, vorrei poter dire con qualche larghezza, e
scender a qualche particolar rilievo che mettesse in luce i molti pregi
del lavoro: ma poiché me lo vieta la tirannia dello spazio, starò pago
ad affermare sinteticamente che il G. é riuscito a dilucidare molti
&tti, chiarire molte conflisioni, scioglier molti dubbi, sfatar non poche
leggende, e a presentar molti punti sotto un aspetto affatto contrario
a quello che, sulla fede dì cronisti mal informati e di storici troppo
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94 RECBBISIONI — L. UWEOLIO
C(M*riyì, s'era fin qui ritenuto. Solo aggiungerò che assai ben ddineati
mi sembrano i caratteri di Iolanda e di FìIìhx), ben meritati gli elogi
che, più d*una vdta, il eh. A. tributa al senno ed all'energia deUa
Duchessa, ma troppo indulgente ibrse il suo giudizio sul Senza terra,
lì Q. si lascia, parmi, più che non convenga, «edurre dal carattere
ardito e risoluto, daU*ineontestabiie ingegno di costui, e gli attr&uisce
idee €Ute, nobUi e generose^ eogwL alteri di grandezza patria^ acute
mire poUtiche e forte spirito nazionale, mentre purtroppo il vero è
— e la stessa imparziale narrazione del G. ne fii prora — che Filippo
fu un ambizioso irrequieto, che sacrifiei^ tutto, anche i supremi int^
ressi della patria e della dinastia, aUa smodata sete di potenza. B
troppo severo per contro ritengo il giudizio che Vk. fa del Duca Fi-
liberto accusandolo di debolezza di carattere, ed affermando ch^egli
era giocane di beile speranze, che poi smentì, né solo per la morie
immatura (pag. 241). Travolto dal turbine di avvenimenti tristissimi,
zimbello in mano denomini, come Luigi XI ed il La Ghamte*e, rotti
ad ogni astuzia e ad ogni prepotenza, come poteva il mìsero giovin-
cello spiegar fermezza di carattere ed avere una volontà propria?
D'un ragazzo morto a 17 anni ben può dirsi che dava a concepir liete
speranze, è ingiusto ed intempestivo farg^ colpa dì non averle mantenute.
Giunti invece al terzo periodo di queat' istoria, ricco pur esso di
sofferenze, di pericoli e di guerre, ma non scevro almeno di dignità e
d'onore, al regno troppo breve di Carlo I il guerriero, chiedo licenza
di diffondermi alquanto. Di quest'epoca, non è molto, eM)i ad occu-
parmi anch'io, cercando di tessere la biografia della Duchessa Bianca (1),
ed il eh. G., pur facendomi Tonore di cita» spesso il mio libro, ed
accettando molte notizie da me recate, non mi risparmiò parecdiie
censure, come già me n'era stato largo nella recensione che s'era
compiaciuto far del mio lavoro in questa stessa « Rivista »(!^). lA questi
appunti molti riconosco meritati, e come tali volontteri li accetto, come
ad esempio quello di aver taduto di molti fatti importanti onde il mio
racconto riesce Tnonco ed incompiuto, al che nuli'altra scusa potrei
invocare all'infuorì di questa, che anche il eh. G. intravide una volta,
ch'io cioè intendevo scrivere la biografìa di Bianca non la sUyria
dello Siato Sabaudo. Altri invece mi sembrano deficienti di serio fon-
damento, 0 fatti, mi consenta il G. ch*io ripeta le parole che già una
volta, a proposito del suo zelo nel rilevare inesattezze altrui, gli furon
rivolte su questo periodico, per un lusso inutile d'erudizione (3). S
dal
1) Bimea di Monferrato Duchessa di Savoia, Torino, Boni, 1892.
'2) Una Dfécheasa di Savoia (Bianca di Monferrato), Tonno, Bocc», 1893; astr.
voi. X, fase. I della < Biv. Stor. Italiana » .
(3) C. Braqoio, Becensìone di: Un nuovo contributo alia storia delTumanesimo
Ugure di F. Gabovto in « Bit. Stor. Ital. », IX, 495.
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OABOTTO — LO STATO SABAUDO DA AMBDBO Vili AD EM. FILIBERTO 95
da alcuni di questi — non da tutti, perchè so quanto poco il pubblico
s'interessi a queste vane logomachìe — vedrò di scolparmi esaminando
il seguito dell'opera del G. Anzitutto un rilievo: da molti ù*a i libri
che il G,y non sempre a ragione, mi rimprovera d'aver trascurato,
vedo aver anch*^li attinto nulla, o ben poco, di nuovo; assai tolse
invece da diversi archivi e principalmente da quello di Stato di Mi-
lano, aggiungendo cosi molto a quanto io avevo detto^ rettificando
talune mie notizie, e confermandole anche spesso con nuovi argomenti,
onde se per una parte debbo dolermi d'aver negletto una ricchissima
fonte, posso dall'altra andar lieto d'aver, con assai più scarsi materiali,
conseguito soventi il vero.
Ottima presso il G. la trattazione dei fatti che tennero dietro alla
morte di Filiberto; ma il eh. A. cade in un inesplicabile errore quando
afferma che l'ambasciatore francese alla corte Sforzesca nell'ottobre '82
era il signor di Ligny, ed ha cura d'aggiungere : non Filiberto di
Orolée Sire (JCEsUns come crede VU. (pag.298). Egli cita a sua giu-
stificazione il Godefroy: HisU de Charles Vili, pag. 322. Ck)là si leg^
g<Hìo tre lettere : l'una del Moro a Luigi XI in cui lo Sforza promette
d'ass6C(»dare il desiderio che gli espresse domitnus d'Eslyns; l'altra
di Bona che ringrazia il real cognato d'averle mandato dofminum de
Eslyns; l'ultima, quella cui specialmente allude il G., dell'ambascia-
tore stesso al Re, ci porta in disteso la firma: Philebert de Oroslée.
Occorrono madori prove a dimostrare di chi sia l'errore? (1). In un
altro sbaglio cade poco dopo il G. quando afferma (pag. 306) che il
trattato con Berna e Friburgo è del gennaio '84, perchè la data 26
gennaio 1483, accettata come tale dall' U., è secondo il vecchio sUle
francese, dunque 1484. Noto solo che primo plenipotenziario di Sa-
voia in questa convenzione è Urbano di Ghìvron, eietto di Ginevra^
e nel 1484 questo prelato non poteva stipulare nessun trattato, per
la ragione perentoria che era morto fin dal 9 novembre 1483 (2).
(1) Di nuovo a proponto d*an doc amento del 1485, nel qaale ti fa richiamo alla
anuMsdata deir82, il G. (pp. 822-23) legge: de Ligny per cTEslyns^ Grange per
Bangins e mi fa appunto di non accordarmi con lui. Qaanto al primo valga ciò
ehe dissi sopra * quanto al secondo osserTo clie questo personaggio fa nel dooamento
la figara d*an mtrigante di bassa sfera, ed apparisce coinvolto in nn maneggio sub-
dolo ed oscuro pel quale doTeva scegliersi uno di quegli agenti subalterni che si
sconfessano e si abrandonano in caso di insaooesso, non un graa personaggio come
GioTanni II Conte di Chaloas, principe d*Orange. Inoltre questi apparteneva al par-
tito dei Principi^ e appunto nel gennaio *85» mentre questa fazione, d'accordo col
Duca di Brettagna, stava preparando una ribellione, egli aveva ben altro a feire che
oemparsi d'un povero intrigo a Milano in servizio del Be. Tornando al d^EslgnM,
par proprio che il O^ forse perchè lo ritiene una briUatUe nuBità, abbia giurato
guerra al suo nome. Di nuovo parlando delle persone cui neir'88 il Duca Carlo
avrebbe volentieri confidato la custodia del Saluziese (pag. 382) fa il solito cambio
in de Ligny; eppure il documento che cita scrive chiaro d'Eslfus.
(2) Il documento porta questa nota cronologica: eolis posi canvernanem PauH 1483t
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96 RECENSIONI — L. USSEOLÌO
Buona Tesposizione dei guai per la successione di Gio. Ludovico di
Savoia nella Chiesa di Ginevra: solo, poiché il G. dimentica di dire
per quale intento Sisto IV bramasse aver libera la sede di Torino,
rimane affatto inintelligibile Tosservazione che segue, circa al voler
il Papa dirsi congiunto ai Della Rovere di Vinovo (1).
Venendo ora alle pratiche tr^ Savoia e Milano pel matrimonio di
Carlo con Bianca, ritengo che senza motivo il eh. G. si rifiuti a cre-
dere che il Moro cercasse formarsi con parte del Monferrato un do-
minio proprio, perchè net documenti si parla sempre del Ducato
di Milano, e se talvolta un cronista o uno storico pronuncia il'
nome del Moro, è come ad autorità di fatto ed a reggente in nome
del nipote, non altrimenti (pag. 321 n.). Nel trattato 8 marzo 1485
per Teventuale spartizione del Monferrato, dopo determinata la parte
che toccherà a Savoia, si dichiara che Bianca ratificarà questo pre-
sente contraete ad omnem requisicionem del predicto miser
Ludovico ...in modo non possa demandare cosa alchuna sopra
la infra porcione del S. miser Ludovico . . . Versa vice gli ambor
sciatori Savoiardi sono contenti che lo iUr* S. Ludovico haòU tuta
el resto del stato del marchese de Monferrato excepto chel S. miser
Ludovico sii debitore et óbligato a la satisfacione de la lercia parte
de la dote ... Ed infine, prevedendo che sì debba, per conquistar il
marchesato, far uso delle armi, si aggiunge: qu&ms factis se venga
a la divisione intra él predicto S. Duca de Savoia et iU^ S. miser
Ludovico. In tutto ciò del Duca di Milano non si parla nò punto nò
poco; a lui s*accenna invece nel principio dell'atto, dove il Moro pro-
mette per so e pel nipote d'adoperarsi a procurare il matrimonio dì
Carlo con Bianca, e di nuovo ò nominato in fine dove si dice che
ritorneranno al Duca di Milano i feudi che tiene da lui il Marchese
di Monferrato. Qui non si dice più: al S. Ludovico, il che prova, a
mio giudizio, che nella mente di chi scriveva il trattato non si faceva
nessuna confusione tra gli interessi e i diritti dei due personaggi, e
quando si parlava della porcione del S. Ludovico, s* intendeva che
questa spettasse a lui in proprio, non al suo pupillo. Stringente presso
il G. la prova della reità del Marchese di Saluzzo neirassassinio di
cioè domemea (Soniitag) dopo ìa eofwersùme di 8. Pach. Cambiando Tanno il G.
avrebbe dovuto matar pare il giorno, poicbò nel 1484 la prima domenica dopo Im
conversione di San Paolo cadeva il 1° febbraio.
(1) À onesto proposito, parlando di Francesco e di Gio. Ludovico di Savoia, il G.
afferma cne ebbero entrambi prole illegittima (pp. 810-11), ed invoca la mia testi-
monianza. Per verità io non dissi tanto, solo, accennando a Mareberìta di Ginevra
e a Micbele Donato di Savoia, ritenni la prima figlia d'ano dei oae, il secondo, ge-
nericamente, figlio d*nn prindpe del sangae. Or posso aggiangere cbe Micbele nacque
realmente da Gio. Ludovico. Quanto a Francesco è notorio cbe ebbe un figlio, Gio-
vanni, ai pari di lai, vescovo di Ginevra.
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GABOTTO — LO STATO SABAUDO DA AMBDBO Vili AD EM. FILIBERTO 97
Scipione, del che mi dolgo aver dubitato; assai ben descritta la ribel-
lione di Claudio di Racconigi, al qual proposito mi piace scorgere che
il G., checché ne abbia scritto nella recensione, finisce ora coiram-
mettere che Claudio fu spogliato degli onori e dei possessi per le
suggesiiofvt dei cortigiani e sotto l'azione persistente dei suoi nemici
(pag. 327, 328) che questi appartenevano alla fazione ultramontana,
mentre Claudio poteva considerarsi come Piemontese (pag. 332).
n fatto culminante del regno di Carlo I è rintricatissima questione
di Saluzzo, nella quale voglionsi distinguere due parti. L*una è costi-
tuita dalle interminabili trattative diplomatiche tra Francia e Savoia
per decidere a chi spetti Tomaggio del Marchesato, ed in queste il
Marchese tien quasi sempre un*attitudine passiva, mostrandosi da prin-
cipio indifferente a riconoscer l'uno o Taltro Signore, finché poi le
sue improntitudini lo costringono a mettersi a devozione di Francia
per averne soccorso; Taltra parte consiste nella guerra provocata dal
Marchese con improvvida aggressione, sostenuta da Savoia prima per
respinger l'attacco, poi per punire un vassallo fellone. Sono due figure
della questione che, sebbene nel loro svolgimento vadano necessaria-
mente intrecciandosi, debbono però esser tenute, specie nelle loro
orìgini, affatto distinte. La parte militare è egregiamente svolta dal G.
che con molti documenti completa, e anche corregge, parecchie mie
notizie, ma non so davvero com'egli possa attribuirmi la strana opi-
nione che la guerra Saluzzese fosse guerra dei favoriti Savoiardi
contro i capi di parte' piemontese, soggiungendo ancora che, se le
date non sono anch'esse un'opinione, risulterà in seguito da esse
come le provocazioni non venissero punto da Savoia (pag. 339 n. 4)*
Io scrissi che 1 buoni rapporti tra Saluzzo e Savoia s'alterarono per
la protezione accordata dal Duca ai Signori di Farigliano pel feudo
di Mulazzano, per la collegiata di Saluzzo la cui erezione era contra-
stata da Savoia, per l'accoglienza amichevole &tta dal Marchese al
Racconigi, e infine più di tutto per l'incompatibilità delle pretese che
entrambi i principi nutrivano sul Monferrato (Bianca, pagg. 49-50).
Aggiunsi, tanto ero lontano dal dire che le provocazioni venissero da
Savoia, che il Marchese ed i suoi complici aspettavano un pretesto
per romper la guerra, e questo trovarono nello arresto dei famigliari
del Marchese avvenuto a Savigliano (B^nca, pagg. 60-61). Ed il ch.G.
per parte sua scrive che la tensione fra Savoia e Saluzzo via via
aggravaJla da questioni di confini e di benefizi ecclesiastici, era di-
venuta insostenibile pel matrimonio di Carlo I con Bianca, e ag-
giunge che crébbe gli sdegni ed attirò sul Marchese V inimicizia
personale della corte Savoina il favore concesso a Claudio di Rac-
conigi (pag. 339), e ancora che pel Marchese di Saluzzo, deciso a
muover guerra, liberare i prigionieri di Sommariva (quelli fetti a
RivUta Storica Itaiiana, XI. 7
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98 RECENSIONI — L. U88EOL10
Saviglìano era un Imon pretesto (pag. 345). Mi pare che, con parole
diverse, esprìmiamo entrambi iMdentico concetto. La prima operazione
di guerra, secondo il Q., (U la sorpresa del castello di Molazzano,
compiuta nel marzo *86 dal Saluzzesi; perchè essa non valse ancora
a provocare una reazione colle armi da Savoia e rimase fatto isolato,
e, come dice il G., la guerra noniscoppiò ancora per parecchi mesi
parve a me che il fatto potesse includersi neirespressione generica
di rwpìgresaglfe e violenze; ad ogni modo siam perfettamente d'ac-
cordo nel dire che la vera guerra incominciò nel novembre, promossa
dal Marchese colla sorpresa di Sommariva e delle altre piazze. La
qual prìma fortezza, ricuperata dai Savoini, lo non so veramente
d'aver mai detto che sia stata penitus destructa, come mi rimprovera
il 0. (pag. 353 n. 2). Buonissima, rìpeto, la narrazione delle imprese
guerresche del 1487 e *88, intrecciata coU'esposizione degli sforzi ten-
tati da Francia, in via diplomatica, per aiutare il suo protetto, procu-
randogli almeno di quando in quando delle tregue e delle sospensioni
d*armi; non intendo tuttavia come il eh* G. voglia sostener Topinione
che la tregua di Ghateaubrìant (20 agosto) fu rotta dai Saluzzesi colla
sorpresa tentata su Garaglio (29 agosto), mentre ammette che il Duca,
pur conoscendo le stipulazioni concluse, esitava a ratificarle e prose-
guiva Tassodio di Valfenera, dopo la presa del qual borgo soltanto
aderì a cessar la guerra (1). Diciamo per lo meno che la tregua non
fu osservata subito né dall'una nò dairaltra parte.
Meno soddisfacente, a mio avviso, è il racconto delle lunghissime
trattative corse tra Francia e Savoia per la questione deiromaggio.
Narrando come entrambe le potenze cercassero indurre il Marchese
airomaggio, il G. afferma che Tordine del Duca a Ludovico di pre-
sentarsi in persona a giurar fedeltà è dell' *86, e che è un mio ar-
bitriò il dire che sia dell* *85 (pagg. 339-40). L'arbitrio, se mai, non
sarebbe mio, ma d*un documento con cui il Marchese, 1*11 gennaio 1485,
da Frassineto, dichiara aver ricevuto dal Duca T ingiunzione di pre-
sentarsi a lui in persona, il giorno 15, per Tomaggio, e incarìca Fran-
cesco Gavassa d'andar in sua vece a protestare (2). Il G. pensa ch'io
m'app(^ ad un documento delfinasco edito dal Godefiroy, colla data
erronea, egli dice, del 1® dicembre 1485 anziché 1486; questo è rela-
tivo alle conferenze tra Francia e Savoia per l'omaggio, e non ha
tregaa, ed il Daca non avoYa più <
alcuno di continuare le offese, qaalunqne fossero stati precedentemente i torti dei
nemici.
(2) Arch. StcOo Tor, March, di Sai., Mz. VII, n. 7. Si noti che nel gennaio *86 il
Daca era a Ginevra, e difficilmente il Cavassa, monito soltanto 1*11 della procara,
avrebbe potato raggiungerlo pel giorno fissato.
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GABOTTO — LO STATO SABAUDO DA AMEDEO Vili AD EM. FILIBERTO 99
nulla a vedere colla richiesta del Duca, poiché Tuna cosa è affatto
indipendente dalFaltra. Ma appunto io credo che il principale sbaglio
del G. consista nel non voler accettare le risultanze di questo docu-
mento, che, colla data i^ dicembre 1485, espone come il 30 settembre
e 1® ottobre precedente si tenessero a Moirency le prime conferenze
tra i delegati Francesi e i Sabaudi, per tentare un accordo. Di queste
conferenze non rimane altro segno, è vero, e la relazione compilata
dal saluzzese De Cella fa cominciare le trattative solo nel i486, ma
questa non mi sembra ragione sufficiente per ritener alterata la data
del documento. Si osservi che da esso risulta come due mesi prima
della conferenza, epperciò sul finir di luglio, il Re prendesse feudal-
mente possesso del Marchesato fiacendo inalberare i suoi pennoncelli,
che abbattuti per ordine del Duca, fornirono pretesto ai delegati Fran-
cesi di protestarsi offesi e di non trattar più. Ora, il eh. G. non potrà
dire che si tratti del luglio *86, egli che sa come fin dal gennaio di
queiranno il Consiglio ducale intimasse ai Sindaci di Carmagnola di
rimuovere gli stemmi regi e delfinaschi, e poco dopo facesse citare
il procuratore regio del Delfinato, che col fatto dell* erezione dei
pennoncelli s'era reso colpevole d'attentato alla sovranità del Duca
(pagg. 340-41); egli che senza dubbio non ignora che dicevasi più tardi
dai negoziatori Sabaudi, e non era in sostanza contestato dagli avver-
sari, aver il Re fin dal 17 maggio '86 acconsentito che gli stemmi si
levassero. Inoltre, se non per le conferenze di Moirency, a che si re-
cavano in Delfinato, sul finir del settembre '85, i savoiardi Chevrier,
de Grammont e Ponsiglione? (1). E ancora, che il Parlamento di Gre-
noble avesse, a causa della peste, trasportata la sua sede a Moirency
nel 1485 risulta da una sua rappresentanza, in data 15 settembre, al
Re, perchè appunto volesse pigliare a petto la questione Saluzzese (2),
ma di questo trasloco non si ha indizio nell' 86. Si noti poi che il do-
cumento non solo reca in tutte lettere la data a. d. millesimo qtut-
tercentesimo ociuagesimo quinto, ma, dopo narrato quanto si fece il
30 settembre, continua: Dieta vero die sabbati crastina^ prima mensis
predicU octobris... onde riesce quasi impossibile credere ad un errore,
perchè è nell' '85, e non nell' '86, che il 1" ottobre cadeva in giorno
di sabato. E infine, il silenzio che si osserva nella relazione de Cella
e nelle carte dei nostri archivi su queste conferenze di Moirency
riesce ugualmente strano qualutique sia l'anno in cui avvennero. Ep-
perciò ritengo che l'ordine dei fotti, alterato dal G. (pagg. 343-44,
cfr. recen. p. 6), debba ristabilirsi a questo modo: luglio '85, apposi-r
zione degli stemmi reali, subito fatti abbattere dal Duca; settembre-
(1) Conti te$. gen,, 1484^5, f. 226 v; 1485-86, flF. 151 », 152; e sempre s'aggiunge
che andavano per Paffare di Salnzzo.
(2) Dblabordb, Vexpédition, 187.
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100 RECENSIONI — L. DS8EGLI0
ottobre, conferenze di Moirency; inverno *86, nuova erezione dei pen-
noncelli, e infine neiragosto di quell'anno nuovi negoziati a Servet.
E termino le mie osservazioni su questa vertenza Saluzzese, chiedendo
se non sia per avventura troppo severo il giudizio dell'egregio prof. G.
sul Marchese Ludovico II (pag. 353). Nemico del nostro Duca, venduto
alla politica francese, macchiato di turpi delitti, non ha diritto, lo so,
alla nostra simpatia ; Tequità vuole però che non disconosciamo in lui
le poche doti ch*egli ebbe, e forse è troppo ritenerlo pauroso e vile.
Strettamente collegato colla questione di Saluzzo è il viaggio che
il nostro Duca intraprese in Francia nel 1489. Su ciò un solo rilievo.
Il eh. G. nella recensione mi appunta d'essermi formato un concetto
erroneo di questo viaggio perchè lo credetti air improvviso risoluta
dal Duca, mentre dalla Storia delle Alpi marittime del Gioffredo ri-
sulta ch'esso era già deciso nell'ottobre '88; nel presente libro tempera
alquanto la rigidità della sua affermazione, dicendo che stando aWV.
il viaggio fu stabilito solo verso la metà di dicembre. Questa è in-
dubbiamente V epoca in cui fu deciso (e allora? c'è differenza fra
staMUo e deciso ?), m^a le ragioni del precedente viaggio a Nizza
mostrano che Carlo I doveva averne da un pezzo intenzione, e in-
siste a citare Gioffiredo (pagg. 385, 386 n. 4; cfr. recen. p. 9). Ora
quest'autore, né al punto indicato dal G. (col. 1157-58) dove parla
della mala intelligenza tra Provenzali e Nizzardi, né in seguito, dove
prende a discorrere dell'andata del Duca a Nizza, racconta le acco-
glienze che gli si fecero, ed espone da quali motivi fy suggerita la
sua visita, non reca una soia parola allusiva al progetto del viaggio
in Francia (1). Al eh. prof, sa male eh' io abbia affermato che il Duca
provvide a sue spese all'alloggio durante il suo schiomo in Francia,
e cita una lettera 7 maggio 1489 di Teodoro Roero al Duca di Fer-
rara, da cui risulta che gli erano apparecchiati suntuosi appartamenti
presso quelli del Re (pag. 388; cfr. recen. p. 10). A quell'epoca il Duca
si trovava, credo, a Plessis; io ho documenti che mi insegnano che
a Tours nell'aprile, ad Amboise nel giugno, Carlo I dovette perfin
pagarsi l'affitto delle lenzuola; mi pare sia facile accordarsi ritenendo
che l'ospitalità del Re si limitasse al castello di Plessis.
Buone le osservazioni intomo alla politica italiana di Carlo I, e le
lodi che il G. tributa perciò ai suoi consiglieri, sebbene io non com-
prenda perchè, dal fatto che essi ispiravano bene il principe nella
politica estera, debba di necessità inferirsi che gli dessero pure in
quella interna suggerimenti favorevoli alle aspirazioni dei Piemontesi
(1^ Il Gioffredo dice bensì che, fra Taltro, il Daca s* adoperò a por rimedio alle
ostilità fra i saoi sndditi ed i francesi, ma non accenna, anche lontanamente, che
di questi fatti prendesse contezza per poterne poi conferire col real cagino, come af-
ferma il G.
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OABOrrO — LO stato sabaudo da AMEDEO Vili AD EM. FILIBERTO 101
(pag. 384). Importante il documento recato dal G. sull'autopsia prati-
cata sul corpo del Duca Carlo, per la morte del quale egli accetta il
momento da me fissato, cioè quattr*ore avanti il giorno del 14 marzo,
ma si mostra tuttavia alquanto titubante perchè legge in un altro*
documento, in data 14 marzo, che la morte avvenne circa la settima
ora della notte precedente; e non avverte che invece le due indica-
zioni concordano perfettamente, perchè tant'è dire: quattr'ore avanti
falba del 14 marzo, quanto (contando air italiana) : alle sette della
notte precedente il 14; si ha sempre circa Tuna antimeridiana del 14 (1).
Or venendo all'ultimo periodo di questo racconto, alla reggenza di
Bianca^ devo premettere che abbastanza buona mi par Tidea che s'è
formato il 0. delle due fazioni che, coi nomi di Savoiarda e Piemon-
tese andavano contrastando; idea che meglio si comprende, perchè
«spressa in una sintesi efficace, nella sua recensione (pag. 11). Giustissimo
che, in Coorte, e dell'una e dell'altra fazione facevan parte uomini nati sui
due versanti delle Alpi, sebbene in quella Savoiarda predominassero
1 nativi d oltremonti e viceversa; esatto, e d'altronde naturale appunto
perchè nella fazione Piemontese erano in maggioranza gli uomini
nati in Italia e perchè essi s'appoggiavano sul favore del popolo Pie-
montese, che questa cercasse di preferenza l'alleanza colla Lombardia,
verso la quale l'attiravano maggior conformità dì razza, di costumi,
di lingua; mentre i Savoiardi trovavano il naturai sostegno in Francia,
sebbene i continui rivolgimenti politici cagionassero talvolta un'inver-
sione completa, e si dovesse veder Racconigi cliente del Re, mentre
i baroni savoiardi, che pur avevano feudi, onori e possessioni in Francia,
gli si voltavano contro; ma non è più esatto dire che tali fazioni fos-
sero puranvenie di Coiste, determinate da interessi aulici^ non popo-
lari^ poiché di fianco alla fazione cortigiana un'altra esisteva popolare.
(1) Sa queste date di morti e di nascite qualche altra osserrazione. Il G. ritiene
Iolanda LndoTica nata il 12 anziché Pll luglio, e mi fa carico di non aver neppure
inteso il documento che cito (p. 365). Ora la relazione del battesimo dice: die XI
éuBii die mercuri, una nota del giorno 12 nel conio tea. gen, dice la principessa ^à
nata a V auree de nuysi, il che, secondo il nostro computo, importa le 11 pomerìd.
deiril. Un errore nella relazione non è supponibile perchè si ha la doppia designa-
sione della data e del giorno della settimana che collimano. Ma quando il Duca,
come dice i] G., scrive ai Pinerolesi in data del 13 che hestema nocte gli nacque
ana bambina, non vuol significare la notte ultima, ma hensì quetta di ieri, ossia la
notte sopra il 12, e così anche il documento invocato dal G. contro me viene in-
somma a darmi ragione. Quanto al Duca Carlo Gio. Amedeo, checché osservi il G.
(pag. 389; cfr. recens., pag. 10), siam perfettamente d* accordo a dire che nacque
nella notte sopra il 24 (Bianca, pag. 128, n. 2) il che non contraddice per nulla
la nota della relazione del battesimo : die XXIII junu, hora quinta nociis, cioè
le 11 pom. del 23. Spesso le divergenze che, in queste materie, s'incontrano nei
documenti e nella loro interpretazione dipendono solo dai diversi modi di computar
le ore, o dal fietr cominciare il giorno piuttosto alla mezzanotte che al mattino o
alla sera.
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102 RECENSIONI — L. USSEOLIO
costituita da un vero antagonismo fra Savoiardi e Piemontesi, che era
prodotto dalla gelosia e dal disprezzo con cui i sudditi piemontesi
guardavano a quelli d'oltre alpi. Nella gran massa dei Piemontesi,
gentiluomini e comuni, cominciava ad accentuarsi un dissidio, anzi
contrasto e rtocUità, cogli oltremontani, è costretto a riconoscerlo fin
dal 1478 anche il G. (pag. 245), che scrive poi all'anno 1487: i Pie-
montesi strillavano, al solito, né giustamente, contro il maggior
favore concesso ai Savoiardi (pag. 364); dove l'espressione cU solito
richiama tutte le rimostranze, tutte le proteste, tutte le suppliche
&tte incessantemente dai Piemontesi per ottener quella parità di trat-
tamento che loro sembrava non avere. E come i Piemontesi disprez-
sassero i Savoiardi, tenendoli allo stesso tempo in conto di oppressori,
ben mostrano i versi macaronici che TA. cita a pag. 461. Certo fra
gli uomini di Corte queste passioni regionali avevano poca forza; essi
le sfruttavano più che non le sentissero, ed 1 privati interessi, le ini-
micizie, i rancori, le gelosie personali facevan sì ch'essi si ascrivessero
all'una od all'altra parte, e andassero mutandola, senza punto badare
al luogo di lor nascita^ ma nel grosso della popolazione era profonda
la scissura. I Piemontesi, e perchè erano istintivamente attratti verso
i fratelli Lombardi, e perchè tale era Tatteggiamento dei loro capi,
desideravano nel 1490^ come, salvo le eccezioni, sempre avevano de-
siderato, l'alleanza con Milano e la riconciliazione col Racconigì, di-
scendente, se m'è lecito dir così, da un ramo italoi>iemontese di Casa
Savoia, ma questa era una forma in cui s'esplicava la loro contrarietà
di vedute e di desideri coi Savoiardi, non ne costituiva Tessenza. Sotto
un certo aspetto potrebbe dirsi che quest'antagonismo rappresentava
la lotta tra Telemento aristocratico-feudale, onnipotente in Savoia,
troppo potente alla Corte, e quello democratico-comunale, di cui in
gran parte del Piemonte si conservavano traccie nelle franchigie e negli
statuti municipali, era mantenuto dal desiderio della borghesia, del
terzo stato, che quasi esisteva solo in Piemonte, di veder dischiusa
con maggior facilità anche per sé la via agli onori e al potere, di
veder più equamente ripartiti i carichi fra tutti i sudditi, nobili e
plebei; preludiava insomma, in timidissima misura — che pur sem*
brava audacia di fronte ai costumi e alle opinioni dei tempi — a quella
civile eguaglianza che è conquista moderna, ma aspiraziona antichis-
sima. Ma poiché erano le ibride fazioni di Corte, e non quelle popolari
più schiette e ben delineate, che avevano influenza nel governo, questo
incompleto apprezzamento che il G. fa della situazione non toglie che
siano lodevolissime le pagine in cui descrive rafTannoso muoversi dei
partiti intomo a Bianca diventata reggente, come è eccellente la di-
pintura dei caratteri della Duchessa e dei ma^orenti della Corte.
Non so tuttavia darmi ragione del severo giudizio che pronunzia il G.
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GABOTTO — LO STATO SABAUDO DA AMBDBO Vili AD BM. FILIBERTO 103
sul contegno del Moro in quei primi giorni e sulle istruzioni che dava
ai suoi agenti, accompagnandolo, manco a dirlo, con una frecciata al
mio indirizzo (pag. 410), perchè insomma se la condotta del Moro gli
era suggerita dal proprio interesse, nò io mai volli dissimularlo, ciò
non implica che consigliar Bianca a stringersi con Milano, e al caso
forzarle anche la mano intrigando coi sudditi, non si risolvesse a van-
ti^io di Savoia. Poiché questa doveva per forza lasciarsi attrarre
neirorbita d*una delle due potenze confinanti, meglio era cedere al-
l'influenza Lombarda che non alla Francese. Ed anche qualche mese
dopo, imponendo con arti subdole a Bianca l'accordo col Saluzzese,
il Moro seguiva quella politica tortuosa ed infinta ch*era purtroppo
generale in Buropa, ma contribuiva a quel risultamento fortunato ed
importante, accennato pure dal G., che 1* Italia pareva, ed avrebbe
potuto essere, finalmente padrona di sé, fuori di timore d'ogni stra-
niera invasione (pag. 447), Gol sussidio specialmente di documenti
Milanesi ò assai ben descritto il lungo periodo delle trattative col
Sema terra, cui sMntrecciano i gravi casi della sorpresa compiuta
dal Marchese di Saluzzo e dall* invasione Sforzesca; bene (pag. 431)
il racconto dei dissapori col Monferrato, e specialmente della duplice
cattura di Zanino d'Annone e di Teodoro Boero, al qual proposito il
G. ignora una lettera assai importante di Bianca allo zio Marchese,
in data 28 maggio, la quale c'insegna come il Monferrino tentasse al-
lora, con false notizie, seminar zizzania tra Savoia e Milano (1).
Interessanti i ragguagli che il G. offre intomo alle relazioni con
Francia; solamente Iinbautt de Romagnan (pag. 427 n. 3; cfr. recen.
p. 13) ò equivoco per de Romagnieu (2). Quanto alla missione com-
piuta da Filippo presso il Re nell'autunno del '90, son lieto di poter
dir qui che ò un semplice errore tipografico quello che mi rimprovera
il G. (pag. 458; cfr. recen. pagg. 13-14) d'aver affermato che il Sire
di Bressa conobbe i disegni ostili del de Serve solo il iO dicembre.
Dovrebbe leggersi i""; ed ò infatti in quel giorno che Filippo, trovan-
dosi a Ghaponney nel Delflnato, fece in tutta fretta partir un corriere
a portar nuove urgenti al Capitano di Porosa e alla Duchessa (3); ed
(1) Arch. Cam. Ter., Pat Dite,, 1490-91, f. 152. Di qni si scorge pure che alla
Corte di Monilsixato erasi iofiato non il sire di Bosazia, come dice il G. (p. 482),
ma il uffnor di Bochas (Giorgio di Monfaloone).
(2) IimNiado Rivoire signore di Bomagnien (villag^ di Bressa) scadiero ducale,
en ano di qnei nobili che, A?endo i loro possessi sai confini tra Francia e Savoia,
e movendo spesso fendabnente da entrambi i Sovrani, partecipavano in certo
modo delle dne nauonaliti^ e servivano Tano e Taltro Signore qaasi indifferente-
mente. Coeì Imbando era venato in Piemonte, come legato di Francia, nei giorni
in cai moriva Carlo 1 ; Bianca poi nell' accommiatarlo, U 23 marzo, Tincaricava di
ima missione presso il Be, della quale egli era già tornato a dar conto in principio
di maggio. Patenti 5 e 14 maggio 1490, Cento tee. gen,, 1488-90, fi. 554 v., 579.
(8) Risalta dal conto del terriere Oudrt, che forse il G. conobbe solo da quanto
io stesso ne andai citando.
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104 RECENSIONI — L. USSEQLIO
io non so poi davvero perchè, quanto al ricevimento fatto dal Re allo
zio, non avrei dovuto parlare di accoglienze onorevoli, conviti e se-
renate senza distinguere il doppio periodo di cattivi poi imeni trat-
tamenti (pag. 460 n. 1), mentre di questo doppio periodo non parla
neppure il G. il quale dice semplicemente: il Senza terra era stato
ricevuto da Carlo Vili, né senza cordiali accoglienze (pag. 459).
Soddisfacente assai il racconto dei torbidi interni, delle fazioni di
Mondovi, Vigone, Moncalieri, della rivolta del Fancigny, ecc.; troppo
incompleti i diversi accenni alla questione del Vallese (1); di nuovo
eccellente Tesposizione degli affari di Ginevra e della ribellione del
La Chambre, e con piacere vedo che il G. rinuncia a credere che
con costui e col Re suo protettore fosse già concluso raccordo nel
marzo, ammettendo invece con me che chi contribuì a condurre
a buon porto 1* intricata vertenza fu TAmbasciata Milanese, giunta
a Parigi solo il 29 marzo, e che i definitivi accordi arrivarono
solo il 14 maggio a Torino, portati dal Monfalcone (pagg. 479-SO;
cfr. recen. p. 14). ÈiSS^X buona e diffusa la narrazione delle ostilità fra
Genovesi e Nizzardi, meno copiose (in quest'ultimo decennio) di quanto
avrei supposto, argomentando da ciò che scrive il G. nella recensione
del mio studio, le notizie sulle relazioni cogli altri potentati d* Italia.
L'ultimo Capo è destinato alla discesa di Carlo Vni, e a dir con
brevissime parole la morte del Duca infante, che segui dappresso la
ritirata del Re francese. Espone il G. assai bene le condizioni della
politica Italiana al momento della ben nota missione di Péron de
Baschi (2), e ben giudica che Bianca, favorendo i Francesi, s'accon-
ciava per necessità ad un male cui non poteva fuggire. Conciso, ma
efficace tutto il racconto (3); buono, se non irrefutabile, l'argomento
con cui cerca scolpar la Duchessa di Savoia dall'accusa d'aver parte-
cipato anch'essa agli intrighi che, sul finir del settembre, s'ordivano
in Asti contro il Moro (pag. 516); più convincente la prova che Bianca,
nell'aprile 1495, agiva con doppiezza (ben perdonabile visto il tristo
ambiente in cui viveva) protestando ufficialmente di voler chiuder i
(1) A proposito: non è dal Conto dei tea. gen. 1490-91 f. 486, ma bensì da qaello
1491-92 f, 165 che si rileva come U Provana andasse nel marzo '91 a trattar col
vescovo di Sion. Evidentemente il G. (pag. 467) riportando parte d'nna mia nota,
in coi, perchè si riferiva anche ad altri &tti, si trovavano entrambe le indicazioni
(Bianca, pag. 198) ebbe la disdetta di non sceglier qaella che faceva al caso suo.
(2) Intorno alla qnale il G. non conosce nna pregevole Memoria del Perrbt:
La mission de Péron de Baschi à Veniae in « Bibl. de l'École des Chartes », 1891,
pae. 287.
(8) Che in quanto io scrivo sul ricevimento del Be a Torino vi sia patente con-
traddieione fra il testo e le note (Lo Stato, pag. 512, n. 2) è verissimo. Io pel primo
la rilevai dichiarando ohe non- metteva conto di fermarsi a discuter sn punti d'im-
portanza affatto secondaria {Bianca, pag. 252, n. 8).
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ARENAPRIMO — LA SldUA NELLA BATTAGLIA DI LEPANTO 105
passi ai Francesi, e di nascosto porgendo favore ed incoraggiamenti
al Duca d'Orléans (1).
Ed ora, s*io volessi spigolar qua e là nel grosso volume potrei notar
qualche inesattezza sfuggita al eh. A. Cosà mai non fìi Vescovo di Lo-
sanna nessun Cardinale Quglielmo della Rovere (pag. 131); cosi non
è nella seconda metà del 1475, ma nel gennaio di quell'anno^ che il
Senza terra da Berna invitava i fratelli ad un convegno a Losanna
per cercar un accordo cogli Svizzeri (pag. 129); è nei febbraio, non
neir aprile 1478, che Iolanda prometteva agli Svizzeri il saldo della
indennità dovuta per la restituzione del Vaud (pag. 233 n. 2). E potrei
rilevare la strana disattenzione per cui il G., dopo aver molto discusso,
finisce a non dir quale sia, secondo lui, la vera data della morte di
Iolanda (pagg. 238^9)^ appuntare Francesco di Savoia fotte zio di Fi-
lippo (pag. 307), Tambasciatore francese La Viste chiamato Claudio
invece d*Oberto (pag. 450), ecc. Ma a me non pare ufficio dì critico
serio e cortese quest'affannosa caccia d' inavvertenze, di sviste, e fin
di mende tipografiche per crescer la somma degli appunti e delle
censure, onde senza più m'affretto a conchiudere, chiedendo venia al
lettore se troppo a lungo T intrattenni in argomenti che presentano
per lui forse un troppo limitato interesse, ed augurandogli, in com-
penso della noia ora inflittagli, che possa presto lecere uh altro vo-
lume del Gabotto, al pari di questo istruttivo, dilettevole e simpatico.
L. USSEGLIO.
Biblioteca storica siciliana, voi. L — G. Arenaprimo, La Sicilia
nella battaglia di Lepanto. Messina, Giuseppe Principato, edi-
tore, 1892.
Dopo che al 1453 Maometto II il Conquistatore detronizzava Tul-
timo imperatore di Costantinopoli, imbaldanzì di molto la potenza ot-
tomana, e il vessillo della mezzaluna si sollevò minaccioso per tutta
TEuropa.
Maometto II continuò la vittoriosa sua marcia verso il Danubio e
si dispose ad invadere anche Tltalia, e già la sua cavalleria devastava
le campagne del Friuli e la sua flotta incendiava Otranto, essendo
Venezia impotente a resistere.
La sua morte salvò l'Europa da maggiori sventure. Il nipote Selim
(1) Devo avvertire che Matteo di Castellamonte fti mandato a Porosa a ricevere
^\\ arderi delfinaschi il 21 aprile e non ire giorni dopo il 9 (ossia il 12) come,
riproducendo un mio errore di stampa, scrive il ch.° G. (pag. 5 lo). Egli cita qnal
soa fonte il Conio tes. gen, 1494-95 f. 149, che è por citato da me, ma certo mi fece
Tooore di credermi sa parola e non vide cogli occhi proprii' il documento, che altri-
menti avrebbe rilevato Terrore.
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106 RECENSIONI — F. UONTI
si volse airOriente ed ebbe la Siria e rBgìtio. Solimano II portò la
Turchia airapice della potenza.
Ck)n^istò risola di Rodi e Belgrado e colla sanguinosa battaglia dì
Mohacz metà d'Ungheria; si avanzò fin sotto le mura di Vienna, ma
fìi costretto a ritirarsi, e ritornatovi al 1532 anche una volta dovette
batter la ritirata^ per la sagace politica di Carlo V, che minacciava
colla sua flotta Ck>8tantinopoli.
Messa al sicuro la Germania, Carlo V rivolse le sue forze per fiac-
care altrove la potenza musulmana, onde Timpresa di Tunisi, che lo
copri di gloria; ma il Turco non per questo sgomentossi, anzi le coste
della Sicilia specialmente furono il suo bersaglio: Lipari, Patti, Agosta,
Pantelleria, Lentini vennero saccheggiate.
Da ciò la nuova impresa di Carlo V ad Algeri, dove a stento potè
salvare la vita.
Crebbe allora Taudacia del Turco, e quando al 1560 don aiovanni
La Cuerda volle riconquistare risola delle Gerbe, antico possedimento
della Sicilia, una terribile sconfitta toccò alla nostra flotta, e Selim n,
imitando gli ambiziosi disegni dei suoi predecessori, minacciò l'isola
di Cipro.
Venezia tentò indamo difendere il suo possedimento; Famagosta
prima e Nicosia dopo caddero in potere del Turco, e lungo e penoso
sarebbe dir degli eccidi e delle stragi commesse.
La caduta di Cipro, ultimo baluardo della Cristianità in Oriente,
scosse TBuropa cristiana, ed una lega perpetua offensiva e difensiva
fu conchiusa tra Pio V, Filippo II di Spagna e la Serenissima Repub-
blica del r Adriatico; un*armata fu allestita e si raccolse a Messina sotto
il comando di don Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V.
Presso le isole Curzolari, all'imboccatura del golfo di Lepanto il
7 ottobre 1571 l'armata della Lega s'incontrò colla turca, e da quel
momento incominciò a decadere la potenza degli Osmani.
La battaglia di Lepanto è una delle principali glorie italiane, giacché
gli sforzi maggiori fùron fatti dagli Italiani, e la parte presa da cia-
scuno in quella memoranda battaglia è stata descritta da varii scrittori.
11 P. Guglielmotti e il Carinci per lo Stato Romano, il Manno pel
Piemonte, il Veroggio per Genova, il Conforti per Napoli, il De Lorenzo
per la Calabria, il Mulas per la Sardegna, e per la Sicilia il profes-
sore Salomone-Marino, valoroso ed intelligente cultore delle patrie
memorie.
Nel 1886 pei tipi del Giornale Araldico cU Pisa, il chiarissimo ba-
rone Giuseppe Arenaprimo pubblicava una monc^rafla riguardante la
parte avuta dalla Sicilia in quella battaglia navale.
In seguito poi a nuovi studi e nuove ricerche, senti il chiaro A. il
bisogno di riformare, correggere ed accrescere la sua monografia, e
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ARENAPRIMO — LA SICILIA NELLA BATTAQLU DI LEPANTO 107
nel 1892 jnaogarava la Biblioteca storica siciliana, edita da Giuseppe
Principato di Messina, con un elegante e nitido volume dal titolo:
La Sicilia nella battaglia di Lepanto.
Llmportanza del tema, la forma elegante e spigliata, il modo con
cui la narrazione è condotta, fanno leggere con molto piacere e di-
letto il volume, che consta di circa trecento pagine.
L'A. si avvale delle pubblicazioni sul riguardo, e nei primi tre ca-
pitoli riassume maestrevolmente i prol^omeni della grande giornata.
Nel capitolo quarto, dopo di avere sulla scorta del La Lumia e dello
Amari riassunto gli ordinamenti civili e militari deirisola nostra sotto
il governo spagnuolo nel secolo XVI, e dopo di aver assai rapida-
mente accennato alla marineria siciliana, passa a discutere sulla im-
portante questione del numero delle galere siciliane, che presero parte
alla spedizione di Lepanto, e sostiene che esse dovettero essere nel
numero di dieci.
In questo non sono d'accordo gli scrittori contemporanei, e le navi
son noverate or quattro, or dieci, or sedici; TA. dopo lunghissima
discussione non lascia un concetto esatto delle sue ragioni, sicché la
questione rimane irresoluta.
Il capitolo si chiude con pochissime righe sulle fanterie siciliane ed
1 loro comandanti.
n capitolo quinto comprende Felenco dei principali cavalieri sici-
liani, che presero parte nell'armata della Lega. Essi sono in numero
di trentasei; ma ventuno erano stati già pubblicati al 1880 dal pro-
fessore Salomone-Marino nel libro: Dei famosi uomini d'arme sici-
liani fioriti nel secolo XVL
Nei due capitoli sesto e settimo l'A. si occupa delle consulte dei
comandanti, tenute a Messina, delle loro decisioni, della disposizione
della flotta, del viaggio della stessa fino alle Gurzolari, della descri-
zione della battaglia, degli illustri campioni che vi soccombettero.
Negli ultimi tre capitoli il ritomo a Messina dei vincitori e le feste;
il trionfo di don Giovanni d'Austria, le lodi che i poeti tributarongli,
le ambasciate, le onoranze di Palermo.
Chiude il libro un'appendice di venti documenti, dei quali alcuni
sono inediti.
Gli studiosi debbono essere molto grati al barone di Montechiaro
del suo contributo alle patrie memorie, e noi vogliamo augurarci che
Tegregio A. seguitando nel nobile arringo, abbia minor Oretta nel pub-
blicare i suoi lavori, e sappia un po' meglio armonizzarne e proporr
zioname le parti. Ferdinando Lionti.
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108 RECENSIONI — G. M.
Campagne del Principe Eugenio cU Savoia. Opera pubblicata dalla
divisione storica militare deiri. e r. Archivio di guerra austro-
ungarico, fatta tradurre e stampare da S. M. Umberto I, Re d'Italia.
Del complesso di questa grandiosa pubblicazione e dei primi suoi tre
volumi hi già discorso nella « Rivista storica » (voi. Vili, fase. lY,
anno 1891). Daremo ora un breve sommario del voi. lY, che narra
la campagna delFanno 1702, secondo della guerra per la successione
di Spagna. Incomincia collo esporre (pag. 3-37) la sitt/uizione politica
e militare al principio delFanno, la quale è riassunta nei termini
seguenti:
« L*anno 1703 chiari dunque completamente la situazione militare
€ e politica nella contesa per la Corona di Spagna.
< Stavano coir Imperatore apertamente e pronti in armi gli Stati
« Uniti Neerlandesi e, della parte tedesca del Romano Impero, i Circoli
« della Franconia, deirAlto-Reno, del Reno elettorale, della Vestfalia
« e I' Elettore Palatino. Inoltre, per virtù di convenzione, davano
« truppe ausiliarie o noleggiate la Prussia, la Sassonia, la Danimarca,
« il Brunswick-Luneburgo, il Brunswick-Celle, TAssia-Cassel ed altri
< minori Principi tedeschi. E in Italia aderivano pure, benché passi-
« vamente, alla causa imperiale i Duchi di Guastalla e di Modena e
4c la Principessa di Mirandola.
€ Dairaltra parte, per la Francia, stavano la Spagna coi suoi dominii
< italiani di Napoli e Milano e coi Paesi Bassi spagnuoli, il Duca di
« Savoia, TElettore tedesco di Baviera, TElettore tedesco di Colonia, i
€ Duchi di Mantova, Parma e Castiglione e la ribellione ungherese.
« Neutralità esitante, ma proclive alla Francia, osservavano il Papa,
< la Repubblica di Venezia e la Toscana; la Svizzera dava a soldo
« truppe alle due parti; la Turchia tacita covava il suo corruccio,
« curando le sue ferite di S. Gothard, di Vienna, di Monte Harsany,
« di Belgrado, Nissa, Szlankamen e Zenta ».
Segue (pag. 41-62) la esposizione degli apparecchi per la guerra
fatti dalle Potenze belligeranti, i quali, solleciti e poderosi nella ricca
Francia ove imperava assoluta la volontà del Sovrano, furono lenti e
scarsi nello stremato Impero ove il difettoso ordinamento statale era
a volta a volta peggiorato tanto dalFazione quanto dair inerzia d*una
burocrazia pigra ed impicciosa, ove le Diete paesane erano restie ad
accordare i contributi necessarii per le spese militari, e anche dopo
di averli concessi ne indugiavano il pagamento. Aggiungasi che a capo
del Consiglio aulico di guerra stava un uomo (Mansfeld) fiacco, ine-
sperto, vecchio, acciaccoso, in una parola inetto a quell'alto ufficio in
quei difficili frangenti.
Poi è narrata (pag. 65-356) molto particolareggiatamente la cam-
pagna in Italia. Le forze comandate dal Principe Eugenio avrebbero
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CAMPAGNE DEL PRINCIPE EUGENIO DI SAVOIA 109
dovuto essere circa 32 000 fanti e 14 000 cavalieri con 64 cannoni leg-
gieri (da 3 libbre), 12 gravi e 4 mortai, ma in realtà non erano che
24 000 fanti e 11 000 cavalieri. Queste truppe erano accantonate sulle
due rive del Po, attorno a Mantova e nel territorio circoscritto ad
ovest dairOglio (da Ostiano in giù) e dal Grostolo, a sud dalla linea
Novellara-Mirandola, ad est dal Tiene, a nord dalla linea Yaleggio-
Gastiglione delle Stiviere.
L'Armata gallispana, che in principio deiranno aveva una forza
effettiva di circa 28 000 fanti e 7000 cavalli con un numero non pre-
cisato di cannoni e che andò via via aumentando pel sopra^ungere
dì grossi rinforzi, stava col nerbo principale, comandato dal Maresciallo
Villeroy, in Cremona e dintorni; il resto in Milano, nel Monferrato,
suirAdda, ecc., più un corpo (Tessè) distaccato in Mantova.
Benché scarse fossero le truppe imperiali in Italia, a Vienna, per
istigazione dei fuorusciti napoletani, avrebbesi voluto che Eugenio
spiccasse dalla sua piccola Armata un grosso distaccamento verso
Napoli per suscitarvi una sollevazione; Tavere attraversato questo di-
segno va ascritto a merito del Principe, ma egli allora incontrò per
ciò molte critiche e spiacevolezze.
Prima che di Francia giungessero al Villeroy gli attesi rinforzi,
Eugenio volle tentare un'audacissima sorpresa a Cremona. Dal prete
Antonio Cosoli aveva saputo d*una fogna asciutta, che dal fosso di
cinta della città andava a metter capo nella cantina del Cosoli, per
la quale era possibile penetrare di soppiatto nella fortezza. Alla sor-
dina, ma energicamente e presto fu predisposta la temeraria impresa
(V. pag. 83 del voi.), che riuscì soltanto a mezzo pel concorso di cir-
costanze imprevedute e in parte imprevedibili. A^lFalba del l"" febbraio
il Principe penetrò in Cremona con poche truppe; in conseguenza dei
pessimo stato delle strade, rammollite da una gran pioggia, uno dei
due corpi che dovevano venirgli a rincalzo arrivò in ritardo, ma non
tanto da non partecipare all'azione, Taltro invece, che veniva dalla
destra del Po, giunse soltanto verso sera, quando i Francesi avevano
già incendiato il ponte, ed Eugenio, dopo di avere per 10 ore stre-
naamente combattuto contro forze più che doppie delle sue, aveva
già dato il segnale della ritirata. Questa fu eseguita in buon ordine
e senza molestie da parte avversaria, sicché gì* imperiali trassero
secoloro prigionieri lo stesso Maresciallo Villeroy, più di 60 ufficiali,
circa 300 soldati, oltre la preda di 5 stendardi, 3 bandiere e 500 cavalli.
Le conseguenze morali di quella impresa equivalsero a quelle d*una
vittoria, tanto fu lo sgomento dei Francesi e il giubilo degl* imperiali. I
quali anche materialmente ne trassero un notevole vantaggio, perocché
i Francesi restrinsero i loro alloggiamenti, ed Eugenio potè allargare
la sua sfera d'occupazione e d*approvvigionamento.
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110 BBCBN8I0NI — C. M.
Ma a sostituire il Yilleroy nel comando dei Gallispani fu mandato
con molti rinforzi un generale di maggiore levatura e intraprendenza,
cioè il Maresciallo Yenddme, il quale seppe ben presto trarre partito
della forte prevalenza numerica delle sue truppe per conseguire al-
cuni vantaggi sugi' imperiali togliendo loro parecchi luoghi fortificati
(Canneto, Gastelgoffredo, Castiglione delle Stiviere), rompendo in parte
il blocco di Mantova, e stringendoli sempre più da presso, sinché si
ridussero nel cosidetto < Serraglio mantovano ».
Sopraggiunse intanto in Italia colui che era stato proclamato Re di
Spagna da Luigi XIY, cioè il nipote suo Filippo d*Angiò. Il quale ebbe
Toccasione di conquistare facili allori guerreschi, sbaragliando a Santa
Vittoria sul Crostolo (pag. 230) un corpo di cavallerìa imperiale, che
vi fu colto di sorpresa e soprafibtto dal numero. Però gì* imperiali si
presero presto una rivincita. Mentre i Gallispani erano in moto per
stringere in un cerchio di ferro la piccola Armata d* Eugenio, questi
il 15 agosto, approfittando della divisione dell'esercito avversario sulle
due sponde del Po, assali furiosamente TAngiò a Luzzara (pag. 255).
Ambe le parti dettero prove del più strenuo valore, ma dopo alterne
vicende gì* imperiali al cadere della notte rimasero padroni del campo
di battaglia. Vero è che i Gallispani li (h)nteggiavano a distanza di
poche centinaia di passi, ma non pertanto il disegno del Yenddme era
fallito, perchè anche quella volta il Principe Eugenio non si era la-
sciato sfuggire il momento buono per prevedere, provvedere, osare.
Dopo di che nessun altro importante atto di guerra ebbe luogo in
Italia per quell'anno. La cavalleria imperiale fece bensì arditissime
scorrerie, memorabile tra le altre quella del Marchese Davia (pag. 310),
che muovendo dalla Secchia cavalcò con 200 ussari e 50 corazzieri
sino a Milano, ove entrò e produsse un gran trambusto, poi ritornò
all'Armata carico di bottino e senza aver perduto né un uomo né un
cavallo, dopo di avere in 13 giorni percorso quasi 500 chilometri in
territorio nemico. Ma i Gallispani costrinsero alla resa Guastalla
(11 sett.), Borgoforte (15 nov.) e più tardi (22 die.) presero anche
Governolo.
L'Armata imperiale era stremata di forze. « La spossatezza, la pri-
« vazione delle cose più indispensabili alla vita giungevano a tal punto
€ da divenire veramente insopportabili. Dalla cavalleria quasi più
« nessun servizio potevasi richiedere. Gli alloggiamenti offrivano uno
« squallido aspetto. I soldati, in quei deserti tugurii dei contadini,
< senza nutrimento sufficiente, senza denaro, con pochi stracci indosso,
€ senza scarpe, senza coperte, senza paglia, sì sentivano abbandonati
« mentre gelido, crudo s'avanzava Tinverno, e piombavano nella più
« cupa disperazione. Gli ufficiali non avevano più alcun mezzo per
« frenare il malcontento che serpeggiava tra i loro sottoposti e, pur
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CAMPAGNE DEL PRINCIPE EUGENIO DI SAVOIA 111
€ troppo, n'erano investiti essi medesimi, e stavano li sdegnosi, esa-
€ sperati, infastiditi e immiseriti in mezzo ai soldati ».
11 Principe, che indarno aveva insino allora sollecitato provvedimenti
per TArmata, chiese licenza di potere andare a Vienna, neir intento
di esporre a viva voce lo stato delle cose. Dopo molte tergiversazioni
ed incagli flrapposti da chi aveva interesse d* impedire che la verità
giungesse airorecchio dell'Imperatore, la licenza fu concessa negli
ultimi giorni deiranno, ed Eugenio si affi*ettò a partire rimettendo
al generale Starhemberg il comando dell'Armata < che a poco a poco
€ aveva perduto quel nome e più non era che un meschino Corpo
« di truppe ».
Segue ia narrazione della campagna di Oermania, divisa in due
parti, cioè: campagna suU'AUO'Reno e contro la Baviera (pag. 359-
452) e campagna sul Basso-Reno (pag. 453-461). Nella prima, accen-
nati gli apparecchi di guerra, sono esposte le operazioni preliminari,
poi r investimento e Tassedio di Landau, iniziato dal Margravio di
Baden e proseguito dal Re Romano, Arciduca Giuseppe. Assedianti
ed assediati gareggiarono di valore e tra le molte vittime illustri va
annoverato il Principe Tommaso Luigi di Soissons (fratello primogenito
del Pr. Eugenio) che sebbene ferito volle continuare il servizio nelle
trincee, ove Iftì nuovamente colpito da una bomba e dovette soccombere.
Il 10 settembre Landau capitolò della resa a patti onorevolissimi.
Intanto T Elettore di Baviera si era apertamente messo coi nemici
dell* Impero e tendeva ad unirsi coi Francesi, che per andargli in-
contro passarono il Reno a Uninga. Le mosse intese da una parte
(Villars) ad effettuare la congiunzione franco-bavara, dairaltra (M. di
Baden) ad impedirla, condussero alla battaglia di Friedlingen (14 ot-
tobre). I Francesi si attribuirono la vittoria, ma dalla minuta esposi-
zione dei Catti risulta che il vantaggio fu per gì* imperiali, sebbene
non per merito del condottiero, bensì delle truppe. E per quelFanno
la congiunzione non ebbe luogo. — Nella campagna sul Basso-Reno
gli alleati dell* Impero tolsero ali* Elettore di Colonia la fortezza di
Kayserswert, e i Francesi per contro occuparono la città libera di
Colonia, Treviri e Nancy capitale del neutrale Ducato di Lorena.
Poi è raccontata la campagna nei Paesi Bassi (pag. 465-494) ove
ai Oallispani comandava il Duca di Borgogna, agli Anglo-bntavi il
Marlborough. La campagna fu favorevole a questi ultimi che s*impoft-
sessarono di Venloo, Stevensweert, Ruremonde e Liegi, mentre i Gal-
lispani dovettero desistere dall* iniziato assedio di Hulst.
Viene da ultimo la campagna in Ispagna (pag. 497-52.^) e interes-
sante è il racconto deirattacco e della difesa di Cadice, poi della bat>
taglia navale di Vigo (23 ottobre) in cui la flotta anglo-olandese distrusse
quella franco-ispana, insieme coi galeoni della cosidetta < flotta d*ar-
gento > che ritornava carica di tesori dalle Indie occidentali.
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112 RBCBN8I0NI — A. BATTISTBLLA
Alla narrazione fo seguito un'Appendice (pag. 527-665) contenente
una copiosa raccolta di documenti, tra i quali alcuni di singolare im-
portanza, come ad es. la Istruzióne per il Comando del (progettato)
distaccamento napoletano (pag. 583), e parecchie lettere intercette
del Gatinat, del Villars, dell* Elettore di Colonia, ecc.
n volume termina con un Supplemento (pag. 1-281, numerazione
nuova) contenente la corrispondenza militare del Principe Bugenio
nel 1702.' La lettura di quel copioso epistolario non è invero divertente,
bensì sommamente proflcua, anzi necessaria, a chi voglia fare uno
studio psicologico del Principe. La sua mente, il suo cuore si manife-
stano in quelle lettere ai confidenti suoi alla Corte di Vienna (Palm
e Locher), al confessore di Leopoldo (P. Bischoff), al Conte Qoess le-
gato imperiale airAja, ecc., in quelle relazioni all'Imperatore o ad altri
< le più volte stranamente pn>lisse, come portava il costume di quel
< tempo, pesanti di tutto il peso del pesantissimo stile aulico e buro-
< cratico viennese, stringenti incalzanti, a misura del bisogno, cioè
« quasi sempre piene di miseria e lamentazione, supplicanti aiuto e
« soccorso in ogni modo. Si vede Tuomo che è tutto li con tutti i sensi,
€ con tutte le facoltà, con tutta Tanima, che non pensa ad altro che
€ ai suoi doveri di Capitano, ai bisogni dell'Armata, agli atti possibili
« del nemico, a quelli che a lui convenga fare o no, insomma, com'egli
€ dice, al servizio ed aUo interesse di Sua Maestà, in cui tutto si
< compendia agli occhi suoi » (C. Corsi, Nuova AnioL, marzo 1892).
Corredano il volume dieci tavole, alcune delle quali sono riprodu-
zioni di disegni originali contemporanei agli avvenimenti e, oltre che
ad agevolare al lettore 1* intelligenza della narrazione, giovano a dare
un'idea della cartografia di quel tempo. C. M.
A. MOSCHETTI, Il Gobbo di Rialto e le sue relazioni con Pasquino,
pagg. 93. Venezia, Visentini, 1893.
V. LAZZARINI, Marino Faliero avanti il dogado, pagg. 105. Venezia,
Visentini, 1893.
E. VOLPI, Storie intime di Venezia repubblica, pagg. 330. Venezia,
Visentini, 1893.
Ecco tre libri di recente pubblicazione i quali in diverso modo con-
corrono a illustrare la storia della repubblica veneta. I primi due
sono brevi monografie aventi un argomento più specialmente definito,
e furono già pubblicate nel corrente anno nel Nu,ovo Archtcio Ve-
neto (tomo V, parte 1*). Sono dovuti a due valenti giovani che, tra
le molteplici e non lievi cure dell'insegnamento, sanno trovare tempo
e volontà di dedicarsi a studi severi e ricavarne notevole profitto. Il
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MOSCHETTI — IL GOBBO DI RIALTO E LE SUE RBLAZ. CON PASQUINO 113
terzo è dì natura più generale e abbraccia un soggetto più complesso
e più vasto, discorrendo della storia del costume a Venezia per tutto
il periodo della sua durata quale stato autonomo. Cosi almeno lEarebbe
sapporre il titolo: in realtà però nella trattazione il criterio dei tempi
è un pò* conftiso e indeterminato, tanto che si finisce col convincersi
che Tautore, forse senza volere, abbia ristretto i limiti del suo sog-
getto e, da qualche scorsarella in fuori nella età antecedente, si sia
tratlenuto nell'ambito dei soli ultimi secoli della Repubblica.
Il Gobbo di RUUto è un lavoro che appartiene al campo letterario-
storico e raccoglie tutto ciò che fu possibile rinvenire intorno a questo
che erroneamente vien creduto e chiamato il Pasquino veneziano (1).
D'orìgine bergamasca, legato forse con vincoli di affinità ad Arlec-
chino, il Gòbbo non è veramente un campione della satira popolare
anonima, ma è soprattutto un novellista; non è un satellite di Pa-
SQUinOy ma ha, come asserisce l'autore, carattere proprio e propria
personalità. La satira ha ben poco a che fare con lui; infatti delle
tante che si pubblicarono a Venezia nessuna porta il suo nome: le
sue opere, che l'autore divide in tre gruppi, sono piuttosto esercizi
leUerari o corrispondenze amicìtevoli o composizioni politiche, pub-
bHcaie a Venezia o altrove col mezzo della stampa, o diffuse colla '
scrittura. Di ciascuna, e non sono moltissime, il Moschetti, per quanto
è possibile, ci dà un sunto e lo correda di notizie e di ragguagli di
vario genere. La prima composizione che va sotto il nome del Gobbo
è del 1584, l'ultima del 1671 ; breve vita, il periodo più celebre e più
patriottico della quale coincide con la famosa contesa deirìnterdetto (2).
Ricomparve più tardi in un giornale politico-umoristico del marzo
1849 ; ma fu resurrezione quattrìduana e di ben poco rilievo. Riguardo
alle sue relazioni con Pasquino, sono piuttosto formali che sostanziali,
se coA posso esprimermi : a ogni modo l' autore le mette in giusta
luce, aggiungendo indirettamente un buon contributo alla storia di
questo prìncipe, vorrei dire, dei gerenti irresponsabili della pubblica
censura, al quale molti eruditi hanno in questi ultimi tempi rivolto
indagini e studi.
Tale, sommariamente, è il lavoro del prof. Moschetti, lavoro di ri-
cerca diligente e paziente, condotta con metodo rigoroso e con cura
minuziosa. Forse egli esagera un po' l'importanza del suo soggetto e
tà del Gobbo un personaggio più notevole che in verità non sia stato.
(1) In campo S. Giacomo di Rialto, dirimpetto alla facciata della chiesa, e*ò una
statua d'un nomo inginocchiato, corrato quasi sotto il peso deUa scaletta per cni
si aseende sulla colonnetta di mnito, donde bandivansi gli editti della Repabblica.
Qaesta statoa ha il nome di Gobbo di BMto.
(2) Parte di nn diàlogo tra il Gobbo e Paganino, rigaardante Tlnterdetto, e che
Faotoie, non senza ragione, opina sia opera del Sarpi, è riportata in appendice.
SMtta Storica Italiana, XI.
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114 BBGENSIONI — A. BATTlSTELLA
A me infoiti, eccetto che in qualche speciale circostanza, mi sembra
una figura molto sbiadita, non avente un carattere 8t(»*icamente de-
lineato. In molte delle opere, ben differenti tra loro, cui presta il suo
nome, invano si cercherebbe una sua impronta individuale: spesso,
Fautore medesimo lo dichiara, egli non è che un interlocutore per
far andare avanti il dialogo, e spesso ancora c'entra soltanto perchò
c*è nominato. Novellista letterato, questo vecchio patrioUa di marmo
è anche poco popolare e non sempre» opportunamente loquace: molti
solenni momenti della patria passano via senza che si senta la sua
voce, la quale invece si fa udire in occasioni di nessuna importanza,
e anche senza speciale occasione. E questa mancanza di opportunità
interamente giustificata la si riscontra in quasi tutta la sua vita a
cominciare dalla nascita e a finire con la morte. Tutto cotesto viene
dunque a scemare Timportanza reale del soggetto e a dargli più che
altro il colore di curiosità storico-letteraria.
« «
Il prof. V. Lazzarini rivolse i suoi studi ad argomento di maggior
interesse, a Marino Fallerò, sulla cui tragica fine non splende ancora
la vivida luce della certezza storica. In questo lavoro però egli non
ci rivela il mistero, nò dissipa i dubbi, fermandosi appunto al momento
in cui il protagonista, ambasciatore allora alla corte pontificia d*Avi-
gnone (settembre 1354), ò eletto successore nel dogado ad Andrea
Dandolo.
Dopo aver accennato, con non grande chiarezza, a dir vero, all'ori-
gine della casata Falier e alle diverse famiglie ad essa appartenenti,
entra a parlare di Marino. Ciorretta la data della sua nascita (nel
1385 circa, non già, come si crede, nel 1374 o nel 1378) e notata la
deficienza di documenti riferentisi a* suoi anni giovanili, egli segue
passo passo il suo eroe per tutti i diversi uffici sostenuti dal 1315 al
1354 e traverso tutte le vicende pubbliche e private della sua vita.
E non ò una narrazione, ma un continuato spoglio di documenti, quali
più quali meno importanti, un riassunto cronologico, talvolta un po-
chino arido e slegato, ma sempre diligente e coscienzioso, di atti uf-
ficiali e di vecchie cronache. Da cosi fatto transunto la figura di Ma-
rino Fallerò risulta intera e compiuta, per quanto concerne il lato
storico delle vicende di lui; e certo ingrandisce agli occhi nostri
quest'uomo che a 70 anni arriva al dogado dopo d'avere onoratamente
tenuto molteplici e nobilissimi uffici nel governo della sua patria, e
d'averle resi segnalati servigi come magistrato, ambasciatore, capitano^
ammiraglio, podestà.
Non essendo questa che la prima parte del lavoro non ò lecito pre-
tendere ch'essa ci dia anche un ritratto morale del Fallerò, per quanto
può ricavarsi dai documenti del tempo; forse l'autore, ed a ragione.
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V. LàZZARINI — MARINO FALIERO AVANTI IL DOGADO 115
si riseiva d'occuparsene quando dovrà parlare deirestremo fato di lui
e delle cause che trassero quel vegliardo a ordire la funesta congiura.
In appendice vengono i regesti di 14 documenti per i quali non ci
sono sufficenti indizi a quale dei Marino Fallerò si abbiano a riferire;
documenti di carattere, per lo più, privato e, relativamente, di scarsa
importanza. Infine il volume si chiude con 59 documenti riguardanti
il nostro M. Fallerò (maggio 1315-dicembre 1352), tratti dagli archivi
di Stato di Venezia.
Il miglior elogio ch*io possa fare al diligentissimo autore è di espri-
mere l'augurio ch'egli abbia a compiere quanto prima il suo studio
con la stessa valentia con la quale ne compose questa parte iniziale,
e riesca con esso a dilucidare un avvenimento cosi importante della
storia veneziana, sgomberando tutte le nubi che s'addensano ancora
intorno ad esso, e squarciando il funebre velo che nella sala del
Maggior Ck)nsiglio ricopre Timmagine del vecchio doge decapitato i}ro
crtminibiis.
• «
Ed eccoci air ultimo dei tre volumi sopra menzionati. L'egregio
prof. G. Occioni-Bonaffons termina il suo riffo cU presentazione col
chiedere qualche indiUgenza a chi dovrà giudicare di questo libro.
Ma sie! altro che qtuilche, qui ci vuole addirittura Tindulgenza ple-
naria. L'autore s'è proposto di metterci sottocchio, per via di docu-
menti, una pittura morale della vita intima di Venezia repubblica^ e
di ritrarci con esattezza storica la profonda corruzione dei costumi.
Ma di quali secoli egli voglia parlare, se di tutti o degli ultimi sol-
tanto, non è chiaro. Chiaro è invece ch'egli adopera promiscuamente
per tutti un'unica tinta, senza gradazioni né sfumature, giudicando
tutto ad un'unica stregua e con l'animo già quasi preoccupato da una
convinzione anticipata.
U volume si suddivide in sette capitoli riguardanti le leggi sulla
prostituzione, quelle contro le sregolatezze dei monasteri, le cortigiane
celebri, il giuoco, i teatri e gli spettacoli e infine il divorzio, k prima
vista pare che ci debba essere un grande cumulo di materia nuova
e una ricchezza straordinaria di ragguagli, di aneddoti, di particolari
fino ad ora ignorati. Ma buona parte di essi è spigolata in opere di
vecchi autori o in altre pubblicazioni più o meno note; e queste no-
tizie, le più, si conoscevano già. Un'altra parte è tratta da documenti
d'archivio, e non voglio negare che in questa non si rinvengano delle
cose nuove e utili sotto l'aspetto storico, come non voglio disconoscere
la fatica che per tutte cotali ricerche e cotali spogli deve aver du-
rata l'autore.
Il male è che siffatto cumulo di cose son buttate là alla rinfusa,
e fanno l'effetto di un rimpinzamento d'erudizione mal digerita, d'un
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116 REX3BNSI0NI — A. BATTI8TBLLA
insieme disorganico che dà al volume non la compagine logica d' un
libro, ma Taspetto d*un grosso repertorio di ufBoio. Si procede quasi
sempre per via d'elenchi d'esempi non tutti disposti cronologicamente
e non tutti in armonia con V argomento che dovrebbero illustrare.
Ogni tanto l'autore perde il filo e corre per cento diverticoli che Toc-
casione gli apre, saltando di palo in frasca e facendo degli accenni al
tempo presente con un linguaggio non da storico, ma addirittura da
mangiapreti. C'è di più che codesta raccolta di episodi, di esempi, di
fatti scandalosi e delittuosi, messi di fila un dopo l'altro, non ci rap-
presenta che un solo lato del soggetto, il marcio di quella società, la
quale perciò, mancando ogni contrapposto, oi apparisce più esagera-
tamente corrotta che non sia stata in realtà. Ne scapita cosi la verità
storica, e tanto più in quanto l'autore i fatti vari che riporta, si con-
tenta soltanto di esporli come nella cronaca d'un giornale quotidiano,
senza vagliarli, senza valutarne la diversa importanza e senza accom-
pagnarli, vorrei dire cementarli, con quel lavoro di sintesi critica,
che, collocandoli nella loro vera luce, li coordina ad una rigorosa
unità d'intento e al più convincente vigore di dimostrazione.
A questi difetti d'indole generale devonsi aggiungere parecchie fra
contradizioni, ripeti^sioni, inesattezze. E perchè le mie parole non sem-
brino ingiuste, accennerò qualche esempio. La legge sul divorzio fti
rimaneggiata nel 1682, ma (a quanto pare) in conseguenza di fatti
avvenuti un secolo dopo (pagg. 263-64); i Veneziani sul principio del
600 ìnmcUrono per primi la commedia (pag. 213X la quale poi, vice*-
versa, seguitò a recitarsi nel teatro San Samuele fino al 1710 (pa-
gina 217); si accetta come storia pienamente accertata il racconto
della scritta di Michele Steno sulla heUa mvLffier di Marino Fallerò
(pag. 115); si cita tra gli scrittori latini un Aurelio Oélio (pag. 225);
si anticipa di un anno la spedizione in Dalmazia del doge Pietro Or-
scolo 2^ (pag. 196) ; si pone Marin Sanudo (il giovine) nel secolo XVU
(pag. 62) e il Brantdme sul cadere della Repubblica (pag. 134); si
asserisce che la tragedia {i Gelosi) del Frangipani, cantata a Venezia
nel luglio del 1574 in onore di Enrico ili, fu il primo esperimento
di opera in musica che allora si fosse dato in Europa (pag. 212),
laddove, a prescindere isAVOrbecche del Giraldi rappresentata a Fer-
rara con musica di Alfonso della Viola nel 1541, troviamo fino dal
1571 esempi di veri componimenti drammatici in musica (1). Quanto
aUo stile, alla sintassi e all'ortografia non posso fare citazioni: i letr
tori aprano il libro a caso e giudichino.
ingiungerò che il volume, ornato di 15 illustrazioni litografiche^
(1) Vedi Ant. Grosso, CkUahgo di MH i dranmi per mugica, ecc, Veneiia, 1745;
Adsmollo, I primi fcuH della musica italiana a Parigi. Milano, 1884; MoLuni»
La storia di Venema suUa vita prwata. Totìbo, 1885.
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VOLPI — STORIB INTIME DI VBNSZIA REPUBBLICA 117
termina con dne appendici: la prima è il Catalogo di tutte le prinr
c^pcd et più honorate Cortigiane di Venetia, già pubblicato fino dal
1870-72 dal De Lorenzi in 150 esemplari: e questi, dato Targomento,
pare che potessero bastare (1); la seconda 6 il Trattato di pace tra
la Repubblica francese e quella di Venezia (maggio 1797) il quale
non ai sa che cos*abbia a che Gare con le storie intime.
Antonio Battistblla.
G. CARDUCCI, Stona del « Giorno » di Giuseppe Parini, Bologna,
Zanichelli, 1892.
Una « Storia del Giorno » ha da essere, e nel disegno delFillustre
autore è stata infatti, la storia anzitutto del modo come Tidea del
poema è nata e s'è maturata nella mente del poeta, poi la storia degli
elementi e della struttura interna dell' opera, e infine della forma
esterna e dei caratteri e atteggiamenti artistici suoi. Tre parti adunque
o momenti essenziali, cui si possono ridurre quasi schematicamente,
benché in misura assai varia, i sette capitoli del libro. Il primo, a
modo di introduzione, ricerca a punto gli antecedenti del Giorno nelle
caratteristiche ideali del Parini, nelle condizioni di vita civile e so-
ciale fra le quali, parte consapevolmente e parte no, Y opera sua si
venne formando, di tra le consuetudini dell'abate poeta e accademico
e gli attriti del pedagogo in casa Serbelloni e le dure esigenze della
vita scapestranti amaramente nelle terzine al canonico Agudio. Col
secondo capitolo comincia l'analisi del poema, e seguita sino al sesto
intramezzata a considerazioni ed episodi critici, i quali toccano natu-
ralmente a tutte le quìstioni e appartenenze storiche e letterarie del
GiomOy dai cicisbei e serventi alle reali o pretese fonti italiane e fo-
restiere, dalle idee egualitarie del poeta alle nozze austriache estensi,
dai prìmi giudizi sul Mattino alla pubblicazione postuma del Vespro
e della Notte.
Nel Mattino, le parti più largamente analizzate dal C, oltre la pre-
sentazione del cicisbeo, con molti riferimenti e illustrazioni attinti la
più parte al Canta e al Neri (ma qualcosa di più e di meglio da poter
dire in proposito v*è senza dubbio), sono la fàvola d* Amore e d*Imene,
e le ultime scene. Dal rapido esame di questa prima parte del poe-
metto si ricavano subito importanti deduzioni e considerazioni circa
gli elementi essenziali nella poesia del Giorno, che < procede tra so-
ciale e civile con andatura tutta sua e una foggia d'arte complessa »
(p. 61). Accennata Tammìrazione destatasi al primo apparire del MaU
tino, TA. attacca senz'altro il Mezzogiorno, soflTermandosi anzitutto
(1) Sarebbe stata cosa più rara la Tari/fa in versi citata dai Graf, Attraverso
ti ekiqueeenio. Torino, 1888.
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118 RECENSIONI — y.
SU la fàvola del Piacere, e togliendone occasione a provare che, ri-
spetto alle idee egualitarie del Panini, il maggiore e forse il solo an-
tecedente del Giorno è il Dialogo della Nobiltà. Dopo la favola del
Piacere, il pranzo e l*epi8odio della < vergine cuccia », cui seguitano,
su la fine del secondo capitolo, alcune osservazioni intorno alla per-
fezione e severità del Mezzogiorno. Nel terzo ci s^aiTaccia la grossa
0 almeno ingrossata quistione delle fonti. Per il C. anzitutto il Parini
non è e non può essere considerato poeta satirico, nel senso che a
questa parola suole attribuirsi comunemente, ma hensi poeta ironico, e
rironia è la ragione d*essere principale, è l'energia e lo spirito stesso
del poema. Quanto a fonti e derivazioni dirette poi le più delle sin
qui indicate in realtà non hanno che vedere col Giorno, o non sono
con esso se non in relazione molto remota. Precedenti invece ci sono
della « didascalica e descrittiva ironia pariniana », cioò modi e forme
di poesia, che il Parini « può anche non aver conosciuto, ma che bi-
sogna conoscere chi voglia fare la storia del Giorno » (p. 162). Cosi
certe satire latine del gesuita Giovan Battista Lucchesini [16381716],
dalle quali già al Viani sembrò che potesse esser venuta al poeta in
qualche modo 1* idea della sua satira ; i sermoni del nuovo Settano
ossia del gesuita Giulio Cesare Gordara 1 1737], tra gli antecedenti del
Giorno, secondo il Borgognoni, il più immediato e diretto; il Femia
di Pier Jacopo Martelli (ognun ricorda TaiTermazione del Reina che
di qui a punto avrebbe tratto il Parini < alcuna norma del suo ver-
seggiare »); e in fine un'epistola di Francesco Algarotti a Fille che
s'indugia in villa e i Sermoni di Gaspare Gozzi. Tutti questi più o
men probabili documenti della storia del Giorno son passati in ras-
segna rapidamente, anche troppo forse, nel quarto capitolo. Il quinto,
accennati gli ammiratori e gli imitatori sbocciati subito dopo l'apparir
del Mattino e del Mezzogiorno (notevole fra tutti il bresciano Giu-
seppe Golpani [1739-1822]), ricerca perchè alle due parti già pubbli-
cate del poemetto non seguitasse la Sera, secondo il disegno primitivo
del poeta, anche adombrato del resto nella proposizione stessa del
Mattino:
Qaali al Mattino,
Qaai dopo il Mezzodì, qaali la Sera
Esser debban tae care apprenderai (tv. 11 sgg.).
Alla voce, messa in giro già dai contemporanei e raccolta nelle ce-
lebri Lettere di due amici, che ne l'impedisse il timore di spiacere
a qualche potente, ossia al principe Alberico di Belgioioso, non sono
oramai più in molti a prestar fede, e il G. inclina ad attribuire piut-
tosto la ragione del fatto alle noie che al Parini procacciavano l'avi-
dità e la grettezza degli stampatori (si veda il brano della lettera al
Golombani primo editor veneziano del Mezzogiorno, pubblicato dal
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G. CARDUCCI — STORIA DBL « GIORNO » DI G. PARINI 119
Gantìt e riprodotto a panto dal C), e alle nuove cure sopravvenute al
poeta dalla cattedra d'eloquenza nelle scuole palatine, e poi de* Prifinr
c^ generali di belle arti a Brera. Fatto sta che nel frattempo si mo-
dificò alquanto il primitivo disegno dei poema, e la parte che doveva
essere originariamente una sola si divise in due, il Vespro e la Notte,
pubblicate postume, com'è noto, a cura di Francesco Reina nella col-
lezione completa delle Opere, All'analisi di entrambe cotesto ultime
parti è dedicato il capitolo sesto, tra i più interessanti di tutto il libro,
anche per i molti appunti inediti comunicati al G. da Filippo Salve-
raglio di su le carte e gli autografi Pariniani. Ricordiamo, nel Vespro,
la lacuna avanti il verso « Già di cocchi frequente il corso splende »,
col quale principia la descrizione del corso; lacuna che doveva esser
colmata dal seguito dell* episodio precedente e poi da ciò che rima^
nesso a fore dalla nobile coppia prima di procedere al corso, come
appare dalle note trovate ne* manoscritti del poeta. Un altro fram-
mento inedito descrive Ventrata d*una sposa novella; e avrebbe do-
vuto trovar lu(^o nella Notte forse tra i versi che rappresentano
Tordine della sala e il sopravvenire degli invitati e il cominciare della
conversazione. Altri appunti e note e frammenti infine accennano la
materia che indubbiamente si sarebbe svolta (tema principale il teatro)
avanti Tepilogo, perchè, contro Topinione del De Castro e del Borgo-
gnoni, il G. accetta interamente, ed ha piena ragione, ravviso del
Gantù, che sia unMnterruzione manifesta tra il sorbir de* gelati e la
chiusa, la quale ilella redazione della Notte stampata dal Reina gli
tien dietro immediatamente.
Analizzata e sviscerata cosi in (^ni sua parte la contenenza del
OiomOy TA. si tà a considerarne rapidamente Tàrte e Testeriore 8tru^
tura negli elementi principali che la formano, a»ia nella composizione,
neirelocuzione e nella verseggiatura. Questa la materia del capitolo
settimo ed ultimo, cui segue a modo di appendice un < Saggio di hi-
bUografla Pariniana in servigio della storia del Giorno ». La quale
storia esce dal presente libro del Garducci, e non avrebbe altrimenti
potuto non uscire, intera e perfetta, per squisito accorgimento di cri-
tica, per lucidità d*analisi finissima, per savia temperanza di confini,
se non sempre per novità di fatti e documenti storici, che potrebbero
modificare qua e là qualche giudizio o particolare deiropera, ma non
nuocere punto alla sua salda compagine ed ossatura. Da un lato in
fuori, forse: perchè non ci pare sia stato buon avviso attenersi per
migliore al testo del poema qual fu con la scorta delle varianti si, ma
tuttavia ad arbitrio dell* editore, fermato ultimamente dal Gantù (1).
V.
(1) Ho motivo di credere ohe ana più fedele riproduzione del testo originale ci
oifrirà il prof. L. Valmaggi nella edizione che, fornita di ampio commentario Bto-
rico, YedrÀ fra breve la luce.
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120 RECENSIONI — G. BIGONI
DOMENICO GAJIUTTI, Storia della Corte di Savoia durante la Ri-
voluzione e l'Impero francese. L. Roux e G. ed. Torino-Roma,
1892.
U Barone Garutti consacra questi anni della sua ancor florida vec-
chiezza a proseguire Tillustrazione della storia subalpina, e, con questi
due bei volumi pubblicati dal Roux» riprende a narrare la storia degli
Stati di S. M. il Re di Sardegna dalla morte di Garlo Emanuele m
alla ristorazione della monarchia avvenuta nel 1814. Volle intitolare
questi volumi: Storia della Corte y ecc., ma Topera dà più di quello
che il titolo prometta; è un difetto, ma meno comune del difetto op-
posto, come il lettore sa bene.
Gli anni a* quali rivolse ora la sua attenzione il Garutti schio de*
più lagrimevolì per la Storia della Gasa di Savoia; conviene risalire
alla prima metà del secolo XVI per trovarne d'altrettanto tristi. Vitr
torio Amedeo III, fedele alFalleanza austriaca, malgrado le tentazioni
della Francia rivoluzionaria, n*è mal compensato dal malfido alleato,
e la sua predizione si verifica: i Francesi giunti una volta in Piemonte,
s* impadroniscono anche de* due Ducati di Milano e di Mantova. Ad
onore de* vinti sta questo : che il vincitore era il più grande uomo di
guerra de* tempi moderni, e taceva omaggio egli stesso alla prodezza
de* suoi antagonisti.
Garlo Emanuele IV ereditava nel 1796 la < corona di spine >», come
egli la chiamava, e come fu per lui difatti quel serto stesso che pur
di si viva luce aveva brillato sulla fronte di Vittorio Amedeo U e di
Garlo Emanuele IH. Altro che la politica ardimentosa di cui parlava
fin dal 1792 Giuseppe Gerani ! (1). Il Piemonte era occupato da* Fran-
cesi che vi stabilivano la repubblica ; diventava, non molto di poi, una
provincia francese, e il Re riparava in Sardegna (2). Le vittorie austro-
russe, di cui TAustria voleva cupidamente profittare, a solo proprio
vantaggio e con sacrificio degli alleati, lo aveano egualmente stoma-
cato degli amici e de* nemici; sopra vvenneio poi Marengo e la pace
(1) Non alludo all'opera in coi il ventarìero lombardo notomiMBava la moiwrcha
sardoy la qnale non fa stampata e andò perduta, alla pari delPaltra che s'intitolava:
Osaerwiuiùni mUa città e repiMHca di G^enawL Alludo bensì alla famosa lettera
diretta al Be di Surdegna da Parigi il l** settembre 1792; essa ò compresa fra queUe
Lettere a* sovrani, che più volte vennero poi stampate come predisiom. La edizione
prima reca il titolo: Lettres aux Sauveraina stir la Rév. Frang. par J. Gerani
citoyen firanQoià, à stm ami Ch. P&ugens à Paris ches GhiiU. Junior, Quai des
Auguttins MDOGXCIII Pan 11^ de la Rév. Fr. (un voi. en S» de pp. 108). --
Detta lettera al Be di Sardegna, ò riprodotta in parte da Maro Mounier a p. 282
del suo brillante volume sul Grorani pubblicato dal Le 7y a Parigi nel 1885. V. pare
Cubani, U Conte O, Oorami (« Arch. Stor. Lomb. », 81 dicembre 1878).
(2) Óltre a' documenti citati dal Carutti, V. quelli pubblicati dal Franchetti
cosi nel testo della sua Storia d'Italia dal 1789 al 1799 (cap. V, § 10, p. 335),
come nella nota 3* al cap. V (p. 411) nota che s'intitola appunto < Della caduta di
re C. Em. IV di Savoia e de* buoni uffici usatigli dalla Corte di Berlino ».
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D. CARUTTI — STORIA DELLA OORTB DI SAVOIA ECC. 121
d'Amiens a troncare le ultime speranze del re, ed egli abdicò in fa-
vore di suo fratello il Duca d* Aosta, che assunse la corona il 1802
col nome di Vittorio Emanuele I.
n Piemonte dopo il governo dei tre Carli (Bossi, Botta e Giulio) fu
annesso alla Francia col nome di 27* Divisione militare « perciò la sua
storia finisce e si occulta in quella di Francia come rivolo in fiume,
né ricomincia se non nel 1814 col ritorno del re ». Nondimeno a* gravi
capitoli in cui ha narrata la ristorazione del 1814 e i fatti diplomatici,
politici e militari di queirimportante biennio 1814-1815, il Garutti ne
ha fatti precedere tre : La Cori» di Savoia in Roma •— H re in Sar-
degna — L'impero Na^poleontco in Piemonte. Di questi il secondo
tratta 1* importante questione del matrimonio della principessa Beatrice di
Savoia coirarciduca Francesco d'Austria-Este e delle brighe austriache
per escludere 11 ramo di Garignano dal succedere nel regno, e Tul-
timo ragguppa insieme varii fatti non ignorati, ma caratteristici per
tratteggiare la società e il governo a Torino dal 1802 al 1804. Per
questo capitolo oltre che dello Sclopis e di Nicomede Bianchi nelle
classiche loro opere, il Garutti si è servito deglMnteressanti ricordi,
che leggonsi nel tomo VI delle Memorie di Beniamino Constant,
sulla corte di quel Camillo Borghese, che fU il padrino d'un altro Ca-
millo, ben altrimenti celebre: ossia del Conte di Cavour. Per espri-
mere il sentimento che si destò nelle popolazioni quando Tediflcio na-
poleonico cominciò a far sentire quel misterioso scricchiolio che era
foriero della prossima caduta , giustamente il Garutti ha riferite le
parole di Massimo D* Azeglio : < Quale fu lo sbalordimento della nume-
rosa classe d'uomini che si sentivano schiacciati sotto queir enorme
peso fuor d*ogni speranza di salute, e sdegnosi pur sempre d*un tanto
danno e d*una tanta vergogna, quando sorse loro il primo barlume di
una possibile redenzione! Quando si sparse portata, si può dire, sul
vento, la prima voce: Napoleone è vinto! Napoleone si ritira!... »(1).
Ma a proposito de* fatti narrati e delle trattative diplomatiche riferite
e discusse dal senatore Garutti, non sarà inutile ricordare che il suo star
sene quasi sempre attaccato esclusivamente a' documenti deirArchivio
(1) n fiMore ci dà questi sentimenti in istrofe espressive, se non sempre molto
dilette aUe Muse. P. e. le seguenti fanno parte d'nna canzone che cantavasi in Pie-
monte dopo il disastro di Bnssia:
Non più ladri poiitiei. Non più del morto padre Non più la legge barbara
Colla pistola in mano. L'eredità già mia Di cradel coscrizione
n tributo inamano A legge avara e ria Mena alla perdizione
Ci verranno a rapir. Soggetta ancor sarà. La nostra gioventù.
Non ho modo di rìsoontrare se leggansi fra i canti pubblicati da C. Nmba. Io le
traggo da nn opnsoolo stampato & A. Bosbola per nozze Gioja-Bossi (Spezia. Tip.
Artistica) e intitolato: Saggio di canMom papoHari,
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122 RECENSIONI — Y.
Torìnese(l) lascia airesposizione delle lacune, che focilmente egli avrebbe
evitato allargando Tesarne ad altri documenti, e facendone quell*u90
giudizioso che, con tanti passati suoi scritti, ha mostrato di saperne
fare. Si fosse giovato di quest* altri documenti, anche senza citarne
con precisione la provenienza; si fosse servito di molte più monografie
che non ha iktto , anche senza darcene una scrupolosa citazione bi-
bliografica, gli saremmo stati grati egualmente; sappiamo bene che
ad un veterano odiatore di- certi sistemi moderni anche in ciò che
hanno di buono, non si può chiedere rinunci, per amor nostro, alle
sue abitudini I Sono piccolezze, dirà qualcuno; voi volete, dirà un altro,
che scrittori incanutiti negli studi scrivano come piace a* critici no-
vellini. Risponderò eh* io questo solo desidero: che un*opera risulti il
meglio possibile, specialmente quando reca in fronte il nome d'un
valoroso; anche per gli scrittori vale il vecchio proverbio : Nóblesse
Mlgel G. Bigoni.
oroSEPPE COSTETTI, La Compagnia reale sarda e il teatro Ha-
liana dal i82i al 1855, con prefazione di Leone Fortis, in-8^,
pp. xxyiii-230. Milano, Max Kantorowicz, 1893.
I quattro ultimi re di Sardegna ebbero al loro stipendio la Com-
pagnia drammatica che portò con molto onore il nome di Compagnia
reale sarda. La fondò Vittorio Emanuele I colla provvisione del 28 giu-
gno 1820, assegnandole 50.000 lire di dotazione annua, ma non potè
come sovrano incoraggiarne i primi passi, perchè essa cominciò le sue
recite negli ultimi d'aprile del *21 dopo Tabdicazione del suo fonda-
tore: Carlo Felice invece Tebbe cara — è nota la sua passione un pò*
sui generis pel teatro e son tradizionali i grissini con cui soleva ricon-
fortarsi lo stomaco durante la rappresentazione — : però negli ultimi
del regno fu sul punto di scioglierla. Con Carlo Alberto Ai scemata
di ventimila lire la dotazione annua, ma la Compagnia prosperò ugual-
mente, anzi toccò col *37 Tapogeo per numero e valore di artisti,
ricchezza di repertorio, ft*equenza di pubblico in Piemonte e fuori,
che col *24 aveva ottenuto di poter recitare in certe stagioni anche
negli altri teatri della penisola. Le libertà costituzionali le furono
dannose: si vide tolti i molti privilegi di cui godeva, confermato
solo transitoriamente il sussidio, ancor diminuito, finché dopo soli
cinque anni del regno di Vittorio Emanuele II — poco tenero d'al-
tronde di spettacoli teatrali che non fossero le azioni coreografiche o
(1) Sa questo e salle questioni sollevate in proposito dal Ferrerò, mi sia permesso
rinviare il benevolo lettore ad an mio articolo inserito nella BibhoUca ddU seuóU
classiche italiane, di quest'anno 1894.
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G. OOSTSTTI — LA COMPAONU REALE SARDA B IL TEATRO ITALIANO 123
i circhi equestri — fu privata anche di quel poco che le era stato
lasciato e ridotta col nome onoriflco degnamente portato sino allora
alle condizioni delle altre compagnie girovaganti da un capo airaltro
dltalia.
Si sciolse col *55, ma ne rimase lungamente memoria nelle tradi-
zioni dei pubblici — ed in particolare del torinese — e del mondo
comico. Vivono tuttora alcuni degli ultimi rappresentanti di questo
periodo glorioso del teatro drammatico italiano, quali Adelaide Ristori
ed Ernesto Rossi, e i nomi degli astri maggiori della Ck>mpagnia reale
sarda rammentano anche dopo tanti anni quanto la Ck>mpagnia avesse
saputo elevarsi al disopra delle altre sue contemporanee per metodo
dì recitazione, affiatamento, dignità di vita, profondo amore deirarte.
Questa bella pagina della storia del teatro nel nostro secolo, che
s^:na una grande benemerenza della dinastia sabauda, non era mai
stata finora oggetto di una compiuta trattazione. Ce Tha data ora il Go-
stetti, applaudito autore drammatico, e spigliato narratore di aneddoti
teatrali. Chi non ha letto con piacere le Figurine del teatro di prosa
e le Confessioni d'un autore drammatico f k presentare con garbo
ed arguzia i mille aspetti curiosi della vita di palcoscenico non si
richiede quella preparazione lunga e coscienziosa, che vuole invece
una monografia storica. Perciò il G. che non è, si vede, troppo av-
vezzo a raccoglier materiale erudito, a sfogliar cataloghi e a prender
appunti, ci pare soverchiamente incensato dal Fortis, nella prefazione
al lavoro. Non « una monografia diligente, accurata^ scritta con acume
di critico, ed eleganza di forma » ci ha dato ora il G. ; ha solo radu-
nato in forma di annali, poiché partisce la materia in tanti capitoletti
quanti furono gli anni di vita della Gompagnia, un certo numero di no-
tizie, non tutte peregrine, intorno ad essa ed alle condizioni del teatro
italiano durante circa sette lustri.
Alcune altre Gompagnie sussidiate dopo Titaliana del primo regno
italico si ebbero durante il periodo di cui tratta il G., la reale di
Napoli col Fabbrichesi, la ducale modenese col Romagnoli, la ducale
parmense col Mascherpa. Sarebbe stato interessante — poiché si
prometteva la storia del teatro italiano dal *21 al *55 — vedere
come e perchè la sarda vivesse più a lungo e avesse maggior fama.
Di questo tace completamente il G., lasciando anche da parte quei
confronti, che venivan da sé colle Gompagnie stabili estere ed in par-
ticolare colli ordinamenti che reggono in Francia i teatri < sovven-
zionati ». La Gompagnia reale recitò non solo a Torino e a Genova,
ma in molti altri teatri italiani, i cui archivi hanno serbato molte
memorie di quei famosi artisti. La critica artistica, che aveva di già
il suo posto nei giornali ufficiali e nelle effemeridi letterarie della
Lombardia, del Veneto, della Toscana, ecc., si esercitò anche intorno
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124 RBCBN8I0NI — C. F.
alla Ck)mpagnia reale e dà notizie — a chi sappia sceglierle -^ pre-
ziose sulle condizioni del teatro, sulle tendenze del pubblico, suirarte
degli attori. É cosi difficile formarsi un*ldea del Ascino esercitato da
un attore sul pubblico, quando son cambiati e gusto e moda, che ci
ha la sua parte, che anche questa fonte d*informazione non era tras-
curabile. Neanche Felice Romani, che per molti anni pontificò dalle
colonne della Gazzetta ufftckUe piemontese, è rammentato, ed è dav-
vero ingiusta e dannosa dimenticanza !
Il G. ha compilato un elenco delle produzioni italiane del repertorio
della compagnia. Non tutte quelle che gabella per italiane, sono ori*
gìnali, nò son sempre giuste le attribuzioni ad autori celebrati di pro-
duzioni, che furono invece o semplici adattamenti o lavori di autori
rimasti oscuri. Cosi Antonio Zanchi Berletti da Ostiglia e non Cesare
Gantù diede nel *45 una Margherita Pusterla, così il famoso dramma
i Due Sergenti non ò del Roti, ma del D*Aubigny : il Roti traducen-
dolo vi aggiunse solo qualche poco di suo, ecc. Molti altri appunti si
potrebbero fiire al libro del G.; principale la fretta con cui appare
compilato — e se ne risente anche la forma spesso trasandata -- e
la nessuna cura nella revisione. Sarebbe far torto ad un autore
anche meno favorevolmente noto attribuire ad altra cagione le sviste
grossolane che sMncontrano ad ogni piò sospinto. Il proclama di
Asiorre Santa Rosa, marzo 1821 (p. 10); il sistema cUlopatico del
simUia stmUibus (p. 24); Alberto Nota intendente successivamente a
Bobbio, San Remo, Pinerolo, Guneo prima del *22, mentre quando
diede YAlexina era a San Remo e solo più tardi ebbe le altre due
residenze (p. 25); Garlotta Malfatti per Carlotta Marchionni, di cui
ha parlato solo nel periodo antecedente (p. 44); Tinsuccesso is\Y Aiace
del Foscolo alla Scala nel 'i4, che fu il 9 dicembre dellll e neanche
proprio insuccesso (p. 61); Garlo Alberto re A'ItaUa che emana una
provvisione nel *31 (pag. 88); David Chiassone per Ghiossone (pa-
gina 118), ecc. ecc. Y.
A. M. STOKVIS, Manicel (Vhistoire, de genealogie et de chronologie
de tous les états du Globe. Leide, E. J. Brill, 1888-1893, 3 voi.
È lavoro di lunga lena più che non paia, rìchiede discernimento
nella scelta dei materiali per la compilazione ed anche una profonda
conoscenza della storia particolare d*ogni paese.
L*opera ò divisa in due parti, nella prima sono comprese le notizie
storiche e cronologiche riguardanti le quattro parti del mondo estranee
airEuropa, nella seconda, contenuta in due volumi, sono compresi gli
Stati d'Europa e le loro colonie. Dopo un breve cenno storico delle
vicende d*ogni regione, dei popoli che la occuparono, delle divisioni
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A. M. STOKVIS — MANUBL D'hISTOIRB, DB GENEALOGIE ETC. 125
a eui andò soggetta» segue in ordine cronologico la serie dei re, prin*
cipj, capi degli Stati, tenendo conto di tutte le ricerche storiche, dei
risaltati della crìtica moderna con quella paziente esattezza che ora
si richiede in questo genere di studi, affinchè riescano utili : nessuna
data è registrata basandosi su ipotesi, nessun nome tramandato da
leggende senza valore è inserito, e se pur talvolta non si deve tacere
qualche serie tradizionale di re non accertata da documenti, lo sta-
dioao è avvertito che a questa serie poca fede si può accordare. Le
citazioni delle copiose fonti consultate non si trovano nel corpo del-
l'opera, ma al principio di ciascun volume, ordinate però in tal modo
che si possan ritrovare agevolmente quelle che riguardano i singoli
Stati. L'autore si è studiato di riportare i nomi propri colla ortografla
usata nei documenti autentici oppure nella forma risaltante dal lin-
guaggio parlato nei paesi di cui tratta; ccxifessa però di non esservi
sempre riuscito; tuttavia sarebbe stato desiderabile che avesse ag-
giunto fra parentesi il nome volgare, sotto il quale i più noti perso-
naggi SODO conosciuti dai meno eruditi.
La parte prima comincia colla Babilonia e tenendo conto delle ul-
time sooperie fa risalire al 5000 av. TE. Y. i primi re di Sirgulla : in
separati capitoli si parla degli Stati fondati dagli Arabi, dai Turchi e
dai Crociati, seguono le dinastie cristiane della Gorgia e dell'Armenia,
la cronologia della Persia dagli Achem^di ai giorni nostri colle ses-
santa e più dinastie che vi dominarono, quindi i regni dell'Asia cen-
trale, e qui numerose tavole genealogiche dimostrano come da Gengis-
khan sia disceso tutto un popolo di khani. Queste tavole si alternano
in tutta l'opera alle serie cronologiche ed ai cenni storici per far co*
noscere le relazioni di parentela fra i dinasti. China, Giappone, India
ocoupazK) gran parte del primo volume.
Trattando dell'Afiica l'autore dedica molte pagine alla cronologia
dell'antico E^tto, mette a confronto le yarie liste reali, sia quelle degli
autori classici che dei monumenti, e quindi i risultati vari ottenuti
dai moderni nello studio della cronologia. Avrebbe potuto dilungarsi
alquanto più sulla etnografia dell'Africa e dare qualche cenno più
preciso per esempio del Dahomey, traendok> dal Burton, che egli non
cita; ma forse temeva di dare soverchia estensione al lavoro.
Nella seconda parto si diffonde maggiormente: i cenni storici e le
tavole genealogiche hanno molti particolari resi necessari dalla mag-
giore importanza storica: il capitolo secondo (Francia) contiene la
genealogia delle famiglie storiche: Montmorency, Rohan, Coligny, ecc.;
vi si trova anche un cenno sulla Corsica troppo breve, a dir vero, e
l'autore riparò a questo difetto trattando più ampiammto di quest'isola
nel torzo volume, al capitolo Italia ; anche il paragrafo sul principato
di Monaco era stato trattato superflcialmento fkcendo risalire la di-
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126 RECENSIONI — C. F.
nastia dei Grimaldi al 968, sicché rifatto ed ampliato sta nelle cor-
rezioni inserite nel terzo volume. Nel terzo capitolo tratta a lungo
dei piccoli regni d'Irlanda e ricava da manoscritti irlandesi non an-
cora pubblicati le serie cronologiche dei re e le genealogie dei loro
antenati evidentemente &voIosi, come anche T autore avverte. Noto
qui di sfuggita, che Fautore non sempre accoglie nella sua opera i
dati leggendari o tradizionali come fa per Tlrlanda. Per esempio, sop-
prime la serie dei nove primi imperatori della Gina, quella dei re di
Albalonga ed altre mitiche; ciò dimostra che VA. non potè tener
sempre la stessa misura, tratto, ora da desiderio di pubblicare cose
poco note, ora di sopprimere notizie che allungavano di troppo Fo-
pera. Trattando deirantica Grecia (cap. VII) usa molto parcamente le
date, ma non omette le genealogie mitiche affine di &r conoscere le
idee dei greci sulla loro antica storia.
Via via che l'opera s'andava pubblicando, la materia cresceva fi*a
mano alPautore, e ciò che egli sperava comprendere in poche pagine
del secondo volume, forma un terzo grosso volume di mille pagine,
ed anzi qua e là fu necessario di impiccolire i caratteri di stampa. I
grandi e minuscoli Stati di Germania occupano mezzo volume : vi si
trovano le genealogie di tutte le famiglie che ebbero sovranità sotto
la nominale dipendenza del santo romano impero. L'ultimo capitolo
è dedicato allltalia ed è trattato con un'abbondanza ed una cura che
non si trova in nessuno di questi lavori pubblicati alPestero: si con-
sultino V Atlante di Le Sage, VArt de vérifier les dates, il Trésor de
chronologie, stampato con gran lusso tipograflco nel 1888, e si vedrà
che dell'Italia si dice poco, e che quel poco è anche inesatto. Fermia-
moci alquanto su questo capitolo.
L' A. , seguendo i risultati della critica tedesca, non dà alcun va-
lore alla data della fondazione di Roma, e reputa favolosi i quattro
primi re di Roma. Consoli, imperatori, usurpatori dell'impero sono
scritti colla precisa ortogra&a latina, segue il regno di Odovakar
(Odoacre), quello degli Ostrogoti, gli esarchi: tutte notizie contenute
nei più semplici manuali di storia ; ma qui riferite, mantenendo l'or-
tografia dei nomi germanici o greci: cenni storici accompagnano queste
liste. Poi il capitolo dividesi in due sezioni : Italia meridionale ed Italia
settentrionale: forse la trattazione si poteva scompartire meglio ba-
dando più alla cronologia che alla geografia. Il ducato di Napoli ha
una cronologia abbastanza esatta da che il Capasso fece la splendida
publicazione dei Monumenta; la serie dei duchi data dallo Stokvis si
basa su questi, ed è quale si potrebbe ricavare dalla storia del ducato,
che si va pubblicando neir Archivio storico napoletano , pregevole
lavoro del chiarissimo prof. Schipa. Più incerta è la cronologia dei
duchi di Amalfi e di Gaeta, non ostante gli studi del Camera e del
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A. M. STOKYIS — MANCJBL D*HISTOIRE, DE GENÉALOOIE ETC. 127
Federici; ora il Codex (Uplomaticus cajetanus potrebbe servire a rifar
la serie dei duchi di Gaeta, che appariscono con qaesto titolo solo nel
930, come ben osserva lo Schipa. Qui avrebbe trovato miglior luogo
il paragrafo dei principati longobardi, che Tautore pone nella seguente
sezione. E passando air esame di questa scorgo che, nella tavola ge-
nealogica dei marchesi dlvrea, TA. si attiene air opinione che il re
Ardoino sia Aglio di Corrado e nipote di Berengario IL Segue adunque
Topinione del conte Garutti; ma è lecito ancora, dubitare che Dadone
padre del re, sia lo stesso che Corrado Cenone, e su tal proposito si
può leggere il recente libro di Di<Mi]sotti sui reali dltalia; nella stessa
tavola, forse per svista, Tautore ripete in tre generazioni dei conti di
Biandrate il nome di Yuido, mentre nella genealogia di Giugius-la-
Sarraz, al quale mi pare si attenga, ne son notati due soli dei Wido.
Anche nella tavola della dinastia di Savoia è seguita in massima Topi-
nione di Carutti, che mi pare la più giusta ; ma TA. non ebbe sottoc-
chio la seconda edizione dello studio sul conte Umberto Biancamano,
che lo avrebbe persuaso ad escludere dagli antenati di costui 1* im-
peratore Lodovico il cieco.
Nel trattare dei giudici di Sardegna si ammette Tautenticità delle
carte d' Arborea , sulle quali non credo si sia ancora detta l' ultima
parola.
La lunga serie dei consoli e podestà dei più cospicui comuni ita-
liani occupa molte pagine: non inutilmente, per la chiara conoscenza
della loro storia : i gonfalonieri di Lucca Ano al 1805 si estendono In
12 pagine di carattere minuto. Ogni serie è preceduta da una breve
storia del comune. È noto che in c^ni comune sorse una dinastia di
signori, e se ne vede la successione nelle tavole genealogiche inter-
polate, che giungono al numero di settanta, ed in queste trovano posto
varie famiglie papali. Chiude il lungo capìtolo la serie dei consoli di
di S. Marino protratta fino al 1893. L*A. ebbe la cortesia non solo di
accettare il contributo di notizie che da Napoli gli inviò il professore
Francesco Fabris del collegio militare di Napoli, ma di ringraziarlo
con gentili parole nella prefazione del 3*^ volume.
Airopera sono annesse molte tavole indicanti gli anni delle princi-
pali ère, gli ecclissi avvenuti, le feste principali ed altri dati necessari
pei computi cronologici. L'A. spera di fare una seconda edizione. In
questa certamente spariranno le numerose aggiunte e correzioni che
si trovano al principio ed al fine di ogni volume ; intanto è necessario
che esse non siano trascurate da quelli che consultano T opera.
L^utilità di questo manuale emerge dal poco che ho detto : uno stu-
dioso vi trova riassunte in poche righe notizie che difficilmente potrà
ricavare svolgendo le pagine di molti volumi. C. F.
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128 RECENSIONI — P. BOSCHI
MARINO FATTORI, Ricordi storici della Repubblica di San Marino.
3* edizione. Firenze, tip. (Cooperativa, 1893.
Chi è quel viaggiatore che passando sulla ferrata tra Cattolica e
Cesena, non guardi con an sentimento tvK la benevolenza e la curio-
sità quel monte a tre picchi, che si eleva alla distanza di una quin-
dicina di chilometri verso TApennino? B chi è colui che parlando con
un Sammarinese non voglia essere informato della forma di gofvemo,
della popolazione, della milizia, delle particolarità delia Repubblica
del Titano? E tale curiosità è fiicile spiegarsela. Una comunità civile
sorta durante lo sftcelo dell' Impero romano, divenuta vero Comune
nel Medio Evo e che rimane Stato indipendente ed autonomo anche
oggi, quando le nazioni si sono già formate, e i popoli tendono più
ohe mai a raggrupparsi, ò un ftitto che chiede le sue ragioni alla
storia. E queste ragioni chiunque in Italia e fuori si occupi di storia,
le va cercando in un volume che parli dell* (Mrìgine, delle vicende e
dei progressi di queir antico paese. Quasi Ano a un secolo fa non ci
era intomo alla storia della Repubblica di S. Marino che una breve
Relazione di Matteo Valli, scritta verso la metà del secolo XVII e
oggi divenuta rarissima.
Nel 1804 Melchiorre Delfico pubblicava le sue Memorie storiche
della Repubblica di S. Marino, che in seguito ebbero altre tre edizioni ;
lavoro pregevolissimo per copia di notizie e diligenza di compilazione,
ma og^i fuori di commercio, e non adatto per chi si appaghi soltanto
di una notizia sommaria delle cose sammarinesi.
A questo provvide nel 1869 il prof. Marino Fattori, pubblicando in
Napoli coi tipi di Gaetano Nobile la prima edizione, un pò* di lusso,
de* suoi Ricordi storici della Repubblica di S. Marino. Più economica,
ma nel testo id»tìca alla prima, fu la seconda edizione che ne fecero
in Roma nel 1882 gli Eredi Botta. In quest'anno è uscita dalla Coo-
perativa di Firmze la terza edizione, accresciuta nel testo di alcnne
aggiunte e a pie di pagina di numerose note e citazioni di documenti.
E sono appunto queste note e queste citazioni che fanno più interes-
sante il lavoro del Fattori, che precisano meglio certi fatti e li reo-
demo maggiormente degni di fede. Perchè qualunque storia, e quella
di San Marino che è poco conosciuta anche più di ogni altra, vuole
essere debitamente documentata, perchè possa piacere e servire non
solo a chi legge un lavoro storico per semplice passatempo, come
leggerebbe un romanzo» ma anche agli studiosi, p^ i quali la parte
più importante non è la storia per sé stessa, ma la filosofia della me-
desima.
Le aggiunte più importanti che TA. ha fatto al suo lavoro sono al
Cap. II dove parla del governo di San Marino. Cosi ci hm tetto sapere
che mentre in origine ì reggenti della Repubblica erano chiamati
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FATTORI — RICORDI STORICI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO 129
Consules, negli Statuti del 1295 e 1302 vennero sostituiti da un Ca-
pUano e un Difensore, con la preminenza del primo sul secondo, come
quello che aveva la rappresentanza del Podestà dei Comuni^ mentre
il Difensore rappresentava il Capitano del popolo; e che verso la fine
del secolo XIV i due reggitori si designano entrambi ugualmente col
titolo di Capitami seu Rectores. Aggiunge che il Consiglio dei Dodici,
intermediario fra il Consiglio Grande e i reggenti, fu costituito verso
la fine del secolo XY, perchè soltanto negli Statuti del 1505 se ne sta-
biliscono le attribuzioni. Tali notizie l'A. ha tolte dall'accurata rela-
zione che due anni sono pubblicava il Malagola suirArchivio dì S. Marino
(Malagola C, V Archivio govemaUoo della Repubblica di S, Marino
riordinato e descritto, aggiunti gli Statuti sammarinesi dal 1295
alla metà del secolo XIV. Bologna, tip. Fava e Garagnani, 1891).
Si precisano inoltre molto meglio le attribuzioni del potere giudi-
ziale, commesso a tre giudici forastieri, mutabili di triennio in triennio;
l'uno per le cause civili in prima istanza e per la compilazione dei
processi in criminale, il secondo per le cause penali in prima istanza,
il terzo per le cause civili e criminali in appello: magistrati tutti che
furono sostituiti ai Magistrati d'appello, al Tribunale dei Capitani o
TrUmnale Commissariale ed ai Capitani dei danni dati, che si tro-
vano fino dai più antichi tempi della Repubblica.
Al cap. VI dove si parla dell* autorità suprema dello Stato è detto
che verso la metà del secolo XIV il Consiglio Generale sostituì TA-
rengo, in origine conclone di tutti i padri di famiglia, dove si facevano
le proposte delle cose pubbliche e le si discutevano; e che questo
Arengo fa capolino anche in tempi posteriori e si tiene ancora due
volte airanno. Attualmente non ha diritto di discussione, ma solo di
petizione e di proposta. Verso la fine del volume i capitoli 58 e 59,
a^iunti in questa terza edizione (nella seconda gli stessi ftitti erano
raccontati in una nota a piò di pagina), narrano uno screzio sorto nel
1874 fra la Repubblica e il Regno italiano, a proposito di certi malfat-
tori dei paesi vicini, rifugiati nel territorio della Repubblica : screzio che
ebbe per conseguenza Tistituzione a S. Marino di un consolato italiano.
Tutto il lavoro del Fattori è condotto con accuratezza somma : breve
e chiaro neiresposizione dei fatti poco conosciuti dei tempi antichi, si al-
larga nei particolari deiroccupazione alberoniana del secolo scorso, che
è il fatto più saliente della storia sammarinese, e si ferma per vani
capìtoli sul passaggio di Garibaldi a S. Marino nel 1849, quando Teroe
rifugiato sul Titano, vi scioglieva la legione romana e scampava per
miracolo alla sorte toccata proprio in quei giorni airinfelice Ugo Bassi.
Con lo scrivere questi Ricordi dice TA. di essersi proposti due fini :
Tuno di fare un compendio di storia patria per gli studiosi di S. Ma-
rino, Taltro di dare una succinta e chiara notizia delle cose samma-
Biviita Storica Italiana^ IL 0
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130 SICENSIONI — X.
riD68i a quelli che sono curiosi di conoscere le vicende di queiran-
tico paese. E lo scopo, a mio vedere, è stato consepiito pienamente:
il lavoro, unico nel suo genere, è ietto volontieri a S. Marino e ftiori;
e diversi stranieri, inglesi e francesi specialmente, cacciatori di croci
e di commende, altro non fecero, scrivendo storie e saggi sulla Repub-
blica, che copiar male e spesso fraintendere qualche capitolo della
storia del Fattori. Dobbiamo dunque esser grati a lui, che oggi regge
la suprema magistratura della Repubblica, se la storia del più antico
degli Stati d*Buropa pu6 essere fiicilmente conosciuta da ogni qualità
di lettori. P. Boschi.
DOMENICO GARX7TTI, la itoria delia Otta di Pineralo. Pinerolo,
Ghiantore, 1803.
Se è fuori contestazione che le storie particolari de' municipii con-
corrono potentemente alla costituzione della storia generale della na-
zione, dobbiamo rallegrarci che da alcuni anni in qua il notevole
risveglio degli studi! storici in genere, e sulle vicende dei municipii
nostri lascia presagire, che non sarà troppo lontano il giorno in cui
i principali di essi avranno tutti la loro storia. Qual pregio e quale
importanza abbia poi a ricevere la storia generale, fondata su tali
elementi, ciascuno lo può fàcilmente conceiMre. Premesse queste due
linee d*introduzione, dobbiamo notare tosto, come f^ i Comuni delle
nostre regioni subalpine, Pinerolo, uno de' più prestanti per i fatti
guerreschi succeduti nella sua circoscrizione, e per tanti e poi tanti
altri pietosi e patetici, s'ebbe la sorte di avere in quest'anno istesso
due affezionati studiosi che dedicarono le loro fatiche ad illustrario,
col ritrarre le antiche sue vicende: Alberto Pitta vino, giovane non
privo d'ingegno, cultore dell'arte tipograflca, e da parecchio tempo
membro di quell'amministrazione comunale, dava fuori la sua Storia
di Pinerolo e del suo circondario narrata al popolo. E non puossi
né devesi disconoscere ch'egli, tanto più avuto riguardo alle cure ond'è
distolto, non lasciò di consacrarsi ad opera di non lieve fatica per lui,
e secondando il fine che erasi proposto, riusci affatto nel suo scopo;
e la sua narrazione viene sino agli anni correnti. Ma non è di questo
lavoro che noi intendiamo discorrere: bensì di quello dell'illustre se-
natore Domenico Carutti, il provetto storico della Monarchia Sabauda,
il valoroso espositore delle varie gesto della sua diplomazia. Rampollo
di antica ed onorevole famiglia, che da secoli trapiantatasi sulle rive
del Ghisone, tenne uffici in Pinerolo, ebbe possedimenti e ville nella
ridente e vaga Cumiana, il Carutti trascorreva parecchi anni in quella
città, nella quale anzi aveva persino modestamente determinato di pas-
sare gli ultimi suoi anni di onorato e quieto riposo, ove il volere del
suo Sovrano non l'avesse chiamato a reggere nell'antica Torino la ca-
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D, CARDTTI — STORIA DELLA CITTA DI PINEROLO 131
rica letteraria palatina affidatagli, e ch'egli esercita colla diligente e
coscienziosa applicazione giornaliera, da potersene additare Tesempio
a qaalunque pubblico ufflziale ed a quelli stessi (e pur troppo sono il
maggior numero), che sebbene in sui primordi della loro carriera, svo-
gliati e di mal in cuore adempiono ai loro doveri. Con afifetto adunque
di figlio egli consacrava le sue dotte fatiche ad innalzare un monu-
mento alla patria de* suoi maggiori, la quale prima del suo libro aveva
beasi alcune monografie, fra cui tre o quattro assai buone, altre di
nissun valore storico.
Il barone Garutti, con quella s(Arietà di giudizi, con quell'argutezza
di ricerche che ti ricordano sempre V invidiabile scrittore del primo
suo studio storico, la Storia del regno di Vittorio Amedeo II, coA
fedele al noto precetto oraziano: In verbis etiam tennis cautusque
serendis ... etc,, non venne meno al compito assuntosi, che men fàcile
in altri dell'età sua, non grave, ma alquanto già inoltrata, in lui de-
noia pur sempre quella lucidità e freschezza di mente, da far invidia
ai nostri giovani. E sì che i punti trattati dal nostro autore sono pa-
recchi, di genere affatto diverso, di età tutte diflTerenti, e di non guari
facile nianeggio. Cominciando dai t^mpi piii antichi, da quelli almeno
su cui si può già avere qualche notizia certa, e venendo sino a quelli
recenti, de' quali discorse, egli seppe mantenere la stessa serena tem-
peranza di giudizi e forza di critica, privilegio sempre di pochi. Senza
lasciar troppo scorgere Taridezza di certe disquisizioni, a trattar le
quali un paro erudito consumerebbe pagine intiere di narrazione che
non tutti sono sempre in grado di apprezzare, il Garutti non fugge le
difficoltà diplomatiche e cronologiche, ma sa presentartele ammanite
di guisa, che non t'accorgi quasi per qual erto calle ti convenga pro-
cedere nel tuo cammino.
Quindi, e il dominio de! Longobardi, poi de* Carolingi, indi del ve-
scovo di Torino concedutogli da un diploma Ottoniano del 995 o 996,
esercito poscia dagli abati di S. Maria, in appresso dai conti di Torino
e dalla ben nota e celebre contessa Adelaide di Susa, per mezzo della
quale passò Pinerolo nella dizione della dinastia Sabauda, occupano
alcuni capi che contengono il segreto di rendere famigliari e degne
di essere lette intieramente disquisizioni, che a molti potrebbero pa-
tere ostiche; e trattate da inesperti e persin troppo eruditi, se è lecito
dir cosi, sono omesse affatto.
Notevole parte tiene in quest'opera, per quanto trattata in modo
sintetico, la dominazione dei principi d'Acaia, che fecero di Pinerolo
la città capitale del piccolo loro Stato: fortunata città che riusci cosi
a ricev^e ingentilimento ne' costumi, essere onorata di frequenza di
forestieri e di uomini di alto affare che capitavano a quella Corte, ed
a cui non mancò, fra i giocolieri e cantastorie, qualche poeta ed ar-
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132 RECENSIONI — X.
Usta, che lasciarono tracce, che raramente però ancor si vedono og-
gidì. Il Garutti nel trattare la dominazione dei quattro principi di
Acaia non lascia di descrivere avvenimenti e fatti che si rannodano a
questa : e cosi ci trasmette notizie sullo stabilimento deirinquislzione
tra il 1297 e il 1301, che originatasi in Perosa propagossi in Val di
Lusema e in Angrogna, non senza farvi vittime, che non potevano
mancare colla presenza di abitanti dissidenti dalla chiesa romana. Coà
del paro egli ci & conoscere i primordi di confrerie religiose ed ospe-
daliere, di monasteri, di società di arti e mestieri, donde anche a Pi-
nerolo si originarono le società popolari, e di conseguente gii ospizi
assai noti de* nobili, emulando cosi le città di Asti, Ghieri, Savigliano
e via dicendo. E in appendice al capo in cui tratta quest'argomento
egli riferisce un importante documento delFanno 1337, che fu emana-
zione del principe Giacomo di Acaia.
Accennando il nostro autoi'e agli ordinamenti militari, consacra un
capo speciale per discorrere della famosa compagnia chiamatasi del
Fiore, e cosi denominata, forse da quel venturiero Umberto del Fiore
che colle sue bande aveva militato una trentina d*anni prima sotto i
vessilli del principe Filippo d' Acaia. L'importanza di questo documento
di storia nostra militare non isftaggiva al certo al Garutti, il quale no-
tando, esserci stato trasmesso dal notare ducale Maonerio, e di averne
avuto conoscenza dal cenno datone a' suoi di dal Gibrario, soggiugneva
indi che « quegli statuti meriterebbero di essere divulgati colle
stampe . . . » (p. 231). Ma il nostro autore era stato antivenuto nel
suo desiderio da altri, poiché gli statuti della società del Fiore veni-
vano pubblicati con prefazione storica negli Atti dell'anno 1881 del-
TAccademia delle scienze dal sodo G. Glaretta.
n libro quarto comprende la storia di Pinerolo sotto i duchi di Sa-
voia ; ed anche in questa parte pregevoli sono le notizie che il barone
Garutti potè raccogliere, e da documenti e da scritti parecchi, in questi
ultimi tempi pubblicatisi. Sull'arte della lana e sui suoi statuti del 1440
egli potè giovarsi assai, p. e., del bel lavoro del prof. Albino Gaffaro,
Sidl'arte del lanificio in Pinerolo e gli statuii di essa, che vide la
luce pochi mesi sono nel volume XXX della Miscellanea di storia
italiana. Egli poi dà i nomi di parecchi di quei mercanti e trafficanti,
che furono la propaggine di alcune famiglie, le quali giunsero col
tempo a conseguire dignità e feudi.
Ed ecco il Garutti ad arare un campo, già solcato da molti altri
precedenti scrittori, ma con resultanze diverse assai negli uni e negli
altri, ed in ben pochi soddisfacenti, vo' dire la lotta coi dissidenti val-
desi. Egli comincia dalla prima persecuzione avvenuta nel 1488 sotto
il duca di Savoia Garlo I, e ne parla a varie riprese nei secoli XVI
e successivi sotto la dominazione francese e sotto quella dei nostri
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D. CARUTTI — STORIA DELLA CITTÀ DI PINBROLO 133
<luchi: e non solamente senza passione alcuna, o minor ossequio ai sen-
timenti del giusto e deirequo, ma nemmeno con severità, come avrebbe
potuto sembrare a qualcuno. Scrittore grave, di temperati consigli com'è
il Carutti, egli sa abbastanza, come a suo tempo riconoscere i torti dei
Valdesi quando «... abbandonate le credenze avite e accettate quelle
di Calvino, ricevevano i ministri e i maestri da Ginevra ribellatasi a
Carlo III . . . quando con èssi eransi pure introdotti non pochi
Ugonotti francesi, torbidi e nemici di quiete .... quando i ministri
ginevrini insieme colle riprovato dottrine religiose altre ne insinuavano
disformi dalle ragioni del principato e gli Ugonotti soffiavano nel
fuoco ... ». Cosi altrove «... non essere in dubbio di condannare senza
reticenze i mezzi di cui talor si valsero i cattolici sobillatori del Gk)vemo,
specie di Carlo Emanuele II, a commettere atti riprovevoli contro di
loro. Quindi, e le moltiplicate, né sempre opportune missioni, lo strappar
ai genitori eretici, per educarli altrimenti, i piccoli fanciulli, la vio-
lazione di concessioni che si stiracchiavano da ambedue le parti, talor
con non affatto giusta interpretazione...», sono affatto condannate
dal nostro autore, che, pag. 401, ben nota che «... se colpe e delitti
erano stati commessi, non doveano rimanere senza castigo, ma (ac-
cennando alla spedizione del 1655) ei soggiunge delitto fu il castigarli
sopra una intiera popolazione e sopra tanti innocenti ... ».
Frammezzo alla narrazione degli avvenimenti politici e guerreschi,
che molti e di varia indole furono nei secoli XVI e XVII, il Carutti
consacra alcuni capi per farci conoscere lo stato della Chiesa di Pi-
nerolo, con qualche notizia artistica qua e là seminata, T origine e il
progresso di varie congregazioni religiose, Tintroduzione dell'arte tipo-
grafica, con data certa alFanno 1479, gli atti di conferimento di cit-
tadinanza per parte del Comune, o ad ufflziali benemeriti, o ad intro-
duttori di arti.
Nel libro quinto sono compresi gli avvenimenti dal 1630 all'età pre-
sente. E non è a dir che molte sono le notizie raccolte da lui sui pe-
riodi delle occupazioni francesi di Pinerolo. Interessantissimo poi il*
capo III, La cittadella e i prigionieri celebri, nel quale il nostro sto-
rico non si abbandona a puerili conghietture, a sogni di romanzieri,
ma fondandosi sul sodo, rivela sol quel che gli consentono i documenti
0 direttamente od indirettamente, senz'avventurare opinioni fallaci; e
viene a questa bella conclusione dicendo, che se nelle mura della rocca
pinerolese furonvi sospiri e gemiti,* ...colà ninno di quei miseri portò
maschera pesante o leggera, di ferro o d'altro. Non vi sospirò, non
vi pianse un principe reale, non un grande della terra : vi pati un
uomo di condizione mezzana, accusato, secondochè affermò il ministro
Louvois, di abuso di confidenza, tantoché, a scusa di chi lo fé' patire,
non è lecito invocare neanche la crudele ragione di Stato che colle
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134 RBCENSIONI — X.
dure sue necessità eoprisse delitti ... ». E da tutto questo dibattito il
Garutti & questo grave monito, di cui dovrebbero trar prò, tanto più
i giovani scrittori, che formicolano con tanta frequenza oggi giorno:
< La critica oggi, se non mi inganno, può fare qualche altro
passo senza avventurarsi per gli allettevoli sentieri delle congetture
campate in aria ... ». B questa sentenza dovrebb*essere meditata non
solamente da coloro che dopo Termeneutica messa dal Garutti a pro-
fitto di tale indagine s'incocciassero ancora a volere scoprire qual fosse
il Carnoso prigioniero pinerolese dalla maschera di ferro, ma tanto
più da quanti si consacrano a disquisizioni di ben maggior momento,
e forse talora senza comprenderne abbastanza la portata. Del resto i
capi nei quali il Garutti tratta Targomento del prigioniero della ma-
schera di ferro sono 1 più lunghi della sua opera, e sotto certo aspetto
offrono grande attrattiva, essendo sino al giorno d'oggi le sue argo-
mentazioni ed osservazioni le più appaganti su quel soggetto.
Ma ci manca lo spazio a dir oltre; e non la finiremmo cosi presto
ove volessimo seguir a passo a passo Tautore neir accennare anche
sommariamente alla molteplicità dei &tti esposti da lui, sia nel rap-
presentare gli avvenimenti politici, le &si della vita civile di quei
popoli, le notizie sulle &miglie de' magnati della valle, sia nel darci
preziosi dati statistici sacri e profani.
B quasiché 545 pagine di testo non fossero ancor sufficienti, egli
volle aggiungervi appendici, contenenti uno specchio cronologico delle
cose degne di ricordo, dalla ristorazione del 1814 all'anno 1891, notizie
sommarie su alcuni pinerolesi illustri e notabili, sui vescovi della mo-
derna sua diocesi, sui suoi reggitori giudiziari ed amministrativi, dai
tempi remoti ai recenti, ecc. Anche l'epigrafia non fu trascurata dal
nostro autore, che ebbe mezzo di chiudere la faticosa sua opera con
una collezione d'iscrizioni, che in numero di ottantacinque illustrano
gli uomini e i fatti degni di ricordo avvenuti nelle ridenti, fresche ed
ubertose valli pinerolesi.
Resi i dovuti elogi, non al certo per piacenteria, ma per dovere di
giustizia, all'illustre storiografo di Pinerolo, dovrassi dissimulare che
sulle 639 pagine di testo, alle quali susseguono ancora sedici altre di
utile indice analitico, non sia all'autore sfuggita alcuna menda o cn>
nologica o di scambio di qualche (atto o di persone! Qual è il libro
che possa esserne privo? Una perfezione simile sarà sempre un pio
desiderio, nò mai da pretendersi dagli scrittori per quanto illustri, per
quanto forniti di sublime criterio, che soli, senza altrui sussidio, si
sobbarcano ad imprese siffatte, seminate di ogni genere di difficoltà.
Noi intanto, senza tema di errare, auguriamo ad ogni Gomune italiano
di avere uno storico veridico, elegante e coscienzioso al pari di quello
che toccò a Pinerolo. X.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
L STORIA FOLmCA
(Beeentl pvbblleaBionl sili Blsoririinento Italiano).
Si affollano le pubblicazioni sul risorgimento italiano, non tutte di
grande rilievo: talune semplici rifritture o compilazioni, altre remi-
niscenze personali non molto notevoli, parecchie però utilissime alla
conferma di notizie ornai accertate, alla soluzione di questioni ancora
sub JtuUce, o come nuovo contributo storico.
In questa breve disamina di parecchie nuove pubblicazioni ritengo
opportuno conservare la classificazione altra volta proposta:
l** storie, viaggi» discorsi di carattere generale, che interessano
0 rintiera Italia o qualche speciale regione;
2'' monografie e reminiscenze personali, riflettenti alcune questioni
determinate o taluni aspetti particolari del nostro risorgimento;
3*" biografie, bozzetti, o discorsi diretti a ricordare alcuno dei
personaggi, ch*ebbero parte alla formazione della nuova Italia.
Appartengono al primo gruppo le opere seguenti :
TivARONi C, L'ItaKa durante il domtnto austriaco. Tomo II:
Vltaaa centrale. Torino, L. Roux e C, 1893;
Bbrsezio Y., Il regno di Vittorio Emanuele IL Libro settimo.
Torino, L. Roux e C, 1893;
NisGO N., Storia civile del regno d'itaiia. Yol. VI. Napoli, A. Mo-
rano, 1892;
Cappelletti L., Storia di Vittorio Emanuele li e del suo tempo.
Voi. II e ni. Roma, E. Voghera, 1893;
Db Wittb J., Rome et r Italie sof4S Leon XIII. Paris, H. Ghapeliez
et C.**, 1892;
Six mois en Italie. Journal d*une ignorante. Paris, Ghamerot et
R^iouard, 1893;
Faldella G., Venticinque anni. Vercelli, Oallardi e Ugo, 1803.
Pangrazio a., Casa Savoia e la sua missione nella monarchia
costituzionale. Torino, G. B. Paravia, 1893;
*
U nuovo volume del Tivaroni, L* Italia centrale durante il dominio
austriaeOy costituisce il quinto della sua storia critica del risorgimento
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136 NOTE BIBLIOGRAFICHE
italiano. È diviso in due parti: La Toscana e Lo Stato pontificio.
Nella prima, descritta la ristorazione del granducato con Ferdinando in,
esposta razione del governo paterno di Leopoldo II, TA. s* intrattiene
più largamente sulle fasi della rivoluzione dal quarantotto sino alla
reintegrazione di Leopoldo U; alcune pagine sono dedicate al minu-
scolo ducato di Lucca. Nella seconda, TA. segue passo passo i ponti-
ficati di Pio VII, di Leone XII, di Pio Vili e di Gregorio XVI; s'ar-
resta in più minuti particolari sul periodo rivoluzionario dairelezione
di Pio IX alla caduta della repubblica romana.
Gi& più volte, e anche distesamente, s'è fatto menzione nella
Rivista della storia critica coraggiosamente intrapresa dal Tivaroni;
il mio apprezzamento non s'è mutato alla lettura di questo nuovo
volume. Ammiro il largo ingegno e la mente serena, l'amore del vero,
la lettura paziente di una miriade di libri ed opuscoli, il condensa-
mento intelligente d'una quantità straordinaria di fatti e dati d'ogni
maniera, l'andatura ad un tempo disinvolta e concisa. Però non mi
sembra raggiunto l'obbiettivo essenziale d'una storia critica, quando
non si ricorre alle fonti, ossia ai documenti diretti, ma ai rivoli, ossia
agli scrittori; quando le affermazioni e gli apprezzamenti più etero-
genei vengono trascritti senza discussione o cagliatura, che conduca
ad un giudizio unico e verace, o almeno più probabile; quando lo stile
risente fatalmente di questa intarsiatura di passi di autori, non solo
disparati di criterio, ma diversi per modo di scrivere, come Artaud,
Anelli, Balleydier, Nicomede Bianchì, Cesare Gantù, D'Azeglio, Fattiboni,
Farini, Gennarelli, Guerzoni, La Farina, Jessie Mario, Sclopis, Spada,
Vecchi, ecc.
Un esempio solo basterà a chiarire il concetto. Quale fu Gre-
gorio XVI? Sommando insieme quanto ne scrissero il Cipolletta, lo
Spada, il Ranalli, il Silvagni, il Pianciani e il Cantù, secondo le cita-
zioni dell'egregio A., Gregorio XVI fu umano, cortese, amorevole,
e viceversa ostinato, caparbio, crudo, e vendicativo; purissimo di
costumi, oscuro alle scaltrezze della corte, dignitoso, e viceversa
goloso, lascivo, diffidente, accorto e circospetto, triviale; ^ingegno
svegliato, dotto, zelante, d'animo forte, e viceversa p^ro, d'idee ri-
strette, fannullone, egoista. Come raccapezzarsi?
• *
n libro settimo del Regno di Vittorio Emuntùele II di Vittorio
Bersezio (voi. di 638 pagine) comprende 11 periodo, che si estende
dalle elezioni politiche in Piemonte del novembre 1857 alla morte del
conte di Cavour (6 giugno 1861): periodo fecondissimo, se si consideri
la grande e faticosa opera compiutasi in si breve spazio di tempo.
Non è necessario né opportuno riassumere il contenuto di questo
libro; imperocché tutti gli Italiani colti sanno, come nel 1858 il go-
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STORIA POLITICA 137
verno di V. E. iniziasse a Plombiòres la fortunata alleanza con Napo-
leone e s'apparecchiasse alla redenzione d'Italia, mentre imperversava
la reazione nel lombardo-veneto austriaco, a Modena, a Parma e in
Toscana austriacanti, nello Stato papale in preda alle esorbitanze re-
trive, nel regno delle due Sicilie in balia della crudele tirannide di
Ferdinando II; tutti conoscono le vicende della guerra d'indipendenza
gloriosamente combattuta nel 1859, e tra il cordoglio universale dei
patriotti arrestata a Yillafranca; sono note le insurrezioni dei ducati,
del granducato toscano e della Romagna e le difficoltà superate per
ottenerne l'annessione al regno di Vittorio Emanuele, rinunziando alla
Savoia e a Nizza; e ninno ignora la spedizione dei Mille secondata
dalle truppe regie invadenti le Marche e l'Umbria, e per gli Abruzzi
congiungentisi all'esercito garibaldino sul Volturno; la proclamazione
del regno d'Italia e la morte di Cavour chiudono la narrazione.
Dopo tante pubblicazioni non sono più probabili grandi novità, né
speciali rivelazioni sopra quel periodo storico; le nuove monografie
chiariranno meglio alcuni particolari o proietteranno più vivida luce
sopra qualche personaggio, ma le linee generali più non mutano. Né
il Bersezìo ha preteso innovare, ma sintetizzare quanto é universal-
mente noto, imprimendovi doppiamente il suo suggello personale, e
come testimonio degli avvenimenti che narra e come artista. Questa
duplice impronta rivela l'animo e il pensiero dello scrittore, e ad un
tempo dà forma organica alla narrazione, senza intorbidare la verità
con passioni subbiettive, e senza offuscarla con fronzoli vani di vieta
rettorica. Chiaro, semplice e ordinato nell'esposizione dei fatti, franco
ma imparziale ne' suoi giudizi, patriotta sincero e illuminato attrae
il lettore, l'istruisce e lo solleva ad alti ideali di patria.
Lavoro originale e di gran polso è la Storia civile del regno dCIlaMa
di NiccoLA Nisco. Già s*é discorso dei primi cinque volumi; ora con
qualche ritardo commemoro il sesto, che comprende le vicende ita-
liche dall'annessione di Venezia (1866) all'occupazione di Roma capi-
tale (1870),
L'A. vissuto in mezzo agli avvenimenti, amico degli statisti più
ragguardevoli, e come deputato al parlamento informato di tutto lo
svolgimento politico ne' suoi più minuti particolari, era in condizione
felice per delinearci la via percorsa dall' Italia moderna per giungere
alla meta. Finissima é l'analisi della nostra vita parlamentare in quel
quadriennio memorabile, accurato lo studio dei rapporti intemazionali
segnatamente con l'impero francese, molto ponderato negli apprezza-
menti degli uomini e delle cose. Sollevandosi sulle passioni, che allora
travagliarono i partiti nazionali, riesce a tracciare con mano sicura
tutte le fasi della politica italiana per lo scioglimento della questione
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188 NOTB BIBUOORAFlOia
di Roma. Argomento essenziale del volume ò veramente questo; seb-
bene non sieno dimenticati i dibattiti parlamentari relativi ad altri
ordini di interessi» specialmente finanziari e militari. Note sono omai
le cose narrate; pure si rileggono con vivo interesse, perchè vi si
sente Tanimo del patriotta contemporaneo agii avvenimenti.
Rincresce, che Tillustre A., pur mirando a scrìvere una storia
cMle, siasi soffermato in questo volume in un campo strettamente
politico, anzi quasi esclusivamente parlamentare. Ck)n la sua vasta
coltura avrebbe potuto compiere il quadro della vita civile italiana,
senza accrescere la mole del volume; solo compendiando il resoconto
di talune discussioni parlamentari e la narrazione degli avvenimenti
estranei alla storia dltalia, che talora occupano spazio maggiore che
non sia consentito daireconomia e dall'intento dell'opera.
*
♦ ♦
I volumi 2* e 3* della Storia di Vittorio Smantiele II e del suo
regno del prof. Cappelletti narrano le vicende del risorgimento ita-
liano dal 1"* gennaio 1859 alla morte del gran re (9 gennaio 1878):
la guerra d*indipendenza del 1859, le annessioni e la cessione di Nizza
e Savola, la spedizione dei Mille con Toccupazlone delle Marche e
deirUmbria e la proclamazione del regno d'Italia, Aspromonte, la con-
venzione di settembre e il trasferimento della capitale a Firenze, la
guerra d'indipendenza del 1866 con l'annessione del Veneto, la spedi-
zione garibaldina del 1867 con Mentana, l'occupazione di Roma e la
caduta del poter temporale del papa, l'assodamento del giovine regno
all'interno e nell'opinione pubblica europea, l'avvenimento della sinistra
al potere e la morte di Vittorio Emanuele.
Non è un'opera originale scritta sulle fonti, essendo notissimi i
documenti editi in fine dei volumi, ma una compilazione dedotta da
pia estese pubblicazioni e da parecchie monografie. C'è merito nella
buona disposizione delle matwie, nella sincerità dei giudizi non par^
tiglani e nella semplicità del dettato; ma troppo spesso si vedono i
fili bianchi dell'imbastitura e si riconoscono i passi o letteralmente
ricopiati o compendiati dì altre opere; per il che viene a mancare
Taniformità dello stile, sfugge l'impronta dell'Autore e talora ne ri-
sente anche l'organismo della narrazione.
*
II titolo stesso del volume del barone De Witte, Rome et VltaUe
sous Leon XIIJ, fa dubitare della serenità dello scrittore, essendo un
oltraggio, per quanto meschino, alla verità storica. Non metterebbe
conto di pur menzionarlo per il suo contenuto, non essendo in sostanza
che la descrizione d'uno dei soliti viaggi a base di Badeker con qualche
capitolo in più ad esaltazione delle feste vaticane per il giubileo sa-
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STORIA POLITICA 139
e^otale di Leone XIII. Ma il oommentarlo ò utile come nuova rivela-
zione dei sentimenti del clericalismo francese rispetto allltalia moderna.
Per il De Witte l'Italia è naturalmente V ingrate nation, qui
voudraU entrainer ìes Frangats dans une guerre pour les (aire
ioraser par ses fomMables ailiès et partager avec eux les de-
pauSies (?) ; r Italia insulta tutti i giorni la Francia (?), ed è ornai
tempo che levieux Uùngat4Ms risponda alle provocazioni; Umberto I,
il poveretto, è costretto a s'c^^puyer sur une majorttè rèpuiblicaine
de ccBur e a scegliere per ministri des radicaux soriani des rangs
de rintemaUontìUe (?X iémoin M. Crispi qui a pour amis tous les
(xmmunards frangais (?); la regina, che lepeuple appelle ' la tedesca '(?)
professe dea senUments très gaiiophóbes; Roma, già dimora cosi sa-
lubre sotto il governo papale {\%\ è divenuta la ^HUe ptus malsaine,
non ostante la sua minore mortalità in confronto di quasi tutte le città
d'Italia e di gran parte delle capitali d'Europa; persino l'ingegno ita-
liano è divenuto infecondo, difatti qu'a produit, par exemple, la litté-
rature iiallenne d^puis trente ans (?); per chi noi sapesse è cosi vivo il
sentimento della ^tor^l^u^a unite nel mezzogiorno d'Italia, che i piemon-
tesi son creduti e chiamati francesi; è poi una vera intamia del nuovo
governo Tavere liberata Roma dalle sudicerie del ghetto e le incantevoli
rive di Ghiaia e Santa Lucia dai pidocchiosi lazzaroni
Si potrebbe continuare per parecchie pagine sullo stesso tenore;
ma questi saggi bastano a dimostrare quali sensi di verità, di giustizia
e di umanità possano ispirare un clericale francese.
*
Un altro viaggio di sei mesi in Italia ci offre una signora francese,
che troppo modestamente si nasconde sotto la denominazione d'une
ignorante. Assai preferibile è quest'ignoranza alla sapienza d'accatto
del barone De Witte; perchè si apprendono le impressioni subbiettive,
veramente personali, d'una donna colta e gentile. Purtroppo i viaggi
d'Italia non escono fuori dal tracciato consuetudinario di Milano, Ve-
nezia, Firenze, Roma, Napoli; in questo però figurano anche Verona,
Padova, Bologna, Ravenna, Siena, Assisi, Perugia, Orvieto; ma intiere
regioni e città cospicue, come Torino, Genova, Parma, Pisa, ecc. sono
affatto dimenticate.
Sono quasi tutte impressioni artistiche, fine e squisite, riscaldate da
un sincero entusiasmo del bello, e illuminate da uno sguardo buono
e sereno. Della civiltà, dei costumi e delle qualità nostre si discorre
solo nell'altimo capitolo, ma con criterio molto elevato, con gran cuore
e con vivo desiderio del progresso umano. Senza dubbio alcuni apprez-
zamenti potrebbero discutersi e altri dimostrarsi erronei da noi, che
conosciamo più profondamente il nostro paese; ma nel complesso i
giudizi sono molto sagaci, e gli augurii alla prosperità dell' Italia così
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140 NOTE BIBLIOGRAFICHE
schietti e cordiali, che rivelano un cuore nobile congiunto ad uno
squisito sentimento deirarte e ad eletta intelligenza.
*
« «
I Venticinqiie anni delPon. Faldella sono una conferenza tenata
al teatro civico di Vercelli la sera del 19 aprile 1893 per celebrare le
nozze d'argento d'Umberto e Margherita. Il geniale conferenziere risale
al 1868» quando la nazione tutta si allegrava deirunione dei due gio-
vani principi italiani, appuntando le sue speranze in quelle fauste
nozze, nell*intendimento di rappresentare agli uditori suoi 11 movimento
nazionale ne' suoi più spiccati avvenimenti durante gli anni che cor^
sero da quel giorno lieto per la dinastia e per la patria fino ai di no-
stri. Non è una sintesi storica, ma un florilegio di fatti, che valgono
al brioso conferenziere come mezzo a dipingere la storia e a ridestare
negli animi la fede e la speranza nei destini inseparabili dell'Italia e
della Gasa di Savoia.
*
« «
li 22 aprile del 1893 il prof. Alessandro Pangrazio, direttore
della Scuola tecnica di Racconigi, leggeva in un*Accademia musicale
e letteraria datasi in quella città un discorso commemorativo del
XXV** anniversario delle nozze delle loro Maestà, che ebbe appunto
ad argomento Casa Savoia e la sica missione nella monarchia co-
stituzionale. L'egregio oratore s'intrattiene specialmente a rilevare,
come Vittorio Emanuele II e Umberto I abbiano saputo rendere popo-
lare la monarchia con la leale devozione allo Statuto, l'amore intenso
alla gran patria italiana e lo spirito di carità cittadina rivelatosi in
tutte le dolorose contingenze della vita nazionale.
IL
Appartengono al secondo gruppo le opere seguenti:
Ferrerò D., La Casa di Savoia-Carignano e la Sardegna relati-
vamente aUa legge salica. Torino, tip. degli Artigianelli, 1893;
Ferrerò D., La regina Maria Teresa d'Austria e la dimissione
del conte di Valesa. Torino, tip. degli Artigianelli, 1893;
Visalli V., I Calaàresi nel risorgimento italiano, 2 voi. Torino,
Tarizzo, 1893;
Manzi L., I prodromi della rivoluzione del 1848 in Aquila e
Reggio Calabria. Reggio di Calabria, Morello, 1893;
Mancardi P., Reminiscenze storiche edite ed inedite documentate.
3 voi. Torino, L. Roux e C, 1890-93;
Tullioli, Reminiscenze d'un bersagliere dal 1848 ai 1890. Milano,
Chiesa e Guindani, 1893.
II cav. Domenico Ferrerò nell'opuscolo intitolato La Casa di ,9u
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STORIA POLITICA 141
vota-Carigrumo e la Sardegna relativamente alla legge salica a pro-
posito del matrimonio deUa principessa Beatrice di Savoia colarci'
duca d'At^tria d^Este, prese in esame con la sua consueta acutezza
di critico r interpretazione data dal barone Garutti alle convenzioni
nuziali stipulatesi in Cagliari il 19 giugno 1812 in occasione del ma-
trimonio della principessa Beatrice di Savoia, primogenita del re Vit-
torio Emanuele I, con l'arciduca d'Austria Francesco d'Este, nella re-
cente opera Storia della corte di Savoia durante la rivoluzione e
rimpero francese (voi. 2, pp. 178-188).
Pare che il barone Garutti, sebbene si mostri incerto e dubbioso,
abbia voluto conchiudere che in dette stipulazioni fli violata la legge
Salica. E invero non può negarsi, che nell'atto di rinunzia della sposa
si fa solo parola dei discendenti maschi di Vittorio Emanuele 1 e non
di alcun suo collaterale, come non è ignoto, essersi effettivamente
creduto per qualche tempo dalla Gasa Garignano e da' suoi, amici, che
con quell'atto fosse stata esclusa dalla successione. Ma il Ferrerò ri-
portando integralmente i documenti, e comparandoli col trattato di
Londra del 1718 e con l'interpretazione autentica datane nel trattato
di Vienna del 1815, riesce ad escludere in modo assoluto e certo l'in-
terpretazione del barone Garutti. Nella prefazione il Ferrerò tocca il
tasto delicato della manipolazione dell'archivio di Stato di Torino e
della risurrezione d'un archivio spreto di corte, sul quale ci riser-
viamo, occorrendo, più ampio discorso.
Ognuno comprenderà, come quest'opuscolo abbia attinenza con la
storia del nostro risorgimento, perchè discute la gravissima questione
dell'esclusione o non del ramo Garignano dalla successione.
Nell'altro opuscolo La regina Maria Teresa ^ Austria e la dimis-
sione del conte di VaUesa, il Ferrerò imprende a combattere alcune
affermazioni dell'on. Boselli su Maria Teresa, e la spiegazione da lui
data della dimissione del ministro Vallesa in un lavoro ricordato
nella Rivista.
Tutti sanno quale caldo difensore dell'austriaca sia il Ferrerò,
e non può negarsi che molti documenti da lui pubblicati rendano
diffidenti della tradizione comune; finora però parmi, che l'arguto
critico non abbia ancora spiegato, come abbia potuto formarsi un'opi-
nione si larga presso i contemporanei contro Maria Teresa senza fon-
damento di verità.
La critica fatta all'asserzione del Boselli sulla questione del Vallesa
riesce forse ad affievolire in qualche punto la sicurezza delle sue
affermazioni, ma non a distruggerle; né aggiunge nuovi dati in ap-
poggio della spi^^zione precedentemente data dal Ferrerò, che ripe-
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142 NOTV BIBLIOORAFICHB
teva le dimissioni del Vallesa dagli urti saoi con rambasciatore fira»-
cese Dalberg.
« •
li prof. Vittorio Visalli mirò a scrivere Hna storia documentala
delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862 nell'opera intitolata I Cor
labresi nel risorgimento italiano, in due volumi di pagine 344-466,
illustrata da una quarantina di ritratti.
Veramente il titolo è più ristretto del contenuto; imperocché non
è solo studiata la parte presa dai Calabresi al nostro risorgimento,
ma se ne descrivono tutte le vicende politiche e specialmente le in-
surrezioni d'ogni natura dalla fondazione della repoiiblica partenopea
alla proclamazione del regno d'Italia. Nò deve attendersi una storia
in gran parte desunta da nuovi documenti, perchò molti di quelli, che
l'egregio k, ha puM)licato in appendice erano già noti, e quindi non
contribuiscono a proiettare nuova luce sui moti calabresi.
Queste osservazioni , se esprìmono il desiderio che in una nuova
edizione lo studio del Visalli si concentri sul tema annunziato dal ti-
tolo, non scemano l'importanza del lavoro. In&tti il chiaro A., valen-
dosi delle molteplici pubblicazioni sul risorgimento italiano e delle
autorevoli storie che illustrarono il regno di Napoli e Sicilia in questo
secolo, e talora anche giovandosi di relazioni manoscritte, di pro-
cessi e sentenze di tribunali, riuscì a raccogliere le notizie disperse
nei vari libri relative all'attività politica dei Calabresi nelle rivolu-
zioni, che agitarono l' Italia meridionale dal 1799 al 1862, a ricordare
nomi di patriotti ingiustamente dimenticati e a risollevare nella gora
moderna il nome di molti degni di ammirazione per onestà, disinte-
resse e devozione alla libertà. Talora l'amore del tema forse gli sug-
gerì giustificazioni non sempre ammissibili di rivolte, che non mira-
vano nò alla libertà, nò all'ordine, nò al progresso.
Il prof. Luigi Manzi illustrò in un volume di 190 pagine I prò*
dromi della rivoluzione del 48 in Aquila e Reggio Calabria, giovan*
dosi pure di alcuni carteggi e documenti inediti, de' quali però due
soli pubblicò in appendice: atto d'accusa del procuratore generale Mo-
relli per gli avvenimenti del 1847-48 in Reggio; processo Mariano
D'Ayala, G. A. Romeo, O. 6. La Cecilia, A. Saliceti e G. Del Re in Aquila.
L'egregio A., descritta nel cap. 1^ la costituzione delle sètte po-
litiche in Aquila e in Reggio, narra nel 2^ con nuovi particolari la
rivoluzione del 41 in Aquila, e dedica tutto il rimanente dell'opera
sua (cap. III-IV-V-VI) a descrivere gli apparecchi alla rivoluzione
del 47 in Reggio, il moto del 2 settembre con la costituzione del go-
verno provvisorio, la catastrofe e la reazione successiva.
É una pubblicazione ricca di materiali, forse ancora un po' inorga-
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STORIA POLITICA 148
nica, ma utile anehe quarè alla comprensione del risorgimento italiano,
studiato nelle patriottiche città di Aquila e di Reggio di Calabria.
« «
Il oomm. P. Mamgardi, benemerito cittadino, che servi onestamente
e con intelligenza il suo paese in parecchie amministrazioni dello
Stalo e in missioni estere, sopratutto in Oriente nell* interesse dei
creditori verso il governo Ottomano, ritiratosi a meritato riposo aveva
ideato di pubblicare sotto il modesto titolo di Reminiscenze storiche
cinque volumi, utilissimi alla storia della finanza italiana e segnata-
mente del debito puM)lico, al cui riordinamento aveva avuto parte
cospicua. Morte T incolse, e Topera è rimasta incompleta. Però i tre
volumi editi (di pagg. xx-883-885-vin-678), anche spogliati dei capitai
e documenti rivolti alla storia generale e quindi altrimenti noti, con-
tengono tanta copia di notizie, ricche d'interesse economico e politico,
che non possono essere trascurate da chiunque si occupi del nostro
risorgimento.
Il primo volume riassume le conferenze intemazionali tenute a Zu-
rigo per la conversione in trattato dei preliminari di pace sottoscritti
a Viilafranca il 12 luglio 1859 da Napoleone in e dalHmperatore
d'Austria, e quelle tenute a Parigi dalla Commissione mista franco-
sarda per Tesecuzione degli articoli 4 e 5 del trattato sottoscritto a
Torino il 24 marzo 1860 portante la cessione di Savoia e Nizza alla
Francia. Sono discussioni complicate, che TA. illustra con 191 docu-
menti in buona parte inediti.
Il secondo volume (o 2^ parte del l"", come piacque al M. deno-
minarlo) concerne Tes^uimento della disposizione dell'art. 4*" della
convenzione 15 settembre 1864, per cui il Gk>vemo italiano erasi di-
chiarato pronto a entrare in negoziati per prendere a suo carico
parte proporzionale del debito dello Stato pontificio. Furono conferenze
difficili per la natura degli interessi e degli interessati, interrotte e
riprese più volte, recise dalla occupazione di Roma il 20 settembre
1870. Ben 402 documenti corroborano la narrazione.
II terzo volume (o parte 1' del voi. 2^) ò un lavoro magistrale
di storia finanziaria. L*A. risale alla formazione dei debito pubblico
del r^no italico, e ne espone le vicende posteriori al 1815 nei sin-
goli Stati italiani fino alla creazione dell'attuale regno d'Italia, chia-
rendo con 14 documenti giustificativi gli argomenti più controversi
della sua esposizione. Ora che è tornata palpitante la questione finan-
ziaria, sarebbe assai utile apprendere dalla chiara e serena narra-
zione del Mancardi^ come siasi in altri tempi proceduto tra difiicoltà
molto maggiori per salvare la dignità e il credito nazionale.
*
* «
Si leggono sempre volentieri le reminiscenze dei patriotti, special-
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144 NOTE BIBLIOGRAFICHE
mente poi d'un bersagliere, che non brontola, e serenamente racconta
i suoi casi.
Il libro del Tullioli non solleva, come direbbesi in stile grave,
un nuovo lembo della storia italiana, né mira a mettere in rilievo le
gesta singolari d*un condottiero; ma colorisce meglio cose note o le
conferma, menire emette giudizi sempre ispirati all' amore del vero
e del giusto senza pretese. La narrazione è illustrata da 52 incisioni,
talune delle quali veramente graziose e felici.
Viva è la descrizione dei moti del 1848-49 nel lombardo paesello
natio; fresco il ricordo degli incidenti ora lepidi, ora commoventi;
lieta la rimembranza della balda gioventù pavese sempre fiduciosa
nella risurrezione anche dopo i lugubri casi del 1849; briosi i bozzetti
di quartiere del 1859, quando i giovani volontari si preparavano a
combattere la nuova guerra dlndipendenza; interessante il viaggio del
Washington a Palermo in soccorso alla spedizione di Garibaldi ; cu-
rioso qualche episodio del brigantaggio.
Se il bravo capitano avesse fatto un pò* meno di filosofia e scritto
qualche ricordo di più sulle campagne del 1859, del 1860, del brigan-
taggio e del 1866, avrebbe forse recato maggior contributo alla storia.
III.
Appartengono al terzo gruppo le opere seguenti:
Cribrici L., Carlo Alberto e il suo ideale. Roma, stab. Palletta, 1892;
Basletta a., Ctu)re di re. 6' ed. Roma, E. Voghera, 1892;
Biondi G., Di Giuseppe La Farina e del risorgimento italiano dal
Ì8i5 al 1893. 2 voi. Torino, G. Glausen, 1893;
Marchese E., Quintfyio Sella in Sardegna. Torino, L. Roux e C, 1893;
BoNFADiNi R., ViUi di Francesco Arese. Torino, L. Roux e G., 1803 ;
Manfredi G., Enrico CiaMfni. Roma, E. Voghera, 1892;
Nisco N., H generale Cialdini e i suoi tempi. Napoli, A. Morano. 1803.
Il signor Ghierici tenne il suo discorso Carlo Alberto e il suo ideale
neiraula magna dell'ex-GoUegio romano il 5 aprile 1892 alla presenza
della Regina : discorso inspirato ad alto amore di patria e ad ammi-
razione verso Garlo Alberto, ma, a parer mio, sbagliato nel suo
concetto fondamentale.
Era sacro ideale di Carlo Alberto la libertà d'Italia, il suo uni-
flcamento, la sica indipendenza: ecco la tesi impossibile a dimostrare
nella sua interezza. L'egregio A. è quindi costretto a destreggiarsi in
mille modi per convincere i suoi uditori, che il Trocadero, la prote-
zione ai gesuiti e le fucilazioni dei mazziniani erano mezzi opportuni
al raggiungimento di queir ideale; e naturalmente non ci riesce. Su
Garlo Alberto Foratore avrebbe potuto trovar molto a lodare e ad
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STORIA POLITICA 145
ammirare sinceramente, quando non avesse voluto attribuirgli l'ideale
deirunificazione della libertà italiana.
« *
Cuore di re, opuscolo del Basletta, 6* edizione, ò un libriccino
popolare^ che mira essenzialmente a mettere in rilievo il gran cuore
di Vittorio Emanuele. Sono bozzetti raccolti dalla viva voce del po-
polo, e quindi non sempre di sicura autenticità; sono aneddoti spigo-
lati da varie memorie e biografie di V. E.; sono parole (e queste au-
tentiche) tolte dai discorsi del re al Parlamento oppure proclami al-
Tesercito; un intiero capitolo è destinato a registrare come plebiscito
d'affetto riverente gli apprezzamenti dell'opera compiuta dal gran re.
Quando il libro si restringesse ai bozzetti e agli aneddoti, e questi fos-
sero più numerosi e più nutriti, forse potrebbe acquistare maggior
numero di lettori nel vero popolo dei soldati, degli studenti, degli ar-
tieri e dei campagnuoli.
*
Giuseppe La Farina è senza dubbio una delle più spiccate figure
del nostro risorgimento, avendovi preso parte, sia col narrare al po-
polo italiano le glorie e le sventure della patria per infiammarlo alla
riscossa, sia congiui'ando per racc(^liere sotto il vessillo sabaudo le
forze più valide della nazione, sia combattendo con la sua eloquente
parola e con le armi per Tunità e Findipendenza italiana. E pure il
Farina fli in vita travagliato dall'ingiuria, dalla calunnia e dalla per-
secuzione d^li stessi patriotti, e fu dopo morte malmenato da taluni
storici con linguaggio da trivio. Era dunque opportuno, che qualche
dilìgente ricercatore delle memorie nostre ne imprendesse ad illu-
strare con serena imparzialità in tutta la sua interezza la vita per
porre in chiara luce il grande messinese e bene rilevare la parte sua
nel nazionale riscatto.
Questo intese fare il prof. Giuseppe Biundi nei due volumi annun-
ziati (pag£. xxii-568-yi-030). L'opera è divisa in prolegomeni e cinque
parti. Nei prolegomeni sono descritte le condizioni politiche dell'Italia
dal 1815 al 1847, riguardate specialmente come preparazione al risor-
gimento; nella 1^ parte è tratteggiata la biografia del JIa Farina dalla
nascita (1815) fino al febbraio del 1848; nella 2^ è rappresentata la
parte avuta dal La F. nella rivoluzione siciliana del 1848-49 ; nella 3*
TA. segue le peripezie dell*esule e l'attiva sua cooperazione alla ri-
scossa italica dal 1849 al 1860, spedahnente con la Società nazionale
da lui fondata ; neUa 4^ è esaminata la condotta politica del La F.
dallo scoppio della rivoluzione siciliana (4 aprile 1860) alla sua morte
(5 settembre 1863); la parte 5^ contiene una rassegna critica delle sue
produzioni di vario genere> considerando il La F. come storico , ro-
manziere, novellista, drammaturgo e poeta. Seguono un'appendice di
Bigina Storica Italiana, IL 10
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146 NOTB BIBLIOOBAFIOHB
circa 200 pagine, ch'è un sommario della storia dltalia dal 1863 al
1893, numerose illustrazioni e documenti, taluni dei quali rari o ine-
diti, e un elenco cronologico di tutte le opere, opuscoli, giornali, let-
tere e diplomi del La Farina.
Il chiaro scrittore si accinse alla sua impresa in condizioni molto
favorevoli per condurla a buon porto: autore conterraneo e coetaneo
al La F. e in relazione personale con lui fino dalla rivoluzione del
1848, lettura attenta delle pubblicazioni del La F., ampio corredo di
materiali, informazioni amplissime attinte da fonti buone e svariate
nella stessa Messina, trentanni di tregua alle passioni dalla morte del
La Farina. Queste condizioni Ikvorevoli concorsero a rendere l'opera
del Biundi copiosa di fatti, e quindi la più completa sotto questo ri-
guardo, temperata nella polemica sui punti più scabrosi della vita
del suo protagonista, ispirata ad elevati sensi di concordia e di pa-
triottismo.
Ma l'opera non raggiunge che parzialmente il suo intento, perchè
troppo farraginosa e inorganica. Se TA. avesse lasciato da parte la
storia generale, che dev'essere nota al lettore d*una biografia del
La F.; se non avesse impiegato tante pagine a narrarci il contenuto
di opuscoli, novellette, poesie e romanzi di mediocre valore del suo
protagonista; se avesse evitato le fi[*equentissime ripetizioni di fatti e
di apprezzamenti; se avesse sacrificalo molte illustrazioni inutili; se
avesse condensato il suo racconto, probabilmente non avremmo due
volumi di pagine xxyni-1198, ma in un solo volume di circa 400 pa-
gine apparirebbe più chiaramente e schiettamente la maschia figura
del patriotta messinese.
« «
L'ingegnere Eugenio Marghesb, compagno della giovinezza studiosa
di Quintino Sella e suo ammiratore, neir evocare una parte del sog-
giorno di Quintino Sella in Sardegna intese rendere un omaggio alla
memoria del grande uomo e accendere negli italiani vivo amore per
la Sardegna.
Quintino Sella è noto al gran pubblico come uomo politico e come
ministro delle finanze, è apprezzato per la fermezza e costanza del
carattere e per il fervido patriottismo, ma è meno conosciuto neirin-
timità sua e nel culto per la scienza. Il Marchese, che gli Ai compagno
e guida nella peregrinazione attraverso la Sardegna nel maggio e
giugno del 1869, quando il Sella v^andò con l'incarico di una speciale
inchiesta suirindustria mineraria, compie sotto quel duplice aspetto
la biografia deirillustre biellese.
Furono diciotto giorni di viaggio faticoso e di esplorazione accu-
rata e istruttiva; da Cagliari alla regione Iglesiense ricca delle scorie
piombifere di Domus Novas, delle miniere di Montenuovo, di Genna-
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STORIA POLITICA 147
mari, di Ingurtosu e di Montevecchio; per il Campidano ad Oristano,
ai nuraghi di Macomer e a Sassari; di là alle miniere della Narra e
per la Gallura (Tempio) e il Logudoru (Ozieri) nella regione di Lula e
a Nuoro; indi a Ck)rreboi e sulla vetta del Gennargentu; poi per La-
Dusei alle miniere di Tertcnia, nella regione del Serrabus, e per il
passo dei Sette Fratelli a Cagliari. Itinerario splendido, eseguito con
precisione, illustrato dalla dottrina scientifica e storica deir autore,
reso anche piacevole dagli aneddoti concorrenti a meglio chiarire il
carattere di Quintino Sella e i costumi del popolo sardo.
• «
La Vita di Francesco Arese scritta da Romualdo Bonfadini rievoca
una fiera ed eccentrica figura d*uomo, nobile di nascita, democratico
di abitudini, rivoluzionario di fibra, monarchico di convinzioni, che diede
undici lustri della sua esistenza al pensiero ed alle necessità della
patria.
Francesco Arese nato a Milano nel 1805 temprò Tanimo giovanile in
mezzo alle tradizioni napoleonica e cisalpina de* suoi educatori, e si senti
ribelle al giogo austriaco. Nel 1825 in un viaggio a Roma con la madre
strinse amicizia col giovinetto Luigi Bonaparte, che durò quanto la vita
e fu utilissima ai destini d'Italia. Poco appresso la cacciata del Bonaparte
da Roma, TArese emigrò da Milano (1831), e cercò ospitalità presso
Tamico suo nel castello di Arenenberg, col quale convisse più di un
anno. Viaggiando ne' liberi paesi di Svizzera, Belgio ed Inghilterra, la
mente sua si staccò dal mazzinianesimo e dalle sette (1832-34). Per
dissapori colla madre, che gli assottigliò la pensione, andò soldato in
Algeria con Tesercito francese; s'indurò alle fatiche e vi contrasse
preziose amicizie (1834-36). Bra da poco tornato in Europa, quando
intese, che il Bonaparte sorpreso nella cospirazione di Strasburgo
era stato spedito sopra una fregata in America. Con cuore d'amico
lo precorse, volendo che trovasse un fratello nello sbarcare a New-
York. Visitò l'America del Nord e ne scrisse una relazione, che il
B. pubblica in appendice. Per l'amnistia di Ferdinando I potè ritor-
nare in patria nel 1838, e nel lungo decennio di preparazione secondò
l'indirizzo patriottico della stampa nazionale. Addolorato dalla prigionia
di Luigi Bonaparte nel castello di Ham per il tentativo di Boulogne,
cercò confortarlo con la sua amichevole corrispondenza epistolare.
Allo scoppio della rivoluzione di Milano (18 marzo 1848) l'Arese fu
inviato a Torino per sollecitare l'aiuto di Carlo Alberto; indi a Mo-
naco come plenipotenziario del governo provvisorio; fallita la missione,
prese le armi fino alla giornata infausta del 6 agosto che gli riaperse
la via dell* esilio. Divenuto il Bonaparte presidente della repubblica
francese, l'Arese fu inviato a Parigi per propiziarci in quei frangenti
la Francia. Per la prova di grande accorgimento data in questa mis-
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148 NOTE BIBLIOGRAFICHE
sione TArese divenne Fanello di congiunzione tra il governo sardo e
rimperìale, e sotto questo riguardo occupa nella storia del nostro ri-
sorgimento una pagina tutta sua, di cui nessuno ebbe o nessun altro
forse poteva avere T equivalente. Alti servigi rese infatti alla causa
italiana con la sua influenza personale su Napoleone; nel 1852,. quando
vivo facevasi Turto con la curia romana per la politica ecclesiastica
del governo sardo; nel 1853, quando T Austria dopo il moto milanese
del 6 febbraio ordinò il sequestro dei beni degli emigrati; nel 1855-56
per la guerra di Crimea e il congresso di Parigi; nel 1858 dopo l'at-
tentato Orsini; nel 1859 per la guerra d*indipendenza ; nel 1860 per
le annessioni; dal 1861 al 1864 per le trattative sulla questione ro-
mana. Attenuate le relazioni politiche, continuarono vivi i rapporti
personali con Napoleone fino alla morte. Fatta Tltalia, TArese sena-
tore fin dal 1854 e collare delFAnnunziata dal 1869 prese parte a
tutti gli eventi con alti sensi di amor patrio, finché morte il colse il
25 maggio 1881.
Il B. esponendo con Tappoggio di nuovi documenti, parte dei quali
pubblica come allegati al suo volume, le vicende della vita inteme-
rata, energica e dignitosa del conte Arese, aggiunse alla storia del
nostro risorgimento un notevole capitolo; proiettò nuova luce sulla
figura di Napoleone nei suoi rapporti benevoli e benefici verso ritalia ;
e, scrivendo con forza e brio un bel libro, compi pure una buona
azione, offrendo in questi momenti di marasmo e di decadimento mo-
rale un nobilissimo esemplare della schiera dei precursori e coopera-
tori alla nostra redenzione.
* «
Poco dopo la morte del generale Gialdini vennero pubblicate le Naie
biografiche di G. Manfredi. Probabilmente furono quasi improvvisate.
Raramente ci accadde di leggere raccolte in si breve volume, scritto
sotto rimpressione della morte, una biografia cosi completa, sincera e
indipendente da qualsiasi partito. L*A. riassume nel suo opuscolo tutte
le peripezie notevoli della lunga e avventurosa vita del Gialdini (1811-
1892), tenendo costantemente d'occhio il suo protagonista; espone al-
Toccorrenza episodi e aneddoti, giovevoli a meglio chiarirne il carat-
tere; ammiratore deir ingegno, dell* energia e del patriottismo del
Gialdini apprezza però con serena libertà di giudizio gli atti della sua
vita, che mal rispondono a principii assoluti di verità e di giustizia.
•
♦ •
Si prova un disinganno, che rincresce, a leggere il volume scritto
da NiCGOLA NisGO, Il generale Cialdini e i suoi tempi; non disin-
ganno sugli intendimenti sempre elevati e nobilissimi deirillustre pa-
triotta, non sulla conoscenza dei fatti, neppure suir eleganza della
forma del valente scrittore, ma suirobbiettivo del libro.
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STORIA MILITARE 149
Invero esso non contiene Io studio speciale sopra il Gialdini, che il
Nisco amico e contemporaneo avrebbe potuto darci, ma un estratto
della sua storia civile d*Italia in proporzioni non sempre adeguate ai
perìodi contemplati dalla narrazione. Perciò la personalità del Gialdini
è affogata nella storia generale del nostro risorgimento, e non solle-
vata sopra un piedestallo, come si conviene ad un ricordo bic^raflco,
per quanto collegato co* suoi tempi. In pochi punti la figura del Gial-
dini spicca sopra Tambiente; di lui si tace quasi affatto dopo il 1862.
Eppure Gialdini partecipò alla guerra del 1866, tenne speciale atteg-
giamento di fronte al governo nel 1870, disputò col generale Lamar-
mora. Ai ambasciatore a Parigi: fatti notevolissimi per un apprezza-
mento pieno e adeguato della parte avuta dal Gialdini nella storia
politico-militare del nostro risorgimento.
Non ostante queste lacune, si legge sempre volontieri la parola del
patriotta, che nella vecchiezza rammenta gli ideali, che ispirarono la
rivoluzione italiana e non si accascia sfiduciato nella presente debo-
lezza economica, politica e morale.
C. RlNAUDO.
n. STOEIA MILITARE
La ristampa di un libro che conta mezzo secolo di vita, e considera
un momento nella storia militare, ridonda a lode del libro stesso. Ora
l'Unione tipografica-editrice ha infatti pubblicato di nuovo la Storia
delle compagnie di ventura di Brcole Ricotti, la quale storia per
tal modo è giunta alla sua terza edizione.
Se teniam conto dello spirito con cui fu scritto il libro, e della fran-
chezza delle idee in esso contenute, noi dobbiamo essere grati airu-
nione dell'opera sua.
Si sa che Torigine prima di questa storia è da cercarsi in un quesito
proposto dalla Accademia delle scienze di Torino suUa milizia del Co-
muni italiani. Il Ricotti sul principio del 1840 rispose lodevolmente
a quel quesito. Erano i bei tempi del risveglio storico letterario, quando
ritalia cercava coscienza di sé nello studio del passato ed una pleiade
di letterati faceva corona al Balbo rintracciando nelle vicende me-
dievali il concetto della vita nuova dltalia. Di poi la politica trascinò
gli uomini; le vicende della giornata tolsero loro ogni tempo; il let-
terato si divise dairuomo politico ; e lo studio della storia parve un
lusso da lasciarsi agli studiosi. Se sia stato un bene, i tempi presenti
lo dimostrano. Gerto non era cosi negli anni che precedettero il 1848,
quando appunto il Ricotti pubblicò Topera sua.
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150 NOTB BIBLIOaRAFICHB
Risposto al quesito (lettogli dairAccademia, il Ricotti allargò il suo
lavoro in modo da comprendervi dieci secoli di storia militare italiana,
ponendo in luce l'evoluzione che vi hanno seguito le istituzioni mili-
tari, cercandone la ragione nello stato sociale, ed evocando via via
nomi e fatti non privi di gloria per noi.
Il libro ebbe per titolo Storia delle compoffnie di ventura, e ci pare
meno appropriato di un altro che invece dicesse, per esempio: sitoria
delie milizie in Italia» o qualche cosa di simile. Tal quale fu messo
insieme dal Ricotti, riuscì un*opera organica, solidamente imbastita,
scritta con facile e purgata lingua, sostenuta da preziose ricerche e
da efficace erudizione. Essa venne in luce nel 1844 per cura del Pomba,
di veneranda memoria per i benefici resi da lui alla coltura intellettuale
de* tempi suoi, e fu ristampata un anno dopo con edizione piò eco-
nomica.
n parlare di questo libro sarebbe soverchio. Dopo la sua pubblica-
zione videro il giorno nuovi e numerosi documenti per illustrare le
vite degli uomini in esso menzionati, e le gesta di cui in esso si tratta.
Dal Ghiron alKYriarte numerosi scrittori presero per oggetto dei loro
studi il secolo XV considerato nei capitani di ventura, soldati sagaci,
duci astuti, saggi principi, e per giunta mecenati intelligenti. Nulla
di nuovo e di essenziale fu aggiunto ai giudizi dati con larghezza di
mente e con moderazione esemplare dal Ricotti, mezzo secolo fa.
Ma ben più che per il merito deirerudizione, questo libro, giunge
opportuno come quello che ci apre la mente sulle trasformazioni
subite in casa nostra dallo stato militare in più di dieci secoli di vita,
dairepoca dei Longobardi a quella delle stentate milizie messe in
piedi e tisicamente alimentate dai nostri principi nei due secoli più
vicini al nostro. Ora specialmente che fervono le questioni sulfeccesso
delle spese militari, sul bisogno di tenere allestiti eserciti sempre più
numerosi, sulle vie da tenere per liberarsi dal loro peso, non sarebbe
fuori di posto uno studio accurato e profondo sulle relazioni che cor-
rono tra gli ordini ed il numero delle milizie da una parte e le con-
dizioni sociali d*un popolo dairaltra. Ed allora noi troveremmo, non
senza meraviglia, che i quesiti, i quali oggi ci paiono insolubili, hanno
già agitato le menti alle generazioni dei tempi passati. Anche nei ^-
ìoni ove si raccoglievano le assemblee popolari nei tempi dei Comuni
medievali noi troveremmo facilmente Teco dei lagni sollevati dagli
armamenti che erano, o parevano, eccessivi a quanti tenevano conto,
solamente dei mali immediati di cui erano causa, e non consideravano
la protezione che ne ricavava rassetto sociale, e le maschie virtù a
cui tempravano gli uomini. In quei tempi la soluzione venne per la
forza delle circostanze più che per le previdenze dei legislatori. Era
ragionevole, poiché pareva che non vi fossero precedenti per regolarsi
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8T0RU MILITARE 151
sopra essi. La lettura della storia del Ricotti, ci fa credere che il pas-
saggio dall'armamento aniversale ed ecceasiro per le condizioni in cui si
trovava la società alla riduzione delle spese militari sia avvenuto quando
cessarono le noilizie comunali. In questo solamente il fenomeno diffe-
riva dairodlemo, che oggi la imponenza degli armamenti si risolve
in una forte spesa devoluta al bilancio militare, mentre allora il danno
economico si manifestava nella instabilità delle condizioni di ciascun
cittadino, che non potea pensar tranquillamente ai fatti suoi, né a
prendere lontane decisioni, senza essere chiamato di tanto in tanto
a correre gualdane ed a &r cavalcate. Non se ne volle più sapere ;
e molto ancora vi influì la diminuzione di fiducia nelle grosse schiere
cittadine, poderose per numero, scarse di slancio, prive di valore ef-
ficace. Parve più opportuno di prendere a soldo alcune schiere di uo-
mini adatti e desiderosi di fare il soldato: airidea del numero pre-
valse quella della bontà intrinseca : e sulle mine delle milizie cittadine
sorsero le compagnie mercenarie, obbligate mediante regolare con-
tratto a combattere con tutto Timpegno di cui erano capaci in favore
di colui che le pagava, ed a tenersi addestrate a combattere vittorio-
samente per non perdere i diritti allo stipendio. Quelle compagnie, a
conti fktti, finirono col eostare meno delle milizie cittadine, ed a ri-
spondere meglio di esse airufficio della guerra : e se non vi fosse stato
altro vantaggio, v*era quello di costare una somma ben definita;
sicchò gli avi nostri, da gente venuta su dal banco dei negozianti, iscri-
vendo nel bUancio il mantenimento della compagnia, sapevano mi-
surare a quali rischi pecuniari si sottoponevano, mentre non potevano
misurare quelli cui si esponevano rimanendo obbligati personalmente
al servizio militare. Cosi avvenne che le oligarchie spadroneggianti
nei Comuni italiani dettero a cottimo la difesa cittadina: compresero
che in questo modo si risparniiavano noie personali, sapevano quello
che spendevano, e spendevano bene ponendosi in mano di gente capace.
Quello che ne avvenne ce lo spiega il Ricotti. Gli Stati mutarono
la maniera di farsi la guerra: andarono rubandosi le compagnie di
soldati, e specialmente le più riputate: e queste corsero alla ventura
ove trovarono da fi9ir migliori guadagni. Sicché la guerra d'uomini si
trasformò in guerra di quattrini, e gli Stati, come nota il Ferrari^ fi-
nirono col far bancarotta. Poi, in una seconda fose i capi delle truppe
divennero capi dello Stato; e chi vi guadagnò senza restrizione al-
cuna fu Tarte militare. Tanto è vero che i capitani di ventura la per-
fezionarono tanto, che, per tre secoli, almeno la loro tradizione fece
scuola in Europa. Ed é appunto questa tradizione che il Ricotti segue
con somma diligenza, raccontandoci le gesta degritaliani fuori d'Italia,
colle quali chiude il suo libro.
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152 NOTB BIBLIOGRAFICHE
Cotesti parallelli tra il passato ed il presente non son più di moda.
Oggi si preferisce lo stadio obbiettivo di un episodio, e si accumulano
indagini e documenti per chiarirlo in ogni suo particolare.
Un libro inprontato da questo spirito è certamente quello di Gh. Dn-
FATARD, il quale prende a soggetto Ia connétaòle di Lesdtgutòres.
(Paris-Hachette, 1892: pag. xxii-6i4). Le notizie riboccano, nessuno
dei particolari che riguardano le gesta del celebre connestabile è tras-
curato; gli archivi di Torino e di Francia hanno liberalmente posto
le loro ricchezze a disposizione dello scrittore, e questi a quella del
lettore; ]e citazioni sono tutte di prima mano; e tuttavia il libro riesce
oscuro, e per conseguenza la lettura un po' pesante, caso raro per un
libro francese. Si cerca la ragione e sulle prime non appare; la ma-
teria è ben distribuita tra i 23 capitoli che formano Topera; ma la
confusione comincia nell'interno dei capitoli, i quali sono zeppi di fatti,
ma eccessivamente scarsi di date. Sicchò sfugge la connessione tra i
fatti, e per conseguenza la ragione logica del loro succedersi. Spesso
Fanno indicato a capo di pagina basta per raggruppare una serie di
negoziati, di movimenti di truppe, di assedi, di complotti. La loro contem*
poraneità o la loro successione vorrebbe essere resa assai più precisa
coirindlcazione del giorno od almeno del mese in cui ogni singolo fatto
avvenne ; ed invece TA. si dimentica spesso e volentieri di &rlo. Gosì
si viene a sapere che il duca di Savoia tentò di prendere Ginevra,
cercò alleanza con Enrico III di Francia, cangiò parere e si volse alla
Spagna con cui finì di allearsi; tutto questo avvenne tra il 1580 ed
1589, e solo sull'ultima fase è citato l'accenno che ne fa un amba-
sciatore veneto in una sua lettera del 13 giugno, senza che sia indi-
cato l'anno. È detto che Carlo Emanuele I di Savoia nel 1589 occupò
il marchesato di Saluzzo e poi per tutti gli avvenimenti di quell'anno,
i quali sono parecchi e minuti tanto da occupare sei pagine di scritto
assai serrato, non appare più che una data sola, quella del 18 di agosto
nel qual giorno il cavaliere Baratta si reca dal Lesdiguières a nome
del duca per voltarlo ai suoi interessi. Mi pare un po' poco. Il 1590 com-
prende in una decina di pagine i fatti passati tra il connestabile ed il
duca di Savoia ; il racconto è minuzioso, parla di guerra spicciola, di
attacchi, di sorprese, di movimenti di truppa ed a tutto questo sono
appiccicate quattro sole date ed una di esse per soprapiù priva dell'ac-
cenno al mese di cui si tratta. É inutile lo spingere oltre Tanalisi, ma
non si può a meno di deplorare il male onde il libro perde d'interesse.
Altra ragione dello scarso interesse destato dal libro dipende dalla
esposizione sbocconcellata di un racconto che va minuzzandosi, senza
che l'A. cerchi mai di ravvisarlo col richiamare la mente del lettore
all'insieme degli avvenimenti. Sembra di leggere le note tratte con
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STORIA MILITARE 153
somma pazienza dagli Archivi, infllate una dopo Taltra senza arte.
Perfino Tultimo capitolo che dipinge nel Lesdiguières Tamministratore,
Fuomo ed il capitano, è un mosaico, imperfettamente connesso, di ci-
tazioni.
Ma queste note sono innumerevoli; TA. non ha risparmiato certa-
mente fatiche per raccoglierle. Ovunque egli può citare le parole te-
stuali dei contemporanei del Lesdiguières. E quindi il libro che stiamo
esaminando, malgrado le mende indicate, è di quelli che saranno spesso
consultati, citati, e talora saccheggiati a man salva da chiunque voglia
trattare dei tempi che corsero tra le guerre civili di Francia e lo
scoppio della guerra dei Trentanni. Per noi hanno speciale interesse
i capitoli i quali trattano delle relazioni tra il Lesdiguières ed il duca
Carlo Emanuele I di Savoia, e delle guerre combattute tra loro, e fi-
nite col trattato di Lione: del trattato di Erosolo e degli sforzi fatti
dal Lesdiguières per indurre Maria de Medici a seguire Tindirizzo po-
litico di Enrico IV, e sopra tutto la alleanza della Francia col Piemonte:
degli afiari della Valtellina e di Genova nel 1625. Questi argomenti
comprendono più della metà del libro, e rispecchiano Tinfluenza eser-
citata da Carlo Emanuele I negli afiari politici dei tempi suoi.
La conquista del marchesato di Saluzzo, allora tenuto dai francesi,
la sorpresa di Ginevra, e la formazione di un regno allobrogo, che
comprendesse lo spalto alpino fino al Rodano, sembrano gli obbiettivi
del duca Carlo Emanuele nella prima fase del suo regno. Il marchesato
di Saluzzo gli occorreva per riunire solidamente il Piemonte al Niz-
zardo, mentre non erano tenuti insieme che da un sottil lembo di
territorio tra il Monferrato ed il Saluzzese ; il possesso di Ginevra ren-
deva sicuro quello della Savoia, ed il regno allobrogo unendo la Pro-
venza ed il Delfinato alla Savoia avrebbe dato ai destini della stirpe
savoiarda un indirizzo assai diverso da quello che ebbe. Potrebbe egli
darsi che questo regno allobrogo non sia stato per il duca altro che
una lustra per rendere sicura Toccupazione del Saluzzese? L*A. non lo
lascia supporre, ed allora il duca Carlo Emanuele non può evitare il
rimprovero di aver messo mano a troppi progetti nello stesso tempo.
E com'era troppo ampio il suo piano politico, fu troppo estesa la sua
azione militare; sicché il Lesdiguières, annidatosi in Grenoble come in
un centro sicuro, potè battere alla spicciolata le truppe, che in nome
del duca venivano ad assalirlo da diversi punti. Oggi i mezzi di guerra
sono aumentati, e tuttavia non vorrei dire che la campagna del Les-
diguières non avesse ancor og^ ad essere istruttiva. La montagna li-
mita rinfluenza del numero ed aiuta quella deirastuzia. Un ardito
partigiano il quale stabiliscasi nel punto ove convellono più vallate
e di là con ardite imprese spingasi ora da una parte ora dall'altra
alle offese, riuscirà anche oggi assai molesto. All'infuori di ciò, nella
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154 NOTE BIBLIOORAFICHE
guerra di montagna, il Lesdiguières fti intelligente precursore dei duchi
di Rohan e di Berwich. Il poco che ne diceva il Salazzo è co^ con-
taao da riuscire insufficiente per jGu*lo apprezzare; le numerose no-
tizie raccolte dairA. possono servire di base ad un efficace studio sulla
guerra alpina.
Il trattato di Brosolo mutò Torientamento della politica di Carlo
Emanuele I. La Spagna diveniva onnipotente in Italia, e ragioni d'esi-
stenza spingevano il duca a ravvicinarsi ad Enrico IV ed alla Francia.
Lesdiguières ta il padrino della nuova alleanza. Carlo Emanuele avrebbe
la Lombardia, ed in cambio si limiterebbe a demolire le fortificazioni
di Montmélian; però il Lesdiguières occuperebbe Valenza ed Ales-
sandria e le terrebbe in pegno. Ma in pegno di che? I trattati non
lo dicono. Intanto TA. segue passo passo le discussioni che condussero
alla conclusione del trattato di Brosolo, e non manca di dare al duca
di Savoia del volubile, e del perfido. Ma dal racconto risulta che il
duca era costretto dalle circostanze a ravvicinarsi alla grande lega,
la quale aveva per iscopo di dare l'ultimo crollo alla potenza dei re
di Spagna in Europa. Perchè Enrico IV fece patti larghi a Cario Ema-
nuele I, e perchè il Lesdiguières, che doveva prendere il comando
delle truppe francesi in Italia, cessò Tantica nimicizla contro il duca?
Evidentemente i francesi non potevano scendere in Italia senza che
il guardiano delle Alpi aprisse loro il passo. La morte di Enrico IV
sospese gli efietti del trattato di Brosolo. Maria de Medici, reggente di
Francia, si accostò alla Spagna fino al punto di allearsi con quella
Potenza. Il Lesdiguières cercò d'impedire la piega che prendevano gli
avvenimenti : insistette presso la regina acciocché fosse tenuta fede ai
patti di Enrico IV. Non riusci a nulla. Carlo Emanuele I Ai indegnamente
sacrificato, ed il Lesdiguières fu incaricato di dargliene Tannuncio. E
perchè il duca non sapeva adattarvisi, TA. dopo di aver detto che il
Lesdiguières si era impazientito delle escandescenze di un princpe
che non voleva rendersi alla brutalità del fatto, rammenta le parole
testuali dette in tale occasione dal connestabile, e sono le seguenti : che
se la parola di un ambasciatore di S. M. non bastava a far credere
il cambiamento avvenuto nella politica di Francia, non sarebbe bastato
nemmeno s'egli (cioè il duca) havesse visto il principe di Spagna
nel letto con madama di Francia. Sentendo S, Altezza quella re-
solutione così affermativamente, cominciò a gridare, e pelarsi la
barba e piangere per rabbia.
' Altro che la leggenda della politica di casa Savoia che ora si ap-
poggia a Francia ed ora a Spagna per avvantaggiarsi; è un miracolo
se ha potuto a forza d'arte e di coraggio rimanere in piedi e soprav-
vivere; in Piemonte il tradimento eccitò talmente il ^popolo che si di-
ceva volesse far man bassa su tutti i francesi che vi dimoravano ; il
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STORIA MILITARE 155
duca rimpedi, e tenne da solo testa agli spagnaoli con una lunga
guerra; avrebbe perduto la corona e la vita, ma voleva difendersi
colle unghie prima di cadere vigliaccamente. Il Lesdiguières lo aiu-
tava di sottomano, e finalmente, appoggiandosi ai trattati, nel dicembre
1615 passò le Alpi alla testa di 7000 uomini e di 500 cavalieri per
accorrere in suo soccorso. Le corti di Francia e di Spagna avevano
cercato tutti i mezzi possibili per impedirglielo. Non vi riuscirono. 1
concetti di Enrico lY erano sacri per lui, ed egli riteneva che fosse
di prima importanza per la Francia il sostenere la casa di Savoia.
Arrestiamoci. Il libro del Dufayard si ribella al desiderio dì farne
un riassunto; è questo il suo merito principale, ed è anche una prova
deUa cura paziente con cui TA. lo ha compilato.
*
« *
Se Topera del Dufayard è un contributo alla storia, quella di P. Gottin,
VAngleterre devani ses aUiés (Bureaux de la Reime retrospectìve,
1893, pag. 100) è, 0 vorrebbe essere un contributo della storia alla
politica. La tesi è questa: Tlnghilterra è nemica nata della Francia;
ma coloro i quali si fidano sulFalleanza inglese hanno poco da stare
allegri.
La prima parte della tesi fu argomento di parecchie magistrali con-
ferenze dello storico inglese Seeley, il quale dimostrò che da più di
un secolo la storia della Francia e delllnghilterra si svolge nel con-
flitto suscitato tra l«ro dalle rispettive loro ambizioni, e che le guerre
europee combattute nel medesimo tempo erano conseguenze di quel
conflitto, 0 per lo meno erano con esso intimamente collegate. La se-
conda parte è provata colla citazione di parecchi fatti. Nel 1793 i
Tolonesi ribellatisi contro la fazione giacobina predominante in Parigi,
sono soccorsi dagli Inglesi; risultato: il disarmo degli abitanti, Tin-
cendio delFarsenale e della flotta francese racchiusa nel porto di To-
lone, e, ottenuto questo risultato, Tabbandono della città e degli alleati.
Nel 1794 dopo la battaglia di Fleurus glMnglesi attorniano i magazzini
militari di Anversa e distruggono le munizioni di guerra, e poi per-
mettono che i francesi penetrino liberamente nella città: e cosi, giù
giù, venendo fino ai tempi più recenti, gli emigrati a Quiberon ed
alla Guadalupa, i turchi in %itto ed in Siria, gli spagnuoli nella guerra
d*iiidìpendenza e via di seguito furono freddamente traditi dagllnglesi.
E gFitaliani? Lo furono anch'essi a Napoli. L'A. prende per guida il
libro del Gagnière: La reine Marie Caroline de Naples (Paris, 1889).
La flotta inglese comandata da Nelson, tocca Siracusa per rifornirsi-
di provvigioni. I trattati del 1796 lo proibivano, ma i trattati furono
violati per i begli occhi della Emma Lionna: e la fiotta inglese con
qnel riapprovigionamento potè battere la francese ad Abukir, mentre
non vi sarebbe riuscita senza prima essersi rifornita di quanto le man-
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156 NOTE BIBLIOGRAFICHE
cava. Entrata trionfale di Nelson in Napoli, dichiarazione di gaerra
alla repubblica francese, vittorie di Gbampionnet, fuga del re di Na-
poli. Lady Hamilton depositaria dei gioielli della corona (85 milioni di
valore) e di due milioni e mezzo di sterline. Qui la narrazione perde
di vista questo deposito, lasciando il lettore sgomento circa la sua fine.
Segue un accenno all'attacco di Precida: il capitano Trowbridge,
che ne è incaricato, infierisce contro i sospetti liberali, o giacobini,
eccita il giudice incaricato di procedere a non guardar per sottile ed
a dare i supposti colpevoli in mano al boia; Tammiraglio Nelson rin-
nega la capitolazione dei difensori di S. Elmo, benché fosse sottoscritta
dal cardinale Rufib in nome del re di Napoli, e fa impiccare Tam-
miraglio Caracciolo. I Borboni ricompensano il Nelson col regalo di
una corona d'oro massiccia, e quello che più monta, con una spada,
la cui elsa d*oro era arricchita di grossi diamanti, la medesima che
Luigi XIY aveva dato al nipote quando parti per la Spagna. In cambio
ringhilterra tolse al regno (che TA. si ostina a chiamare delle due Si-
cilie con evidente anacronismo) risola di Malta, e soscrisse la pace di
Amiens senza nemmeno avvisare gli cUleaii di Napoli. È vero che
nel frattempo era avvenuta la battaglia di Marengo, e che il 18 marzo
1801 11 re Ferdinando aveva dovuto sottoscrivere la pace di Firenze
coi francesi. Ma questo TA. non si cura di dirlo per venire alla con-
clusione, invitandoci a essere troppo oi^oglìosi del protettorato inglese,
ed eccitando il governo italiano, il quale tiene alla sicurezza dei suoi
posti ed alla salvaguardia dei suoi diritti a meditare la storia di Fer-
dinando IV ed a non dimenticare il cadavere del Caracciolo galleg-
giante sotto la nave che riconduceva il re a Napoli.
La morale del libro vorrebbe essere il noto proverbio italiano:
dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io, e sotto questo
punto di vista ben venga il libro del Cottin. Ma la tesi vuol essere
ampliata, ed i consigli dello scrittore sono troppo interessati finché si
restringono alla sola Inghilterra. Sarebbe veramente utile e vantag-
gioso un libro, che, in forma popolare, ci ribattesse di continuo in testa
come in ogni occasione le nazioni, le quali cercano aiuti al di fuori
delle proprie forze, lo pagano caramente a prezzo di onore, di danaro
e di sangue. In un libro simile troverebbe gran posto la storia del-
rinvasione napoleonica del 1796, e quella della ruina della repubblica
di Venezia col relativo annichilimento della flotta e dell'arsenale di
quella repubblica.
*
• #
Il sig. laeglè continua a tradurre ed a pubblicare la storia di Na-
poleone I scritta in tedesco dal D'' Fournier, membro della Camera
dei deputati in Austria. Abbiamo avuto campo di occuparci già del
1*" volume. Questo è il secondo. Abbraccia il periodo che corre dal
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STORIA MILITARE 157
1802 al 1810. Dalla pace generale coirEuropa firmata dal Primo Con-
sole al divorzio delFimperatore ed alle sue nuove nozze con un* arci-
duchessa d^Austria.
Ordine, moderazione nei giudizi], conoscenza di tutte le fonti storiche
e giusto loro impiego, sono le doti di questo volume, come lo erano
deiraliro. É uno di quei buoni libri tedeschi, in cui la forma popolare
non impedisce la conoscenza profonda del soggetto, ed il timore di
perdere il lettore non trattiene dal narrare i fatti come la più recente
critica li ha accertati, piuttosto che nel modo con cui il pregiudizio
o la vanteria nazionale li ha stereotipati a danno del vero.
Se Tavesse voluto, Napoleone poteva essere un principe pacifico ?
Questo è il problema che da una pagina alFaltra ripropone lo scrit-
tore, e naturalmente lo converte nell'altro: lo stato quasi perenne di
guerra nel periodo napoleonico è dovuto al carattere deiruomo o ad
una forza che fatalmente e senza posa lo spingeva contro l'Europa ?
« Egli dirigeva la politica dell'Europa pronto a rovesciare coir armi
qualsiasi resistenza ovunque si fosse mostrata. Aveva concluso la pace
generale perchè ne aveva bisogno, ma non intendeva di mantenerla,
ed anzi il mantenerla sarebbe stato contrario alle idee rivoluzionarie
che egli aveva fatte sue. » Questa è la tesi dell'A., il quale la delinea
nelle prime pagine del libro e la corrobora con un brano delle Me-
morie del Miot. Orbene; mi sembra che queste Memorie dicano proprio
il contrario. Napoleone, allora primo Console, chiede al suo interlocu-
tore se credeva alle proteste di amicizia dei governi coi quali aveva
allora segnata la pace, ed, avutane risposta negativa, chiede ancora se
a lui, rappresentante di un governo nuovo e diverso dagli altri, poteva
convenire di sofibire pazientemente l'odio e gli attacchi degli altri Stati.
Una forza fatale lo trascinava a volere l'egemonia della Francia
sull'Europa, od a sparire: nel giorno in cui non seppe mantenere la
supremazia della Francia, tutti i francesi, perfino quegli che gli erano
stati più devoti, lo abbandonarono. In quel giorno egli non trovò più
che i veterani intorno a so, e postosi alla loro testa s'incaminò verso
Waterloo. Questa ultima fase della epopea napoleonica è il guizzo dei
legionari che non hanno potuto dimenticare il loro capo, non è la ri-
scossa della Francia.
Gran torto si vuol fere a Napoleone per l'arte con cui seppe im-
medesimare la propria gloria con quella della Francia, ed i proprii in-
teressi personali con gl'interessi francesi. Invece l'A. rimprovera Na-
poleone di essersi dato per francese senza esserlo; e non si riferisce,
alla dibattuta questione se possa dirsi francese chi è nato in un isola
passata da brevissimo tempo sotto il dominio della Francia. L'A. in-
vece ritiene che se Napoleone fosse stato veramente francese si sarebbe
limitato a porre la Francia alla testa delle altre potenze ; invece
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158 NOTE BIBLIOGRAFICHE
tratto dalla sua ambizione gigantesca egli concepì e volle attuare pro-
getti che esorbitavano dalla sfera francese ed abbracciavano il mondo
intero.
Ma appunto il voler dare una posizione preponderante alla Francia,
lo portava ad allargare la cerchia delle pretese; queste creavano
nuove invidie e provocavano attacchi che bisognava respingere, per
non esserne vittima.
L'ambizione personale ci sembra un luogo comune ereditato dal clas-
sicismo, ed oramai dovrebbe sparire dalla storia. Vada per Tambizione;
ma se essa non è sorretta dairinteresse del paese che ne approfltta,
essa rimane sterile e sfugge alla storia. Creare intorno alla Francia
una larga zona nella quale potessero vivere largamente gli eserciti
arruolati sotto i vessilli firancesi e per la gloria dei vessilli f]:*ancesi ;
tenere un esercito poderoso senza che il bilancio francese ne risentisse
alcun peso; riserbare per quindici anni di seguito ai figli della Francia
i più elevati posti deir Europa centrale rinumerandoli con stipendi
inauditi ; creare alle spese dei paesi limitrofi ricchi appannaggi e, do-
tarne gli uomini che coprivano le prime cariche deirimpero, e, natu-
ralmente scelti tra i francesi; obbligare i popoli delFEuropa centrale a
combattere per gl'interessi della Francia, e di tempo in tempo inviare
in Francia resoconti, bollettini di battaglie vittoriose, trofei, ricchezze
e gloria, tutto questo insieme parmi in ultima analisi il risultato del
programma napoleonico. Ma se tutto questo ridondò a gloria dell'Uomo
che seppe attuare simile programma, la Francia non ne ricavò minor
gloria» nò minori vantaggi. I contemporanei di Napoleone non dubita-
rono mai di cotesta verità, se ne approfittarono largamente, e solo
quando lo straniero, varcato il Reno, portò la guerra in Francia, solo
allora, anch'essi voltarono le spalle airUomo che per venti anni aveva
provveduto ai loro interessi materiali e morali. Erano ricorsi a lui
quando nel 1799 vedevano imminente Tinvasione della Francia; lo ab-
bandonarono quando nel 1814 non seppe tener testa alla invasione.
L'A. stesso è costretto ad ammetterlo « la Francia si dichiarò a favore
della monarchia rivoluzionaria con tutte le conseguenze che vi erano
connesse. Finché durava Tlmpero esso dovea combattere, quando la
vittoria l'avesse abbandonato doveva sparire », e con molta sagacia
FA. rammenta che» dovendosi stabilire l'impronta del suggello impe-
riale, la commissione proponeva di incidervi il leone in riposo e Na-
poleone vi sostituì l'aquila spiegata.
Chiarito questo punto cardinale, cui tutto il lavoro si orienta, non
pare possibile entro i limiti di una rassegna di tener dietro con ela-
borata analisi a tutto il libro, più ricco di notizie che di pagine. Giova
però lo spigolare qua e là, specialmente nel racconto degli avvenimenti
che hanno per teatro il nostro paese.
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STORIA MIUTARB 159
Coronatosi imperatore, Napoleone non poteva rimanere nello stesso
tempo semplice presidente di una repubblica italiana. Avrebbe voluto
mutare anche quella repubblica in monarchia ereditaria e nello stesso
tempo incatenare il più strettamente possibile lo stato italiano alla
Francia. 11 governo austriaco subodorò questo progetto, che disturbava
i progetti suoi sulla penisola italiana, e prestamente slndusse nel 1804
a rinnovare i patti deiralleanza, già stretta fino dal 1799 colla Russia,
quando il Direttorio ambiva la signoria dellltalia, ed i suoi reggimenti
eransi spinti fino a Napoli.
Ciò non impedì a Napoleone di mutare la repubblica italiana in
regno italico, e di coronarsi di propria mano re dltalia. L'imperatore
d'Austria temette di perdere la Venezia; era un brandello di territorio,
ma pure gli bastava a tenere aperta la porta per riacquistare il resto.
Quindi la guerra tra TAustria e la Francia divenne inevitabile, e l'In-
ghilterra, minacciata da uno sbarco delle truppe napoleoniche, ne ac-
celerò lo scoppio.
Quando e per quali ragioni Napoleone, che pareva immerso nei suoi
piani d'invasione dell'Inghilterra, mutò d'idea e si preparò a marciare
sul Danubio? L'A. ritiene che questo cambiamento di propositi fosse
già maturo nella mente di Napoleone fino dal 16 di luglio 1805 e lo
deduce da un proscritto di una lettera diretta in quel giorno dall'im-
peratore all'ammiraglio Villeneuve. In quel proscritto si accennava ad
imprevedute circostanze che avessero reso difficile airammiraglio di
uscire colla fiotta da Cadice e di concorrere allo sbarco, e si lasciava
alla discrezione dell'ammiraglio stesso il decidere del valore di quelle
circostanze, le quali facevano andare all'aria il piano fino allora acca-
rezzato dall'imperatore Napoleone. Nella costui mente era già sfumato
quel piano? ovvero l'imperatore lasciava che la sorte decidesse se do-
veva perseverare nella idea dello sbarco, od abbandonarla per volgersi
al Danubio? od invece voleva rovesciare sul Villeneuve la responsa-
bilità del mutamento di propositi già concepiti? Quest'ultima supposi-
zione pare la vera. Infatti il Villeneuve non si mosse; l'imperatore
finse d'essere arrabbiato, ma in fondo lo era molto meno che non vo-
lesse averne il sembiante. L'esercito lasciò le rive dell' Oceano per
quelle del Danubio, e cinque mesi più tardi l'Austria era esclusa dalla
Germania e dall'Italia. La cacciata dei Borboni dal regno di Napoli
pose l'intera penisola in balia del governo imperiale. Invece delle armi
guerresche l'imperatore Napoleone aveva stabilito di impiegare le armi
commerciali per combattere l'Inghilterra. L'occupazione della penisola
italiana,- il rovesciamento del regno di Napoli, l'acquisto dell'Istria e
della Dalmazia corrispondevano ad altrettanti atti del blocco continen-
tale immaginato da Napoleone. Egli era padrone del maggior numero
di porti sul Mediterraneo, e dell'accesso al mare Adriatico. Ma qui ap-
punto destò le gelosie della Russia.
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160 NOTE BIBLIOGRAFICHE
Si sa con quanta prudenza con quanta arte Napoleone abbia cer-
cato di attirare a sé lo czar Alessandro in Tìlsitt. Mediante un trat-
tato secreto, di cui TA. riporta il contenuto, la Francia e la Russia
contraevano un*alleanza offensiva e difensiva.
Gol rimanente deirEuropa anche la Russia doveva partecipare alla
guerra intrapresa dalla Francia contro il commercio inglese, per in-
durre ringhilterra a chiedere mercè. Nello stesso tempo la Francia
doveva favorire Tesecuzione dei progetti russi i quali tendevano a to-
gliere alla Turchia tutti i suoi possedimenti europei ; ben inteso che
da questo contratto la Francia escludeva Ck)stantinopoli e la Rumelia.
Il trattato non avrebbe avuto effetto se non dopo che fossero state
tentate le vie pacifiche per giungere a quei risultati.
E qui TA. fa ben notare che non si trattò di una divisione dell'Eu-
ropa tra i due sovrani, bensì di un accordo in cui il vincitore non
dimenticò di serbarsi la parte del leone. Napoleone non aveva dimen-
ticato i progetti sulla Turchia, affacciatisi alla sua mente giovanile,
quando, generale in Italia, toccò la marina adriatica; non intese di
rompere gl'impegni contratti colla Persia.
Ck>l trattato di Tilsitt la Francia comprese la Russia nel blocco con-
tinentale. Essa era uno degli empori commerciali inglesi; dopo Tilsitt
i commercianti francesi sostituirono gFinglesi sui mercati russi.
Ma Napoleone non bì contentò di questo primo ed essenziale van-
taggio. A malincuore egli aveva accordato alla Russia di spingersi nella
penisola balcanica ; cercò ogni mezzo per contrariarla senza indispet-
tirla. Non gli riusci, e le due maggiori potenze europee vennero a gra-
vissimo urto. Nel trattato di Tilsitt stanno compresi, come in un germe,
la guerra tra la Francia e la Russia. Quella guerra determinò la ri-
scossa europea contro Tespansione francese assecondata dal genio di
Napoleone.
Questa è la tela del nuovo volume del Fournier sovra Napoleone.
E qui torna opportuno il chiederci di nuovo: fti ambizione perso-
nale, fu sete di conquista quella che spinse Napoleone fino a Mosca,
ovvero ta impulso dovuto alla impossibilità di mantenere senza lotta
la superiorità della Francia all'altezza cui era stata portata, e peggio
ancora alla difilcoltà di ricondurre i francesi, ebbri di gloria e di po-
tenza, a condizioni più modeste?
I francesi hanno a più riprese rinnegato Napoleone; e malgrado le
passioni politiche che provocarono in loro tanta ingratitudine, essi
tornarono a più riprese ai sensi di venerazione e di rispetto meritati
dairUomo che fece gloriosa, ricca e potente la Francia. La verità ha
tra le altre doti quella di galleggiare; e nessun francese di buon conto
potrebbe negare che il benessere di cui godè il suo paese nei tempi
della Ristorazione, e l'elaterio industriale sviluppatosi di sbalzo sotto
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STORIA MILITARE 161
la monarchia orleanese, abbiano la loro origine nella conquista napo*
leooica. Per essa le ricehei^ze accumulate in tutta l'Europa afauirono
in Francia. Il nuovo Brenno scomparve, ma i nipoti dai Galli non vi
rimisero il bottino ammassato nella loro scorrerìa durata per venti anni.
Scendendo dalla vasta tela ai particolari, ne uscirebbe assai viva e
parlante la figura di Napoleone, sulla quale ancor oggi si divertono
a ridipingere con risultati tanto diversi psicologi e storici ; ed emer-
gerebbero pure disegnati con mano ferma e sicura le campagne e le
iMittaglie napoleoniche, e Tandamento delle trattative dipilomaticha, e
gU uomini che si agitano intomo aU*attore {»:*incipale. Questo parmi
gran merito deUo scrittore per la misura della materia esposta e per
l'ordine dell'esposizione, sicché il libro, piccolo di mole, corrisponde pie-
namente ai desideri del lettore che voglia formarsi un chiaro concetto
dei tempi. Ma tali particolari esorbitano dai limiti di questa rassegna,
che mira specialmente alla storia nostra. Invece è utile il notare la
ricca bibliografia che & seguito al volume, e si riferisce a ciascuno
dei capitoli in essa contenuti, guidando il lettore nelle ricerche, le
quali gli fossero suggerite dalla lettura del libro.
« *
A questi medesimi tempi napoleonici si riferiscono i Souvenirs del
maresdaUo di Macdonald, testé pubblicati (Paris, 1892, in-^"") in mezzo
all'inaspettato risveglio della letteratura napoleonica nmiùfestatosi in
Francia nell'ultimo decennio.
La parte presa dal Macdonald nelle guerre d'Italia del 1799, e spe-
cialmente nelle campagne di Napoli e di Roma, rende il libro interes-
sante per coloro che si occupano della nostra storia recente. Lo scritto
è freddo, riservato, ma non manca di pregiudizi dovuto al carattere
nn pò* egoista del Macdonald. A lui & riscontro singolare il Makbot,
le cui Mèmoires pubblicate da breve tempo anch'esse (Parts, 1891,
3 voi. inrS'J accaparrarono la curiositi di numerosi lettori. Imma-
ginate i racconti di un cacciatore, in cui il possibile si accoppia col de-
siderabile ed il fiàtUbile coUImmagxnabile. Il racconto 4i questo ufficiale
napoleonico ha per teatro V Europa intera dal Manzanare al Tanai,
dall'uno aU*altro mare; gU episodi s'inseguono, narrati con una verve
tutta francese ; il movimento proprio di un' epoca piena di contrasti,
di lotte, di vittorie si rispecchia nel libro, perciò non si può negare
che nel «no complesso il libro mvero: almeno riflette meglio di qual-
siasi altro il tem,po; ne ha il colore e può paragonarsi ad un quadjro
della scuola impressionista, in cui l'insieme è vero, ed i particolari
non hanno nulla che fare col vero. In&tti quando si scende nei par-
ticolari c'è da andar ben guardinghi per non confondere il vero col
iSsilso, rillusione d'un entusiasta coUa realtà. Dal >unto di vista della
storia italiana, le Memorie del Marbot interessano per la parte da lui
Rivitta Storica Italiana, XI. 11
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162 NOTE BIBLIOORAFIOHB
presa nell*assedio di Genova del 1800: gli aneddoti riboccano, ma Tado-
perarli è cosa assai delicata, e non potrebbe farsi senza un sottile la-
voro di confronto e di analisi critica.
« «
Un libro, che non fu citato tanto, quanto lo si dovrebbe per Tinteresse
che desta circa un punto assai discusso della nostra storia, è quello
delle Mémotres dell'aiutante generale Landrieux. Finora vide la
luce solamente il !• volume {Paris, Savine, 1893). Lo precede una
succosa e diligente prefazione di L. Grasilier, il quale curò Tedizione
del libro, e narra in ogni suo più piccolo particolare la biografia del
Landrieux. Costui venne in Italia ufficiale superiore neir esercito
francese del generale Bonaparte; fU capo di stato maggiore del gene-
rale Kilmaine, comandante delle truppe d'occupazione in Lombardia
e nel Veneto, mentre il corpo di spedizione muoveva verso le Alpi
orientali contro Tesercito austriaco dell'arciduca Carlo, ed ebbe anche
il servizio segreto d'informazioni.
Fino a qual punto il Landrieux cooperò alla mina della repubblica
di Venezia? A sentirlo lui vi rappresentò la parte principale: secondo
gli storici e secondo la corrispondenza di Napoleone vi ebbe la parte
di un agente secondario, e non bella, perchè cercò di trarre quattrini
col vendere ai magistrati veneti i segreti di coloro che per suo ecci-
tamento congiuravano contro la repubblica. E sembra proprio che pren-
desse danari da tutte le parti, imitando del resto gli esempi di coloro
erano scesi con lui in Italia. A cose finite il generale Bonaparte volle
che il Landrieux non gli avesse mai più da comparire innanzi. Voleva
egli torsi d'attorno una complicità noiosa? ovvero gettare da parte uno
strumento fk*usto ed inutile ? Sarà sempre difficile di ristabilire il vero.
Ecco del resto in qual modo il Landrieux racconta i fatti.
Egli lascia supporre che tra il generale Bonaparte ed il gabinetto
di Vienna fosse già corsa l'intesa di venire a trattative di pace alle
spese del territorio veneto, quando cominciarono le ostitità tra i francesi
e l'arciduca Carlo. Lo prova coU'accennare alla mollezza con cui ven-
nero condotte le operazioni, a certe marcie molto arrischiate e tut-
tavia compiute con discreta sicurezza , alla famosa lettera del gene-
rale Bonaparte all'arciduca per indurlo a trattative di pace, e sopratutto
alle voci che correvano in quei giorni nell'esercito. Era il segreto
dell'esercito, e nessuno vi ruppe fede, egli dice: e noi per lo meno
dobbiamo trovare strane queste voci che ci rammentano quelle corse
nel 1866, quando si disse che la Venezia fosse stata ceduta virtual-
mente dall'Austria agli italiani prima che questi scendessero in campo
per conquistarla.
Siene corsi cotesti patti prima dei preliminari di Leoben, o sia questa
una gratuita supposizione del Landrieux, il fatto sta, che il gabinetto
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STORU MILITARE 163
austriaco non sapeva da che parte rifarsi per mettere le mani sul ter-
ritorio veneto, da Bonaparte cedutogli con tanta generosità. Dovevano
prima impadronirsene i francesi, e quando ne fossero stati padroni
allora potevano cederlo all'Austria. Quanta onestà vi fosse nelle due
parti è inutile il giudicarlo.
Ad ogni modo questi furono i patti. Bisognava eseguirli : ma in qual
modo? Assai semplicemente, secondo il Landrieux. II generale Bona-
parte inviò il Berthier al generale Kilmaine per indurlo a provocare
un movimento insurrezionale nelle provincie venete di terraferma,
collo scopo di occuparle per garantire la sicurezza delFesercito fì:*an-
cese, di far figurare innanzi a tutta l'Europa la duplicità del governo
veneto, e di infliggergli una severa punizione in nome della giustizia e
del diritto delle genti. Inutile il dire che la punizione doveva consi-
stere nel sottrargli il dominio di Terraferma. Erano i primi esperimenti
di un sistema, che poi fu perfezionato , e frequentemente adoperato
con eccellenti risultati. Il La Fontaine nella sua favola del lupo e della
pecora ne aveva scolpito Tandamento.
Il Kilmaine non era V uomo adatto da gettarsi in una impresa di
questa fatta: ma ben lo era il suo capo di stato maggiore il Landrieux
che vi vide quello che noi diremmo un vocabolo merciaiuolo; un af-
fare ed un buon affare. Ebbe carta bianca, mezzi abbondanti, nessun
controllo; quanto insomma poteasi desiderare da un uomo privo di
scrupoli, versipelle, ed avido quale si dimostra il Landrieux. E^li si
mise alFopera: sobillò ogni sorta di calunnie ai danni delUnfame go-
verno aristocratico di Venezia, del (Consiglio dei dieci e perfino di fra
Paolo Sarpi, che non saprei come v'entrasse. Prese al laccio il Porro
di Milano ed altri patrioti e li fece strumenti inconsci dei suoi piani:
non contento di questo, per mania d'intrigo, o per guadagnare dalle
due parti, avvisò sottomano i rettori della repubblica veneta di quanto
avveniva. I risultati sono noti: essi abbracciano quel triste periodo
che dalla insurrezione di Bergamo va alle Pasque veronesi, ed alla
ruina deirantico governo di S. Marco, che sorpreso, raggirato , ven-
duto^ giuocato, per colmo di dolore s'ebbe ancora il biasimo di non
aver saputo dominare una situazione, che, per gli avvenimenti europei
e per una malafede inaudita fino allora era impossibile a superare
con vantaggio.
Quanto vi è di vero, nel racconto del Landrieux circa la parte da
lai presa in tutti questi avvenimenti, e circa Tefilcacia della sua in-
tromissione ? Sarà difficile lo stabilirlo: certamente questi agenti segreti,
i quali puUullano nei momenti di dissoluzione, si agitano tanto e s'in-
vestono tanto della parte loro affidata da finire col credersi gli a^
tori unici degli avvenimenti^ mentre in realtà non sono che strumenti,
spesso disonesti, dei personaggi più notevoli i quali traversano le pa-
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164 NOTB BIBLIOGRAFICHE
gine della storia, e forse anche delle supreme leggi cui si i»ega la vita
dei popoli.
Ad ogni modo il libro del Landrieux è degno di nota e di studia
per rintracciare con quali arti si possano esagerare le condizioni dif*
ficili di un paese, impedire i rimedi, accrescervi i disordini, infiam-
mare gli animi , creare le opinioni false, e poi con insigne malafede
accorrervi generosamente e col pretesto dì ricondurre l'ordine, la tran-
quillità, sfiruttare una situazione artiflcialtnente creata. Allora i fran*
cesi facevano i primi passi in quest'arte mettendosi sotto gli auspici
delle grandi parole rivoluzionarie: poi andarono perfezionando i me-
todi ; ma il sistema rimase sempre lo stesso.
« «
Per levarci in pib spirabile aere vale la spesa di citare un opusccrfo
tedesco, il quale riguarda ancora questi tempi, ma considera le que-
stioni militari dell'epoca da un punto di vista scientifico. L'opuscolo è
dei G. von fi-K., e tratta della Psicologia della gran guerra (Zur
•psicologie des grossen KriegesJ. Contiene un primo studio sopra Ar^
cole considerato come Tatto guerresco di un gran generale che ap-
prende l'arte di condurre gli eserciti C^ien und Leipzig. W. Brau-
miìller, 1803). In questa epoca in cui il numero e la quantità sono
tutto, ben venga uno studio che ci ripoita alla considerazione dellln-
fiuenza esercitata dalla mente e dal cuore in guerra. In esso è detto
che gli scrittori odierni di cose guerresche poco si chiedono dello stato
degli animi e dei corpi nel discutere gli avvenimenti militari, e perciò
TA. studia razione del ponte d*Arcole, « una tra le basi della gloria
militare napoleonica, seguendola neiranimo del generale ». Uno atudio
simile vedemmo molti anni fa compiuto dal colonnello V. Chiala a pro-
sito della campagna di Boemia nel 1866: lo svolgersi degli avvenimenti
era riferito allo stato d'animo del generale Benedeck, e, senza che la
conoscenza dei singoli atti di guerra ne subisse nocumento, la esposi*
zione della campagna acquistava unità e chiarezza, e, ciò che più
monta, ci abituavamo a comprendere lo stato d'animo d'un generale
supremo di fidente alle grandi responsabilità che pesano sopra di lui,
ed a temprare il carattere a quelle assai minori, ma pur esse impor-
tanti <she a ciascuno possono incombere nella vita pubblica. L'A. ri-
conosce che principali doti di Napoleone erano la decisione e l'energia
colle quali metteva in atto i suoi piani; ma aggiunge che le risolu-
zioni decisive non si affacciavano alla sua mente colla celerità ful-
minea di una ispirazione geniale, ma erano il risultato di un giudizio
lentamente elaborato. Ck>n questo concetto TA. segue lo svolgimento
delle tre giornate del novembre 1797, le quali sono conosciute col nome
di battaglia d'Arcole. L'azione personale del generale, la veemenza con
cui pone in atto il piano dopo di averlo naturalmente pensato in con-
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3T0RU ECCLESIASTICA 165
formila della situazione, e le condizioni morali dell'uomo che da breve
tempo aveva acquistato la convinzione della propria superiorità sovra
gli altri, danno buon giuoco airA. per giungere alle conclusioni che
egli ricerca. Lo sforzo fisico, Furto materiale non bastano a risolvere
secondo un determinato indirizzo le azioni di guerra: la mente del
generale vi concorre e crea Vinaspettato che lo conduce alla vittoria.
¥ «
Per chiudere la enumerazione dei libri pervenutici nel semestre,
citeremo il Manuale di storia militare di V. Rossetto, pubblicato tra
i Manuali deirHoepli. È una corsa a traverso le istituzioni militari e
le guerre. Non vi è novità di metodo, né pensiero organico che rag-
gruppi il libro; però non lo suggeriva lo scopo, trattandosi di un sem-
plice manuale. Ma è commendabile la molteplicità delle notizie che
abbracciano tutta la storia dai tempi più antichi agli odierni.
C. Fabris.
m. STORIA ECCLESIASTICA
Numerose pubblicazioni attinenti alla storia ecclesiastica hanno re^
lazioni intime con la storia dei popoli italiani. Sarà quindi opportuno
prenderle in esame e darne qualche cenno, affinchè si consideri la vita
nostra sotto i vari suoi aspetti e quindi anche nei riguardi religiosi
ed ecclesiastici.
* «
D. Kaal MiìLLER, Professor der evangelischen Theologie in Breslau,
Ktrchengeschichte. ESrster Band Freiburg in B., 1892. — Gessate le
grandi controversie della scuola di Tubinga, è successo un lavoro di
ricostruzione meno speculativo o più storico, che ha trasformato nel-
l'ultimo ventennio la storia del Cristianesimo e della Chiesa. Gli an-
tichi manuali per conseguenza, non escluso il celebre del Hase, per-
venuto airundicesima edizione sette anni or sono, non rispondevano
più alle condizioni presenti degli studi. E il MùUer che da più anni
insegna la storia ecclesiastica, sentiva il bisogno dì un manuale nuore,
che ordinasse e ristorasse la vasta materia in altro modo. Né certo
altri meglio di lui poteva assolvere con successo il difilcile compito.
Il suo manuale va diviso in due volumi, e il primo, che è il solo si-
nora apparso abbraccia la storia della Chiesa dalle origini sino airetà
di Federico II. Questi tredici secoli vanno suddivisi in due grandi pe-
rìodi, e ciascuno di essi in due epoche (Zeitraume) ed ogni epoca in
sezioni, n primo periodo si estende fino alla fine del sesto e al prin-
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166 NOTE BIBLIOGRAFICHE
cipio del settimo secolo, e comprende Tepoca dalle orìgini sino alla
fine delle grandi persecuzioni nel 324, e quella che gli succede della
costituzione della nuova Chiesa imperiale sino alla dissoluzione sua,
quando la GuHa Romana sempre più si staccò dairimperatore d'Oriente,
n secondo periodo segue le fasi della Chiesa occidentale o papale, ed
abbraccia anch'esso due epoche, la prima che dal tempo delle contro-
versie monoteletiche va sino allo scisma di Fozio, e allo scadimento
della Chiesa e della cultura occidentale dairultimo terzo del nono se-
colo sino alla metà del decimo; la seconda che ha principio dal mo-
vimento di riforma culminante in Gregorio VII e si estende sino al
tempo dei maggiori trionfi del Papato verso l'anno 1270. Per mostrare
l'indole ed il valore del manuale darò il sunto dei due primi capitoli,
che trattano gli argomenti di maggiore importanza sulla storia della
Chiesa. I precedenti storici del Cristianesimo sono da una parte il pa-
ganesimo greco-romano e dall'altra il giudaismo, e qualunque manuale
non può escire da quei dati. Ma laddove Hase nel parlare del pagane-
simo, crede opportuno indugiarsi sui tratti caratteristici del politeismo
greco, e sull'indole del popolo e della religiosità Romana, il Miiller va
più diritto al suo scopo, e non tratta se non di quel sincretismo in che
le religioni occidentali ed orientali si fondevano insieme quando nacque
Cristo. Parimenti del Giudaismo è con molto accorgimento rilevato a
preferenza il Profetismo, che, come è noto, è l'immediato precursore
del Cristianesimo. Sobrio e scultorio è il paragrafo delle idee proprie
di Gesù, il quale modifica l'ideale profetico, e il regno di Dio pone non
in un lontano avvenire, ma vivo e presente tra gli uomini di buona
volontà. Né meno felice è il capo dove sono accennate le divergenze
tra ì Cristiani Giudaizzanti e gli universalisti come Stefano e Paolo.
Qui principalmente si ammira il tatto dello scrittore, che senza cadere
nell'esagerazione della scuola di Tubinga, che le discrepanze tra gli
apostoli raffigurava come implacabili dispute tra teologi, sa cogliere
il punto giusto, nel quale le due tendenze parvero irreconciliabili, e
alla narrazione degli Acia non dà naturalmente lo stesso peso che alle
lettere autentiche di Paolo, principalmente quella ai Galati. Ma ciò
non importa che di Pietro s'abbia a fare il rappresentante deirindi-
rizzo opposto a Paolo, poiché nella stessa epistola ai Galati è ricono-
sciuto che avanti alla venuta in Antiochia egli non era lontano dalle idee
Paoliniche, e se in Antiochia parve che si mettesse dalla parte dei
Cristiani ebraizzanti, sarà in seguito ritornato alle sue antiche convin-
zioni; poiché non è lui a capo della comunità, che più teneva alle
idee Giudaiche, ma Giacomo, e più tardi egli viene a Roma, dal qual
fatto il Miiller a differenza dei suoi predecessori, non dubita. Potremmo
citare numerosi altri esempi di questa temperanza di giudizi, che non
viene meno nei punti più scabrosi, ma quello che abbiamo detto si-
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STORIA ECCLBSI ASTICA 167
Dora è più che bastevole a far conoscere e raccomandare quest^opera,
che ci auguriamo di vedere presto e felicemente compiuta (T.).
♦ ♦
H. G. Lea, Superstitìon and Farce. Essays on the wager of law- the
wager of battio - the ordeal - torture. Pourth edition revised. Phila-
delphia, Lea Brothey and Ck), 1892. — Questo libro ha avuto già tale
e si meritato successo, che nel breve giro di quattordici anni è ormai
alla quarta edizione. Ck)me il titolo stesso lo dice, vi sono trattati i
procedimenti giudiziarii, che più ripugnano alla nostra coscienza giu-
ridica, e che pure Airone usati largamente in Europa e con tanta te-
nacia che si può dire relativamente recente la loro abolizione. H primo
procedimento riguarda il giuramento e i conjuratores. U giuramento
è derivato non dalla flerezza cavalleresca d^li antichi germani, che
non mentivano neanche per salvare la vita ; ma piuttosto dal dritto
romano, perchè fra tutti 1 barbari i soli visigoti, che modellavano le
loro leggi sulla giurisprudenza romana, ammettevano che Taccusato
si potesse salvare, giurando solennemente di non aver commessa la
colpa, di che era sospettato. Per contrario non è dovuto all'influsso
romano il costume dei conjuraiores, vale a dire degli affini o anche
gli amici, che doveano rafforzare il giuramento dell* accusato con il
loro. Questo costume risale senza dubbio a più remote origini, vale a
dire a quel tempo in cui la tribù o la stirpe si riteneva responsabile
dei reati commessi da uno dei suoi membri, ed aveva quindi interesse
dì scagionare quello per salvare se medesimo. Le incertezze di un
mezzo cod fallace di prova, anche nel tempo in cui le credenze reli-
giose erano più ferme e le paure delle pene serbate agli spergiuri più
vive, doveano portare per conseguenza che si escogitassero altre prove
supplementari, tra le quali quella del duello o del giudizio di Dio ri-
spondevano alle inclinazioni e agli abiti delle popolazioni germaniche,
che aveano sempre la mano sull'elsa della spadai Ma anche questa
prova ben presto si dimostrava il contrario di quello che voleva essere;
perchè bene spesso l'innocente soccombeva e il reo, se più esperto
nelle armi, si salvava. E si ricorse quindi ad altre prove, in cui la
volontà 0 il giudizio di Dio si sarebbe rivelato, alle cosidette ordalie.
L'autore rintraccia fino nella più remota antichità le prove del ferro
rovente, dell'acqua calda o fredda, del fuoco e simiglianti, e mostra
come col cadere della civiltà antica essendo anche caduta gran parte
della sua coscienza giuridica , dovessero rivivere queste costumanze
preistoriche, tanto che la Chiesa stessa, che più volte le ha condan-
nate, non di rado le subiva, né mancava all'occorrenza di cavarne
profitto. Tutto il contrario si deve dire di quell'inumano mezzo di prova,
che è la tortura, il quale non si può dire che risale ai primi tempi
della nostra storia, ma è piuttosto un retaggio della giurisprudenza
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168 NOTB BIBLIOGRAFICHE
romana, e rivive e rifiorisce in Europa quando appunto toma in vi-
gore la legislazione romana. Vero è ohe la legge romana faceva distin-
zione tra schiavi ed uomini liberi^ e solo ai primi serbava la tortura,
perchè li riteneva incapaci di dire la verità ; ma non si può negstre
che a poco a poco nella legislazione imperiale questa distinzione ceesò
e per certi reati, principalmente per quelli di lesa maesti, anche gli
uomini liberi potevano essere torturati. E più tardi a questi reati si
aggiunsero anche gli altri di omicidio, adulterio, ecc. Se non che la legge
romana prescriveva sempre certe forme, che quando rivisse la tor-
tura, non si rispettarono più sotto Tinflusso della procedura dell'Inqui-
sizione, e la procedura penale sempre più si allontanò dal tipo delle
antiche leggi romane. E Ai ammesso il prooedimento segreto, nel quale
il giudice raccoglieva le prove, ma Taccusato non sapeva né da chi
né di che fosse accusato. Né era ammesso contraddittorio tra raccusato
e Taccusatore. E la stessa prova della tortura pare che a nulla va-
lesse; poiché se raccusato confessava il suo fallo, era condannato alla
stessa pena che gli sarebbe toccata se il reato si fosse provato per
altra via, se raccusato n^;ava^ non per questo andava assoluto, ma
solo si diminuiva la pena. Le regole stesse poi che cercavano di limi-
tare e disciplinare la tortura, in pratica non si applicavano. E cosi
mentre si era stabilito che alla tortura non si potesse essere sotto-
posti se non una volta sola, nel fatto si ripetevano gli esperimenti,
quando nuovi indizi di colpabilità si discoprivano. Tali enormezze giù-
ildìche durarono pertanto in Europa e non é se non da un secolo
che furono abolite. Questa é la trama del lavoro del Lea, scritto con
molta arte, ricco di fatti bene scelti ed aggruppati, ed avvivato da idee
e vedute sintetiche d^indiscutibile valore (T.).
P. BoRTOLOTTi, Antica vita di S. Anselmo abbate di NonarUola,
con appendici ed illustrazioni e tavole III e poscritta, pp. 198, in-4*,
Modena, 1892. — Nel secolo scorso, non si può negare, vi furono eru-
diti di grande valore, e le opere antiche da loro pubblicate attirano
tuttora la nostra ammirazione; ma ciò non toglie che al presente al-
cune si possano ristampare con maggiore accuratezza e corredarle di
schiarimenti migliori : ecco quello che fece il chiarissimo P. B(Mrtolotti
coW Antica vita di S. Anselmo abbate di Nonantola, che fa parte doi
Monumenti storici Modenesi, e alla quale seguitano alcuni frammenti
relativi a S. Anselmo, cioè Fondazione del monastero di Nonantola,
Traslazione del corpo di S, Silvestro a Nonantola , Cataloghi degli
abbati di Nonantola, Morte e sepoltura di papa Adriano III, Tras-
lazione dei Ss. Senesio e Teopompo da Treviso a Nonantola e
Traslazione di S. Oenesio {Senesio f) da Gerusalemme a Treviso.
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STORIA ECCLESIASTICA 169
Premette il chiarissimo Bortolotti che nella sua edizione non si tenne
al rigido laconismo volato dai dotti nelle grandi raccolte^ sibbene per
la comone de* lettori» massime proTinciali preferì di ventilare i dubbi
e discutere le diverse questioni che si collegano airargomento. È questo
m bel pregio del libro, perocché» oltre riescire più chiaro a chi non
è storico di professione, serve d'esempio ad altri per far studi di simil
Ndl*enidito proemio si descrive il codice contenente la suddetta vita
e gli accennati frammenti , e d'ognuno si discorre in particolare, n
libro rimasto nella badia di Nonantola si compone di due parti on
tempo divise, cosa non avvertita da alcuni che esaminarono quel ma-
BOficritto prima del Bortolotti. La prima parte, un fascicolo di un libro
forse perito, è di mano del secolo XI e serba la vita del santo e il
Catalogo degli abbati; la seconda parte, lavoro di diversi tempi, se-
coli XI-XII, porta la fiavolosa leggenda di S. Silvestro, la vita di S. Adriano,
doe papi i cui sepolcri si veneravano a Nonantola, la traslazione e gli
atti del martirio dei Ss. Senesio e Teopompo.
Il nostro dotto editore trattando della vita di S. Anselmo fondatore
e {«imo abbate del m<Hiastero nonantolano, cognato del re Astolfo, vis-
suto nella seconda metà del secolo Vili, la esamina in tutte le sue
parti e in relazione d'alcuni documenti storici, e massime di certi an-
tichi privilegi pontifici, di cui sono ventilati T autenticità e il valore
da taluni contestati; e fo risaltare con sode ragioni che Tautore non
è un contemporaneo, sibbene uno il quale visse forse due secoli dopo,
e che, sebbene male informato compilatore, attinse a remote fonti ge-
nuine, a memorie del secolo IX in parte tuttavia conservate.
La questione, se il corpo di papa S. Silvestro sia in Roma, oppure
a Nonantola, dove Anselmo, secondo la Vita, l'avrebbe trasportato Tanno
756 è trattata ampiamente ; e non si sa che cosa si potrà dire di più
in avvenire, se non si scoprono nuovi documenti. Per conciliare le due
sentenze il Bortolotti ritiene che si possa ammettere che la parte prin-
cipale del corpo di S. Silvestro venisse trasportata a Nonantola e che
ne restassero alcuni avanzi nel cimitero di Priscilla, avanzi cinque
anni dopo quel trasporto raccolti e messi in maggiore venerazione da
papa Paolo I nella chiesa di S. Stefano. £i chiama questo divinazioni,
ma in fatto è quello che si può dire approssimativamente di vero; e
n'ebbe parere &vorevole anche dal celebre comm. G. fì. De Rossi, che
por egli pensava, come gli scrisse, nello stesso modo.
Va notato il capitolo intomo al Catalogo degli abbati, del quale havvi
due codici, l'uno di Nonantola più conosciuto che arriva fino all'anno
1053, e l'altro Ottoboniano delia Bibliotèca Vaticana, più antico che
si arresta al 933 : du^ codici che probabilmente vengono da unica
fonte. In sifiatto studio si manifesta l'armonia dei due documenti e l'im-
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170 NOTE BIBLIOOBAFICHB
portanza di quanto accennano, oltre le date e nomi degli abbati che si
succedettero per quasi tre secoli dalla metà deirvni alla metà del XI.
A lungo si discorre degli antichi scrìtti circa la morte e sepoltura
di Adriano papa. É una breve vita raffazzonata con ùlUì di Adriano I
e di Adriano in, la cui morte avvenne vicino al fiume Panaro a S. Ge>
sario Tanno 885, e le cui spoglie fìirono sepolte nella Chiesa di No-
nantola, e venerate come di santo. Accertato che è lavoro di due scrit-
tori, si esamina dove attinsero, e ciò che vi ha di vero interno all'uno
e all'altro papa, le gesta de' quali il compilatore forse più per igno-
ranza che per malizia attribuiva tutte al primo, che non ha alcun
rapporto colla badia di Nonantola.
Siamo alFultimo scritto la Traslazione de* Ss. martiri Senesio (detto
anche Gtonesio) e Teopompo, da Trevigt a Nonantola sugli inizìi del
secolo X; scritto di cui esistono parecchi antichi codici, oltre (piello
di Nonantola ritenuto di maggior valore e di guida alla presente ri-
stampa. V*ò descritto il trasporto di que* corpi santi avvenuto poco
dopo una devastatrice invasione di Ungari in Italia, e vi sono narrati
i prodigi onde già nel volgere d*un secolo eransi resi insigni. L'autore
del racconto è certo un monaco della badìa vissuto sul principio del
secolo XI (1002-1035); e l'erudito modenese studia e commenta tutto
che s*attiene al codice del secolo XII, e quanto contiene e con un cor-
redo il più ricco di fonti e in rapporto ad altro scritto congenere.
CommemoraUo brevis de mtracuUs Sancii GenesU martyris ChrislU
la traslazione di S. Genesio da Gerusalemme a Treviso (anni 800), di
dove una parie ne andò in Germania ad Augia (Reichenau), ristam-
pato anche questo con ogni diligenza. Il libro di cui non abbiamo
dati che brevi cenni si compone di pp. 114 che servono di proemio e
di pp. 52 che riproducono i testi con varianti e note, e infine di tre
tavole che ci danno un saggio dei codici nonantolani.
Importa colla chiusa di questa rassegna avvertire che il dotto edi-
tore non ha trascurato di consultare le opere migliori e più recenti
che potessero rischiarare le cose da lui trattate; nò si deve tacere
ch'egli ci ha dato un Poscrilla di pp. 9 in risposta gentile a chi volle
sopra qualche punto del suo lavoro fare alcuna critica. (A. G. Tononi).
P. Leopold De Ghérange, Saint Frangoìs d'Assise, 6* édit. Paris,
Gh. Poussièlgue , 1892 (in-8^ pp. 430). — Paul Sabatier , Vie de
S. Francois d'Assise, 6* ed. Paris, libr. Fischbacher, 1894 (in-8* gr.,
pp. 418). — Sarebbe fuor di luogo, o meglio, fuor di tempo, il parlare dif-
fusamente di queste due pubblicazioni, giacché non trattasi di due opere
nuove, ma di due lavori, che ebbero già dal pubblico la migliore ac-
coglienza. La fortuna dei due libri, d'indole affatto diversa, può dirsi
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STORIA EGCLBSIASTICA 171
meritata, giacché ambidue rispondono in gran parte ali* intento che
gli autori si erano proposti.
Il De Ghérance, padre dell'Ordine dei Minori Cappuccini, dedica il
suo lavoro ^ che è pregiato d*un bel ritratto del Santo e che è
tradotto ormai in più lingue — agli spiriti devoti e più specialmente
ai suoi confratelli Francescani. L*approvazione e le lodi che fino dal
1880 il Pontefice ebbe a concedei^li, e che TA. riproduce insieme ad
altre, ci rivelano fin dal principio il carattere strettamente ortodosso
di questo libro, carattere che non è mai spinto sino alla intolleranza
astiosa di molti scrittori chiesastici. Per questo e per un certo alito
che direi di dolcezza francescana, che si diffonde in queste pagine>
e per la grande chiarezza e semplicità di stile, il libro si legge vo-
lentieri. B non volentieri soltanto, anche con qualche profitto, dacché
il De Gh. si attiene scrupolosamente alle poche parti più antiche e
genuine della vita del Santo, che egli annovera nella prefazione.
L*uItimo capitolo narra la storia posteriore e le glorie deirordine, con
ano spirito apologetico che è facile spiegare e che di rado urta contro
la verità storica.
Il grosso volume del Sabatier ha intendimenti più lai^hi e scienti-
fici, intendimenti che TA. espone in forma geniale nella introduzione,
nella quale la genialità della forma e Tacume della critica non bastano
sempre a celare Tarditezza e Tesagerazione di certe affermazioni. Egli
vuole darci un lavoro di storia insieme e d^arte, egli ci ricostruisce
la figura ed il tempo di S. Francesco secondo la visione storica ch'egli
ne ha avuto, secondo le impressioni che « il lungo studio e il grande
amore » gli hanno dettato neiranimo. B a chi gli rimproverasse d*aver
fatto opera troppo soggettiva, egli risponderà, esagerando una verità
innegabile, che « pour le moment, il n*y a pas en histoire de vérité
purement objective » e che la storia oggettiva è una mera utopia. Per
fortuna sua e nostra egli non ha scritto un romanzo storico; per fortuna
sua e nostra, egli, dotato di larga coltura, di uno spirito in&ticabile di
ricerca pari all'ingegnoisquisito, non si è accinto all'ardua impresa senza
aver prima acquistato una preparazione solida ed ampia della materia.
Basterebbe a provarlo il lai^o studio critico delle fonti che va innanzi
alla vita del poverello di Assisi, e nel quale TA. prende a considerare
prima le opere di S. Francesco, poscia le biografie propriamente dette
(la prima e la seconda di Tommaso da Celano, la leggenda dei tre Soci,
i frammenti della parte soppressa della leggenda, alcuni documenti
secondari, la leggenda di S. Bonaventura, il De laudibus di Bernardo
di Bassa, che FA. ha studiato sopra un Codice della Biblioteca Na-
zionale di Torino)^ i documenti diplomatici (per alcuni dei quali FA.
utilizzò le pregevoli pubblicazioni del compianto Guido Levi) i cronisti
deirOrdine francescano e i cronisti estranei ad esso. Alla fine di questo
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172 NOTB BIBLIOORAFICHX
importante capìtolo il S. dichiara di non aver inteso di dare una bi-
bliografla completa intomo a S. Francesco, dacché essa può trovarsi
già bella e fatta nel noto Rèperiotre del Ghevalier, al quale rimanda
i lettori. Ma avreld)e potuto raccogliere in un'utile appendice airopera
del bibliografo francese V indicazione dei molti lavori comparsi alla
luce dopo il 1888, nel quale anno fli compiuta la stampa del Réper-
totre citato. La ricostruzione che TA. ha tentato di darci dei tempi
e della vita di S. Francesco, è riuscita quasi sempre felice; si potrà
dissentire e appuntare qua e là nei particolari, ma non si potrà ne-
gare, che il S. con Topera sua abbia fatto progredire gli studi e la
conoscenza che si aveva del poverello di Assisi e che il suo non possa
stare accanto ai lavori del Gebhart e dei nostri Bonghi e Barzellotti.
Egli non polemizza, non contraddice, non discute troppo, ma dipinge,
spesso con sovrabbondanza di colorito , commenta , senza sfcnrzar la
storia, sert)ando nella narrazione e nei commenti suoi insieme ad una
giusta modernità di criteri quello spirito di equanimità, di tolleranza,
che troppe volte anche i migliori trascurano. E f oichè non rispar-
miamo le lodi airA., ci permettiamo fargli qualche appunto. A p. ci,
parlando della Cronaca di fra Salimbene, una delle sue fonti, egli ri-
corda con lode il lavoro del Clédat; poteva allora, anzi doveva aggiun-
gere quello del Tabarrini e del Dove e il belFarticolo del Nevati {Oiorfi.
stor. d, leti, itoLy I, 38 sgg.) e la notizia che della cronaca preziosa si
attendono due edizioni critiche compiute, Funa preparata dair Holder-
Egger pei Monumenta Oermanùxe, Taltra dal Malaguzzi per le Fonti
deiristituto storico italiano.
Il S., che pur ha visitato minutamente gran parte della nostra pe-
nisola e delle nostre biblioteche, stampa sempre Ma{/lùibeccàina invece
di Magliabechiana (p. es. a pp. ci, n. i, cv, n. 4 ecc.). Agli studi,
anche recenti, da lui citati discorrendo dei Fioretti va aggiunto quello
importante deirAlvisi pubblicato neìVArch, stor. ital», t. IV, disp. VI
del 1879, e la Disquisizione istorica intomo all' autore dei Fioretti
di S. Francesco, Fabriano, 1883. Il S. giustamente si augura che qual-
cuno intraprenda un'edizione critica del prezioso libretto, ma purtroppo
il compianto conte Luigi Manzoni, eh' egli stimola alPimpresa, non è
più; e sarebbe invece desiderabile che Taugurio venisse accolto dal-
l'Alvisi, che sul Santo umbro ha promesso un grande lavoro (V. Gian).
« «
Henry Charles Lea, A formulary of the Papod Pemtentiary in
the thtrteenth Century. Philadelphia, Lea, 1892, pp. xxxviii-182, in-8%
con un fac-simile. — Enrico Carlo Lea è il ben noto autore della Storia
della inquisizione nel medioevo, Vérsatìssimo nello studio deirantico
diritto canonico mette ora in pubblico un prezioso formulario dei
penitenziari romani, che forse costituisce il monumento piit antico
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STORIA ECCLESIASTICA 173
di quel corpo ecclesiastico. La pubblicazione è condotta sopra un ms.
acquistato in Italia nel 1889 da un libiraio berlinese; le pagine in per-
gamena, che contengono tale aneddoto, costituiscono la chiusa di un
volume , intitolato Formule cttrie romane super beneftMs et que-
sHùntìms.
'Drattasi di an formulario ad uso della Penitenziaria pontificia com-
pilato sul ihre del Liber diuf^i^ Rojnanorum Pontiflcum, messo
insieme sidla base di documenti effettìTamente spediti, e che conten-
gono grazie, esenzioni ecc., concesse a seconda del casi. Le formule
sono classificate e disposte per materia. Il titolo del libro ò: Incipiunt
fórme Eomcme curie composite a magistro Thomaso bone memorie
presbitero cardinali super Casibtis penitentie. Il Lea crede trattarsi
di Giacomo Tommaso Gaetani, nipote di Bonifacio Vili, che fu cardi-
nale di S. Clemente dal 1295 al 1300.
L'edizione è preceduta da una introduzione, accompagnata da note,
e seguita da un indice. Aggiungesi il facsimile di una pagina deiro-
riginale, nella quale abbiamo il termine della tabiUa iniziale e i primi
quattro paragrafi del testo. EUiffroniando tale facsimile coUa edizione
possiamo in generale riconoscere T esattezza deir editore. Tuttavia
qualche differenza si può notare particolarmente nel primo capo (p. 9,
lio. 8, autorilate per aucloritate del ma.; lin. 20 ampHus per anpùk^;
lis. 22, òbnubUat per óbnubilet; lin. 23 speoitUiter per spetialiter) senza
che roditore abbia avvertito il lettore di queste modificazioni. Siccome
peraltro si tratta di variaati di minimo valore, così non è il caso di
insistervi davvantaggio. Non cosi va la cosa rispetto ad un periodo
del medesimo capo (Un. 12-3), dove il Lea trascrive : « Accepimus sane
qsod [tempore], bone memorie abhatis et quidem predecessoris uestri ».
Si crederÀbe che il Lea non abbia fatto altro che introdurre nel
testo la voce [tempore], la cui mancanza potrebbe anche essere stata
indicata da una lacuna. Ma il fac*simile consegna che la cosa è diversa;
lacuna non evvi e alcune delle parole seguenti debbono o possono leg-
sersi diversamente. Il codice ha: «bon^ laemor^ aJbbotes (ovvero
aWaSy ma difficilmente: àbbaiis) et quidam i^redecessore^ uestri ».
Ben è vero che la lezione del ms. sembra errata» poiché non dà un
senso soddisfacente. Ma neppure la lezione del Lea è sicura. Poiché
pare che qui si parli di una promessa fatta da un abate, costituito
già in dignità, e non da un monaco che divenne bensì in seguito abate,
ma fece la promessa sotto il suo predecessore. Comunque sia la cosa,
non era inopportuno che il Lea rendesse conto preciso della lezione
del ms., e giustificasse la propria correzione. Nò questo è il solo luogo
dove si possa duUtare della esattezza della edizione (1).
(1) À pag. 89 il § 9 ò oscuro assai. Forse ad nuces sarà da correggersi k tiddu-
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174 NOTE BIBLIOGRAFICHE
La prefazione è ricca di erudizione. La parte più importante mi
sembra quella in cui, stabilito che i documenti compresi in questa
raccolta spettano in circa al periodo 1220^5, raccoglie parecchie no-
tizie sui penOenziarii pontifici. Mi pare peraltro che non sempre di-
stìngua accuratamente TufScio di penitenziario da quello di confessore.
Una larga parte della prefazione è destinata a giudicare delle conces-
sioni e grazie concesse dalla Penitenziaria secondo che apparisce da
questa raccolta, mostrando come più volte siansi nella Chiesa sentite
lagnanze contro la focilità colla quale i penitenziari assolvevano e
reintegravano in dignità i rei che ad essi si rivolgevano. Egli cita,
fra Taltro, quello che in questo senso scrisse nel 1538 la commissione
cardinalizia incaricata da Paolo III di riferire sulla riforma della
Chiesa. Parmi tuttavia che il Lea non si preoccupi sufficientemente
della difficoltà in cui noi ci poniamo volendo portar giudizio sopra nude
sentenze, mentre ignoriamo i motivi che le hanno consigliate e nulla
sappiamo sulle disposizioni di pentimento, che ben potevano trovarsi
in coloro che ricorrevano al supremo tribunale Romano. Noi non
possiamo esser troppo corrivi nel sospettare sulla mala disposizione
dei ricorrenti. Cosi, p. e., il Lea si scandalizza troppo facilmente del
« caso » contemplato dalla rubrica 134 (sanzione delle nozze avve-
nute fra due adulteri, che si sposarono dopo la morte del marito della
donna adultera, morte accaduta naturalmente), poiché se il caso è
veramente quale si afferma, e noi non abbiamo alcun argomento po-
sitivo per impugnarlo, non si poteva fare altrimenti (1). (C. Cipolla).
•
* *
Il signor Ambrogio Roviglio in un saggio critico storico (Drucker,
Verona, 1893, pp. 54, in-ld"*), ha ripreso in esame la quistione su La
rinunzia di Celestino V. — L'A., confutando le contrarie opinioni del
Tosti, dimostra che il Gaetani ebbe parte principale nella rinunzia di
Celestino, che la sua elezione a successore del papa abdicatario ebbe
cente, e tacente in iacentes. Senza dubbio poi la frase saìutie remedio s'integrerà
coll'agginnta di perc^to^ cfr. ìtì stesso, § 8. A paff. 78, rubr. LY, lin. 18, in laogo
di circa si leggerà citra^ e alla lin. 19 in luogo dì premissia ìiabuit parmi prefe-
ribile: in premÌ88Ì8 habuerit,
(1) I due che ayerano in addietro commesso tra loro adulterio, e ohe poscia, ri-
masta vedova la persona dapprima legata, avevano tra loro stretto matrimonio, si
trovavano senza dubbio in condizione anormale; e il vescovo aveva operato guastar
mente dichiarando nullo un matrimonio, a contrarre il quale opponevasi VimpùM-
menium crimmw, che è un impedimentium dirimena. Ma qui si tratta di un «mpe-
dimentum dirimens proveniente non dalla legee naturale o dalla legge positiva divina,
bensì dalla legge positiva ecclesiastica; quindi allora, come adesso, tale impedimento,
cui non basta a tagliere l'autorità ordinaria del vescovo, può essere abrogato dal-
l'autorità ecclesiastica suprema. Ciò posto, è chiaro che, esposto il caso come sta nel
nostro documento, c'era tutta la convenienza perchè Timpedimento fosse levato, e
Tunìone dei due individui fosse regolarizzata e santificata dal sacramento matri-
moniale.
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STORIA EGCLISIASTICA 175
luogo per accordi e col favore di re Carlo II d* Angìò, e che la per-
secozione contro il Morrone era suggerita a Bonifacio Vili dal timore
che il Morrone potesse palesare le male arti da lui adoperate per in-
darlo a deporre la tiara. Ma esclude che la morte del Morrone avve-
nisse violentemente e per opera del suo successore nel papato (G. Ga-
passo).
*
P. AuGDSTiN RoESLER, Cardinal Johannes Dominici 0. Pr. 1357-
1419. Ein Reformatorenbild aus der Zea der grossen Schisma.
Freiburg im Breisgau, Herder, 1893, in-8% pp. vi-19d. — Giovanni Do-
minici, dell'ordine dei predicatori e cardinale di Gregorio XII, fu maestro
di due uomini per diversi titoli, ugualmente famosi, S. Antonino ve-
scovo di Firenze e il Beato Angelico da Fiesole. Il secondo di questi
due lo effigiò in una delle pitture, che si ammirano nel Capitolo del
chiostro di S. Marco in Firenze, al secondo posto a sinistra di S. Do-
menico, fondatore dell'ordine. Ma il Dominici fu anche parte non pio-
cola degli avvenimenti religiosi del suo tempo, vi tiene anzi uno dei
primi posti nel periodo che intercede tra il concilio di Pisa e quello
di Gostanza, sino alla elezione di Martino V. Di lui nessuno aveva
scritto di proposito. Ma la lacuna è ora riempita per opera del P. Ago-
stino Rdsler C. SS. R., al quale venne Tidea d'un tal lavoro, mentre
faceva ricerche su S. Antonino, essendosi persuaso che non ò possibile
comprender bene l'opera del discepolo senza la piena conoscenza di
quella del maestro.
U Dominici, nato a Firenze nel 1357, entrò nelFordine domenicano
nel 1374, ma, per una imperfezione fìsica, non sembrando atto alla
predicazione, attese più specialmente e con molto fhitto alla riforma
del suo ordine. Passato a Venezia vi fondò il convento delle domeni-
cane del corpo di Cristo, di cui fu sempre guida e consigliere anche
dopo la partenza da quella città, dalla quale fu bandito nel 1399 in
occasione di tumulti, provocati dai penitenti bianchi. Tornato a Firenze,
una nuova e più nobile palestra si aporse alla sua operosità, il per-
gamo, al quale potè ora rivolgersi, essendo sparita, o corretta la im-
perfezione fisica. Acquistò in breve nome e fama, e Firenze stessa lo
adoprò in più di una trattazione colla corte romana. Fondò il convento
di S. Domenico a Fiesole. Nel 1406 passò al servizio di Gregorio XII,
di cui divenne ben presto confidente. E siamo al momento più impor-
tante nella sua vita. Quando i cardinali di Gregorio XII abbandonarono
il loro papa e si unirono a quelli di Benedetto XIII per dare opera
al concilio pisano, il Dominici rimase fedele a Gregorio XII. Contro
di lui si scatenarono allora ire grandissime, perchè a lui si dava colpa
del fallito abboccamento di Savona e di altri tentativi d'accordo, sa-
pendosi quanto influsso esercitasse sulFanimo del papa romano. E peggio
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176 NOTB BIBLIOORAFICHS
fti quando Gregorio lo insigni della porpora cardinalizia. Il Dominici
non deriò mai dalla via che si era tracciata, neanche dopo le succes-
sive elezioni di Alessandro V e (Hovanni XXm, fermo nel suo con-
cetto che scio Tabdicazione contemporanea dei papi yiyenti e la ele-
zione regolare, concorde di uno nuovo potessero por fine alk> scisma.
Però visse tanto da vedere appagato il suo desiderio. A Gostanza fu
uno dei legati di Gregorio XII e colla sua prudenza e fermezza ot-
tenne, non solo che il papa romano fosse riconosciuto come legittimo,
ma che il Concilio stesso di Gostanza non si ritenesse legittimo ed eeu-
raenico, se n(m dal momento che fosse stato convocato canonicamente
da Gregorio ZIL Questa formalità, nuovo e grande trionfo di Roma,
fli compiuta dallo atesso Dominici nella seduta del 4 loglio 1415. U
compito gli fu agevolato dairamicizia coU'imperatore Sigismondo, che
aveva saputo rendersi benevolo, quando lo ccmobbe da legato nel 1409.
Dominici morì a Buda ai 10 giugno 1419. Martino V lo aveva nomi-
nato legato in Boemia ed Ungheria.
n Rosler, che si è giovato molto di materiale archivistico, specie
fiorentino, è riuscito a darci un quadro compiuto della operosità dei
Dominici, del quale ha messo insieme anche Telenco delle sue nume-
rose opere, in buona parte ignorato. Ma sono di qualche nocumento
alla serietà del lavoro, il tono, talvolta apologetico, e la tendenza ad
allargare la narrazione con argomenti secondari. Cosi avviene p. es.,
rispetto airumanesimo, al quale Fopera del Dominici certo si riaUaocia
per molte ragioni, ma non in quella misura e con quella efficacia che
TA. suppone (G. Gapàsso).
* «
Di Zaccaria Perreri, abate prima di Monte Subaaio e poi vescovo di
Guardalllera, il Tiraboscfai Ai primo a scrivere con qualche larghezza
di notizie e giudizi. Ai tempi nostri (1873) ne rinflrescò la memoria il
proC B. MoRSOLiN, il quale, scrivendo di lui, discorse < dell* indole,
dell'ingegno, delFopere e di quanto, a dir breve valesse a meftterne
in rilievo la figura bella, se vuoisi, ma strana ». Ora lo stesso pro-
fessore Moraolin, ritornando auirargomento {L'AìxUe éi Mimile Subasio
e a Concaio di Pisa Ì5ii'i2, Venezia, Ferrari, 1893) e giovando»,
oltre che di opere a stampa, di ricerdie archivistiche, riesce a met-
tere in chiara luce quanta parte ebbe il Ferreri nel concilio pisano,
dove fu forse il solo « che dal principio alla fine osservasse con vera
fedeltà la consegna ». E rettifica anche motte inesattezze degli acrit-
tori a lui anteriori, nel che gli sono stati di aiuto grande i DUxri del
Sanuto. Il Ferreri, tornato col tempo in grembo alla Chiesa romana,
ebbe da Leone X uffici ed onori, Ai nunzio in Polonia ed in Moscovia,
ebbe commissioni presso altre corti d^Europa, e, negli ultimi anni di
vita, lavorò molto alla riforma del Breviario (G. Cìpasso).
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STORIA ECCLESIASTICA 177
*
« «
Molto si è già scritto intorno ai Valdesi, specialmente intorno alla
questione della origine di questa piccola ma importantissima comunità
religiosa, alle sue relazioni col movimento riformatore del secolo XYI
e alle persecuzioni che soffri. Il prof. Emilio Ck)mba, autore di una
Histoire des Vaitdois dCltaJiej di cui diede sette anni or sono alle stampe
il 0OIO primo TOlume, non potendo par ora conduiTe a termine tale
impresa, riassume in veste popolare la Storia dei Valdesi (Firenze,
tip. Claudiana, 1803); lavcMretto notevole per la molta libertà di giudizi,
con cui si affrontano le più gravi questioni, che si affacciano allo stu-
dioso della storia valdese. Rompendola colla tradizione, consecrata dai
più riputati autori, come il Perrin, il Léger, il MonasUer, il Muston,
il Bert^ ecc., egli tratta con sana critica la parte antica, mantenendosi
quanto più equanime si possa in chi si sente scorrere nelle vene il
sangue delle vittime della lunga persecuzione, quando ritesse la storia
delle dolorose vicende del popol suo. La storia del popolo valdese, disse
alcuni anni fa un dotto storico, è ancora da scriversi. Se non fosse frase
un po' stantia ormai, si potrebbe dire che il G. ha riempito una lacuna.
Pochi avrebbero potuto compiere simile lavoro, al pari di lui, che vi
dimostra grande conosoenza e retto uso delle fonti e non dubbia com-
petenza di tutta la materia (G. Roberti).
« L'importanza deUa eresia », scrive il Fontana pubblicando Doct^
menu vaticani cofUro l'ereeia luterana in Italia (Roma, a cura della
società romana di storia patria, 1892), « è stata eccessivamente ag*
grandita da* cattolici per paura, e da* protestanti per vana gloria ». Ciò
non ostante è utilissima la pubblicazione dei brevi pontifici dai primi
tempi della predicazione di Martino Lutero fino al 1570, epoca in cui
I-eresia non sembra più far paura, fors*anche perchè si son già ado-
perati contro di essa tutti i rimedi opportuni. < Pietre miliari dellV
rssia » i brevi dàimo indizio del serpeggiare delle nuove dottrine e
ci mettono a parte dei provvedimenti presi dall'autorità pontificia. Non
della sola eresia, ma di frati vaganti, di monache libere, di supersti-
zioni religiose e non unicamente in Italia si occupano anche i brevi
pubblicati dal F., il quale ha creduto comprenderli tutti con ottimo
penderò tra i documenti dell'eresia, perchè dimostrano come si cer-
casse {«ima ancor del Concilio di Trento di ovviare agli inconvenienti
di'erano stati il primo pretesto della ribellione contro la chiesa ewt-
tolica. L'edizione è molto accurata e preceduta da una sobria intro*
duzione che ne dice le ragioni ed il modo. Le conclusioni dello studio
salk storia religiosa dell' Italia nel secolo XYI, cui (ù naturalmente
condotto l'editore, si cerchino nel volume da lui pubblicato su I^ncUa
M Francia, ducliessa di Ferrara ed in un'altra opera, ch'egli pro-
noeite darci presto, sull'eresia luterana in Italia (G. Roberti).
JUvitta Storie» Italiana, XI. 1^
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178 NOTE BIBLIOGRAFIGHB
Dott B. Benussi, La Wurgia slava nell'Istria. Parenzo, (Gaetano
Cioana, 1893, in-8'' di pp. 139. — A questo libro, che il D' Benussi ha
scritto per incarico della Società istriana di archeologia e storia patria,
residente a Parenzo, diedero occasione una interpellanza, colla quale,
nella seduta del 12 marzo 1892 della dieta provinciale istriana, mon*
signor Volarich rivendicava agli slavi delllstria il diritto di celebrare
gli uffici divini nella loro lingua nazionale, e uno scritto dello stesso
monsignore in confutazione d'un articolo, che oppugnava le sue pretese.
Trattandosi di una quistione , che è di molta importanza e stretta-
mente si collega colla fiera lotta, che gli italiani delle provincie sog^
getto airAustria combattono per conservare integro il loro patrimonio
nazionale, il B. non si è contentato d'una rapida confutazione, ma ha
voluto tratteggiare nella sua parte sostanziale la storia delle relazioni
dei popoli slavi coiristria.
Il libro si può dividere in due parti: nella prima si riassume la storia
anteriore alle infiltrazioni slave nell'Istria ; nella seconda si tratta più
specialmente del tempo e delle circostanze, che &vorirono la introdu-
zione delia liturgia slava nella penisola istriana.
Il B. ragiona deìYIstria geografica, che ò naturalmente limitata dai
golfi di Trieste e del Quarnero, fl:*a l'Adriatico da un lato e i monti
Vena e Galdiera dall'altro, con esclusioni quindi della Libumia di là
del monte Maggiore e delle isole del Quarnero. Quest'Istria nei 653
anni di non interrotta dominazione romana (177 a. G.-^76 d. C), fd
pienamente romanizzata, qualunque sia stata la sua popolazione pri-
mitiva. Non si può quindi parlare di slavi e molto meno di liturgia
glagolitica (antico slavo), sino alla immigrazione degli sloveni nella
Gamiola (dopo il 568) e dei croati nella Dalmazia (dopo il 630). É fo-
cile poi dimostrare che queste popolazioni, rimaste ancora a lungo pa-
gane, non occuparono, durante la dominazione bizantina, l'attigua Istria,
la quale già nel P secolo aveva ricevuto il cristianesimo.
Mons. Volarich sostiene che la liturgia glagolitica fu introdotta nel-
l'Istria da S. Metodio in persona. A questa opinione, che il B. con serie
argomentazioni e molto sensatamente ribatte, come ad altre non meno
strane, hanno dato materia, in buona parte, gli spropositi geografici,
di cui son pieni non pochi libri. Basti dire che spesso si parla del-
l'Istria, della Dalmazia, della Libumia, del litorale e della costa adria-
tica come se fossero tutt'uno. Or chi esamini la storia di quel tempo
con animo sereno, come ha fatto il B., deve convenire che nei secoli
IX e X nell'Istria non solo non era stata introdotta la liturgia glago-
litica, ma non vi erano neanche gli slavi.
Rispetto alla liturgia slava poi è un fotto che i papi sempre si op-
posero a che essa venisse introdotta nelle chiese di occidente. Piccole
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STORIA ECCLESIASTICA 179
concessioni furono fatte talvolta, ma In paesi slavi e per localiti chia-
ramente designate. L'Istria non vi può entrare per nulla prima del-
l'epoca moderna, perchè quei pochi slavi, che vi penetrarono dalla
Garniola, o dalla Garinzia nei secoli XI e XII, non erano in grado di
determinare mutazioni di conto, e d'altra parte essi stessi, essendo ec-
clesiasticamente subordinati agli arcivescovi di Salisburgo, o Aquileia,
usavano già la liturgia latina.
Un mutamento notevole avvenne nei secoli XY e XVI. Lunghe guerre
e spesse pestilenze spopolarono larghi tratti di paese. Si pensò a ripo-
polarli. Non riuscito il tentativo cogli italiani della penisola, si pensò
ad altre genti. E qui i documenti pubblici e privati permettono di se-
guire, si può dire, giorno per giorno io stabilimento di nuovi coloni
tra la Dragogna e il Quarnero dalla fine del XIY sin oltre la metà
del XVII secolo. Molti erano slavi, ignari dell'italiano, e questi un po'
per volta tirarono nelle campagne istriane preti slavi. Allora fece anche
capolino l'abuso di celebrare in lingua slava alcune, o tutte le fun-
zioni religiose. E dico abuso, perchè null'altro lo legittimava, tranne
l'Ignoranza della lingua slava nei preti istriani e quella della latina
nei preti slavi. A evitare di pe^o, fu stampato sotto Urbano VII! il
messale romano slavonico, in tipi glagolitici fcaracter^e S. ffferonymij
aeirantico slavo fidiomate slavonicoj, ma conforme alle prescrizioni di
Pio V e- Clemente Vili C^^tu romano), e per quelle chiese soltanto,
dove sino allora si era celebrato in quella lingua. Nò bastò. Il clero
slavo della campagna non era capace di usare altra lingua, all'infuori
del proprio dialetto illirico. Urbano Vili si vide perciò costretto a Car
tradurre in quel dialetto C^dUum iUyrica lincruaj il rituale romano.
Gli sforzi dei papi non riuscirono per allora a testiere di mezzo la
confusione. Ma a poco a poco la perseveranza dei vescovi del paese
fu coronata di buon successo. La liturgia latina era già ripristinata
interamente nelle campagne istriane verso la fine del secolo XVIII, e
tollerata soltanto la lettura ad alta voce dell'epistola e dell'evangelo
nel cosiddetto schiavetto (lingua slava volgare, nella stampa con ca-
ratteri latini). Vi contribuì del resto anche la necessità, in cui si tro-
varono gli slavi immigrati nell'Istria di apprendere l'italiano, per poter
svolgere proficuamente la loro attività nella nuova patria. È evidente
dunque che la liturgia glagolitica non attecchì mai nell'Istria ; essa vi
fa importata da preti stranieri ignari del latino, e, quando l'immigra-
zione cessò e si ebbero preti indigeni, cessò anche la liturgia slava.
La quale, come i documenti attestano, non risorse neanche nella prima
metà di questo secolo. Ma, dopo il 1848, quando per ragioni politiche
al risveglio del sentimento italiano fu contrapposta l'idea slava, fé' ca-
polino anche il tentativo di rimettere in onore la liturgia slava nel-
ristrìa, che, come è noto , gli slavi vorrebbero aggregare al futuro
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180 NOTE BIBUOGRAFICHB
regno di Croazia. Di qui Tinvasione nell*Istria di preti siavi, cascati
ivi da tatte le parti dell'impero austriaco, e la ostinazione loro a voler
introdurre la liturgia slava in tutti i paesi istriani abitati da slavi, o da
popoli misti.
Il lettore dirà : £ Aiori di dubbio che le pretese degli slavi nell'Istria
non hanno nessun serio fondamento; ma a che mirano essi? Rispon-
derò, colle parole del D' Bennssi : « Essi vogliono creare un fatto comr
ptuto, introdurre cioè a viva forza in tutti i luoghi di nazionalità
slava, 0 mista, la liturgia slava; e dopo avere fanatizzate le popola-
zioni per Tidea nazionale panslavista, dopo averle abituate alla nuova
lingua liturgica, e Mto credere che la medesima formi parte intan-
gibile del loro patrimonio nazionale, e sia arra per esse di grandi de-
stini futuri, e vessillo di lotta contro le altre nazionalità, dichiarare
alla Curia romana, o a chi per essa : confermateci i nostri riti, la nostra
liturgia croata, sia essa pure illecita per origine, e lesiva i diritti e
le tradizioni delle altre nazionalità, che dimorano sul medesimo suolo;
se no, c*è la santa Russia che ci attende a braccia aperte » (p. 135)
(G. Gapasso).
* ¥
Giovanni Pbsantb. La Uturgia slava con partìòolare riflesso aJr
Vlstria. Parenzo, Gaetano Coana, 1893, in-8'' di pp. 174. — Anche a
questo studio del Pesante, non altrimenti che a quello del D' Benussi,
diedero occasione i tentativi di rivendicare Tuso della lingua glagoli-
tica agli slavi delllstria. Però il Pesante tratta la questione più ex
professo; non si restringe alla sola Istria, bend, come del resto av-
verte il titolo stesso del libro, esamina la liturgia slava tanto come
speciale prerogativa di alcune popolazioni slave di rito latino, quanto
in riguardo agli slavi dell'Istria, la qual regione anch'egli, al par del
Benussi, considera sempre nei suoi confini naturali.
Il volume si apre con una introduzione, nella quale TA., stabilito
anzi tutto che cosa si debba intendere per lìtuiigia e libri liturgici, e
a quali condizioni d^bano rispondere questi ultimi, viene alla conclu-
sione che, se nell'Istria fosse permessa in qualche luogo la liturgia
slava, nelle funzioni liturgiche non si potrebbero usare altri libri che il
Missale romanum in slavo, il Brei^iartu^m roma»mni in slavo e il R^
tuale romanum in illirico, nelle edizioni, che egli indica a pag. 16.
Segue una prima parte, destinata a studiare il carattere giuridico
della liturgia slava. L'A. tocca prima per sommi capi, ma con sicu-
rezza, della vita e delle opere dei santi Cirillo e Metodio^ e delle loro
relazioni coi popoli slavi ; passa poi a discorrere della introduzione
della liturgia slava presso quei popoli e della non interrotta opposi*
zione dei papi contro siffatto abuso ; e conchiude infine che alla li-
turgia slava non si può riconoscere il carattere di privilegio: l'uso di
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STORIA BCCLESIASTICA 181
essa ci si presenta anzi come effetto di consuetudini e quindi suscet^
ti70 di tutti gli inconvenienti propri al gius consuetudinario.
Quale possa essere il soggetto della liturgia slava, TA. ricerca nella
seconda parte. Veramente esso non è definito in modo autentico. Ma
i documenti da cui è lecito trarre conseguenze sicure inducono a ri-
tenere che non potrebbe essere se non VlUirio vero, naturale, eccle-
siastico, dove € Tuso antico dei libri liturgici slavi , approvato dalla
Santa Sede, si fosse costantemente e senza interruzione conservato
sino al giorno d*oggi ».
Ma — e si passa alla terza parte — è un fatto accertato che di
questo Ulirio vero, naturale, ecclesiastico non faceva parte Tlstria;
nella quale, del resto, se si ebbe Fuso della liturgia slava, esso fu, per
cosi dire, sporadico ed ebbe sempre il carattere di ripiego. In altri
termini, « il rito glagolitico non Ai mai introdotto nelllstria; ma fu-
rono introdotti popoli slavi, e con essi sacerdoti glagolitici che seco il
recarono. » Del resto questo abuso sparì col tempo; già nel 1857 quasi
non se ne aveva più traccia.
È chiaro: il Pesante, come il Benussi, intendono allo stesso scopo,
vogliono suonare lo svegliarino per chi ha obbligo di provvedere, ac-
ciocchò non pigli piede il tentativo di alcuni, i quali, confondendo fatti
e date, vagheggiano la reintroduzione della liturgia slava nell* Istria,
col segreto proposito di slavizzare una regione, che è stata sempre e
resterà italiana. I due libri si compiono Tun Taltro, esaurendo la qui-
stione nei suoi due aspetti principali, lo storico e il giuridico. Però i
due egr^ Autori hanno egualmente bene meritato dell'Istria e della
grande patria italiana (G. Gapàsso).
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ELENCO DI LIBRI
recenti di storia italiana
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tip. F. Solari di Gregorio Tononi» 1893.
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tip. d'Amico, 1898.
Armellini (M.), Oh antichi cimiteri cristiani di Roma e d^ItaUa, In-8*, pp. t-TTO.
Boma, tip. Poliglotta della S. G. de propaganda fide, 1898.
Bacei (OA Usanse nueiàli del contado della Valdelsa, Gastelfiorentino, tip. Già-
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Baeci (P.), Un episodio deUe fanoni pistoiesi delTanno 1367, In-8% pp. 16. Siena,
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scher e G., edit., 1893. L. 5.
Belincci (Ada), Notizie suUa eecea di Gubbio. In-8<^, pp. 11. Perngia, tip. Bon-
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pontificia Accademia dei Nuovi Lincei > , voi. IX].
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Bianelii (A.), Garibaldi capitano del popolo: vita privata^ pubbHoa e militare, In-S"",
con fig., pp. 538. Boma, E. Perino, tip. ed., 1893. L. 3.
Blstieei (Dsl) (VX Vite di uomini illustri del secolo XF rivedute sui manoscritti
da Ludovico Frati Voi. Ili (ultimo). In-8o, pp. 434. Bologna, Bomagnoli Dal-
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Binndi (G.), Di Giuseppe La Farina e del risorgimento italiano dal 1816 al
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BLENCO DI LIBRI ITALIANI 183
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Caig di Pierlas (E.), GU statiUi deUe gabelle di Niega sotto i conti di Provenga.
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Campagne dd prtMipe Etégenio di Saiooia: opera pubblicata dalla divisione storica
delll. e r. Archivio di guerra in base a documenti ufficiali ed altre fonti storiche
[Fatta tradurre e stampare da S. M. Umberto I re dltalia]. Serie I, Voi. lY
(Guerra per la successione di Spagna, campagna del 1701: allegati grafici).
In-8*, 16 tav. YoL Y (Guerra per la successione di Spagna, campagna del 1708).
In-8», pp. irn-643-170. Torino, tip. L. Roui e C, 1893.
Cantù (C), Storia deaìi ttofiam. Quarta edizione riveduta dall'autore. Disp. 4-6.
In-8% pp. 241-480. Torino, Unione tipografico-editrice, 1893. L. 1 la dispensa.
Caporale (G.), Bicerche carèheologiehe, topografiche e biografiche detta diocesi di
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Cappelletti (M.^, Di Matteo OivUaU scuUore e architetto lucchese, In-8<>, con fig.,
pp. 92, con ntratto. Lucca, tip. edit Baroni, 1893. L. 1,50.
CardeUa (D.), Le pitture detta tomba etrusca degli Hescanas, In-4% pp. 18. To-
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Carmiiiati (M.), Il càrcondario di TrevigUo e i suoi comuni: cenni storici. In-8«,
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CamsellI (G.), Sutta storia detta Sicilia antica, Osservasioni e ricerche, Yasto,
tip. Zaccagnini, 1893.
Casa (La) di Savoia Carignano e la Sardegna relativamente atta legge sàUca a
proposito del matrimonio detta principessa Beatrice di Savoia cott^arciduca
Francesco ^Austria Este (1812), Note storico-critiche documentate ad una
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chivio segreto. In-8<>, pp. 46. Torino, tip. S. Giuseppe, 1893.
Casagrandl (Y^, Le campagne di Oerone VI contro i Mamertini durante lo
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tip. Fava e Garagnani, 1893.
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Celembe (E.), Iolanda duchessa di Savoia (1465-1478): studio storico corredato
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Celumlia (G. M.), OH studi geografici nel pruno secolo deWim'pero romano. Parte L
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Cerreoti (C), SeritU scelti m pairte inediti o rari. Edizione postuma a cura di
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Forzani, 1893.
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184 KLINOO DI LIBRI ITALIANI
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Def ani (E.) e Sari (V.), Concordia e Padova. Memoria. In-8*, pp. 28. Venezia,
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tip. gìk Cordella, 1893.
ilo de^ Davli (C), La q
In-8«, pp. 51. Roma, tip. Forzani e C, 1898.
mito de^ Davli (C), La questione di Vetulonia: risposta al dott Isidoro Falchi
" ^ . Kon
Erber (T.), Storia deUa DaXmagia, 1797-1814, Parte VI e VII, pp. 74^. Pio-
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Fano e la rtpubhUea francese del eeeolo XVIII: eurioeità storiche (1789-1799).
Inl6% pp. 78. Fano, Soc. tip. Cooperativa, 1898 [Pabbl. da Roggero Marìotti
per nozze Vespignani-Amiani].
Fa»u) e la repubòhea francese del secolo XVIII: eurùmtà storicìèe (1796-98).
In-16*, pp. 65. Fano, Soc. tip. Cooperativa, 1898 [Pabblicate da Raggerò Ma-
notti per nozze Borgarelli-ATYodati-Bracoìs].
Fiora? anti (L.), Dne altri lavori <f oreficeria abrtuMese wiedievaile. In*8% pp. 9.
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Gnardioni (F.), 12 primo settembre 1847 m Messina. In-IG^", pp. xi-166-lyii. Pa-
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Intorno a una nota sopra la ' Storia di Pineroh * del barone Domenico CaruttL
Apptmti di uno studioso. In-16'^, pp. 21. Pinerolo, tip. Gbiantore-MascareUi.
loBzi (0.), La patria di Cristoforo (kionibo. In-16% pp. 16. Pisa» tip. di A. Va-
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ELENCO DI LIBRI ITALIANI 185
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Lnpattelli (A.), S. Feliciano del Lago: memorie storicT^e, In-IG», pp. 14. Perugia,
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Maffel (S.), Giownni ViRifranchi. Contributo alla storia del secolo Z Fili. In-8%
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Hareliettl (B.X ^ formasione dà regno S Italia e U decentramento. In-16% pp. 424.
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Muratori (L. A.), Lettere a Goffredo OugUeimo Leibnie ed a Niccolò Forlosia.
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186 ELENCO DI LIBRI ITALIANI
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Pansa (G.X Siheetro di Sulmona detto PArieeoHa, ecuUore architetto del ecc. XV
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nezia, tip. Emiliana, 1898 [Pubblicata da Pompeo Molmenti per le nozze di
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Predelli (B.)^ L* Armeno veneto. Compendio storico e documenti delle reiasioni degìi
Armeni coi Venesiani. Primo periodo: secoli XIII e XIV. 2 voli., pp. vn'84
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Pugliese (F. P.), Arechi principe di Benevento e i suoi successori. Foggia, M. Pi-
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Sadiciotti (G.), Teatro, musica e musicisti in SinigagUa: notisie e documenti,
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Regesto (12) di Farfà compilato da Oregorio di Catino e pubblicato dalla R. So-
cietà romana di storia patria a cura di L Giorgi e U. Balzani Voi. V. In4^
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BLKNOO DI LIBRI ITALIANI 187
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BoedU nUUoIaU ' Il mimetro VàOeea e Vambasciatore Balberg \ In-Ss pp. 48.
Torino, tip. S. Giuseppe, 1898.
Bioeiardi (B. A.), MarigUano ed % oomum del suo mandamento. Memorie sto-
riche, fendali, ecc. Fase. 944 (ultimo). Iii*8s pp. 497-818-xx. Napoli, stab. tip.
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Bomnssi (Q,)y Milano nfi ewd monumenti con prefazione di Felice Cavallotti. Se-
conda ecuzione rinnovata. YoL I. In-4% pp. 480, con dnqoantanoTe tavole. Milano,
tip. Artoio Demarchi, 1898.
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SaTini (F.), L'archivio segreto deUa Santa Sede ed i vescovi noti ed ignoti di
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— Una ' domus * prioaJta rimana recentemente scoperta neWantico suolo di ' In-
teramnia PraetuUana ' ora Teramo e le sue rdasioni con le due distrusioni
di questa nei seeoH VII e XII. In-folio, pp. 23. Teramo, Fabbri, tip. edit., 1898.
8cntellari (G.), Cenni biografici intorno ai pittori^ scultori ed architetti ferraresi
dal 1750 ai giorni nostri (1892) per far seguito aHe ' Vite ' del Baruffaldi.
In-8», pp. 45. Ferrara» tip. Sociale, 1898.
Servi (F.), Dante e gli Ebrei. Casale, tip. Pane, 1898 [Per nozze Artom-Paria].
Sommi Picenardi (G.), La famiglia Sommi: memorie e documenii di storia cre-
monese. In-folio, np. 16-82-zzxn, con diciassette prospetti e dodici tavole. Cre-
mona, a spese dell autore, 1893.
Spada (Gioseppina), Margherita d^ Austria, duchessa di Parma: monografia. In-8*,
pp. 89. Parma, stab. tip. Ut. L. Battei, 1898.
Spagnotti (P.), La Pia d^ Tólomei: saggio storico-critico, In-16*, pp. 65. Torino,
Paravia, 1893.
Statuii {GU) di Castagnero deUa provincia di Vicenea. In-8s pp. 23. Vicenza,
stab. tip. Brnnello e Pastoris, 1898 [Pubblicati dall'aw. G. B. Rezzara per
nozze Calzavara-Braga].
Statuti friulani: capitoli statutari sulF Abbazia di Bosazzo, pubblicati il 24 ottobre
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188 ELBNGO DI LIBRI PRANCBSl
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BLBNCO DI LIBRI PRANCBSI 189
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eebahrt (E.), Autour d^ime Tiare (1075-1085). Paria, A Colin et C.«, 1893.
Oetskopfler (LX Mémoùres de Lue Oeiekopfler ivroUen (15501630) tradaits par
Ed. Pick. Ijo nuit de la Saint Barfhékmy, tea Universitéa de Bologne, Parie,
Dòìe et Padoue. Genòre, impr. Frick (George et 0.«), 1898.
GniUieiiiiy (E. de)^ Ménoìoge de la Compagnie de Jéeue. Aseistance d'Italie,
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Hondt (P. d*), Venise. L'art de la verreriei histoire et fabrieation, In-8^ pp. 157.
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Corpus inscrhUonum laHnarum opera et stadio Academiae Litteramm Begiae Bo-
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aperÌ09u2M f(mtibu8 rerum germanicarum medii aevi. D^lomatum regum et
«niperafortim Oemumiae, tomi II: Die UrÌDunden Otto des III, para 2. Iii-4«,
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MomtmefUa Otrmaniea historica inde ab a, D usque ad a. MD^ ed. societas ape-
rìendìs fontibiu reram germanicaram medii aeyi. Legum, sectio II. Capitukma
regum F^rancorum denno edd. À. Boretins et Vict. Eranse. Tomi II, pan 2.
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NOTIZIE
OanearH a pretni su temi starici* — L* Accademia delle scienze morali e
polìtiche di Napoli ha poeto a tema di concorso per un premio di lire mille an
punto qnalsisia, un periodo» un tratto, a scelta del concorrente, della storia delle
religioni. Il termine per la presentazione è il 30 giugno 1895.
L*Aocademia di ardieologia, lettere e belle arti di Napoli ha messo a concorso il
tema: La vUa e le opere di Oiovanni Pantano. Il premio è di lire mille. Il termine
per la consegna del ras. è il 81 marzo 1896.
Llstituto di storia del diritto romano della B. Università di Catania ha bandito
un concorso intemazionale coi seguente tema: Le seconde nome neHa storia del
diruto romano. Le memorie dovranno essere inviate non più tardi del 81 marzo 1895
al direttore deUlstituto, prof. A. Tocco-Bosa nella B. Università di Catania. All'au-
tore della migliore Memoria si conferirà un diploma d'onore.
Tra gli argomenti messi a concorso dall'Accademia di scienze, lettere ed arti del
Belgio segnaliamo i seguenti, ohe interessano il programma della nostra Bivista.
Per il 1894: storia del Pantheon di Boma (premio di L. 600); studio crìtico sui
rapporti pubblici e privati che esistettero fra i Bomani ed i Giudei fino alla presa
dì Gerusalemme per opera di Tito (premio di L. 2750); edizione crìtica ed esegetica
delle biografie di G. Cesare, Augusto e Tiberìo dì Svetonio (premio di L. 2750).
Per il 1895: Edizione crìtica dei frammenti degli scrìtti in prosa di Varrone citati
dagli Bcrìttorì antichi (premio di L. 600). Le Memorie possono essere redatte in
francese, in fiammingo o in latino.
Nuove società storiche» — La rìdente e pittoresca Valdelsa per Fattività
dì alcuni valentuomini ha pur costituito fin dal 29 dicembre 1892 la sna Società
storica con sede nella Biblioteca comunale Vallesiana in Castelfiorentino. E la So-
cietà ha già pubblicato due fiiscicoli di MisceUanea, il cui programma è chiaramente
e modestamente descrìtto dal prof. Orazio Bacci nella pre&zione. L'Archivio storico
della novella Società conterrà nella prìma parte studi e memorie compiute e di no*
tevola estensione; nella seconda studi minorì per l'importanza delFargomento e per
la mole, brevi illustrazioni di documenti sotto la rubrica varietà ed aneddoti; nella
terza parte troverà luogo la rubrìca delle notisie bibliografiche intomo alle pubbli-
cuìoni attinenti all'argomento sociale, e una cronaca di quanto si & che possa in-
teressare quegli studi. I due fascicoli già comparsi dimostrano la serìetà dei propo-
siti deUa nuova Società storica, alla quale mandiamo cordiali saluti ed augurii.
n Conaglio Comunale di Sarzana in seduta del 27 febbraio 1898 deliberava di
istituire una Commissione municipale di storia patria, alla quale affidò il completo
riordinamento e la custodia degli archivi antichi e della Biblioteca civica, la coopc-
razione all'amministrazione comunale nelle rìceiohe storiche, che nel suo interesse
dovesse fue, e nei provvedimenti opportuni a tutelare i monumenti cittadini. Sap-
RivUta Storica Jtaliana, XI. 18
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194 NonziB
piamo, che compiuto il lavoro di preparazione, la nuova istitazione pubblicherà al-
tresì un periodico storico della regione lunigianense.
In Bari 8*è costituito un Comitato provvisorio per la fondazione di una Società
di studi storici pugliesi^ diretta a promuovere la ricerca, la raccolta e la pubblica-
zione di notizie e documenti, e ad illustrare i monumenti della regione. Fu pubblicato
dalla Rassegna Pugliese^ che ne sarà Torgano, il progetto di Statuto. Avendo
il Gomitato di Lecce deciso di pubblicare per conto suo un Archimo storico salen-
tino, pare che Fazione della nuova Società si spiegherà per ora soltanto nella terra
di Bari.
Nuove Riviste, — È comparso il V fascicolo della BioisUk musicate itaUaina^
edita dai Fratelli Bocca, di cui abbiamo riassunto il programma nelFultimo nostro
&8CÌC0I0. Esso è largamente adempiuto in un elegante volume di pagine 212. Sono
tre le Memorie originali: L. Torchi, L^ accompagnamento degTistrumenU nei me-
lodrammi aàUani della prima metà dd seicento; A. Ernst, Le motifde TÉpée dans
la * Waìhyrie * ; 0. Chilbbotti, Di Hans Nevosidler e di un^anUea intaioótatma
tedesca di Uuto. Seguono cinque studi di Arte contemporanea: A. Jullien, Apropos
de la mori de Charles Oounod; G. Tebaldini, Gounod autore di musica saera;
R. Giani e A. Engelvred, I ' Medici^ di LeoncavaUo; G. Lokbroso, Le piik re-
centi inchieste scientifiche su i suoni e la musica; G. Jaohino, Wagner è dege-
nerato?; L. Torchi, Carlo PedrotU; B. Giani, Note sìdla poesia per musica.
Succedono ampie Recensioni di cinque opere, Note hìbUografiche sopra ben 88 pub-
blicazioni, lo Spoglio di 18 periodici, e un ricco elenco di Ubri e musica recenti. La
jRtMsto Musicale si è assunto un* impresa ardua e nobilissima; merita Tappoggio
^ non solo di quanti amano la musica ma di tuttti quelli che apprezzano i severi
studi critici e scientifici d*arte.
Gon elegante discorso il prof. Angelo Degubematis inaugurava il 20 novembre 1893
nell'aula magna del Collegio romano la Società ncunotude per le tradÙBioni popo-
lari italiane^ ohe all*attività sua deve il nascimento. Intanto la Rivista deUe tra-
dizioni popolari OaUonCt organo della Società, ha iniziato le sue pubblicazioni.
Ciascun fascicolo ò fitto di scritti svariatissimi su Leggende, NovèOine, Ganti po-
polari, Credenze e superstisioni popolari, Usanse, Motti e proverbi iOustraa^ Psi-
cologia del linguaggio popolare, Tipi popolari, Miscellanea, Questionario, Biàlio-
grafia. Ricordiamo che la sede della Società è in Roma, e che con la quota annua di
L. 12 si ha diritto alla Rivista e ai volumi della Biblioteca con riduzione dei 50
per cento sul prezzo segnato in copertina.
Si ò iniziata a Firenze la pubblicazione di una Rivista mterMcurtònofe di biblio-
grafia, di sdenee, lettere ed arti. Comparisce il 15 e alla fine d*ogni mese in fa-
scicoli di 16 pagine almeno; prezzo annuo d* abbonamento per l'Italia L. IO, per
l'estero L. 15. Argomentando dal primo numero la Rivista offre due rubriche: Tuna
contiene una serie di brevi recensioni di libri ed opuscoli di svariata indole, Taltrm
ci dà il titolo degli articoli dVna cinquantina di periodici.
I signori V. Barduzzi, C. Calisse, A. Graziani, L. Guaita e D. Zanichelli annun-
ziano la pubblicazione d*una Rivista intitolata: V Unione universitaria. Essa con-
terrà: 1^ studi su tutte le questioni che in via diretta o indiretta si connettono
con rinsegnamento superiore; 2'' la raccolta dei provvedimenti legislativi e ammi-
nistrativi che riguardino professori e studenti ; S"* gli atti del Ministero della P. I.
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NOTIZIE 195
lallliMwpiameBto niperìore ; 4* le notizie anlle pubblicazioni e sai corsi universitari,
e sa quanto altro possa inten^ssare l'istnisione superiore non solo in Italia ma anche
nei passi stranieri più cirilL
Da Gosensa è aanonzìata la pubblicazione della Calabria Utterana sotto la di-
renone di Domenico M ilelli. Sarà rivista qnindidnale, di scienze, lettere ed artL
Col 1* febbraio del 1894 s*ò iniziata a Parigi la pubblicazione d*nn naovo perio-
dico, intitolato La Bevue de Paris, in-8*, qoindioinale, il quale mira a riprodurre
fedelmente U movimento dei latti e delle idee. La Betme non avrà cronaca politica
e finanziaria, ma pubblicherà studi su gli argomenti più svariati dei principali pub-
blittbtì franeeei e stranieri. Nel programma è pur detto ehe « la Bevue de Paris fera
ODO glande place auz m6m<^ree, auz correspondances, et, génóralement, à tous les
docimients anthentiques et inèdite pxéeentant un véritable intérét historìque et lit-
téraire». Prezzo d'abbonamento annuale per 1 paesi deirUnione postale L. 60.
PìMUcaxiani di società storiche. — VIsUiuto storico iiàUano dopo il
D. 13 del Bollettino, del quale si è reso conto nella Rivista del 1893, ha dato in luce
il voi. n àeìV Epistolario di Coluccio Sahitati a cura di Francesco Nevati. È un
Tohme di pagg. 492 con due tavole illustrative, che onora davvero Tlstituto storico
e rillnstre raccoglitore e crìtico. Comprende le epistole del Salutati tra il 1381 e il
1893, divise nei libri VVI-Vn-VIIl, dei quali il 1° contiene 28 lettere, 25 il 2»,
23 il 3' e 23 il 4». Se ne discorrerà ampiamente in apposita recensione.
La DepuicuHone di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia ha dato
in luce due preziosi volumi, ossia il voi. V della Bibhografia storica degli Stati
della monarcJiia di Savoia compilata dal barone Antonio Manno e il tomo XXXI
della Miscellanea di storia italiana. D nuovo volume del Manno, sul quale ritor-
neremo di proposito, continuando Tindicazione della storia complessiva di paesi, va
dzlla parola Cosa alla parola Oenossi, e dal n. 18591 al n. 21471 ; tengono un
posto notevole Cresceniino, Cuneo, San Damiano d'Asti, Demonte, Desana, Do-
gHmn, Domodossola, Dronero, Finale, Fossano, Cól di Fr^jus. Il tomo XXXI
della Miscellanea contiene i seguenti studi: E. Colombo, Iolanda duchessa di So-
nia; G. Ferrare, BéUutione di Giorgio Zeno ambasciatore della repubblica veneta
a Ladislao VII re di Polonia nel 1638; J. A. Due, A quelle date est mori Saint-
Bernard de MenthonP; E. Cais di Pierlas, GU Statuti delle gabelle di Nizza sotto
i tmH di Provenza; C. Manfroni, CHnevra, Berna e Carlo Emanuele I; V. Poggi,
I presunti avanzi del mausoleo di Gastone di Foix in Savona.
n cav. Gio. Sforza presentò al Congresso storico tenutosi in Genova nel settembre
del 1892 la proposta già fatta dal Camporì nel 1884, che le Deputazioni, Società
storiche ed Accademie raccogliessero le notizie degli scrittori d*ogni provincia sugli
esempi lasciatici dal Mazzuchelli, dal Tiraboschi e dal Fantuzzi; e il Congresso
approvò la proposta. Ora ìa Deputazione di storia patria per leprovinde modenesi
deliberò di accogliere sotto il suo patronato la raccolta delle biografie di scrittori
ed artisti delle provinole modenesi e di favorire il lavoro di tre Commissioni per
Modena, Beggio e Massa, le quali debbono continuare l'opera del Tiraboschi. Esse,
forono composte dei signori P. Riccardi, T. Sandonnini e Y. Santi per Modena
6. Sforza, A. Magni-Griffi, P. Betta per Massa, N. Campanini, G. Ferrai, A. Bal-
letta per Beggio.
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196 NOTIZIE
CoUezUmi di teHi, Indici e €atalogMt Inventari e BegeM, —
Richiamiamo Tattenzione sulla OoReetkm de textea ptmr servir à Vétude et à Ten-
seignement de Thistoiref fondata fin dal 1886 a Parigi da parecchi membri del-
ristitato, dell'UniTcnità, della Scuola delle Carte e della Scaola degli alti stadi,
e pubblicata per cura della libreria Alphonse Picard et flls. La Collezione non
esclude alcun periodo, né alcun paese; ma naturalmente la storia di Francia tì
occupa il posto principale. Abbiamo sottocchio tre volumi, editi nel 1893, i quali
non interessano direttamente la storia italiana, ma che valgono a darei un'idea
precisa della importanza e serietà di questa pubblicazione. Il primo, curato dal
sig. Gabton Collov, contiene il testo dei libri VII-X della Historia Francorum
di Gregorio di Tours, secondo il ms. di Bruxelles (Bibl. reale, ms. 9408), sonito
da un indice al&betico copiosissimo. Il secondo pubblica Lea gra$idB iraUée du
règne de Lauia XIV per cura del D' Hbhri Vast: sono il trattato di MtLnster
(1648), il trattato d'alleanza del Beno (1658), il trattato dei Pirenei (1659); dascnn
testo è preceduto da una notizia storica sul trattato e da uno schiarimento illastn-
tÌTO. Il terzo comprende Documenta reìatifa aux rapporta du elergé avee la royatUé
de 1682 à 17 05^ pubblicato dal D' Leon Mention: questi documenti riguardano
le libertà della chiesa gallicana, la questione deirasìlo in Roma, Teditto del 1695
sulla giurisdizione ecclesiastica, la questione delle Maximea dea Sainta, il Giaase-
nismo nel 1705. È una collezione nitidissima, che fa onore al comitato dirigente,
ai compilatori e alla solerte Casa editrice Alphonse Picard et fils.
Nella raccolta dei Monumenta Germaniae hiatorica del 1892-98 si pubblicarono
le seguenti opere : nella sezione Auetorea antiquiaatmi, l^ Chronica minora saec. IV,
y, VI, VII; 2<> Claudiani carmina; — nella sezione Scriptorea^ 1* Scriptornm
to. XXIX; 2<> Libelli de lite ìmperatoram et pontificum; 3'' Cronache degli impe-
ratori; 4<> Cronache austriache in versi; 5'^ Gesta Federici I imperatorie in Lom-
bardia; — nella sezione Legeat 1® Leges Burgundionum; 2* Concilia aevi merovin-
gici; — nella sezione EpiatcHae, 1<> Epistolae merovingici et carolini aevi; 2* PoStae
latini aevi carolini; 3<' to. XYUI del Neues Archiv.
Nella collezione Indici e Cataloghi, che si pubblica a cura del Ministero della
Pubblica Istruzione, sono di recente usciti in luce i due primi &scicoli del catalogo
dei mss. italiani della Biblioteca Riccardiana, compilato con grande diligenza dal
D** SALOHOira MoRpUROo. C*ò poco di storia, ma meritano d*essere ricordati i codd. 1030,
1046, 1054, 1063, 1074, 1078, 1080, 1084, 1090, 1094, 1095, 1105, 1121. È anche
testé comparso il fase. 2<> del volume sui Disegni antichi e moderni posseduti dalla
Galleria degli Uffizi di Firenze; esso va dal nome di Ghirlandaio Domenico sino a
quello di VigncUi Jacopo,
Si è pubblicato il secondo tomo àeW Inventario e Begeato dei Capitoli del Co-
mime di FiTenze, cominciato da Cesare Guasti e continuato da Alessandro Ghb-
RARDi. Comprende il regesto di sei registri dei Capitoli dal n. XI al n. XVI. Le
materie, che vi si contengono, sono paci, leghe, condotte, sottomissioni, accomandigie,
capitolazioni, ordinamenti vari e lettere politiche.
È finito il terzo volume degli Inventari dei manoscritti deUe hibUateche d'Italia,
lavoro pregiatissimo e accurato del D' G. Mazzatinti (Forlì, L. Bordandini), al quale
dovrebbero dare appoggio morale e materiale tutti i cultori degli studi storici ita-
liani. Questo volarne contiene V inventario dei mss. della BibL dell* Accademia dei
Concordi di Rovigo, delle Bibl. Comunale e Concina di San Daniele del Friuli, del-
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NOTIZIE 197
Plrchivio e della Bibl. ex-capitolare di Cividale del Friuli, delle Bibl. Comunale,
loppip Florio, ArciyescoTile, Bartolini e Capitolare di Udine, e della Bibl. popolare
di CastronoYo di Sirìlia.
Archivio storico municipale d'AaU. — U 30 no?embre a. e. Tegregio
signor Gay. Emilio Falktti, di Soglio d'Asti, ha donato al civico Archivio storico
d*A3ti i seguenti oggetti giobertiani, a Ini pervenuti in eredità dallo zio Napoleone
Monti intimo dell* illustre filosofo Vincenzo Qioberti:
1<> Trentadne lettere autografe, di carattere famigliare, dì Vincenzo Gioberti al
Teol. Giovanni Napoleone Monti;
2? Albero genealogico della famiglia Gioberti, comprovante che la medesima è
di origine astese;
9* Cappello e collare indossati da Vincenzo Gioberti nel 1848, quando si pre-
sentò a Sua Santità Pio IX per patrocinare T indipendenza d'Italia;
4* Album di firme autografe presentate nel 1848 da illustri patrioti e da gen-
tildonne italiane a Vincenzo Gioberti;
50 Cassetta da viaggio (n^oesaatre), donata dai Romani a Vincenzo Gioberti nel 1848;
6* Bozza di stampa del numero straordinario del periodico lì Saggiatore (1848)
con correzioni autografe di Vincenzo Gioberti.
Il dono ò stato assai gradito dal Municipio astese, il quale conserrerà religiosa-
mente queste preziose memorie, che vanno ad arricchire il patrimonio storico di
quel patrio archìvio.
Dì tale consegna sì ò dato regolare atto in pergamena in daplice originale, da
conservarsi dal Manìcipio e dal generoso donatore.
PuiMic€Uioni gtorico-geograftehe per dispense, — La Casa editrice
Carlo Ciausen pubblica in fascicoli separati la Storia della Sicilia neUTantichità di
Ad. Holtti tradotta sniredizione tedesca dai proff. G. B. Dal Lago e Viti Graziadei.
Sarà completa in 12 fascicoli; prezzo di ciascun £mcìco1o L. 2,50.
L'abbate G. Narbey ha iniziato il desiderato Supplément atéx BoUandistes pour
dee vies de Samta de V epoque Mérovingienne (Paul Dupont, Paris). È uscito il
primo fascicolo di pagg. z-26, in-4* gr, contenente uno studio generale introduttivo
« la trattazione di tre argomenti speciali.
Procede con alacrità presso TUnione tipografico-editrice torinese la quarta edizione
della Storia degli Italiani di Cesare Cantù, riveduta dalFautore. Sono già pubbli-
cate 16 dispense, per cui la narrazione è giunta verso la metà del secolo X.
La Ditta G. B. Paravia e C, ha di recente pubblicato altre due Carte muraU sto-
riche d'Italia, compilate dal prof. Ravasio e disegnate dal Locchi. Esse ci offrono
l'aspetto politico-territoriale d'Italia nel 1559 e nel 1798.
Sebbene già edito per intiero ricordiamo V Atlante mondiale di geografia mo-
derna fisica e politica, eseguito dal sig. Giovanni Roncalli, tenente di vascello,
edito dalla Casa HCpli di Milano. L'Atlante comprende 80 carte con un indice geo-
grafico di olire 50,000 nomi e una breve introduzione sui cambiamenti politici e ter-
ritoriali degli Stati e sulle espansioni coloniali nel secolo XIX; e Vendesi per sole
L 8,50. La Casa HOpli ha risoluto un problema che pareva insolubile: fornisce alle
scuole un atlante degno degli studi ad un prezzo accessibile alla maggioranza delle
&miglie. Ed è tanto più notevole il fatto, in quanto che V Atlante mondiale non ò
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198 NonziB
•oto riooo di curie, ma è pure egregiamente rìiitclto per la ooiietteiia dei die^o,
la finezza delle ineidoni e Tarmonia del colorito.
lÀbri franoesL — Per dimoetrare la noetra gratitudine agli Àntori ed Editori,
che ci fiiTorirono pregeToli libri in dono, e per non defraudare i noetri lettori della
notizia di queste pubblicazioni, diamo qui Tannunzio di parecchie opere edite dalle
benemerite Case Hachette, Dentn, Picard e Bouillon, sebbene non rìgoardino propris-
mente la storia italiana.
Anzitutto rammentiamo il Manuel de Biplomafk^ike del prof. A. Giry (1 toL gr.
in-S"*, di pagg. 944. Paris, libr. Hachette et C.«, 1894). I/Autore ha condensato in
un volume tutte le indicazioni necessarie alla ricerca, alla crìtica, alPinterpretazione e
airuso dei documenti d'archivio dai primi secoli del Medio evo alla fine delPantioo re-
gime. Una serie di capitoli sulla cronologia tecnica, seguita da una tavola cronologica,
che ci fornisce la concordanza degli anni dell'era cristiana con tutte le notazioni cro-
nologiche, avvia alla nostra maniera di segnare le date tutti gli elementi cronolo-
gici, che 8*incontrano nei testi antichi. Lo studio sui titoli e le qualità attribuite
alle persone negli atti, sull'evoluzione dei nomi propri e sulla lingua delle Carta
indica i principali elementi, di cui deve servirsi la critica. L'esame delle parti co-
stitutive delle Cari» c'insegna, come i documenti sono stati composti nei diversi
paesi e nei diversi tempi; interessanti sopratutto i capitoli sulle sottoscrizioni, le
segnature e i sigilli. L'Autore ha quindi studiato gli atti emanati dalle principali
cancellerie dell'Europa, non che gli atti privati. L'opera termina con due capitoli sd
falsi e sui falsari; ed è corredata da un ampio indice bibliografico e da una ricca
tavola alfabetica. Le biblioteche, le scuole storiche e gli studiosi dovrebbero tutti
esser provveduti di questo accuratissimo Manuel de IHpbtMUque.
Vero modello di monografia condotta con rigoroso metodo critico è il lavoro del
D.' Édouard Favre, allievo della Scuola degli alti studi di Parigi, su Eudea eomte
de Paris et roi de Franee, daj^SOS (1 voi. in-8« gr., di pagg. xzv-284. Paris,
Émile Bouillon, 1893). In un'accurata introduzione l'egregio A. dichiara il perìodo
storico, che intende illustrare, e ne esamina le fonti; indi ci presenta in un ricco
prospetto bibliografico l'elenco delle fonti, a cui attinse, e delle opere consultate;
infine una minutissima tavola analitica agevola al lettore qualsiasi ricerca. H la-
voro consta di tre parti: 1* la narrazione, che raccoglie attorno a Eudes conte di
Parigi le vicende tormentose della Francia dall' 882 all' 898; 2* appendici illnstra-
tive sulla famiglia di Eudes, sui Normanni^ sui duchi dei Franchi e sul valore delle
testimonianze di Bicher per la storia di Eudes; 8* sette documenti.
L'abbate P. Feret ha iniziato presso la Casa Alphonse Picard et file la pubbli-
cazione d'un'opera desideratissima: La facuUé de théoloffie de Paris et eee doeteun
les plus célèbre». N' è uscito il 1* tomo, in-8* gr., di pagg. lxiv-868, dedicato al
periodo medioevale. L'illustre A. rintraccia nell'introduzione le origini dell'Univer-
sità di Parigi e ne descrive l'organamento nei secoli XII e XIII. N^ libro I si
occupa deirinsegnamento teologico durante i secoli XI e XII, specialmente alla 8cu<^
di Notre-Dame, di Sainte-€toneviòve e di Saint- Victor, man mano raccogliendo le no-
tizie sui principali maestri, compresi i due eterodossi Abelardo e Gilbert de la Porrée.
Kel 2* libro descrive la facoltà teologica nella prima metà del secolo XIII, indi-
cando le cattedre, i collegi, gli studi, i gradi, le dottrine, le decisioni, le condanne.
Nel libro 8^ l'A. fornisce informazioni sui maestri di teologia del medesimo periodo,
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NOTIZIE 199
intnitenendod svi leeolari francesi e inglesi, e sui dottori franoescani, domenicani
e d'altri ordini religiosi. Quanti conoscono Tinflnenza esercitata dalla facoltà teolo-
gica dì Parigi sullo sYolgimento della scolastica e del pensiero nel medio eyo ap-
prezzeranno le dotte fatiche deirabate Feret
È nota TattiTità della Société d'histoire contemporaine^ la quale in breve tempo
ba già pubblicato cinque ?olumi di documenti sulla rÌToluzione francese. L'ultimo
è un ToL in-8« gr., di pagg. xzzy*516 (Paris, Alphonse Picard) per cura di Victor
Pierre, col titolo 18 Fructidor. Neirintroduzione il eh. Autore riassume la narra-
zioue dei &ttì come preparazione e ad un tempo riassunto condensato dei docu-
menti. Questi sono ripartiti in cinque gruppi: V il generale Hoche e i movimenti
delle truppe; 2^ lettere di Mathieu Dumas al generale Moreau; 8* il colpo dì stato;
4*^ la deportazione; b" le commissioni militarL Occupano un posto ragguardevole
gli ordini del generale Angerean, del ministero della polizia, del ministero della ma-
rina, le lettere del generale Dutertre e dei deportati Barbé-Marbois, Tronson du
GoQdray, Laffon de Ladébat, Murìnais, De la Bue, WìUot, Barthélemy, Le Tellier,
D'Ossonville, Bourdon, e gli atti delle commissioni militari.
Il barone Larrey, membro deiristituto, sotto il modesto aspetto d'un saggio storico
à ha dato lo studio più completo, che si conosca, su Letizia Bamolino-Bonaparte,
pubblicando due volumi in-8o gr. (zii-569-576. Paris, E. Dentu) col titolo Madame
Mire, L'A. potò attingere alle fonti più sicure e svariate, avendo nel 1834 raccolto
dalla bocca stessa della madre di Napoleone I le notizie più intime della sua fami-
glia e della sua vita, poi informazioni dal cardinale Fesch, dalla principessa Carlotta
Bonaparte, da Luciano Bonaparte prìndpe di Canino, da Pietro Bonaparte suo figlio,
dairez-i6 Gerolamo e da quasi tutti gli altri membri ed amici della &miglia. A
queste informazioni dirette FA. aggiunse la lettura di tutte le opere illustrative
dei Bonaparte: storie, memorie, monografie, corrispondenze, ecc. Senza dubbio nessun
biografo s*ò trovato in condizioni così fovorevoli per raccogliere gli elementi del suo
raoconto. L'illustre A. attese con vivissimo amore, profonda ammirazione e vera
pietà a ricostituire la fisionomia e la vita di questa donna, ch'egli dichiara « digne
de figuier à une place d'honneur panni les plus glorieuses de la Franco moderne
par le oourage dvique et Tamour de la patrie, par Pabnégation d'elle-mòme en
&veur de ses enfiants, par une inépdsable charité pour les pauvres, par la prévidon
des jours néfinstee durant les jours plus heureux, et enfin par une résignation cons-
tante auz épreuves rigoureuses de la destinée ». L'opera è anche illustrata da sei
ritratti bellissimi.
La Casa editrice E. Dentu di Parigi ha recentemente dato in luce un dogante
volarne in-8* gr., di pagg. 864, di E. Flourens, Alexandre III, sa vie, $tm cBuvre,
Non è uno studio puramente storico, ma un lavoro politico a ted intemazionale,
qiiàd coronamento delle accoglienze &tte aUa fiotta russa e suggello della duplice
alleanza. La brevità e la natura di questi cenni non consentono di esaminare la
questione politica, ma solo di indicare la struttura del lavoro. Ndl' introduzione,
determinato il concetto dello tsarìsmo, TA. riassume la storia dei rapporti della
Busda con la Francia e con la Germania. Nella prima parte mira a rappresentarci
sotto aspetto sempre benevolo la famiglia imperiale: Alessandro II, Alessandro III,
rìmperatrìce regnante e i suoi figli, i granduchi fratelli e zio deirimperatore, e con
speciale cura lo tzarevich. Nella seconda parte studia l'opera di Alessandro HI nella
politica interiore, sopratutto nell'indirizzo del governo, nell'amministrazione, ndle
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200 NOTIZIE
fioaiue, nei c<i, nelPeeereito e nella marina. Nella parte terza si mette in riUera
la politica estera dello tzar nella questione d'Oriente, nei rapporti con la Germania
e con TAnstriap nelle relazioni con Tlnghilterra, neiramicizia con la Francia. Cron-
stadt e Tolone finiscono il volarne con nn inno alPamplesso dello czarismo autocrate
colla repubblica radicale.
Bicordi neerdogiei* — V lì aprile 1893 morì a Boma Errico Narduooi,
paleografo, archivista, bibliotecario e storico. Nato a Boma nel 1882, fu allievo del
Collegio Bomano ; fra il 1853 e il 1870 studiò la paleografia sotto la protezione del
prìncipe Boncompagni. Dopo il 1870 fu nominato bibliotecario dal nuovo Governo
in Boma. Numerose sono le Memorie inserite nel BuonarrcHt periodico da lui diretto
per molto tempo, e in altre Rassegne. Tutti i suoi lavori sono pregiati per TaccQ-
ratezza bibliografica; parecchi hanno pure carattere e valore storico.
Il 19 giugno 1893 moriva a Strasburgo Herkamn Baumqartbn. Nato nel Bran-
swich il 28 aprile 1825, fece i suoi studi nelle Università di Halle, Jena, Bonn^
Leipzig e G<^ttingen. Nel 1852 si recò ad Heidelberg per continuare i suoi studi
storici, ove strinse relazione con Gervinus e Hansser, poi a Monaco, ove si legò con
Sybel e Bluntschii. Fu professore di storia alla Scuola politecnica di Karlsruhe, e
dopo il 1871 airUniversità di Strasburgo. Scrisse molte opere storiche, gran parte
delle quali dirette ad illustrare la Spagna; ma tra queste la Gesehiehte KarU V
ha pur notevole importanza per la storia italiana.
Il 19 settembre 1893 moriva Giuseppe Falmiiri Nvti, nato in Siena il 26 feb-
braio 1842. Ebbe a mira le memorie e le tradizioni della sua città natale, della
quale fu anche sindaco negli anni 1878-79. Dotato d* ingegno acuto, di memoria
tenace, di vasta cultura e ricercatore assiduo, pubblicò parecchi lavori storici con
diligenza e rigore di metodo. Bicordiamo: Un cavaliere di Malta dei seeoh XVI
(Siena, LAzzeri, 1869); NarraEione à^una disfida fra italiani e spagnuoU (Siena,
tip. deirÀncora, 1876); Lettera di Sigismondo Tizio ad Alessandro Andrea Pie-
colomini (Siena, tip. deirÀncora, 1877); Discorso sulla vita e ìe opere di Domemeo
Becoafumi (Siena, Lazzeri, 1882) ; Descrisione del progetto per la decorasione
artistioa deUa sala monumentale Vittorio Emanuek II nel paìasso eomunaU di
Siena (Siena, Cappelli, 1884); Guida del palasse comunale di Siena (Siena,
Nava, 1890). Lascia inedita una tioria deOa repubblica di Siena,
L* 11 gennaio 1894 moriva in Bogliasco sulla riviera ligure Giulio Bezaboo, nato
a Spezia nel 1813. Fu deputato al Parlamento subalpino, segretario dell*on. Bon-
compagni governatore della Toscana, capo divisione nel Ministero d'istruzione pub-
blica, direttore generale delle Gallerìe e Musei della Liguria. Fu opera lungamente
meditata il Disionario del linguaggio storico ed amministrativo (Firenze, Succ. Le
Mounier, 1885). L*Accademia della Crusca lo elesse, a compenso di si utile lavoA»,
a suo socio corrìspondente. Illustrò pure la storia della lingua, delle istituzioni e
dei costumi in parecchie monografie pubblicate nel Giornale ligustico.
Avicco Giuseppe, Direttore-Gerente rtsponsabiU,
Toxino — Tip. Viacsmo Boma.
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Libri riceynti in dono.
Allcroft A. K., Uisiory of Rome 78-31. London, W. B., Clive.
Amore A., Vincenzo Bellini. Catania, Nicolò Giannotta, 1894.
Annuario della nobiltà italiana. Bari, Direzione del giornale Araldico, 1894.
Antolini P*, Origine del comwie di Massafiscaglia. Ftirrara, tip sociale, 1893.
Armellini^ Gli antic.citniteri cristiani di Boma e d'Italia. Roma, tip. poliglotta, 1893.
Atti della E. Accademia della Crusca, 1693. Firenze, M. Cellini e C., 1893.
Baldissera G., Vassedio d^Osoppo. Gemona, Tessitori e F., 1893.
Barzellotti G., Studi e ritratti. Bologna, Zanichelli, 1893.
Basletta A.^ Cuore di re, 6" ed. Roma, E. Voghera, 1892.
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t^^cr^r
Anno XI** aprile-giugno Fascicolo 2?
RIVISTA ;
STOKICA ITALIANA
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE
•^^ DAL
Prof, C. RINAUDO
con LA OOLLABOBAZIOn DI
A. FABRETTI — P. VILLARI — a. DE LEVA
e di molti eultorl di Storia Patria
FRATELLI BOCCA EDITORI
LIBRAI DI 8. M. IL KS D* ITALIA
TORINO
1894
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INDICE DELLE MATERIE
contenute nel presente fasoicolo.
MEMOBIE
B. Boschi, — Antonio Onofri e U sue ambascerie .... pag, 201
RECENSIONI
D, V'aglierU — W. Gardthausks, Angustus und seine ZeU . » 257
€• Cipolla, — J. Kkmpp, Geschichte des deutschen Reiches wdhrend dea
grofisen Interregnums 1246-1273. — G. Trenta, La tombm di Arrigo VII
imperatore (monumento del Campo Santo di Pisa) con documenti ine-
diti. — G. Romano, Delle relazioni tra Pavia e Milano neUa forma-
zione della Signoria Viscontea. — li primo matrimonio di Lucia Vi-
sconti e la rovina di Bernabò. — A. Wjnkrlmann, Der Bomzug Ru»
prechis von der Pfalz. — H. F. Helmolt, jRònig Ruprechts Zug nach
Italien j
Gorra* — N. Jokga, Thomas III, marquis de Sàiuce. Étude histo-
rique et lìttéraire, avec une introduction sur la poUiique de ses prède-
cesseurs et une appendice de textes
Gabotto. — G. Surra, Vicende della lotta tra il Comune astigiano e
la Casa d'Angiò (1259-1314)
— E. Colombo, Jolanda duchessa di Savoia (1475-1478) .
Casanova. — De Maulde-la-ClayièrEi La diplomatie au temps de
Machiaveì
V. Ciati. — L. Stafpetti, Il Cardinale Innocenzo Cybo .
Captisso» — Venetianischc Depeschen vom Kaiserhoft (Dispacci di
Germania)
G* Roberti» — M. Campori, Corrisp. ira L, A. Muratori e G. G. Leibnitz
G. Pipitane-Federico. — Lcbokirscki, Histoire eontemporaine. Trans-
formation politique et sociale de V Europe (1850-1878) . . > 291
C Rinaudo. — N. Papadopoli, Le monete di Venezia descritte ed illustrate.
— A. Crespellani, Medaglie estensi ed austro estemi edite ed iìhtstrate > 301
Id. — Sicilia % 803
E.
Id.
E.
G
NOTE BIBLIOGRAFICHE
I.
IL
IH.
Stona politica
Storia letteraria
Storia artistica
V in lingua italiana
2* in lingua francese
3** in lingua tedesca
4° in lingua inglese
SPOGLIO DI PERIODICI
N. 32
N. 18
N. 5
N. 5
5<» in lingua spagnola N. 2
NOTIZIE
Riviste nuove. — Raccolta Colombiana. — Annunzi bibliografici. — Ricordi
necrologici. — Varia »
259
264
266
270
274
275
279
305
822
334
342
864
875
392
394
395
U prezzo d'abbonamento alla Rivista Storica è di Li 20 annve
per tatto il Regno^ e di L. 24 per tutti i Paesi compresi
nell'Unione postale. — Ogni fascicolo separato L. 6.
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MEMORIE
Antonio Onofiri e le sue ambascerie.
(da doouxxieziti inediti)
I.
Relazioni fra Bonaparte e la Repubblica di S. Marino.
Quando sulla fine del secolo scorso il Bonaparte abbatteva e tra-
sformala parte con le armi e parte con la frode tutti gli Stati d*Italià,
si fermava dinanzi ad uno solo, e prendendolo sotto la sua prote-
zione, ne rispettava interamente l'autonomia : e questo era la Re-
pubblica di S. Marino. Il più piccolo ed il più antico degli Stati
d'Europa aveva sin allora divise con gli altri le sorti e le aspira-
zioni, ma in queiroccasione, quando riconobbe i vantaggi della sua
modestia, fini di persuadersi la sua salute non potergli mai venire
dal di fuori, ma doverla cercare nel suo seno. Perchè fu la mo-
destia di fronte alle offerte del Grande Conquistatore che salvò la
Repubblica, della quale dopo il 1815 non sarebbe forse rimasto che
il nome negli Archivi, se, trascinata dall'ambizione, avesse accet-
tato un ingrandimento di territorio, un porto di mare, cannoni e
tante altre cose da divenire uno Stato di qualche importanza.
L'interesse di questo periodo di storia mi parve tanto grande e
fatto risaltare tanto poco da quelli che ne parlarono, che ho voluto
raccogliere i documenti relativi, che mi è stato possibile trovare nel-
l'Archivio Governativo di questa Repubblica ed i giudizi tanto nu-
merosi e differenti che furono espressi in proposito, e farne un sunto,
per quanto mi è stato possibile, esatto e fedele. Poca ne sarà l'im-
portanza per la storia generale, ma trattandosi di un uomo, che
fiivitia Storica Italiana, XI. 14
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202 MEMORIE
per un quarto di secolo ha fatto tremare e spesso detronizzati prin-
cipi, re, imperatòri e papi, sarà bello cedere come e perchè questo
colosso ristasse riverente alle falde del Monte Titano, senza osare
di salirne la vetta.
E qui sorge spontanea la domanda : Avrebbe potuto la Repubblica
di San Marino non solo mantenersi autonoma, scampando sempre
da ogni pericolo, ma venir anche in più alto grado di fama e di
riputazione, senza Tabilità politica e la prudenza di qualche ingegno,
che in tanto critiche circostanze la reggesse e la conducesse a buon
porto? Certamente no: e scopo di questa narrazione sarà appunto
di mostrare la parte precipua che ebbe allora nel governo della sua
patria un uomo, nella vita e nell'opera del quale si concentra per
trentacinque anni la storia della Repubblica.
Quest'uomo è Antonio Onofri, che per il suo carattere fu da Bar-
tolomeo Borghesi chiamato un gentil cavaliere, un ornamento delle
conversazioni, un fior di galantuomo: e per i suoi studi un facile
e polito scrittore, un parlatore facondo, un religioso filosofo, un acuto
politico, un uomo di stato finalmente capacissimo a sostenere eziandio
il gran carico di ogni più esteso governo (1). Di tali doti essendo
fornito rOnofri, non è meraviglia se in mezzo alle burrasche del
suo tempo riuscisse a destreggiarsi con abilità straordinaria di fronte
ai continui cambiamenti di governo nei paesi vicini, traendo fuori
da ogni pericolo e da ogni angustia la sua Repubblica, da cui si
ebbe il titolo di Padre della Patria, esempio unico negli annali
sammarinesi, rarissimo in quelli degli altri stati.
La nobile famiglia degli Onofri a S. Marino era antichissima.
Fiorente per ingegno e per zelo, essa aveva riempito di sé non poche
pagine della patria storia. Nella serie cronologica dei Capitani Reg-
genti si ricorda un Francesco di Sebastiano Onofri, che resse la su-
prema magistratura fin dal 1548; ed il 25 ottobre 1739 il dottor
Giuseppe Onofri, invitato ai piedi dell'altare dal Cardinal Alberoni
a giurargli fedeltà, benché cinto dai birri, e certo che non gli po-
teva incogliere che male, giurò che sarebbe rimasto sempre fedele
alla sua Repubblica : e nello stesso luogo e momento Antonio Onofri,
avo del nostro, con generoso ardimento, a costo della propria vita,
accinge vasi a punire di morte la perBdia dell* Ortolano piacentino
nell'atto stesso, in cui entro quel sacro recinto consumava quei-
(1) Borghesi Bartolomeo, Orazione funebre detta nelk esequie di A. Onofri ii
20 maggio 1826. Riminì, tip. Albertini, 1862.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 203
Topera nefanda deireccidio della libertà dì S. Marino; e Tavrebbe
fatto, se mano troppo tenera noi tratteneva (1). Ed il figlio di lai
Francesco, col suo ardore e co' robusti suoi scritti, seppe sostenere,
da rinomato giureconsulto qual era, Tindìpendenza della patria, con-
trastata a più riprese dagli avidi legati di Romagna.
Antonio Onofri nacque a S. Marino il 28 dicembre 1759 da Fran-
cesco e da Caterina Angeli, ambedue di famiglie patrizie. Giovanis-
simo fu messo a studiare nel Collegio dei PP. Filippini in Sinigallia,
presso uno zio. Vicario generale di quel Vescovo, e uomo spettabi-
lissimo per sapere e per probità ; ed ivi nel compiere gli studi si
distinse non poco per la perspicacia e prontezza somma nel cogliere
il segno in qualunque controversia gli si presentava, mostrando fin
d'allora quella buona volontà e queiringegno, che lo dovevano ren-
dere cosi caro ed utile ai concittadini ed alla patria (2). Fatto ri-
torno in S. Marino si diede fervoroso allo studio delle leggi, sotto
la scorta delle dotte lezioni paterne ; e quasi antivedendo qual parte
gliene dovesse più abbisognare nel corso della vita, attese in ispecie
al Diritto Pubblico, nel quale riusci versatissimo, addestrandosi pro-
fondamente in esso, e facendone soggetto di spesse discussioni e di
profondi ragionamenti.
Nelfottobre 1787, essendo reggente il padre, cominciò a fungere
da prosegretario nelle Adunanze del Consiglio Principe, con viola-
zione, se non della legge, almeno dell'usanza, che il segretario fosse
consigliere; e il 16 aprile 1789, dopo la rinuncia del signor Leo-
nardelli, venne dal Consiglio eletto al posto di segretario effettivo,
in considerazione delle premure con cui, quel supplente, aveva di-
simpegnato quell'ufiicio per il corso di due anni. Nel marzo del
1788 fu dal Consiglio stesso nominato archivista aggiunto unitamente
a Camillo Bonelli, figlio dell'archivista capo Giambattista Bonelli (3).
Né guari andò che, morto il padre, fu destinato a succedergli
nel posto di consigliere, ed eletto a pieni voti nell'Adunanza del
22 novembre 1789, venne cosi chiamato a parte delle pubbliche cure,
alle quali consacrò interamente tutto il resto della sua vita labo-
riosa (4).
fi) Borghesi 6.« 1. e.
(2) Baizi Oreste, Biografie degli illustri sammarinesi. N. 17. Arezzo, 1886.
(8) Malaoola Carlo, L'Archivio governativo di S. Marino, Gap. 2, pag. 9. Bo-
logna, Zanichelli, 1891.
(4) Archivio governativo della Repubblica di S. Marino. Atti del Consiglio Prin-
cipe. Dal 1786 al 1796. Libro HH, N. 32, Basta 22, a carte 118.
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204 MEMORIE
Fu reggente la prima volta con Girolamo Paoloni nel 1791, e
poi di nuovo con Marino Francesconi nel 1796 quando le armi fran-
cesi si avvicinavano minacciose ai confini della Repubblica, che ignara
dell'animo del vincitore verso dì lei, osservava con batticuore dal-
l'eccelsa vedetta popolarsi di armati le rive dell'Adriatico. E crebbe
lo sconforto quando furono manifesti i primi sentimenti del Bona-
parte, che imperioso domandava che gli si consegnasse un ecclesia-
stico, il quale con la fuga aveva provveduto alla propria salvezza. Da
questo punto cominciano a manifestarsi lo zelo e l'abilità dell'Onofri,
che conobbe tutta la gravità del sovrastante pericolo, e qui è ne-
cessario narrare le cose nei loro particolari.
All'avvicinarsi della procella monsignor Ferretti, vescovo di Ri-
mini, era fuggito a Serra valle, castello del territorio di S. Marino,
portando seco una gran parte dei suoi effetti in arredi e tesori, ed
il 4 febbraio scriveva ai Reggenti della Repubblica che le critiche
circostanze dei tempi lo avevano condotto a ricoverarsi sui confini
della sua diocesi. Si riserbava poi di riverirli in S. Marino al più
presto, e si augurava che la sua presenza fosse loro bene accetta,
per la particolare considerazione che i Reggenti ebbero sempre per
i vescovi di Rimini. Temeva forse il monsignore che nella sua città
fossero per rinnovarsi dei fatti d'armi come quelli di Faenza, dove
fra gli uccisi si noverarono dei preti, che quando ardeva la bat-
taglia, avevano animati i soldati del pontefice a combattere, e questo
si dice che narrasse non senza scherno lo stesso generale repubbli-
cano. Ma più di questi valorosi mi sembra degno di scherno il ve-
scovo Ferretti, che lasciando la propria sede nel momento del pe-
ricolo, si rifugge al sicuro in un territorio neutrale. Il giorno
seguente scrìsse di nuovo alla Reggenza che non poteva più appro-
fittare dell'ospitalità della Repubblica, e che per sua sicurezza si era
dovuto allontanare anche da Serravalle (1).
La fuga del vescovo dovette irritare grandemente il generale del-
l'esercito francese, tanto più che quegli aveva portato seco buona
parte dei suoi tesori ; e la mattina del giorno 6 un messo si pre-
sentava ai Reggenti di S. Marino con una lettera del generale Ales-
sandro Berthier, spedita a nome del generale in capo Bonaparte.
In essa dopo aver esposto come il vescovo, predicata la discordia e
la strage contro i francesi, ed essersi allontanato in tutti i modi ed
(1) Archivio governativo della Bep. di S. Marino, Reggenza. Carteggio, Lettere
alla Repubblica. Dal 1797 al 1799. Busta N. 148.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRl E LE SUB AMBASCERIE 205
in tutti i rapporti dal carattere sacro che rappresenta per eccitare
il popolo a tutti gli eccessi, si era ritirato nel territorio della Re-
pubblica, il generale vuole e domanda^ per la buona intelligenza
che deve esistere fra la Repubblica francese e quella di S. Marino,
che si faccia sul momento trarre in arresto monsignor Ferretti, se-
questrando tutto quanto aveva portato seco. Essendo certo che il
vescovo è nel territorio della Repubblica, aggiunge che quando non
si preferisca di farlo condurre a Rimini sotto buona scorta che ne
risponda, il generale manderà immediatamente 2000 uomini; che in-
tanto si prendano tutte le precauzioni possibili perchè Tarresto si
faccia nel più grande segreto, acciò non sia prevenuto anticipata-
mente, perchè la responsabilità sarebbe ricaduta in tutti i modi sopra
la Reggenza.
Una lettera di questo tenore, scritta in quelle circostanze non era
certamente di quelle che ammettono repliche. I Reggenti pensarono
che non era quello il momento di far valere la propria indipendenza
con un tal vicino che parlava cosi chiaro, e risposero sul momento
che si sarebbe fatto quanto domandava il generale; che però il ve-
scovo la sera del 5 era partito da Serravalle, e passando alle falde
del Titano era andato a Montegiardino, altro castello sul confine
della Repubblica ; che in ogni modo suiristante era stato spedito un
officiale con alcuni soldati a quella parte con istruzione di far se-
guire r arresto, quando il vescovo vi sì trovasse ancora ; e che
un'altra simile spedizione era stata fatta a Serravalle, per assicurare
qualunque cosa avesse potuto lasciarvi. E la lettera spedita al Berthier
e stesa dall'Onofri, finiva: < Vi assicuriamo, cittadino generale, ed
4 assicurate in nome nostro il supremo generale in capo che per
€ parte nostra si procederà con tutta premura e lealtà, e che non
€ avrete mai a lagnarvi di una piccola popolazione povera, altret-
€ tanto che ambiziosa della libertà che gode da tempo immemo-
< rabile ».
Questo che poteva interpretarsi come un complimento, poteva anche
essere un tasto toccato per conoscere le intenzioni che il generale
potesse avere riguardo alla Repubblica, e forse non fu del tutto in-
difierente sul suo animo, ed influì a fargli prendere la deliberazione
di rispettare ed onorare quel piccolo Stato. La Reggenza appena
ricevuta la lettera del generale Berthier non aveva agito di moto
proprio, come del resto in simili circostanze ne avrebbe avuto il
diritto, salvo poi a farne la debita relazione al general Consiglio,
ma aveva adunata la Congregazione Deputata per gli affari esteri,
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206 MEMORIE
che, stabilito il tenore della risposta da darsi, incaricò il Reggente
nobile Antonio Onofri di recarsi come semplice deputato in Rimini
a rendere informato il sapremo generale di ciò che, a scanso di al-
teriori molestie, si era e si sarebbe fatto (1).
L'Onofri vi andò, ma non trovando più il generale Bonaparte,
dovette trattare col comandante francese della città, generale Sahaguetr
col quale convenne che il bagaglio del vescovo, sequestrato a Ser-
ravalle, sarebbe scortato fino alle porte di Rimini da un ufficiale
della Repubblica, come infatti avvenne la mattina del 10 seguente.
Il vescovo poi era fuggito anche da Montegiardino, ed uscito dal
territorio di S. Marino, si era messo in salvo sul Montefeltro. Nella
notte del 6 al 7 giunse all'Onofri in Rimini una lettera di compli-
mento della Repubblica per il generale in capo Bonaparte, lettera
che dovette consegnare oeirudienza della mattina seguente al coman-
dante di Rimini, del quale già' si era cattivato Tanimo e da cai ri-
portò non equivoche testimonianze della generosità francese verso
la Repubblica.
Era appena TOnofri tornato dalla sua missione, che la mattina
del giorno 8 ricevette un biglietto dal cittadino Monge, giunto da
Pesaro ed incaricato dal Bonaparte, a nome della Repabblica fran-
cese, di esprimere a quella di S. Marino dei sentimenti di pace, di
sicurezza e di amicizia^ e chiedeva per il giorno stesso un'udienza
che gli fu immediamente accordata.
Presentata la lettera credenziale del generale Bonaparte, che
autenticava la sua missione, il Monge chiese radunamento del Con-
siglio Principe, ma intesane la impossibilità, si contentò dì spiegare
la rappresentanza in iscritto ai Reggenti, come a capi della sovra-
nità, pregandoli di adunare il Consiglio e rispondere a nome del
medesimo al generale Bonaparte, il quale 1* avrebbe spedita al Di-
rettorio a Parigi, e pubblicata per le stampe. Aggiunse che in me-
moria separata esprimessero qualunque richiesta avessero da fare,
con la sicurezza della condiscendenza del generale in capo, tanto
per Testrazione dei grani, già domandata delPOnofri al comandante
di Rimini» quanto per ogni altro emergente.
Bellissimo e degno di lui e dell' eroe che lo mandava fu il di-
scorso letto dall'illustre messaggero ai rappresentanti della Repub-
(1) Erroneamente dunque il Malagola nell*opera sopracitata (cap. 2o, pag. 76) diee
che del Congresso degli Affari Esteri si trova ricordo solo nel 1801. Ne fa primo
segretario, seguita il Malagola, Antonio Onofri ; però non era stabile, e fa fatto tale
soltanto più tardi.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 207
blica ; dopo aver innalzato alle stelle la gloria del popolo francese,
che ateva portato la libertà nelle belle contrade, io vengo, aggiun-
geva, da parte del generale Bonaparte a nome della Repubblica
francese ad annunziare alVantica Repubblica di S. Marino la
pace ed unamicigia inviolabile: e finiva con Toffrire un ingran-
dimento di territorio, assicurando i Reggenti che il Bonaparte avrebbe
messo la Repubblica francese a portata di dare ai Sammarinesi le
prove della più sincera amicizia (1). Si congedò quindi dalla Reg-
genza, ripetendo la preghiera di adunare quanto prima il Consiglio
Principe e di mandare una risposta al suo generale.
Ciò fu fatto il giorno 12 febbraio, ed appena aperta la seduta, il
Reggente Onofri, anche a nome del collega Francesconi, riferì ed
il Consiglio commendò ed approvò a viva voce ciò che nella fac-
cenda del vescovo Ferretti era stato compiuto dalla Congregazione
deputata e segnatamente dall'Onofrì, come pubblico commissionato,
a cui fu ingiunto di continuare ad agire con fervore per il van-
taggio e per la quiete della Repubblica. Riferi in seguito la venuta
del Monge, e lesse il foglio che questi aveva lasciato per il Con-
siglio, il quale espresso un voto di ringraziamento al generale ed
al suo governo, incaricò la Reggenza di rispondere a nome del Con-
siglio stesso, esprimendo la gratitudine della Repubblica alla gene-
rosità francese; ma che la medesima si contentava di godere la ri-
stretta eredità lasciatale dai suoi maggiori, per mantenere illesa la
sua libertà; che sarebbe grata a quel governo se avesse esentati
dalle contrìbu2Ìoni militari i possessi dei cittadini della Repubblica
nel territorio acquistato dalle armi francesi ^ ed avesse inoltre assi-
curato il piccolo commercio della Repubblica stessa. Questi concetti
svolse rOnofri nella risposta al discorso di Monge, spedita il giorno
stesso, in nome del Consiglio Principe, al generale Bonaparte.
Oltre questa risposta ufficiale, TOnofri scriveva al Monge ringra-
ziandolo deironore fatto alla Repubblica con la sua missione, e pre-
gandolo di essere interprete presso il supremo generale della rico-
noscenza e dei sentimenti della Repubblica per lui e per la sua
nazione, non che il mediatore delle grazie richieste, augurandosi
che questo fosse il principio di quelle relazioni amichevoli che la
Repubblica desiderava stabilire col governo francese.
(1) Atchimo gov. di S. Marino. Atti del Consiglio Principe. Dal 1796 al 1804.
Lib. IL N. 33. Busta 22 a carte 22 e segg. — M. Dblfico, Memorie storiche di
S. Marino. Voi. 2^^. Appendice, pag. 124 e segg.
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208 MEMORIE
La saggia e modesta risposta della Repubblica, ia temperanza ado-
perata in qaeirincontro mansuefecero ancor più la militare fierezza
del capitano, da cui dipendevano allora le sorti dltalia : ed infatti
non vi fu cosa che poscia si chiedesse e non fosse tosto ottenuta. Iq
tutti questi negoziati si comincia a manifestare l'abilità politica del-
rOnofri, imperocché mentre alcuni abbagliati dalla seducente offerta
avrebbero voluto subito accoglierla, egli alPopposto caldamente so-
stenne in Consiglio e fuori e vinse la contraria sentenza, che si
avesse modestamente a rifiutare. Gli avvenimenti dimostrarono io
seguito quanta prudenza si contenesse in quella risposta.
Come ne aveva avuto l'incarico dal Consiglio Prìncipe, TOnofrì
seguitò le trattative col Governo francese per ottenere alla Repub-
blica tutti quei vantaggi, che la benevolenza di quello aveva dato
luogo a ripromettersi. A questo scopo si recò nuovamente a Rimini
a trattare col comandante della città, da cui ebbe comunicazione di
una lettera del generale Bonaparte, scritta dal quartiere di Modena,
nella quale concedeva l'esenzione dalle contribuzioni militari ai cit-
tadini attivi della Repubblica, che possedevano nelle conquiste fran-
cesi, accordava 1000 quintali di grano per il consumo fino al raccolto,
ordinava che fossero dovunque rispettati e protetti i Sammarinesi,
ed a nome della Repubblica francese regalava quattro cannoni da
campagna.
Quando nell'adunanza consigliare del 14 marzo TOnofri comunicò
questo splendido risultato delle trattative, si discusse a lungo se si
dovessero o no accettare i cannoni, ed alla fine si deliberò afferma-
tivamente, per averli come un monumento della benevolenza della
nazione francese e del suo eroe : le sussistenze poi ed i favorì re-
lativi alla Finanza, vennero accettati con la più viva gratitudine.
L'Onofri, delia cui capacità e zelo per ia patria si riconobbe il
bene delia medesima, fu scelto allora come plenipotenziario, per trat-
tare sollecitamente col governo di Romagna gl'interessi commerciali
della Repubblica; ed egli accettò, con l'espressa condizione di voler
dipendere o dal general Consiglio o dalla Congregazione degli esteri
nelle maniere fin allora usate e non altrimenti. Si dovette quindi
incaricare la Congregazione che con facoltà di Prìncipe esami-
nasse i trattati avuti con la S. Sede e goduti senza ostacoli fino al
presente, e discutesse sui punti che si dovevano proporre per il
nuovo trattato.
Il generale Sahuguet, che aveva avuto ordine di consegnare i
cannoni alla Repubblica, ne concesse all'Onofri la scelta fra i molti
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUB AMBASCERIE 209
che erano in Rimini, e che ivi stavano a sua disposizione ; ma per
allora non se ne fece niente, ed i cannoni non furono mossi, per
motivo delie strade impraticabili in quella stagione e per i pericoli
che si sarebbero incontrati fra i sollevati del Montefeltro. La con-
segna poi non si effettuò più sia pel cambiamento del comandante di
Rimini, sia perchè la Repubblica non si curò mai di reclamarli,
▼i?endo ugualmente libera ed inviolata senza questo strumento di
stragi, dannoso pia che inutile per tutti, ma più specialmente per
essa. In seguito, nel settembre del *98, trovandosi l'Onofri in Milano
per concludere un trattato con la Cisalpina, il generale Brune lo
assicurò di avere dato gli ordini precisi per la consegna dei cannoni,
anzi per il trasporto sino ai confini dello stato, e di avere scrìtto
in proposito al comandante francese residente in Rimini. Il deputato
accettò ringraziando, ma neanche questa volta i cannoni furono
consegnati né reclamati, e nessuno ne parlò più.
Diversi storici che in seguito ricordarono questo episodio, scris-
sero che la Repubblica conserva ancora i quattro cannoni donati
da Bonaparte (1); il dono ebbe luogo realmente, ma la consegna
non si fece mai. Il Padiglione poi opina che i Sammarinesi con savio
accorgimento tacitamente rifiutarono il dono, e forse le cose anda-
rono proprio in questo modo (2).
E non furono i soli Sammarinesi a godere delle concessioni che
rOnofrì seppe ottenere dal governo francese, ma ne profittarono
anche coloro che implorarono la mediazione della Repubblica. I vi-
cini abitanti del Montefeltro, sconsigliatamente proclivi a discono-
scere la preponderanza francese, non occultavano l'animo loro av-
verso a quelli in modo, che i Sammarinesi conoscendo Tinsania di tale
inimicizia, li persuasero ad obbedire alla necessità, dal momento che
ogni atto ostile non poteva fruttar loro che pubbliche e private di-
savventure (3). Il generale Sahuguet, venuto a conoscenza di queste
pratiche pacifiche, ebbe parole di lode e di stima per i Reggenti,
ai quali in data del 19 marzo scriveva: « J'éspére que nos amis
<dela République di San Marino nous procureront l'attachement
« de leurs voisins » (4). E gii effetti risposero alle speranze con-
(I) BoiXHi Arrigo, Guida storica alle più importanti vicissitudini d'Italia^ ecc.
Venezia, 1863, pag. 284. — Borohon-Portrion, Napoìéon et la BépubUque de San
Marino, pag. 5; eà altri.
(2^ Padioliohe Carlo, DiMionario bibh'ografico di S. Marino, Napoli, 1872, p. 143.
i3) Aggiunte alle memorie storiche di M. Delfico. Voi. Ili, pag. 6.
(4) Arehitno gov. di S. Marino. Beggenza. Carteggio ecc.
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210 MEMORIE
cepite dalla Repabblica e dal generale francese; poiché i Feltreschi
piegarono ranimo a savi consigli di pace, ed inviarono poi a S. Ma-
rino appositi legati a ringraziare il governo della clemenza loro pro-
cacciato dal duce francese. Cosi essi poterono estrarre dal territorio
francese le biade di cui abbisognavano, alle stesse condizioni eoo
coi le avevano ottenute i Sammarinesi ; e diversi esuli, che temendo
il rumore delle armi, abbandonando le proprie case, si erano rifu-
giati sul Titano, furono ad istanza delPOnofri, esentati dalle pene
comminate contro i fuggiaschi. Tutto questo fu fatto a prò dei vicini
senza richiesta e senza mira alcuna di privata utihtà, ma per puro
desiderio della pace altrui, ed anche per meritarsi sempre più l'ami-
cizia e la stima dei conquistatori.
II.
Antonio Onofri a Roma ed a Milano nel 1798.
Non durarono a lungo le amichevoli relazioni dei Sammarinesi
coi nuovi signori dell'Emilia. Sorta la Repubblica cisalpina, sembrando
ad alcuni dei più caldi zelatori e caporioni di quel governo che
qualsìfosse repubblica avesse a conformarsi in tutto e per tutto a
quella di Francia, e non vedendo quella di S. Marino conforme ai
loro desideri, volevano tentare di ricomporla sull'esemplare che
essi stimavano un miracolo di civile sapienza e di universale pro-
sperità. Non mancarono neanche all'interno di quelli, che pur non
avendo nulla a sperare da quali' esotica libertà, ne furono per un
momento abbagliati e cominciarono col rivolger al Consiglio u.na sup-
plica (3 giugno 1797), in cui si chiedeva l'elezione dei Consiglieri
che mancavano a formare il numero di sessanta, il rendimento dei
conti delle pubbliche amministrazioni, la piena osservanza dello sta-
tuto, e sovratutto l'abolizione della nobiltà. La prima volta il Con-
siglio non prese in considerazione quest'ultima domanda, por sod-
disfacendo a tutte le. altre : ma dopo una settimana appena, essendo
stata rinnovata e più energica della prima, ai nobili del Consiglio
parve ben di cedere alla forza dei tempi, rinunziando alla propria
aristocrazia, vera o pretesa che fosse, e mettendosi al livello degli
altri consiglieri (1). Cosi cadde allora senza resistenza quest'ordine,
inutile si ma forse allora di null'altro reo che del nome ; e appunto
per questo tornava a costituirsi, consenzienti quelli stessi che l'ave-
(1) Archivio gov. di S. Marino. Atti del Corungìio Principe ecc., a carte 35.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOPRI E LE SUE AMBASCERIE 211
Tano fatto abolire (1), quando tre anni dopo cominciò a spirare un
vento contrario ai prìncipi della pura democrazia, proclamati dalla
riTolazione dell' *89.
Intanto i mali intenzionati della Cisalpina continuarono a violare,
riguardo ai Sammarinesi, il diritto delle genti; contro i trattati e
le promesse furono comandate imposizioni fantastiche sui terreni che
loro appartenevano in Romagna ; le milizie che assediavano il vicino
forte di S. Leo ogni tanto correvano il territorio della Repubblica ;
e si era dato di piglio, nonostante gli accordi stabiliti di recente coi
presidi dell* Emilia, a certi beni già spettanti ad una comunità sop-
pressa in Rimini, situati in San Marino. Cosi ingiusto ed insolente
modo di agire commosse il Consiglio Principe, che stabili di recla-
mare con una pubblica ambasceria presso il generale Polacco, co-
mandante della forza cisalpina ali* assedio di S. Leo, e fu eletto a
compiere quest'ufficio il signor Onofrì. Ma quest'ambascerìa non
giovò a nulla, che anzi le prepotenze dei vicini continuarono sempre
pia gravi ed insistenti. Il generale Sahuguetnon si prendeva nessun
pensiero di dare esecuzione agli ordini ricevuti di far rispettare la
Repubblica dai suoi soldati, che senza freno scorrazzavano per il
territorio della medesima ; e, quel che è peggio, non dava corso a
diverse lettere dei Reggenti, a lui affidate per maggior sicurezza e
dirette al Boriaparte ed al Monge (2).
Tutto ciò indusse il Consiglio Prìncipe a ricorrere direttamente
ai generale in capo delle armi francesi in Italia Berthier, che tro-
vavasi allora in Ancona, mandandogli come deputato 1' Onofri con
una memoria^ in cui dopo aver esposto lo stato delle cose, l'inese-
cnzione data agli ordini di Bonaparte, e svelata l'indicatezza del
Sahuguet, chiedevasi di poter vivere tranquillamente sotto la pro-
tezione francese, e di aver assicurata stabilmente la propria esistenza
polìtica.
Intanto nuovi ed inattesi eventi erano accaduti al centro d'Italia.
11 generale Berthier il 29 gennaio 1798 si incamminava da Ancona
alia distruzione 'del Governo pontificio, cogliendo a pretesto l'assas-
sinio del prode Duphot; il 10 febbraio le prime truppe entravano
nella città etema, ed il 15 successivo, ricorrendo l'anniversario del-
l'incoronazione del Pontefice, dirimpetto al Campidoglio s'innalzava
(1) Fattori M., Bicordi storici di S. Marino. Cap. XLI, pa^. 69.
(2) Archivio gofo, di 8, Mairino, Beggenga. Carteggio ecc. Memoria ai Direttorio
esecutivo in Roma.
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212 MEMORIE
l'albero con in cima il berretto frigio e ai proclamava la Repub-
blica romana.
In questo frattempo TOnofri partiva da S. Marino» giungendo a
Roma il 17 febbraio, quando trionfalmente vi entrava anche il ge-
nerale Berthier, al quale si sarebbe presentato la sera stessa per la
sua commissione, se quegli non fosse subito tornato a! suo quartìer
generale» fuori Porta del popolo, circa a tre miglia distante dalla
città. Gli si presentò al campo il giorno 19 e fu ricevuto gentil-
mente ed invitato a colazione per il giorno seguente, per parlare
anche dell'oggetto della sua missione. Vi andò, e dopo un cordiale
colloquio ebbe una lettera per la Reggenza, in cui l'assicurava che
essendo la Repubblica di S. Marino sotto l'immediata protezione della
Repubblica francese, poteva contare sulla benevolenza e sull'appoggio
della giovane Repubblica romana, che di quella era figlia: che il
cittadino Monge, il quale presto sarebbe a Roma, inviato dal suo
governo, e che conosceva particolarmente la Repubblica di S. Ma-
rino ed i suoi principi di libertà, si sarebbe fatto un piacere ed un
dovere di accogliere tutte le richieste che gli sarebbero fatte, per
consolidare sempre maggiormente quel governo nella sua indipen-
denza e ne' suoi interessi.
Le negoziazioni non potevano cominciare sotto migliori auspici,
aflSdate com'erano ad uomo di tanti meriti e cosi fedele alla Repub-
blica, qual'era il Monge, ed alla prudenza dell'Onofri, a cui il Ge-
nerale Consiglio aveva date tutte le facoltà necessarie ed opportune.
Quando egli parti da S. Marino aveva solo l'incarico di reclamare
per le vessazioni sofferte dalla Repubblica da parte dei vicini delia
Cisalpina, e non quello di concludere un trattato con la Repubblica
romana, come mostra di credere il continuatore della storia del
Delfico, per la semplice ragione che la Repubblica romana non era
ancora sorta ; e molto meno quella di riconoscere la medesima, come
asserisce il Galimberti nelle sue memorie (I).
Recatosi ai primi di marzo dal Monge all'Accademia di Francia,
fu ricevuto cordialmente, e benché quegli fosse occupatissimo, potè
parlargli a lungo, ed esprimergli i bisogni della Repubblica. Gli
(1) Nel Delfico, voi. S^, pag. 9, si legge: < Sorgeva intanto la Bep. Romana
correndo Tanno 1798, con la quale i sammarinesi giudicarono opportuno il formare
amichevole corrispondenza. Però inviarono a quel G-overno Tegregio cittadino Ono-
Iri, > ecc. E il Galimberti {Memwie deWoccupoBÌone francefte in Boma dal 1789
al 1802. Bibl Vittorio Emanuele, Boma, Mes. Gesmtìei. N. 40. Voi. !<>, p. 96)
scrive: « La Bep. di S. Marino aveva mandato in Roma un suo Commissario per
riconoscere la Rep. romana >.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE ABfBASCERIE 213
lesse una memoria che aveva formulato sulla scorta delle istruzioni
avute dal General Consiglio, reclamando la protezione promessa, nar-
rando il ricatto delle lettere da parte del Sahugaet, e come la Re-
pubblica dopo la speranza dì giorni più felici e di maggiori benefici
dalla nazione francese, si trovasse invece alla discrezione de* suoi
vicini, sempre in passato a lei poco benevoli ; che questi fatti e Tat-
taale stato precario della Repubblica, avevano indotto quel Consiglio
a spedire lui come deputato al generale Berthier, per fare i debiti
reclami (1).
Il Monge trovando giuste le istanze, convenne pressoché in tutto
con rOnofrì, e furono stabiliti i preliminari di un trattato, che ven-
nero spediti immediatamente a Parigi per la necessaria ratifica da
parte del Direttorio. Intanto col T aprile a S. Marino ai Reggenti
Gozi e Capicchioni succedevano i nuovi Begni e Righi, ai quali
rOnofrì scriveva da Roma, mettendosi a loro disposizione, e facendo
sperare che al più presto il nuovo trattato non sarebbe più un de-
siderio, ma sibbene un fatto compiuto. Infatti non tardò molto a
giungere dal Direttorio di Parigi la risposta, da cui si rilevava es-
sere intenzione della Repubblica francese di conservare a quella di
S. Marino la sua protezione, e di mandare ad efietto tutto quanto
le aveva promesso il generale Bonaparte. I commissari Monge e
Fiurens si rallegrarono con TOnofri di queste buone intenzioni del
Direttorio, e lo incaricarono di fare un altro foglio degli articoli
che si volevano eseguiti, essendo il primo rimasto a Parigi, e pre-
gandolo di presentarsi nuovamente appena arrivato il generale del-
Tesercito d*Italia Brune, che gli avrebbe fatto conoscere la volontà
dei Governo francese. Quanto al trattato con la Repubblica romana
promisero essi d'incaricarsene, formandone un capo del trattato di
Commercio, che doveva conchiudere con la Repubblica francese, il
che veniva ad essere per San Marino anche molto più onorevole.
Quest'ultimo fu subito steso e favorevolissimo ai Sammarinesi: si
permetteva ad essi di estrarre liberamente dalla Repubblica romana
le derrate ed i generi di sussistenza, essendo considerati in tutto e
per tutto, sotto questo riguardo, come cittadini della medesima;
potevano estrarre, senza pagamento di alcuna gabella, i prodotti dei
terreni posseduti su territorio estero , i quali erano esenti anche da
contribuzioni straordinarie militari, conforme al privilegio accordato
dal Bonaparte. Infine la Repubblica entrava in possesso dei beni.
(1) Documento I in Appendice.
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214 MEMORIE
che da tanto tempo reclamava, eùstenti nel suo territorio, già pos-
seduti da un convento di Agostiniani soppresso in Rimini, ed ingiu-
stamente sequestrati dalle autorità Cisalpine.
Cioncluso e sottoscritto questo trattato dal deputato Onofri per
San Marino e dal Bremond per la Repubblica romana, i commissari
del Direttorio, Daunou, Faipoult e Flurens, ne scrivevano ai Reg-
genti di S. Marino, facendo osservare come tutto si era fatto con la
mediazione della Repubblica francese nei termini da loro desiderati ;
si dolevano di non essersi potuti occupare della cosa se non dopo
ricevuti gli ordini del Direttorio, e rendevano giustizia al cittadino
Onofri, ch^ aveva messo nella sua missione tutto lo zelò, tutto l'in-
teresse e tutta l'attività, che una Elepubblica può ripromettersi dai
suoi migliori cittadini. Riguardo alla consegna dei generi di sus-
sistenza e dei cannoni, scrissero al generale in capo a Milano, il
quale aveva già datigli ordini opportuni, & «me aveva promesso, per
far accettare dal suo governo le proposte dell' Onofri per un altro
trattato da concludersi fra la Repubblica di S. Marino e la Cisalpina;
e scrissero pure al cittadino Trouvet, ambasciatore di Francia presso
la Cisalpina, per trasmettergli le domande deirOnofri, e raccoman-
dargli Tinteresse dello stato che rappresentava.
L'inviato stava per partire da Roma, quando essendo accaduto
un furto a danno di un cameriere dell'albergo ove era alloggiato,
un giudice zotico ed ignorante si fece lecito di &rlo arrestare in-
sieme con altri forastieri alloggiati nell'albergo medesimo. Immedia-
tamente Flurens, di ciò avvisato, corse alle carceri, lo baciò pian-
gendo, firmò sull'istante l'ordine d'arresto per chi aveva eseguito
quello deirOnofri e lo condusse seco chiarendogli l'equivoco di cui
era stato vittima e promettendogli pronta ed intera soddisfazione.
B questa fu tanto completa, che l'Onofri stesso confessava poi, che
non avrebbe mai immaginato non che desiderato un maggior inte-
ressamento a suo riguardo, ed una più grande benevolenza.
La relazione fatta dal nostro deputato alla Commissione sui pochi
riguardi che i Cisalpini avevano avuto per la Repubblica, ebbe per
conseguenza una lettera molto acerba del generale Brune al Diret-
torio di Milano. Il trattamento dei Cisalpini abbiamo veduto che non
era stato dei piò amichevoli : nonostante l'esenzione accordata dal
Bonaparte, erano state esatte delle forti contribuzioni, e la truppa
cisalpina era passata, senza preventiva richiesta, per il territorio
della Repubblica : su questi punti principalmente aveva insistito il
deputato nelle sue lagnanze ; e si potè consolare, vedendo che su tutto
e per tutto gli fu data ragione e pronta soddisfazione.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 215
Dopo eseguita qoesta commissione con tanta facilità, destrezza e
fatica, con quanta nessun altro avrebbe saputo e potuto fare (1),
rOnofrì verso la metà di giugno se ne tornava in patria, dove lo
attendeva un'altra consimile deputazione, la stipulazione cioò di un
trattato di commercio con la Repubblica cisalpina, a cui fu di una-
nime consenso destinato nell'adunanza consigliare del 24 giugno, il
giorno stesso in cui fu ratificato il trattato da lui concluso con la
Repubblica romana (2). Anche questa negoziazione era ben avviata,
perchè i commissari del Direttorio in Roma avevano già trasmesse
al generale in capo a Milano le richieste avanzate dall'Onofri, ri-
guardanti precisamente il trattato da concludersi con la Cisalpina,
ed avevano raccomandato l'interesse della Repubblica di S. Marino
al Trouvet, ambasciatore di Francia in Milano, perchè il trattato
medesimo fosse ratificato con la mediazione e garanzia della Re-
pubblica francese.
Infatti appena giunto a Milano e presentatosi al Trouvet, ne
ebbe tutti quei contrassegni di stima e di considerazione, e tutte
quelle promesse che il rappresentante di uno Stato amico ed alleato,
non cho protetto, appena si può aspettare. Avendogli poi comuni-
cato i desideri ed i bisogni della sua Repubblica per il trattato da
concludersi, e avendogli a questo proposito partecipato quello già
stabilito con la Romana, insieme con una memoria in cui erano
minutamente esposte le ragioni, che rendevano più giustificate le
sue richieste, quegli riconobbe tutto ragionevole, e s'incaricò di
scriverne al Direttorio esecutivo. Il Direttorio rispose immediata-
mente, aderendo di buon grado a tutte le istanze dell' Onofri, e ri-
mettendo la conclusione del trattato al ministro degli esteri Birago.
Trovavasi a quel tempo in Milano col Trouvet anche quel deputato
Faipoult, che l'Onofri aveva conosciuto a Roma, e che ora mostrò
tutta la sua stima ed il suo impegno per la Repubblica, concor-
rendo a consolidarne l'esistenza politica e ad assicurarne il benes-
sere. Ma tutto ciò non tolse che la cosa fosse portata per le lunghe
e rischiasse di naufragare, data la mala intelligenza che passava
allora tra il Governo cisalpino e l'ambasciata di Francia. Conobbe
l'Ooofri che un trattato concluso in questo tempo poteva essere
sommamente azzardato, e d'altronde non volendo di suo capriccio
più oltre protrarre le trattative per non sembrare negligente presso
(1) Documento IL
(2) Archivio gov. cU 8. Marino. AUi del Consiglio Principe ecc., a carte 84.
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216 MEMORIE
il SUO Governo, sì presentò da sé al ministro degli esteri, il qaale,
pur usandogli dei tratti d'urbanità e d'amicizia, si riserbò di esa-
minare meglio i punti preliminari del trattato stesso, e di confe-
rirne col Direttorio.
Si suscitavano ancora delle difficoltà sull'articolo già stabilito nel
trattato di Roma, riguardante i beni dei conventi soppressi, perchè
con l'accordarli si veniva alle prese col Re di Sardegna, con cui
la Cisalpina aveva allora delle contestazioni per un articolo del
medesimo genere: si oppugnava in pari maniera il libero commercio
delle derrate estere, a meno di non fissare delle dogane ai confini,
per evitare le frodi che in pregiudizio delle finanze del loro Go-
verno potrebbero fare gli abitanti dei paesi limitrofi alla Repubblica:
si offriva in compenso di reputare i sanmiarinesi come nazionali,
riconoscendoli come tali nell'acquisto di tutti i generi e prodotti
della Cisalpina, senza limitazione di qualità e di quantità.
Sostenne l'Onofìri le sue ragioni, mettendo innanzi le promesse
del Direttorio ed i vantaggi ottenuti per il passato; ma come vide
il ministro fermo ne' suoi propositi, i quali per altro espresse con
maniere urbane e lusinghevoli, si attenne al partito di esprimere
che non poteva nulla concludere senza una speciale autorizzazione
de* suoi committenti, ai quali si rivolse immediatamente per le op-
portune istruzioni in proposito. Sul resto non sorsero per allora
difficoltà: anzi il ministro ripetè sovente che la Cisalpina si sarebbe
sempre fatto un pregio di dimostrare la sua stima ed il suo attac-
camento all'antichissima costituzione di S. Marino, anche per l'im-
pegno e la protezione che ne addimostrava la Repubblica francese.
Il deputato si recò quindi dall'ambasciatore di Francia, e chiesto
di presentarsegli, un domestico gli disse che per essere lui francese
(poiché per tale lo giudicò) avrebbe potuto avere accesso, giacché
oravi ordine di non lasciar passare alcun cisalpino. Ricevuto dal-
l'ambasciatore con la solita urbanità, e riferitogli il colloquio avuto
col ministro, e le difficoltà sorte improvvisamente sul noto pro-
getto di trattato, quegli rispose che per il momento non voleva
avere alcuna relazione né col Direttorio, né con alcuna autorità
della Cisalpina, e però lo consigliava di soprassedere per qualche
poco; e che nel solo caso che alla Repubblica di S. Marino fosse
fatto qualche torto, egli avrebbe parlato come si conveniva alla
nazione da lui rappresentata ; licenziava quindi il deputato, assicu-
randolo che per quanto mal animo avessero i cisalpini verso il suo
Governo, essi erano impotenti a fargli alcun male.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFiU B LE SUE AMBASCERIE 217
Ma tròppe erano le difficoltà che si ponevano per intralciare
ogni articolo del trattato, che TOnofri, fornito di pieni poteri,
avrebbe potuto e voluto concludere al più presto, secondo le istru-
lìoai aTute. Si facevano delle ricerche sulla popolazione di S. Ma-
rino, per non concedere cbe una limitatissima quantità di sale a
prezso corrente, e per non accordare che una limitata facoltà di
importazione di grano sproporzionata al bisogno : si progettava d'in-
timare la soppressione dei conventi della Repubblica, sotto pretesto
di non volervi un nido di superstizione, ma in realtà per impadro-
nirsi dei beni da quelli posseduti: si negavano apertamente i beni
tanto contrastati dei conventi soppressi : si facevano delle osserva-
zioni sulla deformità geografica che derivava dall' attuale ubicn-
zione della Repubblica: si progettava infine di renderla ligia e ri-
dotta a vivere di una vita tutta nuova e non sua.
Ma quando col colpo di Stato del 30 agosto fu rinnovata la Co-
stituzione della Cisalpina, e il ministro di Francia si rimise in
relazione col Ooverno locale, il nostro deputato potè ultimare, e
con vantaggio, l'affare che gli era stato commesso. < Mai più, seri-
« veva egli alla Reggenza in questo frattempo, mi ha pesato il ser-
< vizio della patria quanto al presente, e per l'inazione in cui le
< circostanze veramente fatali mi hanno posto, e per la tema che
< attribuiscasi a mia mancanza un ritardo, che ponendomi in una
«penosa incertezza, mi tiene nella più dolorosa agitazione ma
< poicbò la cosa è ita cosi, non mi resta che desiderare che Tesito
«non corrisponda al suo principio» (1).
& le speranze non erano infondate, ma non gli fu possibile però
sbrigarsi cosi in breve e cosi facilmente come avrebbe desiderato,
ed io patria dovette poi scusarsi del soverchio ritardo, addebitatogli
forse da qualche invidioso, che ne incolpava lui più che le circo-
stauze sfavorevoli. Giunsegli una lettera del fratello che lo rimpro-
verava di questo in un momento in cui stanco del lungo, inutile
aspettare, e indispettito di essersi incontrato in occasione cosi poco
propizia, non seppe trattenersi tanto da non far trapelare alcunché
dell'umor torbido che gli aveva suscitato. E rispose rìs0ntito: ma
ne ebbe subito assicurazioni di stima e di fiducia tali, che egli
stesso confessava che lo avevano confuso tanto quanto onorato.
Effettuatasi dunque la riforma, potè presentarsi di nuovo al
Trouv«t per ricordargli lo scopo della sua dimora in Milano, e
(1) Arehmo gcv, ài 8. Marmo. Beggensa, Carteggio eoe. Lettera del 26 agosto *98.
Rivista di Storia Italiana, XI. 15
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218 MEMORIE
quegli rispose che aveva preso la cosa con tutto rimpegno, e che
se ne sarebbe occupato ; ma che gli permettesse di prendersi un pò*
di tempo, giacché era continuamente occupato per Fattuale siste-
mazione del nuovo ordine di cose. Ed infatti l'ambasciatore parlò
con interesse della cosa al Direttorio, che si mostrò propenso alla
conclusione del trattato : anzi il generate in capo mostrò per la Re-
pubblica di S. Marino tutta la stima immaginabile, dicendo di farne
maggior pregio di quanti Governi si trovassero, ed af^giungeodo che
io ogni incontro ne avrebbe dato delle prove non equivoche. Il Diret-
torio esecutivo poi con deliberazione del 3 Vendemmiale A. VI Rep.
(24 sett. *98) autorizzò il ministro degli esteri Birago a negoziare
con rOnofrì per concludere un trattato di amicizia e di commercio
fra la Repubblica di S. Marino e la Cisalpina.
L*Onofri aveva mostrato al Trouvet la propria diffidenza giusta-
mente concepita per Birago, ed il desiderio di non trattare con
lui, come quello che per il passato aveva cercato di porre ogni
incaglio alle negoziazioni: ma Tambasciatore lo assicurò che ora non
si opporrebbe più a nulla, e lo pregò a tollerarlo perchè il trattato
non avesse più a subire ritardo alcuno, e nello stesso tempo fosse
conchiuso nelle forme dovute. '
Difatti, come dice la breve relazione che lo precede, < furono
€ presi in massima considerazione gli uffici in favore della Repub-
€ blica di S. Marino, interposti dalla Repubblica francese col mezzo
€ del di lei ambasciatore cittadino Trouvet >; e il 14 Vendemmiale,
A. VI Rep. (5 ottobre '98) si potè finalmente sottoscrivere, dopo
tre mesi di negoziati, un trattato quasi identico a quello già con-
cluso con la Repubblica romana.
Principali condizioni erano le seguenti : lìbero commercio fra Ip
due repubbliche; passaggio libero delle derrate ai confini dei due
Stati; importazione in S. Marino della quantità di sale e tabacco
sufficienti a quella popolazione; arresto e consegna reciproca dei
prevenuti di pubblici reati, quando da meno di un anno dimoras-
sero nel territorio in cui si trovavano; consegna reciproca dei ban-
diti; ricovero proibito agli esiliati; ed altri articoli, diciotto in
tutto, di non lieve importanza. Uno fra gli altri stabiliva la con-
segna reciproca fra i due Governi dei beni situati nei rispettivi
territori, già appartenuti a congregazioni e ad istituti religiosi.
Àirindomani TOnofri partiva immediatamente da Milano con una
lettera onorevolissima per lui del Trouvet ai Reggenti, nella quale
dopo narrate le vicende dei negoziati, e lodata l'attività e lo zelo
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LB SUE AMBASCERIE 219
spiegato dal negoziatore, s'invitavano a ratificare il trattato testé
sottoscritto.
Questo fu letto nella seduta consigliare del 20 ottobre dairOnofri
stesso, e dopo essere stato applaudito Toperato di lui, che aveva
saputo sostenere Tindipendenza della Repubblica e farne valere i
diritti, si ratificarono i capitoli rielle trattative, tutti tranne uno, il
settimo, qu^llo della mutua consegna dei beni ecclesiastici. Questo
fu rimesso all'esame della Congregazione deputata per gli affari
^teri, che nella seduta consigliare del 4 novembre seguente, rico-
nosciuto il danno cbe ne sarebbe venuto alla Repubblica di qualche
migliaio di scudi, propose ed il Consiglio approvò di non accettare
il cambio e di lasciare le cose allo stato di prima, cercando di
risolvere in altro modo la questione omai vecchia dei poderi dei
soppressi Agostiniani, che tante volte era venuta in campo ed an-
cora non si era definita.
III.
Dal 1799 AL 1805.
Allorché sembrava che per siffatte amichevoli relazioni procac-
ciatesi al di fuori la Repubblica di S. Marino potesse ripigliare la
sua quiete abituale, suscitc^ di nuovo intorno a lei, per le vittorie
delle armi alemanne, una violenta burrasca, tanto più procellosa,
perché accompagnata dal conflitto delle fazioni e dai tumulti civili.
Anche in questa scabra occasione venne TOnofri in soccorso della
sua patria, e seppe così bene maneggiarsi coi capi miUtari e civili
del Governo tedesco, che la sfrenata libertà dei popoli che avevano
dato di piglio alle armi fu, riguardo alla Repubblica, raffrenata; ne
in quel trambusto generale la sua calma ebbe a soffrir turbamento.
Mandato ambasciatore nel novembre 1799 al conte Giuseppe Pelle-
grini, commissario imperiale a Ravenna, potè tornare sicuro delle
buone intenzioni del nuovo Governo, fra il quale e la Repubblica
cominciò fin d'allora uno scambio amichevole di idee, continuato
poi in seguito per mezzo di Giacomo Maraffi, che il Consiglio Prin-
cipe nominò suo agente in Ravenna. — E nella primavera del 1800
trovandosi tutta la Romagna in grandi strettezze di vettovaglie, e
tatti i Governi avendo posto il divieto all'estrazione delle biade dai
rispettivi Stati, ed essendo la Repubblica in condizioni tutt'altro che
floride, Antonio Onofri fu eletto Ufficiale dell'Abbondanza e CaB-
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220 MEMOKIB
$iere dell' Annona, che è quanto dire fa inoaricato di procacciare
sul momento il grano, di cui la popolazione abbisognava. Ma le dif-
ficoltà di trovarlo erano grandi, e per giunta il modico erario della
Repubblica era pressoché esausto, e quindi non furono poche e leg-
gere le difflcoltà incontrate dall* Onofri in questa nuora carica, la
quale però seppe cosi bene adempiere, che andato in cerca di fru-
mento si nelle Romagne come nelle Marche, fu dovunque accolto
benignamente, e le sue istanze non riuscirono inefficaci. La pub-
blica annona fu approvvigionata tanto esuberantemente, che i Sam-
marinesi poterono cedere parte delle granaglie raccolte ai vicini
abitanti del Montefeltro, che come loro e più di loro soffrivano
estrema penuria di viveri.
Intanto sui campì di Marengo si erano cambiate le sorti d'Italia,
e prevalsa di bel nuovo la dominazione francese, nuove divisioni e
nuovi Governi si davano alla nostra penisola, e sorgeva quindi per
la Repubblica di S. Marino il bisogno di procedere a nuovi accordi,
riconoscendosi insufficienti e non mantenuti quelli altra volta stipu-
lati. Accadeva presentemente quello che si era dovuto lameiìtare
nel 1797, prima dell' andata dell' Onofri a Roma ; si impediva di
estrarre dal territorio cisalpino le entrate che i Sammarinesi ri-
traevano dai proprii possessi ; si facevano pagare dagli sgherri della
finanza forti contribuzioni a quelli che acquistavano qualche sacco
di grano a Riroini; si rifiutava di cedefe il sale nella quantità ed
al prezzo fissati nel trattato, e si facevano soffrire infinite vessa-
zioni, contrarie al diritto delle genti. Fu costretta pertanto la Re-
pubblica a ricorrere nuovamente al Bonaparte, quando, come primo
Console di Francia, presiedeva in Lione il Congresso dove si discu-
tevano le sorti d'Italia, e gli si fece presentare un ricorso da Da-
niele Felici, ora Commissario del potere esecutivo del dipartimento
del Rubicone, ed in seguito Consigliere di Stato della Repubblica
italiana, perchè dal Ooverno cisalpino fossero osservati i patti sta-
biliti (1).
Il Bonaparte, come già altre volte, si mostrò molto favorevole
all'interesse di S. Marino, che raccomandò alla Consulta di Stato,
augurandosi che potesse al più presto stringere amichevoli rapporti
col nuovo Governo, che era per costituirsi nell'Italia settentrionale.
Sorgeva infatti la Repubblica italiana, istituita e presieduta dal
(1) Archivio goD. di S. Marino. Beggenza. Carteggio, Lettere alia Repubblica.
Dal 1800 al 1803. Basta N. 149.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 221
Console Bonaparte medesimo; ed il segretario di essa Guicciardi
faceva sapere ai Reggenti di S. Marino di avere tutta la stima im-
maginabile per il loro Governo, e li invitava a spedire fra breve
an loro deputato a Milano, per concludere un trattato con la nuova
Repubblica, assicurandoli che sarebbe stato accolta molto favorevol-
mente ogni lx>ro richiesta, in seguito alle raccomandazioni di Bona-
parte. I Reggenti incaricarono subito la Congregazione deputata per
gli afiari esteri di stendere per le trattative da farsi in Milano un
foglio d'istruzioni e capitoli, dopo di avere ponderatamente esami-
nate le capitolazioni passate, ed aggiunte, per quanto era possibile,
altre richieste più proficue.
Questi preliminari furono letti ed approvati in massima neiradu-
nanza consigliare del 18 marzo 18Ó2, e neiristesso giorno propo-
stasi l'elezione dell'inviato da mandare a Milano a tratiare i pubblici
affari, fu a viva voce nominato a questo incarico Antonio Onofri,
per le molte riprove del suo zelo e ancora per la pratica e per il
savio suo intendimento, addimostrato altre volte nelle trattative, da
lui condotte sempre a buon termine.
Ed anche ora i preeedenti per un'ottima riuscita dei negoziati
uoB potevano essere migliori, perchè oltre alle raccomandazioni del
Console Bonaparte ed alle promesse del segretario Guicciardi, una
raccomandazione più inaspettata veniva anche dalla corte di Roma.
Il cardinal Borgia ed il segretario di Stato Consalvi, dietro con-
siglio del Pontefice, avevano istigato il ministro francese a Roma
Cacault a raccomandare la Repubblica di S. Marino ai magistrati
delia Repubblica italiana, rispetto al trattato che si era per conclu-
dere; ed il ministro Roncaldi si era mostrato disposto a favorire gli
interessi e le domande dell'inviato che i Reggenti avessero spedito
a tale proposito in Milano (1).
(1) Nella Biblioteca governativa di S. Marino (vetrina 2\ N. 78^, nella Raccolta
delle lettere autografe di Melchiorre Delfico, se ne trovano alcune indirizzate airil-
lustre letteratu Alberto Fortis di Padova, bibliotecario dell' Istituto nazionale di
Bologna; ed in una, in data del 21 maggio, si legge: < Forse sulla fine della set-
< timana sarà costi il sig. À. Onofri, deputato di questa Repubblica a Milano . . .
« Voi conoscerete il nuo più degno amico di qui e ruoiiio il più attaccato alla pa-
« trìa^ e che per tutte le sue qualità ne è il vero sostegno. Parlando col mede-
« rimo potrete vedere in qual modo potrete essere cooperatore ai bisogni di questa
« mia nuova patria » (S. Marino). In altra aggiunge: « Eccovi lamico Onofri, di
« cnì non occorre che io altro vi dica o suirarticolo amicizia o sull'essere egli il
« vero uomo della patria. Potrete seco lui rilevare in che e come contribuire al
« iiottro bene, che non vi raccomando ulteriormente, sapendu quanto vi stia a cuore > .
Occorre app.>na &r notare come anche qu(3sta raccomandazione del primo storiografo
di S. Marino ad un uomo ben accetto alle autorità francesi, qual era il Fortis, pò-
tesas giovare all'Onofri nella sua importante misaione.
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222 MEMORIE
Aggiungasi che l*alta reputazione lasciata la prima volta in Mi-
lano dal reggitore, non solo gli spianò la via a felicemente patteg-
giare una nuova e più favorevole convenzione, ma fece si che gli
venissero usati tutti i riguardi soliti ad usarsi coi legati dei prin-
cipi amici.
Giungeva TOnofri a Milano verso la metà d'aprile e presentava
immediatamente al ministro degli esteri una Memoria motivata^
con la quale chiedeva prima di tutto, come la cosa più importante,
Testrazione dei grani dalla Repubblica italiana; e neirudienza che
ebbe poi col vice presidente confermava verbalmente la richiesta,
che veniva ben accolta e favorita. Egli, persuaso che questo primo
vantaggio fosse già ottenuto, scrisse subito alla direzione centrale
di Bologna ed alla regolatrice dipartimentale di Forlì perchè affret-
tassero dairufficio di finanza di Milano la spedizione delFordine re-
lativo alla consegna del frumento, e ne avvisò contemporaneamente
la Reggenza, suggerendo anche le norme da seguirsi per il tra-
sporto. Intanto non perdeva tempo, e desumendo i punti principali
dalle istruzioni ricevute prima della partenza, presentava altre pe-
tizioni al segretario di Stato, che mostravasi molto propenso alla
buona riuscita di questi negoziati, ed insisteva presso il vice presi-
dente per la sollecitudine dei medesimi: ma sollecitudine era impos-
sibile laddove tutto doveva passare per una trafila interminabile.
Le sue memorie presentate al ministro passavano alla finanza ; da
questa ritornavano al ministro, quindi al vice presidente, poscia
alla Consulta di Stato, ed in ultimo al vice presidente ancora. Era
dunque necessario eccitare Fattività di molti personaggi, talvolta
inerti di loro natura e sempre indeboliti dal peso e dalla moltepli-
cità degli affari. Il vice presidente era il più attivo e quello a cui
doveva ricorrere da ultimo per reclamare la maggior sollecitudine
possibile; il segretario di Stato, da cui TOnofri si recava sovente,
ed al quale comunicava anticipatamente ogni suo passo, eccitava
per quanto era in lui anche il ministro degli esteri, uomo di pro-
bità e di credito, ma il più tardo di tutti quelli coi quali era ne-
cessario trattare. In un lungo colloquio che TOnofrì ebbe con lui
il 6 maggio a proposito del trattato da stipularsi, intese che si vo-
leva praticare con S. Marino lo stesso trattamento usato coi Can-
toni elvetici, e precisamente coi Baliaggi italiani, con i quali vi era
un trattato di commercio concluso di recente. Questi Baliaggi man-
cavano delle sussistenze in granaglie per circa due terzi dell'anno,
e però la Repubblica italiana si era obbligata di somministrare an-
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRl E LE SUE AMBASCERIE 223
nualmente e mensilmente il bisognevole, proporzionatamente alla
popolazione.
L*Onofrì, profittando della notizia avuta, mandò copia di questo
trattato alla Reggenza, perchè ne asaminasse gli articoli, e vedesse
se applicati a S. Marino potessero essere accettati come favorevoli,
e cercava intanto di sospendere la conclusione dei negoziati fino a
quando non avesse ricevuto una risposta in proposito, e di ottenere,
per quanto gli era possibile, sempre maggiori vantaggi. Ma incre-
dibile era la lentezza con cui si procedeva e Timportanza che si dava
alle cose anche più piccole.
Mentre, come si è visto, il deputato credeva che fosse stato spe-
«iito fin dal primo momento all'ufScio di dogana di Rimini lordine
per l'estrazione dei grani, avrebbe atteso inutilmente in eterno
Tesito della tratta accordata, se non avesse avuto un conoscente
alla finanza, da cui seppe che Tordine non era ancora partito dal-
Tufficio generale. Presentatosi immediatamente alla finanza stessa,
intese che l'ordine non si era spedito perchè nessuno erasi presen-
tato ad effettuare il pagamento dei diritti, soliti a pagarsi da
chiunque in simili estrazioni, che ascendevano a cinquanta soldi per
moggio. Questo nuovo incaglio lo indusse a reclamare contro l'in-
debita esazione al ministro degli esteri, che trovò, come sempre,
dubbioso sulla propria autorità, e lo consigliò a stendere una nota
da presentare al vicepresidente, promettendo di fnrvi un rapporto
favorevole. La nota fu fatta e presentata sull'istante, e questa volta
venne subito la risposta, che dai Sammarinesi non si doveva pa-
gare che la sola bolletta del dazio di tariffa a Rìmini : e due giorni
dopo veniva spedito l'ordine relativo alla delegazione di finanza di
questa città.
Ma intanto sorgeva un nuovo intoppo sulla prestazione annua
determinata, che s'intendeva di voler assegnare in granaglie alla
pripolazione di S. Marino, per impedire Tesportazione effrenata, che
altrimenti avrebbe potuto verificarsi, con danno della finanza della
Repubblica italiana.
L'Onofri proponeva il progetto di verificazione da farsi dal suo
Governo mediante i certificati, dei quali ciascuno dei Sammarinesi
che volesse estrarre, doveva essere munito; mentre il ministro, che
in questi dettagli prendeva norma dalla finanza, era fermo nella
proposta di concedere il grano in proporzione del numero degli abi-
tanti. Avendo poi calcolato che anche quest'ultimo partito riusciva,
sotto qualche rapporto, molto vantaggioso, perchè si veniva a con-
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224 MEMORIE
cedere una quantità di granaglie maggiore di quella che realmente
si estraeva ogni anno dai Sammarinesi, e nello stesso tempo si evi-
tavano delle spese inutili, V Onofri credette bene di accettare in
questa parte le proposte del ministro (1).
Cosi r accordo fu completo e le negosiazioni si iniziarono sulla
base dei trattati conclusi con i Cantoni elvetici. Questi trattati
erano stati riconoscinti favorevoli anche dai Reggenti, ai quali,
come si ò detto, 1' Onofri si era rivolto per un consiglio in pro-
posito.
Fissate le basi, il vicepresidente Melzi con decreto dell'I 1 maggio
incaricava Luigi Crespi di stabilire col deputato di S. Marino i sin-
goli articoli del trattato, ordinandogli di communicare a lai succes-
sivamente i progressi ed il risultato delle sue operazioni col mezzo
del ministero degli esteri. I due deputati, presentatesi le rispettive
credenziali, dopo un mese di negoziati conclusero e firmarono il
trattato, che non differiva molto da quello già esistente con la
Cisalpina: si stabiliva il libero scambio dei prodotti: il libero tran-
sito delle derrate e delle merci, che i cittadini dei doe Stati estrae-
vano dairestero: la reciproca consegna dei delinquenti e dei diser-
tori: e nelle fiere il trattamento usato verso i popoli più faToritL
Si convenne anche in un certo numero di articoli addizionali,
per determinare alcuni modi di esecuzione relativi al trattato stesso;
si determinò la quantità di granaglie, proporzionata alla popolazione,
da estrarre in Uimini dai Sammarinesi; la quantità di sale che la
Repubblica italiana doveva consegnare a quella di S. Marino; e di
tabacco, che, portato dall'estero, doveva passare senza dazio per il
territorio della prima per entrare in quello della seconda. Il trat-
tato fu concluso il 10 giugno, discusso e ratificato dal Consiglio
Principe di S. Marino il 21 successivo, presente l'Onofrì stesso, e
circa due mesi dopo dalla Consulta di Stato della Repubblica ita-
liana (2).
L'Onofri in Milano era stato accolto con la cortesia e con gli
onori dovuti ai rappresentanti dei grandi Stati, dimodochà aveva
potuto assistere, insieme con gli altri diplomatici e con tutte le au-
torità costituite civili e militari,' ai funerali che il giorno 8 giugno
(1) Documento III.
(2) Bolkitino delie leggi delia Bep. Italiana dalla CaetUugione proclamata nei
Omiei di Lione, al 31 dee, 1802. An. I, pag. 105. N. 37-38. — Archivio gov, di
8. Marino, Atti del Consiglio Principe del 1802. Lib. II. N. 33. Basta 22 a carte
224 e segg.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI B LE SUB AMBASCERIE 225
si fecero nella Chiesa dei Cappuccini di Porta Orientale, in onore
del cittadino Serbelloni, consultore di Stato.
Ebbe inoltre per la Reggenza due lettere del vice presidente
Melzi e del segretario di Stato Guìcciardi» dalle quali risultava in
quanto pregio fosse tenuto in Milano la rappresentanza di S. Ma-
rino, e quanta stima il suo inviato avesse saputo guadagnarsi nella
sua dimora in quella capitale. Non è quindi da meravigliarsi» se
dopo tante prove del suo zelo per la patria, appena tornato da Mi-
lano, il giorno stesso in cui si ratificò il trattato da lui concluso,
fosse incaricato di altre due ambascerie di minor importanza: in
Forlì al cittadino Masi, prefetto del dipartimento del Rubicone, ed
in Rimini al vice prefetto Montalti.
Ma se lo zelo e la perspicacia dell* Onofri erano in alto grado
nel fatto di negoziati diplomatici, non lo nobilitarono meno le doti
pio rare, che si possano desiderare in un ottimo cittadino ed inte-
gerrimo magistrato. Il 18 settembre 1803 erano stati eletti a Reg-
genti Marino fìelluzzi e Marino Francesconi, e dovevano entrare in
carica il 1"* ottobre successivo; ma il primo, che era da qualche
anno Commissario pontificio in Pesaro, si ricusò di assumere Tonori-
fico incarico affidatogli, adducendo per iscusa che il delegato mon-
signor Cacciapiatti, da cui dipendeva, si sarebbe mostrato malcon-
tento di una sua repentina rinunzia al commissariato. Difatti anche
monsignore faceva notare alla Reggenza che il Belluzzi, nelle pre-
scoti circostanze non poteva abbandonare la carica, che era delle
più diflScili e che egli solo poteva occupare, trattandosi di tenere
un continuo carteggio con i delegati di altre città, coi quali occor-
reva riandare le cose passate: che infine non intendeva fare insi-
stenza, che poteva sembrare importuna, ma gli sarebbe gradita ogni
condiscendenza.
Fu subito adunato il Consiglio, a cui furono communicate dalla
Reggenza le lettere del Belluzzi e del Cacciapiatti : insorsero allora
molte difficoltà contro il Belluzzi, che altra volta aveva rinunciato
al capitanato, assicurando che sarebbe per accettarlo in qualunque
altra elezione, mentre ora, pur continuando a godere i benefizi di
consigliere sammarinese, non si curava di abbandonare la patria e
lasciare tutto il peso della medesima agli altri cittadini. Cionono-
stante, per riguardo anche al delegato pontificio, che desiderava
gli si fosse lasciato, si decretò di sostituirlo, e venne eletto al suo
posto Antonio Onofri. Questi, che si trovava in quei giorni a Rimini
presso il conte Lettimi, padre di sua moglie Teresa, avuto notizia
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226 BfEMORIE
di ciò che era accaduto a S. Marino, cosi ne scriveva ai Reggenti:
« Se i imbecillità del signor Belluzsi appoggiata da ana raccoman-
« dazione anche più imbecille, ha potuto imporre a cotesto Generale
« Consiglio, ammettendo delle scuse vergognose, e dando peso a dei
€ pretesti che saranno eternamente vituperevoli, e di un esempio
< dannoso al nostro libero Governo, io dovrò, sebbene mio malgrado,
« segnare colla mia magistratura un'epoca, che io vorrei cancellata
< dai fasti della nostra liberta. Chi preferisce alla prima magistra-
« tura di una Repubblica Timpiego ligio di un Governo a cui serve,
« non merita dei riguardi tali, quali son quelli di cui à degnato il
« signor Belluzzi cotesto Supremo Ccmsiglio. Ma poiché cosi gli è
« piaciuto di ordinare, io sarò costi il più presto che mi sarà per-
« messo, sempre però in tempo di assumere Tincarico a cui la mala
< sorte e le EEL VV. mi hanno destinato, venerando sempre, come
« buon cittadino, i politici riflessi, che hanno originato questo av-
€ venimento, non intelligibili a me, affatto impolitico » (1).
Conforme alla promessa, questa reggenza delfOnofri fu contro-
distinta da una riforma tendente ad impedire le vergognose rinunzie
al Capitanato, e venne eletto un Congresso di otto membri, presie-
duto dai Reggenti stessi per formare un progetto di legge in questo
senso: e nell'adunanza consigliare del 7 gennaio 1804 fu decretata
la multa di cento scudi per quelli che ricusassero la carica della
suprema magistratura (2).
B un'altra riforma di non minore importanza fu quella della
pubblica istruzione, che TOnofri promosse nel medesimo Capitanato
con uno splendido discorso pronunziato in Consiglio il 12 gennaio
di quelJ*anno. Dopo aver dimostrato come l' ignoranza sia sempre
stata alle Repubbliche apportatrice di civili discordie e di dissolu-
zione, e come lo stato attuale delle scuole di S. Marino fosse in
aperto contrasto con la moderna civiltà, propose di provvedere
con una legge alla pubblica istruzione, sia con Taccrescere il nu-
mero dei maestri, sia col migliorare i metodi.
Questo progetto fu preso subito in considerazione, ma li per lì
(1) Archivio gov. di S. Marino. Beggema. Carteggio, Lettere aUa BepubhUca.
Dal 1800 al 1803. N. 149. Lettera del 26 settembre 1808.
(2) Gli Statati della Bepabblica colpivano già dMnfamìa chi rifiutasse la Reg^-
genza: « Qaicnmque ad capitaneatas officiam, servato debito ordine, electne, ipsom
subire recusaverit, de facto, absque alia causae oognitione, privetur honoribus, officiis
et civitate terrae nostrae Sancti Marini , efficiaturque perpetuo infamis et si
quis in eius favorcm aliquid proponere ausus fuerit, incontinenti e Consilio ejecia-
tur » . Leges Statutae Reipublicae Sancti Marini. Lib. I. Rubrica XVIII.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 227
non ai fece, come sempre, che nominare un Congresso clie esami-
nasse la questione. Per allora nulla fu stabilito, ostando anche la
poca floridezza delle finanze dello Stato, ma in seguito, dietro questo
primo impulso, e per opera specialmente deirOnofri, la riforma si
fece e tale, che poi le scuole della Repubblica non solo furono suf-
ficienti ai bisogni della gioventù sammarinese, ma furono frequen-
tale anche da studiosi dei paesi vicini (1).
Ma il merito principale dell'Onofri sarà sempre la buona riuscita
delle sue ambascerie all'estero, una delle quali, fra le più impor-
tanti, gli si preparava ora nuovamente a Milano.
Il futuro prigioniero di S. Elena, ora al colmo della sua potenza,
con la spada fulminea e col genio sublime, si era guadagnata la
corona imperiale in Parigi, ed ora, per dare sfogo ad una sfrenata
ambizione, si accingeva a porre sul capo quella di ferro dei re
Longobardi. La Repubblica italiana cedeva il posto ad un Regno
d'Italia.
Trovandosi per questi avvenimenti la Repubblica di S. Marino
circondata da un nuovo Governo, conobbe la necessità di spedire
un suo deputato a Milano per riconfermare coi nuovi governanti i
trattati che già esistevano coi vecchi, e cercar di ottenere qualche
altro privilegio per il vantaggio dei propri! cittadini. Quel Daniele
Felici che altre volte si era adoperato in favore della Repubblica,
interrogato dalla Reggenza sulla convenienza di questa spedizione,
rispondeva da Milano di conoscerla se non necessaria almeno uti-
lissima, trattandosi di cose che interessavano la conservazione della
Repubblica stessa, e di ossequiare il novello monarca al momento
della sua incoronazione. Neil* adunanza consigliare del 7 maggio
1805 venne dunque decretata, in seguito ad una risoluzione della
Congregazione degli esteri, questa deputazione a Milano, e per
unanime consenso venne eletto a compierla l'Onofri, per la sua ca-
pacità e per il suo zelo verso la patria, provati in altre simili cir-
costanze.
Recatosi questi a Milano, munito di una lettera per Timperatore
e di un'altra per il ministro degli esteri Marescalchi, fu da questi
onorato della più lusinghiera accoglienza, e si ebbe tutte le consi-
derazioni convenienti ad un membro del Corpo diplomatico, dalla
(1) Archivio gov. di 8. Marino. Atti del Consiglio Principe. Dal 1804 al 1830,
Uh. KE. N. d4. Basta 23 a carte 272. — - Borghesi B., Orazione funebre detta
neUe esequie di A. Onofirù
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228 MEMORIE
tribuna dei quale potè assistere airincoronazione, seguita con pompa
solenne la domenica del 26 maggio (1).
In attesa poi dellMnvito ad un'udienza speciale deirimperatore e
re, veniva ammesso a tutte le feste date per l'occasione» e sedendo
sempre fra i ministri delie Corti estere e gli alti dignitari dello Stato,
aveva campo di farsi conoscere, e prevenire in suo prò tutti quei
personaggi che gli potevano essere utili.
Invitato dal ministro Marescalchi» recossi la domenica del 2 giugno,
circa il mezzodì a Palazzo Reale, e dopo aver assistito alla messa
nella capella di Corte, e presenziata nella sala di palazzo la grande
parata che Napoleone comandava in persona, fu introdotto nella
camera degli ambasciatori, unitamente a tutto il Corpo diplomatico,
che venne servito di lauto rinfresco. Chiamato poco dopo dal grande
cerimoniere di Corte, fu ammesso all'udienza deirimperatore, che
era circondato dai grandi dignitari del Regno, dalla Consulta e dal
Consiglio di Stato, dai cardinali, dai marescialli di Francia, dai mi-
nistri dell'Impero e del Regno e del Corpo diplomatico. Presentato
dal Marescalchi a Napoleone, pronunciò queste parole: « Sire, il
« raro sentimento di gratitudine caratterizzò sempre il piccolo pò-
€ polo della Repubblica di S. Marino ; esso perciò mi conferisce il
€ pregievole incarico di presentarne l'omaggio a Vostra Maestà, in
« cui riconosce il protettore delle sue leggi, il conservatore della
« sua politica esistenza, il suo grande Benefattore. Si d^ni Blla
< dunque di accogliere con l'usata sua clemenza gli applausi di un
« popolo, che nella luminosa di Lei grandezza vede più possenti
€ motivi di sempre nuova riconoscenza; e l'espressione di quest*»
€ sentimento generale, guidato dal più profondo rispetto, è la lettera
« che in nome del mio Governo ho l'onore di presentare a Vostra
« Maestà > (2).
Riceveva Napoleone con atto gentile questa lettera di compli-
mento e di congratulazione, e consegnatala al segretario di Stato
rispondeva all'Onofri di vedere assai di buon grado in quel luogo
la deputazione della Repubblica di S. Marino, prometteva la sua
protezione alla medesima, e pregava il deputato di rivolgersi al mi-
nistro degli esteri per la riconferma del trattato di amicizia e di
commercio, e per l'aggiunta di un' appendice, che ne rettificasse
(1) Documento IV.
(2) Archivio gov. di S. Marino. Beggenea. Carteggio. Lettere aUa BepuMica.
Busta 150.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 229
qualche articolo, dandovi maggior estensione. E lo congedava, dopo
un colloquio cordialissimo, in cui lo rassicurò che avrebbe sempre
gradito di sentire la tranquillità e la felicità della sua Repubblica.
Dallo stesso ministro degli esteri e dal gran cerimoniere fu pre-
sentato poi airimperatrìce, che pure lo ricevette con infinita gen-
tilessa, e lo assicurò che 1* imperatore suo sposo avrebbe sempre
amata e difesa la Repubblica di S. Marino. In ultimo fn anche pre-
sentato alla principessa Elisa ed al prìncipe Eugenio, che non man-
carono di fargli le pia gentili accoglienze.
Nei giorni seguenti fu ricevuto altre volte in udienza speciale
dall'imperatore, che gli espresse sempre la sua stima verso la Re-
pubblica, e ripetè pubblicamente che 1* avrebbe sempre protetta e
che sentirebbe con piacere in ogni tempo la sua prosperità ; ed in
fine gli offri tre medaglie, d'oro, d'argeiito e di bronzo, che ricor-
davano répoca dell'incoronazione.
Dopo Tudienza imperiale TOnofrì presentò al ministro Marescalchi
la nota relativa all'estensione deirarticolo del trattato, che riguar-
dava l'estrazione delle entrate da farsi dai Sammarinesi possidenti
nel Regno italico, e ad un regolamento per le fiere e per i mer-
cati. Questi negoziati, per legge d'ordine, dovevano essere esaminati
dall'ufficio di finanza e poi dal Melzi, ora gran dignitario guarda-
sigilli, che r Onofrì, conoscendo come persona di gran probità e a
lui ben affetta, aveva già prevenuto a suo vantaggio.
Le pendenze furono condotte a termine a Bologna, dove il de-
putato nei ritorno, si trattenne appositamente ; e nel luglio l'Inten-
denza di finanza di Riraini partecipava alla Reggenza un decreto
imperiale, in appendice al trattato vigente fra i due stati, che fis-
sano l'estrazione libera dal dazio d'uscita per i cittadini della Re-
pubblica possidenti nel regno, e &cilitava il commercio nelle fiere
e nei mercati. L'estrazione si accordava dietro la sola presentazione
da farsi alle rispettive dogane, delle credenziali rilasciate dalle se-
greterie dei due stati, che a scanso d'inconvenienti dovevano tenerne
apposito registro ; e riguardo alle fiere, nulla essendovi di determi-
nato, si diede incarico all'Onofri stesso che insieme al Montalti con-
venisse anche su di ciò con l'Intendenza di Rimini.
Quest'ambasciata segnerà sempre un'epoca luminosissima negli An-
nali sammarinesi, perchè fu quella la prima volta che si diede l'occa-
sione ad un inviato della Repubblica di sedere nell'augusto consesso
dei rappresentanti di tutti gli stati dell'Europa, con che fu imposto
l'ultimo ed il più solenne sigillo della sua indipendenza. Dando in-
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230 BIBMORIE
fatti UDO sguardo allo stato delFEuropa in quel '.empo, è e7idente
come tale ambasceria eseguita in presenza dell' ultimo dei Dogi di
Genova e di una Deputazione lucchese che per rultima volta appa-
riva con un carattere diplomatico, servisse a conservare illesa ed
indipendente la Repubblica di S. Marino, in mezzo alle molteplici
trasformazioni politiche dei diversi stati d'Italia. Quest'indipendenza
ora nuovamente riconosciuta e riconfermata con la più estesa pub-
blicità, fece si che la Repubblica fosse soggetto allora e poi d'invidia
e di rispetto insieme, perchè da quel momento fu ed è Tunica ri-
masta in Italia (1).
IV.
Dal 1806 AL 1823.
A questo periodo burrascoso che aveva durato due lustri, un altro
ne tenne dietro per la Repubblica di S. Marino molto più tranquillo,
non tanto però che non le fosse necessaria l'opera de' suoi migliori
cittadini, cosi in varie rappresentanze all'estero, come nelle riforme
all'interno. E Antonio Onofri non mancò di servire la patria in qua-
lunque occasione, sia come ambasciatore a varie autorità degli stati
vicini, sia come promotore e caldo sostenitore di riforme de' vieti
ordinamenti dello stato durante le sue sette reggenze, di cui due a
-soli tre anni di distanza, nel 1807 e nel 1810.
Cosi nel luglio del 1808 andò commissario in Ancona al viceré
Beauharnais, che visitava le provinole incorporate da Napoleone al
Regno d'Italia, per fargli omaggio del rispetto e della devozione dei
sammarinesi. Gradi molto il Principe quest'atto di cortesia, e rice-
vette ripetutamente l'inviato, che assicurò sempre delia durevole prò*
tezione di Bonaparte e de' suoi luogotenenti per la Repubblica di
S. Marino.
Ed al Viceré si presentò di nuovo in Porli nel novembre del 1810,
(1) Interrogato il Bonaparte quando si trattava di dare assetto alle cose d'Italia
«he cosa si dovesse fare della Repubblica dì San Marino dicesi che rispondesse:
« Gonservons la cornine un échantillon ». E prima del ricevimento del 2 giugno 1805
si dice che vedendo fra gli altri diplomatici TOnofri che vestiva Taniforme di uffi-
ciale della Guardia Nobile di San Marino, domandasse chi era e saputolo rispon-
desse: < Per poco la sciabola non esce fuori dal territorio della Repubblica che
rappresenta». Si potrebbe dunque concludere ingenuamente con taluni che ìa Re-
pubblica deve la stM esistenza aHa microscopica sua piccolezza; però dairesame
razionale dei fatti si è indotti a credere, che se quella fu una delle cause, non fu
già Punica e neanche la principale.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOPRl E LE SUE AMBASCERIE 231
dorante la sua quinta Reggenza, per incarico del Congresso degli
Esteri, a reclamare Testrazione dei generi dal Regno d'Italia, che
nonostante i trattati conclusi, trovava ogni tanto qualche incaglio
da parte delle autorità dei paesi vicini.
In quello stesso anno fu compiuta l'importante riforma delle scuole
che rOnofri abbiamo visto promuovere in Consiglio qualche anno
prima, ed alla quale non si era potuto sin allora pensare per man-
canza di mezzi : ma ora, sotto la sua Reggenza, fu decretato l'au-
mento dei locali e degli insegnanti, ed un ordinamento de' metodi
che meglio rispondesse alle esigenze dei tempi moderni. E l'anno
appresso, andato in vigore nel Regno limitrofo un nuovo sistema di
dogane ed essendo certo che la Repubblica sarebbe stata circondata
da gravi dazi di confine, l'Onofri si adoperò perchè i Sammarinesi,
per un eccezione speciale, fossero trattati come cittadini del Regno,
per l'esportazione e l'importazione delle merci e delle manifatture ;
e riasci nel suo intento, risparmiando così ai suoi concittadini un
danno notevole, specialmente finanziario.
Giungevano intanto alla Reggenza dai vicini Comuni moltissime
lettere, in cui si chiedeva la consegna di vari coscritti, che si di-
cevano rifugiati sul territorio della Repubblica; ed il Consiglio Prin-
cipe deliberava di trattare non singolarmente con ciascuno dei co-
muni richiedenti, ma direttamente col Prefetto del Rubicone, perchè
cosi sarebbe stato più facile intendersi, e si sarebbe evitato che sor-
gessero contestazioni dalle parti interessate. Ed a questo fine nel
febbraio del 1812 fu spedito a Forlì il solito Inviato, per stabilire
col Prefetto un modo di evitare alla Repubblica le continue noie da
parte dei limitrofi comuni riguardo ai coscritti; e per meglio faci-
litare i negoziati, fu eletto in quell' occasione un agente in Forlì
nella persona del conte Antonio Colombari, e cosi in breve le trat-
tative poterono avere esito felice.
Finalmente nel marzo del 1814, quando la fortuna di Napoleone
volgeva in basso, e alleati e congiunti suoi congiuravano con TEu-
ropa per la sua rovina, ed il Murat alleato dell'Austria cacciava
da' suoi stati il viceré Eugenio, sempre fedele al gran capitano, la
Reggenza di S. Marino spediva i*Onofri in Bologna al barone Poerio,
Consigliere di Stato del Re delle Due Sicilie, il quale per mezzo
dell'agente Colombari aveva fatto intendere che avrebbe trattato
volentieri con un incaricato della Repubblica. Infatti accolse beni-
gnamente l'inviato, e lo assicurò che si sarebbe interessato di far
accogliere favorevolmente due memorie in cui si chiedeva che fosse
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232 MEMORIE
levato ogni dazio al confine della Repubblica, e fosse restaurata la
strada principale dà S. Marino a Rimini, in quella parte che attra-
versa il territorio del Regno. Ma la Repubblica non si potè esimere
dalla spedizione di un inviato anche allo sconsigliato Murat, quando
il barone Poerio scrisse alFOnofri che le domande presentate da lui
avevano ottenuta buona accoglienza, ma che il Re attendeva sempre
una Deputazione della Repubblica che lo complimentasse e trattasse
direttamente con lui. E rOnofri fa di nuovo a Bologna, dove venne
accolto con somma affabilità da Re Gioacchino, da cui fu assicurato
che si sarebbe mantenuta invariata la protezione alla Repubblica di
S. Marino, e ne ebbe una lettera in questo senso per il Consiglio
Principe, a nome del quale egli era venuto.
Era in quei giorni a Bologna Pio VII, che tornava a reggere i
suoi antichi domini, e si era fermato colà a riposare dal lungo cam-
mino. L'Onofri anticipò allora un*ambasciata che per le vicende po-
litiche era necessaria a farsi, recandosi primo di qualunque depu-
tato delle città pontificie a complimentarlo per il suo felice ritorno^
ed a fargli i debiti auguri a nome della Repubblica. Gradi Pio VII
questa testimonianza di devozione, e rispose con una lettera ai Reg-
genti, in cui manifestava Ifi sua gratitudine e riconoscenza per quel-
Inatto di cortesia, e fin d'allora nutriva per la Repubblica quella de-
ferenza che mantenne poi invariata finché visse, e di cui alPoccasione
seppe dare generosa riprova (1).
Quando poi nel Congresso di Vienna si discussero le sorti d*liu-
ropa, ed i potentati tornarono gloriosi a divìdersi ancora una volta,
Tultima per fortuna, questa misera Italia, si dovette parlare anche
della Repubblica del Titano: ma essendo essa l'unico Stato che era
al presente quale fu da molti secoli, e che era rimasto indifferente
nei passati sconvolgimenti, nessuno trovò una ragione sufficiente
per impossessarsene ed incorporarla ai proprii domini, e si dovette
lasciare qual era, libera e indipendente. E non si può credere che
muovessero i Congressisti del 1815 a rispettare S. Marino la gene-
rosità e l'ammirazione, come potevano aver mosso l'animo del Bo-
naparte; che se in questo si possono supporre oltre i vizi anche le
(l) Il oontinaatore della Stona del Delfico dice che il Governo di 8. ìfarìno inviò
espressamente a Bologna rOnofri, per tue omaggio al Pontefice: invece la visita a
Pio VII fu dMniziativa dell'ambasciatore stesso, ohe interpretando il pensiero del
sao governo, e vedendo la convenienza, se non la necessità della cosa, agì senxa
averne mandato espresso (Atti del Consiglio Principe, Dal 1804 al 1630, Lib. KK.
Basta 28. N. 34 a carte 58 e 118. Sedata del !<> maggio 1814).
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E L6 SUE AMBASCERIE 233
virtù di un monarca, in verità non si potrebbe dire altrettanto di
un Imperatore Francesco. Gtie se qualcuno volesse opporre che la
Repubblica di S. Marino si mantenne indipendente perchè fu sempre
premurosa a salutare e farsi benevoli i signori dei paesi vicini, fos-
sero essi repubblicani, imperatori, papi o principi traditori ; si può
rispondere che non poteva essere suo obbligo immischiarsi nelle fac-
cende altrui, e che doveva invece rispettare chiunque la rispettasse,
ed amicarsi chi le avrebbe potuto giovare, chiunque egli fosse.
E cosi anche questa volta la Repubblica fu rispettata, perchè non
si trovò nulla da opporle, perchè la moralità e la giustizia s'impon-
gono anche ai tiranni, perchè contro di esse nessuno osa di muo-
vere apertamente, e se pur muove ha d*uopo di una maschera ohe
è spesso difficile trovare (1).
Non rimaneva dunque alla Repubblica che rinnovare gli accordi
commerciali con la S. Sede, i domini della quale la circondavano
ora da ogni parte : imperocché per il cambiamento dei tempi e per
le tante mutazioni sopravvenute, si erano resi insufficienti i patti
altra volta conclusi, ed era necessario concluderne dei nuovi, per
Tacquisto ed il transito dei generi occorrenti al consumo dei suoi
cittadini. Sul momento non ottenne che dei provvedimenti transi-
tori; e dovette differire a tempi migliori la conclusione del nuovo
trattato, a cagione delle molte brighe, in cui versava allora la Corte
romana, intenta com'era a riordinare la propria amministrazione.
Ma la dilazione non fu che un vantaggio per la Repubblica, perchè
il 23 maggio 1817 la principessa di Qalles, visitando il Titano e
ricevendo dall'Onofri, che era di nuovo Reggente, le dimostrazioni
di rispetto e di ossequio dovute al suo grado, manifestò molta pro-
pensione e molta stima per questo libero governo, off'rendosi di agire
in suo favore, quando un delegato Sammarinese si recasse a Roma
per concludere quel trattato di commercio, di cui aveva si urgente
neoenità. Ed allora nell'adunanza consigliare del P giugno si stabili
di non ritardare più oltre la spedizione di un inviato in Rx)ma, per
definire gli affari con quella Corte, e fu pregato il Reggente Onofri
perchè si degnasse di assumere quell'incarico. Egli rispose che non
era conveniente, nel grado che occupava, di assentarsi lungamente
per molte ragioni, e proponeva di scegliere un altro; ma avendo
DQolti consiglieri replicato con l'esporre la necessità in cui si trovava
(1) TuuNTi Vittorio, Bagùmi stanche della BepiMHcadiS. Marino, Discorso,
pag. 36. S. Marino, 1884.
Riviita Storica ItaUana, H. It
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234 MEMORIE
la patria di veder codcIoso il nuovo trattato, e come egli solo po-
teva eseguire la commissione col maggior decoro possibile, anche
per la carica istessa che al presente sosteneva, accondiscese a questi
nuovi impulsa ed al desiderio universale, ed ebbe suiristante i pieni
poteri necessari per i negoziati che doveva condurre a termine.
Fu questa la più ardua e spinosa delle sue ambascerie, come gia-
stamente osserva il Borghesi, perchè attraversata ad ogni passo dalle
opposizioni dei Monsignori e dei Camerali. Erano due le principali
concessioni che rinviato doveva ottenere dalla Corte di Roma : la
provvisione dei sali e tabacchi e la libera estrazione dei generi dallo
stato pontificio. In una memoria presentata il 5 luglio al cardinal
Consalvo, segretario di Stato, TOnofri espose le sue domande, e si
chiaramente disse le sue ragioni derivanti dagli antichi capitolati
della Repubblica con la S. Sede, che ci voleva Tostinatezza e la
malignità di ministri inetti e sleali per prolungare la conclnsioDe
del trattato fino a tutto Tottobre di queiranno. Quando, osservava
rOnofriy i sovrani d'Europa resero giustizia al Pontefice, restitaendo
a lui i suoi stati, la nostra Repubblica sperava con ragione che le
sarebbe applicata parte di quella giustizia col proseguimento del li-
bero esercizio dei trattati, che aò antico regolavano le relazioni po-
litiche tra la S. Sede e la medesima, airinterruzione dei quali non
erasi per di lei parte data cagione veruna. Aggiungeva che la Re-
pubblica aveva già reclamata tale conferma per mezzo del conte Mon-
talti, inviato due anni prima presso la Corte di Roma, ma non si
era potuto ottenere che qualche concessione provvisoria, e presen-
temente era costretta a mendicare dalfestero ciò che ogni popolo ha
diritto di acquistare nel proprio Stato. E terminava dicendo che lungi
dal chieder doni, che la modestia del suo governo non permetterebbe
ueppur di accettare, egli chiedeva unicamente la conservazione dei
diritti risultanti dai trattati i più solenni e dall'immemorabile con-
suetudine, alla quale si ebbe sempre rispetto e dalPImperatore d'Au-
stria e dal Governo del Regno d'Italia (1).
Nonostante queste valide ragioni, a cui le domande dell' Onofrì
erano appoggiate, nulla si poteva concludere. Il segretario di Stato
rispondeva che il Papa voleva bensì mantenuti tutti i privilegi,
ma che le domande deirinviato avevano rapporto con la finanza,
e doveva quindi ricorrere al tesoriere generale, che era il più osii-
(1) Archivio gov. di 8. Marino, Reggenza, Carteggio. Lettere aUa Repubblica,
18171818, Basta 154.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 235
Dato degli oppositori al buon andamento dei negoziati. Lungo sa-
rebbe seguire TOnofrì in tutti i tentativi fatti durante quattro mesi
consecutivi, i quali però non furono perduti, perchè, oltre al rag-
giungimento del suo scopo, gli valsero a stringere amicizia coi pri-
mari ministri esteri residenti in Roma, ed a far vieppiù conoscere
la potenza de* suoi mezzi intellettuali in una negoziazione prolun-
f(ata ed irta di scogli, che gli valse l'ammirazione e la stima di
uomini incanutiti nella politica (1). Finalmente il 30 ottobre, per di-
retta intromissione di Pio VII, le sue istanze furono accolte piena-
mente, ed egli se ne potè tornare in patria ad esporre in Consiglio
l'ottimo risultato delle lunghe trattative.
E qui purtroppo non mancarono alcuni malevoli ed invidiosi che
lo accusarono di aver prolungato volontariamente la sua permanenza
in Roma, mentre negoziati cod semplici si sarebbero potuti condurre
a termine in on tempo assai più breve , ma furono tante le prove
che egli potè addurre del suo zelo per la patria, che il Consiglio
approvò il suo operato con un voto di plauso non solo, ma gli pro-
pose una gratificazione in compenso di tanti disagi, vessazioni e di-
sturbi sofferti in questa circostanza. Il Consiglio fu spinto a questa
deliberazione non solo per esternare la memoria di an si esimio e
benemerito cittadino, che in tutti i tempi avversi alla, patria aveva
dimostrato coi fatti il suo vero attaccamento alla medesima, ma anche
per protestare contro la maligne insinuazioni messe fuori a carico
suo. Ma la sua modestia non poteva permettergli di accettare qual-
siasi ricompensa, anche semplicemente onorifica, ed alla proposta egli
si oppose con tutta Tenergia, dimostrando di essere abbastanza pago
del gradimento del suo operato (2).
E la più bella ricompensa che potesse ottenere fu infatti la stima
che si era acquistata in mezzo ai suoi concittadini, fra i quali
D. Ignazio Belzoppi, professore di eloquenza ed elegante poeta, gli
dedicava in queiroccasione un sonetto, felicitandolo per la buona
riuscita della sua recente missione in Roma.
Sciolta con ciò la Repubblica da ogni cura al di fuori, tranquilla
al di dentro, godeva tutti i benefizi delia calma profonda che le
fatiche deirOnofri le avevano procacciato. Ma non per questo ces-
sava ^li di dedicare alla patria il tempo e le sostanze, perchè
quando non lo occupavano le cure diplomatiche, spiegava tutta la
s
1) Brizi Orsste, Biografie degli iUustri sammarinesi. N. 17. Arezzo, 1866.
Arch, gov. di S. Marino, Atti del Consiglio Principe ecc., a carte 239 e segg.
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236 MSMORIB
8oa atti7ità nel promooTere sapienti riforaie, che appunto in qaesti
anni, principalmente per opera sna, furono introdotte neironlina-
mento interno dello Stato : cosiehè al dire del Borghesi, non v'era
istìtnsione di quel governo che non serbasse luminosa impronta del
suo genio e della sua ottima volontà (1). B quindi, senza parlare di
un'ambasceria alla principessa di Galles a Pesaro neiraprile del 1820,
per la recente sua esaltazione al trono d' Inghilterra, diremo qoi
qualche cosa dell'opera dell'Onofri come legislatore.
Fu opera sua se si provvide ali* interesse dei cittadini con uaa
più gelosa custodia degli atti forensi, e se l'amministrazione della
giustizia fu meglio curata, bandendo dalla Curia un linguaggio ignoto
alla più parte dei litiganti, e costrìngendo i giudici a render ragione
della loro sentenza. E siccome l'antichità di quelle leggi portava
ancora l'impronta del ferro dei secoli in cui erano nate, e non ai
sapeva punire un delinquente senza che lo Stato perdesse le braccia
di un cittadino; la filantropia dell'Onofri ne fu commossa, e proso-
rando Tabolizione della tortura e l'introdazione di pene meno bar-
bare, seppe ad un tempo conciliare, la repressione dei delitti coi
riguardi dovuti all'umanità. Né di ciò pago aveva pensato ad ana
intera riforma della legislazione criminale ; e come egli fu sollecito
a provocarne il decreto dal Consiglio, cosi fosse stata più tarda la
morte ad impedirgli di condurre ad effetto questo benefico suo di-
visamento.
E molto a lui dovette l'agricoltura, prima anzi unica sorgente di
vita a questo piccolo Stato, e che egli non cessò mai di promuovere
col consiglio e con l'esempio ; ed À per opera sua se essa fu gov6^
nata dalle sapientissime leggi di un codice agrario, l'utilità ÒA
quale fu tanto commendata e riconosciuta, che molte città non isde-
gnarono di averlo a modello, quale uno dei primi e felici tentativi
nel genere.
Infine, qual beneficio più grande poteva reod^nn tanto all'uni-
versale quanto al particolare dei cittadini di quello che egli prestò
nel suggerire i mezzi di riparare allo spaventoso sbilancio delle
pubbliche finanze? Le spese di gran lunga superanti le rendite: il
debito pubblico, già vistosissimo, che ogni anno aumentavasi : l'ut
ficio di Camerlengo caduto in vergognoso discredito : le fortune pri-
vate compromesse per le ipoteche prestate allo Stato e per le gra-
vezze ognora crescenti, formavano un quadro cosi desolante, da fiar
(1) BoReHBSi B., Orazione funebre detta neVe esequie di A. Onofrio
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SOE AMBASCERIE 237
temere imminente ana bancarotta generale. Invano da vent*anni
consaltavaai ani modo di porre un argine a tanto male, invano erasi
cercato di apporvi insnfflcienti ripari, quando ono $eritto senza nome,
che solo più tardi si seppe essere stato dell' Onofri, apri la mente
sul partito da prendersi ; e additando nuove fonti di pubblica ren-
dita, mise lo Stato nel caso di provvedere non solo ai bisogni pre-
senti, ma di torsi anche di dosso in pochi anni il grave peso dei
debiti, che minacciavano di opprimere la Repubblica, la quale in
breve, nella sua povertà, divenne più ricca di potentissimi regni,
sempre ingolfati in voragini di debiti che tutti i tesori della pace
non bastano mai a riempire (1).
Ed in quest'occasione non solo si vuole ammirare Tacume del suo
ingegno, che gli suggerì cosi abile trovata, ma molto più la sua
modestia di pubblicare lo scritto senza palesarsi, perchè ninno avesse
a credere cb'ei volesse vantarsi di aver veduto ciò che agli altri era
rimasto nascosto. B la virtù della modestia fu in lui veramente emi-
nentissima, avendo sempre amato di fare il bene per sola carità di
patria, rinunziando e sfuggendo qualunque rimuneraaione di lode e
d'onore.
La maggior parte di queste riforme furono da lui introdotte du-
rante la sua settima ed ultima reggensa, dall' aprile al settembre
1821, quando la sua autorità poteva essere maggiore, come capo
dell'assemblea legislativa e rappresentante del potere esecutivo ; ma
ciò non gli sarebbe stato necessario, perchè la stima che si era già
acquistata fra i suoi concittadini era tanta, che il suo parere era
sempre ricercato e seguito in ogni occasione, sia in Consiglio che
fuori. Bd era meritata la considerazione in cui si teneva un uomo,
che da più di trent'anni si era dedicato tutto alla patria : e sarebbe
stata giustizia se avesse potuto passare tranquilli gli ultimi tempi
(1) Questo ficrìtto deirOaofri ò ricordato tanto nell'orazione ftinebre del Borghesi,
più volte citata, quanto in ana breve biografia inedita del medesimo, di cai Tori-
ginale ò posseduto dal comni. Pietro Tonnini. La memoria probabilmente rimase
manoecritta, tantoohò al Padiglione, diligentissimo raeooglitore di pabblicaxioni ri-
guardanti San Marino nel sao Dizionario bibhograficot non è stato possibile cono-
scerne neppure il titolo. Per quante ricerche poi io abbia fatto e nell'Archivio Qo-
vemafcivo, e presso antiche famiglie sammarinesi e presso i conti Lettimi di Rimini,
eredi della famiglia Onofri, ora estinta, non mi è riuscito di trovarla e neanche di
saperne presso a poco il contenuto. Doveva essere ad ogni modo uno scritto molto
interessante ed un segreto molto ingegnoso qtello che insegnava a pareggiare le
finanze dello Stato, e sarebbe molto utile a conoscersi, anche perchè potrebbe servir
di gnida ai moderni amministratori del Tesoro, il quale, non per ragioni politiche
come a qnel tempo, ma per ben altre cause, si trova anche ogg^ in pessime condixioni.
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238 MEMORIE
della saa vita travagliata ; ma la cieca invidia, che non la perdona
mai agli uomini grandi, gli amareggiò e forse gli anticipò l'agonia;
egli doveva esser vittima di una nera calunia da parte di alcuni
de* suoi stessi concittadini» in prò dei quali tanto aveva fatto e tanto
sarebbe stato ancora in grado di fare.
V.
Il 1824. — Morte dell'Onofri.
Il 28 settembre del 1823 il cardinale Annibale della Genga, chia-
mato a succedere al defunto Pio VII, saliva al pontificato sotto il
nome di Leone XII. Alessandro Savorelli, agente della Repubblica
di S. Marino presso la S. Sede, informava di ciò la Reggenza e la
pregava di mandargli, con una lettera di rallegramento per il nuovo
eletto, anche le nuove credenziali per lui, qualora lo volessero ri-
confermare nella carica che al presente occupava. Ma per fare omaggio
al novello pontefice erano necessari due rappresentanti, ed il Go-
verno di S. Marino affidò Tìncarico a monsignore Stefano Scorra,
che unitamente al delegato Savorelli eseguisse la commissione nel
modo più decoroso che fosse possibile. Lo Scorra, dapprima titubante,
alla fine accettò, ed accordatosi col Savorelli scrissero ripetutamente
alla Segreteria di Stato, domandando un abboccamento per presen-
tare le credenziali e per fissare il giorno dell'udienza pontificia. U
segretario di Stato per ben tre volte non rispose ed alla fine, es-
sendosi presentato in ufficio il Savorelli in persona per lamentarsi
deirincivile contegno tenuto a suo riguardo, gli fu risposto da un
minutante che sua Eminenza non si poteva occupare di tali cose,
e che per farla più certa mandasse a lui le credenziali, che le avrebbe
mostrate al suo superiore. B come se ciò non bastasse, anche lo
Scorra, adducendo a sua scusa che per le cresciute incombenze non
poteva più prestarsi ai bisogni della Repubblica, rifiutava improv-
visamente il mandato. La scusa però era troppo meschina, ed il ri-
fiuto doveva avere, come aveva pur troppo, una ragione più seria.
Non restava allora al Savorelli che chiedere alla Reggenza nuove
credenziali per fare da solo Tarobasciata ; ed ottenutole, scrisse nuo-
vamente al segretario pregandolo d*indicargli il giorno per Tudienza
ed unendogli copia delle credenziali, secondo quanto insegnava un
nuovo cerimoniale diplomatico, pubblicato ultimamente a Parigi. Ma
neanche ora avendone ricevuta risposta, si recò a consigliarsi col
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 239
cardinale Albani, protettore speciale delia Repubblica, il quale, sor-
preso di tale procedere» ne parlò immediatamente al segretario di
Stato. Cosi potè sapere che il Papa e la S. Sede erano grandemente
disgustati con la Rupubblica, perchè in essa non si dava esecuzione
agli ordini del S. Offizio e delle altre congregazioni ecclesiastiche,
e perchè si dava rifugio a persone nemiche allo Stato pontificio, le
quali vi tenevano combrìcole, aventi diramazioni nello Stato medesimo.
Il cardinale volle verificare la cosa, interpellandone direttamente
il segretario generale di polizia, suo cugino, il quale gli confermò
tutto, e singolarmente che era stato ritirato per diversi mesi nella
Repubblica Tuccisore ricercatissimo di un certo Bandi di Cesena.
La risposta a quest'accusa fu facilissima, che cioè la S. Sede non
si poteva lamentare, non avendo mai reclamato Testradizione di quel-
rindividuo : che le lagnanze sarebbero state giuste se l'assassino,
essendo stato domandato, non si avesse voluto consegnare. In seguito
poi, quando le cose furono appurate, si venne a sapere che l'assas-
sino si era veramente rifugiato sul territorio della Repubblica, ap-
pena commesso il delitto ; ma che non vi si era potuto annidare, in
seguito ad un proclama emanato allora da quel governo contro i
delinquenti, ricercati dalle polizie di qualsiasi stato.
Il rifiuto dello Scorra di eseguire Tambasciata, Tindecoroso pro-
cedere della segreteria di Stato verso il Savorelli, le accuse mosse
alia Repubblica e communicate all'Albani, tutto doveva avere la me-
desima origine: qualche infame denigratore doveva aver messo la
Repubblica io cattivo nome presso la Corte pontificia.
bld infatti fin dal 1® novembre da Roma era stato communicato
ad Antonio Onofri dà un tal Bertoldi, membro del Corpo diploma-
tico e suo amico, uno scritto^ spedito da Rimini ai ministri delle
Corti estere, a diversi cardinali, e ad altri ragguardevoli personaggi
della capitale. Era una memoria anonima che descriveva la Repub-
blica con le tinte più fosche. Si diceva nido di perversi fuggiaschi
delittuosi e ribelli, e salvezza di rei che pagavano la locale auto-
rità ; si aggiungeva regnare perenne disordine nell'amministrazione
pubblica, ove altro non trovavasi che la miscredenza e l'irreligione ;
ove si covavano gli odi, le frodi ed il mal costume ; ove l'insubor-
dinazione era la guida di prepotenti cittadini, che sotto simbolo d'in-
dipendenza tramandavano l'uno all'altro il comando. Si invocava
pertanto che essendo S. Marino sotto l'egida della Chiesa, e non
potendo né dovendo questa proteggere il delitto e fempietà, il Papa
fosse pronto ad accorrere con un sistema che provvedesse a tanti
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240 MEMORIE
mali, se pure non gli piaceva incorporare la Repubblica nei propri
domini, il che sarebbe stato il migliore dei voti di tutti i pochi buoni
e pacifici cittadini. Che se ciò non si facesse non sarebbe stata lon-
tana fra oppressi ed oppressori la guerra civile, la quale non avrebbe
certo servito a mantenere la pace nello Stato pontificio. Si raccon-
tavano poi dei fatti, che se fossero stati veri e quali erano descritti
non di una riforma, ma di ben altro avrebbe avuto bisogno la di-
sgraziata Repubblica; e per gli autori sarebbe stata poca cosa la
ghigliottina. Si parlava nientemeno che di passaporti levati in bianco
in favore di assassini e di un regicida, di stupri violenti, di eredità
sottratte ai legati piì, di infelici fatti marcire in carcere, per aver
richiesti dei provvedimenti utili allo Stato, di inventari sottratti agli
archivi e di simili ribalderie d\)gni genere (1).
B chi era accusato come autore principale di questi fatti? Forse
qualche individuo mal veduto dalla cittadinanza, arricchitosi a spese
dello Stato, o che indegnamente copriva cariche importanti? Sarebbe
stato sempre delitto raccontare fatti non veri, ma era enorme ad-
debitarli ad Antonio Onofri, ad un cittadino che aveva apese le so-
stanze e la vita nel servizio della patria. Ed era cosa anche più
enorme quando nell'ìnfiame libello si citavano a confermare 1 fatti
esposti i suoi più cari e fedeli amici ed ammiratori, quali erano fra
gli altri un Ignazio Belzoppi ed un Vincenzo Rossini.
La Reggenza, a cui TOnofri aveva communicato lo scritto» era
persuasa che un libello anonimo non avrebbe avuto nessun effetto
presso persone di alto grado, quali erano quelle a cui era stato spe-
dito, specialmente essendo noto e commendevole il contegno della
Repubblica verso la S. Sede, anche in tempi più diflScili; che infine
gli effetti della sorpresa non avrebbero mai superati quelli della ra-
gione. Ma s'ingannava : la Corte di Roma, sempre sospettosa e ma-
ligna, si rifiutò invece di ricevere i delegati della Repubblica, e
furono necessarie mille prove incontestabili e lunghe pratiche di
abili negoziatori, per ismentire delle accuse anonime, e che fin dal
primo momento si potevano riconoscere come false. Sorpresa la Reg-
genza più di questo fatto che della trama stessa ordita contro lo
Stato, pensava che il modo più conveniente di scolparsi sarebbe stato
quello di pubblicare dei documenti, che sventassero senz'altro le ac-
cuse, non senza domandare prima il parere delFagente Savorelli e
del cardinale Albani, sempre benemerito della Repubblica. Questi
(1) Documento V.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 241
però opìnaroDo che la stampa sarebbe stata per allora inutile, e che
solo quando i negoziati diplomatici non fossero riusciti a nulla, si
poteva ricorrere a quelPestremo rimedio.
Intanto si mandava una circolare ai vescovi di Pesaro, Rimtni e
Pennabilli ed all'inquisitore della legasione, chiedendo un attestato
che giustificasse la Repubblica deiraccusa addebitatale d*irreligione
e d'insubordinazione airautorìtà ecclesiastica. Quelli rispondevano
immediatamente che la loro autorità era sempre stata rispettata :
che anche al tempo del cessato Governo francese i religiosi non
avevano sofferto a S. Marino nessuna alterazione neiresercìzio delle
proprie funzioni, nei loro beni e nei metodi prescrìtti dai relativi
istituti : che anzi in quei tempi tanto pericolosi era stato accordato
il permesso libero della professione religiosa, ed erano stati sommi-
nistrati i mezzi di sussistenza ad un certo numero di cappuccini
poveri, e che ciò avendo sapnto Pio VII quando trovavasi a Ce-
sena, ne aveva mostrato la propria compiacenza. Questi ed altri do-
cumenti convincentissimi, che attestavano trionfalmente Tinnocenza
della Repubblica e de* suoi più degni cittadini, furono spediti al-
Tagente Savorelli, che per mezzo dell'Albani li facesse pervenire alla
Segreteria di Stato ed al Pontefice, aflSnchè si potessero ristabilire
le relazioni diplomatiche, e fosse finalmente accordata udienza ai
rappresentanti della Repubblica.
Ma le trattative andarono per le lunghe e la cosa pigliava sempre
maggiori proporzioni, tantoché la Repubblica diventava l'oggetto di
tutti i discorsi più strani ; ed a Roma, per esempio, si diceva che
sarebbe caduta in breve, ed incorporata allo Stato pontificio. Queste
voci erano certamente messe in giro dagli autori stessi dello scan-
dalo, che avevano lo zampino anche nella capitale, e che furono
ben presto scoperti. E non poteva essere altrimenti in un piccolo
paese, dove tutti gli abitanti si conoscono a vicenda, dove si rac-
C(ilgono e si discutono tutte le voci, dove gli odi e le simpatie non
possono tenersi mai lungamente nascosti. Si seppe dunque ben presto
che gli autori del libello appartenevano ad una classe di persone,
che per il loro ministero dovrebbero essere immuni fino dal sospetto
di simili ribalderie, ma che invece sono sempre le prime a suscitare
gli odi personali, a mettere la discordia, a compiere le vendette.
Certo D. Annibale Righi, Sammarinese, parroco di S. Salvatore delle
Coppale in Roma, aveva steso il libello, Taveva fatto trascrivere
con carattere segretariesco e ne aveva spedite varie copie al fratello
Gioacchino, prete egualmente nella Repubblica e dello stesso suo
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242 BIEMORIB
carattere. Questi aveva impostati i manoscritti a Rimini e mandati
nuovamente a Roma» dove sortirono immediatamente Teffetto desi-
derato. Pare che prendesse parte alPopera anche un frate Paolini
conventaale, dimorante in S. Marino e vicario del S. OiBzio, io
seno al quale denigrava il Governo della Repubblica, sperando cosi
che l'impostura, avente aspetto di zelo, trovasse credito presso i
ministri di Sua Santità. E purtroppo non s'ingannava suireffetto del
suo delitto; ma ne pagò ben presto il do, perchè accortosi essere
omai la cosa abbastanza conosciuta, si disponeva ad andarsene, quando
una notte si trovarono affissi per la città dei manifesti minacciantì
la sua vita e la mattina di buon ora se ne doveva partire di na-
scosto, per non più ritornarci.
Intanto il Consiglio Principe nell'adunanza del 15 gennaio 1824,
udita la lettura del libello infamatorio, aveva solennemente dichia-
rato la falsità di ciò che nel medesimo era scritto, togliendo cosi ogni
causa che avesse in qualche modo potuto scemare la pubblica stima
de* suoi migliori uomini, e segnatamente del più bersagliato fra tutti,
di Antonio Onofri. Anzi nello stesso giorno, prevedendo che, quando
le giustificazioni addotte dalla Repubblica fossero state accolte, sarebbe
stata necessaria una solenne ambasceria al Pontefice, sì elesse a com-
pierla r Onofri medesimo, che in simili circostanze si era sempre
interessato con lode, vantaggio e dignità della patria. Ed egli si di-
sponeva immediatamente a partire, per discolpare sé e la sua Re-
pubblica dalle ignominiose accuse, quando fu colpito da una malattia
che per qualche mese gli impedi di cogliere gli allori che merita-
mente lo aspettavano.
In Roma i documenti della Repubblica erano già stati consegnati
per mezzo dell'Albani alla segreteria di Stato, dalla quale, verso la
fine di maggio il Savorelli fu avvisato avere il Santo Padre lette
le giustificazioni ed esserne rimasto soddisfatto, e quindi esser pronto
a ricevere con piacere i delegati della Repubblica. Quando la Reg-
genza ebbe questa notizia, l'Onofri si era già incamminato per Roma,
portando con sé una quantità di documenti, memorie, trattati e
lettere di alti personaggi, che attestavano sempre più, se ve ne fosse
stato bisogno, l'onorabilità della Repubblica e la falsità delle accuse
di cui era stata vittima.
Giunto a Roma, sua prima cura fu di presentarsi ai ministri delie
Corti estere, alcuni dei quali già conosceva, per assicurarsi che fos-
sero persuasi della falsità del libello e dell'innocenza della Repub-
blica. Andò dal Kaelle, ministro del Wirtemberg, dal principe Ita-
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 243
lioski, ambasciatore di Russia, dallo Jenot, segretario dell'ambasciata
d'Austria, che teneva le veci del ministro Appony, e trovò tutti
non solo convinti delle sue ragioni, ma sdegnati del modo con cui
si era proceduto contro la Repubblica, e disposti a farne rappresen-
tanza alle loro rispettive Corti.
Assicurato da questa parte, pensò al modo migliore per compiere
Tambasciata al Pontefice. L'Albani voleva che si eseguisse al più
presto, approfittando della bnona disposizione del Papa stesso; ma
il Savorelli, la presenza del quale era necessaria, era lontano da
Roma, e quindi si dovette ancora rimandare.
Ma r abile delegato non perdeva tempo, e si può dire che dal
tutto insieme l'attentato contro la Repubblica sortisse, per opera
sua, l'effetto contrario, perchè seppe procurarsi relazioni e simpatie
tali, che in caso di un nuovo bisogno, avrebbe potuto trovare da
ogni parte appoggio e protezione. Non solo dunque si mantenne in
relazioni intime coi ministri delle Corti, specialmente di Russia e
d'Austria, dai quali poteva tutto sperare, come di tutto avrebbe
dovuto temere se gli fossero stati avversi ; ma anche con diversi
cardinali, e col governatore di polizia, con cui dovette trattare per
i delinquenti rifugiati a S. Marino, e che trovò gentilissimo e dispia-
cente dell'accusa lanciata contro la Repubblica, di dare ospitalità
a gente diffamata. Ma tutte queste buone accoglienze gli furono
amareggiate dalla scoperta di nuove file dell'orribile trama, ordita
specialmente contro di lui. Cosi potè sapere che più di cento copie
del libello anonimo erano state sparse per Roma, senza contare
quelle fatte spargere altrove e specialmente a Modena, dove però
le accuse non avevano trovato credenza, come presso la Corte di
Roma. E come se ciò non fosse sufficiente, proprio quand'era per
presentarsi al Pontefice e compiere la sua missione, una nuova
circolare anonima, infamatoria, opera certamente degli stessi autori
del libello, si mandava per Roma a diversi cardinali ed ai grandi
dignitari dello Stato. Ma se la prima volta si era accusato il Go-
verno della Repubblica, adesso si prendeva di mira direttamente il
suo rappresentante, chiamandolo fellone, perchè faceva credere di
aver trovato appoggio presso ì ministri delle altre nazioni ; si ag-
giungeva che i Sammarinesi, i quali lo avevano nominato amba-
sciatore, erano rivoltosi suoi pari e partecipanti ai suoi delitti ; che
egli era ladro diffamato e che per tale in altra occasione era stato
carcerato in Roma (1). Che i suoi compatrioti fossero rivoltosi do-
(1) Documento VI.
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244 MEMORIE
Tera sembrare oramai ridicolo, che egli fosse stato carcerato come
ladro, si ò vedoto a suo luogo ; era quindi facile comprmidere,
come la circolare non doveva che accrescere le simpatìe per l'in-
dividuo perseguitato, e destare indignazione contro i vili accusatori.
In mezzo a questa lotta è certo che le pratiche multiformi e ri-
petute fatte per mezzo delFagente SanarelU, affatto ben disposto in
favore della Repubblica, non sarebbero riuscite che ad aggravare
la cosa, senza la cooperazione di un inviato attivissimo, qual era
rOnofri, che non lasciò alcun mezzo intentato per guadagnare mag-
giormente a sé ed alla patria il favore e la stima di tutti i buoni.
Finalmente il 25 giugno potè presentare al segretario di Stato le
sue credenziali unitamente alla copia di una lettera in latino diretta
dalla Reggenza al Pontefice; fu allora assicurato che la soddisfa-
zione sarebbe stata pronta e completa, essendo stata riconoscinta
la falsità delle accuse e Tinnocenza della Repubblica. Infatti il 3
luglio, ammesso col Savorelli ad udienza speciale del Santo Padre,
fu accolto con la massima cortesia e benevolenza; e scusandosi di
aver dovuto ritardare fino allora quella visita di dovere, a cagione
della più infame calunnia, quegli rispose: E chi è che po$sa noi-
trar$i alle detrazioni dei mahagif Avendo poi l'Onofri replicato
che aveva ogni fondamento di sperare che i nuovi attentati dei
libelli anonimi, che non si cessava ancora di far circolare, avreb-
bero trovato in avvenire credito eguale a quello che trovarono
presso i ministri dei Governi esteri, il Papa domandò se si cono-
scevano gli autori. Egli rispose che nella sua qualità attuale non
si poteva costituire pubblico accusatore, ma consultando la pubblica
fama, forse non sarebbe stato difficile trovarli neanche agli stessi
ministri della Coorte di Roma. Parlando poi dei meriti della Repub-
blica verso la Chiesa e le persone ecclesiastiche, il Pontefice disse
di sapere che il suo antecessore erasi consolato di vedere gli ordini
religiosi conservati a S. Marino, e che quindi non poteva prestar
fede alle asserzioni del libello, che dipingeva i Sammarinesi irreli-
giosi e ribelli alle autorità ecclesiastiche, e concluse dicendo che ii
sarebbe sempre vissuti da buoni vicini. Si mostrò inoltre dispia-
cente che le passate controversie si fossero rese cosi pubbliche, fino a
farne argomento di scritti diffusi per tutto, e ohe egli stesso aveva
Ietto; al che TOnofrì replicò che non era possibile tenere occulto
quello che gli stessi corrieri pontifici rendevano palese.
Risolta cosi la questione principale, ]iresentò alcune domande di
minor hnportanza, come quella deirerogazione di certi benefizi per
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 246
la costrazione di una naova chiesa (1); ed a tutto il Pontefice si
mostrò favorevole^ annuendo a quidunque concessione domandata
dall^agente.
Il Savorelli poi presentò le sue credenziali in qualità di incari-
cato ordinario, e dopo circa mezz'ora di colloquio furono cortese-
mente congedati.
Con ciò rOnofri weva adempiuto esuberantemente la commissione
affidatagli, giacchò potè portare con sé splendidi documenti favore-
voli alla Repubblica, che si era fatto rilasciare dai ministri esteri,
la qoal cosa gli era stata principalmente e quasi unicamente racco-
mandata; ed ai medeàmi aveva presentato Tagente Sanarelli» perchè
potesse all'uopo giovarsi di tali relazioni, che l'esperienza gli aveva
fatto provare utilissime (2).
Non è a credere con quanto giubilo fosse accolta a S. Marino
qaesta notizia, e fra quali applausi nell' adunanza consigliare del-
1*11 luglio venisse comunicata la lettera che la recava, e venissero
altamente encomiati lo zelo, l'attività e l'amor patrio dell' Onofri,
che aveva saputo, in circostanze tanto calamitose ed in mezzo al*
Torto dei nemici, purgare dalla calunnia la pubblica e privata esti»
roazione, rivendicare i diritti di questo Governo, ed accrescerne
anzi la celebrità con l'aprire relazioni diplomatiche con gli Stati
priocipali dell'Europa. E mosso da sentimento di ben dovuta rico-
noscenza, il consigliere Federico Gozi si alzò a proporre che il
Prìncipe in qualche maniera onorasse la memoria di cosi beneme-
rito cittadino, e propose di erigergli una lapide nella sala consi-
gliare, come si era fatto per il Maggi, benemerito della patria al
tempo dell'occupazione alberoniana; al che il Consiglio applaudi ed
(1) I Sammarinesi non deploreranno mai abbastanza un grave errore dei loro an-
tenati, la demolizione doò della vecchia plebale, ohe sorgeva nel sito medesimo dove
ora sorge la nuova. Era una chiesa in istile bizantino, avanzo dei primi secoli del-
l'Era crìttìana, monumento dMnefttimafoile pregio e cara per tanti ricordi: fra le altre
cose si vuole che vi fossero state trovate le ceneri del Dalmata Marino, che forse
ne era stato il fondatore. Orbene, finché visse TOnofrì ne sostenne con tutta la sua
aotoiità la conservazione; podii mesi dopo la sna morte, tutto fu barbaramente
demolito. Tristo effetto di tempi deplorevoli!
(2) L^ÀKTAUD nella Vita di Leone XII (cap. 18, pag. 198), occupandosi di questo
iadoente, travisa completamente i fatti: trasforma il conte Onofri in un marchete
Onofrio e cerca di scolpare la leggerezza del Pontefice nel prestar fede ad un libello
anonimo (di cui TArtand mostra di non conoscere l'esistenza), mettendo invece in
eridenza e lodando la perfetta cognizione del diritto pubblico che quegli aveva. I
fiitti come sono qui raccontati risultano tali da documenti autentici ^^Vi' Archioio
gtnemàUoo di iSan Marino. Carteggio della Eeggenea, Lettere aHa BepìibbUca.
lBU2'2é. Busta 156.
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246 MBMORIE
approvò la proposta, facendone suiristante un decreto ed affidan-
done al proponente stesso la sollecita esecuzione.
Ma era da prevedersi che la modestia dell'Onofrì gli avrebbe
impedito di accettare ana simile onorificenza. Infatti appena tor-
nato da Roma, e fatto segno da parte di tutta la popolazione del-
l'accoglienza più entusiastica, quando si presentò in Consiglio, resi
i più sinceri ringraziamenti deironore che si era creduto compar-
tirgli, e facendo notare che ogni buon cittadino deve agire cod
tutto l'impegno in favore della patria, e che egli poco merito erasi
acquistato nella sua missione in Roma, dove fortunatamente aveva
trovato favorevoli i membri del Corpo diplomatico, ed infine che
in uno Stato libero non si convengono mai certe distinzioni, domandò
di grazia, ma con ogni energia, che rimanesse sospesa 1' erezione
della lapide nella sala consigliare, pur protestandosi sempre pronto
al servizio della Repubblica. Il Consiglio allora, in seguito a tale
resistenza e desideroso di rispettare la modestia dell' Onofri, volle
compiacerlo, ma volle però ordinare che la decretata iscrizione la-
pidaria si conservasse nell'archivio governativo, e venisse registrata
negli atti consigliari. Eccone il testo:
Antonio Frano. F. Honuphrio
plurimis legationibus optimb merito
QUOD NUPER AD PONT. MaX.
Rbmf. adversariorum CALUMNIIS ciroumventam
PURGAVERIT VINDIOAVBRIT FIRMA VERIT
EX SEN. GONS.
PARENTI PUBLICO
DED. VII Kal. Augusti
LuD. Bellutio,
Vino. Braschio,
Vennero poi comunicate al Consiglio la risposta del Pontefice
alla lettera dei Reggenti, confermante alla Repubblica la sua bene-
volenza e protezione, e le lettere dei ministri del Wirtemberg, di
Russia, Prussia, Austria e Francia, che assicuravano, in nome delle
rispettive Corti, il loro favore e la loro stima per S. Marino, e
nello stesso tempo mostravano il disprezzo in cui avevano tenuto
le accuse anonime, lanciate contro il più antico degli Stati d'Eu-
ropa. Avendo poi TOnofri commendato assaissimo là benigna acco-
glienza ricevuta dagli stessi ministri, ed il loro fervore per patro-
cinare la sua causa nella critica circostanza passata, i Reggenti
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P, BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUB AMBASCERIE 247
proposero ed il Consiglio approvò TaggregazioDe di quelli al patri-
ziato di S. Manno, per dimostrare ad essi la sincera riconoscenza
di quel Governo, che per opera loro era stato maggiormente conso-
lidato nella sua indipendenza. E siccome quelli non potevano aver
operato in quel modo senza un ordine espresso dei rispettivi sovrani,
cosi si deliberò di indirizzare ai medesimi ossequiose lettere di rin-
graziamento e di venerazione.
Esaurite in questo modo le attestazioni di gratitudine verso i
benefattori, si pensò al modo di procedere contro gli autori del-
l'attentato, che si sarebbero potuti accusare di ribellione e di alto
tradimento, e punire colla confisca dei beni e con la morte. Ed
essendo, come abbiamo detto, quasi certo che si doveva fare con
persone ecclesiastiche, si domandò alla sacra Congregazione deirimmu-
nìtà la facoltà di procedere contro qualunque persona privilegiata.
Ma i ribelli trovarono appoggio alla Corte di Roma, che non con-
cesse al Governo di S. Marino di giudicarli, ed incaricò invece il
vescovo di Montefeltro di procedere contro gli ecclesiastici legal-
mente indiziati come rei, fino alla sentenza. Non era diflScile p)*e-
vedere che nonostante le prove schiaccianti che si poterono addurre
contro gli accusati, la sentenza sarebbe stata assolutoria, dato il
tribunale da cui doveva emanare e V ambiente in cui il processo
prò forma si svolgeva. Ma tali erano disgraziatamente le leggi e
tali i tempi, in cui andavano immuni da qualsiasi pena anche i
traditori della patria, quando appartenessero ad una classe che allora
spadroneggiava in Italia, nonostante il soffio vivificatore che da
trent*anni appena ci era venuto d*oltre Alpe.
Ed andò tant*oltre la sfacciataggine dei rei, che il principale di
essi, il parroco delle Coppelle, domandò ed ottenne dalla segreteria
di Stato un documento comprovante la sua completa innocenza; ed
il suo collaboratore, il frate conventuale esiliato dalla Repubblica,
si lamentava con la Reggenza del modo con cui era stato trattato,
e chiedeva anch'egli pel 9M0 onore, abito e sacerdozio una dichia-
razione della sua innocenza, o almeno la spiegazione del decreto
d'esilio emanato contro di lui. Ma se quei ribelli per la loro posi-
zione non scontarono alcuna pena, la voce pubblica non potè dare
soddisfazione veruna a quelli che aveva indicati come rei, e designò
al disprezzo dei posteri il nome dei fratelli D. Gioacchino e D. A/i-
niòale Righi e di Frate Luigi Paolini,
Abbiamo detto che al suo ritorno da Roma V Onofri era stato
accolto dalla popolazione entusiasmata con onorificenze di ogni ge-
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248 MSMORIE
nere: ora queste continuarono per lungo tempo, e furono scritte
per lui molte poesie, fra cui è notevole un Carme di Cesare Filodi
in esametri latini, esprìmenti la gratitudine che i Sarnsaarioesi
avrebbero eternamente portato ai loro benemerito difensore e Padre
della patria, col qual titolo glorioso veniva ora generalmente chia-
mato. Ed anche i Reggenti pensavano di proporre al Consiglio
qualche altra ricompensa da sostituirsi alla rifiutata iscriiione; ma
egli, sapata la cosa, con nobilissima lettera li pregava a desistere,
assicurandoli che sarebbe stato costretto a respingere qualunque
benché minima gratiflcasione (1). Nobile gara tra la sua modestia
e la pubblica gratitudine, ostinandosi quella nel riflotare ogni di-
mostrazione d*onore, e più questa infervorandosi nel voler dare
sfogo alla piena degli affetti, che più non potevano restar compressi
nel cuore!
Ma tutto questo oon bastò a reprimere Todk) dei pochi ma osti-
nati suoi nemici, che imbaldanziti dalKimpunità ottenuta, ed invi-
diosi ora più che mai della gloria a cui I* Onofri era salito, man-
darono fuori un zibaldone in versi, in cui rimproverandolo di essere
andato a Roma, nonostante un preteso giuramento che egli avrebbe
fatto nel 1817 di non tornare mai più colà come ambasciatore,
mettevano in guardia la popolazione di S. Marino contro una im-
maginaria tirannia che quagli che chiamavano Padre mirava ad
esercitar sulla patria.
Agli autori di questa nuova ribalderia, che non si tardò a sapere
essere un abate Casali ed un M. A. Tasini, rispondeva, interprete
delia pubblica opinione, il poeta Belzoppi con una satira piccantis-
sima, che è ancora sulle labbra di molti Sammarinesi.
Disgraziatamente i disagi sofferti neirultimo viaggio, e molto pia
i dispiaceri che a quello andarono uniti, e che continuarono anche
dopo il ritorno, alterarono la sua salute in modo, che non soprav-
visse che pochi mesi alle ultime glorie. Dopo il ritorno da Roma
pareva che avesse mutato contegno: non era più allegro e vivace
come prima: era stravagante e sembrava oppresso da pensieri che
gli occupavano la mente, e non amava più, come in addietro, la
compagnia degli amici. Ciò poteva essere effetto della salute che
incominciava a deperire, benchò fosse stato sempre di temperamento
forte e gagliardo; ma anche il morale vi doveva entrare per qualche
cosa. Si dice infatti che negli ultimi giorni di sua vita, parlando
(1) Documento VII.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 249
delia visita a Leone XII, raccontasse piangendo che quando questi
gli fece vedere la lista di quelli che lo avevano accusato, egli
avrebbe preferito èsser cieco. Forse vi aveva letto nomi che aveva
creduto di amici e che non volle mai palesare, acciò non si dicesse
che, col pretesto di lasciar punire cittadini ribelli alla patria, egli
aTeva conseguito la perdita dei proprii avversari. Animo grande e
generoso, che scoperte le fila della congiura, non volle macchiare
la vittoria con la vendetta, che poteva sembrar personale, e pre-
ferì tacere e morire anziché appagare il desiderio del popolo, chie-
dente che gli si designassero tutti i colpevoli, per isfogare contr'essi
l'ira sua!
Non valevano intanto né le cure degli amici, né i sussidi del-
l'arte medica per ridonargli la salute; i progressi del male furono
violenti per modo che assalito anche da una febbre infiammatoria
verso la metà di febbraio del 1825, sì trovò in breve ridotto agli
estremi, e la mattina del sabato 26, in età di 65 anni, cessava di
vìvere. Aveva voluto rivedere gli amici ed i parenti, dai quali si
staccò con fermezza e coraggio tali che recava sorpresa : né fu in-
tesa mai dal suo labbro lagnanza alcuna per la vicina morte, che
guardava con occhio fermo ed impavido. Tale appunto doveva essere
la fine di un uomo che aveva condotto la vita neir esercizio della
virtù fino all'eroismo; che pieno di sentimenti morali e civili, si
era reso benemerito verso i poveri con elargizioni non ordinarie;
che aveva perdonato con fermezza ai suoi più accaniti persecutori;
che si era impiegato con tante fatiche, viaggi e dispendi a prò della
patria; che infine non poteva aver rimorsi che lo cruciassero (1).
Ed i suoi concittadini di ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione,
durante la breve malattia non lasciarono mai deserte le porte della
sua casa, ansiosi di udire le nuove del benefattore e dell'amico: ed
é quindi facile comprendere la triste impressione prodotta dall'an-
nunzio della morte, che venne considerata a ragione come una pub-
blica calamità.
E tale considerolla il Consiglio Principe, quando il reggente Luigi
Giannini commemorò con belle parole 1* illustre concittadino, del
quale dimostrò come si dovesse onorare la memoria con pubblico
lutto e con un monumento che attestasse la pubblica riconoscenza.
Proponeva quindi che fossero fatte solenni esequie a spese della
(1) Compendio storico deWanHca Bep, di 8, Marino dell'abate D. Marino Enea
BoNSLLi (cap. 25, pag. 69). Me. deìT Archivio di S. Marino. Baccoìta BoneUi,
Riirìsta storica Italiana, XI. 17
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250 BfEMORIE
Repubblica, e fosse decretato nn semibusto da porsi nella sala del
Consiglio, sopra Tiscrizione che vivo aveva ricusato (1).
I consiglieri approvarono unanimi queste onoranze, e tre mesi
dopo, il 3 maggio di quelFanno, nella chiesa plebale parata a lutto,
ai piedi di un catafalco su cui spiccava il busto dell'Onofri, davanti
alle autorità dello Stato ed al popolo accorso in massa, Bartolomeo
Borghesi leggeva in onore dell'amico una commovente orazione fu-
nebre, degna del soggetto che era commemorato non meno che del-
l'erudito scrittore che lo commemorava (2).
Cosi il popolo di S. Marino rendeva il dovuto omaggio a questo
uomo, in cui non si saprebbe dire se fosse maggiore la grandezza
d'animo, o l' ingegno, o la pratica del mondo politico, o 1' amore
verso la patria, che certo tutte queste virtù erano in lui grandis-
sime. Sarebbe fuori del nostro compito ricordare qui le virtù del-
l'uomo privato, che i suoi biografi gli attribuiscono largamente e
che abbiamo notato durante tutta la sua vita, perchè in città libera
diventano virtù dell'uomo pubblico, quasi necessarie in chi in essa
primeggia, ma siccome tanto meno comuni, cosi tanto più commen-
devoli.
Felicissimo nella scelta della compagna, la contessa Teresa Let-
timi di Rimini, non fu però lieto di vedersi rivivere nella prole, e
quindi, dopo la morte del fratello Battista, la famiglia Onofri a
S. Marino si spense, lasciando sempre di sé dolce ricordo che du-
rerà sempre flnchò l' amore di patria sarà considerato come una
virtù.
Ed infatti nel 1842 per decreto del Consiglio gli fu inaugurato
un marmoreo monumento nella nuova chiesa eretta dopo la sua
(1) Arcfuvio gav, di 8. Marino. AtH dei Consiglio Principe del 1825. Basta 23.
Lib. EE. N. 34. Adananza del 13 marzo 1825. — 11 semìbasto, opera dello scaltore
Gaetano Lombardini, posto allora nella sala, consigliare, ne fn levato ai giorni nostri,
quando il Consiglio trasportò prowisoriamento la sua sede in nn'anla più piccola:
è sperabile però che nella nuova, che sarà presto inaugurata, TOnofri riprenda il
suo posto d'onore, che non avrebbe mai dovuto lasciare.
(2) Era stato chiamato a fare il discorso funebre Pietro Giordani, che non aveva
voluto accettare. È strano (scrisse la Bwista encidopedica di Parigi, giugno 1825,
pag. 454) che questo scrittore che si è tanto distinto per Telogìo a Napoleone, si
sia ricusato a questo di un vero cittadino, la vita del quale non gli avrebbe dato
che delle virtù vere a lodarsi. Fu sostitaito dal Borghesi, e certo la scelta non po-
teva essere migliore. Questa splendida orazione, rimasta allora inedita^ fu stampata
a Bimini per cura di Francesco Guidi Giangi nel 1862 ed intitolata al Consiglio
Principe, perchè, dice la dedica, la memoria dei cittadini eccettenti è patrimonio
dbìico non perituro. I solenni funerali costarono al Governo scudi 367 : 37. Il
bo del Lombardini costò scudi 110 (Archivio gov. di 5. Marino, Carteggio ddh
Beggenea. Lettere del 1825. Busta 157).
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 251
morte e dove furono trasportate anche le sue spoglie. Il monumento
è opera dello scultore romano Gadolini e consiste in un bassorilievo
rappresentante il busto dell'Onofri sopra un tronco di colonna, e di
fronte la figura della Repubblica che lo guarda e piange. L'epigrafe
è semplice ma eloquente:
Ant. Honuphrio
patri patrie
Fu rOnofri di alta e bella persona ; di sembianze gravi e digni-
tose, tali che si conciliava subito il rispetto altrui: era poi di
cosi affabili e cortesi maniere, che se ne acquistava facilmente la
fiducia e la benevolenza. Gaio e socievole per natura, nelle conver-
sazioni rendevasi a tutti caro e desiderabile per svegliatezza di spi-
rito e per un cotal suo fare tutto lepore e facezie.
Qualificato come diplomatico di prim*ordine, è a dolersi che non
ci rimangano di lui nemmeno i discorsi proferiti nelle diverse cir-
costanze solenni: discorsi che se furono atti a stabilire la sua ripu-
tazione letteraria fra i contemporanei, l'avrebbero tramandata anche
ai posteri.
Ma ciò non toglie che A. Onofri non sia stato, per egregie e degne
opere compiute, il più benemerito della patria fra i Sammarinesi,
e non sia in gran parte merito suo se, in quella spaventosa bufera
durata più di vent'anni, la Repubblica di S. Marino potè soprav-
vivere alle lotte continue, e resistere fino al ritornar della calma.
È questo che mi ero proposto di dimostrare col presente scritto:
se non ci sono riuscito, mi basta di aver messo in chiaro fatti che
mi parvero importantissimi, portando il mio debole contributo alla
memoria del Padre della patria. Possa esso risvegliare nei petti
infiacchiti dei contemporanei quel santo zelo, che fu di sprone al-
rOnofri in tutta la sua vita laboriosa.
Pietro Boschi.
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252 MEMORIE
DOCUMENTI (»).
I. — Memoria del eiUadmo A. Onofri DeptUaio deUa Bepuhbìica di San Marino
àUa Commisaione del Direttario Esecutivo della Bep, Francese in Roma nel
1798 (Archivio gov. di San Manno. Reggenza. Carteggio. Lettere alla Etepob-
blica. 1797-1799. Busta 148).
Boma, 20 aprile 1798.
n General in capo Bonaparte col mezzo del cittadino Monge, spedito li 19 Ph-
TÌ090 dell'anno YI della Repubblica Francese alla piccola Repubblica di S. Marino,
le esebisce Tingrandimento del suo territorio. Essa rifiuta la graziosa offertai col
timore dì compromettere un giorno la preziosa libertà che ^de da oltre tredici se-
coli. Si limita solamente alla richiesta di alcuni oggetti indispensabili alla sua esi-
stenza, presentando al Generale una memoria che li conteneva sotto diversi articoli,
n cittodino Monge, che fu Tergano di queste relazioni» scrive da Tolentino il l» Ven-
toso a. Y Rep. che il Gen. in capo ha trovato ragionevoli tutte le nostre domande,
e ci lusinga che riceveremo incessantemente una risposta favorevole. Li 10 Yentoso
il Gep. in capo scrive da Modena alla Rep. di S. Marino che i suoi cittadini possi-
denti nello Stato già pontificio, saranno esenti da qualunque contribuzione e rispet-
tati in qualunque luogo della Rep. Francese. In tempo stesso li donò in nome della
Rep. Francese quattro pezzi di cannone da campagna e 1000 quintali di grano. Il
Gen. Sahuguet è incaricato di eseguire questi ordini. Non potò farsi Tesportasione dei
cannoni sul momento, attesi i pericoli che si sarebbero incontrati per parte dei sollevati
della vicina Montagna. Quanto al grano il Gen. Sahuguet accordò solo il permesso
della libera estrazione. Li 14 Floréal il cittadino Monge scrive da Roma alla Rep. di
S. Marino, d'ordine del Gen. in capo Bonaparte, per informarsi se la medesima ha rice-
vuto dei cannoni, e se ha conseguiti altri oggetti che pareva desiderare. I Capitani
Reggenti risposero sul momento al cittadino Monge e scrissero altra lettera al Gen.
in capo sul dubbio che la prima fosse mancata, afiBdandola per maggior sicurezza
al Gen. Sahuguet. Non vedendo risposta alcuna la Reggenza replicò altra lettera allo
stesso Gen. in capo sotto il 29 maggio, pregandolo di accogliere ì suoi Deputati che
potessero presentarseli a Milano per ossequiarlo e per trattare di cose che interessa-
vano sommamente. Anche questa lettera fu affidata al Gen. Sahuguet. Sospiravano
i Sammarinesi questa risposta, ma dopo aver atteso molto tempo inutilmente, sep-
pero con sommo loro dispiacere che il Gen. Bonaparte era partito da Milano alla
volta di Parigi. Dopo le più belle speranze pertanto di dovere, dopo molti secoli di
avvilimento, provare di giorni più iàicì e le maggiori beneficenze della grande Na-
zione Francese, si trovarono alla discrezione dei loro vicini, stati sempre in passato
Soco loro ben affetti. Questi avvenimenti e lo stato attuale precario più che mai
ella Rep. di S. Marino diedero stimolo alla spedizione di un Depu&to al Gen.
Berthier in Roma
(1) Dei documenti inediti che ho consultati riporto qui alcuni come saggio dei
molti esistenti neir Archivio governativo di S. Marino, donde ho tratto quasi tutto
il materiale per il presente scritto. — Le opere stampate, delle quali mi sono limi-
tatamente servito, e che ho sempre citato a suo luogo, sono: JjC aggiunte aUe Me-
morie storiche deUa Bep, di 8. Marino di Mslohiorre Delfico, Yol. 3<>, pag. 2-14.
Firenze, 1843. — Biografia di A, Onofri, nello stesso volume. N. 15. — Bor-
ghesi B., Oragione funebre detta nelle esequie di A. Onofri, Rimini, 1862. —
BoROHON-FoRTRiON, Napoléon et la BepubUque de San Marino. Paris. — Baizi 0.,
Biografie degli illustri sammarinesi, N. 17 Arezzo, 1866. — Fattori M., Bicordi
storici di S. Marino, Roma, 1882. — Màlàgola C., L'archivio governativo deUa
Bep, di S. Marino, Bologna, 1891. — Padiglione C., Dizionario bibliografico di
S. Marino. Napoli, 1872.
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE AMBASCERIE 253
II. — LeUera di Chetano Marini ai Reggenti di 8, Marino dopo la missione
delfOnofri a Soma nel 1798 (Archino goY. di S. Marino, 1. e).
«
Signori, a quest'ora sarà gianto in patria il sig. Onofri di ritorno dalla sua com*
missione, che ha eseguita con tanta facilità, destrezza e fatica, con qnanta ninno
licaramente avrebbe saputo o potuto fare; ed io rallegromi grandemente colla Be-
pnbblica che nel maggior suo bisogno abbia aruto un si abile, sì accorto e sì gra-
zioso cittadino. La Commissione francese lo ha onorato e rispettato quanto si meri-
tava, ed ha avuto gli elogi di quanti lo hanno conosciuto e saputo quanto ha fatto in
cosi critiche e difficili circostanze. A me in particolare ò grandemente dispiaciuta la
di lai partenza, che posso dire con verità ohe la di lui presenza mi rallegrava mol-
tissimo e mi era cara oltremodo la conversazione. Il trattato che ha concluso colla
Repubblica non poteva essere nò più onorìfico, né più utile, e mi auguro possa ot-
tenere altrettanto dalla Cisalpina, e che la nostra Repubblica abbia a godere giorni
lieti e tranquilli in mezzo alle orribili tempeste delle vicine. Se ciò sarà, come spero^
la cosa sarà più che umana, e molto si dovrà al gran Protettore, al quale si dovrà
rendere grazie prò re bene gesta.
Sono con tutto l'ossequio e rispetto Delle SS. LL. dev.mo
Gaetano Marini.
Roma, 20 giugno 1798.
III. -« Lettera di A. Onofri da Milano ai BegaenH di 8. Marino nel 1802 (Ar-
chivio gov. di S. Manno. Reggenza. Carteggio. 18001808. Busta 149).
Eccellenze, Se non avessi avuto un conoscente nel Burro di Finanza, per cui mezzo
ho potuto risapere l'esito della tratta accordata dal Vice-Presidente alla nostra po-
polazione, Tavressimo attesa inutilmente in etemo. Stesi e presentai la Memoria al
Ministro degli affari esteri il dì 19 aprile, contenente la petizione in sacchi 200 di
granturco e confermai verbalmente quest'istanza al Vice-presidente nella seconda
udienza, estendendo la richiesta a sacchi 400, che venne ben accolta e favorita. Io
ero ^ persuaso che l'affare fosse concluso che Io partecipai alle E E. VV. e contem-
poraneamente ne scrissi a Bologna ed al sig. Montalto per affrettare la spedizione
dellWine, quando si fosse tenuta la via o della Direzione centrale di Bologna o
della Regolatoria dipartimentale di Forlì. A caso seppi sabato sera, TS del corrente,
che Tordine della Finanza generale non era spedito ancora. La mattina del 9 sus-
seguente mi presentai alla finanza, dalla quale rilevai che Tordine non si era spedito
perchè ninno erasi presentato onde effettuare il pagamento del diritti soliti a pa-
garsi da chiunoue in simili estrazioni, ascendenti a soldi 50 per moggio, vale a dire
a bajocchi 35 di nostra moneta. Quest'incaglio m'inquietò altamente, e corsi subito
dal Ministro degli affari esteri per reclamare contro quest'indebita esazione. Lo trovai
dabbioso sulla propria autorità, dicendomi che occorreva stendere una nota per pre-
sentare al Vice-presidente, e che e^i mi prometteva di farmi il rapporto favorevole.
Entro la giornata stesi e presentai questa nota e mi fu data ieri la risposta, copia
della quale accludo all'EE. VV., dalla quale rileveranno che non devesi pagare dai
nostri che la sola bolletta del dazio di tariffa a Riinini. Questa mattina sono tor-
nato nuovamente al Burro della Finanza ed ho trovato la lettera per la Delegazione
di Rimini, già scritta e posta al protocollo, tantoché con questo corriere arriverà al
ino destino.
La concessione è di moggio 300 milanesi, e ciascun moggio è di peso di libbre
140 di onde 28. Dal fin qui detto rileveranno le EE. VV. gl'incagli e i disordini
che sieguono anche nelle più piccole cose. In quest'ordinario scrivo anche ad un mio
amico impiegato nella Delegazione di Finanza in Biraini, acciò siano a vista man-
dati ad effetto gli ordini del Governo a nostro riguardo. Sarà però necessario che
le EE. VV. provvedine affinchò sia tenuto un registro delle estrazioni che si faranno
dai nostri, acciò qualcuno non profitti di questa concessione, sotto nome di Sam-
marinese.
Colla posta di ieri ricevetti la pregiatissima delle EE. VV. del 5 corr. maggio.
0 avuto il piacere di vedere che te riflessioni fatte costì alle osservazioni sugli ar-
ticoli del trattato riguardante la Daziaria, sono interamente uniformi a ciò che io
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254 MEMORIE
ho f&tto rilevare in una memoria già presentata al Ministro degli affari esteri. Ora
avranno sentito il nuovo incidente saila prestazione annua determinata che s'intende
di voler assegnare in granaglie alla nostra popolazione, onde impedire le esporta-
zioni effrenate, che potrebbero hnì per codesta parte. Io ho proposto il progetto di
verificazione da farsi del nostro governo mediante i certificati, dei quali ciascuno dei
nostri che vorrebbe estrarre dovesse essere accompagnato. Il Ministro poro, che in
questi dettagli prende norma della Finanza, sembra fermo nel suo primo pensiere.
Sotto qualche rapporto io veg^o forse più vantaggioso questo partito e veggo che
sul calcolo da farsi in proporzione della popolazione presunta, verrebbe determinata
una quantità di granaglie maggiore di quella che regolarmente si estrae dai nostri
ogni anno, ò parlato molto col Ministro anche suirarticolo delle fiere, del sale e
del tabacco, e Tho trovato abbastanza persuadibile quando i finanzieri, che egli va
a consultare, non distruggono tutto quel bene che alle volte mi lusingo di aver
potuto fare. Attendo sempre che mi partecipi il momento di un nuovo congresso, e
I*attendo con impazienza, affine di abbreviare per il possibile il mio soggiorno di-
spendioso e poco piacevole per la circostanza in un paese sommamente tàioso per
chi ha da trattare degli affari. Oltre i stimoli forti che ho di affrettare la conclu-
sione di questo trattato, un nuovo impulso me ne ha dato questa mattina una molto
sensibile scossa di terremoto, che vorrei sperare non avesse seguito.
Pieno infine dell'usata rispettosa stima, ho Tonore di devotamente confermarmi
Um. Ose. Obb.mo Servitore
Milano, 12 maggio 1802.
Ant. Onofri.
IV. — Lettera deW Onofri da Milano ai Beggenti di 8, Marino prima deìVudiema
imperiale del 1805 (Archivio gov. di S. Marino. Carteggio della R^geuza.
1804-1808. Busta 150).
Eccellenze, Sino da mercoldl passato io ho presentate le mie credenziali al signor
Ministro delle relazioni estere, da cui fui ricevuto con sentimenti di considerazione
e contrassegni di stima a cotesto governo. Da quel giorno io ebbi tutte le conside-
razioni convenienti ai Membri del corpo diplomatico, nella di cui tribuna fui invi-
tato ad assistere alla Incoronazione di S. M. seguita con pompa inesprimibile dome-
nica scorsa. Ogni giorno io attendo Tinvito airudienza di S. M. eà avuto che io
rabbia, ne renderò immediato conto alle EE. VV. Ieri assistetti alle feste del Circo,
invitatovi pure dalla Corte, ed ebbi luogo ivi pure tra i Ministri delle Corti estere.
Ho eseguite tutte le visite di convenienza, cercando di preoccupare in nostro prò lo
spirito di tutti quei personaggi che possono esserci utili. Cosi sia prospero Tesìto
della mia missione, come ne sembrano ben augurati i principi.
Ecco quanto ho Tenore dì prtecipare per ora alle EE. VV. delle quali con pro-
fondo rispetto mi fo dovere di divotamente confermarmi Um. Dev. ObbLmo servo
Ant. Onopri.
Milano, 29 maggio 1805.
V. — Libello infamatorio contro la Bep, di S. Marino, spedito a Boma neWot'
tobre 182B (Archivio gov. Carteggio della Reggenza. 1822-24. Busta 156).
Eccellenze, Fra i fasti che parleranno del Governo di un Leone XII la necessità
e la giustizia vi induce pur quelli che coortano la S. Sede a proteggere la religione
depressa in S. Marino, ed assicurare la tranquillità dello Stato della Chiesa, e ga-
rantire la popolazione che soffre per opera di pochi effoisti, tostochè non negasi dhe
la Rep. di S. Marino è sotto Paugusta protezione delia Chiesa. A chi difatti meglio
può convenire (per non dir spettare) un'opera si giusta e meritoria, se non al re*
fimo pontificio, tostochè esso ne è il protettore? Nido questo di perversi fuggiaschi
elittuosi e ribelli (A) ; salvezza di rei, che pagano la locale autorità (B) ; perenne
disordine neiramministrazione pubblica (C); ove altro non trovasi che la miscredenza
e l'irreligione (/>); ove covansi gli odi, le frodi ed il mal costume {E), ove l'insu-
bordinazione è la guida dei prepotenti cittadini, che sotto simbolo d'indipendenza
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P. BOSCHI — ANTONIO ONOFRI E LE SUE ABIBASCBRIB 255
tnunandaDO Tuno alFaltro il comando (F); causali tatte che costrinsero due dei
pacifici abitatori ad esalare volontari dairin felice patria, resa tale dairegoismo dei
pochi, che sono tracciati nei &tti che alludono l'invocata Suprema Autorità vostra.
Se sussiste che S. Marino è sotto TEgida di S. S. ; se è vero che il Sovrano della
Chiesa non protegge il delitto nò Tempietà, sarà la S. Santità in diritto di accor-
rere con un sistema che la saggezza dei patemi consigli saprà inspirarle. Ciò con-
trappone il vantato titolo d^indipendenza locale, anche nel caso non piatiesse al go-
verno di Roma incorporarlo nei proprii domini, lo che sarebbe il migliore dei voti
di tutti i buoni e pacifici cittadini. È certo poi che se tardasse un conveniente
riparo, non ò lontana una guerra civile fra oppressi ed oppressori, e questa non con-
ferirebbe certamente alla pace nello Stato pontificio e ferirebbe doppiamente alla
S. Sede. A brevità si tracciarono pochi fatti e ai munirono deirindicazione testimo-
niale onde verificarli {G). L'opera ò degna di un Senato che ama la tranquillità
de* suoi popoli, e che non può accordare protezione ad una ciurma sacril^a ed empia
quale è la Rep. di S. Marino, e che deve in conseguenza prendere le necessare misure.
Indicazioni di pochi fatti che richiedono riparo e mano forte.
(A) Chi attentò perfino alla vita di S. M. Sarda ebbe rifugio in S. Marino.
Certo Antonio Onofrì, che in ogni incontro si distinse, dio tale asilo ai ribelli. Esso
levò perfino dei passaporti in bianco. Esso li spedi ai fuggiaschi a mezzo di Camillo
Sabatini con piego d'Ufficio, che venne sorpreso dal dottor Giovanni Malpeli, che ne
fece rimostranza al Pubblico Consiglio. Quesforda venne arrestata in Rimini. Az-
zardò sempre dei passaporti in bianco come accadde a Marino Cecchetti, ora in Roma
nel Palazzo della famiglia Barberini presso il Tenente Pareli ; ne tiene un deposito
nella propria abitazione nelle case Lettimi e Biotallevi di Rimini.
(B) È notorio che fra i molti misfatti che rimasero impuniti vi fu ancora Tas-
sassinio di Virginio Lolli e della sua domestica; che S. Marino dio pure asilo a
Francesco Maocioni ed altri soci di falsa moneta, che vennero negati alla Corte di
Toscana; che fra i confugiati in S. Marino, da Antonio Onofri e Giuseppe Mercuri
protetti, vi furono ancora Bartolomeo Chiavarelli di Fossombrone, Raimondo Sarbo-
longhi di Roma e Sebastiano Canciati di Cantiano, i primi due dei quali cospira-
rono al parricidio col mezzo di veleno, ed il terzo propinollo alla propria moglie.
£7Ì L*Onofrì fu quello che eccedo alPestinta Federazione della cosidetta romana
blica, che profittò di scudi 8000 in tale evento, ne duplicò la dose quando si
fé spedire in Milano, e trasse altro consìmile profitto quando fu in Roma a nome di
quella disordinata Repubblica, implorando dalla S. M. di Pio VII un'annua quantità
ben grande di sali e la libera introduzione di tabacchi esotici, bastante per anni 10
aQa ristrettissima popolazione di quel distretto di anime 3900, per tramandare am-
bedue i generi a loro destinamento nello Stato papale, a danno della R. Camera A.
L'indicato famiglia Onofri ha un prato di quel Comune, la cui risposta era fissata
aUa riparazione delle mura castellane, le quali da ogni parte sono rovinose. È infi-
nito il numero dei debitori pubblici che il duumvirato G. Mercuri ed A. Onofri, a
pregiudizio dellMutero popolo tollera, benché dolosi gestori.
(Dì Furti sacrileghi impuniti in persona di certo Giuseppe Bruschi; il deperi-
mento ael Monte Frumentario; stupri violenti difesi perchè commessi dal figliano dì
Onofri, ed ò certo Marino Tini in persona della zitella Farnesi ; ed è certo Antonio
Ceochi che protetto pure dall'Onofrio ricevè dal fratello della defiorata, che inutil-
mente fece 1 suoi reclami, un'archibugiata nelle spalle. — L'eredità Capiccbioni di
se. iO milla, che per giro degli accennati Onofri e Mercuri, si attende nel 1829
destinata dalla S. Visita per impiegarla nella edificazione di un novello Tempio,
è servita per i di loro vizi. I Legati Pii rimangono insoddisfatti. Le confraternite
del Rosario, del Carmine, della Misericordia (sono) amministrate dai loro partiggiati,
senza dipendenza dairOrdinario.
(E) Si fece marcire nel carcere Giuseppe Maracci, Giandomenico Frangioni,
Francesco e Michele Martelli, Pietro Casali, Ippolito Fabbrini, Cammillo e Giovanni
Sabatini, in odio di aver domandata la resa dei conti dei Pubblici Funzionari, e
di avere richiesti altri utili provvedimenti. Gli Archivi restano aperti airOnofrì e di
lui satelliti, per cui è in loro arbitrio ogni sottrazione che piaccia, come avvenne di
un Inventario del Fidecommisso Leonardelli. Se piace ai manutentori del disordine
si fa tutto: così accadde in circostanza che Girolamo e Grozio Gazi commisero un
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256 MEMORIE
furto domestico a danno di Sebastiano Canciati; nel qnal &tto, sebbene la delin-
qnenza fosse comproyata, si fé addebitare per opera ai Gio. Biattista Onofri, che
rinsinaò di notte tempo nelle prigioni, a certo Marino Bmschi dello PIom, coi n
fece confessare, con essergli stata accordata in compenso protezione e denari.
(F) Lo Statato patrio è moderato a piacere di un libro chiamato dei Decreti,
e secondo il bisogno od il profitto che ne risentono gl'Onofri e Mercuri ed altri egoisti
del di loro calibro.
(G) Persone che possono riferire i pochi fatti al confronto dei molti che per
brevità si tralasciano sono il dottor Giuliano Malpeli, Giorgio e D. Giuseppe Clini,
D. Ignazio Belzoppi, Pietro Gasali, D. Pietro Ceochi, Pietro Tasini, Piermarìno Cee-
coli, Ippolito Fabbrini, D. Vincenzo Rossini, D. Gio. Battista Rossini, Marino Faz-
zini, Camillo e Gio. Sabatini, Giandomenico Franzoni, Francesco e Michele Martelli,
Michele Bonatti, Giuseppe Tasini, Francesco Faetani, Marino Bertoni, Vincenzo Belzoppi
VI. — Lettera infamanie cofUro VOmofiri, Boma 1824 (Archivio goT. Carteggio
della Reggenza. 1822-24. Basta 156).
Eccellenza, confida nel bro^io.A. Onofri, sedicente rappresentante della Repubblica
di San Marino presso Leone aII. Menochè non avesse costai manomesse le patrie
leggi, non avrebbe potato aspirarvi. Raccapricciano i veri cittadini di quel luogo
che un ladro diffamato, quale è costui, che per tale fu carcerato a Roma li 15 giu-
gno 1798, e che l'anarchia di quel tempo seppe tacitarli la meritata pena, siasi
usurpato il dritto di rappresentare una nazione, sebbene ristretta. Scrive egli ehe
trovò appoggio presso i Ministri di altre Nazioni.
Costui è un fellone: un intruso. Il titolo è usurpato. I nominanti sono rivoltosi
suoi pari, partecipanti de suoi delitti. Il popolo, il vero sovrano di S. Marino, aborre
il nome di un tanto mostrao e de suoi proseliti. Quel tale Marino Cecchetti che in
Roma stessa venne ad assumere in compagno non è dissimile da lui. Anche esso fa
Srocessato nel 1816 dalla Congregazione militare in Roma. Sono la massima parte
i Sammarinesi. È la vera Repubblica, è il popolo che reclama Tabnso della rappre-
sentanza di costoro, è desso che previene TEE. VV. a non accreditare il mentito
titolo, se non vaole favorire la depressione, la frode ed il delitto.
Vn. — Lettera deV Onofri ai BeggenUy i quali gli preparavano una onorificenza
(Archivio gov. di S. Marino. Carteggio della Reggenza. 1822-24. Busta 156).
Eccellenze, ha potato trapelare e in mezzo a un segreto non comune giungere a
me la notizia che il gen. Consiglio ad eccitamento cortese delle EE. W. ha volato
dar nuovo argomento di clemenza verso la mia meschina persona, col sostituire ad
un monumento non meritato altra ricompensa da stabilirsi. Io sono ad un tempo da
sì alto onore penetrato e grandemente umiliato, perchè se scorgo da an lato la So-
vrana munificenza, veggo dairaltro la nullità dei miei meriti; né credo voglia darsi
merito alla baona volontà mia verso la patria, perchè in tal caso le ricompense
sarebbero communi con tutti i cittadini. Onde danque non debba interpretarsi effetto
ài mala educazione o di albagia il rifiuto che sarei costretto di fiire di qualunque
benché minima gratificazione, io ne protesto alle EE. VV. pregandole di partecipare
al Gen. Consiglio, congiuntamente ai miei devoti ringraziamenti, questi sinceri e
perenni sentimenti deiranimo mio. Che se nonostante volesse proseguirsi nel pensiere
di colmarmi di onori, posta la mia dichiarata volontà, dovrei credere si volesse im-
Srimermi bruttissima macchia di ingratitudine e di scortesia. Locchè essendo alieno
agli animi gentili delle EE. VV. e del Gen. Consiglio, io debbo tener fermo èhe
le mie sappliche verranno esaudite benignamente ed i miei voti adempiuti.
Di che vivamente alle E E. VV. raccomandandomi, ho Tenore di dichiararmi con
profonda venerazione Delle EE. W. dev.mo
Ant. Onofri.
Di casa, 10 agosto 1824.
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RECENSIONI
W. GARDTHA.USEN, Augustus und seine Zeit Leipzig, Teubner,
I Theil, I Band pp. x-481 ; II Theil, I Halbband, pp. 276.
L*A. crede a ragione giunto il momento di rispondere alla domanda
d'Orazio :
Quis sibi res gestas Augusti scribere samit?
Beila quis et paoes loDgam diffondit in aevum?
e a ciò egli si è accinto. Se ad Orazio l'impresa pareva molto difficile
al tempo suo, oggi in tempo lontano, quando si può giudicare senza
passione e tenendo conto anche delle conseguenze dellopera d'Augusto,
l'impresa non è facile. L'argomento richiede in chi lo tratta, non solo
grande preparazione e grande diligenza, ma anche ingegno fortissimo,
da intendere Augusto e farlo intendere.
Non mancano certamente i materiali, su cui lavorare: poche epoche
della storia hanno lasciato tante fonti e di tanto valore quanto quella
d'Augusto: e ad ogni modo il raccogliere ed il cribrare tante memorie
di scrittori, tante iscrizioni, tante monete non dovettero costare poca
fatica al Gardthausen, il quale ha voluto pure visitare i luoghi che
furono il teatro degli avvenimenti d'allora, per potersene fare un chiaro
concetto. La preparazione al Gardthausen non è mancata e di ciò è
prova la seconda parte dell'opera, in cui egli con buon discernimento,
per non disturbare il corso della lettura, raccoglie le numerose ed
importanti note al testo, coli' indicazione della maggior parte delle
fonti. Veramente non s'intende perchè non vi abbia inserito anche
quelle poche citazioni, che ha messo a pie' di pagina, recando confu-
sione nel lettore, con una doppia indicazione di note, con cifre cioè
ed asterischi.
Questo primo volume non tratta che dell'epoca di preparazione
della monarchia augustea, dove forse meno l'ingegno di Augusto si è
rivelato, e per la cui esposizione meno si richiedono profonde cono-
scenze antiquarie e giuridiche. Nel secondo volume invece egli trat-
terà dell'impero di Augusto e delle sue riforme, che gli possono a ra-
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258 RECENSIONI — D. VAOUBRI
gione far attribuire il nome di rinnovatore del mondo romano. In questa
parte deiropera meglio si potrà giudicare se il Gardthausen ha la piena
cognizione delle condizioni dell' impero romano a quel tempo, della
natura e deiressenza de' mutamenti avvenuti. E se la introduzione può
sino ad un certo punto far sperare che egli si mostri all'altezza del*
rimpresa, gioverà riserbarsi per allora un giudizio definitivo sulFopera.
Questo si può dire certamente, che Topera del Gardthausen sarà capi-
tale per chiunque tratterà in avvenire di quel periodo importantissimo
di storia romana.
Nell*introduzione mostra come il governo monarchico fosse inevita-
bile in quel momento, dato lo svolgimento delle condizioni e degli av-
venimenti. La prima parte, Dopo le idi di Marzo espone quali fossero
i partiti dopo Tuccisione di Cesare, quali le persone eminenti, Tap-
parire sulla scena di G. Ottavio ed i preparativi per la guerra civile.
La seconda parte, Lotta per le Provincie, tratta della guerra di Mo-
dena, della fuga di Antonio in Gallia e del suo ritorno, della marcia
di Cesare su Roma e del triumvirato sino alla battaglia di Filippi. La
terza parte, Il bottino ai vincitori^ si riferisce alla guerra perugina,
ai trattati di Brindisi e di Pozzuoli, alla guerra in Oriente sino alle
vittorie su Pompeo e su Lepido. La quarta parte. Il dominio di Ce-
sare e di Antonio, va sino alla battaglia d'Azio, la quinta infine tratta
delle conseguenze di questa battaglia sino al trionfo di Cesare.
Queste il piano dell'opera, che si legge con vero piacere, come vo-
leva l'A. e come poche opere storiche scientifiche; notevoli sono spe-
cialmente i ritratti dei personaggi importanti del tempo. Talora però
i concetti ch'egli espone non si possono accettare facilmente, come
p. es., la difesa di Cicerone, che mi sembra infondata e il favore, che
mostra il Gardthausen per i nemici di Cesare (Augusto) prima del trium-
virato. Per quanto egli dica e voglia scrivere sine ira et studio, un
certo animo ostile a Cesare si palesa qua e là e giunge al massimo
forse nel punto, dove mostra di credere alla storia delle arae Perusinae.
Le osservazioni, che qua e là si potrebbero fere, specialmente sulle
note e sul troppo valore d&to a certe iscrizioni e a certe combinazioni,
che possono essere casuali, non sono molte. Più deficiente sembra il
libro nelle poche parti polemiche, specialmente su questioni giuridiche,
ma, poiché queste specialmente saranno esplicate nella seconda parte,
sarà meglio giudicarne e discuterne allora.
Ad ogni modo l'opera del Gardthausen è altamente lodevole e tale
che fa desiderare che sia presto compiuta. D. Vaglieri.
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J. KEMPP — GESCHICHTE DES DEUTSCHEN REICHES BTC. 259
J. KEMPF, Oeschichte des deuischen Reiches wàhrend des grossen
Interregnums 1245-1273. Wùrzburg, Stuber, 1893, pp. viii-292.
G. TRENTA, La tomba di An-igo VII imperatore (monum.ento del
Campo Santo di Pisa) con documenti inediti. Pisa, Spoerri, 1893,
pp. 100, colla fotografia della tomba.
G. ROMANO, Delle relazioni tra Pavia e Milano nella formazione
deUa Signoria Viscontea. Milano, Rivara, 1892, pp. 45 (estr. dal-
V Archivio storico Uynib., a. XIX, fase. 3).
— // primo matriTnonio di Lucia Visconti e la rovina di Ber-
nabò. Milano, Rivara, 1893, pp. 31 (estr. àsAV Archivio stor. lomb.,
a. XX, fase. 3).
A. WINKELMANN, Der Romzug Ruprechts von der Pfalz. Innsbruek,
Wagner, 1892, pp. vi-146.
H. F. HELMOLT, Kónig Ruprechts Zug nach Italien (Inaugural-Dis-
sertation, Univ. Leipzig), Jena, Frommann, 1892, pp. iv-181.
Appena indirettamente riguarda la storia dTtalia il libro del Kempf,
che è veramente, come l'autore stesso ne scrive nel preambolo, il frutto
di lunghi studi sulle fonti e sui libri eruditi concementi la storia di un
periodo cosi oscuro della storia germanica, quale è quello che abbrac-
ciando la fine dell'impero di Federico li arriva fino alla elezione di
Rodolfo d'Absburgo. Il K., parte con ampie ricerche proprie, e parte
giovandosi di numerose monografie erudite, colma questa lacuna finora
deplorata nella storia dell'impero tedesco. L'autore comincia da una
introduzione, nella quale condensa la storia dell'impero nelle sue
lotte col papato, dalla coronazione di Carlo Magno fino alla elezione
di Enrico Raspe, che Innocenzo VI oppose nel 1246 allo scomunicato
Federico IL
L'A. delinea le origini del grande conflitto nel modo che più comu-
nemente si usa, vale a dire lo fa rimontare alla confusione prodottasi,
come si assevera, colla coronazione di Leone III, in forza della quale
i papi sostenevano che l'imperatore riceveva la spada per mezzo loro
e non direttamente da Dio; al che gli imperatori si opponevano, so-
stenendo la loro autorità essere, nella sua origine, indipendente dalla
pontificia. Gli sguardi vasti e comprensivi sono difilcilì a farsi, e danno
sempre luogo a dubbiezze ; poiché in realtà la lotta tra le due supreme
autorità prese tanti aspetti nel corso dei secoli, che quel concetto ge-
nerale non può sicuramente comprenderli tutti. Nessuno potrà soste-
nere che esso spieghi in tutto per tutto i tempi di Enrico IV e di
Federico Barbarossa. Che se poi volessimo esaminare davvicino lo
stato delle opinioni al momento della coronazione di Carlo Magno,
anche qui vedremmo l'argomento intralciarsi, più che a primo aspetto
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260 RECENSIONI — C. CIPOLLA
non sembri. Le sono questioni ardue e molto complicate, sulle quali
non abbiamo finora cbe un solo lavoro fondamentale, quello del Dol-
linger, vecchio oramai di parecchi decenni. Uimpero del Bryce ci
viene in aiuto, come libro sintetico, ma si avrebbe bisogno di studi
più larghi e più profondi ancora.
II presente volume è quasi interamente dedicato alla storia tedesca,
e si aggira sulle imprese degli antirè, al tempo di Federico II, e cioè:
Enrico Raspe, Corrado IV, Guglielmo di Olanda, e quindi discorre delle
lotte, che tra loro combatterono Alfonso di Gastlglia e Riccardo di Gor-
novaglia, eletto nel 1257. Della storia italiana l'A. ha poche occasioni
di occuparsi, tranne che nel e. 3 della parte I dedicato alla storia di
Federico II dal 1246 al 1250 (pp. 90 sgg.). Nei particolari non ci pos-
sono essere cose nuove, e più rilevante per noi è la memoria fredda,
ma diligente di Fr. Tenkhoff (1) sulla guerra degli Hohenstaufen in-
darno intrapresa per ricuperare la Marca di Ancona e il ducato di
Spoleto, la quale comincia parecchi anni prima, cioè colla battaglia di
Gortenuova, vinta da Federico II nel 1237.
Ma il libro del K. ci dà questo di nuovo, ch'egli coordina i fatti
d'Italia con quelli di Germania, e ci fa conoscere in Federico II Tuomo
il quale, mentre che si sentiva italiano e voleva esserlo, trascurava per
le imprese italiche le germaniche, dove le popolazioni si avezzavano
a non riconoscere né Federico II, né i suoi antagonisti, ma segnavano
i documenti colla formula < vacante regno ». Gorrado IV e Guglielmo
d'Olanda poco s'impacciarono di cose italiane. Il K. si sofferma alquanto
di più sulla spedizione di Gorradino (pp. 244 sgg.), ma non conosce le
ricerche di Garlo Merkel per la storia della sua discesa, e quella di
Giuseppe Del Giudice per la storia della sua fine. Di nuovo interes-
sante per noi è Tesame di un passo di Matteo Paris (Appendice, pa-
gine 269 sgg.) e un cenno sulla sua credibilità. Dovendo scegliere fra
il giudizio severissimo pronunciato nel 1840 dal Dollinger, e quelli più
benevoli di storici più recenti, egli conchiude che il materiale recen-
temente pubblicato nel campo della storia sveva dà ragione al Dol-
linger; sicché bisogna concludere favorevolmente al Paris.
* »
Il volumetto del Trenta raccoglie tre dissertazioni, la prima delle quali
s'intitola Arrigo VII e i Pisani, e la seconda Arrigo VII e Dante
Alighieri, La prima si aggira sopra la cronologia del soggiorno di Ar-
rigo VII in Pisa, nel 1312, prima che egli procedesse verso Roma, e
sulla sua seconda venuta, nel viaggio di ritorno, l'anno 1313. Il secondo
(1) Ber Kampf der Hohenstaufen um die Mark Ancona und das Eereogtum
Spoleto von dem zweiten Exkommunihation Friedrichs II bis gum Tode Kùnra-
dinst Paderborn, SchOningh, 1893, pp. 108.
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G. TRENTA — LA TOMBA DI ARRIGO VII IMPERATORE 261
scrìtto concerne sostanzialmente questioni cronologiche e topografiche,
volendo il T. seguire rAlighieri nelle sue peregrinazioni fra il 1310 e
il 1313 ; combatte spesse volte le opinioni di G. Sforza, ma non saprei
dire se riesca a sostituir loro qualche cosa di solido veramente. 1 suoi
capisaldi sono le due date dalle epistole dantesche ai Fiorentini e ad
Arrigo VII. Assai più utile che non siano queste due monografie è senza
dubbio la terza, Illustrazione storico-ariistìca della tomba di Arrigo VII.
(Comincia il T. dal ricercare che cosa vi sia di vero nella dicerìa, se-
condo la quale il corpo del defunto imperatore sarebbe stato bruciato
e stabilisce, con sufficiente probabilità, che la salma di Arrigo VII,
quando si portava da Buonconvento a Pisa, sia stata cotta a Suvereto,
collo scopo di preservarla dalla putrefazione. Segue la storia del suo
seppellimento in Pisa. La tomba, splendido lavoro di scultura, ora si
trova, come tutti sanno, nel Cimitero storico di Pisa. Colà fu traspor-
tata nel 1829. A narrarne i diversi traslochi si giova il T. di un do-
cumento del 1727, da lui per primo pubblicato colla necessaria esat-
tezza; è il documento stesso di cui gio vessi anche per raccontare il
fatto di Suvereto.
Il sepolcro fu dapprima collocato nel duomo ; nel 1494 subì un tras-
loco, ma rimanendo nel duomo stesso. Nel 1727 fu ancora trasferito
di posto, rimanendo esso pur sempre nel duomo. In occasione dei re-
stauri fatti al duomo specialmente per la munificenza di Pietro Leo*
poldo II granduca di Toscana, il sepolcro fu nel 1829 traslocato nel
Cimitero, dove si ammira tutt*ora. Il T. descrive minutamente quel
monumento, e vi distingue Tarca eseguita subito dopo la morte del-
rimperatore^ dalla base che spetta al tempo del primo trasloco, cioè
alla fine del sec. XV. L'iscrizione commemorativa sta incisa sulla base
e perciò essa non ha valore storico; la sua tarda epoca è anche atte-
stata dal carattere, un bel maiuscolo classico. Sulla fronte dell' arca
stanno scolpite undici figure di apostoli, e il T. congettura di qual
maniera possa essere andata perduta la duodecima. Gli apostoli sono
abbinati, cioè si guardano a due a due. E un fatto comune, e m* in-
contrai in esso molti anni or sono, pubblicando la tomba di Gianesello
da Folgario, del principio del secolo XV. Ricordo che allora un mio
egregio amico, Tab. Gregorio Bazzani, me lo spiegò, richiamandomi al
testo misit eos binos. Fra i documenti pubblicati dal T. in fine al suo
opuscolo, sono specialmente rilevanti le note delle spese fatte (1315)
dai Pisani, per pagare maestro Tino, lo scultore del monumento.
•
« *
Vengo a dire di nuovi contributi che alla storia viscontea reca
Tegregio prof. Romano, tanto benemerito su questo campo. Il primo
di quei due opuscoli (scritti quasi unicamente su materiali editi),
concerne il modo con cui Pavia si assoggettò al dominio Milanese e
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262 RECENSIONI — C. CIPOLLA
Visconteo. Esso è preceduto da lunghe, e foss'anco prolisse osserva-
zioni, di ordine generale, sullo svolgimento storico delle città italiane,
anzi di tutta la politica nostra, che Tautore fa aggirarsi, sino al
XIV secolo, intorno airimpero e al papato. Dubito assai che rimangano
ancora da chiarir molte cose sulla supposta idealità politica del pa-
pato e deirimpero nell'età media più antica, giacché se nelle opinioni
comuni c'è del vero, vi si trova anche qualcosa di convenzionale. In
ogni modo è questione molto ardua e complessa, tale che non si può
trattare qui per via incidentale. Noto che il R. voglia supporre vero
quanto comunemente si crede, che cioè Pavia divenisse già sotto Al-
boino capitale del regno longobardo: ciò venne testé impugnato dal
eh. professore A. Grivellucci (1), il quale, senza volerlo, ripetè una
tesi svolta incidentalmente nello scorso secolo da S. Maffei. Aiconi
pensieri del R. sopra le parti dei guelfi e dei ghibellini, che egli giu-
dica molto antiche, e molto diffuse, potrebbero dar luogo a non poche
incertezze : poiché, se ben veggo, fino ad ora non possiamo affermare
di conoscere proprio a fondo la storia delle nostre parti politiche an-
teriormente a Dante, cioè nel periodo in cui gli odi arsero con mag-
giore accanimento. Sceso il R. da queste considerazioni generali, a pa^
lare particolarmente di Pavia in riguardo a Milano, sviluppa il patto
intervenuto fra le due città nel 1315, allorché Manfredi Beccaria, capo
dei ghibellini pavesi, si sottomise a Matteo e a Galeazzo Visconti, per
assicurarsi il loro aiuto. Non trattavasi a rigore di una vera sogge-
zione, ma era ad ogni modo una relazione di dipendenza, che si ag-
gravò tre lustri appresso. Qualche anno ancora, e Giovanni Visconti,
non ostante la resistenza oppostagli da Jacopo Bussolari assoggetteii
definitivamente Pavia al suo dominio.
Nel secondo opuscolo il R. completa la narrazione di B. Cerio sul
matrimonio fra Lucia figlia di Bernabò Visconti e Luigi II d*Angiò,
con quanto si ricava dalla cronaca francese di Jean Fèvre, edita nel
1887. Nel 1382, quando il principe angioino era ancora bambino, si
apersero le pratiche per le nozze. Politica di Bernabò era quella —
come il R. dimostrò solidamente in altre sue monografie — di allargare
la sua autorità coi legami di affinità; quindi si comprende com'egli ac-
cettasse Tinvito per quelle nozze, e si obbligasse anzi di aiutare Luigi I,
padre di Luigi II, alla spedizione per la conquista del Napoletano contro
Carlo di Durazzo. La morte di Luigi I (1384) non troncò le trattative,
secondate dalla vedova Maria. Bernabò vagheggiava il pensiero di ve-
dere sua figlia regina di Napoli. Cosi si giunse al 1385, e proprio al
momento in cui pareva che Timpresa dovesse aver effetto, e le nozze
(1) Se Pavia aia stata scelta a capitale del regno longobardo da Alboino, in
Stùdi storici, I, 86 sgg.
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A. WINKBLMANN — DBR ROMZUG RUPRECHTS VON DER PFALZ 263
celebrarsi, Gian Galeazzo abbattè lo zio, col noto tradimento. Il R. so-
spetta che tra i due fatti ci possa essere correlazione, e che Gian Ga-
leazzo, vedendo crescere di giorno in giorno la potenza di Bernabò,
abbia creduto dì non avere a ritardare davvantaggio Tesecuzione di
un piano da lungo tempo meditato. È un'ipotesi, non una conclusione
provata, ma un'ipotesi, per sé stessa non improbabile e alla quale il
R. crede di trovare appoggio nel Lamento di Bernabò Visconti
edito ed illustrato da A. Medin.
*
La pubblicazione (1882, 1885) dei tomi lY e V dei Deutsche Reich"
siagsahten^ dovuta al Weizsaecker, richiamò Tattenzione dei tedeschi
sulla spedizione italica di Roberto re dei Romani (1401-2), la quale,
come notò giustamente il Winkelmann autore del primo fra gli interes-
santissimi opuscoli qui ricordati, fu per quel principe una vera cata-
strofe, le cui conseguenze lasciarono traccia profonda su tutto il regno
posteriore; mentre per i piccoli stati italiani che, nella loro guerra
di resistenza contro Gian Galeazzo Visconti avevano invocato il soc-
corso delle armi tedesche, tutto ciò fu appena un episodio, quantunque
tott*altro che privo di tristi conseguenze anche per essi. Al medesimo
ai^omento si riferisce anche un lungo e dotto articolo del prof. Lindner
(Mitth. d, Inst tur óstefrr. GF, XIII, 377), il quale, dopo aver messe
sotto minuto esame le testimonianze riguardanti la battaglia di Brescia,
diminuisce grandemente rimportanza di questo fatto d*armi, che i Car-
raresi cercarono di rappresentare come un'insigne vittoria delle armi
nostrane. Il Winkelman deplora di non aver fatto in tempo ad usare
di quel lavoro, il quale è certamente molto acuto ed istruttivo, e lascia
nel lettore una ben sentita impressione.
Winkelmann e Helmolt non solo s'incontrarono a discorrere di un
identico argomento, ma adoperarono — nò era possibile fare altri-
menti — presso a poco le identiche fonti; ciò non ostante ognuno dei
due procede per la propria via. Il W. fe un lavoro d'insieme, e più
geniale alla lettura, H. invece ci guida attraverso ad una folla spessa
spessa di citazioni e di discussioni critiche sopra gli avvenimenti più
minuti. Quindi è che l'esposizione del primo riesce molto più lucida,
che non sia quella del secondo. In ricambio, quest'ultima si sofferma
ad illustrare con assai maggiore ampiezza alcuni particolari importanti,
specialmente riguardo all'itinerario di re Roberto, alle trattative coi
princìpi italiani, e alle somme da lui riscosse.
Più di una volta H. accumula citazioni a citazioni, ^enza che appa-
risca chiaro il criterio della scelta. Cosi, parlando del fatto d'armi com-
battuto dinanzi a Brescia, a p. 80, cita l'uno in serie all'altro : Cerio,
Girolamo dalla Corte e G. Sercambi; il primo visse tra la fine del se-
colo XV e il principio del seguente, il secondo è della fine del se-
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264 RBCBNSIONI — a CIPOLLA
colo XVI, e l'ultimo cronista è contemporaneo agli avrenimenti. S'in-
tende poi da sé che tanto W. quanto H. si servirono per il Sercambi
dell'edizione Muratoriana, poiché di quella procurata dall'Istituto sto-
rico italiano, e curata dal Bongi, uscirono i due primi volumi nel 1892,
cioè presso a poco contemporaneamente alla stampa dei due lavori
tedeschi. Ritornando ad H., egli diede principio alla sua monografia
con uno sguardo alle fonti, curandosi sopratutto delle Cronache ita-
liane; ma anche questo sguardo non accontenta pienamente, e Tim-
portanza, p. e., ch'egli accorda (p. 5) alla cronaca edita dal Porro Lam-
bertenghi (Mise, di stor. ital,, voi. Vili) non pare che sia ormai più
sostenibile (1). Sulla condizione critica degli AnnoU. MecUol. TH. avrebbe
potuto vedere il lavoro assai interessante del Raulich {Riv. stor. Hai.,
Vili, pag. 1 seg.: cfr. lahresberichte d. hist Gesellsch., 18S2, III, 3,
nota 98). Anzi è questa forse la parte meno approfondita nel lavoro
del H., che in complesso si distingue per molta diligenza e precisione.
L'attrattiva maggiore dell'opuscolo di W. consiste nei numerosi do-
cumenti che R. Davidsohn trascrisse dall'Archivio di Stato fiorentino,
e che vanno dal 10 novembre 1400 fino al 17 aprile 1402 (pp. 123-145):
fa loro seguito una lettera (pp. 145-146) non datata, ma scritta in Pa-
dova, verso il giorno 8 febbraio 1402, indirizzata al duca Filippo di
Borgogna. Da essa apprendiamo che Roberto aveva fatto istanza al re
d'Inghilterra, pregandolo di inviargli due mila arcieri per tutelare i
diritti dell'impero. Alcuni fatti concomitanti, ma non intrinsecamente
collegati colla persona di re Roberto, si trovano svolti più ampiamente
da W. che da H. Gito la sua descrizione degli armamenti lombardi,
della politica di Bonifacio IX, ecc. Helmolt chiude il suo libro colla
pubblicazione del testo intero (noto finora solamente nel regesto del
eh. prof. R. Predelli) del trattato di pace conchiuso a Venezia, 21 marzo
1400, tra Firenze, Bolc^na, Padova, Ferrara e Mantova da una parte,
e Qian Galeazzo Visconti dall'altra. La trascrizione di questo docu-
mento, tolta dai libri CommemoriaU, fu all'editore trasmessa dal
comm. F. Stefani, sovrintendente-direttore dell'Archivio di Stato di
Venezia. G. Cipolla.
N. JORGA, Thomas III, marguis de Saluce. Elude histoìrique et Htté-
rafrCy avec une introduction sur la polUique de ses prédécesseurs
et une appendice de textes. Thèse présentée à l'Université de Leipzig.
Saint-Denis, Bouillant, 1893 (in-8^ pp. viii-224).
Da qualche tempo l'attenzione degli studiosi è rivolta a quella figura
singolare di principe che fu Tommaso III di Saluzzo. Ma finora più che
(1) Veggasi ratilissima monografia pabblicata sa questo argomento dal prof. G. Ro-
mano, u^WArch, stor. 2omò., aIX, ^ sgg.
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N. JOROA — THOMAS III, MARQUIS DE SALUCB 265
Topera sua politica se ne illustrò, specie negli ultimi tempi, la lette-
raria, sebbene anche quella meritasse non meno di questa d*esser fatta
oggetto di studi e di ricerche. Un lavoro suU'ai^omento aveva pro-
messo un cultore di storia italiana, il dott. Camillo Manfroni^ ma egli
fu prevenuto dal signor Jorga, nel libro che qui si annunzia. Il qual
libro ci riesce a prima giunta gradito, poiché non solo questa di Sa-
luzzo, ma parecchie altre corti e altri principi piemontesi dei secoli
XIY e XY potrebbero offrire argomento ad importanti monografie sto-
riche, che accrescerebbero non poco il patrimonio delle cognizioni
nostre. Certo però che siffatti lavori dovrebbero specialmente basarsi
sul materiale inedito e inesplorato che esiste ancora abbondante nelle
biblioteche e negli archivi!, e non essere una raccolta più o meno ricca
di notizie già note e facilmente accessibili. E questo desiderio rimane
vìvo tutt*ora, per quel che spetta al nostro argomento, anche dopo il
libro del signor Jorga. Il quale sa della esistenza a Grenoble degli
originali dei documenti pubblicati dal Muletti nelle sue Memorie; sa
che a Torino, oltre a collezioni private, anche gli archivi posseggono
materiali importanti che possono gettar nuova luce su alcuni avveni-
menti, ma né di quelli né di questi ha tratto profitto di sorta. Le sue
fonti sono il Muletti, Gioffredo della Chiesa, gli Scrtptores del Mura-
tori, e specialmente, com*egli dice, il Chevalier errani del principe
Tommaso.
Se dunque non originalità di ricerche, aspettiamoci almeno un uso
metodico e sapiente dei materiali già noti. Ma neppure qui il lettore
può rimaner soddisfatto. Un difetto generale deiropera, é bene avver-
tirlo dapprincipio, consiste nel cumulo grande, inutile, inesplicabile di
notizie che non hanno collezione stretta coirargomento ; i fatti storici,
dei quali molti di poca o nessuna importanza si succedono, quasi di-
remmo vertiginosamente, gli uni agli altri, senza legame intimo fra
loro, senza concatenazione; per modo che la lettura del libro riesce
spesso faticosa e la intelligenza poco facile. Pare che Tautore abbia
volato mettere insieme ad ogni costo un volume, e poiché la materia
gli mancava, si é lasciato andare a digressioni non solo inutili, ma
dannose alla economia del lavoro. E come esempio di ciò si può ri-
cordare il capitolo IV, che dovrebbe essere una esposizione dell*argo-
mento dello CheoaMer errant A che serve la lunga enumerazione, che
occupa sei lunghe pagine^ degli atti di crudeltà di cui furono capaci
i Visconti ed altri principi italiani; a che Taltra enumerazione di mi-
racoli e di profezie del medio evo e del rinascimento?
L*opera si apre con una introduzione in cui sono discorse le origini
della casa di Saluzzo e della sua politica. Il primo capitolo si occupa
di Tommaso II e di Federico di Saluzzo (1340-1376), e il terzo della
giovinezza di Tommaso III, la cui nascita é posta dairautore, come
RM$ta Slorica Italiana, XI. 18
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266 RECENSIONI — F. GABOTTO
avevamo fatto noi pure (1), nel 1356. Si discorre nel III cap. delFin-
fluenza francese in Italia e della battaglia di Monasterolo (1391-1396),
e nel quarto si espone il contenuto del Cavaliere errante. L^autore
vorrebbe riportarne la composizione, contro 1 opinione da noi espressa (2),
non al tempo della dimora di Tommaso in Francia nel 1403, ma al
tempo delia prigionia (1394-1396), sebbene gli argomenti elisegli adduce
non siano irrefutabili e troppo poco egli si occupi delle ragioni esposte
da coloro che professano un'opinione diversa. L'esaminarle e il discu-
terle richiederebbe troppo spazio, quindi non mi indugierò, non senza
notare tuttavìa che ancor meno convìncenti sono quelle che il J. ad-
duce per sostenere Fautenticità € completa » del ms. parigino dell'opera
del nostro principe, e che non di rado egli è troppo reciso nelle
sue affermazioni. Chiude il libro un lungo capitolo, che è forse il mi-
gliore, sul regno di Tommaso. Con felice pensiero, e di questo dob-
biamo essergli grati, l'autore fa seguire un'ampia appendice di brani
tolti allo ChevaUer, di cui alcuni già noti, ma altri inediti, e tali per
la importanza loro da meritare l'attenzione di ogni cultore di storia.
£. GrORRA.
GIACOMO SURRA, Vicende della lotta tra il Comune astigiano e la
Casa (VAngiò (1259-1314), Torino, Vincenzo Bona, 1893.
Il lavoro del D' Giacomo Surra, Vicende della lotta tra il Comune
astigiano e la Casa d'Angiò (1259-1314), stampato a Torino dal Bona,
è certo segno di buone intenzioni da parte del giovane autore, ma,
contro le speranze di lui, è riuscito un po' deboluccio. In sessanta pa-
ginette, il S. vorrebbe narrare tutto un importantissimo periodo storico
di 55 anni, ma non è riuscito che a dir cose note, anzi neppur tutto
il noto, perchè, ad esempio, non ha tenuto conto del lavoro del Merkel
su La dominazione di Carlo I d'Angiò in Piemonte ed in Lombardia,
che conduce il racconto fino al 1270 in prosecuzione dell' altro Un
quarto di secolo di vita comunale, molto adoperato dal S. Né man-
cano gli errori. Il Turzano è esso medesimo una mistificazione, ed è
ben strano ^- almeno — l'asseverare che « il Memoriale di Raimondo
Turco, essendo stato scritto, come pare, secondo il Gtorrini, daU*erudi-
tissimo Filippo Malabayla, non può essere al tutto inutile e &llace >;
dov'è a notar anche l'ignoranza dei lavori del Vassallo posteriori al
Gorrini (3). Affermare che le interpolazioni dei due Ventura — coA
insieme — « avvennero probabiknente tra il 1494 ed il 15^, trovan-
(1) Cfr. E. Gobba, Studi di cnlNca ÌOterofia, Bologna, Zanichelli, 1892, pi 15.
(2) Op. di, p. 19-20.
(3) Le fàUificazioni della storia astigiana, in Arch. Stor. Il, S. IV, t. XYIII;
La Chiesa dei 88. ApostoU, Asti, Brìgnolo, 1892.
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SURRA — VICENDE DELLA LOTTA DEL COM. ASTIO. E CASA D*AN0IÒ 267
dosi nel e. XI del Memoriale [di Guglielmo] la denominazione « Ve-
speri siciliani », non è più permesso dopo T interessante publicazione
del Romano (1): d*altronde vi sono parecchi passi di Guglielmo, che
il Gombetti pretese interpolati, i quali appaiono già adoperati da An-
tonio Astesano e da Gioffredo Della Chiesa, nella prima metà del Quat-
trocento, prima che Secondino Ventura scrivesse la cronaca sua, ed
uno studio accurato del testo secondo i codici muterà forse radical-
mente molti giudizi, secondo apparirà dalla nuova edizione cui attendo.
La data 1261 per la prima lotta civile in Asti va corretta in 1271,
secondo ho accennato altrove (2): è infieitti nel 1271 che, secondo il
Codiex Astensis, fu podestà Galeotto Lambertini, mentre non risulta
dal Codex il podestà del 1272 (Guglielmo Lambertini, successore im*
mediato di Galeotto, secondo G.Ventura), masisache nel 1261 fu po-
destà Raineri di Borgo: Terrore, già in Antonio Astesano, nacque pro-
babilmente da ciò che il Ventura disse durate dieci anni quelle prime
lotte, e si credette doversi assegnar la battaglia in piazza al principio,
anziché alia fine del decennio (3). Aperta contraddizione è fra le
note 11 e 13, senzachò il S. non tenne conto delle ricerche dei si-
gnori Sella e Vayra nella prefazione al Codew Astensis. B ripetuta-
mente FA. pone nel 1273 il principio della guerra fra Asti e gli An-
gioini: opinione di tatti gli storici, ma non perciò meno errata.
Ogerio Alfieri pone il principio di tal guerra e la rotta di Gossano
nel 1274, ma non gli fu badato, e fu preferita la data 1273 dei testi
a stampa del Ventura. A dar ragione all'Alfieri basta una semplice
osservazione: il Ventura stesso dice che la rotta avvenne « il 24 marzo,
giorno di sabato >: ma il 24 marzo cadeva in sabato nel 1274, e in-
vece in venerdì nel 1273. Goà di un anno debbono essere ritardati
tutti i fatti che G. Ventura racconta nel e 9 ed il S. riassume a
pp. 26-28, e parimenti debbono trasportarsi al 1275 i fatti assegnati
dal testo attuale de\ e. 10 del Ventura airanno 1274. Quanto alla ci-
tazione del Ghilini che fa il S., essa è senza ragione, perchè Tanna-
lista di Alessandria spostò i fatti da lui attinti al Ventura stesso, se-
condo un testo erroneo del Memoriale.
Al S. è a dar lode di aver ristabilita nel 1275 la vittoria di Roc-
(1) L'espressione proverbiale di Vespro SiciUcmOy Payia, Fusi, 1893 (Nozze Sal-
▼ioiii-Tavegg:ia).
(2) Storia del Pienumte nelìa prima metà dei sec. XIV, p. 12, Torino, Bocca, 1894.
(3) Prevedo l'obbiezione della possibilità di una prima podesterìa di Galeotto
Lambertini nella Reconda metà del 1261 e di an*altra di Gaglielmo Lambertini nella
prima metà del 1262; ma il podestà in Asti durava normalmente in «anca un anno,
e non è possibile che al secondo Lambertini, nomo cospicao, benemerito di aver
ricondotta la pace intema e poi di nuovo podestà nel 1292, fosse accorciato il tempo
contro Tnso, tanto più che il cronista non ne fa cenno.
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268 RECENSIONI — F. GABOTTO
cavione (1), ma devesi rimproverare la confusione fra i due atti di-
stinti del 7 luglio 1281 ed 11 giugno 1282 a proposito della dedizione
di Cuneo al marchese Tomaso I di Saluzzo. Il primo è quello publicato
dal Muletti; il secondo esiste neirArchivio di Stato di Torino, e fu
soltanto segnalato dal Dutto (2) e da me (3). Ed anche maggiore è
lo sbaglio di assegnare al re Carlo II e ad un tempo susseguente alla
sua liberazione (novembre 1288) Taccenno di G. Ventura, e. 12, alla
pace fra un « re Carlo » ed Asti. Senza entrar qui nelFesame della
costituzione del MemorioUe venturiano, importa tuttavia notare come
esso, anche neir interno de* singoli capitoli, non segua punto Tordine
cronologico, ed il passo in questione, sebbene posto dopo la liberazione
di Carlo II, sia da riferirsi a Carlo I. Mi riesce incomprensibile come
il S. stesso non se ne sia avvisto, in quanto egli riferisce appunto le
parole del Memoriale: < Qui [carcerati] steterant per annos V et
menses sex carcerati », ciò che riporta airautunno 1279, secondo il
computo da me stabilito per la battaglia di Cessano, e prima ancora,
al 1278, secondo il computo erroneo dei S. per la medesima. E difatto
la restituzione dei prigionieri era già stata convenuta nel trattato del
13 settembre 1277 riportato al n. 950 del Codex^ sebbene non ancora
eseguita V 8 gennaio 1278 : certo però del 13 febbraio è un accordo
diretto fra Carlo I ed il Comune astigiano, riferito al n. 981 del
Codex stesso.
A p. 40 il S. riporta un passo di Gioffredo Della Chiesa intorno alle
mosse di Guglielmo VII di Monferrato nelVAstigiana : è singolare la
citazione di un testimonio posteriore di oltre un secolo e mezzo, quando
GioflTredo medesimo attingeva detto passo al Memoriale di G. Ventura,
che sarebbesi dovuto citar senz'altro dal S. Nella stessa pagina, poi,
sarebbe stato bene avvertire che Amedeo V ritenne, non solo < il co-
mitato di Savoia, la valle d'Aosta e Talta signoria sopra T intero ter-
ritorio savoiardo », ma anche la valle di Susa fino a Rivoli.
La stessa osservazione ora fatta rispetto alla citazione di Gioffredo
Della Chiesa a p. 40, sarebbe a ripetersi per altra a p. 42, ed a p. 43
diventerebbe anche più grave, in quanto il S. cita il Grassi, riportan-
done una fhise che non è altro che la traduzione equivocata di altra
del Ventura. Ma senza insistere su di ciò, gioverà piuttosto ricordare
che la cronologia e Tordine dei fatti dell'estate 1303 appare oscuro
nel Surra per non aver egli conosciuto Tatto di dedizione di Alba a
Carlo II, da me altrove lungamente riassunto (4). Cosi di molto sareb-
(1) Cfr. il laio libro Storia del Piemonte nella prima metà del secolo XIV, p. 2,
6 Biv, Stor., XI, 2.
(2) Le origini di Cuneo, p. 74, Saluzzo, Lobetti-Bodoni, 1891.
(3) 8t. del Piem. cit., p. 4, n. 1.
(4) Ibidem, pp. 32 8eg.
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SURRA — VICENDE DELLA LOTTA TRA IL COH. ASTIO. E CASA D*ANOlb 269
bero stati chiariti i primi rapporti fra Asti e Filippo di Acaia, se TA.
avesse tenuto conto delle notizie del Saraceno (1), che paiono a lui
del tutto sfuggite.
Ritengo concisione quella del S. e di più altri fra il < capitaneus
populi » ed il « capitaneus armorum ». Infatti Filippo di Acaia, creato
« capitaneus armorum » alla fine del 1304 per lo spazio di tre anni,
conservava ancor di certo l'ufficio nell'estate del 1306, quando troviamo
« capitaneus populi » Raimondino di Terzago (2). É una distinzione
molto notevole, che bisogna fare per evitar errori di giudizio e dì fatto.
Non ripeto la mia narrazione, ben nota a* lettori della Rivista Sto-
rica, dei casi subalpini nel periodo 1303-1314: rilevo soltanto di pas-
saggio l'errore del S., che, non conoscendo i documenti deirAdriani (3),
pone la cessione di Fessane al re di Napoli < in principio del 1306 »,
ed assegna quindi alla stessa epoca il tumulto astigiano contro Rinaldo
De Leto, che vuoisi ritardare di un anno, poc'anzi la spedizione di
Tongo, per cui il S. torna a citare un tardo cronista, Galeotto Del
Garretto, in luogo di Guglielmo Ventura, a cui pure il Del Garretto
attinge letteralmente.
All'A. è sfuggita' la notizia più precìsa, data dall'Adriani (4) e da
me (5), del trattato fra i procuratori dei Solari e Roberto d'Angiò il
28 luglio 1310: egli si adopera invece a scagionare il Ventura del
silenzio in cui passa la clausola segreta riguardo alla dedizione di
Asti al Re < appena l'avesse permessa papa Glemente V ». Grede il
S. che « forse a dirittura ignorasse l'esistenza della clausola »; ma
deve pensare ben altrimenti chi osservi una variante del e. 58 del
Memoriale, secondo la quale Enrico VII gravò la mano sui guelfi :
« super illos de parte Guelforum imposuit, in vindictam guod regi
Roberti fidelitatem praestitissent ».
Delle forze condotte da Enrico VII in Italia ebbi già a ragionare
altra volta, inclinando a ridurle a 600 uomini, anziché portarle a 3000,
come accetta il S. secondo alcuni testi del Ventura (6). Però non im-
porta insistere su di ciò, e neanche ridire come la balia ad Enrico
(1) Regesto dei principi éUAcaia, pp. 28 segg., Torino, Paravia, 1881 (estr. Mise.
di 8t. d., S. II, t. V).
(2) Che il tentativo di Filippo in Asti, sdoppiato dai nostri storici, sia del Inglio
1306, cfr. 8t del Piem., pp. 47 segg. ; Pineroh e i suoi recenti storici, p. 12-18.
Pinerolo, tip. Sociale, 1893, e Di ahune ques^ni di gtoria eUbalpina, p. 12,
nnm. 16, Torino, Bouz, 1894.
(8) Sopra ak. docc, e codd. mss. di cose mbàlp. od itaì. cons. negli areh, e bibl
della Fr. merid., p. 69. Torino, Unione Tip.-Editrioe, 1855. Cfr. la mìa St. del
Piem.j p. 50.
(4) Op. cit., p. 70.
(5) St. dei Piem., p. 61.
(6) Cfr. tlndem, p. 62, n. 2.
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270 RECENSIONI — F. OABOTTO
fosse conferita dagli Astigiani il 18 novembre 1310 (1): noterò soie
che tanto € Nicolaus de Solebanis » quanto < Nicolaus de Bonsoribus »
sono sviste grafiche dei testo ventariano, quale è noto comunemente,
per < Nicolaus de Bonsignoribus ».
Errore assai grave, in cui il S. non avrebbe dovuto incorrere, è
quello di ritardare ai 1311 lo staggimento deli'Acaia per opera di
Roberto: esso va anticipato al 1306, come appare da un mio lavoro
più volte citato (2). Del rimanente, in queste ultime pagine del lavoro
del S. si sente una singolare precipitazione. Egli passa sotto silenzio
la donazione di Asti ad Amedeo V e tanti altri fatti importantissimi,
e fin nel riassunto sommario cade in isviste singolari, come quando
scrive « Gamellario o Gamenario nel Ghierese ». Gamenario era un
castello, or distrutto, tra Santena e Yillastellone, ma Gamalero è terra
invece dell* Alessandrino.
Spiace davvero che la critica del primo lavoro di un giovane debba
riuscire severa: è a sperare che in altri studi il S.^ che, dopo tutto,
ha buone disposizioni, possa far bene e meritar elogi.
Ferdinando Gabotto.
ELIA COLOMBO, Jolanda duchessa di Savola (1475-14781 Studio sto-
rico congedato di documenti inediti. Torino, Stamperia Reale, 1893.
Un lavoro sintetico, per quanto condotto sopra uno sterminato nu-
mero di documenti di molti archivi diversi, non può esaurire un ar-
gomento: molte cose, che l'autore sapeva, non ha potuto dire per
ragioni di economia, e d'altra parte alle ricerche più accurate sfug-
gono sempre documenti, che altri aggiungerà poi. Dovere di chi vien
dopo è soltanto di muovere da quel lavoro ed aggiungervi il trala-
sciato od ignorato, correggerne gli eventuali errori: voler rifare da
capo, senza tenerne conto alcuno, è in parte ingiustizia verso il primo
studioso, in parte opera inutile per gli studi.
Queste cose io pensava leggendo il lavoro del prof. Elia Colombo
intomo a Jolanda duchessa di Savoia, uno dei parecchi, cominciato
quandochessia, che pur videro la luce soltanto dopo la publicazione
dei primi volumi del mio Stato sabaiulo da Amedeo Vili ad Emanuel
Filiberto (Torino, Roux, 1892-93). Il Colombo poteva Care un buon li-
bretto, interessante per ognuno e che a me sovratutto sarebbe stato
carissimo per una seconda edizione, forse non lontana, delFopera mia:
ha fatto, invece, mi spiace il dirlo, un volume di oltre 300 pagine, di
cui due terzi almeno non servono che ad imbrogliare il lettore, soflTo-
cando quanto rimane di nuovo e di buono fra il trito ed indigesto.
(1) Ibidem, p. 68, testo e
(2) P. 49.
n. 1.
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E. COLOllBO — JOLANDA DUCHESSA DI SAVOIA 271
U Ck)lombo ha diviso il suo libro in due parti, dieci capitoli di nar-
razione e 70 documenti (1): anche il testo, però, contiene molti passi
di documenti, tutti, senza eccezione, dell'Archivio di Stato di Milano.
Di questa massa di documenti un buon numero fu già utilizzato o
publicato, in tutto od in parte, dal Filippi (2), dal Dina (3), da me (4)
e fin parecchi anni addietro dal Bertolotti (5) e dal Reumont (6): però
il Ciolombo non cita mai nessuno, ed a proposito del Bertolotti, anzi,
debbo bre un'osservazione altrettanto spiacevole guanto grave. Il la-
Yoco del compianto archivista mantovano è il solo di cui il G. faccia
menzione e che non si può dunque mettere in dubbio sia da lui co-
nosciuto: ebbene, s'egli vi accenna pe* fotti dell* autunno 1476, dissi-
mula il molto materiale nel medesimo contenuto anche per quelli della
primavera ed estate di detto anno.
A parte ciò, il G. non appare in alcun modo al corrente degli studi
moderni. Tranne i lavori del Menabrea (7X del Gingins La Sarra (8)
e del Magistretti (9), si può dire che non conosce assolutamente
nulla (10). La sua grande autorità è sempre il Guichenon, contro cui
si preoccupa di scagionare il Giovio ed il Platina, e per la Provenza
è citato una volta Nostredamus ! Persino i Monumenta historiae
patriae sembrano esser stati dal G. trascurati del tutto. Di qui appar
chiaro che in lui era una preparazione non solo insufficiente, ma nulla,
onde lo sciupio del bel materiale che aveva tra mano e le qualità as-
solutamente negative del presente lavoro.
Ghe il G. non conosca la diCTerenza degli stili cronologici, e continui
(1) DoTevano essere 111, ma gli altri, die* egli, andarono smarriti da Milano a
Torino e non li potè più ricopiare.
(2) 72 matrimonio di Bona di Savoia con GaìeazMO Maria Sforta, Torino, Gan-
delero, 1890.
(8) Jolanda di Francia dud^esaa di Savoia e la ribellione del 1471, Alba, Ver-
tamj, 1892.
(4) Op. dt
(5)
Spedisioni militari in Piemonte di G. M. Sforza, in Arch. Star, Lomb.,
8. ì; t. X.
(6) DeUa dipkmana itaUana nei eeeoU XIV e XV, Firenze, Barbèra, 1857.
(7) Chroniquee de Yólande, Chambéry, Patbod, 1859.
(8) Dépéches dea ambassadeurs MHanais sur les campagnes de Charles le hard*,
Losanna, Corbaz e Bonìller, 1858.
(9) Oaìeasso Maria Sforea prigione oMa Novalesa, in Arch, 8t Lomb,, S. II, t VI.
(10) Non mi fanno mutare il giudizio una citazione del Bigotti, DeUa monarchia
di Savoia (sicV nna del De Bosmiki, DeWHistoria {sic) di Milano, III, 67: nna
della cronaca mnoese edita dal Bollati in Mise, di st. it,, S. II, 1. 1 ; nna del Mu-
BATORi, AnnàU tPItàka; nna del Bodt, Die FéleUge Karls dee Kuhnen^ I, 565;
nna del Buskr, Die Beeiehunger der Medicer (sic), 467; una del Caie di Pierlas,
Documens sur les Grimaldi, 58 segg., nna del D'Ast, Hist, des Helvétiens, TV, 7 ;
ed no paio del Lkrot db la Marche, Le roi Bene, oltre nna Tolta B. San Giorgio,
il Soldo (ne), il Gagnola, il Gobelino, TAmmirato e il Tnrìm. Citando per Bianca
Maria Sforza solo il lavoro del Caffi, il Colombo proya poi di non conoscere qneUo
del Calti, Milano, Vallardi, 1888.
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272 RECENSIONI — F. OABOTTO
ad assegnare al 20 febbraio 1471 (stile comune) il trattato di Utrecht
fra Jolanda e Carlo il temerario, può or dispiacere, ma non più £ar
meraviglia: singolare invece che a p.23 scomponga in due documenti
le « istruzioni di Luigi XI al Guasconnet o Oastonnet, siniscalco di
Saintogne », citando una dopo Taltra l'istruzione al Gastonnet e quella
al siniscalco di Saintogne. Anche più grave, poi, l'aver creduto a p. 53
che gli Stati di Losanna, in cui fu conferito il governo a Jolanda e
la luogotenenza generale a Filippo, abbiano avuto luogo nel 1469
(seppur non a dirittura nel 1471), anziché nel 1466: di qui nasce
ch'egli presenti sotto un colore falso tutta la serie dei rapporti della
duchessa con Filippo Senza terra in quegli anni, accusi di doppiezza
Luigi XI proprio quand'era egli giuocato, e non si accorga che Filippo
stesso era più di ogni altro acceso contro il duca di Milano negli anni
1466-1468. Del resto, mentre il G. vide a Milano tanti documenti, altri
non conobbe, dello stesso Archivio, donde gli sarebbe venuta anche
maggior luce ed un giudizio affatto opposto. E cosi troppe volte gli
accadde di ritener fatti accertati semplici voci destituite d'ogni fon-
damento, pur raccolte e trasmesse dagli oratori sforzeschi. A questo
riguardo dovrei contestare una quantità di cosuccie, talune anche
importanti, ma sarebbe un ginepraio da cui non si potrebbe uscire che
disponendo di uno spazio ben maggiore di quanto qui mi sia concesso.
Vediamo piuttosto alcuni errori di fatto, in cui il C, pur valendosi
solo di documenti d'archivio, ha trovato modo d'incorrere. Egli con-
fonde a p. 98 le < Udienze generali » cogli « Stati generali », due
cose ben diverse, e così parla di Stati tenuti a Torino da Jolanda nella
primavera del 1473, dove avrebbe dovuto parlare di « Udienze gene-
rali ». I suoi stessi documenti milanesi avrebbero dovuto metterlo
sull'avviso, giacché da alcuni di essi io ho tolto la mia descrizione di
tali « Udienze » nello Stato sàbaiido, II, 103 segg.
A p. 127 il G. crea senz'altro un « conte del Vallese »; altrove (p. 57)
mostra di non conoscere la differenza tra « maresciallo e siniscalco »,
dicendo « siniscalco di Savoia » il sire di Miolans, che poi (p. 189)
converte ancora di Antelmo in Antonio, come muta sistematicamente
i La Forest in « La Forea », il sire di Rousset in « Ruffeto » (p. 57),
Imberto di Batemay sire di Bouchage diventa una volta « Ms.' Boc-
caccia » (p. 143), e Rufino de Muris « generale delie finanze » è detto
puramente « Ms.' Generale » (p. 105 n.). Il G. confonde anche i Della
Rovere coi Roeri (p. 74) e trasforma messer Bernardo Bembo, il dotto
padre di Pietro, in un irreconoscibile « Memo » (p. 136 n.).
Non so dove il G. abbia potuto pescare che Martigny, Ghamoson,
Ardon e Gonthey fossero « quattro vescovati » (p. 118), né che da
Nizza « si discende (jsic) in Piemonte » attraverso alla Tarentasia e
Val d'Aosta (p. 61): certo egli deve ignorare che Montanaro, Feletto
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E. COLOMBO — JOLANDA DUCHESSA DI SAVOIA 273
e Lombardore facevano parte deirabazia di San Benigno di Fruttuaria,
perchè altrimenti non avrebbe scritto a p. 173 che Giovan Lodovico
di Savoia dominava quei tre luoghi ed era inoltre titolare di detta
abazia. E cosi sembra non sappia che Moncrivello e Montecaprello
sono una medesima terra, e che Filippo < da Tricha » (p. 75) non è
altri che Filippo da Trecate, a lui ben noto: il lombardismo della
forma « Trichà » è usuale, e non deve fargli credere francese il
brav*uomo, perchè pur presidente del parlamento di Grenoble.
n « Ms.*" d'ÀEjò » di un dispaccio del Bossi è il sire « d'Anzon >,
figlio del Miolans, non un < Ms.' d*Angiò » (Anjou), come il G. crede
a p. 212, e Gioi^io « di Menthon > (in Savoia) non dev*esser punto
spaesato in Giorgio « di Montone » (nella contea di Nizza). Ma questa
della storpiatura dei nomi è una vera piaga nel libro del C., che tras-
porta dai documenti nella propria narrazione tutti i più balordi trave-
stimenti degli agenti diplomatici sforzeschi. Estavayer è ridotta a p. 131
in « Tavayer »; Avigliana in « Vigliana » e talvolta (p. 33), al maschile,
< Vigliano » (che è nel Bieliese) : per contro Valenciennes si amplia in
Avalenciennes, e Sommariva del Bosco diventa mezzo latina e mezzo
francese nella forma « Summa riva du bois » (p. 215). Alcuni luoghi si
riconoscono facilmente: Piozasca = Piossasco; Ripparolio = Rivarolo;
Belchayre = Beaucaire; Gruere = Gruyère: Illins = Lins; Cambiaso
= Gambiago; Aspromonte = Aspremont (in Savoia); ma per gii altri
si stenta di più. Ecco alcune correzioni da fare: la prima forma è
quella del G., la seconda è Tesatta. Doron = Horon; Gi verone = Ghe-
vron ; Modoetia = Monza ; Novocastello = Ghàteauneuf ; Monformoso
= Montebello ; Foretz i= Forez ; Foro = Feur ; Salizolia = Salussola ;
Vallisarboita = Villarboit ; Gaballiate = Ga vaglia ; Druzano = Dorzano;
Zelo = Sala bieliese ; Granconit =: Grancourt ; Garioti = ? Ghartres;
Paemo e Payen =Payerne; Lucia = Lucinge ; Beovas = Beauvais;
Sanlix = Senlis; Romù*a = Rouvre; Moltizio = Plessi»-le-parc; Gellant
= talvolta Ghallant e talvolta Gelano; Exe=Aix; Lirollo = Luyrieux;
Pilìborgo e Filiburghesi = Friburgo e Friburghesi; Zwig = Schwiz;
Arborea (che sarebbe in Sardegna) = Arborio (nel Vercellese), e potrei
continuare per un pezzo. Un*ultima storpiatura soltanto mi è d*uopo
rilevare : Torino convertita in € Yurca 1 »
Qui non si tratta più d* insufficienza di cognizioni topografiche : è
sbaglio paleografico di lettura. Anche sotto questo rispetto, la publi-
cazione del G. è una ben misera cosa, onde si riafferma quanto diceva
in principio: aver egli veramente sciupato per mancanza di prepara-
zione un materiale prezioso. Specialmente i documenti editi o larga-
mente adoperati da altri potevano ragionevolmente trovar posto in
un buon libro solo ad un patto, che fossero publicati con somma fe-
deltà, più fedelmente che dai predecessori. Invece in un solo docu-
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274 RECENSIONI — B. CASANOVA
mento — quello del Yurca, che è poi (il documento) una lettera del-
Tambasciatore Palomer al re di Napoli — riportato sotto il n.48, ho
rilevato, senza tener conto delle minuzie, le seguenti sviste assai gravi:
1. 2: Madonna corr. Madama; 1. 7: et li figlioli corr. et depsa e li
figlioli; l. 8: consideratione corr, confederatione ; 1. 18: la resposta:
con corr. la resposta depso, con; 1. 19: perchò Ihaveva corr. perchè
sempre Ihaveva; 1. 20: proprio corr. propitio; st. L: noviter che
corr. noviter li; 1. 21: la mandara corr. li mandara; 1. 51 (p. 268,
1. 22): Anche corr. Deinde; 1. 61 (32): Mons.'* de brogio corr. Mons."
de biogio (Beaiijeu); 1. 63 (34): Brogio corf\ Biogio; 1. 65 (36): et
crede che corr. et crede li; 1. 77 (p. 269, 1. 4): prefato Madama
corr. prefata Madama; 1. 83 (10): aspecto: laltro corr. aspecto, e
laltro; 1. 86 (13): Borgogna corr. Borgogna; 1. 88 (15): et secretarlo
corr. el secretano; 1. 91(18): qualunque oorr. qualunche ; 1. 98 (25):
Yurca corr. Thurin. — Come saggio, mi pare che basti.
Ferdinando Gabotto.
DE MAULDE-LA-GLAVIÉRE; La cUplomatie au temps de MachiaveL
Tome Troisième. Paris, Ernest Leroux, 1893, in-8**, di pp. 478.
Degnissimo dei precedenti, di cui già parlammo in questo periodico
nel rv fascicolo dell'anno scorso, è il terzo ed ultimo volume deD*opera
insigne del sig. De Mauide-La-Glavière; il quale contiene la fine dello
studio, iniziato negli altri, sulle missioni e tutto il libro relativo alla
conclusione delle ambasciate, nonché due importanti appendici, la prima
delle quali riproduce le norme della diplomazia fiorentina nel sec. XV,
tratte dai codici deirArchivio di Stato di Firenze, l'altra, il carteggio
di Alberto Pio, conte di Carpi, ambasciatore di Francia a Roma nel 1510.
Non volendo, per brevità, scendere a troppi particolari nemmeno
per questo volume, diremmo soltanto che anche in esso TAutore ha
seguito il metodo tenuto nei primi, ed ha procurato di dare in un
discorso preciso e chiaro le massime che presiedevano al cerimoniale,
alla trattazione, al carteggio e alla redazione degli atti delle amba-
sciate, basandosi esclusivamente sopra scrittori del tempo e su docu-
menti editi e inediti, di cui un numero straordinario vien citato nelle
note, a conferma di quanto si espone nel testo. Esempi ed aneddoti
interessanti riposano di tratto in trattoli lettore; il quale è costretto
a convenire che anche questo tomo ò pieno di ammaestramenti, e che
al pari degli altri serve in modo mirabile a spiegare un* infinità di
fatti minuti, di processi e di circostanze finora sfuggitegli che gì* im-
pedivano d'intendere chiaramente la storia dei tempi passati.
Nella prima parte continua l'esposizione delle qualità e degli ob-
blighi, spesso gravosi, degli ambasciatori; i quali devono essere non
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DB MAULDE-LA-CLAVièRE — LA DIPLOMATIB AU TEBIPS DE MACHIAVEL 275
soltanto prudentissimi ed accorti ma ancor pronti a soggiacere a qua-
lunque incomodo e pericolo, ed a qualunque prova per adempiere il
loro ufficio. Seguono la Corte o meglio il Re nei suoi viaggi, pur di
stare sempre vicini al Sovrano e di renderselo ognora più benevolo,
adoperano tutti i mezzi per ottenere udienze, notizie e promesse, per
comunicare le loro istruzioni, i dispacci e gii altri atti del loro (Go-
verno, per presentare le loro credenziali, note o ultimatum e final-
mente per corrispondere col proprio governo in modo rapido e sicuro.
Sulle diverse fasi di questo periodo deirambascìata e segnatamente sui
documenti, la loro redazione e trasmissione, sulle poste e sui corrieri,
il De Maulde-La-Claviòre dà utilissime notizie nelle quali non è sol-
tanto presentato il ftnitto dei suoi studi particolari, ma sono ancora
diligentemente riassunte le conclusioni alle quali sono venuti i dotti
che scrìssero di tale materia.
Né meno pregevole è Tultima parte del lavoro che, come abbiamo
detto, riguarda la fine delle missioni diplomatiche. In essa TA. espone
con cura gli atti dagli ambasciatori conclusi: quali le tregue di di-
versa specie, gli arbitrati, gl'interventi, i trattati, i diplomi, le ratifiche;
dei quali egli studia minutamente il modo di redazione, la sigillazione,
la cronologia, le garanzie, la pubblicazione e Tesecuzlone. E dopo es-
sersi occupato della materia contenuta nei trattati e di tutte le que-
stioni ch'essa può presentare, chiude Topera sua col congedo e richiamo
e la partenza degli ambasciatori e colle formalità che vi si collegano;
e infine con un cenno sopra i memoriali, protocolli e archivi e sopra
la fraseologia delle cancellerie.
Basti questo semplice elenco dei molti argomenti trattati in questo
volume per dimostrarne l'importanza e per invogliare gli studiosi a
giovarsene nelle proprie ricerche. Che, ci piace ripeterlo, noi crediamo
che ognuno potrà cavarne vantaggio non lieve pei suoi studi, non fosse
altro che quello di farsi un'idea chiara del come procedessero le trat-
tative sulle quali si fonda la storia politica del tempo del Segretario
fiorentino. E. Casanova.
LUIGI STAFFETTI, Il Cardinale Innocenzo Cybo, Contributo alla
storia della politica e dei costumi italiani nella prima metà del
sec. XVI. Firenze, Success. Le Mounier, 1894, in-8°, pp. 255.
n cardinale Innocenzo Cybo, ha trovato testé un amoroso e diligente
illustratore nel dott. Luigi Staffetti, fortunato come la sorella sua Cate-
rina, alla quale tre anni or sono il Feliciangeli consacrava uno studio
notevole (Notizie e documenti su Caterina Cibo Varano, Duchessa
di Camerino, Camerino, 1891). Non occorre gran fatica per accorgersi
che il presente volume è frutto di larga e severa preparazione e
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276 RECENSIONI — V. GIAN
d'indagini accurate di biblioteca e d'archivio, condotte con metodo
lodevole. Un anno innanzi alla morte di Lorenzo il Magnifico, suo
avolo materno, e precisamente il 25 agosto 1491 (come potò provare
TA.) nasceva il primo figliuolo maschio di Francesco Gybo e di Mad<
dalena de' Medici, al quale fu imposto il nome dell'altro famoso avolo
paterno, papa Innocenzo Vili.
Figura secondaria è la sua, in mezzo alle molte ed eminenti del suo
tempo in Italia ; pur tuttavia essa acquista nelle pagine dello St tutto
quel maggior rilievo di cui era degna, e, come suole avvenire, appunto
per questa sua mediocrità serve assai a darci un'idea più esatta e
chiara del sec. XYI, a quella stessa guisa che il libro serve a com-
mentare in certo modo il bel ritratto che d'Innocenzo si conserva nel
Corridoio che conduce dalla Galleria degli Uffizi alla Palatina, opera
probabilmente di Cristoforo dall'Altissimo, che l'A. fece bene a ripro-
durre in fototipia nel principio del volume.
Non dotato di qualità insigni, non « persona di grande affare, né
di alto spirito », come bene scrisse l'ambasciatore veneto Soriano
(p. 27, n. 2), ma dedito ai piaceri e alle brighe mondane, inframe^
tento ed astuto, quando ebbe il cappello cardinalizio da papa Leone X
(23 settembre 1513), e fu colmato di benefici ecclesiastici, si valse delie
sue ricchezze e dei vantaggi che gli venivano dall'alta condizione sua,
non soltanto a soddisfazione di bassi e grossolani piaceri, ma anche
a promuovere le arti e a favorire gli artisti, in quanto accarezzavano
i gusti e le tendenze dell'animo suo gaudente. Sovrattutto notevoli a
questo riguardo sono le relazioni del Cardinale Cybo con Raffaello
(pp. 29, 31 ) e la rappresentazione dei SupposUi fatta nel suo palazzo,
durante il carnevale del 1519. Ma di ciò non dovremo stupirci, né
dovremo attribuire troppa importanza al fatto. Con Leone X il me-
cenatismo era diventato come una specie di moda, — per fortuna,
una moda quasi sempre vantaggiosa per l'arte — e non per nulla il
Cybo era uno dei più intimi corteggiatori del papa mediceo. Da questo
periodo appunto la biografia sua acquista una certa consistenza; per
gli anni anteriori, che sono quelli della sua prima giovinezza e dei
suoi studi, essa è una ricostruzione congetturale in gran parte. Che
la morte di Leone X fosse « come uno schianto di fulmine » (p. 34)
per Innocenzo non sarei disposto a giurare, sovrattutto dacché l'A.
stesso dimostra che questo fatto eccitò l'ambizione di lui al punto che
nel Conclave radunatosi il 23 dicembre del 1521, egli tentò, e non senza
probabilità di riuscita, di dare la scalata al soglio pontificio. Con la
elezione di Clemente VII, succeduto al maleviso Adriano VI, si rialzò
la fortuna del Cybo, che tanto s'adoperò a favore del nuovo papa me-
diceo, durante il lungo conclave, sul quale TA. raccolse nuove e cu-
riose notizie.
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L. 8TAFFBTTI — IL CARDINALE INNOCENZO CYBO 277
Mi rincresce dissentire dairopinione delio St., ma come la nomina
del Gybo a legato di Bologna e Romagna (gennaio 1524) non mi sembra
felice, essendo ispirata più che altro da favoritismo, così il contegno
e le azioni di lui in questo periodo, durante i gravi avvenimenti che
in quegli anni travagliarono Tltalia e il Papato, non mi paiono tali
da meritargli quella « riputazione altissima di saviezza » che i con-
temporanei vollero concedergli. Lento, quasi reluttante dapprima a la-
sciar Roma per recarsi a Bologna, dove da un pezzo la sua presenza
e Topera sua erano necessarie, egli poi nei suoi atti rivela quella in-
certezza e quella fiacchezza mista a paura, che sono del resto i ca-
ratteri dominanti nella politica di Clemente VII, e che il Borni ritrasse
al vivo in un famoso sonetto. E appunto Tessersi quel papa valso del-
l'opera di tali Uòmini ci spiega, insieme ad altre cause, i ruinosi effetti
della sua politica.
In ogni modo è utile seguire la vita dei Gybo secondo il diligente
racconto delTA. che, giovandosi spesso di documenti inediti, la illu-
stra in rapporto con le vicende della storia d* Italia — ed è utile il
vedere il nostro Cardinale accanto ad un Guicciardini e ad un Ma-
chiavelli. Molto zelo dimostrò ^li nelle trattative per la pace di Bo-
logna nel 1529, nella quale occasione ebbe una parte notevole anche a
quelle solenni cerimonie, come alla incoronazione di Carlo V. Mosso
dall'ambizione, affettò col desiderio e con Topera la caduta di Firenze ;
e su questo punto gettano molta luce 1 documenti raccolti dalTA. (1),
che parla anche delle relazioni che il Cybo ebbe col Guicciardini, al-
lorquando questi chiese ed ottenne (1531) la Vicelegazione di Bologna,
di cui, come s*ò detto, era Legato il Cardinale. Ma anche in questi
fatti, e nella reggenza del Governo di Firenze da lui tenuta per conto
del duca Alessandro, e in altre occasioni, il Cybo si mostra guidato
dairambizione, dairegoismo, dairinteresse, che lo spinsero perfino ad
essere compagno, direi anzi complice, al primo Duca di Firenze nelle
turpitudini della sua vita corrotta. E quando sappiamo questo ed altro,
possiamo Cacilmente comprendere quale significato sia da attribuirsi
9lValta reverenza (p. 117) in cui lo St. afferma esser stato tenuto il
Cardinale.
Un fatto caratteristico di questo personaggio ò Tabitudine ch^egli
aveva di accusare malattie più o meno gravi, d*indole probabilmente
un pò* diplomatica, un po'... francese, ogni qualvolta voleva dispensarsi,
dal fare qualche viaggio che gli paresse dannoso o incommodo o pe-
ricoloso.
(1) Richiamo Tattenzione degli studiosi piemontesi sopra una lettera del 26 ot-
tobre 1527, scritta da un agente del Cardinale, da Torino, e accennata in nota
dairÀ., nella quale si danno ragguagli sulle cose deirArcivescovado torinese in
quel tempo.
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278 RECENSIONI — V. CIAN
Alla morte di Papa Glemeinte VII, al cai letto era accorso sollecito,
il Gybo risenti gli stimoli della saa vecchia ambizione e aspirò ancora
una volta, ma indamo, alla tiara pontificia; né sarei davvero disposto
a battezzare come fa FA., col nome di « finezza diplomatica » (p. 129)
questi inutili intrighi di Conclave. Per questa o per altre ragioni, che
lo St. pone bene in rilievo, il Cardinale, caduto neirodio di Paolo III
il fiero nemico dei Medici, dopo la disgrazia della sorella Caterina,
abbandonò Roma per porre sua stabile dimora in Firenze, dove nel
palagio dei Pazzi, in quella piccola Corte Signorile nella quale regna-
vano con le loro civetterie e con le loro tresche le Marchesane di
Massa, questo poco scrupoloso Cardinale, addestrato alle raf9natezze
epicuree della Corte di Leone X, dimenticò fiicilmente nei piaceri le
delusioni e i dolori patiti, e 'la revoca della Legazione di Bologna in-
flittagli dal papa Farnese, e punì col veleno Tonesto rifiuto del povero
Borni. La morte del duca Alessandro sotto il pugnale di Lorenzino
procurò airambizioso Cardinale un* altra sconfitta, con la elezione di
Cosimo.
Inoltre come ben dimostra lo St., per quanto Innocenzo, facendo di
necessità virtù, si mostrasse in seguito zelante fautore del nuovo Duca
e sviscerato partigiano degli Spagnuoli, e verso di lui ostentasse una
tenerezza .quasi paterna, in effetto le relazioni fra il Cardinale e Co-
simo non furono d'allora in poi che un continuo giuoco di dissimula-
zione e di simulazione.
D'allora innanzi, come pel passato, l'azione del Cybo nel governo
ducale e la parte ch'egli prese agli avvenimenti più notevoli come la
tregua di Nizza del 1538, furono più esteriori, più d'apparato che altro.
Pare a me, e i documenti &tti conoscere dall' A. confermano, ch'egli
avesse in sommo grado l'arte propria dei mediocri di tutti i tempi,
di quelli specialmente, di fiarsi valere molto col nome, le amicìzie, il
passato, pur valendo, in effetto, assai poco. Si sa della parte che si
attribuì al Cardinale nella morte di Filippo Strozzi; ma su questo punto
di storia, che rimane sempre « un problema che la critica deve risol-
vere > (p. 203), l'A. promette uno studio speciale, che sarà vivamente
desiderato. Alienatosi interamente l'animo dei duca Cosimo, che aveva in
segreto avversato ad ogni occasione, specialmente presso l'imperatore,
Innocenzo, escluso dagli afbri, dovette lasciare, nel 1540, Firenze, dove
la sua partenza fu accolta con grandissima allegrezza. Non ostanti le
insistenze di Paolo III, che aveva con lui una ruggine antica, egli si
schermi in tutti i modi dal recarsi a Roma, dove invece volava nel
novembre 1550, quando la morte del pontefice ridestava in lui, ornai
vecchio cadente, gli stimoli dell'ambizione. Ma questo fu l'ultimo e pia
amaro disinganno, dacché nel febbraio del '51 veniva proclamato pon-
tefice Giulio III — e il 14 aprile il Cybo moriva.
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YENBTIANISGHE DBPBSCHBN VOM KAISERHOFE 279
Amaro, ma meritato quest*ultimo disinganno ; e non aveva torto, in
fondo, Pasquino di rivolgere airambizioso Cardinale un sanguinoso so-
netto sfuggito alFA. (IX nel quale gli prediceva la elevazione al trono
pontificio, perchè egli superava in tristizia ogni altro Cardinale.
Con questa diligente monografia, che abbiamo cercato di riassumere
rapidamente, lo St. non solo ha illustrato la vita del Cybo, ma, gio-
vandosi con discrezione ed acume di nuovi materiali, ha meglio chia-
rito molti avvenimenti già noti della storia italiana di quel tempo.
V. ClAN.
Venetianisclie Depeschen vom Kaiserhofe (Dispacci di Oermania).
Herausgegeben von der historischen Commission der kaiserlichen
Akademie der Wissenschaften. I Band. Wien, F. Tempsky, 1889.
In-8% pp. xxvii-769. II Band. Wien, P. Tempsky, 1892. In-8%
pp. Li-789.
I.
Della diplomazia veneziana, antica e illustre, si conosceva già molto.
Ma questa pubblicazione, che può gareggiare degnamente con quella
dei dispacci dei nunzi dalla Germania, di cui fu a lungo discorso in
questa stessa Rfvisia (2), le acquista un lustro e una importanza su-
periori di molto a tutto ciò che si può supporre a primo aspetto. I
dispacci degli ambasciatori sono fonti storiche nel più ampio senso
della parola, e quindi di gran lunga più preziosi delle Relazioni fi-
nali, che sinora hanno tenuto il campo, quasi sole, come fonti di
storia. Queste furono pensate e distese con calma, dopo gli avveni-
menti a cui si riferiscono; furono curate quasi come opere retoriche,
e vennero lette col mal celato scopo di &r pompa di accorgimento
diplomatico e intuito sicuro. Quelli invece erano scritti giorno, per
giorno, currenU calamo, in mezzo al nascere e svolgersi dei fatti,
che narrano, per modo che riproducono nella forma più semplice, e
in generale anche più precisa, le impressioni del momento, le pas-
sioni, i timori, gli intrighi, le speranze, i sospetti di ogni natura^ che
accompagnano le azioni umane nel cozzo di interessi vari e spesso
contrari. Nessun artificio li guasta.
II.
Dobbiamo la pubblicazione alla Commissione Storica deirimperiale
Accademia delle Scienze di Vienna, la quale ne affidò la direzione ai
(1) Cfr. V. CuN, Gioviana in Owm. star. dOla kU. ital, XVII, 341-2.
(2) Cfr. €r. Capasbo, La Diplomaeia pontificia in Germania nei secolo XVL
Yol. IX, &ac. III, anno 1892.
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280 RECENSIONI — O. CAPASSO
«ignori McLX Budttnger, von Ameih e von Fiedler. Saranno pubbli-
cati i dispacci che si conservano nellM. e r. archivio secreto, ecc. di
Vienna, i quali arrivano fino quasi alla fine della repubblica. La com-
missione sopra ricordata ha fissato essa stessa tutte le particolarità
della pubblicazione, sia per la parte intrinseca, riguardante il metodo
di scelta, disposizione e raggruppamento dei documenti, sia per la
parte estrinseca del formato, trascrizione, ortografia, e via dicendo.
Il primo volume, pubblicato già nel 1889 fu messo insieme dai dottori
Ignazio Stick (fino alla pagina 433 inclusiva) e Gustavo Turba,
membri del seminario storico deiruniversità viennese. Al secondo, pub-
blicato nel 1892, ha lavorato soltanto il dottor Turba. Ciascun volume
è preceduto da una introduzione, nella quale sono raccolte notizie
biografiche sugli ambasciatori nel tempo stesso che si cerca di met-
tere in luce la importanza dei dispacci, rilevando gli argomenti più
notevoli, di cui trattano; ed è chiuso da un larghissimo registro di
persone e cose, destinato a facilitare di molto le ricerche. A ogni di-
spaccio è mandato innanzi un piccolo sommario in tedesco, come in
tedesco sono le note, per agevolare la intelligenza del testo in Ger-
mania. Le introduzioni sono compilate sempre da coloro che curarono
redizione.
Menzione particolare merita il metodo fissato dalla commissione
circa Fuso dei dispacci. '
Finora si erano avute le seguenti pubblicazioni del genere : le Re-
lazioni finali (alcune di Francia del secolo XVI), pubblicate dal Tom-
maseo nel 1838 ; quelle deirAlberi (secolo XVI), pubblicate dal 1839
al 1863; quelle pubblicate dal Barozzi e dal Berchet (secolo XVII) dal
1856 al 1878, con sussidio di dispacci dalle corti di Parigi e Torino;
quelle su Germania ed Austria nei secoli XVI e XVII, pubblicate dai
signori von Arneth e von Fiedler : i dispacci di Antonio Giustiniani
da homa (1502-5), editi dal Villari; e quelli di Vincenzo Quirino,
ambasciatore presso Tarciduca Filippo (1505-6^ editi dal Hòfler. Il
Villari segui il metodo della pubblicazione integrale. Ma è stato os-
servato che questo metodo, oltre che facilmente può indurre confu-
sione, va anche soggetto a ripetizioni e richiami inutili, e spesso im-
pedisce Tuso ampio dei dispacci, per la mancanza delle notizie e
spiegazioni necessarie. Perciò altri vagheggiano il metodo opposto, di
completare cioè i dispacci con elementi d*altra natura. E questo, ma
in parte soltanto, si riscontra nella pubblicazione dei Nuniiaturbe-
richte au^ Deutschland. Ma anch'esso lascia a desiderare, perchè gli
estratti, i riassunti, le traduzioni, ecc., oltre che non sono cose scien-
tifiche, non di rado rendono la pubblicazione indigesta, e quindi poco
utile. E poi, proprio nelle cose lasciate fuori, possono esservi notizie
preziose ai ricercatori e studiosi di storie personali e locali. A evitar
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VENETJANISGHE DBPBSCHEN VOM KAISBRHOFBN 281
tanti scogli, la commissione sallodata ha seguito» e glie ne va data
molta lode, una via di mezzo, la quale, meglio di qualunque altra,
può offrire certezza assoluta per il testo, agevolare, semplificando, la
intelligenza dei dispacci, e render possibile la piena conoscenza dei
personaggi, che operano, e dei fatti, che si svolgono. Pertanto, rispetto
al testo, i dispacci sono dati fedelissimamente; ma, come sono soppressi
quei passi, che sieno ripetizioni di altri già riportati, o non abbiano
alcun valore, cosi dei dispacci, che, nel loro contenuto, sono ripetuti,
0 trattano di cose esclusivamente veneziane, non si tien conto, o,
tutt'al più, se ne fk ricordo, secondo il loro valore. Alla loro volta i
sommar!, le note, gli schizzi biografici, le dilucidazioni di cose, le in-
dicazioni di fonti sono contenuti nei limiti strettamente necessari alla
intelligenza di uomini e cose.
E giova subito notare che le notizie biografiche sugli ambasciatori
SODO spesso pregevolissime, perchè inedite. I compilatori hanno attinto
alla preziosa coUezione Foscarini (dì cui informò il Gar nel voi. V
deir « Arch. Stor. Ital. >) della biblioteca di corte a Vienna, e special-
mente ai codd. 6092, 6093 e 6097, i quali contengon(f molte notizie
biografiche, sulle fanùglie veneziane più notabili fino al 1600.
III.
Gli ambasciatori, ai quali appartengono i dispacci, sono: Pietro Mo-
cenigo, Nicolò Tiepolo, M. A. Venler, M. A. Corner, M. A. Contarini,
Antonio Capello, Francesco Contarini, Marino Giustiniani, Domenico
Morosini, Alvise Mocenigo, Bernardo Navager, Lorenzo Contarini,
Francesco, e Federico Badoer, Marino di Cavalli e M. A. Damula.
La maggior parte dei dispacci del primo volume (che va dal 15
marzo 1538 al 15 settembre 1546) appartiene a Pietro Mocenigo; la
maggior parte di quelli del secondo (che va dal 16 settembre 1546 al
23 ottobre 1554) ad Alvise Mocenigo, Marino di Cavalli, Domenico
Morosini e Marcantonio Damula. Spesso i dispacci sono firmati da
più ambasciatori, perchè quando si trovavano insieme per una ragione
qualunque scrivevano in comune. Non mancano lacune, ma giova spe-
rare si potranno colmare col tempo. Le più notevoli sono due, una
nel primo volume dal marzo 1540 al novembre 1545, salvo una let-
tera di M. Giustiniani del 10 novembre 1541, e Taltra nel secondo
volume dal giugno 1548 al giugno 1550. Le fonti a cui gli ambascia-
tori attingono le loro notizie, non potrebbero essere più attendibili.
Quando non riescono a far sciogliere la lingua all'imperatore o ai suoi
consiglieri, trovano sempre da accattar informazioni sicure presso mi-
nistri, anoJbasciatori, uomini di guerra, o altri personaggi di importanza
e bene informati, che essi sanno rendersi amici, senza tener conto
della diplomazia spicciola, voglio dire dei piccoli confidenti. Cosi, per
Riviita Storica Italiana^ XI. 19
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282 RECENSIONI — G. GAPAS80
es., Alvise Mocenigo riesci ad aver Dotizie quasi sempre esatte, anche
delle cose più segrete^ per mezzo di Galasso Ariosto, fratello di Lu-
dovico, ed oratore estense alla corte cesarea, col quale confidavasiil
marchese di Marignano.
1 loro dispacci si riferiscono principalmente alla storia interna della
Germania. Gli oratori informano in particolare dello stato di quei paese,
di continuo messo sossopra dalle sempre rinascenti gare, gelosie e ini-
micizie di principi e città; cercano di fore un quadro preciso delle
molteplici trattazioni a base di intrighi di ogni sorta, che si incro-
ciavano, 0 sopraponevano, di mettere in luce Topera cesarea, intesa a
fondare in Germania la monarchia, di chiarire le relazioni tra Carlo V
e suo fratello Ferdinando, re dei Romani, di darsi conto esatto delle
querele tra papa e imperatore ; ma sopratutto di tenersi sempre lon-
tani da ogni compromissione. Pochi dispacci toccano di cose italiane,
0 di altri paesi, e raramente ci si incontra in affari, trattati a nome
di Venezia e nell'interesse diretto di quella repubblica. In fondo gli
oratori veneziani &nno fufficio di informatori; ma di informatori,
a cui nulla sfugge e che non si lasciano ingannare dall'apparenza,
perchè sanno scrutar sempre il fondo delle cose. I loro dispacci ci
danno modo di chiarire, o correggere molti punti oscuri, o mal noti
della storia di quel tempo.
IV.
Intorno al conv^no di Nizza e alle trattative di accordo, ma più
specialmente intorno alla politica di Paolo m, mediatore tra i dae
più potenti e irreconciliabili principi della cristianità, Pietro Mocenigo
dà notizie di gran valore e tali che difficilmente gli archivi potranno
somministrarne delle più importanti. Esse, a mio parere, porgono
modo di giudicare più equamente Paolo III, accusato spesso d^aver
avuto in mente soltanto il vantaggio proprio e de' suoi, come in ogni
altro suo atto, cosi anche nel promuovere a Nizza l'accordo tra Carlo V
e Francesco I. Né meno preziose sono le notizie di Nicolò Tiepolo e
M. A. Corner intomo ai preparativi per l'abboccamento di Aigaes^
Mortes (progettato prima per Marsiglia), che sino a poco tempo & da
molti si riteneva avvenuto per caso. Una vera miniera sono poi i di-
spacci di Pietro Mocenigo dalla Spagna, riferentisi quasi sempre e
talvolta esclusivamente al disegno di Carlo V d'una grande impresa
contro il turco e ai preparativi, che per essa si andavano facendo.
Fin dove per altro si debba ritener schietto e spontaneo l'entusiasmo
dell'imperatore per quella impresa, non è qui il caso di ricercare.
Quale impressione facesse sulle persone, che avevano seguito l'impe-
ratore, il disastro di Algeri, nulla potrebbe meglio ritrarcelo di queste
parole, che Marino Giustiniani scriveva ai 10 novembre 1541 dal porto
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VENETIANISCHB DBPBSCHBN VOM KAISERHOFEN 283
di Bugia al Consiglio dei Dieci. « Fino questa hora io non ho scripto
altro alla Seren.°^* Signorìa se non il vero successo del naufragio, la
turpissima et inordinata retirata di questo exercito da Alger, nò ho
ardito scriver nelle publice (1) la causa , perchè qui è costantissima
fisima che quanto si tratta neU'eccellent.'^^ senato, tutto se scia da Don
Diego (2) et è poi scripto a sua Cesarea M^, che è causa che lì oratori
non possono negociar confidentemente, perhò scrivo a V. Excellentie,
aciò le cose non passano quel sacrario. Le saperano adunque che cusi
come Sua Cesarea M.^ ha tolto questa impresa ex proprio capite et
contra la opinion de tutti li sui consaglieri et principali, cusi Sua M.^
ex proprio capite ha voluto governar questa impresa, nella qual ha
fatto un notabilissimo error che cusi come dapoi descese in terra
fino alli 24 [ottobre] non attese ad altro che far descaricar fantarie
et alcuni cavalli et guadagnar una montagna et proximarsi alla terra,
guadagnando un ponte nel qual Italiani hebbeno gran vergogna, et
non attese a £ar scarricar vittuaglie, munìtio[n] et artellarie et poi
&r salvar la armata o al capo Matafomecchio [o] in Bugia, perchè
con ogni fortuna et lo exercito haveria havuto da mangiar et la terra
si haveria batuta et guadagnata senza difflcultà; et se ben a questo
si risponde che Don Ferrante da Gonzaga come principal de questo
exercito dapoi Sua M> doveva questo aricordare, lui risponde che
aricordò, ma che Sua M.** voleva aldir tanti che '1 confundeva et
che perhò lui non è in colpa. Sua Cesarea M.^ non poi fugir la
colpa de questo error, né Don Forante li andarà libero. Tutti questi
Spagnoli et Italiani cridano contro questo disordine dell' Imperator »
(I, 434-5).
Chi lo crederebbe? La rovente frase, colla quale il Sarpi bolla la
indebita ingerenza papale nelle deliberazioni del Concilio tridentino,
è tolta di peso da un dispaccio del 29 marzo 1546 da Salerno presso
Trento dell'ambasciatore Alvise Mocenigo. Ecco il passo: «Né voglio
restar di dire questo che ho anchora sentito ragionar in Trento che
non viene conclusa cosa alcuna nelle congregation preditte se prima
non vien ordine da Roma circa quanto si babbi a fare, et per questa
causa vien ditto, il che molto mi spiace sentir a dire et convenirlo
scrivere, che a questo concilio il spirito santo vien a stafetta da Roma,
si come nelli altri passati el soleva venire dal cielo » (I, 447).
(1) Gli ambasciatori scrìyevano d^ordinarìo al doge, informandolo degli afiEari del
giorno, e le lettere yeniyano lette in Senato. Ma, trattandosi di cose delicate, che
sarebbe stato impradente, o pericoloso mettere a conoscenza di molti, scrivevano
al Consiglio dei Dieci.
(2) D. Diego Hartado de Mendoza era ambasciatore spagnnolo a Venezia.
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284 RECENSIONI — Q. CAPASSO
V.
Per la guerra del 1546-47 in Germania, ma più particolarmente per
il periodo di preparazione, quando Carlo V ancora oscillava tra la
vìa degli accordi pacifici e le calamità della guerra, sono importan-
tissimi i dispacci di Alvise Mocenigo, che da so soli occupano quasi
una metà dei presenti due volumi. Tutte le ansie, i dubbi, le ince^
tozze, i timori, che accompagnarono le operazioni militari sino alla
metà di settembre 1546, ossia sino al congiungimento delle truppe
imperiali oon quelle che conduceva dai Paesi Bassi il conte di Buren,
trovansi rispecchiate, per dir cosi, ora per ora in tutti i particolari,
nel dispacci del Mocenigo. E in verità solo allora Carlo V potè dire
di avere un esercito capace di essere opposto a quello dei protestanti;
solo allora potè sperare nel buon successo dell'impresa a cui si ac-
cingeva. In ciò tutti erano d'accordo. < Questo è verissimo — scrìverà
il Mocenigo ancora ai 25 agosto — che senza la venuta di questo
conte non vi è qui persona che speri al presente poter far cosa buona »
(I, 657). Pareva si aspettasse il Salvatore. Ed era cosi intenso il
desiderio di vederlo arrivare che ogni nuovo indugio tira vasi dietro
un abbattimento d'animo non molto diverso dalla disperazione; i sol-
dati dicevano apertamente di dubitare « che questo conte di Burra non
si converta in oonte di Burla > (I, 667); e lo stesso imperatore non potè
tenersi un giorno dalKesclamare : «Conte di Burra, nonne agas burla !>
(I, 680).
Le condizioni deiresercìto imperiale quali ci si mostrano nei dispacci
di Alvise Mocenigo, non avrebbero potuto essere peggiori, e ben aveva
ragione Carlo V di voler evitare ogni giornata campale. Ci sarebbe
da maravigliarsi anzi che i luterani abbiano lasciato fuggire l'occa-
sione d'aver vittoria a buon mercato dell'imperatore, se non si sapesse
che anche nel loro seno i disordini non erano minori, con questo di
più che il loro esercito mancava di capi veramente capaci. Nei pe-
riodo di preparazione l'esercito' non usci dalla Baviera, paese amico,
ma, a testimonianza del nostro ambasciatcure, dove esso passava era
come se vi fossero passate le cavallette. « Non si abbruggìa però né
si offende le personne, ma robbasi quanto si ritrova da vivere, si per
li homini come per li animali > (I, 645). É ciò perchè la carestia era
immensa. Inutile parlare della confusione e dei disordini nelle marcie,
aumentati dal gran numero di donne e fanciulli, che seguivano l'e-
sercito.
I soldati, di conseguenza, mal trattati, male alloggiati e inferiori al
nemico sotto tutti gli aspetti, erano avviliti. La cavallerìa « temeva
infinitamente » i cavalieri inimici, i quali oltre essere ottimamente
armati e con buoni cavalli, portavano ciascuno tre piccoli archibugi
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VENETIANISCHB DBPESCHEN VOM KAI8ERH0FBN 285
a rotella, uno airarcione, uno dietro la sella e il terzo in uno stivale,
cosi che potevano sparare anche fuggendo, appoggiando uno degli ar-
chibugi sulla spalla colla bocca rivolta indietro (I, 670-71). Né minor
timore ispirava Tartigliera nemica. Nel campo presso Ingolstadt il
padiglione deirimperatore fu colpito da tre colpi di cannone, tirati
dal campo nemico. Gli ambasciatori, vedendosi in manifesto pericolo,
vollero tentare di rifugiarsi nella città, ma Tartiglieria dei protestanti
batteva anche la città in tutti i sensi ; anzi una palla, osserva il Mo-
cenigo € diede beri nella casa propria, dove mi era posto, et la passò
da un canto airaltro, benché sia di muro et lunga più che 8 passa,
havendo anche nel passare spezzati 3 travi assai grossi, et andò la
balla a traverso la strada in un'altra casa all'incontro » (I, 667).
Ck)lonnelli, capitani e principi si videro costretti per sftiggire i pe-
ricoli a dormire per terra dietro trincee e bastioni. Lo stesso Cesare
vi si dovè piegare; Cesare, il quale « per quanto si dice mai non si
ha trovato a termini simili alti presenti, convenendo star rinchiuso
nelle trincee et li soldati deiresercito suo stare nelle fosse ». (I, 668).
Non era naturale che, in quelle co^ poco liete condizioni, tutti guar-
dassero al conte di Bùren come al loro messia ?
VI.
Altre spigolature di natura diversa, ma non meno importanti ci
offrono questi volumi.
Di fronte ai racconto, a tutti noto, della prigionia del Langravio Filippo
d'Assia, seguita in Halle ai 19 giugno 1547, il quale Langravio, invitato
nel suo castello dal Duca d*Alba dopo cena sarebbe stato dichiarato
prigione, il Mocenigo invece, raccontato l'incontro e la sottomissione
del Langravio all'imperatore, scrive (ai 20 giugno): « Doppo le qual pa-
role esso lanthgravio si levò in piedi, et Cesare, chiamato il Duca d'Alva,
li ordinò che *1 fusse menato priggione, et a monsignor di Aras, che
^ la lingua thedesca, disse che *1 riferisse prima alli Elettori, che
erano a canto esso lanthgravio, quanto havea ordinato la M> Sua,
A come il tutto fu eseguito. Onde detto lanthgravio, che prima diman-
tlava alloggiamento per lui et 70 cavalli, centra quello che *l si
havea imaginato, condotto nel castello, dove habita il prefeto Duca
d'Alra, è stato posto sotto la guardia di uno capitano et molti Spa-
gnoli i> (II, 290).
Dal Mocenigo stesso siamo informati di una curiosa « fantasia » del
papa, il quale, temendo che alla sua morte l'imperatore potesse avocar
a sé la elezione del successore e rendersi soggetto il papato, andava
pensando di nominarsi un coadiutore; e, in caso di opposizione da
parte dei cardinali, vagheggiava persino un'altra infornata di altri
30 porporati « partiali di Sua S.*^ , per poter poi fare quello che le
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286 RECENSIONI — G. CAPA8S0
piacesse senza ostacolo alcuno». Anche il duca di Ferrara ne era a
giorno, ma « per esser cosa tanto monstruosa difficilmente Sua eccel-
lentia può persuadersi che la sia vera » (II, 39).
I dispacci del Morosini alla lor volta fanno molta luce su un altro
avvenimento, che prima si conosceva molto imperfettamente: il ten-
tativo di Carlo V di assicurare al figliuolo Filippo la successione nel*
l'Impero a scapito della famiglia di suo fratello Ferdinando. Un mu-
tamento sifTatto avrebbe avuto conseguenze gravissime e Venezia non
poteva quindi non rivolgervi tutta/ la sua attenzione. Le informazioni
mandate dal Morosini al suo governo permettono di seguire i diversi
momenti della trattazione quasi in tutti i particolari. Nò Ferdinando,
nò suo figlio Massimiliano e molto meno gli elettori, ai quali come in
generale alla nazione tedesca erano invisi gli spagnuoli, ne volevano
sapere, ma nessuno osava opporsi apertamente. Ferdinando rimise la
decisione al figlio, Massimiliano agii elettori e questi si cavarono di
impiccio dichiarando che una quistione di tale importanza non poteva
essere risolta dai soli elettori, ma doveva esser portata innanzi a tutti
i principi e stati dell'Impero, il che era lo stesso che mandare a vuoto
il disegno di Carlo Y. I cortigiani pensarono persino di tirare in ballo
il papa, con grande spavento degli elettori ecclesiastici, per i quali
ciò sarebbe stato come una diminutio capitis. Ma il fatto ò che per
allora nulla si concluse; e, più tardi, seguito il voltafaccia di Maurizio
di Sassonia e ruminazione di Cario V, costretto a fliggire da Innsbruck
a Villaco e ad accettare le condizioni postegli dagli avversari, non si
parlò più di quel progetto. E qui è il caso di ricordare che d'un altro
progetto, sinora a nessuno noto, ci informa Alvise Mocenigo in una
lettera degli 8 aprile 1546 da Augusta, riferendo del parentado, che
si trattava tra il Langravio e il duca di Baviera, e si è che i prote-
stanti in quel tempo vagheggiavano di eleggere imperatore alla morte
di Carlo V, non Ferdinando re dei Romani, ma il duca di Baviera.
Intorno al tentativo dì Carlo V a favore del figliuolo e alla spedizione
nella Lorena e all'assedio di Metz si hanno molte importanti notizie
nei dispacci del Damula. Sono confermati i tentativi di Maurizio per
riconciliarsi coU'Imperatore, il quale per altro non volle mai più am-
metterlo alia sua presenza. E si ha anche nuova conferma dell'accordo
segreto di Maurizio, non che con altri, con lo stesso re Ferdinando.
Scriveva difatti il Damula ai Dieci (30 agosto 1552): «...ha mandato
un suo al cardinal di Trento, nel quale molto si confida, dicendo et
querellando che egli non havea prese le arme contro Sua M.^ perambi-
tione di stato o per far male à Cesare, et se l'havesse vogliuto far male,
ne poteva far assai, come si può sapere, et avanti et massime al tempo,
che passò in Ispruch, nel quale, se havesse voluto passar in Italia, si
haveria impatronito di molti lochi et di assai cose, perchè havea litere
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VENETIANISGHE DEPESCHEN YOM KAISBRHOFBN 287
dal Re [Ferdinando] et promissione di passo per io Stato di V. Ser.^^ ,
harea dal Duca di Ferrara 15 mille fanti et lettere di cambio per
300 mille ducati in Italia, ma che la intentione sua sola è stata per
rhonor suo liberar suo socero di pregionia et le città confederate dalla
servitù ...» (U, 550).
VII.
Non molte sono le notizie riguardanti Tltalia, o gli Italiani e quasi
sempre si riferiscono all'esercito papale, mandato in aiuto deirimpe-
ratoi'e, e agli altri italiani, che militavano agli stipendi di Carlo V.
Yi troviamo ricordati molti nomi del più chiari gueiTieri del tempo :
G. B. Castaldo, Pirro Colonna, Alessandro Vitello, Cesare di Napoli,
Ottavio Farnese, il conte Nicola Orsini, Giulio e Costanzo d*Ascoli,
Bartolomeo dal Monte, Don Francesco d*Este e tanti altri. E vi tro-
viamo anche Emanuele Filiberto di Savoia, che si può dire faceva
allora le prime armi: nell'agosto del 1546 Carlo V gli diede il co-
mando del suo « squadrone ». In verità i soldati italiani non sempre
offrivano esempi di disciplina e buon costume, ma, santo Dio, erano
anche trattati tanto male I Non giovava loro essere buoni soldati, o
valorosi capitani, erano sempre lasciati senza paga e senza vitto e
mandati nei luoghi e alle imprese più pericolose; tutto al più pote-
vano consolarsi d*aver qualche volta gli spagnuoli compagni al duolo.
E dire che erano considerati come atti alle più svariate fazioni e più
fedeli degli altri. Carlo V li mescolava perciò con gli altri soldati e
ne ficcava persino tra le sue guardie tedesche (I, 664). Una ragione
sufficiente a spiegare si stridente contradizione parve a molti questa.
I Farnesi vollero fiar troppo e con troppa pompa, condussero un gran-
dissimo numero di gentiluomini e lance spezzate « con paghe assai
ingorde », e fecero a tutti, capitani e soldati, grandi promesse di pa-
gamento per quando sarebbero arrivati in Germania. Avevano in mente
che la guerra si farebbe nel paese nemico, dove avrebbero potuto far
vivere Tesercito a spese d'altri, e dal saccheggio delle città cavare
anche più del necessario per contentar tutti. Ma succedeva proprio
il contrario, sicché i capi non sapevano a che santo votarsi per tirarsi
fuori dal mal passo, e si diceva addirittura che « se neiresercito de
nimici fossero gente de Italia o almeno «capi Italiani, bona parte di
queste genti se andarla de li » (I, 684). Aggravava il male il suo
accordo tra i due nipoti del papa, Ottavio e il cardinal Alessandro.
Alvise Mocenigo ne era mosso a grande pietà e ne parla sempre con
molta benevolenza. Gli cuoceva Tanimo di veder « tutta strazzosa et
disarmata » quella povera gente, che al giungere al campo faceva
tanto un bel vedere e ora per vivere era costretta a vendere « Tarmi
et drappi che havea portato seco. » Per quel che gli era concesso,
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288 RECENSIONI — O. CAPASSO
spontaneamente ingegnavasì di venire in loro aiuto, perorando la
causa di tanti disgraziati specialmente presso i Farnesi. Le diserzioni
erano inevitabili, sfidavano anzi i piti terribili castighi. Intorno alla
metà di agosto 1546 già più di 400 italiani si erano allontanati da
Ratisbona scendendo per il Danubio verso Vienna. Dal 1* al 3 set-
tembre ne scomparvero più di 70. Per farla breve, ai 10 settembre
Alvise Mocenigo contava a 2500 i soldati italiani mancanti di quelli
mandati dallltalia dal papa. E già due giorni dopo il duca Ottavio
Farnese, avvertito che altri 200 italiani si erano messi in via per
ritalia, accorse al rimedio. Ma sentiamo come racconta la cosa Tam-
basciatore. « Sua signoria subito montò a cavallo et con buon numero
de cavalli de suoi et de Thedeschi si mise a seguitarli et bavendoli
trovati poco luntani ordinò che dandoli dentro, s*amazessero tutti. Il
che essendo stato eseguito, forse troppo voluntieri da quelli Thedescbi,
fìirono morti de poveri Italiani più di 40. Alcuni rimasero feriti et
molti anco ne fu^irono, et cinque che restarono priggioni il detto
Duca, fece subito impicare nel campo. Et se ben ne era fra quelli uno
gentilhuomo de Cesena, il quale per salvarsi la vita offerse 2 mille
scudi, non fu però esaudito » (I, 690). Si dovrebbe credere che la
feroce lezione fosse stata sufficiente a dare i frutti che si desidera-
vano. Neanche per sogno. Il giorno seguente il Mocenigo raccoglieva
la voce che fossero partiti altri 150 tutt'in una volta. Avranno pen-
sato: morir di fame e stenti, o per le mani dei tedeschi, vai lo stesso,
tranne che, affrontando la seconda specie di morte, si culla ancora
la speranza di cavarsela più o men bene.
Unico conforto in tante miserie è Tattestazione della stima che tutti
professavano per G. G-. De* Medici, marchese di Marignano, al quale
Carlo V deve il buon successo della sua impresa, perchè fu il Medici
che sempre sostenne quel piano di guerra, che alla fine gli die vit-
toria sui protestanti con piccolo sforzo e poche perdite. « Il qual mar-
chese — scrivevano Alvise Mocenigo e Lorenzo Contarmi da Ratisbona
al doge ai 20 giugno 1546 — parlando di questa impresa con nno
molto suo confidente [senza dubbio Galasso Ariosto] disse « che consi-
gliarla Sua M.^ che tentasse di vincer questi Alemani con ogni altro
modo più tosto che con il venir a far giornata con loro. Egli è per-
sona di molto credito in questa corte et riputato il miglior capitano
che bora vi si trovi, et fra gli altri il Duca d'Alva, che sarà general
di questa impresa, deferisce molto alla opinion sua » {l, 543).
VIII.
E ora non spiaccia agli egregi editori ch'io li avverta di alcune
inesattezze, che si riscontrano in questi due volumi, e che è bene non
ricompariscano nei seguenti.
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CAMPORI — CORRISPONDBNZA TRA L. A MURATORI E O. G. LEIBNIZ 289
La frase « non beri Taltro >, corretta erroneamente In « noi beri
l'altro » (II, 6) ò espressione comune del tempo e vuol dire: due giorni
fa, come si può rilevare ancbe da altri dispacci (I, 336 ; II, 37, 57 e
127). « L*una non è ancor matura » va evidentemente corretto in
€ L*uva, ecc. ». A pag. xi della introduzione la parola « ragionato »
della relazione di Marino di Cavalli (< come ambasciatoj^e, mercante,
fattore; ragionato e sollecitatore ») è lo stesso cbe « razionale ». É
superfluo corr^jgere il « carezzo » in « carezzato » (I, 129). Invece
di « altramente » (I, 143) deve certo leggersi « altrettante » (galere).
Molti punti interrogativi, che devono manifestare il dubbio cbe si tratti
di forme errate, non banno ragione di essere. Cosi, p. es. « fur » (II,
579) sta per « furono». « Fatti lì debiti offlcj » (1, 332); < bavuta au-
dìentia (II, 606): « vista la difflcultà » (II, 629) stanno bene percbè
participi concordati col loro complemento. E similmente la parola
€ Pasqua » per « Pentecoste » (I, 116), non stuona, percbè vi si sot-
tintende: « di fiori ». G. Gapasso.
M. CAMPORI, Corrispondenza tra L. A. Muratori e G. G. Leibniz,
conservata nella R. Biblioteca di Hannover ed in altri Isti-
tuti. In-S"*, pp. XLiu-335. Modena, coi tipi di G. T. Vincenzi e ni-
poti, 1892.
Le nozze di Rinaldo I d*Bste colla principessa Carlotta Felicita, figlia
primogenita di Gian Federico duca di Brunswick e Liineburg (18 no-
vembre 1695) furono celebrate da Goffredo Guglielmo Leibniz colla
sua erudita Lettre sur la connexion des maisons de Bf*unsvic et
d'Este. Era il frutto delle ricercbe che aveva condotte nella Biblioteca
Ducale di Modena neirinverno 1689-90. Il Muratori, giovanissimo, non
fu allora da lui conosciuto ; solo parecchi anni più tardi i due grandi
eruditi, entrati in dirette relazioni, iniziarono un carteggio importan-
tissimo, durato per ben otto anni, fino alla morte del Leibniz. Delle
lettere di quest'ultimo poche erano note, di quelle del primo una sola;
le altre rimasero sconosciute ancbe a coloro cbe illustrarono, come
Giuseppe Campori e il Reumont, i rapporti del Leibniz col Muratori.
Fondatosi alla Biblioteca Estense, per lodevole iniziativa del eh. ca-
valiere Carta, ora prefetto della Nazionale Torinese, VArchivio Mu-
raiorianOf il dott. Edoardo Bodemann, bibliotecario della Reale di
Hannover, che per primo aveva fatto conoscere quel carteggio nella
pubblicazione Ber Briefwechsel des G. W. Leibniz in der Kònigl,
ótfèntlichen BibUothek zu Hannover, cedette spontaneamente all'E-
stense la copia cbe già ne aveva condotta. Di essa si valse il marchese
Matteo Campori, che la pubblica integralmente, colmandone le lacune
coU'a^^iungervi le lettere del Muratori e del Leibniz che esistono o
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290 RECENSIONI — O. ROBERTI
nel privato archivio Soli Muratori o nel volume IV, II delle Opera
omnia del Leibniz neiredizione del Dutens o neirArchivio di Stato di
Modena. Raccoglie poi ai loro luc^hi alcune lettere del conte Giannini,
del conte Bergomi, di Filippo langravio d* Assia, di Andrea von Bem-
storff, ministro di Brunswick, di Giorgio I re d'Inghilterra ecc. che
servono a delinear con maggior precisione lo svolgimento del carteggio.
L'edizione è molto accurata. Precede una buona prefazione del Cam-
pori, ed illustrano le lettere una diligente indicazione delle fonti da
cui furon tratti lettere e documenti contenuti nel carteggio, un'ap-
pendice di documenti dell'Archivio GdRzaga, che si riferiscono alle
ricerche ivi fatte dal Muratori nel 1716, due indici, il primo degli
autori, l'altro delle persone, dei luc^hi e delle cose.
La storia delle relazioni scientifiche tra il Leibniz e il Muratori noi
possiamo ricostruire ora completamente mercè questa pubblicazione.
Nel '54 il Reumont {AUgemeine Monaischrift far Wissenschaft und
Liiteratur, III, 203-30) aveva delineato con abilità la storia dei rap-
porti letterari dei due grandi eruditi in uno studio che riprodusse
poi nei BeUràge zur italienische Oeschichte, voi. III. La figura del
proposto di Pomposa non è però presentata perfettamente dal Reu-
mont, perchè non conobbe che pochissimo del carteggio col Leibniz.
Ora invece col prezioso sussidio della presente pubblicazione i due
corrispondenti sono posti in piena luce e, non per orgoglio nazionale,
ma per sincero amore di verità^ dobbiamo dichiarare che la parte
migliore la sostiene il nostro. « Io non pubblicherò cosa alcuna », scrive
il Muratori al Leibniz il 27 giugno 1709, quando gli espone le sue idee
intomo alla pubblicazione di un lavoro da farsi in comune sulle ori-
gini delle case di Brunswick e d'Este, € se prima non sarà stata ri-
veduta, corretta ed approvata da lei, dovendo Ella in questo fare la
figura del maestro, ed io quella del discepolo, quale mi protesto d'es-
sere quando si tratta della S. Y. IlLma ». Le Vindidae Estenses, come
voleva si chiamassero il ^Leibniz, non furono mai composte -- e a dir
vero — fu il Muratori a dare indietro, per ragioni di convenienza
politica; però il modenese si dichiarò sempre pronto a favorire al
Leibniz tutti quei materiali che gli avrebbero potuto occorrere. < Je
trouve qu'il me manque fort peu, risponde invece l'erudito tedesco, il
20 marzo 1711, de tout ce que vous avés remarqué, monsieur » ed
aggiunge con un po' di maligna soddisfazione « et que j'ay encore
plusieurs remarques qui vous sont echappées ».
Un certo tuono di superiorità, quasi di protezione, ci si sente sempre
nelle lettere del Leibniz. Quanto più modeste quelle del Muratori,
che non si lascia però sempre soprafi'are e sa a tempo debito far va-
lere le proprie ragioni. Cosi noi assistiamo, sia lecito il dirlo, alla ge-
nesi di due delle maggiori opere d' erudizione dei primi anni del se-
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LUBOMIRSCKI — HISTOIRE CONTSMPORAINE 291
colo XVIII, le Antichità Estensi e gli Scrtptores Brunsvicenses e ne
abbiamo sott*occhio come la storia ragionata.
Il Reamont nell'articolo citato rilevò un certo parallelismo tra le
opere erudite del Leibniz e del Muratori. Il primo raccoglie e pub-
blica gli Scrtptores Brunsvicensia iUitstrantes, ricerca le origini co-
muni delle case di Brunswick e d'Este, scrive gli Annales Imperii
Occideniis Brunsvicenses, che solo nel 1833 furono fatti noti dal Pertz;
il secondo raccoglie e pubblica 1 Rerum Italicarum Scriptores; si
occupa delle origini estensi nelle Antichità Estensi; detta gli Annali
d'ItaUa, conducendoli sino ai giorni suoi, mentre il Leibniz nei suoi
Annales si ferma al 1004. Siccome quasi sempre nella compilazione
dei singoli lavori il tedesco precedette l'italiano, parve al Reumont
che il Muratori dovesse aver subito in altissimo grado Tinfluenza scien-
tifica del Leibniz. Considerando che On dal 1577-81 cogli Scriptores
Rerum Germanicarum del Reineccio, che era stato seguito nel se-
colo XVII dal Fazello coi Reru^n Sicularum Scriptores, dai Rerum
Hispanicarum Scriptores, dai Rerum Britannicarum Scriptores,
dai Rerum, Hungaricarum Scriptores, dai Rei^m Moscoviticarum
awtores, dai Rerum Germanicarum Scriptores, ecc. ecc. si erano
incominciate a pubblicare collezioni di fonti per la storia medievale
dei singoli paesi e che parecchie di esse esistevano nella Biblioteca
Estense ed erano perciò note al Muratori, non si può attribuire uni-
camente al Leibniz il merito di aver fatto nascere nel nostro Tidea
della sua grande raccolta di fonti. Certo qualche influenza il Leibniz
esercitò sullo svolgimento delle tendenze del Muratori ali* erudizione
pura: quale e quanta neanche il carteggio ora pubblicato permette
di determinare pienamente. L'epistolario Muratoriano, che riceve dalla
presente pubblicazione del Campori, un notevole accrescimento, darà,
quando ne sia compiuta la raccolta, nuovi lumi a chi si vorrà porre
a ritracciare la vita scientifica del nostro grande erudito.
Giuseppe Roberti.
LUBOMIRSCKI, Histoire contewporaine, Transformation politique
et sociale de l'Europe (^iSoO-iSTSJ, Paris, Galman Levy éditeur.
1889-92.
Il principe Lubomirscki si è proposto di dettare in parecchi volumi
la storia delle trasformazioni politiche e sociali dell'Europa contem-
poranea dal 1850 al 1878 — compito non lieve per la vertiginosa ra-
pidità con cui si è svolto in questo trentennio il movimento de' popoli.
Non vuol essere il suo lavoro una minuta narrazione degli avveni-
menti europei dal 1850 a' giorni nostri , ma un quadro generale delle
cause e degli effetti di quelle trasformazioni che costituiscono la ca-
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392 RECENSIONI ~ O. PIPITONE- FEDERICO
rattensiic& della seconda metà del secolo. In esso lo scrittore, dopo
aver preso la Francia come punto di partenza, considera grado grado
le condizioni de* yar! Stati d*Europa con lodevole temperanza e sere-
nità di criteri, a volte però turbate da un certo rigore geometrico di
metodo che toglie alcun che alla larghezza del giudizio.
Comincia il libro del Lubomirscki con un sennato preambolo. La
grande idea rivoluzionaria, propagata dalla Francia in sulla fine del
secolo scorso, non essendo riuscita ad abbattere affatto Tedificio politico
e sociale, giovossi delle forze accumulate in trent*anni di pace per im-
primere alla vecchia carcassa europea nel bel mezzo del secolo una
nuova scossa più forte della prima. Vero è che presso il *50 gli spiriti
non erano esaltati come presso 1*89; ma i principi rivoluzionali spe-
rano rapidamente propagati: i*albero rivoluzionario, malgrado le ap-
parenze, aveva messo più forti radici. Ma se la Francia, la Germania,
ritalia, la Spagna erano tuttavia dopo sessant*anni agitate nella loro
compagine dagli effetti della Grande Rivoluzione, non è a credere che
tali effetti si producessero dovunque a un modo, poiché dov'erano
monarchie assolute si pensò a temperarle con ordinamenti costituzio-
nali, dov*erano più liberi e più larghi ordinamenti, fu chiesto se con-
venisse scegliersi un padrone per porre un freno alle intemperanze de*
partiti, tanto è vero che il progresso si manifesta per gradi, e non
possono tutte le formolo adattarsi nello stesso tempo a tutti gli Stati.
Il mondo moderno è figlio delFOttantanove , e senza la grande Rivo-
luzione non si comprenderebbero né i moti de* popoli che tendono a
organizzarsi in base al principio di nazionalità, né Fattuale movimento
socialista, che dall* umile tugurio si propaga e s* innalza al gabinetto
del Ministro e alla reggia del Principe. Invano la Santa Alleanza avca
tentato di abbattere per via di protocolli 1* edificio che non il genio
d*un Uomo aveva innalzato, ma TUmanità stessa, rotte le secolari ca-
tene; r Umanità, che il ruggito levato nell'America insorta contro
l'oppressione inglese, facea ripercotore nella vecchia Europa, e con
mirabile intuizione voleva che il cavalleresco marchese di La Fayetle
combattesse accanto a Giorgio Washington. Retrocedere non si poteva;
e se potè parere che Topera della Santa Alleanza durasse inalterata,
almeno per la sostanza della carta d*Buropa, fino al 1848, di fatto i
popoli qua e là protestavano contro quella violenza, che nella sua ce-
cità indiceva guerra mortale al pensiero pur dianzi risorto. Di qui le
congiure e le sètte; e, fra i saturnali deiroscurantismo, le sommosse
represse con le forche, i patiboli e gli eccidi, dal 1820 al 1848. La
Francia, l'Inghilterra, l'Austria, la Russia, la Prussia avevano combi-
nata a lor modo la carta d*Europa ; tutte le altre potenze, tutti gli
altri statereUi minuscoli d'Italia e Germania costretti a tacere: l'Italia
soprattutto n'era uscita malconcia. Naturalmente l'Europa non poteva
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LUBOMIRSCKI — HlSTOIRE CONTfiMPORAINB 293
aver pace: c'era in apparenza ]*equilibrìo, ma in realtà uno stato di
incertezza inquietante ; e poiché i principi stavano su' carboni ardenti,
il militarismo divenne un'istituzione necessaria.
Al 1848, ridestato il vulcano, ne Airono fatali le conseguenze, che
fino il vecchio impero conservatore d'Austria — sorte le barricate in
Vienna, e divenuta minacciosa l'Ungheria — piegò con gli altri stati
grandi e piccoli d'Europa agli ordinamenti costituzionali. Onde al '50
di governi assoluti in Europa due soli ne restavano: nella Russia
l'uno, nelle Due Sicilie l'altro , segno che i tempi erano maturi. La
Francia con la rivoluzione di Febbraio, espulsi gli Orleans, avea rin-
novata la repubblica, molto diversa in verità dalla prima, anche per*
che le mancavano capi di qualche tempra. Alfonso de F^martine non
era infatti un Desmoulins o un Danton, né il Gavaignac era un Napo-
leone Bona parte ; che meraviglia dunque se la repubblica poco visse
e mal visse, impigliata nella lotta fra gli umori socialisti o utopisti,
e gli umori clerico-conservatori, favoriti dalla borghesia grassa e pa*
clona?
Certo rordine regnava in Varsavia, però agevol cosa era com-
prendere che l'ordine ristabilito col terrore in Europa, non sarebbe
durato a lungo. La questione della nazionalità imponevasi al 1850 più
che mai. La patria era l'aspirazione costante degli uomini d'allora ; per
essa soffrìrono, piansero, afiOrontarono impavidi la morte su' campi di
battaglia o sulle forche sinistre. Che se la Grecia avea riacquistata
l'indipendenza, se il popolo ellenico era risorto a dignità civile, infran-
gendo le catene del Mussulmano, ben era legittimo che l'Italia nostra
risorgesse pure ; ben era giusto che si compisse nella penisola italiana
il voto di tanti secoli, placandosi l'ombra di Niccolò Machiavelli. Rico-
minciò quindi attivissimo il lavoro delle associazioni e delle sètte; la
propaganda di Giuseppe Mazzini si fece instancabile; dall'esilio, dalle
carceri, i patrioti cospiravano: prepara vasi il paese alla lotta. Italia
dovea essere, e fu, perché lo volea il Fato storico; perché il periodo
del principio di nazionalità dovea preludere al periodo del socialismo
0 della fratellanza universale, smesse le vecchie ma geniali utopie di
Platone, del Moro, del Campanella; ole nuove delFourier, del Saint-
Simon. Cosi é : oggi il concetto e la parola di patria, che costituiscono
ad ogni modo un i»*ogresso notevole rispetto all' antico concetto del
Comune, vengono reputati troppo angusti per le nuove esigenze della
società; ed una scuola autorevole ammette che l'amor di patria non
altrim^Aii debba riguardarsi che come un simbolo, che, successiva-
mente allargandosi, condurrà in avvenire alla fratellanza universale
de' popoli. Muoiono gl'individui, ma resta l'Umanità; per essa, ab-
battute le barriere fra popolo e popolo, e cassate perciò le guerre
fratricide, sarà inaugurata ungerà di felicità nel mondo. Non l'età del-
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294 RECENSIONI — O. PIPITONE- FEDERICO
Toro vagheggiata dagli utopisti, che credono di potere impunemente
Car violenza alla natura umana, senza tener conto de* bisogni de' sen-
timenti naturali delPuomo; ma quel relativo benessere che i progressi
delle scienze economiche e sociali e del sentimento altruistico pro-
mettono a* disagiati. Questo mirabile Catto avverrà fatalmente — frutto
di un'evoluzione logica di cui l'opera deiruomo non potrebbe rallentare
o affrettare il corso, se non provocando delle rivoluzioni talvolta
dannose, spesso non inutili, anzi giovevoli, come quella del 1848, per
cui riaffermossi il princìpio patriottico e nazionale onde le moderne
idee umanitarie riconoscono Torigine. Nelle varie modificazioni della
carta d'Europa, compiutesi dalla caduta deirimpero d^Occidente a tutto
il periodo feudale, non s'era tenuto conto del principio di nazionalità.
Predominando la forza, l'invasione era il diritto naturale — diritto di
conquista, che riconosceva la sua legittimità unicamente dalla spada:
di qui la moltitudine di staterelli, costituiti di popolazioni diverse, di
oppostissime razze.
Gol diradarsi però delle tenebre del pensiero, a' primi palpiti del-
l'umana coscienza, ridestantesi in sugli albori dell'età moderna, co-
minciò a farsi strada il principio dì nazionalità; e dall'assicurazione
della libertà individuale, compromessa dall'assoluto individualismo del
feudalesimo e della cavalleria, si procedette alla conquista della libertà
nazionale. Non può negarsi per fermo che il trionfo definitivo di questo
principio sia una delle glorie più pure del nostro secolo, anche pei
benefici derivatine all'idea della giustizia e della fratellanza univer-
sale. Ormai però il principio di nazionalità non basta più a' bisogni
de' popoli, e da circa mezzo secolo un vago malessere travaglia l'Eu-
ropa civile. lie classi lavoratrici e non abbienti, acquistata la coscienza
de* loro diritti, ne reclamano la soddisfazione; si organizzano per ot-
tenerla, e fanno giungere la voce ora calma e persuaditrice, or mi-
nacciosa, nelle sale de' ministri e nelle dorate aule de' principi. Il pro-
blema che spetta dì risolvere alle nuove generazioni è posto con molta
chiarezza dall'Autore. Egli afferma trattarsi a' nostri giorni di rag-
giungere l'attuazione simultanea de' principi della libertà individuale
e delia nazionalità. L'opera del Lubomirscki che tende ad illustrare
questa idea, non è un mero elenco di date, ma un vasto quadro dalle
linee sicure, in cui l'esposizione de' fatti ci sta solo per quel tanto che
importa allo scopo dello scrittore. Il quale del resto, con opportuno
pensiero, non si è limitato a tracciar le linee del grande quadro, con-
siderando l'Europa soltanto, ma i suoi studi ha creduto di estendere
allo svolgimento de' nuovi concetti politico-sociali nell'America e in
quegli Stati dell'Asia, dell'Africa, fino dell'Australia, ov'è più diretta
l'infiuenza europea.
Cresce pregio al bellissimo lavoro un'introduzione, in cui rapida-
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I LUBOMIRSCKI — HISTOIRE CONTBMPORAINB 295
mente ed efficacemente tratteggia Yk. le condizioni de* popoli civili
verso il 1850, lavoro che paò considerarsi come il germe dello stadio
più ampio ch*egli dedica appresso alla vasta materia. Questa introdu-
zione, condotta sobriamente, basta a dare una idea molto chiara e
precisa dello stato del mondo civile il domani di quelle gravi commo-
zioni che scossero l'Europa nostra al 1848; c*è forza di sintesi e acume
d'ingegno, e c'è soprattutto una serenità grande, che di rado vien tur-
bata da qualche pregiudizio. Né mi par trascurabile la diligenza onde
Tillustre scrittore considera il processo dello spirito d'esplorazione in
Asia, in Africa, in America, fatto questo di non poco interesse per la
storia della civiltà moderna. Dall'esame, rapido ma sicuro, della con-
dizione de' principali Stati europei ricava l'A. che dalle due idee com-
binate della libertà individuale e della nazionalità derivano presso
tutti i popoli quei complicati problemi , la cui soluzione ha preoccu-
pato e preoccupa le menti del secolo che muore : la questione d'O-
riente, Ara la Russia, la Turchia, l'Austria e la Francia ; la questione
dell'unità germanica, fra l'Austria, la Russia e la C!onfederazione Ger-
manica ; la questione italiana fra la Sardegna, il Papa, gli Stati e Sta-
terelli d'Italia, l'Austria e la Francia; la questione danese, e l'altra
della rivalità fra gli Stati d'Europa per l'influenza coloniale, che inti-
mamente si collega alle questioni politiche interne della Francia, del-
l'Austria, della Prussia e dell'Inghilterra, e alla grande quistione reli-
giosa-sociale, comune a tutte le nazioni.
Con questi criteri conduce il Principe il suo lavoro, del quale ci
limitiamo ad esaminare per adesso il solo primo volume, riserbandoci
ad altro articolo il giudizio sul resto dell'opera, ch'è delle più prege-
voli pubblicatesi negli ultimi anni. Gli avvenimenti del triennio 1851-53
sono esposti con amore ed accuratezza : qua e là, dove l'argomento il
consente, TA., smesso quel suo fare sintetico, che ne rende caratte-
ristico il metodo, si estende volentieri alla narrazione di certi episodi
capitali della Storia contemporanea , ed il racconto riesce vivo , colo-
rito, drammatico a intervalli, evidente sempre. Fra i capitoli meglio
scritti e più ricchi di preziosi particolari c'è , a parer mio, quello in
cui l'A. espone i preliminari del Colpo di Stato di Napoleone III, che
lo scrittore giudica non soltanto legittimo, ma utile e savio, perchè il
secondo impero, a parer suo, salvò la Francia dall'anarchia. Le gare
de' partiti in Francia, quando Luigi Bonaparte giunse alla presidenza
della repubblica, erano quasi continue, pericolose per la tranquillità
del paese, che minacciava di essere travolto dai vortici della tempesta
popolare. Nulla di stabile all'Interno, insignificante all'estero l'autorità
politica, onde la Francia quasi più non contava nel cenacolo delle
grandi potenze, abituatesi a far senza di lei.
I principali uomini politici prevedevano ornai il Colpo di Stato, e la
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296 RECENSIONI — O. PIPITONE- FEDERICO
convinzione che il terzo Bonaparte avrebbe posto un termine a quella
incertezza, rassicurando la diplomazia, cominciava a rialzare il pre-
stigio della Francia di fronte alle potenze. Del resto TAssemblea erasi
ben meritata la propria sorte, segnando con la celebre votazione del
17 novembre il suicidio suo. Con una Camera che segna spensierata
la sua condanna capitale, si può tentar tutto, specialmente quando si
ha Taudacia bonapartesca.
E Napoleone Bonaparte non si lasciò sfuggire queir occasione pix)-
pizia al compimento di un disegno da tanto vaghe^iato nella prigioDia
di Ham, nel soggiorno di Londra , nella dimora in Parigi durante la
presidenza, che dovea essere, e fu, per lui il primo passo alia restau-
razione imperiale. Di qui il Colpo di Stato « Réunir, coordonner, con-
centrer entro ses mains les forces dispersées de T administration ré-
gulière, pour replacer la puissance territoriale de la Franco sur ud
pied d*égalité avec celle des nations voisines, tei était le rdle d'un
mandataire intelligent. C*est Toduvre que Louis Napoléon exòcuta en
1851».
Per quest*opera, per Tuomo che la compi, non è avaro di simpatie
TA., pur facendo le sue riserve pel secondo periodo del dominio na-
poleonico. C*è nel suo libro un ritratto del terzo Bonaparte, che mi
par felicissimo, e volentieri riprodurrei se i limiti dello spazio mei
consentissero. Secondo il principe Lubomirscki Luigi Napoleone al
1851, impadronendosi violentemente del potere, ubbidì ad un impulso
incensurabile, e, comunque si sia svolto in seguito il periodo impe-
riale, gli sembra indiscutibile che il trionfo dei Bonaparte inaugu-
rasse in Francia un* èra di gloria e di prosperità.
Parlando delle condizioni degli Stati Pontifici TA. ha parole troppo
amare pel partito mazziniano, e soprattutto per Giuseppe Mazzini, la
cui alta idealità gli sfugge. Il principe Lubomirscki è ingiusto col
grande agitatore italiano — quel Gigante, che in mezzo a un popolo
di dormenti, con fatidica voce pronunziò la suprema parola d'Italia e
Tunità d'Italia volle fra la repugnanza o T indifferenza di principi e
di sudditi, fra gli orrori de* patiboli e le calunnie delle sètte. Non
mi par bello quindi che uno storico serio come il Lubomirscki rac^
colga le insinuazioni di codeste sètte per giudicare dell* opera, non
sempre pratica forse, ma inspirata sempre a fini generosi, di Giuseppe
Mazzini come ne giudicherebbe una beghina. Attribuire all'influenza
del grande Genovese gli assassini del 1851 negli Stati Pontifici, potrà
essere arma buona per uno storico clericale di terz*ordine, ma diventa
puerile afiermazione per uno storico spassionato ed autorevole; né si
comprende come, pensando di sua testa, il L. rabbia raccolta, molto
più ove si consideri che, pur essendo egli uomo di temperate idee, coi
bigotti non ha che farci, come si scorge dal ritratto caratteristico di
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LUBOMIRSCKI — HISTOIRE CONTEMPORAINE 297
Pio IX tratteggiato con IVmmor di Voltaire. Certo le notizie e il giu-
dizio del Principe Lubomirscki sul vecchio Pontefice, che vide prote-
stando e scomunicando, assidersi la nuova Italia in Campidoglio, non
sono privi d'interesse ; ma parmi che ci sìa dell'esagerazione. L'egregio
scrittore polacco dipinge Pio IX come uno scettico, un mezzo volte-
riano, abile nella teatralità, ma in fondo tanto ingenuo , che senza la
cooperazione del Cardinale Antonelli, più d'una volta avrebbe visto
&llire la sua politica. Che ciò forse farà dispetto all'elemento ultra-
montano, io credo; solo mi sembra che l'A. abbia un pochino caricate
le tinte, e si sia in certo modo contradetto dipingendoci Pio IX come
uno scettico saturo dello spirito di Voltaire ed aflFermando nello stesso
tempo ch'egli era un ingenuo. Ingenuo e volteriano sono due agget-
tivi che la fanno a pugni; questo ad ogni modo parmi evidente, che
dalla preoccupazione del Lubomirscki di tratteggiarci un tipo sui gè-
net'is n'è venuto un ritratto, che potrebbe parere non in tutto con-
forme alla realtà. Può affermarsi nondimeno che il Lubomirscki, pur
esagerando, si sia messo sulla buona via per la ricostruzione storica
d'una figura singolare, rimasta fra le più considerevoli del secolo
che muore, quantunque avesse avuto il torto di non comprendere i
suoi tempi e di farsene sorpassare. Ben altro ambiente, ben altra
tempra di Sommo Pastore e di sovrano richiedevasi a suscitare,
fosse anche per poco, lo scheletro della Teocrazia , non più destatasi
dall'onte di Anagni. La rivoluzione del 1848 — che Pio IX da prima
aveva coi voti e cogl' incoraggiamenti affrettata, benedetta poi e con
improvviso mutemento maledetta scomunicandone i capi — era pas-
sata sull'Europa come un turbine, i cui effetti non si dileguano
presto. Gli avvenimenti del 1848, ond'era sconvolta mezza Europa,
avevano prodotto durevoli mutamenti, e, dopo il primo necessario
scompiglio, non privi di gravità. Dalla crisi rivoluzionaria sorse e si
affermò un più largo e sicuro concetto della libertà; costringendo i
principi, che vedeano scosso il proprio potere e discussa la propria
autorità, a cedere parecchie delle loro prerogative tradizionali, che
sembrava savio rinunziare spontaneamente qualche cosa a non per-
dere tutto. Convinti, osserva l'A., che la nobiltà sola non poteva di-
fenderne la corona, e che la superstizione era insufficiente ad assi-
curare il rispetto della loro autorità, riconobbero che gì' interessi della
monarchia non potevano più, come una volte, esser legati indissolu-
bilmente a quelli del clero e dell'aristocrazia, d'onde più moderazione,
0, non foss'altro, minore arroganza nell'esercizio del potere. Pur dichia-
randosi principe assoluto, l'imperatore d'Austria prendeva l'iniziativa
di una costituzione, il re di Prussia rinunziava in parte alle sue illu-
sioni feudali, il Presidente della Repubblica Francese, dopo il Colpo di
Steto, intendeva stebilire le basi d'un impero costituzionale, almeno
Rivista storica Italiana, XI. 20
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298 RECENSIONI — O. PIPITONE-FBDBRIOO
in apparenza. Le nazioni moderne cominciarono a preoccuparsi de'
loro destini. Né v*ha più oggi chi possa reggersi senza tener conto della
opinione pubblica. Se la rivoluzione avea demolito senza edificare,
buona a far la critica delle istituzioni ; se non avea saputo, o potuto,
attuare un sistema politico nuovo, un bene positivo avea ad ogni modo
prodotto: quello di convincere gli uomini di governo, principi o mini-
stri, deirimprescindibile bisogno di applicare al più presto parecchie
delle nuove idee. Ad evitare convulsioni violente era pur necessario di
modificare, in parte almeno , le teorie di governo , che a' rinnovati
tempi nuovi principi politici ed amministrativi si convenivano. I par-
titi rivoluzionari avevano, ed hanno, in sé stessi un germe di males-
sere e di debolezza, cioè rignoranza ; ma sarebbe colpevole cecità delle
classi dirigenti, se, noncuranti de* sintomi sociali che per la legge di
evoluzione si vengono manifestando in seno deirUmanità , li trascu-
rassero, 0 peggio, li tenessero in dispregio.
Del resto i rivoluzionari teorici hanno percorso, e continuano a pe^
correre, il loro cammino, ed anche le prove mancate sono servite di
ammaestramento a' popoli, affrettando il trionfo delia giustizia assoluta.
Ma due cause di molto rilievo si sono opposte a questo trionfo imme-
diato: il difetto delle limita/ioni territoriali e 1* inferiorità delle mag-
gioranze rispetto alle classi dirigenti.
Di qui le guerre combattute nella seconda metà del secolo pel prin-
cipio di nazionalità e lo sviluppo maggiore dell* industria e del com-
mercio, che arricchirono le classi medie in pregiudizio delle classi
privilegiate e delle alte cariche dello Stato (diplomazia, armata, mar
gistratura, amministrazione) mirando al frazionamento della proprietà
e del capitale. Ora le classi medie e le plebi si trovano di fronte, e
tremendo ne sarà Turto. I desideri scomposti, le vaghe aspirazioni
de* proletari produrranno infatti prima o poi qualche terribile scossa,
se i governi non vorranno prevenire gli eventi con opportune leggi:
già un malessere generale invade gli animi; d*ogni parte veggonsi i
segni forieri d*una convulsione che scuoterà dalle basi il vecchio
mondo. Di tali sintomi T illustre scrittore tiene gran conto: egli con
singolare serenità di giudizio esamina le condizioni del secolo nostro,
e ci dà pel primo V esempio di quella che potremmo chiamare la
Storia sociale de* tempi moderni.
Poiché il Lubomirscki sugli avvenimenti ci si ferma quel tanto che
occorra a trarne riflessioni d* indole generale: d'onde 1* interesse su-
premo dell* opera sua. Cosi, dopo avere esposti i fatti del 1852 non
senza una speciale simpatia pei metodi governativi di Napoleone in,
TA. tratteggia un quadro generale delle condizioni dell* Europa sullo
scorcio di quell'anno.
Il 1852 si chiuse senza convulsioni : la rivoluzione sembrava vinta,
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LUBOMIRSCKI — HISTOIRE CONTBMPORAINE 299
e ridea repubblicana era stata sopraffatta dappertutto dairidea mo-
narcbica. Sopraffatta però, non distrutta : lo compresero tre insigni uo-
mini di Stato: Napoleone III, Camillo Benso conte di Cavour, lord Pal-
merston; compresero essi che un avvenimento altrettanto probabile
quanto imprevisto avrebbe prodotto più presto di qualsiasi violenta con-
vulsione il trionfo della libertà e della giustizia. Onde, se Napoleone
erasi servito del principio di nazionalità per atteggiarsi a socialista —
un socialista cesareo, con astratte tendenze umanitarie — il Conte di
Cavour se ne servi per conseguire Tunità dltalia. Entrambi faceano del
resto opera di rivoluzionari, e davano il primo passo sulla via di quelle
più larghe riforme che ormai dovunque, sebbene con metodi affatto
opposti, a gran voce s*invocano. Contemporaneamente dappertutto in
Europa, in Asia, in Africa, in America, il principio della libertà in-
dividuale trionfava, fatto nuovo e importantissimo in regioni che co-
desto principio avevano ignorato per ben quaranta secoli. Trionfava
per quella corrente irresistibile che avvicina i popoli d'Europa a' po-
poli deirAsia e dell'Africa, facendo prevalere fra essi il sentimento
delFumana dignità, e fa prevedere non lontano il trionfo completo
della libertà e dell'equità in terra. A conseguire però il realizzamento
di quest'ideale vuoisi, secondo nota il principe Lubomirscki, ordine e
prudenza, non violenza, come nelle repubblichette dell'America meri-
dionale, la cui storia del 1850 in poi è un tessuto di drammatiche
vicende e di nefandezze producenti il dispotismo e l'anarchia, l'assenza
di sicurezza all'interno, l'impotenza all'estero.
Ma il problema del socialismo contemporaneo torna a preoccupare
l'animo dello scrittore. Dopo circa un secolo che fantasticano la fon-
dazione d'una società nuova, i sognatori dell'assoluta uguaglianza, egli
afferma, dovrebbero accorgersi della vanità de' loro sforzi. Non è coi
moti scomposti e coi lavacri di sangue che le dottrine umanitarie po-
tranno attuarsi. Facil cosa promettere alle classi men favorito dalla
sorte l'età dell'oro, ma difficilissima tener le promesse. La Storia ci
dimostra che a' massacri segue sempre la reazione più feroce, non il
regno della giustizia, dell'uguaglianza, della fratellanza. In fondo solo
dallo studio della natura potranno ricavarsi quei vantaggi sociali che
la forza delle armi e la sommossa non han dato, né daranno mai. Dal
socialismo antico degli Esseni, de' Paterini, de' Valdesi, de' Fraticelli,
i popoli, chiarita l'illusione, si volsero a un socialismo razionalista,
né ci son più, come una volta, legioni di fanatici disposti a farsi mas-
sacrare per un'utopia. La ragione è sottentrata alla fede, e con questo
il problema sociale, pigliando nuova forma, s'è imposto a tutto il
mondo, interessando ogni classe di persone. Dal tugurio del pezzente,
e dall'opificio del proletario al dorato palazzo del Principe; e dalla
tribuna del Parlamento alla reggia del Sovrano, il grido di dolore di
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300 RECENSIONI — G. PIPITONE- FEDERICO
quelli che soffrono s*è propagato rapidamente, trovando nel suo cam-
mino un*eco di pietà e di simpatia. Tramontato il periodo del principio
di nazionalità, è sorto adesso il periodo umanitario onde i più nobili
spiriti si preoccupano del problema della pubblica miseria. Il movi-
mento, delineatosi vagamente presso al '50, è giunto ormai al grado
d'intensità maggiore, e dobbiamo augurarci che albeggi presto il
giorno della giustizia.
Nella esposizione, assai più breve, dei casi del 1853, il principe di
Lubomirscki s*intrattiene a lungo del matrimonio di Napoleone III con
la bellissima Eugenia Montijo. Questo matrimonio d'amore, a parer
suo, non giovò certamente al Bonaparte dal punto di vista politico, fu
anzi per tal riguardo un gravissimo errore , da cui derivarono non
pochi germi di debolezza pel secondo Impero. Senza dubbio il matri-
monio di Napoleone III fU politicamente un grande sbaglio, poiché
rinunziando a sposare una principessa del sangue, Timperatore chiude-
vasi l'adito al cenacolo de* sovrani stranieri. C'è nel mondo dinastico
una frammassoneria speciale, che si regge su di un formalismo rigo-
rosissimo : guai a chi vien meno alle leggi di codesta framassoneria.
I Sovrani non consentono, non possono consentire ad ammettere al
sacro recinto una donna bellissima e seducentissima , ricca di cultura
e di spirito, se non appartenga a famiglia di sangue reale. Sarà questo,
anzi è, un enorme pregiudizio, ma Napoleone III ne sperimentò le
gravi conseguenze a sue spese; e quando nel 1867, inaugurandosi
l'Esposizione Universale, i principi d'Europa convennero in Parigi, le
principesse se ne astennero, quasi sdegnose di una Córte borghese, che
innalzando al seggio imperiale la contessa di Téba^ Tavea rotta bru-
scamente con tutte le tradizioni monarchiche.
Insomma la passione avea fatto commettere al terzo Bonaparte uno
di quegli errori, le cui conseguenze non sempre possono prevedersi, ma
possono riuscire, come riuscirono a lui fatali. E Napoleone portò fino
airultimo il peso di un matrimonio sconsigliato ; ne portò il peso e le
umiliazioni , come se la bellezza affascinante della principessa spa-
gnuola dovesse gravare sulla vita di Colui che la ragion di Stato avea
posposta alle ragioni del cuore. E dall'Uomo del Due Dicembre parve
che il fato avverso si estendesse a tutta la Francia. Triste fato, che
finì col distruggere anche il cuore della bellissima donna, il cui tra-
monto è pauroso come la catastrofe d*una tragedia greca.
Del resto questa seconda parte del volume è quasi tutta dedicata
ai preludi della Guerra d'Oriente, i cui motivi TA. esamina con mi-
rabile accuratezza. É uno studio completo e coscienzioso, in cui si
scorge la speciale cognizione che TA. ha de' più minuti particolari
della Storia contemporanea, che pur volendosi oggi trattare con me-
todo sintetico, è un campo cosi vasto e intricato da richiedersi valide
forze ad esplorarlo.
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PAPADOPOLI — LE MONETE DI VENEZIA DESCRITTE ED ILLUSTRATE 301
A me sembra pertanto che il Principe di Lubomirscki proseguendo
r opera cosi bene cominciata, &rà cosa di non lieve vantaggio agli
studiosi. Certo pochi uomini possiedono come il principe polacco le
qualità che in uno storico imparziale debbono sopratutto risplendere;
nessuno meglio di lui può guardare con occhio sicuro dentro allo
svolgersi degli avvenimenti che caratterizzano questa torbida fine di
secolo. In lui la nettezza della visione e la sobria precisione del giu-
dizio; in lui quella temperanza di concetti e di forma, che dovrebbe
essere dote precipua dello storico moderno.
D' Giuseppe Pipitone-Federico.
NICOLÒ PAPADOPOLI, Le monete di Venezia descritte ed iUtcstrate.
Venezia, Ferdinando Ongania, 1893.
ARSENIO CRESPELLANI, Medaglie estensi ed aicstro-estensi edite ed
illustrate, Modena, Soc. tip. modenese, 1893.
Sono due pubblicazioni, che onorano la numismatica, Tincisione e
la tipografia italiana. Il discorrerne con vera competenza spetta pro-
priamente alle Riviste di numismatica, ma chi consideri, quanta luce
le monete e le medaglie arrechino agli studi storici, saprà apprezzare
il breve cenno, che qui ne vien fatto.
n conte Nicolò Papadopoli aveva in speciali monografie già fatto
conoscere la sua valentia numismatica e il grande amore da lui posto
nello studio delle monete venete; ma ora ha intrapreso una pubbli-
cazione davvero monumentale, a giudicare dal 1** volume in-4° testé
comparso, di pagg. x-426 con XVI tavole, al quale dovranno tener
dietro altri due volumi.
Prima d'ogni cosa Tillustre A. ha trattato la grave questione delle
origini della zecca veneta e dei rapporti di Venezia cogli imperi di
Oriente e d'Occidente, cosi conchiudendo le sue indagini : « Mentre
Venezia era ne' suoi primordi debole e piccina, e le sue aspirazioni
modeste, noi non troviamo moneta veneziana. Dopo la morte di Carlo
Magno vengono i tempi più oscuri, e non ostante le parole dei cro-
nisti, non si riesce a comprendere con esattezza i rapporti fra Venezia
e gli imperatori. Solo le monete ci avvertono, che Ludovico e Lotario
avevano pretensioni di sovranità anche sulla laguna. Dopo vengono le
monete coniate a Venezia coi nomi degli imperatori germanici; final-
mente all'epoca in cui in Italia si costituiscono i Comuni, Venezia si
astiene dal porre i nomi degl'imperatori sulle monete, e dopo essersi
unita alla lega lombarda adotta un sistema conforme alla sua com*
pietà indipendenza » (pagg. 39-40).
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302 RECENSIONI — G. RINAUDO
Dopo la descrizione succinta delle monete imperiali da Ludovico I
il Pio ad Enrico IV, TÀ. intraprende la descrizione analitica delle
monete veneziane da Vitale Michiel II sino a Cristoforo Moro (1156-
1471) ripartendola in tanti capitoli quanti sono i dogi. Ogni capitolo
comincia con brevi cenni sui fatti storici, e tratta poi con maggiori
particolarità quanto riguarda la parte numismatica ed economica, no-
tando le monete coniate e citando i documenti che ordinano o che
regolano la fabbricazione delle monete. Ciascun capitolo è seguito da
un elenco particolareggiato delle monete coniate da quel doge, poste
in ordine secondo il metallo ed il valore ; ogni moneta, oltre la deno-
minazione ed il valore, reca Tindìcazione del metallo, del titolo e del
peso. L'A. cita in fine d'ogni capitolo le collezioni, dove si trovano gli
esemplari più sicuri delle monete più rare, i nomi degli autori e il
titolo delle opere che parlano o danno disegni dello monete prese in
esame.
A questo diligente lavoro analitico fanno séguito 35 documenti, i
quali conferiscono a chiarire e provare molte delle sue asserzioni. In
tre appendici si ragiona : ì^ del valore delle monete veneziane tra il
1200 e il 1472, 2" dellamministrazione della zecca e dei magistrati
{massari della moneta), che vegliavano al suo andamento, 3® della
rarità e del prezzo attuale delle monete veneziane sino al 1471. Un
indice alfabetico molto minuto serve da glossario e ad un tempo di
guida per le ricerche. Il volume è arricchito in fine dalle tavole (e
sono 16), che riproducono i bellissimi disegni di Carlo Kunz, tranne
per poche monete e sigilli disegnati da Vincenzo Scarpa.
Ci rallegriamo sinceramente con l'illustre raccoglitore, editore ed
illustratore delle monete veneziane, augurando, che conduca a felice
compimento la sua nobile intrapresa.
* *
Il cav. Arsenio Crespellani già aveva illustrata la zecca di Modena
in una sua pubblicazione del 1884, e in altra del 1887 i conii e pun-
zoni che ad essa servirono. Nel nuovo volume per ogni riguardo ele-
gante (di pagg. 180) ci offre una dotta ed erudita illustrazione delle
medaglie di Estensi e Austro-Estensi, che soggiornarono in Modena dal
1598 al 1859.
Il lavoro è ripartito in tanti capitoli quanti furono i principi, dei
quali l'egregio A. ha rintracciate le medaglie commemorative. Degli
Estensi: Cesare ed Alfonso III, Francesco I, Alfonso IV, Laura du-
chessa reggente, Francesco II, il principe Cesare Ignazio, Rinaldo,
Francesco III, Ercole III, Maria Teresa Cybo moglie di Ercole III.
Degli Austro-Estensi: Maria Beatrice d'Este e Ferdinando arciduca
d'Austria, Francesco IV, Maria Beatrice Vittoria di Savoia moglie di
Francesco IV, i principi Ferdinando, Carlo e Vittorio, Francesco V.
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A. CRESPELLANI — MEDAGLIE ESTENSI ED AUSTRO-ESTENSI 303
Di ciascuno di essi sono narrati specialmente gli avvenimenti, che
fornirono occasione a coniare le medaglie, e che concorrono a spie-
game la scritta. Matrimoni, restaurazioni politiche, fondazioni di ac^
cademie e di altri istituti artistici o scientifici, festeggiamenti popolari
sono ranmiemorati da quelle medaglie, divenute preziose come fonti
storiche locali e come lavoro artistico.
L'erudito À. ha corredata la sua pubblicazione di quaranta docu-
menti, raccolti in parecchi archivi^ dei quali molti inediti, tutti oppor-
tuni allo scopo, taluni anche indipendentemente da questo interessan-
tissimi per la storia. Tali ad es. TVIII, chirografo ducale 18 settembre
1790, che eleva al grado di Accademia Atestina la scuola di belle arti
in Modena, il X e TXI relativi all'istituzione deirAccademia di Carrara.
Pregio singolare dell'opera è la riproduzione al vero in zincotipografla
delle medaglie prese da gessi e da litografie in modo da fornirne la
serie completa. Un indice alfabetico chiaro e copioso corona il volume.
Il Grespellani accingendosi all'ardua impresa non ha soltanto fatto
cosa gradita ai ricercatori di ricordi patrii, ma ha veramente tratto
dall'oblio un importante materiale storico ed artistico proficuo più di-
rettamente alla storia modenese, ma non meno utile alla storia gene-
rale d'Italia. G. Rinaudo.
SicUia. Torino, Vincenzo Bona, 1894.
Anche a me, non approfondito nelle cose siciliane, viene la tenta-
zione di ragionarne e per devozione alla patria e per affetto alla
grande isola; ma la Rivista storica non concede spazio alle mie elu-
cubrazioni^ ricordando Tindole del suo programma, anzi mi fa divieto
di prendere ad esame le numerose pubblicazioni, di recente comparse
sulle condizioni e sugli avvenimenti di Sicilia. Perciò non posso sof-
fermarmi, come vorrei, sulla SicUia dell'on. Napoleone Colaianni, sulle
Condizioni presenti della Sicilia dell'on. A. Di San Giuliano, sulla
Memoria del Carini relativa alla Sicilia comparsa nella « Rivista inter-
nazionale di scienze sociali », e su altre parecchie di vivo interesse
per il tempo presente. Meritano però di essere additate ai cultori degli
studi storici, perchè, sebbene scritte con intenti polemici di sociologia
e di politica, contribuiscono a rappresentare la presente situazione sto-
rica della maggior isola italiana secondo le varie opinioni.
Mi venne però tra mani un libro senza nome d'autore e senza in-
dicazioni da poterlo riconoscere col nudo titolo Sicilia, che pur mi-
rando al presente non dimentica il passato, anzi fa della storia sicula
il piedestallo alla trattazione delle questioni or vive e palpitanti. Dalla
prefazione si arguisce, che l'A. non è siciliano, ma dell'alta Italia, che
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304 RECENSIONI — C. RINAUDO
andò neirisola una prima volta or sono molti anni e vi stette sei soli
mesi senza spingere la sua conoscenza oltre Corleone, e che ritoma-
tovi in più matura età e con assai maggior agio di tempo e di occa-
sione per osservare e studiare acquistò tale conoscenza di tutta risola
e delle sue vicende storiche e del suo presente stato, quale ei crede
che pochi degli Italiani d*oltre Faro e non molti dei Siciliani stessi
ne abbiano. Questa dichiarazione potrebbe far pensare a grande pre-
sunzione nelFA.» ma veramente il libro non la rivela, né quando narra,
né quando discute o fa proposte. Probabilmente però l'egregio A. non
ha conoscenza molto larga della letteratura siciliana, perchè altrimenti
non avrebbe ricordato solo lo Schneegans, il Bazin e il Chiesi tra i
moderni scrittori, né avrebbe creduto proprio necessario alle persone
colte il suo riassunto storico.
Il volume può dividersi in due parti: la prima riassume la storia
deirisola (in pp. 240); la seconda descrive la Sicilia d*oggi (in pp. 134).
Novità nel racconto non ce ne sono ; direi anzi che non si é pur
tenuto conto dei nuovi risultamenti della critica storica specialmente
sul periodo greco e sopra i monumenti relativi, sulle istituzioni poli-
tiche medioevali e sulle condizioni religiose dell'isola nei vari mo-
menti della sua vita secolare. Un cultore della storia sicula potrebbe
quindi passar oltre; ma il gran pubblico delle persone colte, che ex
professo non attendono agli studi storici, leggerà volentieri il libro
anonimo. L'A. senza pedanteria, con disinvoltura di forma e sicurezza
di concetto tratteggia brevemente il periodo preromano, romano, bi-
zantino e saraceno, slntrattiene più largamente sul tempo normanno,
svevo, angioino ed aragonese, e svolge con ampiezza discreta Tetà spa-
gnuola, savoiarda, austriaca e borbonica, dedicando un intiero capìtolo
alla Sicilia dopo il 1860.
Un terzo di secolo è trascorso dal 1860; come fu speso questo tempo?
L*A. risponde: « Chi conobbe la Sicilia prilla del 1860, rivedendola
oggi, non può negare che un cambiamento sensibile vi sia avvenuto,
specie nelle maggiori città, un progresso visibilissimo, nel senso della
civiltà moderna ». Gravi bisogni aveva la Sicilia; i più gravi e di più
difficile provvedimento erano di carattere economico e sociale: edu-
cazione popolare, distribuzione della ricchezza, coltivazione del suolo,
assetto della popolazione, sistemazione razionale delle industrie locali.
Come furono studiati tali bisogni? Come vi fu provvisto? La risposta
viene data dalla seconda parte del libro, in cui é descritta la Sicilia
d'oggi.
L'egregio A. ne considera i principali aspetti, che racchiudono le
gravi questioni presenti : il paese, la popolazione, l'agricoltura, Tin-
dustria e il commercio, il malandrinaggio, la mafia e l'omertà, l'agi-
tazione sociale, i fasci, la difesa dell'isola. Non dice cose nuove, quan-
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SICILIA 305
tunque possa talora parere all'A. d'averle scoperte ; ma c'è di nuovo
e di pregevole la serenità dell'osservatore, il buon senso che riduce
le esagerazioni al loro giusto valore» e l'apprezzamento imparziale
d'uomini e di cose. Il non essere siciliano contribuì certamente a pro-
curare tale stato di mente e di animo cosi propizio alla verità. Il
libro era scritto fin dall'ottobre del 1893, prima che scoppiassero i
moti; è quindi tanto più notevole la chiaroveggenza dell'A. che, non
soddisfatto dell'azione sociale compiuta dall'Italia nuova nell'isola, con-
cbiudeva fin d'allora proponendo gran parte di quei rimedi, che altri
suggerirono dopo i tumulti, e che disgraziatamente il tardigrado par-
lamentarismo non ha finora ancora preso in seria disamina.
C. RlNAUDO.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
L STOMA POUTICA
Stona romana. — È troppo nota e celebrata anche in Italia La
vita dei Greci e dei Romani di Guhl e Kòner per la eccellente tra-
duzione fattane da Carlo Giussani, perchè se ne debba ricordare il
contenuto. Tutti sanno, come i due valenti archeologi tedeschi abbiano
con ordine sistematico descritto il mondo classico nel culto, nei pub-
blici edifici, nella casa privata, nei sepolcri, nei luoghi destinati a riunioni,
esercìzi, divertimenti e spettacoli, nelle terme, nel mobili ed utensili,
nelle vesti, nella vita e nelle occupazioni della donna, neireducazioneed
istruzione dei giovani, nelle gare ginnastiche, nelle armi da guerra, nei
conviti, nelle rappresentazioni drammatiche, e nei funerali. Cosi pure
è noto, come ogni descrizione sia accompagnata dairimmagine dell'og-
getto, tolta da un monumento autentico. Entrambi i benemeriti autori
sono morti. L'editore Weidmann di Berlino, desiderando dare in luce
una nuova edizione di si pregevole lavoro ricorse all'erudizione, alla
dottrina e al gusto del D' Richard Engel mann, il quale ha rifatto a
nuovo l'opera di Guhl e Koner, pubblicandone la sesta edizione : Le^ben
der Griechen und Rómer. Essa comparve lo scorso anno in 18 fesci-
coli dell'estensione complessiva di 896 pagine. Lo spirito, il carattere,
l'indirizzo e l'ordine generale dell'opera è rimasto quale fu determi-
nato dai primi autori; ma la redazione è stata variata, la materia in
parecchi punti accresciuta, nuovi paragrafi furono affatto rinnovati o
aggiunti, delle ultime scoperte s'è fatto tesoro per maggiore schiari-
mento del complesso tema, e le -incisioni notevolmente aumentate.
Queste erano nella 2* edizione italiana 369 per la Grecia e 288 per
Roma, in tutto 657; nell'edizione dell'Engelmann sono 1061, tutte ac-
compagnate dalla precisa indicazione della fonte, onde sono attinte. É
una pubblicazione che onora autore ed editore (G. Rinaudo).
*
« «
Nella serie storica dei libri scolastici della Gasa William Collins,
Sons and Co. di Londra segnaliamo A history of Rome for junior
classes scritta dal Tf Leonhard Sghmitz. É un elegante volumetto di
172 pagine, egregiamente rilegato, illustrato da numerosi ritratti, tolti
da medaglie, monete o busti autentici, arricchito da una tabella crono-
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STORIA POLITICA 307
logica e da un indice onomastico e fornito di una carta dell'impero ro-
mano. La narrazione piana e semplice, Tordinamento logico della ma-
teria e Topportuna selezione dei fatti e delle istituzioni costituiscono
il merito intrinseco del libro. Si desidera un indice analitico o nel con-
lesto 0 in fine del libro, per agevolarne l'uso scolastico (G. R.).
*
La stazione principale intermediaria fra Augt^sta Rauracorum
(Basilea) e Argentoratum (Strasburgo) fu secondo la Mappa Peutin-
geriana e l'Itinerario Antoniniano il castello di Argentovaria, situato
al levante del fiume Argent (III.) ed al ponente del Reno, dove i Ro-
mani vinsero nel 376 gli Alemanni. Questo castello non può essere
identico cogli scoperti romani presso Oedenberg o Burkheim, perchè
essi si trovano alla riva destra del Reno, ad una distanza di 6 chilo-
metri dal Monte Brisiaco. È più probabile, che questo castello di Ar-
gentovaria sia identico col borgo di fforburg^ distante 2 chilometri
da Colmar. Il pastore ev. Herrenschneider, autore di una storia del
borgo di Weier e di diverse monografie concernenti le antichità Al-
saziane, ha scoperto a Horburg i ruderi di un castello romano, con
pretorio, tempio ed altre dipendenze, anche diversi scheletri che pro-
babilmente provengono da Alemanni o da Francesi. Egli pubblicava nel
principio dell'anno 1894 la descrizione esatta delle sue scoperte con
ischizzi degli oggetti principali trovati presso il Jibraio Barth a Colmar
sotto il titolo : Romercaslell u, Orafenschloss Horìmiz (245 pag. in-8%
L.5). Tegole della 21* legione si trovarono presso TOedenberg: ma esse
mancano ancora a Horburgo, nulladimeno le scoperte romane fatte a
Horburg hanno una grande importanza, perchè fra Basilea e Stras-
burgo non si trovarono frammenti più vasti o ruderi più precisi dei
tempi romani. L'A. mostra volentieri ai forestieri il suo museo, che
contiene una grande parte degli oggetti trovati, gli altri oggetti sono
stati traslati nel Museo civico di Colmar (F. Geigel).
*
* *
Storia medioevale. — Il nostro valente collaboratore, Carlo Merkel,
testé nominato professore di storia all'Università di Pavia, lesse in quel-
l'Ateneo la sua prolusione il iO scorso gennaio, ora edita da Carlo
Glausen, di cui furono tema Oli sticdi intomo alle cronache del medio
evo considerati nel loro svolgimento e nel presente loro stato. In un
linguaggio serrato, preciso e ricco di informazioni il Merkel rintraccia
ed espone tutte le fasi del movimento storico verso il medio evo dai
primi accenni dei secoli XIV e XV alle indagini di erudizione eccle-
siastica dei sec. XVI e XVII, dai grandi lavori dei Maurini alle rac-
colte prodigiose del Muratori, dalle collezioni intraprese dagli eruditi in
Germania, in Francia, in Inghilterra all'opera delle nostre Deputazioni
e società e dell'Istituto storico italiano (C. R.).
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308 NOTE BIBLIOGRAFICHE
*
Un prosteso dominio pontificio in Napoli è il titolo di un'importante
memoria del prof. Michelangelo Schifa (Napoli, Tip. della R. Uni-
versità, 1893). Lo S. comincia con istabilire che i molti possessi fon-
diari delia Chiesa romana nel ducato di Napoli a poco a poco più non
bastarono ad appagarla : molta ingerenza nelle cose pubbliche esercitò
Gregorio Magno, tantoché si fini per ritenere vi avess' egli avuto un
vero dominio, fondandosi sopra un passo di lettera di papa Onorio I
(625-638), nonché sulla falsa cronica di Ubaldo, impostura del secolo
scorso. Di quest'ultima testimonianza non è dunque a tenere conto al-
cuno; contro airaltra stanno 1 fatti accertati dell'azione esercitata in
Napoli dall'esarca Eleuterio (616-617) e dall' imperatore Costante II
(661), tra cui dunque sarebbe nato e morto misteriosamente il dominio
pontificio in quella città; sta inoltre il tenore d'un'altra lettera intera
dello stesso Onorio. Il passo ricordato e contestato da* fatti si trova nel
Liber censuum^ e non è fonte pura di ogni sospetto. Lo S. si propone
essenzialmente di avvertire della questione il sig. P. Fabre che attende
ad una splendida edizione di quel testo medievale e che già ne ha
pubblicato il primo fascicolo (cfr. Riv., VII, 52) (P. Gabotto).
Spiace dover giudicare con molta severità i Cenni storico-critici sul
marchesato di Ceva (Ì000'i400) del D' Diego Martini (Ceva, Ran-
dazzo, 1893). Di nuovo e di buono non vi ha che una rettifica della
genealogia dei marchesi di Ceva e di Glavesana ; tutto il resto è raci-
molatura. E v'ha di peggio. Il M., che non conosce il Codex Astensis (11),
cita continuamente gli archivi di Torino, di Savona, di San Maurizio
e Lazzaro: a farlo a posta, i documenti ch'egli cita di sugli archi?!
sono tutti a stampa nel San Quintino o nel Moriondo o nel Grassi
(Chiesa di Montefegale), il che fa quell'impressione che si lascia pen-
sare al discreto lettore. L'osservazione buona riguarda Guglielmo I, la
cui vita è a ragione prolugata fino al 1214, e Bonifacio I di Glave-
sana, che si mostra morto dopo il figlio Bonifacio II e padre anche
di Berta, già ritenuta a torto figlia di Bonifacio II (F. G.).
Ci sembra di molto interesse per la storia medievale del Piemonte lo
scritto del prof. Agostino Dutto, ancorché ci paia un po' troppo largo
il titolo La valle di Stura dal 1163 al 1200 (Torino, Clausen, 1894).
Egli si limita infatti alla pubblicazione ed all'esame di tre documenti,
per quanto li illustri con ogni più lodevole diligenza e cerchi racco-
gliere ed aggiungere dalle fonti a stampa tutte quelle notizie che pos-
sono giovare al suo assunto di far conoscere le vicende della valle di
Stura dal 1163 al 1200. I due primi documenti, del 1163 l'uno, del
1165 l'altro, mostrano le tendenze e gli atti ribelli di alcuni feudatari
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STORIA POLITICA 309
di Val sturana rispetto al marchese di Saluzzo loro signore. Un terzo
porta la data 1173, ma è forse da ritardarsi posteriormente al 1182:
questo non è stampato dal D., perchè pubblicato non è molto dal Savio.
Il D., invece — dopo aver esaminato un passo di Gioffredo Della Chiesa
riguardo alla vendita della valle di Stura fatta da Manfredo III ad
Enrico VI, vendita ch*egli ammette come spiegazione del trapasso della
valle stessa dal marchese di Saluzzo a quello di Monferrato — , studia
e pubblica un atto del 1197 con cui Bonifacio di Monferrato ridona a
Bonifacio di Saluzzo, figlio di Manfredo III, la valle suddetta. Il D. si
mostra del tutto al corrente del lavorio storico moderno ed è certo
solo un lapsus calami un « Duca di Savoia » nel secolo XII, che si
legge a p. 14, n. 2 (P. G.).
* *
Riccardo Filangieri illustrato da G. Del Giudice {Riccardo Filan-
gierU Napoli, Giannini, 1893. Un volume di pp. xx-306) fu un perso-
naggio di gran conto fra il 1225 e il 1263. In quell'anno '25 egli ap-
pare come falconiere e gran maresciallo deirimperatore Federico II.
Capitano delle armi nella crociata, parti per Terrasanta qualche mese
prima dell'imperatore. Vi si segnalò per valore guerresco ed abilità
diplomatica, e ritornò nel regno insieme con l'imperatore. Erede di
vari possessi in Principato e de' feudi di Gragnano e di Lettere, egli
si mantenne, per quanto potè, fedele a casa sveva, ma estraneo agli
eccessi dei ghibellini intransigenti. Quindi più volte s'adoperò alla con-
ciliazione fra il papato e la casa sveva. Fatto bailo del regno geroso-
limitano, riparti per l'Oriente, dove procurò in tutti i modi d'assodare
in quel regno l'autorità del suo signore. Ma i ribelli, protetti dal papa,
essendo prevalsi, egli fece ritorno in Puglia. Morto Federico II, il Fi-
langieri, podestà di Napoli, fu tra i signori che stettero pel papa. Ri-
levata da Manfredi la fortuna sveva, egli lavorò a pacificare Manfredi
col pontefice, vagheggiando un regno indipendente in buoni termini
colla chiesa. Ma visto ostinato il successore d'Innocenzo IV, promuove
con altri l'esaltazione di Manfredi a re. Vien nominato viceré in Si-
cilia, e in quell'isola chiude la vita.
Di lui si avevano dagli scrittori vaghe e confuse notizie. Il Del Giu-
dice le ha ordinate, accresciute con l'aiuto di documenti, stenebrate.
Il protagonista, è messo in tutta la luce che gli si poteva dare in
mezzo ai grandiosi avvenimenti del tempo. Se difetto vi è, è la soprab-
bondanza delle notizie come delle osservazioni. L'annunziata monografia
apparve neìY Archivio storico per le Provincie nap. Nella tiratura a
parte, s'è accresciuta d'un sommario particolareggiato e d'un'appendice
di documenti, alcuni de' quali inediti. Fra questi è notevole la bolla
d'Innocenzo IV de' 27 settembre '54, generalmente ignorata. « Neppure
il Potthast ne fa menzione >, dice l'A. a pag. 229: e avrebbe dovuto
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310 NOTE BIBLIOGRAFICHE
aggiungere il Rodemberg flnnocenz IV und das Kònigreich Si-
alien, Halle, 1892). Ma questa recente monografla gli è rimasta ignota
(M. Schifa).
• *
Lodovico Frati ci dà un suo nuovo lavoro dal titolo La congiura
contro Giovanni Visconti da Oleggio (Milano, Rivara, 1893). Le con-
giure propriamente furono due, a scopo di uccidere TOleggio che si
era fatto tiranno di Bologna: entrambe furono discoverte e finirono
al solito, colla morte dei cospiratori. Della prima il F. rettifica con
documenti alcuni particx)lari meno esatti dati dai cronisti e dagli sto-
storici ; della seconda, men nota, ci fa conoscere tutto il nodo ; valen-
dosi in un caso e nell'altro di documenti inediti ch*egli stampa in ap-
dice. È un lavoro diligente ed interessante (F. G.)-
*
Tononi A. G., Memorie storiche (Piacenza, Tononi, 1893). — Ottime
e curiose queste tre brevi memorie che rìferisconsi alla storia di Pia-
cenza. Della prima (1 mercanti piacentini in FranddJ è dedotta la
materia dal libro di G. Plton, Les LomJbardes en France et à Paris
(Parigi, Champion, 1892), che già il prof. C. Cipolla in una Nota alla
Accademia delle Scienze di Torino aveva con particolar competenza
esaminato e lodato. 11 T., che prima del Piton pubblicò sullo stesso
soggetto alcuni documenti neìVOrient latin (II, parte 2, pp. 208e sgg.),
raccoglie dai citato volume tutto ciò che riguarda i mercanti piacen-
tini e la feconda operosità loro in Francia dal sec. XII al XIV, e in-
sieme riunisce quelle notizie in un articolo opportuno e ben fatto. —
Tratta la seconda memoria della biblioteca del monastero di S. Sisto
in Piacenza, della quale egli ha ritrovato un inventario del sec. XV.
Qui ne dà una notizia succinta riserbandosi di pubblicar questMnven-
tario integralmente negli Atti e Mem. della R. Deputaz. di St patria.
In quella biblioteca, com'è naturale, abbondavano le opere ascetiche,
patristiche e giuridiche; ma v*erano i principali classici latini, un
« Dantis liber >, la « Descriptio musice Franceschini Gafuri », le epi-
stole del Filelfo, le vite del Platina e il trattato « De imprestantiis ve-
netorum » di Gregorio da Rimini. — Di pochi e importanti ricordi sto-
rici, che un umile sacerdote scrisse nelle carte bianche di un suo
Rituale, s'occupa il T. Aella terza memoria: vanno dal 1655 al *64
e toccano della venuta dei Francesi a Pavia, del passaggio di Cristina
di Svezia per Piacenza, del matrimonio di Ranuccio II con Marghe-
rita di Savoia, della morte di costei e dell' aggiustamento della qui-
stione fra i Farnesi e la Corte di Roma pel ducato di Castro (G. Maz-
ZATINTl).
*
« «
Notevole studio dà il Cav. Edoardo Vegchiato dimostrando che //
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STORIA POLITICA 3)1
capitolare degVinqutsiiori di Stato di Venezia scoperto dai Romanin
non è autentico (Venezia, Randi, 1893). Il V. mostra anzitutto come
s'iniziasse in Venezia il processo inquisitorio nei luglio 1310 e distingue
rinquisizione generale e Tinquisizione speciale, affidata la prima a due
< esecutori od inquisitori dei Dieci », la seconda al « collegium secudum
usum » composto di 4 membri tratti a sorte, il primo tra i consiglieri
del Doge, il secondo ft*a i capi dei Dieci, il terzo tra i due inquisitori
dei Dieci e Tultimo fra gli avogadori del Comune. Ciò premesso, egli
pone una seconda distinzione capitale fra i due « inquisitori dei Dieci >
suddetti, istituiti in un col Consiglio dei Dieci, ed i tre « inquisitori di Stato »
stabiliti con parte del 20 settembre 1530. Questi ultimi sono larga-
mente studiati dal V., che si trattiene anche sul loro segretario come
su quello che avrebbe compilato il capitolare in questione. Un esame
minuto conduce il chiaro autore a rigettare come non ufficiali né
autentici tutti i pretesi capitolari dei tre inquisitori di Stato, non escluso
quello edito dal Romanin, che cominciando con una legge del 1411
non può valere per un tribunale istituito nel 1539. Infine, a troncare
ogni dubbio, il V. arreca una parte del 23 settembre 1755 con cui i
tre inquisitori di Stato di allora dichiarano che il tribunale loro non
ha codice qualsiasi e desidera procurarsene uno (F. G.).
« «
Ija storia di molte istituzioni, per esempio di quelle di beneficenza,
è ancora in gran parte da fare e perciò non può riuscire che interes-
sante ogni nuovo contributo di studi e documenti al riguardo. Tale è
il caso del lavoro di Anselmo Anselmi su // Monte di pietà di Ar-
cevia (Foligno, Tip. Artigianelli, 1893). Premesso un cenno sull'influ-
enza de* Francescani neiristituzione dei monti di pietà, prende in esame
Topinione che vuole istituito primo quello di Arcevia, (determina Tanno
di erezione del medesimo nel 1473, ne studia gli statuti, fa una sta-
tistica dei monti di pietà in Italia e termina con una cronologia dei
primi Monti nell'Umbria e nelle Marche (F. G.).
* •
Meritano ricordo i Tre corredi milanesi del qimttrocento illustrati
del prof. C. Merkel (Roma, Forzani, 1893. Estratto dal « Bullettino del-
l'Istituto storico italiano», n. i3). I tre corredi milanesi, che il M. trovò
infondo dì pergamene deiring. Tapparone-Canefri di Alessandria, ed
illustrò con la massima diligenza, appartengono a persone di condizioni
pressoché uguali, lontane sia dalla povertà, sia dai primi gradi sociali
ed i rispettivi atti notarili furono redatti il 1"^ nel 1420, Tultimo nei
1492; per tal guisa noi possiamo facilmente conoscere le tendenze al
lusso ed una parte della storia del costume nella società milanese del
1400. E rillustrazione, che il M. ne ha fatto, puossi ben dire, assai più
che una modesta spiegazione di molti vocaboli oggi o ignoti o non più
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312 NOTB BIBLIOGRAFICHE
usati, un vero e proprio ed importante contributo alla storia della
vita' privata e del costume neiritalia del 1400 ; perchè l'A. ricorrendo
alle leggi suntuarie e ad altri corredi nuziali, che sono pure co^ ricca
miniera di notizie per tale argomento, e ad altre monografie suUa
vita privata di alcune regioni, e sulle varie industrie, non ha sola-
mente trovato larga messe di raflfh>nti che gli valsero per un'esatta o
quanto meno assai probabile interpretazione di molte parole, ma an-
cora di più ci ha potuto offrire il modo di potere affermare come
neintalia settentrionale si tendesse ad assumere le medesime usanze,
non ostante le diverse condizioni politiche ed il rigore in un luogo
più, in altro meno severo delle leggi suntuarie, come più deiramore
deirarte potesse nelle foggie del vestire Tamore del lusso, di quel lusso
che se provocò le melanconiche querimonie dei vecchi puritani e le
pettegole prescrizioni del legislatore, pure ebbe stretta relazione collo
sviluppo meraviglioso delle industrie in quel secolo.
Certo i corredi del quattrocento rivelano ancora la povertà e roz-
zezza antica sotto il lusso nuovo; sono notevoli quindi le sproporzioni
tra il valore cospicuo delle vesti principali ed il piccolo numero ed
esiguo valore degli oggetti di biancheria ; difatto la spesa degli oggetti
di biancheria personale non raggiunge nel primo corredo che 24 lire
e 2 soldi, mentre quella dei capi di vestito tocca le 282 lire. Contra-
riamente agli usi nostri soleva invece la sposa recare allora nel suo
corredo e biancheria spettante agli usi di casa ed utensìli di casa,
come Stefania, cassoni, coltelliera, coltelli, forchetta, ecc., e la spesa
indicata nel nostro corredo per questi ultimi, supera quella della bian-
cheria personale, salendo alle 50 lire. Altre considerazioni più ampie
potrebbonsi fare se lo spazio ce lo consentisse, e certo chiunque si ac-
cingesse ad uno studio sulle foggie di vestire nei secoli scorsi trove-
rebbe neirillustrazione del M. una fonte copiosa e sicura di notizie;
per taluni vocaboli le indagini di lui non furono fortunate; per altri,
che vivono sempre nei dialetti lombardi, TA. avrebbe trovato ampia
materia di riscontro in documenti bresciani, come ad es., nel liber
potheris della città di Brescia, e nelle provvisioni del Comune di cui
larga parte fu pure sfruttata dall'avv. Cassa (A. Zanelli).
Nello scritto del prof. Gaetano Cogo, Brunoro Della Scala e rin-
vasione degli Ungavi nel i4iì (Venezia, Visentini, 1893) si trovano
notizie e documenti nuovi suirultimo Scaligero che abbia avuto note-
vole importanza politica nella storia d'Italia, rivendicando T avito do-
minio famigliare. L'agitarsi di Brunoro Della Scala e di Marsilio da
Carrara presso i nemici presenti od eventuali della repubblica di Ve-
nezia e specialmente l'opera del primo presso l'imperatore Sigismondo
son ben rinarrati dal C, che in un'appendice tratta anche del celebre
giureconsulto Raffaele Fulgoso (F. G.).
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STORIA POLITICA 313
*
♦ »
Benedetto Croce si è proposto di studiare i rapporti fra Spagna e
Italia ed ha subito posto mano ad una serie di dotte monografie. Senza
parlare di alcuni scritti minori, importa sopratutto soffermarsi su due
che formano come i due primi capitoli di una grande opera. Entrambi
sono estratti dalle Memorie dell'Accademia Pontaniana e s'intitolano,
luno Primi contatti fra Spagna e Italia^ l'altro, La corte spagnuola
(U Alfonso (V Aragona a Napoli. Impossibile riassumere l' immensa
quantità di notizie che il Croce ha saputo ridurre in poche pagine,
movendo dai tempi romani (ch'egli considera specialmente dal punto
di vista dei rapporti letterari) e scendendo giù giù attraverso tutto il
medio evo. Piuttosto è a fare un'osservazione d'indole generale : l'egregio
À. esamina con iscrupolosa diligenza e copia ingente di dottrina tutto
ciò che ha rapporto coll'influsso spagnuolo in Italia, ma trascura pres-
soché del tutto il reciproco influsso italiano in Ispagna. Ciò significa
considerare la questione da un lato solo, e specialmente per ciò che
concerne la tanto dibattuta questione dell'origine del secentismo sa-
rebbe assai importante cercare non solo quanto la Spagna abbia po-
tuto dare all'Italia, ma anche quanto questa a quella. Ci permettiamo
questa osservazione non per toglier merito ai due eccellenti lavori del
Croce, ma piuttosto per additare al medesimo un'altra via, che la sua
molta dottrina ed i suoi larghi mezzi gli permetteranno di percorrere
con altrettanta sicurezza e fortuna di risultamenti (P. G.).
« «
Luca Beltrami ritorna sopra un argomento che in questi ultimi
anni ha dato lu(^ a parecchi egregi lavori. Oli sponsali di Galeazzo
Maria Sforza (Milano, 1894). L'A. ha messo largamente a profitto il
materiale dell'Archivio di Stato di Milano, dell'Archivio Gonzaga di
Mantova e della Biblioteca Nazionale di Parigi (Archivio Sforzesco),
ed a seconda del medesimo egli espone le prime pratiche nuziali fl[*a
gli Sforza, i Gonzaga e la casa di Savoia, giacché fin dal 1450 erasi
firmato il contratto firai Galeazzo Maria, figlio del duca Francesco Sforza,
e Susanna, primogenita del marchese Lodovico, alla quale fu poi so-
stituita nel 1457 l'altra sorella Dorotea per l' incipiente gibbosità di
Susanna. Dorotea e Galeazzo Maria si considerarono come sposi ed
ebbero quindi per parecchi anni un affettuoso carteggio, ma l'ambi-
zione sforzesca prendeva intanto nel 1460 a vagheggiare nozze più
illustri, ed allora cominciò a dirsi che anche Dorotea era minacciata
di gibbosità ed a chiedere conseguentemente una visita che la dignità
della casa Gonzaga non poteva consentire nei modi proposti. Nel 1467,
mentre finalmente Galeazzo Maria, vedendo sorgere gravi difilcoltà al
matrimonio con Bona di Savoia, accennava a decidersi per Dorotea,
questa morì. Fu accusato lo Sforza di averla fotta avvelenare, ma i
JUoitlo Storica Italiana, IL SI
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314 NOTE BIBLIOGRAFICHE
documenti smentiscono la calunnia. Ebbero luogo allora le nozze con
Bona, cui Luigi XI re di Francia assegnava larga dote colla città di
Vercelli, causa non ultima delle guerre fìra Milano e Savoia ch'ebbero
appunto luogo in quegli anni. Giova però avvertire che il Beltrami
avrebbe fatto bene ad indicare anche gli studiosi moderni che si sono
occupati deirargomento^ perchè una buona parte dei documenti da
lui citati (ed alcuni anche ch*egli non avrebbe dovuto trascurare) sono
già stati pubblicati integralmente o parzialmente dal Da vari, dal Fi-
lippi o da me (F. G.).
*
• «
In Oiusiizie a Trento sotto il vescovo Giovanni IV (i466-i486)
il sig. Giuseppe Papaleoni (Firenze, Gellini, 1893), offre un largo con-
tributo di notizie e documenti riguardo sopratutto alla strage degli
Ebrei accusati di aver martoriato ed ucciso il fanciullo Simone Unfer-
dorben, San Simone da Trento. I dati che ci presenta il P., veramente
raccapriccianti, sono un pregevolissimo materiale per quella storia degli
Ebrei ne* secoli di mezzo, che, già tentata più volte, è tuttavia ancor
lontana dairessere fattibile finché non saranno noti tanti documenti e
particolari di ogni singola terra. Anche la storia del costume e della
vita in genere si avvantaggia di questa pubblicazione del P. (F. G.).
*
♦ ♦
Qualche interesse per la storia del diritto marittimo presentano Air
cuni documenti sul diritto di ancoraggio nel medio evo pubblicati
da Enrico Gelani (Roma, Tipogr. Poliglotta, 1893). I documenti sono
quattro, cioè un contratto per la vendita delle gabelle d'ancoraggio
di Civitavecchia del 1464, un'altra locazione e vendita delle medesime
del 1492^ una terza del 1494, e la concessione fotta dal cardinale di
S. Giorgio al castellano di Civitavecchia nel 1502 della condotta del-
Tancoraggio pel ricupero di 1000 ducati d'oro da lui versati alla ca-
mera apostolica. In una breve e succosa introduzione il C. riassume
ed illustra i documenti stessi (F. G.).
*
Storia moderna. — Per Nozze Galligaris-Gutierrez Diaz sono state
fatte alcune interessanti pubblicazioni. Il prof. Carlo Cipolla ha stam-
pato una nota Intorno a due documenti riguardanti Giovanni li
Bentivoglio (Verona, Franchini, 1893). Essi portano le date 17 dicembre
1501 e 4 febbraio 1506 e fanno parte di una collezione messa insieme
dal barone von Pilat e destinata, credesi, alla bibUoteca di Klagenfurt
Costituiscono il testamento ed il codicillo del Bentivoglio e sono illu-
strati colla solita diligenza ed erudizione dal valentissimo professore
dell'Università torinese (F. G.).
Bernardo Morsolin continua i suoi pregevoli studi sulle medaglie
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STORIA POLITICA 315
del Rinascimento trovate nella sua patria Vicenza. Ora egli discorre
di Dice medaglie vicentine inedite (Milano, 1893), cioè di una sco-
perta fin dal 1828, in onore e coirefflgie d'Isabella Nogarola, fkmiglìa
di poeti e poetesse in grande amicizia con G. G. Trissino, e di un*altra
ritrovata più tardi, coirimpronta di Claudio Muzani, cavaliere e fra-
tello di tre amici del Palladio. — Per Nozze Franco-Fulco, poi, il M.
esamina i rapporti che il celebre artista Nicola Poussin può aver avuto
col « Govolo », ossia grotta di Costozza nel Vicentino, mettendo in ri-
lievo principalmente la tradizióne locale al riguardo. Entrambi i la-
voretti non disdicono alla ben meritata riputazione del chiaro autore
(F. G.).
« ¥
la Savona, presso il sig. G. B. Minuto, sono alcuni marmi che furono
finora creduti avanzi del mausoleo di Gastone di Foix. I marmi sono
quattro, ed il secondo ed il terzo non possono appartenere allo stesso
monumento che il quarto, mentre il primo potrebbe appartenere bensì
al mausoleo di Gastone, ma non se ne ha alcuna prova. Quanto alla
iscrizione del quarto marmo, da cui volevasi dedurre che il medesimo
si riferisse al valoroso generale francese caduto a Ravenna^ l'iscrizione
fu mal letta: letta bene, essa dice che Margherita di Foix^ marchesana
di Saluzzo, dedicò quel marmo alla memoria de' suoi genitori, Gio-
vanni di Foix e Margherita di Suffolx. Quello poi ch*era creduto lo
stemma di Foix, è invece lo stemma della fiamiglia Ferrerò di Savona.
Tutto ciò dimostra in un suo dotto lavoro (7 presunti avanzi del
mausoleo di Gastone di Foix in Savona, Torino, Paravia, 1894) il
sig. Vittorio Poggi, che ne toglie occasione per dar anche in sette
tavole la storia genealogica dei Ferrerò savonesi (F. G.).
« «
Ck)l titolo di La politica di Leone X fu pubblicato nel 1892 un im-
portante volume di Francesco Nitti, molto discusso e, complessiva-
mente, lodato dalla critica italiana e straniera. Il N. prometteva al-
lora di stampare altrove i principali documenti inediti comprovanti la
sua esposizione, ed ora ha mantenuto la promessa (Documenti ed os-
servazioni riguardanti la politica di Leone X, Roma, R. Società ro-
mana di storia patria, 1893). I documenti sono soltanto sei, ma tutti di
capitale importanza. Il primo è il trattato segreto fra Leone X e Ferdi-
nando il cattolico, del 21 settembre 1514; il secondo, una minuta di le^
tera del cardinale Giulio de' Medici, da Roma, a Giuliano de* Medici ed
a Jacopo Salviati, a Firenze, del 20 agosto 1515; il terzo, una minuta
d'istruzione di Giuliano de* Medici a Raffaello Girolami, del 25 agosto
stesso anno; il quarto, un istromento, rogato da Piero Ardinghelli, no-
taio e segretario del Papa, tra Leone X e don Luigi Guroz, ambascia-
tore di Carlo, re di Spagna, del 17 giugno 1519; il quinto, una minuta
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316 NOTB BIBLIOORAFICHB
d*istruzione dei cardinale Giulio de' Medici ad Antonio Pucci, vescovo
di Pistoia, del 21 settembre detto anno; il sesto, infine il trattato se-
greto ft^ Leone X e Francesco I, del 22 ottobre pur 1519. In una
larga introduzione, il N. esamina e ribatte alcune osservazioni mosse
al suo libro dal De Leva e da altri studiosi, quali il Baumgarten ed
il Gian, insistendo sovratutto sui due punti, che sono invero i car-
dini deiropera pubblicata nel 1892, cioè che Leone X mirò più alla
grandezza della Chiesa che dei suoi, e fin da principio preferì rele-
zione di Carlo V a quella dì Francesco I per la corona imperiale.
Quest'opuscolo è dunque un degno complemento del maggior lavoro
del N. (F. Q.). '
A proposito della pubblicazione di una corrispondenza epistolare fra
«^ Carlo y e Clemente VII fatta dal sig. Eugenio Casanova neWArch,
Star. It.y il barone Gaudenzio Claretta ha dato fuori a sua volta
un opuscolo dal titolo Carlo V e Clemente VII, il loro arrivo al con-
gresso di Bologna e f assedio di Firenze del dSSO secondo il legato
di Savoia a Roma (Torino, Clausen, 1893). Vi si contengono alcuni
nuovi particolari di qualche interesse. Anziché « de Lancio » pel nome
dell'ambasciatore savoino, noi proporremmo la forma « di Lanzo >, e
quanto alla nota (a) a pag. 17 sul dafaiui, si poteva forse aggiungere
che il documento moncalierese ivi. citato è quello edito da me in Al-
cuni appunti suUa storia del teatro in Piemonte nel secolo XV
(Verona, Tedeschi, 1893) (F. G.).
*
Alla vita del Guicciardini hanno ora rivolto parecchi gli studi. Tra
gli altri il D' Luigi Staffetti studia F. O. al governo di Bologna,
riferendone parecchie lettere inedite (Firenze, Cellini, 1893). È ancor
questo un buon contributo alla futura biografia definitiva del celebre
fiorentino che divide col Machiavelli il primato fra i politici del suo
tempo (F. G.).
« «
C. Callamand, bibliotecario delle facoltà di Grenoble, esamina in
un suo scritto ("Du lieu où Bayard a été tue, Grenoble, AUier, 1892).
una questione storica su cui egli getta nuova luce. Comunemente, gli
storici pongono la morte del celebre cavalier Bajardo a Romagnano
od a Rebecco, anzi questo ultimo nome si legge sul marmo dell'EchailIon
che sorregge la statua del « cavaliere senza macchia e senza paura ».
n C. riesce per contro a dimostrare con validi argomenti ed accurato
esame delle fonti sincrone che il grosso dell'esercito francese coman-
dato dal Bajardo parti da Roasio il 29 aprile 1524, di notte, e non
potò, per le condizioni in cui era, procedere più che all'altezza di
3iella, cioè ad una trentina di chilometri da Roasio. La retroguardia.
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STORIA POLITICA 317
partita di qui due ore dopo ed assalita dal marchese di Pescara cogli
Spagnuoli dopo solo quattro chilometri di cammino, non potè avanzarsi
più di una ventina di chilometri, e perciò la morte del Bajardo av-
venne tra Lessona e Quaregna. Una carta topografica permette di se-
guire e di apprezzare il dotto ragionamento deirA. (F. G,).
* «
Sono famosi i tumulti scoppiati in Napoli nel 1547, quando vi si volle
introdurre il tribunale deirinquisizione spagnola. Molti scrittori li han
narrati, contemporanei e posteriori. Ma niun documento ne fu mai
pubblicato, prima che Giuseppe Del Giudice avesse dato alla luce,
nel 1877, neìV Archivio star, per le prov. napoL, il processo contro
Stinca. Il Del Giudice lo rinvenne fra grinnumerevoli processi giudtir
zlari agitati nei diversi tribunali del Reame del XV al XVIII secolo
e conservasi in Napoli nel Grande Archivio di Stato. Ora lo ripubblica
a parte, più ampiamente illustrato, sotto il titolo I Tumulti del 1547
m Napoli pel Tribunale delV Inquisizione, ecc. (Napoli, D'Auria, 1893,
pp. 82). In unlntroduzione si discorre della famiglia di Gio. Troiano
Stinca, guardiano maggiore del porto e della dogana di Napoli, impu-
tato d'avere con altri caporali^ autori, ecc. sollevato, in quell'anno '47,
la città di Napoli contro la Maestà Cesarea. Anche suo fratello Gio.
Bernardino partecipò a quei tumulti con più tragica fine, a quanto
pare. Il padre loro Andrea, eletto dal popolo quando fU in Napoli
Carlo V dopo la spedizione di Tunisi, aveva avuto a quel tempo molta
importanza. Il processo contro Gio. Troiano cominciò nel 1548, terminò
nel '55 con la piena assoluzione. E si le^e con vivo interesse, dando
qualche notizia affatto ignota o riferita in diverso modo degli scrittori.
Come documento ufficiale ed autentico e unica testimonianza pub-
blica de' fatti occorsi in quei tumulti ha un valore indiscutibile. £ il
chiaro editore lo illustra degnamente con copiose note e osservazioni
(M. Schipa).
« «
Achille (U Ladrone nacque verso il 1530 di famiglia che doveva la
sua potenza alla repubblica di Venezia. A sedici anni fu bandito per
accusa di complicità nell'omicidio di un contadino, essendo egli, dopo
una prima assolutoria, riparato alla corte di Ottavio Farnese duca di
Parma. Più volte ruppe il confine: arrestato una volta, fu fatto rila-
sciare dall'avc^adore Francesco Pisani, e finalmente gli fu permesso
nel 1551 di rientrare in patria. Allora non fu brutale prepotenza che
non esercitasse nelle sue terre di Val dì Chiese e, sangue di prepo-
tenti, oltrepassò gli avi nella violenza e nel mal fare. L'arresto di al-
cuni mercanti nel 1554 commosse a furore il popolo di Bagolino : nella
mischia che successe. Achille e suo fratello Ottone caddero morti.
Questo narra in altro suo lavoro (Venezia, Visentini, 1893) il profes-
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318 NOTE BIBLIOGRAFICHE
sore G. Papaleoni, aggiungendo qua e là parecchie interessanti no-
tizie collaterali (P. G.)-
« *
La passione di Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova e Monferrato,
per ogni sorta di piaceri costosi, e la costruzione della fortezza di Ga-
sale per assicurare il paese monferrino contro i nemici interni ed
esterni, avevano talmente stremato il bilancio del Monferrato stesso
da rendere indispensabili delle forti economie. Incaricato dal duca il
maestrato di Casale dovette redigere un elenco delle medesime, e seb-
bene solo una parte delle proposte fosse approvata, esso è pure an
documento di qualche interesse per gli studi di storia civile e del co-
stume. Ha perciò fetto bene il D' Giuseppe Giorcelli pubblicandolo re-
centemente con note illustrative che rendono anche più prezioso (Il
bilancio del discuto di Monferrato nell'anno 1600, Alessandria, Jac-
quemod, 1893) (P. G.).
« *
Per le nozze Galligaris-Guttierez il prof. G. Rua ripubblicò la Rela-
tione della festa fatta dalli Serenissimi Prencipi et dalle Serenissime
Infante nel giorno natale di Madonna Serenissima il IO febbraio
1621 (Torino, Tip. Salesiana, 1893), già stampata a Torino dal Pizza-
miglio nel 1621, in un raro libretto sulle feste del carnevale alla corte
di Savoia. — Nella stessa ricorrenza il prof. Merkel stampò ed il-
lustrò con prefazione e note Un incanto militare a Pavia nel 1655
(Roma, Forzani, 1893), cioè l'elenco dei beni del fu capitano Boricart
morto in Piemonte in detto anno, elenco di qualche importanza per
la storia del costume (F. G.).
é
« «
Il prof. I. Raulich nello studio La congiura spagnuola contro Ve-
nezia, ha recato un contributo di documenti inediti (pp. 86, Venezia,
Visentini, 1893). Il Fulin, in opposizione al Balbo, aveva già accennato
al carattere antìspagnuolo ch'ebbe la politica della Repubblica veneta
dalla pace di Gateau-Gambrésis allo scoppiar della guerra di succes-
sione di Spagna. Ora il Raulich, esposte brevemente le condizioni po-
litiche di Venezia sul principio del sec. XVII, viene a confermare tale
giudizio, dimostrando com'essa abbia tenuto testa più volte e ferma-
mente alla mxmarchia spagnuola. Cosi si apre l'adito a entrare nel
suo speciale argomento: e prima di tutto riassume con molto ordine
e molta chiarezza le narrazioni e le ipotesi che intorno alla celebre
congiura del Bedmar fecero il Nani, lo Chambrier, il Daru, il Ranke,
il Romanin, il Fernandez, mettendole a raffronto tra loro e analizzan-
done con sottile critica le conclusioni. Prende quindi in esame otto
documenti spagnuoli, tratti dall'archivio di Simancas, i più importanti
fra i quali sono due relazioni della congiura mandate al re Filippo III,
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STORIA POLITICA 319
una il 10 luglio 1618, da Milano, dal marchese di Bedmar, Taltra, più
breve, il 24 luglio, da Napoli, dal Duca d*Ossuna. Questi otto documenti
riportati in nota e compendiati nel testo sono illustrati con osserva-
zioni critiche sobrie e stringenti, e spremuti, dirò cosi, in guisa da
ricavarne tutto ciò che potevano dare.
Siccome però in fondo in fondo, non sono di quelli che risolvano defi-
nitivamente la questione, cosi il lavoro del Rauiich si riduce più che
altro ad essere un lavoro di compimento, di ritocco col quale si vien a
confortare con prove di fonti diverse, piuttosto che nuove, Topinione
del Ranke, che cioè i Veneziani esagerarono la responsabUiiA dei due
ministri spagnuoli, considerandoli iniziatori e principali artefici della
congiura^ laddove invece devesi ritenere ch^essi, specialmente il Bedmar,
l'abbiano se non promossa, incoraggiata e aiutata; e inoltre ch'essa,
quando fu scoperta, non era ancora largamene e fortemente ordita
e la sua esecuzione era tuttavia lontana. Ad ogni modo il contributo
portato dal Rauiich con questo suo diligentissimo studio ha pure il suo
valore nel senso ch'esso con prove di fonte spagnuola, per quanto aventi
carattere negativo, convalida e compie ciò che si conosceva soltanto sulla
fede di documenti di parte veneziana, e toglie così, relativamente, i
possibili dubbi che lasciano sempre nell'animo le indagini storiche uni-
laterali.
L'ultima parte del lavoro come pure i cinque ultimi documenti
riguardano piuttosto le vicende del Bedmar dopo la congiura, che
la congiura stessa direttamente. Dell'Ossuna invece pochissimo si dice :
sproporzione del resto appieno giustificata dal diverso grado di com-
plicità dei due ministri spagnuoli. E che il Bedmar, da cui la trama
prese anche il nome, fosse realmente colpevole ne abbiamo, a parer
mio, una prova, indiretta si, ma notevolissima, nel fatto del suo ri-
chiamo ottenuto in brevissimi giorni dal Gritti, ambasciatore veneto
a Madrid. La corte spagnuola cosi difficile, cosi orgogliosa e puntigliosa
nella sua prepotenza, e certamente non molto tenera verso la Repub-
blica, non si sarebbe indotta a un atto tanto grave e tanto contrario
alle proprie consuetudini, se il Gritti, malgrado il segreto raccoman-
datogli dal troppo guardingo senato, non avesse forse fatto valere prove
e ragioni inoppugnabili (A. Battistella).
« •
L'atto di barbarica prepotenza compiuto da Luigi XIV col bombar-
damento di Genova nel 1684 ha trovato recentemente un nuovo ed
accurato illustratore nel prof. Giacinto Dbmaria, che si è proposto
di mettere in chiaro sopratutto i viluppi della diplomazia riguardo a
quell'episodio eroico di storia genovese. Appunto Le trattative diplo-
matiche circa il bomòardamento di Genova del i684 (Novara, Tip.
Operaia, 1893) s'intitola il lavoro del D., che ha saputo distinguere
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320 NOTE BIBLIOGRAFICHE
assai bene la varia responsabilità delle potenze europee nell'abbandono
di Oenova, assegnando a ciascuna la propria. Il bei libretto del D. non
è di quelli che si possono riassumere in poche righe; può dirsi però
ch*esso è tale da diventare un caposaldo negli studi della questione
come indispensabile complemento alle pubblicazioni del Giaretta, dei
Neri e delio Spinola sul medesimo tema (F. G.).
*
« «
Il nuovo lavoro del D' Ettore Callegari, smIV Assedio di Torino
nel 1706 secondo le memorie del tempo (Venezia, Successori Fontana,
1893) non presenta grande novità di fatti né di osservazioni, sebbene
TA. abbia saputo valersi opportunamente di alcune fonti meno adope-
rate dal maggior numero degli scrittori. Il G. comincia a tratteggiare
la situazione politica in Europa alia morte di Garlo II, re di Spagna,
soffermandosi specialmente sugl'interessi e sulla condotta del duca di
Savoia; indi tocca sobriamente delie prime operazioni di guerra dal-
rinizio delle ostilità al trapasso di Vittorio Amedeo II dalFaUeanza dei
Borboni a quella dei collegati. Occupa alcune pagine la determinazione
delle linee generali della situazione politica e militare in Europa, ed
in particolar modo in Italia, nel 1705; quindi il G. viene finalmente a
dire di Torino al momento deirassedio, degli apparecchi difensivi, delle
sorti della famiglia ducale, della partenza di Vittorio Amedeo e della
sua promessa di ritornar presto con validi aiuti. È dato largo posto ai
vari fatti d*arme avvenuti durante l'assedio : Tattenzione e la parola
dell'A. si soffermano principalmente sul caso eroico di Pietro Micca e
sul combattimento del 30 agosto. Men ben trattata ci pare la battaglia
di Torino, dove il G. poteva cercare le « memorie del tempo » altrove
che nel Botta, storico più retorico e ^parolaio che diligente ed esatto.
Per contro, notammo con piacere le notizie che TA. viene dando qua
e là di poesie, libelli, ecc., giacché siffatti documenti letterari vengono
ogni di assumendo nella storia civile maggiore importanza come quelli
che forniscono il materiale per la conoscenza di queirelemento capi-
tale che è l'opinione pubblica (P. G.).
In un grazioso volume di 290 pagine la Ditta Nicola Zanichelli ha
dato in luce uno studio recentissimo di Adolfo Albertazzi, La conr
lessa d'Almond. La maggior parte del libro è occupata dalle vicende
di Vittoria Montecuccoli, sposa di Virgilio Giuseppe Maria Davia, di
fresca nobiltà bolognese, prima tra le mura della lieta Bologna, poi
alla corte di Maria Beatrice d*Este, divenuta moglie di Giacomo II re
d'Inghilterra, e infine nell'esilio della sua signora ed amica in Francia.
Bel carattere di gentildonna tra gli amorazzi bolognesi e nelle sventure
degli Stuardi; cuor di madre angosciato dalla condotta e dalla fine
dei figli, specialmente di Giovanni Battista capo d'un corpo di soldati
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STORIA POLITICA 321
fparUtanU) nella guerra della successione di Spagna al servizio im-
periale. Il volume non ci narra solo le gesta della Montecuccoli,
divenuta contessa d*Almond, ma ci rappresenta con vivi colori la vita
bolognese e specialmente le avventure di Cristina di Nortumbria, già
argomento d'un notevole lavoro di Corrado Ricci; ci dà come satira
di costumi una relazione delle mode allora correnti fatta ad una dama
da un cavaliere per sua istruzione ; richiama alla nostra memoria Tor-
dinamento del governo bolognese e la festa della porchetta; e le vicende
di Francesco Davia, figlio del marchese Virgilio, forniscono argomento
ad uno studio ricco di attrattive sotto il titolo Un senatore bolognese
del secolo XVIII (C. R.).
» «
Gol titolo di Spigolature romane il sig. Enrico Celani pubblica
(Roma, Tip. deir Unione Cooperativa editrice) due opuscoletti che il-
lustrano la storia del costume ed aneddotica del secolo scorso e del
principio del nostro. Il primo si riferisce al viaggio di Pio VII a Pa-
rigi per la coronazione di Napoleone I, che il C. rinarra valendosi di
un diario del noto Cancellieri; il secondo riguarda il giuoco del pal-
lone nel settecento. Non importantissimi né Tuno né T altro, danno
qualche notizia interessante, sono garbati e si leggono con piacere (F.Gr.).
• «
Il manuale Hoepli, N. CLYIII, di recentissima pubblicazione, contiene
Tesposizione sommaria della Rivoluzione francese (1789-1799), scritta
dal prof. Gian Paolo Solerio. È un riassunto degli avvenimenti po-
litici della rivoluzione ; i fatti militari non sono dimenticati, ma ridotti
a minimi termini. Il lavoro considerato da questo punto di vista, è
ben riuscito come condensamento di notizie, efficacia di forma e im-
parzialità di giudizio. Avremmo desiderato maggiore chiarezza e pre-
cisione nell'esposizione delle costituzioni del 1791, 93, 95 e 99 ; e per
Tindole dei lettori, a cui è destinato il manuale, l'intonazione avrebbe
potuto essere talora più modesta ed analitica (C. R.).
• • •
IL D' Giuseppe Roberti ha fatto cosa buona ed utile stampando Una
4t nota » autobiografica di Carlo Botta (Bellinzona, Tipogr. Colombi,
1893), già conosciuta dal Bianchi e dal Carutti, ma di cui quegli scrittori
avevano dato solo estratti « non sempre scrupolosamente precisi ».
La « nota » riguarda il soggiorno in Isvizzera dopo la cospirazione
del '94 ed era destinata al « Martirologio dei patrioti piemontesi » del
Ranza. Il R. ne rivela l'importanza in due paginette d*introduzione,
sobrie e precise, si che chiariscono, non ingombrano la pubblicazione
della « nota » (F. G.).
I»
« *
Raramente le orazioni, che si pronunziano nella ricorrenza di qualche
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322 NOTE BIBLIOGRAFICHE
solennità, rivestono un carattere degno d*istoria, perchè un complesso
di esigenze sociali affoga la libertà e la larghezza del pensiero. Tali
non sono i due discorsi dell'on. Paolo Boselli, che annunziamo. —
L*uno fu Ietto davanti ad un coltissimo uditorio in Oenova il 29 no-
vembre 1893, per commemorare Giacomo Ck)hen e Jacopo Virgilio,
inaugurandosi i loro busti nella R. Scuola Superiore di applicazione
per gli studi commerciali. Con linguaggio veramente scultorio il Bo-
selli ci rappresenta Topera intelligente, solerte ed entusiasta del Cohen
diretta a rialzare la coltura commerciale della sua Genova, onde a
lui venne Tidea di quella scuola, che, fondata nel 1884, già rag-
giunse in un decennio si alta £ama ; e con grande affetto dipinge Vm-
gegno del Virgilio e Tattività sua proteiforme, specie nel campo delle
scienze economiche. — L'altro discorso fu detto dall'on. Boselli, tornato
ministro, il 14 marzo del 1894 per Tinaugurazione del monumento
eretto nel R. Castello del Valentino di Torino a Quintino Sella. E una
breve orazione, che sintetizza mirabilmente razione deiriUustre biellese,
cosi compiutamente italiano. Tutta vi appare la vita del Sella nel culto
per le scienze naturali e storiche, neiridealità del suo patriottismo,
neirexcelsior deiralpinismo, nella franchezza e integrità del carattere,
nell'energia del ministro restauratore della finanza italiana (C. R.)-
n. STOBIA LETTERARIA
Antonio Rossi, / viaggi danteschi oltr'Alpe, Studio, Torino, Unione
Tipogr. Editr., 1893 (in-8", pp. 158). — Fra le infinite questioni che ai
nostri giorni pullulano e ripullulano nel campo degli stùdi danteschi,
TA. ne ha scelto una fra le più Importanti e che si meritano vera-
mente lo studio più attento e severo. E ci piace asserire che a trat-
tare il non facile tema egli si è accinto con una preparazione dili-
gente e sicura, della quale non sarebbe, a dir vero, prova sufficiente
qneìVIndice degli autori citati, che vediamo premesso allo studio pre-
sente e che si poteva omettere senza danno, tanto più dacché quei
medesimi autori ricompaiono citati, senza alcuna abbreviazione, nel
corso dell'opera. Nel Cap. I il R. riassume la storia delle opinioni prin-
cipali manifestate dai dantisti sui viaggi oltr'alpini di Dante — e troppo
in breve, ci sembra, sebbene egli intenda più di segnare le linee sa-
lienti di questa storia, che entrare in particolari minuti. Alla questione
se rAlighieri siasi recato a Parigi, TA. risponde affermativamente nel
Cap. II, fondandosi in modo speciale sulla testimonianza di G. Villani,
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STORIA LETTERARIA 323
nel che accoglie gli apprezzamenti e le conclusioni del prof. G. Cipolla.
E alle opinioni del dotto professore il R. si accosta, fin troppo pedissequo,
anche nel Gap. Ili, dove, dopo considerato Taccenno di Dante alla < bella
Clemenza », figlia di Carlo Martello (accenno il cui valore autobiografico
fu messo in dubbio dal Gaspary), Taccenno a Sigieri e al « Vico degli
Strami », conclude col dire che il poeta dovette recarsi a Parigi du*
rante Tesilio, e probabilmente fra il 1316 e il 1318. Il Gap. IV è tutta
una confutazione della critica troppo negativa del Bartoli e di Y. Im-
briani circa il viaggio di D. a Parigi, simile al Gap. VI. Il Gap. V è
inteso a dimostrare la probabilità d'un viaggio dell'Alighieri in Pro-
venza, ricavata dal noto accenno ai sepolcri di Arles. Chiaro ed ac-
curato, il lavoro del R. ci sembra più un'esposizione lodevole, fatta con
qualche novità d'argomenti, di opinioni espresse da moderni dantisti,
che un forte ed originale contributo alla critica dantesca. Meglio questo,
che certe pretensiose e vacue esercitazioni di retorica e di sofistica,
con cui molti oggidì tormentano il divino poeta (Vittorio Gian).
*
Gregorio Lajolo, Indagini storico-politiche sulla vita e sulle
opere di Dante Alighieri, Torino, Roux, 1893 (in-8*, pp. 210). — Molto
retorica e pretensiosa fin dalla dedicatoria ai Giovani Italiani si pre-
senta quest'altra opera di critica dantesca, la quale, se dimostra nel-
TA. molto studio ed amore per l'Alighieri, è anche una prova dei dan-
nosi effetti che un preconcetto produce anche sopra ingegni acuti e
laboriosi, come quello dell'A. Chi legga il suo lavoro, serenamente, è
colpito dall'intonazione paradossale con cui il L. procede nella dimo-
strazione delle sue tesi. Due egregi cultori di studi danteschi hanno
già mosso gravissime obbiezioni a quest'opera, il Torraca {Rassegna
bfbliogr. d. letter. ital, A. I, pp. 260-8) ed il Barbi (Bullettino deUa
Società dantesca, N. S., voi. I, pp. 2-11), ai quali rimando volentieri
i lettori. Qui basti notare che il L. pone l'ingegno suo acuto e la molta,
se non sempre sicura, erudizione dantesca in servizio d'una causa che
ai più parrà disperata, cioò a sostenere che Dante non fu quel parti-
giano che si suol dire, non fu partigiano mutabile nella vita, come
non fu nel poema. Partigiano volgare, no certamente, ma come uomo
di passione, si caccia fieramente nelle lotte delle parti dapprima, finché
a poco a poco, respinto dal repugnante contatto con la realtà, reagisce
contro di essa, contro se stesso, contro il suo passato medesimo, sferza
i guelfi, specie i guelfi francesi, e gl'indegni ghibellini {Farad, G. VI)
e si rifugia, con volo di aquila, nell' alto, fra gli splendori della sua
luminosa utopia. Ma quanti contrasti, quante battaglie, quante incer-
tezze prima di giungere a questa meta, prima d'arrivare « a far parte
per se stesso » — e come queste varie vicende lampeggiano ad ogni
pie sospinto nelle pagine del < sagrato poema »! (V. C.).
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324 NOTE BIBLIOGRAFICHE
Un altro studio dantesco, ma di natura diversa, di soletto assai
più limitato, ma anche per questo più concludente ed efficace, è quello
di P. Sandonnini, Dante e gli Estensi^ Modena, Vincenzi, 1893, estr.
dagli Atti e Memorie della r. Deputazione di storia patria per le
Provincie modenesi (S. IV, voi. IV). L'egregio A. riprende un tema
che aveva invernato uno dei più profondi dantisti viventi, il Del Lungo,
il cui lavoro su Dante e gli Estensi, pubblicato dapprima nella N. An-
tologia (1887, S. Ili, voi. XI, fiisc. XX), fu riprodotto poi nel volume
Dante nei tempi di Dante, Bologna, 1888, pp. 377 sgg., il che pare
sia sfuggito al S. -- e prima anc(»*a aveva richiamato Tattenzione e
lo studio del prof. De Leva, SttgU Estensi ricordati dall'Alighieri nel
volume Dante e Padova, Padova, 1865. Non ostante ciò, il S., giovan-
dosi della speciale conoscenza che possiede della storia estense, riesce
a gettare non poca luce sul noto passo dell'Inferno (XII, 110-111),
dov'è fatta menzione di Obizzo II, che « per vero fu spento dal fi-
gliastro su nel mondo ». L'A. mette in rilievo il valore dell'attestazione
che si legge nel Pomario di Riccobaldo ferrarese, alla quale viene
ad aggiungersi, quella^ assai autorevole, di Giovanni da Bazzane, mo-
denese, la cui cronaca fu ripubblicata, ma integralmente, non è molto,
nel 1888, a cura del prof. Vischi. Anche il Razzano, quasi contempo-
raneo, raccoglie la voce che Obizzo fosse stato soffocato per opera dei
figli crudeli; e il per vero di Dante viene a confermare, secondo l'A.,
Taccusa contro Azzo, il quale TA. inclina a considerare come figliastro,
nel senso di privignus, difendendo, e ci pare con buone ragioni, Gia-
comina Fiesco, sposa di Obizzo, dall'accusa disonorante che con troppa
leggerezza le venne rivolta. « La frase di Jacopo del Gassare, riferen-
te tesi ad Azzo « che elU era disceso da una lavandaia di panni >,
« potrà indicare che Azzo discendeva da un ramo bastardo, non già
4c ch'egli fosse figlio adulterino di Giacomina del Fiesco, figlia di un
« Conte di Lavagna e non lavandaia ». E Jacopo poteva a buon di
ritto chiamare Azzo discendente da una lavandaia, dacché « Azzo Vili
« era figlio di Obizzo nato da quel Rinaldo, dato da Azzo VII in ostaggio
« all'imperatore Federico e per istigazione d'Bzzelino da Romano fatto
« avvelenare ». « La donna amata dal prigioniero fu una lavandaia
« di Napoli e il fànciulletto, nato da quell'unione, venne poi raccolto
« amorosamente dall'avo Azzo, come unico rampollo di sua casa e fatto
« legittimare dal Papa ». Del resto era naturale che Dante usasse la
parola figliastro anche in quel significato peggiorativo e deteriorativo
di figlio, che essa ha comunemente. Il S., ben considerando quello che
la storia ci narra di Obizzo da Este, è d'opinione che Dante eccedette
nel cacciarlo nella < riviera del sangue », poiché egli « non solo non
fu peggiore, ma fu assai migliore di molli altri tiranni dell'età sua ».
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STORIA LETTERARIA 325
Quanto poi airallusione contenuta nel G. XVin deWInfemo, TA. con-
futando Topinìone del Del Lungo che si fonda sui commenti del Lana
e del Buti, esclude che Obìzzo abbia fatto indegne promesse a Vene-
ticoCaccianemici, e afferma che Dante stesso non mostra punto Tinten-
zìone di colpire Obizzo, ma riversa tutta Tediosità su chi s*era indotto
a mercanteggiare il corpo della sorella. Forse Dante relegò Obizzo nella
fossa dei tiranni, più che perla sua ferocia d'animo, per l'avarizia ed
avidità dì denaro, che lo spinse ad attentare agli averi dei cittadini.
Ma il S. ricerca altre ragioni, e politiche (l'alleanza degli Estensi con
l'Angioino contro gli Svevi) e famigliari (ringratitudine di Obizzo contro
Aldighiero Fontana), le quali ci spiegano, perchè il Poeta inveisse
acerbamente contro gli Estensi. Date le condizioni dei tempi, data l'atro-
cità delle offese, la ferocia dei costumi, l'importanza del personaggio
offeso, l'A. è indotto ad attenuare di non poco la colpa di Azze Vili,
uccisore di Jacopo del Cassero. E contro l'opinione del Del Lungo, egli
ammette e dimostra che nel noto passo del De viUgari eloqueniia, dove
si accenna con lode ad un Marchese d'Este, non v'ò affatto ironìa, ma
dobbiamo vedere un accenno a quell'Azze VII, che « fli uno dei prin-
cipi più gloriosi del sec. XIII ». E anche contro le interpretazioni del
Del Lungo, il S. difende la memoria di Beatrice d'Este, moglie di Nino
Visconti e ritiene che i versi del G. Vili del Purgatorio che a lei si
riferiscono, non abbiano un senso sfavorevole a quella donna, nella
quale lo stesso dantista toscano è costretto a riconoscere una sposa,
una madre ed una nuora esemplare, pronta a dividere le gioie, come
ad affrontare con animo virile i dolori della sua famiglia. Quantunque
si possa dissentire dall'egregio A. in qualche particolare, è certo che
questo è uno dei più solidi e concludenti studi danteschi che sieno
usciti in questi ultimi anni (V. C).
*
« »
n Paradiso dantesco nei quadri miniati e nei bozzetti di Giulio
Clovio, pubblicati sugli Originali della Biblioteca Vaticana da Giu-
seppe CozzA-Luzi (Roma, Tip. Sociale, 1893), è un'opera pregevole,
che appartiene più che alla letteratura dantesca, alla storia dell'arte.
Questo che abbiamo dinanzi è un saggio della edizione maggiore che
l'operoso vice-bibliotecario della Vaticana ha pubblicato testé delle pre-
ziose miniature con le quali Giulio Clovio illustrò il Paradiso dantesco.
L'opera del famoso artista Croato era già nota, ma il Cozza-Luzi ebbe
il merito di scoprire nei Codici Urbinati anche gli studi preparatori
ed i bozzetti che il grande miniatore veniva disegnando a matita ed
a penna, prima di rivestirli dei suol splendidi colori. La quale scoperta
è tanto più preziosa, dacché viene a tagliare ogni dubbio intorno al-
rattribuzione delle miniature vaticane, che, come bene argomenta l'A.,
non possono spettare ad altri che al Clovio. Chiare ed appropriate le
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326 NOTE BIBLIOGRAFICHE
descrizioni che il Gozza-Luzi ci offre delle miniature e degli abbozzi;
e queste descrizioni, insieme con le tavole in fototipia ch'egli aggiunge
per saggio, ci danno Tidea della grande edizione, in 100 esemplari,
ricca di oltre 66 figure, che sarà certo un nuovo vanto dello Stabi-
limento Danesi e nuova e degna prova delle benemerenze che verso
gli studi si acquistano gli addetti alla Biblioteca Vaticana. Sarebbe
pertanto desiderabile che appunto in servizio degli studiosi le princi-
pali biblioteche del Regno non tardassero a provvedersi d*una pubbli-
cazione di tanta importanza (V. C),
« «
Utile contributo airermeneutica dantesca è la Medusa deWInferm
dantesco di Francesco Cipolla (Venezia, Tip. Ferrari, 1893, estr.
dagli Aiti del ì\ Istituto Veneto, T. V, S. VU). L'egregio A,, valen-
dosi sovrattutto d'un appropriato riscontro petrarchesco, dimostra,
pare a noi con buone ragioni, che nella Medusa devesi vedere il sim-
bolo di quell'indurimento morale che è prodotto dalle passioni, le quali
« pietrificano l'anima nel male >. E queste passioni sarebbero perso-
nificate nelle Furie, che invocano appunto l'indurimento del cuore,
quella Medusa che dovrebbe togliere a Dante, cioè all'uomo, ogni via
di salvezza (V, C).
*
♦ ♦
Uno dei tanti indizi, e dei più evidenti, che mostrano il rapido e
generale progresso degli studi storico-letterari, è senza dubbio l'im-
portanza sempre maggiore che viene data alla storia del costume, in
tutte le sue più varie e minute manifestazioni e nei suoi rapporti con
la storia delle lettere e delle arti. Frutto di questa buona tendenza è
l'elegante volumetto nuziale che Ferdinando Gabotto pubblica con
questo titolo, forse alquanto specioso: La Epopea del Buffone (Bra,
Tip. Racca, 1893). Lo studio presente viene ad aggiungersi ad una serie
di studi anteriori^ dovuti al Bartoli, al Qraf, al Luzio ed al Renier, che
l'A. non manca di ricordare. Di questi lavori e di altri il G. si vale per
riassumere a larghi tratti le vicende della tmffimeria italiana, accen-
nando a certe classificazioni e gradazioni che in essa si potrebbero
foro, e rammentando ì nomi e le caratteristiche dei principali buffoni.
Nel che non faremo colpa all'A. di alcune ommissioni, inevitabili in
un saggio di questa natura. Solo avvertiremo che nel menzionare i
buffoni veneziani del Cinquecento (pp. 30-1), sulla scorta del Calmo,
non andava tralasciato quel Zan Polo, che fu senza dubbio il più fa-
moso, e sul quale attendiamo lo studio promesso da Vittorio Rossi —
e che la identificazione del Berto da la biava nominato dal Calmo
col Berto, ricordato dal Castiglione (non solo nel Lib. II, Cap. 50, ma
anche nel Lib. I, Cap. 17), non ci sembra possibile, per più ragioni. Il
O. ammessa l'esistenza storica, tratta poi, senza risolutamente risolverla,
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STORIA LETTERÀRIA 327
la intricata questione della persona del Gk)nnella; nel che si scosta dalle
conclusioni dei Luzio e del Renier, giacché inclina ad ammettere Tunità
del Gonnella. Ma in questa sua opinione egli si confessa incerto, là
dove scrive che « apparerUementey nello stato attuale delle cognizioni,
« assai più ragioni militano in favore della unità^ che della pluralità
« dei Gonnella > (p. 67). Alle attestazioni intorno al Gonnella, si pos-
sono aggiungere quella del Castiglione e quella, più importante, di
Agostino Nifo, nella quale il Marchese Estense è Niccolò. Neirultimo
capìtolo si studiano, forse troppo brevemente, le fonti dalle quali
scaturì la larga e sempre più allargantesi leggenda gonnelliana. Il
volumetto si chiude con la ristampa de Le buffonerie del Gonnella,
secondo la redazione in ottava rima, quale ci è data dalla quarta edi-
zione fiorentina del 1585, e al testo seguono le varianti della edizione
bolognese del 1506, ristampata dal Passano, edizione che non sarà la
prima delle note (p. 86), se ne esistono altre due, forse anteriori, ma
senza data, ed una terza, fiorentina, del 1468 (Gfr. p. 87-8 n.). Quanto
poi alla Noia aggiunta, nella quale si accenna alle Origini di Pa-
squino, ci par difficile assai che la facezia del Poggio, dove è men-
zione di un burlone senese, detto Pasquino, che esulò poi a Ferrara,
possa additare « una nuova via agli studi » intorno alla dibattuta
questione (V. C.).
*
« «
Nel campo assai vasto del nostro umanesimo ferve intenso il lavoro
di analisi minuta, fin troppo minuta e paziente, e di quando in quando
qualche studioso tenta di assorgere ad una monografia, che raccolga
il meglio di queste ricerche particolari. Il momento di tentarlo per
qualcuno dei nostri umanisti è venuto, e tra questi va certo annoverato
Lorenzo Valla. Ma la desiderata monografia non ci oSr%, purtroppo,
11 jy Max von Wolff nel suo studio intitolato Lorenzo Valla, sein
Leben und seine Werke, Leipzig, Seeman, 1893 (in-8*», pp. 131), dove
si vede che TA. ha studiato le opere del grande umanista, ma ha tras-
curato i molti lavori che videro la luce in questi ultimi anni, e che
tanto contribuirono a farcelo meglio conoscere. Perciò il nuovo volume
difetta di novità, e a questo difetto non supplisce con altri pregi ab-
bastanza appariscenti (V. G.).
• ♦
Per riparare, sebbene tardi, ad una ommissione, vogliamo additare
airattenzlone dei lettori il volume nel quale, fin dal 1890, LuDWia
Geiger raccoglieva col titolo Vortràge und Versuche (Dresder, Ehler-
mann), vari saggi storico-letterari, in parte già pubblicati in alcune
riviste. Il nome deirA. è agli occhi degli studiosi la migliore garanzia
della serietà di questi scritti, che egli raggruppa in tre serie, la prima
spettante al periodo del Rinascimento fZur Literatur der Renais-
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328 NOTE BIBLIOGRAFICHE
sancej, la seconda, al periodo del risyeglio letterario tedesco nel se-
colo scorso (Aiis der Tagen der Aupilarun(/Jy la terza, al periodo
Goethiano fAt^ der Zeli OoethesJ. Non tutU questi stadi interessano
egualmente i lettori italiani. Com'è naturale, hanno maggior attinenza
con la storia nostra gli scritti del primo gruppo, come quello sul Ri-
nascimento in Francia al tempo di Carlo Vili (Die Renaissance in
Frankreich unter Karl VlllJ^ dov'è anche parola del forlivese Fausto
Andrelini; quello sui dotti Greci dei sec. XV e XVI, su Isota Nogarola,
su Erasmo in Italia, soggetto questo degnamente illustrato dai De Nolhac,
e infine, più notevole di tutti per noi, quello sulla fomosa Coryciana,
che il G. ben disse il più antico almanacco poetico romano (Der al-
testen rómische MusenalmanachJ. Quest'ultimo studio sarebbe riuscito
ancor più pregevole, se l'A., invece di limitarsi ad illustrare i nomi
di quattro soli, e certo dei principali, collaboratori di quella raccolta,
avesse preso a studiare tutta quella schiera di minori e quasi ignoti
poeti. Naturalmento questo avrebbe allargato di molto i limiti di questo
lavoro, e avrebbe richiesto molte più minute e difficili ricerche, ma
anche agli studi ne sarebbe derivato maggior profltto. Riguardano solo
indirettamente l'Italia altri due scritti, uno del secondo gruppo, sol
Voltaire e Federico il Grande (Voltaire und Friedrich der Grosse)
ed uno del terzo, che è rultimo, intorno al Goethe e il Rinascimento
(Goethe und die Renaissance) (V. C.)..
* «
MoRPURQo prof. Alessandro, Girolamo Muzio, Lettura tenuta
nel Gabinetto di Minerva, Trieste, Caprin, 1893 (in-8^ pp. 32), estr.
i9\Y Arcìieografo Triestino, voi. XIII, fase. II. — S'ingannerebbe di
grosso e rischierebbe di pronunciare un giudizio temerario chi, al leg-
gerne il titolo, stimasse questa una delle tante Letture d'occasione,
che rifriggono malamente e con superficialità deplorevole cose già note.
Infatti l'A. ci offre in queste poche pagine un chiaro e succoso rias-
sunto della vita e delle opere di quel Girolamo Muzio (propriamente
Nuzio), che, padovano per nascita, udinese d'origine, giustinopolitano
di elezione, destò tanto rumore di sé nel sec. XVI e aspetta ancora
un degno illustratore. Nel far questo il M. si valse, con quella sobrietà
che gli era imposta da una Lettuta, dei molti e ricchi materiali, let-
tere sovrattutto, ancora inediti in gran parte, che ora esistono neirAr-
chivio municipale di Capodistria e furono un giorno di Apostolo Zeno,
che, com'è noto, si proponeva di tessere la vita del famoso polemista.
È a sperare che la promessa già da molto tempo fatta, ed ora rinno*
vata, di dare in luce queste ed altre lettere del Muzio, sia presto com-
piuta, n presente studio, insieme con la Vita del Giaxich, ce ne ac-
cresce il desiderio, e non tanto il desiderio di una nuda raccolta di
lettere, quanto di una larga e definitiva monografia (V. C).
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STORIA LBTTBRARIA 329
*
Come il Muzio nelle sue Battaglie per l'italica lingua, cosi un altro
veneto, il vicentino Oiangiorgio Trissino combattè contro la troppo esclu-
siva toscanità o fiorentinità della lingua. Ad una sua operetta, composta
probabilmente nei principio del 1514, intitolata i Ritratti, aveva con-
sacrato una pagina della Monografia su Gian Giorgio Trissino (Vi-
cenza, 1878, pp. 77-8) il Morsolin. L^egregio letterato ritorna ora sulla
piacevole scrittura del suo concittadino e da un confronto, abbastanza
agevole, tra essa e 1 due discorsi della Bellezza delle donne, composti
dopo il 1530 dal Firenzuola, deduce non solo una evidente analogia
fira le due operette, ma ancbe la ccmclusione che il prosator fioren-^
tino dovette servirsi dei Ritratti del Trissino. Il quale, badiamo bene,
è esplicitamente menzionato in quella sua prosa squisita dal Firenzuola,
ma non a quel modo e con quella intenzione che il M. mostra di ere-
d^*e (p. 19) in questo garbato studio su / Ritratti di O. Trissino e i
discorsi delle Mlezze delle donne di A. Firenzuola, Venezia, Tip. An^
tonelli, 1892 (Estr. dagli Atti del r. Istituto Veneto di scienze, lettere
ed arti, S. VII, t. Ili, pp. 20) (V. C).
• •
Ad un amico del Trissino è consacrato il breve, ma concludente
studio di Gaetano Gapasso, La elezione di M. Pietro Bembo al car-
dinalato, 1538-39 (Venezia, Tip. Visentini, 1893), estratto dal N, Ar-
chfoio veneto, t. VI, P. I (pp. 16). — L'egregio A. valendosi di docu-
menti già noti e di altri inediti da lui rintracciati negli Archivi di
Parma e di Venezia, narra con chiarezza ed acume la storia di questa
elezione, le condizioni in cui essa avvenne, la parte avuta dalla Corte
pontificia e dal governo della Repubblica veneziana e, quasi senza
averne l'aria, ma vivamente interessato e preoccupato, dal Bembo
stesso. Il quale, se ne persuada il C, fino dai primi tempi di Leone X
dovette sognare il cappello rosso, e aveva poi, nel 1538 e *39, tanto
maggior bisogno di brigare e di afiaccendarsi, almeno dietro le scene,
in qnanto che la Repubblica di Venezia, come dimostra TA., lungi dal
chiedere o desiderare quella promozione, dopo aver inutilmente ftivo-
rito quella di Zaccaria Garzoni, rimase indifferente. E di questo con-
tegno del Governo veneziano sarebbe utile e non difficile forse ritrovar
le ragioni (V. C).
*
* *
Accanto ad un cardinale letterato del Cinquecento, un guerriero
letterato, anch'esso Veneto. Ben fece il D' Giuseppe Bruzzo a rinver-
dirne la fama nel suo breve, ma notevole studio su Valerio Chieri^
coti, soldato e scrittore del sec. XVI, Venezia, Tip. Visentini, 1808,
estr. dal N. ArchiiHo Veneto, t VI, P. I (pp. 16). La vita operosa di
questo valente vicentino si svolge verso il mezzo del sec. XVI e prò-
SivUia Storica Italiana, XI. 22
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330 NOTB BIBLIOGRAFICHE
priamente dal 1528 fino al 1576, non al 1575, come in addietro si af-
fermava dai più. Il B. discorre, oltre che della vita, delle opere del
Gh., specialmente della principale, il Trattato della milizia, che ri-
mase inedito, e il cui originale spignora dove sia andato a finire. Su
questo trattato e sulle altre operette del vicentino TA., che si vale
delle indicazioni preziose del Cicogna, avrebbe potuto difibndersi di
più. È curioso vedere questo soldato, scrittore dì cose militari, colti-
vare la poesia rustica-pavana, in certi versi che, editi fino dal 1610
(non 1510, come per errore tipografico si legge in questo opuscolo), il
B. riproduce in gran parte, senza però accompagnarli di quelle iUa-
strazioni che sarebbero state necessarie (Y. C).
*
• •
Uno zelante ed acuto bibliofilo del sec. XVI fu quel Gianvincenzo
Pinelli, il cui nome fu in questi ultimi anni cosi spesso citato dagli
illustratori della letteratura nostra, sovrattutto in grazia del fondo pre-
zioso dei suoi libri, ora esistente airAmbrosiana, e delle estese rela-
zioni ch*egli ebbe coi letterati del suo tempo. Quel valente bibliografo,
che è Carlo Castellani, pubblica ora ed illustra una lettera inedita
del Pinelli a Pietro Dupuy ed una di Giuseppe Giusto Scaligero allo
stesso Pinelli (Lettera inedita di G. F. Pinelli a P. Dupuy, ecc^ Ve-
nezia, Tip. Visentini, 1893, pp. 9, estr. dal N. Archivio Veneto, t V,
P. n). Ambedue le lettere son tratte dal Cod. 663 della Nazionale di
Parigi, fondo Dupuy. La prima, del 1*" dicembre 1575, non ha davvero
alcuna importanza, dacché le relazioni del Pinelli col Dupuy non erano
un mistero per alcuno degli studiosi; la seconda è per parecchie ra-
gioni notevole, e lo Scaligero la scriveva il 13 agosto 1601, ignorando
che da nove giorni il destinatario era morto. Al G. avrebbe giovato
assai il conoscere le pubblicazioni del De Nolhac, specie quella sul-
rOrsini, dove i carteggi del Pinelli sono continuamente spigolati e dove
(p. 84) si annuncia la stampa del carteggio fra il Dupuy ed il Pinelli
stesso, né inutile gli sarebbe stato il vedere le lettere inedite dello
Scaligero pubblicate dal Tamizey de Larroque (Agen et Paris, 1881)
(V. C).
*
« •
Gol suo volumetto intitolato LiMca e lirici nel Settecento (To-
rino, Clausen, 1893, in-8^ pp. 212) il Sig. V. A. Arullani ha tentato
un tema vasto, complicato, difficile e, affrettiamoci a dirlo, ha fatto
opera tutt*altro che inutile, anzi per parecchi riguardi degna di lode.
Seguendo in gran parte le linee magistralmente tracciate dal Car-
ducci, giovandosi di quasi tutti gli studi più recenti, egli ha voluto
presentarci, come in un grande unico quadro, la storia della lirica
nostra nel sec. XVIII. Ma, anzitutto, perché intitolare il suo lavoro
Lirica e lirici, dal momento che egli non voleva, né, posti i limiti e
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STORIA LETTERARIA 331
rindole delFopera sua» poteva dare il necessario rilievo alla persona
e alla vita dei singoli Ifrid del secolo scorso? E poi questo studio ha
un vizio d*origine, prende a trattare un argomento troppo vasto, perchè
le conclusioni possano essere solide e nuove abbastanza; è una sin-
tesi, garbata e abile come lavoro di divulgazione, ma necessariamente
superficiale, non ostante le fatiche e le cure che essa certo dovette
costare all*A.. Parlare di tutta la lirica del Settecento, quando solo i
maggiori e qualcuno solo dei minori rappresentanti di essa si sono in-
cominciati a studiare seriamente, quando un campo anche largo è ri-
masto quasi intentato, quello delle relazioni sempre più strette ed ef-
ficaci delia poesia nostra con la straniera, è per lo meno pericoloso
e dannoso. Un esempio solo scegliamo, quello del Bertela. Parlando di
esso, TA. ha come un sospetto di ciò che vi sarebbe da fare per giu-
dicar degnamente il poeta riminese, giacché in una nota (p. 41) scrive:
« Anche dallo studio dei lirici tedeschi viene Taria di novità al Ber-
tela... ». Su questo appunto conveniva insistere e conveniva anche
studiare le prose del Bertela, specie le lettere campestri^ in relazione
con le sue poesie descrittive, e questo ed altri lirici considerare come
precursori del romanticismo. Auguriamo che il volumetto dell'A., che
si legge volentieri, abbia a stimolare altri, e dinuovo TA. medesimo,
allo studio accurato, analitico di quella varia e complessa manifesta-
zione del nostro Settecento, che è la lirica (V. C).
* «
Antonio Messeri, La Rivoluzione francese e Vittorio Alfieri (Pi-
stoia, Tip. del Popolo Pistoiese, 1893). — Nel breve ed elegante opu-
scoletto il Sig. Messeri s'è proposto di spiegare il fatto, a tutta prima
assai strano, per cui TAlfieri, che tanto amore senti per la libertà e
trasfuse negli Italiani, e che tanta parte prese alla preparazione del
nostro Risorgimento, non comprese o almeno parve che non compren-
desse Talto significato della Rivoluzione fi*ancese, contro la quale nella
satira acerba del Misogamo sfogò a suo beiragio Tedio indomabile che
nutriva per queiravvenimento grandioso. Con fine analisi il M. esa-
mina quindi l'opera della rivoluzione in Francia e fuori, osservando
come in Italia essa penetrasse con carattere più politico che sociale,
come qui trovasse i Governi impotenti a resisterle perchè divisi, la
plebe indifferente, perchè vilmente fiaccata dai precedenti dominii, ed
entusiasti invece ne fossero molti appartenenti alla nobiltà ed alle
professioni libere; ma, trasmodando, la rivoluzione imponeva colla vio-
lenza i suoi principii e diveniva quindi odiosa conquistatrice. Ora TAl-
fieri, che comprese la libertà assai più in rapporto allo stato che al-
rindividuo, e quanto fu nemico della tirannide della reggia, altrettanto
fu di quella della strada e della piazza, fin dall'infanzia odiava e di-
sprezzava i Francesi : TAlfieri quando scoppiò la rivoluzione si vide ad
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332 NOTE BIBLIOGRAFICHE
un tratto maltrattato, atrocemente offeso, privato della sua libreria e
dei suoi amati cavalli, quasi del tutto impoverito, frodato dal Molini
che a sua insaputa annunciava la stampa delle opere del grande tra-
gico. Ce n*era abbastanza perchè la sua ira erompesse ; e tanto più
eruppe quando tutti si accorsero, anche i novatori, che i Francesi aveano
invaso la penisola confo padroni, onde TAlfleri ebbe a so^ungere
« che amare non si può la libertà senza abborrire i francesi, appunto
< perchè questi due opposti nomi e materie non si sono accozzati mai,
< né accozzar si possono ». Ma se odiò la Francia e la sua grande
Rivoluzione, non crede il M. che TAlfleri non abbia alla sua volta
compreso la verità ed il valore dei principi della rivoluzione. Contem-
poraneo di essa ne risenti i soli effetti perniciosi ; oggi, dice il M., si
ricrederebbe pur mantenendo la sua implacabile gallofobia. La con-
clusione parci però un pò* troppo metafisica ; parci risponda ad un
desiderio bello e gentile delFA. piuttosto che alla semplice storica so-
luzione del quesito da lui propostosi e felicemente dimostrato (A. Zà-
NELLl).
*
* «
he Parole dette dal Prefetto della Biblioteca Nazionale di S. Marco
G. Castellani, qiuindo il R. Istituto di scienze, lettere ed arti^ inau-
gurava nel Pantheon Veneto (27 novembre Ì892J il Imsto dell'Ai).
Jacopo Morelli (Venezia, Tip. Ferrari, 1893), sono un degno omaggio
tributato dal presente Prefetto della Marciana a quel suo illustre pre-
decessore, che come bibliografo continuò mirabilmente in. Venezia le
tradizioni dei due Zeno, del De Rubeis e di altri minori. Il C. pone in
rilievo le benemerenze acquistatesi dal Morelli verso la Bibliotèca a
cui fu preposto poco più che trentenne, benemerenze svariate che
sono tanta e fortunata parte nella storia della Marciana. Infatti all'in-
cremento di essa il buon abate provvide efficacemente perfino morendo,
dacché le legava quasi per intero la sua ricca collezione di mano-
scritti e di stampe. Il C. compiendo un gradito dovere, ha reso un
servigio agli studiosi (V. C).
*
¥ *
Castellani C, Sul fondo francese della Bibl. Marciana a propo-
sito di un cod. ad esso recentemente aggiunto (Venezia, Ferrari,
1893). — Dei mss. fi:*ancesi ch'esistevano nella Bibl. Gonzaga, pubblicò
l'inventario G. Braghirolli (in Romania^ IX, 497 e sgg.), e su docu-
menti tratti dagli arch. mantovani disse di più e di meglio, che in
quell'inventario e dal suo editore non fu detto, il prof. F. Nevati (ivi,
XIX, 161 e sgg.). Sotto il num. 8 di tale inventario è registrato un
poemetto sulla Passione che, venduto nel 1879 colla biblioteca Renard,
gli studiosi non avevano più potuto rintracciare. Il C, ritessuta la
storia dei codici francesi della Marciana, 22 dei quali derivano dalla
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STORIA LETTERARIA 333
bibl. Gonzaga (è fra questi VEntrèe en Espagne studiato dal Thomas,
il quale ha stabilito che ad un padovano la prima e ad un Nicola
veronese se ne deve attribuire la seconda parte), ci dà la notizia che
il cod. s' è ritrovato ; ne fu rultimo possessore J. Cousin la cui bi-
blioteca fa venduta nel 91. Il G. allora lo comprò per la Marciana.
Che sia proprio questo il ms. della bibl. Gonzaga è assolutamente vero;
lo stemma ducale vi è miniato nella prima pagina : che l'autore del-
y Entree en Espagne sia proprio quello del poemetto sulla Passione,
Al dimostrato nelle Nouvelies recherches de l'Entrée de S. dal Thomas.
Nicola da Verona, dunque (cosi il G. dà la giusta cronologia delle
opere sue), prima continuò il poema che Tanonimo padovano aveva
lasciato interrotto; poi scrisse la Prise de Pampelune; e da ultimo
il poemetto de la grand passion. Data la unicità del ms., c'è da com-
piacersi pel suo ritrovamento : l'illustre Prefetto della Marciana ne ha
data, in appendice alla bella illustrazione, la riproduzione diplomatica
(0. Mazzatjnti).
*
Sebbene non sia un libro strettamente storico, ma piuttosto glotto-
logico, il volume deiron. Garlo Randaggio, DeWidioma e della lette-
ratura genovese (Roma, Forzani e G.), ha tuttavia cosi intimi rap-
porti con la storia, che il suo annunzio può trovar posto in questa
bibliografia. La parte seconda, la parte terza e Tindice costituiscono
una grammatica e un vocabolario etimologico genovese ; ma la parte
prima è notevole nella storia della letteratura dialettale. L'egregio A.,
dopo avere rintracciato gli elementi etnografici dei Genovesi per spie*
gare l'origine e il carattere del loro idioma. Io studia accuratamente
nelle sue vicende letterarie dal secolo XI ai tempi presenti (G. Rinaudo).
« «
I professori Ferruccio Martini e Francesco Trevisan compilarono
appositamente per le giovinette un Sommario della storia letteraria
iialiana (Milano, Ghiesa e Guindani). — Non è però un semplice sunto
storico, ma anche un'antologia letteraria. Di simiglianti libri è omai
fin troppo fornita la nostra biblioteca scolastica, ma il volume del Mar-
tini e del Trevisan ofire alcune novità pregevoli. Anzitutto il libro è
stato compilato con cura e adattato all'intelletto e alla preparazione
delle nostre giovinette meglio di quanto non si fàccia per consueto ; in
secondo luogo si diede particolare sviluppo alla storia della cultura della
donna italiana; infine nella scelta degli esempi di bello scrivere si pro-
cedette coi riguardi imposti dalla grazia del sesso, e con criteri più
larghi del rigido classicismo (G. R.).
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334 NOTE BIBLIOGRAFICHE
in. STORIA ARTISTICA
storia dell'arte in generale. — Leoni Q., Discorso per la pre-
miazione ed esposizione dell'anno scolastico 1892-93, all' Accademia
delle Belle Arti in Perugia. — Il comm. Quirino Leoni, Segretario del-
TAccademia Romana di S. Luca, e Socio deirAccademia Perugina, leva
in questo discorso l'autorevole voce ad esporre le ragioni per cui le
belle Arti trovansi ora in poco prospere condizioni, e ad indicare ai
giovani artisti le vie ch'essi dovrebbero seguire per risollevarle all'an-
tica grandezza; accenna agli eventi politici di Perugia, e alle molte
glorie artistiche che la confortarono nelle sue calamità, ed eccita i gio-
vani con frasi calde di amore per la patria e per il bello, a studiare
seriamente, senza lasciarsi traviare dalla sola cupidigia de* guadagni, e
dalle insulse teorie di certi critici da buon mercato, indegni di stima;
e molto opportunamente ancora parla della scelta dei soggetti per le
opere d'arte.
Rodolfo Lanciani, Pagan and Christian Rome. London, Macmillan,
1893, con illustrazioni. — Lanciani seguita a dettare le sue opere in
inglese, cosi il suo lavoro ultimo su Roma pagana e cristiana : da noi
questi libri non abbondano, sarebbe bene che egli ce ne desse anche
un'edizione italiana.
Adolfo Venturi, E Museo e la OaUeria Borghese (^Collezione
Edeltveiss IV), Roma, Società Laziale, 1893, con illustrazioni. — Pre-
messi brevi cenni sulle origini delle collezioni dei Borghesi, l'A. illu-
stra con stile chiaro e conciso tutte le opere plastiche antiche clas-
siche e moderne e le opere di pittura, oggi radunate nel Casino della
Villa Borghese fuori di Porta del Popolo. Pregio maggiore di questa
guida è l'attribuzione dei capolavori, secondo le ultime conclusioni
degli studiosi, conclusioni nelle quali il Venturi può rivendicare tanta
parte.
Gaston Gougny, Lari au Moyen Age, Paris, Didot, 1894. — È ve-
nuta la volta delle Antologie anche per la Storia dell'arte. Il profes-
sore Gougny fa seguire ai suoi due primi volumi sull'arte antica anche
questo terzo, che egli continua ad intitolare choix de lectures. Trat-
tasi appunto di una serie di brani di monografie o di articoli di ri-
viste degli scrittori di maggior competenza sulle origini dell'arte cri-
stiana, sull'arte bizantina, sull'arte araba, sull'arte romanza e sull'arte
gotica. Nella sua scelta, Tantologista, oltre che della storia deirarte,
si è preoccupato dell'estetica e della archeologia (in questo volume,
sempre nel campo medievale); e di suo egli vi ha aggiunto delle note
intese a chiarire l'argomento, e delle note storiche e bibliografiche.
Come complemento ad un trattato generale, elementare di storia del-
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STORIA ARTISTICA 335
Tarte, questa serie di antologìe ò ottima ed utilissima. La Francia ha
dovizia di scrittori, anche in questo campo e questi volumi possono
esser fatti con materiale tutto di autori firancesi ; il prof. Gougny avrebbe
adunque potuto prendere dal Dartein un capitolo sulFarchitettura bi-
zantìna-lombarda, ma nella presente antologia medievale, egli delll-
talia non ha preso in considerazione che la sola arte cristiana ed ha
tralasciato tutto il movimento ravennate, toscano e veneziano. Ck)m-
prendo che, dato lo sviluppo analogo di ogni volume della serie, la
materia gli sarebbe cresciuta di troppo. Tant*è vero che io non dubito
cbe egli ci darà ancor un altro volume di antologia relativa al me-
dioevo, e questo tutto per Fltalia medievale.
Stella A., Pittura e scultura in Piemonte, 1842-1891. Torino, Pa-
ravia, 1893. — « Questo volume fu concepito con un sentimento, che
« posso ben dir nobile : quello d* illustrare il movimento e il rinno-
« vamento compiutosi nelle arti in Piemonte nei cinquant* anni tras-
« corsi dalla fondazione della Società Promotrice di Belle Arti in
« Torino ». — Cosi modestamente l'Autore ci presenta il suo libro, che
subito si guadagna la simpatia di chiunque lo prenda fra mani, spe-
cialmente poi se artista, e torinese ; giacché nel leggere questa sin-
tesi della vita artistica piemontese si prova un vivo piacere nel ritrovare
tante vite, tanti nomi e visi conosciuti, e i bellissimi disegni di nume*-
rose opere di pittura e scultura già ammirate alle esposizioni della
Promotrice. — L*A. prende le mosse dalla giostra corsa al teatro Regio
il 21 febbraio 1839 in onore del granduca Alessandro di Russia, per
ordine del Re Carlo Alberto; e lodando Tamore di questo monarca per
le arti belle, narra come egli fondò la Pinacoteca pubblica colFaiuto
di Roberto d'Azeglio, che, artista intelligente ed operoso, diede i primi
ordinamenti 9\Y Accademia Albertina, e ideò una Società degli amici
delle Belle Arti, allo scopo di incoraggiare gli artisti ìiazionali. La
Società Promotrice di Belle Arti, che si fondò di poi coll'impulso e
l'aiuto del benemerito conte Della Chiesa di Benevello, deriva da quel
primo pensiero di Roberto d'Azeglio. Entrato cosi a parlare della vita
artistica di quel tempo, l'A. prosegue esponendo le vicende dell'Acca-
demia Albertina, della Società Promotrice e delle sue esposizioni; il-
lustra colla biografia il nome degli artisti che si resero più famosi, e
molti ce ne fa conoscere con cenni brevi, ma assai efficaci. Non di-
scutiamo qui, se l'opera sia riuscita completa o non: è certo che l'A.
deve aver lavorato di molto, e superate non poche difficoltà per rac-
cogliere ed ordinare tante notizie ; e dobbiamo essergli grati di averci
fornita una apprezzabile storia dell'arte piemontese di questi ultimi
cinquant*aniu. Il grosso volume, edito dal Paravia, per cura della So-
cietà Promotrice nel 50* anno di sua fondazione, è arricchito di molte
zincotlpie, di un indice nominativo degli artisti citati, di uno specchio
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336 NOTE BIBLIOGRAFICHE
Statistico delle Esposizioni procurate dalla Società Promotrice dal 1843
al 1891, e di un Catalogo delFEsposizione Cinquantenaria Retrospettiva.
Storia dell'architettura. — Gustave Clausse, Les monuments du
christìanisme au moyen dge. Basìliques et mosatques chretiennes.
ItcUie-SicUe. Paris, Leroux, 1893. — L*A. in due grossi yolumi iUa-
strati ha svolto con molto studio scienUflco e con pregevole critica
artistica, Torigine e la formazione e trasformazione della basilica cri*
stiana nel medioevo e nel rinascimento, e della sua decorazione a
musaico attraverso quei due periodi. L*opera è dedicata esclusivamente
airitalia, salvo che per lo studio del periodo bizantino, che TA. ha
dovuto estendere airOriente greco.
Pietro Paoletti di Osvaldo, Varchiteitura e la scultura del Ri-
nascimento in Venezia. Venezia, Ongania, con illustrazioni. — Di
quest'opera grandiosa e splendida che fa seguito airaltra monumentale
sulla Basilica di S. Marco, sono uscite le due prime parti. Nella prima
TA. studia il periodo di transizione dal gotico al Rinascimento. Nella
seconda egli ci dà il materiale illustrativo del periodo di piena fiori-
tura del Rinascimento.
Giuseppe Merzario, 1 maestri Comacini. Storia artistica di mille
duecento anni C^OOiSOO), Milano, Agnelli, 1893. Due volumi. — La
secolare operosità degli architetti, muratori e scultori lombardi che
si sparsero per tutta Italia e per larga zona in Europa forma il tema
delFopera del Merzario. L*A. ha spogliato tutti i documenti e tutte le
pubblicazioni anche le più comuni, in cui vi fosse traccia di quei
maestri e delle opere loro. 11 lavoro torna molto utile per questo grande
lavoro di spoglio, ma lascia assai a desiderare come composizione di
un'opera.
Storia della scultura. — Medarse Cappelletti, Di Matteo CM-
tali scultore e architetto Lucchese. Lucca, Baroni, 1893, con illustra-
zioni. — Per l'inaugurazione in Lucca del monumento a Matteo Givi-
tali» il nostro Autore volle compilare un libretto, per cosi dir, popolare
alla portata di tutti, che dicesse soltanto chi fu Matteo Givitali e che
segnalasse le opere sue. Modesta l'aspirazione : ma la diligente ed amo-
rosa cura ha prodotto un pregevole e dotto lavoro.
Charles Yriarte, Journal d'un sculpteur /torentin au XV siède^
Ltcre de souvenirs de Afoso di Bartolomeo dit Masaccio. Paris, Rot-
schild, 1894, con illustrazioni. — Nel pubblicare due libretti di anno-
tazioni e di spese, dello scultore Maso di Bartolomeo, l'Yriarte ci dà
una pagina viva della esistenza e delle relazioni di un artista toscano
del Rinascimento, nel mentre getta nuova luce su varie opere impor-
tanti di quello splendido periodo.
Augusto Guidini, Vincenzo Vela. Como, Ostinelli, 1893, con illu-
strazioni. — É tutto un inno di caldo entusiasmo all'illustre scultore
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STORIA ARTISTICA 337
di Ligornetto. Non mancano però le notizie ed I dati storici per se**
goirne la formazione e la parabola artistica.
CaMogo delle opere dello scultore Ercole Rosa, vendute all'asta
in Roma nel marzo i894. Roma, Tip. Goop. Ed., 1894, con illustra-
zioni. — Questo catalogo viene a costituire uno dei pochi e rari ma-
teriali per lo studio sulle opere di Ercole Rosa, al quale spetta un
posto eminente neirarte italiana dei tempi nostri*
Storia della pittura, del disegno e dell'incisione. — Egqbne
MiJNTz, La mosaique chrètienne 'pendant les premters siècles. L La
Techmque. IL La mosaique dans les catacombes, Paris, 1893, con
illustrazioni. — Llnstancabile storico deirarte italiana ha composto
uno studio di molto pregio ed utilità sul musaico di smalti o paste, di
smalto o cubi di vetro, nei periodo deirarte cristiana, rannodandolo
alla tecnica ed airarte romana, dimostrandone la continuazione e lo
svolpfimento.
Georges Lafenestre et EaaÈNE Rightenberobr, Le musée no-
tional du Louvre. Paris, Quantin, Imprimeries réunies, s. d.. con il-
lustrazioni. — L'egregio conservatore del Museo del Louvre, coadiu-
vato dal signor Richtenberger, ha intrapresa una serie di cataloghi
descrittivi (catalogues raisonnés) delle opere di pittura in Europa, e
non solo dei dipinti raccolti nei grandi Musei ma anche di quelli delle
raccolte minori. Egli ha incominciato dalla Francia, dal Museo del
Louvre. Il metodo seguito nella descrizione e negli appunti critici, mi
pare pratico ed adeguato allo scopo. Nelle sue conclusioni^ il Lafenestre
procede con prudenza, si trattiene dairabbandonarsi ad idee proprie,
personali.
Franz Bole, Sieòen Meisterwerhe der Molerei mit efner prtncU
piellen Srórterung iiber den EinfltMs des Christentàums auf die
Kunst Bri&en, Weger, 1893 (con illustrazioni). — L*A. che è profes-
sore di teologia, svolge anzitutto la sua dissertazione intorno alla in-
fluenza del cristianesimo sulFarte e poi applica i suoi principi allo
studio dei seguenti dipinti: < 11 trionfo della religione nelle arti » di
Federico Overbeck, « 11 trittico > di Uberto Van Eyck, « La Gena » di
Leonardo da Vinci, « La disputa del sacramento » di Raffaello, < Il pa-
radiso » del Diirer, < Il giudizio universale » di Michelangelo ed « Il
giudizio universale » di Gornelius.
Etienne Beissel S. J., Miniatures chotsies de la bibliothèque du
Vatican documents pour une histoire de la minialure, Freiburg i.
B. Herde, 1893, con tavole. — L'A. studia nelle miniature la storia della
pittura medievale e commenta una serie di miniature di codici della
Bibl. Vaticana. Segnalerò: la II parte e la IV, dedicate alle miniature
eseguite in Occidente dal VII air XI secolo e poi dall' XI al XIV; la
V' per le miniature dal XV al XVI secolo.
Silvio Marco Spaventi, Pisanus Pictor. Vittor Pisano detto Pi-
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338 NOTE BIBLIOGRAFICHE
sanello, pittore e medaglista della prima metà del secolo XV. Ve-
rona, Pozzati, 1892. — L'A. ha compendiato con molta erudizione e cri-
tica quanto oggi gli studiosi hanno chiarito sul celebre Pisaneilo. In
poche pagine trovasi raccolto quanto oggi sappiamo delia vita e delle
opere dell^artista e son citate le fonti e le pubblicazioni. Il lavoro dello
Spaventi è certo uno dei migliori che vanti la storic^rafia artistica di
questi ultimi anni in Italia.
Hermann Ulmann, Sandro BotticeUi. Miinchen, Bruckmann, 1894,
con illustrazioni. — L*A. abbraccia tutta Topera artistica del Bottìcelli,
ne studia criticamente le opere, determinando pure le loro date. L'opera
è altamente pregevole. Egli, nella introduzione, analizza la origine a^
tistica del BotticeUi ; poi studia i suoi lavori giovanili, indi raffresco
in Ognissanti a Firenze e le opere analoghe di stile; passa alle sue
pitture murali nella cappella Sistina ; e successivamente al periodo se-
guente e finalmente alla fase in cui subì Tinfluenza di Savonarola ed
alle sue ultime opere. È un peccato che una monografia di tanto va-
lore sia stata pubblicata cosi modestamente.
Giovanni Piumati e Carlo Ravaisson Mollien, I manoscrUU di
Leonardo da Vinci. Codice sul volo degli ticcelli e varie altre materie,
pubblicato da Teodoro Sabachnikoff, trascrizione e note di G. Piu-
mati e G. Ravaisson Mollien. Parigi, Rouveyre, MDGGCXGIII. — Dopo
la pubblicazione dei codici leonardeschi di Parigi e quello della Tri-
vulziana ed in attesa della pubblicazione del gran codice Atlantico, è
venuto il turno di quelli minori ed i benemeriti e competenti signori
Piumati e Ravaisson Mollien aprono questa nuova serie col codice o
taccuìno del piccolo codice Sabachnikoff. Nella prefazione gli autori ne
ricordano le vicende, appartenne a Leone Leoni in Milano, indi a Ga-
leazzo Arconati che lo diede alFAmbrosiana, trasportato a Parigi, fu poi
rubato dal Libri, acquistato dal conte Manzoni di Lugo, alla sua morte
passò in proprietà del sig. T. Sabachnikoff. — Dedicato quasi intera-
mente allo studio meccanico sul volo degli uccelli, oltre a molti schizzi
di uccelli di apparecchi meccanici, ecc., contiene pure altre note e
nella copertina di cartone alcuni disegni architettonici. Da uno degli
appunti, risulta che risale airanno 1505.
Emilio Motta, Amibrogio Preda e Leonardo da Vinci (nuovi do-
cumenti). Milano, Bortolotti-Rivara, 1894. — Il eh. bibliotecario della
Trivulziana e vice-segretario della Società storica lombarda ha rinve-
nuto neir Archivio di Stato di Milano un documento di grande impor-
tanza e lo ha pubblicato neir Archivio storico lombardo, facendone poi
alcuni estratti. È una supplica al Duca, di Giovanni Ambrogio De Predis
e di Leonardo da Vinci, i quali si lagnano che gli scolari della Con-
cezione di San Francesco avessero voluto stimare il quadro di Nostra
Donna fatto ad olio da Leonardo, solo 25 ducati, e chieggono o
la differenza del prezzo o la restituzione del dipinto. 11 dipinto è senza
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STORIA ARTISTICA 339
dubbio la Madonna delle Roccie, e dal documento si può dedurre che
al dipinto originale ora al Louvre venne sostituita la copia di scuola
0 bottega ora a Londra, si deduce pure della collaborazione del De Predis
forse ai due sportelli laterali (angioli musicanti) conservati in Milano
dal Duca Melzi. Il Motta aggiunge altri documenti interessanti sui
De Predis.
Gustavo Frizzoni, / capolavori della Pinacoteca del Prado in
Madrid (Estratto ^\V Archivio storico delCarte, Anno VI, Fase. Ili,
IV e V). Roma, Un. Ck)op. Ed., 1893, con illustrazioni. — Lo studio
crìtico del Frizzoni abbraccia le varie scuole accolte nella celebre pi-
nacoteca spagnuola. Segnalerò i capitoli: V, i pittori italiani della scuola
veneta ; VI, i lombardi, i parmigiani, i toscani ; VII, Raffaello e la sua
scuola. Notevole la sua osservazione sulle relazioni stilistiche tra 1
pittori lombardi del XYII secolo.
P. MoLMENTi, Carpaccio, Son temps et son oeuvre. Venise, Ongania
et Fontana, MDCCGXGIII, con illustrazioni. — L'A.. ci pfesenta un
quadro vivace della vita e delle opere di Vittore Carpaccio, avvilup-
pandolo per cosi dire neirambiente del tempo suo, studiando le con-
dizioni sociali ed intellettuali e le condizioni dell'arte veneziana aire-
poca in cui si formò il grande artista. A questo lavoro è annesso un
atlante di quindici fotografie di opere del Carpaccio.
D' V. Botteon e D"^ A. Aliprandi, Ricerche intomo alla vita e alle
opere di Giambattista Cima. Conegliano XVII Settembre MDCCCXGIII,
Tip. Cagnanì, con tre tavole. — Non potendosi solennizzare il cente-
nario della nascita nò quello della morte di Cima da Conegliano ce-
lebre pittore, i Coneglianesi pensarono di festeggiare nel 1893 il cen-
tenario di una preziosa e cara opera di lui che ancor si conserva
nella chiesa arcipretale di Conegliano. Ed il parroco Rev. Don Vin-
cenzo Botteon ed il Dott. Antonio Aliprandi pubblicarono questo utile
volume, nobile monumento al celebre pittore, nel quale diedero parecchi
documenti inediti, e Telenco descrittivo di tutte le sue opere. Il pre-
gevole lavoro toma utile contributo alla storia della pittura veneziana
oltre che dell'artista.
Gr. Pasolini-Zanelli, Un cavaliere di Rodi ed un Pittore del se-
colo XVL Treviso, Tip. Nardi, 1893, con illustrazioni. — Il Cavalier
di Rodi è Sabba Castiglione, 11 pittore trevigiano Gerolamo Pennacchi.
Orìgine di questo lavoretto fu raffresco della « Santa Conversazione col
Cavalier di Rodi > inginocchiato, che il Pennacchi dipinse nel 1533 nel-
Tabside della chiesa della Magione presso Tantica dimora dei cavalieri
gerosolimitani in quel di Faenza. Il lavoro però, per quanto si riferisce
alla storia dell'arte, richiama è vero Tattenzione su quella ed altre
opere del Pennacchi, ma non ha altra importanza, è uno zibaldone di
molte notizie e nulla più.
Giuseppe Zippel, Andrea Pozzo (Estratto dalla Strenna Trentina
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340 NOTE BIBLIOGRAFICHE
Letteraria e Artistica) (Anno IV). Trento, Giovanni Zippel ed., 1893.
— Del pittore Andrea Pozzo, deirordine dei Gesuiti (1642-1709), Tà.
valendosi di una biografia inedita dettata da Francesco Baldinuocì, e
di alcuni altri scritti, ha composta molto bene una biografia ed una
rassegna generale delle sue decorazioni murali prospettiche. Analizzati
gli elementi artistici che possono aver concorso alla di lui forma-
zione, lo Zippel, tocca brevemente ma con buona critica della opera
del frescante in Lombardia, in Piemonte, in Roma, nella natia Trento
ed a Vienna. L*A. chiude conflitando felicemente un'affrettata asser-
zione del Gurlitt suir influenza dell'arte tedesca sul nastro artista.
L'aver scritto l'A. questa breve monografia per una strenna letteraria
ed artistica spiega la sua forma letteraria, riassuntiva quasi di amena
conferenza, ed a buon proposito sono venute le note storiche, biblio-
grafiche e dichiarative, che egli vi ha fatto seguire. L'A. dimostra di
aver la stoffa per comporre una buona monografia critica ed illustrata
intomo a questa gloria artistica italiana del seicento.
Luisa Anzoletti, Epistolario artistico di Luigi Musstni colla vita
di lui. Siena, Gatti, 1893. — Luisa Anzoletti ha pubblicato l'epistolario
del pittore Luigi Mussini, morto pochi anni sono, e vi ha aggiunto la
vita di lui. L'epistolario sarà letto con intei*esse da quanti ricordano
i suoi scritti d*arte ed il volumetto di palo in frasca, dettati con ge-
nialità e con garbo tutto toscano. La biografia della signora Anzoletti
è però alquanto prolissa.
Paul Kristeller, Sulle origini delT incisione in rame in Italia
(Estr. Arch. st. arte VI, 6). Roma, Tip. Goop. Bd., 1894, con Illustra-
zioni. — Questo succinto studio del Kristeller ha una importanza che
ben può valutarsi in ragione inversa. In poche pagine con sobrietà
scientifica, con critica d'acciaio, egli stabilisce nuove basi e porge do-
cumenti certi, per la vera storia delle origini e dello sviluppo dell'in-
cisione in rame italiana, e dimostra come essa siasi originata indipen-
dentemente dalla tecnica del Niello e quindi anteriormente alla pretesa
scoperta di Maso Finiguerra.
Storia delle arti decorative ed industriali. — Pierre d'HoNDT,
Venise. Vari de la Verrerie. Hisioire et f'abrication. Librairie cen-
trale des beaux arts, Paris, con illustrazioni. — L'A. ha compilato con
chiarezza un sunto della storia dell'arte del vetro in Venezia, e di
tutte le sue applicazioni dai musaici grandiosi alle modeste conterie.
Lo scopo essenzialmente didattico del lavoro mi pare raggiunto. Tro-
verei però il caso di far un appunto alle illustrazioni, dal momento
che l'A. volle far un libro didattico. Le illustrazioni dovrebbero essere
più numerose e seguire anche con una classificazione cronologica per
dimostrare lo svolgimento della forma, e tra le illustrazioni dovevan
esser accolte anche le riproduzioni veneziane di tipi copiati dagli og-
getti antichi.
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STORIA ARTISTICA 341
SvEN SòDERBERG, Ou Diuromamentiken under folhvaudringsiiden
(Antiquarisk Tidshrift fór Sverige Del il, Nr. 3). 1893. — L'egregio
prof. Sóderberg promette la pubblicazione francese del suo studio sulla
decorazione dei pòpoli invasori delllmpero romano e farà opera uti-
lissima perché è dalla fusione dell'arte degli invasori (già originata
dal contatto coi Greci e coi Romani) coH'arte locale, che si formò nel-
l'Italia, specialmente nell'Italia settentrionale al contatto dell'arte bi-
zantina, l'arte bizantino-lombarda.
Storia della musica. — Il sig. Antonino Amore nel 1891 aveva
pubblicato un volume Vincenzo Bellini, Arte, che fu lodato dalla
stampa italiana e forestiera. In un secondo (di pagine 480) Vincenzo
Bellini, Vita (Catania, Niccolò Giannetta, 1894), l'egregio scrittore mirò
a ritrarci le peripezie di quella breve vita, attingendone le notizie
alle fonti più autorevoli, cioè alla testimonianza dei parenti e degli
amici, all'epistolario pubblicato dal Florimo, dal Salvioli, dal Pepoli,
e alle numerose lettere inedite poste a sua disposizione dall'avv. Fran-
cesco Ghiarenza Astor. L'attenzione dell'A. si rivolse con partlcolar
cura a ricercare gli amori del Bellini, sopratutto ad illustrare la bionda
ed eterea fanciulla, Maddalena Fumaroli, che fu presa di forte
amore per lui e dall'amore disfatta. Della dolce e malinconica figura
della giovinetta l'A. ci fornisce pure in capo al libro un'eccellente
incisione. Il volume, a dir vero, ò un po' ingrossato da frequenti di-
vagazioni, e da quattro capitoli interi (funeralia, translazione, attra-
verso l'Italia, apoteosi), che più non concernono la vita del Bellini ;
ma rimane sempre una biografia scritta con buoni elementi storici e
con amore di artista. Dall'epistolario, ricco di 53 lettere di Vincenzo
Bellini e di molte altre a lui dirette, traspare sempre meglio la fisio-
nomia intelligente, semplice e buona del grande maestro catanese.
Col modesto titolo: Una lettera di Vincenzo Bellini il sig. F. Palaz-
zolo-Drago pubblica (Palermo, Tip. < Lo Statuto », 1893) un opuscolo
di qualche interesse per la storia della letteratura e dell'arte nel nostro
secolo. La lettera è del 6 ottobre 1832, diretta a quel Filippo Santo-
canale, amicissimo del gran maestro, cui sono indirizzate tante altre
della raccolta del Florimo. Dalla medesima è risolta una delicata que-
stione : il dissidio tra Felice Romani ed il Bellini in seguito all'insuc-
cesso della Beatrice di Tenda a Venezia il 16 marzo 1833. Poeta e
musico si rimproverarono reciprocamente l'insuccesso, rigettandosene
Tun l'altro la colpa ; il Romani affermava che il Bellini gli aveva dato
tardi come soggetto la Cristina di Svezia, poi mutatolo ancora in
Beatrice di Tenda, facendogli sacrificare il già fatto. La lettera del
Bellini or pubblicata dal P. conferma appunto la versione del Romani
(Giulio Glarotti).
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SPOGLIO DI PERIODICI
nazionali ed esteri (i)
ARCHIVIO DELLA R. SOCIBTÌ ROMANA DI STORIA PATRU (Roma)L
XVI, 34, 1893. — Calisse (C), Documenti dei monastero di San Salvatore
8ul mante Amiata riguardanti il territorio romano (secoli VIIZ-XII) [Ora nel-
TArchivio di Stato in Siena. Senza fare un commento speciale, inizia nn piccolo
regesto delle carte amiatine in relazione colla storia giuridica del territorio romano.
Delle prime XYII (736-812) già pubblicate dal Branetti, e Codice diplomatico to-
scano », dà una semplice indicazione, altre trenta (819-1011) pubblica integralmente.
Cont.]. — Manfroni (C), La lega cristiana nel 1572 con lettere di M. Antonio
Colonna [Studiando il noto voi. 3439 dell'Archivio Vaticano, e Armata e diveni
dltalia > (1572), già usato dal Theiner e da altri, vi spigola notizie intorno agli
screzi fra i collegati e alle arti degli Spagnoli par impedire che si ricavassero frutti
dalla vittoria di Lepanto. Compare sotto una luce nuova la figura di M. A. Colonna.
Cont.]. - Pagnotti (F.), Relazione di una nunziatura in Savoia (1624162Ì)
scritta da Bernardino uampeUo, uditore del nunzio a Torino [L'epistolario inedito
del C. porge preziose notizie degli aflfari delle nunziature di Torino e Madrid e del
governo del ducato d'Urbino, cui prese ^arte il C. Dà il testo della relazione più
importante, quella finale che scrisse al ritomo della nunziaturar di Savoia. I pro-
cessi dell'autorità civile sulla ecclesiastica nei primi anni del secolo XVII, in cui
Carlo Emanuele I cercò di ri&rsi delle usurpazioni della potestà ecclesiastica nei
primordii del suo regno, resero importante la missione del C.]. — Varietà: Kob-
tieolo (G.), H codice Marciano DCI della classe VII dei manoserittì itaUani
[Non contiene alcuna lettera di papa Gregorio II. Cfr. Arch. Stor. Rom., XVI]. —
Ò» M.* Intorno al codice Barberini XXXII, 126 [Fa qualche riserva alPinda-
zione ael Simonsfeld (e Arch. Ven. », XIV, 77 e 117, 1877) intomo a tale codice e
dà qualche notizia complementare sulle cronache venete, che vi si contengono]. —
9. M., Un Mcenno alla storia di Boma negli antichi capitolari veneziani deUe
arti (1219-1330) [Nel capitolare dei mereiai, intorno alla celebrazione delle feste].
— Lancianl (R.), La riedificazione di Frascati per opera di Paolo III [Noovì
particolari, specialmente sulla topografia e sul piano finanziario immaginato per la
esecuzione del piano regolatore, si ricavano dal voi. IX * Filzarum * deirArehivio
Storico Comunale]. — Atti della Società.— Bibliografia: Merkel (C), A. Luzio-
R. Renier, Mantova e Urbino, Isabella d^Esie ed Elisabetta Gonzaga neQe réhr
zioni famigliari e nelle vicende politiche. Torino, Rouz, 1898 [Favorevolissimo]. —
0. T., M. Schipa, Un preteso dominio pontificio in Napoli. Dubbi sulìa fede del
registro dei censi della Chiesa romana. Napoli, tip. deirUniversità 1893 [Favorevole].
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO (Milano).
S. 2% XX, 4, 1893, 31 dicembre. — Botondi (P.), GU Insubri [Introduzione di
una inedita e Storia di Milano ». Sulla scorta di Tito Livio, Polibio, ecc., rifa la
storia della invasione e dello stanziamento dei seguaci di Belloveso e degli altri
Galli, della fondazione di Milano e delle vicende del popob fino alla oonqnìsta ro-
mana. I costumi dei Galli poi detti cisalpini furono rozzamente semplici, finché vis-
ad alt
L*abbondanza della materia ci obbliga a rinviare lo spoglio di molti periodici
ìtro fascicolo, ma sarà breve Tattesa, perchè speriamo cu poter pubblicare il &-
sdcolo 3* in agosto. (La Direzione).
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SPOGLIO DJ PERIODICI ITALIAN 343
aero indipendenti ; il loro ordinamento domestico e sociale dovette somigliare a qaello
dei e clan » scozzesi, la religione non fa la drnidica, ma non si pnò determinare
qnal fosse]. — Agnelli (G.)* Becìamo dei Lodigiani contro Piacema ai rettori
aeUa seconda lega Lombarda per la giuriadisione alla corte di Fornàio [Sporto il 5
novembre 1227, e rogato in una pergamena dal notaio Alghisio Leve, rinvenuta
neirArchivìo Vescovile. Contesta ai Piacentini il diritto di erigere nn ponte ed una
strada in oorte di Fombio, ma non solleva eccezioni salla vendita della corte stessa,
avvenuta poco prima, sebbene fosse stata contraria agli statuti lodigiani, forse per
le gravi condizioni economiche in cui allora versava Lodi]. — Gaddi (L.), Per la
aicria détta legiakunone e déUe ietitunoni mercantili lombarde [Cont. il regesto dei
documenti dal 1454 al 1516. In appendice e T indice delli esempi altre volte pra-
ticati per ben governo del mercimonio della città di Milano > (1600 ?)]. — Varietà:
Ferrai (L. A.)i H matrimonio di Ennodio [Contro al Vogel sostiene che E. sposò
Speciosa]. — GhinsoBi (P.), Alcune raippresentaeùmi in Italia nel sec. XV [k com-
Slemento delle notizie date nelPc Arch. Lomb. », XIV, 4, 1887, e di quelle fornite
al D'Ancona, dà ragguagli intomo ad altre rappresentazioni del 1449, 59, 75, 82
e 90, desunte da documenti deirArchivio milanese]. — Ghinzoni (P.), Cferolamo
Oìgiati e i suoi denungiatari [In seguito alla grida del 30 dicembre 1476 il De la
Flore, presso cui TO. aveva trovato asilo, lo denunziò]. — Storia ed arte:
lotta (E.), Ambrogio Preda e Leonardo da Vinci [Documenti inediti provano le
relazioni artistiche corse tr& il P. e Leonardo, di cui si era dubitato finora anche
dal Morelli, ed illustrano i lavori del P. al servizio di Massimiliano I e la storia
delFarazzeria lombarda]. — Bibliografia: Ferrai (L. A.), W. Leneì, Studien eur
gesdUclUe Mur Paduas und Veronas in Dreizehnten Jahrundert Strassburg, 1893
[Favorevole]. — De Castro (G.), Colombo, Jolanda duchessa di Savoia, Torino,
stamp. Beale, 1893 [Favorevole]. — D. C», Biundi, Di Giuseppe La Farina e del
Bisorgimento italiano dai 1815 ai 1893. Palermo-Torino, Clausen, 1893 [Favorevole
con appunti]. — D. C.^ Lepetit, La compagnia dei Caravana. Genova, 1893 [Fa-
vorevole]. — C. V.y A. Luzio, R. Renier, Mantova e Urbino. Isabella d'Este ed
EUsabetta Gonzaga [Favorevole].
ARCHIVIO STORICO DELL'ARTE (Roma).
VI, 3, 1893, maggio-giugno. — Supino (I. B.), 1 maestri d^intagUo e di tarsia
in Ugno neUa prùncufiale di Pisa [Correggendo il Vasari, dà notizie più sicure in-
tomo ai lavori di Giuliano da Maiano, Domenico di Mariotto, Giuliano di Salva-
tore, Michele Spagnuolo, Cristo&no d'Andrea da Lendinara, Francesco di Giovanni
da Firenze, Baccio di Fino Pontelli, Giovanni di Bartolomeo d'Antonio di Vanni,
6. B. del Cervelliera]. — Frizzoni (G.), I capolavori détta Pinacoteca del Prode
m Madrid [Parla di pittori spagnuoli ma con frequenti richiami all'Italia. Cont.].
— Errerà (C), Avansi di architettura medioevale in Sa^Ua Maria Maggiore
(VàOe Vigejsto) [Una colonna non posteriore al 1000, altri frammenti delrXI o
III secolo]. — Sehmargow (A.), Nuovi studi intomo a Micheloeeo [I suoi lavori
a Ragusa, e particolarmente quelli del palazzo rettorale. Cont.]. — Nuovi docu-
menti: Supino (I. B.), I maestri d'intaglio e di tarsia in legno netta primaeiale
di Pisa. — Supino (I. B.), La lampada di GaMleo [Non è propriamente del Pos-
santi, ma di Battista di Domenico Lorenzi]. — Venturi (A.), / due Dossi [Cont.
i documenti]. — Recensioni: 0.^ E. Mtlntz, Histoire de tart pendant la Be-
naissance. Voi. II: ItaUe, Vàge dor. Paris, Hachette, 1891 [Favorevole].
4, luglio-agosto. — Beltrami (L.), La chiesa di Santa Maria delle Grane in
Milano [Nessuno dei monnmenti milanesi presenta una testimonianza così evidente
del rapido trasformarsi dell' architettura della seconda metà del secolo XV. Lo di-
mostra anche la storia della chiesa, rifatta dal Beltrami con nuovi documenti]. —
Schmarsow (A.), Nuovi studi intomo a Michelosso [M. a Montepulciano, il mo-
numento Aragazzi nel duomo di M. e la porta della chiesa di Sant'Agostino]. —
Fontana (P.), Il BruneUeschi e Tarchitettura elaesica [Non dalle rovine di Roma,
dove forse non fece il soggiorno voluto dal Manetti, ma dalle fabbriche medievali
della Toscana il B. tolse il suo stile]. — Frissonl (G.), I capolavori della Pina-
coteca del Prado in Madrid [Cont. Illustra le opere dei pittori italiani, special-
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344 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
mente della Bcnola veneta]. — Nuovi doonmenti: Preintti (O.), Cagiel Sant'An-
gelo^ via Alessandrina e adiacenee [Docnmenti Tatioani]. — MieeeOanea.
b, settembre-ottobre. — Friiioni (O.)* I eapoìavari deUa Pinacoteca del Prado
in Madrid [Gont. La scnok lombarda tì è assai poveramente rappresentata; v'd
invece di notevole due Correggi, parecchi Parmigianini, un Bronzino eec. Ma vanto
maggiore della Pinacoteca, che il F. trova an pò* esagerato, sono dieci quadri
ascrìtti a Raffaello, che però, secondo il F., sono piuttosto della sna scuola]. —
Svpino (I. B.), Due Madonne attribuite a Giovanni Pisano [Una in avorio cu-
stodita nell'armadio delle argenterìe della sagrestia del Duomo, Taltra in marmo già
sulla gufflia centrale della chiesa della Spina, ora al Camposanto. La prima sola
ritiene di Giovanni, Taltra di Andrea Pisano]. — Malagoli (G.), NoUsia storica
intomo ad una scuHura dei Canova in LocMr^ [Cenotafio Tadini, collocato nel 1821].
— Yesme (A. di). I Van Loo in Piemonte [Rifa la storia e la genealogia della
numerosa &miglia dei V., d*orìgine olandese, passata in Francia, poi in Piemonte.
Rettifica con molti documenti degli archivi piemontesi gravi inesattezze e lacune
dei biografi anteriori, passando in esame le opere attribuite ai Y. nella Pinacoteca
torinese ed altre opere sparse nei castelli reali e nelle chiese piemontesi]. — Nuovi
documenti: Malagoli (G.), Intorno ad una scuUura del Canova in Lovere
[Lettere inedite del Canova al Tadini]. — Snpliio (I. B.), Oli angioli di Griovan
Bologna nel duomo di Pisa [Ricevute e conti estratti dall* Archivio del Capitolo].
— U. F.y Efcole Rosa [Necrologia del noto scultore contemporaneo].
6, novembre-dicembre. — Harek (F.), Quadri italiani nelle gallerie private di
Germania [La collezione Sigmarìngen. Contiene tra gli altri un bellissimo Fra An-
gelico e un piccolo Correggio]. — Krlsteller (P.), Sulle origini deWincisione in
rame in Italia [Fu indipendente dalla tecnica del niello e si svolse nei primi del
secolo XY forse per opera degli orefici]. — Fabricsj (B. de). Studi e memorie
riguardanti Parte italiana pubblicati nel 1892 nelle principali riviste di storia
delTarte in Germania [Diligente spoglio bibliografico]. — Yentnri (A.), Nelle Pi-
nacoteche minori cTItaKa [Furono sinora trascurate ma possono dare materiali pre-
ziosi alla storia deirarte. Esamina quadri e sculture della galleria di Faenza, della
Accademia di Ravenna, della collezione Manfredini nel Seminario a Yenezia, del
museo di Padova, della galleria Loschi di Yicenza, della galleria di Rovigo, isti-
tuendo vari raffronti]. — Snpino (I. B.), I pittori e gli scultori del RinasàmmUo
neUa prinuuiàle di Pisa [Larga illustrazione dei capolavori del Duomo di Pisa con
documenti dei registri dell* amministrazione dell' opera]. — Recensioni: 6. F.^
8. M. Spaventi, Vittor Pisani detto Pisanello, Yerona, tip. Pezzato, 1892 [Favo-
revole]. — GoataTO F., Italian painters, by G. Morelli; The Chlleries of Mu-
nich and Dresden, trad. C. J. Foulkes. London, 1893 [Favorevole].
YII, 1, 1894, gennaio-febbraio. -- Malagniii Yaleri (F.), La coUesiane deSe
miniature deWArchivio di Stato di Bologna [Per quanto non presentino Tinteresse
dei codici miniati fiorentini o ferraresi, ha valore perchè esclusivamente bolognese
e in stretta relazione colla storia dello studio e della dttà]. — Sopino (I. B.), ZI
' trionfo della morte * e *il giudisio universale * nel camposanto di Pisa [Gli at-
tribuisce al Traini, dopo confronti istituiti oon altre opere certe di lui, rìlevandori
la mescolanza della maniera fiorentina e senese ed i pregi che lo fecero diventare
il miglior artefice fiorito a Pisa nel sec. XIY]. — Frluoni (G.), Capolavori nuo-
vamente illustrati [I disegni delle teste degli Apostoli nel ' Cenacolo ' di Leonardo
da Yinci]. — Ulmaim (H.), Il modello del Verrocchio per il riUevo del dossale
d'argento [Neiropera del Duomo di Firenze. Il modello è posseduto dal De Eper-
jesj]. — Nuovi documenti: Yentnri (AA Documenti [Relativi al Tura, a Mi-
chele dello Scalcagna, al Yerrocchio, a Guido Mazzoni, a Pellegrino Mnnari, al
Beccaccino, ad Antonio Lombardi, a Cristoforo Solari]. — Beltrami (L.). Anto-
nello da Messina chiamato alla corte di Galeaszo Maria Sforza [Nel 1476].
ARCHIYTO STORICO ITALIANO (Firenze).
S. 5*, XX, 3, 1893. — Corallini (G. 0.), Due lettere intercettaU dai Died di
JSoAa nel febbraio del 1384 (s, f.) [Rivelano un ultimo tentativo, finora ignoto^
dei fuorusciti che avevano &tto parte coi Ciompi per riacquistare la patria, svei-
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 345
tato dai Dieci di Balìa e provano il valore politico di Michele di Landò, cui non
avrebbero fatto capo i fuorusciti, se fosse stato uomo da poco, come vogliono mo-
derai storici]. — FabriCKj (A. di), lì codice deW anonimo Gaddiano (cod. Ma-
gUabeckiano X VII^ 17) nella BibHoteca Naeionah di Firenze [Comincia la pubbli-
cazione della parte concernente gli artisti italiani del noto testo^di tanta importanza
per la storia deirarte, con criteri diversi dal Frey che se ne occupò recentemente
6 perciò vi premette una lunga introduzione in cui, fatta la storia del codice,
indaga la personalità letteraria deir autore, che ritiene uomo di molta coltura e
di erudizione abbastanza estesa, ma con poca indipendenza di giudizio critico e
scarso gusto e intendimento artistico; di lui come uomo non si può sapere altro
se non che era certamente fiorentino e compilò la sua raccolta circa la metà del
500, dopo il *42 e prima del '48: e finalmente ne ricerca le fonti che sono in
particolare il ' Libro ' del Billi ed il * Commentario ' del Ghiberti ; altre di minore
importanza è difficile riconoscere]. — Comba (E.), Cenno suOe fonti deVa storia
dei Valdesi [Ricerca obiettiva delle fonti valdesi da Valdo (Valdez o Valdesio) in
poi, che permette à\Vk. di accennare mano mano alle molte questioni storiche, re-
ligiose, glottologiche, filologiche, ecc. cui il piccolo popolo delle Alpi diede origine
ed alle relazioni sue colle altre eresie del Medio Evo e cogli altri popoli evangelici
nell'età moderna]. — Aneddoti e varietà: Bossi (G.), Un vescovo scismatico
dèOa chiesa ventimigliese [Nuovi documenti permettono di ricostituire la serie dei
rescovi cattolici e scismatici di Yentimiglia e espello durante lo scisma d'Occidente
e di aggiungere tra gli scismatici Zaccaria Degna (1491)]. — Sforea (G.), Lo sto-
rico Cammwo Porzio e Alberico I Cyho Maktspina principe di Massa [Pubblica
lettere del principe allo storico (1570-72) che illustrano la vita del P.]. — Ras-
segna bibliografica: <j(abiaiil (N.), La chiesa dei 88. Apostoli in Asti, Me-
morie raccolte dal can. C. Vassallo. Asti, Brignolo, 1892. In-16s pp. 429 [Favore-
Tole]. — Bicchierai (J.), G. C. Carraresi, Le origini di Montevarchi e delta sua
chiesa maggiore studiate sopra alcuni autentici documenti dei secoli XIII e XIV.
S. Giovanni Valdamo, tip. Righi, 1892 [Favorevole]. — Bondoni (G.), Il monte
dei Paschi di Siena e le aziende in esso riunite. Note storiche raccolte e pubbli-
cate per ordine della Deputazione e a cura del presidente conte Niccolò Piccolomini.
Voi. 4. Siena, tip. Sordomuti, 1891-93 [Favorevole]. — Papaleont (G.), A. Win-
ckelroann, Der Eomzug Buprechts von der Pfàtz nebst QuéUen beitragen, Inns-
bruck, Wagner, 1892. In-8o, pp. vi-146 [Favorevole]. — Sanesi (G.), Documenti
di storia perugina editi da Àriodante Fabretti. Voi. IL Torino, coi tipi privati del-
l'editore, 1892. In-16«, pp. 111-283 [Favorevole]. — Ferrai (L. A.), NurUiaturbe-
richte aus DeutscMand nebst ergdnzenden Artenstucken, 1* Parte (15331547).
Gotha, Perthes. 1892 [Favorevole]. — Saltini (G. E.), L. Staffettì, Giulio Cybo
Malaspina marchese di Massa. Modena, Vincenzi e nipoti, 1892 [Favorevole con
qualche appunto]. — Marzi (D.), Urkunden und AktenstUcke sur Geschichte der
m der heutigen Provinz Posen vereinigten ehemals pólnischen Landesieile in lUi-
ìiemschen Archiven und BibUotheken vomeìhlich dem Vatikanischen Archiv gè-
sammelt und herausgegeben von dott. H. Ehrenberg. Leipzig. Veit, 1892. In-8*>,
pp. vin-700 [Favorevole con appunti]. — Gabiani (N.), P. Boselli, H ministro Val-
lem e Vambasciatore Dalberg nel 1817. Torino, stamp. Reale, 1893 [Favorevole].
— Necrologia: Paoli (C), Giuseppe Palmieri Nuti [1842-1892. Erudito senese].
4. — Nitti (F. di Vito), Di una iscrizione réUquiaria anteriore al 1000 [Su
una tavoletta di piombo, ora di proprietà Lisinì di Siena. In onore di S. Erminia ;
probabilmente dettata in provincia di Bari, tra il secolo IX e il X, e più facil-
mente nel X]. — Fabriczj (C. dei, Il codice deU* anonimo Gaddiano (cod. Ma-
gliabechiano XVII, 17) nella Biblioteca Nazionale di Firenze [Cont. Ageiange
al testo già dato un brano dello stesso autore sulle principali opere d^arte del Ri-
nascimento reperibili in Roma e sopra pitture della Certosa di Val d*Ema; ed altro
brano di altra mano in tomo ad opere d*arte delle chiese di Perugia, Assisi e Roma].
— Bazzoni (A.), Il cardinale Francesco Barberini legato in Francia ed in
Ispagna nel 1626'1626 [Nella fiarberiniana esistono molte corrispondenze diploma-
tiche importanti o curiose. Il B. studia la missione del card. Francesco Barberini
nel 1625 intomo agli afiari della Valtellina e la susseguente in Spagna per la pace
generale]. — Pippi (A.), La Società colombaria di Firenze nelCanno accademico
RiviMta Storica Italiana, II. 23
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346 SPOGLIO DI PERIODICI ITAUANI
1892-93 [Dà notizia delle letture fatte dai soci e pabblicate poi in yari perìodià,
Te Archivio Btorìco italiano ». la € Nuova Antologia », Te Archivio storico deirarte >
e ia la necrologia dei defanti]. — Aneddoti e Varietà: Sanesi (!.)• Di wi
incarico dato daUa BepubbUca fiorentina a Giovanni Vittani [Delimitazione di
confini fra Montemnrlo e le terre di Montale. ed Agliana, 21 loglio 1335]. -- Co-
tellaeoi (D.), Una invasione di lupi neUe viciname di Firenze nel 1553 [Doea-
roenti inediti che alludono anche a precedenti scorrerie di lupi]. — Corrispon-
denze: BAmoB CoelhOy Notùna deUa mostra nazionale portoghese nella Esposisione
Colombiana tenutaei in Madrid nel 1892 [Aperta coU'intendimento di mostrare la
parte che ebbe il Portogallo nello svolgimento della geografia nei secoli XY e XVI].
~- Rassegna bibliografica: Dina (A.), Giuseppe Corradi, Filosofia della storia.
Studio. Torino-Palermo, Clausen, 1893 [Premesso che e scrivere oggidì una filosofia
della storia è poco meno che un anacronismo », loda in alcune parti il libro]. —
Tocco (FX K. Mtlller, KirchengescMchte. 1 Voi. Freiburg i. B., Mobr [Favore
Tole]. — Papaleoni (6.), Dott A. Chroust, Tageno Ausbert und die * Histona
peregrinorum'. Drei Kritische Unierstéchungen sur Gesehickte des Kreuezugts
Friedrichs I. Graz, 1892 [Favorevole]. — Papaleoni (G.), A. Gottlob, Die pàpst-
lichen KreussugS'Steuern des 13 Jahrhtmderts, ihre rechthche Orundlage, pò-
litisehe OeschkMe und tecnische Verwaltung. Heiligenstadt (Eichsfeld), F. W. Cor-
diera 1892 [Favorevole con qualche appunto rispetto all' Italia]. — Bosa (6.),
Sant'Antonio di Padova e i suoi tempi (11951231) per E. Salvagnini. Torioo,
Roux [Favorevole]. — Santini (P.), I primi due secoli della storia di Firenze.
Ricerche di Pasquale Villarì. Voi. I. Firenze, Sansoni, 1893 [Favorevole]. — Ron-
doni (G.), Le cronache di GHovanni Sercambi htcchese pubblicate sui manoscritti
originali a cara di Salvatore Bongi. Voi. I, II e III. Roma, 1892 [Favorevole]. —
Gherardi (A.), Isidoro Carini, Appendice a2 tumulto de' Ciompi, Lettera di Do-
inemeo AcciaiuoU àQa Signoria di Firenze. SulT arresto e sidla morte del conte
di Carmagnola, Belasione inedita, Roma, tip. Vaticana, 1893 [Favorevole con ap-
punti]. — Fontana (P.), Illustrazioni storiche di alcune fabbriche fiorentine per
lodoco Del Badia. Firenze, Ferroni, 1876-93. In-folio [Favorevole]. — Ferrai (L. A.),
C. A. Cornelius, Die Qriùidung der Calvinischen Kirehenverfassung m Genf, 1541.
Munchen, 1893 [Favorevole]. -- Balletti (A.), P. Rigobon, la contabilità di staio
ìieUa repubblica di Firenze e nel granducato di Toscana, Girgenti, Montes, 1892
[Favorevole]. — Gianandrea (A.), G. Radiciotti, Teatro, mustea e musicisti in
SinigagUa. Notizie e documenti. Tivoli, tip. Maiella, 1893 [Favorevole].
ARCfflVTO STORICO PER LE PROVINCE NAPOLETANE (NapoU).
XVIII, 4, 1893. — Nunziante (E.), I primi anni di Ferdinando d:* Aragona
e ìinvasione di CHovanni d'Augia [Cont traendola dalle stesse fonti la narrazicoe
minuta dei fatti del 1459]. — Schipa (M.), Il ducato di Ntmoli [Dopo avene
esposte le vicende politico-militari si propone di studiarne le condizioni sociali. So-
pravvissero con poche modificazioni le distinzioni sociali lasciate dalPimpero romano,
valendo ad arrestare la dissoluzione sociale che avrebbe potuto produrre Tanarchia
bizantina. I documenti che ci rimangono permettono di intravedere come fosse am-
ministrato il ducato e qualcosa degli usi e costumi dei vari ceti. Cont]. — Ma-
resea (B.), Il cavaliere Antotuo Micheroux neHa reazione napoletana delTanno 1799
[Cont. Studia specialmente le istruzioni ministeriali e la condotta del M. in base a
queste]. — D., L'assedio di Capua nel 1734 [Pubblica una 'narrativa* inedita
di G. B. Battaglia, maestro di cappella del duomo di Capua e poi cappellano di
San Marcello. Sebbene il fatto non abbia grande importanza militare, la ' narrativa '
è interessante perchè dice più degli altri storici e con più colorito]. — Sogliano (A.)f
Miscellanea epigrafica napoletana. Contributo alla storia ed aUa topografia antica
di NapoU [Rilevata Timportanza delle moderne opere di risanamento per lo studio
della topografia di Napoli antica e biasimata Tincuria municipale, esamina le sco-'
porte epigrafiche: Tepigrafe di P. Plozio Faustino, interessante la storia della co*
stituzione municipale antica, e la storia imperiale in genere perchè rivela un nuovo
consolato. Cont.]. — Pércopo (E.), Nuovi documenti sugli scrittori e gli artisti
dei tempi aragonesi [Guido Mazzoni detto il Paganino al servizio degli Aragonesi
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 347
tra il 1489 e il 1492; Franceeco Galeota e il baron di Maro e le loro relazioni
poetiche].
ABCHIVIO STORICO SICILIANO (Palermo).
N. S., XVm, 3, 1893. — Naidi <L.), Gli studi danteschi in Sicilia. Saggio
storico bibliografico [Cominciato come rettifica ad inesattezze e lacune del Ferrazzi^
il lavoro ai convertì, avverte TA., in an piccolo manuale di letteratura dantesca
in Sicilia. Premette uno studio sulla fortuna di Dante nei vari secoli, non tale da
daie buon nerbo di commentatori e manoscritti, ma pur dimostrantB venerazione
pel sommo poeta, inteso spe»30 come simbolo d*italianità: segoe il saggio bibliogra-
fico, dove nelle varie categorìe si troyano, indicati da un asterisco, molti numeri non
conosciati dal Ferrazzi]. — Varietà: Gaardione (F.), Di alcune opere di Francesco
Maurolico e delia necessità d'una ristampa di esse [In occasione del IV centenario
da celebrarsi nel settembre *94. Non potendole ristampare tutte, almeno si ripub-
bUcbino le principali opere letterarie: « Sicanarum rerum compendium», il com-
pendio della « Cronica Sicula » di Simone Leontino, la « Istoria della ribellione dei
Siciliani a tempo deirimperatore Carlo V » e le poesiej. — BuUettino biblio-
grafico [Vi si tien conto delle seguenti pubblicazioni: « Appendice alle memorie
storiche di Aci Catena ecc. > di S. Bella; < Contributo alla storia patria. Ancora
Bolle origini di Aci » di V. Baciti Bomeo ; e Antonio Lanzetta e Rosa Donato nella
rivoluzione del 1848 in Messina » di F. Guardione ; e Per il IV centenario della
scoverta dell* America » : solenne adunanza della R. Accademia di scienze, lettere e
belle arti di Palermo; M. Basile, «Saggi di letteratura e politica»; V. Beltio,
« Notizie delle pia antiche carte geografiche riguardanti TAmerica che si trovano
in Italia >; G. Bonfiglio Piccione, «Sulla cantoria di Gio. Aurispa »; G. Melfi,
«La casa Ventura»; G. Chinigò^ «Di Guglielmo Capitelli e delle sue poesie»;
R. Starrabba, « Contributo allo studio della diplomatica siciliana ai tempi Nor-
manni»; «I Diplomi di fondazione delle chiese episcopali di Sicilia (1082-1093) »;
S. Randazzini, « Le consuetudini di Caltagirone e i diplomi dei re che le confer-
marono > ; G. Amalfi, « Tiberio a Capri secondo la tradizione popolare > ; A. D'An-
cona, « Letteratura civile dei tempi di Carlo Emanuele I »; A. Bertolotti, «I co-
muni e le parrocchie della provincia mantovana»]. — Atti deUa Società. — Ter-
ranoTa (L.), Notizie sopra Lscari e Carini [Opera postuma pubblicata da L. Sampolo].
ATTI DELLA DEPUTAZIONE FERRARESE DI STORIA PATRIA (Ferrara).
IV, 1, 1892. — Jaré (G.), Documenti e notizie suUa Università ferrarese degli
studi dal 1735 al 1760 [In continuazione al Borsetti illustra con molti documenti
questo periodo della storia deirUniversità ferrarese]. — Venturini (0.), Dei
gradi accademici conferiti dolio studio ferrarese nel Jt» secolo di sua istituzione
[Dall'Archivio notarile estrae un elenco di gradi accademici conferiti a Ferrara dal
1391 al 1494].
2. — Salerti (A.), Documenti riguardanti lo studio di Ferrara nei secóH XV
e XVI conservati nélT Archivio Estense [In appendice al Borsetti pubblica molti do-
cumenti passati cogli Estensi a Modena]. — Solerti (A.), Statuto di una acca-
demia ferrarese del secolo decimosesto [Non può stabilire a quale accademia appar-
tenga; ma è della fine del sec. XVI e getta luce sulla coltura ferrarese].
V, 1898. — Pasini (P.), Della lapide sepolcrale di Guglielmo degli Adelardi
nella cattedrale di Ferrara [Permette di correggere inesattezze degli storici intorno
a Guglielmo III degli AdelardH. — Scntellari (G.), Cenni biografici intomo ai
pittori, scultori ed architetti ferraresi dal 1750 fino ai giorni nostri [Come sup-
plemento alle vite del Baruffaldi]. — Antolini (F.), Appunti intomo aWorigine
del comune di Massafiscaglia [Poco si sa dei tempi più remoti, ma pare che in-
torno al X secolo avesse una certa importanza di estensione e territorio maggiore
che al presente]. — Antolini (P.), Statuti di Massafiscaglia [Hanno un carattere
di mitezza che li distingue dalla maggior parte. Degli statuti del 1219 e 1221
non giunser che poche rubriche conservate nel nuovo statuto (1370). L*A. li pub-
blica integralmente con largo corredo di altri documenti relativi].
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s
348 SPOGLIO DI PBRIOD/CI ITALUNI
ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORU PATRIA (Genoya).
XXV, 1, 1892. -^ Bertolotto (6.), Il trattato suO^Aitrolalno* di Andaìò di
Negro [Riprodotto dalFedizione ferrarese del 1475]. — Keri (A.), Una barsdMa
intorno agU avvenimenti del MDXXVII [Ne esiste uà esemplare nella Colombiana
di Siviglia. Accenna ai fatti del *27 e più particolarmente ai prosperi successi della
Lignria]. — Pogrgi (VO» ^^ santuario della Pace in AUnaola superiore (Eretto snl
finire del 400 a ricordo di nna riconciliazione solenne fra quei di Albisola e di SteUa»
fu riedificato nel 1578 e riparato nel 1881].
ATTI E MEMORIE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER LE PROVINCIE MODENESI (Modena).
S. 4% lY, 1893. — Malagnrai Taleri (F.), Lo scultore Prospero Spam detto
il Clemente [Probabilmente nacque in Reggio circa il 1500 evi morì nel 1584. Col-
Taiuto di molti documenti arcbivistici ne ritesse la vita quasi sconosciuta e dà
l'elenco delle opere accertate]. — Malaguisi Taleri (F.), ìjArehioio di Stato m
Modena nel '91 [La suppellettile si accrebbe d'atti riservati di polizia di Mirandola,
Concordia^ Novi (1816-1885) ed altri atti amministrativi, di parte deirArchivio Pio
di Savoia (1369-1851) acquistato e dell'Archivio Valdrighi (1477-1885Ì offerto dal
ronrietario attuale, oi fecero pure molti lavori di riordinamento e creboe il numero
egli studiosi]. — Santi (V.)* ^^ presunto erede di Torquato Tasso [Marco Pio.
La fonte da cui si derivò tal notizia, e ravviso di un mercante » , non è pura. Erede
fu invece PAldobrandini]. — Sandonnini (P.), Dante e gli Estensi [Contro Topi-
nione del Del Lungo intorno alle relazioni tra D. e gli E. A dimostrarla hìssL il 8.
ricerca tutti luoghi di D. che hanno relazione cogli E., confermando il parricidio di
Azze Vili, ritenendo non esservi ragioni positive per la condanna di Obizzo fra i
violenti^ ecc.]. ^ Ceretti (¥.), Intorno a Marzio naturaìe del conte Paolo di Oio,
Francesco II Pico ed a' suoi figU Paolo e Qio, Tomaso [Documenti mantovani per
la genealogia dei Pico nel 500].
ATTI E MEMORIE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER
LE PROVINCIE DI ROMAGNA (Bologna).
3» S., XI, 4-6, 1893, luglio^icembre. — Cavazsa (F.), Le scuole deXVantico
studio di Bologna [Cont. Le scaole dei legisti dagli ultimi anni del secolo XIII
al secolo XVI]. — Pellegrini (F.), Due atti testamentarii di Giovanni II Ben-
tivogho signore di Bologna [Ne diede notizia il Cipolla nella pubblicazione per
nozze Calligarìs-Guttierez Diaz, ed ora il P. li pubblica dairoriginale della Biblioteca
di Elagenfort, come interessanti la storia bolognese del secolo XVI]. — Unga-
relli (6.), e Giorgi (F.), Documenti riguardanti U giuoco in Bologna nei secoli
Xm e AlV [Bologna fa sempre molto amante del giuoco, ma particolarmente
nei secoli XIII e XIV di cui si hanno molti documenti. Il Comune si dimostra
severo nelle sue leggi contro i giuocatori, ma più che altro per trame lucro, con-
cedendo privilegi, esenzioni, ecc.]. — Malagola (C), DeUe cose operaie dàSa
B. Deputazione dal 1875 al 1893 [Relazione]. — Atti della Deputazione,
ATTI E MEMORIE DELLA SOCIETÀ ISTRIANA D'ARCHEOLOGIA
E STORIA PATRIA (Parenzo).
X, 1 e 2, 1893. — Direzione^ Commissione al podestà di Umago [In appendice
alli Statuti già editi]. — Direzione^ Documenta ad ForumjuUi^ Istriam, Oori-
tiam, Tergestum spectantia [1251-1291. Cont.]. — Direzione, Senato Mare;
Cose delTIstria [Cont. 1503-1549]. — Bennssi (B.), La liturgia slava wHTIstria
[Ribatte le asserzioni di monsignor Volavich sui pretesi diritti storici della liturgia
slava, dimostrando con argomenti storici V italianità dell' Istria].
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STORIA PATRIA, ANTON LUDOVICO
ANTINORI NEGLI ABRUZZI (Aquila).
VI, 11, 1894, 15 gennaio. — Rossi-Case (L.), B dialetto aquilano nella storia
della stéa fonetica [Porta come esemplari tra gli altri: una satira popolare inedita
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SPOOUO DI PERIODICI ITALIANI 349
del 1714, ed un sonetto di Mariano Marerìo salla morte di Serafino dairAqnila]. —
Zaiinettt (V.)» Di due diverse rekunoni sul tremoto del 1703 [Una * relazione *
stam|Mita nel 1703 stesso dal Castrati fa confatata dal Garo&lo]. — Del Re (E.),
BendiconU uffieiaU deUe pubbliche sedute del Consiglio Aquilano dai 19 febbraio
ai 30 dicembre 1703 [Come complemento alle precedenti relazioni]. — Cali (C),
SpigokUure umanistiche [Marìangelo Aocarsio e le sae poesie]. — LndoTisl (I.),
Giudisio di Francesco Petrarca sulla rinuncia di Celestino V [« De yita solitaria > ,
n, III, 18]. — Cipolloni-Caimella (A.), Quattro figure dantesche neVincorona-
zione di Celestino V [Bonifazio Vili, Gaido di Montefeltro, Carlo II di Napoli e
Carlo Martello d* Ungheria. Si domanda se sempre il concetto di Dante risponde
oggi ai risaltati della critica storica]. — Cali (C.), Per la biografia di Celestino V
[Dà notizia di ana biog^fla poco importante in on codice Marciano ; di altra più no-
tevole dell'Archivio Sorrìcchio di Atri]. — Larlni (F.), Inventario delle pergamene
esistenti nelParchivio del monastero di S. Giovanni in Teramo [Coni]. — Rassegna
bibUografiea deUe opere storiche abrujfsesi uscite nel 2^ semestre del 1893 [Vi si
notano: È. Celani, e Una pagina di fendalismo >; G. Finamoroi e Tradizioni pop|0-
larì abrazzesi >; L. Botti, e Per la storia. Documenti sai Facino >; L. Sorricchio,
< n cornane Adriano nel XIII e XIV secolo > ; G. Pansa, € Il ' Cronicon Casaa-
riense' eie vicende dell'insigne monastero benedittino di S. Clemente alla Pescara »;
G. Pannella, « Della storia di Teramo, dialoghi di Matio de' Matij » ; G. Pannella,
« Mazio Mazii, la saa yita e le sae opere »; L. Manzi, e I prodromi della rivela-
zione del *48 in Aquila e Beg|fio Calabria >; N. Persichetti, e Viaggio archeologico
salla via Salaria >; N. Faragha, e I miei stadii storici delle cose abrazzesi >].
BOLLETTINO STORICO DELLA SVIZZERA ITALIANA (Bellinzona).
XV, 9-10, 1893^ settembre-ottobre. — Personaggi celebri attraverso il Gottardo
Sifel secolo nostro sono da ricordarsi specialmente TAdryane, Carlo Cattaneo, Paolo
i Masset, la marchesa di Barolo e il Mazzini]. — Ro)>erti (G.), Una 'nota*
autobiografica di Carlo Botta [Per il e Martirologio dei patriotti piemontesi » del
Banza, che non vide mai la Ince. Il B. tì accenna al sao processo del *94 ed al
soggiorno in Svizzera dopo la liberazione]. — Motta (E.), Architetti luganesi dei
secoH XV'XVI [Docamenti inediti e spigolature di recenti pabblicazioni]. —
Farinelli (A.), Ancora di Cristovcd de Virues [Negli scritti postumi di Edmondo
Dorev è un plagio delParticolo sul Virues pubblicato dal Farinelli nel e Boll. stor.
d. Sviz. it. », novembre 1892]. — Torriani (E.), DàlP Archivio dei Torrioni in
Mendrisio [Cont. La fsimiglia Lavizzari]. — Varietà [Culinaria del secolo XVI;
Prepotenze dei Mesolcinesi, Leventinesi e Crualoni in Bellinzona nel 1496].
11-12, novembre-dicembre. — Farinelli (C.V Goethe e il Lago Maggiore [Ricerca
in qual modo il G. possa essersi formata nella fantasia Timmagine del lago Mag-
giore che non vide mai e che pure occupa tanta parte nel e W. Meister », collegato
ai personaggi di Mignon e di Agostino]. — Personaggi celebri attraverso H Gottardo
[Il Pasolini, B. Bicasoli, ecc. Cont. e fine]. — €• S,, Aggiunte e rettifiche alPar-
tieoìo suBe * Case dei Pagani \ — Torriani (E.), DdG!' Archivio dei Torriani in
Mendrisio [Banditi e fatti di sangue]. — ■ Vegezzi (P.), Il corpo di 8. Macario
neBa chiesa di 8. Biagio di MagUaso [Estratto dalle catacombe di S. Calisto
nel 1687]. — Varietà [Balerna separata da Mendrisio nel 1477].
XVI, 1-2, 1894, gennaio-febbraio. — Borrani (S.), I TariUi da Cureglia ed un
noUeiaario inedito [Il notiziario compilato da prete Domenico Tarilli illustra dal
Cinqaecento in poi questa famiglia cui appartennero, preti maestri, ecc.]. — Pietro
Franca da Mergoscia fonditore di campane [Lasciò annotazioni ms. ora di proprietà
Seletti, che hanno valore autobiografico (1790-1826)]. — La battaglia cTArbedo
secondo un cronista lucchese [Il Sercambi, pagg. 291, 302, 368 delle e Croniche >
ed. dal Bongi]. — Una lettera di Emilio Morosini [28 luglio 1848. Alla madre].
— L'ingegnere Bertola da Novate a BeUinsona? [Documento del 1454 che lo
riguarda]. — Lettera di Luisa di Hereenstein aUa duchessa di Milano, Bona di
Savoia [10 ottobre 1480. Accompagnando doni]. — Dàlf Archivio dei Torriani in
Mendrisio [Cont.]. — Per la storia della viUcultuira nel Ticino [Notizie su un
opoBoolo del Varenna (1804)].— Simona (G.), I monum^nfo' artistici del Medio Evo
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350 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
nei CanUm Ticino di G. R. Rfthn [Recensione favorevole]. — Varietà [Un Fon-
delli di Rivera poeta. Per il lY centenario della Madonna di Re. Banco di monete
baeileesi nel 1475].
BOLLETTINO STORICO-LETTERARIO DEL MUGELLO (Firenze).
1, 1, 1892^ giugno. — MtMello [Elodo della « Vita di Cosimo de* Medici » di
B. Baldini]. — Barberino [Elezione del primo medico condotto. 1534]. — Borgo
San Loreneo [Ricordi storici copiati da un antico libro di ' Ricordi ' presso le mo-
nache del B.L — Cafaggiuóh [Fabbrica degli specchi. 1600]. — Dicomano [San
Domenico a Celle. 1474]. — Bontà [Chiesa di S. Michele. Sec XV]. — Scorpena
[Parto e restituzione di Mercanzia, lo08]. — 8. Piero a Sieve [Ricordi storici dai
mss. DeirOgna Vicchio [Fondazione del castello. 1308].
2, loglio. -> Sant'Agata [Serie dei pievani]. — Barberino [Compagnia dei Bat-
tati. 14281. — Borgo San ìjoremo [Memoria storico-erudita di V. F. Mannnccì.
Sec. XVIII]. — S. Gavino Adimari [Memoria inedita del p. P. Franchi]. — jSScor-
peria [L'arresto di B. Cellini (1556) per sodomia. L* imperatore Federico III dorme
ana notte a S. (1451). Strada da Firenze a Bologna per le parti di Scarperìa (1808).
Distrazione del castello di Filiccione (1308)].
3, agosto. ^ Sant'Agata [Cont.]. — Borgo 3. Lorenzo (Ter la difesa dei popoli
della lega di B. (1329)1. — Manaona [Prepotenze dei conti di Montecarelti (1328)].
— 5. Piero a Steve [Spedale di Tagliaferro. Chiesa di S. Maria a Nuvoli], —
Scarperia [Tamulto di scolari (1516). Mercato di Petrone e di S. (1811)]. — Va-
rietà: Scritti inediti dei poeta Bartolomeo Corsini,
4, settembre. — Cafaggiuóh [Lettere di F. Fraosini, attore dei Medici (1467-68)1.
— Dicomano [Sua antichità. Un basdà a D.(1556)]. — 5.^0MU>ii<lNiiar»[Cont].
— S. Separata a Pimonte [Lettere inedite di Cosimo Ricci e G. B. Nelli a
G. Lami (1755)].
5, ottobre. — SanV Agata [Cont. e fine]. — Cafaggitéolo |Xettera di Lorenzo
a Giuliano de' Medici (7 giu^o 1464)1. — Latera [Un episodio della peste del 1683].
— Manjsona [Amicizia fra i conti Aloerti e la repubblica e consegna temporanea
ai Fiorentini di Montevivagno e Montecarelli]. — Scarperia [La festa di S. Barnaba
(1340-1341)].
6, novembre. — Bacclnì (G.), L'Ebreo errante in Mugello [Dal libro del Mor-
purgo, « L'Ebreo errante in Italia », ricava i passi riguardanti il MuffelloJ. —
Messeri (A.), I possessi di Matteo Palmieri in MugéUo [Dal suo e Libro di ri-
cordi di portate al Catasto»]. — Cam eseccbi (C), Òagliano [Ribellione contro il
Comune (1345)].
7, dicembre. — Borgo S, Lorenzo [Origine del monastero di S. Caterina]. —
Campestri [Documenti sulla famiglia Roti]. — Dicomano [Lettera commendatizia
afilli Otto di Pratica del 15161. — Mangona [Donazione di beni fatta dai Bardi
ai Corbinelli]. — Scarperia [Fortificazioni (1341)]. — Varietà: Baeeinl (G.),
Canzonette ardiche in lode del Mugello [di Bernardo GiambuUari] ; J Oonài in
MugeUo [Dalla e Storia genealogica dei G. »].
8, 1893, gennaio. — Borgo San Lorenzo [Iscrizioni ed altre particolarità della
cliiesa rilevate nei certami del 1814]. — Chiesa di S. Romolo a Campestri [Me-
morie di F. Baldinucci (1680)]. — S. Gavino Adimari [Conti. — MugeUo [Ele-
zione d'un Vicario (1842). Possessi di B. Cellini. Pittori mngeUani ignoti. S. Gio.
in Petroio e S. Gavino Adimari]. — Vicchio [Spese per i presidi (1374)].
9, febbraio. — Luco [Le Camaldolesi del convento di S. Pietro e Lucrezia Tor-
nabuoni]. — Notizie MugeUane [Estratte dai mss. di D. A. Dell'Ogna. 1807-14].
— Scarperia [Nomina d'un cappellano (1460)]. — S. Gavino Adimari [Cont.]. —
S. Piero a Sieve [Costruzione del ponte (1372)].
10, marzo. — Bacoini (G.), Cagliano [Istituzione di scuola elementare (1591)].
— S, Gavino Adimari [Cont.]. — Carnesecchi (C), PuUeciano [La ròcca], —
Varietà: Notari antichi mugeìlani.
11, aprile. — Andreani (L.), Discorso pronunciato alla Società patriottica dot
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 351
ciUadmo Filippo PemanH [Raro foglio volante della Palatina di Firenze]. — San
Gavino Admari [Coni, e fine]. — Searperia [Concessione del fonte battesimale (1375)].
12, mag^o. — Sanf Agata [Documento snirarchitettnra della chiesa (1330)1 —
Borgo 5. Lorenzo [Vita di m. Damiano Manti piovano (sec. XVI). Monastero delle
Agostiniane]. — Fuippo Pananti [Ripubblica il discorso di A. Vannncci (1847)].
II, 1, 1893, giugno. — Barberino [Un mercante barberinese in Catalogna e il
SQO testamento (1403)]. — Bosco a* Frati [Relazione inedita di fra* Oinliano Ughi
della Cavallina]. — Contrasto di preminenza fra tre paesi di Toscana, che sono
iì Valdamo di sopra, il Casentino e ti MugéOo [Deir Accademico Innominato
(Àw. Ignazio Montini), Firenze. 1761]. — Uommi iuustri mìMeUani [Il botanico
Gio. Lapi (sec. XVIII)].
2, loglio. — Cafaggiuoìo [Villeggiatura di Ferdinando I de' Medici nel 1601-7].
— Contrasto di prenUnenga eec [Conti. — Searperia [Restanrazione del teatro
(1736)]. — Uomini illustri mugetìani [li medico A. Guitti, zio del Pananti].
3, agosto. — Barberino [Ricordi della peste del 1630]. — Bosco a* Frati [Cont.].
— Descrinane del MugeVo [Tratta da varii autori]. — Searperia [Notizie varie
I5421S39]. — Cuneteeohi (C), Un piovano di S. Stefano in Botena [Lettera
di Gino d'Antonio a Lucrezia de* Medici (1478)].
BOLLETTINO STORICO PAVESE (Pavia).
I, 2, 1898. — Romano (G.), Suor Maria DomitUìa d^ Aequi cappuccina in
Pavia [Cent, dello studio storico-pdcologieo sulla allucinata pavese. Cf. I, 1, 1893].
— Cavagna San Giuliani (A.), L'affetto del principe Eugenio di Savoia pei
Vogheresi ed un documento inedito [Patente di protezione air arciprete Ricci.
22 agosto 1706]. — Tolta (Z.), Due frateUi Cavagna lettori in Pavia nel se-
edh XVI [Giureconsulti assai stimati ai loro tempi]. — Recensioni: C. D«.
C. Dioniso tti, I recdi d'Italia d'origine nazionale antichi e nuovi, Torino, 1893
[Favorevole]. — Molraghl (PA Avv. G. Vidari, Arsenale^ darsena e campo del
tiro a segno in Pavia* Pavia, Fasi, 1892 [Favorevole]. — Spicilegio storico biblio-
grafico pavese. — Spoglio d'Archivi: Marozzi (C.), 1470 - 4 luglio [Il podestà
di JPavia, Antonio De Fogliano, annuncia al duca di Milano reiezione di un rettore
dei Leggisti all' Università]. — Moiraghi (P.), 1378 - 28 settembre [Bianca di
Savoia ordina al referendario di Pavia di affidare a Durino Meda la custodia diurna
di Porta Salaria]. — Moiragbi (P.), 1456 - 16 luglio [Fr. Sforza autorizza il ca-
stellano Matteo Bolognino de Attvndolo a concedere le reliquie di S. Maria Mad-
dalena e di S. Giacomo per divozione del popolo]. — Notizie: Atti deVa Società
per la conservazione d^ monumenti pavesi deJTarte cristiana [La Compagnia del
Rosario, fondata con scopi religiosi e musicali nel secolo XVI^ si ò nel 1876 tras-
formata in una società per la conservazione dei monumenti delFarte cristiana. Se
ne pubblicano ora gli statuti].
BULLETTINO DELLA COMMISSIONE ARCHEOLOGICA COMUNALE
DI ROMA (Roma).
S. 4>, XXI, 1, 1898, gennaio-marzo. — Lanciani (A.), Becenti scoperte di
Soma e del suburbio [Rileva particolarmente l'importanza delle scoperte suU'A ven-
tino, nei lavori del ponte Sant'Angelo e presso San Martino ai Monti]. — Canta-
relli (L.), J7 Vicariato di Boma [Continna la serie dei governatori, secondo il
metodo già indicato per il ' Picenum Suburbicarium *, la ' Valeria * e la * Sicilia '].
— Pascal (C), Il più antico tempio d^ApoUo a Boma [Il culto di Apollo non
fu molto antico in Roma ; perciò nel noto passo di Livio (3^ 78, 7) si deve intendere
che lo storico abbia per somiglianza d'attributi identificato con Apollo Tantico dio
Vediove. I basamenti del tempio illustrato dai capolavori di Fillisco rimangono nei
sotterranei della locanda della Catena presso piazza Campitelli. Forse un giorno
facendovisi larghi scavi, potrà uscirne fuori insperata suppellettile archeologica]. —
Viseonti (C. L.), Travamenti d'oggetti diarie e di antichità figurate [Brevi cenni].
2y aprile-giugno. — Tomassetti (G.), Delia Marrana di S. Giovanni e deUe
scoperte avvenute a Bomavecchia [Il terreno coincide esattamente coirantica via
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352 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
Latina tra il quarto e il quinto miglio. Sono particolarmente imi>ortanti le scopai
d*an tetto di an gran cippo marmoreo del tipo consueto deiretà imperiale anterior-
mente all'uso dei sarco&gi e della iscrizione relativa ad uno della gente Statilii
delFetà Claudiana]. — Mamcchi (A.), J lavori ad mtagUo della basi&a di Oiumo
Basso sulTEsquitino [Fu una basilica meramente cÌTile, come provano anche le
scene profane e semplicemente decorative da cui era adornato il suo intemol. —
Cantarelli (L.), Il Vicariato di Boma [Cont. i governatori della Sicilia]. —
Hnelsen (C,), I * saepta ' e U ' diribitorium * [Sono scarsi gli avanzi di * saepta \
tanto che i topografi dei secoli XV e XVI ne hanno ignorato il vero sito: però a
poco per volta si son potuti identificare sei fipruppi di avanzi riferìbili ai 'saepta',
che, unitamente ai frammenti della ' Forma Urbis Bomae ' permettono di f&rci una
idea del complesso delFedifizio. Il * diribitorium * era, com'è piti probabile, una vasta
sala posta nella parte mezzana del piano saperìore del *Porticus saeptorum*]. —
Visconti (C. L.), Travamenti di oggetti d'arte e di antichità figurata.
8 e 4, luglio-dicembre. — Lanciani (R.), Di un nuovo codice di Pier Leone
■ ------ jjj^j. - -- - --
ne rileva Timportanza]. ^ De Bossi (0. B.) e Gatti (G.V Miscellanea di notùie
Gheesi contenente ncHgie di antichità [Negli archivi del Museo Britannico. Il L.
bibUografiche e critiche per la topografia e la storia dei monumenti di Boma
[Monumento sepolcrale della gente Vettulena nel clivo della via Salara Nova. Iscri-
zione relativa al tempio di Flora. Le ultime traccio e rovine dell* Ecatostylon]. —
Pascal (C), Osservazioni sui commentarii dei ludi secolari augustei [Sulla loro
cronologia]. -— Cantarelli (L.), 17 Vicariato di Boma [Cont. e fine. * Sardinia' ].
— Lagari (L.), lì ' dohoemm ' deiUa XIII regione [Le scoperte avvenute nel
luogo occupato dalla chiesa di S. Alessio permettono di stabilire che neirepoea re-
pubblicana vi fu un luogo sacro alla * Spes * o 1* * armìlustrum \ sotto P impero
case private, ma non mai un tempio del Dolicheno. Piuttosto 'dolocenam* da
* doliam cenum \ ' dolium-cenum * alluderebbe a un grosso cumulo di rottami,
una specie di Monte TestaooioJ. — Correrà (L.), Graffiti di Boma [Ne inizia una
specie di silloge, rilevandone r importanza storica. Cont.]. — Hnelsen (C), Nuove
osservasioni ndle epigrafi votive ed onorarie dei militi pretoriani disseppMte sul-
VEsquiHno [Suggerite dal lavoro di riscontro fatto per gli ' addenda et corrigenda '
al VI del e Corpus ». Conti. — Lanciani (R.)^ Il panorama di Boma scolpito
da Pietro Paolo Olivieri net 1585. — Visconti (C. L.) e Lanciani (R.), Di un
nobUe epistilio marmoreo esistente nei magcugini capitolini [Forse appartenente
alle terme delF Aventino]. — Elenco degli oggetti d'arte scoperti per cura déOa
Commissione archeologica comunale dal 1"* gennaio ed 31 dicembre 1893.
BULLETTINO DI ARCHEOLOGIA E STORIA DALMATA (Spalato).
XVI, 5, 1898, maggio. — Bnlic' (F.), Iscrinoni inedite [Salona, Tragurìum,
Ardula, Antivari]. — Gatti (G.), Di una nuova epigrafe Sfdonitana [Vi sono no-
tevoli il sostantivo 'materiarìus* e Tallusione al giuoco del disco 'lapide lasit*].—
Zanella (A.), Teatro romano a Lissa [Sull'area deirora Ospizio dei PP. Conven-
tuali di S. Francesco]. — Karaman (D. F.), CasUl Sucurac [Cont. Cf. € Bull ».
1892, 4]. — L Supplemento: j; testamento di Pietro OanaveUi [Coni]. —
II. Supplemento: Lncbiostri (U.), Gli statuti di Sebenico [Cont.].
6, giugno. — Bnlie' (F.), Iscrigioni inedite [Salona]. — Zanella (A.), Teatro
romano a Lissa [Cont. e fine. Fu eretto nei primi tempi dell* impero e probabil-
mente distratto dai Goti ai tempi di Vitige]. — Karaman (F.), Castel PapaU
[Sulla riviera dalmata presso Tran. Della seconda metà del XVI sec.]. — I. Sup-
plemento: Il testamento di Pietro CanaveUi [Cont.]. — IL Supplemento:
Inchiostri (U.), GU statuti di Sebenico [Cont.].
7, luglio. — Bnlic' {F.\ Iscrizioni antiche cristiane sahnitane restituite [Del
museo di Spalato. Le ripuoblica per dare varie lezioni]. — Bnlic' (F.), CoUeìme
delle gemme di Giuseppe Maroli [Raccolte recentemente a Salona, mrona, Gaudun
ed altri luoghi del distretto di Spalato. Cont.]. — Karaman (F.), Castel Papali
[Cont.]. ~ BtrMmìrojW (Q.), Mletacke isprave oKneeu Bogicu Stratimirovieu
[Documenti veneti 1694-1732 riguardanti il conte Bogicu-Stratimirovic']. — Ib-
chiostri (U.). Gli statuti di Sebenico [Cont.].
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SPOOUO DI PERIODICI ITALIANI 353
8, agosto. — Bulle' (F.), Iserùùm tmtiche cristiane aaJonitane restituite
rCont]. — Bulle' (F.), Góiìezitme ddk gemme di Giuseppe MaroU [Conti. —
Mllle'^(V.), Ex libro viridi Cam. BagusU [Estratti relativi alla topografia cittacuna].
9, settembre. — Bulle' (F.), Iscrùnom antiche cristiane stàomtane restituite
[CoDt]. — Bulle' (F.), CóBeiione delle gemme di Giuseppe MaroU [Conti. —
Alacerle' (6.), Estratto dal Ubro < GonaOiorum * della comunità di Spalato [1958-59].
— Supplemento: Inehlostrl (U.), GU statuti di Sebemeo [Cont].
10, ottobre. — Bulle' (F.), Iscrùrìoni antiche cristiane sàhnitane restituite
[CoDt]. — Bulle' (P.), Iscrieioni inedite [Salona]. — Bulle' (F.), CóQesime delle
gemme di Giuseppe MaroH [Cont.]. — AlaéeTle' (G.), Estratto dal libro 'Con-
siUorum' della comunità di Spalato [Cont.].— Supplemento: Inehlostrl (U.),
GU statuti di Sebenieo [Cont].
10, novembre. — Bulle' (F.), Iscrizioni inedite [Salona, Epetiam, Nareste]. —
Bolle' (F.), CoUeeione delle gemme di Giuseppe Maroii [Cont]. — Iscrizioni su
oggetti di metallo acquistati ddff t. r. muiseo di Spalato negU anni 1892-93,
12, dicembre. — - Balie' (F.), Iscrizioni inedite [PegnntiamSalona]. — Bnlie' (F.),
Le gemme delT i, r. museo di Spalato acquistate neWanno 1893. — BnUe' (F.),
CóUezione delle gemme di Giuseppe Maroii^ [Cont.]. -— La Bedazlone, Ilristauro
del campanile del duomo di Spalato. — Àlaeeyio' (G.), Estratto dal * liber Consi-
Uorum * di Spalato [Cont.]. — Bulle' (F.), Elenco degli oggetti d'arte acquistati
dàiri, r. museo nel 1893.
GIORNALE LIGUSTICO DI ARCHEOLOGIA, STORIA E LETTERATURA
(Genova).
XX, 9-10, 1893, settembre-ottobre. — Bua (G.), Un episodio letterario alla corte
di Carlo Emanuele I [I quattro poemi sulle stagioni, composti da vari alla corte
di Carlo Emanuele I furono finora solo fuggevolmente studiati. Il R. esamina par-
titamente ed in relazione colle condizioni della coltura piemontese nel 600: la
« Primavera > di G. Boterò, e Te Autunno > di Lodovico d*Agliè. Cont.]. —
Varietà: A. If., Lettere inedite di Gherardo De Bossi [Ad Angelo Maria Ricci,
del 1821-24. Dagli autografi neir Universitaria di Genova]. — Maddalena (E.),
*La Locandiera\ NotereUe goldoniane [Riesci forse in parte contraria alle inten-
zioni delPautore, ma, nonostante lo strano paradosso del Goethe, è delle più belle
del teatro goldoniano].
11-12, novembre-dicembre. — Raa (G.), Un episodio letterario alla corte di
Carlo Bhnanuele I [Ritesse la vita di Lodovico d'Agliè ed esamina altri suoi com-
ponimenti letterari, specialmente drammatici, composti in occasione di feste, cui
collaborò Carlo Emanuele I. Cont]. — Savio (¥.), I conti di Ventimiglia nei se-
eoU XI, XII e XIII [Ribatte alcuni argomenti del Cais nella spiegazione da lui
data del noto episodio del rapimento di Giacobina da Ventimiglia, cantato da Ram-
baldo di Vaqueiras, e corregge Talbero genealogico degli Adémar di Montólimart.
Pubblica poi i riscontri dell* albero genealogico dei conti di Ventimiglia, composto
da Jacopo Dona e pubblicato dal Cais, coi documenti del « Liber inrìum reipu-
blicae gennensis >]. — Rassegna bibliografica: Oaamerlo (P. E.), A. Mo-
schetti, Il gobbo di EiaUo e le sue relazioni con Pasquino. Venezia, Visentini, 1893
[Favorevole].
NJB. Col presente fescicolo il G. L, cessa le pubblicazioni.
IL MURATORI (Roma).
I, 4, 1892. — Carini (L), DieioUo lettere inedite di Francesco Bianchini a
Cfùjv. Oiampini [Utile a conoscere la storia letteraria del secolo XVII e a rico-
struire la biografia del B.]. — Palmieri ^G.), Doglianze di Alessandro Geraldini
contro Caterina d^InghiUerra [Per Tingratitudine dimostrata verso di lui, già suo
precettore]. — BaUerinl (F.), Lettere di Vincenzo Bospi^liosi [Cont]. —
Trotta (L. A.), 12 conte Francesco Maria Torricelli a Domemeo Trotta [Lettera
fiu^ta del 25 marzo 1852]. — Ballerini (F.), Frammenti di cronaca romana per
gU anni 1738-39 [Cont].
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354 SPOGLIO DI PEBIODICI ITALIANI
5, 1898. — Palmieri (G.), Serie degU abbati di Farfa [Coni]. -- E»ÌBÌ (FI
Il giuoco del ' Pis e PiidH % congetture etorieo-ìetUrarie [Fono un frammento ai
ballata o cansone erotica del secolo XIY]. — Palmieri (O^. Lettere di Aleeemdro
Geraldini [Cont.]. — Ballerini (F.), Le feste di Gubbio tConi]. — G. F., Viaggi
di G. B. Gonfalonieri [Cont.].
6. — Carini (L), Documento inedito déOa rivolueione palermitana del 1647
[Da UD ms. della Brancacciana : « Viaggio delle galere pontificie in Leyante per
soccorso delFarmata veneta contro il saltano Ibrahim Tanno 1647 >, compilato da
an testimonio di Tedota]. — Palmieri (G.), Lettere di A, GeraJdini [Cont.]. —
Trotta (L. C), Le logge di Baffaelìo ed un minietro di Napoli |11 conte Zurlo,
che nel 1799 fece chiadere a cristalli le logge vaticane. Se ne pubblica una lettera
Simigliare di nessuna importanza]. — Presntti (G.), Diario di monsignor Lorento
.AeeoUni [Viaggio da Madrid a Boma nel 1626].
n, 7-10, 1893. — Carini (L), Cronichetta inedita del monastero di S. Andrea
* ad CUvum Scauri ' [Nel cod. Vat. Lat 600. Risalta di alcani brani d'indole nar-
rativa di varia età che rappresentano e fissano le tradizioni, le leggende ed anche
le pretese del monastero in principio del 300]. — Palmieri (G.), Documenti aUa
storia del monastero di Farfa [Cont. la pubblicazione dei documenti]. — G« C. L.>
Appunti sopra un codice della basilica di Santa Maria in Trastevere [Il testo
del ' Martirologio ' che vi si contiene tra le altre cose, ò interessante per la varietà
che presenta e per alcune note storiche antiche ma di età posteriore]. — Carini (Lì,
Belajsione inedita suWarresto e suUa morte del conte di Carmagnola [Lettera di
Pietro del Monte a Giorgio Cesarini, 7 luglio 1432. Cerca di giustificare il governo
veneto, ma non reca alcuna prova positiva e precisa sulla reità del Conte]. —
Palmieri (G.), Lettere di Alessandro Geraldini [Cont.1. — Cozza Lnzi (G.), Di
un importante autografo del ven. card. Roberto Beuarmino, osservazioni del-
Vab. UccelU [Sulla questione della potestà del pontefice riguardo ai sovrani e sul
diritto di dispensare i sudditi dal paramento di fedeltà, quando i principi abban-
donino la fede cattolica. Lettera cntica dell* Uccelli, dotto bergamasco (1852 ?)1.—
Trotta (L. A.), Un comune nel Napolitano. Toro in provincia di MoUse [Breve
monografia di storia locale]. — Carini (L), Appendice al tumulto dei Ciompi
[Lettera di Donato Acciainoli alla Signoria di Firenze. Di grande interesse]. —
Bocchi (A.), Un episodio del primo impero (1808) a Montesecco neUe Marche
[Tumulti contro la coscrizione: da una breve relazione contemporanea]. — Balle-
rini (P.), Lettere di V. Bospigliosi [Cont.]. — G. P., Viaggi di G, B. Gonfalonieri
[Cont.]. — Presntti (G.), Diario di mons. Lorenso AesoUni [Cont.].
MISCELLANEA DI STORIA ITALIANA EDITA PER CURA DELLA
R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA (Torino).
XXXI (2* S., XVI), 1894. - Colombo (E.), Jolanda duchessa di Savoia (1465-
1478) [Si vale di molti documenti inediti, specialmente milanesi, per rifare la bio-
grafia, finora poco trattata, di questa principessa, il cui racconto appare più che
storico, romanzesco^ e ne mette in evidenza lo spirito eletto, operoso, virile, che non
si sgomentò delle traversie in mezzo alle quali ebbe a trovarsi ali* interno ed al-
l'esterno per opera dei cognati e degli altri principi italiani e stranieri]. — Fer-
rare (G.)^ Beheione deinilustrissimo signore Signor Zeno Giorgio mandato am-
basciatore straordinario della repubblica veneta a Ladislao (Ladisloa) VII re di
Polonia nel 1638 [Descrive molto esattamente le condizioni del regno e del re La-
dislao, e parla delle rendite dello Stato, della potenza dei principati vicini, della
mancanza di una fanterìa nazionale, ecc. La trae da mss. della (Comunale di Fer-
rara, collazionati alla Marciami- — Bnc (J. A.), A queUe date est mort Saint
Bernard de Menthon? [Nel 1()81, probabilmente il 15 giugno. Il D. reca tra le
altre prove la testimonianza di parecchi documenti intomo aU^abboccamento di San
Bernardo con Enrico IV (aprile 1081) e combatte le molte date, che furono proposte,
dimostrandone l'insussistenza. La fondazione deirospizio del San Bernardo sarebbe
posteriore al 1027]. — CaÌ8 di Pierlas (E.), Gli statuti della gabella di Nisea
sotto i conti di Provenza [Formati verso il 1230 per opera del conte Baimondo
Berengario. Il C. li pubblica da un codice del 1372 degli Archivi torinesi, illnstran-
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 355
done le principali disposizioni salla gabella di mare, diritti di rìpaggio e porto,
diritti di gabella sairolio, sai sale, ecc.]. — Manfroni (C). Ginevray Berna e
Carlo Emanuele I (1589 92) [Si giova principalmente degli importanti docamenti
inediti contenuti nel ms. À.A. della collezione Taggiasco, che completano le fonti
note, e combatte le testimonianze ostili a Carlo Emannele I dei libelli ginevrini].
— Poggi (V.)> I premnU avanti del mausoleo di Gastone di Foix in Savona
[Un'iscrizione ricordante Margherita di Foix, marchesa di Saluzzo, seconda moglie
di Ludovico II, permette di attribaire ad an monamento commesso da questa prin-
cipessa, e non di Gastone di Foix, i noti avanzi di mausoleo ora di proprietà Minuto,
il coi autore si deve cercare nella pleiade di artisti, quasi tutti lombardi, che illu-
strarono Savona nei primi del secolo XYI].
MISCELLANEA STORICA DELLA VALDELSA (Castelfiorentino).
1, 1, 1893. — Baeei {0.\ La* Miscellanea storica della Faltleba *.— Neri (A.\
Cetmo storico artistico suUa efuesa di 8. Lucchese presso Poggibonsi [Probabil-
mente fondata da S. Francesco d'Assisi. Cont.]. — Homi-Yeiierosi-Pesciolliii (U.),
Vcaie in 8, Cfimignano [Incitamento a serbare alla curiosa cittadina medievale il
8Q0 carattere originale]. — Cloni (M.), Gli ospitalieri d*Altopascio a Castelfioren-
tino [L*ordine cavalleresco toscano ebbe ramificazioni anche in Valdelsal. — Boa»
doni (6.), L'ultimo lembo deUa Valdelsa e lo statuto di una lega del contado
fiorentino [V Isola presso S. Miniato al Tedesco e la lega della « potesteria di f acri » .
Di notizia degli statuti del 1437-88]. — Milanesi (G.), Di Attavante degli Atta-
tanti miniatore. — - Tasfliaari (F.), Castelfiorentino [Cenno storico]. — Del Pela (A.),
Un architetto troppo presto dùnentieato [Bernardino Ciurini di Castelfiorentino, vis-
suto dal 1695 al 1752, di cui rimangono lavori in Firenze ed in Castelfiorentino].
2. ^ Niccoli (V.), Michel Angelo TiUi [Medico della seconda metà del Seicento
e professore air Università di Pisa, lasciò memorie dei suoi viaggi]. — Neri (A.),
Cenno storico-artistico sulla chiesa di 8. LuccJuse presso Poggibonsi [Cont. e fine.
Descrizione della chiesa e delle varie cappelle, in cui si notano ancora dipinti del
secolo XIY; ma si kmentano molti guasti]. — Noml-yenerosi-Pesciolini (U.)^
L'arie in 8. Gimignano [Insistendo sulla necessità di provvedere alla conservazione
dei suoi monumenti ricorda che fu detta « ragione di convenienza e di decoro nazio-
nale » in Parlamento].— Varietà e aneddoti: Nomi-Yenerosl- Pesciolini (TI.),
Una visita a Casole d^Elsa [Presso Colle. Sono notevoli nella chiesa monumenti
sepolcrali della scuola di Nicola Pisano, tavole di Andrea di Niccolò e d*altri. Pro-
pone di iniziare un piccolo museo di antichità etrusche e romane]. — Frey (C),
Arnolfo di Cambio architetto è da identificare colio scultore Arnolfo fiorentino^
[Arnolfo di Cambio architetto era di Colle di Valdelsa, Arnolfo scultore fiorentino;
lo provano i documenti e lo stile in cui si nota una differenza fondamentale]. —
Dini (L.), Di una volgare tradizione colUgiana [La morte del vescovo Benedetto
Gaetani (1754) non avvenne per veleno, come forse senza volere fece credere il Biadi
nella sua e Storia della città del Colle »]. ~ Comunicazioni e quesiti [Il messale
miniato da Attavante per il vescovo di Dolo. Iacopo Paolini di Castelfiorentino
(intagliatore del 500). Indicazioni di bibliografia della Valdelsa].
MISCELLANEA LIVORNESE (Livorno).
I, 1, 1894, 1 marzo. — Vigo [V), Bombardamento di Livorno minacciato dagli
Inglesi al granduca Ferdinando III [Documenti inediti del 1793 di proprietà Vigo].
— Nardini Despottl Mosplgnotti (A.), Il portico del duomo di Livorno [Si
desiderano documenti che appoggino la tradizione che lo attribuisce a Inigo Jones].
— Vigo (P.), Il fanale grande di Livorno e il suo probabile autore [Giovanni
Pisaao]. — Vigo (P.), Saggio di bibliografia livornese.
2, 1 aprile. — Vigo (P.), GU statuti del castello di Livorno nel 1629 [Inediti nel-
TArchivio comunale. Meriterebbero di essere pubblicati]. — Dicomani (C), Di una
epigrafe attestante la dimora di 8anf Agostino in Livorno [Desidererebbe che si esa-
minasse più diligentemente tale tradizione]. — Frnllaiil (C), Ancora del portico
del nostro Duomo [Nega che possa essere dello Jones]. — Vigo (P.), 8aggio di
bibliografia Uvomese,
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356 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
NAPOLI NOBILISSIMA (Napoli).
II, 10, 1893, ottobre. — Croce (B.), NapoK, Roma e Veneeia. Paragoni di
città OcÙiane [In componimenti, specie popolari^ del 600]. — Gecl (G.), Il pakuio
dei Carafa di Maddaloni poi di Colubrano [Bel monumento architettonico del
Rinascimento^ nonostante i detarpamenti posteriori]. — Croce (B.), Sommario
critico delia storia ddtarte nel Napoletano fCont. Architettura sacra: le chiese di
Trani, Ruvo, Altamura, Canosa]. — Faraglla (N.), Il largo di PdUueo [Cont. e fine].
11, novembre. — Del Pezzo (N.), Siti reali, L La Favorita [DÌTenne refn&
dimora solo dopo il *99, ma già da parecchi anni era stata lasciata a Ferdinando IV
dal principe d*Aci. Cont.]. — Croce (B.}, Sommario critico della storia deffark
nel Napoletano [Architettura sacra: Troia, Foglila, Monte S. Angelo, Siponto, Be-
ne?ento. Cont.]. — Ceci (0.), Il paiazso dei Garafa di Maddaloni poi di Colu-
brano [Cont. e fine]. — De la Tllle sur Tllon (L.), La chiesa di S, Barbara in
Castelnuovo [Cont. e fine. I registri parrocchiali danno notizie curiose intomo a
condannati a morte]. — Splnaszola (V.), La cripta di S. Aspreno dopo le recenti
scoperte [Sono yeoQti in luce altri avanzi che non permettono di dubitare che fosse
una terma]. — B. Cr«^ Napoli neUe descrizioni dei poeti [Apre una rubrica di
testi del poeti e letterati italiani e stranieri che descrivono Napoli e il popolo napo-
letano: incomincia con Cino da Pistoia e Luigi Pulci].
12, dicembre. — Amalfi (G.), Marechiaro [Cenni storici e folkloristici]. —
Croce (B.), Sommario critico ddUt storia déWarte nel Napoletano [Architettura
sacra : Acerenza, Venosa, Melfi, Rapolla, S. Maria di Perno, Atella, Matera, Potenza,
Cont.]. — De la Tille sur Tllon (L.j, Il castello del Carmine [Ebbe il suo periodo
eroico durante la rivoluzione di Masaniello]. — Del Pezzo (N.;, SUi reaU. II. La
Favorita [Cont. e fine. Il soggiorno di Isroail pascià e le ultime vicende].
III, 1, 1894, gennaio. •— Capasse (B.), IZ palazeo di Fabrizio Colonna a Mezzo-
cannone. Pagine della storia di NapoK studiata nelle sue vie e nei suoi monumenti
I. H vico Mezzocannone [Sebbene sia del secolo XIV, lo denomina da F. Colonna,
che ne fu il più illustre padrone. Cont.]. — D'Anria (V.), Il campanile di Santa
Chiara [Cominciato nel 1328 rimase interrotto per la morte di re Roberto]. —
Colombo (A.), I porti egli arsenali di Napoli [Dal tempo dei Romani in poi. Cont.].
2, febbraio. — Croce (N.), Nisida [Ora sede d'un ergastolo e d'un lazzaretto, fu
sede di eleganze specialmente nel Quattrocento e Cinquecento e cantata da' poeti in
ogni tempo]. — De la Tllle sur Tllon (L.), Il corpo di Napoli e la * capa ' di
Napoli [Statue antiche del centro di Napoli diventate leggendarie]. — Faraglla (N.F.),
L'atrio del Platano dell'Archivio di Stato in San Severino di Napoli [Il convento
antichissimo, soppresso nel '99, subì tante vicende che è meraviglia siano pervenuti
incolumi i suoi preziosi affreschi e l'elegante atrio di marmo (15901. Cont]. —
Croce (B.), Napoli nelle descrizioni dei poeti [Nel capitolo ultimo del « Viaje dei
Parnaso » del Cervantes]. — Per la tomba di Virgilio [Riassumendo ciò che si è &tto
in altri tempi, invoca opere protettive].
8, marzo. — Capasse (B.), 17 palazzo di Fabrizio Colonna a Mezzocannone
[Il palazzo nel secolo XV. I Pappacoda e gli Orsini]. — Croce (B.), Storia deWarte
nel Napoletano [Architettura sacra: Lecce, Otranto, Brindisi, Taranto]. — Fèr-
copo (E.), Guido Mazzoni e le sue opere in Napoli [Dall'* Archivio storico napo-
letano », XVIII, 4]. — Colombo (A.), I porti e gli arsenali di Napoli [I porti ed
arsenali angioini].
NUOVA RIVISTA MISENA (Arcevia).
VI, 5, 1898, maggio. — Brizto (E.), La vera leggenda di una iscrizione a mo-
saico scoperta a S. Severino [Si riferisce ad * aeditui ' o soprintendenti di un tempio,
che potrebbe esser ricercato]. — Aleandri (V.), Prospetto cronologico deHa vita
e delle opere di M."* Domenico Indivini [Cont. e fine].
6*7 giugno-luglio. — Lanciarlnl (V.), Dei pittori Ottaviano, Taddeo e Feéfe-
rico Zuccari da S. Angelo in Vado [Ne dà l'albero genealogico, e si ferma prin-
cipalmente sa Federigo. Cont.]. — Santoni (M.), Documenti camerinesi a Parma
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 357
[Vi sono parecchi documenti relativi in particolare air investitura fatta di C. ai
Farnesi: è importante il e Libro d'instrumenti, privilegi^ contratti ecc. pertinenti
alla Casa de* Varani »].
8, agosto. — Bigiaretti (9.)* BelTàbhadia di CMaravalk presso Jesi [Pochi
appunti]. — Lanciarlni (V.), Dei pittori Ottaviano, Taddeo e Federigo Zuecari
da 8. Angelo in Vado [Cont.].
9, settembre. — Ànselmi (A.), Il codicillo e Tannotamento di morte dei pittore
F. Zuceari. — Lnzi (E.), H monte di pietà di Ascoli Piceno. — Lanciarlni (V.),
Dei pittori Ottaviano^ Taddeo e F, Zuecari da S. Angelo in Vado [Cont. e fine].
10-11, ottobre-novembre. — Ànselmi (A.), Del codice di Loreneo Lotto scoperto
in Loreto e degli scolari di Lui nella nostra Marca [Il « libro d*arte * di L. Lotto,
ove notava giornalmente memorie ed appunti dei suoi lavori. L*A. ne trae Telenco
dei suoi allievi che illustra la storia dell' arte marchigiana nel secolo XVI]. —
Allevi (G.), La chiesa e il convento di S. Agostino di Offida [Alle primitive co-
struzioni del secolo XV si fecero molti e non bei rimaneggiamenti ed aggiunte nel
seicento e settecento]. — Maraschini (L.), Il monte di pietà di Osimo e il suo
statuto redatto nel 1470 [Illustra e pubblica lo statuto che fu uno dei primi com-
pilati nelle Marche]. — La Direzione» Il restauro del coro deWIndivini nétta
vecchia collegiata di Sanseverino [Affidato al prof. Milizia]. — Aleandri (V.),
Scoperta di affreschi nella chiesa parrocchiale del castello di CoUeluce presso San-
severino Marche [Possono attribuirsi a Lorenzo e Giacomo di Salimbene del prin-
cipio del secolo ]^Y].
12, dicembre. — Vernarecel (A.), Nuovi documenti intomo Muzio Oddi ar-
chitetto d^ Urbino [Dall' archivio della S. Casa di Loreto. Resterebbe ristretto al
1605-9 il periodo della sua prigionia]. — Benaddncl (G.)» Quattro lettere inedite
del cardinale Rodrigo Borgia legato della Marca poi Alessandro VI [Nell'Arch.
com. di Tolentino. Danno a divedere il poco rispetto del B. per le franchigie co-
munali]. — Àlleri (G.), Costumi popolari marchigiani [La festa e l'armata di
Santa Croce in Offida].
NUOVO ARCHIVIO VENETO (Venezia),
ni, 12, 1893. — Cipolla (C), Puhhlicasioni sulla storia medioevale italiana (1892)
[Il C. esamina prima le opere di interesse generale, poi quelle riguardanti le singole re-
eioni. Nella prima parte del lavoro parla delle pubblicazioni bibliografiche del Merkel,
del Cipolla stesso nello « Jahresberichte der Geschichtwissenschnft > , del Morsolin,
della « Rivista storica italiana » e degli studi del Sauerland, dell'Ebner, del Batta-
glino e Calligaris, del Bourget, deirOrìani, del p. Marcellino da Civezza, del Caliari,
deirEubel, del Mommsen, del Cipolla, del Giacosa, del Bontadini, del Franchetti, del
Geyer, del Cleroen, deirOttino, del Mirbt, del Riezler e Grauert e loro continuatori,
del Werunsky, del Mestica, deirHQrbin, del Valois, del Winkelmann, del Lindner, del
Bandaccio, del Vecchi, del Fritz, del Piton, del Capobianchi, del Caumo, del Briquet,
dei Romano, del Manitins, del Novati e Lafaye, del Filippino, delPHerford, del Graf,
deirHoehart, del De Nolhac, del Rochell, del Salvo-Cozzo, del Badini-Confalonieri e
Gabotto, del Eondakoff, del Cavalcasene e Crowe, del Leroy de la Marche, del Cat-
taneo vera. Le Mounier, del Dartein, del Frothingham, del Palustre, dello Schùck, del
Vallier. Passando poi alle singole regioni segnala per il Veneto i lavori del Monti-
colo, del Molmenti, del Cantafamessa, deirHolder-Eeger, dell'Urbani de Gheltoff, del
Tassini, del Vendrasco, del Fischer, del Saccardo, del Lentz, del Rohricht, del Si-
monsfeld, del Lazzarini, dell'Omont, del Centelli, del Piva, del Perret, del Tarducci,
del Sommi Picenardi, del Foffano, del Lamma, del Modrich, del Benussi, dello Joppi,
del Loschi, dell* Amoroso, del Morteani, del Puschi, del Neft, del Dtlmmler, del Cri-
vellucci, del Marchesan, del Bonardi, del Cogo, del Eaufmann e Caro, del ILamp,
del Chroust, del Marcolin e Libertini, del Brognoligo, dello ZoccoRosa, dello Spau-
genberg, del De Claricini Dornpacher, del Dal Verme, del Grilluberger, del Ga-
vazzi, del p. Gianfracesco da Venezia, del Biadego, del Menapace; per la Lombardia
tien conto delle pubblicazioni del Forcella, del Ratti, del Romano, del Pagani, del
Cipolla, delPHolder-Egger, del Ferrai, del Duchenne, dello Stocker, dello Schellhast,
del Jarry, del Calvi, del Perret, del Ghinzoni, del Piva, del Cappelli, del Séailles,
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358 SPOOLIO DI PERIODICI ITALIANI
del Rotta, del Sant'Ambrogio, del Carotti, dello Zerbi, del Grìvelkcci, del Savio,
del Dejob, del Breyer, dello Zanelli, del Rizzini, del Fornoni, del Cacchetti, dd
Poggii del Motta^ del Golò^ del Fossati^ del Rahn ; per il Piemonte menziona le
Sabblicazioni del Manno, del Gabotto, del Paglicd Brezzi, del Dina, del Brajda,
el Mclani, del Dionisotti, del Grassi, del Vassallo, del Cipolla, del Gabiani, del
Piccarolo, delPHolder-Egger, del Seebass, del Gandlach^ del Gasparolo, del Ghiglia,
del Negri, del Novarese, deirAssandria, del Caie di Pierlas, del Ragey, del Fnitaz;
per la Ligaria dopo aver accennato alle pobblicazioni colombiane meno recenti, si
ferma pib a lungo sa quelle dell'anno del centenario dovute alla duchessa di Ber-
wick y de Alba, alFAccademia di Lisbona, al Torres Assensio, al Fabié, al Gelchich,
al Weitemeyer, al LOwinson, allo Steiner, al Carboni, air Barrisse, al Windsor, al
Fiske, al Markham, alPElton, allo Jelic', alFInnes, airUniversità J. Hopkins, allo
Scaife, al Talbot, al Dixon, al Eretschmer, al Ruge, allo Schullmann, al Ganther,
al Burchard, al Gafiarel, al Casablanca, al Josefa, al Didon, al Gallois, al Balagner,
al Neussel. al Teizeira de Aragao, al Sanguineti, al De Lollis, al Lazzaroni, al
Belilo, a ir. Marcellino da Civezza, fr. Teofilo Domenichelli e fr. Marcellino da Vez-
zano, al Prinzivalli, al Marcone, al Lemoyne, al Baroni, al De Amezaga, alPHugues,
al Lorigiola, al Carini, al Belgrano, al Di Giovanni, ad Abbate pascià, allo Sta-
gliene, airAgnelli, al Donaver, al Fazio, al Centurini, al Poscia, al Paoletti, al
De Ugahon, al Rocca, a S. Sabazio, airAmbiveri, al Dell'Acqua, al De Ornellas,
airOliveira-Martins, al De Altolagnirre, al Castelar, al Pereira da Silva, airUzielJi,
al Frescusa, al Whitman, al Vecchi, al Vidart, all*Ibarra y Bodrignez, al Doncel
LOrdea e Falcon y Ozcoidi, al Duro, aU'Hayres, al Geraldini, al Wesch, al Phinnej
kZter, al Gambino Bagnasco, al Williamson, al Fossati, al Barrage, al Curtis, aì
Dognée, e a parecchi altri autori di conferenze e lavoretti di poca mole ; per la Li-
fnria stessa indica le pubblicazioni storiche di argomento non colombiano del Caro,
el Mas Latrie, dello Sforza, del Gabotto, del Braggio, del Cervetto]. — Giorno (G.),
^archivio antico della Università cU Padova [Riassunta la storia della Università
e dei vari collegi, fa conoscere le varie serie di carte che «ono divise nelle sezioni:
Archivio deirUniversità giurista (1498-1566), del Collegio veneto giurista (1644-
1806), del Collegio dei giudici di palazzo (1269-1471), del Sacro Collegio giurista
(1849-1806), deirUniversità artista (1674-1812), del Collegio veneto artista (1617-
1817), del Sacro Collegio dei filosofi e medici (1367-1794), del Sacro collegio dei
teologi (1510-1806), della nazione alemanna (1546-1807), della nazione oltremarina
(1656-1797), della nazione polacca (1592-1745), delle scuole ed istituti complemen-
tari e di varie raccolte e miscellanee]. — Marcbesl (V.), // dominio veneto nel
Friuli [Risposta alle osservazioni del prof. P. Mol menti intomo airarticolo: tLe
relazioni dei Luogotenenti della Patria del Friuli al senato yeneziano » . Porge nuove
prove del suo asserto che la repubblica veneta non governò bene i popoli di terra-
ferma]. — Carreri (F. C), Alcuni documenti importanti dei signori di Pdeenigo
conservati a SpiUmbergo (sec. XIII e XIV) [Neirarchivio degli Spilimbergo]. —
Sathas (C), Cipro nel Medio Evo [Larga recensione favorevole della < Chroniqac
de Strambaldi > , pubbl. da R. de Mas Latrie]. — M,^ P. Molmenti, CarpaceiOt wn
temps et son auvre, Venise, Fontana-Ongania, 1893 [Favorevole]. — Baro»! (N.),
Le monete di Venezia, descritte ed illustrate da Nicolò Papadopoli. Venezia, Od-
gania, 1893 [Favorevole]. — Wlel (T.), Catalogo delle opere in mtmca rapprtien-
tate nel secolo XVIII in Venezia [Coni]. — AtH della Società.
RASSEGNA PUGLIESE (Trani-Bari).
IX, 1892 — Beltrani (G.), Lorenzo Valerii tipografo romano in Puglia, —
Calenda di Tavani (A.), Patrizi e popolani del Medio evo nella Liguria oc-
cidentale. — De Giorgio (C), Cripte bizantine nelle Puglie, — De Cagna Po-
liti (N.), Angelo Bocco, investigazioni per la storia della eoHura barese nel XVII
secolo. — Foscarini (N.), I Foscarini in Venezia e Puglia secondo documenti
inediti. — Padiglione (C.), La tomba di Antonio di. Gennaro in San Pietro
Martire in Napoli. — Sarlo (F.), Epigrafi sulla porta principale del duomo di
Trani. — Simone (S.), Cenni sulla vita e le opere del grande pittore Giuseppe
Sciuii. — Spagnoletti (0. R.), I grani delle Puglie (Due lettere del marche^
di Montrone e dell arciprete Giovene).
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 359
X, 1898. — ÀmalA (G.)» Tiberio a Capri secondo la tradùsiane popolare. —
Benardini (N.), Troni nel 1799. — Crlsenolo (A.), Un giornalista di 50 anni
addietro. — De Oiorgi (C). Una società di storia patria neUe Puglie. — De
mono (G.)> Dei ruderi détta chiesa ed ex-convento dei Minori ConventuaM di
S. Francesco in Giovinazso. — Pepe (L.), Imprimo duca di Bari di Casa Sforza,
^ Pepe (L.), La suocera di Pietro d^ Medici. — Prndenzano (F.)^ Pisa e i
suoi numumerdi. — Sarlo (F.), Recenti sUtdi sul campante del duomo di Trani,
— S7I08 (L.), I Oohardù -— Sylos (L.), Archivi pugliesi; L'Archivio d'Addosio.
— Tlsta (F. S.), Barletta nel 1799.
XI, 1, 1894, gennaio. — Società di studi storici pugliesi [Atti e Statato]. —
De Giorgi (G.)i Iscrizioni romane scoperte a Rudia presso Lecce. — Groee (B.),
Versi spagnuoU in lode di Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara e delle sue da-
migelle [In un codice della Nazionale di Napoli. Tessuto di pnre frasi encomiastichel.
— Simone (S.), Roba vecchia per la storia pugliese [Docamenti per la stona di
Conversano 15218-51]. — De Ninno (G.), Agostino Gioia da Giovinazzo [Generale
degli Eremitani, 16951751].
2, febbraio. — Bogadeo (E.), Il castello di Argùro [Tra Giovinazzo e Bari]. —
Herra (E.), La chiesa di San Francesco in Andria [Iniziata nel 1230 ma com-
pinta solo nel 1346. Cont.]. — Ceci (G.) e Croce (B.), Il poemetto * VAmor pri-
gioniero^ di Mario di Leo da Barletta [Ne ristampano ed illustrano un brano,
importante per la storia delle famiglie napoletane del sec. XVI].
3, marzo. — De Giorgi (C.)» La coltura salentina nelVultimo trentennio [Inizia
una serie di lettere solPargomento]. — Morra (E.), La chiesa di 8. Francesco in
Andria [Cont. e fine]. — Ceci (G.) e Croce (B.), U poemetto V ' Amor
mero di Mario di Leo da Barletta [Cont.]. — Scalfari (E.), Pro veritate [Recen-
sione ampia &vorevole della pubblicazione « La fine d*un re. Murat al Pizzo »].
RIVISTA ABRUZZESE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI (Teramo).
IX, 1, 1894, gennaio. — Piccirilli (P.), Un argentiere aragonese delsee, XV
e la scuola di Nicolò Guardiaardt [Johannes Ricz(iu8) autore della croce di Cara-
manico (Chieti)]. — MeEncelli (G.), Silvio Spaventa [Commemorazione]. — Ras-
segna storica abruzzese [Uccisione di Andrea Matteo Acqua viva; Discordie fra Aquila
e Teramo.].
2, febbraio. — Pansa (G.)^ Celestino V ei solitari del monte Maiella [Riassume
la storia dello scisma e dell'eresia dei Fraticelli. Cont.]. — Savini (F.), La co-
rnunOà di 8. Flaviano (ora Giulianova) e la dominazione di Innocenzo IV in
Abruzzo nei 1254 [Documenti inediti permettono di fissare la durata del dominio
pontificio in quella regione. Cont.]. — Rassegna archeologica abruzzese [Iscrizione
peligna sulmonese].
3-4, marzo-aprile. — O. P., Usi nuziali deW Abruzzo Teramano [Secoli XYI-
XVni]. — Pansa (G.), Celestino V e i solitari del monte Maiella [Cont.]. —
Marini (G.), Passeggiata storico-archeologica [Alba Fucense]. — Bamabei (F.ì,
Rassegna archeologica abruzzese [Dalle e Notizie degli scavi » . Nuove epigrafi del-
l'antica Interamnia].
RIVISTA CALABRESE DI STORIA E GEOGRAFIA (Catanzaro).
S. I, 1, 1893, gennaio-febbraio. — De Lorenzo (A.), Sant'Agata di Reggio.
Frammenti di storia [Le condizioni politiche, civili ed ecclesiastiche del territorio
di Sant'Agata tra i sec. XVI e XVII. Cont.]. — Amone (N.), Il duomo di Co-
senza [Consacrato nel 1222 rivela il carattere più spiccato di transizione dalVar-
chitettnra appulo-romanza a quella ad archi acuti, ma fa soggetto a molti detur-
pamenti]. — Boecardini (G.), Luigi Giglio di Ciro e la riforma del calendario
[È poco conosciato, ma ebbe una parte non piccola nella riforma]. — Moscato (G. B.),
S, Lucido di Cosenza [Non ha grandi memorie fino al mille. Cont.]. — Dito (0.),
La tradizione storica suWorigine dei Brezzi [Il punto di storia che fa capo alla
sollevazione dei Brezzi è il punto più intricato ed incerto della storia antica del-
ritalia meridionale. La monca e fittizia tradizione ci presenta soltanto una fortu-
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360 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
nata sollevazione di servi, contraddicentesi nel suo svolarsi, tradizione accettata ed
in parte formata dalla posterità in coi la condizione de* Brezzi posteriori si riflette
sulla condizione de* primitivi. Cont.]. — F« J. P», Documenti itorià luUa dùtruUa
città di Mestano [Da appunti vari di N. De Siena, intorno a Medano, distrutta
nel terremoto del 1788].
2, marzo-aprile. — De Lorenzo (À.), Sant'Agata di Reggio, frammenti di storia
[Amministrazione civile ed ecclesiastica : il rito greco. Coni]. — Mosoato (G. B.),
S. Lucido di Cosenza [Il più antico documento non trascende il sec. XV, ma si
hanno tradizioni attendibili intorno alle trenta chiese, oratori ecc. airincirca che
vi sorgevano ed ora sono quasi tutti distrutti]. — De Bada (G.), Usi e costumi
aJbanesL Nosse [Pubblica quattro canti rimasti rituali alle nozze albanesi]. —
Dito (0.), La tradizione storica suUa origine de' Brezzi [Esamina le testimonianze
di Diodoro Siculo, Strabone, Giustino, in continuazione di Trogo Pompeo, cercando
di dilucidare alcuni punti oscuri della sollevazione dei Brezzi contro i Lucani]. —
Nostro (L.)j Notizie storiche e topografiche intorno a Colonna Reggina [Esamina
la storia geologica e Tetimologia del promontorio Cenide su cui sorse. Cont.]. —
^ Probo (E.), Appunti di topografia storica calabrese [Il sito di Blanda: accetta
Topinione del Lacava che lo colloca presso Tortora].
3, maggio-giugno. — De Lorenzo (A.), Sanf Agata di Reggio [Cont]. — Ir-
none (N.), Luigi III d'Angiò duca di Calabria [Si fenna specialmente sui benefici
effetti del suo governo in Calabria]. — Mandalarl (M.), Una lettera di Giovanni
Alfonso Sorelli [A Marcello Malpighi, 18 febbraio, 1661. Dalla biblioteca Boncom-
pagni]. — Pais (E.), Terina colonia di Crotone [Fiorì grandemente, e, benché sia
nominata raramente dagli scrittori, pure ebbe parte importante nelle guerre com-
battute nella Magna Grecia]. — Moscato (G. B.), San Lucido di Cosenza [Coni].
— Dito (0.), Appunti di geografia storica calabrese. Laos [La questione delFabi-
cazione a destra o a sinistra del fiume Laos è ancora irresoluta. lia migliore etimo-
logia è accennata da Strabone, e potrebbe essere ' dragone ' da identificarsi col
* genius loci', simbolo del fiume]. — Nostro (L.), Notizie storiche e topografiche
intomo a Cohnna Reggina [Cont.]. - Mandalarl (M.), Aneddoti di storia e hir
bliografia calabrese. — De Bada (G.ì, SuUa venuta degli Albanesi in Itaha [In
un ms. del nob. A. Tooci, della metà del sec. XYII].
4, luglio-agosto. -— Salasar (L.), Documenti e notizie per la storia oalabrese
[Nella Biblioteca del Museo nazionale di San Martino in Napoli. Dà notizia delle
lettere a Don Garzia di Toledo (1602-8) intorno a cose calabresi]. — A* de L.y
Alla vigilia del museo di Reggio [Riproduce uno scritto e Sogno d*un paleofilo »
già edito nel 1881, che riepiloga in forma immaginosa i trovamenti più recenti].
— Dito (0.), Pergamene e privilegi spettanti à£i città di Catanzaro [30 marzo
1519 (?) di Carlo le Giovanna. Conferma privilegi di Ferrante I; emana provvedi-
menti contro chi usurpa beni monastici ; concede il consolato deirarte della seta e
riguarda altre magistrature cittadine]. — Moscato (G. B.), San Lucido di Cosenza
[Cont. e fine]. — Nostro (L.)^ Notizie storiche e topografiche intomo a Cdonna
Reggina [Cont. La pianta della città]. — Dito (OA Appunti di geografia storica
calabrese. Laos [Cont. Senz'altra indicazione]. — De Lorenso (A.), Sanf Agata
di Reggio [La dominazione araba e la resa di Sant'Agata. Cont]. — Foderare (G.),
Il sepolcro della regina Isabella d'Aragona nel duomo di Cosenza [Non è opera
di artista francese, ma di Giovanni Pisano, come dimostra la ' Madonna della cin-
tola ' scolpita nel monumento, riproduzione di quella di Prato]. — Moscato (G. B.),
Rhegium nella prima guerra punica [Un piombo greco del 224 a. C. scoperto nel
1875 ed ora forse perduto getta luce sulla storia di Reggio nel III sec. e sulle sue
relazioni coi puno-fenici]. — Salomone Marino (S.), La terra di Scalea minac-
ciata da' Pirati nel 1565 [Da una lettera contemporanea al Viceré di Calabria]. —
Caplalbl (H.), Il castello del Pizzo [Dal libro, ora già pubblicato, « La fined*on
re >]. — Bonello (L.), I Greci deUa provincia di Reggio di Calabria [Indagini
intorno al dialetto ed alla letteratura popolare]. — Probo (L.), Un processo di
carbonarismo [Contro due donne nel *21. Ha qualche importanza per i documenti
sequestrati che si serbano neir Archivio provinciale di Catanzaro].
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 361
RIVISTA DELLE TRADIZIONI POPOLARI ITALIANE (Roma).
1, 1, 1893. — De Gabematis (A.). La tradieione popolare ùaHana [Discorso
inangtirale della Società delle tradizioni popolari italiaDe]. — Leland (C.), Due
leggende etrusche [Una leggenda di Auradice che potrebbe riferini ad Orfeo e quella
di Intiato, raccolte nella Romagna toscana sono certamente etnische]. — Listar
Stoma), Leggende classiche e superstigioni dei casieUi romani [Il * feticcio ' o porta
rtnna» e le leggende dei lopi-menari o del mazza-mnriello, trovano riscontri con
leggende e superstizioni di altri paesi: altre si riconnettono a memorie classiche].
— Dne (S. P.), Tradizioni e leggende di Cogne nella valle d'Aosta. — M or-
mina (A.), La Madonna deUe mtlieie [Leggenda siciliana]. - Posxi (Adelai«le).
Leggende comasche [È cnrioea la leggenda < la reliquia del beato Federico impe-
ratore Barbarossa »]. — Falbo (I. C.), La torre di Milane [A Cassano sull'Ionio.
Miione è il seguace di Pompeo, infatti vi si serbano tradizioni della guerra civile].
— Baratta 0^. M.), La leggenda della cappella dei Longobardi [Al bosco di Pon-
taizo nel Vogherese]. - Crederne popolari nella Valsesia [Raccolte per la maggior
parte in Riva Valdubbia]. — Jak la Bolina^ Il gruppo di Salomone e il pater-
noster verde [Superstizioni marinaresche]. — Barbieri (B.), Credenze e supersti-
iioni ferraresi. — Aleandri (V.), V sanse di Sanseverino Marcile. — Lnchini (L.),
Le rogasioni a Campione e le tradizioni dei riti druidici dei GaUi [In Val dlntelvij.
2, 1894. — Coceapanl Imperiale (B.), La leggenda degli zingari a Monte
Donato [Presso Bologna. Si crede che siano d'origine zingara e che avendo ricevuto
' in dono * un luogo da abitare, gli dessero il nome di Hontedonato]. — Leggenda roma-
gnola del Diavolo. — Vere de Vere (L.), Leggenda del lago d'Elio (o d'Edio) [Nel-
l'Alta Lombardia]. — Baragiola (A.), La leggenda cimbra delVOrco e adagi cimbri
relativi aWOrco [Nei sette comnni vicentini]. — ViUari (L. A.), Xa leggenda di
ÌMca Giordano a Cercola [Presso Napoli. Il pittore Luca • fa presto ']. — Hortis (A.),
Varco di Biccardo in Trieste [È romano, ma ai attribnì promiscuamente a Carlo-
magno ed a Riccardo Cuor di leone]. — DÌ VlUamarina (M.), Credenze popolari
della Valsesia. — Coronedi Beri (C), Usi e credenze funebri nel Bolognese. —
Pirotta (A.). Il Natale in Gallura. -> De Luna (P.). La notte di Natale in
Calabria. — Pellegrini (F.). Il capo d'anno nel Molise. — Musatti (C), Motti
storici veneziani [Eser un Atila; Far Samartin]. — Sabatini (F.), Il teatro ro-
manesco [Si hanno documenti dal 1737 in poi, ma forse si potrebbe risalire anche
al sec. XVI]. — KulezjclLi (L.), Tipi popolani di Monza.
3. — Valla (F.), La festa di Sanf Antonio e la leggenda di Prometeo [In Sar-
•iegna]. — QnintaTalle (F.), La leggenda di Santa Caterina [In Sardegna ed in
Calabria]. — Forster (R.), Bovo d'Antona [Tradizione popolare epica zaratina].
— Baggnglia (S.), Il Maràhito e le sue leggende [Montagna tra Palermo e Cor-
leone]. — Ventura (C), Il tesoro di Manfina [Presso Terranuova di Sicilia]. —
Xeri (F.), Il tesoro della Conca [Leggenda di Cefalà]. — Renda (A.), La leg-
genda di ButiHo Benincasa [In Calabria]. — Bnffoni Zappa (C), La leggenda
della Comara [A Milano]. — Peteani (L.), Credenze e superstizioni del Friuli
orientale e Gorizia. — Cossn (G. M ), Tradizioni, superstizioni e credenze sarde.
— Gabrieli (A.), Usanze e tradizioni pugliesi.
4. — Casini (T.), Ricerche ufficiali sulle tradizioni e costumanze ptjpolari nel
regno italico [Ne dà an saggio del Cagooli prof, a Reggio (1811), invitando altri a
far ricerche negli archivi dei licei sulle riposte fatte da altri professori al questio-
nario mandato dal direttore generale della pubblica istruzione del primo regno ita-
lico], — D. T. tt., Un po' di folklore leggendario a Tropea [Cont.]. — Fag-
gioa (L.), Leggende di Valstagna [In Val di Brenta]. — Gesarini Sforza (L.),
La mano di San Vigilio [Leggenda trentina]. — De* Colli (N.), Maramao e Ma-
ramaldo [Cita un raro opuscolo del Foucard, sull'ortografia del nome Maramaldo].
— Panalotti (F.), Credenze ed usanze chioggiotte. — Casotti (F.), Di un rito
sepolcrale messapico. — Onerrierl (C), Credenze, superstizioni e impopolari iu
Rimini e suoi dintorni. — Bonx (0.), La maschera perugina [Bartoccio].
Rivista di Storia Italiana, X. 24
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302 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
RIVISTA DI STORU, ARTE, ARCHEOLOGIA DELLA PROVINCIA DI
ALESSANDRIA (Alessandria).
II, 4, 1893, loglio. — Cipolla (C), Asti 9aUo ìa dammasione francese dal no-
vembre 1745 al mareo 1746 [Pnbblica una cronaca acrìtta per ordine del tcscoyo dai
suo segretario Costanzo Cocalotti, da nna copia ma. di sua proprietà. Il Cocalotti
non narra tatta la storia di Asti in quei quattro mesi, ma apecialmente dei pati-
menti e ladroneggi, coi fa sottopoato il clero. Qoeata cronaca ta probabilmente nota
al Caratti che vi accenna in modo vago, ma è del tutto inedita. Il C. atrgionge
alla cronaca in appendice c^nni tratti dagli Ordinati del Comanej. — Oioreelll (G.),
Il b^neio del ducato di Monferrato deWanno 1600 [Da an me. della bibliotèca
del seminario di Casale. Intereasante per le molte economie che vi si propongono,
e non farono accettate dal prìncipe, Vincenzo Gonzaga]. — Gabotto (F.) e Ba-
dini Confalonieri (A.), Vita di Giorgio Meruìa [Cont. e fine]. — Memorie e
notizie [Documenti acqaesi (Notizia delle pergamene deirOspedale) ; Le carte di
Felizzano (Notizia deirArchivio comanale); Le carte di San Salvatore Monferrato;
Documenti di Nizza Monferrato]. — uasparolo (F.), Documenti. Archivio di
Santa Maria di CasUUo [Cont.].
Ili, 5, 1894, gennaio-marzo. — Gabotto (F.) e Badlni Confalonieri (A.^ FOo
di Giorgio Meruìa [Cont.]. — Negri (F.), Una antica chiesa in Bassignana [Re-
centi acoperte ed antiche manomisaioni]. — Gasparolo (F.), I doeutnenti deff ar-
chivio capitolare metropolitano di Vercelli [Transunto di documenti interessanti la
storia aleasandrinal. — Memorie e notizie [Scavi d'Acqui; Sacco di Solerò nel 1642;
Le carte di Là Monferrato]. — Documenti: Archivio di 8, Maria di Castello
fCont.].
STUDI E DOCUMENTI DI STORIA E DIRITTO (Roma).
Xin, 3, 1892, luglio settembre. — Cerasoli (F.), Documenti per la storia ài
Castel Sant'Angelo [L'angelo posto sulla cima del castello. Il tesoro pontificio del
castello].
4, ottobre-dicembre. ~ Grisar (H.), Le tombe apostoliche di Boma [Analizzati
monumenti e testi, il G. conchiude: quando ai alzarono le dae baailiche, non fa
malato il sito dei sepolcri primitivi di S. Pietro e S. Paolo su cui si eressro le
posteriori costruzioni]. — Celani {?j.). Lo statuto del comune di MonteUbretU [F^
riformato non prima del 1436 da Don Francesco Orsini duca di Gravina, ma, per
quanto il testo primitivo aia alterato, si può classificare per il diritto pubblico tra
gli statuti baronali, per il privato tra gli statuti baronali-rurali].
XIV, 1, 1893, gennaio-marzo. — Cerasoli (P.), L'armeria di Castel Sanf An-
gelo [Non vi ebbe principio che sui primi del secolo XVII e durò circa un secolo.
Il C. ne pubblica vari inventari]. — Cerasoli (F.), Il tesoro di Castel SanCAn-
gelo [Appendice al precedente art.].
2, aprile-giugno. — Celani (E.), Alcuni documenti sul diritto di ancoraggio nei
Medio Evo [Relativi al porto di Civitavecchia. Del secolo XV. Importanti per la
scarsità di tali documenti]. - Campello della Spina (G. B.), Pontificato di In-
nocenso XII [Cont. e fine del * Diario ']. — De Feis (L.), Storia di Liberio Papa
e dello scisma dei Semi-ariani [Cont.].
3 4, luglio-dicembre. — Cerasoli (F.), // testamento di Pio IV [Negli atti del
notaio Alessandro Pellegrini. Rogato VS febbraio 1564. Importante perchè di quel
secolo non si conosce che il testamento di Clemente VII e vi sono nominati per-
sonai^gi ragguardevoli]. — Cerasoli (F.), Ricerche storiche intomo agli alberghi
di Róma dal secolo XIV al XIX [Scarsissime e leggendarie le notizie del ae-
colo XIV si fanno più copiose e curiose nei segaenti]. — De Feis (L.), Storia di
Liberio Papa e dello scisma dei Semi-ariani [Cont.]..
STUDI STORICI (Pisa).
Il, 3, 1893. — Marchetti (S.), Intorno al vero autore del poema * De hello
Maioricano' [Espone le ragioni che lo inducono a ritenerlo di Enrico Cappellano.
Cont. e fine]. — Pais (E.), Gli elementi Sicélioti ed Italioti nella più antica storiti
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 363
di Boma [Siracusa dopo la battaglia di Imera e di Cama esercitò grande inflaenza
«Q Boma e l'Etrurìa: lo dimostrano i sincronismi tra le rispettive storie, special-
znente le agitazioni politiche ed agrarie tra il 466 e il 454 a. G. e le teorie snlle
orìgini sicale degli abitatori di parte dell'I talia centrale e salla discendenza da mi-
tici personaggi siciliani dei Galli invasori. Cont.]. — Kirner (6.), Intorno aW ' ora
maritima^ di Avieno e alle sue fonti [È traduzione o parafrasi di scritti geogra-
fici greci, come fa già dimostrato per la « Descriptio orbis terrarnm » versione da
Dionisio Periegeta. Cont]. — CrÌTellueei (A.). Il falso Latiangio ed Eusebio nel
racconto delia guerra del 312 dipendono da Eumenio e da Nasario? [È molto
facile che Pantere delle ' Mortes * che scriveva dopo il 314 conoscesse il panegirico
di Eomenio recitato nel 313 e che Eusebio conoscesse anche quello di Nazario (321)
e ne fossero consapevolmente o no inflnenzatil. — Pais (E.), Rodie^ la patria di
Ennio [Ribatte Tipotesi del Cocchia, riprendendo 1* opinione del Motnmsen]. —
Crivellueci (A.), Durata delTassedio di Pavia (569-572) [Paolo Diacono attinse
jirobabilmente la notizia al riguardo dalla tradizione, che considerava la città stretta
d'assedio fin dal primo apparire de* Longobardi]. — Recensioni: Pals (E.), P. Orsi,
Necropoli sieula presso Sir<KUsa con vasi e bronsi micenei. Roma, 1893 [Favore-
vole]. — Crivellacci (A.)« E. Boargeoid, Lettres intimes de J. M. Alberoni adres-
sées au eomte L Bocca, Paris, 1893 [Favorevolissimo]. — Notizie di pubblica-
zioni recenti [Vi si fa cenno degli e Studi di storia antica > pnbbl. da 6. Be-
loch, della versione della « Storia della Sicilia neirantichità » deirHolm ; di L. Zde-
kauer, € Il diritto romano nel comune di S. Gimignano » ; di G. Seeliger, < Uie
Eapitnlarien der Earolinger»; di B. Niese, < Zur chronologìe des Josephus»* di
B. Lavollée, € La morale dans Phistoire » ; di J. Moeller, < Traité des études nis-
toriques » ; di E. de Bnggiero, « L'arbitrato pubblico in relazione col privato presso
ì Romani >; di T. Marietti, e La difesa di Roma nel 1849 »; della nuova edizione
del Paulus, € Rea! Encyclopàdie der classischen Altertumwissenschaft » ; di 0. Seeck,
tDie Anfange Constantin*s des Grossen >; del e Dictionnaìre des antiquités grecques
et romaines » del Darenberg e Saglio; di A. Graf, « Miti, leggende e superstizioni
del Medio Evo >].
4. — Pais (E.), La fiotta greca che nel 349 a. C. comparve davanti aHe coste
dd Lazio [Liv., VII, 26, 13. L'opinione del Niebuhr che fossero alcuni dei merce-
nari che t«^rininata la guerra sacra del 346 abbandonarono la Grecia, fu combat-
tuta dall'Holzaplel, che volle invece fossero mercenari di Dionisio II di Siracusa.
D P. reputa addirittura iUsa l'ipotesi dell'Holzaplel e riprende quella del Niebuhr,
pur combattendone alcune parti]. — Mancini (A.), Quaestiorìes Lactantianae
[Proposte alcnne questioni minori sn altre opere di L., si ferma sul e De mortibus
persecutorum », ricercando di quali opere genuine di L. si sia giovato il psendo Lat-
tanzio per compilarlo]. — Kirner (G.), Intorno alV * ora maritima * di Avieno e
alle sue fonti * [Cont. e fine. Il metodo di compilazione di A.]. — Grivellncci (A.),
L'antico catasto di Ascoli [Del 1381. Appartiene all'età della maggiur fioridezza
del comune. Ne descrìve paleograficamente i nove volumi rilevandone l'importanza
storica]. — Recensioni: Grivellncci (A.), Lubomirski, L'ItaUe et la Pohgne.
1860-1864. Paris, 1892 [Favorevole]. — Simonetti (G.), S. Bongi, Le croniche dt
Giovanni Sercambi lucchese pubblicate sui manoscritti originali. Roma, 1892-93
[Favorevole]. — Crivellneei (A.), L. Amabile, Il Santo Ufficio della Inquisizione
di Napoli, Città di Castello, S. Lapi, 1892 [Favorevole]. — Notizie di pubbli-
cazioni recenti [Vi si parla di E. Lattes, «Saggi ed appunti intorno alla inscri-
zione etrosca della Mummia »; A. Cremona, t Delle orìgini di Caltagirone > ;
P. Boe!«ch, « De XII Fabularum lege a Graecis petita »; 0. Vootter, « Erster christ-
licfae Zeichen auf rOmischen Mflnzen >; F. P. Pugliese, < Arechi prìncipe di Bene-
vento e i suoi successori »; D. Zanichelli, « Gli scritti del conte di Cavour »; L. Celli,
« Tasse e rivoluzione, storia della sollevazione di Urbino contro il duca Guidobaldo II
Feltrio della Kovere dal 1572 al 1573 > ; 0. Hirschfeld, < Die agentes in rebus » ;
L. A. Milani, e II piombo scritto di Magliano »; Q. H. Lewis, < Paganism surviviiig
in Christianity »; C. Somniervogel, < Les Jésuites de Rome et de Vienne en MDLXl > ;
S. Bran«la, < Ueber den Verfasser des Buches * De mortibus persecutorum * » ; G. Ni-
colncci, e Brevi note sui monumenti megalitici e snlle cosi dette * specche ' di Terra
d'Otranto > ; L Carini, e Diciotto lettere inedite di Francesco Bianchini a Giovanni
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364 SPOOLIO DI PERIODICI FRANCESI
Cìampini » ; B. Pick, « Inedita der SamralQng Mandi m Budapest » ; N. Penwfaetti,
€ Viapf^io areheologioo salta via Salaria »; E. Cocchia, « Oli €OJgratnnii sepolenli
dei pia antichi poeti latini»; L. A. Ferrai, Il 'de sita arhis MediolanensU * e la
chiesa Ambrosiana nel secolo X »].
Giuseppe Roberti.
BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ DES SCIENCES HIST0RIQUE8 ET NA-
TURELLES DE LA CORSE (Bastia).
XII-XIII, US, 144 e 145, 1892, novembre e dicembre, 1893, gennaio — Let-
teron (Abbé), Mémoires du coìonel Oio. Lorenzo de Petricani (1730-1784) [Da
un ms. di proprietà della famiglia. Hanno importanza storica specialmente per la
parte concernente le operazioni militari degli anni 1768-69, ma sono atili anche
per gli altri periodi, poiché il P.^ che parla molto di sé stesso, fa capitano al ser-
vizio di Fraticia nel Real Corpo, colonnello al servizio di Genova e compagno di
P. Paoli].
146 e 147, febbraio e marzo. — Perelli (D/), LeUres de PtuaU Paoli [Coni
la pabblicazione. Le presenti vanno dal 14 agosto 1767 al 20 dicembre 1769: sene
pubblicano in appendice parecchie di data incerta, ma anteriori alla battaglia di
Pon tenevo].
148-149150-15M52-153 e 154, aprile-ottobre. — Letteron (Abbé), Ptèeet et
documenta divers pour aervir à V/tittoire de la Coree pendant lee années 1737-39
[Il primo intervento francese in favore di Genova secondo molti docamenti, ilio-
Rtranti le trattative diplomatiche, i rapporti tra francesi e ribelli, la politica ge-
novese, la storia della guerra ecc. a complemento delle Memorie di Rostini e d'altre
pubblicazioni contemporanee. Una piccola parte dei docamenti riguarda re Teodoro,
il sao soggiorno ad Amsterdam, le pratiche che vi apri fino allo sbarco a Portovecchio].
155 e 156, novembre4icembre. — Morati (A. de). La eanepiration d^Oìetta
13 14 février 17S9 [Nuovi docamenti degli archivi di Aiaccio permettono di rifare
di sana pianta la storia di questo &tto, poco noto e mal giudicato dagli stessi Corsi.
Ne risulta che non fa propriamente congiara, ma colpo di roano tentato dal Paul)
coll'aiuto deirabate Salioetti. Non è provato che si volessero sgozzare i soldati
francesi].
COMPTES-RENDUS DES SÉANCES DE L'ACADÉMIE DBS IN8CRIPTI0NS
ET BELLES-LETTRES (Paris).
S. 4*, XXI, 1893, maggio-giugno. — Geffroj (A.), Lettre pà notizia della ri
produzione in fotoincisione del ms. delle * Pandette * della Laurenziana, offerto alla
Regina per le nozze d*argento; del rinvenimento del tesoro aureo all'Aventino;
(leir iscrizione a Serapide sul Capitolino; degli scavi dello Stadio al Palatino]. -
Barthéiemy (A. de), Note [Sulla classificazione delle monete carolingiche]. —
Delattre (A.-L.), Nota [Scoperta d*un muro con anfore romane sulla collina di
Byrsa (Cartagine)]. — Geffroj (A.), Lettre [Notizie sugli scavi dello Stadio al
Palatino e sulle indagini del Milani intomo alla ubicazione di Vetulonia]. — Gef-
froj (A.), Lettre [Notizie sulla Galleria di modelli per Tinsegnamento archeologico
airUniversità di Roma, e sulla scoperta fatta dal Dorez di frammenti d'un copia-
lettere di Marin Sanudo il Vecchio].
Luglio-agosto. — Geffroy (A.), Lettre [Brevi notizie sulle questioni dei naoTi
scavi vicino a Bologna e di Vetulonia].
Settembre-ottobre. — Demaeght (C), Lettre [Rinvenimento di nove pietre mi-
liari della strada romana da Luca (Tivuzionine, Algeria) verso ovest]. — Héros
de Vlllefosse (M.), Xa teière de Bizerte [Terzo esempio noto di tessera pagann.
Lo raffronta con quelli di Tolentino (ora al Museo di Berlino) e di Perugia. Offr'*
interesse geografico e getta luce suiramministrazione dei pagi]. — Héron de Til-
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 365
lefosse (M.), Bapport [Dae piombi antichi rappresentanti principi della famiglia
d*Aagasto, di proprietà Martinetti, comunicati dall'Helbig]. — Cartoli (D.)» BajM?<n't
[Snlle ricerche intraprese a Thagga (Tanisia) e rinvenimenti del tempio di GiOTe,
di Saturno e d*altri monamenti e iscrizioni].
Novembre-dicembre. — Delattre (P.), LeUres [Scoperte fatte in una necropoli
panica a Cartagine, ed interessanti l*arte cartaginese]. — Geifroj (A.), Lettre
[Notizie sai rinvenimenti a Prima Porta nel sito deirantica villa di Livia, e sulla
prossima pubblicazione delle esplorazioni archeologiche della missione Graillot-Gsell
nel dipartimento di Costantina, nei < Mélanges de Técole fran^aise de Rome »]. —
Waille (V.)t Nota [Su una ' tabula lasoria * rinvenuta aChercel e sa una iscrizione
menzionante V 'Ala Sebastena Severiana *]. — Cailletet (L.), Nota [Scavi del-
l''oppìdum' gallo-romano a Vertilum (Vertault) nella Costa d*Oro]. — 6effroj(À.),
Lettre [Notizie sulle recenti scoperte intorno alla leggenda di Carmenta, comunicata
dal Milani ai Lincei; sugli studi intorno alle terramare piacentine del Pigorìni;
a^li avanzi delle case dei Nummii Albini rinvenuti presso Via XX Settembre a
Roma ed ai rinvenimenti dei monetari a Castiglion Fiorentino e a Salemi].
GAZETTE DES BEAUX-ARTS (Paris).
S. 3«, X, 1893, ottobre 1. — Redmond (M.), La sculpture fiorentine au ZJ7«
et XV •siede [Cont. Studiai bassorilievi del Duomo d'Orvieto. Escluso che possano
«ssere di scuola senese, attribuisce il * Giudizio universale * ad un pisano < un maitre
qui nourri de la doctrine pisane du XIII « siòcle lui a fait subir les modifica tions
et les perfeetionnements de Tart du XIV« » ; la * Genesi ' alla scuola di Andrea
Pisano; la * Vita di Cristo' alla scuola dell' Orcagna; il che gli apre la strada a
trattare delle relazioni tra Tarte italiana e la francese dei secoli XIII e XIV].
Novembre 1. — Grayer (G.), Vittore Pisano, appe1éaussi*le PisaneUo' [Rias-
same le recenti indagini tedesche e italiane, proponendosi in pari tempo di far la
rassegna delle sue opere per dimostrare che il P. fu un novatore per parecchi riguardi].
MÉLANGES D'ARCHEOLOGIE ET D'HISTOIRE (Paris-Rome).
XIII, 4^5, 1893, dicembre. — Helbig (W.), Deux portraits de Pyrrhus voi
SÉpire [Un marmo di proprietà Jacobsen, che presenta i caratteri dei primi tempi
ellenistici e ferma di Ercolano descritta dal Six, per quanto ci rappresentino Pirro
sotto due diversi aspetti, sono certamente suoi ritratti]. — Fabre (P.), One ville
de PatU Diacre [V « oppidum quod Verona appellatur » di cui si conserva traccia
nel nome di * Valle di Verona ' dato all'alta valle del Tevere in un diploma del 967
ed in altri documenti successivi]. — Bonrel de la Bonclère (C), Une escadre
franco-papale (1318-1320) [Ne tace persino il Guglielmotti, eppure si hanno docu-
nenti dei conti di compra e costruzioni di essa nel reg. 28 degli « Introitus et
Exitus Camerae » airArchivio Secreto Vaticano. Doveva servire per una crociata,
ma Al presa a Ramon de Gardena, ammiraglio di Roberto di Napoli, da Corrado
d'Oria, capitano della flotta aragonese]. — Toatain (I.), Inscriptions de Tunisie
[B^l^to delle recenti scoperte]. — Gsell (S.) e Graillot (H.), Bxploration archéo-
loffique dans le département de Constantine [Delle rovine romane al nord del*
TAoreo. Le esplorazioni hanno dato importantissimi risultati, di cui si recano qui
molti saggi. Cont]. — Bibliographie: Goyau (G.), L. Duchesne, jPVutes épisco-
paius de V ancienne Oaule. Tome I : Provinces du Sud-Est. Paris, Thorin, 1894
[Pavorerole].
MÉMOIRES DE L*ACADÉMIE DES SCIENCES, BELLES LETTRES ET
ARTS DE SAVOIE (Chambéry).
S. 4% III, 1892. ^ D'Oucien de la Bfttle (E.), 1689 [Analizza il volume re-
lativo al 1689 dei e Régistree des lettres pour le service de S. A. R. » del barone
d'Alex, segretario di stato e delle guerre. Dà notizie intorno ai movimenti delle
troppe di Vittorio Amedeo II in queiranno]. — Trepier (C), Sainte Claire hors
ville et Vhópital mHitaire de Chambéry, — BeTel (E.), Marie Adelaide de Savoie
duchesse de Bourgogne [Undici lettere inedite alla contessa di Grésy, ora di prò-
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366 SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI
prietà Revel a Grésy-sar-Aiz. Non hanno grande importanza storica, ma aintano a
raffigurare la simpatica principessa].
IV, 1893. — Perrin (A.), Les Caproni (Caprony, Cappnmy, Capenmy) faòri-
cants de papier à la Serray (B<mrget du Lac) et à Divotme aux XVIh ti
XVIII* sièclesy leurs marques et filiffranes [I C. probabilmente d'origine italiana,
si stabilirono in Savoia verso gli aitimi del secolo XVI e vi esercitarono nna fio-
rente indofitria per oltre due secoli]. — Borson (G,), Ferdimmd de Regard de
Vara eapiiaine au régiment d' AosU-Cavaìerie (1808-1849) [Morto alla battairlia
di Novara. Ne illastra la vita, pubblicandone parecchie lettere che si riferiscono ai
fatti del *48-'49]. — De Maresehal de Lacfane {C.\ Queìques vieux papiers de
Pingon [Lettere di Filiberto ?., noto erudito, al tìglio Beroldo ed altre earte di
famiglia]. — Vernfer (J. J.), Traités entre U coniie de Savoie Amédée VI et la
Maison de Bourgogne en 1369 et 1379 [Negli archivi del dipartimento del Nord.
Li pubblica ritenendoli inediti, l dae prìncipi si promettono mataa assistenza e
protezione in caso di guerra, ma soltanto nei lìmiti degli Stati rispettivi].
MEMOIRES ET DOCUMENTS PUBLIÉS PAR LA SOCI^TÈ SAVOI-
SIENNE D'HISTOIRE ET D'ARCHEOLOGIE (Chambéry).
2« S.» II, 1888. — GaiUaud (L.) e Babnt (F.), Lee Savoyards de dwers étaU.
Les médecins [Note biografiche e bibliografiche sui medici savoiardi, di cui molti
si laurearono a Torino e furono in stretta relazione col Piemonte]. — Mugnier (F.)r
Lettres des princes de la Maison de Savoie à la viOe de Chambéry (1393-1528)
[Dagli archivi municipali di Chambéry. Sono più importanti le lettere di Amedeo IX
e di Jolanda di Francia].
Ili, 1889. — Mailland (J.), Lee Savoiarde et Saint Louis dee Francate (Bome)
[A sostegno della tesi già sostenuta nelPopuscolo € Les Savoyards à Rome et leurt
établissements pieux à la fin du Moyen Age > intomo ai diritti dei Savoiardi su
S. Luigi dei Francesi, porta documenti dell archivio torinese].
IV, 1890. — Babut (F.), Vingt chartes inédites relatives à la Chartreuse de
Saini-Hugon [Lettere di salvaguardia^ d*esenziane, di donazione concesse da vari
principi di Savoia da Tommaso (1221) in poi]. — Mngnier (F.), Les Savoyards
en Angleterre au XIII^ siede et Pierre d" Aiguehlanche éveque d'Héreford [La
sorte avventurosa dei figli di Tommaso I fu causa delle vicende pure molto agitate
di parecchi nobili ^d ecclesiastici savoini, specialmente alla corte d*Inghilterra sotto
Enrico III. Queste vicende ritrae il M. valendosi specialmente di Matteo Paris. In
appendice illustra la fondazione della collegiata di Santa Caterina d*Aìguebelle, cor-
redando la sua esposizione di documenti inediti ed incisioni].
V, 1891. — Hngnier (F.), Bépertoire de Utres et doeuments divers rehttfs à
Vancien comté de Genève et Oenevois [Regesto di documenti editi ed inediti dal-
l' 800 (?) in poi per servire alla storia delle relazioni tra la Ca.sa di Savoia e Ginevra].
— Babnt (F.). Catalogue de 164 pièces historiquca transcrites des arehives de lai
Chambre des comptes de Turin par Auguste Dufour [Dà una succinta indicazione
dì documenti copiati dal D. ed ora deposti nella biblioteca della Société Savoisienne.
Vanno dal 1159 al 1792, salvo quattro del secolo XIX, e fì riferiscono all'ammi-
nistrazione della Savoia. In appendice documenti relativi alla famìglia Curopoìs]. —
Létanehe (J.), La maladrerie d* Tenne {Ancienne Uproserie d'Entresaix) [Oltre a
molto altre notizie intorno a questo famoso ospìzio di lebbrosi, ne dà gli statuti
promulgati da Amedeo IX].
VI, 1892. — Tarernier (H.), Histoire de Samoene [Nel Paucigny. Pubblica
documenti inediti riferentisi a vari principi di Savoia]. — Mngnier (F.)f Les eie-
gances de la langue latine de Laurent Valla et les glosses latino-franfaises de
Jacques Oreptus [II G. fu uno studioso savoiardo del secolo XVI, di cui si serba
negli archivi degli Ospizi civili di Chambéry Tesemp'are dell'opera del Valla anno-
tato]. — Mngnier (F.), Prière d*un catholique à Voccasion de la convakseenee
cP Emmanuel PhUibert [Poesia in vernacolo savoino del 1588 o 641. — Babat(F.),
Voyages du héraut Savoye en France, à Chypre, en SicUe, a Venise tic,, ìes
années 1432 et suivantes, extraits des comptes du chatelain de S^ Germamen'Bugef
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 367
[Oltre ai coDti, come spesso avviene in tali rotali, dà notizie intorno ai motivi dei
viaggi ed aneddoti Tari].
MESSAGER DES SCIENCES HISTORIQUES OU ARCHIVES DES ARTS
ET DE LA BIBLI06RAPHIE DE BELGIQUE (Gand).
1892, 2. — Delelaye (H.), Le buUaire et Vhistoire du Pape Calixte II [Pab-
blicati recentemente da Ulysse Robert. Recensione molto favoreyole]. — Variét<';s:
Inoentaires de tableaux dreasés par Spruyt [Interessante per Ìl valore dei quadri
nella seconda metà del secolo XVIII].
1893, 2. — Les eheheM [Riassanto della storia delle campane, a proposito di un
dccnroento dei secolo XVIIJ.
4. — De Bidder (A.), Les réglemenia de la eour de Charles Quint [Spigoliitare
da nn ms. spagnnolo della biblioteca di Borgogna a Bruxelles, di cui si hanno altre
copie nelle biblioteche di Madritl. Dà un'idea molto esatta dei vari servizi di corte
nel 1545. Cont.]. — Hosdey (E.\ La Beìgique monastique sous Vaneien regime
[Repertorio storico-bibliografico dei conventi belgi prima del secolo XIX. Può servire
anche per la storia della Chiesa e del Papato. Cont.].
NOUVELLE REVUE HISTORIQUE DE DROIT FRANfAIS ET ÉTRANGER
(Paris).
XVII, 1893, settembre-ottobre. -^ Boglsic (V.), Le statuì de Raguse (codifir
caUon inèdite du XIH^ siede) [Esamina i capi più importanti e caratteristici].
6, novembre-dicembre. — Fabre fP.), Une hypothèse sur ìes ' tertiatores ' de ìa
Terre de Labour [A proposito della ristampa fatta dal Capasse nei suoi e Munu-
menta ad bistoriam Neapolitani dncatus pertinentia » dei due noti documenti in coi
8i parla dei ' tertiatores ' esamina lopinione del Troya e propone unMputesi propria.
Ai vasti domimi caduti in potere del Fisco si applicò il sistema delle * tertia * ; ve-
nati i Longobardi, per evitar le contestazioni, tali terre furono divise tra questi ed
il nascente ducato napoletano].
POLTBIBLION. REVUE BIBLIOGRAPHIQUE UNIVEUSELLE (Paris).
N. S., XXXVIII, 2, 1893, agosto. — Cb. P., Un ami de Pétrarque. Lettre de
Francesco NeUi à Pétrarque, ed. H. Cochin [Favorevole]. — Q» de G*^ Madame
Mère (Napoìeonis Mater) par le baron Larrej [Troppo panegirista].
3, settembre. — Péries (G.), La cour de Bome et Vesprit de réforme avant
Luther, L La Théocratie. Apogée du pouvoir pontificai par F. Rooquain [Favo-
revole con parecchi appunti]. — Bagrneiiftiilt de Pnchesse (G.), Beeueil des ins-
truetions données aux ambassadeurs et aux ministres de France depuis les traités
de WestphaUe jusqu'à la RéoolutUm franfaise, NapHes et Parme par J. Reinach
[Chiama € magistrale» T introduzione e degna di esiger pubblicata a parte, ma am-
mette che « ce long exposé n*est exempt de déclamation » e che < plus d'un puint
e»t fort contestable »].
4, ottobre. — Fonrnfer (P.), Qeschichte der Quellen und Literatur des Bòrni-
schen Bechts im frilheren Mitteìalter von d' Max Conrat [Favorevole con qualche
appunto].
5, novembre. — Baguenanlt de Pachesse (G.), La diplomatie au temps de
Maehiavel par M. de Maulde-la-Clavière [Ne loda Toriginalità e la novità, quan-
tunque lo riconosca incompleto].
6, dicembre. — Huft (C), Les sources de Tacite dans les histoires et dans les
ansudes par P. Fabia [Favorevole]. — 0. de G*^ La question itaUenne, Période
de 1814 à 1860 par G. Giacometti [Ne mette in ridicolo le aspirazioni conciliative
dieendo che € le simple récit des faits couvre de honte les anteurs des spoliations
de 1859 », che non si può sperar nulla da un popolo educato e à l'école de men-
songe des Cavours, des Mazzini, des Crispi, etc. >. E ci pare che basti !! ].
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368 SPOGLIO DI PERIODICI FRANCfiSI
REVUB ARCHÉOLOGIQUE (Paris).
S. 3«, XXI, 1893, laglio-agosto. — BaTaisson (F.), Une awore de Pisaneìh
[Ritratto acquistato recentemente dal Moseo del Lonrre e ritenuto, secondo Topi-
nione emessa dal Venturi neir « Archivio storico delParte > , rappresentare una prin-
cipessa estense. Il R. la crede Cecilia Gonzaga]. — Espérandi«a (E.), BectteQ det
cachets cPocuUsies romains [Cont. la pubblicazione dei siglili trovati in varie re-
gioni]. — Kont (J.)» Leasing archéohgue [I contemporanei lo ponevano accanto a
Winckelmann ; il titolo stesso del < Laocoonte » fece credere che avesse intrapreso
un lavoro sull'arte antica; nel « Laocoonte » invece si occupa solo per incidenza di
arte antica; però per rispondere a Klotz e ad altri due anni dopo il e Laocoonte >
trattò molte questioni minato di archeologia con grande profondità di erudizione.
Cont.]. — Yercontre (A.). Le miroir de BuUa Regia [Rinvenuto dal CartoB in
Tunisia. Secondo il V. è del sec. I d. C. airincirca, ma è interessante per la scena
rappresentata: la partenza di Ulisse dairisoladei Feaci]. — De la Blaaehère (M.-R),
InscripHona du tnusée d^Oran [Nuove interpretazioni di tre delle iscrizioni da lai
pubblicate a pp. 13, 24, 27 del 3<*voL dei « Musées et collections archéologiques de
l'Algerie et de la Tunisie »]. — Bibliographie: ***, Eeeherches sur Vhisioire
de lastronomie ancienne par P. Tannery [Favorevole],
Settembre-ottobre. — De Foglie (M.), Vasco carthaginois [Dinotano influenza
ellenica le recenti scoperte del l3elattrej. — Espérandiea (E.), Recueil des eacheU
d'ocidistes romains [Cont.]. — Kont (J.), Lessing archéologtie [Le « Lettere ar-
cheologiche » sono il supplemento indispensabile del € Laocoonte » e trattano que-
stioni piii strettamente archeologiche pel loro carattere polemico. Cont.].
Novembre-dicembre. — Le Blant (E.), Sur quelques carreaux de terre cuìte
nouveUement découverts en Tunisie [Di soggetto cristiano^ probabilmente del VI se-
culo]. — Enlart (C), L'architecture gothique en Italie [I monumenti cisterceusi
sono stati in Italia i prototipi dell'architettura gotica: lo provano Fossauova, Santa
Maria d*Arbona, Casamari, le cui caratteristiche furono riprodotte in quasi tatti i
monumenti congeneri di quelle regioni dei secoli XIII e XIV. Contro il Frothin-
ghanjr. TE. sostiene l'origine borgo^ona di tali monumenti e l'influenza dell*arte
francese sull* italiana nel secolo XIII]. — Egpérandlen (E.), ReeueH des eaekets
d'oculistes romains [Cont.]. — Cagnat (R.), Bevue des pMications épigraphiques
reiatives à Vantiqutté romains [Luglio-dicembre 1893].
REVUE BELGE DE NUMISMATIQUE (Bruxelles).
1S92, 4. — - N. N., Les médailleurs de la Renaissance. Florence et les Fhrentitu
du Xr« au XVII« siede [di A. Heiss. Favorevolissimo].
1893, 1. — Trachsel, PhiUbert II due de Savoie (14971504). Listes mono-
graphiques de ses monnaies et de ses médaiUes,
REVUE CRITIQUE D'fflSTOIRE ET DE LITTÉRATURE (Paris).
XXVI, 39 40, 1893, 25 settembre-2 ottobre. — Thomas (G.), Les Latins [ài
E. Goumy. Lavoro affrettato e da giornalista]. — Gnlraad (P.), L*année épigra-
phique (1892) [di R. Cagnat. Merita gli elogi tributati ai fascicoli precedenti].
41, 9 ottobre. — B.A. V., Colomb et ToscaneUi. The journal of C. Columbus
(1492-94) and documents reìaUng to the voyages of John Cabot and Chispard
Corte Real, trad. Markham. London, 1893 [Non c'è niente d'inedito]. — Dejob (C),
P. D. Pasolini, Caterina Sforza, Roma,' 1893 [Favorevole].
42, 16 ottobre. — Kont (J.). N^azy Lajos magiar Kiràly viszonya Giannino di
Guccio franceia tronkvevetelochoee di S. Por. Budapest, 1892 [Relazioni tra Loi^
il Grande Re di Ungheria e Giannino di Guccio pretendente al trono di Francia.
Opuscolo interessante]. — Perrens (F. T.), I primi due secoli deUa storia di /V*
reme. Ricerche di P. Vi Ilari. Florence, Sansoni, 1893 [Giudizio in oomplesio fiivo
revole. I primi quattro articoli avrebbe dovuto metterli più al corrente!. — Dejob (C),
C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio austriaco. Tomo II. Torìno-Éoma, 1893 [Fa-
vorevole con appunti].
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SFOGLIO DI PERIODICI FRAN0B8I 369
4S. 28 ottobre. — AndoUent (À.), Dencription de VAfrique du Nord [Grande
pobblicazione sui Masei deirÀlgeria e della Tunisia, che loda assai].
44, 30 ottobre. -- De la Blanchère (M.-B.), G. Clausse, BasiUques et moscèLquea
chréHennes. Italie et Siciìe. Paris, Leroaz, 1893 [Parecchi appunti]. -— Pfl8ter(C.),
0\ermtLnn, Die Befdteungen der Groeegraefin MathUde von Tìisden. Berlin, Mayer
et Mailer, 1893 [Favorevole]. — A. C, J. Perrean, Gamipagne dee Alpe». 1692
[Favorevolissimo].
45, 6 novembre. — Lejay TP.), E. Le Blant, Lee persécuteure et Uè martyrs
aux premiere eiècìes de notre ère. Paris, Leronx, 1893 [Il merito grande del L. B.,
cui si possono fare parecchi appunti, è di essere una sintesi, una specie di mannaie].
— Dejob (C), A. D'Ancona e A. Bacci, ManwUe della letteratura italiana. S"* voi.
Fir«^nse, Barbèra, 1893 [Favorevole; sono nn po' scarse le note].
46, 13 novembre. •— Reinaeh (3.), G. Tropea, Storta dei Lucani. Messina, 1894
[Parecchi appunti: ma in complesso utile].
47, 20 novembre. — Beinach (S.), Catahque of greck and etruscan vases in
the British Mustném. Voi. II. London, 1893 [Favorevole]. — Cagnat (R.), J. Mar-
qnardt. La vie privée des Bomains, Trad. Henry. Tomo IL Paris, 1893 [Favore-
vole]. — De Nolhae (P.)» A. Lnsio, B. Renier, Mantova e Urbino. Turino, 1893
[Contribnto di primo ordine].
4^, 27 novembre. — Aadollent (A.), E. Boessv^illwald et R. Cagnat, Tmgad
une die a/ricaine som Vempire romain. Paris, Leroux, 1*» e 2* fase., 1892 [Favorevole].
49, 4 dicembre. — A. €•; R. Gunther, Geschiéhte dee Feìdeuges von 1800 in
ObeT'Deutfichland, der Schweie und Oberltaìien. Frauenfeld, 1893 [Lavoro note-
vole anche per la novità di certe conclusioni : p. e. « Kellerraan è il vero vincitore
di Marengo »]. — Chaqnet (A.), P. Pisani, La Dàlmatie de 1797 à 1815. Paris,
1893 [Favorevole]. — Oazler (A.), Ch. Dejub, Linstruction publique en France
et en Italie au XIX* eiècle. Paris, 1893 [Favorevole].
50, 1 1 dicembre. — Tontaln (J.), R. Schneider, Legion und Phalanx, taktische
Untersuchungen. Berlino, 1893. — E. Dunzelmann, Dos ròmiscke Strcutaennete
in NorddeuteehJand. Leipzig, 1893 [Sfavorevole per il primo; parecchi appunti al
secondo]. — Cagnat (li.), G. Ruskforth, Latin historical inscripiions illustra-
Ung the hietory of the early Empire. Oxford, 1893 [Discreto manuale]. — Léo-
ii«rdoii (H.), AtUographes de G. Colomb récemment déeouverte par H. Harrìsse.
Paris, 1893 [Favorevole]. — H* L., L. Ifodona, 6^/» Ebrei e la scoperta deWAìne-
riea. Casale, 1893 [Arounti]. — F. D. C.^ Ch. Dnfayard, Le connétable de Lesdi-
guières. Pani, 1892 [Favorevole].
51, 18 dicembre. — W., ViUes anttqtieB. Vienne et Lyon gallo^amains. Ntmes
gaUo-romain par H. Bazin. Paris, 1891-92 [Sfavorevole].
r)2, 25 dicembre. — F. D. €^ Burgaud et Bazières, Le masque de fer. Béve-
lation de la correspondance chiffrée de Louis XIV. Paris, 1893 [Non è definitivo].
XXVII, 1, 1894, 1 gennaio. — Cagnat (R.), E. de Ruggiero, Larbilrato pub-
blico in relazione col privcUo presso i Bomani. Roma, 1893 [Non potrebbe essere
più completo ed istruttivo]. — Cagnat (R.), R. Lanciani, Pagan and Christian.
lEtoine-Boston et New York, 1893 [Raggiunge benissimo lo scopo di volgarizzazione
scientifica propostosi]. — DeJob (C), E. Bertaui, Studi pariniani. Spezia, Zappa,
1893 [Favorevole].
2, 8 gennaio. — T. de L., G. Paris, La Ugende deSaladin. Paris, 1893; Jaufré
Buda. Paris, 1890 [Favorevole].
4, 22 gennaio. ^ Cagnat (R.), H. Saladin, Description des antiquiiés de la ré-
gence de Tunis. 2« fase. Paris, 1893 [Favorevole].
5, 29 gennaio. — T. de L«, Les cahiers du capitaine Laugier pubblicati da
L.-G. Pélissier. Aix, 1893 [Riguardano V Italia le pagine che narrano le battaglie
intorno a Mantova, la spedizione di Roma, Napoli, ecc.).
6, 5 febbraio. — Farges (L.), Il ministro VaUesa e Tambasciatore Dalberg
nel 1617. Note storiche, di P. Boselli. Torino, 1893 [Ne loda l'esattezza e la sobrietà
elegante].
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370 SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI
7, 12 febbraio. — P. H*. Una *8tansa' del Petrarca musicata dal De Fmf
ed. da G. Lisio. Bologna, 1893 [Favorevole].
8, 19 febbraio. — Pfcot (E.), Die italieniedien Buchdrucker und VerlegerMeièhen
bis 1526 heraasgegeben von D' P. Kristeller. Strassbarg, 1893 [Favorevole]. —
Dejob (Ch.), A. Lambroso, Saggio di una bibliografia ragionata per aertire alia
storia deìTepoca Nap<^eoniea. 1* fase. Modena, 1894 [Favorevolissimo].
9, 26 febbraio. — Lejay (P.), La ìiberté de conscience a Rome par A.Wagrner.
Braxelles, 1893 [Favorevole].
10, 5 marzo. — Bréal (M.), I. Cordenons. Un pò* pia di luce suBe origini^
idioma e sistema di scrittura degli Euganei -Veneti. Venezia. 1894 [Sarà consultato
con fratto]. — Holhac (P. de), I. Voigt, Die Wiederbelebung de» classisehen Air
terthums oder das erste Jahrhundert des Humanismus. Berlin, 1893. — G. Voii^t,
trad. Le Monnier, Péirarque, Boccace et ìes débutn de VHumanisme en ItaUe.
Paris, 1894 [Favorevole].
REVIIE DE L' INSTRUCTION PUBLIQUE EN BELGIQUE (Gand).
XXXV, 5, 1893. — E. M», L'architecture gothi^ [di E. Corrojer. Il R. segoe
parte per parte questi lavoro, al quale non risparmia critiche particolarmente nei
suoi giudizi intorno alParte gotica, ma è altresì largo di lode e di simpatia]. —
Brnjn (H. de), Waltxing (J. P.), Cesar, Guerre dee Gaules [di E. Wezel. En-
trambi i RR. esaminano e lodano il lavoro particolarmente sotto Taspetto didattico].
— Cenleneer (A. de), Lee causes et Vorigine de la seconde guerre punique ette
commencement de la troisième dècade de Tite Live [di C. Thiancourt. Il H. fa ap-
punti, ma dice il lavoro ano dei pi& seri ed interessanti]. — Iftem^ De forma
urbis Romae deque orbis antiqui faeie [di A. Elter. Il R., esaminato accuratamente
il lavoro, conclude che gli pare troppo assoluto nei giudizi, ma ingegnosissimo ed
importante, perchJ' ha richiamato Tattenzione degli studiosi sopra la troppo trascu-
rata questione delPorientazione presso gli antichi].
6. — Thomas (P.), Le codex Bruxellensis (Pareensis) du 'Pro Cecina" de
Cicéron [Descritto questo codice, FA. si ferma al frammento deirorazione * Pro Ce-
cina", di cui dà una collazione esatta sul nuovo codice].
XXXVI, 1, 1893. — Thomas (P.), Le codex BruxeUensis (Pareensis) du * Pro
Cecina ' de Cicéron [Continuando il suo studio TA. rileva le affinità di questo co-
dice con un altro di Tegernsee e mostra quanto esso possa giovare a migliorar la
lezione delPorazione Ciceroniana]. — Waltcing (J. P.), L^armée romaine ^Afirique
et VoccupaUon miUtaire de VAfrique sous les empereurs [di R. Cagnat. Esame
minuto e favorevolissimo del l'importante lavoro].
3. — Prend'Homme (L.), Le codex Bruxellensis (Pareensis) du ' De imf»erio
Cn. Pompei' de Cicéron [L*A. dimostra come benché questo codice, mercè Li'vino
Torrenzio, sia già stato utilizzato nell'edizione che^ TOrelli curò deirorazione citata,
tuttavia non fu collazionato esattamente: rifa questa collazione ed indica le rela-
zioni, che questo codice ha con altri per ciò che ha tratto alVorazione studiata]. —^
Wagener (A.), Un nouveau document d^histoire religieuse (312 apr. J, Ch.) [^\
occupa del documento latino-greco scoperto nella Licia dal Benndorf e già studiata
dal Mommsen e dallo Hamack, e ne rileva Timportanza storica: però prima «gli
descrive il monumento; poi descrive in rapidi tratti le condizioni delFlmpero ro-
mano alVepoca, a cui il documento appartiene; le persecuzioni contro i cristiani; il
freno posto loro da Costantino; la reazione provocata per ciò nelPAsia Minore da
Massimino; ed a questa appunto si lega il nostro documento, poiché esso è una
delle proteste suggerite da Massimino contro i Cristiani. Disegnato questo quadro,
TA. traduce il documento e lo commenta]. — Plessls (P.), De viris iUustribus
urbis Bomae [ed. L. Magnier. Favorevole].
4. — Waltziug (J. P.), Deux inscripiions inédites de Cumes [Pubblica ed il-
lustra due iscrizioni Cumane recentemente scoperte e concementi Tuna il console
< Fabios Titianus >, Taltra certo < Aenius Martialis >]. — Thomas (P.)« Les la-
tine [di E. Goumy. Il lavoro non può avere pretese crìtiche, ma si legge con go^i^
per alcune buone osservazioni]. — A. W., Géographie historique et administra^t
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 371
de h Ghiuie romaine, IV [di E. Deejardins. Il laToro, interrotto dalla morte del-
r&atore, ò solo an frammento, ma an frammento grandioso].
XXXVI, 5. 1893. — Waltzing (J. P.). Varmée romaine éPAfrique et Voceur
ptUkm miUtaire de TAfnque eaus ìes empereurs [di R. Cagnat II R. continua la
sua analitica e favore?olis8Ìroa recensione].
REVUE DES DEUX MONDES (Paris).
CXIX, 2, 15 settembre — Berthelot (M^, La ehimte dans VanHquité et au
Moyen Age. L Les Greca, les Latina, les Syriens [La scienza moderna è figlia
deUa scienza greca, perchè Terso il VI secolo a. C. i Greci separarono la scienza dalle
pratiche religiose e fondarono la scienza razionale, spoglia di mistero e di magia.
La tradizione greca fo ripresa col secolo XVI, ma nel periodo intermedio di qnasi
sedici secoli un misto di ragion pnra e di misticismo pervade la scienza. Il B. si
propone di far conoscere i risaltati principali degli studi da lui fatti sui testi dei
chimici greci, siriaci ed arabi, che pubblicò recentemente. In questo articolo comintia
a studiare Tal chi mìa greca e Toccidentale prima degli Arabi, considerandola come
figliazione della greca; studia pure la scienza siriaca, che trasmise agli Arabi la
tradizione greca. Cont.].
3, 1 ottobre — Berthelot (M.). La chimie dans Vantiquité et au Moyen Age
IL Les Arabes [Stadia prima la biografia degli alchimisti arabi, valendosi special-
mente del ' Kithab-al-Fibrist *, poi le dottrine loro fino alle crociate per mezzo dei
trattati di Geber].
4, 15 ottobre. — Jordan (E.), Un homme d'état italien, M. Ubaìdino Terueei
[Meritava di esser ricordato in Francia non solo per la parte che ebbe nella rivo-
lozione italiana e le caratteristiche comuni ad altri uomini dellltalia moderna, ma
per la larga ospitalità accordata ai forestieri di passaggio per Firenze e per Faroore
che portò sempre alla Francia].
CXX, 8, 1 dicembre. — Les transformations de la diplomatie, Lancienne Europe
[Sguardo rapido sulla diplomazia, specialmente francese, del secolo scorso e sul suo
carattere].
4, 15 dicembre. — Les transformaUons de la dipìomaUe, L'Europe nouveUe [Le
tendenze della diplomazia moderna con riguardo particolarmente alla Francia ed
alle sue tradizioni]. — lYjiewa (T. de), Lea revues étrangères, Les revuea itct-
ìiennea [Riassume con molto favore gli articoli dello Sforza sa Maria Luisa di Bor-
bone, regina d*Etruria e duchessa di Lucca,, segnalando gli studi del Masi su Ca-
terina Sforza, del Tononi su San Benedetto, del Glaretta su la Gorte e la società
torinese alla fine del secolo XVII, del Solerti su Ugo e Parisina, del Molmenti su
Ludo della Torre].
CXXI, 1, 1894, 1 gennaio. — Renan (E.), Lea Juifa aoua la domination ro-
maine [Il regno di Erode il grande. E. si può paragonare a Mehemet Ali; aveva il
sentimento del grande, ma stuonava col paese in cui volle esser sovrano. L^avvenìre
d*IsTBe1e era strettamente religioso. E. volle dargli an'indirizzo profano e creò un'o-
pera effimera. Il genio religioso d'Israele annichilì tutto ciò che E. aveva creato e
non rimasero di lui che rovine grandiose e la leggenda della strage degli innocenti].
— Talbert (G.), Saint Franpoia d'Aanae et aea demiera biographea fll Le Mou-
nier ha scrìtto un libro piacevole e seno, la grazia della leggenda non fa torto alla
gravità storica; il Sabatier, quantunque sia pa.store protestante, ha fatto un'opera
spassionata ed interessantissima].
2, 15 gennaio. — Bolssler (G.), L'Afrique romaine. Promenadea archéohgiques
en Algerie et en Tunisie. I. Les Indigènea [Il racconto di Jemsale, riferito da Sal-
lustio, intorno ai primitivi abitatori deirAfrica settentrionale, va accolto con riserva.
Osservazioni fatte sui popoli attuali permettono di ritenere che anche antichissima-
mente il fondo della popolazione furono i Berberi attuali detti dai Komani Mauri
e Numidi, fondo indigeno cui si sono sovraimposte le nazioni forestiere che non
hanno però potuto distruggerlo. Il B. lo prova rifacendo la storia deirAfrica setten-
trìunale fino alla conquista romana], — Fragmena dea Mémoirea du chanceJier
Paaquier [Brano riguardante il Gongresso di Vienna].
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872 SPOGLIO DI PBRIODiCI FRANCESI
4, 15 febbraio/— BoUsier (G.), VAfirique romaine. Promenades arfhéólogiqun
en Algerie et en TuniHe. IL Carihage [Riassnine la storia dell* elemento fenicio
in Africa prima della conquista romana salla scorta di pubblicazioni recenti].
REVUE DES QUESTIONS HISTORIQUES (Paris).
XXyiII, 108, 1893, 1 ottobre. — Sepet (M.), NapoUon, son caracUre, san
genie, son ròle historique [Largo contoreso di < Napoléon, I* homroe, le politiqne,
1 oratear » di À. Guiliois, < Napdléon intime » di A. Lévy^ indicati deboli e par-
ziali, di « Napoléun I » di A. Fonrnier, di cui si loda il solido e serio valOTe og-
gettivo e scientifico, e di altre pubblicazioni recenti, che chiude con on parallelo
tra Napoleone e Luigi XV!!!].— Thédenat (H.), U Afrique militaire aous lesemi
pereur» [A prot)08ito del libro del Cagnat, il migliore e più completo suirargomento].
— D'AvriI (A.), La diphmatie frangine en liaUe [A proposito della pubblicazione
del Beinach fa sfoggio di sentimenti italianofobi e ostili alla casa di Savoia]. —
Pélitsier (L. G.), Gùurrier italien [Accenna i lavori d'erudizione storica ed affine
comparsi nel 1892]. — Delachenal (R.), Le fondateur de Lyon, HisUrire de
L. Munatiua Pìancus par E. Jullian [Favorevole]. — Yiard (J.), Saint Louit et
Innocent IV. Étude sur les rapports de ìa Franee et du Saint Siège par E. Bersrer
[Favorevole]. — B'Avril (A.),Xa diphmatie au tempa de Machiavel \ì3ìt M. Mao Me-
la Clavière [Favorevole]. ~ X.^ Storia della marina militare antica. Documenti
di P. Corazzini [Favorevole]. — D'AvriI (A.), La question italienne di G. Giaco-
metti [Parecchi appunti]. — D*Avril (A.), L'Italia dalla caduta di Napoleone I
(1815) aWanno 1892 di J. Webb Probjn [Ne biasima Paperta ostilità al cat-
tulicismoj.
109, 1894, 1 gennaio. -> Yacandard (A.). L'origine de Vhérésie albigeoise
[Nelle prediche 65 e 66 sul Cantico dei Cantici San Bernardo combatte un^eresia
innominata, detta da molti « neomanicheismo » e ritenuta in embrione Teresia
albigese. Il V. ritiene queste prediche composte nel 1244 e rivolte proprio a com-
battere le eresie gnostico-manichee, onde se ne può trarre poca luce per la storia
degli Albigesi]. — Yalois (N.), Vexpédition et la mori de Louis /•' d*Anjou en
ItaUe (1382-1384) [Rifatta con nuovi documenti, e traendo profitto di molte pub-
blicazioni recenti italiane, la storia della spedizione, conchiude: dal punto di vista
religioso Timpresa di L. si può guari difendere, perchè la salute della chiesa era
un pretesto; Tambizione politica aveva piti peso suiranimo suo, ma in fondo portò
vantaggio alla Francia, perchè, combattendo contro Carlo di Durazzo, acquistava
titoli al possesso della Provenza, serbata poi alla corona francese. La tattica dì L.
fu troppo biasimata; assai più biasimevole invece fu la sua politica finanziaria]. — Ri-
oheraont (V. de), Un prètre émigré en Italie en 1793 d'après sa correspondance
inedite [J. P. Gourgon, di Cotte, che a Nizza, Torino, nei ducati, a Macerata, tras-
corse parte del periodo delFemigrazione. Il R. si vale di parecchie interessantissime
lettere, ora neirarchivìo della chiesa di San Luigi a Cette, che danno molte notizie
preziose sulla vita degli emigrati, sulle accoglienze avute, sulle vicende politiche
dell'Italia nel '93 ecc.]. — Battifoll (P.), Lorigine du * Liber responsaUs" de
TÉglise romaine [Codificato alla fine del secolo YIII fa attribuito a San Gregorio,
per un errore nato in Francia al principio del secolo IX: eppure molte ragioni im-
pediscono di credere che il L. sia stato fissato definitivamente in principio del se-
colo VII; in tal secolo si riteneva ohe la « Cantio Romanorum » risalisse airorì^ne
della Chiesa e non fosse opera di San Gregorio]. — Pingand (LX La DabnaHe
de 1797 à 1815 [La pubblicazione recente del Pisani, che giudica buon contributo
alla storia del dominio napoleonico nelle provincle nuove]. — Ledos (E. G.)» Die
papsHichen Kreujszugs-Steuern des 13 Jahrhunderts [del Gottlob. Recensione favo-
revole]. — Delacheoal (R.), Le connétable de Lesdiguières [di C. Oufajard. Do-
cumenti nuovi anche torinesi gli permettono di dare un'idea completa del connetta-
bile]. — Bagnenanlt de Pnchesse (G.). Le masque de fer [di Burgand e Bazières.
È ingegnosa, ma forse si potrebbero fare parecchie obbiezioni]. — H* C*. La Franee
et VltaUe devant Vhistoire [Del Beinach. Non piacerà « à nos susoeptibles voisins
d'Italie», ma non potranno dire che l'autore conosce male il loro paese; giadizio,
come hanno dimostrato parecchi dei nostri spiriti più equanimi, soverchiamente f&-
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 373
TOfevoIe]. — X., La cwUituxtion fiorentine du XIII^ au XVI^ siècìe [del Perrens.
Si deve adoperare con molta precaosionel. — Th. P., Storia del eaeUUo di Milano
[del Cal?i. FaTorevole]. — Th. 4e L.^ Corrispondema tra L, A, Muratori e
Q. G. Leibnùf [pnbbl. da M. Campori. FaToreTole].
110> 1 aprile. — Spont (A.), ia marine frangaise sous le rèane de Charles Vili
[Sebbene si occupi di nn periodo anteriore alla spedizione d'Italia, riguarda in parte
la storia nostra per le relazioni tra i marinai provenzali e le repubbliche marittime
italiane]. — Gendry (J.), Lee débuts du Josépfnsme [Il Tiaggìo di Pio VI a Vienna
nel 1782 non fu umiliante per il papato, anzi fu un trionfo; vi rifulsero la sua
pietà, la sua scienza dottrinale, il suo zelo. D* altra parte il viaggio ebbe qualche
risultato positivo ; lo provano i documenti deirArchivio di Vienna, il viaggio di
Giuseppe II a Roma nel 1788-84 e le sue lettere al Kaunitz]. — Oeoffroj de
Grandmalson (C), Lee cardinauos noirs (16101814) [I tredici cardinali italiani
die s'astennero dairassistere al matrimonio religioso di Napoleone con Maria Luigia
0 furono perciò perseguitati da Napoleone. Fu la goccia d'acqua che fece traboccare
il vaso dello sdegno. L*A. si vale delle memorie redatte dal Consalvi, dal Pacca e
da parecchi altri di questi cardinali e di molti documenti finora trascurati per rin-
tracciarne la vita nelle piccole città francesi dove furono confinati]. — Cheva-
lier (tf.l II Chartularium del monastero di San Benedetto di Conversano [pub-
blicato dal sac. Morea. Recensione favorevole]. — De la Rocheterie (M.), Mémoires
du general baron ThiébauU [Il secondo volume è consacrato alle campagne dl-
talia]. — Delrigne (A.), Catatogus codicum hagiographicorum latinorum antiquio-
rum saeculo XVI qui asservantur in Bibliotheca Nationali Parisiensi edidnntur
hagiografi Bollandiani. Tom. III [Recensione favorevolissima].
REVUE HISTORIQUE (Paris).
LUI, 2, 1893, novembre-dicembre. — Boohas (A. de), Lee arcMve» anciennés
du dépót de la guerre et les eampagnes de la succeseion d'AutricJie [I primi do-
cumenti furoDo raccolti dal Louvois nel 1688, poi passarono all'Hotel des Invali des
ed ora in numero di oltre 4000 volumi ms., in gran parte originali, al Ministero
della Guerra. Il R. rileva l'importanza dei volumi di storia militare fatti redigere
dal gen. de Vault dal 1761 al 1790 e specialmente di quelli del periodo della guerra
di successione austriaca, che furono pubblicati recentemente dal colonnello Arvers].
— Bulle tin historiqne: Farges (L.) e Monod (6.), Trance [Vi ei parla del
tomo II di R. de Maulde, e La diplomatie au tenìps de Machia vel», segnalandone
i capitoli più importanti; di Perrens, < La civilisation fiorentine du XI1I« au XVL«
siècle > € où M. P. a donne sous une forme tròs attrayante l'essence de sa grande
'Histoire de Florence'»; di Reinach, «La France et IMtalie devant Thistoire >,
che sembra al recensente « bien plus brillant que solide >; di « Mémoires de l'ad-
judant general Jean Landrieux > ed. Grasilier, di molta importanza per la storia
dell'invasione francese del 1796; di L. Viochi, « Les Francala à Rome pendant la
Convention (1792-95)», lodandone molto il disegno e gli intendimenti conciliativi;
di 6. Giacometti, < La question italienne, periodo de I8l4 à 1860 >, < un des tra-
vaui les plus clairs^ les plus justes, les mieuz renseignés sur l'Italie contempo-
raine»]. — Comptes rendus critiques: Jonrdan (E.), H. Spanzinberg, Can-
grande della Scala (1291-1320) [Parecchi appunti]. — N., G. Saige, Documenti
historiques rélatifs à la prvndpauté de Monaco [Favorevole].
LIV, 1, 1894, gennaio-febbraio. — Bulletinhistorique: l^'rance [Esamina « le
Masque de fer » de Bazières e Burgaud, di cui non crede definitivi i risultati]. —
Comptes rendus critiques: Saleilles (R.), (j.'S\oxì^e\, Étude sur la politique
de Vempereur Fréderic II en AUemagne, Paris, Picard, 1892 [Favorevole]. — Moli-
nier(Ch.), C. Henne, Beitrdge eur organieation und competene der pàpstlichen
KeUergeeichte, Leipzig, Duncker et Humbold, 1890 [Favorevole]. — Moliaier (Ch.),
I. von Doellinger, BeUrdge ewr Sektengeschiehte der Mittelalters. Mtinchen, 1890 [Non
è nò un progresso per la scienza, nò on titolo d' onore per lo storico illustre da
cui s'intitola]. - P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, Firenze,
1893 [Favorevole],
2, marzo-aprile. — Oaehon (P.), Un chapitre d'histoire romaine [Autografo ine-
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374 SPOGLIO DI PBaiomci fkancbsi
dito di Mirabeaa. Non oondQSse oltre il regno di Nama qnesto lavoro, che nelle
oMerTazioni rivela eie sene trò« vif dee problèmet historìqoes »]. — B allei in
hiatoriqne: Franee: Jalllan (C.)« Tratfoux tur Vanti^uité romame [Esamina:
1« le opere di storia politica e letteraria di Boiisier, Lafaye, Fabia, Thomas, Col-
ligoon; 2** di ìstitnzioni, costami, archeologia di Henry, Mommsen- Girard, Coq,
Carton, Beaadoin, Camont, Benedite, Beinach, Espórandien; 3« intorno alla (Pallia
Romana di d*Àrbois de Jubainville, Desjardins, AUmer, Dissard, Sacaze, Lebègae,
Espérandiea, Castanier, Chaillan, Maitre, Pilloy, Aabertin, Vaavilló, Liger, Blan-
chet et Da verger, Goadard, Biade, Mollière, Dachesne, Blanchet; 4* salle provincie
orientali e Africa Romana di Cagnat, Clero, Gsell, Toutain, Goyaa, Boissier]. -—
Farges (L.), Travaux sur Thistoirt moderne [Vi si dà giadizio favorevole del libro
di Oh. Dejob, « L'instraction publique en Franco et en Italie aa XIX siede »]. —
Altamira (R.), Espagne [Vi si tien conto delle pobblicazioni colombiane]. —
Coiuptes rendns critiqaes: Mollo ter (C), ^ forrnukary of the papal peni-
tenUary in the thùrteenth centwry edited bj H. Ch. Lea. Philadelphia, 1892 [Fa-
vorevole].
REVTJE SAVOISIENNE (Annecy).
XXXII, 1891, agosto settembre-ottobre. — Ducis (C. A.), Décès de ChrMne
de Franee et de Francoise de Valois duchesse de Savoie [Servizi funebri ad An-
necy nel 1664].
Novembre-dicembre. — Marteaux (P. C), Le théàtre romain des Fins [Gli
avanzi di Boatas sono da ritenersi avanzi di on teatro rumano].
XXXIII, 1892, gennaio-febbraio-marzo. -- Mlqnet (F.), Les éveques savoyards
du XIX^ siècìe [Parecchi ebbero od hanno stretta relazione col Piemonte].
Aprile-maggio-gìagno. — Bitter (E.), Un poète en Savoie [Dalle poesie di Ea-
stache Desebamps, stampate dalla « Soeiété dee anciens teztes fran^aia »].
Settembie-ottobre. — Mlqvet (F.), Les Savoyards au XIX* siede [Notizie biogm-
fiche sai vescovi, affidali generali, ecc.]. — Fenoiilllet, A propos de ìa brigade
Savoie [Spiegazione di an motto di gaerra riferito dal Costa di Beaaregard].
Novembre-Dicembre. — Mlqnet (P.), Les Savoyards au XIX* siècìe [Cont.].
XXXIV, 1893, gennaio febbraio. — Mlqnet (F.), Les Savoyards au XIX* siècìe
[Cont.]. — Dnels (C. A.), Epoque de^a mort éPHumberilII comte de Savoie [i
marzo 1189?].
Marzo-aprile. — Mlqnet (F.), Les Savoyards au XIX* siede [Cont.]. — Pa-
sealein (A.), La comtesse de Savoie Bonne de Bourlnm a-Peìie empoisotmé son fiìs
Amédée VII? [Esaminando gli atti del processo * storie» \ gli pare che possa essere
rivedato. Cont.].
Mag^io-^ìQgno. — Pascalelu (A.). La comtesse de Savoie Bonne de Bourbon
a-t-elle enipoisonné son fiU Amédée VII? [Cont. e fine].
Settembre-ottobre. — tìonthier (J. P.), Date de YérecUon de ìa Savoie en duché
[È cortamente il 19 febbraio 1416 e non 17 a Chambéry e non a Montlael].
SÉANCES ET TRAVAUX DE L»ACADÉMIE DES SCIENCES MORALES
ET POLITIQUES (Paris).
XXXIX, 2, 1898, febbraio. — Desjardins (A.), Le Congrès intemational du
droit maritime de Gènes [Ne riassume i lavori che e ha risposto airaspettativa del
mondo marittimo per lo splendore delle discnssioui e Timportanza dei saoi lavori »].
— Levassenr (L.), Le premier Congrès itcUien de géographie [Riassanto lodativo
dei saoi lavori].
4, aprile. — Ravaisson^ Examen des doctrines de Rosmini [di De Sacy. Ver-
sione della relazione del p. Trnllet, relatore della Congregazione dell'Indice].
6, giugno. — Levassenr (E), Professions reìatives à la subsistanee du peupU
et aux Services puhiics dans l'Empire Bomain [Considera particolarmente i ma-
cellai ed i navicellari e la costituzione delle corporazioni d* arti, come risalta dalle
iscrizioni e dai gioreconsolti].
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8P0OLI0 DI PERIODICI TEDESCHI 375
IL, 9-10, 86ttembre>ottobro. — (i^effroy (A.), Le * Liber Cetunum ' [Loda le
pabblicazioni del Fabre, in oni si trova grande erudizione, rigorosa critica, cara dei
minimi particolari].
ILI, 3, 1894, marzo. — Rodocanaehi (E.), De VùrganisatUm des corporations
cmrières de Bome au tnoyen àge et à Vépoque moderne [Riassanto dell'opera
< Les corporations unvrières à Rome depuis la chnte de TEmpire romain »].
Giuseppe Roberti.
DEUTSCHE ZEITSCHRIPT PUER GESCHICHT8WISSEN8CHAPT (Prei-
bnrg i. Br.).
VII, 2, 1892. — Seeek (0.), Die Anfdnge Gonstantins des Grosaen [VA. in
<lQesta seconda ed ultima parte del suo lavoro ci & assistere alle lotte fra gli aspi-
lanti all'Impero prima che iJostantino regnasse solo sopra di questo; ma prima ri-
lega i privilegi, che fin allora avevan goduti la città di Roma ed i pretoriani; poi
descrive Timpressioue fatta dalla nomina di Costantino a Cesare per opera di Ga-
leno; dopo ciò viene al racconto delle guerre quasi continue, che a quella nomina
tennero dietro. Qui egli ci fa il ritratto di Massenzio, poi narra Timpresa di Severo
contro Roma, il ritorno di Massimiano al governo per soccorrere suo figlio Massenzio,
ia rutta di Severo, la minaccia di lotta fra TOriente e TOccidente, il ricorso di
Massimiano a Costantino, le proposte allora fatte da questo intorno all'organizza-
zione dell'Impero. Questo disegno dà alla politica dei Cesari un nuovo moto : tutti
flonu contrari ad esso ed a Massimiano, che avrebbe dovuto divenir loro superiore.
Delineate così le condizioni politiche generali, l'A. ritorna al racconto dei fatti mi-
litari: Galeno era allora arrivato sotto Roma senza prevedere la difficoltà di vin-
cerla; egli fu obbligato a ritirarsi come fuggiasco. Allora si fecero più aspre le ri-
valità tra Massimiano e Massenzio, le qusdi finirono solo colla morte del primo.
Massenzio prese allora a sfogare tutta la sua fierezza; questa crea nuove gelosie,
nuove paure e nuove complicazioni, le quali or attraversando, ora favorendo i di-
segni generosi di Costantino finiscono col portarlo al supremo comando. L*A. si
ferma qui particolarmente a trattare della lytta fra Costantino e Massenzio e della
parte avuta in questa dai cristiani; poi della condizione singolare, in cui dopo questa
si trovarono Costantino e Massi mino, all'ultimo dei quali per ragione d'età sarebbe
stato dovuto rimpero; poi della nuova lotta e delle posteriori relazioni fra Costan-
tino e Licinio. L'A. conchiude osservando, come nonostante che Costantino avesse •
veduto e provato in so stesso tutti gli errort della divisione dell'Impero fatta da
Diocleziano e fosse arrivato con sanguinose lotte ad unificar lo Stato sotto il suo
governo, tuttavia verso il fine della vita lo divise di nuovo fra i suoi figli: forse egli
sperò, che Tesser questi fratelli avrebbe tenute lontane le lotte; ma più che da
questa illusione, egli fu forzato alla nuova, nefasta divisione dal fatto che innanzi
al minacciar dei barbari a tutti i confini deirimpero, nò le forze, nò la mente d*un
solo reggitore più non bastavano]. — Zdekaner (L.), Die Handschriften der * Istorie
Pistoiesi^ [L'A. confronta il cod. Borghini delle 'Istorie Pistoiesi", al quale esso
in uno studio precedente aveva fatto risalire tutte le altre copie delle dette 'Istorie'
<^n un nuovo codice di questo scritto nel 1560 da certo Magni, e rileva alcune
poche, ma gravi varianti, notando che queste tornano a vantaggio del nuovo codice;
conclude, che il cod. Borghini, a confronto di quello Palatino, scritto dal Magni, rap-
presenta una redazione posteriore ; ma che entrambe queste redazioni risalgono ad un
unico testo originario, ora perduto, il quale dovrebbe datare dalla metà del sec. XIV].
~ Schellhass (K.), Kónig Sigmund und Filippo Maria Visconti vn Jahre 1413
eL'A.y presa occasione dal libro del £[agelmacher: ' Pilippo Maria Visconti und
ònig Sigismund 1413 bis 1481 \ e rilevato un giudizio di questa, secondo cui,
dissentendo dairAschbach, il Kagelmacher ritenne, che la discesa di re Sigismondo
in Italia nel 1413 abbia avuto per movente i disegni ecclesiastici del re, non il
pensiero di combattere Milano, prende in esame il passo di un documento del 20
maggio 1413, sul quale il Kagelmacher si fonda, ed in cui Pilippo Maria Visconti
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376 SPOGLIO DI PERIODICI TBD88CHI
ordina pnbblidie feste per la venvta di Si^smondo, il quale, al suo dire, s'era de-
gnato di assamer loi per figlio; mentre Tlmpero aveva già largamente beneficato
suo padre. Egli si chiede quale dei Cesari avesse beneficato tanto Giovanni Galeaxio,
il padre di Filippo, e risponde che fn Venceslao; da dò dedaoe che le feste decre-
tate per Sigismondo da Filippo segnarono un grave mutamento nella politica Vi-
scontea, essendo Venceslao e Sigismondo stati i rappresentanti di partiti contrari].
— Banmgarten (H.ì, Nuntiaturberùshte aus DeuUckhmd, Voli, n [ed. W. Frie-
densbnrg. Il B. fa caldi elogi delle accanite ricerche intraprese dal giovane editore;
Questa diligenza, egli nota, non ci permette veramente di penetrar più addentro nei
aisegni della corte pontificia verso rimpero; tuttavia più che questo difetto, dipen-
dono non dall'editore, ma dal carattere dei documenti studiati, egli lamenta Tar-
rendevdezza nel pubblicar documenti privi d'importanza, aumentando senza faLsogno
la mole del lavoro. — Hartwig (0.), Zur pdpstlichen Feier der BarihohmàusnadU
[A proposito dell'articolo del Philippson : ' Die ROmische Curie und die Bartholom&ua-
nacht', TA. ricorda una rara stampa romana del 1572 intitolata: 'Ordine della
solennissima processione fatta dal sommo pontefice nell'alma città di Roma per la
felicissima nova della destractione della città Ugonotarìa ' ristampata nel 1877 dal
Poyntz Stewart nel suo libro : • Vatican influence under Plus V and Gregory XIII '
e pubblicata di recente ancora in fotolitografia dal Nicholson; ricorda pure, a pro-
posito del citato articolo, il recente lavoro del La Ferrière: ' La Sainte Bartbélemy:
la vieille, le jour, le lendemain ']. — Molinler (A.), Neuere lÀteratur sur Gè-
schieìUe Frankreicha m Mittekiìir [Benchò l'A. tessa una bibliografia francese, tut-
tavia ha occasione di parlare di parecchie opere riguardanti l'Italia e specialmente
il Papato: cito fra le opere d'indole generale, che ci interessano, i due lavori di
C. Jullian: *La Caule Romaine' e ' L'invasion Germanique et la fin de l'Empire '.
Riguardano la storia giuridica l'articolo del Digard: 'Il pontificato e lo stadio del
diritto nel secolo XIII'; uno di L. Stouff: * De ^rmalis seoundum legem romanam
a 7 saec. ad 13 saec. '; ed un terzo di L. de Valzoger intorno al Consolato del mare
nel medioevo. Venendo ai lavori storici speciali, rilevo per il secolo X quanto il Bff.
dice dello studio di E. Schultess: ' Papst Silvester II. als Lebrer und Staatsmann ';
per il secolo XI il ricordo del lavoro di W. BrScking intorno alla polìtica firanceae
di papa Leone IX; per il secolo XII il ricordo dell'interessante memoria dello SchetFer-
Boichorst intomo ad una spedizione finora ignota di Federico Barbarossa contro la
Borgogna (anni 1167-68) e 'della biografia di Pietro da Pavia, dovuta ad H. Delahaye;
per il secolo Xlll il libro del Sanesi intorno a Giovanni da Precida ed il Vespro
siciliano ; per il secolo XIV la menzione delle epistole di Cola di Rienzi edite dal
Gabrielli. Per i tempi più vicini cito infine la menzione della pubblicazione di una
lettera di re Luigi XI a Sisto IV fatta da A. d'Herbomez ; il ricordato lavoro di Perret
intorno alla rinnovazione del trattato del 1478 seguita tra la Francia e Venezia
nel 1484 ed un secondo del medesimo intorno all' ambascieria a Venezia di Peron
de Baschi; la menzione dell'articolo di Luzio e Renier intorno al marchese di Man-
tova alla battaglia di Fomovo; cito in ultimo fra le opere menzionate lo studio
del Pélissier intorno alle relazioni tra Lodovico Sforza e la corte francese; l'articolo
del De Maulde del convegno a Savona di Luigi XII con Ferdinando il cattolico; la
polemica fra il De Maulde ed il Eohler a proposito della pubblicazione fiitta dal primo
intorno all'occupazione del Canton Ticino].
VIII, 1, 1892. — Werveke (N. v.), Dos Geburi^'ahr Kaiser Heinnch's VII
PL'A., coll'esame di alcuni documenti, dimostra erronea la data del 1262 attribuita
alla nascita di Enrico VII da Albertino Mussato e sostiene che l'imperatore nacque
invece nel 1276].
2. — Fiseber (W.), Neuere Literaiur sur Byzantinisehen Geschichte [Rilevo
tra i lavori menzionati in questa bibliografia, che ci interessano, gli studi del Dessan.
del Mommsen, del Seeck e del Klebs intomo alla ' Historia Augusta '; di Lécrivain
' Études sur le Basempire. I. Explicatìon d' une loi du code Théodosien '; di Ba-
tiffol ' Pragmente der Kirche-Geschichte des Philostorgius ' e ' Die Texttìberliefernnjr
der Kirchen-Geschichte des Philostorgius '; di Herwerden intorno ad Agazia, 8 Tco-
fllatto Simocatta ed a Nicolò Damasceno; di Usener intorno alla commemorasione
(li San Teodosio fatta dal vescovo Teodoro di Petre ed intorno alla biografia di
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 377
S. Teodusio scritta da Cirillo di Skjthopolis; di Monferratas intorno alla ' £cloga
Leonia et Constantini *; di J. Romanos intomo ad un decreto riguardante Corfù
duto a Taranto nel 1365 da Filippo d*Angiò; di F. Gregorovius intorno alla &-
miglia Acciaioli e ad otto lettere di questa riguardanti TOriente ora conservate alla
Laarenziana; di Marino e Nicolò Pignatorre intomo alla storia di Celalonia; di
W. FrOhner intorno alla raffigurazione di un guanto sulle monete bizantine della
Tessalia e di Benevento ; i volumi VII-VIII dei * Docuinents inédits relatifs à This-
toire de la Grece au Moyenàge * di Sathas, i ^uali contengpno un gran namero
di documenti dei secoli XV e XVI intorno agli Stradioti ; la * Geschiote der Byzan-
tìoiscben Literatur von Justinian bis zuro £nde des Ostrdmischen Reiches (527-
1458)* di £. Krumbacher; i due articoli di 0. Seeck: *Dic MOnzpolitik Diocletian\s
QDd seiner Nachfolger ' e * Die Zeitfolge der Gesetze Constantin's *; lo studio, iu
rasso, di K. Glubokovskij intorno alla storia ecclesiustica greca di Teodoreto, lo
stadio, pure in russo, di A. Lebedcv intorno auU storici greci della Chiesa tioriti
fra il IV ed il VI secolo; l'articolo di un anonimo intorno ad un^aotichissinia que-
stione sulla vita di Costantino; il lavoro dello Sclin^rer intorno alla posizione presa
dal Pontificato verso Bisanzio dopo la fine dello scisma Lauren^iano; il lavoro ana-
logo di A. Rose ' Die Bjzantiniscfie Kirchenpolitik unter Anastasios I \ al quale si
collega ancora un altro lavoro del medesimo autore: ' Die àussere Politik des E. Ana-
stasios I *; lo studio più generico, ma ancora spettante al medesimo argomento di
A. Gaudenzi* 'Sui rapporti tra l'Italia e Ti mpero d'Oriente'; una dissertazione del
Lécrìvain : * Le sénat romain depuis Diocletien à Rome et à Constantinople \ disser-
tazione la quale contribnirà assai piìi al progresso degli studi che non quella an-
teriore di Ellis.sen : * Der Senat im Ostrdmischen Reiche '; gli ' Ostgotische Stu-
dien ' del Mommsen; la dissertazione di Ugo Colui sulle relazioni dell esarca di Ra-
veuna colle altre provincie italiane; lo studio di P. Conrad sulla tanto discussa
lotta dei tre capitoli; il lavoro sintetico, ma d*attualità, di H. Houssaye: ' Aspasie,
Cléopàtre, Théodora 'i il bel lavoro del Land intornu ai IMonotìsiti ; parlando delFA-
cropoli nell'antica epoca bizantina, J. Strzjgovrskj^ dimostra il valore per determi-
nare la cronologia, che ha una speciale forma della foglia di acanto, la quale t>i
trova pure nei monumenti Ravennati; lo studio russo di un anonimo intorno alla
lotta fra papa Gregorio Magno e Giovanni patriarca di Costantinopoli a proposito
del titolo di « patriarca ecumenico >; il notevole lavoro di Scbv^arzlose *Der Bilder-
streit, ein Kampf der Griechischen Eirche um ihre Eigenhart und um ihre Frei-
heit '; Topera del Bury * A history of the Inter Roman empire from Arcadi us to
Irene'; Jo studio magistrale, benché un po' romanzesco, di Schlumberger intorno al-
l'imperatore Niceforo Foca; lo studio sulle crociate del Fohricht; il lavoro di F. Richtr
intorno alia storiografia negli Stati dei Crociati, importante per noi specialmente,
perchè dimostra, che la nota cronaca di Filippo di e Nevaire » non è opera di un
Navarrese, come sostenne Gaston Paris, ma di un Novarese ; alla medesima conclu-
sione vieno pure H. Mliller nel suo studio * Der longebardenkrieg auf Cypern \ il
quale illustra la parte presa dai Lombardi nella spedizione condotta contro Cipro
negli anni 1229-38 ; il lavoro del Bent intorno alle sorti deirisola di Chio durante
la dominazione italiana (1846-1566); lo ricerche di J. Dr&seke intomo ai tentativi
fatti dal rim pera tore Michele Vili per riunirsi alla Chiesa; lo studio di H. F. Tozer
" The Greek-speaking population of southern Italy *; i libri d'indole piuttosto popo-
lare che acientiflca, di G. S. Phrankondes: ' Kuirpi^, t^ KOirpo^ tt]^ oft juepov ; lOTOpia
rf\<, Kimpou dirò Tctiv iLiuOoXoYiIrv Kpóvuiv ' e di Maurogianncs * *laTop(a tOùv *Iui-
viurv vf^aov*, i quali trattano entrambi della dominazione veneziana in quei luoghi;
lo studio brioso e filosofico di E. Reich ' Graeco-Roman Insti tu tions from anti evo-
lutionist points of viev^. Roman Law, Classical slawery, social conditions '; il largo
lavoro di G. B. De Lagrèze * Les Normands dans les deuz mondes *; il lavoro di
Matkovic' intomo al giornale di viaggio di Marco Antonio Pigafetta a Costantino-
poli nel 1567; Tedizione, curata dal Bacchi della Lega, della descrizione del viaggio
a CostantÌDopoU fatta dall'Alberti (1609 21); infine il lavoro russo di V. Preobrazen-
skij intorno alla lotta per la venerazione delle immagini neirimpero Bizantino]. —
Liebermaiui (F.), Literatur von ettoa 1890-92 sur Geschichte Englands 1272-
1465 mit einem Anhange zwr Bibliographie Britischer Ortsgeechichte im Mitteh
aUer [Il modo, in cui questa bibliografia è condotta, non facilita il cercare ciò die
Riviaia Statica Italiana, XI. 25
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378 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
rìgfuarda specialmente l'Italia; cito tuttavia an lavoro del Morf, il qaale segneiido
il nostro Gorra, pone in dabbio che il poeta siciliano Guido delle Colonne abbia se-
gaito in Inflrhilterra il re Edoardo I (1273-76); i ' Conci lienstndien * del Finke; lo
stadio di W. Dick intomo ai codici dei * Gesta Romauomm *; quello di W. E. Glad-
stolte: 'Did Dante stady at Oxford?*; della medesima questione tratta nn artìcolo
deirAlger, di cui, come di molti altri, non ò citato il titolo; noto ancora: Hlnter,
* La consolation de Boèce, trad. par Jean de Mehnng '; E. Leaton-Blenkinsopp, ano
studio intorno al re Edoardo II, che dice essere stato ad Avignone, a « Melazzu »
e ad e Acqui»; Maskell, 'The dukedom of Clarence\ studiando la moglie di Lio-
nello, figlio di re Edoardo III, parla anche di Violante di Milano; L. Scott, 'Yin-
cigliata and Maiano *; T. Leader e G. Marco tti, * Giovanni Acuto *; A. Medin, ' Gio-
vanni Agate'; Koeppel, Studio della traduzione dell'opera 'De contemptn mandi'
di Innocenzo III fatta dal poeta Chancer; del medesimo ò pure uno stadio intorno
al profitto tratto dal Chancer dell'opera di Boezio sull'astrolabio; un altro tulle re-
lazioni fra il Chancer ed • Albertanas Brixiensis»; F. T. Palgrave, 'Chaa<-er aiid
the italian renaissance '; Skeat* * The trae sonrce of Cancer Boethius *; G. L. Lar-
kins, *The scansion of heroic verse' di Chancer tratta da esemplari italiani;
A. W. Pollard, Mtalian period' di Chancer; A. Kneer, *Zur Vorgeschichte Inno-
cenz VII '; N. Valois, ' Une Ambassade allemande à Paris en 1831 ' tratta di Cle-
mente VII ; C. V. Langlois, studio intorno ad una satira del minorità Pietro rìgnardo
all'inganno teso dalla corte d'Inghilterra al collegio dei cardinali a Roma nel 1281 ;
J. H. Wylie, un articolo sulle relazioni della Chiesa inglese col pontificato ai tempi
di Carlo VI; Chroast, sul concordato anglicano; anonimo, sopra una lettera e Cosmie
Raymnndi Creniononsis » intorno a Giovanna d'Arco; J. Zupitza, intorno ad an ri
nianeggiamento inglese dell'opera ' De claris mnlieribus ' del Boccaccio; M. BurriiW
e V. Linacre, intorno all'influenza letteraria italiana portata da Grocyn ad Oxford ;
A. Gottlob, studio intorno all'ambasciata di Francesco Coppini in Inghilterra decisa
dal pontefice nel 1459 ; il medesimo nel suo lavoro * Aus der Camera apostolica des
15 Jarhrhunderts ' tratta delle relazioni dell'Inghilterra coi pontefici in materia fi-
nanziaria; Monod, recensione del lavoro del Creighton 'Papacy during the Refor-
mation '; anonimo, sopra la testintonianza recata da Giovanni da Fermo intorno air
Tandata di Dante in Inghilterra].
IX, 1, 1893. — Heydenreich (E.), Consiantin der grosse in den Sagen des MìU
telalters [Accennate le leggende più note intorno a Costantino ed a sua madre
S. Elena e le ragioni storiche e religiose di molte fra queste, riassume la leggenda
contL-nuta nell' ' Incerti auctoris de Constantino Magno eiusque matre Helena libi'l-
liis \ già da lui edito, e collega con questa le altre leggenae europee intorno a Co-
stantino]. — Haurer (K.), Zu den Anfàngen der Norwegischen Kirche [L'A. si
occupa dello studio del Taranger intorno allopera esercitata dalla Chiesa anglosas-
bone sopra quella norvegese, ne loda la grande diligenza, ma afferma ch'esso non si
può ancora considerare come un lavoro definitivo e rileva la parte, che sopra la
costituzione della Chiesa in Norvegia ebbero anche altri paesi, oltre l'Inghilterra,
specialmente in Germania]. — Kaindl (R. F.), Bemerkungen eur * Passio S. Adal-
petti martiris* [Rilevata l'esattezza dei dati cronologici contenuti nella 'Passio'
citata, l'A. studia alcuni dati corografici combattendo le opinioni del Bielovski, con-
clude dimostrando che la * Passio ' non è un lavoro originale composto subito dopo
il martirio di Adalberto, ma che fu scritta prima del Mille]. — Michael (W.), Ne-
nere Literatur eur Geschichte Engìands seit 1485 [Tra gli studi intorno alla storia
moderna inglese esaminati in questa bibliografia interessano all'Italia solo i 2 se-
guenti: * The ezcommunication of Queen Elizabeth ' di M. Creighton ; ' Carolina di
Brun.<wick principessa di Galles' di C. Cinelli].
IX, 2, 1893. — Cornelius (C. A.), Der Besuch CalvitCs bei der Hersogin Renata
von Ferrara im Jahr 1536 [Rilevato che Calvino a Ferrara non ebbe a soffrire
noie dal tribunale dell'Inquisizione, perchè si mantenne incognito, l'A. si propone di
cercare lo scopo di quel viaggio: a questo scopo egli descrive breyemente le condi-
zioni della corte di Ferrara in quel tempo e quelle particolari di Renata, a delinear
le quali si giova del libro del Fontana ; poi stabilisce la data precisa della venata
di Calvino in quella città, cioè l'aprile 1536; rileva come colà Calvino si guadagnftss»
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 379
Frao^ùe Boussiron de Grand-Ry, dama di compagnia di Renata ed Olimpia Mo-
rata; giudica che nuova luce verrebbe alla questione, se il Fontana spingesse oltre
<;roDologicamente i suoi studi intorno a Renata]. — 8chaabe (A.), Nette Auf-
icKHksse iiber die Anf&nge dee Cormlats dee Meeres [L'A. mira a dimostrar prima
che ristitnzìone bizantina del Consolato del mare fu un precursore del Consolato del
comune; poi stadia i rapporti intercedati fra la e decatia » pisana e glMniz! del
Consolato del mare ; conclude, che se questo nella sua forma primitiva non nacque
a Pisa, quivi però ebbe particolarmente quello sviluppo, che lo rese una delle piìi
grandi istituzioni commerciali]. — Kap-herr (H.), Zur Entethehung des Comutats
des Meere$ [L*A. risponde a parecchi appunti fattigli dal Schaube neirarticolo ci-
tito sopra a proposito d'un articolo su analogo argomento pubblicato pure in questa
Kìvista]. — Br5klng (W.), Zur FramòBìschen Poìitik Papst Leo'a IX [L'A.
qui si chiede di nuovo se nel 1090 a Reims papa Leone IX abbia vietato il ma-
trimonio agli ecclesiastici e contro il Brucker sostiene T autorità, che in questa
questione ha il contemporaneo scrittore Anselmo, monaco di St. Rèmi a Reims].
Xy 1. — mmanii (H.). Studien gur Geschkihe des Papstea Leo X [L'A. qui si
occupa in particolar modo del breve indirizzato al Caetani il 23 agosto 1518: ac-
cennato airorfgino di quel breve, intorno al quale si disputò tanto, l'A. esamina i
ricordi, che di esso si trovano presso Lutero ed i contemporanei suoi, poi presso gli
storici moderni; poi confronta la forma di quel breve con quella di altri simili do-
cumenti di autenticità certa; conclude, che un documento simile al breve in que-
stione fu senza dubbio emanato da Roma, che il breve studiato però è probabil-
mente autentico, ma che ò possibile far obbiezioni su alcune sue forme]. — 65r-
res (F.), Kirehe und Sif»at im Vandaìenreich. 429-534 [Accennato al dualismo
politico-religioso esplicatosi durante Talto medioevo negli stati ariani fondati dai
popoli germanici e caratterizzate le fonti, cui bisogna ricorrere per la storia dei
Vandali in Africa, TA. delinea i mutivi ed il carattere generale avuti dalle perse-
cuzioni mosse contro i cattolici nel regno dei Vandali; poi fa la storia di queste
durante il regno dei diversi re barbari, rilevando la notevole condizione dei catto-
lici sotto il dominio di Genserico, la politica religiosa del successore Unnerico, il
favore restituito ai cattolici da re Guutamondo, la politica religiosa di Trasamondo,
la nuova rappacificazione portata da re Ilderico, infine la completa libertà ritornata
fra i cattolici, allorché sotto Gelimero avvenne la catastrofe del regno Vandalico].
— SimoDsfeld (H.), Bemerkungen gu der Weltchronik des Frater PauKnus von
Venedig, Bischof wm PozstwH [Riferendosi al recente articolo deirEubel * Hand-
schriftliches zar Chronik des sogenannten Jordanus *, TA. prova che Paolino fu ori-
ginario di Venezia, poi distingue tre redazioni della cronaca universale di lui, rileva
l'interesse, che per Tesarne di queste ha il codice Parigino 4989, ricerca le relazioni,
che altri codici hanno con questo e fra di loro, conclude indicando i codici che con-
tengono le tre redazioni della cronaca]. — Schaube (A.), Zum Bizantinischen
Meerescansulat [VA. risponde in termini piuttosto vivaci alle critiche mosse dal
Kap-herr al suo studio sul citato argomento ed indica le pagine dì questo, in cui
reca le prove, per cui fissò la data degli statuti di Trani, e ribatte alcuni giudizi
già espressi prima a proposito deirorigine dei medesimi statuti], — Mollnler (A.),
Neuere Literatur st*r Geséhichte Frankreichs im Mittelalter [Fra i pochi libri qui
TTìenzionati senza che però in generarle ne sia citato il titolo, ci interessano : lo studio
6u Pietro di Pavia del Delehaye; ' Les Lombards en France et à Paris ' di C. Piton;
UDO studio di Omont sul tentativo fatto da re Carlo IV per riunir le due Chiese
?reca e latina; uno studio di NoSl Valois sulle ragioni, per cui Lodovico d'Angiò
s.>stenne la parte del papa Avignonese; Tarticolo di Jarry 'La Voie de fait ' in cui
si studia la proposta d'una crociata fatta dalla Francia in rapporto alle relazioni
di questa con Clemente VII; TEpistolario di Coluccio Salutati edito da Fr. Nevati;
l'edizione, carata da P. Perret, dei discorso tenuto da Angelo Acciainoli innanzi a
Carlo VII re di Francia nel 1453, lo studio del Pélissier intorno alla politica del
marchese di Mantova, durante la lotta fra Ludovico Sforza ed il re di Francia].
'Z. — Pflngk-Harttung (J. v.), Brei Breven pdpstlicher Macht/Uìle im 11. und
12. Jahrhundert [Le tre bolle, di cui TA. si occupa brevemente, sono di Gre-
gorio VII, Adriano IV ed Alessandro III e riguardano Tlrlanda, egli le dimostra
tutte apocrife].
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380 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
HI8TOBISCHE8 JAHRBUCH (Mtnehen).
XIV, 4, 1898. ~- Kineh (J. P.), FormeUmch der pàpsthchen Kanski tm ier
MtUe des 14. Jarhrunderia [Deacrìtti i caratteri esterni ed i caratteri interni del
cod. Barberiniano XXXI, 11, contenente nunieroBe copie di bolle pontificie, dimostra
che queste copie probabilmente furono la preparazione ad un formulario pontificio
rimasto poi incompleto!. — Saoerland (H. Y.), AktemUkke mr O^ehikhie des
Papttes Urban VI [rnbblica. rilevauUune in una breve avvertenza Timportania
storica, sei documenti riguardanti Urbano VI, conservati in un ma. della biblioteca
comunale di Bologna composti fra il 1406 ed il 1421. 1 documenti editi sono: l^ una
circolare, in data di Napoli, gennaio 1385, indirizzata dalla regina Margherita moglie
di re Carlo III di Napoli, alle città ed ai prìncipi d'Italia intomo alla discordia fra
Urbano VI e sette suoi cardinali ; 2», una lettera di Napoli, 24 febbraio 1385, in-
dirizzata dal cardinale Bartolomeo Mezza vacca agli anziani della sua patria, Bt»-
legna, sul medesimo argomento; 3<», lettera del medesimo sul medesimo argomento,
scrìtta ancora ai detti anziani da Napoli il 18 ed il 16 marzo 1385; 4* lettera dell»
stesso ai medesimi sulla stessa questione, da Napoli, 25 marzo 1385; 5* circolare
spedita VS agosto 1386 da Pavia dai cardinali e Pilens de Brata > e « Galeotto de
Fetramala > intorno ai motivi della loro foga dalla curia di papa Urbano; 6«, ri-
sposta mandata il 16 agosto 1386 dagli anziani di Bologna alla circolare dei due
cardinali citata sopra]. — Ehses (H.), Em Vorseìilag des Bùchofs v<m Breskiu an
Paptt Kkmens Vii. 1524 [Pubblica un documento contenente una serie di pro-
poste latte a papa Clemente VII da Jacopo di Salza, vescovo di Brealavia, per
combattere i disordini dell'eresia Luterana: queste proposte hanno speciali riguardi
per la diocesi di Breslavia, ma intendono provvedere ed interessano quindi andie a
tutto il Cattolicismo]. — Kirsch (J. P.), Depatrwumiis Bomanae Ècckaiae usqyi»
ad aetatem Carolinofwn; Éiude mr le * lÀber censuum* de TÉgìise Bomame [di
P. Fabre]; Die Pdpsilichen Kreugsugsieuem dee 13 JarhrundtrU. Ihre recMieke
Grundlage, pcUtische Oesekichte und technieche Venoaltung [di A. Gottlob. Bile-
vati il nesso cronologico, che hanno fra di loro queste tre pubblicazioni, e l'impor-
tanza, ch'esse mostrano assegnata allo studio delle finanze pontificie finora trascu-
rato, il R. riassume oggettivamente, ma con ampiezza e favore i risultati dei tre
lavori]. — Saoerland (H. V.), Die Entstehwng der KomiUaren Theorie. Zur Qe-
schichte dee Schismas und der KirehevipoHtischen SchriftstdUr Konrad von Geh-
hausen und Heinrich von Langenstein [di A. Kneer. Ricordato, come TA. abbia
già mostrato il suo valore in un lavoro anteriore sul cardinale Zabarella, il R. rias-
sume Targoniento dell'opera presente e ne fa elogi, senza peraltro rispanniare ap-
punti suireconomia del lavoro e sulla minore accuratezza nello svolgimento di alcune
parti di esso]. — €• W.^ Commodien, Amobe, Lactance et auires fragmento inè-
dite [ed. Freppel. Fa alcnni appunti, ma segnala Tinteresse di questa raccolta]. —
K* u.y Ueber die Anfange der Kirchengesehichtsehreibung [di Fr. Overbedt. il B.
non accetta molti giudizi dell'A., ne dice lo stile pe&ante ed oscuro, tuttavia af-
ferma che nessuno deporrà il suo libro senza aver da esso imparato]. — C« W.y
LeontioB von Neapoiy, Leben dee heUigen Johannes des Barmhersigen^ Ertbiatihofs
von Aìexandrien [ed. H. Gelzer. Fa grandi lodi di questo lavoro, che ricordo per
la sua importanza, benché non riguardi direttafnente Tltalia]. — Flake (H.), Kar-
dinaì Johannes Dominici, 0. Pr. 1357-1419. Ein BeformatorenbUd aus dir Zeit
des grossen Schisma [di P. A. Ròsler. Notate le dispute, che intomo a Giovanni
Dominici^ riformatore dei conventi lombardi, si sono avute e rilevato il giudizio dei
Sanerland, che non approva, il R. non si dichiara soddisfatto neppure del presente
lavoro, ne nota parecchie inesattezze, afferma, ch'esso non è giunto a risultati defi-
nitivi, tuttavia non nega lodi alla prima parte del libro particolarmente]. — N* N*^
Storia dei Valdesi [di K. Comba. Dà una breve ed oggettiva, ma non sfiivorevole
notizia di questo libro]. — €• W.^ Lettres et décìarations au sujet des déerets in
Vatican [di G. DoUinger, traduzione di G. Bonnet-Maury. Ne dice poche parole,
ma rimprovera Tintroduzione di molte inesattezze]. — A* M»y Die BesitMungen der
Grossgràfin Mathilde von Tusden nebst Begesten ihrer Urkk. [di A. Overmann.
Il R. rileva l'importanza di questo lavoro; ma lamenta, che TA. non lo abbia ap-
profondito ed ampliato con ricerche sul materiale manoscritto]. — K. H», Die am-
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 381
mrtige PoUtik dee Kònigreichs SiciUens vom Tode Bogers II bis gum Frieden von
Venedig 1151-77 [ài F. Holzach. Dice il lavoro dili^nte e rileva eh* esso reca un
contribnto pregevole alla crìtica dei cronisti Bomaalao Salernitano, U^o Falcando,
e del bizantino Kinnamoe; si dnole solo che TÀ. non abbia descritto nelle linee
generali lo sviluppo dello stato normanno nell'Italia meridionale]. — A. M..^ Der
Kampf der Hohewftaufen um die Mark Aneona und das Hereogtum Spoleto von
der gweiten Ej^mmunikation Friedrieha II bis eum Tode Konradins [di Fr. Tenck-
hoft. Il lavoro avrebbe potato recare materiali preziosi per la trascurata stona
deiramministrazione dello stato pontificio, tuttavia forma ana baona base per la
storia di questo, che resta pur ancora da fare]. — If* N.^ Caterina Sforza [di
P. D. Pasolini. L'A. nsafruendo delle cronache e di nomerosintime lettere inedite di-
stTQc^ge la leggenda creata intomo alla celebre signora di Forlì e presenta al let-
tore un quadro generale della vita e delle qualità di lei]. — X. H.y La diphmatìe
au temps de Maehiaoel [di de Maulde-Ija Clavière. Riassame in breve Targoraento
di q*ie8t*opera, che dice pregevolissima]. — X. X.^ Bbmiséhe Dokumente eur Oe^
schichte der Eheseheidung Heinrichs Vili von Engìand 1527 34 [di H. Ehses.
Fa i più vivi elogi della ricchezza di materiali e della diligenza di questo lavoro].
— Z.f The journal of Christopher Columbus during the voyage 1492-93 toith
docHments reìoHng to John Cabot and Oaspar Corte Beai [di C. R. Markham.
Kileva Teradizione e l'Interesse di questo libro]. — N. N*, Baeeolta di documenti
e studH pubblicati dalla JS, GommÌ8»ion/e Colomhitma nel qtiarto centenario della
scoperta deV^ America [Parte IV, voi. 2*. Annuncia favorevolmente i due lavori com-
presi in questo volume]. — L« P*^ Die Predigikirche im MittekUter [di M. Hasak.
Rileva gPimportanti risultati recati da questo lavoro dì storia architettonica e spe-
(^almente Toppu^nazione dei giudizi dati sul medesimo argomento dal Gurlitt]. —
5. X*y Dos Titehoesen bei den spàtìateinischen Epistolographen [di A. Engelbrecht.
Rilera Tinteresse, che ha sotto più aspetti questo lavoro dMndole patrì8ti<»]. —
0. M., Handbook of Greek and Latin palaengraphy [di B. M. Thompson. Fa al-
euni appunti su inesattezze incorse, ma segnala con vive Iodi questo lavoro].
18W, XV, 1. — Battinger, Der • Liber provisionum praelatorum Urbani V '
[L'A. pubblica il libro menzionato, al quale premette un* introduzione, nella quale
discorre del manoscritto Barberinìano, che conservò tale libro, dei vescovi, che
questo fece conoscere per la prima volta, dell* attività di Urbano V, da esso di-
mostrata, dalle origini di alcuni dei vescovadi ricordati; infine, presentando gK
argomenti prò e contro, discute la questione, se il libro nella redazione, in cui
ci fa conservato, possa aver avuto carattere ufficiale]. — Wejman (K.), Die vier
grossen Kirchenlehrer [Indica, come, nono^itante che generalmente si attribuisca nd
una bolla di Bonifazio VITI Tabitudine di considerare quali grandi padri della Chiesa
Ambrogio, Agostino, Gerolamo e Gregorio Magno, tuttavia questi erano già stati così
denominati in documenti assai anteriori]. -— Helmolt (F.), Kònig Buprecht im Ok-
tober 1401 [L*A., il quale dissente da A. Wìnkelmann e dal Lindner nel fissare la
cronologia della spedizione a Roma, sostiene qui le sue obbiezioni allegando documenti
fiorentini e bresciani^ e conclude, che non si può parlare di una battaglia presso
Brescia, né di battaglia qualsiasi, ma di due scontri avvenuti Tuno il 21, Taltro il
24 ottobre]. — Unkel (E.), Eine Episods aus der Geschichte der Kdlner Nun-
tiatur [L'A., a rettificazione di alcune notizie date dallo Stieve, espone le questioni
avute da Goriolano Garzodoro, vescovo di Ossero^ durante la sua nunziatura a Co-
lonia eoo certo Leonardo Pagliaveca segretario di Ottavio Mirto Frangipani 11 quale
aveva tenuto prima la nunziatura nella medesima città]. — Wagner (P.X Aure-
Uus Ambrosius der Valer dee Kird^engesanges. Eine hgmnologische Studie [di
0. M. Dreves. Il R. combatte e il metodo e le conclusioni del Dreves, il cui lavoro
riassume a larghi tratti confrontandolo con quanto ò generalmente detto degli iti ni
e quanto ne scrisse il Biraghi]. — Pastor (L.), Venetiainische Depesche vom Kai-
serhofe. II [ed. Turba. Descrive il metodo ed il contenuto del secondo volume di
questa pubblicazione, a cui si mostra assai favorevole]. — Melster (A.), Studien
gur Oesehichle Paduas und Veronas im 13 Jarhrundert [di W. Lener. Il R. dice
questo lavoro dotto e fondato completamente sullo studio delle fonti; ne loda tut-
tavia partioolarmente la prima parte, in cui TA. compensando colla sua acutezza le
lacune delle fonti, tratta della storiografia padovana nel secolo XIII]. — X. X.,
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382 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
Studi sionei sul contado di Savoia e marchesato in Italia [di Qerbaiz de Sonnai.
Indioa oegettìvamente l^argomento del secondo volarne di quest'opera, il quale dice
tornerà d'interesse non solo per gli stodiosi della casa di Savoia, ma anche della
storia tedesca e inglese]. — Pastor (L.), Der Tùrkeruiughongress tu Bom. Nach^
archivaìischen QueUen dargestelU [di J. Schneider. Il B. nota che il lavoro è dili-
gente, ma che FA. difetta di cognizioni bibliografiche e che non seppe neppure che
molti dei documenti da lui pubblicati come inediti avevano già invece visto la luce].
— N. If.^ Storia della corte di Savoia durante la rioohi/nowt e Vimpero francese
[di D. Garutti. Il B. ne dà ana breve ed oggettiva notizia]. — C. W.^ Dos apo-
stoìische Glaubensbekenntnis. Etne apologetìsch^eschichtliche Studie, mit ROeksieht
auf den * Kampfum daa Apostolieum' [di E. Blume. Il B. dà una breve notizia del
lavoro, alle cai conclusioni in generale si mostra incline]. — Ebner, Die ehrist-
lichen KuUusgebàude m AUertum [di J. P. Kirsch. Favorevole]. — Schnitser (J.),
Pauhu von Bemried Vita GregorU VII pape. Ein Beiircuf sur Kenntniss der
QueUen und AnscTiauungen aus der Zeit des Oregorianischen Kirchenstreites [di
J. Greving. Il B. & alconi appunti, ma più sulla forma, che suirargomento]. —
Hiltenberger, Catalogus codicum mss. praeter Qraecos et OrientaUs in bibl An-
gelica óliin eoenobii S, Af^gustini de urbe. I. [di H. Karducci. Fa alconi appunti,
ma dice, che questi nulla tolgono al merito del defunto autore, il quale senza aiuto
altrui condusse a termine così ingente lavoro].
2. — SftgmiUler, Die Anfànge der diplonuUisehen Korrespondens [Dopo aver
definito il carattere storico della corrispondenza diplomatica ed averne rilevato il
valore, TA. ne descrive brevissimamente le orìgini, trattando in particolar modo^
degli ambasciatori Veneziani]. — Wejman (C). Analecta [VA. si occupa in un
primo paragrafo dello studio del Merkle intorno ai rapporti fra Prudenzio e Sul-
Sicio Severo e fondandosi sopra un passo dei due scrittori, afferma che Tasserzione
el Merkle, secondo cui la cronaca di Sulpizio comparve prima delle poesie di Pru-
denzio, bì deve modificare in questa forma, dicendo cioè, che la cronaca citata fa
pubblicata prima che la raccolta completa delle poesie di Prudenzio. Nel secondo-
paragrafo TA. rileva, come un passo delFopera * De gubernatione Dei ' di Salviano
contenga modificati alcuni versi di Paolino da Nola]. — Ffjalek (J.). Mahnsdireiàen
des pdpstUchen Legaten in Polen Zacharias Ferreri an Martin Luther, 20 mot
1620 [Fatto un breve cenno degli studi intorno alla storia della Biforma in Po-
lonia, 1*A. aggiunge qualche notizia sul vicentino Zacaria Ferreri, il quale fu legata
pontificio in Polonia durante gli anni 1519-21, infine pubblica una lettera ammo-
i\it)ria indirizzata dal Ferreri a Martino Lutero nel 1520]. — N. N., Studi starici
intomo alia bussola nautica [di T. Bertelli. Il B. riassume in breve questa pubbli-
cazione, che dice utile]. — N. N.^ Nosze GiampóUni-Magngnini [di G. 0. Coraizini.
Nota, chela pubblicazione contiene ed illustra due documenti: la scritta di paren-
tedo del 22 luglio 1485, con cui Bartolomeo di Filippo Valori promette a Federigo
di Lorenzo Strozzi dì dargli in moglie la Caterina sua sorella ed enumera le « do-
nerà » che questa gli porterà ; il secondo documento, assai viù importante, è una
scritto, con cui Giulio dei Medici, poi papa Clemente VII, confessa d*aver ricevuto
da Piero di Antonio Pucci fiorini dieci e promette di restituirgliene mille dVro,
quando sarà assunto al cardinalato]. — X. N», Scritti scelti in parte inediti orari
[di C. Correnti. Cenno oggettivo]. — N, N., Vespasiano da Bisticci, Vite di uo-
miìii illustri del secolo XV rivedute sui manoscritti [di L. Frati. Il B. dice questa
pubblicazione importantissima ed indica il contenuto del terzo ed ultimo volume di
essa]. — K» H.^ Die Herrschafl Theodorichs des Grossen vor semem Zuge nach
ItaUen [di W. Mtiller. Il B. rileva l'importanza del lavoro, ne confronta i risultati
con quelli consimili, a cui venne sul medesimo argomento il Sybel, ma non si mostra
persuaso né degli uni, né degli altri]. — Schn. (J.), Das ZeremonieU der Kaiser^
Kronungen von Otto I bis Friedrich III [di Diemand. Il B. riassume questo la-
voro, del quale dice, che supera quelli del Waitz e dello Schwarzer snl medesimo
argomento]. — K. H., Geschichte Konradins von Eohenstaufen [di K. Hampe,
Afferma, che il quarto capitolo, il solo, che il B. abbia visto pubblicato, h atten-
dere con ansietà il libro intiero]. — K* H*^ Die Ermordung des Hersogs lAtéwig
von Bayem und die PàpsUiche Agitation in Deutschland. Ein Beitrag sur Gè-
schichte Kaiser Friedrichs II [di H. Lindemann. Il B. nota come TA. si sia stu-
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 383
diato dì giostificare Federico II dalP accasa d*aver fatto uccidere il duca, il tenta-
tivo non gli riasci, secondo lui, ma il lavoro ò interessante ed originale]. — K. H*.
Rudolf I von Habsburg und die Ròmùche Kaiserkrone [di A. Giese. Cenno a^
fatto oggettivo]. — N. K., Gueìphs and Ghibelline^ of Medieval Italy. 12501409
[di Browning. Il R. afferma, che questo libro ci presenta an quadro chiaro e forte-
mente disegnato delie due grandi fazioni italiane]. — N. N.^ I eapUoU del comune
di Firenie. Inventario e Regento [ed. A. Gberardi. Il R. indica il contenuto im-
portantissimo di questo secondo volume]. — N. K*^ Lettres inèdite» sur ìa oonquète i
du Miìanais par Louis XII [di L. G. Pélissier. Cenno oggettivo]. — .V. If., La
dipìomatìe au temps de Machiavel. Ili [di de Maude-la-Clavière. Indica il contenuto
del terzo volume di questo lavoro, che dice importante]. — Hi, Hi., Il cardinale In-
nocenMO Cybo. Contributo alla storia della politica e dei costumi italiani nella prima
metà del secolo XVI [di L. Staflfetti. Cenno oggettivo]. — N* II., I tumulti del
1547 in Napoli pel tribunale deWinquisigione. Processo rinvenuto nelT archivio di
Stato in Napoli, con note ed ilitéstrajsioni [di G. Del Giudice. Cenno ot^gettivo. non
favorevole]. — N. N., Studi storici e letterari [di F. P. Cestaro. Cenno aflFatto og-
gettivo]. — C. W., The church in the Roìnan empire before a. D, 170 [di W.
Ramsay. Il R., non molto favorevole, dice, che il titolo non corrisponde bene ali ar-
gomento del libro]. — A* B», Vergerios publigistische Thdtigkeii nebst einer bi-
bUographischen Uebersicht [di F. Habert. Il maggior valore del libro sta nelle
indicazioni bibliografiche intorno agli scritti del Vergeriu ; ma questi non sono esa-
minati con critica, invece offrono occasione »11'A. di inveire col Vergerio contro il
Pontificato]. — A. B., Ennio Filonardi, der letzte Nuntius in Ziìrich [di J. C.
Wirz. Il R. si occupa assai di questo lavi^ro, che dice breve, ma multo diligente e
fondato sopra accurate ricerche arcbivistiche intraprese, oltre che nella Svizzera,
anche a Roma, Napoli e Milano]. — A. T., Un registre aux correspondances de
Frangipani, premier noncepermanentatus Pays^Bas [*li C. H. Piot. Cenno oggettivo],
— N. N«9 Les corporatUms ouvrières à Rome depuis la chute de Vempire romain
[di E. Rodocanachi. Il R. dice atilo l'opera, splendida Tedizione]. — C. W.^ Dionit
CassU Cocceiani Historia Romana. II [ed. J. Melber. Nota la limitazione imposta
a quest'edizione]. — N. >'., Bied sonetti storici Fiorentini [ed. S. Morpurgo. Cenno
oggettivo]. — Jl» ISi.j Thomas III marquis de Saluees. Étude ?Ustorique et htté-
raire avec une introduetion sur la politique de ses prédécesseurs et une appendice
de textes [di N. Jorga. Cenno oggettivo]. N. N«, Epistolario di Coluccio Sa-
lutati. II [ed. F. No vati. Dice la pubblicazione importantissima]. — Ebner, Die
WandgemcUde von S. Angelo in Formis [di F. Kraus. Segnala la buona riprodu-
zione e la profonda illustrazione di questi importantissimi documenti Capuani]. —
N. TX; Vittorie e sconfitte [di E. Arbib. Cenno oggettivo].
HISTORISCHE ZEITSCHRIFT (Mflnchen und Leipzig).
N. S., XXXV, 1, 1893. — N. N., Lebensbìlder aus der Kirche und des Vater-
hndes [di W. Baur. Ne indica brevemente gli svariati argomenti]. - Kehr, Die
Beziehungen des Papstthums eum Frànkischen Staats- und Kirchen-recht unter
den Karolingem. RecìUsgeschichtliche Studie [di R. Weyl. Il tema, molto trattato,
nia molto importante, era degno di stadio, rimanendo tuttora insolute molte gravi
questioni; ma TA. non vi era preparato abbastanza: egli vanta bensì la conoscenza
d'una ricca bibliografia, ma è una conoscenza, se vera, non usufruita; molti suoi
giudizi non sono ammissibili; né si può accettare la sua tsi generale]. - Kehr,
Ueber Ursprung und Bedeutung des Anspruches der Pàpste auf Approbation der
Deutschen Kónigswahlen [di P. Donitz. Il tema amplissimo non poteva esser trat-
tato in una dissertazione di 66 pagine: le questioni sono appena accennate, ma non
mai affrontate seriamente]. — Kehr« Sbornii pisem Gerberta kak istoricesk\j istocnik
(983-987). Kriticeskaja monographija pò rukopif^am [La raccolta delle lettere di
Gerberto come fonte storica. Monografia critica di Nicolò Bubnova. Dichiarato, che
egli non può presentar un esame di questo lavoro, perchè ò scritto in russo e rile-
vato che nonostante la sua importanza nessuno storico tedesco per la medesima ra-
gione ne ha parlato, lamenta che sia stato trattato in lingua russa un argomento
riguardante in modo particolare TOccidente, perchè, osserva, i Russi, che potranno
l^Crere il libro^ poco se ne interesseranno, non avendo conoscenza di Gerberto, gli
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'384 8P0OL10 DI PERIODICI TEDESCHI
oceidentali noD lo sapranno leggere, pure essendo esso oramai indispensabile. Fatta
quelita osservazione, il R. rileva l'importanza deirar^^omento, accenna alla qoestione
deirordinamento cronologico delle lettere, conclude riaffermando, che tra i lavori sa
Gerberto, fra coi rileva qaello dell' Havet. la palma spetta ora all'opera presente].
— R.y Sklaverei m Europa wdhrend der letsten Jahrhunderte dee MiUekiUers
[di 0. Lan^r. Il R accenna ad alcune lacune del breve lavoro ; ma applaude allo
soopo raggiunto dalVA. di dimostrare che la Chiesa cattolica non si preoccupò mai
di far cessare la schiavitù]. — Heldemann (J.), BeitrUge gur Gesehichte Lud-
mg'8 dea Beùers und seiner Zeit. I. Die Bomfahrt 1327-29 [di A. Chroust. Nota
conio il valore precipuo di questo lavoro consista n eira ver usufruito e vagliato
con critica il complesso delle fonti, ma segnala pure l'importanza del giudizio dato
intorno al carattere di Lodovico il BavaroJ. — Wenek (K.), Anaiékten tur Papst-
und KnnsiUengeKhìchte im 14. und 15. Jahrhundert [di H. Siinonsfeld. Il B. senza
entrare nel merito critico del lavoro, rileva i punti più importanti di esso]. —
Hollaender, Leonia X pontificia maximi Begesta [ed. Hergenroether. Attendendo
per orindicare il complessi, il compimento dell'opera, rileva, come i fascicoli VII-VITI,
di cui dà notizia, rechino notevoli contributi allo studio dell'amministrazione ed
alla bioorrafia, poco di nuovo invece conferiscano alla storia politica]. — Egelhaaf (G.),
Greschichte KarVa F. Ili [di H. Baumgarten. Rileva anzitutto, che mentre i due
primi volumi di quest'opera h\ giovarono solo dei materiali a stampa, questo terzo
volume, riguardante il periodo 1528-39, si fonda anche sopra una ricca raccolta dei
materiali ineilìti conservati negli archivi tedeschi, poi ne segnala l'importanza par-
tic<^>Lirmente per la conoscenza nuova, ciie ci fornisce degli intenti e della storia
della lega smalcaldica]. — Brandi, / legati al eonciUo di Vieensa dd 1538 [di
G. Capàssa]; // concilio di Vicenza, episodio della storia del concilio di Trento
1537-38 [di B. Morsolin. Il B. nota che per le questioni principali, che si legano
a questo concilio, ha recato maggior luce il Morsolin che il Capasso, ma quest'ul-
timo fornisce interessanti notizie intomo alle origini del concilio]. - Brandi, Die
Sendung des Kardinala Sfondrato an den Hof KarVs V, 1547 bis 1548. I [di
A. v. Druffel. Il R. reca alcune notizie a compimento del lavoro, le cui ricerche
rimasero incompiute per la morte dell'A., ma dice eh' esso è pieno di valore e ne
riassume l'argomento]. — Schnltze (W.), L* Europe et la revolution fran^aùe.
TroiMème partie: La guerre auxrois. 1792-93. Quatrième partie : Lea Kmitesnatur
relles. 1794-95 [di A. Sorel. Notato il valore dei documenti archivistici inediti usufiruiti
dall' A., il R. rileva che tuttavia il pregio capitale dell'opera sta nella conoscenza
profonda del tema, ch'essa fa manifesta; un'altra egregia qualità ancora loda nelFA.,
cioè il suo studio di liberarsi dai pregiudizi di nazionalità; non potendo poi riassu-
mere l'ampia materia del lavoro, segnala l'importanza data da questo all'opera polìtica
di D.inton e cunclude, che VA. ci ha insegnato, come la politica estera della rivo-'
luzione francese si connette per il passato con quella di Luigi XIV e contiene già
tutti gli elementi della politica di Napoleone I: essa ha per precipuo scopo il rag^
giuncri mento dei confini naturali. Il R. dice, che l' opera del S. non invecchierà e
che forma uno dei migliori esemplari della moderna storiografia francese]. — Kehr^
Urkunde einer Bòmischen Gàrtnergenoaaenschaft vom Jahre 1030, Mit Eùdei-
tung u/nd Erlduterungen [ed. L. M. Hartmann. Annunciato come oramai si possa
considerare come accessibile agli studiosi anche il prezioso ed ancora inesplorato ar-
chivio di S. Maria in via Lato a Roma e come l'Istituto austriaco di studi storici
stia per pubblicar un largo resoconto dei documenti ivi conservati, TA. dà notizia
del documento edito ed illustrato dallo H.: rileva il valore, ch'esso ha sotto l'a-
spetto paleografico e sotto l'aspetto storico; poi riassume lo studio, che al documento
unì l'editore, facendo qua e là aggiunte e specialmente obbiezioni ; conclude, che, se
non può accettare i risultati a cui lo H. ha creduto di essere giunto, riconoaoe tut-
tavia Tarditezza delle congetture, l'originalità del lavoro e l'importanza che questo
ha anche solo per aver richiamato l'attenzione degli studiosi sopra una grave que-
stione]. — C. W., Oiuaeppe Mazzini e Vwnità Italiana [di A. P. von Scback, trs-
duziuiie di G. Canestrelli. Il R. poco dice del traduttore italiano; ma rileva l'inte-
ressante circostanza, che il dotto conte tedesco abbia potuto ammirar tanto Mazzini
da accettar per vera la sua leggenda e giudicarlo il principale autore dell'Unità
d'ItalU].
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 385
2. — Phillppson (M.), Kardmal Granvétìa àU Minister PhiUpp*8 II [L*A.
tesse la storia delle relazioni corse tra Filippo II u questo cardinale italiano, poiché
fu dilaniato a sao ministro principale: rileva specialmente l'importanza del Gran-
yella nelPaver contrìboito a mutare l'indirizzo polìtico del re e le lotte, c)ie appa-
rentemente per questa cagione, in realtà ]»ercbè straniero, ebbe a sostenere, e non
del tatto felicemente, contro la corte spagnaolal. — PShlmanR (R.), Die Ròmisehe
Agrargeschichte in ihrer Bedeutung fOr dea àtaaU- und Prwatrecht [di M. Weber.
U B. osserva, che TA. troppo facilmente s* indace ad accatastar ipot^i sn ipotesi,
tuttavia rileva alcani importanti risaltati del suo studio, a cai tributa sincere lodi].
— NIrbt (C), Mimumenta Germaniae hisUmea. UbelH de lite imperatorum et
poniificum saecuìi^ XI et XII conscripti, I [Il R. fa un breve, ma minato esame
(li questa pubblioizione, che dice importante, perchè anzitutto raccoj^lie testi sioora
difficilmente reperìbili, poi perchè li migliora con nuove collazioni, infine perchè
opportunamente asufruisce delF ampio materiale patristico e canonistico]. — Kehr^
Di Bozone vescovo di Asti e di cdctmi documenti inediti che io riguardano [Dopo aver
notato, come il Cipolla sia fra g\ì storici italiani uno dei più valorosi ed operosi e
come dalla sua diligente ricerca e disamina dei documenti la storia deiritalia superiore
ed in modo particolare di Asti, abbia ricevuto nuova luce, viene al presente lavoro, da
cui rileva specialmente gl'importanti contributi, ch*esao offre alla storia generale ed
alla storia dell' Impero; il R. fa tuttavia anche degli appunti su alcune sviste e
specialmente sul modo troppo rigoroso in cui il C. pubblica i documenti antichi!.
— C. W • L.^ Erinnerungen aua meinem Leben [di L. Settembrini, con prefazione di
Fr. de Sanctis; traduzione tedesca di C. Kirchner. Loda la buona traduzione e Tin-
teresa ed il valore di queste memorie d*uno dei più simpatici patrioti italiani]. —
Lleberraann (F.), GescfUchie der Katholtschen Kirche in Irìand von der Emfuh-
rung dea Chriatenthums bis nuf die G^genwart [di A. Bellcsbeim. Fa gravi up-
panti, par asserendo che il libro riempie una grave lacuna nella storiografia]. —
Haeblery Christophe Colomb devant Thistoire [di H. Harrìsse. Pur riconoscendo la
speciale comptenza delFA. in questo argomento, gli rimprovera d'aver con ingiusta
acerbità criticato le opere moderne spagnuole intorno a Colombo, alcune delle quali
se furono abbondanti d'errori, furono però anche giudicate tali dai dotti spagnuoli
stessi]. — Haebler, Columbus and his discovery of America [di H. B. Adams e
H. Wood] : America, its geographical history [di W. 6. Scaife. Senza negar meriti
a questi lavori, il R. rileva che essendo essi delle dissertazioni scritte * ei professo '
per celebrare Colombo, riescono poco profonde ed originali; fa eccezione però per il
lavoro dello Scaife, di cui loda il rigoroso indirizzo storico].
3. _ Togel (F.), Theodoric the Goih [di Th. Hodgkin. Il lavoro, bello anche
sotto l'aspetto tipografico, è anche assai buono, benché l'A., volendo fare un libro
popolare, non si sia preoccupato degli ultimi lavori sull'argomento]. — L.. Heiden-
thwn im Christenthum [di Stubenvoll. Il lavoro è interessante, ma confonac insieme
elementi diversi e crede indizi c|i paganesimo molti fatti, che sono invece meri ef-
fetti della rozzezza]. — Loenlng, Entwickeìtmg des Archidiakonats bis zum 11
Jahrhundert [di A. Schrdder. II R. dice il lavoro diligente ed acuto; tuttavia la-
menta, ch'esso si chiuda proprio nel momento, in cui la storia dell' arcidiaconsto
incomincia a diventar chiara ed importante; per Tepoca anteriore la scarsezza delle
fonti ha indotto l'A. a congetture ardite e non sempre ammissibili]. — Ehren-
berg (R), Carlomagno néìfarte cristiana. Saggio storicocritieo [di B. Labanca.
n R. nota, che l'A. tratta delle relazioni di Carlo Magno col Papato valendosi
delle arti figurative, ma senza distinguere i lavori del nono da quelli del decimo-
nono secolo, e coi criteri, che oggidì animano gì' Italiani contro il Papato: la
trattazione è perciò sotto un aspetto troppo ampia, dall'altro troppo ristretta; né
la storia politica, né quella artistica vi guadagnano, infine il lavoro manca di
critica e di metodo]. — Blehter (A.), Kaiser Karl V und die BSmMche Kurie
1544-46. IV: Von der Eróffnung des Trienter Konziìs bis eur Begegnung des
Kai^ers mit dem JSessischen Landgrafen in Speier [di A. v. Druffel. Il R. os-
serva, che l'A. cede volentieri all'inclinazione alle digressioni utili di per sé stesse,
ma nocive all'economia del lavoro, che la parte più importante di questo sta
nei docamenti raccolti e conclude rilevando i vantaggi, che la storia del medesimo
perìodo ba avuto dal metodo diametralmente opposto del Druffel e del Maurenbre-
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386 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
cber, Tono ricercatore febbrile e raccoglitore roinozioso di ugni cosa, Taltro intento
sempre a rag^un^re lo scopo precipuo del sao stadio, senza divagare]. — Prl-
bram {k,), Benchte dea Venetianischen Oesandten Friedrich von Cornaro iiber
die Beìagerung ténd Euekeroberung Ofens im Jahre 1686, Mit deut/icher Ueber-
seUung der Berichte und mit einer aus den Ungarischen uberaeUten Mitorteehen
Einieitung [di S. ▼. Babics. La parte più importante di questo lavoro sta nella re-
lazione deiPambasciatore veneto, la qnale però eragià nota; difficilmente le persone
eulte, a cai TA. dedica il suo lavoro, lo leggeranno: cosi il R., il qoale tuttavia si
rallegra, che TEd. abbia tradotto la relazione italiana in tedesco invece che in nn-
gherese, come un'abitudine, che va facendosi larga strada in Ungheria, avrebbe po-
tuto far temere].
1894, XXXVI, 1. ^ Sooschon, Gregor X und Rudolf van Habftburg in thren
òeiderseiHgen Besiehungen. Mit besonderer BerUcknehtigung der Froge Uber dte
grundRàtzliche Stellung v(m Sacerdotium und Imperium in jener Zeit, nebst eini-
gen Beitrdgen sur Verfassungsgeechichte des Beiches [di A. Zìsterer. Il R. nuta,
che il materiale adoperata era ifià n(»to, ma che l'A. lo raccolse con diligenza]. —
Kawerau (6.), Nuntiaturherìchte auit Deuischiand^ nebst ergdnsenden AklenstO-
cken. Erste Abtheilung (1533-59) [ed. W. Friedensburg. Il R. fa un cenno della
organizzazione di questa pubblicazione, rileva V importanza di questo suo primo
saggio, che dice eccellente, tutuvia chiede quale mole prenderà la pubblicazione, se
per la storia di cinque anni si impiegarono già circa mille pagine]. — Forst (H.),
Nuntiaturberichte Giovanni Morone's vom DeuUchen Kònigshofe 1539^0 [ed.
Fr. Dittrich. Il lavoro importantissimo, anzi indispensabile per il suo argomento, è
stato sventuratamente guasto dalle cattive copie di documenti usufruite e da nume-
rosi errori di lettura, che turbano il senso]. Forst (H.), Nuntiaturberiehte ttus
JDeutichlandf ntbst ergdnzenden Akienniiicken. Dritte Abtheilung; 1572-65. I:
Der Kampf um Koìn, 1576-84 [ed. J. Hansen. Il R. lamenta, che TEd. non abbia
qui ristampati i brevi che si trovano pubblicati solo in antiche raccolte, trova al-
cune note troppo vaste, altre manchevoli, nta nel complesso dice il lavoro ini^ior-
tante]. — Br« (M.), Un giudizio di lesa Romanità sotto Leone X [di D. Gnoli.
Dice questa esposizione piena di vita]. — Br. (M.), PaiiH Manuiii Episiólae
seìectae [ed. M. Fickeisherer. L'edizione è accurata e le lettere furono scelte felice-
mente; quanto alla data di queste, non essendo data dagli originali, si può consi-
derare solo come un tentativo]. — Br. (M.), JFVa Paolo Sarpi, Lettere inedite pub-
blicate dagli autografi [da C. Castellani. Il C. è il primo a pubblicare le lettere
del Sarpi dagli originali ed ha saputo arricchirle di chiare introduzioni, note ricche
di dottrina e due utili indici], — Benrath, Fra Paolo Sarpi. Studio [ài A. Pa-
scolato. Benché VA. stesso dica, che nulla questo libro reca di originale, tuttavia
deiroriginHle v*è pure ed insieme un'esposizione dilettevole; per cui raccomanda cal-
damente ai lettori questo libro, tanto più ch'esso, secondo il R. compare in un
momento in cui il Pontificato ritorna a lottare per la sua prevalenza]. — Kehr^
Travaux pratiques d' une eonférence de paléographie à VÌnstitute historique de
Toulouse [Il R. nota con elogio lo zelo, col quale tanto in Francia, quanto in Italia,
anche le persone, che non attendono propriamente agli studi di erudizione, tuttavia
si occupano di paleografia; ricorda poi il lavoro citato, al quale però muove nume-
rosi e gravi appunti]. — Kehr, Manuel de paléogrnphie: Becueil de fac-simfVs
d'écritures du XII^ au XV 11^ sièele (manuscrits latina et fran^ais) aceompagnés
de transcriptions [ed. M. Prou. Il R. fa parecchi appunti per ciò che riguarda la
esattezza della trascrizione, ma dà il ben venuto al nuovo lavoro destinato alla scuola].
2. — Schaube (A.), Zur Verstàndigung Uber das Schenkungsversprechen wm
Kiersy und Rom [Il R. non si propone di portar nuovi materiali, ma di esaminar
i vari giudizi dei dotti sulla discussa questione e di cercare di conciliarli: egli ri-
corda anzitutto che i dati più precisi intorno a questa furono offerti dalla 'Yita
Hadrìani \ la quale però è contraddetta dalla biografia di Stefano II; riassume poi
gli studi &tti intomo airautenticità delle due biografie dal Sybel, dal Lamprecht
e dal Ficker specialmente e mentre rigetta assolutamente i giudizi del secondo, con-
clude, che dallo speciale punto di vista, tanto il Sybel, quanto il Ficker hanno
entrambi colpito nel vero: il Ficker si fondò sulla critica delle fonti e con occhio
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SPOGLIO ni PERIODICI TEDESCHI 387
Benno ti le, che, oonsMerando il carattere complessivo della funte usufruita nella
* Vita Hadrìani \ non si può pensare ad una falsificazione di questa ; il Sybel invece
^ardò la questione con una critica più ampia ed elevata, e^li riconobbe l'incompa-
tibilità della ' Promissio ' di Kiersy col complesso certo degli avvenimenti e da
questa trasse argomento a dichiarar la falsificazione: in ciò ch'ecrli rifiutò i risultati
della critica delle fonti ottenuti dal Ficker ebbe torto, ma nel fondamento della
questione egli vide meglio che non il Ficker]. — Harnack (0.), Die Gottgetoeikten
Jungfrauen in den ersten Jahrhunderten der Kirehe [di J. Wilpert. L* impresa
è degna di gratitudine, benché non abbia dato molto di nuovo. Il lavoro ò fatto con
somma cura ed erudizione]. — Schmidt (A. B.), Consuetudines fèudorum (libri
feudorumt jm feudale Langobardorum. I Compiiatio antiqua) [ed. C. Lehmann.
Il R. dà notizia oggettivamente ma con lodi di questo lavoro]. — Ilgen^ Raimund
wm Aguilera. QuelUnsitidie gur Geschichte des ersten Kreueeuges [di C. Klein.
Il R. con acerba critica mette in ridicolo insultati, a cui TA. crede di essere giunto
combattendo un lavoro del Sybel sul medesimo argomento]. — Ilgen^ Die papstli-
ehen Kreueiugssteuem de» 13, Jàhrhunderts, Ihre rechtlicJie Grundktge^ poh-
Usche Geschichte und techniache VerwaUung [di A. Gottlob. Datane breve notizia,
il R. conclude che questo diligente lavoro reca un pregevole contributo alla storia
della politica finanziaria dei papi nel Medioevo]. — Tapets (Th.), Feldziige des
Prinzen Eugen von Savoyen [Il R. afferma, che Topera, se, sotto l'aspetto storico,
non reca nulla di nuovo, espone però le cose, colla conusoenza, che della guerra può
avere un militare].
JAHRBTTCH DBS KAISERLICH DBUTSCHEN ARCHAEOLOGISCHEN
INSTITUTS (Berlin).
1892, VII, 2. — Miehaells (A.), Rimigche ScÌMsenbUcher nordischer KUnsUer
des XVI. Jdhrhunderts [L'A. dà la descrizione ed un minuto esame del contenuto
deiralbum di Basilea^ di tre fogli di schizzi di Melchiorre Lorch e dell'album di
Cambridge].
3. — Kekalé (R.), Anakreon [L'A. confronta due statue già esistenti nella villa
Borghese a Roma con un busto di Anacreonte scoperto pure a Roma, in Trastevere,
nel 1884 ed a queste rappresentazioni del poeta greco aggiunge notizia di altre tre
simili]. — WInter (F.), Der ApoU van Belvedere [Notato come oramai sia per-
duta la speranza espressa dallo Jahn di ritrovare Tepoca e Fautore, a cui dobbiamo
TApollo del Belvedere, TA. afferma, che questa statua ha ora però anche perduto
molto della sua ammirazione ; si occupa poi ancora della questione cronologica^ dello
svolgimento avuto dal tipo presentatoci dalla statua, delle relazioni di questa colle
figure presentate da certe monete; la confronta colla testa studiata dallo Steinh&user;
esprime infine Topinione, già manifestata, ma per altri motivi, dal Wieseler, che
r Apollo del Belvedere sia un prodotto deirarte di Leochares, arte criticata già dai
contemporanei, benché nel nostro esempio sia superiore al biasimo da questi inflittole].
— Hllehhoefer (A.), Dike [Studia la figura simbolica della Dike (Giustizia) nel
bassorilievo di un sarcofago della collezione Borghese].
2. — Jàhresbericht Uber die Thàtigkeit des Kaiserìich Deutschen archaeoiogi-
$ehen Insiituts [Il riferente dà notizia di parecchi lavori riguardanti le antichità
romane: delle illustrazioni di una casa romana deirepoca Augustea ; dello studio del
Robert intorno ai bassorilievi degli antichi sarcofagi ; di quello del Eek u le sulle ter-
recotte antiche; di quello del Eòrte intorno ai bassorilicTi delle urne etruRche]. —
Schneider (R. v.), Neuere Erwerbungen der antikensammlung des Hoesterreichi-
schen Kai^erhauses in Wien [Fra i bronzi artistici acquistati FA. ricorda il manico
di un Taso etrusco; un vaso avente la forma d'una testa di donna, acquistato a
Firenze; la statuetta di un ermafro<lita, scoperta a Fola; un bassorilievo ad uso di
base, trovato nel palazzo Venezia a Roma; uno specchio etrusco di Città della Pieve;
uno specchio romano, trovato a Narona, nella Dalmazia]. — If» If*^ Erwerbungen
der Antikensammìungen in Deutschland, 1890 [VA, si occupa qui delle collezioni
di antichità raccolte nella Germania occidentale e nominatamente dei musei di Metz,
Stuttgart, Gostanza, Ueberlingen, Karlsruhe, Mannheim, Darmstadt, Momburg, Wies-
baden, Spira, Worms, Magonza, Birkensfeld, Treviri, Colonia e Xanten]. — N. \.,
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«388 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
Sitzungsberiehte der arehaeoìogischen GeseUsehaft £u Berlin, 1892 [Tra i laTori
letti ne rilevo uno del Gonze intorno alla statua d*Qn ra^zzo portata forse dairO-
riente a Vene^cia, dove ornò il palazzo ducale; ed uno di Schuehhardt intomo alle
fortificazioni romane della bassa Qermania].
3. — Sehneider (R. v.) e Fvrtw&ngler (À.), Erwerhungen der Antikensamm-
lungen in Deutschtand [L*A., occupandosi qui delle statue e dei bronzi greco-romani
con serrati a Berlino, ricorda la figura d*un leone, acquistata in una villa presso a
Venezia ; una stela mortuaria a bassorilievi della medesima provenienza ; un sarco-
fago provenuto pure dal detto luogo; una 'Pelika* di Corneto; un vaso etrusco di
stile attico; un altro simile di Creta; nn gran vaso di Canosa; due cantari pure
deiritalia meridionale; in seguito d«^scrive le terrecotte, fra cui pone in prima fila
quelle italiche; poi viene ai bronzi, fra i quali rilevo una maschera italica arcaica:
una statuetta etrusca arcaica; un* altra, romana, di Attis; una terza, romana, di
epoca tarda. Tra gli oggetti vari un*edicola di Tharros (Sardegna) ; una raccolta di
]X'rle di vi;tro colorate, acquistate a Roma; parecchi oggetti in avorio ed in os5^>,
lavorati a Roma in epoca titrda; un gruppo di pietre tagliate e con iscrizioni, di
Roma; un altro gruppo di boccette di cristallo di rocca pure romane. Tra gli og-
getti di oreficeria un anello d'argento con Ercole e Cerbero, di Roma]. — Sehnei-
der (R. V.), Neuere Ertoerbungen der Antikenscanmìung des Oesterreichischen Eni-
serhauses in Wien, 1880-91 [Parlando degli acquisti di oggetti artistici antichi
di argilla, VA descrive un gruppo di tre donne con Sileno, proveniente da Taranto;
la statuetta d'una vecchia; un busto frammentario di uomo barbato; un altro Si-
leno tutti pure di Taranto; un'Afrodite, di Roma; testa femminile, pure di Etoma].
— y. H.y Siteungsberichte der arehaeologischen GeaeUschafl tu Berlin [Prose-
guendo il suo rendiconto per i mesi di maggio e di luglio, TA. dà un largo rias-
sunto d*una memoria del Eoepp intorno alla rappresentazione d*una battaglia per-
siana in vasi dell'Italia meridionale].
4. — Hettner, Bericht Uber die ThaUgleeit der BeichsHìMshmmission [Dà un
minuto ragguaglio degli studi fatti in tomo al confine deir impero romano ed alle
■sne fortificazioni nei tratti fra Reitenbach e Kipfenberg, fra Dambach e Gunzen-
bausen, fra Dambach ed il confine Wurtemberghese, fra Ilof e Lorch nelle vicinanze
di Oehringen, presso i castelli di Osterburker e di Nekarbnrken, fra Hoenehans e
Reichartshausen, presso i castelli di Miltenberg e WOrth, fra Groas-Krotzenbnrg e
MarkObel, fra Butzbach e Graner Berg, fra Saalburg e Feldbergkastell]. — Herr-
mann (P.), Ertoerbungen der Antikaieammbtngen tti DeuUeìdand [L'A. si occopa
qui degli acquisti fatti nel 1891 per le collezioni di Dresda: fra le sculture esamina
alcuni frammenti di ciste d' alabastro etrnsche; fra i bronzi, la statua d*nna fan-
ciulla, proveniente da Palermo; quello di un Silvano, di Orvieto^ alcune figure Hi
pigmei, acquistate a Napoli; un cucchiaio, di Firenze; tra i vasi un'anfora di Fi-
renze col disegno di una pugna di Ercole; una seconda, pure fiorentina, con un
corteo di divinità ; una scodella, anch'essa fiorentina, con scene dei giuochi della pa-
le;^ ira; una seconda scodella fiorentina parimenti ornata di figure ; uu*idria fiorentina
H figure; un cratere fiorentino a figure; un secondo pure con figure della medesima
provenienza; un sedile pure fiorentino e con figure; fra gli oggetti d'oro un paio
d orecchini € a baule » , di Volterra]. — Sehneider (R. v.), Neuere Erwerhungen
der AnUkenaammlung des oesterreichischen KaiserJiauses in Wien [Continuando
la sua relazione, TA. parla qui dei recipienti di terra, fra i quali descrive una sco-
della, un cratere, un solfo ed un altro cratere, tutti di Orvieto; venendo ad altri
oggetti di specie diverse, descrive un reliquiario d'oro dei primi tempi cristiani, tro-
vato a Pola; un altro d*argento pure di Pula; una cassetta d'avorio per reliquie
donata dalla chiesa di Pirano; una tessera, di Aquileia]. — N. II., Erwerbìtngen
des BriHsh Museum im Jahre 1891 [Discorre degli acquisti fatti per la classe delle
antichità greco-romane e descrive una scatola di bronzo con un bassorilievo raffigu-
rante Domizia, proveniente da Roma: una tessera di gladiatori, di Girgenti; un
simpolo con spatula, della Magna Grecia; una statuetta etrusca; alcune tessere, di
Catania; due aspi etruschi; un antefisso con Medusa, di S. Maria di Capua; fra i
vasi un 'oinochoé' di S. Maria di Capua].
1893, VIII, 1. — Strsygowski (J.), DasgMene Thar in KanstanUnopel [Fatta
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 389
conoscere la r^one, in cui si trova questa pjrta, TA. esamina minutamente il suo
arco di trionfo, i pilastri, il propileo, rornamentasione plastica e conclude, che
quest'opera costrutta parte ai tempi di Teodosio I, parte in quelli di Teodosio II,
rispecchia come nessun altro monumento profano l'influenza (^stiana e quella asia-
tica sull'art« classica]. — Botbach (0.). Vier Pompeianische Wandbilder [Propo-
neudosì di rilcTare i rapporti, che sorsero fra i quadri ed i cammei, l'A. studia un
dipinte murale della Campania, fatto conoscere dallo Helbig, un seoondo della cosi
detta * Casa di Orfeo ' a Pompei, un terzo della ' Casa di Diadumeno ' ed un quarto
scoperto presso al Pantheon di Pompei]. — Bichter (0.), Dm Pantheon [L*A. dà
notizia degli studi fatti intorno al Pantheon di Roma da Luca Beltrami, da R. Lau-
dani, da È. Guillaume, da F. Bongioannini e da A. Michael is e collega questi studi
colle ricerche fatte dall'architetto francese Chedannel. — N. X», Siteungsberichte
der arehaeologigehen OeselUckaft eu Berlin [Rendendo conto delle sedute tenute
dalla Società dal novembre 1892 al gennaio 1893, TA. dà notizia di uno studio del
Kflbler in tomo allo scopo per cui fu costrutto il tempio di Castore a Roma]. —
N. N.9 ZtfT VenuB von Milo [Ripubblica dall' * Art Francis ' una lettera di Enrico
di Rochefort intorno alla fortuna avuta nei nostri tempi dalla celebre Venere].
2. — Hauser (F.), Etne Tyrrhenische Amphora der Sammlung Bùurguignon
[Accennato, come il Bourguignon abbia comperato quest'anfora ad Orvieto, TA. ne
rileva i caratteri e poue questi in relazione col gruppo delle così dette anfore tir-
reniche e coi due altri gruppi delle anfore corinzie e delle calcidiche]. — Knluiert (E.),
UnteriUdische Nekyien [Esamina il contributo, che alcuni gruppi di figure possono
dare alla oscura questione della rappresentazione dei morti]. — N. N«; SUsungabe-
fichu der aréhaehgischen OeàeUschaft gu Berlin [L'A. dando notizia delle se-
dute tenute nei mesi di marzo e di aprile 1898 aecenna alle discussioni fra 0. Richter,
ed F. Adler intorno ai risultati degli studi compiti intorno al Pantheon di Roma].
— Furtwlngler (A.), Erwerbmtgen der Antikensammlungen in Deutschland [Ren-
dendo conto degli acquisti fatti per i musei di Berlino durante l'anno 1892 l'A. si
occupa prima degli originali e fra questi descrive e studia un gran leone in marmo
acquistato da una villa presso Dolo, fra Padova e Venezia; una grande statua fem-
minile portata a Venezia dalla Grecia all'epoca del Morosini ; poi dà notizia d'un
numeroso grappo di vasi italici di diversi colorì, di diverse specie; dai vasi passa
quindi alle terrecotte, fra le quali pure esamina per prime quelle italiche; dei pochi
bronzi segnala la statua d'una fanciulla, italiana; un ragazzo nudo danzante, etrusco;
la statuetta di un elefante, già serbata in Mantova. Fra gli oggetti vari, i reci-
pienti e le armi segnala un gruppo speciale, che nomina sardo, un secondo, che
chiama italico. Nel gruppo delle gemme, degli ori e degli argenti richiamò l'atten-
zione dell'A. specialmente la così detta pietra di Eutiche, di cui è tessuta la for-
tunosa storia ; vengon poi due scarabei etruschi, il frammento di un grande cammeo,
di Tivoli; un anello d'argento, romano; un altro anello d'argento, italico; un'agrafe,
romana; ecc.].
3. — Mlehaelis (A.), Der Schopfer der Attalischen Kampfegruppen [L'A. studia
l'amazone di Napoli, poi trascorre ad esaminare amazoni dell'Asia minore e TEpi-
gonos, che, concludendo, atierma essere l'esempio più spiccato della scuola realistica
ispirata da Silanio, Demetrio e Lisippo]. — Pernice (E.), Sifon [L'A. stadia le
rappresentazioni di un'anfora ossìa * peliche ', la quale si conserva nel ' Museo Tar-
quiniese ' a Cometo, e le confronta con altre di argomento simile]. — N, N.. Siteungs-
berieJUe der archaeoiogischen GeseUschafttu Berlin [L'A. rende conto delle sedute
tenute fra il maggio ed il luglio 1893 e discorre di uno studio dell'Adler intorno
al Pantheon di Roma e delle 'notizie date dal Plath intorno ad un tesoro di uten-
sili da tavola romani].
4. — Strzjgowsky (J.), Die Sduìe dee Arkadius in Kastantinopel [Fatto co-
noscere il luogo, su cui Arcadio fece erigere la sua colonna, descrive questa, fissando
lo sguardo in particolar modo sulla sua ornamentazione plastica ed esaminando gli
studi &tti intorno ad essa da altri eruditi; poi dà ano sguardo intorno agli altri
monumenti ch'erano presso alla colonna]. — Hettnert Bericht ilber die Thdtigkeit
der Beichslimeskommisnan von Ende November 1892-93 [Indicati gli studi assegnati
sopra varie parti del confine a tredici eruditi, l'A. ne riassume i risultati principali.
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390 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
i qaali riguardano specialmente la posizione e la forma delle torri; le strade romane;
ì castelli di Pfórring, Tbeilenbofen, Hammerschmiede, Lorch, Marrhardt, Maiohardt,
Orendelstcin, Jagtshausen, Neekarbarken, WOrth« Qrosskrotzenbnrg, Markòbel, Obor-
florstadt, Amsbarg, Hannebnrg, Feldbergkastell, Alteborg, Weiherhof ; le trincee in
terra di Hesselberg, Irsingen, Goschenhof, HAflein, HOnehaas; i castelli mediani di
Rinschheini, Haselbar^;, KìrchgOns, Hannenkirchhof, Lochmflhle, Altee Jagdbani,
Am Bfaisel, Anhaosen]. — Zahii (R.), AìtertUiMr auf SHft Neuburg bei Heidel-
berg [L*A. dà notizia d*ana non piccola collezione di sculture, bronzi, terrecotte e
vetri italico-siciliani]. .
LITERARISCHE KUNDSCHAU PDER DAS KATHOLISCHE DEUTSCH-
LAND (Freiburg i. B.).
XIX, 5, 1893, maggio. — K. ^ Sieben Meisterwerke der Mederei mit ei$ier
principieìien Eròrterung Uber den Einflues dee Chriatenthums auf die KwMt [di
Fr. Bole. L*A., nota il R., mira ad ispirare la moderna pittura crÌ8tiana ad un
giusto indirizzo: perciò riproduce e studia profondamente alcuni dei quadri rapitali
por 'la storia della pittura cristiana: fra questi sono la 'Cena' di Leonardo, la
* Disputa ' di Rafaello ed il * Giudizio universale * di Michelangelo].
6, giugno. » Felteii (W.), Die Franeòsieche Poìitik papet Leos IX, Bin
Beitrag tur GeschicJUe des PapsUhums im 11 Jahrhundert [di W. BrtVcking. Il R.
riconosce Timportanza che il lavoro ha per la diligente cura adoperata nella rioer(»
dei documenti e perchè ci permette di farci nnMdea generale delFopera di papa
Leone; ma Io dice un tentativo soltanto e gli muove innumerevoli appunti]. —
Belleshelm (A.). Six Manths in the Apennines or a Piìgrimage in Seareh of t\i
vestigea of the Irish Saints in Italy [di M. Stokee. Dopo aver notato il prezioso
contributo già offerto dairautrice agli studi archeologici intomo alla Chi<>sa Irlan-
dese, il R. dà brevemente notizft di questo lavoro, segnalando specialmente gli
studi, ch'esso contiene intomo a S. Frediano di Lucca, Colombano di Bobbio, Dangal
di Pavia e Donato di Fiesole; fa alcuni appunti, lamentando in particolar modo,
che TA. non si sia carata abbastanza della bibliografia tedesca, ma s'angnra presto
un altro libro della valorosa erudita irlandese]. — Wendelstein (F.), Don BoKOS
social Schopfungen. Seine LehrUngsversammlungen und Erjgiehungehaueer [di
L B. Mehler. Fatto un confronto fra Topera sociale compita in Germania dal Kul-
ping ed in Italia da Don Bosco, il R. dà notizia del presente libro, il qnale tesse la
vita, poi fa conoscere i principi, a cui si inspirò nella sua opera Don Bosco e s'an-
gnra ch'esso sìa conosciuto ampiamente in Germania]. — Scherer (R. von). Die
Kirche und die Juden [di F. Frank. Rileva applaudendo, come l'A. pur essendo
contrario airantisemitismo, il quale, nota, non solo non è cristiano, ma non conduce
a nulla di buono^ tuttavia raccolse diligentemente nel suo libro nnmerose prove delle
cattive azioni compite dagli Ebrei contro la Chiesa nel corso dei secoli]. — ' Baam-
l^arten (P. M.), Zur Centenarfeier des Domes von Orvieto [Dà notizia delfopera
del Fumi: e II duomo di Orvieto e i suoi restauri »; degli e Statuti e Regesti
dell'opera di S. Maria di Orvieto >, raccolti dal Fami stesso; infine deiropera € I
palazzi dei papi e del capitano del popolo in Orvieto » , ancora del Fumi].
7, luglio. — Hollweck , Kaiholisches ESrchenrecht, I. Die Verfassimg der
Kirche nebat cUlgemeiner und specieìler Einleitung [di F. Heiner. Favorevole].
8, agosto. — Beliesheim (A.). Histoire du cardinal Pitra [di F. Cabrol.
Il Pitra ha trovato nel Cabrol un biografo tanto giusto e dotto, quanto affettuoso].
— Conradj (L.), Regesta regni Hierosolymitani (MXCVILMCCXGI) [di R. R«h-
richt. Fa il piìi caldo elogio di quest'opera non meno proficua agli studiosi che pe-
nosa al l'A.].
9, settembre. — Schmid (J.), Zur Geschichte der Vaticana [Sotto questo ti-
tolo TA. dà notizia dei risultati degli studi seguenti : G. B. De Rossi, < De origine,
historia, indicibus scrinii et bibliotbecae Sedis Apostolicae »; F. Khrle, « Historìa
bibliothecae romanoruni pontificum tum Bonifatianae tum Avenionensis »; E. Mdntz
e P. Fabre, « La bibliothèque du Vatican au XV siècle d après des docomeots
inèdita »; E. Mantz, e La bibliothèque du Vatican au XVI siècle, notes et doco-
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SPOGLIO DI PERIODICI TBDESCHI 391
meDtB »; P. Batiffol, € La Vaticane de Paul III à Paul V d'après des docanients
ooQ?eaQX >; idem, e La Vaticane depai» Paul III »; « Das Archi v des Griechischen
Collegs in Bom »; < Ungedrockte Papst- and Kaiser- Urkanden »; e L*abbaye de
Rossano »• e Libndries Byzantines à Rome »; e Les manaaorits grecs de Rollino,
évéqne de Bellane » ; Pierre de Nolhac, e La bibliothèqae de Fulvio Orsini. Contri-
bation à Thistoire des collectioni d* Italie et à Tétade de U Renaissance > ; I. Carini,
e La biblioteca Vaticana proprietà della Sede Apostolica >; Mariano Ugolini, < La
naova biblioteca Leonina nel Vaticano]. — Seherer (R. ▼.), Die PapstuxMbuUfn
mnd das staatìiehe Bechi der Exclwtive [di I. B. S&ginaller. Il titolo, osserva
il R., annuncia nn art^omento d'indole canonica, invece il libro è nella maggior
parte occupato da numerose descrizioni della condizione della Chiesa specialmente
airepoca del concilio di Trento, tuttavia per questo non riesce meno importante; il
R. però non accede allopinione dell'A. intorno al modo di interpretare le bolle concer-
nenti reiezione]. — Ratzinger, Le droii social de VégUee [di P.-Ch. M. Raccomanda
questo lavoro un pò* prolisso, ma chiaro e conforme alla dottrina della Chiesa].
10, ottobre. — Peters , Petrus in Bom oder * novae vindiciae Pettina/e *.
New Uterarhistorische Untersuchung dieser * Froge" nicht *8age' [di J. Schmid.
Rileva r indole generale di questo lavoro, accessibile perciò anche ai prorani agli
studi, che vogliono informarsi della questione]. — Weyman (C), L, Caeli Firmiani
Laetanti Opera omnia accedurU carmina eius quae feruntur et L. CaecHii qui
énseriptus est * De mortibus persecutorum ' ìiber [edd. S. Brandt e G. Lanbmann.
Favorevole]. — Schmid (I.), Nuntiaturberiehte Giovanni Morones vom deutschen
I&nigsho/e^ 1539-40, Queìlen un Forschungen aus dem Gebiete der G^schiehte in
Verbmdung mit ihrem historischen Institut in Bom herausgegeben von der GorreH-
Geselìschaft 1,1 [ed. F. Dittrich. Rileva Ttmportanza della pnbblicazione e ne fa elogi].
11, novembre. — Campo Santo, A Leone XITI Pontefice Massimo nel suo
Giubileo episcopale [Sotto questo titolo il C. S. dà notizia della magnifica pubbli-
cazione fatta dal Circolo di S.Sebastiano per il Giubileo episcopale di papa Leune XIII,
alla quale complessivamente fa solo Tappunto di aver lasciata assai scorretta la stampa
di alcuni lavori ; venendo a questi, egli dà una breve, ma favorevole notizia degli
scritti di A. Conti intorno alta rivelazione come spiegazione dei pii!i profondi misteri
dell'uomo, e di F. Crispolti intorno al duello ; più a lungo si ferma in tomo agli
studi storici, che sono i seguenti: F. Ermini, e I parlamenti dello Stato pontificio
nel Medioevo »; Fr. Faberi, e San Pio V, studio storico >; E. Salvadori, e II pen-
siero cristiano nella civiltà del medioevo >; K. Santini, «Del sacro romano impero ».
Il R. fa appunti abbastanza gravi, ma insieme anche lodi a tutti questi lavori :
quello più criticato come superficiale e mancante di metodo è lo studio di Francesco
Faberi], — Leinss, Die Ehescheidung Napoìeons I. Antritlsrede; Die Tridentinische
Eherorschrift [di F. Fleiner. Il R. loda in questi due lavori la esposizione chiara,
la trattazione acuta ed oggettiva, la conoscenza bibliografica vasta; vorrebbe però
che TA. non avesse chiamato addirittura eretici, ma semplicemente di altra credenza,
oppure acattolici quelli, che dissentono dalle dottrine della Chiesa]. — S&gmIUler,
Die DesignaUon der Nachfólger durck die Pàpste [di K. Holder. Il R. segnala
l'importanza storica di questo livoro; ma lamenta T indeterminatezza deiruso di
certi termini e molte e gravi inesattezze nei dati; quanto ai risultati, non sempre
è d'accordo coir A. J. — Haas (G. E.), Weltgeschichte: X-ZI, Staatengeachiehte
Europas von 1700-1744; Kunst und Wissen^chaft [di I. B. Weiss. Loda la dili-
genza degna d*nn'ape dimostrata dalPA. nel raecojrliere i materiali, Tamore suo per
la verità ed imparzialità e la cura dell'eleganza della forma ; conclude, che non ha
modo di dir tutto il bene, che quest'opera si merita]. — Kiinstle^ Die * TituW
und die kirchiiche Wandmalerei im Abendlande vom 5. bis zum 11 Jahrhundert
[dì E. Steinmann. Muove numerosi appunti al lavoro, al quale tuttavia augura una
seconda edizione].
12, dicembre. -— Campo Santo, A Leone XIII Pontefice Massimo nel suo
Giubileo episcopale [Continuando Tesarne di questa pubblicazione, l'A. si occupa qui
ancora dei seguenti lavori: P. Savi, « Delle scoperte e dei progressi realizzati nel-
Tantica letteratura cristiana durante Tultimo decennio >; C. Sica, e Silvestro II
nella leggenda »; N. Taccone Gallncci, « La Chiesa e le forme politiche >; tra
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392 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
questi segnala lo stadio del Savi, di cai dice, che eooettaato Tartieolo del Conti,
è il più importante della racoolta, ma ò largo di elogi anche agli altri la?ori citati].
— Seibel (M.), Gesehichte der Btìmiachen Literatur bis gum Gesetgffeb^mffiwerk
des Kaiaer$ Juatinian [dì M. Schanz. Fa alcani appanti sa iaesattesze, che però
scasa per la mole del lavoro, ma raccomanda onesto caldamente a qaanti stadiano
la vita intellettaale dell*antichità]. -~ BelleaneiBi (A.). C(^ìegìum S, IsidoH de
Urbe et 8. Mariae de Plano Capranicae I. F. minorum reooUeeiorum Hibeheiae
fundoHo [di L. Wadding. Rileva l'importanza e fa ebgi di questo lavoro].
XX, 1, 1894, gennaio. — Bardenhewer, Der ìieQige Ambroeiua Bisehof vom
MaUand, ale Erklàrer dee aUen Testamentes [di I. B. Kellner. Maove qualche ap-
punto, ma loda reradizione e la coscienziosità dell* A.]. — Sehftfer (B.), Die theo-
ìogisehen Studien und AnstàUen der kathoUeehtm Kòrehe in Oesterreieh e^ue Archi-
vaJien [di H. Zschokke. Dice il lavoro monumentale e giudica che nessuno avrebbe
potuto compierlo meglio]. ^ Baeh (I.), Doetorie Serapkiei S.Bonavenhm-ae Opera
omnia. IV [ed. Collegio di S. Bonaventura a Quaraochi. Il recensente indica le di-
verse parti di questa pubblicazione, che giudica esemplare], — G«, Souvemrs du
maréchal Macdonald, due de Tarente [ed. G. Rousset. Ne dà una breve notizia e
conclude, che essi formano una delle principali fonti per la storia degli anni 1809-15].
— Krieg; L'étude de ìa ' Somme théohgique " de Saint Thomas d^Aquin [di
P. Bertbier. Rileva il carattere popolare di questo lavoro, che potrà tuttavia riu-
scire utile].
2, febbraio. -— H. N», L'età di Simmaco Tinierprete e 8. Epifanio, ossia se
Simmaco tradusse 4n greco la BtÒòia aotto Af . Aurelio H filoeofo, Diseertaeùme
storico critica [di Q. Mercati. Loda il metodo, la prudenza e l'erudizione, con cui
TA. ha atteso a questo difficile lavoro; tanto più poi giudica questo apprezzabile,
perchè è il primo lavoro e fu compito durante Panno di volontariato nel servizio
militare].
3, marzo. — Sftgmìiller, Die Beeiehungen des Papstthwns gum frankisehen
Siaats- und Kirchen-recht unter den Kàrolingem. BechtsgeschichtHcKe Studie [di
6. Weyss. Il R. giudica questo libro diligente, ma non libero dallo spirito dì par-
tito]. — LeiiiCy KcUholischeH Kirchen-recht. IL Die Begierung der Kirehe [di
F. Heiner. Loda l'accuratezza e chiarezza del lavoro].
4, aprile. — Felten (W.), Die Wahl Gregarie VII [di C. Mirbt. Il R. riassume
ampiamente il lavoro, lo confronta con altri studi su questo stesso argomento e lo
combatte in molti punti]. — Egen (A.), Bom und r&misches Leben in AUerthum
geschUdert [da H. Bender. Il R. fa un grandissimo elogio di questo lavoro* ma si
occupa più della forma delFesposizione che del valore dei materiali]. — Belles-
heim (A.), Bòmisclie Documento sur Geschichte der Bheseheidung Heinrichs Vili
von Engìand [ed. S. Ehses. Loda questa pubblicazione per la saa diligenza, erudi-
zione ed acutezza crìtica, e dice che ha un valore duraturo per la rìoehezza dei
documenti raccolti].
5, maggio. — Schmid (J.), Der selige Budolf Acquaviva und scine Chfdhrten
[di N. Angelini, rimaneggiato da H. Gruber. Il lavoro, nota il R., ebbe occasione
dalla beatificazione delPAcquaviva decretata da papa Leone XIII ed oltre alla bio-
grafia del santo contiene numerose ed interessanti notizie sulla storia delle missioni
cattoliche e sopra le sette religiose dei Maomettani e degli Indù neirinterno deirindia].
Carlo Merkel.
THE AMERICAN JOURNAL OF ARCHAEOLOGY AND OF THE HISTOKY
OF THE FINE ARTS (Princeton).
Vili, 2, 1893, april-june. — Marqnand (A.), Some unpubìished monuments òy
Luca détta Bobina [I medaglioni di terracotta d*Or San Michele, rappreaentanti
gli stemmi di cinque arti, non furono ancora ntudiati di proposito. 11 M. li illustra
partitamente, e così pure i bellitisimi e quasi sconosciuti monumenti robbiani del-
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SPOGLIO DI PERIODICI INGLESI 393
llmpraneta]. — Correspondence: Mercer (W.), MovUefaUso in Umbria \h\2i-
dma rincarìa in cai sono tenuti i grandi affreschi rappresentanti la Tita di S. Fran-
cesco di Benozzo Gozzoli (1452)]. — Ed., Note io ine above [Aggiunte del direttore
del periodico air articolo precedente]. — Bevieì^s and noti ce s ofbooks:
Sayee (A. H.), J. Krall, Die etruMscJien Mumienbinden dea Agramer National
Muteums (From the € Dankscbriften der E. Akademie der Wissenscnaften in Wìen »,
Voi. XLI) [Favorevole]. — ArcMólogicàl News [Interessano Tarcheologia italica
fuori dltalia le notizie di rinvenimenti in Algeria (Timgad); le antichità cristiane
▼arie notìzie intomo a mon amenti bizantini; le antichità itafidbe propriamente dette
le notizie intorno a vari tipi delibasela di bronzo; di rinvenimenti d* epoca romana
ad Ancona, Bologna. Gastelloccio, Clatema-Qoadema (Emilia), Concordia Sagittaria,
Cometo Tarqninii, Correggio, Crespellano, Firenze, San Giovanni in Persiceto, Gran
San Bernardo, Goidizzolo, Napoli, Novilara (Umbria), Olbia-Terranova Pansania,
OrbeteUo, Omavasso, Ortnccfaio (Marsi), Pisa, Pesaro, Pitigliano, Pompei, Boma,
Tivoli, VeinloDia, Vaici, Mezara, Hyblaea, Ragusa, Selinunte, Siracusa; di antichità
cristiana a Polenta, Roma, Siena, Verona, Catania; della scoperta di una cfttà ro-
mana vicino ad Almeira].
3, luglio«ettembre. — Peters (J. P.), Notes of eaatem tratel [In queste note
di viaggio in OrieDte accenna ad avanzi romani : l'antica strada da Pfailadelpbia a
Gerasa ed iscrizioni greche e romane ad Jerash (Gerasa)]. — Fowler (H. N.), Fa^
sUgium [Combatte Tapplicazione iktta in' appoggio alla sua teorìa della evoluzione
della scultara del frontone dal Brownson del passo di Plinio * N. H. ', XXXV, 152].
<— Frothingham jr (L. A.), Notes on roman artiste ofthe Middle Age. IV. The
Chister of die Lateran BastUea [Ricerca intomo alla data del principio dei lavori.
U F. esaminate le costruzioni accertate contemporanee, conchiude: il chiostro La-
terano fo principiato non prima del 1221, probabilmente tra il '22 e il '26 e fu
tipo di alére opere consimili. Nel '80 era in corso di lavori, ma fu terminato pro-
babilmente assai più tardi]. — Mewiam (A. C), Some inser^ùm from Orient
[Comunicate dal Peters, sul cui viagffio in Oriente, cfr. sopra. Ne pubblica sette
inedite greche e latine dei tempi di A&iano e Settimio Severo]. — Reviews and
notìces ofbooks: [Vi si dà notìzia, togliendola da diversi periodici, delle seguenti
pubblicazioni: A. J. Evans, « Syracusm Medallions and their Sngravers in the light
of recens find»; J. H. Mìddleton, e The romains of ancient Rome»; H. Cc&n,
< Descrìption historìque des monnaies frappées sous l'empire romain » ; J. J. Berthier,
« La porte de Sainte Sabine à Rome»; A. Pératé, « L'archeologie chrótienne»;
L. Palustre, € L'arcfaitecture de la Renaissance » ; E. GUivier, L. v. Scheffer, G. Thomas;
diverse pubblicaziuni sa < Michelangiolo »; N. Rondot, € Les potiers de terre italiens
à Lyon au XVI* siècle »].
4. ottobre-dicembre. — Archaeohgieal News [Algeria (Esplorazione del distretto
al nord di Aln-zana: Catalogo del museo di Lambesa); Tunisia (Primitive antichità
cristiane scoperte presso Raad-jeb-el-Hisfln: Antiche tombe puniche a Cartagine);
Italia (Le scoperte di Vetalonia dall'86 in poi: La questione delle dae Vetulonie)].
THE EDINBURGH REVIEW (London).
367, 1894, gennaio. — Recenti edieioni di Tacito [Bel Furaeauz e dello Spooner,
di cui combatte alcune conclusioni]. — Popular Uterature of modem Italy [Quan-
tunque esca un po' dal nostro programma segnaliamo questo articolo molto favore-
vole alle opere recenti di D'Annunzio, Verga, Serao, De Nino, Farina, De Amicis,
Fogazzaro e d'altri scrittori minori nostri, rilevando il giudizio finale: « da queste
varie pitture della vita italiana si sprigiona un senso di malinconia, dimostrante
che rindipendenza e la libertà non hanno fatto felice, prospero e contento il popolo
italiano >].
THE NORTH AMERICAN REVIEW (New York).
CLVIII, 2, 1894, febbraio. — 0' Beillj (Monsignore), Territoriaì Sovereignitu
and Papacy [Roma non è come le altre citta; è la sede naturale del vescovo di
Roma; come tale, dev*essere del Papa].
Rivista di Storia tialiana, XI. 26
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394 SPOGLIO DI PERIODICI INOLBSI B 8PAONDOLI
THE QUABTERLT BBVIEW (London).
354, 1898, ottobre. — A SkepUc of &^ BemM$anoe [Prendendo ad esame il
libro deirOwen, « The Skeptics of the Italian Renaiseanoe >, neg^ che ai poesa ap-
plicare il termine * skeptic alla maggior parte delle figure rappresentate dairO.,
fatta eccezione pel Pomponazzi. Lo stadio intomo a qaMt' ultimo, al Brano ed al
Vanini è la parte migliore deiropera. Se ne Tale largamente TA.].
355, 1894, gennaio. — CatuOo [Il giudizio di Cornelio Nipote che pone Lncrezio
e Catullo come rapptesentanti il ponto massimo dell* poesia dell'età repubblicana
è il più giusto].
THE WESTMIN8TEB RBVIEW (London).
CXL, 6, 1898, dicembre. — CotUewtparmry LUeraiure [Si occupa delle agguanti
pubblicazioni: « Lee persócuteurs et les mar^rs auz premien sièoles de notre ère »
par E. Le Blant; € Guellb and Ghibellines, a short history of Mediaeval Italj » dì
0. Browning; < Le roasque de fer » di Burgaud e Bazières].
CXLI, 2, 1894, febbraio. — Coniemporarv LUerature [Vi si parla del compendio
della e Historj of the Renaissance of Italy > dell' Addington Symonds iktto dal Pearson].
8, marzo. — Contemporary Literaharejyi si occupa della « History of the Chri-
stian Chnrch >, voi. I: € A D. 1-600 >; ybl. II: « The Middle ages » del MoeUer-
Butharford].
BOLETIN DB LA REAL ACADEHLi DE LA HISTORIA (Madrid).
XXIII, 5, 1893, novembre. — Goello (F.), Vias romana$ de SigUetua a Chmr
chiBa [In base a recenti indagini ne rileva il tracciato].
6, dicembre. — Flta (F.), InscnpekmeB romanoM medUa» de Anaoi^ y Oymrmm.
" Fita (F.), BeseUa epigrafica deede Aleaìà de Henares a Zaragoga [Delle più
recenti scoperte]. — Moro (R.X Nertobtiga eeUibeHea [Sue rovine presso Calatorao].
— Do U Bada j Delgado (J.)> Arqueologia Nertoirigeme y BUbiUtama [(}ata-
logo di oggetti regalati al Museo de la Real Academia de la Hutoria].
XXiy, 1, 1894, gennaio. — Coello (F.), Via roìMma de CMnehiBa a Zaragota
[Ne stadia il tracciato]. — Fita (F.), Inecripeione» nmana» y hehreas [Le romane
in Arcos de la Frontera, Zegenal de la Sierra, Espejo]. — Femaiidei Doro (C),
NcUciae del dia de ìa mnerte y del ìugar del enterramkiUo de Grietóbàl CMn en
VdOadoHd [20 maggio 1506; in San Francesco nella cappella di Luis de la Corda.
Secondo gli € Bitractos del Diario de los Verdesotos »].
2, febbraio. — Fornandei Darò (C.^, Juan Gauein verdadero detcubridór de
America segén el eapitàn ingUs (}ambiér JB. N. [Non ha gran fondamento la sua
ipotesi].
3, marzo. — Httbaer (E.), Branees epigràficoe de Chmia y de BUbOis [Notidna].
EL ARCmVO REVISTA DE CIENCIAS HISTORICAS (ValencU).
VII, 6, ottobre, 1893. — Costa (J.). L&oraì ibèrico del MedUerrómeo ai èl
Mio V'VIamtee de J.-C. Los tartesios del Guadalquivir 6 turdeUmoe en ìa régùm de
SaguiUo [Le gaerre tra Saguntini e Tordetani ed il partito che ne trassero i Romani].
7, aovambre. — MiscMnea [Vi si parla dolio studio deirEhrle sulla storia di
Pietro de Luna (Benedetto XIII)].
Giuseppe Robbrti.
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NOTIZIE
Bévute nuove» — Si ò coetitnita a Pari^ (23, tqo Madame) ana Soeiété cPhis-
toùre httéraire de la Frcmce^ sotto la preddeaza di Gaston Boissier dell* Accademia
francese. Ha per iscopo di fornire alle persone, che ai interessano alla storia della
Francia letteraria, i mezzi di rìnnirsi^di scambiarsi le loro idee, di approfittare in
cornane delle ricerche individnali, e di raggruppare i loro lavori. La Società ha
nominato nna commissione di dieci membri per la cnra deDe pubblicazioni, ed ha
fondato come suo organo periodico speciale una Bev%te éTJUsUnre Uttérture de la
France (Armand Colin et C* fròres, Paris), che esce in fascicoli trimestrali. L'ab-
bonamento costa alFanno L. 22 per la Francia e L. 25 per TUnlone postale.
La Casa editrice L. Boux e C. di Torino ha intrapresa la pubblicazione di una
rassegna di scienze sociali e politiche intitolata La Riforma sociale, sotto la dire-
zione deiron. L. Boux e di Francesco S. Nitti, e con la collabora2done di scrittori
svariatissimi d* Europa e d'America. La i2»/brma sociale non si propone soltanto di
essere una rivista scientifica intemazionale, destinata agli studiosi e ai cultori delle
scienze sociali e politiche, ma intende rivolgersi alla grande massa del pubblico in-
telligente. Essa accoglie con la stessa larghezza sì coloro che vogliono discutere in
favore della tesi socialistica, come quelU che sostengono la tesi contraria, vuole solo
che le idee trovino espositori calmi, intelligenti e sereni. È divisa in tre parti:
neUa 1* si pubblicano gli articoli riguardanti i principali problemi deirordine eco-
nomico-politico e deirordine sociale; nella 2* si trattano le più ardenti questioni
del giorno da persone tecniche e competenti ; la 8* contiene la bibliografia, una
rivista delle riviste, la cronaca politica e la cronaca economica e finanziaria.
La Bivista geografica iiaìdana iniziata nella primavera del 1893 dal prof. Pasanid,
e dopo due fascicoli sospesa, ha ripreso lo sue pubblicazioni sotto la direzione del
prof. Giovanni Marinelli Uscirà in fascicoli di 64 facciate in-8<» gr., ogni mese dei-
Tanno, eccettuati agosto e settembre; prezzo d'abbonamento annuo L. 10; dirigersi
aila Società editrice Dante Alighieri, Roma, via Convertite, 8. — La JBtrtsta, come
per lo addietro, avrà principalmente di mira la illustrazione geografica ed antropo-
geografica dell'Italia e delle regioni, che davyicino la toccano, più delle altre le Alpi
e il Mediterraneo. Soltanto in seconda linea e a guisa d* informazione, si oocnperà
delle altre regioni europee e non europee e del movimento di esplorazione che le
riguarda. Essa terrà pur dietro attentamente ad ogni progresso concernente la geo-
grafia scientifica da un lato e didattica dall'altro; né trascurerà la geografia com-
merciale ed economica, cosi importante in un paese, avviato sulla strada della colo-
nizzazione e dove il movimento d'emigrazione ha assunto un carattere degno della
più seria considerazione. — La Bivista perciò conterrà: 1<> Memorie originali tradotte
0 compendiate intomo alla geografia generale, alla geografia metodolopea e didat-
tica, alla geografia naturale e civile e descrittiva dell'Italia e regioni contermini;
2« Cronaca geografica del movimento generale della geografia specialmente esplora-
trìce; 3» NoOgie, informasioni ed appunti sui soggetti precedenti ; 4? Cronaca geo-
grafica scohstieaj 5» AnàHsi, recensioni, transunti e giudizi di opere recenti, di
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396 N0TI2IE
pubblìcazioDi periodiche e di carte geografiche, 5* Spoglio di periodici, ariiooU geo-
grafici ed elenco di opere ricevate ìd dono. — Una rubrìca speciale sarà dedicata
all'esame obbiettivo dei manaali, testi, atlanti, ecc., scolastici già in uso o di duots
pubblicazione.
I^ Commissione Senese di Storia patria, oostitnitasi nella sezione storiooartistico-
letteraria della B. Accademia de' Rozzi, ben nota ed altamente benemerita istito-
zione di Siena, nella saa adunanza del 29 gennaio scorso, ha deliberato, tra i primi
suoi atti, la pabblicazione di un BuHdtino Senese di Storta patria, allo scopo di
raccoglfere, con metodo e intendimento scientifico, materiali per una compiuta stoni
di Siena e del suo antico Stato, col proposito di illustrarne le vicende politiche a
cirili, le opere letterarie ed artistiche, Teconomia pubblica, il diritto, la scuola, il
folklore, e, in generale, tutte le istituzioni, che hanno contribuito alla formazione
e manifestazione della civiltà e cultura senese, escluse le ricerche sui fatti odierni
e sulle persone viventi. Ali* invito fatto ai molti, che amano e coltivano gli studi
riguardanti la storia senese, risposero sollecite e numerose adesioni; e, assicurati ormai
i niezxi necessari allHmpresa, la Commissione annunzia la prossima pubblicazione del
primo numero del suo Periodioo. — Del Periodico si pubblicherà ogni trimestre un
fascicolo di 80 pagine circa. Il prezzo d'abbonamento ò di L. 5 per annata. — 11
BuUettìno conterrà, oltre gli AtU della Gomfnùsione, anzi tutto, Memorie origvmaXi
Sarà data partioolar cura alle ricerche riguardanti le ricendo della Maremma, che
ftiruno e sono di g^nde importanza nella storia senese. — Nella seconda parie
saranno inserite le Varietà, cioè articoli minori e comunicazioni di Documentai —
Una terza rubrica sarà intitolata Aréhivi, e conterrà le relazioni e notizie, che si
avranno sulle grandi raccolte pubbliche di documenti antichi, che sono un vanto
particolare della città di Siena, come anche sugli archivi dei Comuni minori e d!
quelli gentilizi numerosi. — Saranno riunite in una quarta rubrica le NoUsis e
Appunti, che non sembrino adatti ad entrare in nessuna delle rubriche precedenti,
aggiungendo in fine una Bassegna ìnbUografiea, che dovrà spianare la via ad una
compiuta Bibliografia Senese, la quale da molti anni è uno dei più vagheggiati
desideri e sentiti bisogni.
1 nostri anisrurii alla Miscellanea Uvomese di storia e di erudizione diretta dal
prof. Pietro Vigo. Essa è sdrta per eccitare gli studiosi delle cose livornesi a ricer-
care le memorie storiche, letterarie, artistiche, sacre e pro&ne di Livorno. Conterrà
brevi Memorie o dissertazioni, documenti inediti di storia cittadina o almeno regesti
e spogli di essi documenti. Si pubblica in fiucicoli men^i di pagine 16.
RaceoUa Colombiana» -— La prima parte della BaeooUa Colombiana si è
testé completata. Essa consta di 3 grossi volumi in-4* grande e di un* Appendice
dello stesso formato — I due primi volumi contengono tutti gli Scritti autentici
ed autografi di Crifitoforo Colombo, disposti in ordine cronologico e minuiiosamente
illustrati e commentati dal prof. C. De Lollis deli^Università di Qenova e Segretario
della Commissione Colombiana — Il terso con Tappendice; contiene i fiu>-siniili
eliotipici di tutti gli autografi del gran navigatore, non escluse n^pure le postille
che egli soleva apporre sul margine dei libri che consultava o studiava, (onesta
parte della Raccolta sta assolutamente da so; e come è la più importante per cokHo
che si occupano di Studi Colombiani, la Casa editrice fratelli Booca ha Catto cuea
utile mettendone in vendita separatamente con titolo proprio di Senili ed Autografi
di Cristoforo Colombo un numero ristrettissimo di copie (quaranta). ^ Dal lato
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N0TI2» 997
tipoipmftGo. Topera è rioscita una vera meraviglia; essa è stata stampata con caratteri
espressamente fasi, sq carta a mano, e contiene complessivamente 117 tavole in
eliotipia» — Ne fa fissato il presto a L. 120, presso molto inferiore al sno valore
commerciale. — Noi crediamo che non vi sarà Biblioteca o Studioso che non vorrà
possedere qnesta pnbblloasione, la quale, stante il piccolo nomerò di copie destinate
al commercio, diventerà presto ana vera rarità bibliografica.
Presso la Librerìa Bocca trovasi in vendita anche tutta la BaeeoUa Cóhmbiana
così divìsa: Parte 1. Voi I e II. SerUU di OfiUofcro Colombo, pubblicati ed illn-
strati da Cesare De LoUis (pubblicato). VoL HI. Autografi di Cristoforo CÒhmbo
C9H prefounone e iraseriMÙme diphmoHóa di Cesare De LoUis (pubblicato). Supple-
mento (pubbl.)L — Parte IL Voi. I. Documenti prioati di Cristoforo Còkmbo e
détta SMa famigli», per Luigi Tommaso Belgrano e Marcello Stagliene. Voi. IL Co-
dice digiomaiioo di Cristoforo Colombo, per Luigi Tommaso Belgrano e Marcello
Stsglieno. Voi. UI. Contiene le seguenti monografie: 1. Questioni Colombiane, per
Cornelio Pesimoai ; 2. I Corsari Colombo del secolo XV, per Alberto Salvagnini ;
3. / ritratti di Colombo, per Achille Neri } 4. Le medaglie di Colombo, per Um-
berto Bossi (pubblicato). — Parte IIL Voi. I e IL Fonti itahane per la storia
deHb scoperta del Nuovo Mondo, raccolte da Guglielmo Berchet (pubblicati).
VoL L Carteggi diplotnatiei. Yo\, 11. NarraMioni sinerone. — Parte IV. VoL I. Le
costrwfioni na»aH e Torte detta navigatone al tempo di Cristoforo Colombo, per
Enrico Alberto D*Albertis. Voi, IL L Im dedmoMione magnetica e la sua variasione
netto spanUf scoperto da Cristoforo Colombo, per il P. Timoteo Bertelli ; 2. Notisis
dette pie asUiche carte che si trovano in ItaUa riguardanti P America, per Vittore
Belilo (pubblicato). — Parte V. Monografie riguardomiti i precursori e i conUnua"
tori ddTopera di Cristoforo Còkmbo ed i narratori sòseroni itoMani. VoL I.
1. bacilo dal Fosso Toseanetti, per Gustavo Uzielli; 2. 8Me osservasioni di comete
fatte da Paolo dal Foszo Toseanetti e sui lavori astronomici suoi m generate, per
Giovsnni Celorìa. Vul. IL 1. Pietro Martire d^Anghiera, per Giuseppe Pennesi;
2. Amerigo Vespued, per Luigi Hugnes; 3. Giovanni Caboto, per Vincenao Bel-
iamo; 4. Oiowmni Verrassano, per Luigi Uugues; 5. Battista (Genovese, per Luigi
Hognes; Q. Leone PancaUdo, per Prospero Peragallo. VoL III. l. Antonio Pigafetta,
per Andrea Da Mosto; 2. 6=fro2amo Bensone, per Macco Allegri — Parte VI.
Voi. unico. BSiUografia ItaSana dette opere a stampa riguardanti Cristoforo Co-
lombo e la scoperta ddT America, raccolta da GHuseppe Fumagalli e Pietro Anuit
di San Filippo (pubblicato). ~- L'associazione all'opera completa è obbligatoria. Il
presso è fissato a L. 500, che per comodo dei signori acquirenti potrà pagarsi anche
in ragione di L. 96 a volume.
Annunzi hibliograflci. •— La celebre librerìa Herder di Friburgo in Brisgovia
ha intrapresa una pubblicazione preziosa ed elegantissima sotto il titolo Vaticanische
Mniiaturen, curata dal p. Stefano Beissel, nelF intendimento di fornire documenti
per una storia della miniatura» con 30 tavole in fototipia (in-folio di pagg. viii e 57
di testo. Ti. 25). Precede un*introduzione esplicativa; seguono cinque parti deiropera
(miniature di stile classico, dal sec. VII al sec. 'XI in occidente, greche del medio
evo, dal X al XIV in occidente, dal XV al XVII in occidente); c*ò infine una lista
dei mss. miniati e la tavola epigrafica delle materie e dei nomi.
La Casa editrice Carlo Clausen di Torino ha pubblicato uno Spicilegio storico-
pakograf&o di alfabeti e fac-simili tratti da codici, diplomi e monumenti del
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398 NOTIZIE
prof. Michele FaTfttoro, al preiso di L. 80. Il eh. A. nel suo ^neilegio ha oom-
preso cento splendide tavole, in cai ci si porgono i caratteri principali delle scritture
di tatti i popoli e di tatti i tempi, dag^ antichissimi tà medioevali, a qaelli del
rinascimento e ai moderni. Ed oltre alle lettere dei vari alfabeti, ricavate da mas.,
codici, diplomi, lapidi, FA. ha sapato egregiamente riprodurre fregi e monogrammi
rari, di squisita fattura. È una pubblicazione, che onora 1* Autore e l'arte italiani.
L* infaticabile Angelo De Gubematis ci annunaia la proesima pubblicazione d'un
Pieeoìo disùmario dei contemporanei itaKani, quasi tascabile, che comprenderà in
notizie biografiche succinte i nomi dei oon temporanei, che spiegarono qualche nobile
attività nel nostro paese. Le notisie saranno brevissime, di carattere storico e in
istile quasi epigrafico, mirandosi a dare informazioni, non a tributare lodi.
La Casa Fratelli Bocca riceve le sottoscrizioni per il Lexique géographiqut (k
monde entier, pubblicato sotto la direzione del sig. Levasseur. Esso eomprsnderà la
geografia fisica, la geografia politica ed amministrativa, la geografia eonraierciale ed
economica, la geografia storica con Tetnografia e Tarcheologia, carte e piani di dttà.
Compare per fiucicoli di 64 pagine, al prezzo di L. 1,50 per fascicolo; Topera com-
pleta comprenderà circa 50 fascicoli al prezzo totale di L. 70.
È uscito il IV volume dell* opera paziente intrapresa dal sig. Carlo Del Balzo,
Poesie di mille autori intomo a Dante AVghieri^ raccolte ed ordinate cronologica-
mente con note storiche, bibliografiche e biografiche (Boma, Forzatti e C, 1893).
In questo volume si procede dal N. CXLIV al N. CXCIX, ossia sono compresi
55 Autori, tra i quali meritano speciale ricordo: Matteo Palmieri, Loca Pold,
Bernardo Bellincioui, Cristoforo Landino, Luigi Pulci, Angiolo Poliziano, Serafino
Aquilano, Girolamo Benivieni, Fr. M. Molza, Fr. Bemi, Luigi Alamanni.
U Europe et Vavènement du seeond empire forma un volume di Gustave Rotbin,
antico ministro plenipotenziario (Paris, Calman Lévy). Il titolo dei cinque capitoli ne
palesali contenuto: e Une oour allemande au XIX* siede > (corte di Cassel), € L*A1-
leroagne en 1848 », € La mission de M. de Persigny à Berlin en 1850 », «D*Erf&rt
à OlmOtz », € La reconnaissance da seeond empire par les cours da nord ».
Il sig. Laoombe, ispettore generale delle biblioteche e degli archi vif pabblica
presso la libr. Hachette e C*« un grosso volume di pagg. ziv-415. De TAttAwre con-
sidera comme seience. LMntento di questo libro di carattere scientifico è chiaramente
indicato dall'A. in queste parole: < Quel est dono mon desaein formel? En premier
lien montrer quo Tbistoire peut étre constituée sur un pied scientifique, et seoon-
dement qu*elle ne sera ainsi constituée qu* à la condition de choisir certains maté-
riaux, d*en éliminer d'autres; à la condition d*emplojer de préférence certains procède»
méthodiqoes, de reconnaitre la portée insuffisante de qaelques antres procèdei prò-
cisément plus accrédité^ ».
Un altro studio diligente, senza nome di autore, è stato testé edito dalla libreria
Hachette et C'^, intitolato La Béoolution frangaise en HoUande, la répubìique ba-
tave. L*A. conosce tutte le più importanti pubblicazioni anteriori, e mira a usa
ricostruzione imparziale e completa delle vicende dei Paesi Bassi dal 1794 al 1806,
giovandosi di gran quantità di documenti trovati nell* archivio del Ministero fran-
cese degli a£fari esteri e negli archivi olandesi, ed esplorando i giornali del tempo
ricchi di informazioni sui fatti e sulle aspirazioni dei contemporanei.
Tra i libri estranei al nostro programma ricordiamo anche qui gli ShuU di ìet-
teratura straniera di B. Zumbini (Firenze, Succ. Le Monnier, 1893). (1 volume
contiene parecchi lavori già pubblicati in vari tempi, taluni del quali però appaiono
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NOTIZIE 399
o interamente rifiitti o notefolmente ampliati. Sono otto gli studi: 1^ Due poemi
iilgled del secolo XVII {lì viaggio del péBegrino di G. Banjam e II Paradiio
perdevo del Milton); 2> Il Macbeth dello Shakespeare; S*» Il Messia del Klopstock;
4« U Museo Ooeihiano in Weiinar; 5« VBgnumi del Goethe e il Conte di Cor-
wuignoìa del Manzoni; 6<> Il Nàihan der Weise di G. E. Leasing; 7"* La Badia
ài Thélème del Rabelais ; 8« Vari d'idre Orand-Père di Victor Hogo.
11 sig. Coqnelle dedica al giovine Be di Serbia Alessandro I nn Tolnme, Le
Boffomme de Serbie (Paris, Leon Vanier). Non è un lavoro d*eradìùone, nò saffi-
•dente a fornirci an' idea chiara e completa della sitnazione compUcatiasima della
Serbia^ ma gioveTole a chiarire Tordine cronologico della vita politica di qael po-
polo. L'A. prende a gaida i protagonisti della Serbia, e ci accompagna con tale
metodo dal secolo VII ai di nostri.
È uscito il primo volume della Storia deUa poesia persiana coi tipi della solerte
Unione tipogiafico-editrice torinese. N'è autore l'egregio prof. Pizzi, lodatissimo tra-
•dattore in versi italiani del Libro dei Be del Firdusi. Questa Storia è specialmente
dedicata a quanti amano aver conoscenza delle letterature straniere, pur non fìtcen-
done uno studio ex professo. Essa abbraccia con larghi concetti le fonti, il sorgere
e lo svilupparsi d*ogni genere poetico, e aggiunge alla parte speculativa e descrittiva
una esemplifieaiione tanto ricca, che riesce una vera antologia poetica persiana,
quale non esiste in alcnn'altra letteratura.
L*fiditore milanese Max Eantorowicz ci ha dato in lingua italiana II SociaUsmo,
-compendio storico, teorico, pratico di Benoit Malon. Questo compendio ò divìso in
sette libri: il socialismo nel passato, il socialismo idealista, i sodalisti di transi-
zione, il socialismo realista, il collettivismo moderno, le riforme sociali urgenti, pro-
spettive ossia la società fdtura.
-+-
BicarM necròlogicU — Il 31 agosto 1898 moriva a Firenze il colonnello
EiKioo Cosentino, nostro collaboratore. Nato in Napoli il 7 novembre 1828 entrò
giovine nelle milizie borboniche e dopo il 1860 nell'esercito italiano come ufficiale
del genio. D*ingegno versatile e di vasta coltura insegnò per molti^anni alla Scuola
di guerra la fortificazione e la storia generale. I competenti discorrono con molta
stima delle varie opere sulla fortificazione dal Cosentino pubblicate; noi rammente-
remo le LeHom di storia generale dettate aUa Scuola di guerra, elevate per lar-
ghezza di vedute e profondità di considerazioni.
Il 12 gennaio 1894 moriva in Rieti il nostro amico e collaboratore prof. Filippo
HiccaiKi. Nacque in Legnago il 14 agosto 1837; avviato agli studi ecclesiastici nei
seminari di Rovigo e di Padova, fu per meriti speciali, a spese del governo austriaco,
mandato a perfezionarsi presso Tlstituto Teresiano di Vienna. L*amor patrio, prevalendo
ad ogni altra considerazione, Tindusse nel 1862 ad abbandonare gli studt teologici e
il Teresiano e a cercare nella nuova Italia libera un rifugio. Il giovine, coltissimo nelle
lettere antiche, nel francese, nel tedesco e nell* inglese, non dubitò di applicarsi al
modesto ufficio di maestro elementare in Bussi di Romagna, poi a Gargnano sul
lago di Garda; nel 1867 fu nominato professore di ginnasio a Rovigo, e fu trat-
tenuto nei ginnasi non ostante la sua nota cultura fino al 1888. Peregrinò di poi
^me professore di storia nei licei di Treviso, di Campobasso, dì Catanzaro, di Fano,
di Foggia, e infine di Rieti, ove ebbe pure incarico della presidenza, e ove una in-
sidiosa malattia lo rapì alKaffetto della famiglia, degli amici e della cittadinanza
rietina, ohe gli rese estreme solenni onoranze. Come scrittore ebbe fama più di poeta
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400 KOTIZIE
ohe di siorìeo; oDoelleDti sopimtatto le Yertioni dal LongfeUow. Fa peto coUove ap-
pftfldoaato degli etodì storici: i «noi alvniii rio(»dnio l'ordine e la efaisntia delle
idee; la « Rivista storica » ha pahhlioato alcane eoe reeensioni schiette e ▼ÌTsd,
che palesavano tntto Tammo sao. Valga la memoria delle «ne virtà a temprwe il
cordoglio de* saoi cari, che lo adoraf ano.
Con riva oondoglianm apprendiamo la notiiia della morte improTrisa di Adolvo
Bab'vou, avvenata in Genova il 16 maggio. Eira nato a Pitissano nel 1835. Stadio
leggi air Università di Siena per volontà paterna, e per attività propria si formò
ancor i^iovine tale coltura storica e letteraria, che appena ventenne fa segretario e
compilatore dell^uircAtMò storico itàUano, Dopo il 1S59 si rivolse alla senok ; fo
preside nei licei di Alessandria^ Livorno, Piaeensa, Vanesia, insegnante nella Scaola
superiore di commercio veneta, e dopo il 1874 professore di lettere italiane néll*!«ti'
tuto fiorentino. L'insegnamento andò di pari passo coiropera dello scrittore, tempre
erudito, accurato, elegante, e per molti riguardi innovatore, segnatamente neHe orì-
gini della nostra letteratura. Oltre agli seritti comparsi nell'^lfvMmò Haneo UàUorno
di cui fu segretario, uell'ilrd^to Veneto^ del quale fu fondatore col Pulin, e in
molti altri periodici, oltie ai pregiati lavori seolastid e alle editioni critiche di an-
tichi monomenti della nostra letteratura, assai numerose sono le sue pnhhlieaaìoni
originali, ohe impressero larga orma nella storia letteraria della 2* metà del secXlX.
Rammentiamo solo I primi due secoli deUa ìettentkira iiaMana, ohe fàrono principio
e base della Storia della leUeraiMra staJieina in otto volami, interrotta col Petrarca,
i quali segnarono una vera rivolusione negli studi sulle origini dette lettere nostre
si per il metodo come per i risultati ottenuti.
-♦-
V€uria» — L'Accademia Pontaniana di Napoli ha proposto per il concorso al
premio Tenore, che è di L. 553,35, il tema seguente: CHamhaitigta Marino a
NapoH (la sua giovinesea, le eue relaeioni con NapoU^ il euo ritomo e la sua
morte). Studio biografico e letteraria.
Per iniziativa di alcuni illastrì letterati francesi si è fondata a Parigi una «So-
oiété d'étades italiennes », la quale ha lo scopo di fkr oonoscere meglio in Frauda
il nostro paese. Presidente della nuova Società è Jules Sim<m, e ne &nno parie scrit-
tori di grande valore quali il Boissier, il Parìa^ il Desjardins, il Mdntx, il Dqob e
molti altri. I mezzi, coi quali la Società manifesterà la propria attività, saraonu
conferenze e studi sulla storia, sulla letteratura e sull'arte in Italia, considerate in
loru stesse o in relazione alla Francia. 1 nostri cordiali e sinceri augurii aUa pro-
sperità saa e alla fratellanza dei popoli latini.
Dagli Atti Ufficiali deOa Società di Storia patria negli Abruesi abbiamo appreso
che nelle solenni sedate de' 27 agosto e de' 4 settembre del 1893 fa nominato per
unanime acclamazione con plauso aniversale della cittadinanza aquilana Socio Oao-
rario rillastre Teodoro Momxsbh. Ora sappiamo da fonte certa che il grande storioo,
ospite gradito per ben tre volte nella cortese città dell'Aquila, scrisse una belli»»
sima ed affettuosa lettera d'accettazione e di ringraziamento al Consiglio direttivo
della Società storica abruzzese.
L'on. Bonghi anche per mezzo nostro raccomanda la Lotteria per U Collegio deUs
orfane dei maestri elementari in Anagni. Il suo fine è nobilissimo. Il Collegio già
esiste e raccoglie lodi da ogni parte. Non si tratta che di portarlo a compimento e
di aamentame la dote, sicchò vi si possano ricoverare, educare, istruire tutte queUe
orfane, che la classe dei maestri ha ragione di chiedere e desiderare che vi siano ac-
colte. — Chi vuole acquistare viglietti^ si diriga all'Ufficio postate nel Comune, o
all'Amministrazione della Lotterìa, via Milano, 29, in Roma. Cosi si diriga a questa,
chi voglia farsi agente della Lotteria in questo Comune. — L'eslruione, couse pre-
scrive la legge 28 giugno 1892, sarà fiitta dopo venduto un milione di viglietti.
Avioco Giuseppe, Direttore-Gerente responsabile.
Torino — Tip. Ywcnso Boma.
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Libri riceTiiti in dono.
Albertazzl A*^ La Contesa d'Almond. Bologna, K. Zanichelli, 1894.
André O., Nieza 17931814, Nizza, MiiWanoMignon, 1894.
Balan P*^ La rioóluzione francese. Milano, Palma, 1898.
Barth H.^ Crispi, Leipzig, Rengerscfae Bachhandl.y 1893.
Berthelet 0^ Si le pape doU étre Ilalien. Rome, Forzani et C, 1894.
Besta £*9 Riccardo Malombra, professare nello studio di Padova, consultore di
Slato in Venezia, Venezia, Visontini fratelli, 1894.
Bo^lietti Cir.^ Don Giovanni d'Austria. Bologna. N. Zanichelli, 1894.
Bonardl A., Della vita et gesti dì Ezzelino terzo da Romano scritta da Pietro
Gerardo. Venezia, fratelli Visentini, 1894.
Boselll P.^ Discorso per Finaugurazione dei busti di Giacomo Cohen e di Jacopo
Virgilio. Genova, Monteverde, 1894.
— Parole per Vinaugurazione del monumento a Quintino Sella nel R. castello del
Valentino. Roma. G. Bertero, 1804.
Botta €.^ Foscolo Ù., Cuoco V^ Lettere inedite, pabblicate per cara di G. Ro-
berti (Estr. dal « Giorn. stor. della lott. ital. »). Torino, Loescher, 1894.
Bottlai- Stassa E., La storia nelle scuole secondarie classiche. Salazzo, Rovera e
Campagno, 1894.
Calfaro P.^ Notizie e documenti della chiesa pinerolese, voi. 1. Pinerolo, Zanetti, 1893.
€a]isse C, Il sentimento religioso nel medio evo (Conferenza). Torino, Bocca, 1894.
Calvi F*9 II castello Vitconteo-Sforzesco nella storia di Milano dalla sua fonda-
zione al dì 21 marzo 1848. Milano. A. Vallardi, 1894.
Capasso O*^ ' Lamento * per la morte di Luigi Farnese. Parma, Battei, 1894.
Carini P. Ffé^ Monsignor Niccolò Ormaneto nunzio apostolico alla corte di Fi-
lippo IL Roma. A. Befani, 1894.
— Monsignor Niccolò Ormaneto Veronese, Vescovo di Padova. Roma, Befani, 1894.
Camtti D., Saggi storici del conte F. Saraceno. Pinerolo, Chiantore-Mascarelli, 1894.
Cattaneo C., Scritti politici ed epistolario, pubblicati da G. Rosa e J. W. Mario,
voi. Il (1849-1863). Firenze, Barbèra, 1894.
C^lli L«^ Un carnevale alla Corte d'Urbino e la prima rappresentazione deUa
' Oahmdria * dd card. Bibbiena. Castelplanio, Romagnoli, 1894.
€t|K^la C«, Per la storia della formula ' Sator Arepo\ Torino, Clausen, 1894.
— Un diploma di Corrado II (Stumpf 1911). Torino, Clausen, 1894.
Clarke A. M.^ The Ufe ofSt. Francis Borgia. London, Barns a. Oates, 1894.
Oo^ordan €^., Les gronde écrivains francate, J. De Maistre. Paris, Hacbette, 1894.
€oqn«]le P.y Le Bofoume de Serbie. Paris, Vanier, 1894.
Croee B.^ D*un anttco romanzo spagnièolo relativo aUa storia di Napoli la ' Que-
stion de amor\ Napoli, Giannini, 1894.
— La corte spagnnoh di Alfoneo d'Aragona a NtzpoU. Napoli, tip. deirUniv., 1894.
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Morea B», Chartularium Cupersanense. Tipografia di Monte Gassino, 1893.
Moscbetti A*y I bisticci geografici nel dialetto veneziano. Venezia, Visentioii 1894.
Musatti E.; Cronografia veneta. PadoTa, frat. Salmin, 1894.
Nani-Mocenigo F.^ Giacomo Nani.
— Agostino Nani. Venezi^nL. Merlo, 1893-94. s
Natoli L.^ Gli studi Danteschi in Sicilia. Palermo, tip. e Lo Statato » , 1893.
Nlgra C.^ Le Comte de Cavour et la Comtesse de Cireourt, Lettres tnétUtes. To-
rino, L. Roux e C., 1894.
Oceioni O,^ La vita e le opere di Q. Orazio Fiacco. Bologna, Zanicbelli, 1893.
Professione A., Alcune notizie ined. di storia letteraria senese. Torino, Glansen, 1894.
— Contrib. agli studi sulle decime ecclesiast. e détte crociate. Torino, Glansen, 181K.
— Inventario dei mss. della bibliot. capitolare di Ivrea, Forlì, L. Bodandlni, WH.
— Un ' Canto ' sulla liberazione di Vienna nel 1683. Modena, Namias e C., 1894.
(Gli altri saranno annunziati nel prossimo fascicolò).
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T^-'^'^h
Anno Xl"* luglio-settembre Fascicolo 3^
•/ ^
RIVISTA'
STORICA ITALIANA
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE
DIKETTA
DAL
Prof. C. EINAUDO
COK LA OOLLABORAZIOXX DI
A. FABRETTI — P. VILLARI — G. DB LEVA
8 di molti cultori di Storia Patria
FRATELLI BOCCA EDITORI
LUBAI DI B. M. IL BX d' ITALIA
TORiisro
nnEisrzE - :rotì/la.
1894
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INDICE DELLE MATERIE
contenute nel presente fascicolo.
O. Ve Castro.
MEMORIE
Cospirazioni e processi in Lombardia (1830-35) pag. 401
RECENSIONI
V. Costami» — G. Tkopka, Storia dei Lucani . . . . i
V. Clan* — G. Grltf, ICuUurgeschichte des MitteMters. — C. Calibse,
Il sentimento religioso nel medio evo
F. Eabris, — L. Hbinbmann, Oeschichte der Normannen in Unteritalien
und Siciìien bis zum Aussterben des normannischen K&nighauses
A. Zardo* — G. Voigt, Pétrarque, Boccace et les debuta de VHumanisme
en Italie
A. Battistella. — I. Cakinj, SuW arresto e sulla morte del Conte di Car
magnola
IT, Savio» — F. Carini, Monsignor Niccolò Ormaneto veronese, vescovo
di Padova, nunzio apostolico alla corte di Filippo II re di Spagna,
15721577 .,
O. Roberti. — É. Bukoaud et Bazières, Le masque de fer. RévélatUm
de la corìespondance chiffree de Louis XIV ....
C, Merkel, — A. Lumbroso, Saggio di una bibliografia ragionata per
servire alla storia dell'epoca napoleonica
0. Romano. — G. Biagj, XL Lettere di Gioacchino Murat alla figlia
Laetitia. — H. Cai'ialbi, La fine di un Re. Murat al Pizzo
1. LudovisL — N. F. Fa rag li a, I miei studi storici delle uose Abruzzesi
O. Occioni'Boììaffons. — M. Tamaro, Le città e le castella dell'Istria
Voi. II (RovignoDignano)
F> Faòris. — M. Parascandolo, Procida dalle origini ai tempi nostri
C. Rinaudo. — J. Reinach, La France et l'Italie devant Vkistoire. —
R. Bazin, Les Italiens d'aujourd'hui. — M. Pellet, Naples contemporaine
NOTE BIBLIOGRAFICHE
I. Storia politica
II. Storia letteraria
in lingua italiana
in lingua francese
in lingua tedesca
in lingua inglese
ELENCO DI LIBRI
N. 198 .
N. 71 . . . .
N. 82 .
N. 13 . . . .
SPOGLIO DI PERIODICI
1® in lingua italiana N. 24
2° in lingua francese N. 18
3* in lingua tedesca N. 17
NOTIZIE
Concorso a preini. — Società dì studi italiani a Parigi. — Inventari dei
iiiiinoscritti dello biblioteche d'Italia. — Annunzi di libri. — Ricordi
necrolof'ici
470
473
475
477
479
481
483
485
488
503
507
512
514
518
529
538
545
547
548
549
571
576
597
Il prezzo d'abbonamento alla Rii^ista Storica è di L* 20 annue
per tutto il Regno, e di L. 24 per tutti i Paesi compresi
nelP Unione postale. — Ogni fascicolo separato L. 6.
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MEMORIE
Cospirazioni e processi in Lombardia
(1S30-36).
I. — Non per dir cosa naova, o poco saputa, ma soto per ren-
dere giustizia ai tempi, dei quali si vorrebbe, qui, parlare con ri-
spetto affettuoso, è forza riconoscere che, nel 1830, l'italica mag-
gioranza viveva spensierata, o scorata, o dubitosa, per ciò che
riguarda i combattuti destini della patria; ma una bella falange, di
cui è arduo dire il numero, non figurarsi le doti deir ingegno e
deiranimo, vagheggiava tuttavia e meditava alcuna politica riscossa,
e anco vi si preparava, con speranze di gran lunga superiori ad
ogni probabile evento. L'occulta agitazione settaria era proseguita
in Lombardia e in altre parti d'Italia, o piuttosto era stata ripresa
poco dopo, e forse subito dopo l'esito infelice, eppur memorando,
delle cospirazioni e rivoluzioni nel '20 e nel '21.
E questa volta il lavorio segreto, che non era stato senza peri-
colo mai, ma che ora, ad aumentarne per cosi dire il merito, aveva
davanti gli occhi i formidabili castighi inflitti dalla forza trionfante
agli scarsi militi del diritto, pareva dovesse profittare delle passate
sperienze ; pareva dovesse svolgersi in un campo anche più vasto
e con intenti più precisi e meglio coordinati ; pareva, perfino, do-
vesse assumere un carattere intemazionale, un'importanza europea.
Molti aff'ermavano vicino il giorno in cui i popoli, ai quali tanto
nuoceva il ferreo organismo della Santa Alleanza, tutta quanta ar-
mata per la difesa e per l'offesa, avrebbero saputo affratellarsi con
altrettanta solidarietà, avrebbero cercato nella comunanza degli in-
teressi e dei doveri i mezzi della resistenza e le ragioni della vittoria.
In vero la nostra irrequietezza o insofferenza politica non erano
moti solitari ; trovavano riscontro, e in parte corrispondenza fra i
Mi9i»ta a Storia ItaUana, U. S7
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402 MUfORIB
malcontenti d'altri paesi: e, per non allargare soverchiamente lo
sguardo, erano in stretto rapporto col mal stare della Francia, e
cogli apparecchi che colà si facevano per rovesciare il governo dei
Borboni.
I liberali italiani, specie i ftaorasciti, ai qnali il fervido affetto
per l'Italia e l'impazienza dei ritorni acuivano in particolar modo
l'ingegno e lasciavano credere che la nazione li avesse investiti di
una speciale missione direttiva, se la intendevano molto bene coi
liberali francesi; facili ad illudersi, ma pronti ad ogni rischio, ta-
luni incauti, tutti generosi : e tanto più volentieri mettevano in co-
mune le proprie e le speranze parigine per effetto di un prestigio,
che il ventennio napoleonico non era riuscito a disabbellire, e quasi
diresti per abito di obbedienza ai corifei della Senna.
Al tempo dell'insurrezione ellenica si era costituito in Parigi un
Gomitato per aiutare gli insorti. Non si sciolse dopo conseguito
l'esito, in quella scarsa misura che piacque all'avara e paurosa di-
plomazia, anzi aggregò nuovi soci ed estese il suo programma (1):
miravasi a far sollevare nello stesso tempo Francia, Polonia, Spagna,
Italia. A cose compiute, si dovevano stringere in lega i popoli lar
tini: e chi avrebbe osato offendere una cosi fatta concordia? Il cbm-
pito alle accese fantasie si presentava molto meno arduo di qoello
fosse in realtà : ma l'alto, anco l'arrischiato confidare è stimolo a
fortemente operare, e nessona impresa grande è riuscita senza en-
tusiasmo. Non occorre aggiungere che il salutare rivolgimento do-
veva incominciare a Parigi, colla cacciata dei Borboni e coUMnse-
diamento sul trono del duca di Orleans.
Che esuli lombardi partecipassero a queste pratiche, non è dubbio :
primo fra essi. Luigi Porro Lambertenghi, sfuggito per miracolo al
ben guadagnato Spielberg, ove vedeva languire i suoi cooperatori
del '21 ; già benemerito dei Greci, tra i quali rese eoa lunghi,
pericolosi, gravi servigi: ora alternante suo soggiorno tra Mar-
siglia e Parigi ; non mutato e non mutabile (2). E parecchi in Mi-
lano sapevano quel che si tramava in Modena, e come Francesco IV
fosse designato, non s'intende per quali meriti, re di molta parte
(1) Ne erano a capo Lafavette, Constant» Lamarqne, Maagnin, Dapont de TBare.
Fra gli italiani, aderivano Claudio Linati parmigiano, Pietro Mirri romano, Fran-
oeeco SaM napoletano, Borse Carminati, Filippo Buonarroti e parecchi altri. À
Londra Gnglielmo Pepe aveva organizzato i FratelU eosUtuMionali europe^ altro
nucleo di società segreta: e 8*era messo in relazione col Comitato parigino.
(2) CiAMPOLiKi, Storia dd risorgimento ddla Oreda, II, 759. ~- Vavituoc], I
Martiri ecc., VI ed., II, 187 e segg.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 403
dell'aita Italia, ma non si era procedato molto per il sottile nel-
Tesame dei meriti, dacché si aveva bisogno di un iniziatore, di un
capo fornito di larghi mezzi, e che fosse, per giunta, ambizioso,
afiBne s'infervorasse dell'impresa davvero, fino ai suo compimento :
e costui era ambiziosissimo, ma anche scaltro e malvagio.
L'accorto Misiey e il focoso Ciro Menotti, che erano riusciti, o
sei credevano, a innamorare Francesco IV di si smisurato concetto
— fugace innamoramento, ad ogni modo — esplorarono gli animi
dei Lombardo- Veneti e trovarono qualche propensione: non cosi
nelle Romagne e nelle Legazioni, ove non si voleva udir parlare
del duchino modenese. Però anche nel Lombardo-Veneto non man-
carono repugnanze ad immischiarsi in una cospirazione capitanata
da un principe, del quale non senza fondamento correva pessima
fama (1).
Il Misiey, oriundo inglese, ma naturalizzato a Modena, era vis-
suto nella sua prima giovinezza a Milano, ove suo padre occupava
una cattedra pubblica. Applicatosi in Pavia allo studio delle leggi,
si procurò fra i condiscepoli care e durevoli aderenze. Ebbe la laurea
nel '22, mentre il governo infieriva contro Gonfalonieri e la nobile
schiera de' suoi amici : e la condotta di costoro in carcere, le loro
sofferenze era spettacolo educatore per i giovani, che nei tumul-
tuosi convegni universitari già si sentivano di una sola casa e di
un solo nome. In quegli anni egli fu pure alunno di Melchiorre
Gioia, testò uscito di carcere (2), inasprito contro il governo stra-
niero, e capace di sindacarlo in tutti i suoi atti. Nel libro che
Mislej ha scritto più tardi contro l'Austria, egli gode rammentare
le sue relazioni coli 'insigne filosofo e statista :
Io ho potato raccogliere sopra luogo nn gran nnmero dì particolarità sallo stato
della Lombardia: io le devo ai Inmi e ai consigli di nno dei più dotti e dei migliori
cittadini, che yiyessero allora a Milano, Melchiorre Gioia, di coi mi tengo ad onore
di eraere stato Tallìevo e l'amico (3).
E probabile anzi che il Maestro gli consegnasse delle note mano-
scritte, giacché nel citato libro alcune pagine, a giudicare dallo
stile, si direbbero appunto del Gioia. Comunque sia, l'opera politica
del Misiey era già incominciata, giacché egli studiosamente andava
raccogliendo, diresti, le prove processuali contro l'antica nemica
d'Italia.
ri) Bei
(2) De
(3) ri
(1) Belyigliiri, Storia d'Italia dal 1814 al 1866. Milano, 1867, II, 85.
De Castro, Melchiorre CHoia in carcere, nelP< lUastrazione Italiana >, 1891.
('Balie 80U8 ìa domination autrichienne. Parigi, 1893, pag. HI.
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404 MEMORIE
Intanto gli era morto il padre; e la madre sua, cui pesava la
nuova solitudine, s'era ridotta a Modena. Ivi pure si conduce il
neo-dottore, ma conservando importanti amicizie nei luoghi ove
aveva passati degli anni raccolti e pensierosi. E a Modena coltiva
con pertinace studio le speranze primamente educate in Lombardia,
stringe rapporti coi più audaci patriotti; fa suo il cuore di Ciro
Menotti, tanto che non avrà un solo segreto per lui (1) ; non si lascia
svigorire da quella mediocrità di vita, in una cittadetta, fin d'al-
lora, anzi in ogni tempo, ricca d'ingegno e di virtù, ma povera di
svaghi e di emozioni; torbido, malcontento, muta luoghi; fino dal
'26 lo troviamo a Parigi, ove pure si fa largo fra gli uomini poli-
tici; più volte ò a Londra per intendersi con quei fuorusciti. AI
maturare delle cose, ben si vede che il Misley, per i suoi prece-
denti, era uno dei negoziatori più adatti tra la Francia e l'Italia (2).
Tra i collaboratori del Misley in Parigi trovo indicato un Am-
brogio Fumagalli, milanese, al quale, in appresso, cioè nel citato
suo libro, lo stesso Misley dedica parole onorifiche :
È con piacere, scrive, che io rendo pubblica Tespressione della mia gratitudine
verso qneeto compagno di proscrizione, uno dei nostri patriotti più pari e illami-
nati, nel qnale io sono sì felice di aver trovato an amico (3).
Il Fumagalli era vissuto poveramente nella sua città nativa, dando
lezioni e scrivendo nei giornali, e anche la moglie sua attendeva
all'insegnamento: ma s'era poi deciso di recarsi a Parigi in cerca
di miglior fortuna, ove non cessò di giovare, per quanto gli era
dato, il suo paese (4).
I cospiratori modenesi scelsero il Misley per esplorare l'animo di
Francesco IV. Entratogli in grazia, divenne senz'altro il suo confi-
dente, il suo agente: trattò per lui a Parigi col Comitato cosmo-
polita, e strinse gli accordi. Il duca d' Orleans, ansioso lui pure dì
regia corona, già sapeva del Gomitato cosmopolita, già mediante
l'opera de' suoi intimi trattava con esso. Cosi i due ambiziosissimi,
percorrevano due vie similari; amici adesso, ma disposti a tradirsi,
ove giovasse : e trescavano coi liberali affine di affrettare le sorti e
volgerle propizie ai loro intenti.
(1) Menotti Boleva chiamare Misley il < Dio della Libertà». — Birtolini, iStono
dei Biaorgimento, Milano, Treves, 1889, pag. 101.
(2) Il Zaiotti, prezzolato dall'Austria, dipinge il Misley sotto i più foschi colori.
— Semplice verità opposta aUe menzogne di E, Misley, ecc. Parigi, 1834.
(8) Op. cit., pag. III.
(4) Lo denigra lo Zaiotti nel cit. libro, pag. 19.
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0. DE CASTRO — COSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDIA 405
Fatto è che parecchi mesi trascorsero in queste pratiche, fra Pa-
rigi e Modena e altre città, spesseggiando i viaggi di Misley in
Francia e in Inghilterra per le ultime intese (1), e le gite del Me-
notti in Romagna e altrove per coinvolgere nel moto quanta maggior
parte d'Italia si potesse.
Nella schiera degli esuli lombardi, il meno cedevole, forse, alle
lusinghe parigine era il Pecchie. Di Francesco IV non voleva sentir
parlare e riteneva che tutti coloro che gli credevano fossero caduti
Della rete della polizia austriaca» fin d'allora intenta a staccare gli
Italiani dal temuto Carlo Alberto (2). Egli riteneva che le rivolu-
zioni si avessero a fare dalle masse; e che pochi iniziatori anche
fortissimi ed eccellenti, non valessero all'uopo, se non e* era suffi-
ciente preparazione nei popoli. < Non sono più i tempi di Trasibulo
nò di Pelopida (3) ». Chiamato a Parigi, non ci volle andare, perchò
non vedeva chiaro, non vedeva nessun apparecchio sufficiente: < Se
ò pronta ad insorgere, che ha bisogno l'Italia di una donchisciot-
tata da parte nostra (4) ». Senza vento non si mette alla vela, e
t le rivoluzioni si preparano col cervello, ma si eseguiscono con le
braccia (5) ». Gli piace che ci sia in Parigi una Giunta di emigrati,
per predisporre le cose e gli animi e agire al bisogno : ma la Giunta
attuale non gli va, è composta di credenzoni e di visionari. Chi sa
che cosa sta per succedere?
A Parigi miUe fanciullaggini e mille imprndenze, di cai Yoglia il Cielo che molti
buoni patrìotti italiani non paghino il fio (6).
E fu davvero profeta !
II. — Il Lombardo-Veneto apparentemente posava, tanto da la-
sciar credere ai superficiali osservatori che andasse omai pago di sua
condizione: il governo in tutte guise fomentava tale giudizio, e lo
(1) Galvavi, Memorie storiche intorno la vita di Ciro MenotH, Modena, 1838.
(2) J^ettere ad A, Paniegi. Firenze, Barbera, 1880, pag. 88.
(3) ID.. pag. 85.
(4) ID., pag. 87.
(5) Id., pag. 89.
(6) Id. — Filippo Tigoni da Parigi cercò di vincere le dabbiezie del Peccbio:
voleva vederlo capo di an comitato & costitairsi in Londra: < Se tn fossi qni, la
pensereetì ben diversamente; vedresti quanto sia sicura la cosa nostra, e non vor-
resti perdere il fratto dei sacrifizi che fiacesti in addietro, appunto alristante in cui
maturo quasi ti cade di mano ». Non si saprebbe essere più ottimisti di così. E si
trattava di negoziare coi banchieri inglesi nn imprestito: nel che poteva riosdre
giovevole Topera del Pecohio, che, per il recente suo matrimonio, era divenuto, in
vìdiabilissimo fra gli esuli, proprietario di terreni. — Leti cit., pag. 91 e segg.
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406 MEMORIE
bandiva all'estero (1). Stanchezza e paura frenavano i pensieri e
dimezzavano le voglie. Nei più era entrata la persuasione che fosse
vana impresa lottare contro l'onnipotenza del numero e la salda
compage di un impero militare. Il dibassamento dello spirito pubblico
era favorito dagli istituti e metodi di reggimento, i quali < quanto
erano miti e benevoli verso un fervore di balli, di feste, di teatri,
di studi frivoli, di accademie e di arti eviratrici, altrettanto affet-
tavano contegno freddo e fiero, pieno di paurose ipotesi, ogni volta
che un nome od un'idea accennasse a varcare, con aspetto di pre-
valenza intellettuale, quei limiti di mediocrità bonaria e soddisfatta,
nei quali il principe di Metternich ravvisava la maggior guarentigia
della docilità del paese (2) ». Nel sospetto e nello spionaggio si rias-
sumeva, per cosi dire, la sapienza politica de* reggitori ; e però s'in-
tende che toccasse la somma dei poteri, in Lombardia, al direttore
generale della Polizia, Carlo Torresani di Lanzenfeld, solo apparen-
temente sottoposto al governatore e al viceré, servito da una fitta
schiera di satelliti. Il cittadino era esposto agli abusi di questa au-
torità meticolosa e tirannica, che violava i più intimi segreti, che
colla censura impediva o castigava qualsiasi audacia letteraria (3),
che limitava lo scambio delle idee, vigilando che dal di fuori non
penetrasse alcuna ispirazione eccitatrice.
Dal maggio del '30 era governatore in Milano il conte Francesco
de Hartig, di alta nascita, dovizioso del proprio, voglioso di coman-
dare, ma costretto egli pure a piegarsi davanti il potere segreto
della polizia, a sopportare la sorda vigilanza che esercitava nel suo
stesso palazzo il consigliere Carlo Pachta, che egli non poteva sof-
frire, ma che non potè rimuovere dall'ufficio, comunque diffamato
da vizi innominabili. La diffidenza viennese giungeva al punto da
stabilire, fra gli stessi impiegati, le più rigorose cautele di mutuo
spionaggio; sicché è a credere che il Torresani stesso fosse tenuto
d'occhio (4).
Il viceré Ranieri, fratello deirimperatore, non dava alcun affida-
(1) Era una parola d*ordÌDe: persino molti dei rapporti di polizia ai tìngono di
roseo oolore. — Carte segrete deUa poiigia austriaca ecc. Capolago, 1852, II, 831 e aegg.
(2) BoKFADiHi, Vita di Francesco Arese con documenti inediti. Torino, Boni,
1893, pag. 28.
(3) Snfla buaggine dei censori, vedi Biakchi Giovimi, L^ Austria e la Lombardia,
pag. 91.
(4) Al signor Bocking direttore delle Poste in Milano, nel *48, furono troTati i
suggelli di quasi tutti i più alti personaggi, donde rilevasi che egli aveva llnca-
rìco di aprire le loro ìettere private.
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G. DB GA8TB0 — COSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDIA 407
mento di ginstìzia; mai non levò la voce in difesa degli ammini-
strati, intento più che altro ad ammassar quattrini con indecorosi
traffici, e il molto ozio applicava alla storia naturale, della quale
era amantissimo. La fama di bonarietà gli era mantenuta, con alcun
geniale abbellimento, dalla vice-regina. Maria Elisabetta, sorella di
Carlo Alberto, venuta a Milano sin dall'estate del ^20 e che era
pur riuscita a raccogliere intomo a sé, nei festosi convegni, quella
parte del patriziato che è, in (^ni luogo e tempo, disposta a sacri-
ficare i risentimenti politici alle seduzioni della comparsa e del
piacere.
U pingue suolo, le avite ricchezze e V indole non aliena dal vi-
vere giocondo mantenevano al paese un tal quale benessere con este-
riorità dilettevoli e festose, ma l'azione governativa era più che altro
studiosa di impoverire e risecare tutte le fonti della prosperità pub-
blica. I nostri commerci e le nostre industrie erano sacrificate a
Vienna e alle provinole privilegiate dell'Impero. Scomparvero le
armerie del Bresciano, perchè proibite le spedizioni all'estero, e il
governo non dava commissioni per l'interno; l'arsenale di Pavia
distrutto. Cessarono le fabbriche di bronzi dorati, i capolavori di
una delle quali si ammirano nella Biblioteca Ambrosiana. La fucina
di Dongo chiese lavoro, e fu negato. Pei lavori in oro e in argento
ai nostri orefici era prescrìtto il titolo di 750; a Vienna era tolle-
rato fino a 600 ed anche meno. È chiaro che gli orefici viennesi
potevano vendere a miglior mercato che non gli italiani: furono
fatte querele, si mandarono deputazioni a Vienna, ma sempre in-
darno. Tutto Toccorrente delle truppe si faceva venire d'oltr'Alpe:
persino si tentò di far venire grosse mandre di buoi vivi e carichi
di biade, ma la speculazione non riusci. Sotto il pretesto di contra-
bando, incessanti le violazioni di domicilio, i sequestri, a benepla-
cito e profitto della sbirraglia. Onde avvantaggiare la più importante
fra le nostre industrie, si era pensato di erigere in Milano un Monte-
Banco-Sete, con ramificazioni a Torino e a Lione. U governo noi
concesse, per non nuocere alla Banca nazionale di Vienna. Si sa-
rebbe permesso questo Monte, ma a patto fosse filiale del viennese (1).
Svolgendo la voluminosa raccolta degli Atti ufficiali, un solo docu-
mento si incontra in favore dell'agricoltura. È una circolare gover-
nativa del 14 maggio '30, colla quale si eccitano i possessori di
brughiere, coi premi e colle distinzioni d'onore, a renderle produt-
(1) Qaesf insìdia bancaria ò syelata nelle Oarte seereU cit, m, 412.
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408 MBMORIB
tive. Ma in che consistevano questi premi? In una medaglia d*oro
e d'argento : meschino incoraggiamento per chi deve anticipare e
mettere a rischio ingenti capitali.
Era enorme la sproporzione fra l'imposta fondiaria che pagavano
le Provincie italiane e quella che pagavano le provincie tedesche
dell'impero, < differenza pressoché del doppio a danno delle prime(l) ».
Taccio del servizio militare, ingrato e avvilitivo. Taccio delle scuole
senza vivido lume, più atte ad oscurare e a soffocare che a raffor-
zare gli ingegni. Taccio dell'avversione paurosa verso alcune scienze,
e in ispecie verso la storia. Chiusi ermeticamente gli archivi di Mi-
lano e di Venezia e in parte anche trasportati a Vienna ; e se qnal-
chevolta ad alcun dotto tedesco, come a Leopoldo Ranke, ne fu con-
sentito l'accesso, rimasero inesorabilmente vietate agli studiosi italiani.
Inoltre < ogni storia ielV Italia che non fosse o mutilata o scipita
fu severamente proibita (2) ». Vessazioni e difficoltà grandi incontrò
Pompeo Litta per pubblicare la monumentale sua Storia delle Fa-
miglie Italiane (3). Federico de Rauraer non potè ottenere che
uscisse tradotta la sua Storia degli Soeoi.
III. — Tra queste minacce e costrizioni, sotto il peso dei pre-
corsi insuccessi, in mezzo ad una cittadinanza avvilita e stanca, era
certo più meritevole, ma anche più incerta e perplessa, l'agitazione
politica. I voti patriottici scaldavano il petto di pochi giovani, rac-
colti in diversi gruppi, di cui l'uno non sapeva dell' altro. Uno di
questi gruppi s'agitava intorno al giovane patrizio Francesco Arese,
fin d'allora esperto a servirsi delle amicizie per alto fine : nipote di
quel colonnello Arese, che aveva sperimentati i rigori dello Spielberg,
e per il quale egli invano due volte, viaggiando persino a Vienna,
aveva tentato di mitigare il corrucciato Cesare.
Si adunavano ordinariamente, l'Àrese e i suoi amici, in un caffè
posto dirimpetto al teatro della Scala ; in un locale riservato a loro
soli (4). Morta la padrona di quel caffè, mutarono convegni (5), e
(1) Come dimostrò il Pì.8imi nel noto sao scritto, AmmmistrcuBÙme speeialmeiUe
finangiaria delP Austria nel Regno lombardo-veneto. — Cfr. Pasini Eleohoro, Ndte
9U Giuseppe Maeeini e Spigohhire di un aréhmo domestico. Venesia, 1898 p. 22
e segg. Sallo stato delle finanze vedi pare Bianchi Giotixi, op. cit., pag. 65 e segg.
(2) Vedi in Bianchi Gioyihi, op. cit. le prove delPasserto, pag. 87. — Vedi pure
pag. 101 e segg., 107 e aegg.
(3) De Castro, Il conte Pompeo Litta Biumi, in < Arch. stor. Lomb. », toI. XIX,
g. 93 e segg.
U) Carte processoali nell'ArchÌTio di Stato di Milano.
(5) BoNFADiNi, op. cit., pag. 26.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 409
tenevano pare loro ritrovi, a prima occhiata superficiali e mondani,
presso alcune signore, celebrate per coltura e bellezza, che si gua-
dagnarono la malevolenza della polizia, e che vennero addirittura
denunziate, nelle carte processuali, come carbonare, sotto il nome
di < Giardiniere (I) ». Vedete che nome innocente per cosi ardua
impresa, la liberazione dltalia!
Figurano nella pericolosa lista la pittrice Bìsi, nome che è
ancora cosi bene sostenuto nell'arte ; la contessa De Martini Oiovio ;
Teresa Kramer, moglie a un industriale svizzero, e sua madre
Berrà, che ambivano circondarsi di ciò che e' era di meglio nella
società lombarda; la moglie dell'avv. Traversi (2); la principessa
Pietrasanta- Verri, che sposò in seconde nozze il maggiore napoleo-
nico Jacopetti, donna cosi influente che Melchiorre Gioia dal car-
cere nel '21 aveva invocato il suo patrocinio (3); Maria Cigalini
contessa Dal Verme nata Losco di Vicenza ; Paola Ruga, per la quale
il rimpianto del Regno Italico era insieme ricordo di brillante gio-
vinezza, e la cui figlia Margherita Tealdi, liberale e bellissima, e
legata di parentela colla Kramer, figurava nel *30 fra gli astri
dell'Olimpo milanese ; la contessa Nava Trecchi ; la contessa Ghir-
landa , la Turina nata Canta ; la Bignami-Marliani, a cui serbano
fama le lettere foscoliane.
Singolare, che mentre i più dei nomi maschili sono sfuggiti e solo
più tardi compaiono nelle carte processuali, la Polizia può allungare
la sua lista con nome di sospette, che probabilmente, tranne una o
due, non presero nessuna parte ai complotti. La cosa in parte si
capisce : erano più in vista, giacché tenevano circolo, ed erano forse
nel parlare meno ritenute degli uomini. Facile supporre che fos-
sero, dal più al meno, le ninfe egerie dei carbonari, o tali presunte.
Un altro gruppo di volenterosi si rannodava intorno ad un ricco
industriale di molte aderenze. Luigi Tinelli, nativo di Laveno, già
profogo nel '21, quindi rimpatriato, ma con sentimenti, che non
erano per nulla infiacchiti. Aveva una fabbrica di stoviglie a S. Cri-
stoforo, nel suburbio: non gli mancavano pretesti per uscire con
frequenza di Stato, e sapeva servirsene. Anna Tinelli, associata ai
più intimi pensieri del marito, e che è pure notata fra le giardi-
(1) Carte processuali.
(2) Figfara nel romanzo dì Boyani, Cento anni, come moglie dell'aT?. Falchi, sotto
il cui nome sì nasconde appanto Vavy. Tra?er8Ì.
(3) Carte processaali.
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410 MBMORIB
niere (1), era Tanima di questa schiera, e di numerosi convegni,
ai quali sapeva mantenere, con arte totta femminile, genialità, ca-
lore e potenza attrattiva.
IV. — Molta attenzione meritava per certo una patrizia milanese,
che levò varia e grande fama di sé, la principessa Cristina Trìvulzio
Belgioioso. In vero nelle carte processuali è segnata « come iscritta
nella Carbonerìa e operosissima (2) ». Non aveva che ventun'anni
nel '30, eppure gli occhi d'argo della Polizia vigilavano su di lei.
Si rivelava un pensiero forte, un'alta capacità di sentire in quella
gentildonna, che pur viveva fra le mille distrazioni, se non dissi-
pazioni della più cospicua società milanese. Figlia del marchese Ge-
rolamo Trìvulzio e della marchesa Vittoria Oherardini, da bambina
perdette il padre. La vedova passò a seconde nozze col marchese
Alessandro Visconti d'Aragona, e ciò non fu senza effetti sull'edu-
cazione politica di Cristina. Era il suo padrino un ardente patrìotta,
e nel '21 ebbe a soffrire il carcere, ove si condusse in modo da
ottenere le lodi del suo compagno di processo Federico Con&lo-
nieri (3).
Nel '25 Cristina Trivulzio sposò il principe Emilio Belgioioso, pa-
trizio di spiriti irrequieti, di ingegno fervido, di svariata coltura;
liberale, e non a parole; molto ricercato non solo in Italia, ma in
Francia e fuori, con doti artistiche non comuni: insomma un'indi-
vidualità bizzarra se si vuole, ma molto spiccata. La sua bellissima
voce di tenore ebbe tali successi da far lamentare che la ricchezza
e il titolo privassero il teatro dei suoi talenti. Godeva di fame
mostra; godeva dei trionfi di società. Il matrimonio non fu avven-
turato: erano due forze insofferenti d'ogni disciplina, che aveano
d'uopo di operare con espansione propria e originale. Di comune
accordo, si concessero la più grande libertà reciproca: lo che non
impedi ai coniugi di vedersi di quando in quando e di coabitare,
talora, sotto lo stesso tetto. Fu una separazione d'anime, senza
crucci, senza collere, senza intervento della legge.
Sciolta dai vincoli di famiglia, la principessa fu più facilmente
attirata dal mistero settario, che prometteva emozioni e pericoli. Ri-
levo dalle carte processuali che a Genova, nel '30 o giù di li , essa
(ì) Carte processaali.
(2) Carte processaali. — Cauto, Cfronistorta ddT indipendenza ikdiana. Torino,
Pomba, ToL II, parte I, pag. 842.
(3) Memorie. Milano, Hoepli, 1890, pag. 88.
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0. DB CASTRO — COSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDIA 411
aveva conosdato il gran maestro della Carboneria Angelo Passano ;
aveva notata la pallida figura di un giovanetto dallo sguardo di
fuoco, Giuseppe Mazzini ; frequentava la libreria Doria, convegno
dei liberali ; s*era fatta amica di quella Bianca Milesi maritata
Mojon (1), la coraggiosa confortatrice nel '21 di Melchiorre Gioia,
durante la sua prigionia, e confidente di molti patriotti, ed era pure
entrata in qualche dimestichezza con quel Filippo Argenti di Viggiù,
nel Varesotto, che posate le armi rivoluzionarie in Piemonte nel '21
era andato al Messico, aveva contribuito a rovesciare dal trono il
tiranno Iturbide e a stabilirvi la repubblica, ed or gli tardava di
sostenere in Italia una parte più confacente ai suoi affetti.
V. — Non solo entro le sue mura, fra pochi premeditanti, in se-
gretissimi colloqui, Milano vedeva convenire e in varie guisa ado-
prarsi i patrìotti, ma pur quasi alle sue porte, in quel Canton Ticino,
la cui storia è cosi intimamente legata alle storie insubri : paese,
ove le vibrate aure alpine mescendosi alle aure lombarde, cosi
schiette anch'esse, benché per lunga servitù pigre, gli spiriti meglio
che altrove si levarono a pensieri ardimentosi. I firatelli Giacomo e
Filippo Ciani (2), Angelo Boracchi, Odoardo Caudini e parecchi altri
seguitavano a riunirsi e a discutere i partiti migliori per il nostro
paese.
I fratelli Ciani, di originaria famiglia ticinese, onoratamente ar-
ricchitasi in Milano, fin dai moti falliti del '21, ai quali partecipa-
rono, appresero l'esiglio, ma risoluto e fruttuoso! In Inghilterra e
in Francia, videro molto, e non inutilmente ; ma ad ogni poco, dalla
Svizzera si riaccostavano al paese, di cui portavano in cuore i lutti ;
flnchò decisero di restituire la famiglia nella vecchia sua sede, Lu-
gano. Nel '29, subito influenti, assaltano il governo oligarchico, e
propongono di mutare la Costituzione (3). Questo, massimamente per
loro impulso e indirizzo, si fece nel giugno del *30 : e ciò diede luogo
a strepitosi tripudi, di cui l'eco spandevasi, invano vietato, nelle vi-
gilate nostre città (4).
(1) Figlia di Elena Milesi, a coi il Porta diresse qd brioso madrigale, Poe«te,
ed. Barl^ra, pag. 409: < Fa ai nostri tempi in Milano fra tatte le donne quella
che sortì più rara coltura di lettere, di arti e di scienze». Così il Barbiera, in
nota a detto madrigale. Gfr. cit. mio stadio itf. Gioia in carcere,
(2) Vamkuooi, I Martiri ecc. Ili, 118 e se^g.
(8) Onaranee funebri di Filippo Ciani. Ladano, 1867. -> Onorante funebri di
Giacomo Ciani. Lugano, 1868.
(4) CAHit, Cronistoria cit, voi. II, parte I, pag. 343.
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412 MEMORIE
Corrispondevano coi patrìotti ticinesi Carlo Bellerio e il marchese
Gaspare Ordegno di Roeales, sommovitori di Como e del suo lago
ove avevano estese aderenze, e che erano intimi deli'Arese e dei
snoi amici. Per questa via penetravano tra noi le notizie di Francia
e le istruzioni del Comitato insurrezionale risiedente a Parigi. Si
diffondevano opuscoli e catechismi che insegnavano al popolo il modo
di battersi colle truppe» d'alzar barricate e difenderle, ovvero la
guerra per bande; diresti la tecnica di una sommossa (1): ma ar-
rivavano al popolo, al vero popolo queste istruzioni? o non era tut-
tavia assai ristretta la cerchia degli infervorati, quasi tutti appar-
tenenti al patriziato e alla borghesia?
Tutto giovava a rinfiammare gli spìriti, anche la musica. La Muta
dei Portici dell'Àuber e V Italiana in Algeri di Rossini fecero il
giro dei teatri. Rispetto alla prima non era chi non intendesse il
significato allusivo della riscossa napoletana, nella quale figura Masa-
niello, e le vinte bandiere spagnuole facevano pregustare i successi
vagheggiati della razza latina contro la Santa Alleanza (2). Rispetto
all'opera di Rossini valga la testimonianza del Guerrazzi :
Io e gli altri amici ci sentivamo rimescolare da capo alle piante, quando alla sprov-
Todata udivamo in mezzo al dramma camovaleBCo cantare le parole mancate dal
massimo Rossini che agli Italiani ferro e mani avanzavano per rìporsi in libertà (3).
Ciò che prova che la Toscana era agitata al pari della Lombardia
e di altre parti d'Italia ; ma in questo senso le prove abbondano:
i poliziotti anche laggiù lamentavano:
rìanioni di giovani in merende e in passeggiate; nastri, fazzoletti e gilè tricolori,
basette alla medioevo, canti liberali (4).
(1) Bdla guerra wutiànak cPtnsurreMiane per bande applicata aJfliaUa^ trat-
tato dedicato ai buoni Italiani da un amico del paese, colPepigrafe levata da Tito
Livio, dee. 1, lib. 6 : Quousque tandem ignorabitis vires veetras, in dne parti. Italia,
1830 ; alla Braidense, Miscellanea A. F,, IV, 26. — La prima parte ^ chiade con
nn sonetto Invito agli Italiani:
. . . Ma tanta madre a voi s'affida, o figli
A brandir Tarme in suo favor v'invita
E a riscattarla dai Tedeschi artigli,
(2) SiLiNOARDi, Ciro Menotti e la rivoluzione in Modena del 1831, nella < Ri-
vista Europea», 1880.
(3) Nella pre&zione al Ferruccio si accenna al coro neìVIiàUana in Algeri,
atto II, scena X:
Pronti abbiamo e ferri e mani
Per fuggir con voi di qua;
Quanto vaglian gVItdUani
Al cimento si vedrà.
(4) Bapporto di poUsia, riferito dal Martini, H GHusti studente nella « Naova
Antologia », 15 ottobrre 1890. *
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O. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOBIBARDIA 413
Della contemporanea agitazione piemontese informa ilBrofferio (I).
Da noi, volendo seguire queste prime tracce processaali, ò cenno
di convegni fra patriotti ticinesi e quattro o cinque lombardi, fra
i quali non poteva mancare T Arese e il suo più fidato compagno
De Luigi» che era alunno fiscale e segretario della Commissione feu-
dale : come impiegato arrischiava anche di più. Il primo convegno
ebbe luogo a Chiasso, appena al di là del confine, e i nostri ivi si
recarono a bella posta per parlare con un emissario venuto da Pa-
rigi, un cotal Pizzi, sul quale mancano ulteriori notizie. È detto
nelle carte d'archivio che questo Pizzi recava istruzioni dei capi
rivoluzionari Bianchi e Porro : il primo nome forse si ha a leggere
Bianco (2) e Taltro è il patrìzio lombardo Porro-Lambertenghi, che
sostiene si bella parte nella stona del nostro risorgimento. Si trat-
tava di raccogliere « le forze che servono a fomentare e promuo-
vere le rìvolte (3) ». Il secondo convegno si tenne a Bellinzona, ed
erano pure presenti il principe Belgioioso e il Bellerio (4).
Per il momento, i cospiratori ritornarono alle case loro a com-
piere i mandati, che s'erano assunti.
VI. — Al solito la musa preludeva, e questo preludere, mentre
è neirufficio suo, prova che la preparazione, negli animi migliori,
non era poca. I poeti esuli, che erano addentro nelle segrete cose,
non seppero ritardarsi Tebbrezza delle canzoni, sicché anche prima
degli eventi pronosticati, con quell'ottimismo che è della speranza,
girarono fra noi poesie manoscritte, alle quali non mancava, per
riprova dell'estro profetico, che la conferma dei fatti ; mancava il
più, ma intanto l'arte c'era tutta, e c'era un calore non preso a
prestito di sicuro.
Il Tirteo lombardo, il Berchet, svegliatosi appena dai sogni delle
Fantasie^ riprendeva la penna con redivivo entusiasmo, e slanciava
fra i disegni non, anco maturi quel concetto unitario (5), che, pur
troppo, è sfuggito, poi, di mente agli insorti; quel concetto che
d'ora innanzi farà suo fatale cammino.
Gli avvenimenti di Francia precipitarono, nel luglio scoppiò la
fi) Storia del Piemonte.
(2) Riteniamo che sia quello stesso Bianco autore del libro cit. Della guerra na^
eionale per bande.
(3) Carte processuali.
(4) Lettera Arese 16 marzo 1886 a Pietro De Luigi. — Bonpadimi, op. cit., p. 28.
(5) È rinno di guerra, che il Poeta confidava avesse a risuonare per tutta Italia
e che invece ehbe così hreve e angustiata la scena:
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414 MBMORIB
rivolazione a Parigi: anzi tempo per noi: e questa fo la prima di-
savventura. Noi ce ne siamo rallegrati come di una vittoria nostra,
e la nostra fiducia crebbe via via merco pubbliche dichiarazioni e
privati afiBdamenti. Gabriele Rossetti, con quello stile biblico che dà
ai suoi canti una tal quale solennità religiosa, o meglio alcun che
di profetico, chiama < triduo » la rivoluzione, che era riguardata
come principio e promessa di cose maggiori (1). Ne scrive il Gior-
dani € un fracasso di avvenimenti mirabili e impensati (2).
E questo fracasso ebbe tutta la nostra attenzione: nei caffè come
nei salotti, o meglio ancora nelle più intime riunioni, si bevevano
con avida brama i paroloni che la tribuna francese slanciava per il
mondo, e il vessillo colla scritta non intervento pareva segnacolo
di sicura redenzione. Piccolo ma non trascurabile indizio. Ad un
nostro teatro diurno si diede uno spettacolaccio col titolo / Fran-
8Uf figli d*ItàUaI su, in armi, coraggio!
U «tfólo qui è nostro; del nostro retaggio
lì turpe mercato finisce pei re.
Un popol diviso per sette destini
In sette speseato da sette confini
Si fonde in un solo, più servo non è.
8u, Italia! <u, in armi! Venuto è U tuo dk!
Bei re congiurati ìa tresca finì,
L*ode ebbe tatto il snocesso che merìtaya, ma che ne calae al Poeta che non Tide
avverato il sao Toto? Nel *32, cioè due anni dopo, ne fece an*edizione a Londra
(presso Taylor), più che altro per ricordo, senza nulla matarri, senza nemmeno ap-
plicarvi la lima, giacché Vinno era già piaciuto cosi, e ritornava al mesto poeta,
come nn valoroso che ha fatto invano il proprio dovere.
(1) Neirode La Francia dopo il 1831, — Il poeta milanese Ginnio Bazzoni, ai
Srincipio dell'anno, aveva tolto argomento di versi bellissimi dalla presanta morte
i Silvio Pellico; e qnel canto, che volò da nn capo all'altro dltalia, ad onta dei
divieti^ ci rimase in cuore anche dopo smentita la ferale notizia. Ora inneggia le
tre giornate di Parigi (Odi, Milano, Molina, 1848, pae. 45), e, rivolgendosi allo
scoronato Carlo X: <Be? Lo fosti ». Il tao nome sarà bestenmiiato lango i secoli:
invano chiedi e attendi Taiato dei colleghi:
Vana speme! li sconsiglia
Il terror, la maravigUa
H passato e Tawenir,
Come i marmi deUa tomba
Li fa bianchi m suon di tromba
Che dal Beno odon venir.
Un altro poeta milanese, che era alle prime sue armi e che riasci poi economista e
statista eminente, il Correnti, festeggiava l'evento:
Dalla Senna terror de* regnanti
Si propaga una santa parola,
Ella scorre fra i lagni, fra i pianti
E gli oppressi e i gementi consola.
Oià già suona la belgica sguiQa^
€Hà in SarmoBìa risorge Vardire.
Vignati, I primi studi di Cesare Correnti, in € Arch. St. Lomb. ». 1889, pag. 118.
(2) Epistolario, VI, 67.
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G. DE CASTRO — OOSPIRAZIOMI E PROCESSI IN LOMBARDIA 415
ee$i in Egitto. Vi andò mezza Milano, per amore del titolo. Il
mediocrissimo attore, che flgarava da generale in capo e che per
caso somigliava a Napoleone, non ebbe mai tanti applausi di sua
Tita; e il dramma si replicò per non so quante sere, finché la Po-
lizia prese il partito di proibirlo (1).
Tutt'altro giudizio intomo alle cose di Francia recava il Pecchie,
giudizio che potrà anche sembrare eccessivo, ma che ebbe trista
conferma dai fatti, benché non sia da attribuire ad un popolo intero
dò che fu colpa di un governo. Ne scriveva al Panizzi :
L'assaozione al trono di Luigi Filippo è una seconda restaurazione più fatale e
più Qiniliante della prima. Quella del 1814, almeno per noi, aveva il carattere
franco di un nemico» mentre questa agisce perfidamente e codardamente colla ma-
schera d*amica ... Vi è materia per nn secondo Tolame di Misogallo e in foglio.
Conosco questi frmtocci di Francesi, come se gli avessi fatti . . . Codesti spaccamondi
francesi hanno fitta ancora nelle ossa la paura di Waterloo, e ci yorranno i frustini
dei Cosacchi per fiurgliela passare. Non è già per questo ohe io non sia disposto ad
agire con la Francia, e con tutti i comici-eroi francesi, se mai verrà l'occasione di
disinfettare l'Italia dagli Austriaci, mille yolte più detestabili . . . Venga questa
benedetta gpierra, e tutti vi ci metteremo mani, piedi e cuore. Ma dal mio canto
sempre con Tintenzione di adoperar le budella de' francesi per strangolare gli Au-
strìaci (2).
Ma si farà la guerra? Ecco il punto. Gli dà ombra, anzi gli ispira
spavento Tallejrand:
Finché Talleyrand, queUo spettro della Santa Alleanza, in ogni epoca nemico del
nome italiano^ sta nianipotando la caldaia delle streghe diplomatiche, non v*è bar-
lume di speranza per l'Italia (8).
Durante questo sobbollimento, tre prigionieri dello Spielberg eb-
bero condonata la rimanente pena, il Pellico, il Maroncelli e il To-
nelli. Il primo usci di prigione più che mai infiammato d*amore per
Dio e per gli uomini, ma disadatto alla vita d'azione, mal persuaso
di quei mezzi che un tempo gli erano sembrati legittimi e buoni.
Il Maroncelli rivedeva il mondo mutilato, invecchiato, ma nell'animo
e nei convincimenti tal quale vi era entrato.
I tre graziati rividero la patria, e non fu poca la sorveglianza
per impedire che le città, per cui dovevano passare, dessero segno
d'aflfetto: ma la simpatia ci fu tutta, segreta o palese, secondo le
circostanze. Viaggi mestissimi, del resto, sia per il pensiero di co-
loro che lasciavano dietro di sé, sia per l'uggioso spionaggio, sia per
(1) SoMMARiYA, Misteri di Milano, ìtì, Messaggi, pag. 90.
Lettere ai PanieH cii, pagg. 91 e 95.
W., pag. 96.
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416 MEMORIE
gli imminenti congedi. Il primo congedo ebbe laogo a Mantova: Ma-
roncelli doveva avviarsi alla volta della Toscana, gli altri due do-
vevano proseguire per Brescia :
Tatti e due, seri ve Pellico, 86mbra?amo pieni di coraggio per questa separazione;
ci parlavamo con voce commossa, ma forte . . . Bisogna partire, non sappiamo che
dirci, nn amplesso, nn bacio, an amplesso ancora. Montò in carrozza, dispsrve, io
restai come annichilito.
Non si rividero più! Il Tonelli rimase a Brescia, ove ebbe a tra-
vagliarsi contro accuse mal fondate, e se ne purgò solo molti anni
dopo, cioè al cessare della dominazione austriaca: la Censura non
gli consenti pubblicazioni giustiflcatorie ; e pensi ognuno quanto egli
avesse nuovamente a patire (1). Pellico non potè trattenersi in Mi-
lano neppur un giorno: fu scortato alla frontiera, vigilato perchè
non parlasse con alcuno. Però, reduce nella sua famiglia, provò
emozioni soavissime; fra l'altre. Gonfalonieri gli fé' pervenire una
bibliotechina di cento volumi. Egli provvedeva a ciò dal carcere, ove
egli stesso soffriva per mancanza di libri, ed era gentile esecutore
del suo pensiero il conte Casati :
Sapremo amico mio, s*affiretta a scrìvergli il beneficato, ad nn nomo che pennriava
di libri è questo nn dono prezioso, e ta medesimo non puoi capire quanto ne sia
grande il valore pel tao Silvio. Ma si, tu lo capisci, o fratello dell'anima mia ! La
tua squisita intelligenza sa trasportarsi nella mia situazione; ta sei il più inge-
gnoso degli amici per indovinare i dolori non tuoi, e fìurli quasi tuoi e non aver
pace se non li hai sollevati (2).
Tranne questo sollevarsi degli spiriti, non si ebbe in Lombardia
alcun movimento; niente vi era di preparato, e se pure si erano
presi definitivi accordi con Modenesi e Romagnoli, s'aspettava che
questi si muovessero, e inaugurassero colla fortuna V ardita intra-
presa. Certo è che l'Italia traspadana tendeva 1 orecchio, e le bat-
teva forte il cuore. Parecchi lombardi accorsero, appena Modena e
Bologna insorsero: fra gli altri, il bresciano Olini, superstite alle
congiure del '15 e del '21, e alla guerra di Spagna, ove aveva com-
battuto in servizio della Costituzione col grado di generale. Fra i
deputati che il 26 febbraio '31 si radunarono a Bologna e che pro-
clamarono il 2 marzo lo Statuto costituzionale provvisorio delle Pro-
vincie italiane, noto il comasco Francesco Scalini, quale rappresen-
SI) Vedi i documenti aggiunti dal Regonati alla sua traduzione delle Memorie
'Andrtame. Milano, 1860, alla fine del IV voi.
(2) PzLLico, Lettere. Firenze, Le Monnier, pag. 74.
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O. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 417
tante di Pergola e Pennabili, ove da tempo dimorava, e che aveva
capitanata la rivolta di qaelle borgate.
Le Polizie sono tarbatissime e fioccano le denunzie. Molte ano-
nime accasano Tarchitetto Vantini, bresciano, come di£fasore di scrìtti
pericolosi (1). Consimili denunzie riferiscono che un Michele Bazza
di Valsabbia aveva trattato col Bettoni, negoziante d*armi da fuoco,
per facili da somministrare, trecento al mese. Giuseppe Arrivabene,
mantovano, acquistò armi in Brescia per conto di Giro Menotti da
un cotale Paris (2), ma il cospiratore mantovano, non che poter
usare queste armi, gemeva ora nel Castello di San Giorgio in Man-
tova. Già erano segnalate come pericolosi in Brescia Gaetano Bar-
guani ed Ettore Muzzuchelli ; e si aggiunge nei rapporti di Polizia
che molte canne da facile si mandavano a Milano per essere mon-
tate dall'armaiolo Ricchi (3). Ma come mai queste denunzie non
recavano ad alcun arresto? Forse non si porgeva ad esse fede, o
si lasciava che i nominati si compromettessero di più, e compromet-
tessero altre persone, per fare una pesca grossa.
I generali Zacchi e Fontanelli, testé per ordine dell'Estense Fran-
cesco IV espulsi, Tuno dalla sua Reggio, l'altro dalla sua Modena,
s'erano ridotti a Milano, e trovavano un amaro conforto nel discor-
rere insieme di tempi migliori:
Ohi benedetti quei giorni, diceva Zacchi al Fontanelli, nei quali alla testa dei
nostri bravi reggimenti erayamo soliti dare lezioni così seyere a qnesti Anstrìad,
messi propriamente al mondo per tormentare noi poyeri Italiani. Basta, ora essi sono
forti e bisogna piegare il capo (4).
II generale Walmoden, qui residente e che aveva molta benevo-
lenza per lo Zucchi, non mancò di consigliare a cosi franco parla-
tore d'internarsi al più presto negli Stati Austriaci, per fuggire ogni
possibile sospetto, o tentazione. Ma lo Zucchi non udiva da quel-
l'orecchio. Walmoden era inquietissimo, e però va a trovare di baon
mattino il generale reggiano, che era ancora a letto, e con calde
istanze lo sollecita a partire: soggiunge che non aveva un minuto
da perdere ; lettere di profughi intercettate rammentavano il suo
nome, e la polizia aveva l'intenzione di arrestarlo per relegarlo a
Lubiana.
(1) Documenti della guerra Santa, Canolago, 1850, 1, 167.
(2) Lettera di Giuseppe Arrivabene, pubblicata nella < Gazzetta di Modena », 6
ottobre 1859.
rS) DocumenH cit., 1. cit.
(4) Zucchi, Memorie. Milano, 1861, pag. 99.
iZtviffa Storica Italiana, XI.
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418 BiEMORIE
Era vero, od era uno spediente per farlo partire? Che fa lo
Zucchi? Manda al generale Frimont la sua dimissione dal servizio
austriaco, e lascia immediatamente Milano (1), ma non per andare
a celarsi oltr'Àlpi, sebbene per unirsi agli insorti, ai quali confidava
di poter riuscire di qualche vantaggio. Infatti il 25 febbraio egli
già si trovava a Parma, ed era salutato con plauso indescrivibile (2).
Sappiamo la bella parte che sostenne durante la breve guerra e il
lungo e fiero castigo che ne ebbe.
Dal covo mantovano Francesco IV spiava e sospirava il momento
di insanguinare le mani contro i sudditi ribelli, aiutante, ben in-
teso, r Austria: maestro nel fingere, ai nobili modenesi, che gli chie-
devano grazia per Giro Menotti, rispondeva che < avrebbe usati ul-
teriori tratti di clemenza, ove in Modena fossero rispettate le persone
bene affette al principe >. E furono, poi, tratti di capestro.
Al cadere del febbraio '31, il dottore Baldassare Tirelli consegnò
una ragguardevole somma al patriotta Giuseppe Luigi Prodieri, che
abitava in Rolo, comune nel circondario di Guastalla (3). Questa
somma era segretamente fornita dalla famiglia Menotti e doveva
essere dallo stesso Prodieri portata a Ferdinando Arrivabene in Man-
tova, provatissimo liberale, affinchè il medesimo procurasse con essa
la liberazione di Ciro Menotti. Il Prodieri compi fedelmente Tinca-
rico, e l'Arrivabene, dal canto suo, accordatosi con alcuni amici,
iniziò pratiche per detta fuga. Di questi egregi si conosce il nome ;
oltre il nominato Prodieri, un Robulotti di Bozzolo, un Reggiani di
San Benedetto di Po, Gianfrancesco Marchesi mantovano, Giuseppe
Castelli modenese (4). Il Reggiani e il Castelli accompagnarono il
Prodieri a Mantova per assisterlo nell'ardua impresa.
Bisognava che taluno si presentasse per trattare con l'uno o con
l'altro custode, e forse con parecchi. A ciò si offerse Attilio Par-
tesotti, figlio di un ricchissimo orefice mantovano (5). Di notte potò
parlare al capo custode o profosso, che era un tedesco, gli propose
il patto; e, notate, che essendo ventriloquio, poteva anche meglio
(1) Non 80 come ebbe cono la dicerìa che lo Zncchi fo^^gisse da Milano trave-
stito da donna. LeU. al Pamexi dt, pagg. 103 e 106.
(2) Memorie cit., pag. 101.
(3) Da lettere pubblicate nella « Gazzetta dì Modena », 6 ottobre, 1859.
(4) Caogioli, Un anno di prigionia in MHanOt reminiscente politiche segrete,
Bergamo, Pagnonoelli, 1866, pag. 134 e segg. — Yannucci, I Martiri, eoe.. Ili,
20, in nota.
(5) Ridottosi molto dopo a Parigi, visse, chi mai lo avrebbe preveduto, di spio-
naggio: si accise, o, come e più probabile, fa ucciso.
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Q. DE CASTRÒ — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 419
celarsi. Il custode rimase sospeso, e chiese una notte per riflettere. Il
Partesotti insìstette per la pronta decisione, ma ogni sua parola tornò
a vuoto. Cìomunque la pratica venne continuata (1), e avendo il
profosso richiesto che taluno sostituisse» per una notte» il Menotti
nella sua cella, per farvisi trovare durante le consuete visite, si
destinò a tale eroica sostituzione Giuseppe Castelli, amico grande
del povero Ciro. Già il Castelli si trovava nelle mani dei patteg-
gianti, ma la lentezza delle operazioni mandò a male ogni cosa,
giacché, nel frattempo, venne mutato il custode che aveva la prin-
cipal parte nel delicato maneggio; il Castelli se ne dolse cosi da
soffrire anche nella salute (2).
II tentativo non potè essere ripreso; ma tutte le pratiche erano
state condotte con tanto mistero, che nulla ne trapelò al di fuori,
e le Polizie per qualche tempo non ne seppero nulla.
VII. — Durante questi giorni, sterili se guardiamo all'effetto im-
mediato, ma fecondi per Tavvenire, fece le prime prove Giuseppe
Mazzini. Ne ricorre il nome qui anche per le molte e assidue rela-
zioni che ebbe con patrìotti lombardi. Dapprima s'iscrisse carbonaro,
e il gran maestro Angelo Passano lo mandò a Livorno a fondarvi
una vendita. Tra gli altri affiliò in Livorno Camillo D'Adda Salva-
terra (3), appartenente ad una delle più illustri famiglie del patri-
ziato milanese. Nel '30, il D'Adda contava appena ventisette anni,
ma era un uomo fatto per la coltura e anche più per gli intendi-
menti. Allievo del Romagnosi, già s'era dato a conoscere a Milano
per i suoi pensieri liberali, e, alieno dalle frivolezze mondane, si ap-
parecchiava a spendere utilmente le proprie energie. Pare che egli
riaccompagnasse a Genova il suo iniziatore nella carboneria, giacché
è detto nelle carte processuali che egli si trattenne alcun tempo in
quella città, ove ebbe ripetuti colloqui! « col famigerato e veramente
iniquo Mazzini (4) >. Quindi tornò a Milano per addempìere agli
obblighi suoi: se non m'inganno, è il primo agente mazziniano in
Lombardia.
Non rimasero ignote queste trame alla Polizia piemontese : Maz-
zini fu tratto in carcere. Uscito dopo parecchi mesi dalle prigioni
(1) Il Vannucci ignora Timportante particolare, che qai si soggiunge.
(2) Il Castelli morì a Parigi nel gennaio 1880: Nicola Fabrizi fa ricordo dì lai
nel « Panaro», 29 gennaio 1880.
(B) Mazzini, ScriUi, ecc. Milano, DaeUi, 1, 28.
(4) R. Archivio di Stato.
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420 MEMORIE
di Savona, e bandito dalla patria, andò a Ginevra : prima sosta di
un esilio durato, si può dire, sino al termine dell'infaticabile vita.
A Ginevra s'era testé ricondotto, dopo lunghe peregrinazioni in In-
ghilterra, nella Scozia e nel Belgio, il marchese Benigno Rossi, il
noto agitatore lombardo del *21, appiccato in effigie in Milano con
altri nel dicembre del '24. Aveva sposato una colta e gentile nipote
dello storico Sismondi. Non immemore di patria, nella sua recente
dimora in Bruxelles, s'era abboccato con Filippo Buonarroti, l'im-
mutabile repubblicano e cospiratore (1). Un altro lombardo si tro-
vava a Ginevra, Giacomo Ciani, ricco di censo e di fede. In casa
Sismondi si radunavano i fuorusciti : ivi il Ciani si accostò al Maz-
zini, e fu amicizia per la vita :
Mentre m'acoomiatava un giorno da Sismondi, chiedendogli se poteva &r qual-
cosa per lai a Parigi, nn esalo lombardo^ che aveva sempre ascoltato attentamente
ì miei discorsi senza mover parola, mi chiamò in disparte, e mi sasarrò nell'orecchio,
che, se io aveva desiderio d'azione mi recassi a Lione e mi presentassi agli Italiani
che io troverei raccolti nel Caffè détta Fenice (2). Lo guardai con vera riconoscenia,
chiedendogli il nome. Era Giacomo Ciani, condannato a morte in effigie dairAu-
stria nel 1821 (8).
A Lione, infatti, non ignorandolo il governo di Luigi Filippo, si
preparava un'invasione armata in Savoia, e apparecchi consimili si
facevano presso la frontiera spagnuola, per appiccare il fuoco dentro
la penisola Iberica. La spedizione doveva contare da forse duemila
italiani e un certo numero di operai francesi. Che la principessa
Belgioioso si tenesse in corrispondenza coi fuorusciti, e precisamente
con questo gruppo lionese, sarebbe provato dalla notizia che essa
anticipò, per le prime spese, sessantamila lire: il danaro fu conse-
gnato ad un cotal Perandi, che è indicato come uno dei più caldi
promotori di quest'impresa (4).
Ma ecco Luigi Filippo, perchè gli faceva comodo, voltarsi a ne-
mico ; congedato il ministro Lafltte, che aveva contratti i più arri-
schiati impegni, sostituì Casimiro Perier, il quale subito protestò
alla Camera il sangue dei Francesi appartenere alla Francia : e delle
(1) De Castro, Bicordi autobiografici del march. B, Bossi, in « Arch. Storico
Lomb. >, 1890.
(2) Forse il nome, o soprannome, al caffè era stato dato, (j^aale aaspicio propizio,
dagli Italiani stessi che vi si radanavano. Anche a Livorno gb stadenti, verso qaesto
tempo, volevano ribattezzare un caffè, da loro frequentato, con qaesto nome; ma la
Pojizia noi permise: vedi Martini, OiusH studente, in « Naova Antologia», 15 no-
vembre 1890.
(3) Correggi la data, dicembre 1824. — Mazzini, Scritti cit., pag. 44.
(4) Cantìj, Cronistoria, ecc., voi. I, parte I, pag. 343.
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O. DE CASTRO — COSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDIA 421
cose nostre, tutti in una volta, re e ministri e deputati, si lavarono
le mani (1). Subito si disapprovarono gli apparecchi lionesi, e anche
quelli sulla soglia di Spagna. Il Perandi, i Giani, il Mazzini, che non
aveva tardato un istante a recarsi a Lione, volevano che si ten-
tasse ad ogni modo. Intanto a Torino si stava sulle vedette: due
soldati, bisticciandosi, si denunziano da sé, e il tentativo abortisce.
Vennero altresì ritenuti a viva forza quelli che da Marsiglia, con
armi e munizioni da guerra, stavano per imbarcarsi alla volta di
Italia, Mislej, Linati, Grillenzoni, il pavese Mantovani, Mari, Fran-
ceschini, un Visconti e Guglielmo Pepe : quest' ultimo, nelle sue
Memorie, descrive la non preveduta ingiuria.
Alla peggio andavano pure le cose romagnole e marchigiane. I
patriotti, levatisi con fiducia grande soffersero pronta ed orribile
delusione (2).
La principessa Belgioioso aveva lasciato Milano, sia che le incre-
scesse di assistere cosi da vicino alle ulteriori conseguenze della
catastrofe romagnola, sia che prevedesse di dover rendere dei conti
un po' imbrogliati alla Polizia. Andò a Parigi, ove si fece subito
notare. Il governo austriaco pose sotto sequestro i suoi beni. La prin-
cipessa, che non aveva mai difetto di trovate bizzarre, per lasciar
credere che il sequestro la riduceva in povero stato, andò ad abi-
tare in poche camere, assicurando che doveva dipingere o altrimenti
lavorare per campare la vita. La cosa fé' rumore, il governo fran-
cese s'intromise, e l'Austria non tardò a levare il sequestro. La
principessa riunì intorno a sé gli uomini più eminenti che noverasse
allora la Francia, sicché ebbe più che un quarto d'ora d'impero.
Se non che, fra i godimenti artistici e i successi di società, così
adatti al suo temperamento e alle sue doti geniali e vigorose, l'im-
magine della patria in lutto continuava ad occupare il suo pensiero.
D'altra parte il suo ingegno maturò mercé i più svariati concambi
intellettuali, mercé studi proseguiti con virile costanza, mettendosi
cosi in grado di scrivere, più tardi, dei libri sopra soggetti dispa-
rati, che resero illustre il suo nome nella letteratura intemazionale.
VIII. — Le inquisizioni politiche, sin dal marzo '31, cioè subito
dopo i rovesci emiliani, s'iniziarono anche a Milano. Il governo to-
(1) « Non aspettate nessun bene dai Francesi . . . Qael govemaccio francese è un
goveniaccio >. -> Giordani, JSpist, VI, 122. Milano, Sanvito.
(2) « Qaesta tempesta di calamità che gravita sopra milioni dltaiiani, mi lascia
poco sentire i mali miei proprii e di molti amici miei > . — Giordani, Epistt V, 76.
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422 MEMORIE
scano aveva consegnato all'austriaco Felice Argenti, sbarcato a Pìe-
trasanta con un pugno di compagni : sbarcò minuscolo davvero di
undici fuorusciti colle poche armi che potevano portare, e guidati
dal comasco Rocco Lironi che, al fallire di tutte le sue speranze,
andò a chiudersi in un convento. Il Lironi e i suoi compagni, meno
TArgenti, poterono sfuggire alle grinfe poliziesche.
La vita dell'Argenti è tutta romanzesca. Nativo di Viggiù, nel
Varesotto, presso la frontiera italo-elvetica, respirò aure libere, e
crebbe robusto fra le intrepidezze della caccia ; gii^ s'è accennato
alla sua fuga nel '21 e alla parte che sostenne nel Messico a sta-
bilirvi la repubblica. Tornato in Italia, non dismise le segrete pra-
tiche politiche. A Varese concepì una passione amorosa che doveva
nuocergli assai. Mescolatasi l'autorità per tutela delfonore maritale
offeso, gli fu vietato di mostrarsi a Varese. Derise il divieto, e cercato
dalle guardie in Viggiù, le tenne garbatamente a bada per breve
tempo, quando, non visto, spiccò un salto da una finestra e via pei
campi e sentieri che egli ben conosceva. Fu inseguito, finché, nel
saltare da un muro si fiaccò una gamba, ma potè celarsi in un campo
di grano. Le guardie dismisero le ricerche (1). La sera un robusto
contadino lo levò di li, e lo trasporta oltre il confine, ad Arso, ove
gli fu aggiustata la gamba, e riprese, poi, a passeggiare per il mondo.
Trovò occupazione a Trieste, a Genova, a Livorno, poi a Rio-Ja-
neiro, donde fu destinato console brasiliano a Livorno. Appena la
Francia accennò a riprendere il programma liberale, è ripreso dagli
antichi entusiasmi, vola a Parigi, e vuol partecipare allo sbarco,
che s'è detto, più temerario che savio.
Contemporaneo alla consegna dell'Argenti è l'arresto in Viggiù
di Giovanni Albinola. Nel carcere di Santa Margherita in Milano,
ove già si trovava il suo compaesano, si mostrò inquietissimo e mi-
nacciava ammazzarsi: non seppe tacere. Confessò di appartenere
alla setta dei Carbonari, e
di avere presa parte nelle operazioni della medesima, dirette a distruggere i legìt-
timi goTemi, a rigenerare PEaropa nei sensi del liberalismo, e a donare all'Italia
rianita in an solo stato Tindipendenza e la libertà.
Seguitò dichiarando che nel luglio del '30 era stato affiliato in
Genova dai cugini Bonza e Masini, che alla setta apparteneva TAr-
genti, dal quale pretendeva di essere stato sedotto. Nomina molti
(1) Debbo queste notizie al cav. Giosuò Argenti, parente del nominato e scultore
di quel merito che tutti sanno.
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6. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 423
altri settari genovesi e toscani, e indicò pure tra i suoi < cugini »
il marchese Camillo d*Adda, un Triulzi di Porta Romana, il mar-
chese Andrea Spinola, dimorante in Milano. Per ultima confessione
soggiunge che a Marsiglia il gran maestro marchese Raimondo Doria
genovese» fuggiasco, gli aveva consegnato un pacco di proclami ri-
volQzionari, che egli doveva consegnare al cugino Camillo D*Àdda,
onde, in concorso dèlio Spinola, ne facesse la pubblicazione. Tale
proclama riguardava la sollevazione lombarda indetta per il 14
gennaio *31. Però egli aveva distrutti questi manifesti ai confini
della Francia, cioè prima di mettere piede in Italia. Altro plico, con
maggior quantità di proclami il Doria aveva spedito da Marsiglia a
Milano al D*Adda e allo Spinola, col mezzo di certo Colombieri sud-
dito sardo. A tali pratiche denunziò pure partecipe il giovane Au-
relio Marliani, amante della cantante Orisi, fuggiti da Milano, dopo
aver venduta la villa Amalia in Brianza ai banchieri fratelli Marietti.
Meno arrendevole fu 1* Argenti: pure accennò a trame veronesi,
già propalate dal suo condeteouto Virgilio Brocchi, e, più che altro
per fuorviare le ricerche, disse di un deposito di armi in Val Po-
lesella, d*un Orlandi, che riceveva i giuramenti : notizie confuse e
fantastiche. Il solo fatto, che parve meno fantastico, ò Tofferta di
due milioni da Lombardi e Piemontesi alla Francia, afSnchè si mo-
vesse per la causa italiana (1).
U denunziato Camillo D'Adda aveva intrapreso un viaggio per
ritalia, probabilmente per allargare le sue relazioni settarie e git-
tare, non foss'altro, nuovi semi per l'avvenire. Quando il suo nome
comparve nell'iniziato processo, si trovava nel regno di Napoli. Il
governo austriaco lo fece subito sorvegliare, affinché non sfuggisse
al progettato arresto. L'ambasciatore d'Austria presso la Corte Bor-
bonica informa da Napoli il governatore Hartig, in data 8 aprile '31,
che il ministro degli esteri gli ha dato formale promessa di far
sorvegliare il patrizio milanese in Sicilia come a Napoli, ma che,
dal canto suo, non aveva alcuna ragione di dolersi della di lui
condotta (2).
Il governo austriaco ottenne l'estradizione. L'ambasciatore au-
strìaco riscrive all'Hartig che il 28 aprile il D'Adda era stato arre-
stato, che egli incognito s'era recato al Castello dell' Ovo per par-
(1) Carte processuali. Il Cantù, Oramstoria cit, voi. II, parte II, pag. 1268, dioe
che queste rivelazioni meritano di essere pubblicate.
(2) Carte processuali. — Camtù, op. cit., voi. II, parte I, pag. 287.
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424 IIEMORIB
largii, che lo aveva trovato tranquillo e sicuro di aè, ritenendosi
vittima di un equivoco e di falsa denunzia. Al suo consiglio di
cambiar nome durante il viaggio, oppose un rifiuto, ripugnandogli
di portare anche per breve tempo la maschera (1).
Il D*Adda, affidato per la custodia ad un gendarme napoletano e
alla sua ordinanza, che non doveano perderlo d'occhio un momento,
salpò ai primi di maggio da Napoli per Lerici in Liguria. Qui si
trovava ad attenderlo il commissario Bolza, col quale prosegui su-
bito per Milano, passando per Genova.
Si fecero altri arresti in relazione alle riferite denunzie. Per queste
processure, non si stabili una commissione speciale, come nel '21;
furono affidate al tribunale ordinario. Presiedeva il trentino Maz-
zetti; giudici istruttori Sneburg e Eindinger, tedeschi: inquisitore,
un uomo di versatile e forte ingegno. Paride Zajotti^ per zelo po-
litico e furore contro i novatori emulo degno del suo predecessore
e concittadino Salvotti.
Al D'Adda s'erano trovate lettere del De Luigi e del Dembowski,
commendatizie dategli dall'Arese e da Giacomo Visconti-Ajmi per
ufficiali d'artiglieria di Genova e pel principe Luigi Bonaparte, col
quale l'Arese aveva già molta dimestichezza. Gravi cose aveva pure
deposte Raimondo Doria, pessimo arnese € pronto a tutte le opi-
nioni, a tutti i salari, compreso quello che gli accordavano i governi
d'Austria e di Sardegna per tradire i carbonari che egli reclutava (2)».
Deposero pure intorno i convegni di Chiasso e di Bellinzona, già
accennato, un Casarico e un Giovanni Re (3).
Informati o meno, prevedendo l'arresto, l'Arese, il De Luigi, il
Visconti-Ajmi si posero in salvo; e fecero bene: sarebbero stati di
sicuro arrestati: e figurarono nel processo quali contumaci (4).
Carlo Bellerio trovavasi in Isvizzera, e, credendosi senza colpe, vo-
leva rientrare. Ma ad una signora di comune conoscenza, la signora
Carpani , s' affrettò a dire il colonnello , più tardi maresciallo
Giulaj: < Dites à Charles qu'il est bien où il est (5) ».
(2):
id.
BoNPADiNi, op. cit., pag. 27.
(3) Carte processuali.
(4) Il BoNFADiNi pubblica Testratto del voto che propose contro di loro al Tribu-
nale il relatore Zaiotti, op. cit., pag. 29 e segg.
(5) Id., pag. 28.
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G. DB CASTRO — COSPIRAZIONI B PROGBSSI IN LOMBARDIA 425
IX. — Cosi la Lombardia stava per pagare no nuovo tributo alla
carbonerìa. Ma pur avendo sotto gli occhi, Tesempio di questi ri-
gori, una nuova società faceva proseliti, vo' dire la Giovine Italia.
Un'altra fratellanza era quella degli Indipendenti, ma durò breve
tempo e con effetti incomparabilmente minori di quelli che produsse
la Giovine Italia, se non nel dominio del presente, nei consigli e
nelle preparazioni dell'avvenire. Da Parigi la società degli Indipen-
denti si diffuse nel Belgio per i favori del marchese Àrconati, egregio
patriotta milanese da tempo esule, e uno dei primi che coltivassero
le davvero fruttuose aspirazioni versò la monarchia savoiarda. Ap-
punto per invito delI'Arconati e di altri amici, il mantovano Gio-
vanni Àrrivabene, esule dal '21, viaggiò a Ginevra per studiare gli
intenti e le forze dei fuorusciti colà dimoranti, specialmente per in-
terpellare sul da farsi, Pellegrino Rossi, che < era a ragione con-
siderato il più veggente uomo politico d'Italia (1) ». Il Rossi scon-
sigliò qualsiasi azione « pur mantenendo vivo il sacro fuoco, pronti
sempre ad operare al presentarsi di più propizia occasione (2) ».
Ben altrimenti la pensava il Mazzini.
L'ospitale Svizzera mitigava l'esiglio a due bresciani, a Filippo
Dgoni e Giambattista Passerini. Di li TUgoni scrive al concittadino
Mompiani :
Sì&no benedette qaeste baone anime che vanno e vengono dalia mia patria che
mi recano le vostre nuove e portano a voi altre le mie. L'ultima tua mi fece bat-
tere il caore per continue sensazioni, per gioia immensa, per dolore e per vergogna.
La gioia era prodotta dal vedermi sempre amato da te, e credi, mio caro, che sei
ricambiato. Io ho pensato spessissimo a te, e ti sono andato paragonando a quelle
oasi dei deserti africani, fertilissime, ma per colpa della sterilità che le circonda
ridotte a minor frutto . . . Poveretto ! Mi fai pare la grande compassione, perchò
tu devi soflhrire moltissimo non potendo agire: vi sono due cancri, uno pel corpo e
Taltro per lo spirito, e voi in Italia li subite tutti e due, siete legati pel collo e per
l'anima. Nnllameno io non dispero . . . Ricordati dei bei versi di Byron nel Ma-
zeppa, che invocano la forza deironore contro il destino, e spingono Tanimo a non
mai disperare. Ciò che il poeta fa dire a Mazeppa io lo vado ripetendo deUltalia.
Come ritalia noi siamo caduti moribondi a terra, siamo torturati, ma come lui scorgo
uella nostra angoscia una stella il cui raggio m'infonde nuova vita ... E tu, mi
sembra sentirmi dire da te, tu che sei libero, che fai?
\ccenna ad alcuni lavori iniziati, e non vede il momento di po-
terli dare a leggere al suo « mentore > per avere il suo giudizio
e per poter continuare con più fondati criteri. Oli gode l'animo di
(1) Cosi lo stesso ÀRRivABKNK, MemoTÌe. Firenze, Barbèra, I, 192.
(2) Io.
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426 BiEMORIE
annunziare le Addizioni del Maroncelli, che dovevano uscire col
titolo Gli anni del Dolore; e da questo soggetto è tratto a rano-
mentare i giorni nei quali anche il Mompiani nel *22 ebbe a patire
il carcere; e tutti sanno con quanto decoro e quanta fermezza
d'animo lo patisse:
Oh ! credimi chlo ho sparso qualche lagrima quando ti vedevo prigioniero ... La
ina somma saggezza ti ha salvato: io mi sarei perduto per sempre il furimo gitniio
di prigionia, forse avvilito, forse avrei insultato i miei giadici e mi sarei vantato al
loro cospetto non di quanto feci, bensì di quanto avevo Tintenzione di fiire . . . Po-
veretto generosissimo nomo, e ta avevi compassione di me esulante, tu prigioniero !
LWlio, mio earissimo, è un paradiso, in confronto del vivere costi : cioè sarebbe un
paradiso, per chi non ha bisogno di pane, se non si avessero lasciati a casa amatis-
simi parenti, amatissimi amici. '
La lettera, per non compromettere il Mompiani, che continuava
ad essere sorvegliatissimo, è diretta a Milano, al falso indirizzo dì
un cotal Pietro RizzinL II poscritto è altra prova che V Ugoni
viveva nella Svizzera ansioso di agire appena l'occasione si fosse
presentata :
Se mai ti potessi servire in qualche cosa, se mai tu e gli amici tuoi mi credessero
buono di alcun che, fosse pure di andare allo Spielberg, per carità & caso di me (1).
Nel settembre *31, i rapporti di polizia accennano al viaggio in
Francia di tre o quattro milanesi, di cui non è detto il nome (segno
che nemmeno la Polizia li sapeva) per compiere, auspice la princi-
pessa Beigioioso, la riunione delle sette. Almeno questo è il fine
indicato nel rapporto (2).
Il Mazzini, a quanto sembra, non volle associarsi a questo ten-
tativo. Dalla Francia egli pure era riparato nella Svizzera, oppor-
tuna stazione per un capo politico. È di questo tempo un manifesto,
firmato Bianco, Borgia, Pepoli, Benigno Bossi, Regìs, Ciani, Bei-
gioioso, Mazzini, che si chiude con questo appello:
Fratelli! I patriotti stranieri ci hanno detto: — Voi vi illudete, in Italia non è
potenza di sacrifizio, Tentusiasmo non varca il labbro! — Abbiamo risposto: —
Mentite — e ci siamo fatti mallevadori per voi (3).
L'obolo lombardo non fu rifiutato, e crebbe il numero degli affi-
liati alla Giovine Italia, come crebbe la disposizione a sacrificarsi e
a pericolare anche la vita. Un maestro elementare che incappò più
(1) Carte Mompiani. — Questa lettera, inedita, mi fa favorita dal capitano Fran-
cesco Tosoni di Brescia.
(2) Cantù, op. cit, voi. II, parte I, pag. 348.
(3) Id., pag. 318.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 427
tardi nei rigori della legge, il Caggìoli, accenna alla grande diffu-
sione di opuscoli settari:
II catechismo popolare di Gastavo Modena correva per le mani di tatti, ed era
evidentemente cercato e imparato. Nei di festivi, in appartati siti di campagna, o
alFombra di alberetti se ne &cevano le spiegazioni ai contadini (1).
Il Caggioli intende parlare del contado bresciano e bergamasco,
ove i sensi patriottici non erano ignoti per vecchia tradizione e per
esempi memorabili.
II € Briareo > delPemigrarione è Ciani. Tale il giudizio del Pecchio»
in una sua lettera al Panizzi, ma non indica quale dei due fratelli:
Ha fatta guarentigia per ottomila firanchi pel giornale di Mazzini; ha fatto ri-
pobblicare la confutazione della Bolla del Papa che il generale Cabières non volle
lasciar uscire in luce ad Ancona, anzi ordinò che se ne rompesse la composizione ; ed
a Lugano & una guerra atroce ai pochi ribaldi del ConsigHo del Canton Ticino che
dal 1814 in poi sono al soldo dell'Austria (2).
Lo stampatore Ruggia di Lugano, che Mazzini chiama beneme-
rito (3)y consacrava alla stampa clandestina molti de' suoi torchi ;
e Giacomo Ciani, comproprietario della tipografia, indi solo padrone,
felicitayasi di colpire il nemico con quel piombo, dacchò non c'era
di meglio (4). Già farmacista, di varia coltura, non ignaro di let-
tere (5), il Roggia subentrò nel '27 al tipografo Varelli di Lugano.
Specie per le edizioni che non portavano la data di luogo, adottò
il simbolo, che tanto era piaciuto al Berchet, la lucerna, col motto
alere flammam. Sofferse la tipografia frequenti sequestri, massime
per gli opuscoli del Pecchie. Nel '28 mandò fuori il libro Dei futuri
dentini dell'Europa, colia falsa data di Bruxelles. L'Austria mosse
lamenti. Il 21 maggio '29 la legazione austriaca in Berna faceva
energiche rimostranze e minaccie al landmano del Canton Ticino a
proposito di questo libro (6). Lagnavasi pure la Curia vescovile di
Como per altra pubblicazione Considertuioni imparziali sul Celi-
bato eeclesiastieo, colla falsa data di Monaco. Il malcontento austro-
sacerdotale motivò nel Canton Ticino la legge contro la stampa del
27 giugno *29. Il nuovo regime e le persecuzioni non svogliarono
il Ruggia, che sino al '39, anno di sua morte, tenne un posto di
(1) Caggioli, op. cit., pag. 22.
(2) Leu, al Panùsgi cit, pag. 109.
(3) SenUi cit., I, 243.
(4ì Vahkuooi, Martiri ecc.. Ili, 121.
(5) Gli si attribuisce Topusoolo Lettere di un Luganeie ad un amico sugli nìtimi
avvenimenti seguiti nel Canton Ticino, 1814 (senza altra indicaiione).
(6) Arch. di Stato di Milano: Sviteera,
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428 MBMORIB
combattimento. < Fu la saa la 7dra tipografia patriottica, e le toc-
carono censure e triboli (1) >.
Il marchese Àrconati aveva comperato a proprie spese due torchi
e sovveniva la stampa con duecento lire mensili : altre offerte ven-
nero da più parti, sicché la propaganda potò allargarsi d'assai (2).
X. — € Ciò che nel 1831-32 facemmo, agitammo, suscitammo
nei pochi giovani eccitati da Mazzini e soci non si pub descrìvere.
Era una febbre che non lasciava riposo mai e che fingeva nulli tutti
i pericoli. I motivi principali della rivoluzione lombarda del 1848
venivano dai semi sparsi dalla Giovane Italia; semi che si alimen-
tavano pure nelle tradizioni del 1821 ». « Cosi Gabriele Rosa (3),
allora diciottenne. Fra le diuturne fatiche del pensiero, che lo col-
locarono poi a si alto posto, faceva suo diletto dalla nativa Iseo
salire montagne e visitare villaggi appartati; e però ebbe modo di
spargere catechismi mazziniani, e di disporre a rivolta la Valle Ca-
monica e la Riviera di Salò. Nò egli era solo. Il primo invito a
farsi mazziniano era venuto al Rosa dal suo contemporaneo Giam-
battista Cavallini che fin dal '21 aveva partecipato al moto piemon-
tese, quindi sofferto l'esiglio, e, reduce, un anno di carcere: bello,
ardito, eloquentissimo:
Mi diede, scrìve il Rosa, la lettera di Mazzini a Carlo Alberto e le istruzioni
per la propaganda. Fq corrente elettrica che mi rapi in vita nnova. Decisi di sacri-
ficare anche la vita per Findipendenza e la libertà d'Italia, rinunciai ad ogni altro
affetto, ad ogni divertimento, e mi posi all'opera febbrilmente. Trovai una decina
di giovinotti popolani energici in Iseo, stesi le file nella Riviera e nella Valle Ca-
monica, per alimentare le comunicazioni colla Valtellina e colla Svizzera, donde ve-
nivano le pubblicazioni della Giovane liàUei, Gli affigliati conoscevano me, ignonr
vano i loro soci. Non eravamo legati da giuramenti, ma da promesse. Preparavamo
cartucce e f&dli, facevamo qualche esercizio di tiro a segno nei monti e ci tenevamo
preparati all'appello (4).
Nel Comitato mazziniano milanese sin dal principio figurano Vi-
tale Albera, e quel Luigi Tinelli, che a suo luogo è stato ricordato.
L'Albera era popolano di origine, e rimasto tale per gusto e pen-
sieri, ma pur gradito nella miglior società per molta coltura: né
gli mancavano titoli accademici. Del Tinelli sono parecchi articoli
(1) Motta (E.), La tipografia Ehetìca in Capolago, in « Il Dovere » di Locamo,
1887, num. 97.
(2) Martini, neUe note alle Mem. ined, di O. Criusii, pag. 230.
(3) Odorici, Storie Bresciane, X, 245. Brescia, tip. Gilberti, 1861.
(4) Boba, Cenni autobiografici, Milano, tip. degli Operai, 1891, pag. 7.
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0. DB CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDU 429
comparsi nel Tribuno, monitore mazziniano, che trattano di cose
lombarde. U marchese Rosales teneva in sua mano molti fili della
trama mazziniana» e a lui venivano spesso persone di riguardo anche
dair estero. Accorto introduttore di stampati politici , ebbe non
poca parte nel diffondere fra noi il libro L'Italie $ou$ la domi-
nation autrichierme del già ricordato Enrico Mislej» Questo libro
contribuì a distruggere la falsa opinione che molti avevano intomo
al governo austriaco nel Lombardo-Veneto» e cominciò a sollevare
nella letteratura politica internazionale la quistione italiana. Vienna
oppose, come fu già detto, una confutazione officiosa scritta dallo
Zajotti.
Si formarono diversi centri mazziniani : ciò che parve grandissimo
avviamento, mentre, come suole sempre accadere in simigliane casi,
era grandissima la sproporzione fra i mezzi e lo scopo da raggiun-
gere. Nel Pavese e luoghi vicini se la intendevano molto bene Bo-
neschi e Piccioni, Pietro ed Emilio Marezzi, Leopoldo Omboni, il
dott. Giulio Robecchi di Gambolò e il Josti di Mortara (1): sul libro
nero della Polizia figurano il letterato Defendente Sacchi, il dott. Ca-
sorati, il prof. Panizza, il dott. Spairani (2). Sul lago di Como ade-
rivano ring. Francesco Pini, il dott. Carlo Rezia di Bellagio, Tin-
gegnere Pietro Giudici di Nesso (3). Il barcajolo Rusconi di Bellagio,
persona fldatissima, trafugava scritti e Ubri. A Pontevico, suirOglio,
%urano come capi un Gaddola e un Bettazzi. Il bresciano conte
Ettore MazzQchelli, ardentìssimo, soleva chiamare i suoi concittadini
i Polacchi d'Italia, assicurando che erano pronti a tutto, come mo-
strarono in tante occasioni. A Bergamo era influentissimo il dottore
Belcredi, rimasto sempre de* più fidi di Mazzini (4). A Sarnico fa-
cevano propaganda Tavv. Alessandro Bargnani e il dott. Banzolini,
col quale pure corrispondeva il Rosa : quest'ultimo tutte le settimane
recavaai a Sarnico « per leggervi il Journal de Frankfort e se-
guire la politica europea (5) ». Tra i più attivi in Iseo e luoghi vi-
cini vogliono menzione Tavv. Antonio Bonini, un Piardi, un Done-
sana : non altro che nomi, spogli di notizie : ma ogni nome è l'offerta
di una vita, e questo povero elenco pur vale, da solo, a rappre-
sentarci mille rischi affrontati senza esitare, in silenzio, con piena
rinuncia alla lode.
fi) Archivio di Stato.
(2) AHomiio, «Corriere Ticinese», 9 gennaio 1894.
(3) Carte del Museo oomasoo del Bisorgimento.
(4) Odorici, Storie Breèdane cit., pag. 245 e seg.
(5) Cenni aut, cit., pag. 8.
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430 MEMORIE
Il bresciano Gaetano Bargnani andò in Valtellina per far proseliti.
In Tirano era diretto airaw* Visconti Venosta; ma, per equivoco,
si presentò alPavv. Pievani, al quale fece certo segni convenzionali,
che rimasero senza risposta. L'equivoco venne poi a notizia della
Polizia, che ne trasse lume. Dal canto suo, Visconti Venosta, re-
catosi a Brescia, iu un palco, al teatro, si abboccò col Bargnani :
circostanze minime, che, a suo tempo, vennero in luce. I patriotti
si cercavano di luogo in luogo, impazienti di accordi, dai quali si
aspettavano, con facile ottimismo, effetti superlativi. Tra ì mazziniani
valtellinesi è pure ricordato un cotal Negri (1).
< Si apprestavano armi e munizioni in tutti i nostri centri. Ti-
rano, Edolo, Breno, Pisogne, Iseo, Sarnico (2) ». Ad un Pelegatta
di Milano erasi data commissione di seicento bastoni con stocchi.
Tra gli oblatori, per acquisto d*armi e per altro, si ricordano il
conte Resta, Pietro Morozzi di Pavia, TArchinti, il Raimondi, e
quel Rosales, che era pronto a dare sino trecentomila lire in una
sola volta, e raccoglieva offerte anche d* ignoti: tanta fiducia si
poneva in lui (3). È fama un cospiratore si presentasse al conte
Cicogna, per offrirgli non so quale carica, nel nuovo governo che
si sperava di poter stabilire, e il conte avrebbe risposto: < Non
sono ambizioso, quando sarà il momento prenderò uno schioppo e
vi seguirò ; per ora, ecco quanto posso darvi » e consegnò al visi-
tatore del danaro (4).
Sin qui il governo non s*era accorto di nulla, ma si potè credere
che tutto fosse stato scoperto, quando nel maggio *32, venne arre-
stato il marchese Rosales. Molti si tennero perduti, ma non diser-
tarono il posto. Fu gran ventura che un* amica del Rosales si af-
frettasse ad abbruciare, nella sua villa di Monguzzo, molte carte
compromettenti (5). Era accusato di ricche elargizioni a intenti ri-
voluzionari e di abboccamenti con emissari italiani mandati di
Francia (6): tutto vero, anzi meno del vero. Però contro Tinqui-
sito non si potè accertare nessuna accusa; questo primo filo affer-
rato dal governo, risguardante le trame mazziniane, si rnppe nelle
sue mani. Solo pochi giorni dopo Tintimo suo amico Cesare Maderna,
(i\ Caggioli, op. cit., pag. 53.
(2) Gabriele Rosa nelle cit. Storie Bresciane delFODORici, X, 245.
(3ì Gantù, Cronistoria cit., voi. I, parte I, pag. 344.
(4) Documenti della guerra Santa, XIV, 167.
(5) BoNFADiNit op. cit., pag. 28.
(6) Vanmdcoi, I Martiri ecc, III, 109. — Fossati, PretCf poeta e patriota, nel-
r« Almanacco della provincia di Como >, 1885, pag. 99.
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0. DB CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 431
gli aveva consegnato a Lugano, a nome del Mazzini, gli Statuti
delia Giovine Italia (1). Dopo pochi mesi di detenzione, egli fu man-
dato libero, solo prescrivendogli dì non uscire di città. L'insuccesso
di questo primo arresto crebbe nei cospiratori la fiducia nel serbato
segreto e la speranza di poter agire a mano sicura.
XI. — Nell'ottobre del '32 capitò Alessandro Dumas, già celebre;
e nei suoi viaggi (2) assicura di avere» per missione affidatagli,
scandagliati i liberali milanesi sopra la candidatura del duca di Ne-
mours, figlio di Luigi Filippo, a re d'Italia ! Fantasie da romanziere.
Fu commensale del marchese Rosales e di altri patrizi, e in casa
del primo conobbe l'Albera e il Tinelli : ma ò inutile dire che nes-
suno fece buon viso alla proposta candidatura. Intento preciso ebbe
invece un nuovo convegno di patriotti a Bellinzona, al quale con-
vennero Pisani-Dossi di Pavia, Magnaghi di Tromello, il principe
Belgioioso, il marchese Arconati, il De Luigi, per ritentare la Vi-
sione della Giovine Italia colla setta degli Indipendenti (3). Non se
ne fece poi nulla. L'Arconati non volle aggregarsi alla Giovine Italia,
benché ne lo pregassero istantemente Giacomo Ciani e il cognato ex
colonnello Collegno di Provana. Per la difficoltà di raccogliere da-
naro col mezzo di oblazioni, si decise di emettere dei boni pagabili
a una data scadenza coU'interesse del cinque per cento ; ma il pro-
getto non ebbe esecuzione.
Le sorelle Bersi eri milanesi, non potevano darsi pace per il loro
amatissimo che languiva in ferri allo Spielberg. Decisero, benché vec-
chie e affralite, di recarsi a Vienna per chiedere grazia. Comunque
provvedute di validissime raccomandazioni non ottennero nulla (4).
Commovevano i casi di Polonia. I primi avvisi e il desiderio cosi
facilmente credulo fecero accogliere la voce che i Polacchi 1*8 set-
tembre '32 avessero vinto a Varsavia, mentre vi ebbero estrema
rotta, colla presa miseranda della città. Il Gantù e TAzeglio, da poco
stabilitosi in Milano, corsero alla villetta snbarbana, a Brusuglio,
a recarne notizia a Manzoni : < Ah ! respiro, egli esclamò, volevo
ben dire che tutta la storia avesse a smentirsi (5) ». Quando si seppe
il vero, il compianto fu grande. Il quale Cantù mandò fuori il com-
(1) Vamiiuoci, id,
(2) Tersa serie.
(3) ViDÀBi, Frammenti «tarici suITagro cremonese^ 1* ed. Pavia, Fasi, II, 462.
(4) Carte MompianL
(5) Cantù, Alessandro Mansoniy remimseense. Milano, Treves, I, 272.
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432 MEMORIE
mento storico ai Promessi Sposi (1). Il libro fu denanziato come
sovversivo, come < an grido di belva nella gabbia (2) », assicurando
che nel criticare il governo spagnuolo si aveva in animo di denun-
ziare il governo austriaco. In un altro suo libro, uscito poco dopo,
intorno a Byron (3), osava ricordare ciò che il poeta inglese aveva
vagheggiato per gli Italiani e fatto pei Greci:
Noi saonavamp le campaDe per chiamare a chiesa, ma le preparavamo per chia-
mare coi rintocchi alle barricate (4).
Anni propizi al malandrinaggio specie nella Bresciana e nella Ber-
gamasca, sicchò nei febbraio del *33 si dovette proclamare il giu-
dizio statario, spargere sentinelle, scemare con grosse pattuglie i
timori notturni < Milano pareva in istato d'assedio (5). Prosperava,
cattivo segno, una compagnia di giovinastri, che, rinnovando le scia-
gurate prodezze della Società della Teppa, di cui tuttavia durava
in Milano il triste ricordo, percuotevano col bastone borghesi e sol-
dati : osavano spacciarsi amanti deiritalia e del vivere libero, mentre
erano solo amanti del vivere scapestrato e dissoluto. Questa con-
grega era detta Società della Pantenna (6). I novizi si sperimen-
tavano ubbriacandoli, per conoscere se nell'ebbrezza serbavano svel-
tezza di mano e segretezza di lingua. Quando i soci avevano in
animo di far baldoria, si recavano nei remoti quartieri, e costringe-
vano tutti a ballare, minacciando col bastone i renitenti, il che
chiamavasi « andar a far pantenna >. Non sfuggirono a lungo alla
giustizia: processati sommariamente, vennero mandati a servire
nelle milizie d'Ungheria (7).
Una vera dimostrazione di affetto patrio si ebbe durante il car-
nevalone ambrosiano della medesima annata. S* incontrarono sul
Corso due carri con maschere, uno di militari del reggimento Us-
(1) La Lombardia nei aeeoio XVII^ ragionamenti Milano, 1832.
(2) Cantù, op. cit., I, 183.
(3) Càntù, lA>rd Byron, diecorso eco, Milano, presso TEd. dell*« Indicatore >, 1834.
(4) Cantù, Alessandro Manzoni ecc., II, 316.
(5) Carte segrete cit., II, 341.
(6) 11 GuÀLTERio (RivoìgimenU ItaHani, II, 182) ne discorre diffusamente. Dice
che il nome deriva dal dialetto milanese, cioè da pantenna che significa grosso ha-
stone; ma questa Toce non è registrata nei vocaholari del nostro dialetto: deve es-
sere nna voce eccezionale e di gergo. Si aggiunge cosa meno credibile, che parecchi
giovani di questo sodalizio frequentassero Torino col pretesto di divertimento, ma
più che altro per avviarvi relazioni politiche. Le danze, al dire del Gualterio, e la
frequente semi-ebbrezza allontanavano l'occhio dal governo, e permettevano ai mi-
gliori fra gli aggregati di operare senza timore.
(7) Cubani, Storia di Milano, VII, 371 e segg.
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O. DB CASTRO — GOaPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDU 433
seri di Sardegna» fra i quali trovavasi il figlio del maresciallo Ra-
detzky e il tenente conte Pompeo Griaoni di Gorizia, e T^Itro di
borghesi, fra cai Carlo Dembowaki, già precedentemente nominato,
figlio al generale di brigata al tempo di Napoleone e di egregia
donna, non estranea alle trame patriottiche del *21 e già soggetta
alle ire polisieache. S'impegnò con farore insolito la zufia dei co*
riandoli; poi, militari e borghesi vennero alle mani, e gli Aastriaci
ne andarono pesti e malconci. Ne segai daello fra il Grisoni e il
Dembowski (14 marzo); il primo fu ferito gravemente, leggermente
il secondo. II Grisoni morì poco dopo, ed ebbe fastosi funerali. Pa-
drini al Dembowski era stato il principe Belgioioso (1), da non con-
fondere col principe Emilio, il conte Giovanni Resta e il nobile
Massimiliano Mainoni, che toccò una ferita ad una gamba, ignorasi
come. Il Dembowski e i suoi padrini vennero ricercati dalla polizia,
ma già essi si erano posti in salvo in Isvizzera. Però il Belgioioso,
alcon tempo dopo, mal sopportando V esiglio, ricomparve, benché
aconsigliatone, in Lombardia, ed ebbe prigionia e processo. Resta e
Mainoni tornarono quando le ire erano del tutto sbollite. Il Dem-
bowski invece corse molte dolorose ventare : viaggiò con insanabile
irrequietezza Inghilterra e Spagna, e ne scrisse (2) : poi gli diedero
fiero assalto scrupoli morali e religiosi, e senti tutta la desolazione
di aver spenta una giovine fiorente vita e di aver gettata nel
lutto un'intera amorosissima famiglia: quel tormento si fece insop-
portabile e Io spinse al suicidio (3).
L'ultimo giorno di quel carnovale, che impensatamente era stato
segnato di sangue, molti patriotti si radunarono in casa del Tinelli :
decisero di mandare un emissario a Napoli per informarsi intomo
▼oci di prossima sommossa, si offerse per tale missione Giuseppe
Piaczoli di Valle Intelvi, che doveva passare da Genova, per inten-
dersi coi mazziniani di quella città: passi vanissimi, ma arditi (4).
Nella Galleria De Cristoforis, da poco inaugurata con molta mara-
viglia del pubblico, si diede una festa da ballo, intervenendovi ma-
adierati, per quanto si dice, parecchi cospiratori anche venuti dal
(1) Fa esimio enitore di masica: al teatro Re venne rappresentato con pianse un
suo melodramma La figlia di Domenico. — Cfr. Calvi, FamigUe notabiU miìanegi,
lam. Belgioioso.
(2) Deux CMS en Espagne et Portugai pendant la guerre 1838-40. Paris, 1S41.
— Se ne ha una traduzione italiana. Milano, 1842.
(8) Casati, Nuove riveìaeioni ecc., II, 19. Milano, Hoepli. — Cantù, Croni-
storia ecc.f voi. I, parte II, pag. 306.
(4) Carte processaali.
Riluta Storica Italiana, XI. 29
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434 MEMORIE
di fuori (1). Si mutavano spesso i luoghi di ritrovo, e non occorre
dire il motivo. Il cafiè della Bretagna era frequentato dall'Àlbera e
da* suoi amici. Nella casa di un Francesco Sedini convenivano Defen-
dente Sacchi, il Cantù, Giacinto Battaglia, Tab. Cameroni, l'avr. Im*
peratori ed altri animosi. La contessa Dal Verme, che era in buoni
rapporti coU'Àlbera, accoglieva nelle sue sale amici suoi e del paese!
XII. — Il cremonese Luigi Tentolini e il mantovano Partesotti,
lo stesso che s'era adoperato per Tevasione di Giro Menotti, vennero
nel maggio '33 in Milano, e si abboccarono coU'Albera, che li sol-
lecitò a raccogliere armi e munizioni. Spirito esaltato, immaginoso,
il Tentolini alla patria dedicò una specie di culto. Già appartenuto,
durante il Regno italico ai Veliti, quindi laureato ingegnere a Bo-
logna, per quella sua indole, dice un suo biografo « piuttosto sera-
fica che matematica », non emerse nella sua professione, non arricchì,
ma diedesi a tutt'nomo a promuovere istituti filantropici ed educa-
tivi; fautore del metodo lancasteriano, nel '18, più tardi collabo-
ratore dell'Aperti; introdusse in Cremona le Compagnie di assicura-
zioni. Sempre ritenne l'aspetto e il linguaggio di un veggente, e
parlava con frase dogmatica e sacerdotale (2). Appena di ritomo
a Cremona, iscrisse alla Giovine Italia alcuni fra i più animosa
cittadini. Gli era conforme per indole il notaio Pietro Stradivari,
fratello di Cesare, medico di alta reputazione, che nel '21 allo scoppio
della rivoluzione piemontese era corso, con altri, ad arrolarsi in
Alessandria nella Legione della Minerva. Arditezza pagata poi con
lunga prigionia in Milano. Fu il notaio Stradivari de' primi ad en-
trare nel sodalizio, e la fede mazziniana lo legò per tutta la vita.
U medico Francesco Robolotti, pure aderendo, acquistò le prime -be-
nemerenze verso il paese, che dovea in appresso aumentare con
lodati lavori sopra la storia della sua città. Un altro medico, Ga-
spare Cerioli, letterato di qualche rinomanza, nel '14 aveva per-
duta la cattedra di fisica e chimica, che teneva nel Liceo di Cre-
mona, per le sue opinioni liberali. Nel '21, iscritto fra i Carbonari,
aveva meritati i sospetti polizieschi. Esempio di famiglia e tradizione
d'onore indusse il figlio Marcello, pure medico, ad aggregarsi, al
primo invito che n'ebbe, alla Giovine Italia, Già godeva bella fama
come traduttore di Petronio Arbitro e di Columella.
lì Carte prooessoali. — Gahtù, op. dt.^ pag. 301.
2) < Gorrìero Cremoneee *, 2 febbraio 1867.
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O. DB CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 435
Trovo fra i primi cremonesi aggregati dal Tentolini, Ambrogio
Cadolino» Francesco Piasza, Oioyanni Meriggia, il marchese Passati,
un cotal Bergolari, Oaetano Eibaldi, appena laureato in legge, Ce-
sare Benzeni, Antonio Ferragni, un Zoncada (1), l'ing. Antonio Be-
daschi, già polemista durante la guerricciola fra Classici e Roman-
tici e lodato traduttore del Riccio Rapito del Pope (2).
I giovani, nei quali è anche minore Tattitudine di raffrontare i
mezzi al fine, si tenevano già sicuri di conseguire al più presto
gli intenti vagheggiati. Il milanese Francesco Simonetta non vedeva
il momento di cacciarsi sulle montagne di Lecco e di Como: pro-
metteva all'amico Oiovanni Zambelli di fornirgli un fucile, per quando
si doveva incominciare la guerra all'Austria (3).
Però i cospiratori, non che abbattere, volevano ricostruire sopra
solide basi. Ricorsero al Romagnosi, come già i Carbonari del '21.
Il Romagnosi disse che non esporrebbe i suoi concetti se non a
persona in cui potesse al tutto fidare, e additò Cesare Cantù : senza
far torto agli altri, che gli stavano intorno, e che pure erano de-
gnissimi di fede. L'ingegno svelto e accorto del Cantò gli parve
adatto per simile pratica. Se non che non risulta che il Romagnosi
facesse poi le chieste comunicazioni» o rimasero del tutto verbali. Il
Cantù accettò, in questa e in altre circostanze, di servire da inter-
mediario, ma senza impegnarsi al di là di un certo limite, come
afferma egli stesso:
Benché legato a molti dei cospiratori non avea volato far parte della Giovane
Italia, credendo repngnante alla libertà robbligarmi ad esegnire i comandi di nn capo (4).
Nel luglio Tinelli e Albera ricevettero da Locamo avviso, che,
nel caso di un'insurrezione nel regno di Napoli, e di probabile in-
tervento austriaco, Italiani e Polacchi doveano dalla Valtellina sboc-
care nel Trentino, per distrarre le forze austriache, mentre la Lom-
bardia si sarebbe sollevata: fantasie più che altro di fuorusciti a cui
le distanze e i dolori tolgono di vedere esattamente le cose.
II Rosales si trovava alla sua villa di Sala Comacina sul Iago di
Como, e lettere di colore oscuro gli erano giunte da Milano ; andò
a Como, salutò gli amici, quindi passò il confine svizzero.
Ed era tempo, giacché nell'agosto il governo si mostra già infor-
8
K)nU.
(3)
fi) CiiiTt, Cromgtana ecc., voi. II, parte I, pag. 350.
2) Devo ringraziamenti airegregìo Alessandro Mandelli, cremonese, che ebbe la
bontà di aintare le mie ricerche.
Carte processuali.
Oronistoria, voi. II, parte I, pag. 353.
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436 MEMORIE
mato, in genere, dei complotti, e bandisce editto contro la GioTine
Italia. Nel quale si rammentava la paterna sovrana sollecitudine
nelPammonire i sudditi, dodici anni innanzi, contro le seduzioni e
le male arti della Carboneria ; e si additava la Giovine Italia come
p^giore della Carboneria stessa : suo scopo, rovesciamento di tutto
l'ordine sociale ; iniqui i mezzi, comandato perfino * Tassassinio. Si
ramn>entavano gli articoli del Codice Penale riguardanti il delitto
di alto tradimento, nel quale s'incorreva, non solo iscrivendosi nella
setta, ma ommettendo di opporsi ai suoi progressi e di denunziarne
i membri noti (1). I rapporti di polizia, che informano intorno Tef-
fetto di simile modificazione, accennano a sentimenti di filiale rico-
noscenza verso il sovrano previdente e amoroso, con lodi sperticate
alla sua costante sollecitudine verso sudditi, beatissimi di averlo, non
a padrone, ma padre (2).
Per meglio sterpare l'odiosa pianta, da Vienna si proponeva, e si
chiedeva il parere, in argomento delle polizie, di invitare tutti i pos-
sessori di libri e scritti sediziosi stampati, di qualunque forma e
nome, a notificarli dapprima, quindi a consegnarli all'autorità, sotto
comminatoria di severe pene. La difficoltà di compilare un prospetto
che indicasse siffatti libri e scritti, la facilità di deludere la legge
colla loro detenzione, l'odiosità delle molteplici e lunghe perquisi-
zioni fecero abbandonare il progetto (3).
XIII. — Intanto era proseguita l'inquisizione contro i Carbonari.
L'inquisito che spicca di più è il D'Adda. Sopportò il carcere con
signorile dignità e calma; fu lasciato nel più severo isolamento, e
senza che neppure qualcuno della famiglia io potesse visitare. Du-
rante i frequenti esami, per lo spazio di tre anni, i giudici non
riuscirono a strappare dal suo labbro né una confessione, nò una
parola che potesse menomamente danneggiare i suoi amici e i suoi
compagni di cospirazione. Promesse, minaccio, suggestioni, confirooti,
sofferenze morali e materiali, nulla valse a scuotere la fermezza del
suo animo. In mezzo ai tradimento di alcuni e alle debolezze di altri,
egli seppe conservarsi calmo e forte dinanzi alle più difficili prove.
Il sistema di difesa al quale s'attenne fu quello di non ammettere
mai, né per sé né per gli altri, nessun fatto, nessuna circostanza
per quanto lieve, su cui fosse interrogato e che pur fossero accolli-
ci) Carte segrete di, II, 843.
(2) Id., II, 345.
(3) Carte segrete cit., HI, 8, 11, 12 e segg.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOIIBARDU 437
pagnati da prove. Sistema difficile ad essere seguito durante una
lunga prigionia, e che pure fu l*unico che valse allora, e prima e
poi, a salvare gli inquisiti, dal patibolo o dal carcere duro, nei pro-
cessi politici fatti dair Austria. Una volta il Salvotti mostrò improv-
visamente al D*Àdda alcune sue lettere sequestrate presso altro degli
inquisiti, e nelle quali c*erano contro di lui alcune prove gravissime.
Il D*Àdda lesse le lettere, le osservò con la massima calma, poi
disse : « Queste lettere non furono scritte da me, ma la mia scrit-
tura è imitata abbastanza bene >. Né fu possibile cavargli più
di cosi.
Ora il procedimento si allarga; anche la Giovine Italia sta per
dare una numerosa schiera di inquisiti. Pervennero denunzie alla
polizia milanese da due preti, Giacomo Anelli e Federico Messaggi,
entrambi di Turro, presso Milano, ai quali s'era confidato un Pietro
Rolla di Vallate, nel circondario di Crema, cadetto nell* esercito
austriaco (1). Pare che i medesimi si tenessero obbligati alla de-
nunzia, non solo per la recente notificazione, ma in ossequio alle
bolle pontificie contro le società segrete. Venne subito arrestato il
Rolla, e, per non so quali indizi sopraggiunti, Paolo Lombardi, un
Morandi; e il 22 agosto del '33 lo studente Fedele Bono, apparte-
nente a famiglia assai ricca; un Donesana, contro cui era stato pure
spiccato mandato d'arresto, potò fuggire. L'Albera, il 28 agosto,
messo sull'avviso da questi arresti, passò senza ritardo iif Isvizzera :
di che Paride Zajotti cuculiò il Bolza, che s'era lasciato sfuggire
forse il più indiziato colpevole. Subentrò come agente principale in
Milano Cesare Cantù, per quanto il medesimo afferma, e gli fu anche
consegnata la cassa sociale, ma conteneva poche lire (2).
Le nuove ricerche erano state agevolate mercè una perquisizione
(4 luglio '33) della dogana di Genova sul vapore Sally, proveniente
da Marsiglia, dove si aperse un baule diretto da Mazzini a sua
madre, nel cui doppio fondo si trovarono scritti e lettere ; e s'ebbe
conferma che la Giovine Italia voleva ridurre tutta la Penisola a
regime repubblicano.
Seguirono gli arresti di Virgilio Brocchi, di Francesco Fontana
e di quel Francesco Scalini che vedemmo sedere fra i rappresentanti
delle Marche al Congresso di Bologna. Ora l'Austria lo processava
per atti commessi in un altro Stato, e per Tintenzione forse di
(lì Carte processuali. — Vanhocci, I Martìri ece.. Ili, 109.
(2) Gaxtù, Cronistoria ece,, voi. II, parte I, pag. 301.
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438 MEMORIE
commetterne di somiglianti in Lombardia, ove teneva amici e rela-
zioni (1).
Un manutengolo della polizia, in Bellagio, abbriacò il barcaiuolo
Rusconi, consapevole di molti segreti, per strappargli di bocca ciò che
egli aveva sin qui cosi bene custodito. Il Rusconi, dissipati i fumi
del vino, conobbe Terrore commesso e volò ad avvisare i patriotti.
Francesco Pini e Carlo Resia cercarono pronta salvezza nella fuga (2).
Tre 0 quattro giorni dopo si presentarono invano gli sgiierri alle
loro case (3).
Da Como spiccò il volo per aure migliori uno Scalini, parente
deirinquisito, che ridottosi in Egitto vi fece pregiare l'ingegno ita-
liano e tenne alti uffici. Dalla Valle Intelvi, terra di animosi in ogni
tempo, fuoruscirono due fratelli Piazzoli (4).
E non furono pochi quelli che, prevedendo l'arresto, prescelsero
l'esiglio. Giambattista Cavallini, cosi attivo intermediario fra i cospi-
ratori milanesi e bresciani, si ridusse nei Origioni, ove fu assunto
direttore delle ferriere Marietti a Splugen sul Reno, grandioso sta-
bilimento ospitale anche verso altri fuorusciti italiani. Tramutatosi
poi a Zurigo, per consiglio del conte Mazzuchelli, pure fuggitivo,
vi aperse una scuola di scherma, benché fosse mediocre schermi-
dore, frequentata dal principe Luigi Napoleone e dal Persigny (5).
Ad un conterraneo chierico nel Seminario di Bergamo s'era im-
prudentemente confidato il praticante di farmacia Foresti da Taver-
noia sul Sebino, altro degli iniziati da Gabriele Rosa; e disse anche
di pratiche settarie del maestro Cagioli da Pisogne e di Giolitti di
Iseo. Il chierico si credette obbligato di far regolare denunzia, e il
Foresti fu subito arrestato: non ebbe modo di disdirsi, anzi implicò
altri nella processura (6).
(1) Caktù, Cronistoria ecc,, voi. II, parte II, pag. 1268.
(2) Nel Maseo del Risorgimento di Como si conserva l'ordine di arresto contro i
sopranominati Pini e Rezia, non che contro Giacomo Antongina, possidente di Mi-
lano e Giovanni Cattaneo, chirurgo milanese, probabilmente celatisi nel Comasco.
(3) Debbo queste notizie all'egregio dott. Amanzio Bezia di Milano. La- spìa au-
striaca, di cui qui è parola, ricomparsa a Bellagio nel *48, dopo i roTeed, con aria
S revocante minacciava arresti e vendette: mentre stava nel suo giardino fu spento
a una fucilata, di cui la Polizia non potè scoprire Fautore.
(4) Boba, Cenni atU. cit., pag. 9.
(5) Mazziniano fedele e instancabile, è detto da Gabriele Rosa il CavaUere errante
della Bivolugùme (in lettera a me diretta). Nel *59, rincasato, vide a Brescia Na-
poleone che lo riconobbe e gli si profferse amico, desideroso di giovargli; ma ^
nulla chiese, bastandogli la liberazione della patria. — Lettera di Ignazio Lana a
Gabriele Bosa in e Sentinella Bresciana > , 24 giugno, ^1893.
(6) Boba, Cenni auU cit., pag. 9.
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6. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 439
Il Rosa, per il passo dello Spluga, andò, neiragosto» a visitare il
Cavallini, sia per dargli conforto, sia per ricevere istruzioni. Fece
ritomo per il colle d'Emet, e seppe l'arresto deirayy. Bai^nani in
Samico, più che suflSciente motivo per ricalcare i sentieri alpini,
ma gli parve diserzione e rimase (1). Invece fece da guida al fug-
gitivo avv. Antonio Bonini, conterraneo (2). Cadde il Rosa malato
di vajolo quando più aveva d*uopo di salute (3). L*amico suo Oua-
rini, pure malato di vajolo, appena in grado di muoversi fuggi lon-
tano: militò in Africane nella Spagna, e ritornò in patria appena
gli fu possibile, ricco d'esperienza e di fama. Il medico Bansolini di
Lovere, già era stato arrestato e condotto a Sarnico, ma potè sot-
trarsi agli sgherri, e spintosi sino a Parigi non fé' più ritorno in
patria. Il Pavese diede inquisiti cosi ai contemporanei processi ales-
sandrini come ai milanesi. Furono tradotti ad Alessandria alcuni
cospiratori d'oltre Ticino, l'ing. Leopoldo Omboni e Giovanni Stra-
della; il dott. Giulio Robeccbi di Gambolò potò riparare a Parigi.
Dei due fratelli Marezzi, testé segnalati, l'uno, Emilio, fu processato
in Alessandria, e l'altro, Pietro, venne arrestato e condotto a Mi-
lano (4).
Mutarono cielo anche il Belcredi di Bergamo, Mario Marliani,
Luigi Imperatoi^i, fratello dell'avv. Giovanni Battista, uno dei lumi-
nari della magistratura lombarda (6). Da Cremona fuoruscirono l'ini-
ziatore Tentolini, che alternò l'operoso esigilo tra Francia e Sviz-
zera, il Benzeni, il Ferragni, il Tibaldi e il Zoncada. I due ultimi
ripararono in Inghilterra, campando di lezioni la vita, indi s'arruo-
larono in Portogallo nella Legione straniera.
Fra le risultanze processuali, apparve che la filatura di cotone a
Castiglione, presso Lecco, era una fucina contro lo straniero, e che
ivi i fratelli Grassi ricevevano i pacchi della Giooine Italia e del
Tribuno. I medesimi ebbero tempo di mettersi in salvo. Ed anche
si venne a conoscere il malcontento, che serpeggiava tra le persone
colte : più che mai ne rimase indisposto il governo contro le scuole,
contro la scienza. Si fecero rimbrotti alle università, perchè troppo
corrive nel concedere le lauree : meno dottori, minori sopraccapi.
(1) Cenm aut cit.., pag. 9.
(2) Odorici, Storie Breaciane, X, 246.
(8) Ctmii dt., id.
Uk) ViDARi, OD. cit, II, 463 e 464.
(5) Mauri, Scritti biografici, II, 459. Firenze, 1873. — L'ayr. Imperatori, benché
di spiriti patriottici, fn alieno dal cospirare.
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440 MBMORIE
D*altra parte si redeva oon sospetto remigrarioue, e si adottarono
spedienti per frenarla, come nel '21 : s'impediva, per esempio, ai
giovani nostri medici di recarsi all'estero affine di perfezionarsi o
di esercitare l'arte propria. Intanto s'ingrossava l'onoranda schiera
dei nostri esuli.
XIV. — Il momento dell'azione scostavasi di mese in mese, ncchè
ai congiarati, pur di illudersi di agire, non rimaneva che radunarsi
or qui or lì. Nell'autunno del '33 si raccolse un gruppo di fuoru-
sciti a Bironico, nel Canton Ticino, presidente Oiacomo Giani e vice
presidente uno Scotti di Alessandria. Altri convegni ebbero luogo
sul monte Ceneri, alla Madonna del Soccorso, non lungi da Sala
Comacina (1), ove Rosales, come già sappiamo, aveva una villa : ed
è a credere che il medesimo, temporaneamente ricomparso, fosse
presente, per ospitare gli amici.
In altra occasione, al Santuario della Vergine, presso Porlesza,
convennero i Resia, il Pini di Bellagio, Giuseppe Castiglioni di Valle
Intelvi, con altri esuli. Chi pub dire l'emozione di quei patriota,
che, venendo non senza sospetto da luoghi diversi, godevano dei ge-
nerosi rischi, gioivano di quella romanzesca secretezza, davanti la
maestà della natura, di quelle espansioni patriottiche, che infonde-
vano speranze anche maggiori del vero, ma pure vivissime.
Più numerose riunioni si tenevano intanto, a Lione e a Ginevra:
Polonia, Francia, Piemonte, Lombardia, vi aveano rappresentanti :
preside, già s'intende, Mazzini. Si cominciò a mettere innanzi l'ar-
rischiato progetto di una spedizione in Savoia. Il Rosales e l'Albera
doveano riunire i volontari a Grenoble, assegnare i gradi, disporre
dei fondi secreti, concertandosi col Gomitato italiano residente a
Lione. Dalla sua villa di Rosenek, nelle vicinanze di Losanna, il
patrizio milanese, il Rosales, spediva messi, raccoglieva danaro e
anche più ne offriva e spendeva egli stesso, teneva estesissimo ca^
teggio: insomma era il braccio destro di Mazzini.
Fra noi, non cessava l'affacendarsi di spie e di sgherri, e spes-
seggiarono gli arresti e anche per V inesperienza di più carcerati,
che, non sapendo schermirsi dai lacci dagli inquisitori, senza sal-
vare sé, nocquero a molti (2). Gabriele Rosa, ammalato di vainolo,
(1) Scalimi, Preparaeione dei moU del 1848, reminigcenge comasche, Como, 1889,
pag. 9: soggiunge che tale convegno ebbe Inogo per apparecchiare la spedìsiaDe
di Savoia.
(2) Carte processuali. — Vannucci, I Martiri ecc.. Ili, 109.
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0. DB CASTRO — OOSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 441
come s'è detto, fa carcerato il 5 ottobre : < Febbricitante fui posto
nslie carceri d'Iseo, attendendo la convalescenza ». Era la stagione
della vendemmia, e salivano al carcere i gridi festosi dei vendem-
miatori, e il cielo era tutto pace, tutta lietezza : per lo che, il pri-
gioniero « cadevo in profonda melanconia, ma non mi pentivo del-
l'opera mia, e non disperavo ». Appena trasportabile, venne avviato
a Milano (1).
Le confessioni di un Foresti motivarono in Iseo l'arresto del ra-
maio Cristoforo Battaglia e del pizzicagnolo Ambrogio Giolitti (2).
Fra poco le carceri saranno colme di circa seicento inquisiti. Non
c*è per cosi dire, territorio lombardo, e attiguo, che non lamenti
prigione taluno de' suoi figli. Gallarate, Luigi Borghi e Filippo Guen-
zati; Codogno, Francesco Lamberti, Angelo Colaroli e il medico
Giovanni Dansi; Lecco, un Ferdinando Lucini; Varese un Luigi
Grossi; Como, un Pietro Lucini e un giovane Fogliani, figlio di un
poliziotto; Parma, Alessandro Moscheni, ex militare addetto al Genio,
architetto e incisore ; Solerò, presso Alessandria, Andrea Cavalieri,
ex militare; Stresa, Carlo Lamberti, dottore in medicina.
Dei milanesi ricorderemo G. B. Carta, autore di opere geogra*
d, anima semplicemente e candidamente eroica, Onofrio Cam-
j[i arrestato a Verona ove dirigeva una raffineria di zuccheri,
Giuseppe Grassi, negoziante, Filippo Labar, figlio di un ufficiale fran-
cese morto in Italia, Giuseppe PraieK Antonio Suardi, pure nego-
ziante, Carlo Bussi, avvocato.
L'abito ecclesiastico non premuniva dai sospetti, sicché troviamo
fra gli arrestati il chierico Dossena, i sacerdoti Ambrogio Mora coa-
diutore di Appiano e Carlo Cattaneo di Maccio nel Comasco.
L'avv. Giuseppe Piazzoli, fratello dei due fuorusciti, venne arre-
stato di notte in Castiglione di Valle Intelvi, colle maggiori pre-
cauzioni per impedirgli la fuga, cosi facile da quel paese di confine.
Questo arresto venne immediatamente seguito da vendetta politica :
fu ucciso con arma da fuoco il commissario distrettuale Piccinini,
per sottrarre al medesimo delle carte compromettenti. Il processo
fu fatto a Como, e gli indizi gravavano i fuorusciti Piazzoli, un
Francesco Sormani e un Giovanni Custodi di Busto Arsizio, ma
anche questi fuoruscirono in tempo (8).
(1) CemU aut. dt, pag. 10. — Odorici, 8t. Brtèc, cit., X, 246.
(2) Carte proceBsoali.
(3) Caxtù, Grcnktoria cit. ecc., voi. II, parte I, pag. 316.
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442 MEMORIB
XV. — Il già ricordato Agostino Caggioli di Pisogne, maestro
elementare in nn paesello della Valcamonica» sofferse perquisizione
ni ottobre. Cacciato dal posto, gemeva per la vecchia madre, forse
condannata alla miseria. Ma peggio gli sovrastava. Il 14 novembre
venne arrestato, e condotto a Bergamo, quindi a Bfilano. A Santa
Margherita gli fa assegnata nna di quelle stanzuccie, dette dagli
inquisiti «colombaie »; e in breve potè conoscere il nome dei più
vicini compagni, il Giolitti, il Borghi, il Moscheni, il Dossena, l'av-
vocato valtellinese Visconti Venosta, un prof, abate Fumagalli e
Filippo Ouenzati ; degli ultimi due ricorre il nome per la prima volta.
Fra il maestro e l'avvocato valtellinese si saldò una forte amicizia:
Quante volte, 8crÌTe il Caggioli, io aospiraya per la desolata mia madre, alla quale
altro sostegno non rimaneva che la carità cittadina, ed egli pel cadente suo padre,
per la vedovata moglie, e pei due figliuoletti innocenti (1).
Nella fiducia di recuperare presto la libertà, dichiarava che ap-
pena di ritomo alla sua villa di Ardenna, avrebbe fatto levare le
inferriate dalle finestre, perchè non gli stesse davanti alcun segno
che gli rammentasse la patita prigionia (2).
Le « colombaie » s^aprivano sopra un corridoio comune : i prigio-
nieri potevano parlarsi dai finestrini : oppure a segni dalle finestre,
come i muti : ovvero ciascun vano dell'inferriata indicava una let-
tera dell'alfabeto, e toccando l'un ferro o l'altro riuscivano a farsi
capire. Si ricorse anche al sistema dei picchi nel muro, sistema, di
cui il semplice Caggioli assegna l' invenzione al Gonfalonieri (3).
Il buon maestro pizzicava un po' di lettere, e s'era messo a sm-
vere un poemetto col titolo La eaectagione degli ani:
Misericordia! Dovetti dar conto di tutte le espressioni, che si ritenevano equi-
voche. Dalli e ridalli, si voleva che con quello scrìtto io avessi inteso di allndeie
alla cacciata degli stranieri dalla Lombardia (4).
Fra gli assessori inquirenti sedeva nn Giuseppe Pecchie, nemmanco
parente, credo, dell'omonimo che tanta parte ebbe nei moti del '21
ed ora espiava in esiglio. In un costituto, nell'agosto, al quale as-
(1) Op. cit., pag. 61.
(2) Id, pag. 80.
(3) Forse collo stesso fondamento attribuisce al Borsieri dei veni che espongono
la regola di quel misterioso linguaggio, e Teffetto che di solito se ne consegne
... 5» noia nel percuotere
L^elettriea parola
Passa h mura e Ubera
Per ogni career vola,
(4) Op. cit., pag. 70.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 443
sisteva costui, emerse un'accusa contro il professore privatista di
scienze giuridiche, Giuseppe Ferrari, il discepolo e Tamico di Ro-
magnesi (1). Il Zajotti ne ordinò Timmediato arresto ; ma la mattina
vegnente il professore avea già spiccato il volo, principiando quel-
Tesiglio che seppe spendere a decoro degli studi e della patria.
Zajotti sospettò che Pecchie avesse tradito il segreto, giacché lo sa-
peva intimo del Ferrari, e lo fece immediatamente arrestare.
Ai primi di novembre, Cantù e Azeglio visitarono Manzoni a
Brusuglio, e nel ritorno, alla porta della città, i doganieri usarono
un'insolita diligenza di vìsita alla carrozza (2). Questo atto restò
spiegato quando, poche settimane dopo, la polizia cercò e perquisì
lo stesso Cantù. Sul cui arresto (23 dicembre *33), si ha un rap-
porto di polizia del Torresani allo Zajotti :
n suo contegno è decisamente censurabile. Parlava con minore decenza e riguardi
dell*aatorità politica e dei tribunali ... In tatta la famiglia nacqae il disordine col
pianto e con tante grida delle donne che mossero tntto il vicinato, dando Inogo cosi
a spiacevoli pubblicità, e &cendo nascere qualche inquietudine in ohi agiva per mio
ordine e che a stento ha potuto compiere la mia missione (3).
Nobile contegno serbò poi in carcere. L'inquisitore Zajotti ebbe
a paragonarlo a « farfalletta che svolazza intorno alla forca » (4).
E r inquisito riferisce, con altre parole, un giudizio consimile :
< quel giovane fa due passi verso la gloria, tre verso la galera (5) ».
I motivi detrarreste sono indicati in un rapporto del Torresani:
Mosse Tordine d'arresto principalmente dalle diverse deposizioni processuali che lo
indicano implicato nelle macchinazioni del giorno, e che lo fbnno sospettare il capo
propagatore, sostituito alPora profugo Albera di lui intimo amico.
Si voleva anche impadronirsi de* suoi scritti, toglierlo alla cat-
tedra, da cui la sua parola non poteva che nuocere, avendo co' suoi
libri e co* suoi discorsi
dato prove incontrastabili del suo esaltato liberalismo e di avversione alFattnale or-
dine di cose.
La perquisizione confermò le previsioni poliziesche: gli si trova-
rono opere di provenienza clandestina, Sismondi, Gioia, Pecchie, ed
altri libercoli della « famosa stamperia Ruggia >, non che mano-
scritti € sparsi saltuariamente di pensieri immorali e antipolitici ».
(1) Carte processuali.
Ì2) Caktù, Alessandro Mangoni, ecc., II, 272.
(8) Cesare CatUà giudicato daW età stM. Milano, Robecchi, pag. 51 e segg. —
BuSHELLi^ Cesare Canti*. Mikno, 1887, pag. 29 e segg.
(4) ToMUABEO, Di Q, P. Viesseux, pag. 21.
(5) Gamtù^ Crcmsiùria ecc., voi. II, parte I, pag. 853.
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'444 MEMORIE
Fermò lo sguardo Una difesa della setta dei Sansimonistiy con
cenni bibliografici « a carico o a fitvore dei medesimi, sia per esal-
tare il liberalismo degli uni, sia per censurare il sano procedere
degli altri ». In altro manoscritto < apertamente figura il Gantù
caldo liberale, smanioso di politiche innoraziooi e nemico pronun-
ziato dell'imperatore e casa d'Austria ».
I costituti si estesero sopra i suoi lavori letterari « che lo con-
dannano e palesano del tutto indegno della confidenza del governo ».
La difesa fu abile, ma tutt'altro che timida, a giudicare dallo
stesso rapporto, perocché egli < ha confermato la sua condanna, fa-
cendo nuova professione di principii anti-politici ». Ammise le sue
relazioni « coi più screditati liberali e particolarmente coli' Albera ».
Manteneva carteggio col Canton Ticino, < coi più famigerati libe-
rali, lo stampatore Ruggia, il segretario di stato Stefano Franscini,
e il dottor Peri (1) ».
Assiduo in casa Manzoni, Gantù notava i pensieri di quel sommo
in un libretto, che era stato trovato fra le sue carte e o£ferse sog-
getto di « squisitissime e fin maligne interpretazioni » . Non sapeva
di chi fossero quei pensieri, e Gantù si guardò bene di dirlo. Gliene
fecero un aggravio. Brano i pensieri di un filosofo, che giudica la
storia dall'alto senza passione e senza viltà : si rammentavano i di-
ritti dei popoli, i doveri dei sovrani, le antiche franchigie dei Mi-
lanesi. Il libretto, ora deposto nell'Archivio di Stato di Milano,
venne pubblicato dallo stesso Gantù (2).
Fra le sue carte si trovò pure una lettera dei Muzzi, nella quale
si lagnava « delle universali miserie »; un'iscrizione manoscritta con
cancellature riferibile a Giro Menotti ; una minuta di testamento del
'31, nel quale anno lo scrivente aveva presentimento di vicina
morte, ove pure era professato l'amore all'Italia e < la speranza del
meglio » ; insomma materia abbondante da inquisire, e conseguente
necessità nell'inquisito di cavillare sui vocaboli e di sconvolgere il
senso : e questa fatica fu sostenuta dallo Zajotti e dal Gantù stesso
nei lunghi e appassionati interrogatori.
Dapprima il regime carcerario fu assai severo : né libri né carta.
Gostretto a quell'ozio, cosi nuovo per lui, ideò parecchi lavori, che
esegni in appresso. Accordatigli i mezzi di scrìvere, compose la Mar-
gherita Pusterla.
(1) Cesare Cantù giudicato daìfeià sua, pag. 59.
(2) Alessandro Maneoni, II, 27B, 311 e negg.
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Q. DE CASTRO — COSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOÌiBARDIA 445
XVI. — Oabriele Rosa fa lasciato solo per qaalche tempo, e il
carcere, vicinissimo allo stanzone dove tumultaavano le donne di
mal affare, gli rifiatava perfino qael grande benefizio che è, in ta-
lune circostanze della vita, il silenzio: di giorno e di notte adiva
quel costamatissimo alpigiano laide parole e sconcie canzoni. Poscia
gli mutarono prigione, e fu dato compagno al già nominato Labar
< gracile, timido, schietto soverchiamente ». E durante il processo si
abasò della mitezza del suo carattere, del candore della sua anima:
Benedisse la mia compagnia, scrìTe il Rosa, che gli fece rifluire la yita. Lo Zaiotti
conosdntane la debolezza, lo fiEuscTa chiamare pel processo a notte alta, onde tomaya
daU'interrogatorìo tanto confuso che nulla ricordaT» più. H giudice gli fece accusare
un amico, Salize, che veramente non aveva partecipato alla lega, e non gli permise
poi di rettificare quanto aveva deposto contro di lui (1).
Dal canto suo, il Rosa rinnovò Taccorgimento di Àristogitone di-
nanzi il tiranno Ippia, denunziò persone del tutto ignare, per dar
filo da torcere al Tribunale, omettendo tutti gli Iseani e i Comuni
da lui affiliati, che non ebbero a soffrire nessuna molestia. E gli
occorse ingegno non poco, e sovratutto saldezza antica di fibra per
mandare deluse le cattive arti processuali : < Mi si mostrarono let-
tere false d*amici, si usarono suggestioni ed insinuazioni astutis-
sime (2) ».
Al cadere dell'anno (27 dicembre) si notò nelle carceri di Santa
Margherita un insolito movimento:
Un andare e venire di carroaze, un girare di carcerieri e di lanterne, riempiono
raniino nostro di sospetto e di timore (8).
Oramai quelle prigioni erano scarse al numero dei processandi,
e però si era deciso di tradurre alle carceri di Porta Nuova i più
aggravati per separarli dai semplici indiziati:
Tutti, scrive il Gaggioli, stavano col cuore sospeso ed angustiato per tema di es-
sere compresi nel novero di quei disgraziati. Ohi qual dolore provai nel vedere de-
signati alla partenza i due buoni amici Moscheni e Dossenal Dal finestrino misi
fìu»i il braccio e mi strinsero furtivamente \a mano (4).
Lo Zajotti aveva tentato di coinvolgere nel processo Pietro Gior-
dani. Al Gaggioli fece rimprovero di studiare gli scrìtti dell'insigne
prosatore :
(1) Cenni aiU, dt., pag. 11.
(2ì Cenni aut cit, pag. 11.
(3) Camiou, op. dt., pag. 84.
(4)lD.
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446 MBMORIE
Possibile che tatti gli sconsigliati ammiratori del piacentino scrittore sieno Te-
nnti, come questo, in prigione? Pericoloso scrittore! Pericoloso scrittore! Uomo
anti-politico (I).
Gli era pure avverso il Direttore di Polizia negli Stati Parmensi»
il bergamasco Edoardo Sartorio. Il medesimo brigò presso la Polizia
milanese perchè fossero chiusi al libero scrittore gli Stati Austriaci;
brigò perchè non fosse ristampato in Milano un suo discorso circa
l'intaglio Lo Spasimo del Toschi : di che il Giordani stesso fa la-
mento in un memoriale diretto alla contessa maggiordoma della du-
chessa di Parma, ove chiede giustizia, e, con fine ironia, la chiede
in nome delle massime proclamate dallo stesso imperatore d*Austria:
Qnesta dottrina Tbo imparata da maestro dcnro e non calnnniabile, Timpentore:
il quale mostrò gran voglia di propagarla, quando pose nel contomo della sua mo-
neta: giuatUia è fondamento de' Regni; come se volesse confortare i popoli a spe-
rarla, e domandarla con perseveranza, e seriamente ammonire i governi a non ces-
sare di &rla: come se dicesse — I governi cui mancberanno questo fondamento...
cadranno (2).
Alieno dalla politica militante, la propaganda del Giordani era
tutta civile, filantropica, ma scrupolosamente legale; cuculiava le
« unghiute » polizie, e sapeva di non essere « un pesce per le loro
reti » : sapeva i furori dello Zajotti contro di lui, ma ne rideva
di gusto :
Vero è, scrive in un altro suo memoriale difensivo, cbe un altro grand*uomo (dice
un altro, accennando al persecutore Sartorio), Taltissimo Giudice d*Alto Tradimento
nel regno Lombardo, unisce in me la &ma e la stupidità; e va dicendo tra' suoi
che sempre lo anima una speranza dì fare una più intima conoecenga col celebre
signor Pietro Giordani, Confesso che quel celebre è detto per ironia; e che assai
più sincero è lo sperare che la mia sciocchezza rallegri una volta lui di queUo che
sì lungamente e invano fu bramato e sperato dal famoso di avermi nelle mani (3).
Fatto è che il Sartorio venne assassinato in Parma, la sera del
19 gennaio del '84, mentre la gente affoUavasi al teatro : niuno ne
vide il feritore, niun indizio lasciò di sé, niuno diede indizio di lui ;
colpo inopinato, misterioso, che fu giudicato non vendetta, ma ga-
stigo. Cinque giorni dopo il Giordani ne scrive ad Antonio Gussalli,
egregio uomo, il più devoto in Milano fra i suoi amici e ammiratori,
che stava in casa Poldi Pezzoli, come educatore dell'unico figlio.
La lettera (4) diceva cose che Giordani desiderava sapute da chi,
(1) Id.
(2) Giordani, Opere. Milano, Sanvito, 1857, IV, 293.
ÌS) Id., pag. 311. — Si allude evidentemente al Salvotti.
(4) È pubblicata nelle Opere cit., lY, 317 e segg.
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G. DE CASTRO — OOSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 447
per aver influito nel mandare Sartorio a Parma, poteva anche in-
fluire solla scelta del successore : e questo danno desiderava l'onesto
cittadino evitare al suo paese. Affinchè la lettera yenisse letta dal
Torresani (1) la spedi senza verona cautela per la posta (2) : anzi
le fece fare maggior giro: dapprima da Parma la spedi ad amici
di Piacenza, che la leggessero, e quindi la mandassero a Milano.
Intanto al Oussalli aveva spedito preavviso significandogli sue in-
tensioni (3).
Ebbe il Gussalli la lettera, già manomessa nelle aule poliziesche,
della quale fece né più nò meno di quello che eragli prescritto dal-
Tamico, cioè la diede a leggere a moltissime persone:
E qnella parve occasione a sbramare la dodicenne sete e la novemestre rabbia a
Paride Zajotti. Né il Sartorio né io vedevamo un futuro che ci stava si presso. Né
U brattìasimo Paride vede il suo avvenire (4).
Gli agenti di polizia rovistarono la casa del Gussalli, cercando
l'autografo della lettera che non si rinvenne. Il Gussalli sofferse
breve prigionia e negli esami fattigli, non potè memmeno ottenere,
€ non ostante sue proteste, di dettare egli stesso di bocca propria
le proprie risposte allo scrivano » (5). Il processo non ebbe alcuna
conseguenza.
Miravasi alfautore della lettera. Circa un mese dopo, nella notte
del 26 febbraio. Giordani sofferse in Parma < io&me violenza (6) »,
fu trascinato in carcere e sostenne per ottanta giorni quel processo
di cui egli stesso fece la narrazione (7). Benché consuete, riuscirono
al Giordani nuove e asprissime le sevizie (8) : incorportabìle Tin-
tromissione dello Zajotti, che mandò « scUocchissime interroga-
zioni » (9). Scrivendo dal carcere al Gussalli, sotto velo, gli fa in-
tendere che il suo caso era grave: < Io sin dal principio ho giudicato
s.
Opere cit., IV, 382; VII, 24.
Giordani sapeva a prova, che le sae lettere venivano fermate e lette. Il 31
dicembre *31 scrive al Bianchetti: < Col Silvestri non ho carteggio, e a Milano non
iscrivo perché le lettere vi han sempre cattivo esito . . . Quante miserie in onesta
povera Italia! ». — Epistolario^ VI, 109. — Vedi pare a pag. 15, 159, 164, Opere,
IV, 298 ecc.
(3) Episi,, VI, 242.
(4) Opere «t., IV, 814.
(5) Gussalli, Memorie intomo àOa vita di Pietro Giordani, Milano, 1877, p. 334.
(6ì Giordani, Epist,, VI, 246.
7) Opere cit., IV, 387 e segg. e Appendice intomo àUe opere di Pietro Oiordomi,
0, Sanvito, 18Ì82, pag. 9 e segg.
'8) Opere dt, FV, 326.
[9) lA, IV, 324.
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448 MKMORIB
non guaribile questa malattia » (1). Invece la guarigione non
mancò, per la robustezza del malato e della difesa.
La lettera fu sindacata linea per linea, e anche tra le linee per
scoprire i più reposti pensieri. Non una frase potè sfuggire a quelle
calcolate difSdenze e a quelle sistematiche paure : « Mille saluti al
buon scrittore? E digli per me maete animo >. Che significaTa
tutto ciò? Che intesa c'era sotto, che complotto, che rivoluzione (2)1
E Giordani, con quel sorriso compassionevole verso i giudici che
non cessò mai di accompagnare Targuzia della risposta, diceva il
nome di quel bravo scrittore, Francesco Ambrosoli, e Tintenzione di
quella frase latina, cosi nota e che pure feriva i timpani dei giudici,
un semplice rallegramento per gli articoli che veniva pubblicando
nella Biblioteca italiana.
Dicesi che Io stesso Zajotti si recasse a Parma, quale giudice straor-
dinario, e che non arrivasse a scoprire alcun rapporto fra il lette-
rato piacentino e gli inquisiti lombardi. Però di questa andata dello
Zajotti a Parma non ò alcun cenno nella narrazione sopra citata.
Probabilmente si confuse lo Zajotti col suo duce e maestro Salvotti,
il quale nel *22 era andato a Parma per chiedere Tincarceramento
del Giordani, ma la duchessa Maria Luisa oppose rifiuto (3).
Però lo Zajotti era presente in ispirito; e sei sapeva benissimo
l'inquisito ; e contro di lui in particolare s'avventa e protesta nelle
sue difese, regalandogli ingiuriosi nomi, specie quello di Ser Mau-
rizio il grande (4), per paragonarlo a quel Ser Maurizio da Milano,
inquisitore criminale in Firenze sotto il duca Alessandro Medici,
che figura nella Luisa Strozzi di Resini : solo gli spiace che < Ser
Maurizio tenga la sua sublime cattedra in luogo si oscuro quanto è
un carcere > (5). Siccome l'inquisito parlava senza ambagi, e non
c'era modo di convincerlo di nessuna reità, dopo ottanta giorni di
prigionia parve miglior partito mandarlo libero.
(1) Episi, cit., VI, 256.
(2) Viene opportuno il noto aneddoto: Lnigi XYIII disse on giorno al suo D6-
caxes quel che diceva Enea al suo Inlo: Maete animo, generose puer, presenti «li
altri ministri. Il daca di Bollano ascendo con loro dal congresso disse loro: Che ba
il re contro di noi? Perchè d ha detto marehee, animaux? — Giordjjii, op. cit.,
IV, 385.
(3) Opere cit, IV, 330.
(4) W., IV, 372.
(5) Id, IV, 875.
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0. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 449
XVII. — La mala disposiùone del governo verso gli inqaisiti
lombardi venne aumentata da un avvenimento esterno, la spedizione
di Savoia. I preparativi erano stati lenti e laboriosi. Il Mazzini
aveva costituiti all*uopo speciali comitati, procurando di ordinare mi-
litarmente i diversi gruppi ; molti tedeschi e polacchi partecipavano,
0 promettevano; ne godeva il Capo, sperando < impiantare sulle
nostre Alpi una bandiera di fratellanza europea > (1). Teneva suo
quartiere generale neW Albergo della NavigoMione a Ginevra:
L'albergo era tutto nostro e fatto inaccessibOe alla vigilanza delle polizie. Qiacomo
Ciani lavorava operoso a conquistare al disegno i facoltosi lombardi sparsi per la Sviz-
zera; operoso 9g\ì pure, an Gaspare Bekredi, valente medioo, non enrante di fama o
d^ogni altra cosa faorchè del fine e ch'io cito perchò fra i pochissimi che non mutarono
mai... Bacoogliemmo nuovi mezzi in danaro, segnatamente da Gaspare Rosales,
gentiluomo lombardo, raro per unità di pensiero e d'azione, d'indole generosa, leale,
cavalleresco • . . Lavoravamo tutti concordi e lietamente instancabili (2).
Giacomo Giani, neli'attraversare il San Gottardo, ebbe le mani
gelate, e dovette fermarsi alcun tempo a Ginevra per la cura : « Non
istette ozioso, ma fu molto attivo e generosissimo > (3). Anche Be-
nigno Bossi diede una ragguardevole somma.
Al momento di operare la concordia scema. Filippo Buonarroti,
poc'anzi d'accordo» dissente ad un tratto e sconsiglia dalFazione
immediata. Egli vedeva nel collegarsi di Mazzini e Giacomo Ciani
ad Emilio Belgioioso, che era venuto ad offrire il suo braccio, e ad
altri patrizi o ricchi lombardi che egli chiamava sdegnosamente i
banchieri, una deviazione dai principii della pura democrazia (4).
Ad ogni modo si affrettano gli ultimi preparativi. Rosales, con Ar-
duino e Allemandi, è mandato a Lione, per formare un nucleo di
colonna (5). Airordinamento dei volontari attesero pure i fratelli
Ciani e TAlbera. Il 1^ febbraio *34 i fuorusciti varcarono il confine
piemontese sotto Tinfido comando di Ramorìno. I lombardi, tra cui
Giacomo Giani, che era pure assai innanzi negli anni, armato della
tradizionale pesante carabina svizzera marciarono tra i primi: ma
all'audacia non corrispondeva nò l'opportunità, nò la scelta dei
mezzi, e quindi l'esito, come tutti sanno, fu infelicissimo (6).
(1) HazziÌii, 8mHi dt., IN, 386.
(2) W., pag. 837.
(3) IcL, pag. 347.
(4) JA, pag. 348.
(5) Yiamcci, J Martiri ece^ III, 121.
(6) € Filippo Ciani si è pure mostrato zelante e generoso assai in questa occasione,
n poTero Pisani-Dossi non so come non ne sia morto di fstica prima, o di rabbia
dopo > . — Lett. di Benigno Bossi al Paaiui. — LetL ai Famgsi cit., pag. 95.
Rivista Storica Italiana, XI. 90
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450 MEMORIE
NuUamenOy anche dopo rinsaccesso, il Bossi ne scrìve al Pecchio:
Qaest*afiare, che da lontano doreva sembrare quasi insignificante ed azzardato era
combinato saviamente e salla domanda dei Savoiardi: poteva forse determinare la
rivoluzione in Piemonte, e quindi mfàlMlnlmente assicurare Tlndipendensa dltalia (1).
Tatt*altro è il giudizio del Pecchio, nel quale convennero i più :
E que' nostri mentecatti che pretendevano di sollevar la Savoia, e metamorfosare
il Piemonte in repubblica? Meriterebbero lo staffile che si dà ai ragazzi: ogni altra
pena gli onorerebbe troppo. Bd è poi questo il tempo opportuno per una simile
pazzia? Hanno sempre in bocca ICacchiavelli senza leggerlo; quel grand'uomo, e brìo-
cone, diceva che bisogna agire secondo le circostanze non contro le circostanze (2).
Il governo austrìaco più che mai si persuase che occorresse il
rìgore, e guidare le idee come falsare i giudizi con quanti mezzi
stavano in suo potere. Affrettò la confutazione del libro di Mislej
cui attendeva lo Zajotti. Il medesimo ebbe la facoltà di rivolgere
al governo domande e di chiedere dati uflSciali: ma ottenne le in-
formazioni a spizzico. In seguito la Polizia di Vienna gli notìficò
che non si trattava di rìbattere ad una ad una le accuse, ma solo
di « smentire con brevi ma energici cenni le principali calunnie >•
Allora lo Zajotti restrìnse il piano deiropera. Mano mano spediva
a Vienna il manoscritto, chiedeva e rìceveva istruzioni ; Mettemich
e Sedlinzky ne facevano un accurato esame: e Fautore toglieva o
aggiungeva con quella servile pazienza, che rende più accetti ai su-
perìorì. Ne risultò un panegerico ingegnosamente compilato (3).
Doveva essere stampato in Francia e in francese, ma poi si rinunziò
al pubblico europeo, accontentandosi deiritaliano (4).
Era pure miserevole la posizione di un simile uomo, già amico
del Monti e di eminenti uomini (5), crìtico fecondo ed arguto, ed
ora investito di ufl9ci si odiosi e ignobili. Ma lo stravolto sentire
forse gli lasciava credere di compiere non altro che il suo dovere.
Non mancava di virtù domestiche ; era capace di forti amicizie ; e.
(1) Leu. ai Paniggi cit., pag. 94.
(2) Lett. cit, pag. 120.
M Cavtìj, Oronistoria cit., voi. II, parte I, pag. 404; voL II, parte U, pag. 1270.
(4J Comparve nel *35, dopo la morte di Francesco I, colla ùAba data di Parigi
e del *84 col titolo Semplici verità opposte àOe menzogne di Enrico Misky: &lBa
data e falso libro dal principio alla fine. Eccitò la bile di molti, e fra gli altri del
Giordani, il qaale, se è vera la fìima, Bcrisse an*eloqaente confutazione ; ma è a do-
lere sia andata smArrita. — Cfr. CANrt, op. cit., voi. II, parte I, pag. 404.
(5) Assicurasi (Vavnucoi, I Martori ecc., m, 113) che mentre era studente a Bo-
logna, improvvisando, aveva eccitato a usare il coltello contro chi mancasse ai saoi
doveri verso la patria:
Caceiagìi m seno U puniior coltello
" * et non è f
Che il tiranno firatefnon è fratdlo.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 451
strumenti di odi goTernativi, provava potente il bisogno d* affetto.
Airamico Bresciani confida le sue pene :
Seriro dall*afficio, accerchiato, perchò questo è dir poco, oppresso da innamerevoli
brighe che mi limano la salute e Tintelletto . . . Miseria e poi miseria, poiché nes-
8iui*altra eredità fa lasciata ai figliuoli di Adamo. Vedere una nobile meta^ sentirsi
quasi la forza di poterla raggiungere, e doversi fermare immobile a guardarla ! Bi-
sogna provare questo stato; bisogna giacere incatenato su questa rupe per conoscere,
che in qualche momento la vita può essere amara come la morte (1).
È il rimpianto dei giorni giovanili e innocenti gli riempie il cuore
di immensa tristezza. In una lettera all'Acerbi, che dalla palestra
giornalistica era passato console generale d'Austria in Egitto:
Volai tosto col pensiero a quel tempo beato^ in cui tutto mi pareva &cile
e lieto; giorni invidiabili. . . E dopo quel tempo quante cose sono avvenute! Quanti
disinganni mi ha condotto Tetà >.
II gabinetto di Vienna dolorava per gli strali con cui alcuni ar-
diti e liberi scrittori sapevano ben addentro trafiggerla. Le finanze
austriache erano state sindacate da W. Stewart Rose, che ne gua-
dagnò bando perpetuò dalla monarchia (2). A Bruxelles era uscito
un opuscolo anonimo, col titolo Tabletteg autrichienneg, che levava
addirittura la pelle. Frequenti le filippiche contro TAustria nel par-
lamento inglese: e molt*eco ebbe il discorso di lord Dudlej. Non
parendole suflSciente il libro dello Zajotti, l'Austria un altro ne fé*
comparire colla falsa data di Parigi : Notizie storiche Mtatigtiche
gtUl'amministrcaione austriaca nel Regno Lombardo- Veneto.
Saint-Marc Girardin, convinto od altrimenti sedotto, pubblicava nel
Journal des Débats un'apologia col titolo Lettres sur le Danube.
La difesa dell'Austria veniva pure assunta spontaneamente, a quel
che pare, e più che altro per bizzarrìa d'ingegno e per spirito di
contraddizione, da Ferdinando Dal Pozzo, il noto avvocato monfer-
rino, nativo di Moncalvo presso Gasale, flagellatore con molti opu-
scoli della reazione piemontese dopo il '15, già ministro costituzio-
nale a Tonno nel '21. Col pseudomino di avvocato lombardo stampò
un libro intorno alla felicità che possono e debbono procacciarsi
gli Italiani sotto l'Austria (3). Vi loda il codice criminale ; pensa
(1) Memorie della vita e degli scritti di Paride Zaiotti. Trieste, Papschi 1844,
pag. Lii : lavoro che precede Teloquente discorso dello stesso Zaiotti, Della lettera-'
tura giovanile.
(2) Lettera on the North of Italy. — Lett, ai Panùsei cit., pag. 113.
(8) DeUa felicità che gU Itahani possano e debbon dal governo austriaco prò-
cacciarsi cól piano di un'associazione per tutta Italia avente per oggetto la diffu-
sione deHa pura Ungua itaìiana e la contemporanea soppressione dei dialetti ecc.
Parigi, A. Cherbnliez, 1893.
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452 MEMORIE
che i Lombardi abbiano a trattenersi con trastulli d*arte, di poesia
e di corruzione; ed esorta Carlo Alberto ad imitare il governo di
Vienna» assegnando lauta dotazione al teatro ed altre stramberie
che non mette conto riferire.
Quel libro sollevò indegnasione ne* patriotti ; e l'Austria, sul prin-
cipio, lo prese per una satira, e ne vietò Tintroduzione ne* suoi
stati (I). Questo subitaneo, inesplicabile amore verso la Casa d*Abs-
burgo ò detto dal Pecchio « bestiale e contro natura > (2). Il Del
Pazzo (non più del Pozzo) si prese del rimbambito a tutto pasto. Gli
esuli ruppero ogni relazione con lui : < scrivere queste cose, mentre
tanti nostri sono in carcere, è un insulto, è una crudeltà » (3).
Dacché egli trova tutto da ammirare nel governo di Vienna, e con-
«glia di < disitalianarsi per imbestialirsi sotto il basto austrìaco »,
sarebbe poca pena che i bastoni dei caporali austriaci cadessero a
piena orchestra su di lui (4).
Messo in sodo che egli non aveva preso danaro, più che mai si
ritenne che fosse alterato di mente: in vero, poc'anzi aveva sug-
gerito un congresso di principi italiani in Parigi per cambiare, nel-
l*uso italico, il lei in voi (5). Ad ogni modo non gli si volle dar
tregua. Il « vespaio > di Lugano e V altro « nido dì arrabbiati
tafani » (6) di Ginevra non gli lasciarono un atomo di pelle in-
tatta. Gli rispose per le rime un cotal Annichini (7). Anche il
Panizzi voleva scrivere la confutazione, e Pecchio gli fornisce ma-
teriali: furto organizzato, cioè i 30 milioni che tutti gli anni dal
Lombardo-Veneto viaggiavano a Vienna, conservate le imposte come
al tempo del Regno Italico, senza la spese di un governo nazionale
da sostenere; il sistema continentale, cioè respinte coi dazi i pro-
dotti europei per favorire le industrie austriache, da ciò era pro-
venuto la distruzione del nostro già ragguardevole commercio di
transito e il più sfacciato e impunito contrabbando ; le nostre in-
dustrie rovinate ; la trifauce censura, ecclesiastica, governativa, vien-
nese ; i doganieri ai confini, inquisitori di libri, come un tempo doe
frati inquisitori a tale oggetto ritrovavansi alle porte d*ogDÌ grande
(1) Leti, al Famigfi cìt., pag. 119.
(2) Id,, pag. 108.
(8) Id., pag. 121.
(4) Id,
(5) Id,, pag. 121.
(6) «., pag. 122.
(7) Id., pag. 115.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 453
città in Ispagna (1). Pare che il Panizzi si convincesse presto che
era iootile rispondere alle scempiaggini e ai paradossi del legulejo
monferrino ; e lo stesso Pecchie lo pregò di « non discendere in
quella fogna > (2).
L'Aostria mirava a prezzolare scrittori che la lodassero; ma la
polizia, interpellata in proposito, dovette fare nna dichiarazione ohe
torna tntta a lode d^ nostri letterati, i quali a nion patto si sareb-
bero indotti a vendere la penna. Il rapporto della Polizia dice cosi :
I più distinti scrittori o sono morti o se ne andarono pei fitti loro, che qni sof-
frivano di ohiragra; qaelli ohe rimangono, se par ve n*ha, non offrono tutta qaeUa
tranqaillità e sicaresza che si rendono necessarie in punto di attacamento e di de-
vozione alla monarchia, e alFattnale ordine di cose. Il governo, ne son certo, sarebbe
0 compromesso o mal difeso. Forse se c*ò speranza di avere an tal scrittore, egli ò
seguendolo dai pnbblid fonzionari >.
Ma la polizia sapeva che anche fra gli impiegati non era spon-
taneo Taffetto verso Gasa d*Àustrìa, e però s'affretta a soggiungere:
Vincolati dal giuramento, possono essere condotti a ben corrispondere all'incarico,
e dal desiderio di ben meritare dalla propria superiorità e dalla speranza di un
miglior collocamento (8).
Appena si seppe che il critico Felice Romani era in dissenso col
governo piemontese, il conte Pachta fa pratiche per indurlo a rial-
zare le sue tende in Milano, già campo de* suoi primi trìonfl. Si
voleva affidargli la parte letteraria della Gazzetta di Milano^ per
sostituire il Pezzi, morto due anni innanzi:
La parte letteraria, osservi bene, puramente letteraria, senza revisione né condi-
zione di sorta, vale a dure con piena indipendenza di idee e di vedute. Carta bianca
per il resto, la cifra che vuole . . .
E Romani alle persone che s'erano intromesse per fargli accettare :
Non voglio ohe se ne parli più; la sola offerta è un insulto fiitto a me, al mio
decoro ed al mio paese (4).
XVIII. — Il Caggioli, per eruzione cutanea, ebbe mutato il car-
cere : lo trasferirono neirinfermeria, dalla quale si abbracciava larga
distesa di cielo. « Dopo quaranta e piiii giorni di oscurità, mi si
aperse a quella vista il cuore ». Le pareti attrassero subito Tatten-
zìone del malato, per le iscrizioni di mani ignote, che davano molto
(1) iett. cit, pag. 114 e segg.
(2) W, pag. 115.
(8) Carte sarete, II, 347 e segg.
(4) FéUce Éamam ecc. Torino, Loescber, 1882, pag. 77.
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454 MEMORIE
a pensare; mercè di esse la mente veniva con pietà rappresentan-
dosi lo stato d'animo di coloro che avevano lasciato tal ricordo di
sé e delle proprie pene.
Un prigioniero s*era ricordato di Dionigi il tiranno» ridotto a fare
il maestro di scnola: « Che ti giovò mai Platone e la sua filosofia? >
osavano dirgli. M'insegnò a sopportare, egli rispondeva» tanta mu-
tazione di fortuna. « Filosofia, dunque, filosofia, ecco la grave le-
zione che il prigioniero traeva da cosi vecchio aneddoto. Era, forse,
un potente, un felice costui, a cui il carcere aveva stracciata la
tela della vita?
Neppure manca una sentenza di Solone: «Che cosa è la l^ge?
Una ragnatela, nella quale incappano moscherini e zanzare, vespe
ed api volano via » . — < Dunque, aggiunge lo sconosciuto prigio-
niero, io perchè son zanzara, cioè povero, sarò condannato ».
Un prigioniero, che forse temeva la pena estrema:
Volgannente giudicando Tandare al patibolo è la peggiore delle morti; giadieando
da savio non è dessa migliore delle tante morti, che avvengono per midattia, con
grande indebolimento d'intelletto, che non lascia più luogo a rialzar Tanimo da pen-
sieri bassi? (1)
Sino a quello stanzone salivano voci allegre e suoni di cembalo
dalle sottoposte case:
Oh ! le dolci e insieme patetiche rimembranze che mi destavano qnei motivi della
Norma e dell*J.nfia Balena^ che erano allora il delirio di tatto le anime appassio-
nate ! Ed in quei dolci deliri io pensava all'amato bene perduto, come mi fosse pr9-
sente, e pur sognavo d'essere condotto alla mia primiera felicità. Poi tornava mesto
e deluso.
Appena guarito, il maestro bresciano fu rimesso nelle < colom-
baie », assegnandogli una delle peggiori. Però ebbe modo di cono-
scere nuovi inquisiti, il nominato Onofrio Cambiaggio, già cospiratore
nel '21, il negoziante Giuseppe Grassi, il giovane negoziante An-
tonio Suardi che era stato accoppiato al Cristoforo Battaglia d'Iseo.
(1) Un altro prigioniero aveva scritto sulla parete una ben nota terzina, assai
appropriata ai suoi casi:
Chi vuoi vivere tranqwBo t giorni iuoi
Non guardi quanti eon di lui piò heH
Ma quanti son più miseri di hU,
Nò gli doveva riuscir difficile di trovare de' miseri proprio al fondo di ogni miseria
laggiù, fra quelle crudeli paretL E forse della stessa mano è la terzina, che fa sen-
tire così al vivo la vanità delle cose umane:
Passano nostri trionfi e nostre pompe,
Cadon le signorie, cadon i regni,
Ogni cosa mortai tempo interrompe.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 456
U giovanetto Francesco Lamberti di Godogno e il comasco Pietro
Lncini occupavano la medesima stanza, che ospitò nel *21 quell'av-
venturiero che spacciavasi per figlio di Luigi XVI.
Nel camerotto 13 era rinchiuso 0. B. Carta, il cui contegno non
sarà mai abbastanza ammirato. Durante un suo costituto, il Zajottì
lasciò, inavvertitamente, cadere, dalle carte risguardanti l'inquinto,
un viglietto, che scivolò sotto il tavolo. Un assessore ne avverte Io
Zajotti, che si abbassa e va carpone per cercare il biglietto. Allora
il Carta:
— QioTane sconsigliato e tristo. Dunque se in quel biglietto c*era tanto che ba-
stasse per condannarmi a morte, ta godevi di mandarmi al capestro, per aver poi
in etemo uno spettro davanti ai tuoi occhi (1).
Fra i carcerieri, non mancavano i burberi benefici, e di un Cri-
velli fa il Caggioli affettuosa menzione. Agli inquisiti era permesso
di fumare, e Caggioli aveva imparato a farlo, per svagarsi un tan-
tino. Gli si ruppe la pipa; appena il Crivelli se ne accorse, gli fa
presente di una nuova pipa e di un pacco di tabacco :
10 g^ttÒ sgarbatamente il pacco sul letto, ove io ancora giacevo, e se ne andò,
volendomi, io credo, mostrare il suo risentimento, perchè io gli avessi mancato di
confidenza.
Il Rosa osserva che Io Zajottì
aveva cooperatori nelle insidie alcuni dei custodi delle carceri, rotti ai vizi; ma
quelli dei carcerieri che erano asciti dairesercito italiano, serbavano mirabile dignità
ed umanità (2).
Benché la vita cittadina non fosse per nulla mutata, benché se-
guitassero cogli usati sfoggi i corsi, le conversazioni, i balli < non
molto copiosi, ma conditi di un ilarità senza pari » (3), certo è che
il compianto non doveva mancare, forse un po' meno vivo che nel
*21, perchè ci si abitua a tutto, ma pur sempre rispettoso e sincero.
Molti sfaccendati girandolavano sul Bastione di Porta Venezia, senza
pensieri forse per gli infelici che gemevano nel vicino carcere ; ma
alcuni giovani, di quelli già soliti a riunirsi in casa Correnti, e che
fra poco ricomporranno un sodalizio letterario operoso, passavano e
ripassavano sul Bastione, per fare udire agli inquisiti delle voci
amiche, e talora dei bei versi (4) :
s
CAeeioLi, op. cit, pag. 106. «
Cenni aut, cit., pag. 12.
(8) « Gazzetta di Milano >, ove non si trova alcon cenno di queste proceesure.
(4) Fra gli altri quelli del Bkrohet:
I Lombardi
San concordi, aon stretti a una lega.
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456 MEMORIE
Eravimo una dozzina, e «*aadaTt a bftttota di mani e di [wan. Le goardie doga-
nali 8*indrappeIlarono, ci presero in mezzo, domandando se aveyam armi di contrab-
bando. — Boba no, patrioti, ma parole 1 — Passarono oltre^ crollando le spalle (1).
XIX. — A Pavia viveva neirintimità di Giallo Garcano, allora
studente del secondo anno di legge, il sacerdote Tommaso Bianchi,
nativo di Perlasca, che è una frazione della borgatella di Tomo sul
lago di Como : anima candida» già usa al sacrifizio, capace di amori
potenti e di devozioni arrischiate (2). Figlio di barcaiuolo, avea dato
presto tali indizi di ingegno, che la contessa Imbonati» sorella di quei
Carlo Imbonati, che Manzoni ha immortalato coi suoi versi, volle
mantenerlo del proprio alle scuole. Riusci poeta non mediocre, vago
di cose alte e nove, fervido ammiratore delle bellezze del suo lago.
A vent*anni si diede alla vita vagabonda del comico, e scrisse delle
tragedie, ma ammalatosi in Ganzo, borgo della Valassina, mutò pen>
sieri, e deliberò farsi prete : e fu prete, ma convinto, appassionato,
esemplare. Dopo di aver esercitati gli uffici parrocchiali in Rogoledo
nella Valtellina e a Lenno, villaggio del lago dì Como, venne as-
sunto vice direttore nel Collegio Ohislieri di Pavia (3). I due poeti
sdamarono assai: Tuno, il Bianchi, già s*era acquistato bella foma in
Como e fuori (4), e di Giulio Garcano già s'era accorto il Manzoni,
mandandogli a regalare una copia dei Promessi Sposi colla dedica
« al caro e promettente giovanetto » . Terzo, fra essi, Cesare Cor-
renti, ospite del Collegio Ohislieri come studente di leggi, al quale
è per certo piaciuto assai il vivere accanto al prete dabbene, che
attuava nel modo più ideale quella spiecie di romanticismo patriot*
tico, che era allora nel cuore di molti.
Il Bianchi leggeva all'amico degli squarci di sue tragedie mano-
scritte < che forse avrebbero potato dare airitalia una corona che
le manca » (5). Il Garcano attendeva alla stampa di un suo poe-
(1) Correnti, Il battesimo del vecchio Presagio^ nella e Strenna del Pio Istìtato
dei Bachitici > di Milano, 1881.
(2) Fossati, lav. cit., neir« Almanacco della provincia di Como 9, 1885, pag. 7&.
— Del Bianchi parla pare il Barbieka neir interessante sno libro Armi ed amori,
Milano, Bortolotti, 1888.
(3) Visitava di frequente in Como 1^ signora Margherita Sironi che tenevs cir-
colo con pensieri patriottici, introduceva dalla vicina Svizzera scrìtti e stampati pe-
ricolosi. ~ Fossati, lav. dt, pag. 102.
(4) Carcako, Epistolario, pag. 11. — € Nel Prodda voleva mostrare qaaoto
possa amor di patria » . Carcavo, Manoscritto del Vice-curato.
(5) Id., pag. xmv.
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G. DB CASTRO — OOSPIRAZIONI B PROCESSI IN LOMBARDIA 457
metto, Ida della Torres e avendo la censara soppresse parecchie
ottave, egli vi' sostituì con certo coraggio il corrispondente numero
di linee punteggiate.
Il vice-rettore del Ohislieri mandava, tratto tratto, articoli, al
Cereèio di Lugano; sapeva della Giovine Italia, senza esservi iscritto;
sapeva delle orditure svizzere: anzi scriveva all'amico Giuseppe Pn-
storia, parroco di Regoledo, aflSnchè inducesse i cospiratori del Canton
Ticino a soprassedere, parendogli che il momento non fosse pro-
pizio (1).
L'inquisito Giovanni Dansi, dottore in medicina e assistente in
Pavia alla cattedra di storia naturale, arrestato alcuni mesi prima,
non sapendo eludere gli insidiosi interrogatori, disse e disdisse, con-
fessò di aver avuto corrispondenza col Bianchi, negando però di
aver appartenuto a società segrete (2).
Nella quaresima del '34 il valoroso sacerdote predicò nella Chiesa
di San Francesco, con infinito concorso, e pare che non sapesse
celare la fiamma che gli ardeva in petto. Ne ciò bastandogli, in
una casa patrizia pavese, assunse, spontaneo, la difesa dei moti ita-
liani contro il prof. Configliacchi (3). Fu arrestato (4) e condotto a
Milano. Si mandò a perquisire la sua camera, ma persona amica
(forse il Garcano o il Correnti) vi si introdusse, prima che compa-
rissero le guardie, e trafugò tutti i libri e tutte le carte compro-
mettenti. Appena seguito l'arresto del Bianchi, un giovane Beretta,
figlio del commissario distrettuale di Pavia, si diede alla fuga, che
egli era intimissimo dell' onorando sacerdote, e forse aveva gravi
motivi di temere per sé (5).
Il nnovo inquisito stette saldo contro l'accusa di appartenere alla
Giovine Italia ; negava di corrispondere coi congiurati, di aver coo-
perato per r insurrezione della Valtellina, assicurava di non aver
scrìtto mai cosa che lo potesse compromettere colla Polizia. In un
altro esame egli asserì che egli, come prete, < dissuadevja la Giovine
Italia dalle idee anti-religiose, e voleva metterla ìn'armonia col Van-
(1) Masbaiuxi, Cnart Correnti, Roma, Fonani, pag. 45. — Fobbati, lav. cit,
g, 108.
(2) Carte prooessuli. •— Fossati, la?, cit, pag. 112.
(8) ViDARi, Frammenti storici cit., II, 463. — Fossati, lav. cit, pag. 106.
(4) Venne colto dagli sgherri, di baon mattino, nella stessa chiesa di San Fran-
cesco sabito dopo di ayenri celebrata la messa. — Fossati, lav. cit., pag. 110.
(5) Cosi in nna nota confidenziale deposta nel Museo milanese del Risorgimento:
nella quale si accenna pure a relazioni amichevoli fra il Bianchi ed il Canta.
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458 MEMORIB
gelo» (1). Ma nessun nome fa palesato da lui» nessuno accasato, con-
servando pei penosi momenti dei costituti tutta l'energia dell'animo (2).
Gli scaltrimenti usati dallo Zajotti troppo rammentano le astuzie
del Salvotti : e n'ebbe lode in alto, e tale aumento di fiducia, che
ninno osava opporglisi ; laonde il Rosa scrìre di lui : « corrispon-
deva direttamente coU'imperatore ; al suo paragone ci parvero lea-
lissimi e umanissimi Kindinger e altri giudici tedeschi che compirono
i processi » (3). Egli moltiplicava e prolungava a studio gli inter-
rogatori, per spossare gli accasati e ayeme meno riflessive risposte;
egli pure usò l'insidia di supposte denunzie, che valessero a pro-
vare oramai inutile i silenzi e male spesa la generosità. Si assicura
che al pari del Salyotti, egli entrasse nelle carceri sin di notte, per
strappare al sogno i segreti, o svegliasse gii infermi, sperando che
nel delirio palesassero qualche nome : enormezza che Terremo cre-
dere non vera. Certo è che si ebbero effetti miserandi: due degli
inquisiti impazzirono temporaneamente, Rinaldo Bressanini ed Eu-
genio Meani. Fini la vita in carcere Fedele Bono, dopo sofferenze
morali indescrivibili (4).
Le diaboliche torture morali, ideate dallo Zaiotti, fecero alterare il cervello alla
metà drca degli inquisiti. Laonde manca di nozioni psicologiche chi, per saperba
intolleranza, inveisse contro gli infelici ai quali non bastarono le forze fisiche per
resistere agli spietati scrutatori E Confalonierì, perchò fortissimo e veramente grande^
era il più indulgente per quelli caduti nei processi, non per proposito o per calcolo,
ma per infermità (5).
All'avvicinarsi della Pasqua, il buon Bianchi chiese per confessore
monsignor Opizzoni, arciprete del Duomo, sant* uomo, venerato da
tutta Milano (6). Noi permisero, imponendogli il cappellano delle
carceri. L'arcivescovo Gaisruck, saputa la cosa, fa chiamare il com-
missario Bolza, e minaccia di scrivere direttamente all' imperatore
(1) Carte pipcessaali. — Documenti éktta guerra seaitcì, &sc. 14, pag. 172; e
Camtù, Gronistoria dt., voi. II, parte I, pag. 316.
(2) Fossati, lav. cit., pag. 118.
(3) Vannuoci, I Martiri ecc., HI, 118.
(4) VAirauoci, I Martiri ecc., III, 113. — Il Bklviquxri, Storia d'Itaca dal
1804 ai 1866, Milano, 1867, II, 137, scrive: « Ai processi politici por la Cfiovime
Itakia mancò Tinteresse drammatico di quello dei Carbonari » ; e se ne sbriga con poche
righe; se non m*inganno rinteresse drammatico c*è tutto.
(5) Rosa, Cenni aut cit., pag. 11. Il Rosa, fra i primi compromessi, era stato
trasferito nelle carceri di Porta Nuova, ove ebbe per amico il Borghi di Busto Ar-
sizio « col qaale trovai modo di giaocare a dama mediante segni battati ».
(6) Fratello di queirOpiszoni che si era presentato a Napoleone perchò («Mese
cessare il saccheggio di Pavia, e che poi Napoleone, presogli affetto, fé* innàlxare
alFarcivescovato di Bologna.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI S PROCESSI IN LOMBARDIA 459
86 non era levato quel divieto (1). U desiderio del misero prete fu
subito soddisfatto (2).
Sia per fede antica, sia per religiosità ridesta fira quelle sofferenze,
molti inquisiti si confessarono e si comunicarono; trovando pietoso
concambio in quel Francesco Amici, napolitano, cappellano delle
carceri, già involto nei moti del 1799 nella bassa Italia. La Pasqua
fu celebrata nelle prigioni di Santa Margherita con insolita pompa.
Parecchie dame e pii giovani accompagnarono la processione, e ta-
luno era forse spinto dal desiderio di vedere gli inquisiti e di dar
loro qualche segno di simpatia:
Entrati nel gran oortile, posarono il baldacchino sotto il Toltone in sol limitare
della stanza, che erasi addobbata ad uso di cappella. Venimmo levati dalle carceri
Fano dopo Faltro ed ivi introdotti. Non vidi mai tanto s&rao di sacri arredi, da-
maschi di finissima seta, candelabri d'argento. Il gennflettorio era coperto di ric-
chissimi drappi, n proposto ne ministraTa la sacra particola tatto commosso e cogli
occhi pieni di pianto (8).
XX. — Il primo periodo della Giovine Italia si chiude colla fal-
lita spedizione di Savoia. Però il Maezini non si dà vinto (4), benché
costretto a celarsi egli e i suoi, e poi espulso con molti fuorusciti
dalla Svizzera. Da Berna egli allarga la Giovane Italia sino ad ab-
bracciare gii interessi di molta parte d'Europa. In diciasette fra
Tedeschi, Polacchi e Italiani venne stesa e firmato, il 16 aprile
'34, il patto di fratellanza < che doveva avviare il lavoro di tre
popoli ad un unico fine > (5), cioè all'emancipazione politica, come
mezzo e fondamento di redenzione morale (6). Tra i firmatari per
ritalia, trovo due lombardi, Giacomo Ciani e Gaspare Rosales. Dato
il nuovo giuramento, parecchi tra i firmatari s'allontanarono per
varie direzioni, Ciani per Lugano, Rosales pei Grigioni (7). Pochi,
perseguitati, senza mezzi; tuttavolta TAustria ne ha timore, e
ri) Fossati, laT. di, pag. 113.
(2) Di conforto morale aveva grande bisogno; presagiva Fimminente fine, come
appare da qnesti suoi versi:
Ah tnorrò, e forse mdìo
Verrà a piantar su questo capo mio
La solitaria croce che ricordi
Al passegger del pio poeta il nome^
E che gh impetri una preghiera^ un vaie.
(8) Ca661oli, op. cit., pag. 127.
(4) La nostra era non setta, ma religione di patria: e le sette possono morire
sotto la violenza, le religioni non mai ». — Scritti dt., V, 12.
(5) Id., 29.
(6) Programma e istnuioni generali a leggono negli Scritti cit, V, 30 e seg.
(7) M, 36. — CAHrt, Cronistoria ecc., voi. Il, parte II, pag. 388.
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460 MEMORIE
guarda con presaga diffidenza verao l'avvenire. Olà prevedeva che
i tempi si sarebbero fatti grossi, che il sentimento nazionale sarebbe
maturato: non per altro intraprende, nel '34, col danaro nostro,
le imponenti fortificazioni di Verona. Per il dispetto cagionatole
dalle fratellanze politiche, piglia in uggia qualsiasi società : decreta
che nelle accademie scientifiche, agnarie, economiche, ecc., non si
dovessero trattare o discutere materie che in qualsivoglia modo si
riferissero alla legislazione o alia pubblica amministrazione della
Stato e ai rapporti di sudditanza (1).
L'agitazione mazziniana fu cagione di nuovi arresti. II cremonese
Pietro Strada, fu colto all'osteria di San Giorgio, fuori di Porta
Romana, che tornava dal Canton Ticino, ove si era abboccato col
Tentolini ; e gli trovarono scritti e stampati più che sufficienti per
processarlo. L'esule Cesare Benzeni, pure cremonese, si consegnò
da sé stesso, confessando di aver partecipato alla spedizione in Sa-
voia. La contessa Maria Fraschina vedova Gnerrì fu arrestata per
strapparle alcun segreto risguardante il Tentolini, da lei amato, e
che soffriva nobilmente l'esiglio in Francia : non ci fu verso di. ca-
varle un ette di bocca (2) : « Come semplicemente indiziata, noa
durò che due mesi la sua prigionia, e dopo la metà di maggio fa
ridonata alla sua famiglia > (3), ma insofferente oramai di vivere
in paese servo andò poco stante a stabilirsi nel Canton Ticino (4).
Ottenne pur lode la gentile sposa del pavese Marezzi, figlia del pa-
triotta Carlo Pisani Dossi, per aver risolutamente affrontato i giudici
a vantaggio del marito (5).
Né vuol essere taciuto il nome di Anna Tinelli, che, durante la
prigionia del marito, non mostrò un solo istante di debolezza. Sostenne
parecchi interrogatori, pur rimanendo a piede libero. Si mantenne
sempre sulle negative, o diede risposte evasive e inconcludenti (6):
sicché non uno dei molti frequentatori della sua casa ebbe a soffrire
(1) Ccarte segrete, II, 838.
(2) Le 8i era concesso di tenere un accellino, che lasciava svolazzare liberamenta
e che le fa di molta ricreazione.
(8) Caggioli, op. cit., pag. 129.
(4^ YiDARi, op. cit. II, 464.
(5) Diciotto anni <}opo la vide il YÀNinTCCi: e ricca di operosa TÌrtù; avera non
comune coltura, forte carattere, animo alto e gentile, e apparecchiato sempre a con-
fortare e soccorrere gli infelici che la tirannide austrìaca coatringeva a remìngare
pel mondo; nel 72 morì più che ottuagenaria a Massagno, presso Lugano, formis*
sima sempre nel suo antico amore alla povera Italia ». — IMaarUri ecc, IH, 111.
(6) Carte processuali.
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0. DE CASTRO — COSPIRAZIONI 8 PROCESSI IN LOBIBARDIA 461
per cagione di lei: ciò che accrebbe grandemente la sua reputa-
zione.
U Bianchi aveva in C!omo un caro amico, il dott. Pietro Balzari.
La polizia mandò per arrestarlo, ma egli avvisato in tempo» distrusse
alcune carte, faggi su per i tetti delle case vicine, rimase nascosto
quella notte ; all'alba, travestito da muratore, potè raggiungere il
confine svizzero (1).
Di focosi spiriti era il Cambiaggio : « qual fiero leone > proruppe
un giorno contro le guardie: e i carcerati dai finestrini rafibrzavano
sue invettive. Per castigo fu mutato di carcere (2).
Verso la fine d'aprile vennero arrestati a Mantova il marchese
Odoardo Valenti Gonzaga e Attilio Partesotti, partecipi al tentativo
per liberare Ciro Menotti :
Era il nostro Attilio, BcrÌTo il Caggìoli, di persona bella e aitante, color brano
e pallido, eapelli neri, faccia oTale, barba rada, oocbi neri e Tivad, voce sonora e
enpa: bel parlatore e sagace, di rafiSnata eloquenza logica; e sapeva toccare con
tanta maestrìa le corde del cuore umano, che le sue parole erano altrettante ca-
tene ; tutte le qualità aveva di terrìbile cospiratore (3).
Chi avrebbe detto al Caggioli che il Partesotti doveva misterio-
samente finire a Parigi, spia dell'Austria!
Il marchese Valenti Oonzaga era poco fermo di mente, sicché lo
aveano interdetto. Durante il processo, fece molte rivelazioni ri-
aguardo il tentativo per la liberazione di Menotti, di cui fin qui
nulla 8*era saputo, per cui si fecero nuovi arresti : Robulotti di Boz-
zolo, Predieri e Reggiani di San Benedetto di Po, Giuseppe Arri-
vabene e Gianfrancesco Marchesi di Mantova (4).
Il 30 aprile ebbe il Ca^ioli un compagno, il Reggiani di San Be-
nedetto, ma per pochi giorni godette di quel conforto. Peggioratogli
il carcere, con poca luce e nessuna veduta dell'estemo, solo giun-
geva sino a lui il suono delle campane della vicina Chiesa di S. Raf-
faele, e, all'ora del tramonto, lo inclinava al pianto. AI tutto solo
non rimase : da vicina flnestretta, G. B. Carta gli rivolse vibrate
(1) Fossati, lav. di, pag. 115.
(2) Caogiou, op. cit, pag. 130.
(3) In., pag. 137.
(4) CAflaiOLi, op. dt, pag. 134 e segg. — Il Caggioli disoorre a lungo del conte
Bolla e dello ZaiottL U primo di modi gentili, in assoluto disaccordo con quella
aoa fìuicia di iena: occhi porcini ed una voce simile al gracidar delle rane. Il se-
oondo, portamento maestoso e piglio signorile, pronto al Mzzo: or blandiva gli in-
qnifiiti, or li irritava col sarcasmo, per far loro perdere la tramontana. Soleva chia-
marli € congiurati in miniatura »; ma, allora, perchè tanto accanimento?
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462 MEMORIE
parole, giusta Tindole sua, che avea alcun che del veggente o del-
l'apostolo (1).
Circa nn mese dopo, il Gaggioli fa trasferito al carcere di Porta
Nuova. Lo Zajotti lo accomiatò con queste parole:
— Terrete compagnia ad un giovane tanto infelice, che tristo è bene chi noi
compiange. Poveretto, 8*ò messo in mente di essere ad ogni istante appeso per la gok
A voi, se vi riesce, il goarirlo. —
Chi era quest'infelice? Giovanni Zambelli di Vailate. Durante il
processo lo aveano lasciato solo, come si faceva sul principio con
tutti i negativi. Datogli in appresso un compagno, gli si confidò: e
pare che il secreto non fosse osservato. Il Zambelli alla sua volta,
capziosamente circuito e confuso dallo Zajotti, nocque ad alcuni com-
pagni, confessando che leggeva con essi in Pavia la Giovine ItaUa.
Ne provò tale accoramento, che fece tentativo di uccidersi col primo
oggetto venutogli sotto mano, uno smoccolatoio. Non riuscì che a
ferirsi, e le guardie, accorse, impedirono che egli consumasse per
intero il cupo suo disegno. Gli sarebbe toccata perciò speciale pro-
cessura e pena, se i medici non l'avessero dichiarato senz'altro in-
fermo di mente.
Il buon Gaggioli usò ogni più afiettuosa industria per migliorare
il suo stato. Dapprima dovette vincere il sospetto che fosse un sa-
tellite dello Zajotti ; e non ci voile poco. Cessato il dubbio, la gua-
rigione fu subito avviata. Egli disfogò in petto al compagno la piena
de' suoi affanni. E il Caggioli gli diede istruzioni sul modo di con-
dursi negli ulteriori interrogatori, lo indusse a perdonare al collega
di carcere, che egli sospettava qual delatore. Insieme leggevano il
Eempis, insieme mandavano a memoria squarci di illustri autori :
e s'erano cosi bene fatta a quella vita in comune, che fu un colpo
per entrambi quando arrivò l'ordine di ricondurre il maestro bre-
sciano a Santa Margherita:
(1) Chi scrìve queste pagine godette di conoscerlo in Milano prima del *59. In
qnegli anni delle altime fatiche settarie viveva umilissimo, da filosofo, celibe, austero,
ma antiche e delicate amicizie, per non dire fratellanze, gli tenevano laogo di tatto.
La soa camera era tutta sparsa di ricordi: tutta una storia lagrimevole e sublime
che si riaffacciava da quelle pareti, e che era poi illustrata dalla parola fiera e in-
sieme modesta di quel pertinace cospiratore. Non gli doleva di essere vissuto molti
anni in carcere, e neppur se ne vantava, diceva il carcere non privo di dolcezze: e
lo sofferse ripetute volte prima delP anno definitivamente liberatore. Godeva deUa
lotta che i giornali umoristici in Milano aveano intimato aU' Austria, neirimmìnenza
di cose maggiori e di armi ben più poderose: e si stropicciava, il venerando vecchio,
le mani, con un sorrisetto innocente ed eroico; aveva il candore del fanciullo, con
que* suoi capegli argentei, e aveva Tintrepidezza del veterano, henchò già la sua
persona apparisse stanca e il volto mostrasse rughe nobili come dcatricL
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 463
Ah! il mio caore, 8crì?e il Caggiolì, non s'allontanerà mai da tei Quanto m'a-
masti! Quanto fosti amato! Oh! giorni in tanta infelicità felici che io passai con
te! Oh! come il mio onore si rallegrava nel vederti calmo, cristianamente rassegnato
al tno destino (1).
U Bianchi ammalò di meningite cosi grave» che neppure si potò
trasportarlo neirinfermeria (2). Non tardò la morte (30 luglio '34),
naturale o violenta, giacchò ò Voce che il disgraziato, per delirio,
ponesse fine ai suoi giorni dando del capo nelle pareti del carcere (3).
Dopo tre anni si dovette chiudere, nel luglio, il processo contro
Camillo D'Adda, l'inquisito solitario e muto delle carceri di Porta
Nuova. Non si potè condannarlo, ma non si volle nemmeno pro-
scioglierlo d'ogni accusa, giacché i giudici avevano la certezza della
sua reità. Venne relegato a Linz, ove rimase per alcuni anni disin-
volto, sereno e impassìbile nella grandezza de' suoi dolori, lungi
dalla figlia che amava con sviscerato affetto : e questa relegazione
nocque assai anche a' suoi materiali interessi. Da Linz fu trasferito
a Vienna, sotto la speciale sorveglianza e dipendenza della Polizia.
Tale domicìlio coatto durò cinque anni : al termine dei quali, reduce
in Lombardia, andò a vivere in campagna nella sua villa di Burago,
presso Monza, anche per risaldare la sfasciata sostanza (4).
Rispetto al Canta, il Tribunale aveva riconosciuto che
(1) Op. cit., pag. 181.
(2) iiìche a proposito di qnesta malattia è detto, ciò che io peno a credere, che
lo Zaiotti si accostasse al sno capezzale per raccogliere, dalle sue inconscie parole,
alcun segreto. — Doc. dèlia guerra santa, I, 171. — Cantò, Cromstona, voi. Il,
parte I, pag. 816. — Vannucci, / Martiri eccelli, 118. — Fossati, lay. cit
(3) Umilissima repigzafe che gli si era predisposta: A Tomman Bianchi, prete
poeta, che nacque povero^ visse infelice e morì contento, NeP *48 il Municipio di
Como fece da Milano trasportare la salma e ne onorò la memoria. Il Carcano gli
fé' grande onore, nei pomi della seryitù, ritraendolo nel yioecnrato di^ìV Angiola
Maria. Anche la nativa Como gli dedicò nn sasso nel proprio cimitero. — Fos-
sati, lay. dt, 117 e segg.
(4) Trattandosi di cosi eminente patriotta, e cosi poco conoednto, d piace ag-
fiuneere le notizie posteriori. Allo scoppiare della rivoluzione del marzo '48 il
'Adioa, che era venato a Milano, riuscì a farvi penetrare parecchi de' suoi dipen-
denti armati; tutte braccia vogliose di combattere al pari delle sae. Nei giorni che
precedettero la resa di Milano al maresciallo Badetsky, a capo di un scelto mani-
polo dì gnardie nazionali, nelle qnali aveva il grado di maggiore, si battè insieme
ai soldati piemontesi, contro gli Anstriad, che d avanzavano sa Milano, e rimase
tra i combattenti sino alla capitolazione. Si ritirò di nuovo nella saa villa e vi rimase
per altri died anni, occupandosi di agricoltura. Bitomò a Milano nel *59 quando
scoppiò la guerra. Ebbe il conforto di vedere effettaato il sogno delia sua vita, ma
fu conforto breve per lai Mori nel '60, neiretà ancor vigorosa di 57 anni. Camillo
d*Adda, la cui modesta esistenza fa tntta dedicata al sno paese, è un tipo nobilis-
simo dei patriotti del suo tempo. Egli soleva dire all'unica sua figlia: e Io ti amo
più di tutto al mondo, e ciò vuol dire che hai nel mio cuore il primo posto dopo
r Italia».
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464 MBMORIB
oltre che cogli scrìtti diede prove ne* discorsi del sao esaltato patrìottiimo, e di av-
Tersione alFordine attuale di cose; ma è però vero ebe tranne le sne disgrasiate
opinioni non emergono prove (1).
Il Zajotti fin dalla vigilia di Pasqua avea assicurato che sarebbe
uscito libero di li a pochi giorni. Invece fu tenuto in carcere fino
airil ottobre.
Tra i primi salutò Manzoni, che abbraociaDdolo gli disse : « Voi
mi rinnovate la dolcezza di quando vedevo uscire di carcere i miei
amici del '21 ». Romagnosi all'amorevole acccoglienza aggiunse:
Non ho mai dubitato che per il tuo processo potessero essere tur-
bati i miei ultimi giorni. Vietatogli d'insegnare, con assegno di te-
nuissima pensione, non rimase al liberato dal carcere che l'uso della
penna : e tutti sanno l'uso che egli ne fece. B cosi il nome del Man-
zoni ricorre spesso, fra i ricordi della politica militante : dalla quale
egli fu alieno per indole, ma non la disapprovò mai : non dissuase mai
gli amici dai rischi, nemmeno da quelli delle cospirazioni, sicché
un giorno fu udito dire: Di tanti che ci troviamo qui ho quasi ver-
gogna d'essere il solo che non fu in prigione (2).
Il Caggioli fu messo in libertà il 17 ottobre insieme a Cristoforo
Battaglia e Ambrogio Giolitti. Però anche al Caggioli fu levato
il permesso d' insegnare, e neppur poteva uscire dal suo comune
senza speciale assenso. Trasse misera vita colla madre sui monti
nativi e nel '66, caso deploratissimo, fini annegato nell' Oglio (3).
Anche quelli che andarono assolti, per mancanza di prove, ebbero
a soffrire la sorveglianza poliziesca e moleste interdizioni.
XXI. — Per altri l'inquisizione procedette anche pin lenta. Ga-
briele Rosa per lo spazio di sei mesi non fu nemmeno sentito :
In questa agonia, mi confortavo leggendo, meditando, scrivendo. Mi giovò assai
Tacito ohe feci acquistare in edizione del 1500. Le tragedie del primo secolo, le
virtù di Agricola, i fieri costami germanici mi temperavano lo spirito. Nelle on di
abbattimento scendeva entro la mia coscienza e ne sorgeva rinnovato (4).
Al cadere del '34 s'ebbero le prime* sentenze, senza però inter-
rompere il processo, giacché gli arresti seguitarono fino al 12 feb-
braio del '35; e si calcola che in complesso venissero carcerate
seicento persone ; sicchò poche inquisizioni politiche italiane possono
(1) CAKTti, Cronitiariat ecc., voi. II, parte I, pag. 355.
(2) Cahtìj, Aìe98candro Maneom, II, 279.
(8) VAmnod, I Martiri ecc. III, 112.
(4) RoBA^ Cenni aut. cit., pag. 13.
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0. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 465
essere paragonate a questa per il numero dei colpiti, se non di con-
danna, di processo pia o meno lungo. Il 28 ottobre seppe la propria
condanna colui che per lo stato della mente meno soffriva del ri-
tardo, il marchese Valenti Gonzaga; fu condannato a morte, per
Tideato progetto di fuga a favore di Ciro Menotti e per avere, tra-
svestito da carrettiere, introdotto in Mantova delle armi, ma era
da attendere una commutazione di pena : rimase ancora mesi e mesi
in carcere in tale attesa. Arrivabene, Predieri, Robnlotti e Reggiani
furono dimessi per mancanza di prove, ma il Predieri venne trat-
tenuto per alcun tempo nelle carceri di Mantova, sotto nuove ac*
cuse. Il Partesotti riebbe al più triste prezzo la libertà. L'Argenti
e l'Albinola vennero pure condannati a morte, commutata la pena
nel carcere duro per venti anni il primo, per otto il secondo, e
senz'altro vennero avviati allo Spielberg.
U 6 marzo i Milanesi si disponevano a festeggiare colle usate
spensieratezze il carnevalone, quando i messi della Polizia affissero
sulle cantonate un laconico avviso, che vietava, senza nemmanco
indicare il motivo, tutti i pubblici divertimenti. Il giorno dopo, la
Gazzetta di Milano^ listata in nero, annunciava la morte di Fran-
cesco I, avvenuta il 2 marzo. Si ordinò che il lutto fosse protratto
per tutta la quaresima: tutti i teatri di Milano e delle provincie
rimasero chiusi e migliaia di persone si trovarono senza pane (1).
Oli inquisiti di S. Margherita e di Porta Nuova aprirono l'animo
alla speranza. Infatti Ferdinando, appena salito al trono, scrisse al
viceré un biglietto, col quale imponena si cessassero i processi di
Stato e sì liberassero i condannati ; ma si trovò modo di contraddire
a questa volontà e di immiserirla. Nella burocrazia c'erano, al so-
lito, due correnti opposte, l'una che inclinava a clemenza, l'altra
al rigore: e la burocrazia, al solito, era più forte del sovrano, al
quale, del resto, comandava il Metteruich : povero sovrano, coman-
dato da tanti ! Il governatore Hartig suggeriva migliorie, si aumen-
tasse il potere del viceré, si spalancassero le carceri, si concedesse
il rimpatrio ai profughi, e sovratutto istituzioni e leggi conformi al
carattere nazionale (2). Il presidente del Tribunale d'appello, Maz-
zetti, prega, invece, con lettera il viceré di non tener conto delle
benigne disposizioni cesaree a vantaggio degli inquisiti (3).
(ì) Pensieri iuSffltoMa di un anonimo hmardo. Parigi, 1846, pag. 12.
(2) Cahtìj, Cronistoria ece,, toI. I, parte II, pag. 409.
(3) Id., Tol. I, parte II, pagg. 380 e 409.
Ri^oUia Storica Italiana, XI. 81
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466 MEMORIE
E il trionfo fo, almeno in parte, del Maszetti» dello Zajotti e
soci. Le porte di S. Margherita e di Porta Nnora rimasero immo-
bili : il marchese Valenti-Gonzaga rimase col capestro alla gola fino
al 9 gingno, quando seppe che la pena gli era stata commutata in
dieci anni allo Spielberg (1). Per altri tre mesi nuovo silensio e
opprimente mistero. Alla perfine, la Gtuzetta di Milano il 29 set-
tembre *35 annunzia essere giunte al termine le procedure contro
parecchi imputati di alto tradimento : di venti inquisiti, per giudizi
conformi di prima, seconda e terza istanza, diciannove erano stati
condannati a morte, ed uno a carcere perpetuo. Seguivano i nomi
dei condannati (2).
Sopraggiunse il rescritto imperiale che conteneva la commutazione
delle pene. La pena di morte fu commutata nel carcere di secondo
grado, per venti anni al Tinelli, per dieci al Benzeni, per otto allo
Strada, per sei al Brescianini e al Dansi, per cinque al Cavalieri e
al Poli ; per quattro al Ouenzati, al Labar e al Miglio, per tre al
Cattaneo, al Rosa e al Moscheni, per due allo Zambelli e al Foresti,
per uno al Piardi : al Lamberti nel carcere di primo grado per
quattro anni: e a dieci anni di carcere di secondo grado furono
ridotti i venti a cui era stato condannato il Bargnani.
Conformemente poi alle parziali ammistie, sotto la forma della
deportazione, concesse testé ai conft*atelli dello Spielberg, i neo-
condannati al carcere di secondo grado per pia di cinque anni
ebbero facoltà di scegliere fra la prigione o la deportazione in Ame-
rica. I soli Argenti, Albinola, Tinelli, Benzeni e Bargnani, prefe-
rirono la deportazione.
È a ritenere che sul popolo queste condanne ^cessero un effetto
alquanto maggiore di quelle del '21 . Il tempo aveva pur insegnato
qualche cosa: le intelligenze si erano rischiarate e le cose si vede-
vano un po' meglio. Le dicerie sparse ad arte contro i Carbonari e
(1) Era Taltimo rappresentante di qveUa illastre casa, di eoi m^Iì, per generosa
spensieratezza, consonse il patrimonio. Qoando nel novembre *48 il Tazzoli sofferse
in Mantova, per mi panegirico patriottico detto nella chiesa di Sant* Andrea, biere
prigionia, scrivendone al conte Cavriani, di ciò si rallegrava: e ora mi sento il di-
ritto di salutare più fratellevolmente il mio Odoardo, il santo martire dello Spiel-
berg, benché la mia prova a petto alla sua sia troppo lieve » . Allude appunto al
marchese Valenti-Qonaaga. E bene osserva il Luuo («Gazzetta di Mantova», 17
novembre '91) a proposito di questa lettera da lui pubblicata per il primo: <£
commovente l'ingenuità con cui Don Enrico tradisce V ambizione di voler emulars
a nel veterano nel carcere duro: e sembra quasi augurare che gli sia dato di nnoere
confronto con prove più splendide. — Cfr. Db Castro, I processi di M<mtova sec.
Milano, fratelli Dumolard, 1898, pag. 100.
(2) Si leggono pure in Vavrucci, I Martin ecc, IH, 115.
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G. DE CASTRO — COSPIRAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 467
in genere contro le società secreto trovavano oramai molti increduli,
0 meglio molti contradditori. E poi faceva senso che parecchi fra
i cospiratori fossero giovani modesti e poveri, più vicini per origini
e per costumi alla maggioranza (1). Infatti, se ben sì osserva la
borghesia tenne il primo luogo in questa battaglia: essa ripigliava
e commentava le intenzioni dei cospiratori patrizi del '21.
Alcani ÌTìfelici agenti di polizia nell* atrio della Corte d*Appello dove passammo
per ndire la sentenza, ci derìsero. Altri ci guardarono commossi. Quando sentii i
primi colpi di martello ribadente le catene ad ano dei nostri, mi parvero percosse
nel cuore. lia quando s'applicarono i ceppi a me ebbi energica reazione (2).
Pareva che la clemenza, tanto ostentata, ma che era del tutto
inferiore alle precedenti dichiarazioni e alle autorizzate speranze,
dovesse almeno risparmiare ai neo-condannati la pubblicità della
berlina: ma non fu cosi.
Comparvero sovra un palco, davanti una folla, in parte ignara e
dileggiante, e forse prezzolata, in parte consapevole e dignitosamente
afflitta :
Anche noi della Oiavme liàUa quando nel *35 nel palazzo del Tribunale d'ap-
peUo fummo solennemente condannati, venimmo dileggiati da alcuni del popolo rac-
colto nelle loggìe e nel cortile. Forse erano padri degli eroi delle Cinque giornate.
Quanto male argomenta chi da questi &tti isolati, eccezionali deriva leggi storiche (3).
Questa scena tristissima, faceva rammentare la consimile esposi-
zione dei condannati del '21 : s'univano gli uni e gli altri nello
stesso compianto : si avvertiva la continuità dell'intrapresa, e, senza
giudicare dall'esito (intendo sempre parlare di quelli che non aspet-
tano il successo per lodare e determinarsi), si aveva certezza di una
vita libera e segreta, che si agitava nel paese comunque apparen-
temente inservilito, e s'aspettava un domani, forse lontano, ma che
non poteva mancare.
XXII. — Nove condannati partirono da Milano in vetture scor-
tate da gendarmi e da un commissario. Il Rosa era fra di essi:
Non sperava di rivedere i miei monti, e quando vi passai vicino sentii stretta
mortale al cuore (4).
Il viaggio, che durò dicìasette giorni, fu oggetto di pubblica at-
(1) CoRREvn, UAugtria e ìa Lombairdia^ pag. 11.
(2) Boba, Cenni auL cit., pag. 18.
(3) Così Io stesso Rosa in una lettera al giornale e L'Italia del Popolo » di Milano.
(4) Cenni aut cit., pag. 18.
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468 MEMORIE
tensione, quantunque la polizia mettesse ogni studio nel sottrarre i
prigionieri alla vista del popolo.
Due donne, Boggiange il Rosa, dne fortissime virago, ostesse alla Pontebba, ayreb-
bero volato ftirci fiiggire (1).
Le popolazioni transalpine, forse men intimidite, furono larghe di
compianto :
Passando incatenati per la Stirìa, per rAostria, per la Moravia, ci oom mosse la
commiserazione rispettosa del popolo slavo e tedesco, e ci animarono le vive sim-
patìe degli studenti viennesi (2).
E fra quegli stessi, che, esecutori di ferrei ordini, doveano mo-
strare volto impassibile, non era ignota la pietà: il commissario
boemo lasciò cadere due lagrime allo Spielberg sul foglio dichiarante
la consegna eseguita (3).
Allo Spielberg continuava il trattamento descritto da Pellico, Ma-
roncelli, Andryane e Gonfalonieri con alcune mitigazioni :
Fammo vestiti da galeotti, ci fdrono mutati i ceppi ai piedi. Il nostro lavoro for-
zato doveva essere la confezione di calze di lana con aghi di legno. A me fa dato
per compagno Pandace Milio di Pizzighettone. In breve appresi a far calze da maestri
galeotti per delitti comnni, indi M designato istrattore del marchese Valenti di
Mantova e dell'avvocato Poli di Brescia. Che durarono fettica e tempo assai a riu-
scire discretamente. Valenti sui cinqaant*anni cogli occhiali, Poli sempre delirante
sui figli suoi, qnindi assai distratto sempre (4).
Il Rosa, cosi giovane, si mostrò anziano per stoica tolleranza, e
con parecchi altri scontò intera la pena: alcuni Tebbero diminuita
dall'amnistia del '38. Prese Tintrepido laghista a modello il Cionfa-
lonieri, col quale ebbe modo di avviare colloquio:
La cella mia riasci prossima a quella dove giaceva solo Con&lonieri, ond'io, vio-
lando le prescrizioni, salito sulla finestretta, parlai lungamente con lui. Gli dissi dei
fatti europei, e da lui ebbi il racconto di quelli d'Italia anteriori al 1823. Ne am-
miravo la lucidezza e Taltezza della mente, la generosità dello spirito (5).
Egli non faceva alcuna querela: era natura fremebonda ancora
che sapeva contenersi, che sapeva essere imparziale. Al quale pro-
posito, lo stesso Rosa, in altro luogo, gode di attestare :
Il carcere inferma il corpo, e quindi esalta la mente.
Non è meraviglia se i carcerati talvolta piglino le ombre pei corpi sodi, ed essr
gerino le colpe di chi appare cagione delle loro pene. Con&lonierì, mirabile tn i
forti^ era generoso anche in carcere. Accusava Carlo Alberto unicamente di mancanza
(1} Id., pag. U.
(2l Boba, nella cit. lettera all*« Italia del Popolo ». — CSmnt au^ eit pag. 14.
(8) CefMÌ dt. a pag. 18. — Vahkucgi, I Martiri ecc., Ili, 117.
(4) Cenni dt., pag. 14.
(5) Cenni aut dt., pag. 14.
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G. DB CASTRO — GOSPIBAZIONI E PROCESSI IN LOMBARDIA 469
d'energia, ma credeva che le cose potevano andar bene se avesse avuto prontezza
di mente e vigore di spirito ... (1).
La mente aveva fallato ; e la mente doveva sopportare dure pri-
vazioni : vietati i libri, tranne gli ascetici ; ritirata al Rosa, per de-
creto di Vienna, la Divina Commedia, giacché non era compresa
nelle opere da permettersi. Solo neirultimo anno fa permessa la
lettura dei libri scientifici» che i prigionieri aveveno portato seco (2).
Per intercessione del confessose, il Rosa potè avere le Vite dei
Santi dello Smith in tedesco: e su queiropera, discorrendo colle
guardie, imparò il tedesco.
La necessità e la solitndine del carcere acniscono la mente per gU artifici, dei
quali anche noi trovammo parecchi, ad onta della vigilanza acuta e della control-
lerìa delle autorità carcerarie. Ohe ci scoprirono un passero da noi carpito ed edu-
cato ai nascondigli, e che ci rapirono. Per Tigiene, ci permisero di segare legna du-
rante il passeggio. Nell*ultimo anno ebbi anche un^antologia greca portata meco, e
mi fìimiliarizzava e mi deliziava con Omero e con Eschilo (3).
Increbbe orrendamente la stagione invernale:
Al cadere dell'inverno caliginoso, mi pareva che s'avvicinasse la fine del mondo.
Guardando la triste campagna, ammiravo la virtù delle legioni romane che osavano
afErontare il freddo in quelle selvaggie regioni Quando la terra era coperta d'alto
strato di neve, prima dell'alba contemplavo lo spettacolo dei lumicini vaganti delle
contadine portanti pane e latticini alla città vestite di pelliccio pecorine. Indi le
torme dei corvi gracidanti sul tepore dei fumaiuoli (4).
I non nominati nella sentenza, s'intende che già erano stati, in
tempi diversi, mandati in libertà, o che uscirono di carcere al ter-
mine delle processare (5). Anch'essi per ciò che aveano soflferto ri-
manevano additati all'affetto dei concittadini : affetto tanto più vivo
quanto più doveva circondarsi di cautele e privarsi di pubblicità.
Tutti del pari memorabili, perchè cooperatori del nazionale risor-
gimento, campioni disinteressati e forti di un pensiero che s'è ma-
turato e svolto mediante i loro sacrifici e la loro pertinacia : caduti
è vero, ma per dischiudere ai sopravenienti la via della vittoria.
Giovanni Db Castro.
(1) Odorici, Storie Bresciane, X, 247.
?2) Vahnucci, I Martiri ecc,, III, 117.
(3) Cenni aut cit., pag. 15.
(4) W., pag. 16.
(5) Fra gli ultimi usciti si ricordano gli avvocati Piazzoli e Noceti, due fratelli
Raniasio di Canta, Giuseppe Seroli luganese, professore di disegno a Ferrara, Luigi
Borghi, industriale, di Gallarate, Moschini, Piccioni e i medici cremonesi Bobolotto
e Cerioli. — Vankucoi, I Martiri ecc., Ili, 117.
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RECENSIONI
GIACOMO TROPEA, Storia dei Lvmni (Messina, Tipografia D'Amico,
1894, p. 216, in-16°).
L'opera che prendiamo in esame, meno che in nna trattazione in-
torno all'origine e alle vicende del popolo Incano, consiste in una
completa indagine relativa alle condizioni topografiche ed etnografiche,
nonché alla storia dei popoli che abitarono la Lucania.
É quindi divisa in tre parti. La prima (3-48) contiene una diUgente
enumerazione delle fonti geografiche, dalle antiche fino alla produzione
critica più recente, accompagnata da opportune considerazioni su la
copia e la precisione delle notizie da esse fornite. Controllare l'esattezza
di tutte le sue affermazioni non ò certo cosa agevole : ma la sicurezza
dell'esposizione e la precisa sobrietà dei giudizi son già una significante
garanzia della disamina coscienziosa con cui l'autore ha trattato l'ar-
gomento.
Forse sarebbe stato opportuno aggiungere al volume una carta to-
pografica: ma non si può fare un rimprovero all'autore di una tale
omissione, potendo essere stata consigliata da riguardi economici o da
esigenze tipografiche.
Veniamo alla seconda parte, consacrata alle ricerche etnografiche
su la regione lucana. L'autore comincia col segnalare la penuria del
materiale adatto a fornirci un'esatta conoscenza della vita storica della
popolazione. Non per ogni epoca ci ò dato valerci dei sussidi dell'epi-
grafia, della numismatica della filologia : spesso bisogna star paghi ai
risultati desunti dall'analisi degli elementi venuti in luce dagli scaii
appositamente praticati. La stretta connessione etnografica tra il po-
polo lucano e gli altri popoli italici obbliga l'autore a diffondersi al-
quanto intorno alla questione riguardante le antiche popolazioni ita-
liche. Non trascura l'autore gli scarsi dati della produzione letteraria,
ma riconosce che su di essi ben poco si potrebbe fare assegnamento
senza la riprova e il confronto delle fonti monumentali. La causa prin-
cipale della poca attendibilità delle fonti letterarie, la trova nella re-
lativa modernità degli autori (p. 53). — Tuttavia con la dovuta cautela
è dato procedere a una ricerca intorno alle popolazioni che abitarono
la regione che i Lucani in seguito invasero dandole il nome. L'esplo-
razione archeologica e paieoetnolc^ica in cui l'autore trae profitto
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G. TROPEA — STORIA DEI LUCANI 471
dalle importanti ricerche deirOrsi, del Lovisato, del Tedaldi, del La-
cara, del Foderare, del Pigorini, del Viola, intorno alle necropoli
rinvenute in alcune città della Sicilia e di altre parti d'Italia, nonché
in alcune stazioni di popoli antichissimi, la evi vita è anteriore a ogni
contatto con genti più civili, lo conduce alla conclusione che una po-
. polazione italica esisteva nella parte meridionale della penisola e in
Sicilia (pp. 55-58). Similmente con la scorta delle fonti monumentali
l'autore stabilisce come cai^ttere di un periodo più recente il contatto
di queste popolazioni italiche con le popolazioni orientali, la greca e
la fenicia: e alle fonti monumentali servirebbero di riprova e di ri-
scontro le tradizioni che vanno sorgendo intorno agli stabilimenti degli
eroi greci e troiani (p. 58 e § 60).
Le somiglianze degli oggetti d'arte rinvenuti nelle varie necropoli
siculo e italiche con quelli di Ilios e delle vario isole dell'Arcipelago
sono notate con scrupolosa diligenza e rigoroso ordine d'esposizione,
nonché con opportuni richiami ad apposite monografie o a lavori di
maggior mole.
In questi rapporti con le genti greche e fenicie debbono scorgersi
i prodromi degli stabilimenti definitivi di stazioni coloniali su le coste
d' Italia e di Sicilia, i quali avrebbero avuto luogo nell' ottavo secolo
(p. 61) all'incirca, poiché ad ogni determinazione cronologica più pre-
cisa è necessario rinunciare ne! silenzio concorde delle fonti antiche.
Il Tropea inclina a riconoscere nei Goni il primo elemento greco stan-
ziatosi nella penisola meridionale, essendo giunti in Italia prima degli
stabilimenti dorici e achei, opinione professata anche dal Beloch
(QHechische Oeschichte, ì, 174): l'elemento indigeno attestato dalle
fonti letterarie sarebbero gli Enotri (p. 62^ ritenuti dai cronografi e
genealogisti greci un popolo d'origine ellenica (pp. 62-64). Il Tropea
dimostra la falsità di quest'antica opinione, dovuta alle combinazioni
dei più antichi storici sicelioti e italioti (p.72). Bnotri, Siculi, Morgeti,
Iapigi, Opici sono tutti nomi della medesima gente italica, ed il nome
Enotria ha più significato geografico che etnografico (p. 79). I confini
dell'antica Enotria, dove poi sorse il nome d'Italia, sono per il Tropea,
che accetta l'opinione del Cocchia {Stiidi Latini, p. 8 i%g., Napoli, 1883),
presso a poco quelli della posteriore Lucania (p. 83 sg.).
La terza parte, concernendo la colonizzazione greca, contiene una
trattazione larga e ordinata intorno all'origine ed alle vicende delle
colonie. Non solo le tradizioni correnti riguardo al sorgere ed al pro-
gredire di esse vengono ampiamente discorse, ma anche vi sono stu-
diate, dove le fonti lo consentono, le condizioni della loro civiltà e le
ragioni storiche delle loro vicende. La rassegna delle fonti antiche e
della produzione scientifica moderna é fatta con ordine scrupoloso e
con sufiaciente chiarezza. Non mancano qua e là delie vedute fino ad
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472 RECKNSIONI — V. C08TANZI
un certo punto originali, come quella relativa alla (ama di mollezza
acquistatasi dai Sibariti, nella quale il Tropea riconosce Teffetto d*una
tradizione formatasi nel seno della scuola pitagorica, la quale poscia
si sarebbe diffusa e radicata nella coscienza delle popolazioni italiche.
Presentato cosi uno scarso riassunto dell'opera del Tropea, non vo-
gliamo terminare questo nostro cenno bibliografico senza aver toccato
alcune quistioni particolari e additato francamente alcuni difetti di
precisione e alcune lacune che qua e là sì notano, le quali corre ob-
bligo al critico coscienzioso di rilevare. Per es., non si comprende
perchè egli falsa, riproducendola, la tradizione letteraria relativa al-
l'etnografia dei popoli della Sicilia. La distinzione tra Siculi e Sicani,
quale la troviamo presso le fonti letterarie antiche, non è neanche
accennata; ma con poca fedeltà o per meglio dire con grave confusione
attribuisce l'autore ai patrocinatori della origine iberica dei Sicani la
teoria deU*origine iberica dei Siculi: errore curioso, perchè tacitamente
corretto altrove (p. 76). Per il Tropea non vi è alcun dubbio (p. 69)
che ì Siculi nominati da Omero vadano ricercati nella Sicilia : eppure
una tale opinione, che potrà pure essere la vera, aveva bisogno di
un ragionato e serio corredo di prove, cosa che ha fatto il Pais nella
sua Storia della Sicilia e della Magna Grecia (p. 3 sg.), in cui non
esclude la possibilità che Omero si riferisse agli abitanti nell'Epiro o
nella regione del golfo tarentino (1). LUnverisimiglianza che il nome
di )i6TàXT) *EXXd^ (p. 97) sia stato coniato dallo stesso Polibio, l'ha già
rilevata il Pais (o. e, p. 518, n. 2). Molto discutibile sembrami che
Dionigi d'Alicarnasso non consultasse direttamente Antioco di Siracusa
(p. 108): almeno una siffatta congettura difficilmente si può conciliare
con restesa conoscenza che aveva Dionigi della letteratura logografica.
— Il Tropea scorge (p.71) nella leggenda relativa al diluvio di Deu-
calione il riflesso confuso di un fatto storico, quale la sovrapposizione
della razza ellenica alla pelasgica. Eppure dopo la pubblicazione della
diligente memoria del Bruck {Quid veteres de Pelasgis trcuUderinty
Breslavia, 1884) e dei magistrali lavori di Edoardo Meyer (Forschufir
gen der alien Oeschichte, Halle, 1892) difficilmente si potrà più par-
lare di un popolo Pelasgìco in opposizione al Greco: prescindendo
dalla considerazione che è molto pericoloso il voler torcere i miti al-
l'intelligenza dei fatti storici. Ma anche ammesso che certe tradizioni
possano dentro l'involucro leggendario contenere un nocciolo di verità
storica, è per lo più opera vana il volerlo discoprire, poiché alla dif-
ficoltà di scomporre il mito nelle sue varie stratificazioni, si aggiunge
(1) In un altro lavoro il Tropea mostra di avere accolta appanto 1* opinione che
nel libro in discorso neppure discate. Cfr. Studi siculi e la Necropoli Zancìea, p. 12
(Messina, tipografia D'Amico, 1894).
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G. GRUPP — KULTURGKSOHICHTE DES BtìTTELALTBRS 473
l'opera perturbatrice della critica combinatoria dei più antichi storici,
la quale sfigura la nativa fisonomia della saga popolare. Quanto alla
determinazione topografica dell'antica « Italia », anche se non si ac-
cettino le ragioni prodotte dal Pais (o. e, p. 387 sg.)> difficilmente si
potrà ripudiarne la conclusione che i golfi Napetino e Sciletico ne
fossero i confini settentrionali.
Non mancano qua e là alcune sviste: p. es. (p. 155, n. 1) è riportato
il testo di Pausania (X, 13) quale si legge nelle edizioni comuni, senza
avvertire la profonda corruttela del passo: réxvii iiièv Tà àvaO/jiiiaTa
'Ovàia ToO Aìtivtìtou Kal KaXuvOou t€ ècTTCxuMTi SpTou kxL Io non so
quale senso possa aver ricavato da questo guazzabuglio. — Altrove
(p. 179, n. 5) dice: « Livio (XL, 29), su la fede <li Valerio Anziate,
« dice che i libri di Pythagoras furono trovati nel sepolcro di Numa!»
Eppure le parole del testo di Livio in questo caso lo scagionano ab-
bastanza dairaccusa di acrisia o di credulità : « AdHcit Anttas VcUe-
« rius Pythofforicos fuisse mUgatae opinioni, qua crediiur Pythor
< gorae auditorem fuisse Numam, mendacio probabili accommodata
€ fide ». — In altro luogo (p. 210) si, tratta indubbiamente di un er-
rore materiale nelle parole : « Diodoro fu forse attratto nelFerrore per
« aver seguito lamblico che afferma Gharondas aver dettato le leggi
« ai Sibariti », dove forse l'autore voleva dire: per aver seguito la
stessa fonte di lamblico.
Ma questi appunti che abbiamo fatto solo per soddisfare airobbligo
di critico scrupoloso, non tolgono nulla ad un'opera condotta con tanta
giustezza di criteri e con tanta diligenza congiunta a seria e larga
erudizione. È Topera del Tropea uno di quei libri che manifestano
nel loro autore molta padronanza della materia e conoscenza della
produzione letteraria relativa all'argomento: essa fa onore non solo
all'autore, ma anche agli studi storici italiani e costituisce un ottimo
contributo alla storia delle regioni dell'Italia meridionale, nella quale,
benché non le siano in ogni tempo mancati strenui cultori, rimane
ancora una ricca messe da mietere per lo storico e l'archeologo.
Vincenzo Gostanzi.
G. GRUPP, Kulturgeschichte des MittelalterSy Erster Band, Stuttgart,
Roth, 1894 (In-8*, pp. viii-356).
C. CALISSE, Il sentimento religioso nel medio evo (In-8°, pp. 20),
Torino, Bocca, 1894.
In Germania, più e meglio che presso le altre nazioni, è in fiore e
in favore quel ramo speciale della letteratura critica e storica che
è la storia della coltura. Anzi può affermarsi, senza timore di esage-
rare, che i Tedeschi seppero prima degli altri riprendere, impron-
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474 RECENSIONI — V. CIAN
tandola di un carattere tutt*affatto nuovo e moderno, questa tradizione
che dopo il Rinascimento nostro era rimasta interrotta, e dalle ten-
denze enciclopediche del secolo scorso, specie nella Francia, aveva
ricevuto alimento e vigore. Da quella Germania che ha rifatto da
questo punto di vista della coltura generale la storia propria e di
altre nazioni, e che a questo studio consacra una rivista speciale, la
Zeitschrift fùr deutsche KvUturgeschichte, ci viene il primo volume
di questa nuova opera del dotto bibliotecario, noto già pel suo impor-
tante lavoro System und Geschichte der Kultur. Come VA., stesso
dichiara nella Pre&zione, questa ultima opera deriva in parte da
quella, ma si rivolge ad una cerchia più larga di lettori, avendo un
carattere evidente di sintesi storica, di opera vera e propria di divul-
gazione. Con tutto questo è ben lungi dairessere un lavoro di compi-
lazione affirettata; giacché il Grupp, pur essendo costretto a condensare
fin troppo la vasta materia, a toccare spesso troppo di volo certi punti
della maggiore importanza, si rivela padrone deirargomento che tratta.
Se non aggiunge cose nuove, chiarisce talvolta ed ordina opportuna-
mente soggetti ben noti, li collega destramente fìra loro, attingendo
quasi sempre alle fonti o valendosi di opere speciali che egli non
manca di citare. Data 1* indole dell'opera e la vastità sua, sarebbe
inopportuno entrare in un esame particolare; a noi basti dire che
Tarchitettura sua ci sembra felice, sebbene sia esuberante la parte
concessa alla storia della coltura germanica in confronto con quella
delle altre nazioni, specie deli' Italia, tale anzi da ingenerare una
sproporzione evidente. Vasta dicevamo la materia : e infetti TA. pren-
dendo le mosse dalle origini più remote del Cristianesimo, di cui s^;ue
le vicende principali sino alla sua vittoria definitiva, giunge al secXI,
fino agli inizi della poesia cavalleresca. Non è a meravigliarsi se in
un lavoro di natura cosi sintetica, molte questioni sieno appena sfio-
rate, talvolta in modo che altri potrebbe deplorare lacune dannose.
Cosi, ad esempio, ci sembrano insufficienti le tre pagine consacrate
dal Gr. airAnno Mille (pp. 318-20), sul quale egli ripete giudizi che
andrebbero per lo meno modiflcati dopo i parecchi lavori speciali usciti
in questi ultimi anni, come, per citarne uno italiano, quello del pro-
fessore Orsi. Una trentina di accurati disegni, ricavati da fonti auto-
revoli, accrescono pregio a questo volume, che vedremmo volentieri
tradotto in italiano o, meglio ancora, imitato con particolare riguardo
alla storia della coltura nostra.
»
« «
// sentimento religioso nel medio eoo è il titolo d'una Conferenza
letta lo scorso febbraio a Siena, al Circolo giuridico di quella Univer-
sita, dai prof. Carlo Calisse, noto studioso e illustratore della storia
e del diritto medievale. L'opuscolo è un estratto degli Studi Senesi
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e. CALISSE — IL SBNTIMBNTO RBL16J0S0 NEL MEDIO EVO 475
(voi. XI). Sebbene si tratti d'un argomento trito e ritrito, TA. ha
saputo svolgerlo in forma elegante, evitando ogni volgarità di giu-
dizio, ogni pesantezza di erudizione, ma senza riuscire superficiale.
In generale le sue afTermazioni ci sembrano accettabili; ma non pos-
siamo accordarci con lui nella rappresentazione troppo esclusiva,
unilaterale, esagerata ch*egli fo del Medio Evo. Ck)n tutto il rispetto
dovuto aU*egr^io A., non ci attendevamo che proprio egli venisse
a ricantare il ritornello del dolore che gravava sulla vita del Medio
Evo. Questo concetto convenzionale sarebbe tempo ormai di lasciare
da parte. « D'ogni lato dava dolore la vita » — scrive il CO per-
chè? Nel M. Evo, forse più che oggi, la vita, se dava dolori, dava
anche piaceri ; era quella una vita varia , complessa , molteplice,
perfino contraddittoria nelle sue manifestazioni, a seconda dei paesi,
e in uno stesso paese, a seconda dei tempi. Accanto alle tendenze
ascetiche prevalenti in certi periodi, v*erano le tendenze umane, spinte
a volte sino alla brutalità — tendenze cozzanti fra loro, come i pro-
dotti letterari, specie nella età Carolingia e in quella della Cavalleria
dominante, basterebbero a dimostrare. V. Cian.
L. HEINEMANN, Qeschichte der Normannen in UnteriioUien und
Sicilien ìHs zum Aussterben des normannischen Kònighauses.
Erster Band. Leipzig, Verlag von G. E. M. Pfeflfer, 1894.
Tra i fatti più notevoli della storia d'Italia è la formazione del regno
di Sicilia, che contrasta cosi vivamente col frazionamento prevalente
in tutta Europa appunto nei due secoli, nei quali si compiè l'unità
politica della bassa Italia. Non mancarono storici, che si occupassero
a formare un racconto più o men colorito della conquista normanna,
ma bene spesso loro mancava il lume della critica, od erano insuffi-
cienti le fonti atte a rendere compito e veritiero il loro racconto. La
pubblicazione della Ystoire de li Normant di Aimé (Amatus), dei
Monumenta, della storia e dei documenti del ducato di Gaeta, gli studii
critici di Hirsch, di Baist e di altri eruditi italiani e tedeschi, e gli
eccellenti lavori di Amari, De Blasiis e Schipa apportarono nuova
luce sui fatti narrati dalle note cronache di Leo Ostiensis, di GauMdus
Malaterra e di tutti gli altri pubblicati dal Muratori. Tuttavia questo
periodo è cosi ricco di episodi! e tanti sono ì personaggi che appari-*
scono e si succedono sulla scena della storia, che riesce malagevole
seguire il filo della narrazione, dare unità al racconto, discerner bene
i personaggi, seguirli nelle vicende, senza confonder gli omonimi, com-
prender bene la ragione delle loro azioni e scoprire i loro intenti. E
tutte queste difficoltà mi paiono superate felicemente nel racconto or-
dinato e preciso dell' Heinemann. Forse talvolta gli sfugge qualche
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476 RECENSIONI — F. FABRIS
inavvertenza, ma compensa le sviste colla sagacia, con cui sa preci-
sare e date e luoghi e individui.
Finora non fu pubblicato che il primo volume, il quale giunge fino
alla morte di Roberto Guiscardo; pel secondo Fautore si riserba di
for molte ricerche in Italia negli archivi e nelle biblioteche, e si pro-
pone di dimostrare Tinfluenza che ebbero gli elementi nord-gerroanid
e francesi dei Normanni suirordinamento dello Stato siciliano e sulla
sua cultura.
Seguire il racconto diviso in nove capitoli sarebbe superfluo, chèi
fotti sono noti: richiamo l'attenzione di quelli che leggeranno il volume
del nostro autore sulla tendenza alla formazione di un grande Stato
nella bassa Italia, perchè in questo libro riesce molto evidente e con-
tribuisce a dare una certa unità al lavoro. Si segue prima il sorgere
prc^resslvo della potenza di Pandolfo, principe di Gapua, finché questa
crolla colla venuta delPimperatore Ck)rrado n ; allora comincia la for-
tuna dì Waimar (Guaimaro IV) principe di Salerno ed aiutata dagli
avventurieri normanni lo conduce a dominare in Amalfi, Gaeta, Gapua,
Aversa e nella Puglia ; la sua forza si fonda sulla « spada dei nor-
manni che ove cadeva faceva piegare la bilancia della vittoria >. E
questi poterono bene avvedersi quanto valesse la loro forza, e se ne
valsero per assumere a loro beneficio l'impresa di Guaimaro, quando
colla sua morte nel 1052 si sciolsero dalFobbedienza i piccoli Stati
che aveano subito la loro sovranità. Duce Roberto Guiscardo, i Nor-
manni fondano il grande Stato nella bassa Italia, e spingono le loro
conquiste al di là dell'Adriatico: colla morte di Roberto termina il
volume. Copiose note, a guisa di dissertazioni, danno ragione dell'opi-
nione adottata dair autore o nella cronologia o nella determinazione
dei particolari.
Questo libro, scritto con tanta cura, non manca di qualche inesat-
tezza sfuggita air autore, per esempio : Avellino, che apparteneva al
principato di Benevento, è posto nel ducato di Napoli (pag.lO); Amalfi
e Gaeta, secondo un passo dell'autore (pag. 3), si rendono indipendenti
dai principi longobardi; altrove (pag. 11) dice che Amalfi si liberò
dalla dipendenza di Napoli; Aversa si dice fondata dai Normanni
(pag. 58), mentre un diploma pubblicato dal Gapasso nei Monumenta
ce lo mostra già esistente prima; scrive Rometta invece di Rametta
(pag. 77); chiama longobarda la dinastia dei duchi di Napoli (pag. 285);
piccole mende che stuonano colla precisione di altri dati. Talvolta
azzarda un'opinione con troppa facilità: per esempio non mi pare
possano essere della Marsica Rainaldo conte d'Aurola e Uberto Mosca,
che combattono contro Leone IX (pag. 140); cosi, dopo gli studii dì
Amari resta dubbio che la battaglia combattuta da Ottone II nel 982
avvenisse a Gotrone invece che a Stilo ed in quel modo che il nostro
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L. HBINEMANN — 6BSCHICHTE DBR NORMANNEN IN UNTERITALIBN 477
autore la narra. In compenso determina bene (pag. 68) la dipendenza
feudale di Rainulfo conte d'Aversa dal prìncipe di Salerno, sa distin-
guere bene i Rodolfi e Raidulfi normanni (pag. 99 e 103) senza con-
fonderli, stabilisce Con giusti criteri la cronologia, che è luce della
stona.
Le relazioni fra i Normanni ed il principe di Salerno furono oggetto
di studii e ricerche, dei quali tenne conto Fautore ; ma dove ora si
richiederebbe un po' di luce è nei rapporti del varii capi normanni
col duca di Puglia. Pare che corresse quella stessa relazione che è
tra vassalli e signore feudale, e frattanto le frequenti insurrezioni ci
fanno sospettare, che non fosse troppo assoluta la dipendenza di questi
presunti vassalli. La prima divisione delle terre di Puglia conquistate
e da conquistarsi avvenuta^ come pare, nel 1043, sebbene messa in
dubbio da qualche storico, dimostra Teguaglianza dei 13 capi normanni,
pel modo come è menzionata dalle cronache: sarà il ricordo di questa
eguaglianza col loro compagno d*armi divenuto duca di Puglia, che li
avrà spinti a resistere alle pretese di sovranità del duca. Forse nel
secondo volume troveremo la trattazione di questo punto di storia, e
la cura posta nell'ordinare la materia del primo ce ne fa desiderare
la pubblicazione. F. Fàbris.
GEORG VOIGT, Pétrarque, Boccace et les débuts de VHumanisme
en Italie d'après la *Wiederbelebung des classischen Alterthums'.
Traduit sur la 3® édition allemande par M. À. Le Monnibr. Paris,
H. Welter, óditeur, 1894.
Non è in Italia tra gli studiosi della letteratura chi non conosca
l'opera magistrale del Voigt, se non nell'originale, nella buona tradu-
zione che ne fece il Yalbusa sulla seconda edizione, e che fu pubblicata
in Firenze pei tipi del Sansoni, 1888-1390.
Dire dei pregi dell'intero lavoro sarebbe un ripetere ciò che fu già
detto da autorevoli critici nelle nostre migliori Rassegne e nelle stra-
niere. L'opera del Voigt è generalmente riconosciuta come la più ìm*
portante e la più completa che abbia veduto fin qui la luce su quel
periodo tanto glorioso specialmente per l' Italia» dove fu accesa quella
divina fiamma,
Onde furo allomati più di mille.
L'A. ha saputo mietere largamente in un campo, nel quale altri,
prima di lui, aveva raccolto soltanto qualche manipolo, che, per quanto
prezioso, non poteva soddisfare alle esigenze della critica e degli
studi odierni.
La vasta messe raccolta egli seppe disporre con ordine, vagliare
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478 RECENSIONI — A. ZARDO
con Bne critica e rivestire di una forma cosi geniale, che li libro può
esser letto con piacere ed utilità dagli stessi profani.
Ma, per quante ricerche egli abbia fatte, per quanta cara abbia
posto nel suo lavoro, non ha potuto naturalmente raccogliere tutto,
né evitare ogni inesattezza. La prima edizione, comparsa nel 1850,
fu subito grandemente apprezzata dagli studiosi, non ostante che TA.,
con rara modestia, la presentasse al pubblico come un tentatkH) gio-
vanUe. Ma quel tentativo rivela già la larga e profonda conoscenza
deirargomento, dal quale il Voigt seppe trarre il miglior partito, evo-
cando tutte quelle stupende figure di Umanisti che illustrarono il primo
periodo del Rinascimmto, e facendo vìvere il lettore in mezzo ad esse,
nel loro tempo.
Dopo Tent*anni, egli pubblicò una seconda edizione, più completa e
corretta, nella quale fece tesoro di tutti i nuovi studi, che, m^cè
r impulso dato da lui, erano stati fatti in Italia e fìiori. S^ionchè,
una volta aperto questo nuovo campo, altri, e numerosi, vi si inoltra-
rono, e i più riuscirono a spigolare nuove ed imperlanti notizie. In
Italia, in Germania e in Francia fu una viva e nobile gara di ricerche
intorno airuno o airaltro punto del Rinascimento, all'una o aJraltra
delle grandi figure degli Umanisti. Una nuova edizione dell'opera del
Voigt si rendeva pertanto necessaria, la quale colmasse le lacune delle
antecedenti e ne correggesse le imperfezioni valendosi dei nuovi stud!.
La cura di tale edizione, che vide la luce in Berlino nei 1893, fli,
per la morte del Voigt, affidata a Max Lehnerdt, che seppe rispondere
nel miglior modo alla fiducia in lui riposta.
Da questa edizione il signor M. A. Le Mounier tradusse in francese
rintroduzìone e i due primi libri, cioè la parte che riguarda i Pre-
cursori dell* Umanismo, il Petrarca e i Fondatori della Repubblica
letteraria di Firenze. Questa parte forma un tutto completo che ab-
braccia le origini deirUmanismo in Italia nel secolo XIV e nei primi
del XV.
Nel darla tradotta a* suoi connazionali, il Le Mounier ebbe per fine
di giovare al movimento di studi che si manifesta in Francia intomo
a un periodo della storia letteraria assai studiato in Italia e in Ger-
mania, n primo dei libri ch'egli dà tradotti s'occupa in particolare
del Petrarca, e può considerarsi come una delle migliori, se non ad-
dirittura la migliore, fra le monografie su questo padre dellTmanismo.
Nuovi e più profondi studi sul Petrarca e l' Umanismo ha fatto di
recente in Francia Pierre de Nolhac, del quale è assai pregiato il
lavoro: Pètrarqrm et VHumanisme, d'après un essai de restUuUon
de sa Mbliothèque, Paris, 1892. Ma il De Nolhac tratta il suo argo-
mento da un punto di vista affatto diverso da quello del Voigt Al-
Topera di questo, meglio adatta pel gran pubblico, la sua può servire
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CARINI — sull'arresto B SULLA MORTE DBL CONTE DI CARMAGNOLA 479
di complemento per chi voglia conoscere più a fondo quanta parte
abbia avuta il sommo Italiano nel promuovere gli studi classici e nel-
l'additare la via, ch'altri dopo lui percorse con tanto profitto e tanto
onore. Dalle ricerche del De Nolhac, il Lehnerdt seppe trarre partito
nella nuova edizione del Yoigt, e si giovò inoltre dei lavori non meno
importanti di Eugenio Miintz sui papi del XV secolo. Il I^e Mounier
lamenta ch'ali non siasi giovato un pò* più dell'opera di un altro
francese. Henry Gochin, la quale ha per titolo: Un ami de Pétrarqiùef
lettres de Francesco Nelli Paris, 1892. Alle notizie bibliografiche del
Lohnerdt, il traduttore altre ne aggiunse che gli parvero necessarie.
La traduzione è accurata ed elegante. Noi Tabbiamo letta con vero
piacere, ed abbiamo per essa ammirato, una vetta di più, Tarte con
la quale Terudito tedesco ha saputo far rivivere nelle sue pagine tutto
quel mondo di dotti, mettendoci a parte delle loro idee, dei loro studi,
delle loro relazioni e delle loro scoperte. Antonio Zardo.
I. CARINI, Sull'arresto e sulla morte del Conte di Carminala.
Relazione inedita (pagg. 28, Roma, Tip. Vaticana, 1893).
In quest'opuscolo, estratto dal periodico E Muratori (volume II,
fase. 7-10),, il Carini pubblica una lunga lettera latina del noto uma-
nista veneziano Pietro Del Monte a Giorgio Cesarini, fratello del ce-
lebre cardinale Giuliano. La lettera (tratta dairArchivio Vaticano,
codice Vat. lat. 2694) scrìtta da Celsano (Vicenza) il 7 luglio 1432 e
diretta a Basilea, dove allora si trovava il Gesarìni per via del Con-
cilio, è un*abbastanza particolar^iata relazione dell* arresto e del
supplizio di Francesco Carmagnola, accaduti due mesi prima (aprile-
maggio 1432). Il dotto prefetto della Vaticana ci aggiunge di suo una
specie di introduzione che serve quasi di commento anticipato al testo
della lettera, e in cui dà notizie sommarie suir autore e sulle sue
opere, e riassume e giudica brevemente le varie vicende del Carma-
gnola dai suoi primi anni alla morte.
Nulla ci sarebbe da ridire se in cotesto rapido compendio egli o si
fosse contentato di considerare oggettivamente la elegantissima rela-
zione di Pietro Del Monte, o, pur volendo entrare nel mento dei fatti
che ne costituiscono Targomento, avesse tenuto qualche conto degli ul-
timi risultamenti della crìtica. Invece non fa che seguire le tracce del
fìillia, di M. Sanudo^ della Cronica di Bologna (autori compresi nella
raccolta Muratorìana) e del Manzoni, e rìpetere quindi inesattezze di
&tto ed eccessività di giudÌ2;io appena scusabili mezzo secolo fa. La
cosa oggi non è veramente tanto rara, ma è certo molto strana per
un uomo del valore di monsignor Carini. Mi ristringerò a poche os-
servazioni. Il Carmagnola non acquistò mai al duca Filippo Maria
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480 RECENSIONI — A. BATT18TBLLA
Visconti né Novara, né Vercelli, né Parma; non è più lecito nemmeno
il più lontano dubbio che Antonia Visconti (mogflie dei Carmagnola)
possa essere flglia naturale di Filippo Maria, essendo ormai noto che
tra essa e costui non intercedeva divario di età superiore ai 5 o 6
anni ; la lega veneto-fiorentina fu conclusa non nel novembre, ma il
3 dicembre 1425; il Carmagnola il 9febbraiol426,nongiàril, fu eletto
capitano generale dei Veneziani; la battaglia di Maclodio avvenne n<Hi
ril ottobre 1427, ma il 12; e Maclodio non si trova nel cremonese^
ma nella provincia e distretto di Brescia; infine il palazzo del Bro-
letto a Milano il Carmagnola lo ebbe in dono dal duca, non lo fabbricò,
ma soltanto, e incompiutamente, lo restaurò ed abbellì.
Sono piccole mende^ sarà anche vero, ma perciò tanto più focil-
mente evitabili. Questo per i fatti: quanto ai giudizi, come si fo, per
esempio, ad asserire in modo assoluto e categorico che ffli storici
veneziani accusano il Carma^mola di tradimento, ed è accusa sfor-
nita di ogni prova, anzi di ogni verosimiglianza? Che manchino 1
costituti del processo pur troppo é da lamentare, ma non mancano
certamente né gli indizi, né le prove indirette, tante almeno da essere
più che sufflcenti perché non si possa più pronunziare sul fatto una
sentenza cosi recisamente sicura e definitiva.
Riguardo alla lettera di Pietro Del Monte, é verissimo ch'essa non
reca alcuna prova precisa e positioa stUla reità del Carmagnola,
ma é però ben lontana dal venirne^ in sostanza, a confessare f inno-
cenza, come assevera il Carini. É una lettera famigliare, nella quale
Fautore racconta ad un amico 1* avvenimento più notevole di quei
giorni, ma non é né polemica, né apologetica, né nulla di tal genere.
Ora la testimonianza d*un contemporaneo, dimorante nel paese dove
il fatto avvenne, d*un contemporaneo del tutto estraneo al &tto stesso^
e non avente Timpegno determinato né di difendere alcuno, né di re-
spingere accuse, né di attenuare responsabilità, ma intento soltanto
a narrare le cose come le ha conosciute, senza secondi fini, ha senza
dubbio un valore di cui conviene tener conto. Ebbene, questa testi-
monianza in qualunque senso e modo si voglia leggerla e interpretarla,
non fa che confermare Taccusa di tradimento.
Aggiungerò che circostanze nuove e interessanti io proprio in essa
non ne ho trovate, come dice d'averne trovate il Carini: infatti di
nuovo veramente, ma non interessante, non e* è che Tepisodio della
fedeltà esemplare del cane di Francesco Carmagnola : tutto il resto
potrà essere nuovo solo per chi non ha tenuto dietro agli studi re-
centi suirargomento. La stessa complicità della moglie, convalidata in
questa lettera, era già stata allegata e documentata da me nel mio
lavoro sul celebre capitano (1).
(1) Il conte Carmagnola^ parte III, cap. 13, pag. 367.
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F. CARINI — MONSIGNOR NICCOLÒ ORMANETO VERONESE 481
Ripugna parlare delle cose proprie, ma bisogna ben vincere tale
ripugnanza quando si tratta di sostenere, non per vanto puerile, ma
per amore della verità, quel poco che la fortuna benigna e lo studio
coscienzioso ci hanno concesso di acquistare al dominio della storia
imparziale e veritiera. A che gioverebbero le altrui fatiche, se, trascu-
rando il flrutto da esse apportato come fosse interamente meritevole
di obblio o di noncuranza, si dovesse tornar sempre daccapo coi vecchi
errori e con le ingiustificate prevenzioni dì secoli fa?
Antonio Battistella.
P. FRANCESCO M. CARINI S. I., Monsignor Niccolò Ormaneio ve-
ronesSy vescovo di Padova, nunzio apostolico alla corte di Fi-
lippo li re di Spagna, 1572-1577, Roma, Befani, 1894, in-8^ di
pp. vii-142.
Niccolò Ormaneto figura non ultimo in quella illustre schiera di
ecclesiastici, i quali nel secolo XVI promossero la riforma cattolica,
opponendola alla riforma protestante. Basterebbe ad elogio di lui la
stima, che n'ebbe quel grande campione del cattolicismo in Italia,
queir eroe di virtù, di abnegazione e di costanti propositi, che fu
S. Carlo Borromeo. Questi, essendo stato nominato arcivescovo di Mi-
lano, mentre era a Roma presso 11 papa Pio IV suo zio, né potendo
tosto recarsi nella sua diocesi, scelse TOrmaneto come intelligente in-
terprete e fedele esecutore delle sue sante intenzioni, e colà lo spedi
qual suo vicario generale con pieni poteri.
Né rOrmaneto era nuovo alla difficile carriera dello spirituale go^
verno ed alla trattazione degli affari ecclesiastici. Ne aveva avuti ot-
timi esempi ed ammaestramenti dal suo stesso vescovo^ Gio. Matteo
Giberti, quel medesimo che S. Carlo si propose poi a modello nella
cura pastorale. Il Giberti s'era valso dell* Ormaneto in varie circO'
stanze, ed in ultimo, verso il 1543, Taveva nominato arciprete di Bo-
votone. Alcuni anni appresso TOrmaneto fu compagno del cardinal
Polo nella legazione d'Inghilterra, indi compagno a Trento del cardinal
Navagero, e nunzio del Concilio al duca di Baviera per Taffare della
comunione sotto le due specie.
A Milano non falli alle speranze, che il santo cardinal Borromeo
aveva di lui concepite, e con molta lode governò quella chiesa per
due anni incirca, cioè fin quando S. Carlo non potè venirvi stabil-
mente neir aprile del 1566. Allora TOrmaneto fu chiamato a Roma
da S. Pio V, che voleva servirsi di lui per la stess*opera della riforma
dei costumi e della disciplina ecclesiastica, che egli con tanto zelo
aveva procurata a Milano. Gli die incarico di visitare tutte le chiese
dell* eterna città, e gli conferi piena autorità di correggere e miglio-
Itivi$ta Storica Italiana^ XI. 32
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482 RECENSIONI — F. SAVIO
rare quanto a lui sembrasse doversi correggere e migliorare nella
stessa famiglia pontificia. Nei quali impieghi avendo potuto il s. Pon-
tefice conoscere da vicino le virtù e le doti, di cui era fornito TOr-
maneto, dopo quattro anni lo nominò vescovo di Padova. Questa dio-
cesi, che, per la trascuratezza dei precedenti pastori, si trovava in
grande bisogno d*un uomo abile ed esperto che la governasse, Tebbe
allora, sebbene per soli due anni, neirOrmaneto, come ne fon fede la
visita di tutta la diocesi da lui compita, e Tistituzione del seminario.
Dopo due anni, il nuovo papa Gregorio XIII lo scelse per nunzio in
Ispagna.
Queste ed altre notizie, che riguardano la vita dell*Ormaneto prima
della sua andata in Ispagna, sono esposte dal Carini quasi a modo
d* introduzione del suo lavoro, avendo egli inteso principalmente a
narrare alquanto per minuto i fotti relativi alla sua nunziatura.
La narrazione del Carini è semplice e chiara, ed ha il raro pregio
di esser tutta condotta sopra i documenti finora inediti, che si con-
servano neirarchivio vaticano, quali le lettere stesse dell* Ormaneto,
le istruzioni mandategli da Roma e simili. Oltre a ciò, il libro del
Carini ha il merito deiropportunità e viene in tempo ad aggiungersi
alle tante pubblicazioni di questo genere, che vedono ora la luce,
specialmente in Germania.
È noto con quanta passione gli eruditi tedeschi studino il periodo
storico delle due riforme. Quanto poi giovino le corrispondenze confi-
denziali passate tra i Nunzii da una parte ed i Papi ed i Principi
dairaltra, per for conoscere più intimamente gli uomini che presero
parte a quella lotta gigantesca dello spirito e della coscienza, ed i
principii, ond*essì erano animati, è facile a comprendersi.
Di qui ne sono venute le tante pubblicazioni che dicemmo, o dei
documenti originali riguardanti le nunziature, o di studii soprai me-
desimi. Per dare un'idea del molto che si fa a questo riguardo, citiamo
Topera del Friedensburg, Nuntiaturberichte aus DetUschlands,
quella del Dittrigh, Nuntiaturberichte Giovanni Morones vom deui-
schen Kóntgshofe, dell*HANSEN, Nuntiaturberichie aus DeutschUmds,
di cui la prima è in corso di stampa a Gotha, la seconda a Pader-
bom, la terza a Berlino; senza parlare delle trattazioni che di continuo
si leggono nei periodici, per es. una del Meister nella RSmische
Quartalschrift sopra la nunziatura di Spagna (ultimo fascicolo del 1893),
una del Bellesheim in un recente fascicolo degli Historisch-polUische
Blàtter (16 aprile 1894) ed altre.
Crediamo perciò che il libro del Carini debba tenere un posto ono-
revole nella letteratura, già assai copiosa, delle nunziature.
P. Savio.
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BURGAUD ET BAZIERES — LE MASQUE DE FER 483
ÉMILE BUROAUD et Ck)mmandant BAZlÈRES, Le masque de fer.
Révélaiion de la correspondance chiffrèe de Louis XIV. Elude
appuyée de documenls inèdits des archives du dèpòt de la guerre,
In-16*, pp. 300. Paris, librairie de Firmin-Didot et G.% 1893.
Pochi argomenti, come questo della maschera di ferro, hanno ecci-
tato la curiosità del pubblico e affaticato le menti degli storici, che
amano proporsi problemi ritenuti quasi insolubili. Da un secolo e
più quante candidature sono state proposte e quante scartate 1 Quante
soluzioni che parevano plausibilissime sono state poi dimostrate prive
di fondamento da indagini posteriori e da una più sicura interpreta-
zione dei documenti, che si son venuti raccogliendo intorno al miste-
rioso prigioniero di Pinerolo, di Santa Margherita e della Bastiglia!
Ormai però su di un punto almeno si è fatto un accordo quasi uni-
versale. La « maschera di ferro > non fu né principe nò personaggio
di grande riguardo, dicono a una voce i più autorevoli storici della
questione, ma persona, che per ragioni certo gravi assai, per quanto
non tali da compromettere la sicurezza degli stati, fu tenuta molti
anni in severa custodia, fatta anche più severa dalla maschera di cui
doveva essere — almeno dinanzi ad estranei — sempre coperto il suo
volto.
Una soluzione mise recentemente innanzi il Carutti in un articolo
della Rassegna Nazionale (1890) e nella sua Storia di Pinerolo; se
ne tenne il debito conto in questa Rivista, lodando Tacume del vene-
rando storico, cui parea potersi attribuire il merito di aver proposto
« le argomentazioni e le osservazioni più appaganti su questo sog-
getto ». Dopo il Carutti però è venuto in luce il lavoro di Emile Bur-
gaud e Gommandant Bazières, condotto in base alla ricostruzione del
cifrario di Luigi XIV ed alla interpretazione di carteggi ritenuti impor-
tantissimi ma non mai saputi leggere finora. Il contributo di documenti
è certo assai più abbondante in questa recente pubblicazione, dove si
è voluto battere una via nuova, che nel lavoro del Carutti, che s*era
servito unicamente del materiale raccolto da altri e principalmente
dairjung ; ma il desiderio di proporre qualcosa di nuovo non ha vinto
alle volte la mano agli egregi autori? L*edìfizio che essi hanno eretto
è poi tanto solido da resistere ad ogni soffio del vento impetuoso e
spesso letale della critica?
I « Mémoires et correspondances » del maresciallo di Catinat, pub-
blicati nel 1819 dal Le Bouyer de Saint Gervais, contengono nel tomo n
otto dispacci in cifra : due di Louvois, cinque di Luigi XIY ed uno del
marchese di Feuquières, tutti del 1691. Dei due dispacci di Louvois,
deir8 e 9 luglio, assai più lunghi degli altri, rimpiangeva il Le Bouyer
de Saint Gervais di non poter dare la traduzione, poiché « sarebbe
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484 RECENSIONI — 6. ROBERTI
curioso », diceva, « vedere con quali trasporti di collera il Louvois
ricevesse la notizia della levata dell'assedio di Cuneo e possedere nel
tempo stesso uno degli ultimi documenti del suo ministero ». Il Lou-
vois infatti mori avvelenato a metà di luglio del *9i. Il comandante
Bazières, dotto criptologo, essendo riuscito a ricostituire la cifra di
Luigi XIV per il 1691, forni al sig. Burgaud la trascrizione dell'im-
portantissima lettera di Louvois a Catinat, comandante in capo le forze
francesi in Piemonte, deir8 luglio 1691. « S. M. ha inteso con molto
dispiacere », direbbe il punto capitale di questo dispaccio^ « come
contro i vostri ordini e senza che ce ne fosse bisogno Monsieur de
Bttlonde si sia arbitrato di levare Tassedio di Cuneo, poiché S. M. cui
ne sono note meglio di qualunque altro le conseguenze, sa pure quanto
grande sarà il pregiudizio che riceverà da questo smacco. S. M. de-
sidera che facciate arrestare M' de Bulonde e lo facciate condurre
nella cittadella di Pinerolo> ove sarà custodito di notte in una camera
di detta cittadella e di giorno avrà licenza di passeggiare sui bastioni
con una maschera ». Chi era questo signor di Bulonde ? quale la ca-
gione dello sdegno del Re?
Vivien Labbé, signore di Bulonde, luogotenente generale delle ar-
mate del re di Francia, aveva preso il 17 giugno 1691, il comando
delle truppe francesi assedianti Cuneo. Un primo attacco, il 23, fallì
completamente: fu giudicato, com'era, temerario, ma con nuovi rin-
forzi, atti a controbilanciare rinvio di soccorsi capitanati dal principe
Eugenio, mandati dal duca di Savoia, si riteneva facile impadronirsi
della piazza. Tanto più che i rinforzi dovevano giungere al Bulonde
cinque ore prima dell'arrivo del principe Eugenio. Invece, preso da
un panico straordinario, il Bulonde levò improvvisamente, il 2S
giugno, Tassedio, abbandonando parte delle artiglierie, munizicmi, ap-
provigionamentì, feriti e si ripiegò per Villafaletto, Savigliano, Racco-
nigi, al campo di Poirino. Fu uno scandalo inaudito. Invano il Bulonde
tentò giustiflcarsi: la sua inettitudine fu messa anche meglio in rilievo
dalle invidiose accuse di alcuni suoi subordinati ed il 15 luglio il vinto
generale entrava nella cittadella di Pinerolo. Di là scrisse ancora per
giustiflcarsi — Tultima sua lettera è del 29 luglio — ma dopo questi ul-
timi documenti che lo concernono, non si ha più traccia sicura di lui
negli archivi del Ministero della guerra. I carteggi e le memorie con-
temporanee ne fanno bensi menzione, ma in modo sommario e spesso
in termini contradittori. Però, notiamo, la maggior parte dei testi
citati lo riterrebbero scarcerato dopo una detenzione più o meno
lunga. Invece per il Burgaud — lasciamo pure da parte il Bazières,
che ha certo dato al lavoro la sola interpretazione del cifrario —
contro al Bulonde non fu pronunziata sentenza alcuna, ma poiché era
venuto meno all'onor militare, fu cancellato dal novero dei viventi;
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BURGAUD ET BAZIÈRBS — LE BfASQUE DE FER 485
nessuno al mondo doveva più rivedere il volto di colui che per de-
bolezza aveva tradito il suo signore. Cosi il Bulonde sarebbe diventato
il prigioniero dalla maschera di ferro, morto poi alla Bastiglia il 19
novembre 1703.
La prigionia del Bulonde è fatto certo, come è certo il fatto che la
determinò. Parecchi documenti, oltre la lettera del Louvois, fanno sa-
pere che il 15 luglio '91 il Bulonde veniva incarcerato a Pinerolo ove
« il sera gardé conformément aux intentions du roi » scrive il d*Her-
leville, governatore della cittadella, al Louvois. Ma da questo fatto certo
alla identificazione colla « maschera di ferro » ci corre. L'ipotesi che
il Bulonde sia la « maschera di ferro > riposa suirinterpretazione dei
dispaccio 8 luglio '91. 11 crittologo, a nostro avviso, può esser mate-
rialmente certo di aver rettamente interpretato un gruppo di cifre,
quando esso si ripeta parecchie volte e dia sempre risultati uguali, n
gruppo 330 che il Bazières traduce « masque » compare una sola volta
nei sette dispacci cifrati indirizzati al Gatinat. Ammesso che il crit-
tologo abbia interpretato rettamente tutto il rimanente del dispaccio,
potremo accettare la sua ipotesi dell'uguaglianza di 330 e « masque »,
soltanto perchè « le sens de la phrase ne laisse subsister aucun doute
sur la valeur du groupe 330? ». Su questo fragilissimo punto d'appoggio
è fondato tutto l'ediflzio eretto molto ingegnosamente dal Burgaud.
Domani si scopre un altro documento cifrato dello stesso anno, che
dia un altro valore al gruppo 330 — ma autentico perchè ripetuto più
volte, — che cosa rimane dell'ipotesi del Burgaud?
Finché non si sia trovato mezzo di confortare con tali argomenti
l'interpretazione del gruppo 330, che diventi inoppugnabile, ci pare che
si debba sempre far capo ai documenti pubblicati dalì'Jung, ricercando
tra i prigionieri del Saint Mars, di cui ci dà notizia, quale meglio ri-
sponda ai misteriosi caratteri della « maschera di ferro ». In tal caso
l'ipotesi del Garutti rinvigorita da documenti francesi illustranti il « frate
giacobino », con cui il nostro intravide possibile l'identificazione della
< maschera di ferro » meriterebbe d*esser ritenuta appieno sicura (1).
Giuseppe Roberti.
A. LUMBROSO, Saggio di una bibliografia, ragionata per servire
alla storia dell'epoca Napoleonica. Modena, Namias, 1894. In-16*^,
Voi. I, pp. 155, lettere a- azuni [edizione di soli 200 esemplari].
La storia della Rivoluzione francese e del periodo Napoleonico, cosi
piena di profonde e commoventi memorie da farci credere, che riguardi
(1) Mentre sto correggendo le bozze, leggo sair « Intermódiaire dea chercbears et
des corieiu» essersi trovata alla Nazionale di Parigi una qnitanza firmata da Ba-
londe il 28 noTembre 1705. Cadono a questo modo le aeree oostrnzioni del B. (G. B.).
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486 RECXN8I0NI — C. MBRKSL
fotti accaduti aolo ieri, conta oramai un secolo di studi e di lavori
continui. Sono ricordi della mia fonciuUezza, non ancora, per fortuna,
troppo lontana: la mia povera nonna, nata nel 1808 presso ai confini
della Boemia, narrava a noi bambini, che mentr*era bambina anch'essa
un brutto di giunse la notizia, che s'avvicinavano i Francesi: a quel
tristo annuncio la mamma sua colle donne di casa tolse seco i figliuo-
lini, ed, abbandonata la comoda e ricca cascina, si rifugiò nei boschi ;
gii uomini stettero ad aspettare il nemico, non per difendersi, ma per
mettersi ai suoi ordini. Sopravvenuto questo, la bella casa fufhigata
dappertutto dagli avidi soldatacci, i quali si appropriarono quanto po-
terono e colle sciabole fecero volare in pezzi fino i grossi e soffici
cuscini di piume d'oca, che non potevano recare via con sé. Al loro
partire i bifolchi furono obbligati a trasportar i loro bagagli coi buoi
della cascina fino, erasi detto, ad un certo numero di miglia; ma
quando queste furono percorse ed i poveri uomini si permisero di
chiedere di poter ritornare a casa, i soldati colle sciabole sguainate,
urlando « bougres », intimarono loro di continuare. Nò qui sono finiti
i pietosi ricordi : rammentava ancora la povera nonna, che il suo fira-
tello maggiore, essendo in una battaglia caduto a terra e vedendosi
sopra un nemico, aveva alzato le mani giunte per pregarlo che lo
risparmiasse, ma questo con un mulinello della sciabola glie le aveva
troncate! Da quei tristi anni sua madre era stata cosi commossa, che
non si era più vista ridere, ed aveva passato il resto della vita in se-
vere pratiche religiose ed in dure penitenze.
Strano contrasto di memorie! il nonno, nato sulle ridenti rive del
Reno, ricordava invece soltanto che da bambino un soldato moro> tol-
toselo in braccio, soleva largii saltare un fosso per divertirlo!
Queste memorie ora sono già lontane; ma a migliaia, a migliaia
furono conservate ed ogni anno cresce alle stampe il numero dei ri-
cordi e degli studi su quell'epoca tanto agitata e grandiosa. Perciò é
benvenuto oramai il bibliografo, che attende a raccoglierli ed indica^
celi accuratamente, benvenuto il volume presente, d'un giovanissimo,
ma serio studioso, il quale egregiamente annuncia una preziosa opera.
Il signor Alberto Lumbroso, accintosi, nonostante la sua età, già da
parecchi anni a raccogliere una bibliografia dell'epoca Napoleom'ca,
colle infaticabili ricerche sue proprie, merco l'aiuto di numerose per-
sone d'ogni paese d'Europa, ci ofiTre nel volumetto presente un saggio
bibliografico veramente ragguardevole. Al primo momento, che lo ebbi
tra mano, confesso il vero, pensai, che forse l'A. avrebbe fatto meglio,
per dar un lavoro più rigoroso che fosse possibile, a raccogliere soia
la bibliografia riguardante Y Italia ; ma poi riflettei, che per adunar
anche solo questa, l'A. sarebbe stato del pari obbligato a ricercar fra
tutte le opere straniere quelle, che toccassero dell'Italia; ora se,fiitta
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A. LUIIBROSO — SAGGIO DI UNA BIBLIOGRAFIA RAGIONATA ECC. 487
qaesta ricerca vasta e difficilissima, TA. ha credalo bene di esporre
altresì le notizie bibliograflche riguardanti altri paesi, per non perdere
il frutto di tante fatiche, chi ne lo può biasimare ? Del resto TA. non
pretende di darci, cosa impossibile, una bibliografia completa, ma un
sa^o bibliografico, e noi dobbiamo essergliene grati.
Infatti il volume presente, pur contenendo solo V indicazione degli
autori, il cui nome incomincia colla lettera A, conta già, se non ho
errato nel numerarli, 425 autori, e non tengo conto dell* appendice,
la quale ne aggiunge ancora altri. Le indicazioni bibliograflche, essendo
state attinte a fonti diverse, le principali delle quali l'A. enumera
nella interessante Prefazione (1), non sono sempre ugualmente ampie;
ma quando TA. non ha potuto valersi d*una buona fonte od ha avuto
anche meglio la fortuna di trovare esso stesso il libro, di cui dà no-
tìzia, allora questa diventa diligentissima, particolareggiata, anzi TA.
sa esporla con un garbo, che rende molte pagine del suo libro assai
dilettevoli.
Naturalmente il numero maggiore delle opere indicate spetta alla
Francia; ma anche la Germania e Tltalia ne contano un buon numero,
e quelle riguardanti 1* Italia danno più &cilmente alFA. occasione di
descrizioni particolareggiate ; il che non toglie che anche per le opere
straniere talora non vi siano notìzie interessantissime; cito come
esempio di larghe ed interessanti descrizioni bibliograflche, quelle
&tte a proposito degli scritti deiregiziano Abd al-Rahman ibn Hasan,
Al Jabarti, della casa di Abrantès» di Arvide Ahnfelt, Michele Amari,
Joachìm Ambert, Alessandro D* Ancona, Andreis, Antoine-Frangois An-
dréossi. Luigi Angeloni, Antonopoulos, Antraigues, Apostoli, degli Ar-
nault, di Ernesto Maurizio Amdt, John Ashton, Audiffret-Pasquier,
Auribeau, Charles Auriol, Joseph-Miguel de Azanza. — Nel rilevar i
nomi di questi autori, lo confesso, ho più che altro badato all'ampiezza
delle notizie bibliograflche fornite; ora dovrei, ritornando sui miei
passi, s^nalar forse con maggior ragione certe notizie preziose, ben-
ché più brevi ; ma mi scusi la mia incompetenza in questo argomento.
Per curiosità mi restringo a citare solo ancora un Essai sur Vhistotre
de la Revolution frangaise^ opuscolo in-ie"" di 103 pagine, nel quale
la rivoluzione francese è tutta narrata con passi tolti agli scrittori
classici romani.
L*A. nella prefazione prega tutti quelli, i quali hanno occasione di
(1) Mi sia permesso qaest* appanto : percbò TA. non ha asufrnito o per lo meno
non ha citato la nostra jSiVùto, la qnale cura ano spoglio bibUografioo specialmente
dei periodici quale pochissime delle più reputate riviste estere stesse possono vantare?
(2) Intorno al saggio presente veggasi la recensione davvero entusiastica fattane
dal D&JOB nella B/tMue critique cThistoire et de littérature, an. 1884, febbraio 19,
dove, ed a ragione, sì fanno anche vivi elogi della correttezza tipografica del lavoro.
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488 RECENSIONI — G. ROÌfANO
conoscere opere a lui ignote intorno alla rivoluzione firancese, ad aver
la cortesia di comunicargliele: il suo desiderio è giusto ed il soddi-
sfarlo non tornerà caro solamente a lui, ma a tutti gli studiosi» i quali
neiropera ora incominciata sperano di veder sorgere una bella ed in-
teressante bibliografla. Garlo Mbrkbl.
G. BIAGI, XL Lettere di Gioacchino Murai alla figlia Laetizia. Nozze
Benzoni-Martini. Firenze, 1893.
H. CAPIALBI, La fine di un Re. Murat al Pizzo. Monteleone, Passa-
faro, 1894.
La bibliografia murattiana s'è arricchita in questi ultimi mesi di due
nuove pubblicazioni.
La prima è quella del prof. Guido Biagi, il quale, prendendo occasione
dalle nozze Benzeni-Martini, ha dato alla luce quaranta lettere di Gioao
chino Murat alla figlia Letizia, scritte tra il 1807 e il 1814, durante le
ft*equenti e non brevi assenze dalla famiglia, a cui il Granduca di Berg,
divenuto più tardi re di Napoli, era costretto dalla imperiosa volontà
del cognato Napoleone. Scritte ad una bambina, Gioacchino vi trasfuse
tutto Tampre che portava ai suoi, ed in particolare alla Letizia, che lo
ricambiava di eguale affetto. Le lettere sono per lo più brevi ; alcune
hanno appena la forma di un biglietto. Ma quanta semplicità, e quanta
tenerezza in quelle poche linee, e come T animo del re vi si acopre
delicato e gentile 1 All'affettuosa premura con cui tien dietro airedu-
cazione de' figli, alla viva sollecitudine con cui chiede notizia della
loro salute e dei progressi delia loro istruzione, s'associa e traspare
in ogni lettera un senso visibilissimo e spesso confessato di stanchezza,
che gli fa desiderare la quiete nel tranquillo porto della famiglia.
Importanti, sotto questo rispetto, sono quelle scritte nel 1812, Tanno
della campagna di Russia. Gioacchino si consolava col pensiero che la
campagna sarebbe stata breve, per riunirsi presto a' suoi cari. « Qnand
« vous reverrai-je? scriveva il 24 marzo da Posen, bientdt j'espère,
< car Tempereur est habitué à aller vite en besogne, mais rien n*est
« encore commencé, nous attendons le signal des batailles et ce n'est
« qu'alors que je pourrai flxer à peu près l'epoque de mon retour.
« Qu'ii sera beau le jour où j'embrasserai ma belle Letitia, ou j'em-
« brasserai tous mes enfans, ou je me réunirai à eux pour ne plus
« jamais m'en séparer ». In fondo egli non provava nessun entusiasmo
per quella lontana spedizione, ma « l'honneur, le bien étre de mes
« enfans, l'intérèt de mon royaume commandent ce grand sacrifice,
« l'amour que Je porte à l'empereur me feit un loy d'aller combattre;
< mais ne t'afflige pas: tous les dieux veilleront sur raoi. Votre maman,
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BIAGl — XL LETTERE DI GIOACCHINO MURAT ALLA FIGLIA LAETIZIA 489
€ Taraour de mes peuples vous garantiront pendant mon absence: et
€ des prompts succès vous ramòneront bientdt votre papa, vous le
4L rendront, j*espére, encore plus digne et de luì et de vous » (7 maggio).
Quale illusione ! I pronti successi non vennero, e la tattica de* russi,
fiinesta all'esercito firancese, allontanava sempre più la fine della ter-
ribile campagna. « Je me porte bien, scriveva il 18 luglio, malgré les
« grandes marches que nous font faire ces vilains russes qui s'en-
« fnlent avec leur bottes de sept lieuea ». Nondimeno, in mezzo agli
inauditi travagli della spedizione, lo conforta il pensiero « que c^est
« ponr mon adorable fomille que Je combats, et que les feuilles de
« laurìer que je cueiile ne peuvent pas déparer la figure angélique,
« la téte charraante de ma Letitia » (3 settembre). É della sera della
battaglia della Moscowa (7 settembre), in cui quarantatre generali fran-
cesi, tra morti e feriti, caddero sul campo, un biglietto, le cui linee
fanno sentir tutta la gravità del pericolo corso. « Je me porte bien,
€ votre papa vous est preservò. Rendez en gràce à Dieu ; il recevra
« avec bonté les vobux et les actions de gràce de coeurs aussi purs
« que les vfìtres ». Le stesse preoccupazioni, lo stesso rimpianto della
sua lontananza, lo stesso desiderio di ricongiungersi presto a* suoi cari
ricompariscono nel resto deirepistolario.
Gioacchino attendeva con la massima diligenza aireducazione de* figli,
il cui avvenire, non ostante il suo apparente ottimismo, cagionavagli
delle vaghe apprensioni. Egli voleva che la loro istruzione fosse com-
pleta, afiSnchè un giorno, occorrendo, potessero bastar a sé stessi. Oltre
airequitazione e alla danza, era suo desiderio che apprendessero la
lingua tedesca ed inglese. « Je ne vous parie pas de Titalien; vous
« ètes napolitaine et vous devez savoir votre langue ». Credeva che
una bella scrittura e Tabitudine di legger bene fossero un comple-
mento necessario deiristruzioné ; raccomandava anche di legger molto,
purché la scelta dei libri si facesse con cautela, per non cagionar in-
gombro alla mente e non nuocere aireducazione del cuore. Delle arti
Gioacchino raccomanda alla figlia il disegno e la pittura. « Les arts
€ éveillent rimagination, élèvent Tàme; quel sublime talent que celui
« de pouvoir faire revivre sur la toile Tètre cher qui n'est plus, ou
« dont on pleure Tabsence, de retraire sur le papier des lieux que
« nous avons aimés ». Chi riconoscerebbe più in questi saggi consigli
il figlio dei locandiere della Bastide Fontoniòre, lo studente scapestrato
di Gahors e di Tolosa ?
Pubblicando queste lettere, che gittano una luce cosi simpatica sulle
relazioni famigliari di Gioacchino, Guido Biagi s*ò reso altamente
benemerito degli studi murattianì. Peccato che 1* indole della pubbli-
cazione non può dar loro tutta la diffusione e tutta la notorietà che
meriterebbero I
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490 RECBN8I0NI — G. ROBIANO
« •
Carattere più propriamente storico riveste la pubblicazione del si-
gnor conte Hettore Gapialbi in collaborazione col signor G. Ga^)arri
intomo a* casi del Pizzo, dove Gioacchino Murat chiuse tragicamente
la sua avventurosa carriera. Il libro contiene tre nuovi documenti
relativi a quel lugubre episodio di storia contemporanea, che all'e-
gregio editore è sembrato, e non a torto, non ancora ben noto in
tutti i particolari, specialmente per ciò che riguarda la responsabilità
delle persone che direttamente o indirettamente cooperarono alla mi-
sera fine del re. Chiarire i fatti col sussidio di nuove testimonianze,
correggere, dove andavan corrette, le cose dette da altri, e, coi dati
fomiti dalla sicura conoscenza dei luoghi e delle persone, reintegrare
tutto Tavvenimento nella sua verità storica, ecco, se io ho ben com-
preso, rintendimento di questo libro.
Senonchè (sia detto con buona venia del eh. autore) il libro man-
tiene assai meno di quello che promette, e ciò sopratutto per difetto
di metodo. Sta bene che il signor Capialbi abbia relegato in appendice
una quantità di particolari di secondaria importanza e che hanno, tutto
al più, un valore illustrativo; ma non so capire perchè egli siasi limi-
tato a pubblicare le tre relazioni con qualche parola di commento e
con notizie biografiche più o meno estese intomo a' rispettivi autori,
senza fare (ciò che più importava) un esame accurato del valore in-
trinseco di ciascun documento, e senza confrontare Tuno con Taltro,
per mettere il lettore in grado di ricostruire da sé le varie parti del
racconto in un tutto organico. L* egregio uomo ha fatto troppo a fi-
danza coiraccortezza del lettore, lasciando a lui la briga di sorpren-
dere e conciliare tutte le contraddizioni che emergono dal confronto
delle tre narrazioni. Perchè il sapere che queste furono scritte da tre
punti di vista diversi giova bensì a tenerci in guardia di fìnonte al modo
come i fatti poterono essere intesi e coloriti, ma non ci dà menoma-
mente il criterio di sceverare il vero dal falso; senza dire che quelle
relazioni sono una parte, e neppure la maggior parte, de* materiali di
cui possiamo disporre per conoscere Tavvenimento in tutti i suoi par-
ticolari e collocarlo nella sua vera luce. Giacché, dunque, airegregio
editore non è piaciuto di darci ^li una narrazione seguita e compiuta
deiravvenimento, occorreva almeno che i singoli documenti fossero
accompagnati da un commento critico, col quale non sarebbe riescito
difficile raggiungere Tintento principale espresso nella prefazione. Cosi
com*è, la pubblicazione del Gapialbi riesce affatto deficiente, e, se, da
un lato, non può negarsi che porti nuova luce su certi fatti, solleva,
dairaltro, non pochi dubbi ed incertezze^ che, in omaggio alla verità,
occorre senz'altro eliminare.
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H. CAPIALBI — LA FINE DI UN RE. MORAT AL PIZZO 491
De* tre documenti contenuti in questo volume il signor Gapialbi ha
dato il posto d'onore ad una narrazione scritta da un tal Antonino
Gondoleo di Briatico, nato nel 1800 e morto al Pizzo solo due anni fa.
Questo documento non m*era ignoto quando, nel 1889, pubblicai la re-
lazione che deirarresto e della morte del Murat scrisse il canonico
Masdea suo confessore (1), e ne tacqui Fanno dopo, nella seconda edi-
zione che feci di quelfopuscolo accresciuto di nuovi documenti tratti
dagli archivi del Pizzo (2). Il mio silenzio derivò in parte dall'essere
l'autore ancora vivo, e in parte dalla considerazione che il racconto
del Gondoleo mi parve, fin dalla prima lettura, una compilazione di
carattere sospetto e di valore assai discutibile. Il Gondoleo aveva quin-
dici anni quando avvennero i fatti del Pizzo; scrisse tardi, e più per
informazioni altrui che come testimonio oculare ; e dedicò a Giuseppe
Garibaldi quella che egli chiamò memoria storica, in cui le pretese
letterarie dell'autore fanno curioso contrasto col perpetuo strazio
della lingua e della grammatica. Ma di questo si potrebbe non fare
gran colpa al buon Gondoleo, se il suo scritto, che pure in qualche
particolare non è indegno di considerazione, non contenesse inesattezze
ed assurdità che mal s'accordano col carattere che deve sempre avere
un documento storico. Ài Gapialbi, che qualifica leggendaria la narra-
zione del Misasi (3), non può essere sfuggito il fatto che essa fu tratta
in gran parte da questa del Gondoleo ; cosa, del resto, confessata dallo
stesso Misasi, e di cui nessuno può essere informato meglio di me, che
a lui, allora mio collega nel liceo di Monteleone, comunicai, insieme
con altri documenti, lo scritto in quistione, scritto che ancora con-
servo, e che riproduce^ con pochissime e lievi varianti, il testo ora
pubblicato.
Ma esaminiamo brevemente questa relazione, e vediamo se il giudizio
da me espresso corrisponde al vero.
Notiamo innanzi tutto la contraddizione in cui cade il Gondoleo, il
quale, dopo aver detto (pp. 31 e 32) che il Murat, appena sbarcato,
cominciò ad emettere il grido di « Viva il re Gioacchino », e, poco
dopo, imbattutosi nei legionari che manovravano sulla piazza, tentò
di &rli ribellare al loro legittimo sovrano, esprime più tardi (p. 55)
(1) T. A. Masdba, Varresto e t7 suppHtio di G. Murat (Nozze Pignatari-Talamo) ;
Pavia, Fratelli Fasi. 1889.
(2) Bicordi MuratUani; Pavia, Fratelli Fasi, 1890.
(3) Il dramma di Pizzo nei 1815, in aggiunta al romanzo Marito e Sacerdote^
2* ediz., Napoli, Gabriele Besina, 1892, pp. 115-159. Il mio buon amico Misasi di-
diiarò veramente di aver voluto scrivere «una semplice, una fedele narrazione storica »,
ma, in fondo, né anche a lui dispiacerà di aver scrìtto soltanto un bellissimo bozzetto.
Bausti dire che egli prolunga di tre giorni l'agonia di Gioacchino, facendolo morire
non il 18 ma il 16 ottobre!
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492 KBCfiNSIONI — O. ROMANO
ravviso che la notizia cor^a che egli, il re, avesse voluto indurre il
popolo alla rivolta era esagerata, « giacché il Re non fece tali pub-
blicità ». Vero è che a pag. 37 Tautore afferma che Gioacchino, dopo
il ritiro de* legionari, rimasto co' suoi sulla piazza, si contentò di do-
mandare a* pochi che passavano 4ì là che lo provvedessero di vetto-
vaglie e gli cambiassero « la barca con altra più grande e pia solida ».
Ma questo ò in contraddizione con tutto il piano prestabilito dal Murat,
con le istruzioni date al Barbara, e col fatto stesso che egli, anche
quando s'accorse che al Pizzo era pericoloso il restare, prosegui il
cammino per Monteleone, suo vero obbiettivo. Quest'ultimo particolare
smentisce Taltra notizia accennata dal Gondoleo (p. 4()), che Gioacchino
avrebbe rifiutato un cavallo generosamente offertogli dal capitano
Devuox, comandante della piazza (1). Il racconto del Masdea, confer-
mato da quello del Nunziante, suona tutto l'opposto; fu il re che ri-
chiese il cavallo, e non Tebbe. E il Masdea mi pare che abbia ragioni
da vendere. Il rifiuto del cavallo, in quel momento, in procinto d'in-
traprendere una spedizione arrischiata, sarebbe stato tanto assurdo
quanto puerile mi sembra Taltra affermazione del nostro storico che,
all'istante in cui Gioacchino vide i legionari e i cannonieri schierati
in piazza, credette che si trovassero li per unirsi con lui! (p. 33).
La narrazione del Gondoleo, poco coerente e poco esatta nella prima
parte, acquista un particolare interesse nella seconda, in cui si parla
dell'arresto del Murat. In questa parte del racconto l'eroe non è più
il famoso Trentacapilli, come s'era creduto finora, ma il farmacista
D. Giorgio Pellegrino. È questi che, avverso al regime francese per
rancori personali e per interessi offesi di famiglia, anima le turbe, le
guida all'assalto, e^ dopo aver obbligato il re a deviare dal cammino
per Monteleone, incalzandolo fino al mare, determina la catastrofe.
L'azione del Pellegrino risoluta, energica, dovuta unicamente all'ini-
zialiva personale, contrasta singolarmente con la condotta del Trenta-
capilli, che nel racconto del Gondoleo acquista tutti i caratteri di un
gendarme offembachiano. Pusillanime e irresoluto, questo infelice ca-
pitano borbonico, padre di sei figlie, resta lungamente incerto tra il
sentimento del dovere e l'istinto della propria conservazione; lungi dal
trascinare gli altri, il trascinato è lui; e, quando si muove, quando
finalmente s'avvede che l'indugio può costargli la perdita dell'impiego,
è già sicuro che il re è lontano dal paese, perchè egli ha calcolato
« con certezza matematica il tempo decorso »(p. 58). Disgraziato! il re
non è che ad un tiro di fucile dal Pizzo, e il Trentacapilli è costretto,
(1) Ma il comandante della Piazza non era D. Girolamo Mattel? Io credo ohe
qaesto Devnox, al qaale il Gondoleo attribaisce una parte alquanto strana in tatto
Tavvenimento del Pizzo, era semplicemente addetto al comando della fortezza, ooina
sarà meglio chiarito in seguito.
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H. CAPI ALBI — LA PINE DI UN RE. MURAT AL PIZZO 493
mal suo grado, ad avvicinarlo^ e ad intimargli l'arresto. Ma, ahimò !
egli era, dice il Condoleo « neirambascia d'un moriente » « simile a
colui ch*è presso a sentire la morte e poco sicuro di poterla evitare »
(p. 61). Buon per lui che innanzi all'ostile atteggiamento dei seguaci
del Murat giunge opportuno a salvarlo il fratello D. Raffaele, da cui
il nostro eroe si lascia tirare per la falda dell'uniforme, e tutti e due,
tornati al Pizzo, si vanno a chiudere « ermeticamente in casa » (pa*
gine 63, 64). E da questo momento D. Gregorio Trentacapilli, il famige»
rato ministro delle vendette borboniche, scompare affatto dalla scenai
Che valore ha tutto questo racconto ? secondo me, meno che dubbio.
Premetto che in qualche punto (p. 61) il Condoleo confessa onestamente
che non può garentire la verità di quanto scrive, e che ripete soltanto
ciò che gli è stato riferito da altri. Non dico, per questo, che nella
8ua narrazione non ci sia nulla di vero. Giorgio Pellegrino prese viva
parte a' fatti deirs ottobre 1815; egli diresse una delle squadre che
assalirono il Murat, e cooperò validamente all'arresto del re. Il fatto
che egli fu decorato coh un'alta onorificenza, ed ebbe l'assegno vita-
lizio di 300 ducati annui (1), lo prova luminosamente. Ma il suo nome
non comparisce mai né nella relazione ufficiale del ministro di Polizia
De Medici, né in quelle private del Masdea, dell' Alcalà e del Nun-
ziante: segno evidente che egli non ebbe nell'avvenimento che una
parte affatto subordinata. In queste ultime relazioni, scritte da testi-
moni oculari, chi divide le squadre, chi dirige e compie il movi-
mento è il capitano di gendarmeria Gregorio Trentacapilli (2). Questo
dissero gli stessi seguaci del Murata quando, più tardi, il governo bor^
bonìco, incerto sul modo di distribuire le ricompense, li fece diretta-
mente interrogare per averne informazioni (3). Ci vuole poca fktica
a riconoscere che il Trentacapilli non mostrò in tutto quel fatto un
coraggio da leone; ma che egli spingesse la pusillanimità fino al
punto che, intimato l'arresto al re, tornasse a chiudersi ermeticamente
in casa, e smentito dalle testimonianze dell'Alcalà e dal Nunziante,
che si esprimono su queirimportante particolare in modo ben diverso (4).
(1) Bicùrdi Mwraitìam, p. 42.
(2ì Cfr. pp. Ili, 146.
(3) Tolgo queste notizie da memorie manoscritte aggiante alla Relazione del Con-
doleo, nelli copia da me posseduta, e certameote dovute allo stesso aotore.
(4) Anche nelle Memorie riguardanti gU téUimi avvenimenti del regno di Gia-
aecMno Murat di N. A. Bianco, pabbl. da Ireneo del Zio (Melfi, B. Ercolani, 1880)
si legge, a pag. 139, che il Trentacapilli, saputo l'arrivo di Gioacchino, andò e vil-
mente a nascondersi », ma poi è detto che « in sentirlo partito * fu egli che am-
mutinò il popolo e diresse tatto il movimento. Il Bianco, si noti, scrisse le sue
Memorie nel 1846. Che il Trentacapilli sia stato Taatore principale delParresto del
Marat è affermato, oltre che dal Colletta e dal Gallois, da' dae compagni di Gioac-
chino e testimoni ocnlar!, Franceschetti e Galvani, nelle rispettive Memorie pub-
blicate a Parigi nel 1826 e 1843. Della memoria del Galvani un sunto fa inserito
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494 I RECENSIONI — 6. ROBfANO
É probabile che il Condoleo, attìngendo le sue informazioni da varie
parti, abbia riprodotto le dicerie che si formarono più tardi intomo
airavvenimento, quando la vanità, Tambizione insoddis&tta, ed anche
la passione politica e le antipatie personali avevano alterato alquanto
le sembianze genuine deirepisodìo, e insieme la responsabilità di co-
loro che vi avevano partecipato. Se poi il Ck>ndoleo avesse particolari
ragioni per attenuare la responsabilità del Trenlacapilli ed attribuire
a Giorgio Pellegrino la non invidiabile gloria della cattura di Gioac-
chino, è cosa più focile a sospettare che a dimostrare (1).
« «
G*è un punto, però, nella narrazione del Gondoleo, che a me pare
dì una certa importanza, e che al Gapialbi è passato affatto inosser-
vato. È quello dove si parla del Barbara. Tutti sanno che su questo
uomo pesa Taccusa di aver tradito il Murat, abbandonandolo sul più
bello (anzi sul più brutto !) < per &r guadagno, come scrive il Colletta,
delle ricche sue spoglie ». Invece il Gondoleo si esprime così : « In-
« ciiniamo piuttosto a credere che la sua intempestiva fuga sia dipesa
« 0 che lo abbia creduto massacrato, e se pur non questo, creduto cer-
« tanente prigioniero in mano del popolo; per cui, a nostro giudizio,
« temendo Barbara verificata una di queste due nostre supposizioni,
« non era più al caso dare al re alcun soccorso. E siccome si trovava
4 colle sue barche in poca distanza del forte la Monacella, temeva
« perciò che da un momento all'altro non si avesse a mettere esso in
« azione contro lui. Perchè in questo caso non solo che gli avrebbe
« impedito la sortita, ma poteva benissimo mettere a picco le sue
« barche, e cosi sofifirire anche lui la stessa barbara sorte del Re »
(pp. 69, 70).
Io credo che il Gondoleo sìa perfettamente nel vero, e che il giu-
dizio portato finora sulla condotta del Barbara debba essere notevol-
mente modificato.
Giusta le istruzioni ricevute dal re al momento dello sbarco, il Bar-
bara doveva rimanere per un* ora co' suoi legni a due tiri di fucili
dalla spiaggia, e dirigersi in seguito nelle acque di Bivona (*^). Egli
rimase infatti tre quarti d*ora al suo posto, e solo si mosse per pren-
néiVArch. Star, Ital, an. 1876, n. 94, pag. 70 seg. da Giuseppe Biocurdi {Bda-
eùme autentica delia faeiùne operata m Cdtahria nei 1815 da Gioacchino Murat),
Vedi anche il Coppi, Annali d'Italia, VI, 204; Roma, 1829.
(1) È impossibile ammettere che il Gondoleo, vissato per tanti anni al Pizzo,
ignorasse che Gioacchino, arrestato, era stato consegnato al Trentacapilli, che qaesti
TaTeva spogliato delle carte e de* brillanti, e l'aveva tenuto in cnstodia fino all*ar-
rivo del general Nunziante. 8e egli tacque questi particolari, è lecito dubitare for-
temente della sua imparzialità.
(2) Frahcbschetti, Mémoires sur ìee événements qui ont précède la mort de
Joachim I^ Boi des deux SicHes; Paris, Baudin frères, 1826, p. 56.
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H. CAPIALBI — LÀ FINE DI UN RE. MURÀT AL PIZZO 495
dere il largo quando senti il rumore delle fucilate e vide una molti-
tudine di persone che correva al lido in attitudine minacciosa. Questo
si legge nella relazione di padron Gecconi, testimone oculare (1), e
questo, mi sembra, basta ad escludere Tidea del tradimento. Il Bar-
bara, è vero, mancò agli ordini ricevuti, ma mancò per viltà, non per
proposito; alla vista di ciò che avveniva a terra, egli credette il re
già ucciso 0 prigioniero, e da queirìstante, credendo tutto perduto, non
pensò che a salvare se stesso (2). Per giudicare della condotta del
Barbara, bisogna esaminare prima se egli, volendo, avrebbe potuto
salvare Gioacchino. A questo proposito scrive il Franceschetti : « s*il
« eùt exécuté les ordres, ou qu'il eùt tourné contro Tattroupement
« une pièce de 4 qu*il avait sur son bord, il se serait dissipò, ou du
« moins en partie, et cotte roanoeuvre aurait probablement facilitò
« Tembarquement du roi » (3). Si badi, il Franceschetti dice « pro-
bablement », ma io credo poco a quella probabilità, perchè, anche
quando il re fosse riescito ad imbarcarsi, avrebbe dovuto fare i conti
co* cannoni de* forti, da cui la sua imbarcazione sarebbe stata colata
a fondo colla massima facilità. Giacché non è punto vero quanto scrive
il Gondoleo di una certa gherminella ideata dal Devuox, il quale avrebbe
fatto chiudere la porta d'entrata del castello, sicché quando alcuni del
popolo vi accorsero per puntar i cannoni contro le navi del Barbara
non trovarono nò il comandante né i cannonieri (p. 71). Questa é una
delle molte storielle raccolte dal Gondoleo nel suo racconto, ed é smen-
tita recisamente dalla citata relazione di padron Gecconi, il quale parla
di due colpi di cannoni partiti dal forte, i cui proiettili caddero a poca
distanza dalle barche, mentre si ritiravano al largo (4).
Fu in sostanza, la paura, e la paura di un pericolo reale e immi-
nente il vero movente della condotta del Barbara., Lo stesso France-
schetti non seppe fargli altro addebito. « Si le capitain Barbara, egli
« dice, eùt été un homme d*honneur, il aurait brave la mort au lieu
« de s'oublier au point d*abandonner son poste, malgré les ordres qu*il
« avait regus > (5). E il Franceschetti ha perfettamente ragione: un
(1) Padron C<ioconi guidava ana delle due barche con cai Gioacchino approdò al
Pizzo. La saa relazione è del 6 febbraio 1818 e fn pubblicata dal Franceschetti,
Mémdres, p. 170.
(2) Masdba: « il Comandante Barbara, accortosi dell'accaduto, poiché tutto poteva
osservare, come distintamente osservò, temendo de' cannoni de' due forti e Castello,
che li sovrastavano a giusto tiro per calarlo a fondo, e forse perchè teneva per per-
duto il suo Ex-re >, ecc.
(2SS Mémoires, p. 56, 57.
(4) Pietro Calì TJlloa (AnnotamenU alla Storia del Bearne di NapoU del Cól'
letta, pp 314, 315, Napoli, De Bonis, 1877), riconobbe anch*e^li che il Barbara si
ritrasse a pigliare il largo non per volontà di tradire Gioacchino ma perchè dal
castello furono tirati due colpi di cannone contro le sue barche.
(5) Mémoires, p. 174.
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496 RECENSIONI — G. ROMANO
altro al posto del Barbara, si sarebbe forse comportato diversamente,
e avrebbe, anche col pericolo delia propria vita, cercato di salvare
quella del re. Ma ricordiamoci che, al mondo, Teroismo non è che
l'eccezione, e il Barbara, antico corsaro, non era, in fondo, che un av-
venturiero.
Sta bene (mi si potrà opporre); il Barbara fu un codardo; ma ac-
canto alla paura entrò nella sua condotta un altro sentimento, quello
del tornaconto. Non aveva a bordo la cassa del re ? e qual meraviglia
che egli, vecchio pirata, abbia pensato a farla sua, profittando della
disperata situazione del re e de* suoi seguaci? Questo, infetti, scrisse
il Colletta, e questo hanno, più o meno, ripetuto gli storici posteriori
fino al Gapialbi, che rinfaccia al Barbara « la ricca preda degli averi
del suo Signore e benefattore > (1).
Ora questa accusa non ha alcun fondamento. Chi ha letto le Memorie
del Franceschetti non può ignorare le angustie finanziarie in cui versava
Gioacchino al momento del suo sbarco in Ck)rsica, e i sacrifizi fktU da
lui e da* suoi amici per allestire i mezzi occorrenti alla spedizione.
Dal Franceschetti sappiamo che quando il re scese al Pizzo la ricca
cassa lasciata a bordo non era che un sacchetto contenente la me-
schina somma di mille Href Egli ha lasciato intorno a questo argo-
mento de* particolari istruttivi, che bastano, secondo me, a chiudere
definitivamente la quistione. Scrive, dunque, il Franceschetti che
mentre egli e i suoi compagni, reduci dalla prigionia di Ventotene,
si trovavano a scontar la quarentena nel Lazzaretto di Livorno,
« le bruit se répandit que j'avais sur moi des fonds et des lettres de
« change appai*tenant au roi Joachim. Les ofilciers et soldats, acca-
< blés de misere, avaient ajouté foi à une assertion aussi absurde
« qu*el1e était feusse, et dont les auteuis ne m'étaient pas inconnus.
« Je n*épargna! rien pour convaincre ces infortunés, dont la triste
« position me faisait excuser leurs plaintes, que le roi, en débarquant
« en Corse, était venu chez moi avec six mille quatre cents francs,
« somme qui m*avait été remise et comptée par Blancard, Tun des
« trois ofilciers de marine avec lesquels il s*était sauvé de Toulon,
4L et maintenant en Autriche, pròs Tépouse de ce malheureux prince;
« je leur démontrai que Blancard avait été témoin que le roi n'avait
« d*autres diamans à son arrivée en Corse, que la gance de son
« chapeau, évalouée à cent mille francs (2), qu* il avait laissée en
« gage au chef de bataillon Poli, pour faciliter son départ d'Ajaccio;
« qu*il avait encore une contre-épaulette de la valeur de cinquanta
« mille francs qu*il avait portée avec lui dans les Calabres. Je leur
;i) Pag. 174.
2) A pag. 85 delle stesse Memorie si legge invece: quatre-vingt'dix.
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H. CAPIALBI — hk FINE DI UN RB. MURAT AL PIZZO 497
« fis obseryer qa'il était à tour connaisance, qne le roi avaìt chargé
€ te commandant Poli de payer la dépense &it6 pendant notre séjoor
« à Ajaccio, et qu'en 8* embarqnant le roi n*avait regu de lui que
« mUle franca, en armeni comptant, qui restèrwU à hard à notre
4 dèbarqueTnenl au Pizzo^ et qui sont restés entre lea mains du
€ patron Cecconi. Vous savez aussi bien que moi, leur dis-Je» que le
« prince a été dépouillé de tout ce qu*il possódait; que Targent et lea
« diamans que le roi avait avec lui, tout a été pris par Trentacapilli.
« Arniand (IX ici présent, voua dira que sans les neuf ceuts ducata
4 en or qui noua reataient à tous deux, le roi n*aurait pas été dana
< le cas de (aire face à la plus légère dépense » (2).
I lettori sono avvertiti : tutto quello che il re aveva lasciato a bordo,
ponendo piede a terra al Pizzo, riducevasi alla somma di mille lire, e
questa s(»nma non rimase neppure in potere del Barbara ma sibbene
del comandante della barca n^ 6, padron Gecconi. Nella relazione che
questi scrisse più tardi per essere rimborsato del resto delle cinque-
mila lire pattuite per il nolo della sua feluca, la Voltigeante, la nar-
razione del Franceschetti è pienamente confermata. « Arrivés au milieu
« dn canal entre la Calabre et la Sardaigne, nons fùmes arrèté9 par
« un corsaire barbaresque qui visita toutes nos malles, apròs en avoir
« brisé les serrures; et dans une malie Alt pris un sac^ que le ca-
« pitain Barbara nous dit oontenir miUe fi*ancs; le corsaire nous ayant
« retenus avec luì deux jours ed une nuit, il nous relàcha en res-
« tituant au bord du commandant nos malles, nos valises, et le sac
« d*argent ayant été compté en présence du rahis et de V équipage
« il n*y fut trouvé que huit cent soixante-dix francs, et Ton disait que
4L ce qui manquait avait été pris par un matelot du bord. Le comr
« tnandant Barbara eachant que Je n'avais eu que nUUe franca^
« me renUt cette scnnme > (3). Chi scrive senza partito preso deve
ammettere che, sotto questo riguardo, la condotta del Barbara non
poteva essere più corretta.
II Capialbi, dunque, cade in errore là dove (p. 173), attingendo da
fonte sospetta, narra che Gioacchino, tradotto nel castello, pregò TAl-
cala di ftr raggiungere il legno comandato dal Baxi)arà, dov*era ri*
posta la piccola fortuna che gli rimaneva, e che era la sola della sua
sventurata famiglia. Gioacchino e i suoi seguaci^ oltre alle mille lire
già dette, non avevano lasciato a bordo che le valigie con gli oggetti
di vestiario e forse una parte delle munizioni; e queste si trovavano
nella barca di padron Gecconi (4). Non del Barbara si lamentò 11 re,
1) Era questo il nome del camerìers di Gioacchino sbarcato con Ini al Pizso.
;2) Mémoùres, pp. 91 e 92. ^
Fii4iicBaoHBTTi, Mémowe^y p. 171.
Ricciardi, Belasione, pag. 79.
Mvitta Storica Itaiiana, XI. 38
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498 RECENSIONI — O. ROMANO
ma piuttosto del Trentacapilli, che l'aveva spogliato, non che delle
carte, de* brillanti e del danaro che aveva indosso; della quale con-
dotta, poco onorevole per chi vestiva la divisa del soldato, fu biasi-
mato dal general Nunziante in un suo rapporto al governo (1). Furono
mandate, bensì, due scialuppe a dar la caccia a' legni dei Barbara,
ma questo avvenne per iniziativa delle autorità locali, e non per sug-
gerimento di Gioacchino (2).
Piacemi ripeterlo : nel contegno tenuto dal Barbara nelle acque del
Pizzo non appare alcun indizio ch*egli abbia voluto tradire il l'è e meno
ancora che rabbia tradito per bassa sete di guadagno (3); nell'immi-
nenza di un pericolo grave e forse inevitabile, quest' uomo si lasciò
guidare unicamente dalla paura, e cercò nella fuga la propria salvezza.
Ora, la paura è un sentimento ignobile, ma è un sentimento umano;
non sempre si giustifica, ma si spiega. La storia avrebbe lodato il Bar-
bara se, per salvarlo, si fosse fatto uccidere sotto gli occhi del re; non
può biasimarlo eccessivamente, se, in quell'arduo momento, non seppe
mostrare il coraggio d*un eroe, e, per evitare la taccia d'ingrato, af-
firontare serenamente il martirio.
La parte più meschina della narrazione del Gondoleo è la terza, in
cui si discorre del processo e della morte del re. Basti dire che il
nostro autore fa intimare da un sergente Tordine al re di comparire
innanzi alla Commissione militare, ed è lo stesso sergente che più
tardi gli comunica» a nome de' giudici, la sentenza di morte! Anzi, a
questo proposito, riferisce un certo dialoghetto tra il Murat e il ser-
gente (pp. 93, 94), che può fare il paio coU'altro dello stesso Murat
con la signora Ascoli a pag. 45. Infine, assumendo l'aria di testimone
oculare, il Gondoleo parla della tumulazione della salma di aioacchino,
diffondendosi in particolari, di cui non sapremmo garentire tutta la ve-
rità. Nondimeno il Gapialbi commenta: « Egli ha distinitto cosi la triste
< leggenda che il capo del Re suppliziato fosse stato staccato dal busto
€ ed inviato in Napoli al Re Ferdinando, che lo conservava in un boo-
« cale pieno di spirito > (p. 189). Realmente intomo alla fine di Oioac^
chino Murat si formarono varie leggende (4), e il signor Gapialbi avrebbe
reso un servizio agli studiosi delle tradizioni popolari dandone qualche
cenno tra le notizie locali aggiunte in fine del volume. Questo forse
avrebbe giovato assai più che attribuire al Gondoleo un merito che
(1) Frakcbbgo Palermo, Vita e fatti di Vito Nunziante, Firenze, dai tipi della
Gflìileiana, 1839r pag. 45 — Biooiardi, Bekufione, pag. 85.
Franceschetti, MémoireSt pag. 173.
Cfr. IJlloa, op. cit., pag. 415. ^
^ , Oltre a quella riferita da me ne* Bic, MttraU., pag. 17, an*altra ne inserì il
Mìsasi nei sno Dramma di Pieto, pag. 150 sg., e credo ohe oi sarebbe ancora da
spigolare in questo campo.
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H. CAPIALBI — LA FINE DI UN RE. MURAT AL PIZZO 499
non gli spetta, tanto più che il suo racconto, per le molte inesattezze
che contiene, è esso stesso una prova deiralterazione che avevano già
' subito i &tti visti a distanza, e di cui alcuni rivestono, come abbiamo
veduto, un carattere affatto leggendario. Ed è appunto perciò che la
narrazione del Gondoleo o andava accompagnata da un ampio com-
mento, 0 bastava che fosse conosciuta in que* soli punti (e sono pochis-
simi) che hanno un vero interesse per la storia. Pubblicandola, cosi,
nuda e cruda, integralmente, e spingendo lo scrupolo fino a rispettare
quella sua acrobatica interpunzione, il signor Gapialbi non ha fatto
che ammanire a' lettori un documento letterariamente indigesto e sto-
ricamente più dannoso che utile.
*
Di ben maggiore importanza e assai più concludenti sono le tre let-
tere di Francesco Alcalà, agente del duca deirin&ntado, che trovavasi
al Pizzo neirottobre 1815, e fece al suo signore una succinta relazione
de' &tti che si svolsero sotto i suoi occhi, e a cui prese non piccola
parte egli stesso. Ma questa parte, stando al Gapialbi, fu assai diversa
da quella attribuitagli dal Colletta, al quale egli muove acre rimpro-
vero di avere, per avversione politica, contribuito a creare intorno al
nome dell'Alcalà l'odiosa leggenda d*essere stato col Trentacapilli uno
de' principali cooperatori all'arresto del re (1). Ora (me lo permetta il
signor Gapialbi), il suo rimprovero è affatto immeritato. Il Colletta potè
cadere in molte inesattezze, scrivendo la sua Storia, ma nulla ci auto-
rizza a credere che egli scientemente, in quel punto, sacrificasse a' suoi
rancori personali le ragioni della verità. Tutto quello che egli scrisse
intomo all'AIcalà si raccoglie da questo semplice periodo : « Nel Pizzo
« un capitano Trentacapilli ed un agente del duca dell'Infantado devoti
4c ai borboni, questo per genio e quegli per antichi ed atroci servigi,
« uniscono in fretta aderenti e partigiani, raggiungono Gioacchino e sca-
«c ricano sopra di lui archibugiate > (2). Ebbene, in queste parole non
c'è nulla che non corrisponda perfettamente al vero. Il Colletta, oltre
che da informazioni particolari, attinse certamente dalla relazione del
ministro di Polizia cav. De Medici, scritta soli tre giorni dopo la morte
di Gioacchino. « Il popolo (è detto in quella relazione), i proprietari,
« fra i quali il signor Alcalà, procuratore generale del duca del-
« l'Infantado, corsero alle armi, ed alle grida di viva Ferdinando
« caddero sopra Gioacchino Murat, il quale cercò di farsi un cammino
« verso la marina, ma fu circondato ed arrestato >. Ed è curioso che
qui sia ricordato il solo Alcalà, mentre è taciuto affatto il nome del
(1) Questo appunto non è nuovo. Prima del Gapialbi l'aveva fatto TUlloa {Ar^
notamefUif pag. 315).
(2) Poco diversamente s'era espresso il Colletta nella saa memoria Pochi fatti
8u GHoMchino Murat Napoli, 1820.
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600 BECENSIOlfl — G. ROMANO
Trentacapilli (1). Prima, dunque, di accusare di mala fede il Colletta,
il signor Gapialbi doveva smentire la relazione del ministro di Polizia.
Anzi, doveva smentire lo stesso Alcalà, il quale nella prima sua let-
tera, pur esprimendosi in modo abbastanza conciso e riservato, & ca-
pire diiaramente che egli ebbe una parte tutt' altro che secondaria
nella commozione popolare che condusse alla cattura di Gioacchino.
Non dice egli, iufotti, che al primo rumore della venuta del re, la
gente corse sbigottita al suo palazzo, che egli scese in piazza « seguito
dal popolo », che colla gente raccolta ed accalcantesi dietro a lui ai
diresse alla marina, e là, quando il re cadde in potere della folla, lo
consegnò egli stesso nelle mani del Trentacapilli? (2). E che valore
può avere, di fronte alla confessione dello stesso Àlcalà, la testimo-
nianza del Gondoleo (3), il quale, con una delle solite trovate, afferma
che l'agente del duca deirinfantado non usci in piazza che al momento
in cui Gioacchino era tradotto nel castello, e giunse a luì aprendosi
a stento la via tra la folla? D'altra parte è noto che TAlcalà ebbe
dal governo borbonico un*alta onorificenza: la croce di Cavaliere del-
rOrdine Costantiniano. Crede il signor Capialbi che questa onorifl-
cenza gli sia stata conferita in riconoscimento della generosa condotta
che tenne egli poi verso il re prigioniero? A me non pare: Ferdinando
e i suoi ministri non erano capaci di sentimenti tanto magnanimi (4).
Del resto il Decreto del 12 aprile 1816 parla chiaro: esso concedeva
ricompense solo a coloro che s'erano segnalati nell'arresto del re, e
il nome dell'Alcalà figura accanto a quelli dei fratelli Trentacapilli,
del Melecrinis e di Giorgio Pellegrino.
Evidentemente, nel suo eccellente proposito di riabilitazione, il si-
gnor Capialbi non ha badato che la parte presa da questo personaggio
ha due momenti ben distinti. Nel primo, quello che precede l'arresto
del re, l'Alcalà si comporta da avversario dichiarato del Murat, e crede,
contribuendo al suo arresto, di far cosa meritoria, non solo, ma dove-
rosa. Or qui la sua responsabilità, comunque voglia giudicarsi, è evi-
dente : egli opera non come testimone, non come spettatore, ma come
attore, e come attore principale. Ma l'Alcalà era anche gentiluomo,
era spagnuolo, e alla generosità ci teneva, meno forse per sentimento
(1) Questo silenzio intorno al Trentacapilli è gigniflcante. 0 il governo borbonico
era stato messo in sospetto snl conto di quest'uomo da* rapporti del Nunziante, o,
più probabilmente, Tolie per ragioni politicbe consermre al fiitto dei Pino il carat-
tere di una spontanea insurrezione popolare.
(2) Pp. 110 seg.
(8} Pp. 83, 84.
(4) Tanto è vero, che Pasquale Greco, bella figura di popolano e di marinaio, che,
lottando contro la folla inferocita, riuscì a salyare la vita al re, fti lasciato senza
onori e senza ricompense! Del Greco parlano il Mabdba (JBte. MuraU., pag. 26) e
più diffusamente il Coin>OLio (pp. 81, 82) e Mariaio d* Atala nella descrizione di un
suo viaggio al Pizzo inserita nellTr^, strenna napoletana del 1843.
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H. CAPIALBI ^ LA FINB DI UN RB. MURAT AL PIZZO 501
che per boria nazionale (1). Prigioniero il re, egli non insevisce sul vinto,
ma gli si mostra rispettoso ed umano. É in questo secondo momento
che la figura delFAlcalà si rialza agli occhi nostri, ed è debito di giu-
stizia ricordarla con onore e con riconoscenza. Perchè non solo TAl-
calà s*adoperò a salvare la vita al re, strappandolo al popolaccio, ma
provvide largamente a* suoi bisogni, soccorrendolo di cibi e di rinfreschi,
ricoprendolo di nuove vesti, e mandandogli de* libri, la cui lettura con-
fortò Tultime ore del misero Gioacchino. Su questo punto le relazioni
del FranceschetU, del Galvani, del Masdea ed anche quella del Gon-
doleo sono concordi: le lettere delVAlcalà, aggiungendo particolari
finora ignorati, non fanno che confermare quelle prime testimonianze,
e dobbiamo essere grati al signor Gapialbi che, facendo seguire quelle
lettera da larghi cenni biografici, ha contribuito a far meglio cono-
scere la figura di questo gentiluomo spagnuolo, che ad una folla
briaca più di cupidigia che d*odio insegnò, almeno, a rispettare l diritti
della sventura.
Alle altre testimonianze il signor Gapialbi ha aggiunto, come inedite,
tre lettere di Mattia Nunziante (nipote del generale Vito Nunziante,
che al tempo dello sbarco del Murat trovavasi a Tropea comandante
militare della Calabria), dirette ad un tal Francesco Maria Maffei e
contenenti altri ragguagli sui fatti del Pizzo dell'ottobre 1815. Ma le
lettere sono tutt*altro che inedite, come è sembrato all'editore ; furono
già pubblicate una prima volta nel settembre 1890 nella Provincia,
gazzetta di Salerno (2), in seguito alla comparsa de* miei Ricordi Mti-
rattiani. Si aggiunga che delle tre lettere solo le due prime si rife-
riscono al tentativo del Murat; la terza tratta altro argomento ed è
stata inserita senza bisogno nel volume di cui ci occupiamo. Un ac-
curato confronto delle due pubblicazioni prova che il testo edito nella
gazzetta salernitana è più corretto e forse riproduce più fedelmente
gli autografi che non quello del Gapialbi (3). Sebbene queste lettere
(1) Quanto bassamente sentisse TAlcalà di Gioaoohìno e de* saoi eompagni, si vede
in questo brano: e Se io fossi caduto in potere di questa gente son persuaso che
non avrebbero asato queir nrnanità, con cui sono stati trattati» Tpag. 116). E in
un'altra lettera esprime il sospetto in^arìoso che i 22 brillanti tolti a Gioacchino
fossero de* molti ch'egli rinvenne a Madrid nel 1808 1 (pag. 119).
(2) 27 settembre. 1», 4 e 8 ottobre 1890; nn. 76, 77. 78 e 79.
(3) Testo della Provincia: « Eccomi dunque sera e mattina mangiare con Murat.
Mio zio usa a costui ed a tutto il suo seguito tutta la gentilezza possibile ». Testo
Gapialbi: e Eccomi dunque sera e mattina mangiare con dolorato mio zio, usa a
costui, ed a tutto il suo seguito tutta la gentilezza possibile ».
Testo della Provincia: « Notizie telegrafiche ci dicono essere stati presi due legni,
oon 44 uomini ohe venivano dalla Coraica, pure reclutati da Murat Per confesidono
di questi se ne aspettano altri due ». Testo Gapialbi: « Notizie telegrafiche d dicono
sapere stati presi due legni con 44 uomini che venivano dalla Corsica pure reclu-
tati da Murat. Per confessione di questi se ne acqnistano, vale a dire: che in Cor-
sica si stavano allestendo altre due imbarcazioni di seguaci » .
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502 RECENSIONI — O. ROMANO
nulla aggiungano di veramente importante alla sostanza dei fatti, e non
manchino di qualche grave inesattezza, pure contengono particolari
che il futuro storico dell'impresa di Gioacchino potrà utilizzare; e,
scritte da un borboniano appassionato e millantatore, non sono prive
d'interesse per lo studio delle passioni e de' sentimenti che risvegliò
quel tragico avvenimento.
In appendice al volume il signor Gapialbi ha raccolto una quantità
di notizie, che direttamente o indirettamente si collegano coH'impresa
del Murat, e giovano ad illustrarla ne' più minuti particolari. Molte
di quelle notizie si trovavano già nei miei Ricordi Murattiani, altre
furono desunte da memorie stampate o da informazioni orali attinte
da persone ancora viventi, e Tegregio autore ha fatto bene a riunirle
perchè nulla vada perduto per la storia. Particolarmente notevoli sono
le notizie storiche intorno al castello del Pizzo, e quelle intorno alla
tomba e alla salma di Gioacchino. Ma anche in questa parte del vo-
lume non mancano le inesattezze. Non è esatto, p. es., che il Barbara
ed il Gecconi (non Geccoli, come scrive il Gapialbi)^ allontanatisi dalle
acque del Pizzo, proseguirono il loro cammino per Malta (pp. 174, 218).
La relazione di padron Gecconi^ già citata da me più volte, prova in-
vece che essi tornarono in Gorsica (1); a Malta il Barbara ci sarà andato
più tardi. Non so capire poi perchè a pag. 217 sia detto solo in forma
dubitativa che l'altra barca che con quella del Barbara si trovava
nelle acque del Pizzo « fosse quella di padron Geccoli, perchè dalle
memorie del Franceschetti abbiamo notizia delle altre quattro ». Ma
le Memorie del Franceschetti non ammettono il menomo dubbio su
quel particolare. Io dubito, a mia volta, che FA. non abbia conosciuto il
lavoro del Franceschetti che in modo ft'ammeiìtario e di seconda mano.
Infatti a pag. 233 scrive: « Il Lenormant nella sua opera: La Magne
« Grece, riferisce che i brillanti presi al Re Murat erano stati valu-
€ tati per lire 90 mila. Ma è evidente ch'egli raccolse una voce vaga
« e senza fondamento, perchè il solo Trentacapilli poteva conoscernt»
« il valore, e questi aveva tutto Y interesse di tacerlo ». Or qui e '^
un inganno. Il Lenormant trasse la notizia dal Franceschetti, il quaK'
(pag. 35) riferisce che i brillanti di Gioacchino erano stati impegnati
al capo di Battaglione Poli per la somma di lire 90 mila, poco prima
della partenza dalla Gorsica, e mentre si facevano i preparativi della
spedizione. Se non che lo stesso Lenormant cadde in errore, perchè
(1) FiiAircEscHBTTi, Mémoéres (Belaz. Geceonì): « La noit s'étant obscarcie, le
commandant Barbara remonta sur son bateau, fit ohanger de roate en prenant sa
direction pò or la Sardaigne Ayant continné notre roate , noas arrivàmes i
Bastia le 20 octobre » (pp. 173, 174). Questo ritorno del Barbara in Carsica
è una riprova de' nostri argomenti contro Taccusa che egli abbia volontariamente
abbandonato il re. Cfr. Coppi, Annali d'Italia, VI, 205.
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N. F. FARAOLIA — 1 MIEI STUDI STORICI DBLLE COSE ABRUZZESI 503
confuse questi brillanti, rimasti in Corsica nelle mani del Poli, con gli
altri attaccati alla contre-épaiUette che Gioacchino aveva al Pizzo, e di
cui fu spogliato dal capitano Trentacapilli. Questi ultimi, come si rac-
coglie da un passo del Franceschetti citato innanzi^ erano stati valutati
per 50 mila lire. La notizia che 11 principe di Ganosa ebbe pieni po-
teri e fu mandato in Calabria, appartiene originariamente al Colletta^
e fu riprodotta più diffusamente dal Bianco^ di cui il Gapialbi riporta
un lungo brano. Ma essa non si trova nella Vita del Nunziante scritta
dal Palermo, e fu recentemente smentita dairuiloa (1). Una più mi-
nuta indagine su questo particolare era necessaria. Infine &r6 notare
che la nota degli effetti di vestiario forniti a Gioacchino dalFAlcalà
era stata già riprodotta ne* miei Ricordi MuraiUani.
Riassumendo il mio giudizio intomo a questa pubblicazione del Ga-
pialbi, mi pare che i materiali ch'essa contiene non sono né in tutto
nuovi, né tutti dello stesso valore. Dello sbarco e deirarresto di Gioac-
chino la testimonianza oculare più compiuta e più sincera è sempre
quella del Masdea già nota agli studiosi. Nondimeno i nuovi materiali
hanno il loro pregio. Essi, se usati colle debite cautele, permettono
di chiarire, aggiungere e correggere non poche cose. Uniti poi alle
notizie raccolte in appendice e con(h)ntati con quant'altro era stato
già pubblicato suirargomento, daranno modo a chi deirepisodio del
Pizzo vorrà occuparsi di proposito di sapere quanto basti a giudicare
i fatti con sicuro criterio ed esporli in modo largo e compiuto.
G. Romano.
N. F. FARA.GLIA, / miei studi storici delle cose Abruzzesi. Lanciano,
Rocco Carabba, edit., 1893, pp. 268.
L* Autore, conosciuto già favorevolmente negli studi! delle cose lo-
cali Abruzzesi, ha voluto in questo suo volume riordinare ed unire le
varie monografie da esso in diverse occasioni pubblicate, agginngen-
dovene due di nuove. Sono in tutto otto lavoretti, dettati con istile
facile ed elegante, non privi di erudizione storica, né pesanti, come
troppe volte accade, sicché si &nno leggere con piacere e con pro-
fitto. Nel primo di questi il Faraglia, prendendo argomento dalla morte
del famoso condottiere abruzzese Jacopo Caldera, avvenuta il 1439
sotto Colle presso Gircello, tratta del sepolcro di quella famiglia esi-
stente nella Badia di S. Spirito in Sulmona, ed esamina se Jacopo
fosse stato realmente sepolto nel monumento fotte costruire colà dalla
madre di lui, Rita Cantelmo. Contro 1* opinione di Panfilo Serafini e
del De Nino, stabilisce con prove di scrii argomenti, il luogo della cap-
(I) ^fmotamtfMlt, pag. 816.
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504 RRGBNSIOm — I. LUD0VI8I
pella e della tomba caldoresca, della cui Importanza per la storia del*
Tarte intorno a la prima metà del aeo. XV b cenno, illustrando le
sculture apposte airarca da Gualtieri d*Alemagna.
Segue a questo l'altro studio storico intitolato: < Il duca di Calabria
e la spedizione degli Abruzzesi contro Rieti nei 1320 » (pagg. 19^) in
cui dice l'Autore: mi studierò di abbreviare e ridurre in prosa piana
rinfelice prosa rimata di Boezio di Rinaldo, che descrisse il fette. Non
posso condividere la sua opinione per ciò che riguarda il poema di
Buccio, il quale, se non offre pregi notevolissimi di stile e di lingua,
per la sua ingenua originalità e per lo svolgimento rapido e oonciao
della materia^ e per la scioltezza delle strofe quaternarie unirime^
merita un posto assai distinto fr^ i precursori o, a meglio dire, gri-
niziatori del poema eroico italiano, né sotto questo riguardo, ha nulla
da invidiare ai poeti canterini della Toscana. L'origine dell'accennata
spedizione, pare si debba ricercare in un fatto che ha certi riscontri
con quello onde scaturì la Secchia rapita del Tassoni, l'astio cioè,
concepito dagli Aquilani contro i Reatini che aveano tolto ad essi la
campana del (Comune cui, per dispregio, fu dato il nome di Aquilella.
Ma l'Autore, assennatamente, ricerca invece la causa storica dell'av-
venimento nelle (fazioni di Rieti, donde i soverchianti ghibellini aveano
scacciato Guglielmo d'Eboli, al quale Carlo, duca di Calabria, eletto
per died anni rettore della città ne avea affidata la riforma. Era quindi
naturale che Aquila, centro e propugnacolo del guelflsmo negli Abruzzi,
dìsputantesi inoltre con Rieti il predominio morale politico della re-
gione, coadiuvasse con tutti i suoi mezzi U duca e contribuisse per
vendetta e per odio alla vittoria di esso, il quale dopo lunghe e in-
tricate quistioni riammise nel 1322 i Reatini all'obbedienza.
Del 4c Bilancio Municipale del 1614 > e < Degli antichi statuti del reg-
gimento della città di Sulmona » (pagg. 32-48) nulla potrò dire, se non
lodare l'accurata diligenza dall'Autore, che dall'Archivio di Stato di
Napoli ha disseppellito documenti e cifre utili a conoscere lo stato
interno ed economico di Sulmona e a portare nuovo e s^o contri-
buto alla storia generale e particolare dei nostri municipi! nel se-
colo xvn.
Le « Memorie storiche di Orsogna » (pagg. 51^-63) furono scritte in
occasione del terremoto del 1881 ; della terra dei Frentani poco, in
genere ed imperfettamente si occuparono gli storici, ed il Patteschi
stesso nella sua Corografia del Ducato di Spoleto vi accenna in coa-
fuso e di volo. Onde mi pare tanto più encomiabile il Faraglia che,
nella comune dimenticanza, ha raccolto di Orsogna e del suo contado
quanto di meglio gli è riuscito, per ciò sopra tutto che riguarda i
baroni di quel luogo, gli Orsini ed i Colonna, non che per le curiose
notizie forniteci sul piccolo parlamento generale, sui massari e sul
camerlengo della città.
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N. F. FABAGLIA — I MISI STUDI STORICI DELLB COSE ABRUZZESI 505
Più importante mi appare lo studio: «I due amici del Petrarca
Giovaimi Barrili e Barbato di Sulmona con appendice intorno a Gìo*
Tanni Quatrario » (pagg. 67-99). n Barrili gentiluomo di gran conto
alla corte di re Roberto, fu conosciuto probabilmente dal poeta nel
1341 durante la sua prima dimora in Napoli, e forse per questo^ venne
destinato dal monarca Angioino a rappresentarlo nella incoronazione
del Campidoglio, benché, caduto mentre si recava a Roma, nelle mani
dei malandrini di Anagni, non avesse poi potuto trovarsi presente al
grande avvenimento, e a stento gli fosse riuscito di salvare la vita.
Di questa mancanza si duole il Petrarca nell'ultima delle sue cansih
UUoriae (Ep. cons. cui àmtcos, T. Ili, p. 5) diretta al Barbato, col quale
in ispecial guisa continuò fino alla morte un' amicizia affettuosissima
che si rivela dalla lunga ed intima corrispondenza fra di loro man-
tenuta. Che il Barbato dovesse essere uomo di molti meriti, appare
dalla stima che ne faceva il Petrarca, il quale lo riputava superiore
perfino ad Ovidio e dopo il Boccaccio lo ritenne sopra tutti caro. Le
notizie inedite o poco conosciute che di lui diede il Faraglia nell'e*
stratto dall'Archivio storico Napoletano (Serie V, Tomo III, 1889) col
titolo: «Barbato di Sulmona e gli uomini di lettere della corte di
Roberto d'Angiò > sono quindi veramente preziose, perchè oltre ad
iilnstrarne la vita sui documenti privati e sulle sue relazioni coi più
dotti persona^ dell'epoca, ci ftmno conoscere questo punto troppo
dimenticato della nostra storia letteraria che precesse non indegna-
mente all'Umanesimo e su di esso ebbe si notevole influenza.
Nel « Saggio di corografia Abruzzese medievale » (pagg. 166-243)
occupa anzitutto l'A. delle terre Abruzzesi che furono soggette ai
duchi di Benevento; nulla vi dice di nuovo, forse sarebbe desiderabile
che si fosse intrattenuto un po' più ampiamente ed ordinatamente sulla
imp(Mrtante questione dei confini e della estensione che l'Abruzzo, o
a meglio dire, le terre che poi ne presero il nome vennero di mano
in mano assumendo durante il dominio longobardico e franco.
Non sottoscrivo all'opinione del Faraglia, sul carattere diverso che
egli dà alla conquista Longobarda nel ducato di Spoleto e in quello
di Benevento; identico nei primordi, si modificò soltanto in appresso,
colle reazioni continue e costanti in cui i discendenti di Zotone, si
trovarono per necessiti di cose, coi Greci. Il capitolo sul feudo, si po-
teva, a mio avviso, ommettere, perchè diffusamente trattato da quanti
si occuparono delle cose Longobardiche, e dopo gli studii del Pelle-
grino, del Muratori e del Troia, se non si apporta nuova luce, è meglio
tacere. Nella rubrica « Conti e Gastaldi », si osserva giustamente, come
non si possa affermare in tesi generale che i Gastaldati abbiano co-
minciato a chiamarsi Gomitati subito dopo la conquista franca, ma non
credo, come avrò occasione di dimostrare in un mio prossimo lavoro
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506 RECENSIONI — I. LUDOVISI
sui Contadi e sulle Diocesi di Amiterno e Forcona, che vi sia stata
un'assoluta differenza tra di essi, anche quando l'autorità dei Gastaldi
restò menomata da quella più estesa dei Conti, rispetto ai quali non
si trovarono mai i primi, come invece reputa Vk., in una completa
dipendenza. Dopo aver trattato delle Diocesi (pagg. 181-183) e della
data topica degli atti medievali, dove osservo che l'Autore troppo re-
cisamente afferma che i vocaboli Marsa, Amiterno, Forcona ecc. esprì-
mono sempre i Gastaldati e i Comitati non già le città (pagg. 18a-89X
si viene a trattare partitamente di quegli Abruzzesi di Valva, Marsi,
Amiterno, Forcona, Aprutium, Pinne e Teate. Per ciò che riguarda
la loro storia, ottima fonte furono i Regesti Farfensi e la Cronaca
di Casauria, consultati però alle volte con troppa precipitazione, onde
riscontro qualche errore, come ad es. a pag. 199, là dove si parla
della donazione fatta da Ilderìco Castaldo di Rieti della sua parte del
campo di S. Eleuterio in Namate, mentre il Reg. Farf., n. 94 contiene
soltanto quella che : « Helena sanctimonialis faemina filia Taciperti »,
fece alla Badia : « in Namate in Amiterno ad S. Heleutherium in
Carsule, in Sabinis etc. temporibus domni Theodicii gloriosi duds
ducatus Spoletani et Y. M. Hilderici Castaldionls Civitatis Reatinae ».
Cosi, troppo incerti e non bene determinati sono i confini che assegna
TA. ad Amiterno e Forcona^ per i quali non avrebbe dovuto ripor-
tarsi alla sola Cedula taxationis dei tempi Angioini, ma anche a
quella completissima del 1187, e sopra tutto al Breve che Anastasio lY
diresse nel 1153 al Vescovo Reatino. Più preciso ed accurato invece,
è il capitolo sui « Confini tra i ducati di Spoleto e di Benevento »,
che riempiono egregiamente la lacuna lasciata dal Beretti nella sua
Tà&ijUa chorograflca, e riparano ai molti errori dell'Olstenio. Lo stile
sobrio, facile ed elegante, rende ancor più attraente Tultima mono-
grafia: «Gli accampamenti militari di Pretocostanzo e di Forca nel
secolo XV ». In essa dopo accurate notizie sulla storia del feudo di
Forca, passato dai figli di Tomaso di Falena nel dominio dei Cantelmo,
di Jacopo Caldera e del suo erede Antonio, si tratta con molta cono-
scenza delle località e dei tempi, degli accampamenti e delle mostre
militari che i principi di casa d*Aragona solevano fare nel piano di
Pretocostanzo. Vi è specialmente ricordata quella famosa tenuta da
Alfonso duca di Calabria airepoca della grande congiura dei baroni,
donde si trae argomento per noverare i principali uomini d'arme
Abruzzesi ad essa intervenuti, utile quindi a squarciare un pò* il
velo, che Topera del Porzio non ha ancor sciolto interamente, utilis-
sima sopra tutto per coloro, i quali giovandosi di questa e delle altre
ricerche del Faraglia, si daranno ad illustrare la terra e gli avveni-
menti deirAbruzzo nei secoli XIV e XV. D' Idido Ludovisì.
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M. TAMARO — LE CITTÀ K LE CASTELLA DBLL*ISTRIA 507
MARCO TAMARO, Le città e le castella deU'Istria. Voi. II CRovigno-
DignanoJ, Parenzo, tip. di Gaetano Goana, 1893; pp. 740, in-16\
Il dottor Tamaro^ con assiduità febrile, continua a discorrere minu-
tamente deiristria sua (V. Rivista Storica Italiana, Anno X, fase. I,
pag. 115-118), come avesse un debito di onore da sodis&re, una mis-
sione, cui non è lecito lasciar tronca a mezzo senza viltà. Far cono-
scere ristria a se stessa e ad altrui, rivendicarne senza iattanza la
italianità, aggiungere la propria all'opera di quegli egregi che nel
giro della breve penisola e fuori di essa ne trattarono, tale Tassunto
del colto pubblicista che si presenta a noi con un volume, doppio di
mole del precedente, a cui la forma popolare non toglie serietà e
spesso profondità di ricerche. Dobbiamo dunque rallegrarci che ci sia
chi raccolga la preziosa eredità del Gombi, Toperosità sapiente e pa-
triotica, la vigilanza di ogni giorno di Tomaso Luciani, la cui salma
oggi appunto Venezia depone con mesto rimpianto nel suo monumen-
tale cimitero (12 marzo 1894), dopo aver ospitato Tesule venerando
per quasi un trentennio. La Rivista Storica Italiana fa onore al suo
nome e non lascia sfuggir l'occasione di parlare, sia pure brevemente,
di lavori storici che allltalia naturale si riferiscono.
Movendo da Fola, e risalendo verso settentrione, la città che più
le si avvicina sarebbe quella di Dignano, ma Fautore inizia il volume
con la descrizione del distretto di Rovigno che, per popolazione e per
altri rispetti, è, dopo quello di Fola, il più importante della pro-
vincia. E solo, dopo aver esaurito l'argomento, e trattato a parte della
città e dei luoghi minori, cioè dell'antica Valle e della moderna Gan-
fonaro, TA. si volge a parlare della città di Dignano e dei due castelli
che ne dipendono, Sanvincenti e Barbana.
Tale il programma che il Tamaro ha segnato a se stesso per questo
secondo volume, e non so concepire come rimanesse un solo istante
in forse di trattar di Rovigno^ per ciò che essa era stata oggetto di
una recente bellissima monografia del prof. Benussi e delle ricerche
folkloriche del prof. Ive. Invece di rompere, con deplorevole consi-
glio, l'organismo dell'opera sua, ben fece l'A. di giovarsi in gran parte
del lavoro altrui, trattando con larghezza della storia civile ed eccle-
siastica, del costume, dell'arte, della lingua, di tutto, in una parola,
che giovasse a render pago il visitatore dì quella città singolare, e
ben degna di essere più conosciutai anche in compenso delle cure
recenti spese per migliorarla ed abbellirla (pag. 11, 23-24 e segg.).
Frobabilmente Rovigno non risale più in là del secolo III, bensì nel
suo agro e nell'isola di S. Andrea si trovarono tracce di civiltà ro-
mana e preromana, come la torre di Boraso (forse Vorago) e gli
ìavanzi dell'isola Gissa profondata repente nel mare, la quale fu ce-
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508 BXCBNSIONJ -* G. OCCIONI*BONàFFONS
lebre per la sua tintoria di porpora, e i cui abitanti furono forse il
primo nucleo della città che dallo scoglio di S. Eufemia prese ad
estendersi Ano a raggiungere la superficie attuale. Il principio della
sua prosperiti dovette Rovigno, come altre città istriane, alla prote-
zione di Venezia, mutata fin dal secolo XII in soggezione tempo-
ranea, il che non le impedi di lottare contro le città sorelle di Pirano
e di Gapodistria, fino alla dedizione definitiva a Venezia, avvenuta
nel 14 giugno 1283. La quale dedizione non tolse a Rovigno nemmeno
Tautonomia municipale, di cui aveva goduto nei tempi precedenti,
quando il potere legislativo era tenuto dairiiren^o del popolo e dal
Consiglio maggiore^ e il potere esecutivo dai Consoli e dal Sindaco.
Solo Venezia deferì a se medesima relezione del Podestà^ sostituito
ai Consoli, accentuò* il carattere oligarchico del reggimento locale,
garantito dagli Statuti. Fu però stabilito, come usavasi nella Domi-
nante, che fossero capaci dei diritti civili anche i Vicini, che da
cinque anni abitassero la città e sottostessero ai comuni doveri. D che
recò coirandar del tempo T effetto che i nuovi venuti e i popolani,
mal tollerando gli abusi del Ck>nsiglio e dei giudici, riuscissero ad ot-
tenere la tutela di una magistratura apposita che furono i due Sinr
dici 0 Procuratori con voto consultivo nel Consiglio stesso. Però i
disordini non cessarono, sia per la debolezza del governo lontano, sia
pel carattere stesso del popolo rovignese, uomini e donne, pronto ad
eccessi e a tumulti, narrati largamente dal Benussi e dal modesto
autore della presente recensione. Il carattere speciale del municipio
di Rovigno si può dedurre anche dal suo Statuto, di cui parla il Ta-
maro, non senza avere con dotta digressione data un* idea generale
deirorigine, scopo e forma degli statuti municipali, e trattato di quelli
che reggevano le città e perfino le castella delllstria (pag. 136-156).
Rovigno rimase disertata dalla guerra di Genova contro Venezia
alla metà del Trecento, e un secolo e mezzo appresso ebbe a patire
delle scorrerie degli Uscocchi, tanto che si dovette provvedere alla
sua fortificazione. Liberata cosi da nemici estemi. Ai vittima delle
truppe del presidio, formate di croati o albanesi, che le fecero provare
il sanguinoso contraccolpo delle guerre gradiscane. Ma rimase ferma
nella sua fedeltà verso la republica, cui sovvenne di uomini e di de-
naro nelle guerre contro il Turco, difendendo il mare anche dalle
minaccio di quelli di Dulcigno, pi*otetti dalla Porta. La republica era
agli sgoccioli, ma i marinai rovignesi, in singoli fatti gloriosi (pag. 97),
anche dopo la perdita di Gandia, ne salvarono almeno Tenore, e, fino
alFultima ora della Dominante, si proffersero pronti a difenderla (pa-
gine 297). Bra tardi; il governo democratico, proclamato in Rovigno
ril giugno 1797, lastricò la via alTAustria, che accettò il dono fattole
a Leoben dal troppo magnanimo vincitore. Venezia aveva pagalo le
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M. TAMARO — LE CITTÀ E LE CASTELLA DELL'iSTRIA 509
spese della guerra. Unica protesta in Rovigno fu quella di « un vec-
chio ottuagenario che, brandendo un pugnale, istigava alla resistenza
e alla sollevazione, gridando doversi difendere la libertà fino airul-
tima stilla di sangue (pag. 306) ». Però a quella prova di resistenza
tennero dietro altre, dopo insediato il nuovo governo, che aveva
promesso, ma soltanto promesso, di rispettare le libertà cittadine, tanto
è vero che lo stesso tribunale di giustizia seminò diffidenze e sospetti,
seguiti da moleste inquisizioni, tali da « promuovere in tutti disgusto
e noia », col duplice risultamento finale « di falsare i caratteri » e
di mantener viva 1* agitazione e il rimpianto degli ordini antichi
(pag. 313).
Ma era nulla in confronto del terzo governo che, per la pace di
Presburgo, insediossi anche nelllstria. Rovigno fu sottoprefettura del
Yn dipartimento del regno d^Italia, e se trovò male. Quando Tlstria
rimase sguernita di truppe, causa la guerra del 1809, il popolo rovi-
gnese, avendo a capo un emigrato francese che erasi intitolato marchese
di Montechiaro, insorse contro gli stessi francesi e i loro partigiani, e
non si acquetò nemmeno dopo la pace di Schònbrunn. Questa ricondusse
i francesi a spadroneggiare nelllstria ed altrove, ed ebbe uno strascico
fatale di odii e di vendette cittadine, coronate dal brigantaggio ter-
restre e marittimo e da nuove persecuzioni del vincitore. Mentre Napo-
leone combatteva invano a Lipsia, gli austriaci rientravano a Rovigno
il 17 ottobre 1813, e vi si trovano ancora, dopo aver preparato, scrive
coraggiosamente Tautore, « quel periodo di intontimento delle co-
scienze e di servilità degli animi, nella loro maggioranza, che sono
la caratteristica più marcata dei tempi di assolutismo (pag. 341) », e
dopo avere introdotto più tardi quelle riforme nell' amministrazione
comunale e politica che erano domandate dai tempi progrediti e dalle
urgenti necessità dello Stato austriaco.
Passando dalle istituzioni civili alle ecclesiastiche, non poco istrut-
tiva è la storia delle chiese e dei conventi di Rovigno, sia per la loro
origine e il successivo ordinamento, sia considerati nel campo del-
l'arte, che riflette la vera genialità di un popolo. Sopra S. Eufemia,
patrona di Rovigno, aggiunta a S. Giorgio martire, si formò una leg-
genda, che diede luogo a gravi dispute fra gli eruditi. Tra questi TA.
non si pronunzia bastandogli aver accennato come la storia del duomo
antico di Rovigno e di quello moderno, sontuosamente rifatto, trag-
gano luce dalle vicende della santa calcedonese, il cui corpo, traspor-
tato prodigiosamente a Rovigno da Costantinopoli, fu poi rapito dai
genovesi durante la guerra di Ghioggia, ritolto a questi dai veneziani,
e restituito ai rovignesi senza un braccio, che si conserverebbe nella
chiesa di S. Eufemia della Giudecca, nota isola che fti parte della
città di Venezia. L*A. rivendica al canonico Gaenazzo il merito di
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510 RECENSIONI — 0. 0GCI0NI-B0NAFF0N8
tutte le ricerche che riguardano la storia ecclesiastica di Rovigno, e
mentre tien conto in linea di fatto di tutti i particolari interessanti,
egli accenna alle controversie, lasciando prudentemente la responsa-
bilità della loro varia soluzione a chi dovrebbe essere piti competente
di lui.
Non meno minuti sono i particolari, anche aneddotici, che il Ta-
maro innesta nel suo libro curioso intomo agli usi e costumi, si reli-
giosi che civili, al dialetto e ai canti popolari, e non sono senza pro-
fonda significazione i confronti copiosi eh* egli fa coi canti del resto
d'Italia, perfino deirestrema Sicilia, di cui la messe, come tutti sanno,
è tanto abbondante. Infine una larga illustrazione trovano in questo
volume altri argomenti che, se si discostano alquanto dal racconto
storico, sono pur sempre un elemento prezioso di storia, voglio dire
le condizioni materiali di Rovigno nei secoli passati, cioè le vicende
della pastorizia, deiragricoltura, della pesca, deirindustria e del com-
mercio, vicende che danno ragione delle pubbliche gravezze e, secondo
la nota legge economica, ebbero a riflettersi, in tempi di prosperità,
suiraumento della popolazione. Né potevansi meglio chiudere le pre-
gevoli notizie offerteci dal Tamaro su Rovigno che parlando della
coltura, la cui sacra fiamma trasse alimento non tanto, come avrebbe
dovuto, da pubbliche scuole, ma dairopera dì uomini illustri in varie
discipline, tra cui rifulgono parecchi letterati ed artisti.
Ed ora il discorso procede più rapido. Nel distretto giudiziario di
Rovigno presso il Leme incontri la famosa grotta di S. Romualdo,
dove il fondatore dei Camaldolesi stette ritirato due anni, e il castel-
liere di S. Martino di cui restano in buono stato le vecchie mura di
cìnta. Nel vallone del Leme, a poca distanza dalla moderna Ganfà-
naro, sorgono le rovine di Docastelli, la cui storia meriterebbe di es-
sere meglio studiata al lume della critica (pag. 507-526).
Quasi a tre quinti della via tra Rovigno e Dignano incontri il ca-
stello di Valle, il Cdstrum VaUis dei Romani, che apparteneva al-
l'agro colonico di Fola. Valle, poco discosta dalla strada consolare
tracciata da mons. Deperis che in questo punto corregge il Eandler,
era centro e principale di molti castellieri romani (pag. 430), e offri-
rebbe largo compenso ai ricercatori futuri se volessero continuare con
metodo le scoperte già fatte di avanzi antichi.
Valle viveva in oppressione sotto i patriarchi d*Aquileia che lo
avevano subìnfeudato ai Sergi di Fola, onde i suoi abitanti delibera-
rono dì darsi a Venezia, come fecero nel 23 settembre 1332 (pa-
gine 443-448). Ciò fu con beneplacito del patriarca stesso, Fagano della
Torre, il quale temeva che Valle cadesse in mano di Beatrice con-
tessa di Gorizia e dlstria, reprgente pel figlio Giovanni Enrico. Ma il
castello fu ritolto, sebbene per poco, ai Veneziani, sotto il patriarca
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M. TAMARO — LB CITTÀ B LE CASTELLA DELL*I8TRIA 511
Bertrando, dal suo rappresentante Corrado Boiani da Gividale, e assai
pati anche nelle guerre ulteriori, dando però prova di grande fedeltà
alla repubblica.
La storia ecclesiastica di Valle trae qualche importanza dai due
monasteri, ambi rovinati, della Madonna Alta e di S. Michele. Nel
primo avrebbe soggiornato papa Alessandro III nel 1177, movendo da
Vasto a Zara e da Zara a Venezia : il Tamaro si mostra giustamente
incredulo di tale tradizione. Al secondo diede celebrità il patrono di
Valle, beato Giuliano, sacerdote minorità vissuto intorno al 1400
(pag. 481-488).
Nei castello di Dignano, illustrato dai Luciani, dal Dalla Zonca e
dal Eandler, e nel suo distretto si trovarono traccio del tempo ro-
mano nel nome delle contrade e in numerosi avanzi di quelle età.
Dignano diessi a Venezia nel 1330 e cinquant' anni appresso chiese
da essa, ma invano, un proprio rettore, cui potè ottenere più tardi.
Era però sempre in contese con Fola e con Valle, finché solo dal se-
colo XVI potè vivere in pace e prosperità (pag. 566-567) con proprio
statuto. — Sontuosa, comunque recente, è la chiesa maggiore di Di-
gnano; in compenso il pittore Gaetano Gessler recò ivi da Venezia,
prezioso cimelio, l'arca di legno istoriata che conservava lo scheletro
del beato Leone Bembo, nobile veneziano, vissuto nel secolo Xin
(pag. 584-587). — L'A. bellamente s'indugia sui costumi, sui canti ori-
ginali e gentili e sul dialetto del popolo dignanese, e rifa la biografia
del celebre naturalista e chimico Bartolomeo Biasoletto seniore, morto
a Trieste nel 1859 (pag. 623-628).
La descrizione dell'artistico castello di Sanvincenti porge all'A. il
destro di discorrere di un matrimonio di contadini morlacchi e delle
loro danze nazionali. Il castello appartenne in origine ai Castropola o
Sergi di Pola, poi passò ai Morosini e infine, per eredità, ai Grimani
di S. Luca nel 1560. Le stesse vicende toccarono al comune di San-
vincenti. Recentemente i Grimani alienarono alla mensa vescovile di
Parenzo ogni loro proprietà in quei luoghi, compreso il castello.
Infine il castello e la terra di Barbana, poco lungi dal fiume Arsa
che è, secondo alcuni, il termine orientale d'Italia, era sotto il dominio
della casa Loredan di S. Stefano. Il castello, di cui anche oggi si con-
servano molti avanzi, fu riattato ed ampliato da quei giusdicenti,
rappresentati da un capitano; ma la sua origine risale molto addietro,
tanto che è del 1330 la prima totale distruzione di esso da parte dei
sudditi del patriarca aquileiese. Barbana con Gastelnuovo erano poi
state vendute da Massimiliano imperatore a Simone de Taxis, da cui
li redense Venezia. Questa li pose all'incanto e se ne fecero acqui-
renti nel 1535 per 14.760 ducati i fratelli Loredan, abiatici del doge
Leonardo, i quali ressero il Comune, essi e i successori, con grande
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512 BBCEN8I0NI — F. FABRI8
mitezza, perfino con generosità. Barbana è degna per molti rispetti
di studio, ma se altro vanto non avesse, sarebbe di aver dato i na-
tali al canonico Pietro Stancovicb (m. 1852), che inalzò un vero mo-
numento di gloria alla sua provincia, publicando in tre volumi le
Biografie degli uomini distinti dell'Istria.
Aspettiamo con desiderio la continuazione dell*opera del Tamaro,
che illustra con particolari minuti ogni luogo, anche secondario, del-
ristria,' completando e coordinando le opere generali e le molte me*
nografle sulla interessante provincia. Egli non ci lascia airoscuro di
nessuna questione o ricerca che si connetta anche indirettamente col
suo soggetto. Solo è da augurare che la fretta del comporre e lo studio
di riuscir semplice e facile salvi il benemerito A. da qualche lieve tras-
curatezza di forma, che si nota specialmente, forse per la sua grande
mole, in questo secondo volume. G. Oggioni«Bonaffon8.
M. PARASGANDOLO, Procida dalle origini ai tempi nostri, con in-
cisioni fotozincografiche. Benevento, 1893 (1).
Ogni angolo dUtalia è ricco di gloriose memorie, ogni castello, ogni
borgata ha la sua particolare storia, che, colle molteplici e svariate
vicende, serve ad intrecciare dei fili nella tela della storia generale.
Coloro che per amore del luogo natio ne raccolgono con pazienza le
memorie contribuiscono a render più certa e verace la narrazione
delle vicende dltalia. Uno di questi benemeriti raccoglitori è il pro-
fessore Parascandolo di Procida. Con gran cura riunì documenti, no-
tìzie, memorie, tradizioni per comporre una storia compita della sua
isola; non risparmiò cure e tempo per for minuziose ricerche negli
archivii, ma, distratto dagli obblighi inerenti al suo ufllcio di inse-
gnante a Benevento, non gli riesci sempre di seguire con ordine e
perseveranza il filo delle sue investigazioni. La copia delle citazioni
prova la pazienza, colla quale dai più svariati libri attìnse notizie
riguardanti la sua isola: talora però accanto alle pure fonti si trovano
menzionati autori o compilazioni prive di importanza come testimo-
nianze storiche.
La prima parte è una precisa descrizione topografica delibisela con
gran copia di incisioni, con erudite dissertazioni sulle sue condizioni
in varie epoche. La seconda parte comprende le vicende politiche:
dopo d*aver trattato dei primi abitatori TA. raccoglie le scarse no-
tizie dei tempi del ducato di Napoli e passa quindi a narrare diffusa-
mente le vicende deirisola ai tempi feudali : tre famiglie ebbero suc^
(1) Non dcTe esser confaso questo pregeTole lavoro con nna pubblicazione del
sac. Michele Paràbcandolo sullo stesso arf^omento col titolo: Cenni storieiintorno
aOa eiUà ed iaeHa di Fredda. Napoli, 1892.
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M. PARASCANDOLO — PROCIDA DALLE ORIGINI AI TEMPI NOSTRI 513
cessivamente il domìnio dell'isola. La prima è quella del celebre Giovanni
da Procida, non è agevole stabilire quando diventasse feudataria, pro-
babilmente era proprietaria del suolo senza vincolo feudale al tempo
dei duchi di Napoli, ed i Normanni ridussero il possesso a feudo.
Molto si dilunga TA. nel narrare le gesta del famoso Giovanni, di-
strugge la trista opinione che di lui fa concepire TAmari, riabilitan-
done la memoria e si vale per questo compito del pregevole lavoro
di Sanesi pubblicato nella Rivista storica. Nel 1339 Procida ò venduta
a Marino Cossa di Ischia, i cui discendenti la possedettero per due
secoli. Un altro celebre personaggio storico appartiene a questa fa-
miglia: Baldassare Cossa più noto col nome di papa Giovanni XXIII.
L*ultimo feudatario di questa dinastia è privato del feudo per ribel-
lione nel 1529, e Procida allora è concessa ad Alfonso d'Avalos mar-
chese del Vasto. La successione dei feudatari da queirepoca in poi
non è esatta, pare che TA. non abbia avuto agio di consultare la ge-
nealogia della casa d^Avalos, che trovasi in molte opere genealogiche,
né il registro delle significatone conservato nell^Archivio di Ijapoli,
dal quale potea desumere la serie cronologica dei feudatari nel modo
seguente : all'Alfonso terzo feudatario morto nel 1593 successe la figlia
Isabella, che trasmise il feudo al marito e cugino Innico d'Avalos ;
morto costui nel 1632, il feudo passò successivamente ai due figli Fer-
rante Francesco morto nel 1668 e Diego (non Innico Francesco) morto
nel 1697, poi al figlio di questo Cesare Michelangelo noto come prin-
cipale fautore deirAustria nella guerra di successione di Spagna. L'ul-
timo feudatario Ai Giambattista che mori nel 1749 ed a cui fu confi-
scato il feudo nel 1743 a causa del debiti, quindi Procida venne
annoverata fra i beni allodiali del re. — Prezioso contributo alla storia
del 1799 è la particolareggiata notizia dei fatti avvenuti neirisola in
queiranno ed il lungo elenco delle vittime della reazione borbonica,
delle quali TA. tesse la biografia.
La terza parte, intitolata vita cittadina, ha il gran pregio di ftrci
conoscere le rendite della università (comune) dal secolo XYI in poi,
le tasse che si ritraevano dagli abitanti, le vecchie consuetudini e
quanto riguarda il modo di vivere del popolo; le quali notizie par-
ranno forse noiose al lettore eppure sono parte essenziale della storia,
più dei fatti strepitosi che riguardano i soli dominatori.
La quarta parte è la storia ecclesiastica delFisola trattata dall'A.
colla competenza che gli viene dal suo carattere sacerdotale. L*isola
era sotto la giurisdizione di una abbazia benedettina che venne data
in commenda a vari! prelati, finché dal 1747 divennero abati com-
mendatari gli arcivescovi di Napoli.
Cosi in un grosso volume di quasi 600 pagine è contenuto tutto ciò
che si può raccogliere sulla storia dell'isola. Potrà esservi qualche
Ri9i$tù Storica Italiana, II. 84
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514 RECENSIONI — C. RINAUDO
sproporzione nelle partì deiropera, qualche notizia superflua, qualche
giudizio storico erroneo, ma non si potrà negare Tabbondanza e la
buona scelta del materiale raccolto per formare una storia più omo-
genea di questa belUsola. L*A. nella sua modestia dichiara franca-
mente: « Feci quod potui, faciant meliora potentes ».
Francesco Fabris.
JOSEPH REINAGH, Ijd France et CItaUe devani Vhistotre. Paris,
FéUx Alcan, 1893.
RENÉ BAZIN, Las Italiens d'aujourd'hui. Paris, Calman Lévy, 1894.
MARGELLIN PELLET, Naples contemporaine. Paris, Gharpentier, 1894.
Sono tre libri di scrittori francesi, che riguardano le cose nostre
sotto un diverso aspetto, ma che mirano tutti a presentare l'Italia
nuova agli occhi dei loro concittadini, per chiarirne la condizione po-
litica e sociale. Lo scritto del Reinach ha una pretesa filosofica, quello
del Bazin vorrebbe fornire unMdea completa degli Italiani moderni, il
Pellet si restringe aUa città di Napoli. In proporzione della modestia
dei limiti sta pure il pregio del lavoro.
*
« •
L*on. deputato opportunista Giuseppe Reinach si vale della storia
per sostenere una tesi, proposito sempre difi3icile, ma a dirittura pe-
ricoloso, quando non è possibile far tacere le passioni politiche. Non
recherà maraviglia quindi se Tillustre A. fu talora spinto a forzare gli
avvenimenti per obbligarli a confessare il suo verbo.
Le proposizioni fondamentali sono queste: « Au plus haut que Ton
« remonte dans Thistoire de la péninsule italienne, l'action politique
« et rinfiuence de la France s*y retrouvent à chaque pas et partout,
« sauf de rares exceptions.^
« L*intervent]on de la France dans les a£Eaires d' Italie s*exerce
< presque toujours dans le méme sens, qui est le grand courant de la
< civilisation et de la liberto...
« Ghaque fois que Fame de Tltalie s'endort, c*est la France qui la
« réveille. Quand on cherche à savoir, comment s*est transformée en
< une nailon cotte poussière de peuples, pour qui pendant tant et tant
« d*années le mot de patrie avait perdu tout sens, il apparalt que
« cette aurore de résurrection a été presque constamment &vorisée par
< la France...
« Seulement pas une fois la politique fran^aise n*aura la force on
« la sagesse d'aller jusqu*au bout de Toduvre entreprise; fotalement,
« elle s*arrète à mi-route. Régulièrement elle éveille au. premier acte
« les plus ardentes espérances; régulièrement elle provoque au cin-
« qui^e les mémes déceptions.
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J. RBINACH — LA FRANGE ET l'iTALIE DBVANT l'HISTOIRE 515
< Nous avons Thabitude de ne rappeler que la face de la médaille;
< le misogallisme italien ne se souvient que du revers; pour ètre juste,
« il faut en ftiire voir les deux c6tés ».
Come si vede la conclusione, a cui mira TA., è savia e commende-
vole; ma le premesse sono confortate da sicuri argomenti storici?
Il Reinach appo^a la sua tesi sulle conquiste di Carlo Magno e
di Carlo d*Angiò, sul papato avignonese, sulla spedizione di Carlo Vili
e sulle intraprese successive, sui disegni di Bnrico IV e sulla politica
Italiana del Richelieu e del Mazzarino, suirintervento francese nelle
questioni italiche del secolo XVIII, specialmente sul gran disegno del-
l'Argenson, e finalmente sulla cooperazione alla presente unità politica.
Ora, pur limitando le osservazioni al campo storico trascelto dal R.,
questo fornisce le prove delle premesse? Può dirsi continua razione
politica della Francia, quando da Carlo Magno si fa un salto di oltre
quattro secoli e mezzo per trovare Carlo d'Angiò ? Tutte le spedizioni
ricordate hanno trovato Tanimo italiano addormentato, e si sono dav-
vero compiute per arrecarci civiltà e libertà ? É sostenibile, che gli
Angioini, o i Valois, o i Borboni abbiano mai favorito la risurrezione
d'Italia? La libertà e T indipendenza annunziata dalla prima repub-
blica non causarono invece Toppressione ?
È verissima l'ultima osservazione, che giammai la politica francese
ci arrecò l'acquisto definitivo della libertà e dell'indipendenza; non già
per difetto di forza o di saggezza, o per fatalità, ma per volontà di
tutti i governi francesi, i quali si son sempre serviti dell'Italia^ come di
strumento al conseguimento dei loro interessi. La conclusione rimane
la stessa, eh' è questa: essere fuor di proposito qualsiasi recriminazione
dall'una e dall'altra parte, e doversi provvedere all'avvenire della ci-
viltà comune con forze riunite.
* ->■•
Lavoro serio e coscienzioso è quello del sig. René Bazin, Les Italiens
d'aujourd'hui. Il titolo promette più di quanto effettivamente il libro
contenga, ma risponde pur sempre all'intento suo.
Nella parte prima, Prcwinces du nord. La vie provinciale, l'A. ci
trasporta senz'altro a Milano, il giorno dei morti : una visita al cimi-
tero monumentale, assistenza alla festa d'inaugurazione d'un istituto
di ciechi, alcune riflessioni sulla speculazione edilizia, parecchie consi-
derazioni sul movimento elettorale, e via. Siamo a Vicenza. Il Fogaz-
zaro e il senatore L. (forse Lampertico) l'accolgono cortesemente e gli
fanno gli onori di casa ; l'impressione è eccellente. Il breve tratto da
Vicenza a Padova fornisce pretesto a talune notizie sul movimento
letterario italiano, non sempre esatte e ancor meno complete. A Pa-
dova s'intrattiene col magnifico rettore il prof. Carlo Ferraris, e ra-
giona, com'è naturale, delle nostre Università. A Bologna visita la ca-
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516 RBCENSIONI — G. RINAUDO
serma» che ospita il 27'' reggimento di linea, e la chiesa di S. Francesco
in restaurazione. A Firenze assiste alla seconda rappresentazione dei
Rantzau del Mascagni, e applaude. Uno sguardo a Siena gentile e poi
difilato a Roma.
La seconda parte del volume (di pagg. 130) porta questo titolo:
Las maison^ de Home et la campagne de Rome. B il titolo risponde
questa volta airargomento. Infatti il Bazin non ripete le consuete de*
scrizioni dei monumenti e dei musei» nò erompe nelle stereotipate
esclamazioni ammirative. Dopo alcune informazioni sulla popt^lazione
attuale di Roma prende ad esame la crisi edilizia e la bonifica del-
l'agro romano. Pochi scritti sono comparsi in Italia, che abbiano svi*
scerato con tanta competenza, esattezza d* informazioni, serenità di
giudizi e saviezza di considerazioni l'una e Taltra questione. Anche i
più ritrosi alle statistiche, alle discussioni bancarie, e ai trattati d*agro-
nomia leggeranno con profitto e piacere le notizie raccolte dal Bazin
con arte squisita congiunta a serietà di studi. Giuste le considerazioni
sulle cause per cui le leggi sulla bonifica della campagna romana non
operarono la trasformazione rapida dell'agro, che da esse si atten-
deva; gravi e pietose le parole sulla misera condizione dei lavoratori
della campagna, tale che grida vendetta al cospetto di Dio.
Le Provinces du Stid costituiscono la parte terza. L'argomento è
assai più ristretto del titolo. A Napoli uno sguardo alla popolazione,
una visita ai fondachi famosi, alcune riflessioni sul risanamento, un
processo al tribunale, la iettatura e un breve cenno del movimento
letterario. Segue Tinterminabile corsa attraverso le Calabrie. La con*
versazione tra un proprietario della Basilicata, un maggiore di fon*
teria e un reduce dall'America rende men noioso il lungo viaggio ; il
tema più controverso ò quello deiremigrazione. Fatta una breve sosta
a Reggio per amore dei bergamotti, il B. sbarca a Messina, e tenta
un'escursione all'Etna.
Un mese dopo rientrava in Francia per la riviera ligure.
In verità non si può argomentare da un libro siffatto, quali siano
gli Italiani d'oggi; ma con soddisfazione rileviamo, che c'è in Francia
qualche uomo di vaglia, il quale apprezza le cose nostre con verità,
e fa voti per l'amicizia sincera dei due popoli.
Il dolce far niente, ecco la divisa appostaci dalla maggior parte dei
forestieri. < Je ne sais rien, scrive invece il Bazin (pag. 3), de plus
« erroné que ce préjugé, qui consiste à nous représenter les Italiana
€ comme un peuple de lazaroni étendus au soleiU en haillons de couleur
< et tendant la main, quand l'étranger passe. . . Il y a là les premiers
« remueurs de terre du monde ».
Gli Italiani insultano alla Francia, scrivono molti franoeaì. < Un
« point très remarquable, afferma invece il Bazin (pag. 34X dans les
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M. PELLET — NAPLBS OONTEMPORAINE 517
< discours de nos voisins c*est Tallusion continuelle à la France. Elle
« se retrouve partout. Et généralement elle n'est pas hostile. Souvent
« mème elle revét une forme sympathiqud ».
I giornali di Francia non sanno quasi mai discorrere del nostro
esercito senza mescere al racconto il ridicolo. Il Bazin, dopo aver visitato
la caserma di Bologna, scriveva : « Nous nous retirons, somme tonte,
« avec une benne impression, qui serait profitable à certains, doni
« Topinion tonte folte se refìise à ètudier les progrès militaires ac-
< complis chez nos voisins, et qui continuent de parler de Tarmée
« jtalienne avec une grande légèreté » (pag. 95).
*
• «
II Pellet raccolse in un bel volume il frutto di parecchi anni di os-
servazioni e di ricerche, che presenta a* suoi concittadini con espres-
sioni affettuose: « Puissent-ils inspirer à ceux qui les liront de Inatta*
< chement pour cet admirable pays, où la vie est si douce, où les
< moeurs pittoresques des habitants, les monuments du passe, le ciel
< et la mer charment également les regards et où la nature radieuse
« rassérène l'esprit en viviflant le corps ».
Svarìatissimi sono gli argomenti studiati: i quartieri poveri e con
«ssì la miseria e l'igiene, il servizio delle acque, la fognatura, le con-
ft*aternite e i cimiteri, la camorra, la polizia, il banco di Napoli, le
opere pie, il lotto, la stampa, le feste popolari, la madonna dell'Arco
e la Nuova Pompei, la monaca di casa, una missione di Liguoristi,
Santa Lucia. C'è anche un capitolo su Napoli al sec. XYI desunto dai
mss. di Corona, e un altro su Napoli in rapporto all'unità d'Italia.
Non sono temi nuovi, sebbene forse poco approfonditi dagli italiani
del centro e dei nord. L'illustre scrittore flrancese li studiò con amore,
ed espose il flrutto delle sue indagini laboriose con grande chiarezza
e obbiettività serena. I suoi apprezzamenti sono generalmente elevati,
imparziali, e talora finissimi. Non si propone di giidare la croce, ma
cerca invece la spiegazione di fenomeni, che possono a prima giunta
parere strani, antigienici e immorali, e spesso riesce nuovo e persuasivo.
Animato da sentimenti benevoli all'Italia nuova termina il volume
con vìva fede nel suo avvenire: « Plus l'uni 6cation de Tltalie aura coùté
« cher, plus elle tiendra à coeur, au bout d'un demi-siècle, à la nation
« née sur les champs de batallles de Magenta et de Solferino. Il ne
« faut pas oublier que les Italiens n'ont pas sacriflé h YlUUia una
< des républiques libres et prospères, mais presque partout des mo^
< narchies vieillies, étrangàres, tyranniques, sans liberté et sans gioire.
« C'est ce qui ftiit la force du fìls de Victor*Bmanuel, et bien des li-
< béraux, sans compter les radicaux légalitaires, reprenant le mot
< de Lafeyette, prétendent que la maison de Savoie est la meilleure
< des républiques ». C. RiNAtTDO.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
L STOBIA POLITICA
storie di regioni, municipii e famiglie. — Eugenio Musatti in una
recente pubblicazione fi monumenti di Venezia) aveva inteso facili-
tare la conoscenza de* monumenti veneti sotto Taspetto artistico, pre-
sentando 1 nomi di coloro, che ne furono architetti, scultori o pittori.
Ora in un nuovo volumetto intitolato Cronografia veneta (Padova,
Fratelli Salmin), mira a darci la sintesi dei fatti memorabili concer-
nenti la storia politica di Venezia con l'esposizione sommaria per
ordine cronologico dalle origini al 1866. Ci è parso, che abbondino
troppo le indicazioni estranee a Venezia,. le quali dovevano essere eli-
minate, e che ci sia troppa sproporzione di sviluppo. Ad es., il solo
1797 occupa 23 date, mentre sono assegnati tre posti al glorioso pe-
riodo del 1848-49 (C. Rinaudo).
• «
Riguardano in parte la storia della casa di Savoia Les ckroniques
de Genève di Michele Roset, pubblicate sul manoscritto originale da
Henri Fagt, direttore degli Archivi di Ginevra (Genève, Georget
et Co.). Queste cronache riassumono la storia di Ginevra fino al 1562,
nel quale anno TA. presentò Topera sua al Piccolo Consiglio gine-
vrino. Furono redatte in un intento patriottico e religioso; TA. vuole,
che i cittadini di Ginevra apprendano a conoscere la storia della loro
emancipazione temporale e spirituale, vera prova deirintervento inces-
sante di Dio, del quale Calvino e i suoi partigiani soltanto furono gli
agenti fedeli. Converrà quindi profittarne con giudizio. La pubblicazione
è preceduta da una diligente notizia biografica del Roset, scritta dal-
l'editore (C. R.).
*
* «
É venuta ora in luce una nuova edizione di Consuetudini di Cal-
tagirone con versione italiana per cura di Salvatore Randazzini vice-
bibliotecario comunale (Salvatore Randazzini, Le Consuetudini di
Caltagirone e i datomi dei re che le confermarono, Caltagirone, Ti-
pografia Sento, 1893). Precede al testo delle Consuetudini una breve
prefazione nella quale il Randazzini annunzia che egli ha fatto la ver-
sione « non come intendente di studii di scienze storico-giuridiche, ma
quale semplice paleografo ». Il testo di Consuetudini col diploma di
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STORIA POLITICA 519
approvazione di Federico III (1299) è compreso tra p. 10-47. Seguono
indi alcuni privilegi, ordini e dispacci. Infine l'editore annunzia che
egli nel 1874 fece per TArchivio di Stato di Roma una copia delle
Consuetudini sul manoscritto della raccolta dì Prammatiche di Majo-
rana, n Randazzini non dà veruna notizia della prima edizione fatta
in Galtagirone nel 1798 col seguente titolo : Consuetudfnes urbis grò-
tissimae Caltagironi in unum congestae et cofwrdinatae. Galtagironi
MDCCJXGVIII. ex typographia Prancisci de Paula Barletta, ìmpressoris
111.""^ Senatus, supeiioribus annuentibus ». Neanco accenna la ristampa
Atta da Briinneck (Halle, 1881) sulla copia procuratasi dall'Hartwig,
e sebbene non indichi espressamente che il testo fosse rimasto finora
inedito, pure lascia incerto il lettore inesperto poiché non fa menzione
di alcuna pubblicazione totale o parziale di Consuetudini di Caltagirone.
Avendo noi dato notizia della copia del 1874, della prima edizione
(1798) e della ristampa di quelle consuetudini, n^W Archivio Storico
Italiano (4* S., t. VIII, 1881, pp. 209 ; t. IX, pp. 349), non occorre fame
altro ricordo. Lodiamo questa pubblicazione eseguita a cura e spese
di quel Municipio, .e crediamo altresì degna di encomio la versione
italiana che fa meglio conoscere alle persone ignare del latino quel
codice di diritto mum'cipale. Avremmo voluto che una chiara notizia
si fosse fornita dal Randazzini suirantico manoscritto, che colà si con-
serva, e sul diploma di approvazione del 1299, che ò la più antica con-
ferma esistente di consuetudini siciliane (Vito La MantIa).
*
« 9
Alla storia comunale si riferisce il lavoro del I> Pietro Pinton,
La città della pieve de' Saccensi (Roma, Balbi, 1893), ma Fautore,
più che di altro, si occupa del nome, del grado, e sovratutto dello
stemma di Pieve di Sacco, del quale stemma studia le variazioni dal
medioevo a* giorni nostri. É però lavoro ricco di erudizione e pieno
di notizie interessanti, adomo anche di alcune belle incisioni dello
stemma suddetto nelle sue varie forme (F. Gabotto).
« *■
Se tutti i gentiluomini italiani, capaci ed agiati seguissero il lode-
vole esempio datoci testé dal cavaliere Luigi Alberto Trotta, fra non
molto decorrer di tempo ogni comune potrebbe avere la sua storia,
scrìtta coscienziosamente, e con sempre stimata indipendenza da' giu-
dizi. L'opuscoletto del Trotta (Luigi Alberto Trotta, Fronde sparte
radunate di tm Comune nel Napolitano. Toro in provincia di Mo-
lise. Roma, 1893) alla letteraria leggiadria di forma accoppia notizie
inedite sul luogo di Toro, comunelle nella provincia di Molise, posto
sulla piaggia di poggio aprico e ricco di viti e di oliveti. Già feu-
dale possesso della badia di Santa Sofia di Benevento, per donazione
del 1099 di Remperto conte di Miano, fu però privilegiato dai Nor^
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520 NOTB BIBLIOGRAFICHE
manni e dai successivi dominatori dei Napolitano di varie franchigie.
In mezzo alle notizie storiche l'autore inframette ragguagli biografici
sui cittadini che in qualche modo ebbero nel corso dei secoli a segna-
larsi, fira i quali lo stesso genitore del Trotta Domenico, che a* suoi
dì fu professore, deputato, e poi prefetto. Gonchiuderemo coH*aocen-
nare che il nostro autore aveva già dato saggio dei suo amore agli
studii nella Monografia della provincia cU Molise e negli SttuUi filo-
logici sima parlata di Toro comparata alla toscana (G. Glaretta).
*
• «
Conferenza elegante ed erudita, dove in forma garbata e vivace si
espongono preziose notizie sulla storia della vita e del costume è quella
di Giuseppe Occioni-Bonaffons dal titolo I nostri bisnonni o Trieste
nel secolo XVIII (Trieste, Gaprin, 1893). Il materiale è desunto prin-
cipalmente dalie minutissime lettere dei consoli veneti ai proprio go-
verno; l'esposizione delle condizioni materiali, commerciali, industriali,
letterarie, artistiche, ecc., è cosi piena nella sua sobrietà da non lasciar
nulla a desiderare (F. G.).
*
« «
Gli studi di storia locale e comunale acquistano importanza sempre
maggiore, onde si leggono con piacere gli Appunti intorno alTorigfne
del Comune di Massafi;scagUa dovuti al D' Patrizio Antolini (Fer-
rara, Tip. Sociale, 1893). Incaricato della pubblicazione d^li Statati di
detto Comune, TA. ricerca in questo opuscolo le^ prime notizie del paese,
che già esisteva nel secolo Vili, e ne studia specialmente la lotta
con Onesto arcivescovo di Ravenna, la concessione di Benedetto Vili,
rinvestitura ferrarese del 1219 e gli accordi del 1221 col legato pon-
tificio Ugo, vescovo d'Ostia e Velletri. Tra le note, riunite infine dell'o-
puscolo, sono stampati per intero parecchi documenti (F. G.).
Antonio Colombo \Il Chiatamone, Trani, Vecchi, 1893, pp. 52)
con una ricerca diligentissima, ha messo insieme tutte le notizie che
si poteva del noto scoglio, onde Napoli tocca quasi l'isoletta di Castel
deirOvo, sito amenissimo, oggi quasi scomparso per le nuove costru-
zioni della via Partenope. Narra l'origine e le vicende delle chiese e
de' conventi che vi sorsero, principali S. Maria a Cappella e leCrocelle,
e la cappella di S. Maria della Vittoria, fatta erigere dalla figliuola
dell'eroe di Lepanto. Descrive le famose grotte, e le vie e i palazzi,
tra cui l'albergo delle Grocelle reso famoso da Giacomo Casanova, e
le ville, iY*a le quali il Gasino reale, soggiorno di Alessandro Dumas.
E garbatamente riferisce quanti aneddoti si collegano a' varii luoghi
descritti. Non occorre dire che questo saggio di topografia storica na-
politana è estratto da quell'eccellente rivista che è la Napoli Nobi-
lissima (M. Schipa).
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STORU. POLITICA 521
*
« *
Nicola Arnonb dal recente restauro dei duomo dì Cosenza e dalla
riapparizione colà d*un antico monumento sepolcrale ha preso occa-
sione a scrivere tre opuscoli, ammannendo in vario modo e misura la
stessa materia (Le regie tombe del Duomo di Cosenza, Napoli, Gian-
nini, 1893, pp. 52 ; R Duomo di Cosenza, Siena, Tip. S. Bernardino,
1893, pp. 13; Luigi III d'Angiò, duca di Caiàbriay ibid., 1893, pp. 16).
n primo è il meglio condotto e il più assorbente: con una pagina di
più, avrebbe reso perfettamente inutili gli altri due. Accenna al Duomo
primitivo, abbattuto dal terremoto del 1184, non però de' 9 giugno,
come dice TA., perchè il nono Kalen. lunii, qui soppresso nella cita*
zione deirAnon. Gassinese, non risponde a quel giorno. Fa quindi la
pietosa storia di Arrigo Hohenstaufen, ribelle al padre Federico II,
trascinato da un carcere all*altro, morto, probabilmente per suicidio,
nel 1242, e sepolto nel duomo di Cosenza, riedificato tra la fine del
XII e i principii del XIII secolo. Ma la tomba, che Timperatore gli
fece quivi innalzare, scomparve più tardi. Segue la storia dlsabeUa
d* Aragona, moglie di Filippo TArdito, la quale, tornando col marito
dalla Crociata, spirò in Cosenza nel 1271. E le fu eretto il sepolcro,
tornato recentemente alla luce, che FA. descrive molto bene e attri*
buisce a qualche artista francese. Ultimi son narrati i casi di Luigi III
d'Angiò, adottato da Giovanna II, anch'esso seppellito in quel duomo,
ma di cui, come del principe svevo, disparvero i resti. Il secondo
opuscolo, senz*accennare al duomo primitivo, tocca della fondazione,
della consacrazione e deirimportanza artistica del monumento che gli
successe, e narra i danni recatigli meno da* terremoti che da* restauri
posteriori. E finalmente il terzo vuol essere, una storia del rivale
di Alfonso il Magnanimo. Ma è troppo povera cosa nelle sue dodici
paginette, al confronto non dirò di ciò che vorrebbe il titolo, ma di
quello stesso che offre il primo opuscolo, sulle Regie Tombe, dove è
più ricca la serie delle fonti utilizzate e più esatta resposizione dei
fatti (M. S.).
« «
Enrico Celani pubblicò due estratti deiropera di Onofrio Panvinio
De genie Fregeparvia (Venezia, Visentini, 1893), che si conserva ms.
nell'Angelica di Roma. Gli estratti sono il capo 2» del libro III e il
capo 21* del libro IV. — Il medesimo dette in luce un altro opuscolo,
contenente dieci documenti vaticani per la storia della contea di Ce-
lano (Napoli, Giannini, 1893) accompagnati da un elegante facsìmile e
riferentisi al periodo 1184-1549 (F. G.).
F. Gabotto, Pinerolo e i suoi recenti storici, 16*, pp. 32. Pinerolo,
tip. Sociale, 1893. — In questa breve nota il Gabotto prende ad esame
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522 NOTK BIBLIOGRAFIGHB
le due recenti storie di Pinerolo del Pittavino e del Garuttì, rilevan-
done la molta diversità d* intenti e di mezzi, la pari imparzialità e
devozione alla patria comune. Della prima, * popolare ', ritenuta « come
tale discreta », specialmente se si tien conto, che la parte meno buona
fu pubblicata anteriormente air86 a dispense, il giudizio è in complesso
più favorevole che della seconda, che sembra al G. inferiore d'assai
alle molte altre pregevolissime opere storiche del Garutti. Ad ambedue
si propongono, specialmente per i tempi anteriori al secolo XVI, cor-
rezioni ed aggiunte, ricavate per lo più dagli archivi pinerolesi, che
avrebbero potuto e dal Pittavino e dal Garutti esser più completamente
posti a contributo. Giustizia vuole, che si accenni alla confutazione che
di parecchi di tali appunti del G. fece « uno studioso » neiropusco-
letto Intorno a una nòta sopra la storia di Pinerolo del barone
Domenico Carutti (Pinerolo, tip. Ghiantore-Mascarelli, p. 21). G'è
bisogno anche a questo riguardo di ripetere col Manzoni: « La ragione
e il torto non si dividono mai con un taglio cosi netto che ogni parte
abbia soltanto dell'uno e dell'altro? » (Y.).
*
♦ •
P. MoLMENTi e D. Mantovani, Calli e canali in Venezia. Venezia,
Ongania, pp. xxx-174, 1893. — Non è un libro nel vero e pieno si-
gnificato della parola: sono note storiche e artisticfie con le quali i
due egregi autori hanno voluto illustrare le 100 bellissime fotoinci-
sioni in cui l'editore F. Ongania riprodusse, oltre ai più famosi mo-
numenti dell' arte veneziana, molte tra le più intime e men note
bellezze di Venezia. Dichiarano d'essersi messi a scrivere in due,
perchè l'espressione dell'entusiasmo non riuscisse soverchia-
mente monotona: ma, pur troppo, cotesto espediente non bastò. Già
era molto difficile illustrare 100 tavole riguardanti un unico soggetto
senza ripetersi e senza indurre nel lettore un senso di sazietà e di
stanchezza. Procurarono essi bensì di dare al volume tutta la possi-
bile attraenza e varietà raccogliendo in esso di tutto un po', aneddoti,
notizie storiche, cenni biografici, ricordi di leggende, considerazioni
sull'arte e sulla letteratura, e cogliendo a volo ogni occasione, ogni
pretesto per scivolare di qua e di là fuori dell'argomento principale. Ma
ciò che, a parer mio, stanca maggiormente i lettori è l'intonazione
generale, è la esuberanza di colori, di splendori, di fulgori; la ridon-
danza di suoni che, per quanto variati, vanno sempre a risolversi nei
medesimo ritornello; è infine quella troppo predominante nota d'im-
pressione personale che sembra preoccupare la libertà dell'altrui giu-
dizio, e toglie ai lavoro quel carattere di oggettività che dovrebbe
avere. Manca la sobrietà e la misura in questo libro, nel quale poi
quella che dovrebb'essere, almeno, schietta spontaneità di impressione
piglia colore di convenzionalismo romantico. I silenzi misteriosi, la
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STORIA POLITICA 523
malinconia della laguna, Tacqua iridata dei canali, la tìnta pittoresca
che dà la salsedine, la gondola bruna e voluttuosa, la città delle anime
delicate, e i sogni e gli amori e tant* altre belle cose sono diventati
oramai lu(^hi comuni a cui, per quanto spolverati, rimessi a nuovo
e accomodati per bene, non ricorre che chi voglia o debba fare dei
libri d sensaUon, Di più a forza di dipìngere tutto con colori sgar-
gianti, di esaurirsi in un'ammirazione a tutto spiano, si finisce con lo
smarrire quasi il senso della gradazione e col reputar bello, spesso,
anche il mediocre e il brutto (A. Battistblla).
*
« «
Relazione sulle cose di Firenze e Roma di Nicolò da Fonie, am-
basciatore straordinario della Repuibblica veneta a Roma. Venezia,
Ongania, pp. 18, 1893. — Questa Relazione inedita, tratta dall'Ar-
chìvio di Stato in Venezia dai signori P. Molmbnti e F. Ongania per
l'occasione delle nozze Benzoni-Martini non è certo il meno notevole
fra gli scritti che concorsero a renderle più gaie e onorate, e non sfi-
gura davvero tra quelle già pubblicate dall'Albóri e dai sìgg. Barozzi
e Berchet e che procurarono cosi meritata e largamente diffusa ripu-
tazione agli ambasciatori veneziani. Trovasi in essa la solita meravi-
gliosa acutezza d'indagine, la solita limpida sobrietà e quella cura in-
telligente di raccogliere, con tratti precìsi e caratteristici e con un fare
bonario, tutto ciò che può avere maggior interesse, toccando, come lo
stesso oratore dice, alcune poche cose consideraMi et tralasciando le
superflue. Brevi, ma parlanti sono i ritratti del granduca Cosimo I, di
papa Gregorio XIII e della corte pontificia, e notevolissime quelle con-
siderazioni che rivelano il senso pratico e l'abito dell'osservazione dili-
gente. La Relazione non porta nell'originale nò il nome dell'autore,
né la data; ma gli editori la attribuiscono a Nicolò da Ponte che andò
ambasciatore straordinario a Roma nel 1573 per calmare lo sdegno
del papa irritato contro Venezia per la pace ch'essa aveva di neces-
sità fatto con i Turchi. Quantunque non ci sieno prove di fatto e anzi
certe espressioni e certi accenni dell'oratore dieno forse adito a qualche
dubbio, pure dobbiamo riconoscere che l'opinione dei sigg. Molmenti
e Ongania ha tanto valore da potere senz'altro essere accettata. Il che
accresce il merito loro per questa pregevolissima pubblicazione (A. B.).
« «
Mario Mandalari, Un documento greco-reggino del secolo XIV,
Siena, tip. ed. San Bernardino, pp. 14, 1894. — L'A. in questa breve
monografia dà alle stampe il documento in lingua greca contenuto
nel cod. gr. vatic. n. 1546, cui unisce la versione latina, che, se qualche
volta ò un po' libera, riproduce però sempre esattamente il pensiero
e la dicitura del testo. E importante sopra tutto per la storia reggina,
sia riguardo all'anno in cui fu steso (1323, 10 genn., indict. VII, regn.
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524 NOTE BIBLIOQRAFICHB
Roberto), sia riguardo al contenuto, trattandosi d'una cessione enflteu-
tica fatta da Giro archimandrita del convento basiliano di S. Maria di
Terreti, di corte terre nel dominio di S. Aniceto, perchè vi si facciano
delle saline. Sono quello stesse saline, che, tolte al monastero da Fé*
derioo II e da* suoi figli, vennero poscia restituite ad esso dal cardi-
nale Rodolfo vescovo di Albano e legato apostolico nel Regno, con
ordine ratificato anche da Carlo d*Angiò (Scufcola 9 ag. 1268). Le
gravi condizioni imposte al concessionario Guglielmo Matzacuba di
Pentidattilo, cui si vietava Tuso intero e legittimo della proprietà,
cioè la vendita di essa in caso di bisogno, e la donazione, sono note-
voli sopra tutto per la storia del diritto, se si volesse determinare
fino a qual punto potè farsi nella bassa Italia un contratto enfiteutico
di questa maniera. Il diploma, contenuto nel Codice, che Francesco
Accidas Gorepiscopo di Rodi donò a Sisto V nel 1585 per la biblioteca
Vaticana Apostolica, risulta, come prova TA. dalla iscrizione del fo-
glio 28, trascritto, in data assai anteriore a quella in cui esso col resto
venne ceduto al pontefice, da Giorgio Gemistio, sulla cui vita e sulle
cui peregrinazioni nel mezzogiorno della penisola esso può apportare
nuova luce (I. Ltjdovisi).
Francesco Savini, Se il * Castrum Aprutiense ' delle lettere cU
S. Gregorio Magno fu Vodiema Teramo e se la voce ' Aprutium *
servi nel primilfvo Medio Evo a denominare la città di Teramo
ovvero solo il sito territorio (Estr. ddir.4rc^. storico ital.y serie V,
tomo X, pp. 34, 1892). — Esamina anzitutto TA. le varie lezioni che
dei nomi Aprutium e Castrum Aprutiense si veggono nelle diverse
lettere di S. Gregorio Magno, da quella del Muzi alla veneta del 1504,
alla romana del 1591, ed a quella dei padri Maurini' del 1705. Perla
cronologia accetta la data più plausibile deirjafTé Ewald che pone
al 598 Tep.: Passivo Episcopo Fimumo — Anto Comes; al 601
(oct. nov. ind. IV) la seconda intitolata: Passivo Episcopo Ftr^mano
— Bene novit Fraternità^ ; ed al 601 (oct. nov. indici. IV) Tultima
diretta: Opportuno de Aprutio — Pervenit ad me quia. L'espres-
sione contenuta nella prima: Anio Comes Castri Aprutiensis Fir*
mensis territorii fa indurre al Savini, contrariamente a quanto ne
dissero il Delfico ed il Palma, che Anio fosse romano di origine e che
il pontefice avesse usata la parola Castri e non Civitatis, perchè dopo
la prima devastazione sostenuta dalla terra nel secolo VI per opera
dei Longobardi, gli abitatori si dovettero ridurre nella parte della
medesima già fortificata o che essi stessi fortificarono in quei fran-
genti e che si nomò Castrum, Il Troya volle provare sulle parole
della citata lettera: Firmensis territorii e su quelle che seguono, che
il Castrum Aprutiense fosse un castello della diocesi e del territorio
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STOBIA POLITICSA 525
di Fermo, ma non seppe affermarlo con sicuri documenti ; VA. invece
dimostra con abbondanza di ragioni e di fatti come il Castrum sia
veramente quello che poi fu detto Aprutium, la cui chiesa avendo
patito lunga vacanza, era stata affidata alla provvisoria guida del ve-
scovo Fermano. Riguardo alla controversia sul nome Aprutium^ dopo
aver sottilmente analizzate le ragioni di coloro i quali con esso vor-
rebbero indicata la regione soltanto, dai duo documenti del sec. XII
riferiti dal Polidori, ma sopra tutto dagli atti del Cartolario Teramano
nei quali j[>arlandosi di Aprutium si determina questo ora < in loco
qui nominatur Interamnes » ed ora « in loco qui dicitur Castro > trae
motivo a dimostrare che nell'antica città detta Aprutium, vi fossero
due luoghi distinti, uno in cui si conservava 1* antica denominazione
Interamnes e dove si trovava la Cattedrale, l'altro detto Castrum^
ove eransi ridotti grinteramniti per isfuggire ai Longobardi. Tutti
gli argomenti, aggiunti a confutare specialmente il Palma, mostrano
la perfetta conoscenza e la non comune diligenza, usata dal Savini nel
raccogliere e far suo prò dell'abbondante materiale istorico che ha la
fortuna di avere tra mano. La conclusione a cui esso arriva è che il
nome della città nel corso dei secoli abbia subito un lento svolgimento,
per cui daW Aprutium e Castrum Aprutiense del V e VI dell'era
volgare, si cominciò a chiamare nel XII S. Maria Teramnensis ed
anche solo Teramnensis, finché nella metà di. questo si scrive addi*
rittura Ctcitas Teramnensis e infine spiccatamente TJframum che
servi d'allora in poi a denotare la Teramo degli Abruzzi (I. L.).
« «
Francesco Savini, La Comunità di S. Flaviano e la domMazione
d'Innocenzo IV in Abruzzo nel i254. Teramo, tip. del « Corr. Abruz-
zese >, 1894, pp. 8. — Veramente il titolo promette assai più di quello
che il testo mantenga. Ma la pubblicazione delle due lettere d'Inno-
cenzo IV tratte dall'Arch. segr. Vat. n. 366 e 367 in data 26 settembre
1254 riesce d'importanza storica generale per mettere in chiaro,
ancora una volta, la durata del dominio di questo pontefice sulla
nostra regione, che il Palma invece vorrebbe tornata all'obbedienza
di Corrado nel 1253. Nella prima Innocenzo scrive da Napoli al co*
mune di S. Flaviano (ora Giulianova) concedendo che gli abitanti re-
stino nell'immediato e perpetuo demanio della Chiesa, e revoca tutte
le donazioni e trasmissioni fatte a suo danno, in vantaggio di Ascoli
a Fermo, dal cardinale Capozio. Nella seconda conferma la conces-
sione fatta dal quondam Corrado, Prorogo di Sicilia, che gli uomini
di Montecchio, Petacciano, Poggio Morello vi mantenessero perpetuo
domicilio. Non posso concordare con l'A* nel ritenere che la signoria
papale sarebbe stata un bene per la libertà municipale del suo paese,
che si spense col reggimento monarchico ; essa fu un fenomeno mo*
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526 NOTB BIBLIOGRAFICHE
mentaneo che non potè spiegarsi, non per cause esterne, ma per le
ragioni intime della sua vita e della sua costituzione; altre città come
Atri, continuarono infatti a fiorire di robusta e comunale esistenza
anche più tardi (I. L.).
*
« •
F. Sa VINI, Una lettera del 14i8 del vescovo Aprutino Marino di
Tocco tesoriere papale detta Marca al comune di S. Elpidio a mare.
Teramo, tip. del « Gorr. Abruzzese >, 1893. -- Dopo aver Catto l'ana-
lisi materiale e morale (?) di questo documento cartaceo del sec. XY
contenuto fra i mss. della biblioteca privata del barone Antonio Ga-
samarte, passa TA. all'esame del contenuto. Il vescovo Marino, teso-
riere pontificio per la Marca, da Recanatì, dove si trovava, ordina
al comune di S. Elpidio a mare di non pagare le taglie imposte, a
Braccio di Montone o ad altri, giusta la bolla di Martino Y e il divieto,
già antecedentemente espresso dallo stesso tesoriere. La lettera, <iuan-
tunque indirettamente, si collega coi fatti di Teramo di quel tempo
dove, in causa dello scisma d*Occidonte, si contendevano il seggio ve-
scovile Stefano di Carrara e Marino di Tocco. Braccio di Montone
a cui questi aveva vietato di esigere le imposte {taleae) si trovava
appunto allora in lotta con Francesco Sforza, che sosteneva le parti
di Martino e al quale due anni dopo diede quella sconfitta di Yiterbo
che gli procurò la signoria di Teramo. E^li aveva promesso al ve-
scovo di asteiersi dall'esigere tributi nella Marca, ma pare che poscia
cercasse di procurarseli per mezzo di un Fra Giovanni da Rocca. Da
ciò la causa della lettera della cui esumazione siamo grati all'A., au-
gurandoci che alle brevi o staccate monografie, nelle quali versa la
infaticabile sua diligenza, faccia quanto prima succedere quella dotta
e sintetica illustrazione della sua terra, che l'ingegno di lui e il ricco
materiale posseduto, ci promettono (I. L.).
« *
Nella Rivista storica già si espose analiticamente il contenuto del
grosso volume di Yittorio Del Corno su / marcitesi Ferreri d^A-
tarsio patrizi genovesi ed i conti De Gubernatis. L'erudito investiga-
tore morì prima di aver compiuto il suo lavoro, che doveva formare
una parte seconda. I fratelli Paolo e Ottavio raccolsero però le cai*te
lasciate dal compianto prof. Yittorio e le pubblicarono in un fascicolo
di 86 pagine. Questo complemento si compone di due soli capitoli, de-
stinati a ricercare le origini dei conti De Gubernatis e a riassumerne
le vicende genealogiche dal secolo XY alla fine del sec. XYII (G. R.).
* ¥
Libri vari. — Un lavoro pazientissimo sono le EtTemeridi italiane
pubblicate dal prof. Adolfo Mangimi (Livorno, Raffaele Giusti). L'Au-
tore raccolse circa seimila date della storia d'Italia dal 476 al 1892,
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STORIA POLITICA 527
le dispose quindi per ciascun giorno deiranno a modo di calendario
storico, e le riuni InQne sotto i rispettivi nomi di persone, cose e città
in un indice alfabetico. Assevei'are che in tanta varietà di indicazioni
e difTerenza di calendari TA. abbia sempre colpito nel segno sarebbe
difficile; certo ò, per dichiarazione dello stesso A., che e* è grande
sproporzione nelle citazioni degli avvenimenti a vantaggio dei tempi
moderni. Ci siamo domandati: a che può giovare questa compilazione
pazieate ed anche erudita? L*A. accenna nella prefazione ai periodici
e ai calendari che pongono nei loro numeri una data corrispondente
a quella del giorno in cui si pubblicano, commemorante un fatto sto-
rico; ma in verità ci sembra, che per si modesto scopo non metteva
conto consumare tanta attività intellettuale (G. R.).
Abbiamo ricevuto VAnntùario deUa nobiltà italiana del 1894, pub-
blicato in Bari dalla Direzione del Giornale araldico. È un volume del
formato deir Almanacco di Gotha, di pagine 1120, ricco di stemmi gen-
tilizi, taluni de* quali a colore in tavole speciali. Hanno diritto di fi-
gurare neir Annuario, dietro semplice richiesta, le famiglie che otten-
nero riscrizìone ai registri di nobiltà dalla Consulta araldica del regno,
o che si trovano inscritte negli elenchi provvisori compilati dalle com-
missioni araldiche regionali. Non ostante le gravi difficoltà materiali
dell'impresa e la trascuranza di molte famiglie nel porgere le notizie,
TAnnuario è omai riuscito un modello nel suo genere. Le nobili casate
italiane, inserite nel volume del 1894, sono circa un migliaio; contando
tutti i rami in cui esse si dividono, abbiamo un totale di 1217 famiglie.
Di 842 di queste è dato lo stato personale ; delle rimanenti 375 sono
riassunte le notizie storiche coi titoli, ed è descritta l'arma, rinvian-
dosi il lettore per le relative genealogie ai volumi precedenti. Augu-
riamo, anche neirinteresse degli studi storici, che questa pubblicazione
possa divenire col concorso di tutti esatta e completa (G. R.).
In una prolusione su H rinnovamento del diritto ecclesiastico in
Italia (Torino, Bocca, 1893), il prof. Carlo Calisse ne ricerca le ra-
gioni e le trova neirinteresse scientifico, neir influsso degli studi ger-
manici e nelle condizioni medesime dellltalia presente, dove abbisogna
più che mai la conoscenza dei diritti reciproci e della storia dei rap-
porti fira lo Stato e la Chiesa. Il C. si rivolge la domanda, se sìa cosa
utile allo Stato stesso considerare le leggi della Chiesa come semplici
statuti di una società privata commerciale, e mostra come alle volte,
per esempio riguardo al monachesimo, talvolta lo Stato si trova im-
potente con tutto il suo arsenale di leggi vecchie e nuove, create e
da crearsi. La formula libera Chiesa in lÌt>ero Stato destò grande spe-
ranze, che non tutte si avverarono; esistono dunque ancora problemi
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528 NOTB BIBLIOGRAFICHE
gravissimi, che tocca appunto alla scienza del diritto ecclesiastico di
studiare. Tale» in breve, Targomento della bella prolusione del G. (P. G.).
» *
Libri scolastici. — È stata pubblicata la 4^ edizione (IS^'-IT^^ migliaio)
della Letteratura romana del prof. F. Ramorino, che fa parte della
collezione dei Manuali Hoepli. Il numero delle copie è già per sé una
chiara testimonianza deirestimazione universale per il lavoro del Ra*
merino, estimazione derivata dai meriti complessivi di questo prezioso
volume. In£sitti TA. seppe indovinare le qualità d'un libro scolastico, ai
neirestensione del volume (pp. 340), come neiresposizione piana, con*
cisa e chiara ad un tempo. Senza venir meno ai dettami della scienza,
che debbono essere fondamento di qualsiasi libro scolastico, fece op-
portuna selezione di quanto giova airinsegnamento nelle scuole secon-
darie, e, condensando 1 fhtti, lasciò al giusto ai4)rezzamento degli inse-
gnanti lo svolgimento dei singoli argomenti. Ci rallegriamo col nostro
egregio collaboratore e con gli Istituti italiani per la diffusione di un
lavoro scritto con tanta sicurezza. Anche un bravo all'editore Hoepli,
che fornisce il bel volume legato per lire 1,50 (G. R.).
Il colonnello Gbcilio Fabris, nostro valente collaboratore, ha pub-
blicato presso roditore Gasanova di Torino un Corso di storia gene-
rale e particolarmente (VltaUa, ad uso del Ginnasio superiore e del
Liceo, diviso in quattro volumi : 1* Tempi antichi, in due sezioni
Oriente e Oreda^ Roma; 2» Tempi medioevali; 3* Tctì^ moderni
(1555-1815); A*" Tempi nostri (dal 1815 in poi). Abbiamo ricevuto il
3* e il 4% non gli altri, forse perchè ancora in corso di stampa. Ghi
conosce la vasta dottrina del col. Fabris può a priori ritenere, che
Topera sua sia degna dell'autore; leggendola, si trova la conferma
deiraspettazione. Forse per i giovinetti dei nostri istituti secondari
qualche volta l'intonazione è troppo elevata, non essendo certe discus-
sioni e taluni apprezzamenti all'altezza di loro cultura, e la partizione
della materia non è sempre facile per intelletti quasi digiuni d^li
elementi complessi della vita politica e sociale (G. R.).
*
« «
È pure venuto in luce il 3^ volume della Storia genercUe del [»^
fossore G. Rinauixn secondo i programmi vigenti negli Istituti distru-
zione media {Liòei, Istituti tecnici^ Scuole normali e Collegi mlUtari}.
In esso viene esposta la storia politica degli Stati europei e della loro
espansione coloniale dal 1748 al 1892. Forma un elegante volume ri-
legato in tela, della casa editrice G. Barbèra di Firenze, di 342 pa-
gine di testo, seguito da copiose tabelle cronologiche e genealogiche,
e terminato da un accuratissimo indice alfabetico. Gli insegnanti fe-
cero buon viso ai due primi volumi (1* 476-1313, 2^ 1313-1748) per la
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STORIA LETTERARIA 529
fiducia nella coltura e nell* esperienza deirAutore, confermata dalla
giusta misura della trattazione, dalla distribuzione opportuna della
materia, dairimpar^lità serena dell'esposizione e dalla chiarezza della
dizione; è sperabile che il terzo volume, necessario complemento del-
l'opera, sia per essere accolto con pari simpatia e benevolenza (Y.).
n. STORIA LETTBRAEIi
A festeggiare le nozze del dott. Medardo Morici il sig. Demetrio
Marzi pubblica in elegante opuscoletto (Firenze, tip. Gellini, 1894,
pp. 24) sette Lettere dettate in volgare da Ser Ventura Monachi
come cancelliere della Reptibblica fiorentina. Le lettere del notaio
fiorentino, di cui fu in questi ultimi tempi posta in luce anche l'atti-
vità poetica, vanno dal 1341 al 1344; furono tratte dall'Archivio di
Stato di Firenze e vengono ad aggiungersi a quelle pubblicate dal
Paoli e dal Monaci. Diligente è la prefazione dell'editore, il quale ben
lece a darci un breve regesto di tutte le lettere volgari del cancel-
liere fiorentino, che meritò di essere accolto fra gli autori citati dalla
Crusca, nell'ultima edizione del suo vocabolario.
• ♦
A. Moschetti, Frammento d'un poemetto veneto su « Galasso
dalla scura valle >. Venezia, tip. Visentin!, 1894 (In-d**, pp. 17). Estr.
dalla Miscellanea della R. Deputazione Veneta di storia patria, S. II,
t. II. — / bisticci geografici nel dialetto veneziano, Venezia, tip. Vi-
sentini, 1894 (In.8*, pp. 12). Bstr. dal N. Arch, Veneto, t. VII, P. I. —
Abbiamo qui riunito i due lavori del M. non per altra ragione che
perchè sono ambedue d' argomento veneto. Nel primo l'A. pubblica,
preceduto da una buona introduzione, il testo d'un frammento di poe-
metto veneto da lui trovato in un lacerto ms. del sec. XV, esistente
nell'Archivio di Stato di Venezia. Il frammento è prezioso, sovrattutto
perchè è un nuovo saggio che dimostra come il ciclo brettone avesse
anche fra il popolo nostro maggior difiusione di quanto comunemente
si creda. — Nel secondo opuscolo il M. ci offre per primo, ch'io sappia,
un tentativo modesto, ma diligente ed acuto, di illustrare un tema
curioso, quale è quello dei veri e propri bisticci geografici, ai quali
il popolo veneziano ricorse « o per colorire maggiormente una data
€ espressione, o per attenuarne invece il significato un po' crudo, o
« anche solo per darle quel sapore scherzoso ed ironico che tanto
« bene si confà con l'indole di lui ». Considerato come un primo saggio
RivUla Storica Ilaliana, XI. 85
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530 NOTE BIBLIOGRAFICHE
d'una materia vasta e complessa, che richiederebbe maggiori ricerche
e più matura preparazione, questo breve studio merita lode. Speriamo
che lo stesso A. ripigli in mano l'argomento e lo svolga e approfon-
disca in modo da soddisfare di più il desiderio degli studiosi (1).
• ♦
Lo studio di P. L. Rambaldi, La guerra di Venezia col Buca dCAur
stria nel i487 (Venezia, tip. Yisentini, 1894, pp. 44, estr. dal N. Arch.
Veneto, t. VII, P. I) illustra riccamente quel triste episodio della storia
veneziana, con la scorta d*un rozzo poemetto popolare contemporaneo,
che TA. riproduce traendolo da una vecchia stampa Marciana, n poe-
metto dell'ignoto cantastorie veneto, se non veneziano, ha per titolo
La guerra de Tedeschi contro de VinUiani delU quaU era lor capi-
tano el Signor Ruberto da Sanseverino e consta di 88 stanze, non
prive talora d'una certa forza ed efficacia.
*
• ♦
Del prof. L. G. Pélissier, noto cultore della storia nostra, segna-
liamo alcune recenti pubblicazioni. Ai documenti da lui altrove dati
in luce si vengono ad aggiungere ben 75 Documents sur les relor
iions de Louis XII, de Ludovic Sforza et du Marquis de Mantom,
Paris, Leroux, 1804 (In-8% pp. 99, estr. dal BtUtetin du Comité des
travaux historiques et scienlifiques, Sect. d'hist. et de philol., a. 1893).
Questi documenti, tratti dagli Archivi di Mantova, Modena, Milano e
Venezia, vanno dal 1498 al 1500; si riferiscono cioè a quel periodo
importantissimo della lotta fra Luigi XII e Ludovico il Moro, nel quale
spiccò maggiormente l'abilità diplomatica del Marchese Francesco di
Mantova assecondato dalla Marchesa Isabella. Sebbene questo copioso
e abbastanza pregevole materiale debba considerarsi come prepara-
zione al desiderato lavoro cui il P. attende, intomo alle relazioni di
Luigi XII con la Lombardia, alle sue imprese e al suo dominio colà,
notiamo tuttavia che l'editore avrebbe potuto procedere un po' più
severo nella scelta dei documenti e non darli cosi seccamente e nu-
damente ai lettori.
Un vero e più notevole studio del P., tutto intercalato di documenti
inediti, riguarda un fatto importante nella storia politica di quegli
anni, LAmbassade d'Accurse Maynier à Venise (Toulouse, Privat,
1894, estr. dagli Annales du Midi, t. V-VI). L'ambascieria, durata dal
giugno al novembre del 1499, che contribuì al felice successo dell'al-
leanza firanco-veneta, è qui narrata con una minuzia ed esattezza tale
di particolari, da non potersi desiderare di più e di m^lio. Alla nai^
(1) Merita d^essere ricordato un articoletto Cose venete, pubblicato dal M. nella
Oaeeetta di Venezia deirS giugno 1894, in risposta ad una critica mossagli nella
Qcueetta medesima.
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STORIA LETTERARIA 531
razione documentata segue un'utile appendice di nuovi documenti che
la illustrano e la compiono.
Ad un periodo di poco anteriore a quello di Carlo Vili, si connet-
tono le Notes italiennes d'histoire de Franca (s. n. tip.), contenenti
una lettera politica di Guglielmo Bri(}onnet, cardinale di S. Malo, scritta
a Torino, TU settembre 1495. Il documento, tratto da una copia del-
TArchivio fiorentino, è importante e si riferisce alla cosi detta guerra
di Novara.
Altre Note italiane sulla storia di Francia (estr. dall' i4rc^. star,
ital., S. V, T. XIU, 1894) ci offrono una lettera di Luigi II di Montpen-
sier con altri documenti a lui attinenti (1496-1499) e una proposta e
disegno di un trattato fra Carlo VIII e Ludovico Sforza (1497).
L'ultima pubblicazione del P., Un inventaire inédit des CoUections
Ludovisi à Rome, Paris, 1894 (estr. dai Mèmoires de la Société na-
lionate des Antiquaires de France, t. LUI) non ci offre che un in-
ventario di vendita, redatto nel secolo XVII, delle statue e dei quadri
della celebre collezione; ma, anche così com'è, nella sua nudità, può
utilmente accompagnarsi con quello del gennaio 1633, pubblicato dallo
Schreiber, nell' opera Die antihen bildwerhe der Villa Ludovisi in
Rom (Leipzig, Engelmann, 1880).
« *
Siamo lieti di richiamare l'attenzione dei nostri lettori sopra una
pubblicazione che onora l'iniziatore, che è il sig. Benedetto Croce,
come onora ed avvantaggia gli studi italiani. Vogliamo parlare della
Biblioteca Napoletana di storia e letteratura che si pubblica in Na-
poli e della quale sono già usciti quattro densi ed eleganti volumi,
che il liberale editore deposita presso la sede della Società Napoletana
di storia patria. Il primo contiene le prime due giornate del famoso
libro di Giambattista Basile, Lo Cunto de li Cunti, riprodotto di sulla
prima stampa del 1634-36 dallo stesso Croce e preceduto e seguito da
una solida Introduzione e da copiose e diligenti annotazioni. Il volume
è fìregiato del ritratto del cavaliere Basile, compaesano e contemporaneo
ed ammiratore d'un altro e più celebre cavaliere, il Marino. In altri
due volumi Erasmo Pércopo studiò la vita e la produzione poetica
d'uno dei più acclamati poeti fioriti nella seconda metà del sec. XV,
uno degli astri maggiori del gruppo napoletano, Benedetto Gareth, più
noto sotto il nome accademico di Cariteo. La seconda parte ci offre,
in lezione corretta e con ricche e belle annotazioni, Le Rime del poeta
barcellonese — e con l'amplissima Introduzione e col testo l'A. ha
recato un grande servizio agli studiosi. Né minor lode merita Fran-
cesco Flamini per avere curata — e curata davvero con pazienza
ed acume e gusto finissimo — V Egloga e i poemetti di Luigi Tan-
siilo. Cosi possiamo dire di possedere un testo definitivo dei Due pel-
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532 NOTE BIBLIOGRAFICHE
leffrirU, del Vendemmiatore, delle Stanze al Martirano, della Ciò-
rida, del Podere e della Balia, \ quali componimenti, per merito del
nuovo editore, ricevono nella eccellente Introduzione luce copiosa.
*
» ¥
Da un fautore dei Farnesi e cortigiano del Duca Pier Luigi, forse
il marchese Camillo Fogliani Sforza, signore di Gastelnuovo de* Terzi,
fli composto, tra il settembre 1547 e il marzo 1548, il Lamento per
la morte di Pier Luigi Farnese, che ora il prof. G. Capasso trae in
luce da un codice della Parmense ed illustra con molto amore e con
ampia erudizione (Parma, tip. Battei, 1894, pp. 86, estr. dSilV Arch. sto-
rico per le Provincie Parmensi, voi. I, del 18^). Il lungo componi-
mento che consta di 656 versi disposti in serie ternarie, conferma il
fatto, ormai accertato, che il principale impulso della cospii*azione
della quale cadde vittima il Farnese, Ai lo sdegno della nobiltà pia-
centina, licenziosa, sfrenata e gelosa dei suoi privilegi, e in questi
minacciata dall'opera di Pier Luigi.
» «
Una vera monografia sopra uno scrittore e pensatore emiliano che
nel Cinquecento ebbe non piccola nominanza, è il lavoro di Giuseppe
Pagani su Mario Nizzoli umanista e filosofo del secolo XV J, Roma,
tip. della R. Accademia dei Lipcei, i893 (pp. 122, estr. dal voi. II dei
Rendiconti deirAccademia stessa). Essa richiama l'attenzione co» dei
cultori della storia letteraria, come degli studiosi della filosofia, seb-
bene il Nizzoli abbia maggior importanza come umanista, che come
filosofo; ed è pregevole per la copia e Tordine delle notizie, per la
chiarezza e la sicurezza con cui TA. analizza ed illustra il pensiero
e gli scritti del Nizzoli, per la temperanza dei giudizi, che appunto
per questo ci sembrano definitivi.
*
♦ »
Utile contributo alla storia letteraria del Piemonte, durante il pe-
riodo di Carlo Emanuele I, è lo studio lungo e minuto — forse troppo
minuto in alcune parti — del pA)f. Giuseppe Rua sopra Un episodio
letterario alla corte di Carlo Emanuele I (Genova, 1893, pp. 130,
estr. dal Giornale Ligustico). L*A. vi parla della Primavera di Gio-
vanni Boterò, dei drammi e del canzoniere di Lodovico d'Aglio e della
sua attività poetica e politica alla corte Savoina; di Aurelio Corbel-
lini e delle sue rime politiche; infine d^W Inverno, poemetto appena
abbozzato dal Duca Carlo Emanuele I. Confortiamo l'egregio A. a con-
tinuare nelle sue ricerche e ad ofifHrci presto la seconda parte del
suo pregevole studio, che tanto conferisce a illustrare la letteratura
piemontese del sec. XVI cadente e del principio del sec. XVII.
*
* «
In un opuscoletto il prof. F. Foffano raccolse con acconce illustra-
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STORU LETTERARIA 533
zioni Quattro lettere inedite diiUìMtnitaliani{Yenezm, tip. Ex-Gordella,
1894, pp. 20). La prima è di Girolamo Gigli, indirizzata ad Apostolo
Zeno da Viterbo il 2 febbraio 1717 ; la seconda, già pubblicata in modo
frammentario dal Tommaseo, fu scritta il 22 giugno 1744 da Gasparo
Gozzi airab. Luigi Pomo. In essa il passo: «ditegli che se non gli
scrivo in carta, ho scritto lui nel cuore, ch'è cosa (?) buona >, andrà
corretto probabilmente, sulla scorta d'un verso del Bemi, cosi: « ch'è
carta buona >. La terza lettera, di Ippolito Pindemonte, in data di
Ginevra, 28 agosto 1788, è seguita da un sonetto composto due giorni
prima per la visita al castello di Ferney. Ultima viene una letterina
di Pietro Giordani, senz'anno, ma del 29 febbraio 1844, inviata a Spi-
ridione Veludo.
• ♦
G. Battista Marchesi, Lorenzo Mascheroni ed i stcoi scritti poe-
tici. Studio biografico-critico, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche,
1893 (In-8'', pp. 102). — È uno studio per ogni riguardo d^no di lode.
Chiaro, semplice, succoso, e nel tempo stesso ricco di notizie nuove
o più esatte che in passato non si avessero, esso è un esempio raro
di sintesi garbata e armonica e sostanziosa d'un materiale manoscritto
di molti e molti volumi, ridotta a un centinaio di pagine. E in&tti la
raccolta delle carte autografe del Mascheroni non poteva capitare in
mani più discrete ed esperte. La ricostruzione che TA. ci offre della
vita e insieme degli scritti poetici del poeta e scienziato bergamasco
ci sembra felice e conferisce utilmente anche alla conoscenza della
letteratura nostra nella metà del secolo scorso. Naturalmente la parte
che più c'importa in questo studio è quella consacrata sÀYJnvito a
Lesbia Cidonia, che il M., giustamente accordandosi con lo Zanella,
chiama poemetto scientifico-descrittlvo, e non didascalico, come usano
i più. L'esame e il giudizio che l'A. ne fo, paiono a me definitivi. Delle
relazioni del Mascheroni con Paolina Grismondi e dell'occasione del
mirabile poemetto discorre in breve, ma bene, il M. A compiere le
notizie ch'egli ha raccolto, stimo opportuno citare una lettera che il
3 luglio 1793 Paolina, reduce da poco a Bergamo, dopo il suo viaggio
in Lombardia, scriveva al cavaliere Vannetti; e che si trova inserita
nel rarissimo JEpistoìario del Rubbi (1). Al gentile poeta roveretano,
pel quale aveva tenerezze singolari, la Grismondi scriveva, fl:*a altro:
« Non saprei abbastanza esprimere quanto siami stato dolce il breve
« soggiorno da me fatto in Pavia che da molto tempo bramava di vi-
« sitare e dove si uni a invitarmi con sollecitudine il campeggiamento
« colà fattosi con somma solennità e con immenso concorso de* fore-
« stieri, di quelle truppe Austriache. Fui onorata da quei signori Pavesi,
(1) A. n, Venezia, 1796, pp. 405-6.
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534 NOTE EilBUOORAFICHB
« e da quei chiari professori in guisa oltremodo per me lusinghiera.
« Quanto poi non debbo airamabilissimo P. Fontana, quanti tratti cor-
« tesissimi non ha egli usati con mecol Stampò per farmi onore, ge-
« neroso e gentile amico, come egli è, quattro sonetti che certamente
« saranno a voi pervenuti, e che hanno sempre più dato a vedere
« come egregiamente sa quel sublime matematico conversar parimente
« con le Vergini di Elicona e rendersi signore di molte diversissime
« facoltà. Credo che avrete pur ricevuto un picciol volume di versi
« sciolti col titolo di Invito a Lesbia, nei quali il professor Masche-
« roni, mio compatriotto, ha voluto render palese la sua amicizia verso
« di me. Tutti universalmente fanno un sommo applauso a detti versi,
« e io son certissima che avranno pur da voi riscosso, ove veduti gli
4c abbiate, un ben meritevole elogio ». Quel picciol volume doveva
salvare dalFoblio la dama gentile; e del suo autore fa rinverdire la
&ma ed i meriti questo modesto ma serio lavoro, kì quale alcune
osservazioni si potrebbero pur fare, ma non tali da scemarne i pregi.
Per es. i primi tentativi di poesia barbara non risalgono solo al se-
colo XYI, come afTerma TA. (pag. 22), ma al sec. XY; e molte altre
cose si potrebbero aggiungere ai rapidi cenni (pagg. 66-8) che il M.
ci porge intorno alla poesia scientifica del secolo scorso e alle molte
pubblicazioni che su quest* argomento videro la luce in Italia. É un
tema questo che, anche dopo lo studio del Bertana, meriterebbe d'es-
sere svolto con la dovuta larghezza.
«1 «
A Siena ci richiamano Alcune notizie inedite di storia letteraria
senese, Nota inserita dal dott. Alfonso Professionb nel voi. XXIX
degli Atti della R. Accademia delle scienze di Torino (Torino, Glausen,
1894). Le notìzie riguardano specialmente il piemontese p. Guglielmo
della Valle, il noto autore delle Lettere Senesi, e sono tratte da due
lettere di Giuseppe Ciaccheri e di mons. Felice Zondadari, ambedue
del 1783, esistenti manoscritti una nella biblioteca del marchese Bo-
naventura Ghigi-Zondadari di Siena, l'altra nella Comunale della
stessa città.
« «
Del Ciaccheri, bibliotecario dell'Università senese, parlò con le lodi
dovute quel L. A. Muratori, che tutti conoscono come il gigante della
erudizione storica, ma che nessuno aveva ancora studiato quale eco-
nomista. Questo fece testé un giovane, ma valente cultore degli studi
economici, il prof. E. Masè-Dari, nel volumetto intitolato L. A. Mu-
ratori come economista (Bologna, tip. Fava e Garagnani, 1893, pp. 114,
estr. dal Giornale degli Economisti), L'A. riconosce e dimostra che
« se non si può attribuire al Muratori il merito d'aver aperti nuovi
« orizzonti agli studi economici dell'età sua, non rimane però dubbio
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STORIA LETTERARIA 536
« che, anche per la scienza economica, si presenta come uno dei più
« profondi pensatori del sec. XVIII ».
*
« «
Ad un tèma bellissimo, Mazzini letterato, il sig. Vincenzo Refor-
aiATO consacrò alcune pagine d*un suo opuscolo (Catania, tip. Galati,
1894); nel quale i concetti letterari del grande cospiratore sono esposti
con sufficiente chiarezza ed i principali suoi lavori sono esaminati in
maniera piuttosto superficiale. L*A., che mostra di avere la necessaria
attitudine^ avrebbe dovuto svolgere con maggiore larghezza certe os-
servazioni da lui appena accennate e considerare meglio il M. in rap-
porto con le condizioni letterarie del suo tempo.
« •
P. P. Gestaro, Stiuli storici e letterari, Torino, Roux, 1894 (In-8^
pp. viii-387). — Ottima cosa ha (atto TA. a raccogliere in volume, mi-
gliorati e accresciuti, questi suoi saggi che aveva pubblicati sparsa-
mente in varie riviste italiane. Essi trattano di alimenti assai dispa-
rati, ma hanno tutti, anche quello letterario di cui si &rà speciale
menzione, un carattere essenzialmente storico. Il primo studio concer-
nente Le rivoluzioni napoletane nei secoli XVI e XVII, già edito
in due fascicoli della Rivista Europea (1878) non è, come forse par-
rebbe dal titolo, una vera ordinata narrazione di avvenimenti este-
riori, ma una larga indagine storica e insieme filosofica delle varie
cause economiche, morali, politiche che produssero nei secoli XVI e
XVII i moti rivoluzionari o, meglio, le molte sollevazioni del regno na-
poletano, con uno speciale riguardo alle rivoluzioni del 1547 e del 1647.
In queste pagine, improntate d'un vivo sentimento di simpatia pel po-
polo meridionale, TA. mostra una singolare attitudine al largo pen-
nelleggiare storico, ha vivacità e chiarezza efficace di forma, acume
e modernità nell* analisi e ricostruzione dei fotti storici e sociali. Il
secondo studio è una giusta difesa del benemerito fondatore del regio
Istituto Orientale (già Collegio dei Cinesi e poi Asiatico) di Napoli,
Fabate Matteo Ripa. Bella commovente figura di cospiratore patriotta
— anzi d'una famiglia di patriotti — è quella che balza fuori dal
terzo saggio Ze ?n«worfe d'un patriota romagnolo scritte da sua figlia.
Il cospiratore è Vincenzo Pattiboni da Cesena, la figlia, la signora
Zellide Pattiboni, « una simpatica vecchietta oltre i sessanta (non oltre
i settanta, come si legge per una i^vista od un errore di stampa, es-
sendo essa nata nel 1832) rivelatasi si in tarda età colta scrittrice >.
Delle Memorie uscite in tre parti, dal 1885 al 1887, e di questa larga
recensione del C. dovrà tener conto il futuro storico dei moti rivo-
luzionari italiani; come a chi vuol conoscere addentro la storia e la
costituzione politica della repubblica di S. Marino, gioveranno i capi-
toli del saggio seguente, consacrato appunto a questo che è fra i più
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536 NOTE BIBLIOGRAFICHE
singolari « ruderi politici medioevali ». I colti lettori non avranno di-
menticato il bel saggio uscito nella N. Antologia, intitolato La storia
nei « Promessi Spost », che qui rivede la luce. Rileggendolo ora, ci
siamo confermati nel giudizio che, non ostante talune esagerazioni,
non ostante la tendenza al sottilizzare^ alfabuso della critica conget-
turale e della dialettica, che TA. stesso rimprovera al Manzoni, questo
sia uno dei più seri e concludenti studi consacrati al romanzo immortale.
E ciò anche perchè esso non è ristretto a ricercare gli elementi storid
dei Promessi Sposi, come potrebbe stimarsi leggendo il titolo; ma si
allarga a studiare la genesi e lo svolgimento, e i modi e i periodi o
momenti della sua elaborazione, ricercando Topera dell' artista e del
critico, questo tormentatore e, più tardi — nel discorso de/ romanzo
storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e d'invenzione
— demolitore impotente di quello. Ck)n Tultiroo studio, finora inedito,
// vescovo di Policastro e la reazione borbonica del 1799 e con le
utili appendici di documenti che lo accompagnano, passiamo di nuovo
dalla critica letteraria alla critica storica — e queste pagine, ricche
di notizie anche nuove, corredate d*un saggio di poesie sanfedistiche,
riescono un pregevole contributo per la storia, cosi curiosa e ancora
intricata e in parte oscura, di quel periodo.
Giuseppe Piggiola, Letterati triestini. 2^ ediz. Bologna, Zanichelli,
1894 (In-8^ pp. 87). — In questo opuscolo, che contiene una confe-
renza letta a Padova a beneficio della Società « Dante Alighieri > il
14 aprile 1893, il ?., noto letterato e poeta triestino, riesce a dimo-
strare con elegante parola e con sostanza di fotti « la schietta incor-
ai rotta italianità che informa non pur la vita e la lingua, ma tutta
« la produzione letteraria, e particolarmente poetica della siui Trieste
« in questo secolo ». Queste pagine si leggono con piacere, ma anche
non senza profitto da qualunque persona colta; rivelano, non solo un
vivo amor patrio, ma anche un fine gusto e una conoscenza sicura
della storia triestina. Possiamo dire senza timore di esagerare che, se
alla diffusione di questo libretto, che in poco tempo raggiunse la se-
conda edizione, dovettero contribuire evidenti ragioni politiche, esso
ha in se stesso tali meriti intrinseci da giustificare (caso davvero
infrequente) questo verdetto invidiabile della pubblica opinione.
*
• ♦
Il sig. Benedetto Croce, del quale annunziammo Tanno scorso una
memoria intitolata La storia ridotta sotto il concetto generale del-
l'arte (Gfr. Rivista, voi. X, pp. 708-9), prende a rincalzare con nuove
osservazioni la sua tesi in una Nota, letta all'Accademia Pontaniana
il maggio passato, e pubblicata col titolo Di alcune obiezioni mosse
a una mia memoria sul concetto della storia (Napoli, tip. d. R. Uni-
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STORIA LETTERARIA 537
versila, 1894, pp. 23, estr. dal voi. XXIV degli Atti della detta Acca-
demia). Anche dopo queste nuove considerazioni, ingegnose e sottili^
rimaniamo fedeli all'opinione altre volte manifestata, che è la più co-
mane, essere cioè la storia un pò* scienza e un pò* arte, giacché essa
applica i procedimenti scientifici all'indàgine e alla valutazione dei
fatti umani, ma si vale di mezzi offerti dalla filosofia e dall'arte nel-
Tuso di essi, nella reintegrazione, nella ricostruzione e nella rappre-
sentazione della vita storica. Naturalmente i rapporti fra la scienza
e Farte, la misura del loro disvolgersi nella storiografia variano a
seconda degli scrittori e dei tempi e degli intendimenti particolari
che ogni storico può proporsi insieme con gli intendimenti generali
della storia medesima.
Vittorio Gian.
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ELENCO DI LIBRI
recenti di storia italiana
Ada eec1e$iae medioìanensU ab eiu8 irnim uaque ad noairam aetatem^opera et tMio
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Arimondiy Combattimento di Agordat, Relazione a S. E. il Ministro della guerra.
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Arnone (NA iMigi III d'Angiò duca di Calabria, pp. 16. Siena, tip. S. Bernar-
dino, 1898.
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ELBNCO DI LIBRI ITAUANI E LATINI 539
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Cesareo (Gr. A.), La poesia siciliana sotto gli Svevù Studi e ricerche. Catania,
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— Pasquino e la satira sotto Leone X: SerapiccL Roma, tip. deirUnione Coo-
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— Pasquino e la satira sotto Leone X: «7 cardinale ArmeUino e Madonna Onesta.
Boma, tip. dell'Unione Cooperativa editrice, 1894.
— Pasquino e la satira sotto Leone X: Tultimo re di Cipro. Boma, tip. deirU-
nione Cooperativa editrice, 1894.
— Pcuquino e la satira sotto Leone X: i due archipoeti. In-IG*", pp. 22. Boma,
tip. deirUnione Cooperativa editrice, 1894.
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548 ELENCO DI LIBRI INGLESI
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SPOGLIO DI PERIODICI
nazionali ed esteri
ANNUARIO DELLO ISTITUTO DI STORIA DEL DIRITTO ROMANO
(Catania).
Ili, 1892-93. — Casacrrandl (V.), U numero dei voH e il sistema di votazione
in seguito alia riforma dei comizi centuriati [Riassume la teorìa del Elebs pubbli-
cata nella € Zeitschrìft der Savi^ny-Stiftnng ftir Rechtgeschicbte » in opposizione
alla teoria del Mommsen]. — Transunti e sommario déUe memorie, conferenze,
comunicazioni, ecc. [Hanno maggior interesse per la storia nostra: R. Severìno,
« Degli odierni stadi snlla composizione delle ' Istitazioni ' di Giustiniano »; « Sai
potere legislativo dei * comitia curiata * » ; G. Barcellona, « Snlla lotta dei ceti nella
repubblica romana > ; Y. Mnsameci, « Le traccie della vendetta del sangne nel
mondo romano »; G. Barcellona, € Gli atleti romani »; G. Sisto, « La promessa di
non ginocare a zara ed una glossa di Umberto da Bobbio al Digesto »].
ARTE E STORIA (Firenze).
XII, 7, 189«S, 10 aprile. — La Direzione, A proposito del monumento a Giotto
[Da erìgersi in Viochio. Nota però che secondo recenti studi Giotto sarebbe fioren-
tino]. — Annibaldi (G.), Di alcuni vasi aretini [Negli scavi di Fiesole e di Jesi.
Loro riscontri].
8, 20 aprile. — Galletti (P.), Per il nome di una strada [Via della Torre al
Gallo, che conduce airosservatorio di Arcetri]. — Melani (A.), Un nuovo libro
su Bembrandt ed aUre pubblicazioni [Del Michel e due opuscoli di storia artistica
napoletana di A. Miola]. — Arzano (A.), Ancora degli altorilievi del Balducci
in Pizzighettone [Lettera al Sant'Ambrogio]. — Fichi (G. F.), Un*erratarcorrige
a proposito delle opere di Piero delia Francesca [Al Cavalcasene e Crowe, V, 83.
La gran tavola di P. si trova nella chiesa dello spedale di Borgo San Sepolcro,
non in Arezzo]. — Denino (A.), Epigrafia e storia della scienza [Qualche epigrafe
sa eclissi e fenomeni naturali può dare contributo alla storia della scienza]. —
Bellini (G. M.), Il Castellano ed una lettera inedita deUo storico D. Uqmohuono
Bucachi sul rinvenimento d'un*antica iscrizione [A Lanciano sul colle di Castel-
lano: osca 0 greca (?)].
9, 1 maggio. — La Dilezione, 1 disegni della Regia Galleria degli Uffizi
[Riordinati recentemente con rara diligenza dairispettore P. Nerino Ferri].
10, 15 maggio. — Papini (C), // nuovo Museo di arte antica e moderna di
Pistoia [Ne rileva i principali oggetti]. — Sado (C), MonumerUi e antichità nella
Sicilia orientale [Biasima la grettezza negli scavi e il cattivo stato dì conservazione
delle antichità dissepolte]. — Frizioni (G.), I prezzi dell asta Spitzer a Parigi
[Ricavati dalla « Chronique des arts »J. — A. D.^ Le tavole storiche di Seminara
[Descrizione dei bassorilievi marmorei allusivi alla battaglia tra il Nemours e Consalvo].
11, 31 maggio. — Papini (C), Il monumento a Dante Alighieri per la città
dì Trento [Dello Zecchi]. — Degani (E.), Il battisterio di Concordia Sagittaria
[In cotto degli ultimi del sec. XI o dei primi del XII].
12, 20 giugno. — Carocci (G.), Prato. Per Francesco Datini [Il lastrone se-
polcrale del D., benefico mercante del secolo XV, in San Francesco dovrebbe essere
meglio conservato]. — Aleandri (V. E.), L'oreficeria in Sanseverino Marcile nel
Medioevo [Documenti dell* Archivio Comunale]. — Bernardi (I.), Il chiostro di
FoUina [In provincia di Treviso. Urgenza di restauri]. — Bonncei (F.), La scala
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550 SPOOUO DI PERIODICI ITALIANI
dei palazzo dei Priori in Perugia [È tuttora di legno]. — Frissonl (6.)> I prezjsi
devasta Spi^zer a Parigi [Conti. — Una visita aUe terme Taurine e ai bagno
penale di Gicitavecekia [Avanzi delle costrazioni di Traiano].
13, 30 giugno. — Sarlo (F.), Becenti studi sul campanile del duomo di frani
[Della metà del secolo XIII]. — G. G.^ / monumenti del circondario di Guattalìa
[Il monumento di bronzo al principe Ferdinando Gonzaga, il palazzo ducale, ecc.],
14, 15 luglio. — Carocci (6.), ilfmtarti^(far^ 6 (It «^ta [Raccomanda lo stadio
e la conservazione dei piccoli monumenti finora trascurati delle città e delle cam-
pagne]. — Mazzarosa (A.), Il paese di 8. Pietro a Marciliano e la sua chiesa
medioevale [Nel Lucchese. Del secolo XIII, sebbene neirinventario artistico provin-
ciale sia detta del XIV]. — FrizEoni (G.), I prezzi deW asta Spitzer a Parigi
E~!ont. e fine]. — G. C.^ San Pietro in Albissola, [Sua ricostruzione per opera del
*Andrade].
15, 81 luglio. — Massarosa (A.)^ 77 paese di San Pietro a Marciliano e la
sua chiesa medioevaìe [Cont. e fine].
16, 10 agosto. — Carocci (G.), Minuzie tT arte e di storia [Cont. Dà qualche
esempio relativo a piccoli monumenti delle vie di Firenze]. — Friezoni (G,), I
nuovi acquisti della Pinacoteca di Brera [Quadri di Francesco del Gossa ferra-
rese e di Galeazzo Campi di Cremona]. — C, Da Borgo San Sepolcro [Un altare
robbiano del monastero delle Clarisse].
17, 20 agosto. — Carocci (G.), Minuzie di arte e di storia [Cont. Prato e din-
torni]. — Leone (C), Vercelli [La chiesa di S. Michele e il suo vetusto campanile].
18, 31 agosto. — Panaa (G.), Di un ignoto pittore teramano del secolo XV
[Maestro Leonardo, di cui si hanno opere assai buone in varie chiese dell* Abruzzo].
— Arienta (G.), Il sacro monte di Varallo [La cappella XI]. — Galletti (P),
Viaggiatori illustri in Toscana nei secoli XVl e XVII [Cont.].
19, 15 settembre. — Prosdocimi (A.), La Vergine col Bambino [Tavola di
Giambattista Cima nella chiesa di S. M. delle Consolazioni]. — Galletti (P.)i
Viaggiatori illustri in Toscana nei secoli XVI e XVII [Cont].
20, 80 settembre. — Bedolini (A.), L'Incoronata di Martinengo nel circondario
di TrevigUo [Contiene pregevoli dipinti di stile grottesco e memorie di B. Colleoni].
21, 10 ottobre. — Cipolla (C), Eestauro deUa chiesa di San Lorenzo in Ve-
rona [Notizia di vari affreschi e ruderi diversi dei secoli XII-XVI ritroTati nei ^^
stauri]. — 8aiifllippo (I.), Scoperta di una caverna con fittili preistorici [Nella
regione di San Lorenzo (Iglesias)]. >- Sarlo (F.), Binvenimenti di antiche tombe
presso Canosa di Puglia [Descrizione brevissima, senza determinazione di epoca].
22, 25 ottobre. — Calzini (E.), A proposito di un dipinto attribuito a Melono
da Forlì -[Ribatte gli appunti mossigli nella e Nuova Antol. >]. — Aleandri (V.),
* Memorandum ' dd comune di Ancona [Ai suoi ambasciatori per trattare la pace
col marchese Andrea Toroacelli nel novembre 1393].
23, 13 novembre. — Deganf (E.)^ I tristi casi di u¥lo fra i migliori dipinti dei
Pordenone [Già nella chiesa di Sant*Ilario a Taziano, ora nel Coro della chiesa di
Torre, ma miseramente ridotto]. — Marinelli (A.), Una rettificazione storica ara-
gonese [Suir Accademia degli Incolti]. — Galletti (?.), Viaggiatori illuetri in To-
scana nei secoH XVI e XVII [Cont.]. — Carnesecchi (C), Il ritratto di Mi-
chelangelo [Serbato alla Torre al Gallo. Secondo Gaetano Guasti, sarebbe da attrì*
buirsi a Giuliano Bugiardini e ritoccato dallo stesso Michelangelo].
24, 30 novembre. — Auselmi (A.), Di due quadri marchigiani depositati nelle
chiese di Lombardia attribuiti al Perugino [Documenti osimesi permettono di rite-
nerli di M. Antonio di Giovanni di Piero]. — Aleandri (V.), Convegno di princ^
e personaggi austri in Sanseverino Marche nel 1637 [Maurizio di Savoia, il lan-
gravio d^Assia e il duca Francesco di Modena]. — Galletti (P.), Viaggiatori iUmtri
in Toscana nei secoli XVI e XVII [Cont.].
25, 25 dicembre. — Betrosi (E.), L'insigne romana Accademia di San Luca
[Cenni storici]. — Bomich (E.), La chiesa di San Luigi de Framcesi e H cardi-
neUe d^ EstouteviUe [Ebbe gran parte nella sua erezione e forse vi contribuì con denaro].
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SPOGUO DI PERIODICI ITALIANI 551
ATTI DELLA ACCADEMIA DI UDINE (Udine).
2* S., IX, 1890-93. -< Braidotti (F.), L'acqua potabile in Udine [Dà notizia
delle prime cisterne scavate e dei provvedimenti per la distribuzione delFacqua po-
tabile dal secolo XIY in poi]. — Flammazio (A.), Il commento originale del Barn-
baghati nel codice dantesco di San Daniele [Si paò ripetere col Witte: la data
di queste chiose è Panno 1324, il che ne cresce Pimportanza]. — Joppi (V.), Me-
daglie friulane. Note ed aggiunte [M lavori delPOstermann, cai fa alcuni schiari-
menti da documenti inediti]. — Marehesi (V.), Il passaggio deUa reaina Cristina
di Svezia per gli stati veneti nel 1655 [Da documenti inediti dell* Archivio di
Stato di Venezia. Entrò negli stati veneti subito dopo la sua conversione al catto-
licismo fatta in Innspruck il 3 novembre 1655]. — Joppl (V.), Di Cinidale del
Friuli e dei suoi ordinamenti amministrativi e giudiziari e militari fino al 1400
[Biassunte le vicende di Cividale dall'epoca romana al finire della signoria dei pa-
triarchi aquìleiesi, ne studia gli ordinamenti e statuti, compilati dal 1807 al 1809
con aggiunte posteriori dal 1817 al 1843, ordinandone la materia che è tutta alla
rinfusa]. — Murerò (C. A.), Di alcune recenti pubbUcagioni che prendono th esame
parecchi punti controversi di storia antica e di archeologia [Dà lar^io sunto favo-
revole della ricerca del Pais, « Dove e quando i Cimbri abbiano valicato le Alpi > ;
delle dissertazioni di P. Bellezza, « Dei fonti e delPautorità storica di Crispo Sal-
lustio » e « Dei fonti letterarii di C. Cornelio Tacito nelle ' Storie * e negli ' An-
nali'», di cui apprezza le conclusioni facendovi qualche appunto; del lavoro di
O. Dito, « Velia colonia focese, contributo per la storia della Magna Grecia », di
minore importanza sotto l'aspetto della critica; della pregevole memoria di A. De
Marchi, « Ricerche intomo alle 'Insulae* o case a pigione di Boma antica»; i la-
vori del Casagrandi, « Le 'minores gentes * » e i « Patres minorum genti um », dei
quali loda Terudizione ma rileva la poca correttezza di lingua, oltre a parecchi la-
vori di storia greca]. - Degan! (E.), GueceUo li di Prata (secolo XIII) [Pub-
blicandone il testamento (7 agosto 1262), trovato nell'Archivio del palazzo dei conti
di Polcenigo e Panna in Cavasso-Nuovo, aggiunge notizie airalbero genealogico dei
conti di Prata, ai loro possessi, ed alle condizioni generali del Friuli].
ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA (Napoli).
XXin, 1898. — Cianci-Sanseverino (N.), Un giudizio straordinario di cri-
mehkse nel 1653 per i moti ùisurreeionah del 1647 [Contro il dott. Matteo Cri-
stiano, D. Pietro Conclubetti, Damiano Tauro e loro complici « dei delitti di ri-
bellione di Campagna con altri delitti da loro commessi ». Si chiuse colla applica-
zione inesorabile della pena capitale; sebbene ne taccia la maggior parte degli
storici, le figure del Cristiano e del Conclubetti sono notevoli nella storia della
lotta delle popolazioni napoletane contro Spagna]. — Laeara (M.), Le mura me-
gàUtiehe di Atena Lucana in relazione c(Sla prisca popolazione italica [In Val
di Teggiano (prov. di Salerno). Secondo il L., dei popoli ariani che abitarono la
Lucania, i Siculi e gli Osci^ è più probabile che ai primi si debbano attribuire
queste mura per la loro estrema rozzezza e antichità]. — Polidoro (F.), Un ' mi-
$erere * storico [Quello di Gregorio Allegri e la sua importanza nella storia della
musica religiosa]. — Groee (B.), La storia ridotta sotto il concetto generale deh
Torte [Rammentato come comunemente si voglia dire la storia, scienza ed arte ad
un tempo, combatte la teoria del Bemheim che si debba considerare soltanto come
scienza ed esposte ed illustrate certe idee generali intomo al concetto che dobbiamo
avere dell'arte, della scienza e della storia, conclude che la storia va ridotta sotto
il concetto generale dell' arte]. — Nioolaeci (6.), Brevi note sui monumenti me-
gaHtiei e suGe cosi dette * specche * di Terra d'Otranto [Ritiene monumenti sepol-
crali i monumenti megalitici, di cui nota l'importanza, essendo essi i soli del con-
tinente italiano. Le * specche' o colline artificiali furono pure ritenute dal Galateo
tombe d'illustri personaggi, ma mancano prove dirette in appoggio a tale opinione
perchè non furono ancora esplorate a scopo scientifico]. — Scllipa(M.), Un preteso
dominio pontificio in Napoli [Si appoggia unicamente all'estratto d'una lettera di
Onorio I (625-638), malamente inserito nel « Liber censuum » . Lo S. sottopone al
Fabre, dotto illustratore del < Liber censuum » , il dubbio che il documento di
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552 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
questo preteso dominio pontificio non sia che un escerto erroneo della nota lettera
di Onorio I, relativa al milite di Salerno]. — Tagllalatela (G.)> ^ antiche dia-
conie napoUtanc [La più antica ritiene fondata dal vescovo S. Nostrìano del 1444,
ma la prima che vanti storica certezza è qnella di San Gennaro airOlmo]. —
No fi (G.)} Cronaca inedita di Antonio Spezia [e Miscellanea di varie materie era-
dite ed interessanti* cronacap^liarìo che riassame il progresso intellettaale dei po-
poli civili dal 1818 al 1828. Ne dà qualche estratto]. — Croce (B.), Primi con-
tatti fra Spagna e Italia [Nel Medio Evo se non ci furono relazioni letterarie, i con-
tatti commerciali e politici fìirono assai frequenti, particolarmente coi Catalani, che
ebhero tanta parte nella vita commerciale e politica deiritalia meridionale e godet-
tero fama poco buona anche presso gli stessi spagnuoli: cfr. Dante, Par. VlllJ. — La-
cara (M.), Nuova luce suUo sbarco di Sapri [Notizie biografiche sul Pisacane].
ATTI DELLA REALE ACCADEMIA LUCCHESE DI SCIENZE, LETTERE
ED ARTI (Lucca).
XXVI, 1893. — Petrl (C), Commemoranone dd prof. Francesco Carrara [Ne
mette in mostra i meriti di penalista insigne]. — Sardinl (G.), SuOe origini del-
Tistituto Lucchese di belle arti [Air Accademia sorta privatamente per opera di
Pietro Paolini (1640), che contò buoni discepoli, fu dato sussidio governativo nel
1738, fintantoché ebbe carattere stabile col 1748]. — Del Carlo (T.), Giulio Cor-
derò di San Quintino e le sue opere [elevandone Toperosità e le rare benemerenze
come storico e numismatico, mette in mostra Taffetto che lo strìngeva a Lucca, da
lui riguardata come una seconda patria]. — Sardini (G.), Vistituto Lucchese di
beUe arti dal princ^io dd secolo fino ai dì nostri [Il suo rifiorimento sotto i Ba-
ciocchi e i Borboni, il Tofanelli e il Ridolfi, sue principali illustrazioni]. — Bongi (S.),
Antica cronichelta volgare lucdiese [Già della biblioteca di F. M. Fiorentini. La
pubblica integralmente nei due testi rimasti, senza commentarla. Ha poche notizie
anteriori al 1000, più diffuse dei secoli XI-XIII]. — Guerra (A.), I missionari
lucchesi nei paesi barbari [Brevi notizie biografiche dal b. Orsuoci (1573-1622) in
poi]. — Mazzarosa (A.), Im terra di Brancoli, la sua pieve e le chiese monu-
mentali dei Piviere [Illustra principalmente la pieve di San Giorj^io, monumento
nazionale, eretta forse circa il 1062. Sono bellissimi monumenti di arte lombarda
la torre e varie parti deirintemo della chiesa, di arte robbiana un bassorilievo di
terra invetriata].
ATTI DELLA R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO (Torino).
XXVIII. 10, 1892-93. — Patetta (F.), StOPanno della promulgaeione delV Editto
di Teodorico [Il 524, durante la questura di Decorato].
11. — Claretta (G.), Carlo V e Clemente VII; il loro arrivo al congresso di
Bologna e Vassedio di Firenze del 1530 secondo il legato di Savoia a Soma [Si vale
della recente pubblicazione del Casanova, cui aggiunge documenti].
14. — Claretta (G.), Ludovico Sauli e Amedeo Peyron. Beminiscenze lette-
rarie [Pubblica una inedita commendatizia del primo in favore del secondo]. —
Ferrerò (E.), Un nuovo libro di istruzioni diplomaticJie francese [Agi* inviati a
Napoli e Parma. Biasima Teditore G. Reinach, per la pessima « introduzione » tutta
rettorìca e contenente molti errori di fatto].
15. — Lattes (E.), La parola *vinum' délV iscrizione etrusca deHa 'Mummia*
[S'indica forse così una particolare qualità di esso in alcun modo connessa al Lazio].
— Cipolla (C), Ancora dei * mercati ' lombardi [Appendice alla « nota > già pub-
blicata]. — Clan (V.), Ancora delio * spirto gentu' di messer Francesco Petrarca
[Ripresenta in modo nuovo la questione riferendo la canzone di Cola di Rienzo].
XXIX, 2, 1893 94. — Péllssier (L.), Lettres inédites sur la conquéte du Mi-
lanais par Louis XII [Nel ms. 3924 < fonds francais > della Nazionale di Parigi.
Di Luigi di Borbone, figlio del Montpensier, e dì (Jarlo di Borbone, figlio naturala
di Giovanni II di Borbone e indirizzate probabilmente ad Anna di Beaujeu].
3. — Claretta (G.), SulTopera donata alV Accademia da S, A, S.*^ H Principe
Alberto I di Monaco [I « Docaments historiques relatifs à la principauté de Monaco »
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 553
editi dal Saige, di cai rileva l'importanza]. — Datto (A.), Im vaile di Stura dal
1163 al 1200 [Pabblica nn documento inedito del 6 dicembre 1197 di donazione
della valle a Bonifazio di Salnzzo e ne ripabblica corretti altri, già da Ini editi nelle
« Origini di Caneo > che forniscono particolari sul governo della valle e spiegano
lo svolgersi ivi del regime comunale]. — Ferrerò (E.), Intorno ad un ferro di
*pilum' ecoperto ai Gran San Bernardo [Nota le somiglianze e le differenze con
gli esemplari già conoscinti].
4. — Cipolla (C), Per la storia della formula 'Sator arepo* [Indicazione di
varii accenni ad essa in documenti medievali].
5. — Paletta (P.), Appunti da un ms. delia Capitolare di Perugia [I fram-
menti del vangelo di S. Lnca editi dal Bianchini].
6. — Cipolla (C), Uantica biblioteca NovaUciense e Ìl frammento di un codice
deUe * Omelie * di S. Cesario [Santo di memoria. Riassunte le vicende del monastero,
secondo il « Chronicon » e docamenti del secolo X, rintraccia quale fa la sorte della
ricca biblioteca, ancora assai copiosa nel secolo XVIII, e dà notizie di an frustolo di
un codice contenente omelie di San Cesario, testé riconosciuto nella coperta di un
libro d*amministrazione del 500. Il frammento risale probabilmente al sec. IX].
7. Professione (A.), Alcune notizie inedite di storia letteraria senese [Nella se-
conda metà del secolo XVIII. Una lettera inedita del bibliotecario Ciaccheri illustra
Tattivìtà letteraria del Ciaccheri stesso, del Della Valle, autore delle « Lettere se-
nesi >, e dei due Pecci, padre e figlio].
ATTI DEL R. ISTITUTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI
(Venezia).
5. 7», IV, 5, 1892-93. — Favaro (A.), Sopra un capitolo attribuito a Galileo
GaUlei [È del Soldani invec^. — Favaro (A.), Gli oppositori di Galileo [Liberto
Proidraont]. — Morsolin (B.), DeUe opere del dott. Pietro Ercole [Gli studi su
Guido Cavalcanti e sul * Bruto ' di Cicerone]. — De Leva (G.), SuWopera di
Francesco Nitti: 'Leone X e la sua politica secondo documenti e carteggi inediti'
[La giudica di singoiar valore]. — Callegari (E.), L'assedio di Torino del 1706
secondo le memorie del tempo [Parte della memoria pubblicata nella € Ri?. Stor. It. » ,
IX, 3, 1893].
6. — Ferrarlo (C. F.), Statistica degli inscritti nelle Università e negli altri
istituti d'istruzione superiore,
10. — Morsolin (B.), L'abate di Monte Subasio e il concilio di Pisa (1511-
1512): episodio di storia ecclesiastica [Il concilio di Pisa ebbe un illustratore dili-
gente nel Lehmann, ma trattò solo la parte generale. Il M. valendosi di docamenti
intorno a Zaccaria Ferreri, abate di Monte Subasio (Assisi), poi vescovb di Guar-
dalfiera (Molise), che fu anima del concilio, ne d& molti particolari].
V, 1, 1893-94.— Castellani {C). Sul fondo francese deUa Biblioteca Marciatia
[A proposito del codice del poema della ' Passione ' di Nicola Veronese che vi fu
recentemente aggiunto].
2. — Gloria (A.), Dove Galileo in Padova abitò e fece le immortali scoperte
[Dalla casetta presso il monastero di Santa Giustina d trasferì avanti il 1599 nella
casa Barbo appresso il Santo, nel 1612 aggiunse a questa casa il grande orto e la
casa Montagnana dei Vignali, tenendo in questa gli scolari. Nel punto di mezzo
del lato occidentale del grande orto Montagnana fece le scoperte]. — Occioni-
Bonaifons (G.), La liturgia slava neW Istria [Secondo le recentissime pubblicazioni
d^l Bennssi e del Pesante].
3. — Favaro (A.), Materiali per un indice dei manoscritti e documenti galy-
leiam non posseduti dalla Biblioteca Nazionale di Firenze [In tutte le biblioteche
pubbliche e private, archivi, collezioni d'autografi, ecc. italiani e stranieri]. —
De Toni (G. B.), Intorno all'epoca di fondazione delPOrto Botanico ptxrmense
[Tra il 1770 e il '71. Dà la serie dei titolari e direttori dal 1769 al 1893]. —
Bagniseo (P.), Da Giacomo ZabareUa a Claudio Berigardo^ ossia prima e dopo
GcSHeo nelt Università di Padova [L'indirizzo degli studi filosofici in Padova
nel 500 e 600].
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554 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
ATTI E MEMORIE DELLA R. ACCADEMIA DI SCIENZE, LETTERE
ED ARTI IN PADOVA (PadoTa).
N. S., IX, 1892-93. — Fararo (A.), Serie oUava di scampoK galileiani [Intorno
alla data della definitiva partenza di Galileo da Padova (7 settembre 1610); Per la
ricerca d'nna scrittura contro i pianeti Medicei (indicata in un documento deir Ar-
chi vie Gonzaga); Solla stampa delle macchie solari ; Ancora del problema di Mantova
sull'altezza dei monti lunari; Galileo console dell'Accademia Fiorentina; Ancora
sulle trattative di Galileo con gli Stati generali d*01anda; Bibliografia galileiana
(1886-1888)]. — Bottazzo (L.), DéOa decadenza e della reatauraeiane deUa musica
sacra in Italia [Nutre grandi speranze nelle preconizzate riforme di Leone XIII].
— Tecchiato (E.), Il Capitolare degli Inquisitori di Stato di Venezia scoperto
dal Bomanin non è autentico pall^esame di tutti i documenti riferentisi agli In-
quisitori si rileva che grinquisitori sostennero una fiera lotta per ìscoprire i propa-
latori delle secreto deliberazioni del Senato, e che pur di riuscire si valsero di
qualsiasi mezzo, in seguito a poco a poco allargarono le loro attribuzioni fino a
tenere verso il 1640 una corrispondenza veramente politica cogli ambasciatori e con
loro speciali agenti, assumendosi molte altre incombenze, ma non risulta che si
siano attenuti a discipline dipendenti da capitolari o statuti, onde non si può rite-
nere autentico il capitolare edito dal Romanin]. — Gloria {k,). Nuovi documenti
intomo la abitazione di GaUleo CMilei in Padova [Sebbene non sia molto facile
identificarla, pare al G. di riuscire per mezzo di documenti a rintracciarne Tubica-
zione in via Vignali ed al Santo]. — Pietrogrande (G.), Atestìm deWepoca
romana ricordati negli scrittori e nelle lapidi [Marziale e Plinio ci rammentano
il retore Sesto, creduto da alcuni Tito Annio Foratore, la poetessa Sabina, Cornelio
cavaliere, eoe : altri nomi danno le epigrafi]. — Favaro (A.), DeUe case abitate da
GaUleo Galilei in Padova [Riprendendo le indagini del Giona, muove loro Tappunto
di esser proposte con soverchia sicurezza: nonostante i numerosi documenti compulsati
sostiene non potersi per ora identificare con precisione la dimora di G. ' al Santo '].
— Andrich (G. L.), Be natione Anglica et Sesta iuristarum gymnasii patavini
[Appendice di documenti alla nota sua pubblicazione]. — Medin (A.), La risposta
alla * vittoriosa gatta di Padova * [Appendice di testimonianze storiche e letterarioi
tratte specialmente da miscellanee trivulziane, alla sua pubblicazione « La obsidione
di Padua »].
ATTI E RENDICONTI DELL'ACCADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED
ARTI DEI ZELANTI E PP. DELLO STUDIO DI ACIREALE (Acireale).
N. S., H, 1890. — Ceco (G.), Monografia storica [Il 1848 in Acireale: gli eccessi
degli 'spataioli* e di Masi Ciddu].
Ili, 1891. — Baciti-Bomeo (V.), Contributo alla storia patria [Illustrazione
ai capi 2 e 3 delle « Notizie storiche del duomo di Acireale > . Nuovi documenti
dell'antico archivio della cattedrale]. — Mazzoleni (A.), GU ultimi echi della leg-
genda cavalleresca in Sicilia [Come in Napoli e in qualche parte d'Italia, vive an-
cora in Sicilia la tradizione cavalleresca: lo provano i cosidetti 'romanzieri' e spe-
cialmente Giovanni Cifaloto, catanese, le rappresentazioni delle marionette, i carri
dipinti che contengono spesso oggetti cavallereschi]. — Mina (F.), Viticoltura si-
cula [Cenni storici].
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA (Roma).
5. 3-, V, 5, 1892, maggio. — Bertacchi (C), C, E. Biddulph e P. Della
VciUe a proposito di un'escursione nel deserto salato persiano [Il moderno viag-
giatore inglese B. è stato preceduto dall'italiano del seicento. Cfr. P. Della Valle,
«Il Pellegrino». Viaggi descritti da lui medesimo in lettere fìimigliari airerudito
suo amico Mario Schipano]. — Wolynskl (A.), Girolamo Segato, viaggiatore, car-
tografo e chimico [È notissimo per il suo trovato della pietrificazione delle sostanze
organiche, ma ne è quasi ignota la vita. Il W. la ritesse, proponendosi di mettere
specialmente in luce i viaggi del S. e i suoi lavori di cartografia. Cont.].
6, giugno. — Amat di S. Filippo (P.), I veri scopritori delle isole Azore [Gli
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 555
italiani fra il 1290 e il primo quarto del sec. XIV scoprirono e visitarono le isole
atlantiche delle Canarie, Madera e Azzore, imponendo loro nomi evidentemente ita-
liani ; 88 ne trova indizio in scrittori sincroni e nei nostri cartografi fin dal 13391
— Wolynski (A.), Girolamo Segato, viaggiatore^ cartografo e chimico [Cont. 1
viaggi in Egitto].
7, loglio. — Uzielli (G.), Della grandezea della terra secondo L. B. Alberti
[Nelle scienze VA, si dimostra pretto umanista, quindi i suoi calcoli hanno poco
valore]. — Woljnski (A.), Girolamo Segato [Cont.].
8-9, agosto-settembre. — Issel (A.), Sulle convenieme di promuovere Vesplo-
razione deUe caverne d'Italia, — Studi per la Raccolta Colombiana: Pera-
gallo (A.), Lettere di A. de Brito e P. Centi^ione,
10-11, ottobre-novembre. — Relazioni per il primo Congresso geogra-
fico italiano: Sergi (G.), Degli abitanti primitivi del Mediterraneo [Le os-
servazioni antropologiche e specialmente craniologiche permettono di asserire non
essere possibile una separazione assoluta tra Egiziani, Libi, Siculi, Liguri, Sardi,
Iberi].
12, dicembre. — Lndergnanl (A^, Una lettera inedita di Adriano Balbi [Al
card. Zurla da Parigi, 21 luglio 1827]. — Wolynski (A.), Girolamo Segato viag-
giatore, cartografo e chimico [Cont.].
VI. 3, 1893, marzo. — WolT&ski (A.), Girolamo Segato viaggiatore, cartografo
e chimico [Cont.].
5, maggio. — Errerà (C.), Sebastiano Caboto [I viaggi neirAmerica settentrio-
nale studiati crìticamente si riducono: a quello del 1497 (Labrador e costa or. di
Terranuova), quello del 1498 (Labrador dal Chudleigh a Belle Isle, costa sud di
Terranno va o costa continentale di Belle Iste a sud) e quello del 1509 (Labrador
settentrionale, stretto di Hudson, canale di Fox)]. — Hiignes (L.), Sopra un viaggio
di Amerigo Vespucci nel 1506,
6-7 giugno-luglio. — Da Mosto (A.), Il portolano attribuito cui Alvise di Cà
da Mosto.
8-9, agosto-settembre. — D'Albertls (E. A.), SuUa traccia del primo viaggio di
Cristoforo Colombo verso Y America [Lettera informativa del viaggio del ' Corsaro '
all'isola di Guanahani, in cui il D. riconobbe il primo ancoraggio di Colombo]. —
Errerà (C), Sul viaggio di Sebastiano Caboto nel 1509 {In tk^poggio alle sue conclu-
sioni (€ Boll. Soc. geog. », maggio 1893) cita « Fonti italiane per la storia della sco-
perta del Nuovo Mondo (Carteggi diplomatici) » , Parte III, 1, 137]. — Wollnski (A.),
Girolamo Segato viaggiatore, cartografo e chimico [Cont. Seguono notizie biografiche
sul W. morto il 29 aprile 1893].
10-11, ottobre-novembre. — Simonetti {k,). Lettera inedita di Giuseppe Valerga
fu patriarca di Costantinopoli [Sugli scavi e sulle condizioni di Mossul, 16 no-
vembre 1843]. — Wolinskl (A.), Girolamo Segato, viaggiatore, cartografo e chi-
mico [Cont.].
12, dicembre. — Marinelli (G.), Saggio di cartografia italiana, ossia catalogo
ragionato di carte geografiche, piante e prospetti di città, plastici, ecc. riguardanti
la regione italiana [Lavoro, proposto al Congresso geografico di Genova, sul modello
del « Saggio di cartografia della regione veneta > dato dal M. stesso neirSl].
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA (Firenze).
N. S., I, 1, 1893, ottobre. — Barbi (M.), G. Laiolo, Indagini storico-politiche
sulla vita e sulle opere di Dante Alighieri [Recensione favorevole òon appunti]. —
Bossi (Y.), 0. Antognoni, Saggio di studi sopra la * Commedia ' di i>an<e [Fa-
vorevole]. — Kraas (F. X.), A. Tobler, Dante und vier deutsche Kaiser ecc. [Esa-
mina, oltre quello del Tobler, recenti lavori danteschi dello Scartazzini, dello Schirmer,
del Maas, del Wegele, del Prompt e del Cipolla, dandone giudizio favorevole, eccetto
che per i lavori del Maas e del Prompt].
2, novembre. — Mazzoni (G.), G. Crescimanno, Figure dantesche [Segue metodo
più estetico che storico, ma per quanto spesso inesatto, non è spregevole]. — Fiam-
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556 SPOOLIO DI PERIODICI ITALIANI
mazzo (A.), L. Frati, Graziolo BambaglioU esiliato a Napoli [Pabblica docamenti
interessanti].
3, dicembre. — Pellegrrini (F.), C. Cipolla, Di alcuni luoghi autobiografici
della 'Divina Commedia' [Favorevole]. — N., A. Lisini, Niéovi documenti della
Pia de* Tolomei figlia di BtMnincontro Guwtelloni, — P. Spagnotti, La Pia
de' Tolomei: saggio storico-critico [Favorevole pel primo, giodica il secondo « la-
Toro poco meno che instile >]. — Novati (F.), L. Rossi-Case, Ancora di maestro
Benvenuto da Imola commentatore dantesco [Favorevole con appunti].
4, 1894, gennaio. — Barbi (M.), V. Russo, NeWinfemo di Dante. — Forna-
eiari (R.), G. Agnelli, Il principato civile dei papi secondo le dottrine politico-
religiose di Dante Alighieri, e A. Bnscaino-Campo, Dante e ti potere temporale dei
papi. — Pellegrini (F.), G. Brognoligo, MonJtecàii e Cappelletti nella • Divina
Commedia', — Annunzi bibliografici.
5, febbraio. — - Fomaciari (R.), A. Ghignoni, Nuova costruzione d'un passo del
* Paradiso ' (XX, 73-78). - Pellegrini (F.), G. Trenta, La tomba di Arrigo VII
imperatore. — Z ingarelli (N.), L. Filomusi Guelfi, Il contrappeso in Dante. —
Fiammazzo (A.), E. Bertana e C. Posocco, Per Vinterpretasione letterale del verso
' Chi per lungo sHemio parca fioco \ — Pellegrini (F.), L. Filomusi Guelfi e
A. Moschetti, Il verso 'che quel dinansi a quel di retro gitta' (Par., XII, 117).
— Varietà: N. Zingarelli, Il libro deUa memoria. — Annunzi bibliografici.
6, marzo. — Rossi (V.), A. Rossi, I viaggi danteschi oìtr'cdpe. — Fomaeiari
(R.), G. G. Gizzi, * Penetra e risplende \ — Zingarelli (N.), Su alcune varianti
nel testo deUa Commedia proposte da F. Ronchetti, A. Borgognoni e F. Franciosi.
Annunzi bibliografici.
BULLETTINO DI PALETNOLOGIA ITALIANA (Parma),
S. 2% IX, 4-6, 1893.— l%Mly Note paletnologichesiUla collezione di G.B. Rossi
[Cont. e fine]. — Castelfranco (P.), Sepolture di Fontanella mantovana [Sono
analoghe a quelle di Cantalupo, Sgurgola, Mentone, Arene Candide, ecc. ed appar-
tengono allo stesso popolo che scavò le grotte artificiali : il C. d*accordo col Pìgorìnì
e collo Zampa le crede degli Ibero-Ligari, che avrebbero popolato la valle del Po
prima deirarrivo dei palafitticoli e della fondazione delle terramare]. — Plgo-
rlni (L.), Pianta deUa terr amara CasteUazzo di FontaneUato nel Parmense. ~
Meyer (A. B.), Intorno a del materiale preistorico del tipo Ambra scoperto in Sicilia.
7-9. — Colini (G. A.), Scoperte podetnólogiche nelle caverne dei Balzi Bossi
[A. Ventimiglia. Riassume le scoperte fatte dal Rivière e da altri e le induzioni
che se ne trassero. Cont.]. — Pigorini (L.), Stazione neolitica di Alba in pro-
vincia di Cuneo [Non si può determinare precisamente di che gente sia, ma pro-
babilmente è deiretà neolitica]. — Amerano^ Stazione preistorica aWaperto nel
Finalese [Presso la caverna ' deir Acqua '. Non ha grande suppellettile, ma dimostra
resistenza di stazioni all'aperto in Liguria]. — Pigorini (L.), Forme da fondere
oggetti di bronzo scoperte a Cermenate [Nel Concasso].
GAZZETTA LETTERARIA (Torino).
XVII, 16, 1893, 22 aprile. — Sforza (G.), Un falso episodio della vita di Ga-
ribaldi [Il Garibaldi di cui parla il Tommaseo nella sua memoria intorno al VieuB-
seux, come beneficato dal Capponi nel '33, non è il generale].
17, 29 aprile. — Usseglio (L.), Lanzo o Castagnole? [Il *Lantzau' della
« Cronaca di Romania », ove Bonifacio di Monferrato nel 1201 ricevette gli amba-
sciatori greci, da identificarsi con 'Castagnole delle Lanze'].
18, 6 maggio. — Lanza (F.), Le aeranti al trono d'Italia [Progetti di ma-
trimonio pel principe Umberto nel '66]. — Neri (A.), Una lettera di Sihio PeUieo
[Alla marchesa Porro Odescalchi. Da Milano, 7 settembre 1819].
19, 13 maggio. — Bosio (G.), Uno scienziato del secolo decimosesto [Pietro
Andrea Mattioli].
20, 20 maggio. — Usseglio (L.), I reali d'Italia d^origine nazionale antichi e
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 557
nuovi [Il nuovo libro del Dionisotti, che mette innanzi teorìe nuove, non destinate
forse a grande popolarità].
21, 27 maggio. — Orsi (D.), lì memoriale d'una contessa [La Garretti Pellet ta
di Cossombrato e le sae memorie pubblicate dal Gabiani].
24, 17 giugno. — Gabardl (G.)> Storia e romanzo [I recenti studi dell' Hons-
saye su Napoleone].
25, 24 giugno. — Clan (V.), Precursori di Succi [Digiunatori celebri].
28, 15 luglio. — Mareotti (G.), Una rilegatura antisemitica [Del « Salterio di
S. Elisabetta > conservato in Cividale del Friuli].
29, 22 luglio.^ — Usseglio (L.\ Nihil de Principe, parum de Beo [La questione
dell' * archivio di corte \ tratto dall'Archivio di Stato in Torino, secondo una recente
pubblicazione di D. Ferrerò].
30, 29 luglio. -— Benier (R.), Caterina Sforza [U libro del Pasolini].
31, 5 agosto. — Benier (R.), Caterina Sforza [Cont.].
32, 12 agosto. — Mantovani (D.), Vittore Carpaccio.
33, 19 agosto. — Depanis (G.), Alfredo Catalani.
34, 26 agosto. — De Castro (G.), Ambrosiani d^una volta [Le feste milanesi
e le poesie popolari per la resa di Vercelli nel 1638]. — X*. Dei ^ ChaUant e di
alcune loro questioni [La recente pubblicazione del VaccaroneJ.
36, 9 settembre. — Borrelll (F.), Emilio Praga e Paolo Ferrari [Falsi giudizi
del F. su ?.]. — Cimbali (G.), Antonio Scialoia in Torino.
38, 23 settembre. — Sforza (G.), Terenzio Mamiani e H duca di Lucca.
39, 30 settembre. — Boberti (G.), Una recente apologia di Napoleone [Il
« Napoléon intime > di A. Lévj].
40, 7 ottobre. — Yajra (R.), Margherita di Valois, sposa di Emanuele Fili-
berto di Savoia, di passaggio ad Avignone [Documenti parmensi].
41, 14 ottobre. — Del Cerro (E.), Storia di una compagnia drammatica [La
Reale Sarda, secondo il libro del Costetti che giudica favorevolmente].
42, 28 ottobre. — Clan (V.), Per la vera Venezia [A proposito di « Calli e
Canali in Venezia > di Molmenti e Mantovani].
44, 4 novembre. — Mareotti (G.)» La visita a un cadavere [Lo Spielberg e le
sue memorie].
46, 18 novembre. — Clan (V.), Due corti e due principesse del Rinascimento
[La recente pubblicazione di Luzio-Renier, « Mantova e Urbino », di cui non si
potrebbe dare libro più piacevole e suggestivo], — Gabardi (G.), Un libro fran-
cese su Cavour [Del de Mazade].
47, 25 novembre. — Lombroso (C), La nevrosi in Dante e Michelangelo. —
Centelli (A.), L'ultimo difensore di San Marco [* Giacomo Nani ', studiato recen-
temente dal Nani-Mocenigo]. — Calderlni (M.), Per la storia deW arte in Pie-
monte [Gli studi del Claretta sui « Reali di Savoia munifici fautori delle arti >].
48, 2 dicembre. — Boberti (G.), Dulcis erU domino, durissimus hosti [Recen-
sione favorevole della « Storia di Pinerolo > del Carutti].
50, 16 dicembre. — Tillanls (L. A.), Gli alchimisti e la pietra filosofale [Se
ne parla senza conoscerli ; studiandoli, si riconoscerà che son pazzi ed assurde le
loro ricerche, ma qualche vantaggio recarono all'umanità].
52, 31 dicembre. — Calderlni (M.), La pubblicazione dei manoscritti inediti di
Leonardo da Vinci [Fer opera di Sabachnikoif e Piumati].
XVIII, 1, 1894, 6 gennaio. — Sforza (G.), L'eredità di Pietro Giordani [I U-
tigi tra gli eredi parenti e il breve testamento del G.]. — (j^abotto (F.), Un gesuita
libellista [Il francese Garasse che paragona al cittadino Ranza].
4, 27 gennaio. — Angelini (M.), Il 1798-99 nelle Marche [Spigolature nel-
l'opuscolo del Crivellucci, « Un Comune delle Marche nel 1798 e 99 >].
6, 10 febbraio. — Taormina (G.), La fanciullezza di Ugo Foscolo [Sul mate-
riale ormai abbondantissimo messo in luce in questi ultimi anni].
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558 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
I, 17 febbraio. — Taormina (G.), La fanciuUesea di Ugo Foscolo [Coni.]. —
Molteni (M.), A proposito deUa 'Missa Papae Marcelli' [Cenni sai Palestrina].
8, 24 febbraio. — Roberti (G.). Silvio Pellico geloso [Lettera inedita a Carlotta
Marchionni, illastrante i suoi amori colla Gegia Bartolozzi]. — Martinetti (G.A.),
Un debito di Ugo Foscolo [Nel 1797, richiesto nel 1809].
10, 10 marzo. — Ferrerò (A. D.), Note ed aggiunte alla rito di Vittorio Al-
fieri [Sopra documenti diplomatici piemontesi che talvolta correggono inesattezze
della * Vita '].
II, 17 marzo. — Malamani (V.), Per il centenario delia *BasviìUana' [Recen-
sione del 1® volarne delle e Lettere » del Monti].
12, 24 marzo. — Del Cerro (E.), Gli ultimi momenti di Giuseppe Monti e
Gaetano Tognetti [Decapitati in Roma nel 1868. Naovi documenti dimostrano leg-
gendario il racconto della loro morte].
13, 31 marzo. — Rinando (C), V Italia nuomi giudicata dai Francesi [Recen-
sione di alcuni libri recenti sul!' Italia : il « Journal d'une if^norante > ; < Rome et
ritalie sous Leon XIII » del De Witte^ e « Les Italiens d'aujourd'hui * del Bazin].
— Clan (V.), Del significato dei colori e dei fiori nel Rinascimento italiano [Nella
letteratura e neirarte], — De Castro (G.), La liturgia slava nelTIstria [A pro-
posito del libro del Benussi].
GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA (Torino).
XXII (8), 66, 1893. — Frati (L.), Nicolò Malpigli e le sue rime [Premesse
alcune notizie sulla famiglia, raccoglie gli scarsi dati che si possono avere sul poeta
(f 1418) e ne esamina le rime]. — Varietà : Nevati (P.), Il lombardo e la lumaca
[Diffusasi in Francia Topinione che i Lombardi fossero poco coraggiosi, si applicò
loro per dileggio la nota rappresentazione della lumaca contro cui combatte il ca-
valiere^ sparsa in tanti mss. medievali]. — Ceretti (F.), Giovanni Pico della
Miraììdola [Spigolature nei dispacci degli oratori estensi]. — Rassegna biblio-
grafica: Realer (R.), E. Vogel, BibUothek der gedruckten wèltliehen Vocalmusik
Italiens den Jahren 15001700. Berlin, Haack, 1892 [Favorevole]. — Pelle-
grini (F.), Carlo Pini, Studio intomo al sirventese italiano. Lecco, tip. del Com-
mercio, 1893 [Favorevole con appunti]. — Bollettino bibliografico: Y. R.,
A. da Barberino, I reali di Francia, Testo critico per cura di G. Vandellì. Voi. Il,
parte I, Bologna, Romagnoli, 1892 [Favorevole]. — R*, I. Sanesi, Il dnqueceniisUi
Ortensio Landi. Pistoia, Bracale, 1893 [Favorevole]. — Comunicazioni ed
appunti: Rna (G.), La intercessione del card. Aldobrandini presso Carlo Ema-
nuele I per la scarcerazione del cav. Marino (1611) [Documenti inediti torinesi].
— Annunci analitici [Delle seguenti pubblicazioni: V. A. Arullani, « Lirica e lirici
del Settecento > ; U. Marcheselli, « Note di letteratura italiana » ; V. Fontana,
e Luigi Lamberti »; G. Rua, e L*epopea savoina alla corte di Carlo Emanuele I:
' La Savoysiade ' di Onorato d*Urfè » ; F. Foffano, e Erasmo di Valvason » ; C. Magno,
« Per la bibliografia di Erasmo da Valvasone » ; E. Bertana, e Studi pariniani. La
materia e il fine del 'Giorno* >; A. D'Ancona, e Letteratura civile al t«aipo di
Carlo Emanuele I » ; V. Rossi, « Caio Celoria Ponzio e la poesia volgare letteraria
di Sicilia nel secolo XV >; A. Lizier, € Marcello Filosseno poeta trivigiano del-
l'estremo Quattrocento » ; < Tractatus de diversis historiis Romanorum et quibusdam
aliis », ed. Herzstein; G. Osterhage, € ErlaQterungen zu den sagenhaften Teileo
in Tassos ' Befreitem Jerasalem * »; C. Mazzi, < Leone Allacci e la Palatina di
Heidelberg > ; V. Rossi, < Jacopo d*Albizzotto Guidi e il suo inedito poema su Ve-
nezia »; M. Borsa, « P. C. Decembri e rumanesimo in Lombardia »; F. Gabotto,
« L'attività politica di P. C. Deoembri »; 0. Antognoni, € Saggio di studi sopra
la 'Commedia' di Dante »; L. Oberziner, « P. Metastasio cittadino milanese »;
.1. Del Lungo, e Pagine letterarie e ricordi »; A. Pascolato, « Fra Paolo Sarpi »;
G. Volpi, « Notizie di Francesco Cei poeta fiorentino deirultimo Quattrocento >;
E. Volpi, « Storie intime di Venezia repubblica »; V. Cian, e Ancora dello * Spirto
gentil ' di Mess. F. Petrarca »; S. Salvatore Marino, < Di una singolare costumanza
del secolo XVI in Sicilia nella occasione di feste ufficiali e di pubbliche letizie >,*
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 559
M. Menghlni, e II 'Contratto di nozze* di Traiano Boccalini »; H. Eehrli, « Zn
den * Opere minori ' des Ludovico Ariosto > ; A. Medin. « La risposta alla * Vitto-
riosa gatta di Padova' »; H. Vamhagen, « Sjstematischer Verzeichnis der Pro-
grammabhandlangen, Dissertationen and Habilitationschriften ans deni gebiete der
romanischen nnd englischen Philologie »]. — Pubblicationi nueiaìi [Notiamo le se-
^aenti : F. Servi, € Dante e gli Ebrei > ; G. Boa, « * Belatione della festa fatta
dalli serenissimi prencipi e dalle serenissime infante nel giorno natale di Madama
Serenissima li 10 febraro 1621 »; A. D'Ancona, « Lettere di comici italiani del
secolo XVn »; G. Mazzatinti, e Una lettera inedita di A. Manzoni >].
XXm (fase. 12), 67-68, 1894. — Felieiangeli (B.), Notùsie sulla vita e sugli
scritti di Costanza VaranoSfòrm (1436-1447) [Moglie di Alessandro Sforza signore
di Pesaro, fa famosa in giovanissima età per le relazioni coi migliori umanisti del
tempo e per la cultura non comune, che adoperò anche a scopi politici, specialmente
in servigio dei fratelli signori di Camerino. Considerando le opere sue come isolate
dal tempo a cui appartengono e cose giovanili, se ne darebbe giudizio poco favore-
vole: tenendo conto invece di tali condizioni, si deve ammirare in questa principessa
un complesso di doti preziose per le qaali seppe accordare colla vita Toperosità
letteraria]. — Berilaeqna (E.), Giambattista Andreini e la oompagnia dei Fedéli
[Con documenti inediti mantovani illustra la biografia del celebre attore del 600^
le sue relazioni coi principi del tempo, la compagnia dei Fedeli e gli artisti che ne
fecero parte. Cont.]. — Varietà: Basti (D.), Il primo libro della 'Vita civile*
di Matteo Palmieri e V *Institutio Oratoria ' di Cicerone [Molti passi dimostrano
che Quintiliano fa la fonte più immediata e copiosa del P.]. — Rassegna bi-
bliografica: Raa (G.), A. Graf, Miti, leggende e supersiijiiom del Medio Evo.
Torino. Loescher, 1892-93 (I, pp. xxin-310; II, pp. 396) [Favorevolissimo]. —
Mani (0.), Istoria del Be Channino di Francia a cura di Latino Maceari. Siena,
tip. C. Nava, 1898 (In^-, pp. lx-199 [Sfavorevole]. — Benier (R.), B. Castiglione,
H Cortegiano annotato e illustrato da Vittorio Gian. Firenze, Sansoni^ 1894 (In-S'*
picc., pp. xrviii444) [Favorevolissimo]. — Roberti (G.), Giuseppe Costetti, La
Compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1856 con prefazione di
Leone Fortis. Milano, Max Kantorowicz (In-8«>, pp. xxvni-230) [Sfavorevole]. —
Bollettino bibliografico: B«^ H. Varnhagen, Ueber die 'Fiori e vita di
filosofi ed altri savii ed imperadori ' nebst dem italienischen Texte. Erlangen,
F. Jange, 1893 (In-4% pp. xxxii-48) [Favorevole]. — Z., Antonio Rossi, 1 viaggi
danteschi oltr'alpe. Torino, Unione tipografico-editrice, 1898 (ln-16**, pp. 158) pNe
rileva i molti plagi]. — V. C^ F. Falco, Paolo Paruta moralista. Lucca, tip. del
Sevchio. 1894 (In-8», pp. 67) [Favorevole]. — V. B., A. Belloni, Gli epigoni della
* Gerusalemme Uberata*. Padova, A. Draghi, 1893 (ln-8^ pp. xiv-547 [Favorevole
oon appnnti]. — 4^. Bo.^ A. Lumbroso, Saggio di una bibliografia ragionata per
servire cdla storia deJTepoca napoleonica (A-Aeun^. Modena, tip. lit. A. Naroias
e C, 1894 (In-16«, pp. xxiv-156) [Qualche appunto]. — Annunci analitiei [Delle
seguenti pubblicazioni: G. Lajolo, « Indagini storico-politiche sulla vita e sulle
opere di Dante Alighieri > ; G. Rossi, « Girolamo Fracastoro in relazione air Aristo-
telismo e alle scienze nel Rinascimento »; L. Natoli, « Gli studi danteschi in Si-
cilia > ; G. B. Marchesi, € Lorenzo Mascheroni ed i suoi scritti poetici » ; V. Ma-
lamani, « Frammenti di vita veneziana »; G. Barzelletti, « Studi e ritratti >;
Mutio de' Mutj, « Della storia di Teramo dialoghi sette »; E. Motta, « Briciole
bibliografiche »; A. Restori, « La battaglia del 29 giugno 17S4 e i primi documenti
dei dialetto urbano di Parma >; I. Carini, « Sull'arresto e sulla morte del conte
di Carmagnola »; T. Sandonnini, « Dante e gli Estensi >; E. Minozzi, « Gaspara
Stampa »]. — Pubbhcaeioni nueiaU [Sono di maggior importanza storica: A.Medin,
« Un falso Jacopo da Carrara a Firenze >; S. Saetta, e II * veltro ' >; G. Biadego,
« La cittadinanza veronese a quattro vicentini »; G. Fumagalli, « Antonio Biado,
tipografo romano del secolo Xvl >].
IL PROPUGNATORE (Bologna).
N. S., ni, 18, 1890, novembre-dicembre. — Sal>badini (R.), Cronologia docu-
mentata déUa vita di Giovanni Lamola [Umanista del Bolognese. 14007-1449].
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560 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
IV, 19-20, 1891, gennaio-aprile. — Pelaez (M.), La vita e le opere di Gio. Andrea
delTAnguinara [Meritava ano stadio, perchè è uno dei più caratteristici * imitatori *
dei sommi del Cinquecento]. — Bellonl (A.), Curzio Chnsaga [Rimatore del se-
colo XVI e noto specialmente come autore del e Fidamante >]. — Lazzarini (V.),
La seconda ambasceria di Francesco Petrarca a Venezia [La illustra con un brano
di una cronaca anonima della guerra del 1372 (Archivio rapafava de' Carraresi)].
— Sanesi (I.), Vanno détta nascita di Leon Battista Alberti [Il 1404. Ma la
presenta come semplice congettura].
21, ma|fgio-giugno. — Mazzi (C), Leone Allacci e la Palatina di Heidelberg
S Salendosi di documenti nuovi ritesse la storia del viaggio dell'A. ad Heidelberg e
el trasporto della Biblioteca Palatina di Heidelberg a Roma]. — Belloni (A.),
Curzio Cronzaga [Cont.]. — Zenatti (A.), Il bisnonno del Petrarca [Ser Garzo,
autore dei * Proverbi ' della nota « Miscellanea cortonese »].
V, 25-26, 1892, gennaio-aprile. — Mazzi (C), Leone Allacci e la PcUatina di
Heidelberg [Cont.].
27, maggio giugno. — Mazzi (C), Leone Allacci e la Palaii9Ui di Heidelbera
[Cont.]. — Gabotto (F.), Un poeta piemontese del sec. X VI [Raffaello Toscano, di
Mondo vi, autore di sonetti, poemetti, tra i quali ha importanza storica € Le guerre
del Piemonte » in lode di Carlo Emanuele I].
28-29, luglio-ottobre. - Gais di Pierlas (E.), Giacobina di VenHmigUa e
le sue attinente famigliari in un nuovo frammento di canzone di Rambaldo di
Vaqueiras [Documenti inediti degli archivi torinesi gli permettono di ristabilire la
genealogìs^ di G. e dilucidare vari punti della nota avvertenza che ispirò il trova-
tore, avventura che sarebbe da porsi tra il 1184 e il 1188]. — Brognollgo (G.),
Luigi da Porto uomo d'arme e di lettere del sec. XVI (1486-1529) [Le sue vicende
e la non scarsa sua opera poetica lo rendono degno di studio. Cont.]. — Foffano (F.),
Un letterato italiano del sec. XVI [Rinaldo Corso, veronese, ma di stirpe correg-
gese, che lasciò epigrammi, liriche, tragedie, dialoghi ed opere storiche e legali].
30, novembre-dicembre. — Felle iangeli (6.), Alcune lettere inedite di B, Casti-
alione [Nella Oliveriana di Pesaro. Appartengono alla prima (1519) e seconda am-
basceria in Roma (1520-22)]. — Mazzi (C), Leone Allacci e la Palatina di Heidel-
berg [Cont. e fine]. — Brognoligo (G.), Luigi da Porto uomo d'arme e di lettere
del sec. XVI [Cont.].
VI, 31-32, 1893, gennaio-aprile. — Brognoligo (G.), Montecchi e Cappelletti
nella * Divina Commedia * [Non volle menomamente alludere alle &miglie di Romeo
e Giulietta, come fu già dimostrato, ma portare questi nomi, come quelli dei Mo-
naldeschi e Filippeschi, quali esempi delle fazioni italiane, indipendentemente dalla
parte politica e dalla città ove vissero].
33, maggio-giugno. — Biadego (G.), Leonardo di Agostino Montagna letterato
veronese del sec, XV [Cont. e fine].
36, novembre-dicembre. — Noma Costantini (L.), Di un''apparente contraddi-
zione tra alcune date della vita di Giovanni Pontano [La data del suo matrimonio,
secondo l'epitaffio di sua moglie Adina, e secondo il « De prudentia •].
LA BIBLIOTECA DELLE SCUOLE ITALIANE (Ferrara- Verona).
IV, 14, 1892, 16 aprile. — Teza (E.), Micrologia [Notizie varie e minute di storia
civile e letteraria intorno al poeta ungherese Kìsfaludy e sue versioni del Tasso,
le relazioni degli ambasciatori veneti, la relazione di Spagna del Guicciardini tra-
dotta dal Fabié nei suoi « Viajes por Espana » (1879)]. — Professione (A.), Dal
trattato di Madrid al sacco di Roma [Cont. e fine]. — Bertana (E.), GTintendi-
menti détta satira pariniana [Corregge alcune opinioni del Borgognoni nella recente
edizione del € Giorno » , specialmente intorno alla tradizione che fa di A. Belgioioso
il tipo del giovin signore. Cont.l. — Gabotto (F.), Girolamo Vida e una consegna
al braccio secolare [Di uno Stemno Arnaldo detto de Chiara, nel 1564. Utile per
la biografia del V. e la futura storia dell' eresia in Piemonte]. — G. €•, NoHzie
letterarie [Recensione favorevole del tomo I della « Storia critica del Risorgimento
italiano. L'Italia durante il dominio austriaco » del Tivaroni].
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SPOGLIO DI PERIODICI ITAUANI 561
15, 1 maggio. — Teza (E.)» Micrologia [II viaggio in Spagna e le lettere al
Sanaasio del Navagero nella citata pubblicazione del Fabié, nna citazione del Que-
rini utile per Tinterpretazione del noto verso * alzando il dito colla morte scherza *,
TAriosto fonte allo Shakspeare]. ^ Bertana (E.), GlintencUmenti deUa satira pa-
rimana [Cont. e fine].
16, 16 maggio. — Il V centenario deW Università di Ferrara. — Cipolla (C),
Un illustre bibliografo [Monsignor Giuliari].
18, 16 giugno. — Àrnllanl (V. A.), La donna neUa letteraiura del QiMttrocento
[Si trova forse minore spirito antifemminile nel sec. XV che nei primi, però c'è e
lo dimostra la poesìa popolare. Cont.]. — Medin (A.)> Notizia artistica [Il libro
dellTrìarte « Autour des Borgia »].
19-20, 16 luglio. — Andlanl (V. A.), La donna neUa letteratura del Quattro-
cento [Cont. e fine]. — Bacci (0.), Nota dantesca [Sui versi 142-144, VI del € Pur-
gatorio» D. avrebbe voluto accennare soltanto a quel periodo di tempo nel quale
più comunemente si filava e si preparavano le lane e panni piti gravi].
V, 1, 1 ottobre. — Rna (G.), Di alcune fonti italiane d'un vecchio libro francese
[I « Comptes amoureux de Madame Jeanne Flore »].
2, 16 ottobre. — Gabotto (F.), AUri documenti su Tommaso Morroni da Mieti
[Cont.].
B, 1 novembre. — Gabotto (F.), Altri documenti su Tommaso Morroni da Rieti
[Cont. e fine].
4, 16 dicembre. — Jachino (G.), Le contese letterarie di Qiorgio Merula [Cont.].
1, 1893, 1 gennaio. — Jachino (G.), Le cotitese letterarie di Griorgio Menda
[Cont.]. — Gabotto (F.), A proposito di Giorgio Merita [Rivendica a sé ed al
Badini-Confalonieri la priorità degli studi sul M.].
8, 16 gennaio. — Jachino (G.), Le contese letterarie di Giorgio Merula [Cont.
e fine].
9, 1 febbraio. — Volpi (G.), Notieie di Francesco Gei [Poeta fiorentino deirul-
timo quattrocento]. — Jachino (G.), A proposito del Merula [Risposta al Gabotto].
10, 16 febbraio. — Tambara (G.), Una lettera inedita di Carlo Goldoni [28 ot-
tobre 1780? A Vettore Gradenigo, segretario dell'Ambasciata veneta, a Parigi].
11^ 1 marzo. — Gabotto (F.), Alcuni appunti sul Teatro in Piemonte nel se-
colo XV e su Stefano Taliee di Ricaldone.
18, 16 giugno. — Comani {F. E.), Alcune questioni di storia nazionale nei
nostri libri di testo [Hanno in genere il torto di non tener abbastanza conto dei
risultati degli studi più recenti].
19, luglio. — ZambelJini (A.), Una lettera inedita di Massimo D'Azeglio [Al
conte Giuseppe Baldini. Da Roma, 10 luglio 1847].
VI, 1, 1893, 1 ottobre. — Neri (A.), Aneddoti contemporanei intomo al ' bourru
bienfaisant \
15 ottobre. — Neri (A.), Aneddoti contemporanei intorno al ' bourru bienfaisant '
[Gli incassi delle tredici rappresentazioni del 1771, ed i giudizi dei contemporanei].
3, 1 novembre. — Gabotto (F.), Due falsificaeioni di storia piemontese [e La
memorabile obsidione di Salnzzo nel 1486* di Bernardino Orsello pubblicata dal
Muletti sulla fede dei Malacarne è opera di questo noto falsano. 11 G. ne ricerca
le fonti, per dimostrarne sempre maggiormente il niun valore. Cont.].
4, 15 novembre. — Gabotto (F.), Dua falsificazioni di storia piemontese [Cont.
l'esame delle fonti del pseudo- Orsello. Il G. dimostra poi falsa anche la « Calamitaa
calamitatum nempe horrìbilia quae perpessa sunt ab oppido Salutiarum (1341) >
attribuita al De Fia].
5, 1 dicembre. — Gioda (C), ' DeUa ragion di stato * libri dieci di Giovanni
Boterò benese [Capitolo secondo del libro di prossima pubblicazione sul Boterò]. —
Gabotto (F.), Due fctlsificaeioni di storia piemontese [Anche la « Calamitas » è
fEdsificazione del Malacarne].
Rivista Storica Italiana, XI. 87
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562 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
6, 15 dicembre.-- Gioda (C), 'Detta ragion di Staio' [Coni.].
8, 1894, 15 gennaio. — ZambeUini (À.), VoUaire a Giano Fianco [GìoTanni
Simone Bianchi, medico riminese, mandò al V. il sao opuscolo sair « arte comica »
e n^ebbe risposta 15 novembre 1761]. — Landò, L'elezione di Pietro Bembo al
cardimalaio [Recensione della pubblicazione del Capasso].
9, 1 febbraio. — Bertana (À.), Vecchi romanzi [Noterelle per la storia del ro-
manzo italiano nel secolo XVII].
10, 15 febbraio. — Bertana (A.), Vecchi romanzi [Cont.].
LA CULTURA (Roma).
N. S., Ili, 37, 1893, 30 settembre. — Recensioni: Costanzl (V.), A. Pirro,
n primo trattato fra Boma e Cartagine, — Studi erodotei. Pisa, 1893 [Favorevole].
38, 7 ottobre. -- Recensioni: Professione (A.), A. Sante Martorelli, Me^ser
Augustino Chigi e due trattative matrimoniali nel sec. XVI. Siena, Nava, 1893
^ì'avorevole]. — B.^ A. Roviglio, La rinuncia di Celestino V. Saggio storico-critico.
erona, 1898 [Favorevole].
39-40, 14-21 ottobre. — B., P. Fabia, Bes sources de Tacite. Paris, impr. Na-
tionale, 1893 [Favorevole]. — G* €., G. Radidotti, Teatro, musica e musicisti in
Sinigagha. Milano, Ricordi [Favorevole].
43, 13 novembre. — M.^ L. Pag:ano, StucU sulla Calabria, Napoli, 1892-93
[Favorevole]. — A* P*, A. Meomartini, I monumenti e le opere d'arte detta città
di Benevento, Benevento, 1889-92 [Favorevole].
44, 20 novembre. — F. À», D. Ferrerò, Stillo sventramento d?un archimo pub-
blico a benefizio d^un risorto arcJUvio segreto. Seconda edizione. Torino, 1893
[Favorevole].
45-46, 4 dicembre. — A. P». Istoria del Be CHannino di Francia. Siena, 1893
[Favorevole]. — Glambellf (C.), D. Carutti, Storia della dttà di Pineroh. Pine-
rolo, 1893 [Favorevole].
49-50, 31 dicembre. -— Beloeh (G.), E. Pais, Storia d*Italia dai tempi pia an-
tichi fino aUe guerre puniche. Parte 1.; Storia della Sicilia e della Magna Grecia,
Voi. I. Torino-Palermo, 1894 [Favorevole].
IV, 1-2, 1894, 1-8-15 gennaio. — C, Gabotto, Lo stato sabaudo da Amedeo VIII
ad Emanuele Filiberto, Torino-Roma, L. Roux, 1893 [Favorevole].
4, 5 febbraio. — B», I casi d'amore [Non pnò credere all'autenticità del dialogo
attribuito al Tasso].
7, 26 febbraio. — B.^ GTItaliani d^oggidì [Gli studi e impressioni del Basin].
12, 2 aprile. — B., Anarchismo e brigantaggio [A proposito di B. Croce, « An-
giolillo (Angelo Duca) capo di banditi >].
LA NUOVA RASSEGNA (Roma).
I, 34, 1893, 10 settembre. — Gabrieli (G.), Polemica pariniana [Osservazioni
alle note del Ferrìerì. Cfr. n. 32, 27 agosto]. — De Castro (G.), Voci detTesUM
(1821-1831) [Poesie di esuli, Scalvini, Berchet, Ogoni ecc.].
35, 17 settembre. — Losca (G.), Caterina Sforza [A proposito della pnbblicazione
del Pasolini].
36, 24 settembre. — Carlotta^ La Compagnia Beale Sarda [Recensione non
in tutto favorevole del libro del Costetti]. — Lesea (G.), Caterina Sforza [Cont.
e fine]. — De Castro (G.), La tipografia Elvetica di Capolago e H comasco Luigi
Dottesio [La propaganda liberale nel Lombardo- Veneto dal '42 al *53]. — Fer-
rieri (P.), Polemica pariniana [In risposta al Gabrieli].
37, 1 ottobre. — Bertolotto (G.), Onorato d^Vrfè e una lettera del baron Ver-
nazza [Suir 'Amedeide * del Chiabrera 23 marzo 1791].
88, 8 ottobre. — De Castro (G.), Gaetemo Ungaretti e la processura ferrarese
del 1853 [In relazione coi processi di Milano e Mantova]. — Mallamo (Giovanna),
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 563
Beggio Calabria ìteì 1847 [Dal 2 settembre al 2 ottobre]. ~ Bertolotto (G.),
Un qtMdro del Tùiano posseduto da G. Chiabrera [Ceduto airimperiali in tacitar
zione d*UD debito].
40, 22 ottobre. — Yaletta (I.), PedrotH e Gounod,
41, 29 ottobre. — Barattani (F.), Tempo àOegro (Noie romane efun marchi-
giano) [Dal *46 in poi]. — Yaletta (I), Pedrotti e Gounod [Coni]. — Berto-
lotto (G.), Un quadro di Tisiano posseduto da G. Ghiabrera [Cont. e fine].
42, 5 novembre. — OJetti (U.), Teodoro Mommsen a Roma, — Natali (G.),
Gabriello Chiabrera e G. V. Imperiale [Aggiunte airarticolo di G. Bertolotto]. —
Celani (E.), Il p, Alberto Guglielmotti, — Barattani fF.), Tempo allegro (Note
romane d'un marchigiano) [Cont.]. — Libri nuovi: A. Santilli, Memorie e scritti
raccolti e pubblicati da M. Mandalari. Roma, tip. Cooperativa, 1893 [Favorevole].
— B. Helfert, La caduta della dominazione francese néWAUa Italia e la congiura
militare bresciano-milanese del 1614, Bologna, Zanichelli, 1894 [Favorevole]. — A. Cri-
veUucci, Un comune delle Marche nel 1798-99. Pisa, Spoerri, 1893 [Favorevole].
43, 12 novembre. — Casini (T.), Adolfo Borgognoni. -^ Barattani (F.),
Tempo allegro (Note romane é^un marchigiano) [Cont.].
45, 26 novembre. — Casini (T.), Memorie giacobine [Il diffondersi delle idee
rivoluzionarie nellltalia centrale negli ultimi del sec. XVIII]. — Barattani (F.),
Note romane d'un marchigiano [Coni].
46, 3 dicembre. — De Castro (G.), Vassedio di Osoppo (1848) [Si vale della
recente pubblicazione del Baldissera]. — Roberti ^G.), La maschera di ferro [Le
recenti indagini di D. Caruttì e di Burgand e Bazières non riescono ancora a scio-
gliere l'enigma atorioo]. — Natali (G.), Per uno scrittore ignoto [Una lettera ine-
dita del Giordani, 15 giugno 1829, a Francesco Ilari, maceratese]. — Barat-
tani (F.), Tempo allegro [Cont.].
47, 10 dicembre. — Gatti (A.), Il museo Petroniano di Bologna.
48, 17 dicembre. — Ferriani (L.), Torquato Tasso processato [Per la pasqui-
nata contro compagni e dottori deÙo studio padovano nel 1564]. — Barattani (F.),
Tempo allegro [Cont.]. — Carletta, Un palcoscenico del seicento [Aneddoto rica-
vato dalle € Lettere di comici italiani del secolo XVII » ed. dal D'Ancona].
49, 24 dicembre. — Gatti (A.), La vittima d'un maggiorasco [Ridolfo Locatelli
frate per forza; sul principio del 700]. — Lotti (C), Storia dei concorsi dramma-
tici governativi (1853-1893) [I concorsi di Torino).
II, 1, 1894, 7 gennaio. — Cesareo (G. A.), Pcisquino e la satira sotto Leon X.
L^ultimo re di Cipro [Il figlinolo del re Zacho di Cipri, ricordato da Marino Sa-
nuto come uno dei favoriti di Ijeone X, è Eugenio, naturale di Giacomo di Cipro,
fatto bersaglio alla satira]. — Lotti (C.), Storia dei concorsi drammatici governa-
tivi (1853-1893) [Concorso di Firenze (1860-61)].
2, 14 gennaio. — Bertolotto (G.), Genua [Poemetto ignorato dal quattrocen-
tista GioTan Maria Cataneo]. — Cali (C), Spigolature umanistiche [Michelangelo
Accursio e le sue poesie]. — Montanari (A.), Le idee economiche degli scrittori
emiliani e romagnoli fino al 1848 [La memoria del Graziani premiata al concorso
Coesa]. — Roberti (G.), La ghigliottina durante la rivohmone [Esaminando il
recente libro del Lenotre, ricorda anche le vicende della ghigliottina in Italia du-
rante il periodo francese]. — Lotti (C), Storia dei concorsi drammatici gopema-
avi [Concorso di Firenze (1869-78), di Roma (1888)].
3, 21 gennaio. — Casini (T.), Memorie giacobine [Cont. I prodromi dei tempi
nuovi nella Romagna e nelle Marche dell' *89]. — Cesareo (G. A.), Pasquino e
la satira sotto Leone X [Il cardinale Armellino una delle più tristi figure della
corte di Leone X].
4, 28 gennaio. — Manfroni (C), Una storia di Vittorio Emanuele [Del Cap-
Selletti, che dimostra plagiario]. — Maifei (R. S.), Pio Secondo [La pubblicazione
el Lesica sui « Commentarli » di Enea Silvio Piccolomini]. — Cosmo (U.), Messer
Francesco Petrarca e i Vasai di Ponte di Brenta [Tradizione della protezione
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564 SPOGLIO DI PERrODICI ITALIANI
accordata dal P. ai fignlinai di ?.]. — Lotti (C), Storia dei concorsi drammatici
governativi [Coot. e fine].
5, 4 febbraio. — Cesareo (G. A.), Pasquino e la satira sotto Leone X [I dne
archipoeti Cosimo Baraballo e Camillo Qaerno]. — De Castro (6.), Vecchio e nuovo
[A proposito della pabblicazione di G. A. Venturi, « Le controversie del granduca
Leopoldo I di Toscana e del vescovo Scipione de* Ricci con la corte romana »].
— Parisotti (A.), Giovanni Pierluigi [Palestrina e la saa musica religiosa].
6, 11 febbraio. — Pierre 888, Il segreto dei Borboni [Polemica col Roberti a
proposito della maschera di ferro].
7, 19 febbraio. -> De Castro (G.)* Funeralia (1529-1530) [A proposito di G. Ro-
mano, « Cronaca del soggiorno di Carlo Y in Italia >]. — Carlotta^ Francesco An-
tonio Avelloni [Il Spoetino' e la sua molta produzione poetica]. — Pierre 888,
Il segreto dei Borboni [Cont.].
8, 25 febbraio. — Cesareo (G. A.), Pasquino e la satira sotto Leone X [Sera-
pica cameriere segreto di Leone X ; il vero nome era Giovan Lazzaro de* Magistris].
— Momigliano (F.), Lettere di Vincenzo Monti [La pubblicazione di Bertoldi e
Mazzatintì]. — Picchia (E.), Pier Carlo Boggio e il suo pensiero civile [Il profes-
sore e deputato piemontese che morì a Lissa. Cont.]. — Pierre 888^ /} segreto
dei Borboni [Cont.].
9, 4 marzo. — Bertolotto (G.}f I presunH avanei del mausoleo di Crostone di
Foix in Savona [Cenni sullo studio del Poggi relativo]. — Moricl (G.), Un buf-
fone del secolo XVI [Monaldo Atanagi da Cagli]. — Pinchla (E.), Pier Carlo
Boggio e il suo pensiero civile [Continuazione e fine]. — Pierre 888^ Il segreto
dei Borboni [Cont. e fiue]. — Ylllani (C), Per una cantone d^amore di Pier delie
Vigne (11801249). ,
10, 11 marzo. — Roberti (G.), A proposito deUa maschera di ferro [Risposta a
Pierre 833]. — Carlotta, Francesco Antonio AveUoni [Cont].
11, 18 marzo] — Labauea (B.), Francesco d'Assisi e i Fra$ìeeseani dal 1226
ai 1328 [A proposito del libro del Sabatierj. — Lesea (G.), Un manoscritto inedito
di Giuseppe Mazzini [«L* Italia in Inghilterra», scritto forse nel 1851. Ora di
proprietà del L.]. — De Castro (G.)« Baìeac in Milano [1837 e 88. Spigolature
nelle memorie del tempo]. — Cretella (L.), Quinto Orazio Fiacco [La < Vita »
deirOccioni]. — Carlotta* A proposito d*una Esposizione [Notizie aneddotiche di
Bartolomeo Pinelli (17811835), incisore, * trasteverino spirito bizzarro *].
12, 25 marzo. — Baccl (0.), Un opuscolo dantesco [Del Lucchetti. Recensione sfa-
vorevolissima]. — Plerantoni (A.), Giovanni Berchet e P. S. Mancini [1 primi
anni d*esilio del M. a Torino]. — Taormina (G.), Giulio Bossi ed Ugo Foscolo
[Gli ultimi anni del F.]. — Moronl (A.), Vie, voci e viandanti della veixhia Éoma
[Come contributo ai fiorenti studi folkloristici, destinati ad e umanizzare la storia >,
inizia uno stadio sulle vie di Roma e i loro venditori dalla Rinascenza in poi].
13, 1 aprile. — De Castro (G.), B^nanzi di stato : la città del Sole [Analizza il
noto romanzo del Campanella rilevandone le analogie coli* e Utopia > di T. Moro]. —
Moronl (A.), Vie^ voci e viandanti della vecchia Boma [Cont.]. — Carlotta^ Figu-
rine Casanoviane [La Strasburghese da lui conosciuta ed amata in Ausbourg nel
1761 è la Teresa Menicheili, di cui dà la biografìa F. Bartoli]. — Dorbskl (G. G.),
Il principe Enrico di Portogallo e i navigatori itcdiani dei secoli XIV e XV [Alle
scoperte portoghesi contribuirono assai parecchi italiani^ i Pessagno, Vivaldi, ecc.].
LA RASSEGNA NAZIONALE (Firenze).
LXXIIl, 1893, 1 ottobre. — Claretta (G.), La corte e la società torinese dalla
metà del secolo XVII ai principio del XVIII [Valendosi delle rare memorie cLa
guerre d' Italie, mémoires du comte de contenant quantité de choses particu-
lières et secrètes qui se sont passées dans les cours d^AUemagne, de France, d*Espagne,
de Savoie et d'Italie » (Colonia^ 1710), attribuite al francese De Granchamp, che
fu al servizio di Savoia, e completandone le notizie con documenti inediti, ritrae
la corte di Savoia, i principi esteri presso di lei, Taristocrazia e la cittadinanza
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SPOGUO DI PERIODICI ITALIANI 565
subalpina, i pregiudizi e le idee correnti, nel periodo indicato. Il libro del G. ha
importanza per i particolari che rivela e stante la mancanza di consimili memorie
presso di noi. Gont.].
16 ottobre. — Poni (3.), Gustavo Banaini [Incisore livornese 1810-1889]. —
Claretta (G.)f La corte e la società torinese daUa metà del secolo XVII al prin-
ctpto del XVIII [Gont.]. — C^rablnski (G.), Nuovi scritti mtomo dUa rivolu-
zione francese ed ed primo impero [Di quelli che hanno maggior attinenza coiritalia
giudica molto favorevolmente il « Coml^ d^Antraigues » del Pingaud, strano e pa-
radossale il « Napoléon intime > di A. Lévy. Gont.].
LXXIV, 1 novembre. — Claretta (G.)> La corte e la società torinese dalla metà
del sec. XVII aJ principio del XVIÌI [Gont.].
16 novembre. — Grito^ Ubaldino Peruezi. Un giudizio straniero sopra un
uomo di stato italiano [Rilevando il sereno giudizio di E. Jordan sul P- (« Revue
des Deux Mondes », 15 ottobre 1893), ritrae Topera conciliatrice esercitata oairuomo
di stato toscano]. — Claretta (G.), La corte e la società torinese dalla metà del
sec XVII al principio del XVIII [Gont.]. — De Cesare (R.), Una pagina di
storia. Mac Mahon e Vultimo Conclave [Nonostante i suoi sentimenti cattolici e
le intime aderenze coi partiti monarchici di Francia, il M. fidò nelle assicurazioni
del Governo italiano e non si ingeri nella scelta del nuovo Papa].
1 dicembre. — Claretta (G.), La corte e la società torinese dalla metà del
sec. XVII al principio del XVIII [Gont.]. — YecchJ (A. V.), Il padre maestro
Alberto Guglielmotti [Ricordi personali sullo storico della marina].
16 dicembre. — Claretta (G.), La corte e la società torinese dalla metà del
sec. XVII al principio del XVIII [Gont. e fine].
LXXV, 1894, 1 gennaio. — Covoni (P,), Il regno d^Etruria [Fatta un po' di
storia del trattato di Luneville e della creazione del regno d'Etruria, narra le feste
fatte ai nuovi regnanti in Parigi ed il viaggio per la presa di possesso].
1 febbraio. — <4hl|rnoni (A.), Una pubblicazione intomo a Salvator Rosa [Del
Cesareo, cui muove alcuni appunti].
L'ATENEO VENETO (Venezia).
S. 15», II, 1-4, 1891, luglio-ottobre. — De Castro (G.), Tristezze della corona
[A proposito del libro di G. Ginelli, « Carolina di Brunswick principessa di Galles»].
— Goretti-Vemda (L.), Angelina Tasso [Memorie degli anni 1848-49]. — Pie-
trogrande (G.), Due lapidi nel R. museo Atestino. — Codemo (L.), Variazioni
sul tema* Le due mogli di Napoleone I* di E. Masi. — Rassegna bibliogra-
fica [Notizie dei libri seguenti: G. Gaprin, € Tempi andati » ; G. Ricci, < Il castello
e la chiesa di Polenta » ; A. D'Ancona, « Origini del teatro italiano > ; l'Eremita,
« Dissertazione sui campanili di Venezia >].
5-6, novembre-dicembre. — De Lanza (F.), Mistificazioni negli antichi monu-
menti con particolare riguardo a quelli di Dalmazia. — Rassegna bibliogra-
fica [Informazioni dei seguenti libri: F. Mango, « Le fonti dell' ' Adone * di G. B. Ma-
rino »; G. Magno, < Per Tepistolario di V. Monti »; F. G. De Winckels, « Vita di
Ugo Foscolo»],
S. 16% I, 1-3, 1892, gennaio-marzo. — Gabotto (F.), Un poeta beatificato
[Schizzo di Battista Spagnolo da Mantova]. — Zanelll (A.), La congiura dei
Boccacci contro il Malatesta. — Miari (F.), Una medaglia del cardinale Savelli.
— Rassegna bibliografica [Informazioni sui seguenti libri: N. Bottoni, e Av-
venture d*un editore riferite da Piero Barbera » ; Bortolan D., « Leonardo Trissino
celebre avventuriero >].
4-6, aprile-giugno. — Miari (F.), Un sigillo del cardinale Pietro Otloboni. —
Rassegna bibliografica [A. Pierantoni, € Lo sfratto di Pietro Giannone da
Venezia >].
II, 1-4, luglio-ottobre. — Callegari (E.), La congiura dei Fieschi -[seconào i
documenti degli archivi di Simancas e di Genova]. — Fischer (G. A.), Le iscri-
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566 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
jsioni urmo-magyarieke sui pili euritani a Venezia. — Rassegna bibliogra-
fica [Fra Paolo Sarpi, «Lettere inedite a Simone Contarini >].
5-6, noTembre-dicembre. — Martorelll (A. S.), Angelo PoHeiano aeriUore della
congiura d^ Paggi, — Rassegna bibliografica [V. Marchesi, «Settantanni
della storia di Venezia >; G. Caprin, « Docnmenti raccolti per la storia di Grado >;
G. Pesante, « San Marco protettore della città e diocesi di Parenzo > ; L. Adami,
« Stadio snlla campagna di Gastone di Foix nel 1512 >; G. De Castro, « Studiosa
Giuseppe Sirtorì >; V. S. Paladini, « Asolo e il sao territorio >].
S. 17% I, 1-3, 1893, gennaio-marzo. — Inehiostrl (U.)» Sul diritto statutario
di Sebenico sotto la dominazione veneta. — Foffano (Fr.), Erasmo di Vaìvassone,
— Rassegna bibliografica [G. Bianchini, «Cristoforo Colombo nella poesia
lirica >].
4-6, aprile-gingno. — DalP Acqua (A. C), La Venezia del Canaletto e la Ve-
nezia del Longhi [Colle sue mirabili prospettive il C. lasciò memoria di tatti i
monumenti di Venezia che, come fa detto iperbolicamente, se anche dovesse spa-
rire, rivivrebbe in quelle tele: il L. ci dà la vita intima della Venezia del Set-
tecento e si può metter a parallelo del suo amico e contemporaneo Goldoni]. —
Tardacci (F.), Come la potenza e ricchezza commerciale delP Inghilterra debbano
la loro origine al genio e alTenergia d^un italiano [Sebastiano Caboto, anche a
giudizio degli scrittori inglesi, fu non solo il promotore del commercio estemo del-
r Inghilterra, ma di quell'attivo spirito di intraprese che condusse Tlnghil terra ad
alti destini]. — Spellanzon (C), BeUa leggenda carolingia nella poesia medievale
ed n» alcuni poeti moderni [Cont.]. — Rassegna bibliografica: Monti (G.),
Varie [Parla anche della pubblicazione di R.Lanciani, « Pianta di Roma antica »].
— Spellanzon (C), P. Molmenti, Carpaccio^ son temps et son ceuvre [Venise»
Ongania, 1893 [Favorevole].
II, 1-4, luglio-ottobre. — Spellanzon (G.), DeUa leggenda carolingia nella poesia
medievale ed in alcuni poeti moderni [Cont]. — Brognollgo (G.), L'opera lette-
raria di Antonio Conti (1677-1749) [I aaoi amici e i suoi viaggi. Cont.]. —
Callegari (E.), L'assedio di Torino nel 1706 secondo le memorie del tempo
[Raccoglie dalle molte pubblicazioni recenti intorno alla guerra di successione spa-
gnuola e da documenti editi ed inediti larga messe di dati intomo airassedio di Torino].
5-6, novembre-dicembre. — Maddalena (E.), Fonti goldoniane [«La finta am-
malata >]. — Cottin (A A Degli archivi [Antichità degli italiani e cenno delle loro
vicende e leggi recenti. Cont.]. — Brognoligo (G.), L'opera letteraria di Antonio
Conti [Cont.].
MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO
(Torino).
S. 2», XLIII, 1893. — Patetta (F.), La ' lex Frisionum ' [Fa compilata in
origine per la Frisia media, le aggiunte riguardano esclusivamente la Frisia orien-
tale ed occidentale. Gli elementi ne furono desunti dalla consuetudine e da antichi
editti regi. Se ne potrebbe stabilire la data fra il 785 ed il 790. In appendice di-
mostra che U testo heroldino dell'editto longobardo è la riproduzione di un mano-
scrìtto mutilo in più parti, le cui lacune Herold tentò di colmare valendosi della
« Lombarda >]. — Cipolla (C), Considerazioni suUe ' Getiea' di Jordanes e
8uUe loro relazioni colla * Historia Getarum' di Cassiodorio senatore [Conduce
innanzi le ricerche dello Schirren e del Mommsen sulle relazioni tra le « Gotica »
e r« Historìa Getarnm », distinguendo ciò che nel testo di Jordanes può conside-
rarsi come interpolazione da ciò che appartiene al fondamento stesso della sua storia.
Ciò che rimane costituisce, uno « scheletro, spolpato, ma bene organizzato, e snfiS-
cientemente organico, che attribuiremo a Cassiodorio ». Le conclnsioni cui giunse
TA. con tale criterio dMndagine completano quelle del Mommsen e dello Schirren
e sembrano dar ragione delle parole con cui Jordanes spiega Topera sua nella pre-
fazione alle « Gotica »].
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 567
MEMORIE DEL REALE ISTITUTO LOMBARDO DI SCIENZE E LET-
TERE. CLASSE DI LETTERE, SCIENZE STORICHE E MORALI
(Milano).
XIX (X delia S. 3'), 2, 1898. — Lattea (E.), Saggi ed appunti intomo aWiacri-
£Ìone etru9ca deìia * Mummia * [Sebbene non sia pienamente interpretata, è certa-
mente sinceia e conforme a* testi venuti alla Ince dal snolo dell'antica Etruria.
Lo provano ì &tti estrinseci (qualità delia tela e dell* inchiostro, disposizione dello
scrìtto, guarentigie di tempo e di luogo esposti già dal Ejrall), i fatti intrìnseci (la
costante superiorità paleografica delle fasce, «alcune prove grammaticali e lessicali,
la straordinaria conformità colla lamina di Magliano)].
NUOVA ANTOLOGIA (Roma).
XLVn, 20, 1893, 15 ottobre. — Cantù (C), Un ultimo romantico [Ricordi per-
sonali sul periodo romantico e in genere su tutta la vita letteraria dell'A., che Tin-
titola « cicalata, finita con un * confiteor ' di sbagli giovanili » ]. — Fambri (P.),
Principe dei buontemponi [Bortolo Lupati < precursore > dei moderni « trasformisti >
in Padova a* tempi del Fusinato,' di Gustavo Modena, eccA — Bollettino biblio-
grafico: G. Volpi, lAiiigi Pulci, Torino, Loescber, 1893 [Favorevole]. — V. Rossi,
Caio Cahria Ponzio e la poesia volgare letteraria di Sicilia nel see. XV. Palermo,
tip. Lo Statuto, 1893 [Favorevole]. — E. Calzini, Un quadro del Melozzo a ForK
Forii, lito-tip. Mariani, 1898 [Favorevole]. — D' P. Kristeller, Die itaHenischen
BuMlrueker und Verlegerzeichen bis 1626. Strassburg, Heìtz, 1893 [Favorevole].
— A. Rinaldi, Il regio patronato svila chiesa patriarcale di Venezia. Roma, 1898
[Favorevole].
XLVin, 21, 1 novembre. — Fogazsaro (A.), CHacomo Zanella e la sua fama
SA proposito dell'inaugurazione del suo monumento, ricerca quale e quanta parte
ielPopera sua sopravviverà]. — Bollettino bibliografico : Oiovanni ViUifranchij
corUributo àUa storia letteraria del sec. XVIII per cura di R. S. Maffei. Catania,
Giannetta, 1898 [Favorevole]. ^ Ancora dello 'Spirto gentil' di messer Francesco
Petrarcat nota del prof. V. Cian. Torino, Clausen, 1893 [Tavorevole].
22, 15 novembre. — Goiran (G.), H duca di Magenta [Riassume il suo giudizio
con queste parole: e che cosa importa a noi che Mac-Mahon si riveli scrittore più
0 meno forbito, che non sia stato oratore facondo, né astuto politico, né stratega
sapiente? Egli combattè a Magenta e vinse e contribuì alla nostra redenzione: per
ciò noi Italiani ne dobbiamo onorar la memoria »]. — Valetta {L), Carlo Pedrotti
[Ricordo biografico dell* insigne maestro veronese. 1817-1898]. — Sforza (G.), La
fine di un ducato [Gli oltimi anni di regno di Carlo Ludovico, i suoi debiti, la no-
mina del Ward già mozzo di stalla a ministro di finanze e tanti altri fatti consimili
fecero rivolgere sul ducato gli occhi delle altre potenze e suscitarono molte satire,
talune feroci, come la « Costituzione accordata ai lucchesi dal Duca di Lucca l'anno
della Passione 1847 », preparando la sua caduta. Coni]. — Bollettino biblio-
grafico : Alessandro Tassoni e il suo secolo ^ stadio del prof. D. Vinci. Napoli,
tip. Gargiulo, 1898 ; Il Seicentismo giudicato dagU scrittori del Seicento, studio
del dott. Pasquale Schettini. Terranova Sicilia, tip. Scrodato, 1893 [Sfavorevole per
il primo, fiftvorevole con appunti al secondo]. — Istoria del re Giannino di Francia
a cura di Latino Maccari. Siena, tip. Nava, 1893 [Favorevole con appunti]. —
1 primi due secoli detta storia di Firenze. Ricerche di Pasquale Villari. Voi. I.
Firenze, Sansoni, 1893 [Favorevole].— Vita e diario di Paolo Alaleone de Brancas
maestro delle cerimonie pontificie (1682-1638)^ di L. Caetani. Roma, Forzani, 1893
[Favorevole]. — Antonio Biado tipografo romano del sec. XVI di G. Fumagalli.
Bergamo, tip. Prat. Cattaneo, 1893 [Favorevole]. — G. Tropea, Storia dei Lucani.
Messina, 1894 [Favorevole]. — N. Persichetti,Ftii^^»o archeologico sulla via Salaria
nel circondario di dita Ducale [Roma, tip. dei Lincei, 1893 [Favorevole]. — Le
idee economiche degli scrittori emiliani e romagnoli sino al 1848 del prof. A. Ora-
ziani. Modena, Soc. tip., 1893 [Favorevole].
23, 1 dicembre. — Bandaeclo (C), Il padre Alberto Guglielmotti [Commemo-
razione del grande storico della marina, che « parlò alto e forte ai marini italiani.
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568 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
vitaperò la viltà figlia del vizio, pose le glorie avite in esempio >]. — Berto-
lini (P.), GU esposti [Cenni storici preludenti ad ana completa trattazione della
materia]. — Notizie letterarie: Mazzoni {(}.), C, Gsif^nB/ccì, Griuseppe Mcuisini
e i fratelli Buffini. Lettere raccolte ed annotate. Porto Maurizio, tip. Berlo, 1893
S Parecchi appunti aireditore]. — Bertoldi (A.), Il Duranti e il Patini [Documenti
Ielle relazioni del poeta bresciano col P.]. — Bollettino bibliografico:
L. Oberziner, P. Metastasio cittadino milanese. Genova, Sordo-Muti , 1893 [Favo-
revole]. — Le rime di Bartolomeo Cavassico a cura di V. Cian e G. Salvioni. Bo-
logna, Romagnoli Dall'Acqua, 1893. Voi. I TFavorevole]. — I. Sanesi, Il dnqueceffh
Osta Ortensio Landò, Pistoia, Bracali, 1893 [Favorevole]. — SuJk origini del
dramma musicale^ appunti di Gio. Giannini. Bologna, tip. Fava e Garagnani, 1893
[Favorevole]. — P. Accame, Storia delTabbazia di 5. Pietro di VarateUa. Albenga,
Craviotto, 1893 [Favorevole].
24, 15 dicembre. — Barboni (A.), Francesco G^enàki [Pubblicista^ giureconsulto,
uomo politico, 1843-1893]. — BertoUnl (P.), Oh esposti [Appunti critici]. —
Sforma (G.), La fine di un ducato [Gli ultimi tempi del ducato di Carlo Ludovico].
— Bollettino bibliografico: P. Metastasio e L. A, Muratori^ appunti dì un
carteggio muratoriano inedito della collezione Gampori, per cura di Carlo Frati. Bo-
logna, tip. Fava e Garag^ani, 1893 [Favorevole]. — La epopea del buffone. Studio
di F. Gabotto. Bra, tip. Bacca, 1893 [Favorevole]. — La congiura spagnuola contro
Venezia, contributo di documenti inediti di Italo Baulich. Venezia, tip. Visentini,
1893 [Favorevole]. — Oronachetta inedita del monastero di Sant'Andrea *CUoum
Scauri* pubblicata da Isidoro Carini. Roma, tip. Vaticana, 1893 [Favorevole]. —
Storia d'Italia dai tempi pia antichi sino alle guerre puniche. Parte I. Storia della
Sicilia e della Magna Grecia di Ettore Pais. Voi. I. Torino-Palermo, Clausen, 1894
[Favorevole]. — A. Amore, Vincenzo Bellini. Catania, Giannotta, 1894 [Sfavorevole].
XLIX, 1, 1894, 1 gennaio. — BogUettl (G.), Il cardinale Alberoni diphmatùso
e uomo di stato [Si vale della corrispondenza pubblicata recentemente dal Bourgeois].
— Notizie letterarie: Paoli (C), Una cronachetta senese del sec. XIV
S131S-19. Pubblicata per nozze Partini-Sarroccbi da A. Lisini e N. Mengozzi]. —
bollettino bibliografico: V. Strazzulla, Massimiano Etrusco eÉgtografo.
Catania, tip. Galati, 1893 [Sfavorevole]. — R. Bonfadini, Vita di Francesco Arese
con documenti inediti. Torino, Roux, 1893 [Favorevole]. — L. Staffetti, Il cardinale
Innocenzo Cyho. Firenze, Suoc. Le Mounier, 1894 [Molti appunti]. — Lettere inedite
d'artisti (Bronzino, Francesco Meschino, G. B. Lorenzi, Jacopo Ligozzi) pubblicate
da I. B. Supino per nozze D'Ancona-Cassin. Pisa, 1893 [Favorevole], -r- C. Fuma-
galli, Il casteUo di Mcdpaga e le sue pitture. Milano, 1893 [Favorevole]. — G. Giorno,
L'archivio antico deUa Università di Padova. Venezia, Visentini, 1893 [Favorevole].
— W. Helbig, Musée d'archeologie classique de Rome, trad. Toutain. Leipzig, Bae-
deker, 1893 [Favorevole].
2, 15 gennaio. — Venturi ^A.), Il Presepe [L'evoluzione del tipo della Vergine
e del Bambino nelVarte dai primi secoli del cristianesimo al Correggio] — Ma-
riano (R.), Le origini del Papato [La supremazia ieratica e teocratica attribuita
a Pietro ripugna al più intimo spirito della dottrina di Cristo, rinvestitura e la
trasmissione che Pietro avrebbe fatto del suo primato ai vescovi di Roma sono in
fondo leggendarie : la tradizione ecclesiastica donde il Papato trae la sua base storica
è saldamente stabilita ed universalmente ammessa sino dalla metà del secolo IL
Essa tradizione è destituita di basi empiricamente reali* pure acquista importanza
storica, perchè diventa sostrato di un possente organismo storico]. — Molmentl (P.)
e Mantovani (D.), Le isole della laguna veneta [Impressioni e ricordi]. — Notizia
letteraria: Ferri (L.), Il Pomponasei e gU scettici della Binascema [Gli studi
deirOwen, in cui rileva parec-chie cose]. — Bollettino bibliografico: Le cro-
niche di Giovanni Sercambi, ed. Bongi. Roma, Istituto storico, 1892 [Favorevole].
— A. Medin, Un falso Jacopo da Carrara. Padova, Gallina, 1893 [Favorevole]. —
L'abate di Monte Subasio ed il Concilio di Pisa di B. Morsoli n. Venezia, fratelli
Ferrari, 1893 [Favorevole]. — Sandro BotticeUi von Hermann Uulmann. MUnchen,
1893 [Favorevole]. — E.Musatti, J monumenti di Venezia. Venezia, 1893 [Favorevole].
3, 1 febbraio. — Scherillo (M.), La madre e la matrigna di Dante [Di Bella,
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SPOGLIO DJ PERIODICI ITALIANI
madre di D.» si hanno scarse notizie storiche, ma nel poema rivive nello spirito di
amor materno che vi aleggia. Di Madonna Lapa, matrigna, si sa qualche cosa di
più certo; contro di lei D. non scrìsse nulla di esplicito, ma forse le fa poco affe-
zionato]. — Caletta (I.), Il centenario del PaUstrina [Più che restitutore della
musica religiosa, fu vero genio creatore e del solo genere di musica di chiesa con-
forme al suo oggetto]. — Galanti (A.), La queaHone della liturgia slava nelT latria
[Le recenti pubhiicazioni, specialmente del Benussi, sulla questione che è non solo
liturgica ma nazionale]. — Mol menti (P.) e Mantovani (D.), Le isole della laguna
oeffeta [Cont.]. — Bollettino bibliografico: Letteratura civile dei tempi di
(Jorio Emanuele I, discorso di A. D'Ancona. Roma, tip. Lincei, 1893 [Favorevole].
— M. Tamaro^ Le città e le castella délVIstria. Parenzo, tip. Coana, 1893 [Favore-
vole con appunti]. — D. Carutti, Storia della città di Pinerolo. Pinerolo, Chiantore-
Mascarelli, 1893 [Favorevole]. — Im città della Pieve de' Saccensi del prof. P. Pintor.
Roma, tip. delle Terme Diocleziane, 1893 [Favorevole].
4, 15 febbraio. — Finali (6.), Lettere e documenti del barone Bettino Bicasoli
[Recensione del voi. IX. Il secondo ministero (20 giugno 1866-10 aprile 1867); no-
tevole per le vicende della gaerra e la pace che ne segui, e per le leggi special-
mente ecclesiastiche. Non raggiunse il fine che vagheggiava della pacificazione fra
Chiesa e Stato, del rinnovamento della Chiesa cattolica nel suo proprio seno e del
risveglio del sentimento religioso]. — Gloda (C), San Carlo Borrofneo e Giovanni
Boterò [Negli otto anni che stette a Milano il Boterò imparò come si riformi una
chiesa per opera di San Carlo Borromeo, di cui il G. rifa brevemente la biografia.
Conti. — Molmentl (P.) e Mantovani (D.), Le isole della laguna veneta [Cont.].
— Notizia letteraria: Solerti (A.), Di un dialogo nuovamente attribuito a
Torquato Tasso [Dei casi d'amore. Non è certo del T.: « è una prosa come tante
altre a mezzo il 500 »]. — Bollettino bibliografico: I capitoli del comune
di Fireme. Inventario e Begesto. Tomo secondo. Firenze, Galileiana, 1893 [Favo-
revole]. — B. Croce, Primi contatti fra Spagna e Italia. Napoli, tip. Università,
1893 [Favorevole]. — Andrea Pozzo di G. Zippel. Trento, Zippel, 1893 [Favorevole].
L, 5, 1 marzo. — Antognoni (0.), Il dolore di Cavalcante [Dante, come si trovò,
priore del Comune, nella necessità di bandire Guido da Firenze^ così, filosofo teo-
logo, pensò che dovesse esser escluso dal regno della beatitudine. Se vorremo com-
prendere con che cuore Dante dovesse fare forza ai ricordi dell* antico affetto, po-
tremo considerarlo obbiettivamente nel dolore di Cavalcante]. — Palma (L.), La
costituzione siciliana del 1812 [Fallì quel tentativo, pure merita di esser considerato,
perchè aveva a base istituzioni storiche ancora vigenti, e concorse al Risorgimento.
Cont.]. — Oloda (C), San Carlo Borromeo e Giovanni Boterò [Cont. e fine]. —
Molmentl (P.) e Mantovani (D.), Le isole della laguna veneta [Cont. e fine]. —
Bollettino bibliografico: A. Lombroso, Saggio di una bibliografia ragionata
per servire alla storia dell'epopea napoleonica. Modena, Namias, 1894 [Favorevole
con appunti].
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA DELLA LETTERATURA ITALIANA (Pisa).
I, 8-9, 1893, 30 settembre. — Recensioni: Rossi (V.), M. Borsa, Un uma-
nista vigevanasco del sec. XIV: Pier Candido Decembri e r Umanesimo in Lom-
bardia/Mimo, 1893 (In-8o, pp. 159); F. Gabotto, L'attività politica di Pier Can-
dido Decembri. Genova, 1893 (In-8">, pp. 68) [Favorevole con appunti]. — Pelle-
^Inl (F.), I. Sanesi, Il cinquecentista Ortensio Landò. Pistoia, fratelli Bracali
(In-8^ pp. 267) [Favorevole]. — Sensi (F.), C. Mazzi, Il tesoro d'un re. Roma,
Forzani e C; L. Maccari, Istoria del re Giannino di Francia. Siena, Nava, 1893
(In-8% pp. Lx-199) [Favorevole]. — Foffano (F.), G. Volpi, L. Pulci, studio bio-
grafico. Torino, Loescher, 1893 (In-8», pp. 64) [Favorevole]. — Comunicazioni:
Creselni (V.)^ Di un nuovo documento su Griovanni Boccaccio [Osservazioni alla
pubblicazione del Sauesi. Cf. e Rass. », 1,4, p. 120]. — Annunzi bibliografici:
F. FL^ V. Rossi, Caio Caloria Ponzio e la poesia volgare letteraria di Sicilia nel
secolo XV. Palermo, J893; V. Rossi, Jacopo cPAlbizzotto Guidi e il suo inedito
poema su Venezia. Venezia, Visentini, 1893 [Favorevole]. — A. d'A., D. Bona-
raici, Catalogo di opere biografiche e bibliografiche da esso raccolte. Lucca, Giusti,
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570 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
1893 [Fa?oreTole]. — F. S.^ G. Tropea, Fonti e leUeratura deUa geografia lueama;
Storia dei Lucani, Messina, 1893-94 [Favore?ole]. — A* d'À., Dante e gU Ebrei.
Gasale, 1893 [Sfavorevole].
10-11, 80 novembre. — Recensioni: Flamini (F.), A. Luzio e R. Renier,
Mantova e Urbino, Isabella cPEete ed Elisabetta Gonzaga nelle relazioni fami-
gUari e nelle vicende politiche. Torino-Roma, L. Roax e C, 1893 (In-8% pp. xv-333)
[Favorevole]. — Torraea (F.), G. Lajolo, Indagini storico-politiche suUa vita e
sulle opere di Dante Alighieri. Torino-Roma, L. Roux e C, 1893 (In-8«, pp. 211)
S Molti appunti]. — Pelleirriiil (F.), G. Biadego, Leonardo di Agostino Montagna
Hterato veronese del secolo XV. Bologna, Fava e Garagnaiii, 1893 (In-8*, pp. 139)
[Favorevole]. — Annunzi bibliografici: D'Ancona (A.), G. B. Marchesi, 3f a-
scheroni e i suoi scritti poetici. Bergamo, 1893 [Favorevole]. -— Scararaella [G.),
V. Fontana, Luigi Lamberti (Vita, scritti, amici). Reggio £milia, 1898 [Appunti].
12, 31 dicembre. — Recensioni: Gnarnerlo (P. E.), E. Bellorìni, Canti po-
polari amorosi raccolti a Nuoro. Bergamo, frat. Cattaneo, 1893 (In-8o, pp. 386)
[Favorevole]. — Boss! (V.), A. Luzio e R. Renier, Niccolò da Correggio. Torino,
Loescher, 1893 (In-8s pp. 1 15) [Favorevole]. — Appunti bibliografici: D'An-
cona (A.)^ G. Sercambi, Le Croniche, e Ist. stor. italiano», 1892-93 [Favorevole].
— D'Ancona (A.), T. Massarani, L'odissea della donna. Roma, Forzani, 1898
[Favorevole]. — Pubblicazioni nuziali [Cenno delle pubblicazioni per le nozze
Martini-Benzoni].
II, 1, 1894, gennaio. — Recensioni: Ive (A.), H. Varnbagen, Ueber die Fiori
e Vita di Filosofi ed altri Savii ed Imperadori. Erlangen, Jun^e, 1893 [Favore-
vole]. — Yandeìli (G.), Dott. Carlo Pini, Studio intorno al Sirventese italiano.
Lecco, tip. del Commercio, 1893 [Parecchi appunti]. — Annunzi bibliografici:
A* d'A«9 V. Cian, Il * Cortegiano * di B. Òastiglione annoterò ed illustrato. Fi-
renze, Sansoni, 1894 [Favorevole]. -— Menghini (M.), A. Medin, La risposta alla
' Vittoriosa gatta di Padova'. Padova, tip. Randi, 1893 [Favorevole].
2, febbraio. — Mancini (A.), Prompt, Les osuvres laUnes apochryphes du Dante.
Venise, Olskhi, 1893 [Favorevole]. — Comunicazioni: dovati (F), I mano-
scritti italiani d' alcune biblioteche del Belgio e deWOlanda [Cont.J. — A* d'A.,
L. Natoli, Gli studi danteschi in Sicilia. Palermo, tip. Lo Statuto, 1893 [Favorevole].
— A. d'A«, F. Zuccari, J7 passaggio per V Italia con la dimora di Parma. Roma,
tip. delle Mantellate, 1893 [Favorevole]. — Medin (A.). S. Morpurgo, Dieci so-
netti storici fiorentini. Firenze, G. Carnesecchi, 1893 [Favorevole]. — A. d'A.y
F. Gabotto, L'epopea del buffone. Bra, Racca, 1893 [Favorevole].
8, marzo. — Flamini (F.), B. Morsolin, Giangiorgio Trissino. Monografia di
un gentiluomo letterato del secolo XV L Firenze, succ. Le Mounier, 1894 [Favore-
revole]. — D'Ancona (A.), F. d'Onofrio, GVinni sacri di A. Manzoni e la Urica
religiosa in Italia. Palermo, Clausen, 1894 [Sfavorevole]. — Comunicazioni:
Pollak (C. A.), Carteggio di Pier Vettori nel Museo Britannico [Comprati nel
1836 alla vendita Heber. Dà notizia dei nomi dei corrispondenti, promettendo la
pubblicazione delle lettere più importanti]. — Annunzi bibliografici: Mar-
chesini (U.), A. Fa varo. Serie nona di scampoli galileiani. Padova, tip. Randi,
1894. — Per la edizione nazionale delle opere di GaUleo Galilei sotto gK auspici
di S. M. il Be d'Italia. Materiali per un indice dei manoscritti e documenti gor
ìileiani non posseduti dalla Biblioteca Nazionale di Faenze. Venezia, tip. Ferrari,
1894 [Favorevole].
Giuseppe Roberti.
.H$*$H-
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 571
ANNALES DU MIDI (Toulouse).
1893, ottobre. — Biade (J. F.), Géographie poìUique du sud-ouest de la Gaule
pendant la dominatian ronuxine [Nel periodo dalla conquista dell*Aqaitania (56 a. C.)
fino allo stanziamento dei Visigoti (418 d. C. ca.). Cont.]. ~ Pélissier (L; G.)>
L*amba8sade d^Accwrse Maynier à Veniae (1499) [Importanti documenti degli ar-
chivi di Venezia e di Milano permettono di studiare con ampiezza questa ambasceria,
che illustra la storia della lega tra Luigi XII e i Veneziani contro lo Sforza].
1894, gennaio. — Biade (J. F.), Créographie poUtique du sud-ouest de la Gaule
pendant la domnation romaine [Coni]. — Péllssler (L. G.), Vambassade d'Ac-
curse Maynier à Veniee (1499) [Cont.].
BIBLIOTHÈQUE DE L'ÉCOLE DES CHARTES (Paris).
LIV, 5, 1893, settembre-ottobre. — Pradhomme (A.), De V origine et du sene
dumot de 'Dauphin' et *Daup7tiné* et leura rapporta avecTemblème du Dauphin
en JDauphiné, en Auvergne et en Forez [Teniamo conto di questo articolo, quan-
tunque non di soggetto strettamente italiano, per le molte relazioni che ha col-
l'Italia. Riassunte le precedenti ipotesi, il P. dà il risultato degli spogli dei cartu-
lari editi ed inediti per rin tracciarvi le sottoscrizioni dei delfini di Vienna dal 1110
al 1307, e dei delfini d^Alvernia dal 1196 al 1481 : * delpbinus ' sarebbe un prenome
d! Gnigo IV, serbato dalla maggior parte dei suoi successori, divenuto titolo di
dignità col principio del secolo XIV, e passato ai signori d^AWernia per ragioni di
di parentela. Il nome * delphinatus ' compare nel secolo XIII fin. : Temblema del
delfino fu adoperato per primo dal conte di Clermont nel secolo XII fin.]. — Cou-
derc (C), Note sur ime compilation inèdite de Hugues de Sainie Marie et sa * vie
de Saint Saeerdos évéque de Limoges ' [Dà notizia di un'operetta inedita di H. de
S. M. nella biblioteca di Bordeaui[, che deve servire di corollario alla sua e vita di
San Saeerdos >. Contiene anche una lista assai imperfetta dei papi].— DelÌ8le(P.)
e Lalr (3.),JulienHa:vet [Discorsi funebri; segue la bibliografia dei lavori delVE.].
— Meyer (P.), P. M, Perret [1861-1893. Si occupò anche di ricerche di storia
italiana del 400].— Bibliographie: Fonmìer {F.\ La prose métrique de Sim-
maque et ks origines métriques du * Cursus * per L. Havet [Favorevole]. — Foar-
Bier rP.), Étude sur le * lAÒer cenwutn * de TÉglise romaine par Paul Fabro [Fa-
vorevole con qualche appunto].
6, novembre-dicembre. — BatUTol (L.), L'origine italienne des Juvenel des Ursins
[Le prove che 8*invocano per sostenerne la derivazione dagli Orsini sono insufficienti.
I J., che ebbero tanta importanza nel secolo XV, tentarono di accrescere la loro fama
collegando fìintasticamente le proprie origini colla Simiglia romana]. — Ledos (E.G.),
Lettre inèdite de Cristoforo Landino a Bernardo Bembo [Di invio del noto com-
mento nel ms. Yd, res. 17 della Nazionale parigina].
BIBLIOTHÈQUE UNIVEESELLE ET REVUE SUISSE (Lausanne).
LVm, 172, 1898, aprile. — Florlant (V. de), La lèpre et ks lépreux dans
natre temps [Accennato alle condizioni dei lebbrosi nel Medio Evo, si ferma di pre-
ferenza sui centri moderni d'infezione].
173, maggio. — N, N.^ Chronique itakenne [Le Nozze d'argento e i Beali
d* Italia. Conchiude i ritratti molto lusinghieri di Umberto e Margherita dicendo:
€ Tous denx sont encore jeunes et pleìns d*activité. Ils peuvent tourner la téte en
arrière et regarder le chemin parcouru sans douleur et sans remords. L' Italie a en
somme grandi et prospere depuis eux »]. «
LIX, 175, luglio. — - N. N., Chronique itàUenne [Parla favorevolmente dei recenti
lavori del Pasolini sulla Sforza e del Pascolato sul Sarpi].
176, agosto. — N. N., Chronique itàHenne [A proposito del recente concorso
d'italiano pei licei parla dell* indirizzo esclusivamente erudito degli studi letterari
e lo qualifica reazione transitoria contro le tendenze esclusivamente patriottiche della
letteratura nostra prima del '60. Esamina poi le nuove pubblicazioni del Villari].
LX, 178, ottobre. — Mounier (P.), Une bourgeoise de la Benaissance. Aks-
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572 SPOGLIO DI PERIODICI FBANCBSI
Sandra Macinghi negli StroMgi [Si vale delle lettere pubblicate nel '77 dai Guasti
per ritrarre la bella figara della madre di Filippo Strozzi].
180, dicembre. -— N. If.y Chronique italienne [Parla della * Società Dante Ali-
ghieri '].
BULLETIN DB LA SOCIÉTÉ D'ÉTUDES DES HAUTES ALPES (Gap),
2* S., XII, 7, 1893, luglio. — AUemand (A.), Topographie et archeologie du
eanton de Veynes [Qualche cenno dell*epoca romana].
8, ottobre. — Allemand (A.), Topographie et afcTiéologie du eanton de Veynu
[Cont.]. — Bomien (C), Découverte archéohgique [Una pietra con frammento di
iscrizione a Montsaléon].
BULLETIN DE L'UNIVERSITÉ DE LYON (Lyon).
VI, 7 e 8, 1893, maggio-giugno. — Revne bibliographique: Texte (J,),
Dante^ son iemps^ son csuvre, 8on genie. Étude litteraire et crìtique par John
A. Symonds tri^uit par M.lle C. Augis. Paris, Lecène et Oudin, 1893 [Favorevole].
9, Inglio. — Andibert (A.), Essai de eréation d'un séminaire de droit romain
[A Lione]. — Bibliographie: Waddtngton (A.), LeUres intimeìì de J. M. AJ-
beroni adressées au eomte J. Bocca, ministre des finances du due de Panne et
pnbliées d'après le manuscrit du collège de San Lazzaro Alberoni par Émile Bonr-
geois. Id-8*, pp. Liii-701. Paris, Masson, 1893 [Favorevole].
VII, 4 e 5, 1894^ febbraio-marzo. — Chronique universitaire et informa-
ti ons [Pubblica ravviso di concorso deiristitnto di storia del diritto romano di
Catania]. — Bibliographie: J. T*^ M. Bonnet, La phihhgie classique: Six
conférences sur Vobjet et la méthode des études supérieures relaiives à Vantìqmté
grecque et romaine [Favorevole].
BULLETIN D' HISTOIRE ECCLÉSIASTIQUE ET D'ARCHEOLOGIE RE-
LIGIEUSE DES DIOCÈSES DE VALENCE, GAP, GRENOBLE ET
VIVIERS (Romans).
XII, 2, 1892. — Perrossier (C), Un Bomanais pélerin de Rome en 1750
[Meritavano esame gli inediti documenti del pellegrinaggio di Pierre Meynier, ope-
raio di Romans, perchè danno idea del modo con cui si compivano tali pellegrinaggi
nel secolo XVIII, che però non erano frequenti. Cont.].
3. — Perrossier (C), Un Bomanais pélerin de Rome en 1750 [Cont.].
4. — Perrossier (C), Testament d'un pélerin de Bome en 1720 [{sic) ma 1620.
Jean Perrotin fa testamento prima di recarsi in pellegrinaggio a Roma. Non si
hanno altre notizie di lui].
BULLETIN INTERNATIONAL DE L'ACADÉMIE DES SCIENCES DE
CRACOVIE (Cracovie);
1892, 8. — N.; Materyaly do historyi Polaków w Padwie [di S. Windakiewiez.
Materiali per la storia dei Polacchi a Padova nel secolo XVI. Molto diligente]. —
5.. Informaeya o aktaèh Uniwersytetu bolónskiego [di S. Windakiewiez. Note sui
Polacchi airUniversità di Bologna. L*A. ha potuto raccogliere maggior copia di do-
cumenti].
1893, 3. — N«, SpratoQgdanie e prae archiwalnych w Archiwum Watykans-
kiem i miiych archiwachrgymskich sa roch 1892 [Relazione delle ricerche fatte
negli archivi Vaticani ed in altri archivi romani nel 1892, di S. Smolka. Intorno
al regno di Sigismondo III (1586-1632)].
6. — N*; S. Windakiewiez, Teatr Wladyslawa IV [L'opera italiana alla corte
di Ladislao IV. 1633-1648. Nei viaggi in Italia, Ladislao, principe ereditario, aveva
dimostrato grande passione per gli spettacoli teatrali ; salito al Isrono, fece venire in
Polonia una compagnia diretta da Virgilio Parcitelli, che contò molti buoni soggetti
e fu molto celebrata].
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 573
10. — N.. J. BrzezinfCsky, 0 Kohkordaiach StóUcy AposiolskUij w PóUce w
ioièhà XVI [I concordati della Santa Sede colla Polonia nel secolo XVI. Non fa-
rono finora studiati che incidentalmente: hanno invece importanza assai anche per
la storia generale].
JOURNAL DES SAVANTS (Paris).
1893, aprile. — Bréal (M.), Le manuaerit étrusque cPAgram [Analisi molto
favorevole delle conclusioni del Krall].
Agosto. — Bolssier (G.), Musée et cólìectìons archéohgiques de V Algerie [Le
recenti pubblicazioni ufficiali mostrano quanto si è fatto dopo la conquista per stu-
diare TAfrica romana].
Dicembre. — Wallon (H.), L'Emrope et la BévoluHon franQaise [Larga recen-
sione della pubblicazione di A. Sorel, « una delle più notevoli che siano venute in
luce sul periodo della Rivoluzione »].
1894, gennaio. — Wallon (H.), L'Europe et la RévólutioH frangaise [Cont.].
Marzo. — Wallon (H.), L'Europe et la Revolution frangaise [Cont.]. — Bols-
sier (G.)» Pétrarque et Vhumanieme [Il lavoro del De Nolhac sulla biblioteca del P.
è più ricco di quanto prometta il suo titolo e riesce una completa trattazione della
materia].
L'ANCIEN FOREZ (Roanne).
XI, 1892, marzo. — Pérot (F.), Note eurdes antiquUés réeemment découvertes
à Digoin (Saune et Loire) [Gettano luce sull*antica città romana].
.Giugno. — Christophe Colomba sa famiUe^ son quatrième centenaire [Artiooletto
d*occasione, in cui si allude ad una nuova ipotesi intomo alForigine di Colombo,
fondata sulla identità del blasone di certi Colomb, di Saint-Etienne, del sec. XVII {sic)
con quello dei « Colomb d* Italie »!!].
Luglio. — Pérot (F.), Découvertes gaOoromaines à Bourbon-Lancy [Molto im-
portanti, perchè attestano resistenza di terme frequentate].
Agosto. — Les familles tiirées du Force au XIX^ siicle [Titoli pontifici].
XII, 1893, luglio. ^ Passage du roi Louis XIV à Boanne en 1659 [Vi è ram-
mentato anche Carlo Emanuele II duca di Savoia].
Agosto. — Passage du roi Louis XIV à Boanne en 1659 [Cont. e fine].
LA REVUE GENERALE (Bruxelles).
LXII, 1898, maggio. — Pérlilat (L.), Une excwsian à Venite [Impressioni di
viaggio].
Luglio. — Bnet (C), Joseph de Maistre inconnu [La pubblicazione del Descotes
su « J. de M. avant la Revolution >, che giudica molto favorevolmente].
Ottobre. -— De Bicaalt d'Héricault (Oh.), De quelques ouvrages sur la Bévo-
hition [Riguardano indirettamente V Italia : e Un agent secret sous la Revolution.
Le comte d*Antraiques > di L. Pingaud, e « Une mystique róvolutionnaire. Susette
Labrousse » di C. Moreau. Cont.].
LVIII, novembre. — De Bieanlt d'Héricaalt (C), De quelques ouvrages sur
la Bévolution [Vi si tien conto di M. Ricard, < Le cardinal Fesch » ; L. Grasilier,
« Mémoires de Tadjudant general Landrieux >].
^Dicembre. •— Saey (P.), Le mouvement socialiste de 1890 à 1894.
LIX, 1894, febbraio. — Bordeaux (C), Dalmatie et Herzegovine [Ricordi di
viaggio].
Marzo. — Mallet (0. C), À travers le passe, Souvenirs sur Napoìéon I [L'ab-
dicazione di Fontainebleau].
MÉLUSINE (Paris).
VI, 2, 1892, marzo-aprile. — Gaidoz (HOi Les esprita-forts de Tantiquité clas-
sique [Rileva dal ' De natura Deorum * di Cficerone una frase ateista di M. Cotta].
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674 ^ SPOGLIO DI PERIODICI FiU^CESI
5, settembre-ottobre. — Oaldos (H.), Lts esprits-forts de VcmiiquUé dassique
[Trae dal * DizioDario delle Antichità ' di Daremberg e Saglio ana sentenza ateista
riguardo alia conTersione dei doni votÌTÌ in nsi profani].
6, noyembredicerobre. — Galdoz (H.), La Vierge aux sept gìawes [Listar
assira antica progenitrice di Artemis e di Diana sarebbe il modello del tipo tradizio-
nale della Vergine dei sette dolori, che appare sul finire del Medio Evo],
7, 1893, gennaio-febbraio. — Doncienx (H.), La fiUe qui fait la morte pour
8<m honneur garder [Con riscontri italiani della leggenda. Cont.].
8, marzo-aprile. — Galdoz (H.), Le prétendu meurtre ritueì de la Pàque jwve
[Recensione della pubblicazione dello Strack, « Der Blutaberglaube in der Menschfaeit,
blutmorde nnd Blutrìtas »].
9, maggio-giugno. — Galdos (H.), Le grand diable d'ar^etU patron de la finanee
S Stampe ^ immagini satiriche contro gli speculatori; le riguarda come ultima eoo
lei cidto di Mercurio].
11, settembre-ottobre. — Doncienx (G.), La Fernette [Variante italiana di una
nota canzone francese].
12, novembre-dicembre. — Oaidos (H.), La Vierge aux sept glawes [Polemica
coi padri bollandisti].
VII, 1, 1894, gennaio-febbraio. — Galdoz (E.), Le grand diable d'argent patron
de la finanee [Cont.].
MÉMOIRES ET DOCUMENTS PUBLIÉS PAR L'AOADÉMIE CHABLAI-
SIENNE (Thonon).
VI, 1892. — Valfrid (F.), Première tentaHve dea Luzernais pour entrer dans
la province du Chablais. 1688 [Documenti inediti che fissano la data e danno par-
ticolari del primo tentativo fatto dai Valdesi rifugiati nel Cantone di Vaud per
il rimpatrio].
MÉMOIRES ET DOCUMENTS PDBLIÉS PAR LA SOCIÉTÉ D'HISTOIRE
DE LA SUISSE ROMANDE (Lausanne).
ni, 1891. — De Montet (A.), Madame de Warens et le pays de Vaud [Par-
lando deiramica di Rousseau, accenna spesso al loro soggiorno in Savoia ed alle
condizioni di questo paese sotto la monarchia sarda nel secolo XVIII].
IV, 1, 1892. — Piaget (A.), Poésies fran^aises sur la bataiUe de Marignan
[In miscellanee della Nazionale di Parigi. Non hanno valore letterario, ma impor-
tanza storica, perchè mostrano come la notizia della battaglia fosse accolta in Francia
con grande entusiasmo particolarmente perchè erano stati sconfitti gli Svizzeri].
REVUE DE DROIT INTERNATIONAL ET DE LÉGISLATION COM-
PARÉE (Bruxelles).
XXV, 2, 1893. — Engelhardt (E.), La diplomatie au temps de MacMavel [di
R. De Maulde-La Clavière. Rileva con vivissimi elogi Timportanza di questa pub-
blicazione, la quale si può dire un primo passo in un nuovo campo di studi storici].
— Rolin (E.), StudU sulle costituzioni moderne [di L. Palma. Il E. lamenta che
il libro non formi un tutto armonico, ma sia piuttosto la riunione di studi quasi
slegati fVa di loro; lamenta altresì che questi non approfondiscano tutti ugualmente
il loro argomento e ohe le citazioni bibliografiche non siano precise; ma loda Tim-
portanza dell'argomento e la forma sobria].
XXVI, I, 1894. — Bozzati (J. C), La cinquième oonférence intemationak des
soeiétés de la Croia Bouge [A Roma nel 18921. — Engelbhart (E.), La diplo-
mane au temps de Machiavel [del De Maulde-la-Clavière. Recensione favorevole].
REVUE DE GÉOGRAPHIE (Paris).
XVI, 4, 1892, ottobre. — Biade (J. F.), Géographie poliUque du sudrouest de la
Gaule franque d'apràs le cogmographe anongme de Ravenne [Passando in rassegna
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 575
tatti i nomi locali delia Gallia franca^ che si trovano neiranonimo ravennate, e
controllando le notizie di qnesto cogli stadi posteriori altrui e coi suoi proprii, TA.
cerca d'identificare i detti nomi locali con quelli corrispondenti moderni e di stabi-
lire il valore deiranonimo]. — Lettre du pa^ Leon XIII aux arehevéquea et
évéques d'Espagne, d^ItàUe et dee deux Amértques sur Christophe Coìomb [Tra-
duzione di questa lettera in lingua francese].
5, novembre. — Biade (J. F.), Géographie poUHque du sudroueet de la Graule
franque d^après le coamographe anonyme de Bavenne [Compimento dell'articolo
citato sopra]. — Levasse or^ Paroles prononcées au nom dea délégués franai» à
la CommémoraUon de Gristophe Colomba le 26 eeptembre 1892. — Drapeyron (L.),
Parolee prononcées au nom de la * Bevue de òéographie* et de la Société de To-
pographie de France au Congrès de Génes et de Huelva^ le 20 septembre et le 8
octobre i892. — Eéponaes de M, le marquis Boria et de Af. le due de Veragua
à 3f. L. Drapeyron.
6, dicembre. — Drapeyron (L.), La commémoratUm de Cristophe Colomb en
Italie et en Espagne [Uk. fa una relazione delle accoglienze e delle impressioni rice-
vute a Genova durante le feste pel centenario della scoperta deirAmerìca ; accenna in
poche parole ai discorsi ed alle nuove pubblicazioni, che queste feste hanno provocate e
conchiude affermando la sua opinione che Cristoforo Colombo sia nato a Genova. Ad
un di presso il medesimo argomento svolge trattando delle feste spagnuole]. — Dra-
pejTon (L.), Influencia del descubrimimh del Nitevo Mundo en las eiendas geo-
gràphicas [di M. Ferrerò. Favorevole cenno].
8, 1893, febbraio. — Drapeyron (L.), Évólution comparée des études géogra-
phiques en France et en Italie durant les quiruse dernères années [Il presente è
un discorso che VA. pronunciò nel primo Congresso geografico italiano tenuto a
Genova ed in esso, mentre rileva il grande contributo recato agli stadi geografici
dalla Francia, loda pure i grandi progressi fatti in pochi anni dall'Italia].
9, marzo. — Drapeyron (L.), Le * generate testo atlante ' du professeur Arcan-
gelo Ghisleri [Annuncio straordinariamente favorevole]. — Drapeyron '(L.), Amé-
riques, Amerigo Vespucci et Amérique [di J. Marcon]; Quelquea observatwns sur
r origine du mot America [di E. T. Hamy. Il R. è più favorevole al primo, che al
secondo autore]. ^
11, maggio. — Féte scientifiqtse en ÌJionneur de Cristophe Colami, ala mairie
du Panthéon, le 15 avril 1893 [Questa relazione contiene di notevole il discorso
fatto in quest'occasione dal Drapeyron].
12, giugno. — Drapeyron (L.^, Le genie commercial ligure au moyen-dge et
dans les temps modernes. Visite a VÉcole supérieture de commerce de Génes (22
septembre 1892) [L'A. dopo aver detto che il palazzo di San Giorgio a Genova
è dopo quello di San Marco a Venezia il più bello ed il più antico che conti l'I-
talia (!) ed aver fatto un grande, benché brevissimo elogio dell'attività dei Liguri
nel Medio evo, tratta dell'Esposizione dei lavori della Scuola superiore di commercio
fatta a Genova durante le feste Colombiane e ne tesse pure grandi elogi].
i, ottobre. — Drapeyron (L.), Lceuvre de la section didactique du Congrès
géographique de Génes [Il metodo topografico e il metodo geologico a proposito
delle Alpi ^^éKlgìi Appennini].
6, dicembre. — Bellet (D.), Les établissements de Malte [Descrizione geografica
e riassunto storico. Cont.].
REVUE DES ÉTUDES JUIVES (Paris).
XXV, 50, 1892, ottobre-dicembre. — Porgès^ Les relaOons hébraKques des per-
sécutions des Juifs pendant la première croisade [Esamina tre relazioni intorno
alle persecuzioni sofferte dagli Ebrei durante la prima crociata, recentemente edite].
XXVI, 51, 1893, gennaio-marzo. — Beinach (Ih.}, (^uid Judaeo cwn Verre?
[Citato U passo recato nel titolo e tolto dalla Vita di Cicerone scrìtta da Plutarco,
'A. esamina diffusameifte le questioni, a cui esso ha dato luogo, e conclude, che
Tavversario di Cicerone, « Caecilius Niger », a cui si disse rivolto il motto, non fu
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576 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
né giudeo, nò affrancato, che il motto è apocrifo e che non T*ha ragione da argo-
mentare da esso, che prima ancora che Pompeo occapasae Gerusalemme, già si fos-
sero diffuse in Italia od in Sicilia comunità giudaiche e propagande di queste]. —
lùinftnaiin (D.), La familìe de Yéhieì de Fise [Tesse la storia di questa famiglia,
che dice una delle più illustri famiglie ebraiche, le quali siano esistite in Italia:
incomincia perciò dal principio del secolo XV e va fino quasi al termine del secolo
seguente, rilevando particolarmente i meriti letterari e scientifici di alcuni membri
di questa famiglia].
XXVI, 52, 1893, aprile-giugno. — Porgès^ Les relations hébraiques des perse-
cutions des Juifs pendant la première croisade [Questa parte deirarticolo, impor-
tante per la severa recensione dei lavori del Breslan e del Baer, non si riferisce
pNsrò alla storia italiana]. — Levi (J.), Les Juifs de Candie de 1380 à 1485 [L'À.
si occupa degli studi fatti in proposito dal Noiret e Steinscbneider e colla loro scorta
tesse un quadro generale delle condizioni fatte agli ebrei di Creta dalla repubblica
di Venezia e ne rileva la durezza]. — Kaiifmanu (D.), La famille de Tehiel de
Pise [A corredo del suo articolo TA. pubblica qui una lettera della comunità di
Pisa ed altri documenti ebraici].
REVUE D'HISTOIRE LITTÉRAIRE DE LA FRANGE (Paris).
I, 1, 1894, 15 gennaio. — Brunot (P.), Un prqjet ei't enrtcAtr, magnifier et
pubKer » la langue franQaise en 1509 [Di Claudio di Seyssel, vescovo di Marsiglia.
Luigi XII doveva esser disposto ad accogliere le idee del S. specialmente perchè gli
faceva notare come avrebbero potuto essere utili per rendere più stabili le conquiste
in Italia]. — Boy (E.), L" Avare ^ de Doni et V 'Avare ' de Molière [M. conobbe
e si valse dell* * Avaro ' del D.]. — Tonmenx (M.), Madame Geo/froi et les édi-
Uons expurgées des * Lettres famUières * de Montesquieu [Ti ebbe parte in senso
ostile alla Geoffroi Tabate Guasco, già famigliare del Montesquieu].
ROMANIA (Paris).
XXII, 85, 1893, gennaio. — G. P«, Étude romanes dédiées à Oaston Paris le
29 décembre 1890 [Il Paris stesso dà una minata e diligente analisi dei singoli
articoli, tra i quali notiamo come meno lontano dagli studi sterid propriamente
detti: G. Raynaud, « Quelques notes sur Arleqain »].
86, aprile. — Parodi (E. G.), Studi dialettali veneti [Recensione di: M. Gold-
staub e R. Wendriner, « Éin tesco-venezianischer Bestiarius »; F. Novati, « La 'Na>
vigatio Sancii Brendani ' in antico veneziano > ; L. Luzzatte, < I dialetti moderni
delle città di Venezia e Padova »].
87, luglio. — Cais de Pierlas (E.) e Meyer (P.), Mémoire en provengaì pré-
sente en 1398 au comte de Savoie par les Grimaldi de Beutl [Protesta contro gli
ufficiali del conte di Savoia. Ha importanza linguistica perchè sono rari i documenti
del provenzale del contado di Nizza prima deirimraissione di elementi stranieri].
Giuseppe Roberti.
ARCHIV PUER GESCHICHTE DER PHILOSOPHIE (Berlin).
VI, 2, 1892. — Toeco (F.), L'Isagogicon moralis diseipUnae di Leonardo Bruni
Aretino [Fa conoscere meglio quest'opera di cai rileva il carattere e la fama avuta].
3, 1893. — Giittler (C), Zwei unbekannte Dialoge Giordano Bruno's nebst
biographischeìi Notieen [Accennato ad un punto della biografia di Giordano Bruno,
ch'era men noto, TA. dà notizia dei due dialoghi dedicati dal Brano al matematico
salernitano Fabrizio Mordente ed intitolati : € Jordani Bruni Nolani Dialogi duo de
Fabricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione ad perfectam cosmime-
triae prazim >]. — Stein (L.), Jahresbericht iiber die deutsehe Litteratur sur
Phibsophie der Benaissance. 1889-92 [Fra le recensioni, che qui compaiono, c'in-
teressano quella della « Geschichte der Pàpste seit dem Ausgang des Mittelalten >,
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 577
Tol. II, di L. Pastor, faTorevolissima, ma non senza appunti; una recensione delia
monografia di F. Berger, * Dante*s Lebre Yom Gemeinwesen *; una terza intomo a
due laYori di Th. Klette e di E. Wotke intomo a Leonardo Brano d'Arezzo].
4. — Stein (L.), Jahresbericht Uber sàmmtliche Eracheinungen auf dem Oebiete
der Chsehièhte der Philosophie [Tra i lavori recensiti ci interessano V ' Epistolario
di Golaccio Salutati \ toI. I, a cara di F. Novati, al quale il B. dedica nn elogio
entusiastico; otto pubblicazioni intorno a Giordano Bruno di A. Biebl, H. Bender,
K Beyersdorff, B. Landseck, L. Euhlenbeck, J. Thikdlter].
CENTBALBLATT FUER BIBLIOTHEKSWESEN (Leipzig).
X, 4-5, aprile-maggio, 1893. — Ehrhard (A.), Zur Cakdoamrung der Elei-
neren Bestànde (Meckischer Handschriften in ItaUen [L*A. inoica sulle generali
la grande ricchezza di manoscritti greci posseduti dalle biblioteche italiane anche
nelle città minori, passa in rassegna i manoscritti greci conservati a Genova e ne
dà un esame sommario].
6, giugno. — Nlcholsoii (E. W. B.^, The earìy Paris editiona of Columbu8*8
First ' Epistola ^ [Presenta alcuni brevi appunti intomo alla prima edizione Pari-
gina di questa importante lettera]. — Haeberllii (C), Catalogo di manoscritti
greci esistenti neUe biblioteche italiane, I, 1 [di E. Martini. Benché rilevi che il pre-
sente volume non reca molto di nuovo, tuttavia si ripromette da questo una lunga
serie di altri più importanti].
7-8, luglio-agosto. — Batlffol (P.), La biblioteca Vaticana, proprietà della sede
apostolica, memoria storica [ài I. Carini. Il B. dopo aver segnalato l'interesse, che
la persona deirA., prefetto della biblioteca medesima, conferisce al lavoro, afferma,
che non si comprende il motivo del sottotitolo dato al lavoro, poi lamento la man-
canza di precisione nelle indicazioni bibliografiche, di notizie intomo a certi perso-
naggi e Tabbondanza dì errori nei particolari].
10-11, ottobre novembre. — Alien (T. W.), The Greek manuscripts of Perugia
[Fatta la storia della biblioteca comunale di Perugia, FA. ne descrive i mano-
scritti greci].
12, dicembre. — Uun (M.), Die Bibhotheken im alten Bom [Accennato come a
Cesare debbansi i prìncipi delle biblioteche di Boma antica, FA. passa a discorrere
della prìma biblioteca pubblica ivi fondata da C. Asinio Pollione, narra poi delle bi-
blioteche istituite da Augusto nei portici del tempio di Apollo sul Palatino e in
campo Marzio, di quelle fondate da Tiberio, Vespasiano e Traiano, di quella Capi-
tolina; dopo studia i diversi uffizi degli impiegati a quelle biblioteche, traendone
le notizie specialmente dalle iscrizioni lapidarie; infine dà uno sguardo anche alle
altre biblioteche deirimpero, fuori di Boma ed accenna alla tradizione, che queste
conservarono nel Medioevo mercè i monaci]. — Carini (I.), La bibUotJièque Vati-
cane [Bispondendo agli appunti mossi da P. Batìfiol alla sua pubblicazione: 'La
biblioteca Vaticana, proprietà della sede apostolica*, PA. chiama quella recensione
non solo severa, ma ingiusta, spiega la ragione del sottotitolo, fondata sulla consi-
derazione del papa non come re, ma come capo della Chiesa, difende poi molti degli
errori imputatigli dal recensente]. — Batiffol (P.), Béponse [Il B. risponde breve-
mente alla difesa sopra citata}.
XI, 1-2, 1894, gennaio-febbraio. — Harrigge (H.), Christophe Colomb et Us Aca-
démieiens EspagnoU. Notes pour servir à Thistoire de la science bibhographiqtie
en Espagne au XIX* sièele [L'A. imprende una minuta recensione delFopera pub-
blicata dalla ' Beai Academia de la Historia * col titolo di * Bibliografia Colombina.
Enumeración de libros y documentos concemientes à Cristóbal Colon y sus viajes *:
anzitutto egli tratteggia con pochi, ma durissimi tratti il passato degli autori del-
Topera; poi viene al metodo, segna quale questo dovrebbe essere stato per rispon-
dere ai bisogni degli studiosi, poi ci rappresenta quale veramente è e ne rileva la
confusione, le lacune gravissime, le numerose ripetizioni della descrizione d*un me-
desimo libro &tta però in modi ben diversi, la notizia data di libri o d'autori non
mai esistiti, i numerosi e gravissimi errori di molte notizie; si ferma poi partico-
larmente per conto proprio sulle edizioni e traduzioni della celebre lettera, con cui
Rivista di storia Italiana, XI.
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578 SPOOLIO DI PERIODICI TEDESCHI
Crìstoforo Colombo annunciò ai re cattolici la saa scoperta; e conclude cbe noD
ricorda un'opera bibliografica, nella quale sìeno stati accumulati tanti errori: la re-
censione è schiacciante].
DEE KATHOLIK.
S. S\ Vili, 1893, aprile. — Sehmid (F.), DogtnatUche Beflexùmen Ubar d»e
Beruftmg der aOgemeinen CondUen im AUerthum,
Giugno. — Blank (0.), Das MarienbUd in der eraten drei Jahrhunderten. —
Bellesheim (A.), Johannea Baptisia Cardmaì Pitra.
Settembre. — Panlns (N.), KtxthóHsche Schrifìstelìer aus der ReformatiomeU,
— SohmitSy Der Cultus der hi Anna am Awtgange dea MiUeìàlters.
Ottobre-noyembre. — Bellesheim (A.), Bómùche Urkunden zur Béìeuchtunq
der Ehescheidung HemricKs Vili in Engìand, — Roejiiek; Zur GeaehùAte
dee * Ofjfieium defunctorum \
S. 3% IX, 1894, gennaio. — Heinrlclis (R.), Oregar der Orasse.
Febbraio. — Selbst^ Das papstìiche Bundschreiben* Providentissimus Deus*
iiber das Studium der hi Schrift. — SftgniiUier, Der Anfang dee siMAUchnK
AussehUessungrechtes (ius easdusivae) in der PapstioaM.
Marzo. — Selbst^ Dm pàpsUiche Bundschreiben * Providentissimus Deus * iìher
das Studium der M. Schrift. — Bellesheim (A.), Der ehrwilrdige Cardinai Bel-
larmin in katholiseher Bdeuehtung. — Wagner (P.), Giovanni Pierluigi da
Paìestrina,
DEUTSCHE RUNDSCHAU (Berlin).
1892, giugno, XYIII, 9. — Kooh (Th.), AnOke Basse und Làwen mu Venedig
rL*A. si occupa dei celebri caTalll di San Marco e dei leoni posti alFentrata del-
rarsenale: riguardo ai primi, tracciata la storia dell'epoca, in cui essi furono tras-
portati a Venezia, cita prima la leggenda della loro provenienza dalla Persia, poi
fu studi &tti a questo proposito e conclade esser essi d'origine greca; poi ricerea
ove a Costantinopoli fossero collocati, qnale ne sia Tepoca, chi ne sia stato Vao-
tore, qua! posto occuparono dapprima a Venezia; poi. Tenendo ai leoni dell'arsenale,
tesse pure la storia dell'epoca, in cui essi furono portati nelle lagune, cita la de-
scrizione, che di essi & Gotbe, indica qual posto occupayano in Atene, donde ci
pervennero]. — N* N.^ Der * Principe ' des MachiavelU [Recensione favorevole del
libro di L. A. Burd * Il Principe by Niccolò Machiavelli *],
10-11, luglio-agosto. — Brahm (0.), Bómische Briefe vom Karl Stauffer-Ben
(Pubblica le lettere scritte da Roma dal pittore Staaffer-Bern negli anni 1888-89,
tacendole precedere da un breve cenno intorno all'importanza deir artista tedesco].
12, settembre. — Lenz (M.), Van unserm Histarischen Institut in Barn [L*A.
tesse la storia deiristituto storico prussiano fondato in Roma di recente, poi si o^
cupa in ispecial modo dei tre primi volami pubblicati da questo dei ' Nuntiaturbe^
richte aus Deutschland \ di cui rileva la ricchezza dei documenti ed i punti storia
più interessanti, la nunziatura del Vergerlo in ispecial modo].
XIX, 1, ottobre. — Hartwig (0.), Fhrens und Dante [VA, propostoei di espone
in brevi lincee quella parte della storia di Firenze, che può formare il miglior com-
mento alla ' Divina Commedia \ incomincia col fare la biografia dell* Alighieri; poi
accenna allo sviluppo, che aveva preso la vita politica in Firenze, quando Dante
nacque ed alle diverse fazioni, che vi si erano formate; rione quindi alle relazioiu
dei pontefici con Firenze, agi* intrighi del Valois ed alFesilio del poeta. Dalla rita
politica passando a quella civile, FA. esamina l'opera, che su questa avevano eser-
citata le crociate, poi descrive il complesso delle arti, che erano sorte in Firenze, e
la loro organizzazione, poi i sentimenti religiosi, le credenze, le superstizioni del
popolo, gli odi di classe particolarmente fra i grandi ed i popolani, i viaggi dei
mercanti, il lusso e i vizi, il nascere delle belle arti e della poesia].
2, novembre. — Orimm (H.), Leonore van Este [L'A. esamina il dramma, inti-
tolato Tasso, di Gothe e cerca le ragioni della sua poca fortuna nei rapporti cbe
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 579
«880 ha oolU realtà storica]. — Hartwlg (0.)» Florenz und Dante [Riprendendo il
suo stadio, VA, esamina ora il carattere di Dante ed i modi, in cui qnesto stesso
lo manifestò nei snoi scrìtti; il suo sentimento per le bellezze della natura, le sue
<»pinioni morali e politiche via via sviluppa tesi e modificatesi per le fortunose vi-
cende della sua vita].
3, dicembre. — N. N.^ Dante^Handòuch, EinfUhrung in das Studium dee Le-
òens und der Schriften Dante Aìighieri^s [di G. A. Scartazzini. U R. dice questo
lavoro imparegjB^atoj.
6, marzo, 1893. — Grlmm (H.), Dante-lÀteratwr [Rilevata Timportanza, che
presso i moderni hanno Omero, Dante e Shakespeare, PA. si occupa della quarta
edizione della * Dante Alighieri's Gottliche KomOdie * illustrata dal Philalethes; del-
Topera: 'Dante, son temps, son oeuvre, son genie* di G. A. Symonds; dell'opera
* The new Calendar of Great Men. Biographies of the 558 Worthies of alPAges and
Kations in the positivist Calendar of Auguste Comte * di F. Harrison ; delle ' Luca
Signorelli's lUustrationen zu Dante Divina Commedia \ edite da F. E. Kraus]. —
Hlibner (E.), Zur OoHumbuè-Feier, Die JEntdeckung dee Eu^opaischen Western
SL*A. nel suo brevissimo articolo con un confronto vaol dimostrare che la scoperta
ell^Amerìca fu per l'Europa occidentale ciò, che per i Fenici, i Greci ed 1 Romani
la scoperta della Spagna].
7, aprile. — Bodenberg (J.), Eine Frùhìingsfahrt naeh MàUa. Mii Auaflugen
in SieiUen rL*A. descrive la partenza da Genova, una fermata a Napoli, la vista
dello Stromboli, della Calabria e della Sicilia, le visite fatte a Reggio, Messina,
Catania, infine Tarrivo a Malta. Queste descrizioni qua e là toccano le condizioni
storiche ed economiche dei diversi paesi]. — If, N.^ Ist die G^eechichte eine Wis-
senschaft? [Favorevolissimo annuncio dell'articolo di questo titolo pubblicato dal
Yillari nella 'Nuova Antologia* e tradotto in tedesco da H. LOwinson].
8, maggio. — Bodenberg (J.), Eh\e FrUhUngsfahri nach Malta, Mit AueflUoen
£L*A. descrive qui Malta; rileva le differenze, che Malta presenta confrontandola
con altri paesi italiani e cosi trae occasione a delinear di volo la storia dell* isola,
i caratteri delle lingue, che vi si parlano, le condizioni economiche, la coltura, pro-
fonda nelle classi elevate e le condizioni politiche].
10, loglio. — Flaminio (V.), Marco Minghetti und sein Antheil an ItàUene
Erhehung, 1846-1859 [L*A. delinea la biografia del Minghetti fino al 1859 seguendo
la quarta edizione dei ' Ricordi * del Minghetti stesso]. — Bodenberg (J.), Eine
FrUhUngsfahrt nach Malta. Mit Auefli^en in Sicilien [L*A., accennato al ritomo
da Malta, descrive Siracusa: egli risale qui ai ricordi letterari dell* epoca classica,
poi parla della tomba del poeta Platen, descrìve la festa del patrono della città].
11, agosto. — Flaminio (V.), Marco Minghetti und sein AntTieil an Itaìitne
JErhebung. 18461859 [Chiude questo riassunto biografico]. — Bodenberg (J.),
Ein FrUhUngsfahrt nach Malta. Mit AusflUgen in Sicilien [L*A. descrìve qui Taor-
mina ed Acireale, Scendo frequenti ricorsi alla storia antica ed ai ricordi, che di
questa rimangono nei monumenti artistici].
12, settembre. — Heyse (P.), Giuseppe Gioachino Belli nach einmal [Dopo aver
accennato alla esemplare edizione delle poesie del satirico romano procurata da
L. Morandi, edizione, di cui dice, che adempie ad un dovere degli italiani, ed al-
l'importanza delle poesie del Belli sotto Taspetto storico, TA. traduce parecchie poesie
edite nella citata raccolta]. — Friedlaender (L.), Die Christenverfolgungen der
Momischen Kaiser [L*A. fa la storia di queste valendosi e facendo un esame dei
lavori di F. Gdrres: ' Eristenverfolgungen *; E. J. Neumann: 'Der ROmische Staat
und die allgeraeine Kirche bis auf Diocletian *; B. Aubé, * Histoire des persécutions
de rÉglise jusqu'à la fin des Antonins *\ P. Allard, * Histoire des persécutions pen-
dant les deux premiers siècles*]. — Bodenberg (J.), Eine FrUhUngsfahrt nach
Malta. Mit Ausflùgenin Sicilien [L*A. descrive qui Palermo e Girgenti, le loro vi-
cinanze, i loro monumenti con un ardente entusiasmo].
XX, 2, no?embre. — N, If ., Der Maxitnaltarif des Diocletian [ed. Th. Mommsen,
illustrata da H. Bltimmer. Dice questo lavoro esemplare ed importante].
5, febbraio, 1894. - Plath (K.), Merowingische und KaroUngisehe Bauthdtig-
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580 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
keit [L*A. qui non s'occupa deiritalia propriamente ; ma ricoetraisce con un esame
dilìgente dei particolari l*arte della costraxione in qaei tempi in modo, che inte-
ressa non meno alPItalia, che alla Francia].
6y marzo. — N, N.^ FHhrer durch Pompei) [di A. Mau. RileTa i vantaggi, che
questa pnhhlicazione deiristituto archeologico Germanico, affidata ad ano dei più
valorosi conoscitori di Pompei, presenta anche alla comune dei lettori e si aagara,
ohe ristitnto archeologico continui su questa via di far partecipi le persone colte
dei risultati dei suoi studi eruditi].
7» aprile. — N. N*^ Zwr ChwhichU der antiken Kumt [Non ostante questo titolo
generico, PA. si occupa soltanto dell'opera di A. Furtwàngler ' Meisterwerke der Grìe-
ohischen Plastik*].
HERMES (BerUn).
1891, XXYI, 4. — Kriessling (A.), Tacitus, Ann,, IV, 43 [Breve osservazione
intomo a Volcacio Mosco, di cui si occupa il passo citato]. — Plohlmajr (F.)^
Zu Sextus Aurelim Victor (s. S, 317) [L'A., valendosi di alcuni codici ignorati <u
Benno Eindt, corregge la lettura di alcuni passi recata dairedizione di Aurelio Vit-
tore carata dal Eindt].
XXVII, 1, 1892. — Mommsen (Ih.), Zum Bomtachen BodenredU [L'A. prende
prima in esame le categorie di fondi secondo Frontino, poi studia Tindicasione data
dalle pietre di confine e la carta di Arausio, passa quindi a pia largo campo esami-
nando le differenze, che intercedono fra la colonia ed il municipio romano, ed in
seguito ritoma a Frontino, di cui analizza gli scrìtti groroatici]. — Amim (H. von),
Ineditum Vaiicanum [Dà noitasia d' un testo inedito contenuto in un papiro, che
potrebbe provenire da Fabio pittore]. *
2. — Borries (E. v.), Die Qttelìen su den FeìdsUgen; JuUians dea Abihinnigm
gegen àie Chrmanen [Diopo aver notato, che già lo Becker segnalò le ripetizioni e
contraddizioni che si incontrano nella narrazione di Ammiano Marcellino intorno a
Giuliano l'apostata, asserisce che queste dipesero dall'aver Ammiano senza abilità
riunito insieme i dati di due fonti diverse; esamina poi i caratteri diversi degli
scrìtti di Libanio e di Zosimo; nota quanto dall'uno e quanto dall'altro reca Am-
miano; le relazioni vicendevoli delle opere di Ammiano, Libanio ed Eiinapio Zosimo;
conclude indicando come fonti originali cosi di Ammiano, come di Libanio e di Zo-
simo alcuni scrìtti di Giuliano stesso e l'opera di Orìbasiol. — Wlleken (U.), Be-
merkungen zur Aegyptischen Strategie in der Kamrzeit (X'A. combatte l'opinione
comunemente accolta, che in Egitto il comando della trìbù spettasse a questa stessa;
che alla milizia fossero ivi iscrìtti solo Alessandrìni ed Egiziani di bassa condizioDe,
non Romani, ritorna poi all' antica opinione, oggidì abbandonata di .parecchi dotti,
che la ' Strategia ' istituita dai Tolomei abbia cessato di essere ai tempi di Co-
stantino].
8. — Trieber (C), Die Idee der tier Weltreiche [Accennato, come Cassiodoro
incominci la sua cronaca colla serie dei re assiri, l'A. esamina i rapporti fissati da
S. Agostino tra le vicende dell'impero Assiro e quello Romano, poscia si propone di
ricercare per via diversa da quella tenuta dal Eettner la fonte delle notizie assire
date da Agostino in Varrone, specialmente per ciò che ha tratto colla indicazione
dell'anno della fondazione di Roma: egli esamina e discute a questo proposito le
date proposte da Apollodoro, Sincello, Teopompo, Porfirio, Ctesia, poi quelle di Ennio,
Vergilio, Eusebio, Velleio Patercolo, Cicerone. Conclude, che coli' affermare, che la
notizia, che Varrone dà dei vincoli tra i destini Assirì e quelli Romani, è pienamente
fondata: Dionisio è il prìmo, che nella introduzione alla sua storìa romana espone
con rigore il concetto della successione delle quattro monarchie universali; su queste
fondamenta edifica tutta la sua storia universale Trogo Pompeo • tuttavia questa
concezione si volgarìzza solo mercè di S. Gerolamo, il quale la collega colle quattro
monarchie di Daniele. Né bastò l'aver segnata questa successione, ma, cercata in
essa l'esplicazione di una legge naturale, la si trovò nella concordanza cronologica.
In appendice l'A. tratta brevemente dell' èra di Catone]. — Wlleken (tJ.), Em
Actenstiick Bum Jiidischen Kriege Trajans [L'A. pubblica ed illustra il papiro Pa-
rigino 68, contenente i fatti della storìa ebraica all'epoca della dominazione romana].
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 581
4. — Bessan (H.), Ueber die ' Scriptorea Historiae Augusiae * [L'A. ritorna in
^fesa della raa opinione, che gli scrittori della * Historia Augusta * sian fioriti sul
fine del secolo IV ; anzitutto egli risponde al Elebs, il quale solo gli negò, che esi»
stano traccie di così tarda epoca nei detti scrittori^ poi risponde a più altri, che
pur avendo rìconosdato siffatte treccie, le attribuirono ad interpolazioni; conclude
che le Istorie sono opera d*un unico falsificatore, il quale per motivi ignoti le volle far
credere di epoca anteriore ed attribuire parte ad uno, parte ad altro scrittore]. —
Wollfflln (E.). Die Annaìen dea Hortenaius [Rile?ata la testimonianza di Velleio,
che Toratore Ortensio scrisse anche Annali, VA, ricerca in breve quali siano stati
la natura e Targomento di questi].
XXYIII, 1. — Mommaen (Th.), GrabsehHft daa Kaiaera CkmatcmHua CMorua
[11 M. pubblica quest^epitafio, poi dà notizia dei codici, ohe ce lo conservarono, spiega
perchè abbia giudicato che si riferisca a Costanzo Cloro, conclude, ch'esso prooabil-
mente fu composto a Treviri per Timperatore, mentre questi ere ancora vivo, ma
già era morta la moglie di luì, Teodora].
2. — Nlese (B.), Zur Chronohgie dea Joaephua [L'A. esamina I dati cronologici
che in Giuseppe ebreo si presentano a proposito della guerra giudaica, e rilevatene
le sconcordanze, mercè di queste, si stadia di rilevare le fonti diverse seguite dallo
storico: così ricostruisce un calendario; poi esamina le notizie cronologiche intomo
alla serie degli imperatori romani e quelle intomo alla serie dei principi Asmonei
nella Giudea].
3. — Oradenwltz (0.), Ein ProtocoU von Memphia aua HadrianiacJier Zeit
[Dà minute notizie di questo documento, il quale però non riguarda propriamente
la storia romana]. — Wendling (E.), Zu Poaidoniua und Varrò [L*A. ri toma
sopra un curioso aneddoto greco, in cui sono riferiti diversi passi di storici romani
a dimostrare le qualità stilistiche di questi].
4. — Beloch (J.), Zur gaachichte SieiUena vam Pyrrhiachen bia sum eraten Pm-
nischen Kriege [L'A. occupa questo suo studio esaminando la questione deirepoca,
in cui Gerone II di Siracusa sÌeJì al trono, nella quale discute in partioolar modo
i dati di Polibio]. — Mommsen (Th.^, Zur OeachiehU dar Caeaariachen Zeit [L'A.
in questo studio esamina quale fosse il numero delle provinole Romane ai tempi di
Cesare; poi si occupa della prima lettera di Cicerone a Trebonio; valendosi di un
ms. Fiorentino-Ashburnhamiano svolge alcune questioni intorno al 'Bellum Hispa-
nieuse *: e infine, giovandosi dell' epistola di Cicerone, ' ad fam. ', 12, 2, ricerca i
« consulares » nell'anno 710 di Roma]. — Beloch (J^t SicUiachea eu Diodar [Esa-
mina i seguenti luoghi di Diodoro: XXII, 10, 1 ed XI,86].
XXIX, 1, 1894. — Tiieber (C), Zur KriHk dea Euaebios [L'A. si occupa della
tavola dei Re di Albalunga e dimostra quanta sia stata la facilità di Eusebio nel-
l'accettare qualunque notizia gli dessero le sue fonti].
JAHEESBERICHT UEBER DIE FORTSCHRITTE DER CLASSISCHEN
ALTERTHTJMSWISSENSCHAFT (Berlin).
5. 3% III, 4. 1893. — Peter (H.), Bericht iiber die Liiteratur eu den romiachen
Annàìiaten in dem Jahreehnt von 1683-1892 [Discorre di uno studio di Lichten-
feldt intomo a M. Emilio Scauro; di due articoli di Diels e di G. Busolt intorno
a Q. Rotilio Rufo; d'un altro studio del Busolt intorno a L. Cornelio Sulla; della
restituzione del testo di alcuni passi di Q. Claudi us Quadrigarius, tentata da M. Hertz,
da L. Mfiller e da 0. Rossbach ; più si sofferma sopra una dissertazione di Fr. Mtluzer
intorno a Valerius Aelios; riguardo a Cornelius Sisenna dà notizia di una disserta-
zione di E. Marks e delle correzioni proposte al testo da L. MUUer; ricorda in
seguito due studi di K. Cichorius e di G. F. Unger intorno a C. Licinius Macer;
uno di M. Hertz intorno a L. Yoltacilius Plotus ; uno ancora dell' Unger intomo
ad Aelius Tubero ed a Scribonius Libo]. — Peter (H.), Bericht iiber die LUU-
ratwr eu den ' Scriptorea hiatoriae Auguatae ' in dem Jahreehnt 1883-92 [Accen-
nato al metodo, che terrà in questa speciale bibliografia, l'A. scorre in rapida ras-
segna gli studi recenti intorno a quest'argomento, i quali sono i seguenti : E. Éaehrens,
« Nona aduersarìa critica in ' Scriptorea hist. Aug.' » ; R. Bitschofsky, « Eritisch-
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582 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
exegetische Stadien za den * Scrìptores hist. Aag/ >; C. Cotta, « Qaaestiones
grammaticae etcrìticae de uitis a scriptorìbus ' hist. Aog.' conscrìptis »; H. Dessan,
« Ueber Zeit nnd PerBOhnlicbkeit der *Scriptore8 hist. Aog.* »; idem, e Ueber die
'Scriptores hist. Àag.* >; F. Drechsler, « Kritische Advenarien »; S. Frankfarter,
« Textkrìtisches za den ' Scriptores hist. Ang.* > ; W. FrOhner, « Kritische Ana-
lekten »; A. Gemoll, « Die ' Scriptores hist. Aag.* »; F. GOrres, « Zar Eritik einiger
QoellenschriftBtelier der BOmischea Eaiserzeit. HI. Za Easebias and Ael. Spartianas.
IV. Zar Eritik einiger aaf die Geschichte des Kaisers Aarelianas bezQglicher Qaellen >;
J. Golisch, » Za den * Scriptores hist. Ang.* >; Habel, < Za den 'Scriptores hist.
Aag. ' >; 0. Hirschfeld, < Bemerkangen za der Biographie des Septimias Severas »^
idem, « Za rOmischen Schriftateilem »; E.Elebs, « Die ' Vita 'des Avidias Cassias >;
idem, < Za den ' Scriptores hist. Aag." » ; idem, Die Sammlang der * Scriptores hist.
Aag." »; idem, < Die * Scriptores hist. Aag/ »; E. Lessing, e Stadien za dea ' Scrip-
tores hist. Aag.* »; J. M&hly, « Flavine Vopiscas in der * Vita Probi * »; Th. Mommten,
e Die * Scriptores hist. Aag.' > ; F. Navarro y Calvo, « Eecritores de la ' historia
Aagasta*. Tradaccion directa del latin »; B. Nihaes, « De Valcacii Gallicani aita
Anidii Cassii common tatio »; B. Novak, e Za Gordianas, Garin as^ Namerìanas.
Sammlang philologischer Arbeiten >; H. Potere, Za den * Scriptores hist. Aag.* »;
idem, « 'Scriptores hist Aag.* iteram recensait adparalamqae criticam addicut >;
idem, < Die ' Scriptores hist. Aag.* sechs litterar-geschichtliche Untersachangen »;
M. Petschenig, < Zar Eritik der * Scriptores hist Aag.' »; J. Plew, « Eritische
Beitr&ge za den 'Sriptores hist. Ang.* »; idem, « Qaellennntersachangen zar Ge-
schichte des Eaisers Hadrian »; Fr. Bahl, « Die Zeit des Vopiscas »; W. Schmidt,.
e De Bomanoram imprimis Saetonii arte biographica >; 0. Seeck^ e Stadien zar
Geschichte Diocletianas nnd Costantins, III. Die Entstebnngszeit der ' hist. Aag.* > ;
G. Saster, « Gli scrittori della ' Storia Aagastea * secondo lo storico Flavio Biondo »;
idem^ e De altera qnadam scriptara orationis qaae a Mecio Falconio Niooroacho
Tacito Augnsto habita est »; E. Wolfflin, « Die * Scriptores hist. Aag.* ». Premessa
qaesta enamerazione bibliografica, P A. esaminando i lavori menzionati, tratta qaeste
qaestioni: Tepoca della composizione della « Historia Angasta >; i rapporti di qaesta
colle fonti e la composizione delle « Vite »; la saa credibilità; la soa lingaa; e qoi
s*interrompe la recensione].
5-6. — Peter (H.), Bericht Uber die Litteratur su den * Scriptores hisioriae
Augustae ' in dem Jahreehnt 1883-92 [Bipresa la saa recensione, TA. qai continna
a trattare della lingaa asata nella « Historia Augusta >; poi segae la tradizione
dell'opera fioo al secolo XVI; infine esamina la crìtica e le illustrazioni, di cai fa
argomento]. — Heller (H. I.), Bericht ilher die Litteratur zu Caesar 1891-1892
[L*A. si occupa prima della bibliografia riguardante Topera « De bello Gallico »
e dà notizia dei lavori di William Bainey Harper e Herbert Cnshing Tolman,
« Eight books of Caesar's Gallio », e di Fr. Dtlbner, «*C. Jalii Caesaris Commen-
tarii de bello Gallico*. Édition . . . avec Observations grammaticales, Notes, Va-
rìantes et Index géograpbiqae > . Passando airopera « De bello civili » , rende conta
dei segaenti lavori : Peskett, < * Gai Julii Caesaris Commentarinm de bello civili
liber primus ' with introdaction, notes and maps > ; € ' C. Jolii Caesaris Commentarii
de bello civili *, recensione e note » di Eusebio Garizio ; e < Gai Jali Caesaris de
bello civili commentarinm I* edited V7ith Notes and Vocabalarv for the use of
Schools > by Malcolm Montgomery ; « C. Jnlii Caesaris commentarii de bello civili »
di Fr. Bamorino. Intorno ali* opera « De bello Alezandrino > cita lo stadio di
H. Schiller, e Vom Ursprung des ' bellum Africanum ' » ed uno studio di Widmann,
di cui non reca il titolo. Esaminati gli studi snlle opere speciali, viene alle illu-
strazioni d'indole più larga e rende conto dei segaenti lavori: H. EUiot Malden,
< Caesar*s Expeditions to Britain > ; W. Bidgeway, « Caesar *s Invasion of Britain > ;
ano stadio di H. Schiller senza titolo; Stoffel, e Guerre de Cesar et d*AriovÌ8te et
premières opérations de Cesar en Fan 702 »; Fr. Fróhlich, < Das Kriegswesen
Caesars. III. Gebraucfa and Fahrung der Kriegsmittel ». Si occnpa poscia dei lessici
di E. G. Sihler, A. Procksch, 0. Eichert, H. d'Arbois de Jnbain ville; infine cita
alcuni pochi stadi di J. Lange, F. Weck, Deiter .ed A. Funck intorno alla corre-
zione di singoli passi].
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 583
10, 1894. — «^Hthling (0.), Jah/reshericht Uher Càhumms Sicuìm, Neme-
tiantUf At$9oniu8t Claudiamw [Fra gli studi esaminati dall' A. interessano anche
idlo storico i seguenti : 0. Bibbeok, < Geschichte der ROmisehen Dichtnng. III. Dich-
tang der Kaiserherrschaft >; P. Jnllian, « Ansone et son temps >; < Glaadii Claa-
diani carmina > ed. Oh. Birt ; E. StOcker, « De Olaadiani poetae Yeteram rerom
Romanamm scientìa, qaae sit et ande flaxerit >; J. Eoch, < De codìcibns Cnia-
danìa, quibns in sdendo Ciaadiano Clayerìns usas est >; Tb. Birt, e De velis Ju-
daicis >; idem, cZwei politische Satiren des altenRom. Ein Beitiag zar Geschichte
der Satire >; M. Manitios, « Beitr&ge zar Geschichte des ròmischen Dichter im
Mittelalter. Olaudianas >; R. Vari, « Egyetemes philologai KòzlOni »].
KRITISCHE VIERTELJAHRESSCHRIFT PUER GESETZGEBUNG UND
RECHTSWISSENSCHAFT (Mfinchen and Leipzig).
N. S., XYI, 2, 1898. — Lotmar^ B&miscke ProcesMesetee. Em Beiirag zur
Geschichte der Bòmischen Farmtélanerfahrens [di M. Wlassak. L*A. entra in nna
langa polemica coll'A. intorno ad alcune questioni giuridiche].
3. — Schneider (A.), Die Bomanische Literaiur ItàUena imJahrel889 [L'A.
dà notizia delle crìtiche &tte da F. Buonamici e dal Bonfante al libro del Carle
intomo ai prìncipi del diritto romano; poi si occupa delle ricerche del prof. Gaetano
Polari intomo alla storia primitiva di Roma; di una recensione fatta da Zocco-Rosa
del primo volume della < ROmische Rechtswissenscbaft > del JOrs ; d*uno studio di
Enrico Gandolfo intomo a Catone ed alle regole del diritto ; d'un altro di Vittorio
Scialoia intomo alla « Storia del diritto» di Pomponio; della prolusione letta al-
Taniversità di Siena, dal prof. Pietro Rossi intorno air istmzione pubblica in Roma
antica, sulla quale si sofferma* più che sa altri lavori j d'uno stadio di Giulio Alessio
sopra i valori della mano d'opera nell'antichità classica; del e Dizionario epigrafico >
del prof. De Ruggiero. Annuncia poi l'edizione di < Tipucito > , cui attende lo Scia-
loia; la scoperta d'un codice Giastinianeo fatta dal Crivellucci; accenna brevemente
agli studi del Del Giudice intorno ai rapporti della * storia dei Longobardi ' di
Paolo Diacono colla tradizione delle cose legali, ed intomo alle traccie del diritto
romano nelle leggi longobarde; alla scoperta di 2 documenti del secolo Xll fatta
da N. Parisio; al lavoro di Vito La Mantìa intorno agli elementi bizantini visti
negli scritti dei glossatori; alla pubblicazione della 'Summa* del codice Teodo'
siano comparsa negli « Stadi Sanesi » ; infine al < Constitutum placitoram > edito
ed illustrato dallo Zdekauer. Passando all'esegesi del « Corpus iuris > , l'A. ricorda
studi di Muzio Pampaloni, A. Vanni, Vito La Mantìa, Gino Segrè, Giorgio Giorgi,
C. Bertolini, Polacco, Pietro Bonfante, Francesco Ruffini, Biagio Brngi, Evaristo
Carusi, Luigi Tartufarì, Giuseppe Brini, Emilio Costa, Enrico Serafini e Pampaloni,
e conclude, che anche nello studio del diritto le nazioni, superati i loro confini, si
stendono le mani in comune lavoro]. — Bfimelim (M.), Zur Lehre von Sklatoen-
emoerh, Ein Beitrag eur dogmatik dea BimiscTien Privatreehts [di Salkowsky.
n R. esamina e discute minutamente questo lavoro, a cui si mostra poco favore-
vole]. — Hellmann. Die Interdiete dea Bomiachen BecJUea; Die erbrechtiiehen
Interdicte [ed. A. Aobelohde. Il R. rende conto con molta ampiezza dei lineamenti
generali di queste due pubblicazioni e dei loro punti più importanti sotto l'aspetto
storico e sotto l'aspetto dogmatico; la sua esposizione mette in rilievo la ricchezza
delle notizie recate sia col testo sia col commento del valoroso editore].
4. — Sehnelder (A.), Die Itàlieniaèhe Bomaniatik in den Jahren 1890, 1891
und 1892 [Accennato ai nuovi periodici riguardanti la storia del diritto fondati da
Pietro Cogliolo e da Enrico Serafini e rilevata la curiosa circostanza d'una famiglia
intiera di studiosi del diritto formata da Filippo Serafini e dai suoi due figli Enrico
e Serafino e dai suoi due generi Cogliolo e Landò Land ucci, i c|uali ricordano, dice,
i Claudii od i Mnzii Scevola dell'antica Roma, l'A. viene agli studi intorno alla
storia del diritto, dei quali piuttosto che della dommatica gl'Italiani oggidì si oc-
cupano; fa conoscere quindi gli stadi di Emilio Costa intorno al diritto romano
nelle commedie di Plauto; di D. T. Trincheri in tomo alla consacrazione di persone in
Roma; di Lodovico Graziani intorno al confronto dell'amministrazione degli Stati
della Grecia e di Roma antica con quella dell' Italia moderna ; di Pietro Rossi in-
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584 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
torno airorigine della forza legislativa del Senmto; di L. Cantarelli ed L. Landacd
intomo ai * senatores pedarii'; di Gino Segrè in tomo alle istitazioni alimentarie
degr imperatori ; di A. Longo intorno alla natura ginridica dell* amministrazione
finanziaria di Roma. Vedendo i^li stndi fatti intorno a singoli giaristi classici, dà
notizia delle ricerche di C. Ferrini intorno a Gaio ; di V. Scialoja intorno a Glandto
Trifonino; di Landò Landocci intorno agli autori delle note del 'Digesto*; di Sda-
loja ancora e di Ferrini intorno a Paolo; di Ferrini solo intorno a Fabio Mela,
Planzio ed Elio Tnberone. Passando al diritto penale, ricorda lo stadio di Enrico
Ferri intorno ai metodi penali antichi in confronto coi moderni. Nel campo delPepi-
pf rafia nota i lavori di Y. Scialoja intomo alle tavole cerate Pompeiane; dì Àlibrandi
intorno al contratto di compera; di DeBaggiero intorno airerario ed all'arca 'saU-
naram Bomanoram*; di I. Àlibrandi intorno airiscrizioneNarbonese; di DeBaggiero
intorno al ' Delphicas tabalarios' fatto conoscere da un cippo Nomentano; di
G. Gatti intorno ali* ' exercitator liberornm Augusti '. Tra gli studi dei Digesti
nota quelli di Gradenwitz, di Hack e di Bicci; poi ricorda Tartìcolo di F. Patetta
intorno al « Breviarium Alaricianum >; di C. Ferrini intorno allo * pseudo-Teofilo * ;
di Antonio Longo e di L. Zdekauer intorno alla ' Fiorentina * ; di Patetta ancora
intomo a certi manoscritti delle ' istitazioni * di Giustiniano; di G. Ferrini intomo
air indice greco al * Digesto' compilato da Stefano; di F. Patetta intorno ai due
manoscritti della raccolta pseudo ìsidoriana; dello stesso intomo alla storia del
diritto romano nel medioevo; di L. Chiapelli intomo ai nuovi studi sonra la storia
delle ' Pandette * nel medioevo; infine nomina altri studi minori ai estensione
di Zdekauer, Nino Tamassia, Patetta, Palmieri, Chiapelli, V. Gian, Biagio Bra^
e A. Andrìch].
XVII, 1, 1894. — Brnckner, Die 'Fiducia' im Mmischen PriwUrecht, Etne
rechtsgeschichttiche Untersuchung [di P. Oertmann. Il B., esaminato il lavoro,
conclude ch*e89o non ha sciolto la questione, ma che ha giovato in qualche modo
allo studio di quesfarduo problema]. — Sohnelder (A.), Die ItaMenische Roma-
nistik in den Jàhren 1890, 1891 uni 1892 [Continuando il suo rendiconto, TA.
ricorda gli studi intomo alle fonti del diritto fatti da F. Buonamici, A. Zocoo-Bosa,
C. Ferrini, B. Bicci; poi altri studi compiti da G. Segrè intorno al Colonato; di
C. Segrè intorno ai * dediticii Aeliani * ; di Adolfo Prossello intorno al ' receptum
argentarioram*; di C. Ferrini intornoal 'Furtum' romano; di T.Trincheri intomo alla
separazione; di E. Costa in tomo al valore del « Mercator » di Plauto per la questione
delÌ*introduzione della ' lex Plaetoria*; di Àlibrandi intomo alla querela contro i ' Cu-
ratores*; di Zocco-Bosa intorno alle 'minores gentes'; del medesimo intomo alVau-
tenticità del manoscritto veronese di Gaio; di L. Zdekauer intorno alle espressioni
'mille passus* e 'continentia aedificia*. Biguardano la personalità giuridica due
lavori, l'uno di Giorgi e Taltro in opposizione di G. Bonelli. Si riferiscono a que-
stioni affatto speciali gli studi di L. Bamponi, L. Tartufari, I. Tarducci, C. Ber-
tolini, C. Manenti, brevemente ricordati dalFA. Invece maggior attenzione questi
rivolge allo studio di M. Parapaloni intomo alle questioni giuridiche sopra la spiaggia
del mare secondo il diritto romano e quello modemo; alle recensioni del libro di
Jhering, e Besitzwille > , scritte da A. Ascoli e C. Brezzo. Così pure dopo un cenno
intorno ad uno studio di S. Perozzi, si ferma sulla dottrina della ' Specificazione *
illustrata da C. Ferrini; su quella del 'Compenso* spiegata da E. Serafini; sulla
' vindicatio gregis ' di M. Pampaloni. Poi si ferma di nuovo meno sopra certi studi
di G. Pacchioni, C. Brezzo, E. Garosi, L. Bnsatti, C. Padda, B. Brug^, V. Scialoja,
G. Segrè, F. Fisichella, G. Triani; A. Ascoli, con un lavoro intomo alle obbliga-
zioni solidali, ferma di più lo sguardo dell* A.; il quale si affretta di nuovo nel
parlare degli studi di A. Longo, C. Ferrini, C. Manenti, G. Venezian, E. Serafini,
C. Padda, P. Bossi, Cogliolo, C. Brezzo, A. Vanni, M. Pampaloni, F. Manca Leoni.
F. Brandileone tessendo la storia della ' donatio propter nuptias *, dà ancora occa-
sione ali* A. di occuparsi con relativa ampiezza di questo argomento; dopo il quale
sorvola di nuovo sulle ricerche di B. Bonzanigo, P. Bonfiinte, E. Costa, F. Schupfer,
C. Ferrini, A. Aseoli e M. Pampaloni. Ben inteso, questi studi, di cui non ho in-
dicato Targomento, hanno sempre qualche attinenza con quelli, dei quali a caosa
della più ampia notizia data dal recensente, ho riassunto il titolo].
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 585
2. — Leist (G. A.), Die Principien de$ SachhesitMenoerbea-und-Veerlustes nach
Bòmiaehem Bechi [cU P. Hinoh. Il R. rìassame prima partioolareggiatamente il
lavoro» poi ne & la critica non ammettendo certi prìncipi, ma lodando il valore del
lavoro]. ~ Heimberger (J.), Die Betfiehungen dea PapaUhums sum Frànkisehen
SiaeUS' und KirchenreM %mter den Karolmgem [di B. Wejl. Il B. non trova
molto di nnovo nel libro, ma riconosce la diligenza e chiarezza della sintesi fatta].
— Heimberger (J.)f Dos Kirehenpatronatrwht und seine Entwicklung in Oester»
reieh. L Die RirchUehe BeéhUentiwiekelung [di Z. Wahrmond. Il B. anche in
qnesto lavoro non rìconosoe sostanzialmente del nuovo, ma nna accorata ed oppor-
tona sintesi].
LITEBARISCHES CENTBALBLATT (Leipzig).
1898, 17, aprile 22. » N. N.^ Varmée Bomaine d^Afrique et Toeeupation mi-
Utaire de TAfrique aous ìea empereurs [di B. Ga^nat. Il B. dopo aver rilevato Tar-
derò posto dai Francesi nello stadiare la stona delrAfrìca romana, al quale si deve,
80 ora qnella regione è conosciuta meglio che nessnn'altra, dà nna breve, ma favo-
revole notizia del lavoro citato]. — N. If., L'envers de la Société Bomaine d'après
Pétrone [di E. Thomas. Il B. muove qualche appunto, rna loda la forma ed i risul-
tati del libro, che gioverà a far conoscere alle persone colte in generale il curioso
romanzo di Petronio]. — H«, La pro$e métrique de Symmaque et les origines mé-
triques du * cursus ' [di L. Havet. Il B. non è persuaso dei risultati, a cui lo H.
crede di essere giunto: egli consiglia, che prima si stodii bene la lingua di Simmaco:
fatto questo, si potrà costruire su buone fondamenta]. — A. H., De funere pubìico
Bomomorum [di F. VoUraer. H libro riposa sopra un profondo stadio delle fonti; non
è mai oscuro né prolisso, ed offre un contributo interessante alla conoscenza degli
ordinamenti romani].
18, aprile 29. — Q» t« %.»8echzig Jahre atu der dìteren Geechichte BarnSy
416-358. HÌ8torÌ8chkritÌ9che Forackungen [di C. P. Burger. Il B. nota, che FA.
si occupa specialmente di Diodoro e che il suo lavoro è diligente, ma non abbastanza
acutoj. — J. W,, Chachichte Karìa V [di H. Banmgarten. Il B. segnala l'impor-
tanza di questo terzo volume per la cognizione della lega di Smalcalda, nota, che
VA, non s^è valso di molte fonti inedite, ma che usufruì dei più recenti lavori e
delle questioni fra i due grandi partiti cattolico e smalcaldico ha tessuto una storia
che supera assai quella presentata dal Banke]. — N. N ., Giuaeppe Mazzini e Tunità
italiana [di A. Schack, traduzione italiana di G. Canestrelli. Il B. giudica buona la
traduzione ed opportunamente arricchita di nna bibliografia e di un indice]. —
N. N.. PùTtrdtkcpfe auf Hmiachen Munzen der Bepubìik und der Kaiaerzeit [di
F. Imhoof-Blumer. Il lavoro sarà utile alla scuola, ma anche alla comune dei lettori].
19, maggio 6. — P. H., La roae dana Tantiquité et au moyen àge, Hiatùire,
légenidea et avmboUame [di Oh. Joret. Il B. dopo aver notato, che TA. si valse spe-
cialmente dei lavori del LoisoleurDeslongehamps e dello Schleiden, ne loda la cono-
scenza bibliografica, dice ch*egli approfondi con serietà Targomento, si rattenne pos-
sibilmente dalle ipotesi ardite e si espresse con delicatezza e facilità]. — N« ll*^ Mo-
numenta Germaniae hiatoHca* Auctorum antiquiaaimorum tomi XI, para I. Chronica
minora aaeculi IV, F, VI, VII [ed. Th. Mommsen. Voi. II, fase. 1. Bilevato, come
questo £ucicolo contenga le cronache di Idazio, Marcellino, Cassiodoro, Giovanni
Tunnnnenae e Giovanni Biclarìense, non che i frammenti della cronaca di Saragozza
e la cronica di Mario, il B. loda la cura di usufiruire di tutti i manoscritti, di as-
sicurare per la prima volta il testo di alcune fonti; trova invece discutibile l'ardi-
tezza, con cui il Mommsen mutò la latinità dei testi, attribuendo ai copisti piuttosto
che agli autori certi barbarismi ; loda però ancora le ampie ed importanti prefazioni
e le due tavole rappresentanti T interessantissimo ed antico manoscritto in onciali
della cronaca di Marcellino conte].
20, maggio 13. — N. TS.y Chroniea minora. L Accedunt HyppoUU Bmnanii
praeter CkMonem paaeluilem fragmenta chronoìagica [coUez. Teubner, ed. C. Frik.
Lamenta, che oramai questa edizione, collegantesi con qnella dal medesimo titolo,
carata dal Mommsen, si possa dir invecchiata; tuttavia loda la cura posta sia nel
testo, che nella pre&zione, neir indice e nel glosse rio, e fa l'augurio, che Tedizione
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586 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
po88a tornar gradita nonostaDte la concorrenza di qaella del Mommsen]. — N. N*, Mo-
nttmenta Germaniae hittorùsa, Legum sectio L Legum nationum Gfennanicantm
tomi II, pars L Leges Burgundùmwn [ed. ▼. Salis. Il R. si occapa particolarmente
dei manoscritti, che dice accoratamente asafrniti dalFEd., nota che nella classifica-
zione di questi il Salis dissentì dal Blnhrae; loda il ricco apparato delle yarìanti,
la brevità giasta (ielle note, le tabelle di confronto colle edizioni anteriori e Taccnrato
indice dei nomi e delle cose]. — P. H.. Leone X e la swi póUHca secondo docu-
menti e carteggi inediti [di F. Nitti. Il R. nota che T A. usnfrQÌ di materiali inediti
fiorentini, ma più dei materiali g^à noti, che in sostanza ripete cose già sapute e non
sempre con piena conoscenza bibliografica; appunta alcune inesattezze, che dice piccole,
ma tali che dimostrano la mancanza di precisione]. — N. N.^ Klasttischea BUder-
buch [di R. Oehler. Il R. nota« che quest'opera è destinata alle scuole, ma fa ad essa
molti e gravissimi appunti d'ogni sorta].
21, maggio 20. — N* N., Monumenta Germaniae historiea, Leaum seeOo III,
tom, L Goneiha aevi Merovingici [ed. Maassen. Loda l'ampiezza della raccolta, la
ricchezza dell'apparato delle varianti e l'accuratezza degli indici, che avrebbe però
voluti più numerosi ancora]. — Cr.^ AuafìlhrUchea Lexikon der Griechiachen una
Bdmisehen Mythologie [ed. W. H. Roscher. Il R. dice, che il lavoro ha del buono,
ma è molto manchevole].
22, maggio 27. — P. H., Der Bomzug BuprecMs von der Ffalz nébst QueOen-
heUagen [di A. Winkelmann. Dice il lavoro buono per quanto spetta ai materiali a
stampa usufruiti, insufficiente però per la scarsa conoscenza dei materiali inediti, di
cui 1 Italia ancor abbonda e che in un lavoro simile era indispensabile; lamenta
pure la forma pesante, brutta, difficile], — P. H., Innocenz IV und da» RSnig-
reich SiciUen, 12à5-6à [di G. Rodenberg. Il lavoro è ricco di materiali inediti, ma
troppo limitato; esso non è definitivo, manca di critica; la descrizione del carattere
di papa Innocenzo, quale è fatta dall'A., non ha fondamento nelle fonti; la forma
anch'essa lascia a desiderare]. — F., Die Napoìeonischen EHeqe und die WeUherr-
schaft [di K. Bleibtren. Lamenta il tono polemico del libro ed appunta molte ine-
sattezze].
23, giugno 3. — A. H., De conventibua dvium Eomanorum me de rebus pu-
bìicis dvium Bomanorum mediis inter municipium et coììegium [di A. Schulten.
n R. loda la diligenza e l'importanza del lavoro, il quale giunge a risultati diversi
da quelli, cui venne il Mommsen in simile argomento; critica però la forma latina
adoperata, la quale non è immune neppure da errori di grammatica].
24, giugno IO. — N« N., Le testament de saint Dominique aoec ìes commen-
taires du cardinal Odon de Chateauroux et de B, JourdcUn de Saxe [ed. R. Berthier.
Il R. si mostra fredduccio verso l'esecuzione del lavoro]. ,
25, giugno 17. — Sehm.^ Die Apostélgesckichte, ihre Quellen und deren gè-
sehichtUcher Werth [di F. Spitta. Il R. ùk appunti, né si mostra convinto dai giu-
dizi dell' A., tuttavia afferma, che fra i molti lavori su questo argomento il presente
occupa un'importante posizione]. — Hr. (H.), Begeata regni Hiertmlymitani (1097-
1291) [ ed. R. Rohricht. Data notizia dell'indole di questo layoro, il R. conclude
che d'or innanzi chiunque si occuperà della storia delle crociate dovrà ricorrere a
quest'opera di maravigliosa diligenza]. — N. N.^ LibeUi de Ute ùnperatorum et
ponOficum saeculia XI et XII conscripti, IL [Acccennato al contenuto del secondo
volume di questa raccolta, edita dal Thaner, dal Sackur, dal Duemmer, dal Franke
ed altri, il R. rileva l'importanza che questi materiali, finora dispersi e trascurati^
potranno avere per gli storici ed i canonisti].
26, giugno 24. — N. N.^ Die Minoritenorden gur Zeit dea groasen Sehismas
[di 0. HQttebr&uker. Il breve ma diligente lavoro richiama l'attenzione sopra una
questione troppo poco curata]. — N. N,, AVberoni L M, Lettrea intimea, adreaaées
au eomte J. Rocca et pubUéea éPaprèa ìe manuacrit du collège de S, Lasaro Ah
beroni [di E. Bourgeois. Recensione favorevolissima]. — N. (Th.), Geachichte der
GriechiacJi-rómiacì^m Bec?Ua [di Zacharià Yon Lingenthal, terza edizione. Il R. £a
un entusiastico cenno di questa nuova edizione dell'opera dell'antico maestro della
storia del diritto greco- romano]. — N. If«, Abbildungen sur àften Geachichte fur
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 587
die oberen Cìassen hoherer Lehranstaìten [di H. Lackenbach. Loda quest'opera
scolastica].
27, loglio 1. — Fr« (L.), *Tractatu8 de diversis fùatarus Bomanorum et qui-
Imsdam obw*. Ver fossi in Bologna vmJahrel326 [ed. S. Herzstein. Il R. fa molti
appunti a questo libro].
28, luglio 8. — L., Kirchengeschichte auf Orundìage akademischer Vorìesun-
gen. Ili, [di G. S[rtl^er. Afierma, che il terzo volume supera ancora gli altri nelle
sue buone qualità, poiché narra con vita e calore cose, che VA. stesso vide; fa in-
vece alcuni appunti sui particolari]. — Brng., Die Verwandtechaft Leibnisenz mit
Thomas von Aquino in der Lehre vom Bòsen [di H. Eoppehl. Recensione ogget-
tiva]. — N. If., Preussen und die hathoHsche mrche seit 1640, Nach den Aden
des géheimen Slaatsarchives. VI (1786 92) [di M. Lehmann. Fa un breve, ma fa-
vorevolissimo cenno di questo nuovo quasi insperato volume]. — N. N.^ Ueher eine
Sammìung alter Italieniseher Bruche der Erlanger UniversitàtsbibUotìiek, Ein
Beitrag sur Kenntniss der lialienischen Literatur dea 14 und 15 Jahrhunderts
[di H. Varnbagen. Il lavoro tornerà certo grato agli Italiani]. — Fr. (L.), Cristo-
foro Colombo neUa letteratura tedesca [di E. Loevinson. Fa alcune aggiunte, ma
loda il libro].
30, luglio 22. — P. H., Die Besiteungen der Orossgrafin Mathilden von Tu-
scien nebst Begesten ihrer Urkunden [di A. Overmann. Il R. giudica il lavoro di-
ligente, ma manchevole per questo, che si fonda soltanto sopra documenti a stampa,
mentre gli archivi Toscani ed Emiliani, afferma, ne conservano ancora molti inediti].
— E,y Triton und die Tritanen in der Litteratur und Kunst der Griechen und
B&mer, I-II [di F. R. Dressler. Il R. fa alcuni appunti, ma si rallegra che TA. si
sia dagli studi filologici rivolto a questo importante studio].
31, luglio 29. — N. N.. Le connétable de Lesdiguières [di Ch. Dufayard. Loda
il lavoro come diligente, ai &cìle lettura ed importante, perchè per primo riunisce
insieme una particolareggiata biografìa del celebre capitano]. — N. N., Hambur-
gische Festschrift sur Erinnerung an die Entdeckung Amerikas [Il R. dichiara
questa una delle più felici pubblicazioni, alle quali le feste Colombiane diedero oc-
casione ; ne rileva però il carattere piuttosto popolare che erudito]. — Y. B., Cata-
logo di manoscritti greci esistenti nelle bibUotecìie italiane [di E. Martini]; Indice
dei codici greci Lauremiani non compresi nel catalogo dei Bandini [di Rostagno
e Festa. Il R. fa qualche osservazione, lamentando specialmente la mancanza di
un'introduzione storica; tuttavia segnala Timportanza dei due lavori, i quali vengono
ad aggiungersi ai pochi altri, che finora avevano dato contezza dei manoscritti greci
conservati nelle biblioteche italiane].
33, agosto 12. — SgU, La* Divina Commedia* riveduta nel testo e commentata
[da G.A. Scartazzini. Il R. fa alcuni appunti alle innovazioni recate a questa edizione
minore, ma nel complesso raccoglie favorevolmente].
34, agosto 19. — N. N., Geschichte der B&mischen Kirche von Gregor VII bis
Innocenz III quéOenmàssig dargesteUt [di J. Langen. H R. rileva, che TA. segue
le fonti raccolte con gran cura e lascia che si giudichi sopra di queste]. — T. S., La
porte de Sainte Sabine à Bome. Étude archéologique [di J. J. Berthier. Il R., pur
lodando la diligenza deirA., gli muove parecchi appunti e conclude che il suo lavoro
fk vieppiù sentire il bisogno che si ritorni sopra questo argomento].
86, settembre 2. — N. N., Aus meinem Leben, I: 1819-49; II: 1850-90 [di
A. Ameth. Il R. rileva l'importanza di queste Memorie, avendo riguardo tanto al-
l'uomo politico, quanto al dotto]. — A. H.^ Leben der Griechen und Bdmer [di
Gubl e Eoner. 6* edizione. Il R. encomia vivamente i miglioramenti estrinseci ed
intrinseci portati a questa nuova edizione d'un'opera, che fin dal suo apparire prestò
grandi servizi]. — H, W., Kunst kritische Studien ueber italienische Malerei. Die
Gaìerie su BerUn, Nebst einem Lebensbilde Giovanni Morelli' s [ed. G. Frizzoni.
n R. fa la storia di quest'ultimo lavoro del Morelli, accenna ai caratteri della sua
crìtica, alle ragioni prò e contro di questa, si mostra non convinto di essa, tuttavia,
prendendo occasione dalla biografia scritta dal Frizzoni, termina con un simpatico
ricordo del crìtico acerbo, ma valoroso].
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588 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
37, settembre 9. — A. H., Barn und Bòmùches Leben im Altertìium [di
H. Bender, 2* edizione. Il R., rilevato lo scopo scolastico di qaesf opera, nota, che
la nnova edizione ha apportato pochi miglioramenti alla prima, mnove parecchi ap-
punti, tuttavia encomia Topera nel suo complesso].
88, settembre 16. — W-n (C), Veià di Simmaco V interprete e S, Epifamo,
0i8ia se Simmaco tradusse in greco la Bibbia sotto M, Aurelio U filosofo, Disser-
tagione critica [di 6. Mercati. Il R. & alcuni appunti, giudica che la questione
discussa dairA. non si possa risolvere prima che si abbia un* edizione critica di
S. Epifanio, ma rileva con elogi i progressi fatti fare alla questione dairA.]. —
P. W.^ Columbus og Amerikas opdagebe [di G. Storm. Il R. afferma, che TÀ. noi^
vegese non ha sostanzialmente recato nulla di nuovo intorno alla biografia ed al-
Topera di Colombo, ma che ha esposto queste con chiarezza e valore]. — £• Z.f Lei
ìatins. Plaute et Térence, Cicéron, Lucrèce, Catuìle, Cesar, Salìuste, Yvrgile^ Roraot
I'òx E. Goumy. Il R., dopo aver notato, che questo è come un torso di più ampio
avoro, ne indica pregi e difetti specialmente sotto Taspetto critico, tuttavia segnala
l'importanza del libro per Toriginalità e la finezza di alcune osservazioni].
39, settembre 23. — A*^ Latin hisioriccU inscriptionSt ittustrating Ihe history of
ihe early empire [di G. Rushforth. Il R. si rallegra d'aver a dar notizia di questo
buon libro, per cui dà alcuni suggerimenti, ma fsk i maggiori elogi, rilevando, ch'esso
giova contemporaneamente d'introduzione allo stadio dell'epigrafia romana e di con-
tributo alla storia dell'impero]. — N. N., Zur Dogmengesehichte und Dogmaiik
der FVeigebung fremder Sadten im ZwansvolUtreckungsverfahren [di Schrutka-Rech-
tenstamm. Il R. muove paroochi appunti]. -~ H. W., Die Landschaft in der Vene-
tianisehen Molerei bis eum Tode Tisian's [di E. Zimmermann. Il R. dice qnesto
soggetto scelto felicemente, loda la cultura artistica dell' A., mi approva più i giudizi
dati a proposito della pittura realistica del Quattrocento, che quelli sull'idealizzazione
del paesaggio nel Cinquecento, benché non neghi questa distinzione: egli come con-
ferma delle sue osservazioni si riferisce al S.Gerolamo della galleria di Brera a Milano].
40, settembre 30. — S. (Th.), Vergerios pubUcistiscìte Thàtigkeii nebst einer
bibliographischen UebersiM [di F. Hubert. Il R. rileva l'importanza dell'argomento
e del lavoro, e s'augura, che l'A. pubbliehi presto le lettere del Vergerlo, che disse
di aver alle mani]. — Cr.^ Plutarch. The romane quesiions. Translatend a. d,
1603 by PhUemon HóUand [ed. F. Bjron Jevons. Il R. fa appunti e si mostra
riservato nel giudicare del merito della vecchia traduzione scelta; tuttavia nel com-
plesso è favorevole]. — Kmr. (Ldw.), Il libro di Antonio Billi, esistente in due copie
nella biblioteca Nazionale di Firenze; Anonimo Fiorentino, U codice Magliabechiemo,
ci. XVII, 17, contenente notizie sopra Torte degli antichi e quella di' Fiorentini
da Gimabue a Michelangelo Buonarroti [ed. C. Frey. Il R. dà il ben venuto a
queste edizioni, che esamina particolareggiatamente].
41, ottobre 7. — W-n (C), Commodien, Amobe, Lactance et autres fragments
inédUs [di Freppel. Sono studi non privi d'interesse, ma oramai invecchiati, e l'Ed.
anonimo avrebbe potato sottrarne alla critica qualcuno non ristampandolo].
42, ottobre 14. — Kr« (G.), Dogmengeschichtliche TabeUen zum monarchianisdien^
irinitariscften und Christologischen Streite [di J. Werner. Il lavoro sarà un ntilis-
simo sussidio per la scuola]. — A.^ Arminius, Auf Grund der Quellen dargetteUt
[di 0. Kemmer. Il lavoro è scritto bene, ma manca affatto di critica]. — N.N.; Storia
dell'arte mHiiare antica e moderna [di W. Rossetto. Il R. vorrebbe, che questo la-
Turo fosse, come merita, tradotto anche in tedesco, perchè fosse più diffuso]. —
Btznstn (R.), Inscriptiones latinae selectae. L [di H. Dessau. Il R. £a alcuni ap-
punti, ma afferma, che quest'opera sostituirà utilmente quelle analoghe, ma oramai
invecchiate, di OrelU-Henzen e diWilmanns, e che ha raggiunto veramente entrambi
gli scopi propostisi dall' A., cioè di servir di introduzione all'archeologia ed epigrafia
romana e di far conoscere nelle linee principali i caratteri di questa a coloro, che
non possono ricorrere al voluminoso «Corpus inscriptionum >]. — Fr* {!»»), Florence
of Bome, le bone [ed. W. Wietor. Favorevole].
44, ottobre 28. — N. N., Die mittelalterliehen Lebensbeschreibwngen dee Boni-
fatius ihren Ifihàlte nach untersìécht, verghchen und erlautert [di G. Woelbing.
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 589
n B. dice che TA. ha dato prova di diligenza, ma punto di critica tanto nella ri-
cerca, quanto nel maneggiamento dei materiali]. — P. H., Fra Paoio Sarpi. Studio
[di A. Pascolato. Il R. dice il lavoro diligente, ma non originale, e rileva alcani
giudizi probahilmente perchè hanno deirecoessivol. — Kr. (G.), Chóchùkte der aU-
ehrisUicTien LUercOur Ina Eìtgebms, I: Die UeoerUeferung tmd der Bestand der
àUchrisiUchen Literailur bis Eueebius [di A. Hamack. Il B. fa un cenno pieno di
elogi dell'importante opera].
45, novembre 4. — £. N«, Hisioire de la 'VulgcOe' pendant Ics premiers Hècles
du moyen-àge [di S. Berger. U B. osserva, che per quanto paia strano, quest'argo-
mento non era ancora mai stato approfondito, sicché TA. ci ha recato non solo un
lavoro diligente, ma importantissimo, quand'anche tutte le sue conclusioni non siano
sicure]. — K« Ji.y Amerika. Die Geechichte seiner Entdeckung von der oAesfen
bis auf die neueste Zeit [di R. Cronau. Il B. nota che il libro non ha pretese scien-
tifiche, ma che offre un'esposisione chiara dei fatti ed arricchita dalla conoscenza
grandissima, che TA. acquistò del paese descritto in una quantità di viaggi]. —
H. H«, Lorenso Valla, sein Leben und seme Werke. Eine Sfudie sur Literaiur-
gescMchte Italiens im 15 Jahrhwndert [di M. v. Wolff. lì B. afferma che TA. di
questo lavoro dimostra una profonda conoscenza dell'epoca umanistica in Italia; ma
lamenta, che il libro, specialmente nelle note, ribocchi di errori di stampa ed osserva
pure che TA. non avrebbe dovuto stampare i distici come se fossero esametri]. —
N, N., Eine Wanderung dureh die Bdmischen Katakamben. Vortrag [di P. Wie-
gand. Il B. dice lo scritto buono come riproduzione di un discorso; tuttavia gli
muove molti e gravi appunti e nota ch*es8o non reca nulla in fondo di nuovo].
46, novembre 11. — If« N., QueUensàUe eur Kirchengesehichte. I: AUe Kirehe
[di H. B. Auerbach. Favorevole]. — ]!9. !!•, OregorU I papae Begistrum Episto-
larum tomi II, pars J, Libri VIILIX. Monumenta Germaniae historiea. Episio-
larum tomi II, p, 1 [edd. P. Ewald e M. Hartmann. Favorevole annuncio]. —
N. N., Die Kapitularien der Karolinger [di S. Seeliger. Il lavoro non solo reca
un nuovo contributo alla storia della legislazione dei popoli germanici, ma abbatte
più d'una vecchia teoria finora accettata]. — If. n. (C.), Aurelius Ambrosius, Der
Vater des Kirchengesanges, Eine Hymnologiache Siudie [di G. M. Dreves. Il B.
rileva come TA. rivendichi a S. Ambrogio una quantità di inni ben maggiore dei
quattro soli che quasi per dogma la critica ora ritiene per autentici, nota che in ciò
il D. si accorda col Biraghi, il cui studio sul medesimo argomento fu troppo poco nota
fuori d* Italia, e loda il valore del lavoro]. — H, H.^ ^Rymnari'us Severinianus\
Dos Hymnar der Abtei S. Severin inNeapeì; *Orricus Scacabarotius, Liber offi-
ciorwn * [ed. G. M. Dreves. Il B. dà favorevolissima e minuta notizia delle due
pubblicazioni, le quali, afferma, ci fanno conoscere parecchi inni importantissimi e
ci procurano il modo di ridurre a miglior lezione altri già noti].
47, novembre 18. — N. N.^ 'Acta Ss, Nerei et AekHìei \ Text und Untersuchung
[ed. H. Achelis. Il B. segnala il valore e Timportanza di questa pubblicazione, la
quale recherà vantaggi anche allo studio della leggenda Clementina].
48, novembre 25. — Bs.^ Lehrbuch der Kirchengesehichte, II [2» edizione, di
W. Moller. Baccomanda caldamente questo lavoro, che dice eccellente}. — K. H., Les
explorations des Poriugais antérieures à la découverte de VAmértque, Conférence
Ki Oliveira Martins. Rileva quanto questo studio ha tratto colle questioni Colom-
ane, nelle quali, afferma, VA, ha portato maggior erudizione e maggior serenità
di giudizio che non gli Spagnuoli]. — J. S.« 'Dante\ lUustraeioni cdla 'Divina
Commedia* déW artista fiammingo Giovanni Stradano (1587) riprodotte in fototipia
dalVoriginaìe conservato nella B, biblioteca Medicea Laurensiana di Fùrenee
[ed. G. Biagi. Il B. nota, >che queste illustrazioni, se sono poco belle artisticamente,
tuttavia interessano, ma lamenta che TE. non abbia nella introduzione ricercato se
Tartista fiammingo nel suo lavoro abbia seguito qualche esemplare oppure se sia del
tutto originale].
49, dicembre 2. — *M, T. Ciceronis De imperio Gn. Pompei ad Quirites oratio*,
Texte revu et annate [da L. Preud*homme. Nel suo breve cenno il B. nota, che il
lavoro nulla reca d*originale, né d*importante].
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590 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
50, dicembre 9. ^ N. N.^ Dos Inéhàgent-Edict des Bomisehen Bitehofé KàBùt
kritisch wntersttcht und reconstruirt [di E. Bolffs. Il B. sesDalA Y importanza di
questa pubblicazione]. — B..J (F.), Bit Entwickétutig der Kartographie von
Amerika bis 1570 [dì S. Bage. Il R. fa parecchi appunti salla parte introdattiTa,
ma dice, che alcune delle carte pubblicate dalFA. sono di tale bellezza, che non ne
furono mai viste di ug^uali]. — 8Gh«.«r (H.), Corpus inacriptionum Etruscarum
oò Academia Utterarum Regia Borussica BeroUneim et Societate UUerarum Begia
Saxùnica Lipsiensi pecuniis €uUutu8 [ed. C. Pauli. Rileva la maggiore riccheua di
iscrizioni, che questa raccolta presenta a confronto di quelle del Fabretti e del
Gamurrinij.
51, dicembre 16. — N. 9«y La cour de Rome et Veepnt de riforme avant lAiihef,
La théocratie apogée du pouvoir ponUfieaì [di F. Rooquain. Il libro è scrìtto bene,
ma non reca nulla di nuovo e le fonti sono mal citate]. — O.y Zur Geeehi^te da
Fideicommisses, Zugìekh ein Beitrag awr Lehre von der sogenannten ' extraordi-
naria conditio\ Reehtshistoriaehe Studie [di F. X. Bruckner. Favorevolel. —
N. N.y Cataìogues des Uvres greca et latina imprimés par Aid Manuce à reniae
(U98'1503151B), Ré^oduits en photatypie avec une préfaee [di H. Omont La
Subblicazione, splendida dal lato tipografico, è interessante e ben condotta]. —
• S.) BUdliche DarstèBungen eu Danté's * Divina Commedia * bis aum Auagang
der Renaisaance [di L. Volkroann. Segnala Tinteresse di questa pubblicazione, per
la ricchezza delle riproduzioni^ benché alcuni giudizi siano meno esatti].
52, dicembre 20. — ìf,V.y Die Briefe dea Trobadora Raimbaut de Vaqueinu
an Bonifas I, Markgrafen von Monferrat [ed. 0. Schuitz. Il R. non accetta tatti
i giudizi dell'Ed., ma dice Topera sua esempkre].
1894, 4. — W, A..; 'Monumenta Chrmaniae selecta ab anno 758 U8q%te ad an-
num 1350 \ F. Zeit Heinrich's VI, Philipp* s von Schwaben, Otto's und Frie-
dricKs II [ed. M. Doerberl. Questo fascicolo, destinato, come i precedenti, air inse-
gnamento, è di valore non inferiore a questi]. — N. N.^ Ueber die ' Legea JuUae
iudiciorum prioatorum * und ' pubUcorum ' [di M. Voigt. Il R., rilevato, come TÀ.
sia partigiano delle teorie di Wlassak, afferma che nonostante la molta erndizioae
ed ingegnosità deiropera, tuttavìa questa non riesce sempre a persuadere].
5, — P. H«; Studi storici aul contado di Savoia e marcheaaio in Italia. II, P
[di A. Gerbaix-de Sonnaz. Il lavoro è diligente e buono ; ma TA. non ha avuto suffi-
ciente conoscenza della bibliografia storica tedesca]. — N. N., Geachichte der Ka-
rolingischen Malerei, thr BiMerìcreia und scine Quéllen [di Fr. F. Leitschuh. Il R.»
favorevole, rileva l'importanza dì questo lavoro].
6, febbraio 3. — A. B.^ Dogmengeschichte [di A. Hamack, 2» edizione. Benché
faccia un appunto intomo al modo, in cui Topera, chiudendosi, tratta di Lutero;
tuttavia fa i maggiori elogi di essa, rilevandone, oltre al valore scientifico, anche
raccessibilìtà ai pro&ni a questi studi]. — K. J. N*, Ròmisehe Geachichte. L
Von der Ghilndung Rome bia eum crsten Puniachen Kriege [di W. Jbne, 2* ediz.
Il R. incomincia colPindicare alcuni miglioramenti apportati in questa edizione, ma
piuttosto formali che sostanziali, poi nota alcune opere non usufruite dairA., con-
clude che Tonerà non può rispecchiare lo stato presente degli studi intorno alla storia
di quel periodo].
7, febbraio 10. — N. N.. Martin Luther' Romfahrt. Naeh einem gleiehzeitìger
PUgerbuche erlautert [di A. Hausrath. Pur rilevando la larga parte, che quest*opera
di ricostruzione ideale ha dovuto concedere alle congetture, tuttavia & elogi del
libriccino e lo raccomanda anche alla classe colta in generale]. — N, N.^ Saggi e
appunti intomo alia iacrizione Etrusca delia Mummia [di E. Lattea. Notato, come
PA. sia fra i sostenitori delFopinione, che gli Etruschi appartengano ai popoli italici,
rileva Tinteresse, che per la questione offre il libro presente, di cui loda releganial
— F. H., Der Maxitnaitarif dea Diocktian [di Th. Mommsen e H. Blflmner. L*A.
& la storia di questa pubblicazione, ne rileva T importanza e fa qua e là osservazioni
ed appunti].
8, febbraio 17. — IT. N,, Nuntiaturberichte aua DeuUMand, 1533-39, Nebsi
ergànaenden Actenatiicken. IILIV, LegaUan Alexander'a 1538-39 [ed. W. Frie-
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 591
densbarg. Breve» ma entosiastioo riassanto del conteniito di questi due nuovi volumi].
— W.-M. (U. V.). Manumentt antichi pubblicati per etèra della Beale Accademia
dei Lincei [Voli. I-Il. L'À. & un caldo elogio di questa grandiosa pubblicazione, di
cui dà accurate notizie].
10, marzo 3. — N* V.j Die ItaUenisehe Einheitsidee in ihrer LiUrariechen
Entwickelung von Parini bis Mangani [di 0. Bulle. L*À. approva più il lavoro che
il titolo di questo, il quale non giudica esatto, perchè dallo studio profondo delle
opinioni espresse dagli scrittori, che TA. esamina, Parini, Alfieri, Monti, Foscolo e
Manzoni, Tidea unitaria non appare svilupparsi continuamente]. — W.-M. (U. y.). Mo-
numenti antichi pubblicati per cura deUa Beale Accademia dei Lincei, III. Le
leggi di Chrtuna e le aUre iscrieioni arcaiche Oreiesi [ed. D.Comparetti. Il R. rileva
rimportanza del lavoro; ma fa degli appunti qua e là e giudica che molto resti ancora
a fare in proposito].
11, marzo 10. — B., Animadversianes in Bionym Hah'camaseensie Antiqui-
taies Bomanaa, I [di L. v. Goetzeler. Il B. fa molti appunti e respinge parecchie
opinioni delPA.; tuttavia conclude, che nel complesso il lavoro è diligente ed utile].
12, marzo 17. — N* N., Geschichte dee Deutschen Beiches wahrend des groasen
Interregntans. 1245-73 [di J. Kempf. Il lavoro nel suo complesso è diligente; ma,
come era da attendersi, non reca nulla di nuovo]. — H. U*. Studien eu den Le-
aenden dee hi Theodoeius [di E. Enimbacher. Il B. segnala il valore di questo
lavoro, poi entra in numerose discussioni a proposito delle questioni in esso trattate].
13, marzo 24. — N. N., Vie de 8t. Fran^ d^ Assise [di P. Sabatier. Il R. ri-
leva i pregi ed i difetti gravi di quest'opera, tuttavia ne segnala Pinteresse special-
mente per il suo sentimento lirico]. — N. N.^ Die KirchUchen Exemptionen dar
Kloster von ihrer Entstehungszeit bis sur Chregorianisch-cluniacensischen Zeit, Ein
Beitrag sur Ghschichte der Klbsterexemptionen [di K. Fr. Weiss. Il R. fa alcuni
appunti, ma segnala importanza e la diligenza del lavoro]. — N. N.^ Il diritto
di placitasione e Teconomato de* benefici vacanti in Lomba/rdia. Studio storico-
giuridico suUe reiasioni fra lo Stato e la Chiesa [di A. Galante. Il librìccino prova
il risveglio degli studi canonistici anche in Italia ed è degno di lieta accoglienza,
poiché riempie una grave lacuna]. — N» N«^ Glaudii Olaudiani Carmina [ed. J.Eoch.
Nota che TA., allievo del Birt, segue in sostanza Tedizione data da questo ; ma ar-
reca pure del suo e ci presenta un libro, che può tornar utile nell'uso comune]. —
0« y. H«9 Die Itaìienischen Buchdrucker- und Verlegersdchen bis 1525 [di
r. Erìsteller. Rileva l'importanza ed il valore di questo studio, pur mostrando cne
molto resta ancora da studiare su quest'argomento].
14, marzo 31. — N. N., Forma urbis Bomae [di R. Lanciani. Il R. dà entusia-
sticamente notizia di questa pubblicazione, lodando nelFA. la costanza, la dottrina,
l'acutezza, la profondità tedesca e dichiarando che per lango tempo Topera sua sarà
il fondamento di ogni studio topografico intorno a Roma]. — Y. G*^ Le biblioteche
in Italia àli'epoca Bomana [di V. Garbelli. Il K fa appunti, tuttavia dice che il
libro fu ben ideato e meglio compito].
15, aprile 7. — BT. N., Lo stato Sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Fi-
liberto. I. (1451-67). II. (1467-96) [di F. Gabotto. Il R. reca un favorevolissimo
giudizio di questo lavoro, di cui loda l'accuratezza dello ricerche, l'oggettività dei
ffiudizf, la bontà della forma]. — B., Bestie deUnquenti [di C. d'Addosio. Con pre-
razione di R. Bonghi. Il R. rileva l'interesse storico di questo lavoro, specialmente
per la quantità di testimonianze e di documenti raccolti dalle varie epoche intomo
ai processi fatti contro le bestie; ma muove pure molti e gravi appunti e lamenta
che l'A. abbia ignorato l'importante articolo dell* Amira sul medesimo argomento].
— A, H., Leben der Chrieehen und Bòmer [di Guhl e Eoner. 6» ediz., ed. R. En-
gelmann. il R. segnala i nuovi preg^ di quest'edizione].
17, aprile 21. — Hr. (H.), Schuld oder UnsehiM des Tempìer-ordens. Kritischer
Versuch sur Losung der Frage [di J. Gmelin. Il R. fa i maggiori elogi della se-
rietà e della diligenza somma di questo lavoro fatto dall' A. con piena conoscenza
dell'argomento e giunto a risultati opposti a quelli del Prutz, poiché afferma che la
condanna dei Templari è e rimane una imperdonabile ingiustizia]. — H« H.^ Com-
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592 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
metUarH notarwn Hranianarum cum proìegomenis, (idnoiaUombits critìcis et exege-
Ucis notarumque indice alphabetìeo [ed. 6. Schmitz. Il R. fa una quantità di cor-
rezioni, tuttavia afferma che il lavoro è maestoso e condotto con maravig^Iiosa acutezza].
— À.5 Les sùurces de Tacite dans ìes hiatoirea et ks annaies [di Ph. Fabia. Il B.
loda la profonda conoscenza bibliografica dell* A., la paziente analisi, rileva i risultati
del suo importante lavoro e specialmente Taffinità del giudizio con quello giÀ dato
dal Kanke]. — T« S», Viaggio archeohfico sulla via Salaria nei circondario di
CittaduccUe con appendice stUìe anUckità dei dintorni e tavola topografica [di
N. Persichetti. Il R. fa un breve^ ma favorevole cenno di questo libro, che loda
tanto per le conoscenze bibliografiche, quanto per l'orìginalìtà delle notizie, tratte
direttamente dai luoghi e dai monumenti]. — G« O.^ Deutsche und Itakenuche
Kunstcharactere [di B. Riehl. Il R rileva importanza del lavoro, a coi fa elogi,
ma anche appunti notevoli].
18, aprile 28. — N. N,, Vittorie e sconfitte [di fi. Àrbib. Semplice e non In tutto
favorevole accenno].
19, maggio 5. — N. IC«, Der Chronograph aus dem Jahre des Antonm's [di
A. Schlatter]; Zur Ueberìieferungsgeschichte der altehristhcken lAteratur [di
A. Hamack. Il R. accenna appena al secondo lavoro; del primo invece segnala
rimportanza, osservando che merita molta attenzione]. — P, H.^ Historische Cfen-
rebilder vom Mittekneer, MarinegeschiehtUche Skieeen [di £. Wilczek. Il B. rileva
rindole di questa raccolta di studi storici, la quale interessa anche air Italia,
perchè si occupa di Andrea Doria, di cui studia il carattere, e degli IJsoocchi]. —
Nr. (Th.), Cursus der Instituiionen. I: Geschichte des Bechts bei dem Rdmischen
VcHks, II: System und Geschichte des Bòmischen Privatrechts [di G. F. Puchta.
Il R., notati i miglioramenti della decima edizione di quest^opera, afferma, ch^esso,
per quanto vecchio, è ancora indispensabile allo studioso del diritto].
MITTHEILUNGEN DES INSTITTJTS FUER OESTERREICfflSCHE GÈ-
SCHICHTSPORSCHUNG annsbruck).
XIV, 4, 1893.- — Sickel (Th. v.), Ein ' Buolo di f amplia' des Papstes PiusIV
§ botati l'importanza ed i difetti del e Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica >
el Moroni, e tessuta in breve la vita e rilevata Timportanza di questo come erudito,
TA. descrive a grandi linee ^ordinamento della corte pontificia nel suo svolersi, poi
viene a dar minuta notizia del 'Ruolo' citato, da lui scoperto dietro la guida del
Moroni, ne pubblica alcune parti ed illustra diligentemente il documento; conclude
rilevando Timportanza storica di questo e di tutta la categoria di documenti, a cui
appartiene, e chiedendo che anche questa categoria sia portata nel così detto archivio
segreto o per dir meglio archivio storico Vaticano, affinchè sia accessibile agli stu-
diosi]. — BedUch (0.), Die neugefundene Briefsammìung zur Geschichte Budolfs
von Hàbsbwrg [Il R. dà una brevissima notizia della scoperta, che ne 1892 il dot-
tore Alberto Starzer ha fatto nella biblioteca Vaticana del cod. Ottoboniano 2115,
il quale attribuito nei catalogo al secolo XVI, è invece del XlII-ez XlV-in., e con-
tiene numerosi e preziosi documenti ancora inediti intorno alla storia di Rodolfo di
Absbnrgo; promette che questi saranno pubblicati prossimamente]. — Majr (M.),
Venetianische Brandstiftungen in Oesterreich im Jahre 1516 [Pubblica una curiosa
confessione fatta dal francescano Crìstan di Nordhausen intomo alla sua partecipa-
zione ad una banda di incendiar!, che, pare, istigati e pagati dalla repubblica di
Venezia, avevano fatto il disegno di incendiare Vienna ed altre parti dell' impero
austriaco. Il breve documento è preceduto da una brevissima avvertenza]. —
Bopsch (A.), Die Beichenauer Urkundenfalschungen [di K. Brandi. Rilevata
l'importanza di questa pubblicazione per il suo argomento interessante cost per la
scienza diplomatica in generale, come per i numerosi diplomi imperiali, che riguarda,
il R. & un minuto esame del lavoro e gli muove molti e gravi appunti]. — Hoo-
geweg, Bfgesta regni HierosoUfmitani (MXG VII-M CCXCI) [di R. Rohricht.
Dà brevissima notizia dell'opera, ma ne fa le più calde lodi]. — Aldàsj (A.), Gè-
schichtditeratur Ungams 1890-92. I. QueUeneditionen [Tra le opere ricordate in
questa corta bibliografia, riguardano l' Italia: il < Godei diplomaticus Andega-
Tensis VI >, anni 1353*57; le « Mathiae Corvini Hungarìae regie epistolae ad no
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aPOOLIO DI PERIODICI TBDBSCBI 593
manos pontifiees datae et ab eia acceptae > ; le relazioni deirambasciatore veneziano
Federico Cornaro nel 1686; la pubblicazione fatta dal Fraknói dei docnmenti pon-
tifici ligaardanti rUngberìa negli anni 1344-1410].
IV Eig&nzangsband, 1898. — Qnesto Tolome, dedicato a celebrare il qnarante-
fiòmo anno dMnaegnamento dell* illustre professore Qialio von Ficker deirnniversità
di Innsbrnck, contiene solo lavori àeg^ scolari del Ficker. Fra qnesti a noi inte-
ressano i seguenti: Ottenthal (E. v.), Die QueQen sur ersten Bamfahrt Ottos I
S*0. confronta fra di loro le notizie in tomo alFandata di Ottone I a Roma, date
Liadprando nella soa < Historia Ottonis >, la Continuazione del e Chronioon
Beginonis > scrìtta da Adalberto, la Cronaca di fra' Benedetto del Monte Soratte
e la continuazione del * Liber pontificalis > secondo Tedizione del Dochesne; anzi-
tutto però si occupa delle relazioni fra Liudprando ed il continuatore di Beginone,
esaminando i vari giudizi espressi dai crìtici intorno a queste; poi esamina i rap-
porti delle quattro fonti citate in generale; quindi viene ai rapporti intimii che cor-
rono fra queste, ed ai rapporti loro con altre fonti; conclude, che le quattro fonti
esaminate attinsero le notizie più importanti intomo alla spedizione di Ottone ad
un*unica relazione, scrìtta con moderazione e con conoscenza delle cose da un parti-
fiano deirimperatore: questa unica fonte di notizie, che finora erano state giudicate
erìvate da molti testi dei fatti, diminuisce d'assai il valore, che per il viaggio
Ottoniano hanno le narrazioni apparentemente diverse delle quattro cronaclie. A
questo studio segue un'appendice intorno al significato, in cui sono adoperate nelle
cronache studiate le parole ' Gallia * e .' Saxonia ^. — Seheffer-Boichorst {F.),Zwei
Untersuchufigen sur Geschichte der papstUchen Territarial und Finanz-joolitik
[Nella prima di queste ricerche TA., prendendo occasione dalla celelebre opera del
ì>Ollinger (Janus) « Der Papst und das Condì >, e citato lo s&vorevolissimo giu-
dizio, che rillustre teologo diede di Gregorio YII, esamina la questione intomo alla
pretesa di questo pontefice alla esazione delle decime nella Gallia ed al possesso
della Sassonia ; rileva gli errori commessi nel parlar della questione dal Dollinger ;
conclude confermando U giudizio, che Gregorio VII abbia preteso alle decime della
Gallia valendosi di un documento Carolingio apocrifo ; ma nega Taltra afi'ermazione
del Dollinger, che Gregorio si sia valso di quel medesimo documento per chiedere
il possesso della Sassonia. In un escorso poi tratta brevemente della ' storia dei papi '
dello pseudo-Li udprando e delle relazioni di questo con Osnabrflck ; ed in un'appen-
dice pubblica ancora ed illustra con poche parole quattro diplomi inediti in mvore
della basilica Vaticana. Questi diplomi sono : il primo di Federico I, in data Nuova
Lodi, 1159; il secondo di Enrico VI, Montefiasoone, 18 ottobre 1196; il terzo di
Federico II, Bieti, luglio 1234; il quarto di Sigismondo, Boma, 31 maggio 1433.
Nel secondo tema propostosi TA. si rivolge alla questione, se papa Adriano IV abbia
aiutato il re d' Inghilterra contro l'Irlanda e conclude confermando l'asserzione del
cronista Giovanni di Salisbury, secondo cui il papa cedette l'Irlanda al re Enrico
d'Inghilterra come feudo pontificio]. — Bnrig (I.), Bechts^^rUche dea Trientner
Lehmhofeè ohm dem XIII Jahrhundert ^Premessa una breve avvertenza, il D.
pubblica sedici documenti spettanti agii anni 1209-1230 e riguardanti l'amministra-
zione feudale dei vescovi di Trento], — Wieser (Fr. v.), Die Karte des Bario-
lomeo Colombo iiber die vierte Beise des AdmiraU [Tessuta in breve la storia di
questa importante carta e notati i suoi caratteri, l'A. giudica di averne trovata una
copia in un codice miscellaneo della biblioteca Nazionale di Firenze, reca le prove
del suo giudizio e riproduce la carta in questione insieme colla < Informatione di
Bartolomeo Colombo della Navicatone di Ponente et Garbin di Beragua nel Mondo
Novo >, contenuta nel medesimo codice]. -— Mlllilbaolier (E.), Kaiaerurkunde und
FapgtwrhwMe [L'A. in questo breve, ma importante studio si propone di dimostrare
l'efficacia, che sai caratteri dei documenti ebbero gli avvenimenti storici, e come
esempio tesse in certo modo parallelamente la storia della bolla e quella del diploma
durante il Medioevo: nei tempi più antichi le bolle pontificie si differenziano pro-
fondamente dai diplomi imperiali, da per i caratteri estemi ohe per quelli interni*
ma nel secolo XI per opera d'una serie di papi tedeschi le bolle incominciano aa
imitare i diplomi e l'imitazione si accentua vivamente ai tempi di Leone IX e di
Vittore Hk Ai tempi di Gregorio VII ricomincia però un nuovo indirizzo: come il
SivUta Storica Italiana, XI. 39
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594 SPOGLIO DI PERIODia TEDESCHI
pontificato mira a finsi indipendente dall' impero, cosi la bolla pontificia prende di
nuovo caratteri distintiTi in confronto del diploma imperiale: allora ha luogo un
processo inverso: i diplomi prendono ad imitare le bolle: Timitazione si pronnncia
chiaramente nell'epoca Sveva, raggiunge il suo mag^giore sforzo ai tempi di Carlo IT,
ma dura per tutto il resto del Medioevo, benché nel secolo XV si facesse man mano
sentir meno].
XV, 1, 1894. — Rdhrioht (K), Der Untergang àe$ Kdmgreìcha Jenmim
[Indicato il lento spegnersi del regno di Gerusalemme, TA. discorre dei pericoli ac-
cresciuti ad esso dalla salita al trono del sultano Bìbars ; delle sue gravi condizioni
alla morte di re Giovanni I di Cipro; delle aspirazioni di Lucia sorella di Boe-
mondo VII al dominio del fratello defunto ; poi descrive Tassedio posto dal sultano
a Tripoli nel 1289, espone la parte avuta in qaesta lotta dai Genovesi, dall'ordine
di Malta, dal re di Cipro, dai pellegrinaggi italiani: cosi il suo studio riesce im-
portantissimo per la conoscenza delle relazioni italiane colFOriente nel secolo XIII].
— BreBslan (H.), Zar Vargeachiehte der WaM RudcHps von Hahsburg [Il B. rileva
rimportante contributo, che a questa questione reca un rapporto scritto nel 1275
a Montefiascone da tre ambasciatori genovesi, i quali erano stati alla corte pontificia
per accordarsi coi Veneziani: nel ragguagliare della loro ambasciata il Comune ge-
novese i tre scriventi danno quante notizie hanno apprese in corte di Roma, fra le
quali anche questa, quanto inattesa, altrettanto importante, che in principio del 1273
Ottocaro di Boemia, lungi dallo sfuggire, come si credette, lavorava invece per pro-
curarsi la corona imperiale]. — Tang] (U.), BikkdaUrung in Fapsturhunden [L'À.
si occupa della posizione della data nei registri dell' antii^pa Clemente VII e ne
studia le cagioni]. — MOhlbaeher (E.), Di/f^cmi impericui e reali deUe caneelUrie
d^ItaUa pubbUcaH a facsimile daBa É, Società Eamana di Storia patria [Il R.
accenna all'utile complemento che questa pubblicazione reca ai « Kaiserarkunden in
Abbildungen » pubblicati a Vienna, rileva la parte, che anche nelPopera italiana
ha avuta il Sickel, lamenta solo i difetti neir esecuzione tecnica dei fitcsimili]. —
Gnelln (L.), The abaolutùm formula of the Templars [di Ch. Lea. Segnala Fin-
teresse, che offre questo studio, pur avendo preso a trattare un punto apparentemente
secondario nella questione].
2. — Biegl (À.), Alfonso CecoareUi und seine FSÌschungen von Kaiserurìatnden
[Dopo aver accennato alla diffasione, che nel secolo XVI ebbero le falsificazioni a
scopo genealogico, TA. si rivolge al Ceocarelli: riassume i risultati degli studi in-
torno alle falsificazioni di lui &tte dair Allacci; poi indica gli studi rinnovati su
queste dai collaboratori dei e Monumenta Germaniae », dal Fanta specialmente;
chiude con una lista dei diplomi imperiali falsificati dal Ceccarelli]. — Otten-
tlial (E. v.ì, Nachworih [L'A. rileva la parte avuta da esso nella distinzione delle
falsificazioni del Ceccarelli; nota, a scanso di equivoci, che la lista presentata dal
Biegl, la quale, soggiunge, potrà essere accresciuta, non riguarda tutti diplomi
falsificati realmente, ma ne indica pure più d'uno, che il Ceccarelli aveva avuto solo
l'intenzione, poi non effettuata, di falsificare ; si sofferma infine sopra alcuni di-
plomi Ottomani già studiati dal Fanta]. — Siokel (Th. v.), Geheimschr^ [lì S.
pubblica con alcune poche osservazioni un cifrario del secolo xV ineunte scop^ in
un mazzo dell'archivio Vaticano].
NEUES ARCHIV DER GESBLLSCHAPT PUER AELTERE DEUTSCHE
GESCBICHTSKUNDE (Hannover u« Leipzig).
XIX, 2, 1894. — DOmmler (E.), Waits und Perts [Pubblica alcune lettere
scambiatesi fru i due dotti storici a proposito dei lavori per i e Monumenta Ger-
maniae historica »]. — Kurze (P.), Uéber die KaroUngtsehe Beic7iS€mnàìen von
741-829 und ihre UeherairhHtung [L'A. si occupa qui della tradizione dei mano-
scritti contenenti gli « Annales Laurissenses maiores » cosi importanti anche per
la storia italiana]. ^ Mommaen (Th.), Eine Erwiederung TRisponde sX Duchesne,
che commentò in modo diverso una lettera dell'imperatore Onorio a Teodosio e la
risposta di questo al primo]. — Lelmer (F. A. v.), SuppHk dea Frauen]doster$
Inzigkofen (bei Sigmaringen an Papst Alexander VI [Premessa una breve intro-
duzione, in cui descrive i caratteri estemi del documento, 1 A. pubblica la supplica].
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 595
RHBINISCHES MUSEUM FUER PHILOLOGIE (Prankfort a. M.).
N. 8., XLVni, 4^ 1893. — 8eeek (0.), Die Zutammenseteung der Kaiserlegionen
[L*A. valendosi della « Ephemerìs epigraphica 9 e specialmente delle iserìzioni datate
che qaesta ci presenta, ritorna sulla dimostrazione, con altro metodo già data dal
Mommsen, che fin dai tempi di Angusto le legioni romane furono nutrite coiriscri-
xione dei provinciali e percorrendo i tempi daUa battaglia di Azio fino ai principt
del governo di Vespasiano, ed occupandosi prima dell* Occidente, poi dell* Oriente,
esamina minutamente tutte le iscrizioni che possono giovare alla questione]. —
F. B.5 Attùèh-Bdnnscìie EpTtebenbezeichnung [Si occupa brevemente del nome di
' parectator ' dato agli Efebi ad Atene ed a Éoma].
IL, 1, 1894. — Belooh (J.), Die Phoeniker con aegaeisehen Meer [Trattando
delle relazioni dei Fenici coi popoli greci TA. tocca pure la storia siciliana, il rao-
eonto di questa fatto da Tucidide e le relazioni dei Fenici col continente Italiano].
— FSnter (R.), Zu JuUan [L'A. nota, ohe il frammento del codice Barocdano,
n. 56, dal Gumont giadicato la risposta di Giuliano ad una sacerdotessa di Afrodite,
è invece la « Ethopoiia > di Libanio, ed il cod. Barocciano non ha alcun valore per
Temendazione di questo testo].
WESTOESTLICHE RUNDSCHAU. POLITISCHLITBRARISCHE flALB-
MONATSCRIPT ZUR PPLEGE DER INTBRBS8EN DES DREIBUN-
DES (Leipzig).
I, 1, gennaio, 1894. — Negri (G.), Bine Herome der itaiieniaehen Renais9anoe
SWk, dopo un*introduzione generale intorno all'Umanesimo ed airimportanza avuta
urante questo da Firenze e Milano, ch'egli giudica i due centri più vivi, viene a
parlare del libro di Pier Desiderio Pasolini intomo a Caterina Sforza, ne fa i mag-
giori elogi, poi dietro la guida di questo riassume a rapidi tratti la vita di Caterina
rilevandone specialmente il carattere energico e ritraente ancora le qualità degli
antichi Signori italiani. Conclude, che la grandezza italiana cadde, perchè agli Ita-
liani mancava il senso morale, ucciso in essi dal cattolicismo; si augura, che la
nuova Italia, costituitasi con mezzi migliori, abbia anche migliori destini].
4, Febbraio 15. — Gvbematis (A. De), Sardmien und die Sarden [Dopo aver
accennato alle infelici condizioni della Sardegna nei nostri giorni, ben contraria a
quelle antiche, ed aver parlato deiraspirazione della Francia a quest'isola, TA. di-
scorre dell'origine dei suoi abitatori, della sua storia, dei suoi prodotti ; poi ritorna
alla razza sarda, per discorrere della poesia popolare, delle carte di Arborea, dei
nuraghi, delle divisioni fra gl'isolani; conclude consigliando il Governo italiano ad
occuparsi piuttosto della Sardegna che della colonia Eritrea].
WOCHENSCHRIFT FUER KLASSISCHE PHILOLOGIE (Berìin).
X, 2, 1893, gennaio 11. — Opitz (Th.), De eoddcibw Medieeis Anmìiim Taciti
di G. Andreeen]; P. CùmeKua Taciiua [ed. Andresen con illustrazioni di NipperdeL
^oL MI. Recensione fieivorevole]. — Manitins (M.), M,Annaei Lucani *De belio
eiciU ' libri deeem [ed. C. Hosìus. Questa è la prima edizione di Lucano, che risponda
alle esigenze moderne deUa scienza]. — G» A., A%u Sieiken [di E. Ziegeler. Racco-
manda questo grazioso libro alla gioventù].
4, gennaio 25. — Wolff (E.), Liviushommeniar eu Buch XXI ; Anleitung eum
Verstàndnit der Liviamschen Darstdlungsform [di K. Haupt. Favorevole].
5, febbraio 1. — Gemoll (W.), De Octaviae fabula [di G. Nordmeyer. Il R. fa
molti appunti]. — H. D.^ P. ManutU epistuìae Ukctae [ed. M. Fickelscherer. Se-
gnala l'interesse di quest'accurata pubblicazione].
7, febbraio 15. — Klnssmann (E.), Studia ecelesiasiica, TerluOianus [di J. van
der Vliet. Fa molti appunti, ma rileva i meriti del lavoro]. — Harder (F.), Dieta-
natio di antichità classica [di A. Pasdera. Favorevole].
8, febbraio 22. ^ Schmidt (A.), T, lAm Ab urbe condita Ubri [ed.. A. Luchs.
Rileva le molte parti originali, ma perciò non meno sicure di quest'edizione].
«
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596 SPOGLIO DI PBfiJODICI TEDESCHI
9, marzo I. — W#iff (E.), De codicibus Medieeis Annàliwm TaeiH; TacUus
[di G. ÀDdreaen. Favorevole solo in parte].
11, marzo 15. — Ihm (M.), Ingcriptùmea laUnae tdectae [ed. H. Dessaa. Favo-
revole}. — Liebenam (W.), L'épigrapMe latine et ìes eorporations profeenonelìee
de Vempùre romain [di J. L. Waltzing. U B. si aug^ara, che dalla scaola epigrafica
del W. escano presto altri lavori simili]. — Schnlthess (0.), BeichsreclU und
VoQcsrecht m den òeUichen Proviiuten dea ròmiechen Kataerreiehs [di L. Mitteia,
parte U. Il B. segue capitolo per capitolo il lavoro, giudicando ciascano ora più
ora men riascito, ma sempre fiivorevolmente]. — Sehneider (A.), Der Préeees dee
C. BcUnrius vom JcJure 63 v, Ghr. [di 0. Schalthess. Il B^, analizzato il libro,
afferma che saranno accolte meglio le conclusioni negative che quelle positive, ma
il lavoro è ad ogni modo indispensabile a chi studierà ancora simili questioni].
12, marzo 22. — Schalthegg (0.), BekhsrecM und Vótksreché in den òatUchen
Provimen dea romiachenKaiaerreickea [di L.Bfitteis. Continuazione deiranalisi citata
sopra]. — Geppert (P.). De Bomamorum aerviMe Quaestionea [di E. Lebmann.
Chi SI occupa dj quest'argomento potrà facilmente far a meno di questo lavoro].
13, marzo 29. — 8cliiilthes8 (0.), Beicharecht und VoOcsrecht inden^istUchen
Provinzen dea ròmiaehen Kaiaerreichea [di L. Mitteis. Chiosa la sua disamina, il
B. raccomanda caldamente il libro a filologi, storici e giuristi].
14, aprile 5. — KreU (W.^, La proae de Symmaque [di L, Havet. Il K muove
alcune obbiezioni, crede i giudizi dell'À. troppo rigidi, ma afferma che il lavoro ò
esemplare per diligenza ed esattezza].
ZEITSCHBIFT DEB SAVIGNY^TIFTUNG FUEK BECHTSGESCHICHTB
(Weimar).
XIV, 1, Germanistische Abtheilung, 1893. — Hfibner (B.), Oerichtaurkwnden
der Frànkischen Zeit. IL Die Gerichtaurkunden atia ItaUen bis eum Jahre 1160
[In questa parte, riguardante V Italia, lo H. pubbKca in regesto e con brevi notizie
bibliografiche 1012 documenti italiani ad incominciare dal 624 fino al 1150. A questa
Snbblicazione fa seguire un indice geografico, un secondo per le diverse categorie di
ocumenti ed un indice delle fonti utilizzate. Segue ancora un'appendice di deca-
menti aggiunti].
2. — Bomanistische Abtheilung. — Girard (M. P. F.), La date de la hi 'Aebutia*
[Indicati i criteri, che possono giovare alla determinazione della data di questa legge,
l'A. confronta alcuni passi di essa con quelli corrispondenti dati da altre fonti; poi
esamina se la legge si debba attribuire al V od al VI secolo di Boma, rileva le
difficoltà che si incontrano nel volerla assegnare al secolo VI, poi viene al sec. VII
e rileva la differenza dell'ambiente giurìdico, le notizie, che hauno tratto durante
questo colla nuova procedura, a cui la legge 'Aebutia' si collega, studia appunto
queste relazioni: ne deduce, che la legge 'Aebutia' non esisteva ancora nell'anno 605
ed esiste già certamente verso gli anni 629-31 di Boma, infine tenta ancora alcune
conji^tture intomo agli uffizi tenuti da Aebutio suo autore ed all'epoca loro]. —
Kttbler (B.), Der Proceae dea Quinctiua und G. AquiUua GaUua [L'A. riferendosi
airorazione di Cicerone per P. Quinctius ed al lavoro fatto dal Keller intomo alle
questioni, a cui le notizie di quest'orazione hanno dato luogo, si propone di ricercare
se P. Quinzio vinse il suo processo: perciò incomincia a ricercare quale fondamento
questi credette di avere nel giure per poter sperare di vincere; poi come probabil-
mente sentenziò il giudice]. — Gradenwitz (0.)^ TextcrUiachea [Fra le ricerche
comprese sotto questo titolo, le quali ci interessano, noto quella intorno alla ' Lei
Falcidia ', le altre riguardano piuttosto questioni filologiche]. — Hitslg (H.), Bei-
tràge zur Kenninisa und WUrdigung dea aogenarmten weatgothischen Gaiua [L'A.
si occupa prima del diritto personale e familiare quale risulta dal codice visigoto
e nominatamente della schiavitù, della patria podestà ed agnazione, del matrimonio,
della tutela e cura; poi passa al diritto sulle cose, poi a quello sulle obbligazioni,
infine al diritto sull'eredità]. — 6lrape (E.), Zw Latinitdt JusHniana [L'A. ricerca
i caratteri della lingua latina quale ci si presenta nel codice Giustinianeo; perciò
esamina la' scelta delle parole, la loro disposizione nel periodo, le abbreviazioni, le
amplificazioni, i particolari sintattici]. — Burckhardt GhUenberg und Cicero [L'A.,
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 597
accennato al tentativo Catto dair Innamorati di rivendicare air Italia V invenzione
della stampa, osservando, che dell'uso dei caratteri mobili parlò chiaramente Cice-
rone nel < De natura deorum >, lib. II, cap. 37, TA. spiega meglio il passo citato,
ne reca àncora nn altro più notevole del « De divin. >, I, 13; tuttavia conclude,
che da siffatte notizie al poterai dire che fin d'allora era stata inventata la stampa
ci corre molto]. — Krttger (H.), Elude sur Phistoire du droit Bomain. I: La
foUe et la prodigcdilé [di A. Audibert. Il R. si occupa a lungo di questo lavoro, che
esamina minutamente e combatte in molti pnnti]. — KÌibier(B.), Die Assessoren
der Bòmischen Magistrate und Bichter. Etne BeeJUshistorisehe AbJiandlung (di
H. F. Hitzig. Il R. fa appunti ed aggiunte per ciò che riguarda il materiale, non
trova sostanzialmente moltissime novità, ma sopratutto biasima il metodo del lavoro,
che i particolari inutili e quelli secondari ampliano oltre misura]. — Weber (M,,)^ Per-
petua eausa neUe servitù prediali romane [di S. Perozzi. Il B. non crede che le
dimostrazioni delFA. siano state felici, benché il suo tema fosse assai importante].
ZEITSCHRIPT DES VEREINS PUER VOLKSKUNDE (Berlin).
II, I, 1892. — Lorariid fE.), Die Frauenwettrennen in Padua [L'A., fatto un
cenno generale sulla corsa delle donne e sulla fama ch'essa ebbe a Roma; accennato
pure alle relazioni, ch^essa ha colla corsa delie meretrìci; studia questa festa a Pa-
dova, esaminando le notizie che se ne hanno nei diversi secoli e le circostanze sto-
riche, che vi diedero occasione]. ~ Kauftaiami (F.), Der Matronen-Kultus in
Crermanien [L*A. studia questo culto sui monumenti romani, che ce ne hanno tra-
mandato la memoria].
2. — SchwartK (W.), Die gefesseUen Qàtter bei den Indogermanen [Indica le
diverse divinità antiche rappresentanti questo mito].
ni, 1, 1893. — Lewj (H.), MorgenUindische Aherglaube in der Bómischen
KaiserzeiJt [Pubblica e commenta un ragguaglio intorno ad usi superstiziosi, che si
trova nel € Tosefta », opera appartenente al gruppo degli scritti taimndietici ; Tim-
portanza, che questo ha per noi, secondo TA., sta in dò, che conserva il ricordo di
antiche costumanze superstiziose deirepoca dell'impero romano]. — 9odden(0. M.), Ch"
fesseUe Gótter [di F. Stolz. Recensione favorevolissima e rilevante l'importanza del
lavoro sotto molti aspetti].
t, — Lewj (E.), MùrgefUandische Aherglaube in der Bómischen Kaisereeit
[Gontìaua la pubblicazione citata sopra]. — N. N., MiHf leggende e 9upersti£fiom
dei Medioevo. II [di A. Graf. Il lavoro, serio ed erudite, forma un pregevole con-
tributo allo studio delle leggende medievali].
8. — liwof (F.), AUerhi Inschriften aus den Alperdàndem [Le numerose iscri-
zioni, che l'A. pubblica in questo articolo, appartensrono solo alla regione alpina te-
desca]. — Schatsmajr (E.), Villotte Friulane [Pubblica alcuni canti popolari
friulani, rilevandone in una breve pre&zione l'interesse]. — N. N.^ Incantamenta
magica graeca latina [ed. R. Heim. Favorevole].
ZEITSCHRIFT PUER VERGLEICHENDE LITERATURGESCHICHTE
UND RENAISSANCE-LITERATTJR (Berlin).
1893, VI, 1-2. -- Wlislocki (H. v.), Ueber den Einfluss der Halienischen Lite-
raitmr auf die ungarisehe,
8. — Lelinerdt (M.), Der Verfasser der *GaIH euiusdam anonymi in JFVonci-
9eum Petrarekam invecHoa \
ZEITSCHRIFT PUER WISSENSCHAPTLICHE THEOLOGIE (Leipzig).
1893, N. S., I, 8. — Hllf enfeM (A.), Neue Streitfragen [Sotto questo titolo
l'A. tratta delle relazioni tra i Cristiani e gli Ebrei nei primi secoli; della que-
stione degli indemoniati in Marco; e del testo greco del pastore Hermas]. — Nor-
éen (E.), Unedierte SchoUm su den Beden Qregof's von Nagians, — Frej-
stedt (A.), Der iynodaìe Kampf in Pràdestinationsetreit des IX Jahrhunderts.
II, 1. — Hilgenfeld (A.), Apollonius von Bom, — Noeldeohen (E.), Tertut-
han und das Spiehoesen, insbesondere der dram,
Carlo Mbrkbl.
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NOTIZIE
Coficarso a pretnU — È rÌAperto dair « UnìoDe cattolica per gli studi sodali
in Italia » il concorso a premio sopra il tema seguente: Stdle eorporagioni e eoOegi
déOe arti mikmesi nelPetà di mezzo. Premio di lire settecento : tempo utile di pr^
sentazione delle Memorie il 81 agosto 1895. — La trattazione del tema deve uni-
formarsi a questi criteri: 1<» premettere un cenno generale sulle origini delle corpo-
razioni delle arti e mestieri, specialmente in Italia; 2<* esporre lo sviluppo storico
delle arti milanesi nel meio evo; d« ricercare, se dagli statuti si possa arguire che
le arti milanesi abbiano serbato un conveniente rispetto alla libertà personale del
lavoro; 4» argomentare, sotto quali forme dovrebbe raccomandarsi la ricostituzione
dei corpi d*arte. — Le Memorie devono essere presentate alla € Presidenza del-
r Unione cattolica per gli studi sociali in Italia — Pisa ».
Società di studi italiani a JParigU — La e Sodété d*études italiennes »
costituitasi a Parigi, neirintento di far meglio conoscere ed apprezzare le cose ita-
liane in Francia, ba tenuto già una serie di conferenze sopra argomenti, che inte-
ressano la storia italiana. Ecco il titolo di talune delle principali: Oh. Dejob, TJn
homme d^état ^ritueì et éhevàleresque, Massimo d^ Azeglio; P. Gauthiez, Un itaUen
de la décadence, TAréOn; P. De Nolhac, La poesie itaiienne eontemporaine ; Durand-
Gréville, La Joconde de Léonard de Vinci; Jtené de Maulde, L'influenee de Tédu-
eation itàUenne sur Fran^ I; P. Milliet, Vari symbolique en ItaìUe au début
de la Benaissance,
Inventari dei manoscritti dette biblioteche d'ItiMa* — È terminato
il voi. Ili degli Inventari dei manoscritti delle ìnbUotecfie d'ItaHa, edito dal
prof. G. Mazzatinti, e s'è iniziato il IV. Questo S» voi. s*occupa dell'Accademia dei
Concordi di Rovigo, delle due biblioteche di S. Daniele del Friuli, di due biblio-
teche di Ciyidale del Friuli, di sei altre di Udine e di quella popolare di Castronovo
in Sicilia. Non occorre più rilevare Timportanza di questi Inventari si per gli studi
storici come per i letterari; rinnoviamo la nostra viva raccomandazione di un* im-
presa così vasta e nobile a tutti gli studiosi, meritando d*essere appoggiata non solo
moralmente, ma col concorso economico di tutti, mediante Tabbonamento.
— h-
Annunzi di libri. — Annunziamo senza commenti alcuni pregevoli libri^ che
ci vennero favoriti dagU Autori o dagli Editori, i quali non entrano direttamente
nel programma della Bnnsta.
La gentile signora, che sotto il titolo Six mois en ItaUe, journal d^wnt iffncrante^
pubblicò Tanno scorso un volume sniritalia presente, ha testé edito coi tipi di Paul
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NOTIZIE 599
Lacomblez (Bnizelles), nn grazioso volumetto: Sur hi golfèa, Napìes et Solerne, È
nn idillio di osserTazione e di sentimeiito snlle isole del golfo di Napoli, sul golfo
di Salerno» sa Pesto, Amalfi, Sorrento e Castellammare. — Non ci è possibile ap-
prezzare la Lettre sur le voyage en BaMe de Pierre BeéH, scrìtta dal sig. Angasto
Jndlin (Bordeaux, 1893), non essendoci pervenuta copia del viaggio, a cui la lettera
si riferisce.
Tre opere, parimenti curiose e notevoli, abbiamo ricevute di storia francese. Il
sig. Robert de Crèvecoeur, per mandato della « Sodété d*histoire contemporaine »,
ha pubblicato il V* voi. del Journal d^Adrien Duquesnoy, deputato del terzo stato
di Bar-le-Duc, sur VAeeembiUe e(msi!Ìtuonde (3 maggio 1789—8 aprile 1790). Questo
primo volume comprende il periodo corso dal 3 maggio al 29 ottobre 1789 (Paris,
Alphonse Picard et fila, 1894). — Per cura del barone Napoleone-Giuseppe-Emesto
di Méneval la Casa editrice E. Denta di Parigi ha testò dato in luce due volumi
di Ménunres paur servir à Thistaire de Napoléon !«' depuis 1802 jusqu'à 1815
del barone Claudio- Francesco di Méneval, nato a Parigi nel 1778 e morto in questa
città nel 1850. Basterà avvertire, che il compilatore di queste Memorie fu segretario
di Napoleone primo console ed imperatore, per comprendere tutta Timportanza della
pubblicazione. — È nota la prigionia del prìncipe Luigi Napoleone Bonaparte (poi
Napoleone III) nel castello di Ham dopo il fedlìto tentativo insurrezionale di Bou-
logne. Ora il signor Hachet-Souplet in an bel volume intitolato Louis Napoìéon
prisonnier au fort de Ham (Parìs, Denta), coi documenti si ò proposto di esporre la
storia vera deirevasione di Napoleone da quel carcere, che doveva essere per lui perpetuo.
Un elegante volume, edito dalla Casa Bums and Oates di Londra, comprende
The Ufe of 8t. Francis Borgia del sig. A. M. Clarke. Premesse alcune notizie sulla
Casa Borgia, T illustre A. accompagna il suo protagonista, antitesi dei vizi, onde
fu contaminata la famiglia ai tempi di Alessandro VI, nella fknciallezza e nelFado-
lescenza, scruta le ragioni che 1* indussero ad entrare nella Compagnia di Gesù, e
con speciale affetto ne studia l'azione durante il suo generalato.
È uscita testé (1894) una nuova edizione tedesca del Bed&cker, Ober ItaJien,
Risponde a tutte le ultime innovazioni ed è redatta con diligenza straordinaria. Il
volume, ricco di carte geografiche e di piani di città, è la guida piò. sicura per il
viaggiatore.
Miccrdi neoroiogici. — È morto il 29 dicembre 1898 il rev. Carlo Meri-
VALB, decano di Ely, in età di 86 anni. Tra le numerose sue pubblicazioni storiche
ricordiamo tre poderosi lavori sulla storia romana: History of Rome under the
empire (8 voi., 1850-64); FaU of the roman empire (1853); A general history
of Bome (1875).
Il 25 gennaio u. s. cessava di vivere in Portogruaro, sua patria, Tavvocato Dario
BERTOLim, uno fra i membri anziani della B. Deputazione veneta di storia patria
« direttore del Museo nazionale concordiese. Disseppellì ed illustrò egregiamente la
necropoli dell*antica Concordia, adunando nel Museo concordiese una ricca e ammi-
rabile collezione di preziosi dmelii. Scrisse pure sulle scoperte di Asolo e del Cadore,
sul vaso d*acqua santa di Torcello, sopra un peso romano, sulle tavolette cerate pom-
peiane. Coadiuvò la Deputazione nel lavoro intomo alle vie consolari della regione
veneta. Illustrò le orìgini, le vicende, i monumenti, le costumanze, le istituzioni di
Portogrnaro, dimostrando finezza di critica, vivacità e brio di stile.
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600 itonziE
È morto ni febbraio n. 9. il dott. J. B. Eomtxb, professore ali* TJniTerntà £
Lipsia, in età di settant' anni. Oltre i molti suoi lavori paramento giaridiei o ài
storia germanica^ gli si devono dae opere di storia romana: Proìegomena tur Oe-
tehéehte Bomt (1862); Bine Biographie éhs rUmùehen JurisUn Qaim (1883).
Il 22 febbraio a. s. moriva in Milano Damano Muoni, nato il 14 agosto 1820
in Antignate di Lombardia. Illastrò la storia di Antignate, di Romano in Lom-
bardia, di Calcio, di Gorgonzola, di Melzo, di Binasco. Collaborò nel Oiomaie
araldico del Crollalanza e neiropera del Calvi, Famiglie notabili milaneM» Lasciò
apprezzate memorie nelle Diaaertaeioni snlle antichità romane di Calcio, di Anti-
gnate, di Fomovo, di Martinengo, e nei lavori nomismatid sulle Zecche éPItaUa
del medio evo, sulla Moneta di Sardegna, snlla Zecca di Milano nel aeeoh XV.
Raccolse codici e lettere antografe, che ordinò con saggia cara, accompagnandole di
notizie erudite, come poò vedersi nelle Lettere di Eugenio di Savoia e nei volumetti
sugli Sforza e sui Governatori di Milano. Archivista di Stato, pubblicò una pre-
ziosa relazione ' sngli Archivi di Stato in Milano. Fu uno dà fondatori della
« Società storica lombarda » e de' suoi più attivi collaboratori.
A Pavia morì il 4 aprile 1894, in età di 72 anni, Tavr. GiOTANin Yidari, va-
lente giureconsulto, studiosissimo della storia della sua patria, membro corrìspon»
dente della R. Deputazione di storia patria di Torino e presidente del Museo civico
Bonetta. Pubblicò: FramtQ^nùi cronistorici deWagro ticinese, 2* ediz. in 4 voi. (Pavia,
Vf Fusi, 1892); Le earte storiche di Pavia (nella Miscellanea di storia itàSana,
voi. XXVII, 1889); Arsenak, darsena e campo del tiro a segno in Pavia, cenni
cronistorici (Pavia, Fusi, 1892); Saggio storieo-fUosofieo su Qirdkmo Ckardano
(nella Bio. itaì. di filosofia, nov.-dic. 1898).
Il 13 aprile scorso moriva in Roma il principe Baldassarre BoNOOMPAom, nato
il 10 maggio 1821. Fu insigne bibliofilo. S*occupò specialmente della storia delle
scienze fisico-matematiche. Repertorio notevolissimo a questo riguardo è il sno Bui-
lettino di bibliografia e di storia deBe sciente mabematiehe e fiòche. Col Boncom-
pagni si spegne la vita laboriosa d*nno di quei patrizi, ornai si rari in Italia» che
consacrarono l'ingegno e il danaro alla protezione delle scienze, delle lettere e
delle arti.
n 10 giugno morì a Pozzolatico presso Firenze Ferdinando Ranalu, nato il
2 febbraio 1813 in provincia di Ascoli Piceno. Fu scrittore ornato ed eloquente,
professore neUlstituto di studi superiori di Firenze e nelPUniversità di Pisa. Scrisse
jTarecchie opere storiche, tra le quali ricordiamo: Storia deUe belle arti in ItaUa
(1844-45), Storie italiane dal 18é6 al 1852 (1853), Del riordinamento d'ItaUa
(1859), L'Itaha dopo H 1859, Lesioni di storia (1867-68).
Ayioco Givsbite, DérettoTO-Otrmlis respontabik.
Tonino — Tip. Vinaio Bsba.
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Libri ricevuti in dono.
Albert M., Les médecins grecs à Rome. Paris, Hachette, 1894.
Baedeker^ Oher-Italien. Leipzig^, 1894.
Bailllenconrt, Italie (1852-1862), Feuilìets mHiiaires. Paris, Firmin-Didot, 1894.
Beccarla G.^ Spigolature sulla vita privata di re Martino in Sicilia. Palermo,
Clausen, 1894.
Beneivennl I.^ « Dentro dalla muda >. Stadio dantesco. Catania, Giannotta, 1894.
Bozzo F., Ija Sicilia e Vltalia dal 1848 alVepoca presente, Palermo, Nocera, 1893.
Bras>i B., Gli studenti tedesdii e la S. Inquisizione a Padova nella seconda metà
delsec. XVI. Venezia, Ferrarir 1894.
Casanora E., Carta nautica del Reinel di proprietà del baronie G. Bicasoli-Firi-
dal fi. Roma, Società edit. Dante Alighieri, 1894.
Cerroti Fr,^ Bibliografia di Roma medievale e moderna.Voì, I. Roma, Forzani, 1894.
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Cipolla C., Vantica biblioteca Novaliciense e il frammento di un codice delle
omelie di S. Cesario. Torino, Clausen, 1894.
— Appunti dal codice Novaliciense del * Martyrologium Adonis » . Torino, Carlo
Clausen, 1894.
Claretta G., Il primo segretario del duca di Savoia Carlo Emanuele I e uno
schiavo a Torino nel 1628. Torino, Clausen, 1894.
— Alfonso Corradi ricordato nei suoi lavori scientifici in relazione alla storia,
Torino, Clausen, 1894.
Corrispondenza fra Girolamo Tirahoschi, L. S. Parenti e A. P. Ansaloni. Modena,
Vincenzi e nipoti, 1894.
Croce B.^ La corte delle tristi regine a Napoli. Napoli, Giannini e figli, 1894.
— Di un poema spagnolo sincrono intorno alle imprese del gran capitano nel
regno di Napoli. Napoli, Giannini e figli, 1894.
— Di alcune obiezioni mosse a una mia memoria sul concetto della storia. Na-
])oli, tip. della R. Università, 1894.
— Intorno al soggiorno di Garcilasso de la Vega in Italia. Napoli, 1894.
— Lodi di dame napoletane nel secolo XVI. Napoli, 1894.
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Cnggiani, 1894.
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1539-1540. Paderborn, Schoningh, 1892.
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— Se il ' Castrum Aprutiano * di Gregorio Magno sia Vodiema Teramo ecc. Fi-
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a mare. Teramo, 189o.
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London, Biiras a. Oates, 1894.
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F. Pustel, 1803.
Znmbini B., Sulle poesie di Vincenzo Monti. Firenze, Succ. Le Monnier, 18^.
TX «^^'V
Anno Xl*" ottobre-dicembre / Fascicolo 4*
RIVISTA
STORICA ITALIANA
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE
DAL
Prof. C. RINAUDO
CON LA OOLLABOBAZIOKB DI
PASQUALE VILLABI, GIUSEPPE DE LEVA
B molti cultori di storia patria
FRATELLI BOCCA EDITORI
LIBSAI DI >. M. II. BB D^ITAMA
TORINO
1894
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INDICE DELLE MATERIE
contenute nel presente fascicolo.
MEMOBIE
€• Minatido. — Cammemoragione di Ariodante Fc^bretU
JD. ChitappeUi. — Imerio secondo la nuova critica storica
€• Merkd» — Ancora di aieuni studi intomo a Cristoforo Coìombp
F. Tarducci* — H. Barrisse e ìa fama di Sebastiano Caboto
F. LUmH. -- Battaglia di S. Quintino (10 agosto 1667)
RECENSIONI
G» BòberH. — D. Manzohe, I Liguri Bagienni e ìa hro Augusta
C» Binaudo* — E. Rodocavaohi, Les corporations ouivrières à Bome
depuis ìa chute de Vemipire romain
A* BonardU — W. Lbnel, Studien zur Geschichte Paduas und Venmas
tn 13 Jahrhundert
G* MaxzoHntim — Federico di Monte feì&o duca éP Urbino, Cronaca di
Giovanni Santi. Nach dem cod. Vai. Ottob. 1305 eum erster mak he-
rausgegeben wm Dr. Heinrich Holtzinger
E* B* €• — Leader Scott, The Orti Oricelìari. — Id., Edkoes of M
Florence
G. Ocdoni'-Banaffans. — A. Eobemioìi, Fra Paolo Sarpi, the greatest
of the VeneUans
A. BattisteUa. — F. Nani Mocenigo, Giacomo Nani — Agostino Nani
Gm Sangiargio. — E. Reinhardt, La Corrispondenza di Alfonso e Ge-
rolamo Casati, inviati di Spagna presso la Confederazione Svizzera
con Leopoldo V Arciduca d'Austria (16201623)
M. Sehipa. — Ch. Gérin, Louis XIV et le Saint-Siège .
P. Spezi» — A. ToLOMEi, Scritti vari
E. Caisanùva. — C. Paoli, Programma scolastico di paJeografta latina
e di diplomatica, IL Materie scrittorie e librarie ....
NOTE BIBLIOGBAFICHE
L Storia politica
IL Storia ecclesiastica
SFOGLIO DI FEBIOniCI
V ìd lingua italiana N. 20
2*» in lingaa francese N. 15
3» in lingaa tedesca N. 14
4? in lingaa inglese N. 2
S» in lingua spagnola N. 2
NOTIZIE
Concorso a premio. — Società storiche. — Nuovo periodico di storia. — H
30 settembre a S. Marino. — Nozze Cian-Sappa-Flandinet. — Onori e
auguri a Cesare Cantù. — Bicordi necrologici . . . . i
Indice delle materie del volume XI i
601
607
629
654
665
675
677
679
690
701
704
709
712
720
745
763
774
780
790
790
791
795
n prezzo d'abbonamento alla BMsta Storica è di L« 20 aanve
per tutto 11 Regno, e di L. 24 per tatti 1 Paesi eompresi
nelP Unione postale. — Ogni faseleolo separato L. 6«
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COMMEMORAZIONE
ARIODANTE FABRETTI
L* improvvisa morte di Ariodantb Fabretti destò nell' animo
degli Italiani, che rammentano l'aspro cammino del nostro risorgi-
mento, vivo cordoglio, in tutti i cultori degli studi storici e archeo-
logici profondo rammarico, nei collaboratori e lettori della Rioista
storica italiana lutto quasi domestico. Imperocché, se l'avanzata
età più non concesse al Fabretti di prestare attivamente l'opera
sua alla nostra rassegna, egli ci fu largo di consigli e di conforto.
Or sono undici anni l'illustre uomo, iniziando l'impresa e chiaren-
done bene lo scopo, conchiudeva con queste parole, che ci valsero
costantemente di programma : « La via, in cui entra la Rivista
storica, sarà libera a coloro che vogliono percorrerla, ossequenti
alla verità, contrari a illodevoli compiacenze, e fiduciosi nel risor-
gimento della patria italiana, che perdura fedele alle sue tradizioni ».
Più di ducente cultori degli studi storici seguirono la via trac-
ciata dal Fabretti, accogliendo con fede il nobile invito; primi i
venerandi Giuseppe De Leva e Pasquale Villari, altamente bene-
meriti della patria e della scienza non solo per gli scritti, ai quali
ò assicurata fama immortale, ma per la generosa figliazione di tanti
valenti allievi, onore e lustro dei loro maestri. Scomparirà dal
frontispizio della nostra Rivista il nome del Fabretti, ma rimarrà
intatta la bandiera, ch'egli ha innalzato, sorretta dai valentuomini,
che si schierarono nelle sue file.
In questa fede il commemorare Ariodante Fabretti ò per me,
che l'ebbi a maestro, amico e consigliere per quasi trent'anni, non
solo un bisogno del cuore, ma un dovere ravvivato dalla certezza
JStfviffta M storia Italiana, XI. 40
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602 MBMORIB
d'interpretare i sensi di tutti i collaboratori della RicUta e segna-
tamente di quei valorosi, 6. De Leva e P. Villari. che con lui mi
furono sprone e guida nel difficile cammino.
Ariodante Fabretti nacque da modesta famiglia in Perugia il
1» ottobre 1816, quando i restaurati governi spalleggiati dall'Austria
imprendevano a demolire l'edifizio elevato dalla rivoluzione fran-
cese. Alle carceri e ai patiboli il governo pontificio aggiungeva le
armi spirituali, sebbene irrugginite dal tempo e smussate nella co-
scienza universale.
Perugia aveva nobili tradizioni letterarie, artistiche ed archeolo-
giche. 11 Fabretti giovinetto vi compi i primi studi, guidato dal
Mezzanotte nelle lettere classiche, e spronato dal Vermiglioli alla
disamina dei monumenti antichi. Attese pure alle scienze naturali
col Purgotti e col Bruschi. Parve anzi, che queste dovessero ispi-
rare tutta la sua vita, essendosi dedicato nell'università di Bologna
(dal 1837 al 1839) alla zooiatria; ma ritornato in patria, attratto
dalla storia paesana e dagli insegnamenti del Vermiglioli, riprese
la via, su cui la sua intelligenza aveva fatto i primi passi.
Rovistando gli archivi di Perugia e di altre città dell' Umbria,
raccolse gran copia di documenti sui numerosi capitani di ventura,
generati nell'ultima fase del medio evo da quella forte regione ita^
lica; seppe, più per intuizione propria che per direzione avuta, va-
lersene con metodo scientifico ; e col valido loro sussidio scrisse le
Biografie dei capitani venturieri deW Umbria, che si stamparono
tra il 1842 e il 1845 a Montepulciano in cinque volumi, dei quali
quattro di testo ed uno di documenti. Pubblicazione notevolissima
in sé stessa, ma ancor più, se la consideriamo in rapporto ai tempi
e ai mezzi, di cui potè valersi il giovine Autore.
Il Fabretti, sebbene fosse d'animo mite e d' indole quieta, senti
fin dall'adolescenza profonda avversione al governo papale e a tutte
le tirannidi indigene e forestiere, che opprimevano la libertà della
patria e del pensiero; perciò, quando s'arrischiava la vita coU'ascri-
versi alle società segrete, fu carbonaro e libero muratore. Salutò
con gioia il risorgimento italiano del 1848, e, quando ebbe fatta
mala prova il liberalismo di Fio IX, accolse con animo fidente le
idee di Giuseppe Mazzini. I Perugini lo elessero loro deputato al-
l'Assemblea costituente romana del 1849. Non prese parte attiva
alle discussioni parlamentari; ma tanta era la fiducia e la stima, di
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e. RINAUDO — COMMEMORAZIONE DI ARIODANTB FABRETTI 603
cui godeva, che, quantunque tra i più giovani deputati, fu nominato
segretario dell*À8semblea.
Con la caduta della repubblica romana termina il primo periodo
della vita di Ariodante Fabrettì» e cominciano le dure prove del-
Tesilio.
La restaurazione del governo pontificio lo costrinse ad emigrare
dalla terra natia. L'emigrazione fu per lui» povero ed onesto, come
per tanti illustri e valorosi patriotti, nn periodo di angustie e di
sofferenze indicibili, sopportate con grande serenità d'animo e di- .
gnità di condotta, ma ad un tempo stimolo ad una grande produzione
letteraria e scientifica.
Non era ancora svanita ogni speranza di libertà nella Toscana,
sebbene già contaminata dall'invasione austriaca; il Fabretti si ri-
fugiò a Firenze, non tanto remota dalla sua cara Perugia, e sede
prediletta delle lettere e delle arti. La coltura archeologica attinta
agli insegnamenti del Vermiglioli trovò pure un terreno propizio
ad esplicarsi nella patria degli antichi Etruschi. Pertanto, mentre
attendeva col Bonainì e col Polidori alla pubblicazione delle Cro-
nache e storie inedite di Perugia dal 1150 al 1563, che forma-
rono il voi. XVI àe\V Archivio storico italiano, iniziava il suo
grande lavoro sulle iscrizioni etnische, che doveva più tardi elevarlo
tra i più eminenti archeologi italiani.
Quando la reazione prese ad infierire anche nella Toscana, il Fa-
bretti, già segretario della Costituente romana e mazziniano, fu espulso
dal territorio granducale (1852). Poverissimo andò ramingando in
Piemonte, divenuto asilo sicuro dei patriotti e faro luminoso del
risorgimento nazionale. Non lo attrasse la politica, ma riprese con
fervore lo studio delle antiche lingue italiche, mentre guadagnavasi
uno scarso sostentamento con lezioni private. Parecchie monografie
risalgono a questo periodo della sua vita, come : Di alcune iscri-
zioni etrusche scoperte in Perugia sul finire del 1852; Sopra
due iscrizioni etrusche, che si conservano negli Stati Sardi,
l'una a Genova, l'altra a Torino ; Di una iscrizione etrusca
scoperta nel territorio di Volterra. Solo nel 1858 il governo
subalpino lo nominara secondo assistente del r. museo di antichità
con uno stipendio meschino.
La grande commozione politica, dalla quale ^rgò il nuovo regno
d'Italia nel 1859-61, valse a lenire molti dolori, a temperare soffe-
renze, a correggere ingiustizie, e in particolare modo a liberare il
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604 MEMORIE
Fabretti dalle strettezze, in cui era fino allora vissuto ; imperocché
il governo subalpino, per quanto ispirato da sentimenti nazionali, era
naturalmente diffidente dei mazziniani, sebbene quieti e laboriosi. Fu
un decreto del dittatore deirEmilia, che nominò (22 novembre 1859)
il Fabretti professore di lettere italiane nell'università di Modena e
vice-bibliotecario deirEstense ; fu un altro decreto del governo emi-
liano, che lo chiamò (4 febbraio 1860) alla cattedra di lingue italiche
antiche nelPuniversità di Bologna. Compiute le annessioni, un r. de-
creto dell* 11 agosto 1860 lo eleggeva professore di archeologia
nella r. università di Torino. Il Fabretti gradi rimanere in Torino,
già sua dimora da otto anni, fornita di un ricco museo di antichità,
alla cui direzione venne poi preposto n^l 1872; e in Torino spiegò
la miglior parte della sua attività didattica e scientifica.
Ariodante Fabretti non ebbe le doti brillanti delTinsegnante, non
voce gagliarda, non intonazione incisiva, non copia di eloquio; ma
possedeva virtù più solide e proficue, come conoscenza profonda della
materia insegnata, idee chiare e lucide, ordine preciso e opportuna
selezione. Non fu popolare tra gli studenti nel senso, che comune-
mente si attribuisce a questo vocabolo, perchè il suo portamento
severo, calmo e riservato, ingenerava più rispetto che intima con-
fidenza; ma tutti ramarono schiettamente, perchè in lui veneravano
la dottrina, Tintegrità del carattere e la bontà patema.
La cattedra gli fu eccitamento a nuovi scritti. Numerose mono-
grafie del Fabretti, per la maggior parte d'indole archeologica,
comparvero nella Nuova enciclopedia popolare, nella Rivista con-
temporctnea, neXV Archivio storico italiano, nel Ballettino dell'Isti-
tuto archeologico, nelle Memorie della Società di storia patria
dell'Emilia, nelle Memorie e negli Atti dell'Accademia delle
scienze di Torino, negli Atti della Società di archeologia e belle
arti per la provincia di Torino, negli Atti dell'Accademia dei
Lincei, neW Annuario dell' Università di Torino, ecc. La sua
fama europea fu però specialmente determinata dall'opera monu-
mentale del Corpus inscriptionum italicarum antiquioris aeviet
glossarium italicum, in quo omnia vocabula continentur ex Um-
bricis, Sabinis, Oscis, Volscis, Etruscis, aliisque monumentis,
quae supersunt, collecta, et cum interpretationibus variorum
explicantur. L'opera cominciò a pubblicarsi nel 1858 e fu termi-
nata solo nel 1867; venne dipoi arricchita di tre notevoli Supple-
menti, di cui l'ultimo edito nel 1878. Non è qui luogo per esa-
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e. RINAUDO — COMMEMORAZIONE DI ARIODANTE FABRETTI 605
minare e mettere in rilievo questa grande opera scientifica del
Fabretti; ma anche i profani degli studi archeologici sanno, quanto
progresso le sia dovuto nella conoscenza delle antiche lingue italiche.
La direzione del Museo di antichità gli fu incitamento a nuovi
scavi, di cui lasciò ricordo in parecchie Memorie, splendida tra le
altre 'quella DeWantiea città (T Industria detta prima Bodinco-
mago e dei suoi monumenti (Torino, 1881); lo spinse ad arricchirlo
di nuovi acquisti, specie subalpini, come può rilevarsi dalle notizie,
eh' egli scrisse sul Museo di antichità della r. università di
Torino nel 1872 e nel 1884; e sopratutto gli consigliò la Rac-
colta numismatico, del r. museo di antichità di Torino {Monete
consolari), di pp. yiii-332, e lopera monumentale, compiuta con la
collaborazione dei professori F. Rossi e R. Lanzone, // Regio Museo
di Torino ordinato e descritto. Sono quattro grossi volumi, il 1®
e il 2^ Antichità egizie di pp. 484, 342 dei proff. Rossi e Lanzone,
il 3* Monete greche di pp. 644 e il 4° Monete consolari e impe-
riali di pp. 860 tutta opera del Fabretti.
Negli ultimi anni di sua vita, quando le fatiche deirinsegnamento
erangli divenute troppo gravi, e pia non poteva attendere con la
consueta solerzia ai lavori archeologici, quasi a riposo della mente
il Fabretti tornò a' suoi studi giovanili. Si procurò una piccola
stamperia, e passava le giornate componendo co' suoi tipi e stam-
pando con Topera delle sue mani i Documenti e le Cronache di
Perugia, di cui dette in luce ben sei volumi, con prefazioni sto-
rico-critiche, annotazioni dichiarative e ordinati indici dei nomi e
delle cose. Lo scarso numero di esemplari impedi forse a molti
cultori delle nostre storie municipali di trarre profitto da questa
pubblicazione, che meriterebbe una edizione nuova nella raccolta
della Deputazione di storia patria per le Marche e TUmbria.
Assai spesso gli eruditi e gli scienziati difettano di senno pratico
nelle amministrazioni, oppure le sdegnano, quasi abbiano consumato
tutto Tintelletto nelle indagini o nella speculazione. In Ariodante
Fabretti invece il buon senso fu compagno fidato della rettitudine,
la perspicacia nelle faccende amministrative fu all'altezza della in-
telligenza scientifica, l'indipendenza dell'opinione assoluta anche di
fronte ai più intimi e cari amici. Non ebbe, e fu pregio singolare
in tempi torbidi di rivoluzioni, attitudine alcuna agli intrighi e ai
maneggi della vita pubblica; per troppa riservatezza e fors'anco a
causa della debolezza del suo timbro vocale, pur cosi dolce e carez-
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606 MEMORIE
zeTole come il suo volto abbellito dalla folta barba fluente sul petto,
non era ioclinato ad una parte attiva in aasemblee deliberanti.
Tuttavia la nativa Perugia lo elesse suo deputato nel 1876 e il
governo del Re lo nominò senatore nel 1880. La citt& di Torino
l'ebbe amministratore sagace dell' Istituto delle figlie dei militari,
promotore e presidente della Società di cremazione, suo consigliere
municipale e membro di parecchie commissioni cittadine. Non fu
appariscente l'opera sua, ma tornò molto proficua al bene pubblico,
perchè ispirata da una mente lucida e colta, diretta da un singolare
buon senso e sorvegliata da una coscienza integra e pura.
Sebbene alieno dagli onori per principii e per indole, gli onori lo
ricercarono dopo il 1860, quasi a compensare l'oscurità, in cui aveva
trascorso il primo laborioso periodo della sua vita. Fu commenda-
tore della corona d'Italia, uffiziale mauriziano, cavaliere e consigliere
del merito civile di Savoia, cavaliere della legione d'onore di Francia
e della Rosa del Brasile. L'Accademia delle scienze di Torino lo
noverò tra i suoi membri, e lo volle suo presidente e direttore della
classe delle scienze morali, storiche e filologiche; fu membro dell'Ac-
cademia dei Lincei, dell' Istituto lombardo di scienze e lettere, del
r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, delle Deputazioni di
storia patria della Toscana-Marche-Umbria e della Romagna e della
Società reale di Napoli, presidente della Società di archeologia e
belle arti della provincia di Torino, socio corrispondente dell'Acca-
demia della Crusca, dell' Istituto di Francia, dell'Acaderoia de l'bi-
storia di Madrid e dell'imperiale istituto archeologico germanico.
Questi onori dimostrano l'alta estimazione, che i Governi e gli Isti-
tuti scientifici ebbero per l'opera di Ariodante Fabretti.
Dell'estimazione e dell'affetto universale fu interprete fedele la
cittadinanza di Torino, quando con vivo dolore ne apprese la morte
improvvisa avvenuta in Monteu il 15 settembre, e quando ne accom-
pagnò riverente e commossa al camposanto la salma, che, ridotta
in cenere dal fuoco purificatore dell' ara crematoria, dovette con
rammarico restituire alia diletta Perugia.
Dell'alta stima e della viva affezione, ch'ebbero per Lui, ed hanno
tuttora per la Sua memoria i collaboratori della Rioista, vorrei
essere stato io interprete meno indegno, perché a commemorarlo
mi spinse non la consuetudine e l'ufficio mio, ma l'impeto del cuore
e la gratitudine imperitura del discepolo per il grande maestro.
C. RlNAUDO.
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MEMORIE
Irnerio secondo la nuova critica storica.
È notevole come il centenario della Università di Halle, da poco
tempo celebrato, abbia uno speciale rapporto di colleganza colle feste
nniversitarie bolognesi del 1888. Difatti come in qael tempo àlValma
mater legum inviava la dotta figlia dalle rive della Saale il libro
pregevolissimo di Ermanno Pitting sui primordi dello Stadio bolo-
gnese, cosi oggi per le feste di Halle lo stesso insigne medioevalista
di quella Università torna ad illustrare le glorie di Bologna, pub-
blicando le Quaestiones de turis subtilitatibus di Irnerio note sol-
tanto per nome, e contemporaneamente una fin. qui sconosciuta
Summa Codicis del grande dottore di Bologna.
Di queste opere intendiamo dare notizia, perchè questi trattati
imeriani, oltre ad essere fonti di molta importanza per la storia del
secolo XI, e per la storia del diritto, sono di molto valore per la
storia generale della cultura nel Medioevo. Inoltre mentre finora
soltanto la tradizione secolare affermante la grandezza d* Irnerio
giustificava Taureola misteriosa di gloria, che circondava il leggen-
dario dottore bolognese, queste due opere rivelano una potenza mi-
rabile di intuizione e di elaborazione scientifica, che offusca ogni
altra ^oria del periodo bolognese.
Se non che per bene intendere il valore storico di queste sco-
perte dovute al Pitting, è necessario tracciare almeno per linee prin-
cipali lo stato dell'attuale critica storica, tanto circa le condizioni
della cultura giurìdica nell'età pre-irneriana, quanto circa la storia
d'Imerìo. E questo esame è importante a farsi, perchè la storia della
rinascenza giuridica del secolo XI si collega colla storia della rina-
scenza della cultura, di cui fu quella una delle prime manifestazioni.
Difatti le nozioni del diritto, prima conservate nelle scuole di arti
liberali del trivium^ in quel secolo assorgono a dignità di scienza,
ed è un magigter in artibus, Irnerio volgentesi agli studi giuridici,
che opera questa divisione.
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608 MEMORIE
Risorto il diritto romano, in Bologna pur fioriscono Vars dictandù
primo passo al colto della eleganza della forma, che rese famosi gli
umanisti, e Vars dicendi che doveva formare gli eloquenti giuristi,
i grandi oratori politici e i colti ambasciatori dei secoli XV e XVL
Anche le scuole filosofiche del tempo sentirono 1* influenza della
grande vitalità delle scuole giurìdiche, che si manifestò nei rapporti
che con queste ebbero Abelardo, Pier Lombardo, e Giovanni di
Salisburj, e nella lotta contro l'abuso della dialettica che i legisti
iniziano con Riccardo Malombra. Accanto alla scuola del giure in
Bologna incomincia un tale movimento letterario, da essere o^i
considerata Bologna come il centro donde avrebbe avuta orìgine la
scuola del dolce stil nuovo (1): pure sappiamo che l'Alighieri vi fu
a studio. Anche la vita sociale doveva rapidamente riformarsi sotto
Tinfluenza delle scuole del giure.
Il diritto sorto a nuova vita fu per tre secoli uno degli elementi
precipui della vita intellettuale italiana, come poi per altri tre se-
coli lo fu l'arte. Come la città fu il teatro dell'arte, quando il popolo
in Borgo Allegrì festeggiò il rìsveglio delle arti figurative, cosi la
città era una scuola di diritto, quando Azone in Bologna insegnava
sulla pubblica piazza dinanzi a migliaia di uditorì.
Dopo la splendida dimostrazione data dal Savigny a prìncipio di
questo secolo, che l'uso pratico del diritto romano si conservò tena-
cemente per tutto il perìodo medioevale, soltanto in questi ultimi
anni si fece viva la dìsputa sulla tenacità della tradizione scienti-
fica di tale dirìtto in quella età. E primo e più valorosamente di
tutti il Pitting ha sostenuto, e, secondo noi» dimostrato in una lunga
serie di sapienti monografie (2) la persistenza di quella tradizione
a traverso il Medioevo fino al sorgere dello Studio bolognese, rac-
cogliendo elementi di prova da antiche testimonianze sulla condi-
zione degli studi nei vari secoli, dando alla luce una letteratura
giuridica che collega Giustiniano ad Imerio, e formulando dei criteri
onde distinguere le scritture pre-irneriane da quelle bolognesi.
Contro la geniale intuizione e dimostrazione del Pitting sorse per
(1) Monaci in « Nuova Antologia >^ Ser. II, voi. XLVI, 1884, p. 612. — Casini
in e Giorn. stor. della lettcr. ìtal. », 1, 5 seg^g^.
(2) Pitting, Ueb. d. sogen. Turiner InMtUuHonenghs, u, d, 9og, Brachylogu», 1670.
— j&. Castrewte PecuKtim, 1871. — Oìoste £. d. Except Leg, Bom. d. Petrus, 1874.
— Z. Gesch, d, Bechtswtssen., 1875. — Jur. Sehrift. d. fruh. MiUeìaU., 1876. — Ueb.
d . Heimath «. d, Alter, d. sog. Brackylogus, 1880.
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L. CHIAPPBLLI — IRNBRIO SECONDO LA. NUOVA CRITICA STORICA 609
primo il Conrat professore in Amsterdam (1) il quale contradiceva
alle nuove vedute, ritenendo che il primo Medioevo ci abbia trasmesso
soltanto dei vestigi di una trattazione pratica del diritto; quindi
confinava la cosi detta letteratura pre-irneriana arbitrariamente
parte nella età giustinianea, parte nel periodo bolognese, sostenendo
che i primi bagliori della scienza novella appariscono soltanto a mezzo
il secolo XL Secondo il Conrat il più remoto Medioevo non conosce
più il Digesto, e la trattazione delle fonti è puramente grammati-
cale 0 pratica. À questi attacchi rispose vigorosamente il Pitting (2),
mostrando la continuità della tradizione anche rispetto al Digesto,
la persistenza dell* insegnamento nelle scuole, e l'esistenza di una
letteratura avente carattere scientifico.
Le idee del Conrat furono accolte anche dal Flach di Parigi (3)
in un libro scritto in forma attraente ma di criteri assolutamente
negativi, che spinsero aireccesso le tesi del Conrat, giungendo per-
fino a negare resistenza di scuole giuridiche nella Francia medio-
evale: il Pitting (4) con un nuovo scritto rendeva cavalleresca-
mente alla Francia il vanto di avere avuto antichissime scuole di
diritto, fondandosi su testimonianze fino ad oggi inosservate.
Intanto il Conrat in seguito a un più largo esame di fonti, e a
nuove pubblicazioni di testi nella sua recentissima — Storia delle
fonti e della letteratura del diritto romano nel più remoto Medio-
evo (5) — spostava alquanto la sua antica opinione, riportando
verso il mille l'aurora degli splendori bolognesi. Avevano intanto
veduta la luce alcuni nuovi testi, fra i quali meritano specialmente
d'essere ricordati i seguenti, cioè la Glossa Pistoiese al Codice,
il De CrimincUibus eausis, e la nuova edizione della Glossa di
Colonia che il Pitting riferisce a Walcausa, e che ci mostra la
scuola longobardistica di Pavia ad un alto grado di studi sul diritto
romano in pieno secolo XI (6). Salvo qualche lieve discrepanza le
vedute del Pitting furono accolte dallo Stintzing, dal Rivier, dal
Ficker, dal Landsberg, dallo Schupfer, dallo Zdekauer, e da altri
(1) Conrat, D. Epitome ExacUs regibus, 1884.
(2) FiTTiNO, Z. Gesch. d. Bechtswissenach. im Mitteìaìter (in « Zeitschr. d. Sav. » ,
Stift. VI). — FiTTiKQ, Uéb. neue Beitràge e, Gesch» d, Bechtswissensch. im, frUh,
Mitteìaìter (ìd.« Zeitschr. d. Sav. *, Stift. VII).
(3) Flach, Études critiques sur Vhist. du Droit Bomain au Moyen Age, 1890.
(4) FiTTiNG, Le scuoìe di diritto in Francia durante V XI secolo (« Ball. deU'Ist.
di Dir. Rom., anno VI, fase. 8 e 4).
(5) CoMRAT, Gesch, d. QueU, u. Liter, d, ròm. Bechts im fruh, Mitteìaìter, 1889-91.
(6) FiTTiNG, Die Institutionenglossen des GucUcausus, 1891.
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610 MEMORIB
?aloro8Ì storici, ai che la tesi della continaità della tradisione eeien-
tìfica nell'età di mezio ò Topinione oggi dominante. Inoltre si ò
potato giungere fino a mostrare, come la fiorente scQola bolognese
basa la saa scienza sopra nn fondo antico, ^e che è in stretto rap-
porto con più vetaste scaole.
Queste tesi del Pitting trovano esatto riscontro in ciò che le re>
centi scoperte della critica storica han posto in lace. Oggi le soli-
tadini del Medioevo si illuminano e si popolano; del fondo severo
di quella età sorgono delle figure maestose aventi un'impronta ca-
ratteristica. Il culto della latinità apparisce non interrotto, tanto
che nel secolo XI vi è ancora chi scrìve in nn latino non indegno
di un umanista; Anselmo il Peripatetico (1) nello studio di Cicerone
precorre il Petrarca, mentre già papa Silvestro II nelle sue lettere par-
lava come un letterato del Rinascimento (2). Quasi ogni giorno si
rintracciano nuove scuole; siamo certi ormai che dove era una cat-
tedrale o un monastero era anche una scuola, ove la dialettica, la
grammatica, la rettorica, e il diritto fiorivano. I cataloghi delle
biblioteche medioevali anche d'Inghilterra, di Qermania e di Francia
attestano ricchezza di cultura classica. Lo stesso Carlo Magno si
serviva per sigillo di un'antica gemma rappresentante Giove Sera-
pide, e la sua scuola palatina era divenuta una specie di accademia
internazionale di scienze. La scrittura e l'architettura conservavano
vive le tradizioni romane, e ben presto a modelli classici s'inspirava
l'arte pisana.
Come è spanto il Medioevo romantico, convenzionale dalle poe-
tiche leggende, cosi va tramontando il Medioevo sinonimo di tenebre
e di caligine, e la barbarie si arresta alla invasione dei barbari.
Tenebre invece sono nella mente nostra, che non ha ancora di quella
età una conoscenza piena e sicura, simile a Fausto che non sa di-
stinguere l'intuizione personale dello spinto, dalla sua essenza.
Venendo ora a parlare delle ricerche storiche moderne sopra
Irnerio, possiamo affermare che da Savigny in poi fino a pochi anni
addietro non era stato fatto un passo innanzi (3). Quindi l'opera
d'Irnerio era riguardata come un monumento solenne e misterioso
sorgente nelle solitudini del secolo suo, come la sfinge in mezzo al
deserto. Soltanto la tradizione secolare afiermava la grandezza sua.
(1) DCxMLBu, Afuehn d. Peripatetiker, Halle, 1872.
(2) GiBBEBRBCHT, Getck. d.,deut8ch. Kaiser zeit, P. I, voi. 2% cap. 17.
(8) È pur sempre da ricordarsi il giovanile scritto di À. Dei. Vecchio, Di Im/erio
e delia sua scuola, 1869.
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L. CHIAPPELU — IRNERIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 61 1
A tempo di Savigny appariva Irnerìo soltanto in sette docaraenti ; oggi
possediamo andici carte che lo riguardano (1), ove comparisce come
giudice e come causidico dal 1113 al 1125 o nei placiti di Matilde
0 a servizio dell* imperatore Enrico IV. Quindi si era costretti a
ristringere la sua operosità scientifica presso a poco dal 1088 al
1126. Sembrava infatti dal materiale posseduto, che da un lato nel
1113 godesse di una reputazione già assicurata, e dall'altro che
avesse lungamente vissuto, giacché la cronaca Urspergense lo ricorda
a proposito dell'impero di Lotario II (1125-1137).
Ma alla penuria dei dati storici per ricostruire la sua vita faceva
strano contrasto la ricchezza delle tradizioni che a lui si ricolle-
gavano. Intorno a questa misteriosa figura si formava un ampio ciclo
di leggende e di tradizioni, come del resto intorno ai nomi più il-
lustri del Medioevo: e queste leggende abbracciano tutta la sua
operosità scientifica. Come Irnerio dalle arti liberali, che professò
in Bologna, si volse agli studi del diritto noi sappiamo con sicurezza.
Una leggenda lo fa compagno di S. Lanfranco di Pavia, col quale
avrebbe cominciato il nuovo insegnamento, avendo trovati in Bologna
i testi della legislazione giustinianea. Secondo un'altra leggenda,
riferita da Enrico di Segusia, Irnerio interrogato da un teologo sul
significato della parola as a proposito di un luogo della Bibbia,
sarebbesi volto agli stadi del diritto classico. Secondo la tradizione
di Odofredo relativa al trapasso dei libri legales e della scuola di
diritto da Roma a Ravenna e quindi a Bologna, parrebbe che Ir-
nerio in questa occasione lasciasse gli studi letterari. Un'altra tra-
dizione, e la più verosimile, è che Irnerìo, secondo Burcardo di
Ursperg, ad petitionem Matildae comitissae avrebbe volta la sua
mente ai nuovi studi (2).
La leggenda segue anche Irnerio insegnante, e nella sua luce
poetica nasconde un alto significato storico; difatti le tradizioni con-
giungendo Irnerio al pavese Lanfranco, alle scuole di Costantinopoli,
di Roma, di Ravenna e di Pisa, indicano i legami che la scienza
(1) U Fieker ha il merito di avere in questi ultimi tempi scoperto qualche nuovo
dato per la biografia d'Irnerio. Giustamente il Pitting rigetta come relativi a questo
dottore i due documenti del 1100, ove è parola di un Ouamerius potestà di Mon-
selice (Gloria, Monumenti dèW Univ, di Pctdova, 107 segg. — Ricci, I primordi
dello Studio di Bologna, doc. XI e XII).
(2) Questa tradizione è avvalorata dall'avere, secondo Odofredo^ Pepo insegnato
auetoritaie sua, quasi in contrapposto alla peHtio della contessa toscana, e dalla
frequensa dei giudici romagnoli nei placiti di Matilde; fra questi nel 1113 si trova
anche Irnerìo.
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612 MEMORIE
bolognese ebbe coi più importanti centri di cultura del più remoto
Medioevo. Questa ricca fioritura di leggende accompagna il grande
legista fino alla morte ; il racconto di Aristotele morente che indica
il continuatore delle sue dottrine, viene applicato ad Irnerio e alla
successione della sua scuola (1). Tutta questa varietà e ricchezza
di tradizioni formatesi intorno ad Irnerio come luminosa aureola di
gloria, attesta la sua grandezza, e il valore storico che egli ebbe
nello svolgimento della cultura, come d'altra parte dimostra che
Tantico tempo ebbe l'intuizione che egli dominava due età, riassu-
mendo il vecchio sapere giuridico e dando nuova forma e nuovo
contenuto alla scienza romanistica.
Del rimanente fino ad oggi si sapeva che Irnerio insegnò a Bo-
logna, che dopo aver servito la contessa Matilde si gettò in braccio
di Enrico IV imperatore, e poi di Enrico V contro il papa Gelasio IL
Un grande progresso negli studi irneriani è segnato dalle feste
bolognesi del 1888; in quella occasione studiosi italiani e stranieri
portarono ricco contributo alla conoscenza dei primordi dello Stadio
bolognese, e della scienza dei primi glossatori (2). Il eh. Pitting (3)
in un libro splendido sulle orìgini di quello Studio acutamente illu-
strava i documenti relativi alla vita d' Irnerio accuratamente rac-
colti dal Ricci (4), e le tradizioni irnerìane. Inoltre il Pescatore di
Greifswald in una pregevolissima monografia sulle glosse d'Imerio (5)
ci dava a conoscere per la prima volta, che le chiose dovute al grande
maestro di Bologna si contano a migliaia, che sono un apparato
completo alle fonti giustinianee, di guisa che i suoi successori in
gran parte si sono giovati dell'ampio materiale scientifico del loro
(1) TijEASsiA, Note per ìa storia dei Diritto romano nel Medioevo. Firenze, 1892
(dal voi. per le onoranze a F. Serafini).
(2) Alcune glosse d* Irnerio faron da noi pubblicate nel 1886 col titolo : Glosee
d^ Irnerio e delia 8ìéa ecmla (in « Mem. d. Acad. d. Linoei ». Serie 4% voi. 2^). —
Nel 1888 furono pubblicate alcune altre da GoauoLO, Gheee Pre-Aceursiane, 1888
— ed il Gloria dava alla luce Tautografo dimeno da un documento padovano del 1116
(Globu, Autografo d^Imerio e orbine deUa Univereità di Bologna, 1888). —
Merita di essere ricordato qui anche un Formularium tabeUionum, che il Palmieri
(Appunti e documenti per la storia dei Glossatori, I, 1898) ha pubblicato come
opera d*Imerlo, raffazzonata da un notare pratese del see. XIII: ma sebbene possa
trovarsi qualche argomento per supporre che il nucleo originario del lavoro sia opwa
imerìaDa, pure rattribazione non è ancora ben sicura, nò la scienza ha su questo
proposito pronunziata alcuna parola.
(3) FiTTiNG, D. Anfdnge d, BecMeBchuIe eu Bologna, 1888.
(4) Ricci, I primardi dello Studio di Bologna, 1888.
(5) Pescatore, D, Ghssen d. Imertus. Greifewald, 1888. Non tratteniamo i let-
tori di questo periodico sulle nuove osservazioni fotte da Pescatore sulle sigle irne-
riane, perchè questo argomento richiederebbe larga esplicazione e forse non conforme
all'indole del periodico.
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L. CHIAPPELLI — IRNERIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 613
maestro. Insomma per questo libro si cominciò a intuire, che il
secolare lavorio della scuola di Bologna non fu in gran parte
che Tesplicazione della potente iniziativa scientifica d^Irnerio, il quale
riassumendo tutto il vecchio sapere, e riannodandosi alle tradizioni
classiche aveva distaccata la giurisprudenza dalle scienze del trivium
e con una straordinaria forza di intuizione e di comprensione aveva
saputo ridestarla a nuova vita. Difatti appariva già avere egli dato
un avvio fecondo alla ricomposizione dei testi del Corpus iuris,
allo studio per la loro distribuzione, per la critica del testo, e per
la loro illustrazione.
Interessa quindi di vedere quale nuovo contributo recano alla
conoscenza del primo e principale legista bolognese e della sua ope-
rosità scientifica i nuovi scritti irneriani scoperti e illustrati dal Pitting.
Le Quaestiones de iuris subtilitatibus (1) cominciano con una
introduzione allegorica, forma prediletta del Medioevo, e che pur
sembra una eco lontana di tradizioni classiche (2). In essa sembra
che l'autore faccia allusione al suo passaggio agli studi giuridici e
alle sue precedenti peregrinazioni, là dove scrive : — hoc (Justitiae
templum) michi ^pattanti forte negue talia cogitanti conspeetum
est: forse altri dettagli di questa allusione rimangono nella pe-
nombra (3).
a) 'Quaettianes de iuris tubHUiaiibm^ mit ein, EMeiiung herausgepeben
. Pitting. Berlin^ Gnttentag, 1894. Questo trattato è stato scoperto dal Pitting
in dae mss., Pano appartenente alla Biblioteca di Trojes (prima metà sec. XII), che
comprende la Summa Codieis d*Imerio, la Summa ìsgis Langobardontm edita da
Anbohùtz, Taltro della Universitaria di Leida (fine sec. XII). Questo è corretto sa
dne mss. più antichi, e contiene il trattato sulla AequiiM, le formule processuali
pubblicate da Fittuio .(/ur. 8chr., p. 78 segg. e 171 seg.), ìtiDisHncHo d*Imerio
snìVItUeresse che costituisce il tit. VII^ 31 della Summa Codieis, e un frammento
avente la sigla I, oltre ad altre scritture pre-imeriane, e dei primi tempi bolognesi.
(2) Vedasi Empedocle, De Natwra proem. (PhUoaophorum Oraec. vet. reìiquiae,
ed. Earsten, voL 2^), Una introduzione colla quale questa dlmerio ha qualche ana-
logia è il proemio al De Natura di Parmenide {Phil, Grraec,, ed. cit); ivi Tau*
tore finge di essere trasportato nel tempio della Sapienza ove sono presenti la
lustiUa, la ReUgio, e la Pietas. Porse al Medioevo non rimase sconosciuto questo
luogo, essendo stato riprodotto da Sesto Empirico, e da Simplicio nel De eoeìo.
Questi ragguagli mi sono comunicati da mio fratello prof. Alessandro Chiappelli
della Università di Napoli.
(3) Accenniamo l'ipotesi, che la Batio e la lustitia insieme troneggianti possano
essere figure allegoriche di Beatrice e di Matilde, ohe regnarono insieme a tempo
d^Imerio, e delle quali la grande contessa pare che realmente incitasse Inierio allo
studio deirtiM. E tenendo conto infatti della devozione che Matilde professava per
Gregorio VII, e della possibilità che essa conoscesse il valore dimeno, nei cui placiti
posteriormente Io troviamo, non è inverosimile ohe Tinsegnamento del dottore bolo-
gnese a Boma sia dovuto ad incitamento della contessa toscana; così troverebbe
•piegasione il racconto del cronista Ursporgense.
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614 MEMORIB
Lo scrittore adunque, dopo queste sue peregrinazioni, giunge al
tempio della Giustizia, che era collocato sopra un'alta montagna, e
circondato da amene selve. Sulle mura cristalline del tempio stanno
scritti a lettere d'oro i libri legale^. LAJustiiia troneggia nel centro,
al di sopra è la Ratio dagli occhi siderei e ardenti, e sulle ginoc-
chia posa YAeguitas dal volto benigno, mentre ai Iati stanno come
figlie intorno la madre la Religio^ la Pieta$, la Gratta, la Vindi-
catto, VOb$eroantia e la Veritas. Avanti il tempio siede in cai»
tedra un legista venerando d'aspetto, intorno a lui numerosi uditori.
A nome di questi uno (A = Auditor) prende la parola, e prega il
il maestro (I = Interpres) di sciogliergli le questioni nascenti sui
libri delle leggi, cioò le loro apparenti contradizioni. E qui il legista
giustifica l'opera sua col permesso, che Giustiniano aveva dato di
sciogliere subtili animo dioersitatis rationes, donde nasce il titolo
del trattato.
Cosi ha origine la forma dialogica dello scritto, che gli dà una
grande vivacità. LMnterpetre anche a prima giunta apparisce un
dotto di primo ordine; esso infatti domina in modo sorprendente
tutta la grandiosa collezione giustinianea fino nei più minuti det-
tagli,- ih sua cultura rettorica da intonazione elevata alla scrittura
e ricchezza di forma, la cultura grammaticale un colorito punto
medìoevale alla ortografia e una forma elegante che ricorda quella
dei giureconsulti classici, e lo studio della dialettica una finezza
arguta nei responsi. Cosi il giurista esamina le principali qtiaestiones
fino alla fine del libro IV del Codice : di qui in poi i testi presen-
tano minor numero di questioni, che gli uditori conosciuto il metodo
del maestro possono da per sé sciogliere; questi poi ne preparerà
la soluzione alle singole leggi, ciò che è evidente allusione alle
proprie glosse. Giustiniano peraltro pernìette anche di facilitare lo
studio delle leggi per titulorum subtilitatem con una succinta
esposizione sistematica, allusione questa al grandioso piano che Ir-
nerìo aveva già concepito per la Summa Codici^. Quindi il trattato
termina colla spiegazione delle materie delle obbligazioni ed azioni,
di cui V Auditor prega Vlnterpres.
Nel manoscritto di Leida, come nella edizione, fa seguito un fram-
mentario trattato nuìVAeguitas annunziato già nelle Quaestione$,
e strettamente con esse collegato e colla Summa Codicis^ ove si
pone in luce l'influenza dell'equità nelle singole teorie del diritto.
Cronologicamente segue le Quaestiones e precede la Summa. Ed
anche da questa successione di questi trattati s'intuisce la natura
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L. GHIAPPELLJ — IRNBRIO SBCONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 615
della mente d' Irnerio: esso ha concepito il piano di un mannaie
sistematico di diritto secondo il Codex, ne dà un saggio nello scritto
%XkW A&jmtas, e corona Tedifisio grandioso colla Summa. Cosi nelle
Quaestiones egli aveva mostrato di annettere una importanza so*
stanziale al trattato De actionibu», ed egli torna in un nuovo
lavoro ad occuparsi della materia, scrìvendo il De natura et eausa
aetionum (1), e nella Summa (IV. 10) cercando di portare a per-
fezione questa teorica, figli quindi persegue il suo ideale tenace-
mente, passando da una forma imperfetta ad una più perfetta, fino
a giungere a dare al trattato un compimento che si può dir classico
nella sostanza e nella tecnica della forma.
La Summa CodicU (2) è una esposizione sistematica del diritto
romano secondo i primi nove libri del Codex, ed è la più antica:
essa quindi non muove da un ordinamento sistematico concepito da
Irnerio, perchè vietato dairimperatore. Scopo deirautore era da un
lato scrivere un manuale per gli scolari già avanzati negli studi,
onde la forma elevata della trattazione, dall'altro di presentare non
tutto ciò che è necessario al giurista colto, sibbene quel che era
indispensabile per le lezioni esegetiche. È quindi una esposizione
lucida, breve, da paragonarsi ai migliori trattati moderni di Pan-
dette; se la forma non è esornata come quella delle Quaestiones,
è da cercarsene il motivo in questo che il legista scrivendo cerca
di imitare Giustiniano. E scrive difatti come un giureconsulto di
quei tempi, esponendo esclusivamente il diritto dell'età giustinianea,
e di preferenza le teorie del diritto privato. La trattazione è quella
di un grande maestro, tanto che anche i giuristi viventi, cosa sor-
prendente a dirsi, possono studiarla con profitto: anzi il Pitting
osserva che paragonata la Summa coi manuali moderni, compreso
quello classico del Windscheid, ultimo grande pandettista, l'esposi-
zione imeriana in alcuni luoghi è più ricca.
Tutte queste opere irneriane scoperte dal Pitting sono inspirate,
salvo lievi differenze, alle stesse fonti; Irnerio conosce in tutta la
sua estensione il Corpus iuris (3), giacché egli stesso usa questa
(1) Ne possediamo un frammento edito da Pitting, Juristìsehe Sehrift, d, flikh,
MiUèlaU.,jf, 134 aegg., §§ 1-30 del Compendium mrù,
(2) La Bumma è contenuta nel ricordato ms. di Troyes (1* metà sec. XIll già
noto per gli studi di H&nel e di D'Àblaing, in un ms. della Nazionale di rarì^
(2* metà sec XII) corretto sa altri due mss., e in an codice della Albomoziana di
Bologna (prìnc. sec. XIII) : del resto anche la Swnma Bogem, che è nella maggior
parte una riprodmdone letterale di quella d* Irnerio, ha serrito alla edizione di qnesta.
(3) Ha già notato il Fitting, che almeno nelle QuauHwiu Irnerio & oso anche
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616 MEMORIE
espressione (I. 17), e perfino» ciò che è di grandissimo valore sto-
rico, trae profitto dalle Istituzioni di Gaio, poco dopo scomparse alla
scienza fino al principio di questo secolo, o almeno da una opera
da essa derivata; fonti letterarie sono Livio, Cicerone, Vegezio,
Boezio e Isidoro. Questi scritti si collegano da un lato colla anti-
chissima letteratura giuridica , come col Compendium iuris, colle
Regulae attribuite a Gemignano (1), col libro di Tubinga, e con altre
opere di questo ciclo (2), dalFaltro servirono di fonte a molte opere
del periodo bolognese (3).
Queste scritture non portano il nome dell'autore, ma la dimostra-
zione che il Pitting ha data, per provare che appartengono ad Ir-
nerio, è solidamente condotta. Essa si fonda sullo stretto rapporto,
che talvolta è riproduzione letterale, fra queste opere e altri scritti
autentici d*Irnerio, sulla forma del dettato caratteristica di questi
trattati che riapparisce nelle glosse irneriane ; si aggiunge a questa
prova il fatto che in queste opere si ritrovano opinioni che sap-
piamo da lui professate. Infine abbiamo in un documento del 1262
il ricordo che Irnerio scrisse un trattato di Questioni, come d*altra
parte antiche citazioni di luoghi della Summa e delle Quaegtiones
con esplicito riferimento al grande dottore bolognese.
Lo stesso sapiente illustratore ed editore di questi scritti irneriani
accenna, come potrebbero allegarsi in favore di questa prova le
strette parentele che intercedono fra la Summa e alcune glosse
autentiche d* Irnerio, pubblicate dal Pescatore. Sono cosi stretti i
rapporti ohe corrono fra quella e queste, che basta la lettura di
pochi passi per scorgere come Tattribuzione ad Irnerio ò giustificata.
Specialmente rinviamo il lettore al confronto fra le Continuationes
tttulorum edite dal Pescatore e i luoghi corrispondenti della
Summa (4).
Forse un altro argomento atto a convalidare la dimostrazione
dei tres Kbri del Codice. Del resto la cosa è sicura, perchè si ha anche il ricordo
del liber Imerii, ossia della recensione imeriana dei tres Ubri (Glossa Acairsiana,
lib. XII, tit. 26, rabr.); essa anzi presentava delle notevoli varianti nel testo.
(1) PiTTiKG, Jurist, Schr.t p. 152.
(2) Si ricordino in proposito VExposiUo termifiorum usitaciarum, il glossario che
servì di fonte a questo trattato e al Libelìus de verbis ìegàHbus, il commento alle
Istihunoni che è nella prima appendice delle Exeeptiones Petri, il De a^iamtm
varieiate et vita seu hngitudine, e il manuale d'Istituzioni del ms. di Hftnel (Fumé,
Jur, Schr., 145).
(3) Ve ne sono treccie notevoli nella Summa Codiei» di Bogerìo, nel suo dialogo
De praeseriptionibus, nel Brachyhgus, nella Somma al Codice in lingua provensale,
nella Summa del Basbiano, e nelle teorìe dei quattro dottori bolognesi.
(4) Pesca TORE, op. cit., pp. 22 e 61.
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L. CHIAPPBLLl — IRNERIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 617
che Inierio è realmente autore della Summa, pob trovarsi nella
seguente osservazione. È noto che Irnerio (1) da principio repudiò
il libro delle Novelle, e che secondo l'opinione del Savignj tale
rifiuto può benissimo riferirsi hìVEpitome luliani, come alPAu-
thentìcurn. Ora è certo, che Tao toro delle Quaestiones e della
Somma, mentre si riferisce manifestamente a questo secondo testo,
non cita mai V Epitome: anzi nella Somma (I. 15. 3) sembra che
concordemente col parere espresso nella indicata glossa rigetti af-
fatto il libro di Giuliano come non appartenente alla collezione
giustinianea, scrìvendo dopo avere enumerate le altre parti di tale
raccolta come fonti di legge:
Si qua uero negotia postea emergentia legislationem postu-
lauerint^ hec Novellarum ConMtitutionum nomine appel-
Untar, ex alits autem uoluminibus leges accipi seu in ne-
gotiÌ9 recitari prohibitum e§ty quia immo eriminosum est.
Pare questa una chiara allusione ali* Epitome Juliani, Tunica col-
lezione privata di diritto romano che il primo Medioevo aveva con-
siderata come leXf e come tale applicata nella scienza e nella pratica.
Quanto al luogo e al tempo della redazione il Pitting ritiene, che
le Quae$tione$ sieno composte nella scuoia di Roma verso il 1082,
e la Summa in Bologna alla fine del secolo XI. Se non che que-
st'ultima dimostrazione non ci ha persaasi (2), e ne indicheremo
brevemente i motivi. Il principale argomento posto in rilievo da
Pitting è, che la «Somma termina in tronco col tit Ad legem Ju-
limm maie$tatis. Ciò non sarebbe casuale secondo il Pitting; anzi
questo fatto deve essere spiegato coH'altro che alla Summa fìi se-
guito nel Ms. di Troyes la Summa legÌ9 Langobardorum ohe lo
stesso storico attribuisce a Irnerio; quindi la Summa ò composta
in un luogo ove non il diritto penale romano ma il longobardo era
in vigore, come a Bologna.
(1) Satiomt, Storia dd Dir, Barn, nel Medioevo. TracL Bou^ati, voL S^ -- Glosse
d^ Irnerio. Const. Cordi, § 4.
(2) Il Fittìng n fonda per questa dimottrazione anobe sui rapporti delia Summm
col Braéhylogìàs e sulle forme della tecnica giuridica in uso fra i bolognesL Quanto
al primo punto ci sembra, che non possa trovarsi ostacolo a pensare che Fautore
del Brachifìogm abbia adite le lesioni d'Imerìo in Berna. la seoondo luogo se nella
SumoHk le forme delle citazioni si avvicinano più che nelle QwxesUofMS alla forma
stereotipa dei bolognesi, può pensarsi che Irnerio stesso abbia poste le prime basi
di questa forma di citazione, la quale sarebbe stata poi accettata in Bologna coirin-
segnamento imeriano. Del resto ancbe nelle QuaesHones non mancano simili citazioni,
e, come lealmente osserva il Pitting, il titolo De interesse nella Stunma, il quale offre
esempi notevcdi nel genere, pare una aggiunta posteriore &tta da Irnerio etesso.
Riviata Storica liaUana, XZ. 41
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618 MEMORIE
L*argomentazìone è acuta (1), ma secondo noi non è insormon-
tabile, perchè Tantore della Summa lungi dairesternare il proposito
di rimettersi per il diritto penale al gius longobardo nel capitolo I
del libro IX si prefisse appunto il disegno di seguire anche in
questa via il Codice, ed anzi di dare una succinta ma completa
esposizione del diritto pubblico, tanto circa il diritto penale, quanto
circa le res che sono nel patrimonio o nell'uso pubblico. Noi non
sappiamo, se Irnerìo esegui il suo proposito, e se lo stato frammen-
tario della Summa è casuale, ma basta allo scopo nostro che siasi
proposto di esporre il giure penale quale resulta dal Codice di Giu-
stiniano. Il passo, al quale alludiamo, è il seguente :
Satis rationabiliter ius priuatum dissertum est. nunc ius
publieum dulci$$ime seu compendiose edisserendum est ius
autem publieum tum in publiea uindieta^ tum in rebus que
in patrimonio uel in usu publico sunt uertitur. quapropter
illud ius publieum quod in delictis publicis cohercendis seu
uindicandis consistit premittendum est.
Tanto è vero che la Summa non è completa, che nello stesso
titolo VII ad legem Juliam maiestatis, lo scrittore comincia col
distinguere i crimina ordinaria dagli extraordinaria, e mentre
illustra i primi, non giunge a spiegare questi ultimi.
Nessun dato positivo o£fre la Summa, da poterla riconnettere colla
scuola di Bologna. Invece noi pensiamo che la Summa alla pari
delle Quaestiones verosimilmente abbia avuta la scuola di Roma
come suo luogo di origine , ciò che resulta dalle osservazioni
seguenti.
Anzi tutto rileviamo nella Summa (IV. 51) Tespressione — nec
Romam ueniat — molto significativa, perchè il passo corrispondente
del testo (5, Cod. IV. 55) ha invece la formula — nee in urbe
Roma morari debet — ; inoltre la locuzione — ius autem con-
suetudinarium non solum urbis Rome sed etiam cuiusuis oppidi
recipiendum est (Vili. 48) — non poteva essere adoprata da chi
viveva in una città fiorente come Bologna ed è del resto tale lo*
cuzione molto diversa da quella adoprata nel Codice (1. Cod. Vili.
52). Per di più non manca Tindicazione di una località determinata
di Roma, come se l'autore parli a scolari di quella città nella frase:
(1) Si vedano i dettagli di questa argomentasione in Summa Godici», p. lziv nogg.
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L. CHIAPPELLI — IRNERIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 619
que a dominio seu exempte sunt a commertio legari non
possunty ut res sacre et religiose [et ecunpum Martium itera
basilieas et tempia] (VI. 22),
ove è allusione evidente alla regione IX di Roma detta Campo
Marzio, che si estende fra il mausoleo di Augusto, il Pantheon e il
Circo Agonale. È vero che l'esemplificazione relativa al Campo
Marzio, e alle basiliche e ai templi trovasi nel § 4, Inst. de legatis
II, 20; ma Taverla riprodotta pare stia ad indicare, che lo scrit-
tore si rivolgeva a scolari che ben conoscevano quella località (1).
Bra questa appunto nel secolo XI la parte più popolata di Roma (2),
ed aveva speciale importanza strategica e forse commerciale per
l'approdo <lelle navi risalenti il Tevere. Si aggiungono a questi ri-
lievi le traccio dell'uso di Gaio sia o no dirette, l'uso della espres-
sione capitula col significato di leggi estranea a Bologna (I. 4), e
la denominazione di volumen Digestorum (3) che esclude l'idea
della triplice partizione del Digesto, la quale si aveva nello Studio
bolognese. Poco sappiamo intorno all'origine di tale partizione, ma
è certo che essa in Bologna esisteva anche al tempo degli scolari
d'Irnerio. Probabilmente egli Taccettó in Bologna come tradizione
di quella scuola. Secondo noi quindi Irnerio ha pure scritta la Summa
al Codice, che egli riguardava come legge principale dell'impero in
Roma, dove appena un secolo innanzi Ottone III consegnando ai
giudici il Codice giustinianeo aveva loro detto, che con quello giu-
dicassero il mondo.
Se pub obiettarsi il racconto di Odofredo, secondo il quale per le
guerre quae fuerunt in Marchia e per l'invasione normanna del
1084 cadde la scuola di Roma, o bisognerà ricondurre la Summa
presso a questa epoca, o dovrà pensarsi che la cancelleria papale
non rimase mai certamente priva di una scuola anche dopo quei
torbidi.
Da questo rapido cenno apparisce in tutta la sua ampiezza il
valore scientifico d'Irnerio, che riassumendo le antiche tradizioni e
il sapere delle più vetuste scuole, segna nuove vie alla elaborazione
(1) Se tatte queste locasioni fino a qui esaminate si trovano anche in altri testi
coi la Summa servi di fonte, ciò non infirma a nostro parere Tespressa ipotesi circa
Porìgine romana della Summa^ mentre per i posteriori testi esse locazioni non han
valore storico perchè copiate dalla ^umilia stessa.
(2) GaBOOROvius, St d. eUià éU Boma, trad. ital., voi. IV, 534. — Caxina, Indica-
jfione topografica di Boma antica, 412 segg.
{ò) Bumma, ì, 15.
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620 MEMORIE
scientifica, e giunge a ana sintesi dì tQtti gli istitati del diritto,
che è la preparazione alla moderna scienza del giure. Da un lato
illustra pazientemente i testi colla glossa fino ai più minuti parti-
colari, e dall'altro dà alla scuola il primo trattato sistematico che
fu la base delle opere posteriori del genere, al quale pongono mano
quasi tutte le sciense del tempo, formandone un monumento della
cultura medioe^ale.
Cosi alfaltezza del carattere scientifico d*Imerio avremmo desi-
derato che si accoppiasse Taltezza del sao carattere nella vita reli-
giosa e politica del tempo.
Quali sono i resultati d* importanza generale per la storia dSl Me-
dioevo, che possono trarsi da queste opere irneriane?
Anzi tutto esse ci offrono dei criteri solidi, tanto per distinguere
le scritture che veramente appartengono all'età pre-irneriana da
quelle posteriori, quanto per giudicare della conoscenza delle fonti
nelle scuole del primo Medioevo. Il Pitting chiama argutamente
pietra del paragone che verrà sperimentata nelle questioni di storia
letteraria del diritto romano nell'età di mezzo la Summa. Ciò à
tanto più importante oggi, poiché fino ad ora ogni storico arbitra-
riamente distribuiva per età e per scuole le scritture pre-irneriane,
finché un nuovo venuto rovesciava tutto l'edifizio laboriosamente
costruito da altri ; di questa continua fluttuanza di opinioni fra gli
storici circa la classificazione cronologica della letteratura pre-bolo-
gnese sono una riprova le opere del Tardif (1), del Flach (2) e del
Gonrat (3). C!osi con fondamento il Pitting toglie ora da quella let-
teratura il frammento del manoscritto bambergense da lui stesso
pubblicato (4), come attribuisce all'età bolognese il Brachylogus
iuris cìdìUs. Cosi pure certe opere primitive sul Codice, e che rive-
lano scarsa conoscenza delle fonti, come la Glossa pistoiese, bisogna
necessariamente &rle risalire a tempo assai antico, se la scienza é
già adulta a mezzo il secolo XI.
Quanto alla conoscenza delle fonti classiche nelle scuole italiane
del secolo XI bisogna ammettere che fosse molto ampia; per la
scuola di Roma ne abbiamo una riprova in queste opere d'Imerio,
per la scuola di Pavia nella glossa di Walcausa. L'idea accettata
(lì Tardif, Hitt d. sources d, Droit fircmpmis. Oriffii^ romainéa, 1890, p. 190
(2) FbACH, Éiud. era. mar Thkt du Droit lUmam w$ Maym Age, 1890.
(3) Gonrat, Geseh. d. Queìl u. Liter, d. rom. IMUè im fir^, MiUéìaU., 1889-91.
(4) Pittino, Juriat, Schrift,^, 172.
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L. CHIAPPELLI — IRNBRIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 621
fino ad Oggi, che nel secolo XI si andassero disseppelleodo fatico-
samente i testi della compilasiooe giustinianea a poco per volta, o
devesi applicare a più antico tempo, o forse ad alcuna delle scuole
e non a tutte. È certo che Irnerio ebbe in Roma tutto il Corpus
ìuris e in manoscritti eccellenti; difatti fece uso del Codice com-
pleto, non epitomato, e munito almeno in parte anche delle iscri-
zioni delle costituzioni, come conobbe Tintero Digesto, e le Nooellae
nella forma delV Authenticum. Sorprende come in un luogo ripro-
duca una lezione del Digesto eguale alla fiorentina; del resto per
la storia del Digesto, che è più importante di quella delle altre
fonti giustinianee nel Medioevo (1), i trattati d* Irnerio ci offrono dei
4ati preziosi. Cosi notevolissimo è, che la lezione cosi detta bolo-
gnese sia già in stato di avanzata formazione alla fine del secolo XI,
e quindi probabilmente nelle sue prime manifestazioni sia un pro-
dotto della scuola di Roma. L*uso àeìVInfortidtum che si manifesta
anche nella Glossa Monteprandonense al Codice ci fa supporre
che anche questa provenga dalla scuola romana. Nella Somma non
apparisce traccia della triplice partizione del Digesto, anzi l'espres-
sione Dolumen Digestorum che osservasi nel capitolo 15, lib. I,
esclude ciò, talché conviene pensare che sia questa una tradizione
bolognese, accettata poi per maggiore comodità da Irnerio stesso,
quando insegnò in patria. Cosi la questione relativa a un preteso
smarrimento del Digesto nel primo Medioevo viene definitivamente
risoluta. In Italia le opere d'Irnerio del secolo XI si riferiscono a
quella fonte come già nota a tutti; in Francia vien copiato nel
secolo IX il manoscritto berlinese del Digesto, e in Germania, che
allora era tanto addietro nella cultura ali* Italia e alla Francia,
Wibaldo di Stablo e Corwey nelle sue lettere che risalgono al prin-
cipio del secolo XII, si rìCerisce al Digesto come ad un testo ben
conosciuto nel suo paese (2).
È appunto in forza di questa continuità di tradizione scientifica,
che può spiegarsi come queste opere irneriane abbiano rapporto
colle Istituzioni di Gaio, o almeno con un*opera da esse derivata;
sappiamo del resto che altre fonti classiche, poi perdute, sono state
adoperate in scritture giuridiche del secolo XII. Lo stesso avveniva
in seguito di tempo per le opere di Monandro conosciute dagli uma-
(1) Da lango tempo stiamo propalando ana Storia del Digesto nel MedioevOt
uolU qualo troveraimo iUostoisioiio ideane idee qui fiigaoemente accennate.
(2) FiTTiMO, Die Imtitutionengloesen d. Cfualcausus, p. 40.
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622 MEMORIE
Disti ; sebbene il fervore degli studi per la letteratura classica fosse
cosi vivo in quel tempo, e i manoscritti fossero gelosamente cercati
e custoditi, pure ne è scomparsa ogni traccia.
Nell'esame di questi trattati irneriani colpisce l'attenzione nostra
un altro fatto di grande importanza storica, cioè il perdurare della
scuola di diritto in Roma verso la fine del secolo XI.
Se fino ad oggi potevasi credere per le scarse testimonianze a
noi pervenute, che poco o nulla Roma avesse fatto durante l'età
medioevale per la conservazione degli studi del diritto romano, oggi
possiamo invece pensare con sicuro fondamento, che la scuola di
Roma ha traversato il periodo del primo Medioevo resistendo all'urto
della barbarie, e che alla Chiesa spetta cosi un nuovo merito nella
storia della cultura. Sopravivenza di questa scuola indica, che le
tradizioni scientifiche classiche non si sono spente mai, e che con
Irnerio passarono nello Studio bolognese. B questa scuola di Roma,
che probabilmente è il centro degli studi giuridici pre-irneriani, si
afferma potentemente nel secolo XI e con una manifestazione di
vera grandezza colle Quaesiiones d* Irnerio, le quali ci mostrano
come la scuola fosse in possesso di tutte le fonti della collezione di
Giustiniano, e di manoscritti di essa veramente ragguardevoli. Già
il Pitting ha raccolti alcuni dati per dimostrare l'antichità di questa
scuola, e per valutare la sua vitalità nel secolo XI, che è attestata dalla
nota bolla di papa Alessandro II del 1060 nella quale si combattono
le dottrine ravennati sul modo di computare i gradi di parentela (1).
Del resto anche dalle stesse Quaestiones resulta l'antichità della
scuola, poiché Irnerio ricorda alcune risoluzioni di controversie pro-
poste da altri dottori (2), e una raccolta di Quaestiones non poteva
formarsi se non dove delle controversie erano state di fatto agitate.
Non meno importante a notarsi è, che questa scuola apparisce fedele
custode delle sue tradizioni, giacché Irnerio non vede troppo di buon
occhio le leggi dei principi transalpini a confronto del diritto ro-
mano. Forse se si vuole trovare un'altra prova della continuità
della scuola di Roma, sono da prendersi in esame le bolle papali,
(lì Decretum Graiiani e. 2% C. XXXV, q. 5«.
l2)8umma, IV, 19, 1; IV, 58, 1. In questo luogo sembra rìferìrgi Taatore a que-
stioni assai anticlie, come risalta dalla espressione uidebiUur quibmdam. Vedasi
anche Summa, VII, 17, 5 -VII, 27, 3. Non vogliamo dire con questo che tutti questi
passi si riferiscano a controversie discusse nella scuola di Roma. Notevole ò anche il
rso IV, 54, 4 (Summa) ove si parla di concordia dei giuristi sopra un punto
diritto. Certamente poi a opinioni di legisti di Roma pare sì riferisca nella
Quaest VII, 12.
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L. CHIàPPELLI — IRNBRIO SBOONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 623
ciò che non ò stato fatto fino a qui; forse gli scriniarii, i nomi-
eulatores della cancelleria papale, che del resto erano anche notarì,
uscirono da questa scuola vetusta, la quale, come tutte le scuole del
tempo, e come la mostrano le stesse bolle dei papi, dovette com-
prendere anche Tinsegnamento delle arti liberali. È a questa scuola
romana che probabilmente debbono essere ricollegate \q Jbrmulae
processuales edite di Pitting nella seconda appendice alle Exce-
pttones Petri (1), la Glossa eassinese alle Istituzioni (2), le Re»
gulae attribuite a Gemignano secondo le giuste vedute del Pitting, la
Glossa di Casamari al Codice edita da Patetta, la quale appunto
conserva tracce di un Digesto avente le iscrizioni dei frammenti, e
la Glossa di Monteprandone al Codice, ove è traccia dell'uso
Ae\V Infortiatum, fonte già conosciuta nella scuola di Roma, secondo
quello che apparisce dalle Quaestiones* È questa una pagina di
storia letteraria del diritto di altissima importanza, che merita una
illustrazione la quale manca fino ad ora. Le tradizioni di questa scuola,
appunto perchè antiche, furono conservate gelosamente, ed infatti il
Pitting osserva un intimo rapporto fra le Quaestiones e una carta
romana del 1107 edita già dal Picker (3); rapporto che si rivela nel
modo di trattazione delle fonti comprovante eguaglianza di metodo
scientifico.
Questi trattati irneriani illuminano di luce assai viva anche il
secondo perìodo del Medioevo, e precisamente il sorgere dello Studio
bolognese. Pino ad oggi si riteneva, che Bologna si collegasse colle
scuole pavese e ravennate e che ereditasse le loro vecchie tradi-
zioni (4); solo il Brandileone e lo Zacltarìà avevano supposto un
rapporto fra lo Studio bolognese e le scuole del mezzogiorno di-
talia (5), notando la diffusione e la conoscenza delle fonti del diritto
romano nelle provincie meridionali nella seconda metà del secolo XI
e nel seguente, e ponendo in rilievo un rapporto indiretto in cui
sarebbesi potuto trovare Irnerio colla corte normanna per il matri-
monio di Ruggero I (1089) con una zia di Matilde di Toscana. Oggi
(1) FiTTiMG, Jurist SehrifL, 170 seg.
(2) Dtdtkbki. BeU, e. hanébehr, Ueberhef- à, luti. BechtsqueUy I, 77.
(8) FiCKBR, Fonchung. 8, Beicha- u. Beéhtsgeèch, ItaUens, IV, 186 segg.
(4) ScBUPPER, Manuale di star, d. Dòr, ttol., 861.
(5) Brandileome, lì Diritto romano nétte leggi normanne e sveve dd regno di
Sicilia, 1884, p. 18. ZachariI y. Lihgehthal, lì Dir, Bom, neììa bassa Itaiia e ìa
scuola giuridicadi Bologna (Bendic. deWIst Lomb., Serie II, voi. XYIII, fosc. 18).
Questa ipotesi corrisponde ad ana consimile ohe è stata propugnata in altri campi di
stadi; cosi si volle scoprire nell'arte dei maestri pisani una filiazione dell' arte del
meszogiomo.
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624 MEMORIE
il processo storico apparisce in più chiara tace ; Bologna si collega
direttamente con Roma per mezzo d'irnerio, che insegnò in ambe
le scuole; alla mater legum succede la magUtra legum. in Bo-
logna, avente già un collegio di gindici e un'antica scuola di arti,
situata in posizione centrale fra Roma, Pisa, già note in Francia
nel 1065 per gli stodi del diritto (1), Pavia e Ravenna, discendono
i raggi della vecchia scienza giuridica di queste più votaste scuole.
Irnerio vi reca da Roma una scienza già adulta, di antiche e forti
tradizioni, e codici insigni ; Pisa ben presto contribuirà alla critica
del Digesto col suo famoso manoscritto ; Pavia trasmette a Bologna
la glossa, i metodi propri, e la tecnica della trattazione, tanto se-
guita dai Bolognesi, Ravenna pur essa le sue antiche tradizioni di
cultura e probabilmente l'eco della scienza orientale (2). Cosi in Bologna
da molte scuole si adunano codici vetusti provenienti da recensioni
distinte e diverse, filiazioni di antichi capo*stipiti mantenuti per tra-
dizioni nelle scuole, e quindi è che in Bologna n trovano una larga
discusBione di varianti dei testi, e diverse literaeo recensioni, come
la liiera vetuMj la antiqua, la communis, la nova. In Bologna si
concentrano due tendenze scientifiche, Tuna classica del trattato,
Taltra, forse germanica, della glossa (3), che trovano in Irnerio la
loro più insigne affermazione.
Come è naturale a pensarsi, questi trattati spargono molta loce
sulla vita e sulla operosità scientifica d' Irnerio, e ci pongono io
grado di meglio apprezzare il valore della sua scuola*
Ed infatti ammesso che le Quaestiones sono scritte verao il 1082,
siccome esse sono il frutto di una mente matura e già molto avan-
zata nella scienza, ed è certo che il grande dottore avanti che pro-
fessasse in Roma, era stato magister in artibug, è necessario ripor-
tare la nascita sua verso il 1050. Né ci si può spingere più in
addietro, perchò dall'altra parte la cronaca Urspergense ricorda I^
nerio sotto Timpero di Lotario II : Tultimo atto pubblico nel quale
egli comparisce è del 1125 (4). Probabilmente quindi Irnerio oo-
(1) Accenniamo fin d^ora Tidea, sulla quale torneremo in un pTosùmo stadio, die
anche una corrente toscana di acienza doridica confluisca a Bologna^ da molti indili
Suo argomentarsi che la conoecenas delle fbnti nel secolo XI era in Toscana molto
iffusa e progredita, e che forse alcani testi della letteratura pre-imeriana ebbero p«r
patria questa regione.
(2) Tamabsia, Bologna t le 9Cuolé imperiaU di dirittOt 1888.
(S) Questa notevole distinzione fu formulata da Zdekjlubb (17 IHr. Bom. nd Oo-
fMim antico di S. OimigfMno, in < Studi Senesi »» XI, 2), e ci sembra di molto
valore storico.
(4) FicKER, Forsch., IV, doc. 99. — Ricci, op. cit., doc. XXXIV.
L
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L. CHIAPPELLI — IRNBRIO SECONDO LA NUOVA CRITICA STORICA 625
mincib a insegnare a Bologna il diritto avanti il 1090, e con ogni
verosimiglianza furono suoi scolari i legisti bolognesi che appariscono
nelle carte bolognesi della fine del secolo XI e dei principi del se-
colo seguente, fra i quali ricordiamo Walfredo, Giovanni Bono, Mar-
chisene, Gandolfo, Pietro di Monte Armato, Lamberto, Tegrimo,
Angelo, Fantino, Ugo, Gerardo, e Raimondo di Zena (1). Gib Tar-
guiamo anche daiPetà di questi legisti, e dalla supposizione, ci sembra
fondata, che se è vero il criterio stabilito dal Ficker, che i giudici
sieno collocati nei documenti regolarmente a seconda della loro età,
non vi è motivo di pensare che un eguale criterio non fosse ap-
plicato anche ai causidici. Sembra che il dottore bolognese consa-
crasse la maggior parte della sua vita alla scienza, e segnatamente
gli anni della giovinezza e della virilità: di ciò abbiamo testimo-
nianza nelle Quaestiones e nella Summa che appartengono al se-
colo XI, non che nella maggior parte delle sue glosse, le quali si
coliegano direttamente e prossimamente a quei testi. Soltanto tardi
pare si affacciasse alla vita pubblica; e di vero per la prima volta
comparisce in un giudicato della contessa Matilde del 1113. Fra le
sue opere debbono annoverarsi oltre quelle esaminate il De Aequi-
tate^ una monografia sopra le dctiones della quale possediamo una
parte (2), e forse la Samma legis langobardorum edita già da
Anschutz.
Quanto al successivo movimento scientifico, altri resultati impor-
tanti vengono in luce da queste opere. Difatti acquistiamo un più
giusto concetto del valore dell'opera dei glossatori, i quali grande-
mente perdono nel confronto col maestro. In generale l'attività loro
apparisce più che altro un'esplicazione dei metodi seguiti da Irnerio.
Alcuni assolutamente decadono dall'altezza della loro fama ; fra questi
principalmente Kogerio, perchè apparisce chiaro che la sua Summa
per la massima parte è la riproduzione letterale di quella d'Irnerio.
Tanto è vero che Buoncompagno da Firenze a buon diritto lamen-
tava, che i legisti di Bologna si copiavano gli uni gli altri senza
coscienza. In generale pub dirsi che le glosse d'Irnerio valgono
almeno quanto quelle dei suoi successori, e che la sua Summa su-
pera le posteriori compresa quella famosa di Azone.
Ha rilevato il Fitting dall'esame coscienzioso di questi trattati
(1) ScHUPPBR, Le origini deUa UmversUà di Bologna, 1889, p. 7. E vedansi le fonti
ivi dtate.
(2) Pitting» Jwrièt Schrift, p. 134 segg.
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626 MEMORIE
irneriani» che due scritture finora comprese della letteratura pre-
bolognese debbono assegnarsi al perìodo irneriano, e sono il fram-
mento del manoscritto di Bamberga, già edito dallo stesso Pitting, e
il Brachylogus iurU civiliSt sulla cui antichità tanto si è disputato
in questi ultimi tempi, appunto per Teccellenza della fattura sua.
Era considerato infatti come uno degli astri maggiori della lettera-
tura pre-irnerìana, ma per le nuove ricerche va perdendo molta
della importanza storica che gli si attribuiva generalmente. Esso è
modellato sulla Summa, dalla quale trae origine. Non crediamo
peraltro, che questo nuovo resultato per la storia del Brachylogus
possa avere alcuna influenza per la soluzione della questione tanto
dibattuta in questi ultimi anni sopra la patria di quel testo. Difatti
se da un lato pub giovare all'opinione dell'origine orleanese l'età
più recente di questo trattato, dall'altro l'aumentarsi dei suoi rap-
porti con opere di scuole italiane starebbe piuttosto a favore della
sua origine italiana. Ma su questo punto ci riserbiamo di svolgere
alcune idee in un altro studio. Piuttosto lo scomparire del Brachff-
logos dall'antichissima letteratura giuridica giova a dare risalto al
valore della Summa d'Irnerio, la quale diviene il primo trattato
sistematico di diritto.
Invece altri rapporti colla scienza francese mostra la Summa
d'Irnerio: difatti con qualche fondamento possiamo supporre, che
alla sua scuola accorressero anche degli stranieri, se la Summa è
una delle fonti principali della Somma al Codice in lingua pro-
venzale, la cui edizione viene preparata dal Pitting e dal Suchier
di Halle (1). Di più senza una potente iniziativa come quella d'Ir-
nerio non poteva sorgere una letteratura cosi ricca e cosi inspirata
alle fonti, come la cosi detta letteratura anglo-normanna illustrata
da Gaillemar, la quale è di poco posteriore ad Irnerio (2). Si deve
appunto a questa preparazione, e all'ambiento adatto, se ben presto
insegnanti italiani professarono nelle scuole francesi, come Rogerio
secondo le nuove ricerche di Pitting, e il Piacentino. Del resto è
naturale pensare, che gli scolari francesi accorressero alle lezioni
d'Irnerio, dal momento che vediamo pure scolari francesi scendere
in Italia alle scuole di diritto avanti che sorgesse un giurista di
(1) Pitting in € Sitzangsber. d. Beri. Ak. d. Wìsb. », 1891, XXXVII, p. 763 aegg.
Suchier, Manuscriis perdus de la Somme provenoale du Codi de lustmien (Ann.
d. Midi, VI, a. 1894).
(2) Gaillsmbr, Le Droit civ. dans le provincea AngloNormandes au XII 8Ìiek,
1883.
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L. CHIAPPSLLI — IRNBRIO SECONDO LA. NUOVA CRITICA STORICA 627
gran filma come il grande dottore di Bologna; cosi il monaco di
Marsilia della nota lettera del 1065 scriveva al suo superiore di
volere andare a Pisa per studiarvi il diritto (l). Ben si scorge che
una mutua corrente d'influenza intellettuale passava fra Italia e
Francia; da quella lo studio del diritto, da questa poi la cultura
poetica» due fra gli elementi principali della vita intellettuale del
tempo.
Riassumendo, resulta dal fino a qui esposto, che, se per Taddietro
era più che altro una intuizione storica felice e verosimile quella
del Pitting circa la continuità della tradizione scientifica del diritto
romano durante il Medioevo, oggi non pub dubitarsi più che questa
tradizione si conservasse a traverso i secoli. Ne sono una conferma
splendida queste due opere irnerìane edite da Pitting, come ne era
del resto una prova stringente la glossa di Colonia che attesta quanto
una scuola longobardistica come quella pavese risentisse viva l'in-
fluenza delle assai fiorenti scuole romanistiche del tempo. Le traccio
di diritto ante-iustinianeo che la Summa conserva, e i vestigi di
Gaio indicano continuità di tradizione nella scuola. Cosi la lettera-
tura giuridica che comincia colla Glossa Torinese di poco posteriore
a Giustiniano e che termina cogli scritti dei glossatori bolognesi è
una lunga catena collegante il mondo antico coli' età dei Comuni,
i cui anelli sono rappresentati da una serie di scritture, fra le quali
primeggiano le chiose aggiunte alla Glossa Torinese, la Glossa Pi-
stoiese, le Exceptiones Petri, e le opere pavesi. Se dunque la tra-
dizione scientifica fu meno vivace nel periodo longobardo, pure non
si spense mai, e, ravvivata dai Carolingi, potè nel secolo XI pro-
durre un rifiorimento di studi.
Cosi su Irnerio convergono a traverso i secoli delFetà di mezzo
i raggi della scienza classica, che per lui riacquistano nuovo splen-
dore: all'antico diritto infonde vita novella, e cosi rigogliosa, che
il diritto diviene ben presto uno degli elementi principali della vita
intellettuale della fine del Medioevo, e perfino della vita popolare.
D'ogni parte ferve il lavoro per l'elaborazione del giure ; la Chiesa,
che aveva avuto Irnerio nella scuola di Roma, attende a porre le
basi del grande edifizio del diritto canonico ; nei Comuni si compi-
lano gli statuti, mentre le scuole vi fioriscono, e per l'affluenza degli
scolari Azone deve insegnare sulla pubblica piazza. Il popolo stesso
prende parte in questo generale interessamento per ciò che si rife-
(1) Martbhe e Durano, Vet Script et Man, ampi eoU., I. e 470 seg.
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628 MEMORIE
rìsoe alla vita giuridica» tanto che possono i predicatori trattare dai
pulpiti delle vere questioni di diritto come oggi si tratterebbe della
questione sociale: cosi S. Bernardino può in una predica occuparsi
del contratto di soccida. La scienza del diritto si diffonde rapida-
mente per tutta l'Bnropa, ma nessuno della scuola fondata da Ir-
nerio raggiunse l'altezza scientifica del maestro.
Il pensiero d'Irnerio è semplice e solenne e trova esatta corri-
spondenza nella forma in cui è espresso; quello dei suoi saocessorì
ben presto si perde nella minuta analisi» nella sottile casuistica» e
nell'abuso delie forme logiche. Similmente alla severa e solenne
cattedrale romanza del mille succedeva in breve ora la cattedrale
gotica, in cui le linee s' intrecciano in mille forme fantastiche, tanto
che bene spesso la ricchezza ornamentale torna a danno del coooetto
d'insieme.
Luigi Chiappblu.
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Ancora di alcuni studi
intorno a Cristoforo Colombo.
Nel yol. X» an. 1893, di questa Rivista ebbi già a dare notieia
di alcDni studi intorno a Cristoforo Colombo ed alla sua scoperta;
come appendice aggiungo qui Tesarne di alcuni altri, pervenutimi
più tardi. Si tratta di due lavori d'indole generale e di sei altri
speciali, tutti italiani; i quali tra le numerose pubblicazioni pio-
vute intorno a Colombo avranno forse il vantaggio di far co-
noscere meglio la parte, che a questo movimento ha presa l'Italia (1).
Affine di non ripetermi, mi permetto di rimandare chi desideri co-
noscere per sommi capi la storia della vita e della scoperta di Co-
lombo secondo i più recenti studi, alla mia prima Memoria, dove rias-
sunsi il bel libro del prof. C. De Lollis ; qui sorvolerò sovra le parti,
in cui gli scrittori ad un dipresso concordano, e richiamerò invece
Tattenzione dei lettori sovra i punti, che hanno alcuna cosa di nuovo.
Il Cristoforo Colombo del prof. Vittore Belilo fa parte della
collezione dei manuali Hoepli; ha quindi il carattere de^i scrìtti
di volgarìzzazione: noi non abbiamo il diritto di chiedere alFA. un
metodo, che riveli le minute e complesse ricerche tentate ed entri
nelle numerose e delicate questioni, che gli studi Colombiani hanno
suscitate. L'A. sorvola sopra queste, reca con forma dommatica i
dati meno incerti, e nella sua rapida esposizione si trattiene solo
(1) y. Bbllìo, Cfisloforo Colombo. Milano, Hoepli, 1892, in-8^ pp. 159, con 10
tavole ed una bibliografia. *- Id., Cristoforo Coikmbo come uomo del Binascimenio,
Discorso letto nelVinaugurousione deWamu) accademico 1892 1893 della R. Univer-
sità di Pavia Q giorno 2 Deeembre 1892. Pavia, Bizzoni, 1892, in-8s pp. 38. —
A. GiAMBBBJHi, Cristoforo Colombo e H IV centenario deUa scoperta deW America,
Boloena, Zamorani e Albertazzi, 1894, in-8o, pp. 247. — A. Codaka, La tradisione
di (Cristoforo Colombo scolaro in Pavia e Nicolò SciUaeio, Treviglìo, Stabilimento
tipografico-eoeiale, 1894, in-16*, pp. 117. — B. Coochu, Cristoforo Colombo e le
sue ceneri, Chieti, Rìcci, 1892, in-S*, pp. xvi.376, col ritratto deirautore. — P. Alvi,
Cristoforo Cóhmbo / ft-ate Gian Bernardino Montieastri da Todi, Todi, Foglietti,
1893, in-8*, pp. 76, con un albero genealogico. — L. Bokelli, La scoperta dell' A-
merica secondo un'opera Turca del secolo decimosesto. Verona-PadoTa, Dracker, 1892,
in-8<», pp. 87. Edizione di soli 250 esemplari. — E. Loeyikson, Cristoforo Colombo
meUa ìeUeratura tedesca. Koma, Loescfaer, 1893, ìih8o, pp. 131.
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630 MEMORIE
OD pochino di più qaando gli ò offerta Toccasione di dar notizie
d'indole geografica generale : il capitolo III, intitolato ' Cognizioni
geografiche ai tempi di Colombo. I precnrsori \ ed il capitolo V»
intitolato ' Come si navigava * si leggono con profitto e diletto.
Ma non mancano certo nel libro altri punti notevoli, qnali sono
alcuni giudizi ispirati ad un giusto senso storico : a p* 4, citando
l'accusa di corsaro mossa da alcuni moderni a Colombo, il Bellio
osserva, che a quei tempi il corsaro era in mare ciò, che i con-
dottieri erano in terra* Più oltre, parlando del modo, in cui Co-
lombo pervenne a concepire il grande viaggio transoceanico, il Bellio
accenna, che il marinaio genovese, allorché toccò il Portogallo, già
era pieno del desiderio < di scoprire i segreti del mondo » e si fermò
volentieri in Portogallo per istruirsi ; egli accenna pure, che Leo-
nardo da Vinci può anch*esso aver esercitato una qualche efficacia
sul disegno concepito da Colombo; ma afferma, che la celebre lettera
scritta dal Toscanelli nel 1474 « fece di Colombo navigatore Co-
€ lombo scopritore »; altri argomenti ancora soccorsero a Colombo:
il Bellio attribuisce non iscarso valore alle numerose e certe no-
tizie delle terre occidentali, ch'egli, < già in possesso della lettera
« del Toscanelli », potè apprendere < a Bristol e in Islanda >; ma
anche queste, conchiude, non diminuiscono il suo mento: le imprese
dei navigatori, che lo avevano preceduto, erano state ispirate da
amore di lucro o da spirito di avventura; Colombo invece primo
navigò € con uno scopo determinato » e nei suoi viaggi cercò
€ non l'avventura, ma le prove e le conferme delle cose, che pen-
« sava ». Giunto al primo viaggio transoceanico di Colombo, il Bellio
descrive le caravelle adoperate, osserva, che queste rispondevano
alle abitudini, che si avevano nel muovere a viaggi di scoperta, ed
afferma, che lungi dal crear un merito a Colombo col dire, che con
mezzi troppo inferiori allo scopo egli tentò l'ardua prova, come
pretesero alcuni, devesi giudicar Colombo grande anche perchò seppe
procurarsi quanto gli era necessario. Degli ultimi tre viaggi il Belilo
dice, che non sono gran fatto superiori a quelli di qualche altro
valente capitano ; ma essi contribuiscono ancora a rappresentarci
€ un uomo grande alle prese colla fortuna uno spettacolo
« degno di Dio » ; perciò si occupa anche di questi, notandone i par-
ticolari più importanti: a coloro, i quali negarono valore scientifico
a Colombo, egli fa osservare, che l'aver questi afìa forma ed alla
direzione giudicato le pìccole Àntille avanzi di una terra infranta
dalla violenza della corrente equatoriale, questa sola idea superiore
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MERKEL — ANGORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 631
di geografia fisica a quei tempi» è prova d*< un genio analogo a
€ quello di Galileo » ; e contro ai medesimi accusatori rileva ancora,
che Colombo primo studiò la declinazione dell* ago magnetico, le
correnti marine nel golfo dì Paria e nel mare Caraibico, le isoterme
delfÀtlantico, il mar di Sargasso; e tanti e cosi nuovi fenomeni
esaminò spesso < fra una burrasca e una rivolta ».
Alla rapida biografia, tracciata nel volume citato sopra, serve quasi
di conclusione il Discorso inaugurale, in cui il Belilo considerò Colombo
come uomo del Rinascimento. Anche qui sopra il metodo della trat-
tazione s'è imposta una circostanza speciale, la rapidità e la forma
leggiera richiesta da un discorso; ma Targomento scelto è pieno
d'interesse. L*A. con libertà di giudizio tanto più lodevole per la
città ed il luogo speciale in cui parlava, esordisce notando, che
Colombo, se pure andò a Pavia, come vuole una tradizione, a cui
diede origine Fernando Colombo, tuttavia vi fu in quelfetà, nella
quale la scuola non può ancora esercitare alcuna profonda efficacia.
Però la tradizione, che Colombo abbia studiato in qualche università,
ha, se non una giustificazione, una spiegazione nella cultura, che il
grande Genovese rivelò e prima e dopo la scoperta. Come Colombo potè
acquistar questa?
L'A. a questa domanda risponde facendo anzitutto un cenno rapido,
ma entusiastico del Rinascimento italiano; poi mostra, come questo
si svolgesse anche in Genova, dove, obbedendo all'indole operosa e
marinaresca di quel popolo, favori gli studi nautici e cartografici;
poi rileva, che la cultura, irraggiandosi dalle classi più elevate sopra
il popolo minuto, fece si, che anche l'arte dei tessitori, a cui i Co-
lombo appartenevano, aprisse scuole per i figli dei proprii membri :
dunque Cristoforo potè ricevere i primi rudimenti in queste scuole,
respirò nei primi anni l'atmosfera vivificatrice del Rinascimento ita-
liano, anzi anche più tardi, quando errò in Portogallo ed in Ispagna,
mantenne efficaci rapporti coi dòtti italiani.
Più in là in questo argomento l'A. non si spinge. Ma egli si
rivolge poi all'esame del carattere di Colombo, nel quale dimostra
riflessa quella molteplicità di attitudini, che fu appunto una delle carat-
teristiche più spiccate dei principali uomini del nostro Rinascimento:
Colombo, afferma il Bellio, « fa guerriero e calligrafo, mistico e
< mercante, filosofo e cartografo, poeta e ammiraglio, cortigiano e
€ scienziato »; non ebbe, come gli umanisti, cura della forma, ma
possedette « le qualità essenziali dell'uomo moderno »; possedette
quel tanto di cultura classica, che poteva giovare alla professione
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632 MEMORIE
marìDaresca, e, se ricorse pare a fonti medievali, fa perchè parlava
a Spagnaoli. Un'altra caratteristica del Rinascimento sta nel cosmo-
politismo di Colombo: egli amò bensì la sua patria, ma non col senti-
mento esclnsi vo del Savonarola ; per recar ad effetto il proprio disegno
non aborri dai ricorrere al Portogallo ed alla Spagna. Inoltre Colombo
fu profondamente religioso, ma non fanatico, ncohè consigliò che grio-
diani fossero convertiti al cristianesimo colla doloezsa, e non s'astenne
dal propugnare le sue opinioni geografiche, benché contrarie al rac-
conto biblico. Come gl'Italiani suoi contemporanei, amò le (oggie di
vestire singolari; non ammise diversità di stirpe innanzi al lavoro ;
amò ardentemente la gloria ; fa diligente ed acuto osservatore delle
cose natorali; ma la maggior caratteristica degli umanisti, ch'egli
rispecchia, è la ricerca del nuovo, la quale lo condusse alla scoperta
d*un nuovo continente. Cosi, conclude l'A., degli elementi caratte-
ristici del Rinascimento Colombo possedette i più e quelli essensiali;
egli chiuse il periodo della grandezza italiana in modo simile a qaello,
con coi Alessandro magno aveva chiuso il periodo della grandezza
greca: come il principe macedone aveva conquistato alla morente
civiltà ellenica la vecchia Asia, ood Colombo procurò alla sua patria
l'altima, grandissima gloria d*aver portato la civiltà latina nella
vergine America.
Questo discorso, il lettore se ne sarà già accorto, è caldo di eio-
quenza, colorito, entusiastico; certo non tutte le affermazioni sono
provate e del tutto sicure; ma, ch'io sappia, uno studio psicologico
analitico del carattere di Colombo, che sarebbe pure tanto impor*
tante, non venne ancora fatto: finché lo si attenderà, sarà benve-
nuto ogni autore, il quale almeno in parte affronti questa delicata
questione.
* *
Assai più tardi, cioè solo nell'anno corrente, osd alle stanqie la
biografia di Cristoforo Colombo, composta da Angelo Giamberini.
Il quale nella prefazione afferma, che se il ritardo gli tolse di of-
frire al lettore il suo lavoro nell'opportuna occasione della celebraaioiie
del quarto centenario della scoperta^ gli procurò d'altra parte il
vantaggio < di trarre profitto dalie altrui indagini e di raggna^iare
€ delle recenti apoteosi mondiali »; che se anche la piccola mole
del libro gli vietò di spiegare < le particolarità del vaatinimo e
€ complicato argomento », tuttavia dirit cose < desunte da dooomoiti
€ e sttffragate dairantorità degli atorict e della critica »; per ciò
che concerne le feste centenarie, fornirà notizie raccolte de vimà
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MERKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 633
0 dalle relazioni dei giornali e tutto questo esporrà < con forma
« chiara, semplice, alla portata del popolo ». Queste belle promesse
veramente non sono poi tutte mantenute nel libro: incominciando
dalia forma, noto, che VA., volendo forse imitare il fraseggiare
tronco e rapido di Tacito, riesce spesso oscuro e scorretto: cito
per esempio a p. 61 l'espressione: a Colombo « fu tutto a conforti
€ il Perez »; a p. 165: « Gli ammutinati . . . tutto misero a ruba,
« eccitando i danneggiati a farsi rimborsare dairammiragiio; ucci-
« derlo, al rifiuto »; p. 190: < questi . . . pur di mostrare ipocri-
« tamente del torto Colombo . . . liberò il Porras » ; né mancano
le frasi degne del Seicento: basti un esempio (p. 227): « Come
« trombe della fama, le fatiche della penna e del pennello stenebra-
€ reno sulla grandezza del ligure Argonauta la mente del popolo » .
L'A. nella prefazione in certo modo ci induce a credere, che si sia
valso degli stud! più recenti; ma a tacere delle pubblicazioni della
nostra Commissione Colombiana, di cui ebbe una vaga notizia, ma
non trasse profitto, esso non conosce neppure i libri del Belilo, del
De LolliS) del Cocchia; parla dei Caboto e del prof. Tarducci ed
ignora l'importante studio, che questi appunto pubblicò in proposito:
in generale egli segue il Navarrete, il quale veramente, sebbene
si sia occupato molti anni or sono di Colombo, tuttavia non ha
peranco perduto la sua importanza; ma perchè accontentarsi di lui
ed in tanta folla di recentissime pubblicazioni Colombiane non at-
tingere anche a queste ultime? Tuttavia il difetto piò grave del
lavoro non istà ancora qui; ma nel metodo della trattazione. L'A.
ad ogni piò sospinto o nel testo od in nota entra in digressioni,
che coll'argomento suo non hanno nulla a vedere: nomina Genova,
il Portogallo, la Spagna e sente il bisogno dì farne la storia; no*
mina Averroè, Pietro d'Ally, il Fulton, il Cocchia e ne tesse la
biografia ; cita la Medea di Seneca e dedica una lunga nota a
quest'opera; il medesimo dicasi del Milione di Marco Polo, della
scoperta delle Azere, ecc. Questa tendenza chiacchierina si mani-
festa persino nei minimi particolari : cosi il nome della città di
Baiona trae l'A. a notare, che in questa fu inventata la baionetta; il
ricordo del picco di Teneriffa lo alletta a segnare l'altezza di esso, come
se egli primo l'avesse misurato. Il Oamberini, se indovino dalla coper-
tina del libro, su cui sono enumerati parecchi altri suoi lavori, è
un maestro elementare: ora capisco, che certe digressioni nell'in-
segnamento orale, particolarmente quando si parla a fanciulli, pos-
sono tornar utili e dilettevoli; ma queste non sono più opportune,
RivUta Storica Italiana, XI. 42
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634 HEMOBIB
allorché si scrive un libro» ancorché gli si voglia imprimere un
carattere popolare: fautore, propostosi un argomento» deve studiarsi
di portar in questo una parte originale o per la raccolta dei dati
di fatto 0 per le riflessioni : ora se questo è tutt' altro che facile
anche quando si studia un argomento con somma cura, come può
ancora essere possibile» se si divaga intomo a mille cose? come si può
parlar profondamente o per lo meno senza correr rischio di cader
in errori» moltiplicando di tanto le affermazioni f Invece di indu-
giarsi in simili digressioni» TA* avrebbe assai più utilmente potuto
indicare non solo il nome degli autori» ma anche il titolo delle
opere» a cui attingeva» ed il volume e la pagina di queste» cosa, che
invece non suol fare*
I difetti, che ho citati fin qui» danno al libro l'apparenza di es-
sere molto meno buono di quello, che in fondo è; perchò l'A. ha
raccolto con molta cura una grande quantità di notizie» ha fatto
osservazioni acute ed ha opportunamente colorito le notizie storiche
con una buona conoscenza della geografia e della storia naturale;
ciò che gli fa difetto ò il metodo e talvolta il senso critico*
Cosi egli incomincia la biografia di Colombo affermando» che la
storia ha provato « irrefragabilmente la genovesità » di lui e la
prova irrefragabile» secondo il buon A.» ò questa, che Colombo fu
detto genovese da 25 scrittori a lui contemporanei» da 30 altri, che
raccolsero la tradizione ancora viva» e da 140 critici del nostro
secolo: TA. con questo sfoggio credette di sgominare gli avversari
della € genovesità »; invece ha fatto sorridere quanti sanno» che
le questioni scientifiche» per buona ventura» non si risolvono colle
palle dell'urna politica. Del resto il Giamberini» non allontanandosi
troppo dai recenti dati della critica» ha posto la nascita di Colombo
fra il 1446 ed il 1447 e non ha prestato fede alla tradizione» che
lo fece studiare all'università di Pavia. Su terreno assai men sicuro
ò dove afferma» che Colombo nelle sue prime navigazioni si spinse
fino all'Islanda < e fors'anco alla rigida Groenlandia >; che nel
concepire il suo gran disegno lo avvalorarono i versi di Dante in*
tomo all'uscita di Ulisse dalle colonne d'Ercole ed alla costellazione
della crociera; non ha poi fondamento la sua asserzione» nata da
una mal intesa notizia della scoperta di monsignor Cocchia» che ora
metà del cadavere di Cristoforo Colombo si conservi all'Avana e
metà a S. Domingo. Del pari sono poco felici certe amplificazioni
dei documenti: p. es.» dove ha letto l'A. la dimostrazione della po»-
sibilità del viaggio transoceanico fatta da Colombo innanzi ai dotti
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MERKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 685
adunati in Salamanca cosi come egli fra asterischi ce la presenta?
Anche il Giornale di bordo è talora amplificato con commenti» che
potrebbero indurre il lettore nell'errore di credere pensieri di Co«
lombo ciò che invece è un'aggiunta dell'À. V è poi un* illarione
fantastica là dove, lamentando che Colombo nel secondo viaggio
non potesse esplorar tutta Cuba, l'A* soggiunge» che ciò fu un gran
danno, perchè oltre ad evitar Terrore di credere quell'isola un con-
tinente» anzi addirittura il Catai, Colombo, < dando altro corso alle
< scoperte, preceduto avrebbe di 25 anni la circumnavigazione, e
« rivelato il fntto della perdita d'un giorno per chi la compie da
« est ad ovest ».
Ma bastino, se pure non 5<ono già fin troppi, gli appunti : ho detto
che l'A. fa pure osservazioni buone: cito per esempi l'enumera-
zione ed il ritratto delle persone, che accompagnarono Colombo nel
primo viaggio; l'osservazione intorno all'importante contributo pecu-
niario, col quale alcuni genovesi, dimoranti in Ispagna, promossero i
viaggi di Colombo in America — gli eruditi spagnuoli particolar-
mente s'aflfrettarono bensì ad affermare, che Genova respinse Co-
lombo, quando le chiese i mezzi per compiere il viaggio, cosa, che
non è provata, ma non ebbero altrettanta premura di rilevare, che
privati Genovesi posero a rischio le proprie sostanze, quando i ri-
sultati dei viaggi erano ancora incertissimi, mentre Ferdinando il
cattolico non mantenne neppur la proméssa rimunerazione, allorché
la scoperta incominciò a fruttargli largamente. — Aggiungo, che
l'A* chiuse l'elegante volume (1) dedicando a modo di appendice
un capitolo alla questione dell'origine del nome America, un secondo
all'enumerazione dei monumenti eretti nei tempi moderni a Colombe
ed un terzo alla descrizione delle feste celebrate ad onore di Co-
lombo in occasione del quarto centenario della scoperta.
II Codara presentò la prima volta appunto come tesi di laurea
la sua Memoria intorno ai pretesi studi di Colombo all'università di
Pavia, all'università pavese; è un primo frutto; quindi si risente in
più parti dell'inesperienza del giovane A. L'esposizione, nonostante la
cura, che il Codara evidentemente ne ha avuta, contiene qua e là
espressioni difettose (2); nelle note bibliografiche l'A. spesso largheggia
(1) Lodo in questo la correttezza tipografica: solo a pag. 219 ho notato la data
1639 per 1539.
(2) Noto p. es. a pag. 9 : < Di notizie ... ho potato raocogliere netsnna >; p. 11:
t rendere la sna ?ita dreondata »; p. 15: « esitarono di pronunciare >; p. 23: « È
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636 MKMORDB
nella ripetizione di particolari secondari, ma qualche volta nella prima
notizia, che dà di an libro, accorcia il titolo di questo (1). L'inespe-
rienza si riflette pare nel metodo scientifico: TA. non ha saputo
adoperare una giusta proporzione nella discussione dei lavori, che
in qualche modo riguardano il suo tema : ha combattuto asserzioni
già sfatate pienamente più d*una volta; s'è fermato troppo sugli
scrittori vecchi e forse troppo poco su quelli più recenti e mi-
gliori (2); e non ha distinto nettamente l'esame delle fonti da quello
dell'uso fatto di queste — e della fantasia — in libri di molto
posteriori.
Questi difetti tuttavia non tolgono, che il libro abbia del buono.
Anzitutto il Godara si procurò una larga e buona conoscenza biblio-
grafica; poi esaminò le questioni con diligenza, con ispassionatezza
e giunse a risultati, i quali, se in generale erano già nel dominio
della critica, tuttavia hanno acquistato nel breve lavoro un nuovo
e buon fondamento; sicché l'A. può vantarsi d'aver recato un piccolo,
ma reale vantaggio alla soluzione delle questioni (Colombiane.
Tra i meriti del libro sono anche la chiarezza e l'ordine della
trattazione: l'A., dopo una modesta introduzione, nella quale scrive,
che il lavoro gli ha procurato il piacere di imparar a conoscere
molti libri intorno al grande Genovese, espone la sua tesi ed il di-
segno dell'opera; poi nel primo capitolo dà una breve notizia della
vita e delle opere di Nicolò Scillacio, dotto Messinese, il quale in-
segnò metafisica e filosofia naturale nell'università di Pavia fra gli
anni 1482 e 1498. Lo Scillacio nel 1494 compose a Pavia un opu-
scolo intitolato: De insulis Meridiani atque Indici maris nuper
inventis, nel quale descrisse con caldi colori il secondo viaggio
oltre l'Atlantico fatto da Cristoforo Colombo; questa è la ragione.
e Bosellj che dice -Giacomo . . . aveva mutato il nome > ; ecc. -L'A. avrebbe altresì fatto
meglio a risparmiare grinositatt complimenti ai lettori, ch'egli chiama « amanìs-
simi », e gentili, illastri >.
(1) È ^breviato, p. es., il titolo della biografia Colombiana importantissima dello
Barrisse ; a pag. 84, nota 16, si dice appena : « Oltre gli storici di Pavia Gatti etc. » .
Alle pagg. 9 e 85, nota 20, TA. cita nn passo importante d'una lettera, ma non dice
donde ha tratto questa. Più curiosa è la svista commessa a pag. 9 : VA. citò come
titolo d*un*opera dello Scillacio il seguente: 'De felici philosophorum paupertate
appeteada, aliaque opnscola, sine nota loci 1496*; e non s^accorse^ che la nota
bibliografica < sine nota loci » è del Panzer, da cui egli trasse la notizia delFopera»
non del titolo di questa.
(2) Perchè, p. es.» TA. fonda così volentieri le sue assersioni su quelle del Bo-
selly de Lorgues, il quale, com*egli stesso dimostra (specialmente a p. 85, nota IX
commise molti errori? perchè segue altresì tanto spesso il libro povero di crìtica
del Lazzaroni e dta invece raramente quello ben più sicuro e pensato del De Lollis?
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MBRKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 637
per cui il nostro A. si occupa deirerudito siciliano. Però esso raccolse
solo le notizie biografiche fornite da alcuni scrittori più alla mano :
forse, se fosse ricorso alle opere illustranti in particolare gli studi sici-
liani, avrebbe potuto trovare qualche cosa di più. Da questo argomento
poi salta alla biografia di Cristoforo Colombo ed in primo luogo esamina
le numerose opinioni espresse intorno all'epoca della nascita di Ini:
questo è il capitolo del libro forse meno felice, perchò TA. si soffermò
troppo a discutere asserzioni oramai distrutte ed in sostanza non
aggiunse nulla alla dimostrazione dello Barrisse, di cui accettò le
conclusioni, giudicando anch'esso, come oramai Tuniversale, che
Colombo sia nato fra il 1446 ed il 1447. Il Codara, il quale promette
di riuscire a lavorar bene, deve avvezzarsi a tener conto solamente
dei giudizi, che hanno un fondamento vero ; se vorrà indugiarsi
dietro ad ogni più avventata asserzione ed ai giochi di congetture,
correrà il pericolo di uscire anch* esso dalla via rigorosa segnata
dalla critica. Migliore è il capitolo terzo, che tratta delle notizie
prò e contro airopinione di coloro, i quali pretendono, che Colombo
abbia studiato all'università di Pavia. L'A., fissando nel secondo
capitolo l'epoca della nascita di Colombo, aveva già apprestato una
delle prove più gravi per dimostrare l'impossibilità, che questi abbia
studiato all'università Pavese, perchè avrebbe dovuto fare tali studt
da bambino. Ma qui esso si propone di combattere gli argomenti,
che furono addotti a sostegno dell'opinione citata. Il rigore del me-
todo veramente avrebbe voluto, che il Codara esaminasse prima le
fonti contemporanee, cioè l'attestazione delle Storie di Fernando Co-
lombo, ripetuta dal Las Casas, e poi i giudizi dei dotti più tardi;
egli invece si occupò prima di questi, poi di don Fernando, poi di
nuovo dei moderni. Malgrado questo disordine, le parti princi-
pali della discussione procedono serrate ed efficaci: l'A. mette in
piena luce la debolezza dei fondamenti di quella, che impropria-
mente fu denominata la tradizione Pavese, e, ciò che, specialmente
in un giovane, non è meno da lodare, mentre è spesso nel bisogno
di combattere i giudizi pronunciati con arditezza dal comm. Carlo
Dall'Acqua, tuttavia dal calore della confutazione non si lascia mai
eccitare ad una espressione meno che rispettosa verso il benemerito
erudito pavese. Il capitolo quarto ci richiama allo Sciilacio e mira
a dimostrare, che, se Colombo avesse studiato all'università di Pavia,
Io Sciilacio nell'opuscolo già citato verosimilmente lo avrebbe detto:
l'argomento anche qui è assai forte. Il capitolo quinto riassume
appunto quell'opuscolo e mette in evidenza i suoi elementi in parte
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638 MEMORIE
storici, in parte fantastici: esso ò degno di nota come contributo
allo studio della letteratura Colombiana. Il sesto capitolo infine reca
la conclusione, che è la seguente: Colombo fece probabilmente a
Genova od a Savona i primi suoi studi, i quali furono modestissimi;
in seguito si procurò una cultura non comune coi viaggi nei paesi
stranieri; ma egli fu maestro di se stesso e non solo non è vero-
simile, che abbia studiato ali* università di Pavia, ma forse non fu
neppure mai in queste città.
Ad un'altra dibattute questione, cioè ai diversi luoghi di sepol-
tura ed ai resti mortali di Colombo è dedicato il grosso volume di
monsignor Rocco Cocchia, ora arcivescovo di Chieti.
Con parola riscaldata dalla poesìa e da sentimento profondo, il
venerando cappuccino nel proemio del suo libro accenna alla storia,
che anche i sepolcri hanno, ed alla loro religione; narra la parte
avute da esso nella scoperte delle ceneri di Colombo a S. Domingo
e le ragioni, che lo indussero a ritornare su queste questione intorno
a colui, che chiama < il più grande degli uomini » .
Ma prima di affrontarla il Rocco Cocchia narra in tre capitoli la stona
di Colombo e particolarmente dei suoi viaggi. Questo riassunto in gene-
rale non è tratto nò dagli studi più recenti, nò dai documenti originali
di Colombo, ma dagli scrittori del secolo XVI; tuttevia nel com-
plesso à esatto; è rapidissimo, ma la brevità, imposte dalle proporzioni
del lavoro, non toglie, che TA. qua e là fornisca notizie originali sovra
i primi monumenti, sopra le chiese, le fortificazioni, le città erette
all'epoca di Colombo nelle terre scoperto e da esso ricercate ed esa-
minate con cura. L'ammirazione per il grande scopritore qua e là
pare che stia per allettare il nostro A* a credere alla colorita tradi*
zione leggendaria; ma l'erudizione e la coscienza storica lo tratten-
gono poi nella cerchia delie notizie, che hanno maggior probabilità
di rispondere al vero. E questa lotta è bella : il francescano, erede
dell'antico affetto del suo Ordine per Colombo, parla sempre di lui
con entusiasmo, si gode Hi trovar in errore r« ipercritica» demo-
litrice ed acerba dello Harrisse; ma non nasconde, che il suo eroe
nei primi anni fu negoziante da vino e fece debiti, che poi fa cor-
saro e più tardi forse fu obbligato a lasciar il Portogallo ancora
per causa di debiti; anzi egli giunge fino al segno di dire, od al-
meno di lasciar capire» che la gloria di Colombo sarebbe stete più
grande, se questi fosse morto subito dopo il primo viaggio. È vero
che altrove l'A. non si contiene dall' adoperare le espressioni pia
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MERKBL — ANGORA DI ALCUNT STUDI INT. A ORISTOFORO COLOMBO 639
magnifiche ed afferma, che Colombo, se si fosse applicato alle scienze,
sarebbe rìascito « un Archimede, alla guerra un Cesare, aireloquenza
€ nn Cicerone, alla poesia nn Dante :► e che, dedicatosi alla mari-
nerìa, € fu il Michelangelo, il Galileo, il Newton, il Copernico del-
€ l'arte nautica »; ma questi giudizi, che senza dubbio hanno sempre
dell'eccessivo, si debbono forse perdonare all'uomo, il quale, attra-
Tersando sei volte l'Atlantico, pensò chi sa quante volte, che tanto
mare era stato percorso da Colombo per primo, con tre deboli navi
e là, nella terra scoperta, certo con un fremito di commozione, tenne
nelle mani, a suo avviso, i resti mortali dello scopritore.
Nel capitolo IV l'A. entra nel suo argomento speciale ed loco*
mincia a trattare dei diversi luoghi di sepoltura avuti da Colombo.
Colombo mori a Valladolid; è quindi verosimile che i suoi resti ab-
biano avuto il loro primo riposo in una chiesa di quella città; ma
poi furono trasportati a Siviglia e là, a quanto pare, ebbe sepoltura
un tempo nella cattedrale, poscia certo nella certosa de las Cuevas,
nella quale furono deposti nel 1509. Sui tempi anteriori cosi, come
sugli ultimi giorni della vita dello scopritore, incombono le tenebre
accumulate dalla brutta trascuratezza del re e del popolo di Spagna,
che lasciarono morire nelle strettezze e fra profondo silenzio colui,
mercè il quale Carlo V potè dire, che nei suoi regni il sole non tra-
montava mai. L'esame dei diversi luoghi di sepoltura avuti in Ispagoa
da Colombo è fatto bene dal nostro A. : la retorica di parecchi
storici spagnuoli aveva creato una leggenda di pomposi funerali,
di magniloquenti epitaft ; roons. Cocchia con una critica rigorosa e
vibrata sfronda quelle invenzioni ispirate da un tardo pentimento
e conclude, che, « morto Colombo povero, negletto, oscuro, tale
€ doveva essere la sua tomba ». Fu altresì detto, che i francescani
di Valladolid avevano essi almeno dato onorata sepoltura a Colombo,
il quale aveva prediletto il loro Ordine; ma l'A. anche qui confessa:
€ Io vorrei che fosse sicura per la famiglia francescana, di cui son
€ minimo, questa gloria di aver dato la prima tomba allo Scopritore
€ del Nuovo Mondo; ma sul campo della verità spesso si trova il con-
€ trario di ciò che si desidera ». I luoghi di sepoltura, che Colombo
ebbe in Ispagna, probabilmente rivestirono sempre un carattere
provvisorio; perchè, se non esplicitamente nel suo testamento, a voce
pare, ch'egli avesse manifestato ai suoi figli il desiderio di essere
sepolto nella terra scoperta e precisamente in una chiesa da erigere
nell'isola Espafiola : questo desiderio fu espresso dal figlio Diego nel
suo testamento; ma fu soddisfatto solo per la risolutezza ed autorità
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640 MEMORIE
della vedova di lai, donna Maria di Toledo, la quale nel 1537 im*
petrò da Carlo V il decreto, che Cristoforo Colombo e tutta la sua
famiglia fossero sepolti nel presbitero della cattedrale di S. Domingo
allora in costruzione e che questo servisse esclusivamente di sepol-
tura alla famiglia Colombo. Ottenuto il decreto, vinte le difficoltà
opposte non senza qualche ragione dal capitolo di quella cattedrale,
le ossa del grande navigatore attraversarono per Tultima volta
l'Atlantico fra il 1587 ed il 1539. Questo racconto non è stato ri-
costrutto per intiero dall'A., il quale ne tolse le linee principali allo
Barrisse; tuttavia qui ci compare particolareggiato e corretto da
alcune inesattezze, nelle quali il dotto americano era incorso. Ma
il decreto di Carlo V non costò molto alla Spagna: Timperatore si
accontentò di aver concesso la sepoltura desiderata; ad abbellir questa
poi la famiglia Colombo non ebbe i mezzi, i contemporanei non
pensarono, benché gli scrittori fin d'allora, preannunciando il Se-
centismo, predicassero lo scopritore degno di dar il proprio nome
ad un astro, di essere collocato fra gli dèi, ecc.: in realtà non si
ha traccia nò d'un 'effigie, nemmeno d'un' epigrafe, che decorasse
il suo tumulo e lo distinguesse da quelli dei suoi congiunti. LMncu-
ranza degli Spagnuoli verso Colombo ebbe termine solo quando, in
seguito alle guerre della rivoluzione francese, essi dovettero cedere
San Domingo, l'antica Espaùola, alla Francia: allora, prima di ab-
bandonar l'isola, il comandante dell'armata spagouola, Gabriele di
Aristizabal, consigliato dall'arcivescovo Ferdinando Portillo e Cortes,
con pensiero nobilissimo provvide a trasportar seco all'Avana i reati
di Colombo. Si sapeva, che questi era stato sepolto nella catte-
drale, di più, sebbene mancassero ricordi esterni, alcuni frati
raccontarono, che nel 1783, riparando il presbitero, dalla parte
dell' Evangelo erano stati scoperti una cassa e certi resti umani,
i quali dovevano essere di Colombo; si andò dunque diritto al
luogo indicato, i resti furono ritrovati e trasportati solennemente al-
l'Ayana, dove ricevettero più onorata sepoltura. Ma ben presto sorse
un dubbio : erano quelli raccolti veramente i resti di Colombo ?
Nel 1877, avendo il nostro A., allora arcivescovo di S. Domingo,
intrapreso il restauro della bella catedrale, alcuni operai presso al
presbitero scopersero una tomba; la scoperta inattesa singer! altre
ricerche, le quali il 10 settembre del medesimo anno condussero al
ritrovamento d'una cassetta metallica, la quale recava parecchie
iscrizioni : sull'esterno del coperchio si lesse in caratteri gotici
di forme diverse: < D. de la A. P^^ A,^ »; ai lati erano incise le
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MBRKBL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 641
lettere < C. C. A. :►; neirinterno inoltre, sopra ana laroina d'argento,
si trovò ancora l'iscrizione: < III.*'® y Es.*^ Varon - D** Cristoval
« Colon ». Piace leggere le pagine, in cai il nostro A., testimonio
oculare, descrive l'entusiasmo, che la scoperta sollevò nel popolo di
S. Domingo già accalcato in attesa nel tempio, la fantastica prò*
cessione, con cui a mezza notte la cassetta trovata fu trasportata
in un'altra chiesa, perchè la cattedrale era sossopra a cagione dei
restauri. Una folla d'uomini d'ogni condizione, d'ogni nazione, il
nostro secolo rendeva alfine l'onore dovuto a Colombo!
Ma, posato il primo entusiasmo, come sulla tomba dell'Avana,
cosi anche su questa rampollarono dubbi; i quali s'aggravarono
fino al segno da far dire agli avversari più accaniti, che il nostro A.
aveva preparato la scoperta d'una cassetta apocrifa. Di qui un as-
salire ed un rispondere acerbamente di molti, che si vantavano ar-
mati della critica, ma spesso caddero in vana retorica. L'A. a questo
punto raccoglie le obbiezioni dei suoi avversari : diversità di descri-
zioni della fossa, da cui la cassetta era stata disseppellita, aspetto
moderno di questa, ottimo stato di conservazione delle ossa, strana
coesistenza d'una palla nella cassetta, inflssione intema della lamina
d'argento; poi si prova a combattere questi argomenti. Noi non
possiamo ora farci giudici di tante questioni : osserviamo, che alcune
delle accuse mosse sono certo assai deboli ed una cade assolutamente
per il fatto, che l'A. stesso ammette, che la cassetta in questione non
rìsale all'epoca, in cui i resti di Colombo furono sepolti nella catte-
drale di S. Domingo, ma fu più tardi sostituita alla cassa primitiva,
che si era probabilmente consumata; d'altra parte anche l'A. nostro
non sempre sostiene la difesa col metodo sobrio e rigoroso, che una
questione cosi difiicile richiede: quando, p. es., gli avversari gli oppo-
sero la sorprendente conservazione delle ossa, dicendo che questa non
ha altri esempi in America, egli poteva risparmiar di citare le
mummie egizie, le ossa degli eroi di Cheronea e quelle delle tombe
reali di S. Dionigi ; bastava invece che cercasse, se . nell' isola di
S. Domingo, nella cattedrale stessa od in altre chiese, si erano trovate
altre ossa cosi ben conservate; veramente l'A. parlò anche della
conservazione dei cadaveri in America e mi pare che le sue osser-
vazioni siano buone, tuttavia, forse per la difficoltà di si£fatte ri-
cerche, egli non formulò una risposta inappuntabile. Meno felice
ancora fu la difesa sostenuta a proposito del rinvenimento d'una palla
nella cassetta: se l'A. non si fosse sforzato a trovar ad ogni modo
una spiegazione anche a questa, menzionando una ferita di schioppo
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642 MBMORIK
ricevuta non so quando da Colombo, quella circostanza restava una
curiosità, ma, di mio parere, non poteva invalidar l'autenticità della
cassetta: l'À. qui non ha avuto a mente l'opportuna ars neMciendi
lodata da quel valorosissimo maestro di critica, che è il Mommsen.
Uno dei punti principali della discussione sono invece le iscrizioni
incise sulla cassa, alle quali TA. dedica due capitoli: nel primo
egli esamina le obbiezioni fatte alle iscrizioni in generale, cioè la
strana abbondanza di queste, Tessere in ispagouolo invece che in
latino, la loro scorrettezza, i caratteri gotici, in cui si presentano,
la diversità di questi, la gran copia di abbreviazioni, l'uso di alcuni
tìtoli e l'ortografia, specialmente per ciò che concerne il modo, in
cui sono scritti i nomi Cristoforo Colombo. Le questioni qui svolte
sono difficili di per se stesse e sono ancora aggravate dalla man-
canza di rigore nella trattazione; anche su questo punto noi ci guar-
diamo dal volerci creare giudici : facciamo soltanto osservare agl'im-
pugnatori dell* autenticità delle iscrizioni, come, finché non sarà
dimostrato, che alcuna almeno delle irregolarità di queste è inam-
missibile, tali irregolarità in certo modo, anziché infirmare, provano
l'autenticità delle iscrizioni: infatti un falsario moderno avrebbe
probabilmente giudicato più sicuro con tanti sussidi, che si hanno,
comporre un'iscrizione irriprovevole, anziché tali, che per i parti-
colari loro destano subito dei dubbi. Ad ogni modo queste iscrizioni,
al dir delFA., sottoposte al giudizio del Paoli, del Carini, del Gloria
e del Belgrano, non rivelarono indizi di falsità : questo verdetto
forma per noi la maggior garanzia; invece i due facsimili pub-
blicati nel volume presente mi paiono cosi poco curati, che dubito,
che possano bastare a fornir le prove per un giudizio. Il secondo
capitolo risponde a coloro, che, vedendo nella A. incisa sulla cas-
setta riniziale del nome America, da ciò trassero argomento a ne-
gare l'autenticità dei resti: il Cocchia risponde, che quella A. potrebbe
essere l'iniziale del nome Antille, ma che, ammessa anche l'inter-
pretazione degli avversari, questa non dimostra apocrifa l'iscrizione;
e, posto, che la cassetta non é dei tempi di Colombo, egli, a mio
parere, ha cento ragioni.
Qui finisce la parte più importante del libro. Negli ultimi nove
capitoli l'A. ci parla delle « intemperanze > dei suoi avversari,
della parte presa per questi dal Governo spagnuolo e dall' Academia
de la Historia di Madrid e della diA»sa presa per lui da altri dotti ;
col qual racconto, se contribuisce ad illustrar, a dir vero poco fa-
vorevolmente» la storia degli studi crìtici in* questi ultimi anni,
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MBRK£L — ANGORA DI ALCUNI STUDI TNT. A CRISTOFORO COLOMBO 643
troppe volte ha il torto di fermarsi più di quanto aia oonvenieate
aopra pettegolezzi giornalistici. Un intiero capitolo poi è destinato
a narrare il dono d*nna porzione delle ceneri di Colombo al muni-
cipio di Genova, la solennità, con cui queate furono accolte, e la
questione, se lo scopritore sia nato veramente a Oenova» questione,
che Tà. risolve in senso a£fermativo. Un secondo capitolo narra del
dono d* un* altra porzione delle ceneri a Pavia, delle feste, con cui
furono ricevute e della questione, se Colombo abbia studiato all'uni-
versità Pavese, la quale VX. non risolve risolutamente, benché, a
quanto sembra, propenda per la negazione. Un terzo capitolo ò
dedicato a S. Domingo e descrive in modo interessante la predi-
lezione e l'entusiasmo mostrati da Colombo e dai suoi contemporanei
per quella ferace isola, il rapido popolarsi ed abbellirsi di essa,
l'entusiasmo degl'isolani per la tomba, di cui si vanta la loro catte-
drale, e la loro calorosa difesa della sua autenticità. Un ultimo
capitolo infine è dedicato alle vertenze diplomatiche intercedute fra
la repubblica di S. Domingo ed i grandi Stati deli' Europa e del-
l'America a proposito degli onori da rendersi alla memoria di Co-
lombo: da questo capitolo si apprende, che in generale i diversi Stati
si mostrarono assai più caldi in sulle prime che più tardi, quando
le obbiezioni sollevate dagli Spagnuoli sull' autenticità della tomba
di S. Domingo accesero le discussioni; ma l'A. nella conclusione af-
ferma di essere sicuro del valore della scoperta di questa e si au-
gura, che presto o tardi, posati gli animi, si innalzi da tutti i popoli
un mausoleo degno dell'uomo, che scoperse un mondo. Seguono poi
ancora nel libro ventidue appendici di documenti, di cui alcuni pochi
sono antichi, ma non furono tratti direttamente dai loro originali
e vennero tradotti in italiano, i più sono moderni e concernono la
questione dell'autenticità della tomba di S. Domingo. Nonostante le
molte citazioni in lingue straniere, il libro è riuscito corretto anche
sotto l'aspetto tipografico. Il suo difetto maggiore deriva dalla pro-
lissità, con cui sono trattate certe questioni, e dalla propensione,
che anche il Cocchia ha alle digressioni, a quella, che i Tedeschi
chiamano con non ingiusto rimprovero < Vielwisserei ».
* *
Si collega agli studi fatti intorno a Cristoforo Colombo l'opuscolo
del canonico Pirro Alvi; il quale tuttavia si occupò in particolare
di frate Gian-Bernardino Monticastri da Todi. Secondo l'A., questo
frate sarebbe stato presente alla consecrazione della maggior nave
adoperata da Colombo nel suo primo viaggio transatlantico (p. 5) e
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644 MEMORIE
quando la lontananza dell* Earopa collo sbigottimento portato nel
cuore condusse! marinai «fino ad ordir tenebrose cospirazioni (?) contro
« Tardito Genovese, era il povero Figlio di Francesco d'Assisi che tor-
€ nava la calma e la speranza agli abbattati spiriti colla serenità del
€ sembiante, colla piacevolezza dei modi, colla robustezza degli ar-
€ gomenti, mentre era di conforto allo stesso intrepido Condot-
€ tiero » (p. 6); questo cordigliero, « umile si, ma illustre letterato
< e pratico astronomo :►, « mandato nella Spagna perchè distinto
€ nelle lettere, perchè celebre nella scienza degli astri », fu voluto
da € Colombo il grande • . . compagno al suo fianco >, < Cappel-
le lano della flotta, o meglio . . . missionario > (p. 7). Ma donde
ha attinto TA. questi particolari e più altri, che egli fornisce a
larga mano e che, se fossero veri, giustificherebbero certo l'orgoglio
dei Todini, che l'A. vuole nutrire? L'Alvi fonda ogni suo asserto
sovra un passo di < un manoscritto pregevolissimo dal titolo: * Cro^
€ niche della città di Todi dall'anno mille a tutto l'anno 1499 ' »
conservato dall' « erudito Cronista Alvi > vissuto sul fine del secolo
scorso; ma lasciamo la parola all' A. nostro, il quale continua (p. 10
e seg.) : « perchè il lettore giudichi da sé sulla preziosità di tal
« Documento Àlviano, io qui (sic) (I) di parola in parola lo tra-
€ scrivo come leggesi in detta Cronaca = 1492 — In quest'anno
< Cristoforo Colombo genovese andò * nelle Indie a scoprire nuova
« terra, e nuovi Paesi; e tra gli altri Uomini che seco condusse
« nelle sue Caravelle fu il Padre Gian Bernardino Monticastri di
< Todi dell'Ordine dei Minori, Uomo di gran letteratura e pratico
€ di astronomia, che anco di Lui Confessore (sic). Onde Gabriele
« Monticastri fratello di detto Religioso ad uno delli tre figli suoi
< pose nome Cristofano — Lict: patent: et Epistola D. Columbi olim
< asservat: penes Hered {sic) Gabriellis, et penes Bernardum Hoc-
« cardum ' ». Questo passo, quale è riprodotto dall'A., evidentemente
non presenta l'ortografia del Cinquecento; ma v'è un luogo, il quale
dimostra, che la cronaca fatta conoscere dal primo Alvi, lungi dall'es-
sere stata scritta in tempo vicino alla scoperta dell'America, fa
composta a metà del secolo scorso od anche più tardi ; perché il
passo riferito ci insegna, che l'asserzione del cronista si fonda
sopra due prove: il nome di Cristofano, dato da Gabriele, fratello
(1) Anche l'ortografia e la grammatica del nostro A. hanno del singolare: noto
come esempi (p. 5): < un'illastre personaggio >: p. 6 e ne* pia dolorosi e supremi
« momenti »; ibid. « spiraie [per oessate] le brezze della patria »; ecc.
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MERKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 645
di Gian-BernardiuOy ad udo dei suoi figli (prova in vero assai de-
bole), e la lettera patente di Colombo « olim », un di, conservata
presso gli eredi di questo Gabriele e poi presso Bernardo Boccardo, il
quale, come il nostro A. stesso ci dice, visse nella metà del secolo
scorso; dunque la cronaca citata dalFAlvi fu scritta in quest'ultimo
tempo, usufruì una lettera Colombiana non mai più vista, fors'ancbe
non autentica. Queste circostanze, le quali attenuano assai il valore del
passo della cronaca citata, avrebbero dovuto far sentire al nostro A.
la necessità di studiar bene la sua fonte per assicurarne i dati; ma
egli non ha siffatto bisogno, anzi, non che ritener senz'altro auten-
tica la lettera di Colombo citata dal cronista, a p. 27 ne immagina
anche con piena sicurezza il contenuto: « era ben naturale — egli
€ scrive — che questa lettera dallo stesso Colombo fosse stata di-
€ retta al fratello del suo amato Collega per dare a lui, per il
« primo, contezza dell'opera felicemente riuscita. Chi non conosce
€ invero l'animo grande dell'illustre Genovese? Chi non sa che le
« anime generose hanno, a preferenza dell'altre, più potente il sen-
« timento della gratitudine? >.
Basterebbe certo questo per provare il valore scientifico del libro
e del canonico, che lo compose; ma il lettore mi permetta che gli pre-
senti ancora per dessert un pasticcio squisito: l'A., preoccupato che
nessun 'altra fonte Colombiana facesse parola del suo frate Bernardino,
dopo aver cercato di spiegare come il nuncio pontificio Alessandro
Geraldini, anch'egli umbro, anzi di Amelia, vicina a Todi, abbia
potuto tacerne, continua trionfalmente (p. 22): « Se non che, è
€ tempo che venga a sostenere il mio asserto, e scenda nella nobile
€ arringa (sic) un Documento avuto dalla stessa Spagna. La Giunta
€ Centrale Italiana della real Commissione Colombiana, e l'Acca-
« demia di Geografia, avuto sentore della notizia del Cronista Alvi,
€ volendo appurare la cosa, chiese all'Accademia Spagnola di storia
« patria i nomi di coloro, che erano in più stretta relazione con
« Colombo nella esecuzione della impresa. Ora ecco quanto l'Alcade
« di Palos degnavasi rispondere: trascrivo il Documento che io
€ chiamo prezioso ed interessantissimo — * Memorias de la Real
« Academia de la Historia Tom: X. Madrid. Manuel Tello 1885 —
€ Colon 7 Pinzon ... per Cesareo Femandez Duro (Capitan de
€ Navio) pag. 284 — j en contrario especifica en su declara-
€ oion Alonzo Valez Allid, Alcade de Palos (Pag. 72, 232) que
€ Colon comunicaba con Fraite Astrolago guardian j con
€ Fr. Juan ' > ecc. Mi arresto qui e, senza pretendere di sceverar
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646 MBMORIB
tutti gl'ingredienti di questo pasticcio, ne noto alcuni: TA. afferma
che la < Giunta Centrale italiana della real Commissiione Colom*
« biana, e l'Accademia di Geografia » (avrà voluto dire la giunta
della R. Commissione Colombiana e la Società Geografica), avuto
sentore della notizia data dal cronista Alvi, chiesero air«Academia
€ Spagnola di storia patria », o meglio alla R. Academia de la
Historia, i nomi di coloro, che con Colombo avevano avuto maggior
parte all'esecuzione dell* impresa, come se l'Academia avesse quei
nomi in tasca e possedesse la privativa di farli conoscere. A me
non pare presunzione l'affermare, che la Commissione Colombiana
non pensò mai ad interpellar su questo argomento l'Academia per
l'unica ragione, che i suoi numerosi e dotti studi l'hanno messa in
grado di conoscere benissimo questo particolare, senza il bisogno di
ricorrere ad altri. Ma, se potesse restare un dubbio, l'A. stesso, il
quale, bisogna dirlo, è sempre in piena buona fede, ha avuto la cura
di levarcelo: egli continua, che l'alcade di Palos — come mai non
l'Academia di Madrid, che era stata interpellata? forse che l'alcade
di Palos 0 per la sua dignità o perchè del paese, che vide salpare
per la scoperta le caravelle di Colombo, è parso all'A. ragguaglia-
tore piò sicuro? — l'alcade di Palos dunque avrebbe risposto te-
stualmente cosi : « Memorias de la Real Academia de la Historia
< Tom: X > ecc. Ma chi non vede che la pretesa risposta, che qui
l'A. ci presenta, non è altro se non la citazione di due o tre passi
dell'articolo del capitano C. F. Duro, intitolato * Colon y Pinzon '
ed inserito nel voi. X, an. 1886, delle ' Memorias de la Real Aca-
demia de la Historia' stampate a Madrid dal Tello? Credo di ooo
andar lungi dal vero congetturando, che l'A., il quale, come af-
ferma a p. 23, nota 1*, ebbe dal professore Tenneroni, che prese
qualche parte ai lavori diretti dalla Commissione Colombiana, ì passi
citati e vide in testa a questi l'indicazione bibliografica « Memorias
€ de la R. Academia » ecc., non abbia pensato al volume delle
< Memorias de la Academia », che il Tenneroni stesso potè con-
sultare in qualche biblioteca romana, e sia perciò andato strana-
mente immaginando, che la Commissione Colombiana e la Società
Geografica, nei locali della quale la prima ha sede, abbiano intera'
pellato addirittura l'Academia di Madrid ; che anzi, vedendo poi in
uno dei passi deirarticolo del Duro copiatigli menzionato l'alcade
di Palos, senza capire, che il Duro parla d'un contemporaneo di
Colombo, abbia altresì immaginato, che si trattasse deli' alcade di
Palos vivente in questi giorni e che questi) appunto abbia dato la
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MERKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOllBO 647
risposta. Dopo questo saggio chi si meraviglierà ancora se nel
€ Praite Àstroiago » menzionato in uno dei passi del Duro» l'À.
vide naturalissimamente il suo frate Bernardino ed affermò accer-
tata irrefragabilmente fattestazione del cronista Alvi ?
Chiedo perdono al lettore, se gli ho fatto perdere tanto tempo
intorno ad un episodio, che temo non gli sìa neppure sembrato
ameno : mi son permesso di soffermarmici su, perchè Tops. fu lodato
e perchè si abbia un esempio dei bei risultati d*un indirizzo di studi,
che vive ed è difeso ed ha dato più d'un saggio di sé fra le nu«
morose pubblicazioni, le quali hanno preso pretesto dalla celebra-
zione del quarto centenario della scoperta deirAmerica.
le
* *
Ma ritorniamo < in più spirabil aere >. 11 dottor Luigi Bonelli
ci presenta un piccolo, ma importante opuscolo, nel quale illustra
brevissimamente e in parte riassume, in parte traduce un'operetta
turca anonima, composta avanti il 1501 ed intitolata: * Tarich-i-Hind-
i-garbi iachod hadis-i-nev * = ' Storia dell' India occidentale, ossia
Nuovo Racconto '. Il Bonelli afferma, che questa storia fu la quarta
opera stampata in Turchia ed andò sotto il torchio in grazia di
Basmagi Ibrahim, « uomo non privo di erudizione, e zelante per
€ diffondere nell'oriente maomettano la cognizione dell'Europa »;
che dei tre capitoli, in cui il libro è diviso, i primi due « sono ...
«... una compilazione noiosa fatta su opere orientali e trattano
della Terra, specie dal punto di vista astronomico >, ma servono
d^iBtroduzione al terzo, < nel quale si trova abbastanza ampio e
€ particolareggiato racconto ^[«rc] (1) della scoperta dell'America
« settentrionale (prima sezione) e meridionale (seconda sezione), :►
racconto, il quale forma < senza dubbio quanto di più preciso si co-
€ nosceva in Turchia intomo al Nuovo Mondo verso la metà del
« secolo decimosesto ». L^editore giudica, che l'anonimo turco per
comporre la sua opera si sia valso di alcuni libri occidentali, spe-
cialmente di quelli stampati a Venezia : indica le ' Historie ' di
Fernando Colombo e la ' Histona del Nuovo Mondo * del Benzeni;
ma dopo aver affermato, che fonte principale furono le ' Decadi ' di
Pietro Martire d'Anghiera, si appaga di notare alcuni pochi punti
di rassomiglianza fra queste e l'opera esaminata.
(1) È a dolere che Tops. par tanto breve, abbondi di errori tipografici: nelle pa-
g:ine 8-9 ne trovo tre : Pomiflsione di nn un oppure H nel passo sopra citato ; Unea,
prima per Unea prima; Caribico, per Caraibico.
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648 MEMORIE
Ma lasciamo le osservazioni dell* editore ed esaminiamo l'opera.
L'autore di questa mostra una discreta conoscenza della configura-
zione dell'America; la quale dice fiancheggiata da due mari, che
massimamente s'avvicinano tra loro nella regione prossima all'equa-
tore e dividono il nuovo continente in due parti ben distinte; ri-
guardo a quella situata a mezzodì, « già la scienza dell' uomo ne
€ abbraccia e comprende ogni parte :►; la regione settentrionale an-
ch'essa è conosciuta in gran parte dai viaggiatori, ma restano ancora
da esplorare, a causa del rigore del clima, le provincie poste più a nord,
le quali tuttavia si credono congiunte colla Gina. L'autore incomincia
a parlare della scoperta dell'America con queste parole (p. 11) : < In
€ sui primi del secolo decimo, una truppa di uomini, senza timore, di
« nazione spagnuola, cacciatisi nelle onde di quel mare periglioso, tuf-
« fatisi in quei vortici, sciolsero il talismano di quel tesoro e giunsero
€ fino all'estremità dell'immenso mare »: Colombo, duce di questa
€ truppa», era del «villaggio di Nervi >. < Avendo egli compiuto
€ viaggio spedizioni innumerevoli per terra e per mare, era esperto
€ conoscitore dei monumenti e degli avvenimenti di Roma e di Siria,
€ ed era venuto in fama col disegnare carte e comporre opere:
« neir intento poi di recarsi nella regione del sud e dell' India e
€ passare alle coste delle isole e al mare d'Abissinia », recatosi
nell'estremo occidente, a Madera, vi aveva posto stanza. Un giorno
approdò colà una nave, il capitano della quale, solo superstite, be-
nevolmente ospitato da Colombo, gli narrò, che, avendo salpato per
il Magreb a scopo commerciale, la sua nave da un vento contrario
era stata gettata in balia dell' Oceano, seguendo la direzione del
vento, era < passato accanto a isole e spiagge senza numero »,
finché, rifattosi questo favorevole, aveva potuto far ritorno. Colombo,
colpito da quel racconto, avendo la mente piena di < idee ed im-
« magini diverse », venne nel pensiero di acquistar rinomanza col
giungere ai paesi indicatigli. Essendo privo di mezzi proprìi per
recar ad e£fetto questo disegno, lo espose al re di Portogallo, il
quale lo giudicò frutto di una mente non matura e di spirito disor-
dinato, epperciò non gli diede ascolto; si rivolse al re d'Inghilterra,
ma ebbe ancora un rifiuto; allora ricorse al re di Spagna, il quale
gli rispose, che quando avesse cacciato i Musulmani da Oranata,
avrebbe soddisfatto ad ogni suo desiderio. E il re di Spagna, presa
Granata, che strappa allo scrittore nostro dolorosi rimpianti, man-
tenne la promessa: diede a Colombo 16.000 monete d'oro ed un
rescritto, che lo autorizzava ad andar dovunque volesse senza ìm-
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MBRKEL — ANCORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 649
pedimenti e gli concedeva un decimo delle ricchezze, che avrebbe
acqaistate; Colombo allora si recò a Palos, vi apprestò tre navi,
le provvide di quaranta uomini ciascuna, di vettovaglie, di specchi,
di spilli, di sete a vari colori e salpò dal porto di Cadice nel 1492
deiréra cristiana. Aveva già navigato per 3800 miglia precise sempre
ad occidente, quando i marinai, dolendosi ch'egli li avesse gettati
nel vortice della perdizione, furono per ucciderlo ; ma Colombo li
acquetò, facendo loro riflettere, che, se lo avessero ammazzato,
mancando sulle navi un'altra persona, che avesse conoscenza del-
Tastrolabio, del Carro dell'Orsa e del quadrante, sarebbero periti
anch'essi nel mare sconfinato. Infine giunsero ad « un'isola deserta,
€ ricca di correnti d'acqua e di alberi ombrosi »; il che recò «qualche
« po' dì tranquillità airanimo loro ». Questo è quanto della prima
impressione fatta dalla scoperta nota l'anonimo; il quale poscia con-
tinua, che i naviganti scopersero sei altre isole, di cui la maggiore
denominarono « Spaniola », la seconda per grandezza chiamarono
« Genua »; avanzatisi poi ancora 800 miglia all'ovest, scopersero il
continente; la popolazione di quei paesi, regalata con gingilli, ri-
cambiava questi con pezzi d'oro massiccio; infine Colombo, dopo
aver fabbricato nel paese scoperto un castello, di cui lasciò a guardia
80 uomini, ritornò in Ispagna e presentò al re trenta pappagalli,
piccole lepri ed un uccello detto Gallipalusc, inoltre una pianta, il
cai fusto era dolce come zucchero, ed una droga di gusto simile a
quello della cannella. Il re fu molto lieto di questi regali: accolse
onorevolmente Colombo, lo nominò reggente del paese scoperto,
che chiamò India nuova, gli concesse due decimi delle ricchezze
acquistate e gli forni diciasette navi e 1500 uomini per una seconda
spedizione in quelle contrade. Colombo durante questa scoperse l'isola
« Dominica » e la < Matinica »,. dove vivevano i cannibali e le
amazzoni; trovato distrutto il forte edificato nella prima spedizione,
ne costrusse alla « Spaniola » un secondo, che denominò ' Isabella '
in ricordo della regina di Spagna, la quale gli aveva dato molto
aiuto; infine, mostrandosi afiabile verso gl'indigeni, raccolse da quei
paesi ricchezze infinite, che mandò in Ispagna; in una vasta pia-
nura piantò lattuga, prezzemolo e cavoli, che maturarono in sedici
giorni ; il frumento maturò in due mesi, le sue spighe crebbero
d'una spanna, ogni chicco divenne grosso quanto un cece; sui monti
egli trovò oro in quantità sterminata, alcuni pezzi di questo metallo
erano grossi come melarancio. In quella spedizione Colombo scoperse
ancora Cuba e la Giamaica; poi ritornò presso al re e gli presentò
Rivista Storica Italiana^TLl, 43
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650 IIEHORIB
oro, legno dei Brasile, lacca, stoffe lavorate, cotoae, feltri. Nel 1498
intraprese ao terzo viaggio, nel quale toccò Capo Verde, la deliziosa
costa di Paria, presso cui s*ayvide, che la terra non ha forma sfe-
rica, ma quella d*una pera, il picciuolo della quale era appunto
Paria; più oltre trovò la superficie del mare rassomigliante ad un
prato, nel quale erano cresciuti alcani legumi simili a lenticchie.
Ma intanto gli Spagnuoli stabilitisi alla < Spaniola » colle vessazioni
si erano alienati gl'indigeni, i quali per vendicarsi non avevano più
voluto coltivare la terra ed avevano in tal modo cagionato una
grave carestia. Colombo li sottomise; ma, venuto poi in discordia
con suo fratello, si formarono due partiti, ciascuno dei quali ricorse
contro l'altro al re. Questi destituì entrambi i fratelli Colombo, tut-
tavia perdonò poi a Cristoforo ; il quale nel 1504 intraprese il quarto
viaggio: in questo, volendogli gl'indigeni impedire di approdare alla
Oiamaica , Colombo, prevedendo un' eclissi di sole, disse loro :
€ Dappoiché voi ci usaste violenza il vostro (?) Signore si è adirato
< contro di voi, ed in segno di questo, domani il sole si fenderà »;
avvenuta infatti l'eclissi e riempitosi di tenebre tutto il mondo, gli
indigeni sbigottiti corsero a Colombo a presentargli doni e chiedergli
la pace. Questo fu l'ultimo viaggio: Colombo, conclude l'autore turco,
€ nel 1506, vuotato il calice della morte, dimenticò il consorzio del
€ mondo, perdette la nave della esistenza sua nel mare della rivolta,
< e squarciò la vela della sua vita colla mano del pentimento e del
€ corruccio ».
Ho notato i punti più spiccati di questo breve racconto, nel quale
veramente s'intravedono, come affermò l'editore, diverse fonti ben
noto; ma l'eco dei lEatti è giunta o fu raccolta nell'opera incom-
pleta, inesatta : Tautore torco non seppe o non curò le lotto eoeto-
nuto da Colombo nella soa vita avventurosa, non comprese l'impor-
tanza di molti Catti; ma con fantasia puerile, mancando alla sua
tavolozza la varietà dei colori, cercò solo i più vivaci fra questi e
con pochi tratti disegnò un quadro di grossi vantaggi materiali,
che veramente si ritraevano all'epoca, in cui egli scriveva, ma che
erano mancati a Colombo ; il quale appunto perchè non aveva eon
questi potuto saziare il re di ^mgna, era morto trasearato.
Dalla leggenda alla poesia il passo è breve ed in questa ci tras-
porta infine Ermanno Loevinson coU'elegante volumetto intitolato:
' Cristoforo Colombo nella letteratura tedesca '. Il Loevinson, il quale
si occupò di storia tedesca, ma tradusse pure l'articolo del prof. Vil-
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IIERKEL — ANCORA DI ALCUNI 9rfJlH INT. A CRISTOFORO COLOBIBO fi51
lari; ' La storia è una scienza? ' e legue con amorale cos^ nostre, si
è preoocnpatio di»lla ^vor^vole iminressionig^ ohe sopri gritaliaBi può
£ure l'aiqerba gìudisio, che in questi tempi recarooo intorno a Co-
ioinbo parecchi geografi tedeschi. Egli allude specuBdiaante ali» ìd-
vetUve del Ruga; ma con qiMMte ricorda fMira le critiche dal Pescbel,
del iQelcich, del <}iinther, alle quali solo si contrappose il Wappaos^
avocando il giudizio di Hamboldt; a proposito di questi fieri av<7er-
sari della glorili di Colombo» il Loevinson & un'oaserFiuBtonet che
mi par giusta ed opportuna: questi critici, egli nota, sono tutti geo-
grafi e geografi, che, a beo guardare, discussero l'opera di Colombo
coi criteri della scienza geografica noderoa; Colombo invece dev'^-
aere giudicato dallo storico, il quale «samini il valore suo, tenendo
conto 4eile cognizioni e dei meezi nautici dei siiitH tempi.
Ma il Loevinson non s'appagò di questa asaervazione: egli volle
altresì provare agl'Italiani, che la letteratura tedeaca fu al loro
grande navigatore più favorevole che non la critica e sul ptiuto
di recar con numerose prove questa dimostrasione, si augurò, ehe
come lo Schiller divinò colla poesia la riabilitazione del Walleostein,
che poi la storia compi, cosi la letteratura tedesca tutta provi ai
dottij che al grande Genovese è dovuto un giudizio più favorevole.
U coro di lodi, «ebe la letteratura tedasca elevò a Cristoforo Co-
lombo, per quanto appare dalle pagine del Loevinson, è tutto aio-
derno. L'À. infatti incomincia collo Schiller, i cui versi furono
poi lungamente imitati, ed in una serie di paragrafi prima brevis-
aiaii, poi man mano più ampi, ricorda tra i poeti, ohe celebrarono
Colombo colla lirica, la sventurata Luisa Bracbmaun, di cui il verso
Wtò wlllBt du, Fernando, bo trab und so bleich?
corre ancora in Germania sulla bocca di tutte le persone colte; poi il
valoroso Augusto Platon, il quale nella bella ballata 'Colombo's Geist '
riunì insieme a confronto Napoleone Bonaparte e Colombo; poi una
serie di minori. Guido Goerrea, Guglielmo Smets, Feodor Wehl. Nel-
l'epica il Loevinson ricorda due soli: il Bodmer ed il Frank!; ma qui
egli riassume ì componimenti e ne dà un giudizio; il Frankl, tuttora
vivo, è da lui dimostrato assai superiore al Bodmer. Tuttavia ^aeppure
l'epica non A stata quella, che ha più occupato il Loevinson, bensì
la drammatica, alla quale sono dedicati più dei tre quarti del vo-
lume. L'À. incomincia questa terza parte col Klingemann, il celebre
direttore del teatro di Brunnswick ai tempi di Goethe, che a Co-
lombo dedicò un dramma storico-romantico in cinque atti; poi passa
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652 MEMORIE
a Federico Raeckert, il cai dramma storico in tre atti, intitolato
' Cristoforo Colombo oder die Bntdeckung der Neuen Welt *, dili-
gentemente esaminato dal Loevinson, se a primo aspetto dimostra,
ch*era impossibile» che potesse essere recitato in teatro, proFa pure
quanta cara l'insigne poeta tedesco pose nello studio della vita di
Colombo e qual profondo giudizio diede di lui. Al contrario la tra-
gedia ' Columbus * di Carlo Eoesting, della quale il Loevinaon ci
parla subito dopo, trionfò sulle scene, ma svisò i fatti ed il carattere
di Colombo, facendo di lui un uomo moderno e prendendo pretesto
dall'opera sua per predicare in bei versi la libertà dei popoli D
dramma omonimo, in cinque atti, di Ermanno Schmid, si sostenne
anch'esso sul palco scenico fino ai nostri giorni; ma alia fortuna
ebbe il merito di riunire maggior rispetto verso la storia. Cosi siamo
giunti a drammi rappresentati in Germania proprio durante questi
ultimi anni. Tra i quali ve n*ha uno, pure in cinque atti, di Hans
Herrig, che con ispirazione felice ritrae la lotta sostenuta da Co-
lombo per riuscir ad intraprendere il primo viaggio transatlantico
e si ferma al momento, in cui l'America fu scoperta; esempio se-
guito, nel 1892, da Alessandro Dedekind. Alcune poche pagine sono
in fine dedicate alla tragedia del Werder, che il Loeyinson non
potè conoscere, ed al dramma storico ' Bine neue Welt ' di Enrico
Bulthaupt, il quale presenta Colombo solo come personaggio secon-
dario (1).
L'A. con un confronto forse stridente conclude, che di Colombo,
come di Garibaldi, non si può parlare rettamente senza invocare
in aiuto la fantasia. E noi non contrastiamo a questa sua asserzione;
ma affermiamo, che anche il suo libro, per quanto si legga volen-
tieri e riempisca veramente una ben grave lacuna lasciata da Piero
Carboni nel suo volume * Cristoforo Colombo nel teatro \ tuttavia
non riesce a farci giudicare di valore storico la maggior parte
delle opere della fantasia: i drammi citati dal Loevinson, p. es.,
quasi tutti ci presentano un Colombo ben diverso da quello che fu;
la vita di Colombo, quale ce la ritrae la storia, coi suoi contrasti,
colla sua varietà ci lascia assai più ammirati che non tutti quei
componimenti, nei quali il poeta, sentitosi incapace di abbracciare
un quadro cosi grande , prevenendo ancora i risultati dell'arte
(1) Ai poeti epici e drammatici, che celebrarono Colombo, indicati dal L., parecchi
altri ne aggianse TÀ. d'ana favorevole recensione di questo libro, comparsa nel X»-
terarisches CentrtObìatt fOr Deutschhnd, an. 1893, n. 28, loglio 8, coli. 985<86.
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MERKEL — ANGORA DI ALCUNI STUDI INT. A CRISTOFORO COLOMBO 653
saa, spontaDeamente lo rimpiccolì. Alessandro Manzoni dopo avere
scritto uno dei più bei romanzi storici, condannò il genere da lui
recato a perfezione : invero la fantasia deiruomo da sola non può
guadagnare alle proprie opere Tammirazione, che destano, come le
bellezze del creato, cosi anche i fatti della storia (1).
Carlo Merkbl.
(I) Il LoeviDson, benchò tedesco, scrive con facilità la nostra lingua, non si però
che le sue espressioni riescano sempre esatte : a pag. 50, p. es., il verbo < lassen >
tedesco tradisce il nostro autore, il quale scrive: e ]a regina sì fa persuadere da
« Sant'Àngel » invece di dire e la regina si lascia persaadere da Sant*Angel » . Alcuni
giudizi pure sono eccessivi: TA., ad esempio, pieno d'entusiasmo per la critica sto-
rica contemporanea, a pag. 26, afferma addirittura: e il secolo passato ... era av-
< verso . . . alla storia > ; e dire che noi italiani invidiamo a quel secolo il Muratori !
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H. Harrisse e la fama di Sebastiano Caboto^
Il primo che si occupasse con larghezza di vedute e profondità
di studi a ricercare e stabilire quel poco che era rimasto della storia
dei dae Caboto, fa l*Americaiio Riccardo Biddle (1). E il suo lavoro^
comechè non abbracciasse tutta intera e in ordine storico la materia,
ma solo svolgesse, or qui or là, alcuno dei punti più importanti,
rimase per lungo tempo la prima opera, anzi la sola, che in questo
argomento meritasse veramente il nome di storica. Ma in questi
ultimi anni l'attività prodigiosa di Bnrico Barrisse, americano esso
pure come il Biddle, si volse anche alia storia dei Caboto, e la
Bibliografia Cabotiana ebbe allora un nuovo lavoro degno esso pure
del nome di storico, quantunque anche THarrisse non desse comple-
tamente svolta la materia che aveva preso a studiare. Ma i due
scrittori, partendo a un medesimo viaggio, sono riusciti a un ter-
mine diametralmente opposto. Il Biddle vuole e sostiene che tutto
il merito delle scoperte Cabotiane spetti a Sebastiano, e fisso in
questa idea fa sforzi erculei per distruggere ogni traccia di merito
che possa richiamare alla grata memoria dei posteri il nome di Gio-
vanni padre. Harrisse al contrario leva sugli altari Giovanni, e non
solo vuole sfrondati gli allori che la gratitudine dei posteri ha in-
trecciato sul capo di Sebastiano figlio, come esploratore e scopritore,
ma si attacca anche alla fama che è rimasta grandissima della sua
mente e del suo sapere, e la vuole distruggere ; e quanto a qualità
morali fa di lui tale ritratto che peggio non saprei. E come Tin-
gegno era potente in ambedue gli scrittori, e tutti due avvocati, è
meravigliosa la loro finezza per volgere e piegare i documenti nella
via che vuole il loro pensiero, e non meno meravigliosa Parte di
presentare la loro interpretazione come la sola vera e la sola giusta.
Nel che senza alcun dubbio e Tuno e Taltro credevano e volevano
raggiungere la verità, lontanissimi da qualunque sospetto di correre
(1) RicHAKD Biddle, A memoir of Sebastian Cabot mth a revieto of the history of
maritme discovery, Phiiadelpbia, 1831.
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F. TABDUCCI — H. HARRISSB B LA FAMA DI SEBASTIANO CABOTO 655
invece dietro a aa* idea preconcetta della loro mente. L*ediflcio
inalzato con tanta fatica dal Hiddle rovinò completamente, perchè
basato sul falso: eguale fortuna per la stessa ragione dovrà avere
eri avrà quello deirHarrìsse. Ma il Biddle si occupò esclusivamente
dei Caboto, e però il suo libro venendo a mano, piò che d*altri, di
gente studiosa neirargomento, questa con le proprie cognizioni ha
potuto facilmente correggere i difotti e le esagerazioni del suo libro.
Barrisse ha trattato dei Caboto in un* opera a parte, che prende il
nome appunto dai due viaggiatori veneziani (1), e questa natural-
mente si trova, riguardo alla qualità dei lettori, nelle stesse condi-
zioni che l'opera del Biddle. Aggiungi cho in queste due opere
discatendosi i fatti parzialmente, e a ciascun giudizio e ciascuna de-
duzione andando avanti un ragionamento serrato di argomenti e
ragioni, chi legge, anche se non molto esperto nella storia dei Ca-
boto, dal semplice svolgersi delKargomentazione può vedere col suo
buon senso dove essa zoppichi o corra troppo forzata. E basta il
semplice dubbio, perchè Tinocularsi del veleno o non riesca affatto, o
con conseguenze leggerissime. Ma Toperosità dell'Harrisse si è estesa
a tutta quanta la storia delle scoperte americane, e naturalmente
quanto più è vasto il campo che egli percorre, tanto meno ha po-
tuto scendere ad esaminare e discutere i particolari; e così spesso
incontra che invece di provare egli sentenzia, e come fra i lettori
della vasta sua opera chi s'interessa a un argomento, chi ad un
altro, cosi deve avvenire ed avviene che gl'interessati ad altri ar-
gomenti, giunti a questo dei Caboto, accettano come oro di zecca
i giudizi dell'Harrisse, sedotti e confortati nella loro fiducia dal nome
e dall'autorità dell'Autore. E non è solo gente di mezzana coltura,
che si adagia ed acqueta nel parere di lui, ma anche uomini colti
e buoni scrittori. Cito per esempio lo spagnuolo D. Cesareo Per-
nandez Duro. Barrisse nel suo Christophe Colomb decani rHis-
taire (2), con quell'avventatezza e assoluta sicurezza di sentenziare,
che sono uno dei lati deboli delle sue opere, aveva scritto : « Quant'à
« Sébastien Cabot il ne fot qu'un charlatan fieffé et n^ajamais
« rien découvert > (pag. 89). La sentenza è buttata là tutta sola,
non preceduta né susseguita da argomento che la sostenga, o da
accenno alcuno ad argomenti. È un' opinione che all'Barrisse si pre-
senta l'occasione di manifestare, e che manifesta senza poi più cu-
(1) Jean et Sébastien Cabot ... par Hbnkt Harki&&e. lieronx, Paris^ 1882.
(2) Chrisiophe Coìomb devant Vhistoire. Paris, Welter, 1892.
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656 MEMORIE
rarsi di essa. Ciò detto, egli ripiglia e continua tranquillamente il
suo argomento. Ora il Duro ha letto quella opinione e senz*altro
Tha fatta sua: < basta, egli dice, che Barrisse abbia dichiarato con
« tutto il peso della sua autorità, che fu Sebastiano un coroediante,
« per presumere ecc. » (1). E cosi vediamo rinnovato il fatto di
jurare in oerba magistri. E questo è un gran male, perchè si
creano correnti d*errore, che poi è difficilissimo correggere e rad-
drizzare. Contro il quale pericolo, avendo io pure scritto sui Caboto,
mi pare e conveniente e doveroso, che mi levi per ribattere le opi-
nioni e le sentenze delPHarrisse, dove le veggo in contradizione con
la verità.
Ma io qui nulla dico delPopera Jean et Sébastten Cabot, perchè
questa uscita prima che io mettessi mano al mio lavoro, Tho già
veduta e studiata, e notati e discussi i luoghi, dove le cose mi ap-
parivano diversamente che a Lui. Qui io intendo prendere ad esame
l'opera The di$eooery of North America (2), nella quale s'intrat-
tiene per buon tratto sui Caboto. Non è però mio pensiero fare una
rassegna completa delle sue conclusioni e dei giudizi, perchè co-
stretto come sono a non poter usare che a pizzico de* miei occhi
ed a larghi intervalli, non mi è possibile una troppo lunga occu-
pazione. E d'altra parte basta al mio intento mettere in guardia il
lettore, senza bisogno di doverlo accompagnare passo passo per tutti
i luoghi, dove a mio avviso la serenità della mente ha fatto difetto
all'illustre americano. Qui io esaminerò solo i giudizi e le argomen-
tazioni di lui, per ciò che riguarda l'ingegno e il sapere di Seba-
stiano Caboto.
Barrisse non può negare la gran fama d'uomo veramente supe-
riore in cose di mare, che godette a' suoi tempi Sebastiano Caboto.
La testimonianza de' suoi contemporanei è troppo esplicita e concorde
(1) Riporto in disteso le parole del Darò nella lingua originale, perchè si renda
più chiaro ed aperto il sao pensiero. — < Con motivo de la celebradón del cuarto
centenario del descubrimiento del Naevo Mando, los Cabotos han salido de iiaero
à luz : el misrao Sr. Harrisse ha debido tratar de sub condiciones en El deseubri-
miento de la America del Norie, obra che no conozco todavia : bastarne, sin embargo,
qne haja sido ananciada al pùblico corno modelo de las historias del pervenir para
que la ponga sobre mi cabeza, y basta que el aator haya declarado en otra poste-
rior (a), con todo el peso de sa aatoridad, qne faé Sebastiàn Caboto un farfante qne
no descubrió nada, para presamir qae tampoco ha descabierto 61 datos qae anadir
à 1o8 del libro de 1892 ». Nel « Boletin de la Soeiedad Geogràfica de Madrid », 1« tri-
mestre del 1893.
(2) The Discovery of North America, by Hknrt Harribbe. Paris, MDCCOXCII.
(a) Il Christophe Cohmb devant Vhistoire.
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F. TARDUCCI — H. BARRISSE E LA FAMA DI SEBASTIANO CABOTO 657
per poterla mettere in dubbio; e il fatto dei carichi ch'egli ebbe,
e dell'altissima posizione che tenne nella marina spagnuola, sono
una conferma inconfutabile di quelle testimonianze. Ma Barrisse si
sente il bisogno di demolire, e poìchò il colosso è là dritto davanti
a' suoi occhi, e non è possibile negarne l'esistenza e la grandezza,
si studia e si affanna a persuadere che non ò una vera statua di
marmo o di bronzo, fattura di buon artista, ma un accozzamento
di stracci e di creta saputo abilmente mettere insieme, e con astuzia
soprafina fatto credere agli occhi della gente vero marmo e vero
metallo. Udite le sue parole: < La probabilità è che Sebastiano
€ Caboto fu debitore della sua influenza e riputazione al semplice
€ fatto che egli si die' vanto di conoscere dove esistesse il pas-
€ saggio all'Oceano Pacifico, prima per il Nord-Ovest, poi per il
« Sud-Ovest, e quindi per il Nord-Est, e fu astuto abbastanza
< a far credere a Ferdinando di Aragona, Carlo V, Enrico Vili,
« Edoardo VI, e ad altra gente influente, far loro credere che egli
« era attualmente in possesso di quel secreto, il gran desiderio al-
< lora e poi di ogni nazione marittima » (1). Da Ferdinando di
Aragona a Edoardo VI, cioò a dire dal 1512 in cui Sebastiano Ca-
boto entrò al servizio della Spagna fino al 1553, quando mori il
giovinetto re d'Inghilterra, lo spazio di 41 anni! Un uomo che pei
corso di 41 anni riesce a intrattenere quattro regni col balocco di
scoprir loro un secreto, e nella promessa di questa scoperta per
cosi lungo tempo carpisce loro vistosi emolumenti, onori, cariche
altissime, e non che stancarli e impazientarli, se li fa correr dietro
quando a lui piace di abbandonarli, e tutto ciò con regni, al cui
governo siede l'astuzia di un Ferdinando di Aragona e di un Carlo V,
tutta occhi, tutta sospetti, tutta spie ; quest'uomo, dico, tiene rac*
colta nel suo cervello la quintessenza dell'accortezza e della furberia
di non so dire quante generazioni d'uomini.
Ma esaminiamo parti tamente la cosa.
Per il passaggio a Nord-Ovest a* tempi di Enrico Vili , il nome
di Sebastiano Caboto ci si presenta nella storia due volte. La prima
quando in qualità di piloto prese la direzione della nave di certo
to the
(1) « The probabili ty is that Sebastiao Cabot owed bis inflaence and reputa tioti
> the simple fact that he claimed to know where there existed a passage to tbr
Pacific Ocean, first by the North-West, then by thè Soath-West, and afterwards
bv the North-East; and was shrew euoogh to make Ferdinand of Àragon, Charles V,
Henry Vili, Edward VI, and other inflaential people believe that he was actnally
in possession of that secret — tlie great desideratum then and sinoe of ali niaritime
nations >. Gap. VI, p. 27.
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658 MEMORIE
Tomaso Pert(l); la seconda nelle proposte cho gli Tennero fatte
dal Cardinale Wolsey, ministro di qnel Re. perchè voleste mettersi
a capo di nna naova spedinone Inglese alla ricerca di qnei sospi-
rato passaggio. Con la nave del Pert egli entrò in qnetii che ap-
presso ebbero il nome di Stretto e Baia di Hudsoriy e di là, infi-
lato il canale di Fox, erari già ierato a 67 gradi e mezzo di lati-
tudine Nord, qaando il padrone della nave e i marinai spaventati
all'ignoto di quel nuovo cammino, s'imposero airandacia dei piloto,
e lo sforzarono a retrocedere. Della quale mancanza di coraggio si
levarono poi in Inghilterra e fuori alti lamenti da uomini quali un
Roberto Thorne, Gilberto Hnmphrey, Giambattista Ramosio, dq>lo-
ranti che quella paura e opposizione alle audacie del piloto avessero
tolta airinghilterra e all'europa la fortuna della sospirata scoperta
di quel passaggio (2).
Non è dunque certan^nte a questa spedizione che può THarrisse
indirizzare le sue accuse, perchò, ammesso pure, come egli dice,
che Caboto si desse vanto di conoscere dove trovar quel passaggio,
Avrebbe mostrato quanto era da lui, che voleva e sapeva dare ef-
fetto al suo vanto.
Meno ancora possono le sue accuse riferirsi alle proposte che fece
a Sebastiano Caboto il Cardinale Wolsey. Caboto, tornato dalla spe-
dizione di Tomaso Pert, aveva abbandonato l'Inghilterra e itosene
a servire la Spagna. Durante questo servizio verso il 1520, egli
die<ie una corsa, non sappiamo perchè, in Inghilterra. In quella oc-
casione il Ministro di Enrico Vili gli fece la proposta di capitanare
nei mari dì Nord-Ovest una nuova spedizione Inglese; ma egli, qtial
che ne fosse la causa, non tenne l'invito, e come non osava dare
al Governo Inglese un aperto diniego, scrisse secretamente al Go-
verno di Spagna, narrando la cosa e pregando che con qnalcbe
pretesto lo richiamassero subito in Inghilterra (3). È evidente che
questa volta Caboto, lungi dal procurarsi con finzioni ed astuzie la
fiducia di Bnrico VIII, invece, offertagli spontaneamente, la rìcusb.
Ma dove dunque appoggia Barrisse le sue accuse per quanto riguarda
la fiducia di Enrico Vili, se fuori di queste due volte la Storia non
(1) Vedi le Memorie di Giovanni e Sebastiatw Caboto raccolte e doeumeatate da
F. Tarducci. Venezia, tip. Visentini, 1892, a spese della R. Deputasione Veneta di
Storia Patria; pag. 153.
(2) Memorie, pp. 135, 136, 137.
(3) 16., p. 152.
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F. TARDUCCI — H. BARRISSE E LA FAMA DI SEBASTIANO CABOTO 65^
mette mai Sebastiano Cabota né direttamente né indirettamente in
relazione eon qnei Re?
Né meglio stanno codeste accnse riguardo al passaggio Nord-Est
sotto Bdoardo VI. Caboto are^a di già varcata la settantina, quando,
poco dopo salito sul trono quel Re, dal suo Oorerno gli venne in-
vito di ritornare a prendere servizio sotto l'Inghilterra, Questa volta
accettò, e abbandonata la Spagna, presso cui aveva servito 30 anni,^
volse gli ultimi servizi della sua attività e intelligenza a beneficio
della Nazione, per la quale aveva già speso i primi anni di sua
gioventù. Ma rientrando in Inghilterra egli portava il progetto di
trovare il tanto cercato passaggio non più nei mari di Nord-Ovest,
ma in quelli di Nord-Est. Il perchè di questo cambiamento Tho detta
nelle mie Memorie (cap. XXIII). Causa però gli avvenimenti politici
che travagliarono in quegli anni Tlnghitterra, il suo progetto subì
un lungo ritardo, e non potè attuarsi che nel 1553 con la spedizione
di Sir Ugo Willonghby. E questo progetto Harrisse lo chiamerebbe
vanto? E perché di grazia? Forse perché Caboto non diede Tim-
presa bell'e compiuta? Ma pensi che occorsero 326 anni di fatiche
e di stenti prima di vederne la fine (I); e questa lunga durata eon
le immani difficoltà che portò seco, cresce e centuplica il merito di
quel progetto; perchè la grandezza dell'idea Cabotiana non rstà nel
fìitto materiale della scoperta, si nelPaver intuito e divinato la pos-
sibilità di essa. Se a giudicare dei fatti e degli uomini dovesse ser-
vire la stregua della materiale compiuta esecuzione di una cosa, si
dovrebbero cambiare e distruggere la più parte dei giudizi della
storia, e molti uomini che stanno oggi sogli altari come genii divi*
natori, dovremmo vederli rotolare e perdersi nella polvere. Ma sono
le ideo che guidano i fatti, le idee che segnano il cammino del
mondo; e se merita lode Tesecutore materiale di una grande idea,
la lode prima è dovuta a chi primo concepì quell'idea e indicò il
cammino a percorrere per attuarla. E questo appunto é il caso di
Sebastiano Caboto. Come dunque per la fiducia ch'egli godette sotto
Edoardo VI può l'Harrisse gettargli in faccia l'insulto si die oantot
E questo basti per rispondere fill'accusa in quanto riguarda la
ricerca di quel passaggio nei mari di Nord-Ovest e Nord -Est per
conto deiringhilterra. Più lunga risposta richiede la ricerca di esso
nei mari di Sud^Ovest per conto della Spagna.
Sebastiano Caboto entrò al servizio della Spagna nel 1512. Àm-
(1) Nel 1879 con la spedizione delia Vega, nate scozzese, guidata dal NordenskioeM.
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660 MEMORIE
mettiamo la probabilità messa avanti dall'Harrisse, e supponiamo
per un momento che Caboto riuscisse a farsi ricevere a quel servizio
per l*as8Ìcurazione data ch'egli conosceva dove trovar quel passaggio,
e che mediante la stessa assicurazione non solo si tenesse nel posto
che aveva avuto da principio, di capitano di mare, ma riuscisse
anche ad arrampicarsi fino al grado di piloto-maggiore, che era la
carica più alta della marina spagnuola, tenuta prima di lui da due
uomini, che si chiamavano Americo Vespucci e Giovanni Diaz de
Solis; e ciò gli riuscisse quantunque Torestiere, quantunque nulla
avesse) mai fatto per la Spagna ; e tutto questo in un tempo in cui
vivevano cosmografi insigni, e insigni uomini di mare, nati in
Ispagna, vissuti in Ispagna, resisi famosi pei loro servizi in prò della
Spagna. Nemo profeta in patria sua: ebbene il solo fatto di essere
spagnuoli valga per essi come patente nera che li faccia respin-
gere e allontanare quasi gente sospetta di peste e peggio ; e a lui
la nota di straniero» non che nuocergli, sia come una lettera di
raccomandazione. La nostra supposizione rasenta Tassurdo, ma non
importa. Eccoci al 1519, quando un altro straniero, Magellano, si
presenta alla Spagna, pronto a far subito la scoperta, che secondo
Barrisse Caboto da sette anni avrebbe tenuto davanti agli occhi del
Governo spagnuolo come balocco di promessa. Se fosse vera la sup-
posizione deirHarrisse, non è naturale naturalissimo che quel Go-
verno, invece di entrare in discorsi e pratiche col nuovo offerente,
chiamasse l'antico, e lo mettesse in mora o di finirla o di andar-
sene? Io trovo invece che il Governo spagnuolo accetta Tofferta del
Magellano, non ostante le grandi brighe, che questa accettazione
gli procurava da parte del Portogallo, e Sebastiano Caboto, non che
licenziarlo, appunto in quei giorni e nell'argomento di quella sco-
perta, lo mandò coi migliori geografi del regno, per assistere de'suoi
consigli i delegati Spagnuoli raccoltisi coi Portoghesi a studiare la
quistione delle Molucche.
Andiamo avanti.
Tre anni dopo, la Vittoria, una delle navi di Magellano, tornò
con la novella lietissima che il tanto sospirato passo era scoperto.
Se vera la supposizione dell'Harrisse, dopo quell'annunzio a che ser-
viva più, a che poteva servire // vanto di Sebastiano Caboto, ch'egli
scoprirebbe un passaggio all'Oceano Pacifico, se il passaggio era già
beli' e trovato? Eppure la Spagna continuò a tenerlo, e tenerlo
sempre nel grado supremo di Piloto Maggiore! L'eloquenza di questo
fatto parrebbe dovesse fare ammutolire, ma l'Harrisse non se ne
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F. TARDUCCI — H. HARIUSSE E LA FAMA DI SEBASTIANO CABOTO 661
dà per inteso e seguita imperterrito la sua via; e come se nulla
fosse» senza far motto di ciò che prima aveva detto, poche pagine
più avanti, non più con la modestia della probabilità], ma con la
franchezza dell'oir^^r^/o/i^, dice: « Né dobbiamo dimenticare che
< tutte queste paghe e liberalità erano suggerite principalmente
€ dalle assicurazioni date da Sebastiano Caboto che egli solo
« potrebbe condurre la flotta spagnuola ad alcuni misteriosi stretti,
« che menavano alle Molucche... > (1). Fuori i documenti, sig. Har-
risse, fuori la testimonianza di qualche scrittore in appoggio di
quello che voi asserite! Diteci almeno i nomi di codesti misteriosi
stretti: come li chiamava Caboto? Verso qual parte della terra di-
ceva che fossero? Documenti, testimonianze, nomi, tutto è rimasto
ad Harrisse nella penna. B nel mistero di cui ha voluto circondare
la sua asserzione, al lettore non resta che jurare in oerba ma-
gistri.
Ma, veduti i tempi di cui THarrisse discorre, non è diflScile, chi
ha un poco di pratica nella storia di Sebastiano Caboto, trovare a
quali misteriosi stretti egli alluda con quelle misteriose parole. Sono
Ore Tarsis, due terre ricordate dalla Bibbia come luoghi d*ine-
stimabili ricchezze (2) e la cui scoperta fu uno degli incarichi che
Sebastiano Caboto si assumeva nella sua spedizione del 1526. Or ve-
diamo come andò la cosa e il lettore giudichi dell'asserzione del-
l'Harrisse.
Alla vista dei campioni e delle mostre, che la nave Vittoria
aveva riportato dalle Molucche, l'avidità dei mercanti si era subito
levata a grandi desideri e speranze ; e mentre il Governo mandava
con una flotta il Loaisa ad assicurare il suo possesso in quelle isole,
i mercanti di Siviglia si costituivano in Società per una spedizione
commerciale alle ricchezze di quei luoghi, e chiesero ed ottennero
dal Governo che la loro spedizione fosse comandata dal Piloto-Mag-
giore in persona, Sebastiano Caboto. Ma questi più che all'onore di
guidare una carovana di mercanti aspirava alla gloria delle scoperte,
e però seppe adoperar cosi bene che trasse il Governo nell'impresa
di quella spedizione ; e di mercantile, quale era stata ideata, riusci
a farle dare natura e scopo di spedizione a nuove esplorazioni e
(1) < Nor shonld we forret that thoee appointments and liberalitiee were prompted
chiefty bj Sebastian Gabot's alloged assaranoes that he alone conld conduct the
Spaniah fleets to some mysterìouB straìts leading to the Molaccas ». Gap. VI^
pp. 82, 83.
(2) Reg. Ili, IX, 27-28. — Ib., X, 11-12. - Pg. LXXI, 10.
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662 MEMORIE
■ooperte. E cosi al carioo di raggiungere le Mol acche e le altre
isole già scoperte, gli ai aggiaase quello di navigare alla ricerca
delle terre di Ofir e Tarsis, airisola di Cipaogo, al Gatay; e di
aprire con esse» e con altre terre che potesse scoprire, relazioni di
commerci e di cambi (1).
Dove fossero le terre di Oflr e Tarsìs, i commentatori della Bibbia,
per quanti studi vi abbiano Tatto, non sono riusciti a dircelo. A me
qui basta ricordare che i più le mettevano nelle parti d'Oriente, e
il poter giungere ad esse fu uno dei sogni più eareuati dai primi
navigatori e scopritori. Anche < -ristoforo Colombo si cullò in qnesto
sogno, e si tenne felice quando nell'isola di Baiti si credette avere
scoperte le miniere stesse di Ophir, donde la flotta di Salomone
aveva tratto quantità grandissima d'oro per la fabbrica del tempio
di Gerusalemme (2). Or vediamo se la promessa data da Sebastiano
Caboto di condurre la flotta spagnuola a codesti misteriosi ^tretti^
entri nelle paghe e liberalità ch'egli godeva.
€ Le mostre, dice Herrera, che la nave Vittoria trasse dalie
< Moluccbe di spezi erie e di altre cose diede animo a molti uomini
€ di SivigUa, per sollecitare Sebastiano Caboto, Piloto Maggiore del
< Re, e offrirgli di fare quel viaggio, promettendo di armare una
€ flotta per lui » (3). Da queste parole è chiaro chiarissimo che i
mercanti si rivolsero a Caboto appunto perchè era Piloto Maggiore,
affidati che dove la loro spedizione fosse comandata dall'uomo, che
aveva il primo posto nella marina spagnuola, sarebbe riuscita a buon
fine. Come dunque pub entrare nelle paghe ed emolumenti di Se-
bastiano Caboto la promessa di navigare alla ricerca di Tarsia ed
Ofir, se egli da oltre sei anni era Piloto Maggiore, quando assunse
il comando della spedizione, che doveva navigare a quelle terre? (4).
Tatto va bene, potrebbe rìsfMNidermi l'Harrisse, ma i mercanti si
rivolsero a Sebastiano Caboto, appunto perchè proo^ettava loro di
navigare alla scoperta di quelle terre. Kd io dovrei ribattergli che
questa è una sua asserzione gratuita, perché di questo da nessuna
parte apparisce né parola né cenno. Ma poiché al mio assunto questa
opinione dell'Harrisse né Biette^ né toglie, passiamola pure per buona.
(1) Herrbra, Dee. Ili, lib. X, cap. 1*.
(2) Pietro Martire d'Anghiera, Dee. I, lib. IV.
(3) < Las muestras que la nao Viterìa traxo de las espedas, y otras cosas de los
Molaoos, dìo animo a muchos hombres de Sevilla, para soìioitar a Sebastìan Gabato,
Piloto Major del Rey a ofrecer de baaer aqael viage, prometiendo de armarle para
el » . Hkrr., Dee. III, lib. X, «ap. 1^.
(4) Egli fa assunto al grado di Piloto Maggiore eon Deereto Beale del 9^ feb-
braio 1518» e le pratiche Con i Mercanti furono neirestate del 1524.
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F. TARDUCCI — - H. BARRISSE B ZA FAMA DI SEBASTIANO CABOTO 663
Sia dunque che i mercanti si rirolsero a lui per la promessa
ch*6gli dava di navigare alla acoperta di quelle terre. La spedizione
di Caboto non che raggiungere Tarsis ed Oflr, non arrivò neppure
alle Molocche, e giacque arenata sulle rive della Piata. E dopo 4
anni egli rientrava in Ispagna maicondo e povero, con soli 20 uo-
mini dei 200 che aveva tratto teoo alla partenza, e con una sola
delie quattro nari che gli avevano dato ; e vi rientrava accolto da
an urlo generale di maledizioni, vi era arrestato, processato, con-
dannato. E allora? Allora..... traduco le parole stesse dell'Harrisse:
< Carlo V non ostante <àb k) rimise al suo posto di Piloto Msg-
€ giore, a preferenza degli eminenti cosmografi epagnuoli^ quaU un
« Alonso di Chaves, un Pedro di Medina, e un Alonzo di Santa
€ Croce > (1). Parole d*oro, perchè verìasime, perchè rispondenti
asattissimaraente alla verità. Ma ogni effetto ha la sua causa, e
nel fatto di Sebastiano Caboto Harriase, fin qui, non ha mosso piede
senza Tappoggio di qneeta sentenza. Infatti vedendo Caboto levato
alla piò alta carica della Marina Spaglinola, chiamato a speciali
nflSci delicatissimi per Tingegno e la dottrina, che richiedevano e
per la responsabilità che portavano seco, fornito di vistosi emolu-
menti ; poiché ciò a suo parere non proyeniva dalla dottrina di lui
o da altri meriti che avesse (2) ; ci ha fatto vedere che, se Seba-
stiano Caboto fu grande in onori, dignità, e stipendi, lo dovette da
prima alla furberia di aver fatto credere ch*egli troverebbe il pas-
saggio a Sud -Ovest Terso le terre d'Oriente, e quando questo pas-
saggio fu trovato da Magellano, ci ha mostrato che se Caboto con-
tinuò nella sua grandezza di onori, di dignità, di stipendi, si deve
solo airaudacia impudente, con cui diede ad intendere ch'egli solo
sarebbe stato capace di condurre le navi spagnuole a certi miste-
riosi stretti. Ebbeno, ora che con lo sfacelo della sua spedizione
anche questo secondo vanto se lo porta il vento, e le ricchezze da
lui promesse si risolvono in pianti disperati di madri orbate di figli,
di orfani e di vedove; ora che furio d*imprecazioni levato contro
di lui costringo ad arrestarlo, processarlo, condannarlo ora donde
avviene che il Governo non solo non fa eseguire la condanna, ma
(1) « Charles V, howewer, restored him to the |)OBÌtion of Pilot-Major, in prefe-
rence to eminent oosmoj^raphes of Spanish birt, soch as Abuso de Chave», Fedro de
Medina, and Alonso de Santa Cruz > , pag. 32.
(2) « The elemonts of control which we possess do not allow us to aoconnt fur
the repntation wicb Sebastian Gabot enjo^red as a scientìfio inarìner » (pag. 8)
< The probability is that Sebastian Cabot owed his inflaencc > ctc. (V. addietro n. 1,
pag. 657).
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664 MBMORIB
richiama quest'uomo al medesimo altissimo posto di prima? Qual
nuova diavoleria di vanto l'astuzia di costui ha saputo escogitare,
per £ar credere agli Spagnuoli di essere sempre un grand*uomo, e
continuare a godersi i medesimi onori, le medesime cariche, i me-
desimi stipendi? Perchè ? Questa volta il perchè Barrisse lo ha
lasciato nella penna: e si è contentato dire che il Governo, non
ostante la completa rovina della vantata sua spedizione, non ostante
il cumulo spaventoso di maledizioni che si rovesciava sul capo di
lui, il Governo « lo rimise nel suo posto di Piloto Maggiore, a pre-
< ferenza degli eminenti cosmografi spagnuoli, quali un Àlonzo di
€ Ghaves, un Fedro di Medina, e un Àlonzo di Santa Croce ».
E con questo finisco, dolente di aver dovuto accapigliarmi con
un uomo, che stimo altamente pel suo ingegno, e dal quale rico-
nosco di essere stato aiutato spesso e molto ne' miei studi ; ma la
verità sta sopra la stima, sopra la riconoscenza-, e la verità è questa
che Harrisse si è lasciato malauguratamente dominare da un' idea
preconcetta contro Sebastiano Caboto, e quest'idea troppo spesso ha
avuto un'influenza decisiva ne' suoi giudizi e nelle sue deduzioni.
F. Tarduoci.
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Battaglia di S. Quintino
(IO asosto 1667).
È noto che la famosa battaglia di Sao Quintino, combattuta il 10
agosto 1557, per le sue consegaense affrettara la ìm di quella lunga
guerra di rivalità tra Spagna e Francia, che, salvo brevi intervalli,
aveva contristato l'Europa per quasi tre quarti di secolo, e complo»
tameote annullato Tindipendenza italiana. Infatti dopo la presa di
Caiais por opera del Duca di Guisa nel gennaio 1558 e la battaglia
di Oravelines si venne alla pace di Cateau-Cambresis (25 aprile 1559),
che sanzionava la divisione dell'impero romano-germanico, accor-
dando alla Spagna il diritto di dirigere Toccidente*
La vittoria di S. Quintino fu gloria italiana, perchè dovuta ad un
principe italiano, al valoroso Dvca di Savoia Kmanuele Filiberto,
supremo comandante dell'esercito di Filippo il nei Paesi Bassi.
Oli storici tutti si sono fennati sull'importantissimo avvenimento^
ma i particolari della grande giornata, non che quelli deirespugna*
zione della piatta, sono stati finora o poco noti o trascurati.
Ricercando fra le scritture dell'antica Segreteria del Regno, eh»
si coneervano in questo Archivio di Stato di Palermo, mi fo dato
di rinvenire alcuni documenti importantissimi, che si riferiscono
all'avvenimento.
Una lettera del Duca di Medinaceli, Don Giovanni della Corda,
data a Messina il 13 settembre dell'anno di prima indizione 1667,
diretta al Pretore ed ai Giurati della felice città di Palermo, colla
q«ale si annunzia la vittoria, e si alligano : una lettera del Re Fi**
lippo li dell* 11 agosto 1557, diretta allo stesso viceré Dima di Me*
dinaceli, che annunzia la battaglia, ed una Relation del mkccéuo
di San Quintino a$ta los onzé de agosto 1557 (1).
Un'altra lettera dell* 8 ottobre dello stesso anno 1557 e del me^
deiimo Don Giovanni della Gerda, diretta da Messina al Pretore ed
(1) Vedi Dooamento I.
RivUla storica Italiana^ XI.
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666 MEMORIE
ai Giurati delia felice città di Palermo, colla quale si annunàano
i fatti d*arme che seguirono la battaglia sino alla completa espugna-
zione della fortezza, avvenuta il 27 agosto 1557, e si alligano : una
lettera del Re Filippo II, datata a San Quintino il 29 agosto 1557
e diretta allo stesso viceré Duca di Medinaceli che accenna rapi-
damente ai (atti, ed una < Relation del successo de la empresa de
sani quintin » (!)•
I documenti su accennati, e dei quali pubblichiamo il testo ori-
ginale, ricostituiscono in ogni sua parte Timpresa.
Mentre la guerra combattevasi in Italia, e quivi erano raccolte
le forze della Francia, il Duca di Savoia a capo di un esercito di
quasi 50000 uomini, composto di Spagnuoli, Italiani, della Franca
Contea, Fiamminghi, Inglesi e Tedeschi, marciava contro la Francia,
dando a divedere colle sue mosse di volersi gettare sulla Sciam-
pagna; quivi attraeva il nemico, poi bruscamente ripiegando verso
settentrione, entrava senza difficoltà in Piccardia, rimasta sguernita
di milizia, ed investiva S. Quintino, piazza importantissima perchè
serviva di baluardo al regno ed alla capitale.
II giorno 6 agosto veniva occupato il borgo, ed il 10, giorno di
San Lorenzo, alle otto del mattino arrivava il Contestabile di Francia
de Montmorencj con trenta bandiere di alemanni e diciotto di fran-
cesi e venti pezzi di artiglieria grossa; e siccome aveva avuto no-
tizia che la maggior parte della cavallerìa nemica era partita per
fare scorta al Re di Spagna, che doveva muoversi da Cambray, per
congiungersi col rimanente deiresercito, concepì il disegno d'intro-
durre parte delle sue truppe a S. Quintino e dispose Tartiglieria in
un luogo, dal quale senza ricevere alcun danno dal borgo, poteva
tirare sulla cavalleria nemica; ma visto che la sua mossa non potè
produrre alcun effetto, ritirossi, e allora il Duca di Savoia con abile
manovra faceva marciare nn reggimento di tedeschi e porzione delia
fanterìa spagnuola dalla parte opposta dei nemici, mentre egli a capo
del rimanente esercito si gettava sulla cavalleria francese, e mal-
grado che alcuni fossero passati, pure la maggior parte volse le
spalle e fu messa in rotta.
I francesi perdettero molti tedeschi e molti della fanteria; pa-
recchi capitani furono fatti prigionieri, tra i quali il Duca d*Engnien,
cosi gravemente ferito da disperarsi della di lui salvezza, il Duca di
Monpensier e due o tre cavalieri dell'ordine di San Michele, ed
(1) Vedi Docnmento li.
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F. LIONTI — BATTAGLIA DI S. QUINTINO 667
altri capitani particolari» nonché il Contestabile di Francia Montino -
rency leggermente ferito da nn colpo di archibugio.
La cayalleria spagnuola insegui intanto quella francese» la quale
aon avendo che tre leghe di ritirata, dovette subire la stessa sorte
della fanteria, e poiché il Contestabile avea raccolto per questa im-
presa la maggior quantità di truppa e la più scelta, la disfatta ri-
portata a S. Quintino fu fatale all'esercito francese.
Oltre ai prigionieri di sopra annotati, deve tenersi pure conto che
caddero in potere del Duca di Savoja: — Il figlio minore del Con-
testabile di Francia. — Il Duca di Longueville. — Il Maresciallo di
S. Andrea. — Il generale dei tedeschi. — Rocca Dumaine. — Roc-
caforte. — Il visconte di Toraine. — Il Barone di Courtou. —
D^ Ferrante Gonsaga Principe di Mantova.
Morirono: Il Duca d'Bnguien ed il Conte di Vìscars.
Furono presi inoltre 5000 tedeschi, che vennero per ordine del
Eie Filippo II lasciati lìberi di ritornare in Àlemagna, con giura-
mento di non servire altro principe contro Sua Maestà.
Le bandiere tolte ai francesi furono cinquantadue, comprese quelle
perdute dal Signor di Àndelot nella giornata del 4 agosto e più
undici stendardi ; fu sbaragliata e distrutta tutta la cavalleria co-
mandata dal Contestabile di Francia, da quattro a cinquemila uomini.
Neirinsieme i morti dalla parte dei francesi tra cavalieri e fanti
ascesero poco più o poco meno a mille uomini.
Dalla parte degli spagnuoli solamente un cavaliere borgognone.
Mille francesi rimasti incolumi ripiegarono nelle Fiandre.
Dopo la disfatta e prigionia del Montmorency, il Re Filippo II
arrivò al suo campo sopra S. Quintino, il mattino del 13 agosto, di
venerdì, e s*incominciò a cingere la terra da ogni parte, e fare gli
opportuni preparativi per Tespugnazione, ciò che avvenne nel ter-
mine di quattordici giorni, sotto il comando del Duca di Savoia.
Il Signor di Nevers, che trattava allora le cose della guerra del
Re di Francia, e che trovavasi a sei leghe da S. Quintino, inviò
trecento uomini perchò nel mezzo della notte, pel pantano s'intro-
ducessero nella terra, ma scoverti furono massacrati ed affogati il
26 agosto.
In seguito a questo avvenimento, disposte le batterie per tre parti
della terra di S. Quintino, il Duca di Savoia decise di dare l'assalto.
In una parte fu mandato il maestro di campo Caceres con un
terzo degli spagnuoli ed i colonnelli Vas Van Estet e Giorgio Van
Holz con un buon numero di tedeschi.
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668 MBMORIE
Id an*altra il maestro di campo Navarrete con un altro tM*zo di
spagQuoli, meno tre bandiere che aveva il capitano lalian per la
difetta del borgo, il Conte di Mega con an corpo di valoni (1) ed i
colonnelli Lassare Suendi e Onglielmino Amen con alemanni.
Nella terza parte, ch'ò quella del borgo, furono mandati duemila
inglesi eotto il comando del capitano luUan, alcuni apagnooli ed
alemanni, inoltre Carandolet coi suoi valoni; ma essendo già tardi
per potersi dare l'assalto, Sua Maestà ordinò si sospendesse per quel
giorno, facendo però sempre le finte di voler assaltare ; ciò fte pra-
ticato per tutto il giorno e l'intiera notte del 26 agosto.
Il giorno seguente venerdì 27 agosto, a due ore dopo menogiomo
8i cominciò l'aasalto e con tanto animo e coraggio che, malgrado i
nemici si difendessero con tutta la forza, pure dalla prima batteria,
dove stava Talmirante di Franda si entrò nella terra, mentre dalle
altre due parti in meno di un*ora si superava ogni ostacolo, e tutto
l'esercito del Duca di Savoia si riversava nella terra di S. Quintino,
uccidendo tutti quelli che furon colti dalia prima furia e dal primo
impeto, e segui tossi senza notevole disordine, pure essendo l'esercito
spagnuolo composto di quattro differenti nazioni.
Furono fatti prigionieri: l'Ammiraglio Goligny, un altro figlio del
Contestabile ed altri capitani ; si disse pure che fosse stato preso il
Signor di Andolet, ma ritiensi sia fuggito.
Non si conosce con certezza il numero dei morti in tutte e tre
le parti dell'esercito del Re di Spagna; risulta peròsieno stati ben
pochi. Furono feriti alcuni degli inglesi tra i quali Milord Minico
Envig figlio del Duca di Nortamberland, e degli spagnuoli Don Ynigo
de Mendoza figlio del viceré.
Sua Maestà comandò ohe fossero rispettate e conservate le chiese,
i monasteri, le donne, i fanciulli.
Questi sono i particolari del famoso avvenimento, del quale non
seppe traire profitto il Re di Spagna, lasciando il tempo alla Francia
di rinforzarsi, onde poi la pace di Catean-Cambresis.
Bflsi sono tali quali risultano dai docementi, il testo dei quali potrà
più largamente informare i lettori.
(1) Soldati dei Paesi Bassi.
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F. LIONTI — BATTAGLIA DI S. QUINTINO 669
DOCUMENTO I.
PhiUppus,
Speetabìles et ma^ifid viri, regi! oonsiliarii dllecti. comò Tederete perla allegata
«opia di lettori di aTrieo et relatione particalare di ava maestà, che novamente ne
ha mandato, che lo exereito della prefkta maestà si spinse per andare sopra san
qnintin, Ibrteza importante di re di Franza, et Tenuto a &tto di armi con lo exer-
eito francese, quelli di Soa Maestà hebbiro la vittoria, secondo et obi pienamentì
restirìti inibrmati per la predetta copia; et essendo questo successo de tanta impor-
tanza, per qaello obi compie al serritio et stato de sna Maestà et beneficio de suoi
regni et singoorìe, et conseqnentìmenti de suoi Tassalli, ni ha parso farri la pre-
senti, acciocchi Tui et tutta questa cifita re ne possiate relegrare, come apparteni
a boni et fedeli rassalli di sua maestà, rendendo gratie a nostro signore dio de la
detta Tittorìa et supplicarlo, chi le cose di la prefkta maestà per lo adrenire fadano
prosperi et felicissimi, confórme a la sua santa intentione et zelo del serritio divino,
et in segno della allegrezza predetta farete nella mayore ecclesia di questa città
cantare il te deum lattdamm, et quelle sollennita et ceremonie che si oonvene, et
farete allegria di fbchi, come si costuma, senza entrare a dispese, et cossi li exequireti,
per quanto la gratia di sna maestà tenete cara, date messane die XIII septembris
prime indittonis 11(57.
El duque don Joan de la corda. Tidit spinola thesaurarius.
Gisnlfus loeumtenens in officio prothonotarii.
Dirigitur cum infirascripta Httera et copia relationis intercluse spectabili et ma-
gniflcis pretori et iuratis felicis urbis panormi.
Eì rei,
Qlustre duque primo nostro visorey y capitan general, por no me ballar con carta
Tuestra a que responder, sarà basta solaroenti para avisarea^ comò babiendosi jun-
tado la gente di mi ezoroito que aqui tengo, ordene que se pusiesse sobre sant
qui&tin, que comò sabeis es una plasa de las mas importantes, que el rey de Francia
tiene por estas fortezas, y oomo tal ha hecho y basa todos el eafueno possible para
■oooorrella, pero basta agora no le ha snecedido corno ponzava, porque mas de lu^Tor
tornado nuestra giente al bnigo del dioho lugar y beoho otroe bnenos effectos, el
qua ayer, dia di sant laorentio, fuedios servido que sehisiesse centra el condestable
4e Francia y los que venian en su compadia para entrar en la dicba tierra, ha side
de qualidad y tan importante a la reputacion de nuestras eosas, que he mandado
que se os embie relation particuiar de lo que ha passado, para que lo sapais corno
es rasoa y se intienda por nueetros vaasalos, para que se allegren y por todas se
dan a nuestro seilor las gratias que se deven, oomo yo lo he heeho y desio en el
que assi ha de succeder, lo demas de lo qual se os avvisarà dempre que maliana
me jantaié con mi campo sopra sant qnentin. de cateauherve a XI di agosto 1557.
To el Bey.
Oo: Saya prò seeretario.
AU*iUoslre duque di roedina cali primo nuestro visorey y capitan general en el
nuestro rey no di Sicilia.
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670 MEMORIK
Relation del successo di san quintino asta hs anse de agosto 1557.
Despnes quo segano el borgo di san qaintin, qne fàe a los seys deste mei de
agosto, ha snccedido qne, no qnedando nigona gente quo serrane el lugar por aqnella
parte, sino la que qnedo dentro dicho borgo, j no baTiendo sino una paerta y dendo
pantano a dos partes del, no era necessario por alli guardar la campafia; ayer, dia
di san laarentio» a las ocbo boras de la mafiana, llego el condestable de franta en
persona de XXX yanderas de alamanos altos y XVIII de franeeses TÌqoa j mienos
con XX piecat de artellaria graessa y de campo, y corno tenia nova qae la mayor
parte de nnestra eavalleria baTÌa salido de nnestro eiercito a baier escolta al rey
naestro sefior, qae venia de partir de cambrai, para jnntarse con sa exercito, annqoe
no partio sa mageetad aqoal dia por caasas importantes, tenido disegno el conde-
stabile de metter gente corno lo bizieron qae possieron qaellas obra de 150 hombres^
y mittieren mas sino lo estorvaro el terdo de maestre' de campo navarrete y parte
de la arcbibozaria del maestre de campo cacenes, y baver visto salir noestra cavai-
laria, y llegados qae faeron loe enemigos, aasettaron sa artellaria en parte dcHide
sin recivir dafio del borgo tiravan al qoartel di n nostra oavallaria, mas viendo qae
no podian bazer effetto se retiraron, y el doqoe de savoya mando salir la mayor
parte cbe foe con ella en persona al opposito dellos ennemigos, dexando ordinado
lo del ezercito corno conveniva, llevando oonsigo an regimento de tadescoe j parte
de la infantarla espanola los qoales no podiendo Uegar a tiempo, y yendo nnestra
cavallaria ligìera pioandoles y entreteniendoles, Uegaron loe berrerodos y laniaa y
dieron dentro en los cavallos franeeses y en parte de sa infkntaria, y aon che pes-
saron algnnos dellos, los mas volvieron las espaldas y faeron rotos y mnertos mncbos
dodiscos y franeeses de pie y presos bombres principales, y entro ellos monsegnor de
angoienn, tan mal berido, qae no se tiene esperansa che bivera, y el daqae de
monpinsier y dos o tres cavalleros de la orden de san migoel y otros capitaneos
particolares y tambien se dize che el condestable fne preso, aanqce asta agora no
se save di derto; nuestros cavallos ligieros y herreraelos sigoen la vittoria y van
en el al canee de la cavallaria francesa, y comò tienen tres legaas de ritirada, se
eree cbe pocos dellos escapiran corno le ha soccedido de los o Iniantes, qae no eseapo
nengano qoe no faesse maerto oi preso por ser en campafia rasa, de manera qae
qoeda la cindad y los qae estan dentro qoe son poeoe may desoonsolados j deaen-
tados y el condestable bavia reoogido para està giomada teda la mayor gente y
mas ezcogida de franza, con la perdida de la qaal no les qoeda de presente faeroa
de Importantia y se espera un naestro sefior qoe con tan baenos prindpioa darà
a so roagestad mayores vittorias, el rey naestro sefior oy XI aogosto de cambrai
para in campo a las XI boras de la mafiana y va aier Jornada a veao roboer dnoo
legaes y mafiana llegera a san qointin.
Despues desta ha saccedido qoe antes qae so roagestad Uegasse al dicbo alqjs-
mento, le ha venido avviso cierto qoe qoidaro en preson las personas segoentea :
El condestable de francia berido. — So hijo minor. — £1 daqoe de monpinder.
— El doqoe de longa villa. — El marchiai de san andres. — El lingrave general
de loe tadescos. ^ El roxa domaine. — El rozafoert. — El visconde de toraina. —
El baron de corton. — El principe de mantaa.
Han sido presos cince mill tadescos, los qoales so magestad tiene por bien qoe se
vuelvan a alemania con loramentoe qae no servan otre prìndpe nìngono contra sa
mageetad, y los baze merced por el camino.
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P. LIONn — BATTAaLIA DI 8. QUINTINO 671
Maertoe prìncipaleB :
Monsegnor de angaien.
El conde de viscars.
Perdieio de mas esto cartellarla y de naestra parte no morio sino an caTaler
bnrgognon.
Queriendo cortar està ha Uegado otro aviso qae las Yandieras qae ae han tornado
a franceses han sido cinquanta j dos con las qae havia perdido monsegnor de an-
delot en la jomada de los IIII deste y onse stendardos y desbaratado y maerto
toda la cavallarìa che traya el condestahle qae eran de qaatro a cinco roiU cavallos
entra ligìeros homhres darmas y herreraelos a los qaales los naestros faeron segaido
con la TÌttoria, asta metterlos por las portas del lagar de la fera y resolation si
tiene por cierto entre los mortos de Infantarla y cavallos cinco mill homhres paeoo
mas 0 menos e los presos son los qae està dicho ante mas qae menos y los tadescos
perdonados marchan ya para aleroafia y los mill franceses se traen a flandres.
la herìda del condestahle es an arcahazaio pero no ee cosa de perìglo.
Bt similes littere cam inclasis copiis saprascriptaram litteraram regiaram et
relationam faerant directe infrascrìptis civitatibas et terris regij demanii sah eisdem
sabscriptionihas datis et mandatis videlicet :
Ciyitatis Messane. — Civitatis Gathanìe. — CiTitatis Sìracasaram. — Givitatis
Agrìgenti. — CÌTitatis Drepani. — CiTÌtatis Saccae. — Civitatis Pattararo. — Ci-
vitatis Cefaladi. — Civitatis Mazzarìe. — Civitatis Nothi. — Civitatis Caltagironis.
— Civitatis Trahine. — Civitatis Termaram. — Civitatis Harsalie. — Civitatis
Leontini. — Civitatis Narij. — Civitatis Castri Joannis. — Civitatis Nicosie. —
Civitatis Leccate. ~ Civitatis Policii. — Civitatis Tavorroine. — Civitatis Placie.
— Civitatis Calaxihette. — Civitatis Randacij. — Civitatis Miney. — Civitatis
Sancti Philippi. — Civitatis Bizini. — Civitatis Sancti laliani. — Civitatis Salem.
— Civitatis Corleonis. — Civitatis Histrette. — Civitatis Capisi. — Terre Castri-
regalìs. — Terre milacij. — Terre Sante Lade. — Terre Satere. — Terre Rametto.
— Terre Castrinovi. — Terre Jacij.
(Beai Segreteria del Regno. Lettere. Anno 1551*1558. Indizione X-L Velame di
N.» Prog.» 48, pag. 126).
La medesima lettera con gli aniti allegati fa spedita :
Illustri et Reverentissimo Cardinali panhormitano Regio Consiliarìo oratori devoto.
Et similis cum saprascrìttis copiis regiarum litteraram et relationam com datis
sabsciiptionihns et mandatis faerant directe Reverendissimis Episcopis et Illastribas
Daci marchionihas et comitihas Régni videlicet:
mastri et Reverendissimo Cardinali messanensi et montis regalis.
Reverendissimis Episcopo Catanensi. — Episcopo Syracasaram. — Episcopo montis
regalis. — Episcopo agrìgenti. — Episcopo pattensi. — Episcopo cephaladensi. —
Episcopo mazarìensi.
Illastrìhas Daci Bishone. — Marchioni Girachi. — Marchioni Licodie. — Marchioni
petrepercie. — Marchioni terrenove. — Marchioni Jnliane. — Comitis mohac. —
Comitis ademonis. — Comitis Golisani. — Comitis Caltanixette. — Comitis anguste.
— Comitis sancti marci. — Comitis cammarate. — Comitis mazzarìni. — Comitis
asari. — Comitis raccuye. — Comitis huzemi. — Comitis vicari.
(Ivi, pag. 129).
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672 * MEMORIE
DOCUMENTO U.
Phihppus.
Spactabiles et magnifici mi ragli consiliarii dilectL per littere del Illiutre Duca
di Alba si bftYi baTuto aviao de la pace fiitta fca la Santità del papa et la Maartà
del Re nostro Signore» et per altri ancora particolari avisi et littere di Soa Maestà
it noi «Itimamenti inviati, come per le allegate copie potrete vedere, li ba^ inteso fl
bon Bocoeeso di San Quintino, et essendo con aviso de la pace di tanta qualità per
lo beneficio de la cbrìstianità, quieto et salate di animi, et la presa de la fona di
San Quintino di tanta importanda per lo univenal beneficio de li stati et dominq
di saa magesta et comodo di suoi vassalli, ni ba parso per lo presenti dooarvinì
particular noticia, acìocbè voi come buoni et fideli vassalli ve ni possiate relegare
rendendoni di tutto grada a nastro signor iddio^ supplicandolo obi cosai loeoMervi
in sua santa pace et per lo advenire presti a detta magesta major vittoria et li
dia felicissimi successi conformi a la sua santa intentioni et celo del servitio di Dio,
&ndo cantare nella magiore ecclesia di questa cita il te àmtm ItMMbnitMS con li de-
bite sollennitate et ceremonie et con fare allegree di focbi, come si costuma seoss
ìntrare a dispese et cossi exequiriti per quanto la gracia di Sua Maestà toniti chara.
date messane die YIII ottobris prime indidonis 1557.
El duque don Joan de la corda.
Vìdit spinola thesaurarius. Ludanus Gisulfiis prò regio loeumtenenti in oCBdo pro-
thonotarii.
Dirigitur cum infrascripta littera et co|ùa relatìonis interclusa speotabili et ma-
gniflcis pretori et iuiatis feUcis urbis panormL
Eì rey
Illustre duque primo noestro visorey y capitan general, por la relation que se ce
embio con mi carta a XI del presente bavreis entendido la vittoria buen principio
que diez bavia sido servicio de damos. el dia antes en lo que por aqni se avia co-
menxato a bazer centra nuestros enemigos yo llegue a mi campo a los XUI de
manana y con k diligeocia que desde entonzes se puso en lo de la battana y en lo qoe
mas convenia hazerse para la ezpagnation desde Ingar se apreso de manera que a
los XXYII en la tarde se entro en el por ftierza y se tomo comò lo vereis mas en
particuUr por la relation que dello he mandado que se os embie, para que s^ais
el successo que oste ba tenido, que cierto ba sido tal que se deven y lo mismo bd-
garemos que ordeneis que se baga en esse reyno pues de sola su divina bontad pro-
cede todo actenderasse agora con diligensa a reparar el lugar y con el ezercito a
bazer los effettos que mas oonvengan y dello que en todo sucoediere se os darà
siempre particular aviso. de sant quintin a XXIX de agosto 1557.
Yo el Rey.
Sayas prò secretarlo.
Illustri daque de medina celi primo nuestro visorey y capitan general en el nuestro
Reyno de Sidlia.
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F, LIONTI — BATTAGLIA DI S. QUINTINO 673
Be1(Mm dei auccesso de ìa empresa de satU fuintin.
Despnes de la rota y prìsion del condestable de Francia, quo corno se escrivio
fue a los diez deste mes de agosto, llego sn magestad a sa campo sobre sant quintin
viernes de mafiana a los XIII del mismo, y laego se attendio a cerrar la tierra por
todas partes y acstrecharla y hazer los apareyos necessarios para su expagnatioD, la
qual se hizo en termino de catorze dias con la dìUgentia y baena orden, y en todo
paso el illostrissimo daqae de saboya, capitan general de so magestad, y aunque a
los XXII mos de nevers, qne al presente tratta las cosas de la guerra del rey di
fraacia, embio desde eressi, qne està seys legaas de sant quintin, tricentos bombres
pan qne a media noche se mettiessen en la tierra por el pantano^ siendo sentidos
se eicaparon mny pocos, porque los mas foeron mnertos por los naestros oi se abo-
garon; a los XXVI estando ya todo a pnnto y baviendose batido el lagar por tres
partes y salido razonabibnente las battarias, aunqae la sabida era may difficaltosa,
se bavia resuelto que aqael dia se diesse el assalto por todas tres partes de la ma-
nera sigoente. Por la primera, que es por donde al principio se comenzo a batti r,
el maestro di campo caceres con sa tercio de los espanoles qae saleron de bedin y
los coroneles Vas van estet y Jorge van holz en persona con un bi^n numero de
alemanes sacados de todas las coronelias. Por la secanda el maestro di campo na-
▼arrete con sa tereio excepto tres vanderas qae tenia el capitan Jnlian para la di-
fensa del bargo y Jantamente con el dicbo navarrete el oonde de mega con un
caerpo de balones, soldados yiejos, con su cargo y los coroneles lazaro suendi y
goillelminio aasen con alamanea asi mismo de todas las coronelias; por la terciera
qae es la del bargo dos mil ingleses con el capitan Jnlian y sus espanoles y alganos
alamanes y carandolet con sas balones, empero estando ya distribnidos desta manera
y paestos en orden para el effetto por no estar ben qaitadas algonas difeosas y ser
tarde para poderse dar el assalto, mando sa magestad qae saspendesse por aqael
dia, y asi se hizo, solamente maestro di qaererlo dar, y se procuro de inquietar
loB de la tierra y abiyarlos, lo que duro el dia y toda aqnella nocbe asta el dia si-
guente, qae fue viernes XXYII del dicbo mes de agosto, que con la misma orden
qae el dia aates se bavia tenido, casi a dos boras de la tarde, se comenzo el assalto
por mandado de sa magestad y se aremettio porloa naestros con tanto animo» qae
aanqae los enemigos combattieron y se defendieron todo lo possible y asaron de
maehoa faegos artificiales, de sus minas y trincheras, y de otros ingenios que por
Ih parte di dentro havian becbo, los aprofìcbo poco porqae por la primera battana,
donde està va el almirante di Francia se entro en la tierra y se dio principio a la
vittoria, mas aunque por està parte se bavia continnado asta la plaza, por los otros
dos se resistia y combatia todavia por los enemigos, asta tanto que al fin se hizo
tal esfnerzo por los naestros, que en espacio poco mas de an bora se entro en la
tierra por todas partes, matando toda la gente que la primera faria y impeta pado
alcanzar y se sigaio sia notable disorden, siendo quatro nationes tan differentes.
Faeron presos: el almirante di francia, otro bijo del condestable Uamado mos de
inora, qae es el tercero mos de Jamac de la orden de san migael, el govemador de
la tìerra y otros principales della; tambien se dize que andolet fue preso, aunque
asta agora no se balla y se cree qne sia escapado.
De los maertos, no se save el numero cierto de los que ban muerto en todas tres
partes, pero conoeese que ban sido pocos. aunque ha bavido algunos heridos de los
inglese!; principales minico milord envig, hijo del duque que fue de nortamberlan,
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674 MEMORIB
y de los espafioles don jDÌgo de mendozAp bijo del TÌrrey qoe fae poni qae ostando
ya in cima del maro de la parte di navarrete foe dirribado, de y al caer bendo de
nn arcabazazo.
Su magestad mando Inego proveer conTenia para el baen precando y oonienration
de la yglesas, monasterios, mngeres y nifios, lo qnal ha becbo y baze de gran cnìdado
y diligentia.
Similes littore cam infrascriptis copiis snprascriptarum litterarnm r^aram et
relationam faernnt directe infrascriptis ciYitatibos et terris regii deroanii sub eisdem
snbscriptionibos datìs et mandatis videlicet :
CiTitatis messane. — Civitatis Catanie. — Civitatis siracusarom. — Civitatis
agrigenti. — Civitatis drepani. — Civitatis Sacce. — Civitatis pattamm. — Civi-
tatis cefolndi. — Civitatis mazarìe. — Civitatis notbi. — Civitatis caltagironis. —
Civitatis trobine. — Civitatis termamm. — Civitatis marsalie. — Civitatis leontinL
— Civitatis narii. — Civitatis Castri Ioannis. — Civitatis nicosie. — Civitatis leo-
cate. — Civitatis policij. — Civitatis ta vermine. — Civitatis placie. — Civitatis
calaxibette. — Civitatis randacij. — Civitatis miney. — Civitatis santi pbilippi. —
Civitatis vizzini. — Civitatis Sancti Jaliani. — Civitatis Salem. — Civitatis Cor-
leonis. — Civitatis Mistrette. — Civitatis Capizzi. - Terre milacij. — Terre castri-
regalis. — Terre sancte lucie. — Terre satere. — Terre rametto. — Terre Castri-
novi. — Terre lacij.
(Real Segreteria del Regno. Lettere. Anno 1551-1558. Indizione X-I. Voi. di N.*
Prog.- 43, pag. 180).
La medesima lettera con gli aniti allegati fa spedita:
mastri et Reverendissimo Cardinali panormitano Regio Consiliario oratori devoto.
Et similes cam infrascriptis copiis regiaram litterarnm et relationam cnm datis
sabseriptionibns et mandatis faernnt dirette Reverendissimis Episcopis et Illastrìbos
daci marchionibas et comitibns regni videlicet:
Illustri et Reverendissimo Cardinali messanensi et mentis regalia.
Reverendissimis Episcopo cataniensi. — Episcopo Siracnsarnm. — Episcopo montù
regalis. — Episcopo agrigenti. — Episcopo pattensi. — Episcopo cefaladensi. —
Episcopo mazariensi.
niustribas duci bisbone. — Marcbioni Giracbi. — Marchioni Hcodie. — Marchioni
petrepircie. — Marcbioni terrenove. — Marchioni luliane. — Coraitis mohac. — Co-
mitis adernonis. — Coraitis golisani. ~ Comitis caltanixette. — Comitìs auguste.
— Comitis Sancti marci. — Comitis Cammarate. — Comitis mazzarini. — Comitis
asari. — Comitis raccaye. — Comitis bazemi. — Comitis vicari.
(Ivi, pag. 133).
D"^ Ferdinando Liontl
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RECENSIONI
(1)
DOMENICO MANZONE, / Liguri Bagienni e la loro Augusta. 16^,
pp. 164. Torino, fratelli Bocca editori, 1893.
Bagienni, raramente Bagenni, è la vera lezione del nome di
questo antico popolo della valle Padana, che in ben ventiquattro modi
diversi, Baccienni, Badienni, Bageni, Yagenni, ecc., si trova scritto nei
codici, nelle edizioni antiche e negli autori moderni. Infatti Bagienni
si legge in tutte le iscrizioni e nella tavola Peutingeriana Bagi-
tenni, t otiose redundante, come dice il Cellario. Fermato il nome
del popolo di cui si occupa ed accennato nella introduzione alle fonti
antiche ed ai principali autori moderni che ne trattarono, il M. ne
rintraccia dapprima le origini, movendo da tre noti passi di Plinio,
cui consentono i più, intorno alla derivazione sua dai Liguri e com-
battendo Taltra opinione che ebbe ed ha tuttora sostenitori, che li af-
ferma Celti, per una supposta derivazione dai Caturlgi. Lo stabilire i
confini delle molte tribù liguri, di cui ci pervenne notizia spesso scarsa
negli antichi scrittori, è assai difficile, talora impossibile, perchè i con-
fini ste.^si non furono sempre invariati per le guerre intestine e le
lotte coi Romani. Inoltre spesso ì Romani a gruppi di tribù mal note
diedero nomi tratti o da loro particolari costumi o dal carattere del
paese abitato o dal nome delia tribù principale, ecc. Nonostante tutte
queste difficoltà il M., riassunte con minuzia che a taluno parve so-
verchia tutte le opinioni antiche e moderne, conchiude esser quasi
impossibile fissare con esattezza i confini dei Liguri Bagienni, ma po-
tersi stabilire che occupavano quasi per intiero Fattuale provincia di
Cuneo, escluse le parti più montuose dei circondari di Mondovi e di
Cuneo, e qualche tratto delle adiacenti provincie di Torino e di Ales-
sandria e che loro confinanti erano probabilmente i Liguri Montani,
gli Bpanteri, gFIngauni, gli Stazielli e 1 Taurini.
(1) Ci rincresce di dover rinviare ad altro fascicolo per assolato difetto di spazio
non solo le Note bibliografiche di storia letteraria, militare, giaridica e scientifica,
ma anche parecchie recensioni già scritte e non poche stampato di opere del Pbrsi-
CHBTTl, FaONIEZ, PlRlZZl, P1R8A, MOREA, YlLLARI, GlODA, OcClORI, AlLCROFT,
Hbrvieuz, Pimton, Gandino, Lumbrobo, loppi, Beccaria, Celani, Piva, Besta,
RoGCHr, PlSAHI, SORRIOCHIO, IMPERIALE, LlVI, MeBSERI, SoHIPA, CiPOLLA, CaPABBO,
De Leva, Croce, André, BoeLiETTi, Brownieo, e d'altri parecchi. Ci valga questa
dichiarazione di scosa presso gli Autori o gli Editori, che ci furono cortesi dei loro
libri, e presso i nostri egregi collaboratori {N. d, D.).
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676 RECENSIONI — G. ROBERTI
La storia dei Bagienni si può dividere in tre periodi : 1** dalle inva-
sioni galliche alla guerra di Annibale; 2^ dalla guerra di Annibale
alla conquista romana: 3* dalla conquista romana alla distruzione del-
l'Augusta dei Bagienni. Non ogni punto può esserne chiarito, anzi per
la maggior parte di questi periodi bisogna contentarsi di ipotesi. Del
primo periodo son fatti principalissìrai : le invasioni galliche e la calata
di Annibale. I Galli non attraversarono il paese dei Bagienni; Taves-
sero pure attraversato, non Tavrebbei^o occupato: nò ebbe che fere
con loro Annibale, quando si respinga, come vuole il M., Topinione che
lo fa scendere in Italia dair Argenterà. È quindi puramente negativa
tutta la storia del primo periodo. Intorno airepoca precisa della con-
quista romana, fatto massimo, anzi unico del secondo periodo, scrisse
il Durandi essere « affatto imperscrutabile » ; al M. pare potersi tentare
di circoscriverla tra l'a. 581/173 e il 611/143 ; tra la vittoria dì Popìlio
Lenate sui Liguri radunatisi in armi nel territorio degli Stazielli e
l'assalto dato da Appio Claudio ai Salassi. La conquista del paese degli
Stazielli era avviamento alla conquista di quello dei Bagienni, loro
finitimi; la spedizione contro i Salassi richiedeva che la pianura infe-
riore fosse già sottomessa. Perchè in questo lasso di tempo in epoca
imprecisata anche i Bagienni non sarebbero caduti sotto la domina-
zione romana? Il terzo periodo è più noto e forma oggetto di tratta-
zione speciale nella seconda parte del libro. Nella quale, a compiere la
prima parte di esso, dopo avere in altrettanti capitoli dimostrato che
i Bagienni furono ascritti alle tribù PoUia e Camilia, esposte tutte
le notizie che si ricavano dalle lapidi dei Bagienni intorno ai municipi,
loro patroni e curatori, ordini dei cittadini, magistrati, religione, ecc..
e riassunti i caratteri generali della civiltà ligure, si occupa della
Augusta dei Bagienni.
Due soli tra gli antichi scrittori, Plinio e Ptolemeo, nominano l'Au-
gusta dei Bagienni; sette volte si trova menzionata in iscrizioni ge-
nuine; cinque autori moderni, il Sagazzone^ il Gaglieri, il Beltrandi,
il Durandi e il Muratori, oltre ai moltissimi che ne discussero in opere
maggiori, se ne occuparono in proposito. Ciò non ostante o forse per
causa appunto della molteplicità delle ipotesi accampate, grandi diver-
genze si hanno tuttora nelle opinioni intorno alla questione se l'Au-
gusta dei Bagienni fosse colonia romana o municipio, intomo alla sma
ubicazione, ecc. Negò il Mommsen che fosse colonia e l'ascrisse ai
municipi (G. L L., V, II, 874); il nuovo esame della nota lapide a
Celso, nella lezione datane dal Mommsen, porta anche il M. ad esclu-
dere che sulla sola fede delìMscrizione si possa ritener colonia romana
l'Augusta dei Bagienni. Molti luoghi si disputarono l'onore di esser
stata la sede dell'antica Augusta; rifiutate le opinioni di coloro ohe
la ricercarono a Carmagnola, a Vico, a Vasco, a Cen tallo, a Bassi*
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E. RODOCANACHI — LES CORPORATIONS OUVRIÈRES À ROME ETC. 677
gnana, a Saluzzo^ alcune delle quali ebbero però molto credito, spiega
come sorgesse e prendesse tale valore da essere ormai la sola buona
Vopinione che colloca l'Augusta dei Bagienni nel territorio di Bene e
precisamente alla Roncaglia, vasto piano tra Bene, Narzole e Gberasco.
L*esame degli argomenti ricavati dalle antichità ivi trovate, dalle la-
pidi dissotterrate in territorio di Bene, dagli avanzi di una via mili-
tare romana di cui secondo alcuni rimarrebbero le vestigia nel piano
della Roncaglia, dal nome moderno di Bene, dalle testimonianze di
Plinio e Ptolemeo, dalla non interrotta tradizione e dairautorità degli
scrittori moderni chiude lo studio del M., al quale si deve dar lode
per la molta diligenza impiegata nel riassumere e discutere le opinioni
altrui, forse più che per sicurezza nelFesporre le proprie -« cosa d'altra
parte non facile trattandosi di materia per certi riguardi ancora sub
iudice, Tant'è vero che dopo la pubblicazione del M. sono venute in
luce in territorio di Bene importantissime antichità che, quando siano
state studiate per intiero, porteranno nuovi argomenti alla soluzione
di punti controversi. Se ci è lecito fare ancora un'osservazione, chie-
deremo perchè il M. non abbia corredato d'un indice utilissimo la sua
pubblicazione e non abbia lasciato da parte certe citazioni. Che valore
possono avere le autorità del Bevan, dello Strafforello e del Bouillet?
Giuseppe Roberti.
R RODOCANACHI, Les corporations ouvrières à Rome depuis la
chute de V empire romain. 2 voi. Paris, Alphonse Picard et
fils, 1894.
É questa un'opera di grande mole e di alto rilievo, meritamente
premiata dall'Accademia firancese. Sono due volumi in^"", elegantissimi
per formato, carta e tipi, di pagine gx-478-470. Un'analisi minuta richie-
derebbe una lunga dissertazione, non rispondente alle esigenze della
RMSta storica; sembrami che anche una semplice descrizione del
metodo tenuto dall'egregio Autore e della natura del lavoro potrà tor-
nare utile ai cultori degli studi storici.
Le condizioni politiche, sociali, religiose ed economiche di Roma
nel medio evo e nei tempi moderni indurrebbero a priori nelF opi-
nione, che la vita operaia vi sia stata anemica. Eppure i fotti inse-
gnano diversamente. Roma ebbe circa cento corporazioni operaie; in
nessuna altra città italiana ne fiori un maggior numero, né più savia-
mente e fortemente costituite. L'economia dei loro statuti. Io spirito
di flratellanza e il rispetto dei diritti altrui ne rendono lo studio pieno
di attrattive. Tutto v'era concertato in modo da assicurare a ciascun
membro la sua parte di godimento nel monopolio comune, e da pro-
teggere i mercanti minuti contro le intraprese dei più ricchi o meno
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678 RfiCENSIONI — C. RINAUDO
scrupolosi; tutto concorreva al mantenimento della concordia interna
e alla stabilità della corporazione. Notevole poi, che questa vitalità si
mantenne, nonostante Tintervento continuo deirautorità politica e reli-
giosa del pontiflcato.
Il popolo romano spiegò Ano dai più remoti tempi Tistinto, il gusto
e il genio deirassociazione. È noto, come, non ostante la concorrenza
del lavoro degli schiavi e la poca estimazione in cui erano tenute le
arti manuali, siensi sviluppate le corporazioni operaie durante la re-
pubblica e rimpero. Nella Roma medioevale continuò Tantica tradi-
zione, ma non si conoscono statuti scritti anteriori al 1255; da questa
data soltanto può quindi cominciare una vera storia documentata
delle corporazioni romane d^arti e mestieri.
La maggior parte degli statuti si trova nella biblioteca del Campi-
doglio; sono per lo più copie autentiche, raccolte in un centinaio di
volumi. Disseminati nelle altre biblioteche di Roma, come neirAnge-
lica, nella Corsini (ora Accademia dei Lincei^ nella Vaticana, nella
Barberiniana, nella Vittorio Emanuele, in quella del Senato, nell'Ar-
chivio di Stato e negli Archivi delle Chiese e Conflraternite sonvi pur
molti statuti, parecchi dei quali nel testo originale; la Biblioteca Na-
zionale di Parigi e il British Museum di Londra offrono anche non
pochi esemplari preziosi.
Il Rodocanachi, esplorate tutte queste biblioteche ed archivi, estrasse
non solo una messe copiosissima di statuti ma una miniera inesauri-
bile di informazioni sulla vita delle corporazioni, ch'egli illuminò ed
accrebbe consultando le numerose opere fin qui pubblicate sull'argo-
mento. Con tale apparato il R. non intraprese già, come suolsi, una
edizione critica e annotata degli statuti, di utilità ristretta agli eru-
diti, ma un lavoro organico, frutto delle pazienti ricerche, accessibile
a tutti i cultori di studi statutari.
Ecco pertanto il disegno deiropera.
Precede una prefazione divisa in cinque parti: nella prima delle
quali TA. dipinge a larghi tratti le condizioni del lavoro a Roma, nella
seconda traccia l'indirizzo delle corporazioni operaie prima del 1255,
nella terza ne tesse la storia dopo il 1255, nella quarta ne descrive
Tamministrazione e nella quinta Fordinamento fiscale. Essendosi l'A.
proposto un sistema uniforme nella presentazione degli statuti, fa se-
guire alla prefazione storica uno studio sinottico delle prescrizioni
contenute nei singoli statuti, ripartendole in quattro gruppi: ammis-
sione, amministrazione (elezione e funzicmi degli ufficiali), doveri dei
membri (sociali, reciproci, verso il pubblico, religiosi) e modificazioni
agli statuti. Compiuta l'introduzione, che costituisce per sé un |>rege-
volissimo lavoro, l'A. intraprese lo studio particolare di ciascuna cor-
porazione con quest'ordine: indicazione del santo patrono, della chiesa,
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W. LENEL — STUDIBN ZUR GESCHICHTK PADUAS UND VERONAS 679
della data di redazione e modificazione dello statuto; notizia biblio-
grafica; cenno storico di ciascuna corporazione; esposizione dello sta-
tuto secondo Tordine sistematico sovrindicato. Talune corporazioni sono
raggruppate, e in tal caso lo studio particolare è preceduto da una
storia generale del gruppo. Sono 96 le corporazioni prese in esame.
Il merito di opera cosi pregevole è accresciuto da una opportuna
appendice sul valore comparativo delle diverse monete, di cui ebbe a
far menzione in tutto il lavoro, da una bibliografia generale statutaria
e letteraria, dall'indice alfabetico delle corporazioni, dall'indice gene-
rale dei nomi propri, delle chiese e delle bolle pontificie relative alle
corporazioni operaie e da una tavola analitica.
G. RlNAUDO.
W. LENEL, Studien zur Geschichte Paduas und Veronas in
13 JahrhunderL Strassburg, Trùbner, 1893.
L
Zur KriUh dar Oeschichtschreibung Paduas .
in dreizehnten JahrhuafuKert
L*autore, con questa sua ricerca, si prefigge lo scopo di determinare
una fonte della storia di Padova perduta, della quale non si ha nes-
suna espressa testimonianza, ma si trovano tracce nelle fonti rimaste,
che sono cioè la Cronaca del Padovano Rolandino (1), gli Annali
di S. OfusUna (2) e il Cronico Padovano d'autore anonimo (3).
Queste tracce consistono nelle consonanze di luoghi di dette cro-
nache, che evidentemente fanno supporre una base comune non più
esistente. Fu osservato che l'Annalista approfittò della Cronaca di Ro-
landino, ma non sembra che derivi immediatamente da costui, mentre
è. certo che Tautore anonimo del Cronico Padovano, che estende la
sua narrazione dall'anno 1174 al 1399, prende alla lettera tanto da
Rolandino quanto dair Annalista. Il Lenel, rigettando l'ipotesi finora
prevalente, che l'Anonimo attinga dai due scrittori anteriori, che sono
poi storici immediatamente contemporanei, e per le notizie proprie,
che egli ha, da una terza fonte accanto alle due prime^ afferma con
buoni argomenti, che costui con Rolandino e l'Annalista attinse da
una fonte comune, alla quale l'Anonimo e l'Annalista furono più ligii,
mentre Rolandino la elaborò liberamente. Ma c'è dell'altro. L'Anonimo
in un punto reca due notizie sul medesimo fatto, di cui l'una s'in-
contra di nuovo in Rolandino, l'altra nell'Annalista (4).
(1) Man. Germ. S. S^ XIX, 32-147.
(2) Ibid., 148-193.
(8) Antiq. Ital, IV, 1115-1168.
(4) Ann. S. Just., 154; Chron. PaL, 1131 E; Boi, lib. Ili, cap. 10, p. 61.
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680 RECENSIONI — A. BONARDI
Per quanto il crìtico afferma più aopra, rAnontroo qui non appro-
fitta già di questi due scrittori, ma di due fonti, delle quali Tona è
a lui comune con Rolandino, Taltra con TAnnalista. In un altro punto
l'Anonimo raccolse tre dati reciprocamente indipendenti sul medesimo
fatto, dei quali due si trovano anche presso Rolandino e TAnnalista,
il terzo soltanto presso di lui (1). Oppure dei dati, TAnonimo ne ha
uno in comune con Rolandino, un altro proprio, ed un terzo differente
ne reca TAnonimo (2).
Queste differenze dimostrano che si ha da f^re almeno con due
speciali gruppi dì note (Auf^eichnungen), che sono perdute. Però resta
incerto in che questi gruppi si differenzino, ed a quale di essi i sin-
goli (ammonti conservati nelle tre cronache citate abbiano appar-
tenuto.
Qui, a compimento della ricerca del Lenel, posso aggiungere qualche
cosa. In un mio studio recente (3) ho dimostrato l'autenticità, già im-
pugnata da parecchi eruditi, della Cronaca di Gerardo, la quale per
il tempo della sua composizione seguirebbe Rolandino e gli Annali e
precederebbe TAnonimo (4). Per il conflnonto accurato, <^1o feci tra
questa e la cronaca di Rolandino, i risultati del quale sono esposti
nel mìo studio, convien ritenerla in parte derivata iminediatameiìte
da Rolandino. Però per tutti ì dati suoi propri, ch'essa offre, e che
non ai trovano né in Rolandino, e neppure negli altri due rAnnaliata
e TAnonimo, è da supporre un terzo gruppo di note perdute, a cui
soltanto Gerardo attinse. A confortare la mia ipotesi valga l'esempio
seguente :
Sol, lib, n, cap. I, p. 47.
et domnns patriarcha est amicatus cam Padnanis et factas est Padoanns
ci vis, et in citadaneie firmitatem et signum fecit de sua camera qnedam in Padoa
hedificarì palatia magna et palerà valde, et volait et se poni fecit com aliis cÌTibus
Padoanis in cnltam si Te dachyam. Tunc quoque incepit et adhac roittit hodie omni
anno de snis melioribus militibos 12, qui iurant in principio potestarie chìtis fibet
praecepta et seqirancia potestath prò dompno patriarcha et Mb, Quod ^àem Fel-
tiensit et Belunensis epìBcopns, fetAt et ipse dmiliter, non tamoa in quantitale
eadam, set quasi prò tata sui epiKopaitai et pmelatoiae. IStgo qttonìam Tanisiai
terras quaadam dompni patriarche tane bostiliter invaaenuit, Padianoa «xereitea
ivit ad Castrum Francum (5).
(1) Chr. Pat, 1125 E; SoL, lib. I, oap. 9, p. 48; A$m, 8. JuuL, 149; Chr. PaL,
1126, AB.
(2) Chr. PcU., 1188, ABD ; Boi., lib. Ili, cap. 9. p. 60; Chr, Pai., 1188 G; Atm.
8. Just., 155.
(8) A. BoHARDi, DeUa * Vita et gesti di BsgMto terto da Sommm^ aoritta da
Pietro Gerardo in e Misceli, della K. Depnt. Veneta di storia patria», S-II, T. II.
(4} Op. cit, pp. 6-7.
(5) L\ÌBnalista ommette i latti,
che n xiferiaeono al Patriarca d'Aqaikjja.
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W. LBNKL — STUDIEN ZUR GESCHICHTE PADUAS UND VERONAS 681
ChrofL Pat 1129 B.
Et Bominos Bartoldas Aqmiegieosis Patrìareha factos fìiit oivis Padaanas, et
ideo fecit aedifioari palatia XII in Padaa et quod annaatim mittere deboit XII
milites de nu^oribns etnobilioribnB soanim terrarum PadaaiD,ad iarandam seqnitum
potestatis Padnae, et sustinere cnncta onera et factiones cum Givitate Padaae qnem
admodam alii Cives Padaae debent sastinere. Et illod idem prò rata et eodem modo
fecit Dominas Episcopus Feltrensis et Bellnnensis. Et quia Terrizini iverant cnm
esercita con tra Patriarcbam, Padnani iverant et obsidernnt Castram Francum ...
P. Gerardo, p. 1718, ediz. 1543,
Bartolomeo (?) patriarca d*Àqailea, il qaal gaerreggiava col cornane di
Treyiso, per causa di certi lor confini, sabito s* accordò coi Padovani, et appresso
si fece citadino di Padoa, et fece edificare un paìaggo in la contrada di 5. Piero,
e nel dk à?oggi chiamagi Patriareato Vecchio comprò etiandio terreni inpadoana
in la viUa de- Casale de mer Ugo, per il qual bene vaolfle sostenere le gravezw et
fattioni con la. città, et. ad ogni prineiióo di podeitada mandava suoi imbaedatori
a Padoa a giurar fideltà in mano degU Anciani, Mossi dal costui esempio, il Ve>
scovo di Feltre, et il Bellonese fecero il simile, et essendo VesercUo de' Treaisam
intorno Sacile, Padoani mandarono sae genti a Castelfranco (1).
Tornando al lavoro del Lenel, egli dimostra che le- note perdute
dovevano abbracciare lo scorcio del secolo XII, e qualche cosa più
della prima metà del secolo XIII, che la loro composizione non seguiva
immediatamente gli avvenimenti, che esse trattavano, come le cro-
nache derivate, non soltanto storia paesana e locale, ma anche avve^
nimenti d'interesse mondiale, che però sostanzialmente s*occupavano
degli avvenimenti dell'Alta Italia orientale, della Marca di Treviso e
di Padova, e che infine per queste notizie hanno il lor proprio valore.
Quindi il critico, passando ad investigare le tendenze politiche delle
note perdute, per mezzo delle cronache derivate, osserva prima di
tutto che Rolandino e l'Annalista espongono in forma, e mettono sotto
una luce diversa il medesimo fotte che TAnonimo, sebbene le loro
notizie siano derivate apparentemente dalla medesima fonte, e di queste
divergenze sostanziali porge alcuni esempi convincenti. Ora, per ispiegar
ciò, bisogna supporre che o rAnonimo, od ambedue i Padovani abbiano
alterato la tradizione originale. Ma è molto più verosimile che l'alte-
razione sia stata fatta da questi due ultimi, che, pur attingendo da
note anteriori, possono sempre esprimere divergenti vedute personali
sopra avvenimenti, a cui furono presenti, piuttosto che dall'Anonimo,
il quale al suo tempo potrebbe diifficilmente esporre un generale ap-
prezzamento su uomini e cose lontane da lui. Difatti nell'Anonimo non
si osserva alcuna manifesta tendenza politica, ma un interesse storico
obiettivo. E per questa dote, aggiungo io, a lui va compagno Gerardo,
(1) Le parole, scritte in corsivo, recano dati, che sono diversi da qnelli degli altri
due cronistii o che non si trovano affatto in essi.
miniata storica Italiana, XI. 45
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682 RECENSIONI — A. BONARDI
poiché insieme coirAnonimo nota tutti i nomi dei Sedici Provvedi-
tori (1), eletti in Padova, quand*era minacciata da Ezelino (a. 1236).
la maggior parte dei quali, invece di provvedere alla difesa di essa,
gii facilitarono la conquista; invece Rolandino tace studiatamente i
nomi di quelli fìra i Sedici, che furono traditori, menzionando soltanto
quelli, che si comportarono degnamente, mentre doveva conoscerli
tutti, perchè era allora cancelliere del comune.
Le note perdute, continua il LeneL agevolano il compito a chi fa
la critica dei cronisti, che se ne valsero. Innanzi tutto, merco queste,
si pone in luce Tutilità dell'Anonimo, mentre Rolandino viene a sca-
pitare nella stima, che finora godette.
Rolandino dichiara nel prolc^ della sua Cronaca (Prologus, p. 38),
come per la composizione di essa siasi servito di note di suo padre e
di note proprie; su ciò il critico manifesta Topinione, confortata da
validi argomenti, che il cronista, colla finzione di propri lavori pre-
liminari, abbia voluto darsi Tapparenza della più assoluta originalità,
e che quindi siasi sforzato di scansare la coincidenza di parole colle
negate fonti, poiché, come abbiamo detto più sopra, TAnonimo e TAn-
nalista s'attengono più strettamente al fondo comune, mentre Rolan-
dino lo elabora liberamente. L*ipotesi della finzione potrà trovar con-
tradditori; però è ingegnosa. D*altra parte assolutamente constatati
sono alcuni errori propri di Rolandino, che non derivano dal fondo
comune, ove pure non mancano. Il critico ne dà molti esempi, tra i
quali trascelgo alcuni. Secondo le perdute fonti comuni, è indicata
nell'anno 1245 la deposizione di Federico n, e poi il 24 luglio dello
stesso anno la comparsa d*una cometa. Rolandino per lo contrario la
che la deposizione, che avvenne realmente il 17 luglio, segua il 24,
ed allo stesso giorno e nella stessa ora la comparsa della cometa, ed
afferma che la coincidenza dei due avvenimenti fu più tardi consta-
tata (2).
In altro luogo (3) Rolandino asserisce che da Ezelino II fu conse-
gnato, come ostaggio, al podestà di Verona Ezelino III bambino, e ciò
avvenne nel 1193, mentre, secondo le concordi testimonianze dei cro-
nisti, compresa la sua, Ezelino III nacque nel 25 aprile 1194. L'Ano-
nimo (4) invece, che manifestamente qui attinge dalla stessa fonte di
Rolandino, parla d'un figlio di Ezelino II, senza dime il nome, che
non doveva essere Ezelino III, ma un altro maggiore dì età di costui.
(1) A. BoN ARDI, op. eii, p. 584)7. Chron. Pai,, 1138-34. Tra i nomi menzianati
da Gerardo e daU* Anonimo vi sono alcane Tarlanti, che dipendono sansa dubbio
dalla diversità deUa fonte, da coi essi attingono.
(2) Boi, lib. V, cap. 14; Chrm, Pat, 1137, AK
(8) Sol, lib. I, cap. 7, p. 42.
(4) Chron, Pat., 1128, B-C.
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W. LENEL — STUOIE?? ZUR GESCHICHTE PADUAS UND VERONAS 683
Però, riguardo alla cronologia dei fatti, che si riferiscono alla con-
segna di Ezelino, quale ostaggio, io osservo che Gerardo ha dati cro-
nologici diversi da quelli di Rolandino, ma che non si contraddicono
coiranno di nascita di Ezelino. Egli ammette, è vero, che Ezelino III
sia stato consegnato, come ostaggio, e precisamente quand'egli non era
ancora giunto ai cinque anni, ma nel 1109 (1).
Esempi di dati offertici da Rolandino, se non errati almeno incerti,
aDch*io ebbi occasione di recare nel mio studio (2), oltre a quelli ci-
tati dal nostro critico.
Con questo riferimento alle note perdute il Lenel, dopo aver dimo-
strato che Rolandino non è, come Ai ritenuto, cronista fedele e ben
informato, può agevolmente far la critica delle redazioni manoscritte
e della composizione degli Annali di S. Giustina.
Egli distingue principalmente due redazioni, Tuna più breve secondo
mss. esistenti, Taltra più lunga conservata dalle stampe secondo mss.
perduti : fra di esse v*ha inoltre differenza di lezioni. Ora, siccome
quei mss. della più breve redazione presentano la più perfetta con-
gruenza coirAnonimo, poiché essi hanno le lezioni con esso in comune,
.che sono diverse invece nella più lunga redazione, cosi la più breve
redazione è la più antica ed originale. Riguardo alla composizione,
esclude con buone ragioni Topinione di J. A. Saxius, difesa dal Mura-
tori e dal Jaffé, per la quale suppongono due autori^ Tuno, che abbia
scritto dal 1207 al 61, l'altro dal 1261 al 70; però ammette esser vero
in un certo senso che gli Annali non siano Topera d*un solo, poiché
appena dopo il 1250 incomincia il lavoro proprio delFautore, accanto
alla parte derivata dalle perdute note.
Il lavoro condotto con rigore di critica dà risultamenti positivi di
valore, poiché anzitutto toglie queirimportanza capitale ch*ebbe Onora,
come f&nte, la cronaca di Rolandino presso tutti gli storici, ed accresce
rautorità delFAnonimo per gli avvenimenti della Marca Trevisana nel
secolo XIII.
IL
Verona und Ezzelin III von Romano bis zum Anschluss
an Friedrich IL
Fatto dall'autore con non minore acume e diligenza, sebbene meno
importante del primo, é questo secondo studio. Incomincia col trattare
delle discordie delle città dell'Alta Italia orientale sul principio del
secolo XIII, prima che comparisse sulla scena della storia Ezelino ni,
e della parte di mediatrice di contese e d'arbitra, ch'ebbe Padova
(1) Op. cit., p. 37-41.
(2) Op. cit., pp. 44, 60-5d eoe
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684 RECENSIONI — A. BONARDI
coH^intendimento d'impedire nelle città vicine la signoria del capo
della fetzione vincitricei Narra le prime imprese di Ezelino, che però
non conseguono il loro pieno effetto per l'intervento di Padova, accenna
alle leghe dei feudatari, cioò del marchese d*Este coi Sambonifocio,
ai vincoli di parentela, che si stringono tra la famiglia dei Samboni*
facio e quella dei Romano, fira le quali però non doveva renare la
pace, poiché i Monteccfai, avversari di Riccardo Samboniihcio domi>
nante in Verona, continuavano a mantenere segrete intelligenze con
Ezelino, ed avevano avuto promessa di appoggio contro qualunque
nemico. Sul finire delPanno 1225 in Verona scoppia una rivolta, per
la quale i Montecchi, aiutati dai Ventiquattro, vinsero la parte del
Conte;
Questi Ventiquattro, secondo Topinione ora prevalente, sarebbero stati
una lega di popolani, come si ebbero esempi altrove, intesa ad ottener
colla forza una partecipazione al governo della città. Ma siccome
quest*opinìone non trova appello nelle fonti storiche autorevoli, eoa
Fautore la rigetta, e seguendo gli Annali di S. Qiustina e il Cronico
Padovano (1), che in queste notizie si accordano, e perciò non fiomo
che riprodurne le fonti comuni, perdute, vede giustamente nei Venti-
quattro una parte dei nobili, che fecero causa comune coi loro pre^
cedenti avversari. Perciò in quelFanno non arvenne già in Verona
un rivolgimento popolare, ma bensì uno scisma in una fazione esi-
stente di nobili, che diede luogo ad un terzo partitOé Questo &tto è
molto importante, e più per rintelligenza dei successivi avvenimenti,
che per il rivolgimento in se stesso* Difetti per rulterìore cooperar*
zione dei Montecchi e dei Ventiquattro avvenne che il Conte non
ricuperò la perduta potenza, alla quale invece giunse stabilmente Bze-
lino. La potenza di Bzelino non ebbe, adunque, base popolare, come
vollero lo Schiirmann (2) e il Gitterman (3). Assodato ciò, il Lenel
osserva che è intieramente oscura Torigine della rivoluzione del 1225»
nonché il suo procedimento, la parte, che ad essa prese Ezelino, e la
sorte toccata al Conte. Quindi tratta della fortuna crescente di Ezelino,
divenuto podestà di Verona, mentre il fratello Alberico ottiene tale
ufficio in Vicenza ad onta dell'opposizione di Padova, e del rinnova-
mento della lega di città, che fu stabilita per tutelare l'autonomia
comunale minacciata non solo dall'Impero^ ma dai capi delle partL La
Lega, dopo lunghi negoziati, riconciliò le parti di Verona (giugno 1227)
ed Ezelino depose la podesterìa ; le vecdiie filzioni dei nobili spari-
scono, mentre ne sorge un'altra sotto la guida dfun rettore di nome
.(2)
Ann, S. Just, 152; Chron. Pat, 1180.
Die FoìiHh EezeUns III von Bomano bis Mur aemem Anacìikus an Fried-
rich'II, Dttren, Programm 1886, p. 6.
(3) Ezeélino von Romano, I Teil. Stattgart, 1890. Einleìtang.
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G. SA.NT1 — FEDERICO DI MONTEFELTRO DUCA d'lKBINU 685
Giuliano, fazione, che si volle identificare senza alcun fondamento con
quella dei Ventiquattro. Rimane ancora da stabilirsi, se questa parte
di Giuliano sia sorta dal popolo ; però è certo ch*essa predominò in
Verona, si alleò con Padova, combattè i da Romano, e Padova potè
ricuperare la sua perduta egemonia, mentre la casa da Romano
decadde.
Ma queste condizioni ben presto si mutano; non si sa perchè, ma
il fotte sta che scompare dalla storia Giuliano colla sua paiate, im-
provvisamente, com'era giunto al potere, e, dopo una tregua di pa-
recchi anni, risorsero le contese delle fazioni dei nobili (1230). Trion-
farono i Montecohi e i Ventiquattro; il conte di Sambonifacio con parte
dei suoi seguaci fu fatto prigioniero. L'agitazione si allargò, poiché
Mantova, Padova, Vicenza ed Azzo d^Este sostennero la causa del
Conte ; Ezelino, Solinguerra ed Alberto di Tirolo quella dei Monteccbi,
ed avvennero conflitti. Per opera di Padova, di Mantova e della Lega
il Conte e gli altri prigionieri furono liberati, ma sul motivo determi-
nante, e suiresatta data della liberazione v*ha ancora impenetrabile
oscurità.
È certo però che la Lega, per impedire il rinnovarsi di tumulti in
Verona strinse in alleanza le sèi città di Verona, Brescia, Mantova,
Ferrara, Padova e Vicenza, rafforzando cod il credito della Lega, alla
quale negli ultimi anni nelFAlta Italia orientale si negò ripetutamente
obbedienza, e preparando così la diserzione Aei Monteccbi, del Ven-
tiquattro e di Ezelino da Romano.
U critico osserva che i motivi della defezione Gerardo Maurisio li
rappresenta drammaticamente in uno speciale capitolo, come può fare
non uno storico, ma un partigiano, e lascia supporre che il mutamento
di parte di Ezelino e dei suoi alleati Veronesi sia inevitabilmente pro-
dotto da una frivola rottura d*accordi della Lega. Ma bisogna notare,
conchìude Tautore, che, prescindendo da inadempiute promesse della
Lega, Talleanza delle sei città fatta per impedire le usurpazioni dei
Monteccbi e dei Ventiquattro, doveva, tosto o tardi, spingere costoro
nelle lu^accia rti Federico II, e cosi pure il loro alleato Ezelino, come
avvenne a metà d'aprile del 1232, quand'egli con un colpo di mano
s*era impadronito di Verona. A. Bonàrdi.
Federico di Moniefeltro duca d'Urbino, Cronaca ti/ Giovanni Santi.
Nach dem cod. Vai. OUob. i305 zum ersten male herausgegében
von Dr, Heinrich Holtzinger. Stuttgart, Kohlhammer, 1893,
pp. 230.
« Mi convieirM di camminare quasi clife senza guida » dice Ber-
nardino Baldi sul ponto di cominciar la vita del duca Federico ; ond*è
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686 RECENSIONI — G. MAZZATINTI
che « il carico » dì scrivere « ì fatti di si grand^uomo » è « grande
veramente »: egli volendo allontanarsi dal comune e non lodevole uso
di encomiare « con apertissime adulazioni » un principe — « vizio
lontanissimo » dalla sua « propria naturale inclinazione » — si pro-
pose, volendo raccontar di lai con pienezza e con « semplice e nuda
verità », di limitarsi a ciò che tu « approvato da persone gravi e
narrato fedelmente da loro ». Due altri biografi ebbe Federico prima
del Baldi; Pier Antonio Paltroni e Giovanni Santi. Smarrita è l'opera
del primo che accompagnò Federico in Romagna, nelle Marche, nel
reame di Napoli, dovunque egli combattè e vinse ; e fu suo segretario
0 per lui compiè missioni ed ambascerie: quella del secondo, nota per
i pochi saggi, riguardanti la storia dellarte, pubblicati dal Oaye, dal
Passavant e ultimamente dallo Schmarsow, vede ora la luce per cura
del dott. Holtzinger.
Al Santi fu questa cronaca « per tanti tempi di gravissimo pondo,
Tanimo (suo) si come humano essendo sempre sugetto a varie pas-
sione »: egli ebbe « diversa fortuna » che « el paternal nido » gli
fu distrutto dal fuoco, e fu costretto a condurre la vita per molti
« amphracti et strabochevoli precipitii »; datosi € a molti n^fotii per
guadagnar el vieto » e giunto all'eti in cui sentivasi « disposto a
qualche più utile virtù », si dedicò < alla mirabile arte de pictura ».
Neir « orbita della cura familiare, che nisuna cosa a l'huomo non è
de più continuo tormento, fra tante ansietà essendo cum Tanimo su-
speso et inviluppato » (nel 1484 gli mori il padre e nel 01 perdette
là madre, la prima consorte e una bambina), scrisse la Cronaca in
23 libri di 105 capitoli in ternari (sono, in tutti, circa 23 mila verslX
e, morto Federico, la dedicò a Guidubaldo. Donde attinse il Santi la
materia di questa Cronaca? Si sa ch^egli visse a lungo in Urbino;
quindi vide e ammirò quanto nella capitale del ducato Federico do-
vette compiere, e lui conobbe si che per giustamente esaltare l'in-
gegno, la coltura e Tamor suo alle arti e agli studi non ebbe necessità
di ricorrere a testimonianze. Frutto dell'osservazione e dell'ammira-
zione sua sono, ad esempio, i capitoli che trattano del palazzo, della
biblioteca e « in parte della vita (del duca) al tempo di pace »; delle
relazioni che particolarmente in Urbino aveva contratto coi più insigni
artisti del tempo suo è frutto il cap. 96 in cui è raccontata la « par-
tita del duca da Urbino per andare a Milano e una disputa de la
pictura ». Prezioso documento, questo, per la storia dell'arte, che vi
son detti i meriti e le lodi del Manlegna, di Giovanni van Eyck, di
Ruggero di Weyden, di Gentile da Fabriano, di frate Giovanni Ange-
hco, di Vittore Pisano, del Lippi, del Pesellino, di Domenico Veneziano,
del Masaccio, di Andrea del Castagno, di Paolo Uccello, del Pollaiolo,
di Pier della Francesca, del Da Vinci, del Perugino, del Ghirlandaio,
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G. SANTI — FEDERICO DI MONTEPELTRO DUCA D* URBINO 687
di Sandro Botticellì, del Signorellì, di Antonio da Messina, di Giovanni
e Gentile Bellini, dei ferraresi Gosmè e Grandi, di Melozzo da Forlì,
del Donatello, di Desiderio da Settignano, di Jacopo della Quercia, di
Lorenzo Vecchietta, del Rossellino, di Vittorio di Lorenzo figlio del
Ghiberti, di Andrea del Verrocchio, di Andrea Bregno, d'Antonio
Riccio, dì Francesco di Giorgio senese, d'Ambrogio da Milano e final-
mente di Renato d*Anjou. Esclusa questa parte, la fonte della Cronaca
è senza dubbio, come nota TH., il diario latino del Paltroni. Questo
aveva già dichiarato il Santi medesimo neirultimo capitolo del pro-
logo : il Paltroni « Gum le sue voglie de honestade accense De giorno
in giorno in ver sempre descripse Molti suoi (cioè di Federico) gesti
et le suoe glorie immense » ; tali glorie « dentro al mio cervello Tho
fisse Havendole io già lette molte volte Mentre che nostra gloria al
mondo visse ». Dunque il Santi lesse molle volte i diari del Paltroni
e dalla bocca sua udì il racconto' di tanti particolari che forse in quei
diari non erano registrati : però, siccome questa veridica biografia s'è
disgraziatamente perduta (il Reposati fu l'ultimo a consultarla e gio-
varsene con molto profitto per la storia della Zecca di Gubbio), può
sembrare a prima giunta impossibile stabilire quale relazione intima
esiste fra i diari del Paltroni e la cronaca del Santi, e se questa di-
scende da quelli direttamente e unicamente. Il Baldi conobbe l'opera
del Paltroni, e spesso la cita e molto se ne servi per la storia di Fe-
derico f or bene, un minuto confronto fra i. due scritti del Santi e del
Baldi potrebbe condurci a concludere che tutti e due derivano da una
fonte medesima^ Si, proprio; tanta è l'afiSnità fra i due testi. E si
noti che il Baldi o non conobbe la cronaca del Santi o, se pur la
lesse, non volle giovarsene (tanto è vero che non la cita mai) prefe-
rendo di ricorrere alla fonte originale, cioè al Paltroni. L'H. avverte
acutamente: « Al pari del nostro poeta anche altri biografi di Fede-
rico si sono giovati delle notizie del Paltroni, e poiché uno di essi, il
Reposati, schiettamente confessa la propria dipendenza da quella fonte,
citando spesso il Paltroni con precise indicazioni, noi possiamo di se-
conda mano formarci almeno un'idea di qualche parte di quella. Ora,
con questi passi citati si accordano non solo il Muzio ed altri, ma
anche il nostro Giovanni con una conformità qua e là quasi alla let-
tera, tanto che il lavoro del poeta consiste unicamente in un trave-
stimento in versi ». Io invece ho preferito, per giungere a più sicura
e meglio fondata conclusione, d'istituire un confronto tra il poema e
la biografia del Baldi che non a vari passi ma a tutta intera l'opera
del Paltroni dovette attingere. Resultato di questo confronto sarà
Tideale e piena ricostruzione dei diari del Paltroni ; mentre seguendo
TH., che si limita a riavvicinare alla Cronaca del Santi i passi riferiti
dal Reposati, noi siamo in grado di « formarci un'idea di qualche
parte » dei diari medesimi.
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688
RECENSIONI
G. MAZZATINTI
I primi otto capitoli del Santi comprendono tutto il lib. I della Vita
del Baldi ; il racconto procede di pari passo dalle origini della famiglia
di Montefeltro alla elezione di Federico a duca. Confrontiamo.
Baldi, Vita ecc. (ediz. di Roma, 1824).
If P&^' S- Accrebbe splendore alla gloria
d'ambedue questi, Guido il Veccbio, nel
quale mirabilmente furono accompagnate
la prudenza del consiglio e la virtù mi-
litare... : fece a Forlì strage sanguinoBÌs-
nma di Francesi.
€l, pag. 13... con patto fra molti
altri ch*egli mandasse a Vinesia per
ostaggio Federigo, risanato a pena e con-
fermato dalla infermità che dicevamo:
mandovvelo dunque con onorevolezza con-
veniente allo stato ed alla condizione sua
e raccomandollo al Doge Francesco Fo-
scari, uomo d'autorità e di prudenza
singolare. Ammirasi ne' fanciulli quella
imagine di sapienza che precorre gli anni
più maturi, onde il Doge e quei pruden-
tissimi vecchi stupirono alle sue savie
proposte e risposte: e si racconta per
cosa mirabile eh' egli ragionò con tanta
efficacia e maestà nel cospetto loro, che
tutti ne la argomentarono d'ingegno ec-
cedente di gran lunga i termini dell'or-
dinario. Trattò parimenti negoci col Padre
con tanta destrezza e giudicio che il
Foscari restandone ammirato ebbe a dire
che vìvendo egli sarebbe divenuto uno
de' maggiori lumi della sua famiglia.
V, pag. 132. Il Paltroni spettatore e
narratore di questa battaglia scrive che
due squadre poste alla guardia d'un posto
tra S. Fabiano ed il mare, stimando per
la voce che ne correva che i confederati
fossero disfatti, si diedero a fuggire né
si fermarono mai finché non spinsero al
Tronto spargendo fama per tutto ove
passavano della rotta dell'esercito.
Santi, Cronaca, cap. I, terz. 17 e sgg.
Fu degno el Conte Guido or detto vechio
Imperator de quei chel seoul brama
Qnal fu d'ogni virtù singular speohio
I Galli transalpin ruppe et sconfisse
Presso a Furli.
Cap. II, terz. 7 e sgg.
Fece convention che habia mandato
El conte Federico suo figliolo
Sol per ostagio fido acompagnato
Entro a Vinesa: benché cum gran duolo
Da se el partisse tanto era laniere
Sopra natura in lui riposto solo
Che già da puerìtia el ver splendore
De suoe vertu vegiendo el divin Fato
Per tal partita havea molto dolore.
Or cusi nobilmente acompagnato
£1 conte quanto a lui se con venia
Andò a Vinesa et hebbe visitato
Col Duce quell'altera Signoria
Prìncipe essendo allor qneUo fauom m degno
Francesco Foscar: cui non par che sia
Simil mai stato ne cum più alto ingegno
Entro in Vinosa a cui elio oro avante
Et al gran Senato de si alto regno
Cum tal modestia et cam sentenie tante
Ornato et grave che ivi fu infinita
Maraviglia de luì: ondel mirante
Stetton suspesi et poi ch'ebbe finita
Loration cum quel Prìncipe sagio
Et gran Senato: indi hebbe anco expedita
La sua commissiene onde un cfaiar ragio
Mostro de Intelligentia et gpravitade
Como ogni bene al mondo mostra el magio
Perche da lui fira lor fìxron tractate
Cose importante et da hnom grave molto
Et che gran tempo Ihabia ezercitate
Et di poi fisso mirando él suo volto
Quel principe inditio dette allora
Che se da dio non era al monde tolte
Si presto al secul nostro el daria fooia
Più di se prova che altri forsi mai
Huom di sua casa et forsi Italia anoora.
Cap. 27, terzine 32 e sgg.
Tre squadre ancor che sopra al mar guardava
Presso alla terra un relevato passo
Tuctì fngier perehe dascun penaava
Esser nel campe andato già in fracKso
Della spandendo al Tronto la novella.
Ma tutti gli episodi della battaglia di S. Fabiano derivano dal Pai-
troni : per esempio :
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G. SANTI — FEDERICO Di MONTEFELTRO DUCA D URBINO
689
V, pag. 124. Intanto Filippo Gabrielli
d'Agobbio uno de' snoi capi di squadra,
spingendosi verso il Inogo della battaglia,
s'era posto ad osservare il tatto con
molta diligenza; ed avendo veduto che
gli Sforzeschi pativano e con gran fatica
sostenevano la carica, tornò a Federico
tutto conturbato, dicendo: Signore per
quanto io ni*abbia saputo comprendere, i
nostri hanno la peggio; le squadre dis-
oxdinate cominciano a ritirarsi ed a ve-
nir meno e perciò temo grandemente, ve-
dendo rimpeto e l'ordine de' nimid, che
se 1 nostri cominceranno a volgere quanto
poco si voglia le spalle, le cose per noi
nano per camminar molto male. [Fede-
rico], superando la fortezza delfanimo,
la fiacchezza del corpo, così disarmato
(poiché non comportava il male che si
▼estisse Tarme) e cinto di &8cia compera,
fattosi con grandissima fatica portare a
cavallo, se n*andò verso colà ove il tu-
multo era maggiore, accompagnato da
quattro squadre delle sue che sole erano
restate.
E si confronti più giù il Baldi, pag. 129, col Santi cap. 27, terzine 18
e sgg. Ancora :
Gap. 86, terzine 26 e sgg.
et ecco di lontano
Venir messer Philippe suo sqoadriero
Bt a lui se acosta et diceli pian piano
Vienne Signor per Dio; perche el sentiero
Perdono i nostri: et fra lor vengon mano
E voltar presto: io vegio glie mestiero
El conte Jacom valoroso e franco
Governa i suoi: cum bel ordin mirabile
Et già el timor Lixandro ha facto bianco
AUor se strìnse el Conte: el laudabile
Come nel pecto suo e la chiara fama
Per ciescon clima già tanto volabile
£1 suo cavai per fiusi por su chiama
Senz*arme indosso: sol di fasce armato
Che infra le schiere già del morir brama
Cum aspra doglia poi che su possato
Esser se vidde e a forza sostenuto
Cum quatro squadre a vanto fu aviato.
VI, pag. 212. Scrive il Paltroni che
mentre Federigo non dava requie a se
medesimo alcuni soldati e gentil aomini
gli ricordarono destramente a non aver
tanto a cuore la distruzione de' nimici,
che sì dimenticasse della salute propria;
pensaase come, e dov'egli andava, in tempo
dì notte, in paese nimico, e d*ogni parte
sospetto, non senza pericolo di battere in
qualche agnato. A quali esso che, per
aver provveduto a tutte le cose, cammi-
nava con molta confidenza, piacevolmente
rispose che stessero di buon animo e non
dubitassero, ricordandosi che in quel luogo
quasi ed in qneirora Claudio Nerone
aveva seguito Àsdrubale e riportata di
lui glorìoflùctraa vittMÌa; come appunto
sperava di fir egli, poiché il nimìoo in
Incgo di resistere prendeva la fiiga.
Cap. 34, terzine 29 e sgg.
un fedel servo: Sabbiate cura
Gli disse Signor mio; e guardate bene
Come de nocte andate alla ventura
£1 prencipe Sismondo intomo tene
I passi e le forteze e voi andate
Di nocte a trovar gente per lor pene
Chei non son men de voi bora pensate
Nei vostri voi sapete quanto alungie
E in fona d'altri voi al presente state.
Ma el conte volto a cui viltà non pungie
Cum lieto aspecto: certo de Victoria
Non dubitar gli disse : el se coniunge
La nostra cum lantiea e summa gloria
Del fier Claudio Neron ohe anco Àsdruballe
Sequi to indi e pian ne ogni istoria
Oodel lucise e ai suoi voltar le spalle
Fece per gran verta e tolse limperìo
De tucta Italia: al nobile Aniballe
E noi cum tal fortuna e desyderio
Sequitamo i nemici e vederai
Empir del nostro nom lo Emisperio.
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690 RECENSIONI — E. B. C.
Ma non basta : tutti e due s*accordano nel dire che splendeva in
quel momento la luna, si che Federico potè scorgere ì nemici ; in
questa particolarità si accordano perchè cosi doveva aver notato nei
suoi diari il Paltroni ch'era probabilmente uno di quei soldati e gen-
tiluomini, ma che, come dice il Baldi, « tacque per modestia » il
proprio nome. Chi vuol fare altri confronti vegga il sacco di Fossom-
brone del 1446 (Baldi, I, pag. 109 ; Santi, cap. 12, terz. 41 e sgg.), la
diceria del duca ai propri soldati prima della battaglia (Baldi, ivi,
pag. 104; Santi, cap. 11, terz. 44 e sgg.), la espugnazione di Albi
(Baldi, VI, pag. 166-171 ; Santi, cap. 29, terz. 47 e sgg.), la presa d'atoi
castelli e l'assedio di Castelluccio (Baldi, ivi, pag. 173-184 ; Santi,
cap. 30 e 31) ; e si confronti anche l'ultima parte del lib. VI del Baldi
coi cap. 32-35 della Cronaca. — La dipendenza dei due testi dai diari
dei Paltroni è a bastanza chiara : bene dunque giudica TH. il poema
del Santi : se non vale per la trattazione poetica, vale perchè ripro-
duce l'opera smarrita del Paltroni. — Circa airedizione dirò che do-
veva esser condotta con maggior cura e poteva esser corredata d'un
indice di nomi e di luoghi. Inoltre, trattandosi d'una copia piena zeppa
di errori, non c'era, secondo me, il bisogno di riprodurre il testo con
diplomatica scrupolosità ; c'era piuttosto quello, pur non volendo cor-
reggere la lezione del codice, d'introdurvi i segni diacritici. Ma non
per ciò gli studiosi d'Italia saranno meno grati all'illustre professore
di storia dell'arte nella scuola tecnica superiore di Hannover.
Giuseppe Mazzatinti.
LEADER SCOTT, The Orti OrtceUari, io which is appended an en-
Uxrged caicUogue of the antiquities in Vtncigtiata CasUe. Flo-
rence, Barbèra, 1893.
— Echoes of old Florence. Florence, Barbèra, 1894.
Fra i classici luoghi, che fecero di Firenze la culla del rinasci-
mento, nessuno può offrire tante reminiscenze quanto il giardino di
Bernardo Rucellai, conosciuto nella storia col nome di Orti Oncel-
lari. Qui la famosa Accademia Platonica dopo sessant'anni di vita
gloriosa ebbe morte; qui gli umanisti, i cui nomi ci sono divenuti
famigliari, scrissero e lessero le loro opere famose; qui i cospiratori
formarono i loro complotti, e i granduchi colle favorite si divertirono
in lieti passatempi.
Ora i giardini sono caduti anche più basso: le statue romane che
Bernardo Rucellai pose sotto i lecci, furono vendute, i vecchi maestosi
viali condannati a cadere; i giardini, destinati alla fabbricazione di case
d'affitto, furono salvati da un decreto reale in data 12 giugno 1892,
con cui gli Orti Oricellari vennero dichiarati monumento nazionale.
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LEADER SCOTT — THE ORTI ORICELLARI 691
« Salvation has come too late - too late ! », esclama Fautore riconoscente
alla Commissione permanente di Belle Arti.
Il Leader Scott ci dà nel volume, che intitola The Orti OricUlari,
la storia della famiglia Rucellai, che prima ideò i giardini e diede loro
il nome nel secolo decimoterzo. Dedica un esteso capitolo all'Accade-
mia Platonica, di cui narra le vicende, intrecciate a quelle dei Medici
e dei Rucellai, enumerando i grandi che vi presero parte, e seguen-
done le sorti fino al 1522, anno In cui per gli eventi politici^ essendosi
dispersi qua e là i membri delFAccademia, questa si sciolse.
Il lavoro è corredato di alcune bellissime incisioni e di una pianta
del palazzo e dei giardini.
Fa seguito a questo scritto piacevole e geniale un catalogo descrit-
tivo del Castello di Vinclgliata, che consiste in una enumerazione dei
monumenti, delle antichità e degli oggetti artistici che trovansi in
detto castello; enumerazione fatta però con intelligenza, e illustrata
da cenni storici, geografici, da apprezzamenti ed osservazioni, e da
belle incisioni. Sarebbe questa una iftile e simpatica guida a chi vo-
lesse visitare il Castello di Vincigliata.
Curioso ed interessante libro sono gli Ecìioes of old Florence, in
cui rillustre A. ricostruisce con tanta verità, nella vita pubblica e pri-
vata, Tantica città del giglio, dalle sue origini ai primi tempi deiréra
moderna.
Egli — ce lo dice nella prefazione — non intende fare una storia di
Firenze, ma rendere invece « visibili agli occhi inglesi gli onesti vecchi
cittadini, che erano cosi bravi odiatori, ed usavano le loro armi cosi
sovente come gli stromenti del loro mestiere; gli allegri giovani ca-
valieri, che cavalcavano ad una giostra o ad una scaramuccia con
ugual gusto; le dame riccamente abbigliate, che causarono tutte le
grandi tragedie ; i pallidi santi e le monache, che fuggirono dai tu-
multi della vita, e i Papi, i Re, i Signori, ecc., che apparirono come
ospiti fra essi ». Tutto ciò studiando e ricostruendo la storia « nelle
antiche vie che stanno ora per sparire, e popolando le vecchie case,
le cui solide pietre ancora rimangono, coi veri abitanti che vissero
in esse secoli fa ».
E riesce nel suo intento mirabilmente, traendo la parte storica dai
cronisti più degni di fede (Dino Compagni, Giov. Villani, Stefano
Cambi, Padre Idelfonso, Capponi, Machiavelli e Nardi) e gli episodi e
i costumi della vita intima dai novellieri (Sacchetti, Manni, ecc.), e,
soprattutto sceverando nelle tradizioni popolari il vero dalla leggenda
con tutto Tacume di un critico nordico, senza toglier nulla della
soave poesia, che avvolge queste vecchie storie fiorentine.
Cod il lettore, trovandosi nel vero, nel reale ed Insieme, dirò, nel
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692 RECENSIONI — E. B. C.
poetico, rivive per un istante la vita dei personaggi che gli sfilano
davanti, e, dimenticando la nuova Firenze, rivede le antiche vie fe-
stanti di popolo, che accorre alla giostra o ai lieti ritrovi del calen-
dima^io, o sinistramente illuminate dalle torcie a vento e dagli in-
cendi accesi dai Ciompi, o risuonanti al cozzo delle armi guelfe e
ghibelline.
Quasi tutti i punti principali delia vita fiorentina, sono in questo
libro descritti o accennati. L'A. comincia nelFintrodu^one a discutere
sulle divine origini di Firenze, secondo il Villani, e su quelle che pro-
babilmente sono le vere, cioè la fondazione d una colonia romana sui
banchi dell'Arno, dopo Tassedio di Fiesole, che aveva prestato aiuto
a Catalina. Dà una breve pianta della città romana, indicando i punti
ove sorgevano i principali monumenti, e parla in ispecie del tempio
di Marte, guardiano della città, tempio che nel quarto secolo, dedicato
a S. Giovanni, divenne il duomo e poi il battistero, ed a cui i mosaici
bizantini e le maravigliose porte in bronzo, e Taltare d*argento cesel-
lato non hanno potuto toglier nulla della sua forma pagana.
Accennato alle origini, TA. viene a parlare dei santi venerati a
Firenze: S. Miniato, S. Zanobi, S. Ambrogio di Milano, S. Giovanni
Gualberto, della leggenda e della storia di ciascuno, dei rapporti che
ebbero con la città, e dei monumenti che sorsero a loro memoria. Le
antiche ascetiche figure del martire Miniato, di S. Zanobi» di S. Am-
brogio, sono assai ben delineate, e vivamente ò ritratto il cavalier
Gualberto, neiratto in cui, al solo nome di Gesù, rinuncia alla ven-
detta agognata.
Nel capitolo seguente: « La città dalle quattro porte » le figure sono
« meno sante e più marziali ». Toccato delle invasioni gotiche e lon-
gobarde, deirordinamento cavalieresco dato da Carlo Magno al popolo
fiorentino, deirestensione della città e del suo governo, dapprima comi-
libero comune, poi come feudo del Marchese di Toscana, TA. presenta
due donne iàmose: Beatrice di Lorena e Matilde di Canossa, madre
e figlia, e le ritrae assai bene nel loro carattere cosi religioso e virile
ad un tempo, da incutere rispetto ad un imperatore tedesco e a tutta
la città che govei*nano, e che sotto di loro si abbellisce di nuovi quar-
tieri, ponti e mura.
Segue la « Storia del palazzo Buondelmonte ». fi qui la vita medie-
vale, pubblica e privata, con le sue lotte di famiglia, che si cambiano
in lotte di partito, con le sue feste interrotte da un tradimento, le sue
nozze forzate, le sue congiure ordite all'ombra della croce, e tutto
quel misto di superstizioso e di feroce che caratterizza quel periodo
storico è mirabilmente ritratto. Minutamente è descritto il prindpio
delle contese fra Buondelmonti ed Amidei alla festa di Messer Tigrini;
e la pace quasi forzata, di cui doveva esser pegno, secondo il costume,
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LEADER SCOTT — ECHOES OF OLD FLORENCE 693
una fanciulla; e le arti con cui Madonna Gualdrida Donati incatena
il Buondelmonti alla sua Fina, mentre, nella casa della fidanzata, gli
Amidei lo aspettano invano per segnare il contratto nuziale. Assai
bella è ìm scena della congiura ordita in San Stefano dal Mosca, e
quella delFassassinio del giovine cavaliere in mezzo al suo corteo
nuziale.
Il capitolo accenna pure ad un altro matrimonio che doveva sug-
gellare la pace fra guelfi e ghibellini, e che fini in così misero modo:
quello cioè della figlia di Ranieri Zingani de* Buondelmonti , e Neri
Piccolino degli liberti; e termina parlando della battaglia di Monte-
aperti e del suo campione Farinata.
Il breve capitolo « Via de* Bardi » è quasi una continuazione df
questo; narra di Dianora dei Bardi, di cui Ippolito Buondelmonti s'in-
namorò in S. Giovanni « with the prov^biai baste of bis nation; for
Romeo and Juliet are not a romantic exception^ but a type in Italy ».
Dopo lunghe dolorose vicende, quali il matrimonio segreto dei due
amanti, Tarresto di Ippolito e la sua condanna a morte, perchè, sor-
preso a dar la scalata al palazzo dei Bardi, preferi sacrificare il pro-
prio onore piuttosto che offuscare quello di Dianora, ella può final-
mente salvare il suo sposo e riunire così, più fortunata di tante
altre sue concittadìne, due famiglie nemiche, con un vincolo sacro.
Viene in seguito la « Storia del Ponte alle G'razie » che il Podestà
Rubaconte fece erìgere in seguito ad un curioso accidente occorso ad
un taie detto 11 Bagnai, che^ cadendo da un piccolo ponte in legno
presso il palazzo dei Mozzi, uccise un uomo che bagnavasi neirArno.
Altre buffe avventure dei. Bagnai e giuste sentenze di Messer Ruba»
conte sono qui narrate, ma più è degno di nota un quadro deirordina-
mento del governo fiorentino, dei quartieri e delle corporazioni, assai
chiaramente esposto.
In « Croce al Trebbio » è narrata la crociata fiorentina che i Ca-
pitani di S^ Maria, con a capo il gigantesco Corso Velluti» mossero
contro la setta religiosa dei Paterini, e in memoria della quale fu
eretta la croce al Trebbio ; TA. ricerca tutte le altre opere d*arte che
in Firenze sono o si credettero poste a ricordare tale avvenimento, e
coglie Toccasione per parlare anche della loggia del Bigallo, e della
soppressione dell'antica torre « Guarda Morto » degli Adimari, distrutta
dai Ghibellini.
S^ue « Piazza dei Mozzi » in cui è narrata dapprima molta parte
delle lotte guelfe e ghibelline, e intervento che vi ebbero il Papa
Gregorio X e Carlo d*Angiò: rinstabilità dei partiti, le scomuniche
date e tolte con tanta facilità, le paci solennemente celebrate e man-
tenute poche ore> Tandirivieni, per dir cosi, dei poveri legati pontifici,
che avevan sempre una così faticosa ed incerta riuscita. La seconda
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694 RECENSIONI — E. B, C.
parte consiste nella libera traduzione, da una cronaca M«S. di G. Pilli,
di una curiosa burla, fatta da Tommaso Mozzi a un tal Cocchi del-
FAstore, che, da un paese airaltro, credendo sempre di fare una pas-
seggiata, fu dairamico trascinato a Liyomo, e poi ad Avignone. È una
semplice narrazione, ma trattata con molto humor^ e assai propria a
caratterizzare lo spirito burlesco fiorentino.
Tale è pure il capitolo « Borgognissanti » in cui si narra la piace-
vole avventura toccata ad un tal messer Bonghi, cardatore di lana, di
assai piccola statura; il quale, volendo prender parte agli esercizi di
scherma, che i giovani fiorentini facevano a Peretola, fu trascinato
al galoppo ed insaccato neirarmatura, sino a Firenze, dal suo magro
cavallo, che un compagno gli aveva irritato oon una carda. Il fatto,
preso dal Sacchetti e dal Manni, è preceduto e seguito da alcuni cenni
sui giochi di scherma e sulle principali giostre tenute a quel tempo.
Frammezzo a questi due capitoli è uno studio « Piazza Santa Feli-
cita » sulle corti d*amore e di felicità, e sulla tradizionale festa di
S. Giovanni, che sono assai minutamente descritte ed inter&ssanti,
perchè rendono bene il colore del tempo, e Torigine di alcune nostre
feste moderne, da cui pure differiscono tanto.
In « San Pier Scheraggio » è narrata brevemente la storia di Giano
della Bella, secondo lo cronache di Dino (Compagni, che, attore degli
avvenimenti, è certo un'attendibile fonte.
Il capitolo acuente « Via de' Cerchi » si divide in due parti. Nella
prima « I grandi feudi dei Cerchi e dei Donati » sono narrate minu-
tamente le contese fra i Bianchi ed i Neri, ed è ritratto con molta
vivezza il carattere turbolento di Corso Donati. É questo uno dei ca-
pitoli più importanti del libro, polche abbraccia una grande quantità
di avvenimenti e dà una viva idea dei tumulti che agitarono Firenze
a quel tempo, specialmente per opera di Corso Donati, di Bonifazio VII!
e di Carlo d'Angiò. La seconda parte, d'indole famigliare, ci presenta
la dolce figura di Piccarda, la cui soavità getta una più fosca luce sul
fratello Corso, ed in generale, su tutti gli uomini del tempo, che usa-
vano in casa un cosi fiero dispotismo. Anche Umiliana, la Beata de'
Cerchi, è assai ben delineata nel suo ascetismo, un po' sciocco forse,
e certo meno simpatico di quello di Piccarda.
Benissimo è descritto il tumulto dei Ciompi nel capitolo « Piazza
della Signoria >. Comincia con la cacciata del Duca d'Atene; poi, nar-
rando le rivalità delle corporazioni delle Arti fra loro, svolge tutta
la storia della rivolta del popolo contro i Signori e i Priori; ed è
vivamente dipinta la paura di questi e l'avventatezza dei tumultuanti,
che, come sempre succede in chi opera senza riflessione, eleggono a
gonfaloniere Michele di Lando^ solo perchè è il primo a domandare:
« Ed ora che cosa farete? ».
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lEADER SCOTT — BCHOES OF OLD FLORENCE 695
« La storia di via della Morte » è, con quella di Luisa Strozzi, la
più bella dei libro, considerata dal lato poetico. Entrambi i capitoli
hanno molta vivacità di descrizione e soavità di parola, e mostrano
nell'autore una vera attitudine al romanzo. Le figure di Ginevra degli
Amieri e di Luisa Strozzi, Tuna più dell'altra infelice, riescono sim-
paticissime al lettore ; ed i costumi e le scene famigliari serbano cosi
schietto il coloro del tempo, da far credere che lo scrittore sia vis-
suto molti secoli addietro.
Certo egli ha studiato con molto amore i costumi medievali nei cro-
nisti e nei novellieri; ma forse anche più gli è giovato il vivere in
Firenze, ove tanta aura medievale spira ancora fra le tortuose vìe,
ove ogni palazzo, ogni pietra, ha un' antica voce, che sa ben giungere
ad un'anima di poeta, quale dev'essere quella dello Scott; ove nel
nome stesso vive ancora la storia delie infelici creature, che paiono
aggirai^si nelle limpide notti fiorentine, come Ginevra vagò, povera
morta videstata, dalla tomba alle case dei suoi congiunti, che la respin-
gevano, fin che trovò pace sotto il tetto di colui che aveva amato e
da cui l'aveva disgiunta il dispotismo patèrno.
€ Palazzo Strozzi » (ne parlo qui, benché sia l'ultimo capitolo del
libro, perchè l'argomento ha tanta analogia con quello di Ginevra)
è diviso in tre parti: «Duca Alessandro», «Nozze», «Tragedie».
Nella prima é narrato il ritorno dei Medici in Firenze, per opera
di Clemente VII; la condotta timorosa e servile di Filippo Strozzi;
Tamore di Luisa e di Francesco Nasi, contrastato dall'ambizione di
Filippo. Vi si distacca la bellissima figura di Clarice de' Medici, tanto
altera ed integra, quanto poco lo era il marito. Nella seconda parte
è descritto l'innamoramento di Alessandro per Luisa, le sue disoneste
proposte, il matrimonio forzato della poveretta. Nell'ultima la condotta
sleale dei Sai via ti, .le continue minaccio ed i tentativi disonesti del
Duca, ed infine la tragica morte di Luisa.
Fra i due capitoli su citati, ne stanno tre ancora: « Santa Maria
'Novella », « Casa Annatona », « Poggio Imperiale ».
In « Santa Maria Novella » è illustrato il tumultuoso periodo in cui
Papi ed Antipapi diedero spettacolo cosi poco edificante al mondo re-
ligioso, ed à minutamente narrata la residenza in Firenze di Martino V
(che abitò nel chiostro di S. Maria Novella, consacrando cosi la parte
che era stata fabbricata per uso degli ospiti sovrani), ricevuto dapprima
con grandi feste, e messo quasi in ridicolo dappoi, per le contese che
ebbe con Braccio da Montone.
« Casa Annatona » è la storia dì Anna Eiena Malatesta, che ebbe
a marito Baldaccio degli Anghiari, condottiero famoso, dapprima al
servizio di Firenze, poi contro di essa, da Bartolomeo Orlandini, suo
acerbo nemico, ucciso vigliaccamente per aver egli svelato il tradì-
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RECENSIONI — O. 0CCI0NI-B0NAFF0N8
mento di costui nella difesa del passo di Marradi. Annalena, rimasta
vedova, fondò un convento che divenne &mo80, e dai cui archìvi TA.
toglie questa storia.
« Poggio Imperiale » contiene la deserìsrione del duello famoso so-
stenuto dal Bandini e da Dante da Castiglione contro Lodovico Mar-
telli e Bettino Aldobrandini, durante Tassedio di Piren^, e da gaeslo
VA. prende occasione per esporre la causa e' la tela dell'assedio, e
metterne in evidenza i principali personaggi.
In complesso il libro è assai piacevole a leggersi e risponde perfet-
tamente al suo titolo, Acendoci sentire un*eco della vita passata, po-
polando delle antiche figure le antiche case fiorentine, in cui par quasi
una stonatura la nostra vita moderna. L*A. ha scritto con cuore d'ar-
tista, e noi Italiani non possiamo che essergli grati di occuparsi con
tanto amore delle cose nostre. L'edizione è pure un gioiello e ne va
resa lode al Barbèra, che, sia p^ la nitidezza dei caratteri, sia per
Teleganza della rilegatura, emula le belle e rinomate edizioni inglesi.
E. B. C.
ALEXANDER ROBERTSON, Fra Paolo Sarpi, the greatest of the
Venelians. London, Sampson Low, Marston et C, printed by Ho-
race Cox, 1894; pp. ix-196, in-8* picc.
Mentre questa Rtoista poi^eva notizia di alcuni lavori su Paolo
Sargi venuti recentemente in luce (Anno X, 1893, fase. 4, pag. 65^
665), il reverendo Robertson licenziava per le stampe un nuovo volarne
illustrato sul grande Servita, volume, come usano gli editori inglesi,
stampato e rilegato con bella eleganza. Ne dirò pochi versi, anche
perchè è giusto e doveroso che agli stranieri che si occupano delle
cose nostre venga reso Tonore di tenerne conto, tanto più che essi vi
portano quello studio coscienzioso che molte volte si desidera in noi
stessi. Qui in Venezia, ad esempio, si fecero ad illustrare la storia po-
litica e letteraria della repubblica veneta o qualche punto speciale di
essa il signor Horatio Brown, mio buon amico, e il compianto Symonds
e la signora Wiel, a tacere del Layard, del Robertson e di molti altri
ospiti illustri, a cui la modestia non scema anzi accresce valore. Venga
a loro almeno un elogio da un periodico speciale che si stampa ftiori
delle lagune, ed è atto a diffóndere largamente l'eco della riconoscenza
d'Italia !
Ma rifacciamoci al libro del Robertson. Il qnale fìi conagliato a det*
tarlo mosso da vero entusiasmo pel suo personaggio* ch'egli non dubita
di chiamare il più grande dei Veneziani, riconoscendo che se ci fu-
rono grandi dogi, soldati, marinai, uomini di Stato, scrittori, poeti,
viaggiatori, quest'uno, per dirla col signor Oliphant, « è un perso-
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A. ROBERSTON — FRA PAOLO SARPI 697
naggìo più serio e grande degli altri, una figura unica in mezzo alla
sua schiatta, sempre animata, vigorosa, ardente ed inquieta ».
Il libro si divide in otto capitoli. É considerato il Sarpi scolaro
(pag. i-li), professore (pag. 12-26), padre provinciale e procuratore
del suo ordine (pag. 27-39), scienziato e filosofo (pag. 40-67), consultore
teologo (pag. 68-105), martire in occasione dell'attentato (pag. 106-125),
scrittore politico fino alla morte (pag. 126-154), e oltre tomba perse-
guitato fino alla recente apoteosi del monumento erettogli nel 1892
(pag. 155-183). Le due illustrazioni sono l'espressivo ritratto del Sarpi
che sta nella prima stanza della Biblioteca di S. Marco sopra la porta
che dà nella sala del Maggior Consìglio, e la riproduzione eliotipica
della statua in campo Santa Fosca.
Non è da stupire che la rapidità concettosa e vivace, che è carat-
teristica di questo volume, abbia fatto cadere il suo autore in alcune
inesattezze che è prezzo dell'opera rilevare, come là dove dice tro-
varsi San Vito al Tagliamento tra i monti friulani (pag. 1), essere
stato Marco Foscarini terz'ìUtimo Aogò di Venezia (pag. 41), e dove
pone Nona stiUe coste della Dalmazia mentre trovasi nell'interno
(pag. 63), o dove considera che Gandia, come luogo natale del gran
legislatore Minosse (pag. 66) e per altri motivi analoghi, doveva allet-
tare Fra Paolo ad assumervi il vescovado di Milopotamo che il car-
dinale di Santa Severina (non San Severino) avrebbegli fatto offrire.
Fuori di questi e di altri nei, come là dove il Robertson giudica
erroneamente la condotta del papa Clemente Vili nella questione di
Ferrara, l'operetta procede esatta anche nei particolari, sebbene scritta,
com'è naturale, in senso protestante, senza però trascorrere al punto,
come usano gli scrittori meschinamente partigiani, di strappare a Fra
Paolo le sue convinzioni profonde in ordine alia fede, da lui sempre
professata e difesa fino alla morte.
Un altro pregio dell'opera consiste, ci sembra, nell'aver l'autore
studiato il suo personaggio sotto tutti gli aspetti, restituendogli altresì
(Capitolo IV) quella fama di scienziato universale, di cui lo onorarono
i contemporànei, e che non si credette di riconoscergli intiera nei
tempi presenti. Certo andrebbe chiarito meglio il punto se Fra Paolo
abbia avuto merito in talune speciali scoperte, e se il titolo di « mi-
racolo » e di « oracolo del suo secolo » gli possa derivare dalla pro-
fondità e dalla vastità delle cognizioni scientifiche, onde le più alte
menti del suo tempo lo cercavano di consiglio ; ma ricordarsi dell'uomo
di Stato per dimenticare il grande cultore della scienza e del metodo
positivo, che è una gloria italiana del seicento, è prova di mente ri-
stretta ; e il Robertson non ha questo torto. Per lui la grandezza del
Sarpi è dovuta alla somma di tutte le sue qualità ed attitudini, tanto
come uomo di studio, quanto come carattere integro ed energico.
Si9Uta Storica Italiana, XI. 46
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698 RECENSIONI — A. BATnSmSLLA
L*ultimo capìtolo del lavoro del Robertson desta asch'esao molto
interesse, e poco importa che una gran parte degli elemeoti di tale
capitolo siensi tratti da una pubblicazione del sottoscritto, che non è
neanche citata, se tutta la storia deirimmortale Servita ha con esso
degno complemento, tanto che Tautore, dall*esame del tutto insieme,
è condotto al giudizio sintetico finale, essere stato Fra Paolo Sarpi
VuLHtno e U più grande dei grandi Veneziani.
G. OCCIOKI-BONAFPONB.
F. NA.NI MOGENIQO, Oiacomo Nani, memorie e documenti — pa-
gine 174 — Venezia, Merlo, 1893.
— Agostino Nani, ricordi storici — pagg. 169 — Venezia, Merlo, 1894.
Giacomo Nani, nato nel 1725, fti uno di quegli onesti patrirf veneti
che, innamorati della loro vecchia repubblica, consacrarono nel ser^
vizio di essa tutta la propria vita. Nobile di galera a 14 anni, passò
per tutti i gradi della milizia marittima e mori provveditore aUe Ut-
girne e ai lidi, cioè comandante supremo per la difesa dì Venezia,
39 giorni prima che il glorioso leone di S. Marco s'umiliasse davanti
ai contrattatori di Campoformido (3 aprile 1797). Era cugino di Angelo
Emo, e lo precedette in quelle spedizioni contro i pirati barbareschi
(1766) che segnarono gli estremi trionfi della millennaria repubblica
e diedero gloria al suo ultimo ammiraglio. Ebbe anche parecchie ca-
riche civili che tenne con onore suo e con vantaggio della pubblica
cosa ; e gli ozi brevi che gli lasciarono le molteplici cure di stato
occupò nel comporre opere notevoli sulla veneta milizia marittima,
sulla difesa di Venezia, suìVeconomia delle nazioni, e nel mettiere
insieme un domestico museo di oggetti antichi, rari e preziosi. Uomo
di buon senso e di animo mite, non ^be però tutta Tenergia che i
tempi e le circostanze richìedeyano : la profondità del pensiero in lui
superava la risolutezza dell'azione ; gU mancava la fede salda e piena
in ciò che faceva, e pareva a lui stesso di essere quasi un sognatore
e che le sue fossero veramente cose fuori di stagione (pag. 143). Ad
ogni modo fìi uomo meritevole d'essere ricordato; e noi dobbiamo
professarci grati all'autore che volle rinfrescarne la &ma sepolta quasi
in quel pantano di accidie e di viltà che flirono per gran parte il do-
loroso contrassegno della generazione che vide il tramonto di Venezia.
Certo, la biografia ch'egli ci ofifre difetta un po' dal lato della (cri-
tica : forse la giusta venerazione e l'affetto per l'illustre antenato in-
sinuarono nel suo dire una nota laudativa e ammirativa troppo insi-
stente e troppo manifesta. IMchiara egli d'averla condotta su queUa,
tuttora inedita, che compose nel 1816 il cardinale Placido Zurla, ar-
ricchendola però di notizie e ampliandola con particolari dovuti a
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F. NANI MOCENIGO — GIACOMO B AGOSTINO NANI 699
pazienti indagini e a stridi diligenti: eppure essa non è, come si dioe,
esauriente, non riuscendo a farcì conoscere il Nani sott*ogni suo aspetto.
Le aeioni sue, il modo con cui compiè i vari uffici, i fatti dei quali
fo parte massime, il compendio de' molti suoi scritti, lutto cotesto è
esposto chiaramente per ordine, benché in maniera piuttosto uniforme:
ma ci manca, come dire, il ritratto dell'uomo interiore, l'analisi che
ci riveli il carattere intimo dell'intera opera sua e che colleghi tutti
qne* fatti, che spieghi e vivifichi la semplice esposizlcme, lasciando, ben
s'intende, al lavoro la sua nota di oggettività che dev'essere, a mio
ghidizio, la prima dote d'un'opera storica.
Accanto a questo difetto è ^usfto però ch'io indichi un pregio che
rende maggiormente considerevole il libro del nostro autore e ci porge
testimonianza delle ricerche da lui fatte con amore e con esatto cri-
terio d'opportunità e convenienza, n pregio sta in quei tanti ragguagli
ignorati che giovano a colorire l'ambiente, !n quel cumulo di nolizse
spicciole e aneddotiche riguardanti fatti speciali o le condizioni gene-
rali di Venezia nel mezzo secolo che precedette la sua caduta : periodo
importante, del quale si vorrebbe conoscere ogni minima cosa, spiare
con avida curiosità ogni più piccolo passo per averne un concetto pieno,
preciso, imparziale che in tutto e per tutto davanti al nostro spirito
giustificasse e spiegasse, anche meglio che non si sia potuto Care fin
qui, il fatale tracollo del più nobile stato della vecchia Italia. Sotto
questo aspetto particolarmente l'autore ben a ragione nella sua troppo
modesta prefazione dice di sperare che i lettori non abbiano a pentirsi
del tempo speso nella lettura del suo libro, ma che anzi abbiano a
trarne qualche profitto.
I documenti che lo corredano sono tre : il trattato di pace fra Ve-
nezia e Tripoli (1766); la lettera di lode del Senato al Nani reduce
dalla spedizione contro questa città ; la relazione da lui presentata
dopo il ritomo da capitanio delle navi. Più impoilAnte di questi ^
però l'appendice al 4** capitolo, contenente certi polizzini anonimi che,
negH ultimi momenti della repubblica, si trovavano o appiccicati alle
cantonate della città, o buttati nei bossoli del Maggior Ck)nsiglio e del
Senato ; cartellini ritraenti al vivo l'ambiente e gli umori di quel pe-
riodo tristamente memorando.
« *
Anche nel secondo dei due libri sopra indicati l'autore dichiara A\
voler narrare i fatti con pochi o nuUi commenti e osservazioniy e
non soltanto illustrare le azioni d'un altro suo glorioso antenato, ma
ancora gettare qualche luce sugli avvenimenti ad esso contempo-
ranei. A priori dunque noi sappiamo ch'egli seguirà lo stesso metodo
tenuto per la monografia di cui «'^ discorso or ora, contentandosi della
parte di seroiillice espositore. Che tale metodo «la veramente il migUore
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700 RECENSIONI — A. BATTI8TELLA
io non oserei dire : i (atti presentati cosi, a guisa di cronaca, per quanto
numerosi e particolareggiati» non oflArono mai unldea intera e com-
piuta deirinsieme d*un soggetto, polche alla loro sfacciata materialità
manca ogni sfondo, ogni sfumatura, donde, distribuiti con sapiente cri-
terio, risultino ombre e rilievi. Cosa tanto più necessaria trattandosi
d*una biografia, che dev*essere non un sommario cronologico o un
indice di quanto accadde a un personaggio e di ciò ch'egli potè com-
piere in vita, ma insieme un racconto riflesso e uno studio psicologico
dell'uomo e delle azioni sue.
Agostino Nani del quale il nostro autore, legato a lui con lontani
vincoli di famiglia, narra le vicende non dirò in modo parziale, ma
con indulgente e devota ammirazione, non Ai uomo di spada ma di
toga, e consumò la vita onoratamente, in patria e fuori, nei negozi
politici e nelle faccende amministrative. Vissuto in un tempo storica-
mente importantissimo (1555-1627), fti spettatore, e talora anco parte-
cipe, di avvenimenti Ara i più notevoli che conti la storia di Venezia
dalla vittoria delle Gurzolari alla guerra per la successione di Man-
tova. Ed ebbe veramente animo e fibra rispcmdenti a que' tempi agi-
tati e difficili e a quella sua repubblica tanto grande anche sul pendio
della decadenza. Tale dignitosa fierezza unita a una sottile destrezza
diplomatica rivelò egli nei due più memorabili &tti della sua vita
pubblica : Tambascieria di Spagna (maggio 1595— giugno 1598) e quella
di Roma (maggio 1604— maggio 1606).
Il racconto di queste due legazioni si può asserire costituisca per
la massima parte il soggetto del volume che stiamo esaminando: noi
possiamo infatti tener dietro al protagonista giorno per giorno in tutto
ciò che dì più degno di menzione egli opera e dice. Non eoa per tutto
il resto ; pare quasi che fautore, pentito d*essersi troppo a lungo trat-
tenuto su quelle ambascierie, voglia afitettarsi a finire e riassuma in
breve la rimanente vita del Nani non certo inoperosa né oscura. Goà
il libro riesce un pò* monco e sproporzionato nelle sue parti, con grande
rammarico dei lettori la cui curiosità, stuzzicata e appagata dapprima,
viene poi bruscamente delusa. Comunque sia, non ostante gli accennati
difetti, il libro è buono e divertente.
Certo non tutto quello che in esso si contiene è cosa nuova ; molto
si conosceva già per via delle Relazioni degli ambasciatori veneti
pubblicate dairAlbèri e dai sigg. Barozzi e Barchet, come pure dalle
Storie di Venezia di A. Moroslni, di G. B. Nani, del Romanin, dalle
Iscrizioni veneziane del Cicogna, opere che l'autore cita più volte,
e specialmente dai lavori del Cornet {Paolo Vela ReputibUca veneta
giornale dal 22 ottobre 1605 al 9 giugno 1607) e di G. Capasso (Fra'
Paolo Sarpi e V Interdetto di Venezia) ch'egli mostra di non conoscere
affatto. Questi due ultimi anzi, attuigendo alle stesse sue fonti, recano
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RBINHARDT — LA CORRISPONDENZA DI ALFONSO B GEROLAMO GASATI 701
particolari ignorati con una dovizia anco maggiore della sua. Tuttavia
egli ha saputo essere originale, poiché, pure parlando di avvenimenti
generali, li considera sempre in relazione al proprio determinato ar-
gomento, e quindi dai documenti raccoglie dati e ragguagli trascurati
fin qui dalle altrui indagini, illustrando cosi il suo eroe e al tempo
stesso aggiungendo qualche tocco all*ambiente storico ove quegli vive
ed opera.
Quell'intrigo d*un frate e d*una monaca a favore d*un pseudo re
Sebastiano di Portogallo (agosto 1595) ; il grave accidente occorso al
Nani a Madrid nel febbraio 1597; quei pochi cenni sul marchese di
Bedmar che chiamava una ridicola chimera la congiura che da lui
prende nome , Tincidente avvenuto nel conclave di Leone XI ; quei
mille particolari aneddotici sulla corte pontificia, su quella di Filippo II,
sui prodromi della celebre contesa deirinterdetto; tutti quegli episodi,
quelle osservazioni quasi alia sfuggita che ritraggono, vorrei dire, la
politica in azione e ne coloriscono il vario carattere, e ci persuadono
sempre meglio del malanimo della Spagna contro Venezia, danno a
questo libro, modestissimo e senza pretensioni, tale attrattiva quale a
non molti lavori di siffatto genere accade d'avere. E onorare un per-
sonaggio illustre e contribuire all'incremento della storia patria senza
punto annoiare la gente, è un merito che nessuno vorrà negare a
nostro autore. Antonio Battistella.
REINHARDT ENRICO, La Corrispondenza di Alfonso e Gerolamo
Casati, inviati di Spagna presso la Confederazione Svizzera,
con Leopoldo V Arciduca d'Austria Ci02Chi623J, Friburgo elve-
tica. Tipografia dell'Università, 1894.
Audiatùr et altera pars. È infatti questo Volume un giusto saggio
di Studio di Storia diplomatica su fonti per intero spagnuole della gran
lotta per le Alpi (per le « dentate scintillanti vette » dei Grigioni e
della Val di Teglie) combattuta per tutto quel terribile m^ortalis aevi
spatium che fu la prima metà del s. XVII. E il valoroso Autore, appunto
perchè già addentro nel vasto argomento, per altri importanti lavori
condottivi il 1881 e r85, limitando stavolta le sue ricerche e il suo
esame appena ai quattro anni delle Ambascerie di Alfonso e Gerolamo
Gasati, ha ridimostrato coU'opera sua come solo analizzando ciascuno
a parte i varii atti di un lungo dramma, si possa ottenere la scienza
completa e certa delle ragioni di essere e delle conseguenze molteplici
e non tutte immediatamente evidenti del dramma stesso.
è ad ogni modo un episodio della grossa e pericolosa guerra che
Francia, Venezia, gli Svizzeri, i Protestanti, e in parte anche Savoia,
dovettero sostenere per lustri e lustri colla prepotenza dei due rami
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702 RECENSIONI — O. SANOIOROIO
d* Asburgo. Spagna in ispecie fu la nemica tenace e astuta contro cui
i Grigioni dovettero proprio allora cospirare le migliori fcNrze elvetiche
e deirEuropa non ultracattolica. Nò certo Tarciduca Leopoldo d*Austria
entrando armato in quel campo, si sarà dissimulato che lottava più a
vantaggio dei continuatori di Filippo II che per l'Impero e per sé.
Lo Studio diventa d'altro lato un interessante capitolo di storia lem»
barda, per il fatto che uno dei principali attori in quella scena fu il
Feria, successo di que' di al Toledo nel governo del Milanese e che
maestro di politica (1) vi si riv^ Alfonso Gasati, pur già stimatissima
e caro ai Reali di Madrid per la molta parte presa anni prima nella
congiura di Biron contro Enrico il Grande e per la protezione di quel
destro e influente consigliere e plenipotenziario del Fuentes che era
stato il 1602-1604 (e anni seguenti) Giulio Della Torre, prevosto di
S. M. della Scala in Milano (2).
Alfonso Gasati, tuttavia, benché il terreno gli fosse stato ben pre-
parato da Pompeo Della Grece ed egli fosse Tabìlissimo fatto scaltro
dalle frequenti lezioni delle cose passate, e ad onta che costanti lo
soccorressero colle raffinate astuzie della burocrazia un Grivelli, un
GuiUimann, un Ninguarda ed un Mohr, non ottenne di smuovere gli
Svizzeri dal loro proposito di non sacrificare in nessuna maniera la
società civile all'idea papale, il problema di Valtellina rimase più che
mai a risolversi, e sfiduciato dagli insuccessi della sua politica (dav-
vero la più contingente delle arti) egli mori in Goira il 7 agosto 1621,
(1) Cosi lo salutai il 30 settembre 1885 a pag. 613 delFc Archivio Storico Lom-
bardo » , nella diffusa e non spiaciota Recensione che allora feci delle FcmMie no-
iakOi Miìamti del signor Calvi. Ecco anzi, di quella mia Bibliografia, il brano in
cui è discorso di esso Alfonso e dei Casati: < Tipi originali, poderosi, di fa-
miglia lombarda, i Casati potentissimi neg^i ultimi tempi di mezzo, rotti alle arti
della diplomazia, versati in isvariate ed astruse discipline durante i primi secoli
deiréni moderna, in ogni tempo cavallereschi per indole, per tradizione invetenta
scevri di tutta volgarità, ebb^o abbondanza insieme e ricchezza di storia. Raacio
< irto di ferro » assaltò e respinse il Barbarossa, Conte cardinale stette coi Visconti
dal 1270 al 1288, Guglielmo seguì con ardore Matteo scomunicato da Giovanni XXTI
ma poi freddamente egoista abbandonò Galeazzo. Ramengo e Alpinolo venner rm
popolari dalla Margherita PusUrìa, e nel 1403 cadde tratto io difesa dei Barì>a-
vara Giovagnolo. Cardinale di S. Pietro in Vincoli fa Galeotto, e Danese e tronfio
di onori » andò il 1566 Visitatore generale nel reame di Napoli in nome del Re
Cattolico. Don Alfonso, conte di Borgo Laveszaro, diplomatico di prima riga, trescò
tra gli Svizzeri per Spagna e la Chiesa di Roma, morendo il 1621 a Coirà maegtrù
di politica e vero primo autore della possanza di sua famiglia. II nome di Teresa
Casati Gonfalonieri è oramai leggendario. Gabrio ebbe nel 1848 la Presidenza det
Governo Provvisorio di Lombardia e dal 1859 al 1873 le pii alte dignità del R^o.
A Cavour dedicò Antonio il suo Milano e i principi di Saooicu E nella XII ed
ultima tavola il Calvi ha narrato con diffusione pensata la nobile vita di Felice il
governatore del Lazzaretto durante la peste del 1690 ».
(2) Questi molto crasi infatti maneggiato per rimcùrt il 19 Uégìio 1S20 a fm^
famoso coA detto Sacro Macello^ che cominciato in Tirano da Giacomo RobnsteUi
fh la scusa ufficiale della venuta fortunata dei Franoeei in Valtellina, e poi la
prima cagione efiettrva del trattato di Monson 5 marzo 1626.
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RBINHARDT — LA CORRISPOJfDiBNZA DI ALFONSO K GEROLAMO CASATI 703
abbandonando il figlio Qarolamo (erede ambizioso ma insufficiente V alte
prese colla ciurma c^moniosa e maligna dei rivali e sotto il peso
della prolezione di Leopoldo.
Di Leopoldo V che da Heiterwang si d^nò ventiquattro giorni dopo
di sentire « con molto dispiacere » la dipartita non matura del bravo
Milanese, il quale colla « sua virtù et meriti cognoseiuti » e coUa
« sincera devotione » aveva tanto lavorato (lui Italiano I) in servizio
degli Asburgo e del Pontificato. < Vi condolgo di tanta perdita, la
quale vi ò toccata più particolarmente, ma sendo tal stata la volontà
del Sig. Iddio, alla cui santa dispositione conviene accomodarsi tutti,
vi coosolarete anco di quella. Et Io mi vi ofierisco sempre pronto con
la solita bmigna inclinatione verso voi ». Ma fìior delle magnifiche
parole, e delle promesse, Gerolamo nulla ebbe dall'Austriaco, se ne
eccettui il poeto assicurato. B si che il nuovo Gasati, diventato per
troppa arrendevolezza più il servo che il diplomatico dell* Arciduca,
durante il conflitto che presto si impegnò neirinterpretazione del fa-
moso Trattato di Madrid a^ piuttosto come uomo di Leopoldo che
come ministro del re di Spagna !...
Il carteggio tra Leopoldo V e i due Gasati consta di 177 lettere,
ma per verità di parecchie li Reìnhardt avrebbe assai facilmente po-
tuto disimpegnarsi. Alcune sono anzi prive affatto di valore storico.
Il maggior numero di esse, nondimeno, sono (non gioverebbe punto il
negarlo) il coefficiente necessario dell'Opera deiresimio di Friburgo.
La cui erudizìQne, savia e moderna, si rivela e rispicca nella Intro-
duzione, che gli fosse riuscita un pochino meno prolissa sarebbe stata
cosi come ò un modello apprezzabilissimo d'indirizzo critico e di metoda
Il lavoro di Enrico Reinbardt ci deve, del resto, tornar gradilo, non
foss'altro che perchè piace ogni tanto il vedo* valutati a dovere dagli
stranieri gli avventi e gli uomini d'Italia. Era d'altronde sentito da
molti, specie dagli studiosi della Storia di Milano (di una Stòria mu-
nicipale cioè che spesso diventa Storia non solo d'Italia ma d'Europa),
il desiderio di una Monografia che illustrasse a dovere la figura non
ordinaria di Alfonso Gasati, di lui che « vero primo autore della pos-
sanza di sua famiglia » ebbe per ventisette anni robusta e non irra-
gionevole nel seno la conoscenza del morto suo.
Le cose lunghe finiscono in biscia. Si chiuda dunque questa Recen-
sione di questo fSeiscicolo primo della GoUana che l'Università Fribur-
ghese s'è accinta a raccogliere e pubblicare, benaugurando riconoscenti
al {HTofessore Reinhardt Gui risparmieremo le altre solite esagerazioni
laudatone, convinti come siamo col Tommaseo che < talvolta il dare
agli uomini ingegnosi troppo ingegno, è lode più grave della calunnia ».
Gaetano Sanoiorcho.
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704 RECENSIONI — M. SCHIFA
CHARLES GÉRIN, Louis XIV et le Saint-Siège. Paris, Libraìrie Le-
coffre, 1894. Tome premier, pp. ix-576. Tome second, pp. 646.
n profondo sentimento cattolico deirautore spiccia da ogni pagina
de' due grossi volumi; una devota ammirazione per la Sede Romana
è la nota costante delle conclusioni a cui Tautore perviene, nell'esame
delle singole questioni. Ciò può autorizzare il lettore indipendente a
modificare, qua e là, per conto suo, i giudizi che trova dati ; ma è
difficile ch*egli non accetti la sostanza dei fatti. Tanto la lunga espo-
sizione, nelle sue più minute particolarità, è solidamente basata su
testimonianze irrefutabili (memorie, carteggi del tempo, documenti editi
e inediti, tratti particolarmente dagli archivi francesi del Ministero
della Marina e del Ministero degli affari esteri e dall'Archivio Vati-
cano) e tanto serio è Tapparato dottrinale, specialmente nelle discipline
giuridiche, con cui furono iniziate e condotte queste ricerche.
Per molti anni il signor Gérin, ancien conseiUer alla Corte d'appello
di Parigi, volse la sua attenzione a' rapporti tra la Francia e la Corte
romana, durante il regno di Luigi XIV ; e ne trattò spicciolatamente
in una lunga serie di scritti speciali, che apparvero, i più, nella Revue
des questions historiques, ft*a il 1868 e il 1886. Pensava di dar fuori,
un giorno o Taltro, una vasta opera, un'esposizione non interrotta di
quei rapporti dal principio alla fine di quel regno lunghissimo. Ma lo
arrestò al secondo volume, neir87, il male che gli tolse la vita. E i
due volumi postumi, che son qui annunziati, non contengono che so-
lamente venti de* sessant'anni vissuti dal gran re dopo, la morte d'In-
nocenzo X; vale a dire i suoi rapporti col pontificato di Alessandro VII
(t 1667), che occupano la maggior parte dell'opera (tutto il primo vo-
lume e buona parte del secondo) e i rapporti con Clemente IX (f 1669)
e poi con Clemente X (t 1676).
La minuziosa trattazione conferma luminosamente quello che si sa-
peva: che Luigi XIV, professandosi strettamente devoto alla Chiesa,
non riguardasse la Chiesa se non come strumento della sua potenza.
Ma l'interesse dell'opera sta nei particolari: nell'illustrazione de' fatti
secondari, nell'esame delle singole questioni, nella rappresentazione
d'una folla di persone messe in moto accanto a papi, a re, ad amba-
sciatori, a ministri. D'ognuna di queste l'A. offre un ritratto il più che
può preciso. Alessandro VII, col quale apri la lotta il re di Francia,
deve esser conosciuto anche come Fabio Chigi, stato nunzio pontificio
a Mùnster nelle pratiche per la pace di Westfalia, perchè si possa
più esattamente giudicare dell'indole e dell'opera sua. E a questo serve
un capitolo d'introduzione, ch'è pure fondamento alla narrazione suc-
cessiva ; perchè qui son messi in vista quei rancori personali del Ma-
zarine verso Innocenzo X, nei quali l'A. scorge l'origine dell'acre dif-
fidenza penetrata nelle relazioni fira la corona di Francia e la Santa
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CH. GÉRIN — LOUIS XIV ET LB SAINT-SIÈGE 705
Sede. Qui, per esempio, potrebbe dissentirsi dairopinione delFA. (p. 2)
che pour etfrayer InnocenL X plutót qite pour combattre l'Espa-
gne, il (Nfazarin) reporta la guerre au delà des Alpes et tenta de
bùuleverser tout le sy stèrne politiqite de V Italie. E cosi, in seguito, può
dubitarsi forte della « calamitosità » degli effetti che avrebbero potuto
avere le pratiche francesi specialmente circa Napoli e Sicilia — con
una certa affettazione riguardate dalPA. più come feudi della Chiesa
che come province di Spagna — e dell'utilità derivata all'Italia dalla
resistenza che il papa oppose alle pratiche mazariniane. Si sa che Ma-
zarine tramava co' napolitani, alla vigilia della rivolta di Masaniello,
per dar loro un re indipendente nella persona d'un principe di casa
Savoia. E, incitando i suoi agenti a fomentare le sommosse de' napo-
litani e de' siciliani, à engager, com'egli scriveva, de plus en plus les
peuples des royaumes de Napleset de Siede à secouer le Joug
des Espagnoles, si dichiarava disposto à ne Hen épargner en
des maUères de cette conséquence, où il ne s'agit pas moins de la
perte de deux royaumes pour VEspagne, qui serait le coup mortel
de cette monarchie4à. Similmente altrove, qua e là, si è restii a sot-
toscrivere ad altri apprezzamenti personali. Ma, all'infuori di questa
parte puramente soggettiva, rimane autorevolissima la rappresenta-
zione de' fatti, formata quasi sempre con lo stesso testo de' documenti,
forse a scapito dell'estetica, certo a vantaggio della credibilità; forse
un po' pesante pel cumulo delle diverse questioni che si vennero ag-
giungendo alle cause principali del dissidio, ma non per questo intral-
ciata od oscura. Preziose notizie s'incontrano, taciute dagli scrittori del
tempo e dagli storici posteriori, come, ad esempio, sulla seconda spe-
dizione del duca di Guisa nel Napolitano (p. 20 sgg.), messa in piena
luce dalla recente pubblicazione della corrispondenza del Mazarino.
Ricco di particolari interessanti il racconto della cattura del cardinale
di Retz e del seguito ch'essa ebbe, col quale s'intreccia la più famosa
questiono del Giansenismo. Il prigioniero, evaso da Nantes, trovò in
Roma accoglienza onorevole quale si conveniva a un arcivescovo-car-
dinale, tanto più, a giudizio d'Innocenzo X (p. 41), les choses étant
sujettes à tant de changements en France; que celui qui était
avjourd'hui criminel ne Vétait plus demain, et qu'il se peut fatre
que dans peu de temps on voudra qt^ le cardinal de Retz demeure
archevèque de Paris; giudizio di li a pochi anni ripetuto su per giù
nnche da Alessando VII (p. 292).
Ed era aperta la contesa df quel rifugio quando avvenne la morte
di papa Innocenzo, con la quale si chiude Vlntrodu^tion.
La trattazione propria, dunque, comincia col conclave del 1655, del
quale, come poi di quello del '67 e dell'altro del '69-70, l'A. con mano
sicura svela le menti e gli animi, penetrando nei più intimi recessi.
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706 BICBM6I02V1 — M. SCHIFA
I maneggi fi^ncesi, particolarmente di Ugo de Lioiiiie, nipote dì Abel
Servien sopraintendente delle finanze col Foncquet^ agente de* più abili
e meno scrupolosi del Mazarino, non valsero a impedire reiezione di
Fabio Chigi. A torto di qnest'elezione il Retz dette a sé tutto il nie-
rito, nelle sue Memorie, e a torto glielo conferma, sia pure in parte,
il suo più recente storico, lo Ghantelauze. Pomo della discordia la
pretesa destituzione deirarcivescovo di Parigi» fu inacerbita dall*oppo-
sizkme de* vescovi gallicani alle disposizioni conciliative del papa. Ig^
ravasi fino ad ora (p. ili) che il Retz, nel tempo stesso in cui, co-
stretto dal papa, deiegaya ad amministrare Tarcivescovado un vicario
accetto al re, annodava negoziati per un riavvicinamento al cardinale-
ministro, suo mortale nemico. Il Mazarino mirava a screditare in
Europa la santa sede, perchè nel giorno, ormai vicino, in cui la Francia
terrebbe in sua balia la Spagna vinta ed esaurita, Tantico nunzio di
Mùnster non facesse più sentire la sua voce moderatrice fra le due
parti (p. 114). La questione Retz per lui era più che altro un pre-
testo. Per spaventare Roma e piegarla a' suoi disegni, il Mazarino s*ap-
poggiò a gallicani e a giansenisti, e si vide s^étabUr enire ies erreurs
gullicanes et Ies doctrines de Port-Royal celte alliance fatale qui
rendaU inefficaces Ies condamnations portées contre la sede par le
saint*stòge.., (p. 147). La pace de' Pirenei in&tti, come il Maxanno
vdle, fu conchiusa senz*alcuno intervento di Roma. Un altro movente
della sua condotta ci è rivelato dalla sua corrispondenza inedita. Nel-
l'atto che inviava a Roma il presidente Golberi, firaitello di Giambat-
tista, con la missione d*ottenere dal papa la restituzione di Castro al
duca di Parma e di Gomacchio al duca di Modena, segretamente pro-
pt/neva ad Alessandro che ritenesse Castro e Ronclglione, non per la
Chiesa ma pe'suoi parenti, purché ne riserbasse una parte alla &-
miglia Mancini! Nessuno storico menziona una scena della morte del
Mazarino, nel castello di Yincennes, che TA. riproduce, a pag. 211,
da una lettera del Nunzio al cardinal Chigi (9 marzo 1661) dell'Ar-
chivio Vaticano.
Morto il ministro. Luigi XIV ne continuò la politica doppia, diffi-
dente e violenta verso il pontificato. Dichiarando, conforme alle vive
istanze di Alessandro VII, di voler formare una lega contro i Torchi,
ridivenuti spavento d'Europa, fece di tutto per impedirla, siccome l'A.
dimostra co' fktti e con la corrispondenza autentica e inedita del re.
Lungamente egli slntrattiene sul famoso accidente della guardia Còrsa
(20 agosto 1662), che a torto continua ad esser rappresentato, ultima-
mente dal Chantelauze, come un complotto ordito dal papa e da* suoi
in onta alla Francia, come une abomùtaòle violaticn del diritto deUe
genti, concertata fra i parenti del papa e il cardinale Imperiale, go-
vernatore di Roma; cosicché Venormezza delle vendette del re avrebbe
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CH. GÉRIN — LOUIS XIV ET L& SAIWT-SIÈGE 707
poi aolainfiQte pareggiato renormezza deiratteatato (p. 25&^4&). SuUa
l^se de* carteggi custoditi DeirArch. Vaticano è ricostruito ia tatt' i
suoi particolari il noto episodio, a proposito del quale è notevole la
seguente dichiarazione (p. 257): Les écrivains de notrepays oni des
devoirs particuHera à rempUr ew^ers la mémoire d'Alexandre VII;
car d'est pour JusUfier la détesiable poHtigue de la cour de France
gu'ani été composès la plupari des gazettes, des Hbelles, des Ifores^
q%d oni décriè ce ponUflcaU Cesi Mazarin, c'est L&mne, ce sant les
auteurs soudoyés par Louis XI V qui ont accrédilé le plus de contes
odieux sur la famiUe Chigi. Nos pamphléiairts se sont sottverU de-
guisés sous des noms étrangers: un de leurs artiflces a été de
donner à leurs satfres la forme des Relazioni faites au Sénat
de Venise par les ambassadeurs de la R^puibligue auprè^ du saint-
siège. Une première relation, attribitée au cavalier Angelo Corraro,
ambassadeur de 1657 à i660, mais composée par un conseiller au
parlement de Roueny ChaHes de Ferrare du Tot, fui imprimée à
Leude {1663) et rèpandue dans toute VEurqpe, en latin, en itaUen
et en frangais. Celie satire adroite„ qice sa modération apparente
rendait plus dangereuse, eut un tei sticcès quon lui donna une
suite sous le nom d'un autre Vénitien, Basadonna, qui fui ambas-
sadeur à Rome de mai 1661 à novembre 1663. Vhisiorien protestant
Léopold Ranhe, qui s'est souveni récrié contre les calomnies de ses
coretigionnaires, a cité avec conftance cespièces apocryphes... (258).
Le minacce e le vendette, che seguirono Tepisodio, afiEhtto fortuito e
imprevisto, de* Corsi, parvero aver termine col trattato del *54 violen-
temente estorto ad Alessandro e da lui in buona fede eseguito. Ma
nuovi motivi di ostilità suscitò il cozzo fra le esigenze papali circa la
chiesa gallicana e Teresia giansenista e le teorie regie di supremazia
anche in materia di fede. E TA. segue punto per punto lo svolgersi
delle nuove questioni, a cui s*aggiunge l'altra dell'Investitura del regno
di Napdl a Carlo II, Ano alla morte di Alessandro VII (22 maggio *67),
con la quale ha termine il primo libro.
Con la stessa diligenza di metodo si discorre, nel secondo libro,
de' rapporti di Luigi XIV con Clemente IX, che, come il suo predeces-
sore e come poi il suo successore, continuò a difendere i diritti della
Chiesa con moderazione paziente, ma anche con risoluta fermezza, contro
le voglie sempre crescenti e le sempre crescenti violenze della Corona.
La Francia sapeva ciò che si faceva, Sa Majesté^ come scriveva
il Lionne, divenuto ministro degli afiari esteri, al duca di Chauhies,
ambasciatore a Roma (t. II, p. 180), n'itant pas, Dieu merci, dans
la mime nécessilé qu'ont la plupari des autres princes et rois qui
sauffrent dans leurs intéréts des pré^rudices extrémes^ quandi Us
n'ont POS la court de Rome favorable. Una delle nuove questioni, agi-
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708 RECENSIONI — M. SCHIFA
tatesi nel breve pontiflcato di Clemente ÌX, fu quella del matrimonio
di Maria di Savoia, regina di Portogallo. Balzato dal trono e impri-
gionato suo marito Alfonso VI e fotto reggente don Fedro, fratello di
costui, dalla rivoluzione del novembre *67, Luigi XIV, senza intervento
del papa, fece annullare il primo matrimonio di Maria per darla in
moglie al cognato reggente. Tentativi di corruzione non furono rispar-
miati, fì*a altri illeciti mezzi, per asservire il papato alla polìtica di
Francia. Ma Tincapacità dello Gbaulnes non riuscì a nulla. Mi piace
riferire, a titolo di curiosità, un' umiliante mistificazione di cui fu vit-
tima Tambasciatore francese: Le 27 (zoùt 1667, dans une dépéche
entièrenient chiffrée, le dite de Chaulnes annonce sérieusement à
sa cour un coup monte par don Mario Chigi, frère ainè d'Ale-
xandre VII, pére du cardinal Flavio, que l'ambasscuieur vènUIen
sagredo appelail déjà un septuagénaire dans sa Relazione de
1661, retiré avec sa femme dona Berenice au demier ètage dupor
lais de la place Colonna, et qui allait mourir quelques mais plus
tard (novembre 1667), accablé d'tnftrmités aussi bien que d*années.
Ce vieiUard a noué des rapports ténebret^x avec les Espagnols : il
achète des biens en Sicile et dans le royaume de Naples, et il vieni
d'envoyer à la cour de Vienne, pour Vaider à lever des troupes
confre la France, deuco cent rniUe pistoles en or (pari a 12.000.000
di franchi I), cachées dans les bustes des douze Césars, qui simulent
un présent adressé à VEmpereurl Le due de ChaiUnes en est bien
sur, car il tieni le fati de Vouvrier, malpayé, qui a place Vor dans
les bustes, et du voUurier Nicolas Usson, Lorrain, qui transport le
trésor à Vienne, en passant par Milan, Cóme, le Saint-Oothard,
Altorf, Lìcerne, Bàie et le col du Bonhomme €oùil veut ètrepris >.
Louis XIV répond gravement que Vhistoire n'est pas très vraisem-
blable, mais qu'il va donner Vordre de guetter, sur le grand chemin,
les millions de don Mario. En effét les agents franQais vontjusq'à
Milan au devant du rotUier, mais sans rien rencontrer. Bientót le
due de Chaulnes annonce que le chef du convoi s'est casse le bras
au Saint'Oothard, puis, qu'il est mort à Milan et qu'on ne saitpas
ce que soni devenus les bustes f (p. 288).
La contesa divampò più viva col terzo papa Clemente X. Scoppiata
la guerra con TOlanda, il re pensò d'addossarne alla Chiesa gran parte
delle spese. E però mise la. mano sopra una porzione considerevole del
patrimonio ecclesiastico, assoggettando a sé gli ordini di s. Lazzaro e
di Notre-Dame-du-Mont-Carmel e moltiplicandone i possessi a danno
di altri istituti che abolì. Com'è da aspettarsi, i'A. (p. 489 sgg.) mena
grande scalpore per queste mostruose usurpazioni (le regalie) che in
verità dovrebbero essere discusse prima che condannate. Durante
quella controversia, cresciute le violenze e gli Intrighi e gli abusi a
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A. TOLOMBI - SCRITTI VARI i09
palazzo Farnese, sede deirambasciata di Francia o piuttosto foyer (Va-
gitation et de complots mettant en perii Rome et les États voisfns
(p. d36), 1 provvedimenti pontifici per riformare « le franchige de'quar-
tieri » furon nuova esca agli odii, mentre les desseins de Louis XIV
sur le MUanais et sur les Deux Siciles pouvaient d'unjour à Vauire
transporter la guerre dans la pènfnsule (p. 633). Fra gli sforzi ten-
denti ad allontanare quella guerra e a promuovere la lega cristiana
contro i Turchi cessò di vivere, il 22 luglio 76, Clemente X, le saint
vieillard. Qualche mese dopo — così termina Topera di cui do notizia
— le roi de Pologne et Mahomet IV conclurent le funeste traité de
Zurawno par les soins et à Vavantage du Eoi très-ehrétien,., Tou-
jours jaioux de la puissance ecclésiastiqite^ Louis XIV va pour-
suffyre ses aggressions contre le chef de l'Église.... les procédés les
plus humUiants soni réservés au nonce Varese, doni le cadavre
méme ne sera pas épargné. La querelle des franchises se réveiUera,
et le roi de France scandalisera l'Europe, protestants et cathoUques,
par rambassade armée de Levardin,...
Michelangelo Schifa.
ANGELO TOLOMEI, Scritti vari. Padova, Ang, Draghi, 1894, pp. vii-460.
Questo libro del Tolomei non è destinato a quel clamoroso successo
che sorride alle opere o di battaglieri ingegni, o nuovi scopritori, o
di genti poderosi. L*autore stesso non può conoscere Taccoglienza
clie il volume avrà; il Tolomei già da sei anni è morto, e la prepa-
razione di questa stampa devesi alla cura deirintelligente editore, il
quale intese di recar giovamento, in tal modo, cosi alla patria coltura,
come alla fama del cittadino onorato. Neirimpresa fu coadiuvato dai
figli del Tolomei, che posero a disposizione di lui quanto meglio po-
teva riuscire a ricordare Toperosa esistenza deirintelligente padre loro.
Il libro dunque è una raccolta di quello che ha scrìtto dalla giov>
nezza alla immatura morte il Tolomei, spentosi non ancora cinquan-
tenne. La varietà che domina in questa pubblicazione è grandissima,
e manifesta il versatile Ingegno dello scrittore che sapeva adattare la
coltura, Terudìzione e la fantasia sua agli argomenti più disparata-
mente diversi.
L'editore ha tutto pubblicato, rispettando, senza scelta, ogni ricordo,
ogni traccia dello scrittore e dell'uomo intemerato. Ciò ha ingrossato
di molto il volume, ma non mi pare che accresca la favorevole opi-
nione che il lettore può riportare sopra il Tolomei, se di lui cono-
scesse molto meno. Ma, ripeto, il rispetto avuto dall'editore può giu-
stificare l'impresa; la quale, commercialmente parlando, interessa lui
direttamente, e dell'esito del libro, per tale riguardo, deve esser con*
tento lui più che altri.
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710 BECENSIONI — P. SPEZI
Espongo il contenuto molteplice di questi scritti, non solo perdiè ì
lettori giudichino degU argomenti trattati, ma perchè nella modesta
opera di chi noa pretese a nome di grande letterato, ognuno può tro-
vare materia per la individuale erudizione. E, se il TolcMnei gioverà,
anche dopo morte, agii studiosi italiani, il nome di lui, benedetto da
tanti die lo Abero, vivo, consigliere prudente, e valido aiutatosre, du-
rerà ben più a lungo nella riconoscenza di tanti cultori della lette-
ratura nazionale.
• «
Il libro è stato diviso in quattordici parti, avuto riguardo alla forma
degli scritti; le prime dieci sono prose, le altre quattro poesie.
Ad ornamento del libro sta al principio un bel ritratto deirautore,
e, per Tintelligenza dei lettele roditore ha pure preposta una breve
prefazione, nella quale son dati pochi cenni della vita del Tolomeì.
Queste succinte notìzie possono render più simpatica la figura deHo
flcrìtiure, perchè delPopera assidua, paziente, faticata da lui, per gio-
vare all'ideale comune ai cuori patriotici del suo tempo, cioè alla
liberazione dell'Italia dallo straniero, di quest'opera pochi ricordi noi
abbiamo; e gratitudine nazionale può anche spingerci a conoscere an-
cora il nome e gli scritti di un altro che ha co^ bene meritato della
patria saa.
La prima parte contiene alcune monografie, delle quali ineritaDo
speciale ricordo le prime due pei riguardo filologico e la terza per
quello artistico. Quelle trattano, Tuna : Del volgare iUustre in Padova
cU tempo di Dante; Taltra: Delle vicende del vernacolo paéommno;
questa Delia chiesa di S. Maria, della carità, d^sinta da Giotto nel-
f Arena,
Nel primo scritto, prendendo le mosse dalla menzione che Dante
nel Volgare Eloquio tb d'uno scrittore padovano, certo Ildebrandino
o Brandino, l'À. discorre di costui per quel poco che se ne sa ; poi
accenna ad alcuni altri scrittori pure di Padova precursori deH* Ali-
ghieri nel propagare fuso della lingua italiana. Nei secondo si & quella
ch'egli chiama la biografia del dialetto padovano, tanto più che egli
asserisce non esistervi più in Padova uno speciale dialetto; anzi, perchè
come quello di Padova cosi pure pian piano egli stima che tutti gli
altri dialetti vengano tneno nella loro fu»oiie o «ooperazione al volgare
per eccellenza, la lingua nostra, egli esorta a narrare la storia di tatti
questi nostri parlari e inneggia all'ideale dantesoo dell'idioma nazionale.
Il terzo scritto ha particolar valore, perchè, sotto forma di proposta
per br riattare la chiesa di Padova dipinta da Ghiotto, fii la storia
della chiesa stessa e ragiona dei vari e notevoli pregi artistici delle
pitture giottiafne «n essa ocntenuie e che contribuiscono alia rarità di
quel monumento.
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A. TOLOMEI — fiORim TARI 711
* «
Vengono poi gii artiotrii che il Tolomei pubblieò nel giornale // Co-
mftne da lui fondato e fatto prosperare, insieme coirBmiUo Morporgo
ed Enrico Salvagnini, in Padova dal luglio 1864 al maggio 1866; e,
sebbene possano avere, specie aleuni, pregi o storici o letterari, pure
non credo meritassero molto d*esser di nuovo stampati perchè privi
del carattere di attualità che deve specialmente averli resi opportuni
e importanti.
Seguono due commemorazioni, poi alcuni cenni necrologici, poi
altre commemorazioni funebri che appaiono di considerevole effetto
perchè improntate a* vivi sentimenti di sincera stima, o di profonda
ammirazione, o di riconoscenza schietta verso le persone ricordate.
Certo ad alcuni di questi discorsi dà pure interesse speciale Toggetto
loro: Garibaldi, P. F. Calvi, vittima della f(H*ca austriaca in Mantova
nel 1855, Terudito G. Barbieri, successore del ìiL Cesarotti nella cat-
tedra di letteratura greca e latina neiruniversità di Padova.
Ti son pure due conferenze: Le calunnie delia tradizione, spiritosa
ed erudita; E popolo veneziano al cadere della Repubblica, nella
quale si spezza una lancia in favore del nome e della lama del ca-
rattere veneto, di cui in quella funesta caduta non mancarono esempi.
Dei sedici discorsi inaugurali, riportati appresso, io eredo non
metta conto discorrere: son quasi tutti brevi; però, forse, questo non
è piccolo nft comune merito di comp<Miimenti siffatti.
A pag. 307 trovasi la rubrica: Pensieri, dove sono poche massime
staccate, isolate, trovate qua e là. Molto commendevole il primo : Sopra
lutto non avvezzate igiofcani ad amare le iperboli: le iperboli sianno
aJTirrisione, al cinismo, al dileggio d'ogni cosa grande e vera, come
la vigilia all'indomani. Avvezzate il cuore adolescente all'amore del
vero senza fronzoli e gingilli.
Chiudono la parte prosastica quattro discorsi tenuti al Consiglk) Co-
mvBale di Padova per quattro relative proposte d*indole didattica; e
alcune epìgrafi o commemorative o mortuarie; e, come nei primi si
manifesta il savio interessamento del Tolomei all'istruzione e airedu-
cazione dei auoi concittadini, «osi nei secondi egli palesa la calda am-
mirazione sua per quanto v'è di gentile, di patriottico e di graade in
«hi consacrò la sua vita a grandi, « patriottici, a gentili ideali.
* «
La parte poetica contiene versi e componimenti d*ogni forma e
metro. Prima scoio alcune poesie varie, tra le quali graziosi e spiri-
tosi alcnm eptgranmd, di cui ecco un salace saggio:
M miei figli:
SUL MIO SBPOLGKO SGRIVERBTfi OUESTO:
FU BffiPUTATO, XPPUa RIlfÀSB ONESTa
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712 RECENSIONI — E. CASANOVA
Poi, son dodici sonetti e alcuni versi per album, infine traduzioni
varie cosi dal p^reco di Rufino, come dal tedesco di Heine^ come dal
latino di Lucrezio. Anzi dal De Rerum Natura sono stati tradotti
lunghi e molteplici brani, che manifestano l'intenzione sua di darci,
forse, rintero poema tradotto, opera che non sarebbe stata nò vana^
né poco onorevole alla fama dei Tolomei, perchè questi copiosi sa^
hanno tutti una vigorìa di verso, una precisione di concetto e una
maestosa armonia di composizione da (àr davvero rimpiangere che il
lavoro sia restato incompiuto.
« •
Riassumiamo concludendo che il volume del Tolomei sì presenta sotto
forma di generoso tributo alzato alla memoria di lui da filiale rico-
noscenza dei suoi e da calda ammirazione del solerte editore; e per
questo non va discusso se, per la difTusione sua, sarebbe dì più gio-
vato restringer la materia e fare il contenuto più breve.
Ad ogni modo, il libro oltre che ben provvedere a degnamente ri-
cordare il nome di questo operoso e intelligente cittadino, patriota e
scrittore, può porgere contributo alla coltura letteraria nostra e ser-
vire ai giovani di esempio di attività e a tutti di sprone a giovare
agli altri.
E in questi tempi d'invadente egoismo, non è male specchiarsi in
una vita consacrata al bene della patria e dei propri! concittadini.
Cosi l'esempio giovasse a molti! P. Spezi.
PAOLI CESARE, Programma scolastico di pateografia latina e di
diplomatica. II. Materie scrittorie e librarie. Firenze, G. G. San-
soni, 1894. In-8*, di pp. vj-i52.
Vivamente desiderato dagli studiosi, vede la luce, sei anni dopo il
primo, il nuovo volume del prof. Cesare Paoli. Trattava quello della
paleografia latina, delle sue regole e del suo svolgimento storico ; e
sotto forma chiara e succinta permetteva ad ogni persona di farsi un
concetto esatto delle scritture medioevali e ne agevolava lo studio. Si
occupa questo esclusivamente delle materie scrittorie, degli strumenti
ed inchiostri adoperati, della forma e della composizione del libro,
della tradizione e conservazione dei manoscritti; ed ò sotto ogni
aspetto degno del primo, libro non già soltanto di studio, ma benà
ancora di coltura generale che ognun legge con vantaggio e diletto.
Per dare un'idea di quest'opera, a cui non s'addice veramente il titolo
troppo ristretto e modesto di Programma scolastico, esponiamo in
breve l'ordine dei moltissimi argomenti che vi sono trattati, soffer-
mandoci alquanto su quelli di cui l'Autore ha dato pel primo mag-
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PAOLI — PROGRAMMA SCOLASTICO DI PALEOGRAFIA LATINA ECC. 713
giori notizie. Con che speriamo di fare cosa utile e grata ai lettori di
questo periodico.
Le varie materie, adoperate attraverso i secoli per la scrittura, non
possono tutte considerarsi come attenenti alla paleografia e alla diplo-
matica. Tuttavia, sebbene le più antiche appartengano più propria-
mente airarcheologia, da queste prendendo le mosse, giova ricordare
che nei tempi più remoti si scrisse sulle foglie e sulle corteccie d*al-
bero, d'onde provennero nel linguaggio librario le parole foltum e
Uber. Si scrisse ancora sulla seta ed il lino, sulla terra cotta, sul vetro,
sul legno e sull'avorio; e di atti incisi su metalli rimangono, oltre a
diversi altri, vari esempi nei cosi detti celomi militari, che ai vete-
rani delle coorti romane rilasciavansi alla fine del loro servizio e con-
tenevano la copia autentica di certi privilegi che ad essi concedevansi,
specie il ius connubH et ctoUatts- Constavano di due lamine di bronzo,
ripiegate Tuna sull'altra e tenute unite da un lato da tre fili metal-
lici. Il testo era scritto sulle pagine interne e, chiuso il diploma con
un triplice filo, era ripetuto sopra una delle facce esterne, mentre
sull'altra apponevansi i sigilli ed i nomi di sette testimoni. Di altro
diploma, inciso sul piombo, del famoso diploma di re Liutprando del
743 a favore della Chiesa di Asti, G. Gk>rrini parlò già in questa stessa
Rivista (I, 2) per dimostrarne la falsità.
Le pietre, il marmo ed il sasso vivo furono pure spesso usate per
la scrittura fin da tempi remotissimi ; ma non concernono quasi esclu*
sivamente la diplomatica se non le cosi dette carte lapidarie, che con-
tengono copie 0 estratti di documenti pubblici, di cui conservano i
caratteri diplomatici. Di tali monumenti è piuttosto ricca la Francia ;
ma non ne difetta neppure l'Italia e ne abbiamo un notevole esempio
nella carta nepesina del 1131, che serba la notizia di un giuramento
di Società fra i milites e i consules di Nepi. A queste carte il Paoli
aggiunge le iscrizioni commemorative di documenti come quella fio-
rentina del novembre 1398 che ricorda una concessione fatta dagli
Ufficiali della Torre alla Compagnia di Sant'Onoft-io.
Larghissimo ancora Ai l'uso della cera presso gli antichi e molto fre-
quente è la memoria che ne serbarono i classici. Due specie di monu-
menti dei tempi romani, scritti su questa materia, giunsero fino a noi,
le quali giova ricordare: sono i dittici consolari ed i libelli di contratti.
I primi, composti di due tavolette d'avorio legate a mo' di libro, cerate
internamente e riccamente istoriate all'esterno, donavansi dai Consoli,
di cui riportavano le immagini, ai loro amici nei banchetti che facevano
quando entravano in carica. Per la loro ricchezza un certo numero di
essi fa conservato dalla Chiesa, la quale se ne servi come di coperte di
vangeli e di libri sacri, o li trasformò in dittici cristiani, iscrivendovi
i nomi di coloro che dovevano essere commemorati durante la messa
Siviita Storica Italiana, XI. 47
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714 aBCENSiom — e. casaivova
e ponendoli perciò sogli altari. Libretti cerati, contenenti atti privati,
furono in certa quantità rinvenuti ai giorni nostri in Transllvania e
a Pompei e sono, per la maggior parte, trittici, vale a dire, sono com-
posti di tre tavole o di sei pagine; delle quali la prima e rultima ser-
vono dì coperta; la seconda e la terza contengono il primo testo del
documento, e, secondo le norme del diritto romano, erano chiuse af-
finchè quel testo rimanesse inalterato; la quarta contiene i nomi dei
testimoni coi loro sigilli ed il principio del secondo testo che termina
nella quinta. Nel medio evo la cera fu usata senza interruzione come
materia scrittoria e, senza citarne altre, ne abbiamo belle prove nel
libretto di un mercante fiorentino del secolo XIII e nel codice cerato
di Filippo il Bello del 1301 che si conservano nell'Archivio di Stato
in Firenze. Anzi, può dirsi che tale uso non cessò fino ai giorni nostri,
poichò, secondo Édelestand Du Méril, ancora nel 1861 i soprastanti al
mercato del pesce di Rouen regnavano le vendite su tavolette di tale
materia.
Nò soltanto come materia sulla quale scrivere servi la cera nella
diplomatica medioevale; bensì ancora, come avvertì per la prima volta
il Paoli stesso, fu usata per indicare nei manoscritti i luoghi notevoli
0 quelli passibili di correzioni: al quale efTetto ponevasi di fironte al
prelodato brano un pastelletto di questa materia. Ed è conosciuta la
risposta del Bembo a quel tal poetastro, il. quale maravigliavasi di
ricevere da lui lindo e pulito e senz*alcun segno di cera un sonetto
che aveva sottoposto al giudizio di lui. Al quale l'altro disse che per
correggerlo coscienziosamente avrebbe dovuto tufTare tutta la carta
in una caldaia piena di cera liquida.
Gol papiro comincia veramente la storia del libro. Senza entrare
nelle lunghe discussioni cui diedero origine i capitoli di Plinio che
parlano della fabbricazione della carta di papiro, discussioni egregia-
mente esposte fino dal 1878 dal Paoli stesso in apposito lavoro, ed ora
riassunte nel suo Programma^ diremo che dal fusto di quella cipe-
racea traevasi la carta, fendendolo per lo lungo in liste sottilissime,
che si allineavano sopra una tavola bagnata coiracqua limacciosa del
Nilo in modo da formare uno strato piano (scheda) ; alla prima scheda
sovrapponevasene un'altra trasversalmente, ed ambedue si premevano
e bagnavano in modo da Carle aderire. QoA ottenevasi il foglio di pa-
piro, di cui erano poi accresciuti il pregio e la bontà dai lavm dì
ricomposizione e di rifinitura a cui veniva assoggettato a Roma ; e
secondo le sue qualità o la sua fiibbricazione assumeva nomi diversi.
Di tutti i documenti papiracei superstiti il Paoli propone e segue
una classificazione semplice e razionale in papiri egiziani, ercolanesi
e medioevali. Neirultima delle quali cat^orie, sopra cui scrisse m
insigne lavoro Gaetano Marini in principio di questo secolo, si possono
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PAOLI — PROGRAMMA SCOLASTICO DI PALBOORAFIA LATINA ECC. 715
ancora distinguere le carte ravennati, dal 444**45 al secolo X, i diplomi
dei re Franchi, dal 625 al 660, e i privilegi pontifici, da Pasquale I
(819) a Benedetto YIII (1020-^22).
Ma adoperata più assai del papiro e vera materia scrittoria del
medioevo fu la pergamena, carta fatta di membrane d'animali, chia*
mata con tal nome quando era lavorata e pulita, altrimenti detta
cuoio, Erodoto ed altri classici pretendono che alcuni popoli deiran*
tichità usarono spesso, a difetto di papiro, pelli caprine e pecorine ;
ma non pare che nel medio evo il cuoio fosse mai adoperato per la
scrittura, poiché anche il documento dell* Archivio di Stato fiorentino,
che rìtenevasi per tale, viene ora classificato fra le pergamene dal
Paoli, che lo sottopose ad un'analisi microscopica e ad una misura*
2ione micrometrica.
Da Pergamo venuta a conoscenza dei Greci e dei Romani, la per*
gamena ebbe gran corso nel medio evo. I più antichi codici scritti su
tale materia risalgono al lY o al III secolo ed i primi documenti pa<*
gensi sono del VII (670^*71) e si conservano in Francia e in Inghilterra.
L'Italia ne possiede del secolo Vili ; e la più antica pergamena che
vi si trovi è del 12 marzo 716 e si conserva nell'Archivio di Stato di
Milano. Tardi ne fece uso la Cancelleria papale e non cominciò a ser-
virsene regolarmente che sotto Benedetto Vili. La prima bolla su per*
gamena è del 1013 e si trova a Firenze, ove parimenti si custodisce
quella del 1017 che le vien dappresso e ohe il Oiorgetti, il quale la
scopri, pubblicò recentemente neW Archivio storico italiano.
Maggiore ancora a quello della cartapecora fu negli ultimi secoli
dell'età di mezzo l'uso della carta; la cui fabbricazione diede origine
ai giorni nostri a una lunga e vivace discussione da poco sopita*
Alcuni pretendevano che nella composizione della carta medioevale
entrasse il cotone allo stato naturale; sostenevano gli altri che la carta
fli sempre e da per tutto fatta con stracci di lino. Il Paoli, di cui 6
gran merito seguire i progressi della scienza, teneva da principio per
la prima opinione, ma con molto onor suo si è convertito all'altra
tosto che i dubbi sollevati dal Briquet e l'analisi del Wiesner ebbero
provato che soltanto l'ultima aveva fondamento scientifico: ed a questa
ormai tutti hanno aderito.
Introdotta dagli Arabi nella Spagna, l'industria della carta si sparse
da per tutto fra i secoli XII e XIII ; e del secolo XII sono i più hn*
tichi documenti superstiti. L'Archivio di Stato di Genova possiede, in
deplorevoli condizioni di conservazione, un preziosissimo cimelio di
tal genere nelle imbreviature originali di Giovanni Scriba dal 1154 al
1214. Del secolo XIII rimangono nei nostri archivi parecchie serie
cartacee e ci basti ricordare le carte di Sangimignano, dal 1221, il
liber plegiorum della Repubblica veneta, dal 1222, il rostro della
cancelleria di Federico II del 1239-'40, copiato nel 1241, ecc.
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716 RECENSIONI — B. CASANOVA
Su tali materie dunque si scrisse nel medio evo. Ma per poter con-
durvi facilmente la scrittura fu d*uopo spesse volte prepararle, mas-
sime quando si trattò della pergamena. Epperciò le membrane furono
a volta a volta sottoposte alla pulitura e a tutte quelle operazioni per
cui acquistava finezza e pregio. E tali erano queste cure che oggi
ancora permettono ai diplomatisti di distinguere la pergamena teuto-
nica, rozza e scura anche nella parte interna {album), dalla perga-
mena italiana, bianca e levigatissima e talvolta cosi pulita sul dorso
come sull'albo; di che possono servirci d'esempio i brevi papali. Le
membrane destinate ai libri di lusso venivano quindi assoggettate alla
coloritura, alla squadratura e alla rigatura, operazioni delle quali an-
davano esenti quelle pei documenti pagensi.
Sulla carta cosi preparata scrivevasi con il calamo, la penna o il
pennello ; mentre dello stilo o dello scalpello focevasi uso per scrivere
a graffio o per incidere sulle altre materie. A noi basti ricordare che
la canna o calamo, fessa e temperata come la penna volatile, tenevasi
in un recipiente detto calamarium. E perchè spesso vi si poneva
anche deirinchiostro, tal nome rimase nella nostra lingua per indicare
il vaso, che gli antichi più propriamente chiamavano atramentartum.
Mentre scrivevasi con tali strumenti nella destra, colla sinistra si
teneva un coltello con lama ricurva per fermare ed appianare la carta
dei codici. Ma non sempre a tale effetto serviva il coltello; spesso
anzi facevasi uso di un altro istrumento del quale il Paoli diede pel
primo la notizia. Era questo una stecchetta sottile, che compare in
molti manoscritti e che abbiamo noi stessi potuto riscontrare in pa-
recchi monumenti sepolcrali d'insigni dottori, la quale doveva formare
colla penna tenuta nelftì mano destra un angolo acuto. Essa aveva
per ufficio, secondo l'Autore, non solo di tener ferma la carta e di
agevolare la scrittura, ma ancora di indicare la via diritta alla mano
dello scrivente. Non potrebbe aggiungersi che non è del tutto impro-
babile che, scorrendo accanto alla penna, servisse anche a segnar Tal-
tozza delle lettere?
L'inchiostro (atramenùum, encattstum), che venne adoperato col
calamo, la penna o il pennello fu essenzialmente diverso nell'antichità
e nel medio evo; poiché quello dei Romani era una vera e propria
tinta che poteva cancellarsi con una spugna bagnata, mentre neirin-
chiostro medioevale entravano già degli elementi metallici che lo ren*
devano più tenace, ma, convien pur dirlo, ne agevolavano talvolta la
decomposizione. E a una decomposizione appunto dell'inchiostro nero a
soverchia base metallica vuoisi attribuire il color verde in cui, alcune
volte, vedonsi scritti i documenti, come, per esempio, il testamento di
Giacomo di Savoia, principe d'Acaia, fatto in Rivoli nel 1366. Non te-
nendo conto di questi casi particolari, si può dire che l'inchiostro nero
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PAOLI — PROGRAMMA SCOLASTICO DI PALEOGRAFIA LATINA ECC. 717
serviva per la scrittura usuale; col color rosso (minio, cinabro) scri-
vevansi le iniziali, i titoli e le didascalie dei capitoli e dei paragrafi
(donde la voce ntbrica) e le sottoscrizioni di alcuni principi, come
quelle degli imperatori bizantini, dei principi beneventani, ecc. Pro-
miscuamente al rosso erano adoperati nelle iniziali i colori azzurro e
verde; e quest'ultimo servi anche, in Oriente, per le sottoscrizioni di
principi e di prelati.
Nei primi secoli del medio evo i Latini con molta eleganza imita-
rono e adoperarono per i libri di grande lusso la scrittura d'oro e
d'argento su fondo purpureo d'origine bizantina. I più antichi codici
purpurei sono del V o del VI secolo ; ed in essi il testo è d'argento
in scrittura onciale, mentre d'oro sono le parole iniziali, i titoli, i
nomi propri, ecc.: tali, l'evangeliario dell'Archivio capitolare di Ve-
rona, il frammento del codice biblico della chiesa di Sarezzano (Tor-
tona), ora depositato a Montecassino, il celebre Codew argenteus
dell'Università di Upsala, ecc. Dei secoli seguenti altri simili codici
preziosi possediamo che rivelano la maggiore o la minore eccellenza
dell'arte dei vari paesi in cui furono scritti ; e di essi, con cura non
mai datavi da alcuno, il Paoli oSte un completo elenco in cui tutti
sono descritti con somma diligenza e considerati nelle loro particola-
rità, su notizie attinte alle fonti. Ci basti segnalare quanto dice del-
l'evangeliario di S. Salvatore di Brescia, dell'antifonario di Monza, del
saltero della Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza, e del codice dei
XV secolo della Comunale di Bergamo che contiene la vita di Barto-
lommeo Ck)lleoni scritta da Antonio Gornazzano, tutto scritto d'argento
su pergamena bianchissima, vera rarità in quel genere e per quel
tempo.
Detto delle materie e degl'istrumenti e inchiostri, l'Autore entra a
discoirere del libro propriamente detto; nò meno interessanti e dotte
sono le osservazioni che fa sulla forma e la composizione del mede-
simo nell'antichità e nel medio evo: osservazioni che in gran parte
sono frutto esclusivo della grande sua esperienza personale.
Due erano le forme dei libri nell'antichità e nel medio evo: il rotolo
€ il codice.
Come il papiro fu la materia scrittoria essenzialmente adoperata
nell'antichità, cosi il rotolo {polumen, liber, tomus^ charta) fu la
forma normale del libro.
Il rotolo, contenente opere letterarie, scrivevasi nell'interno soltanto,
a colonne parallele alla lunghezza, dette pc^inae e anche schedae,
costituite da un numero indeterminato di linee scritte, della lunghezza
media di un verso omerico ((Xtixoi), di cui in fine focevasi la somma
(stichometì'ia) e corrispondevasi il prezzo all'amanuense.
Il rotolo avvolgevasi intorno ad un umbilicuSy cilindro di legno fis-
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713 UBGRNSIONI — E. CASANOVA
sato ad una delle estremità, di cui abbiamo esempi In varie carie
nautiche del medio evo ; e quindi ohiudevasi in speciali camicie.
Codice è invece il libro compatto; e Tintroduzione dell'uso della
pergamena può ritenersi come la causa principale del cambiamento
della forma del libro. Il codice, da tutti è noto, si compone di qtut-
demi, la cui successione è indicata dalla se(;matura e dai richiami;
ed il quaderno si suddivide a sua volta in fogli, carte e pagine.
Sul codice si svolsero, accanto alla scrittura, gli ornati e la minia-
tura; de* quali T Autore raccoglie preziose notizie storiche, dando a
questo capitolo necessarissimo una estensione che nessun altro diplo*
matista aveva finora pensato di offrire agli studiosi.
D'origine irlandese è la miniatura e compare nel secolo VI; passa
quindi, ingentilendosi, agli Anglosassoni ; e da questi, agli altri popoli,
progredendo di continuo nei monasteri fino al secolo XII. Di quell'età
stupendi monumenti ne esistono in Francia e, un noi, Tarte oassinese
produce, nel secolo XI, manoscritti « che sono miracoli di calligrafia
e d'ornamentazione ». Gol XIII secolo comincia Tarte laica e più ra-
pidi ne diventano i progressi, che seguono passo passo quelli della
pittura nel loro sorprendente svolgimento. Nel secolo XV e nella prima
metà del XVI secolo la miniatura giunge ad un grado di perfezione
non mai più superato; e tre scuole allora si distinguono essenzialmente:
la francese, superiore a tutte, la fiamminga, più naturalista, e Tita-
liana, più gentile, più pura, più idealistica, come ognun può vedere
nei maravigliosì cimeli conservati nelle nostre biblioteche e altrove,
ai quali diligentemente accenna il Paoli per farne rilevare le carat-
teristiche.
Necessario complemento del libro è, per la conservazione del me-
desimo, la copertura. Questa, come ogni altra operazione attenente ai
manoscritti, fu nei primi tempi compiuta nei monasteri, ove fino al
secolo XV trovansì dei monaci ligatores librorum; ma dal sorgere
del Comune anche questo mestiere diventa cittadino e troviamo i primi
legatori laici : i quali non meno degli altri, ricoprivano i libri con assi
di legno, con avorio, metalli, stoffe, cuoio e pergamena; sulle quali
ultime coperte non è raro trovare una figura o un segno che serviva
a individuare il manoscritto: come il libro della croce, del chiodo, ecc.
Prima di abbandonare la composizione del libro il Paoli dedica un
capitolo intieramente nuovo ai libri e documenti riscritti, a quelli cioè,
« che hanno servito per iscrivervi sopra un doppio testo senza che
il secondo abbia alcuna relazione col primo » e ch'egli divide in opf
siogratU ossia quelli « il cui tergo rimasto bianco è stato usufruito per
altre scritture affatto indipendenti dal testo interno » e in palimpsesii,
cioè quelli in cui « al testo primitivo raschiato o lavato si ò sovrap-
posto un testo nuovo ».
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PAOLI — PROGRAMMA SCOLASTICO DI PALEOGRAFIA LATINA ECC. 719
Dell'arte libraria e della tradizione e conseryazione del libro TAutore
parla neirultiroa parte del suo volume.
L*arte libraria ha cura del libro in quanto è destinato al pubblico;
e comprende Topera degli scrittori e dei librai. A Roma i libri erano
scritti da schiavi, nel medio evo, da monaci, e dopo il secolo XII da
ogni genere di persone, da scrittori di mestieri che ricevevano spesso
le loro commissioni dai cartolai, ed erano pagati a pecie equivalenti
a due fogli interi. Ma, per quanto numerosi, non bastarono più fin dal
secolo XIY alla gran richiesta ; e gli eruditi stessi fìirono spesso co-
stretti a togliere in prestito e a trascrivere da sé i codici di cui ave-
vano bisogno.
I librai del medio evo, sebbene £aicessero pur commercio di mano-
scritti, non possono in alcun modo considerarsi sotto il medesimo
aspetto di quelli dei nostri giorni: il loro traffico consisteva più pro-
priamente nel materiale da scrivere: ed essi corrisponderebbero oggi
ai nostri cartolai. Tale era« per esempio, uno dei più insigni di loro :
Vespasiano da Bisticci. Essi e gli amanuensi moltiplicavano e diffon-
devano i libri ; le biblioteche li conservavano e li comunicavano agii
studiosi, membri della società religiosa presso cui erano istituite (ed
allora erano quasi esclusivamente opere spirituali) o amici dei magni-
fici cittadini che nelle loro case le avevano fondate e le avevano ri-
piene di opere della classica antichità. Lltalia fu ricca eoa di biblio-
teche monastiche ed ecclesiastiche, come di librerie private; e fra
queste ultime ci basti ricordare la prima biblioteca aperta al pub-
blico nel mondo, istituita nel Chiostro di San Marco a Firenze, e ma-
ravigliosamente accresciuta dai Medici, munifici promotori degli studi.
Questa, Topera del Paoli, che termina con un utilissimo indice dei
vocaboli tecnici latini e volgari riportati nel testo, opera piena di
pregio e di interesse non soltanto per gli specialisti, ma per ogni ge-
nere di persone, scritta con una finrma limpidissima che ne accresce
i meriti e ih desiderare che meno rari siano fra noi lavori di simile
valore ed utilità. Bugbnio Casanova.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
l STORIA POLITICA
(Recenti pnbblicarionl sul Bigorgimento Italiano).
Man mano che ci allontaniamo dai giorni agitati e gloriosi del
nostro risorgimento, crescono di numero le pubblicazioni dirette a
proiettare nuova luce, a combattere pregiudizi, a correggere errori, a
rettificare asserzioni sugli uomini, sugli istituti e sui fatti di quel for-
tunoso periodo. Ed è bene, che eoa si faccia, si per liberare la storia
dair involucro delle passioni, onde la rivestirono inconsciamente gli
stessi attori dell'epopea nazionale, come per ravvivare nella mente e
nel cuore della presente generazione i ricordi patriottici e le imma-
gini dei puri e nobili ideali, quale correttivo alle ingordigie materiali
e alla rafilnata licenza dei costumi moderni. •
Le molteplici pubblicazioni, cortesemente inviate alla direzione della
Rivista storica italiana, possono raccogliersi in quattro gruppi. Abbiamo
anzitutto alcune opere d'indole generale, che riguardano la storia
di tutta ritalia o d'una sua parte in un determinato periodo del risor-
gimento. Seguono molte monografie, dirette ad illustrare qualche spe-
ciale avvenimento, episodio o personaggio. Alcuni libri contengono
lettere, documenti o altri scritti vari di valorosi cooperatori al com-
pimento dei destini nazionali. Infine ci parve doveroso ricordare il
contenuto di parecchi volumi, che sotto il titolo vago di Scritti vari
comprendono notevoli studi sul nostro rinnovamento civile e politico.
I.
Al primo gruppo possono ascriversi le opere seguenti:
Francesco Bertolini, Letture popolari di storia del risorgimento
italiano. Milano, U. Hoepli, 1894.
Carlo Tivaroni, L'Italia durante U dominio at^triaco. Tomo III:
L'Italia Tneridionale. Lo svolgimento del pensiero nazioncUe. Torino,
L. Roux e C, 1894.
Ignazio Bozzo, La Sicilia e C Italia dal 1848 all'epoca presente.
Palermo, tip. Nocera, 1893.
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STORIA POLITICA 721
COMBES DE Lestrade, L/i SicUe S(yu8 la monarchie de Savoie.
Paris, Guillaumin et G.*% 1894.
Edmond et JuLEs DE GoNGODRT, L'Italie (Vhier. Notes de voyages
18551856. Paris, Charpentier et Pasqaelle, 1894.
De Baillibncourt, Italie 1852-1862. FeuHlets militaires. Souve-
nirSy notes et correspondances. Paris, Fìrmin Didot et G.«% 1894.
« «
È conforiante il vedere uomini versati in alti studi scendere dalla
cattedra per diffondere il benefizio della scienza a più largo pubblico.
Le scuole e le famiglie saranno liberate dai libri mediocri e dai cat-
tivi, solo quando scriveranno per loro ì più insigni cultori delle let-
tere, delle arti e delle scienze. Salutiamo perciò con plauso le Let-
ture popolari di storia del risorgimento italiano del prof. Francesco
Bertolini.
Il valente storico lascia da parte le discussioni critiche e politiche,
più adatte alF università e ali* accademia, e in forma piana e scorre-
vole si propone di rendere popolare la c-onoscenza dei maggiori eventi
storici del risorgimento italiano.
Molto opportuna è la scelta dei soggetti delle sue letture: I partiti
poUtici italiani nel 1814 — La rivoluzione napoletana nel 1820 —
La rivoluzióne piemontese del 1821 — Pellegrino Rossi nella storia
del risorgimento italiano — Oli scritti politici del 1831 — Ltoio
Zam^>eccari — Giuseppe Garibaldi nel nt^vo mondo — La fortuna
e il segreto di Carlo Alberto — La giovinezza del conte di Cavour
e U sico Diario — Angelo Masina — Vinsurrezione di Milano del
1848 — Roma nel 1849 -^ La rivoluzione siciliana degli anni
1848 e 1849 — I frcOeUi Bronzetti — Vittorio Emanuele II e il
risorgimento italiano.
Ora che Fattività del Bertolini so anche rivolta a questo popolare
e patriottico intento, ci permettiamo di esortarlo al compimento del-
Topera. Faccia argomento delle sue letture altri soggetti, scelti in
modo, che valgano a riempiere le lacune e a collegare meglio gli av-
venimenti, e cosi ci darà sotto nuova forma una vera storia popolare
del risorgimento italiano, incarnata nei personaggi e nei fatti più sa*
lienti.
• «
Il nuovo volume di Carlo Tivaroni, sesto della Storia critica del
risorgimento italiano (di pagg. 686), terzo àéiV Italia durante il do-
minio austriaco, tratta due argomenti distìnti ; imperocché nelle parti
vm e IX espone per ordine cronologico le vicende del regno di Na-
poli e della Sicilia dalla ristorazione al 1848, mentre nella parte X
rì&cendosi da capo descrive nelle sue varie &si lo svolgimento intiero
del pensiero nazionale durante il medesimo periodo.
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722 NOTI BIBLIOOBAFIGHE
Del regno di Napoli è dipinta la ristorazione con ampiezza dì par-
ticolari, narrata la rivoluzione del 1820, deacrìtta la vendetta di re
Ferdinando I e la ferocia di re Francesco I, diligentemente studiata
Tevoluzione di Ferdinando II dalle speranze de* primi anni al regime
borbonico puro, vivamente rappresentata l'aurora del governo costi-
tuzionale del 1848 sì presto ofRiscata dalia strage del 15 maggio. Della
Sicilia, proditoriamente privata della sua costituzione, descrive le con-
dizioni misere dopo il 1816, narra Tinfausto nioto separatista del 1820
e le ribellioni successive, ricorda le sollevazioni di Palermo e Mes*
Sina del 1848, che ridonarono allusola per breve tempo costituzione e
indipendenza.
Con accuratezza ò tracciato lo sviluppo della coscienza nazionale.
La reazione generale dei governi restaurati e la padronanza del-
rAustrìa resero necessarie le congiure e fecondarono le sètte; gli
esuli del 1821, combattendo per la libertà e 1* indipendenza di altri
popoli, diffusero il verbo italico; le fallite sollevazioni del 1831 (ùrono
stimolo alla fondazione ed espansione della Giovine Italia con intenti
unitari e repubblicani, mentre la coltura nelle sue varie manifesta-
zioni informava a nuove idee ed aspirazioni la coscienza dei popoli;
si giunse però al 1848 ancora immaturi e troppo discordi sui mezzi
e sugli intenti del risorgimento.
Questo duplice quadro fu dipinto con grande varietà di colori e con
copia straordinaria di particolari dal Tivaroni. I fatti si urtano e si
accavallano per modo, che talora ne nasce qualche confusione; s'af-
facciano tante figure di fronte e di profilo, che anche rocchio attento
talora più non riesce a bene distinguerle. Più forse che negli altri
volumi s*ammira in questo Tindagine paziente del ricercatore, la ric-
chezza delle notizie e il lavoro della coordinazione; ma più vivo si
sente il difetto dei metodo, specie neir ultima parte. Le citazioni in-
numerevoli di giudizi disparati sopra istituzioni, fotti e persone lasciano
incertezza e dubbio nel lettore; lo studio speciale sullo svolgimento
del pensiero nazionale, sopratutto con le biografie de* maggiorenti, co-
stringe TA. a ripetizioni non sempre piacevoli e gradite.
*
* «
Il libro deiravv. Ignazio Bozzo, La Sicilia e Vltalia dal 1848 al"
repoca presente promette nel suo titolo assai più del contenuto. L'A.
stesso lo qualifica frammenti storico^critici, ed in verità non è una
narrazione organica, ma un*esposizione a scatti, incompleta, piena di
digressioni, lardellata di invettive e declamazioni contro tutta la vita
costituzionale italiana, e specialmente contro il trattamento osato alia
Sicilia. Lo storico non vi trova nulla di nuovo, tranne qualche fanta-
stico apprezzamento; lo statista non può rifiutare alcuni ammonimenti,
ma del senno di poi son pieno le fosse. Strana o almeno molto in-
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STORIA POLITICA 723
genua la panacea proposta per guarire tutte le piaghe ornai infisto-
lite: sciogliere la Camera, nominare un Ministero composto dei più
alti funzionari od insigni cittadini, ordinare la stretta osservanza della
legge elettorale, preparare i progetti di legge per le economie e il
pareggio finanziario, escludere i deputati e i senatori dairufScio di
ministri, rendere tutti i magistrati inamovibili, corrodere quanto fece
cattiva prova. Se poi dopo tali proposte gli Italiani non sapranno ri-
pigliare il retto cammino, peggio per loro; si sprofondino pure nel-
Tabisso, verso cui corrono a precipizio.
Altro lavoro sulla Sicilia è quello del visconte Gombes de Lestrade,
La SicUé sous la monarchie de Savoie. L'opera non è propriamente
una narrazione storica delle vicende dell* isola dal 1860 ai di nostri,
come potrebbe rilevarsi dal titolo, ma uno studio sulle sue presenti
condizioni, dedotto da osservazioni personali deirA. e da molte pub*
blicazioni recenti, generate dagli ultimi moti siciliani e dalle succes-
sive repressioni.
Non si potrebbe asseverare, che l'A. abbia proiettato nuova luce
sulla questione; ma devesi confessare, che per uno straniero c'è gran
messe di osservazioni e di riflessioni. In complesso la^dipintura è ri-
spondente al vero, e la Sicilia è studiata sotto tutti i rapporti, che
valgono a rappresentarcene Taspetto economico-sociale: la grande pro-
prietà e le campagne, le città coi loro partiti e costumi, lo sperpero
delle attività, i signori, la classe media, i contadini, i contratti agrari,
ì municipii e i dazi di consumo, le zol&tare. Non c*è sempre ordine
logico, ma i materiali sono abbondanti e sinceri, tranne il colorito a
tinte più fosche del vero.
L'A. dichiara un grande amore all'isola, epperciò si propone di sug-
gerire i rimedi per risanarla. Respinge come utopie, insufilcienti allo
scopo, tanto le proposte del Golaianni in nome dei socialisti, quanto il
programma del marchese di San Giuliano e implicitamente le leggi
presentate dall'on. Grispi al Parlamento. Un'altra soluzione vagheggia
lo scrittore fk*ancese, e s'adopera per oltre cento pagine a caldeg-
giarla: l'autonomia della Sicilia. E siccome non osa proporre l'asso-
luta indipendenza, sogna per la Sicilia qualcosa di simile dXVhome
mie irlandese o al governo di Malta.
*
9 «
Vltalie (Vhier porta due nomi illustri, Edmondo e Giulio De Gon-
court; il volume è grazioso; alcuni disegnini autentici attraggono
volentieri lo sguardo. Ma non appena si comincia la lettura, quale
disinganno 1 Non è l'Italia del 1855-50 quella, che dipingono i Goncourt,
ma un'Italia fantastica, stravagante, stupida, ridicola, impossibile.
Non si può pretendere da un autore più di quello che ci vuol dare.
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724 NOTB BIBLIOGRAFICHE
Se perciò i due viaggiatori non credettero occuparsi di politica, di
costumi, di condizioni economiche, ma solo d*arte o d'episodi della vita,
se loro piacque trattenersi solo a Milano^ Venezia, Bologna, Firenze,
Roma, Napoli, e non in altre città o assai brevemente, non è lecito
domandare loro più di quanto ci offrono; ma poiché si scrive un libro,
e s'intitola V Italie d'Mer^ non sarebbe esagerazione il pretendere un
pò* di geografia, di cronologia, di verità e di serietà, tutte doti che
fanno difetto in questo volume.
Ferdinando Martini ne ha scultoriamente riassunto Timpressione in
queste parole : « Più si va innanzi nella lettura, e più ci si sente pren-
dere da una penosa stupefazione. Si pensa: a voi, ecco qui un'altra
prova incredibile della leggerezza, onde la più parte dei Francesi os-
serva i nostri costumi, legge la nostra storia, quando la legge, scrive
dei fatti nostri; ecco qui un altro dei tanti, dei troppi libri, i quali
descrivono ai Francesi un'Italia fantastica, un'Italia che non ha esi-
stito mai; lunga sequela di scritti, che fu non ultima cagione d'una
altrettanto lunga sequela di malintesi, di gare, di reciproche acerbità,
che inasprirono le relazioni fra i due paesi, assai prima di Tunisi e
della triplice » (La Nuova Rassegna, 15 luglio 1804).
• *
9 *
Sotto molti riguardi meritano d'essere letti i ricordi, le note e le
corrispondenze del generale De Bailliencourt, testé pubblicate sotto il
titolo Italie i852'i862. FeuiUets mUiiaires.
Il conte di Bailliencourt, discendente da un'antica famiglia delle
Fiandre, nacque nel 1809, entrò a Sain^Gyr nel 1826, fìi camerata di
Mac-Mahon e Ganrobert, comandò a Roma nel 1852 un reggimento
dell'esercito d'occupazione, a guerra quasi finita nel luglio del 1859
venne in Italia come generale di brigata, mori nel 1869 comandante
della 20* divisione militare.
Gentiluomo e buon soldato, nutrito di idee retrive, devoto alla per-
sona di Napoleone ma ostile alla sua politica, prevenuto contro gli Ita-
liani ed avverso per sistema al nostro risorgimento, fornito d'una
coltura ristretta ed avvezzo a vivere in ambienti artifiziosi e senza
larghi orizzonti, il conte di Bailliencourt scrisse ricordi, che non hanno
uno scopo preciso, in cui sfilano aneddoti di tempi e luoghi vari e
d'importanza disuguale, ma che rivelano unità di carattere nel di-
sdegno dell'Italia nuova e nella difesa del potere temporale del papa.
Rome ètouffé dans sa livrèe sarde. Rome capitale italienne! d'est
un contresens historique, un étiolemenU un effondrement, Vunité
tkUienne est faite et se mainiient par la force de VunUé allemande...
Sotti Mais aux grandes conquétes Vhistoire fait vite succèder les
petits partages. iNTy a-t-il dans le nouveau bloc aucune fissure^ qui
ne se puisse pacifiquement elargir f Ne seraitoe pas un patrioUque
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STORIA POLITICA 725
travaU qtte de s'y essayerf Cosi scrive nella prefazione l' editore di
questi ricordi, dedicati al papalino barone De Gharette.
Il volume, di pagg. xii-403, è diviso In tre parti. Nella prima sono
raccolti confusamente aneddoti e apprezzamenti della campagna del
1859, senza che Fautore abbia preso parte ad alcun fatto d'armi;
nella seconda troviamo una miscela di reminiscenze in gran parte
relative al periodo delle annessioni; nella terza sono condensate le
note raccolte suiroccupazione francese di Roma dal 1840 al 1860.
Nulla di nuovo ci rivelano queste Memorie. Non può negarsi, che
qua e là destino qualche interesse anche nel lettore italiano; ma con-
verrebbe scrivere un altro volume di 400 pagine per correggere tutti
gli errori, le inesattezze e gli apprezzamenti delFA. sopra persone,
istituzioni e cose. Trascelgo un solo esempio, ma tanto elevato, che
può valere per tutti. Chi fu il conte di Cavour? Non so perchè lo
denomini costantemente Vavocat, e con tale nomignolo lo faccia qua-
lificare dal re Vittorio Emanuele. I biografi più accurati non seppero
mai eh* egli fosse nutrito di principii avanzati, ch*egli avesse puisè
dans quelque milieu depravò le germe de celle agilalion révolutUm-
naire, qu'il'devail, à si haule dose, infuser dans les veines de V Eu-
rope, che un'Egeria l'avesse tmJbue de Vutopie social de Raspali et
des Carrel, che il Risorgimento fosse un giornale rivoluzionarlo, ecc.
Eppure TA. dichiara d'aver longtemps éttcdié Cavour et recueUli sur
lui des renseignem>entSf che potè facilmente completare durante il
a(uo soggiorno in Italia. Non è difilcile immaginare, quale esattezza
recherà nel giudicare i personaggi egli avvenimenti, sui quali non
concentrò i suoi studi, né- raccolse speciali informazioni.
II.
Possono comprendersi nel secondo gruppo le opere e gli opuscoli
seguenti :
VoN Helpért, La caduta della dominazione francese nelValta
Italia e la congiura militare bresciano-milanese nel i814. Trad. di
L. a. Gusani Gonfalonieri. Bologna, N. Zanichelli, 1894.
Domenico Ferrerò, Il matrimonio della principessa Maria Eli-
sabetta di Savoia-Carignano sorella di Carlo Alberto colV arciduca
Ranieri d'Austria. Torino, tip. degli Artigianelli, 1894.
Ferdinando Martini, Comm^em^orazione di Giuseppe Gtusti. Fi-
renze, B. Bemporad e figlio, 1894.
Francesco Guardionk, Lettere inedite dei fratelli Bandiera. Ca-
tania, N. Giannetta, 1894.
Id., Il primo settembre 1847 in Messina. Palermo, G. Glausen, 1893.
Id., Antonio Lametta e Rosa Donato nella rivoluzione del 1848
in Messina. Palermo, Glausen^ 1893.
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726 NOTB BIBLIOGRAFICHE
Un Toscano a Montanara nel i848, Siena, L. Lazzeri, 1893.
G. Baldissera, VaBsedio cTOsoppo. Gemona, A. Tessitori e F., 1804.
VerceUf-Omsffna. Albo nuziale. Vercelli, Gallardi e Ugo* 1894.
Eleonoro Pasini, Note su Giuseppe Manzini e spigolature da un
archiì>io domestico. Vicenza, G. Raschi, 1893.
Angelo Giacomelli, Reminiscenze della mia vita politica negli
anni i848-i853. Firenze, G. Barbèra, 1893.
G. F. Geresa di Bonyillarbt, Diario della campagna di Crimea
("dal r aprile 1855 al i6 giugno 1856 J. Torino, L. Roux e G , 1894.
Ignazio Chioderà, Castel Morrone. Ricordo patriottico del 1860.
Parma L. Battei, 1893.
Muzio Majnoni, Antonk> Oazzoletti poeta e patriota. Milano, tipo-
grafia, Bortolotti, 1894 (1).
• ♦
Abbiamo intrapreso la lettura del volume deirHelfert, La caduta
della dominazione francese nelValla Italia e la congiura militare
bresciano^milanese nel 1814, credendo di trovarvi molte nuove rive-
lazioni, tratte dagli archivi di Vienna, che FA. ritiene troppo trascu-
rati dagli scrittori italiani. Dobbiamo confessare, che rimanemmo delusi.
Le ultime numerose pubblicazioni dì Giovanni De Castro sopra quel
periodo storico, sebbene specialmente dedotte dai documenti degli
archivi lombardi, illustrarono tanto ampiamente e imparzialmente quel
momento critico della vita italiana, che assai poco di nuovo e di di-
verso potò narrarci il barone von Helfert. C*è, se vogliamo, di proprio
il carattere tendenzioso austriacante. Non può negarsi quanto afferma
il eh. A., cioò che per molto tempo nelle pubblicazioni storiche ita-
liane predominò un sentimento d*odio contro TAustria, che poteva far
velo alla verità; ma di tal natura più non sono gli studi del Cantù,
del Bonfadini, del Cusani e del De Castro; ora THelfert vorrebbe con-
durci per la china opposta, a sua volta ancor più pericolosa.
Senza dubbio regnava in Lombardia grande discordia di oiunìoni e
di propositi nel 1814, mancò una mente direttiva e ben equilibrata,
il popolo era stanco e spossato dalle leve e dalle imposte, la congiura
militare bresciano-milanese fu condotta puerilmente, ma è pur evi-
dente che TAustria tradì le prime promesse, ingannò le popolazioni,
e quindi venne meno ad ogni rispetto per il sentimento nazionale.
(lì Di altri libri dovremmo diaoorrere in qaesta categoria, ma ci giunsero troppo
tardi per fame soggetto di esame. Ci limitiamo per ora ad annoniiarli : H. Barti.
Critpi. Leipzig, Bengerscbe Buochhandl., 1893. — M. Crispi ehes M. de Biatnardt.
Jotimal de voyage, Rome, Forzani et (j}\ 1894. — Luigi Brbganzb, Agostino De-
pretis ed % suoi tempi. Verona, frat. Dracker, 1894. — Jbssjb Whitb Mario, In
memoria di Giovanni Nicotera. Firenze, G« Barbèra, 1894. — Baitabllo Giota-
OBOLI, Ciceruacehio e Don Pirlone. Bicordi storici della rivohuione romana dal
1846 al 1849 con documenti nuovi. Voi. I. Roma, Forzani e C, 1894. — Aueblio
Gotti, Quadri e ritratti dai risorgimento italiano. Roma, 6oc ed. Dante Alighieri, 1894.
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STORIA POLITICA 727
11 volume contiene in appendice parecchi documenti, però di non
grande rilievo, e termina con un accurato e utile prospetto cronolo-
gico delle materie.
♦ ♦
L^infaticabile cav. Domenico Ferrerò illustra nell'opuscolo sopra an-
nunziato un episodio poco e male conosciuto di casa Savoia, cioè il
matrimonio di Maria Elisabetta, sorella di Carlo Alberto, coirarciduca
d*Austria Ranieri. Molte, curiose e anche oggi interessanti furono le
peripezie. La vedova di Carlo Emanuele di Savoia-Garignano, nata
Maria Cristina di Curlandia, sebbene passata a seconde nozze fin dal
1810 col conte di Montléard, continuava a intitolarsi dal nome del primo
marito, nella speranza di un migliore collocamento della figlia Maria
Elisabetta. Per accordo intervenuto con Vittorio Emanuele 1, Carlo Al-
berto fu ammesso alla Corte di Torino, e la madre si ritrasse colla
figlia alla corte di Dresda. Regolata la sua posizione, la principessa
potè applicare tutta la sua attività al matrimonio della figliuola. Mentre
passava in rassegna le varie Corti d'Europa in traccia d*uno sposo,
le si presentò spontanea la domanda del re Guglielmo del Wùrttem-
berg. Con la consueta diligenza il Ferrerò ci espone le trattative com-
plicate, specialmente per superare la difficoltà della difi*erenza reli-
giosa, essendo protestante lo sposo. Tutto pareva combinato, quando
il prìncipe di Metternich, per impedire T introduzione di altra stra-
niera infinenza nel Fiemonte, indusse l'imperatore a chiedere la mano
della giovine principessa per Tarciduca Ranieri. Dopo molte peripezie,
vinti tutti gli ostacoli, il matrimonio ta celebrato il 28 maggio 1820
in Fraga.
Il racconto del Ferrerò non solo chiarisce l' argomento principale,
ma proietta nuova luce sopra le Corti di Savoia e di Dresda, sulla
politica del Metternich e sopra molti personaggi del tempo. Anche i
documenti, pubblicati in appendice, sono preziosi. Il primo illustra la
vita di Carlo Emanuele, padre di Carlo Alberto, come maggior gene-
rale delle truppe sarde destinate alla difesa delle valli della Stura e
della Tinea contro i Francesi; il secondo contiene una memoria au-
tografo di Carlo Alberto al re Vittorio Emanuele sopra ai^omenti di
interesse per la sua fomiglia; il terzo riproduce la corrispondenza di
Carlo Alberto col re Vittorio Emanuele e col marchese di San Mar-
zano relativamente alla sua nomina a grande maestro d'artiglieria.
Ferdinando Martini, commemorando Giuseppe Giusti nell'aula magna
del R. Istituto di studi superiori di Firenze il 29 maggio 1894, anni-
versario di Curtatone, non intese elevare un cantico di gloria senza
nubi e senza veli al grande poeta> ma con parola sincera mettere in
rilievo la parte, ch'egli ebbe nella formazione del pensiero nazionale.
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728 NOTE BIBLIOGRAFICHE
Il Giusti non si dimostra sempre equo nei suoi giudizi rispetto a
certi ordini della cittadinanza toscana, contrasta alcune volte a sé
stesso, si smentisce e si contradice; ma sopra le piccole incoerenze
sta in alto una salda unità di pensiero morale e politico, su tutta
quanta Topera sua sorge un desiderio di verità e di giustizia, una
smania di vedere ricostituirsi Tltalia libera, indipendente ed una.
Esagerato fu il Giusti nel respingere la coltura straniera, ombroso,
geloso e intollerante fu talora il suo patriottismo; ma dal suo racco-
glimento trasse una poesia paesana veramente di propositi e di lin-
guaggio, e, poeta senza antenati e senza eredi, si alzò, com'ebbe a
dire il Panzacchi, ultimo grande autoctono di questa terra saturnia,
ove ringegno parve piovere a torrenti insieme con la luce del sole.
Onde il Martini ritiene ingiusti e confuta con vigoria gli apprezza-
menti del Tommaseo, del Guerrazzi e del Camerini, che dissero il
Giusti piccolo di mente, pauroso e gretto. Poeta grande e gran citta-
dino, osservatore squisito lasciò ne* suoi versi insegnamento e rimpro-
vero, ammonimenti e consigli, ancor vivi oggi, e di cui gli Italiani
fatti lìberi possono giovarsi.
• *
Nel primo dei citati opuscoli il Guardione, riassunta in un preliminare
la nota istoria dei rapporti dei fratelli Bandiera col Mazzini e della fal-
lita insurrezione Calabrese, che li condusse a morte il 25 luglio 1844,
pubblica 13 lettere di Attilio, 8 di Emilio, e una della sorella. Delle
lettere di Attilio solo Tultima indirizzata alla sua mamma ha carat-
tere ed importanza politica; vero monumento di convinzione e devo-
zione patriottica, che Tinduce a sacrificare l'immenso amore, che nu-
triva per la famiglia, a più alti ideali, quali erano Tindipendenza e la
libertà d*Itaiia. Finisce con queste commoventi parole: « Addio, ama-
tissima mia madre, perdonami delle tante afflizioni che sono costretto
ad arrecarti; donami ancora la validissima tua benedizione, conser-
vami nella tua memoria, ma fa il possibile per mettere la forza del
tuo animo a livello di quella delle circostanze ». Sono cinque le let-
tere di Emilio alla mamma e al padre dopo Tabbandono del servizio
austriaco, tutte spiccanti tenerezza figliale e alto amore di patria.
€ Una grazia, padre mio, scriveva ali* inflessibile barone Bandiera^ la
miseria, gli stenti, gli affanni, i pericoli mi condurranno prestissimo
ad una morte prematura e violenta. Concedetemi, che io muoia pren-
dendomi la vostra benedizione ». La lettera della sorella ci apre uno
spiraglio neirintimità di quella famiglia desolata.
*
♦ ♦
Gli altri due volumetti del Guardione mirano complessivamente ad
un solo intento, cioè a mettere in più chiara luce la parte, eh ebbe
Messina nei moti siciliani del 1847-49; imperocché il 1^ non s'arresta
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STORIA PrìLITICA 729
solo al 1* settembre J847, ma espone le conseguenze dì quella solle-
vazione, e nel 2"" i due protagonisti Antonio Lanzetta e Rosa Donato
occupano solo un posto secondario.
Scrivendo a 47 anni di distanza e col sussidio delle carte di Stato
il Guardione potè correggere molti errori di fatto, sfuggiti anche agli
storici più accreditati, sfatare parecchie asserzioni, che hanno del
fantastico, e modificare apprezzamenti infondati. La narrazione minuta
del eh. A. mira a stabilire nel 1® volume, che il moto messinese del
V settembre 1847 non fti uno scoppio improvviso, ma Teffetto di grandi
idee maturate nella coscienza, che non fii un ftioco fatuo, ma una
vampa, che propagò Tincendio a tutta risola, e che quindi a quel
moto si rannodano la protesta dì Palermo del 12 gennaio 1848 e la
successiva ribellione messinese del 29 gennaio. Nel 2^ volume rocchio
spazia per tutta la Sicilia insorta ad esempio di Palermo, ma si ar-
resta con particolare compiacenza su Messina eroicamente resistente
alla ferocia borbonica, non paventando Tìncendio delle case e le stragi
dei cittadini. In questo 2^ voi. il eh. A. con entusiasmo verace ci rap-
presenta Teroismo patriottico di due popolani, il palermitano Antonio
Lanzetta e la messinese Rosa Donato, degni entrambi d'essere prò-"
posti airammirazione dei posteri.
Il l"" voi. è illustrato da sedici documenti e il secondo da 21, in
buona parte inediti, tratti da varie fonti, ma specialmente dall'Ar-
chivio di Stato palermitano e dal provinciale di Messina.
« •
Livio Gìaldini raccolse in un opuscolo {Un toscano a Montanara
nel i848) parecchie lettere di Massimìno Moschi. Nato a Prato
nel 1822, allievo di quel collegio Cicognini, laureato a Pisa in scienze
fisiche e matematiche nel 1843, allievo della celebre scuola parigina
dei ponti e strade dal 1844 al 1847, si arruolò nel 1848 tra i volon-
tari toscani, e fece tutte le campagne fino alla giornata di Montanara,
alla quale prese parte onorevole; fatto prigioniero fu condotto nella
fortezza di Theresienstadt. Le lettere, testé pubblicate, richiamano
alla memoria la baldanza giovanile e piena di ardimentosa speranza,
e ci rivelano Timpressìone istantanea delle diverse peripezie della
spedizione toscana del 1848 e della susseguente prigionia.
* «
Il Friuli scrisse una pagina splendida di virtù civili e militari nel-
l'epopea patriottica del 1848; la sola resistenza di Osoppo basterebbe
a rendere immortale quel popolo di valorosi.
Ben fece il sig. G. ' Baldissera a raccogliere in un volume le me-
morie di quel glorioso periodo, traendole da documenti inediti e da
numerose monografie. Il libro ci da più che non designi il titolo. Dap-
prima (in due capitoli) TA. ci presenta la vallata Gemonese, ci descrive
Rivitta Storica Italiana, XI. 48
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730 NOTE BIBLIOORAFICHB
la ripida e scabrosa rocca, in cui sorse la fortezza d*Osoppo, e ne rias-
sume la storia secolare; di poi (in cinque capitoli) ci ricorda, come
avvenisse Tinsurrezione del Friuli, come il forte d'Osoppo cadesse in
potere del governo provvisorio e si approvvigionasse per una eventuale
difesa; solo col capitolo VII entra direttamente nel tema.
Descritte le prime operazióni del blocco, compiutesi verso la fine
di aprile, TA. segue giorno per giorno le peripezie dell' assedio, nar-
rando i varì assalti della guarnigione austriaca, le numerose sortite
del manipolo di eroi, le sofferenze materiali e morali durate cinque
mesi, e la necessità della resa determinata dai saccheggi e incendi
degli assedianti e dal consumo di tutte le provvigioni. La capitola-
zione fu segnata il 13 ottobre dal colonnello Zanini, comandante il
forte, e dal tenente colonnello Van der Nuli comandante il blocco, e
fu onorevolissima. I difensori, ridotti a 342, scesero al villaggio musica
in testa e bandiera spiegata, con armi e cannoni carichi ed a miccia
accesa, e sfilarono davanti agli Austriaci, che presentarono loro le
armi; sulla piazza la truppa ta licenziata, gli ufficiali proseguirono
per Venezia.
*
« m
Neirelegantissimo albo nuziale offerto da un coro di amici agli sposi
Argentina Bollati-Giovanni Ugo, tra le ricordanze storiche, le illustra-
zioni artistiche di Vercelli ed Omegna, i versi e le fantasie troviamo
uno scritto deiron. Faldella, sempre vivace e giovane, quando può evo-
care patrii ricordi. Egli ci presenta il senatore Federico Rosazza, in-
timo fin dalla prima giovinezza dei fratelli Ruffini e pubblica due le^
tere preziose (21 agosto 1845, 9 giugno 1848) di Agostino Rufllni al
Rosazza, due fiori epistolari staccati dal messale di religione patriot-
tica, ch*è il carteggio scambiatosi per mezzo secolo fra quei forti ama-
tori della redenzione italica. B il Faldella con la finezza, che gli è
innata, commenta e chiarisce i riposti pensieri agli operai dello sta-
bilimento tipo-litografico Gallardi e Ugo di Vercelli, a cui è indiriz-
zato lo scritto suo.
♦
Eleonoro Pasini nel suo opuscolo riguarda il Mazzini non tanto sotto
Taspetto politico, troppo conosciuto e discusso, ma nella operosità let-
teraria e nel carattere morale. Valendosi di documenti inediti del-
Tarchivio domestico dei Pasini descrive con vivaci colori Fattività
letteraria del 49^ a Losanna e le relazicmi coi profughi raccolti a
Lugano, tra i quali il Restelli, il Cattaneo, il DairOngaro, il Massa-
ranì, Valentino Pasini ; V Italia del popolo doveva essere resfMressione
purissima delle idee mazziniane. Rileva quindi le qualità morali del
grande agitatore, che esercitarono sempre un fàscino irresistifaile:
tutto infervorato di religione e pressoché mistico credeva in Dio e in
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STORIA POLITICA 731
ana vita oltremondana, adorava infantilmente la madre sua, traeva
vita austera e illibata. Lo ^n^rdo alla sua coltura letteraria è un
pò* superficiale, ma vero neirapprezzamento complessivo.
Nel riposo della vita pubblica di deputato e di prefetto Angelo Gia«
comelli cerca la migliore soddisfazione delFanimo riandando un tempo
di puri ideali e di santi entusiasmi. Il cb. A. non ci espone però solo
i suoi ricordi personali, ma li innesta nella storia generale del risor-
gimento italiano.
Nulla di nuovo ne' due primi capitoli sulle condizioni degli Stati
italiani airinizio del pontificato di Pio IX e del Lombardo-Veneto in
particolare nel 1847; curiosa assai, perchè ricca di episodi ignorati,
la narrazione della rivoluzione di Vienna del marzo 1848 e della sua
Treviso in queiranno memorabile per entusiasmi e delusioni.
LMnteresse si fa più vivo nel racconto dei processi politici di Ve-
nezia (1851) e di Mantova (1852-53), specie dell* ultimo, che suscitò,
or non sono molti anni, una vivace controversia ch'ebbe grave eco
in Parlamento. Il Giacomelli fu coinvolto in entrambi i processi. Dal
primo, che tu segnalato col patibolo del povero Dottesio, ebbe con-
danna a cinque anni di fortezza, che gli fu condonata con risoluzione
imperiale del 18 gennaio 1852. Dal secondo, che finì col supplizio del
Canal, del Frattini, del Grazioli, del Montanari, del Poma, dello Scar-
sellini, dello Speri, del Tazzoni e dello Zambelli e colla condanna a
molti anni di duro carcere dì tanti patriotti, il Giacomelli riusci pro-
sciolto con parecchi altri per proclama 19 marzo 1853 del maresciallo
Radetzky, che pose fine ad ogni procedura.
Interessante la narrazione minuta degli avvenimenti, illustrata dal-
Telenco di tutti i coinvolti ed arrestati e dalla pianta delle carceri del
castello di San Giorgio in Mantova in quegli anni terribili ; efficaci le
parole con cui ricorda ad uno ad uno quei gloriosi martiri, alla santa
memoria dei quali ha dedicato il volume; assoluta la sua convinzione,
<^he il Gastellazzì abbia dato air auditore i più minuti particolari sul
progettato assassinio dól commissario Rxyssi, quando seppe della dela-
zione latta dal Facctoli, delazione, che fu causa precipua della con-
danna a morte dello Speri^ del Poma e del Frattini, e valse l'impu-
nità al Gastellazzi solo iniziatore e ordinatore dell'attentato.
Il colonnello Geresa di Bonvillaret, pubblicando il suo Diario deUa
campagna di Crimea, volle evocare il glorioso ricordo d'una spedi-
zione ormai lontana che tanto contribuì a rialzare la fede nell'eser-
cito piemontese e al compimento dei destini italiani.
Il libro del Bonvillaret è tutto formato di memorie personali, ohe
ci porgono un'idea esatta della vita al campo giorno per giorno, delle
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732 NOTB BIBLIOGRAFICHE
peripezie, degli stenti, dei pericoli, della gioia provata dal corpo di
spedizione; ond'ò che entra nel novero dei documenti per la storia
di quella memoranda impresa.
Il volume è composto di due parti: la prima contiene un vero
Diario dal l» aprile 1855 al 16 giugno 1856, la seconda comprende
le lettere inviate dall'A. al fratello Carlo durante la spedizione. Qualche
documento è intarsiato nella narrazione, come il Manifesto del governo
sardo di accessione al trattato tra la Francia e Tlnghilterra, la for-
mazione dei corpo di spedizione del l"" aprile 1855, il proclama del re
Vittorio Emanuele alle truppe, alcuni estratti di giornali del tempo,
gli ordini del giorno emanati dopo la battaglia della Cernala, seguiti
dal rapporto ufficiale del Comando generale, gli ordini del giorno del
generale Lamarmora, del Senato e della Camera, e Tallocuzione del
Re ai reduci dalla Crimea; in fine TA. pubblicò un articolo del Mo-
nUeur e il testo del trattato di pace del 30 marzo 1856.
E un volume, che si legge volentieri, perchè scritto con brio giova-
nile, alieno da pretese letterarie, senza ambizione di strategia militare.
Senza dubbio alcune informazioni affatto personali non destano grande
interesse nei lettori, specialmente quando le lettere ripetono il conte-
nuto del Diario; ma il più spesso i ricordi ci riportano nelle file di
quei valorosi e ci rivelano passo passo le gravi difficoltà dell'impresa.
Alcune pagine esercitano anche oggi una singolare attrattiva: l'aspetto
deiresercito travagliato dal colera, la battaglia della Cernala veduta
da un'altura nelle sue varie &si, lo spettacolo di Sebastopoli dopo la
espugnazione della torre di Malakoff, le impressioni di Costantinopoli,
la splendida e commovente accoglienza fatta in Torino alle truppe
reduci dalla Crimea.
G^lorìosa fU nell'impresa garibaldina la giornata di Castelmorrone,
in cui il battaglione Bronzetti dette prova di estremo valore. Luigi e
Giuseppe Chioderà, pubblicando i ricordi dell'avv. Ignazio, richiamano
alla memoria della obliosa generazione presente le gesta eroiche del
1860. Ignazio Chioderà salpò per la Sicilia sul Washinffion il 3 luglio
sotto il comando del Cosenz. Giunto a Palermo il 6, ne riparte il 16;
il 20 si batte valorosamente a Milazzo; il 29 entra in Messina tripu-
diante per la riconquistata libertà. Il 21 agosto i valorosi salutavano
le coste calabresi; debellati i Borbonici presso Solano, dopo una marcia
fiaticosa di 20 giorni entravano in Napoli l'il settembre. Rimesso in
marcia il giorno successivo, il battaglione Bronzetti giungeva il 27
alle alture di Castelmorrone. Il l*" ottobre avvenne lo scontro memo-
rabile, in cui poche centinaia di prodi resistettero fino allo sterminio
contro una colonna di borbonici forte di 5000 uomini. Il Chioderà, fe-
rito e fatto prigioniero, narra le dolorose vicende della sua cattiviti»
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STORIA POLITICA 733
che darò sino al 10 novembre. 4Jna breve appendice contiene le epi-
grafi, composte da Matteo Renato Imbriani per il monumento inau-
gurato a Castel Morrone 1*8 dicembre 1887.
« «
Il sig. Muzio Mainoni volle con pensiero gentile togliere il nome
del Gazzoletti, fervente patriotta e caldo poeta, dairoblio, in cui troppo
presto cadde. Il Gazzoletti nacque in Nago, paesello del Trentino, il
20 marzo 1813, studiò diritto alle università di Innsbruck e di Padova,
ove fu laureato nel 1835. Datosi all'avvocatura si recò a Trieste, ove
tenne lunga dimora. Vi fondò la Favilla, ch'ebbe a collaboratori Dal-
rOngaro, Somma e altri valenti, intesi a diffondere il culto della gran
patria italiana, vi acquistò fama di leggiadro poeta e di vasta coltura,
e là salutò il risorgimento del marzo 1848. Restauratosi l'assolutismo
austriaco in Trieste, dopo breve periodo di libertà, il Gazzoletti si recò
a Trento, ove fu imprigionato. Rilasciato libero per difetto dì prova
emigrò a Torino. Tornò nel Trentino per l'amnistia proclamata dal-
l'Austria nel settembre del 1848, ma dopo varie peripezie fu nuova-
mente arrestato a Padova, e quindi liberato. Nel 1856 sostenne l'idea
di mandare al Ck)ngresso di Parigi tre deputati a tutelare gli interessi
nazionali del Trentino. La sorveglianza molesta della polizia l'indusse
a trasferirsi definitivamente colla famiglia in Piemonte, ove attese di
proposito al giornalismo e a lavori letterari. Redenta la Lombardia
nel 1859, prese stanza a Milano. Nominato nel 1862 sostituto procu-
ratore generale alla Corte d'appello di Brescia e poi di Lucca, mori
nel 1866, quando pareva prossima la liberazione della sua Trento. —
Il Mainoni non solo ricostruisce e riordina le notizie sulla vita politica
del Gazzoletti, ma mette pure in rilievo il suo valore come poeta
lìrico, satirico e drammatico e quale traduttore di Orazio.
III.
Spettano al terzo gruppo le opere seguenti:
Le comte de Cavour et la comtesse de CircourL Lettres inédites
publiées par le comte Nigra. Turin, L. Roux et C.*% 1894.
Carlo Cattaneo, Scritti politici ed epistolario picbblicati da Ga-
briele Rosa e Jessie Wmte Mario, Voi. II. Firenze, G. Barbèra, 1894.
Bettino Ricasoli, Lettere e documenti pubblicati per cura di
Marco Tabarrini e Aurelio Gotti. Voi. IX. Firenze, Successori Le
Mounier, 1894.
Cesare Correnti, Scritti scelti in parte inediti o rari. Edizione
postuma per cura di Tulio Massarant Voi. IV. Roma, Forzanì e C, 1894.
Claudio Magni, Marco Mtnghetti uomo di stato. Torino, L. Roux
e Comp., 1894.
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734 NOTB BIBLIOGRAFICHE
« «
Le lettere inedite, pubblicate dal conte Costantino Nigra nel Tolame
intitolato Le corate de Cavour et la comtesse de Cfroourt, se non
recano un contributo novissimo alla storia politica del risorgimento
italiano, giovano però mirabilmente ad illustrare il carattere del conte
di Cavour.
Una graziosa introduzione del conte Nigra rende chiara ragione dì
questa pubblicazione, mette in rilievo le doti esimie della contessa de
Circourt, nata Klustine in Mosca nel 1808, ci narra i rapporti del
Cavour con la illustre dama, e ci fa assistere alle conversazioni ama-
bili e colte della pleiade illustre, che frequentava a Parigi e alle
Bruyères le sale della casa Circourt. Con grande affetto il Nigra
adempie con questa pubblicazione rultima volontà della signora de
Circourt, amica fedele del Cavour sino alla morte, e calda sostenitrice
della causa italiana in un ambiente avverso alla nostra redenzione.
Il velame comprende lettere 31 del conte di Cavour alla contessa
di Circourt dal 1836 al 1860, sei lettere del medesimo al conte di Cir-
court dal 1850 al 1861 e 45 lettere della contessa di Circourt al conte
C. Nigra dal 7 marzo 1860 al 26 febbraio 1863. La contessa mori il
9 marzo del 1863 a Parigi. La sua morte fu un grande lutto per i
suoi numerosi amici d^ogni paese, e fu specialmente sentita in Italia,
ove non erano ignote le sue simpatie coraggiosamente dichiarate per
la nostra causa.
Quanta squisita cortesia di pensiero, di sentimento e di forma nelle
lettere del Cavour, e quale gentile ricambio da parte deiramica fe-
dele! [1 desiderio vivo del sapere spinge dapprima il giovine a cer-
care la colta conversazione della casa ospitale dei Circourt; lamore
della patria gli consiglia di poi di adoprare quel centro di coltura a
benefizio della causa italiana; e, quando i gravi uffizi di Stato gli im-
pediscono di valersene personalmente, vi manda il suo allievo intelli-
gente, il Nigra, che fu lungo tempo rappresentante dell'Italia a Parigi.
Alcuni passi di indole politico-religiosa meritano di essere ricordati*
perchè conservano tutta Tirapronta precisa e fiera delle idee cavou-
riane. Scrivendo il 15 febbraio 1844 sui Gesuiti, così si esprimeva:
« Malheur auco pays, malheur à la classe qui leur conftera rédu-
cation exclusice de la jeunesse. A moins de circonstances heureuses
qui dèiruisent dans Vhomme les leQons de Venfance, ils feront dans
un siede une race bdtarde ei abrutie: des grands d'Espagne^ des
seigneurs napolitains, c'est-àrdire quelque choae qui tieni le mUieu
entre Vfiomme et le brute ». — Les évènements^ scriveva il 21 giugno
1857, ont amene le Piémont à prendre uneposition nette et déddée
en ItaUe. Ceite position n'est pas sans dangers, je le sens^ et je sens
tout le poids de la responsabilitè qice cela fait retomber sur mot
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STORIA POLITICA 735
Mais elle nous ètait fmposèe par fhonneur et le deootr . . . Inier-
prètez mon èpanchement comme l'aveu que toutes mes forces, laute
ma vie soni consacrées à une oeuvre untque : Vèmancfpation de ma
patrie, *- Notevole questo passo estratto da una lettera del 20 di-
cembre 1860: € Pour ma pari je n'ai nulle confiance dans les die-
tatures et surtout dans les diclatures civiles. Je crois qu'ont peut
faire avec un parlement bien des choses qui seraient fmpossibles au
poufcoir ahsolu. Une espèrience de treize annèes m*a convaincu
qvCun mintstère honnéte et ènergique, qui rCa rien à redouter des
révélations de la tribune, et qui n'est pas d*humeur à se laisser in-
tinMer par la violence des partis, a tout à gagner des luties par-
lementatres. Je ne me suis jamais senti faible que lorsque les
chamòres étaient fermées ».
Dalle lettere della contessa di Circourt al conte Nigra tolgo un solo
passo (5 giugno 1862), ch*è un giudizio sintetico dell'opera del conte
di Cavour: « Une année est donc presqice écotclèe depuis que le
mxmde a perdu celui doni le souvenir est pour jamais un lien im-
périssahle ... Le comte de Cavour contimi à diriger les destinées
du pays qu'il a rappelé presque miraculeicsement à Veccistence pò-
Utique. Vtmpulsion imprimée et maintenue par sa mafn au mou-
vement poUlique, avec tant de vigueur et d'à propos, conserve en-
core toute sa pu4ssance. La nation s'insptre de sa pensée, et dans
toutes les incertUudes de ses résolutions elle a recours, comme à
un oracle, à cette pensée haute et fet^me, qui s'est fait obéir de tous
les égoiismes, parce qu'elle était disintéressée, de tous les préjugés,
parce qu'eUe était èclairée, de toutes les violences, parce qu'elle était
juste^.
• *
Il secondo volume degli Scritti politici ed epistolario di Carlo Cat-
taneo, editi per cura di Gabriele Rosa e Jessie White Mario, si ri-
ferisce al periodo corso dalle catastrofi del 1849 al 1863. Il volume
comprende 119 lettere del Cattaneo a gran numero di persone, tra
cui figurano più spesso un amico anonimo, Agostino Bertani, Anatole
Brénier, Giuseppe Ferrari, Mauro Macchi, Gaetano Strambio; non
mancano i nomi del Brofferio, del conte di Cavour, del Cernuscbi, del
Grispi, del Maestri, della Mario, di Carlo Pisacane, ecc. A migliore
intelligenza della corrispondenza del Cattaneo furono pure pubblicate
12 lettere di vari a lui indirizzate. Tra gli scritti politici tengono
principale poeto tre lettere aireditore del Times dei 1859, tre lettere
al direttore del Daily News dello stesso anno, e parecchi articoli del
Nuovo Politecnico, quali L'antico esercito italiano, Savoia e Nizza,
La questione del Trentino, Nazione armata, Trieste e Vlstria,
La varia e vasta dottrina, la mente vigorosa, la calma dello spirito
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736 NOTE BIBLIOORAFIGHE
e dei tempi avrebbero dato opportunità al Cattaneo per la composi-
zione di opere di polso, ma gli amici e le esigenze quotidiane del pub-
blico lo trassero a lavori brevi, la maggior parte di utilità immediata
ed effettiva. Onde l'opportunità di raccogliere lettere e scritti vari
dispersi, perchè dallo studio del complesso possa con verità rico-
struirsi la flgura intellettuale e politica del Cattaneo.
Dopo la catastrofe del 1848 si ritrasse nel Ganton Ticino, che lo
volle professore di filosofia nel liceo di Lugano. Nel suo romita^io
s'infervorò ancora più del suo ideale repubblicano federativo, e tale
rimase anche di fronte al movimento unitario monarchico dal 1859
al 1870. I suoi giudizi, senza dubbio sinceri e disinteressati, riescono
però parzialissimi, talora del tutto ingiusti, specie per il Piemonte e
la monarchia di Savoia. Chiamar imbroglioni {messer D'Azeglio il
primo) ì liberali albertini del 1848, denominare sbirraglia i valorosi
che accompagnarono Carlo Alberto nella guerra deirindipendenza del
1848, affermare nel 1850 che in Piemonte i preti e i ministri gio-
cavano a sbirri e ladri non è linguaggio equo e patriottico. L'avver-
sione sistematica a quanto sa di monarchico, di unitario e di piemon-
tese è cosi viva, che induce lui, filosofo della storia, a questa infelice
profezia dedicata al governo piemontese: « A Roma non andrete^
perchè non siete la rivoluzione; a Venezia non andrete^ perchè non
siete V Italia armata: e non potete essere né la rivoluzione, né Var-
mmnentOj perché siete Vegemonia e non sarete mai la federazione >.
Non sono risparmiati i frati mazziniani. « Quando i MazziniOfU
fanno evviva all'unUà, egli scriveva al Macchi, bisogna rispondere
facendo evviva alti Stati uniti d'Italia ».
Davvero, quando si considera lo sciupio di tante forze d'ing^no e
d'animo nel combattersi sui mezzi in cospetto del nemico indigeno e
straniero, mentre tutti miravano alla grandezza della patria, c'è da
ritenere miracolosa e provvidenziale la formazione dell'unità italiana.
• «
Il volume IX delle Lettere e documenti del barone Bettino Rica-
soli ha un'importanza eccezionale nella storia del nuovo regno di-
talia. Comprende il breve periodo di tempo corso dal 3 novembre
1866 all'll aprile 1867, ma svolge tutta la politica ecclesiastica del
grande ministro.
II Ricasoli aspirava ad una riforma della chiesa romana, ma la cre-
deva possibile solo quando il pontefice avesse gettato via tutta quanta
la zavorra del potere temporale. Spogliata che si fosse la Chiesa del
regno di questo mondo, riteneva ragionevole, che fosse pur sciolta da
ogni vincolo di autorità non sua; quindi propugnava la piena libertà
della Chiesa, liberandola da concordati, ingerenze o difildenze. Voleva
conservare il papato all'Italia coronato di splendore e di potenza mo-
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STORIA POLITICA 737
rale, anche disposto per guarentigia delFindipendenza spirituale a con-
cedei^li la città leonina ed una striscia di territorio fino al mare.
Opinava, che, una volta stabilita e praticata la libertà della Chiesa,
avrebbero potuto coesistere in Roma senza urtarsi il Quirinale regio
e il Vaticano pontificio. In questo volume sono appunto pubblicate
parecchie lettere, dalle quali si argomenta, quanto ardentemente
s'adoprasse il Ricasoli per affrettare il giorno della conciliazione
sulle basi dell'indipendenza e della libertà della Chiesa e dello Stato.
Pendeva però allora una questione speciale di carattere ecclesia-
stico. Neirestate del 1866 si erano intavolate trattative col papa per
la nomina di alcuni vescovi a sedi da lunga pezza vacanti nel regno,
ma erano approdate a nulla, non ostante 1* accorgimento dell'inviato
italiano Saverio^ Vegezzi. C'erano inoltre fuori delle loro sedi alcuni
vescovi, allontanati per ragioni d'ordine pubblico. Il Ricasoli richiamò
questi, pur sottomettendoli ad una vigilanza; i vescovi protestarono
contro la sorveglianza con una lettera collettiva, alla quale risposo il
Ministro con dignità severa. Per provvedere alle diocesi vacanti, ri-
prese le trattative per mezzo di Michelangelo Tonello, egregio e savio
uomo, appositamente mandato a Roma. La missione Tonello appianò
il conflitto, e si addivenne alla nomina dei vescovi ed arcivescovi, che
mancavano, alla loro accettazione e al conferimento degli exequatur.
Per riuscire nell'intento il Ricasoli si valse anche della cooperazione
dì altre persone, e specialmente d una colta signora inglese, F. Mack-
night, che a Roma prese il nome di Hamilton.
Le lettere e 1 documenti di questo volume illustrano segnatamente
questi due punti, cioè la politica ecclesiastica generale del Ricasoli e
le trattative in particolare per provvedere alle sedi vescovili vacanti.
Abbondano però altri elementi di storia: tali la condotta del barone
col re Vittorio Bmanuele e col generale Garibaldi, il suo atteggiamento
di fronte al paese nelle elezioni generali, le condizioni politiche e fi-
nanziarie del nuovo regno.
Le lettere scritte d^l Ricasoli sono 91, cioè dal n. 876 al n. 966,
indirizzate nel maggior numero a Domenico Berti, a Celestino Bianchi,
a Francesco Borgatti, alla signora Hamilton (Macknight), ad Adriano
Mari, a Giuseppe Pasolini e ad Emilio Visconti-Venosta. Le lettere
scritte da diversi al barone Ricasoli sono 90, tra le quali prevalenti
per numero quelle di Domenico Berti, Francesco Borgatti, Eugenio
di Savoia principe di Garignano, Raffaello Lambruschinì, Pappalettere,
Michelangelo Tonello, Vittorio Emanuele. I documenti sono 29, ossia
dal n. GCGCLVin al n. GCGCLXXXVII, tra i quali notevolissimi la let-
tera degli arcivescovi e vescovi richiamati alle loro sedi al barone
Ricasoli e la risposta del ministro, una lettera di Pio IX a Vittorio
Emanuele e due circolari ai prefetti sulle imminenti elezioni generali
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738 NOTE BIBLIOGRAFICHE
al Parlamento. In appendice sono pubblicati due firammenti delle di-
scussioni parlamentari del 17 dicembre 1866 e 11 gennaio 1867.
*
« *
Ck)l voi. IV (di pBgg' x-650) ha termine Tedizione postuma degli
Scritti scelti di Cesare Correnti, intrapresa e condotta con ardore
giovanile e amore Alaterno da Tulio Massarani. Ricorderanno i lettori,
che l'edizione fu scompartita in cinque libri sotto i titoli, che Tautore
medesimo aveva indicati, e sono questi : / germi. Le preparazioni.
La lotta. La vita, La scienza. Questo volume comprende il libro 5^
del quale ci dona Tindice sintetico Tillustre editore con le parole se-
guenti: «Il quinto libro spazia nei cieli sereni della Scienza e delle
lettere; e sta ad attestare la mirabile versatilità di un ingegno, che,
dopo avere stenebrato le ambagi del Neoplatonismo alessandrino, riven-
dicata contro 1 deterministi la dottrina della nuova responsabilità,
e percorsa quella dei climi storici e degli ambienti sociali, si ricrea
nelle piacevolezze della letteratura rusticana e popolare, elevandola a
strumento di educazione; evoca i due grandi santi della patria, Dante
Alighieri e Cristoforo Colombo, ad auspicare le sorti deiritalia nuova,
e sembra ammonirla col pauroso memento, racchiuso in quel suo ine-
dito e tanto aspettato saggio, la Storia della Polonia; ci inizia ai pia
recenti progressi della geografia e della statistica; e chiude il cido
delle proprie peregrinazioni mondiali con una teoria delFassistenza pub-
blica, in cui Tapostolo d^li anni giovanili ricomparisce ancor vivo e
verde nell'uomo di Stato ».
Questo volume riproduce in massima parte scritti, che già videro
la luce in tempi e modi diversi; contiene però due lavori inediti:
Dello stato generai degli studi filosofici e della loro coltura in Italia,
Il primo libro della storia della Polonia daUe origini cUTanno Ì773.
Gli scritti contenuti in questo volume non hanno propriamente un
carattere storico obiettivo, ma giovano alla storia in quanto determi-
nano meglio la figura di Cesare Correnti, che fu tra i più intelligenti
e fecondi cooperatori del nostro risorgimento. Tuttavia alcuni studi
possono considerarsi quale contributo diretto alla storia italiana, come:
DeUo stato generale degli studi filosofici e detta loro cottura in
Italia, Dante Alighieri, Cristoforo Colombo. Senza dubbio o^i hanno
perduto delF importanza loro, ma rivelano sempre Talto ingegno divi-
natore del Correnti congiunto ad uno squisito senso artistico.
« «
Lavoro nuovo ò quello del Magni su Marco Minghetti. Egli lum ai
è proposto di darci una biografia dell* illustre statista, che sarebbe
meno utile di fronte ai ricordi autobiografici in corso di pubblicazione:
neppure intraprese un'analisi critica delle opere e delle azicmi dd suo
compianto maestro; ma volle erigergli un ricordo coi materiali estratti
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STORIA POLITICA 789
da' saoi scritti e segnatamente dai discorsi parlamentari, pubblicati in
ordine soltanto cronologico e formanti otto grossi volami dì oltre 700
pagine ciascuno.
Pertanto il Magni con mirabile pazienza trascelse da quei volumi,
prezioso monumento dell'ingegno, del sapere e del patriottismo del
grande statista, le massime e considerazioni, cbe gli parvero più degne
di rilievo, sulle teorie di governo, sui principii di economia politica
sociale, sui problemi di diritto costituzionale e intemazionale, ecc., le
dispose secondo l'indole della materia, e quindi le pubblicò per ordine
al&betico, corredando il volume di un indice, mediante il quale il
lettore trova facilmente il pensiero del M. relativamente alle molte-
plici questioni da esso trattate nella sua laboriosa e lunga vita par-
lamentare.
L*idea ci pare ottima, ma, sinceramente, l'esecuzione lascia qualche
cosa a desiderare. Per recare un vero vantaggio ai lettori si sarebbe
dovuto^ a parer nostro, lasciar da parte molte voci poco importanti
o in sé 0 nello sviluppo loro dato, e dare maggior risalto alle altre,
essendo utile non solo conoscere il parere del Minghetti sulle varie
questioni, ma scrutarne le ragioni cbe glielo ispirarono.
IV.
Formano il quarto gruppo quattro notevoli volumi di miscellanea,
ai quali, quasi appendice, può aggiungersi uno specialissimo lavoro
del Massarani. Ecco i titoli:
Pasquale Villari, Scruti vari. Bologna, Nicola Zanichelli, 1894.
Gaetano Nbori, Rumori mondani. Milano, Ulrico Hoepli, 1894.
Domenico Zanichelli, Stmit politici e storici. Bologna, N. Zani*
chelli, 1893.
Giacomo Barzellotti, Sttuit e ritratti. Bologna, N. Zanichelli, 1893.
Tullo Massarani, Come la pensava il dottor Lorenzi. Confidenze
postume di un onesto borghese. Roma, Porzani e C, 1894.
« «
11 nuovo volume di Scritti vari del senatore prof. Pasquale Villari
contiene dieci studi già pubblicati in periodici diversi tra il 1857 e
il 1891, de' quali solo alcuni hanno diretta attinenza con la storia ita-
liana del secolo XIX. Al quesito , se la storia sia una scienza, aveva
risposto il V. con un lavoro magistrale comparso nella Nuova Anto-
logia (l"" febbraio, 16 aprile e 16 luglio 1891); di Giovan Battista
Vico aveva scritto con la consueta chiarezza e profondità di vedute
nella Enciclopedia Britannica (voi. XXIV, 1888); due temi d'in-
dole sociale, ossia la riform^a delle beneficenze, e lo sventramento
di Napoli {Nuovi tormenti e nicovi tormentati) aveva trattato con
senno e cuore nella Niwva Antologia (1* maggio e 16 die. 1890);
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740 NOTE BIBLIOGRAFICHE
con acutezza di critico e squisitezza di gusto artistico aveva illustrato
Francesco De Sanctis e la eriiica in Italia, Edmondo De Amidi e
i suoi critici nella Nuova Antologia (1^ febbraio 1884, !• luglio 1887).
È ottima cosa che questi scritti preziosi siano stati ora raccolti in un
volume, e così resi accessibili a più gran numero di lettori.
Io intendo attirare più specialmente Tattenzione sopra quatti'o studi,
tra i più antichi per data di prima pubblicazione, che toccano da
vicino il nostro risorgimento.
Nella Rivista di Firenze (marzo 1857) comparve una pia comme-
morazione di Margherita Fuller-Ossoli e un*analisi delle sue Memorie.
La FuUer, americana, Ai a' suoi giorni la donna più rinomata che
avesse TAmerica, tanto innamorata deiritalia, ch*essa diceva a* suoi
amici d'avere avuto una vita anteriore a questa e d* essere allora
nata in Italia. Nacque il 1810 nel Massachussets, venne in Italia nel
maggio del 1847, a Roma sposò il marchese Ossoli, e a Roma dimorò
fino alla caduta della repubblica ; il 17 maggio salpava col marito e
col bambino per l'America e il 16 luglio naufragava con essi neiro*
ceano. Le sue Memorie contengono affettuose pagine sullltalia, ar-
denti e colorite specialmente sulFassedio di Roma del 1849.
Nel 1863 il Yillari curò la pubblicazione d^li Scritti di Luigi
La Vista in Firenze coi tipi Le Monnior, facendoli precedere da una
prefazione. Questa è ora riprodotta. Si rileggono col cuore commosso
le pagine del Yillari, calde di affetto e di ammirazione per il giovine
amico, pieno d'ardore e di generoso entusiasmo, trafitto a colpi di
baionetta, calpestato e deformato dagli Svizzeri di Ferdinando II il 15
maggio 1848. Con dolcezza fraterna è dipinta l'educazione di quell'a-
nima ardente nel risvegliarsi delle lettere e del sentimento nazionale
a Napoli; con vivezza di colorito sono descritte le agitazioni politiche
del 1848 e segnatamente la sanguinosa giornata del 15 maggio, obbro-
brio eterno del Borbone.
Sul principio del 1886 comparve il 5° volume delle Lettere di Ca-
millo Cavour, edite per cura dell'on. Ghiaia. Il V. fu attratto dalle
nuove informazioni, che vi si contenevano intorno alla prima giovi-
nezza del conte di Cavour ed agli anni che precedettero la sua en-
trata nella vita politica; e ne scrisse due articoli sulla Rassegna di
Roma (22 e 23 aprile) intitolandoli La giovinezza del conte di Ca-
vour. Sono un fedele e felice riassunto organico delle notizie dedotte
su tale argomento dalla pubblicazione delFon. Ghiaia.
Amico e ammiratore dell* ingegno e delle virtù di Carlo Tenca il
Y. ne scriveva la commemorazione nella Rassegna di Roma il 5 ot-
tobre del 1883. Dopo Tesauriente lavoro del senatore Tulio Massarani
il breve ricordo può avere perduto d* importanza come documento
storico, ma rimane intatto e solenne T apprezzamento, che del valo-
roso lombardo allora aveva dato Pasquale Yillari.
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STORIA POLITICA 741
* «
Rumori mcmdani è il titolo d*un nuovo volume dì S(zggi di quel-
ringegno forte e proteiforme, eh* è il senatore Gaetano Negri. Sono
dodici studi, di argomento svariatissimo, quattro dei quali riguardano
la storia del nostro risorgimento, e devono essere qui ricordati.
È anzitutto ristampata la conferenza su Giuseppe OariòcUdi, tenuta
al teatro Castelli in Milano il 25 giugno 1882. È nota la facondia ef-
ficacissima dei Negri ; leggendo il discorso dodici anni dopo che fu prò*
nunziato in diversa condizione di tempi e di luoghi, non piccola parte
dell* impressione allora provata svanisce; ma il disegno della grande
figura storica rimane intatto nella purezza delle sue linee. Egli seppe
districare il Garibaldi dalle contingenze, che offuscano la visione, e,
guardando al fondo di quella singolare grandezza, rivelarne l'anima
vivificatrice, e cosi riusci a spiegarci 1* azione esercitata dal condot-
tiero redentore sugli avvenimenti moderni, e il &8cino, con cui ha sol-
levato la generazione contemporanea.
Due libri, Giulio Adamoli, Da San Martino a Mentana — Ge-
nova DI Revel, Da Ancona a Napoli^ gli forniscono il tema allo
scritto che intitola Le due correnti del risorgimento italiano. L* Ada-
moli, campione brillante del patriottismo italiano ardente ed ope-
roso, ci trasporta nel mondo garibaldino; il Revel, soldato fedele della
monarchia sabauda, ci conduce nelle file delFesercito regolare. L*il-
lustre A. con mano maestra sa trarre da questi due libri, suggeriti
da impressioni diverse ma ispirati entrambi dall* amore patrio, un
quadro efficacissimo della corrente rivoluzionaria, personificata in Ga-
ribaldi, e della corrente monarchica, incarnata in Vittorio Emanuele»
delle diverse loro tendenze, degli urti e dei pericoli, e della loro coo-
perazione neirintento comune, onde scaturì Tltalia libera, indipendente
ed una.
Carlo Tenca, il modesto e forte pensatore e patriotta milanese,
aveva già ispirato alcune pagine scultorie al Negri, quando apparve
il volume memorando del Massarani^ che illustrò con vero intelletto
d*amore Carlo Tenca e il pensiero civile del suo tempo. Il profilo, che
ne aveva già tracciato il Negri, risponde adeguatamente alle indagini
più minuziose ed esaurienti del Massarani. Un'aggiunta all'antico pro-
filo trasse il N. dall'opera del M., cioè la rappresentazione del Tenca
come poeta, aspetto ignorato da quasi tutti gli ammiratori del T.,
prima che il suo illustre biografo lo rivelasse.
11 senatore Negri è anche un profondo pensatore. 1 saggi su Ed-
mondo Scherer, suir idea della religione in P, Bourget e in Pierre
Loti, sul Fedone e V immx>rtalità delC anima, m\V Idea messianica
nella decadenza del popolo ebreo ne fanno prova; agli intenti nostri
accennerò solo lo studio sul pensiero filoso fico e religioso in Italia.
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742 NOTE BIBLIOGBAFICHE
Premesso, che il pensiero italiano è rimasto estraneo airindirizzo della
critica storica, che ha rinnovato in Germania gii rtndi religiosi, con-
tinuando a correre nel campo chiuso della metafisica, ci rappresenta
anzitutto con chiarezza l'opera del Rosmini, illuminandone l*idea fon-
damentale, che era quella di cercare un possibile accordo fra il cai-
tolicismo e la civiltà, continuata dallo Stoppani, dalla Rassegna na-
zionale, dal Fogazzaro, acremente combattuta dai Gesuiti; discorre
brevemente dei critici ortodossi, Gapecelatro, Vito Pomari e padre
Gurci ; studia la figura di Ausonio Franchi, indagando ed analizzando
con molta acutezza le cause della sua conversione; ci presenta, forse
un pò* troppo compendiosamente, Tlndirizzo del Mamiani e de' suoi
collaboratori nella Filosofia delle scuole italiane, accennando con
amore al Bertinf, mio venerato maestro; dalla diligente opera del pro-
fessore D'Ercole estrae notizie particolareggiate sul pensiero originale
di Pietro Ceretti, quasi ignorato in Italia ; dopo una breve corsa at-
traverso alla psicologia positiva e alla nuova scuola penale (Ardigò,
Sergi, Lombroso, Morselli, ecc.) ritorna al campo strettamente reli-
gioso, rammentando i pochi saggi del movimento critico (Castelli, La-
banca, Ghiappelli, Mariano). Finissime ed acute le considerazioni finali
sulla politica ecclesiastica italiana e sul rinvigorimento d^la teocrazia
papale.
« «
Il volume Studi poUUci e storici dello Zanichelli contiene pure
scritti di vario argomento, già comparsi in luce, tranne Tultìmo.
Cinque di questi sono prelezioni o discorsi di carattere dottrinale estranei
alle nostre indagini {Costituzioni moderne, Nazione e democrazia.
Le difficoltà del sistema rappresentativo parlamentare. Sulla cosU-
tuzione italiana. La coscienza nazionale italiana); gli altri nove,
sebbene non siano propriamente narrativi, contribuiscono a rischia-
rare alcuni punti del nostro risorgimento. Vecchi uomini e vecchie
idee. Il partito Ulcerale storico in Italia è il titolo di due scritti
pubblicati per la prima volta nella Rassegna di scienze sociali e
politiche (anno Y). In fondo sono bensì due articoli polemici, miranti
a dimostrare in senso moderato, che nuovi uomini e nuove idee
devono farsi largo nella vita politica italiana, per impedire che essa
si corrompa; ma intanto rispecchiano bene la situazione generale
dei partiti parlamentari. — Abbiamo quattro capitoli sul Gioberti, già
comparsi nella Revue Memationale (anno VI) e nella Rassegna di
scienze sociali e politiche (anno VII). Ne sono speciale argomento:
La gUwinezza di Vincenzo Giaòerti, Il primato morale e doile degU
italiani, Vincenzo Gioberti e Cesare Balbo, Del rinnowimento dctìe
d'Italia, Nel vergognoso oblio, in cui da molti anni è lasciato il nome
del Gioberti, conforta io studio amoroso che ne fa lo Zanichelli, rial-
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STORIA POLITICA 743
zando sul suo piedestallo la grande figura del filosofo torinese, ch'egli
esamina sopratutto nei riguardi politici. — Ottimo è il discorso comme-
morativro di UbcOdino Peruzzi, letto nell'Istituto di scienze sociali in
Firenze il 13 marzo 1892, perchè, mentre riassume fedelmente le vi-
cende della vita dell'illustre uomo, riesce a scolpire nell'animo l'ideale
splendido, che il Peruzzi ebbe a guida, ossia l'armonia della libertà
civile, politica e religiosa, e della libertà degli individui e degli ag-
gruppamenti loro nella società e nello Stato. — Commemorando CC"
sare AWIctni nella RMsta di dtrttto pubblico (anno II) mette segna-
tamente in rilievo due provvedimenti attuati da lui ministro del
governo larovvisorìo romagnolo nel 1859-60^ ossia la riforma delle
opere pie e dell'Università di Bologna.
Un nuovo lavoro dello Zanichelli appare in questo volume, che dì-
mostra la versatilità d' ingegno del chiaro A., Le poesie politiche di
Giosuè Carducci^ amplissimo studio di 237 pagine. Fu rimproverato
al Carducci, specie dai repubblicani, la sua conversione alla monar-
chia democratica; si sarebbe in nome di tale logica potuto rin&cciare
all'illustre poeta ben altre mutazioni anteriori. Ma l'uomo dev'essere
immobile? o non deve piuttosto seguire l'ideale, che la coscienza gli
addita nell'evoluzione della vita? Lo Zanichelli intraprese un'opera
ardua, ma seppe condurla a buon porto felicemente. Ricostruisce il
moto italiano nelle sue svariate manifestazioni dal 1848 ai di nostri,
rintraccia le orme che impressero nella coscienza di Giosuè Carducci,
e le vede specchiate nelle sue poesie politiche, che analizza con acu-
tezza dì psicologo e di storico veramente singolare. Lo Z. riesce in tal
modo a chiarire luminosamente il pensiero carducciano, e ad elevarlo
sopra un piedestallo più alto, rappresentandolo come l'incarnazione di
una evoluzione collettiva raffigurata nella parola artistica del grande
poeta.
« «
Il volume Sttuit e ritraiti di Giacomo Barzelletti si compone di tre
parti: Studi dal vero, ritratti, studi di psicologia sociale. Argomenti
svariati vi sono trattati con forma limpida e con serenità di mente:
paesaggi, viaggi, ritratti e giudizi d' uomini, considerazioni letterarie
e fliosoflche. All'intento di questo scritto concorrono cinque ritratti:
Alessandro Manzoni, Francesco De Sanctis, Terenzio Mamiani,
Quintino Sella, Giuseppe GariJbaidi.
Lo studio più ampio riguarda il Manzoni, del quale intende mettere
in rilievo l'originalità come pensatore, scrittore^ poeta e critico; ri-
batte felicemente il giudizio del Settembrini a riguardo dei preti,
frati e monache nei Promessi Sposi. — Nel ritratto del De Sanctis,
movendo dal discorso commemorativo del prof. Mariano, rintraccia e
descrive la facoltà dominante della sua critica, ossia la potenza rara
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744 NOTB BIBLIOGRAFICHE
ch*egli ebbe di cogliere per via deiranalisi nei prodotti del genio let-
terario ridea centrale ispiratrice. — Molto esattamente ci rappresenta
in poche pagine la mente di Terenzio Mamiani: spirito laico, razio-
nalistico» ohe gli suggeriva di riappiccare la tradizione del pensiero
italiano ai nostri filosofi del rinascimento e allldealismo neoplatonico,
congiunto con la elegante preoccupazione della forma» che si fa sen-
tire neirartifizio del suo stile. — Di Quintino Sella rileva sopratutto
l'autorità, che gli veniva alKingegno da una potenza morale altissima
e rara, e dal carattere, ch*era il fondo della sua intelligenza. — Nel
ritratto di Garibaldi spiega, come il secreto della sua grandezza e del
suo fascino sta neiravere incarnato in sé e reso per mirabile armonia
di facoltà opposte possibile ai nostri tempi il tipo più alto e più vero
dell'eroe, senza mai disgiungerlo da quello dell'uomo civile moderno
e del capitano.
« *
~ 11 senatore Tulio Massarani nel nuovo volume (di pagg. 358) edito
dalla Gasa Forzani e G. in Roma, sotto il titolo Come la pensava il
Dottor Lorenzi, non ha scritto propriamente un libro di storia, che appar-
tenga direttamente al programma di questa Rivista, ma ha riassunto
con tanta elevatezza di pensiero e splendore di forma il testamento
dell'onesta borghesia, la quale lottò per darci una patria forte, giusta
e virtuosa, che qualsiasi storico consulterà le confidenze postume del
dottor Lorenzi come testimonianza del periodo glorioso del nostro ri-
sorgimento.
Il senatore Massarani, la cui vita fti tutta rivolta ai più pari ideali,
valendosi del nome del dottor Lorenzi, sotto forma dialogica sapiente-
mente ordinata, mette in rilievo il suo pensiero intomo ai quesiti più
solenni, che affannano la società presente. La famiglia, il lavoro, la
campagna, la marfyieria, l'emigrazione e le colonie, ridea religiósa.
Comuni, le armi e la pace, la scuola, la coltura, l'igiene e la giu-
stizia, la mtUualità forniscono all'illustre Autore il tema di riflessioni
gravi e nobilissime.
Un'aura di mestizia alita in tutto il libro, mestizia non di un tardo
lodatore temporis acti, ma di un savio ed onesto patriotta, nutrito di
alti e puri ideali, deluso nelle sue speranze dalle brutte realità della
vita pubblica. U rammarico, che spira attraverso le oneste pagine,
non muove però da un animo sfiduciato e inerte, ma da una fede
sempre vigorosa nel progresso dell'umanità.
Costanzo Rinaudo.
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STORIA ECCLESIASTICA 745
n. STORIA ECCLESIASTICA (i>
Ed. Bagkhodse e Ch. Tylor, Testimoni di Cristo e Memorie della
chiesa dal IV al XIII secolo (trad. dall'inglese). Roma, Loescher, 1893,
pp. x-500. — L'ufficio della chiesa di Cristo, dicono gli Autori, è quello
di testimoniare per lui. Nei primissimi tempi fecero ciò gli Apostoli,
i quali « con gran forza rendeano testimonianza ». Ma ben presto la
chiesa esterna cominciò a scostarsi dalla semplicità apostolica. Le per-
secuzioni e i pericoli Tavevano rattenuta sulla falsa china, ma, diven-
tato il cattolicesimo religione di Stato, la corruzione^ che prima d'al-
lora serpeggiava latente, si affacciò alla luce del sole. « I molti pi! e
devoti ecclesiastici, che fiorirono nel secolo quarto, uomini di ingegno
e di pietà straordinaria, lasciarono la chiesa molto più carica d'in-
venzioni umane ch'ella non fosse stata per lo innanzi ». I due secoli
che seguirono, riboccanti di controversie e polemiche dommatiche,
appannarono maggiormente la purità della dottrina originaria ; ma
peggio fu quando il monachesimo riesci a ^tendere le sue ali sull'oriente
e sull'occidente, alterandone la vita in tutte 1$ sue manifestazioni.
Sorse allora il potere temporale; e subito gli fecero corona i pregiu-
dìzi e le superstizioni che, più ancora della tradizione, pesarono gra-
vemente sullo spirito libero del credente. Nulla sviò tanto la chiesa
dal retto sentiero, quanto V organizzazione d' un sacerdozio, prodotto
naturale delle idee giudaiche e pagane, accoppiata all'istinto umano
di aspirare sempre, in ogni condizione, a un posto di distinzione e
di autorità. Un altro elemento deleterio fu l'ascetismo, generatore del
monachismo, il quale col tempo « si abbarbicò siccome fùngo sopra la
Chiesa ». Or dati mutamenti cosi radicali, qual meraviglia se poi la
chiesa romana ha voluto coronare l'edificio coli' errore massimo di
arrogarsi rinfallibilità? Per altro Iddio non ha mai abbandonato gli
uomini interamente a se stessi. In ogni tempo essi sono stati « visitati
e illuminati dallo spirito di Cristo, e preparati a testificare di lui ».
— L'opera, ognun vede, ha uno scopo confessionale: intende a rile-
vare « le voci che, durante il periodo [dal IV al XIII secolo], non
(1) L*abbondaDza di materia ci costrìnge a rìnTiare ad altro fascicolo le Recen-
sioni e Note bibliografiche di parecchie altre opere ed opuscoli di storia ecclesiastica,
come: Celestino V ed il VI centenario della sua coronazione di vari; Ferrài, H
processo storico détta chiesa nel medioevo (discorso); Moiraghi, Vita del h. Bernar-
dino Tornitore: Sohnùrer, Die Entstehung des Kirchcnstaates ; Somhkrpeldt, Zar
Froge nach a. Herkunft d. Predigermonches Nicoìaus I^iiularbischofs v, Bu-
trinto; Fontana, Benata di Francia duchessa di Ferrara; Bbrthklot, iSfi le pape
doit étre itcdien.
RifriMta di storia ItaKafia, XI. 49
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746 NOTS BIBUOORAFICHE
hanno mai cessato di protestare contro alle crescenti corrazioni di
dottrina e di costumi, non che di testimoniare alla presenza vivifica-
trice di Cristo nelle anime dei suoi eletti ». Essa però non è polemica,
se ne togli qualche rara eccezione, come, ad esempio, là dove com-
batte il celibato dei preti, e molto meno è deturpato da esagerazioni
di giudizi, 0 da intemperanza di forma. Che anzi ci si & Innanzi viva
si di ardore evangelico e di affetto umano, lucente talvolta anche
per splendore di immagini e profondità di sentimento, ma la nàrrt-
zione procede sempre calma, disinvolta^ semplice, si che cattiva ai-
Tantore la benevolenza del lettore anche là dove quest*nltimo non può
accettare le opinioni, o le conclusioni di chi scrìve. Non è opera ori-
ginale, anzi una compilazione, alla quale contribuisce in gran parte
il Neander; ma ha l'invidiabile pregio, tutto proprio degli storici in-
glesi, d'essere scritta senza ira e senza odio e con eloquenza piana e
persuasiva. Il primo volume, a cui fk seguito il presente, fa scaritto
tutto dal Backhouse e pubblicato col titolo di Storia deiia chiesa pri-
mttiva. Essendo poi morto il Backhouse, H Tylor compilò questo se-
condo volume, raccogliendo, studiando ed ordinando H materiale sci^
tifico e le illustrazioni, che il suo amico e collaboratore già aveva
messo insieme. — - Parve al JFyìor che più efficace della forma di storia
continuata, adoperata dal Backhouse nel primo volume, dovesse rio*
scire quena biografica, che egli ha preferito per questo secondo vo-
lume. Non si può negare che in molti casi la biografia consta lo
scopo meglio del racconto storico continuato, in special modo per certi
personaggi, che, a cosi dire, amano fkr casa da so. Ma non di rado
il nesso tra le dottrine, le idee e le opere di alcuni e quelle di altri
personaggi storici non sempre è chiaro, anzi talvolta accade che la
mancanza del racconto continuato impedisca alla figura, che si vuole
evocare, di balzarci davanti nella sua iiitterezza. B questo è il difetto
del volume del Tylor.
* •
Giovanni Mercati, Vetà di Simmaco l'interprete e S. E0(mk>,
ossia se Simmaco tradusse in greco la Bibbia sotto M. Aur^ U
filosofo, Friburgo di Brisgovia, Herder, 1893 (pp. 104).— L'autore di
questo opuscolo vuol dimostrare che la critica è stata ingiusta, anzi
troppo poco rispettosa verso S. Epifanio, il quale se, quando parla (fi
storia e dì cronologia, non sempre è guida sicura, non merita però
d'esser messo da parte senz'altro come fonte di poco, o nessun valore.
Basta per ciò esaminare serenamente quel passo deiropascolo di S. ^i*
fonie De ponderibus et mensuris (composto circa il 390 d. G.)> c^
si riferisce all'età, in cui vissero Simmaco e Teodozione, e che in tutti
i tempi ha dato occasione a dispute e polemiche fra gli interpreti
Oltre al valore suo intrinseco, il passo, di cui si parla, ha ima im^
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STORIA ECCLESIASTICA 747
tmiSL tutta speciale per qiiesto che ci porge un inatgue esempio, e
Inoppugnabile, del modo poco corrello come S. Bpifonìo è stato sempre
trattato. -^ ih alcuni eapitoti deU*q)ufleoio De ponderUyus et meneuris
si tà una specie di storia dei traduttori greci del vecehio testamento,
dalia quale si rileva < Chi, donde e quando e di qual progenie Ai
ciascun ài loro, e da qual cagione fu mosso a tradurre >. B fra i di-
versi traduttori è ricordato un Simmaco samaritano, che attese alla
traduzione sotto SeverOr e, subito dopo di lui, un Teodozione pontico,
che tradusse sotto Cìommodo. 1 critici, ritenendo che il Severo, qui
nominato sia Settimio, ripudiano il passo di Epifanio, anzi da esso pi-
gliano occasione per negar fede anche ad altre asserzioni del santo.
Or Tautore con un esame mdto aceurato dimostra che il passo è stato
male interpretato, che il Severo, di cui parla Bpi&nio, è M. AureUo,
il quale pei* un certo tempo assunse anche quel nome, e che quiodi
tntto è a posto, essendo risaputo che M. Aurelio precedo Gommodo.
Per altro, se cosi vien messo in sodo che Simmaco noa fu posteriore
a Teodozione, non è d'altra parte possibile fissare quando preeisameiite
egU visse.
* •
Paulus Fabre, De patrtmonhs Romanae Eccleslae uscite ad ae-
tatem Carolinorum. Insulae, Danel, 1892 (pp. 112). -- Del patrimonio
della chiesa romana molti trattano e molto bene. Pure questo lavoro,
ehe è una tesi proposta alla bcoltà letteraria parigina da un suo ex-
alunno, aggiunge molto alle conoscenze sinora acquisite. L'A. discorra
prima della natura e deiramministrazione dei patrimoni ecclesiastici,
ne tesse in seguito la storia e chiude il suo discorso con uno sguardo
aUo stato del patrimonio della chiesa nell'ottavo ^cdo e alle rela-
zioni di esso col potere temporale. — Ci si incontra la j^ima volta
nel nome Patrimonio nel sesto secolo, e proprio in una epistote di
papa VigRìo del 540; ma si deve ritenere che esso risalga a un tempo
anteriore, forse sino all'impero di Costantino. Il patrimonio di S. Pietro
non è dissimile da quello degli imperatori, ossia, checché altri sostenga
in contrario, ò soltanto un possesso privato. Le parti dì cui si com-
poneva erano talvolta esEtesiasimi territori, però non comprendevano
eittìr. Nelle lettere di Gregorio Magno i loro abitanti sono chiamati
patrimoniales e rtMtìcif mentre sono detti tsrbani e cives quelli di
fuori, i noftd li derivarono dalle regioni dove si trovavano. -<- Gio-
vandosi moUo opportunamente di; una scoperta fatta a' tempi nostri,
eioè di una iscrizione riguardante il ScUlo Buritano, posseduto in
Africa dagli imperatori sullo scorcio dei secondo secolo, TA. chiarisce
ii valore proprio delle parole fumh4S, fnassa e scMue. Ma la parte
più notevole dello studia è quella che esamina la cultura e Tammi*
distrazione dei patrimoni: chi erano i coloni, di che natura le angarie.
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748 NOTE BIBLIOGRAFICHE
le gravezze e la burdazione^ che TAutore col Savigay ritiene fosae
un'imposta dovuta dai coloni allo stato, non alla chiesa; in che cosa
differivano \ patrfmonicUes dagli extranei, detti più tardi urbani e
anche cices^ ossia in qual modo i coloni nei patrimoni, pur restando
ecclesiae rustici, perdessero col tempo il carattere di società distinta;
come sorsero i conductores (fattori» fittavoli), tenenti quasi vices beati
Petri vel ecclesiae in patrimonio, intermediari tra la chiesa e i co-
loni, e che relazione avessero coiruna e cogli altri; come il bisogno
imperioso dì trovar subito denaro contante desse occasione all'enfi-
teusi e in che essa differisse dalla conductio, a scapito della quale si
difiìise; come alla enfiteusi servisse di correttivo la cuitura dominlca
(per mezzo di servi e coloni propri, senza conduttori intermediari):
chi fossero e che uffici avessero i rettori, istituiti a trattar nei patri-
moni gli affari secolari, ma non estranei alla amministrazione eccle-
siastica, fungenti cioè da ledati a laiere. — Passando al campo poli-
tico l'Autore, avvertito che la difesa dei patrimoni dalle usurpazioni
longobarde indusse i papi a ricercar l'amicizia dei Franchi, soggiunge
potersi dire che il potere temporale sorse per la difesa di quei patri-
moni. Ma forse risponde meglio a verità l'altra opinione che nell'ot-
tavo secolo la sarebbe finita col patrimonio di San Pietro se i ponte-
fici non avessero fondato intorno a Roma munttionum ad instar
quella specie di colonie agricole, che sono note sotto il nome di Do-
muscultae. — Il latino del F. è in generale corretto e spigliato e
talvolta anche elegante.
Leo Konig S. J., Die papsUiche Kammer unter Clemens V und
Johann XXIL Wien, Mayer, 1894 (pp. 88). — In questi ultimi anni
la storia della finanza pontificia nel Medio Evo ha richiamato l'atten-
zione di molti e valenti studiosi e in breve ha assunto una spedale
importanza. Ed è giusto che cosi sia, perchè questo studio dà modo
di guardare addentro nelle molteplici relazioni della Sede Apostolica
con paesi e principi, vescovati e chiostri, ecclesiastici e laici. L'opu-
scolo del Konig è un ottimo contributo alla storia della finanza pon-
tificia di Avignone; esso mostra chiaramente che non con Giovanni XXn,
ma con Clemente V e in parte con Bonifacio Vili era già in piede il
sistema finanziario proprio dell' epoca avignonese. — II lavoro è di-
viso in quattro capitoli. Il primo tratta degli introiti e determina l'o*
rigine, la natura e il valore delle Reservazioni, Gonfirmazioni, Trans-
lazioni, dei Servitia communia e secreta, della tassa per il pallio,
dei doni sulle visite liminum SS. App., delle tasse per bolle e brevi,
dei frutti intercalari e degli spogli, delle decime di varia natura,
delle imposte per il mantenimento dei legati. Il secondo esamina le
spese per il mantenimento della Curia, il personale di servizio, le
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STORU ECCLESIASTICA 749
opere pie e le missioni, quelle per opere d'arte e i paramenti sacri,
quelle per incoraggiamento alle scienze e quelle di natura politica.
Nel terzo è fatto un confronto tra le entrate e le spese, e vengono
esaminati i depositi, i mutui, le obbligazioni di debiti e le somme af-
fidate ai mercanti papali. Il quarto è un quadro pregevolissimo degli
officiali camerali pontifici dal quale si rileva quali fossero veramente
le funzioni del Camerario, del Tesoriere, del Chierico di camera, dei
Collettori e dei Depositari pontifici. — L*A.utore si è giovato quasi
esclusivamente dei sette volumi in folio del Regestum Clementis
Papae V e delle recenti Appendices di quell'opera, editi, come è noto,
dai Padri Benedittini.
¥ *
Laureti Carboni, De Innocentio V romano pontifice, [Dissertano
historica. Romae, typ. de propag. fide, 1894 (pp. 32). — Questa dis-
sertazione letta nell'Accademia di S. Anselmo ai 17 ottobre 1893, ce-
lebra ed illustra il pontificato del primo papa, che diedero alla chiesa
i frati predicatori. Innocenzo V pontificò soltanto 5 mesi e 2 giorni;
ma gli atti da lui compiuti in questo brevissimo lasso di tempo ci
danno una chiara idea di quello che avrebbe potuto fare se la morte
non lo avesse colpito tanto immaturamente. Era appena cinquantenne 1
Tre obbiettivi ebbe la sua non comune operosità: pacificare l'Italia;
difendere e ricuperare i luoghi santi; compiere l'unione della chiesa
greca colla latina. A tutti e tre attese con grande zelo; ma si può
dire che il primo fu sempre in cima ai suoi pensieri. Nella sua espo-
sizione l'autore si è giovato molto del Cod. vat. 29 Ay dove, insieme
con altre di Urbano IV, Clemente IV, Gregorio X, Adriano V, Gio-
vanni XXII, Nicolò III, Martino IV e Onorio IV, si conservano anche
16 epistole di Innocenzo V. L'estensore di esse fu Maestro Berardo di
Napoli, suddiacono e notaio apostolico, che fu secretarlo di papi dal
1261 al 1290 circa. — L'autore accenna anche alla opinione che In-
nocenzo V non morisse di morte naturale, senza venire però a con-
clusione risolutiva. Per altro ci dà notizie nuove, che ha raccolte da
due codici, i quali con un terzo, riferentesi anch'esso alla storia di quel
papa, egli ha trovato nella biblioteca urbin-vaticana. I tre codd. sono
stati messi insieme nel secolo XVI, ma su memorie evidentemente
molto antiche. È ormai accertato che Innocenzo V fu vittima di un
attentato da parte di un soldato, che cercò ferirlo mentre saliva le
scale del palazzo pontificio. Questo soldato, preso, pronunziò parole
di colore oscuro, che parevano accennare* all'imperatore di occidente,
o a quello di oriente, ma non fu possibile sbrogliar la matassa, perchè .
il soldato nella notte si uccise nel carcere. In uno dei summenzionati
codici si legge che Innocenzo « o impaurito di tal fatto, o per altro
male che lo sorprese, terminò la sua vita col render l'anima al suo
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760 NOTE BiBUOOBAFIGHS
creatore ». Anche la quistione inlorno alla patria di questo pai», che
aicttnl vogliono savoiardo, ricorda TAutore, ma soltanto per avvenirci
che sub judioe He est.
« »
Albxam]>iìb Bbruid, Les Vaudois. Leur Mséatre sur les deux
versants des Alpes du IV au XVIJP siècle, Lyon, A. Storck, 1802,
di pp. y«d28. ~ Il paese valdese sul versante francese dette Alpi com-
prende i cantoni di Glelles, di Mens e di Gorps nel dipartimento del-
risère, i circondari di Embrun e di Brian^on e di Barcellonette. Sono
alte valli, separate tra loro da montagne abnipte, che a stento la-
sciano il passo a stretti e rapidi torrenti dalle acque grigie e i^ameg-
gianti. Sullo sfondo del quadro, la cima nelle nubi, il gigantesco Pel-
voux, « senza rivale tra le più alte montagne di Francia ». Rara la
vegetazione, esposta ai freddi venti e violenti, che scendono dai ghiac-
ciai, e poveri gli abitanti, costretti a contendere al su(^o uno scarso
alimento, e in costante pericolo di veder distrutti dairincendio i loro
miseri tuguri. Desolazione s^iza nome in mezzo a selvaggia grandezza.
Le traocie delle persecuzioni, che soffrirono in quei luoghi i Valdesi
nei secoli di dispotismo e intolleranza, si riscontrano a ogni pie so-
spinto. B fu appunto traversando il paese in una bella giornala di au>
tunno e rivivendo col pensiero le vicende dei tempi andati che il Bé-
rard disegnò di scrivere una storia generale dei Valdesi. — L'Autore,
premesso uno studio sul movimento religioso anteriore alla comparsa
di Pietro Valdo, ne prende in esame la vita e le dottrine, per poi pas*
sare al racconto della ulteriore diffusione di quelle dottrine e delle
persecuzioni, che esse procurarono a chi le professò. Benché non lo
affermi in modo sicuro, tuttavia il Bérard, come in generale gli sto-
rici valdesi, tende ad ammettere Tesagerazione che i Valdesi esistes-
sero prima del XII secolo, che anzi, risalendo indietro, si possa ripor-
tarne r origine al IV secolo. Certo le valli valdesi dei due versanti
delle Alpi sono state sempre terreno favorevole alFeresia e rifugio di
perseguitati, né può negarsi valore alla tradizione antichissima presso
i Valdesi che fa risalire al IV secolo T eresia dei montanari abitanti
le loro alte valli. Ma non è lecito confondere la opposizione alla curia
romana, la ribellione al clero corrotto e prepotente, insomma le mol-
teplici forme di eresie, delle quali ciascuna ha il suo carattere e la
sua ragione di essere, in una sola di esse. Llmportanza vera dell'o-
pera di Pietro Valdo e dei suoi seguaci sta in ciò cbe essa gettò
nello spirito umano le prime nozioni della libertà di p^isiero, della
rivolta contro il clero romano, che nulla più valse a distruggere.
Pietro Valdo visse in una età di vasto movimento religioso, al qoale
egli seppe dare un prodigioso impulso. Piglio di ricchi artigiani lio-
nesi e nativo di Lione (E questa ormai la opinione più accreditata, a
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STORIA EOCLBSlÀSnCA 751
coi SÌ accosta anche il Bérard), non aveva che da guardarsi intorno
per sentirsi spingere alla ribellione. La miseria spaventevole del pò-
polo, portata airesiremo dalle tiranniche esazioni di tributi da parte
deirarctvesoovo e del clero, in contrasto colle opulente ricchezze e la
vita scandalosa degli ecclesiastici, era un lievito di reazione democra-
tica e sociale. Il Valdo si ispirò al Vangelo, ma i moti da lui pro-
mossi ftirotto più di ordine politico-sociale che dogmatico; ^li stesso
Al piuttosto rinnovatore che non creatore di sàtte. La sua dottrina
contiene un principio di gran valore: il ritorno alla semplicità evan-
gelica; ma essa, benchò abbia esercitato un efficacia innegabile sulla
rivoluzione religiosa deirepoca post^ore, si è per altro chiarita in-
sufficiente ai bisogni religiosi dei popoli cristiani. — Il Bérard è pieno
di fede e di entusiasmo; ha lo stile Cstcile, immaginoso, efficace; ma esa-
gera le conseguenze delle persecuzioni religioee del sec. XVII, che co-
strinsero molti ftrancesi a pruder la via delFesilio; e sbaglia addirit-
tura affermando a più riprese che Tabiura di Errico IV fu un tradi-
mento, senza dei quale il cattolicismo in Francia sarebbe venuto meno.
E non credo che ciò abbia bisogno di dimostrazione. Ma il Bérard,
rincarando la dose, giunge a dire che quei fatti in parte hanno pre-
parato e in parte contribuito ai disastri della Francia, non escluso
quello del i8701 Ai qual proposito ricorda mestamente che il primo
offldale tedesco, entrato a Parigi nel 1871, fii un luogotenente degli
Ussari, la cui famìglia aveva abbandonata la Francia per la revoca
dell'Editto di Nantes. Una volta preso Taire, non è maraviglia poi che
egli dalla storia dei Valdesi tolga occasione e argomento a fare Ta*^
pologia della repubblica. « L'histoire de la Franco monarchique «-
cosi scrive «- n'est que rhistoire de la folie du gouvernement royal,
depuis ies équipées insensées de Philippe de Valois à Grecy, de Jean
le Bon à Poitiers... jusqu'à Charles IX ... Jusqu'à Louis XIV ... G*est
rhistoire de la Franco sacrifiée à V Église catholique. Et cotte triste
bistoire s'est continuée Jusque pendant le XIX* siòcle où Ton a vu le
gouvernement imperiai s*aliéner à Jamais le royaume d'Italie qu*ll
avait fait, en maintenant contre Ies aspirations de tout le peuple ita-
iien le pouvoir temporel des papes » (p. 265). Se fosse permesso fare
qui una punta nella politica sarebbe il caso di domandare a M. Bé-
rard: Et la République? — Per compilare il suo libro TAutore si è
ij^ovato molto del Martin e del Michelet, ma principalmente della ffiS"
totrt generale des églises vaudoises del Léger, il quale fu pastore
valdese, vide in parte, ma sfuggi alla persecuzione del 1653, poi rac-
contò le cose da lui viste, o risapute da testimoni fededegni, e cor-
redò Topera sua con disegni, che ricordano molti dei casi pietosi di
quell* epoca in&usta. Questi disegni sono stati strappati non si sa da
chi da quasi tutti gli esemplari deiropera, tanto che il Michelet non
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752 NOTE BIBLIOGRAFICHE
riusci a procurarseli. Il Bérard ha potuto inserirli nel suo libro, de-
sumendoli da un esemplare esìstente nella Biblioteca Nazionale di Pa-
rigi. — Chiudono il volume quattro discorsi politici, nei quali VAm-
tore, che è magistrato e consigliere generale» inneggiò alla repubblica
e alla democrazia.
*
* «
Théodorb Glaparèdb, Hisioire de la RéformaUon en Savoie, Ge-
nève et Paris, Gherbuliez et Fischbacher, 1893 (pp. 380). — Quando
si parla della Riforma nella Svizzera il pensiero corre a Ginevra, la
rocca calvinistica, donde Calvino irradiò in tutti i versi la sua dot-
trina. Eppure Ginevra, rimasta isolata in mezzo a paesi cattolici, co-
munica con i suoi correligionari soltanto per mezzo della stretta striscia
di territorio vodese. Per un certo tempo la regione intorno a Ginevra,
cioè il paese di Gex e una parte del Ciablese e del Genovese^ fu tutta
protestante; ma nel secolo XVII il cattolicesimo vi era già ritornato,
e vi sì era riafTermato per modo che a Ginevra non rimase altro uf-
ficio se non quello di offrir rifugio ai Savoiardi, o ai nativi del Gex,
cacciati da loro paese per ragioni religiose. Il Claparòde, che tanta
parte ha avuto nello studiare la storia della Riforma in quei paesi,
che anzi la illustrò in modo speciale colla sua Hisioire des Églises
réformèes du Pays de Gex ((Genève, 1856), lasciò morendo il volume
di cui ci occupiamo, il quale pare dovesse servire come di riassunto
e conclusione degli altri suoi lavori. Gli eredi, decisane la stampa, ne
affidarono la cura a un amico di lui, il pastore F. Naef, il quale si
assunse anche Tincarico di completare l'opera, che Fautore non aveva
potuto condurre a termine. — Le idee nuove cominciarono a forsi
strada nella Savoia molto presto; già nel 1525 esse vi erano diffuse per
mezzo della stampa. Ma Tetà d*oro della Riforma TÀlta Savoia Tebbe
alcuni anni più tardi, quando nel 1536, mentre Francesco I occupava
la Bresse e la Savoia meridionale, e Friburgo e il Vallese si ingrandi-
vano anch*essì a spese del duca di Savoia, Berna annettevasi il paese
di Vaud, la provincia di Gex e il Ciablese. Allora si compiè anche Tor^
ganizzazione interna della chiesa riformata, per cui è rimasto celebre
il sinodo dì Losanna del 1538. — I paesi della Savoia ebbero una
storia religiosa diversa in corrispondenza alla diversità della loro storia
politica. Mentre la settentrionale accettava la Riforma, la meridionale,
passata alla Francia, era mantenuta fedele al cattolicesimo. Fran-
cesco I non tollerò mezzi termini. Volle tener lontana la Riforma da
quei luoghi, e ci riuscì. Il parlamento istituito a Chambéry ne fu il
precipuo, efficacissimo strumento. Più che un tribunale politico esso
fu un tribunale di inquisizione, rigido custode della ortodossia romana.
Giunse al punto da disciplinare e regolamentare anche materia di ca-
rattere puramente ecclesiastico, come, p. es., la polizia interiore della
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STORIA ECCLESIASTICA 753
chiesa e Fuso della carne in quaresima. Il paese vide pronunziate non
poche condanne capitali e innalzati non pochi roghi e patiboli. En-
rico II segai le orme de) padre. E con Emanuele Filiberto, se mutò
il metodo, non posò lopera di ristorazione del cattolicesimo. Anzi, più
tardi, non si tenne più conto neanche delle guarentigie religiose, sti-
pulate per TAlta Savoia coi Bernesi nel trattato di restituzione di quel
paese al Duca. In aiuto furono chiamati i Gesuiti. E tuttavia per molto
tempo i risultati Jurono piuttosto scarsi. Carlo Emanuele I procede
con più vigore e meno riguardi. Gli eccessi, che avevano avuto luogo
nella Bassa Savoia al tempo dei Francesi si rinnovarono nelFAlta sotto
di lui. Però fu T opera lunga, costante e, in ultimo, violenta di San
Francesco di Sales quella che condusse allo scopo. Goirentrare del
secolo XVn la Riforma aveva dovuto emigrare anche dairAlta Sa-
voia. In tutti ì paesi oltralpini del Duca era ristabilita V unità della
chiesa romana. — 1 particolari di questo notevolissimo periodo storico
sono narrati nel libro con molta accuratezza e serenità. Soltanto la
figura del Sales esce dal racconto forse, dirò cosi, un po' troppo uma-
nizzata. Del resto le persecuzioni, le angherie, le dragonate^ antici-
pate d'un secolo, non spiegano da sole la sparizione quasi totale della
Riforma dalla Savoia. Vi ebbe parte anche un altro fatto di non lieve
importanza, cioè la indifferenza religiosa delle popolazioni. Questo ele-
mento non isfuggi al Glaparède, il quale anzi ne fa cenno, soggiun-
gendo per di più : < On tenait avant tout à ètre de la religion du parti
dominant », ed esibendo anche qualche esempio (p. 132). Ma non pare
che lo tenga poi nel debito conto. Il Glaparède ci dà inoltre notizie
importanti sui concistori e sulla loro organizzazione, delle quali cose
si è sempre saputo molto poco; anzi dimostra che essi erano molto
più numerosi che non si credesse, essendo vene anche nelle campagne,
come si desume da alcuni documenti ginevrini (128). Il materiale
nuovo è stato somministrato dagli archìvi di Berna, Losanna e di
altre città della Svìzzera.
* •
Gustav Turba, Zur Verhaftung des Landgrafen Philipp von
ffessen, i547. Wien, 1894, di pp. 32. — Si è sempre discusso molto
sul contegno di Carlo V di fronte al langravio Filippo d'Assia dopo la
vittoria di Miihlberg, sulla maggiore o minore legittimità dell'arresto
di esso langravio e in generale sulla interpretazione, data agli accordi
e dichiarazioni, che precederono lavvenimento. Le cose sono state
ora messe a posto e la quistione può considerarsi risoluta dai docu-
menti nuovi, rintracciati dal dott. Turba negli archivi viennesi. Ecco
quel che si raccoglie dair esame di questi documenti. Filippo si rese
a discrezione (auf Gnade und Ungnade), I principi mediatori delFac-
cordo» di cui era parte Maurizio di Sassonia, volendo il langravio una
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754 NOTE BIBLIOORilFICHE
spiegazione del valore precìso dell'eapnessione aufOnade tmd Ungnade,
riuscirono ad ottenere dairimperatore la promessa (non eompresa nei
capitoli scritti e palesi dell* accordo) che la resa a discredone non
avrebbe Importato né pena corporale (cioè la morteX n& prigionia per-
petua. Quella promessa doveva rimanere, e rimase» segreta. Ma, per
indurre il langravio ad accettare i patti stipulati, i mediatori, man-
dandogli il salvocondotto, lo assicurarono, alV Insaputa e senza con-
senso deWimperaiore, che non sarebbe stalo toccata né nel corpo, nò
nei beni, e neppure nella estensione dei possessi. Sarebbe slata dunque
nulla più che una sottomissione da parte del langravio e un rìcoio-
scimento pieno dell*autorilà imperiale, da lui combattuta sino a ipiel
momento. Invece tanto le parole qfuanto lo spirito della dichiarazione,
fatta dair imperatore ai principi, non escludevano Tarresto e la pri-
gionia temporanea. Carlo V, anri stimava necessario tenere prigione
alcun tempo il langravio, per aver mano libera e maggior tranquil*
lità a quietare la Germania; ed era nel suo diritto. Poco accorti fu-
rono in vece i mediatori, che non compresero subito il valore pre-
ciso della promessa imperiale.
• «
Biagio Bruoi, Oli studenti tedeschi e la Santa InquisùiUme a Pa-
dova nella seconda metà del secolo XV L Venezia, Yerrari, i8M, di
pagg. 19. — Con una breve nota « primizia di più ampio lavoro >,
letta al R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti (tomo V, serie VII,
189^1894) intorno alla Università dei giuristi in Padova, nel sec XVI,
il Brugi richiama Tattenzione dei dotti su una fonte inedita e pochis-
simo esplorata deirArchivio storico deirUniversiti padovana. Sono gli
Annali degli studenti tedeschi di queU'Ateneo, dalla metà del sec. XVI
in poi, che TA. ritiene superiori per importanza agli stessi Ada no-
tionis ffermanicae Unfversitatis BononiensiSy pubblicati a Berlino
nel 1887, perchè oltre al notevole contributo che danno alla storia
del luteranismo degli studenti tedeschi in Italia, recano € inaspettata
luce > anche sul metodo dei professori e sulle relazioni del governo
veneto con Roma. In mezzo secolo, cioè dal 1550 al 1599, gli studenti
tedeschi a Padova, divisi in due UnÉversitates, cioè ittristarum e
artistarum, si iscrissero in numero di 6060. Il numero dava loro molta
forza. Erano ordinati militarmente, per modo da poter anche ricor-
rere, volendo, BÌViUiima ratio rerum; e trattavano talvolta come da
pari coi poteri pubblici. La solidarietà di corpo e il sentimento nazio-
nale rese anche più facile la diffusione delle dottrine luterane, di coi
essi erano naturali e quasi necessari veicoli. La Repubblica aveva
ragione per non scontentarli : essi in nessun altro luogo avrebbero
trovato tanta tolleranza quanta in Padova. Certe restriziont e certi
richiami valevano prò forma. La stessa inquisizione fu a Padova mite,
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STORIA fiOCLSSIASTlCA 755
perchè temperata dalla prudenza del governo. Nd 1587 gli irtudenti
tedeschi ottoinero un privilegio scrìtto della loro inmnmità dalFinqui-
sitore; nel 1616, auspice H Sarpì, ottennero anche di sottrarre i lau-
reandi tedeschi in legge aircd)bligo della professione di fede, prescritta
da Pio IV colla bolla In Sacrosancta.
« •
Alessandro Morpurgo, Un nuovo libro su Pier Paolo Vergerio.
Trieste, Gaprìn, 1894, di pp. 13. — Data la odierna rifioritura di studi
sulla materia ereticale, non può maravigliare che gli studiosi conti-
nuino a indagare la vita del Yergerio. Il prof. Morpui^ dà notizia
deirultìma opera di conto (a non parlare di opuscoli e pubblicazion-
celle speciali), puM>lieata un anno fo in Germania dal dott. Friedrich
Hubert, col titolo: Vergerio's puòHzistische Thàiigheil neòst einer
òibliographischen Ueberslcht (Goettingen, Vandenhoeck e Ruprecht,
18%), e ne piglia occasione a riassumere brevemente, ma con effi-
cacia, la vita deirirrequieto vescovo giustinopolitano. Il Huber, prote-
stante, si chiarisce piuttosto equanime e imparziale; ammira il Ver-
gerlo, ma non ne nasconde i difetti e nemmeno ne disconosce gli
errori. La parte più notevole del libro pare sia lo studio sulle scritture
vergerìane, che sono elencate in ben 171 numeri, non guardate astrat-
tamente ma in relazione colle vicende della vita dello scrittore e degli
avvenimenti del tempo. É evidente però che neanche Topera del Huber
può dirsi definitiva. Essa ci dà agio di giudicar meglio il Vergerlo e
come scrittore e come riformatore, ma ci lascia ancora quasi all'o-
scuro sul periodo anteriore all'apostasia, specialmente sugli anni di
transizione, la cui conoscenza molto gioverebbe a risolvere non pochi
dubbi e quistioni. Speriamo che presto avvenga la pubblicazione delie
lettere private del Vergerio, che un egregio cultore di questi studi
da tempo va preparando.
* «
Athanasius Zimmbrmann S. I., Kardinai Pole. Sein Leben und
seine Schriften. Regensburg, New York und Cincinnati, Pustet, 1893
(pp. 390). — Lo Zimmermann esamina anzitutto la giovinezza del Polo
e gli studi suoi prediletti, per metterne in luce le relazioni colla
storia deirumanesimo. Ma lo scopo vero del libro è quello di studiare
il posto, che il cardinale inglese occupa in quella eletta pleiade di
forti e nobili ingegni, che, nel momento più critico a cui sia andata
incontro la chiesa cattolica, si ingegnarono di render possibile in essa
una autoriforma, e qual parte egli ebbe nei tentativi di ristorazione
del cattolicesimo in Inghilterra. É molto interessante il ragionamento,
che l'Autore fa per dimostrare che il Polo, recandosi a Parigi, non
accettò in verun modo l'incarico che Enrico Vili v<^va addossargli
di raccogliere presso i dottori parigini pareri favorevoli al divorzio
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756 NOTB BIBUOORAFICHB
del re inglese dalla moglie Caterina D* Aragona. Ma non è del tutto
convincente. Anche accettandolo integralmente, resta indubbio questo,
che il Polo non ebbe il coraggio di dirlo apertamente, bensi adoperò
parole elastiche, che si prestarono benissimo ad equivoci. Non credo
giusto il giudizio che dà della legazione belgica del Polo nel 1537. La
si giri come si vuole, questo è certo che quella legazione, se non mi-
rava direttamente a far insorgere Tlnghilterra contro il suo re, nei
suoi effetti però non poteva allontanarsi di molto da quello scopo.
Senza pretendere di scusare e molto meno di giustificare Enrico Vili
nei suoi eccessi e nelle accanite persecuzioni, di cui fece oggetto suo
cugino, si può ritenere che, in un caso di tal natura, anche altri
principi avrebbero seguito la stessa via. L* Autore rimprovera a Fran-
cesco I e a Carlo V d^aver curato più i loro interessi politici che non
quelli della chiesa; ma anche questo rimprovero non mi pare fondato.
Che gli ecclesiastici curino più gli interessi della chiesa che non quelli
degli stati laici, passi; ma certo non si può dar torto ai principi se
guardano le cose da un altro punto di vista. Crede inoltre l'Autore
che Maria commise un grave errore non chiamando II Polo in Inghil-
terra subito dopo la sua assunzione al trono. Ma il cardinale inglese
giudicava dell'Inghilterra al modo come sogliono vedere le cose della
loro patria gli esuli, ai quali di necessità, per la lontananza devono
sfuggire i mutamenti morali e materiali, che seguono durante la loro
assenza. Maria invece era in grado di veder meglio quale fosse lo
stato reale delle cose, indipendentemente dall'influsso, che possa aver
esercitato sul suo animo la politica imperiale. Errore fu senza dubbio
il suo matrimonio con Filippo II, ma errore tutt* affatto politico. Se
non fosse cosi, ben altri risultati ci offrirebbe il regno di Marìa nel
campo religioso. Ma il più bel capitolo del libro è quello che studia
(in verità sulla scorta del Duruy) le relazioni tra il Polo e Paolo IV,
il quale, da papa, mostrò deficienza assoluta di senso politico e di larghe
vedute, e colla sua testardaggine molto nocque al prestìgio della chiesa.
L'Autore ha ragione di paragonare la sua politica a quella di papi
come Sisto IV e Alessandro VI. Non, come cercò di far credere più
tardi, i sentimenti di italianità lo guidarono nella guerra inconsulta
alla Spagna, ma gli interessi e i risentimenti personali. — Lo Zim-
mermann premette al suo studio questa dichiarazione: Se il cattolico
pretende dai protestanti imparzialità in tutto, cominci lui a darne
esempio pel primo; adoperi lo stesso peso e la stessa misura per Ti-
nimico come per l'amico. È, per cosi dire, il suo programma, o, se si
vuole, la sua professione di fede, in critica, s'intende. Ed è giusto si
dica che non vi trasgredisce. Tra gli antichi biografi che del Polo ci
hanno lasciato quasi tutti smaccate apologie, e i recenti, che nel bla*
Simo si accalorano tanto da rendere i loro libri simili a libelli diffa-
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STORIA ECCLESIASTICA • 757
matori. Io Ziromermann, sedendosi arbitro, ci presenta un bel quadro
della vita e della operosità del Polo, raffigurandocene le idee e le
azioni con piena imparzialità, senza nulla nascondere, o scusare. -—
Del resto il libro non è scritto per gli eruditi, si bene per le per-
sone colte.
I. Gaspar Wirz, Ennio Filonardi der letzte Nuntfus tn Zurich,
Zùrich, Faesi e Beer, 1894 (pp. 114). — Il Pilonardi, nato nel 1466
a Banco nella diocesi Verulana, e morto ai 19 di decembre 1549 nel
Castel Sant'Angelo durante il Conclave, che fu tenuto alla morte di
Paolo III, fu rultimo nunzio pontiScio a Zurigo. Entrato a 18 anni al
servìzio della Curia, vi rimase quasi costantemente nei 65 anni, che
seguirono, sino alla sua morte. Alessandro IV lo nominò vescovo di
Veroli (donde il sopranome di Verolano) ai 4 agosto 1503, e Leone X
nel 1513 lo mandò nunzio nella Svizzera. Da quel momento la Sviz-
zera ta campo principale aperto alla sua operosità; per otto volte egli
vi fa delegato da Leone X e dai successori. NelFintervallo lo troviamo
governatore e vicelegato della Campania e della Marittima (1528) e
poco dopo incaricato di metter ordine nelle cose del governo di Pe-
rugia (1529-30). Fu in questa città che il Malatesta lo fece arrestare
nella sua propria abitazione e lo lasciò libero solo quando intervenne
il papa, minacciando gravi rappresaglie. Nel 1531 fu mandato nunzio
a Milano, donde fece sentire il suo influsso nella vicina Svizzera.
L*anno dopo ritornò tra i Cantoni cattolici. Da Paolo III ottenne il
cardinalato. — L'opera del Filonardi, molteplice e varia, è connessa
alla storia della Svizzera più ancora che non quella dello stesso
Schinner, ma essa è rimasta a lungo mal nota e peggio giudicata. Il
Wirz ce ne dà notizia con lodevole imparzialità, senza preconcetti
nazionali, o confessionali. Il lavoro del resto gli si è venuto for-
mando ed ordinando come da sé, mentre negli archivi svizzeri e
in quelli italiani del Vaticano, di Firenze, di Napoli e di Parma
raccoglieva documenti per illustrare le relazioni della Svizzera colla
Santa Sede negli anni dal 1512 al 1552. Le conclusioni, a cui TA.
è condotto dal suo studio, sono queste: Lo scopo ultimo di tutte le
missioni papali nella Svizzera fu sempre ostile alla Francia, alla
quale si voleva impedire che assoldasse svizzeri, neirintento di pigliarli
al soldo della Chiesa. Sola eccezione fu quella determinata dalla lega
di Cognac. La nunziatura, cosi intesa, diede fhitto nel suo primo pe-
riodo, non nel secondo, perchè il Filonardi non comprese mai a pieno
il moto religioso nella Svizzera : educato alla scuola di Alessandro VI
e Giulio II, non gli pareva possibile un moto religioso senza sustrato
politico; non credeva che quistioni puramente chiesastiche e domma-
tiche potessero commuovere gli animi fortemente. — Non si capisce
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758 NOTE BIBLIOORAFIGHR
però perchè il W. scrìva : Pregosa, Goro Ghersio, Qamtiaro, Zuchero
invece di Fregoso» Goro Gheri (o Gberio), Gambara e Zaccaro.
« «
Franz Dittrigh, NurUiatmi>erichte Otovanni Morones vom deuir
schem Kónigshofe. Paderbonn, P. Schoningh, 1892, di pp. ir<244. —
Abbiamo in questo volume la prima parte del primo volume d'una
pubblicazione di fonti storiche, iniziata dalla Qoerres Qe^eUschafl in
relazione col suo istituto storico di Roma. Contiene questo mezzo vo-
lume i dispacci del Morone dalla corte imperiale durante gli anni
Ì539-40. Lo stesso editore aveva già pubblicati quelli del 1541 ne^
Aìmali storici della Goerret Oesellsckatl (1883) mentre alla sua volta
il Ranke aveva inserito nella sua Deuiscke Oeschichte zur Zeit dei*
Reformation (voi. VI della 5^ edizione) le « Relazioni del nunzio pon-
ti Scio Morone al card. I^ arnese sul colloquio di Worms ». Queste pub-
blicazioni insieme con quelle anteriori del Laemmer {McmuanenKa
Vaticana etc.) e del Dittrich medesimo {Regesten und Briefe des
KardtneUs Gasparo Cantarini)^ benché manchino ancora le lettere
delia segreteria di stato ai nunzi e legati, e solo in parte si conoacano
quelle dei legati Farnese, Cervini e Aleandro e del nunzio Poggio,
danno modo di portar un giudizio più sicuro sulla polìtica papale in
un momento difficilissimo, quando, di fironte al dilagare del proteafan-
tesimo, Roma ancora oscillava tra la condiscendenza e la severità.
Per altro a questa edizione del Dittrich toglierà importanza la con-
tinuazione dei Nuntiaturberichte aus DeutscMand, che TLstituto
storico prussiano di Roma va pubblicando, e nei quali i dispacci del
Morone hanno sede loro propria. — I dispacci che abbiamo sott'occhio
vanno dair accordo di Francofiorte (aprile del 1539) al colloquio di
Worms (1540). Forse non mai come allora il Morone si trovò stretto
da tante difficoltà. La politica papale e quella imperiale non potevano
conciliarsi, perchò, mentre Carlo Y e Ferdinando d'Austria trovavano
opportuno e favorevole ai loro interessi che per via di congressi e
diete si tentasse la unione religiosa, lusingandosi di poter impedire
ogni pregiudizio dell'autorità pontificie, i papi invece non potevano
sperar nulla di buono da quelle assemblee. — Il Morene sostenne la
politica papale con tutte le sue forze, non risparmiandosi in niente e
adoperando le sue eminenti doti di diplomatico per impedire il ooUo-
quio di Worms, da cui affermava ch^ il minor male che si potesse
avere sarebbe stato « che delia Sede Apostolica non si faccia oieniioBe
uè in bene nò in male, lasciandola nelli termini che si trova et con-
ckidendo nel resto, come a loro piacerà per la quiete di Germania »
(p. 132). Ma lavorava un terreno troppo sterile e refrattario^ e non
si fece mai illusioni sul risultato dell'opera aua. Che la politica impe-
riale avrebbe trionfato, lo sapeva in anteceden^; ma egli era stalo
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STORIA mCCLBSlASTlCJi 759
messo a un posto di combattimento, e non disertò. Né Topera sua fa
inutile. Non consegui queàk) a cui mirava; ma indirettamente giovò
naoitissimo alia causa cattolica. Senza frangio e senza sottintesi co-
scrisse a Roma k> stalo reale della Germania, qual grande cammino
avessero già latto le idee nuove e quanto forte fosse diventata la op-
posizione alla Gmria romana; con schiettezza e libertà rimproverò gli
errori dei curiali» avverti del pericolo imminente e indicò le vie da
seguire, insistendo sempre sulla necessità di mutar indirizzo : squarciò
insomma il vélo, che a Roma aveva sempre impedito di veder chiaro
nelle condizioni della Germania. Del resto, acume di osservazione,
occhio sicuro ed esperto a cogliere il nodo delle quistioni, a scoprire
gli umori vari di principi e popoli, di laici ed ecdesiastici, a distin-
guere Fapparenza dalla realtà, a leggere in fondo al cuore delle per-
sone, profondo sentimento religioso, ardore per la riforma degli abusi
curiali, qualità peculiari dei Morene, si possono riscontrare in sommo
grado proprio in questi dispacci. — Non va taciuto che 1* opera del-
Tedilore lascia qualcosa a desiderare. La trascrizione è difettosa. Ecco
alcuni esempi: «Che non si serva giustitia alcuna in quel regno, et
che ha maggior forza ed osa più violentie. Quello è più extimato, né
il preCàto re è bevuto in riv^entia alcuna » — va letto, correggendo
la punteggiatura, cosà: « Che non si serva gipstitia alcuna in quel
regno, et chi ha maggior forza et usa più violentie, quello etc. »
(p. 8). La espressione: « un Ludovicoperd buon theologo » va corretta
in « Ludovico Pero buon theologo » (p. 205), nome ben noto, ricordato,
per di più, anche a pag. 2ia La parola cUsentimare (pag. 107 e 198)
è lo atesso che (ÈMniimarer cioè revocare l' intimazione già thtta. Il
Pelo non può essere altri che il maggiordomo impalale Pebux e
non piBÒ confondersi col PUoia (corriere di gabimetto, o secretarlo pon-
tificio) come parrebbe dair indice. Il qual indice poi lascia anch*e8so
a desiderare e non ò cerio cosi preciso (genau) come il Dittrieh
sembra credere.
¥ ¥
P. Paonotti, Relazione di una NunrkUmra in Satoia (Ì624^27J,
scritta da Bernardino Campello tàdUore del nunzio a Torino. Roma,
taOd (pp. 56> — Abbiamo in quest* opuscolo, non la relazione di un
nunzio^ ma quella di un uditore, fatta per uso dri nunzio. Il suo au-
tore, Bernardino GampeUcv fo uditore di Lorenzo Campeggi nelle nttn-
ztature di Torino (1624-1627) e Madrid (1632^) e nel governo del
ducato d* Urbino (1627-32), né è ignoto nella repubblica letteraria,
perchè durante il corso non breve di sua vita (1594-1676), oltre at-
tendere alla diplomazia, coltivò anche e n<m senza frutto le lettere.
Un suo epistolario inedito in due volumi, contenente notizie su. le re-
lazioni di Berna con Carlo Emanuele I e Francesco Maria II ultimo
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760 NOTE BiBUOORAFIGHB
duca di Urbino, si conserva a Spoleto neir archivio della fomiglia
Gampello. E restano di lui anche un poema in nove canti (incom-
pleto) su la « presa del Messico », alcuni lavori drammatici, un « Esame
di alcune opere del cavalier Marino », le « Storie di Spoleti » di cui
fu stampato soltanto il I volume, e altre coserelle. Chi ne voglia saper
di più, consulti // castello di Campello di P. Gampello della Spina
(Roma, 1889). — Nella relazione sono notevoli le notizie sulle molte
facoltà, concesse al nunzio, sulle innumerevoli controversie per im-
munità e giurisdizioni tra l'autorità civile e Tecclesiastica e sui feudi
soggetti alle chiese vescovili. Qualche importanza ha la descrizione
della città di Torino nel primo quarto del secolo XYII. Ma sì leggono
con molto maggior interesse le notizie sul caratttere e i costumi dei
popoli del ducato, sulle relazioni tra il Piemonte e la Savoia, e su
quelle tra i due paesi e il sovrano. Cosi, p. es., la Savoia che godeva
di una tal quale autonomia, dalFA. è chiamata < natione tenacissima
delle sue costume », i cui magistrati, « per una ostinata pretentione
di participar de gFusi e privilegi e delle pragmatiche della Francia,
pretendono verso le chiese e grecciesiastici Tistesso che i supremi
parlamenti di Francia ». Conferma che nella Savoia sotto verun titolo
ottenevansi cariche per denaro, come seguiva in Piemonte; che Tam-
ministrazione della giustizia non era alterata dairarbitrio del principe ;
e che tanto in Savoia quanto in Piemonte solo i sudditi potevano aspi-
rare agli impieghi, essendo odiosissima la qualità di stranieri.
« «
N. Di Cagno Politi, Oiulio Cesare Vanini martire e pensaiore
del XVII secolo. Roma, Casa editrice italiana, 1894, di pp. xy-159
(2* edizione). — La Rassegna Pugliese di alcuni anni fa accolse al-
cuni studi del Di Cagno Politi sul Vanini; ora l'A. tornando sulF ar-
gomento ha pubblicato un saggio bio-bibliografico, nel quale, più am-
piamente, con metodo più sicuro e anche con più larga erudizione,
ha svolto il concetto poco più che adombrato nella prima edizione.
Sotto più d*un aspetto nel Vanini ò personificato il carattere pugliese,
di cui ha le qualità buone come le cattive; ma il suo merito vero è
in ciò che egli fu uno dei più insigni martiri della libertà del pen-
siero e non ultimo (FA. dice veramente dei più grandi) tra i precur-
sori della filosofia moderna, lo spirito della quale in lui può dirai ri-
scontrarsi già come in embrione. Lavoro apologetico e in parte anche
polemico, il libro del Politi pecca un po' di esagerazione nei giudizi
e nella forma, talvolta troppo declamatoria.
*
LEON SÉGHE, Les origines du Concordai. Paris, Delagrave, 1894,
2 voli., di pp. xx-378 e 329. — È anche oggi opinione di non pochi
che il Concordato sia come piovuto dal cielo miracolosamente un bel
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STORIA B0CLS8IASTI0A 761
giomo del 1801, o sia stato effetto delia volontà prepotente del primo
console. Lo stesso Gacault, che tanto contribuì a renderlo possibile,
lo disse opera di un eroe e dì un santo. Il Séché distrugge la leggenda
e, col sussidio di numerosi documenti, come le corr]sponden2e del mar-
chese del Campo, del cav. d*Azara, di Gacault e dei prefetti del con-
solato, da lui rintracciate in archivi francesi e spagnuoli, dimostra
che le origini del concordato risalgono sostanzialmente al 1796 e non
al giugno del 1800. — Un accenno a trattative tra Roma e Parigi per
la conclusione di un concordato nel 1796 si ha nelle Mèmoires de Vln-
temonce (Mons. Salomon), pubblicate recentemente dairabate fìridier.
Prima d*ora a questa fonte era stata data poca importanza, e il pro-
getto per il Concordato era stato ritenuto una favola, non avendone
mai il Salomon fatto cenno in sua vita, mentre era del suo carattere
vantare i meriti e Topera sua anche oltre il giusto. Ma può ben essere,
come suppone il Séché, che Roma, la quale col Concordato del 1801
aveva jsacrlQcato la chiesa costituzionale, non avesse nessun interesse
a far sapere che nel 1796 sembrava disposta a riconoscere e conservare
i 40 vescovi patrioti, sfuggiti alla tormenta rivoluzionaria. A ogni
modo è ormai accertato che le trattative ebbero luogo realmente;
anzi si può affermare che, non solo il Concordato poteva farsi dopo
Tarmistizio di Bologna, ma lo desideravano i flrancesi, il papa atten-
deva che il governo francese ne pigliasse l'iniziativa e lo stesso Bona-
parte vi pensava sul serio sin dalla sua prima campagna dltalia. I
negoziati fallirono non tanto forse per il rifluto del papa di ritirare i
brevi contro la costituzione civile del clero, quanto e più perchè il
Direttorio non volle restituire Bologna e Ferrara. Del resto il breve
del 5 luglio 1796 col quale Pio VI aveva dichiarato urbi et orbi essere
domma cattolico che lo stabilimento dì governi è opera della sapienza
divina, era tale da far sentire più intensamente il bisogno di concordia
tra i costituzionali e i refrattari, dì che si erano avuti indizi anche,
prima. La pace religiosa era dunque un desiderio generale e, prima
o poi, si sarebbe imposta. Il concilio nazionale, tenutosi a Parigi dal
15 agosto al 12 novembre 1797, intendeva appunto a porre le basi di
questa pacificazione religiosa; e se ne ha sicura prova nel decreto, da
osso proposto, nel quale era corretto T errore massime della costitu-
zione civile di aver reso il laicato arbitro delle elezioni ecclesiastiche.
L'alto clero refrattario non ne volle sapere, sìa perchè del papa non
si teneva conto, sia perchè i vescovi, emigrati o no, essendo legati ai
Borboni non potevano trattar da pari vescovi ritenuti intrusi, né giu-
rare fedeltà alla repubblica e odio alla monarchia. É evidente dunque
che il Bonaparte, pigliando, dopo Marenco, T iniziativa d'un accordo
col famoso discorso al vescovo di Vercelli, non obbediva a un impulso
improvviso, per quanto generoso, ma cercava di attuare un disegno
Eivi9ta Storica Italiana, XI. 50
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762 NOTE BIBLIOGRAFICHE
già fisso nella sua mente e coronare un*opera, che già era stata pre-
ceduta da non breve, nò poco laboriosa gestazione. Il Concordato ci
si presenta come la conseguenza fatale della politica religiosa della
rivoluzione francese, dal momento che il Direttorio decretò la riaper-
tura delle Chiese (1795). — Tutto ciò è messo in chiara luce dal
Séché nel primo dei due suoi volumi. Nel secondo è rifatta la storia
dei negoziati del 1800-1801 sulla scorta della pubblicazione del conte
Boulay de la Meurthe {Documents sur les négodations du Concordai).
Ma non manca neanche in esso la parte originale, costituita dal rac-
conto di su fonti inedite della parte avuta dai prefetti del Consolato
nella grande opera della pacificazione religiosa. Bssi col loro tatto e
la loro abilità facilitarono i negoziati e Tapplicazlone del Concordato.
Missione oltre ogni dire delicata, dovendo i prefetti for dimenticare
non solo Tamministrazione dei commissari del Direttorio, ma anche
la parte, che non pochi di essi avevano avuto nel dramma sangui-
noso della rivoluzione. — L'Autore è partigiano in principio della se-
parazione dello Stato dalla Chiesa, ma da filosofo politico crede che
bisogna andare adagio e non operare ab irato. A una separazione non
fatta di pieno accordo dalle due parti e con spirito di libertà e ri-
spetto alla giustizia, è sempre preferibile il vecchio Concordato, il
quale ha per lo meno questo merito incontestabile, che da qaasi un
secolo ha assicurato la pace religiosa alla Francia. Chi rimprovera a
Napoleone la conclusione del Concordato del 1801 dimentica che TAs-
seblea Costituente commise ella il fallo iniziale di romper quello
del 1516 per sostituirvi la Costituzione civile del clero; e che la Con-
venzione nazionale fece anche di peggio; perchè credette di risolvere
la questione con un tratto di violenza. — Il Séché, il quale, oltre che
per altri lavori, era noto agli studiosi per un'opera pregevolissima
{Les demiers JeansénisleSy in 3 voi.), premiato dairAccademia fran-
cese, va preparando per la stampa due nuovi lavori: VÉgUse d^U-
trecht in continuazione degli Ultimi Giansenisti, e La petite èglise
in continuazione di queste Origini del Concordato, che giungeranno
graditissime ai pensatori e agli studiosi, che la quistione delle rela-
zioni tra Stato e Chiesa vorrebbero veder risoluta in modo durevole.
G. Capasso.
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SPOGLIO DI PERIODICI
nazionali ed esteri (0
ANNUARIO DELLO ISTITUTO DI STORIA DEL DIRITTO ROMANO
(Catania).
lY, 1893-94. — ZoeeO'Bosh iA^.)j Teodoro M(m^m9en ed % sturi precipui contri
alla scienza del diritto romano neìT occaso del secolo XIX [In occasione del Cinqnante-
nano del dì Ini dottorato. Il Z.-R., pnr lodando, fa nn esame oritico dell'opera comples-
riya del M. e de' snoi singoli layori]. — Pitting (E.), Sui Ms, n. 82 deW Archivio capi-
talare deUa cattedrale di Vich in Catalogna [Della * Samma Piacentini *]. — Yoigt (M.),
Le * Uges luliae iudiciorum privatorum et publieorum ' [Parafrasi di M. E. Mo-
dica]!. — Zoceo-Bosa (A.), Sulla fonte d'Inst. II, 1,%S [La definizione del ' litas
mans * nelle Istituzioni di Giustiniano]. — TrasunH e sommari deUe memorie, con-
ferente, comumicagiom, ecc, [Hanno maggior interesse per la storia nostra: G. Italia,
« La legislazione agraria e la questione sociale a Roma > ; P. Medici, « Le * leges
agrarìae * posteriori ai Gracchi » ; S. D'Urso, e Sulla prima riforma del senato ro-
mano >; B« Cirmeni, « Il Municipio nella storia del diritto romano »; S. Zaccaria,
4 Sulla riforma dei ' comìtia cen turista * e sulla recente opinione del Klebs > ; N. Cali,
« Sul collettivismo nella primitiva proprietà fondiaria a Roma > ; G. Barletta,
« Cincius Atilius o Pnblins Atilius? * ; A. Albertini, < Nota sulla ' Lei Aebutia * » ;
V. Longo-Blandini, < Il concubinato presso i Romani *].
ABCfflVIO STORICO ITALIANO (Firenze).
S. V, XIII, 1894, 1. — Festa (N.), Le lettere greche di Federico IL —
Saltini (G. E.), Di Celio Malaspini tdtimo novelliere italiano in prosa del se-
colo XVI [Biografia documentata]. — Sforza (G.), Enrico vescovo di Luni e il
codice Pelavicino deW Archivio capitolare di Sarzana. — Giorgetti (A.), Fergor
mene Gherardi depositate nelT Archivio di Stato di Firenze. — Marchesini (U.),
Tre pergamene autografe di ser Lapo Gianni- — Sarini (F.), SuHa vera patna
del caréUnàle Pietro Caponi [Fu di nobile famiglia romana]. — Loerlnson (E.\
Intorno aHa sottomissione di Spoleto a Perugia nel 1324, — Pélissier (L. G.),
Note OaJlMme siiUa storia di Francia [Una lettera di Luigi di Montpensier e altri '
documenti che vi si riferiscono, 1496-1499; proposta e disegno di un trattato fra
Carlo Vili e Ludovico Sforza nel 1497]. — Rassegna bibliografica [Vi si
parla di scritti di A. Hamack, C. Borromeo, P. Sabatier, H. Spangenberg, N. de
Claricini Dornpacher, A. Marchesan, L. Manari, P. Peragallo, F. Gabotto, B. Fe-
liciangeli, M. Hermann, V. Fiorini^ P. Molmenti, A. Fabretti, L. Strozzi, P. Fla-
mini, M. Campori, I. Sanesi, F. Nani Mocenigo, D. Caruttì, A. Valentini]. —
Sforza (G.), Gitdio Bezasco [Necrologia].
2. — De Stefani (C), Frammento inedito degli Statuti di Lucca del 1224 e
del 1232. — Messeri (A.), Matteo Palmieri cittadino di Firenze del secolo XV
rBiografla documentata]. — Mori (A.), Un geografo del Rinascimento [Francesco
di Nicolò Berlinghieri]. — Pélissier (L. G.), Note italiane suUa storia di Francia
[Informatori italiani in Lione nel 1498]. — Carabellese (R.), Un nuovo hbro di
(1) Per il medesimo motivo già sopra notato, ossia per difetto di spazio, siamo
costretti a limitare in questo fascicolo lo spoglio dei periodici, e a rinviarne il com-
plemento al 1895 {N. d, D.).
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764 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
mercanti itaiiam àUe fiere di Sciampagna [Ridotto in miserevole stato, se ne stam-
pano i pochi passi ancora leggibili]. — Péllasier (L. G.)> PtMhcazioni francesi
sulla storia cTItaUa, — Rassegna bibliografica [Si parla di scritti di G. Grasso,
E. Comba, D. Marzi, A. ROssIer, L. Heinemann, I. Grémand, G. De Leva, G. Beani,
G. Claretta, A. Crespellani, R. Bonfadini, ecc.].
XIV, 8. — Bardi (A.), Filippo Strassi [Secondo nuovi documenti. Rimane sempre
incerto se siasi o no nccisol. — De Palo (M.), Due novatori del XII secolo [Ar-
naldo da Brescia e Pietro Abelardo]. — Sforia (G.), L'Archivio notarile di Car-
rara, — Mani (D.), NoOsie su alcuni archivi deUa VdldinievoU e del Valdamo
inferiore [Monsummano, Montevettolini, Cecina, Larciano, Lamporecchio, Vinci,
Cerreto Gnidi, Santa Croce snirArno, Facecchio, Monte Carlo, Pesda, Borgo a Bag-
giano]. — PapaleonI (G.), Maestri di grammatica toscani dei secoli XIII e XIV
[Bartolo di Biagio, di Arezzo e Zenobio Ferri, fiorentino]. — Pélissier (L. G.), Note
italiane suUa storia di Francia [Gli 'Inviciati* agenti milanesi a Salnzzo]. —
Rassegna bibliografica [Si paria di scritti di H. Fitting, R. Salvo di Pietra-
ganzili, E. Rodocanachi, A. Bonardi, L. Cesarini Sforza, C. Ravanelli, L. Frati,
C. Rinaudo, E. Arbib].
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO (Milano).
S. 8% XXI, 1, 1894, 31 marzo. — Hovatl (F.), Delle antiche reiasioni fra Trento
e Cremona [Si parla specialmente di Francesco Sfondrati, letterato del see. XVr|.
— Colombo (E.), Ee Renato alleato di Francesco Sforsa contro i Venenani
[Narrazione dei casi degli anni 1451-1454, condotta sn documenti inediti, ma in-
terpretati male paleograficamente e peggio storicamente. Cont.]. — livl (G.), TI
^ B. archivio di Stato di Brescia. — Evasione suOe antichità entrate nel Museo or-
cheologieo. — Bibliografia, -— Bollettino di bibliografia storica lombarda [dicembre
t898-marzo 18941. — Appunti e notizie [Meritano di essere rilevati: per le bio-
grafie di Giorgio Memla^ di Gabriele Paveri Fontana e del Pnteolano; e Un cronista di
Crema cittadino milanese ^; e Privilegi tipografici pel Nizzoli ed altri nel see. XVI >;
« A proposito di bombe >; « Una supplica in dialetto siciliano al cardinal Trivnlzio »].
2, 80 giogno. — Romano (G.), Oiangaìecuso Visconti avvelenatore [Tenta di
scagionare il V., coli* appoggio di documenti editi ed inediti, dall'accusa di aver
tentato di avvelenare il re dei Romani Ru porto, accusa lanciata contro di lui daJ-
Todio dei Fiorentini]. — Colombo (E.), Be Renato alleato del duca Francesco
Sforsa contro i Veneziani JCont e fine]. — Cappelli (A.), Guiniforte Bareieea
maestro di G, M, Sforza [Notizie biografiche importanti con documenti inediti]. —
Botondi (P.), GTimperatori Dioelesiano e Massimiano salutati dai panegiHei. —
Sant'Ambrogio (D.), La supposta viUa di Lintemo soggiorno del Petrarca presso
Milano nel 1357. — X.^ Una visita deW imperatore Giuseppe II alla dita di
Lodi [Nel 1784]. — Bibliografia. — Bollettino di bibliografia storica lombarda.
— Appunti e notizie [Vogliono essere rilevati: cNigresolo Ansaldi», e Trento
e Cremona >; e Un monumento sepolcrale dei Visconti a Gallarate »; « Per la storia
della topografia di Milano nel Quattrocento *\ the rime del Pistoia »].
8, 80 settembre. — Romano (G.), Regesto degli atti notarili di C. Cristiani
[1391-13991. — Intra (G. B.), Sabbwneta [Cenno storico della città, specialmente
al tempo dei Gonzaga]. — Agnelli (G.), La guerra per la st*ccessione di Spagna
nelle cronache lodigiane. — Ferrai (L. A.), Ancora sul poemetto storico di Pace
dal Friuli [Ne disconosce l'importanza, sebbene da lui stesso pubblicati^ — Cap-
pelli^ Una lettera greca di Demetrio Castreno a Francesco FUelfo. — Motta (A.\
Una harseUetta di Ercole Del Magno contro i Veneziani ed i bagni di Bormw
[Con notizie biografiche e genealogiche]. — Sant'Ambrogio (D.), Di un antico
marmo cóWéffigie di Sant'Ambrogio m altorilievo del secolo XII. — Id., La
statua di San Gerolamo di Agostino Busti nella ricomposisione del momùmenio
Birago nel 1522. — Beltrami (L.), Relazione annuale delV Ufficio regionah per
la conservazione dei monumenti in Lombardia.
ARCHIVIO STORICO PER LE PROVINCE NAPOLETANE (Napoli).
XIX, 1, 1894, 31 marzo. — Sehlpa (M.), Il ducato di NapoK [Cont. In questo
fascicolo si tratta degli ultimi anni del duca Sergio IV ; del ducato di Giovanni T
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 765
6 Sergio V, darante cui appaiono gli aitimi bagliori della potenza longobardica, e
del primo assedio normanno di Napoli]. — Nunziante (E.). I primi anni di Fer-
dinando di Aragona e Vinvasione di Giovanni d*Angiò [Gont. In questo fascicolo
Fautore studia la politica di Napoli e di Milano contro Genova e contro la Francia
dairinnalzamento dì Ferdinando al trono alla partenza di Giovanni d'Angiò per in-
vadere il regno]. — Maresca (B.), Il cavaliere Antonio Micheroux nella reazione
napoletana del 1799 [Cont. In questo fascicolo si tratta di Buperti e De Cesare ;
Buffo; MicheroQx a Bari e a Barletta; Micberouz e Ruffo; Ruffo ad Altamara]. —
Ciroce (B.), Napoli dal 1508 al 1512 [Secondo V antico romanzo spagnuolo e La
question de amor »]. — SogUaHo (A.), Miscellanea epigrafica napoìitana [Cont.].
— Baasegna bibliografica 18921893. — Notisie ed indicazioni bibliografiche.
2, 80 giugno. — Schipa (M), Il ducato di Napoli [Cont. In questo fascicolo
si studia la storia del ducato napolitano di fronte ai conti normanni di Sicilia,
cioè il preteso diritto dei conti di Sicilia su Napoli al tempo di Sergio VI; il reg-
gimento del duca Giovanni VI ; gli apparecchi di Ruggero II di Sicilia a far valere
il suo preteso diritto su Napoli e la riunione, infine, del ducato di Puglia alla
contea di Sicilia al tempo di Sergio VII]. — Maresca (B.), Il cavaliere Antonio
Slicheroux neVa reazione 'napoìitana délVanno 1799 [Cont Sono trattati i seguenti
punti: Manfredonia e Foggia; Montecal vello; disegno d'intimazione a Napoli* re-
pulsa di Ruffo ; protesta di Micberouz]. — Nunziante (E.), / primi anni di Fer-
dinando d'Aragona e ìinvaaione di Giovanni d*Angiò [Cont. Spedizione di Gio-
vanni, suo sbarco; rivolte allargantisi nel Napoletano contro gli Aragonesi]. —
Percopo (E.), Nuovi docutnenti sugli scrittori e gli artisU dei tempi aragonesi
[Cont. Qui si discorre di fra Giocondo da Verona^ Giovanni de Troccoli, Francesco
Pucci]. — Croce (B.), La corte delle tristi regine {Giovanna III e Giovanna IV,
secondo fonti spagnuolel.
3, 30 settembre. — Mnnziante (E.), I primi anni di Ferdinando d'Aragona e
Vinvasione di Giovanni d^Angiò [Cont. Assedio di Calvi; triste condizione ai Fer-
dinando]. — Schipa (M.), J7 ducato di Napoli [Cont. e fine. Si studia il ducato
contro la monarchia normanna, ossia la prima guerra col re Ruggero, la seconda
guerra fino alla sottomissione e morte di Sergio VII e la fine del ducato]. — Ma-
resca (B.), Il cavaliere Antonio Micheroux nella reazione napoletana del 1799
[Cont. Riacquisto di Napoli ; Castelnuovo e Castel dell'Ovo ; Nelson ; Occupazione
dei due castelli]. — Croce (B.), Di un poema spagnuolo sincrono intomo alle im-
prese del Ghran Capitano nel regno di Napoli\ìj^< Historìa Partbenopea » di Alonso
Hernandez]. — Sogliano (A.), Miscellanea epigrafica napoìitana [Cont.]. — Per-
eopo (E.), Nuovi documenti su gli scrittori e gli artisti dei tempi aragonesi [Cont.
Gaorìele Attilio, Giuliano da Majano, Rutilio Zenone, Aurelio Bienato].
ARCHIVIO TRENTINO (Trento).
XI, 2, 1898. — Gialiani (C), Documenti per la guerra rustica nel Trentino
[Del 1525. Coni.]. — Baraiielll (C), Oontributi alla storia del dominio Veneto
nel Trentino [Cont. e fine. Occnpazione di Rovereto nel 1417; sottomissione dei
Caatalbarco tranne di Carlo ed Aldrighetto; disegni di Milano e Venezia su Trento
nel 142 1 ; lotta pei Castelbarco tra Venezia e il nuovo vescovo trentino Alessandro
dei duchi di Mazovia nel 1423; negoziati del vescovo stesso col duca di Milano; i
fratelli Vincenzo e Vinciguerra d'Arco in guerra colla Repubblica pel negato con-
Benso di occupar Riva e Castel Tenno, e conseguente riavvicinamento del conte di
Lodrone a Venezia dopo il 1428; il vescovo continua a favorire Filippo Maria Visconti
6 ad osteggiar la Repubblica in tatto il decennio seguente; ribellione dei Castel-
barco nel 1439, ed assedio e presa di Sizzana da parte dei Veneziani; altre ven-
dette venete e sottomissione di tutta Val Sagarina alla Repubblica; negoziati e
tregua del 7 agosto 1440; sorte seguente dei Castelbarco. Lavoro diligentissimo con-
dotto su gran copia di documenti inediti, di cui alcuni prodotti in appendice].
ATTI E MEMORIE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER
LE PROVINCIE DI ROMAGNA (Bologna).
S. 3% XII, 1-3, 1894, gennaio-giugno. — Tamassia (N.), Odofredo [Cont. In
questa parte della sua importantissima monografia, il T. esamina e stuoia il lin-
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766 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
enaffffìo ed il metodo didAttioo di Odofiredo in relazione colle tradizioni aeolutieha
del Medio Evo, rilevando sempre meglio i rapporti e la derivazione delle Università
giorìdiche dalle scuole retoriche e notarili; aaindi passa a discorrere delle notìzie
che fornisce Odofredo per la stona dello Studio bolognese e della vita dei dottori
e degli scolari, mettendo in chiaro la famigliarità ohe intercedeva fra gli ani e gli
altri, toccando della ' dnodena ' eoe]. ^ Glorrl (F-X ^iàerico e Giovanni da Bar-
biano nel Bolognese [Il G. comincia a discorrere delle condotte dei conti di Cnnio
e Barbiano col comune di Bologna, pasta a dire delle diverse compagnie di San
Giorgio e specialmente di quella di Alberico da Barbiano e delle sue vicende nel
Bolognese, racconta le lotte dei Barbiano col Comune, la loro sottomissione al medeiimo,
le imprese di Giovanni al servizio dei Bolognesi, il nuovo abbandono, le scorrerìe,
la morte ignominiosa; infine i primi tentativi di Alberico per vendicare i buoìood-
giunti. Il lavoro è condotto sa numerosi documenti inediti e ne è largamente oo^
redato. Solo si desidererebbe un pò* più d'ordine, specie sul principio. Goni]. —
Caliinl (E.), L'arie in FarU al tempo di Pino III Ordelaffi [Lavoro sintetico,
di poca novità, tranne per i brani riportati della Cronaca Padovani]. — Sai'
Yioni (G. B.), La moneta bolognese e h tradusione itàiiana del Savigny [NelU
versione del Bollati della « G^eschicbte des rOmischen Rechts im Mittelalter>,ilS.
ritiene non perfettamente esatti i raffffuagli monetari del traduttore; egli determina
quindi i concetti ed i risultamenti del Savigny secondo Tedizione tedesca del 1894,
e ne toglie occasione ad un notevole stadio sulla moneta bolognese. Stabilisce che
Bologna non ebbe moneta propria prima del 1191 e determina il titolo ed il pese
della medesima. Una modificazione nel 1209 per la lega monetaria tra Bologna,
Ferrara e Parma: cosi il soldo del 1191 valeva grani 87 79/93; quello del 1209
soltanto più grani 85 5/9. Un terzo sistema dev^esser fatto risalire al 1286. Coni].
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STOMA PATRIA, ANTON LUDOVICO
ANTINORI NEGLI ABRUZZI (Aquila).
YI, 12, 1894, 15 luglio. — Indo visi (I.), Memorie critico-etoriche intomo oZdM-
caio di Spoleto [Faroaldo fu il primo duca ; seguono Ariolfo ed altri, ma sono da
rigettarsi Grimoaldo e Teodolapio II ; così più tardi Romano, Ecideo. La fine del
f)vemo di Guinisi può mettersi neir822; ebbe ad immediato successore Suppone,
igura importante il primo Guido, ch*ebbe figli Guido II e Lamperto I. Spoleto e
la Marca di Camerino nel secolo IX appaiono ora unite, ora divise. Guido IV non fu
uè fratello nò figlio di Lamberto II, ma si bene congiunto. Non si può credere che
Uberto riconquistasse Spoleto, di cui rimase duca Pandolfo capo di ferro. La serie
dei duchi si protende fino al secolo XIII, ma Timportanza loro va sempre scadendo
fino a Corrado di LtLtzelhard, che ne chiude legittimamente la serie]. — vittori (G.),
Liédovico H Bavaro e Pietro del Corbaro [Nulla di nuovo]. — Fabris (V.), Fico
Fonticulano e la sua * emometria' [Girolamo Pico Fonticulano, nato in Aquila nel
1541 fu matematico insigne: nella storia della scienza la sua 'Geometria* none
senza valore. Buono]. — Neri (A.), Un'opera importante m cui si parla di Senir
fino Aquilano [Recensione favorevole del libro di A. Luzio e E. Benier, « Manton
e Urbino »].
BOLLETTINO STORICO DELLA SVIZZERA ITALIANA (Bellinzona).
XVI, 8-4, 1894, marzo-aprile. — / TaritH da Cureglia e un notiMiario inedito
[Cont. lo spoglio del notiziario compilato dal prete D. Tarìlli nel cinquecento]. ^
Edizioni italiane di Losanna [Del Bonamici e C. di opero del risorgimento]. —
Tagliabae (E.). Disgraeie nel Ticino nel 1584 [Inondazioni e peste]. — Del'
VArehivio dei Torrioni in Mendrisio [Cont.].
5-6, maggio-giugno. — I Tarilli da Cureglia e un notisiario inedito [Cont]. —
, DaW Archivio dei Torriani in Mendrisio [Cont.]. — Ancora degìingegneri mHi'
' tari Pietro MoretHni ed Agostino BameUi [Notizie sparse]. — Prete Donato da
Bùronico o da Sigirino (1465-1474) [Documenti diversi intomo a questo prete
scostumato]. — Ladronecci ed assassini al monte Cenere nel gttattrocento.
7-8, luglio-agosto. — Descrizione del baMaggio di Locamo del *landvogt Leuekt'
(1767). — Balli (F.), Una pagina della storia delle capitolazioni ticinesi [Dalle
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 767
lettere famigliari di Tari ticinesi al servisio estero (18H-1824)]. — DesertBiane
deUe chiese del Locamele e deUa Vàlkmaggia [1591]. — Tagliabae (E.). ' El
Ubro de ìe rime^ di Senato Trivtdeio [Poeta e soldato del principio del cinque-
cento]. — BélTAreMmo dei Torriani in Mendrieio.
BULLETTINO DELLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA (Firenze).
N. S., I, 7, 1894, aprile. — Mazif (C), T. Sandonnini, Dante e gU Estensi [Il
libro, secondo il M., si propone di combattere il Del Lungo a difesa degli Estensi.
Il S. sostiene che 'figliastro' nel noto passo dantesco * Inf.\ XII, 110-112, voglia
dire 'figlio snaturato' non 'figlio adulterino*, e che Beatrice d'Este ('PQrg.'VIII,
73-81) sia donna deg^a più di lode che di biasimo. Il M. espone con critica piut-
tosto severa le opinioni del S.]. — Fiamazzo (A.), P. Luotto, G. Sene, U. Nottola,
8nl verso * Batte col remo qualunqìie s'adagia * [Diverse interpretazioni. Notevole
lo scritto del L.]. — Fornaclari (R.), F. Cipolla, La Medusa deWInfemo dan-
tesco [Combatte la spiegazione del C. che Medusa significhi il complesso deUe pas-
sionil. — ZingarellI (N.), B. Fomaciari, Sulle pene assegnate da Dante alle anime
del Pttrgatorio [Il F. tenta raggruppare le pene del ' Purgatorio ' dantesco secondo
un concetto unico; ma il Z. non ne è persuaso]. — Morpargo (S.), Dante Ali-
ghieri e ìe nuove rime di CHovanni Qturini [I ' sonetti ' del Q. sono importanti
per l'imitazione dantesca e per la storia della 'Comedia*]. — Annunzi oiblio-
grafici [Si parla di lavori di L. Luchinì, T. Gambinossi Conte, S. Scaetta, B. Bu-
scaino Campo, G. Marinò, 0. Tesini, F. Nevati, A. Belloni, T. W. Parson^ A. Cam-
pani, F. Bonci]. •
8, maggio. — Flamini (F.), G. A. Scartazzini, I. Sanesi, F. Ronchetti, Fu la
Beatrice di Dante la figUa di Folco Portinari? [Nega lo Se, e sostiene che la donna
di Dante non si chiamava Beatrice ; con più ragione affermano il S. ed il R.]. —
Fornaoiari (R.), F. Cipolla, L'indicativo * alcuno * della Divina Commedia [Il C.
vorrebbe significhi ' uno *; il F. contesta per un paio di casi almeno]. — Fiara-
maiKO (A.), U. Nottola, Un verso di Dante interpretato con nuovi raffronti [' Inf.\
y, 34. Il F. concorda col N. nel credere che la voce ' ruina * significhi qui ' caduta
precipitosa ']. — Bomani (F.), G. Valeggia, Alcune idee e proposte intomo al modo
di spieaar Dante nei nostri Licei povero]. — Bollettino bibliografico [Si
parla di scrìtti di R. Murari, A. Buscaino Campo, G. A. Nociti, D. Riccoboni,
8. Romeo, G. Mazzoni, A. Fiammazzo, P. Petarra, P. Lucchetti, G. 0. Corazzini,
S. Morpurgo, G. G. Vaccheri, V, Cian, F. X. Kraus].
9y giugno. — Barbi (M.), L. Ley nardi. La psicologia deW arte netta Divina
(kmmedia [Il L. studia il modo con cui i vari sentimenti dell'animo sono rappre-
sentati nella ' Commedia *. Il B. è favorevole al libro ma non senza appunti, negando
specialmente il ' Convivio * fosse già in parte scrìtto negli ultimi anni del soggiorno
di Dante a Firenze, perchò un'espressione del 'Conv.\ II, 15, stesso, accenna alla
prossima fine del mondo, anziché solo del secolo XIII, come intende il L. Anche le
traccie che il L. trova dell' essere stato composto a Ravenna il ' Paradiso \ sono
molto dubbie secondo il B.]. — Fomaelari (R.), L. Filomusi-Guelfi, La struttura
morale deWInfemo di Dante e G. Trenta, GV ignavi e gli accidiosi delPInfemo
dantesco [Il F.-G. crede che la struttura morale dell* ' Inferno ' dantesco sia del
tutto dipendente dalla classificazione dei peccati secondo San Tomaso; il T. distingue
bene gli 'accidiosi' dagr ' ignavi *, e li pone quasi Testremo opposto degli 'ira-
condi . Il F. combatte le conclusioni di entrambi gli autori, che escluderebbe la
superbia dai peccati puniti nello Stige]. — Fiammazzo (A.), G. Fraccaroli, Il
cerchio degli eresiarchi [Il F. loda il Fr. di aver dichiarato il concetto penale dan-
tesco della città di Dite confrontandolo con Aristotile]. — Fiammazzo (A.),
I. Della Giovanna, Le postiUe di Giuseppe 2'avema ai poema di Dante [Il F.
non sa accettare alcune conchiusioni del T. che paiono importanti al D.-G.1. — An-
nunzi bibliografici [Si parla di scrìtti di G. A. Cesareo, E. G. Ledos,T. F. Grane].
10, luglio. — Pellegrini (F.), R. Murari, La ricerca delPanno natale di Dante
e ìinterpretasione del primo verso aUeaorico della Commedia [Contestasi dal M.
che la data 1265 sia la vera, affermando che « nessuna fonte sicura ci dà Tanno
della nascita di Dante » e che il 1* verso della ' Commedia * non basta a hr credere
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768 SPOGLIO DI PERIODICI ITAUANI
ehe nel 1^0 Dante aTeitt 35 anni. Il P. confuta gii argomenti del M.]. — SSin-
garelll (N.), 0. Antognoni» lì dobre di CwaioanU [Secondo FA., il doloro di Ca-
valcante deriverebbe deJ timore della dannazione del figlio, n Z. ricorda 'Aeaei8\
III, 294 segg., e, par con riserve, loda TA.]. — Fornaolftrl (B.). G. Del Noce» X^V
ronia di Caronte^ e C. Carboni, Il passaggio déìT Acheronte [li Del N. vede an*i-
ronia nelle parole di Caronte da lui punteggiate diversamente e sostiene il passaggio
di Dante nella barca di lai, mentre il C. crede Daate portato al di là dell' Acheronte
da un angelo. Il F. aggiunge alcone osservazioni]. — Fiammauo (A.), A. Mazzo-
leni, Chi parsa fioco [Il M. vorrebbe intendere ' allampanato * ; il F. non sa abban-
donare V interpretazione letteraria]. — Annunzi bibliografici [Si parla di
scritti di M. Scnerillo, A. Labin, A. J. Batler, A. Fiammazzo, A. Codara].
COMMENTARI DELL'ATENEO DI BRESCIA (Brescia).
1893. — Bettonl Cassago (F.), Storia Bresciana [L'agonìa travagliata del
Cornane dall'assedio di Enrico VII alla signorìa di Mastino della Scala (15 giugno
1332)]. — Bertoldi (G.), Ugo Foscolo ed Antonietta Arese [Riassunto dei recenti
studi intomo a questo amore del F.]. — GUssenti (F.), 27 comìme di BagoUno
e i conti di Lodrone [Contrasti di confine che durarono dal secolo XIV al 1753,
anno in cui la Repubblica di Venezia segnò i confini fra ì due terrìtorii]. — Fos-
sati (C), Avansi di una viltà romana a Tuscolano [Probabilmente appartenne
ai Nonii Arni]. — Bettonl Casiago (F.), Storie bresciane [Pandolfo Malatesta e
il suo dominio].
GAZZETTA LETTERARIA (Torino).
XVin, U, 1894, aprile. — Clan (V.), Bel significato dei colori e dei fiori nel
Binascnnento [Serve alla storia del costume. Cont. e fine].
15, 14 aprile. — Benier (R.), Il libro di memorie di un papa umanista [A pro-
posito del libro del Losca sui ' Commentarli ' di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II].
17, 28 aprile. — Polvara (F.), I maestri comadni [Sul libro di C. Merziarìo].
18, 5 maggio. — Del Cerro (E.), Il carteggio di un cospiratore [Giuseppe
Mazzini].
19, 12 maggio. — Boberti (G.), Il noviziato rivolusionario di Filippo Buonarroti.
21, 26 maggio. — Clan (V.), Adolfo Bartóli.
22, 2 giugno. — Mareottl (G.), Un nuovo libro ed ìm vecchio uomo del ^46
[Sulle ' Reminiscenze * di Angelo Giacomelli]. — Martinetti (G. A.), Ugo Foseoh
a Mombello.
23, 9 giugno. — Cagnacci (C), Giuseppe Mateinie i/rafeRtl2«/)fm [Polemica].
24, 16 giugno. — Pastore (A.), La psicologia deW arte nella Divina Commedia
[Sul libro del Leynaidi]. — Gahotto (F.), Un antipatico [G. G. Trissino. A pro-
posito del libro del Morsolìn].
25, 25 giugno. — Gabardi (G.), Bianca Capello e Francesco Be' Medici [Sul
libro del Galletti].
26, 30 giugno. — Bondini (D.)f Caffaro e i suoi tempi [Sul libro delllmpe-
rìale]. -- Carlandi (P.), Il ' 6 maggio ' di A, Mansoni ed il * Napoleone * di
A. Pus&Idn [La seconda poesia è un'imitazione della prima].
27, 7 luglio. — Del Cerro, Il processo e il suppUsio di Cesare LucaieVi [Uc-
cisore del gendarme Velluti a Roma il 29 giugno 1861].
29, 21 luglio. — Boberti (G.), La congiura di Oìetta [In Corsica, 13-14 feb-
braio 1769]. ~ Poglisi-Pico (M.), Il Secentismo nel periodo delle origini [Nulla
di nuovo].
30, 28 luglio. — Cimbali (G.), L'eroismo dei fratelli Bandiera secondo lettere
inedite.
31, 4 agosto. — Gorra (E.), Un volume nusiaJe [Cenno degli scritti oontenuti
nel volume per nozze Cian-Flandinet].
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SPOGLIO DI PBBIODICJ ITALIANI 769
H 25 agosto. — Aitelll (0. £.), Bue sorvegUaU poUtiei [Bjron e Mastozìdi.
A Venezia].
35, 1* settembre. — Pier etti (L.), GU amori di Oiacomo Leopardi [Polemioa].
86, 8 settembre. — Antoaa-Trareni (C), Il * Giulio Cesare ' di Antonio OotUi.
37, 15 settembre. — Cimbali (6.), EKodoro Lombardi. — Burgada (6.), Un
imiMore del Parini [Lorenzo Pignotti]. — Del Cerro (E.), Un attentato aUa vita
del cardinale AntonetU [Giagno 1855].
38, 39, 40, 41, 22 settembre-IS ottobre. — Ottolenghi (Q.\ Un poeta patriota
dèi '21 [Amedeo Ravìna].
41, 13 ottobre. — Gian (V.), Luci ed ombre nel rinascimento italiano.
43, 27 ottobre. — Del Cerro (B.), Carh Alberto fu carbonaro? [Risponde ne-
gativamente]. — Bnrgada (G.), Dame milanesi e cortigiani francesi [Ai tempi di u*
44, 3 novembre. — Gabardi (G.), Un tocco in penna di messer Francesco Pe-
trarca. — La Gazzetta Letteraria^ La Sicilia secondo un francese [A propo-
sito di OQ articolo di G. Lainó sulla e Reyne de Paris » del 15 ottobre].
45, 10 novembre. — Antona-Trarersi (C), Gli studi danteschi in Sicilia. —
Ellflio-Aitelli (C), Il risorgimento [Dae lettere inedite di 0. Cavour].
MISCELLANEA STORICA DELLA VALDELSA (Castelfioientino).
II, 1, 1894. — Dacci (0.), Due sonetti politici in figura di GóOe e Firense. —
Del Pela (A.). L' ambasceria del Saoonaroìa a Carlo VITI in Val c^Elsa. —
Tassinari (F.), Castelfiorentino. I/idea politica secondo la storia e la cronaca. —
Bidolfl (C). ti diploma di dottorato di Domenico di Bartolo da 8. Gimignano.
— AUmayer (A.), Fra Giovanni da S. Gimignano guardiano del convento dei
Minori in Sarzana néWanno 1308. — Zdekaaer (L.), Spigolature dagli atti del
potestà di S. Gimignano dalVanno 1220 od 1266. — Bondoni (G), Altre spigo-
lature dagU atti del potestà di S. Gimignano degli anni 1227-1270. — Cara-
nelli (F.), Episodi coWgiani della peste del 1630. — Indicazioni di biblio-
grafia della Valdelsa. — Bacci (0.), Notizie bil>liografiehe.
2. — Cloni (M.), I disciplinati di S. Ilario in Castelfiorentino. — Neri (A.),
Castello e Badia di Poggio Marturi presso Poggibonsi. — Maeciantl (G.), Ve-
stigia etnische nella Vatdélsa. — Nomi-Yen erosi-Pesciolini (U.), Bibliografia
Sangimignanese.
NAPOLI NOBILISSIMA (Napoli).
Ili, 4. 1894, aprile. — Scliipa (M.), Porta Capuana. Una questione [V ubica-
zione deirantica Porta da stabilirsi, secondo Topinione del Lattieri, sul fosso di Ca-
stelcapaana]. — Capasse (B.), Il palazzo di Fabrizio Colonna a Mezzocannone
[Cont. Il palazzo nel secolo XVI ed i Colonnesi]. — Croce (B.), Storia delVarte
nel Napoletano^ IV [S. Cltìiuente a Casauria ed altre chiese negli Abruzzi]. —
Faraglia (N. F.), L atrio del platano deW Archivio di Stato in San Severino di
Napoli, II [Cont. La .sua origine non va oltre alla metà del sec. XV].
5, maggio. — Cecl (G.), La figlia dello Spagnoletto [Amante di D. Giovanni
d'Austria e le testimonianze conteuàporanee]. — Capasse (B.), Il palazzo di Fa-
brizio Colonna a Mezzocannone [Cont. 1 Colonnesi]. — Croce (B.), Sommario
critico deUa storia delVarte nel Napoletano [Cont. Architettura sacra. Stilo, Santa
SoTerina, Rossano, Mileto, Gerace, Cosenza, ecc.]. — Colombo (A.), I porti e gli
arsenali di NapoU [Nell'epoca aragognese e viceregnale]. — Carafa (B.), I cavalli
di ferro della Reggia [Donati da Nicolò I di Hussia a Ferdinando nel 1846]. —
Faraglia (N. F.), I dipinti a fresco di Perrinetto da Benevento [S. Giovanni a
Carbonara. Rettifiche e proteste]. — B. Cr.^ Napoli neUe descrizioni dei poeti [Je-
ronimo de Urrea].
6, gingno. — D'Anria (V.), Il teatro del Fondo, I [InauguratQ nel 1779]. —
Coei (G.), Il palazzo Penna [Edificato nel 1406 senza carattere spiccato quattro-
centista]. — Capasse (B.). Il palazzo di Fabrizio Colonna a Mezzocannone [Cont.
I Colonnesi]. — Colombo (A.), I porti e gli arsenali di NapoU [Cont.]. —
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770 SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI
Croee (B.)« Memorie degli Spagnuoli neMa città di Nàpoli [Traoce epigrafiche della
Bodetà spi^uola Tissata in Napoli nel aec. XV].
7, luglio. — Salaiar (L.), La patria e la famiglia deUo Spagnoletio [Era di
Saliva nel regno di Valenza, come provano docomenti interessanti anche la sua fa-
miglia]. — Capaste (B.), Il palaego di Fabrizio Colonna a Meszocannone [Il
soggiorno di Maleassen re di Tonisi (1548)]. — D'Anria (T.), U teatro del Fondo
[Cont.]. — Celembo (A.), I porti egU araenaU di Napoli [Cont.]. — Croee (B.),
Memorie degli SpagnioU néÙa città di Napoli [Cont.].
8^ agosto. — Faraglia (N. F.), Due pittori per amore [Lo Zingaro e Haatro
Colantonio del Fiore sono personaggi creati dalia fitntasia del De Dominici]. —
Gapasso (B ), Il pàUuteo di Fabrizio Colonna a Mezzocannone [Cont]. —
Croee (B.), Memorie degU epagnuoli nàia città di Napoli [Cont].
9, settembre. — BieeI (C), Di alcuni quadri di acuoia parmigiana eonaervati
nel B, Museo nazionale di NapoU, I [Rettifica alcane attrìbnzioni in preràìone
del riordinamento della Quadreria]. — IM redi fabbrica di porcellane in Capodh-
monte durante il regno di Carlo III [Fondata nel 1748 ebbe la specialità del
'barocchetto* napoletano cosi caratteristico che distingae le sae porcellane daUe
altre, e darò fino al 17591. — Capaaao (B.), 17 palazzo di Fabrizio Cohnna a
Mezzocannone [Nel secolo AVI!]. — Colombo (A.), I porti e gli arsenali di Na-
poU [Cont. e fine].
NUOVA ANTOLOGU (Roma).
L, 6, 1894, 15 mano. — Il brigantapgio del 1798 nelle città e nelle campagne
di Viterbo. — Maracchi (0.), Notizia archeologica [I volami II e III dei « Mo-
numenti antichi > pubblicati per cura della B. Accademia dei Lincei! — Bol-
lettino bibliografico [Si parla di libri di A. Bossi, F. Flamini, E. Haddalena,
G. Finamore, E. Eodocanachi, F. P. Cestaro, E. Hariotti, E. Motta].
7, 1 aprile. — Mantegaiia (P.), L'elogio déOa pazzia [Sul famoso libro di
Erasmo]. -— Bollettino bibliografico [Si parla di scritti di B. Croce» 8. Mor-
pnrgo, y. Ragnisco, G. Pagani, A. Albertazzi, N. Di Cagno Politi].
8, 15 aprile. — Chiala (L.), Koazuth e Cavom nel 1860-61 [Un piano per
sollevar TUngheria nel caso che TAnstria rompesse guerra airitalia id tempo della
spedizione nelle Marche e neirUmbria. Cont e fine Li, 9]. — Medin (A.), La ec»-
duta e la morte di Napoleone nella poesia contemporanea [Cont e fine LI, 10]. —
Palma (L.), La costituzione aicOiana del 1812 [Cont. e fine LI, 11. Vedi L, 5]. —
Monaci (E.), J manoscritti di Leonardo da Vinci [A proposito delle pnbblicaaioDi
di T. Sabachnikoff, G. Piumati e C. RaTaisson-MolIien]. — Bollettino biblio-
grafico [Si parla di scritti di E. Monaci, G. Mazzoni, A. Mauri].
LI, 9, 1 maggio. '— Graf (A.), Perchè si ravvede Tlnnominato dei Manzoni
[e L'Innominato diventa un santo in virtù di quelle stesse energie che fecero di lai
un demonio »!. — Cesareo (A. G.), La formazione di mastro Pasquino [Il C. ri-
tiene cbe^ se Pasquino non satireggiò in proprio nome fin dal primo giorno della saa
apparizione, potò accoglier le satire che gli si attaccavano ; fu insomma, quasi a an
tempo stesso e per effetto di dne correnti diverse del secolo, pedagogo, curiale e ri-
cettatore di scritti sovversivi. Satirico e oppositore in proprio nome non direnne a
nn tratto, ma a grado a grado. Questa la tesi sostenuta con larga conosoenia ad
lavoro anteriore e non senza materiale inedito. Cont. e fine 45, 11]. ^ Men^hiiil (M.),
Notizia letteraria [La Società nazionale per lo studio delle tradizioni popolari ita-
liane]. — Bollettino bibliografico [Si parla di libri di V. Cresdni, A. De Ga-
bematis, G. Ungarelli].
10, ] 5 maggio. — Cantù (C.]), Il giorno d'oggi [Sopra una ' Visione * ed un pro-
cesso di Tomaso Grossi e di altri poeti vernacoli del 1817]. — Gnoll (D.), Meaaer
Saturno [Saturno Gerona fu spagnaolo di nascita, prese la cittadinanza romana,
visse sotto il pontificato di Leone X, Adriano VI e Clemente VII; curioso è il testa-
mento che fece morendo, specialmente in riguardo alla storia del costume]. — Bol-
lettino bibliografico [Si parla di libri di P. Toldo, P. Galletti, E. Musatti,
G. Livi].
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIANI 771
11, 1* giugno. — Tesorone (6.), La città di Chhbio e % soffitti del palazzo
PamphyU, — Bollettino bibliografico [Si parla di libri di D. Marzi» G. Ca-
passo, E. Calzini, G. Biadego, B. Berenson, £. Mtlhibacher, ecc.].
12, 15 giajgno. — Casini (T.), Il cittadino Vincenzo Monti [l rapporti del M.
ooUa repubblica cisalpina ed italica secondo vecchi e nuovi docamenti. Cont e fine
LII, 14], — Bollettino bibliografico [Si parla di libri di G. Rua, C. Gioia,
y. Belleroo, E. Rodocanachi, A. W. Pollard, F. Bruckmann, E. Àrbib].
LII, 13, Io luglio. — Carducci (G.), L' * Aminta * del Tasso e la vecchia poesia
pastorale [Raffronti con Teocrito, Mosco, Bione, Vergilio ecc.]. — Róndani, Come
visse H Correggio [Schizzo del celebre pittore cinquecentista]. — Biagi (G.), Adolfo
BartoU [Necrologia ampia]. — Baer ?C.), Il principe OttgUeìmo di Prtissia reg-
gente e la guerra d'Italia del 1859 [Il contegno di G. derivò interamente dal de-
siderio di ottenere che rAnstria rinanziasse alla Prussia la direzione della Confe-
derazione germanica, pronta a muover guerra alla Francia per proprio conto quando
non riuscisse la proposta di mediazione armata, a fine ai fare fin d*allora della
Prussia Tarbitra della situazione in Europa. Dal contegno della Prussia derivò Tar-
mistizio di Villafranca. Cont. e fine LII. 14]. — Bollettino bibliografico [Si
parla di libri di G. A. Cesareo, G. Stia velli, G. Bertolotto, A. Neri, V. Poggi, B. Croce,
A. Crespellani, G. Pansa, I. B. Supino, L. Cappelletti].
14, 15 luglio. — GalU (R.), Venezia e Boma [Sul * Liber Septiraus ' del e Chru
nicon Altinate»]. — Bollettino bibliografico [Si parla di libri di M. Mainoni,
E. Perina, A. Tolomei, A. Bonardì, F. Bagnotti, É. Calzini, A. Conti, C. Magni,
L. Breganze ecc.].
15, lo agosto. — ***, Nelf intimità di Cavour [La contessa di Circourt. A pro-
posito della corrispondenza testé pubblicata]. — Lovatelli (E. Caetani), L*antico
culto di Bona Dea a Boma, — Erenlei (R.), Una donna romana dei XVI se-
colo [Ersilia Cortese del Monte. Cont. e fine LII, 161. — Bollettino bibliogra-
fico rSi parla di libri di L. Bigoni, G. Prato, E. Gorra, D. Merlino, G. 0. Coraz-
zini, 0. Delarc.].
16, 15 agosto. ^ Carducci (G.), Precedenti deW'Amiìita* [Prima delP'A-
minta tassesco Tegloga pastorale aveva già avuto un largo sviluppo eruditamente e
genialmente studiato dai C. Cont. e fine LUI, 17]. — Baccelli (A.), Le memorie
di un pontefice [I ' Commentarli ' di Pio II. A proposito del libro del Lesca]. —
Bollettino bibliografico [Si parla di libri di F. M. Chicco, M. Gugenheim,
E. Forster, F. Guardione].
LUI, 17, 1, settembre. — Fambri (P.), Paoìo Sarpi [Secondo nuovi studi]. —
Rassegna bibliografica [Si parla dei libri di G. Sutter, F. Ambrosi, B. Fon-
tana, I. Del Badia, G. Piergili, F. W. Burton, L. Beltrami, N. Campanini].
NUOVO ARCHIVIO VENETO (Venezia).
IV, 13, 1894. — Saoerland (H. V.), AnnàUs Veneti saecuH XII [Breve testo
inedito della biblioteca di Metz]. — Bambaldl (P. L.), La guerra di Venezia coi
duca d'Austria nel 1487 [Stanze di un contemporaneo]. — Cipolla (C), Publi-
eoMiom (1892) euOa sotria medioevale italiana [Toscana, Emilia, Romagna, Marche,
Umbria, Roma e il Lazio, Napoli e l'Italia meridionale, Sicilia]. ^ Bigoni (L.),
Antonio Sografi commediografo padovano del secolo XVIII [Biografia ed esame
delle commedie]. — Romano (G.), Di una controversia tra il padre Sforza Pah
lameino e la BepubbUca veneta [Dei 1658; riguardo alla storia del Sarpi ed alla
memoria di lui]. — Moschetti (A.), I bisticci geografici nel dialetto veneziano. —
Cenni biografici [Di opere di A. Medin, Weyman, F. Pellegrini, Loreto Carbone,
F. Nani Mocenigo, S. Rumor]. — Wlel (T.), I teatri musicali di Venezia nel set-
tecento [Cont.].
14. — PoEza (F.), Il comune rurale di Bassano [Origine, storia ed importanza],
— BaizonI (A.), Giacomo Casanova confidente degV Inquisitori di Stato di Ve-
nezia [Doctimenti inediti illustrati]. — Cipolla (C), Notizia di un placito di En-
rico Y imperatore [Del 1118] — Corte (U.), La francazione del debito pubblico
deUa Bepubblica di Venezia [Proposta da G. F. Friuli nei 1577]. — Cipolla (C),
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772 SPOGUO DI PERIODICI ITALIANI
PubbìicaMÙmi (1893) sulla storia medioevak UàUana [Oper^ d'interesse generale;
Venezia e il suo territorio]. — Gabotto (FA II nuoto poemetto di Pace de FriuU
e T^ Ristoria Vicecomitum* di Giorgio Menda [Qaesti si valse di quello]. —
Lazsarlni (V.), JESUppo Caìendario Pardiitetto deÙa tradizione del pakuso ducak
[Naovi documenti e notizie sa quest'architetto del Trecento]. — Gronasi (G.),
Zoreon da Castelfraneo, la sua origine e la sua tomba [MovogmOa biografica sai
celebre pittore]. — Cenni bibliografici [Di scritti di G. Bolognini, F. Pelle-
grini, B. Sabbatini, P. Sabatier, S. Morpurgo, P. Galletti, A. Nani, De Maalde, B. Be-
nier ecc.]. — Simonsfeld (E.) e Cipolla (C). Polemica [Riguardo agli « Aanaka
Veneti » pubblicati nel fascicolo antecedente].
15. — Laizarlni (V.), La battaglia di Porto Longo neW isola di Sapiensa
[1355. Con documenti inediti! — Cipolla (C), Pubblicazioni (1893) suUa storia
medioevale italiana [Lombaraia, Piemonte, Liguria]. — Cogo (G.), DÌ Ognibene
Seda umanista padovano del secolo XV [Biografia con appendice di documenti ine-
diti]. — Morsolin (B.), Il Museo Grualdo a Venezia [Illastrazione]. — Cem-
telll (A.), Q. O, Trissino [Analisi del libro del Morsolin]. — Cenni bibliogra-
fici [Di scrìtti di A. Da Mosto, E. Cesta, ecc.].
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA DELLA LETTERATURA ITALIANA (Pisa).
II, 4, 1894, aprile. — Casini (T.), A. Bertoldi e G. Mazzatinti, Lettere inediU e
sparse di V, Monti, voi. I. Torino, Rouz, 1893 [Favorevole con appanti]. —
Annunzi bibliografici: Bossi (V.), L. De Marchi e G. Bertolani, Inr^eniario
dei manoscritti deì& B. Biblioteca universitaria di Pavia, voi. I. Milano, Hoepli,
1894 [Favorevole]. — D' Ancona (A.), A. Marcbesan, Vita e prose scelte di Fhxn-
Cesco Benagho. Treviso, Turazza, 1894 [Favorevole].
5, maggio. — FaiinolU (A.), B. Croce, La corte spagnuóla di Alfonso dP Ara-
gona a Napoli; Versi spagnuoli m lode di Lucr. Borgia; Di un antico romanso
spagnuolo relativo alia storia di Napoli. Napoli, 1894 [Favorevole]. — Setti (G.),
Notizie storiche y bibliografiche e statistiche suUe biblioteche governative. Roma,
tip. Elzeviriana, 1894 [Favorevole]. — Medln (A.), G. Capasse, Lamento per fa
morte di Pier Luigi Farnese. Parma, 1894 [Favorevole]. — DI Martino (M.),
Giuseppe BaretU of V. E. Lidforss. Stockholm, 1894 [Favorevole].
6-7, giugno-luglio. — Hossl (V.), G. Lesca, J « Commentarii rerum memorabi-
lium » di Enea Silvio Piccolomini. Pisa, Nistri, 1894 [Poco favorevole]. — D'An-
cona (A.), F. P. Costare, Studi storici e letterarH. Tonno, Roux, 1894 [Favorevole
con appunti]. — Comanicazioni: Solortl [A.), Due documenti dei primordi
della commedia delT arte [Bolognesi del 1568]. — Clan {y ,), Briciole dantesche
SLa Cianghella, rUccellatoio]. — Noratl (F.), / manoscritti HaHani d'alcune bi-
>lioteche d'Olanda e del Belgio [Una ricca collezione d'autografi italiani nella Bi-
blioteca universi tarla di A msterdam]. — Annunzi bibliografici: Mengrliini (M.),
A. Tenneroni, Catalogo ragionato dei manoscritti appartenuti al fu conte Giacomo
Manzoni. Città di Castello, Lapi, 1894 [Favorevole]. — Pellegrini (F.). A. Mo-
schetti, Frammento d*un poemetto veneto su * Galasso dcdla scura valle '. Vanesia,
Visentini, 1894 [Favorevole].
8-9, agosto-settembre. — Comunicazioni: Nevati (F.), I manoeeritti iiaikam
d'alcune biblioteche del Belgio e deff Olanda [Cont.]. — Annunzi bibliogra-
fici: D'Ancona (A.), L. Zdekauer, Lo studio di Siena nel Bònascimep^. MiUno,
Hoepli, 1894 [Favorevole]. — D'Ancona (A.), D. Merlini, Saggio di rieereke suBa
satira contro il villano. Torino, Loescher, 1894 [Appunti]. — Pubblicazioni
nuziali: Folfano (F.), Nozze Oian-Sappa-Flandinet [Esame analitico dei singuli
contributi].
RASSEGNA PUGLIESE (Trani-Bari).
XI, 4, 1894, aprile. — Atti della Società di studi storici pt^hesi. — 6al»rieli (A.),
Ugo Falcandus [Indagini sulla nota cronica. Dal libro di prossima pubblicazione
< Maione e la monarchia di Guglielmo I »]. — Cecl (G^ e Croce (B.), 12 poe-
metto * L'amor prigioniero * di Mario di Leo da Barletta [Cont.J. — Ls., Illustri
pugliesi [Giulio Patroni; di cai è in appendice una notizia sulla seconda edizione
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SPOGLIO DI PERIODICI ITALIA^II 773
della sua e Storia di Bari ^ 1. — Bogadeo (E.), Lapide funeraria del see, V d. (7.
[A Bi tonto rinvenuta nel 1880]. — Carbonara (?.), La mente politica di Ugo
jFoscoìo,
5, maggio. — Bernich (E.), L'arckiteUura di Leon Battista Alberti e le chdeee
pugliesi. — De Ninno (6.), Nicolò Spinelli da Otovinazzo rGiureconsulto del se-
colo XI Vy che VA. ritiene fratello di Matteo, illustrazione della letteratura vol-
gare (1)1. -> Simone (S.)» Paolo Antonio Tarsia [Qoyernatore di Monopoli nel
seicento].
6, giugno. — Atti della Società di studi storici pugliesi. — De (Giorgi (C), I
monumenti del tempo svevo in Puglia fÀggiunge notizie al lavoro del Sylos, € Primo
rinascimento pugliese »]. — Bernlcn (E.), L* architettura nelle PugKe (TI mona-
stero di San Leo a Bitonto]. — De Ninno (G.), Nicolò Spinelli da GHovinazzo
[Coni e fine]. — Ceci (Gr.) e Croce (B.), Il poemetto ' L'amor prigioniero * di
Mario di Leo da Barletta [Cont. e fine]. — Maitilasso (M.), Miale da Troia
[Ettore de Pazzis^ uno dei tredici di Barletta]. — Amalfi (G.), La leggenda di
Adriano [A Sorrento].
7, loglio. — Atti deUa Società di studi storici pugliesi. — De Giorgi (C), La
pairia di Nicolò Pisano [Riassunto della polemica Frej-Schmarsow in tomo airort-
gine pugliese di N. P.]. — Lisoni (A.), Una saera rappresentazione a Bari nel
Cinquecento [< Historia del Giuditio Universale > di Antonio Putteo, rappresentata
il 20 giugno 1584]. — Bogadeo (E.), 17 libro dei privilegi deUa città di Bari
detto u *messaletto * [Compilazione di grande valore, del seicento]. — Patari (G.),
Critiche e polemiche boccaccesche [Tra il Salviati ed altri contemporanei].
8, agosto. — Atti della Società di studi storici pugliesi. — Lisoni (A.), Una
sacra rappresentazione a Bari [Cont. e fine]. — Ls,, Elenco di pitture esistenti
nel 1812 [Manca una parte dei quadri ivi elencati, ma non vi sono menzionati
freschi ed altri oggetti d'arte pregevoli]. — Cotella (G.), Sul concetto delia storia
[I recenti studi del Croce]. — Patari (G.), Studi di storia letteraria; Orfiche e
polemiche boccaccesche [Cont.].
RIVISTA ABRUZZESE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI (Teramo).
IX. 5-6, 1894, maggio-giugno. — Pieciriili (P.), Notizie storiche ed artistiche
di Alba Ì\i€ense [Qualche interesse la parte artistica]. — G. P*« Il Pasquino di
Teramo [Si chiama Gnore Panie]. — Pausa (G.), Celestino V e i solitari del
monte MajeUa [Cont. e fine. In qaesta parte il P. studia specialmente le vicende
dei solitari dopo Tabdicazione e morte di Celestino T|. — Sorriechio (L.), Bcts-
segna numismatica [Il S. si trattiene a discorrere di un tesoretto monetario della,
fine della repubblica romana, scoperto in Atri sul principio di quest'anno].
7, luglio. — Yooatnro (G.), Vincenzo lulia [Biografia, un po' panegirico, di
questo insigne letterato calabrese testò defanto]. — Faraglia (F. N.), e Iorio (G.),
èulTiscrizione del Beliguiario di Alba Fucense [Due lettere sulla diversa lettura
della medesima].
8-9, agosto-settembre. — Savlni (P.), Gli archimi teramani ed il loro conte-
nuto [Spoglio diligente. Il primo documento è del 1221]. ^ G. P., Il paliotto
della cattedrale di Teramo [Opera di Nicola Gallncci, di Guardiagrele, cesellatore
del secolo XV]. — Pansa (G.), Celestino V e i solitari del monte Majeìla [Appen-
dice. Estratti del processo informatorio per la canonizzazione di quel pontefice or-
dinato nel 1806 da Clemente V. Documento di molto interesse]. — Iorio (G.),
Scorsa neWArchivio capitolare d'Atri [Inventario di 22 mss. e 9 incunabuli, fra
cai un codice miniato del secolo XIV].
RIVISTA DI STORIA, ARTE, ARCHEOLOGIA DELLA PROVINCIA DI
ALESSANDRIA (Alessandria).
Ili, 6, 1894, aprile-giagno. — Giorcelli (G.), Documenti storici del Monferrato
S[I. Relazione sincera di anonimo contemporaneo dell'operato della nobiltà e eitta-
inanza di Casale Monferrato nella sua sommissione alle armi cesaree seguita li 7
novembre 1706. III. Relazione dei tre medici curanti dell'ultima malattia, cura,.
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774 SPOGLIO DI PEBIODICI ITALIANI
morte ed apertura del cadavere del fa Ser."« Ferdinando Carlo daca di Mantova e
di Monferrato, morto nella città di Padoa li 5 luglio 1708]. — Gabotto (F.) e
Badlni-Confaloiilerl (A.), Vita di Giorgio Menda [Parte seconda]. — Gaspa-
rolo (F.), Carte bobbiesi. — Memorie e no ti si e: Claaparolo (F.), Seguito dei
documenti deUarehmo di 8, M, di GasteUo.
7, laglio-eettembre. — Torelli (E.), DéCU forUfieoMùmi di Alessandria [Cenno
storico così ripartito: Città lìbera, La signorìa dei Vieoonti e deffli Sfona. Domi-
nazione spagnuola, Dominio Sabaudo, Dominio francese, Alessanifria italiana]. —
Oabotto (F.) e Badini-Confalonleri (A.), Vita di Giorgio Menda [Fine della
parte seconda]. — Memorie e notizie.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA (Milano).
VI, 2, 1893. — (Ineochi (F.), Appunti di numimaUca romana [XXVII. Scavi
di Roma nel 1892; XX Vili. Medaglione inedito di Caracalla]. — Gneeehl (F. ed E.),
Monete di Milano inedite [ContJ. — Papadopoll (N.), Monete italiane inedite
deUa raccolta Papadopoli. — Roggero (6.), Annotaeùmi numismatiche genovesi
[Altre notizie sa ducati dei govematorì di Gian Galeazzo Maria Sforza; Monete
nuove di Lodovico XII]. — Mariani (M.), Un imperiale inedito della secca di
•Pavia. — Motta (E.), Documenti viscontei sforseechi per la storia di Mikmo
[Specialmente numismatici]. — Lappi (C), Vite di illustri nunUsmatiei italiani.
Vincenso Lazari [1823-1864].
8. — Gnecehl (F.), Appunti di numi»matica romana |11 ripostiglio di 82 pezzi
di bronzo scoperto anni tono presso Roma rappresenta diversi degli stadi per coi
il metallo passava prima di diventar moneta ed è prezioso perchè fornisoe dati in-
torno alla fabbricazione delle monete. Continaa le contribuzioni al ' Corpns Nn-
moram * esaminando la collezione Vigano a Desio]. — Papadopoll (N.), Monete
italiane inedite della raccolta Papadopoli [Di vari rami della famiglia (}onzagaJ. —
Castellani (G.), Il ducato <f oro anconitano del secolo XIV [Contributo alla
storia poco trattata finora della zecca anconitana]. — Sambon (A.), Monete éPoro
coniate da Carlo I d'Angiò a Tunisi [Due maltipli di Fareno colla leggenda ' aervns
Xri *, probabilmente coniati durante la crociata]. — Paselil (A.), Il ripostiglio di
Monfalcone [Nel Friuli. Contiene monete tirolesi, friulane ed istriane]. — Motta (E.^
Documenti viscontei sforeeschi per la storia della secca di Milano [Cont. Molti
documenti del periodo sforzesco]. — Lappi (C), Vite di iUfistri numismatici italiani
[Domenico C. Promis. 1864-1874].
X.
1'-^^:^^*4
BIBLIOTHÈQUE DE L'ÉCOLE DES CHARTES (Paris).
LV, 1-2, 1894, gennaio-aprile. — Omont (H.), NouveUes acquisitions àu dépar-
tement dee manuscrits de la bibUothèque nationale pendant les années 1892-1898
Eirecchi di essi interessano direttamente e indirettamente V Italia. Cont.]. —
Grand (L.). LeUre de Charles Vili concemant la victoére de Rapallo (10
septembre (1494) [Mancante nella serie edita dal De la Pilorgerie e ritrovata
^casualmente in un registro degli Arcbivi]. — Bibliograpbie: JTarry (E.),
N. Jorga, Thomas III marquis de Saluces [Favorevole].
3-4, maggio-agosto. — Omont (H.), NouveUes acquisitions du département des
manuscrits de la BibUothèque nationale pendant les années 18921893 [Cont e
fine]. — Morel Fatlo (A.), La traduction des Commentaires de Cesar par Pier
Candido Decembri [Rettifica un'asserzione del Borsa. Cfr. e Arch. Stor. Lcnnb. »,
XX, 1]. - Bibliograpbie: Forgeot (H.), L. Pastor, GeschichU der Papste
[Favorevole].
BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ DES SCIENCES HISTORIQUES ET NA-
TURELLES DE LA CORSE (Bastia).
XVI. 157, 1894, gennaio. — Varnhagenj» Théodore !•' roi de Corse [Tradu-
zione di P. Parinole della biografia di T. inserita fin dal 1824-30 noi e Monumenti
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t
SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 775
biografici » del conte Yarnbagen von Enee. Al traduttore ò sembrato opportuno far
conoscere questo lavoro ai suoi concittadini perchò dà nn apprezzamento più ginsto
del carattere di Teodoro, spogliandolo della leggenda di cni è stato rivestito].
158. — Cagnani (M. À.), DoetunenU mr les iroubìes de BtuUa, 1« 3 et 3.
jum 1791 [Sono dae documenti del 1790 e 37 del 1791, quasi tutti in lingua ita-
liana, preceduti dal racconto tratto dalla e Storia di Corsica » del Ben ucci ; i quali
ei riferiscono ai torbidi scoppiati a Bastia il 1% 2*, 8* giugno 1791, quando si volle
imporre Tesecuzion delle leggi votate dair Assemblea costituente sulla costituzione
civile del clero].
BULLETIN DB LA SOCIÉTÉ D'ÉTIIDES DES HAUTES ALPES (Gap).
2» S., XIII, 9, 1894. — Boman (J.), La traveraée dea Aìpes par Hannibal à
propo8 du livre du eohneì Hennebert [L*H. sostiene A. esser passato per il Mon-
ffìnevro, ma Titinerario da lui proposto è impossibile, perchò TÉ. ha avuto il torto
di lavorare su carte non sempre esatte invece di percorrere a piedi le vallate al-
ine]. — P* Q; Objets aréhkUogiquea découverts à la BatieMontsaìéon de 1801
1830 et eurtoui du 21 décembre 1803 au 8 février 1804 [Da una collezione di
documenti acquistati recentemente dal Consiglio generale delle Alte Alpi].
10. ' P. G; OljeU arehéohgiques découverts à la Batie-Monttaléon de 1801
à 1830 [Cont.].
BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ D'HISTOIRE VAUDOISE (Torre-Pelliee).
11, 1894, aprile-agosto. — Blvoire (P.), Storta dei signori di Lusema [Di ori-
one antichissima, probabilmente longobarda, ebbero una signoria assai estesa in
Piemonte, che si restrinse poi quasi alla sola valle di Lusema; divenuti vassalli
degli Acaia nel 1295, rimasero però sempre una delle famiglie più ragguardevoli
del Piemonte. Cont.]. — Jalla ( J.), Queìques notes historiques sur le franQais et
ViUHien, comme Umgues parléee chee ìes Vaudois du Piémont [Fino a tutto il se-
colo XII ritaliano ebbe il sopravvento, dopo la * rentrée* prevalse il francese; ora
è conveniente continuare a coltivar ugualmente le due lingue].
BULLETIN INTERNATIONAL DE L'ACADÉMIE DES SCIENCES DE
CRACOVIE (Cracovie).
1894, 2. — N«5 S. Smolka, Sprawosdanie b prue archiwahìych w Aréhiwum
Walyhakskiem i innych archiioach rsymskiéh sa rok 1893 [Relazione sulle ricerche
&tte negli Archivi vaticani ed in altre collezioni romane nel 1893. Intorno al regno
di Sigismondo III, Ladislao IV e Giovanni Casimiro].
6. — TS., Historye Bsimskve wydal J. Bjstrón [L*edizione dei e Gesta Boma-
norum » carata dal Bystrón].
7. — N., Scriptores rerum 'Polonica/rum^ tomus XV. Continet: Anakcta ro-
mana [Editi dal Eorzeniowski. Raccolta di articoli intorno alla missione polacca agli
Archivi vaticani ed alle sue ricerche di storia del secolo XVI]. — N.^ J. Fijalek,
Pierwsi Jesuici w Polsce [I primi gesuiti in Polonia].
COMPTES-RENDUS DES SÉANCES DE L'ACADÉMIEDES INSCRIPTIONS
ET BELLESLETTRES (Paris).
8. 4% XXI, 1894, gennaio-febbraio. — Gettroj (M.), Lettre [Dà notizia di inda-
gini del Gk>yau intomo ad antichità romane nella Biblioteca imperiale di Vienna].
— Cleffroy (M.), Lettre [Scavi di Comete Tarquinia, le scuole estere d'archeologia
in Boma]. — Cagnat (R.), Note sur les limites de la province romaine d'Afirique
en 146 av. J. C. [Il tracciato del fosso di Scipione secondo nuove scoperte]. —
Perrot (G.), Bapport [I lavori della scuola francese di Roma nel 1892-93].
Marzo-aprile. — Geffroy (M.), Lettre [Recenti scoperte epigrafiche in Italia]. —
Delaville le Boalx (J.), Les hospitalières de Saint Jean de JérustHem [Sorsero
contemporaneamente al celebre ordine maschile e se ne ebbero filiazioni poco note
finora sino al secolo XVIII].
Maggio-giugno. — Geffroy (M.), Lettre [Gli scavi della villa Adriana: altre no-
tizie minute]. — HéroQ de Villefosse (M.), Bapport [Sogli scavi del p. Delattre
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776 SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI
a Cartagine]. — Geffroy (M.), Lettre [Il nnovo miueo Cello; acavi a TeitaciBa].
— Héron ae TlUefosse (M.), In9cription latine trouvée à Gourhata (Tunisie)
[Del tempo di DoraiziaDo]. — Oeffroy (M.), Lettre [La naoya i^^Ueria unlTeni-
taria annessa alla cattedra d*archeologia in Roma; scavi a Tenadiia e Seliniuite].
GAZETTE DES BEAUX-ARTS (Paris).
S. 3\ XI, 1894, gennaio. — Belmaeli (S.), L'origine et les caraetèree de Tari
gcìBo^romain [Cont. e fine. L*arte greca esercitò la sua infloenza in Gallia «ome
già Tesercitava in Italia fin dal primo secolo d. G.].
Febbraio. — Massom fF.), Uimage vraie de Napoìéan [I vari ritratti di Napo-
leone ed il loro valore relativo]. — Bejmoiid (M.), La aetdpture floreniine au
XIV* et au XV* sièele [Cont. e fine. Stadia le decorazioni degli edifisi pubblici
e notevolmente il campanile del duomo].
Marzo. — Grader (G.). Vittore Pisano [Cont. Il soo soggiorno a Roma e t
Ferrara e la sua attività artistica ivi]. — Belnaeli (S.), Courrier de Tart antique
rRecenti scoperte]. — Maindron (Bf.), Les coQedions éTarmes du Musée d^artU-
ìerie [Contengono parecchie opere italiane].
Maggio. - Beymond (M.), La sculpture fiorentine au XIV* et au XV* siede
[Cont. Le decorazioni di Or San Michele. Concbiade rilevando Tinflaensa dell'arte
francese sali* arte fiorentina del secolo XIV, che reputa ispirata dalla prima senza
che c'entrasse infiuenza deirarte antica]. — Maindron (M.), Les eoBeetims d^armes
du Musée d'artOkrie [Cont]. — Grnyer (G.), Vittore Pisano [Il P. a Mantova
e a Verona Cont.].
Luglio. ~ Trlarte (C), Les Oonsagues dans les fresques du Manieona [Al
castello vecchio di Mantova. Hanno, oltre che alto pregio artistico, grande valore
iconografico e storico per la storia della famiglia].
Agosto. — Triarte (C), Les Oonsagues dans les fresques du Mantegna
[Cont. e fine].
Settembre, — Belnach (S.), Courrier de Tart antique.
Ottobre. — Gmjer TG.), Vittore Pisano [Le opere attribuite a V. P. Cont.]. —
Maindron (M.), Les cotiections d^armes du Musée d'artiUerie [Cont. e fine]. —
(0.). - • ■ ' " ■ ~ ■
0roiiaa (G.), Notes sur ìes dessins de Oiorgione et de Campagnola [Del
del Louvre, su cui richiama ratteniiene del pubblico].
JOURNAL DES SAVANTS (Paris).
1894, maggio. — Wallon (H.), L'Europe et la Revolution franfaise [Continua
la larga recensione deiropera del Sorel]. — Hanréau (B.), Inventaùre de ìa BUfUo-
ihèque universitatre de Pavie [Di De Marchi e Bertolani, cui & qualche appunto
e correzione].
Giugno. — Perrot (G.), La eoOection Barraeeo [Lodando grandemente il Banraeco
di aver posto a disposizione della scienza il materiale da lui raccolto, illustva il
volume recentemente pubblicato].
LA REVUE GÉ^^ÉRALE (Bruxelles).
LX, 1894, maggio. — Woeste (Ch.V Le neveu de Bonaparte [Il prìncipe Na-
poleone Girolamo nel libro omonimo del Lenglé, che il N. giudica B&Torevolniente].
Luglio. — De Blcanlt d'Héiieaolt (Ch.), Galerie iOustrée de ìa Oompa^nk
de Jesus [Album di 400 ritratti riprodotti per cura del p. Hamj. 8 Tolnmi in-4*.
Paris, Lestriellenz).
Novembre. — Lamy (M ), Leon XIII [Secondo la recentissima pubblicazione di
monsignor T. Serclaesl. — Belvigne (A.), Le Commandeur L B, de Bossi [Com-
memorazione del grande archeologo].
MÉLANGES D'ARCHEOLOGIE ET D'HISTOIRE (ParisRome).
XIV, 1-2, 1894, maggio. — Le Blant (E.), Les premiers chrétiens et les Bieuac
[Coglie alcuni aspetti della lotta tra paganesimo e cristianesimo nelle testimonianze
degli scrittori e nelle leggende medievali]. — Osell (S.) e Graillot fH.}, Exph-
ration afchéoìogique dcms le département de Constantine (Algerie) [Coni e fine.
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SPOGLIO DI PERIODICI FRANCESI 777
Le rovine romane al nord deirAarès]. — Haiirett« (H.), Notes sur dea manuscriU
autographes de Boecace à la bibliothèque LaurenUenne [Sono certamente auto-
grafi il ' Zibaldone * e il Terenzio, oggetto già di molte discussioni e tra i Lanren-
ziani il XXXIII, 81, miscellanea di testi latini di oeni età]. — Fonrnler (P.), Le
premier manuel canonique de ìa riforme du XT* sièele \Le e Diversomm sententiae
patrnm » di singolare importanza nella riforma inaugurata da San Leone IX ed
Ildebrando furono il germe più fecondo della ricca Tegetazione di collezioni cano-
niche che si sviluppò tra il finire del secolo XI e il principio del XII. Il F. ne dà
k tavola, esaminando le principali questioni che vi si riferiscono]. — Fabre (P.),
Lea offrandes dona ìa haaili^ vaticane en 1285 [Ne pubblica una lista del 12^
illustrando Tuso delle * oblationes * fittte sui diversi altari della basilica Vaticana].
— Gran^Jean (C), La date de la mort de Benoit XI [7 luglio 1304]. — Bi-
bliographie: Caq (E.), E. de Ruggiero, L'arbitrato pubbUeo in reiasione cól
privato preaao i BamatU [Favorevole con appunti]. — Gojan (G.), S. Gsell, Eaaai
aur le règne de Vempereur Domitien [Favorevole]. — Gralllot (H.), S. Osell, Re-
cherchea arehécjbgiques en Algerie [Favorevol^. — Goyaa (G.), A. Valentinis, An-
tichità Altinati [Favorevole]; Rod. Lanciani, Éorma urbia Bomae [Favorevole].
POLTBIBLIOK. REVUE BIBLIOGRAPHIQUE UNIVEKSELLE (Paris).
N. S., XXXIX, 1, 1894, gennaio. — De aanniert (A.), Mémairea du general
baron ThiébauU [Favorevole].
2, febbraio. — T« de C.^ Manuel dea anti^itéa romainea par Th. Mommsen,
J. Marquardt et P. Krfiger [Favorevole]. — D'Avrll (A.), J. Reinach, La Frcmce
et VltaUe devant rhiatoùre [Rileva tutti i punti più italofobi, che lo traggono a
perdonar quasi all' A. i giudizi sfavorevoli al papato].
3, marzo. — Areelln (A.), P. Castanier, Hiatoire de la Prooence dona Tanti'
quité, I [Favorevole]. — NoUiaCy P. D. Pasolini, Caterina Sforza [Favorevole]. —
Froidevanx (H.), C. de LoUis, Criatoforo Colombo neUa leggenda e neUa storia;
M. da Civezza, C. Colombo e la aeoperta delP America [Favorevole pel primo, sikvore-
volo per Taltro].
4, aprile. — De Barthélemy (A.), C. Daremberg et E. Saglio, Dietionnaire dèa
antiquitéa grecquea et romainea [Favorevole].
5, maggio. — Jamiet (C), Lea corporationa ouvrièrea à Rome depuia la ehute
de Vempire romain par E. Rodocanaohi [Favorevole]. — Th« P«, G. Pitró, BibUo-
grafia delle tradisioni popolari d^Italia [Favorevolissimo].
XL, 2, agosto. — Plerllng., A. Belin, Histoire de la ìatinité de Conatantinople
[Favorevole]. — Poggiarido^ E. Volpi, Storie intime di Vanesia repubblica [S£ei-
vurevole].
3, settembre. — Th. P.^ latoria del re Giannino di Francia a cura di L. Mac-
cari [Favorevole].
REVUE CRITIQUE D'HISTOIRE ET DE LITTÉRATURE (Paris).
XXVIII, lì, 1894, 12 marzo. ^ Chaqnet (A.), L. Grasilier, Mémoirea de rad-
judant general Landrieux, Parigi, 1893, Tome I*' [Favorevole].
12, 19 marzo. — W.^ G. Grasso, Studi di atoria antica e di topografia atorica.
Ariano, 1893 [Favorevole]. — D^ob (C), B. Morsolin, Giangiorgio Triaaino. Fi-
renze, 1894 [Favorevole].
13, 26 marzo. — B.-L. (A.), W. Ihne, Roemiache QeackichU. Leipzig,, 1893 [Fa-
vorevole con appunti].
15, 9 aprile. — P. 9., Rodocanachi, Lea corporationa ouvrièrea à Rome, Paris,
1894 [Favorevole].
16, 16 aprile. — Charavay (E.), Thiébault, Mémoirea. Paris, 1893 et 1894
[Favorevole].
17, 23 aprile. — La Blanchère, H. Peter, Die aeriptorea Matoriae Auguatae.
Leipzig, 1892 [Favorevole]. — Miints (E.), Leonardo da Vinci [IjO pubblicazioni
reoenti di Ravaisson-MoUien, Mueller, Wilde, Tabarrìni-Milanesi, tJzielli, Beltrami,
BivUta Storica Italiana, XI. 61
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778 SPOOUO DI PBRIODICI FBANOBSI
Sabachaikoff-Piamatil. — B. A« Y.^ A propoi éTun manuaerU du MimMère de$
affaireB étrangères, Óhrùtopher Cohmbm hi$ oum hook of préoSegea, 1502 [BiA la
storia della ricca coUeiione di docameati gmiOTeai portati a Parigi da Napoleone e
xeoeo temente identificati].
18, 30 aprile. — Bejob (C), A. Neri, I ritratti di Crmtoforo Colombo. Boma,
1894 [Favorevole].
20, 14 maffffio. — A* C.^ R. Delachenal, Un agmU pólUique a Tarmée des Aìpe^,
Grenoble, 1894 [Favorevole].
21, 21 maggio. — De HolhM (P.). F. Novati, Epiatoìario di (kiuccio SahUab'.
Voi. IL Roma, 1894 [Favorevole].
23, 4 giugno. — Cagmat (R.), S. (^sell, E$sai sur le ragne di Temperenr Domi-
Hen. Parìe, 1893 [Favorevole]. — Dtjeb (C), Tamisej de Larroqne, Le bien dncal
de Jean GwXbche. Bordeaaz, 1893; N. Jorge, Thoma» HI marqyUe de Sahtee$.
Saint-Denis, 1893 [Favorevole].
24, 11 giagno. — Belnaeh (S.), V. Cacheval, Hiatoire de Tihquenoe romaine.
Parie, 1898 [Favorevole].
27-28, 2-9 Inglio. — PlUter (C), P. Sabatier, Vie de Saint-FranQoie d^AMsiee.
Parie, 1894 [Favorevole].
29-80, 16-23 loglio. — AvAolleut (A.), N. Peraicbett), La via Salaria. Roma,
1893 [Favorevole]. — PélÌ88ler(L. 0.), J. Reinach, Naplee et Parme (e Beeneil
dee instmctioDs données aox ambaesadenre et minietres de Franee etc. »). Parìa,
1898 [L^introdniione è brillante ma poco gtnata].
31-32, 80 lnglio-6 agosto. — De Nolhac (P.), G. Losca, I * GnmmentarU rtrvm
memorabiHum^ d'Enea Sibno Pieeohmini, Pisa, 1894 [Favorevole].
35-36, 27 agosto-3 settembre. - Dejob (C), C. Tivaroni, X* ItaUa dorante il
dominio cnieiriaeo. Tomo 111: L'Italia meridionale. Torino-Roma, 1894 [Favorevole].
39-40, 24 8ettembre-l<* ottobre. — DeJob (C), L. Znccaro, Lucerà et Tee oohniee
provenQodee de ìa Capitanate. Foggia, 1894 [Favorevole].
REVUE DBS DEUX MONDES (Paris).
CXXII, 1894, 15 marzo. — Mfinti (E.), Titien et ìa formation de Féook veni-
tienne [Incarnatasi la pittura veneziana in Tiziano, ffrinsegnaraenti di tal oori&o
sarebbero stati la salvezza delle altre scuole italiane. Furono i forestieri che laocol*
sero Teredità di Tiziano, Rubens e Van Djck per i primi].
3, 1 sprile. — Boissier (G.), UAfripieromaine. Promenades ard^éologiqìtee en
Algerie et en Tunieie, III : Ladminigtraiion et Varmée [Lo stabiMmento deiaitivo
della dominazione romana in Africa].
CXXIII, 1 1" maggio. -^ De Yegfié (E. M.), Catherine 8/órea [L opera del
^ Pasolini, che giudica fatta con scienza ed amore].
3, 1 giugno. - Beaoist (C), L Italie dane la triple àOiance [A proposito delle
pubblicazioni di L. Ghiaia].
CXXlV, 1, 1« luglio. — Boissier (G.), LAfrique romaine. Ptomenadee arcftó>-
ìogiques en Algerie et en Tunisie, IV: Les campagnes [Cont.].
2, 15 luglio. — Klacvoko (J.), Rome et ìa Benaisscmee. Dans ìa * Camera
della SegncUura' [Impressioni d'arte. Bisogna guardare Raifaello cogli occhi d*nn
uomo del cinquecento].
3, 1 agosto. — Benoist (C), Le gouvemement de TÉgUse et le Sacre Collège
en 1894.
4, 15 agosto. — Boissier (G.), L'Afrique romaine. Promenades enrehéologiques
en Algerie et en Tunisie. V: Les viBes. Timgad [Le città edificate dai Romani in
Africa].
CXXV, 4, 15 ottobre. — Bellaigae (C), Trois maUres d'Italie, 1: Palestrina
[Feoe opera d'italianità perchè semplice e chiara; dall'armonia della sua musica si
sprigionò a poco per volta la metodia che fu gloria delle segnenti generazioai di
muaicisti].
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8P06LI0 DI PBRIODICI PRANOBSI 779
REVUB DBS QUESTIONS HISTOBIQUBS (Paris).
Xli, 111, 1894, 1« loglio. — Pélissier (L. G), La poUUque de Trwulee au début
àu règne de Louis XII [La fedeltà del T. alla Fradicia quasi leggendaria fa re-
golata^ come dimostrano i documenti, dal pensiero del ano interesse personale: no-
nostante i grandi &yori ricevati da LaiffX XII, aperse nel 1498 trattative con Ve-
nezia per entrare al servizio della repabolica e cercò di riconciliarsi con Milano]. —
Seiont (L.), Le Direetaire et la BépubUque Cisalpine [Lo stadio della storia della
Bepabblica cisalpina distraggo la leggenda che attribaisce ai rivolazionari la pro-
pagazione della libertà in Europa. Lo S. fa rilevare specialmente le scandalose di-
fapidaxioDi dei gìacobrai francesi piovati in Italia ed i disordini delle amministra-
zioni ligie ai focosi]. ~ Mólanges: Leveque (L.), De Varigine du * Liber re-
sponsahé' de Téglise romcme [Risposta al BatiffoI, in « Histoire da bréviaire ro-
main » ed in an articolo della e Rev. dee QaestionB hist. » . Si propone di dimostrare
dbe il B. non hs sfatato la tradizione secondo cui San Gregorio avrebbe compilato
il e Liber responsàlis » ed il < Gradaalis », ehe nulla s'oppone a ohe il « Liber re-
sponsalis» di Adriano sia stato composto da S. Gregorio].
112, V ottobre. — Allard (?.), Le paganisme au milieu du IV* sièele. Situa-
tion legale et matérieUe [La resistenza opposta dal paganesimo al cristianesimo in-
vadente fa maggiore in Occidente che in Oriente ; lo provano le testimonianze degli
scrittori e dei monumenti epigrafia e ragioni storiche, geografiche e sociali]. —
De la Ferrière (H.), Catherine de Médicis et hs poiitiques [Vnol precisare la
Sarte presa da C. nei tentativi di pacificazione prima della costituzione del partito
ei politici e durante ri regno di Barico III contro la tesi sostenuta dal De Crue
nel suo libro « Le parti des politiques au lendemain de la Saiiìt-Barthélemj »]. —
Pierllngy Un manuscrit du Vatican sur le tsar Dimitri de Moseou [Il carteggio
dei Nunzi in Polonia fu pubblicato con molte lacane negli « Historìca Rassiae Mo-
numenta >: dovrà essere pubblicato tutto e si avrà una fonte notevole per la storia
del falso Dimitri].
BEVtB flISTORIQUE (Paris).
LV, 1. 1894, maggio-giugno. — Balletin historiqae: Franee [Vi fi parla
del IV étfo. del < Cartulaire on histoire diplomatique de Saint Dominique » dd
p. Balme ; della < Vie de Saint Francois d'Assise » del Sabatier; notevolissima, di
« Thomas III marqnis de Saloces » di M. Jorga; interessante contributo alla storia
deirinffuenza francese nell'Alta Italia, del II voi. dei < Mémoires » del gen. Thié-
bault]. — Comptes rendus critiques: MoUnier (CA K. Mueller, Ktrchen-
gesehichte [Favorevole]. — Mollnier (C), H. Sachsse, Éemardus Chùdónis in-
guùt^or una die ApostelbrUder; Sin Ketgergeriekt [Favorevole]. — Holinier (C),
A. Bertolottì, Martiri del Ubero pensiero e vittime della Santa Inquisisionè nei
secoli XVI, XVII e XVIIT; Lettere del duca di Savoia Emanuele Filiberto a
OugUehno Gonsaga duca di Mantova [Favorevoli con appunti]. — Péltoler (L. Q.),
P. Antolini, Manoscritti relativi atta storia di Ferrara [Siavorevole]. — Pélts-
«ier (L. G.), t>. Gnoli, Un giudizio di lesa romanità sotto Leone X [Favorevole].
2, loglio-agosto. — Balletin historique: Franee [Vi si parla di Nitti, e Le
aociallsme catholique», cui si mnove, pur lodundolo, Tappunto di ricorrere talvolta
a ibnti poco attendibili; di E. Duthoit, e L'enseignement du droit et des scienoes
politiques dans les Universités d'Italie», studio preciso e chiaro; dì Ch. Górìn,
4 Louis XIV et le Saint Siège», di cui si rileva lo spirito più che oltramontano,
pur riconoscendone la conoscenza delle fonti e Tarte espositiva ; delle e Mémoires
a*une inconnue (M.™* Cavaignac) > , che illustrano la corte di Napoli a tempo di re
Giuseppe e di Murat ; di E. Roducanachi, e Les corporations ouvrières à Rome depois
la chute de TEmpire Ronutin », e « Courtisanes et BoiifEons. Étndes de uiosurs ro-
{naines au XVI« siòcle », lodando entrambe queste opere di carattere e stile diverso ;
di Engel et Serrure, e Traile de numismatique da Moyen Age », 2 voL, importan-
tJBslmo ; dell' « Histoire generale » (3 voi.), diretta da Lavisse e Rambaud]. —
Oolmptes rendus critiques: Berger (S.), Fastes épiscopaux de rancienne
Oatde par Tabbó L. Duchesne. Tome I: Frovinees du sud-^st Paris, Thorin, 1894
? favorevole]. — Gallois (L.), H. Barrisse, The discovery of Noitth America.
Aris et Londres, 1892 [Favorevole con appunti specialmente cartografici].
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780 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
LYI, 1, Bettembreottobre. — Comptes rendas critiqaes: Koìm (E,), Storia
d^ItàUa dai tempi piò antichi tino oQe guerre puniche. Parte T: Storia deOa Si-
cilia e deUa Magna Grecia di Ettore Pais. Voi. I. Torino-Palermo, Clansen, 1S94
[Favorevole]. — Hubert TE.), D.' Hanos Schlitier, Die Beiee dee PSpetes Più» VI
fidcA Wien und eein AuftnthtUt daeeibst: ein Beitrag eur geechichte der Beeie-
hungen Josefs II sur roemiechen Curie [e Fontes remm Àostrìacaroin *, voi. XLVII].
Wien, Tempsky, 1892 [Favorevole]. — 0ailland (A.), E. Caglia, Leopold von
Bankes Ld>en und Werke. Leipsig, W. Gmnow, 1893 [Non è ancora lavoro de-
finitivo].
2, novembre^ioembre. — Fmiek-BrenUuio (F.), L'homme au masque de vèloure
nnir dii * ìe nuuque de fer ' [Riprendendo ad esame la tanto dibattuta questione,
rimessa in campo dal libro di Bar^nd e Basières, propone di ritornare alla soia-
zione, già proposta da parecchi, di Mattioli, ministro del dnca di Mantova]. —
Balletin historiqne: Franee [Vi si analizzano il « Cartnlaire general de l'ordie
des Hospitaliers de Saint Jean de Jónualem » del Delaville le Bonlx, destinato a
rendere importantissimi servici agli stadi medievali; le « Lettres inédites da baron
Gaillaame Pejrasse » ed. dal Pélissier, che sono particolarmente intereesanti per
Soanto concerne il soggiorno di Napoleone all'Elba; lo stadio del Sepet, e Napolóon *f
ì cai rileva gli eccellenti giadizi; il volarne del Dormoy • Troia batailles de Dijon »,
dove rileviamo lo strano giadizio che « Garibaldi in fondo era indifterente aUe di-
sgrazie della Francia ed aveva daplioe scopo, metter in pratica i saoi sogni di re-
pabblica aniversale e far servire qaesti sogni ali* accrescimento del proprio paese » ;
lo stadio del Cumbes de Lestrade, « La Sicile soas la monarchie de Savoie », quadro
« tràs étadié et très agréable à lire » dello stato attuale della Sidlia]. — AUe-
ìnagne, PubUeatione relativea à Vhistoire de la riforme [Vi si tien conto, ira le
altre cose della « Geschichte Karles V » del Baamgarten, importantissimo per la
storia degli anni 1529-1539; dei e Nantiatarberichte ans Deutschland 1533-1^9
nebs ergaenzenden ActensttLcken », che meritano ogni elogioj il lavoro notevole del-
rUbert su e Yergerio > \ della pubblicazione del Druffel « SLaiser Karl und die R9-
mische Curie»; dei « Yenezianischen Depeschen von Eaiserhof » editi dall'Acca-
demia delle scienze di Vienna; del lavoro dell' Ulmann e Studien zar rachichte
des P&pstes Leo X »]. — Comptes rendus critiques: LéerivaiB (Ch.),
W. W. Fowler, The city state of the Oreeks tmd Bomans [Favorevole. È pei^
opera di volgarizzazione]. — Batlffol (P.)f Oeschichte der aUchristìichen lÀteraisar
bis Eusebius di A. Hamach [Favorevole].
SÉÀNCES ET TRAVAUX DE L'ACADÉMIE DES SCIENCES MOBALES
ET POLITIQUES (Paris).
XLI, 5, 1894, maggio. — DedArdins (A.), La diphmatie au XV^ et au XVI*
eiècìe [I tre volami del De Maalde la Clavière, che formano la più ampia e pia
ricca prefazione alla storia diplomatica dei tempi moderni].
6, giagno. — Lelèvre PontallB, Les corporatkms ouvrières à Bome dq^uisìa
chute de ^Empire Bomain [Di E. Bodocanachi. Presentazione molto losinghiera].
XLII, 7 luglio. — Lefèvre Pontalls^ Un agent poUtique à Vofmée des Alpes
[Di M. Delachenal. L'agente ò il Chépy, già citato dal Taine, di cui il D. dà no-
tizie importanti ed estratti notevoli del carteggio].
Giuseppe Roberti.
ABHANDLUNGEN DER H1ST0RI8CHEN KLA8SE DEB K. BATSRI-
SCHEN AEÀD. DEB WISSENSCHAFTEN ZU MUENCHEN (MUnchen).
XX, 2, 1893. — Druffel, Die Sendung dee Kardinab Sfcndrato an den Bóf
Karìs V, 15à7'48 [Il Bitter riproduce con qualche modificazione questo lavoro del
Druffel in tomo alla legazione del cardinale Sfondrato. La prima parte, qui pubbli-
cata, tratta, basandosi sopra una quantità di documenti inediti, delle relazioni fra
Carlo V e Paolo III, delle prime pratiche dello Sfondrato e del convegno di Perugia»
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 781
In appendice sono pubblicate tre lettere degli anni 154647 : le dae prime sono Tana
indirizzata dal Verallo al cardinale Farnese, Faltra indirizzata dal Farnese in ri-
sposta al Verallo; la terza fa scritta dal veseovo di Arras al dnca Cosimo].
ABHANDLUNGEN DER PHILOLOGISCHHISTORISCHEN CLASSE DER
K SAECKSISCHEN GESELLSCHAFT DER WISSENSCHAFTEN (Leipzig).
XIII, 5, 1893. — Toiirt (M.), XJeber die Leaes JuIìm Judidorum prwatorum
und publieorum [L*A. apre ^nesto stadio giarìdico con an'ampia descrizione delle
condizioni storiche generali ai tempi delle e leges Jaiiae indicioram » nel sec. VII,
poi esamina minatamente le legn ora citate, le competenze giarìsdizionali dei ma-
gistrati municipali, il carattere della « lei Julia indicioram privatoram » ed il ca-
rattere della < lex Jalia iudidoram pablioornm »].
DEUTSCHE ZEITSCHRIFT FUER GESCHICHTSWISSENSCHAFT (Frei-
barg i. Br.).
XI, 1, 1894. ~ Hartmann (L. N.), Zar Getchichie der atUOcen Skiaverei [Ri-
levato come le dae più profonde caratteristiche della storia antica siano la distin-
zione dello straniero e la schiavitù, TA. esamina le caase e la natnra di questa:
la cattura dello straniero, egli dice, è l'unica fonte della schiavitù, la qaale risale
all'epoca preistorica. Esamina poi le dottrine di Aristotele in proposito e la loro
applicazione pratica in Grecia ed a Roma. Indica come era alimentato, vestito al-
loggiato lo schiavo e quanto costava al padrone. Segno le vicende della schiavitù
coll*ampliarsi del campo della guerra dei Romani e col succedere dell'Impero alla
Repubblica; spiega come neirepoca imperiale gli schiavi diminuissero di numero e
quale importanza essi avessero neir esercizio delle industrie. Considera poi ancora i
rapporti del Cristianesimo collo sviluppo della schiavitù, rilevando come questa non
sia stata estirpata dalla Chiesa. Condode die la schiavitù si introduce presso tutti
i popoli che hanno raggiunto un certo sviluppo amministrativo e sodale. La divi-
sione assoluta fra gli Stati portò che i membri dell* uno nell* altro fossero oonside-
rati privi di diritti. Col rallentarsi di questa distinzione e colla divisione del lavoro
intemazionale i limiti della schiavitù andranno sempre più restringendosi]. —
Sehneege (G.), Theoderich der grosse in der KirMichen Traditùm dea MiUél-
àUers und in der DeutscTien Héldensage [Dopo aver rilevato che solo nei tempi
moderni si è dato un giudizio equo di Teoaerico, FA. prende in esame la leggenda
di Teoderico nel suo nascere e poscia nel suo sviluppo; rifa quindi brevemente la
storia di Teoderico; attribuisce alla Chiesa Tedio nato contro di lui; segue poi
lo svolgersi di questo nella leggenda dei secoli posteriori. Conclude alSermando,
che la saga popolare (germanica) fu più giusta che la storiografia ecclesiastica del
Medioevo: questa, non sapendo sollevarsi sopra la tradizione romana, continuò a
rappresentar Teoderico come il barbaro usurpatore delFItalia, come V eretico ariano ;
la saga (germanica) invece in Dietrich von Bern idealizzò Teroe nd più bel senso
della parola, poichò riunì in lui la forza colla mitezza]. — Ulniann (H.), Studien
sur Oeschichie dee Papstes Leo X [VA., continuando il suo studio, esamina come,
fosse avviluppata e combattente fra Tambizione ed il timore la politica di Leone X,
epperdò ricerca il modo di operare di lui fin da quando era ancora cardinale; ne
segue poi la politica successiva spesso combattendo i giudizi dati dal Nitti; con-
clude rilevando k finezza e fortuna del principe, Timmoralità del papa]. — Wey-
man (C), Der Titeì der Germania [Entrando nella disputa dibattutasi fra lo
Schwabe, lo Schanz ed il WolfiSin intorno al titolo originario della celebre opera
di Tacito, TA. gindica, che Tadto, il quale senti profonda sopra di so Tefficada di
Seneca il filosofo, abbia dato alla propria opera un titolo, che riproduceva, leggermente
modificato quello del libro di Seneca denominato ' De situ et sacris Aegjptìorum *].
HERMES. ZEITSCHRIFT FUER CLASSISCHE PHILOLOGIE (Beriin).
XXIX, 2, 1894. — Sekalten (A.), Die lex Adriana de rudibus agrù. Etne
neue Urkunde au8 den AfrikaniBdien SaUua [Fatte conoscere parecchie iscrizioni
nuovamente scoperte, le quali si riferiscono al « saltus Bumnitanus » , e pubblicata
la più importante, trovata ad Aln-Wassel^ la illustra particolareggiatamente sia
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782 SPOGLIO DI PERIODICI TBDSSCHI
eotto r aspetto «rcheologico sia sotto l'aspetto storico. Conclude che i doconeati
Boronitano e Thusdrìtano provano come Torganissasione dei demani, ébe finora et»
nota solo pr le Costitazioni delPepoca posteriore a Costantino, ora ai pnò tu risa-
lire fino al grande riformatore, Adriano].
8. — Dessan (H.), Die UeberUeferuna der Seripiorea Historiae Auauftae Qstì-
toidce nn minato confronto fra il codice di Bamberga e quello Vaticano-Palatinoj. —
Bardt (C), Die enien SaUe dtr Annàhm dm TpusUm (Prende ad iUnstrace il
. passo, con coi incominciano gli Annali dì Tacito a scopo di chiarirne le nascoste
difficoltà]. — MonuBseB (Th.), Firmicus NLaUmm [Rile?ati alcuni dati cronolo-
gici, il M. gindica, che la Mathesis di Finnico Materno sia stata scritta fra il 30
dicembre 335 ed il 22 maggio 337].
4. — Sohalten (A.), Da* Urritoriwm Ugiomi [Rilevato, some 1 Romani aves-
sero evitato di lasciar a contatto Torganizzarione civile con quella militare, TA. esa-
mina il carattere preso dall' amministrazione nelle regioni di confine occupate dalle
legioni e particolarmente il così detto e torri torium legionis *, che illustra collo
studio di numerose iscrizioni e degli scrittori]. — Kronayer (J.), Kleme For-
ichungen iMf ChacMehU dea Hoeiten Triummrats [Ricerea Tanno, in cui fu fiitta
la pace di Brindisi ed Antonio partì per la Grecia e lo identifica col 89 av. C. ; «i
occupa poi del ricupero di Gerusalemme per parte di Erode; esamina infine Tepoea
e l'importanza della prima donazione fiitta da Antonio a Cleopatra]. — Cuti (0.),
Die Ontndlagen der PetnUngereeken Tafd [Dopo aver affermato che kt tavola
Peutingeriana è sopratntto una carta rappresentante le strade, ne rieerca le fonti,
la descrive, la confronta con altre; conclude, che la tavola fu composta verso il 170,
cioò prima che quella di Tolomeo; che il romano, che la fece, pur usufruendo delle
notizie della scienza greca vi infuse 11 carattere pratico a cui si ispirava il suo po-
polo!. — Soltan (W.)y Einige fiachtrSgUche EimechaUungen m JUdìub GeeekidUe-
weri [Prendendo in esame la prima decade TA. osserva in primo loogo i poehi
ponti, in cui Livio stesso dice di essere stato avvertito dai sac» eontemporanei di
esser caduto in errore, cioò i passi 4, 20, 5-11; 7, B, 5-8. Esamina poi altri luoghi,
in cui giudica esser state fatte interpolazioni, cioò i passi 9, 20, 1; 5, 35, 4; 8, 24;
10, 2]. — Moipimaeii (Th.), Zu FimUcua Matemm [Il M. reca una quantità di
correzioni airedizione di Firmico Materno data dal SitU, traendole da «n ood. di
Monaco; conclude, che T edizione avrebbe dovuto essere curata eon maggior dili'
gonza]. — Soltau (W.), Etne do^bUtie in Liviu's XXIIL Bmb rL*A. fisima
rattenzione sopra il passo 23, 48, 4» rilevando l'interesse, ch*e8so ha per lo questioos
cronologica della seconda guerra punica^. — Soltau (W.), D^ AimaMsi Tmèe^
E)istÌDgue due persone^ che portarono il nome di Tubero, Tuna un giurista» raltàs,
ucio Elio, lannalista usufruito da Livio].
HISTORISCHES JAHBBUCH (Mfinchen).
XV, 8, 1894. — Weiss (J.), Beitrage sur Geachiehie der Wahl LeùpM» I
au8 dem fUrstKch Oetiingen-WàUereteiirnchen Arehive tu W^^^^erstein rL*artioolo,
•di valore molto limitato, raramente sfiora le questioni italiane]. — Melster (A.),
Neue Funde tiòer das Kùnziì von Cvsidaìe [Dò, notizia della scoperta fatta d^o
Schmitz di un * Manuale di Michele di Cascina *, il quale parla di otto sedute dd
Concilio citato; ma non accetta tutti i giudizi dati in proposito dal ricercatore e
rileva in ispecial modo le relazioni^ che il Manuale ha con una relazione anonima
sul medesimo Concìlio già da esso stesso studiata]. — Krones (F. von), Im Dea-
maUe de 1797 à 1615, épisode des eonquétes Napoìéoniennes, auvrage aecom-
pagnée de 3 heUogravurea et de 10 cortes en coukurs; Num Bagusim ab omm
iure Veneto a saecuh X u, a. saeèulo XIV immunes fuermt 9 [di P. Pisani. Il R.
dice del primo lavoro, ch^esso può considerarsi come presso che definitivo, loda lo
studio posto dall' A. per riuscir possibilmen^ pia oggettivo e feca molti ^es suoi
giudizi. Anche la seconda Memoria, dice il R., è molto notevole; tuttavia esso si li-
mita a riassumerla brevissimamente]. — M* B«, €^eseìkiehte Konradms wm Ho"
henstaufen [di K. Hampe. Afferma che questo deve collocarsi fra i migliori lavori
intomo airepoca imperiale germanica comparsi in questi ultimi tempi; ne loda la
accurata bibliografia^ rileva, che l^opera segna un notevole progresso sa qudla delle
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCfit 783
SchimnAcher; ma dice, che il racconto degli avvenimenti del regno di Sicilia dopo
la morte di Corrado IT è debole e poco originale]. ~ C. W.^ HagiograMsmtn
Stmdien ueber die Passio FéUeiiatìs eum XII fiUis [di K. KQnetle. Il R. senza
entrare proprio addentro nelle questioni sollevate dalVA., biasima Tacerbità, con coi
questi trattò il lavoro del Ffibrer intomo al medesimo argomento]. — Casandra (E.),
OK shtdi intorno aUe cronache M medioevo considerati nel laro svolgimento e nel
presente toro stato. Prohtsione [di G. Merkel. Riassume Targomento del breve la-
voroy rilevando particolarmente e la somma enra » posta nello studiare l'opera dei
dotti del secolo XVIII]. - Schn. (J.). Ein Traktat des Bischofs von Feìtre und
Treviso Teodoro de* Lelli Uber das VerhòUtnis von Primat und Kardinaiat [di
J. B. Sftgronller. Rileva T interesse della pabblicaùone]. — Casanova (E.\ Pro-
gramma scoìcutico di paleografia latina e di diplomatica, II: Materie scrittorie e
Ubrarie [di C. Paoli. Ne fa grandi elogi, rilevando, ch'esso raccoglie quanto sinora
fu scritto d*importante snirargomento].
HISTORISCHE ZEITSCHBIFT (Maachen und Lapzig).
N. S., XXXVII, 3, 1894. — Seekel (E.), Monumenta Germaniae historica,
Legum sectio HI. Concilia. I: Concilia aevi Merovingici [ed. Fr. Maasseu. Il R.
rende conto particolareggiato del volume e delle circostanze difficili, fra le quali il
lavoro fu condotto; fa degli appunti, ma conclude che Tedizione nella massima parte
risponde alle esigenze più rigorose della critica e torna contemporaneamente utile
allo storico, al giurista, al teologo ed al filologo]. — Schmldt (A.. B.), Monu-
menta Oermaniae historica. Legum sectio 1\ t. II, p. !■: Lreges Burgundionum [ed.
L. R. de Salis. Pavoievole]. ~ MtrM (C). Monumenta Oermaniae historica. Li-
beJH dà Ute iwperatorum et powtifieum saecuUs XI et XII eonscriptis. II Uì R.
fa molti àppnnti alla pubbli<»urione benché ne lodi il merito]. — BI.^ DenhwHiT'
è^keiten sur Geschiàte des ZeUaUers Kaiser Sigmuwts [di B. Windecke, ed.
W. Àltmann. Favorevolissima notizia]. ^ Brandi, Vergerio^s pmbHsistische Thà-
tigteii nebst einer bibUograpìuschen Uebersicht [di F. Hubert. Favorevole]. —
Schott (Ih.), Le connétable de Lssdiguières [di Cb. Dn&yard. Il lavoro costi-
tuisce una biografia quale il valoroso generale francese si meritava].
JAHRBUCH DES KAISERLICH DEUTSCHEN ARCHAEOLOGISCHEN
INSTITUTS (Berlin).
IX, 1894. — Ernaann (P.), Erwerbumgsn der AsUéàsn-Sammlungen in Dsutsth-
land, Dresden^ 1892 [Tra gli oggetti di scultura^ «he interessano allltalia, sono
meadoBati e descritti particoUureggiatamente mna testa di giovane, riproduzione
dello Stephanos nella villa Albani; un'altra testa di giovane affine alla prima; una
tersa che ricorda in parte TApollo Barracco: una testa di mosa^ riprodoaione della
stataa sedente, nel Vaticuae; una tetta di romano della prima epoca dell'Impera;
il baasorilievo d*nn sepolcro romano].
8. — C^raef (B.), Die Kàpfis der Ftorentiner Bingergruppe [Rilevato come le
teste nel gruppo dei lottatori non appartenessero originariamente a questo gruppo,
TA. prende a studiarie, esamina poi anche il torso dei lottatori e cerca di argo-
mentare a quali autori o scuole appartengano le due opere]. — Fartwftagler (A.),
Enserbungen der antikensammlungen m DeutsMxnd. BerUn. Antiquarium [uA.
tra i bronzi dà notizia di tre fibule e di altri oggetti di bronzo italici Tra i vasi
ricorda una cista a cordoni di Verona; un'idrìa di Sicilia. Fra le statuette due di
Aadria nell'Apolia; una figura arcaica di giovane, di Roma ed alcune altre].
LITBRARISCHES CENTRALBLATT PUER DEUTSCHLAND (Leipzig),
1894, 20, maggio 12. — W. A«, Denkwiirdigkeiten sur Geschiehte des Zeitaì-
ters Kaiser Sigmund^s [di E. Windecke, ed. W. Altmann. Il R. rileva la cura
deireditore, è d'accordo con lui nel metodo adottato e rileva l'interesse di alcuni
documenti intomo alla vita del Windecke posti in appendice]. — K* 5., Der Kullus
der heiHgen Anna am Ausgange des MittelaUers. Ein Beitrag zur Geschiehte des
réHgiòsen Lehen am Voraben der Reformation [di L. Schaumkell. Il R., in gene-
rale favorevole, rileva Tinteresse del lavoro per la conoscenza dello spirito religioso
neirepoca Immediatamente anteriore alla Riforma specialmente in Germania].
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784 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
21, maggio 19. — Bs.^ L^rlmeh der KirèhengetelUèhte. Ili: Befarmatitm
und Gegenreformation [di W. Moller, ed. G. Kawenia. Favorevolissimo]. — H« ]f «^ Die
Pubìicistik im ZeitaUer Greg&r's VII [di D. Mirbt. Il libro è tale, che neasono, il
quale si occapi dell'epoca Gregoriana, potrà farne a meno]. — F.^ Die SUlkmg der
Oesterreichischen Regierung «um Tesiamente Napoleon B<maparU*8 [di H. Sohlitter.
Il lavoro è troppo difinso, tenuto conto della saa relativa importanza]. — A« B»,
BbmercaetéU und Grafenecìdcm Horburg [di E. A. Herrenschneider. Rileva l'impor-
tanza specialmente per la storia romana].
22, maggio 26. — 9. lf«. Ferma urbis Bomae. II [di R Landani Anche fl
secondo fascicolo, comparso puntualmente, è degno di ammirazione per la sua
completezza e correttezza!. — P. H., Sttidien Bur OeecMehte Paduas und Veronae
m XIII Jahrhundert [di W. Lenel. Il R. crede ohe TA. apprezzi un pò* troppo i
risultati dei suoi studi]. — H. H», Pia dictamma, Reimgebete und LeeeUeder
dee MitteìaUere. I F,; Anàleeia hymmca medii om [di G. M. Dreves. Ammira il po-
tente materiale raccolto e la cura, con cui TA. lo pubblicò; fa tuttavia una serie
di appunti o correzioni ai particolari]. — W. S.^ Die Qeburt Christi m der bil-
denaen Kunst bis eur Renaissance. Im Anschluss an Elfenbeinwerke dee groe-
hereogl. Mttseums eu Darmstadt [di F. Noack. Il lavoro, ancoraccbò si presti ad
appunti, tuttavia è importante per le notizie di (atto, per alcune induzioni e per la
squisitezza, con cui ò scritto].
23, giugno 2. — Kr. (G.), ^ Uterary histary ofearly ChrisOanity [diC. Cratt-
well. Il R. confessa, che tenuto conto del carattere popolare del libro, esso è abba-
stanza erudito, ma non approva il metodo seguito]. — N. N«. Preussen und die
kaihoHsche Kirehe seit 1640. Nach den Aden dee geheimen Siaatsarchivee. VII.
a. 1793-97 [di M. Lehmann. Giudica che nessuno Stato possegga una simile rac-
colta di documenti intomo alle sue relazioni colla Chiesa cattolica. Vorrebbe però
che il lavoro fosse ancora continuato fino agli anni 1848-49].
25, giugno 16. — Wrd*^ Zur Oeschiehte und Literatur des Urehristenihums. I
di Fr. Spitta. Le ricerche dello Sp. sono molto penetranti ed acute e tornano pro-
fittevoli anche a chi, come il R., non condivide le opinioni dell' A.]. — Brag.^
Peter Abàlard. Ein LebensbUd [di H. Ansrath. L' opera, d* indole essenzialmente
storica, si fonda sopra un accurato studio delle fonti, ma con questo unisce il merito
dì riuscir dilettevole ed intelligibile anche alla comune dei lettori]. — N* N«, Bei-
ti'àge sur Gesehichie des Jesuitenordens [di F. H. Reusch. Rileva il carattere calmo
ed interessante del libro]. — Kr. (G.), Die alU^ristliche Literatur und ihre Er-
farschung seit 1880. Aìlgemeine Uebersicht und erster Literaturbericht (1880^4)
[di A. Ehrhard. Il R. fa gravi appunti per quanto concerne i giudizi influenzati
dal sentimento cattolico deirA., ma ne loda caldamente Topera]. — A, C.^ Sat-
lusti Crispi Historiarum reìiquiae. Il [ed. Haurenbrecher. Il R. dopo aver detto,
che il secondo fascicolo ha ancora maggiori meriti del primo, esprime la speranza,
che la pubblicazione condurrà alla ricostruzione di una delle più importanti opere
storiche deirantìchità romana]. — H. W., Sandro BotticeUi [di H. Ulmann. 11 R.
giudica, che il Bottioelli abbia finalmente il suo biografo, il quale con giudizi suoi
proprii prese una via di mezzo tra quelle tenute dal Bode e dal Morelli].
27, giugno 30. — ¥•, Bomische Strassen in Bosnien und der Hercegovina, I [di
Ph. Ballif. Neirepoca moderna, giudica il R., vi sono ben pochi esempi di un uomo,
che da solo in così breve tempo ed in un paese così poco coltivato abbia condotto
a termine un'opera così grave senza dar ragione di appunti alla critica]. — H» S»y
Lombardische DenkmcUer des 14 Jahrhunderts. Giovanni di Balducd da Pisa
und die Campùmesen. Ein Beiirag eur Gesehichie der OberitaUenischen Plastik [di
A. G. Meyer. Giudica lo studio presente ricco di notizie, condotto con buon metodo
ed interessante].
28, luglio 7. — N. N., Mittheilungen iiòer Bomische Funde in Heddemkeim
[H R. vorrebbe che tutte le regioni seguissero l'esempio dato da Heddemheim, al
quale dobbiamo una miglior conoscenza della regione, in cui sorse la • dvitas Tau-
nensiom »].
29, luglio 14. — N. N.y Les premiere habiiants de TEurvpe éPo^près I» iorir
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 785
vain» de TanUquUé et Us iraioaux dee Unguietee. II: Lee IndoEuropéens (Ligwree^
HeUènee, liàUotee, Celtee) [di H. D*ArboÌ8 de Jabainville. 2* ediz. Il K. pur non
acoogliendo le nnmeroee nuove idee esposte dairA., dice che Topera di Ini è ricca
di sostanza ed importantissima]. — N. N.^ leabeOa d'Ette ed Elistibetta Ooneaga
néOe rékuriom fanUghari e nelle vicende pcUtkhe [di A. Lnsio e R. Benier.
Giudica che il lavoro è un pò* da dilettante e che non entra -mai nel profondo
delle questioni; ma riconosce che gli A A. dominano la hihliografia]. — N* ÌS», Der
Briefweeheeì dee M. TtdUus Cicero van seinem ProconetikU m Cthcien bis sur
Caeaar'8 Ermordung nébsi einem Neudrucke dee XII u, XIII Btéchea der Briefe
dee Attiene [di 0. Schmidt. Dà con gioia notizia di questo libro, perchè esso sopra
an argomento fino a pochi decenni molto trascurato riunisce i risultati delle ricerche
altrui diligentemente raccolti ed uno studio profondo proprio]. — H. W«« Federigo
diMontefeUro duca di Urbino. Cronaca [di G. Santi, ed. H. Holtzinger. Rileva Tim-
portanza della pubblicazione j ma lamenta che l'editore l'abbia condotta diplomatica-
mente cosicchò il suo testo riproduce tutte le false lezioni, che la cattiva copia, su cui
riposa, contiene].
80, luglio 21. — N. N,^ Die Klmige der Qermanen. Dos Weeen dee dUeeten
^Mgihumè der Oermamsehe Stamme wnd eeine Gresehiehte Ine sur Aufldeung dea
KaroUngiechen Beiehee, naeh den Quellen dargeeteìU, VII: Die Franken unter
den Merowingen, 2* [di F. Dahn. Rileva 1* importanza e Taccuratezza somma del
nuovo volume pubblicato]. — €r«« Ineantamenta magica graeca latina [di R. Heim.
L'opera presente interessa non solo al filologo, ma anche allo studioso della storia
della cultura e del folklor].
81, luglio 28. — N. N», O. J. Oaeearie Commentarii, I: Commentarti de bello
Oailieo [di B. Eabler. L*edit. non reca nulla di nuovo].
82, agosto 4. — L,t (K.), Die civitas auf deuiedhen Boden bie eum Auegange
der KaroUngerzeit [di S. Rietschel. Il lavoro rivela non comune acutezza ed eru-
dizione].
83, agosto 11. — N. N.^ Monumenta (rermaniae historica, Legum eecUo IL
Capitularia legum Francarum. II [edd. A. Boretius e V. Erause. Ricorda, come
a causa della malferma salate, essendosi ritirato il Boretius, gli successe nel lavoro
il Bode, il quale lo continuò con metodo diverso, ma così commendevole, da far la-
mentare che non abbia fatto esso tutto il lavoro]. — Y. D.^ Sancii Pontii Meropii
PauUni Nùlani episttdae [ed. G. de Hartel. Loda Taccuratezza e Timportanza archeo-
logica e morale della pubblicazione]. — Ta.^ Die Wiederbélebung dee elauisehen
AUerthums oder dae erete Jahrhuindert dee Humanismue [di G. Foigt, 3* ediz. cu-
rata da M. Lehnerdt. Il lavoro nella sua nuova veste sarà indispensabile anche a co-
loro, che ^k possedono la prima edizione dell'opera]. — T. S*, Claeeieche Ehmet-
archdohgte [di Sittl. Loda caldamente quest'opera, la quale soddisfa ad un lungo
e vivissimo desiderio].
84, agosto 18. — N. N«. Kreus und Kreusigung Chrietiin ihrer Kunstentwieke-
Jung [di R. Forrer e G. A. MtLller. Lamenta la scarsa erudizione degli AA., i quali
tuttavia hanno &tto opera utile, se non completa].
85, agosto 25. — N. N«, Monumenta Oermaniae hietorica, Legum aectio IV, Conr
etHutionee et aeta pubHea imperatorum et regum, I [ed. L. Weiland. Questo lavoro
dotto ed accurato non & cattiva figura accanto a quelli anteriori del Pertz, e
riempie una grave Uouna]. — H. W.^ BcUdaeearre Peruset'a Antheil an dem
makriechen Schmucke der wUa Fameeina [di A. Weese. Il lavoro promette molto
per l'avvenire].
86, settembre 1. — Nr. (Th.), F\mteeju/rie Bomani anltiqui, I: Leges et negotia:
II: Scriptoree [di C. G. Bruns, edd. Th. Mommsen e 0. Gradenwitz, 6' ediz. Il recen-
sente rileva i miglioramenti recati nell* edizione ; le buone cure, che vi ha posto il
Gradenwitz; ma vorrebbe anoora un indice particolareggiato delle cose]. — B.^
DtÒNt Caeeii Coeceiam Hietoria Bomana [ed. L. Dindon, riveduta da J. MeUer.
Voi. n. Il R. fa qualche appunto, ma conclude ohe nel complesso la nuova edizione
soddisfa pienamente al suo scopo].
87, settembre 8. — G* W», L'armée navale en 1893, L'eecadre rueee en Pro-
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786 SPOGLIO DI PERIODICI TEI»8CHT
venoB, La défmBe de ìa Oar$e, Avee ftf eroquià <m fme$ et une ctaie de fa Oàr$e
[di A. Damazat II B. dìoe ohe il libro è scrìtto squiritainente* rìlem le belle ed
importanti deeerìrioni, ehe TA. fi^ oltre che della Coreica, anclie della Sarde^a,
della Speiia e di altri porti italiani ; rileva pore il fine totto politico dell'A.]. —
H. A^ Dae hSuiUehe Leben éer Orieehen und Ròmer [di B. Opit». BiWa l*a-
tilità della pnbblicasione come open di volgarizsazione].
88, settembre 15. — V. N., BeteebUder aus ItaHen und Frankreieh [di. Y. Hehn,
ed. Th. Schiemann. BUera Tinteresae grandissimo di questo libro].
39, settembre 22. — T, S^ Fhreniiner AnUken [di W. Amelnng. Il B. & ap-
ponti, ma dice Topera yeramente ntilo].
40, settembre 29. — N, N., RiaMre generale du IV* siede à nòe fomre. U:
L'Europe féodale^ I» eroieadee (1095-1270); III: Farmatione dee grande étaie
(12701492) [di È. Lavisse e A. Banmbaud. Fa alcnni appunti; ma afferma die
gli AA. hanno saputo tenersi al corrente degli stndi critici ed airerudiaione baano
congiunto una forma facile e dilettevole].
41, ottobre 6. — K. H.. Chnetophe Gcìomb ti ìee aeeadémiene eepagnoìea, Natee
paur eervir à Vhietowe ae ìaeeienee en Eepagne au XIX* siede [di H. Hairina.
li B. giudica severamente questo attacco contro gli eruditi spagnuoli, ispirato da
un'amaritudine personale ed involgente con eruditi veramente delwli, altri di vakm
riconosciuto]. — Hlsh. (F.), Le maréekal Oudinaét due de Reggio^ d'apre» ìes sesh
venire inèdite de la Maréàkaie [di G. Stiegler, con pre&sione di Costa de Beau*
regard. Il B. non approva il tono panegiristico del libro, ma dice che il lavoro reca
un contributo assai ricco e pregevole alla storia del primo Impero e della Bestau-
razione]. — T. S.^ Wanderung durch Bom. Skteeen, Bilder und SdUìderungen
aus der ewigen Stadi [di B. Klimsch. Il B. non accetta punto i giudizi politici
dell* A., non dà valore alcuno al libro come contributo alla conoscenza delle arti e
della storia, ma rileva IMnteresse delle numerose leggende religiose raccolte e ben
esposte dairA.].
42, — K. H., Christoph Ooìumbus und der Antheil der Juden an den Spam-
schen und Portuaieeisd^en Entdedcungen [di M. Kayserling. Il titolo è infelice, ma
il lavoro reca un importante contributo agli scritti degli ebrei spagnuoli e portoghesi].
43, ottobre 20. — P. H.^ Die pàpsOid^e Kammer unter Cìmens V ueid Jo-
hann XXII. Ein Beitrag sur OesdudUe dee pdpstìiehen Finansisesens von Avè^
n[di L. KOnig. Il B. rende conto oggettivamente del lavoro importante]. —
r., Lo studio di Siena nel Binaecimento [di L. Zdekauer. Loda la profondità
e rimportanza del lavoro intrapreso].
45, novembre, 8. ~ If. N.. Begesta imperiL F. Die Begesten dee Kerieerreicker
unter Philipp, Otto IV, Frieékich IL Heimidi (VII), Conrad IV, Heinriek Batpt,
Wilhelm und Bicard. 11981272 [di F. Bohmer, 2» ediz. curata da J. Fickw ed
E. Winkelmann. Annuncio].
47, novembre 17. — K. K., Die Wdtstdbsng dee Bysuniiniisckm Bei^es wot
den KreussUgen [di E. Neumann. Il B. dà &vorevolis8inia notiiia deU^opera, alla
quale mostra quanto TA. siasi ben preparato].
48, novembre 24. — K« J« K*^ Essai sur ìe règne de ìempereur Domitien [di
S. Qsell. Il B. loda bordine e la critica, con cui il materiale di questo libro In
raccolto, ed afferma, ch'esso ha reso un vero serrizio alla sdeaza}. — Ji* N», Mo-
numenta Germaniae historiea, Epistuìae eaecuH XIII e regostìs ponUficwss fo>
ìnanorum selectae [per G. H. Pertz, ed. C. Bodenberg, t. III. Bileva la fiatìca aosl^
unta dall*ed. in questo volume e ne loda la coscienziosità].
UTEBABISCHB BUNDSCHAU FUEB DAS KATHOLISCHE DEUTSCH-
LAND (Freibui^ i. B.).
XX, 6, 1894, giugno 1. — Gottlob (A.), Die pétpsHièhe kammer unter Clemens V
und Johann XXlf. Ein Beitrag sur GesdUchte dee pSpstUchen Finanjnoesens um
Avignon fdi L. EOnig. La mancanza di cognizioni intomo al secolo XIII ha recato
danno al lavoro ; ma a questo si uniscono molti altri difetti]. — WeiMieker (H.),
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SPOGLIO DI PERIODICI TBDB8CHI 787
VatieanMim Miniatwren [ed. S. Beissel. Il libro, senza molte pretese, ha per isoopo
di servire di guida fra 1 tesori manoscritti della Vaticana e finché non saranno com-
piti i cataloghi affidali esso potrA tornar di qualche ntilità].
7, loglio 1. — KnSpller^ Die Eni8t$hung der Komiliaren Theorie, Zur Gè-
9eh$ehie dei Sehiamas und der KirehmpoUtiaehen SchrifUteìHer Kanrad wm C^ehh
kau$m (f 1390) und Hemrieh wm Langenstein (f 1897) [di A. Kneer. Afferma
che il lavoro è pieno di valore]. -> SohfU (A.), Aus WeU und Kirehe, Btlder
und Skieaen [di Fr. Hettinger. Voi. 1*, ediz. 8*. Il presente volarne tratta di Roma,
dove appunto TA. stadio, e delìltalia, ed il R. afferma, ch'esso parla e giudica delle
cose italiane meglb che nessun altro abbia fìittol. — 8«hneider (F.)> Die Wand-
gemiOde von 8. Angelo m Formis [di P. X. frane. Favorevole]. — Bftnmker,
Fremùueo Petrmrcae Vergini in der CompoeitUm dee Cijpriano de Bure [ed.
P. Wagner. Loda Tintereesante composizione masicale].
8, agosto 1. — Baumgtirteiiy Le memorie dei SS, Apostoli Pietro e Paolo
nella città di Boma con alcune notizie sui cimitero apostolico di Priscilla [di
0. Maracchi. La profonda conoscenza che TA. ha di tatti i monumenti e documenti
di Roma, dà alPopera un*orìginalÌtà ed un colore, che spesso si cercano invano]. —
MiUler (EA Pauls von Bemried Vita Gregorii VI papae, Ein Beilrag eur
Kewntnis der QueJlen und Anschauungen atis der Zeit dea Cfregorianischen Kir-
chenstreites [di J. Greving. Il lavoro in certe parti è esemplare e sta degnamente a
fianco di quelli del Fanke, dello Sdralek e del MOnchemeier]. — Gfiuter (H.), Das
Ceremomén der KaiserkrÒnungen von Otto I bis Friedrich II [di A. Diemann. Il
lavoro non apre nuove vedute storiche, ma il buon ordinamento e la ricchezza dei
materiali renderanno l'opera utile a qualunque si occuperà delPargomento]. —
Wiinn. Eberhart Windeekes Denkvfiiraigkeiten tur Geschichte Kaiser Sigmunds
[ed. W. Altmann. Il R. non si mostra fìivorevole]. — Egen (A.), Geschichte der
B&miiscJien IMieratur [di F. Aly. Favorevole].
MITTHEILUNGBN DEB INSTITUTS FUER 0BSTERREICHI8CHE GB-
8CHICHTSF0RSCHTJNG (Innsbruck).
XY, 3, 1894. — Winkelmann (E.), Ueher die Goldpràgungen Kaiser Fried-
riehe II fikr da» ^nigreich Sicihen und besonders ueber scine Augustalen [Pre-
messo^ che gli studi fotti sinora suir argomento sono insoddis&cienti ed indicati i
luoghi, da cui ebbe materiali al suo lavoro, TA. incomincia a trattare deirintroduzione
degli augustali nel regno di Sicilia j li descrive poi valendosi cosi delle fonti sto-
nile, come degli esemplari ancora rimasti, confronta questi colle monete antiche,
con cui hanno veramente o con cui si pretese che avessero rassomiglianze, ricerca,
se il busto di Federico II in esse raffigurato voglia essere una rappresentazione dal
vero; tratta dei ponzoni, con cui gli augustali fìirono battuti» distinguendone sei
sorta; quindi ritornando agli augustali, stadia il loro peso, la quantità d*oro che
contengono ed il valore loro, derivante da queste due circostanze. DalFaugustale
TA. passa al mezzo aagustale; poi ricerca se dopo il 1231 Federico abbia ancora
spesso battute queste monete. È noto, che la diffusione di queste fu. soffocata dal
persistere deirantico tari: TA. prende in esame perciò anche questo, studia gli esem-
plari, che ne furono battuti ai tempi di Federico, li descrive, cerca di identificare
le diverse specie nominate. In ultimo si oecupa dei e regales » introdotti da Carlo I
d*Anpfiò. Poi ritornando sulla moneta Friderìciana, ne ricostruisce il valore com-
plessivo, ricostruisce pure il valore dell\)ncia nei diversi usi, e fermandosi ancora su
monete spedali, stabilisce il valore reale ed il valore commerciale ch'ebbero il tari
e Taugustale]. — Hartmami (L. M.), Zur Chronologie der Pàpste [Valendosi dei
documenti privati studiati neir archivio di Santa Maria in via Lata a Roma, PA.
corregge la data di regno dei pontefici Sergio IV, Benedetto Vili, Giovanni XIX,
Benedetto IX]. — Winkelmaiin (E.), Ein SiegeUiempei Kaiser Friedrich» Il
[Questo timbro fu trovato presso un antiquario a Firenze: TA. ne ik un breve esame
rilevandone l'interesse].
4. — Bichter (P.), Beitrdge eur Historiographie in den Kreuefahrerstaaten,
vomehmJieh fUr me Geschichte Kmieer Friedrich» II [L'A. tratta di una conti-
nuazione francese della cronaca latina di Guglielmo di Tiro, denominata * Estoire
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788 SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI
d*EraclM \ n oocnps perdo dei eodid recanti la ' Ettoire ', della composizione della
parte spedale di questa, che contiene la storia degli avvenimenti degli anni 1205-
1248, del suo carattere e del sno valore. Passa quindi agii ' Annales de terre «ùnte \
dei quali pare esamina le redazioni diverse ed il carattere, si ocenpa delle parti di
questi, che non pervennero fino a noi. Conclude, che le fonti della storia delle cro-
ciate nel perìodo, di cui si ò occupato, non sono numerose, ma svariatissime, poiché
consistono in annali, in una cronaca e in memorie, tra loro strettamente l^ati:
la persona, che campeggia in tutte queste fonti, è T imperatore Federico II. In
appendice TA. tratta poi ancora delle memorie di Filippo detto di e Nevaire >,
ch'egli spiega per Novara, e delle fonti storiche posteriori]. — Winkelmanii (A^\ Dai
VerhaUniss der beiden Chroniken des Richard von San Chrmano [L*A. ricerca
ì rapporti intercedenti fra la cronaca di Riccardo già pubblicata nei e Mon. Germ.
hist. » e quella edita recentemente dal prof. A. Gaudenzi di un codice della biblio-
teca comunale di Bologna: quindi esamina prima i documenti conservati dalle due
•cronache, in secondo luogo le divergenze fra queste in alcuni punti particolari, in
terzo le differenze formali della cronaca edita nei < Monumenta >; infine condude
<:he la differenza capitale fra le due cronache ò questa, che il testo bolognese reca
un gran numero di docamenti più importanti, di coi il testo dei e Monumenta >
in generale dà solo un breve estratto; il testo bolognese ha il carattere d^nna cro-
naca monastica ed è più preciso in tutti i particol^i che riguardano Montecasaino
ed i suoi dintorni; la crona^» edita dai e Monumenta » ha invece il carattere dì
una cronaca imperiale, contiene correzioni, ma anche molte trascuratezze nella copia,
sicché neirusufrnime conviene valersi del testo boloffueae; Riccardo da 8. Germano
in questa seconda cronaca si fa più favorevole a Federico II. L*A., discordando dal
Gaudenzi, giudica ancora, che il testo bolognese sia stato scritto nel 1226, Taltro
dopo il 1227]. — Mlltenberger (F.), Dos 'Itinerarium' Martin» V tfon ComUau
bis Bom (16 Mai 1418-38 SepL 1420) [A fissar questo itinerario si vale dd vo-
lumi della serie ' Suppliche ' conservati neir archirio Vaticano]. — LnaelilB von
Ebengrenth, 'Stimma* dea Imerius, Mit einerMrdeiiwtg; ' QuaesUones de ntri$
subtiUtatibus* dea Imeriua [di H. Fitting. Fa un elogio entudastico dell* impor-
tanza e del valore di questa pubblicazione interessante non solo al giurista, ma
anche allo storico].
NEUES ARCHIV DER GE8ELLSCHAPT FUER AELTERE DEUTSCHE
GESGHICHTSEUNDE (Hannover u. Ldpzig).
XIX, 8, 1894. — Seheffer-Bolehorst (P.), Veroneaer ZetigenverhSr txm 1881.
Ein Beitrag eu den Begesten Kaiaer Friedricha I und eur Geachiehte der Betcha-
burg Oarda [Pubblicato il documento scoperto dal bibliotecario Da Re negli antichi
archivi Veronesi, rileva TA. come esso non solo ci presenti una pagina della storia
del luogo di Garda, ma d trasporti altresì in mezzo alla corte imperiale; quindi
illustra il documento sotto entrambi gli aspetti e prova T importanza di esso per
la storia di Garda, la quale ci si offre, almeno per quel periodo, cosi chiara come
non ò quella della maggior parte degli altri castelli dell' Impero]. — Holder*
Egger (0.), Beriehtiaung ewr Baniso- und BenoAuagàbe [Corregge una nota
marginale apposta dal Js^ò alFedizione della cronaca di Bonizone, ooSi pure i Re-
gesti pontifici al luogo corrispondente, sostituendo alla data 22 febbraio 1076, in
cui papa Gregorio avrebbe, secondo il Jaffè, scomunicato V imperatore, quella del
13 aprile 1080]. — Bresslan (H.), Zur Kanalei Heinrich» IV [Dà no^zia della
scoperta del diploma originale di Enrico IV, 7 ottobre 1095, per il monastero dì
Pomposa, ne rileva la bellezza e T importanza, nota specialmente la conferma, che
da questo diploma si trae dell* esistenza da lui segnalata di un Bainaldo, die nel
1090, in un documento del vescovo Milone di Padova, si intitolava « subcancel-
e larius H. £^omanorum iroperatoris ». Il nuovo diploma fu scoperto a Modena ed
ò di pergamena purpurea scritta a caratteri aurei].
RHEINISCHES MUSEUM FUER PHILOLOGIE (Frankfurt a, M.).
N. S. IL, 2, 1894. ~ Seeek (0.), Zur Echtheitafrage der *8cripiore$ hitiùriae
Auguatae [A dimostrare come le parti della e Historia Augusta », le quali sem-
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SPOGLIO DI PERIODICI TEDESCHI 789
brano contemporanee, sono invece nna falsificazione tarda, TA. prende ad esaminarle
nei seguenti pnnti : la prefettura delle guardie ed il ' magisteriam militnm ' ; Topera
di Cesare Crìspo ; i titoli portati per le vittorie dagl* imperatori ; la ' Legìo III feUz *;
il denaro; il proconsolato della Cilicia]. ~ limi (M.)t Zu VaUriuB Maximus und
'lanuanuB Nepotiantés' [Reca i risultati principali della collarone d*on codice Va-
ticano a miglioraro i testi dei dae scrittori]. — Nissen (H.), Die StadtarUwhmst
der Flavier [Dopo aver notato le osservazioni prò e contro le demolisionf moderne
della città di Roma, TA. nota, che appunto 1800 anni prima che Vittorio Emanuele,
entrando per la breccia di porta Pia, fosse chiamato liberatore di Roma, tal» grida
erasi già sollevato sulla città etema per opera di Vespasiano; esamina quindi il
rinnovamento dovuto dalla città a quell'imperatore ed il modo, in cui fu compito].
— Ihm (M.)» Zur 'CoUatio legum Masatcarum et Bomanarum [Nega ohe la € Gol*
latio sia stata usufruita dairAmbrosiaste e lu prova con alcuni passi]. — N. N.^ UmiMr.
Nahorhum Naharcer, ùal Narce [Valendosi di alcune iscrizioni raccolte nel Museo
di Villa Giulia, congettura che Tantico nome di Naharkum, che si trova nelle tavole
Egobine e che non era mai stato identificato, corrisponda al presente luogo di Narce
presso a Falerìi].
8. -— HfUsen (Ch.), Zur Topographie dee Quirinali [Dopo aver accennato ai
diversi metodi seguiti nello studiare la topografia di Roma e le loro difficoltà, TA.
si fa a studiare la topografia del Quirinale seguendo le notìzie antiche, che si pos-
sono ancora raccogliere e specialmente i risultati degli scavi e rilevando Topera
dovuta ai diversi secoli. L'A. in questo studio è spesso tratto a discutere gli studi
del Laudani, dai cui risultati talora dissente]. — Ihm (M.)« Zu Taeiiue [Toma
sulla queetione tanto dibattuta, che d presenta il lib. I, 84 degli ' Annali *].
4. — Domassewaki (A. y.\ Dos Befemounder der Mare Aurd-Sàuie [Aggiunge
nuovi particolari intorno alla falsificazione, per cui la leggenda cristiana volle che
nel 174 Iddio avesse salvato Tesercito di Marc' Aurelio]. — Seeck (0.), Die CMli-
schen Steuem bei Ammian [Illustra i passi del lib. aVI, 5, 14, in proposito].
SAUMLUNQ GEMEINVERSTAENDLIGHER WISSENSGHAFTLICHER
VORTRAEGE (Hamburg).
171, 1893. — Fischer (Th.)» Itaììen. Bine ìanderkundliche Skieze [Osservato,
come pochi stano di scritti tedeschi, i quali possano davvero giovare al viaggiatore
tedesco in Italia, rA. prende a descrivere la configurazione naturale della penisola»
incomincia a tesserne la storia a principiare dalla più remota antichità; poi ritorna
alla parte geografica, descrivendo i rilievi ossia^ com*egli si esprime, la plastica del
snolo, il clima, la fiora, la popolazione, le condizioni economiche di questa, la vita
delle dttà].
ZEIT8CHRIPT DER SAVIGNY^TIPTUNG PUER RECHTSGESCHICHTE
(Weimar).
XV, 1, 1894. — Bekker (E. L), Ueberechau dea geechiehiUehen Entwiele-
lungeganges der Rómischen Actianen [L*A. incomincia coiresaminare le proprietà
del processo civile romano nel periodo classico, V * imperium ' dol pretore e la
* iurisdictio * ; poi esamina le ' actiones * e la ' litis contest&tio * nel processo di legis-
lazione ed il passaggio al processo formulare; Quindi esamina i risultati prodotti
dalla riforma della procedura, cioè i rapporti deireditto col diritto civile, il conte*
nuto e le azioni nell* editto, la 'datio actionia\ la 'denegatio*, le ' exceptiones * ;
esamina particolarmente le espressioni ' actio ' e ' quod venit in actionem \ le mani-
festazioni corrispondenti nella vita giurìdica romana, i rapporti fra la terminologia
ed il dogma; infine il venir meno delle 'actiones' e Tordi ne di queste nel diritto
Giustinianeo. Nella conclusione l'A. tratta della più recente teorìa intorno alla
'actio* e dei rapporti della pratica e della legislazione col dirìtto di azione]. —
Erman (H.), Bine Hhmùeh-dgypiiaehe Vormunduchaftaearhe am dem Jahre 147/8
[L'autore pubblica ed illustra anzitutto il così detto papiro Nicole, trovato a Fajum,
mette poi il contenuto del documento in rapporto colla legislazione municipale in-
tomo alla tutela]. — Ferrini (C), Die jurietisehen KentUniue dee Amolnui und
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790 SPOGLIO DI PBRIODICI INeLB8I E 8PACINU0LI
de$ lAetantiuB TBilera ana numerosa seria di passi dei dae scrittori, che hanno
importanza ginrìdica]. ^ Zaeharl& fon Lingenthàl, Aus und tu den Qudien
des rómiichen BedUs [Uk. in questo breve artioolo, ehe è l^altimo da lai scrìtto,
si oecnpa del ms. venesiano della norvelk]. — Kllbler (B.), BeUrUge wur Ot$diiiMe
de$ griechiseken imd rdmiiéhen FamiUenréM» [di B. Hraia. Il B. conVatte in
molti ponti il lavoro, tattafria ne fa nn sineero elogio],
Carlo Mbrkbl.
THE EDINBURGH BEVIEW (London).
869» 1894, luglio. — Death in cUusiccU Antiquiiy [Le rappresentazioni della
morte nell* antichità classica, secondo le recenti pubblicazioni archeologiche del
Rohde, del Robert, del Pottier, del Boissier, del Furtw&ngler, del Castanlt, del
Dieterìch].
370, ottobre. — FUoaofia della gtoria [k. proposito delFopera recente del Flint,
« History of the Philosophj of History »].
THE QUARTERLY REVIEW (London).
357, 1894, luglio. — Latin poetvy of the dedme [A proposito di recenti edìxioni
inglesi e tadesche e degli stndì del Sellar e del Borj, con riferimenti al PatÌD, al
Nisard ed alle storie letterarie del Cmttwell e del Teuffel-Sehwabe].
858, ottobre. — The tragedif of ihe Caesan [À proposito del recente libro di
Sabine Baring-Gonld].
BOLETIN DE LA REAL ACADEMIA DE LA HISTORIA (Madrid).
XXIV, 4, 1894, aprile. — De Madraco (?.), MatenodeB para la hùtaria de
Espana en él arehivo segreto de la Santa Sede [Relazione snlla memoria di D. Ri-
cardo de Hin^osa, dello stesso titolo, risultato di indagini di un anno e mezzo].
— Baie de TilairaeTa (M.), Investìgaciones arqueìogico-romanas en la promnda
de Aìmeria [Relazione suiropportnnità di nuovi scavi].
5, maggio. — Blacqnei (A.), Las coatas de Esp<xna en la epoca romana [Vaol
porre sopra una base scientifica gli stadi di geografia antica finora assai mal col-
tivati in Ispagna].
6, giugno. — Fita (F.), Bukw inééUas de Urbano II [Dlnstrano H GoUdlio
nazionale di Palencia (5-8 dicembre UDO)].
XXV, 1-3, luglio-settembre. — Httbner (E.), CampaniUa romana de Tarragona
[Deirepoca repnbblicana, alludente ad un culto sconosciuto]. — Fita (F.), ESdcwt'
siones epigrapcas [In molte località della Spagna, con copia di raffronti].
EL ARCHTVO RBVISTA DB CIENCIAS HISTORICAS (Valencia).
VII, 8, 1893, dicembre (*). — Casta (J.), LUoral ibérieo del MedUerraneo
en él sigio VLV antes de J, O, [Origine e vidssitadini probabili della città di
Sagnnto].
GiusEPPB Roberti.
(*) Con questo numero il periodico sospende le sue pubblicasionl.
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NOTIZIE
Cfoncar90 a premio* — L'Accademia olimpica di Vicensa ha bandito il
concorso a nn premio di lire 3500 allltaUano, che ne sarà giudicato degno, per la
trattazione del tema seguente: € Qoal parte presero le pronncie, chiose tra il Po,
TAdda, le Alpi e Tlsonzo alle guerre di Venezia in Oriente, da quando cominciò
ciaecnaa ad appartenere alla repubblica». Accennandosi a quanto concerne la storia
generale, tì si faranno oggetto di studio documentato il contributo di danaro e di
nomini con cui le provinde suddite ▼! concorsero, la storia dei fatti nei quali si
sono segnalati i loro figli, tutto insomma che può mettere in luce i meriti di
esse verso Venezia e la civiltà. Il concorso ò aperto fino, a tutto dicembre del 1899.
Società storiche* — Il 12 settembre si costituì in Perugia una Società umbra
per la storia patria coll'intendimento di pubblicare un Bulìettino quadrimestrale e
una collezione di Fonti storiche per r Umbria in appendice ai Berum itaUearum
Scripiorea. La Società elesse a proprio presidente il ca?. Luigi Fumi, ed espresso
rintendimento di chiedere al R. Governo di riconoscerla ooroe R. Deputazione del-
rUmbrìa, separatamente dalla Deputazione toscana.
8*è poi definitivamente costituita in Bari una Società di studi storici ptigUesi,
con l'intento di promuovere la ricerca, la raecolta e la pubblicazione di documenti
e di illustrare i monumenti della regione. Una pubblicazione periodica, col titolo di
Arehimo storico pugliese, conterrà memorie originali, note, documenti, biblio-
grafie, ecc. Il Consiglio direttivo si propone inoltre di promovere, col titolo di Bi-
bVoteea pugliese, una raccolta di opere dirette ad illustrare le Puglie, di incorag-
gerà le ricerche archeologiche e gli studi artistici della regione, di redigere copia
di opere rarissime e manoscritti inediti.
A* 29 agosto nella sala del Municipio aquilano si tenne 1» frenerale assemblea
dei soci; e radunanza riuscì veramente solenne ed importante. U presidente, mar-
chese Giulio Dragonetti, letta una garbata e lunga lettera del presidente onorario,
comm. Paolo Boselli, primo inauguratore della stessa Società, invitò il prof. Casti,
direttore del BoHsMmo storico, a dir le ragioni, per cui con un volume df 520 pa-
gine, 8*0ra voluto onorare, dopo sei secoli, la memoria di Celestino V. Il professor
Casti, dato un saluto airaifollatissima adunanza, in cui era fra le più alte autorità
civili e militari il più schietto tipo di gentiluomo abruzzese, comm. CHuseppe ba-
rone De Riseis, parlò, con breve e rapida eloquenza, delle benemerenze civili del
Morronese terso gli Abruzzi, dimostrando come queir umile monaco pontefice con-
corse efficacemente a rinnovare Tamore deiragricoltura, a risvegliare il genio delle arti
belle ed a consolidare la libera costituzione del Comune aquilano. Dopo un discorso del
comm. Ri vera sui monumenti aquilani, il revisore dd conti, avv. De Marchia lodò con
sentito elogio il tesoriere, comm. Antonio Ciolina, che, anche con le spese non pic-
cole della pubblicazione straordinaria, aveva saputo mantenere Tequilibrio del bilancio.
Ifuovo periodico di storia. — U sig. P. Moiraghi si ò &tto iniziatore di
nn nuovo periodico bimensile illustrato, del quale ci Ai comunicato l'annunzio. S*ìd-
titolA Memorie e documenti per ia storia di Pavia e suo principato (Diocesi e
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792 NOTIZIE
Prwmeia). Il titolo steuo, ehe a«ame il periodico, ne specifica il programma. Si
pabblicherà in fascicoli di dne fogli di stampa in -8* gr., con copertina illnstnita.
Sei fascicoli formano nn*annata ed un Yolaroe, di cai si daranno gli indici onoma-
stici e toponomastici in fine d*ogni Tolame. A ciascan fascicolo andranno nnite al-
cune tavole in fototipia, da formare in fine deiranno un àlbum di circa 25 tavole.
Prezxo d'assodasione annno lire 10.
H 80 settembre a 8* Mmrinn^ — Festa singolara celebrò la Tehiata re-
pubblica di S. Marino il 80 settembre, inangnrando il nuovo palazzo del Governo,
opera stupenda deirarehitetto AasarrL Una commissione aveva vegliato, affinchè so-
lenne e ad an tempo commovente riascisse la oommemoraiione della secolare libertà
di San Marino, mentre nuova e più ampia sede si assegnava al suo Governo. Splen-
dido veramente fu il 30 settembre per concorso d*illustri italiani e forestieri e per
gioia cordiale del popolo Sanmarinese, per nolnltà dei discorsi che vi furono pro-
nunziati, e per gli alti sensi di concordia e di libertà, che la festa dell'arte seppe in
tutti ispirare. Le due note più risonanti furono il discorso pronunciato da Giosuè
Carducci, inneggiante alla lÀberià perpetua di San Marmo, e il Numero umeo^
destinato a commerooraro con scritti vari e con eleganti illustrazioni IMnaugun-
zione del nuovo palazzo del Consiglio principe sovrano. « Onoro a te, esclameremo
anche noi col Carducci, antica ropubblics, virtuosa, genenaa, fidente I Onore a te!
Viva tu etema con la vita e la gloria dltalia! >.
Nozze Cianr8app€^¥%andineU — Amici numerosi e affezionati celebrarono
le nozze del nostro caro e valente collaboratore prof. Vittorio Clan con la signora
Maria Sappa-Flandinet pubblicando un elegantissimo volume, edito a Bergamo
dairistitoto italiano d'arti grafiche. Sebbene la maggior parte degli scritti non ai»
di carattere storico, conviene rammentare questa eceedonale festa delle lettere e
deirarte. — Francesco Nevati narra Xa strage Cametana del Vié5 e ne pubblica il
racconto poetico fatto da un contemporaneo. — Pier Enea Guamerio ci o£Ere con una
erudita premessa il TraUaJto dei eette peccati mortali in dialetto genovese antico.
— Egidio Gorra presenta uno studio sul dialetto della Ckmrt d'Amoure di Mahins
Li Poriiers. — Guido Mazzoni ripiglia la questione del Disdegno di Guido Cavai'
canti, e la tratta con grande acume. — Carlo Cipolla reca un nuovo Contributo
aUa storia della controversia intomo aJT autenticità dd Commento di Pietro Ali-
ghieri aUa Divina Commedia, — Ludovico Frati ci parla delle Costumanee e
pompe nusiaU bolognesi nel medio evo. — E. G. Parodi trae dal cod. 3325 della
Biblioteca imperiale di Vienna un passo del Romameo di Tristano^ tradotto in dia-
letto veneto, e lo correda di note grammaticali e morfologiche. — Pasquale Papa
si & editore del testo di Alcune rubriche della Prcmmatiea sopra H vestire pro-
mulgata dalla repubblica fiorentina nel 1884. — Un dottissimo e ampio studio d
fornisce Monsignor Isidoro Carini sotto il modesto titolo La difesa di Pon^^onio
Leto pubblicata ed iUttstrata,.^ Vittorio Bossi dà in luce e chiarisce Un^egloga vol-
gare di Tito Vespasiano Strassi. — Graziose Due barselette relative aUa beMagha
della Poleselìa 22 dicembre 1609 edite da Antonio Medin. — Un vero oapitdio di
glottologi^ è la Memoria di C. Sai vieni Ancora dei Cavassieo. La cantilena bdké-
nese del 1193. — Rodolfo Etenìer ritrae copiose informazioni DaOa eorriepondensa
di Guido Postumo SOvestri. — Giuseppe Prato pubblica e illustra Alcune rune
di GHovanni MaseareUi, contemporaneo di Leone X. — Francesco Flamini corre
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NotiziB 793
dietro ai Viaggi /ontoftct e Trionfi di poeti. — Pierre de Nolhac ci regala dae
lettere di Logore de Baìf a Pietro Bembo, — Angelo Solerti mette in lace La
seconda parte del Dieeoreo intomo àUa sedieioné nata nel regno di Francia Fanno
1666 di Torquato Taeao. -— Qiaaeppe Raa raccoglie note sparse da docamenti degli
arobifi torineri intorno al Tati e i Principi di Savoia, — Mario Menghini pub-
blica una Canxonetta di Franoeseo Aedone, Jje iodi e grandetee di Aguglia e firn-
tana di piaMsa Navona, — Leon G. Pélisaier coglie l'occanone per offrire Qu^quee
iMree dee amiee de Huet, conserrate nella coUeaione Asbbombam di Firense. —
Vittorio Rugarli traduce dal persiano nn episodio del Libro di Ghersbaep Be Oem-
àhid n^ ZaJM. — Giuseppe Pitré pubblica Ninne nanne iiciJiane inedite, Egidio
Ballerini Ninne nanne e cantilene infantiK racooUe a Nuoro, Orazio Bacci Pre-
ghiere e giaeukUorie di bambini che si dicono in Valdèisa, — Pietro Nurra ci fa
conoscere Usi e costumi nusiaH in Sardegna,
Ofèori e augura a Cesare OanHL — Il 5 dicembre 1894 Cesare Oantù
compiva il 90* anno deiretà sua. Al Teneouido uomo l*XJnione tipografica torinese,
che si gloria d'istruire il mondo coi libri del grande lombardo, offrì?agli in elegante
opuscolo alcuni novissimi elogi: il discorso tenuto alla Società degli Arcadi in Soma
il 19 gennaio 1894 da monsignor Isidoro Carini, prefetto della biblioteca Vaticana
{Cesare Canta educatore^ storico, letterato), lo studio del prof. E. De Marchi inse-
rito nel « Dizionario illustrato di pedagogia » edito dal Dott. Fr. Vallardi di Mi-
lano {Cesare Canià educatore), la conferenza tenuta da Gio. Paggi in Ferrara lo
scorso ottobre {Cesare CanHi storico e letteraio), e il discorso letto il 10 febbraio
1894 air Associazione letteraria scientifica Cristoforo Colombo dal prof. Emilio Penco
{Cesare Canta gloria della patria). L'opuscolo termina con la biografia, che fin dal
1848 ne pubblicava la Encydopédie biograpM^tue du XIX^ siede di Parigi. Anche
la nostra Bivista manda al veterano degli storici italiani, al più operoso degli scrit-
tori, che vanti il nostro paese, al testimone e narratore delle glorie e sventure del
secolo che muore, augurio cordiale, che possa vegeto e sano festeggiare nel secolo XX
il suo centenario.
Ricardi neerologioU — Il 20 settembre scorso spirava in Castelgandolfo
Gio. Batt. Db Bossip nato in Roma nel 1822. Fu grande in molti rami della scienza
archeologica e singolarmente neirantica epigrafia latina; a provarlo basterebbe ricor-
dare la sua attiva e dotta collaborazione alla grande raccolta delle iscrizioni edita
a Berlino. Portò pure un prezioso contributo allo studio dell'antica topografia ro-
mana, con la scoperta di nuovi documenti, con svariate dissertazioni sopra temi no-
vissimi e sopratutto con la pubblicazione splendida delle antiche piante di Roma
fino al secolo XV. Anche la storia romana dei tempi classici e delFetà medievale e
la letteratura archeologica del Rinascimento ebbero in lui un valente cultore. Ma
la sua gloria principalisaima derivò dai meriti eccezionali neirarcheologia cristiana,
della quale potè essere chiamato il vero fondatore. — Il Bosio, esplorando i labi-
rinti delle catacombe romane, il Baronie con dotte dissertazioni archeologiche, e spe-
cialmente il p. Marchi con regolari scavi avevano iniziato gli studi deirarcheologia
cristiana, ma solo il De Rossi seppe con criteri scientifici esplorare i vetusti cimi-
teri delFantica Roma cristiana, raccogliere le iscrizioni sparse nelle catacombe, nelle
chiese, nei musei, nelle case private, nelle campagne, annotarle ed illustrarle, e
disporre in ordine mirabile il primo museo di archeelogia cristiana fondato dal pon-
tUvitta Storica italiana, XI. 9»
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794 NOTIZIE
tefioe Pio IX nel palazzo del Laterano. Posto per base ano stadio accurato degli
atti dei roartirì, degli itinerari compilati dagli antichi pellegrini, oon accante ope-
raaioni di piante e disegni egli riordinò e chiarì Tintricata topografia dei cimiteri
saborbani, sfatando vecchie leggende e inveterati orrori, e preparando docnmenti si-
cari per illostrare i fasti della Chiesa |nìmitÌTa. Mentre la storia dei primi secoli
cristiani veniva rischiarandosi mercè tali scoperte, il De Rossi rivolgeva la sua at-
toniione ai monumenti simbolici, e riasciva con grande apparato di eradisione ad
interpretare il recondito senso delle pittare simboliche e a rìcostmrre la storia del
simbolismo cristiano primitivo. — I risaltati di si nobili stadi espose in gran parte
nei due volumi in folio delle iscrizioni cristiane, nei tre volaoii della Rama sotter-
ranea e nelle molteplici dissertazioni pabblicate nel sao BóUeUino di archeologia
erietùma. Queste opere non furono condotte a compimento, ma il risultato è assi-
curato alla scienza. Vennero invece del tutto compiuti due altri grandi lavori: IV
pera stupenda dei mosaici delle chiese di Roma ed il martirologio geronimiano.
Il 21 settembre moriva il senatore Luioi Zini, Bra nato in Modena nel 1821;
Al tra i primi &utorì dei moti del 1848, per i quali perdette quasi tutto il suo
avere. Proscritto dal governo ducale riparò in Piemonte e più tardi in Isvizaera
giornalista, critico, professore e scrittore di storia. Nel 1859 lo troviamo commis-
sario straordinario presso il governo provvisorio di Modena in nome del governo
sardo. Successivamente fu prefetto, segretario generale al Ministero deirin temo, de-
putato, consigliere di Stato, senatore, incaricato di diverse delicate missioni. Riti-
ratosi più scorato che stanco dalla vits militante si dedicò a* suoi studi prediletti
di storico e di statista. Lasciando da parte i suoi numerosi scritti pulitici e lette-
rari, e soffermandoci solo sopra i suoi lavori storici ricorderemo anzitntto il Com-
pendio deUa stana d'Italia edito fin dal 1853, e la Storia d'Italia dal 1850 ai
1666 in continuazione di quella del La Farina, due grossi volumi completati da
altri due di documenti. Al genere storico appartengono il lomanzo Carbonari e San-
fedisti edito nel 1889 per illustrare il sanguinoso episodio dell'Andreoli, doe mono-
grafie critiche delle Memorie di Mettemith^ e un ricordo necrologìco del marchese
Caiiùllo Fontanelli suo compaesano. Sappiamo, ch*egli lasciò incompiuti un romanso
commemorativo della cospirazione di Ciro Menotti, e una raccolta di episodi storia
relativi ad italiani, specie modenesi^ vissuti tra il 1796 ed il 1815; aogu riamo che
anche questi scritti possano essere resi di pubblica ragione.
Il 25 dello scorso novembre moriva in età di 83 anni a Parigi Vittokio Dcrlt,
celebre storico, professore illustre e insigne uomo politico. Non è qui luogo per ricor-
dare le notevoli riforme da lui introdotte nell'organamento deiristruzione pubblica
francese durante il suo lungo ministero (1868-69), che sopravvissero airimpero e ispi-
rarono razione della terza repubblica, nò di rammentare i servigi da lui resi alle
Scuole coi suoi compendi storici. L* Italia^ ch*ebbe nel D. un amico fedele ed illu-
minato, ispirò due delle migliori sue opere scientifiche, la CHographie historique de
la répuhlique romaine et de Vempire (1838), e VHistoire des Bomains et dee peu-
pìes soumis à leur dominatiorif capolavoro piti volte rimaneggiato e in ultimo edito
in sette volumi in-8<* gr. con 3000 incisioni e 100 carte e piani. Col Duruj si spense
una delle menti piiH elette del secolo che muore.
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INDICE DELLE MATERIE DEL VOLUME XI
MEMOMJB
F. (tabotto. — Tje guerre civili astigiane e la ristorazione angioina
P. Bosoni. — Antonio Onofrì e le sae ambascerie
G. De Castro. — Cospirazioni e processi in Lombardia (1830-35)
C. RjNAUDO. — Commemorazione di Ariodante Fabretti
L. Cbiappblli. — Irnerio secondo la nuova critica storica
C. Mbrkxl. — Ancora di alcuni stadi intomo a Cristoforo Colombo
F. Tarducoi. — H. Harrisse e la fama di Sebastiano Caboto
F. LioNTi. — Battaglia di S. Qaintino (10 agosto 1557)
MECEySIONl
G, Tropea. — D. AUo Paganelli, La cronologia romana
Id. — U. Pedroìi, Roma e la Gallia Cisalpina (dal 225 al 44 a. C.)
Id. — G. BùgOi La tavola dei Ginnasiarchi a Taoromenio.
y. Marchesi. — C. A» De Gerbaix-Sonnouff Stadi storici sai contado di
Savoia e marchesato in Italia ..*...
G* Mazzatihti. ~ Benadduci (?., Della Signoria di Francesco Sforza nella
Marca e pecaliarmente in Tolentino
L. XJssBOLio. — F. Oabotto, Lo Stato Sabaudo da Amedeo Vili ad Ema-
nuele Filiberto. Voi. II (14671496)
F. LioRTi. — Biblioteca storica siciliana. Voi. I. — O. Arenaprimo, La
Sicilia nella battaglia di Lepanto
C. M. — > Campagne del Prìncipe Eugenio di Savoia. Voi. IV
A. Battibtklla. — A, Moschetti, Il Gobbo di Rialto e le sue relazioni con
Pasquino. — F. LazEorini, Manno Faliero avanti il dogado. — E, Vólpi,
Storie intime di Venezia rfìpnbblica
V. — O, Carducci, Storia del < Giorno > di Giaaeppe Parini
G. BiQONi. — D. Car^U^%, Storia della Corte di Savoia daraute la rìvolu
zione e l'impero francese
Y. — (7. OosteUi, La Compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821
al 1855
C. F. — A, M. StohviSf Manuel d*histoire de genealogie et de cbronologie
de tous les ótats da globe
P. Boschi. — M. Fattori, Ricordi storici della repubblica San Marino
X. — 2>. OarutH, La storia della città di Pinerolo
D. Vaolibri. — W. Cfardthatuen, Aagustos and seine Zeit
C. Cipolla, — /. Kempf, Geschichte des deutschen Reiches wàhrend des
grossen Interregnums. — O, Trenta, La tomba di Arrigo VII imperatore
con documenti inediti. — G, Bomano, Delle relazioni tra Pavia e Mi-
lano nella formazione della Signoria Viscontea. — Id., Il primo matri-
pag. 1
201
401
601
607
629
654
665
78
80
85
92
105
108
112
117
120
122
124
128
180
257
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796 INDICE DELLB MATBRIB DBL VOLUMB XI
monio di Lucia Visconti e la rovina di Bernabò. - A. Wwkdmann, Der
Boroinsf Baprechts von der Pftili. — H. F. HeìmoU, Kdnig Bapreclita
Zng nach Italien pa§, 259
B. Gorra. — N. Jarga^ Thomat III, marqnii de Salace. Étade historiqne
et littéraire, avec nne introdoetion snr la politiqne de lee piédéoeMOors
et nne appendice de textee » 264
F. Gabotto. — G, Auto, Vicende della lotta tra 11 Comune astigiano e la
Casa d'Angiò (1259-I8U) . . ^
Id. — E. Colombo, Jolanda dnchessa di SaToia (1475-U78)
E. Casahota. — De Mauìde-la-Cìavière, La diplomatie an temps de Ma-
chiavel
V. CiAir. — L, Staffetti, Il cardinale Innocenzo Cjbo ....
G. Capabio. — Venetianische Depesehen vom Eaiserhofe (Dispacci di Ger-
mania)
G. BoB£RTi. — Jf . Campori, Corrìsp. tra L. A. Muratori e G. G. Leibniz
G. Pipitohk-Fbdbrico. — Lubominki, Histoire contemporaine. Transfoima-
tion politiqne et sociale de FEorope (1850-1878) ....
C. BiHADDO. — N. Papadopoli, Le monete di Venezia descritte ed illustrate.
— A. Oreipeìkmi, Medaglie estensi ed anstro-estensi edite ed illustrate
Id. — Sicilia
V. CosTAMzi. ~ G. Tropea, Storia dei Lucani
V. CiAH. — G. Grypp, Eulturgeschichte dee Mittelalters. — C, CaMne, D
sentimento religioso nel medio ero
F. FiBRiB. — L. Heinemann, (jfóschicbte der Normannen in Untori talien
und Sicilien bis zum Aussterben des norroannischen EOnigbaoses .
A. Zardo. — G. Voigi, Pétrarque, Boccaoe et les débuts de THumanisme
en Italie
A. Battistella. — J. Garim, Sull'arresto e sulla morte del Conte di Car-
magnola
F. Sayio. — F, Carini, Monsignor Niccolò Ormaneto Teronese, tcscoto di
Padova, nunzio apostolico alla corte di Filippo II re di Spagna 1572-1577 i
G. Roberti. — É. Burgatéd et Basières, Le masque de fer. BéYólation de
la correspondance chiffrée de Louis XFV
C. Mbrkel. — A, LumbrosOf Saggio di una bibliografia ragionata per e
▼ire alla storia dell'epoca napoleonica
G. BoMAMO. — G, Bioffi, XL Lettere di Gioaccbino Murat alla figlia Lae-
tizia. — H, CapiaUdf La fine di un re. Murat al Pizzo
I. LuDOTiBi. — N. F. Faraglia^ I miei studi storici delle cose Abruzzesi
G. Oocioiri-BoMAFFOHB. — M. Tamaro, Le città e le castella dell'Istria.
Voi. n (Bovigno-Dignano)
F. Fabrib. — M. Paraaeandoìo, Procida dalle origini ai tempi nostri
C. BiNAuno. — J. Beinach, La Franco et Tltalie devant Thistoire. — B. Bagm,
Les Italiens d'aujourd'bui. — M, Pellet , Naples contemporaine .
G. BoBKRTi. — 2>. Manjsone, I Liguri Bagienni e la loro Augusta
C. BiHAUDo. — E, Bodocanachif Les corporations ouvrières à Bome depuis
la cbnte de Tempire romain
A. BoNARDi. — TT. Lenel, Studien zur Groscbichte Paduas und Veronas in
18 Jabrbundert .
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INDICE DBLLB UATERIB DSL VOLUME XI 797
G. Mazzatjmti. — Federico di Montefeltro daea d*XJrbino. Cronaca di OUh
vcmm Sana. Nacii dem cod. Vat. Ottob. 1305 zam enter male heraas-
gegebeo Yon Dr. Heinrich Holtzinger pag. 685
E. B. G. — Leader Scott, The Orti Orìcellari. — Id., Echoec of old Florence » 690
G. Oooioxi-BoiiAFFOirs. — A, Bobertton, Fra Paolo Sarpi. the greatest of
the Venetians > 696
A. Battibtilla. — F, JVom Moeemgo^ Giacomo Nani-Agoetino Nani . » 698
G. SANGiOReio. — E, Beinhardt, La Corrispondenza di Alfonso e Gerolamo
Casati, inriati di Spagna presso la Confederaiione Snisera, con Leo-
poldo y Arcidaca d^Austria (1620-1628) » 701
M. Schifa. ^ Ch. Gérin, Loais XIV et le SaintSiège ...» 704
P. Spezi. — A. Tóhmei, Scritti yari » 709
E. Cabahota. — C. Paoli, Programma scolastico di paleografia latina e di
diplomatica. II. Materie scrittone e librarie > 712
IfOTE BIBLIOGBAFICHE
Storia politica, pag. 185, 806, 518, 720.
Storia letteraria, pag. 322, 529.
Storia artistica, pag. 384.
Storia militare, pag. 149.
Storia ecclesiastica, pag. 165, 745.
ELENCO ni LIBBI
RECENTI DI STORIA ITALIANA.
A,-^ In Ungm italiana, N. 334 pag. 182,588
B. ^ In Ungua francese, ììl. 116 » 188,545
C. — In Ungua tedesca, N. 67 > 190, 547
D.--- In Ungua inglese, N. 29 » 191,548
E.^Inìingue fforie, N. 14 » 192.
SCOGLIO DI BEEIODICl
NAZIONALI ED ESTERI.
A. — In Ungua italiana:
Annnnario dello latitato di storia del diritto romano, pag. 549, 768.
ArchÌTÌo della B. società romana di storia patria, pag. 842.
Archivio storico deirarte, pag. 343.
Archiyio storico italiano, pag. 844, 763.
Archivio storico lombardo, pag. 342, 764.
Archivio storico per le provincie napoletane, pag. 846, 764
Archivio storico siciliano, pag. 347.
Archivio trentino, pag. 765.
Arte e storia, pag. 549.
Atti della Accademia di Udine, pag. 551.
Atti della Accademia Pontaniana, pag. 551.
Atti della Deputazione ferrarese di storia patria, pag. 347.
Atti della Beale Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti, pag. 552.
Atti della B. Accademia delle scienze di Torino, pag. 552.
Atti della società ligure di storia patria, pag. 348.
Atti del B. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, pag. 558.
Atti e memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, p. 554.
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798 INDICE DELLE MATERIE DEL VOLUME XI
Atti 6 memorie della B. Deputazione di storia patria per . le proTinde di Bo*
magna, pag. 348, 765.
Atti e memorie della R. Depatasione di storia patria per le provincie modenesi,
pag. 348.
Atti e memorie della società istriana d*archeologia e storia patria, pag. 348.
Atti e rendiconti dell'Accademia di scienae lettere ed arti dei telanti e PP. dello
stadio di Acireale, pag. 554.
Bollettino della società di storia patria, Anton Ladovioo Antinoii negli Abruzzi,
pag. 348, 766.
Bollettino della società geografica italiana, pag. 554.
Bollettino storìoo della STÌzzera italiana, pag. 849, 766.
Bollettino storico letterario del Mugello, pag. 350.
Bollettino storico pavese, pag. 351.
Ballettino della commissione archeologica comunale di Roma, pag. 351.
Ballettino della società dantesca italiana, pag. 555, 767.
Ballettino di archeologia e storia dalmata, pag. 852.
Ballettino di paletnologia italiana, pag. 556.
Commentari deirAteneo di Brescia, pag. 768.
Gazzetta letteraria, pag. 556, 768.
Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, pag. 353.
Giornale storico della letteratura italiana, pag. 558.
n Muratori, pag. 853.
n Propugnatore, pag. 559.
La cultura, pag. 562.
La nuova rassegna, pag. 562.
La rassegna nazionale, pag. 564.
La biblioteca delle scuole italiane, pag. 560.
L'Ateneo venuto, pag. 565.
Memorie del Reale istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze stoiicho
e morali, pag. 567.
Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, pag. 566.
Miscellanea di storia italiana edite per cura della R. Deputazione di storia pa-
tria, pag. 354.
Miscellanea livornese, pag. 355.
Miscellanea storica della Valdelsa, pag. 3Ó5, 769.
Napoli nobilissima, pag. 356, 769.
Nuova antologia, pag. 567, 770.
Nuova rivista Misena, pag. 856.
Nuovo archivio veneto, pag. 357, 771.
Rassegna bibliografica della letteratura italiana, pag. 569, 772.
Rassegna pagliese, pag. 858, 772.
Riviste abruzzese di scienze, lettere ed arti, pag. 359, 778.
Riviste calabrese di storia e geografia, pag. é59.
Riviste delle tradizioni popolari iteliane, pag. 361.
Riviste di storia, arte, archeologia della provincia di Alessandria, pag. 362, 773.
Riviste iteliana di numismatica, pag. 774.
Studi e documenti di storia e diritto, pag. 362.
Studi storici, pag. 362.
B. — In lingua francese:
Annales du Midi, pag. 571.
Bibliothèque de Fècole des chartes, pag. 571, 774.
Bibliotbèqae aniversello et revue suisse, pag. 571.
Bulletin de la société des sciences historìques et naturelles de la Corse, pag. 364, 774.
Bulletin de la société d'étndes des Hautes Alpes, pag. 572, 775.
Bulletin de la Société d*histoire Vaudoise, pag. 775.
Bulletin de Tuniversité de Lyon, pag. 572.
Bulletin d'histoire eoclésiastfque et d'archeologie religiettse des dlocèses de Valenoe,
Gap, Grenoble et Viviers, pag. 572.
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INDIOB DBLLB liATBRIB DEL VOLUME XI 799
BttUetin intemational de TAcadémie dea soienoes de Craoovie^ pag. 572, 775.
Comptes rendns dea sóances de l'Acad. dee ìnscrìpt. et bellee lettros, p. 364, 775.
Gazette des beanz-arts, pag. 865, 776.
Journal des Savants, pae. 578, 776.
L*ancieD Forez, pag. 57S.
La revae generale, pag. 573, 776.
Mélanges d'archeologie et d'histoire, pag. 365, 776.
Mélaaine, pag. 573.
Mémoires de Tasadémie des sciences, belles lettres et arte de Savoie, pag. 365.
Mémoires et doenments pnbliés par l'acad^mie chablaìrienne, pag. 574.
Mémoires et doeaments pabliós par la société d'hi^stoire de la Saisse R^ìmande,
pag. 574.
Mémoires et docnments pabliéd par la société savoisieone d'histoire et archeologie,
pag. 866.
Messager des sciences historiqnes oa arehives des arte et de la bibliographie de
belgiqae, pag. 367.
Nonvelle revae historiqne de droit franfais et étranger, pag. 367.
Polybiblion. Bevue bibliographiqae universelle, pag. 367, 777.
Bevae archéologique, pag. 368.
Bevue belge de nnmismatiqne, pag. 368.
Bevne critique d'histoire et de littérature, pag. 368, 777.
Bevae de droit intemational et de législation comparée, pag. 574.
Bevae de géographie, pag. 574.
Bevae de Tinstraction da pabliqae en Belgique, pag. 370.
Bevne des denx mondes, pag. 371, 778.
Bevue des étades jnives, pag. 575.
Bevue des questiona blstoriques, pag. 37*2, 779.
Revue d'histoire littéraire de la France, pag. 576.
Bevue historique, pag. 373, 77^.
Bevue savoisienne, pag. 374.
Bomania^ pag. 576.
Séancòs et tàvanx de TAcadémie des sciences morales et politiqnes, p. 374, 78 J.
C. — In Ungua tedesca:
Abhandlangen der historiscben Glasse der K. Bayerischen Akaderaie der Wissen-
schaften za MGnchen, pag. 780. *
Abhandlangen der philologiscb- historiscben Classe der E. Saechsischen Gresellschaft
der Wissenschaften, pag. 781.
Archiv far Geschichte der Fhìlosophie, pag. 576.
Gentralblatt far Bibliothekswesen, pag. 577.
Der Katholik, img. 578.
Deutsche Rundscbaa, pag. 578.
Deutsche Zeitschrift ft)r Geschichtswissenschaft, pag. 375, 781.
Hermes. Zeitschrift far Classische philologie, pag. 580, 781.
Historisches Jahrbuch, pag. 880, 782. v
Historische Zeitschrift, pag. 383, 783.
Jahrbuch des kaiserlich deutschen Arcliaeologischen Instituts, pag. 387, 783.
Jahresberichte flbcr die Fortscbritte der class. Altcrthti i.swisMenschaft, pag. 581.
Krìtischc Vierteljahresschrift fdr G«setzgebung und Rechtswissenschaft, p. 583.
Literarisches Gentralblatt, pag. 585, 783.
Literarische Rundschau fùr das katholische Deutschland, pag. 390, 786.
Mittheilungen des Instituts fìlr Osterreichische Geschichtsforschung, pag. 592, 787.
Neues Archiv d. Ge.sellschaft ftlr altero deutsche Geschichtskunde, pag. 594, 788.
Bbeinisches Museum fQr Philologie, pag. 595, 788.
Sammlung Gemeinverstaendlicher Wissenschaftlicher Vortraege, pag. 789.
Westoestliche Rundscbau. Politischliterarìsche Halb-monatschrift zur Pflege der
Interessen des Dreibundes, pag 595.
Wochenschrift far k lassi sche Philologie, pag. 595.
Zeitschrift der Saviguy-Stiftung fOr Rechtsgeschichte, pag. 596, 789.
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800 INDICE DBLLB MATERIE DEL TOLUMB XI
Zeltichrift das VereinB Air VoUciknnde, pac. 597.
Zeittchrift fftr Tergleichende Lìteratargesehiehte and Benalss. Litentiir, p. 597.
Zeitsehrìft Air wisaenscbaftliche Theologie, pag. 597.
D — In Ungua inglese:
The amer.joarnal of archaeology and of ttaa histoiy oi the fine aria, pag. 992.
The Edimbnrgh reriew, pag. 893, 790.
The North american renew, pag. 898.
The qnarterly remw, pag. 894, 790.
The Weetminster review, pag. 894.
EL — In Ungua epagnnch:
Boletin de la Rad Academia de la bistorìa^ pag. 394, 790.
El archilo. Beiista de eiencias hiatórìeaB, pag. 894, 790.
irOTIZIB
Concorai a premi sa temi storici. — Naove società storìehe. — Nnove RÌTiste.
— Pabblicazioni di società storiche. — Collezioni di testi, Indid e Ca-
taloghi, Inventari e Eagesti. — Archino storico mnnieipale d'Asti. —
Pnbblicasioni storico-geografiche per dispense. — Libri franoed. — Bi*
cordi necrologid pag, 193
Riviste naoTo. — Baoeolta Colombiana. — Aninnzi bibliograficL — Bicordi
necrologici. — Varia . • . • ' * • » d9S
Concorso a premi. — Società di stadi italiani a^^arigi. — Inventari dei
manoscritti delle biblioteche d*Italia. — Annanzi di libri. — Bicordi
necrologici » 598
Canoorso a premio. ^ Società storiche. — Naovo periodico di storia. — D
80 settembre a 8. Marino. — Notte CianSappa-Flandinet. — Onori e
angari a Cesare Canta. — Biooidi necrologici . > T91
Avioco Giuseppi, Direttore-Oerente reeponeabiU.
Torino — Tip. Vn
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Libri rlc<»Tiifi in dono.
^
Annf»feliiiki» H^^ Marno: to ndh stona e neUa kggetìfìii. Poiìcuali, Graiiitti,
T: I : '!i M' ì " ^indistonndflriìtonr^'"'-^*' ' '" • ^^'' n-.ii
r<ik a Mo udori (ì^r
àiunaii^ i»,, -Hr.r r. u-t ,,.injpa tluratìU la r/t;*/.,. -.^- ^ .,.,.. , ,. .,,v_ .
•J vu|. Torims G. B. Parnvui .^ C, 1894.
omeo C*t Avifffìfinc r la poìilìm di FiUppo iì hello e ìn mrtum^m-wut di
Pietro da Mortone, ^\f4*'iìu., A. Nrindas e C.» ÌSM.
C Storta drfja rìifexa d'Asft A&ti, Michelerio, 1894,
iolo (Ìm attedio eco (iTiì-lUl^l Torino. Vij)cenit<' Buuii» 18VH.
Jeone F.^ >'fo <ie/^o àtofo nf?/a ctlebnuione del malnmotwì in
/^7|*ci pnmu dei conrtlto di Trento, Nnpuli, tip. della R, Univorsitìi, 1894.
Breg^aiite L*, Agostino Deprdi^ rd i mot tempi. Verona, frat, t>nicker, 18^4.
CiilTarel P., Bonaparte ci lea f// ^nlienne» (t79fr^t790), Parii;, Alran,
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