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Full text of "Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità .."

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RODOLFO     LANCIA  NI 


STORIA 

DEGLI  SCAVI  DI  ROMA 

E    NOTIZIE 

INTORNO  LE  COLLEZIONI  ROMANE 
DI   ANTICHITÀ 


Volume    Primo 

(a.  1000-15 30) 


ROMA 

ERMANNO   LOESCHER    &   C.» 

(bretschneider  e  regenberg) 
Librai-Editori  di  S.  M.  la  Regina  d'Italia 

1902 


ROMA 


TIPOGRAFIA    DELLA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

PROPRIETÀ    DEL    CAV.    V.    SALVIUCCI 
1902 


RODOLFO     LANgiANI 


STORIA  '     ^ 

DEGLI  SCAVI  DI  ROMA 

E     NOTIZIE 

INTORNO  LE  COLLEZIONI  ROMANE 
DI    ANTICHITÀ 


Volume    Primo 

(a.   1000-15 50) 


ROMA 

ERMANNO    LOESCHER    &    C.o 

(breischneider  e  regenberg) 
l.ibrai-Hditori  di  S.  M.  la  Regina  d'Italia 

1902 


• 


AUTORE    SI    RISERVA    IL    DIRITTO    DI    PROPRIETÀ    LETTERARIA 
A     TENORE     DI     LEGGE 


Edizione  di  500   esemplari. 


ROMA 


TIPOGRAFIA    DELLA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 
PROPRIETÀ    DEL    CAV.    V.    SALVIUCCI 

1902 


PREFAZIONE 


Il  primo  volume  della  Storia  degli  scavi  e  de'  musei  di  Roma  che  presento 
agli  studiosi  di  queste  materie,  comprende  il  periodo  decorso  dagli  inizii  del 
secolo  XI  al  pontificato  di  Clemente  VII  (1530).  Gli  altri  quattro  volumi, 
coi  quali  spero  condurre  detta  storia  sino  al  1870,  usciranno  a  intervalli  di 
un  anno. 

Scopo  di  questo  lavoro,  pel  quale  ho  impiegato  venticinque  anni  di  pre- 
parazione bibliografica  e  archivistica,  è  quello  di  presentare  un  quadro  possi- 
bilmente completo  delle  ricerche  e  delle  scoperte  di  antichità  fatte  in  Roma 
e  sue  vicinanze  dal  mille  in  poi  :  come  pure  di  dare  notizie  inedite  o  pocn 
conosciute  suUa  formazione  e  dispersione  delle  raccolte  romane  d'arte  e  di 
antichità.  Con  l'aiuto  di  queste  notizie,  che  sono  accompagnate  dalle  licenze 
d'esportazione  rilasciate  dalla  Camera  Apostolica  sin  dalla  seconda  metà  del 
secolo  XVI,  si  potrà  forse  ritrovare  l' origine  e  riconoscere  le  vicende  di  mol- 
tissime opere  d' arte,  provenienti  da  Roma,  che  oggi  adornano  i  musei  del 
resto  dell'Italia  e  dell'Europa. 

Il  campo  di  queste  notizie  è  limitato,  topograficamente,  a  Roma,  Ostia, 
Porto,  Alsio,  Castronovo,  Veio,  Nomeuto,  Tivoli,  Palestrina,  Labico,  Tusculo, 
Albano,  Ariccia,  Nemi,  Lauuvio,  Lavinio,  Ardea  e  Anzio.  Cronologicamente 
l)oi  è  limitato  all'anno  1870  e  alla  cessazione  del  dominio  pontifici*».  Oltre- 
passare tale  data  equivarrel)be  a  ripetere  notizie  che  tutti  possono  ritrovare 
nel  Bullettino  della  Commissione  Archeologica  Comunale,  nelle  Notizie  degli 
Scavi,  e  in  tanti  altri  periodici  contemporanei. 


—   IV   — 

Io  non  pretendo  avere  messo  insieme  un  lavoro  assolutamente  completo. 
L' attività  scientifica  e  i  mezzi  finanziarli  di  un  privato  non  possono  giungere 
là  dove  giungono  appena  le  grandi  Accademie.  Anche  oggi,  dopo  un  quarto 
di  secolo  di  ricerche,  non  mi  avviene  di  aprire  un  nuovo  libro  o  di  penetrare 
in  un  nuovo  archivio  senza  spigolare  qualche  notizia  della  quale  non  aveva 
pur  anco  preso  appunto.  Data  questa  condizione  di  cose,  mi  sono  trovato  nel- 
r  alternativa  o  di  continuare  a  raccogliere  pel  resto  della  vita,  con  la  pro- 
babilità che  il  frutto  di  tante  fatiche  vada  a  finire  come  i  libri  di  don  Ferrante  ; 
0  di  publicare  il  già  messo  in  disparte,  che  non  è  poco.  Poiché  lo  schedario, 
sul  quale  è  fondata  questa  Storia  degli  scavi  e  de'  musei,  forma  già  una 
biblioteca  di  novaatacinque  grossi  volumi,  nove  dei  quali  contengono  18369 
estratti  dall'archivio  di  Stato,  otto  contengono  6352  estratti  dall'archivio 
capitolino,  trentatre  contengono  circa  60000  schede  di  topografia  antica,  me- 
dievale e  moderna  :  due  si  riferiscono  alla  storia  della  Rovina  di  Roma  :  cinque 
a  Musei,  Gallerie  e  Biblioteche  :  undici  a  scavi  e  licenze  d' esportazione  :  due 
agli  scavi  di  Ostia.  Gli  ultimi  ventisei  volumi  contengono  carte  topografiche, 
epigrafiche,  e  archeologiche  provenienti  dagli  archivii  Visconti  e  Vespignani, 
e  dalla  raccolta  di  Pietro  Pieri.  Ho  raccolto  personalmente  questo  materiale 
in  Italia,  Francia,  Belgio,  Olanda,  Germania,  Svizzera  e  Inghilterra:  negli 
altri  paesi,  per  mezzo  di  autorevoli  corrispondenti. 

L' ordine  adottato  nella  formazione  dei  volumi  è  il  cronologico,  scopo  del 
lavoro  essendo  la  storia  degli  scavi,  e  non  un  trattato  di  topografia.  Ma  gli 
studiosi  i  quali  ricercassero  notizie  relative  a  uno  speciale  monumento,  o  a 
uno  speciale  museo,  possono  valersi  degli  indici  copiosissimi,  in  calce  a  cia- 
scun volume.  Gli  indici  comprendono  sei  parti,  cioè  :  Topografia  antica  —  To- 
pografia medievale  e  moderna  —  Chiese  —  Musei,  Gallerie  e  Biblioteche  — 
Varia  —  Nomi  proprii. 

Esprimo  la  mia  riconoscenza  all'egregio  direttore  della  Tipografia  Salviucci, 
Francesco  Saverio  Perugini,  per  l'aiuto  intelligente  e  premuroso  che  ha  voluto 
prestarmi  nella  stampa  di  questo  volume. 


INTRODVZIONE 


GLI  SCAVI  E  LE  COLLEZIONI  DI  ANTICHITÀ  IN  ROMA 

DAL    SECOLO    IX    AL    SECOLO    XIV 


I  primi  scavi  di  antichità  in  Roma  devono  credersi  contemporanei  alle  traslazioni 
dei  corpi  santi.  I  sepolcri  dei  martiri  trovandosi  esposti  alla  profanazione,  ed  i  sot- 
terranei cimiterii  divenendo  sempre  più  inaccessibili,  i  pontefici  furono  costretti  a 
trasferire  le  reliquie  dei  santi  dentro  la  cerchia  delle  mura:  e  perchè  avessero  degno 
ricetto,  furono  ricercati  sotto  le  volte  crollanti  delle  terme  i  labri  da  bagno  intagliati 
in  marmi  preziosi,  per  collocarli  sotto  gli  altari  delle  basiliche  a  maniera  di  avelli. 
Le  prime  ricerche  avvennero  sulla  fine  del  secolo  VII.  I  corpi  di  Faustino,  Simplicio, 
e  Viatrice,  trasferiti  circa  l'anno  682  dal  cimiterio  di  Generosa  a  s.  Vibiana,  furono 
collocati  da  Leone  II  entro  «  una  conca  d'alabastro  orientale  di  figura  ovale,  scolpitavi 
nella  facciata  la  testa  di  un  gatto  pardo  ed  è  in  circonferenza  p.  25,  alta  p.  4  » 
(Ficoroni,  R.  A.,  p.  191).  Stefano  V,  riedificando  la  basilica  dei  ss.  Apostoli  nell'SlG, 
«  in  conca  porphyretica  recondidit  »  i  corpi  di  Eugenia,  Claudia,  e  di  XII  martiri 
tratti  dalle  catacombe  di  via  Latina,  ed  in  altro  simile  labro  le  spoglie  di  s.  Savino 
(Martinelli,  R.  ex  ethn.  sacr.  p.  65).  L'anno  1625,  restaurandosi  dal  card.  Millini  la  con- 
fessione dei  ss.  Quattro,  fm'ono  scoperte  quattro  conche  ben  grandi,  due  di  porfido, 
una  di  serpentino,  una  di  metallo,  nelle  quali  Leone  IV  e  Pasquale  II  avevano  riposto 
reliquie.  Altre  più  importanti  ricerche  di  solii  balneari  debbono  essere  avvenute  al 
tempo  delle  translazioni  in  massa  operate  da  Pasquale  I  (817-824).  Ottone  III 
(983-1002)  depose  il  corpo  di  Bartolomeo  apostolo  ed  altre  illustri  spoglie  in  una 
vasca  di  porfido,  la  maggiore  delle  conosciute,  misurando  m.  3,34  in  lunghezza,  0.90 
in  larghezza  e  profondità.  Conserva  ancora  il  foro  per  la  chiave  di  scarico  dell'acqua. 
L'anno  1049  Leone  IX  collocò  altra  vasca  simile  sotto  l'altare  grande  di  s.  M.  in 
via  Lata,  tornata  a  scoprire  nel  1491  (Montfaucon,  Iter  Ital.  e.  XVII,  p.  240):  e 
Callisto  II  nel  1123  altra  di  granito  orientale  in  s.  M.  in  Cosmedin  (Crescimbeni. 
Storia,  p.  416).  Il  Marangoni,  descritta  la  conca  porfiretica,  già  nel  battistero  late- 
ranense,  aggiunge:  «  questa  più  non  si  vede  a  cagione  delle  desolazioni  patite  da 
Roma.  Bensì  nel  medesimo  battistero  fu  ed  è  collocata  una  bellissima  urna  di  basalto 
che  rassembra  metallo,  una  di  quelle  che  adoperavansi  da'  gentili  nelle  loro  terme  « 


VASCHE   DA   BAGNO,   VASCHE   DI   FONTANE 


(Cose  gentil,  p.  294).  Vedi  Albertino  ed.  1515,  f.  54:  «  in  ecclesia  et  platea  late- 
ranensi  sunt  noflulla  uasa  porphiretica  « .  Prima  del  rinnovamento  dei  ss.  Giovanni  e 
Paolo  per  opera  del  card.  Fabrizio  Paolucci,  nel  1725,  si  conservava  in  ima  cappella 
in  fondo  alla  chiesa  altra  urna  preziosa.  Benedetto  XIII  la  trasferì  all'altare  grande, 
e  toltene  le  reliquie  di  s.  Saturnino,  vi  depose  quelle  dei  santi  titolari.  L'urna  aveva 
prima  contenuto  parte  delle  spoglie  dei  martiri  scillitani  (p.  Germano,  La  Casa  celim., 
p.  472).  Il  Ficoroni,  il  Marangoni,  il  Corsi,  che  hanno  studiato  questo  soggetto,  nomi- 
nano le  seguenti  altre  vasche.  Conca  di  verde  antico  nella  galleria  Rospigliosi  ;  simile 
di  basalte  nero  morato  con  quattro  teste  leonine  in  s.  Croce,  chiamata  dal  Ruccellai 
«  concha  di  paraone  molto  gentile  dove  si  posa  la  tavola  dell'  altare  "  ;  simile  di 
porfido  in  s.  M.  maggiore;  simile  nell'altare  di  s.  Elena  in  Araceli;  simile  d'africano 
in  s.  Francesca  Romana.  «  In  s.  Marcello,  nella  seconda  cappella  a  destra  è  una  gran 
conca  di  porfido  ovale,  con  testa  di  leone  nella  facciata,  ma  presentemente  resta  quasi 
tutta  racchiusa,  con  avere  scalpellata  la  detta  testa  di  leone  per  appoggiarvi  il  pa- 
liotto  "  (Ficor.).  Seguono  le  conche  di  giallo  in  s.  Stefano  rotondo;  di  bigio  in 
s.  Pietro  in  Vinculis  ;  di  porfido  nel  battistero  di  s.  M.  maggiore;  di  cipollino  in 
villa  Albani;  di  granito  rosso  nel  palazzo  Barberini;  di  nero  sotto  l'aitar  maggiore 
di  s.  Marcello  ;  di  imezio  nel  palazzo  di  villa  Giulia  ;  di  bigio  brecciato  in  s.  Antonino 
dei  Portoghesi;  di  portasanta  nel  palazzo  Altemps;  di  porfido  verde  nella  casa  dei 
Filippini  ;  e  di  porfido  rosso  in  s.  Eustachio,  in  s.  Marco,  in  s.  Pancrazio,  in  s.  Pietro 
(ss.  Processo  e  Martiniano)  etc.  Il  duca  Giovannangelo  Altemps  nel  1617  collocò  il 
corpo  di  s.  Aniceto  in  un'urna  di  giallo  trovata  al  terzo  miglio  dell' Appia,  e  da  lui 
creduta  «  labrum  quod  Alexandri  Severi  imp.  sepulcrum  fuit  «.  Si  può  ricordare  da 
ultimo  l'urna  di  porfido  trovata  nelle  terme  di  Agrippa  l'anno  1443,  e  collocata  da 
Clemente  XII  nella  sua  cappella  Corsini  al  Laterano. 

Le  vasche  termali  non  hanno  sempre  servito  a  contenere  reliquie  illustri  :  ne  ha 
fatto  uso  anche  il  volgo  profano.  «  Non  è  molto  »  scriveva  il  Fea  nel  1790  «  che 
nel  recinto  (delle  terme  antoniniane)  furono  trovate  le  due  bellissime  urne  di  basalto 
verde,  una,  e  l'altra  ferrigno,  comprate  da  Pio  VI  che  le  ha  collocate  nel  museo 
pio-clementino.  Vi  furono  trovati  dentro  cadaveri  »  (Misceli,  voi.  I,  p.  LXV,  nota  d). 

Fra  quelle  adoperate  per  uso  di  fontane  primeggiano  le  due  di  granito,  lunghe 
m.  5,57  scoperte  nelle  terme  stesse.  La  prima  era  stata  collocata  da  Paolo  II  in 
piazza  di  s.  Marco,  l'altra  da  Paolo  III  davanti  il  suo  palazzo.  Restituita  l'acqua 
traiana  da  Paolo  V  nel  1612,  il  card.  Odoardo  Farnese  riunì  le  due  conche  insieme, 
trasformandole  in  fonti  copiosissime  d'acqua.  A  una  di  esse  si  riferisce  l'appunto  del 
Ruccellai,  in  Arch.  Storia  Patria,  tomo  IV,  p.  579,  ove  dichiara  di  aver  visto  nel 
1450  «  uno  vaso  o  vero  conca  in  una  vigna  presso  alle  terme  d'Antonino  Pio,  lunga 
braccia  quindici  larga  braccia  V  alta  braccia  3  di  granito  o  vero  serpentino  ".  Il 
card.  Odoardo  sosfcui  nella  «  piazza  della  Conca  di  s.  Marco  »  come  la  chiama  Mar- 
cello Alberini  nel  suo  Diario,  un  altro  vaso  di  granito  rosso  il  quale,  da  tempi  remoti 
era  stato  trasferito  da  qualche  terma  imperiale  al  sepolcreto  di  s.  Lorenzo  fuori  le 
mura.  Pio  IX  l'ha  fatto  collocare  nella  seconda  risvolta  del  viale  del  Pincio,  dietro 


VASCHE    DI    FONTANE,    SARCOFAGI,    FABBRICA    DI    NUOVE    CHIESE  5 

la  tribuna  di  s.  M.  del  Popolo  (')•  Si  possono  ricordare  anche  le  marmoree  bagnarole 
di  piazza  Navona,  di  piazza  di  s.  Marta,  della  fontana  di  papa  Giulio,  di  villa  Madama, 
di  villa  Albani,  e  quelle  «  in  platea  s.  Salvatoris  de  Lauro,  et  Eustachii,  maximae 
capacitatis  »  descritte  dall'Albertino  f.  54'. 

Una  seconda  e  più  importante  serie  di  scavi  ebbe  luogo  nei  tempi  di  mezzo, 
anzi  subito  dopo  le  prime  invasioni  barbariche,  per  la  ricerca  di  sarcofagi.  Si  tolsero 
tanto  dagli  ipogei  dei  sepolcri  classici  quanto  dai  cimiterii  cristiani  sopra  teiTa, 
e,  disperse  le  ossa  dei  rispettivi  occupanti,  si  portarono  in  città  per  essere  posti  in 
uso  dentro,  sotto,  o  vicino  le  chiese  provviste  di  cimiterio.  L'argomento  è  troppo  noto 
per  meritare  più  ampia  dichiarazione.  Basterà  ricordare  le  scoperte  recenti  di  s.  M.  An- 
tiqua e  di  s.  Saba,  che  richiamano  alla  mente  quelle  di  s.  Pietro,  di  s.  Lorenzo,  e 
di  tante  altre  chiese  di  cui  parlano  i  libri  di  topografia. 

Una  terza  serie  di  scavi  ebbe  luogo  per  la  ricostruzione  delle  chiese  urbane, 
specialmente  dopo  l'incendio  normanno.  Le  seguenti  sono  ricordate  nel  corso  dei  se- 
coli XI-XIII. 

1069,  MICA  AVREA  R.  XIII.  Alessandro  li  consacra  la  chiesa  «  ss.  Cosmo 
et  Damiani  in  vico  aureo  intra  urbem  Ravennantium  scilicet  Transtiberim  »  restau- 
rata dall'abbate  Odemondo.  Chiesa  e  monastero  occupano  suolo  pieno  di  rovine  di 
case  private,  con  pavimenti  di  mosaico  ed  ornamenti  marmorei  di  varia  specie.  Molte 
scoperte  quivi  fatte  di  recente  sono  rimaste  inedite.  La  chiesa  di  Alessandro  II  era 
dove  è  oggi  il  refettorio  dell'ospizio.  Vedi  Fedele,  in  Arch.  S.  R.  St.  Patria,  tomo  XXI, 
a.  1898,  p.  483. 

1090.  «  men(se)  mar(tio)  d(ie)  XXV  dedicata  e(stì  eccl(esi)a  sce  marie  que  ap- 
pella(tur)  ad  pinea(m)...  tem(pore)  Urbani  li  pape».  L'iscrizione  che  ancora  rimane 
in  opera  (s.  M.  in  Cappella)  parla  indirettamente  di  ricerche  fatte  nella  cripta  dei 
pontefici  nelle  catacombe  di  Lucina. 

1099-1118.  «  Il  pontificato  di  Pasquale  II  fu  pieno  di  miserie...  nessun  mau- 
soleo serba  ricordanza  dello  sventuratissimo  papa...  A  monumento  di  lui  esiste  oggidì 
ancora  qualche  chiesa  che  egli  restaurò:  san  Bartolomeo  nell'isola,  e  santo  Adriano 
nel  foro.  Vi  si  aggiunse  santa  Maria  in  Monticelli,  ...  san  Clemente,  di  cui  Pasquale 
era  stato  cardinale.  La  sua  opera  migliore  fu  la  chiesa  dei  Quattro  Coronati  sul  Celio 
che  l'incendio  normanno  aveva  distrutta  -'  (Gregorovius,  Storia,  tomo  IV,  p.  433). 

INSVLA.  Il  nome  di  Pasquale  è  inciso  sull'architrave  della  porta  maggiore  di 
s.  Bartolomeo,  insieme  a  quello  di  Ottone  III  il  sanguinario.  La  data  è  del  4  aprile 
1113  (Forcella,  tomo  IV,  p.  531,  n.  1286).  La  chiesa  occupa  il  sito  del  santuario  di 
Esculapio.  Furono  impiegate  nella  sua  costruzione  venti  colonne  con  basi  e  capitelli 
di  varia  maniera.  Le  quattordici  di  granito  del  Foro  furono  forse  trovate  sul  posto. 
Cf.  Bini  Francesco,  Dissert.  de  translat.  corp.  s.  Baith.  ap.  Venezia,  1900.  K  pro- 
babile che  l'iscrizione  monumentale  CIL,  VI.  7  sia  stata  trovata  circa  que?ti  teiiiiù. 

(')  Orano  Domenico,  in  Arch.  St.  Patr.,  t"inu  XIX,  p.   1")4.  n.  4. 


NUOVE   FABBRICHE 


Il  cod.  vatic.  9200  e.  160  sg.  contiene  preziose  notizie  di  questo  luogo  fra  le  quali: 
«  Circa  hoc  tempus  (1157?)  inundatione  Tyberis  facta  non  modica  Romae  in  quadam 
insula  eiusdem  fluminis  in  ecclesia  antiqua  inventum  est  in  quodam  sarcophago 
corpus  B.  Bartholomei  apostoli  totum  integrura  . . .  Repertum  etiam  in  eadem  eccl. 
corpus  Paulini  Nolani  episcopi  »  (dall'appendice  al  Chronicon  Sigeberti  di  Roberto 
del  Monte,  che  fiori  circa  l'anno  1212).  Seguono  nel  codice  parecchie  iscrizioni  iste- 
riche della  chiesa,  e  un  estratto  «  ex  antiqua  membrana  servata  in  archivio  "  della 
medesima.  Importante  è  la  notizia  :  «  in  un  tiave  dell'antica  chiesa  —  Joannes  Petri 
Leonis  alraae  urbis  senator  restaurar!  fecit  impensa  sua  —  «.Si  tratta  del  Pier- 
leoni  successo  nel  governo  di  Roma  a  Giovanni  Capocci.  Vedi  Gregorovius,  tomo  IV, 
p.  723. 

CVRIA.  I  risarcimenti  di  s.  Adriano  in  tribus  Fatis  sono  ricordati  dal  Lib. 
pont.  Duchesne,  tomo  II,  p.  305  e  quelli  di  s.  Maria  in  Monticelli,  del  1100,  dalla 
medesima  fonte,  e  descritti  dal  Ciuccioli,  Notizie  isteriche,  Montefiascone,  1719,  p.  27. 
Le  dieci  colonne  scanalate  di  pavonazzetto  che  dividevano  la  nave  di  s.  Maria  dalle 
ali,  oggi  murate  in  altrettanti  pilastri,  devono  essere  state  tolte  via  da  una  sola  fab- 
brica (Venuti,  Roma  mod.,  tomo  I,  parte  II,  p.  533). 

MACELLVM  R.  II.  Innocenzo  II  costruisce  il  portichetto  d'ingresso  alla  chiesa 
di  s.  Stefano  in  Celiomonte,  delineato  nella  tav.  II  dell'  Itiner.  di  Einsiedl.  (in  Monu- 
menti Lincei,  tomo  I,  puntata  3,  a.  1891). 

DOMINICVM  CLEMENTIS.  La  ricostruzione  della  chiesa  di  s.  Clemente  al 
piano  delle  rovine  dell'  incendio  normanno  fu  incominciata  dal  card.  Anastasio  circa 
il  1125,  e  condotta  a  termine  dal  card.  Pietro  Pisano  il  26  maggio  1128.  Gli  amboni 
e  i  plutei  furono  tolti  dalla  basilica  sotterrata  ;  le  36  colonne  del  portico  e  dell'atrio 
da  più  edificii  celimontani  andati  in  rovina.  Formano  gruppo  17  fusti  di  granito 
bigio,  e  6  di  cipollino.  Vedi  Bull,  com.,  tomo  XXVI,  a.  1899,  p.  467. 

ECCLESIA  SS  •  QVATTVOR.  La  ricostruzione  dei  ss.  Quattro,  incendiata  dai  Nor- 
manni, incominciò  nel  1109.  Tre  anni  dopo  Pasquale  II  «  iussit  cavare  sub  altare, 
quod  prius  combustum  et  confractum  fuerat,  et  invenit  duas  concas,  uuara  porphire- 
ticam,  et  aliam  ex  proconnesso,  in  quibus  erant  recondita  sacra  corpora  «.  Fra  i 
marmi  da  lui  adoperati  si  contano  16  colonne  di  granito  bigio,  e  più  centinaia  di 
lapidi,  intere  o  in  pezzi,  che  servirono  per  aggiustare  il  pavimento  (').  Gregorio  e 
Petrolino  pittori  dipinsero  la  conca  dell'  abside  :  ed  io  ricordo  questa  notizia  (dal  Bull. 
Crist.  1891,  p.  93)  perchè  il  nome  di  Petrolino  si  leggeva  pure  nella  tribuna  di 
s.  Stefano  del  Cacce,  indizio  di  altro  lavoro  di  Pasquale  II  in  terreno  strettamente 
archeologico. 

In  s.  Salvatore  in  Primicerio,  vicino  a  piazza  Fiammetta,  si  conserva  ancora  la 
memoria  del  fondatore,  Pasquale  II.  Il  catalogo  delle  reliquie  deposte  sotto  l'altare 
è  indizio  di  ricerche  fatte  nei  cimiterii  suburbani. 


(')  Questo  museo  lapidario  cemeteriale  dei  ss.  Quattro  fu  il  primo  in  Roma  studiato  dal  De 
Rossi,  appena  sedicenne.  Dopo  averne  messo  in  ordine  e  studiato  gli  apografi,  il  De  Rossi  formò 
subito  il  piano  del  Corpus  Inscr.  Christ. 


NUOVE   FABBRICHE 


1099.  VIA  FLAMINIA .  GENTILE  DOMITIORVM  MONVMENTVM.  L'ultima 
opera  di  questo  papa  connessa  con  ricordi  archeologici,  è  la  cappellina  prossima  al 
«  gentile  Domitiorum  monumentum  "  infestato  dal  fantasma  di  Nerone,  dalla  quale 
ebbe  origine  la  chiesa  di  s.  M.  del  Popolo.  Vedi  le  note  monografie  di  Jacopo  Al- 
berici (ediz.  lat.  1599:  ital.  1600),  di  Ambrogio  Landucci  del  1646,  e  di  Gaspare 
Alveri,  (parte  II,  giornata  I)  del  1664. 

1122-J123.  INSVLA  BOLANIANA.  Scavi  sotto  Callisto  II  per  la  costruzione 
della  chiesa  dei  ss.  Quaranta  (s.  Pasquale  Baylon)  che  occupa  il  sito  dell'  insula  Bola- 
niana,  CIL.  VI,  67.  Fu  scoperta,  forse,  in  questa  occasione  l'ara  n.  422  indicante  il  sito 
del  Lucus  Furinae.  Fra  Giocondo  copiò  nel  pavimento  molte  lapidi,  alcune  delle  quali 
provenienti  dal  sepolcro  di  un  Pomponius  Atimetus.  Cod.  Chatsworth,  e.  63'. 

SCI  CHRYSOGONI.  Giovanni  da  Crema  riedifica  contemporaneamente  la  eh.  di 
s.  Crisogono,  sollevandola  dal  piano  antico  al  moderno.  Vedi  Bull.  com.  1892,  p.  304. 
È  probabile  che  le  22  colonne  della  nave,  e  le  due  rarissime  di  porfido  sotto  l'arco 
della  tribuna,  appartengano  alla  basilica  primitiva.  I  marmi  del  pavimento  furono  in 
parte  scavati  lungo  la  via  campana.  Vedi  Giocondo  Chatsw.  e.  51-53,  CIL.  10250  etc. 

SCHOLA  GRAECA.  L' ultimo  restauro  di  Callisto  II  è  quello  della  Diaconia 
in  Cosmedin.  Ne  rimane  memoria  nel  sepolcro  dell'Alfano,  camerario  di  Callisto,  che 
diresse  i  lavori. 

1130-1143.  ANASTASIS.  Azone,  prete  titolare  di  s.  Anastasia,  morto  sotto  In- 
nocenzo II,  abbellisce  la  chiesa  con  l' opera  dei  marmorarii  altrimenti  ignoti,  «  lo- 
hannes  Presbiteri  romani,  pater  et  filius  « .  Vedi  Grimaldi,  Barb.  XXXIV,  50,  e.  285'. 

1139.  THERMAE  ANTONINI ANAE.  Innocenzo  II,  Papareschi,  ricostruisce  dai 
fomdamenti  la  chiesa  di  s.  Maria  in  Trastevere.  Tra  i  materiali  di  scavo  messi  in 
opera  nella  nuova  fabbrica  primeggiano  i  capitelli  ionico-compositi  delle  terme  di  Ca- 
racalla,  intorno  ai  quali  vedi  Huelsen,  Arkitektonische  Studien  von  S.  A.  Iwanoff, 
Berlin,  Keimer,  1898,  p.  8;  e  Bull.  com.  1883,  p.  35.  Le  due  colonne  di  granito, 
presso  la  tribuna,  e  le  quattro  colonne  di  porfido  del  ciborio  vengono  forse  dallo  stesso 
luogo.  Negli  scavi  del  1870  sì  trovarono  avanzi  della  chiesa  anteriore  a  Innocenzo. 
Vedi  Armellini,  Chiese,  p.  639. 

MAVSOLEVM  HADRIANL  "  In  medio  rotundi  giri  erat  sepulchrum  porfiriticum... 
quem  Innocentius  secundus  papa  levavit  hinc  inde  et  voluit  sepelliri:  quod  sepul- 
chrum a  dicto  Innocenti©  positum  fuit  in  paradyso  s.  Petri  sub  Salvatore  musaico 
et  navi  apostolorum  »  Anon.  Magliab.  ap.  Urlichs,  Codex,  p.  161.  Intorno  al  quale 
monumento  vedi  Bonanni,  Numismata,  p.  101  sg.  ;  Torrigio,  Grotte,  p.  365;  e  de  Rossi, 
Inscr.  chr.  tomo  II,  p.  232,  n.  120. 

1153.  MAVSOLEVM  HELENAE.  Anastasio  IV  scopre  il  sarcofago  porfiretico  di 
Flavia  Elena,  nel  mausoleo  della  villa  ad  duas  Lauros,  a  Tor  Pignattara,  e  lo  trasfe- 
risce al  Laterano.  Danneggiato  nell'  incendio  di  Clemente  V,  i  canonici  lo  risarcirono 
nel  1509  «  iniuria  temporum  undique  diruptum  ac  protinus  disiectum  ».  Pio  VI  lo 
collocò  nella  sala  della  Croce  Greca,  sotto  il  n.  589. 

1160  circa.  ISEVM  ET  SERAPEVM.  Cencio  e  Nicolao  figli  di  Pietro  de  Papa  e 
nepoti  di  Innocenzo  II   «  ecclesiam  (s.  Stepbani  de  Cacco)  mcignitìcaveriini  de  proprio 


8  NUOVE    FABBRICHE,    OFFICINE    DEI    MARMORARll 

statuerunt,  funditus  de  parvo  eorpore  magnani'».  Inscr.  Christ.  tomo  li,  p.  434, 
n.  101-104. 

1167.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  Avendo  i  Romani  attribuita  la  perdita  della 
battaglia  contro  1  Tusculani  (30  maggio)  a  tradimento  dei  Colonnesi,  se  ne  vendica- 
rono sul  mausoleo  di  Augusto,  allora  ridotto  in  fortezza  «  che  distrussero  da  cima 
a  fondo,  rimanendo  in  piedi  soltanto  quelle  parti  che  presentavano  una  solidità  insu- 
perabile.... cioè  il  recinto  delle  celle  ".  Nibby,  R.  A.  tomo  II,  p.  528. 

1190  agosto.  OSTIA.  Riccardo  Cuor  di  Leone  sbarca  ad  Ostia,  che  è  così  de- 
scritta dal  cronista  in  Pertz  M.  G.  H.  SS.  XXVII,  p.  114,  115,  donde  Tomassetti 
in  Archiv.  Stor.  Patr.  a.  1897,  p.  58:  «  all'ingresso  del  Tevere  havvi  una  bellissima 
torre  ma  abbandonata.  Vi  sono  immense  rovine  di  antiche  muraglie...  al  26  di  agosto 
il  re  passò  per  un  bosco  «  quod  dicitur  Selbedeme,  in  quo  est  via  marmorea  ad 
modum  pavimenti  jacta  (dev'  essere  la  via  Severiana)  che  corre  per  ventiquattro  miglia 
nel  bosco,  il  quale  abbonda  di  cervi,  caprioli,  e  damoli  ».  Altre  notizie  circa  questi 
luoghi  si  trovano  nella  bolla  di  Celestino  III  in  Bull.  vat.  t.  Ili,  p.  75,  ove  sono 
nominati  ^  quatuor  casalinos  et  duas  criptas  extra  portam  non  longe  ab  eadem  Ho- 
stiensi  civitate  sita  in  loco,  qui  vocatur  Calcarla  ». 

1191.  VIA  TIBVRTINA.  Celestino  III  edifica  il  chiostro  di  s.  Lorenzo  fuori  le 
mura,  con  materiali  antichi  e  in  terreno  pieno  zeppo  di  monumenti  cristiani.  Vedi 
Cod.  vat.  9198,  e.  26'. 

1197.  THERMAE  ALEXANDRIANAE.  Celestino  III  riedifica  la  chiesa  di  s.  Eu- 
stachio fra  le  rovine  delle  terme  alessandrine.  Era  a  tre  navi  con  due  ordini  di  co- 
lonne, di  diversi  marmi,  otto  per  parte.  L' iscrizione  della  conca  porfiretica  sotto 
l'altare  di  mezzo,  dice:  "  ego  Coelestinus  corpora  sanctorum  et  oculis  vidi  et  ma- 
nibus  tentavi  et  recondidi  cum  titulo  antiquo  in  mausoleo  sub  altari  » .  Vedi  De  Rossi, 
Inscr.  Chr.  tomo  II,  p.  449,  n.  216.  Lo  stesso  papa  costruì  la  chiesa  di  s.  Salvatore 
delle  Coppelle.  L'iscrizione  ap.  de  Rossi  1.  e.  p.  447,  n.  207,  porta  la  data  del  1195. 

Prima  di  ricordare  altre  simili  costruzioni  di  chiese  in  aree  monumentali,  av- 
venute nel  seguente  secolo  decimoterzo,  è  necessario  fare  cenno  degli  scavi  e  delle  de- 
vastazioni commesse  dalle  varie  famiglie  dei  marmorarii  romani,  che  in  questo  tempo 
fiorirono.  Occupandomi  soltanto  di  scavi  e  non  di  storia  dell'  arte,  è  inutile  ripetere 
quanto  hanno  già  scritto  il  Promis,  il  Reumont,  il  De  Rossi,  il  Frothingham,  il  Richter, 
il  Mazzanti,  il  Rivoira  sulla  origine  e  sullo  sviluppo  di  queste  scuole  di  architetti-scul- 
tori-ornatisti. I  quali  scavarono  per  doppio  scopo  :  per  procurarsi  modelli  alle  loro  opere, 
e  per  fornire  di  materiale  le  loro  officine.  Molte  di  queste  botteghe  sono  state  sco- 
perte nei  tempi  nostri  ;  di  altre  trovate  anteriormente  abbiamo  descrizioni  più  o  meno 
autorevoli.  Conviene  prima  di  ogni  altra  cosa  distinguere  le  officine  dei  tempi  clas- 
sici da  quelle  posteriori  alla  rovina  della  città,  e  proprie  dei  marmorarii  romani 
dei  sec.  XII-XIIL 

Le  classiche,  come  è  facile  intendere,  stanno  sempre  al  piano  della  città  antica, 
sepolte  sotto  quello  stesso  strato  di  macerie  che  ricopre  i  grandi  edifizii  dell'  impero. 


OFFICINE   DEI   MARMORARI! 


In  secondo  luogo  non  contengono  marmi  di  seconda  mano  da  adattarsi  a  nuovi  usi, 
ma  manni  grezzi  con  sigle  di  cava,  e  date  consolari,  pur  ora  acquistati  dalla  «  ratio 
marmorum  ».  In  terzo  luogo  vi  si  trovano  busti  e  statue  appena  abbozzate  di  mar- 
tellina (')  insieme  a  quelle  già  condotte  a  pulimento  e  pronte  per  la  vendita.  La 
quarta  caratteristica  è  più  singolare.  In  queste  botteghe  si  trovano  spesso  figure, 
mezze  figure,  busti,  teste  di  Daci  prigioni,  scolpite  in  pavonazzetto  :  cosi  in  quella 
scoperta  nel  luglio  1841  in  via  de  Coronari  n.  211,  in  quella  scoperta  nel  1859  in  via 
del  Governo  vecchio  n.  46-47,  in  una  terza  trovata  nel  1870,  circa,  sotto  la  casa 
Massoli  in  via  dei  Coronari,  in  una  quarta  trovata  sotto  Clemente  X  accanto  la  casa 
Odam  nel  vicolo  del  governo  Vecchio,  e  così  via  discorrendo.  L'ultimo  argomento  è 
quello  del  sito.  Queste  botteghe  stanno  aggruppate  nel  lembo  settentrionale  della  pia- 
nui-a  cistiberina,  fra  l'Agone  e  Ponte,  ossia  fra  la  «  Statio  "  dell"  Amministrazione  dei 
marmi  presso  s.  Apollinare,  ed  il  molo  di  sbarco  alla  Torre  di  Nona,  descritto  dal 
Marchetti  nel  Bull,  cora.,  tomo  XVIII,  a.  1891,  p.  45  sg. 

Affatto  diverse  sono  le  caratteristiche  delle  officine  del  medio  evo  e  dei  primi 
anni  del  rinascimento. 

Nell'ultimo  quarto  del  cinquecento  scavandosi  nella  vigna  dei  Vittorj  presso 
r  antica  porta  Portese,  nel  sito  dei  giardini  di  Cesare,  fu  trovata  un'  officina  marmo- 
raria  ricavata  alla  meglio  da  due  stanzoni  antichi.  Era  piena  t  di  statue  e  di  teste 
di  filosofi  e  imperatori  «  che  furono  divise  tra  l' antiquario  de'  Vittorj  e  quello  del 
card.  Farnese.  "  Vi  si  trovarono  ancora  alcuni  strumenti  da  scultori,  che  sembra  vi 
fossero  portati  per  rassettare  o  sterpire  da  qualche  materiale  scultore,  e  poi  per  repen- 
tino bando  papale  fossero  ricoperte  »   Vacca,  Mem.  96. 

Negli  scavi  del  giardino  delle  Mendicanti,  dell'anno  1776  al  1780,  parve  agli 
archeologi  presenti  di  riconoscere  in  un'  angolo  di  quella  vaga  fabbrica  «  lo  studio  di 
uno  scultore  addetto  al  servizio  imperiale  ;  le  molte  teste  e  busti  d' imperatori  non  ter- 
minati di  restaurare,  i  frammenti  di  mani  con  globo,  non  ancora  compiti,  fecero  for- 
mare tale  idea  di  questo  luogo  »  Venuti  R.  A.,  tomo  I,  p.  60.  Dalle  notizie  che  pub- 
blicherò intorno  questi  scavi  famosi  nel  volume  III  risulta  trattarsi  invece  dell'  officina 
degli  scultori  che  restauravano  busti  e  statue  per  conto  o  di  Eurialo  Silvestri,  o  del 
cardinale  Alessandro  De  Medici  arcivescovo  di  Firenze,  i  giardini  dei  quali  si  esten- 
devano dalle  Mendicanti  sino  al  Colosseo. 

Nel  1823,  fondandosi  la  casa  situata  nella  via  dei  Quattro  Cantoni  ai  n.  46-48, 
appartenente  a  Giovanni  Batt.  Frontoni,  fu  trovata  una  altra  officina  costrutta  a  ma- 
niera di  capannone.  Le  servivano  di  recinto  alcune  pareti  antiche  di  mediocre  cortina. 
rivestite  di  marmo,  ma  nel  mezzo  dell'  ambiente  si  vedeva  una  fila  di  massi  di  tra- 
vertino con  un  foro  nel  quale  era  piantata  la  trave  verticale  destinata  a  sostenere  le 
incavallature  del  tetto.  In  questo  ed  in  un  vicino  ambiente  furono  scoperte  sei  statue 
marmoree  spezzate  ab  antico  a  colpi  di  mazza  sulle  gambe,  perchè  restassero  più 
facilmente  atterrate  —  alcuni  frammenti  di  antica  scultura,  e  varie  parti  di  cattivo 
restauro,  preparate  per  ricomporre   le   statue,  come  dita,  braccia,  mani,  piedi  —  un 


(')  Bart.^li,  Meni.  G8-70  ;  Bull.  coni.  1891,  p.  32  sgg. 


10  OFFICINE   DEI   MARMORARI! 


martellino  di  ferro,  dei  soliti  adoperati  dagli  scultori  —  un  grosso  mucchio  di  arena 
da  segatore  —  una  colonnina  di  marmo  bianco  incominciata  a  segare  —  marmi  grezzi, 
due  pezzi  di  colonne  di  bigio,  e  capitelli  corinzii  abbozzati. 

Delle  sei  statue,  acquistate  da  Ignazio  Vescovali,  la  prima  era  copia  in  pentelico 
del  Fauno  di  Prassitele.  Aveva  il  naso  e  l'estremità  del  piede  sin.  preparati  per  il  restauro: 
che  anzi  fu  pur  trovato  rifatto,  ma  non  posto  a  luogo,  il  pezzo  del  piede  mancante  : 
e  perchè  questo  era  riuscito  più  basso  della  misura  richiesta,  perchè  combaciasse,  si 
era  incominciato  a  limare  il  piede  antico  per  adattarlo  a  questo  bel  risarcimento. 

La  seconda  statua,  pure  di  Fauno  o  Satiro,  mostrava  nella  sin.  il  pedo  di  mediocre 
restauro.  La  terza,  copia  della  precedente,  aveva  preparata  al  restauro  l' attaccatura 
del  braccio  destro  e  di  varie  dita,  e  già  racconciato  il  pube  come  nella  prima.  La 
quarta  è  il  Marsia  di  Mirone  del  museo  Lateranense  (Helbig,  voi.  I,  p.  486,  n.  661): 
le  due  ultime  rappresentano  Ninfe  che  si  tengono  una  conca  dinnanzi  con  ambe  le 
mani,  ignudo  dal  mezzo  in  su,  figure  che  nella  prima  metà  del  corrente  secolo  sole- 
vano dirsi  Appiadi,  quasi  che  tutte  la  sola  acqua  appia  versassero.  Si  ritrovò  pure  la 
metà  superiore  di  un  Bacco  ed  altri  frammenti  di  minor  conto.  Vedi  P.  E.  Visconti 
in  Atti  Accad.  pontif.  Arch.  tomo  II,  p.  643. 

Il  10  marzo  del  1874  scavandosi  sul  confine  della  villa  Altieri,  a  poca  distanza 
dal  sito  nel  quale  l'anno  1583  furono  scoperti  i  simulacri  dei  Niobidi  (^)  e  dei  Lot- 
tatori, si  trovò  un  piano  coperto  di  arena  da  segatore  sul  quale  giacevano  molti  marmi 
grezzi  e  operati.  Il  più  notevole  è  quel  blocco  di  porfido  vergato  di  colpi  di  sega, 
che  si  vede  nel  cortile  del  museo  Capitolino.  Misura  m.  q.  2,44  ed  è  grosso  in  media 
m.  0,19. 

L'anno  1886,  il  24  maggio,  discoperta  una  quarta  bottega  da  marmorario  negli 
scavi  del  palazzo  della  Banca  d' Italia,  nell'  orto  già  Mercurelli  in  via  Mazarino.  L"  offi- 
cina comprendeva  almeno  due  ambienti,  già  appartenuti  ad  una  "  domus  "  patrizia 
forse  di  Giulio  Frugi  (^),  forse  di  Poblicio  Nicerote  (^). 

Nel  primo  ambiente  stava  diitto  in  piedi,  con  la  schiena  appoggiata  alla  parete 
di  fondo,  il  bel  simulabro  di  Antinoo  illustrato  dal  Visconti  nel  Bull.  com.  1886, 
p.  209  sg.,  tav.  VII.  Il  plinto  posava,  non  sul  pavimento  della  stanza,  ma  sopra  uno 
strato  di  rottami,  alto  m.  1,75  La  statua  è  stata  dunque  collocata  in  quella  postura, 
quando  1'  edificio  classico  era  già  sepolto  sotto  un  banco  di  calcinacci  grosso  quasi  due 
metri.  La  statua  inoltre  non  è  indigena,  ma  viene  forse  dall'ottavo  miglio  della  Nomen- 
tana,  tenuta  delle  Vittorie,  quarto  di  Valle  Valente  (*)  :  e  siccome  era  stata  trovata 
per  quelle  campagne  nel  fondo  di  un  fosso,  le  cui  acque  sature  di  carbonato  1'  ave- 
vano coperta  di  incrostazioni  calcari,  pare  che  gli  scopritori  abbiano  cercato  raschiarla, 
e  restituirle  il  pulimento,  come  dice  il  Vacca  essere  avvenuto  degli  ermi  degli  orti 
di  Cesare. 


(,')  Fabroni,  Diss.  sulle  statue  appartenenti  alla  favola  della  Niobe.  Firenze,  1779,  p.  20. 

(2)  Bull.  com.  1886,  p.  184  sgg. 

(^j  Ivi,  1887,  p.  18,  n.  1704. 

(*)  Ivi,  p.  191. 


OFFICINE   DEI   MARMORARII  11 


Il  secondo  ambiente  fu  trovato  pieno  di  marmi,  spoglie  di  antiche  fabbriche  già 
cadute  in  rovina.  Vi  erano  fusti  di  colonne  di  giallo,  e  di  africano,  blocchi  di  caristio 
e  di  travertino,  i  quali  mostravano  fino  a  tre  o  'Quattro  colpi  di  sega.  L'anno  seguente 
furono  ritrovati  quattro  blocchi  di  pavonazzetto  sui  quali  era  scritto,  in  caratteri  attri- 
buiti al  secolo  settimo  od  ottavo.   Urani  trib.  et  noi  ('). 

Il  giorno  15  nov.  1890,  cavandosi  nel  nuovo  Macello  Comunale  al  Testaccio,  fu 
scoperto  1'  atrio  di  una  casa  romana  con  peristilio  di  colonne  di  tufa  rivestite  d' into- 
naco monocromo,  occupata  in  epoca  assai  tarda  da  uno  scalpellino.  L' industria  del  quale 
sembra  essere  stata  quella  di  raccogliere  marmi  di  vecchie  fabbriche  abbandonate  per 
adattarli  a  nuova  forma  a  seconda  dell' occasione  del  giorno. 

In  uno  spazio  di  pochi  metri  quadrati  si  trovarono  diciotto  fusti  di  colonne  disposti 
parallelamente  con  un  certo  ordine,  e  poi  rocchi,  basi,  capitelli,  e  scaglioni  di  varia 
specie  (^).  E  qui  occorre  ricordare  che  quando  si  scavava  il  cosidetto  Emporio  Tibe- 
rino per  la  cloaca  della  via  Gustavo  Bianchi  si  riconobbe  che  gli  antichi  ambulacri 
e  i  voltoni  rappresentati  nella  tav.  V,  p.  157  della  terza  dissertazione  "  de  Aquis  " 
del  Fabretti,  avevano  servito  per  molti  anni  di  cantiere  ad  una  colonia  di  marmo- 
rarii:  che  questa  colonia  lavorava  quasi  esclusivamente  quattro  specie  di  marmi,  il 
porfido,  il  serpentino,  il  giallo,  il  pavonazzetto,  in  quantità  spaventevole  :  e  final- 
mente che  produceva  opere  assai  minute,  perchè  i  massi  da  lavorare  cubano  pochi 
decimetri,  e  le  scaglie  dei  piccoli  blocchi  già  lavorati  sono  assai  minute. 

Un  ottavo  cantiere  pieno  di  marmi  per  uso  di  chiese  e  di  chiostri  fu  trovato 
nel  1885  quando  si  tagliava  l'orto  dei  Passionisti  alla  Scala  Santa  per  lo  sbocco  del 
viale  Emmanuele  Filiberto  in  piazza  di  s.  Giovanni.  E  delineato  nella  tav.  XXII 
della  Forma  Urbis. 

Il  nono  appartiene  alla  basilica  Giulia,  ove,  nei  primi  scavi  del  1871,  si  trovò 
il  pavimento  antico  coperto  da  un  sottile  strato  di  terriccio,  e  su  questo  un  banco 
di  scaglie  minute  di  travertino  grosso  circa  m.  1.50.  Vedi  Bull.  List.  1871,  p.  243. 

Il  decimo  fu  scoperto  l'anno  1878  nello  xisto  della  casa  augnstana  sul  Palatino. 
Anche  qui  il  piano  era  coperto  da  uno  strato  di  scaglie  di  uiarrao  statuario  e  di  arena 
da  segatore  grosso  m.  1,25.  Su  questo  strato,  sostenuta  da  due  baggioli  o  cuscini 
di  pietra,  giaceva  la  bella  statua  di  Hera  del  museo  Nazionale  (Helbig,  Guide,  tomo  IL 
p.  195,  n.  974). 

Il  più  notevole  fra  questi  cantieri  di  recente  scoperta  è  quello  dei  marmorari i 
di  Raffaele  Riario  card,  di  s.  Giorgio,  il  costruttore  del  palazzo  della  Cancelleria.  Si 
sa  che  il  nipote  di  Sisto  IV  mise  a  contribuzione  parecchie  petraie,  e  contribuì  alla 
distruzione  del  tempio  del  Sole  (^)  di  un  ignoto  edifizio  vicino  a  s.  Eusebio  (')  del 
Colosseo  (?)  e  sopratutto  dell'arco  creduto  di  Gordiano  al  Castro  pretorio.  Per  ridurre 
ai  nuovi   usi  i  marmi  di  quest'ultimo,  si  costruì   una  tettoia  in  un  punto    che  oggi 


(')  Ivi,  18S7,  p.  18,  II.  1703. 

(-]  Ivi,  18'n,  p.  23  sgtj. 

0)  Sali.  Peruzzi.  scli.  064. 

(^)  Biondo,  II,  17;  Ganuicci,  p.  105;  Severaiio,  p.  G77 


12  OFFICINE   DEI   MARMORARII 


corrisponde  a  metà  di  via  Gaeta,  lungo  e  sotto  il  muro  di  cinta  della  villa  della  So- 
maglia.  Qui  l'officina  fu  ritrovata  il  21  ottobre  1871,  e  se  ne  ha  un  cenno  dal  Vespi- 
gnani  nel  Bull.  com.  tomo  I,  p.  103  sgg.  tav.  II  (cf.  p.  234,  tav.  II).  I  massi  del  cornicione 
e  le  sculture  figurate  dell'arco  giacevano,  non  sul  piano  antico  profondo  sei  metri,  ma 
sopra  un  piano  di  scarico,  2  ai  3  metri  sotto  il  marciapiede  di  via  Gaeta  :  e  non  erano 
ammassati  e  confusi  insieme  come  se  precipitati  dall'alto,  ma  regolarmente  adagiati 
sopra  conci  di  pietra,  nel  modo  stesso  col  quale  i  nostri  scalpellini  sogliono  collocare 
i  massi  da  sottoporre  alla  sega.  Gli  artefici  del  card,  di  s.  Giorgio  e  l'architetto  della 
Cancelleria,  Antonio  da  Sangallo  il  vecchio  (0  hanno  dunque  scelto  un  sito  non  molto 
discosto  da  quello  dell'arco  per  lavorarne  i  marmi  architettonici,  i  bassorilievi,  e  le 
iscrizioni,  affine  di  risparmiare  il  trasporto  alla  Cancelleria  stessa  delle  parti  non  op- 
portune alla  nuova  destinazione.  Questa  officina  è  dell'anno  1485  o  1486:  ma  quale 
sarà  la  data  delle  altre? 

P.  E.  Visconti,  descrivendo  le  scoperte  del  1823  ai  Quattro  Cantoni,  crede  che  la 
bottega  appartenesse  a  restauratori  di  statue  «  di  tempi  più  ai  nostri  che  agli  antichi 
vicini»  e  «che  sia  andata  a  male  nelle  luttuose  calamità  che  afflissero  Eoma  nel  se- 
colo XVI  »  cioè  nel  sacco  del  1527.  Che  cosa  abbian  da  fare  le  luttuose  calamità  di 
quei  tempi  con  le  sei  statue  scoperte  agli  Otto  Cantoni  è  difficile  di  indagare  :  ma  è 
giusto  ricordare  a  sostegno  dell'  opinione  del  Visconti  che,  a  poca  distanza  dal  sito  di 
quella  bottega,  il  card,  di  s.  Angelo,  Giuliano  Cesarini,  aveva  inaugurato  il  20  maggio  1500, 
il  primo  museo-giardino  statuario  aperto  al  pubblico  in  Eoma.  Vedi  il  cod.  angelic.  1729, 
e.  12  e  la  «  lei  hortorum  »  elegantissima  ap.  Schrader,  e.  217'.  Anche  lo  studio  di 
restauro  scoperto  nel  1776  alle  Mendicanti  è  legato,  come  dissi  poc'anzi,  col  museo- 
giardino  Silvestri-De  Medici.  Per  il  caso  della  basilica  Giulia,  si  può  pensare  alla 
società  per  la  produzione  della  calce  quivi  stabilitasi  nel  1426  (vedi).  Il  cantiere  della 
scala  santa  può  avere  relazione  coi  lavori  del  Vassalletto  nel  chiostro  Lateranense  del 
1230  circa,  o  con  quelli  di  Nicolao  di  Angelo  di  Paolo  nel  portico  della  stessa  basilica 
del  1175  circa.  Per  l'interpretazione  degli  altri  casi  conviene  ricorrere,  a  mio  giu- 
dizio, a  una  notizia  rimasta  per  tanti  anni  negletta  negli  scritti  del  Winckelmann,  e 
che  il  Marucchi  ed  io  abbiamo  dì  nuovo  pubblicata  (-).  Il  Winckelmann  descrive  una 
statua  della  raccolta  Verospi  rappresentante  Esculapio,  sul  plinto  della  quale  era  in- 
ciso il  nome  di  uno  degli  illustri  Vassalletti  che  fiorirono  nella  seconda  metà  del  se- 
colo XII  0  nella  prima  del  XIII  (^).  Questa  statua  di  Esculapio  è  stata  certamente 
in  piedi  nello  studio  dei  Vassalletti,  come  1'  Antinoo  della  Banca  d'  Italia  è  stato 
in  piedi  nello  studio  di  qualche  altro  artefice.  Al  quale  proposito  ricordo  che  fra  i 
marmi  del  chiostro  lateranense  v'  è  una  serie  di  squisite  figurine  d'alto  rilievo,  che 
credo  provenire  dal  ciborio  di  s.  Matteo  in  Merulana.  La  testa  della  figura  di  s.  Gio- 
vanni Battista  è  certamente  modellata  su  quella  di  un'Antinoo. 

(')  Lanciarli,  Arcliiv.  S.  R.  S.  P.  tomo  VI,  p.  227;  Gnoli,  Archivio  Stor.  dell'Arte,  Anno  V  (1892), 
fase.  Ili,  p.  17G  s<;g. 

(")  Winckelmann,  Storia  deirarto,  ediz.  Fea,  tomo  II,  p.  1-14  ;  Lanciani,  Pagan  and  Chr.  Rome, 
p.  240  sgg. 

(')  De  Rossi,  Bull,  crist.  1891,  p.  93. 


OFFICINE    DEI    MARMORARIl  13 


Che  poi  i  due  Vassalletti,  architetti  e  scultori  ornatisti  del  detto  chiostro  ('),  col- 
tivassero lo  studio  dell'arte  antica  lo  dimostrano  le  sfingi  quivi  scolpite  a  sostegno 
dell'archetto  d' ingresso  dalla  parte  di  ponente.  Anche  la  porta  di  s.  Antonio  all'  Esqui- 
lino  (a.  1269)  ha  sfingi  che  sostengono  colonnette  (*).  Si  è  voluto  attribuire  l'ispi- 
razione di  queste  opere  ai  racconti  dei  pellegrini  di  Terrasanta  o  dei  Crociati  :  ma 
non  c'era  necessità  di  ricorrere  ai  monumenti  dell'Egitto,  quando  Roma  stessa  offriva 
ai  proprii  artisti  modelli  eccellenti  nel  dromos  dell'Iseo  Campense,  e  nel  recinto  della 
Isis  Metellina  della  III  regione,  posto  a  pochi  passi  di  distanza  dal  Laterano  e  da 
s.  Antonio. 

L' Esculapio  Verospi  non  e  la  sola  opera  d'arte  antica  proveniente  dalle  botteghe 
dei  marmorarii  romani  del  secolo  XII  e  XIII.  A  d.  dell'  ingresso  attuale  di  s.  Stefano 
Rotondo  sta  una  cattedra  balneare  marmorea,  sulla  quale  vuole  la  tradizione  che  s.  Gre- 
gorio recitasse  alcuna  delle  sue  omelie.  E  molto  più  probabile  che  sia  stata  messa 
in  quel  luogo  al  tempo  d'Innocenzo  II  (1130-1143)  costruttore  del  vicino  portichetto. 
Nel  suppedaneo  della  cattedra  è  inciso  il  nome  di  un  M.\Gisler  IOH«/?/egS  che  l'ha 
posseduta,  e  forse  ripulita  e  acconciata.  Ricordando  in  ultimo  luogo  le  circostanze  che 
accompagnarono  la  scoperta  sopiacitata  del  cantiere  all'  Emporio  tornano  subito  al  pen- 
siero i  pavimenti,  gli  amboni,  i  ciborii,  i  mausolei,  incrostati  di  tasselli  di  porfido  e 
di  serpentino,  opere  caratteristiche  della  scuola  romana  che  si  dice  ordinariamente 
Cosmatesca,  ma  che  comprende  invero  quattro  grandi  famiglie:  quella  «  filiorum  Pauli  " 
fiorita  nella  metà  del  secolo  XII:  quella  detta  di  Lorenzo,  o  dei  Cosmati  che  fiorì 
per  cinque  generazioni,  dalla  fine  del  secolo  XII  alla  fine  del  XIV:  quella  dei  tre 
0  forse  quattro  Vassalletti  che  fiorì  dal  1153  alla  seconda  metà  del  mille  dugento: 
quella  di  Ranuccio  Romano,  dei  suoi  figliuoli  (Petrus,  Nicolao)  nipoti  (Giovanni,  Guit- 
tone)  e  pronepote  (Giovanni),  che  fiorì  dal  1143  al  1209  (3). 

La  sola  notizia  eh'  io  possa  aggiungere  a  quanto  è  stato  scritto  finora  intorno  questi 
precursori  del  Rinascimento,  concerne  il  sito  dello  studio  o  bottega  dei  Cosmati.  In 
una  carta  del  22  settembre  1372,  in  atti  di  Paolo  Serromani  prot.  649  e.  14,  A.  S.  C. 
madonna  Oddolina  vedova  di  Corraduccio  Mastrone,  dichiara  al  giudice  palatino  di  avere 
ereditato,  fra  molti  stabili  «  unam  domum  positam  in  regione  pinee  inter  hos  fines. 
ab  uno  latere  tenet  Coluccia  marmorarius,  et  heredes   Gosmati   marmorarii, 

ab  alio  latere  tenet  domina (sic)  a  duobus  lateribus  sunt  vie  publice  - .  Un  altro 

atto  contemporaneo  del  notare  Gianpaolo  Goiolo,  prot.  849  e.  325  A.  S.  con  la  data 
data  del  14  decembre  1412,  parla  di  una  vigna  degli  eredi  stessi  in  via  Ardeatiua.  e 
fornisce  notizie  biografiche  sul  Coluccia  marmorarius.  «  In  presentia  mej  notarij  pauliis 
cole  gratianj  dictus  alias  paulus  talgialoiito  marmorarius  de  Regione  pinee  preseutibii< 
diìa  angela  uxore  sua  et  colutio  filio  ipsius  pauli  et  diete  dtie  angele  veudidit  bar- 
tUolonieo  guillelmj  de  Sycilia.  Idest  duas  petias  vince  ipsius  pauli  plus  vel  initius 
quante  sunt  cum  parte  vasce  vascalis  et  tinj  esistente  in  eis  et  cum  candele  existt-nti 


{')  Bull.  com.  1887,  p.  99;  De  Rossi.  Bull,  crist.  1891,  p.  91   segs 
C)  Cf.  Stevenson,  Mostra  di  Roma.  p.  173. 
(^)  Bull,  crist.  1875.  p.  122. 


14  SCAVI   DEI   MARMORARII,    PILI   PER   l'aCQYA    SANTA 

in  eis  et  cum  parte  cisterne  existentis  in  eis  que  vinea  posita  est  extra  portam  apie 
in  loco  qui  dicitur  la  torre  de  perolj  in  proprietate  dae  andree  uxoris  condam 
barthellutij  de  mar r ance  (Tor  Marrancia!)  inter  hos  fines  ab  uno  latere  tenet  paulus 
thome  verallj  ab  alio  latere  tenent  heredes  quondam  gosmati  marmorarij 
ante  est  via  publica.  Hanc  autem  venditionem  fecit  dictus  paulus  eidem  bartholomeo 
emptori  predicto  prò  pretio  octo  florenorum  » . 

Le  opere  dei  marmorarii  di  Roma  e  delle  province  si  collegano  alla  storia  degli 
scavi  per  tre  motivi.  In  primo  luogo  essi  «  prescelsero  per  le  fasce  ed  i  meandri  del- 
l' opus  tessellatum  dei  pavimenti,  degli  amboni  e  d' ogni  altra  marmorea  decorazione, 
le  pietre  cemeteriali,  e  ne  fecero  lo  sciupo  e  la  strage  che  nelle  romane  basiliche 
tuttora  vediamo.  La  varia  sottigliezza  di  quelle  lastre  e  la  loro  forma  oblunga  assai 
si  prestavano  all'  uopo  dell'  opera  predetta.  Così  alle  romane  catacombe  in  tanti  modi 
spogliate  e  devastate  toccò  anche  la  sventura  d' essere  ai  marmorarii  romani  quasi 
miniera  di  lastre  »  De  Rossi,  Bull,  crisi  1875,  p.  130.  In  secondo  luogo  si  deve  a 
essi  il  principio  e  lo  svolgimento  del  commercio  di  esportazione  dei  marmi  urbani,  fa- 
vorito dalla  circostanza  del  rinnovamento  dei  Comuni  di  Italia,  ognun  dei  quali  volle 
dedicare  al  santo  protettore  un  tempio  «  grande,  bello,  magnifico,  le  cui  armoniose 
proporzioni  in  altezza,  larghezza,  e  lunghezza  si  legassero  tanto  perfettamente  ai  par- 
ticolari dell'  ornato  da  renderlo  decoroso  e  solenne  e  degno  del  culto  divino,  e  della 
fama  della  città  »  come  in  Siena  :  col  campanile  che  dovesse  innalzarsi,  come  a  Spoleto 
«  usque  ad  sidera  " . 

I  più  vecchi  raccoglitori  di  epigrafi  danno  curiosi  particolari  sull'  uso  e  sull'  abuso 
dei  marmi  antichi  nelle  fabbriche  delle  chiese.  Il  Mazochio  copiò  sei  iscrizioni  in  s.  Apol- 
linare vecchio,  una  nelle  quali  «  in  urna  aquae  benedictae  »  le  altre  «  in  pavimento 
prope  rostra  chori,  in  pav.  inter  rostra  chori,  in  pav.  a  latere  dextro  chori,  in  pav. 
prope  altare  maius  " ,  l'ultima  «  in  eodem  ambitu  in  horto  cardinalis  Agennensis  " . 
Vedi  cod.  vat.  8492,  e.  83'.  Altro  elegante  esempio  dell'  uso  dei  marmi  scritti  e  scol- 
piti nelle  chiese  di  Roma  si  ha  a  e.  21'  e  22  dello  stesso  codice,  postillato  dal  Lelio, 
a  proposito  di  quella  dell' Aracoeli.  Questi  monumenti  servivano  «  prò  ara  s^^  Angeli, 
prò  altare  Annuntiate,  prò  fulcro  altaris  divi  Georgii,  prò  fulcro  alt.  Marie  virginis  prò 
fulcro  alt.  santi  Pauli  »  etc.  Presso  la  porta  laterale  della  chiesa  verso  il  Campido- 
glio si  vedeva  scritto  LOCVS  SACER  IVSSV  Q.  BATONI  TELESPHORI!:  ciò  che  non 
farà  maraviglia  a  chi  ricordi  la  leggenda  del  cippo  collocato  accanto  l'aitar  grande  di 
s.  Maria  maggiore  :  INGRATAE  VENERI  SPONDEBAM  MVNERA  SVPPLEX-EREPTA 
COIVX  VIRGINITATE  TIBI  ! 

Tutti  i  marmi  erano  di  buona  preda,  ma  due  classi  (oltre  quelle  delle  lastre  in- 
scritte per  uso  dei  pavimenti)  furono  prese  specialmente  di  mira.  La  prima  è  quella 
dei  cippi  e  in  era  ri  i,  il  cui  ricettacolo  quadrato  o  rotondo  si  prestava  a  contenere 
l'acqua  santa.  Il  CIL.  ne  ricorda  oltre  il  centinaio,  fra  i  quali  12871  in  ecclesia  s.  Leo- 
nardi apud  forum  Judaeorum,  12934  in  s.  M.  Transpontina  iuxta  fontem  s.  Petri, 
13534  in  Aracoeli,  13540  in  s.  Clemente,  13871  in  s.  M.  Maggiore,  14147  in.  s.  Saba, 


PILI    PER   l'aCQVA   santa,    CALICI    MARMOREI  15 

14440  in  ecclesia  s.  Benedicti  in  platea  Tagliacotii  reg.  Arenulae  (la  Trinità  de'  pel- 
legrini), 14680  alle  tre  Fontane,  15001  nella  sagrestia  di  s.  Filippo  fuori  porta  Pin- 
. ciana,  15030   «in  pilla  marmorea  cipo  antiquo  ubi  est  aqua  benedicta  in  s.  Andrea 
in  Nazareno  »  presso  corte  Savella,  etc. 

Fra  Giocondo  ha  registrato  con  cura  particolare  questi  monumenti  (Cod.  Chat- 
sworth,  e.  66  infra  ecclesiam  s.  Nicolai  de  Columna,  e.  66'  in  ecclesia  s.  M.  Mina, 
e.  69  in  s.  Luciae  de  le  qatro  porto,  e.  109  in  s.  Marco  etc.)  e  anche  più  di 
lui  il  Mazochio  nel  cod.  vat.  8492,  ove  se  ne  contano  parecchi  delineati  dal  postil- 
latore Lelio.  Le  chiese  ove  stavano  sono  s.  Apollinare,  s.  Simeone,  s.  Biagio  della 
Fossa,  s.  Nicolao  in  Agone,  s.  M.  in  Vallicella,  s.  Brigida,  s.  Martinello,  s.  M.  in 
Monticelli,  s.  M.  di  Monserrato,  s.  M.  in  Julia  (disegno),  il  Battistero  Lateranense, 
Sancta  Sanctorum,  la  cappella  di  s.  Benedetto  a  Ponte  Quattro  Capi,  etc.  etc.  Credo 
che  ora  ne  rimangano  in  uso  appena  tre  o  quattro.  Ne  ricordo  uno  a  s.  M.  in  Do- 
minica,  uno  nell'atrio  di  s.  Teodoro,  e  un  terzo  nella  facciata  della  cappella  del 
casale  di  Prima  Porta,  a  destra  della  porta  d' ingresso.  È  un  ossuario  a  doppia  ansa 
che  porta  scritto  a  lettere  del  secondo  secolo: 

iRRVNTIVS 

IL  •  HILARIO.  eoe 
X  •  ANN.  XXXX 

La  seconda  classe  di  monumenti  messa  in  opera  per  adornamento  delle  chiese  è 
quella  dei  vasi,  catini  e  calici  di  fontane,  che  si  collocavano  negli  atrii  e  nei 
quadriportici,  e  della  quale  ho  già  parlato  poc'  anzi.  Vedi  Ruccellai  in  Archivio  S.  R. 
St.  Patria,  tomo  IV,  pag.  569.  «  Item  sulla  piazza  di  rimpetto  alla  porta  di  mezo 
(di  s.  M.  maggiore)  uno  vaso  di  porfido  di  uno  pezzo,  ritratto  a  modo  di  tazza  in  su 
colonnette,  che  il  diametro  suo  può  essere  braccia  4  in  5  ».  Id.  ibid.  p.  574  »  la 
chiesa  di  sancto  Piero  in  Vincola  dove  è  di  fuori  allato  alla  porta  della  chiesa  uno 
vaso  di  granito  di  lunghezza  di  braccia  10  et  largo  braccia  quattro  et  alto  braccia 
quattro,  con  una  figura  allato  di  porfido  senza  testa  ». 

Nel  Campo  lateranense,  oltre  alla  ben  nota  raccolta  di  bronzi,  v'  erano  sculture 
marmoree,  fra  cui  due  leoni  collocati  su  rozzi  piedistalli,  a  d.  ed  a  s.  del  simulacro 
di  M.  Aurelio.  Vedi  il  bozzetto  di  M.  Heeniskerk  in  «  Gesammelte  Studien  zur  Kuust- 
geschichte:  eiu  Festgabe...  fur  Anton  Springer,  Leipzig,  1885. 

Un  rame  notissimo  del  Lafreri  rappresenta  la  raccolta  di  marmi  antichi  davanti 
il  portico  della  Rotonda,  come  appariva  nel  1549.  Vi  è  il  «  labrum  ex  porphyrite  •> 
ora  nella  cappella  Corsini  :  i  «  duo  ex  ophite  leones  »  ora  nel  museo  Capitolino,  e 
un  vaso  di  bella  invenzione,  forse  uno  di  quelli  visti  dal  Ruccellai  1.  e.  p.  57o 
(item  sulla  piazza...  una  sepoltura  di  porfido  molto  gentile  con  due  lioni,  dallato  una 
bella  petrina,  et  con  due  vasetti  di  porfido  dallato  "j.  L'Ugonio  Stazioni  31o'  nomina 
due  soli  vasi  di  porfido:  e  due  soli  appariscono  nelle  vignette  del  Du  Perac  tav.  35, 
del  Sadeler  tav.  33,  di  Pietro  Schenck  I,  07  e  di  Alo  Giovaunoli.  La  seconda  conca 
fu  trasportata  a  Fena-a  nel  1592. 


16  CALICI    MARMOREI,    TRASFaRMAZlONE    DI    STATVE 

S.  Giacomo  del  Colosseo  aveva  pure  il  suo  bacino,  trasferito  da  Paolo  II  nella 
piazza  di  s.  Marco.  Secondo  l'anon.  Magliab.  (p.  163  Uurlichs)  questo  sarebbe  una  cosa 
sola  con  la  nota  conca  di  Parione  :  «  ad  concham  Parionis  fuit  templum  Pompei...., , 
quae  concha  traslata  fuit  et  stat  nunc  in  Colliseo  coram  hospitali  sancti  Jacobi  » 
ina  le  sue  parole  non  meritan  fede.  Altre  conche  sono  descritte  dall' Aldovrandi, 
p.  291,  312  e  dal  Vacca,  mem.  34. 

La  «  navicella  «  di  s.  M.  in  Domnica,  che  taluni  credono  scultura  del  tempo  di 
Leon  X,  stava  invece  in  quel  luogo  sino  dai  tempi  di  mezzo,  come  apparirà  dai  do- 
cumenti che  sono  per  pubblicare.  Vedi  a.  1484. 

Due  campioni  di  questa  classe  hanno  durato  sino  ai  tempi  presenti:  il  calice 
marmoreo  di  s.  Cecilia,  simile  a  quello  del  cortile  Mattei  proveniente  senza  dubbio 
da  qualche  altra  chiesa  :  e  la  vasca  di  s.  Cosimato  {^).  Ne  rimaneva  un  terzo  di 
grande  pregio  istorico  e  topografico,  ma  la  stoltezza  dei  nostri  tempi  ci  ha  pri- 
vato anche  di  questa  bella  memoria  dei  tempi  passati.  Parlo  del  celeberrimo  «  calii 
marmoreus  "  posto  nell'  atrio  della  vetusta  basilica  dei  ss.  Apostoli,  e  quivi  descritto 
sin  dagli  anni  560-573  da  Giovanni  III  («  Via  ubi  est  calix  marmoreus,  et  lapis 
marmoreus  magnus  in  gradibus  eicavatus  »  cioè  la  scala  del  tempio  del  Sole.  Vedi 
Urlichs,  Codex,  p.  200).  Girato  di  180^  l'asse  della  basilica,  e  trasferitone  l' ingresso 
da  oriente  ad  occidente,  il  calice  rimase  probabilmente  nel  sito  primitivo,  dove  sor- 
sero più  tardi  le  case  dei  Papazurri,  essendovi  memoria  di  un  trasferimento  fatto 
nell'anno  1456  il  giovedì  29  aprile.  (Vedi).  È  rimasto  nel  mezzo  del  secondo  chiostro 
del  convento  sino  al  1892,  nel  quale  anno  fu  destinato  a  fungere  da  vaso  di  fiori  nelle 
Terme  di  Diocleziano. 

Il  doti.  W.  Amelung  ha  segnalato  una  terza  classe  di  marmi  usati  dagli  scul- 
tori del  rinascimento,  quella  delle  «  statue  antiche  trasformate  in  figure  di  santi  ». 
Egli  cita  il  s,  Sebastiano  in  s.  Agnese  dei  Pamphili,  ricavato  da  un  Giove  o  da  un 
imperatore  seduto:  la  s.  Agnese  sotto  il  tabernacolo  della  basilica  nomentana,  replica 
(antica)  di  una  delle  due  figure  femminili  di  Ercolano,  ora  nel  museo  di  Dresda:  la 
s.  Elena  nella  cripta  di  s.  Croce  in  Gerusalemme,  già  statua  di  Giunone:  e  il  s.  Giu- 
seppe nel  cortile  Sacripante,  la  cui  testa  è  ritratto  di  Antonino  Pio:  etc.  Credo  che 
la  lista  possa  essere  aumentata.  Vedi  Mittheil.  tomo  XII,  1897,  p.  71. 

Per  quanto  si  riferisce  a  Roma  le  opere  dei  marmorarii  offrono  la  seguente  cronologia: 

1130  circa.  Coro  vaticano  (?)  scolpito  da  Paolo. 

1140  circa.  Ciborio  della  Hierusalem,  scolpito  dai  tre  figliuoli  di   Paolo,   Giovanni, 

Angelo  e  Sassone, 
1148.  Ciborio  di  s.  Lorenzo  f.  1.  m.  scolpito  dai  medesimi  e  dal  quarto  fratello  Pietro. 
1150    circa.  Ciborio  dei  ss.  Cosma  e  Damiano,  opera  dei  predetti. 
1154.  Ciborio  di  s.  Marco,  opera  dei  predetti. 

(')  Collocata  nel  sito  presente  l'anno  1731. 


OPERE    DEI    MARMORARII,    ESPORTAZIONE    DEI    MARMI  17 

1162.  Ciborio  dei  ss.  Apostoli,  ^colpito  da  Lorenzo  di   Tebaldo,  capostipite  dei   Co- 

smati.  Altre  sue  opere  in  Araceli. 
1170-1180.  Portico  della  bas.  lateran.  eretto  da  Nicolao  figliuolo  di  Angelo  di  Paolo, 

e  candelabro  della  bas.  Ostiense  scolpito  dal  medesimo.  Sotterranea  confessione 

e  pozzo  delle  reliquie  (?)  in  s.  Bartolomeo  all'  isola. 
1200   circa.  Porta  di  s.  Pudenziana,  opera  del  Vassalletto  seniore. 
1205.  Porta  di  s.  Saba,  opera  di  Jacopo  Cosmate. 
1227.  Coro  di  s.  M.  in  Monticelli,  opera  di  maestro  Andrea  e   di   suo   figlio,  dello 

stesso  nome.  Vedi  Ugonio,  Theatrum,  e.  385. 
1230    circa.  Chiostro  lateranense,  opera  del  Vassalletto  II.  Precede  di  pochi  anni  il 

chiostro  di  s.  Paolo. 
1264.  Lavori  in  s.  Urbano  a  Campo  Carleo,  di  maestro  Angelo. 
1277-1281.  Cappella  di  s.  Sanctorum,  opera  di  Cosmate  I. 

1284.  Tabernacolo  di  s.  Cecilia  scolpito  da  Arnolfo.  Tabernacolo  di  s.  Bartolomeo 
air  Isola,  opera  di  Ognissanti  Callarario  dei  Tedorini. 

1285.  Tabernacolo  di  s.  Paolo,  scolpito  dal  medesimo  e  dal  socio  Pietro  (Cavallini?) 
1290    circa.  Ciborio  dei  ss.  Giovanni  e  Paolo,  scolpito  da  Cosmate  IL 

1295  circa.  Ciborio  di  s.  Giacomo  alla  Longara,  scolpito  da  Diodato  e  Jacopo  figliuoli 
del  precedente.  Pavimento  di  s.  Ambrogio  de  Maxima,  opera  di  Jacopo.  Vedi 
Ugonio,  Theatrum,  e.  300. 

1297.  Tabernacolo  di  s.  M.  Maddalena  al  Laterano,  opera  di  Diodato.  Ciborio  di 
s.  M.  in  Campitelli,  eretto  dal  medesimo  a  spese  dei  Capozucchi. 

1297-1300.  Sepolcri  del  Durante  e  del  card.  Consalvo  alla  Minerva,  opera  di  Giovanni 
Cosmate.  Sepolcro  di  Stefano  dei  Sordi  in  s.  Balbina,  opera  del  medesimo.  Se- 
polcro di  Bonifacio  VIII,  opera  di  Arnolfo  e  di  Pietro.  L'arte  cosmatesca  cessa 
di  brillare  nel  1302  col  monumento  del  card.  Matteo  d'Acquasparta  in  Ara- 
celi. Vedi  Gregorovius  V,  p.  727. 

Sui  lavori  eseguiti  da  costoro  nelle  città  circostanti  a  Roma,  vedi  l' importante 
paragrafo  del  Bull,  crisi  1875,  p.  124. 

Sul  commercio  di  esportazione  dei  marmi  di  scavo  vedi  il  mio  articolo  ^  Va- 
nished  Rome  »  nel  Pali  Mail  Magazine  dell'ottobre  1894,  p.  207  segg.  Sembra  certo 
che  r  industria  dello  scavare  materiali  per  i  calcinai  e  per  le  nuove  opere  di  scal- 
pello sia  stata  assunta  da  tanti  speculatori  che  ben  presto  la  produzione  sopravanzò 
la  richiesta.  Nacque  perciò  la  necessità  di  trovare  nuovi  sbocchi  al  commercio,  non 
solo  con  le  provinole  vicine,  ma  anche  con  i  paesi  al  di  là  delle  Alpi  e  al  di  là  del  mare. 

Questo  argomento  non  può  essere  trattato  a  fondo,  perchè  molti  elementi  di  in- 
formazione 0  sono  andati  perduti  o  stanno  nascosti  negli  archivii  dei  Comuni  italiani. 
0  delle  fabbricerie  locali.  Il  successo  ottenuto  da  Luigi  Fumi  esaminando  quello  del 
duomo  d'  Orvieto  dovrebbe  spronare  altri  a  tentare  la  prova. 

La  più  antica  memoria  di  trasporti  di  marmi  da  Roma  a  terre  lontane  ò  del 
tempo  di  Teodorico,  e  concerne  le  colonne  della  Domus  Pinciana  spedite  a  Ravenna. 


Ì"8  ESPORTAZIONE    DEI    MARMI 


Segue  quella  delti-asporto  delle  colonne  porfiretiche  dal  tempio  del  Sole  Quiri- 
nale a  s.  Sofìa  di  Costantinopoli,  attribuito  al  regno  di  Giustiniano.  La  parte  del 
duomo  di  Aii-la-chapelle  edificata  da  Carlo  Magno  (796-804)  e  consacrata  da  Leone  ITI, 
è  opera  di  marmorarii  romani,  sul  modello  dall'  ottagono  di  s.  Vitale  a  Ravenna. 
Le  colonne  preziose  dell'ordine  alto  (Hoch-miiuster)  rapite  dai  Francesi  nel  1794 
e  restituite  con  la  pace  del  1815,  provengono  in  parte  da  Roma,  in  parte  da  Tre- 
viri e  da  Ravenna:  che  anzi  lo  studio  di  copiare  i  nostri  storici  monumenti  fu 
condotto  a  tal  punto  che  il  duomo  di  Aii  ebbe  la  sua  Lupa  di  bronzo,  simile  a  quella 
del  Campo  lateranense,  e  la  sua  Pigna,  simile  a  quella  della  fontana  di  Simmaco 
nel  paradiso  di  s.  Pietro. 

La  cattedrale  di  Pisa  cominciata  nel  1063,  e  consacrata  nel  1118  da  Gelasio  II, 
contiene  infiniti  marmi  di  Roma  e  di  Ostia,  alcuni  dei  quali  anch'  oggi  portano  il 
certificato  d'origine,  come  quello  del  Genio  della  Colonia  Ostiense  CIL.  XIV,  9, 
presso  r  angolo  s.  o.  della  nave  transversa.  Si  importarono  anche  sarcofagi,  come  quello 
di  Marco  Annio  Proculo  (ibid.  292)  scoperto  nuovamente  l'anno  1742  a  piedi  dell'aitar 
maggiore.  L'officina  ove  «  molte  spoglie  di  marmi  stati  condotti  dall'  armata  de  Pi- 
sani »  (Vasari)  si  adattavano  alle  nuove  opere  sotto  la  direzione  di  Busketo  e  Ro- 
naldo,  fu  scoperta  fra  gli  anni  1883  e  1892  nell'  orto  di  Luigi  Bottari,  contiguo 
alla  piazza  del  Duomo.  L'ha  descritta  il  prof.  Ghirardini  nelle  Notizie  del  1892, 
p.  149-151. 

Dalle  cave  inesauste  «  districtus  urbis  »  si  cavarono  materiali  per  la  costruzione 
del  duomo  di  Lucca  (1060-1070),  di  Monte  Cassino  (1066),  di  s.  Matteo  in  Salerno 
(1084),  di  s.  Andrea  in  Amalfi  (XI  secolo),  del  duomo  di  Spoleto,  del  battistero  di 
s.  Giovanni  in  Firenze  (1100),  del  monastero  di  Nostra  Signora  di  Tergu  in  Sardegna, 
del  monastero  di  s.  Fruttuoso  a  pie  del  monte  di  Portofino,  della  chiesa  di  s.  Fran- 
cesco a  Civitavecchia,  del  duomo  d'Orvieto  (1321-1360)  e  perfino  dell'abbazia  di  West- 
minster.  Per  taluni  di  questi  edificii  manca  la  prova  scritta,  ma  la  qualità  e  la 
condizione  dei  marmi  che  li  compongono  bastano  a  mostrarne  l'origine.  Alfano  e 
Leone  d'Ostia  parlano  delle  «  columnae,  bases,  ac  lilla  et  diversorum  colorum  mar- 
mora  »  trasportate  col  mezzo  di  barche  da  Roma  alla  bocca  del  Garigliano,  e  col 
mezzo  di  bufali  dalla  bocca  del  Garigliano  a  Montecassino.  Le  colonne  ed  i  marmi 
del  duomo  di  Salerno  formarono  parte  del  bottino  di  guerra  di  Roberto  Guiscardo. 
I  porfidi  e  i  serpentini  onde  sono  commessi  il  sepolcro  di  Enrico  III,  parte  del  pavi- 
mento davanti  all'altare  grande,  e  certi  altri  sepolcri  nella  cattedrale  di  Westminster 
furono  portati  via  da  Roma  dall'abbate  Richard  of  Ware  poco  dopo  il  1258.  Si  pos- 
sono ricordare  in  ultimo  luogo  le  parole  dell'Epist.  hortatoria  del  Petrarca:  n  de  vestris 
marmorei^  columnis,  de  liminibus  templorum,  de  imaginibus  sepulchror.  sub  quibus 
patrum  vestror.  venerabilis  cinis  erat,  desidiosa  Neapolis  a  doma  tur». 

Il  comm.  Fumi  cosi  parla  delle  provviste  dei  materiali  da  decorazione  per  il 
duomo  d'Orvieto  nel  suo  splendido  volume  del  1891  (')  :   «  Notevole  è  la  quantità  di 

(')  Luigi  Fumi,  Il  duomo  di  Orvieto  e  i  suoi  restauri.  Roma,  Società  Laziale  1891,  p.  28  segg. 


SCAVI   PEL    DVOMO    DI    ORVIETO  19 

marmi  venuti  da  Roma  e  dalle  sue  vicinanze.  Già  dai  ricordi  datici  dal  p.  Della 
Valle  (0  si  hanno  marmi  romani  arrivati  per  la  via  di  Orte,  ne'  primi  anni  della 
edificazione  della  chiesa  (giugno  1316).  Maestri  dell'Opera  si  trovavano  a  lavorare 
al  Castello  della  Galera,  nelle  parti  di  Roma,  e  nel  maggio  1321  vi  ricevevano  messi 
con  lettere.  Maestro  Ciolo  di  maestro  Tommaso  d'Amelia  faceva  spesa  in  Roma  per 
cavare  marmi  da  un  fossato  presso  lo  stesso  luogo,  e  per  la  polizza  di  salvacondotto 
fuori  di  Roma,  e  per  pagare  un  notaro  che  scrisse  lettere  da  parte  dei  conti  dell'An- 
guillara.  In  altro  documento  dello  stesso  mese  sono  registrate  tutte  le  spese  fatte  da 

lui  a  maestri  e  lavoranti  che   erano  a  ricercare   e   a   lavorare  marmi La  spesa 

notata  per  portare  ferramenti  e  altro  da  Orvieto  a  Roma,  a  Castel  Galera,  e  altrove, 
fa  vedere  che  s'intrapresero  i  lavori  intorno  a  quel  tempo.  Nel  giugno  potevano  già 
essere  recati  circa  venti  pezzi  di  marmo  del  peso  di  molte  migliaia  di  libre.  Da  Roma 
stessa  spedironsene  sette  da  Castel  sant'Angelo,  oltre  quelli  che  se  ne  acquistarono  da 
varie  persone.  Molti  ne  forni  anche  la  contrada  di  s.  Paolo  (^).  Coi  nostri  sono  nomi- 
nati maestro  Jacomo  di  Luca  marmorario  di  Roma,  che  fu  insieme  con  essi  per  quattro 
giorni,  e  andette  attorno  per  il  distretto  romano:  e  maestro  Stato  o  Stazio,  altro 
marmorario  della  stessa  città.  Si  fermarono  ad  Albano  facendosi  raccomandare  per 
lettere  dal  notaro  dei  Senatori,  e  togliendo  da  questi  carta  di  licenza.  Gli  accolse 
umanamente  il  sig.  Giovanni  de'  Savelli.  Ad  Albano  erano  a  lavorare  varii  artisti... 
Di  là  spedirono  il  6  novembre  1321  quarantotto  pezzi  al  porto  di  Grapigliano  in  otto 
carrate,  e  da  Castel  Gandolfo  in  tre  carrate  al  detto  porto  per  il  Tevere.  Per  questi 
marmi  maestro  Marino  di  Federico  pagò  maestro  Jacomo  marmorario  di  Roma  suddetto, 
per  due  giorni  che  fu  coi  nostri  a  condurli,  e  per  regali  in  pepe  in  cera  e  zatferano 
presentati  ai  nobili  uomini  Pandolfo  e  Giovanni  de'  Savelli,  i  quali  donarono  i  marmi 
stessi.  Maestro  Marino  di    Federico   stette  in  Albano  quarantacinque  giorni,  ed  egli 

stesso  lavorò  i  marmi (Nel  settembre  1325)  Lorenzo  di  Pietrangiolo   sandalario 

romano  recò  per  Tevere  dal  porto  di  Foglia  in  Sabina  quarantun  pezzi  di  marmo,  del 
peso  di  23.450  libre.  Ne  recò  altri  tredici  Cola  Caroso,  altro  sandalario  romano,  del 
peso  di  15.500.  Cola  Capozucchi  camarlingo  della  Camera  di  Roma,  rilasciò  polizza 

di  pedaggio  per  54  pezzi,  a  ragione  di  dodici  denari   provisini  per  ognuno Nel 

1337,  dal  guado  di  Titignauo  per  Castel  Vecchio  si  traevano  some  di  marmo  romano, 

e  da  Sipicciano  e  da  Orte  e  da  s.  Valentino Nel  1354,  mentre  reggeva  la  loggia 

il  capo  maestro  Andrea  di  Ugolino,  si  pose  mano  ad  eseguire  la  bella  finestra  tonda 
0  rota  di  facciata.  Per  essa  si  acquistò  a  Roma,  per  trentacinque  fiorini  d'oro,  un 
marmo  grande  che  dal  tempio  di  Giove  doveva  essere  condotto  a  Tevere,  spezzato,  ma 
ridotto  alla  forma  più  grande  che  fosse  possibile:  e  conduttori  ortani,  e  attiglianesi 
nel  1356,  e  nel  1358  e  59,  ebbero  per  quel  trasporto  da  Roma  al  porto  di  Attigliano 
varie  somme.  Dal  quale  ultimo  luogo  arrivarono  dodici  centinaia  estratte  dal  Tevere. 

e  poi  cinque  some  il  15  giugno  1359,  quando  era  capomaestro  Andrea  Orcagua 

AirOrcagna  successe  nel  1360  Andrea  di  Cecco  Rinaldi  da  Siena.  A  suo  tempo,  di  feb- 

(')  Della  Valle,  Storia  del  duomo  d'Orvieto.  Roma,  17l.'I,  p.  2tì0. 

(')  Queste  indicazioni  dei  documenti  originali  vanno  interpretate  diversamente.  VeJi  apiresso. 


20  SCAVI   PEL   DVOMO   DI   ORVIETO 

braio  1360,  si  trasportarono  con  licenza  del  Campidoglio,  da  Roma  al  Tevere,  e  quindi, 
dopo  pagato  il  pedaggio  in  PontemoUe,  in  Gallese,  e  in  Otricoli  dodici  mila  libre  di 
marmi  al  porto  di  Attigliano:  altre  29000  libre  in  seguito  ".  Così  il  Fumi  a  p.  29-30. 

Dagli  allegati  che  il  eh.  autore  produce,  p.  42  e  segg.  si  hanno  particolari  topo- 
grafici di  qualche  importanza. 

1321,  25  maggio.  PORTVS  AVGVSTI.  Si  paga  una  fune  «prò  trahendis  mar- 
moribus  de  quodam  fossato  prope  Castrum  Ghalere  districtus  (urbis)  ".  I  marmi  si 
andavano  cercando  per  la  campagna  e  si  lavoravano  sul  posto  a  fine  di  diminuirne 
il  peso.  Taluni  pezzi  dovevano  essere  stragrandi:  i  «  7  lapides  mangni  »  tolti  via  il 
27  giugno  pesavano,  ridotti,  sei  migliaia  ed  un  terzo. 

1321,  luglio.  R.  IX.  Gli  scavi  nel  distretto  del  campo  Marzio  fruttarono  10  blocchi 
di  circa  12  migliaia.  Nello  stesso  mese  maestro  Ciolo  acquista  da  privati  7  pezzi  di 
marmo  e  li  fa  carreggiare  «  ad  portum  Castri  sancti  Angeli  de  Urbe  ».  Frattanto 
altri  artefici  «  ibant  ad  inveniendunm  marmerà  per  districtum  urbis  ».  La  formula 
«  prope  Castrum  sancti  Angeli  »  che  ricorre  in  altri  documenti,  indica  non  la  pro- 
venienza dei  massi  ma  il  luogo  di  imbarco,  ossia  il  molo  di  Torre  di  Nona,  descritto 
dal  Marchetti  nel  Bull.  com.  del  1891,  p.  45. 

ALBANVM  DOMITIANI.  Gli  scavi  e  le  distruzioni  nella  «  centrata  castri  Albani  » 
durarono  almeno  36  giorni  ('),  tale  essendo  il  conto  delle  mercedi  pagate  ai  marmorari! 
Pier  Terracane,  e  Nicolao  da  Fiorenza. 

OSTIA.  Quale  sia  il  senso  della  formula  relativa  agli  scavi  fatti  in  «  districtu 
urbis  subptus  urbem  de  centrata  sancti  Pauli  »  lo  spiega  la  nota  p.  46,  n.  XLIV. 
Vi  si  accenna  al  trasporto  di  marmi  dal  X  miglio  sotto  s.  Paolo  per  mezzo  di  bufali. 
È  evidente  essere  stato  messo  a  contribuzione  il  territorio  ostiense  :  poiché  non  occorre 
computare  quelle  X  miglia  sino  a  Roma,  ma  solo  «  ad  portum  Grapigliani  prope 
sanctum  Paulum  de  Urbe  ». 

Il  porto  0  scalo  di  Grapigliano  pare  che  corrisponda  a  quello  ora  detto  «  della 
pozzolana  »  sotto  la  collina  di  Ponte  Fratto,  l'antico  vicus  Alexandri,  intorno  ai  quali 
luoghi  vedi  il  Bull.  com.  1891,  p.  217  sq.  Esso  servì  ancora  all'imbarco  dei  marmi 
provenienti  dalla  villa  albana  di  Domiziano  a  Castel  Gandolfo  (^).  Vi  era  un  traghetto 
(passatura  ultra  flumen  Tiberis  erga  dictum  portum  Grapigliani).  Il  documento  LXX 
del  30  nov.  1325  contiene  la  notizia  di  un  terzo  porto,  oltre  quelli  di  Tor  di  Nona 
e  di  Grapigliano  già  notati.  È  il  porto  di  Ripetta,  chiamato  porto  dell' Agosta  —  portus 
Aguste  Urbis.  Vi  era  uno  spazio  per  lo  sbarco  ed  imbarco  delle  mercanzie,  ed  un 
officio  gabellarlo,  dove  il  comune  e  la  sua  camera  rilasciavano  le  polizze  d'esporta- 
zione ai  marmorari!  esteri,  i  quali  venivano  a  Roma  a  «  spiare  »  la  loro  preda,  prima 
di  intavolare  le  pratiche  coi  committenti  e  coi  proprietaria  Cf.  il  doc.  CLXXIV  del 
13  febbraio  1350   «  Castrutio  quando  ivit  Romam  ad  spiorandum  prò  marmo  ». 

1354,  10  settembre.  OPERA  OCTAVIAE?  Il  documento  relativo  a  scavo  e 
trasporto  di  marmi  da  un  preteso  tempio  di  Giove  «  usque  ad  portum  Tiberis  »  reca 

(■j  L.  e.  p.  45,  n.  XLII. 
(2)  L.  e.  p.  46,  n.  XLV. 


SCAVI    PEL    DVOMO    d'oRVIETO  21 


il  n.  CLXXIX.  Quale  era  il  tempio  di  Giove?  Evidentemente  il  pertico  d'Ottavia 
vicino  alla  sponda  del  fiume,  cui  le  Mirabilia,  ossia  le  Guide  di  quei  tempi  attri- 
buiscono appunto  quel  nome.  Si  noti  che  il  marmo  colossale,  del  valore  di  35  fiorini 
d'oro,  era  di  proprietà  privata,  di  un  certo  Alessio  Matrice.  Forse  dalla  stessa  cava 
vengono  i  64  pezzi  di  marmo  imbarcati  al  porto  di  Ripetta  nell'  estate  del  1356 
(doc.  CLXXXIII).  Ne  provengono  certamente  i  45  traini  condotti  dall' istesso  sito  di 
Alessio  Matrice  all' istesso  porto,  nel  gennaio  del  1362.  I  marmi  erano  stati  spezzati 
e  lavorati  sul  posto.  I  senatori  rilasciarono  la  apodixa  di  uscita  (CCXl).  Nel  febbraio 
del  1360  si  parla  di  altre  12  migliaia  di  marmo,  per  le  quali  era  stata  chiesta  «  in 
capitoleo  «   ed  ottenuta  «  licentia  deferendi  extra  urbem  «  (CO). 

1368.  ISEVM  ET  SERAPEVM.  Le  spogliazioni  durarono  parecchi  anni  ancora. 
Nella  estate  del  1368  un  maestro  Paolo  di  Matteo  comprò  marmo  «  da  Paulo  di 
Converrone  da  Roma,  il  quale  avita  in  Cammigliano  »  per  fiorini  4  d'oro:  da  »  Paulo 
Salvatelli  il  quale  avita  in  Treio  »  per  3  fiorini.  Non  so  se  costoro  si  debbano  con- 
derare  proprietarii  di  rovine-petraie  del  Camilliano  e  del  campo  d'Agrippa,  ovvero  sem- 
plici marmorarii.  Marmorario  fu  per  certo  quel  «  Donato  d'Alberto  da  Rezzo  il  quale 
avita  a  Roma ...  de  Santa  Maria  Rotonna  »  e  scolpisce  «  LX  pezzi  di  ciercini  » 
(CCXXI). 

VEII.  Assai  importanti  sono  le  notizie  relative  agli  scavi  di  Malborghetto,  con- 
tenute nei  documenti  CCXXII,  CCXXXI,  CCXXXII,  CCXXXIII  etc.  Padrone  del 
luogo  era  il  «  nobilis  vir  dominus  Latinus  de  Ursinis",  il  quale  donò  all'opera  del 
duomo  «  lapides  marmoreos  positos  et  existentes  in  districtu  et  territorio  Castri  Insule 
prope  Malborghetum  » .  Raccolti  e  ridotti  alla  forma  dovuta,  erano  deposti  sulla  sponda 
del  fiume  alle  «  Capanne  Malborghecti  ». 

Gli  scavi  durarono  dal  gennaio  del  1369  all'  ottobre  del  1370  nella  «  Tenuta 
Insulae  pontis  Veleni  »  di  casa  Orsini  di  Bracciano.  Si  tratta  perciò  del  sito  di  Velo, 
cosi  chiamato  sino  dal  principio  del  secolo  XI.  Una  parte  di  esso  fu  acquistata  da 
Andrea  Orsino  sino  dal  1346:  un  secolo  dopo,  la  potente  famiglia  aveva  occupato  tutto 
il  territorio  vejentano.  Cf.  Nibby,  Anal.  Ili,  421  sgg.  il  quale  crede  che  il  «  pons 
Veleni  o  Veneni  »  debba  ricercarsi  nel  ponte  Sodo.  In  ogni  caso  la  tenuta  stessa  di 
Malborghetto  abbonda  di  rovine  che  ho  esaminate  e  delineate  diligentemente  nel  gen- 
naio 1897  :  fra  le  quali  il  Giano  quadrifronte  che  serviva  di  maschio  al  castello  medio- 
vaie (Burghus  s.  Nicolai),  e  il  mausoleo  rotondo  tra  il  IX  e  il  X  miglio  della  Fla- 
minia. Si  noti  che  il  Giano  sta  a  cavallo  del  crocevia  formato  dalla  Flaminia  e  dalla 
traversa  che  metteva  in  comunicazione  il  Tevere  con  la  Cassia-Clodia  per  mezzo 
di  Velo,  e  che  serviva  al  carreggio  dei  marmi  dal  luogo  di  scavo  al  luogo  d'imbarco. 

1360,  5  maggio.  Assai  rimarchevoli  sono  i  documenti  CCCXI,  CCCXIII  e  CCCXIV 
relativi  a  savi  di  statue.  Io  non  ne  intendo  bene  il  senso.  La  formola  è  questa: 
f  si  placet  effe  di  et  conduci  facere  duas  aut  tres  statuas  maimorcas  seu  tivertini 
prò  faciendis  apostolis  prò  nicchis  in  facciata  existentibus  «.  Si  tratta  di  scavare  marmo 
ossia  la  materia  prima,  per  modellarlo  in  istatue,  ovvero  si  tratta  di  vere  e  proprie  statue 
classiche  da  adattarsi  al  tipo  cristiano,  come  quelle  riconosciute  e  descritte  dall'Ame- 
lung?  Il  doc.  CCCXIV  relativo  alla  -  couductio  trium  statuarum  tivertiui.  existeutiimi 


22  CALCARE 

in  territorio  Civitelle,  ponendarum  in  necculis  super  oculo  ecclesiae  »  parrebbe  confer- 
mare la  seconda  ipotesi,  mentre  la  ragione  addotta  per  l' effossio  statuarum  »  nei 
docc.  CCCXI  e  CCCXIII  «  ut  magister  liapbael  sculptor  possit  laborare  ne  frustra 
consimiat  tempus  "  pare  avvalori  la  prima. 

Ma  è  tempo  oramai,  di  passare  ad  un  altro  capitolo  nella  storia  degli  scavi  e 
della  rovina  di  Roma,  alla  ricerca,    cioè,  dei  marmi  e  dei  travertini  per  le  calcare. 

CALCARE.  Di  grandi  provviste  di  calce  si  parla  sino  dal  secolo  Vili.  Sisinnio, 
che  fu  papa  nel  708,  accingendosi  a  riparare  le  mura  di  Roma  contro  gli  assalti  dei 
Longobardi,  ordinò  a  tale  effetto  che  si  apparecchiassero  le  calcare.  Lo  stesso  fece  Gre- 
gorio li  (715-731)  restaurando  le  mura  vicine  alla  porta  di  s.  Lorenzo,  e  il  suo  suc- 
cessore Gregorio  III,  somministrando  alla  città  le  spese  per  gli  operai  e  per  la  com- 
pera della  calce.  Questa  era  certamente  cotta  sul  posto,  adoperandovi  u  pezzi  di  marmi 
e  di  travertini  presi  dalle  fabbriche  rovinate  :  e  porto  opinione  che  vi  siano  stati  cotti 
infiniti  rottami  di  tante  statue,  che  vi  dovevano  essere  in  ogni  contorno,  e  qualcuna 
rotta  anche  a  posta  ".  Fea  ad  Winckelmann,  Storia,  tomo  111,  p.  312.  Le  antiche  leggi 
punivano  nel  capo  coloro  che  vendevano  e  coloro  che  compravano  marmi  di  sepolcri 
per  la  calcara.  Costante  commutò  la  pena  di  capitale  in  pecuniaria,  nella  legge  seconda 
diretta  a  Limenio  a.  349.  Vedi  Cod.  Theod.  L  IX,  tit.  17  «  de  sepulchris  violatis». 
Ma  queste  difese  avranno  tutt'  al  più  servito  a  tutelare  per  qualche  altro  anno  ancora 
i  sepolcri  lungo  le  vie  consolari:  gli  altri  monumenti  furono  sacrificati  senza  pietà. 
Lo  sappiamo  dagli  storici  della  "  decline  and  fall  "  dell'  impero,  lo  sappiamo  da  quanto 
si  è  scoperto  sotto  i  nostri  occhi  in  Roma  e  nel  suo  distretto  negli  ultimi  30  anni. 
La  strage  non  cessò  nei  tempi  di  mezzo,  anzi  divenne  più  feroce  col  risorgimento  delle 
arti.  Una  delle  più  autorevoli  testimonianze  su  questo  fatto  è  quella  del  Chrysoloras, 
il  maestro  del  Poggio  (ap.  Gregorovius,  tomo  VI,  p.  817):  «  le  statue  giacciono  in- 
frante oppure  sono  ridotte  in  calce  o  impiegate  in  funzione  di  pietre  :  per  buona  ven- 
tura ancora  se  ne  adoperano  in  officio  di  predella  per  montare  a  cavallo,  o  di  zoccoli 
di  muraglie,  o  di  mangiatoie  nelle  stalle  « . 

Il  Fea  1.  e,  p.  317  dice  che  i  calciaiuoli  e  i  fornitori  di  marmi  si  attaccavano 
specialmente  ai  sepolcri  «  per  il  comodo  che  si  aveva  nelle  proprie  vigne  di  rovinarli 
senz'essere  scoperti  »:  ma  le  calcare  clandestine  dei  tempi  di  mezzo  e  del  risorgimento 
devono  credersi  piuttosto  strana  eccezione  alla  regola:  i  materiali  si  ricercavano,  gli 
edificii  si  demolivano,  i  marmi  si  calcinavano  alla  piena  luce  del  sole,  sotto  l' occhio 
indifferente  delle  autorità,  anzi  col  consenso  di  questa  e  con  partecipazione  degli  utili. 
Col  documento  pubblicato  a  p.  47,  anno  1426,  la  Camera,  concedendo  ad  una  compa- 
gnia di  calciaiuoli  i  travertini  della  basilica  Giulia,  si  riserva  la  metà  del  prodotto,  che 
poi  cede  a  favore  del  cardinale  di  s.  Eustachio,  Giacomo  Isolani.  Lo  stesso  è  avvenuto 
pei  travertini  del  Colosseo,  del  fornice  di  Lentulo,  del  circo  Massimo  e  di  cento  altri 
monumenti  consumati  in  servigio  della  fabbrica  di  s.  Pietro,  dei  palazzi  di  s.  Marco, 
Riario,  Farnese  etc.  Si  tratta  di  centinaia  di  migliaia  di  rubbia  di  calce.  I  privati 
ne  consumavano  in  proporzione.  Ecco  un  esempio  del  1509:  «  MDIX  die  XIIII  de- 
cembris  magister  lohannes  de  Biaseto  de  Monte  rotundo  promisit  dare  magistro  Fran- 


CALCARE  23 

cisco  de  Vecchis  de  Cremona,  infra  unum  mensem  cum  dimidio  rugia  ducent(a)  de 
calce  in  bonis  lapidibus,  condueta  ad  portum  (il  porto  di  Tor  di  Nona)  prope  domum 
alias  cardinalis  Parmensis  (')  prò  precio  viginti  sex  bolonenorum  sive  baiochorum  in 
rugio  »  A.  S.  C.  Scritt.  arch.  prot.  VII,  e.  800.  Si  vede  che  Francesco  de  Vecchi  non 
avendo  forse  i  mezzi  di  procurarsi  la  calce  alla  moda,  la  calce  archeologica,  s'era  con- 
tentato della  volgare  di  Monterotondo  a  sei  baiocchi  il  rubbio,  compreso  il  traporto 
per  via  del  fiume. 

Si  è  ricordata,  a  questo  proposito,  una  costituzione  dì  Paolo  III  per  far  cessare 
lo  sconcio.  Il  de  Marchi  ne  discorre  cosi  :  «  Nel  principio  di  papa  Paulo  terzo  quelli 
che  facevano  calcina  in  Roma  pigliavano  tutti  li  torsi  di  marmore  che  potevano  bavere 
delle  anticaglie,  e  ne  facevano  calcina,  et  per  aventura  alcuni  ignoranti  li  havria  poste 
una  statua,  perchè  trovavano  che  faceva  calcina  miracolosa,  massime  il  marmore  orien- 
tale: questi  pezzi  di  marmore  erano  trovati  sotterra  nel  fare  le  cantine,  e  nelli  cava- 
menti  delle  vigne,  et  altri  luoghi  che  si  fanno  a  posta  per  cavare  pietre  in  Roma  e 
fuori,  ma  ... .  Paolo  terzo  . . .  fece  fare  una  provisione  grandissima  sopra  delle  anti- 
caglie, massime  sopra  delle  statue,  etiamdio  delli  torsi . . .  che  non  se  ne  ponesse  in 
fornace  sotto  pena  della  vita;  donde  ne  avvenne  in  poco  tempo  che  cominciò  a  multi- 
plicare  le  anticaglie  in  Roma,  e  cominciarono  a  montare  in  pretio  ».  E  più  sotto:  -  Prima 
(di  Paolo  III)  chi  voleva  portar  via  anticaglie,  le  portava  quasi  senza  difficoltà  nes- 
suna; li  cavatori  di  pietra  da  far  calcina  pigliavano  delli  trusi  di  statue  e  de  ogni 
altre  antigaglie  ...  e  ne  facevano  calcina,  et  io  l'ho  veduto  con  li  miei  occhj:  e  li 
ripresi  e  feci  cavare  fuori  certi  trusi  della  fornace  a  Roma  appresso  Ripetta  (la  cal- 
cara dell' Agosta),  in  su  la  ripa  del  Tevere.  Hora  papa  Paulo  pose  bandi  crudelissimi 
che  nessuno  dovesse  disfare  pietra  antica  ne  portar  fuori  di  Roma  etc.  «  Cod. 
Magliab.  XVII,  3,  ap.  Miintz,  Rev.  arch.  maggio-giugno  1884. 

Questi  "  bandi  crudelissimi  e  di  scomuniche  »  non  sortirono  il  loro  effetto:  la 
distruzione  dei  capolavori  della  plastica  greco-romana  diminuì  forse,  ma  non  cessò: 
quanto  alla  distruzione  degli  edificii  essa  continuò  sino  alla  fine  del  cinquecento  più 
violenta  che  mai.  È  vero  che  i  conti  delle  fabbriche  farnesiane  contengono  grosse 
partite  di  calce  venuta  da  Tivoli  e  da  Monterotondo,  ma  vi  appariscono  anche  forni- 
tori di  Roma. 

La  loro  industria  non  ebbe  a  soffrire  dalla  -  provisione  »  paolina:  tanto  più 
che  essa  era  divenuta  un  cespite  di  entrata  per  la  Camera.  Dal  libro  mastro  di  messer 
Antonio  Amadio  per  la  tassa  del  ponte  di  s.  Maria  (1548-1549)  apparisce  che  i  cal- 
carari  erano  tassati  a  calcara,  cioè  secondo  la  quantità  del  materiale  archeologico  da 
loro  distrutto:  «  adi  21  luglio  1549  da  bernardino  de  laco  magiore  calcararo  al 
buon  conto  dele  sue  calcare  scudi  3:  (26  luglio  dal  med°)  scudi  2,  per  resto  dele 
sue  calcare  ».  Vengono  appresso  Paolo  Pianetta  ('•),  Vincenzo  Romuli,  etc.  alcuni 
dei  quali  furon  fatti  pagare  «  per  mano  di  Donato  executor  del  baricello  -.  Tiove- 
remo  appresso  altri  nomi  famosi  di  calcarari  nei  pontificati  di  Paolo  III.  Giulio  III. 

(')  Il  card.  Gio.  Giacomo  Schiafenati  detto  il  card,  di  Tanna  costruttore  o  abitat'.r--  di  una  cii.<a. 
donde  venne  il  nome  ad  un  arco  (Via  dell'arco  di  l'arma)  e  ad  una  strada  che  a  quello  cii'Iuc-.va. 
(')  Comproprietario  della  calcara  dell'Agnsta.  Vedi   appresso,  p.  20. 


24  CALCARE 

e  Clemente  Vili.  Quanto  alla  distruzione  delle  sculture  figurate  —  a  dispetto  della 
provisioue  sopra  riferita  —  basti  la  testimonianza  non  dubbia  di  Pirro  Ligorio,  il 
quale  a  p.  17  del  codice  Bodleiano,  dissertando  sul  modo  di  comporre  uno  stucco  ec- 
cellente, suggerisce  l' uso  della  polvere  di  marmo  parie,  traendola  dalle  «  statoe  che 
si  guastano  di  continuo  ». 

Flaminio  Vacca  certifica  alla  sua  volta  che  le  statue  si  bruciavano  nella  seconda 
metà  del  secolo  XVI.  Dopo  descritta  la  «  barca  di  marmo  con  figure  sopra,  ma  tutte 
ruinate  "  scoperta  nell'Antoniana,  aggiunge  «  fate  conto  che  avendo  un  tempo  na- 
vigato per  acqua,  dovette  poi  navigare  per  fuogo  in  qualche  calcara  »  m.  23.  Lo 
stesso  ripete  a  proposito  dell'  idolo  trovato  da  Orazio  Muti  incontro  s.  Vitale  «  man- 
dato forse  in  qualche  calcara  per  levargli  l'umido  da  dosso  »  m.  116. 

Molte  iscrizioni  preziose,  intagliate  in  lastre,  in  vasi,  in  piedistalli,  in  archi- 
travi sono  perite  allo  stesso  modo.  Per  talune  abbiamo  la  certezza  assoluta  (vedi 
CIL.,  VI,  passim):  per  il  resto  un  alto  grado  di  probabilità.  Fra  Giocondo,  nella 
lettera  riportata  dal  Gori  (Inscr.  in  Etruria  urbibus  ext.  parte  III,  p.  39),  scrive  che 
a  suoi  tempi  s' eran  fatti  gran  mucchi  di  calcina  tutti  con  iscrizioni  antiche, 
e  che  taluni  si  gloriavano  d' aver  murate  le  fondamenta  delle  loro  case  e  de'  loro 
palazzi  a  furia  di  statue  antiche. 

Il  quartier  generale  dei  calciaiuoli  stava  nelle  «  Botteghe  oscure  »  del  circo  Fla- 
minio :  ma  non  v'  era  monumento  notevole  di  marmo  o  di  pietra  che  non  avesse  la 
sua  calcara  particolare. 

Dall'esercizio  di  tale  industria  sotto  i  voltoni  del  Circo  aveva  preso  nome  tutta  la 
contrada  vicina.  Se  ne  può  determinare  1'  ampiezza  prendendo  a  termini  di  confine  le 
chiese  *  s.  Nicolai  in  calcara  retro  Cesarinos  »  CIL.  2156:  delle  Stimmate,  già  dei 
ss.  Quaranta  de  calcararìo  :  di  s.  Lorenzo  de  calcarario,  di  s.  Lucia  de  Ginnasi  già  de 
calcarario  :  di  s.  Salvatore  de  Gallia  de  calcarario  :  la  fonte  di  calcarario  :  la  "  cloacha 
di  calcarari  »  (^)  ed  il  templum  Veneris  in  calcalario  (^).  Ciascun  costruttore  occu- 
pava uno  0  più  fornici  del  Circo.  Nel  prot.  735.  del  not.  Mario  Fusco,  a  e.  136,  si 
descrive  un  muro  divisorio  tra  il  giardino  della  Società  dell'Annunziata  e  le  case  di 
Latino  de'  Manetti  de'  Giovenali  «  poste  alle  Pontiche  Obscure  incontro  alla  gar- 
gara di  bertolli  galgarano».  Pare  che  vi  fosse  una  strada  particolare  della  re- 
gione chiamata  per  antonomasia  la  calcar  a,  e  diversa  da  quella  delle  Botteghe  Oscure 
e  dalla  via  de  Punari.  L'autore  del  cod.  berlin.  A,  61,  n.  (e.  78)  dice  di  avere  tra- 
scritta la  lapide  di  una  Laodicia  ?  «  Inter  marmor.  fragmenta  prò  calce  facienda  i  n 
vico  d.  calcara".  Nel  prot.  257  di  Gio:  Angelo  de  Amatis  A.  S.  C.  si  trova 
l'atto  di  locazione  di  una  «  domus  terrinea  et  tectata  in  loco  qui  dicitur  Calca- 
rarii  in  r.  sancti  Angeli". 

Gran  parte  dei  fornici  del  Circo,  con  le  case,  granari,  calcare  ed  orti  appartenenti 
alla  eredità  di  Vincenzo  Leni  furono  acquistati  il  6  agosto  1548  da  Alessandro,  figlio 
di  Ciriaco  e  da  Ludovico  Mattei,  con  atto  rogato  dal  notare  Curzio  Saccoccia. 

(')  Lanciani,  acque,  p.  16. 

(=)  Jordan,  Topogr.  voi.  II,  p.  435;  De  Rossi,  Bull.  coni.  1893,  p.  191. 


. CALCARE  25 

Le  rovine  del  Circo  davano  ricetto  ad  altre  industrie,  oltre  a  quella  ben  nota  dei 
funari.  I  marmorarii  tengono  il  secondo  posto.  Spesso  avviene  di  trovare  nel  CIL. 
r  indicazione  «  ad  ofifìcinas  obscuras,  ad  officinam  cuiusdam  marmorarii  »  ovvero 
«  appresso  casa  di  Matthei  dove  stanno  li  scalpellini  ».  Si  ha  poi  memoria  di  altri 
ambulacri  del  circo  locati  per  uso  di  «  tiratorio  di  panni  »  a  somiglianza  del  famoso 
tiratorio  di  Monte  Caprino.  Vedi  prot.  1187  not.  de  Pacificis  e.  182  in  A.  S.  Ven- 
gono in  ultimo  luogo  i  cimatori  e  cardatori  di  panni.  E  basti  quanto  al  quartier 
generale. 

Le  calcare  permanenti  di  secondo  ordine  (parlando  relativamente)  erano  quelle 
di  S.Adriano,  alimentata  coi  marmi  dei  quattro  Fori:  quella  dell'Agosta,  alimentata 
coi  marmi  del  mausoleo  di  Ausrusto,  e  quella  della  Pigna,  alimentata  coi  marmi 
dell'  Iseo  e  delle  terme  d' Agrippa. 

La  calcara  dell'Agosta  è  mentovata  più  volte  nei  protocolli  dell'Armanni  in  A.  S.  C. 
tomo  92,  e.  6;  tomo  707,  e.  281  etc.  Il  seguente  brano  si  trova  nel  prot.  287  di 
Roberto  de  Paolis  :  «  Custodes  societatis  archihospitalis  sancti  Jacobi  incurabilium 
certificati  de  venditione  alias  facta  de  anno  MDLXIII  per  Paulum  Pianetti  scarpel- 
linum  de  medietate  calcarle  site  in  regione  Campimartis  super  via  transversali  per 
longum  quantum  durat  archihospitale  a  via  lata  ad  viam  novam  Populi  ad  ripam 
fluminis  tendente,  introitum  et  exitum  habente,  in  favorem  Petri  Barletti,  eaedem 
venditioni  consenserunt  » .  L'atto  è  del  14  aprile  1565.  Il  Pianetti  è  ricordato  nel 
ruolo  della  tassa  pel  Ponte  di  s.  Maria  sino  dal  1548. 

La  calcara  della  Pigna  stava  su  la  piazzetta  di  s.  Andrea.  Ne  parlano  sino 
dall'a.  1491  i  protocolli  di  Giovanni  de  Michaelis  in  Archiv.  Stato  (1136,  e.  178, 
284  etc).  Confinava  con  quella  delle  terme  d' Agrippa  che  gli  atti  notarili  chiamano 
talvolta  di  s.  Eustachio,  talvolta  della  Sciampella  o  Ciambella.  In  quelli  del  notaro 
Reidetto  (A.  S.  prot.  6159.  e.  27)  si  parla  della  via  «  que  tendit  ad  calcariam  Io. 
Petri  Caffarelli  »  che  oggi  si  dice  via  delle  Stimmate.  Tale  calcara  fu  venduta  nel 
1563  al  medico  Alessandro  Petroni  abitante  in  piazza  degli  Altieri. 

Queste  calcare  erano  stabili,  e  di  considerevole  valore  locatizio.  Si  possedevano 
talvolta  a  carati  fra  più  condomini,  e  se  ne  trasmetteva  il  possesso  di  erede  in  erede 
per  testamento.  Vi  erano  poi  le  calcare  avventizie,  quelle  cioè  che  si  aprivano  accanto 
a  questo  o  quell'edifizio  non  ancora  spogliato  interamente  de'  suoi  marmi,  de'  suoi 
travertini,  delle  sue  statue,  e  che  cessavano  di  esistere  appena  consumata  la  materia 
prima.  Si  può  ricordare  quella  delle  terme  diocleziane.  Vacca,  m.  104;  quella  della 
villa  di  Livia,  Ligorio,  Nap.  29';  quella  del  sepolcreto  fra  l'Appia  e  la  Latina,  Cla- 
rini, Iscr.  Alb.  X;  quella  della  Regia,  Panvinio,  in  CIL.  voi.  I,  p.  415;  quella  della 
basilica  Giulia,  Bull.  Inst.  1871,  p.  244;  quella  del  tempio  di  Venere  e  Roma,  le 
cui  pareti  erano  formate  con  rocchi  di  porfido,  Nibby  R.  A.,  voi.  II,  p.  730,  e  cento 
altre  di  cui  parlano  i  descrittori  di  Roma. 

Fuori  di  città  si  distinguevano  come  centro  di  produzione  le  sciagurate  rovine  di 
Ostia,  e,  in  misura  alquanto  minore,  quelle  di  Porto.  Il  ricordo  più  antico  è  for^e 
quello  del  30  marzo  1191  nella  bolla  di  Celestino  III  a  p.  75,  tomo  III  del  Bull. 

4 


26  CALCARE 

Vatic.  ove  si  nomina  un  «  locus  qui  vocatur  Cale  ari  a  extra  portam  non  longe  ab 
Hostiensi  civitate  " .  L'esercizio  di  questa  industria  ha  continuato  senza  inteiTuzione, 
col  tacito  0  aperto  consenso  della  Camera,  sino  al  pontificato  di  Pio  VII.  Il  Fea  rac- 
conta i  fatti  che  seguono:  ^  Alla  soverchia  avidità  (di  Giuseppe  Vitelli  enfiteuta  della 
tenuta  di  Ostia  sino  dal  1816)...  si  deve  1.  la  devastazione  per  qualche  miglio  della 
selciata  dell'autica  strada  d'Ostia  conservatissima  ;  2.  la  distruzione  di  molti  grandi 
pezzi  di  cornicioni  intagliati  del  tempio  (detto  di  Vulcano)  edificato  da  Adriano,  se- 
condo la  iscrizione  che  vi  trovai  nello  scavo,  detto  ora  Casa  liossa  :  avanzi  lascia- 
tivi per  memoria  e  per  lo  studio  locale  degli  artisti.  Egli  li  fece  in  pezzi  per  farne 
calce  in  una  fornace  costruita  ivi  accanto,  ma  non  arsa;  perchè  inibita  quando  si 
seppe».  Saline,  p.  2,  n.  1.  Le  scaglie  dei  cornicioni  così  salvate  dal  fuoco  stanno 
ancora  accatastate  sul  posto.  I  restanti  marmi  di  questo  bell'edifizio  erano  stati  bru- 
ciati sino  dal  1427,  presenti  Poggio  Bracciolini  e  Cosimo  de'  Medici.  Altre  grandi 
calcare  furono  scoperte  nel  1796  da  Kobert  Fagan.  Vedi  Archiv.  S.  K.  S.  P.  tomo  XX, 
1897,  p.  47. 

La  moda  del  costruire,  che  invase  Eoma  col  risorgimento  delle  arti  e  col  miti- 
garsi de'  costumi,  rese  presto  insufiicienti  le  calcare  archeologiche.  Il  loro  prodotto 
fu  messo  in  disparte  per  le  opere  più  gentili,  p.  e.  per  gli  intonachi,  gli  stucchi,  le 
cornici  etc.  :  al  murare  si  provvide  con  le  calci  di  Tivoli,  di  Monticelli,  di  Montero- 
tondo,  di  Castel  Giubileo,  di  Piano,  e  di  Palidoro.  Ciascuno  di  questi  centri  ha  una 
istoria  di  qualche  interesse,  che  non  posso  ora  svolgere. 

Bastino  uno  o  due  documenti  per  ciascuna.  Per  le  calcare  di  Tivoli  e  di  Mon- 
ticelli :   «  aprilis  die  xxviiii  1505.  Magister  Belardinus  Petri  de Cumis  exercens 

calcem  ad  f o s s o s  t i b u r t i no s  et  Johannes  Petri  Andrea  Cicicole  de  castro  Scurcule... 
similiter  calcem  faciens  in  dicto  loco,  moram  trahens  in  castro  Montiscellorum  (le 
Caprine?)  vendiderunt  discreto  viro  Johanni  Baptistae  Baronti  regaterio  r.  Pontis 
centum  rubia  calcis,  conductam  in  urbe  ad  sanctam  Catherinam  (delle  Cavallerote) 
iuxta  basilicam  sancti  Petri  " . 

Le  calcare  di  Monterotondo  appariscono  nel  protocollo  VII,  e.  800  A.  S.  C.  poco 
anzi  citato. 

La  lapidicina  calcare  di  Piano  è  ricordata  nel  seguente  atto  del  not.  Giorgio 
Albini  da  Castiglione  in  A.  S.  C.  prot.  57,  e.  91  insieme  al  nome  d'uno  dei  più  ge- 
niali artisti  del  Rinascimento,  Meo  del  Caprino:  «  Mensis  ianuarij  die  xvii  1476. 
Bartholomeus  Andree  Manetti  alias  dictus  Baccio  de  Fesulo,  constituit  suum  procura- 
torem  Franciscum  Mei  de  Fesulo  ad  omnes  ipsius  Bartholomei  causas  centra  Meum 
Crapanura  de  Settignano  occasione  salarli  sibi  debiti  novem  mensium  ad  exercititium 
scindendorum  lapidum  in  lapidicina  Fianensi  ». 

Alla  calcara  di  Palidoro  si  riferisce  questo  passo  del  prot.  del  not.  Cristoforo 
Ferdinandi  (in  A.  8.  C.  Scritt.  arch.  prot.  113,  e.  176')  «  Die  XXVII  augusti  1508  Ra- 
phael de  Dominico  de  le  Motte  {?  ?)  capomaestro  de  cavar  la  pietra  per  far  calcina 
a  Palidoro  promisit  D.  Hieronimo  Francisci  de  Senis  extrahere  et  edificare  per  unam- 
quamque  calcaram  calcis  prò  pretio  XXII II  ducatorum  de  carlenis.  Et  similiter  dare 
omnia  instrumenta  ferrea  ad  extrahendam   calcem  et  etiam  carrum   ad   reportandam 


CALCARE  27 

terram,  si  aliquando  erit  necesse.  Actum  presentibiis  Angelo  carraro  romano  et  Ludo- 
vico Persona  gallico  bibliothecario  existeute  ante  portara  basilice  sancti  Petri  ». 

Per  tornare  allo  scavo  ed  alla  distruzione  dei  nostri  antichi  monumenti  ricor- 
derò che  fino  dalla  seconda  metà  del  quattrocento  era  venuta  in  fiore  una  nuova  indu- 
stria, quella  degli  "  effossores  lapidum  "  per  le  calcare.  Si  tratta  di  uno  o  di  due 
individui,  al  più,  raccoglitori  o  scavatori  di  pietre  di  poco  conto,  i  quali  vendevano 
i  loro  mucchi  di  frantumi  al  minuto.  Ma  quando  si  trattava  invece  di  uno  scavo 
importante  che  richiedeva  grossa  somma  e  buon  nerbo  di  braccia,  allora  si  costituiva 
una  società  per  carati.  Ne  ricorderò  tre  sole. 

La  prima  fu  costituita  nell'aprile  del  1387  fra  Giovanni  Branca  e  Nicolao  Valen- 
tini  per  ridurre  in  calce  i  marmi  del  mausoleo  detto  il  Monte  del  Grano  (Not. 
N.  de  Vendettini  in  A.  S.  C.  prot.  785). 

La  seconda  fu  costituita  nel  luglio  1426  da  quattro  «  cives  calcarenses  romani 
de  regione  Pinee  »  Cola  Maccabeo,  Paolo  Mentebuona,  Jacopo  Prolanti,  Jacopo  Toma 
(Tommasi  ?).  Suo  scopo,  lo  spianto  dei  pilastri  di  travertino  della  basilica  Giulia. 
(Archiv.  Vat.  Divers.  tomo  IX,  e.  245.  Vedi  ad  ann.). 

Della  terza,  costituita  nel  1510,  parla  il  seguente  documento.  <*  Anno  MDX  die 
XVII  decembris.  Mensibus  elapsis  fuit  contracta  quaedam  societas  in  et  super  calce 
facienda  prò  fabrica  principis  apostolorum  inter  d.  Paulum  Mancinum  de 
Hostiliis  romanum,  et  Petrum  Antonium  Benivolum  de  Aquasparte,  et  Lucianum 
Michaelis  Angeli  de  Cotoriis  de  Viterbio».  Ma  essendo  i  sodi  venuti  ben  presto  «  ad 
apertas  discordias  et  inimicitias  »  il  patto  fu  sciolto  (A.  S.  C.  Scritt.  arch.  prot.  12, 
e.  154'). 

Oltre  la  spesa  dello  scavo  e  dello  sminuzzamento  dei  marmi,  i  calciaiuoli  dove- 
vano sopportare  quella  anche  più  grave  della  legna  da  ardere.  Nel  prot.  1730  del 
not.  de  Taglieutibus  (A.  S.,  e.  93)  si  parla  di  una  vendita  di  legna  allo  scalo  di  Mar- 
morata  «  nomine  pretii  quatuor  libr.  den.  prò  quolibet  mancoso  ad  usum  artis  car- 
gariorum  urbis  s.  Di  altra  vendita  nello  stesso  luogo  parla  il  seguente  documento 
dell'archivio  storico  comunale  (Scritt.  arch.  tomo  XXIV,  e.  151')  in  data  1  aprile  1516. 
«  D.  Antonius  Colerubii  ci.  ro.  de  r.  Parionis  vendidit  dominis  Dominico  alias  Tho- 
sino  de  lacu  malori,  et  Bacino  eius  sotio  fornasarii  calsine  in  r.  Pinee  unam  barcatam 
lignorum  longorum  ad  usum  diete  fornacis,  conductam  in  loco  dicto  Marmorata.  prò 
pretio  centum  ducatorum  de  caiienis,  nec  non  ....  viginti  mancose  lignorum  ad  usum 
eiusdem  artis  prò  pretio  carlenorum  decem  et  octo  prò  quolibet  mancosio  ». 

Molte  sono  le  calcare  sooperte  ai  miei  tempi  :  anzi  io  non  ho  visto  o  diretto  scavo 
importante  in  Roma  e  nel  suburbio,  senza  ritrovarne  le  tracce.  Xe  ricorderò  tre  sole. 

La  prima  è  quella  della  casa  tiberiana  sul  Palatino  scoperta  dal  Rosa  nel  ISG'j, 
piena  fino  all'  orlo  di  mirabili  sculture,  parte  ridotte  in  calcina,  parte  no.  Se  ne  tras- 
sero un  busto  velato  di  Claudio,  una  testa  di  Nerone,  tre  cariatidi  o  canefore  di  nero 
antico,  la  squisita  statuetta  d' un  efebo  in  basalto  verde  ferrigno,  illustrata  dal- 
l'Hauser  nelle  Mittheilungen  del  1895,  p.  97-119,  tav.  I,  una  testa  di  Arpocrate, 
ed  altri  frammenti  minori.  Vedi  Lanciani,  Ruius  and  excavations.  p.  156.  11  secoudu 
esempio  è  questo  : 


28  CALCARE 

Nel  febbraio  del  1883,  continuandosi  lo  scavo  del  lato  meridionale  dell' atrio  di 
Vesta,  fu  scoperta  una  massa  cubica  di  marmo,  lunga  m.  4,20,  larga  2,80,  alta  2,10, 
composta  esclusivamente  di  statue  e  di  frammenti  di  statue  di 
Vestali  massime.  Statue  e  frammenti  erano  messi  uno  accanto  l'altro  ed  uno 
sull'altro  con  molta  cura,  in  modo  che  non  vi  fossero  grandi  vuoti  nella  massa:  e  gli 
spazii  liberi,  p.  e.,  quelli  risultanti  dalle  curve  de'  fianchi,  erano  rinzeppati  con  iscaglie. 
Le  statue  quasi  integre  erano  otto.  Tra  i  frammenti  si  riconobbe  con  piacevole  sorpresa 
la  parte  inferiore  del  bellissimo  simulacro  della  Vesta  sedente,  col  suppedaneo,  che 
tanti  anni  di  abbandono  nell'  angolo  più  umido  dell'  atrio  hanno  reso  oggi  appena  rico- 
noscibile. Fummo  presenti  a  questa  singolare  scoperta,  avvenuta  alle  6,30  del  mattino,  il 
principe  Federico  Guglielmo  (poi  imperatore  di  Germania),  il  dottor  Henzen,  l' ing.  Con- 
tigliozzi  ed  io:  e  mi  ricordo  come  il  Principe,  allora  nel  pieno  vigora  della  salute, 
aiutasse  i  nostri  operai  a  sollevare  quei  massi,  e  mettere  in  piedi  le  statue  addosso 
la  parete  dell'  atrio. 

Ma  per  tornare  all'  argomento,  non  e'  è  dubbio  che  la  massa  di  scolture  figurate  era 
stata  messa  insieme  e  formata  in  cubo  quasi  perfetto  da  un  «  effossor  lapidum  » ,  il  quale 
aveva  diligentemente  colmato  gli  spazii  tra  fianco  e  fianco  dei  simulacri  perchè  la 
misura  del  cubo  tornasse  giusta.  Quale  fortunata  contingenza  abbia  salvato  queste 
scolture  dalla  fornace  è  diflicile  il  dire  :  ma  è  probabile  che  infiniti  altri  marmi  del- 
l' atrio  sieno  periti  di  fuoco.  Due  calcare  e  due  depositi  di  calce  e  di  carbone,  ritro- 
vati negli  scavi  del  1882-83,  sono  descritti  a  p.  54  del  mio  Atrio  di  Vesta  (in  No- 
tizie scavi,  dicembre  1883). 

La  scoperta  predetta  del  cubo  di  statue  e  scaglie  trova  un  riscontro  in  quella 
descritta  dal  Vacca  mem.  12  «  appresso  (ai  ss.  Quattro  Coronati)  vi  era  una  vigna 
piena  di  frammenti  di  figure  e  opere  di  quadro  accatastate;  e  cavando,  il  padrone 
vi  scoperse  molte  calcare  fatte  da  antichi  moderni  ». 

La  terza  è  quella  scoperta  da  Massimiliano  Pirani  il  27  febbraio  1894  sul  mar- 
gine della  Flaminia,  poco  distante  dal  casale  di  Grottarossa.  Occupava  l' ipogeo  di  un 
bello  e  grande  sepolcro,  chiamato  il  Torraccetto,  fasciato  di  marmi  esteriormente,  e 
messo  a  stucchi  nell'  interno,  eccetto  che  nella  parte  bassa  delle  pareti,  dove  corre 
uno  zoccolo  scorniciato  di  marmo,  retto  da  grappe  di  bronzo  a  coda  di  rondine.  L' ipogeo 
conteneva  tre  recessi  per  sarcofagi,  e  sette  nicchie  per  istatue  o  busti.  La  calcara  era 
piena  di  frantumi  di  sculture  ornamentali  e  figurate,  soltanto  in  parte  ridotte  in  calce. 
Attorno  l'orlo  della  fossa,  dove  bruciavano  i  busti  o  i  corpi  rispettivi,  stavano  undici 
belle  teste  marmoree,  ritratti  di  famiglia  di  sorprendente  verismo,  una  delle  quali  ri- 
cordava i  lineamenti  del  Corbulone  Capitolino. 

Noi,  presenti  a  questo  ritrovamento,  credemmo  che  gli  spogliatori  di  questo  e 
dei  vicini  sepolcri,  debbano  avere  provato  un  senso  di  ribrezzo  nell'  atto  di  gettare 
alle  fiamme  queste  belle  teste:  e  cosi  le  abbiano  messe  in  disparte  per  farne  altro 
uso.  Sul  piano  del  sepolcro,  che  scende  a  3  m.  sotto  quello  della  campagna,  furono 
ritrovati  un  piatto  di  maiolica  del  sec.  XV,  di  quelli  che  servono  ai  contadini  per 
apprestare  legumi  o  erbaggi,  e  una  monetina  d'argento  di  Pio  li.  Ricordando  come  le 
strade  del  suburbio  fossero  riparate,  in  quei  tempi,  solo  quattro  volte  per  secolo  in 


CALCARE,   SCAVI   SEC.    XIII  29 


occasione  dei  giubilei  :  ia  altre  parole,  che  quattro  Folte  per  secolo  si  facesse  strage 
dei  sepolcri  che  orlavano  le  strade,  a  me  pare  che  la  cava  e  la  calcara  scoperta  dal 
Pirani  si  debbano  riportare  al  giubileo  del  1475  o  a  quello  del  1500. 

Gli  scavi  nei  tempi  di  mezzo  si  fecero  dunque,  non  per  raccogliere  ma  per  di- 
struggere, non  per  amore  verso  le  opere  d'arte  antiche  ma  a  scopo  di  lucro:  onde 
ben  a  ragione  Enea  Silvio  scagliava  contro  di  Roma  l' epigramma  «  sed  tuus  hic 
populus  muris  de  fossa  vetustis  —  calcis  in  obsequium  marmerà  dura  coquit  » .  Tanto 
più  singolare  perciò  appariscono  le  due  eccezioni  qui  appresso  notate. 

Il  cardinale  Giordano  Orsini  contemporaneo  di  Alessandro  III  (1159-1181)  «  si 
dilettò  grandemente  delle  cose  antiche  di  Roma,  delle  quali  havendo  fatto  una  elet- 
tissima scelta,  edificò  un  luogo  pubblico  dove  egli  le  mise  ad  ornamento  della  sua 
patria...  et  a  summo  diletto  de'  forestieri  che  venivano  in  quest'  alma  città  » .  Così 
racconta  il  Sausovino  «  degli  huomini  illustri  della  casa  Orsini  »,  Venezia  1565,  p.  2': 
ma  forse  non  merita  piena  fede.  Ma  il  Nicolao  costruttore  della  «  casa  di  Pilato  " 
a  Ponterotto  dichiara  espressamente  lo  scopo  di  pubblica  utilità  e  di  comune  diletto 
che  r  aveva  spinto  ad  infarcire  la  sua  fabbrica  con  tanti  marmi  di  scavo.  «  Verum 
quod  fecit  hanc  non  tam  vana  coégit  —  gloria,  quam  Rome  veterem  reuovare  de- 
corem!  ». 

Gli  edifizii  del  secolo  XIII  costruiti  in  siti  istorici  e  monumentali,  con  pietre  e 
marmi  raccogliticci,  sono  i  seguenti  : 

1203.  AEDES  TELLVRIS.  Riccardo  Conti  fratello  di  Innocenzo  III  fabbrica  la 
torre,  che  ancora  oggi  porta  il  nome  della  famiglia,  sulle  rovine  di  un  tempio  cre- 
duto essere  quello  della  Tellure.  Vedi  Bunsen,  Beschr.  III,  2,  p.  146,  e  Bull.  Inst. 
1836,  p.  55.  Nibby  R.  A.  tomo  II,  p.  721.  Parker,  Obelisks,  tav.  VI,  lett.  F. 

Quasi  contemporanea  alla  torre  de'  Conti  è  quella  delle  Milizie.  Il  Baluzio  la 
crede  fabbricata  da  un  Petrus  Alexii  :  altri  1'  attribuiscono  ai  tempi  di  Gregorio  IX 
(1227-1241).  Le  rovine,  fra  mezzo  alle  quali  fu  piantata,  portavano  il  nome  di  «  mili- 
ciae  Tiberiauae  (Traianae?  Vedi  Gregorovius  tomo  V,  p.  754,  n.  4). 

1204.  BVRGVS  SAXONVM.  Innocenzo  III  edifica  l'ospedale  di  s.  Spirito  in 
Sassia,  con  l'opera  dell'architetto  Marchionne  d'Arezzo,  il  quale  aveva  costruito  l'anno 
precedente  la  Torre  de'  Conti.  Vedi  de  AVaal,  I  luoghi  pii  sul  territorio  vaticano, 
Roma  1886,  p.  32.  Alveri,  Roma  etc.  tom.  II,  p.  253.  Gregoiovius,  Storia,  tomo  V, 
p.  717.  Piazza,  Opere  pie,  ed.  1698. 

1210.  ANASTASIS.  Restauri  alla  chiesa  di  s,  Anastasia  ^  Di  questi  miglio- 
ramenti, secondo  attesta  1' Ugonio  (Stazioni,  p.  61)  anco  a  suo  tempo  ne  rimaneva 
in  essa  chiesa  un  marmo  lavorato.  Era  questo  una  parte  inferiore  di  uno  de'  pul 
piti  marmorei  del  presbiterio  per  l'epistola  et  evangelo....  aveva  il  marmo  la  se- 
guente iscrizione  nel  giro  che  sporgeva  in  fuori:  «Anno  domini  1210  pontificatus  do- 
mini Innocentii  III  papae  cet.  ».  Cappello:  Brevi  notizie  cet.  p.  lu. 

ECCLESIAE  VRBIS.  «  Nel  lungo  catalogo  de"  suoi  doni  votivi  appena  trovi 
mancare  una  sola  chiesa  di  Roma:  ed  egli  sopra  ogni   altra   cosa,    pose    mano   alla 


30  SCAVI   SEC.    XIII 


restaurazione  dì  tutte  le  romaue  basiliche  (Registro  ufficiale  nel  cod.  vat.  7143  e  nel 
Mai,  Spicil.  VI,  300-312)  "   Gregorovius,  Storia,  tomo  V,  p.  712. 

AREA  CONCORDIAE  ET  VICINIA.  Innocenzo  III,  il  quale,  da  cardinale,  aveva 
ristaurato  i  ss.  Sergio  e  Bacco  («  pene  rui,  quasi  nulla  fui,  sed  me  relevavit  Lo- 
tharius  »  cet.  iscr.  del  portico  ap.  Martinelli  R.  ex  ethn.  Sacra,  p.  399),  la  dotò, 
da  pontefice,  di  beni  archeologici,  fra  i  quali  «  duo  casalina  iuxta  columnam  perfectis- 
simara....  hortum  inter  columnas  usque  ad  abscidam,  et  usque  ad  custodiam  mamor- 
tinam  ».  Vedi  Jordan,  Topogr.  parte  lì,  p.  457  e  669.  Il  testo  della  Bolla  ap. 
Migne  I,  651,  contiene  molti  altri  particolari  importanti  sul  foro  e  sul  Comizio  nel 
secolo  XII. 

CIVITAS  LEONIANA.  Innocenzo  «  fecit...  palatium  Claudi  muris,  et  super  portas 
erigi  turres  ».  Cod.  vat.  6091. 

VIA  TIBVRTINA  •  BAS  •  S.  LAVRENTII.  Sugli  importanti  lavori  di  Innocenzo 
nella  chiesa  di  s.  Lorenzo  fuori  le  mura,  le  cui  parti  egli  riunì  in  un  corpo  solo, 
aggiungendovi  il  portico  composto  di  marmi  di  scavo,  vedi  De  Rossi,  Mosaici,  fase.  V; 
Armellini,  Chiese,  p.  869  etc.  Appartiene  alla  mia  raccolta  di  stampe  e  disegni  una 
cartella  con  circa  100  tavole  del  Vespignani  Seniore,  apparecchiate  in  occasione  dei 
restauri  di  Pio  IX:  importanti  specialmente  per  lo  studio  delle  parti  genuine  degli 
affreschi  fatti  eseguire  da  Innocenzo,  all'epoca  della  coronazione  di  Pietro  di  Courtenay. 

FORNIX  DOLABELLAE.  Innocenzo  affida  al  nizzardo  Giovanni  de  Matha  la 
cura  dell'  ospedale  di  s.  Tommaso  in  Formis,  edificato  in  mezzo  a  grandiose  rovine, 
e  sui  muri  stessi  della  piscina  da  me  descritta  nei  Comm.  a  Frontino,  p.  157.  La 
fronte  dell'Ospizio  era  formata  dagli  archi  celimontani  (compreso  il  fornice  di  Dola- 
bella  e  Silano)  sopra  uno  dei  quali  si  leggevano  le  lettere  «  anto(ni)niana  »  fatte 
di  mattoni  a  cortello,  intomo  alle  quali  vedi  op,  cit.  p.  161.  L'ospedale  è  ancora 
intatto,  e  serve  per  uso  del  giardiniere  di  villa  Mattei.  Questi  luoghi  son  descritti 
nella  Bolla  di  Onorio  III  del  1217  in  Bull,  vatic.  I,  100,  con  la  quale  viene  con- 
cesso ai  trinitarii  del  Matha  ^  mons  cum  formis  et  aedificiis  positum  inter  clausu- 
ram  Clodei  (il  Olaudium  dei  cataloghi)  et  inter  duas  vias  unam  videi,  qua  a  pre- 
dieta  eccl.  s.  Thome  itur  ad  coliseum  (il  vicus  Capitis  Africae),  et  aliam  qua  itur  ad 
ss.  Johem  et  Paulum  (ancora  esistente)  ».  Si  tratta  dunque  del  terreno  triangolare 
rappresentato  nel  frammento  X,  45  della  Forma,  e  che  oggi  contiene  l'orto  inferiore 
dei  pp.  Passionisti. 

1215-1216.  PALATIVM-AEDES  SEVERIANAE.  In  questo  biennio  i  monaci 
del  monistero  ad  clivum  Scauri  affittano  la  maggior  parte  degli  ambienti  tuttora  co- 
perti da  volta,  nell'  ala  severiana  del  Palazzo  Maggiore.  I  documenti  relativi  a  tali 
locazioni  sono  cosi  indicati  nel  sommario  del  Regesto  [scomparso  nel  1870,  ma  di 
cui  posso  indicare  la  paginazione,  per  cortesia  del  cav.  Corvisieri  che  ne  possiede  copia. 
Per  non  tornare  su  questo  argomento,  riunisco  qui  la  serie  completa  degli  atti  che  si 
riferiscono  ai  possedimenti  dei  monaci  di  s.  Gregorio  nel  palazzo  maggiore]. 

1145.  «  Locatio  Turris  de  Arco  cum  suis  pertinentiis  posite  in  capite  Circhi  Ma- 
limi  et  Trulli  in  inde  quod  vocatur  septem  solia,  iuxta  d'"  turrim  facta  a  Pietro  Ab- 
bate in  favorem  Cinthij  Fraiapanis,  die  18  Martii  1145  »   e.  252. 


SCAVI    SEC.   XIII  31 


1215.  «  Concessio  duarnm  Cryptarum  ad  faciendas  domos  positarum  Romae  in 
vocabiilo  Circi  facta  a  Gregorio  Abbate....  in  favorem  Pauli  de  Grisayti,  die  20  De- 
cembris  ann.  :  1215  "   e.  254. 

1215.  «  Concessio  similis  in  favorem  Nicolai  de  grisanto,  die  et  anno  supra- 
dictis  »  e.  255. 

1215.  «  Locatio  unius  Cripte  ad  domum  construendam  in  vocabulo  Circi  facta 
a  Gregorio  Abbate...  in  favorem  Joannis  Thome  de  Luca,  die  et  anno  supradictis  » 
e.  255. 

1215  «  Locatio  similis  in  favorem  Joannis  Bobonis,  die  et  anno  supradictis  » 
e.  256. 

1216.  K  Locatio  quinque  CiTptarum  ante  portam  Monasterii  sub  Palatio  Maiori 
facta  a  Gregorio  Abbate  in  favorem  Joannis  Sali  in  bene,  Joannis  Marci,  Joannis 
Cerchi,  Nicolai  Reatini,  et  Dionysii,  die  17  Januarii  anni  1216  "   e.  257. 

«  Concessio  unius  Criptae  in  vocabulo  Circuii  ad  conjìtruendam  domum  facta  a 
Gregorio  Abbate....  in  favorem  Lucae  Synibaldi,  die  et  anno  supradictis  »   e.  258. 

"  Concessio  similis  in  favorem  Jacobi  Joannis  Petri,  die  et  anno  supradictis  » 
e.  259. 

«  Concessio  similis  in  favorem  Leonardi  Joannis  Petri,  die  et  anno  supradictis  » 
e.  259. 

«  Concessio  similis  in  favorem  Guerrerii  Sinibaldi,  die  et  anno  supradictis  » 
e.  260. 

«  Concessio  similis  in  favorem  Joannini  Mercatoris,  die  et  anno  supradictis  " 
e.  260. 

1218.  «  Locatio  quinque  cossariim  antiquarum  ad  faciendam  domum  facta  a  Gre- 
gorio Abbate  in  favorem  Joannis  Raynerii  Praesbyteri  et  aliorum  clericorum  Basi- 
licae  ss.  Joannis  et  Pauli,  die  12  Marii  ann:  1218  »  e.  252.  Credo  che  questo  atto 
si  riferisca  al  Claudium. 

1493.  "  Locatio  sodi,  sive  terreni  ante  Ortos  Circi  loco  dicto  alla  Sacossa  sive 
dellis  (?)  facta  a  Petro  Abbate  in  favorem  Eusebii  Gasparis  Caputi,  die  13  Mail 
anno  1493  »  e.  265. 

1494.  «  Decretum  seu  declaratio  Raphaelis  s.  Georgii  ad  vellum  aureum  S.  R. 
E.  Diaconi  Cardinalis  dìii  Papae  Camerari i  in  quo  statuitur  nuUum  ius  competere 
Camere  in  locum  et  Cryptas  in  vocabulo  Circi  sed  pertinere  ad  Monasterium  s.  Gre- 
gorii  et  Andree,  die  3  Martii  1494  ■'   e.  264. 

1494.  «  Locatio  trium  Cryptarum  prope  Palatium  Maius  facta  a  Petro  Oliverij 
Priore  s.  Gregorii  in  favorem  Francisce  Valerli  de  Signorilis  q.  Jacobi  Pontiani,  die 
11  Maij  ann.  1494  "   e.  267.  E  ora  torniamo  agli  scavi  del  sec.  XIII. 

1216.  Onorio  III  ingrandisce  e  fortifica  la  dimora  pontificia  presso  s.  Sabina.  I  Sa- 
velli avevano  posseduto  da  lungo  tempo  un  palazzo  su  questo  colle,  divenuto  deserto  sin 
dal  tempo  di  Ottone  III.  Onorio  III  ne  donò  una  parte  ai  discepoli  di  s.  Domenico  che 
ancora  l'abitano.  Onorio  IV  vi  abitò  costantemente,  dopo  averlo  circondato  di  mura 
e  di  torri  che  ancora  stanno  in  piedi,  insieme  ad  alcune  grandi  sale  sul  ciglio  del  colle 
che  domina  la  Salara.  Egli  volle  richiamare  a  vita  questo   ^  monte  dello  Serpente  -^ 


32  SCAVI    SEC.   XIII 


ossia  di  Giunone  Regina,  e  invitò  molti  romani  a  costruirvi  loro  case.  «  Totus  mons 
renovatur  in  aedificiis  "  dice  Ptol.  Lucense  XXIV,  e.  13:  ma  il  tentativo  abortì  per 
il  difetto  d'acqua  potabile.  Queste  case  del  tempo  di  Onorio  IV  sono  state  scavate 
più  volte.  Ne  parla  Flaminio  Vacca  nella  raem.  80  ed.  Fea  «  nel  pontificato  di  Gre- 
gorio XIII...  negli  orti  di  Santa  Sabina  furono  trovati  una  grande  quantità  di  molini 
fatti  di  quella  pietra  rossa  che  si  trova  a  Bracciano.  Si  crede  che  in  quel  luogo  vi 
fosse  qualche  fortezza  dove  si  salvavano  gli  antichi  moderni:  vi  erano  an- 
che molti  muri  di  case  plebee».  Negli  scavi  di  sir  George  Talbot  del  1820-1821, 
di  Sabatino  del  Muto  del  1824,  del  collegio  di  s.  Anselmo,  e  del  Lazzaretto  muni- 
cipale (1892),  si  sono  trovate  altre  traccie  del  quartiere  Savello.  Vedi  Bull.  com. 
tomo  XXI,  a.  1893,  p.  7.  Il  palazzo-fortezza  di  Onorio  III  fu  distrutto  nel  1313  dai 
capitani  imperiali  Stefano  Colonna,  Riccardo  Annibaldi,  e  dal  maresciallo  di  Fiandra, 
per  ordine  di  Enrico  VII  che  vi  aveva  alloggiato  l'anno  innanzi. 

1216.  TEMPLVM  ROMAE  ET  VENERPS.  Onorio  ricostruisce  la  chiesa  di  s.  Maria 
Nuova  distrutta  dal  fuoco. 

1216.  «  CAPVT  MERVLANEE  ».  Il  card.  Giovanni  Colonna  fonda  il  primo  nucleo 
del  futuro  ospedale  lateranense,  vicino  al  bivio  formato  dalla  via  Merulana  e  dalla 
Gelimontana,  all'arco  di  Basile.  Il  Palica  crede  che  se  ne  possa  riconoscere  il  sito 
nel  braccio  oggi  chiamato  di  s.  Andrea,  dove  è  la  scuola  clinica  Ostetrico-ginecologica. 
L'ospizio  fu  donato  dal  cardinale  alla  confraternita  degli  Ostiarii  e  Raccomandati  dal- 
l' immagine  del  Salvatore  ad  sancta  Sanctorum.  I  documenti  contemporanei  ne  parlano 
come  di  «  locus,  utique  ex  antiquitate  sua  memorabilis,  sed  admodum  debilis  et  mo- 
dicus  ad  tale  opus  » .  Vedi  Palica,  Origine  dell'ospedale  del  ssmo  Salvatore.  Roma,  Cec- 
chini, 1892,  e  le  notizie  raccolte  più  sotto,  in  data  del  1338. 

1218.  OPERA  OCTAVIAE.  «  Anno  dni  MCCXVIII  pontificatus  dni  Honorii  pape 
anno  eius  II  die  V  mensis  aprilis  indict.  VI  consecrata  est  ecclesia  »  di  s.  Maria 
in  Campitelli  la  Vecchia.  Vedi  Armellini  :  Chiese,  p.  553,  Sugli  avanzi  delle  «  Opera 
octaviae  »  nascosti  sotto  la  chiesa  e  la  sacrestia,  vedi  Corrado:  Memorie  di  s.  M.  in 
Portico,  Roma,  1871,  p.  23,  n.  b.  Il  ciborio  di  maestro  Adeodato  era  sostenuto  da 
quattro  colonne  di  scavo. 

1220.  Gualtiero,  monaco  di  s.  Salvatore,  edifica  la  chiesa  di  s.  Martino  in  Pa- 
nerella,  detta  più  tardi  alli  Pelamantelli  o  Giubbonari.  Stava  incontro  alla  presente 
fabbrica  del  monte  di  Pietà,  e  fu  demolita  sotto  Benedetto  XIV. 

1223.  SVBVRA.  Vivente  ancora  s.  Francesco,  si  costruisce  un  monastero  di  s.  Chiara 
nel  sito  ora  occupato  dalla  Madonna  de'  Monti. 

1227.  CLOACAE  VRBIS.  Il  nuovo  pontefice  Gregorio  IX,  di  casa  Conti,  fa  spur- 
gare le  cloache,  e  riparare  il  ponte  di  Santa  Maria.  Vedi  Gregorovius,  tomo  V,  p.  740. 

1227.  VIA  FLAMINIA  •  GENTILE  DOMITIORVM  MONVMENTVM.  Si  costruisce 
la  chiesa  di  s.  Maria  del  Popolo  nel  sito  della  cappellina  edificata  nel  1099  da  Pa- 
squale II. 

1228.  CVRIA-SENATVS.  Gregorio  IX  restaura  la  chiesa  di  s.  Adriano,  di  che 
v'ha  ricordo  in  una  epigrafe  del  tempo,  ap.  Forcella  tomo  II,  p.  49,  n.  139,  nella 
quale  si  parla  pure  del  rinvenimento  dei  corpi  dei  ss.  Mario  e  Marta,  delle  reliquie 


SCAVI   SEC.   XIII  33 


di  s.  Adriano,  e  di  quelle  dei  tre  fanciulli  Ebrei  «  in  abside  supter  columpnam  ». 
Altra  iscrizione  del  1244  descrive  l'erezione  di  un  altare  marmoreo  magnifico  a  spese 
del  card.  Gottofredo. 

1230  circa.  MONVMENTA  MARIANA.  Gregorio  IX  rinnova  dai  fondamenti  la 
chiesa  di  s.  Eusebio.  Vedi  Ugonio,  Stationi,  p.  259. 

1231.  HORREA  R.  XIV.  Con  le  elemosine  di  Rodolfo  conte  dell' Anguillara,  si 
costruisce  il  primo  convento  dei  frati  di  s.  Francesco,  in  Roma,  nel  sito  dell'  antico 
ospedale  di  s.  Biagio  (s.  Francesco  a  Ripa). 

1241.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  I  Colonnesi,  condotti  dal  card.  Giovanni,  forti- 
ficano nuovamente  il  monte  dell' Agosta  contro  Gregorio  IX  :  ma  ne  sono  discacciati 
dal  senatore  Matteo  Rosso.  Nibby  R.  A.  tomo  II,  p.  528.  E  qui  giovi  ricordare  come 
i  primi  epigrafisti  abbiano  descritto  dentro  o  vicino  il  palazzo  di  quella  famiglia  ai 
ss.  Apostoli  due  marmi  del  mausoleo,  i  piedistalli  cioè  delle  urne  cinerarie  di  Caio 
Cesare,  e  di  Tiberio  Augusto  CIL.  884,  885. 

1242.  GROTTAFERRATA.  Accampatosi  Federico  II  sui  colli  albani  nell'estate 
del  1242.  «  il  suo  sguardo  curioso  notò  presso  alla  chiesa  del  chiostro  (di  Grottaferrata) 
due  statue  di  bronzo  che  rappresentavano  un  uomo  ed  una  giovenca,  ed  erano  poste 
ad  ornamento  del  pozzo  del  monastero:  ei  fé'  portar  via  per  bottino  di  guerra  due 
anticaglie,  avanzi  di  yecchie  ville,  e  ne  ornò,  come  di  spoglie  romane,  Luceria,  sua 
colonia  di  Saraceni.  Federico  II  fondò  le  prime  collezioni  di  antichità  »  Gregorovius 
Storia,  tomo  V,  p.  259,  nota  2. 

1245.  TEMPLVM  EVENTVS  BONI.  Si  costruisce  o  si  restaura  dai  fondamenti  la 
chiesa  di  s.  M.  in  Monteroni,  fra  le  pareti  di  un  antico  tempio,  che  si  crede  esser  quello 
del  Buon  Evento.  Vedi  Sarti  in  Arch.  st.  patr.  tomo  IX,  p.  476  —  Bull.  cora.  1891, 
p.  226.  Dietro  la  chiesa  v'  era  il  cimiterio,  ed  a  sinistra  un  ospedale.  Nell'atrio,  poi, 
era  stata  posta  la  grande  base  marmorea  CIL.  120,  forse  trovata  sul  posto. 

1256.  SEGRETARIVM  SENATVS  «  anno  do.  mcclvi  dns.  Ale(xande)r  pp.  iiii 
propis  ma(n)ib.  ad  honore .  dei  et  beate  Martine  cosecravit  ecc.*  ista.  In  altari  vero 
reco(n)dite  sunt  »  molte  reliquie  provenienti  da  catacombe  o  da  chiese  dirute.  Vedi 
Forcella,  tomo  VII,  p.  415,  n.  838.  Furono  conservati  nelle  pareti  della  detta  chie- 
chiesuola  gli  altorilievi  marmorei  trionfali,  intorno  ai  quali  vedi  Lanciani  «  L'aula 
del  Senato  »  p.  15.  È  probabile  che  il  frammento  dei  fasti,  forse  proveniente  dalla 
Schola  palatina  dei  sodali  flaviali  tiziali,  CIL.  2004,  sia  stato  commesso  nel  pavimento 
di  questa  chiesa  al  tempo  di  Alessandro  IV. 

1256.  BASILICA  S.  MARIAE  (maioris).  Jacopo  di  Janni  Capocci  e  Lavinia  sua 
moglie,  pongono  in  opera  sei  colonne  di  scavo,  quattro  delle  quali  di  porfido,  a  sostegno 
dell'altare  delle  reliquie,  nella  navata  di  mezzo. 

VIA  TIBVRTINA.  Muore  il  card.  Guglielmo  Fieschi  ed  è  sepolto  nel  portico 
di  s.  Lorenzo  fuori  le  mura  in  un  antico  sarcofago  di  marmo,  i  cui  bassorilievi  rap- 
presentano una  cerimonia  nuziale  pagana. 

1256.  MAVSOLEVM  CONSTANTIAE.  Alessandro  IV  toglie  dall'urna  di  porfido, 
ora  vaticana,  le  reliquie  credute  delle  ss.  Costanza,  Attica,  ed  Artemia:  e  '  volendo  che 
sopra  di  essi  (sacri  pegni)  celebrar  si  potesse  il  sacrificio  incruento,  né  far  ciò  potendosi 


34  SCAVI    SEC.    XIII 


per  la  smisurata  altezza  dell'  urna,  e  per  l' elevazione  acuta  del  suo  coperchio,  altrove 
nello  stesso  tempio  lo  collocò,  e  le  reliquie  racchiuse  in  avello  minore  »  Marangoni, 
Cose  gentilesche,  p.  299.  Lo  stesso  pontefice  restaurò  la  vecchia  chiesa  dei  ss.  Pietro 
e  Marcellino  in  Merulana.  Vedi  la  rara  incisione  del  1751,  dal  titolo  «  Historia  chal- 
cographica  veteris  tituli  ss.  martjrum  Marcellini ...  et  Petri ...  a  Benedicto  XIV 
pont.  opt.  max.  iterum  a  fundamentis  erecti  a.  D.  1751  quam  Joseph  Blanchinius 
presbyter  congr.  Orat.  eidera  Sacerdoti  magno  d.  d.  » . 

1264.  25  agosto.  FORVM  TRAI  ANI.  Jacopa  di  Pietro  Bianchi  fonda  «  in  domo 
patris  sui  »  il  monastero  di  s.  Urbano,  con  la  chiesuola  che,  ai  tempi  del  Martinelli, 
vedevasi  ancora  in  piedi,  profanata  e  ridotta  ad  uso  di  fienile,  dietro  l'abside  della 
chiesa  odierna,  rifatta  1'  anno  1600.  Preziose  notizie  sugli  avanzi  del  foro  Traiano, 
visibili  in  quei  tempi  nella  contrada  di  s.  Urbano,  si  trovano  nella  Koma  dell'Adinolfi, 
tomo  li,  p.  53  sg. 

1266.  Muore  il  senatore  Luca  Savelli  padre  di  Onorio  IV  ed  è  sepolto  in  Araceli 
nella  cappella  di  famiglia,  nel  mausoleo  cui  serve  di  base  un  antico  sarcofago  di  marmo, 
ornato  di  rilievi  bacchici. 

1275,  16  novembre.  ISEVM  ET  SERAPEVM  MINERVIVM.  Le  monache  benedet- 
tine di  Campomarzo,  con  licenza  di  fra  Aldobrandino  Cavalcanti  vescovo  di  Orvieto, 
cedono  al  nuovo  ordine  dei  Domenicani  la  loro  chiesa  di  s.  M.  sopra  Minerva.  Nic- 
colò III  nel  1280  pone  mano  alla  fabbrica  del  nuovo  edificio,  con  l'opera  di  fra  Sisto, 
e  di  fra  Ristori  architetti  di  s.  Maria  Novella.  In  questa  occasione  (forse  anche  nella 
ricostruzione  di  Gregorio  XI)  «  è  probabile  che  avvenissero  scoperte  considerevoli,  spe- 
cialmente dalla  parte  della  tribuna,  la  quale  penetra  nell'  area  dell'  Iseo.  Sembra 
certo  che  tornasse  in  luce  l' obelisco  Macutéo,  ora  in  piazza  della  Rotonda,  parlandone 
il  Poggio,  ap.  Urlichs  Cod.,  p.  241,  come  di  cosa  stabilmente  ed  onorevolmente  esposta 
al  pubblico  assai  prima  del  1450  »  Bull.  com.  1883,  p.  35  sg.  Ne  parla  anche  l'Anon. 
Magliab.  ap.  Urlichs.,  p.  159  (a.  1410-1415)  con  questa  curiosa  nota:  «de  loco  ubi 
ipsa  nunc  stat  (a  s.  Macuto)  nullum  aliud  dicitur  nisi  quod  vulgariter  dicitur  Schola 
Bruti»   (Comp.  la  schola  di  Virgilio  etc). 

1276.  Morto  Innocenzo  IV,  Carlo  d'Angiò  ordina  al  suo  cameriere  Ugo  di  Besan- 
zone,  che  trovavasi  in  Roma:  «per  urbem  inquiras  si  aliqua  conca  porfidis,  vel 
alicuius  alterius  pulchri  lapidis,  prout  illi  qui  sunt  in  s.  Johanne  Laterani  poterit 
inveniri  »  e  dato  che  non  potesse  trovarla  «  fieri  facias  sepulturam  consimilem  ille  co- 
mitisse  attrebatensis,  et  etiam  si  poterit  pulcheriorem  »  Vedi  Vitale,  Storia  diplom., 
p.  152. 

1278.  VIA  TRIVMPHALIS-CIVITAS  LEONIANA.  Sospesi  i  lavori  di  ampliamento 
del  palazzo  vaticano  per  la  morte  di  Innocenzo  IV,  li  continuò,  dopo  il  1278,  Nicolao  III 
Orsini,  con  l' opera  degli  architetti  fra  Sisto  e  fra  Ristori,  chiamati  da  Firenze.  Egli 
fece  ampliare  il  giro  delle  mura  di  Leone  IV  per  difesa  dei  giardini  vaticani,  ac- 
quistando terreni  «  extra  portam  auream  in  monte  Geretulo  . . .  prope  ecclesiam  s.  M. 
Magdalene  ad  pedes  montis  malis  » .  Il  testo  dell'  iscrizione  storica  che  ricorda  tali 
grandiosi  lavori,  iscrizione  trasferita  in  Campidoglio  l'anno  1727,  è  dato,  fra  gli  altri, 
dal  Gregorovius,  tomo  V,  p.  714,  n.  1. 


SCAVI   SEC.    XIII  35 


1283.  ECCL.  S.  CECILIAE.  Restauri  importanti  alla  chiesa,  intorno  ai  quali  vedi 
Herraanin  nell'  »  Arte  »  del  prof.  Venturi,  anno  IV,  1901,  p.  239  3g.  e  nell'Archiv. 
S,  R.  S.  P.  tomo  XXIII,  1900,  p.  397  sg.  Lorenzo  Ghiberti,  seguito  dal  Vasari,  ne 
assicura  che  Pietro  Cavallini  «  nobilissimo  maestro  dipinse  tutta  di  sua  mano  santa 
Cecilia  in  Trastevere  »  togliendo  a  soggetto  il  Giudizio  universale,  per  la  parete  di 
fondo,  e  storie  bibliche  per  le  pareti  laterali  della  nave.  Questi  affreschi,  coperti  dagli 
stalli  del  coro  fino  dal  1530,  quando  Clemente  VII  concesse  chiesa  e  monastero  alle 
suore  benedettine  di  Campomarzo,  e  tornati  in  luce  pochi  mesi  or  sono,  mostrano 
«  traccio  della  robusta  tradizione  dell'arte  romana  »  e  rivelano  la  mano  di  un  artista 
«  nato  e  cresciuto  in  Roma,  nell'antico  centro  della  coltura  classica....  Gli  apostoli  e 
gli  angioli  di  santa  Cecilia  derivano  da  modelli  statuari  tunicati  e  togati  ".  Quasi  con- 
temporaneo agli  affreschi  del  Cavallini  è  il  ciborio  di  Arnolfo  sostenuto  da  quattro 
rare  colonne  di  marmo  bianco  e  nero.  La  chiesa  e  il  chiostro  contengono  non  meno 
di  settantanove  colonne  antiche  di  scavo. 

L'associazione  dei  due  artisti,  Pietro  Cavallini  e  Arnolfo  di  Cambio,  nelle  opere 
di  santa  Cecilia,  ricorda  l'altro  lavoro  da  essi  unitamente  eseguito  due  anni  dopo  (1285), 
cioè  il  ciborio  di  s.  Paolo,  che  porta  scritto  :  "  hoc  opus  fecit  Arnolfus  e  u  m  suo 
socio  Petrot.In  questo  secondo  nome  il  Moreschi  riconosce  il  Cavallini,  non  ostante 
che  fra  i  due  artisti  sarebbe  corsa  nel  1285  grave  diversità  d'  anni,  contandone  il 
primo  53,  il  secondo  26.  Fra  i  marmi  posti  in  opera  nel  tabernacolo  ricordo  il  titolo 
sepolcrale  di  Statilio  Barbaro,  CIL.  1522,  il  cippo  di  C.  Reiano  Muoiano  ridotto  a  ser- 
vire di  plinto  per  una  delle  colonne  di  porfido  :  parte  del  titolo  metrico  di  un  «  lohan- 
nes  Diaconus  et  infelicissimus  raonachus  " ,  e  molti  altri  frammenti  scritti  e  scolpiti, 
dei  quali  ragiona  il  Moreschi  a  p.  41  della  sua  «  Descrizione  »  Roma,  Aureli,  1840. 

1284.  INSVLA.  Si  impiegano  quattro  belle  colonne  di  porfido  a  sostenere  il  ci- 
borio nella  chiesa  dei  ss.  Adalberto  e  Paolino  (s.  Bartolomeo).  Furono  trasferite  nel  1829 
alla  galleria  degli  Arazzi  al  Vaticano. 

1287.  Nicolao  IV  fonda  il  «  palatium  apud  s.  Mariam  Maiorem  ",  ove  muore  ai 
4  di  aprile  del  1292.  Questo  palazzo,  ricostruito  da  Nicolao  V  nel  1450  (vedi)  coi 
disegni  di  Baccio  Pontelli,  occupa  il  sito  di  due  o  tre  case  patrizie  della  Reg.  IV 
che  sono  state  scavate  in  tre  riprese:  dal  Pericoli  nel  nov.  1873  e  sett.  1876,  e  dal 
Kohlmann  nel  die  1889.  Vedi  la  tavola  XXIII  della  Forma  Urbis,  ove  nessun  nome 
è  attribuito  alla  bella  «  domus  "  che  si  estende  sul  lato  orientale  del  gruppo,  verso 
s.  M.  Maggiore.  Ma  dopo  la  stampa  di  quelle  tavole,  ho  ritrovata  una  lettera  del 
eh.  architetto  Rodolfo  Buti  che  dirigeva  i  lavori  Kohlmann  nel  1889,  nella  quale  mi 
descrive  il  rinvenimento  di  parecchi  mattoni  bollati  di  Teoderico,  col  motto  ROMA 
FELIX,  del  cinerario  di  un  T.  Rustio  Evemero,  del  titolo  frammentato  di  un  »  procurator 
aquae . ,  .  (sic)  »  e  finalmente  di  un  tubo  di  piombo  con  il  nome  CALPVRNli  che  il 
Buti  crede  essere  il  genitivo  di  Calpurnius,  Ma  il  tubo,  essendo  rotto  dopo  la  I,  può 
darsi  che  si  tratti  di  uno  stagnaio  di  cognome  Calpurni(anus). 

1288.  Fondazione  della  chiesa  dei  ss.  Margherita  ed  Emidio  in  Trastevere. 
1293.  PORTICVS  POMPEIANAE.  Fra  Jacopo  della  Molara,  maestro  dei  cava- 
lieri Templari,  dona  a  suor  Santuccia  Terrebbotta  da  Gubbio  l'antica  chiesa  di  s.  Maria 


36  SCAVI   SEC.   XIII 


in  Julia,  e  l'annesso  ospizio.  Il  Lonigo  dice  che  a  suoi  tempi  ne  durava  ancor  la  me- 
moria :  «  fu  distrutta  molti  anni  or  Bono  et  ivi  fabbricata  la  chiesa  di  s.  Anna  (dei 
Falegnami,  o  de'  Funari)  ».  Ma  le  origini  di  essa  non  sono  ben  chiare,  e  gli  autori 
che  ne  parlano  sono  discordi.  Ricorderò,  per  la  storia  degli  scavi  di  Roma,  un  par- 
ticolare poco  noto.  Il  monastero,  annesso  alla  chiesa,  occupato  successivamente  dalle 
Santuccie,  dalle  Salesiane,  e  dagli  Artigianelli  di  Tata  Giovanni,  e  distrutto  nel  1888 
per  l'apertura  di  ria  Arenula,  era  fondato  sulle  fabbriche  annesse  ai  portici  pompeiani, 
delle  quali  si  vede  l'icnografia  nel  frammento  della  «  Forma  « .  Canina,  Edifizii,  tomo  II, 
tav.  V.  Io  ne  tolsi  la  pianta,  strisciando  quasi  carpone  sul  terriccio  che  riempiva  quegli 
innumerevoli  ambienti  sino  al  nascimento  delle  volte,  le  quali  conservavano  brani  di 
affreschi  e  di  ornati  di  mosaico. 

1295.  «  Inventarium  de  omnibus  rebus  inventìs  in  thesauro  sedis  apostolicae  factum 
de  mandato...  Bonifacii  papae  octavi  sub  anno  domini  miles."  ducent."  nonag."  quinto  » 
pubblicato  dal  Muntz  t.  II,  p.  160  dall'originale  della  Bibl.  nation.  fonds  latin 
n.  5180:  «  on  y  comptait  de  quarante  à  cinquante  camées,  dans  un  des  quels  le  ré- 
dacteur  de  l'inventaire  reconnut,  en  plein  treizième  siècle,  une  représentation  d'Hercule  ». 


SCAVI    SEC.    XIV  37 


SECOLO  XIV 


1300  circa.  SEPVLCRVM  METELLAE.  Bonifacio  Vili  dona  a  suo  nipote  Pietro 
Castani  il  mausoleo  di  Cecilia  Metella,  che  divenne  il  maschio  della  rocca  di  Capo 
di  Bove.  Il  Caetani,  nel  costruirla,  non  si  valse  di  materiali  di  scavo,  o  di  spoglie 
degli  edificii  dell'Appia.  Il  sarcofago  che  trovavasi  nel  fondo  della  cella,  rimase 
illeso  sino  ai  tempi  di  Paolo  III. 

1300.  BAS.  SALVATORIS  IN  LATERAN.  Fra  i  materiali  antichi  messi  in  opera 
nel  pavimento  del  pulpito  della  Benedizione  da  Bonifacio  Vili  donde  «  excommuni- 
cavit  Columnenses  velut  hostes  ecclesiae...  »  iscrizione  di  Calpurnia  Anthis,  liberta 
di  Calpurnia,  moglie  di  Cesare  ditattore,  CIL.  14211,  Del  medesimo  papa  scrive 
Cola  di  Rienzo  nella  lettera  all'arciv.  di  Praga  del  15  agosto  1350  (ap.  Papencordt 
Cola  di  Rienzo,  Amburgo  1841,  p.  LVI)  «  tabula(m)  magna(m)  erea(m)  —  la  lei 
regia  CIL.  930  —  Bonifacius  papa  Vili  in  odium  imperii  occultavit,  et  de  ea  quod- 
dam  altare  construxit  a  tergo  litteris  occultatis  » . 

1300.  TABVLARIVM.  Si  attribuisce  al  principio  del  secolo  XIV  la  riedificazione 
del  palazzo  comunale  in  Campidoglio,  quando  Gentile  Orsini  e  Riccardo  Annibaldi 
erano  senatori.  In  una  sentenza  del  sen.  Guidone  de  Sileo  del  17  aprile  1303  è  chia- 
mato palatium  novuin  Capitolii. 

1308.  BAS  •  IVNII  •  BASSI  •  Fondazione  della  chiesa  di  s.  Antonio  all'Esquilino 
cui  era  annesso  l'antico  ospedale  di  s.  Andrea  Catabarbara  Patricia. 

1338  (1348).  DOMVS  VICTILIANA.  La  confraternita  dei  Raccomandati  dell'Im- 
magine del  Salvatore  ad  SS.  decide  di  fabbricare  un  più  vasto  ospedale  nel  campo  late- 
ranense,  acquistandone  l'area  dai  canonici  della  basilica.  L'edificio,  sorto  sul  termine 
della  via  di  s.  Stefano  rotondo,  davanti  all'arco  di  Basile  (Lanciani,  Comm.  Frontin., 
p.  154)  e  al  diruto  palazzo  Novelli,  comprendeva  un  portico  formato  con  materiali 
antichi,  una  facciata  con  ruota  o  occhio  nel  timpano,  una  prima  ampia  sala  dove 
esisteva  una  vecchia  cappella  di  s.  Michele  arcangelo,  e  una  seconda  forse  denomi- 
nata di  s.  Andrea.  Il  portico  è  ancora  visibile  in  sulla  strada,  con  tracce  di  dipinture 
giottesche  :  la  facciata  con  l'occhio  forma  la  parete  principale  dell'abitazione  delle 
suore  ospitaliere:  la  sala  maggiore  serve  per  uso  di  -  Cantinone  •>  :  la  minore  per  uso 
di  dispensa.  Nel  catasto  della  confraternita,  al  2°  foglio  n.  26.  si  descrive  l'ospedale 
collocato  -  apud  lateranum  in  antiquis  domi  bus  et  palatio  quod  palatium  Regis 
^   vocabatur,  iuxta  formas  antiquas,  arcum  Basile    et  domos    antiqnas    et  palatium 


38  SCAVI   SEC.   XIV 


nobilium  de  Novellis,  ubi  Cappella  quaedara  sub  vocabulo  s.  Angeli  et  alia  parva 
ecclesia  sub  nomine  s.  Andree  ».  Quest'ultima  fu  riunita  all'ospedale  nel  1348  dai 
guardiani  Francesco  Vecchi  e  Francesco  Rosati.  Vedi  l'iscrizione  sul  fornice  d'ingresso. 
Si  può  ricordare  a  questo  proposito  la  mem.  13  del  Vacca:  «  sotto  l'ospedale  di 
s.  Gio.  in  Laterano  vi  attraversa  un  fondamento  grossissimo  tutto  di  pezzi  di  buo- 
nissime figure.  Vi  trovai  certi  ginocchi  e  gomiti  di  maniera  greca  " .  Sugli  scavi 
successivi  nell'area  dell'ospedale,  vedi  Bull.  Inst.  1870,  p.  50,  n.  XXVII.  Nella  pri- 
mavera di  quest'anno  1901  s'è  trovata  una  fistola  aquaria  col  nome  di  una  delle  Do- 
mizie  Lucilie,  che  dagli  archi  celimontani  si  dirigeva  verso  il  giardino  dell'ospedale. 
Si  tratta  certamente  della  «  domus  Victiliana  » . 

1339,  29  settembre.  SILVAE  ET  AMBVLATIONES  MAVSOLEI.  Nell'anno  V  del 
pontificato  dì  Benedetto  XII  gli  esecutori  testamentarii  del  card.  Pietro  Colonna  fon- 
dano l'ospedale  di  s.  Giaiiomo  in  Augusta.  L'Alveri,  II,  .57,  asserisce  che  di  questa 
fabbrica  si  vedevano  tracce  a'  suoi  tempi.  «  Dalla  madonna  di  Reggio  caminando  per 
la  strada  di  Ripetta  si  vedono  ancora  in  essere  i  vestigi  del  vecchio  ospidale  di  san 
Giacomo,  che  nella  pestilenza  dol  1656  servì  di  Lazzaretto  ». 

1348,  25  ottobre.  TEMPLVM  SOLIS  AVRELIANI.  «  Erat  téplù  Romuli  in  colle 
Quirinali  ex  cuius  spoliis  facti  sunt.  CXXX.  gradus  marmorei  apud  ecclesiam  sce 
Mariae  Ara  Celi  et  Capitoli  aiìo  .  M .  cccxlviii  die  uero  .  XXV  Octob.  »  Albertino  ed. 
1515  f.  49.  L'iscrizione  del  costruttore  maestro  Lorenzo  di  Simeone  Andreozzo  sta 
ancora  sul  posto.  Vedi  Gregorovius:  Storia,  tomo  V,  p,  79,  n.  1.  L'origine  di  questi 
marmi  —  centoventiquattro  gradini  —  è  incerta,  né  del  tempio  di  Quirino  si  parla 
prima  di  Pomponio  Leto  (').  La  congettura  più  probabile  è  che  provengano  dal  tempio 
del  Sole,  cui  si  ascendeva  per  amplissime  scale,  prototipo  di  quelle  dell'Araceli  e 
della  Trinità  de'  Monti. 

1348.  TERREMOTO  DEL  PETRARCA.  «  Cecidit  edificiorum  veterum  neglecta 
civibus,  stupenda  peregrinis  moles.  Turris  illa,  toto  orbe  unica,  que  Comitis  dicebatur, 
ingentibus  ruinis  laxata,  dissiluit  » .  Petrarca  :  Rer.  Famil.,  XI,  ep.  7. 

1354.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  È  ucciso,  e  poco  stante  cremato  «  allo  campo 
dell' Austa  »  Cola  di  Rienzo.  Circa  questo  tempo  fu  scoperto  nel  mausoleo  il  cippo 
di  marmo  lunense,  oggi  nel  cortile  de'  Conservatori,  il  quale  sostenne  il  vaso  cine- 
rario di  Agrippina  moglie  di  Germanico  »  (Nibby,  R.  A.,  tomo  II,  p.  529,  CIL.  886), 
come  pure  quello  di  Nerone  Cesare,  fratello  di  Caligola,  CIL.  886  anch'esso  «  superne 
eicavatus  et  ordinatus  prò  mensuris  »  come  il  precedente,  che  porta  ancor  oggi  incise 
le  parole  «  riigiatella  de  grano  » .  A  questi  due  monumenti  si  dovrà  forse  aggiungere 
il  frammento  dell'elogio  di  Lucio  Cesare  CIL.  895,  che  appartiene  al  mausoleo,  benché 
descritto  la  prima  volta  fuori  di  posto  al  Monte  Citorio.  L'anon.  Magliab.,  p.  162,  Urlichs 
pretende  che  a  suo  tempo,  circa  il  1410,  il  mausoleo  fosse  ancora  «  mirifice  opertum 
tabulis  marmoreis  » . 

Sulle  ricerche  epigrafiche  di  Cola  di  Rienzo,  e  sulla  silloge  da  lui  composta  fra  gli 
anni  1344  e  1347,    erroneamente   attribuita  sino  al  1871  a  Nicolao  Signorili,  vedi 


(»)  Vedi  Fulvio:  Antiqq.  p.  XX. 


SCAVI   SEC.   XIV  39 


de  Rossi,  Bull.  Inst.  1871,  pp.  11-17:  CIL.,  VI,  p.  XV:  ed  il  biografo  ap.  Muratori, 
Antiq.  Ital.,  tomo  III,  p.  399:  "  tutta  la  die  se  speculava  negl'intagli  de  marmi,  li 
quali  caccio  intorno  a  Roma.  Non  era  altri  che  esso,  che  sapesse  lejere  li  antichi 
Pataffi...  queste  figure  de  marmo  justamente  interpretava  ». 

La  silloge  di  Cola  fornisce  alcune  notizie  non  dispregevoli  sui  monumenti  di 
Roma  circa  la  metà  del  sec.  XIV.  Stavano  in  piedi  nella  contrada  del  foro  boario  i  due 
fornici  di  Augusto  CIL.  878  e  di  Lentulo,  ivi  1385.  Sulla  relazione  d'origine,  di 
forma,  di  scopo,  d'età  tra  questi  e  il  fornice  di  Dolabella  e  Silano  vedi  Lanciani: 
Comm.  Frontin.  p.  100.  Il  fornice  di  Augusto  non  si  sa  cosa  fosse,  né  dove  stesse 
precisamente.  Taluni  lo  pongono  presso  al  teatro  di  Marcello  (prope  domum  Sabellorum, 
via  de  Sabellis  apud  carcerem  Tullianum  —  S.  Nicolao  in  carcere  —  arcus  lapidis 
tiburtini  semifractus,  in  muro  cuiusdam  tabemae)  :  altri  in  una  pretesa  piazza  del 
ponte  di  s.  Maria  (Emilio),  piazza  che  non  ha  mai  esistito,  perchè  la  testata  del 
ponte  stesso  veniva  a  toccare  quasi  la  «  casa  di  Pilato  »  e  s.  Maria  Egiziaca.  Il  Fe- 
liciano  dice,  probabilmente  di  testa  sua,  che  le  lettere  si  leggevano  «  in  arcu  pontis  » 
e  Cola  stesso  che  il  fornice  era  stato  "  forte  factum  Octaviano  propter  constructionem 
pontis  ».  Si  tratterebbe  dunque  di  restauri  al  ponte,  dei  quali  non  si  ha  altrimenti 
memoria. 

La  silloge  ricorda  pure  la  scoperta  del  cippo  del  Tevere  CIL.  1240  a,  della  statua 
e  del  frammento  dell'elogio  di  M.  Antonius  Eiochus  agli  Arciouini  sul  Quirinale 
»  in  lovio  caballi  »  ovvero  «  in  lovio  domorum  de  Archionibus  »  :  dell'ara  mitriaca  728 
nella  vigna  Mancini  presso  s.  Susanna:  e  dell'iscrizione  attribuita  al  »*  templum  Ve- 
neris  in  Calcarario  ».  Vedi  de  Rossi,  Bull.  Com.,  tomo  XXIII  a.  1893,  p.  191. 

1360.  TABVLARIVM.  Innocenzo  VI  dona  ai  canonici  dei  ss.  Sergio  e  Bacco 
«  quoddam  casalenum  quod  dicitur  Cameliana  (Cancellaria)  ipsius  ecclesie  positura  retro 

dictam  ecclesiam,  cui  ab  uno  latere  est  palatium  Capitolii ab  alio  est  via  publica 

que  dicitur  Faba  Tosta  ».  Vedi  lordan,  Topogr.,  tomo  II,  p.  458. 

1363  (o  1368,  vedi  Urlichs:  Cod.,  p.  92  ad  lin.  17).  ARCVS  ARCADII  HO- 
NORII  cet.  «  Arcus  aureus  marmoreus  triumphalis  qui  fuit  ad  sanctum  Celsum  et 
Julianum  sub  campanile  dictae  ecclesiae,  non  apparet  quia  cecidit  tempore  Urbani 
quinti  vetustate  diruptus  ».  Anon.  magliab.  ap.  Urlichs  cod.,  p.  153. 

1370.  BAS  .  SALVATORIS  IN  LATERAN  •  Urbano  V  commette  a  Giovanni  Ste- 
fani architetto  di  Siena  la  ricostruzione  della  basilica  consunta  dall'incendio  del  1360. 
Vi  furono  impiegati  infiniti  marmi  antichi.  Rimane  in  piedi  il  tabernacolo  sostenuto  da 
quattro  colonne  di  granito.  Se  poi  è  vero  che  nell'  incendio  suddetto  le  colonne  della 
basilica  fossero  spezzate  e  calcinate  e  ridotte  in  frantumi,  conviene  credere  che  le 
30  di  granito  bigio,  attualmente  incassate  nei  pilastri  del  Borromini  (Crescimbeni, 
Stato  della  Bas.  Later.  p.  37)  sieno  state  scavate  o  tolte  via  da  qualche  altro  edificio 
dall'architetto  di  Urbano  V. 

1375.  Giovanni  Dondi  dell"  Orologio,  visitando  Roma  circa  quest'anno,  raccoglie 
le  misure  di  antichi  edificii,  della  colonna  Traiana,  del  Pantheon,  dell'obelisco  vati- 
cano, del  Colosseo,  delle  basiliche  degli  Apostoli,  e  copia  poche  iscrizioni  di  edificii 
pubblici.  Vedi  de  Rossi:  Le  prime  raccolte,  p.  4  e  CIL.,  p.  XXVII. 


40  SCAVI    SEC.    XIV 


1382,  15  febbraio.  AQVAEDVCTVS.  Nicolao  Valentini,  il  distruttore  del  monte 
del  Grano  (redi  apppresso  a.  1387)  vende  a  Paolo  marmorario  e  suoi  compagni 
u  tres  cossas  peperignorum  sitas  in  territorio  casalis  in  Formis  extra  portam  sancti 
lohannis  Lateranensis  prò  pretio  VII  florenorum  auri  »  Not.  Nardo  de'  Vendettini, 
prot.  785,  A.  S.  C.  Si  tratta  di  tre  piloni  o  della  Claudia  o  della  Marcia. 

1384.  S.  PIETRO  VECCHIO.  In  un  censuario  della  basilica  vaticana  del  1384 
citato  dall'Armellini,  p.  748,  è  ricordata  una  «  domus  cum  signo  tripedium,  ubi 
fiunt  marmerà  prò  capella  dfli  cardinalis  s.  Petri  in  parochia  s.  Stephani  de  Un- 
gariis  » . 

1385,  15  giugno.  TEMPLVM  ROMAE  ET  VENERIS.  Patti  fra  il  priore  di  s.  Maria 
Nuova  da  una  parte,  lacobello  Paluzzi  e  Buccio  Nardi  socii  muratori  dall'altra,  per  fab- 
bricare certe  pareti,  grosse  palmi  due  e  mezzo  nelle  fondamenta  «  in  renclaustro  mona- 
sterii  ubi  ligna  reconduntur,  in  quo  debet  cisterna  hedificari  ante  hortum  dicti  mo- 
nasteri » .  Le  fondamenta  dovevano  essere  murate  «  lapidibus  grossis  »  certamente 
del  tempio,  poiché,  mentre  i  due  socii  fabbricatori  dovevano  metter  del  loro  calce, 
legname,  e  mano  d'opera,  i  «  lapides  grossi  "  erano  forniti  direttamente  dai  frati. 
Not.  Nardo  de'  Vendettini,  prot.  785. 

1387,  28  aprile.  SEPVLCRVM   vulgo    IL    MONTE    DEL  GRANO.   «  Hec  sunt 

pacta Inter  lohannem  Branche  calcariensi  de  regione  Pince,  et  Nicolaum  Valentini 

de  regione  Montium  videlicet  quod  dictus  lohannes  promisit  dicto  Nicolao  cavare 
eitrahere  et  rumpere  omnem  quantitatem  lapidum  tiburtinarum  existentium  intus  et 
extra  Montem  qui  vocatur  Mons  Grani  dicti  Nicolai  ultra  formas  urbis  et  per  totum 
tenimentum  casalis  dicti  Nicolai,  siti  ultra  dictas  formas  dummodo  absque  lexione 
dicti  mentis  quod  propter  dictum  fodere  dictorum  lapidum  mons  non  diruatur  quoque 
modo,  quibus  lapidibus  inventis  fossis  et  ruptis  eosque  lapides  coquere  deducere  et 
revertere  in  calcem  bonara  et  congruam.  Item  promisit  dictus  lohannes  eidem  Nicolao 
dare  et  tradere  in  calcarla  fienda...  rubia  calcis  XXII  prò  quolibet  centenario  ru- 
biorum  calcis  ad  mensuram  Senatus  etc.  »».  A.  S.  C.  Ibidem  (trascrizione  non  mia). 
L'affare  deve  essere  riuscito  profittevole  poiché  nel  seguente  anno  la  famiglia  Valentini 
ottiene  il  possesso  del  sito,  del  quale  era  forse  soltanto  locataria. 

1390,  11  nov.  Paolo  Mentebona,  e  lacobello  di  Biasio  del  r.  della  Pigna,  in 
nome  proprio  e  di  altri  comproprietarii  «  vendiderunt  Stephanello  Nicolai  Valentini 
de  r.  montium  omnia  iura  que  possident  in  tenimento  casalis  delle  Forme,  et  in  1  a- 
pidibus  marmoribus  et  tyburtinis  existentibus  in  montone  sive  modio  (podio?) 
quod  vocatur  Mons  grani  « .  A.  S.  C.  —  Ibid. 

1400,  19  aprile.  SILLOGE  SIGNORILIANA.  Vedi  quanto  fu  avvertito  sotto  la 
data  del  1354  a  proposito  della  raccolta  epigrafica  che  va  sotto  questo  nome.  Ho 
trovato  nei  protocolli  del  Vendettini  in  Arch.  Stor.,  capit.  n.  785  bis,  il  documento 
che  segue,  relativo  alla  famiglia  dell'epigrafista: 

«  MCCCC  Aprilis  die  xviiii.  Nicolaus  Antonij  Singiorilis  notarius  de  regione 
Montium  condidit  testaraentum.  Heredes  instituit  leronimum  lohannem  lacobum  et 
honestam  filios  suos  pupillos  et  Ceccham  eius  natam  adultam.  Confessus  fuit  domum 
terrineam  et  cameram  domorum  solite  habitationis  condam  magistri  Andree  raagistri 


SCAVI   SEC.   XIV  41 


Nicolai  medici  cum  medietate  introitus  et  porticalis  diete  domus  fuisse  et  esse  domine 
Andree  filie  condam  magistri  Andree.  Confessus  fuit  se  habere  in  gabella  sancti 
Angeli  Fori  Piscium  florenos  XX  et  soldos  XLI.  Reliquit  ecclesie  sancte  Pacere  (sic) 
florenum  unum.  Reliquit  ecclesie  XII  apostolorum  prò  ipsius  reparatione  tempore 
ipsius  reparationis  florenos  duos  cet.  », 

Il  Signorili,  notaio  imperiale  ed  apostolico  e  scribasenato  e  forse  nipote  del 
testatore  predetto,  compose  per  ordine  di  Nicolao  V  (1417-1431)  il  libro  «  de  iuribus 
et  excellentiis  urbis  Romae  ».  Vedi  CIL.,  p.  XV. 

1389-1404.  TABVLARIVM.  Bonifacio  IX  «  latericiam  domum  ...(usibus  senatorum 
et  causidicorum  deputatam)  ruinis  sup.  aedificavit  ».  Biondo  Flavio,  ed.  1527.  e.  10' 
§  73.  Poggio  chiama  queste  rovine  "  fornices  duplici  ordine  novis  inserti  aedi- 
fìciis  ».  Il  Bunsen,  Beschreibung,  tomo  III,  1,  congettura  che  in  questa  occasione  sien 
periti  nelle  fornaci  i  marmi  dei  templi  che  fiancheggiavano  il  clivo  capitolino. 

MAVSOLEVM  HADRIANI.  Nello  stesso  anno  Bonifacio  IX  edifica  il  torrione 
quadrato  in  cima  al  castello,  con  architettura  di  Niccolò  d'Arezzo.  Così  il  mausoleo. 
che  nei  tempi  classici  era  semplicemente  terminato  da  un  cono  di  terra  vestito  di 
piante,  venne  a  prendere  press'  a  poco  l'aspetto  attuale.  L'anon.  Magliab.  apud  Urlichs, 
p.  152,  ha  lasciato  quest'altra  memoria  di  lavori  eseguiti  nel  Borgo:  «  Francisca  via 
est,  ut  denominatur,  apud  portam  Viridariam,  intus  autem  palatium  sancti  Petri  strata 
Francisca,  vel  Ruga  Francisca,  quam  Bonifacius  nonus  destruxit,  quando  fecit  plateani 
ante  palatium  suum  ». 

1397,  16  sett.  LATERANORVM  AEDES?  Fra  i  documenti  pubblicati  dal  conte 
Malatesta  in  appendice  al  volume  degli  Statuti  delle  Gabelle  di  Roma,  uno,  del 
16  sett.  1397,  si  riferisce  alla  scoperta  di  un  tesoro  fatta  in  Roma  da  alcuni  privati 
cittadini.  Maggiori  particolari  fo-rnisce  il  cod.  vat.  6932  a  e.  239.  Vi  si  narra  come 
il  papa  Bonifacio  IX,  allora  regnante,  confermasse  il  27  dello  stesso  mese  «  quandam 
concordiam  habitam  Inter  Malatestam  de  Malatestis  Senatorem  Urbis  et  Pernaiii 
relictam  q.  Petri  Sabbe  lulianj  de  regione  Campitelli  de  Urbe  super  quodam  thesauro 
invento  prope  ecclesiam  Lateranensem».  Sono  ignoti  il  numero  e  la  quantità 
degli  oggetti  trovati.  Vedi  Bull.  com.  1886,  p.  355. 


LIBRO    PRIMO 


GLI  SCAVI  E  LE  COLLEZIONI  DI  ANTICHITÀ  IN  ROMA 


NEL    SECOLO    XV 


BONIFACIO   IX   —   GIOVANNI   XXIII  45 


1406.  MAGISTRI  VIARVM.  Metavio  domicello  romano  è  deputato  difensore  delle 
strade,  con  la  conseguente  giurisdizione  sui  monumenti  e  sulle  rovine  della  città. 
Nicolai,  Sulla  presidenza  delle  strade,  tomo  II,  p.  151  sgg. 

1407  circa.  Filippo  Brunellesco  e  Donato  Bardi  misurano  gli  edifizii  e  le  rovine 
di  Roma  antica,  praticando  scavi  in  varii  luoghi.  «  E  tornando  alle  cave  di  Filippo 
e  di  Donato,  generalmente  erano  chiamati  «  quelli  del  tesoro  »  credendo  eh'  egli  spen- 
desseno,  e  cercassono  di  quello  :  e  dicevasi  :  quelli  del  tesoro  cercavano  oggi  nel  tale 
luogo,  ed  un  altra  volta  in  un  altro  ec.  Ed  è  '1  vero,  che  qualche  volta  vi  si  truova 
delle  medaglie  d' argento  e  qualcuna  d' oro  benché  di  rado,  così  delle  pietre  intagliate, 
e  calcidoni,  e  corninole  e  camei  » .  Vita  di  Filippo  di  ser  Brunellesco,  ed.  Moreni, 
Firenze  1812,  p.  306  (cf.  p.  303).  Vasari,  Vite,  III,  p.  201. 

1413  8  gennaio.  BASILICA  IVLIA?  Giovanni  XXIII  concede  a  Paolo  Orsini 
"  omnes  et  singulas  quantitates  lapidum  tiburtinorum,  et  alios  cuiuscumque  alterius 
generis  sive  nominis  lapides,  subtus  et  supia  faciem  parietis  existentis  in  Urbe  in 
loco  vid.  Cannaparia  »  (Theiner,  n.  136).  Questa  notizia  si  riferisce  più  verisimil- 
mente  al  tempio  di  Saturno  e  alla  sua  sostruzione  di  travertini  verso  il  vico  lugario. 
che  non  alla  basilica  Giulia. 

1410-1417.  CIRCVS  MAXIMVS.  L'anon.  magliab.  contemporaneo  di  Giovanni  XXIII 
accenna  a  scavi  nel  Circo  massimo.  »  Alia  maxima  omnium  (agulia)  remansit  cooperta 
ruinis  in  circo,  et  laboratores  cum  palangis  saepius  reveniunt  eam  -. 

HORTI  SALLVSTIANI.  Il  med.  p.  159,  Urlichs  "  alia  (agulia)  prope  portam  sa- 
lariam  stat  rupta  in  terra  in  quodam  canneto  ubi  a  principio  fuit  posita  corani  suo  pede  - . 

CIRCVS  MAXENTII.  Id.  p.  159  «  alia  in  circo  capitis  bobis  jacet  fracta  corani 
suo  pede,  et'pes  eius  elevatus  est  a  terra  «. 


46  MARTINO   V   U181424 


MARTINO  V. 

14  nov.   1417  -  20  febbr.  143 1. 

1418.  ODEVM?  Alessandro  Savelli  restaura  la  chiesa  di  s.  Pantaleo  de  Preta 
Caroli,  sull'area  creduta  dell' Odeo.  Adinolfi,  Canale,  p.  61. 

FORVM  TRAIANI.  Francesco  de'  Foschi  di  Berta  edifica  nell'  area  degli  edifizii 
di  Traiano  la  chiesuola  di  s.  Bernardo  della  Compagnia,  ove  fu  sepolto  1'  anno  1468. 
Distrutta  nel  1736  è  oggi  rappresentata  press' a  poco  da  quella  del  nome  di  Maria. 
Annesso  alla  chiesuola  era  un  giardino  che  serviva  di  cimitero  ai  confrati.  Armellini, 
Chiese,  p.  165.  Dai  Foschi  di  Berta  prese  nome  un  arco  0  cavalcavia,  divenuto  per 
abitudine  popolare  uno  dei  caposaldi  topografici  della  contrada.  Doveva  stare  sulla 
presente  via  di  s.  Eufemia,  stante  che  la  casa  dei  Foschi  stessi  occupava  il  sito  del 
palazzo  Valentin!.  Nella  silloge  signoriliana  la  colonna  di  Traiano  è  detta  esistere 
«  ubi  hodie  est  ecclesia  s.  Nicolai,  prope  arcum  Fuscorum  de  Berta  » . 

1420.  CLOACAE  VRBIS.  «  Vidi  in  roma  nella  olimpia  440  una  statua  duno 
ermofrodito  di  grandeza  duna  fanciulla  danni  13  la  quale  statua  era  stata  fatta  con 
mirabile  ingegno ...  fu  trovata  in  una  chiavica  sotto  terra  circa  di  braccia  otto  per 

cielo  della  detta  chiavica  eraci  piano  di  detta  scultura el  detto  luogo  era  sopra  a 

SCO.  Celso,  in  detto  lato  sissifermo  uno  scultore  fece  trarre  fuori  detta  statue  et  con- 
dussela  in  sca.  Cecilia  in  trastevere  ove  dito  scultore  lavorava  una  sepultura  duno 
cardinale  "  Ghiberti,  cod.  Magliab.  XVII,  n.  33;  Bull.  Inst.  1837,  p.  68.  Il  cardinale 
potrebbe  essere  l'Adamo  da  Hertford  morto  nel  1397,  il  cui  mirabile  sepolcro  è  stato 
fatto  in  pezzi,  ed  i  pezzi  dispersi  per  tutta  la  chiesa. 

1424.  La  Camera  paga  4  fiorini  al  giorno  ad  Andrea  marmorario  "  prò  dehuma- 
tione  certi  marmoris  prò  faciendo  lapides  prò  bombardis  "  A.  S.  V.  Divers.  t.  IX,  e.  245. 
1421.  Ciriaco  Pizzicolli  d'Ancona  visita  per  la  prima  volta  i  monumenti  di  Koma, 
e  toglie  i  disegni  di  alcuni.  Abbiamo  intorno  a  ciò  non  solo  la  poetica  testimonianza 
di  Stefano  Porcari,  ap.  Mehus,  Kyriaci  itiner.,  p.  15,  ma  anche  alcuni  schizzi  originali 
nel  volume  barberiniano  di  Giulian  da  Sangallo.  Vedi  lahn  in  Bull.  Inst.  1861, 
p.  180,  e  de  Rossi,  Piante,  p.  95.  Vedi  pure  sotto  l'anno  1433. 

1424.  VIAE  VRBIS.  È  interessante  notare  che  nella  prima  metà  del  quattrocento, 
quando  non  s'  era  ancora  incominciato  ad  ammattonare  le  strade,  si  camminava  ancora 
in  più  d' un  luogo  sui  selciati  antichi  (s.  Lucia  in  Selce,  ss.  Cosma  e  Damiano,  santo 
Stefano  in  Silice,  etc.)-  Il  seguente  documento  del  14  nov.  1424  ricorda  altra  strada 
selciata  a  pie  del  monte  dell'Araceli. 

«  Petrutius  antonij  Vetralla  alias  dictus  Compare  de  reg.®  pince  Cura  consensu 
domine  Lucretie  uxoris  Marcelli  philippi  raenacij  et  filie  dicti  Compare  Sponte  ven- 
didit  Jacobo  Sanctoli  de  caputgallis  de  regione  Trivij  Quamdam  domum  seu  palatium 


MARTINO  V   1425-1426  47 


cum  duabus  salis  positam  in  Keg."®  pinee  in  parrochia  sancii  laurenzoli  luxta  hos 
fines,  Cui  ab  uno  latere  tenent  Nardus  quondam  angelelli  sanctj,  ab  alio  latere  tenet 
magister  Robertus  calsolarius,  Retro  tenent  Orta  Ecclesie  areceli,  ante  est  via  sel- 
ciata publica  Prot.  849,  e.  432.  A.  S.  Forse  si  tratta  del  clivo  argentario,  l'Ascesa 
Prothi  dei  tempi  di  mezzo. 

1425,  30  marzo.  MAGISTRI  VlARVM.  Bolla  «  et  si  in  cunctarum  ^  di  Martino  V, 
che  ristabilisce  1"  ufficio  dei  magistri  viarum,  direttamente  connesso  con  lo  scavo  e 
con  la  conservazione  degli  editicii  antichi.  Il  documento  accenna  alla  occupazione  di 
taluni  monumenti  per  parte  di  volgari  esercenti  -  macellarli  videlicet  (teatro  di  Mar- 
cello, Foro  transitorio),  piscarii  (portici  di  Ottavia),  sutores  (?)  pelliparii  (la  Scortec- 
chiaria  di  Agone)  »  ai  quali  si  possono  aggiungere  i  funarii,  i  cimatori,  i  cardatori, 
i  calcararii  del  circo  Flaminio,  i  candelottari  della  Cripta  di  Balbo,  i  tintori  alla  fonte 
dell'Olmo,  i  bicchierai  e  i  marmorarii  delle  terme  d' Agrippa  etc.  Vedi  Bull.  com.  1901, 
pp.  7-8,  e  cod.  vat.  9198,  e.  238  sgg.  «  Notizie  intorno  al  tribunale  delle  strade  etc.  »  : 
Muntz  «  Les  Arts  » ,  tomo  I,  p.  335  :  Marcantonio  Bardi,  «  Facultates  curatorum 
viarum  etc.  »  Romae,  1566:  Alessandro  Brugiotti,  >i  luris  viarum  etc.  "  Romae,  1669: 
Mgr.  Nicolai,  «  Sulla  presidenza  delle  strade  ",  Roma,  1829.  Il  catalogo  dei  maestri 
compilato  da  quest'  ultimo  incomincia  col  1567,  e  coi  nomi  di  Antonio  Palosio  e  Mario 
Maffei:  e  finisce  col  1829,  e  coi  nomi  di  Ferdinando  de  Cinque  e  Francesco  Cioja. 

Gli  eletti  di  Martino  V  nel  1425  furono  Nicola  Porcari  e  Marcello  Capodiferro. 

1425,  1  luglio.  BAS.  SALVATORIS.  Breve  di  Martino  V  per  la  ricostruzione  del 
pavimento  della  basilica  lateranense.  Egli  concede  ad  Antonio  Picardi  e  Nicolao 
Bellini,  e  loro  operai  «  ut  a  quibuscumque  ecclesiis,  capellis,  et  locis  ecclesiasticis 
campestribus,  tam  intra  quam  extra  urbem  existentibus  desolatis  et  ruinam  patientibus, 
marmores  et  lapides ...  et  caeteras  alias  res  ad  fabricam  pavimenti  ydoneas,  evelli, 
capi,  et  ad  ecclesiam  lateranensem  deduci  facere  possitis  »  (^). 

A  questo  lavoro  si  riferisce  il  seguente  notevole  documento. 

«  Palutius  Bianche  (?)  marmorarius  de  regione  Parionis  confessus  fuit  se  habuisse 
a  Nicholao  Bellino  spetiario  de  regione  sancti  Heustachii,  anteposito  super  pabimento 
quod  nunc  fit  in  magna  nave  ecclesie  Lateranensis,  mandato  domini  nostri  pape  per 
ipsum  Palutium,  prò  parte  mercedis  sibi  debite  et  debende  iuxta  pacta  iuita  inter 
dictum  Palutium  ex  una  et  dictum  Nicolaum  et  dominum  Antonium  Quartaferia  be- 
neficiatiim  diete  ecclesie,  collegam  dicti  Nicolai  ex  altera  circa  dictam  palmentatm'am, 
ducatos  quadringentos  et  quinquaginta  ad  rationem  xii  grossorum  prò  ducato  »  Not.  Ven- 
dettini,  prot.  785  bis.  A"  S.  C. 

1426,  giugno  -  1427,  febbraio.  PONS  AEMILIVS.  Martino  V  spende  circa  3000 
ducati  d' oro  nel  restaurare  il  ponte  di  s.  Maria.  Secondo  insegnano  i  documenti  del 
tempo  di  Gregorio  XIII,  il  restauro  deve  essere  stato  eseguito  a  danno  di  qualche 
monumento  antico  di  travertino.  Miintz,  1.  e.  t.  I,  p.  17. 

1426,  1  luglio.  BAS.  IVLIA.  Lettere  patenti  ad  una  società  di  calciaiuoli  del 
rione  Pigna  (la  Calcarara  del  circo  Flaminio)  con  facoltà  ^  frangendi  et  extrahendi  iiu- 

(')  Reumoiit,  Gescliichte,  t.  Ili,  p.  r,15;  Muratori,  K.  I.  Scr.  t.  UV.  p.  b<37. 


48  MARTINO   V   1427-1429 


pe(r)rirae  ex  fiindamentis  templi  Canapare  lapides  tiburtinos  non  apparentes  (i  pilastri 
della  nave  e  delle  navatelle)  ac  ex  dictis  lapidibus  calcem  faciendi  » .  Si  pongono  loro 
due  condizioni:  di  non  ispiantare  del  tutto  1' edifizio  antico  (i  pilastri  furono  invece 
smantellati  sino  alla  terza  fila  dei  travertini  sotto  il  pavimento),  e  di  dare  la  metà  del 
prodotto  a  Giacomo  Isolani  card,  di  s.  Eustachio.  Vedi  A.  S.  V.  Divers.  t.  IX;  e.  245. 
La  calcara  (o  una  delle  calcare)  di  questa  società  fu  tornata  a  scoprire  il  10  set- 
tembre 1871.  Vedi  Bull.  Inst.  1871,  p.  244.  Dopo  ricordato  il  rinvenimento  «  di  alcune 
miserabili  costruzioni  dei  secoli  VIII  o  IX,  alle  quali  il  piano  della  basilica  serviva 
di  fondamento,  ed  i  suoi  pilastri  di  intelaiatura  e  di  appoggio  »  il  Bull,  prosegue: 
«  forse  avrau  dato  ricovero  agli  operai  addetti  a  ridurre  in  calce  le  più  stupende  pro- 
duzioni dell'arte  decorativa  romana:  poiché  nel  centro  dell'ultima  navata  verso  po- 
nente, il  giorno  10  settembre,  si  scoprì  uua  calcara  circolare, La  vetrificazione 

dei  mattoni  che  ne  formavan  le  sponde,  e  la  calcinazione  del  terreno  circostante  provano 
la  violenza  del  fuoco.  11  pavimento  era  coperto  tutt'  attorno  da  un  cumulo  prodigioso 
di  frammenti  di  statue,  bassorilievi,  fregi  epistilii,  cornici,  capitelli,  antefisse,  spezzati 
con  la  mazza  ». 

1427.  lean  de  la  Rochetaille,  arcivescovo  di  Rouen,  restaura  chiesa  e  palazzo  di  san 
Lorenzo  in  Lucina  (').  Circa  questo  tempo  il  card.  Alfonso  Carillo  restaura  le  «  palacia  » 
dei  ss.  Quattro  «  veteri  prostrata  ruina,  obruta  verbenis,  ederis,  dumisque  » .  Vedi  For- 
cella, t.  Vili,  p.  290,  n.  720.  Altri  cardinali  imitarono  1'  esempio  degli  amici  d'  Au- 
gusto, con  la  differenza  che,  mentre  Plance,  Cornificio,  Filippo  si  servirono  di  marmi 
di  cava,  i  cardinali  di  Martino  V  spogliavano  le  rovine  di  Roma.  Vedi  p.  e.  Kaibel  1077, 
CIL.  VI,  1508  etc. 

1427,  luglio.  TABVLARIVM.  Lavori  di  sottofondazione  e  di  rinforzo  al  palazzo 
capitolino.  Muntz,   «  les  Arts  »,  voi.  I,  p.  16. 

1427.  OSTIA.  Poggio  Bracciolini  e  Cosimo  de  Medici  visitano  Ostia  e  Porto.  Il 
viaggio  è  descritto  nella  lettera  a  Nicolao  Nicoli,  ed.  Tonelli,  voi.  I,  pp.  209-210 
(Firenze  1832).  «  nulla  invenimus  epigrammata:  nam  templum  illud,  quod  isti  prò 
calce  demoliuntur,  est  sine  epigrammate^  » .  Il  tempio  è  quello  detto  di  Vulcano,  in  capo 
al  foro  di  Ostia,  i  marmi  del  quale  sono  stati  certamente  distrutti  dai  calciaiuoli.  Vedi 
sopra  a  pag.  26.  Nello  stesso  anno  1427  devono  essere  avvenuti  scavi  per  la  costru- 
zione «  turris  excelsae  et  rotundae  ad  loci  custodiam,  et  quasi  speculam  ne  hostis 
ascenderet  improvisus  ».  È  il  maschio  della  rocca,  rifatto  al  tempo  di  Sisto  IV  ed 
ingrandito  da  Baccio  Pontelli.  Vedi:  Rocchi  «  l'Arte  »  a.  1898  p.  27.  Pio  II,  Commen- 
tarli, ed.  1614,  p.  302:  Tommasetti,  Archiv.  S.  R.  S.  P.  voi.  XX,  a.  1897,  p.  84. 
1429.  SILLOGE  FOGGIANA.  Data  approssimativa  della  pubblicazione  della  sil- 
loge epigrafica  Foggiana  intorno  la  quale  vedi  CIL.  voi.  VI,  p.  XXVllI-XL  :  de  Rossi, 
Inscr.  Christ.,  voi.  II,  p.  398  sgg.  e  «  Prime  Iscrizioni  »,  p.  105  sgg.  La  parte  che 
non  è  copiata  dalle  sillogi  più  antiche,  contiene  appena  qualche  accenno  a  scavi  con- 
temporanei. La  base  grande  marmorea  CIL.  VI,  931  e  l' altra  gemella  934  sono 
indicate,   non   nel  proprio  luogo,  ma   «  iuxta  Capitolium  »   ed  è  questo  il  più  antico 

(>)  Martinelli,  Roma  ex  ethn.  sacr.  ed.  1653,  p.  138;  Bull.  Com.  1891,  p.  18. 


MARTINO   V   1430   —   EUGENIO    VI    1431  1433  49 

accenno  all'antiquario  de' Conservatori.  Sono  poi  nominati  il  cippo  del  Tevere  1240 a 
«  in  muro  iuxta  Tiberim  prope  pontem  qui  est  interruptus  "  :  il  piedistallo  di  statua 
di  Betitio  Perpetuo  Arzygio,  n.  1 702,  indizio  di  scavi  fatti  nell'  area  della  casa  di 
costui,  fra  l'alta  Semita  e  il  vicus  Longus  (Bull.  com.  1888,  p.  391).  Tutto  il  resto 
si  compone  di  iscrizioni  di  edilìzi  publici,  che  sono  ancora  in  piedi,  e  di  due  o  tre 
lapidi  sepolcrali  di  origine  incerta. 

1430,  25  marzo.  ARCVS  CELIMONTANI.  Lorenzo  di  Matteolo  de  Novelli  dona 
all'ospedale  del  ss.  Salvatore  «  casarena  et  domos  dirutas  et  contiguas  muris 
antiquis  formarum  urbis,  in  oppositum  ecclesie  s.  Angeli ..  Inter  que  casarena 
est  cemeterum ....  quibus  ab  uno  latere  est  ortus  et  vinca  diete  societatis  ante  est 
via  publica  per  quam  itur  ad  ecclesiam  s.  Joannis  in  Laterano  (la  via  de'  ss.  Quattro, 
la  sola  allora  esistente)  ab  alio  est  via  qua  itur  ad  ecclesiam  s.  Petri  et  Marcellini 
(il  caput  vie  Merulanee,  soppresso  da  Gregorio  XIII  nel  1575  :  vedi  Forma  Urbis, 
tav.  XXXVII).  Vedi  a.  1338,  p.  38. 


EVGENIO    IV 

3   marzo   1431-24  febbraio   1441. 


1431.  10  ottobre.  CVRIA  — FORVM  IVLIVM.  Licenza  a  Filippo  di  Giovanni  di 
Pisa,  marmorario,  di  scavare,  far  scavare,  e  condurre  al  palazzo  apostolico  «  quaecum- 
que  marmerà  de  muris  antiquis  existentibus  in  loco  ubi  fuit  Secca  antiqua» 
Arch.  stor.  ital.  1866,  voi.  Ili,  p.  212. 

1432.  FORVM  TRAIANVM.  Petronilla  Capranica,  sorella  dei  cardinali  Angelo 
e  Domenico,  fonda  in  una  sua  proprietà  al  foro  Traiano  il  monastero  dello  Spi- 
rito Santo,  distrutto  l' annuo  1812  in  occasione  degli  scavi  napoleonici.  Armellini, 
Chiese,  p.   166. 

1432-1434.  OSTIA.  Ricerche  per  materiali  da  costruzione.  Miintz,  1.  e,  t.  I,  p.  52. 

1433-1439.  LATERANORVM  AEDES Nuper  nero  palatia  qbus  circumdata 

fuit  basilica  (Salvatoris)  malori  ex  parte  corruerant,  brevi  niiUum  alicubi  passura 
habitatoré.  Sed  tu  Eugeni  beatissi.  pater  aulae  uestigia  primum:  delde  alias  circa 
particulas  m^gno  instauratas  ipendio,  perficere  pergis.  Monasteriumq.  addidisti:  ciiiiis 
fundaméta  cum  in  uineis  altius  effoderentur  :  quanta  ibi  olium  fuerit  operimi  magni- 
ficentia  ostenderunt:  quandoquidem  octonos  deuosq.  pedes  sub  uinea  et  horto  defossa 
tellus  aperuit  fornices ,  cameras,  pauimenta  :  et  iacentes  diuersi  coloris  cohininas  : 
exectasq.  marmore  tabulas  ingeniosiq.  operis  statuas,  et  alia,  quae  nò  modo  aetate 
nostra:  sed  multis  ante  saeculis  excitata  caeteris  in  Italiae  urbibus  siiperant  aedilì- 
cia  »  Biondi,  Flavij  de  Roma  Instaur.,  ed.  Taurin.  del  Sylva,  14  maggio  1527.  fo.  14. 
§  LXXXV  sgg.  I  conti  di  fabbrica,  Muntz,  I,  48  incominciano  col  18  giugno  lÀ'-V-'> 
e  finiscono  col  1  decembre  1439. 


50  EUGENIO   VI    1483-1439 


1433,  febbraio.  CAPITOLI VM.  Ricostruzione  o  restauro  del  palazzo  de'  Conser- 
vatori. Muntz,  voi.  I,  p.  50. 

1433.  CALCARE.  Ciriaco  Pizzicolli  d'Ancona,  facendosi  guida  all'imp.  Sigismondo 
per  Roma,  si  duole  con  lui  della  zotichezza  dei  Romani  i  quali,  delle  ruine  e  delle 
statue  della  città  facevano  calce.  Cyriaci  Itin.  ed.  Mehus.,  p.  21. 

1434.  HORTI  GETAE.  Nicolao  da  Forca  Falena,  eremita,  acquista  una  vigna 
in  quella  parte  del  monte  Gianicolo  che  si  diceva  Monte  Ventoso,  e  fabbrica  la  chiesa 
di  s.  Onofrio  con  l'annesso  ospizio.  Armellini,  Chiese,  p.  658.  Questo  ospizio  fu 
presto  fornito  di  biblioteca  preziosissima.  Uno  dei  codici  conteneva  il  testo  delle 
Regiones  urbis,  che  da  Pomponio  Leto  fu  posto  a  fondamento  della  compilazione 
topografica  della  sua  scuola:  «  Suprascriptae  XIIII  Regiones  inventae  fuere  Romae  in 
bibliotheca  s.  Onophrii  antiquis  litteris  scriptae  cet  ».  La  biblioteca,  i  codici  della  quale 
sono  ricordati  anche  da  Pietro  Sabino  nell'  ultima  parte  del  volume  Marciano,  sarà 
andata  a  male  nel  Sacco  del  1527. 

1436,  29  marzo  ECCLESIAE  VRBIS  «  Didicimus  .  . .  homines  fuerìnt  reperti  qui 
ex  basilicis  almae  urbis  . .  marmora,  aliosque  lapides  diversi  coloris  non  parvi  pretii 
et  valoris  ipsarum  basilicarum  ornamento  et  usibus  deputatos  abstulerint:  novissime 
(quidam)  de  Sede  nostra  (la  cattedra  pontificia)  secus  altare  beatissimi  Fetri  posita, 
porfiriticas  alteriusque  marmoris  tabulas,  ipsius  sedis  posteriorem  spondam  et  subso- 
lium  ornantes  abstulerunt  »  Breve  di  Eugenio  IV  in  «  Rullar,  vatic.  »  voi.  II, 
p.  89  sgg.  Theiner,  tomo  III,  n.  281. 

1437.  Memoria  dei  lavori  eseguiti  a  s.  Spirito  in  Saxia  nel  cod.  Regina  770, 
f.  11:  «  Eugenius  Venetus  PPa  quartus.  Anni  Dni  mcccc.xxxvii. 

1437.  OSTIA  ?  Muore  il  celebre  collettore  Niccolò  Nicoli  da  Firenze.  Fra  i  suoi 
cimelii  si  ricorda  «  jaspidum  cum  Narciso  in  aqua  sese  vidente  .  . .  Ostiae,  dum  fode- 
retur,  inventum  ».  Tale  era  almeno  la  provenienza  indicata  al  suo  corrispondente  e 
fornitore  Leonardo  Aretino.  Vedi  la  lettera  di  costui  nella  prefazione  a  quelle  di  Am- 
brogio Traversari,  ed.  Méhus,  p.  LUI. 

1438.  BAS.  SALVATORIS  IN  LATERAN.  Rubamento  delle  gemme  che  ornavano 
le  custodie  delle  teste  degli  apostoli,  e  supplizio  orrendo  dei  rei  «  ad  Lupam  »  nel 
campo  Lateranense.  Vedi  Cancellieri,  «  Mera.  Storiche  delle  teste  dei  ss.  Pietro  e 
Paolo  »   Roma,  1852:  il  diario  dell' Infessura,  etc. 

«  Infissa  nel  muro  di  una  casa  lungo  la  via  (Merulana)  vedesi  una  maschera: 
e  vuoisi  che  rappresenti  la  faccia  di  uno  di  que'  (ladri)  giustiziati  «  Gregorovius, 
tomo  VII,  p.  95,  nota. 

1438.  BIBLIOTHECA  VRSINIANA.  Muore  Giordano  Orsini,  IIP  cardinale  di  tal 
nome,  lasciando  «  alla  basilica  vaticana  la  sua  libraria,  di  più  sorti  di  diversi  e  varij 
libri  m.  s.  col' arme  sua  dipinta  con  dei  orsi,  che  li  sono  appresso,  de'  quali  adesso 
ve  ne  sono  da  400,  ma  la  maggior  parte  degli  altri  fu  abbrugiata  nel  Sacco  del  1527, 
e  parte  Sisto  V  ne  trasfe/ì  nella  Libraria  Vaticana».  Torrigio  Sacre  grotte,  p.  397. 
Più  accurate  notizie  ap.  Marini,  «Archiatri»,  p.  130,  e  Cancellieri,  «  de  Secreta- 
riis  »   p.  893  sgg. 

1439,  decembre.  AMPHITHEATRVM.   Si  scavano  travertini  nella  «  coscia  »   del 


EUGENIO   VI   1440-1444  51 


Colosseo:  «  uno  todesco  portò  la  tiuertin.  da  CoUiseo  a  Sancto  Johanni  «  per  essere 
impiegati  nei  risarcimenti  della  Tribuna.  Muntz  1.  e.  tomo  I,  p.  48. 

La  Memoria  72  di  Flaminio  Vacca,  p.  84,  ed.  Fea,  accenna  vagamente  ad  una 
azione  protettrice  esercitata  da  Eugenio  IV  sul  Colosseo,  che  egli  avrebbe  rinchiuso 
tra  due  muri,  e  posto  sotto  la  tutela  dei  frati  di  s.  Maria  nuova.  Un  documento  del 
«  liber  breviura  Martini  V,  Eugenii  IV,  et  aliorum  »  esistente  nell'Archivio  vaticano, 
armadio  XXXIX,  tomo  VII*  e.  341,  n.  319,  prova  che  veramente  quel  pontefice  si 
adoperò  a  difesa  dell'  anfiteatro. 

«  Dilectis  filiis  etc.  Non  potuimus  non  turbari  audientes  siue  ab  altero  uestrum 
siue  ab  aliis  nostris  offitialibus  concessum  fuisse  ut  quedam  Colisei  pars  qua  Cosa 
uulgariter  nuncupatur  prò  restauratione  quorumdam  domorum  deiciatur.  Nam  de- 
moliri  Urbis  monumenta  nihil  aliud  est  quam  ipsius  Urbis  et  totius  orbis  excellen- 
tiam  diminuere.  Itaque  uobis  harura  serie  iniungimus  et  sub  indignationis  nostre  pena 
precipiendo  mandamus,  ut  si  quid  huiusmodi  siue  a  nobis  siue  a  quibus  aliis  con- 
cessum extitit  penitus  reuocetis  nec  quouis  modo  permittatis  ut  et  minimus  dicti 
Colisei  lapis  seu  aliorum  edificiorum  antiquorum  deiiciatur  :  super  quibus  detis  talera 
ordinem  ut  huiusmodi  mandatum  inuiolabiliter  obseruetur,  contenti  taraen  sumus  ut 
ille  cui  forsan  talis  concessio  facta  extitit  de  locis  subterraneis  a  Coliseo  distantibus 
lapides  euellere  possit.  Datum  Florentie  etc.  ». 

1440  circa.  Il  card.  Antonio  Martinez  edifica  la  chiesa  di  s.  Antonio  de'  Porto- 
ghesi, aderente  all'ospizio  per  le  pellegrine  di  quella  nazione,  fondato  sino  dal  1417. 
Armellini   «  Chiese  »   333. 

1440  circa.  TEMPLVM  SOLIS.  Il  card.  Prospero  Colonna  eseguisce  lavori  im- 
portanti a  pie  del  tempio  del  Sole  Quirinale,  fra  le  rovine  che  il  Biondo  e.  1 5'  chiama 
«  hortorum  Maecenatis  aedificia  ».  Vedi  Corvisieri,  Archiv.  S.  R.  S.  P.  tomo  X.  p.  641. 
ove  descrivendo  il  palazzo  maggiore  dei  Colonnesi.  posto  sull'  erta  del  colle  verso  la 
Torre  Mesa  e  le  Terme  degli  Arcioni,  dice  che  il  «  magnanimo  cardinale,  regnando 
Eugenio  IV,  volle  tornare  in  qualche  onore  l'avita  casa  «  e  tra  le  cose  degne  che 
vi  fece  fu  l'aver  discoperta  e  racconcia  un'antica  scalea,  (del  tempio  del  Sole?)  che 
incrostata  di  marmi  a  colore  ed  egregiamente  commessi  a  disegno,  ricordava  il  fasto 
di  Roma  imperiale  ^.  Questo  racconto  non  è  conforme  al  vero. 

1443.  CALCARE.  «  Molti  edifitii  di  palazzi  trionfali,  di  ressidentie,  di  sepulture. 
di  tempj  et  altri  ornamenti  ci  sono  (in  Roma),  et  copia  infinita,  ma  tutti  rovinati, 
porfidi  et  marmi  assai,  e  quali  marmi  tutto  giorno  per  calcina  si  disfanno  »  [Alberto 
Averardo  de  Albertis  ap.].  Miintz  «  les  Arts  »  tomo  I,  p.  106,  n.  2.  Anche  il  Biondo 
Flavio  afferma:  ^^  multis  in  locis  uineas  uidemus  ubi  superbissima  uidemus  aedi- 
ficia: quor,  quadrati  lapides  Tiburtini  in  calcem  sunt  concocti  •'   op.  cit.  e.  III.  §  8. 

1444  circa  (').  PANTHEON.  »  (Panthei)  stupendum  foruicem  tua.  pòtifex  Eugeni, 
opera  instauratum  et  chartis  plumbeis  alicubi  deficientibus  coopertum  laeta  iiispicit 
Curia...  Sordidissimis  diversorum  tabernis  quaestuum  a  quibus  (columnae)  obside- 
bantur  occultatas,  emundatae  nunc  in   circuitu   bases   et   capita  denudatae  mirabilis 


(')  Eroli,  Raccolta  epigr.  .  .  •  del  Panthooii,  \>.  2G.5. 


52  EUGENIO   VI    1447   —   NICOLAO   V    1450 

aedificii  pulchritudinem  ostendiint:  acceduntque  decori  stratae  tiburtino  lapide  subiecta 
tempio  area  :  et  quae  ad  etatis  nostrae  Campum  martium  ducit  via  »  Biondo  Flavio, 
op.  cit.,  e.  39',  e.  64  sgg.  Nel  corso  di  questi  lavori  sarebbero  stati  ritrovati  «  la  conca 
di  porfido  e  uno  dei  due  leoni  di  basalte  (trasportati  da  Sisto  V  alla  sua  fonte  Felice 
alle  Terme,  e  da  Gregorio  XVI  al  museo  egizio  vaticano)  e  anche  un  pezzo  di  ruota 
di  carro  »   Vacca,  Mem.  35. 

a AD  DVAS  DOMOS.  Restauri  alla  chiesa  di  s.  Susanna.  Murat.  R.I.S.  XXIV, 

p.  1129. 

Appartengono  al  pontificato  di  Eugenio  IV  queste  altre  notizie. 

OSTIA.  Avendo  re  Ladislao  distrutto  quel  pochissimo  che  rimaneva  di  Ostia, 
abattute  le  mura  del  borgo,  e  disfatta  la  chiesa  sino  quasi  all'abside,  Eugenio  IV 
restaurò  ogni  cosa,  a  spese,  s'intende,  dei  monumenti  antichi.  Si  fecero  scavi  nella 
chiesa  stessa  sotto  l' aitar  maggiore  :  «  Sub  (ara  malori)  Eugenio  sedente,  pleraque 
sanctorum  ossa  reperta  sunt,  Inter  quae  divae  Mouachae  Aurelii  Augustini  matris, 
corpus  inventum  cet  »  Pio  II,  Comment.  ed.  1614,  XI,  p.  301.  Molte  gentili  scul- 
ture si  veggono  ancora  commesse  nelle  parti  esteriori  della  fabbrica  e  molti  marmi 
scritti  furono  in  essa  copiati  dai  primi  collettori. 

FORNIX  LENTVLI.  «  Vetustissimos  arcus  marmoreos  ut  in  calcem  decoquerentur 
dolentes  uidimus  a  fundamentis  excidi  ".  Biondo,  I,  18.  Lanciani,  I  Comm.  di  Fron- 
tino, p.  101. 


NICOLAO  V. 

6  marzo  1447  -  24  marzo   1455. 

1450.  STADI VM.  Don  Alfonso  Paradinas  canonico  di  Siviglia,  rifabbrica  sui  for- 
nici dello  Stadio  la  chiesa  di  s.  Giacomo  degli  spagnuoli.  Armellini,  «  Chiese  »  p.  380. 

1450.  MVRI  VRBIS.  Nel  registro  intitolato  «  1450,  conto  de  spese  facto  p  le 
potè  al  tempo  de  papa  Nichelo  V  «  si  nominano  come  restaurate  le  seguenti  porte  : 
"  porta  sto  pauolo  porte  de  apia  (accia  ?)  et  latina,  sto  jani,  maiure,  sto  lorenzo, 
porta  della  donna,  pinciana  et  salara,  dello  puopolo,  sto  pancratio,  pótese,  pertusa  «. 

Si  ha  memoria  di  questi  restauri  da  Giannozzo  Manetti,  e  dall'  Infessura,  come 
pure  dagli  stemmi  e  dalle  epigrafi  ancora  esistenti  in  più  tratti  delle  mura. 

Lo  stesso  registro  ricorda  a  e.  12  la  «  selciata  fra  porta  dello  puopolo  et 
ponte  muolle  «:  a  e.  14  il  «  muro  nuovo  fra  sto  Celso  et  torre  della  Nona  »:  a 
e.  18'  la  «  reparatione  del  potè  de  malagrotta,  della  galera,  della  magliana,  et 
dello  Ardiglione  » .  S' intende  che  queste  spese  eran  fatte  in  vista  del  giubileo  0 
anno  santo. 

1450,  17  gennaio  -  1451.  PALATIVM  APVD  S  •  M  •  MAIO  REM.  «  Palatium 
S.  Mariae  Maioris  inchoatum,  opus  sumptuosissimum  »  Albertino,  ed.  1515,  e.  25. 
Conteneva   «  claustrum,   porticum,   cubicula,    triclinia,  caraeras  "   Panvinio,   de  VII 


NICOLAO   V   1450-1451  53 


eecles.  e.  241.  Furono  demolite  a  tale  scopo  «  nonnullas  domos  canonicales  »  dando  in 
compenso  al  capitolo  le  case  di  rimpetto  alla  facciata,  che  anche  oggi  esso  possiede 
Vedi  De  Angelis,  «  Basii.  S.  M.  M.  descriptio  « .  p.  70.  Il  palazzo  era  stato  inco- 
minciato dall'  omonimo  predecessore  Nicolao  IV  nel  1287.  (Vedi).  Esso  si  stendeva  dal 
fianco  ovest  della  basilica  sino  alla  presente  caserma  Ravenna,  come  è  delineato  nella 
tavola  XXIII  della  Forma  Urbis.  Vi  era  un  fornice  che  permetteva  ai  pedoni  di  tra- 
versare il  palazzo  stesso,  risparmiando  loro  il  lungo  giro  sull'  opposto  fianco  orientale 
della  basilica.  Questo  insigne  palazzo  ha  avuto  sempre  contrarie  sorti.  Paolo  V  co- 
struita la  cappella  Borghesiana.  ne  abbattè  una  parte  per  l' apertura  della  via  Pao- 
lina, e  di  quella  che  fiancheggia  la  basilica  da  ponente:  il  Pericoli  ed  il  Kohlmann 
r  hanno  finito  di  spiantare  ai  giorni  nostri.  La  Commissione  archeologica  di  Roma  ne 
conserva  disegni  e  fotografie.  La  migliore  rappresentazione  del  Patriarchio  si  trova 
nel  panorama  di  Roma  di  Martino  Heemskerk,  del  1536  illustrato  dal  comm.  de  Rossi 
nel  Bull.  Com.  a.  1891,  p.  330  sg. 

1450,  4  aprile.  AEDES  ROMAE  ET  VENERIS.  Prima  menzione  di  ^  opere  a 
chauare  marmi  e  trauertino  a  santa  Maria  Nona  »  presso  il  Muntz  voi.  I,  p.  107. 
Gli  scavi  durano  sino  al  1454. 

1451,  27  luglio  -  1454,  10  settembre.  OSTIA.  Opere  varie  «  a  la  chasa  del 
sale  "  (rifatta  coi  tufi  della  piscina  descritta  Not.  scav.  1885,  p.  580),  «  per  lo 
ponte  novo  (costrutto  sui  piloni  dell'  acquedotto  illustrato  Bull.  Com.  a.  1892,  p.  293) 
e  per  lo  cauare  delo  fosso  de  la  rocha  «. 

1451,  5  settembre.  AMPHITHEATRVM.  Si  scavano,  si  spezzano  e  si  mandano 
alle  fornaci  da  calce  di  Nicolao  V  i  travertini,  gli  asproni  ed  i  marmi  del  Colosseo. 
Appaltatore  principale  M°  Giovanni  di  Foglia  lombardo.  Muntz,  voi  I,  p.  107. 
Poggio,  p.  240  Urlichs. 

1451,  3  ottobre.  CVRIA  IVLIA  — FORVM  IVLIVM.  Secondo  ricordo  delle  deva- 
stazioni u  a  santa  Triana  doue  si  sono  chauati  i  peperigni,  i  marmi,  i  trauertiui  •'. 
Ibid.  Durarono,  almeno,  sino  al  marzo  del  1453. 

1451-1454.  ARCVS  GRATIANI  VALENTINIANI  ET  THEDOSII.  Nicolao  V 
distrugge  gli  avanzi  dell'  arco  per  dirizzare  la  via  di  s.  Celso  (de  Banchi)  :  s' intende 
quelli  che  emergevano  da  tei'ra.  La  parte  nascosta  dall'accrescimento  del  suolo  fu 
scavata  nel  primo  quarto  del  secolo  seguente,  Cf  Fulvio-Ferrucci,  p.  115  «  Gli  archi 

di  Teodosio  etc non  lontani  dal  ponte  del  Castello,  i  fragmenti  de'  quali,  poco  fa, 

furono  disotterrati  vicino  alla  chiesa  di  Santo  Celso  -.  Vedi  anche  Bull.  Com.  1893, 
p.  20  segg. 

Le  due  cappelle  costruite  all'  imbocco  del  ponte  dai  maestri  di  marmo  Mariano 
di  Tuccio.  Paolo  Romano,  e  Pietro  de  Alpino,  delle  quali  si  ha  il  disegno  nel  cod. 
barb.  del  Sangallo  e  nell'affresco  della  Trinità  de'  Monti,  citato  dal  Torrigio.  Grotte, 
p.  384,  ebbero  le  fondamenta  impastate  da  Giovanni  di  Lancillotto  da  Milano  con 
marmi  figurati.  Cf.  Visconti  in  Bull.  Com.  1892,  p.  263.  Clemente  VII  nel  1584 
«  binis  sacellis  bellica  vi  (l'assedio  di  Castello  del  1527)  et  parte  pontis  impetu 
fluminis  disiectis  ad  retinend.  loci  religiouem  ornatumque  ...  statuas  substituit  -  cioè 
il  s.  Pietro  del  Lorenzetto,  ed  il  s.  Paolo  di  Paolo  Romano. 


54  NICOLAO   V   1451 


Nicolao  V  munì  il  Castello  di  nuove  opere  di  difesa  e  «  l' adornò  di  molte  stanze 
et  habitationi  comode  col  dissegno  di  Bernardo  Kossellino  »   Alveri.  tomo  IT,  p.  111. 

1451,  23  decembre  -  1452,  17  giugno.  ISEVM  ET  SERAPEVM?  Scavo  di  grandi 
colonne  monoliti  fatto  da  maestro  Aristotile  di  Fioravante  da  Bologna  (Ridolfo  Fio- 
ravante  degli  Alberti)  fra  le  rovine  di  un  edificio  vicino  alla  Minerva.  Fonti:  Conti 
dnlla  Tesoreria  ap.  Muntz,  1.  e.  p.  108-109:  Nicolao  Muffel,  Beschreibung  der  Stadt 
Rom,  ed.  Vogt,  Stuttgard,  1876,  p.  48,  e  Michaelis  in  Mittheil.  1888,  (ITI)  p.  263 
e  forse  anche  Poggio  Bracciolini,  de  variet.  fortun.,  ap.  Urlicbs,  Cod.  Topogr.  p.  237. 
Il  Poggio  dice:  «  Aedis  Minervae  portio  conspicitur,  ubi  nunc  est  domus  praedi- 
catorum,  unde  et  loco  Minervae  est  inditum  nomen,  juxtaque  eam  porticus  ingens, 
ruderibus  oppressa,  effossa  humo,  multis  prostratis  ad  terram  columnis  prospexi  ". 

I  conti  di  camera  parlano  del  trasporto  di  due  sole  colonne. 

Si  può  anche  ricordare  che  durante  queste  opere  di  scavo  e  di  trasporto  Francesco 
Orsino,  prefetto  della  città,  «  aedes  Mariae  siipra  Minervam  iamdiù  medio  opere  inter- 
ruptas,  absolvere  curavit  ».  Iscriz.  del  1453  ap.  Masetti,  Mem.  istor.  di  s.  M.  s. 
Minerva,  p.  14  e  Forcella,  tomo  I,  p.  417,  n.  1588.  Il  medesimo  magistrato 
edificò  sull'estremità  rettilinea  dello  STADIVM,  cioè  tra  l'Agone  e  la  via  Papale,  il 
palazzo  sulla  porta  del  quale  era  incisa  la  memoria  «  Francisci  de  Ursinis,  Urbis 
praefecti,  filiorumq  ".  Vedi  Contelori,  de  Praef.  Urbis,  ad  ann.  1435  p.  25:  il 
Sansovino,  Historia  di  casa  Orsina,  p.  97:  e  Adinolfi,  Via  Sacra,  p.  20  etc.  Fla- 
minio Vacca,  mem.  29  ricorda  che  «  dove  è  oggi  la  Torre  degli  Orsini,  dicono  vi 
fosse  trovato  Pasquino  »  ma  la  scoperta  del  Torso  pare  debba  attribuirsi  al  card. 
Oliviero  Caraffa.  Dopo  essere  passato  per  molte  mani,  e  dopo  di  aver  servito  per 
residenza  ai  più  illustri  prelati  e  diplomatici  in  Corte  di  Roma  (Card.  Antonio  del 
Monte,  il  duca  Carlo  di  Crequy,  etc.)  fu  venduto  dalla  duchessa  di  Carbognano  agli 
Odescalchi  nel  maggio  del  1728,  in  concorrenza  col  principe  di  Santobuono  Carac- 
ciolo. Il  quale,  vinta  la  lite  di  prelazione,  legò  il  palazzo  ai  discendenti  che  lo  riten- 
nero sino  al  1790.  Il  duca  Braschi  Onesti,  nuovo  acquirente,  lo  fece  demolire  nel  1791-92, 
dopo  aver  fatto  staccare  dalle  pareti  e  riportare  su  tela  i  migliori  affreschi  del 
cinquecento,  con  l'opera  di  Giacomo  Suzzi  pittore  imolese.  Perirono  in  tale  occasione 
la  «  torre  la  quale . . .  con  grazia  e  con  disegno  fu  da  Antonio  (da  san  Gallo)  ordi- 
nata e  finita,  e  per  Francesco  dell'  Indaco  lavorata  di  terretta  a  figure  e  storie  » . 
Perirono  pure  'i  tre  grandi  stemmi  di  Leone  X,  del  S.  P.  Q.  R.,  e  del  card.  Del 
Monte  che  il  Vasari  descrive  siccome  opera  poco  corretta  di  Niccolò  Soggi.  Palazzo, 
Torre,  stemmi,  ornamenti  sono  riprodotti  nella  stupenda  incisione  di  Israel  Svlvestre, 
serie  V,  n.  6  del  catalogo  del  Faucheux.,  e  n.  3479  della  mia  collezione.  Vedi 
Abgebildetes  neues  Romm,  Aernhem,  1662,  p.  356. 

1451.  PORTVS  AVGVSTI.  «  Marmorum  frusta  herbis,  rubisque,  et  virgultis  ob- 
sita,  ac  alluuionibus  semisepulta  passim  pene  contigua  uideri,  q.  scabra  et  inpolita  a 
mercatoribus  per  foelicia  reipublicae  et  imperatorum  tempora  mari  auecta  quocumque 
in  aedificii  usus  poterant  dedolari  (?)...  litteras  unum  quodque  frustum  numerales 
duobus  in  lateribus  est  inscriptum,  quarum  unus,  docente  Plinio,  pondus  lapidis  :  al- 
teris  missorum  a  mercatore  frustorum   ordinem  significari  novimus  »   Biondo,   f.  51'. 


NICOLAO   V    1452  55 


1452,  31  decembre-1453.  TABVLARIVM.  Mastro  Pietro  di  Giovanni  da  Varese 
fabbrica  «  la  tore  a  Chanpitoglio  a  lato  ala  porta  doue  si  uende  il  sale,  in  sul  chanto 
da  lato  dietro  »  Muntz,  1.  e,  p.  150.  11  med.°  riceve  ducati  4.  «  per  mettetura  d'una 
porta  de  marmo  che  stao  in  capo  le  scale  noue  ". 

1452.  MVRVS  SERVII.  1  registri  di  Camera  portano  grosse  partite,  in  opere  e 
carra,  per  lo  scavo,  spezzatura  e  trasporto  di  tufi  dall'Aventino.  Non  è  ben  chiaro 
se  si  tratti  di  latomie  aperte  nei  banchi  del  monte,  durate  sino  ai  giorni  nostri,  ovvero 
di  opere  antiche  a  bugna  disfatte  secondo  1'  uso  del  tempo. 

L'espressioni  «  a  Antonio  che  ronpe  le  pietre  a  Monte  Aventino manoali 

a  cauare  e  rompere  pietra  "  convengono  meglio  a  disfattura  di  opere  antiche,  sapen- 
dosi da  ognuno  che  il  tufo  vergine  di  cava  vien  fuori  in  piccoli  poliedri  che  non  occorre 
spezzare.  Si  tratta  probabilmente  della  disfattura  delle  muraglie  di  Servio  nei  pressi 
di  s.  Saba,  intorno  alla  quale  saranno  prodotti  altri  documenti  nel  corso  di  questo 
lavoro.  Vedi  frattanto  Gregorovius,  Storia,  tomo  VII,  p.  657. 

1452.  VIA  TRIVMPHALIS.  Neil'  anno  stesso  si  pagano  oltre  a  dodici  ducati 
«  a  ronpere  treuertino  a  chapo  la  vigna  di  Tomaio  Spinelli  «  banchiere  della  corte 
pontificia,  insieme  ad  Ambrogio  Spannocchi,  Piero  e  Giovanni  de  Medici,  ed  Ales- 
sandro Mirabelli  (Muntz,  1.  e.  p.  122). 

Sembra  che  si  tratti,  non  di  cava  naturale  del  sasso,  ma  di  qualche  grande  mo- 
numento antico,  perchè  la  vigna  Spinelli  stava  a  pie'  del  monte  Vaticano  sulla  via 
Trionfale,  dove  non  e'  è  roccia,  ma  solo  creta  figulina. 

La  famiglia  Spinelli  era  oriunda  da  Narni,  dato  che  a  essa  appartenga  quello 
Spinellus  de  Spinellis  de  Narnea,  che  fu  giudice  palatino  e  collaterale  del  senatore 
Gaspare  de  Grassis  nell'anno  1474.  Fiorì  in  Roma  almeno  sino  a  tutto  il  secolo  deci- 
mosesto, come  prova  1'  apoca  d'  affitto  della  casa  detta  la  Torre  de'  Millini  a  favore 
del  magnifico  Nicolao  Spinelli,  minutata  dal  notaro  Quintilii  nel  1571  (prot.  3930, 
e.  102,  A.  S.).  Il  sito  e  il  nome  della  vigna  divennero  un  caposaldo  per  tutta  la  con- 
trada dei  Prati.  Nel  1529  trovo  ricordo  di  una  «  vinea  extra  portam  sancti  Petri  (di 
s.  Pellegrino,  sostituita  dalla  Angelica  al  tempo  di  Pio  IIII)  in  loco  q.  d.  li  Spinelli  »  : 
nel  1537  della  vendita  fatta  da  donna  Cecilia  Orsina  a  Malatesta  de'  Medici  di 
altra  «  vinea  extra  portam  s,  Petri  in  centrata  q.  d.  di  Spinelli  »:  nel  1573  di  un 
Bartolomeo  del  Pozzo,  oste  agli  Spinelli,  e  cosi  di  seguito.  Il  monumento  sfasciato 
nel  1452  avrà  appartenuto  probabilmente  al  grande  sepolcreto  di  via  Trionfale.  Vedi 
a.  1453,  4  marzo,  e  1460  ottobre,  e  Adinolfi,  tomo  I,  p.  141. 

1452.  MAVSOLEVM  •  AD  APOST  ■  PETRVM.  Grandi  lestauri  al  «  sacrarium 
Sancti  Petri  quod  Antiquitus  s.  Maria  de  Febre  vocabatur».  Fonti  ap.  Muntz,  1.  e. 
p.  121,  e  Bertolotti,  «  Artisti  Lombardi  »,  tomo  I,  p.  15.  I  lavori  furono  eseguiti  da 
maestro  Beltramo  da  Varese  e  durarono  per  tutto  1'  anno  seguente. 

1452.  VIA  CORNELIA  •  S  ■  PIETRO  VECCHIO.  ^  (Nicolao  V)  s'empi-e.<sa  de 
récompenser  les  ouvriers  qui  avaieut  trouvé  des  tombeaux  chrétiens  en  creusaut  les 
fondations  de  la  tribune.  Cette  découverte  lui  causa  tant  de  plaisir  qu'il  tit  don  de 
dix  ducats  a  ceux  aux  quels  elle  était  due.  Il  fit  extraire  avec  soin  l'or  conserve  daii.s 


56  Nicola  v  1453 


les  sépultures  et  voulut  quii  servit  à  la  confeetion  d'un  calice  ".  Miintz,  1.  e.  I,  p.  119. 
La  scoperta  avvenne  negli  ultimi  giorni  di  giugno. 

Queste  tombe  appartenevano  al  sepolcreto  della  via  Cornelia,  il  pavimento  della 
quale  deve  essere  tornato  in  luce  quando  maestro  Beltramo  da  Varese  spinse  lo  scavo 
della  tribuna  a  grande  profondità.  Cf.  Maffeo  Vegio  in  Acta  Sanctor.,  giugno  VII, 
p.  81.  «  Siquidem  dum  fundamenta  ...  a  Nicolao  V  aperirentur,  repertae  sunt  ibi 
subterranae  cellae  omatissimae,  quae  superiecta  ingenti  ruderum  congerie  ...  penitus 
ignotae  erant.  Sane  primum  ipsura  oratorium  s.  Siiti  est  ».  Al  2  ottobre  1454 
maestro  Beltramo  aveva  scavato  (almeno)   «  passa  600  di  fondamento   «. 

Questi  lavori  della  tribuna  cagionarono  danni  irreparabili  agli  oratorii  monumen- 
tali dai  quali  la  vecchia  basilica  era  circondata.  Primo  di  ogni  altro  fu  distrutto  il 
cosidetto  templum  Probi,  che  toccava  l'abside  e  che  porta  il  segno  k  nella  tavola 
dell' Alfarano  ap.  De  Rossi,  Inscr.  christ.,  tomo  II,  p.  229.  Maffeo  Vegio  lo  chiama 
«  nobile,  magnum,  multisque  marmoreis  columnis  erectum  sed  neglegentius  habitum  ». 
In  tale  occasione  si  trovò  il  pilo  o  sarcofago  di  Anicio  Probo  «  vicino  al  corpo  di 
s.  Pietro,  nella  cappella  che  dicevasi  volgarmente  di  Probo  nella  quale  erano  alcuni 
versi  in  mosaico  composti  da  sua  moglie  Proba  Faltonia  ....  e  questo  pilo  fu  conver- 
tito ad  uso  dell'acqua  del  Battesimo  ad  istanza  di  Maffeo  Vegio  " .  Vedi  Torrigio  in 
cod.  Barb.  XLVIII,  112,  f.  2.  Il  Vegio  lo  dice  "  imaginibus  sacris  insculptum 
(inventum  et  erutum)  dum  fundamenta  altius  effoderentur  (cf.  Battelli  «  de  sarco- 
phago  marmoreo  Probi  Anicii  et  Probae  Faltoniae  "  Roma  1705):  e  il  comm.  de  Rossi 
aggiunge  :  «  aurum  vestibus  intextum  in  sarcophago  conditum  illud  ipsum  videtur  esse, 
quo  e  vaticanis  sepulcris  effosso  et  purgato  Nicolaus  V  anno  1453  conflari  iussit 
calicem  gemmis  ornatura  «.  Inscr.  chr.  tomo  IL  p.  349.  Importanti  oltre  ogni  dire 
sono  i  ragguagli  che  da  il  Vegio  sulla  stratificazione  del  sepolcreto  pagano-cristiano 
di  via  Cornelia  :  «  post  hoc  vero  templum  (Probi)  erat  altum  quoddam  et  vetustum 
Christianorum  Coemeterium  colli  ipsi,  quem  videmus,  coniunctum,  cum  oratorio 
semiruto  superposito  (lettera  /  della  pianta  dell' Alfarano).  Subtus  autem,  postquam 
dirutum  fuit,  repertus  est  insignis  locus  sepulturae  gentili um  causa  fabricatus, 
continens  urnulas  cineribus  piena s.  Sed  quod  ad  Coemeterium  pertinet 
reperti  sunt  in  eo  plurimi  nobiles  marmorei  tumuli  «   etc. 

1453,  4  marzo.  CIRCVS  MAXIMVS.  Ricordo  di  pagamento  a  «  Antonelo  e  comp. 
che  anno  chavato  travertino  a  circhio  per  le  chalcare  "  1.  e,  p.  108.  È  questo  uno 
dei  rarissimi  cenni  che  si  hanno  della  distruzione  del  Circo  fatta  metodicamente  dai 
calciaiuoli  pontificii.  Sotto  la  stessa  data  ricordo  di  442  opere  «  a  cavar  pietre  a  la 
petraia  "   che  è  quella  vaticana,  in  capo  agli  Spinelli,  ricordata  l'anno  precedente. 

1453,  17  agosto.  TEMPLVM  SACRAE  VRBIS.  Conto  di  travertini  cavati  a  «  tem- 
plum pacis  " .  Si  tratta  probabilmente  dei  ss.  Cosma  e  Damiano,  più  tosto  che  della 
basilica  di  Costantino  la  quale  è  fabbricata  non  di  macigni  ma  di  mattoni.  Vedi 
Bull.  com.  1882,  tav.  III-X.  Alo  Giovannoli,  tomo  II,  tav.  52. 

1453.  Nicolao  V  dona  agli  eremiti  Schiavoni  la  chiesa  deserta  e  profanata  di 
s.  Marina  in  Ripetta,  i  quali  vi  fabbricano  un  ospizio  pei  connazionali  che  fuggivano 
r  invasione  dei  Turchi.  La  chiesa,  dedicata  a  s.  Girolamo,  fu  ridotta  nel  presente  stato 


NICOLAO   V   1453-1454  57 


di  Sisto  V  coi  travertini  del  Settizonio.  Vedi  Torrigio,  Sacre  Grotte,  p.  249:  Ai- 
veri,  tomo  II,  p.  71.  Corvisieri,  Postenile,  p.  18,  n.  2,  e  Armellini,  Chiese,  p.  32G 
e  330,  il  quale  cade  in  grave  errore  aggiungendo  alle  due  chiese  vicine, di  s.  Mar- 
tino in  Posterula  e  di  s.  Marina,  una  terza  di  s.  Martina  in  monte  Augusto  che 
non  ha  mai  esistito.  In  un  documento  del  1516,  nel  prot.  62  A.  S.  a  e.  11,  si 
parla  ancora  di  una  «  ecclesia  s**  m  a  r  i  n  e  1 1  e  que  erat  unita  ecclesie  et  capitulo 
s.  Laurenti  in  Lucina  ».  Il  nome  durò  anche  dopo  la  donazione  agli  Illirici.  In  altro 
documento  del  1527  nel  prot.  74  ivi  e.  299  si  ricorda  la  casa  dell'architetto  Bar- 
tolomeo Marinari  «  in  r.  C.  Martis  in  via  marina  apud  ecclesiam  sive  hospitale 
s"  Hyeronimi  illicorum  ». 

1453.  VICVS  TVSCVS.  «  (Nicholaus)  ecclesiam  sancti  Theodori  super  funda- 
mentis  antiquis  primo  de  mandatu  suae  Sanctitatis  constructam,  deinde  uno  im- 
petu  defectu  fundamentorum  penitus  dirutam  statim  a  fundamentis  novis  reaedificari 
(fecit)»  Cod.  vat.  3619,  f.  7.  Secondo  Infessura  «  la  vecchia,  acconcia  che  fu,  casco  dai 
fondamenti  et  egli  la  rifece  un  poco  più  in  la  e  poco  minore  che  era  " .  I  lavori  erano 
a  buon  punto  nell'ottobre,  quando  furono  pagati  «  ducati  100  per  le  mani  di  m."  An- 
tonio ingegnere  di  palazzo  a  maestro  Pietro  da  Varese  per  lo  lavoro  de  santo  Todaro  » 
Bertolotti,  Artisti  Lombardi,  tomo  I,  p.  15. 

La  notizia  di  uno  spostamento  della  rotonda  di  s.  Teodoro  è  dimostrata 
erronea  dal  fatto  che  i  musaici  della  tribuna  sono  di  molti  secoli  anteriori  a  Ni- 
colao  V. 

1453.  MACELLVM.  «  Ecclesiam  prothomartyris  Stephani  diu  ante  collapsam  Ni- 
colaus  V  de  integro  restauravit,  anno  MCCCCLIII  ».  Iscriz.  ap.  Ugouio,  Stationi, 
p.  290'.  Vedi  Biondo  Flavio,  1.  I,  §  80  —  Beschreibung,  voi.  IIP,  p.  497-  —  Lan- 
ciani,  Itin.  Eins.,  p.  71,  sgg.  In  questa  occasione  l'area  della  chiesa,  che  prima 
occupava  l'intero  edificio,  fu  ristretta  al  secondo  anello  di  colonne:  e  il  diametro, 
che  al  tempo  di  Teodoro  I  misurava  103  ra.,  fu  diminuito  d'un  terzo.  Vedi  Fulvio 
ed.  Ferrucci,  p.  52  :  «  andandosene  in  verso  san  Giovanni  Laterano  si  fa  incontro  da 
man  destra  il  Tempio  di  santo  Stefano  rotondo  ...  il  quale  essendo  rovinato  fu  restau- 
rato da  Nicolao  quinto,  pochi  anni  innanzi,  et  ridotto  in  quella  forma,  che  hoggi  si 
vede,  hauendo  ristretto  la  sua  larghezza  di  prima,  come  si  vede  per  il 
titolo  che  è  posto  allo  entrare  del  tempio  ». 

1453.  DVCTVS  VIRGINIS.  «  Rifece  et  adornò  la  fonte  di  Trevi  secondo  che  si 
dimostrava  per  le  lettere  (iscrizione  ap.  Miintz,  p.  156)  et  armi  sue  in  più  luoghi". 
La  mostra  era  rivolta  al  Corso,  l'acqua  cadendo  in  un  rozzo  bacino  da  tre  emissarii. 
L'iscrizione  rimase  al  posto  sino  al  1625.  Vedi  Bibliogratìa  in  Lanciani,  I  comm.  di 
Frontino,  p.  128.  Pare  che  le  vene  riallacciate  da  questo  pontefice  non  fossero 
quelle  della  classica  vergine  al  m.  Vili  della  via  Collatina,  ma  altre  assai  scadenti, 
del  bacino  di  Acqua  Bollicante.  Vedi  a.  1570,  agosto, 

1454,  6  giugno.  AEDES  ROMAE  ET  VENER.IS.  Si  pagano  20  due.  a  m."  Pietro 
da  Castiglione  «  per  opere  date  a  cavare  marmi  a  tutte  sue  spese  da  santa  Maria  nova 
per  lo  palazo  »   Mandati  Cam.  1454,  e.  114. 

1454,  10  settembre.  FLVMEN  TIBERIS,  Si  fanno  o  si  compiono  scavi  subacquei 

8 


58  NICOLAO   V   1454-1:55 


sotto  gli  archi  del  ponte  Milvio  «  dove  pasaiio  le  barche  »  per  liberare  l'alveo  dai 
macigni  quivi  caduti. 

1454,  ,8  ottobre.  CAPITOLIVM.  Si  conducono  a  termine  gli  scavi  intrapresi  sulla 
spianata  del  monte  Caprino  per  la  ricerca  di  materiali  antichi,  e  Jacopo  da  Varese 
appaltatore  riceve  in  saldo  32  ducati.  Può  darsi  che  i  marmi  impiegati  circa  quel 
tempo  da  Jacopo  da  Pietrasanta  nei  restauri  del  palazzo  del  senatore  (Miintz,  p.  144) 
vengano  dalla  stessa  cava. 

1454.  ECCLESIAE  VRBIS.  Restauri  alla  chiesa  di  g.  Salvatore  «  de  ossibus  « 
ovvero   «  ad  Terrionem  maiorem  »   ricordati  dalla  iscrizione  ap.  Torrigio  p.  513. 

1455  in  principio.  SEPIA — VILLA  PVBLICA.  Il  cardinale  Pietro  Barbo  incomincia 
la  fabbrica  del  palazzo  di  s.  Marco,  gettando  nelle  fondamenta  medaglie  con  la  data 
del  1455  secondo  il  Molinet,  «  Hist.  pontif. . . .  per  numism.  »  Paris,  1679,  p.  13, 
n.  8,  e  il  Caetani  «  Museum  Mazucchell.  »  Venetiis  1761,  voi.  I,  tav.  XX,  n.  2 
Intorno  questi  lavori  del  Barbo  giovi  qui  publicare  le  seguenti  notizie  comunicatemi 
nel  1876  dal  p.  Luigi  Bruzza:  dalle  quali  apparisce  che  i  lavori  durarono  un  de- 
cennio, a  meno  che  il  cardinale  non  abbia  messo  nelle  fondamenta  del  1465  me- 
daglie coniate  dieci  anni  prima.  La  strada  perpendicolare  alla  Flaminia,  descritta 
in  questi  ricordi,  segna  il  termine  meridionale  della  Septa  Julia. 

>t  Nel  rifare  le  fondamenta  del  palazzo  di  Venezia  in  quella  parte  che  è  incontro 
al  palazzo  Torlonia,  fu  scoperta  un'antica  strada  lastricata  di  poligoni  silicei,  nella  di- 
rezione di  una  linea  che  si  tracciasse  dal  detto  palazzo  Torlonia  alla  chiesa  di  s.  Marco. 
Il  muratore  che  mi  diede  questa  notizia  mi  disse  che  propriamente  passava  sotto  il 
muro  a  sinistra  dell'androne  a  cui  mette  la  porta  del  palazzo,  e  che  è  in  faccia  al 
palazzo  Torlonia.  I  lavori  di  sottomurazione  riesci rono  quivi  assai  diffìcili  e  lunghi 
per  la  grande  quantità  d'acqua  che  inondava  lo  scavo.  In  quasi  tutti  i  luoghi  nei 
quali  fu  necessario  rifare  i  muri  esterni  del  palazzo,  a  circa  tre  o  quattro  metri  dal 
suolo,  furono  ritrovati  dentro  il  muro  medesimo  vasi  di  terra,  della  forma  precisa  di 
salvadenai,  i  quali  erano  disposti  a  circa  tre  metri  distanti  l' uno  dall'altro.  In  cia- 
scuno di  essi  erano  deposte  due,  tre  e  anche  cinque  medaglie  ;  queste  sono  tutte  di 
getto,  e  nessuna  coniata.  Io  n'  ebbi  dodici  provenienti  da  quattro  vasi,  ed  uno  di 
questi  lo  ebbi  intatto.  Ecco  la  descrizione  delle  medaglie. 

a)  PAVLVS  •  VENETVS  ■  PAPA  •  II.  Ritratto  del  Papa  con  piviale. 

i^.  HAS  •  AEDES  •  CONDIDIT  •  ANNO  •  CHRISTI  MCCCCLXV.  Castello,  o  veduta 
principale  del  palazzo,  con  due  torri  merlate  ai  due  lati.  Diametro  millim.  32. 

b)  PAVLVS  •  II  .  VENETVS  •  PONT  •  MAX.  Ritratto  come  sopra. 

i^.  HAS  •  AEDES  ■  CONDIDIT  •  ANNO  CHRISTI  MCCCCLXV.  Scudo  con  Leone 
rampante  a  sinistra  traversato  da  una  sbarra  obliqua,  e  sormontato  da  triregno. 
Diametro  millim.  32. 

e)  PAVLVS  •  BARBVS  •  VENETVS  .  CARDINALIS  •  S  •  MRCI.    Ritratto    con 
piviale. 

^.  HAS  •  AEDES  •  CONDIDIT  •  ANNO  •  CHRISTI  MCCCCLV.  Scudo  con  leone 
rampante  a  sinistra,  come  sopra,  sormontato  da  cappello  cardinalizio.  Diametro  mil- 
lim. 33. 


NICOLAO   V   1455 


d).  PAVLVS  •  II  •  VENETVS  •  PONT  •  MAX.  Ritratto  con  piviale  molto  ornato, 
i^.  AVDIENTIA  •  PVBLICA.  Neil'  esergo  PONT  •  MAX. 

Pontefice  in  trono  con  un  cardinale  a  destra  e  varie  persone  innanzi  in  ginocchio, 
una  delle  quali  bacia  il  piede.  Diametro  millim.  38. 

Tre  notevoli  scritti  di  topografia  furono  composti  sotto  Nicolao  V  :  il  dialogo  De  • 
varietate  fortunae  di  Poggio  Bracciolini  (1447);  la  relazione   di   Giovanni  Kuccellai 
intorno  il  giubileo  del  1450,  e  la  Beschreibung  der  stadt  llom   di   Nicolao  Muftel 
(1452). 

Nel  primo  lavoro,  che  il  De  Rossi,  Iscriz.  christ.,  tomo  II,  p.  339 «  dice:  «  coeptum 
ineunte  anno  1431  »  ed  il  Michaelis,  Mittheil.  anno  1888,  p.  255,  dice  finito  subito 
dopo  l'avvenimento  di  Nicolao  V  nel  1447,  si  trovano  queste  notizie. 

p.  235  ed.  Urlichs.  CAPITOLIVM  «  consediraus  in  ipsis  Tarpeiae  arcis  ruinis, 
pone  ingens  portae  cuiusdam,  ut  puto,  templi  marmoreum  limen,  plurimasque 
passim  confractas  columnas  » .  Il  Poggio  parla  evidentemente  della  sommità  del  monte 
Caprino,  opposta  a  quella  dell'Araceli  (vedi  p.  238  lin.  20,  e  p.  240  lin.  4)  dove 
sedette,  circa  un  secolo  dopo.  Martino  Heemskerk  quanto  volle  togliere  il  suo  prezioso 
panorama  circolare  della  città.  La  soglia  marmorea,  vista  dal  Poggio  in  cima  al 
monte,  è  diversa,  dunque  dall'altra  descritta  dal  Marliano  11,5  «  ad  eius  radices, 
prope  aediculam  d.  Andree  in  Vinciis  nuncupatam  ». 

p.  237.  MINERVIVM.  Vedi  1451,  23  dicembre. 

p.  238.  ISEVM  ET  SERAPEVM.  «  Prope  porticum  Minervae,  statua  est  recubantis, 
cuius  caput  integra  effigie,  tantaeque  magnitudinis  ut  signa  omnia  urbis  eicedat,  quidam 
ad  plantandas  arbores,  scrobes  faciens,  detexit.  Ad  hoc  visendum  cum  plures  in  dies 
magis  concurrerent,  strepitum  adeuntium  fastidiumque  pertaesus  horti  patronus  con- 
gesta humo  texit».  Vedi  Bull,  com.,  tomo  XI,  1883,  p.  37. 

p.  238.  TEMPLVM  SATVRNI.  «  Capitolio  contigua  forum  versus  superest  por- 
ticus  aedis  Concordiae,  quam,  cum  primum  ad  urbem  accessi  (a.  1402)  vidi  fere  inte- 
gram,  opere  marmoreo  admodum  specioso;  Romani  postmodum,  ad  calcem,  aedem 
totam  et  porticus  partem,  disjectis  columnis,  sunt  demoliti.  In  porticu  adhuc  literae 
sunt:  S.  P.  Q.  R.  incendio  consumptam  restituisse". 

p.  240.  AMPHITHEATRVM.  «  Coliseum  . .  .  ob  stultitiam  Romanorum,  malori  ex 
parte  ad  calcem  deletum  " . 

p.  240.  THEATRVM  POMPEI.  «  Pars  theatri  Pompeij  . . .  superextat.  Id  ut  cre- 
dam,  literae  quaedam  adducunt,  eftbssis  nuper  marmoribus,  quae  in  eius  collapsa  por- 
ticu columnis  immiita  reperta  sunt,  incisae.  Alterae,  epigrammate  eftVacto,  genium 
theatri  a  quodam  Praefecto  urbis  instanratum  ferunt,  alterae  a  Symmacho  urbis  Prae- 
fecto  Honorio  Augusto  dicatum--.  Vedi  CIL  tomo  VI,  n.  1198,  dove  la  testimo- 
nianza del  Poggio  è  stata  disprezzata,  benché  preceda  quella  di  Ciriaco  d'Ancona. 
Sul  Genio  del  teatro  vedi  CIL,  tomo  VI,  parte  V,  n.  55*,  dove  si  ricorda  la  sola 
testimonianza  di  Biondo  Flavio. 

p.  240.  VIA  APPIA  — SEPVLCRVM  METELLAE.  ^  Juxta  viam  Appiam.  ad  se- 
cundum  lapidem  integrum  vidi  sepulchrum  Metellae  ...  ad  calcem  postea  maioii  ex 


60  NICOLAO  V    1455 


parte  exterminatum  »  (parla  della  base  quadrata  che  apparisce  già  spogliata  de'  suoi 
travertini  nella  tavola  Lafreri  1549). 

p.  241.  TEMPLVM  SOLIS.  La  collezione  statuaria  del  Monte  Cavallo  comprendeva, 
secondo  il  Poggio,  quattro  pezzi  soltanto  «  duas  (statuas)  stantes  pone  equos,  Phidiae 
et  Praxitelis  opus,  duas  recubantes  » . 

p.  241.  VICINI  A  FORI.  «  Extat  Comitii  portio  quaedam,  murorum  insigni  struc- 
tura,  in  quibus  duo  signa  marmorea  togata  in  summo  collocata  resi- 
dent  "   (fornice  Fabiano  ?) 

Poggio  Bracciolini  fu  anche  collettore  di  anticaglie:  «  habeo  cubiculum  refertum 
capitibus  marmoreis,  Inter  quae  unum  est  elegans  integrum  . . .  His,  et  nonnullis  si- 
gnis,  quae  procuro,  ornare  volo  academiam  meam  Valdarninam,  quo  in  loco  quiescere 
animum  est»  Muratori,  RR.  IL  SS,  tomo  XX,  p.  183.  In  altre  lettere  ricordate  dal 
Muntz,  tomo  II,  p.  167,  n.  3,  egli  accenna  a  «  statuae  noviter  repertae  »  ad  un 
«  caput  marmoreum  muliebre  cum  pectore  incorruptum  "  scoperto,  fondandosi  una  casa 
nella  campagna  di  Cassino  etc.  Personalmente  il  Poggio  doveva  essere  attraentissimo 
e  di  geniale  e  dignitoso  contegno  :  tale,  almeno,  ci  apparisce  nel  ritratto  dipinto  da 
Girolamo  da  Treviso,  che  si  ammira  nella  Galleria  Colonna,  sala  IV,  n.  109.  L'autore 
del  «  de  varietate  « ,  l'amico  di  casa  Colonna,  vi  è  rappresentato  con  un  cammeo  di 
scavo  nella  man  destra. 

Dalla  «  Nikolaus  Muffels  Beschreibung  der  stadt  Rom  »,  edita  da  W.  Wogt  a 
Tubinga  nel  1876,  e  nuovamente  dal  eh.  Michaelis  nelle  Mittheil.  del  1888,  p.  254, 
si  cavano  queste  altre  notizie,  sotto  la  data  del  1452,  anno  nel  quale  il  patrizio  di 
Norimberga  visitò  Roma  nella  scorta  dell' imp.  Federigo  III,  e  fu  onorevolmente 
accolto  da  Nicolao  V. 

CAMPVS  LATERANENSIS.  Collezione  dei  bronzi:  «  giù  sul  suolo  un  grandissimo 
cavallo  di  bronzo  montato  da  un  villano  —  una  gran  testa  di  bronzo  d' un  idolo  — 
la  mano  dello  stesso  idolo  tenente  un  globo  imperiale  »,  p.  257,  Michaelis. 

THERMAE  TITI  (?)  AD  VINCVLA.  «  San  Pietro  ad  vincula:  vi  sta  un  grandis- 
simo labbro  fuso  di  pietra,  ed  accanto  un  simulacro  »  p.  260. 

THERMAE  ANTONINIANAE.  «  Al  di  sotto  di  santa  Sabina  (Balbina?)  è  stato 
un  magnifico  pallacium  Antonini  (nome  allora  caratteristico  e  speciale  delle  terme) 
ove  adesso  si  scavano  marmi  preziosi»  p.  260. 

PANTHEON,  n  Un  frammento  della  dea  (Diana,  il  sommo  diavolo  di  tutti  gli 
idoli)  giace  dinnanzi  alla  porta  ».  Vedi  Fabricio  «  Roma  »  ed.  1567,  p.  95;  Fanucci, 
Opere  pie,  ed.  1601,  e.  36;  Lanciani,  Not.  scavi,  1881,  p.  267. 

COMITIVM.  «  il  carcere  di  san  Pietro  . . .  dinnanzi  al  quale  giace  un  gran  simu- 
lacro scolpito  (il  Marforio,  rappres.  nella  scheda  di  A.  da  Sangallo  giuniore,  Ufizi  896) 
ed  ha  dinnanzi  a  se  due  conche  di  marmo  larghe  incirca  sette  tese  »  p.  268.  Vedi 
Bull.  com.  tomo  XXVIII,  a.  1900,  p.  19. 

AMPHITHEATRVM.  «  adesso  è  molto  rovinato  e  distrutto  per  farne  calce  »  (dal 
Poggio)  p.  270. 

TEMPLVM  SOLIS  AVRELIANI.  «  A  Monte  Cavallo  stanno  due  belli  grandi  ca- 


NICOLAO  V  1455  61 


valli  di  pietra,  e  sopra  (sic)  di  essi  due  giovani  giganti:  e  tutto  intorno  vi  stanno 
quattro  colonne  di  marmo  scolpite  a  guisa  di  uomini  (').  Item  accanto  giacciono  due 
giganti  antichi  scolpiti  di  pietra  (il  Nilo  ed  il  Tevere  capitolini). 

Dalla  relazione  di  Giovanni  Ruccellai  sul  Giubileo  del  1450,  edita  da  Giuseppe 
Marcotti  nell'Arch.  Soc.  Rom.  St.  patria,  tomo  IV,  p.  563: 

COLLEZIONE  DEI  MONACI  DI  S.  PAOLO.  «  Item  vedemo  nella  sacrestia  una 
bibia  molto  anticha  scripta  di  mano  propria  di  s'"  Girolamo,  et  tengolla  quelli  mo- 
naci per  relliquia  »  p.  568. 

BASILICA  LIBERIANA.  ^  appresso  all'altare  magiore  quattro  belle  colonne  di 
porfido  delle  più  belle  di  Roma .  . .  item  all'  entrare  della  chiesa  a  mano  ritta  una 
bella  sepultura  di  porfido.  Item  fuori  sulla  piaza  dirimpetto  alla  porta  di  mezo  uno 
vaso  di  porfido  d' uno  pezzo,  ritratto  a  modo  di  tazza,  in  su  colonnette,  che  il  diamitro 
suo  può  essere  braccia  4  in  5  »  p.  569. 

BASILICA  SALVATORIS.  «  presso  all'altare  maggiore  quattro  colonne  di  bronzo 
achanalate  vote  drento,  con  base  et  capitello  «  p.  570.  Notizia  importante  per  valutar 
quelle  che  saranno  riferite  sotto  il  pontificato  di  Clemente  Vili. 

PATRIARCHIVM  LATER.  «  appresso  al  detto  Sancto  Sanctorum  in  uno  certo 
andito  sono  due  sedie  di  porfido  d' uno  pezo,  nelle  quali  quando  il  papa  è  creato  di 
nuovo  vi  si  pone  a  sedere  »  p.  571.  Vedi  Helbig  "^  Guide  "  voi.  I,  p.  175,  n.  257.  Le 
due  catedre,  una  delle  quali  è  al  Vaticano  nel  Gabinetto  delle  Maschere,  n.  439, 
r  altra  al  Louvre,  sono  intagliate  non  in  porfido,  ma  in  rosso  antico.  Ve  ne  era  una 
terza  di  marmo  bianco.  Stavano  nell'  andito  della  cappella  di  s.  Silvestro.  Biblio- 
grafia, ap.  Helbig,  1.  e. 

CAMPVS  LATERANENSIS.  «  In  sulla  piaza  rilevato  da  terra  braccia  quattro  .  . . 
uno  huomo  a  cavallo  tutto  di  bronzo  (p.  571).  Item  in  sulla  piazza  in  sur  un  pezo  di 
colonna  una  testa  di  giogante  di  bronzo  e  uno  braccio  con  una  palla  di  bronzo,  item 
una  lupa  di  bronzo  pregna  con  una  altra  figuretta  di  bronzo  »  p.  572.  Vedi  Ann. 
Inst.  1877,  p.  379  sgg. 

HORTl  DOMITIAE.  n  appresso  a  castello  sancto  Agnolo  uno  vaso  d'  uno  pezo  di 
granito  lungo  il  vano  braccia et  largo  il  vano  circa  braccia  3  »   p.  572. 

AREA  PANTHEI.  «  Sulla  piazza  dirimpetto  alla  chiesa  una  sepoltura  di  porfido 
molto  gentile  con  due  lioni,  dallato  una  bella  petrina  et  con  due  vasetti  di  porfido 
dallato,  p.  573.  Vedi  sopra,  p.  15. 

MACELLVM  R.  II.  «  Sancto  Stefano  ritondo  . . .  con  una  cappella  antica  dallato 
con  musaico  et  con  tavolette  et  tondi  di  porfido  et  serpentino  et  con  fogliami  di  na- 
chere et  grappoli  d'uue  et  tarsie  et  altre  gentileze  «  p.  573. 

BASILICA  S.  LAVRENTII.  «  La  chiesa  di  sancto  Lorenzo  ...  con  due  becrli  ca- 


(')  Il  Michaelis  cita  a  proposito  il  passo.  Fulvio  69:  «  Extant  hodie  hauisceiriMili  duo  sonum 
marmorea  simulacra  tectum  logiae  sustinentifi  in  antiquis  aedibus  D.  Ccduinneusium  sub  monte 
nunc  Caballo».  Fulvio  parla  dunque  non  della  sommità  del  monte  ma  della  lo<:iria  rappre.^. 
nella  stupenda  tavola  II,  60  di  A.  Giovannoli. 


62  NICOLAO  V   1455 


pitegli  in  terra  sulla  piaza ...  et  con   una  bella  sepoltura  allato   alla  porta   della 
chiesa  di  marmo  con  ligure  intagliate  in  tutta  perfettione  "  p.  574. 

BASILICA  IVNII  BASSI.  «  Una  chiesetta  nel  cortile  di  sancto  Antonio  meza  sco- 
perta che  se  n'  è  facto  pollaio,  fasciate  le  mura  di  belle  tavole  di  marmi  et  con  belle 
tarsie  et  fogliami  di  marmi  et  musaichi  et  altre  gentileze  "  p.  574. 

BASILICA  EVDOXIANA,  «  di  fuori  allato  alla  porta  della  chiesa  uno  vaso  di 
granito . . .  alto  braccia  quattro  con  una  figura  allato  di  porfido  senza  testa  «  p.  574. 

MAVS.  CONSTANTIAE.  «  Iteni  una  sepoltura  di  porfido  con  coperchio  storiata 
di  figure  et  fogliami  per  tutto  intorno  intorno  »  p.  575. 

SS.  APOSTOLOR.  «  Una  bella  aquila  sotto  il  pergamo  di  marmo  "  ora 
murata  nel  vestibolo.  Ivi. 

S.  PANCRATII  «  nella  quale  sono  molte  belle  tavole  di  porfido  et  maxime  sotto 
il  pergamo . . .  delle  più  belle  che  siano  in  Roma  »  andate  a  male  nel!'  invasione 
francese  del  1794.  Ivi. 

CIRCVS  MAXENTII  «  uno  navone  da  stare  a  vedere  festeggiare  et  evi  una  aguglia 
rotta  in  terra  "  ivi. 

THERMAE  DIOCLETIANAE.  «  grandissima  muraglia  dove  ancora  si  vede  belle 
colonne  di  marmi  et  di  graniti  et  architravi  et  sono  in  pie  molte  volti  »  ivi. 

T.  SOLIS.  «  dove  ancora  sono  in  pie  due  gioganti  et  due  cauagli  di  marmo, 
figure  grandissime  et  molto  buone  con  due  altre  figure  appresso  quasi  a  giacere  gran- 
dissime »  p.  577. 

CVRIA.  «  La  zecha  anticha  di  Roma  che  dimostra  essere  stata  bella  muraglia  »  ivi. 

BASILICA  NOVA.  «  ancora  è  in  pie  una  colonna  di  marmo  achanalata  che  gira 
braccia  XII  »  p.  578. 

COMITIVA!.  «  Una  figura  grande  di  marmo  quasi  a  giacere  che  si  chiama  Marfuori 
con  uno  vaso  o  vero  concha  appresso  "  p.  579. 

THERMAE  ANTONINIANAE.  «  Uno  vaso  o  vero  conca  in  una  vigna  presso 
alle  terme...  di  granito  o  vero  serpentino  »   ivi. 

THERMAE  TRAIANAE.  «  Un  altro  vaso  in  una  altra  vigna  appresso  al  coliseo 

dove  si  vede  molte  anticaglie ...  di  giro  datorno  di  braccia  XL  . . .  ritratto  a  modo 

duno  piattello  et  è  di  granito  con  piedistallo  di  sotto  «  ivi. 

^         COLLEZIONE  GALLI?  «  Una  figura  di  marmo  senza  testa   et  senza  braccia  a 

casa  uno  cittadino  in  Parione:  buona  figura  et  bene  facta   quanto   abbi  Roma  "  ivi. 

TORRE  DELLE  MILIZIE.  «  dove  sono  sur  un  canto  due  buone  figure  di  marmo  "  ivi. 
(Loggia  de'  Colonnesi?). 

S,  M.  IN  COSMEDIN.  a  Una  pietra  tonda  a  modo  di  macchina,  con  uno  viso 
intagliatovi  dentro  che  si  chiama  la  lapida  della  verità  »  p.  580. 

«  Pour  ce  qui  est  de  la  statuaire  antique,  dont  les  moindres  debris  etaient  alors 
recherchés  avec  passion,  Nicholas  V  ne  paraìt  pas  s'étre  beaucoup  préoccupé  de  ce 
genre  de  découvertes  ».  Rio,  de  l'Art  Chrétien,  ed.  1874,  p.  75,  con  le  osserva- 
zioni del  Milntz,  tomo  I,  p.  75. 

È  merito  di  questo  pontefice  l'aver  pubblicato  un  eccellente  piano  regolatore  del 
Borgo,  opera  di  Bernardo  Rossellino.  Vedi  Alveri,  tomo  II,  p.  115. 


CALLISTO   111   1455  63 


CALLISTO  in. 

8  aprile  1455  -  8  agosto  1458. 

1455,  4  agosto.  CALCARE.  Pietro  Giovanni  da  Varese  somministra  grandi  par- 
tite di  calce,  forse  archeologica,  per  la  fabbrica  di  s.  M.  Maggiore.  Bertolotti,  Artisti 
lombardi,  tomo  I,  p.  19. 

1455,  settembre.  TITVLVS  PRISCAE.  «In  aedificiis  parvos  sumptus  fecit 

Restitiiit  solum  sanctae  Priscae  in  Aventino  templum  et  moenia  Urbis  dirupta  ac 
fere  solo  aequata  "  (Platina).  Neil'  epigramma  che  ricorda  i  risarcimenti  ap.  Armellini, 
Chiese,  p.  557,  sono  nominati  1'  «  ara  Herculis  sacrata  ab  Evandro  »  la  «  aedes  Dìanae 
longe  celebrata  »  e  la  "  fons  Faunorum  " . 

1455,  13  novembre.  Un  Salvato  di  Andrea  da  Arezzo  riceve  dai  maestri  delle 
strade  Saba  Astalli,  e  Paluzzo  Pierleoni  78  ducati  d'oro  «  occasione  certi  laborerij 
et  fabrice  per  eum  promisse  facere  (selciata  a  bastardoni)  ad  rationem  duorum  du- 
catorum  prò  quolibet  paso  in  platea  sancti  Petri . . .  cum  hoc  quod  ipse  magister 
Saluatus  debeat  cauare  et  serrare  in  loco  in  quo  cauat  dictum  saxum  et 
speczare  extra  dictam  plateam,  et  ipsi  magistri  debeant  dare  sibi  lapides  neces- 
sarios  »  Not.  Gio.  Angelo  Amati,  A.S.C. 

1455.  AD  LACVM  SERVILIVM.  «Sotto  Callisto  III,  nel  1445,  fu  l'ospedale 
delle  Grazie  ingrandito,  prendendo  la  forma  di  palazzo  con  attigua  loggia  » .  Pericoli, 
Osped.  della  Consol.,  p.  49. 

1456,  29  aprile,  giovedì.  CALIX  MARMOREVS.  «  Fo  posto  lo  calice  de  marmo 
deuanti  a  s'**  apostolo,  et  prima  stava  denanti  alla  casa  de  Io.  Paolo  Muto  delli 
Papaciurri,  et  casa  de  Tomasso  Ioannetta  delli  Papaciurri  in  nella  strada  denanti 
all'arco  "  (cf.  l'attuale  via  dell'Archetto).  Diario  di  Paolo  dello  Mastro  in  Buonarroti, 
1875,  p.  114.  Vedi  anche  Corvisieri,  in  Archiv.  S.  R.  S.  P.,  voi.  X,  p.  630  in  nota. 
Il  Muntz  interpreta  quella  notizia  come  se  Callisto  III  avesse  fatto  collocare  in 
quel  luogo   «  une  belle  vasque  antique  ". 

Deve  notarsi  che  il  terreno  d'allora  era  alquanto  più  basso  del  presente  di  modo 
che,  per  entrare  nel  portico  della  chiesa  dei  ss.  Apostoli,  si  dovevano  salire  parecchi 
gradini.  Appiè  di  questi  era  il  «  calix  marmoreus  »  tolto  di  posto  nel  1892  e  tra- 
sportato alle  terme  Diocleziane. 

1456,  22  maggio.  Un  Pellegrino  marmorario  fabbrica  con  marmi  antichi  760 
palle  di  bombarda:  Muntz,  I,  195,  n.  4.  Nello  stesso  anno  sei  colonne  di  porfido 
furono  messe  in  opera  a  sostegno  dell'organo  di  s.  Pietro.  Mignaiiti,  Bas.  Vat.,  I,  76. 

1456,  6  settembre.  «  Laurentius  lacobi  Pictoni  de  r.  colupne  veudidit  Antonio 
Nardi  de  Romaulis  de  r.  colupne  unum  casalenum  dirutum  et  discopertum  cum  per- 
ticali discoperto  ante  se,  cum  orto    post  se,  cum  puteo  in  dicto  orto  existeute,  cum 


64  CALLISTO   III   1456-1458  —  PIO  II  1458 

certis  lapideis   marraoribus...   sito   in  r.  colupne  ab  uno  latore  tenet   lo- 

Jiannes  Laurentij  Rapilonis  ab  alio   tenet  domus  dicti  Antoni]  emptoris,   retro   tenet 
ortus  Antonij  Nardi  Bucij  Nannis  »   Not.  Evangelista  Bistucci,  prot.  66,  A.  S.  C. 

1456.  LAVRENTVM.  L'opera  del  duomo  di  Orvieto  acquista  20  blocchi  di  marmo 
del  valore  di  9  ducati   «  in  tenuta  di  Castel  Porchiano  » .  Fumi,  1.  e,  CCXCI V,  p-80. 

1457,  dicembre.  PONS  MOLVIVS,  Varrone  d'Angelo  di  Firenze  si  serve  di  marmi 
certamente  antichi  (sepolcri  di  via  Flaminia?)  per  il  restauro  del  ponte.  Muntz, 
T,  203. 

1457.  BVRGVS.  Il  «  procurator  hospitalis  et  nacionis  Boemorum  »  fabrica  a 
nuovo  l'ospizio  nazionale  in  Borgo.  Armellini,  p.  361. 

1458  (prima  dell'agosto).  MAVSOLEVM  MADRI  ANI.  Bartolomeo  da  Como,  e 
compagni  ricevono  il  saldo  «  ratione  fabricae  factae  in  castro  sancto  angelo  de  Urbe  ». 
Bertolotti,  1.  e,  tomo  I,  p.  20. 

1458.  MAVSOLEVM  AD  APOSTOLVM  PETRVM.  Paolino  da  Binasco  e  socii 
fanno  scavi  nelle  due  rotonde  di  s.  M.  della  Febbre,  ovvero  di  s.  Andrea,  per  il  sep- 
pellimento di  Callisto  III  morto  agli  8  agosto,  e  di  s.  Petronilla  per  il  seppellimento 
di  «  un  penitentiero  ».  Il  primo  scavo,  descritto  dal  Grimaldi,  Barber.  XXXIV,  50 
e.  13  e  236,  non  fruttò  scoperte.  Nel  secondo  «  si  trovò  un  avello  di  marmo  bel- 
lissimo e  dentro  una  cassa  grande  et  una  piccola  di  cipresso  coperta  d'  argento 
fino  d'undici  leghe  che  fu  di  peso  libbre  831.  Li  corpi  ch'erano  dentro  erano  coperti 
di  drappo  d'oro  fino  tanto,  che  pesò  l'oro  colato  16  libbre...  Tutte  queste  cose  belle 
il  papa  mandolle  alla  sua  zecca  ».  Cronica  di  Niccolò  della  Tuccia,  ap.  de  Rossi, 
Bull,  crisi,  1878,  p.  142. 

1458,  14  agosto.  «  Magistro  Petro  (di  Castiglione?)  marmorario  fl.  30  prò  certis 
marmoribus  et  expensis  factis  in  portando  ipsos  marmores  ».  Mand.,  1457-1458,  f.  119. 


PIO  II 

27  agosto  1458  —  16  agosto  1464. 

1458.  Il  27  agosto  fu  eletto  papa  Enea  Silvio  Piccolomini  (Pio  II)  al  quale 
dobbiamo  eccellenti  notizie  topografiche  e  descrittive  (^).  «  Longtemps  avant  de  monter 
sur  le  trono,  il  accordait  une  attention  serieuse  aux  restes  de  la  statuaire  antique,  dont 
Rome  lui  offrait  les  plus  beaux  specimens  ».  Mtlntz,  1.  e,  p.  221;  cf.  Epist.  CX"V, 
p.  644,  ediz.  1571. 

Nei  primi  anni  di  questo  pontificato,  circa  il  1460,  fra  Giovanni  Giocondo  da 
Verona  incomincia  le  sue  investigazioni  archeologiche  in  Roma.  Saranno  ampiamente 
descritte  sotto  la  data  del  1498. 

(1)  Cumment.,  ed.  1614.  Tivoli,  p.  137;  Palestrina,  p.  160;  Ostia,  p.  307;  Albano,  p.  306; 
Tuscolo,  p.  335. 


PIO  li.  14604461  65 


1460,  agosto.  AMPHITHEATRVM.  Si  riprendono  gli  scavi  e  le  devastazioni  del 
Colosseo  per  le  opere  di  Pio  II.  I  conti  di  camera  riportati  dal  Miintz,  tomo  I, 
p.  266  sgg.,  parlano  di  marmi  e  di  travertini  cavati  di  sotterra,  spezzati,  rotti  sul 
posto,  e  trasportati  con  carrette  a  s.  Pietro  "  per  la  piazza...  per  lafabrica  delle 
scale  di  san  Pietro...  per  la  piazza  doue  iscavalca  li  r™' cardinali  «  etc.  Paragonando 
queste  notizie  con  le  precedenti,  e  analizzando  sottilmente  le  formule,  pare  certo  che 
i  papi  del  quattrocento  non  abbiano  mai  demolito  espressamente  alcuna  parte  del 
Colosseo,  ma  che  si  sieno  largamente  approfittati  dei  materiali  caduti  per  ispontanea 
rovina, .  per  terremoto  o  per  iscalzamento  delle  radici  delle  piante  arborescenti. 

1460,  ottobre.  VIA  TRIVMPHALIS?  11  registro  dei  conti  di  fabbriche  che  ab- 
braccia il  quinquennio  1460-1464,  contiene,  in  principio,  le  due  seguenti  partite:  «  a 
cavar  marmi  et  pozolana  ouer  breccia  a  la  vigna....  a  ropare  et  ruinare  case  p.  la 
piazza  de  sampiero  «.  Si  tratta  forse  della  vigna  di  Belvedere  «  agli  Spinelli  »  già 
ricordata  sotto  Nicolao  V,  a.  1452-1453. 

1460.  VIA  FLAMINIA.  «  a  Galeotto  da  No  varrà  per  opere  33.  date  a  cavar  marmi 
ala  gualcha  »  cioè  nell'ambito  della  tenuta  che  porta  ancora  tal  nome,  circa  il  sesto 
miglio  della  via  Flaminia  (Valcha  e  Valchetta).  Negli  antichi  documenti  è  chiamata 
«  Castrum  Valchae  (la  gualchiera  mossa  dal  fiume  Cremerà)  prope  primam  portam, 
circa  stratam  que  ab  urbe  ducit  Flaianum  (Piano)  et  in  contratam  Collini  ».  Di 
esso  facevano  parte  «  casale  vocatum  Trullus  de  Buccamatiis  »  e  «  casale  tres  co- 
lumne  «  denominazioni  riferibili  ai  mausolei  rotondi  e  alle  ville  di  quel  tratto  della 
via  Flaminia.  Vedi  appresso,  a.  1462.  10  luglio. 

1460.  MVSEO  BARBO.  «  Inventarium  domini  car.''^  sancti  marci  antequam  esset 
papa  Paulus  II  »,  volume  di  142  carte  numerate,  scritto  nel  1457  da  Giovanni  Pierti 
notaio  apostolico,  e  postillato  nel  1400  da  seconda  mano.  L'ha  pubblicato  il  Miintz 
a  p.  181  sgg.  del  secondo  volume  (vedi  bibliografia,  pp.  181-182,  n.  1)  dall'originale 
conservato  nell'Arch.  di  Stato.  Per  questa  nostra  storia  degli  scavi  di  Roma  sarebbe 
utile  assai  rintracciare  l'origine  dei  marmi  e  dei  bronzi  raccolti  nel  palazzo  di  s.  Marco 
dal  geniale  prelato,  con  tanta  diligenza  e  tenacità  da  aver  creato  «  una  carestia  me- 
ravigliosa »  sul  mercato  antiquario  d'allora,  specie  nel  campo  delle  medaglie.  Ma 
l'inventario  tace  di  questo  particolare.  Si  conosce  qualche  cosa  della  dispersione  del 
museo,  ereditato  da  Sisto  IV.  Il  banco  Toruabuoni-Medici  ebbe  l'incarico  di  vendere 
le  pietre  preziose:  altre  furono  cedute  a  prezzo  vilissimo  a  Lorenzo  il  magnifico,  il 
qnale  ne  fece  alla  sua  volta  mercato.  Gli  intagli  ed  i  cammei  avuti  in  dono,  o  acqui- 
stati, rimasero  nelle  collezioni  granducali. 

Gli  antichi  marmi  visti  e  descritti  in  questo  palazzo  dagli  archeologi  del  cin- 
quecento spettano  alla  raccolta  Grimani,  della  quale  si  parla  sotto  la  data  del  15u5. 

1461.  I  registri  di  quest'anno  rìcordano  scavi  al  Colosseo,  alla  Zecca  Vecchia. 
al  ponte  Neroniano,  al  Trullo,  al  Campidoglio,  al  monte  di  s.  Spirito,  ed  a  Tivoli. 
Furon  tutti  di  grande  importanza  e  devono  aver  dato  luogo  a  scoperte,  delle  quali 
manca  ogni  ricordo. 

AMPHITHEATRVM.  Si  fece  ricerca  dei  sedili  marmorei  per  uso  delle  scale  di 
s.  Pietro,  ed  è  perciò  che  i  registri  usano  costantemente  la  formula   -  a  cauar  marmi 

9 


66  PIO   IL  .1461 

à  coliseo  ».  Nel  giugno  si  attaccarooo  di  nuovo  i  travertini,  per  uso  delle  calcare,  e 
per  la  selciatura  a  bastardoni  della  piazza  di  s.  Pietro  e  della  via  Alessandrina.  Con- 
duttore degli  scavi  «  maestro  petro  mai-moraro  »  detto  Goputo.  Durarono  sino  al 
gennaio  1462. 

CVRIA  —  FORVM  IVLIVM.  «  a  trare  marmi  ala  zecca  vecchia  ...  a  eauar  teuer- 
tini  ala  zecca  vecchia  ». 

PONS  NERONIANVS,  3  aprile.  «  opere  per  le  scale  di  san  Pietro  a  10  manuali 
a  cauar  treuertinj  al  ponte  di  santo  Spirito  » .  È  probabile  si  tratti  dei  muri  di  sponda 
della  parte  di  s.  Giovanni  de'  Fiorentini.  Vedi  «  Mon.  Lincei  »  tomo  I,  1891, 
p.  612  sg.,  tav.  I-II.  Altri  operai  erano  occupati  contemporaneamente  «  in  cavar  fosso 
per  le  scale  et  capare  petre  ».  Un  Ambrogio  da  Milano  e  suo  compagno  «  a  cauar 
petre  a  la  piazza  »   (di  s.  Pietro  ?). 

VIA  CAMPANA?  Gli  scavi  più  notevoli  del  1461  si  riferiscono  ad  un  ignoto 
Trullo.  Se  ne  parla  a  questo  modo.  «  (17  maggio)  a  m°  petro  goputo  et  m.°  cencio 
co  manuali  li  quali  ano  lauorato  alo  trullo ....  (21  maggio)  costo  di  barili  XXV  de 
vino  corso  dato  per  li  manuali  et  scarpellini  che  scavano  a  lo  trullo  a  cauar  marmi.... 
(31  maggio)  a  m"  petro  marmoraro  per  costo  di  subbia  e  mazzola  per  li  scarpellini 
che  lavorano  alo  trullo ....  per  manuali  a  cauar  marmi  alo  trullo ....  Palombello 
carraro,  e  Giorgio  schiavo  carraro,  per  porto  et  carreggiatura  de  marmi  conduti  da  lo 
trullo . .  - .  (giugno  luglio)  Spese  per  leuare  el  nicchio  del  trullo.,  a  m°  cencio  per 
più  olmi  et  elei  per  lo  edifit."  de  tirar  esso  nicchio  ...  (8  giugno)  per  parte  del  suo 
magistero  che  conduce  decto  nicchio  ...  (21  giugno)  a  oddo  i  borgo  panateri  p.  costo 
de  pane  dato  ali  scarpellini  che  lauorauano  altruUo  a  cauar  marmi  . .  .  (28  giugno) 
Alberino  carrate  xxxj  de  marmi  condusse  co  suoi  bufoli  da  lo  trullo  .  . .  (decembre) 
Silvestro  de  auere  per  tiratura  de  più  marmi  dalo  trullo  a  fiume ...  per  carrate  vij 
de  marmi  condocti  da  esso  trullo  per  terra  co  suoi  bufoli .  . .  per  tiratura  de  più  marmi 
da  esso  trullo  a  esso  fiume  ». 

Questo  pel  1461.  Nell'anno  seguente  si  ripetano  le  stesse  partite  p.  e.  «  a  li  xxv 
de  genaro  fino  a  di  ixviiij  de  dicébre  carrate  xxv  de  marmj  condocti  dal  trullo  ». 

Il  Trullo  stava  dunque  fuori  di  Roma,  come  prova  la  fornitura  di  pane  e  di  vino 
agli  operai,  speciale  a  questi  casi:  stava  in  sito  ugualmente  accessibille  per  via  di 
fiume  e  per  via  di  terra:  e  probabilmente  sulla  sponda  destra,  se  di  ciò  può  trarsi 
indizio  dal  fatto  che  il  fornitore  del  pane  stava  da  questa  parte;  di  più  era  edificio 
di  mole  considerevole  essendo  occorsi  non  meno  di  quattro  anni  per  ispogliarlo  de'  suoi 
marmi.  Vedi  1464,  18  aprile:  «  due.  8  b.,  39  a  m"  Petro  con  vii  manuali  a  cauar  marmi 
alo  trullo  ».  L'ultima  partita  di  questo  pontificato  è  del  24  agosto  e  dice  così:  «  a  romano 
caradonna  ouero  a  sue  erede  soprastante  alo  Trullo  a  cauar  marmi  de  l'anno  1461 
dadj  p°  aprile  per  tuc'o  giugno  anno  decto .  Adi  decto  .  alachian  dagustino  da  roma 
per  nolo  de  tre  lecti  dati  al  trullo  quando  si  cauauan  marmi  per  le  scale  per  uso  de 
li  scarpelini .  . .  a  m°  ant.°  romano  falegname  per  giornate  .  v  .  de  lauoro  per  lo  trullo 
con  frate  bernardo  ».  Ora  precisamente  sulla  sponda  destra  del  fiume,  a  valle  della 
città,  nella  zona  attraversata  dalla  via  Campana  si  trova  ancora  vivente  il  nome  del 
Trullo,  sotto  la  forma  scorretta  di  »  piana  »   e  di  «  Monte  del  Truglio  ».  Vedi  la 


PIÒ  li.   I46M462  67 


tav.  Maglianella  dell'  IGM.  La  scheda  fior.  1999  di  L.  Donati  contiene  la  pianta  di 
un  edifizio  tondo,  che  »  si  chiama  el  Tuorlo  (trullo)  ed  è  fuori  di  Roma  in  sul  Tevere  ». 

CAPITOLINVS  MONS.  (17  maggio)  «  a  m°  pietre  goputo  et  m"  cencio  co 
manuali  li  quali  ano  lauoi-ato  ala  petrara  de  capitolio».  Non  si  tratta  delle 
cave  di  tufa  del  monte,  ancora  in  parte  accessibili,  ma  di  demolizioni  di  antichi  edi- 
fizii.  Troviamo  infatti  questa  seconda  partita  sotto  la  data  del  30  maggio:  «  a  m"  petro 
marmoraro  con  suo  garzone  sono  per  opere  xx  lauorare  a  cauar  travertini  a  capi- 
tolio  ....  (24  giugno)  a  ambrosio  da  milano  a  cauar  petre  a  capitolio  , . .  (26  luglio) 
a  maganello  et  suoi  compagni  a  caua  petre  a  capitolio . . .  (dicembre)  Silvestro  per 
carecte  xxxvj  de  petrE  tirata  co  suoi  bufali ...  da  capitolio  » . 

MONS  VENTOSVS  — MONTE  DI  S.  SPIRITO.  (7  novembre).  Il  predetto  Ambro- 
gio da  Milano  e  compagni  cavano  pietre  e  pozzolana  nel  «  monte  de  Nerone  ».  Questo 
monte  è  quello  di  s.  Spirito,  come  apparisce  da  altre  partite  del  6  dicembre.  Anche 
nella  nota  iscrizione  carolingica  di  s.  Michele  in  Borgo,  la  chiesa  si  dice  fabbricata 
>  supra  cripta(m)  iuxta  Neronis  palatium  » . 

TIBVR.  12  agosto.  Incominciano  i  lavori  della  Rocca  n  in  sublimiori  loco  urbis 
ubi  veterera  fuisse  ruinae  adhuc  eitantes  indicabant . . .  Non  procul  ab  Arce  vestigia 
erant  nobilis  amphitheatri,  quae  arx  omnia  consumpsit  »   Comment.  p.  137,  138. 

Degli  scavi  seguenti  non  posso  indicare  il  sito, 

11  maggio.  S.  PIETRO  VECCHIO.  «  ducati  xx  a  madona  vergona  astalli  p  costo 
de  una  petra  de  marmo  p  fare  due  figure  cioè  .s.  preto  et  .s.  paulo  p  le  scale .  .  . 
(7  novembre)  a  m°  p**  marmoraro  per  parte  de  sue  opre  date  a  cauar  lo  marmo  per 
la  figura  de  sanpiero  . .  .  (17  novembre)  a  m°  p°  marmoraro  per  cauar  la  petra  per 
sanpaulo  ",  Questa  seconda  fu  posta  sul  piedistallo  il  27  novembre.  I  blocchi  furono 
carreggiati  a  destino  da  maestro  Galasso  da  Bologna.  Altro  cenno  di  questo  lavoro 
si  trova  nella  seg.  partita  del  decembre  1462  «  A  mastro  paulo  scultore  ducati  166 
b.  X  X  i  i  i  j  p.  costo  dele  due  base  lauorate  de  marmi  doue  sono  a  posare  le  due  figure 
a  pede  dele  scale  »  più  ducati  450  per  le  due  statue  (e  pel  tabernacolo  di  s.  Andrea 
a  ponte  Molle).  Sembra  però  che  il  marmo  fornito  da  Madonna  Astalli  bastasse  per 
una  sola  statua.  Trovo  infatti  sotto  la  data  del  12  luglio  1463  un  pagamento  a  Sil- 
vestro ser  Roberti  «  per  la  tiratura  del  marmo  che  fu  condocto  de  e  a  rara  per 
la  figura  de  sanp",  da  esso  loco  ala  piazza  »..  Io  credo  che  il  grosso  blocco  cavato 
da  madonna  Virginia  Astalli  appartenga  allo  stesso  ignoto  edificio  (Villa  pub- 
blica?) dal  quale  s.  Ignazio  da  Loyola  trasse  altri  materiali  ricchissimi  l'anno  1.540 
(Vedi). 

1461.  ISEVM  ET  SERAPEVM.  Nel  corso  dell'anno  fu  .ricostruita  la  chiesa  di 
s.  Salvatore  in  Camildiano,  ove  vennero  sepolti  parecchi  della  famiglia  Battaglieri. 
Stava  nel  sito  di  s.  Marta. 

Continuando  nel  seguente  anno  1462  la  richiesta  di  materiale  per  il  pulpito 
della  Benedizione,  si  fecero  scavi  e  ricerche  di  marmi  al  Colosseo,  alle  terme  Anto- 
niniane,  ad  Ostia,  ai  portici  di  Ottavia,  ai  ss.  Cosma  e  Damiano,  alla  Zecca  vecchia, 
alla  Valca,  e  a  Ponte  Molle. 


68  'PIO 'ir.  H62i: 

1462,  10  gennaio.  AMPHITHEATRVM.  «  a  di  x  de  genaro  1462'....  a  m^  petro 
marmoraro  co  uij  manuali  a  càùaré  tèuétini  a  coliseo  «..        •  :  . 

TERMAE  ANTONINIANAE  id;  id.  «  à  cauar  teuétihi  ad  an tignano  »....  ovvero 
«  per  cauar  treuertini  et  pozzolana  et  marmi  ad  antignano,  et  petra  a  la  piazza  (di 
s.  Pietro)  ».  L'anno  seguente  il  posto  di  m"  petro  fa  preso  da  m°  Pagno:  27  feb- 
braro  1463,  «  M"  pagno  scarpéllino  a  cauar  et  spezzar  marmi  p  le  base  ad  an- 
tignano ».  Nel  1464  successero  loro  Antonino  da  Cremona,  Augustin  da  Roma,  ed 
Antonio  Rocco  da  Settignano.  Tutti   «  per  romper  marmi  ad  antignano  ». 

1462,  26  genn.  OSTIA  — PORTVS.  Il  registro  Edif.  pubi,  contiene  la  seguente 
partita  in  data  26  gennaio:  «  Silvestro  de  giuglano  due.  18  sono  p.  portatura  de  la 
petra  et  marmo  da  ripa  cioè  da  la  torre  de  porta  portese  a  s.  Stefano  (de'  Mori) 
dreto  la  tribuna  de  sanp°  ».  Questi  materiali  non  furono  raccolti  sul  posto,  ossia 
nella -«  marmorata  della  sponda  destra  »  ma  venivano  secondo  ogni  verisimiglianza 
da  Ostia.  Vedi  a.  1463,  26  gennaio. 

1462,  febbr.  PORTICVS  OCTAVIAE.  Fino  dal  21  giugno  1461  si  ricorda  un 
pagamento  fatto  «  a  frate  ant**.  da  gaeta  per  spese  di  certe  corde  et  tragle  p  lo  de- 
segno de  lo  edifitio  p  tirar  colonne  »  ed  un  secondo  in  data  10  luglio  al  med.  «  frate 
ant"*.  da  gaeta  p  cóperare  legname  p  decto  edifitio  ».  Ecco  dunque  scoperto  il  nome 
dell'  ingegnere,  dell'  emulo  di  Aristotile  di  Fiora vante  da  Bologna,  cui  era  stato  affi- 
dato r  incarico  di  calare  a  basso  mercè  1'  aiuto  di  incastellature  (  "  edifitio  di  legname 
per  tirare  colonne  grosse  »)  le  colonne  che  fiancheggiavano  i  propilei  sulla  fronte  dei 
portici  d'Ottavia.  Gli  scavi  incominciarono  nel  1462,  appaltatore  maestro  Galasso  da 
Bologna:  «  3  febbraro.  m°  Galaxo  ....sono  per  suo  laborerio  facto  i  leuare  le  co- 
Ione  de  sancto  agnilo  et  farle  condurre  et  simile  còporle  nela  beneditione  » .  Carreg- 
giatore  dei  monoliti  fu  il  vetturale  Silvestro  di  Giuliano  Ser  Roberti,  quello  stesso  che 
aveva  portato  in  Vaticano  il  blocco  per  la  statua  di  s.  Pietro.  Pare  che  le  colonne  fos- 
sero VII,  poiché  nel  maggio  del  1464  maestro  Egidio  Tocco  rimurava  gli  squarci  fatti 
in  alcuna  delle  casipole  presso  s.  Angelo,  donde   t  amotae  fuerant  colunpnae  VII  ». 

Nei  registri  del  1463  le  colonne  sono  ridotte  a  cinque:  26  gennaro  «  Seluestro 
de  avere  due.  vii  per  tiratura  de  colonne  viiii  piccole  tirate  da  Sancto  Ianni  (Lateran.) 
p.  la  beneditione:  due.  xxx  sono  p.  tiratura  di  colofie  v.  grandi  da  sancto  agnilo 
a.  s.  p°  p.  la  beneditione  ».  Le  due  che  mancano  al  conto  devono  essere  state  sca- 
vate nel  febbraio  da  un  certo  Torone  con  due  suoi  compagni  :  esse  furono  carreggiate 
a  destino  sul  principio  dell'estate.  (12  luglio)  "  Selvestro  de  giuglano  ...  per  tiratura 
de  colonne  (due)  da  sancto  Agio  alapiazza  ....  per  tiratura  de  capitelli  et  altri  marmi 
tirati  da  s°  Agnilo  «   etc. 

1462,  28  marzo.  TEMPLVM  SACRAE  VRBIS.  I  predetti  Pietro  marmorario  e 
compagni  incominciano  a  cavar  travertini  <•  a  santi  Cosme  et  Damiano  »  non  saprei 
dire  se  dal  templum  Sacrae  Urbis  o  dal  vicino  foro  della  Pace.  A  loro  succedono  un 
Giovanni  e  un  Filippo  «  per  lauorare  e  cauare  et  fendere  trauertini  a  sancto  Cosmo  » 
Servivano  dunque  per  la  calcara. 

CVRIA  — FORVM  IVLIVM.  I  predetti  scavano  o  tolgon  via  pietre  e  travertino 
dalla  Zecca  Vecchia,  cioè  dal  muraglione  divisorio  tra  la  Curia  e  il  f.  Giulio,  il  quale 


PIO  <ìr.:  1«2-1463   ■  .     •  69 


mura  ééltat  piatita   dell'A.  da  ^angallo  giuaiorè,   Ufizi  896   (Lanciani,   l'aula   del 
SenatOj  tav.  I),  apparisce  già  in  gran  parte  demolito. 

'  1462,  10  luglio'.  VIA  FLAMINIA  »'  a  in®  ■  Petro  et  li  conp.  per  opere  58  a  cauap 
treuertini  a  la  giialcia  (vedi  sopra  a.  1460)  et  ponte  molle  per  lo  tabernacolo  di 
s.  Andrea  » .  Questi  scavi  durarono  più  settimane.  I  marmi  e  le  colonne  vennero  da 
altri  luoghi  non  ispecificati  :  almeno  io  non  intendo  bene  il  senso  del  pagamento  fatto 
ni  giugno  1463  n  a  martino  da  belazione  p.  portatura  di  quattro  collo(ne)  coloro 
base  et  capitelli  p  lo  tabernacolo  di  s.  Andrea  in  san  piero«.  Il  tabernacolo  di  via 
Flaminia  fu  disegnato  e  costruito  da  maestro  Paolo  scultore. 

La-  testa  dell'apostolo,  ricevuta  da  Pio  II  nella  domenica  delle  palme,  12  aprile, 
era  stata  vegliata  nella  notte  successiva  da  Nicolao  Perotti  arcivescovo  sipontino, 
letterato  intimo  del  Bessarione,  poeta  laureato  a  Bologna  da  Federico  III,  la  cui  effigie 
vedevasi  dipinta  nella  biblioteca  vaticana  «  di  cui  fu  molto  benemerito  hauendovi 
donati  varii  libri  manoscritti,  e  fu  uno  di  quelli  eccellenti  Tgegni  mandati  à  cercar 
libri  per  l' Italia  e  fuori  » .  Torrigio,  Grotte,  p.  225. 

1462,  febbraio-giugno.  S  •  PIETRO  VECCHIO  3  febbraio.  «  M°  Galaxo  ....  per 
molte  altre  opere  al  leuare  le  sepiilture  deli  pontefici  in  sanp°  et  riporle  nelli  lochi  de- 
putati et  simile  alenare  tucti  ledifitii  et  marmi  nel  coro  vecchio  in  sanp°  et  farli  re- 
porre 1  (la  indicazione  è  indecifrabile)  «.  Frattanto  Pietro  Goputo  e  compagni  sca- 
vavano pietre,  marmi,  e  terra  nella  piazza.  I  lavori  continuano  a  tutto  il  mese  di  luglio. 

Quest'anno  1462  è  insigne  per  la  pubblicazione  della  bolla  di  Pio  II  i^  cum 
almam  nostrani  urbem  »  intorno  la  conservazione  dei  monumenti  antichi  (28  aprile). 
Dai  documenti  sin  qui  riferiti  apparisce  qual  caso  egli  stesso  facesse  della  sua  bolla, 
e  quale  esempio  di  rispetto  verso  le  antichità  egli  porgesse  ai  suoi  sudditi.  Il  colon- 
nato orientale  dei  portici  d'Ottavia,  il  Trullo,  e  tanti  altri  edifizii  furono  da  lui  sacri- 
ficati per  la  costruzione  del  pulpito,  distrutto  alla  sua  volta  da  Paolo  V  ('). 

Gli  scavi  per  il  pulpito  nell'  anno  1463  ebbero  per  teatro  le  già  tanto  malme- 
nate rovine  di  Ostia,  continuando  quelli  dell'Antoniana,  e  di  s.  Angelo  in  Pescheria. 

1463,  26  gennaio.  OSTIA—  PORTVS,  Il  carreggiatore  Silvestro  riceve  -  due.  xxvi 
per  tiratura  de  li  marmi  condocti  da  Hostia  a  fiume,  et  simile  de  porto:  (27  feb- 
braro)  due.  104  per  m°  pagno  scarpellino  e  compagni  a  romper  marmi  a  porto  per 
lo  pulpito  » .  Nel  marzo  gli  scavi  di  Ostia  furono  attivamente  proseguiti  dal  ^langa- 
nello  e  i  suoi  manovali.  I  pagamenti  della  Camera  -  ad  incideudum  marmerà  apud 
Hostiam  » .  ovvero  «  apud  portum  portuensem  ^  continuano  per  molti  mesi.  Il  solito 
Silvestro  di  Giuliano  ser  Roberti  fu  impiegato  «  ad  vehendum  marmerà  ex  Hostia  •> 
per  via  di  terra,  mentre  quelli  di  Porto  presero  la  via  di  fiume  -  usque  ad  ripam 
urbis  "  cioè  sino  alla  Torre  di  porta  Portese.  (30  maggio)  «  giohani  da  ferrara  e 
comp.  X  a  cauar  marmi  a  porto  et  ad  hostia  n,  (12  luglio).  «  Silvestro  de  giuglano 
per  giornate  xliii   con    x    bufali    et    due    schiavi  a  tirar  marmi  nelisola  de  porto  a 

(»;  Sulla  bolla  del  28  aprile  cf.  «  Statata  urbis  n,  l.'iSO,  append.  p.  33.  —  Tlieiiur,  u  Cud.  diplnin,  ••> 
t.  Ili,  p.  422.  -  Muntz,  t.  I,  p.  352.  —  Collezione  di  Bandi  Casanat.  I,  12. 


70  PIO  II.   1403  ;— ^  PAOLO  II.   1464-1465 

fiume  dove  ai  carica  co  li  burchi  ....  per  tiratura  di  più  marmi  condocti  co  lo 
burchio  de  nardo  ferazolo  de  la  porta  de  porto  (portese)  a  la  piazza  de  s.  p"  ». 
(27  luglio)  «  nardo  ferazolo  per  nolo  de  due  barche  de  marmi  tirati  da  porto  ». 
La  malaria  e  il  soUione  cacciarono  i  devastatori  da  quelle  plaghe  desolate  in  prin- 
cipio dell'estate:  ed  è  perciò  che  sino  dal  17  luglio  ritroviamo  il  Manganello 
intento  a  cavare  in  piazza  di  s.  Pietro.  Apparisce  dai  registri  che  l'azione  antima- 
larica dell'acido  citrico  era  conosciuta  sin  d'allora,  trovandosi,  sotto  la  data  del  14 
ottobre,  un  pagamento  «  per  agrumi  comperati  per  li  scarpelini  a  porto  et  manuali 
che  cavano  marmi  » .  (3  dicembre)  id.  per  29  barili  di  vino,  e  per  vino  e  pane  som- 
ministrato da  acrone  (?)  da  Siena  castellano  d'Ostia.  «  (13  gennaro  1464)  a  petro  mar- 
gano  due.  3  p  conto  de  due  vitelli  bufalini  dacti  a  scarpellini  a  porto,  (maggio)  a 
Menico  baroncello  due.  172  per  viaggi  21  fatti  con  la  sua  piacta  a  condurre  marmi 
da  porto  a  la  ripa  per  lo  pulpito  ».  E  qui  giovi  riferire  il  passo  dei  Commentarii, 
lib.  XI,  p.  302  relativo  ad  Ostia  «  ubicumque  effoderis,  marmerà  invenias,  et  statuas, 
et  columnas  ingentis  magnitudinis  ». 

1463,  10  novembre.  TH.  DIOCLETIANAE.  «  Fu  di  giovedì,  morse  Pietro  Paolo 
Cortese,  famosissimo  nel  mestiere  de  marmi,  e  morì  che  li  casco  sopra  una  ruina  da 
terra,  quando  stava  nella  sua  vigna  de  fronte  a  Terme,  che  faceva  cavare  sotto  terra 
travertini,  e  esso  era  andato  a  vederci  Diario  » .  di  Paolo  dello  Mastro  in  Buonarroti, 
1875,  p.  119. 

1463.  MAVSOLEVM  AD  APOST.  PETRVM.  Distruzione  delle  insigni  pitture 
murali  del  tempo  di  Paolo  I,  che  ornavano  le  absidi  della  Rotonda  ettagona  di 
s.  Petronilla  «  restaurata  »  per  ordine  di  Pio  IL  Furono  rifatte  «  alla  tedesca  »  otto 
fenestre  marmoree,  ricoperto  il  tetto,  incollate  e  intonacate  le  pareti,  e  condotte  sul 
novello  intonaco  pitture  ricche  d'oro  e  d'azzuro,  per  mano  di  maestro  Pietro  di  Gio- 
venale. Vedi  A,  Rossi,  nel  Giornale  di  erud.  artistica,  Perugia,  1877.  p.  148,  225. 

ARX.  Sulla  fine  di  questo  pontificato,  o  nel  principio  del  seguente,  il  cardinale 
Oliviero  Caraffa  rifabbrica  gran  parte  della  chiesa  dell'Araceli. 


PAOLO    II. 

31   agosto   1464-28  luglio   1471. 

1464,  ottobre.  BVRGVS.  Si  scava  pel  chiavicene  maestro  «  stratae  de  castro 
sancti  Angeli  ad  basilicam  sancti  Petri,  noviter  erigeudae  et  restaurandae  »  Mandati 
1464-1473  e.  31. 

1465.  ECCLESIAE  VRBIS.  Andrea  Santacroce,  avvocato  concistoriale,  restaura 
la  chiesa  di  s.  M.  in  Publicolis  (Forcella,  tomo  IV,  p.  453,  n.  1119),  conservandole 
il  tipo  antico,  del  quale  non  si  conoscono  particolari  perchè,  minacciando  nuovamente 
rovina  nel  1643,  fu  spianata  a  terra  da  Marcello  Santacroce,  cardinale  di  s.  Stefano 


PAOLO  II.    1466  71 


Rotondo,  e  ricostruita  dalle  fondamenta  nella  sua  forma  presente.  Le  sole  memorie 
salvate  dalla  distruzione  son  quelle   raccolte   dal  Forcella,  tomo  IV,  n.  1109-1118. 

1460,  27  gennaio  «  e  fu  di  lunedi,  fini  d'esser  tirata  una  conca  de  serpentino 
grande  nella  piazza  di  san  Marco,  la  quale  conca  stava  dinanzi  a  san  Jacovo  del  cu- 
liseo.  e  feccia  tirare  papa  Paolo  II  ».  Diario  di  P.  d.  Mastro  in  «  Buonarroti  »,  a.  1875, 
p.  141.  Il  trasporto  di  questa  «  concha  magna  marmorea  »  fu  eseguito  da  Evangelista 
da  Pesaro,  ingegnere.  Per  la  quale  operazione  furono  in  parte  diroccate  «  domus  tam 
Juliani  de  Capranica  quam  Caroli  Muti  prope  sancturn  Marcum  ».  Sulle  vicende 
della  conca  vedi  sopra  a  p.  4. 

1466,  giugno.  CLAVDIVM?  (Nella  chiesa  e  nel  palazzo  di  s.  Marco)  «  andò  una 
infinità  di  travertini  che  furono  cavati,  secondo  che  si  dice,  di  certe  vigne  vicine 
all'arco  di  Costantino,  che  venivano  a  essere  contrafforti  de  fondamenti  di 
quella  parte  del  Colosseo  eh' è  oggi  rovinata,  forse  per  aver  allentato  (•)  quell'edifizio  » 
Vasari,  Giuliano  da  Maiano,  IV,  5.  Siccome  il  Colosseo  non  è  mai  venuto  a  trovarsi 
«  in  certe  vigne  »  né  ha  mai  avuto  «  contrafforti  de'  fondamenti  »  è  chiaro  che  si 
tratta  delle  sostruzioni  del  Claudium,  fatte  a  grossi  macigni  di  travertino,  e  poste 
sul  confine  tra  le  vigne  Cornovaglia  e  dei  ss.  Gio.  e  Paolo,  vicine  aU'arco  di  Costan- 
tino. Ciò  non  esclude  che  il  pontefice  abbia  depredato  anche  l'AMPHITHEATRVM. 
»  (Paulus  II)  ad  aedificandum  palatium  s.  Marci  amphitheatrum . . .  versus  partem 
dexteram  euntibus  ad  basilicam  lateranam  ademptis  lapidibus  detrunca(vit).  Quod 
exemplum  sequuti  Raphael  card.  Riarius  aliud  ex  lapidibus  eiusdem  amphitheatri 
palatium  ad  s.  Laurentium  in  Damaso  ...  et  Alexander  Farnesius . .  .  palatium  suum 
ad  campum  Florae  condidit».  Ciacconio,  tomo  II,  col.  1078.  I  conti  di  fabbrica 
incominciano  a  registrare  peperini  di  scavo  forniti  a  s.  Marco  da  m°,  Bonomo  di 
Paolo,  sin  dal  giugno  1466.  Il  23  novembre  si  nomina  esplicitamente  la  cava  del 
Colosseo:  e  cosi  nel  febbraio  e  nel  marzo  dell'anno  seguente:  «  maestri  scarpelini  et 
manuali  ebano  lauorato  p  cauare  teuertine  al  coliseo  »  sino  al  31  dicembre  1467 
quando  Francesco  da  Vigevano  riceve  il  saldo  per  aver  trasportato  «  peperignas  et 
teuertinas  de  palatio  colisey  alme  urbis  ad  dieta  eccam  s.  Marci  » .  I  trasporti  erano 
fatti  con  un  carrettone  appositamente  fabbricato.  Vedi  mand.  30  aprile  1467  «  Maestro 
Bartolomeo  da  posa  (Perosa)  che  hata  (habita)  ascto  Baxilio  p  uno  caro  cheafato  fare 
mró  fran*^"  dal  borgo  p  tirare  tiuertine  marmore  et  altre  cosse  ». 

1466,  decembre.  SEPIA  —  VILLA  PVBLICA.  I  conti  parlano  di  grandi  lavori  di 
sterro  fatti  per  ispianare  il  giardino  di  s.  Marco:  anzi,  in  data  14-17  decembre  è 
detto  espressamente:  «  Antonio  di  puzo  di  ave  p  ope  33  a  lavorato  luy  soy  cópagni 
a  cauare  teuertine  e  rispianare  del  zardino  » .  Altra  simile  partita  nel  gennaio  se- 
guente: «  maestri  manuali  che  ailo  lauorato  a  cauare  teuertini  da  dreto  ala  tribiTa 
dest"  Marcho».  Altra  nel  marzo:  »  maestri  scarpelini  et  manuali  ebano  lauorato 
p  cauare  li  fodaméti  dietro  a  scto  marcho  et  lauorare  pte  (pietre)  p  il  portigalo  (la 
loggia  della  Benedizione)  dauate  a  scto  marcho  ».  Il  giardino  ove  si  fece  ricerca  di 

(')  Sul  significato  di  questa  espressione  vedi  la  mia  memoria  sul  Culosseo  in  Kenlic-'Uti 
Lincei,  1896,  voL  V,  fase.  5. 


72  PAOLO  II.    1467 


travertini  è  quello  del  «  palazzotto  alla  ripresa  de'  Barbei^i,  che  occupava  anche 
l'area  della  presente  piazza  di  Venezia,  ancora  gravata  di  servitù  verso  Casa  d'Austria». 
Fino  al  principio  del  secolo  la  piazza  è  rimasta  chiusa  da  un  giro  di  colonnette. 
Vedi  la  vignetta  del  Piranesi  nell'album  di  Fausto  Amidei  del  1745  (esemplare  del 
British  Museum,  Maps,  118  e.  19).  L'ultima  memoria  di  scavi  per  il  palazzo  di 
s.  Marco  è  del  dicembre  1467,  quando  si  ricordano  opere  impiegate  «  in  excoprendo, 
fodiendo,  et  auriédo  (?)  teuertinas  in  salis  magnis  dictii  palatii,  et  fodiendo  terracium 
de  sub  voltis  ».. 

1467,  16  febbraio.  GAIANVM.  «  Maestri  manuali  che  ano  lauorato  a  cauare 
teuertini  i  le  uigne  dreto  a  castello  sto  angeloda  dì  16  febraro  a  dì  14 
di  marzo  ».  I  documenti  del  secolo  XV  nominano  molte  vigne  vicino  al  sito  del 
Galano,  intorno  al  quale  vedi  Bull.  Com.  tomo  XXIV  a.  1896  p.  248.  Le  principali 
sono:  vigna  di  sette  pezze  del  notaro  Lorenzo  Repezini  «  extra  portam  Castelli  in 
loco  q.  d.  ari n accio  »  (a.  1391):  id.  del  Capitolo  di  san  Pietro  «  extra  p.  Ca- 
stelli in  loco  q.  d.  mons  dellaoro  »  (a.  1394):  id.  di  Caterina  vedova  di  Gio: 
de  lo  Preyte  all'Arenacela  (a.  1395):  id.  del  chiavare  Lorenzo  di  Massimo  «  in 
loco  q.  d.  Prata  »  (a.  1438):  id.  venduta  da  Pellegrino  Bianchi  a  Antonio  de  Mon- 
terio  Va.  1456  «  in  loco  q.  d.  l'Arenacciò  »:  id.  del  Capitolo  di  san  Pietro  «  extra 
p.  Castelli  in  loco  q.  d.  Falconi  (a.  1484):  id.  di  Pietro  di  Andreozzo  Seuil  «  in 
loco  dicto  Prata  sive  Monte  secche  »  (a.  1499):  id.  di  Maria  Saluberti  «  in 
loco  dicto  Prata  Falconi  »  (a.  1499),  senza  contare  le  quattro  vigne  «  extra 
p.  Castelli  in  loco.  q.  d.  Gay  ano  »   delle .  quali  ho  parlato  nel  Bull,  predetto. 

1467,  aprile.  VIA  FLAMINIA.  Grande  provvista  di  travertini  per  acconciare  le 
pile  del  ponte  Milvio.  Devono  essere  stati  cavati  da  qualche  edilìzio  vicino  alla  sponda 
del  fiume,  perchè  il  loro  trasporto  era  fatto  per  mezzo  di  una  barcaccia  da  Nuccix) 
di  T^arni.  Mandati  1464-'73,  e.  36.  Ora  in  una  nota  presentata  a  Sisto  IV  nel  1471  dai 
creditori  di  Paolo  II,  si  trova  la  partita  seguente  «  Nucciolo  da  Narni  de  hauere 
per  ottanta  carreggiature  di  pretre  da  buonrecovero  al  ponte  de  sancto  Agnolo 
messe  in  opera  etc.  » .  Gli .  scavi  erano,  stati  fatti  dunque,  presso  ài  quinto  miglio 
della  via  Clodia  Veientana,  nel  tenimento  di  Buonricove^o,  intorno  al  quale  vedi  Nibby, 
*  Analisi  »,  tomo  I,  p.  355.  Nibby  ignora  che  in  campagna  di  Roma  c'era  un  secondo 
Casale  di  Buonricovero,  al  sesto  miglio  di  via  Tusculana,  confinante  con  quelli  di  Grotta 
Mardonì,  Quadrare,  Centocelle,  Arco  travertino,  e  SèttebassL  '    '  '. 

1467,  27  aprile,  FORVM  ROMANVM.  Il  fascicolo  Mandati  1467-1471,  e.  8',  16' 
e  66,  ci  rivela  un  fatto  di  grande  importanza  per  la  storia  delle  vicende  del  foro, 
cioè  che  le  terre  scavate  «  de  voltis  giardini  »  ovvero  «  de  palatio  ap*^°  s.  Marci  » 
si  mandavano  a  scaricare  nel  bel  mezzo  della  conca  del  foro  «ad  quemdam  locum 
tre  colonne  nuncupatum».  Gli  scarichi  continuarono  fino  al  novembre  del  1468. 

1467,  14  agosto.  MAVSOLEVM  CONSTANTIAE.  «  A  di  14  d'agosto  venne  nella 
piazza  di  san  Marco  quell'arca  di  porfido  roselo  ch'era  sepoltura  di  santa  Costanza  ». 
Diario  di  P.  d.  Mastro  in  «  Buonarroti  »  a.  1875,  p.  144.  Il  trasporto  fu  fatto  dal  noto 
Galasso  di  Antonio  da  Bologna.  L  danni  fatti  «  in  quadà  capella  sancte  agnetis  ex*"* 
muros  urbis  unde  fuit  ablata  sepultura  porfirea  »   furono  riparati  nel  seguente  febbraro. 


PAOLO   II.    1467-1468  73 


Intorno  questo  trasporto  ef.  Platina  in  Paul.  II  «  statuas  veterum  undique  ex  tota  urbe 
conquisitas  in  suas  .  . .  aedes . . .  conge  (ssit),  avecto  etiara  ex  sancta  Agnete  beatae 
Constantiae  sepulchro,  frustra  reclamantibus  monacis  loci,  quis  postea,  mortuo  Paulo, 
sepulcbrum  illud  porphyreticum  a  Sixto  pontifice  repetiere  » .  Vedi  «  Oratio  urnae 
invectae  ad  sanctum  Marcura  ex  aede  beatae  Agnetis  ad  illum  principem  Sigismundum 
Malatestam  »  ex  cod.  mss.  saec.  XV.  Venetiis,  apud  Petrum  Contarenura,  in  cod. 
vat.  9022,  e.  277  sg.  —  Mélanges  de  Rossi,  p.  138. 

1467,  25  ottobre.  DVCTVS  VIRGINIS.  Pagamento  a  M°.  Salvato  per  opere 
«  in  fodieudo  et  excavando  conductum  aque  Trivii  »  Mand.  e.  43'.  Se  la  notizia  si  rife- 
risce al  condotto  maestrale,  e  non  a  qualche  ramo  secondario,  è  probabile  che  i  lavori 
abbiano  avuto  luogo  presso  o  sotto  il  monte  delle  Gioie  in  via  Salaria,  nella  roccia 
del  quale  sono  anche  scavate  le  catacombe  di  Priscilla,  e  l' ipogeo  dei  Glabrioni. 
Vedi  Bull,  com.,  tomo  XIX,  a.  1891,  p.  323:  e  il  Marliano,  ediz.  Tetti  1622, 
p.  237:  «  il  condotto  antico  ...  è  in  gran  parte  caduto  :  quella  eh'  hoggi  si  vede,  si 
piglia  vicino  a  Ponte  Salaro  da  un  Fonte,  onero  lago,  posta  sopra  un  monte 
che  volgarmente  si  dice  il  monte  di  Zoe". 

1467,  31  dicembre.  BAS.  PAVLI  APOSTOLI.  A  Francesco  da  Vigevano  <^  in 
portando  plumbum  de  ecca  sancti  Pauli  ad  eccam  s.  Marci  » .  L"  anno  seguente 
furono  acquistate  altre  6790  libre  di  piombo  "  prò  coperiendo  tectum  ecclesiae  » . 
Questo  importante  lavoro  di  Paolo  II,  descritto  nell'  epigramma  che  Pietro  Sabino 
copiò  "  in  laquearibus  templi  (de  fictilibus  nunc  plumbea  tecta  refulgent)  r^ ,  è  stato 
ampiamente  illustrato  dallo  Stevenson,  (Les  tuiles  de  plomb  de  la  basilique  de 
Saint  Marc)  e  dal  de  Rossi,  Musaici  XXVIII,  e  Inscr.  Christ.,  voi.  II,  p.  439,  n.  130. 

1467,  BAS.  EVDOXIANA.  Francesco  della  Rovere,  promosso  alla  porpora  «  Ro- 
mani veniens  et  quorundam  cardinalium  benevolentia  adjutus  (pauper  enim  erat) 
aedes  s.  Petri  ad  vincula  rimosas  et  ruinae  proximas  —  restituit  « .  Platina,  in  vita. 
Vedi  Forcella,  tomo  IV,  p.  82,  n.  184. 

1468,  5  febbraio.  Compensi  a  manuali  impiegati  «  ad  fodiendas  teuertinas  in 
divertis  locis  (mand.  e.  26)  ad  fodiendos  marmoreos  lapides,  et  eos  in  diversis  locis 
urbis  discopriendos  et  leuandos  "  e.  29.  A  Bartolomeo  di  Albino  da  Varese  »  ad 
frangendum  et  fodiendum  lapides  aput  montem  Aventinum  (cave  di  s.  Saba?)  prò 
dieta  fabrica  e.  20. 

1468,  25  giugno.  CAMPVS  LATERAN.  «  Honorabili  viro  Cristofero  de  Gieremiis 
de  Mantua  S'"'  D.  N.  familiari  fior,  auri  300  prò  parte  solutionis  eius  laborerii  et 
aliarum  expeusarum  prò  restauratione  equi  erei  siti  in  platea  sancti  lohanuis  late- 
ranensis  ».  Mandati  1464-1473,  f.  66. 

1469,  18  ottobre  —  1470,  7  febbraio.  Grandi  provviste  di  travertini  per  il  portico 
e  la  loggia  della  benedizione  di  s.  Marco.  Xon  ne  è  indicata  la  origine:  ma  in  una 
nota  presentata  a  Sisto  IV  dai  creditori  della  Camera  per  lavori  eseguiti  nel  tempo 
di  Pio  li  e  Paolo  II  al  palazzo  di  san  Marco,  e  alla  chiesa  dell'Araceli,  come  pure 
per  il  gettito  di  alcune  case,  trovo  le  indicazioni  seguenti:  (1471,  19  decembre)  com- 
penso a  Francesco  da  Bracciano  <t  ratione  cuiusdam  muri  eius  orti  iuita  ri  pam  m  a- 
cellorum  existentis  dirruti  per  fossores  marmorum  quae  inde  eft'ossa  fuerunt  tempu- 

10 


74  PAOLO   II.    1469   —   SISTO   IV. 

ribiis  Palili  (II)  prò  edifitiis  palatiorum  s.  Marci  et  sanctì  Petri  »  M.  1471/77,  f.  8'. 
Nello  stesso  volume  a  p.  68,  Francesco  da  Bracciano  racconta  come  sien  andate  le 
cose.  «  Per  la  recolenda  memoria  di  papa  Paulo  si  faceva  cavare  marmi  nel(a)  regione 
di  sancto  agnolo  in  luogo  presso  ripa  de  le  macoli  e,  de  quali  marmi  parte  ne 
sono  stati  portati  ad  san  Marcho  et  parte  a  san  Piero  ".  Le  Macella  ricordate  in 
questi  documenti  sono  quelle  degli  Ebrei,  nel  sito  delle  odierne  stalle  di  Casa  Orsini, 
sulla  piazzetta  di  Monte  Savello,  a  pie'  del  teatro  Marcelliano. 

1469,  22  dicembre  —  1470,  26  gennaro.  Si  restaurano  dai  conservatori  della  città, 
a  spese  della  Camera,  l'arco  di  Settimio  Severo,  i  domatori  dei  cavalli  sul  Quirinale, 
«  nec  non  unam  columnam  apud  thermas  Diocletiani  de  Urbe  " . 

L'ultima  partita  di  data  certa  che  si  trovi  nei  registri  del  Barbo  non  ha  valore 
topografico:  (1471  8  febbraio)  «  due.  676,59  per  2725  some  di  petra  da  murare 
arechati  da  la  petrara,  a  quatdni  sette  la  soma  p  la  fabricha  del  palazo  de 
santo  pretro  «. 

CAPITOLIVM.  Francesco  di  Giorgio  Martini,  nella  pianta  più  o  meno  fantastica 
del  Capitolium,  che  ho  publicata  nel  Bull.  Com.,  tom.  Ili,  a.  1875,  tav.  XVII-XVIII, 
secondo  l'originale  della  biblioteca  di  Siena,  accenna  alla  esistenza  di  propilei  nella 
fronte  ovest  della  platea  del  tempio,  con  la  postilla:  «  póticho  del  chapitolio  Kin- 
cótro  a  chasa  Savelli  che  in  tépo  di  pavolo  (II)  la  pota  et  pótico  minato  et  dispo- 
gliato fu  ». 

FLVMEN  TIBERIS.  «  Ad  purgandam  immunditiis  urbem  plerosque  pontes  in  di- 
versis  urbis  locis  (Paulus  II)  super  Tybris  ripas  construi  fecit,  demandata  opera 
Hieronymo  de  Gigantibus  »  l' isiesso  cui  era  stata  affidata  la  cura  «  cloacas  et  aque- 
ductus  iam  oblimatos  piirgandi  »   Cannesio   «  Pauli  II  vita  »   p.  73  sgg. 

VIA  APPI  A.  Sotto  il  pontificato  di  Paolo  II  si  scava  nella  necropoli  fra  l'Appia 
la  Latina  e  le  mura  della  città,  probabilmente  nel  sito  della  presente  vigna  Codini 
il  «  monumentum  qiiod  videtur  fuisse  familiae  liberorum  Neronis  Drusi  »  descritto 
CIL,  YP,  p.  899,  n.  4327  sg.  Vedi  fra  Giocondo  cod.  Chatsworth,  e.  84'  sg. 

STADI VM.  Sotto  il  medesimo,  i  Gottifredi  rifabbricano  e  riducono  in  miglior 
forma  le  loro  case  sul  perimetro  dello  stadio,  verso  l'odierno  Pasquino.  Sopra  una 
delle  porte  «  si  conseruò,  finché  dal  principe  Camillo  Panfilio  nel  1652  fu  leiiata, 
quella  inscrittione  che  diceua  STEPHANVS  ROMANVS  DE  GOTIFREDIS  »  Alveri, 
tomo  II,  p.  85. 


SISTO    IV. 

9  agosto   1471  -  13  agosto  1484. 

Sisto  quarto  merita  in  vero  il  titolo  di  «  gran  fabbricatore  "  attribuitogli  da 
Flaminio  Vacca.  Raffaele  da  Volterra  dice  di  lui  (Comment.,  1.  XX)  :  «  Urbem  a  situ 
as  coeno  vindicavit:  viis  primum  munitis,  porticibus  quoque  ejectis  quae  vias  occu- 
pabant,  vicorumque  magistris  ac  curatoribus  institutis.  Tempia  insuper  vetustate  obsita 


SISTO   IV.    1471  75 


omnia  restitait.  Xenodocheum  sancii  Spiritus  pulcherrimis  aedificiis  ampliavit.  Templum 
Pacis  de  novo  constituit . . .  pontem  Aurelium  penitus  collapsum  suo  nomine  refecit. 
Aedes  in  Vaticano  pontificias  refecit  ».  Il  latercolo  delle  sue  costruzioni  o  restauri 
comprende  la  biblioteca  vaticana,  la  cappella  Sistina,  quella  della  Concezione  in 
s.  Pietro,  le  chiese  di  s.  Ambrogio  dei  Lombardi  (1471),  de'  ss.  Apostoli  (1475),  di 
s.  Agnese  in  via  nomentana  (1479),  di  s.  Agostino,  di  s.  Balbina,  di  s.  Costanza, 
di  s.  Cosiraato  (1475),  del  Salvatore  al  Laterano,  di  s.  Margherita  all'anfiteatro 
Castrense,  dell'Araceli  (1476),  di  s.  M.  Maggiore  (1474),  della  Pace  (1482),  del 
Popolo  (1477),  della  Consolazione  (1472),  dei  ss.  Nereo  ed  Achilleo,  di  s.  Pietro  in 
Vincoli,  di  s.  Pietro  in  Montorio,  di  S.  Aniano,  dei  ss.  Quirico  e  Giulitta,  di  s.  Sal- 
vatore de  pede  pontis,  di  s.  Spirito,  di  s.  Stefano  delle  carrozze,  di  s.  Susanna,  di  s.  Vitale, 
di  s.  Vito,  di  s.  Stefano  dei  Mori.  A  lui  dobbiamo  ancora  la  fondazione  del  museo 
Capitolino,  e  notevoli  restauri  al  palazzo  Senatorio,  al  Castello,  alla  fontana  al 
Trivio.  Le  strade  aperte,  dirizzate,  ammattonate,  e  liberate  dagli  spòrti  de'  portici 
e  dei  meniani  furono  quelle  fra  il  ponte  s.  Angelo  e  il  Vaticano,  la  via  Santa  o 
papale,  quella  da  Ponte  a  campo  di  Fiore  (via  Florea  et  Mercatoria),  e  quella  della 
madonna  del  Popolo  che  prese  il  nome  di  Sistina.  Vedi  Bull.  Com.  tomo  V,  a.  1877, 
p.  191,  nota  e,  e  Torrigio,  Grotte,  219.  A  questo  geniale  e  generoso  pontefice  do- 
vranno attribuirsi  le  lodi  che  CIL,  VI,  931,  934  attribuiscono  a  Vespasiano:  ^  resti- 
tutori aedium  sacrarum quod  vias  urbis  neglegentia  superiorum  temporum  corruptas 

sua  impensa  restituii  » . 

I  lavori  sistini  risguardanti  scavi  e  antichità  sono  ricordati  qui  appresso  (vedi 
A.  von  Zahn  in  Bull.  Inst.  1867,  p.  191  sg.). 

1471,  11  agosto.  OSTIA.  È  mandato  al  castellano  di  Ostia  il  divieto  di  espor- 
tare marmi  «  tam  in  signis  et  ymaginibus,  quam  in  coliduis  atque  quacumque 
alia  forma  ».  Lo  stesso  decreto  è  comunicato  alla  dogana  di  Roma.  Divers.  tomo 
XXXVI,  p.  5. 

1471,  30  ottobre.  MAVSOLEVM  CONSTANTIAE.  «  Magistro  Paulo  da  Cam- 
pagnano  carpentario  fior.  50  prò  eius  mercede  et  expensis  per  eum  faciendis  in  recoii- 
ducendo  sepulcrum  s'*®  Constantiae  a  sancto  Marco  ad  sanctam  Agnetem,  et  repo- 
nendum  ipsum  in  suo  antiquo  loco  ».  Mandati,  1471-73,  p.  39. 

1471,  17  dicembre.  BIBLIOTHECA  APOST.  SEDIS  ^  Un  href  autorise  les  arclii- 
tectes  de  la  bibliothèque  vaticane  à  faire  partout  des  fouilles  (eftbdere)  pour  se  pro- 
curer  les  pierres  nécessaires.  Le  href  ne  dit  pas  où  ces  carriòres  devront  étre  établies, 
mais  il  est  facile  de  suppléer  à  son  silence.  Les  eutrépreneurs  anraient  été  bien  naifs 
de  faire  venir  à  grands  frais  les  travertins  de  Tivoli  et  les  marbres  de  Carraie,  lorsque 
Rome  méme  leur  offrait  tant  de  blocs  supérieurement  taillés  qu'il  ne  s'agissait  que 
de  retirer  des  fondations  des  éditices  antiques  »  Miintz,  tom.  Ili,  p.  15.  Divcrs. 
tomo  XXXVI,  p.  (}6.  Gli  architetti-muratori  della  biblioteca  si  chiamavano  Juliano 
Angelini,  Paolo  da  Campagnano,  Mariano  di  Paolo  Pisanelli,  Manfredo  Lombardo,  e 
Andrea  Ficedule.  Vedi  Archiv.  Stor.  Ital.  1866,  tomo  III,  p.  I,  215.  e  l'cgi-cgia  me- 
moria di  J.  W.  Clark  »  on  the  vatican  Library  of  Sixtus  IV  «  publicatu  uei  -  Procfe- 
dings  of  the  Cambridge  Antiq.  Society  •>,  n.  XLI,  1901,  p.  11.  sgg.,  la  quale  si  fomla 


76  SISTO   IV.    1471 


principalmente  sul  lavoro  di  Paul  Fabre  «  la  Vaticane  de  Siite  IV  »  publicato  nelle 
Mélanges,  dee.  1895. 

1471-1472.  BVRGVS  SAXONVM.  Sisto  IV  rifa  dai  fondamenti  l'ospedale  di 
s.  Spirito  «  capace  di  mille  letti  per  esser  longo  palmi  565  e  largo  50  »  Alveri, 
tomo  II,  p.  255. 

1471,  14  decembre.  MVSEI  CAPITOLINI.  Sembra  che  i  primi  marmi  capitolini 
sieno  stati  raccolti  nella  prima  metà  di  questo  secolo  XV.  Ciò  sappiamo  esser  vero  per 
la  base  dei  vicomagistri,  scoperta  sin  dal  tempo  di  Ciriaco  d'Ancona  che  mori  nel  1459: 
per  il  «  leo  marmoris  existens  in  scalis  capitolii  »  sin  dal  1363,  e  per  i  due  cippi  sepol- 
crali di  Agrippina  maggiore  e  del  suo  primogenito  Nerone  Cesare,  CIL.  886,  887, 
tolti  dall'Austa  nel  secolo  XIII.  Per  taluni  altri  marmi,  descritti  dal  Giocondo  sulla 
fine  del  quattrocento,  manca  ogni  testimonianza  cronologica. 

«  Das  Jahr  1471  bildet  Epoche  in  der  Geschichte  der  Antikensammlungen  Roms 
durch  die  Griindung  des  Capitolinischen  Museum  »,  Michaelis,  in  Jabrbuch,  1890, 
p.  9.  La  istituzione  della  insigne  raccolta  comunale  romana  è  ricordata  dalla  iscri- 
zione Forcella,  tomo  I,  p.  28,  n.  16  «  Sixtus  IIII  pont.  max.  ob  immensam  benignitatem 
aeneas  insignes  statuas  priscae  excellentiae  virtutisque  monumentum  Romano  populo, 
unde  extorte  fuero,  restituendas  (')  condonandasque  censuit . . .  afio  salutis  nostre 
m.cccc.lxxi,  xviii  kl.  ianuar.  " .  Il  museo  comprendeva  i  bronzi  già  lateranensi,  la  mano 
col  globo  detta  «  palla  Sansonis  »,  la  Zingara  o  Camillo,  il  fanciullo  che  si  cava  la 
spina,  la  «  lupa  mater  Romanorum  » ,  la  testa  colossale  di  Domiziano,  e  l' Ercole  Vit- 
tore del  foro  boario,  della  cui  scoperta  si  ignora  la  data  precisa.  Sulla  sua  base  fu 
incisa  la  memoria,  Albertini,   Opusc,  p.  86  «  Syxto  IIII  pont.  max.  regnante  aeneum 

Herculis    simulacrum    aurea    mala sinixtra    gerentis    in   ruinis  Herculis  vict. 

fori  Boar.  effossum  conservatores  in  monumentum  gloriae  romanae  heic  locandum 
curarunt  ».  1  conservatori  del  3°  trimestre  1578  «  coactis  in  unum  aeneis  monumentis  » 
collocarono  il  simulacro  su  nuova  base.  Vedi  Forcella,  tomo  I,  n.  70.  Sul  sito  preciso 
del  ritrovamento  vedi  le  testimonianze  raccolte  dal  de  Rossi,  Ann.  Inst.  1854,  p.  28; 
dal  Michaelis  «Storia  CoUez.  Capitol.  »  p.  16,  e  dall' Huelsen,  nelle  Dissert.  accad. 
arch.,  serie  II,  tomo  VI,  1896,  p.  242.  Vennero  al  museo,  insieme  col  colosso,  le 
iscrizioni  CIL.  312-318.  Di  queste  una  sola  (312)  è  sempre  rimasta  sul  Campidoglio, 
due  (313,  316)  dopo  varie  vicende,  vi  sono  tornate:  di  una  (315)  è  stata  cancellata 
l'iscrizione,  una  (314)  andò  perduta  nel  secolo  XV,  due  (317,318)  nel  secolo  XVII. 
(Michaelis,  1.  e.  p.  17,  n.  471). 

Alcune  scolture  del  tempio  di  Ercole  migrarono,  si  afferma,  sino  a  Padova;  così  la 
«  Notizia  di  opere  di  disegno  »,  scrittura  di  un  anonimo  della  prima  metà  del  sec.  XVI, 
edita  dal  Morelli,  Bassano  1800,  registra  nella  casa  di  Leonico  Tomeo,  contemporaneo 
di  Sisto  IV,  un  rilievo  di  «  Ercole  con  la  Virtù  e  Voluptà  . .  . ,  opera  antica  fatta  in 
Roma  da  un  tempio  d'  Ercole  ornato  tutto  a  quella  foza  » . 

(')  Il  Gregorovius,  tomo  VII,  p.  663,  spiega  la  parola  «  restituendas  »  supponendo  che  Paolo  II 
avesse  stesa  la  sua  mano  rapace  anche  ai  bronzi  del  Laterano,  e  che  Sisto  IV  li  abbia  restituiti  al 
popolo.  La  spiegazione  è  verosimile,  sapendosi  che  il  pontefice  aveva  cercato  impossessarsi  perfino 
della  preziosa  immagine  di  s.  Maria  in  Portico. 


SISTO   IV.    1471  77 


Quando  fra  Giocondo  si  mise  a  comporre  la  collattanea,  i  marmi  scritti  capitolini 
si  trovavano  distribuiti  a  questo  modo:  CIL.  VI,  887  ante  portam  palatii  Conser- 
vatorum  —  più  esattamente  contro  la  settima  colonna  del  portico  a  sin.  della 
porta  stessa:  n.  886,  ibidem  ex  opposito:  n.  931,  prope  manum  aeneam  :  n.  975, 
prope  caput  aeneum:  n.  1275,  ibidem  retro  :.n.  1314,  ubi  sai  reconditur:  VP,  1  m. 
ad  statuam  Bruti  :  iscrizione  falsa  del  mitréo  «  sub  Capitolio  in  loco  subterraneo  »  : 
n.  934,  prope  Capitolium;  n.  10060,  in  prima  Capitolii  aula  in  columna  quadam. 

Seguono  le  iscrizioni  dell'Ercole  invitto  n.  312-318.  Della  base  de'  vicomagistri 
dice  «  in  lapide  posito  sub  capite  aeneo.  In  latere  dextro  et  sinistro  eiusdem  lapidis 
sequuntur  infrascripta  per  ordine.  Ver.  quia  propter  vetustatem  corrosa  sunt:  adver- 
tendum  est  quod  plura  nomina  vicor.  et  magistr.  legi  non  possunt,  quae  etiam  vel 
praetermisi  vel  ut  percipere  potui  adnotavi.  Sed  ubi  omino  praetermisi  nomina, 
tale  signum  feci  ^.  »  Egli  ricorda  finalmente  d' aver  veduto  «  in  quadam  fenestra 
fragmentum  «  LEGIONIS  •  X  •  BATAORVM,  e  CIL.  20501  «  in  sala  Capitolii  ubi 
redditur   ius  «. 

Andrea  Fulvio  così  parla  delle  raccolte  capitoline  a  p.  41  dell'  aurea  traduzione 
Ferrucci  «  Sono  hoggi  in  piedi  delle  imagini  antiche  in  Campidoglio,  dinanzi  alla  casa 
de'  Conservadorj  una  lupa  di  rame  con  Romolo  e  Remo,  edificatori  di  Roma ....  È 
ancora  in  piedi  sotto  al  portico  una  grande  Testa  di  rame  che,  secondo  eh' é  dicono, 
è  quella  di  Commodo  . .  .  con  una  mano  et  con  un  piede,  et  simigliantemente  due 
grandissime  statue  di  marmo,  che,  secondo  si  può  per  coniettura  comprendere,  l' uno 
rappresenta  il  Nilo,  et  1'  altro  il  Tigi-e  . . .  Dentro  alla  soglia,  da  mano  destra,  come 
l'huomo  entra,  si  vede  un  simulacro  di  rame  indorato  et  ignudo  di  Hercole  ancoro 
senza  barba ...  la  quale  statua,  al  tempo  mio,  sotto  le  rovine  dell'  altare  grande 
(ara  Maxima)  alla  piazza  del  mercato  de  buoi  è  stata  ritrovata.  Sono  ancora  in  piedi 
dentro  à  quel  cortile,  il  capo  et  i  piedi  di  un  colosso  di  marmo  et  alcune  altre  reliquie 
et  fragmenti  che  prima  erano  lungo  il  tempio  della  pace  nella  via 
Sacra.  Veggonvisi  ancora  alcun  quadro  di  figurette  di  marmo,  murate  in  una  di 
quelle  facciate,  che  sono  di  L.  Vero  Antonino  quando  egli  trionfò  de'  Parti . . .  levate 
poco  fa  del  tempio  di  santa  Martina,  che  è  à  canto  à  Marforio.  Nella  sala  di  sopra 
subito  si  rappresenta  à  gli  occhi  la  statua  di  Leone  X  di  marmo  ...  et  più  addentro, 
ove  i  Conservatori  danno  udienza,  vi  sono  due  statue  di  bronzo,  che  rappresentano 
dui  giovani  (la  Zingara  e  il  Fanciullo  dalla  spina) . . .  Vedonsi  ancora  alcune  statue 
di  marmo  non  molto  grandi  ma  guaste  e  rotte,  poste  dentro  à  luoghi  loro.  È  ancora 
dipinto  nuovamente  nel  muro  i  gesti  et  i  trionfi  de'  sette  re  di  Roma,  et  nell'  altra 
parte  del  Campidoglio  inverso  occidente  non  si  vede  altro  se  non  rovine  et  rotture 
de  monti ..."  Relativamente  alle  Anitre  oggi  conservate  nella  sala  dell'  Udienza, 
il  Fulvio  dice  a  p.  127  «  Essendo  edificato  in  qual  luogo  (le  Equina)  la  chiesa 
(di  s.  Maria  in  Aquiro)  da  Anastasio  papa,  furono  ritrovate  ne'  fondamenti  certe 
anitre  di  rame,  che  poco  tempo  fa  si  vedevano  nel  detto  tempio  » . 

Curiose  e  importanti  notizie  intorno  le  origini  del  museo  si  trovano  —  oltre 
che  nel  classico  lavoro  del  Michaelis  —  nell'articolo  del  Geffroy  su  Pierres  Jacques. 
Mélanges  del  1890,  (a  p.  45  dell'estratto). 


78  SISTO   IV.    1472-1474 


Sarebbe  inutile  entrare  in  più  ampii  particolari  intorno  le  collezioni  capitoline. 
I  copiosissimi  materiali  inediti  che  ho  raccolto  sulle  medesime  formano  un  grosso 
volume  di  oltre  duecento  fogli.  Può  darsi  che  il  Comune  di  Roma  si  induca  un 
giorno  a  farli  stampare. 

1472,  18  luglio.  COLLEZIONE  GONZAGA.  Il  card.  Francesco  Gonzaga  domanda 
a  suo  padre  il  marchese  di  Mantova,  di  procurargli  un  abboccamento  con  Andrea  Man- 
tegna  per  mostrargli  «  camaini  e  teste  di  bronzo  et  altre  belle  cose  antique  n  raccolte 
certamente  in  Roma,  dove  la  famiglia  possedeva  i  ben  noti  «  Horti  Conciagarum  » 
all'arco  della  Salava.  Vedi  Gazette  des  Beaux  Arts,  tomo  XX,  p.  344. 

1472.  FORVM  ROMANVM?  Giovanni  Alessio  ortolano  del  r.  s.  Angelo  loca  ad 
Antonio  di  Giuliano,  cavatore  di  professione,  un'area  contigua  al  suo  orto,  posta  sulla 
tt  strata  publica  qua  itur  ad  ecclesiam  sancte  marie  de  Consolatione  ".  Gli  accorda 
tre  anni  di  tempo  per  compiere  lo  scavo,  verso  l' annua  corrisposta  di  tre  ducati. 
Not.  Angelo  de  Amatis,  prot.  257,  e.  35'.  A.  S.  C. 

1473,  3  luglio  -  1474,  24  dicembre.  Nardo  Corbolini  e  Leonardo  Guidocci,  orefici, 
restaurano  la  statua  equestre  di  Marco  Aurelio,  e  la  collocano  su  nuova  base  mar- 
morea. Prezzo  dell'opera  670  fiorini  d'oro.  Sisto  IV  nell'  iscrizione  riferita  dall' Alber- 
tini  ed.  1515,  e.  62,  e  dal  Cancellieri,  Possessi,  p.  198,  dice  che  la  statua  era 
«  vetustate  quassatam,  et  collabantem  cum  assessore  " ,  ma  non  mutila.  Il  primo  man- 
dato camerale  sul  banco  Pazzi  «  de  pecuniis  iocalium  sancte  romane  ecclesie  »  porta 
la  data  del  3  luglio  1473.  Vedi  BulL  Inst.  1867,  p.  190.  11  restauro,  ponendo  in 
migliore  evidenza  quel  bronzo  famoso,  colpi  la  mente  degli  artisti  contemporanei, 
ti  Vedendo  Andrea  (Verrocchio)  che  delle  molte  statue  antiche,  ed  altre  cose  che  si 
trovavano  in  Roma,  si  faceva  grandissima  stima;  e  che  fu  fatto  porre  quel  cavallo 
di  bronzo,  dal  papa,  a  san  Giovanni  Laterano;  e  che  de' fragmenti,  non  che  delle 
cose  intere,  che  ogni  dì  si  trovavano,  si  faceva  conto,  deliberò  d'attendere  alla  scul- 
tura: e  così,  abbandonato  in  tutto  l'orefice,  si  mise  a  gettare  di  bronzo  »  Vasari 
ed.  Milanesi,  tomo  III,  p.  359.  Ma  già  prima  del  Verrocchio  se  ne  era  occupato 
Antonio  Averlino  detto  il  Filarete,  riproducendolo  nel  bronzo  oggi  del  museo  di  Dresda, 
descritto  dal  de  Rossi  in  Bull.  com.  tomo  XIV,  a.  1886,  p.  349. 

1473.  MONS  AVENTINVS.  Si  apre  una  cava  di  tufo  «  in  loco  dicto  lo  monte 
dello  Serpente  »   cioè  di  s.  Sabina:  Not.  de  Capogallis  prot.  470,  e.  115.  A.  S. 

1474,  25  gennaro.  THERMAE  TRAIANAE?  PORTIGVS  LIVIAE?  11  priore  di 
s.  Pietro  in  Vinculis,  fra  Taddeo  da  Monte  Granello,  loca  a  due  marmorarii  del  r.  Pigna 
»  duas  griptas  simul  iunctas  positas  intra  menia  urbis  in  loco  dicto  Corte  vecchia, 
quibus  ab  uno  latore  tenet  una  alia  gripta  in  qua  est  quedam  vasca  et  tinus  dicti  mona- 
sterii,  ante  via  publica,  ab  alio  est  altera  gripta  dicti  raonasterii  ".  Not.  Salvetti, 
prot.  1673,  e.  139',  140.  A.  S. 

1474,  7  aprile.  Bolla  Sistina  contro  i  devastatori  delle  chiese,  semidirute  o  no. 
«  Ad  nostrum  pervenit  auditum  «  egli  dice  «  quod  nonnulli  iniquitatis  filii  de  patriar- 
calibus  et  aliis  ecclesiis  et  basilicis  porphyreticos  marmoreos  et  alios  lapides  abstu- 
lerunt  hactenus,  et  in  dies  auferre,  eosque  ad  diversa  loca  per  se  vel  alios  asportare 
praesumunt  " .  È  loro  comunicata  la   scomunica   maggiore.  11  documento  edito  nelle 


SISTO  IV.    1474-1477  79 


«  Statuta  Almae  Urbis  "  ed.  1580,  parte  II,  p.  34,  35,  tace  dei  monumenti  classici. 
1474,  20  giugno.  «  Johannes  de  Tamarra  et  Salvatus  magistri  Andree  de  Maximi 
districtus  urbis  vendiderunt  Nicolacio  de  Latiis  et  Mariano  de  Lanis  ducentos  et  quin- 
quaginta  pasos  lapidum  grossorura  prò  selciata,  et  quinquaginta  pasos  lapidum  par- 
vorum  prò  selciata  prò  pretio  trium  carlenorum  ».  Not.  Lorenzo  de  Bertonibus, 
prot.  128,  e.  51.  A.  S.  C. 

1474.  MAVSOLEVM  AD  APOSTOLVM  PETRVM.  Si  scopre  il  sarcofago  con 
l'epigrafe  «  Aur.  Petronillae  filiae  dulcissimae  »  della  quale  scoperta  Sisto  IV  dà  subito 
l'annuncio  al  re  Ludovico  quale  protettore  della  k  capella  regum  Francorum  " .  <*  Nuper 
cum  capella  beatae  Petronillae  munificentia  tuae  maiestatis  exornaretur,  arca  mar- 
morea ubi  venerabile  eius  corpus  reconditum  ei-at,  inventa  fuit  in  cuius  fronte  haec 
verba  insculpta  cernuntur  (Inscript.  Christ.  tomo  II.  p.  417,  n.  11)  Extant  praeterea 
ab  omnibus  ipsius  arcae  capitibus  delphines  quatuor  "  (Martene  «  Vet.  Script,  tomo  II, 
p.  1470).  L'arca  che  Paolo  I  aveva  qui  trasferita  nell'anno  757  dal  cimitero  di 
Domitilla  «  giacque  negletta  lungo  tempo  nella  sacrestia,  e  più  tardi  nella  cappella 
del  Crocifisso.  Nel  1574,  toltene  le  reliquie  della  santa,  fu  fatta  a  pezzi  e  usata 
come  materiale  da  costruzione  nel  pavimento  della  basilica  ».  Vedi  Alfarano  in 
Bull.  Crisi  1879,  p.  18. 

1475.  ECCLESIAE  VRBIS.  «  In  ecclia  Indorum  (s.  Stefano  di  Mori):  Sixtus 
pp.  iiii.  anno  iobilei  »  Cod.  Regina  770,  e.  21'.  Il  med.  rinnova  quasi  per  intiero 
il  tetto  della  chiesa  di  s.  Susanna  ad  duas  demos,  e  il  tetto  e  le  pareti  di  s.  Aniano. 

0  s.  Maria  de  Cardellis  ;  ricostruisce  da'  fondamenti  ss.  Cosma  e  Damiano  in  Mica 
Aurea,  e  s.  Salvatore  de  pede  pontis.  Contemporaneamente  il  card.  Gabriele  Rangoni 
restaura  la  chiesa  dei  ss.  Sergio  e  Bacco.  In  tutti  questi  restauri  fu  fatto  largo  uso 
di  materiali  antichi.  Fra  Giocondo  da  Verona  copiò  nel  solo  s.  Cosimato  i  titoli 
CIL.  VI,  15365,  12996,  22137  etc. 

1475.  OFFICINAE  MARMOR.  R.  IX.  Il  card.  Stefano  Nardini  costruisce  il 
palazzo  del  Governo  vecchio,  e  la  Sapienza  Nardini,  presso  s.  Tommaso  in  Parione. 

1  Nardini  possedevano  inoltre  un  palazzo  in  Campo  Marzio  «  che  fa  cantone  salen- 
dosi a  Montecitorio  »  fabbricato  dal  cavaliere  Cristoforo  fratello  (?)  del  cardinale  Ste- 
fano. Il  palazzo  con  cornice  merlata,  facciata  dipinta,  torre,  e  giardino,  passò  più 
tardi  ai  Conti.  Vedi  not.  Mei,  prot.  996,  e.  362  in  A.  S.  Reumont,  Gesebichte. 
tomo  III,  p.  409,  il  Censimento  di  Leone  X,  ed.  Armellini  etc.  Il  sepolcro  del  car- 
dinale in  s.  Pietro  Vecchio  porta  il  n.  72  nella  pianta  dell' Alfarano  ed.  Cancellieri. 

1476.  SACELLVM  S.  MARGARITAE.  Sisto  IV  ricostruisce  la  chiesolioa  di 
s.  Margherita  sull'angolo  che  le  mura  della  città  formano  con  l'anfiteatro  Castrense. 
Tra  i  marmi  messi  in  opera  si  ricorda  il  bel  cinerario  di  Flavia  Felice  CIL.  8488. 
La  cappella  fu  detta  anche  di  s.  Maria  del  Buonaiuto. 

1477.  VIA  FLAMINIA.  Il  med.°  pontefice  restaura  dalle  fondamenta  s.  Maria 
del  Popolo  sui  disegni  del  Pontelli,  restando  incompiuta  la  sola  tribuna.  Giulio  II 
la  terminò  nel  1507  con  l'opera  del  Sansovino.  l'autore  dei  depositi  dei  cardinali 
Ascanio  Sforza  e  Girolamo  Basso,  che  ne  adornano  le  fiancate.  Sisto  IV  aveva  posto 
aflfezio!:e  alla  chiesa  sino  dal  1472,  quando   »  considerans  quam  pluros  Christi  tìdeles 


80  SISTO   IV.   1477-1479 


in  urbe  febribus  et  alìis  egritudinibus  preter  consuetudinem  magis  gravari  et  ex  illis 
infra  paucos  dies  decedere  »  s' era  condotto  a  venerare  l' immagine  «  beate  Marie  de 
populo  iuxta  portam  flaminiam  »  come  racconta  l'iscrizione  Forcella,  tomo  I,  p.  319, 
n.  1196.  Ma  essendo  la  chiesa  «  attaccata  a  detta  porta  «  dice  il  Vacca  m.  113  x, 
che  un  giorno  per  qualunque  accidente  di  guerra  poteva  essere  desolata  "  Sisto  vi 
eresse  a  difesa  i  due  bastioni  o  torri  quadrate,  demolite  alla  lor  volta  nell'anno  1877. 
Lo  studio  dei  materiali  onde  queste  torri  furono  murate,  fatto  dal  Visconti  nel  Bull, 
com.  1877,  p.  184  sg.,  ha  dimostrato  come  la  via  Flaminia  serbasse  ancora  in  piedi 
sulla  fine  del  quattrocento  molti  sepolcri  e  mausolei,  ricchi  di  marmi  intagliati  e  di 
iscrizioni.  Spettavano  alle  famiglie  Nenia,  Valeria,  Nummia,  Gallonia  etc,  all'auriga 
Elio  Gutta  Calpurniano  (?),  alla  Méta  finita  dà  distruggere  da  Paolo  III  etc.  Il  mo- 
numento di  L.  Nonio  Asprenate  cos.  suff.  a.  29  dovea  essere  di  ampiezza  considerevole. 
Altre  sue  spoglie  finirono  in  casa  di  Marcello  Capodiferro,  dove  fra  Giocondo  tra- 
scrisse CIL.  1370,  1371. 

Quando  avvennero  queste  cose  il  convento  degli  Agostiniani,  annesso  alla  chiesa, 
stava  al  di  fu  ori  della  linea  delle  mura,  nel  sito  oggi  occupato  dalla  piazza  di  villa 
Borghese.  Paolo  IV  abbattè  la  fabbrica  «  per  l' impedimento  che  apportava  al  suo 
disegno  di  resarcire  le  mura  di  Roma  »  Alveri,  tomo  II,  p.  4.  Vedi  pure  le  deli- 
ziose vignette  di  M.  Heemskerk,  riprodotta  nel  mio  volume  «  Destruction  of  ancient 
Rome  ",  fig.  36,  p.  209,  e  di  Israel  Sylvestre,  serie  II,  n.  8,  e  serie  IV,  n.  8  del 
catalogo  Faucheaux. 

1477.  FORVM  ESQVILINVM.  Anche  nel  risarcimento  della  chiesa  di  s.  Vito 
in  Macello  fu  fatto  uso  di  marmi  scritti  del  foro  esquilino.  Vedi  Odescalchi  —  Dia- 
conia dei  ss.  Vito  e  Modesto,  Roma,  Aureli,  1837,  p.  29  e  Visconti,  Bull,  com., 
tomo  IV,  a.  1876,  p.  41  sg. 

1477.  FORVM  AVGVSTVM.  Si  ritrova  V iscrizione  delle  «  mansiones  Saliorum  i 
CIL.  2158  «  in  fundamentis  atrii  magni  et  antiquissimi  iuxta  s.  Basilium  ....  anno  VII 
Siiti  pontificis,  quando  paene  totum  interius  fuit  effossum  idem  atrium  ad  extrahenda 
marmerà,  inter  qua  etiam  plura  erant  pulcherrimis  litteris  ».  Fra  Giocondo  ricorda 
pure  come  «  reperta  apud  s.  Basilium  et  destructa  "  una  tavola  lusoria  con  le  parole 


CRESCO 

PER 

CREPAS 

GAVDEO 

PER 

PLORAS 

INVIDE 

MORERE 

1479.  S.  PIETRO  VECCHIO.  Dedicazione  della  cappella  della  Concezione  o 
coro  de'  canonici  in  s.  Pietro.  Vi  furono  impiegati,  va  senza  il  dirlo,  marmi  di  scavo. 
"  In  ecclesia  S.  Petri  est  capella  cum  choro  et  pulcherrimis  columnis  porphir.  spolia 
thermarum  Domiani,  quae  vocatur  Syiti  capella  "  Albertino,  Opusc.  84.  Anche  il 
famoso  ciborio,  i  cui  avanzi  stanno  dispersi  nelle  Grotte,  era  sostenuto  «  quatuor 
splendidissimis  porphjTetis  columnis  integris,  quarum  duae  hodie  in  altari  ss.  Simonis 


SISTO  IV.   1479-1482      -  :  81 


et  Jiidae,  et  aliae  diiae  in  altari  ss.  Processi  et  Martiniani  in  novo  tempio  visiintur  » . 
Grimaldi,  Barber.  XXXIV,  50,  f.  159.  Il  nome  di  terme  di  Domiziano  era  attribuito, 
ai  tempi  dell' Albertini,  a  quelle  di  Traiano  verso  s.  Martino  ai  Monti. 

1479.  STATIO  RATIONIS  MARMORVM.  «  Rendendosi  angusta  la  chiesa  (di 
s.  Agostino)  fabbricata  da  padri  che  già  in  notabil  numero  erano  destinati  al  servitio 
di  quella,  il  cardinale  Guglielmo  Eustotevilla  havendola  da  fondamenti  fatta  demolire, 
coir  indirizzo  di  Jacomo  da  Pielrasanta  e  Sebastiano  Fiorentino  fece  erger  questa  che 
di  presente  si  vede  ».  Landucci,  Origine  del  tempio  del  Popolo.  Roma,  1646,  p.  52. 

Il  principio  dei  lavori  di  sterro  è  fissato  dall'  Infessura  al  1  novembre  :  al  4  dello 
stesso  mese  dal  documento  citato  dal  Muntz  a  p.  156  del  III  volume.  La  chiesa  fu 
fabbricata  sopra  una  collinetta  la  quale,  come  il  monte  Giordano,  il  monte  de'  Fiori 
etc.  rappresenta  la  rovina  di  un  grande  edificio:  ma  non  se  ne  conosce  la  natura 
0  il  nome  antico.  La  sola  notizia  che  si  ha  di  questi  scavi,  quella  di  Maffeo  Vegio, 
ap.  Cancellieri,  cod.  vat.  9168,  f.  7  non  dice  gran  cosa.  Il  Vegio  crede,  dunque,  che 
s.  Apollinare  sia  stato  scelto  a  titolare  dell'  attigua  chiesa  «  ut  nomen  Apollinis, 
cui  antea  erat  dedicatum  facilius  deleretur:  cuius  ingentem  quamdam  testu- 
dinem  subterranea m,  multis  magnisque  demolitorum  aedificiorum  ruderibus 
obrutam,  noviter  vidimus,  cum  fundamenta . . .  d.  Augustini  iacerentur.  Erat  enim 
ibi  templum  «.  Vedi  Bull,  cora.,  tomo  XVIII,  a.  1891,  p.  35. 

1479.  BAS.  S.  AGNETIS  VIA  NOMENTANA.  Il  card.  Giuliano  della  Rovere 
restaura  il  portico  di  s.  Agnese. 

1480,  12  giugno.  ARCVS  SEVERI  «  Ex  riiinis  quibusdam  effossis  apud  arcum 
L.  Septimii  ad  radices  Capitolii  »  viene  alla  luce  il  piedistallo  CIL.  234,  dedicato 
«  Genio  exercitus  ». 

1480.  ECCL.  S.  BONOSAE  R.  XIV.  Si  fanno  scavi  nella  chiesa  di  s.  Bonosa,  e 
si  trova  sotto  1'  altare  il  corpo  della  santa.  La  chiesa  stava  allora  al  piano  antico  di 
Roma,  tra  le  pareti  stesse  abitate  dalla  santa  titolare.  Vedi  Bull.  com.  1888,  p.  161. 
Fra  Giocondo  trascrisse  circa  questo  tempo  più  lapidi  «  Transtiberim  iuxta.  s.  Bonosa 
in  qda  pariete  »   CIL.  662,  22350  etc. 

1480  circa.  PONS  VALENTINIANI  — RIPAE  TIBERIS.  Sul  restauro  del  ponte 
Sisto  vedi  i  documenti  raccolti  dal  Miintz,  dal  Corvisieri,  e  da  me  nel  Bull,  com., 
tomo  IV,  a.  1878,  p.  241.  Fu  ritrovato  nello  scavo  il  cippo  del  Tevere  CIL.  1239'' 
trasportato  in  casa  dei  Millini. 

1481.  BAS.  IVNII  BASSI.  Il  card.  Costanzo  Guglielmi  riedifica  (a  più  alto 
livello?)  la  chiesa  di  s.  Antonio  all' Esquilino,  confinante  con  la  basilica  di  Giunio 
Basso. 

1481.  R.  XIV.  Mariaduce  Cicala  fabbrica  circa  questi  tempi  l' ospedale  pei  ma- 
rinai genovesi  nel  Trastevere,  con  l' annesso  oratorio  di  s.  Giovanni  Battista.  Vedi 
Marini   <*  Archiatri  -^ ,  tomo  I,  p.  125. 

1482.  L' influenza  crescente  dei  modelli  antichi  sull'  educazione  del  popolo  è  pro- 
vata dall' annedoto  ap.  Muratori  Script.,  tomo  IIP,  p.  1078,  quando  in  occasioue  di 
pubblica  luminaria  «  il  Rione  de  Monti  fece  circa  venti  fiaccole  (candelabri)  alla  antioa. 
come  quelle  che  stanno  scolpite  di  marmo,  che  fu  una  gentileza  a  vederle  - . 

11 


82  SISTO   IV.    1483   —  ÌNf^OCENZO   Vili.    1484 

1483.  S.  PIETRO  VECCHIO.  «  Perino  de  CUmo  magister  fabricae  palatii  fa  scavar 
marmi  antichi  per  (detti)  lavori  »  Bertolotti,  Artisti  lombardi,  tomo  I,  p.  25. 

1483.  OSTIA.  Sisto  IV  visita  le  rovine  di  Ostia,  e  mostra  interesse  per  le 
discussioni  istorìche  e  topografiche  sorte  fra  i  suoi  famigliari.  Visita  anche  gli  avanzi 
del  porto  olaudio-traiano  (Muratori,  Script.,  tomo  XXIIl,  p.  191).  Egli  si  serviva  per 
queste  dilettevoli  navigazioni  di  un  bucintoro  costruito  in  sul  cantiere  di  Pisa,  ed  a 
lui  offerto  in  dono  dal  card.  Giuliano  della  Rovere,  il  futuro  Giulio  II.  In  questo 
medesimo  anno  il  cardinale  dà  principio  alla  costruzione  del  castello  di  Ostia  il  quale 
non  contiene  mattone  o  pietra  o  marmo  che  non  sia  stato  tolto  dagli  edificii  della 
colonia.  Architetto  della  fabbrica  Baccio  Pontelli,  il  cui  nome  è  inciso  su  1'  architrave 
della  porta  principale  interna.  Vedi  Tommasetti,  Arch.  S.  R.  St.  Patria,  1897,  p.  84. 
È  probabile  che  i  monumenti  lapidarli  CIL.  XIV,  99,  246,  47  sieno  tornati  all'  aperto 
sotto  questo  pontefice. 

Il  primo  era  inciso  «  in  quodam  marmore  delato  Roma  ex  civitate  portuensi  »  : 
il  secondo,  ostiense,  era  finito  nel  giardino  Colonna  ai  ss.  Apostoli  :  il  terzo,  pure 
ostiense,  fu  trascritto  dal  Giocondo  «  in  tempio  prope  . . .  viam  Ripensem  ubi  venditur 
caseus  Sardus  »  e.  37'  e  118'  del  cod.  Chatsworth. 

1484,  15  luglio.  Domenico  scarpellino  e  compagni  ricevono  la  cospicua  somma 
di  205  fiorini  per  fattura  di  palle  e  di  bombarde  con  marmi  e  pietre  di  scavo. 

ECATOSTYLON.  Circa  questi  tempi  il  card.  Francesca  Piccolomini  fabbrica  il 
suo  splendido  palazzo  in  piazza  di  s.  Siena  (s,  Andrea  della  Valle).  Ne  era  principale 
ornamento  il  gruppo,  oggi  senese,  delle  Grazie,  intorno  l' origine  del  quale  vedi 
Bull.  com.  1886,  p.  345,  e  1899,  p.  104.  Fra  Giocondo,  Chatsworth,  e.  Ili,  ne  parla 
quasi  con  le  stesse  parole  trascritte  dal  de  Rossi,  dal  cod.  Ashburnam,  n.  905,  venuto 
alla  Laurenziana  di  Firenze  nel  1885.  Deve  notarsi  che  quando  fu  fatto  il  trasporto 
del  gruppo  dal  palazzo  Colonna  a  quello  del  Piccolomini,  il  piedistallo  restò  abban- 
donato nel  primo.  Fra  Giocondo  dice  che  i  versi  «  sunt  nudae  Charites  etc.  "  erano 
bensì  moderni,  ma  che  la  base  sulla  quale  erano  incisi  sembrava  a  lui  vetustissima. 

In  questo  stesso  a.  1484  scavi  per  ispianare  un  terrapieno  davanti  alle  case 
della  Valle.  Bertolotti,  Artisti  Lombardi,  p.  11. 


INNOCENZO  Vili. 

29  agosto   1484-25   luglio   1492. 


tt  Les  souvenirs  de  l'antiquité  paienne  avaient  le  privilège  d'inquieter,  d'effrayer 
l'esprit  timore  d'Innocent  Vili.  Le  musée  du  Capitole  ne  s'  accrut  que  de  deux 
morceaux  interessants,  le  sarcophage  trouvé  en  1485  sur  la  voie  Appienne  (vedi 
ad  ann.)  et  les  fragments  d'une  statue  colossale  trouvée  près  de  la  basilique  da  Con- 


INNOCENZO   Vili,    1484  83 


stantia ...  La  cour  pontificale  n'imitait  pas  le  rigorisme  du  pape.  Dès  lors,  les  reli- 
ques  de  l'antiquité  tendaient  a  détróner  les  chefs  d'oeuvre  nouveaui.  EUes  occupaient 
une  place  d'hoaneur  dans  les  palais  des  prelats  ou  des  grands  seigneurs,  dans  les 
maisons  des  bourgeois,  les  ateliers  des  artistes.  Et  pendant  qu'Innoceut  Vili  négli- 
geait  ces  trésors,  Laurent  le  magniQque  mettait  en  coupé  réglée  non  seulement  les 
ruines  de  la  ville  Eternelle,  mais  encore  celles  d'Ostie  ».  Muntz  »  les  Arts  "  1898, 
Innocent  Vili,  p.  19  sgg. 

1484.  Poco  dopo  la  morte  di  Sisto  IV,  avvenuta  il  13  agosto,  furono  composte 
da  un  discepolo  di  Pomponio  Leto  f  1498,  le  «  excerpta  a  Pomponio  dum  inter  ambu- 
landum  cuidam  domino  ultramontano  reliquias  ac  ruinas  urbis  ostenderet  ".  Queste 
note  di  topografia  romana  furono  inserite  nella  raccolta  «  de  Roma  prisca  et  nova 
varii  auctores  »  dell' Albertini,  edizione  del  Mazochi  1510  (1515,  e  1522)  sotto  il 
titolo  »  Pomponius  Laetus  de  vetustate  urbis  »,  Il  de  Rossi  ne  ha  ritrovato  il  testo 
genuino  nel  codice  Marciano  latino  X,  n.  195  e  l'ha  divulgato  negli  Studii  e  docu- 
menti di  Storia  e  Diritto,  anno  III,  1882,  p.  49  sgg.  Vi  si  trovano  le  seguenti  notizie: 

f.  25.  AMPHITHEATRVM.  Accenno  a  scavi,  nel  corso  dei  quali  furono  scoperte  le 
cloache  che  solcano  in  vario  senso  il  substrato  dell'  edifizio,  come  pure  il  largo  mar- 
ciapiede ^  stratum  lapidibus  quadratis  magnis  versus  septentrionem  et  orientem  », 
tornato  a   scoprire   nell'anno  1895.  Vedi  Bull.  com.  tomo  XXIII,  a.  1895,  p.  118. 

f.  27.  SOLARIVM.  n  Ubi  est  domus  nova  facta,  quae  est  capellanorum  cuiusdam 
capellae  s.  Laurentii  (edificata  dal  card.  Calandrino  circa  il  1463),  fuit  basis  orologii 
nominatissimi  ^  cioè  il  piedistallo  dell'obelisco  di  Augusto  minutamente  descritto  dal 
Bandini  nel  cap.  IX,  p.  34,  tav.  II  della  sua  monografia.  Poi  segue  :  «  ubi  est  ephm 
(ephebeum?)  capellanorum,  ibi  fuit  efossum  horologium:  quod  habebat  VII  gradus 
circum,  et  lineas  distinctas  metallo  inaurato.  Et  solum  campi  erat  ex  lapide  ampio 
quadrato,  et  habebat  lineas  ea^dem  :  et  in  angulis  quatuor  venti  ex  opere  musivo  cum 
inscriptione  ut  BOREAS  SPIRAI  etc.  (')• 

f.  27'.  I  domatori  dei  cavalli,  i  tre  Costantini,  i  due  fiumi,  la  Cibele  turrita, 
del  cosidetto  Vico  de'  Cornerii  sul  Quirinale,  i  quali  marmi  formavano  la  più  antica 
raccolta  statuaria  della  Roma  medioevale. 

f.  28.  HORTI  SALLVSTANI.  Accenno  ai  mirabili  cunicoli  che  raccoglievano  le 
sorgenti  del  Petronia  amnis,  e  distribuivano  l'acqua  nella  convalle. 

f.  30.  La  più  antica  menzione  della  Navicella  a  s.  M.  in  Dominica. 

f.  30'.  Ricordo  di  una  collina  fuori  la  porla  viminale  (Nomentana,  di  s.  Agnese) 
formata  di  cocci,  come  il  Testaccio,  o  come  il  Monte  Secco  nei  prati  di  Castello. 

f.  31.  AEDES  HERCVLIS  INVICTI.  <^  Post  muros  aedificìorum  scolae  Grecae  (il 
gruppo  di  s.  M.  in  Cosmedin  e  suoi  annessi)  statini  non  longe  fuit  templum  Her- 
culis  "   cet. 


0)  Il  (k'  Rossi  ha  fatto  notare  come  tutti  di  scrittori  che  pendono  dal  testn  poiiiponiari'»  nyc- 
tano  in  coro  l'errore  dell' wf  facente  parte  della  iscrizione  VT  BOREAS  SPIR.KT.  Fa  ecceziMii'.-  alla 
regola  Jacopo  Lauro  il  quale  in  u  Origin.  Urb.  Kom.  i  ed.  1512  scrive  correttamente  t.  atlditis  liis  vcrbi^ 
BORE.\S  SPIR.\Tn. 


84  INNOCENZO^  vili.- 1485-1486 


ARA  MAXIMA.  «Non  longe  ab  hoc .  tempio  versus  Aventinum  montem  fuit 
alterum  templum  appellatum  ara  maxima  (si  tratta  di  una  erudizione  piuttosto  che  di 
scoperta)  ".  . 

Al  tempo  di  Pomponio  Leto  si  riferiscono  pure  le  scoperte  seguenti  : 

VIA  FLAMINIA,  «  tpe  pomp.  lae.  Inter  augustam  et  ecclesiam  s.  Thomae,  in  vinea 
fratum  s.  mariae  de  populo  positam,  elfossa  fuere  multa  marmerà  cum  statuis  et 
colufiis  dirutis  cum  lapide  marmoreo  et  semidiruta  inscriptione  CIL.  tomo  I,  p.  290, 
n.  XXXII,  e  VI,  n.  iai5  ".  Albertini,  ed.  1515,  f.  57.  Pietro  Sabino  Marc.  74  dice 
che  il  sito  dello  scavo  trovavasi  «  via  flaminia  a  dextris  exeuntibus  ex  m-be  sub  colle 
Hortulorum  ».  La  chiesuola  aveva  nome  s.  Tommaso  de  Vineis,  e  «  non  habebat  sa- 
cerdotem  ». 

TH.  DIOCLETJANAE.  «  tituli  victoriarum  Maximiani  Herculei  in  fractis  marmo- 
ribus  in  therrais  Diocletianis  effossis  »   CIL.  VI,  1124. 

1484,  17  novembre.  Licenza  a  Bartolomeo  alias  Matto  «  effodendi  et  in  apertum 
extrahendi  lapides  cuiuscumque  generis  subterraneos  dummodo  super  eos  publica 
aedificia  non  existant  ».  A.  S.  Vat.  Divers.  1484/96,  e.  24.  Bull.  Inst.  1867,  p.  191. 

1485,  16  aprile.  VIA  APPI  A.  Scoperta  del  corpo  integro  della  cosidetta  Tulliola 
sul  fianco  sinistro  dell' Appia  nella  tenuta  di  s.  Maria  Nuova.  «  Tonte  une  litterature, 
comme  on  dit  en  Allemagne,  s'est  formée  autour  de  cette  découverte  »  dice  il  Muntz, 
Innoc.  VIII,  p.  19.  Si  può  consultare  il  catalogo  di  questa  letteratura  presso  Huelsen 
in  Mittheil.  tomo  IV,  1880,  fase.  3:  Pastor,  Geschichte,  tomo  III,  p.  239-240:  e 
Lanciani,  Pagan  and  Christian  Rome,  p.  295.  Gli  scavi  continuarono  almeno  sino 
al  1847,  tornandone  in  luce  i  sepolcri  di  Cecilia  Verissima,  CIL.  1363,  quello  di 
Q.  Herennius  Potens  fiancheggiato  da  due  statue,  una  togata,  l'altra  coricata,  CIL. 
1427:  ed  altri  di  minor  conto.  Furono  trasportati  alle  Tre  Fontane.  Il  Giocondo, 
CIL.  192,  accenna  ad  altri  scavi,  forse  contemporanei,  al  primo  miglio  della  mede- 
sima strada. 

1485.  COLLEZIONE  CHIGI.  Agostino  Chigi  il  Magnifico  prende  residenza  defi- 
nitiva in  Roma.  Vedi  Cugnoni,  A.  C.  il  M.  Roma  1881,  p.  14.  Per  le  collezioni  da 
lui  formate  vedi  a.  1510. 

1485.  VIA  AVRELIA  NOVA.  Bartolomeo  Lombardozzi  apre  per  conto  della  Ca- 
mera una  nuova  strada  «  extra  portam  Turrionis  »  distruggendo  probabilmente  l'an- 
tica: prot.  511,  e.  232  A.  S.  C. 

1486,  12  dicembre.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  «  Innocentio  papa  VIII  dona  alla 
Compagnia  (della  Natione  Dalmatica  onero  Illirica)  una  grotta  sotto  il  maus.  di  Au- 
gusto (una  delle  celle  sepolcrali)  e  similmente  diede  alla  med.  facoltà  di  poter  con- 
cedere il  terreno  di  una  vigna,  di  detta  compagnia,  che  era  posta  vicina  al  detto 
ospidale  à  ciascheduno  che  uolesse  lui  fabricar  case,  con  obligo  di  pagare  ogni  anno 
un  grosso  per  ogni  canna,  a  conditione  che  in  dette  case  non  potessero  habitar  donne 
disoneste  »  Alveri,  tomo  li,  72. 

1486.  MAGISTRI  VIARVM.  Bella  costituzione  edilizia  di  Innocenzo  Vili.  Vedi 
fra  gli  altri,  Alveri,  tomo  II,  p.  72:  Registro  dei  Brevi  n.  20,  e.  235',  28  giugno  1488: 
Reumont  «  Geschichte  »,  tomo  III,  pp.  413-414:  Forcella,  tomo  XIII,  p.  86. 


INNOCENZO   vili.   1486-1487  85 


Nei  1484  furono  maestri  di  strade  Ludovico  Margani  e  Francesco  Alberini: 
nel  1485  Girolamo  Triosani  e  Iacopo  Paloni:  iiel  1486  Lorenzo  Caffarelli,  e  Cle- 
mente di  Toscanella:  nel  1487  Cola  Porcari  e  Marcello  Capodiferro:  nel  1489  Bat- 
tista Arcioni  e  Lello  Subbattari:  nel  1490  Mario  Mellini  e  Paolo  Branca:  nel  1491 
Mario  Mellini  e  Lello  Subbattari. 

1486.  STABVLA  FACTIONVM  IV  —  ARCHIBVM  DAMASI  P.P.  Scavi  per  le  * 
fondamenta  del  palazzo  Riario,  detto  più  tardi  «  la  Cancellaria  nuova  " .  I  lavori  dura- 
rono almeno  sino  al  1496,  sapendosi  che  fino  a  quest'anno  il  card.  Raffaele  conti- 
nuava ad  abitare  il  palazzo  già  di  Guglielmo  d'Estouteville  a  s.  Apollinare.  Suoi 
successori  in  questa  residenza  furono  i  cardinali  Girolamo  Basso  e  Leonardo  Grosso 
della  Rovere,  più  noto  sotto  il  nome  di  Cardinale  Agennense.  Il  cardinale  Raffaele 
deve  avere  scoperto  ne'  suoi  scavi  antiche  fabbriche,  di  maniera  reticolata,  delle  quali 
anche  oggi  si  veggono  i  vestìgi  nei  sotterranei  del  palazzo,  vestigi  riprodotti  dal 
Rohault  de  Pleury  nella  Messe  (art.  St.  Laurent)  e  da  me  stesso  nelle  tav.  XX-XXI 
della  Forma  Urbis.  Egli  fece  uso  quasi  esclusivo  di  materiali  archeologici,  tolti  dal- 
l'arco di-  Gordiano  al  Castro  Pretorio  (  «  cuius  quidem  marmora  e  profunda  tellure  eruta 
converti  vidimus  in  ornamenta  templi  ac  palatii  s.  Laurentii  in  Damaso  »  Fulvio 
lib.  II,  f.  21):  da  un  ignoto  monumento  che  sorgeva  poco  lungi  dalla  chiesa  di 
s.  Eusebio  («  inter  aedem  s.  Eusebii  et  proximam  aedera  s.  Viti  in  Macello  quaedam 
apparent  ruinae  »  id.  f.  XX.  Vedi  Flavio  Biondo,  II,  17:  Gamucci,  p.  105:  Seve- 
rano,  p.  677),  dal  tempio  del  Sole  Quirinale  («  tutti  li  marmi  che  sono  i  nel  palazo 
di  sa  giorgio  sono  canati  da  questo  edificio  »  Sali.  Peruzzi,  Uffizi  n.  664),  e  forse 
anche  dal  Colosseo.  Vedi  Fonseca,  «  de  basii,  s.  Laur.  in  Damaso  »,  Fano  1745,  e  il 
cod.  Vat.  di  Fr.  Cancellieri,  "  Notizie  de'  due  palazzi  Cesarini  e  Riario,  della  vecchia 
e  nuova  Cancellaria  ecc.  ». 

Le  colonne  del  cortile  furono  tolte  dal  vecchio  Archivio-biblioteca  di  papa  Da- 
maso, che  stava  dall'  opposta  parte  di  via  del  Pellegrino  (antica),  dentro  uno  dei 
grandi  peristilii  delle  "  Stabula  factionum  IIII  » .  La  costruzione  del  palazzo  nuovo 
die'  luogo  a  contestazioni  tra  il  Riario  ed  il  capitolo  di  s.  Lorenzo,  terminate  con 
lodo  di  Leon  X  del  21  agosto  1520.  Vi  si  narra  come  «  alias  Raphael  episc.  ostiens. 
tunc  sancti  Georgi  ad  Velum  aiireum  diaconus  cardinalis  .  . .  cupiens  palatium  anti- 
quum  penes  ecclesiam  (s.  Laurenti  in  Damaso)  quod  ipse  tunc  habitabat,  demoliri  et 
aliud  palatium  novum  insigne  et  somptuosum  inibi  construi  facere  »  aveva  demolito 
case  e  botteghe  di  proprietà  del  Capitolo.  Leone  X  assegna  a  questo  un'  annua  ren- 
dita di  240  ducati  d'oro,  da  detrarsi  dalle  pigioni  del  nuovo  palazzo.  Le  collezioni 
d'ai'te  formate  dal  card.  Ratfaele  saranno  descritte  sotto  l'anno   1496. 

1486,  HORTI  ACILIORVM.  L'Iafessura,  p.  210,  ricorda  una  -  turris  cardinalis 
sancti  Angeli  quam  in  monte  Pincio  construxerat  ».  Si  tratta  di  Giovanni  Michiel, 
nipote  di  Paolo  II,  vescovo  di  Porto,  e  cardinale  del  titolo  di  s.  Angelo. 

1487.  SACRA  VIA  —  BASILICA  NOVA.  11  Runseu,  «  Forum  -,  p.  4.  fissa  a 
quest'anno  il  grande  scavo  dinnanzi  l' ingresso  laterale  della  bas,  di  Costantino,  il  quale 
condusse  alla  scoperta  dei  frammenti  del  colosso  di  Domiziano,  e  delle  colonne  di 
porfido  che  fiancheggiavano  l' ingresso  predetto,  I  marmi  furono  trasportati  nel  cortile 


86  INNOCENZO   Vili.  .1487-1489 


de'  Conservatori.  Vedi  Gregorovius,  Storia,  tomo  VII,  p.  665  :  Michaelis,  Storia  Coli. 
Capitol.  Roma,  1891,  pp.  18-19:  Fulvio,  ed.  1527,  fol.  XXI:  «  extat  in  ipso  atrio 
(palatii  conservatorum)  caput  et  pedes  marmorei  colossi  et  queda  alia  fragméta  que 
erat  antea  iuxta  teplù  pacis  i  via  sacra  »   e  Albertini,   «  Opusc.  »,  f.  86. 

1487.  VIA  APPIA.  Vedi  1485,  16  aprile.      .  '    '  . 

1488.  ECCLESIA  E  VRBIS.  Il  card.  Pietro  Ferrici  restaura  la  chiesa  di  s.  Sisto 
in  Piscina.  La  condizione  nella  quale  trovavasì  l' edifìcio  è  descritta  nel  seguente 
brano  di  documento  ap.  Torrigio,  citato  dall'Armellini,  p.  519:  «  Tomaso  Todesco 
tiene  una  vigna  nostra  posta  in  s.  Sisto  vegio  nella  quale  è  lo  campanile  e  rovine 
di  s.  Sisto  vegio  » .  La  infezione  dell'  aria  condusse  all'  abbandono  definitivo  del  sito, 
regnante  Pio  V. 

1488.  OSTIA.  Nell'anno  1488  un  fiorentino,  meravigliandosi  della  moltitudine 
di  statue,  di  sarcofaghi,  di  musaici,  di  rovine  che  vide  in  Ostia,  ne  scrisse  a  Lorenzo 
de'  Medici,  e  gli  mandò  alcune  anticaglie  in  dono.  E  in  quel  medesimo  anno  scavan- 
dosi presso  le  mura  della  città,  si  trovarono  gli  avanzi  di  una  nave  con  chiodi  di 
rame.  Gaye,  «  Carteggio  "  tomo  I,  298,  citato  dal  Gregorovius  tomo  VII,  p.  668.  Lorenzo 
il  Magnifico  acquistò  fra  gli  altri  oggetti  «  tre  belli  faunetti  in  una  basetta  di  marmo, 
cinti  tutti  a  tre  da  una  grande  serpe  "  (copia  del  Laocoonte  ?).  Vedi  gli  autori  citati 
dal  Miintz,  Les  Arts,  1898,  Innoc.  VIII,  p.  20.  E  se  Lorenzo  non  riuscì  a  spogliare 
del  tutto  il  mercato  antiquario  di  Roma,  ne  dobbiamo  essere  grati  alla  opposizione 
del  card.  Giuliano  della  Rovere  il  futuro  Giulio  II.  Gaye,  1.  e,  p.  185. 

1489,  29  marzo.  «  Licentia  effodiendi  thesauros  eximio  artium  et  medicinae 
doctori  mag.™  Catallo  de  Catallis  de  Civita  Ducali,  et  domino  Cherubino  Fosco  civi 
et  canonico  s.  Juvenalis  de  Narnia,  et  Johanni  Mattheo  Leonis  veneto  et  ser  Evan- 
gelistae  de  Venturellis  de  Amelia  in  locis  aut  districtibus  tam  alme  Urbis  quam 
aliariim  civitatum  et  locorum  s.  Rom.  Ecc].  mediate  vel  immediate  subiectorum  ». 
A.  S.  V.  Divers.  tomo  XLVI,  e.  258. 

1489.  DOMVS  CILONIS.  Restauri  a  s.  Balbina  per  opera  di  Marco  Barbo, 
card,  di  s.  Marco,  nepote  di  Paolo  IL  Iscrizione  sopra  una  trave  del  tetto  ap.  Armel- 
lini, Chiese,  p.  591.  I  restauri  erano  stati  eseguiti  da  maestro  Pasquino  di  Fran- 
cesco da  Pontassieve,  il  quale,  venuto  in  fin  di  vita  nel  settembre,  lascia  alle  eredi 
i  suoi  crediti  verso  il  detto  cardinale  cioè  «  residuum  cuiusdam  laborerii  quod  asseruit 
fecisse  in  ecclesia  sancti  salvatoris  in  Barbina  »  :  altro  simile  «  prò  xci  cannis  tecti  facti 
in  ecclesia  sancte  martinelle  prope  sanctum  petrum,  etc.  »  Protoc.  1731,  e.  103  A.  S. 
Intorno  questa  seconda  chiesuola,  e  sua  strana  denominazione,  non  e'  è  dubbio  che 
nel  secolo  XVI  si  leggessero  affettivamente  incise  sull'architrave  della  porta  le  parole 
K  divae  Martinellae  sacrum  »  le  quali  hanno  tratto  in  inganno  il  Panciroli  e 
seguaci:  ma  si  tratta  di  un  caso  simile  a  quello  della  sancta  Triana  del  Foro. 
Scrive  di  essa  il  Torrigio  p.  559:  «  in  Borgo  su  la  piazza  di  san  Pietro,  nel  pa- 
lazzo del  Priorato  è  una  chiesuola  dedicata  à  Santa  Martinella.  et  il  card.  Ascoli 
al  tempo  di  Sisto  V,  habitandovi,  vi  faceva  far  festa  il  primo  di  gennaro,  giorno 
di  essa  santa,  la  cui  effìgie  si  vede  dipinta  già  da  Pietro  Perugini,  e  ristorata  sotto 
Pio  V  dal  card.  Bonello  :  tuttavia  nelli  scritti  veri  dell'Archivio  di  s.  Pietro  è  chia- 


INNOCENZO  vili.    148&^-1491  87 


mata  ecclesia  s.  Martini    in    Pertica  ma  il  volgo  ha  introdotto  che  sia  detta 
Martina  o  Martinella,  e  cosi  nel  1568  fu  tolto  tal  nome  «. 

1489.  Battista  Arcioni  e  Lello  Subattari,  curatori  delle  vie,  compiono  importanti 
lavori  nel   «  vicus  Corvinorum  (Macel  de  Coryi)  »   Adinolfi,  tomo  II,  p.  11. 

BIBLIOTECA  ARACELITANA.  Nell'ultimo  quarto  del  secolo  vengono  in  favore 
le  donazioni  dei  libri  a  questa  biblioteca.  Vedi  il  testamento  del  medico  Lancellotto 
di  Nicolò  de  Zarli  da  Verona  (prot.  1728,  e.  19),  quello  dello  speziale  Giovanni 
Purità  del  r.  Campitelli  (prot.  1727,  e.  116  in  A.  S.),  cet. 

1490,  23  agosto.  S,  M.  IN  PETROCIA  seu  DELLA  FOSSA.  Innocenzo  Vili 
approva  lo  statuto  della  Compagnia  di  s.  Giovanni  della  Misericordia,  e  le  accorda 
un  luogo  sotto  il  Campidoglio  presso  il  Velabro,  chiamato  s.  M.  della  Fossa, 
dov^'era  già  una  casa  diruta  della  Compagnia  dei  Ferrari.  Questo  nome,  che  ha  senza 
dubbio  valore  archeologico,  non  era  soltanto  di  chiesa  ma  di  contrada.  Vedi  prot.  1736, 
e.  19  A.  S.  :  «  domus  s.  cerbinaria  in  qua^de  presenti  fit  macellum  in  r.®  Campi- 
telli in  loco  q.  dr.  la  fossa  in  parochia  sci.  Io.  de  Mercato  ".  In  altro  documento 
dell' A.  S.  C.  del  not.  de  Amatis,  e  dell'a.  1473,  si  parla  similmente  di  una  «  domus 
in  r.  Campitelli  in  loco  q.  d.  la  fossa  —  cui  retro  res  condam  Pauli  de  Astallis 
ante  via  publica  ". 

1490,  4  marzo.  Il  card.  Jean  la  Balue  scrive  al  re  Carlo  Vili  «  vous  m'avez 
escript  par  Monsieur  de  Faucon  que  je  vous  face  peindre  Rome.  Je  la  vous  envoyeray 
le  plus  brief  que  faire  ce  pourra.  Je  la  fays  fere  en  manière  que  vous  la  puìssiez 
entendre  comme  si  vous  estiez  sur  le  lieu  ".  Muntz,  les  Arts,   Innoc.   Vili,  p.  34. 

1490.  Innocenzo  incomincia  la  costruzione  della  fontana  di  piazza  s.  Pietro,  che 
si  vede  rappresentata  nell'  ultimo  degli  affreschi  di  Giovanni  della  Marca  nel  terzo 
corridore  delle  Loggie,  in  sostituzione  del  pozzo  publico  che  stava  quasi  di  contro 
alle  Incarcerate  di  s.  Caterina  delle  Cavallerote,  e  nel  quale  Giovanni  Manno  gettò  lo 
stendardo  del  popolo  romano  nel  1327.  Era  composta  di  due  antiche  conche  mar- 
moree, una  delle  quali  sta  ancora  in  opera  nella  fontana  a  destra  dell'obelisco.  Sono 
certamente  monoliti  di  scavo  ma  se  ne  ignora  la  provenienza.  Nel  Diario  citato  dal 
Torrigio  p.  578  è  chiamata   «  fons  marmorea  cura  lapidibus  figuratis  "t. 

1490.  BASILICA  SALVATORIS  IN  LATERANO.  Circa  questi  tempi  Inno- 
cenzo Vili  «  reparavit  ecclesiam  sancti  Johannis  ...  et  ibi  praeparavit  duas  grossas 
columnas  (antiche)  cum  lapidibus  marmoreis  prò  faciendo  ibi  arcu  ».  Panvinio,  de 
VII  Eccl.  p.  279,  Il  lavoro  fu  compiuto  da  Alessandro  VI.  Ivi,  p.  115. 

1491,  31  gennaio.  R.  XI.  SCHOLA  GRAECA.  I  monaci  dei  ss.  Bonifazio  e  Alessio 
locano  a  Girolamo  Pichi  certe  antiche  rovine  presso  Scola  Greca. 

«  Anno  domini  mccccLxxxxi  Indict.*  nona  mensis  Januarij  die  ultima.  In  pre- 
sentia  etc.  Congregato  ...  Capitulo  fratrum  Venerabilis  Monasteri]  SS.  Bonifatij  et 
Alexij  de  Urbe  sponte  et  de  eorum  certa  scientia  locaverunt  in  emphiteosim  Nobili 
viro  Hieronymo  filio  Nob.  Viri  Ceccholi  de  picchis  de  Kegioue  parionis  Idest  qiinddaiii 
petium  terre  sode  supra  certum  montem  ipsius  monasterij  cum  duabtis  muraglis 
antiquis  ruptis  et  discopertis  et  criptis  in  ea,  quod  petium  terre  cum  dìcùs 
muraglis  situm  est  prope  ecclesiam  Sancte  marie  Scole  grece  in  conspectu  nioleudini 


88  INNOCENZO   Vili.    1491    —   ALESSANDRO   VI. 

diete  ecclesie  et  rerum  quas  tenent  Nobiles  viri  .Jacobiis  de  ilperinis  et  heredes 
quondam  domini  Symonis  de  perleonibus  sub  proprietate  dicti  monasterij  SS.  Boni- 
fatj  et  Alexij  via  publica  mediante  inter  hos  fines,  Cui  petio  terre  locate  ut  supra 
a  latere  superiori  tenent  res  hèredum  qd.  domini  Agapiti  de  Capralica,  a  duobus 
lateribus  sunt  vie  publice  vai  si  qui  &c,  Hanc  autem  locationem  fecerunt  prò  pretio 
Carlenorum  octo  papalium  omni  anno  in  festo  S.  Alexij  de  mense  Julij.  Actum  in 
loco  forestarie  dicti  Monasterij  ».  Not.  de  Taglientibus  prot.  1728,  e.  60.  A  S. 

1491,  11  aprile.  VIA  SALARIA  VETVS.  La  camera  apostolica  fa  scavare  un 
pozzo   «  apud  portam  Pincianam  ».  Muntz,  Innoc.  VITI,  p.  97. 

1491,  23  agosto.  ARCVS  NOVVS  — SEPIA.  «  coeptum  fuit  opus  Sanctae  Mariae 
in  via  Lata,  videlicet  destruere  ecclesiam,  et  aliam  novam  aedificare  cum  demolitione 
arcus  triumphalis,  supra  quem  in  aliqua  parte  erat  aedificata.  In  cuius  ecclesiae 
fabricationem  fertur  papam  obtulisse  ducatos  400  —  residuum  magistri  architectores, 
cum  hoc  quod  marmora  et  tiburtini  qui  *reperientur  sint  ipsorum  « .  Infessura,  Diar., 
p.  268.  Al  medesimo  monumento  si  riferisce  l'atto  che  segue:  «  Anno  mcccclxxxiiii 
Indici  xj  mensis  Junii  die  27.  Congregati  ...  Canonici  Sancte  marie  In  via  lata  de 
Urbe  ex  una  parte  et  Viri  Nobiles  ditaiuti  et  antonius  germani  fratres  filij  qd.  marii 
ditaiuti  sponte  compromiserunt  in  eximìos  U.  J.  doctores  d.  Job.  Baptam  de  S'°  Se- 
verino et  d.  Baglionum  de  nobilibus  de  perusio  arbitros  electos  de  omni  differentia 
que  est  vel  esse  possit  inter  dd.  partes  vigore  certorum  parietum  adherentiura  domui 
dictorum  fratrum  existentiura  in  quadam  area  et  solo  ubi  erat  quidam  archus 
ruinatus(?  anticus?)  ex  trevertina  super  quo  alias  erat  tribunal  diete  ecclesie 
Sancte  marie  Invia  lata  et  bine  sacristie  diete  ecclesie  et  due  Camerecte  videlicet  una 
super  aliam  supra  dieta  sacristia  ad  dictos  fratres  spectantes  et  subtus  erat,  ut 
asserunt  dicti  fratres  quedam  cripta  subterranea  ipsorum.  Actum  in  loco  capitulari 
d.  ecclesie  ».  Not.  Capogalli  prot.  470,  e.  399.  A.  S. 

1491.  PANTHEON.  «  L'aitar  maggiore  stava  anticamente  contiguo  al  fondo  della 
tribuna,  e  solo  nell'anno  1491  nel  pontificato  d' Innocenzo  Vili  fu  trasportato  dove 
sta  al  presente  e  ridotto  in  isola  » .  Cod.  vat.  9200,  e.  255. 


ALESSANDRO    VI. 

II   agosto  1492  -  18  agosto  1503. 

«  Rome  devint  sous  son  règne  une  pepinière  d'humanistes...  des  nombreux  étran- 
gers  venaient  renforcer  la  pleiade  italienne:  Laurent  Behaim  qui  réunit  une  précieuse 
coUection  épigraphique....  le  règne  d'Alexandre  VI  marqua  le  passage  précis  de 
l'esprit  ancien  à  l'esprit  nouveau:  tandis  que  les  découvertes  de  Christophe  Colomb 
révélaient  a  l'Europe  un  continent  inconnu...la  résurrectìon  de  l' antiquité  ouvrait  à 
la  pensée  des  domanies  plus  vastes  encore  »   Muntz,  Alex.    VI,    p.    142    sg.   «    Eu 


ALESSANDRO  VI.    1492-1494  89 


égard  aux  travaux  d'édilité,  le  pontificat  d'Alexandre  VI  n'a  été  ni  sans  utilité  ni 
sans  éclat  :  des  quartiers  entiers  furent  remaniés  de  manière  à  faciliter  la  circulation  ; 
dans  d'autres  les  rues  furent  élargies  ou  rectifiées  «.  Ivi,  p.  186. 

1492.  CIRCVS  MAXIM VS.  Scavandosi  nel  lato  del  Circo,  che  soggiace  all'Aven- 
tino, si  ritrova  l'iscrizione  di  Severo  Alessandro,  CIL.  VI.  1083,  relativa  alla  rico- 
struzione di  un  edifìcio  pubblico.  Ligorio  afferma  che  il  marmo  finì  nelle  calcare  del 
circo  Flaminio. 

1492.  HIERVSALEM.  Il  card.  Gundisalvo  Mendoza,  primate  di  Spagna,  7  1495, 
restaurando  l'arco  della  Tribuna  scopre  la  targa  della  Crocifissione,  della  quale  furono 
fatte  più  tardi  incisioni  in  legno  e  in  rame  per  uso  dei  pellegrini.  Vedi  Fulvio  1.  IV. 
e.  14  «  marmoreis  ornamentis  (le  incrostazioni  simili  a  quelle  della  Curia  e  del 
t.  Sacrae  Urbis)  et  pictis  laquearibus  satis  conspicua,  quam  nuperrime  Petrus  de 
Mendoza  cardinalis  in  hanc  speciem  renovavit.  In  ciiius  renovatione  invètus  est  titiilus 
crucis  ligneus  in  tépli  abside  inscriptus  litteris  hebraeis  graecis  et  latinis  ab  Helena  ... 
ibi  recóditus  ». 

1492.  AD  LACVM  SERVILIVM.  I  documenti  relativi  alla  fabbrica  di  s.  Maria 
delle  Grazie  si  trovano,  e  nel  prot.  1671  A.  S.  del  notaio  Giampaolo  Setonici,  e 
presso  il  Pericoli  «  Ospedale  della  Consolazione  "  cap.  III.  p.  49  sg.  La  fabbrica 
si  estese  sull'orto  grande  comperato  sino  dal  1483  dalla  moglie  di  Valeriano  dei 
Frangipani.  Su  questo  terreno  e  sugli  altri  adiacenti  alle  Grazie  e  alla  Consolazione 
fu  data  licenza  di  scavare  il  14  aprile  1496,  il  30  luglio  1500,  il  17  febbraio  1511 
e  il  9  ottobre  1512.  Vedi  Bull.  Com.  1891,  p.  229,  e  1899,  p.  170,  ove  sono  rife- 
riti i  documenti  originali  di  concessione. 

1493,  24  febbraro.  L'egregio  dottore  in  legge  Agostino  di  ]\Iartino  concede  li- 
cenza a  Lorenzo  Berti,  chierico  fiorentino,  di  scavare  nel  canneto  della  propria  vigna 
detta  Schifanoia,  a  tutte  spese  dello  scavatore.  I  materiali  da  costruzione  e  le  pietre 
e  scaglie  da  far  calce  saranno  del  medesimo  :  un  terzo  degli  oggetti  d"  arte  e  di  va- 
lore sarà  del  proprietario,  Not.  Egidio  de  Fonte,  prot.  591  e.  8'  in  A.  S.  C. 

1493.  FORVM  VLPIVM.  Il  Grutero  attribuisce  al  1493  la  scopei-ta  del  piedi- 
stallo del  poeta  Claudiano  CIL.  1710,  ma  a  torto,  perchè  il  monumento  era  già  noto 
al  Sabino  e  al  Giocondo. 

1493.  HORTI  PINCIORVM.  Carlo  VIII  di  Francia  incarica  il  suo  ambasciatore 
in  Roma  di  cercare  un  sito  per  fondarvi  un  convento  di  Minimi.  La  scelta  cadde 
sulla  vigna  di  Daniele  Barbaro  veneziano,  posta  sul  Pincio  fra  i  ruderi  della  grande 
villa  degli  Acilii-Pincii,  descritta  Bull.  Com.  1891,  p.  132,  tav.  V-Vl.  Le  fonda- 
menta del  nuovo  convento  furon  gettate  nel  1493.  Le  pietre  da  taglio  per  l'altare 
maggiore  della  chiesa  vennero  da  Narbonne.  Nei  sotterranei  della  fabbrica  si  pos- 
sono vedere  anche  oggi  grosse  muraglie  e  pavimenti  di  musaico.  Vedi  Forma  Urbis, 
tav.  I  per  la  pianta:  il  panorama  stupendo  del  Tempesta,  e  la  vignetta  serie  IV. 
n.  9  di  Israel  Sylvestre  per  l'alzato. 

1494,  27  maggio.  CIRCVS  MAXIMVS.  L'abate  di  s.  Gregorio  Pietio  Xouioiii 
loca  a  Gabriele  de  Rossi  una  parte  considerevole  delle  sostruzioni  del  Circo,  sotto  il 
Palazzo  Maggiore. 

12 


90  ALESSANDRO  VI.   1494- 


«  In  nomine  domini  Amen  Anno  a  nativitate  dai  nostri  Jesii  Cristi  M°  cccclxxxxiiii 
Pontificatus  S"^'  in  Christo  patris  et  domini  nostri  domini  Alexandri  divina  provi- 
dentia  pape  sexti  Indictione  xii  mensis  mail  die  xxvii  In  presentia  mei  &  R*^"^  in 
Cristo  pater  dominus  Petrus  de  nigronibiis  habas  monasterii  sanctorum  Gregorii  et 
Andree  in  Clivo  Scauri  de  urbe  sponte  et  ex  certa  eius  scientia  locavit  et  titulo 
locationis  in  emphiteosim  perpetuam  dedit  Viro  nobili  gabrieli  de  rubeis  Komano 
civi  de  Reg.  pinee  idest  certum  terrenum  sodum  cum  certis  griptis  subtus 
dictum  terrenum  existentibus  incipientibus  a  rebus  et  griptis  domini  marii  de  Mel- 
linis  cum  quadara  ecclesia  existente  subtus  dictum  terrenum  versus 
vineam  Ubi  est  quedam  tur  ricella  Magistri  guidonis  de  Viterbio  dummodo 
alii  seu  aliis  dictum  terrenum  et  gripte  non  sint  locate  seu  locate  reperiantur  quo 
casu  voluit  dictus  dominus  habas  presentem  locationem  nullum  sortiri  debere  nec  posse 
effectum,  quod  terrenum  et  gripte  site  sunt  in  urbe  in  loco  qui  dicitur  Palazo  ma- 
iure  versus  et  contra  ortos  circhi  quibus  ab  uno  latere  est  via  que  vadit  ad 
griptas  domini  marii  de  mellinis  ab  alio  est  dieta  vinea  cum  turricella  retro  est 
dictum  palatium  mai  or  e  cum  antiqui  tatibus  suis  et  res  et  gripte  dicti 
domini  abbatis  et  res  dicti  domini  marii  salva  semper  prelatione  et  facultate  dicto 
domino  habati  designandi  metam  et  finem  dicti  terreni  dicto  locatario  versus 
dictum  palatium  ante  est  via  publica  vel  si  qui  l^  ».  not.  de  Pacificis  prot.  1181, 
e.  496.  A.  S. 

Il  documento  è  notevole  per  più  rispetti.  Esso  si  riferisce  a  quella  lunga  fila 
di  grottoni  tuttora  esistenti  in  via  de'  Cerchi,  e  precisamente  alla  parte  compresa 
tra  la  vigna  di  Mario  Mellini,  e  quella  di  maestro  Guidone  da  Viterbo.  Se  ne  può 
riconoscere  la  località  per  mezzo  di  quella  certa  «  ecclesia  existens  subtus  dictum 
terrenum  «  la  quale  non  può  essere  s.  Lucia  del  Settizonio,  diaconia  illustre,  che 
fronteggiava  s.  Gregorio  in  Clivoscauri,  ma  s.  Maria  de  Gradellis  (gli  «  scivolenti  " 
di  Flaminio  Vacca  m.  6),  rimodernata  dai  Cenci  nel  seicento,  sotto  il  titolo  di 
s.  Maria  de'  Cerchi,  e  ridotta  a  mascalcia  nel  1886.  Si  vede  rappresentata,  coi 
grottoni  vicini  (magazzini  ouer  botteghe  di  mercanti)  nella  tav.  9  di  Stefano  du 
Perac.  Vedi  tav.  I,  9  di  Alò  Giovannoli,  la  IX  di  du  Cerceau  etc. 

Per  ciò  che  spetta  al  locatario  Gabriele  de  Rossi,  esso  tornerà  in  iscena  nel  1515 
come  appassionato  collettore  di  antichità. 

1494,  15  giugno.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  Alessandro  VI  concede  all'  ospedale  di 
s.  Girolamo  della  nazione  illirica  la  facoltà  di  dare  in  enfiteusi  la  loro  vigna  «  in 
loco  qui  dicitur  Austa  "  per  promuovere  la  fabbricazione  del  malsano  quartiere 
dell'  Ortaccio.  Not.  Saba  Vannuzzi  prot.  1810,  e.  68  A.  S. 

1494.  PALATIVM.  Gli  eredi  di  Matteo  Marinelli,  notare  del  r.  Regola,  ven- 
dono al  nobile  Antonio  del  q.  Stefano  de  Mantaco  una  vigna  «  sita  in  loco  d°  Pa- 
latium maius  versus  s.  Theodorura  ".  Not.  de  Taglientibus  prot.  1726  e.  55  A.  S., 
Questi  Mantaco,  famiglia  illustre,  imparentata  coi  Vulgamini,  coi  Millini,  coi  Vari  de' 
Porcari,  avevano  casa  assai  cospicua  a  pie'  di  via  del  Marforio,  nel  prospetto  della 
quale  era  compreso  il  sepolcro  di  Bibulo.  Vi  rimane  per  memoria  lo  stemma  di 
famiglia  riprodotto  dall' Adinoltì  a  p.    11    del    II    tomo    della   «    Roma    nell'età   di 


ALESSANDRO   VI.    1^95  91 


mezzo  »  (').  L'Antonio  acquirente  della  vigna  palatina  tolse  in  moglie  la  nobile 
Camilla  Alberini  (fidanze  nel  codice  vai  8251)  la  quale,  rimasta  vedova  circa  il 
tempo  del  Sacco,  si  mise  a  scavare  antichità  con  l'opera  di  un  maestro  Giuliano 
scalpellino.  Costui  avendo  trovato  un  filone  di  travertini,  si  avvicinò  tanto  a  «  lo  pa- 
lazzo de'  Prigiapani  »•  presso  s.  Teodoro,  che  fini  coli'  esser  chiamato  in  causa  per 
rifacimento  di  danni.  Ho  pubblicato  1'  atto  relativo  a  questa  controversia  nelle  Mit- 
theil.  1894,  p.  30.  La  stessa  gentildonna  acquistò  nel  giugno  del  1546  da  Marcan- 
tonio de  Grassis  altra  vigna  (palatina?)  della  quale  erano  direttarii  i  canonici  dei 
ss.  Cosma  e  Damiano.  Not.  Saccoccia  prot.  372  e.  66  A.  S.  C.  Una  terza  vigna 
fuori  porta  Latina,  confinante  coi  beni  de'  Capozucchi,  le  era  stata  ceduta  dal  marito 
nel  1521,  in  compenso  «  di  gioie  e  robbe  »  vendute  «  e  del  prezzo  servitosene  per 
uso  proprio  ».  Not.  Alessio  Pellegrini,  e.  90  A.  S.  C. 

1495,  19  marzo.  MAVSOLEVM  HADRIANI  —  CIVITAS  LEONIANA.  Ales- 
sandro VI  compie  grandi  lavori  di  scavo  attorno  il  Castello.  «  Fior.  766...  magistris 
Antiquo  et  Philippe  prò  parte  eorum  salarli  et  mercedis  ratione  laborerii  facti  in  f  a- 
ciendis  fossis  circumcirca  castriim  sancti  Angeli  »  Muntz,  Alex.  VI,  p.  210.  Questo 
documento  prova  quanto  erronea  sia  la  data  dell'iscrizione,  Forcella  tomo  VI,  n.  103 
«  Alexander  VI....  portas  et  propugnacula  a  Vaticano  ad  Hadriani  molera  vestu- 
state  coufecta  tutiora  restituit  anno  salutis  mcccclxxxxìì  -  essendo  manifestamente 
impossibile  che  tanta  mole  di  lavoro  sia  stata  compiuta  dall'  agosto,  data  dell'  ele- 
zione del  Borgia,  al  dicembre  del  1492.  E  se  il  muro  fosse  stato  rifatto  del  92, 
non  sarebbe  potuto  crollare  nel  93,  come  afferma  il  Bnrchardt  II,  p.  38.  Del  resto 
Alessandro  VI  ha  molto  fatto  per  il  Castello,  poco  o  nulla  per  il  Corridore.  Il  pro- 
posito di  servirsi  delle  vecchie  mura  leoniane  come  via  di  scampo  ai  pontefici,  mi- 
nacciati in  Vaticano,  è  di  Giovanni  XIII  e  dell'anno  1411.  «  die  lune  15  mensis 
iunii  1411  d.  n.  papa  Ioannes  23.  fecit  incipere  murare  et  fieri  facere  murum  et 
anderineù  de  palatio  app.  usque  ad  castrum  s.  Angeli  per  multos  magistros  «. 
Così  dice  il  diario  di  Antonio  di  Pietro,  citato  dal  Torrigio  a  p.  399  delle  Sacre 
Grotte,  il  quale  aggiunge  del  suo  queste  notizie:  i^  Tal  corritore  dopo  essere  stato 
219  anni  scoperto  con  notabile  detrimento  è  stato  nel  1630  da  (Urbano  Vili)  co- 
perto et  fortificato,  minacciando  mina,  et  aperte  le  due  strade  da  ambe  le  parti  come 
erano  da  principio,  e  nell'  arco  di  esso  incontro  la  fontana  di  s.  Pietro,  e  dall'  altra 
parte  ancora  vi  è  stata  posta  in  marmo  tal  iscritione  adì  8  di  marzo  1631  (Forcella, 
tomo  VI,  p.  150,  n.  552)....  Fino  al  1634  vi  è  stata  un'antica  iscrittione  nella  mu- 
raglia della  strada  dietro  al  corritore,  nuovamente  aperta  (memoria  di  una  «  pa- 
gina "  costrutta  dalla  «  Saltisine  militia  ».  Vedi  Marucchi  -  Silloge  di  alcune  iser. 
dal  sec.  V  al  XV  »,  p.  60,  n.  25):  e  già  tal  lapide  vedevasi  affissa  frale  ve:?tigie 
di  due  torri.  Un'altra  simile  (quella  della  *  militia  Capracorum  »)  era  in  s.  Iaconi^ 
in  Septimiano  ...  monasterio  già  delli  Silvestrini...  La  detta  lapide  fu  da  me  levata 
adì  11  gennaro  1633  dal  pavimento,  dove  stava  con  pericolo  d' esser  spezzata,  e  con- 

(')  Quando  Nicolao  Signorili  copiò  l' epitaffio  di  Bibulo  al  teniiio  di  Martiiin  \',  hi  ca<ii  aj - 
parteneva  o  aveva  appartenuto  a  Luca  Cocaluce.  Vedi  de  Rossi,  «  Le  prime  racc^Ke  •',  p.  S:'". 


92  ALESSANDRO   VI.    1495 


sumata,  e  fatta  affigere  in  un  pilastro  a  man  desti-a.  Poi  nel  1634  a  27  di  luglio 
fu  di  lì  rimossa  e  fatta  murare  adì  29  di  dicembre  sopra  il  portone  di  Pio  IV  in- 
sieme con  quella  che  stava  dietro  al  corritore,  e  vi  si  legge  tale  iscrittione  in  marmo  » 
(manca  nel  Forcella:  «  Urbanus  viii  pont.  max.  geminas  hasce  inscriptiones,  quae  olim 
a  s.  Leone  iv  in  leonianae  urbis  munimentis  positae  fuerant,  ex  obscurioribus  locis 
bue  transtulit  an.  sai.  mdcxxxiv  »). 

I  lavori  di  fortificazione  del  Castello  e  lo  scavamento  dei  fossati  durarono  per 
tutto  il  pontificato  di  Alessandro,  e  furono  compiuti  secondo  l'Ai  veri,  tomo  II,  p.  11, 
soltanto  da  Giulio  II  con  l' opera  di  Antonio  da  Sangallo  seniore.  Vedi  Borgatti, 
Castel  s.  Angelo,  p.  105  sg. 

I]  seguente  documento  del  27  luglio  1497  dimostra  l'importanza  edilizia  e  to- 
pografica dei  lavori  di  Alessandro  VI. 

«  In  nomine  Domini  amen.  Anno  a  nativitate  domini  Millesimo  quatricentesimo  no- 
nagesimo  septimo  mensis  Julii  die  xxvij.  Cum  sit  quod  SS™"*  dominus  noster  Alexander 
Papa  vj  ruinaverit  ac  demoliverit  ruinari  ac  demoliri  fecerit  nonnullas  domos  existentes 
iuxta  castrum  sancti  Angeli  in  burgo  S."  Petri,  ad  finem  ut  dictum  Castrum  in 
debellandum  et  forte  (sic)  construeret  et  faceret,  Et  providus  vir  sanus  de 
Cozonis  in  burgo  S."  Petri  liabe(a)t  unam  domum  juxta  dictum  castrum  sancti  Angeli 
et  iuxta  dictas  ruinas,  cum  una  apotheca,  una  camera  et  una  cantina  existentibus 
in  parte  inferiori  diete  domus.  Cui  domui  ab  uno  latere  sunt  res  abbatis  sancti  Seba- 
stiani, ab  alio  latere  erat  quaedam  domus  Pauli  Joannis  Lelii  quae  nunc  demolita 
est,  ante  est  via  publica,  retro  est  ripa  fluminis,  et  dictus  vir  nobilis  sanus  dubitat 
etiam  profatam  domum  sibi  etiam  demoliri  per  predictum  sanctissimum  dnum  no- 
strum ad  effectum  predictum,  et  propterea  ut  quandocunque  demoliri  contingerit  con- 
stare possit  de  pretio  et  valore  diete  domus  et  propterea  elegerit  providos  viros  ma- 
gistrum  Tliomam  matharatium  magistrum  Paschalem  de  caravagio  et  magistrum  petrum 
matheiira  Lauri  peritissimos  architectores  ad  extimandam  prefatam  domum  ea  propter 
prefati  magistri  architectores  ut  supra  ad  extimandum  electi  domum  prefatam,  per- 
sonaliter  constituti  coram  me  notarlo  declaraverunt  domum  predictam  esse  valori s 
quatricentorum  ducatorum  auri  in  auro  Actum  Rome  in  burgo  sancti  Petri  in  supra- 
scripta  domo  estimata,  presentibus  domino  Marcho  de  planeriis  clerico  brixiensi  ac 
magistro  bartholomeo  Gallarino  matheo  Inferreri  aurificibus  et  Joannes  Caputo  pletore 
bardarum  de  regione  parionis  tesiibus  etc.  »  not.  Gaspare  Ponziani  protoc.  1313,  e.  610, 
A.  S.  A  queste  demolizioni  s'aggiunga  quella  della  vetusta  chiesa  di  s.  Angelo,  e 
dell'  ospizio  0  nosocomio  annesso  alla  medesima,  del  quale  parla  il  Pancirolo.  La 
chiesa  di  s.  Angelo  fu  riedificata  vicino  al  corridore  solo  nel  1564.  Nello  scavamento 
dei  fossati  furono  scoperti  i  due  cippi  della  terminazione  del  Tevere,  CIL.  1236 
b,  e,  il  primo  dei  quali  n  uersus  oriente  »  il  secondo  «  uersus  septemtrionè  » .  Vedi 
Giocondo  Chatsw.,  e.  114'.  Sembra,  che  anche  il  busto  colossale  di  Adriano,  oggi  nella 
sala  rotonda  del  museo  vaticano  (Helbig,  Guide,  tomo  I,  p.  211,  n.  290)  sia  tor- 
nato in  luce  nella  stessa  occasione,  insieme  con  altra  simile  effigie  di  Antonino  Pio. 

Fulvio,  dopo  ripetuta  la  storia  delle  statue  lanciate  sui  Goti  dai  difensori  del 
Castello,  osserva:   «  quorum  fragmenta  quedam  et  capita   statuarum  erui  e  profunda 


ALESSANDRO   VI.   1495-1496  93 


telliire  vidi  Alexan.  vi.  molem  ipsarn  altissimis  undique  fossis  mimiéto  ».  L'Aldo- 
vrandi  vide  in  Castello  nel  1556  un  busto  di  Pallade,  moderno  col  pennacchio,  sulla 
porta  della  loggia  :  la  testa  di  Adriano  predetta,  con  altra  moderna  e  un  torso,  nella 
loggia  stessa;  e  cinque  teste  coi  petti  nella  loggetta  dipinta,  che  risponde  in  Ponte. 
Nelle  schede  fiorentine  di  Antonio  il  giovane  si  trova  al  n.  1223,  il  progetto  per 
la  nicchia  dell'Adriano:  e  nell'Archivio  vaticano  (Istrom.  Camer.  1464-1602  e.  226) 
il  contratto  di  scavo  fra  il  papa  e  i  fratelli  Marchon,  col  quale  il  primo  si  riserva 
marmi,  travertini,  statue  e  metalli,  e  abbandona  ai  cavatori  i  soli  peperini. 

MVR.I  LEONIS  IV.  n  Alessandro  VI  non  solo  abbellì  (il  castello)  di  fabbriche,  ma 
lo  munì  di  baloardi,  e  lo  comunicò  col  palazzo  vaticano  mediante  un  lunghissimo  cor- 
ritore  coperto,  il  tutto  coU'architettura  di  Antonio  da  Sangallo  il  vecchio.  Giorgio  Vasari 
descrivendo  la  vita  di  Antonio  il  giovane  riferisce  che  "  questi  in  luogo  di  Bramante 
proseguisse  il  corritore  in  tempi  di  Giulio  secondo,  che  anche  non  era  condotto  a 
perfettione  ".  Alveri  tomo  II,  p.  111.  In  questa  occasione  Antonio  da  Sangallo  il 
vecchio,  r  architetto  del  Borgia,  coi  marmi  e  coi  travertini  divelti  dal  mausoleo 
costruì  il  torrione  rotondo  alla  testata  del  ponte  rappresentato  in  tutte  le  vignette 
del  Castello  anteriori  all'anno  1628,  nel  quale  fu  demolito  da  Urbano  Vili. 

Il  torrione  era  coronato  da  un  fregio  a  bucranii  vittati,  encarpi,  e  panoplie,  quello 
stesso  che  ornava  il  basamento  quadrato  del  mausoleo.  Era  stato  adattato  alla  curva 
del  bastione  (14  m.  di  diametro)  mediante  1' abassamento  dei  piani.  Vedi  «  Notizie 
Scavi  »    1892,  p.  425. 

1495.  STABVLA  FACTIONVM.  IV.  La  colonia  spagnuola  di  Roma  pone  le 
fondamenta  della  chiesa  e  dell'  ospedale  di  s.  M.  in  Monserrato.  Vedi  Gregorovius, 
Storia,  tomo  VII,  p.  771.  La  fabbrica  era  assai  meschina  e  disadatta,  e  fu  ridotta 
in  migliore  stato  solo  nel  1675.  Vedi  le  convenzioni  tra  il  priore  della  chiesa 
d.  Tommaso  Borgia  e  maestro  Bernardino  Milanese  per  la  costruzione  del  nuovo 
ospedale;  in  atti  Reydetti  prot.  6228  e.  710  A.  S.  Le  donazioni  più  cospicue  a  tale 
scopo  vennero  da  cortigiane,  fra  le  quali  la  bellissima  Caterina  Barda,  che  legò  al 
pio  luogo  un  annuo  censo  di  40  scudi. 

1496,  14  aprile.  TEMPLVM  lANI.  Pietro  Pericoli  pubblicava  sino  dal  1879  a  p.  50 
del  suo  libro  «  l'Ospedale  di  s.  M.  della  Consolazione  ",  il  seguente  documento  come 
esistente  nell'  archivio  di  quel  pio  Istituto  :  »  domini  guardiani  (hospitalis  s.  Mariae  de 
Gratiis)  et  camerarius  concesserunt  rev.  doni.  Hadriano  de  Corneto  protonotario  apo- 
stolico plenam  potestatem  fodiendi  extrahendi  et  remouendi  lapides  marmoreas  et  tibur- 
tinas  statuas  quae  reperiri  possunt  in  hortis  dicti  hospitalis  prò  fabrica  eiusdem  d.  Ha- 
driani  in  uia  Aleiandriua  burgi  S.  Petri,  cum  pactis  etc.  ".  Lo  Gnoli.  considerando 
che  la  via  Alessandrina  non  esisteva  nel  1496,  e  che  il  materiale  d'archivio  perii 
Pericoli  era  stato  raccolto  da  un  noto  falsario,  nega  l' autenticità  del  documento,  del 
quale,  in  ogni  caso,  non  rimane  traccia  nel  tabularlo  dell' Ospedale.  Vedi  -  Arcliivio 
dell'Arte  »  tomo  V,  1892,  p.  343.  Ma  se  il  falsario  ha  aggiunto  del  suo  particolari  poco 
verosimili,  il  che  rimane  da  provarsi,  la  sostanza  del  documento  è  vera,  e  corroborata  da 
testimonianze  ben  altrimenti  autorevoli.  Si  ritrovò  in  questi  scavi  e  si  manomise  il  tem- 
pietto dorico  quadrifronte  di  Giano  (?)  e  parte  della  basilica  Emilia  intorno  ai  quali  scavi 


04  ALESSANDRO   VI.    1496-1497 


vedi  Lanciani  «  l'Aula  e  gli  uffici  del  Seiiato  »  p.  26  sgg.  La  scoperta  destò  grande 
interesse  nel  ceto  degli  architetti-antiqnarii,  i  quali  affibbiarono  all'  elegante  tem- 
pietto il  nome  di  Foro  Boario.  Fra  Giocondo  ne  delinea  la  trabeazione  dorica  «  iu 
borgo  apresso  el  palazzo  di  Adriano  inpezzi  »  sch.  fior.  1632.  Nella  sch.  1539  si 
un  secondo  disegno  del  «  Pistillo  di  forum  boari  in  burgo  inel  palacio  di  Adrjano  » . 
Sallusto  Peruzzi  sch.  676,  ha  lasciato  questo  ricordo  dei  disegni  presi  in  questa 
occasione  dal  padre  suo:  «  quadro  (cioè  tempietto  quadrifronte)  guasto  del  cardial 
Adriao  da  coréto  p  farne  il  suo  palazo  T  borgo  nuovo  e  io  o  uisti  li  I  quel  luogo 
dimoiti  uestigij  e  nrò  padre  lo  misuro  come  apare  i  ne  diséij  suoi  ».  Sui  disegni 
di  Antonio  da  Sangallo  il  vecchio,  vedi  Lanciani,  op.  cit.,  p.  30,  tav.  IV,  Huelsen, 
ann.  List.  1884,  p.  323,  tav.  XI-XII:  e  Bull.  Com.  1899,  pp.  162-204,  tav.  XIII-XV. 

1496.  COLLEZIONE  RIARIO  ALLA  CANCELLERIA  NVOVA.  Il  card,  di  s.  An- 
gelo Raffaele  Riai'io  prende  possesso  del  suo  nuovo  palazzo  presso  s.  Lorenzo  in  Da- 
maso,  nel  quale  riunisce  un  considerevole  museo  di  sculture  antiche,  fra  cui  una  statua 
di  Minerva  assai  ammirata.  Egli  acquisiò  da  Michelangelo  il  Cupido,  scambiandolo 
per  antico  lavoro.  La  scheda  993  Uffizi  di  Antonio  da  Sangallo  giuniore  parla  de 
«  la  basa  della  femina  grande  ched  e  in  la  cancellaria  e  la  basa  della  fiura  piccola 
eh  e  nella  cancellaria  » ,  alle  quali  era  stato  affibiato  il  nome  di  Ope  e  Cerere.  Le  de- 
scrive Ennio  Quirino  Visconti,  nel  tomo  II  del  Museo  Pio-clem.  pp.  171  e  176.  Uno 
dei  simulacri  si  trova  nella  Rotonda  vaticana  (Helbig,  Guide,  tomo  1,  p.  210,  n,  2974): 
r  altro,  ceduto  al  gen.  Bonaparte  col  trattato  di  Tolentino,  è  rimasto  nel  Louvre, 
(Frohner,  «  Sculpture  antique  du  musée  du  Louvre  »,  p.  357, n.  386).  Tutti  tre  gli  autori 
citati.  Visconti,  Frohner,  e  Helbig,  ricordando  che  la  Cancelleria  «  occupe  une  partie 
de  l'emplacement  de  l'ancien  portique  de  Pompeo  » ,  e  credono  «  non  sans  vraisemblance 
que  la  Melpomene  (del  Louvre,  e  la  Hera  del  Vaticano)  pouvaient  avoir  decoré  le 
théatrc  de  Pompée  elevé  en  699  sur  les  confins  du  Champ  de  Mars,  d'après  le  mo- 
dale du  théatre  de  Mitylène  » .  Il  palazzo  della  Cancelleria  è  fabbricato  non  sui  por- 
tici ne  sul  teatro  pompeiano,  dal  quale  dista  circa  200  metri,  ma  sulle  «  stabula 
Factionis  Prasinae».  Vedi  sopra,  a.  1486.  Ma  è  giusto  notare  che  il  rinvenimento 
di  una  statua  colossale  di  Musa,  avvenuto  nel  gennaio  1889  nell'ospizio  di  Tata  Gio- 
vanni, sul  lato  ovest  dei  portici  di  Pompeo,  prova  che  essi  erano  veramente  decorati 
col  gruppo  delle  nove  sorelle,  al  quale  appartiene  anche  1'  Urania  già  Farnesiana.  La 
statua  di  Tata  Giovanni  è  ora  esibita  nella  sala  V  del  museo  Urbano  al  Celio. 

Albertino  f.  23,  Schmarsow,  chiama  la  «  domus  card.  s.  Georgii  perpulchra  cum 
statuis  ac  picturis  columnis  et  multis  marmoribus  suffulta  ».  Nella 
sala  grande  del  primo  piano  v'  era  una  raccolta  di  teste  e  busti  creduti  appartenere 
a  Antonin  Pio,  Severo,  Tito,  Domiziano,  Gota,  Augusto,  Pirro  e  Cupidine.  V  erano 
pure  una  testa  di  donna  sabina  e  una  di  gladiatore.  Vedi  Aldovrandi  p.  165.  Le 
pareti  furono  ornate  assai  più  tardi  con  le  «  imagines  virorum  illustrium  »  fra  le 
quali  quelle  di  Erasmo  di  Rotterdam,  P.  Giovio,  Pier  Sederini,  Gio.  Argiropulo,  Giro- 
lamo Donati,  Carlo  di  Borgogna,  Nicolao  Orsini  di  Pitigliano,  Cristiano  di  Dani- 
marca «  Nerone  crudelior  »,  Giacomo  di  Scozia,  Teodoro  Gaza,  Giorgio  Castriota, 
Tommaso  d'Aquino  ecc.  Vedi  Schrader,  p.  216. 


ALESSANDRO    VI.    1497  95 


1497,  17  gennaio.  CIRCVS  MAXIMVS.  Patti  di  scavo  tra  Faustina  Frangipane, 
padrona  di  un  pezzo  di  terreno  al  Monte  Secco,  e  Liberatore  'de  LoUo  suo  affit- 
tuario. 

«  Indictione  XV,  mensis  Januarii  die  xvij  1497.  Nobilis  domina  faustina  uxor 
nobilis  Viri  Baptiste  de  fregiepanibus  de  Regione  pince  locavit  discreto  viro  Libe- 
ratori qd.  Antonii  de  lollo  de  fulgineo  habitatori  in  Urbe  in  Regione  pince  Idest 
Tres  petias  terrarum  sodarum  ipsius  domine  faustine  sitas  infra  menia  Urbis  in  loco 
qui  diciturMons  siccus,  inter  hos  fines  Quibus  ab  uno  latere  tenent  res  videlicet 
unum  petium  terre  sode  nobilis  domine  Aurelio  uxor  domini  Albertiai  de  Thebalde- 
schis  sub  proprietate  Sancte  prisco,  ab  alio  latere  tenent  ortalia  Circuii  et  proprietas 
Cappelle  Sancti  Andree  site  in  ecclesia  Sancte  Marie  maioris,  ab  alio  latere  et  ante 
sunt  vie  publice  Et  si  in  dictis  terris  ut  supra  dictiis  Liberator  invenerint  Aurum 
argentum  plummum  vel  aliquod  geniis  metalloriim,  tiburtinas,  marmora  seu  peperi- 
gnia,  inter  ipsam  dominam  faustinam  et  dictum  locatarium  dividantur  equaliter  prò 
medietate  Et  si  inventione  dictorum  bonorum  intigeret  [sic}  magna  expensa  in  exca- 
vatione  et  fossione  eorum  tunc  d.  domina  faustina  teneantur  concurrere  ad  medietatem 
impense.  Actum  in  regione  pinee  in  domo  habitationis  diete  domine  Faustine  ".  Not. 
Matteo  de  Taglientibus,  prot.  1726,  e.  1,  A.  S. 

I  confini  di  questo  Monte  Secco  sono  più  esattamente  determinati  nel  documento 
che  segue. 

«  Anno  domini  1497,  Indie.  XV.  mensis  Februarii  19.  Cum  sit  quod  nobilis 
Domina  faustina  filia  qd.  pauli  de  bastardellis  et  uxor  nobilis  viri  bapte  de  fregepa- 
nibus  habeat  certas  suas  terras  sitas  infra  menia  Urbis  in  loco  quod  dicitur  Mons 
siccus  prope  ortalia  Circuii,  quibus  ab  uno  Via  publica  versus  ecclesiam  Sancte  marie 
scole  greco,  ab  alio  videlicet  ante  est  alia  via  publica  per  quam  itur  ad  ecclesiam 
sancte  prisce,  ab  alio  certum  petium  terre  domine  Aurelio  uxor  domini  Albertiui  de 
thebaldeschis  a  pede  dictarum  terrarum  usque  ad  cursum  aque  circuii  sunt  dieta 
ortalia  et  proprietas  cuiusdam  Cappelle  sub  vocabulo  Sancti  Andree  site  in  ecclesia 
Sancte  marie  maioris  de  Urbe  et  quia  in  presentiarum  d.*  faustina  reppererit  de  dictis 
terris  certam  partem  prope  dieta  ortalia  esse  occupatam  a  locatariis  et  laboratoribus 
dd.  ortalium  et  illam  appropriasse  cum  terris  et  proprietate  diete  cappelle  S.  Andree, 
volens  igitur  recuperare,  et  Venerabilis  Vir  Dominns  Bernardinus  Johannis  Jannutii 
de  ponzano  cappellanus  d.  cappelle  Sancti  Andree,  cognoscens  predicta  esse  vera,  et 
iolens  resignare  etc  Idcircho  d.  faustine  resignavit.  Ivi,  e.  3. 

1497,  20  maggio.  OSTIA.  Maestro  Ferino  da  Caravaggio  compie  lavori  impor- 
tanti alla  rocca  di  Ostia,  e  riceve  un  acconto  di  10  ducati  «  prò  parte  operis  maga- 
zeni  ad  reponendum  sai  in  Salinibus  Ostie  ^  Mandati  1492-1500,  f.  102.  11  magaz- 
zino esiste  tuttora  sotto  il  nome  di  Casou  del  sale  :  Pio  IX  lo  trasformò  in  museo 
Ostiense  nel  186G:  e  il  Governo  Italiano  in  abitazione  pel  custode  degli  scavi  nel 
1880.  Ferino  da  Caravaggio  lo  costruì  con  i  blocchi  di  tufa  della  conserva  d'  acqua 
publica,  le  cui  tracce  tornarono  in  luce  nel  1887. 

1407.  Data  del  ^  viaggio  in  Italia  del  cav.  Arnoldo  di  Harff  «  edito  dal  Kcu- 
mout  a  Venezia  nel   1876. 


96  ALESSANDRO  VI.   1497-1498 


1497.  Si  spiana  e  si  ammattona  la  via  di  s.  Martinello  alla  Regola  sotto  la 
cura  di  Camillo  Beneinbene  e  Pietro  Mattuzzi  «  magistri  edificiorum  et  stratarum 
urbis  "  e  commissarii  «  viis  urbis  ampliandis  et  sternendis  « .  Prot.  996,  e.  49,  A.S. 

1497.  Memoria  dell'apertura  di  una  nuova  strada  attraverso  le  mura  di  Borgo, 
tra  la  porta  Castello  e  quella  di  s.  Pellegrino  in  prot.  1112,  e.  177,  A.S. 

1498,  9  gennaio.  Scavandosi  nella  casa  di  Francesco  Paolo  Moniscaliato  in  Campo 
Marzio  si  scopre  l'iscriz.  sepolcrale.  Cod.  Marcian.  lat.  X  195,  f.  214. 

1498.  SILLOGE  GIOCONDIANA.  Circa  quest'  anno  (1497-1499)  fu  terminata 
la  redazione  della  collettanea  epigrafica  di  fra  Giocondo,  detta  Magliabecchiana  perchè 
il  codice  che  la  contiene,  già  dell'arcivescovo  cosentino  Ludovico  Agnelli,  poi  di 
Antonfrancesco  Marmi,  è  finito  in  quella  biblioteca,  dove  porta  il  numero  XXVIII,  5. 
Intorno  a  questa  redazione  e  alle  successive,  vedi  le  fonti  citate  dal  Corpus,  tomo  III, 
p.  XXVII,  e  tomo  VI,  p.  XLIV.  Per  questa  storia  degli  scavi  e  delle  collezioni 
antiquarie  di  Roma,  io  ho  fatto  lo  spoglio  della  Silloge  sopra  due  esemplari  scono- 
sciuti agli  epigrafisti,  o  almeno  non  ricordati  da  essi.  Il  primo,  di  meravigliosa  bel- 
lezza e  perfezione,  può  dirsi  la  gemma  della  biblioteca  ducale  di  Chatsworth;  il 
secondo,  semplice  e  modesto,    sta  nella  Vaticana. 

Di  questo  mi  sbrigo  in  due  parole.  Appartiene  al  fondo  Regina  e  porta  il  n.  2064. 
L' autografo  è  della  fine  del  quattrocento  :  ma  sul  foglio  di  riguardo  una  mano  del 
secolo  XVII  ha  scritto:  «  accurata  veterum  inscriptionum  in  domo  D.  B.  de  Valle 
collectio,  una  cum  adnotationibus  locorum  in  quibus  incisae  reperiuntur,  sivè  in  templis, 
sivè  in  obeliscis,  sivò  in  Arcubus,  sivè  in  Columnis,  sivè  in  Pontibus,  ceterisq.  mar- 
moreis  lapidibus,  qui  adhuc  in  urbe,  sivè  intra  sivè  extra  existentes  praetereuntium 
quotidiè  obijciuntur  " .  Il  codice  non  presenta  particolarità  degne  di  nota,  e  io  ne  ho 
fatto  uso  soltanto  per  verificare  l'esistenza,  il  nome,  e  il  collocamento  delle  varie 
raccolte  private  di  Roma. 

Il  codice  Chatsworth  misura  mill.  242  di  altezza,  mill.  148  di  larghezza,  con- 
tiene 259  fogli  di  pergamena,  ed  è  rilegato  con  una  specie  di  tarsia  di  pelle  a 
rilievo,  cui  i  bibliofili  attribuiscono  valore  inestimabile.  Le  iscrizioni  sono  ripor- 
tate talvolta  in  carattere  epigrafico  di  forma  squisita,  a  oro,  cinabro,  cobalto,  nero, 
morellone  e  cilestro,  talvolta  in  carattere  corsivo  di  color  nero-morellone.  I  luoghi  di 
riferimento  sono  notati  in  margine  di  colore  cinabro.  Poche  iscrizioni  greche,  di  pari 
eleganza  calligrafica.  La  prima  lettera  di  ciascun  titolo  più  alta  delle  seguenti.  La 
t,  corsiva  sempre,  in  forma  T.  Il  testo  non  sempre  corretto.  Così  a  e.  65  «  fecit  Se- 
verusco  sor  »  in  luogo  di  «  Severus  còser  »:  a  e.  83',  Antonius  Pateriom.  coh:  a  e.  85, 
tf  sacr  aula  "  in  luogo  di  SACRA  VIA  :  a  e.  88'  «  M.  Caecilio  sp.  f.  Succrufo  "  :  a 
e.  110,  ANIISIIA  per  ANTISTIA:  a  e.  117  «  ac  aput  Africes  «  :  a  e.  133  «  M.  Aemilio 
Pio  Camiaoo  (Plocamiano)  »  e  così  di  seguito.  Le  iscrizioni  sono  quasi  tutte  contornate 
da  fregi  e  cornici  miniate  con  arte  squisita,  né  la  mano  del  miniatore  tradisce  stan- 
chezza verso  la  fine  del  libro,  o  minor  felicità  nell'invenzione  degli  ornati  e  delle 
grottesche.  «  A  folio  primo  usq.  ad  folium  CXLV  ?>  sono  riportate  iscrizioni  urbane: 
seguono  le  italiche  sino  a  e.  246,  e  le  provinciali  sino  alla  fine   del  codice.  Ve  ne 


ALESSANDRO  VI.    1498  97 


sono  di  false,  poche  dichiarate  per  tali,  il  resto  accettato  in  buona  fede.  L'esame 
epigrafico  del  codice  non  entra  nello  spirito  del  presente  lavoro;  mi  preme  soltanto 
determinare  l'anno  nel  quale  fu  scritto  o  almeno  compiuto.  Giovano  a  tale  scopo  il 
ricordo  degli  scavi  della  Sacra  via  presso  ss.  Cosma  e  Damiano  del  1499  :  e  quello 
della  morte  del  Platina  (1481)  a  e.  90,  del  card,  di  Mantova  Ludovico  Gonzaga 
f  1511  (?),  a  e.  89',  del  card.  Giambattista  Savelli  j-  1494,  a  e.  114. 

La  origine  del  codice  potrà  forse  riconoscersi  coli'  aiuto  dell'  iscrizione  di  Prete- 
stato Salvenzio  a  e.  126',  intorno  alla  quale  vedi  de  Rossi,  Inscr.  chr.  tomo  I,  p.  469, 
n.  1031.  Questa  insigne  memoria  incisa  in  lastra  di  marmo,  messa  in  opera  nel 
pavimento  di  s.  Celso  («  memini  me  vidisse  hoc  epigranma  in  aede  divi  Gelsi  an- 
tiqua, antiquam  solo  aequaretur  » ,  Lelio  Podagr.  in  cod.  vat.  8492)  contiene  due  parti  : 
un' eulogia  biografica  in   nove   distici,  e  la  memoria  cronologica  (testo  Chatsworth). 


Praetextatus   Salaentius    Verecundus    Traia 


nus  V  •  C  •  et  S  P  •  vitam  posuit  •  X  •  K  A  L  • 
ma!  •  et  rf  •  PC  •  Palladi  et  Orestis  •  VV 
ce  •  Qui  vixit  ann  .  XXXV  •  M  •  Il  ■  D  •  XIII  • 


I  codici  genuini  di  fra  Giocondo  non  hanno  questo  documento,  ma  solo  quelli 
«  qui  syllogeu  lucundi  interpolatam  exhibent,  id  est  Canalianus,  quem  Marinius  vidit 
(sch.  5896),  et  Magliabecchianus  XXVIII,  34  ».  I  nove  distici  sono  stati  pubblicati 
parecchie  volte,  dal  Mazochio  in  poi,  ma  non  la  memoria  cronologica,  rimasta  inedita 
sino  al  tempo  di  Gaetano  Marini  che  la  trovò  nella  copia  Canaliana,  e  la  divulgò 
nella  «  Difesa  delle  serie  dei  prefetti  "   a  p.  69. 

II  codice  Chatsworth  sarà  quello  già  Canale  visto  dal  Marini?  Mi  condurrebbero 
a  crederlo  talune  particolarità  del  testo,  assolutamente  identiche:  v.  2,  apstulerin- 
tque  tuum  dura  sepulcra  decus:  v.  6,  auiisti  mentis  nobilitate  decus:  v.  20, 
PC  •  PALLADI  invece  di  LAMPADI  ecc.  Ma  questi  indizii  possono  essere  fallaci.  Cro- 
nologicamente il  cod.  Chatsworth  è  uno  dei  recentissimi  della  serie.  Lo  prova,  fra 
altri  indizii,  il  fatto  che  molti  personaggi  viventi  quando  furono  scritti  i  codici  Ci- 
cogna, veronese  etc,  sono  nominati  in  questo  come  defunti.  Cosi  l'iscr.  CIL.  20654 
che  fra  Giocondo,  Cicogn.  6,  dice  aver  copiata  «  apud  s.  Laurentium  in  Damaso  in 
domo  in  qua  inhabitat  D.  Bartholomaeus  de  Dossis  ad(voc.)  cons(istor)  »  è  descritta 
in  Chatsworth  6'  «  in  domo  q(uondam)  Bartholomaei  de  Dossis  ».  Il  De  Rossi,  riportando 
nel  Bull.  Com.  tomo  XIV,  a.  1886,  p.  345,  l'iscrizione  quattrocentistica  del  gruppo 
delle  Grazie  Piccolomini  dal  codice  Ashburnam  —  Laurenziano  n.  905  contenente  '  una 
nuova  redazione  fino  ad  ora  ignota  della  Silloge  composta  da  Fra  Giocondo  negli 
ultimi  decennii  del  secolo  XV,  riveduta  ed  accresciuta  negli  inizii  del 
XVI  »  viene  a  determinare  anche  la  data  della  redazione  Chatsworth,  essendo  le  due 
postille  quasi  identiche,  e  perciò  contemporanee,  posteriori  cioè  al  trasferimento  delle 

13 


98  ALESSANDRO   VI.   1498 


Grazie  da  piazza  ss.  Apostoli  a  piazza  di  Siena.  «  Romae  in  baside  vetustissima  (  !  ) 
Erant  olim  in  domo  R'°'  Cai''*  de  Columna  ciim  subscriptis  versibù.  Nimc  vero  sùt 
in  R"^'  Car^'*  Senen,  sine  infrascriptis  carminibus  » .  Una  sola  cosa  posso  asserire  ;  la 
redazione  Chetsworth  è  posteriore  all'anno  1513,  avendo  io  trovato  nel  pro- 
tocollo 6053  del  notaro  de  Portiis,  in  A.  S,  e.  738,  una  scritta  relativa  al  «  pro- 
corium  vaccarum  rubrarum  d.  Io.  Bartholomei  de  Doxis  advocati  concistorialis  «  sotto 
la  data  del  15  luglio  di  quell'anno. 

Comunque  vadan  le  cose,  la  silloge  giocondiana  ne  porge  grande  aiuto  per  lo 
studio  delle  raccolte  archeologiche  romane  sulla  fine  del  quattrocento,  e  per  la  cro- 
nologia degli  scavi  che  avvennero  in  quei  tempi.  I  più  notevoli  sono: 

CIRCVS  MAXIMVS  (1492).  Scoperta  dell'iscrizione  di  Severo  Alessandro  CIL. 
1083.  Da  questi  stessi  scavi  proviene  forse  il  termine  di  Crispino  Valeriano  e  col- 
leghi, CIL.  1266,  trovato  «  in  monte  Aventino  versus  circi  maiimi  medium  (e.  9, 
e  114')  r.. 

VIA  APPIA  (1487).  «  In  via  Appia  miliario.  VI.  ab  urbe  inventa  sunt  ista 
epigramata  et  postea  translata  ad  s.  Anastasium  ad  tres  Fontes  :  et  erat  basis  statuae 
militaris  CIL.  1427;  ibidem  erat  basis  statuae  togatae  CIL.  1427.  Ibidem  reperta 
sunt  ista  fragmenta  »   (spuria.  Si  tratta  della  TuUiola    di  cui  all'  anno  1485). 

La  data  del  1487  si  trova  nel  cod.  veron.  a.  e.  100'.  Gli  scavi  debbono  essersi 
estesi  sino  al  VII  miglio.  «  Romae  in  via  Appia  miliario  .VII.  repertum  fuit  sepul- 
chrum  ubi  erant  plures  tabulae  marmoreae  in  quib.  erant  sculptae  coronae  laureae  et 
diversarum  frondium  infra  q*s  erant  scripta  ista  nòia  Tragoedor.  Citaredor.  et  Co- 
micor.  ».  Kaibel  1111  (e.  100'). 

AEDES  ROMAE  ET  VENERIS.  Ricordo  importantissimo  di  scavi  fatti  «  Romae 
in  s.  Maria  Nova,  apud  templum  Pacis,  intra  monasterium  »  ove  fu  trovato  un  marmo 
(epistilio?  base?)  sul  quale  erano  incise  le  lettere  VRBIS  AETERNAE:  poiché  non 
riferendosi  allora  gli  avanzi  di  s.  M.  Nova  al  dinao  di  Adriano,  il  nome  della  città 
Eterna  non  può  essere  stato  falsato  (e.  59). 

VIA  TRIVMPHALIS  •  MONS  VATICANVS  •  SEP.  MINVCIORVM.  Il  sepolcro  gen- 
tilizio dei  Minicii  sul  monte  Mario  non  è  stato  scoperto  la  prima  volta  nel  gennaio 
1881,  come  si  potrebbe  argomentare  da  quanto  abbiamo  scritto,  il  Dressel  BulL  Inst. 
1881,  p.  12,  ed  io  Bull.  com.  1881,  p.  22,  a  proposito  degli  scavi  eseguiti  allora 
dal  Genio  militare.  Parte  dell'ipogeo  fu  certamente  esplorata  dai  Millini  nella  se- 
conda metà  del  quattrocento.  Vi  scoprirono  il  cippo  di  C.  Annius  Fundanus  ci.  puer 
rilegato  dal  CIL.  11724,  tra  i  sepolcrali  di  bassa  lega,  il  quale  prova  la  esistenza 
di  parentela  fra  gli  Annii  ed  i  Minicii.  Nella  casa  dei  Millini  in  Agone  era  pure 
conservata  un'altra  stela  o  lapide  di  Annii  CIL.  11755,  ed  in  quella  alla  Croce  di 
Monte  Mario  simile  di  un  Minicius  Felix  (*)  (e.  59  e  77'). 

CLIVVS  SACRAE  VIAE-ATRIVM  VESTAE  (1497-99).  Gli  scavi  fra  la  Sacra  e 
la  Nova  via,  incontro  ai  ss.  Cosma  e  Damiano  sono  ricordati  più  volte  :  a  e.  69  due 
basi  di  Fabio  Tiziano  CIL.  1653:  a  e.  117  monumento    dedicato   a   Antonino   Pio 

(')  Nel  cod.  Chatsworth  è  scritto:  L,  Numitius  Felix:  credo  debba  leggersi  Minutius, 


ALESSANDRO   VI.    1498  99 


nell'anno  140  dagli  abitanti  di  Mopsuestia,  Kaibel  n.  1051,  che  forma  il  paio  con 
quello  dei  Tarsensi  ibid.  1066.  Il  codice  lo  dice  «  repertum  apud  sanctos  Cosmam  et 
Damianum  anno  MCCCCXCIX  »  (').  Gli  scavi  erano  incominciati  sin  dall'anno  1497. 
Vedi  a  e.  133  «  Haec  octo  subiecta  epigrammata  (di  Vestali  massime  CIL.  VI, 
p.  594,  n.  2131  sg.)  reperta  sunt  in  ruinis  templi  Vestae  quod  erat  ante  templù 
sanctor.  Cosmae  et  Damiani  in  quodà  arundineto...  anno  sai.  MCCCCXCVII». 

B.  I.  MONVMENTVM  FAMILIAE  LIBEROR  •  NER  •  DRVSl.  CIL.  VP,  p.  899  sg. 
scoperto  nella  vigna  oggi  Codini  sotto  Paolo  II.  Vedi  anno  1469. 

MON.  FAMILIAE  ABVCCIORVM.  CIL.  VP,  p.  1096  scoperto  probabilmente 
nella  vigna  Mazzanti  in  via  Tuscolana  (cf.  n.  8117,  8119,  8120). 

R.  VII.  MITHRAEVM  AD  «  S.  GIOVANNINO  ».  Bull.  com.  tomo  XXII, 
a.  1894,  p.  293.  I  monumenti  scritti  di  s.  Giovanni,  mitriaci  o  no,  sono  riportati  a 
e.  112,  112',  113,  113'  e  121.  Il  gruppo  comprende  le  memorie  di  iniziazioni  etc. 
CIL.  751,  752  incise  «  circa  basim  »  o  «  in  basi  »  di  tre  colonne:  quella  n.  749 
«  in  s.  Joanne  prope  s.  Silvestrum  »  e  undici  titoli  sepolcrali  probabilmente  messi 
in  opera  nel  pavimento. 

MONVM.  LIBERTO R.CRISPI  SALLVSTI.  Quando  fra  Giocondo  incominciò  la 
sua  raccolta,  il  colombario  dei  liberti  Sallustii  CIL.  VP,  p.  1100  n.  8183-8210,  era 
stato  scoperto  da  tempo,  e  i  suoi  titoletti  divisi  fra  più  collettori.  Pomponio  Leto 
ne  ebbe  una  parte  (e.  15'),  G.  B.  de  Piccardini,  canonico  di  s.  Pietro  altri  venti  (e.  96) 
uno  fini  «  in  s.  Maria  de  monte  Jordano  »  (e.  131)  due  nella  raccolta  Griffoneti 
(e.  98),  uno  in  quella  di  Alfonso  da  Anagni  (e.  101'). 

TIBVR  •  VILLA  /  PI  SONI  NVNCVPATA.  Fra  Giocondo,  primo  fra  gli  epigrafisti, 
ha  lasciato  ricordo,  benché  incompleto,  della  serie  di  erme  iconografiche  scritte,  che 
dovevano  ornare  la  villa  detta  dei  Pisoni,  e  che  devono  essere  state  scavate  sulla 
fine  del  secolo.  Assai  più  completo  è  il  catalogo  che  ne  prese  l'anno  1503  Martino 
Sieder,  forse  in  seguito  a  nuovi  scavi  e  a  nuove  scoperte. 

Questi  marmi,  che  ricordavano  le  sembianze  più  o  meno  immaginarie  di  Ando- 
cide  (Kaibel  1134),  Aristogitone  1136,  Aristotele,  1138,  Eraclito  1159,  Teofrasto  1165, 
Isocrate  1168,  Cameade  1170,  Milziade  1186  e  Filemone  1221,  furono  descritti  con 
tre  formule:  a)  extra  Tibur  in  tempio  s.  Marie  in  via  ad  villam  Hadriani;  b)  in 
aede  s.  Marie  de  Empesone,  ossia  «  in  Pisoni  ";  e)  in  aede  s.  Marci;  le  quali  tre 
si  riferiscono  tutte  ad  un  solo  luogo,  che  il  Metello  vatic.  6031,93,  chiama  «  in 
Pisoni  "  e  l'anonimo  del  cod.  ottob.  2970  e.  21  i^  in  la  villa  de  Pisoni  a  Tivoli  •'. 
Il  luogo  porta  ancora  i  due  nomi  di  s.  Marco  e  di  Pisoni.  Vedi  Bulgarini  p.  115  e 
la  sua  pianta  dell'  agro  tiburtino  che  accompagna  il  volume.  Il  nome  dei  Pisoni  ap- 
parisce sin  dall'anno  945. 

Gli  scavi  donde  tornarono  in  luce  le  nove  erme  predette  furono  molto  superfi- 
ciali, poiché  essendovi  tornato  a  scavare  nel  1779  il  cav.   d'Azara    ambasciatore    di 


(')  Il  Kaibel  dice:  «  nescio  qua  fide  "  il  Marini  affermi  questo  monumento  essere  stato  tr  - 
vato  nel  1490.  Il  Marini  ebbe  certamente  conoscenza  del  codice  Chatswortli,  il  solo,  a  quanto  pare. 
che  determini  la  data  della  scoperta. 


100  ALESSANDRO  VI.    1498 


Spagna  vi  rinvenue  la  statua  di  Brittannico,  e  sedici  teste  di  filosofi  e  poeti  greci, 
passate  più  tardi  a  Madrid. 

Le  erme  del  primo  scavo  furono  disperse  nel  cinquecento  tra  i  musei  Cai-pi  (1), 
Bellay  (1)  Massimi  (1)  Medici,  e  Papa  Giulio  (4):  due  finirono  in  qualche  muracelo 
di  fondamento. 

Per  quanto  concerne  le  collezioni  antiquarie  si  vede  che  non  v'era  casa 
0  villa  di  benestante,  che  non  contenesse  iscrizioni.  Fra  Giocondo  ne  indica  cento, 
e  i  nomi  di  queste,  uniti  ai  nomi  di  cento  sette  chiese  formano  un  eccellente 
indice  topografico  per  la  Roma  del  quattrocento.  Sulla  fine  del  qual  secolo  gentiluo- 
mini di  vecchio  casato,  prelati  in  possesso  di  pingui  prebende,  banchieri  e  «  mer- 
canti in  corte  di  Roma  »  venuti  di  Genova,  di  Pisa,  di  Firenze  mostravano  avere 
una  sola  ambizione  :  quella  di  legare  il  loro  nome  a  una  vigna  o  giardino  nei  quali 
spiccassero  sul  verde  delle  spalliere  opere  d'  arte  antiche.  I  gentiluomini  romani  non 
sempre  ricchi  di  censo,  si  facevano,  prima  di  ogni  altra  cosa  appaltatori  delle  ga- 
belle di  Ripa,  delle  porte,  della  carne,  dello  Studio,  che  fruttavano  loro  dal  cinque 
al  dieci  per  cento  dell'  incasso  lordo.  Tra  questi  appaltatori  si  ricordano  specialmente 
Giacomo  Boccabella,  Gregorio  Serlupi,  Sisto  Mellini,  Lelio  Margani,  M.  A.  «Altieri, 
Alessandro  e  Giuliano  Maddaloeni,  Andrea  Giovenale,  Bartolomeo  della  Valle,  Filippo 
Arcioni,  Tarquinio  e  Antonio  Santacroce,  Pietro  de'  Fabii,  Domenico  Boccamazzi, 
Domenico  Tebaldeschi,  Paolo  Muziano,  e  i  Boccacci  padre  e  figlio,  ai  quali  dobbiamo 
la  prima  risurrezione  del  colle  Quirinale. 

Può  darsi  che  il  geniale  epigrafista-architetto  veronese,  peregrinando  di  casa  in 
casa,  di  giardino  in  giardino  in  cerca  di  materiali  per  la  sua  silloge,  abbia  ispirato 
ai  possessori,  se  non  il  proprio  entusiasmo,  almeno  un  po'  di  rispetto  verso  le  an- 
tiche memorie. 

COLLEZIONE  ALESSI,  e.  81',  82.  «  Romae  in  domo  Pauli  de  Alexis  »  otto  iscri- 
zioni fra  le  quali  CIL.  VI,  728,  11401,  16658,  20839,  etc.  La  collezione  fu,  poco 
stante,  acquistata  da  Giulio  Porcari  (almeno  14  lapidi,  vedi  Mazochio,  cod.  vat.  8492, 
e.  89').  Le  più  antiche  memorie  sulla  famiglia  Alessi  risalgono  al  1200  :  vedi  laco- 
vacci,  cod.  ott.  2548,  p.  361  sg.  Erano  imparentati  con  la  nobile  casa  degli  Al  li 
(Giulia  A.  moglie  di  Alessio  Alessi  1591),  e  erano  saliti  alle  cariche  pubbliche  con 
Luca  di  Gio.  Alessi.  In  una  carta  dell'  archivio  di  s.  Pietro  in  Vinculis,  citata  dal- 
l'Adinolfi,  tomo  I,  p.  103,  n.  1,  Pietro  di  Jacopo  Alessi  apparisce  comproprietario 
della  valle  «  Formae  de  Pilo  »  fuori  della  porta  della  Donna,  sino  dal  1267.  L'autore 
della  raccolta  Paolo  Alessi,  aveva  tolta  in  moglie  Laura  Alberini  morta  di  peste 
nel  1527. 

COLLEZIONE  ALBERINI.  Sette  iscrizioni  in  domo  Francisci  Alberini,  fra  le 
quali  CIL.  VI,  2547,  533,  15057  etc.  finite  quasi  tutte  in  Vaticano.  Questo  Fran- 
cesco contemporaneo  di  fra  Giocondo  figura  negli  stemmi  genealogici  pubblicati  da 
Domenico  Orano  a  p.  498,  tav.  V,  n.  33  del  suo  splendido  volume  I  sul  Sacco  di 
Roma.  M.  A.  Altieri,  nei  «  Nuptiali  «  lo  chiama  magnifico  et  honorato  gentilhuomo. 
Ma  io  debbo  astenermi  dal  parlare  di  questa  famiglia  perchè  nulla  avrei  da  aggiun- 


ALESSANDRO   VI.    1498  101 


gere  alle  cose  già  dette  o  che  saranno  per  dirsi  dal  lodato  scrittore.  Eglino  posse- 
devano vasti  terreni  archeologici:  le  due  vigne  palatine,  e  la  terza  fuori  di  porta 
Latina,  ricordate  sotto  l'a.  1494:  una  quarta  fuori  di  porta  s.  Lorenzo,  e  la  tenuta 
di  Campo  di  Merlo,  nella  quale,  sulle  sponde  del  fosso  omonimo,  campeggiavano  le 
rovine  della  chiesa  di  s.  Pietro,  opera  di  Adeodato  papa  (vedi  Biondo  Flavio,  lib.  I, 
e.  5')  Flaminio  Vacca  num.  34  ricorda  il  dono  fatto  da  Pio  IV  al  celebre  Rutilio 
Alberini,  sindaco  e  notaio  dei  maestri  delle  strade  nel  1559,  di  una  delle  tre  conche 
di  granito  delle  terme  Alessandrine  che  stavano  abbandonate  in  istrada  alla  Dogana 
presso  s.  Eustachio.  Rutilio  «  la  condusse  con  l'argano  fuori  di  porta  Portese  ad  una 
sua  vigna,  nella  quale  vi  è  una  nobile  peschiera  »  vigna  che  egli  aveva  acquistata 
il  12  die.  1354  da  Gio.  e  Ludovico  Mattei.  Il  palazzo  di  famiglia  in  Banchi  è  inciso 
nella  raccolta  Lafreri  (ristampa  di  Claude  Duchet,  e  di  Heinrich  van  Schoel)  con 
la  leggenda  «  Alberinorum  Romae  domus,  ob  singularem  Bramantis  architecti ...  in 
ea  distribuenda  ac  disponenda  diligentiam,  ad  posteritatem  reservata  imago  » .  Sulle 
collezioni  antiquarie  della  famiglia  vedi  Pighio  cod.  beri.  e.  137,  151,  CIL.  1410, 
e  specialmente  2120. 

COLLEZIONE  ALTIERI,  e.  76,  76'.  Romae  in  d.  Marci  Antonii  Alterii,  depo- 
sitario dei  denari  del  pò.  ro.  sino  al  1518.  Sulla  collezione  epigrafica  raccolta  da  lui 
0  da  suoi  successori  immediati  vedi  CIL.  VI,  81,  82,  145,  144  (perdute),  85  (pas- 
sata ai  Maffei-Montalto-Albacini-Jenkins-Vaticauo)  151,  291,  237  (al  Capitolino)  211 
(a  un  giudeo),  429  (a  Zelada)  etc.  Vedi  Marini,  sch.  vat.  9123,  e  Narducci  i  <*  Nup- 
tiali  »   p.  61  ove  sono  nominati   «  intagli,  teste,  medaglie  e  vasi  antiqui  ». 

Quando  il  Pighio  visitò  il  palazzo  circa  l'anno  1550  tolse  un  ricordo  della  «  statua 
ex  parie  marmore  philosophi  sedentis  facie  quadrata  fronte  et  sincipitio  calva,  naso 
parumper  aquilino,  barba  obtusa  et  densa...  pectore  nudus  ad  pubem  usque  »  (cod. 
berlin.  e.  142). 

Ulisse  Aldovrandi,  nel  1556,  descrisse  due  raccolte  statuarie:  una  «  in  casa  di 
M.  Martio  e  M.  Emilio  su  la  piazza  degli  Altieri  »  l'altra  «  in  casa  di  M.  Girolamo 
su  la  piazza  degli  Altieri  presso  s.  Marco  "   p.  228-229. 

Le  raccolte  si  avrebbero  coi  marmi  di  casa  Paluzzi-Albertoni  quando  1'  ultimo 
rampollo  di  casa  Altieri  cioè  la  nepote  di  Clemente  X,  andò  in  isposa  a  Paluzzo  Ai- 
bertoni  che  prese  il  nome  degli  Altieri.  Vedi  G.  B.  Cavalieri,  voi.  IlI-IV,  delle 
Antiqq.  Stat.  tav.  38  e  57.  CIL.  VI,  9454,  Hondio  p.  31,  e  specialmente  Cod. 
Vatic.  3145  e.  271. 

Fu  allora  edificato  il  palazzo  sulla  piazza  che  portava  tale  nome  (Gesù)  con 
architettura  di  G.  A.  de  Rossi,  a  spese  dei  cardinali  G.  B.  Altieri  camerlengo,  e  Pa- 
luzzo Altieri.  «  Si  rendono  considerabili  negli  appartamenti  oltre  alle  due  statue  di 
Venere,  una  testa  di  Pescennio  Negro  :  uno  specchio  ricchissimo  d' oro  e  gemme  : 
Roma  Trionfante  di  verde  antico,  molti  arazzi  tessuti  in  oro...  In  una  camera  vi  si 
gode  la  vista  di  molti  stimatissimi  quadri...  le  quattro  stagioni  di  Guido  Reni,  due 
battaglie  del  Borgognone,  Venere  e  Marte  di  Paolo  Veronese  :  un  s.  Giacomo  di  Carlo 
Maratta,  la  strage  degli  Innocenti  del  Pussino,  una  Madonna  del  Correggio,  e  la  cena 
del  Signore  del  Muziano.  Per  le  scale  un  Barbaro  prigioniero  trovato  verso  il  teatro 


102  ALESSANDRO   VI.    1498 


di  Pompeo  (sul  sito  preciso  della  scoperta  vedi  Ficoroni,  mem.  100).  Neil'  apparta- 
mento terreno  un  vaso  cinerario  di  alabastro  orientale,  due  colonne  di  portìdo,  la 
statua  di  Venere,  e  quella  di  Sileno  tutto  peloso.  Sono  ancora  degni  d'esser  consi- 
derati due  gran  paesi  di  Claudio  Lorenese,  una  Lucrezia  di  Guido,  una  Venere  di 
Filippo  Lauri,  un  ritratto  di  Kaffaele,  una  madonna  del  Parmigiano. 

Neil'  altro  appartamento  superiore  adornato  con  arazzi  dentro  una  grande  stanza 
vedesi  la  celebre  Biblioteca  già  posseduta  da  (Clemente  X)  ed  arricchita  di  molti 
altri  libri,  medaglie,  carnei  e  manoscritti  rari  dal  cardinal  G.  B.  Altieri  Camerlengo  » . 
Rossi,  il  Mercurio  Errante,  II,  p.  387. 

In  Roma  gli  Altieri  possedevano  due  ville  «  antiquitatibus  refertae  »,  la  prima 
«  ad  portam  salariam  in  Sallustianis  »  di  recente  acquisto,  la  seconda  posseduta  sino 
dalla  fine  del  quattrocento  nell'  Esquilino,  della  quale  esiste  anche  oggi  il  palazzo  e 
il  laberinto.  Nella  prima  si  ricordano  talune  iscrizioni  provenienti  dalla  raccolta  Maffei 
p.  e.  VI,  1388,  nella  seconda  le  lapidi  2261,  2629,  2655,  ecc.  oggi,  in  parte,  mu- 
rate nella  scala  della  casa  de  Rossi  in  piazza  dell' Aracoeli:  l'affresco  del  sepolcro 
de  Nasonii  rappr.  Edipo  e  la  sfinge  (Winckelmann,  Storia,  II,  334)  oggi  nel  museo 
Brittannico.  In  questa  villa  fu  trovata  nella  seconda  metà  del  cinquecento  «  una 
Venere  bellissima  ch'esce  dal  bagno  ed  un  Ercole  di  marmo  collocati  in  opera  in 
una  fabbrica  rettangolare:  suppongo  potesse  essere  una  fonte.  Vi  si  trovarono  anche 
due  musaici  "  Vacca,  mem.  109.  «  La  villa  Altieri,  d' ingresso  magnifico,  ha  un  pa- 
lazzo da  villeggiarvi  ornato  di  non  pochi  marmi  antichi  scolpiti ...  e  oltre  diverse 
colonne  per  terra,  vi  è  un  resto  di  fabbrica  di  terme  »  Ficoroni,  R.  A.  e  M.  tomo  II, 
p.  67.   Il   Rossini   parla   di  «  piccole  statue  e  busti  antichi  e  moderni  ». 

Fuori  di  Roma  possedevano  il  casale  di  Solforata  acquistato  nel  1468  da  Ban- 
dino  di  Mentana,  metà  del  quale  fu  venduta  nel  settemW  1574  alle  oblate  di  Torre 
de  Specchi  :  e  quello  d'Ardea,  del  quale  il  fondatore  della  raccolta  antiquaria  Marco 
Antonio  cedette  la  quarta  parte  nel  1507  al  mercante  Domenico  lacobacci.  Nel  se- 
colo XVIII,  dopo  la  fusione  con  casa  Albertoni,  furono  aggiunti  al  patrimonio  Pro- 
ccio nuovo.  Casal  delle  Grotte,  Dragone,  Solfaratella,  Torricella,  Valle  Oliva,  Ferronea, 
Torre  Maggiore  e  vigne  presso  s.  Lorenzo  e  presso  Fontana  Vergine  fuori  porta  s.  Se- 
bastiano. 

COLLEZIONE  ALFONSO  D'ANAGNI,  e.  101  sg.  Sembra  trattarsi  non  di  tito- 
letti  raccolti  uno  ad  uno  da  varii  luoghi,  ma  del  prodotto  di  un  determinato  scavo, 
e  del  contenuto  di  uno  o  di  due  colombai.  E  poiché  mi  occorre  per  la  prima  volta 
di  toccare  l'argomento  della  ricostruzione  dei  singoli  scavi  urbani,  in  relazione  all'ap- 
parato del  volume  VI  del  Corpus,  torno  a  dichiarare  nulla  essere  più  lontano  del 
mio  pensiero  quanto  una  critica  di  quel  colossale  lavoro.  Il  Corpus  ha  dovuto  sotto- 
mettere gli  interessi  topografici  a  quelli  dell'epigrafia,  e  ordinare  la  massa  spaventosa 
dei  titoli  sepolcrali  secondo  l'alfabeto,  non  secondo  il  luogo  d'origine.  Ciò  rende  dif- 
ffcile  sempre,  impossibile  in  taluni  casi  il  riordinamento  topografico  del  materiale: 
ma  nel  caso  presente  lo  scopo  sarà  facilmente  raggiunto,  mercè  una  scoperta  avve- 
nuta l'anno  1847  in  vigna  Codini,  descritta  negli  Annali  Inst.  1856,  p.  14  e  CIL. 
VP  4714.  Si  tratta  di  un  piccolo  frammento   «  fastorum  coUegii  e  familia  Augusta 


ALESSANDRO   VI.    1498  103 


ad  comparandum  sepulcrum  comune  instituti  »  circa  l'anno  4  avanti  l'è.  v.,  il  quale 
frammento  si  commette  alla  parte  maggiore  di  detti  Fasti,  n.  10395,  già  posseduta 
da  Alfonso  d'Anagni.  Ma  v'  è  di  più.  Il  CIL,  ha  collocato  tra  le  sacre,  al  n.  244, 
un'altro  monumento  dello  stesso  colombaio  e  dello  stesso  «  coUegium  servorum  et 
libertorum  Domus  augustae  » ,  scoperto  e  posseduto  dallo  stesso  personaggio,  dal  quale 
apprendiamo,  che  il  collegio  continuava  a  fiorire  nell'anno  18  p.  C.  Negli  scavi  pre- 
detti di  vigna  Codini  e  dell'anno  1847  fu  ritrovato  il  titoletto  n.  4715  contenente 
il  nome  di  un  GAA  AMYNTianus,  che  apparisce  pure  nei  Fasti  sopra  ricordati. 

Da  tutto  ciò  si  può  argomentare  che  nell'  ultimo  quarto  del  XV  secolo  si  fecero 
scavi  nel  sepolcreto  fra  l'Appia  e  la  Latina,  accanto  al  «  Monuraentum  familiae 
Marcellae  »  descritto  CIL.  VP,  p.  208-296  :  che  le  iscrizioni  venute  alla  luce  furono 
trasportate  alla  casa  di  Alfonso  d'Anagni,  e  dopo  la  sua  morte,  a  quella  dei  Toma- 
rozzi  vicina  al  Pantheon,  e  a  quella  di  Paolo  dell'  Orologio,  vicina  a  s.  Giacomo 
degli  Spagnuoli  :  e  finalmente  che  al  gruppo  epigrafico  raccolto  dal  CIL.  1.  e.  si  devono 
ricongiungere  i  nn.  244,  2720,  8781,  10395,  11120,  15954,  1G535,  17219,  17155, 
18505,  21392,  21948,  22666,  22687,  24196,  25525,  25780,  26415,  26419  26584, 
27221,  27490,  27671,  28555,  29044,  29054,  29621  e  Kaibel  2045. 

COLLEZIONE  ANGELERA.  e.  66'.  Cinque  iscrizioni  «  in  domo  d.  Ioannis  de 
Angelera  »  tra  piazza  Colonna,  e  s.  M.  in  via  Lata.  Le  memorie  di  questa  famiglia 
incominciano  col  1288.  Vedi  lacovacci,  cod.  ott.  2548,  p.  577,  e  CIL.  VI.  2902, 
15847,  19696,  26139.  La  raccolta  passò,  in  tutto  o  in  parte,  ai  Soderini  del  mausoleo 
di  Augusto.  Vedi  a.  1549,  9  aprile. 

COLLEZIONE  ARMELLINI,  e.  109  sg.  CIL.  9975,  14617,  etc.  Può  darsi  che 
si  tratti  di  Francesco  Armellini,  nato  nel  1469,  fatto  cardinale  nel  1517,  adottato  da 
Leone  X  nella  propria  famiglia,  e  morto  in  Castello  durante  il  Sacco.  Clemente  VII 
si  servì  pel  proprio  riscatto  dei  duecentomila  scudi  che  l'Armellini-Medici  possedeva 
soltanto  fuori  di  Roma.  Aveva  sontuoso  palazzo  in  Borgo  nella  via  allora  detta  Car- 
reria  Sancta. 

COLLEZIONE  BAFFI,  c.  73'.  Diecisette  iscrizioni  «  in  domo  d.  Gentilis  Baflì  », 
fra  le  quali  CIL.  629,  13226,  13361,  14966,  15118,  15801,  16376,  20008,  20716, 
23176,  23984  etc.  Non  si  tratta  di  semplici  lapidi  sepolcrali,  o  di  titoletti  da  co- 
lombaio, ma  di  are  marmoree  riccamente  ornate  d' intagli,  stimate  degne  di  figurare, 
più  tardi,  fra  i  tesori  degli  Orti  Cesiani,  Matteiaui  e  Carpensi.  Talune  furono  ripro- 
dotte e  contraffatte:  delle  quali  contraffazioni  si  vedono  anche  oggi  esemplari  in 
Catania  (n.  629)  e  in  casa  Guicciardini  in  Firenze  (n.  14966).  La  casa  di  Gentile 
Baffi,  dove  erano  raccolti  questi  bei  monumenti,  è  più  conosciuta  sotto  il  nome  di 
palazzo  Tebaldeschi,  o  palazzo  della  Torre  del  Melangolo,  nel  r.  di  Campitelli.  Credo 
ne  parli  lo  Jacovacci  in  cod.  vat.  2549,  p.  13,  sotto  la  data  1451-1490.  Un  documento 
del  1503  del  notaio  Bertoni  in  A.  S.  C.  prot.  127,  parla  di  una  «  platea  que  dicitur 
Petri  Ludovici  in  r.  Campitelli  »  e  siccome  Pier  Ludovico  era  allora  il  capo  di  casa 
Tebaldeschi,  cosi  io  stimo  essere  quella  piazza  identica  con  quella  del  Melangolo. 

COLLEZIONE  BELLI,  e.  115'.  Sedici  iscrizioni  «  in  domo  Ludovici  Belli  •'  fra 
le  quali  8617,  9769,  9770,  12036,  13657   etc.   che   l'autore   della   Collettanea   ha 


104  ALESSANDRO   VI.    1498 


tolto  di  peso  dagli  autografi  di  Pietro  Sabino,  non  copiato  dai  marmi  originali.  Alcuni 
di  questi  migrarono  più  tardi  in  casa  Delfini.  La  famiglia  de  Bello  fiori  fra  gli 
anni  1451  e  1600.  Vedi  lacovacci,  cod.  cit.  p.  219. 

COLLEZIONE  DEL  BVFALO  (DE  CANCELLIERI),  e.  135.  «  In  domo  Angeli 
Bubali  :  «  hic  est  statua  Herculis  et  multorum  deorum  in  ciclo  »  più  l' iscrizione  di 
un  Apronio  CIL.  12234. 

1  Bufali  ebbero  due  raccolte,  una  in  r.  Colonna  nella  loro  casa  d'abitazione, 
una  in  r.  Trevi  nel  loro  giardino  confinante  con  l' acquedotto  Vergine  (alla  Chiavica 
del  Bufalo),  la  prima  di  pochi  pezzi,  la  seconda  di  grandissima  considerazione.  E  sic- 
come questa  seconda  fu  formata  soltanto  nel  secolo  XVI  e  ha  una  istoria  a  sé,  indi- 
pendente  affatto   dall'  altra,  così  gioverà   trattarne  a  parte.  Vedi  a.  1572  (e  1575), 

Al  tempo  di  fra  Giocondo  la  miglior  parte  dei  Buffali  de'  Cancellieri  abitavano 
tra  la  piazza  di  Sciarra  e  la  piazza  Colonna,  e  formavano  due  rami  :  quello  di  Francesco, 
e  quello  di  Cristoforo.  Ma  mentre  trovo  nel  mio  schedario  infinite  notizie  risguar- 
danti  uno  Iacopo,  un  Bernardino,  uno  Stefano,  un  Innocenzo,  un  Marcantonio,  un 
Gregorio,  un  Giuliano,  un  Giovanni  Battista,  tutti  contemporanei  di  fra  Giocondo,  del 
suo  Angelus  Bubalus  trovo  ricordo  una  sola  volta  in  un  rogito  Beneinbene  dell'I  1 
sett.  1477,  contenente  i  patti  e  le  convenzioni  tra  maestro  Filippo  della  Valle  me- 
dico, e  Battista  figli  di  Angelo  Bufalo  cavaliere  di  Cristo,  a  proposito  del  suo  ma- 
trimonio con  Francesca  figlia  del  Filippo  predetto.  Il  «  magnifico  cavaliere  «  era  figlio 
di  Lorenza,  sposo  di  Madonna  Annese.  e  padre  di  Battista  e  di  Marcello,  tutti  se- 
polti nella  chiesa  di  s.  Andrea  de  Columna  che  era  di  giuspatronato  della  famiglia. 
E  quando  Sisto  V  fece  abbattere  questa  chiesa,  per  fare  piazza  attorno  la  colonna  «  ordinò 
che  nella  chiesa  di  s.  Maria  in  via  fusse  dato  loro  un  sito  per  capella  con  l'invo- 
catione  di  detto  santo,  nella  quale  si  seppeliscano  solo  quelli  della  famiglia.  La  loro 
habitatione  «  prosegue  l'Ameyden  «  incominciava  dalla  fine  di  piazza  Sciarra  et  girava 
molto.  Nella  casa  che  era  del  cardinale  Veralli  in  piazza  Colonna,  hoggi  del  cardi- 
nale Spada  (poi  Piombino),  vi  erano  per  le  stanze  le  arme  de  scacchi  con  la  testa 
del  buffalo.  Quella  dove  hoggi  habita  il  cardinale  de  Lugo  era  similmente  d'un  tal 
Girolamo  del  Bufalo,  nel  qual  palazzo  sopra  la  porta  stava  una  grand'  arme  di  marmo 
con  la  testa  del  buffalo  essendo  stata  levata  quando  detto  palazzo  dal  conte  Gasparo 
Spada  fu  comprato.  Hoggi  questi  del  Bufalo  hanno  l' habitatione  nel  Corso  fra  piazza 
di  Sciarra  e  piazza  Colonna,  in  tre  sole  case  che  comprendono  quasi  un'  isola  intera, 
dividendosi  al  presente  in  tre  famiglie  ". 

Sulla  fine  del  secolo  XVI  quando  il  palazzo  principale  era  già  passato  in  pro- 
prietà di  K  mr.  Fabritio  Lazzaro  dottore  celebre  »  vi  restavano  le  seguenti  anticaglie  : 
«  un  pilastro  appoggiato  al  muro  (dello  scoperto  o  cortile)  con  busti  2  di  mezzo  ri- 
lievo, a  man  dritta  d'  homo  vecchio  raso,  et  alla  manca  di  donna  attempata  co  spessi 
capelli  e  ricci  ".  Cippo  di  L.  Tullio  Dietimo,  CIL.  VI,  1924;  «  una  rara  statua  nuda 
di  Venere  »  e  l'iscrizione  CIL.  VI,  8658.  Vedi  Lanciani,  Cod.  Barb.  XXX,  89,  pp.  10 
e  52. 

I  Cancellieri  possedevano  la  Torricella  de  Fiascali,  Grotta  Maroza,  Trafusina, 
Valle  Melaina,  S.  Nicola,  Cortecchia,  Redicicoli,  la  Cancelliera,  Prato   della  Spina, 


ALESSANDRO   VI.    1498  lOì 


Torre  Maggiore,  Casale  Abbrucciato,  Campiglia,  la  Ferriera  Pantanella  presso  Grotta 
Ferrata,  e  una  vigna  in  Sallustianis. 

COLLEZIONE  CAFFARELLI,  a  e.  19.  Otto  iscrizioni  «  in  domo  Capharelor.  apd 
campii  Florae  "  fra  cui  CIL.  8703,  9707,  12998,  15233,  15258  cet  Impossibile  di 
entrare  nel  mare  magno  dei  palazzi  e  case  di  questa  famiglia.  Vedi,  frattanto, 
Huelsen,  «  Familie  Caifarelli  «in  «  Bilder  aus  der  Geschichte  des  Kapitols  »  p.  25, 
n.  2,  e  Lanciani,  Bull.  Com.  a.  XXIX,  1901,  p.  8.  Il  fondatore  della  raccolta  è  il 
Prospero  Caifarelli,  figlio  di  Antonio  avvocato  concistoriale  e  di  Ludovica  Colonna, 
vescovo  di  Ascoli  nel  1485,  vice  legato  di  Viterbo  nel  1492,  f  nel  1500.  Abitava 
presso  Campo  di  Fiore.  I  suoi  parenti  e  successori  non  lo  seguirono  nel  campo  archeo- 
logico, e  la  famiglia  Cafifarelli  si  è  segnalata  sino  ai  nostri  tempi  per  la  sua  indiffe- 
renza verso  le  cose  d'arte  e  d'antichità.  Fa  eccezione  Lorenzo  Caffarelli  «  conserva- 
tore et  defensore  degli  edifizii  pubblichi  »  al  tempo  di  Paolo  II,  il  quale  «  stracciò 
et  ferì  quelli  che  cavavano  li  trauertini  delli  fondamenti  del  Culiseo  »  (Huelsen, 
ì.  e.  n.  26).  Vedi  Aldovrandi,  p.  221. 

COLLEZIONE  CAPODIFERRO.  a  e.  90.  Cinque  iscrizioni  «  in  domo  q.  Marcelli 
Capo  de  Ferro  »  e  due  altre  a  e.  132  provenienti  dal  mausoleo  degli  Asprenati,  CIL. 
VI,  1370,  1371.  Si  tratta  forse  del  Marcello  maestro  delle  strade  e  edificii  di  Roma 
nel  1425  insieme  a  Nicola  Porcari.  Del  museo  Capodiferro  raccolto  più  tardi  nel 
palazzo  oggi  Spada  si  parlerà  all'  a.  1559.  Sulla  relazione  di  famiglia  coi  Maddaleni 
vedi  più  sotto. 

COLLEZIONE  CAPRANICA,  a  e.  117.  Poche  iscrizioni  fra  cui  CIL.  640,  8983, 
10730.  Il  n.  640,  edicola  marmorea  dedicata  a  Silvano,  è  accompagnato  dalla  nota  : 
li  Hic  est  imago  Siluani  nudi  senis  habentis  marni  dext*.  falce  putatoria,  in  capite 
sertù:  in  sinistra  ramù  pini  cu  spolio  leenae.  ad  pedes  eius  est  canis  cu  auribus 
arrectis.  Siluanus  gestat  ocreas  ad  medias  tibias  ».  Gli  altri  due  numeri  8983  e 
10730  si  riferiscono  allo  stesso  individuo  P.  Elio  Lyco,  istitutore  nella  scuola  di 
Capo  d'Africa:  ma  il  Corpus  gli  ha  separati,  collocando  il  primo  titolo  tra  quelli  degli 
«  ufficiales  ex  familia  Augusta  »  il  secondo  tra  quelli  del  volgo  profano.  Credo  che 
il  fondatore  della  raccolta,  destinata  a  raggiungere  grande  celebrità  nel  secolo  seguente, 
sia  l'Angelo  vescovo  di  Palestriua,  cardinale  di  titolo  di  Santa  Croce,  fratello  di  Giu- 
liano, zio  di  Paolo,  di  Giovanni  Batt.  e  di  Girolamo  vescovo  di  Fermo,  il  quale  acquistò 
nel  marzo  1475  i  beni  di  casa  Savelli  in  Teverina  (Casale  Torrita  del  Vescovo),  e  in 
territorio  Albano  (Grotta  Scrofana  ecc.).  Quando  Pietro  Sabino  copiò  le  iscrizioni 
predette,  la  casa  apparteneva  a  Paolo.  La  famiglia  possedeva  sino  dalla  prima  metà 
del  secolo  terreni  archeologici  sul  Palatino.  Biondo  Flavio,  dopo  descritta  la  chiesa 
di  s.  Andrea  in  Pallara  «  in  qua  sepulcrum  est  Joannis  papae  eius  nomini  octavi  - 
aggiunge  :  ^  ceteras  Palladii  partes  alto  circumdatas  muro,  vinca  implet  sunimi  viri 
Dominici  Capranicensis  ...  cardinalis,  quem  litteris  ornatissimum  ....  cet.  •<.  I  Capranica 
continuarono  a  possederla  almeno  sino  al  1557,  nel  quale  anno,  una  carta  del  not. 
Reydetto  prot.  6165,  e.  56  A.  S.,  ricorda  la  «  vinca  Capranica  in  monte  Palatino  iuxta 
stratam  que  ab  arcu  Titi  ascendit  ad  dictum  montem  ».  La  deferenza  di  Biondo 
Flavio  verso  del  cardinale  si  spiega  facilmente  con  ciò   che  egli  era  stato  ammesso 

U 


106  ALESSANDRO   VI.    1498 


a  far  parte  deirAccaderaia  Capranicense  insieme  a  Enea  Silvio  Piccolomini,  a  Jacopo 
Ammanato  etc.  Nel  palazzo,  ancora  esistente  nella  piazza  degli  Orfani,  che  allora 
dicevasi  «  piazza  del  card,  di  Fermo  »  era  stata  raccolta  una  biblioteca  di  2000  vo- 
lumi, arricchita  più  tardi  di  altre  opere  da  Guglielmo  de  Pereriis,  uditore  di  rota 
sotto  Alessandro  VI.  Sul  museo  Capranica  del  secolo  XVI  e  sua  dispersione  vedi 
ad  a.  1574. 

COLLEZIONE  CARAFFA,  a  e.  124.  Tre  iscrizioni  121,  2679,  9991  «  apud 
Rf".  D.  Episcopum  Caiacen  t ,  cioè  in  casa  di  Oliviero  Caraffa,  cardinale  e  vescovo  di 
una  quindicina  di  sedi,  fra  le  quali  quella  di  Caiazzo.  Avendo  tolto  in  affitto  il 
palazzo  di  Francesco  Orsini  in  Agone,  fece  collocare  sull'angolo  verso  la  via  papae 
il  frammento  del  Pasquino  nel  1501.  Chi  sa  se  il  frammento  non  provenga  dalle  fon- 
damenta del  convento  della  Pace,  le  quali  si  stavano  appunto  scavando  nel  1501.  Il 
cardinale,  ricco  a  milioni,  possedeva  una  vigna  fuori  porta  del  Popolo,  altra  sul  Qui- 
rinale, e  delle  buone  anticaglie  nella  sua  residenza  di  città.  Vedi  Albertini,  p.  87.  La 
vigna  del  Quirinale  sembra  fosse  ornata  con  le  immagini  degli  «  scriptores  rei  rusticae  » 
(Schrader,  p.  218).  Sotto  una  figura  di  Flora,  posta  nel  conclave,  leggevasi  il  gentile  epi- 
gramma «  firmum  corporis  robur  (il  cardinale  morì  di  81  anno),  castasque  mensarum 
delitias,  et  beatam  animi  securitatem  amatoribus  meis  promitto  "  (Ivi,  p.  215').  Questo 
sito  di  delizia  rimase  in  potere  della  famiglia  sino  al  maggio  del  1587:  poiché  non 
avendo  il  card.  Luigi  d'  Este  pagato  il  prezzo  pattuito  per  1'  acquisto,  i  coeredi  Fabrizio 
Carafa  duca  d'Andria,  Vincenzo  priore  d'  Ungheria,  e  Francesco,  lo  venderono  a  Sisto  V 
al  prezzo  di  20  m.  scudi. 

Il  testamento  del  card.  Oliviero,  rogato  dal  notaio  Luigi  de  Guirranis  de  Cam- 
pania (in  A.  S.  C.  Script.  Archiv.  voi.  II,  e.  40')  porta  la  data   del  12  maggio  1509. 
« .  . . .  relinquo  omnes  meos  libros  in  omni  facultate  videlicet  theologie,  philosophie, 

canonice  et  civili   librarie  quam  fabricavi  in  sancta  Maria  de  Pace   ordinis  Canoni- 
corum  regularium item  relinquo  capello  mee  Annumptiate  et  sancti  Thome  in  Mi- 
nerva unam  crucem  argenti  parvam  et  duo  candelabra    argenti  prò  altare  ....  item 

relinquo   diete  capello   duos  pannos  de  racla  magnos  (arazzi)  cum  ystoria   adami   et 
ève  ut  serviant  in  festo  Annumptiationis ......  Eredi   dell'  enormi  ricchezze   furono 

chiamati  i  fratelli  Carlo  ed  Ercole,  e  i  nipoti  Antonino  e  Giacomo. 

COLLEZIONE  CIAMPOLINI.  Vedi  la  mia  Memoria  sulla  <*  Raccolta  antiquaria 
di  Giovanni  Ciampolini  «  in  Bull.  Com.  voi.  XXVII,  a.  1899,  p.  101  sg.,  alla  quale 
posso  aggiungere  un  solo  documento  relativo  a  una  vigna  «  Michaelis  et  aliorum  fra- 
trum  de  Ciampolini  ".  La  vigna  si  trovava  «  infra  moenia  urbis  in  loco  qui  dicitur 
Monte  Aventino,  in  loco  qui  dicitur  sancto  Alexo  »  (terreno  archeologico  per  eccellenza), 
a  confine  con  le  vigne  di  maestro  Luigi  dello  Guazzo  pelamantelli,  dell' avv.  Fran- 
cesco Novelli  ecc.  Vedi  noi  de  Goriis,  prot.  851,  e.  82  in  A.  S.  Nel  1537  si  ha  me- 
moria di  un'  altra  vigna  posseduta  da  Imperia  vedova  di  Francesco  Ciampolini  fuori 
la  p.  Latina  in  luogo  detto  Valle  d'Accia.  Vedi  not.  Straballato,  prot,  1709,  e.  88 
in  A.  S.,  e  Robert  in  MittheiL,  tomo  XVI,  a.   1901,  242. 

COLLEZIONE  CECCHINI.  Ricordo  la  bella  iscrizione  dell'auriga  Diocle  CIL.VP, 
10048,  che  l'a.  dice  aver  copiata  «  Romae  in  Campo  Martio  sub  porticu  domus  de 


ALESSANDRO   VI.    1498  107 


Cechinis  in  lapide  ab  lato  ex  vinea  »  dei  Cecchini  stessi,  la  quale  doveva  troyarsi 
lungo  la  via  Trionfale,  a  piedi  o  sul  dorso  del  monte  Vaticano,  come  risulta  dalle  testi- 
monianze recate  dal  Corpus  1.  e.  Non  saprei  dire  se  questa  vigna  sia  la  stessa  sulla 
quale  Giambattista  Cecchini  impose  un  censo  di  scudi  24  a  favore  di  Laudomia  Bassa 
de'  Capozucchi  nel  luglio  1579,  perchè  l' atto  rogato  dal  not.  Curzio  Saccoccia,  la 
descrive  come  posta  fuori  di  Porta  del  Popolo.  Le  memorie  di  questa  illustre  famiglia 
rimontano  almeno  al  trecento.  L'Ameyden  lesse  nell'archivio  di  SS.  SS.  un  atto  dell' 11 
maggio  1363  del  not.  Antonio  Rossi  di  Colleferro,  relativo  a  una  «  venditio  facta  per 
domiuam  Costantinam  de  Cecchino  relictam  quondam  domini  Stephani  de  Comite  ". 
I  Cecchini  risiedevano  in  Campo  Marzio  (')  in  una  «  casa  antica,  rinnovata  »  nel  seicento  : 
e  avevano  sepoltura  nella  «  chiesa  antica  delle  monache  di  Campomarzo,  la  quale  hoggi 
è  inchiusa  nel  monastero  per  essersi  ingrandito  e  fatta  nuova  chiesa,  di  modo  che  non 
si  possono  vedere  » .  Possedevano  altre  case  «  in  reg.  S''  Angeli  in  via  qua  itur  ad 
forum  piscarium  »  (not.  Micinocchi  prot.  1146,  e.  21,  A.  S.),  in  r.  Colonna  a  canto  i 
beni  dell'archiospedale  di  s.  Giacomo  in  Augusta,  in  r.  Regola  nella  piazza  di  Campo 
di  Fiore,  in  r.  Campomarzo  presso  s.  Ivo  :  e  fuori  di  Roma  i  casali  di  Pietramala  in  via 
Tiburtina,  di  Boccone  in  via  Collatina,  e  di  S.  Vitale  de'  Cecchini  in  via  Anziatina  (?). 

COLLEZIONE  COLONNA,  e.  36.  Casa  e  giardino  apd  s'°^  apostolos,  del  fu  vescovo  • 
di  Siponto.  Vi  erano  collocate  CIL.  621,  2490.  Il  compilatore  vi  aggiunge  la  memoria 
del  «  templum  Isidis  Exoratae  »  CIL.  VI,  5,  n.  60  che  è  falsa,  e  Kaibel  n.  999  che 
è  vera  e  si  riferisce  al  Mitréo  annesso  al  tempio  del  Sole  di  Aureliano.  Il  fondatore 
della  raccolta  pare  sia  stato  il  cardinale  Prospero,  -j-  24  maggio  1463,  del  quale  scrivo 
Biondo  Flavio  a  e.  15'  :  «  lucolit  ea  hortorum  Mecoenatis  aedificia  (la  torre  Mesa), 
et  quantum  opes  suppetunt  instaurat  alter  nostri  seculi  mecoenas  Prosper  Columnensis 
cardiualis,  adeoq.  purgando  et  instaurando  illis  in  aedibus  perfecit:  ut  subiectae 
mentis  radicibus  areae  et  incipientis  ab  ea  in  Summam  aedium  partem  ascensus 
pavimenta  marmo reis  varii  coloris  texellis  compacta  visantui- » .  Il  card. 
Prospero  possedeva,  fra  le  altre  cose,  un  torso  di  Ercole  non  dissimile  da  quello  di 
Belvedere,  salvo  che  nella  migliore  conservazione  delle  gambe  e  del  petto  (Vedi  Bull, 
com.  voi.  XXVII,  a.  1899,  p,  102  sg.)  e  probabilmente  il  gruppo  delle  Grazie,  oggi  in 
Siena  «  repertum  in  aedibus  de  Columna  »  (Vedi  Bull.  cit.  voi.  XIV,  a.  1886,  p.  347). 
L'Albertino  f.  62  tace  di  opere  d'arte.  Il  Fulvio,  parlando  delle  Cariatidi  a  p.  133' 
dell'ed.  Ferrucci,  dice  «  vedesi  hoggi  due  statue  di  marmo  così  fatte,  che  sostengono 
il  tetto  della  loggia  dell'antica  casa  de'  Colonnesi  sotto  il  monte  Cavallo  " .  La  sola 
anticaglia  superstite,  al  tempo  dell' Aldovrandi  era  il  sarcofago  di  Melissa,  messo 
per  vasca  nel  cortile  (p.  266).  Dei  marmi  e  dei  quadri  di  casa  Colonna  si  parlerà 
a  lungo  nel  tomo  III. 

COLLEZIONE  GALLI,  e.  128.  Ventitré  iscriz.  in  domo  d.  Joannis  Galli  script. 
Poenitentiariae,  fra  le  quali  n.  2649,  9288,  9289,  9637,  9709,  11515,  12388.  13367. 

(')  La  casa  stava  sul  confino  col  vicino  rione  Colonna,  nella  presente  via  di  Campo  Marzio,  di 
maniera  che  il  «jfiardino  annessole  giungeva  sino  alla  colonna  del  divo  Pio,  la  ijuale,  in  una  carta 
del  1555,  che  pubblicherò  nel  secondo  volume,  è  chiamata  «  magna  columna  po^^iTa  in  jardeno  directc 
spectante  ad  diìin  Io.  Baptistam  de  Cichinis  ». 


108  ALESSANDRO   VI.    1498 


14913,  20949  etc.  Le  notizie  sulla  famiglia  Galli  raccolte  dal  lacovacci  in  cod. 
ott.  2550,  p.  77-91,  vanno  dal  1460  al  1590.  Discendente  del  Giovanni,  che  aveva  fondata 
la  raccolta  al  tempo  di  Pietro  Sabino,  deve  essere  quel  «  nobilis  vir  dfius  Jacobus  Gallus 
raercator  romanus  ac  scriptor  litterarum  apostolicarum  de  r.  Parionis  filius  et  heres 
qd.  Juliani  Galli  »,  del  quale  ho  trovato  memoria  a.  1490,  nel  prot.  1809,  di  Saba 
Vannuzzi,  a  e.  156.  Un  Paolo  Galli  aveva  affittato  nel  1511  a  Piero  Astalli  e  a  Stefano 
Velli  le  erbe  delle  tenute  di  Statua  e  Palidoro  (Not.  Ceci  in  Script,  arch.  tomo  XV, 
e.  57'  A.  C).  «  Lorenzo  Gallo  »  dice  l'Ameyden  «  che  tenne  banco  aperto  in  Roma,  fu 
tesoriere  di  papa  Giulio  II,  et  imprestò  120  m.  scudi  per  fabricare  il  palagio  della  Can- 
cellarla. Racconta  l'Infessura  sotto  li  5  gennaro  1453  che  Stefano  Porcaro  fu  preso  in 
casa  di  madonna  Galla  serrato  in  una  cassa.  Parentarono  li  Galli  con  li  Orsini  di  Mugnano 
e  si  vede  sopra  una  loro  casa  negli  Liutari  ben  antica  l'arma  interzata  colla  Orsina... 
hanno  la  casa  nel  rion  di  Parione...  fundarono  la  chiesa  parrocchiale  di  San...  (sic) 
presso  il  Ghetto  ».  Nel  secolo  XVI  s'erano  imparentati  coi  Cecchini.  La  casa  ai  Liutari 
è  celebre  pei  trovamenti  descritti  dal  Vacca  mem.  30,  e  avvenuti  sotto  il  pontificato 
di  Gregorio  XIII.  Vedi  ediz.  Pea,  p.  LXIX,  Winkelmann  Storia,  tomo  III,  p.  95  e  523. 
Con  questi  fa  gruppo  la  scoperta  del  cosidetto  Pompeo  descritto  dal  medesimo  cro- 
nista mem.  57.  Ligorio  Paris.  1129  e.  329,  scrive  «  a  Quirino  facevano  la  corona 
di  brocconi  di  arbore,  come  è  in  quella  testa  di  marmo  di  esso  Quirino  che  si  trova 
conservata  in  casa  de  Galli  gentilhuomini  romani  » .  La  casa,  o  una  delle  case,  ai  Liutari 
fu  venduta  l'anno  1571  da  Fabrizio  Gallo  al  mag.'^"  Francesco  Capoccio  da  Terni 
(Not.  Martini  prot.  1222  e.  483  A.  S.),  e  il  palazzo  stesso  in  piazza  di  Pasquino  fu 
venduto  ai  Cecchini  nel  1568,  e  intestato  a  una  Lucrezia  Cecchini  Galli.  Con  tanta 
copia  di  notizie  relative  al  sito  della  casa,  non  so  comprendere  perchè  il  Corpus  VI, 
2649  accusi  di  errore  lo  Smezio  quando  la  dice  posta  «  iuxta  s.  Laurentium  in 
Damaso  ».  Anche  l'Aldovrandi  la  chiama  «  casa  di  messer  Paulo  Gallo  presso  a 
palagio  di  san  Giorgio  »  descrivendone  la  raccolte  figurate  poste  nella  «  loggetta 
terrena  »  nel  «  giardinetto  »  e  nelle  camere  «  presso  la  sala  ».  Vi  erano  due  capo- 
lavori di  Michelangelo,  l'Apollo  e  il  Bacco  col  satirello.  Quanto  alle  iscrizioni,  che 
il  Giocondo  ha  ricopiate  dall'  autografo  del  Sabino,  pare  che  vengano  da  luoghi 
diversi,  eccezione  fatta  per  nn.  9288,  9289.  Finirono  poco  stante  in  casa  di  Mario 
Volaterrano.  Vedi  anche  Geffroy   "  Pierre  Jacques  de  Reims  »,  p.  4. 

COLLEZIONE  GRIFFONI,  e.  97'  seg.  Trent'una  lapidi  miscellanee,  fra  le  quali 
due  del  colombario  de'  Sallustii.  Un  «  Grifonectus  de  Grifonibus  ro.  civis  publicus 
dei  gra  Imp.  auctoritate  notarius  »  aveva  stanza  in  Roma  sulla  fine  del  400.  Vedi  il 
prot.  887  di  suo  figlio  Marco  in  A.  S.,  a  e.  98.  Abitavano  in  Trivio.  Vedi  Adinolfi 
tomo  II,  p.  304. 

COLLEZIONE  INCORONATI,  e.  120.  Quattro  monumenti  «  in  domo  d.  Pauli 
Coronati  «  il  quale  parmi  essere  quel  «  dominus  Coronatus  Planche  de  r.  Arenule, 
utriusque  juris  doctor,  et  sacri  palatii  apostolici  advocatus  »  che  fondò  la  fortuna  della 
famiglia,  dando  danaro  a  interesse.  Vedi  not.  Bistucci  in  A.  C.  prot.  66,  9  giugno  1483. 
Il  loro  palazzo  in  via  Giulia  è  ancora  in  essere.  Un  secondo  palazzo  di  famiglia, 
nella  via  che  da  s.  Lucia  conduceva  in  Corte  Savella,  fu  venduto  nel  1569  a  G.  B. 


ALESSANDRO   VI.    1498  109 


Dono,  chierico  di  Camera.  La  presente  piazza  Padella  è  sempre  indicata  nei  docu- 
menti del  500  col  nome  di  «  platea  de  Incoronatis  apud  flumen  »:  e  la  cappella  di 
s.  Nicola  de  Furcis  in  detta  piazza  prese  il  nome  di  s.  Nicola  degli  Incoronati  dopo 
che  fu  fatta  parrocchia  da  Leone  X,  nel  1512,  sotto  il  giuspatronato  dell'  avvocato 
concistoriale,  collettore  di  epigrafi  al  tempo  di  fra  Giocondo.  Queste  devono  essere 
state  scoperte  in  tutto  o  in  parte  nel  sepolcro  della  gente  Arlena,  nella  vigna  Ottini 
alla  porta  Latina.  Vedi  le  osservazioni  del  CIL.  VP  n.  9675  e  12331.  Il  Bosio 
descrisse  nel  cortile  della  casa  di  Angelo  Incoronati,  dirimpetto  a  s.  Marcello,  un 
sarcofago  trovato  in  una  vigna  presso  il  Torrione  di  Borgo  tuori  della  porta  delle 
Fornaci  (p.  93). 

COLLEZIONE  DE  LALLIS,  e.  35.  Quindici  iscr.  collocate  «  apud  portam,  o,  iuxta 
studium  domus  d.  Laurentii  de  Lallis  » .  La  casa  stava  nel  rione  Trevi,  fra  s.  Marcello 
e  i  ss.  Apostoli,  vicina  ai  Capogalli.  Lorenzo  aveva  scavato  o  acquistato  molte  lapidi 
di  militi  pretoriani  CIL.  1441,  2607  etc.  Vedi  anche  8848. 

COLLEZIONE  MADDALENI  CAPODIFERRO,  a  c.  69'  e  70.  Sulla  origine  di  que- 
sta illustre  famiglia,  sulla  relazione  di  parentado  coi  Gocii  Capodiferro,  sull'  Evan- 
gelista Maddaleni  collettore  di  lapidi  nella  sua  casa  «  in  vico  qui  ducit  de  area  Alte- 
riorum  ad  Minervae  »  vedi  Tommasini  in  Atti  Acc.  Lincei,  classe  scienze  stor.,  serie  IV, 
voi.  X,  parte  I,  24  aprile  1892.  Discepolo  di  Pomponio  Leto,  si  occupò  modestamente 
di  ricerche  epigrafiche,  delle  quali  rimane  traccia  nel  cod.  vat.  3351,  e.  153',  154. 
Vedi  CIL.  VI,  6181,  1236,  1445,  9019,  11027;  XIV  2523,  2554,  e  la  nota  1  a  p.  7 
della  Memoria  del  Tommasini.  Fu  anche  collettore  di  libri,  la  maggior  parte  de'  quali 
gli  vennero  in  casa  per  parte  di  sua  moglie  Faustina,  nipote  di  Giorgio  da  Trebi- 
sonda.  Nei  suoi  Epigrammi  si  trova  ricordo  della  scoperta  del  Laocoonte  e  del- 
l'Arianna. 11  Tommasini  ricorda  tra  i  beni  acquistati  col  frutto  di  prudente  e  for- 
tunata mercatura,  il  Castello  di  Rocca  di  Botte  «  lo  Casale  de  lo  Judìo  »  e  quello  di 
Torre  del  Sasso.  Maggiori  ricchezze  accumularono  con  la  gabella  di  porta  Maggiore, 
con  la  gabella  dello  studio,  e  con  sinecure  di  Corte,  onde  li  troviamo  più  tardi  pro- 
prietarii  di  Castel  Campanile,  Camposalino,  Torre  Maggiore,  Tor  Tignosa,  Celfardina, 
Solforatella,  Vallerano,  e  di  vigne  nel  suburbio. 

Quando  Ulisse  Aldovrandi  visitò  l'antiquario  i^  in  casa  di  M.  Piero  Domenichi 
Maddalena  Capodiferro,  presso  la  piazza  degli  Altieri  «  il  solo  pezzo  rimarchevole 
era  il  gruppo  (ora  Vaticano  ?)  di  Esculapio  e  Igia,  ricavato  da  un  solo  blocco  di  marmo. 

In  un  documento  del  not.  Volterrano  in  A.  C  Scritt.  arch.  tomo  XXI  e.  42'  è 
ricordato  un  «  arcus  de  los  Madalenos  in  regione  Pignee  ».  Vedi  anche  Pighio  cod. 
Beri.  e.  114,  e  Armellini  Chiese,  p.  490. 

COLLEZIONE  MAFFEI,  a  c.  13'-14'.  Ventuna  iscrizione  ^^  in  domo  seu  in  hortis 
dò  Achillis  de  MatYeis  " .  Le  più  antiche  memorie  di  questo  illustre  casato  Veronese 
risalgono  secondo  lo  lacovacci  (cod.  ottob.  2551,  70-80)  al  1394.  Il  suo  primo  rap- 
presentante in  Roma  fu  Benedetto,  abbreviatore  del  parco  maggiore,  favorito  di  Sisto  IV, 
il  quale,  con  rogito  del  notare  Pietro  Mirigli,  comperò  nel  1491,  il  dì  4  luglio,  da 
Pietro  Lupi  de  Chariis  una  casa  in  r.  Pigna  accanto  a  s.  Nicolao  de  Calcarario.  che 
dovea  divenire  in  breve  giro  di  tempo    il    famoso  palazzo-museo  Matfeiano.  Vedi  la 


no  ALESSANDRO   VI.    U98 


mia  memoria  sulla  contrada  della  Ciambella  in  Bull.  com.  1901,  p.  12  sg.  Benedetto 
mori  a  66  anni  nel  1494,  e  fu  sepolto  in  s.  Maria  sopra  Minerva  nella  cappella  di 
s.  Sebastiano,  o  del  Salvatore,  a  sinistra  dell'altare,  dove  si  vede  ancora  il  suo  busto. 
Vedi  Forcella,  tomo  I,  p.  426,  n.  1633.  Suo  figlio  Achille  pose  le  fondamenta  della 
futura  raccolta  antiquaria,  riscattando  probabilmente  molte  iscrizioni  dalla  vicina  cal- 
cara dei  Caffarelli.  Verso  la  metà  del  500  la  raccolta  contava  i  numeri  CIL.  VI,  33, 
34,  35,  36,  98,  108,  109,  114,  471,  597,  607,  610,  746,  1002, 1043,  1235,  1269, 1327, 
1670,  1861,  1872.  Molte  furono  vendute  al  tempo  di  Alessandro  VII  ad  uno  scar- 
pellino  del  rione  Trevi  (Cod.  Chisian.  J.  VI.  205),  poche  sfuggirono  alla  sorte  co- 
mune :  il  n.  622  passò  ai  Ludovisi,  il  n.  633  ai  Colonna,  il  n.  35  ai  Nardi  di  Firenze,  etc. 
Vedi  anche  Kaibel  952,  953,  966,  1097.  Quando  Paolo  Knibbio  visitò  Roma  dopo 
il  1564,  le  iscrizioni  minori  stavano  «  in  casa  del  cardinal  Mafei  (deve  essere  il  Ber- 
nardino f  1553,  poiché  Marcantonio  suo  fratello  ottenne  la  porpora  solo  nel  1570)  le 
maggiori  «  su  la  strada  (detta  l'arco  de'  Leni)  intorno  la  ditta  casa  Mafei  ».  Sulle 
vicende  dei  celeberrimi  Fasti  Maffeiani,  vedi  CIL.  VI,  2297.  Alle  epigrafi  furono 
poco  stante  aggiunte  opere  insigni  di  scoltura,  specialmente  per  opera  di  Girolamo  che 
fu  maestro  di  strade  con  Latino  Giovenale  Manetti  al  tempo  della  venuta  di  Carlo  V. 
Costui  vendè  a  Paolo  III  nel  1539  la  cosidetta  Cleopatra.  Vedi  l'atto  in  Mandati  Ca- 
merali A.  S.  voi.  1539-40  e.  139. 

Il  cod.  berlin.  del  Pighio  contiene  tre  disegni  del  «  congius  ex  aere  apud  d.  Achillem 
Maphaeium  D.  Pighii  amicum  »  che  era  stato  trovato  a  Todi  (e.  165,  167,  169),  e 
uno  di  bassorilievo  circense  egregiamente  disegnato  a  e.  100.  Il  Ligorio,  Torin.  XV, 
e.  89'  ricorda  altre  anticaglie  in  «  casa  di  M.  Mario  Mafaei  da  Volterra  vescovo  di 
Cavagliene  "  il  quale  Mario  (fratello  del  canonico  Achille,  amico  del  Pighio  Q),  di 
Marcantonio  vescovo  Teatino,  e  di  Settimia)  è  dato  dal  Gregorovius  Vili  per  fratello 
del  celeberrimo  autore  dei  Commentarli  Urbani,  Mario  Volaterrano,  figlio  di  quel  Ghe- 
rardo che  sotto  Pio  II  era  stato  professore  di  legge  in  Roma,  nato  nel  1451  e  morto 
ai  25  gennaio  del  1522.  Ma  fra  i  due  corre  un  secolo  d' intervallo. 

Nel  settembre  del  1893  vidi  in  Londra,  nella  libreria  Quaritch,  una  preziosa 
reliquia  della  biblioteca  del  Volterrano,  cioè  un  codice  in  pergamena,  contenente  il 
Bruto  di  Cicerone,  con  le  iniziali  miniate,  e  con  lo  stemma  di  famiglia  impresso  a 
oro  sulla  copertina.  Il  codice,  tutto  di  pugno  dell'autore  de'  Commentarli,  proveniva 
dalla  Biblioteca  Woodhull,  e  fu  venduto  per  30  sterline. 

Il  catalogo  dell' Aldovrandi,  riprodotto  dall' Hondio,  porta  molti  busti,  55  teste 
senza  busto,  una  testa  di  Laocoonte,  il  bassorilievo  Pighiano  del  Circo,  altro  rilievo 
tricliniare,  molti  oggetti  minori,  cioè  cinerarii,  urnette,  patere,  lucerne,  e  un  gruppo 
di  Pan  e  Erote  nel  giardinetto.  Il  cardinale  Marc' Antonio,  j-  1583,  continuò  le  tradi- 
zioni artistiche  di  famiglia,  come  risulta  dal  seguente  documento  da  me  trovato  in  atti 
Cellesio,  prot.  1692,  e.  410  in  A.  S.  sotto  la  data  del  10  nov.  1577. 


(•)  Del  canonico  Achille  esiste  in  archivio  capit.  vatic.  un  discorso  «  dell'eccellenza  della  chiesa 
vaticana  »  presentato  a  Paolo  IV,  e  scritto  in  pergamena.  Il  Torrigio  lo  lesse  il  19  aprile  1630 
(Grotte,  p.  240). 


ALESSANDRO   VI.    1498  111 


«  Magnificus  Dfis  franciscus  de  porcariis  Romanus  sponte  confesssus  fuit  habuisse 
et  recepisse  prout  In  mei  &  habuit  a  sacro  monte  pietatis  et  prò  eo  ab  111"'°  et 
R'""  Card.'*  Maffeo  per  manus  Dfii  Marij  de  Crottis  senta  131  cura  dimidio,  que 
sunt  prò  precio  unius  statue  bacchi  domino  vincentio  de  fabijs  (vedi  Aldo- 
vrandi,  p.  228,  230)  ablate,  et  per  ipsum  montem  subbastate  ac  deliberate  eidem 
111°  et  R™"  Cardinali  Maffeo  cessionario  Dai  Diomedis...  (sic)  senensis  R*"'  Dfii  Nuntij 
magni  Ducis  florentiae  familiaris.  de  quibus  d.  Dflus  franciscus  tara  supradictum 
montem  pietatis  ac  DI'",  et  R.™"™  Card.""  Maffeum  absentem  et  dicto  dflo  Mario 
presente  et  una  mecum  Notano  &  prò  IH.*  et  R."'^  Dominatione  sua  legitime  stipulante 
et  recipiente,  quam  etiam  quoscunque  alios  super  dieta  statua  subbastata  et  delibe- 
rata Interesse  habentes  computatis  in  dictis  scutis  centumsexaginta  uno  ed  dimidio  et 
pecunijs  domini  rutilij  alberini  debitis  prò  expensis  in  subbastatione  et  deliberatione 
per  ipsum  dominum  franciscum  factis,  de  quibus  &  exceptioni  &  renunciauit  quietauit 
&  promittens  &  »  (^).  Della  raccolta  Fabii,  dalla  quale  viene  questa  statua  di  Bacco, 
si  parlerà  all'  anno  1556. 

I  Maffei  non  ebbero  grandi  possedimenti  in  campagna  di  Roma.  Si  attribuiscono 
loro  soltanto  i  casali  Castel  Arcione,  Torricella,  Redicicoli,  Villa  e  Torre  Bufalara, 
i  quali  furono  alienati  per  debiti  patrimoniali  prima  della  fine  del  500.  In  Roma 
stessa  Girolamo  Maffei  aveva  ottenuto  il  possesso  della  vigna  del  Settizonio,  come 
erede  e  successore  di  Cecca  Conti.  Vedi  a.  1821,  8  aprile. 

Gli  epigrafisti  avranno  notato  più  volte  nel  CIL.  tomo  VI,  646,  1002,  1043  etc. 
che  lapidi  viste  dai  cinquecentisti  in  domo  Achillis  seu  Hieronymi  Maphaei,  sono 
indicate  più  tardi  come  esistenti  «  in  aedibus  Ludovici  Lanthii  e  familia  Maphaeo- 
rum  ».  Egli  è  che  una  delle  case  Maffei  alla  Pigna  era  stata  venduta  il  giorno  13 
gennaio  1568  dai  figli  e  coeredi  di  Girolamo  maestro  di  strada  (cioè  da  Mario,  Mar- 
cantonio, Achille  e  Settimia)  a  Ludovico  Lante  per  il  prezzo  di  scudi  seimila  (vedi 
prot.  cap.  di  Curzio  Saccoccia  e.  56)  e  con  essa  casa,  evidentemente,  quelle  poche 
iscrizioni  che  portava  affìsse  alle  pareti. 

II  nome  dei  Maffei,  dal  Volaterrano  al  marchese  Scipione,  è  legato  agli  studii 
archeologici  per  circa  quattro  secoli. 

Il  primo  scrisse  un  trattatello  topografico  intitolato,  Descriptio  Urbis.  Il  car- 
dinal Bernardino  7  1553  dettò  una  «  Historia  de  inscriptionibus  et  imaginibus 
antiquorum  numismatum  »  ricordata  dal  Torrigio  «  De  script,  cardinal.  •'  p.  10.  Il 
card.  Marcantonio,  7  1586,  fu  commissario  di  Pio  IV  per  il  risarcimento  delle 
antiche  chiese  di  Roma  minaccianti  rovina  ;  e  finalmente  un  Paolo  Alessandro  Maffei 
fu  commissario  delle  antichità  nel  secolo  scorso. 

COLLEZIONE  MATTEI  a  e.  21-23'.    Trentatre   iscrizioni   «  in  horto  Baptistae 


(•)  Le  relazioni  d'affari  tra  i  Maffei  e  Francesco  Porcari  continuarono  almeno  sino  al  150''. 
anno  della  morte  del  cardinale.  Nel  prot.  capit.  di  Curzio  Saccoccia  e.  167  si  ricorda  un  atto  dol 
4  febbraio  col  quale  Girolamo  e  fratelli,  figli  ed  eredi  di  Mario,  impongono  un  censo  annuo  di 
scudi  142  e  bologn.  79  sopra  la  tenuta  di  Castel  Arcione  in  favore  di  Francesco  Porcari,  per  il 
prezzo  di  scudi  219U. 


112  ALESSANDRO  VI.    1498 


Jacobi  Mathei  »  una  delle  quali  «  in  pariete  stabuli  »  :  s' intende  dei  Mattei  di  Tra- 
nstevere,  ramo  distinto  da  quello  di  Calcarara. 

«  La  famiglia  »  scrive  l' Ameyden  «  è  antica  romana  trasteverina,  come  appa- 
risce dalla  casa  che  al  di  d' hoggi  si  vede  di  veneranda  antichità  con  l' arme  de  scacchi 
senza  l' aquila.  Doppo  (il  1372)  si  trasferirono  in  Roma  alcuni  della  famiglia,  e  fon- 
darono casa  nel  rione  della  Regola,  molto  magnifica  a  quei  tempi  (piazza  delle  Tar- 
tarughe, n.  22,  già  piazza  Mattei). 

Nel  giardino,  dunque,  della  casa  in  Trastevere  (hortulus  ad  pontem  Insulae  Ti- 
berinae)  erano  raccolte  le  iscrizioni  CIL,  VI,  115,  116,  117,  429,  430,  710,  1603, 
2130  (cf.  2129)  e  2269  etc.  riferibili  per  la  maggior  parte  a  culti  superstiziosi  e 
perciò  formanti  gruppo  e  famiglia.  Battista  di  Jacopo  Mattei,  loro  raccoglitore,  deve 
avere  scavato  il  sito  della  moderna  vigna  Bonelli-Mangani,  all'  ortaccio  degli  Ebrei, 
(ora  stazione  di  Trastevere)  dove  era  il  tempio  di  Giove  Palmireno,  e  dove  stavano 
probabilmente  le  basi  che  portano  inciso  il  nome  di  Giulio  Balbillo  sac.  Solis  Ala- 
gabali  (Vedi  CIL.  2269  e  708).  Gli  altri  monumenti  si  riferiscono  a  Giove  Sabazio, 
alla  dea  Siria,  a  Giove  Dolicheno  ;  uno  alla  vestale  Massima  Terenzia  Flavola.  Questo 
Battista  Mattei  doveva  essere  una  specie  di  Vezzio  Agorio  Pretestato  dal  quattro- 
cento. Morendo,  lasciò  pingue  patrimonio  ai  figliuoli  Bernardino  e  Giulio,  i  quali, 
venuti  a  differenza  fra  loro,  sollecitarono  1'  arbitrato  di  Giulio  Albertoni  e  Girolamo 
Serlupi.  Il  lodo,  in  atti  di  Bernardo   Mocaro,  porta   la   data   del  7  dicembre  1502. 

Ulisse  Aldovrandi  p.  152  descrive  «  im  Mercurio  ignudo  assiso  sopra  un  trono, 
e  tiene  una  fanciulla  ignuda  in  braccio...  trovato  in  Trastevere  in  casa  di  messer 
Alessandro  Mattei  ».  E  siccome  anche  le  iscrizioni  Kaibel  971,  997  etc.  si  dicono 
«repertae  in  liortis  Mattheis  transiberim  »  io  credo  che  tutti  o  parte  dei  mo- 
numenti descritti,  siano  veramente  frutto  di  scavi  eseguiti  vicino  al  I  miglio  della 
via  Portuense. 

COLLEZIONE  MILLINI,  e.  59  sg.  Comprendeva  fra  gli  altri  monumenti,  i  titoli 
del  sepolcro  dei  Minicii  al  Monte  Mario  (vedi  sopra),  il  cippo  del  Tevere  CIL.  1239^ 
«  repertum  in  fundamentis  pontis  Siiti  « ,  e  il  plinto  di  statua  de  re  Seleuco,  Kaibel 
1206.  Vedi  cod.  mus.  Florent.  7%  16,  e  cod.  Beri.  A.  61,  e.  76'. 

I  Millini  entrano  nel  campo  archeologico  sino  dal  secolo  XI  con  quel  Pietro  (') 
fratello  del  card.  Giovanni  Battista,  e  figlio  di  Saba  conte  palatino,  il  quale  edificò 
0  restaurò  la  cappella  della  visione  della  Croce  sul  monte  Mario  nell'anno  1470, 
servendosi  di  molte  lapidi  cemeteriali  per  la  costruzione  del  pavimento.  Vedi  Armel- 
lini, p.  386.  È  probabile  che  la  scoperta  dell'  ipogeo  dei  Minicii  sia  avvenuta  circa 
l'istesso  tempo.  Vedi  BuU.  com.  a.   1881,  p.  22  e  BulL  Inst.  1881,  p.  12. 

È  singolare  il  fatto  che  questi  Millini,  gente  di  guerra  e  capitani  illustri  di 
generazione  in  generazione  (vedi  1'  eccellente  stemma  geneaologico  op.  Alveri,  II,  45), 

(')  Nell'appendice  alle  «  monete  pontificie  »  p.  68,  il  card.  Garampi  parla  del  codice  mem- 
branaceo degli  Statuti  di  Roma  in  Archiv.  secr.  vat.,  in  calce  al  quale  leggesi;  «  Expliciunt  sta- 
tuta  urbis  et  ro.  pò.  propria  nobilis  ac  egregii  viri  diii  Petri  Melini  civis  civitatis  liome 
M.CCOC. XXXVIII  die  tertio  raensis  Junii,  bora  tertiarum,  et  finitum  per  me  Bernardum  de  Ven- 
turinis  de  Papiar  ». 


ÀI.ESSA"NDRO  TI.   1498  113 


prendessero  intéressa  alle  antichità,  e  ne  ornassero  le  loro  case  in  Parione,  nelle  quali 
non  abitavano  che  raramente,  tra  una  campagna  e  l'altra.  Le  troviamo  perciò  affit- 
tate ad  un  ambasciatore  di  Spagna  nel  1491,  al  card.  Lorenzo  Campeggi  nel  1517, 
a  Isabella  Anguillara  Farnese  nel  1550,  al  magnifico  Niccolò  Spinelli  banchiere  nel 
1571  etc.  per  prezzo  medio  di  annui  ducati  d'oro  300. 

Circa  la  metà  del  secolo  XVI  vi  erano  due  raccolte  distinte,  quella  di  Giovan 
Battista,  e  quella  di  Mario.  A  Giovan  Battista,  sposo  di  Ippolita  Maddaleni,  spet- 
tava la  "  domus  magna  sive  pallacium  cui  ab  uno  latere  est  turris  mellina  et  a 
duobus  aliis  lateribus  vie  publice  »  con  una  raccolta  di  busti  (tria  capita  egregia). 
La  casa  di  Mario,  descritta  in  un  documento  del  1568  come  «  casa  del  Capitano  M. 
sita  in  r.  Parione  in  via  Mellina  davanti  la  chiesa  di  s.  Agnese  (allora  orientata  in 
senso  opposto)  confinante  col  palazzo  Cibo-Massa-Malaspina,  e  con  le  case  di  Saba 
Palluccelli  »  conteneva,  oltre  le  iscrizioni  già  accennate,  il  bellissimo  cippo  di  Volusia 
Arbuscula  delineato  dal  Pighio  Berlin,  f.  148  :  una  «  Pallas  armata  et  galeata  aliaeque 
muliebres  statuae,  gladiator  nudus,  Hercules,  Sabinae  mulieris  caput,  Cupido,  Alci- 
biadis  pueri  figura...  capita  Jovis,  Brusi  aliorumque  decem  ignota:  Satyrus  integer 
singulari  factus  artificio  ».  Hondio  32,  33,  da  Ulisse  Aldovrandi  pp.  178,  179. 

Questi  due  palazzi-musei  furono  quasi  interamente  distrutti  (salva  la  torre)  al 
tempo  di  Innocenzo  X,  e  fu  allora  che  i  Millini  migrarono  al  palazzo  Cesi  a  s.  Mar- 
cello, che  eglino  fecero  ampliare  e  ristorare  nobilmente  dall'arch.  Tommaso  De  Marchis. 

I  Mellini  possedevano,  oltre  la  vigna  di  monte  Mario,  le  tenute  di  Acquatraversa, 
Capitignano,  Olibano,  Mentana,  l' osteria  della  Storta,  una  cappella  della  Visitazione 
in  s.  Eustachio,  ereditata  dagli  lacovacci.  Sulla  cappella  di  famiglia  in  s.  M.  del  Po- 
polo e  sulle  memorie  che  contiene,  vedi  Forcella,  tomo  I,  p.  324  e  seg. 

Pirro  Ligorio,  parlando  del  cosidetto  circo  Agonale  nel  suo  trattatello  delle  An- 
tichità di  Roma,  osserva:  «  chi  fusse  il  primo  edificatore  di  esso  non  l'ho  potuto 
ancor  ritrovare.  Credo  bene  che  Vespasiano....  edile....  lo  rifacesse.  Il  che  ho  ritratto 
da  alcune  lettere  intagliate  in  certi  travertini  che  furono  già  cavati  dinanzi  alla 
porta  di  s.  Agnese  (cioè  in  via  dell'Anima)  verso  la  casa  de'  Millini...  ne'  quali  si 
leggeva  il  nome  de  Vespasiano  ». 

COLLEZIONE  MVSCERONI,  a  c.  120.  Tre  lapidi  «  in  domo  Nelli  Musceroni  » 
tra  s.  Salvatore  della  Corte  e  s.  Giovanni  della  Malva,  fra  cui  l'ossario  di  Manneio 
Soave  CIL.  VP,  22003,  e  una  figura  «  Herculis  cum  clava  et  pomis  granatis  in 
sinu  »   sul  plinto  della  quale  era  incisa  la  dedicazione  CIL.  VI,  274. 

COLLEZIONE  NOVELLI,  a  e.  123.  Cinque  iscrizioni  ^  in  domo  d.  Francisci 
Novelli  causidici  »,  la  cui  famiglia  ha  lasciato  memoria  di  sé  sino  dal  1377.  Vedi 
lacovacci  in  cod.  ottob.  2551,  204.  La  sola  memoria  ch'io  conosca  di  questo  avvo- 
cato è  che  possedeva  una  vigna  vicino  a  s.  Alessio  sull'Aventino.  Vedi  prot.  851 
e.  82  in  A.  S.  Può  darsi  che  discendesse  dai  Novelli  del  rione  de'  Monti,  l' impresa 
dei  quali  è  data  dall'Adinolfi  tomo  I,  p.  268. 

COLLEZIONE  ORSINI  DI  MONTE   GIORDANO,  a   e.    129'.    Ventisette    iscr. 
«  in  domo  d.  Jo.  Baptistae  Ursini  can^'  s.  Petri  »   o  pure   »  in  s.  M.  de  Monte  Jor-  • 
dano  ^   indicazione  che  credo  si  debba  riferire  alla  stessa  casa  degli   Orsini   fabbri- 


114  ALESSANDRO   VI.    M98 


cata  sul  monte.  La  collezione  comprendeva  un  titola tto  del  colombario  dei  Sallustii, 
e  molti  di  Vibii  e  della .  famiglia  dell'Antonia  Drusi.  Giambattista  Orsino  aveva 
realmente  due  residenze;  quella  di  famiglia  in  monte  Giordano,  e  la  canonica  di 
s.  Pietro,  per  la  quale,  caduto  in  rovina  il  vecchio  edificio,  erano  stati  adibiti 
«  ecclesiam  et  monasterium  monialiura  de  Cavallerottis  s.  Catharinae  ordinis  s.  Be- 
nedicti  prope  forum  vaticanum  cum  domibus  contiguis  ». 

Quivi  mori  il  canonico  epigrafista  nel  1498,  succedendogli  nello  stallo  Marcello 
Cancellieri.  Vedi  Torrigio,  Grotte,  p.  387  e  Bull,  vatic.  tomo  II,  p.  285. 

Pauli  Jordanis  domus  «  dice  l' Hondio,  p.  28  «  varia  ostendit  cum  novi  tum 
antiqui  operis  monumenta  » .  Nel  1549  il  palazzo  fu  venduto  da  Camillo  Orsini,  del 
ramo  di  Mentana,  al  card.  Ippolito  d'Este.  Vedi  prot.  6150  e.  878  A.  S.  Nel  1552 
vi  abitava  l'oratore  di  Francia  Claude  de  Guiche.  Nel  1569  lo  trovo  indicato  così: 
«  palazzo  di  Paolo  Giordano  Orsini  dove  abita  il  card,  di  Ferrara  (Este)  ».  Passato 
ai  Gabrielli  nel  700  fu  ridotto  allo  stato  presente  con  architetture  di  Carlo  Rust,  e 
le  stanze  furono  ornate  «  con  alcuni  antichi  marmi  e  busti  primeggiando  il  Sileno 
e  la  Diana  Efesina.  Vi  sono  anche  bei  quadri  e  strumenti  di  fisica  ».  Moroni,  Diz. 
tomo  L,  p.  306  il  quale  ha  tolto  queste  informazioni,  mozzandole,  della  «  Città  di 
Roma  »  stampata  da  Venanzio  Monaldini  nel  1779,  tomo  III,  p.  20.  Il  testo  ori- 
ginale dice  :  «  negli  appartamenti  si  osservano  belle  statue  di  Sileno  e  di  Diana  Efe- 
sina :  dei  busti  di  Scipione  Aifricano  e  di  Traiano  :  degli  scelti  quadri  :  una  consi- 
derabile libreria:  molti  strumenti  matematici,  etc.  »  Parecchie  fra  le  iscrizioni  quivi 
viste  nella  fine  del  quattrocento  da  P.  Sabino  e  G.  Giocondo  provenivano  dalla 

COLLEZIONE  PICCARDINI,  e.  94'  seg.  una  delle  più  ricche  della  città. 
Questo  canonico  di  s.  Pietro,  non  ricordato  dal  Cancellieri  «  de  Secretarli  »  avea 
acquistato  parte  del  colombario  dei  Sallustii  (18  titoletti)  e  l' intero  (?)  apparato 
epigrafico  di  altro  colombaio  miscellaneo,  in  tutto  48  lapidi.  Parla  di  questo  rac- 
coglitore lo  lacovacci  in  cod.  ottob.  2552  e  729.  Abitava  vicino  a  s.  Maria  di  Monte 
Giordano. 

COLLEZIONE  PICCOLOMINI,  e.  111.  «  Romae  in  baside  vetustissima  (delle 
Grazie  di  Siena)  Erant  olim  in  domo  R'"^  Car^'^  de  Colurana  cum  subscriptis  versib'. 
Nunc  vero  sùt  in  R"^'  Car^'^  Senen.  sine  iufrascriptis  carminib  (Sunt  nudae  Charites  cet). 
Modernum  » .  Vedi  le  osservazioni  'del  de  Rossi  intorno  l' epigramma  in  Bull,  com., 
tomo  XIV,  a.  1886,  p.  345,  alle  quali  mi  sia  permesso  aggiungere  la  seguente. 
L'epigramma  che  incominciava  con  le  parole  predette:  «  Sunt  nudae  Charites  niveo 
de  marmòre  (vedi  CIL.  VP,  36)  »  deve  essere  rimasto  in  casa  Colonna,  o  altrove, 
per  lunga  serie  di  anni  :  poiché  quando  Antonio  Lafreri  fece  incidere  in  rame  circa 
il  1550  la  bellissima  riproduzione  delle  Grazie  Podocatario  (?),  la  accompagnava  con 
l'esametro  «  sic  Romae  Carites  niveo  ex  mar  more  sculptae  »  evidentemente 
modellato  sull'originale  Colonna.  L'Albertino,  p.  23  Schmarsow,  dice  «  domus  reve. 
Francisci  Piccolominei  card.  Senensis  non  longe  (ab  horologio  campi  Florae)  in  qua 
erant  statuae  Gratiar.  positae  »  altro  esempio,  dice  1'  editore,  degli  anacronismi  nei 
quali  cade,  sovente  l'Albertino  poiché  nel  1515  un  card.  Francesco  Piccolomini  non 
esisteva  più.  Egli,  come  papa  Pio  III,  era  morto  nel  1503  e   aveva  fatto  trasferire 


ALESSANDRO   VI.    1498  115 


le  Grazie  a  Siena,  al  più.  tardi  nell' estate  del  1502,  in  occasione  del  suo  ultimo  sog- 
giorno in  patria. 

COLLEZIONE  POMPONIANA,  a  e.  15'-18'.  Quarantasei  iscrizioni,  talune  delle 
quali  scavate  e  scoperte  quasi  nel  sito  stesso  della  casa  e  dell'  orticello  dell'  umanista, 
cioè  gli  elogi  latini  e  greci  del  poeta  Claudiano  e  de'  Claudi  Claudiani  in  genere. 
Vedi  Lanciani,  Acque,  p.  221,  n.  65,  66,  e  Kaibel,  n.  1074.  Pomponio  possedeva 
parte  del  colombario  dei  Sallustii,  CIL.  VP,  p.  1100,  uno  squisito  architrave  del 
mausoleo  de'  Nonii  etc.  Una  lapide  era  affissa  «  in  pariete  cuiusdam  domunculae 
Pomponii. . .  sub  aedo  s.  Silvestri  »,  Vedi  Bull.  com.  tomo  XXXII,  n.  1895,  p.  101. 
L' istromento  d'acquisto  della  casa  «  in  regione  Montis  Caballorum,  cui  ab  uno  latore 
domus  Bartolomei  Platina,  ab  alio  res  s.  Salvatoris  Coronatorum  "  fatto  da  Pomponio 
il  17  aprile  1479  si  trova  nel  cod.  barber.  XXVII,  78.  E  nel  protoc.  892  A.  S.  G. 
del  not.  Merili,  a  e.  11,  v'  è  una  dichiarazione  in  data  31  agosto  1483  con  la  quale 
Pomponio  stesso  «  donat  in  perpetuum  provido  viro  Carulo  fratri  ipsius  Pomponii 
absenti  omnem  partem  hereditatis  et  honorum  sibi  tangentis  propter  mortem  domine 
Alane  sororis  dicti  Pomponii  ».  Il  cod.  vatic.  1678  contiene  un  elegia  scritta  nel 
1484  0  nel  1485  dal  poeta  laureato  Elio  Lampridio  Cervino  in  lode  del  rinnovamento 
dei  ludi  scenici  classici  per  opera  di  Pomponio.  Vedi  cod.  vat.  9202  e.  66.  Si  reci- 
tarono le  commedie  di  Plauto  da  giovinetti  a  ciò  addestrati  «  in  media  Academia 
Quirinali  jugo  ».  Morto  il  fondatore  dell'Accademia,  i  locali  del  convegno  furono 
ceduti  a  Angelo  Colocci:  ma  il  museo  epigrafico  andò  disperso.  Perirono  i  nn.  210, 
531,  1602,  1901,  2181,  2186,  2235  e  i  titoletti  dei  Sallustii:  i  nn.  1315,  1710, 
Kaibel  1074  etc.  passarono  all'  Orsino,  ai  Farnesi,  a  Napoli  :  il  n.  733  alla  Traspon- 
tina, e  così  di  seguito.  La  casa  stessa  venne  in  possesso  del  capitano  Tranquillo  Ceci, 
il  quale  aveva  contemporaneamente  acquistato  da  Giulio  Orsino  altra  casa  sul  dorso 
del  colle  «  in  loco  quid,  le  militie  ».  Vedi  not.  Bossi,  prot.  260,  e.  20  A.  S.  Anche 
il  Platina  aveva  raccolto  iscrizioni  (1415,  11130  cet.). 

COLLEZIONE  PORCARI.  Stetano  Porcari,  messo  a  morte  nel  1453,  era  un  ap--» 
passionato  collettore  di  antichità.  Ambrogio  Traversari  ebbe  da  lui  in  dono,  nel  1433 
0  poco  prima,  un  anello  con  cammeo  in  onice  creduto  rappresentare  1'  effigie  di  Adriano, 
che  il  Camaldolese  offerse  alla  sua  volta  ad  Eugenio  IV.  Un  bronzo  del  Museo 
Barbo  rappresentante  un  Cupido  (Efebo  ?)  era  stato  «  trajectatus  ab  ilio  qui  fuit 
d.  Stephani  Porcarii  ».  Muntz,  II,  p.  177.  Secondo  il  piano  che  mi  son  prefisso  seguire 
nel  presente  lavoro  raccoglierò  in  questo  paragrafo  le  sole  notizie  relative  alle  col- 
lezioni epigrafiche  ed  archeologiche  della  famiglia.  Lo  studioso  troverà  il  catalogo 
delle  fonti  genealogiche  ed  istoriche  nei  due  scritti,  del  Tomassini  in  Arch.  Soc.  R.  St. 
Patria,  tomo  III,  a.  1879,  p.  63,  e  del  de  Rossi  in  Studii  e  Documenti,  tomo  II, 
a.  1881,  p.  98. 

Le  collezioni  antiquarie  di  famiglia  furono  due:  quella  fondata  da  Francesco  e 
quella  di  Metello  Varo  descritte  simultaneamente  ed  indipendentemente  dall'Aldo- 
vrandi,  a  e.  242  e  245  dell'edizione  Mauro.  Francesco  fondatore  della  prima,  era  nipote 
del  celebre  Stefano  messo  a  morte  nel  1453. 


IltJ  ALESSANDRO   VI.    1499. 


Stefano  f  1453  (Domenico,  Cencio,  Pietro)  —  Giuliano  -j-  1466 

I 
Francesco  sposo  di  Antonia  Astalli  f  1489  o  1490 

I 
(Mario,  Vincenzo,  Achille)  Giulio  seniore  sposo  di  Girolaraa  Mattei 

I 
Giulio  giuniore  sposo  di  Faustina  Mattei 

I 
Francesco  sposo  di  Flavia  Pamfilia. 

I  primi  descrittori  di  Roma  ricordano  la  raccolta  sotto  il  nome  del  fondatore 
Francesco,  i  cinquecentisti  sotto  il  nome  di  Giulio  il  giovane. 

Fra  Giocondo,  cod.  Chatsworth,  e.  24-31,  registra  centoquattordici  iscrizioni 
«  in  domo  q(uondam)  Francisci  Porcari  »  fra  le  quali  il  piedistallo  dell' Atri um  Vestae 
CIL.  2129  quello  della  statua  di  Vibia  Aurelia  Sabina  n.  1020,  l'iscrizione  di 
Traiano  n.  955  trovata  «  in  angolo  Circi  Maximi  versus  templum  Herculis  Victoria 
in  foro  Boario:  l'ara  di  Ercole  n.  271:  diecisette  titoletti  del  colombario  «  familiae 
liberorum  Neronis  Drusi  »  «  insta  moenia  urbis  inter  portas  apiam  et  Latinam  in 
quodam  loco  quadrangulato  »  CIL.  VP,  p.  899,  e  altri  la  cui  origine  è  affatto  oscura. 

II  cod.  Berlin,  e.  59,  ricorda  il  titolo  di  una  Elpide  «  in  casa  di  ms  frane." 
porcaro  ».  Nel  cod.  vat.  7721  di  Giovanni  Colonna,  oltre  alla  silloge  quasi  completa 
delle  iscrizioni,  si  hanno  bozzetti  di  frammenti  architettonici.  Il  Mazochio,  vat.  8492 
e.  89'  dice  che  la  raccolta  lapidaria  era  stata  accresciuta  nel  1521  (o  poco  prima) 
da  Giulio  Porcari  con  taluni  marmi  di  casa  Alessi,  e  di  casa  Ciampolini  (e.  100): 
ma  egli  ne  trascrive  soltanto  89  (e.  135).  Il  Knibbio,  Beri.  A,  61,  e,  f.  64  sg.  ne 
porta  il  numero  a  109.  Il  cod.  Pighiano  a  e.  43  reca  una  base  marmorea  compitale 
con  rilievi  rappresentanti  «  lares  cum  Mercurio  et  Hercule  ante  aedes  Porcariorum  » . 
Quanto  ai  marmi  figurati  ne  abbiamo  la  nota  dall' Aldovrandi,  p.  242,  la  quale  ter- 
mina col  seguente  inciso  :  «  ne  la  strada  dirimpetto  a  questa  casa  (di  M.  Giulio)  si 
veggono  tre  statue  vestite  in  abito  grave  e  matronale  sedersi  sopra  sedie  mar- 
moree, ma  non  hanno  testa  « .  L'  Hondio  a  p.  35  :  «  apud  lulium  Porcarium  tabulae 
ostenduntur  multae,  in  quis  etiam  Meleagri  venati o.  In  pariete  tabulae  V  variis 
ornatae  figuris:  ad  dextram  pugnantium  imago:  hinc  taurus  Europam 
vehens  ». 

La  collezione  fu  dispersa  dopo  la  morte  di  Francesco  figliuolo  di  Giulio,  e  della 
sua  vedova  Flavia  Pamfili,  dalla  quale  ereditò  il  card.  Girolamo  Pamfiii  nel  1610. 
Alcune  lapidi,  p.  e.  CIL.  699,  1027  andarono  a  male:  1208,  2129,  2567,  2571  etc. 
passarono  ai  Doria-Pamfili  :  639  ai  Ludovisi,  955  ai  della  Valle,  1020  ai  Pitti,  2234 
ai  Maffei,  2553  al  Galletti  e  così  di  seguito.  Una  piccola  parte  rimase  sul  posto, 
nascosta  dentro  la  bocca  della  cisterna,  dove  la  rintracciò  il  comm.  de  Rossi  nel  1881 
per  notizia  avutane  «  da  una  buona  vecchia  quivi  abitante  ».  Il  principe  Doria,  pa- 
drone del  luogo,  ne  fece  dono  al  Comune  :  e  fu  stabilito  di  serbare  il  piccolo  gruppo- 
da  solo,  aggiungendovi  la  memoria  seguente:  «  questo  avanzo  dell' insigne  antiquario 


ALESSANDRO  VI.    1^98  117 


di  Francesco  e  di  Giulio  Porcari,  il  principe  Giovanni  Doria-Pamfili  ha  affidato  alla 
custodia  del  Comune  di  Roma,  Luglio  1881  ».  La  memoria  non  è  stata  collocata  al 
posto,  e  ristorico  gruppo  non  è  stato  serbato  da  solo.  Aggiungo  da  ultimo  che,  se- 
condo r  uso  de'  tempi,  lapidi  e  scolture  erano  esibite  nell'  atrio  o  cortile  della  casa  nel 
rione  Pigna,  le  pareti  del  quale  atrio  erano  coperte  di  affreschi,  rappresentanti  «  molte 
memorie  Catoniane  » .  Vedi  Massimo  Camillo  :  sopra  una  ined.  medaglia  di  Frane. 
Massimo,  Roma  1860,  p.  10. 

Metello  Varo  de'  Porcari  è  riconosciuto  come  fondatore  della  seconda  raccolta: 
uomo  di  grande  considerazione,  creato  nel  1530  «  conte  palatino  del  sacro  palazzo 
Laterano  della  Camera  e  Concistoro  imperiale  dall'  imp.  Carlo  quinto  allora  nella  città 
di  Bologna  dimorante,  qual  privilegio  e  grazia  gli  fu  confermata  da  Giovan  Domenico 
de  Cupis  card,  del  titolo  di  san  Lorenzo  in  Lucina  »  il  20  maggio  1530  (A.  S.  C. 
not.  Paolo  Emilio  Calzoli).  Comprò  nel  1545  la  cappella  Angelini  a  s.  Gregorio.  A  lui 
forse  si  riferisce  la  mem.  del  Vacca  «  Mi  ricordo  aver  sentito  dire  che  il  magnifico 
Metello  Vari,  maestro  di  strade,  fece  condurre  dalla  via  prenestina  fuori  di  porta 
s.  Lorenzo,  quel  leone  di  mezzo  rilievo,  che  risarcito  da  Giovanni  Sciarano  scultore 
da  Fiesole  ora  sta  nella  loggia  (di  villa  Medici)  »  mem.  75,  ed.  Fea.  Era  già  morto 
nel  1567,  avendo  io  ritrovato  in  atti  del  notaio  Stefano  Maccarano  sotto  la  data  dell'  11 
luglio,  il  ricordo  di  una  «  concordia  e  transazione  fatta  da  Ersilia  e  Tarquinia  Vari 
Porcari,  figlie  del  quondam  Alfeo  Porcari,  Girolama  ed  Ortensia  Vari  de'  Porcari  e 
Diana  Frangipane  sopra  i  beni  ed  eredità  del  quondam  Metello  Vari  ad  intuito  del 
cardinale  Colonna  ». 

Il  catalogo  dell'antiquario  di  questo  insigne  collettore  occupa  oltre  sei  pagine 
nel  libro  dell' Aldovrandi  (245-251).  Ne  trascrivo  due  soli  paragrafi.  «  In  una  corti- 
cella,  overo  orticello,  vedesi  un  Christo  ignudo  con  la  croce  al  lato  destro  no  fornito 
per  rispetto  d'  una  vena  che  si  scoperse  nel  marmo  della  faccia,  opera  di  Michiel 
Angelo,  et  la  donò  a  M.  Metello,  et  l'altro  simile  à  questo,  che  bora  è  nella  Mi- 
nerva lo  fece  fare  à  sue  spese  M.  Metello  al  detto  Michel  Angelo.  A  monte  Cu- 
culio, poderetto  del  sopradetto  ...  fuori  della  porta  ...  maggiore  a  canto  essa  ...  due 
consoli  grandi  vestiti  integri  ...  due  dee  intiere  vestite  assai  belle  ".  Vedi  anche 
Hondio  a  e.  34.  Gli  oggetti  di  valore  di  minor  conto,  argenti,  coralli  etc,  come 
pure  le  proprietà  urbane  della  famiglia  sul  principio  del  secolo  (a.  1519)  sono  de- 
scritte in  una  carta  del  not.  de  Coronis  prot.  643,  e.  273  in  A.  S. 

L' Aldovrandi  parla  pure  di  un  epitaffio  (CIL.  1852)  ritrovato  fuori  della  porta 
s.  Giovanni,  al  quale  si  era  dato  un  posto  d'onore  pel  nome  di  un  M.  Porcius 
Pollio  che  in  esso  ricorre.  Si  sa  che  i  Porcari,  i  quali  nel  secolo  XI  gloriavansi  di 
proclamarsi  PORCORVM  SANGVINE  GRETI  (epigrafe  di  Azzone  abate  di  s.  Antimo 
a  Montalcino,  citata  dal  de  Rossi,  Studii  e  Docum.  tomo  II.  p.  99)  accampando  sul 
loro  scudo  il  porco  sopra  una  rete,  assunsero  il  nome  di  Porcii,  o  Portii  al  tempo  di 
Stefano  della  cotigiura,  e  sull'  epistilio  d'  una  porta  di  casa,  cui  sovrastava  il  busto 
marmoreo  o  l' imagine  dipinta  del  vecchio  Catone,  scrissero  il  noto  distico  "  ille  ego 
sum  nostrae  sobolis  Cato  Porcius  auctor,  nobile  quod  nomen  os  dedit  arma  toga  -. 
Stefano  stesso  sottoscrisse  gli  statuti  di  Anticoli  di  Campagna  -  Steplianus  Portius  eques 


118  ALESSANDRO  VI.   1498 


romanus  ".  Nell'A.  S.  C.  prot.  591  del  not.  Baldassare  de  Kocha,  a  e.  252,  l'Amati 
ha  trovato  quest'altro  notevole  documento  del  1485. 

«  Millesimo  quadringentesimo  octuagesimo  quinto,  mense  aprilis,  die  vigesima. 
Constitutus  venerabilis  vir  Dominus  Paulus  Portius,  beate  Marie  majoris  de  urbe 
canonicus,  et  poeta  laureatus  egregius,  licet  infirmus  corpore  tamen  sana 
mente  suum  condidit  et  ordinavit  testamentum. . . .  Suum  heredem  universalem  con- 
stituit  nobilem  virum  dominum  Gentilem  De  Porcariis   eius  carnalem  fratrem  » . 

I  Porcari  possedevano  sull'Aventino.  L'Armellini  ha  trovato  nell'  archivio  di  san 
Pietro  in  Vincoli  una  carta  del  1477  ove  si  nomina  «  vineam  positam  prope  ecclesiam 
sanctae  Priscae  eundo  ad  s.  Alexium,  quam  tenet  Antonius  Porcharius  qui  habitat 
prope  Minervam».  Possedevano  pui'e  il  Casale  di  Acquabollicante  fuori  porta  Mag- 
giore (25  aprile  1511,  not.  Alessio  Pellegrini)  metà  del  Casal  Bruciato  fuori  la  porta 
Salaria,  accanto  la  tenuta  di  Magliano  di  s.  Marcello  (17  dicembre  1533,  not.  Stefano 
Armanni),  fornaci  fuori  porta  Torrione,  case  nel  rione  s.  Angelo  vicino  i  beni  di  Giu- 
liano Cesarini,  una  delle  quali  venduta  a  Maestro  Gherardo  di  Pietro  de  Eossi  (7  set- 
tembre 1546,  not.  Curzio  Saccoccia),  il  casale  di  Capobianco  in  via  Nomentana  (12  set- 
tembre 1567,  ibid.),  e  quello  di  Valle  Pisciamosto  fuori  di  Porta  s.  Paolo  (8  maggio  1585, 
not.  Innocenzo  Garzia).  Un  vicolo  vicinale  dei  Parioli  si  chiamava  vicolo  de  Porcari. 

I  Porcari  ebbero  tre  cappelle  gentilizie  (e  tre  sepolcreti)  nelle  quali  sono  andati 
a  finire  molti  marmi.  Il  sepolcreto  principale  era  nella  chiesa  di  s.  Giovanni  de  Pinea, 
ed  il  suo  più  antico  monumento  è  quello  di  Giuliano  f  1182,  opera  della  Scuola  mar- 
moraria  romana.  La  seconda  cappella  è  nella  Minerva.  Era  stata  assegnata  dai  Do- 
menicani a  Girolamo  Porcari  vescovo  Andrinense  e  dedicata  al  santo  omonimo.  Il 
giorno  10  sett.  1521  Giulia  Zacchia  vedova  di  Prospero,  in  nome  proprio  e  dei  figli 
Domenico,  Saba  (')  e  Girolamo,  assegna  alla  cappella  una  dote  di  scudi  200  (A.  S. 
C.  Not.  Alessio  Pellegrini,  f.  152).  Questo  è  il  ramo  Porcari  del  r.  Campitelli,  pos- 
sessore di  fornaci  fuori  della  porta  del  Turrione  (A.  S.  C.  Not.  Micinocchi,  e.  92),  e 
di  case  nel  rione  di  s.  Eustachio  (ivi,  Not.  Tullio  Antonangeli,  e.  18).  La  terza 
cappella  era  in  s.  Gregorio  al  Celio,  ed  apparteneva  al  ramo  di  Metello  Varo.  Un 
rogito  del  not.  Paolo  Emilio  Calzoli  del  13  agosto  1545  dice  che  Lucrezia  moglie 
di  Paolo  Angelini  del  rione  Colonna,  padrona  della  cappella  di  s.  Antonio  in  s.  Gre- 
gorio, non  avendo  altri  di  sua  famiglia,  cedeva  tutte  le  sue  ragioni  e  giuspatronato  su 
detta  cappella  a  Metello  Varo. 

COLLEZIONE  SANTACROCE,  a  c.  91'.  Prospero  Santacroce  aveva  già  raccolto, 
vivente  Fra  Giocondo,  molte  lapidi  miscellanee,  sacre,  compitali,  funebri,  e  il  frammento 
de'  Fasti  CIL.  1-  p.  1.  Nel  1480  s'era  veduto  confiscare  parte  del  patrimonio,  cioè  il  ca- 
sale di  Selva  della  Rocca,  confinante  con  Palidoro  e  Castel  Campanile,  accusato,  com'era, 
di  omicidio  in  persona  di  Pietro  Margani.  Queste  vicende  non  lo  distolsero  dalla  sua 
propensione,  e  alla  sua  morte  la  casa  (privatos  lares  iunctos  renovatis  templis  di 
s.  Maria  in  Publicolis.  Vedi  cod.  barb.  XXX.  89,  p.  507)  doveva  contenere  un  buon 
numero  di  marmi  scritti  e  figurati.  Gli  antiquarii  del  secolo  seguente  parlano  di  tre 

(1)  Celebrato  da  Marcantonio  Altieri  nei  Kuptiali,  ed,  Narducci,  1873,  p.  6. 


ALESSANDRO  VI.    1498  119 


raccolte  diverse,  di  Onofrio  cioè,  di  Girolamo  (Giacomo),  e  di  Valerio.  Vedi  Aldo- 
vrandi  p.  236,  241. 

Onofrio-  possedeva  un  altorilievo  di  magistrato  togato,  trovato  nello  scavare  le 
fondamenta  del  palazzo  presso  piazza  Giudea,  cui  avevano  attribuito  il  nome  di 
Valerius  Publicola.  Girolamo,  marito  di  Ortensia  Mattei,  aveva  in  casa,  secondo  il 
racconto  del  Knibbio  Berlin.  A.  61,  e.  f.  20  «  sei  iscrizioni  al  pozzo  (CIL.  2650,  cf. 
1390,  1776,  2260)  —  a  terra  sono  doi  quadri  di  marmo  nei  quali  sono  iscolpiti  cinque 
fasci  consolari  con  questo  scritto  (moderno)  «  fasces  et  secures  consulares  » .  Si  vede  anche 
qui  un  centauro  di  mezzo  rilievo,  e  questo  simulacro  della  Fede  col  suo  medius  fidius  » . 
Vi  era  pure  l' iscriz.  Kircheriana  dell'Amor,  Honor,  Veritas,  e  un  frammento  di  Ca- 
riatide di  mezzo  rilievo.  Vedi  cod.  Berlin,  e.  8'. 

Valerio  possedeva  nella  vigna  Aventinese  al  Priorato  quattro  statue,  due  delle 
quali  di  magistrati,  e  nella  casa  alla  Regola  un  Ercole,  la  cosidetta  amazone  Ippolita 
(vedi  Cavalieri  «  antiqq.  stat.  »  tomo  IT,  tav.  44),  Pan  con  la  fistula  a  sette  calami,  un 
sarcofago  con  la  caccia  calidonia  :  e  nella  Galleria  o  «  deambulacrum  »  teste,  busti, 
una  vacca  di  metallo,  una  tigre  di  marmo,  un  Apollo,  e  un  gruppo  di  Ercole  e  Aiiteo 
in  bronzo  che  si  reggeva  in  sui  piedi  senza  plinto. 

Nel  cod.  Pighiano  Berlin,  a  e.  8  e  10,  si  parla  due  volte  di  un  codice  epigrafico 
del  card.  Prospero  Santacroce,  quell'  istesso  che  scoprì  una  «  magnifica  sepoltura  »  a 
porta  latina  (Vacca  m.  99)  e  che  introdusse  in  Roma  il  tabacco  o  erba  Santacroce. 
Il  Bianchini  cod.  veron.  347,  4,  ha  lasciato  l'appunto  che  segue  in  data  26  gennaio  1706. 
«  Venalia  extaut  prope  capitoliu.  in  heredit®.  March."'*  Tarq."^"  Sete  Crucis  simulacra 
seu  statue  due  palra.  6.  quoru.  una  musa  altera  Bacchu.  refert.  septem  protomis  magni.' ^ 
Trajani.  1.  viroru.  8.  fem.  3.  ".  Vi  erano  bassorilievi  e  altri  marmi  minori,  ed  una 
statuetta  di  fanciulla  di  palm.  4.  Prezzo  della  raccolta  220  scudi. 

Vi  erano  pure  da  vendere,  ma  d'altro  padrone,  un  busto  di  Euripide  a  300  scudi, 
ed  un  Fiume  di  basalto,  guasto  dall'  ombelico  in  giù. 

Pietro  Rossini  descrive  nel  Mercurio  Errante  tomo  II,  p.  399,  il  «  nobilissimo 
palazzo  Santa  Croce  architettato  da  Francesco  Paparelli,  nel  di  cui  cortile  sono  molti 
bellissimi  bassirilievi  antichi,  fra  i  quali  è  di  maniera  greca  quello  del  trionfo  di 
Bacco  e  di  Sileno,  come  pure  il  fatto  di  Trimalcione  coi  satiri,  nel  mezzo  delle  quali 
sculture  vi  è  il  sacrificio  di  Giove  Taurilio,  ed  un  altro  di  non  cattiva  maniera.  Sono 
negli  appartamenti  molte  pitture  a  fresco  di  Francesco  Grimaldi.  Fra  i  quadri  più  insigni 
ve  ne  sono  alcuni  dell'Albano,  la  Concezzione  di  Guido  Reni,  ed  altri  del  Guercino,  del 
Tempesta  e  del  Pussino.  La  Galleria  fu  dipinta  da  G.  B.  Ruggeri  bolognese.  Vi  è  ancora 
una  bella  statua  di  Appello,  una  di  Diana,  due  di  una  Cacciatrice,  ed  un'altra  di  un 
Gladiatore,  insieme  con  un  Ritratto  in  marmo  dell' Algardi  " .  Vedi  anche  Ficoroni  R.  A. 
parte  II,  p.  46.  Nel  protoc.  263  del  net.  Bracchini  in  A.  S.  a  e.  367  si  trova  un 
documento  di  qualche  interesse  per  la  storia  dell'Arte,  cioè  la  descrizione  di  certi 
fregi  dipinti  l'anno  1497  da  Paolo  pittore  nella  casa  di  Francesco  e  Giacomo  San- 
tacroce, e  periziati  da  Maestro  Evangelista  del  q.'"  Pietro  Paolo  Cervellieri. 

Nel  1578  il  card.  Prospero  ampliò  l'area  delpalazzo  per  fare  la  porta  al  giardino 
confinante  con  la  chiesa  di  s.  Salvatore  in  Campo.  Xot.  Guidotti,  prot.  3652  e.  542. 


120  ALESSANDRO   VI-    U98 


1  Santacroce  hanno  posseduto  le  tenute  di  Selva  della  Rocca,  Maglianella,  Vaccareccia, 
e  il  castello  di  s.  Gregorio. 

COLLEZIONE  DE  SINEBARBIS,  a  e.  6'-7.  Vedi  lacovacci  in  cod.  ottob.  2553,  719, 
anni  1495-1559.  Dovevano  essere  imparentati  coi  della  Rovere,  come  risulta  dal  testa- 
mento di  Faustina  «  filie  q.  dni  Gentil  de  Sinebarbis  de  Ruere  "  in  atti  Mancini, 
prot.  1012  e.  62,  anno  1524.  Fondatore  della  collezione  pare  sia  stato  il  Francesco 
marito  di  Angelozza,  morto  poco  prima  del  1510  (prot.  Bianchini  266  e.  159).  La 
sua  casa  stava  nel  r.  di  Ponte  «  ad  Turdenona  »  come  si  cava  dalla  scritta  nuziale 
tra  Lavinia  Sinebarl)is  e  Alessandro  de  Totis,  in  atti  Pacifici,  prot.  1190  e.  130, 
anno  1532. 

COLLEZIONE  TAGLIAZZI  (?),  a  e.  122'.  Nove  iscr.  «  in  domo  episcopi  Tor- 
cellen».  Vedi  Moroni,  Dizion.  voi.  LXXVII,  p.  122. 

COLLEZIONE  TIGETI  (RIGETI?),  a  e.  15.  Cinerario  quintuplice  di  C.  Julius 
Metrodorus  CIL.  20137,  squisitamente  miniato,  e  il  cippo  2188.  Questo  prelato,  già 
secretarlo  apostolico,  e  protonotario,  aveva  ottenuto  il  vescovato  di  Taranto,  al  tempo 
di  fra  Giocondo.  E  venuto  a  morte,  in  sullo  scorcio  del  secolo,  la  casa,  che  stava 
nel  r.  di  Ponte  vicina  a  Tor  Sanguigna,  passò  a  Mario  Bonaventura,  e,  più  tardi,  a 
monsignor  Ferratini,  arciv.  di  Amelia,  dal  quale  ha  preso  nome  la  nostra  via  Frattina. 

COLLEZIONE  TOMAROZZI,  a  e.  61  «  prope  s.  Eustachiù  ante  domù  Baptistae 
Tomaroci  » .  La  raccolta  fu  continuata  da  Giulio,  probabilmente  figlio  del  precedente. 
Vedi  CIL.  VI.  440,  823,  876,  1308,  2270.  Di  cotesto  Giulio  ho  trovato  un  docu- 
mento curioso,  benché  non  archeologico,  dal  quale  risulta  che  egli  teneva  in  mare 
un  gallone  armato  in  corsa.  «  Die  XVII  februarii  1516.  Magister  Ambrosius 
Jouardus  genuensis  promisit  magnifico  viro  d.  Julio  de  Thomarotijs  civi  romano  facere 
certas  artiliarias  sive  bombardas  Idest  unum  basiliscum  et  duos  canones  et  certos  fal- 
chonetos  et  smerilglios  sic  vulgariter  nuncupatos  cum  suis  masseritijs  tot  et  quot 
eidem  d.  Julio  erunt  necessarios  prò  suo  navilio  siue  galeone  et  predictus  d.  Julius 
promisit  solvere  ducatos  XXIII  auri  largos  prò  quolibet  miliario  librarum  labora- 
tarum  et  etiam  dare  metallum  et  stagnum  quantum  opus  erit  et  dictus  Ambrosius  pro- 
misit quam  primum  et  quantum  cito  possibile  erit  facere  dictas  artiliarias  ".  Noi 
Buliconi,  prot.  894,  scritt.  arch.  voi.  XXIV,  e.  145',  A.  C. 

La  fortuna  della  famiglia  incominciò  a  declinare  poco  dopo  la  morte  di  Giulio. 
I  suoi  figliuoli  Flaminio,  Fulvio,  Pompilio,  Francesco  e  Girolama  venderono  nel  1523 
parte  delle  loro  case  tra  la  Rotonda  e  s.  Eustachio  a  Francesco  del  Bufalo,  e  altra 
parte  nel  1525  ai  Crescenzi.  Una  terza  casa,  confinante  con  quella  di  Costantino  Erulo 
da  Narni,  vescovo  di  Spoleto,  fu  venduta  nel  1540  a  Giordano  de  Nobili  di  Rieti. 
Estinta  in  seguito  la  famiglia,  ereditarono  da  essa  in  parte  luoghi  pii,  in  parte  i 
Boccapaduli,  e  le  iscrizioni  furono  disperse  (2270  ai  Massa,  876  a  villa  Madama, 
1308  a  Firenze,  etc). 

In  campagna  di  Roma  possedevano  il  casale  di  Lamentana  acquistato,  sin  dal  17  di- 
cembre 1427,  da  Vannozza  Cenci. 

Sembra  che  il  nome  di  famiglia  fosse  Bardella:  poiché  trovo  in  atti  Bracchini, 
prot.  263  e.  451  A.  S.  un  patto  di  divisione  del  1498  tra  i  fratelli  Giovanni  e  Paolo 


ALESSANDRO   VI.    1498  121 


Bardella  de  Tomarozzi,  nel  quale  figura  in  primo  luogo  la  «  domus  magna  »  alla  por- 
ticella  della  Rotonda.  Prima  (1427)  si  chiamavano  Tomarozzi  de  Thomais. 

COLLEZIONE  DELLA  VALLE,  intorno  alla  quale  vedi  Michaelis  «  Ein  stich 
von  Hieronymus  Kock  (n.  325  della  mia  raccolta  di  stampe  e  disegni)  die  Samm- 
lungen  della  Valle  »  in  Archaeol.  Jahrbuch  1891,  p.  218.  Fra  Giocondo  e.  4-5' 
nomina  tre  case,  di  Bernardino,  di  Bartolomeo,  e  di  Filippo.  Nel  1558  le  raccolte 
archeologiche  si  trovavano  divise  tra  i  Rustici  della  Valle,  Valerio  e  Bruto  della 
Valle,  nella  contrada  di  tale  nome.  Vedi  Aldovrandi  p.  212-221.  Come  pei  Caffa- 
relli,  così  per  questa  famiglia  mi  è  impossibile  discudere  a  particolari.  Conservo  nel 
mio  schedario  novantaquattro  documenti  inediti  relativi  ai  Valle,  settantaquattro 
relativi  ai  Capranica,  tredici  relativi  ai  Rustici,  materiale  copioso  abbastanza  per 
formare  un  volumetto  a  parte,  e  per  riformare  a  ritoccare  gli  stemmi  geueaologici 
proposti  dall' Adinolfi  «  La  via  Sacra  "  p.  122  sg.,  dal  Ciampi  «  Nuova  Autologia  « 
tomo  XVII,  a.  1872,  p.  221,  dallo  Stevenson  in  Archiv.  S.  R.  S.  P.  tomo  VI,  1883, 
e  dal  Michaelis  1.  e. 

Le  poche  notizie  che  seguono  si  riferiscono  direttamente  o  indirettamente  ai 
fasti  archeologici  dei  della  Valle  e  loro  consanguinei. 

La  famiglia  era  rimasta  unita  nei  beni  e  nelle  possessioni  sino  al  1467.  Il 
13  ottobre  di  quell'anno  i  tre  fratelli  carnali,  Lello  dottore  in  legge,  Filippo  «  famo- 
sissimo »  dottore  in  medicina,  e  Giacomo,  volendo  vivere  ciascun  da  sé,  procedettero 
alla  divisione  del  patrimonio  col  ministero  del  notaro  Giovanmatteo  Salvetti,  fungendo 
da  testimonii  Pietro  Albertoni  del  r.  di  Campitelli,  Domenico  Porcari  del  r.  di  Pigna, 
loro  cognati  carnali,  e  Germano  dei  Vendettini,  notaro  del  r.  di  Ripa.  Il  patrimonio 
comprendeva  il  «  casale  q.  v.  Buonricovero  extra  portam  s.  Johannis  »  acquistato 
nel  1398  da  Paolo  Conti  signore  di  Poli,  il  «  casale  q.  v.  Centumcellis  "  fuori 
porta  Maggiore  acquistato  nel  1394  da  Andrea  Angeloni,  il  «  palatium  situm  in 
r.  Sancti  Eustachii  iuxta  domum  heredum  quondam  Pauli  Cencii  ",  altro  palazzo 
nel  r.  di  Parione  venduto  nel  1459  a  frate  Valentino  rettore  di  s.  Stefano  Rotondo, 
un  orto  a  fianco  del  templum  Eventus  Boni  a  s.  M.  di  Monterone,  acquistato  dagli 
Alberini,  il  casale  Renclaustro  acquistato  nel  1396  dal  predetto  Andrea  Angeloni, 
la  quarta  parte  del  casale  di  Grotta  Cellense,  tolta  in  enfiteusi  nel  1462  da  Paolo 
Leis,  e  altre  possessioni  minori  del  valore  complessivo  di  scudi  d'oro  quattrocentomila, 
somma  invero  grandissima  per  quei  tempi.  Tanta  fortuna,  invece  di  patire  diminu- 
zione con  l'essere  divisa  in  tre  parti,  fu  invece  notevolmente  accresciuta  da  ciascuna 
delle  tre  discendenze  di  Lelio,  Filippo  e  Giacomo.  Valga  d' esempio  il  seguente 
inventario  dei  beni  del  minorenne  Bruto,  figliuolo  di  Lelio,  e  nipote  di  Fabrizio, 
redatto  il  20  ottobre  1535  dal  suo  tutore  Jacopo  Muti.  L' inventario  incomincia  con 
la  «  domus  solite  habitationis  dicti  q.  domini  lelii  sita  in  r.  s''  eustachii  iuxta  domum 
octaviani  de  valle,  ab  uno,  et  domum  q.  R'"'  cardinalis  (Andreae  ~  1517)  de  Valle 

ab   alio,  et  ecclesia  s'' (s.  Martino   de   Monte?)  et   ante   est  via  pu- 

blica  " .  Al  palazzo  era  annesso  un  casaleno  scoperto  e  una  «  casecta  per  stalla  " . 
Seguono  «  la  hostaria  de  la  campana,  dietro  Campo  di  Fiore:  un  fienile  grande  e  uno 
piccolo   alla   scesa   di  Marforio  :  l'orto  grande   del    Pantano  di  s.  Basilio,  del  quale 

lo 


122  ALESSANDRO   VI.    1498 


ho  parlato  nel  Bull,  coni.,  tomo  XXVIII,  a.  1901,  p.  44  sg.;  l'orto  grande  al  Circo 
Massimo:  la  terza  parte  del  piazzatico  di  Fogliano  e  del  Fucino  in  pescheria:  la 
quarta  parte  di  Castel  Malnome:  la  metà  di  Torre  Carbone:  il  casale  di  Buonrico- 
vero  :  il  casale  del  Quadraro  :  una  vigna  al  Laterano,  e  un  canneto  ai  ss.  Pietro  e 
Marcellino  «  Et  le  predette  cose  disse  esser  de  la  heredità  de  detto  mr  Lelio  (padre) 
et  fabritio  (nonno).  Item  asseruit  essere  in  la  heredità  de  la  matre  (una  Cava- 
lieri) »....  parte  della  casa  grande  nella  piazza  grande  de  Cavalieri:  altra  minore, 
ivi  :  una  «  casepta  in  la  via  de  la  stufa  de  Cavalieri ....  doi  stallecte  in  la  via  de 
la  trinità:  uno  censo  sopra  una  casa  et  calcara  vicina  ad  s**  nicola  de  li  cava- 
lieri    un  altro   censo   sopra  al  casaletto  for   de   porta   san   pangratio:  ....  una 

vigna  con  casepta  et  torre  for  de  porta  san  Sebastiano  oncie  (manca  il  numero) 

de  casale  brusciato  for  de  porta  salara  ....  un  terzo  del  casale  iudio:  once  del 

casale  de  quinto  posto  for  de  ponte  molle  item  uno  casale  decto  la  casecta  de 
cornazano  posto  in  la  transteverina  ».  Bruto  possedeva  anche  i  famosi  fienili  «  ad 
duodecim  portas  »  nel  sito  dell'Ara  Massima  e  del  tempio  di  Ercole  Vittore. 

Altri  documenti  ricordano  come  facienti  parte  del  patrimonio  comune  il  casale 
di  Carcaricola  acquistato  nel  1476  da  Griffonella  Sorrentini,  di  Monte  Olevano  (1541), 
di  Fiorano  (1548),  di  Torre  Nuova  (1557),  di  Fusano  (1570)  e  il  Castello  di  Nemi 
che  il  cardinale  Andrea  tolse  in  affitto  di  Marcantonio  Colonna  il  23  maggio  1521. 

La  casa  di  Valerio,  la  quale  conteneva  i  marmi  ricordati  dall'Aldovrandi  a 
p.  216,  e  dal  Michaelis  a  p.  222,  è  descritta  in  una  apoca  di  locazione  a  favore 
del  cardinale  Altemps,  minutata  dal  not.  Antonio  Guidetti,  prot.  3631,  e.  242  A.  S. 
il  31  agosto  1566  «  in  regione  parionis  in  apoteca  aromatario  in  angulo  prope  eccle- 
siam  s.  Thome  ».  La  chiamano  «  domus  solite  ipsius  valerli  habitationis  sita  Rome 
in  r.  s.  Eustachij  in  via  Pape  cui  ab  uno  est  palatium  d.  Camilli  de  Rusticis,  ab 
alio  reliqua  pars  domus  ipsius  d.  Valeri  ante  et  retro  vie  publice  ».  Vi  sono  nomi- 
nate «  tres  stantie  respicientes  versus  domum  d.  Angeli  de  Capranica,  una  cum  scala 
per  quam  descenditur  in  via  publica  versus  d.  Angelum  »  ed  altre  sale  e  loggie 
«  quas  habitare  solebat  ho:  me:  d.  Quintius  de  Rustici  ».  [Nel  1588  il  palazzo  era 
affittato  a  Gaspare  Visconti  arciv.  di  Milano,  il  quale  lo  aveva  sublocato,  col  con- 
senso del  direttario  a  Geronimo  Maffei  referendario  di  segnatura].  Il  cardinale  Altemps 
aveva  preso  in  affitto  l'attiguo  palazzo  Rustici,  la  vigilia  stessa  del  contratto  stipu- 
lato con  Valerio.  Ecco  il  tenore  dell'apoca. 

«  Die  30  Augusti  1566.  Il  sig.""  Camillo  de  Rustici  affitta  il  suo  palazzo  dove 
habitava  la  bo:  me:  del  vescovo  de  Rustici  posto  nel  rione  de  S.*°  Eustachio  da 
una  m*"  bruto  della  valle,  da  laltra  m""  Valerio  della  valle  davanti  la  strata  papale 
de  retro  la  strata  publica  al  11.*"°  et  R.™°  Car.'*  Altaemps  e  per  sua  sig.""'*  111."'* 
al  R.*^"  m*"  Horatio  muto  agente  e  procuratore  suo  con  l' infrascritte  conditioni  e  capi- 
toli etc.  Prima  che  laffitto  debbia  comenzare  al  primo  di  settembre  proximo  futuro 
2."  si  affitta  detto  palazzo  per  scudi  cinquecento  l'anno  per  anni  tre.  Finito  il  tempo 
della  sudetta  locatione  sia  tenuta  sua  sig.*"'*  111.""*  restituire  il  palazzo  con  tutte  le 
cose  che  nel  Inventario  si  contengono  non  deteriorate.  Et  oltre  subsequentemente 
finiti  li  primi  tre  anni   il   sig.*"  Camillo   promette   mantenere  sua  sig.*"'*  IH.'"*  tutto 


ALESSANDRO   VI.    1498  123 


quel  tempo  che  S.  S  111."**  dichiara  voler  tenere  il  palazzo,  Actum  Rome  in  palatio 
suprascripto  ».  Not.  Guidetti  prot.  cit.  e.  241. 

Questi  ricordi  delle  possessioni  urbane  e  rustiche  dei  grandi  raccoglitori  del 
secolo  XVI  giovano  assai,  come  ho  già  notato  altra  volta,  a  mettere  in  chiaro  la 
origine  delle  antiche  opere  di  scoltura  onde  erano  adornati  i  loro  palazzi  e  i  loro 
giardini.  Rari  sono  gli  esempi  di  acquisti  diretti  di  antichità  nella  prima  metà  del 
secolo,  mentre  abbondano  le  memorie  di  trovamenti  fortuiti  avvenuti  nel  piantare 
vigne  e  arboreti,  e  nel  fondare  case.  L'Aldovrandi  ricorda  molti  di  questi  casi.  Delle 
statue  in  casa  de  Radicibus  dice  «  le  ha  messer  Pietro  ritrovate  in  una  sua  vigna 
presso  porta  Maggiore  » .  Il  Meleagro  dei  Pichini  proviene  dalla  loro  vigna  suU'  Esqui- 
lino:  la  Venere  dei  Nari  dal  loro  giardino  in  via  Margutta;  le  innumerevoli  scol- 
ture di  casa  Ponti  da  un  loro  terreno  fuori  di  porta  s.  Lorenzo:  quelle  di  Niccolò 
Stagni  dalla  sua  vigna  alle  Sette  Sale,  e  così  via  discorrendo. 

Una  seconda  classe  di  raccoglitori  è  formata  dai  Maestri  delle  Strade,  i  quali 
s' impadronirono  assai  di  frequente  degli  oggetti  che  capitavan  loro  nelle  mani  nella 
loro  qualità  di  ufficiali  publici.  A  questa  classe  appartengono  Latino  Giovenale  Man- 
netti,  Tommaso  Cavalieri,  Marcello  Capodiferro,  Rutilio  Alberini,  ed  altri  fondatori 
di  antiquarii  privati. 

Un  esempio  molto  elegante  dell'  utilità  che  può  derivare  da  queste  nostre  ricerche 
si  ha  nella  faccenda  dell'orto  della  Valle,  al  Pantano  di  san  Basilio,  i  quali  orto 
e  pantano  occupavano  parte  dell'  area  dei  fori  giulio  e  augusto.  Nella  tav.  32  del- 
l'edizione originale  dell'Architettura  di  Antonio  Labacco,  messa  in  luce  da  Antonio 
Lafreri  l'anno  1552  (della  quale  ho  in  collezione  un'esemplare  avanti-lettera)  si 
veggono  la  pianta,  l'alzato,  e  la  sezione  di  un  tempio,  il  cui  fregio  a  nascimenti  e 
volute,  ricorda  quelle  tali  famose  ^  candeliere  "  che  ora  stanno  murate  nelle  pareti 
di  una  loggia  di  Villa  Medici,  sulla  quarta  torre  a  partire  dal  confine  coi  giardini 
del  Pincio.  Ma  nella  seconda  edizione  dell'Architettura,  incisa  (alla  rovescia)  in 
Venezia  nel  1560,  lo  stesso  edificio  è  descritto  con  le  parole  seguenti  «  il  seguente 
edificio  fu  cavato  fra  il  Campidoglio  et  il  colle  quirinale,  in  quel 
luogo  dove  hoggi  si  dice  il  Pantano,  molto  distrutto  et  rovinato,  d'ordine 
composito,  tutto  ornato  de  intagli  et  fogliami  bellissimi  ".  Si  tratta  dunque  del 
tempio  di  Venere  Genitrice,  visto  e  delineato  contemporaneamente  da  Andrea  Pal- 
ladio, il  quale  ne  parla  così  (Architettm-a,  lib.  IV,  e.  31)  «nel  luogo  che  si 
dice  Pantano,  che  è  dietro  a  Marforio,  era  anticamente  il  tempio  chesiegue:  le 
cui  fondamenta  furono  scoperte  cavandosi  per  fabbricare  una  casa  (di  Bruto  della 
Valle)  e  vi  fu  ritrovato  anco  una  quantità  grandissima  di  marmi  lavorati  eccellen- 
temente    ma  perchè  nei  frammenti  della  gola  diritta  della  sua  cornice  si  vedono 

dei  delfini  intagliati,  et  in  alcuni  luoghi  ....  dei  tridenti,  mi  dò  a  credere  che  fosse 
di  Nettuno  " .  Di  questo  mirabile  monumento  furono  messi  in  salvo  due  soli  pezzi 
del  fregio,  che  il  Lafreri  fece  incidere  in  rame  nel  1561  con  la  leggenda  •  in  aedibus 
Andreae  quondam  card,  a  Valle  » .  E  quando  la  raccolta  della  Valle  fu  comperata 
r  anno  1584  dal  card.  Ferdinando  de  Medici,  i  fregi  seguirono  la  sorte  comune,  e  fu- 
rono murati  nella  loggia  poc'  anzi  nominata.    Di  tale  trasferimento   si    ha    la    prova 


124  ALESSANDRO   VI.    1498 


Della  tav.  48  delle  «  Romanae  magnitudinis  monumenta  »  di  Domeaico  de  Rossi 
(Roma  1699),  tavola  incisa  dal  Bartoli  seniore  con  la  postilla:  «  templum  ordinis 
compositi  detectum  inter  Quirinalem  et  Capitolium  in  regione  Pantani,  ab  An- 
tonio Labacco  delineatura,  cuius  Zophoris  marmorei  praegrandia  fragmenta  vario  fo- 
liorum  circuitu  aifabre  ornata  serva ntur  in  aedibus  Mediceis  in  Pincio». 
Le  case  stesse  della  Valle  coprivano  terreno  di  speciale  fecondità  archeologica 
sul  confine  dello  stagno  di  Agrippa  col  portico  del  Buonevento,  intorno  al  quale  vedi 
Bull.  com.  tomo  XIX,  a.  1891,  p.  224,  e  Vacca  mem.  60  «  Mi  ricordo  che  al  tempo 
di  Pio  IV  sotto  il  palazzo  già  del  cardinal  della  Valle  furono  trovati  molti  pezzi 
di  cornicioni  e  rocchi  di  colonne  e  capitelli  corinti...  Vi  si  trovò  anche  un  capitello 
di  smisurata  grandezza  e  se  ne  fece  l' arme  di  Pio  IV  a  porta  Pia  " .  Del  resto  il 
card.  Andrea  era  appassionato  scavatore.  11  suo  nome  è  legato  con  la  storia  delle 
terme  d'Agrippa  alla  Ciambella.  Vedi  Bull.  com.  tomo  XXIX,  a.  1901,  p.  10.  Ri- 
cordo in  ultimo  luogo  gli  scavi  e  le  scoperte  nella  vigna  al  Laterano,  intorno  alle 
quali  cadrà  il  discorso  sotto  il  giorno  21  aprile  1515. 

11  AVaelscapple,  cod.  Beri.  A.  61  s,  f.  64  sg.:  il  Pighio,  ibid.  passim:  il  Cava- 
lieri, Antiqq.  statuar,  voi.  MI;  a.  1585,  tav.  84-87;  voi.  IIl-IV,  a.  1593,  tav.  3,  4, 
94:  Knibbio,  cod.  beri.  A.  61  a,  f.  16  sg.,  l'Hondio  p.  13;  Baldassarre  Peruzzi, 
Uffizi  462,  il  Fichard,  il  Boissard,  l' Heemskerk,  il  Vasari,  gli  inventarli  editi  dal  Fio- 
relli,  hanno  fornito  al  Michaelis  il  materiale  per  la  sua  splendida  ricostruzione,  alla 
quale  e'  è  ben  poca  cosa  da  aggiungere.  Ho  ritrovato  uno  dei  cippi  marmorei  orna- 
tissimi,  forse  di  quelli  del  giardino  pensile,  nella  loggia  interna  del  palazzo  Mattei, 
fra  il  primo  e  il  secondo  cortile.  Nello  specchio  della  epigrafe  martellata,  è  scritto 
a  lettere  del  quattrocento  : 

HOC  •  lACET  •  IN 

TVMVLO  •  DE 

VALLE  •  ANTIQVA 

PROPAGO     -^ 

Belle  e  curiose  memorie  artistiche  sul  card.  Andrea  -}-  1517  sono  state  pubbli- 
cate dal  Drury  Fortnum  nel  voi.  L  dell'  «  Archaeologia  »,  a.  1887,  in  una  memoria 
intitolata  :  «  The  seal  of  cardinal  Andrea  de  Valle,  with  reraarks  on  some  other  car- 
dinals'  seals  of  that  period  ». 

COLLEZIONE  ZODONI,  e.  121'.  Undici  iscrizioni  «  in  domo  Nardi  de  Zodonis  ", 
persona  a  me  ignota. 

Alle  raccolte  predette  si  deve  aggiungere  la 

COLLEZIONE  GIVSTINI,  non  nominata  da  fra  Giocondo,  forse  perchè  non  con- 
teneva iscrizioni.  Se  ne  ha  ricordo  nei  Nuptiali  di  M.  A.  Altieri  a  p.  61,  ed.  Narducci, 
ove  il  Mezzocavallo  dice  :  ....  «  ma  chi  el  vedessi  (l'Altieri)  con  messer  Favolo  Justini 
da  Castello  consummarce  rascionando  la  iornata....  si  pertinaci  se  demostrano  superar 
l'un  l'altro  de  intagli,  teste,  medaglie,  overo  anche  de  qualche  vaso  antiquo  ». 

Paolo  Giustini,  abbreviatore  del  Parco  maggiore  nel  1497,  deve  aver  trasmesso 
ai  suoi  discendenti  l'amore  verso  le  cose  antiche.  11  Tesoroni,  nella  bella  monografia 


ALESSANDRO  VI.    1498  125 


«  il  palazzo  Piombino  di  piazza  Colonna  »  Roma  1894  (in  Buonarroti,  serie  IV,  tomoi, 
fase.  5°),  dalla  quale  traggo  queste  notizie,  ricorda  il  testamento  di  Lucrezia  Giu- 
stini  ove  si  parla  di  medaglie  e  di  antichità  di' bronzo,  custodite  in  casa  della  testa- 
trice  per  conto  dei  suoi  nipoti  Cosimo  e  Fabrizio,  e  di  altri  cimelii  racchiusi  insieme 
a  molte  cose  preziose  in  una  «  cassa  de  ferro  che  sta  in  lo  monasterio  de  torre  de  li 
specchi,  de  quale  cassa  ha  la  chiave  ms  Bruto  della  Valle  ». 

Le  raccolte  fm-ono  di  gran  lunga  accresciute  quando  mgr.  Cosimo  Giustini,  acqui- 
state sul  lato  orientale  di  piazza  Colonna  le  case  de'  Normanni  (1579)  e  degli  Albe- 
rini (1591),  fabbricò  sulle  loro  vestigie  il  proprio  palazzo,  con  i  disegni  e  consigli  di 
Iacopo  della  Porta,  Matteo  Bartolini  da  Castello,  Bartolomeo  Grippetto,  Annibale 
Lippi  e  Carlo  Lombardo.  Scoperte  di  antichità  debbono  essere  avvenute  nel  corso  dei 
lavori  (Vedi  Bull.  com.  tomo  XIX,  a.  1892,  p.  275),  ma  non  ce  ne  è  memoria  sicura. 

Abbondano  per  contrario  quelle  relative  alle  opere  di  antico  scalpello  poste  dal 
Giustini  ad  ornamento  delle  scale,  del  cortile,  degli  appartamenti  e  de'  giardini.  Se 
ne  vegga  il  catalogo  interessante  nella  citata  memoria  del  Tesoroni  a  p.  15  dell'estratto. 
Meritano  ricordo  speciale  «  una  statua  in  piedi  vestita  alla  consolare  de  Nerva  im- 
peratore "  alta  m.  1.78:  un  pezzo  di  granito  rosso  del  foro  traiano:  «  una  statua 
grande  assai,  nuda,  de  un  imperatore,  che  al  presente  sta  in  pezzi  in  casa  de  un  medico 
nella  strada  de  pontefici...  comprata  scudi  quaranta...  da  Fulvio  Visdomini  agente  e 
procuratore  dell'  ili™*'  don  Cesare  d' Este  erede  del  cardinale  d' Este...  un  piestallo  a 
s.  Croce  in  Hierusalem  nella  cappelletta  fori  »  altro  piedistallo  di  marmo  saligno  del 
foro  traiano,  otto  statue  di  marmo  della  raccolta  di  Alessandro  Pighini-Fusconi  e 
fratelli  (vedi  anno  1562)  «  cavate  alla  vigna  loro  a  s.  M.*  Magior  »  (vedi  Forma  urbis 
tav.  XXX,  e  Helbig  Guide  1*  ed.  ingl.  voi.  I,  p.  78,  133)  «  con  tanti  e  tanti  fragmenti... 
uno  piedestallo  di  marmo  con  littere...  alto  palmi  cinque,  il  qual  sta  adesso  fuor  di 
porta  latina  rincontro  alla  vigna  di  Germanico  rastelli  lontano  dalla  porta,  mezzo  miglio 
in  circa,  nella  strada  maestra,  et  poco  sotto  terra  —  Mischi  africani  Doi  compri  da 
m*""  Pietro  bettoni  cavatore  presi  à  Scola  greca  —  una  statua  de  un  console  senza 
testa  et  piedi  comprata  dal  ciambellaro  rincontro  a  tor  de  specchi],  et  stana  in  una 
casa  nova  nella  salita  di  Monte  cavallo  accanto  li  cappuccini  —  un  piedestallo  grande 

con  lettere  Turcius  apronianus  V.  C.  praefectus  urbi lo  comprai  scudi  cinque  dal 

scultor  accanto  la  colonna  trajana  et  credo  fusse  trovato  li  vicino  nelle  cantine  della 
casa  de  certi  chiamati  de  casa  carbone,  et  adesso  è  de  Martino  cappelletto  auditor 
del  Car^*  montalto,  il  quale  martino  ci  ha  fabbricato  assai  (')  —  un  piestallo  con 
littere  VaP.  Justine  qui  apresso  alla  pace  —  un  grandone  Populonii  sta  nel  cortile 
in  Colonna  {-)  •» . 

Del  palazzo  e  del  museo  Giustini  rimane  oggi  una  sola  memoria  nelle  cariatidi 
scolpite  da  Angelo  Laldini  e  Ruggero  Bescapè,  che  prima  ornavano  il  portone  della 
fabbrica  in  Colonna,  e  che  ora  -  fanno  bella  mostra  di  se  all'  ingresso  del  giardino 
circostante  al  nuovo  palazzo  Piombino  del  quartiere  Ludovisiano  -'.  Le  cariatidi,  rap- 


(')  Vedi  su  Turcio  Aproniano  CIL.  voi.  VI,  n.  1768 
(2)  Ibid.,  }).  366,  II.  1687  sg. 


126  ALESSANDRO   VI.    1498 


presentanti  il  mito  di  Dafne,  alludono  alla  impresa  di  casa  Giustini,  che  è  un  ramo 
di  lauro. 

I  Giustini  possederono  tre  giardini  con  palazzi,  case  e  vigne  sul  «  monte  Fla- 
minio »  fuori  p.  del  Popolo,  vicini  alla  Villa  Giulia  ;  e  le  tenute  di  Tor  Vergata,  Tra- 
fusa, Trafusina  e  Castel  di  Leva. 

Fra  Giocondo  nomina  pure  le  case  e  le  lapidi  di  Antonio  conte  della  Mirandola, 
e.  59:  di  Gaspare  Biondo,  e.  64':  di  Bartolomeo  del  Cambio  alle  Botteghe  oscure, 
»  e.  72':  di  Carlo  Martelli,  e.  90':  di  Prospero  Boccacci,  e.  103':  del  card.  (Giuliano) 
Cesarini,  e.  104:  di  Giovanni  Mazzatosta,  e.  108':  di  Antonio  da  Cannobbio,  e.  117': 
di  Lorenzo  Signoretti,  e.  117':  di  Ludovico  Vicotacca,  e.  118:  di  Tommaso  Zambec- 
cari,  e.  118  :  di  Domenico  Normanni  dei  Tedallini,  e.  120'  :  di  Massenzio  Gesualdo,  e.  132': 
di  Sabba  Pini,  e.  135  :  dei  Frangipani  al  Trivio,  e.  135  :  e  dei  Cenci  alla  Dogana,  e.  137. 

II  nome  di  questo  illustre  è  legato  alla  storia  degli  scavi  di  Roma  per  un  secondo 
e  più  cospicuo  titolo  :  pei  disegni,  cioè,  che  egli  tolse  degli  antichi  edificii  e  delle  loro 
spoglie,  man  mano  che  tornavano  in  luce  nelle  ricerche  per  materiali  da  costruzione. 
È  probabile  che,  morto  fra  Giocondo  il  1**  luglio  1515,  una  parte  dei  suoi  disegni 
rimanesse  nelle  mani  di  Raffaello  da  Urbino.  Vedi  Geymtiller  "  Cento  disegni  » ,  Fi- 
renze 1882,  p.  17.  Quelli  conservati  ora  negli  Ufizii  sono  stati  catalogati  appros- 
simativamente dal  Geymuller  predetto,  il  quale  attribuisce  il  libro  dei  ricordi  dal- 
l'antico al  triennio  1513-1515.  Vedi  in  data  P  luglio  1515. 

1499.  META  DI  BORGO.  Alessandro  VI  affida  al  card.  Raffaele  Riario  la  dire- 
zione dei  lavori  di  apertura  della  via  Alessandrina,  per  congiungere  il  Vaticano  col 
ponte  s.  Angelo,  in  vista  dell'  imminente  giubileo.  1  lavori  di  demolizione  furono  com- 
piuti in  soli  nove  mesi,  cosicché  il  Burchardt  potè  registrare  nel  suo  diario,  la  vigilia 
stessa  del  natale  «  completa  est  ruptura  vie  nove  recto  a  parte  castri  s.  Angeli  ad  portam 
palatii  apostolici  » .  Con  una  bolla  dell'  anno  seguente  furono  accordati  certi  privilegi  a 
chi  fabbricasse  sui  lati  della  nuova  strada.  Della  piramide  conosciuta  sotto  il  nome 
.di  méta  di  Borgo  fu  troncata  la  sola  parte  che  sporgeva  sul  filo  della  strada  stessa: 
il  resto  durò  in  piedi  per  qualche  anno  ancora.  Vedi  1513.  La  strada  rimase  sterrata 
sino  all'autunno  del  1505.  Vedi  Torrigio,  Sacre  Grotte,  p.  346.  Altri  lavori  di  demo- 
lizione e  ampliamento  di  strade  furono  eseguiti  nel  rione  di  s.  Eustachio,  alla  Dogana, 
a  s.  Pantaleo  ecc.  Vedi  registro  Edifizi  publici  1499  in  A.  S.  Per  ciò  che  riguarda 
le  mura  e  le  porte  della  città  vedi  Forcella,  tomo  XIII,  p.  30,  e.  143,  e  Fulvio, 
Antiquar.  ce.  16,  16'. 

1499,  16  gennaio.  «  A  certi  fachini  che  portoro  certi  preti  de  porfido  ad  palazo 
(pontificio?)  come  apare  per  mandato  delli  conservatori  ".  Registro  Cam.  Governa- 
tore, 1497/1502,  e.  90'. 

1499,  29  marzo.  COLLEZIONE  GONZAGA.  Primo  ricordo  ufficiale  di  sotterfugi 
usati  per  estrarre  da  Roma  oggetti  d'  arte,  a  dispetto  delle  costituzioni  vigenti.  Il 
d'Arco  nel  tomo  II  dell'  opera  sulle  arti  e  sugli  artefici  di  Mantova,  edizione  1857, 
a  p.  44,  ricorda  come  la  marchesa  Isabella  di  Mantova  scrivesse  sotto  questa  data 
al  suo  agente  in  Roma  indicandogli  le  precauzioni  da  togliere  nello  spedirle  «  una 
bella  tabula  de  pietra . . .  perchè  bisogna  usar  arte  in  condurla  fora  de  Roma  per 


ALESSANDRO   VI.    1499  127 


respecto  alli  Conservatori  » .  Fondatore  della  collezione  era  stato  il  cardinale  Francesco 
Gonzaga,  morto  nel  1483,  al  quale  la  passione  verso  i  bronzi  e  le  gemme  antiche 
era  stata  comunicata  dal  principe  dei  raccoglitori,  Paolo  II.  Col  testamento  in  data 
20  ottobre  1483  il  cardinale  divise  il  suo  museo  in  due  parti.  Al  fratello  marchese 
Federigo  lasciò  «  omnes  statuas  et  imagines  ex  aere  vel  broncio  »  mentre  gli  esecutori 
testamentarii  erano  invitati  a  vendere  al  miglior  offerente,  per  soddisfare  i  creditori, 
«  camainos  tam  ligatos  in  tabulis  argenteis  et  aliter  quomodocumque,  quam  etiam 
non  ligatos,  nec  non  vasa  cristallina...  et  alia  jocalia  mea  ac  libros  omnes  praeter 
specialiter  ligatos  " .  Lasciava  poi  a  titolo  di  legato  «  ili.  principi  Alphonso  de  Ara- 
gonia  duci  Calabrie . . .  quandara  corniolam  magnam,  in  qua  insculpta  est  facies  Julii 
Caesaris».  Gli  esecutori  si  affrettarono  a  seguire  le  volontà  del  defunto:  non  vendit 
les  camées,  qui  allèrent  grossir  le  musée  de  Laurent  le  magnifìque.  Quels  regrets  le 
souvenir  de  cette  dispersion  ne  dut-il  pas  causer  à  la  docte  et  spirituelle  marquise 
Isabelle  d'Este  lorsqu'elle  épousa,  quelques  années  plus  tard,  le  frère  du  cardinal,  et 
entreprit  de  fonder  ce  «  studio  »  qui  fit  longtemps  la  gioire  de  Mantoue!  »  Miintz  in 
Revue  Archeol.  Janvier  1882,  p.  10  dell'estratto).  Gli  scavi  e  le  scoperte  fatte  più 
tardi  nel  giardino  Conzaga  alla  Marmorata  saranno  descritti  sotto  la  data  del  18  gen- 
naio 1558. 

Il  Miintz  ha  ricordato  col  cardinale  Francesco,  un  altro  porporato  morto  nello 
stesso  anno  1483,  Guglielmo  d' Estouteville,  collettore  non  per  genio  ma  per  occasione. 
«  San  repousser  les  chefs  d'oeuvre  de  l'antiquité,  il  ne  s' attaché  pas  à  former  des  séries 
hors  ligne.  Les  cornioles  qui  sont  décrites  dans  son  inventaire  semblent  étre  arrivées 
dans  ses  mains  par  l'effet  du  hasard,  non  par  suite  de  ces  investigations  ardentes, 
si  frequentes  chez  les  amateurs  de  la  Renaissance  " .  L' inventario  nomina  «  unum 
anulum  cum  corneola  sculpta...  item  duo  cadmeas  vetustas  et  pallidas  parvi  valoris. 
Item  unum  alium  lapidem  cadmeum  cum  una  facie  adraodum  magnum.  Item  duos 
anulos  parvos  quorum . . .  alius  habet  lapidem  ametisti  inscultum  capite  hominis.  Item 
lapides  centum  et  quatuordecim  diversarum  manierarum  incisas  et  inscultas  diversis 
signis  et  imaginibus  »  1.  e.  p.  10. 

Il  medesimo  chiarissimo  scrittore  ricorda  in  terzo  luogo  la  missione  archeologica 
compiuta  in  Roma  sotto  papa  Alessandro  VI  dal  celebre  orafo  e  medaglista  Caradosso 
di  Foppa.  Inviato  da  Ludovico  il  Moro  a  Firenze  per  acquistare  le  opere  d'  arte  dei 
Medici,  disperse  dopo  la  espulsione,  egli,  disgustato  dalla  enormità  del  prezzo  richiesto, 
volle  tentare  miglior  fortuna  in  Roma.  La  descrizione  degli  oggetti  acquistati  cioè 
una  Leda  di  monsig.  di  Monreale,  una  figura  del  card,  di  Parma  etc.  si  trova  a  p.  11-12 
della  citata  memoria.  Anche  il  Caradosso  s' indugiava  a  farla  a  dispetto  delle  leggi. 
«  Poiché  io  sono  qua  mi  è  necesario  fare  el  gaiotfo.  Spero  caricare  una  barca  e  man- 
derò a  Gienua  e  da  Gienua  a  Milano". 


LIBRO    SECONDO 


GLI  SCAVI  E  LE  COLLEZIONI  DI  ANTICHITÀ  IN  ROMA 


NEL    SECOLO    XVI 


17 


ALESSANDRO   VI.    1500  131 


1500,  11  aprile.  R  •  IX  •  OFFICINAE  MARMORAR.  «Le  11  avril  1500  l'am- 
bassadeur  imperiai  Mathieu  Lang  posa  la  première  pierre  de  l'église  nationale  des 
Allemands:  le  25  novembre  1511  l'édifice  fut  consacré,  bien  qua  les  travaux  de  l'eité- 
rieur  se  poursuivissent  jiisqu'au  1519  »  Kerschbaumer  ap.  Miintz,  Alex.  VI,  p.  205. 
Il  sito,  che  cade  in  piena  regione  dei  marmorarii,  era  stato  donato  ai  connazionali 
tedesco-fiamminghi  sino  dal  tempo  di  Eugenio  IV  da  un  Giovanni  di  Pietro,  e  da  Cate- 
rina sua  moglie. 

«  Mi  ricordo  al  tempo  di  Giulio  III  tra  la  Pace  e  s.  Maria  dell'Anima  vi  fu- 
rono cavati  alquanti  rocchi  di  colonne  di  mischio  africano  e  di  porta  santa,  quali  erano 
abbozzati  ad  usanza  di  cava,  non  mai  stati  in  opera,  grossi  da  sette  palmi  e  li  comprò 
il  card,  di  Montepulciano  :  e  si  vede  che  la  porta  della  chiesa  dell'Anima  è  tutta  di 
porta  santa,  oltre  i  due  pili  dell'  acqua  santa ...  e  credo  che  in  quel  luogo  fondando 
la  chiesa  trovassero  detti  marmi,  e  se  ne  servissero  "  Vacca,  m.  32. 

Questa  «  ecclesia  sancte  Marie  de  Anima  de  m"be  nationis  Theutonicorum  " 
divenne  ben  presto  una  delle  più  fiorenti  della  città,  specialmente  sotto  il  cardinalato 
di  Guglielmo  Enckenvoort,  arciv.  Dertusense,  dalla  generosità  del  quale  la  chiesa  e 
l'ospedale  annesso  avevano  ottenuto  un  cospicuo  patrimonio  fondiario.  Si  ricordano, 
fra  gli  altri  stabili,  una  «  domus  in  r.  Campi  Martii  versus  occidentem  et  plateam 
Merlam  vocatam  »  ;  altra  «  in  r."*  Parionis  apud  puteum  Album  et  ad  plateam  de 
Plisco  appellatam  in  loco  dicto  Mons  Leonis  »  ;  altra,  con  forno  «  in  reg.  Parionis 
sive  Pontis,  in  couspectu  palatii  card.*'^  Tranen.sis  »  ;  altre  -  ad  putheum  cornichum  - 
ai  ss.  Apostoli,  alle  Coppelle,  al  Pellegrino,  a  Monte  Giordano  ecc.  A  differenza  del 
patrimonio  urbano  dell'  ospedale  Inglese  della  Trinità  che  fu  annichilato  nel  sacco, 
quello  teutonico  non  ebbe  a  soffrire  gravi  danni,  in  quelle  luttuose  vicende.  L'ospe- 
dale, che  era  governato  da  tre  provveditori,  eletti  dalla  congregazione  dei  Confrati, 
serviva  per  uso  dei  pellegrini  o  dei  poveri  residenti,  tanto  tedeschi,  quanto  olandesi. 
Per  i  pellegrini  o  residenti  di  Transilvania  c'era  un  ospizio  succursale  in  Parioue, 
vicino  al  palazzo  del  cardinale  Ponzetti. 


132  ALESSANDRO   VI.    1500 


1500,  30  luglio.  BAS.  IVLIA.  Il  guardiano  dell'  ospedale  delle  Grazie  Prospero 
di  Santacroce  concede  a  Gregorio  da  Bologna  e  Domenico  da  Castelfranco  «  plenam 
potestatem  fodendi  eitrahendi  et  removendi  lapides  marraoreas  et  tiburtinas,  statuas 
et  alias  res  reperiendas  in  ortis  dicti  hospitalis  sitis  retro  dictum  hospitale  et  eccle- 
siam  s.  Marie  de  Gratiis  cum  pactis  ....  »  vedi  Bull.  Com.  1901,  p.  229-235. 

E  qui  credo  opportuno  inserire  un  documento  relativo  alla  basilica  Giulia  che 
mi  è  venuto  per  le  mani,  quando  i  ricordi  dell'anno  1473,  cui  il  documento  appar- 
tiene, erano  già  stampati, 

«  Anno  MccccLxxiij  Indict.  VI.  mens.  Maij  die  17.  Nobilis  domina  Caterina  uxor 
qd.  viri  nobilis  Thomasij  de  Cosciaris  de  Regione  Campitelli,  cum  consensu  viri  no- 
bilis Johannis  francisci  Jacobi  gratiani  de  perleonibus  de  Regione  S"  Angeli  patris 
omne  ius  si  quod  habet  super  infrascripta  possessione  sponte  vendidit  Nobili  Viro 
Stephano  filio  viri  nobilis  petri  de  marganis  de  Regione  Campitelli  Idest  quemdam 
ipsius  domine  Caterine  Ortum  muro  circumdatum  unius  petie  terre  sode  positum  in 
urbe  in  loco  qui  dicitur  Canapara,  Cui  ab  uno  latere  tenet  ortus  Ecclesie  sancti 
Gè  or  gii,  a  duobus  lateribus  videlicet  ante  et  ab  uno  latere  sunt  vie  publice  vel  si 
qui  sub  proprietate  diete  Ecclesie  Sancti  Gregorii  (sic)  ad  respondendum. 

Actum  in  regione  sancti  angeli  in  domo  dicti  Johannis  francisci  fideiussoris  pre- 
dicti  ».  Not.  de  Taglientibus  prot.  1727,  e.  246  A.  S. 

Un  secondo  documento  dello  stesso  anno  1473,  riferibile  allo  stesso  sito,  nomina 
tra  i  luoghi  di  confine   «  ortum  ecclesie  s.  Marie  in  petroccia  ». 

1500.  TRVLLVM  AD  S  •  STEPHANI.  «  Erat  templum  Ant.  Pii  non  longe  a  co- 
lumna  eius  coclide:  ut  cubitales  Irae  in  marmore  effosso  anno  Mccccc  de- 
monstrarunt:  in  quo  loco  noster  Alexander  Nero  Florètinus  habitat,  corrupte  di  lo 
Trullo  ».  Albertini,  ed.  1515,  e.  30.  Il  Trullo,  da  cui  prese  denominazione  la 
chiesa  parrocchiale  di  s.  Stefano  (Armellini,  2*  ed.  p.  308;  Bull.  Com.  tomo  VI,  a.  1878, 
p.  11;  Forcella,  tomo  II,  p.  481)  era  un  edifizio  ottagono  o  decagono,  con  nicchioni 
in  ciascuna  delle  facce,  divisi  da  colonne,  le  quali  sostenevano  una  ricca  trabea- 
zione. Prendeva  lume  da  un  occhio  nella  volta,  a  maniera  dei  ninfei.  Se  ne  ha  una 
unica  rappresentanza  nella  vignetta  n.  7,  ed.  1619  di  Alò  Giovannoli,  che  lo  chiama 
«  tempio  di  Siepe  »  e  lo  dice  compreso  nel  «  Pallazzo  de  SS"  Capranici  in  verso 
Mezzogiorno  ».  Vedi  «  Ruins  and  Excavations  »  p.  503,  fig.  197.  Il  «  pallazzo  »  del 
Giovannoli  spettava  alla  Sapienza  o  collegio  Capranica.  A  e.  110  del  prot.  96  di 
Stefano  Amanni,  a.  1538,  si  ricorda  una  «  domus  collegii  Capranicensis  nuncupata 
il  trullo  sita  in  reg.  Col.  ante  est  platea  vulg.  dieta  la  piaza  de  prete  ». 

1500.  MAVSOLEVM  AVGVSTI.  Si  scavano  le  fondamenta  di  s.  Rocco  in  via 
Marina  e  dell'  annesso  ospedale.  Alveri,  t.  II,  p.  65.  L'Armellini  ha  cavato  le  se- 
guenti notizie  da  un  ms.  dell'Archivio  Vaticano,  del  quale  non  dà  il  numero.  «  Da 
Alessandro  VI  fu  fabbricata  da  fondamenta  la  chiesa  cioè  parte  di  essa  sopra  una 
rata  d' un  pezzo  di  terra  del  monte  Augusto  detto  il  mausoleo,  acquistato  dalli  figli 
et  heredi  del  signor  Gio.  Battista  Galliberti  cittadino  romano.  L'altra  parte  che  è 
tribuna  fu  fabbricata  sopra  un  sito  acquistato  dallo  hospBdale  di  s.  Gerolamo  degli 
Illirici  » .  Lo  scavo  delle  fondamenta  condusse  a  scoperte  di  qualche  importanza  che 


ALESSANDRO   VI.    1500  133 


furono  diligentemente  messe  in  pianta  e  descritte  da  Baldassarre  Peruzzi,  sch. 
fior.  393,  394.  Nel  Bull.  com.  tomo  X,  a.  1882,  p.  163  (tav.  XVI-XVII)  ho  attri- 
buito tutto  il  gruppo  delle  schede  Peruzziane  agli  scavi  del  1519:  ma  è  evidente  che 
bisogna  farne  due  parti.  Quelle  che  ricordano  la  scoperta  dell'  iscrizione  CIL.  VI,  895, 
della  base  del  mausoleo,  e  delle  fondamenta  di  uno  degli  obelischi  devono  essere  vera- 
mente del  luglio  1519.  Le  altre  che  contengono  la  triangolazione  del  sito  di  s.  Rocco 
e  la  pianta  dei  muri  antichi  scoperti  «  socto  ali  pilastri  di  sco  rocho  uerso  schiauonia  » 
appartengono  al  1500. 

1500.  Si  può  ricordare  sotto  questa  data  approssimativa  l'album  di  vedute  di 
Roma  nella  biblioteca  doli'  Escuriale,  dove  porta  il  segno  A",  II,  7,  del  quale  hanno 
parlato  quattro  volte  il  Miintz,  due  il  Ficker,  una  volta  il  Fabriczy  (').  Quest'  ultimo 
crede  che  l'autore  abbia  tolto  quei  disegni  fra  gli  anni  1490  e  1500.  «  Accanto  a 
studi,  ossia  vedute  di  intieri  monumenti  antichi,  vi  sono  numerosi  dettagli  misurati 
e  ricostruzioni  architettoniche,  rappresentazioni  di  grotteschi,  ornamenti,  statue  (vi  si 
trova  il  primo  disegno  dell"  Apollo  del  Belvedere),  rilievi  e  sarcofagi  antichi,  musaici 
cristiani  e  vedute  prese  da  diversi  punti  di  Roma,  sicché  ci  presenta  quasi  un  pano- 
rama completo  della  città.  Ed  è  appunto  in  queste  vedute  che  consiste  il  pregio 
principale  del  nostro  codice  :  esse  ci  danno  una  migliore  idea  che  non  tutte  le  altre 
rappresentazioni  simili  della  città  di  Roma,  prima  dei  grandi  cambiamenti  edilizi 
sopravvenuti  sotto  Giulio  II  e  Leone  X  ».  Io  conservo  una  descrizione  accuratissima 
di  questo  libro  di  schizzi  indirizzatomi  dall' Escuriale,  il  5  maggio  1895,  dal  eh.  sto- 
rico di  casa  Farnese  sig.  Ferdinand  de  Navenne. 

1500.  ECCLESIA  S.  CRVCIS.  «  Nella  valle  che  è  fra  la  villa  Madama  e  Ponte 
Molle  si  scoprirono  nel  1500  le  rovine  di  un  antica  chiesa  a  tre  navi  in  volta,  che 
credesi  essere  stata  fabbricata  da  Costantino  Magno  nel  luogo  medesimo  dove  questo 
imperatore  vide  in  aria  la  Croce  ".  Vedi  la  città  di  Roma  di  Monaldini  e  C'.  ed. 
Salomoni,  tomo  IV,  p.  55.  La  notizia  è  alquanto  sospetta. 

1500.  MVSEO  CESARINI.  Il  primo  anno  del  nuovo  secolo  è  memorabile  perchè 
ricorda  l'istituzione  del  primo  museo-giardino,  liberalmente  aperto  agli  studiosi,  isti- 
tuzione destinata  a  guadagnare  considerevole  sviluppo  nel  corso  del  secolo  stesso.  11 
fatto  era  ricordato  dalla  seguente  iscrizione  (vedi  cod.  Augelic.  1729,  e.  12').  «  Ju- 
lianus  sancti  Angeli  diaconus  cardinalis  caesarinus  dietam  hanc  statuariam  studiis 
suis  et  gentilium  suorum  voluptati  honestae  dicavit  suo  natali  die  xxxiiii,  xiii  Kal. 
iunii,  Alexandri  vi  pont.  max.  anno  viii,  salutis  me,  ab  U.  C.  mmccxxxiii  ».  Seguiva 
la  "  lei  hortorura  »  in  epigramma  elegantissimo  di  quattro  distici,  il  testo  del  quale 
si  legge  in  Schrader,  f,  217". 

Nella  istoria  di  questa  raccolta  conviene  distinguere  due  Cesarini  ugualmente 
famosi:  il  fondatore,  creato  card,  diacono  dei  ss.  Sergio  e  Bacco  da  Alessandro  VI 
nell'agosto  1493,  morto   nel  1510,  sepolto   in  Aracoeli,  il  quale   abitava  il  palazzo 

{})  Miintz,  Les  aiitiquités  de  la  ville  do  Eoine,  Paris  1880,  p.  1-57.  —  Iiciidic«.iiiti  Lincei,  ."^fric  IV, 
tomo  IV  (1888),  p.  71  —  Mélanges  de  Rossi  p.  1  19  —  e  Les  Arts,  Alexandre  VL  Paris  1^0>^  jkis.mui  — 
Ficker,  Mittheil.  tomo  III,  1888,  p.  317  e  tomo  IV,  1802,  p.  119  —  Fabriczy,  Arcliivio  c,t-rico 
dell'Arte,  tomo  IV,  1893,  fase.  IL 


134  ALESSANDRO   VI.    1500 


in  Calcarara,  costruito  da  suo  zio  il  card.  Giuliano  il  Vecchio  7  1444:  e  il  continua- 
tore, Giovan  Giorgio,  così  spesso  nominato  nei  documenti  archeologici  della  metà  del 
cinquecento.  L'Albertino  a  p.  28,  ed.  Schmarsow,  così  ragiona  del  primo  :  «  domus 
reve.  Juliani  de  Caesarinis  diaconi  card,  cum  speciosa  porta  exornata,  quam  Julianus 
eiusdem  domus  Diac^  Card'^  patruus  fundavit  in  qua  sunt  statuae  Rom.,  super 
portam  vero  visuntur  insigna  Ruerea  cum  his  carminibus,  cet  » .  Quivi  moriva  Vit- 
toria Colonna  alle  17  ore  del  25  febbraio  1547.  Sotto  Urbano  VITI  la  fabbrica  fa 
ingrandita  considerevolmente  mercè  l' acquisto  dell'  attiguo  palazzo  Olgiate  «  dove 
liabita  mons.  Trivulzio  »,  acquisto  fatto  dal  duca  Cesarini  «  per  il  prezzo  di  se.  m/21 
uolendosene  servire  per  sua  abitazione,  poiché  quello  dove  dimora  non  è  sufficiente 
per  la . . .  corte  del  cardinale  (Alessandro)  suo  fratello  » . 

Le  collezioni  artistiche  di  questo  palazzo  sono  descritte  dall' Aldovrandi  a  p.  221, 
il  quale  nomina  «  il  cortiglio  »  e  tre  sale  riempite  di  busti  e  teste,  le  quali  —  se  non 
fosse  questione  d' anacronismo  —  richiamano  alla  memoria  la  scoperta  così  descritta 
dal  Vacca:  «  Dietro  le  terme  Diocleziane,  volendo  il  padrone  della  vigna  fare  un 
poco  di  casetta . . .  scoprì  due  muri  che  poco  avanzavano  sopra  terra  e  cominciando  a 
cavare  tra  di  essi  vide  un  poco  di  buca . . ,  fatta  a  modo  di  forno  e  vi  trovò  dieci- 
dotto  teste  di  filosofi  che  vende  per  diecidotto  scudi  al  sig.  Gio.  Giorgio  Cesarini  » 
Mem.  104.  Nella  terza  sala  eravi  «  una  gaba  grande  di  bronzo  lodata  molto  da  Mi- 
chel Angelo  ».  Claude  Bellièvre  di  Lione,  che  visitò  Roma  nel  1514-15,  ricorda  una. 
statua  di  Catone  Censore,  simile  a  quella  posseduta  dai  Medici  in  Firenze.  Nel  prot. 
capit.  del  not.  G.  B.  Garbani  a  e.  8,  si  narra  come  Giuliano,  figliuolo  di  Gio,  Giorgio, 
ricomprasse  il  30  aprile  1571  da  Paolo  Giordano  Orsino  il  palazzo  vendutogli  li 
2  maggio  1570  per  3000  scudi.  La  somma  è  cosi  meschina  che  non  mi  sembra  essere 
questione  del  palazzo  principale.  L' Ameyden  narra  del  card.  Giuliano  il  vecchio  :  «■  fu 
vescovo  d'Argentina  in  Germania.  Fabbricò  in  Roma  una  casa  d'  architettura  tedesca, 
con  una  torre  alta,  sopra  la  quale  sta  scritto  con  lettere  grandi  ARGENTINA  et  è 
hoggi  posseduta  dalla  casa  » . 

Al  giardino-museo  di  s.  Pietro  in  Vinculis  si  riferiscono  le  seguenti  memorie. 
Vacca,  n.  105:  «  Mi  ricordo  che  il  sig.  Gio.  Giorgio  Cesarini  comprò  una  gran  co- 
lonna di  cipollino  la  quale  ancora  stava  in  piedi  nel  foro  di  Traiano  in  casa  di  Ba- 
stiano Piglialarme:  e  detta  colonna  la  tirò  al  suo  giardino  a  s.  Pietro  in  Vincula, 
la  voleva  drizzare,  e  a'  piedi  ligarvi  un  orso,  e  sopra  farvi  un'  aquila  di  bronzo  :  de- 
notando queste  tre  cose  le  armi  sue  (vedi  Muntz,  Alex.  VI,  p.  147,  n.  X).  Ma  la 
morte  interruppe  così  bel  pensiero  » . 

Id.  n,  28  :  «  furono  trovati  al  tempo  di  Pio  IV  (in  piazza  di  Sciarra)  dei  frammenti 
dell'  arco  di  Claudio,  e  molti  pezzi  d' istorie  col  ritratto  di  Claudio,  che  furono  com- 
prati dal  sig.  Gio.  Giorgio  ed  oggi  si  trovano  nel  suo  giardino  a  s.  Pietro  in  Vincoli  ». 

Il  CIL.  VI  passim,  ricorda  molti  documenti  epigrafici  quivi  conservati,  fra  i  quali 
la  tariffa  sacrificale  n.  820,  il  piedistallo  di  Lucio  Bebio  Avito  n.  1359,  "  nel 
cortile  de  le  galine  »,  il  piedistallo  di  Emilia  n.  1674  «  all'arco  sotto  il  palazzo  », 
la  memoria  del  ninfeo  di  Flavio  Filippo  n.  1728  b,  e  altri  marmi  di  ugual  pregio, 
i  quali   tutti  sono   oggi  perduti.  Questo  «  viridarium   cum   palatio  et  aliis   merabris 


ALESSANDRO  VI.    1500  135 


suis  positum  prope  ecclesiam  et  monasterium  s.  Petri  ad  vincula  de  urbe  »  del  quale 
parla  l'Hondio  a  p.  54,  fu  venduto  da  Gio.  Giorgio  al  card.  Delfino  il  giorno  10  feb- 
braio 1568,  con  rogito  del  not.  Campana,  prot.  417,  e.  132  A.S.  Un  altro  giardino 
a  questo  contiguo  (se  pure  non  ne  era  parte)  rimase  in  proprietà  dei  Cesarini  Sforza  per 
qualche  tempo  ancora.  Nel  1573  ne  era  padrona  Maddalena  Sforza  Anguillara.  Vedi 
not.  Reydetto,  prot.  6224,  e.  297  A.  S.  Giovanni  Pizzullo  sacerdote  calabrese,  avendo 
acquistato  nel  1623  per  la  somma  di  12,500  scudi  l'antico  giardino-museo,  ne  fece 
dono  ai  pp.  Minimi,  i  quali  l' hanno  ritenuto  sino  alla  sua  recente  trasformazione  in 
Istituto  Tecnico.  Vedi  Nibby,  R.  A.  tomo  I,  p.  221. 

L'Ameyden  racconta:  «  nel  1493  Alessandro  VI  fece  cardinale  Juliano  Cesarino 
iuniore  (corr.  seniore). .  .  convien  dire  che  egli  hauesse  dimestichezza  grande  col  papa, 
poiché  la  madre  del  duca  di  Gandia  e  del  Valentino  habitava  la  casa  posta  à  san  Pietro 
in  Vincola,  la  quale  hoggi  è  convento  de  minimi  » .  Ma  chi  abbia  vaghezza  di  conoscere 
maggiori  particolari  intorno  questo  luogo  di  delizia  può  consultare  l'Adinoltì,  tomo  II, 
p.  104  e  seg.  e  gli  autori  dal  medesimo  ricordati,  specialmente  l' Istoria  del  Ratti. 

I  Cesarini,  che  si  credono  discendenti  e  eredi  dei  Montanari,  nobile  e  antica  fa- 
miglia montigiana,  possedevano  patrimonio  amplissimo  :  Ardea,  col  suo  stagno  o  lago 
detto  la  Fossa,  ricco  di  pescagione  :  il  castello  di  Civita  Lavinia  col  suo  territorio, 
dominio  e  vassallaggio,  acquistato  dai  Colonna  il  20  settembre  1480:  il  castello  di 
Ciciliano,  dato  in  solutum  da  Prospero  Colonna  a  Giuliano  Cesarini  il  7  maggio  1531  : 
il  castello  di  Belmonte  comperato  da  Alessandro  Pelano  da  Rieti  il  15  maggio  1477: 
la  metà  di  Camposalino  acquistata  da  Maddaleni  Capodiferro  nel  1479  :  e  poi  Gan- 
zano, Camposelva,  Mondragubio  in  via  Portuense,  S.  Agata  in  via  Nomentana,  il  terri- 
torio di  Ficulea  che  ancor  oggi  porta  il  nome  di  Cesarina,  1'  altra  Cesarina  del  Mori- 
cone,  la  terza  Cesarina  ne'  prati  di  Testacelo,  la  metà  del  castello  di  Camminatore 
presso  Monte  Libretti  ecc.  La  fortuna  della  famiglia  incominciò  a  declinare  circa 
il  1560.  Trovo,  infatti,  che  nello  spazio  di  pochi  anni  Giuliano  e  Gio.  Giorgio 
tolsero  a  prestito  con  ipoteca  sulla  tenuta  di  Camposelva  scudi  1000  da  Prospero 
Cafifarelli,  1800  da  Sigismondo  Tebaldi,  2000  da  Ludovico  Cenci,  3000  da  Cencio 
Frangipane,  3000  da  Tommaso  Armentieri,  5400  dagli  eredi  del  medesimo,  1500  dal 
noviziato  dei  Gesuiti  a  s.  Andrea  del  Quirinale,  700  da  Mario  Delfino,  2100  da  Lu- 
dovico Mattei,  1500  da  Antonio  de  Sacchi,  e  1600  da  Bertoldo  Orsino:  in  tutto 
23,600  scudi.  La  miglior  parte  dei  marmi  fu  mandata  a  casa  Farnese.  Si  sa  che 
Giuliano  il  giovane  era  stato  «  condannato  per  ribello  et  confiscatili  li  beni  et  messoli 
taglia  de  tre  milia  scudi  vivo,  et  dui  mila  morto  ^  per  il  tentato  assassinio  in  per- 
sona di  monsignor  Gregorio  Magalotto  vescovo  di  Lipari,  istruttore  criminale.  Vedi 
prot.  618,  e.  51'  A.  S.  Altre  notizie  si  troveranno  nella  memoria  del  Getfroy  sul- 
l'album di  Pierre  Jacques  de  Reims  alla  p.  18. 

1502,  29  aprile.  FOSSAE  TIBVRTlNAE.  Come  eccezione  alla  regola  dei  forni 
da  calce  alimentati  con  marmi  di  scavo,  si  può  ricordare  il  fatto  di  un  Beiuardiuo 
da  Como  «  exercens  calcem  ad  fossas  tiburtinas  •' ,  socio  di  un  Pier  Nicola  da  Sgur- 
gola  «  moram  trahens  in  castro  Monticelloruni,  similiter  calcem  facens  in  dicto 
loco  »   i  quali  venderono  a  G.  B.  Baronti   «  centum  rubra  calcis  conducte  in  urbe  ad 


136  ALESSANDRO   VI.    1502 


sanctara  Caterinam  iuxta  basilicam  sancii  petri  in  laborerio  dicti  emptoris  quod  facere 
intendit  in  via  alexandrina  ".  Not.  de  Bertonibus  prot.  122  e.  288  A.  S.  C. 

1502.  SOLARIVM  AVGVSTI.  Postilla  di  Antonio  Lelio  (Lilius  podager)  al  f.  12 
del  cod.  vatic.  1108,  contenente  la  silloge  epigrafica  stampata  in  Roma  da  Jacopo 
Mazochi  l'anno  1.521  (')  «  Sub  Julio  II  pont.  max.  in  regione  Campi  Martii  post 
aedem  D.  Laurentii  in  Lucina,  et  prope  domum  cardinalis  Crassi,  in  domunculae 
cuiusdam  tonsoris  liorticulo,  dum  in  eo  prò  conficienda  latrina  foderetur,  detecta  est 
basis  obelisci,  omnium,  qui  in  urbe  extent,  ut  conspicari  erat  maximi.  Obeliscus  jacebat, 
nec  videri  poterat  an  totus  integer  esset,  quippe  cuius  ima  tantum  pars  videbatur. 
In  basi  erat  inscriptio,  quam  ego  legi,  sed  non  recte  de  ea  memini  (CIL.  VI.  702) 
...  In  hoc  obelisco  gnomon  olim  ille  erat  percelebris  de  quo  Plinius  meminit.  Quin 
vicini,  qui  circa  illum  insulas  habent,  asseverabant  omnes  pene  se  ipsos,  dum  prò 
conficiendis  cellis  vinariis  alias  fodissent,  invenisse  varia  signa  caelestia  ex  aere, 
artificio  mirabili,  quae  in  pavimento  circa  gnomonem  hunc  erant.  lulio  principi  in 
bellis  tunc,  ut  semper,  implicitissimo,  ut  obeliscum  hunc  iterum  erigi  . . .  facere, 
suasere  quidem  permulti,  persuasit  autem  nemo.  Ideo  tantum  antiquitatis  miraculum 
a  tonsore  ilio  iterum  sepultum  est  " . 

L'istesse  cose  sono  narrate  nel  cod.  11499,  già  di  Gio.  Battista  Bandini,  postil- 
lato da  Antonio  Agostini,  e  da  quest'ultimo  offerto  in  dono  a  Giovanni  Metello. 

L'iscrizione  del  piedistallo  fu  copiata  anche  da  Giuliano  Sangallo  nei  pugillari 
Sanesi  8.  lY.  5  (obelisco  di  chanpo  marzio). 

Ligorio  Bodl.  76  descrive  l'obelisco  «  in  casa  di  Spandocchi  »  ;  forse  si  tratta  di 
un  nuovo  ritrovamento,  al  quale  sembra  anche  accennare  il  Panvinio  «  Descr.  U.  R.  » , 
libro  I,  e.  XX  de  ludis  Circensibus.  Nel  cod.  vat.  3439  f.  2'  sono  segnati  geroglifici 
«  in  obelisci  sub  aedibus  Campi  Martij  iacentis  parte  ". 

1502.  COLLEZIONE  PICCOLOMINI.  Sembra  che  debba  attribuirsi  a  quest'anno 
l'esportazione  del  gruppo  delle  Grazie  dalle  «  magnificae  aedes  »  del  card.  Francesco, 
nipote  di  Pio  II,  e  futuro  papa,  al  museo  della  cattedrale  di  Siena.  Così  opina  il 
Muntz,   Innoc.  Vili,  p.  23. 

1503.  Muore  Alessandro  VI.  Al  suo  regno  si  riferisce  il  seguente  paragrafo  di 
lettera  (In  .lahrb.  f.  Kunstwiss.  IV,  p.  70)  la  quale,  benché  apocrifamente  attribuita  a 
Raffaello,  dice  nondimeno  la  verità:  «  né  senza  molta  compassione  posso  io  ricor- 
daimi  che  poi  eh'  io  sono  in  Roma,  che  anchora  non  sono  dodici  anni,  sono  state  ruinate 
molte  cose  belle,  come  la  meta  ch'era  nella  via  Alexandrina,  e  l'archo  che  era  alla 
entrata  delle  terme  Dioclitiane,  et  el  tempio  di  Cerere  nella  via  Sacra,  una  parte  del 
foro  transitorio  che  pochi  di  sono  fu  arsa  e  distructa,  e  delli  marmi  fattone  calcina  ». 

«  Eu  égard  aux  travaux  d'édilité,  le  pontificat  d'Alexandre  VI  n'a  été  sans  utilité, 
ni  sans  éclat:  des  quartiers  entiers  furent  remaniés  de  manière  a  faciliter  la  circu- 
lation:  dans  d'autres  les  rues  furent  élargies  ou  rectifiés  «.  Miintz  Alex.  VI,  p.  184. 
Vedi  Reumont  Geschichte,  tomo  III,  I,  p.  415.  Ferri,  «L'architettura  in  Roma  », 
tomo  II,  p.  33. 

Q)  Antonio  Lelio  mandò  a  regalare  questo  libro  colle  sue  Mss.  marginali  osservazioni  a  Felice 
Trofimo,  vescovo  di  Chieti.  Dopo  di  lui,  pare  sia  venuto  alle  mani  di  Antonio  Colozio. 


GIULIO   II.    1503  137 


GIVLIO  II 

31  ottobre  1503  -  21  febbraio   15 13. 


1503.  VILLA  HADRIANL  »  Riferisce  il  medesimo  (Ligorio,  ap.  Nibbj,  Analisi, 
tomo  III,  p.  656)  che  nel  pontificato  di  Alessandro  VI  in  questo  teatro  (il  cosidetto 
Odeo,  prossimo  al  casino  Bulgarini)  furono  rinvenute  le  statue  delle  Muse  e  di  Mne- 
mosine,  che  trasportate  al  giardino  vaticano  sotto  Leone  X,  in  seguito  più  non  si 
trovano.  Questa  è  l'unica  memoria  che  si  conosca  del  primo  scavo  fatto  nella  villa  " . 
Bulgarini  «  Notizie  intorno  a  Tivoli  »  Roma  1848,  p.  125.  Per  mala  sorte  non  le  si 
può  prestare  gran  fede. 

1503.  Nel  1503  fu  onorato  del  titolo  di  revisore  delle  strade  fuori  della  città 
Dantardito  Benedetti,  con  la  conseguente  autorità  di  rovinare  i  sepolcri  che  le  fian- 
cheggiavano per  procurarsi  i  materiali  necessari!  al  loro  risarcimento.  E  siccome  questi 
grandi  risarcimenti  avvenivano  nell'anno  precedente  ai  giubilei,  così  le  scoperte  di 
epigrafi  sepolcrali  abbondano  specialmente  all'avvicinarsi  di  ogni  quarto  di  secolo.  Nel 
seguente  anno  1504  Francesco  Schiattenzi  fu  nominato  commissario  per  la  costruzione 
delle  strade  fino  al  XX  miglio  da  Roma.  Moroni,  Dizion.  tomo  XLI,  p.  228. 

1504,  10  gennaio.  FORVM  TRANSITORIVM.  Convenzioni  tra  Mariotto  de"  Cesi 
oste,  e  Pietro  di  Asola  scavatore  per  la  distruzione  di  una  parte  del  recinto  del  foro 
Transitorio  alle  Colonnacce.  Vedi  intorno  al  sito  Meni.  Acc.  Lincei,  classe  scienze  mor. 
1883,  p.  25,  e  Bull.  Com.  tomo  XXIX.  1901,  pag.  30. 

«  In  presentia  mei  Notarli  ^t  Mariottus  de  Cesis  olim  barberius  et  nunc  taber- 
narius  habitator  Urbis  in  i^"^  Moutium  sponte  vendidit  Petro  de  Asola  effossori 
lapidum  habitatori  Urbis  in  i^  (sic)  presenti  ementi  *k  idest  omnes  et  singulos  lapides 
tam  tiburtinos  quam  marmoreos  et  cuiuscumque  alterius  generis  existentes  sub  quadam 
domo  et  orto  diete  domus  quam  domum  dictus  Mariottus  asseruit  habere  in  locationem 
ad  tertiam  generationem  a  rectore  ecclesie  santorum  Sercii  et  Bacchi  de  Urbe  et  sub  qua 
dictus  Mariottus  ad  presens  eftbdere  cepit  et  certos  lapides  tiburtinos  magnos 
extraxit  et  detexit  videlicet  prope  arcum  vulgariter  nuncupatum  larco  de  noe  in 
conspectum  domus  sive  taberue  quam  ad  presens  dictus  Mariottus  exercet  videlicet  illos 
lapides  tantum  et  dumtaxat  qui  sunt  sub  certo  muro  antiquo  de  tegulis  sub  quo  muro 
dictus  Mariottus  effodere  cepit  ut  supra:  hoc  est  a  parte  interiori  muri  anterioris  domus 
prefate,  usque  ad  murum  domus  illorum  de  Cheriibinis,  Et  si  iuxta  dictum  nnirnni 
reperirentur  aliqui  lapides  apti  ad  sculpturam,  cuiuscumque  generis  essent.  siut  dicti 
Mariotti  et  non  conprehendantur  in  presenti  venditione  et  alii  vero  lapides  parvi  et 
minuti  cuiuscumque  generis,  sint  dicti  petri  emptoris  Hanc  autem  veuditionem  fecit 
dictus  mariottus  eidem  petro  presenti  prò  pretio  vigintiuovem  ducatorum  de  carlenis 

IS 


138  GIULIO  II.   1505 


qiios  29  ducatos  pretiiim  predictum  dictus  petrus  proraisit  eidem  mariotto  presenti 
solvere  mox  et  quam  primura  dictus  petrus  dictos  lapides  extraxerit  et  vendiderit  Cam 
hoc  pacto  quod  dictus  Petrus  teneatur  dictos  lapides  sibi  ut  supra  venditos  eius 
sumptibus  effodere  seu  effodi  facere  et  finita  dieta  effossione  et  extractione  lapidum 
dictus  petrus  promisit  replere  et  reatterrare  cavam  sive  foveam  per  eum  propterea 
fiendam  sumptibus  ipsius  petri,  ac  etiam  promisit  dictus  Petrus  eidem  mariotto  pre- 
senti incidere  seu  incidi  facere  dictura  murum  antiquum  sub  quo  sunt  dicti  lapides 
videlicet  tantum  quantum  se  protendit  domus  predicta  absque  dicto  orto,  Et  casu  quo 
culpa  dicti  petri  dieta  domus  seu  pars  ipsius  rueret  aut  aliter  deterioraretur  seu  debi- 
litaretur  eo  casu  dictus  Petrus  promisit  eidem  mariotto  presenti  illam  eius  sumpti- 
bus reparare  et  quecumque  damna  eidem  resarcire  ad  omnem  simplicem  petitionem 
dicti  mariotti  Et  vice  versa  dictus  mariottus  promisit  eidem  petro  presenti  eundem 
petrum  manutenere  in  dieta  cava  ipsumque  in  ea  defendere  ab  omni  molestante  per- 
sona, alias  prenominati  Mariottus  et  Petrus  voluerunt  ad  invicem  teneri  ad  omnia 
damna  de  quibus  damnis  stare  voluerunt. 

Actum  Kome  in  i^"*  montium  in  dieta  taberna  dicti  mariotti  presentibus  providis 
viris  magistro  Jacobo  de  Caravagio  muratore  Magistro  Jacobo  de  parma  barberio  et 
Antonio  Albanense  ortulano  testibus  » .  Not.  G.  B.  de  Coronis  prot.  644  e.  85.  A.  S. 

1504,  3  febbraio.  VIAE  VRBIS.  «  Mandatum  eximio  legum  doctori  Francisco  de 
Schiatensibus  comissario  (apostolico)  prò  instaurandis  viis  alme  urbis  »  in  A.  S.  V. 
Divers.  tomo  LVII  e.  39'  sg. 

1504.  Il  card.  Oliviero  Caraffa  incomincia  a  fondare  il  chiostro  di  s.  Maria  della 
Pace,  sotto  la  direzione  di  Bramante. 

Il  medesimo  cardinale  si  fa  costruire  sulla  punta  del  Quirinale,  oggi  occupata 
dal  r.  palazzo,  un  luogo  di  delizia  «  cum  vinea  et  hortulo  et  aliis  locis  multis,  picturis 
et  epitaphiis  exornatis  cum  epigramm.  multis  ».  Albertini,  p.  25. 

1505.  MVSEO  GRIMANI.  Fr.  Albertini  neir«  opusc.  de  mirabil.  »  ed.  1515,  parla 
più  Yolte  della  raccolta  antiquaria  del  card.  Domenico  G-rimani  f  1523,  cioè  a  p.  61' 
(caput  aeneum  turritum  in  viridario  palatii  s.  Marci):  a  p.  62'  (in  palatio  Bauli 
Veneti  multa  signa  marmorea  posuit  Rev.  Do.  de  Grimanis),  ed  a  pp.  83',  86.  Il 
Muntz  scrive  a  proposito  delle  collezioni  romane  nel  primo  decennio  del  sec.  XVI: 
«  il  n'y  avait  plus  guère  de  prélat,  de  diplomate,  de  grand  seigneur,  de  banquier 
qui  ne  recherchàt  avec  ardeur  tout  ce  qui  rappelait  l'antique  splendeur  romaine: 
statues,  basreliefs,  gemmes,  médailles  et  jusqu'aux  inscriptions.  Au  premier  rang 
brillait  le  musée  reuni  au  palais  de  Saint  Marc  par  le  cardinal  venetien  Dominique 
Grimani.  Ses  coUections,  qu'il  transporta  plus  tard  dans  sa  ville  natale  et  qui  à  sa 
mort,  en  1523,  devinrent  le  noyau  du  musée  de  saint  Marc,  comprenaient  à  la  fois 
les  specimens  de  la  statuaire  et  ceux  de  la  glyptique.  Nous  savons  qu'en  1505  il 
montra  aux  ambassadeurs  Venitiens  une  masse  prodigieuse  de  statues  de  marble  et 
une  foule  d'autres  antiquités  trouvés  dans  sa  vigne  ".  («  Raphael  archéologue  "  in  Gaz- 
zette des  Beaux  arts,  octobre  1880).  Sul  sito  della  vigna,  nella  quale  erano  stati  pra- 
ticati scavi  così  fecondi,  vedi  Bull.  com.  tomo  XXIII,  a.  1896,  p.  233.  Dopo  la  morte 
del  cardinale  i  marmi  passarono  alla  Marciana,  la  biblioteca  di  ottomila  volumi  al 


GIULIO   II.   1505  189 


convento  di  s.  Antonio  di  Castello  nella  stessa  città  di  Venezia,  dove  poco  stante  fu 
distrutta  dal  fuoco.  È  curioso  a  notarsi  che,  come  nella  vetusta  raccolta  del  card.  Pietro 
Barbo  primeggiavano  i  busti  di  Augusto  e  di  Agrippa  (Muntz,  les  Arts,  tomo  III,  p.  15), 
cosi  quella  Grimani  vantava  fra  le  sculture  iconografiche  di  primo  ordine  le  statue 
eroiche  di  quei  due  personaggi.  Del  card.  Domenico  si  ha  un  eccellente  ritratto  nella 
medaglia  del  Camello  (ap.  Muntz,  Alex,  VI,  p.  144).  Il  palazzo  non  rimase  spogliato  del 
tutto.  Ho  trovato  un  inventario  del  1547  •  de  beni  della  bo.  me.  del  S.'"  Marino  cardinale 
Grimani  consignati  ad  M.*"  Bernardo  Corbinelli  deputato  ad  venderli  et  venduti  a  diverse 
persone  alla  candela  ".  (Prot.  6141,  e.  338,  A.  S.).  Tra  i  compratori  deve  essere  stato 
papa  Paolo  III,  poiché  a  e.  367  dello  stesso  protocollo  v'è  un  rogito  col  quale  il  pon- 
tefice «  quietat  haeredes  q.  Pandulphi  della  Casa  de  omnibus  cameis  medalijs  bo.  me. 
Marini  card.  Grimani  » .  Egli  era  morto  gravato  di  debiti  verso  il  magnifico  Vincenzo 
Bembo  ed  altri,  dei  quali  debiti  si  ha  la  nota  a  e.  535.  Il  catalogo  dei  bronzi  e  delle 
medaglie  sta  a  e.  99  del  prot.  6154.  Nella  seconda  metà  del  secolo  rimanevano  nel 
palazzo  i  marmi  descritti  dell' Aldovrandi  a  p.  260,  da  cui  Hondio  p.  20.  Quest'  ul- 
timo afferma  che  il  «  grandissimo  e  bellissimo  vaso  antico,  dinanzi  al  palagio  su  la 
strada,  nel  quale  solevano  anticamente  nelle  stufe  bagnarsi  (Aldovr.)  «  era  stato  tro- 
vato nelle  terme  di  Agrippa.  La  sala  principale  conteneva  un  «  bellissimo  e  famoso 
mappamondo  grande,  attaccato  su  alto  nel  muro  ». 

In  un  documento  del  17  agosto  1565,  in  A.  S.  prot.  5529,  e.  686,  le  vigne- 
musei  sul  dorso  del  Quirinale,  a  nord  dell'Alta  Semita,  si  fanno  succedere  in  questo 
ordine,  partendo  dai  cavalli  marmorei.  Primieramente  la  vigna  di  Napoli,  già  del  card. 
Oliviero  Caraffa,  poi  del  card.  Este  di  Ferrara;  in  secondo  luogo  la  vigna  della  Ber- 
tina,  già  del  Boccacci  poi  dei  Cesi;  e  da  ultimo  «  bona  li.'"'  d.  patriarche  Aquile- 
giensis  Veneti  "  cioè  del  card.  Grimani,  che  si  stendevano  dal  sito  delle  Quattro  Fon- 
tane alla  piazza  Grimana,  ora  Barberini,  toccando  anche  la  vigna  del  card.  Pio  di 
Carpi,  venduta  al  card.  d'Urbino,  Giulio  Feltrio  della  Rovere,  nel  1565. 

1506,  3  gennaio.  FORVM  HOLITORIVM.  «  Ven.  viris  DD.  Canonicis  et  capi- 
tulo  ecclesiae  s.  Nicolai  in  carcere  Tulliano  licentia  effodiendi  marmora  et  lapides 
tiburtinos  in  quibuslibet  locis  diete  Ecclesie,  prò  ampliauda  via  ante  dictam  Ec- 
clesiam  »...  I  maestri  delle  strade  Jacopo  Alberini  e  Girolamo  Fichi  non  dovranno 
mettere  impedimento  a  tali  devastazioni.  Arch.  secr.  vat.,  Divers.,  tomo  57,  e.  203. 
Documento  edito  fin  dal  1867  nel  Bull.  Inst.,  p.  191,  e  nuovamente  nel  tomo  XVII 1 
degli  Studi  e  doc.  di  st.  e  diritto. 

1506,  14  gennaio.  DOMVS  TITI  IMPERATORIS.  Ritrovamento  del  gruppo  del 
Laocoonte  intorno  al  quale  vedi  Cesare  Trivulzio  in  Lett.  pittoriche,  t.  Ili,  n.  196,  p.  321: 
Albertini,  ed.  1515,  e.  31':  Aldovrandi  in  m.  10,  ed.  Fea:  Felibien  nelle  Confe- 
rences  de  l'Acad.  rovaio  de  peinture,  1667  (Paris,  Léonard),  in  pref:  Venuti,  Antich. 
di  Roma,  t.  I,  p.  206:  Bull.  Inst.  1867,  p.  190:  Jahrbuch,  voi.  V,  1890,  pp.  16-53. 
e  gli  autori  citati  dall'  Helbig,  Guide,  I,  p.  97.  Sul  sito  della  «  doraus  Titi  imperatoris  » 
cui  apparteneva,  e  fra  le  rovine  della  quale  fu  ritrovato  il  Laocoonte  vedi  Bull, 
com.  tomo  XXllI,  a.  1895,  p.  174  e  sg.  La  data  della  scoperta  non  è  certa.  Vedi  Jahr- 
buch, 1.  e.  p.  16,  nota  37.  Raffaele  Volterrano  dice  essere  avvenuta  «  dum  (Felix  de 


140  GIULIO   II.    1506 


Fredis)  arciim  diu  obstructum  in  vinea  sua  recluderet  »  :  il  Fulvio  «  in  subterranea 
crypta  iuxta  septem  salas  ».  Giovanni  Cavalcanti,  in  una  lettera  del  14  febbraio  ci- 
tata dal  Muntz  (Antiq.  de  Rome,  p.  46),  aggiunge  :  «  la  santità  di  nostro  signore 
l'a  voluto  et  desidera  porlo  a  Belvedere  nella  muragla  che  ffa  al  presento,  che  ri- 
cerca di  tucte  r  antichagle  mirabili  et  belle  per  conlocharle  in  simile  giardino  ». 

Nei  protocolli  notarili  di  Roma  si  trovano  molti  atti  relativi  a  Felice  de  Fredis 
e  alla  sua  famiglia.  Il  più  antico  è  del  21  settembre  1473,  e  si  riferisce  al  fidanza- 
mento di  Maddalena  figliuola  «  eximii  legum  doctoris  domini  Benedicti  Felicis  de 
Fredis  olim  de  Vallemontone  "  defunto,  e  della  nobil  donna  Vannozza  vivente,  e  so- 
rella dello  scopritore  del  Laocoonte.  Le  si  assegnano  300  fiorini  di  dote,  in  garanzia 
della  quale  lo  sposo,  Giacomo  di  Galeotto  de'  Normanni,  assegna  una  casa  «  cum 
orto  post  se  cum  porticali  columpnato  ante  se  »  posta  vicino  a  s.  Lorenzolo  ai  Monti  : 
due  case  in  r.  di  Trevi  presso  s.  Nicolao  de'  Forbitori  «  cum  certis  aliis  domibus 
dirutis  iuxta  se,  cum  orto  post  se  cum  puteo  »  ecc.  e  la  terza  parte  del  casale  lo 
Torrello  al  di  là  del  ponte  Salario,  che  Giacomo  Normanni  possedeva  insieme  a  Fran- 
cesco del  Bufalo  de'  Cancellieri.  Vedi  Not.  Evang.  Bistucci,  prot.  65,  A.  S.  C. 

Il  4  agosto  1495  «  vir  nobilis  Felix  quondam  Benedicti  de  Fredis  locavit  nobili 
viro  Baptiste  de  Freapanibus  reg.  Pinee  casale  dictum  sancte  Prisce  situm  in  partibus 
Latii  prò  sex  annis  prò  pretio  quinquaginta  ducatorum  de  carlenis  quolibet  anno  ". 
Ivi,  prot.  124.  Si  vede  dunque  che  i  de  Fredis  tenevano  alto  stato  anche  prima  del 
rinvenimento  che  fruttò  loro,  come  rata  parte  di  prezzo,  la  gabella  della  porta  s.  Gio- 
vanni. Essi  la  ritennero  sino  al  4  luglio  1515,  come  apparisce  dal  seguente  atto  del 
not.  Ambrogio  Teodosio  da  Ferentino,  prot.  XXII,  e.  115,  A.  S.  C.  meritevole  di  essere 
riferito  per  intero: 

«  Anno  millesimo  quingentesimo  quintodecimo  die  quarta  mensis  julii  Nobilis 
vir  d.  Felix  de  Fredis  seu  de  Brancha  qui  asseruit  hoc  esse  quod  cum  fuerit  et  sit 
quod  alias  tempore  felicis  recordationis  d.  iulii  Pape  II  Idem  lulius  seu  Camera  Apo- 
stolica prò  pretio  et  satisfactione  et  recompensa  cuiusdam  antique  imaginis  sive  statue 
Loocoontis  marmoree  vel  alterius  lapidis  magis  pretiosi  prò  summa  sexcentorum  duca- 
ctorum  auri  de  Camera  consignaverit  eidem  d.  Felici  Branche  nobili  patritio  romano 
et  Federico  eius  legitimo  filio  ad  eorum  et  cuiuslibet  eorum  vitam  unam  portam  ex 
portis  urbis  videlicet  portam  sancti  lohannis  Lateranensis  cum  illius  salario  fructibus 
et  emolumentis  solitis  et  consuetis  prò  summa  sexcentorum  ducatorum  auri  de  Camera 
prout  in  litteris  et  patentibus  dicti  quondam  Pape  Iulii  et  Camere  apostolico  desuper 
confectis  plenius  continetur.  Et  cum  sit  quod  post  dictam  dationem  et  recompensa- 
tionem  sanctissimus  in  Christo  pater  et  dominus  papa  Leo  decimus  ex  rationalibus 
causis  motus  in  Camera  apostolica  per  breve  confirmaverit  eidem  d.  Felici  et  Fede- 
rico ad  eorum  vitam  dictam  portam  prò  recompensa  diete  imaginis  cum  pacto  quod 
semper  et  quando  a  dicto  summo  pontifico  contigerit  dictam  portam  eidem  dom.  Fe- 
lici seu  Federico  auferri  quod  ilio  tunc  dieta  Camera  apostolica  teneatur  predicto 
Felici  seu  Federico  prò  vero  pretio  diete  imaginis  solvere  ducatos  mille  et  quingentos 
auri  de  Camera.  Quapropter  dictus  Felix  eandem  portam  a  tempore  dictarum  litte- 
rarum  Iulii  usque  in  presentiarum  habuerit.  Hinc  est  quod  preinsertus  d.  Felix,  tam 


GIULIO  II.   1506  141 


SUO  nomine  qnam  et  nomine  Federici  eius  filii  promisit  infrascriptis  illustri  d.  Magda- 
lene  et  E.  d.  Andree  Cibo  procuratoribus  infrascriptis  prò  ili.  d.  Francisco  Cibo  prin- 
cipali emptori  se  facturum  et  curaturum  quod  dictus  Federicus  habebit  omnia  et  infra- 
soripta  rata  grata  et  firma.  Et  magnifica  d.  Magdalena  Cibo  de  Medicis  uxor  111. 
d.  Francisci  Cibo,  et  r.  p.  d.  Andreas  Cibo  prothonotarius  apostolicus  in  solidum  se 
obligaverunt  prefato  d.  Felici  se  facturos  et  curaturos  ita  et  tal  iter  ex  parte  alia 
volentes  predicti  contrahentes  modis  et  nominibus  quibus  supra  devenire  ad  infra- 
scripta:  primo,  preinsertus  d.  Felix  vendidit  eisdem  dominis  Magdalene  et  Andree 
omnia  et  singiila  iura  diete  porte  prò  pretio  duorum  millium  ducatorum  auri  in  auro 
de  camera,  infra  biennium  proxime  futurum.  Actum  Rome  in  palatio  habitationis  pre- 
fate mag.  d.  Magdalene  sito  in  regione  (sic) ....  apud  Agonem  »   (trascrizione  non  mia) 

La  somma  dei  2000  ducati  fu  deposta  nel  banco  «  Bartolomeo  et  Doardo  Boria 
di  Corte  ".  Costoro  dichiarano  nella  cedola  di  deposito  (a  e.  117)  che  se  i  Cibo  aves- 
sero potuto  procurare  ai  de  Fredis  «  uno  delli  infrascripti  quattro  officii  con  pacifica 
possessione  cioè  piombo,  archivio,  brevi,  e  procuratore  di  penitenziaria ....  se  intenda 
questa  nostra  cedula  di  ninno  valore  » . 

È  utile  ricordare  come  un  documento  a  e.  130  del  prot.  260  A.  S.  chiami  il 
de  Fredis  padre  «  sacri  archivii  scriptor  "  sino  dal  1508.  Neil'  istesso  anno  egli  acquistò 
da  Lucido  Conti,  domicello  romano,  il  tenimento  ed  accasamento  di  Colleferro, 
nella  diocesi  di  Segni  (ivi,  e.  127),  e  nel  1512  un  canneto  in  Merulana  da  Agostino 
Rechi  (Prot.  1732,  e.  209  A.  S.).  Il  cognome  di  Branca  è  veramente  usurpato,  ma  si 
spiega  da  che  lo  scopritore  del  «  Laocohontis  divinum  fere  respirans  immortalitatem 
simulacrum  »  aveva  sposato  una  Girolama  Branca.  Vedi  Forcella,  I,  p.  164,  n.  620. 
Nel  n.  12  del  Diario  di  Roma  del  1841  si  racconta  una  storia  curiosa  circa  una 
pretesa  testa  del  simulacro  posseduta  dal  duca  d'Aremberg  in  Bruxelles. 

1506,  19  marzo.  AD  BVSTA  GALLICA.  Francesco  Capogalli  rettore  della  chiesa 
di  s.  Andrea  de  Portugallo  concede  a  Giovanni  da  Mantova  muratore  il  permesso  di 
scavare  nel  suolo  di  detta  chiesa. 

«  In  nomine  Domini  Amen  Anno  domini  m°ccccc°vi*'  pontificatus  Sini  in  xQo 
patris  et  dìli  nostri  domini  Julij  divina  providentia  pape  secundi  Indictione  viiij*  mensis 
martij  die  xviiij*.  In  praesentia  mei  Notarij  *Sc  Haec  sunt  certa  pacta  et  conventiones 
habita  inita  et  firmata  Inter  Venerabilem  Virum  Dnum  franciscum  de  Capogallis 
Rectorem  Ecclesie  sci  Andreae  de  portugallo  de  Regione  montium  ex  una  parte  Et 
magistrum  lohannem  de  mantua  muratorem  habitatorem  in  dieta  Regione  montium 
parte  ex  altera  de  quadam  fossione  sive  cava  quam  jam  incepit  fodere  dictus  magister 
lohannes  in  dieta  Ecclesia  et  solo  dictae  Ecclesie  cum  consensu  et  voluntate  dicti 
dui  francisci  rectoris  predicti  causa  inveniendi  in  eis  lapides  et  alias  res  que  in  dieta 
ecclesia  et  solo  reperiuntur  et  velint  diete  partes  in  futurum  continuare  ad  fodendum 
in  loco  predicto  Et  quia  dubitant  de  ruina  murorum  dictae  ecclesie  propter  quod 
dieta  ecclesia  dampnificaretur  Idcircho  prefate  partes  convenerunt  ad  infraseripta  pacta 
et  pepigerunt,  soìempni  stipulatione  interveniente,  videlicet  quod  dictus  magister 
lohannes  teneatur  iu  diete  solo  et  tenimento  ubi  inceptum  est  fodere  seu  fodi  facere 
omnibus  suis  sumptibus  et  expensis.   Et   de   omnibus  lapidibus  rebus  et  bouis  quae 


142  GIULIO  II.    1506 


in  dieta  fossione,  et  cava  tam  de  inventis  quam  Inveniendis  fiant  tres  partes  et  inter 
eos  dividantur  ho,;  modo  videlicet  de  dictis  tribus  partibus  dictus  dftus  franciscus 
rector  predictus  habeat  et  retineat  prò  dieta  Ecclesia  prò  eius  reparatione  Unam 
partem,  et  d&us  magister  lohannes  habeat  prò  se  reliquas  duas  partes,  et  quod  in 
fodendo  est  ruynatus  certus  murus  diete  ecclesie  convenerunt  adinvicem  quod  dictus 
murus  reficiatur  et  rebedificetur  per  dietas  partes  et  in  refectione  et  rehedifieatione 
dicti  muri  unusquisque  eorum  dnus  franciscus  teneatur  ad  hoc  videlicet  dictus  dìius 
franciscus  teneatur  ponere  Calcem,  lapides  et  puteolanam  sumptibus  et  expensis  ipsius 
diìi  francisci  Et  dictus  magister  lohannes  teneatur  ponere  operas  suas  et  laborerium 
donec  dictus  murus  fuerit  perfectus  sumptibus  et  expensis  ipsius  magistri  lohannis. 
Item  convenerunt  quod  casu  quo  in  futurum  in  dieta  fossione  et  cava  ruynaretur  plus 
de  rauris  diete  ecclesie  quod  diete  partes  teneantur  etiam  ad  rehedincationem  et 
refeetionem  totius  muri  ruynandi  si  ruynaretur  et  ambo  teneantur  ad  hoc  ad  dictam 
refectionem  dicti  muri  ruynandi  videlicet  quod  dictus  dominus  franciscus  prò  parte 
sua  teneatur  prò  una  tertia  parte  expensarum  neeessariarum.  Et  dictus  magister 
lohannes  teneatur  prò  reliquis  tertijs  partibus  dietarum  expensarum  donec  dictus 
murus  perficiatur.  Item  convenerunt  quod  dictus  magister  lohannes  non  possit  in 
dicto  loco  fodere  nec  fodi  facere  ultra  loca  iam  incepta  fodi  sine  licentia  et  Voluntate 
dicti  dni  francisci  Rectoris  predieti  :  Item  convenerunt  quod  si  dictus  dnus  franciscus 
noUet  quod  dictus  magister  Johannes  foderet  plus  in  dicto  solo  dietae  Ecclesie  quod 
dictus  magister  Johannes  non  possit  in  dicto  solo  fodere  plus  quam  velit  dictus  dìius 
franciscus  Et  casu  quo  dictus  dnus  franciscus  nollet  et  vetaret  dictum  magistrum 
lohannem  quod  ulterius  in  dicto  loco  non  foderet  quod  tune  etiam  dictus  dìius  fran- 
ciscus in  posterum  non  possit  in  dicto  loco  per  alium  fodi  facere  nisi  per  dictum 
magistrum  lohannem:  et  si  fodi  faceret  per  alium  quod  tune  lieeat  dicto  magistro 
Johanni  omnem  personam  in  dicto  loco  fodentem  propria  eius  auctoritate  expellere 
et  votare  ne  in  dicto  loco  fodeat.  quod  sic  dictum  et  conventum  extitit  inter  dietas 
partes  solempni  et  legitima  stipulatione  interveniente.  Et  precibus  et  rogatu  dicti 
magistri  lohannis  et  prò  eo  discretus  vir  magister  Andreas  de  loctis  giuyellarius  de 
Regione  Arenule  sponte  fideiussit  ete. 

«  Actum  Rome  in  r.  montium  in  porticeli  domus  habitationis  dicti  domini  fran- 
cisci presentibus  magistro  Bartolomeo  de  Cuneo  carpentario  r.  campiteli]  et  magistro 
Dominieo  de  bergamo  fornario  de  r.  montium»».  Not.  de  Taglientibus  prot.  1732, 
e.  64,  A.  S. 

Si  conosce  1'  esistenza  di  un  vasto  e  nobile  edilìzio  nel  sito  cui  accenna  il  pre- 
detto documento.  L'anno  1706  nel  mese  di  settembre,  scavandosi  per  rifondare  la 
vecchia  eliiesa  e  trasformarla  in  quella  di  s.  Maria  ad  nives,  fu  trovata  la  bella 
iscrizione  CIL.  VI,  913,  dedicata  ex  s.  e.  a  Nerone  cesare,  figliuolo  di  Germanico. 
Questa  «  tabula  marmorea  litteris  permagnis  . . .  elegantis  sculpturae  et  cinnabari  de- 
pictis  t  giaceva  alla  profondità  di  m.  6,69  fra  le  «  parietinae  nobilis  aedificii  »» .  Vedi 
Bull.  com.  tomo  XX,  a.  1892,  p.  36. 

1506,  18  aprile.  S.  PIETRO  VECCHIO.  Giulio  II,  fatta  celebrare  dal  Sederini 
card,  di  Volterra,  una  messa  all'  aitar  maggiore  di  s.  Pietro  vecchio,  depone  la  prima 


GIULIO   II.   1507  143 


pietra  della  nuova  fabbrica.  Paride  de  Grassi  racconta  come  il  pontefice,  accompa- 
gnato da  tre  soli  accoliti,  si  recasse  sull'orlo  del  cavo,  passando  per  s.  Petronilla, 
mentre  gli  operai  cercavano  di  vincere  l' irrompere  delle  acque  per  mezzo  di  pompe 
e  di  secchie.  Vi  fu  un  momento  di  panico,  minacciando  le  pareti  del  cavo  di  franare  : 
ma  poi  fattosi  coraggio,  il  papa  scese  nel  fondo  del  baratro,  e  depose  in  un  orciuolo 
dodici  medaglie,  sul  quale  orciuolo  fu  poi  collocata  la  prima  pietra.  In  questo  primo 
scavo,  fatto  dalla  parte  del  «  mosileos  »  e  precisamente  nel  sito  detto  Aegj'ptus,  de- 
vono essere  stati  scoperti  e  distrutti  avanzi  del  circo  di  Nerone.  Vedi  Crowe  e  Ca- 
valcasene (Raphael,  voi.  I,  p.  381),  e  Bonanni  (Numismata,  cap.  XII),  il  quale  nella 
tav.  I,  p.  9,  riproduce  il  tipo  bellissimo  delle  medaglie  del  Carradosso  di  Poppa 
coniate  per  la  circostanza.  Così  grande  era  la  fretta  di  Giulio  e  di  Bramante  di  con- 
durre a  buon  fine  i  lavori  che,  nel  gettare  a  terra  la  metà  occidentale  della  vecchia 
basilica  costantiniana,  travolsero  nella  rovina  anche  le  colonne  della  nave.  «  Hanc 
basilicae  ruinam  egerrime  tulit  Michael  Angelus  Bonarota  et ... .  Bramantis  audaciam 
accusavit  qui ....  pretiosas  columnas  a  Constantino  erectas  temere  prosterneret,  in  plures 
partes  diffractas  . . .  Praeter  veterem  basilicam  fuit  etiam  pars  Collis  imminentis  solo 
acquata  »  con  irreparabile  danno  del  sacro  cimiterio  della  via  Cornelia.  Su  questi  ritro- 
vamenti di  sepolcri  vedi  Bonanni,  l.  e.  p.  52,  il  ms.  del  Grimaldi  sul  Sudario  alla 
p.  97,  e  le  scoperte  avvenute  sin  dal  tempo  di  Nicolao  V  (a.  1453,  p.  56). 

1507.  FORVM  TRAIANI.  Antonio  da  Sangallo  il  giovane  incomincia  a  scavare 
le  fondamenta  di  s.  Maria  di  Loreto,  conforme  agli  studii  e  disegni  serbati  nella 
galleria  degli  Uffizi,  nn.  786,  947,  948,  950.  La  tribuna  fu  impresa  a  fondare 
nel  novembre  1522,  ma  la  fabbrica  continuò  sino  al  1527.  Vedi  Uffizi,  nn.  174,  1371. 
1746,  1747  di  Aristotile  da  Sangallo,  e  n.  70  di  Bartolomeo  Baronino.  Se  è  vero. 
come  afferma  il  Vacca  mem.  18,  che  la  base  della  statua  equestre  di  M.Aurelio  sia 
stata  ricavata  nel  1538  da  uno  dei  «  massi  portentosi  "  del  foro,  è  probabile  clie  il 
blocco  sia  venuto  in  luce  in  questa  occasione.  Vedi  Albertini,  ed.  1515,  e.  77,  Fulvio. 
Antiq.  p.  57,  e  Forcella,  I,  p.  33,  n,  46. 

1507.  SEPTA  IVLIA.  Fazio  Santorio  da  Viterbo,  creato  cardinale  di  S.  Sabina 
dal  suo  antico  alunno  Giulio  II,  agli  11  decembre  1505,  ricostruisce  il  palazzo  ade- 
rente alla  chiesa  di  s.  M.  in  Via  lata,  e  l' ingrandisce  mediante  1'  acquisto  di  altre 
casette  fabbricate  sui  voltoni  della  Septa.  Egli  aveva  abitato  sino  allora  nella  casa 
già  di  Domenico  Maldosso  alle  Pastine  (prot.  264,  e.  396,  A.  S.).  Essendo  il  nuovo 
palazzo  piaciuto  oltremodo  a  Giulio  II,  lo  chiese  ed  ottenne  a  buoni  patti  dal  cardi- 
nale per  Francesco  Maria  duca  d' Urbino  suo  nipote.  Se  ne  può  vedere  il  prospetto 
sul  Corso,  semplice  e  disadorno,  nella  tav.  17  del  -  Nuovo  teatro  delle  Fabbriche  di 
Alessandro  VII  -'  inciso  dal  Falda  nel  1665.  Gli  servirono  per  fondamenta  le  «  vestigia 
miranda  s  dell'antico  Ovile.  L'Albertiui,  ed.  1515,  e.  48,  ricorda  con  ammirazione 
r  «  atrium  et  porticum  et  capellas  et  aulara  pulcherrimara  depictam.  Omitto  viri- 
daria  in  quibus  sunt  vasa  marmorea  sculpta  cum  sacrificiis  et  raptu  sabinarum  (Leu- 
cippidi).  Omitto  aquarum  conservationem  subterraneam  (cisterna  sotto  i  voltoni  an- 
tichi) et  cameras  variis  picturis  et  statuis  exoruatas  '.  L'autore  della  descrizione  di 
Roma  in  cod.  Barber.  XXX,  89,  da  me  publicata  nel  voi.  VI  dell'Archivio  Società 


144  GIULIO   II.    1507 


r.  storia  patria,  dice:  «  il  palazzo  del  duca  d'Urbino  è  su  la  via  lata,  nel  cui  can- 
tone sta  Santamaria  di  tal  cognome.  Nel  risarcimento  si  vede  sopra  di  molte  porte, 
alle  stanze 

Julius  Feltrius  de  Ruvere  card.  Urbinas 

ma  ci  è  la  prima  sala  grande  e  quatrilata  molto  alta,  dove  sono  depinture  nere  in 
bianco  assai  spatiose  e  ben  lavorate,  con  1'  armi  di  quel  cardinale,  già  secondo  l' iscrit- 
tione  che  dice 

Fatius  de  Sanctoris  Viterbien.  card,  sancte  Sabine. 

La  sua  arme  è  un  arbore  di  palma  con  sbarra  nel  fusto,  e  si  vede  in  molte  parte  " . 
TI  solo  monumento  ricordato  dall'autore  del  codice  barberin.  è  la  memoria  di  una 
cagnuola,  di  nome  Tita,  postale  da  Antonio  Tibaldeo. 

1507,  15  maggio.  STABVLA  QVATTVOR  FACTIONVM?  Si  scopre  nel  Campo 
di  Fiori  il  gruppo  dell'Ercole  e  Telefo,  Helbig,  Guide,  voi.  I,  p.  65,  n.  11.  «  Sabbato 
passato  (15  maggio)  un  certo  romano  facendo  cavare  un  suo  re  volto  in  campo  de  fiore 
trovò  un  Hercule  con  la  pelle  del  Leone  in  su  la  spalla  stancha.  Da  la  man  dextera 
tiene  la  clava,  sul  brazo  mancho  ha  un  putino  de  età  forse  de  quatro  anni.  Fedra 
(Tommaso  lughirami)  dice  che  non  è  Hercule  ma  Comodo  ....  Un  giorno  fu  trouata, 
r  altro  el  nostro  Signor  se  la  fece  portar  a  palazo,  e  dicese  che  sua  Sanctità  ha  dato 
al  trovatore  di  quella  un  beneffìcio  de  cento  e  trenta  ducati  l' anno  »  Luzio  in  Archivio 
St.  Lombardo,  voi.  XIII,  1886,  p.  93,  donde  Bull,  com.,  voi.  XIV,  1886,  p.  243. 
Vedi  anche  Bull,  com.,  voi.  XXVI,  p.  19  e  voi.  XXVII,  p.  111.  La  raccolta  Lafre- 
riana  contiene  due  stupende  riproduzioni  del  gruppo;  la  prima,  del  Salamanca,  è  incisa 
alla  rovescia:  la  seconda,  messa  in  luce  dal  Lafreri  nel  1550,  porta  il  titolo  «  Com- 
modi imp.  faciem  atque  habitum  Herculis  induti,  ac  Pusionem  infantem  (cuius  errore 
periit)  brachio  laevo  gestantis,  statua ...  in  Belvedere  » . 

1507,  16  aprile.  S  PIETRO  VECCHIO.  Girolamo  Bruno,  arcivescovo  dì  Taranto 
e  tesoriere  di  Giulio  II,  pone  la  prima  pietra  di  altri  due  piloni  della  nuova  fabbrica. 
La  cerimonia  è  descritta  nel  «  Cod.  visitationis  ecclesiarum  «  di  Demetrio  Giiaselli, 
in  Archivio  di  s.  Pietro  al  f.  165. 

1508.  Il  codice  Corsiniano  34.  G.  27  contiene  la  nota  di  taluni  pagamenti  per 
opere,  le  quali  si  collegano  più  tosto  alla  storia  dell'Arte  che  non  a  quella  degli 
scavi  di  Roma  e  di  Ostia.  Eccone  alcuni  saggi. 

OSTIA.  Il  giorno  4  dicembre  Antonio  di  Bartolomeo  da  Firenze  maestro  di 
legname  riceve  ducati  70  in  acconto  delle  spese  che  eseguiva  nella  rocca  d'Ostia,  e 
per  le  quali  si  porta  garante  Giuliano  da  Sangallo  (e.  3),  Nello  stesso  giorno  «  D.  Mi- 
chael del  Bocca  de  Imola  pictor  in  urbe . . .  confessus  est  cum  effectu  recepisse  ducatos 
centum  de  carlenis  ad  bonum  computum  picturarum  faciendarum  in  arce  Hostie  ». 
Altra  ricevuta  simile  in  data  13  marzo  1509.  Questo  ricordo  di  pagamenti  a  Michele 
Bocca,  tolgono  assai  peso  all'  opinione  manifestata  dal  Miintz  (les  Arts,  Innoc.  VIII, 
p.  24)  nelle  seguenti  parole:  «(le  cardinal  Julien  della  Rovere)  en  1491  écrivit  aux 
députés  du  dome  d'  Orvieto  pour  leur  enjoindre  de  ne  pas  molester  le  Pérugin,  qui 
travaillait  alors  pour  lui,  probablement  au  chateau  dOstie  «. 


GIULIO   IL   1508  145 


SCHOLA  GRAECA.  «  Die.  VI.  decembris  1508  nota  quod  magister  jacobinus  de 
morco  murator  in  urbe  confessus  est  cum  effectu  recepisse  ducatos  centum  de  car- 
lenis  monete  veteris  ad  bonum  computum  opere  sue  prò  petris  et  saxis  que  fit  ad 
scolam  grecam  per  manus  d.  Hierouimi  Francisci  de  Senis  computiste,  et  diiit  rece- 
pisse die  XVIIII  jiilii  proxime  preteriti  de  quibus  quietat  in  forma  etc.  in  palatio 
in  Camera  R.  D.  Henrici  archiepiscopi  Tarentini  Thesaurarii  presentibus  magistris 
Maynerio  de  Pisis  architecto,  et  Johanne  Antonio  Foglietta  muratore  in  urbe  testibus. 

Dieta  die  VI  decembris  Idem  magister  jacobinus  similiter  confessus  est  recepisse 
ducatos  similes  centum  etiam  ad  bonum  computum  diete  seche  ad  saia  per  manus 
d.  Hieronimi  de  quibus  quietat  etc.  »   e.  3'. 

VIA  TRIVMPHALIS.  «  Die  XVII  februarij  1509.  Constitutus  coram  me  notario 
et  testibus  magister  Vincentius  magistri  Danesii  de  Viterbo  sponte  confessus  est  cum 
effectu  recepisse  per  manus  d.  Hieronimi  de  Senis  computiste  fabricarimi  etc.  duca- 
tos centum  nonaginta  quatuor  et  carlenos  septem  de  carlenis  x  prò  ducato  monete 
veteris  et  sunt  prò  integra  solutione  omnium  et  singularum  expensarum  incursarum 
ad  explanandum  in  platea  inferiori  Belvederis  ubi  Sanctissimus  dominus  noster  fieri 
fecit  festum  Taurorum.  et  tam  prò  operibus  barellis  carrotiis  et  ferramentis  et  in 
simul  prò  incursis  usque  in  presentem  diem,  de  quibus  quietauit  in  forma  Camere. 
Home  in  Camera  d.  B.  Ferratini  apud  Campumsanctum  presentibus  d.  Menicantonio 
jacobi  Goelli  et  Francisco  amici  de  Fulgineo  testibus  » .  Ibid.  e.  4. 

BIBLIOTHECA  APOSTOLICAE  SEDIS.  «  Die  Villi  martis  1509.  Magister  Lau- 
rentius  Lottus  de  Trevisio  pictor  confessus  est  cum  effectu  recepisse  per  manus  do- 
mini Hieronimi  Francisci  de  Senis  fabricarum  computiste  etc.  ducatos  de  carlenis  .x. 
prò  ducato  monete  veteris  centum  qui  sunt  ad  bonum  computum  laboritii  picturarum 
faciendarum  in  cameris  superioribus  pape  prope  librariam  superiorem  de  quibus  quie- 
tat in  forma  etc.  In  palatio  in  Camera  Reuerendissimi  domini  Thesaurarii  presentibus 
magistro  juliano  del  louio  et  Bernardo  Silvestri  de  Florentia  scarpellino  in  urbe  -. 
Ibid.  e.  6'. 

VIA  TRIVMPHALIS.  Col  novembre  1509  incominciano  le  note  di  pagamento  a  varii 
artisti  -  ad  bonum  computum  pilastrorura  de  tiburtiiio  fiendorum  in  opere  orti  secreti  -  ; 
tre  dei  quali  furono  scolpiti  da  Ambrogio  di  Benedetto  da  Fiesole  detto  Cucula, 
quattro  da  Benedetto  Gozuto  romano,  tre  da  Bernardo  Silvestri  detto  Ciocia,  quattro 
da  Girolamo  del  Bene  detto  Fracasso,  e  due  da  Raffaele  di  Tommaso  Ciani  da  Fie- 
sole: in  tutto  sedici  pilastri. 

1508.  COLLEZIONE  MEDICL  II  card.  Giovanni  de  Medici,  il  quale  fino  al  1505 
avea  abitato  nel  palazzo  Ottieri  a  s.  Eustachio,  e  dal  1505  in  poi  nel  palazzo  alle 
terme  Neroniane,  che  più  tardi  si  disse  di  Madama,  deposita  e  ordina  nelle  sale  di 
quest"  ultimo  la  ricca  biblioteca  paterna,  da  lui  riscattata  dai  frati  di  s.  Marco.  Le 
sale  erano  decorate  di  statue  e  di  pitture.  ^  Domus  Johannis  de  Medicis  est  apud 
Alexandrinas  et  Xeronianas  thermas.  in  qua  sunt  nonnullae  portae  marmoree  nuxtae 
cum  pulcherriraa  bibliotheca.  statuis  et  picturis  exornata  ^  Albertino.  1.  e.  p.  27. 

I  Medici  lianno  creato  in  Roma  cinque  centri  d' interesse  artistico  e  archeoloiirico. 
cioè  il  palazzo  mentovato  ora  sede  del  Senato  del  regno,  il  quale  conserva  ancora  i 

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146  GIULIO   li.   1508 


maravigliosi  soffitti  dell'epoca:  il  palazzo  di  Firenze,  sede  del  Ministero  di  Giusti- 
zia: il  giardino-museo  a  S.  Maria  Nova;  la  villa  alla  Trinità  de'  Monti,  sede  del- 
l'Accademia di  Francia;  e  la  villa  Madama  sulla  costa  del  Monte  Mario. 

Il  prof.  Micliaelis  nel  Jahrbuch  tomo  Vili,  a.  1893,  p.  119  sg.,  e  il  Muntz 
nel  tomo  XXXV,  parte  II,  a.  1895  delle  «  Mémoires  de  l'Académie  des  Inscr.  et  belles- 
lettres  »  hanno  illustrato  con  tanta  copia  di  erudizione  il  palazzo  Madama,  e  le  colle- 
zioni quivi  formate  dal  futuro  pontefice  Leone  X,  che  poco  o  nulla  avrei  da  aggiungere 
alla  loro  illustrazione.  Nella  graziosa  vignetta  di  Martino  Heemskerk  (p.  121,  fig.  1, 
Michaelis)  si  vede  il  palazzo  sorgere  tra  gli  avanzi  delle  terme  Neroniano-Alessan- 
drine,  la  quale  sovraposizione  dei  due  edificii  è  stata  da  me  lungamente  dichiarata 
nella  prima  Memoria  sulle  Terme  di  Agrippa  stampata  nel  voi.  VI  delle  Notizie  degli 
scavi  per  l'anno  1881,  fase,  di  ottobre.  Una  delle  più  geniali  incisioni  del  Barbault 
rappresenta  questo  innesto  del  palazzo  alle  Terme  dalla  parte  del  secondo  cortile 
interno,  quello  stesso  che  fu  trasformato  in  uffizio  centrale  delle  poste  Pontificie,  sotto 
Pio  IX,  e  che  oggi  contiene  l' aula  del  Senato.  Vedi  anche  la  vignetta  9,  II  di  Alo 
Giovannoli  rappresentante  le  «  thermae  Neronianae  in  aedibus  card,  de  Monte  « . 

Il  n.  6825  della  mia  raccolta  di  Stampe  e  Disegni  di  Roma  rappresenta  la  facciata 
del  palazzo  verso  Agone,  delineata  da  un  cinquecentista  a  chiaroscuro,  con  qualche 
particolare  inedito.  I  documenti  della  fine  del  quattrocento  parlano  così  spesso  di 
queste  terme  e  delle  case  e  palazzi  innestati  alle  loro  rovine,  che  si  potrebbe  rico- 
struirne la  topografia  con  la  maggiore  esattezza.  Così  p.  e.  nell'  inventario  dei  beni 
ereditarli  di  Callisto  Gioacchini  da  Narni,  fatto  fare  il  2  settembre  1494  dal  nobile 
Bonifacio  Gioacchini  cittadino  romano  del  r.  Pigna,  si  legge  questo  paragrafo  :  «  item 
medietatem  domorum  magnarum  sitarum  in  Regione  Sancti  Eustachii  retro  ecclesiam 
sancti  Eustachii  cum  edificiis  antiquis  ad  dictas  demos  spectantibus  et  perti- 
nentibus  iunctam  prò  indiviso  cum  alia  medietate  ipsius  domini  Bonifatii  quibus  ab 
uno  latere  sunt  res  heredum  qùd.  dai  Johannis  de  baroncellis  ab  alio  res  heredum  qd. 
cecchi  de  crocchiano  ab  alio  res  sancte  marie  nove  ab  alio  res  hospitalis  salvatoris  ab 
alio  est  res  Mactie  bardelle  et  fratrum  ab  alio  latere  sunt  res  heredum  qd.  dui  christo- 
fori  de  filippinis  et  alii  plures  confines  ».  Not.  de  Pacificis  prot.  1181,  e.  518  A.  S. 

Queste  proprietà  furono  in  gran  parte  assorbite  da  quella  dei  Medici  sotto  il  pon- 
tificato di  Leone  X.  Ho  trovato,  nel  prot.  62  di  Stefano  Amanni  a.  e.  25,  memoria 
dell'acquisto  di  parte  dei  beni  del  predetto  Bonifazio  Gioacchini,  cioè  «  certas  domun- 
culas  et  aream  sitam  Rome  in  r."'  S.''  Eustachi  iuxta  et  in  corpore  palatii  et  domo- 
rum  et  aree  magnifici  domini  Juliani  de  Medicis  " .  Ma  il  documento  più  interessante 
su  questo  soggetto  si  trova  nel  prot.  94  del  predetto  notaro,  a  e.  55  sg.  ove  si  parla 
della  eredità  di  Leon  X  nell'  interesse  di  «  Lucretia  filia  qd.  bo.  me.  mag.'^'  laurentii 
petri  cosrae  de  Medicis  de  Florentia,  germana  soror  fé.  re.  dni  lohannis  de  medicis 
qui  primo  car.lis  de  Medicis  et  deinde  ad  Summum  pontificatuin  assumptus  cet  » .  Vi 
sono  nominati  il  «  Castello  chiamato  castello  sco  angelo  in  lo  territorio  de  Roma 
appresso  a  Tivoli  (C.  Madama)  »,  il  «  palatium  in  Urbe  et  reg.  sci  Eustachii  in  platea 
vulgariter  nuncupata  piazza  Saponara  »  etc.  Nell'inventario  delle  «  Statue  antiche  che 
stanno  nel  pai.  della  ser.  Madama  d'Austria  »   edito  dal  Fiorelli,  Documenti,  tomo  II, 


GIULIO   II.   1508-1509  147 


p.  XIV,  377,  si  parla  di  cinque  pezzi  custoditi  <*  nella  casa  doue  habitaua  Msr.  Gio. 
Lippi  »  la  quale  al  Fiorelli  stesso  sembra  essere  quel  «  luogo  »  che  l'Aldovrandi 
(a  p.  182)  indica  presso  s.  Luigi  de'  Francesi  «  dove  già  furono  le  tenne  d'Alessandro  ». 
Il  Michaelis  la  dice  «  vermuthlich  ein  Nebengebàude  des  Palastes  » .  I  documenti  che 
seguono,  e  che  ho  trovati  a  e.  182  del  tomo  273  degli  Script.  Arch.  in  A.S.C,  tol- 
gono ogni  dubbiezza  in  proposito. 

«  Die  5  augusti  1562.  Magnificus  dominus  Joannes  Lippi  clericus  Volaterranensis 
negociorum  gestor  lUme  domine  Margarite  ab  Austria  Parme  et  Placentie  Ducisse  qui 
asserit  quod  alias  sub  die  ianuarij  1560  studiens  utilitati  et  commoditati  diete  Ducisse 
concessit  et  impartitus  fuit  licentiam  magistris  Lazzaro  Muratori  et  Dominico  faber- 
lignario  fratribus  de  Galena  de  Castro  novo  Sarzanensis  dioecesis  inquilinis  unius  ei 
domibus  diete  Ducisse  incidendi  et  rumpendi  partem  unins  parietis  antiqui  diete 
domus  quam  predicti  Lazarus  et  Dominicus  inhabitant  supra  uiridarium  seu  giardinum 
palatiis  diete  Ducisse  et  in  loco  diete  parietis  que  inutilis  e  rat  eorum  sumptibus 
facere  aliquas  stantias  seu  cameras  in  bona  forma  habitabilis  », 

«  Adi  20  di  Gennaio  1560.  Sia  noto  et  manifesto  a  chi  leggerà  la  presente  come 
questo  di  et  anno  detto  di  sopra  io  Giouanni  Lippi  agente  della  serenissima  Madonna 
d'Austria  concedo  licenza  a  mastro  Domenico  falegname  et  a  mastro  Lazzaro  mura- 
tore fratelli  et  al  presente  habitanti  in  una  casa  dell'isola  della  serenissima  Madonna 
di  poter  tagliare  un  pezzo  d'  anticaglia  congionta  con  la  casa  che  habitano  sopra  il 
giardino  del  palazzo  et  ridurla  in  buona  forma  di  stanze  ». 

1509,  3  gennaio.  PORTICVS  PHILIPPI.  Le  monache  di  s.  Ambrogio  della  Mas- 
sima danno  in  enfiteusi  a  Bartolomeo  Carosi  una  loro  casa,  confinante  con  quello  di 
Antonio  Graziani,  a  condizione  che  spenda  50  ducati  nello  scavare  e  murare  ^  cellam 
vinariam  seu  cantinam  qua  domus  ipsa  eget  » .  Not.  Lazaro  de  Pinotis  (ho  smarrito 
il  n.  del  protocollo). 

1509,  8  gennaro.  DOMVS  TITI  IMP.?  «  In  una  vigna  appresso  alle  Capocce, 
in  thermis  Titianis,  apud  atrium  Vespasiani  vulgo  septem  solia  »  si  scopre  l'ara  dedi- 
cata a  Giove  da  Vespasiano,  CIL.  VI,  369.  Janni  Capoccia,  detto  Mezzopane,  nobile 
montigiano,  possedeva  una  vigna  tra  il  Cimbruni  Marii  e  le  Sette  Sale  sin  dal  1263, 
della  quale  fece  dono,  vivente,  alla  basilica  Liberiana. 

1509,  15  marzo.  CIVITAS  LEONI ANA,  Il  banchiere  Bernardino  Verrazzauo  da 
Firenze,  e  il  chierico  aquilano  Alfonso  Pellegrini,  come  procuratori  di  Francesco  I  Se- 
derini card,  di  Volterra,  danno  in  enfiteusi  a  G.  B,  de  Herris  da  Modena  *•  unam 
petiam  terre  positam  extra  portam  Sancti  Petri  prope  muros  urbis  vie  scerete  ad  castrum 
sancti  angeli,  cui  ab  uno  latere  viam  publicam  introitus  ad  dictam  portam,  ab  alio 
latere  muros  urbis  diete  vie  secreta,  ab  alio  latere  bona  dicti  reverendissimi  ubi 
est  fa  età  magna  fossa  prò  faci  en  do  murum  et  viam  magnam  ad  dictum 
castrum,  et  ab  alio  latere  bona  Richardi  de  Mazzatostis.  Not,  Gio.  Tebaldi  in 
prot,  903  A.  S.  C. 

1509.  TERMINI  POMERII.  «  Sub  lulio  II  pont.  max.  a.  1509,  dum  cloaca  quae 
est  prope  aedem  divae  Luciae  instauratur,  ante  os  ipsius  cloacae  etlbssus  est  lapis 
quadratus  ex  marmore  tiburtino,  cet  »  con  la  memoria  dell'ampliamento  del  pomerio 


148  GIULIO  li.    1509 


fatto  da  Claudio  l'anno  45,  C[L.  VI.  1231  a.  Vedi  Bull.  com.  tomo  XXIII,  a.  1896, 
p.  294. 

TERMINI  RIPARVM  TIBERIS.  In  una  cantina  presso  alla  chiavica  di  s.  Lucia, 
tra  questa  e  la  chiesa  di  s.  Biagio  della  Pagnotta,  nelle  fondamenta  del  «  praetorium  « 
0  luogo  de'  Tribunali  di  Giulio  II,  sulla  sponda  stessa  del  fiume,  si  scopre  il  cippo 
terminale  dell'anno  73,  CIL.  VI,  1238.  Vedi  Pea,  Fasti,  p.  37. 

1509.  VIA  LATINA.  Il  prelato  francese  Adam  fabbrica  1'  elegante  cappella  di 
s.  Giovanni  in  Oleo  presso  la  porta  latina  e  il  colombaio  di  Pomponio  Hylas.  Armel- 
lini, p.  521. 

1509.  OSTIA.  Maestro  Battista  da  Ferrara  costruisce  per  il  prezzo  di  cento  du- 
cati la  "  domus  ad  usum  Salarle  in  civitate  Hostiensi  »  ossia  il  «  Cason  del  Sale  ". 
Vedi  Registr.  di  Aless.  VI,  in  A.  S.,  voi.  IV,  f.  ultimo.  Per  procurarsi  il  materiale 
occorrente  maestro  Battista  apri  uno  scavo  nel  sito  dell'  antica  conserva  d'  acqua  della 
Colonia  descritta  in  Noi  Scavi,  1885,  p.  530,  distruggendone  quella  sola  parte  che 
era  costruita  a  massi  di  tufa. 

1509.  AD  PORTAM  VIMINALEM.  «  (Turrim  Mecennatis  laetus  ac  Poggius)  di- 
cunt  fuisse  ultra  thermas  Dioclitianas  versus  orientem  non  longe  ab  eo  loco:  qui 
Butte  di  Thermi  dicitur,  in  quo  loco  hoc  anno  (')  multa  marmerà  cum  Tyburtinis 
lapidibus  effossa  fuere  in  parte  eminentiori,  ut  inde  facile  totam  urbem  quisq.  videre 
pót.  «  Albertini  ed.  1515,  e.  53.  Si  tratta  manifestamente  dell'  «  altissimus  Romae 
locus  »   del  Bufalini,  ossia  del  monte  Superagio,  poi  chiamato   «   della   Giustizia  ". 

1510,  15  maggio.  HORTI  LAMIANI?  Adriana  Saladini  concede  a  Girolamo  de 
Rossi  il  permesso  di  cavare  nella  sua  vigna  in  Merulana. 

«  Capitula  interdominam  Adrianam  de  Saladinis  venetam  et  dominum  Hieronimum 
de  Rubeis  romanum  super  lapidicina  et  petraria  prò  lapidibus  extraendis  et  tufis  subtus 
vineam  domine  Adriano  prefate  positam  ante  ecclesiam  sancti  Mathei  in  Merulana. 

In  primis  quod  passus  petrarie  sit  latitudinis  et  longitudinis  iudicio  peritorum 
tiendus  in  vinea  sive  sodo  dicti  domini  Hieronimi  qui  passus  dari  debeat  per  ipsum 
dominum  Hieronimum  in  loco  sui  sodi  prope  murum  vince  diete  domine  Adriano  vel 
alibi  ad  omne  bene  placitum  diete  domine  Adriano  et  eius  heredum  sumptibus  tamen 
omnibus  dicti  domini  Hieronimi  liberus  pacificus  et  expeditus. 

Item  quod  omnes  eipense  fiende  in  dicto  passu  fodiendo  et  in  extraendis  lapi- 
dibus sino  tufis  et  omni  genere  lapidum  fìguratorum  et  non  figuratorum  ac  etiam 
omni  genere  metallorum  extraendorum  de  et  subtus  fovea  vince  diete  domine  Adriano 
solvantur  in  tribus  partibus  videlicet  due  tertie  partes  solvantur  a  dieta  domina 
Adriana  et  una  tertia  pars  solvatur  a  dicto  domino  Hieronimo  exceptis  tamen  lapi- 
dibus et  aliis  figuris  et  metallis  sive  rebus  aliis  que  erunt  supra  dictos  tufos  que 
omnia  sint  ipsius  domine  Adriano  libera. 

Item  quod  omne  lucrum  fiendum  in  dieta  fovea  sine  petraria  et  passsu  et  omnia 
alia  que  extrahentur  exceptis  supra  proxime  dictis  sint  prò  duabus  tertiis  partibus 
ipsius  domine  Adriano  et  prò  una  tertia  parte  ipsius  domini  Hieronimi. 

(')  L'opusculu  de  mirab.  essendo  stato  pubblicato  il  4  febbraio  1510  è  probabile  cbe  T  "hoc 
anno  »   si  riferisca  al  1509  quando  l'opuscolo  era  in  corso  di  stampa. 


GIULIO  II.    1510  149 


Itera  quod  uaoquoque  mense  fiat  computum  inter  dictam  dominam  Adrianam  et 
dominum  Hieronimum  tam  de  expositis  qiiara  de  peciiniis  receptis  et  de  creditis  fiat 
divisio  et  umisqiiisque  agat  con  tra  debitores  prò  rata  »  Not.  Giacomo  de  Meis  in 
A.  S.  C. 

Questa  vigna  doveva  essere  ricchissima  di  ruderi  e  di  monumenti  essendo  stata  sca- 
vata nuovamente  dal  senatore  Pietro  Borghese  nel  1519.  Vedi  anche  1522,  17  marzo. 

1510,  7  agosto.  THERMAE  TRAIANI  ET  VICINIA.  Fra  Giovanni  Battista  da 
Verona,  priore  di  s.  Pietro  in  Vinculis,  conviene  con  Giuliano  Leni  «  de  darli  a  fare 
a  tucte  sue  spese  li  due  claustri  »   col  patto  di  fornirgli  le  colonne  a  ciò  necessarie, 

come  pure  i  peperini  per  le  cornici,  mettendo  i  Leni  la  mano  d'opera,   «  et  el 

primo  claustro  di  uerso  la  facca  nona  sia  obbligato  hauere  fornito  per  tutto  octobrio 
che  viene,  l'altro  per  tuto  luglio  MDXl  e  per  parte  li  ho  facto  dare  per  il  banco 
di  Gabriele  di  Sandro  ducati  trecento  septe  e  mezo  di  carlini  cioè  ducati  307  e 
mezo  el  resto  che  douesse  hauere  si  del  primo  lauoriero  come  secundo  la  mità  li  ho 
a  dare  fornito  el  lauorero  e  laltra  mità  per  tuto  aprile  proximo  che  uiene  de  lanno 
1511  et  in  fede  del  nero  habiamo  facto  el  presente.  Le  pietre  che  cauara  da  li  fon- 
damenti de  murar  et  de  calce  sono  soe  tute  le  altre  sono  nostre  e  lui  ce  li  ha  a 
cauare  doue  se  trouasse  pietre  grosse  che  bisognasse  arzano  a  canarie  lui  li  habia  a 
cauare  e  lui  a  pagare  le  giornate.  Figure,  piombo  et  ogni  altro  metallo  se  trouasse 
e  nostro  e  lui  ho  ha  a  cauare  el  terreno  lo  habia  a  gitare  ne  la  buga  ».  Not.  Bal- 
dassare  Roche  prot.  591,  e.  362  A.  S.  C. 

Né  meno  importante  per  la  storia  dell'  insigne  claustro,  e  degli  scavi  in  esso 
eseguiti  è  questo  secondo  documento,  ibid.  e.  337. 

»  Nel  nome  de  nostro  Signore  lesu  Christo  De  lanno  MDX  adi  XVII  de  junio. 
El  venerabile  patre  fra  lohanne  Baptista  de  Verona  priore  de  sancto  Pietro  in  vin- 
cula  et  el  nobile  misser  luliau  Leno  zentilhomo  romano  conuenerono  insieme  ali  infra- 
scripti  pacti  et  obligatione  sopra  la  fabrica  de  la  cisterna  che  se  ha  da  fare  in  mezo 
el  claustro  de  sancto  Pietro  in  vincula,  murata,  lastregata,  voltata,  incollata,  tanto 
epsa  quanto  li  quatro  soi  cisternini  de  la  perfectione  et  diligentia  che  indicara  dira 
et  ordinara  maestro  Christoforo  da  Caravazo  qual  sera  soprastante  de  la  fabrica  de 
dieta  cisterna.  (Vedi  Bertolotti,   «  Artisti  lombardi  •>,  p.  54). 

Et  ci  prenominato  padre  priore  di  sancto  Pietro  in  vincula  promette  et  se  obliga 
al  incontro  de  consegnare  a  messer  luliano  predicto  tutte  le  pietre  et  puzolaua  ca- 
uate  dal  cauamento  de  la  cisterna. 

Et  de  presenti  da  et  exborza  manualmente  a  conto  del  pagamento  ducati  set- 
tanta sei  de  carlini. 

Item  da  al  medesimo  conto  di  pagamento  cento  rubia  de  calce  bagnata  per  pretio 
de  ducati  cinquanta  de  carlini. 

Resta  decto  messer  luliano  finita  la  cisterna  creditore  di  ducati  trecento  quatro 
de  carlini. 

Quali  el  prefato  padre  priore  promette  farli  pagare  ad  epso  messer  luliano  da  la 
Santità  de  Nostro  Signore  onero  farli  far  poliza  da  dieta  Santità  che  se  li  faranno  boni 
nel  conto  delle  altre  fabriche  che  epso  messer  luliano  fa  a  la  medesima  Santità  sua  i . 


150  GIULIO   II.    1510 


Scoperte  di  antichità  debbono  essere  avvenute  di  certo,  poiché  quando  l' architetto 
Virginio  Vespignani  fabbricava  nell'  anno  1876  la  nuova  Confessione  tornarono  in 
luce  notevoli  avanzi  di  costruzioni,  delle  quali  conservo  la  pianta  inedita  nella  mia 
raccolta. 

Altre  scoperte  successive  sono  state  descritte  dal  prof.  Kicci  nel  Bull.  com. 
tom.  XIX,  a.  1891,  p.  185  sg. 

Giuliano  Leni  fu  realmente  soddisfatto  d' ogni  suo  avere  da  Giulio  II.  Nel  pre- 
detto cod.  corsin.  34.  C.  27  a  e.  7'  si  trova  una  ricevuta  di  quattrocento  ducati 
«  ad  bonum  computum  laboritii  et  restaurationis  palatii  noviter  restaurandi  a  sanctis- 
simo  domino  nostro  apud  ecclesiam  sancti  Fetri  ad  Vincula  ». 

1510.  ROSTRA?  «  Ex  eo  (ponte  Caligulae  a  Palatio  ad  Capitolium)  mine  sex 
tantum  columnae,  tres  enim  ad  radices  Palatini  montis  (dei  Castori)  aliae  tres  ad 
capitolium  (di  Vespasiano)  visuntur:  non  longe  a  quibus  hoc  hanno  (1509?)  multa 
marmora  effossa  fuere  cam  ingenti  basi  marmorea  in  qua  erat  inscriptio  « .  CIL.  VI. 
1205.  Albertino  1.  e.  f.  5'. 

1510.  In  questo  stesso  anno  fu  fatta  società  tra  Lorenzo  Valerani  e  Mariano 
Vannnzzi  per  cavare  pozzolana  a  porta  s.  Agnese  «  prope  maenia  urbis  »  Not.  Stefano 
de  Amannis,  prot.  II,  e.  108  ".  Il  Valerani,  «  nobilis  vir  «  era  circa  questo  tempo 
governatore  dello  spedale  di  s.  Giacomo  de  Augusta,  insieme  a  Marco  degli  Elefanti. 

1510.  COLLEZIONE  CHlGl.  Costruzione  del  Casino  sulla  sponda  del  Tevere, 
tra  la  porta  Settimiana  e  la  chiesa  di  s.  Giacomo. 

Agostino  Chigi  il  Magnifico,  nato  in  Siena  circa  il  1465,  aprì  banco  in  Corte  di 
Koma  r  a.  1485  in  società  con  lo  Stefano  Ghinucci,  e  più  tardi  con  gli  Spannocchi. 
Il  primo  uso  delle  sterminate  ricchezze,  messe  insieme  in  breve  giro  di  anni,  fu 
quello  di  accaparrare  «  tabulas  praecipue  illustrium  pictorum.  Signa  vero  ac  toreu- 
mata,  nummosque,  eo  magis  si  ex  antiquitatis  tenebris  eruta  essent.  His  referta  erat 
domus  omnis  et  horti,  conquisiveratque  diligentissime  et  liberali  mercede  coemerat  »('). 
I  documenti  del  1510  parlano  del  «  palatium  seu  aedes  quas  d.  Augustinus  aedifi- 
cari  facit  prope  moenia  urbis  extra  portam  Septignanam  »  come  ancora  lontane  dalla 
perfezione.  L'  area  ne  fu  ampliata  1'  8  giugno  dell'  anno  stesso,  mercè  1"  acquisto  della 
vigna  di  Mariano  Cuccini  «  cui  ab  uno  latere  est  hortus  ecclesie  s.  Jacobi  de  Setti- 
gnano,  ab  alio  bona  prefati  d.  Augustini  de  Chisiis,  retro  flumen,  ante  via  pu- 
plica  «.  Ma  quando  egli  ebbe  compiuto  il  casino  nel  1513  «  mirabile  dictu  est  quot 
marmora  eaque  pretiosa  congesserat,  quot  statuis  picturisque  ornaverat  " .  Per  ciò  che 
spetta  ai  giardini,  i  Commentarli  di  Fabio,  editi  dal  Cugnoni,  dopo  ricordati  i  poemi 
di  Gallo  Egidio  (de  viridario  Augustini  Chisii)  e  di  Blosio  Palladio  (suburbanum 
A.  C,  "  stampati  del  1511,  il  primo  dal  Guilleret,  il  secondo  dal  Mazochio),  prose- 
guono :  «  neque  vero  conticescam  quamplurimis  refertos  fuisse  statuis  ac  preciosis  anti- 
quitatis marmoribus,  ut  familiares  epistolae  abunde  testantur,  nec  non  purae  latini- 
tatis  inscriptionibus.  Lascivum  sane  satyrum   marmoreum   puero  blandientem  laudat 

(')  Questa,  e  le  seguenti  testimonianze,  sono  tolte  dall'egregio  lavoro  del  prof.  Cugnoni  "  Ago- 
stino Chigi  il  Magnifico"  edito  nel  voi.  II  e  III  deirArchivio  della  S.  R.  S,  P. 


GIGLIO  II.    1510  151 


Petrus  arretinus  (')••••  Inscriptionum  vero  aliquas  affert  Mazzocchius  ....  nec  forsan 
plures  tunc  temporis  aderant,  quando  editus  fuit  liber  a.  1517.  A  quo  tempore  bisce 
antiquitatis  argumentis  aedes  ornare  prosequutus  fuit,  cum  praecipue  omnia  inscripta 
marmerà  e  ruinis  eruta  ...  ad  Rapha eleni  deferri  imperasset  Leo  X  a.  1516  ».  Altre 
notizie  si  troveranno  e  nel  cod.  chigiano  R.  V,  d.  p.  108  e  112,  e  nell'inventario  del 
Banco  publicato  dal  Cugnoni  a  pp.  479-480  del  li  tomo  dell'Archivio  S.  R.  S.  P. 

Non  e'  è  dubbio  che  i  sei  sarcofagi  e  le  altre  anticaglie  descritte  dall'Aldovrandi 
a  p.  160  «  nel  giardino  Farnese  che  è  al  di  là  del  Tevere  »  sieno  state  incominciate 
a  mettere  insieme  da  Agostino:  ma  ò  difficile  distinguere  l'uno  dall'altro  i  pezzi  chi- 
giani  dai  farnesiani.  I  tre  documenti  publicati  dal  Fiorelli  a  p.  175  del  tomo  II, 
e  a  p.  399  del  tomo  IV,  sono,  per  mala  sorte,  troppo  recenti. 

Il  primo  e  il  secondo  furono  compilati  dal  not.  Francesco  Franceschini  il  giorno 
2  dicembre  1705,  sotto  il  titolo  di  «  Inventarium  exciìie  domus  Chisie»,  per  man- 
dato dei  fratelli  principe  Augusto  ed  abate  Mario,  dei  beni  liberi  e  allodiali  del  loro 
padre  Agostino  «  ad  caute  vivendum  et  quamcumque  controversiam  fortasse  orituram 
arcendum  et  repellendum  »  e  costano  di  due  parti.  La  prima  contiene  l' elenco  di 
centoquarantatre  sculture,  in  calce  al  quale  elenco  una  mano  più  tarda  ha  anno- 
tato: «  suprascriptae  statuae  venditae  fuerunt  per  D.  Augustum  Chisium  favore  illini 
domini  Baronis  Raymundi  Leplat  ei  instrumento  rogato  sub  die  6  decembris  1728  ". 
«  Nel  grande  archivio  di  Stato  di  Dresda  —  nota  il  Fiorelli  a  p,  X,  n.  7  del 
II  tomo  —  si  conserva  una  corrispondenza  intitolata  :  Lettres  du  Baron  le  Plat  pen- 
dant son  voyage  pour  Italie  concernant  l'achat  des  statues  à  Rome,  dalla  quale  cor- 
rispondenza si  raccoglie  che  il  le  Plat,  intelligente  ufficiale  del  Genio,  architetto  della 
casa  del  Re,  e  più  tardi  direttore  delle  sue  collezioni  artistiche,  ricevette  incarico  il 
28  agosto  1728  di  recarsi  a  Roma,  per  acquistare  le  statue  del  Chigi  ed  altre  del 
Card.  Albani,  già  valutate  dal  von  Berger,  professore  di  archeologia  nelV  Università 
di  Wittenberg.  La  raccolta  chigiana,  pagata  34,000  scudi,  compresi  i  300  dati  al  Fico- 
roni  per  sua  mediazione,  fu  spedita  nello  stesso  anno  a  Dresda  (cfr.  Hettuer,  Die 
Bildwerke  der  Konigl.  Antikensammlungen  zu  Dresden.  Dresden,  1875,  in  8);  ove, 
collocata  nella  Galleria  reale,  venne  tosto  illustrata  dallo  stesso  le  Plat  nel  suo 
«  Recueil  des  Marbres  antiques,  qui  se  trouvent  dans  la  galerie  Royale  et  Electorale 
de  Dresde  "   1733,  in  fol. 

La  seconda  parte  dell'inventario  2  dicembre  1705  si  riferisce  agli  oggetti  non 
compresi  nella  futura  vendita,  e  che  si  trovavano  collocati  nella  «  Giiardarobbetta  di 
Roma  »  nel  palazzo  della  terra  d'Ariccia,  in  quello  della  terra  di  Formello,  in  villa 
Versaglia,  e  nel  giardino  alle  Quattro  Fontane.  Non  contiene  importanti  monumenti 
d'  archeologia,  ma  oitVe  in  compenso  una  massa  cosi  prodigiosa  di  oggetti  del  rinasci- 
mento e  di  rarissime  suppellettili  antiche,  da  destare  un  senso  d'invidia  e  di  meni- 
viglia  tra  i  moderni  collezionisti.  Intagli  in  legno,  armi  del  cinquecento,  avorii.  meda- 

(')  Ligorio  BoJleian.  p.  131,  dopo  descritto  un  cipito  del  Tevere  del  tempo  di  Traiaiio  -  irò- 
nato  in  transteuere  uicino  la  casa  di  Augustin  Cliisi-'  prosegue:  «  lioggi  in  la  detta  casa  si  ue'le 
una  statua  antica  d'un  satiro  Co' piedi  caprinei  qual  dimostra  carezzar  un  giuuinettu  clic  nel  sinistro 
fianco  li  siede  ". 


152  GIULIO   II.    1510 


glie  del  Pisanello  o  della  sua  scuola,  bocali,  piatti,  tazze  «  di  terra  d' Urbino  della 
scuola  di  Raffaele  »  gemme,  cammei,  stoffe,  bronzi,  metalli,  vetii  cemeteriali  scritti, 
lucerne,  vasi  italo-greci,  tutto  ciò  che  oggi  gli  amatori  si  disputano  a  peso  d'oro,  riem- 
piva a  profusione,  non  solo  i  palazzi,  ma  le  più  modeste  villeggiature  della  famiglia. 

Se  r  elettore  di  Sassonia,  in  luogo  di  quelle  sculture  di  pregio  assai  discutibile 
avesse  acquistato  gli  oggetti  descritti  in  questa  seconda  parte  dell'  inventario,  avrebbe 
collocati  i  suoi  34000  scudi  a  molto  migliore  interesse.  Ma  forse  è  bene  che  ciò  non 
sia  stato  ;  altrimenti  i  cimelii  avrebbero  forse  sofferta  la  sorte  delle  sculture,  che  non 
è  stata  molto  avventurata. 

Il  Winckelmann  descrivendo  nella  Lettre  à  Mr.  le  comte  de  Brùhl  (Dresden 
1764,  p.  17),  la  prima  scoperta  di  tre  statue  fatta  a  Ercolano  nello  scavare  il  pozzo 
della  Casina  da  pesca  del  Viceré,  dice  che  questi  le  spedì  a  Roma,  dove  furono  restau- 
rate, e  poi  le  donò  al  principe  Eugenio  il  quale  le  fece  collocare  nel  suo  giardino  di 
Vienna.  Sette  anni  prima  che  il  Winckelmann  partisse  per  l' Italia,  le  statue  erano 
andate  a  finire  in  un  padiglione  del  parco  reale  di  Dresda,  insieme  alle  statue  e  busti 
che  il  re  Augusto  aveva  acquistate  dai  Chigi  e  dal  cardinale  Alessandro  Albani.  Tutti 
questi  tesori  perirono  nella  guerra  dei  sette  anni. 

E  qui  è  opportuno  ricordare  come  anche  l' Inghilterra  abbia  avuta  la  sua  parte 
delle  spoglie  chigiane.  Un  rame  di  P.  S.  Bartoli  nel  Museo  Britannico,  rappresentante  la 
figura  della  «  SALVS  apud  E.  card.  Chigium  «,  porta  notato  in  margine  «  nunc  in 
museo  Caroli  Townley  ". 

11  Piorelli  ha  publicato  a  p.  408  del  IV  volume  un  secondo  inventario,  del  20  feb- 
braio 1770,  compilato  a  istanza  del  pr.  Sigismondo  dal  not.  Alessandro  Pagliano.  Vi 
sono  nominati  la  «  stanza  dipinta  a  boscareccia,  contigua  alle  gallerie  de'  quadri,  «  la 
galleria  de'  quadri  »  il  «  gabinetto  de'  disegni  «  e  le  guardarobbe,  tutte  piene  di  oggetti 
di  piccola  mole  ma  di  grandissima  curiosità  e  considerazione. 

L'autore  del  Mercurio  Errante  così  descrive  il  palazzo  al  Corso  (a  p.  340,  tomo  II, 
dell' ed.  1776).  «  Sono  in  esso  molte  pitture  di  professori  eccellenti,  e  particolarmente 
nel  primo  appartamento,  a  cui  s'  ascende  per  una  comodissima  scala.  E  questo  distinto 
in  più  camere  adobbate  di  paramenti,  e  quadri  singolari,  e  di  busti  antichi  di  molto 
prezzo  ;  sono  notabili  tra  i  quadri  alcune  opere  insigni  di  Tiziano,  dell'  Albani,  del 
Domenichino,  del  Bassano,  de'  Caracci,  di  Guercino  da  Cento,  del  Pussino,  di  Guido 
Reni,  e  d'  altri  celebri  professori.  Molte  battaglie  ancora  dipinte  in  piccola  forma  da 
Michel' Angelo  Cerquozzi,  ed  altre  più  grandi,  fatte  dal  Borgognone  Gesuita;  molti 
paesi  di  Salvator  Rosa,  e  di  Claudio  Lorenese;  diverse  istoriette  di  Paolo  Veronese, 
di  Tietro  Perugino,  del  Tintoretto,  di  Pietro  da  Cortona,  di  Carlo  Maratta,  e  di 
Giacinto  Brandi.  Gli  adornamenti  di  tavolini,  e  studioli,  con  sedie  e  trabacche  rica- 
mate d'  oro,  sono  molti  in  dette  Camere  " . 

Maggiori  particolari  si  hanno  a  p.  10  del  tomo  II  de  «  la  Città  di  Roma  "  di 
Venanzio  Monaldini  e  C'  Roma,  Salomoni,  1779.  ^  Belle  antichità  e  stimatissime 
pitture  nel  di  lui  interno  si  osservano:  fra  queste  ultime  si  distingue  una  Na- 
tività 0  adorazione  de'  Pastori,  di  Carlo  Maratta,  sul  gusto  dell'Albano  mera- 
vigliosamente  dipinta,  con   altrettanta   finezza   di   disegno,   verità   di   espressione,   e 


GIULIO  II.   1510  153 


con  un  più  fresco  e  più  grazioso  colorito;  Orfeo  che  mansuefa  gli  animali  suonando 
la  lira,  pittura  Fiamminga  di  un  bel  colorito,  in  cui  gli  animali  sono  con  verità  rap- 
presentati; una  battaglia  di  Salvator.  Rosa,  ben  composta  e  benissimo  dettagliata,  ma 
il  di  lei  colore  è  troppo  rosso;  uno  dei  paesi  più  belli  dell' istesso  pittore,  in  cui 
vedesi  sul  davanti  Mercurio,  che  addormenta  Argo  ;  due  belle  marine  di  Claudio  Lo- 
renese;  un  gran  paese  del  medesimo  con  un  colloquio;  la  situazione  è  bella,  vasta, 
ed  i  piani  ben  decisi  ;  due  abbozzi  di  Baccanali  del  Pussino,  con  infinito  spirito  toc- 
cati, e  compariscono  come  bassirilievi  antichi:  una  Maddalena  di  Guido;  una  Lucre- 
zia del  medesimo,  di  cui  la  testa  e  l' attitudine  sono  graziosissime  ;  l' unione  del- 
l'Abbondanza col  fiume  Tigri,  quadro  allegorico  di  Rubens,  ove  le  carni  sono  con  la 
maggior  verità  rappresentate;  un  ritratto  dell'Aretino,  dipinto  da  Tiziano;  G.  C,  in 
atto  di  esser  legato  alla  colonna,  del  Guerciuo;  un  quadro  di  Rubens  con  una  Baccante 
ed  un  Satiro,  che  porta  un  canestro  di  frutti,  i  di  cui  caratteri  sono  allegrissimi  e 
belli;  l'abbozzo  del  bel  quadro  di  S,  Romualdo,  esistente  a  Camaldoli,  di  Andrea 
Sacchi  ;  un  magnifico  paese  di  Benedetto  da  Castiglione  con  vacche  ed  agnelli  benis- 
simo disegnati;  due  piccoli  paesi  di  Salvator  Rosa;  un' Assunta  del  Lanfranco;  ed  una 
Venere  nel  Bagno  dell'Albano,  dalle  Ninfe  e  dalle  Grazie  accompagnata. 

Fra  le  antichità  si  osserva  un  gruppo  di  Apollo  e  di  Marsia,  un  bel  busto  di 
Caligola,  una  Cerere,  dieci  statue  di  Divinità,  quattro  Gladiatori  in  atto  di  combat- 
tere, altre  quattro  statue  di  giovani  in  diversi  esercizi  occupati,  un  bel  Sileno  gia- 
cente sopra  un  vaso  di  vino,  due  colonne  di  alabastro  e  due  di  giallo   antico. 

Vedesi  ancora  in  questo  palazzo  un  busto  di  Alessandro  VII  ed  altri  ìjusti  della 
Famiglia,  fatti  dal  Bernino;  due  belli  cuscini  di  pietra  di  paragone,  che  il  Bernino 
sembra  con  lo  scalpello  avere  ammollito;  una  delle  più  adorne  e  ricche  cappelle;  ed 
una  pregievole  Libreria,  di  un  gran  numero  di  rari  manoscritti  arricchita,  fra'  quali 
evvi  una  genealogia  di  G.  C.  scritta  nel  secolo  quarto.  Vedi  anche  Ficoroni  R.  M. 
a.  1744,  parte  II,  p.  63.  Intorno  questa  famosa  biblioteca  «  in  palatio  nobilis  et  antiquae 
familiae  Chisiae  in  platea  columnae  antonianae  de  urbe  constituta  ^  il  31  agosto 
1660  con  lettere  patenti  di  Alessandro  VII  al  nipote  card.  Flavio,  vedi  la  copiosa 
bibliografia  nelle  Analecta  BoUandiana  del  1897,  tomo  XVI,  fase.  III  (Catalogus 
codicum  hagiograph.  graecor.  bibliothecae  Chisianae  del  p.  Ippolito  Delahaye, 
p.  297,  n.  1). 

Segue  il  terzo  e  ultimo  inventario  del  27  giugno  1793  edito  dal  Fiorelli,  1.  e. 
p.  403,  il  quale  non  offre  particolarità  degne  di  nota. 

Per  quanto  concerne  il  palazzo  ai  ss.  Apostoli,  passato  più  tardi  in  proprietà 
degli  Odescalchi  duchi  di  Bracciano,  ricordo  queste  poche  notizie.  «  Nel  pontificato 
d' Innocenzo  X  fu  trovato  —  nell'  orto  Cornovaglia,  oggi  Botanico  —  una  leonessa 
di  granito,  che  era  appresso  il  card.  Flavio  Chigi,  passata  con  altre  statue  ad  ornare 
il  palazzo  elettorale  di  Dresda  -f  Ficoroni,  mem.  103  (e  Bartoli  m.  9,  il  quale  dice 
la  leonessa  scolpita  in  porfido).  «  Nel  farsi  li  fondamenti  della  nuova  fontana  —  in 
piazza  di  s.  Pietro,  da  man  sinistra  —  furono  trovate  alcune  arche  sepolcrali  antiche  . . . 
una  delle  quali  fu  portata  nel  giardino  del  palazzo  del  card.  Chigi  "  Bartoli,  m.  57. 
il  quale  ricorda  anche  le  due  Provincie  del  Neptunium,  trovate  in  tempo  d'Alessan- 

20 


154  GIULIO   II.    1510 


dro  VII  e  «  messe  alle  scale  del  card,  suo  nipote»  (m.  78  e  115):  i  Fauni  scoperti 
in  villa  Barberini  a  Castel  Gandolfo  (m.  147)  e  F  «  ara  di  bellissime  figui*e  etrusche, 
alte  da  cinque  palmi  »  trovata  a  Velo  (m.  152). 

Oltre  alla  Farnesina,  al  palazzo  di  piazza  Colonna,  a  quello  dei  ss.  Apostoli  e  agli 
Ufficii  in  Banchi,  i  Chigi  possedevano  un  delizioso  giardino-museo  in  via  delle  Quattro 
Fontane,  nel  sito  oggi  appartenente  ai  Franz,  suU'  angolo  delle  vie  Nazionale  e  Ago- 
stino de  Pretis.  Ne  parla  più  volte  il  Bianchini  nei  codd.  veron.  355  e  430  :  «  Suc- 
cede dall'  altra  parte,  dopo  il  palazzo  Albani,  il  casino  delizioso  e  giardino  Chigi,  con 
museo  di  varie  rarità  naturali  ed  artificiali,  e  tiene  ancora  il  giardino  giuochi  d' acqua 
gentil.*®  distribuiti Il  20  lunedì  il  principe  Elettore  visitò  il  giardino  del  sig.  prin- 
cipe Chigi  a  S.  M.  Magg.""®  accolto  dal  sig.  Principe  in  persona,  e  condotto  prima  a 
vedere  il  museo  nel  casino,  dopo  i  giuochi  d' acqua  nel  giardino  » .  Si  conservano 
tuttora  neir  archivio  di  casa  sedici  documenti  relativi  a  questo  sito  di  delizia,  fra  i 
quali  tre  inventarii  notarili.  Concesso  in  enfiteusi  alla  famiglia  Franz  per  100  scudi 
annui  fu  da  questa  affrancato  l'anno   1871    con  lire  10  mila. 

Fra  le  possessioni  suburbane,  tutte  ricche  d' opere  d' arte  e  di  anticaglie,  si  pos- 
sono ricordare  la  villa  tra  la  Salaria  e  la  Nomentana,  una  delle  poche  che  conservino 
ancora  inalterato  il  carattere  del  seicento  ;  e  quella  conosciuta  sotto  il  nome  di  Casa- 
letto  di  Pio  V,  la  quale,  negli  inventarii  del  1770  e  1793,  è  chiamata  «  Villa  del 
Casaletto,  e  vigna  unita  detta  di  Massinaghi  ".  Conteneva  ventisette  busti  e  cinque 
statue. 

Il  palazzo  dell'  Ariccia  è  stato  spogliato  delle  collezioni  descritte  nell'  inventario 
del  1705,  rimanendovi  solo  qualche  marmo  di  poco  conto  e  la  farmacia  di  papa 
Alessandro  VII,  di  squisita  maiolica. 

In  un  rovescio  di  lettera,  diretta  a  D.  Alessandro  de  Souza  Holstein  in  Ariccia, 
che  ho  trovato  tra  le  carte  del  Fea  nella  Biblioteca  Ferraioli,  sono  notati  alcuni 
monumenti  (p.  e.,  la  base  XIV,  2156)  «  nel  palazzo  del  Principe  ",  e  molti  altri 
senz'  indicazione  di  luogo. 

I  possedimenti  di  questa  illustre  Casa  in  campagna  di  Koma  furono  o  sono  la 
Serpentara,  Casaccia,  Olgiate  o  Polzella,  Acquasona,  Cacciarella,  Castel  Fusano,  Aric- 
cia, Villariccia,  Cancelliera,  e  Campoleone  :  luoghi  abbondantissimi  di  antichi  avanzi. 

1510.  MVSEO  DI  BELVEDERE.  Vedi  l'incomparabile  studio  di  Ad.  Michaelis 
nel  Jahrbuch  des  K.  D.  Arch.  Instituts  (tomo  V,  1890,  p.  7  sg.),  nel  quale  si  descri- 
vono la  scoperta  e  il  collocamento  in  Belvedere  dell'Apollo  a  p.  10,  delle  Maschere 
a  p.  11,  del  labro  o  vasca  delle  terme  traiane  a  p.  12,  della  Venere  Felice  a  p.  13, 
del  così  detto  Ercole  e  Anteo  a  p.  15,  del  Laocoonte  a  p.  16,  dell'  Ercole  e  Telefo 
a  p.  18,  dell' Ariadne  a  p.  18,  del  Tevere  a  p.  21,  del  cosidetto  Arno  a  p.  22,  e  dei 
due  sarcofagi  a  p.  23. 

L'Apollo  viene  secondo  ogni  verosimiglianza  non  da  Anzio  ma  dal  territorio  di 
Grottaferrata,  del  quale  il  card.  Giuliano  della  Kovere  era  commendatario.  Vedi  Helbig, 
Guide,  P  ed.  n.  160,  il  quale  descrive  pure  il  Laocoonte  n.  153  la  Venere  Felice 
n.  142,  l'Ercole  e  Telefo  n.  113,  l'Ariadne  n.  214,;  l'Arno  n.  317,  (Tevere,  Froehner, 
«  Mus.  Louvre  »,  p.  411,  n.  449),  l'Ercole  e  Anteo  (Aldovrandi,  p.  118). 


GIULIO   II.   1510  155 


Sotto  il  pontificato  di  Leone  X  la  raccolta  s'accrebbe  del  Nilo  e  de'  due  Anti- 
noi  (')  e  sotto  quello  di  Clemente  VII  del  torso  di  Belvedere.  Vedi  Bull.  com. 
voi.  XI,  1883,  p.  79  e  voi.  XXVII,  1899,  p.  101. 

Per  la  storia  delle  successive  addizioni  o  diminuzioni  (Pio  V),  vedi  la  monografia 
sopra  lodata  del  Michaelis. 

Il  Fulvio  ed.  Ferrucci  p.  67  cosi  descrive  il  Belvedere  l'anno  del  Sacco:  «  (Giu- 
lio II)  fecevi  ancora  una  bellissima  fontana,  con  un  giardino  d' aranci  et  lo  muro 
intorno  intorno,  nel  mezzo  del  quale  è  il  simulachro  del  Nilo  et  del  Tevere,  cia- 
scuno co  i  suoi  contrasegni,  ove  sono  ancora  i  fanciulli  che  edificarono  Roma,  che 
scherzano  con  le  mammelle  della  Lupa,  et  intorno  vi  sono  di  marmo  la  statua  d'Apollo 
con  r  arco  et  con  le  saette,  et  quella  del  virgiliano  Laocoonte  ...  Evvi  ancora  la 
statua  di  Venere  che  guarda  appresso  di  se  il  figliuoletto  Cupido;  et  Cleopatra  lungo 
il  fonte  molto  simigliante  à  donna  che  sia  venutasi  meno;  perciocché  il  valoroso 
animo  di  Giulio  era  acceso  et  vago  di  tutte  le  cose  che  erano  eccellenti...  Leone  vi 
aggiunse  (al  palazzo  vaticano)  un  bellissimo  portico  di  tre  ordini  di  colonne...  al  tempo 
del  quale  pontefice  l'  età  nostra  ha  veduto  uno  elefante,  ancora  giovine  et  puledro, 
condotto  dall'  India,  et  molti  pardi  et  leoni,  et  alcuni  altri  animali,  che  dentro  la  città 
di  Roma,  gran  tempo  fa  non  erano  stati  veduti  ». 

Nella  mia  raccolta  Lafreriana,  che  oramai  ha  passato  i  trecento  pezzi,  il  museo 
di  Giulio  II  è  illustrato  dalle  seguenti  incisioni. 

L'Apollo  Belvedere  prima  de'  restauri  entro  nicchia  «  in  palatio  pont.  in  loco 
qui  vulgo  dicitur  Belvedere  ".  Deve  essere  stato  disegnato  prima  del  1546.  La 
cosidetta  Venere  e  Cupido  «  Romae  ab  antiquo  repertum  ^  a.  1552.  11  Laocoonte  entro 
una  nicchia  semicircolare  «  Romae  in  palatio  pont.  in  loco  qui  vulgo  dicitur  belvedere  ^ 
prova,  avanti  lettera,  del  Lafreri.  a.  1561.  Altra  di  Marco  da  Ravenna  con  tutte  le 
fratture  del  gruppo  al  momento  della  scoperta.  Altra  incisa  da  Sisto  Badalocchi 
alla  rovescia,  e  pubblicata  da  Andrea  della  Vaccaria  nel  1606  (-).  Ercole  e  Telefo, 
«  prout  in  pontificali  horto,  Belvedere  vulgariter  uocato.  collocatum  uidetur  simulacrum  » 
Prima  ediz.  di  Antonio  Salamanca  con  la  figura  rivolta  a  sin.  ;  seconda  ediz.  del 
Lafreri  del  1550  con  la  figura  rivolta  a  destra.  —  Il  Tevere,  splendida  incisione  che 
mostra  il  simulacro  già  restaurato.  —  Il  Nilo  con  le  fratture  del  marmo,  diligente- 
mente notate. 

Il  cod.  Berlin,  del  quale  feci  lo  spoglio  nel  1894,  contiene  i  ricordi  della  cosi 
detta  Sallustia  «  in  Belvedere  »  f.  77  della  Fides  statua  sedente  «  nel  boschetto  " 
della  luventas   «  nel  Boschetto  »   della   ^  Dea  Cybele  nel  bosco  di  Belvedere  «  f.  15, 

(')  «  Sopra  le  Terme  Titiane  vicino  a  Santo  Martino  in  monto  furono  srià  le  Terme  di  Tra- 
iano ove,  poco  fa,  furono  ritrovate  due  statue  del  fanciullo  Antinoo  statevi  i)oste  innanzi  per  co- 
mandamento di  Adriano  tale  che  ancora  lio<:C?idi  il  detto  luoijo  si  chiama  AdrianeMo.  Le  predette 
statue  furono  poste  da  Leone  X  nel  Vaticano  cioè  in  belvedere-'  Fulviu- Fer- 
rucci, p.  89. 

{-)  I  commentatori  del  Real  Museo  borbonico  voi.  III.  tav.  35.  assicurano  che  Raffaele  ••  non 
ebbe  a  discaro  di  fare  in  tre  scimie  una  caricatura  del  Laocoonte  •'.  Qiesta  rarissima  stampa  l'orta 
il  n.  547  nella  mia  Collezione. 


156  GIULIO  II.   1510 


e  di  un  sarcofago  f.  10  con  la  leggenda  «  questo  e  ù  pilo  di  marmo  scolpitovi  dentro 
la  preséte  storia  ...  detto  pilo  fu  messo  già  jnbeluedere  da  Pio  iiij  edi  bella  ma- 
niera dicono  gliantiquari  essere  la  storia  di  pasife  quando  fece  fabricare  la  uacca  p 
uolersi  congiungere  col  toro  ». 

Pierre  Jacques  de  Reiras  ha  anche  esso  disegnato  scolture  di  Belvedere  (Gef- 
froy  in  Mélanges,  tom.  X,  1890,  p.  168)  tra  le  quali  il  Laocoonte,  l' Ercole  ed  Anteo, 
r  ara  di  Aper,  il  torso,  l'Apollo,  l'Ariadne,  il  Mercurio  e  il  rilievo  rappresentante  la 
separazione  di  Orfeo  e  Euridice,  oggi  al  Louvre. 

Il  Cavalieri,  voi.  I-II,  ediz.  1595,  porta  incisi  in  rame  quattro  simulacri  mu- 
liebri incerti  figg.  7,  8,  10,  18,  Vesta  fig.  9,  Giulia  moglie  di  C.  Petronio  fig.  11, 
Fortuna  fig.  13,  luventas  fig.  14,  Pudicitia  fig.  15,  Flora  fig.  16,  Polymnia  fig.  17. 
Sulla  fine  del  secolo  il  museo  di  Belvedere  conteneva  i  seguenti  oggetti,  collo- 
cati, sia  nel  giardinetto  centrale  che  era  «  variis  exoticis  consitus  arboribus  »  sia 
dentro  le  nicchie,  sia  addosso  le  pareti. 

Nel  giardinetto,  su  basi  ornate  dello  stemma  mediceo  (Cavalieri  I-II  tav.  2,  3  ; 
IV,  tav.  52)  il  Nilo  e  il  Tevere. 

Nella  prima  nicchia  dietro  al  Nilo  l'Antinoo,  o  Adone  de'  Pichini,  o  Meleagro, 
del  quale  si  ha  pure  un  mirabile  rame  del  Lafreri  col  titolo  «  antiquum  ex  parie 
marmore  in  aedibus  Hadriani  (Fusconi  da  Norcia)  episcopi  aquinatis,  omnium  quae 
multis  abbine  annis  eruta  Romae  sunt,  integerrimum  simulacrum  a.  1550.  Altra 
edizione  di  Mario  Cartari  del  1590. 

A  destra  della  nicchia  il  così  detto  Arno,  inciso  da  Nicholas  Beatrizet  nel  1560 
e  riprodotto  più  tardi  da  Claude  Duchet.  A  sinistra  la  Cleopatra  «  dexterae  innixa  » . 

Nella  seconda  nicchia  a  ovest  la  così  detta  Venere  Ericina  che  esce  dal  bagno. 

Nella  terza  nicchia  nelV  angolo  sud-ovest  la  cosi  detta  Sallustia  Barbia  Orbiana, 
cui  stavano  vicini  il  torso  di  Ercole,  uno  di  Bacco,  uno  di  donna,  il  Mercurio  (Ca- 
valieri, I-II  tav.  5)  e  il  sarcofago  con  la  caccia  del  Meleagro. 

Nella  quarta  nicchia  l' Ercole  e  Telefo,  nella  quinta  l'Apollo,  nella  sesta  il  Lao- 
coonte (Ivi  MI,  1,  4  e  III-IV,  V-). 

Nel  gabinetto  in  capo  alle  scale,  dove  oggi  è  il  Torso  stavano  l'Ariadne  gia- 
cente, un  labro  di  prezioso  marmo  delle  terme  di  Tito,  e  il  piedistallo  della  Cibele 
e  Ati.  «  Hinc  est  fons  rusticus  »  prosegue  lodoco  Hondio  «  in  quo  dii  et  monstra 
marina  expressa.  Hic  et  efifìgies  principum  variorum,  in  bis  Panili  III  p.  m.  et  Ca- 
roli V  imp.  Michaelis  Angeli  manu  depictae  ». 

La  disposizione  del  giardino  e  dell'  antiquario  di  Belvedere,  prima  dei  cambia- 
menti del  secolo  scorso,  si  può  riconoscere  nei  documenti  grafici  seguenti. 

In  primo  luogo  nei  quattro  pubblicati  dal  Miintz  «  Innocent  VIII  »  alle  p.  67 
(cronica  di  Schedel,  1494),  79  (cosmografia  del  Munster  1550),  81  (Falda),  e  83 
(frammento  della  bellissima  vignetta  Heemskerk).  In  secondo  luogo  negli  innumerevoli 
album  0  guide  illustrate  degli  anni  santi,  pessime  riproduzioni  dei  rami  del  Lafreri 
0  del  Cavalieri,  p.  e.  quella  di  lacomo  Crulli  de  Marcucci  del  1625,  quella  anonima 
del  giubileo  1650,  dedicata  al  card.  Fr.  Barberini,  quella  di  Francesco  Bertelli  del 
1600,  e  così  di  seguito.  Talune  fra  queste  contengono  anche  riproduzioni  stroppiate 
dei  simulacri  di  Belvedere. 


GIULIO   li.    1510-1511  157 


I  migliori  fra  tutti  i  disegni  di  Belvedere  soao  conservati  nelle  King's  Library 
al  museo  Brittannico  (LXXXI,  61,  e)  in  tre  volumi  che  comprendono,  in  più  centinaia 
di  tavole,  la  serie  completa  e  perfettissima  di  tutte  le  stanze  del  Vaticano,  in  pianta 
e  in  alzato,  con  l' indicazione  del  loro  uso.  Vi  sono  dunque,  il  «  cortile  d' Innocenzo  VITI 
detto  delle  statue  »  1'  «  appartamento  »  del  medesimo  (galleria  delle  statue)  con  la 
scala  del  Bramante  e  la  fontana  della  Galera:  un  salone  rettangolo  a  ponente  del 
cortile  dietro  il  «  nicchione  di  Tor  de'  Venti  "  chiamato  «  stanza  del  Terzo  »  e  «  l'abi- 
tazione del  giardiniere  »  nel  sito  del  presente  museo  egizio. 

Quando  fu  rinnovato  nel  1895  il  pavimento  della  Galleria,  si  potè  accertare  che 
la  fabbrica  di  Innocenzo  Vili  è  piantata  sulle  fondamenta  di  quella  di  Nicolò  V,  e 
questa  sopra  uno  sperone  di  tufa  naturale  che  affiora  qua  e  là  sotto  il  cortile.  Furono 
ritrovate  in  questa  occasione  molte  piastrelle  maiolicate  con  l' impresa  e  i  colori  dei 
Cibo  (bianco,  verde  e  giallo),  delle  quali  non  si  tenne  alcun  conto.  Si  sa  del  resto 
che  il  Belvedere  era  ornato  di  stemmi,  sostenuti  da  angeli  di  fattura  Kobbiana,  uno 
dei  quali  ancora  esistente.  Vedi  Farabulini  »  Sopra  un  monumento  della  scuola  di 
Luca  della  Robbia  "  etc,  Roma  1886. 

I  capolavori  del  Belvedere  solevano  essere  riprodotti  in  gesso  sino  dal  tempo  di 
Paolo  III.  Il  seguente  documento  mi  è  stato  comunicato  con  l' indicazione  «  Fil- 
zarum  20  e.  230  »   ma  non  ho  avuto  agio  di  riconoscerlo  sull'originale. 

«  Die  XVI  aprilis  1545.  Dominicus  Rincontro  laycus  florentinus  et  lacobus  Ba- 
rotius  de  Vignola  habitatores  in  urbe  in  strata  transtiberina  subtus  sanctum  Honufrium 
promiserunt  R.  D.  Francisco  Primaditio  clerico  bononiensi  abbati  sancti  Martini  de 
Tu...  fabricare  undecim  formas  nuncupatas...  prò  statua  Nilli  que  reponitur  in  vivi- 
dario  S.  D.  N.  Pape  in  loco  Belvederis  nuncupato,  et  aliam  prò  statua  Antinoi  ibidem 
posili,  et  reliquas  prò  diversis  figuris  verbo  exprimendis  per  ipsura  d.  Franciscum. 
Itaque  (?)  fabricare  promiserunt  per  totum  mensem  Augusti  proxime  futurum  in  domo 
Raphaelis  de  Montelupo.  Dictus  D.  Franciscus  promisit  Dominico  et  lacobo  solvere 
centum  scuta  auri  » . 

Chiudo  questo  paragrafo  con  la  seguente  curiosità  tolta  dall' Alveri  II,  142: 
«  Giulio  II  ebbe  per  architetto  (del  palazzo  vaticano)  l'ammirabil  Bramante  da  Urbino, 
il  quale,  per  dinotarvi  il  nome  del  medesimo  pontefice,  haveva  stabilito  di  porre  una 
testa  di  Giulio  Cesare,  con  due  archi,  un  ponte,  et  una  guglia  del  cerchio  massimo 
che  doveva  dire  Julio  secundo  pont.  max.  !  « . 

1511,  11  febbraio.  BAS  .  IVLIA.  I  guardiani  dell'ospedale  delle  Grazie  concedono 
a  Giovannangelo  Pierleoni  la  licenza  di  scavare  «  in  horto  sive  discoperto  vel  casaleno 
Hospitalis  sito  retro  domum  antiquam  dicti  hospitalis  et  existentem  versus  ecclesiam 
Sancti  Iladriani  infra  hos  fìnes  cui  ab  uno  latere  tenet  dieta  domus  antiqua,  a  duobus 
lateribus  sunt  vie  publice  •'.  Gli  scavi  durarono  sin  oltre  la  fine  dell'anno  seguente. 
Vedi  Pericoli,  Ospedale  della  Consolazione,  p.  50,  n.  1. 

1511,  22  settembre.  PORTICVS  MINVCIA.  Il  nobile  Paolo  Pini  concede  a  Ci- 
priano da  Genova  licenza  di  scavare  e  distruggere  parte  della  portious  ]\Iinucia  in 
piazza  Montanara. 

«  Indictione  XV  mensis  septembris  die  xxij.  1511.  Haec  sunt  pacta  et  couven- 
tiones    Inite    Inter  nobilem  virum    douìinum   paulum    de   pinis  Ronianum  civem  ex 


1^58  GIULIO   IL    1512 


una  et  Ciprianum  alias  roselo  Januensem  ex  alia  In  hunc  modum  videlicet:  quod 
prefatus  paulus  dedit  ad  fodiendum  dicto  Cipriano  lapides  tiburtinos  existentes  in 
quadam  Taberna  posita  In  platea  montanaria  ipsius  domini  pauli  quam  ad 
presens  retinet  ad  pensionem  dictus  Ciprianus  ad  beneplacitum  dicti  domini  pauli,  qui 
apparent  super  terram  Et  prefatus  Ciprianus  promisit  dictos  lapides  extraere  et  effos- 
sionem  facere  suis  sumptibus  et  expensis  necnon  dictos  lapides  in  platea  predicta 
portare  et  promisit  facta  effossione  dictam  foveam  seu  muri  frangendi  dieta  oecasione 
reimplere  et  remurare  similiter  suis  sumptibus,  necnon  cum  hoc  pacto,  videlicet,  quod 
dicti  lapides  extraantur  absque  aliqua  mina  vel  debilitatione  murorum  et  quod  effo- 
diendo  si  propter  etfossionem  muri  vel  domus  minaretur  ruinam  seu  esset  perieulum 
ruine  quod  d.  ciprianus  teneatur  illam  manifestare  dicto  duo  paulo  et  non  fodere 
aliter  quod  ipse  teneatur  ad  omnes  ruinas  reficiendas  &  Et  quod  tertia  pars  dictorum 
lapidum  sit  domini  pauli  et  alie  due  tertie  partes  dicti  Ciprianj,  quia  sic  &  prò 
quibus  &.  et  propterea  pensio  domus  non  diminuatur. 

«  Actum  In  dieta  domo  presentibus  bartolomeo  ferrarlo  et  bartolomeo  de  Casti- 
glione et  sancto  pizicarolo  in  dieta  platea  et  bartolomeo  de  rugo  (?)  ».  Not.  irual- 
deroni  prot.  897  e.  434,  A.  S. 

Un  altro  «  effossor  lapidum  »  Simone  Cinquini  è  ricordato  nell'  anno  1512 
come  abitante  in  piazza  di  s.  Marco,  nel  voi.  XIV  e.  98'  degli  scrittori  d'archivio 
in  A.  S.  C. 

1512.  OFFICINAE  MARMOR.  «  Questa  chiesa  (s.  M.  dell'Anima)  è  della  Na- 
tione  de  Germania  alta  e  bassa^  qual  fu  ingrandita  et  adornata  assai  bene  l'anno  1512 
qiial  era  una  chiesa  piccola  la  quale  fu  fatta  l'anno  1400  incirca  nel  pontificato  di 
Bonifacio  Nono,  qual  era  stata  consagrata  l'anno  1433  nel  pontificato  di  Eugenio 
Quarto  ».  Cod.  vai  9200,  e.  154.  Sull'importanza  topografica  del  luogo,  dipendente 
dalla  statio  marmorum,  vedi  sopra  a.  1500,  e  Bull.  com.  voi.  XVIII,  1891,  p.  27. 


Sotto  il  pontificato  di  Giulio  II  (1  novembre  1503  —  21  febbraio  1513)  ebbero 
luogo  le  seguenti  scoperte,  delle  quali  ignoro  la  data  precisa. 

VICVS  IVGARIVS  (?)  Antonio  da  Sangallo,  Barber.  e.  66'  e  67.  «  Questa  architrave 
e  Br.  1  Vs  alta  e  elsuo  frego  e  quelo  disegito  a  rinchontro  dapie  segniato.  Fu  trovato 
apie  dichanpidoglio  sototera  edera  untenpio  tondo  antico  e  belisimo  e  molte  istatue  » . 
Il  fregio  e.  66'  è  veramente  bellissimo.  Nella  serie  di  incisioni  architettoniche,  com- 
posta di  46  pezzi,  incominciata  a  publicare  nel  1528,  serie  che  si  trova  general- 
mente riunita  alle  grandi  collezioni  Lafreriane,  il  n.  3  rappresenta  una  «  basa  in 
Roma...  sotto  Capitolio  »  e  il  n.  4  un  capitello  e  una  base  «  in  Roma  in  el  tenpio 
de  Giove  sotto  Capitolio  ».  Ambedue  sono  marmi  di  scavo. 

VIA  SALARIA  VETVS.  Marco  Sieder  in  CIL.  VI.  9626,  ricorda  scavi  nella 
vigna  di  Stefano  Margano  fuori  porta  Pinciana. 

Ligorio,  Torin.  XV  e.  89'.  «  Nel  tempo  che  papa  Julio  secondo  edificava  il  palazzo 
di  santo  apostolo  in  Roma,  diede  nelle  rovine  del  tempio  di  Venere  Placida  e  Felice  » 
(ove  dice  trovate  le  iscrizioni  ostiensi  CIL.  tomo  VI,  5,  nn.  672-674,  e  tomo  XIV, 


GIULIO   II.    1512  —  LEONE   X.   1512-1513  159 

n.  252).  Il  palazzo,  fondato  da  Martino  V,  conteneva  opere   d'arte.   Vedi  Albertini, 
ed.  1515,  f.  85. 

Panvinio,  cod.  Vat.  9141  e.  226  e  sg.  (appunti  di  origine  ligoriana)  dice  essere 
stati  ritrovati,  al  tempo  di  Giulio  II,  un  capitello  e  l'epistilio  del  tempio  di  Ercole 
trionfale,  siccome  Pirro  avea  appreso  da  schizzi  di  Baldassarre.  Il  tempio  è  collocato 
n.  extra  portam  Trigeminam  non  longe  a  liberi  ».  Negli  stessi  appunti  si  parla  di 
una  «  statua  Milonis  inventa  in  ruinis  templi  ppe  molem  hadriani  in  vinea  Nicolai 
de  Pallis  «. 


LEONE  X. 
II  marzo  1513-1  dicembre    1521. 


1512.  R.  XIV.  Si  riprende  la  costruzione  della  chiesa  di  s.  Maria  dell'  Orto,  con 
architettura  di  Giulio  Romano.  Il  sito  della  chiesa  e  sue  vicinanze  sono,  0  erano,  cosi 
ricche  di  antichità  che  vi  è  stato  cavato  incessantemente  sino  al  tempo  di  Pio  VI. 
Vedi  appresso. 

1513,  lo  giugno.  AD  SPEM  VETEREM.  G.  B.  Celito  romano,  Damiano  Barto- 
lomei genovese,  e  Franceschino  da  Monserrato  «  socii  et  cavatores  lapidum  tiburti- 
norum  vendiderunt  R.  D.  Adriano  (Castelli  da  Corneto)  titulo  sancti  ChiTsogoni  presb. 
card,  trecentum  vel  circa  currus  sive  carrectatas  lapidum  tiburtinorum  prope  portam 

Maio  rem  existentium conducendorum  sumptibus  ipsorum  ad  palatium  quod 

habet  idem  Revmus  in  urbe  in  burgo  sancti  Petri  »  A.  S.  C.  Scritt.  arch.,  prot.  XIV, 
e.  168. 

1513,  9  agosto.  COLLEZIONE  ASTALLL  «  Indictione  prima  mensis  augusti  die 
Viiij  1513.  In  presentia  mei  notarij  Constituta  personaliter  coram  sapienti  viro 
diìo  Antonio  de  catenaris  de  autio  utriusque  Juris  doctore  nobilis  dìia  Julia  uxor  dni 

caroli  de  astallis  dixit  quod  cum  ipsa  fuerit  deputata  tutrix 

eius  et  dicti   quondam   Joannis  de  capoccinis 

secundi  sui  viri  &  et  deputatus  fuerit  tutor  illarum  illuiiius  dìius  marcus  antonius  de 
colurana  et  certam  conventionem  cum  diete  carulo  suo  viro  feceriut  de  restituendo 
bona  .Juxta  Inventarium  dilo  Federico  procuratori  illius  certiorata  transactiouem  acce- 
ptavit  et  promisit  exibito  Inventario  alias  facto  de  bonis  mobilibus  alias  facto  eidem 
duo  federico  >S:  consignare  Infrascripta  bona  existentia  in  domo  ipsarum  pupillarum 
posita  In  Regione  columne  Juxta  res  laurentij  demianj  et  ab  alijs  lateribus  vie  pu- 
blice  In  primis  unum  saccum  Item  duo  tappeta  vetera  Item  tri  a  capita  parva 
marmorea  Item  duo  capita  marmorea  magna  Item  d  e  e  e  m  f  i  g  u  r  a  s 
marmoreas  computato  uno  ucello  Inter  sauas  et  fractas  Item  asseruit  unam  tìguram 
marmoream  esse  Hieronimi  de  picchis  1  Not.  Girolamo  Bracchiui,  prot.  268,  e.  58,  A.  S. 


160  LEONE   X.    1513 


La  raccolta  Astalli,  conteaeva  specialmente  iscrizioni  messe  in  opera,  parte  nel 
giardino,  parte  nel  vestibolo  della  casa  vicina  a  s.  Maria  della  strada  (via  degli  Astalli), 
la  quale  casa,  al  tempo  del  Metello  (1545-1555),  era  passata  in  proprietà  di  Jacopo 
Benzone.  L'Ameyden  asserisce  che  gli  Astalli  derivino  dagli  Staglia:  «  Habbiamo  detto 
degli  Staglia  di  sant'  Eustachio,  e  ui  è  un'altra  (casa)  di  Staglia  di  Parione,  dirimpetto 
alla  casa  dell'Alessandrini,  oue  si  uede  l'arma  diuersa  dalle  due  sopradette,  e  si  uede 
la  medesima  sopra  una  colonna  di  san  Giovanni  Laterano  con  la  seguente  memoria: 
«  In  nomine  domini  amen.  Anno  domini  MCCCLXI  mens.  Julii.  Questa  colonna 
fece  fare  Tomeo  degl' Astalli  per  l'anima  d'Alessio  figlio  suo  ".  Questa  memoria  hoggi 
è  ita  per  terra  per  la  nuova  forma  degli  archi  di  detta  chiesa,  ma  prima  che  papa 
Innocenzo  la  ritirasse  io  l' haueua  presa  la  copia  " . 

La  raccolta  di  Carlo  Astalli  conteneva  iscrizioni  sceltissime,  quella  dell' Armarium 
distegum  VI,  1600,  il  più  antico  brano  degli  atti  Arvalici  2023,  ed  i  un.  (1641,  1925, 
2576,  etc.  Jacopo  Benzone  le  dette  maggior  lustro  con  l'  acquisto  dei  Fasti  poi  Maf- 
feiani,  che  si  dicono  scoperti  nel  1547.  Abbiamo,  è  vero,  per  tale  acquisto  l'autorità 
del  solo  Ligorio,  ma  anche  il  n.  VI,  2576  pare  sia  passato  dai  Benzone  ai  Maffei. 

Quanto  alla  identità  fra  gli  Astalli  e  gli  Staglia  non  c'è  da  fidarsi  all'Ameyden: 
perchè  le  due  famiglie  sono  ricordate  contemporaneamente.  Una  Innocenza  della  Mo- 
lara  moglie  di  Pietro  Staglia  del  r.  Campitelli  è  ricordata  nel  1517  (prot.  1187,  e.  21') 
mentre  un  anno  prima,  nel  1516,  si  parla  di  una  Paolina  Maddalena  di  Capo  di 
ferro,  vedova  di  G.  B.  Astalli  (prot.  1187,  e.  190).  Di  più  gli  Staglia  avevano  il  se- 
polcro gentilizio  nella  cappella  di  s.  M.  Maddalena  nella  chiesa  di  s.  Niccolò  in  Cal- 
calario  (prot.  1728,  e.  231),  mentre  gli  Astalli  l'avevano  nella  chiesa  di  s.  M.  de 
Astallis  di  loro  giuspatronato  (poi  s.  M.  della  strada,  frequentata  da  Ignazio  da  Loyola, 
quando  era  ospite  degli  Astalli  nel  vicino  palazzo,  ora  posseduto  dalla  Fabbrica  di 
s,  Pietro).  Le  case  e  i  giardini  si  estesero  sino  alla  piazza  di  s.  Mai-co  «  dove  è  la 
conca"  mediante  l'acquisto  fatto  nel  1505  della  proprietà  enfiteutica  di  Ulisse  Lan- 
ciarino  de'  Lanciarini,  più  noto  sotto  il  nome  di  Ulisse  da  Fano  (prot.  1732,  e.  162, 
168).  Possedevano  inoltre  una  vigna  nel  monte  di  s.  Saba,  altra  fuori  di  porta  Portese, 
e  le  tenute  di  Centocelle,  della  Fossa  d'Ardea,  di  Marco  Simone  e  santa  Onesta,  del 
Coazzo,  e  del  Quadrare. 

Per  ciò  che  riguarda  i  Benzeni  continuatori  della  raccolta  Astalli,  si  tratta  di 
famiglia  oriunda  da  Crema.  Il  primo  a  porre  casa  in  Roma  fu  Giovanni  Girolamo, 
arruolato  in  Camporaarzio  nel  1505.  Comprarono  casali  in  Campagna  di  Roma,  uno 
fra  i  quali,  tra  le  vie  Prenestina  e  Collatina,  porta  ancora  il  nome  della   famiglia. 

1513,  18  settembre.  CAPITOLINVS  MONS.  Celebrandosi  in  Campidoglio  la 
cooptazione  di  Lorenzo  e  Giuliano  de'  Medici  nel  patriziato  romano,  Giulio  Alberini 
«  proposto  alla  fabrica  del  Teatro ...  ha  prima  destrutto  certe  muraglie  et  edifizii  et 
adequati  alcuni  cumuli  di  terra  per  radrizzare  la  più  celebre  via  per  la  quale  si 
ascende  al  Campidoglio  » .  Il  teatro  posticcio  —  le  cui  scene  erano  invenzione  di  B.  Pe- 
ruzzi  —  fu  decorato  coi  famosi  bronzi,  già  lateranensi.  «  Dentro  la  porta  del  teatro 
da  man  dritta  è  drizzato  uno  pilastro  sopra  il  quale  sta  una  lupa  di  naturale  gran- 
dezza con  gli  due  infantuli  alle  ubere  opera  antiquissima  :  el  tutto  è  di  metallo.  Si- 


LEONE   X.    1513  161 


milmente  a  man  sinistra  in  un  altro  pilastro  è  collocata  una  ponderosa  mano  di  co- 
losso tanto  grande  che  l' uno  de  suoi  diti  eguaglia  la  cossa  de  uno  huomo,  la  quale 
mano  sostene  una  gran  palla  etc.  ".  Cod.  Barb.  LUI,  31  in  Buonarroti,  Serie  III, 
tomo  IV,  fase.  IV,  1891. 

1513.  META  DI  BORGO.  «  Nobilis  vir  dns  Palus  (sic)  de  pinis  Romanus  civis  de 
Reg.  Columna  in  burgo  s.  Petri  de  Urbe  in  quodam  loco  ubi  alias  erat  m  o  1  e  s  vocata 
vulgariter  la  meta  prope  ecclesiam  sancte  marie  traspontine  in  dicto  burgo  in  quadam 
parte  diete  mete  versus  dictam  ecclesiam  ubi  erant  incepte  nonnulle  apothece  sive 
domus,  de  qua  parte  prefatus  d.  paulus  asseruit  se  fuisse  et  esse  per  qd.  bo  :  me  : 
Julium  papam  secundum  de  facto  turbatum  etc.  »  Not.  Tommaso  Gualderoni,  prot.  899, 
e.  53.  Altri  e  più  importanti  documenti  sulla  Meta  si  troveranno  sotto  la  data  del 
15  luglio  1518. 

1513.  VIA  SEPTIMIANA.  In  quest'  anno  trovo  la  prima  menzione  del  riattamento 
dell'antica  via  romana,  destinata  a  congiungere  l'Aurelia  Vecchia  con  l'Aurelia  Nuova 
parallelamente  alla  sponda  destra  del  Tevere,  e  che  portava  probabilmente  il  nome 
di  Septimia  o  Septimiana.  La  strada  non  era  mai  stata  abbandonata,  come  lo  prova 
la  presenza  della  porta  di  s.  Spirito  nelle  mura  di  Leone  IV,  senza  parlare  della 
Septimiana,  rifatta  da  Alessandro  VI,  e  come  si  può  dedurre  anche  dal  ricordo  di  talune 
chiese  assai  antiche  che  ne  segnano  il  percorso,  quali  s.  Giovanni  de  Porta,  s.  Gia- 
como, s.  Leonardo  etc;  ma  le  materie  deposte  dal  Tevere,  o  cadute  dal  colle  di 
s.  Onofrio  dovevano  averne  ricoperto  il  selciato. 

Nel  1513,  pertanto,  fra  Hilarione  da  Siena,  precettore  di  s.  Spirito,  d'accordo 
con  i  «  religiosi  sui  fratres  coadunati  ad  sonura  campanelle  »  concesse  a  don  Giovanni 
Ippoliti  di  poter  liberamente  disporre  di  un'area  fabbricabile  di  diretto  dominio  del- 
l' Ospedale,  perchè  tale  area,  con  annessa  casetta,  era  stata  «  devastata  propter  v  i  a  m 
Juliam,  que  tendit  incipiendo  a  muro  (di  Leone  IV)  versus  ecclesiam  sancti  Petri 
et  eundo  versus  portam  q.  d.  porta  Septignana,  noviter  edificatam  » .  Not.  Zutphel 
Wardemburgensis,  prot.  XX,  e.  70,  Scrittori  di  Archivio.  A.  S.  C. 

Il  nome  stesso  della  nuova  strada  significa  esserne  stato  autore  Giulio  II,  il  quale 
aveva  così  munito  le  due  sponde  del  fiume  con  due  splendidi  rettifili  di  uguale  lun- 
ghezza, uno  solo  dei  quali  serba  oggi  il  nome  del  fondatore.  La  formula  «  noviter 
edificata  "  deve  intendersi  in  senso  lato  :  forse  abbraccia  un  periodo  di  cinque  o  sei 
anni.  Scrive  di  essa  Andrea  Fulvio  e.  11'  »  portam  iam  vetustate  collabentem  Ale- 
xander vi  instauravit . . .  ubi  Septimii  antea  legebatur  inscriptio...  ab 
hac  porta  postea  Julius  ii  viam  direxit  ad  amussim  per  ripam  tyberis  usq.  ad  portam 
s.  Spiritus.  ubi  a  dexteris  et  sinistris  sumptuose  suigunt  aedes  .  quam  quidem  viam 
destioaverat  a  platea  s.  Petri  usq.  ad  Xavalia  sub  Aventino,  qui  locus  vulgo  Ripa 
dicitur,  disfractis  hinc  inde  aedificiis  promovere  -.  Vedi  anche  f.  26. 

Un  altro  documento  del  7  ottobre  1516  iu  A.  S.  C.  Scrittori  d'Archivio,  tomo  XXXll. 
e.  190'.  parla  della  casa  di  don  Giovanni  de  Ypolitis  come  «  sita  in  via  lulia  extra 
portam  sancti  Spiritus  in  Saxia,  cui  ante  est  dieta  via.  retro  via  publica  qua  itur 
ad  flumen  -^  e  dai  fianchi,  i  beni  del  medico  Bartolomeo  da  Baguacavallo.  e  del  pit- 
tore fiammingo  maestro  Federico. 

•21 


162  LEONE  X.    1518-1514 


Non  so  por  quanto  spazio  di  anni  abbia  durato  il  nome  di  Giulia.  L' ho  ritrovato 
nel  1522  in  un' apoca  di  acquisto  di  casa  per  parte  di  Giulia  da  Perugia  cortigiana, 
e  poi  r  ultima  volta  nel  1526  in  altra  simile  apoca  spettante  a  Lorenzo  Piatamene 
vescovo  di  Siracusa. 

1513.  Data  approssimativa  del  prezioso  libro  di  schizzi  dall'antico  di  Andrea 
Coner,  conservato  nel  Soane  Museum  a  Londra,  o  quivi  ritrovato  e  descritto  recen- 
temente dal  sig.  Tommaso  Ashby,  dalla  cortesia  del  quale  tengo  le  seguenti  infor- 
mazioni. 

«  Nell'estate  del  1901  il  sig.  G.  H.  Birch  curatore  del  museo  Soane,  in  Lincoln's 
lun  Fields,  volle  cortesemente  mostrarmi  un  volume  di  disegni  d'antichità,  manife- 
stamente ignoto  agli  studiosi,  non  ostante  la  molta  sua  importanza.  11  volume  contiene 
155  fogli  sui  quali  sono  stati  rimontati  i  disegni  originali,  con  diverso  ordine,  come 
può  dedursi  dalla  loro  numerazione  primitiva,  la  quale  non  corrisponde  alla  presente. 
È  diviso  in  due  parti.  La  prima  contiene  piante  e  alzati  di  fabbriche  romane,  tanto 
classiche  quanto  del  Rinascimento:  la  seconda  profili  di  colonne,  basi,  capitelli,  e 
cornici:  e  siccome  i  disegni  sono  accompagnati,  in  gran  parte,  da  titoli  topografici, 
così  riescono  di  qualche  valore  per  la  storia  degli  scavi.  La  minutezza  e  perfezione 
di  questi  disegni  sorprende,  considerato  il  tempo  nel  quale  furono  fatti.  Il  nome  del- 
l'autore è  rivelato  da  una  lettera  a  e.  47,  diretta  a  Bernardo  Ruccellai  il  1°  sett.  1513, 
e  firmata  Andreas  Conerus,  nella  quale  si  parla  dell'orologio  solare  del  museo  della 
Valle,  delineato  nel  seguente  foglio.  Questa  lettera  deve  ritenersi  originale  e  con- 
temporanea alla  formazione  dell'album,  ovvero  copia  di  età  più  tarda?  Io  la  credo 
contemporanea,  perchè  a  e.  104  e  126  si  fa  ricordo  della  raccolta  Ciampolini,  dispersa, 
come  ognun  sa,  nel  primo  quarto  del  secolo  XVI.  Publicherò  fra  poco  una  illustra- 
zione completa  di  questo  prezioso  libro  di  schizzi  ».  Vedi  a.  1527. 

1514,  3  aprile.  R.  X.  PALATIVM.  Jacopo  e  Enrico  scavatori  di  antichità  deferi- 
scono a  Paolo  Pini  una  loro  vertenza,  circa    alcuni  avanzi  delle  fabbriche  palatine. 

"  In  presentia  mej  notarij  etc.  Jacobus  de  cascia  effossor  lapidum  ex  una  et  En- 
ricus  similiter  effossor  lapidum  compromiserunt  in  nobilem  virum  d.  paulum  de  pinis 
romanum  civem  videlicet  de  omni  differentia  etc.  quam  habeot  in  et  supra  quadam  socie- 
tate  pilastrj  existentis  prope  sanctum  gregorium  in  vinca  pauli  de  pinis  et  effbssione 
illius.  Actum  rome  in  domo  dni  pauli  de  pinis».  Not.  Gualderoni,  prot.  899,  e.  81', 
in  A.  S. 

1514,  31  gennaio.  PORTICVS  MAXIMAE.  Incomincia  la  costruzione  della  cloaca 
di  Ponte,  della  quale  si  è  fatto  già  cenno  sotto  la  data  del  14  20,  a  p.  46.  Gli 
atti  relativi  a  questo  lavoro  si  trovano  nel  prot.  61,  a  e.   13.  A.  S. 

1514,  12  maggio.  PALATIVM  .  AEDES  SEVERIANAE.  Lorenzo  di  Jacopo,  notare 
del  r.  Arenula,  si  riconosce  enfiteula  del  monastero  di  s.  Gregorio  per  una  «  gripta 
ad  retinendum  fenum  posita  prope  circum  maximum  in  palatio  malori,  iuxta  griptam 
quam  retinet  Julius  de  Albertonibus  ab  uno  latore,  et  ab  alio  certuni  solum  ipsius 
palatii  maioris».  Not.  de  Amannis,  prot.   61,  e.  76.  A.  S. 

1514,  settembre.  Una  lettera  di  Filippo  Strozzi  a  Giovanni  di  Poppi,  scritta  da 
Roma,  dà  la  prima   notizia  del  ritrovamento  di  certe  statue,  che  il  Brunn  ha  rico- 


LEONE   X.    1514  163 


nosciuto  essere  copie,  minori  del  vero,  di  quelle  donate  da  Attalo  I  agli  Ateniesi. 
Filippo  prega  il  suo  corrispondente  di  dire  al  cognato  Lorenzo  de  Medici  «  che  sua 
madre  è  la  più  fortunata  donna  mai  fusse,  che  li  danari  che  da  per  dio  li  fruttono 
più  perchè  se  li  prestassi  a  usura:  et  questo  perchè  murando  a  certe  monache  una 
cantina  vi  hanno  trovate  sino  a  questo  di  circa  a  5  figure  sì  belle  quante  ne  sien 
altre  in  Roma.  Sono  di  marmo,  di  statura  manco  che  naturale,  e  sono  tutti  chi  morti 
et  chi  feriti,  pure  separati.  Evi  chi  tiene  che  sian  la  historia  delli  Horatii  et  Curiatii  » . 
Vedi  Gaj'e,  Carteggio,  li,  139,  n.  84.  Questo  era  pure  il  sentimento  di  Claude  Bel- 
lièvre  di  Lione,  il  quale  dice  aver  visto  «  apud  edem  divi  Eustachii  in  domo  mulieris 
cuinsdam  de  Ursinorum  familia  »  il  combattimento  degli  Orazii  e  Curiazii.  La  donna 
in  questione  è  l'Alfonsina  Orsini,  vedova  di  Piero  de  Medici  f  1 503,  madre  di  Lorenzo 
e  di  Clarice,  suocera  di  Filippo  Strozzi,  che  abitava  il  palazzo  (poi  detto)  Madama 
«  nel  luogo  dove  già  furono  le  Therme  di  Alessandro,  come  vi  si  veggono  i  vestigi  « . 
Vedi  quanto  ho  detto  poc'anzi  a  proposito  di  questo  palazzo  e  delle  collezioni  in  esso 
formate.  Vedi  anche  Michaelis  (Jahrbuch  d.  Instituts,  tomo  Vili,  a.  1893,  p.  119  sg.), 
e  Muntz  (les  Collections  d'antiques  formées  par  les  Médicis  au  XVP  siècle,  Paris, 
1895,  p.  9  sg.).  Non  sono  riuscito  a  ritrovare  tracce  del  sito  di  questa  importante 
scoperta. 

1514,  4  novembre.  MORTI  PINCIORVM.  Si  intraprendono  lavori  di  scavo  e  di 
muratura  nella  chiesa  della  Trinità  sul  Pincio,  sita  sugli  avanzi  della  villa  degli 
Acilii-Petronii-Pincii.  Vedi  CIL.  VI.  1751  e  prot.  61,  e.  154.  A.  S. 

1514,  6  dicembre.  Mario  Millini  e  Raffaele  Casali  maestri  di  strade  «  prò  di- 
rigenda  quadam  via  sita  in  R."®  arenule  Inter  ven.  Ecclesiara  sti  Andrea  in  Lazaria 
et  domum  dui  bernardi  mocari  per  directum  usque  ad  flumen  tiberis,  dirui  et  demo- 
liri  . . .  mandaverunt  quamdam  domum  existentem  in  capite  diete  vie  versus  flumen 
sub  proprietate  monialum  ste  aure  ».  Patenti,  prot,  II,  e.  478.  In  altro  atto  del  6  luglio 
1530  (ibid.  prot.  Ili,  e.  123  v.)  la  domus  de  Mocaris  è  detta  esistere  "  in  R"®  Are- 
nule  in  via  recta  Curie  de  Sabellis  » .  La  chiesa  di  s.  Andrea  in  Lazaria  deve  essere 
quella  di  s.  Andrea  Nazareno,  vicina  a  Corte  Savella,  distrutta  l'anno  1573  per 
darne  il  sito  all'ospedale  degli  Aragonesi. 

1514.  COLLEZIONE  ALTOVITI.  «  Da  questo  Antonio  (di  Bindo  Altoviti)  e 
Dianora  (Cibo)  nacque  Bindo,  il  quale  continuò  a  stantiare  in  Roma,  et  à  pena  fatto 
maggiore  acquistò  la  piazza  detta  anche  hoggi  degl' Altoviti  (di  Ponte),  quale  per 
render  maggiormente  spatiosa  gli  fu  di  mestiere  fare  il  gettito  di  alcune  case,  che 
erano  ad  essa  d'impedimento...  ristaurò  la  casa  comprata  dal  padre  in  quella  guisa 
che  hoggi  si  trova,  e  di  ciò  ne  fa  testimonianza  l'inscrittioue  in  un  marmo  posta  nel 
cortile  della  sudetta  casa,  et  è  del  seguente  tenore:  i*  Bindus  Antonii  de  Altovitis 
nobilis  Florentinus  domum  ab  ejus  genitore  emptam  restauravit  anno  MDXIIII. 
Altre  case  furono  gettate  a  terra  per  fare  un  po'  di  piazza,  perciò  detta  Altovita  " 
Alveri,  II,  103.  Altri  ingrandimenti  ebbero  luogo  nel  1552,  nel  quale  auuo  Guido 
Ascanio  Sforza,  card,  camerlengo,  vendette  a  Bindo  Xuna  casa  con  forno,  presso  quella 
di  Simone  Bonadies  «  retro  Banche  in  r.  Ponte  ».  (Prot.  6158.  e.  199.  A.  S.).  Anche 
questo  Bonadies  cedette  al  ricco  banchiere  i  suoi  stabili  sull'intrrosi^o  di  via  Paolina 


164  LEONE   X.   1514-1515 


(Ivi,  c.  145).  Vi  è  memoria  di  una  terza  casa  con  giardino  e  loggia  sul  Tevere  comperata 
da  Giovanbattista  Perini  da  Firenze.  (Ivi,  e.  159).  In  questo  palazzo  Altoviti  furono 
radunati  più  tardi  tesori  d'arte  grandissimi,  incominciando  dal  busto  di  Bindo,  modellato 
da  Benvenuto  Cellini,  che  il  Camerlengato  Pontificio  aveva  fatto  incatenare  alla  parete 
del  salone,  e  che  oggi  è  migrato  ad  altri  climi.  Il  catalogo  dell' Aldo  vrandi,  a  p.  141, 
ricorda  dodici  teste,  poche  statue,    un    sarcofago,  torsi  e  frammenti   di   bassorilievo, 

«  una  tavola  marmorea   moderna,  dove  si  vede  Danae   ignuda e   una  tavola  di 

porfido  con  lettere  maiuscole  intagliate  » .  L'Hondio  ricorda  pure  "  picturae 
recentiores  ". 

Gio.  Battista  figlio  di  Bindo  e  di  Fiammetta  de'  Sederini  «  orno  parimente  la 
vigna  paterna,  che  è  la  medesima  posseduta  hoggi  dagl' Altoviti  situata  incontro 
all'Orso  a  Eipetta  dall'altra  parte  del  Tevere,  hauendo  la  sua  entrata  fuori  di  porta 
di  castello,  quale  ornò  di  bellissime  statue  uendute  poi  alli  duchi  di  Savoia,  e  già 
ritrouate  nella  villa  Adriana  che  era  come  anche  hoggi  è  degli  Altoviti,  qual  vigna 
è  molto  celebre  per  una  gran  loggia,  ivi  dipinta  da  Giorgio  Vasari  con  molta  vaghezza, 
che  in  questo  genere  tiene  il  secondo  luogo  doppo  la  famosa  de'  Chigi  alla  Lungara  " . 
Alveri,  II,  105.  Il  Knibbio,  Berlin,  A.  61.  e  f.  40,  mostra  avere  copiato  iscrizioni 
e  nella  «  casa  in  Banchi  »   e  nel   «  giardino  al  Campo  Vaticano  ". 

1515,  21  aprile.  ARCVS  CAELEMONTANI.  Scoperta  di  un  «  castellum  aquae  « 
nella  vigna  già  di  Bartolomeo  della  Valle,  poi  di  Sigismonda  moglie  di  Pietro  Paolo 
pescivendolo,  sita  «  prope  aqueductus  Claudianum  merulanum  » .  Sigismonda  vende  al 
della  Valle  "  totum  plumbum  quod  inventum  fuit  et  inveniri  posset...  occasione 
cuiusdam  aque  ductus  plumbi  subterranei  qui  ad  presens  prò  parte  discopertus . . .  » . 
Il  prezzo  assolutamente  enorme  di  duecento  ducati  d'oro  dimostra  trattarsi  di  una 
massa  egualmente  enorme  di  piombo.  E  siccome  non  c'è  memoria  di  una  condottura 
di  gran  modulo  in  questa  contrada,  paragonabile  a  quella  della  villa  di  L.  Vero  a 
Acqua  Traversa,  descritta  dal  Bartoli  (mem.  141),  o  alla  «  immanis  fistula  »  di  via 
del  Seminario  descritta  dal  Donato  (Koma  Vet.  p.  403),  cosi  io  stimo  trattarsi  piut- 
tosto di  un  castellum,  simile  a  quello  di  vigna  Lais  (Lanciani,  Sylloge,  nn.  254-283) 
0  di  villa  de'  Quintilii  (ivi,  nn.  194-201),  che  il  comm.  De  Rossi  usava  paragonare 
pel  numero  e  grossezza  delle  fistole  all'organo  d'una  cattedrale. 

La  vigna  della  Valle  occupava  parte  del  sito  della  villa  Giustiniani-Lancellotti 
al  Laterano. 

Il  documento  relativo  a  questa  scoperta  in  atti  de  Matteis,  prot.  1121,  e.  19  A.  S. 
è  stato  pubblicato  dal  prof.  Teodoro  Schreiber. 

1515,  1°  luglio.  Muore  fra  Giovanni  Giocondo  Ognibene  da  Verona.  Il  Geymùller 
attribuisce  agli  ultimi  anni  della  sua  vita  i  ricordi  dell'antico  da  esso  lasciati.  «  Che 
fra  Giocondo  abbia  incominciato  (il  libro  dei  ricordi)  all'età  di  circa  78  anni  sì  rileva 
dal  carattere  uniforme  degli  schizzi,  e  dalla  scrittura  maggiormente  tirata  via,  come 
pure  dall'avere  egli  misurato  i  piedistalli  delle  stalle  Chigiane,  edificate  da  Raffaello, 
e  delle  quali  si  vede  come  unico  avanzo  nella  Longara  i  piedistalli  misurati  da  fra 
Giocondo.  Questo  famoso  edifizio  non  era  ancora  incominciato  nel  1506  quando  fra 
Giocondo  lasciava  Roma   per   non    tornarvi  che  alla  fine  del  1514  !».  La  cronologia 


LEONE   X.    1515  '  165 


del  Geymuller  non  è  rigorosamente  esatta,  e  mi  sarebbe  facile  provare  che  alcuni, 
benché  rari,  appunti  sono  anteriori  al  1506.  A  scavi  del  biennio  1513-1515  si  rife- 
riscono le  schede  fiorentine  seguenti. 

AEDES  DIVI  PII  nn.  202,  202'.  Cornici,  fregi,  imbasamento  «  nella  cava  di 
s.  Lorenzo  despiciali  » . 

CVRIA?.  Trabeazione  corintia  «  a  Marforio  ». 

VICVS  PORTAE  COLLINAE  n.  1689'.  Epistilio  della  edicola  compitale  CIL. 
VI.  450  scoperta  poc'oltre  s.  Susanna  nella  vigna  di  Giovanni  di  Capri. 

S.  PIETRO  VECCHIO  n.  1692.  ^  Chornixe  chauata  in  s.  Pietro  zoe  soto  li 
pinastri  ».  Segue  altra  <*  Chornice  trouata  soto  terra  in  roma  ». 

R.  X.  PALATIVM  n.  1535.  «  Questa  cimasa  stana  in  palacjo  maiore  et  trovossi  In 
quella  cava  della  pozolana  ».  La  scheda  1542  contiene  altri  particolari  di  basi  e  di  fregi. 

ISEVM  ET  SERAPEVM  R.  IX.  n.  1882.  Cornicione  di  buon  intaglio  «  isendo 
fori  della  chiessia  di  s.  Stefano  del  chacho  inquela  piazeta  ».  n.  1538.  Altra  trabea- 
zione intagliata  nel  solo  dentello  «  questa  chornixe  fu  trouata  di  quella  chava  apresso 
a  san  Stefano  dell  chacho  i  nella  via  ».  Gli  scavi  erano  stati  intrapresi  per  conto 
della  fabbrica  di  s.  Pietro.  Vedi  scheda  n.  1541  :  «  questa  chornice  fu  trovata  allarcho 
di  chamilgiano,  ed  io  la  mixurai  a  sanpietro,  io  e  giadominicho  (Gian  Domenico) 
mentre  se  faceva  la  chasa  in  piaza  di  sanpietro  cholitori  » . 

BASILICA  AEMILIA?  T.  lANI?  n.  1543,  anno  1514.  Trabeazione  «  a  Marforio 
dorico  »,  n.  1632:  simile  «  in  borgo  apresso  al  palazzo  di  Adriano  (Castelli  da  Cor- 
neto)»,  n.  1538:   «  pistilio  di  forum  boari  in  burgo  inel  palacio  di  Adriano  ». 

DVCTVS  VIRGINIS.  Fra  Giocondo  ha  visto  scavare  il  fornice  di  Claudio  a  piazza 
di  Sciarra.  Vedi  sch.  125  :  «  Questo  basamèto  fu  trouatto  a  piaza  de  Ssara  »,  Vi  è  pure 
il  profilo  di  un  architrave.  Egli  deve  essersi  occupato  con  ispecial  cura  della  «  Forma 
Virginis  fracta  »,  perchè  un'altra  scheda  (1541)  contiene  studij  di  restauro,  come  pure 
copia  dell'iscrizione  del  fornice  al  Nazareno  «  ine  giardino  di  miser  agnoUo  Chollocio  » . 

TRIOPIVM  HERODIS  ATTICI.  Ricordo  di  scavi  al  terzo  miglio  dell'Appia,  in 
territorio  di  Capo  di  Bove,  dai  quali  vennero  in  luce  le  due  colonne,  Kaibel  1390, 
che  decoravano  l'ingresso  del  Triopio.  Rimasero  sul  posto  per  molti  anni.  Il  card. 
Alessandro  le  fece  trasportare  alla  Farnesina. 

OSTIA.  Vedi  CIL.  XIV,  nn.  99,  256,  401,  412.  439. 

Il  lodato  Geymiiller,  nella  Mélanges  de  l'Ecole  franyaise  del  1891,  p.  133  sgg. 
attribuisce  allo  stesso  autore  :  «  trois  registres  ou  albums  de  dessins  d'après  les  mo- 
numents  antiques  de  Rome  »  appartenenti  alla  collezione  Destailleiir.  L'attribuzione 
è  per  lo  meno  dubbia,  perchè  le  postille  in  margine  ai  disegni  sono  scritte  in  lin- 
guaggio schiettamente  toscano,  e  non  nel  dialetto  veneto  del  quale  fra  Giocondo  ha 
fatto  uso  fino  agli  ultimi  anni  della  sua  vita.  (Vedi  le  Mélanges  predette,  p.  160). 
Il  eh.  Nerino  Ferri  preferirebbe  attribuire  quei  taccuini  a  Francesco  di  Giuliano  da 
San  Gallo.  E  siccome  io  accetto  decisamente  l'avviso  del  Ferri,  così  parlerò  di  questa 
bella  serie  di  ricordi  all'anno  1576,  data  della  morte  di  Francesco. 

Una  parte  considerevole  dei  disegni  di  fra  Giocondo  vennero  alle  mani  di  Ratfaello. 
(Vedi  GermilUer,  1.  e,  pp.  17,  43). 


166  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 


COMMISSARIATO  DI  RAFFAELE. 


1515,  27  agosto.  Raffaello  di  Urbino  (in  seguito  della  morte  di  Tra  Giocondo) 
è  nominato  commissario  delle  antichità  eoa  breve  apostolico,  per  impedire  soprattutto 
la  distruzione  dei  marmi  epigrafici.  L'opera  del  divino  artista  fu  bensì  efficace  dal 
punto  di  vista  teorico:  nell'atto  pratico  riuscì  a  poco  o  nulla.  A  lui  dobbiamo  il  vasto 
e  grandioso  progetto  di  una  illustrazione  dei  monumenti  romani,  dal  punto  di  vista 
epigrafico  e  topografico,  con  metodo  strettamente  scientifico.  Egli  si  prese  a  collabo- 
ratori Jacopo  Mazochio  per  la  parte  epigrafica,  cui  fu  accordato  sin  dal  30  novembre 
1517  un  breve  per  la  pubblicazione  entro  i  sette  anni  delle  «  epigrammata  antiquae 
urbis  f  (date  in  luce  nell'aprile  1521);  Fabio  Calvo  per  la  compilazione  della  pianta 
archeologica  della  città  (romulea,  serviana,  augustea  divisa  in  XIV  regioni,  data  in 
luce  nel  febbraio-aprile  1527);  e  Andrea  Fulvio  per  le  «  Antiquitates  »  edite  nel  1527, 
e  per  la  sua  descrizione  di  Roma,  data  in  luce  nel  1545.  Vedi  il  mio  scritto:  La 
pianta  di  Roma  antica  e  i  disegni  archeologici  di  Raffaello,  in  Rend.  Acc.  Lincei, 
seduta  25  nov.  1895.  Quanto  alla  pratica  ed  efficace  tutela  dei  monumenti  scritti 
0  scolpiti  della  città  e  del  suburbio,  essa  fallì  interamente,  e  le  devastazioni  conti- 
nuarono sotto  il  commissariato  di  Raffaello,  a  dispetto  del  breve  di  nomina  e  delle 
buone  intenzioni  del  commissario.  Il  solo  ricordo  che  ci  resta  della  sua  attività  in 
questo  campo  si  conserva  nell'archivio  di  Stato  di  Roma  nel  protocollo  1187  del  not. 
Pacifici,  a  e.  112'.  Vi  si  narra:  «  quod  vir  nobilis  Gabriel  de  Rubeis  «  abitante  nel 
rione  Pigna  (^)  «  in  suo  testamento  ordinaverit  quod  in  casum  in  quem  figuras  mar- 
moreas  et  alias  antiquitates  ipsius  testatoris  aliquis  superior  vellet  ab  heredibus  per 
vim  et  violentiam  disrapere  »  fossero  chiamati  ad  intervenire  i  Conservatori  della  città 
«  quod  possint  et  debeant  illas  capere  et  asportare,  et  in  palatio  dnorum  Conserva- 
torum  locare  et  conservare  » .  La  persona  di  cui  Gabriel  de  Rossi  temeva  la  violenza 
era  precisamente  Raffaello  commissario  delle  antichità.  Segue  di  fatto  il  notaio  a 
narrare  come  «  dfis  Raphael  de  Urbino  asserens  habere  commissionem  a  Sanctissimo 
dìio  flro  dictas  antiquitates  capere  et  asportare  centra  voluntatem  et  ordinem  praefati 
testatoris  i>  costrinse  il  magistrato  ad  intervenire  e  ricorrere  al  Pontefice,  perchè  la 
volontà  del  defunto  e  i  diritti  del  popolo  fossero  rispettati.  Il  Pontefice  dette  torto 
a  Raffaello  {'-). 

Si  tratta  dunque  di  un  colpo  di  testa  riuscito  a  male.  Una  espressione  forse 
inesatta  o  poeticamente  libera  di  Caio  Silvio  Germanico,  citato  dallo  Gnoli  nell'Ar- 

(*)  Gabriele  de  Rossi  aveva  preso  in  affitto  dai  monaci  di  s.  Gregorio  parte  dei  fornici  seve- 
riani  al  settizonio.  Vedi  sopra,  e  appresso  p.  176. 

0)  Vedi  Passavant,  Raphael,  I,  204.  Rend.  Line.  25  nov.  1895. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515  167 

chivio  storico  dell'Arte,  tomo  II,  p.  250,  ne  faxebbe  credere  aver  Raffaello  eseguito 
0  fatto  eseguire  scavi  per  toglier  le  iconografie  dei  nostri  monumenti.  Mancano  di 
ciò  le  prove,  anzi  io  non  credo  che  simili  investigazioni,  a  scopo  puramente  scien- 
tifico, abbiano  mai  avuto  luogo  in  Roma  prima  dellultimo  quarto  del  secolo  scorso. 
Raffaello  e  Giovanni  da  Udine  hanno  certamente  visitato  e  studiato  le  grottesche 
della  Casa  Aurea  e  delle  cripte  sepolcrali,  essi  hanno  tolto  schizzi  e  profili  dei 
marmi  di  scavo,  quando  se  ne  presentava  loro  spontanea  l'occasione:  ma  soltanto 
perchè  nei  marmi  architettonici  trovavano  modelli  per  gli  scorniciamenti  delle  loro 
fabbriche,  nei  marmi  figurati  il  motivo  di  composizioni  pittoriche,  e  nelle  grottesche 
un  nuovo  tipo  di  elegante  decorazione.  Vedi  l'eccellente  memoria  del  eh.  collega 
Loewy:  «  Di  alcune  composizioni  di  Raffaello  ispirate  a  monumenti  antichi  "  (in 
Arch.  stor.  dell'Arte,  serie  II,  fase.  IV,  1896,  p.  241  sgg.)  e  gli  scrittori  che  egli 
cita  nelle  note  (1  a  4  della  p.  241).  Fra  questi  il  Gruyer  «  Raphael  et  l'antiquité  », 
il  Thode  «  Die  antiken  in  den  stichen  Marcantons  »,  ed  il  Pulszky  «  Beitràge  zu 
Raphaels  studium  der  Antike  »  perche  nei  loro  scritti  sono  mentovati  molti  monu- 
menti 0  esistenti  o  scavati  vivente  Raffaello.  Il  Loewy  dimostra,  p.  e.,  aver  Raf- 
faello visto  e  schizzato  il  sarcofago  di  villa  Medici,  Matz-Duhn,  II,  n.  3341,  ed  altro, 
di  pari  soggetto,  che  si  conserva  in  villa  Pamphili,  ibid.  n.  3342  :  dimostra  pure 
aver  Lorenzetto,  l'esecutore  della  sepoltura  Chigi  a  s.  M.  del  Popolo,  conosciuto  e 
copiato  il  bassorilievo  borghesiano  delle  fanciulle  danzanti,  ora  uel  Louvre. 

1515,  22  ottobre.  Jacopo  Mazochi  pubblica  la  seconda  edizione  dell'  ^^  opusculù 
d'.  mirabilibus  nove  et  veteris  Urbis  Rome  »  di  Francesco  Albertino,  più  copiosa  e 
corretta  della  prima  publicata  il  4  febbraio  1510  (Vedi  ed.  dello  Schmarsow,  ^  de 
mirab.  novae  urbis  »  Heilbronn,  1886,  p.  X  segg.)-  In  questo  ultimo  trattatello  si  hanno 
le  seguenti  notizie  di  scavi,  di  scoperte,  e  di  raccolte  di  antichità  ('). 

POMERIVM.  Cippo  del  pomerio  di  Claudio,  CIL.  1231  a,  scoperto  l'anno  1509 
«  non  longe  a  Cancellarla  (veteri)  »  p.  7.  Altro  cippo  della  terminazione  di  Adriano 
fu  trovato,  quasi  nel  luogo  medesimo,   l'anno  1868.  Vedi  Bull.  Inst.  1869,  p.  234. 

CIRCVS  MAXIMVS.  Iscrizione  relativa  all'  "  adiectio  locorum  •'  nel  circo  Massimo 
fatta  da  Traiano,  CIL.  955,  scoperta   «  apud  circù  »  (1450  circa),  p.  9'. 

RIPAE  TIBERIS.  Cippo  della  terminazione  del  Tevere,  CIL.  1238  «  iuxta  ripam 
(di  s.  Biagio)  nuper  (1509)  effossus  »,  p.  11'. 

CLIVVS  CAPITOLINVS.  .^  Ex  eo  (ponte  Calliculae)  mìe  sei  tantum  coluiìae: 
tres .  .  ad  radices  palatini  montis  (dei  Castori)  aliae  tres  ad  capitolii  visuntur 
(di  Vespasiano),  no  loge  a  qbus  hoc  ano  (1510)  multa  marmora  effossa  fuere  cu 
ingèti  base  marmorea  »   CIL.  1205,  f.  12'. 

DECEM  TABERNAE.  «  In  quo  monte  (Quirinali)  est  ecclesia  sauctae  Agathae 
in  Subura  ubi  et  decem  tabernae  fuerunt  :  ut  in  tiburtinis  lapidibus  no  vite  r  effossis 
apparet  »,  f.  15. 


(')  L'esemplare  della  biblioteca  Alessandrina,  del  quale  ho  fatto  uso,  è  {lusnllato  di  mano 
del  celebre  Cassinese  Don  Constantino  Gaetano.  Egli  l'acquistò  in  Nai'oli  u  caruli-nis  t  ■;  nel- 
l'anno 1597. 


168  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 

ARCVS  CAELEMONTANI.  «  In  domo  Ioannis  Ciampolini  non  loge  a  campo 
florido  legi  infrascriptas  litteras  in  lapide  marmoreo  multis  in  locis  fracto  qui  re- 
pertus   fuit  apud  ecclesiam  sanctae  crucis  »   CIL.  1259,  f.  19. 

THERMAE  DIOCLETIANAE.  Scavi  nelle  o  presso  le  terme  diocleziane;  iscri- 
zione CIL.  1124:  «  secuti  principes  posuere  ibi  statuas  et  seniorura  et  novorum 
imperatorum  quorum  capita  integra  et  fragmenta  reliqua  corpof.  erui  ex  subter- 
ranea testudine:  velut  ibi  post  ruinas  Thermarum  conservata  vidimus,  et  partim 
in  Capitolium  delata  :  partim  Florentiam  missa  » ,  f.  20'.  La  notizia  circa  la  divisione 
di  queste  scolture  tra  Roma  e  Firenze  è  confermata  dal  «  Liber  de  Urbe  Roma  » 
di  B.  Ruccellai:  «  vidimus  et  ipsi  Florentiae  marmorea  capita  principum  Romae 
nuper  erecta  e  sub  terranea  testudine  (in  thermis  Diocletianis)  ac  Florentiam  missa 
principibus  viris  nostrae  civitatis  " . 

DOMVS  TITI.  Ara,  CIL.  369,  scoperta  presso  le  Sette  Sale  ed  altro  marmo 
scolpito,  f.  22. 

R.  XIII.  Scavi  nella  vigna  di  Raffaele  Volterrano  sull'Aventino,  f.  22. 

VALLIS  QVIRINI.  Scavi  «  in  ascensu  Yiminalis  non  longe  a  tempio  sancti  Vi- 
talis,  in  quo  loco  fuerùt  reperta  simulachra  duo  Bacchi  marmorea  cum  fonte  et 
fistulis  plumbeis  ",  f.  22'.  Vedi  CIL.  XV^  n.  7247.  Vedi  apppresso,  all'anno  1527. 

CLOACAE  VRBIS.  «  Cloacae  amplissimae  a  Tarquinio  factae ...  ut  adhuc  in 
uelabro  et  iudeorum  platea  ac  etiam  in  uinea  Bartholomei  de  doxiis  apud  coUos- 
seum  ",  f.  23. 

Quest'inciso  è  notevole  per  più  rispetti.  La  cloaca  del  Velabro  è  la  Massima: 
la  seconda  di  piazza  Giudea  è  quella  del  circo  Flaminio  scoperta  dall'  ing.  Narducci 
nel  1880.  (Vedi  Bull.  Inst.  1881,  p.  209).  Ma  quale  sarà  la  terza  scoperta  sul  prin- 
cipio del  500  nella  vigna  di  Bartolomeo  de  Dossi  apud  collosseum  ?  I  documenti  del 
tempo,  mentre  abbondano  di  notizie  su  Mariano  de  Dossi  alias  della  Palma,  medico 
famoso,  scriba  senatus,  appaltatore  del  piazzatico  del  pesce,  sposo  di  Giulia  Boccacci 
morta  di  peste  1'  anno  del  Sacco,  padre  di  Emilia  sposa  di  Gabriele  Valentini,  e  di 
Francesca  sposa  di  Annibale  della  Molara,  domiciliato  nel  r.  Ponte,  possessore  di  un 
terreno  sul  Quirinale  detto  la  Vignola,  venduto  nel  1526  ai  Ferrerie  etc,  tacciono  di 
Bartolomeo  de  Dossi,  che  doveva  essergli  congiunto  di  parentela.  Si  sa  soltanto  che 
il  Bartolomeo  era  avvocato  concistoriale,  e  mercante  di  campagna,  possessore  di  un 
proccio  di  vacche  rosse,  e  che  la  sua  casa  «  perpulchra  cum  Viridario  et  fonte  mar- 
moribus  exornato  "  stava  al  Trivio  presso  l' acquedotto  (f.  96).  È  possibile  che  la 
»  cloaca  apud  collosseum  »  sia  quella  scoperta  nuovamente  l'anno  1878  sotto  il  viale 
di  s.  Gregorio. 

RIPAE  TIBERIS.  Scavi  nella  vigna  di  Lorenzo  Palucelli  «  non  longe  a  ponte 
Aurelio  (Sisto)",  Cippo  del  Tevere,  CIL.  1239^,  f.  23'.  La  vigna  Paluccelli  per 
eccellenza  era  quella  del  Celio,  acquistata  più  tardi  da  Ciriaco  Mattei,  e  nella  quale 
si  pratticarono  scavi  notevolissimi  al  tempo  di  Paolo  III. 

META  SVDANS.  Cenno  della  meta  sudante  (fragmentum  lateritiae  turris  rotundae 
iam  incrustatae  marmoribus  non  longe  ab  amphitheatro),  f.  25'. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.   1515  169 

HOROLOGIVM.  Scavi  nel  sito  dell' Horologium  di  Augusto  a  s.  Lorenzo  in 
Lucina:  "  in  loco  ubi  mine  est  domus  nona  capellae  apostolof.  Philippi  et  Jacobi 
in  ecclesia  s.  Laur.  in  lucina  fuit  Basis  nominatissiraa  Vrbis:  non  longe  a  qua  est 
obeliscus  semisepultus  :  ubi  effossura  fuit  Horologium  cum  lineis  et  gradibus  deau- 
ratis:  in  angulis  nero.  iiii.  uenti  ex  opere  musivo  »   f.  29',  30. 

AEDES  VESTAE.  Scoperta  del  vero  tempio  di  Vesta  «  ubi  nunc  est  ecclesia 
sCe  Mariae  libera  nos   a  poenis   inferni  ",  f.  46. 

TEMPLVM  DIVI  AVGVSTI.  Scavi  presso  il  tempio  de'  Castori  «  in  uia  sacra  in 
foro  Ro.   sub   palatio  ubi   nunc   est   tabernaculum  Vir.  ad   ponticulum   in   quo  loco 

effossa  fuere  uestigia  cum  duabus  tabulis  marmoreis teste  Pompo,  leto  " ,  f.  48. 

Vedi  Bull.  com.  tomo  XXVIII,  a.  1900,  p.  309. 

RIPAE  TIBERIS.  Scavi  a.  s.  Biagio  della  Pagnotta:  «  Raph(ael)  uol(aterranus) 
scribit  lapides  cum  titulis  ibidem  effossos  uidisse  » ,  f.  48  {^). 

SEPTA.  «  Templi  Isydis . . .  uestigia  miranda  apparent  in  aedibus  ornatissimis 
car.  s.  Sabinae  »,  f.  48.  Egli  accenna  probabilmente  alle  rovine  delle  Septa  Julia, 
sulle  quali  era  piantata  la  «  domus  s.  Mariae  in  via  lata  a  rev.  Patio  de  Sanctoriis 
viterbiensi  card.  tit.  s.  Sabinae  sumptuosissirais  aedificiis  ampliata,  cum  atrio  et 
porticu  et  capellis  et  aula  pulcherrima  depicta.  Omitto  viridaria,  in  quibus  sunt 
vasa  marmorea  sculpta,  cum  sacrificiis  et  raptu  Sabinarum.  Omitto  aquarum 
conservationem  subteri-aneam  et  cameras  variis  picturis  et  statuis  exornata  « .  Il  Bar- 
toli,  mem.  44,  parla  di  un  tempio  ignoto  «  di  non  molta  grandezza  ma  di  muri 
grossissimi  di  travertino,  qual  si  conosceva  essere  stato  molto  ricco  di  ornamenti, 
ma  tutti  di  stucco  " .  L'aveva  scoperto  Gio.  Maria  Baratta,  un  po'  scarpellino,  un  po' 
architetto,  e  soprastante  alle  fabbriclie  di  Innocenzo  X. 

[Ricordando  poc'  anzi  la  morte  di  Fra  Griocondo,  ho  dimenticato  notare  alcuni 
scavi  da  lui  visti  eseguire  all'  estremità  delle  Septa,  nel  sito  della  presente  piazza 
di  Venezia,  e  dei  quali  ha  lasciato  memoria  nelle  schede  fiorentine  1882  e  2050]. 

R.  VI.  «  Erat  et  capitolium  uetus  in  monte  Quiiùnali . . .  uestigia  non  nulla 
fundamentorum  adhuc  uisuntur,  in  quo  loco  etfossum  fuit  marraor  cum  his  litteris 
fractis  »,  CIL.  VP,  69*  (f.  52'). 

COLVMNA  DIVI  PII.  Accenno  alla  colonna  antonina  della  casa  della  Missione 
allora  visibile  nel  giardino  dei  Cecchini,  f.  56. 

CASTRA  PRAETORIA.  t  Est  arcus  marmoreus  Gordiani  apud  portani  inter 
aggeres  (chiusa) .  . .  cuius  marmerà  Reuerédissimus  Rap.  Car.  s.  geor.  detulit  ad 
suas  aedes  còficiédas  »,  f.  59'.  Vedi  Bull,  com.,  tomo  I,  1873,  p.  105  e  235. 

ARCVS  THEODOSII  cet.  t  Erant  praeterea  arcus  triumphales  Theodosii  Gratiani 
et  Valétini(ani)  .  .  .  fundamenta  quorù  nró  tpe  partim  in  nouis  fabricis  pai-tim  uero 
lachrymabile  dictù  in  coquéda  calce  traslata  sunt  ^,  f.  59'. 

THEATRVM  BALBI,  «  ....  e  quibus  (equis  marmoreis)  caput  cum  collo  uniiis  nidi 
fractum  apud  ecclesia  s.  Thomae  non  longe  a  platea  iudeoru  »,  f.  61.  [E  possibile  che 
questo  frammento  di  cavallo  marmoreo  appartenga  al  gruppo  dei  Dioscuri,  ora  in  capo 

(')  Pix-babilmente  il  cippo  CIL.  VI,  1208.  Vedi  anno  1509. 


170  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 

alla  cordonata  di  Campidoglio,  che  si  dice  scoperto  al  tempo  di  Pio  IV  nelle  fonda- 
menta della  sinagoga,  in  piazza  delle  Scuole,  vicinissima  alla  chiesa  di  s.  Tommaso 
al  monte  de'  Cenci,  e  al  teatro  di  Balbo.  Vedi  Vacca,  Schreiber,  n.  52.  Neil'  iscrizione 
dei  Conservatori,  sui  piedistalli  del  gruppo  a  destra  della  cordonata,  il  teatro  di  Balbo 
è  detto  per  errore  teatro  di  Pompeo.  L'Helbig  crede  che  i  due  gruppi  ornassero 
t»  un  ingresso  monumentale  »]. 

VIA  SALARIA.  «  Extra  urbem  uia  Salaria  prope  porta  est  sepulchrum  quoddam 
in  uinea  ad  similitudinem  templi  constructum,  in  quo  Caereris  et  Bacchi  picturae  cum 
uitibus  et  uasibus  hjdriarù  depictae  uisunt.  quae  omnia  Petms  Paulus  de  Symeonib. 
ro.  mihi  ofidit  apud  uinea  non  lògo  a  porta  Salaria  »,  f.  63'.  Mi  par  certo  che  si 
tratti,  non  del  cosidetto  tempio  di  Bacco  che  sta  in  via  Nomentana,  ma  di  un  ipogeo 
sepolcrale  della  Salaria. 

COLLIS  HORTORVM.  «  (Sepulchri  Neronis)  uestigia  extant  in  uinea  cótigua 
ecclesiae  sactae  Mariae  populi  in  quo  loco  bis  fui  cum  Jacobo  de  ceccariuis  Vghubin. 
possessor(e)  uineae  »,  f.  65'. 

LA  NAVICELLA.  Cenno  della  nave  marmorea  davanti  s.  M,  in  Domnica,  certa- 
mente anteriore  a  Leon  X,  f.  82. 

FORVM  TRAIANI.  Scavo  e  scoperta  dell'aquila  di  altorilievo  ora  nel  portico  dei 
ss.  Apostoli,  f.  84'. 

COLLEZIONE  LANCIARINI  DA  FANO.  «  In  uinea  dui  Ulixis  de  Fano  (area 
del  nuovo  giardino  presso  la  Consulta)  effossa  fuere  multa  marmora  cum  statuis  e 
quibus  unam  habet  in  aedibus  suis  fractam.  Cupidinis  uero  dormientis,  miro  artificio 
sculpta,  est  in  palatio  Mantuae  »,  e.  87'.  (Vedi  Bull.  com.  a.  1889,  p.  388).  Ulisse 
Lanciarino  de  Lanciarini  da  Fano,  figliuolo  di  donna  Camilla  sepolta  in  s.  Agostino 
il  2  marzo  1518,  e  sposo  di  donna  Maria  de  Lapis,  venne  in  alto  stato  sul  prin- 
cipio del  secolo,  e  figura  nell'albo  dei  piorabatori  apostolici  per  l'anno  1505,  e  dei 
priori  dell'Annunziata  per  l'anno  1513.  Aveva  tolto  in  enfiteusi  dal  capitolo  di  s.  Marco 
una  "  domus  magna  in  conspectu  palatii  magni  (di  Venezia)  iuxta  dictam  ecclesiam 
in  platea  in  qua  est  magna  concha  lapidea  »  insieme  a  altra  «  domus  terrinea 
in  platea  s.  Marci  ubi  est  cunca  lapidea  magna  per  viam  rectam  per  quam  itur  ad 
ecclesiam  s.  Marcelli  »  che  egli  cedette  a  Mariano  Astalli  nel  1505  (prot.  1732, 
0.  25,  A.  S.).  La  cessione  fu  stipolata  «  in  r.  Pontis  in  domo  solite  habit.  dicti 
domini  Ulixis  » .  Morendo  poco  prima  del  Sacco,  lasciò  due  figliuoli,  Leone  e  Cesare, 
e  una  femmina  di  nome  Emmeiina.  Il  «  magnificus  d.  Leo  q.  Ulixis  de  Fano  » 
continuava  ad  abitare  nel  1551  nella  casa  paterna  «  sita  in  r.  Pontis  in  strata  ursi 
apud  s.  Luciam  della  Tenta,  cui  a  tergo  est  flumen  »  (prot.  6155,  e.  470),  ma  nel 
1553  si  trasferì,  al  palazzo  Cecchini  a  Pasquino,  di  faccia  al  palazzo  Orsini  (Braschi) 
dal  quale  aveva  scacciato  l' inquilino  G.  B.  Doria.  Secretarlo  apostolico,  speculatore 
e  affarista,  perfino  sui  cavalierati  di  s.  Pietro,  deve  essere  morto  fra  gli  anni  1555 
(vedi  il  testamento  nel  prot.  6169,  e.  394  del  notare  Rey detto  in  A.  S.,  ove  appa- 
risce tra  i  testimoni  s.  Filippo  Neri)  e  1568,  quando  vien  fuori  un  Ulisse  Lanciarini 
suo  figliuolo  superstite,  il  quale  nel  1571  abitava  sempre  il  palazzo  in  Parione  di 
rimpetto  al  card.  Flavio  Orsino.  Pare  che  siasi  imparentato  coi  Galli  (prot,  437,  e.  722). 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1515  171 

L'Aldovrandi,  p.  144,  descrive  certe  antichità  «  in  casa  di  M.  Carlo  da  Fano, 
presso  alla  chiavica  per  andare  a  corte  Savella,  in  casa  dell'arcivescovo  di  Cipro  », 
ma  non  saprei  affermare  se  questo  Carlo  appartenesse  alla  famiglia  dei  Lanciarini. 
Alcune  di  queste  antichità  furono  incise  in  rame,  e  figurano  nella  serie  dei  Masche- 
roni che  suole  accompagnare  l'Album  Lafreri. 

L'Albertino  nomina  e  succintamente  descrive  le  principali  collezioni  antiquarie 
m-bane,  di  alcune  delle  quali  ho  già  parlato  sotto  gli  anni  1497-1498,  1505  e  1510. 
Non  descritte,  sin  ora,  sono  le  collezioni  Branca,  Buzi,  Frangipani,  Manilio,  Massimi, 
Orsini  a  Campo  di  Fiore,  Pallavicini,  llossi,  Sassi,  Savelli,  e  Thomais. 

COLLEZIONE  BRANCA,  f.  62.  Questa  famiglia  il  cui  nome  è  rimasto  legato 
a  una  piazza  della  città  sino  all' apertura  della  via  Arenula  nel  1888,  contava  tre 
rami,  i  Branca  de  Clausura  del  r.  Arenula,  i  Branca  dei  Tedallini  del  r.  Colonna 
e  i  Branca  dei  Firmani,  che  appariscono  soltanto  nel  secolo  XVI.  La  persona  cui  si 
riferisce  il  ricordo  dell'  Albertini,  deve  essere  quel  Francesco  Branca,  banchiere  e 
mercante,  procuratore  di  Ippolita  Orsini  contessa  Estouteville  di  Samo,  abitante  «  in 
domo  cui  ante  est  platea  de  Branca  »  morto  nel  1504,  e  sepolto  in  S.  Maria  in 
Monticelli  nell'  ipogeo  di  famiglia.  Suo  figliuolo,  di  nome  Francesco,  era  gabelliere 
maggiore  dei  Conservatori  nel  1519.  Il  loro  palazzo  fu  acconciato  nel  1565  con 
architettura  dell'  architetto  bolognese  Giacinto  Barrozzi. 

COLLEZIONE  BVZI  f.  55.  Nella  casa  alla  Minerva  «  vas  porphireticum,  puteus 
marmoreus  ».  Vedi  più  sotto  a  p.  213. 

COLLEZIONE  FRANGIPANE.  Aldovrandi  distingue  due  collezioni:  la  prima 
(p.  262)  «  in  casa  di  M.  Curtio  Fraiapane  presso  a  San  Marco  »,  la  seconda  (p.  284) 
«  in  casa  di  M.  Hieronimo  Fraiapane,  dietro  S.  Maria  in  via,  à  le  radici  di  monte 
Cauallo  » .  L'  Hondio  copia,  col  consueto  anacronismo,  la  descrizione  dell'  Aldovrandi 
a  p.  38  e  45.  Il  CIL.  nomina,  secondo  la  vicenda  dei  tempi,  Mario  Frangipane 
n.  1096,  Antonio  n.  2534,  2603,  Cencio  n.  2540  etc.  Il  Fiorelli,  (Documenti  Inediti, 
tomo  IV,  p.  V  e  1.)  pubblica  un  breve  notamento  dei  pochi  marmi  che  rimanevano  in 
casa  (di  un  Mario)  Frangipane  nel  1654,  secondo  l'inventario  esistente  in  A.  S.  C. 
sez.  V,  prot.  3,  fase.  63. 

Il  palazzo  principale  era  quello  alla  Conca  di  S.  Marco  (prot.  1538  e.  168,  A.  S.) 
ingrandito  da  Antonino  con  l'acquisto  di  altra  casa,  spettante  a  Diana  de  Vincentiis, 
il  26  aprile  1538,  «  Hanno  li  Frangipani  la  casa  nel  rion  di  Pigna  nel  più  bello 
della  piazza  di  San  Marco,  appresso  la  quale  modernamente  hanno  fabricato  un  palazzo 
cospicuo  non  anche  compiuto  (Ameyden)  ».  Vedi  Guattani  ap.  Fiorelli,  Documenti 
inediti,  tomo  II,  p.  342. 

La  seconda  residenza  di  famiglia  era  quella  all'  Umiltà.  Confinava  con  la  casa 
di  Vespasiano  Suardi  e  col  giardino  di  Onofrio  Taschi  (prot.  619  e.  332,  anno  1544). 
Questo  Taschi  o  Tasca  aveva  venduto  nel  1536  »  a  Luigi  Ruccellai  una  casa  nel 
r.  Trevi  presso  i  beni  dei  Frangipani,  con  due  orti,  uno  dei  quali  risponde  sulla 
piazza  (della  Piletta)  dinnanzi  al  palazzo  del  card.  Colonna  »  (prot.  421,  e.  349,  503). 
Vi  è  anche  ricordo  di  uno  «  stabulum  Jac.  de  Frigiapanibus  in  r.  Trivii,  cui  a  parte 
anteriore  est  via  pubblica  quae  tendit  directe  ad  montem  Caballum  ■>  (prot.  62  e.  085). 


172  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 

Si  tratta  dunque  dell'  isola  circoscritta  dalle  vie  dell'  Umiltà,  dell'  Archetto,  dei 
Lucchesi  e  dalla  piazza  della  Piletta,  oggi  occupata  dal  collegio  Americano  e  dai 
palazzi  Filippani  e  Lazzaroni. 

I  documenti  dei  secoli  XV  e  XVI  parlano  di  altre  tre  case.  La  prima  di  Ortensio 
«  in  regione  Pince  e  conspectu  palatii.  dd.  de  Mutis  coherens  retro  cum  bonis  eccl. 
s.  Stephani  del  Cacce  ».  La  seconda  assai  antica  in  Trastevere  (diario  di  Antonio 
De  Petri)  :  la  terza  è  il  famoso  «  palazo  antiche  de  Freapani  in  r.  Campi- 
telli  in  loco  qui  dicitur  Palazzo  Magiure  prope  ecclesiam  s.  Anastasie  in  conspectu 
fontis  s.  Georgii  »  (prot.  621,  e.  86)  del  quale  ho  già  parlato  e  tornerò  a  parlare  a 
proposito  degli  scavi  attorno  ad  esso  eseguiti  negli  anni  1516  e  1519. 

I  Frangipani  possedevano,  inoltre,  i  famosi  orti  della  Consolazione  alla  Canna- 
para,  dei  quali  ho  parlato  a  ce.  89,  e  91  :  una  vigna  all'Antoniana  con  orto  adacqua- 
tivo,  affittato  a  certi  ortolani  di  Parma  nel  1502:  altra  vigna  «  in  loco  dicto  le 
mole  de  Sto  Savo  »  donata  ad  Antonio  Fr.  nel  1519  da  maestro  Gio:  Battista  chi- 
rurgo :  le  «  ortalia  Circuii  in  loco  dicto  Monte  Secco  »  :  terreni  fuori  la  porta  Appia 
nel  viculo  oratorio  (Sette  Chiese)  :  fuori  la  p.  Aurelia  in  vocabolo  Montorio  :  la  Torricella 
di  Ponte  Salario,  e  i  casali  o  castelli  di  Acqua  traversa,  Tor  Carbone,  Malnome, 
Nemi,  Ninfa,  Petrònella,  Baiano,  Frascati  etc.  In  alcuni  di  questi  luoghi  furono  cer- 
tamente eseguiti  scavi.  Vedi  p.  e.  CIL.  XIV.  2113. 

COLLEZIONE  MANILIO,  durata  sino  al  tempo  delL'Aldovrandichevi  descrisse 
«  una  Fauna  maggior  due  volte  e  mezzo  del  naturale  »,  alta  cioè  più  che  quattro 
metri;  una'Arianna  e  lin  torso  d'Ercole.  I  Manilii  abitavano  in  Monserrato  poco 
lontano  dalla  Cancelleria  Vecchia.  Il  fondatore  della  raccolta  deve  essere  stato  V  illu- 
stre dottore  in ,  arte  e  medicina  Cesare  Manilio,  vivente  nel  primo  quarto  del  XVI 
secolo  (prot.  411,  e.  24)  o  suo  fratello  Iacopo,  il  quale  nel  1515  possedeva  una 
«  vinca  extra  portam  populi  in  centrata  que  dicitur  a  muro  roselo  »  (prot.  61,  e.  344). 

COLLEZIONE  MASSIML  La  più  antica  descrizione  deirantiquario  «  in  edibus 
Maxi.morum  Rome»  è  quella  di  Claude  Bellievre,  del  1512  circa,  nella  quale  sono 
mentovati  «  Julius  Caesar.. .  cuius  facies  nìagis  cum  admiratione  cogitali  quam  de-; 
scribi  potest...  Brutus  Julio  Caesari  similimus,  naso  seposito,  quem  Brutus  aquilinum 
et~ in  medio  elevatum  ad  similitudinem  Johannis  (Prae)cursoris  habet. 
Senece  statua  tota  veneranda  ».  Il  predetto  Aldovrandi  ricorda  due  raccolte.  La 
prima  in  casa  di  M.  Angelo  de  Massimi  presso  Campo  di  Fiori  a  p.  168,  la  se- 
conda in  casa  di  M.  Luca  de  Massimi  presso  la  Valle  a  p.  169,  Vedi  Hondio 
p.  22  e  29.  Angelo  e  Liica  (e  Pietro,  terzo  fratello)  erano  figliuoli  di  Domenico 
morto  nel  1538  o  39.  L'  atto  di  divisione  dei  beni  paterni  si  trova  nel  prot.  393 
di  Stefano  Amanni,  sotto  la  data  del  30  ottobre  1539.  Angelo  morì  circa  il  1533 
lasciando  una  vedova,  Attilia  Mattei,  e  due  figliuoli  (almeno).  Massimo  futuro  arci- 
vescovo di  Amalfi,  e  Valerio.  Il  pezzo  principale,  anzi  l'unico,  della  sua  raccolta  era 
il  cosidetto  Pirro  o  Marte  Capitolino  (Helbig  tomo  I,  p.  295,  n.  405  ed.  ingl.  1895) 
scoperto  nel  foro  transitorio  (Lanciani,  l' Aula  del  senato,  ]).  23)  e  comperato  da 
Angelo  per  due  mila  scudi.  Fu  inciso  in  rame  da  lacob  Bosse,  fiammingo,  e  pubbli- 
cato nella  grande  raccolta  Salamanca-Lafreri  1'  anno  1562,  Il  Cavalieri  ne  ha  dato 
due  edizioni,  una  nel  1585  tav.  96,  una  nel  1593  tav.  78. 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1515  173 

L'altro  fratello  Luca,  sposo  di  Virginia  Colonna,  deve  esser  morto  circa  il  1560 
lasciando  sei  figliuoli,  Porzia,  Lelio,  Fabio,  Pompeo,  Carlo  e  Ascanio,  i  quali,  fatto 
eseguire  dal  notaro  Curzio  Saccoccia  l'inventario  dei  beni  ereditarli,  ne  affidarono  la 
divisione  amichevole  a  Tommaso  de  Cavalieri.  Il  lodo  di  quest'  uomo  illustre  porta 
la  data  del  18  agosto  1567  e  si  trova  nel  prot.  770  del  Saccoccia  stesso.  Il  museo 
comprendeva  una  sessantina  di  teste  o  busti,  e  un  solo  torso.  È  difficile  seguirne  le 
vicende  sino  ai  tempi  più  a  noi  vicini,  perchè  si  tratta  di  una  genealogia  assai  com- 
plicata, e  di  famiglia  di  singolare  fecondità,  tanto  che  ai  tempi  dell'  Ameyden  si  era 
già  divisa  in  quattro  rami  principali. 

Ricordo,  fra  le  aggiunte  fatte  posteriormente  al  museo,  il  torso  d'  Ercole  di  Apol- 
lonio (Winckelmann,  Storia,  tomo  II,  p.  286,  Ligorio  Nap.  tom.  X,  p.  224)  e  il  capi- 
tello (Piranesi,  Vasi,  tav.  Ili,  Winkelmann,  tomo  III,  p.  95  e  523),  appartenente  alla 
serie  descritta  dal  Vacca  mem.  30  «  Sotto  la  casa  dei  Galli nella  via  de  Leu- 
tari  di  fianco  alla  Cancelleria mi  ricordo  vedervi  cavare Vi  furono  trovati 

certi  capitelli  scolpiti  con  targhe,  trofei  e  cimieri,  che  davano  segno  vi  fosse  qualche 
tempio  dedicato  a  Marte  ».  Negli  appunti  per  la  formazione  di  una  guida  di  Roma, 
che  il  Bianchini  ha  lasciato  nel  cod.  veron.  855,  si  legge:  «  Nel  palazzo  del  mar- 
chese Massimi  si  vedono  statue  insigni  e  principalmente  il  Pirro:  alcuni  busti  di 
filosofi:  il  busto  dell'  imp.  Claudio....  i  fasci  consolari....,  nel  gabinetto  molte  pitture 
antiche  estratte  dalle  ruine,  il  libro  delle  pitture  antiche  ricopiate  dalle  originali  per 
mano  di  Pietro  Santi  Bartoli  "  ora  in  Inghlilterra  (Windsor,  Eton  e  Br.  Museum 
Scaff.  79,  n.  197,.  tav.  IX  etc).  Vi  erano  anche  iscrizioni  CIL.  VI,  83,  204,  222, 
551,  905,  909,  910,  1407,  1776,  1922,  2174  etc.  le  quali  sono  in  parte  perite, 
in  parte  passarono  nelle  raccolte  Rondinini,  Albani  etc. 

I  Massimi  possedevano  in  Roma  molte  case  in  Parione,  una  legnara  o  i^  Cancello  -f 
a  Marmorata,  e  la  yigna  sull'  Aventino  dove  stavano  le  terme  di  Sura,  e  dove  sono 
state  fatte  tante  scoperte  di  antichità.  «  Nel  monte  Aventino,  nella  vigna  di  mon- 
signor de'  Massimi  verso  Testacelo  si  trovò  una  statua  di  basalte  verde  quale  dice- 
Tàno  che  sia  il  figliuolo  d'Ercole  in  età  fanciullesca —  questa  statua  la  comprarono 
i  Romani  per  mille  ducati  di  Camera  »  Vacca  mem.  90.  (Vedi  Mittheil.  tomo  VI, 
a.  1891,  p.  46). 

I  documenti  relativi  a  tale  compera  si  trovano  nel  credenz.  I,  tomo  XXXVIII, 
e.  342',  dell'A.  S.  C.  nella  serie  «  Decretorum  populi  romani  ".  Leggesi  nel  verbale 
del  consiglio  secreto  del  10  novembre  1571  :  «  Cum  R.  D.  Archiepiscopus  de  Maximis 
intendat  vendere  figuram  et  statuam  Aventini  marmoream,  aptam  si  haberetur  prò 
fabrica  et  palatio  Capitolino,  et  ne  extra  Vrbem  deportetur,  placuit  S.  C.  statuam 
praedictam  emendam  foro  et  enii  debere  pretio  arbitrio  dd.  Cancellariorum,  Deputa- 
torum  super  Fabrica  et  Rutilii  Arberini  beueviso  " . 

II  CIL.  nomina  sovente  gli  «  Horti  maximorum  ad  forum  Boarium  sub  rupe  Tar- 
peia  ".  Vedi  un.  1407,  1922  ecc.  Vi  erano  state  raccolte  memorie  credute  appartenere 
alla  famiglia,  fra  le  quali  le  epigrafi  dell'arco  Fabiano.  Vedi  Bull.  Inst.  1871.  p.   17. 

L'autore  del  Cod.  Barb.  XXX,  89  copiò  «  nella  vigna  o  giardino  dell' arcive- 
scovo de  Massimi  incontro  S.  Sabina  in  una  pietra  antica  di  marmo  Itianoo  di  2  busti 


174  COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1515 

piccioli  di  maschio  e  femmina  »:  il  titoletto  di  Flavia  Elpide,  che  il  Grutero  1141,7 
vide  più  tardi  «  in  palatio  Maximorum,  sub  stemmate  viri  ac  foeminae  » .  La  vigna, 
confinante  con  l' orto  di  s.  Alessio,  con  il  sig.  Virgilio  Lucarini,  con  i  sigg.  Specchi, 
e  con  il  noviziato  di  s.  Andrea,  fu  venduta  il  giorno  16  novembre  1635  a  Marcello 
Vitelleschi,  e  per  esso,  ai  Gesuiti  della  casa  Professa,  coli'  assistenza  dei  notari  Colonna 
e  Buratti.  I  Gesuiti  ebbero  non  minore  fortuna  in  materia  di  scavi.  «  Sotto  il  pon- 
tificato di  Clemente  XI  quasi  sul  mezzo  dell'  Aventino  nell'  orto  dei  PP.  Gesuiti 
scavandosi,  fra  le  rarità  più  pregevoli,  fu  trovato  il  famoso  bassorilievo  di  Endimione 
(Helbig  tomo  I,  p.  342,  n.  462,  I  ed.  ingl.)  e  proseguendosi  lo  scavo  di  tempo  in 
tempo,  vi  si  trovarono  le  mura  composte  di  tre  differenti  maniere  come  anche  i  pavi- 
menti d' opera  tessellata,  ed  altri  di  gran  tavole  di  diversi  marmi  e  questi  ultimi 
sotto  le  rovine  di  trenta  palmi  di  altezza  » .  Altre  scoperte  più  recenti  sono  descritte 
nel  Bull.  Inst.  per  l'anno  1870,  p.  74.  La  scheda  fiorentina  n.  367  di  Sebastiano 
Serlio  contiene  il  progetto  di  un  casino  da  costruirsi  in  questa  vigna  per  Messer 
Luca  di  Massimo. 

Non  meno  conosciuta  dell' Aventinese  era  la  vigna  Massimi  negli  Orti  di  Cesare, 
al  primo  miglio  della  via  Campano-Portuense,  il  cui  sito  è  indicato  sino  al  presente 
dalla  chiesuola  di  s.  Maria  del  Riposo,  che  Massimo  de  Massimi  riedificò  dalle  fon- 
damenta nel  secolo  XVI,  si  come  apparisce  dai  documenti  conservati  nel  cod.  vat.  5389. 
La  vigna  era  stata  comperata  da  Ceccolo  Tognini  per  scudi  460,  oltre  il  gravame 
di  un  canone  a  favore  dei  canonici  di  s.  M.  in  Trastevere.  Costoro  la  sequestrarono 
nel  1583  per  mancato  pagamento  del  canone  predetto.  (Vedi  prot.  468  di  Innocenzo 
Gargia).  Nelle  parti  del  Lazio  i  Massimi  possedettero  le  terre  e  i  casali  di  Santo 
Jorio,  Valle  Alessandro,  Torre  in  pietra,  Perna,  Torre  Maggiore.  Porcareccia,  Porca- 
reccina,  la  Torretta,  Torre  Monda,  Cortecchia,  Paglian  Casale,  Cerqueto,  Santa  Procula, 
Bracco,  San  Nicolao,  Castiglione  in  Aurelia,  Bravi,  Pinciarone,  Quadrare,  Capranica  e 
Arsoli. 

Ho  escluso  da  questo  brevissimo  cenno  le  notizie  concernenti  il  celeberrimo  museo 
messo  insieme  dal  card.  Camillo  Massimi  nel  suo  palazzo  (Albani)  alle  Quattro  Fon- 
tane, del  quale  museo  ho  ritrovato  un  prezioso  inventario.  Se  ne  parlerà  nel  III  volume. 

COLLEZIONE  ORSINI  A  CAMPO  DI  FIORE.  »  Domus  Ursinorum  propinqua 
cum  horologio  campi  Florae,  quam  eximius  Franciscus  venetus  Vicecancell.  fundavit, 
postea  vero  a  Reveren.  Petro  Rhegino  Siculo  presbytero  cardi,  intus  et  extra  variis 
exornata  est  statuis  atque  picturis  »  p.  86  b.  Dei  due  prelati  qui  ricordati  il  primo 
è  Francesco  Condulmer,  nipote  di  Eugenio  IV,  il  secondo  è  Fedro  Isvalles  messinese, 
arcivescovo  di  Reggio,  promosso  da  Alessandro  VI  nel  1500,  e  morto  circa  il  1511. 
Il  palazzo,  poi,  è  quello  posseduto  più  tardi  da  Alberto  Pio  da  Carpi,  fabbricato  sulle 
rovine  del  teatro  pompeiano,  e  sul  nascondiglio  stesso  dell'  Ercole  Mastai, 

Morto  r  Isvalles  «  illris  dnus  Johannes  Jordanus  de  Ursinis  vendidit  Rmo  do- 
mino Francisco  card.  Surentino  ac  magnifico  viro  dno  Angustino  Chisio  mercatori  se- 
nensi,  vice  et  nomine  dicti  cardinalis  palatium  situm  in  urbe  in  platea  Campi  Floris, 
durante  vita  prefati  cardinalis  surrentini  ".  (Not.  Amanni,  prot.  QQ,  e.  722  A.  S.). 
Prezzo  300  ducati  larghi  d'oro. 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1515  175 

Un  documento  a  e.  138  del  prot.  del  notaro  F.  Pechinolo  in  A.  S.  C.  ricorda 
come  Virginio  Orsino  duca  di  Bracciano,  il  giorno  10  maggio  1588,  imponesse  un 
annuo  censo  di  scudi  840  sopra  il  castello  di  Campagnano,  in  favore  del  cardinale 
Alfonso  Gesualdo  vescovo  tusculano,  per  il  prezzo  di  scudi  10500,  coi  quali  il  duca 
ricompra  il  palazzo  di  Campo  di  Fiore,  venduto  da  Paolo  Giordano  suo  padre  al 
cardinale  di  Pisa,  Scipione  Rabila,  l'anno  1573.  Questo  censo  fu  estinto  agli  11  set- 
tembre dell'anno  seguente.  (Vedi  not.  Prospero  Campana,  prot.  425,  e.  732  A.  S.). 

Il  solo  fra  gli  illustri  Orsini  che  abbia  mostrato  speciale  interessamento  verso 
le  antichità  è  Lelio,  contemporaneo  di  papa  Urbano  Vili  e  dell'antiquario  Leonardo 
Agostini.  Tra  gli  edificii  da  lui  scavati  conviene  assegnare  il  posto  d' onore  alla  domus 
dell'  imp.  Massimo  «  nell'  orto  de  ss.  Apostoli  vicino  a  s.  Clemente  ove,  tra  la  quan- 
tità di  grandissimi  marmi  preziosi  in  ogni  genere,  vi  fu  anche  trovato  in  pochi  giorni 
un  numero  di  quarantadue  statue  »  Bartoli,  Mem,  I.  Vedi  Forma  Urbis,  tav.  XXX. 
Il  secondo  posto  appartiene  alle  terme  Eleniane.  «  A  santa  Croce  in  Gerusalemme  fu 
fatto  cavare  da  Lelio  Orsini  duca  di  Bracciano  nel  suo  giardino  ove  sono  le  terme 
di  sant'Elena.  Fu  trovato  in  uno  stanzone  più  profondo  di  tutti,  cinque  bellissime  statue 
oltre  una  quantità  grande  d' altri  frammenti  e  marmi  « .  Id.  Mem.  12.  Vedi  anche 
CIL.  VI.  1048,  1136,  ecc.  e  Fea,  Fasti,  p.  58.  Le  vicende  successive  di  queste  statue 
sono  illustrate  dal  seguente  rimarchevole  documento,  che  ho  trovato  nella  biblioteca 
Chigiana  sotto  la  rubrica  ms.  D.  I,  13,  e.  61,  nel  quale  don  Lelio  si  mostra  sotto 
il  suo  vero  carattere  di  affarista. 

«  A  Monsig.*"  Piccolomini  Nunzio  in  Francia.  A  di  1°  Dee.  1659.  Quanto  siano 
rigorosi  i  Bandi,  che  proibiscono  con  pena  della  perdita  dell'istessa  robba  di  cavar  statue 
et  altre  antichità  di  Roma  senza  licenza  di  Nostro  Signore  suppongo  esser  già  notissimo 
a  V.  S.  a  cui  ho  stimato  bene  di  significare,  che  richiesta  S.  S.**  alcune  settimane  sono 
per  parte  di  Don  Lelio  Orsino  di  poterne  estraere  alcune  la  S.''^  Sua  per  giusto 
motivo  non  stimò  conveniente  di  darla.  In  questa  contradicenza  di  S.  B,"®  fu  referto  a 
N.  S.  che  le  statue  erano  già  state  imbarcate  e  mandate  a  Civitaveccliia  dove  portatosi 
per  altri  affari  il  Commissario  de'  Galeotti  gli  fu  incaricato  che  trovando  in  quella 
Darsena  o  Porto  le  statue  sudette  le  facesse  trattenere,  com'è  seguito.  Si  sente  bora  dalli 
trasgressori  del  bando  che  le  statue  fossero  mandate  costà  per  il  Sig.""  Cardinale  Maz- 
zarino, il  cui  nome  non  era  però  nelle  balle  dove  si  leggono  solo  queste  parole  cioè  —  a 
Sii  Eminenze  Parigi  —  Sentendo  V,  S.  parlare  di  questo  fatto  potrà  rispondere  di  non 
haverne  informatione  ma  che  sapendo  il  desiderio  di  N.  S.  di  dar  ogni  gusto  a  S.  M.'* 
ed  al  Sig.'"  Cardinale  si  rende  certa  che  quando  giunga  a  iiotitia  di  S.  S.'-''  che  le 
statue  servano  veramente  per  il  Re  o  per  il  Sig.'"  Cardinale  si  darà  la  licenza  per 
il  trasporto.  E  senza  impegnarsi  più  oltre  dica  di  volerne  scrivere  a  me  ■'. 

Dovrei  anche  far  parola  del  «  loco  del  cardinale  Orsino  incontro  s.  Giacomo  degli 
Incurabili  verso  Monte  «  il  quale  conteneva  -  tra  1'  altre  statue  alle  fonti  uua  di  vil- 
lano da  prima  barba,  nudo  che  ride  coronato  d'  ellera.  Tien  sotto  il  braccio  destro 
un  otre  facendo  viste  di  premerlo  perchè  n'esca  l'acqua,  come  fa,  opera  di  niariiio 
finissimo,  lavorato  da  mano  dotta  ".  (Cod.  Barb.  XXX,  89,  p.  61.  ediz.  Lanciaoi).  Ma 
è  miglior  partito  non  uscire  dai  confini  del  palazzo  di  Campo  di  Fiore.  1  documenti 


176  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 

inediti  relativi  agli  Orsini,  facenti  parte  del  mio  Schedario,  sommano  già  a  duecen- 
toquarantadue,  e  formerebbero,  se  pubblicati,  un  giusto  volume.  Di  Fulvio  Orsina, 
del  suo  museo  e  Biblioteca  si  parlerà  nel  volume  IL  ::.  ; 

COLLEZIONE  ROSSL  II  Rossi  o  Rosei,  nominato  a  ce.  34'  e  62',  deve  essere 
quel  Gabriele,  contro  del  quale  il  Commissario  delle  antichità  Raffaele  da  Urbino 
tentò  il  colpo  di  mano  descritto  alla  p.  166.  Per  dire  il  vero  e'  era  una  qualche 
ragione  di  tentarlo,  vista  l' importanza  delle  scolture  raccolte  «  in  Domo  Rosela  » 
dove  le  vide  e  descrisse  Claude  Bellievre  di  Lione.  Il  catalogo  comprende:  «  caput 
Sibille  tiburtine  —  Cesaris   caput   cum   verruca  in  genua  dextra  —  Pompeii  tota 

pars  superior  —  dea  terre  que  infinitas   habet  papillas huius  dee  facies  manus 

et  pedes  ex  nigerrimo  sunt  marmore,  reliqua  alba  sunt  —  thauri  imraolatio  (lunga 
descrizione  del  rilievo)  —  Neptunus  deus  Maris  tridentem  dextra  gestans  qui  dextrum 
pedem  in  terra  figit,  sinistrum  in  mari  super  una  navicula  habet  —  Bacchus  juyenis 
—  uxor  Bacchi  —  Sculptura  ubi  est  voluptas,  castitas,  et  fortitudo  (quesf  ultima 
rappresentata  da  Ercole)  —  nimpharum  Diane  capita  multa  —  Venus  in  cathedra 
sedens  et  ad  eius  latus  sinistrum  mirtus  —  Poliphemi  caput  immane  barbatum  cri- 
nitum  "  Il  catalogo  ha  termine  con  queste  parole:  «  In  domo  Rosela  est  statua 
Minerve  cuius  facies  cum  dulcedine  et  pulchritudine  feminea  est  adeo  venda  (?)  ut 
auimatum  numen  et  oraculum  videatur;  hac  sumpta  occasione  Roscius,  nobilis  vir, 
invehebat  centra  modernos  celatores  qui  beatam  virginem  facie  nimis  venerea  sculpunt  » . 

Un  particolare  osservato  dal  Muntz  giova  a  spiegare  la  singolare  propensione  di 
Raffaele  verso  questa  raccolta.  La  Diana  efesina  inultimammea  e  il  Sacrificio  del  toro 
erano  stati  tolti  da  lui  a  modello,  e  riprodotti  negli  affreschi  delle  Logge.  Pare  che 
quando  egli,  «  asserens  habere  commissionem  a  sanctissimo  dfio  nfo  dictas  antiqui- 
tates  capere  et  asportare  centra  voluntatem  et  ordinem  testatoris  " ,  costrinse  i  Con- 
servatori della  città  a  intervenire  e  ricorrere  al  pontefice,  perchè  la  volontà  del  defunto 
e  i  diritti  del  popolo  fossero  rispettati,  il  pontefice  desse  torto  a  Raffaele.  Vedi  p.  166. 

Gabriele  de  Rossi,  del  quale  si  è  già  parlato  sotto  la  data  del  27  maggio  1494, 
alla  p.  89,  come  affittuario  di  una  parte  del  Palazzo  Maggiore,  verso  la  Moietta, 
lasciava  per  testamento  al  capitolo  di  s.  Giovanni  in  Laterano  la  sua  casa  avita.  Vedi 
Bicci,  Famiglia  Boccapaduli,  p.  234,  n.  A.  «  Reliquit  Ecclesie  s.  Joannis  lateran. 
unam  ipsius  testatoris  domum,  positam  in  platea  predicte  ecclesie  iuxta  res  filli  Danese 
de  Jenazzano  ab  uno,  et  ab  aliis  lateribus  vias  publicas  per  quas  itur  ad  s.  Mariam 
Maiorem,  cum  horto  retro  se  et  certo  petio  terre  sode,  ubi  fuit  alias  prima 
domus  primaque  habitatio  suorum  auctorum  de  Rubeis,  circumdata  a 
duabus  viis  ».  Si  ha  poi  memoria  di  una  «  turris  Gregorii  Petri  Rubei  (in  Cod.  Casanat. 
D,  IV,  22),  sin  dall'anno  1244:  di  altra  torre  appartenente  a  messer  Lorenzo  Rosso, 
caduta  a  terra  l'anno  1482  (R.  S.  Script,  tomo  IIP,  coL  1075)  etc.  I  Rosei  o  dello 
Roselo  0  Rubei  o  Rossi,  le  memorie  dei  quali  si  trovano  sparse  in  tutti  i  rioni  della 
città,  possedevano  una  cappella  gentilizia  in  Araceli  sotto  l' invocazione  di  s.  Barto- 
lomeo. Imparentati  coi  Cenci,  Cecchini,  Astalli,  Foschi  di  Berta,  della  Valle,  Alber- 
toni,  Cavalieri  e  Stazi  de  Thomais,  salirono  ai  più  alti  onori,  tanto  nella  carriera  civile 
col  senatore  Matteo  Rosso,  quanto  nell'  ecclesiastica  con  Bernardo  vescovo  di  Treviso. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515  177 

COLLEZIONE  SASSL  C.  62,  nella  r.  di  Parione,  nominata  anche  dal  Ma- 
zoehio,  p.  e.  a  e.  XXXIII,  ove  si  trova  un  disegno  di  mano  del  Lelio  rappresentante 
il  bel  cippo  di  M.  Canuleio  Zosimo,  CIL.  VI  (?),  già  in  s.  Vibiana.  Ma  il  documento 
più  rimarchevole  intorno  questa  raccolta  è  l' incisione,  senza  data  né  nome  d'autore,  clie 
si  trova  generalmente  inserita  nella  raccolta  Lafreri,  e  che  porta  il  titolo:  SPECTAN- 
TVR  H/c-C  ANTIQVITATIS  MONVMÈTA  ROMAE  IN  AEDIBVS  VVLGO  DICTIS 
DE  ZASSE.  Rappresenta  un  pittoresco  cortile  chiuso  da  mura  merlate,  con  nicchie 
grandi  e  piccole,  e  recessi  e  suggesti,  dentro  o  sopra  i  quali  sono  collocati  in  geniale 
confusione  simulacri  di  varia  misura,  con  le  fratture  di  scavo  non  restaurate.  L'Al- 
dovrandi  nomina  incidentalmente  questa  raccolta  tre  volte:  a  p.  CCIX,  n.  13,  ed.  Fea: 

t  Nel  palazzo  Farnese si  trova  in  una  stanza  un  bellissimo   simulacro  di  una 

donna  trionfante  assisa.  È  maggiore  del  naturale  ed  ha  il  capo,  i  piedi  e  le  mani 
con  un  poco  delle  braccia  di  bronzo  che  ha  quasi  colore  di  auricalco:  il  resto  poi 
è  di  porfido  con  maraviglioso  artificio  fatto.  Fu  ritrovato  in  Parione  in  casa 
di  messe r  Fabio  Sasso».  Similmente  a  p.  CCX,  n,  15:  «  Viene  poi  nel  mede- 
simo palazzo  una  statua  di  M.  Aurelio  imperatore.  Ha  la  sua  veste  avvolta  sulla 
spalla,  e  la  correggia  del  suo  stocco  attaccata  al  collo  e  pendente.  Fu  ritrovata 
in  casa  di  messe  r  Fabio  Sasso»,  e  per  la  terza  volta  a  p.  CCXI,  n.  16  :  -Vi 
è  anche  un  ermafrodito  di  paragone  (L'Apollo,  Winkelmann,  II,  15)  maggiore  del 
naturale  e  vestito  dal  mezzo  in  giù  :  ha  capelli  di  donna  e  si  tiene  il  braccio  dritto 
sul  capo ...  e  fu  trovata  in  casa  di  messer  Fabio  Sasso».  L' espressione 
«  trovato  »  indica  non  una  vera  e  propria  scoperta  fatta  sotto  quella  casa  in  Parione. 
ma  semplicemente  la  provenienza.  E  fa  fede  di  ciò  il  seguente  documento  da  me  tro- 
vato nel  prot.  1787  del  notario  Antonio  Scribano  a  e.  81  A.  S. 

i'  Die  Vigesima  sexta  Junij  [1546J  emptio  prò.  lUiìio  et  Excell"'°  d.  duce  Octavio 
farnesio. 

In  mej  c^  personaliter  constituti  D.  Decidius  et  Fabius  fratres  de  Saxis  nobiles 
Romanj  regionis  Treuij  Sponte  Vendiderunt  et  Venditionis  titulo  dederunt  111'"°  et 
Excell"^"  domino  duci  Octauio  farnesio  absentj  et  mg*^°  D.  Io  :  Anthonio  pullio  Baroni 
burgij  sue  excellentie  procuratori  et  agenti  una  mecum  notario  presenti  statuas  eneas 
et  marmoreas  In  eorum  domo  de  Saxis  nuncupata  regionis  parionis  existentes  videlicet. 

In  primis  In  la  Intrata  de  casa  Uno  hermafrodito  di  paragone  col  suo  pesamento 
AUincontro  ce  un  marco  aurelio  col  suo  pesamento,  A  piede  alle  scale  una  statua  di 
porfido  col  suo  pesamento  A  mezze  scale  una  Sabina  di  marmo  col  suo  pesamento 
Un  quatro  di  marmo  di  mezzo  rilievo  sta  in  nel  muro  dove  e  un  Sileno  con  altri 
satyri  Vna  testa  di  Pompeo  col  busto  di  marmo  Cinque  torsi  dj  marmo  bellj. 

Hanc  autem  venditionem  fecerunt  prò  pretio  et  nomine  pretij  scutorum  mille 
auri  ex  auro. 

Actum  Rome  in  domo  predicti  Mag*^'  d.  Io:  Anthonij  baronis  Presentibus  ibidem 
lacobo  de  Donatis  et  Io  :  bardeuano  Laico  et  clerico  Taurineu  et  Oloren  diocesuin 
respectiue  Testibus  *Sc  ». 

La  famiglia  Sassi  è  d'origine  antica.  Nel  prot.  1G47  del  not,  Scalibastri  a  e.  .')5 
e'  è  il  testamento  della  nobile  Vannozza,  vedova  di  Iacopo  Sasso  di  Parione  in  data  1481. 


178  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1515 

Sembra  ohe  fossero  oriundi  di  Firenze  perchè  a  e.  244  del  prot.  medesimo,  e  sotto 
la  data  del  1483,  ho  trovata  memoria  di  un  Rodolfo  e  di  un  Giuliano,  germani, 
eredi  di  Antonio  Sassi  di  Firenze,  del  r.  Parione. 

COLLEZIONE  SAVELLL  «  Duo  sepulcra  cum  statuis  sculpta  et  herculis  ae- 
rumnae  ibidem  visuntur  »  Albertino.  Giovanni  Colonna,  cod.  vat.  7721,  ricorda  i 
marmi  che  seguono:  (figg.  9,  10)  disegno  di  puteale  o  pilo  con  belli  fogliami  e  ra- 
moscelli, "il  sema  circoferetia  di  tinozze  antico  de  Savelli  in  piaza  mòta  nara  ». 
Ivi,  ara  con  pavone  «  in  casa  Savella  »>;  (figg.  9'  e  10)  «  la  sfigne  di  savelli  in  roma  . . . 
lunga  la  sfigne  piedi  81  «;  (fig.  11)  ara  di  L.  Emilio  Epafrodito  CIL.  VI,  n.  110G5 
u  al  mote  Savelli  ».  Il  codice  berlinese  Pighiano  a  e.  18,  riproduce  il  bassorilievo  di 
Mercurio  con  caduceo,  crumena,  e  gallo  a  lato  ;  a  e.  48  «  la  testa  de  pilo  a  Savelli 
dove  era  drente  le  forze  dercole  lavorato  de  tutti  li  bande  »:  a  e.  319'  l'ara  giu- 
nonica coi  pavoni  e  gli  encarpi.  L'Aldovrandi  descrive  i  marmi  Savelli  a  p.  232, 
ricopiato  dall'  Hoiidio  a  p.  28. 

L'album  di  Pierre  Jacques  da  Eeims  (ap.  Geifroy  Mélanges,  tomo  X,  a.  1890, 
p.  55  dell'  estratto)  contiene  un  disegno  del  citato  sarcofago,  e  così  pure  Piranesi, 
Vasi,  tav.  70. 

L' autore  del  codice  barber.  XXX,  89  dice  :  «  [534^]  Dentro  nel  cortile  sono 
molti  pezzi  d' antichità  e  doi  cassoni  di  marmo.  Una  delle  quali  ha .  v .  (cinque) 
statue  di  mezzo  rilevo  dinanzi  et  altrettante  dietro,  tutte  d'  ercole  che  ne  combatte 
con  quei  suoi  mostri.  Da  capo  n'  ha  tre  altre,  e  da  pie  medesimamente.  Questo 
sepolcro  è  il  migliore  et  il  più  sontuoso  che  si  vedano  degli  antichi  di  questa  sorte  : 
et  ha  un  coperchio  come  tetto,  adornato  di  lenzuoli,  che  appariscono  ricamati.  Alli 
cantoni  sono  .  2  .  bambocci  con  uva  in  mano.  Sopra  giacciono  .  2  .  statue,  che  pas- 
sano il  mezzo  rilevo  di  maschio  e  femmina,  eh'  a  mandritta  è  abbracciata  dall'homo 
giovanotto  di  barba  riccia  ». 

La  raccolta  si  accrebbe  di  un  notevole  monumento  con  la  demolizione  dell'  arco 
di  Portogallo  fatta  da  Alessandro  VII  l'anno  1662.  Dei  tre  bassorilievi  dell'arco 
due  finirono  nel  palazzo  de'  Conservatori:  il  terzo,  venuto  nelle  mani  di  Maria  Fe- 
lice Peretti,  fu  trasferito  al  teatro  di  Marcello  dopo  il  matrimonio  di  costei  con  Ber- 
nardino Savelli.  Succeduti  gli  Orsini  ai  Savelli  nel  possesso  del  palazzo  e  del  teatro 
Marcelliano,  si  aifrettarono  a  vendere  i  marmi  famosi  all'  antiquario  Vitali,  dal  quale 
gli  acquistò  il  principe  Alessandro  Torlonia. 

COLLEZIONE  TOMAI.  Non  saprei  precisare  con  sicurezza  se  l' indicazione  del- 
l'Albertino s'abbia  da  attribuire  alla  famiglia  Tomarozzi,  ovvero  a  quella  degli  Stati, 
Staci,  0  Stazi.  Degli  Stati  de  Thomais  parla  l'Adinolfi  tomo  I,  p.  250,  de'  Toma- 
rozzi  de  Thomais  ho  già  parlato  sotto  l'anno  1498. 

1515.  COLLEZIONE  CAVALIERI.  Neil'  «  inventarium  honorum  Bernardini  de 
Militibus  (Cavalieri)  « ,  che  si  trova  nel  protocollo  643  A.  S.  a  e.  73,  sono  nominati  : 
«  imprima  una  cassata  intarciata  da  tenire  scriture  et  dinari  in  la  quale  casseta  forno 
trovati  anelli  m edalie  cucchiari . . .  arazzi  à  figure  etc.  ».  Dato  che  si  tratti  di 
medaglie  antiche,  sarebbe  questa  la  più  antica  memoria  della  raccolta  Cavalieri,  della 
quale  si  parlerà  a  lungo  nel  secondo  volume. 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1515-1516  179 

1515,  30  novembre.  PALATIVM  —  AEDES  SEVERIANAE.  Importanti  notizie 
intorno  «  duas  griptas  in  palatio  maiori,  quarum  una  posita  est  sub  dictum  palatium 
versus  circum  maximum  in  strada  publica  Sancte  Marie  della  mano  versus  sanctum 
gregorium  cui  ab  uno  latore  (tenent  gripte  ?)  eiusdem  Abatie  et  ecclesie  ab  alio  gripta 
Julii  de  Alberinis  sita  sub  proprietate  Abatie  Sancti  gregorii  ante  est  via  publica  vel  si 
qui  alii  etc.  et  alia  posita  est  etiam  sub  dictum  palatium  que  est  repleta  et  habet 
diratam  voltam  a  parte  superiori  cui  ab  undique  est  planum  prefati  palatii  maioris  " . 
Si  trovano  in  un  contratto  di  locazione  tra  Nicola  Brugnoli  abate  di  s.  Gregorio, 
e  Battista  da  Milano  eufiteuta  ap.  Amanni  prot.  61,  e.  391,  in  A.  S.  Nello  stesso 
giorno  e  anno  l'abate  Brugnoli  loca  a  Gasparino  da  Ronco  «  quandam  griptam  aptam 
ad  reponendum  fenum  sitam  sub  palatio  malore  versus  circum  maximum  cui  a  duobus 
lateribus  silicet  a  dextris  et  sinistris  sunt  gripte  proprietatis  Sti  Gregorii  quas  retinet 
d.  gabriel  de  rubeis  retro  est  dictum  palatium  malore  ante  est  via  publica  »  etc.  etc. 
Ivi,  e.  39r.  Vedi  Mittheil.  tomo  IX,  a.  1894,  p.  6. 

1515.  Claudio  Bellievre  da  Lione  visita  Roma  nel  biennio  1514-15  «  investi- 
gandis  veterum  Qiiiritium  reliquiis  »  come  ne  assicura  egli  stesso  nel  cod.  paris.  latin. 
13,  123  a  e.  186-254.  Sul  contenuto  del  codice  e  sulle  notizie  che  porge  intorno  le 
opere  d'arte  raccolte  dai  privati,  vedi  Henzen,  CIL.  VI,  p.  XLV,  n.  20;  Michaelis, 
in  Jahrbuch,  tomo  Vili,  a.  1893,  p.  120,  e  Miintz,  «  Raphael,  sa  vie,  son  oeuvre, 
et  son  temps  »,  pp.  591-592. 

1516,  21  gennaio.  VICVS  TVSCVS  —  CLI WS  VICTORIAE.  Giovanni  Battista  e 
Marcello  Frangipane  concedono  a  Giovanni  dall'Aquila  rettore  di  s.  Lorenzo  ai  Monti 
«  cavam  seu  fossuram  lapidum  eorum  vinee  site  iuxta  sanctum  Theodorum  cum  non- 
nullis  pactis  et  conventionibus  »  (Not.  de  Paciflcis,  prot.  1187,  e.  10').  Vedi  Mittheil., 
voi.  IX,  1894,  p.  29  ove  ho  recato  due  documenti  concernenti  questa  possessione  sub- 
palatina dei  Frangipane.  Il  primo  in  data  23  ottobre  1535  nomina  -  palatium  vul- 
gariter  nuncupatum  lo  palazo  de  frigi  apani  situm  insta  seu  sub  palatio 
maiori  versus  ecclesiam  s.*'  Georgii  »,  il  secondo  in  data  18  luglio  1612  dice  che  il 
terreno  misurava  tre  pezze,  estendendosi  verso  il  Cerchio  Massimo.  Si  hanno  dunque 
tre  punti  di  riferimento,  le  chiese  di  s.  Teodoro  e  di  s.  Giorgio,  e  la  via  de'  Cerchi, 
mediante  i  quali  si  può  collocare  palazzo  e  terreno  nel  sito  delle  presenti  vigne  Nus- 
siner  e  Butirroni.  Ciò  è  confermato  da  un  quarto  atto  del  1551  già  ricordato  a  p.  172, 
ove  si  nomina  «  quondam  locum  vulgf  dictum  el  palazo  antiche  de  Freapani  situm 
intra  moenia  urbis  in  loco  qui  dr.  Palazzo  magiure  prope  ecclesiam  s.  Anastasio  in 
conspectu  fontis  s.  Georgii  »,  (Not.  de  Comitibus,  prot.  621,  e.  86  A.  S.).  Questa  con- 
trada di  s.  Giorgio  e  del  foro  Boario,  finì  col  chiamarsi  «  ad  Freiapanos  » . 

1516,  27  gennaio.  MORTI  LAMIANI  ?  ^^  Sia  noto  et  manifesto  a  chi  logora  queste 
presenti  come  questo  di  xxvii  di  jennaro  MDXVI  si  convene  infra  le  parti  infr;i- 
scripte  videlicet  lulio  de  Gatti  beneficiato  in  sancta  ]\Iaria  Maiore  et  Bernardino  de 
Asti  per  se  et  Messer  Luca  capitaneo  del  magnifico  Baroncello  de  Roma  dicto  lulio 
da  licentia  a  dicto  Bernardino  de  cauare  nella  vigna  soa  posta  discontro  sanoto  ]\latlRO 
tanto  nel  muro  quanto  dove  sera  bisogno  per  tucta  sua  vigna  ad  expese  de  ipsi  nies-^er 
Luca  et   Bernardino   et  tucto  quel  se   trouera  in  dieta  vigna  prete    libertini  marmo 


180  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1516 

figure  et  piumbo  metallo  et  peperigno  sia  ad  meta se  troueranno  et  quando  se 

trouassi  oro  argento  lo  terzo  sia  de  lo  fisco  uno  terzo  de  ipsi  cauatori  et  laltro  di 
Tulio  ».  Not.  Rocha,  prot.  591,  e.  431.  A.  S.  C. 

1516,  2  aprile.  VIA  FLAMINIA  —  MAVSOLEVM  AVGVSTI  etc.  I  lavori  intra- 
presi da  Leone  X  per  l'apertura  della  via  Leonina  (Ripetta-Scrofa)  tra  s.  M.  del 
popolo  e  s.  M.  de  Cellis,  e  la  fabbricazione  dei  terreni  circostanti,  devono  aver  dato 
luogo  a  ragguardevoli  scoperte  di  cose  antiche,  perchè  non  e'  è  uno  tra  le  molte  cen- 
tinaia di  contratti  di  compra-vendita  che  non  contenga  il  patto  di  riserva.  Ne  ri- 
porto uno  solo  del  12  aprile  che  può  servire,  senz'altro,  di  esempio.  «  D.  Marius  de 
Buccabellis  ciuis  et  clericus  romanus  locauit  in  perpetuum  d.  Lucretie  Sparrettone 
curiali  ro.  cu.  seq.  vnum  petium  terre  seu  fundi  cannarum  sexaginta  in  quo  nunc  est 
uinea  intra  menia  Vrbis  in  Campo  martio  non  longe  ab  ecclesia  beate  Marie  Vir- 
ginis  de  Populo  cui  ab  vno  latere  coheret  aliud  petium  terre  quod  ven.  uir  d.  Petrus 
da  Albinis  ciuis  et  clericus  romanus  conduxit  in  perpetuum  a  prefato  d.  Mario  ab 
aliis  lateribus  uie  pubi  ice  ad  edificandum  in  eo  domum.  Cum  pacto  quod  si  in  eo 
petio  terre  aliqui  lapides  marmorei  aut  tiburtini  apti  ad  artem  scalpellanam  siue 
statue  marmoree  aut  cuiuscumque  generis  lapidum  siue  metalli  seu  aqueductus 
plumbei  aut  alterius  metalli  invenirentur  sint  communes  prò  equali  portione  » .  Not. 
Ascanio  Marso,  prot.  24,  e.  161'.  A.  S.  C. 

I  principali  proprietari  di  vigne  ed  orti  attraversati  dalla  via  Leonina  e  dalle 
trasversali  (dell'Avvantaggio,  della  Scaletta,  Schiavonia,  l' Ortaccio,  Tomascelli  etc.) 
erano  :  i  frati  di  s.  M.  del  Popolo,  in  condominio  con  l' ospedale  di  s.  Giacomo  in 
Augusta  (lungo  la  sponda  sinistra  del  fiume):  i  frati  di  s.  Agostino  (vedi  a.  1519), 
e  gli  eredi  d'Agostiuo  Chigi,  i  quali  possedevano  un  giardino  in  Schiavonia,  detto 
anche  il  giardino  d' Ascanio.  Le  aree  fabbricabili  furono  vendute  quasi  tutte  a  mura- 
tori-architetti Comaschi,  Varesini  e  Caravaggesi,  che  piìi  tardi  si  unirono  in  congrega- 
zione nella  loro  cappella  di  s.  Gregorio  de'  Muratori  in  via  Leccosa.  La  storia  della 
costruzione  di  via  Leonina,  che  forse  un  giorno  pubblicherò,  è  la  storia  del  prodigioso 
movimento  edilizio  di  Roma  nel  primo  quarto  del  secolo  XVL 

1516,  5  agosto.  R.  VII.  Maestro  Cristoforo  da  Caravaggio  cede  a  Cipriano  da 
Orta  i  suoi  diritti  sulla  cava  nel  giardino  di  Mario  Fulvio. 

«  In  presentia  &  Cum  sit  prout  asseritur  quod  providi  viri  Magister  Christoforus 
condam  ferrini  de  caravagio  regionis  Campi  martis  ex  una  et  Ciprianus  de  Orta  eius 
cognatus  ex  alia  hactenus  foderint  lapides  tiburtinos  in  domo  et  horto  domini  Marij 
fulvii  sita  in  regione  trivij  cum  nonnuUis  pactis  Inter  eos  initis  manu  publici  no- 
tarli Et  dictus  Ciprianus  non  intendat  ulterius  fodere  in  dieta  domo  sed  ab  ea  re- 
cedere: Id  circo  sponte  dictam  cavam  refutavit  ac  cessit  predicto  Magistro  Christo- 
foro  eius  cognato  presenti  &  Cui  cessit  omnia  iura  que  habet  tam  in  dieta  cava  quam 
in  lapidibus  hactenus  fossis  in  dicto  loco  '».  Not.  Pacifici,  prot.  1187,  e.  162'.  A.  S. 

1516.  SCHOLA  GRAECA.  Girolamo  Graziano  de'  Pierleoni,  caporione  di  s.  An- 
gelo, apre  una  cava  di  pietra  presso  s.  Maria  in  Cosmedin.  Not.  de  Messis  prot.  1121, 
e.  15,  A.  S. 

1516.  Muore  Giuliano  Giamberti  da  Sangallo  in  età  di  settantun  anno. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1516-1517  181 

«  In  un  secondo  luogo  (dice  il  Fabriczy,  dopo  descritti  1  taccuini  di  Francesco 
di  Giorgio  Martini)  stanno  i  due  celebri  libri  di  schizzi  di  Giuliano  da  Sangallo 
(1445-1516)  nella  Barberiniana  e  nella  Biblioteca  comunale  di  Siena,  il  primo  messo 
insieme  fra  gli  anni  1465  e  1514,  perciò  durante  quasi  tutta  la  carriera  artistica 
del  suo  autore,  il  secondo  estendentesi  oltre  il  1500,  tutti  e  due  formanti  nel  loro 
contenuto  principale  raccolte  di  monumenti  dell'  architettura  antica,  nella  quale  sol- 
tanto eccezionalmente  si  sono  smarrite  poche  fabbriche  moderne.  Sul  primo  è  da  ve- 
dere E.  Miintz,  Mémoires  de  la  société  des  Antiquaii-es  de  France,  t.  XLV,  p.  188  seg., 
e  H.  de  Geymiiller,  1.  cit.,  p.  247  seg.;  come  anche  Muntz,  Les  arts  à  la  cour 
des  Papes,  t.  II,  p.  16,  dove  si  trova  citata  la  letteratura  anteriore  ;  circa  il  se- 
condo cfr.  A.  Jahn,  nei  Jahrbiicher  fiir  Kunstwissenschaft,  t.  V  (1872),  p.  172  seg., 
e  Miintz,  nelle  Mémoires  sopra  citate,  tomo  XLV,  p.  195,  i  quali  ambedue  danno  una 
breve  analisi  del  suo  contenuto.  Sul  volume  della  Barberiniana  manca  finora  una 
simile  analisi  ».  (Vedi  Fabriczy  in  Archivio  Storico  dell'Arte,  tomo  VI,  a.  1893, 
fase.  2,  e  più  sotto,  alla  p.  209). 

Io  ho  studiato  ponderatamente  tale  volume,  il  quale,  mentre  è  prezioso  per  la 
storia  della  rovina  di  Roma,  contenendo  molti  disegni  di  edifizii  oggi  scomparsi, 
dice  poco  0  nulla  di  scavi  del  1465  al  1514.  Più  importanti,  sotto  questo  rispetto 
sono  gli  appunti  contenuti  nelle  schede  degli  Uffizi,  delle  quali  ha  stampato  l'elenco  il 
chmo  Nerino  Ferri  a  p.  XLII  del  tomo  III  dei  «  Disegni  d'architettura  ",  Roma  1885.  • 
Vedi  p.  e.  il  n.  2044  (cornicione  trovato  (?)  in  chasa  di  Janni  Ciampolini)  :  il  n.  2045  * 
(sepolcro  fuori  di  Roma,  verso  Marino  III  miglio)  :  n.  2047  (ricordo  delle  basi  e 
cornici  del  tempio  de'  Castori)  :  n,  2045  (pianta  di  un  tempio  rotondo  fuori  di  Roma 
I  miglio):  p.  131,  1546,  2162  (studii  sulle  terme  di  Diocleziano)  eie. 

1517,  29  gennaio.  R.  V.  ESQVILIAE.  Mausoleo  detto  LA  CASA  TONDA. 
Pietro  di  Antonio  Regis  da  Alba  vende  per  75  ducati  «  provido  viro  petro  pippi* 
civi  romano  regionis  montium  presenti  *k  videlicet  quandam  dicti  domini  petri  vi- 
neam  trium  petiarum  plus  vel  minus  quanta  sit  cum  vasca  vascali  tino  et  statio  ac 
certo  edificio  rotundo  in  dieta  vinca  esistente  positam  infra  menia  Urbis  in 
loco  vocato  Cimbrj  prope  arcum  Sancti  Viti  Infra  hos  fines  videlicet  Cui  ab  uno  latere 
est  vinca  dicti  petri  ab  alio  est  viculus  vicinalis  ab  alio  et  ante  sunt  vie  publice 
vel  si  qui  &  positam  sub  proprietate  ecclesie  sancte  marie  maioris  et  sancte  potentiane 
ad  respondendum  anno  quolibet  vendemiarum  tempore  carlenos  22  antiquos  et  uiiam 
quartam  uvarum  liberam  ^s^  ".  Not.  Gualderoni  prot.  900  e.  34',  A.  S. 

1517,  13  luglio.  MACELLVM  MAGNVM.  Il  priore  di  s.  Stefano  Rotondo  fa 
scavare  e  distruggere  parte  di  antico  edificio  vicino  al  Macellum. 

«  Sia  manifesto  a  chi  legera  la  presente  scripta.  Como  hogie  questo  di  die  XIII 
mensis  Julii  1517.  El  venerabile  patre  frate  gregorio  beaedicti  priore  di  s.  Stefano 
ritondo  in  celio  monte  de  urbe  da  ad  maestro  berardino  de  boschino  da  binaco  ad 
fare  seu  fabricare  un  certo  corritore  over  deambulatorio  dalato  al  moniiterio  verso 
lorto  grande,  dove  sonno  molti  piedi  de  melangoli  et  cepressi.  Con  qui-sti  patti  cioè, 
che  dicto  maestro  bernardino  se  obliga  di  fare  tanto  muro  de  fondumeuto.  quanto 
altro  muro  et  volte  de  dicto  corritore,  per  carlini  quattordici  canna,  mettendoce  ogni 


182  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1517 

cosa  necessaria  ad  far  dicto  muro  ad  loro  spese  come  calce,  pozolana  acqua  et  degni 
sorte  de  legnami  tanto  necessarie  ad  far  ponti  quanto  ad  far  centini  per  diete  volte 
archi  over  finestre  et  porte  et  funi.  Excepto  che  dicto  patre  priore  li  dano  le  prete 
in  certe  muraglie  verso  la  strada  maestra  et  dicti  maestri  li  hando  ad  fare 
capare  et  cavare  et  portare  in  dieta  opera  ad  loro  spesa  Et  dicti  sopradicti  maestri 
se  obligano  comò  di  sopra  che  tutta  terra  che  cavarando  ad  fare  dicto  fondamento 
labbiano  ad  fare  buttare  ad  loro  spese  per  lo  inchiostro  grande,  con  altri  calcinacci 
che  uscissino  ad  fare  porte  finestre  et  archi  che  se  haverrando  ad  fare  in  dieta  opera. 
Et  dicto  patre  priore  se  obliga  ad  soe  spese  darli  le  colonne  diritte  che  handarando 
in  dicto  corritore,  et  tutti  ferramenti  necessarii  in  dieta  opera  come  catene  di  ferro 
et  cancani  dicto  patre  priore  li  promette  damili  ad  soe  spese.  Item  dicti  maestri  se 
obligano  de  rompere  lo  muro  dove  handarando  certi  archi,  porte  et  finestre  ad 
loro  spese  ".    Net.    de    Coronis,  prot.  643,  e.  150  in  A.  S. 

1517,  17  luglio  —  R.  IX.  PORTICVS  MINVCIAE?  Giovanpietro  Carcano  ret- 
tore della  chiesa  di  s.  Nicolao  de'  Funari  affitta  a  Girolamo  Salamoni  certe  terre  e 
rovine,  con  riserva  per  gli  oggetti  di  scavo. 

«  Indictione  quinta  mensis  Julij  die  decimo  septimo  i5i7  In  presentia  mei  pa- 
cifici de  pacificis  Notarij  Cum  fuerit  et  sit  prò  ut  asseritur  per  infrascriptas  partes 
quod  R*^"^  pater  dnus  Johannes  petrus  de  Carcano  magister  domus  R""  dnj  Cardi- 
nalis  saucti  marci  et  Rector  pro^'^  ecc*  sancti  Nicolai  de  funarijs  site  in  Regione 
Campitelli  inter  alia  bona  diete  ecc®  habeat  quoddam  petium  soli  situm  in  Radicibus 
Capitulinis  iuxta  dictam  ecclesiam  cum  quibusdam  arboribus  olivariim  in  eo  existen- 
tibus  Cui  ab  uno  latere  sunt  Res  ecclesie  sancti  Andree  de  funarijs  ab  alio  res  pre- 
fate ecclesie  sancti  nicolai  quas  possidet  dnus  Blasius  de  Cesena  supra  tenet  et  est 
campus  seu  planus  Capitoli]  ex  quo  solo  dieta  ecclesia  nullos  percipit  neque  percepit 
fructus  a  longis  temporibus  citra  nec  non  et  similiter  tres  Crittas  aptas  ad  repo- 
nendum  fenum  sitas  iuxta  dictam  ecclesiam  et  sub  vinea  seu  viridario  dnj  Blasij 
de  Cesena  proprietatis  prefate  ecclesie  ex  quibus  ipse  Rector  et  alij  prò  tempore  exi- 
stentes  percipere  soliti  sunt  annuos  fructus  Undecim  ducatorum  monete  veteris  Et 
vir  nobilis  diìus  Hieronimus  Salomonius  obtulerit  se  velie  dictum  solum  imperpetuum 
locare  una  cum  tiibus  dictis  grittis.  Ea  propter  dictus  Rector  locavit  et  locationis 
titulo  impei*petuum  dedit  prefato  duo  Hieronimo  solum  predictum  a  porta  orti  ma- 
gistri  ortendi  muratoris  supra  usque  et  suptus  prefatas  arbores  olivarum  in  eo  exi- 
stentes  et  dictas  tes  Grittas  cum  Juribus  et  pertinentijs  earum  prò  annua  respon- 
sione duodecim  ducatorum  cum  dimidio  similium  cum  pactis  quod  dictus  diìus  Hiero- 
nimus teneatur  expediri  facere  litteras  aplicas  et  etiam  quod  si  in  dicto  orto  seu 
solo  reperirentur  aurum  argentum  seu  statue  marmoree  sint  communes 
inter  ipsum  dfium  Hieronimum  et  Rectorem  et  alios  prò  tempore  existentes. 

Actum  Rome  in  Regione  pince  in  palatio  R'"'  diìj  Cardinalis  sancti  marcj  in 
Camera  dàj  Celsi  de  Belluno  Civis  Romani  familiaris  prefati  dìij  Cardinalis  ".  Not. 
Pacifici,  prot.  1187,  part  li,  e.  67'  A.  S. 

1517,  19  novembre.  MVSEI  CAPITOLINI.  I  conservatori  fanno  trasportare  dal 
Quirinale  al  Campidoglio  i  due  simulacri  giacenti  di  fiumi,  che  oggi  fiancheggiano 
la  fontana  della  Roma. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1517  183 

«  In  presentia  mei  notarli  Simon  quondam  Antoniì  cinquino  alias  pisano  habi- 

tator  urbis  in  r^  pinee  prò  se  ipso  ac  vice  et  nomine  Johannis   mazolo  de 

et  Simionis  alias  el  guercio  de fossorum  lapidum  eius  sociorum 

absentium  prò  quibus  promisit  de  rato  sponte  promisit  magnificis  viris  dominis 
Mario  de  peruschis,  francisco  de  novellis  et  hieronymo  de  rufinis  modernis  conser- 
vatoribus  Camere  alme  m'bis  presentibus  et  bine  et  usque  ad  vigiliam  nativitatis 
domini  nostri  Jesu  Christi  proxime  future  vehere  et  conducere  sive  vehi  et  conduci 
facere  duo  simulacra  marmorea  tiberina  existentia  in  moute  caballo  integra  et 
illesa  preterquam  ab  aliquo  pilo  sive  scissura  antiqua  alteram  scilicet  usque  in 
Atrium  palati i  dictorura  dorainorum  conservatorum  et  illam  collocare  in  eodem  atrio 
et  in  loco  sibi  assignando  per  prefatos  dominos  conservatores  altitudine  duorum  pal- 
morum  super  terram,  Alteram  vero  ducere  et  collocare  ante  dictum  palatium  scilicet 
in  loco  ei  assignando  per  eosdem  dominos  conservatores,  omnibus  et  singulis  sumptibus 
et  expensis  dicti  pisani  et  sociorum,  hanc  autem  promissionem  fecit  dictus  pisanus 
prò  se  et  quibus  supra  nominibus  eisdem  dominis  conservatoribus  presentibus  etc.  eo 
quia  dicti  d.  conservatores  promiserunt  et  convenerunt  eidem  pisano  presenti,  prò  con- 
ductione  et  coUocatione  predictis  sibi  et  dictis  eius  sociis  solvere  ducatos  octuaginta 
de  carlenis  hoc  modo  et  forma  videlicet  ducatos  quadraginta  similes  per  totum  diem 
crastinum  in  quo  die  dicti  socii  ratificare  teneantur  huiusmodi  instrumentum  Item 
ducatos  viginti  similes  tempore  collocationis  primi  simulacri  in  atrio  predicto  et  re- 
liquo  IX*'  ducatorum  tempore  quo  ultimum  siraulacrum  conductum  erit  prope  turrim 
de  Comitibus  absque  aliqua  exceptione  que  quidem  omnia  et  siogula  piefatus  pisanus 
nominibus  quibus  supra  attendere  et  observare  promisit  modo  et  forma  ac  tempore 
pedictis  sub  pena  ceutum  ducatorum  auri  palatio  prefatorum.  d.  conservatorum  appli- 
candorum  me  notarlo  renunciando  quia  sic  actum  prò  quibus  tam  prefati  domini  quam 
dictus  pisanus  ad  invicem  sese  in  pleniori  forma  Camere  obligarunt  submictendo  sese 
penis  et  censuris  diete  camere. 

Actum  in  palatio  dictorum  conservatorum  presentibus  Sano  de  Corouis  Christoforo 
quondam  lacobi  Nicolutie,  et  petro  micliaele  minichelli  de  Viturclano  tidelibus  prefa- 
torum. d.  Conservatorum  testibus.  Not.  G.  B.  de  Coronis,  prot.  643,  e.  169,  in  A.  S. 

1517.  FORVM  NERVAE.  Concessione  della  chiesa  di  s.  Maria  in  Macello  nel 
r.  Campitelli  all'  Università  de'  Tessitori  di  pannilini,  con  1'  obbligo  di  restaurarla  e 
di  chiamarla,  dopo  compiuti  i  restauri,  s.  Maria  degli  Angeli.  Tale  Uuiver^ità  dei 
Tessitori,  parte  italiani,  parte  oltramontani,  aveva  risieduto  sino  all'eia,  divisa,  nella 
chiesa  di  s.  Maria  dell'Anima,  e  in  quella  di  s.  Trifone.  Not.  G.  B.  de  Coronis, 
prot.  643,  e.  167.  A.  S.  e  Bull.  Com.,  tomo  XXIX,  a.  1901,  fase.  I. 

1517  circa.  VIA  APPI  A.  Un  breve  di  Leone  X  in  data  30  novembre  dà  a  Iacopo 
Mazzochi  il  privilegio  di  pubblicare  entro  i  sette  anni  le  «  Epigrammata  antiquae 
urbis  "  le  quali  videro  realmente  la  luce  nell'aprile  del  1521.  Fra  gli  scavi  o:^st'rvati 
dal  Mazzochi  v'è  quello  di  un  sepolcro  «  in  Vinea  M.  Ioannis  De  Macerata  al  purtam 
Appiam  »  di  cui  era  titolare  Sergius  Asinins  Phaimus.  (CIL.  VI  11. 7t?.».  ll.T'.'U.  11.791. 
11.792,  8540,  11855,  etc). 


184  COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1518 

1518.  PALATIVM.  Scavi  sulla  discesa  del  monte  palatino  fra  s.  Bonaventura  e 
s.  Gregorio.  Vi  si  scuopre  l' ara  dedicata  ai  Lari  augusti  dal  coUegium  structorum 
CIL.  VI,  444.  Questa  scoperta  si  collega  con  quella  dell'epigrafe  n.  456. 

1518.  ECCL.  S.  M.  DE  MONTE  SERRATO.  Si  demolisce  una  vecchia  chiesetta 
di  s.  Nicolao  de'  Catalani  fondata  l'anno  1534  da  Iacopo  Ferrantes  da  Barcellona, 
e  sul  sito  di  essa  si  scavano  le  fondamenta  dell'  attuale  chiesa  di  s.  M.  in  Monserrato 
Il  luogo  cade  forse  nelle  aree  delle  Stabula  Factionum  IV. 

1518.  Si  compie  l'ammattonato  stradale  a  partire  dalla  Torre  del  card,  di  s.  An- 
gelo «  usque  ad  arcum  Cammigliani  seu  platea  Camigliani  »  sotto  la  direzione  di  Am- 
brogio de  gnazano  (sic)  ingegnere.  Not.  de  Amanni,  prot,  62,  e.  210,  A.  S. 

1518,  24  maggio.  VIA  APPIA.  SEPVLCRVM  P.  SEPT.  GETAE  (?)  VALLIS 
ALMONIS.  Paolo  Pini  affìtta  a  due  ortolani  il  terreno,  oggi  Cartoni,  a  sinistra  del- 
l'Appia,  prima  di  giungere  a  Domine  quo  vadis  (vedi  Lugari,  in  Bull,  crist.  a.  1901, 
p.  5),  coi  monumenti  in  esso  contenuti. 

«  In  presentia  mej  notarij  etc.  personaliter  constitutus  nobilis  vir  dns  paulus  de 
pinis  romanus  civis  de  regione  columne  locavit  prò  tribus  annis  providis  viris  Mattheo 
quondam  magistri  andree  de  Cremona  et  Jacobo  quondam  Joannis  de  novaria  alias  roselo 
videlicet  certum  ortum  ipsius  dnj  pauli  positum  In  valle  marmoree  Infra  suos 
tìnes  Cum  Juribus  Et  pertinentijs  illius  universis  ad  usum  faciendi  ortum  salvis  tamen 
reservatis  et  pactis  infrascriptis  videlicet  certa  turrj  magna  In  dicto  orto  existenti 
cum  statio  et  certo  petio  terrarum  prope  dictam  turrim  existenti,  cui  petio  ab  uno 
latere  est  rivus  aque  magnus  della  marmo  rata  et  ab  alio  est  fossatum  per 
quod  alias  transibant  aque  que  redibant  ad  dictam  turrim  ac  etiam  reservato  can- 
neto In  eo  existente  posito  versus  bona  ad  mane  dnj  achillis  de  lenis  ro.  Civis  ac 
omnibus  et  singulis  terris  que  tendunt  a  fonte  magna  ubi  incipiunt  videri  rose 
piantate  una  cum  dieta  fonte  usque  ad  viam  publicam  vocata(m)  la  mar  morata 
latitudinis  a  sepibus  seu  fossatis  dictarum  terrarum  usque  ad  limites  ortj  Cum  herbis 
pascuis  et  pratis  ac  alijs  Juribus  existentibus  ac  etiam  reservatis  omnibus  et  quibus- 
cumque  arboribus  et  vitibus  fructiferis  et  infructiferis  ac  etiam  piscationibus  ranarum 
et  piscìum  et  aucupationibus  avium  que  omnia  reservata  sint  et  esse  debeant  ipsius 
diìj  pauli  Hanc  autem  locationem  fecit  prò  annua  responsione  XX.  ducatorum  de  car- 
lenis  ad  rationem  X.  Carlenorum  antiquorum  prò  quolibet  ducato.  Actum  Rome  In 
regione  Columne  In  domo  dictj  pauli  de  pinis  ».  Not.  Gualderoni,  prot.  900,  e.  110,  A.  S. 

Trattandosi  di  un  collettore  di  antichità  e  di  personaggio  il  cui  nome  è  legato 
alla  storia  della  Méta  di  Borgo  (vedi  a.  1518,  15  luglio)  sarà  utile  ricordare  qualche 
notizia  concernente  la  sua  famiglia,  oltre  quelle  già  date  sotto  la  rubrica  22  settembre 
1512,  e  1513.  Paolo  Pini  aveva  tolta  in  moglie  Girolama  Caprioli,  dalla  quale  ebbe 
quattro  figliuoli,  Belisario,  Paolo,  Fabia  e  Cesarla.  Egli  deve  aver  fatto  scavi  in  qualche 
sepolcreto  di  militi  pretoriani,  a  giudicare  dal  tenore  delle  epigrafi  copiate  in  sua 
casa  da  Mariangelo  Accursio  Aquilano  nel  1517,  e  riportate  dal  CIL.  n.  2559,  2635  etc. 
Tale  casa  stava  nel  rione  Colonna,  vicino  alla  piazza  della  Rotonda.  Il  terreno  «  in 
loco  dicto  la  Marmorea  in  valle  Apie  «  era  noto  sino  dal  1475  per  i  suoi  coppelli 
di  api  e  per  la  produzione  del  miele.  Vedi  not.  Capogalli,  prot.  470,  e.  245.  La  valle 


COMMISSARIATO    DI   RAFFAELE.    1518  185 

corrisponde  alla  presente  della  Caffarella,  sino  ai  confini  di  Capo  di  Bove.  In  un  atto 
di  cessione  fatto  l'anno  1402  da  Lorenzo  Egidi  vescovo  di  Spoleto  a  favore  di  suo 
fratello  Simone,  si  nomina,  fra  gli  altri  beni  «  unum  casale  quod  vocatur  Caput 
vaccha  positura  extra  portam  Apiam  iuxta  tenimentum  casalis  vocati  Capo  bove, 
iuxta  tenimentum  casalis  Quinque  Turrium,  iuxta  tenimentum  casalis  de  Mar- 
morea ».  (Not  Vendettini,  prot.  765  bis,  A.  S.  C).  Pare  che  nei  tempi  più  remoti 
la  valle  marmorea  appartenesse  alla  famiglia  Rogeri  originaria  di  Sutri  (Archiv.  S.  S. 
armario  II,  mazzo  III,  n.  27),  e  più  tardi  a  Maddalena  Armiiotti  la  quale,  il  giorno 
3  maggio  del  1470,  ne  fece  cessione  all'abbate  di  s.  Sebastiano,  Giuliano  Vari.  L'apoca 
minutata  dal  not.  Bistucci  nel  prot.  Capit.  67  F,  la  descrive  come  «  tenimentum  quod 
dicitur  la  Marmorea  cura  sedimine  domibus,  vascha  ortis  ortalibus  terris  cultis  et 
incultis  nemoribus  pratis  pantanis  formis  aquis  et  aquanim  decursibus . . .  situm  extra 
portam  Latinam  in  loco  qui  dicitur  la  marmorea  Inter  hos  fines  (s.  Sebastiano,  ss.  San- 
ctorum,  e  Meo  de  Grattulis)  » .  Trattandosi  di  memorie  che  rimontano  sino  a  Annia 
Regilla   «  cuius  haec  praedia  fuerunt  »,  domando  venia  al  lettore  per  la  digressione. 

1518,  26  giugno.  FORVM  AVGVSTVM.  Marco  Antonio  Cosciari  aveva  preso  in 
affitto,  sino  dal  priorato  di  fra  Gio.  Antonio  della  Rovere,  il  «  palatium  antiquum  ecclesie 
sancti  Basilii  »  dei  cavalieri  Gerosolimitani  «  sub  annuo  canone  32  ducatorum  de 
carlenis  et  cura  onere  exponendi  in  reparatione  dicti  palati!  infra  certum  expressum 
terminum  due.  400  " .  Succeduto  al  della  Rovere  nel  priorato  di  Roma  fra  Pietro  Sal- 
viati,  fiorentino  e  consanguineo  di  Leone  X,  e  vedendo  che,  non  ostante  i  400  ducati 
spesi  fedelmente  dall'  afiìttuario,  palazzo  chiesa  e  annessi  stavano  per  cadere,  rinnova 
r  apoca  di  locazione  in  favore  del  medesimo  ai  patti  che  seguono.  La  locazione  com- 
prende n  totum  et  integrum  palatium  vetus  cura  omnibus  eius  membris  eidem  palatio 
et  ecclesie  adherentibus  usque  ad  parietes  magnos  (recinto  del  foro)  iuxta  viam 
publicam  ab  uno  latore,  ab  alio  vicum  protendentem  ad  ortum  dicti  prioratus.  Item 
totara  et  integram  partem  terminatam  a  dictis  parietibus  magnis  et  a  prefata  via 
ab  alio  orto  dicti  prioratus  "  la  divisione  fra  i  due  giardini  essendo  marcata  da  una 
siepe  e  dal  pozzo  comune.  «  Item  unum  aliud  membrum  quod  est  intra  supradictos 
parietes  antiquos  . . .  iuxta  stratam  publicam  »  allora  occupato  da  un  carbonaio.  «  Item 
unum  petium  casaleni . . .  iuxta  quandam  domum  dirutam  Francisci  et  fratrum  de 
Cinciis  retro  supradictos  parietes  ante  est  via  publica.  Item  unum  aliud  ,  . .  casalenum 
cui  ab  uno  latere  est  dieta  domus  de  Cinciis  . , .  ante  est  platea  sancti  sirici  (ss.  Qui- 
rico  e  Giuditta),  retro  sunt  supradicte  parietes  » . 

In  questi  orti  casaleni  e  discoperti  1"  affittuario  Cosciari  potrà  *.  ad  eius  libitum 
fabricare  "  purché  si  tenga  a  tre  canne  di  distanza  dal  «  palatium  vetus  •'  e  dal  '^  reii- 
claustrum  palatii  magni".  Prezzo  annuo  dell'affitto  ducati  50.  «Item  conuenerunt 
quod  dictus  Marcus  Antonius  teneatur  infra  biennium  edificare  tribunalem  capelle  diete 
ecclesie  sancti  Basilii  que  nunc  minatur  ruinam.  Et  promisit  dictus  Marcus  Antonius 
consignare  capellano  deservienti  in  ipsa  ecclesia  sancti  Basilii  unam  camenun  quain 
ipse  d.  Marcus  Antonius  construxerat  in  dicto  palatio  veteri  in  qua  camera  est  depicta 
ymago  Crucifixi.  Item  quod  dictus  d.  Marcus  Antonius  habeat  usum  et  transitimi  reclau- 
stri  magni  existeutis  infra  palacium  magnum  nouum  et  palatium  vetus.  Itcm  dictus 


186  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1518 

d.  Marcus  Antonius  promittit  prefato  domino  priori  quod  in  eventum  in  quem  inue- 
nietur  in  dictis  locis  locatis  fabricando  seu  destruendo  et  cauando  aurum  argentum 
seu  aliud  metallum  figiiras  marmoreas  aut  teuertinos  dare  et  tradere  medietatem  dicto 
r.  d.  priori.  Et  prefatus  d.  prior  permittit  d.  dom.  Marco  Antonio  omnes  lapides 
parvos  et  scaglias  lapidis  etiam  illas  que  fient  ex  marmoreis  et  teuertinis  que  nunc 
sunt  sub  campanili  diete  ecclesie  sancti  Basilii.  Item  quod  dictus  d.  Marcus 
Antonius  teneatur  facere  stratam  seu  viam  prò  orto  ipsius  d.  prioris  iuita  arcum 
hoc  et  ecclesiam  sancte  Marie  de  Angelis.  Item  conuenerunt quod  prefatus 
d.  Marcus  Antonius  non  possit  aliquo  modo  construere  aliquid  nec  edificare  in  toto 
ilio  spatio  ubi  nunc  sunt  ille  tres  columne  magne  antique  cum  suis 
basis  fundamentis  et  architrauibus  quantum  detìnet  et  protendit  quidam 
paries  antiquus  marmoreus  et  teuertinus  super  eisdem  columnis  estat 
quoddam  campanille  in  quibus  locis  prefatus  d.  Marcus  Antonius  non  possit  aliquid 
edificare  donec  et  quousque  prefatus  r.  d.  Prior  non  amoueritdictas  columnas 
lapides  marmoreas  et  campanille  quibus  amotis  prefatus  d.  Marcantonius 
possit  ad  libitum  suum  edificare  quidquid  sibi  placuerit  » . 

1518,  15  luglio.  META  DI  BORGO.  Avendo  Leone  X  donato  a  Belisario  Pini, 
minore  di  età,  1'  area  della  Méta,  confiscata  al  card.  Adriano  di  Corneto,  è  nominato 
suo  procuratore  Teodoro  Gualderoni,  il  quale,  nell'  istesso  giorno  prende  possesso  del 
sito  con  l'atto  che  segue: 

«  In  presentia  mei  personaliter  constitutus  eximius  Utriusque  Juris  Doctor  domi- 
nus  Johannes  de  malvetijs  de  brissia  Judex  palatinus  et  secùndus  collateralis  Curiae 
Capitoli]  almae  Urbis  existens  in  anticamera  eius  solitae  residentiae  ac  sedens  in  quadam 
fenestra  dictae  anticamerae  quem  locum  quoad  hunc  actum  prò  suo  Juridico  et  tri- 
bunali loco  elegit  et  deputavit,  dixit  ad  eius  aures  pervenisse  S.  in  Christo  patrem 
et  dominum  Leonem  papam  X  gratiose  donasse  bellissario  filio  quondam  bo:  me: 
d.  p[auli]  de  pinis  romani  civis  omnia  et  singula  Jura  olim  spectantia  et  pertinentia 
quovis  titulo  et  occasione  ad  tunc  Rmum  in  Christo  patrem  Dnum  adrianum  olim 
tituli  S.*'  Grisogoni  Cardinalem  de  nunc  ad  camera m  apostolicam  confiscata  occasione 
privationis  et  processus  contra  eundem  adrianum  facti  et  formati  super  meta  et  area 
illius  prò  ut  vigore  motus  proprij  eiusdem  S.™'  Dìii  Nfi  dicto  bellisario  emanati  et 
in  manibus  ipsius  bellisarij  ibidem  presentis  existentis,  et  in  dicto  motu  proprio  detur 
potestas  dicto  bellissario  propria  auctoritate  illius  possessionem  capiendi  et  propter 
eius  minorem  etatem  non  habeat  legitimam  personam  praedicta  faciendi,  Volens  pro- 
videre  Indemnitati  et  utilitati  dicti  bellissarij  pupilli  ad  effectum  possessionem  prae- 
dictam  capiendi,  deputavit  in  actorem  ipsius  bellissarij  ad  dictum  actum  tantum,  vide- 
licet,  nobilem  virum  dnum  Theodorum  gualderonium  Romanum  CivemRegionis  Columnae 
ibidem  praesentem  et  dixit  eidem  Theodoro  :  vade  et  nomine  dicti  bellisarij  et  prò  eo 
possessionem  diete  metae  et  areae  illius  iuxta  forraam  dicti  motus  proprii  apprehende.. . 
Actum  romae  ut  saprà  presentibus  dno  Jacobo  de  simoncinis  et  nieholao  de  straballatis 
notarlo  publico  Regionis  arenulae  testibus  etc. 

Eodem  die. 

In  presentia  mei  Notari  etc.  personaliter  constitutus  dominus  Theodorus  gualde- 
ronius  ro:  civis  Regionis  Columnae  curator  per  acta  mei  notarij  infrascripti   perspi- 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1518  187 

cacis  pueri  bellissarij  fili  quond  :  bo  :  me  :  domini  p[auli]  de  pinis  romani  civis  pro- 
curatoris  Capitolini  ab  eximio  I.  V.  doctore  dno  Johanne  de  malvetijs  de  brissia  Indice 
palatino  et  2**  collaterali  Curiae  Capitoli]  deputatus  ad  infrascriptum  actura  taliter 
faciendum  ante  locum  vocatiim  volgariter  la  meta  et  eius  arcani  positam 
in  burgo  S."  petri  et  civitate  leonina  infra  hos  fines,  videlicet  Cui  ab  uno  latere  sunt 
bona  sub  proprietate  filiorum  et  heredum  dicti  domini  pauli,  ab  alio  sunt  bona  olim 
quondam  Rmi  tuuc  adriani  et  mmc  Comitis  Ludovici  rangoni,  retro 
est  via  publica,  ante  est  via  magna  alexandrina  vel  si  qui  animo  et  intentione  realem 
corporalem  actualem  et  naturalem  possessionem  illius  vice  et  nomine  dicti  bellissarij 
capiendi  apprehendendi  et  retinendi  iuxta  facultatem  et  potestatem  ac  etiam  auctori- 
tatem  eidem  bellissario  a  8.™°  Duo  Nfo  Leone  divina  providentia  papa  X  in  quodam 
motu  proprio  suae  Sanctitatis  contentam  dieta m  metam  et  aream  Intravit  corpo- 
raliter  in  eaderaque  stetit  et  p  ermansit  per  eam  et  dictam  aream  ambulavit  et  in  ea 
Sedit  de  terra  et  cementis  illarum  in  eius  gremio  recepit.  Actum  in  burgo  S."  petri 
presentibus  alexandro  quond:  Juliani  de  albinis  aromatario  et  magistro  arnaldo  de  casa- 
nova olorensis  dioecesis  phisico  habitatoribus  in  burgo  S."  petri  et  prope  dictam  metam 
Testibus  ». 

Segue  un  inventario  fatto  dalla  "  honesta  Vidua  et  mulier  domina  hieronima  de 
capreolis  relieta  quondam  bo:  me:  domini  pauli  de  pinis  "  madre  del  sopradetto  Beli- 
sario, quale  tutrice  dei  suoi  figli  minori. 

Tra  gli  altri  stabili  si  nominano  [e.  61].  «  Item  una  casa  che  sta  in  borgo; 
la  tiene  ad  locatione  in  3.  generatione  messer  macteo  d'  eugubio.  Item  uno  Incenzo 
perpetuo  di  una  casa  che  sta  in  borgo  in  la  via  deritta;  la  tiene  mastro  Rinaldo. 
Item  uno  Incenzo  sopra  una  casa  che  sta  dereto  alla  meta  in  borgo,  quale  tiene  madonna 
Violante.  Item  uno  Incenzo  dereto  alla  dieta  meta  in  perpetuo  quale  ce  risponde 
messer  paulo  trotto.  Item  uno  incenzo  in  perpetuo  dereto  alla  meta  quale  ce  risponde 
bartolomeo  scaramella.  Item  uno  incenzo  perpetuo  quale  ce  risponde  madonna  Chiara. 
Item  un  Incenzo  perpetuo  dereto  alla  meta,  quale  ce  risponde  madonna  Seratìna.  Item 
uno  incenzo  perpetuo  dereto  alla  meta  quale  ce  risponde  prete  lacomino.  Item  un 
incenzo  perpetuo  dereto  alla  meta  qnale  ce  risponde  messer  Alexandro  Carolj.  Item  un 
Incenzo  perpetuo  in  la  strada  ritta  quale  ce  risponde  messer  dioneo.  Item  una  casa 
locata  ad  terza  generazione  in  la  strada  vecchia  quale  tiene  fed.°  de  casale.  Item  una 
casa  locata  ad  3.  generazione  appresso  S.'"  Spirito  quale  tiene  madonna  elysabetta  pia- 
montese, 

Actum  Romae  in  Regione  columnae  in  domo  solitae  habitatiouis  dicti  quondam 
pauli,  presentibus  Johanne  baptista  filio  domini  petri  mazari  et  Sebastiano  lucarelli 
macellarlo  Romano  Regionis  montium  Testibus.  (Not.  Savo  Perelli,  prot.  1283.  e.  55-61  ). 
Un  altro  atto  del  medesimo  tabellioae.  ma  del  segueute  anno  1519.  nomina  un'Angelo 
venditore  di  storie  ed  altro  nell'area  della  Meta  -  viz.  in  quadam  apotheca  imperfecta 
in  dieta  area  esistente  versus  castruni  s.  Angeli  prope  quemdam  puteuni  (o.  12s)  -. 

Con  un  quarto  atto  del  5  fel)braio  1521  donna  Girolama  Caprioli,  vedova  di  Paolo 
Pini  e  tutrice  dei  figliuoli  minorenni,  concede  il  terreno  e  i  ruderi  dt-lhi  Meta  a  Ber- 
nardino d'Arezzo,  con  riserva  per  il  rinvenimento  di  oggetti  di  scavo. 


188  COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1518 

"  In  presentia  constituta  nobilis  miilier  dfla  Jeronyma  relieta  bo  :  me  :  drii  palili 
de  pinis  Ro  :  Civis  tutrix  pupillorum  Fabiae  Cesariae  pauli  filiorum  ac  filiarum  drli 
palili  et  domina  fabia  et  sigismunda  locauerunt  et  ad  meliorandum  dederunt  provido 
et  discreto  viro  magro  bernardino  qd.  poli  de  dombertonibus  de  arezio  calzolario  in 
biirgo  et  in  oppositum  ecclesiae  S.  Mariae  Transpontine  certas  terras  et  solum  existen. 
prope  et  fortasse  in  parte  super  area  olim  vulgariternuncupata  la  meta 
existente  in  burgo  prefato  et  Incipiente  in  facie  vie  alexandriue  a  qiiodam  angulo  vbi 
nunc  est  certus  puteus,  infra  hos  fines,  videi,  quibus  ab  uno  latere  sunt  bona  d.  Joannis 
Cangelose  sub  proprietate  dictor.  heredum  ab  alio  est  quidam  paries  seu  murus  qui  desi- 
gnat  vsque  ad  dictam  Domum  et  angulum  In  facie  vnam  apothecam  vz.  usque  ad  me- 
dietatem  dicti  muri,  que  Terre  seu  solum  Terrenum  mensurate  reperte  ascendere  ad 
summam  cannar.  9.  et  palmor.  2.  retro  vero  est  solum  et  Terre  dictor.  heredum,  ante 
est  d*  via  alexandrina.  D.  bernardinus  promisit  anno  quolibet  solvere  prò  responsione  du- 
catum  vnum  et  solvere  precium  quorumcunq.  melioramentorum  que  nunc  super  dictis 
terris  et  fortasse  super  parte  diete  mete  nunc  et  isto  moderniori  tempore  constructa 
reperiuntur  hinc  ad  Kal.  mensis  maij  prò  ilio  precio  prout  per  magnificum  virum  d.  gore- 
ziam  de  heredia  areis  S.  Angeli  capitaneum  et  raagrum  perinum  prefatum  [de  eara- 
vagio  Architectum]  declarabitur. 

Item  conuenerunt  quod  si  in  effossione  cantone  et  dictaruni  terrarum  quouis  modo 
reperiretur  aurum  argentum  statue  necnon  lapides  marmorei,  et  piperinei 
facientibus  (sic)  vnam  carrettatam  lapidum  et  ab  inde  supra,  medietas  sit  ipsorum 
heredum,  et  alia  conductoris. 

Actum  Romae  in  Reg.^  eolumnae  in  domo  solite  habitationis  dicti  qd.  dui  pauli 
de  pinis  pntibus  dno  Bartholomeo  de  Rotellis  Ro  :  Cive  Regionis  prefate  publico  notario 
Et  d.  alfoQzio  orgaz  clerico  zamorensis  dioecesis  hispano  et  Dno  Theodoro  de  gual- 
deronibus  Testibus   «    (Not.  Savo  Perelli,  prot.    1283,    e.  28,  parte  III*,  in  A.  S.). 

Altre  notizie  circa  le  case  dei  Pini  in  questa  parte  della  città  si  trovano  nella 
"  Tassa  aggerum  seu  munitionis  Burgi  iectitusque  platee  s.  Petri  »  del  1568  (nel 
prot.  6207  del  notare  Reydet  a  e.  820).  Essi  possedettero  la  parte  maggiore  ma  non 
tutta  l'area  della  Meta.  Fra  i  eomproprietarii,  o  almeno  tra  i  confinanti,  si  ricorda 
un  «  magister  Laurentius  de  Lucha  architector  in  urbe  "  cui  spettava  «  domus  posita 
in  burgo  sancti  petri  in  via  Alexandrina  cui  ab  uno  latere  sunt  res  christofari  domini 
Simonis  curatoris,  ab  alio  est  locus  ubi  erat  meta  burgi,  ante  est  via  Ale- 
xandrina, retro  certum  solum  sancte  marie  traspontine  "  (Not.  Amanni,  prot.  59, 
e.  472-477  A.  S.). 

I  documenti  ora  pubblicati  hanno  anche  un  certo  valore  isterico,  e  offrono 
qualche  novità,  11  processo  in  contumacia  dell'infelice  cardinal  di  Corneto,  Adriano 
Castelli,  incominciato  il  26  aprile  del  1518  per  istigazione  del  suo  acerrimo  nemico 
Silvestro  Gigli,  terminava  il  5  luglio  con  sentenza  la  quale  privava  il  cardinale  del 
suo  stato,  dei  suoi  beni,  dei  suoi  diritti  e  immunità  civili  ed  ecclesiastiche.  Ora  il 
palazzo  alla  Meta  di  borgo  era  stato  da  lui  donato  a  Enrico  Vili  sino  dal  1508, 
perchè  servisse  di  residenza  agli  ambasciatori  d' Inghilterra  in  corte  di  Roma  ;  En- 
rico Vili  l'aveva  donato  alla  sua  volta  al  cardinale  Lorenzo  Campeggi,  subito  dopo 


COMMISSARIATO   DI    RAFFAELE.    1518  189 

promulgata  la  sentenza.  Vedi  gli  «  Anglo  roman  Papers  »  del  Biady,  a  p.  29.  Ora 
come  si  spiega  il  passo  del  documento  15  luglio  sopra  riferito,  che  il  palazzo  «  olim 
Emi  adriani  "  era  passato  in  proprietà  del  conte  Ludovico  Rangoni  ?  Lasciando  a  chi 
si  diletta  di  studii  storici  di  definir  questo  punto  oscuro,  a  me  piace  ricordare  che 
il  nome  del  geniale  costruttore  del  palazzo  non  fu  dimenticato  dal  popolo.  Viveva 
ancora  dieciotto  anni,  almeno,  dopo  la  sentenza  di  confisca.  In  una  carta  del  notaio 
Mario  Foschi  del  1536  (in  prot.  735,  e.  80  A.  S.)  si  descrive  la  casa  del  celebre 
intagliatore  in  rame  Nicholas  Beatrizet  lorenese,  compagno  di  lavoro  e  consanguineo 
di  Anton  Lafreri,  siccome  posta  «  in  burgo  novo  in  loco  apud  palatium  adriani 
cui  ab  uno  latere  sunt  bona  her.  qd.  Arcangeli  senensis  de  Tuttis  medici  id  est 
phisici,  ab  alio  bona  de  saballe  portu(gall)ensis  hispane,  ante  via  publica  ». 

1518,  16  novembre.  LE  CAPOCCE.  Teodoro  Gualderoni  concede  a  Pietro  Ferrini 
il  permesso  di  scavare  nella  sua  vigna  alle  Capocce,  ossia  alle  Sette  Sale,  fra  lo 
rovine  o  della  domus  aurea  o  della  domus  Titi  imperatoris. 

«  In  pntia  constitutus  nobilis  et  sapiens  vir  d.  Theodorus  gualderonus  Ho:  Civis 
Regionis  columne  procurator  capitolinus  ex  Vna  et  petrus  q.  antonij  monatti  de 
ferrinis  de  pisis  Cauator  In  Vrbe  dictus  d.  Theodorus  sponte  dedit  ad  cauandum  in 
eius  Vinea  et  faciendum  cauam  per  dictum  petrum  cum  pactis  in  qiiadam  apoche 
cuius  tener  talis  est: 

A  dì  xvj  de  novembre  1518  =  Sia  noto  etc.  messer  Theodoro  da  a  pietro 
monetto  certa  caua  in  la  Vigna  di  esso  messer  Theodoro  posta  in  lo  vicolo  delle 
capoccio  dentro  le  mura  de  Roma,  eie  in  certo  loco  de  essa  vigna  posto  in  lo  stazo 
de  essa.  Che  tutte  et  singole  Teuertine  marmi  et  peperini  e  qualunche  altra  sorte 
de  pietre  da  scalpello  che  si  trouaranno  la  mita  sia  de  ms.  Theodoro,  et  l'altra  del 
prefato  pietro. 

Item  tutte  e  singole  figure  doi  terzi  de  ms.  Theodoro  et  vno  terzo  de  pietro, 
Item  oro  argento  esser  debia  liberi  de  ms.  Theodoro.  Item  pietre  de  marmo  et  apte 
ad  scaglie  tutte  del  prefato  pietro. 

Actum  Romse  iu  Regione  columnse  in  domo  ipsius  dui  Theodori  presentibus 
Ibidem  siipradictis  testibus  [ms.  marco  de  alzatellis  Ro  :  del  Rione  de  colonna  et 
bartolomeo  Rotella  del  dicto  Rione  et  Angelo  de  Canapino  de  Tiuoli  spitiali  alli  corbi]  -. 
Not.  Savo  Perelli  prot.  1283  e.  99  in  A.  S. 

Éj  possibile  che  da  questi  scavi  sien  venute  fuori  le  teste  e  i  busti  marmorei 
delle  quali  fu  ornata  la  casa  Gualderoni  a  s.  Maciito.  Vedi  1522,  18  sett.  Per  ciò 
che  spetta  al  sito  delle  Capocce,  credo  che  il  nome  apparisca  la  prima  volta  nel- 
l'anonimo Magliab.  p.  16:  ^^  palatium  Caesaris  fuit  in  via...  Merolanensi,  supra 
quam  viam  adhuc  suut  le  Cappoccie  vulgariter  dictae  »  Fabio  Calvo  (Simulacr. 
ed.  1527.  reg.  Ili),  attribuisce  tale  denominazione  alle  terme  di  Tito  (Traiano),  e 
Andrea  Fulvio  alle  i*  cisternae  quas  capaces  et  septem  salas  vocant  - .  Topno-iatì 
antichi  e  moderni,  lo  Jordan  compreso,  hanno  cercato  di  spiegare  l'etimoloofia  del 
nome,  la  quale  è,  invero,  semplicissima.  11  luogo  si  chiamava  le  Cai>occe  perchè 
apparteneva  alla  nobile  famiglia  montigiana  dei  Capocci.  Nell'archivio  del  Capitolo 
liberiano  si  conserva  una  copia,  fatta  l'anno  1263  da  Martino  di    Francesco    Paduli 


190  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1518-1519 

notavo  del  prefetto  di  Roma,  di  uno  strumento  rogato  da  Pietro  scriniario  di  santa 
Chiesa,  col  quale  Janni  Capoccia  detto  Mezzopane  dona  alla  basilica  di  s.  Maria 
Maggiore  una  sua  vigna  di  tre  pezze  al  Cimbro  di  Mario,  che  è  quanto  dire  aderente 
alle  Sette  Sale.  Questa  vigna  rimase  in  possesso  dei  Canonici  liberiani  per  lungo 
giro  di  secoli.  Nel  prot.  646  A.  S.  del  not.  de  Coronis  a  e.  220  si  ricorda  l'anno 
1526  la  «  vinea  capituli  s.  Marie  Maioris  intra  menia  urbis  in  loco  qui  dicitur  le 
Capoccie  »  presso  i  beni  di  s.  Croce  in  Gerusalemme. 

1519,  9  gennaio.  HORREA  R.  XIII.  Gerolama  ved.  di  Paolo  Pini,  nominata 
nell'anno  precedente  come  proprietaria  degli  avanzi  della  Meta  di  Borgo,  concede  in 
affitto  un  orto  in  Marmorata,  con  cripte  antiche. 

«  In  presentia  mei  notarij  etc.  personaliter  constituta  Honesta  et  nobilis  mulier 
dfia  Hieronima  relieta  quondam  bone  memorie  dìii  pauli  de  pinis  ro.  Civis  et  Tutrix 
et  ciiratrix  respective  bellissarij  et  alioriim  eius  filiorum  locarit  providis  viris  alberto 
filio  Johannis  antonii  de  Canperinis  de  villa  Sarnej  piacentine  diocesis  et  Joannoni 
quondam  franceschinj  de  castro  bellegna  similiter  piacentine  diocesis  olitoribus  In  urbe 
videlicet  certum  ortum  cum  pratis  et  gripta  turribus  arboribus  vitibus  fructiferis 
et  infructiferis  positum  In  urbe  et  loco  vocato  la  marmorata  ipsorum  heredum  Infra 
eius  coutìnia  alias  locatum  cuidam  rubeo  olitorj  :  ad  tres  annos  proxime  futuros.  Hanc 
autem  locationem,  fecit  etc.  prò  annua  responsione  XX:*'  ducatorum  de  carlenis". 
(Not.  Gualderoni,  prot.  900.  e.  3'  A.  S.). 

1519,  19  gennaio.  MORTI  LAMIANI?  «  Datio  ad  cavandum  lapides  per  dominam 
adrianam  de  sinibaldis  d.  petro  burgesio. 

In  nomine  domini  amen  Anno  domini  Millesimo  quingentesimo  decimo  nono 
pontificatus  S.™'  in  Christo  patris  et  domini  nostri  Leonis  divina  providentia  pape  X* 
anno  suo  Vj  indictione  septima  mensis  lanuarii  die  vero  decimo  nono  eiusdem  mensis 
In  presentia  mei  not.  Constituta  personaliter  Honesta  mulier  domina  Adriana  de  Sini- 
baldis Ro  :  Civis  1^^'^  campitelli  sponte  dedit  et  assignavit  Nobili  viro  domino  Petro 
burgesio  olim  Senatori  Urbis  licet  absenti  et  michi  not.  presenti  ad  cavandum  unam 
ipsius  d.  Vineam  positam  infra  portam  S.*'  Johannis  lateranensis  intér  suos  fines  cum 
pactis  quod  omnes  figure  lapides  laborati  aurum  argentum  plumbum  et  aliud  genus 
eris  quod  in  dieta  vinea  inveniretur  sit  et  esse  debeat  medietas  ipsius  domine  adriane 
et  medietas  ipsius  d.  petri  et  prò  medietate  dividatur.  alii  vero  lapides  tiburtini  pepe- 
rigni  et  alii  lapides  apti  ad  murandiim  due  tertie  partes  sint  et  esse  debeant  dicti 
domini  petri  et  una  tertia  pars  sit  et  esse  debeat  ipsius  d.  adriane  Scalie  antera 
omnes  sint  et  esse  debeant  ipsius  D.  petri  et  possit  prefatus  d.  Petrus  tantam  cavam 
in  caveis  facere  secuudum  et  quantum  bona  et  res  reperientur  que  cave  debeant 
fieri  omnes  sumptibus  et  expensis  ipsius  domini  Petri  et  teneatur  dieta  adriana  partem 
sibi  tangentem  dictorum  lapidum  et  figurarum  et  aliorum  supra  expressorum  assignare 
et  dare.  Actuni  Rome  in  i^"*  Campitelli  in  domo  ipsius  d.  Adriane  "  (Not.  de  Mettis, 
prot.  1123,  e.  r.  A.  S.).  Si  tratta  evidentemente  della  stessa  gentildonna  e  della  stessa 
vigna  «  posita  ante  ecclesiam  sancti  Matthei  in  Merulana  »  ricordate  sotto  la  data 
15  maggio  1510,  a  proposito  di  scavi  fatti  in  società  con  Girolamo  De  Rossi.  Questa 
società  tornerà  in  iscena  l'anno  1522  ai  17  di  marzo.  La  casa   Sinibaldi   nel   rione 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1519  191 

Carapitelli  è  ricordata  sino  dal  1469  in  uno  istromento  rogato  il  24  gennaio  dal  not. 
Lorenzo  Bertoni,  »  in  porticati  domus  d.  Joanne  uioris  condam  d.  Antonii  de  Sini- 
baldis  »  (prot.  128,  e.  7  A.  S.  C).  Ma  non  era  la  sola.  Vedi  istromento  del  22  aprile 
1510,  nel  voi.  Vili,  Srittori  Archivio,  e.  110,  A.  S.  C.  col  quale  «  d.  Lucidus  de 
Sinibaldis  vendidit  r.  p.  d.  Ferdinando  de  Castro  clerico  neapolitano  solura  seu  aream 
vel  superficiem  pontam  in  Burgo  sancii  Petri  in  nova  via  (Alessandrina)  que  fit 
inter  domos  Synibaldorum".  Il  canone  da  corrispondersi  dagli  enfiteuti  al  diret- 
tario, don  Lucido,  comprendeva  «  carlenos  triginta  monete  et  unum  par  capponum 
vivorum  quolibet  anno  »   (Ivi,  voi.  X,  e.  162). 

Merita  anche  osservazione  questo  primo  apparire  della  famiglia  Borghese  nel  campo 
archeologico  di  Roma,  nel  quale  doveva  illustrarsi  con  iscavi  e  scoperte  e  raccolte  di 
primissimo  ordine.  Il  Pietro,  socio  di  Adriana  Sinibaldi,  era  stato  nominato  Senatore  di 
Roma    pel  biennio  1515-1516  da  Leone  X  che  l'ebbe  in  particolare  considerazione. 

1519,  4  maggio.  VIA  APPIA.  I  monaci  di  s.  Sebastiano  locano  a  Giuliano,  Luca 
e  Francesco  Nobili  alcune  terre  vicine  al  monastero  col  patto  di  riserva  per  gli  oggetti 
di  scavo. 

«  In  presentia  cum  hoc  fuerit  et  sit  quod  alias  prior  et  quidam  assertus  procurator 
venerabilis  monasteri  s.  Sebastiani  et  fabiani  extra  et  prope  muros  urbis  ad  catacumbas 
locaverint  providis  viris  Juliano  luce  et  francisco  germanis  fratribus  de  nobilibus  Ro  : 
Civibus  Regionis  campi  martis  certas  terras  positas  prope  dictum  monasterium.  Ideo  per- 
sonaliter  constituti  R.'^'^^  pater  d.  Joannes  lunel  ad  presens  abas  dicti  monasteri]  nec  non 
monaci  congregati  in  loco  capitulari  diete  abatie  ex  una  et  prefati  d.  lulianus  et  fran- 
ciscus  prò  se  ipsis  et  dicto  dìio  luca  ante  omnia  dictam  locationem  revocaverunt  et 
annuUaverunt  et  prò  evidenti  utilitate  dicti  monasterij  de  novo  locaverunt  et  locationis 
titulo  in  perpetuum  dederunt  prefato  duo  Juliano  et  francisco  presentibus  ac  etiam 
dicto  duo  luce  absenti  videlicet  infrascriptas  terras  Idest  unum  petium  terrariim 
positum  prope  dictum  monasterium  septem  petiarum  plus  vel  minus  videlicet  cui 
ab  uno  latere  sunt  bona  liospitalis  salvatoris  ad  sancta  sanctorum  de  urbe  ab  alio 
bona  dicti  monasterij  locata  d  matthie  de  lenis  ab  alio  similiter  bona  dicti  mona- 
sterij similiter  contigua  dicto  monasterio  ab  alio  est  via  publica  recta  que  tendit  ad 
dictum  monasterium  et  aliud  petium  tresdecim  petiarum  cum  dimidia  et  38.  ordi- 
norum  vinearum  et  4.  staiolorum  mensure  Romane  etiam  contiguas  dicto  monasterio 
et  ad  manum  sinistram  eundo  ad  dictum  monasterium  Cuj  ab  uno  latere  sunt  bona 
dicti  monasterij  posita  ante  hostiura  ecclesie  prefate  et  taberne  ab  alijs  lateribus  sunt 
vie  publice  videlicet  via  Recta  que  tendit  ad  dictum  monasterium  et  via  que  tendit 
ad  castri! m  albani  ab  alio  videlicet  a  capite  sunt  bona  dicti  monasterij.  Hanc 
autem  locationem  fecerunt  dicti  locatarij  eisdem  conductoril)us  quoniam  dicti  con- 
ductores  promiseiunt  prò  se  ac  dicto  luca  dictas  terras  scassare  et  ad  usum  vineiuuni 
illas  colere  et  respondere  eidem  monasterio  l>arilia  bona  et  puri  musti  41.  Et  si  con- 
tingat  reperiri  in  dictis  terris  lapides  cuiuscumque  qualitatis  ac  aurum  argeiituin  aut 
quidque  pretiosum  quod  medietas  sit  dicti  monasterij  et  alia  dictorum  fratrum. 

Actum  Rome  extra  Urbem  et  in  dicto  monasterio  et  loco  capitulari  -  (Net.  Gual- 
deroni,  prot.  900,  e.  54  A.  S.). 


192  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1519 

1519,  14  luglio.  MAVSOLEVM  AVGVSTI  ET  VICINIA.  Continuando  alacremente 
i  lavori  per  la  via  Leonina,  i  frati  del  convento  di  s.  Agostino  «^  locant  d.  Angelo 
Colotio  presenti  quingentas  viginti  cannas  soli  seu  terreni  ipsius  conventus  vd.  in 
faciem  versus  viam  anteriorera  qua  itur  ad  ecclesiam  a}"  marie  de  populo  quatuor- 
decim  cannarum  et  per  longum  30  similium  cannarum  situm  in  i^"®  campimartis 
in  loco  ubi  alias  erat  vinea  prefatorum  frum  et  conventus  cui  ab  uno  latore 
versus  menia  urbis  sunt  res  prefati  dfii  Angeli  Colotii  ab  alio  est  via  Colotia 
nuncupata  retro  est  via  transversalis  que  si  lieri  contigerit  nuncupabitur  E  g  i  d  i  a  etc. 
ante  est  via  magistralis  leonina  nuncupata»  col  patto  della  divisione  degli  oggetti 
di  scavo.  (Not.  de  Amannis,  prot.  62,  e.  407  A.  S.).  La  frequenza  con  la  quale  simili 
patti  ricorrono  in  tutti  i  rogiti  per  l'apertura  e  costruzione  della  via  di  Ripetta  dal 
1510  al  1522,  prova  che  molte  cose  si  ritrovavano.  Anzi  io  non  esito  di  porre  in 
relazione  questi  lavori  stradali  con  le  grandi  e  memorabili  scoperte  fatte  nel  luglio 
di  questo  stesso  anno  attorno  e  dentro  il  mausoleo  di  Augusto.  Vedi  le  «  fragmenta 
offessa  pridie  Idus  Jul.  1519  ex  tegumento  exteriori  Augustorum  Mausolei  CIL.  VI. 
894  (895)  " ,  relative  alle  onoranze  decretate  per  Gaio  (e  Lucio)  figliuoli  di  Augusto, 
come  pure  Henzen,  Bull.  Inst.  1871,  p.  22,  e  soprattutto  Bull,  com.,  voi  X,  a.  1882, 
p.  152  sg.  Dei  due  obelischi  che  fiancheggiavano  la  porta  del  mausoleo,  delineati  da 
Pirro  Ligorio  in  un  disegno  autografo  della  mia  collezione,  dal  Lafreri  nella  tavola 
incisa  da  Stefano  Duperac  l'anno  1575,  da  P.  S.  Bartoli  nella  tavola  72  dei  «  Se- 
polcri »,  descritti  da  Ammuiano  Marcellino  17,  4  (vedi  Nibby  R.  A.,  tomo  II,  p.  522) 
uno  solo  fu  totalmente  scavato  nel  1519,  ed  è  quello  oggi  in  piazza  dell' Esquilino, 
delineato  l'anno  1589  da  Nicholas  van  Aelst  nella  grande  tavola  dedicata  a  Sisto  V. 
Era  rotto  in  tre  pezzi  :  i  due  più  alti,  lunghi  assieme  piedi  52,  giacevano  rovesciati  a 
terra.  Rimaneva  in  piedi  il  solo  terzo  inferiore  col  suo  piedistallo  o  basamento,  deli- 
neato da  B.  Peruzzi  sch.  fior.  405  (e  391). 

1519,  4  settembre.  VIA  TIBVRTINA.  Leone  X  concede  «  Capitaneo  militum  et 
prioribus  et  communitati  civitatis  Tybur  »  cinquanta  rubbia  di  sale  all'anno  in  com- 
penso del  permesso  datogli  di  distruggere  4600  metri  della  doppia  sostruzione  di  via 
Tiburtina  (la  Qiiadrara),  a  grandi  massi  di  travertino,  formanti  un  volume  di  22,000 
metri  cubi,  e  ciò  in  servigio  «  fabrice  principis  apostolorum  de  urbe  ».  Vedi  docu- 
mento, descrizione,  particolari  e  pianta  in  Bull,  com.,  tomo  XXVII,  a.  1899,  p.  22  sg. 
ove  ho  pubblicato  un  secondo  atto  del  18  giugno  1518  relativo  a  questa  faccenda 
dei  travertini  della  Quadrara,  che  furono  condotti  a  Roma  da  Ippolito  Mattei,  e  con- 
segnati al  fabbriciero  Giuliano  Leni  (^). 

1519,  22  novembre.  VICVS  TVSCVS.  Battista  e  Marcello  Frangipani  fanno  scavi 
nel  loro  sito  tra  s.  Teodoro  e  s.  Anastasia,  detto  più  tardi  la  vigna  Nussiner. 

«  Indictione  octava  mensis  novembris  die  22,  1519.  In  presentia  mej  Discretus 
vir  andreas  de  Bevagna  habitator  urbis  in  Regione  Campitelli  sponte  etc.   promisit 


(^)  A  questo  secondo  documento  ho  dato  diversa,  ma  erronea,  interpretazione  nel  Bull,  pre- 
detto. Non  si  tratta  di  travertini  cavati  ex  novo  dalle  cave  del  Barco  o  delle  Caprine,  ma  di  quelli 
stessi  che  reggevano  l'argine  della  strada  antica,  ceduti  dai  Tivolesi  al  papa  Leone. 


COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1519  193 

et  convenit  nobilibus  viris  dfio  baptiste  et  marcello  de  friapanibus  germanis  fratribiis 
Roraanis  Civibus  de  Regione  Campitelli  evacuare  quandam  Cantinam  eiistentem  sub 
stabulo  et  lovio  domus  habitationis  eorundeni  fratrum  prò  pretio  et  mercede  novein 
carlenorum  monete  veteris  prò  qualibet  Canna  Cum  pactis  et  Conventionibus  Inter 
ipsa3  partes  initis  quod  omues  lapides  minuti  apti  ad  murandum  sint  et  esse  debeant 
prefati  andree  lapidesque  magni  tiburtini  marmorei  peperigni  et  asprones  figure 
marmoree  et  columne  cuiusque  generis  fuerint  pili  sint  prefatorum  fra- 
trum Salvis  tamen  et  reservatis  quod  ipsi  fratres  teneantur  et  debeant  supradictos 
lapides  et  Columnas  extrahere  eorum  sumptibus  et  expensis  ac  etiam  Cum  pacto 
quod  si  muri  reperirentur  in  dieta  Cantina  quatuor  palmorum  infra  prefatus  andreas 
teneatur  et  debeat  illos  frangere  eius  sumptibus  et  expensis  Et  si  muri  ultra  lati- 
tudinem  quatuor  palmorum  reperirentur  quod  dicti  fratres  teneantur  illos  rumpere 
eorum  sumptibus  et  lapides  sint  ipsorum  fratrum.  Actum  Rome  in  Regione  Campi- 
telli in  domo  habitationis  prefatorum  fratrum  »  (Not.  Pacifici,  prot.  1187,  parte  4*, 
e.  152'). 

4  decembre.  STATIO  COH  •  IV  •  VIGILVM  ?  Mario  di  Pietro,  romano,  affitta 
a  Santino  da  Bergamo  una  cava  di  pozzolana  a  s.  Saba. 

«  Indictione  viij''*  mensis  Dccembris  die  Dominica  iiij*^  1519  pontificatus 
S.  D.  N.  d.  Leonis  pape  X  anno  yij.'"°  In  presentia  mei  notarij  discretus  vir  Marius 
quondam  diìi  Petri  Romanus  Civis  Regionis  arenule  sponte  locavit  Sanctino  romano 
bergamasco  effossori  puteolane  habitatori  Urbis  in  Regione  montium  prope  marforium 
presenti  Idest  Unam  cavam  puteolane  sitam  in  Vinea  eiusdem  Marij  prope  sanctum 
Sabbam  infra  menia  Urbis  suis  finibus  terminatara  prò  tempore  quo  durabit  puteo- 
lana  in  eadem  cava  seu  gripta  Cum  bis  pactis  videi icet  quod  omnes  et  singule 
expense  circa  effossionem  puteolane  et  aliorum  lapidum  seu  figurarum  aut  cuiuscunque 
generis  metalli  seu  bonorum  aliquorum  in  dieta  cava  per  tempore  reperiendoruni 
et  effoditorum  ac  extrahendorum  fiant  expensis  proprijs  eiusdem  Sauctinj  Et  tam 
puteolana  quam  lapides  et  figure  et  alia  in  eadem  cava  reperienda  et  extralienda 
comuniter  dividantur  et  sint  communes  inter  eosdem  Marium  et  Sanctinum  Jn- 
super  promisit  Idem  Sanctinus  sponte  solvere  et  cum  eftectu  pacare  promisi t 
eidem  Mario  presenti  summam  xxx.'*  Juliorum  prò  parte  eidem  Sanctino  contin- 
genti et  expensis  per  eumd.  marium  factis  circa  os  et  vim  elfodiendi  et  extraliendi 
dictam  putcolanam  factam  quos  solvere  promisit  secundum  quod  concors  fuit  idem 
Marius  prò  quibus  obligarunt  renuntiaverunt  voluerunt  Juraveruut  Et  rogavernnt. 
Actum  Rome  in  Regione  sancti  angeli  Et  in  apoteca  Cuiricj  orseoli  in  platea  Ju- 
deorum  presentibus  Seraphino  bartliolomej  de  Xoistiuis  de  tharano  notario  sabinensi 
et  Baldassare  quondam  magistri  Johannis  andree  de  Vricula  seu  de  blanchis  aromatario 
romano  in  eadem  apoteca  predicti  Cuiricj  commoranti  testil)U3  P]go  Pontiauus  de 
pontianis  notarius   rogatus  scripsi  •'    (Xot.  Ponziani.  prot.   1828,  e.  242  in  A.  S.). 

1519,  4  dicembre.  MOSILEOS  AD  APOSTOLVM  PETRVM.  Scoperta  di  -  alcune 
arche  antique  "  del  mausoleo  imperiale  vaticano,  nella  cappella  di  s.  Petronilla,  sotto 
la  direzione  di  Giuliano  Leni.  Vedi  Miintz  i.  Les  monum.  antiq.  de  Rome  ^  in  Revue 
Archéologique,  Mai-Juin  1884;  Lanciani,  Pagan  and  Christian.  Rome,  p.  2U2. 

2r, 


194  COMMISSARIATO   DI   RAFFAELE.    1519-1520 

1519.  BIBLIOTECA  GASSER.  A  e.  173  del  prot.  404  di  Iacopo  Apocello  si 
trova  r  inventario  della  raccolta  di  libri  di  Stefano  Gasser,  chierico  della  diocesi  Se- 
diinense,  e  vicecancelliere  del  card.  Giulio  de  Medici. 

1519.  FORVM  BOARI VM.  Giovanni  da  Stroncone,  maresciallo  dei  Conservatori, 
prende  possesso  di  un  orto  «  in  conspectu  ecclesie  s.  Georgii  de  urbe,  devoluti  ad 
populum  romanum  »  (Not.  de  Pacificis,  prot.  1187,  e.  62'  A.  S.).  La  metà  di  questo 
orto  fu  poi  data  in  enfiteusi  nell'anno  seguente  (Ivi,  prot.  1189,  e.  34). 

Questo  terreno  è  rimasto  in  possesso  del  pò.  ro.  sino  al  presente.  Nei  secoli  XVII 
e  XVIII  era  dato  in  affitto  per  uso  di  giuoco  di  boccie.  Valga  per  esempio  il  se- 
guente documento:  «  Die  8  martis  1712.  Dominus  Francìscus  Maria  Constantinus  Fiscalis 
camerae  Capitoli]  locavit  Jacobo  Traiano  filio  quondam  Johannis  romano  ludum  pilarum 
vulgo  boccie  ad  dictam  cameram  spectantem  positum  Romae  prope  acquam  ut  dicitur 
de  Sancto  Geòrgie  (e  conspectu  templi  Jani)  confinantem  cum  viridario  ut  dicitur 
della  Cartiera. . .  prò  annua  pensione  scutorum  Septera  »  (Not.  Cam.  Conserv.  tomo  II, 
e.  31.  Vedi  anche  Lancianì,  Aquedotti,  p.  9).  L'orto  al  Velabro  fu  trasformato  in 
-  Castra  Silicariorum  "  o  magazzino  dei  selci,  dopo  l'occupazione  Napoleonica,  e  in 
Pescheria  dopo  il  1870. 

1519.  CATABVLVM.  Con  architettura  del  Sansovino  si  riedifica  dalle  fondamenta 
la  chiesa  di  s.  Marcello,  orientandola  in  senso  opposto,  cosicché  la  facciata  che  prima 
guardava  la  via  Lata,  fu  girata  dalla  parte  di  via  Flaminia. 

1519.  RIPAE  TIBERIS.  Con  bolla  del  29  gennaio  1519  Leon  X  aveva  concesso 
alla  nazione  Fiorentina,  e  alla  loro  Compagnia  della  Pietà,  fondata  in  Roma  nella 
moria  del  1448,  di  fabbricare  una  chiesa  parrocchiale  vicina  al  loro  «  Consolato  " 
sotto  r  invocazione  di  s.  G.  Battista.  «  Autore  del  disegno  della  chiesa  fu  Iacopo 
Tatti  detto  il  Sansovino  che,  presso  la  riva  del  fiume,  fece  accumulare  una  enorme 
quantità  di  sabbia,  onde  ampliare  l'area  della  chiesa  stessa.  Il  lavoro  fu  compiuto  assai 
tardi,  cioè  sotto  Clemente  XII  » .  Armellini,  Chiese,  p.  353.  Lo  scavo  delle  fonda- 
menta, lungo  185  palmi,  largo  85,  incominciò  nel  1520  (Vedi  not.  Apocello,  prot.  406, 
e.  327  in  A.  S.). 

1519  circa.  THEATRVM  MARCELLI.  «  I  massimi  (corr.  Savelli)  patritij  romani, 
volendo  fabbricare  una  casa  il  sito  della  quale  veniva  ad  essere  sopra  una  parte  di 
questo  teatro,  ed  essendo  la  detta  casa  ordinata  da  Baldassarre  Sanese  raro  Archi- 
tetto, e  facendo  cavare  sfondamenti  si  trovarono  molte  reliquie  di  corniciamenti  diversi 
e  si  scoperse  buono  indicio  della  pianta  ».  Serlio,  libro  III  d'arch.,  Venezia  1584 
e.  69.  Vedi  Peruzzi,  sch.  fior.  407,  478,  527,  527',  603,  604. 

1519.  SILVAE  ET  AMBVLATIONES  MAVSOLEI.  La  compagnia  di  s.  Giacomo 
degli  Incurabili  estende  le  sue  corsie  sino  alla  nuova  via  Leonina,  e  fabbrica  nel 
maggio  1523  sull'angolo  di  questa  "  ecclesiam  s.  Mariae  Portae  Paradisi  et  libera- 
tricis  Pestilentiae  »  Architetto  Giorgio  Coltre  (Not.  Stefano  Amanni,  prot.  I,  e.  104, 
112,  167). 

1520,  20  gennaio.  CAPITOLINVS  MONS.  La  società  tra  il  Senatore  di  Roma 
e  la  banda  di  devastatori,  capitanata  da  Franceschino  da  Monferrato,  fa  i  conti  circa 
il  dare  e  l'avere  della  cava  di  Campidoglio.  Vedi  1520,  19  settembre. 


COMMISSARIATO    DI    RAFFAELE.    1520  195 

«  In  presentia  mei  notarij  etc.  Cam  sit  quod  alias  inter  111.  dominum  Senato- 
rem  ex  una  et  Simonem  cinquini  alias  pisano,  et  petmm  Antonii  muratorem  pisanum 
ac  francischinura  de  monferrato  partibus  ei  altera  quedam  societas  contracta  fuerit 
ad  effodiendos  et  cavandos  certos  lapides  tiburnas  {sic)  et  mar- 
moreas  in  platea  capitolii  et  virtute  diete  societatis  sive  conventionis  pre- 
nominati Simon  petrus  et  francischinus  in  varis  locis  platee  capitolii 
laboraverunt  et  deinde  calculum  de  omnibus  introitibus  et  expensis  in  dictorum 
lapidum  effossione  fecerint  et  concordes  remanserint  Et  velint  ad  presens  super  premissis 
sese  concordare  Idcirco  prefatus  d.  Senator  ex  una,  et  dicti  Simon.  Petrus,  et  fran- 
cischinus partibus  ex  altera  sponte  ad  invicem  refutavarunt  omnia  iura  eis  sive  eorum 
alteri  competentia  ad  invicem  ratione  diete  societatis  et  expensarum  ac  lucri  desuper 
tacti  usque  in  hodiernum  diem  et  nullo  iure  Cum  hoc  quod  certi  lapides  habiti 
per  fratres  Saucte  marie  de  araceli  ex  dictis  cavis  extracti  quos 
dictus  dominus  Senator  eisdem  gratis  dedit  dicti  Simon  petrus  et  francischinus  non 
possint  aliquid  potere,  sed  in  compensum  illorum  dictus  dominus  senator  teneatur 
eius  sumptibus  dictas  foveas  sive  cavas  replere  et  repleri  facere  et  de  omnibus  aliis 
fecerunt  ad  invicem  generalem  quietationem. 

«  Actum  in  palatio  capitolii  in  studio  dicti  domini  Senatoris  presentibus  bis 
testibus  videlicet  Nicolino  de  Verzelli  piscatore  et  Ioannino  thome  de  Ivirea  acqua- 
rolo  testibus  «   (Not.  G.  B.  de  Coronis,  prot.  646,  e.  non  num.  in  A.  S.). 

1520,  12  febbraio.  Il  cai'd.  Francesco  Armellini  Medici  dà  licenza  ad  una  so- 
cietà di  ricercatori  «  auri  argenti  margaritar.  gemmar,  lapillor.  metallorura  omniunq. 
Thesam'or.  generis  »  di  scavare  «  in  urbe  Montibus  speluncis  cauernis  ac  omnibus 
terris  et  locis  S.  R.  E.  subiectis  »   (A.  S.  V.  Divers.  tomo  LXXIV,  e.  74). 

1520,  10  marzo.  «  Contra  devastatores  monumentorum  ". 

Nella  seduta  del  consiglio  comunale,  sotto  questa  data:  »  Primus  Conservator 
exposuit  qualiter  de  auitorum  Romanorura  gestis  in  amplitudine  editìcioruni  et  illorum 
decoro  nil  aliud  hiis  presentibus  temporibus  oculatim  videtur  nisi  condiruta  palatia, 
termae,  archus,  theatra  et  amphitreata  (s/(?)  ac  balnea  aquarumque  latrine  quo  omnia  si 
Romanorum  facultas  tanta  esset  quod  restaurare  et  conservare  possent  nulli  dubium 
ad  ostendendum  illorum  animi  et  potentie  uires  omnibus  qui  ex  documentis  ipsorum 
notitiam  habent  et  locorum  inspectione  certiores  redderentur.  Que  omnia  pre  uiribus 
inlesa  custodiri  debent.  Qua  propositioue  audita  beneque  in  huiusmodi  senatus  con- 
sultu  cognita  per  patres  ibidem  manentes  decretum  extitit  quod  si  facultas  restaurandi 
Romanis  deesta  deuastationibus  tueantur  reique  diim  inueniuntur  grani  penapuniantur  " . 
(Decret.  pò.  ro.  A.  S.  C.  Credenz.  I,  tomo  XIV,  e.  119  e  tomo  XXVI.  e.  73'). 

1520,  6  aprile.  Muore  il  COMMISSARIO  DELLE  ANTICHITÀ'  Raffaele  da 
Urbino. 

1520,  15  aprile.  PONS  AEMILIVS.  *.  Sorores  (del  monastero  di  Torre  de  Specchi) 
locaverunt  ad  tempus  vite  sue  fratri  Stephano  quondam  Pauli  castellarli  de  Zumauat 
Zagabrieosis  dioecesis  domum  cum  quadam  capella  posita  in  Ponte  Saucte  diarie  que 
uuljjariter  dicitur  sancta  Maria  del    Ponte    de    santa    Maria.    Acta    fueruut    hoc    in 


196  LEONE   X.    1520 


monasterio  qui  dicitur  la  tore  de  li  spechi  »  (Not.  Ludov.  Damboys,  prot.  276 
in  A.  C). 

Nella  storia  di  questo  ponte,  durante  i  secoli  XVI-XVIII,  conviene  distinguere 
due  fasi  principali,  secondochè  esso  rimaneva  transitabile,  ovvero  interrotto  (disastri 
del  1230,  del  27  settembre  1557,  del  24  decembre  1598).  Nei  periodi  di  tregua  tra 
un  rovescio  e  l'altro,  il  ponte  conservava  solo,  per  giustificare  il  suo  nome,  una  im- 
magine di  Maria  Vergine,  collocata  in  una  edìcola  sul  parapetto  a  valle.  Ma  quando 
le  piene  del  Tevere  ne  abbattevano  periodicamente  la  metà  verso  la  sponda  sinistra, 
e  il  passaggio  restava  interrotto,  la  metà  superstite  verso  il  Transtevere  era  trasfor- 
mata in  giardino  pensile,  che  i  Conservatori  del  pò.  ro.  davano  in  affitto  di  triennio 
in  triennio.  La  seguente  carta  dell'S  marzo  1723  (nel  tomo  XII  dei  rogiti  dei  No- 
tari  di  Camera  A.  S.  C.  e.  166)  descrive  abbastanza  bene  questa  condizione  di  cose. 

«  Accessi  ego  notarius  (Andrea  Tanzi)  ad  pontem  sanctae  Mariae  vulgo  Ponte 
Rotto  in  regione  Transtiberim  e  conspectu  ecclesiae  ss.  Salvatoris  in  pede  pontis 
prout  descripsi  modo  sequenti,  videlicet  :  Aperta  la  porta  del  sudetto  ponte,  et  iui 
entrati,  si  è  trouato  due  terrapieni  dalle  parti  laterali  dell'altezza  à  circa  il  para- 
petto con  erbe  sementate,  e  nella  mano  dritta  si  è  osseruato  che  per  tutta  la  lun- 
ghezza di  detto  ponte  ui  manca  lo  schalino  grande  di  pietra  o  sia  muricciolo  con 
esserui  trouati  diuersi  pezzi  di  trauertino  quali  dinotano  essere  state  le  sponde  del 
detto  muricciolo  mancante.  Su  la  mano  manca  poi  ui  è  tutto  il  suo  muricciolo,  ma 
è  tutto  coperto  di  terra,  con  erba  sementata  e  dall'una  et  dall'  altra  parte  dei 
laterali  ui  sono  colonne  di  legno  in  piedi  piantate  quali  seruono  per  gli  castelli  per 
stendere  li  panni  con  le  sue  trauerse  di  legno  da  capo  e  da  piedi  ». 

Nello  stesso  volume  si  trovano  un'  apoca  d' affitto  a  favore  di  Jacopo  Ancellini 
in  data  20  marzo  1723,  altra  a  favore  di  Fabio  Mattarelli  in  data  28  gennaro  1729, 
e  una  concessione  in  enfiteusi  perpetua  a  favore  di  Angelo  Giannini  fatta  con  il  visto 
di  Clemente  XII  il  9  dicembre  1738. 

Le  monache  di  Torre  di  Specchi  non  hanno  mai  avuto  ingerenza  sul  ponte.  La 
notizia  ricordata  in  capo  a  questo  paragrafo  si  riferisce  alla  Cappelletta  situata  nella 
pia  Casa  d'esercizi,  entro  il  palazzo  già  dei  Ponziani,  in  via  de  Vascellari. 

1520,  5  settembre.  ODEVM?  Marco  Bellavita,  oste,  da  a  cavare  certe  cantine 
presso  Monte  Giordano  a  Paolo  Vescovi  da  Caravaggio  archittetto,  con  riserva  per  gli 
oggetti  di  scavo. 

«  In  presentia  mei  notarij  etc.  personaliter  constitutus  providus  et  circumspectus 
vir.  D.  marcus  quondam  bonetti  de  bellavitis  mediolanensis  diocesis  habitator  urbis 
in  regione  pontis  qui  facit  tabernam  vinariam  ad  signum  cavallettj  concessit  magistro 
paulo  de  Episcopis  de  Caravagijs  architecto  in  urbe  Regionis  campi  martij  ad  fabri- 
candum  et  a  fiindamentis  erigendum  quandam  domum  quam  ipse  dnus  marcus  fabricare 
intendit  in  urbe  et  Regione  pontis  in  quo  loco  nunc  est  certa  domus  in  qua  fit  macellus 
et  etiam  inhabitat  quidam  magister  qui  facit  fornimenta  eris  sive  ottonis  mulorum 
et  equorum  ciim  cantinis  quatenus  se  extendit  solum  et  area  diete  domus  fabricande 
quam  domum  promisit  idem  magister  paulus  eidem  duo  marco  suis  sumptibus  facere 
intra  terminum  vij  mensium  proxime  futurorum  et  centra  prefatus  dnus  marcus  prò- 


LEONE   X.    1520  19' 


misit  eidem  magistro  paulo  prò  qualibet  canna  murorum  solvere  et  pacare  carlenos  .14. 
antiquos  Cam  pactis  et  conventionibus  infrascriptis  quod  omnes  ruinae  spolia  et 
cementa  diete  domus  antique  diruende  cuiuscuraque  qualitatis  et  quantitatis  existant 
sint  et  esse  debeant  ipsius  magistri  pauli  Item  quod  lapides  marmorei  et  Tiburtini 
da  scarpello  vasa  aurea  argentea  pecunie  et  medalie  a  e  statue  et  figure 
marmoree  vel  cuiusvis  generi  lapidis  reperiende  in  effossione  fundaraentorum  diete 
domus  sint  et  esse  debeant  ipsius  d.  marci  soluta  per  eum  prò  effossione  et  extractione 
illorum  et  nunc  pacavit  eidem  dfio  paulo  presenti  ducatos  .400.  de  carlenis  »  (Not. 
Gualderoni,  prot.  900,  e.  100  A.  S.). 

1520,  19  seetembre.  FORVM  TRANSITORIVM  Francesco  di  Branca  primo  con- 
servatore riferisce  al  Consiglio  "  ^  aliqui  fossores  lapidum  marmoror.  et  tiburtinor. 
fundaméta  arcus  noe  in  foro  divi  Nervo  foderunt  et  eripuerunt,  quorum  unus  de  eius 
commissione  carceratus,  nomine  Franceschinus,  dixit  id  fecisse  de  mandato  R.™'  D."' 
Car.'*  Triuultii.  Qui  cardinalis  de  mandatu  S.  D.  N".  captum  liberare  fecit  » .  Prende  argo- 
mento da  questo  fatto  per  eccitare  il  Consiglio  alla  difesa  delle  patrie  antichità  «  que 
Urbe  et  decorant,  et  ab  externis  ad  ea  venientibus  ueneratione  summa  inspiciuntur  " . 
Si  delibera  mandare  una  deputazione  a  Leon  X  «  ut  bonus  princeps  ornaraèta  sue 
urbis  (a)  ^busvis  gotis  seu  vandalis  illa  duastantibus  acerbissima  uindicta  cóservet  " 
(Decret.  pò.  ro.  A.  S.  C.  Credenz.  1,  tomo  XIV,  e.  137  e  tomo  XXXYI,  e.  89).  La  smentita 
che  questo  annedoto  dà  alle  asserzioni  del  Cerasoli  (Studi  e  Documenti  di  Storia  e 
Diritto,  tomo  XVIII,  a.  1897),  non  potrebbe  essere  più  manifesta.  Papa  e  cardinali 
prendono  violentemente  la  difesa  dei  distruttori  dei  monumenti  contro  il  magistrato 
cittadino  che  voleva  punirli.  Il  Francesi^hino,  liberato  dalla  prigione,  faceva  parte  della 
banda  che  aveva  devastata  la  piazza  del  Campidoglio  nell'  anno  precedente,  e  gli  archi 
della  Claudia  a  porta  Maggiore  nel  1513.  Il  suo  protettore  è  il  card.  Scaramuccia 
Trivulzio,  favorito  di  Luigi  XII,  investito  della  porpora  da  Leon  X  nella  famosa 
promozione  dei  31  cardinali,  avvenuta  il  1  luglio  1517,  protettore  di  Francia,  arciv. 
di  Vienna  nel  Delfinato,  etc.  I  contemporanei  esaltano  la  benignità  delle  sue  maniere. 

1520,  22  settembre.  ARCVS  SEPTIMII  SEVERI  —  ROSTRA.  Il  senatore  Pietro 
Squarcialupi  compie  la  loggia  del  palazzo  capitolino  con  travertini  di  scavo.  -  Cum  d. 
Petrus  de  Squarcialupis  senator  Almae  Vrbis  desideret  inceptura  opus  idest  Lovium 
tiburtino  lapide  per  se  inceptum  perftcere,  Intendatque  illos  fodere  prope  Arcum  Lncij 
Septimij  ad  perfectionem  huiuscemodi  operis  Qua  propositione  audita  et  in  concilio 
discussa  a  S.  C.  decretum  fuit  quod  prò  ornato  et  decoro  capitoline  curie  prefatus  d. 
Senator  discoperire  possit  seu  detegere  lapides  et  sua  impensa  fodere  quibus  lapidibus 
detectis  per  Conseruatores  Cancellarium  et  Priorem  Capitum  regionum  eligantur  octo 
uel  decem  ciues  romani  qui  se  ad  locum  fossure  conferant  et  diligenter  uideant  ne 
talis  detectio  et  auulsio  lapidum  cuiuscumque  generis  existant  non  preiudicare  pos>it 
fundamenta  dicti  arcus  ^   (Decret.  pò.  ro.  A.  S.  C.  Credenz.  I,  tomo  XXXVI,  e.  84). 

1520.  PORTICVS  MAXIMAE.  Si  co.struisce  la  chiavica  di  Panico,  dulia  corte  del 
palazzo  Alberini-Cicciaporci  sino  al  ponte  Elio.  Vedi  Narducci,  Fognatura,  p.  20. 

1520.  PORTICVS  PHILIPPI.  Restauro  e  ingrandimento  del  monastero  di  s.  Ambrogio 
alla  Massima.  L'atto  assai  importante,  relativo  a  questi  lavori,  si  trova  nel  prot.  1329 


198  LEONE  X.    1520 


di  Ponziano  de  Ponziani  a  e.  63,  A.  S-  Autonio  Nibby  cosi  scriveva  di  questo  edi- 
ficio nel  1838.  «  Del  portico  di  Filippo  avanzi  sopra  terra  non  rimangono.  Ma  io 
che  sono  nato  sulle  sue  rovine,  e  che  vi  ho  abitato  per  ben  quattro  lustri,  posso  ac- 
certare che  dentro  le  cantine  di  tutte  le  case  comprese  fra  la  piazza  delle  Tartaru- 
ghe, il  monastero  di  s.  Ambrogio,  etc.  e  qua  e  la  dentro  i  muri  delle  case  appari- 
scono tali  indizi,  che  se  un  giorno  si  sgombrasse  il  suolo  e  si  demolissero  i  fabbri- 
cati, come  si  fece  al  Foro  Traiano,  si  avrebbero  risultati  importanti  per  la  topografia 
e  per  le  arti  "  (R.  A.  tomo  II,  p.  609).  Il  piedistallo  di  una  delle  muse  di  Ambra- 
eia,  portate  in  Roma  da  M.  Fulvio  Nobiliore  in  occasione  del  trionfo  etolico  del- 
l'anno 565  (CIL.  VI,  1307)  fu  scoperto  l'anno  1868,  quasi  di  fronte  al  portone  mag- 
giore del  monistero  di  s.  Ambrogio.  Vedi  de  Rossi  in  Bull.  Inst.  1869,  p.  9. 

1520.  VIA  CAMPANO-PORTVENSIS.  Si  apre  in  quest'anno  una  cava  di  tufa, 

0  piuttosto  si  riaprono  antiche  cave  «extra  portam  portuensem  in  loco  dco  Rosaro». 
Patti  firmati  da  maestro  Mattioni   da   Brescia  (Not.  Roteili,  prot.  1481,  e.  8  A.  S.). 

1  documenti  archivistici  della  prima  metà  del  secolo  parlano  sovente  di  queste 
latomie  di  tufa,  più  note  sotto  il  nome  di  Cave  di  Monte  Verde,  nelle  quali  la  pietra 
si  vendeva  a  ragione  di  un  giulio,  ossia  di  dieci  bolognini  la  carrettata.  Il  nome  del 
luogo  nulla  ha  che  vedere  col  fundus  Rosarius  donato  da  Costantino  a  Marco  Papa 
(vedi  Bull,  crist.  I*  serie,  tomo  V,  p.  4,  tomo  VI,  p.  14),  perchè  ampliasse  il  ci- 
mitero di  Balbina  ;  ma  deriva  da  una  cappellina  della  Madonna  del  Rosario. 

1520.  STABVLA  FACTIONVM  IIII.  Il  card.  Alessandro  Farnese  incomincia  la 
fabbrica  del  suo  palazzo.  Leonardo  Furtembach,  mercante  teutonico  in  corte  di  Roma, 
promette  fornirgli  calce  e  travertini  (Not.  Apocello,  prot.  407,  e.  106  A.  S.).  «  Intesi 
dire,  che  quando  maestro  Antonio  di  s.  Gallo  al  tempo  che  Paolo  III  era  cardinale 
ebbe  fondato  il  palazzo  Farnese  e  tirato  buona  parte  del  cantone  verso  s.  Girolamo, 
detto  cantone  fece  un  gran  pelo  . . .  Restato  stupito  d' onde  procedesse  tal  disordine 
si  risolse  fare  una  grotta,  ed  entrò  sotto  detto  cantone . . .  Finalmente  trovò  una  cloaca 
antica  fatta  nella  creta,  di  gran  larghezza,  che  si  partiva  da  Campo  di  Fiore,  e  andava 
a  comunicar  col  Tevere  »  Vacca,  mem.  33.  Questa  cantonata  del  palazzo  sorge  sugli 
avanzi,  assai  ben  conservati,  di  una  delle  quattro  scuderie  circensi,  descritti  dal 
De  Blant  nel  tomo  VI,  a.  1886  delle  Mélanges,  a  p.  326-329. 

1520.  «  Ad  radices  Capitolini  apud  xenodochium  dive  Marie  porticus  ...  ad  aedi- 
culam  s.  Salvatoris  in  Staterà,  prius  s.  Saturnini ...  e  regione  rupis  Tarpeiae  »  si 
scopre  il  cippo  CIL.  VI,  1265  relativo  ad  un'area  «  redempiam  a  privatis  pecunia 
publica  ex  s.  e.  »   dai  praetores  aerarli  L.  Calpurnio  e  M.  Salluvio. 

Al  secondo  decennio  del  cinquecento  sembra  appartenere  il  codice  di  disegni 
architettonici  dall'antico  nella  biblioteca  Marciana,  segnato  f.  ital.  IV,  149,  del  quale 
hanno  parlato  il  Miintz  in  Revue  archéologique  a.  1878,  p.  352,  n.  3  e  il  Fabriczy 
in  Archivio  storico  dell'Arte,  tomo  VI,  a.  1893,  fase.  2.  «  Nei  primi  ventidue  fogli 
contiene . . .  dettagli  delle  terme  di  Tito,  dei  tempi  di  Vespasiano,  Antonino  e  Fau- 
stina, e  della  Minerva  Medica,  del  Settizonio,  della  basilica  di  Giunio  Basso...  e 
di  avanzi  dei  dintorni  di  Roma,  sepolcri  sulla  via  Appia,  teatro  di  Ostia,  tempio 
della  Sibilla  a  Tivoli  ;  vi  si  trova  anche  una  pianta  del  teatro  di  Antibes ...  Vi  sono 


LEONE   X.   1520-1521  199 


anche  rilevati  alcuni  pochi  monumenti  cristiani,  s.  Costanza,  s.  Maria  Egiziaca,  Spoglia 
Cristi  (?)...  Secondo  alcune  leggende  sul  foglio  20,  riferentisi  ad  avanzi  architettonici 
trovati  in  una  vigna  di  Bindo  Altoviti,  l'origine  del  codice  si  deve  mettere  nel  se- 
condo decennio  del  cinquecento  » .  Vedi  anche  Stevenson  in  Bull.  com.  tomo  XVI, 
a.  1888,  p.  270. 

Allo  stesso  periodo  è  attribuito  il  libro  di  schizzi,  conservato  nel  castello  del 
principe  di  Waldburg-Wolfegg,  egregiamente  illustrato  dal  Robert  nelle  Mittheilun- 
gen,  tomo  XVI,  a.  1901,  p.  200-243.  Fu  incominciato  a  disegnare  prima  dell'anno 
1517,  perchè  il  suo  autore  dice  aver  copiata  l'ara  CIL.  VI,  876  nella  bottega  di 
Andrea  Scarpellino  sotto  il  monte  Cavallo,  la  quale  ara,  nel  diecisette,  era  già 
passata  alla  collezione  Tomarozzi.  Questo  prezioso  album,  sul  quale  una  mano  re- 
cenziore  ha  scritto  «  totum  michaelangelus  fecitt  »  è  attribuito  dal  Robert  a  Giulio 
Romano.  Né  io  avrei  difficoltà  grave  per  accettare  tale  attribuzione,  se  non  ostasse 
il  fatto  che  la  lingua  parlata  o  scritta  dall'autore  non  è  punto  «  romanesca  »  (alo 
condute,  santo  inero,  santo  gregari,  derite  la  pina,  in  nuna  gesta  !  etc).  In  ogni 
caso  Giulio  Romano  conterà  sempre  tra  i  più  diligenti  ed  entusiasti  ricercatori  e 
disegnatori  di  cose  antiche,  sieno  o  no  suoi  i  ricordi  dello  Schloss  Wolfegg.  Ho  già 
pubblicato,  nella  mia  memoria  sulla  Raccolta  Ciampolini  (in  Bull.  com.  tomo  XXVII, 
a.  1899,  p.  109  sg.)  l' istromento  d'acquisto  col  quale  gli  eredi  del  Ciampolini  stesso 
«  vendiderunt  viro  nobili  petro  de  Pippis  romano  ci  vi  regionis  montium,  patri 
et  legitimo  administratori  Julij  eius  filli  ementi  vice  et  nomine  die  ti  Julij 
ac  Joannis  Francisci  quondam  Baptistae  phisici  alias  Facto  re  prò  eis  absen- 
tium  omnes  et  singulas  figuras  seu  statuas  Cornicia  et  vasa  existentia  in  reclaustro 
domus  (de  cjampolinjs)  prò  pretio  centum  octuaginta  ducatorum  auri  in  auro  ».  Ho 
pure  pubblicato  il  testamento  di  Giulio,  in  data  29  aprile  1524,  nel  quale  si  parla 
delle  sue  «  antiquitates  marmoree  et  non  marmoree  tam  in  domo  quam  extra  exi- 
stentes»,  nel  quale  inciso  credo  che  r«  extra  »  debba  significare  la  vigna  dei  Pippi 
«  apud  cymbricas  statuas  "  descritta  nel  protocollo  1285,  e.  108,  del  notaro  Savo 
Perelli  in  A.  S.  Un  altro  atto  (in  prot.  644,  e.  29  del  notaro  de  Coronis)  si  dice  sti- 
pulato l'anno  1500  «  Rome  in  reg.  Montium  in  porticu  habitationis  Petri  de  Pippis  ■> 
gli  eredi  e  discendenti  del  quale  devono  averne  serbata  la  proprietà  sin  verso  la  metà 
del  secolo,  quando  Raffaele  Pippi  ^  mant.ianus  Romanus  civis  Reg.  Montium  -'  si 
trasferì,  secondo  ogni  verosimiglianza,  alla  casa  acquistata  l'anno  1556  da  Vitale  Gal- 
gano del  r.  di  Campitelli.  Il  n.  6542  della  mia  collezione  di  stampe  rappresenta  un 
candelabro  s.  1.  e  s.  d.  con  la  postilla  «  disegno  fatto  in  penna  da  Giulio  Romano, 
che  si  trova  presso  a  monsignor  Benedetto  Passionei,  nipote  del  celebre  cardinal  Do- 
menico segretario  dei  Brevi,  che  lo  possedeva  con  molti  altri  disegni  pure  in  penna 
del  medesimo  Giulio  ».  Alcuni  dei  quali  son  venuti  nelle  mie  mani.  Rappresentauo 
scene  di  guerra,  accompagnate  dalla  leggenda  :  *.  tutti  questi  disegni  li  ho  aunti  da 
Giulio  romano  che  esso  haueua  cau(a)to  (?)  dalli  modelli  antichi  trouati  sotto  terra  - . 

1521,  7  gennaio.  CIRCVS  NERONIS.  Il  card,  di  s.  M.  in  Cosmediii.  Francesco 
Orsino,  arciprete  di  s.  Pietro,  concede  a  Giovanni  Francesco  da  san  Gallo,  tij^^linol  di 
Lorenzo,  architetto  della  basilica   f^  petiam  unam  terreni  cum  quibusdam   muris 


200  LEONE   X.   1521 


veteribiis  in  ea  positis»  lunga  120  palmi,  larga  34  «  sitam  prope  stratam  in 
qua  est  obeliscus  erectus  apud  sanctum  Petrum  ex  opposito  viridarii  archipresbi- 
teri  prefati  "   col  censo  di  5  libre  di  pepe  (Net.  de  Ferrera,  prot,  897  A.  C.  ad  diem). 

1521,  12  gennaio.  SEPVLCRVM  ANNIAE  REGILLAE?  I  monaci  di  s.  Sebastiano 
locano  a  Lorenzo  Bernardini  «  certum  templum  antiquum  «  in  valle  della  Caffarella, 
che  io  credo  essere  il  cosidetto  tempio  del  dio  Rediculo,  perchè  il  solo  altro  edilì- 
zio vicino,  cui  potrebbe  attribuirsi  questo  ricordo,  non  ha  mai  perduto  il  nome  di 
s.  Urbano. 

«  Indictione  viiij  mensis  lanuarij  die  xij  1521.  Cum  hoc  fuerit  et  sit  quod  nob: 
vir  Joannes  Bapta  de  Quintilijs  romanus  civis  regionis  arenule  alias  de  quibusdam 
terris  sibi  locatis  a  Rdò  patre  tunc  abate  Venerabilis  monasterij  SS.'^'"  Sebastiani  et 
Fabiani  extra  et  prope  muros  Urbis  locaverit  ad  tertium  genus  perspicaci  viro  dìio 
Laurentio  bernardino  aromatario  romano  regionis  Ripe  tunc  presenti  certam  partem 
dictarum  terrarum  positar  :  inValle  marmoree  cui  parti  ab  uno  latere  sunt  bona 
heredum  de  antonutiis  ab  alio  sunt  alie  terre  restantes  dicto  domino  Joanni  baptiste, 
retro  est  Cursus  riuli  vocati  l'acqua  della  marmorea,  ante  sunt  terre 
diete  abatie  vel  si  qui  etc.  Cum  certo  Tempio  antiquo  ac  omnibus  in  eis  exi- 
stentibus  sine  tamen  consensu  prefati  domini  abatis  et  monachorum,  etc.  "  così  i  mo- 
naci fanno  il  contratto  col  detto  Lorenzo  Bernardini  (Not.  Gualderoni,  prot.  900, 
e.  9  ter.  in  A.  S.). 

1521,  8  aprile.  PALATIVM  —  AEDES  SEVERIANAE.  I  monaci  di  s.  Gregorio  con- 
cedono a  Girolamo  Maflfei  la  vigna  del  Settizonio,  già  locata  a  Ceccha  Conti. 

«Indictione  nona  mensis  aprilis  die  octavo  1521.  Cum  sit  prout  asseruerunt  pater 
abbas  et  monachi  monasterii  et  conventus  sancti  Gregorij  de  Urbe  capitulariter  con- 
gregati Imperpetuum  locaverint  magnifice  domine  Cecche  de  Comite  quamdam  griptam 
dicti  monasterij  sitam  juxta  palatium  maiorem  et  ante  viam  publicam  cum  juribus 
et  pertinentijs  ipsius  gripte  et  similiter  quamdam  vineam  desertam  unius  petie  sitam 
subtus  dictum  monasterium  e t  septem  solia  viis  publicis  circumdatam  prò 
annuo  et  perpetuo  censu  sex  scutorum  demumque  dieta  cripta  et  vinca  pervenerint  ad  vi- 
rum  nobilem  dominum  hieronymum  de  mapheis  heredem  et  successorem  prefate  dne  Cec- 
che et  per  eumdem  possesse(sic),  Que  vinea  et  gripta  per  novam  locationem  concesse  fiie- 
runt  d.  domino  hieronimo  cum  nonnullis  pactis  prout  in  instrumento  scripto  manu 
domini  felicis  de  Villa  publici  notarij  dicitur  contineri.  Et  quia  iuxta  dictam  griptam 
ab  uno  et  alio  latere  sunt  duo  aliae  gripte  deserte,  quibus  ab  uno  latere  est  gripta 
dicti  monasterij  quam  in  locatione  retinet  baptista  de  mediolano  et  alias  retinebat 
franciscus  de  septe  retro  est  palatium  maius,  ab  alio  est  via  per  quam  ascenditur 
dictarum  griptarum  existentium  in  dicto  palatio  malori  (?)  Et  diete  due  gripte  existentes 
iuxta  predictam  griptam  in  dieta  locatione  facile  comprehense  fuerint  et  per  eumdem 
d.  hieronymum  possesse,  licet  per  dictum  notarium  in  dicto  instrumento  locationis 
minime  expresse  fuerint  prout  exprimi  debuerunt.  Nichilominus  predictus  d.  hieronymus 
de  mapheis  ad  tollendum  omne  dubiura  dictas  criptas  ut  supra  circumcirca  dictam 
criptam  existentes  cum  terris  seu  ortis  retro  eas  existentibus  declarari  comprehendi 
in  d.°  locatione  petierit.  Idcirco  Abbas  et  monasterium  locavit  dictas  duas  griptas. 


LEONE   X.    1521  201 


Actum  rome  in  dictis  griptis  supra  locatis  "  (Not.  Pacifici,  prot.  1189,  parte  IT, 

e.  46  A.  S.). 

Questo  documento  giova  a  collocare  a  posto  la  vigna  subpalatina  dei  Maffei,  della 
quale  si  parla  nelle  relazioni  del  trionfo  di  Carlo  V,  specie  in  quella  di  Marcello 
Alberini,  nuovamente  edita  da  Domenico  Orano  a  p.  465  sg.  del  «  Sacco  di  Roma  » 
«...  volendo  che  Sua  Maestate  vedesse  la  meraviglia  della  antiquitate . . .  parve  me- 
glio che  tagliando  rincontro  al  lavatore  (alla  Moietta)  la  vigna  de  Hieronimo 
Maffeo,  rivolgendo  a  s.  Gregorio,  si  vedesse  per  quella  strada  dall'una  mano  il 
Settisolio,  con  le  antiquitati  de  palazzo  maggiore,  e  dall'altra  li  acquedutti  et 
altre  antique  ruine  del  Monte  Celio  ».  Ho  già  publicato  nelle  Mittheilungen  (tomo  IX, 
a.  1894,  p.  7  sg.)  un  sunto  dell'atto  in  data  4  febbraio  1536  col  quale  «  Girolamo 
Maffei  vende  per  scudi  cinquecento  a  Latino  Giovenale  de  Manettis  una  vigna  di  tre 
pezze,  per  mezzo  della  quale  fu  fatta  una  nuova  strada  nella  venuta  dell'  imperatore 
in  Roma,  qual  strada  è  dentro  Roma  e  va  all'arco  di  Costantino  in  loco  detto  Set- 
tizonio  vicino  la  chiesa  di  s.  Gregorio  ".  Rimane  ancora  un  frammento  della  vigna 
nell'area  triangolare  alla  Moietta,  circoscritta  dal  viale  e  dal  vicolo  di  s.  Gregorio, 
e  dalla  via  de  Cerchi.  Il  Baptista  de  Mediolano,  indicato  come  confinante  con  le 
cripte  Maffei,  è  quel  cavallaro  Giovanbattista  di  Ambrogio  da  Milano  già  ricordato 
sotto  la  data  30  novembre  del  1515. 

1521,  aprile.  Jacopo  Mazochio  pubblica  le  «  Epigrammata  antiquae  urbis  »,  secondo 
il  privilegio  ottenuto  col  breve  del  80  nov.  1517.  Vedi  cod.  Vat.  8492  e  8493,  il 
primo  de'  quali  postillato  da  Lelio  Podagroso.  L'edizione  è  illustrata  con  rozze  xilografie. 
Della  prima,  che  rappresenta  la  porta  Maggiore,  dice  il  Lelio,  «  pictura  archetypum 
vii  representat,  ut  coetere  fere  omnes  p  universum  opus  »  ma  e'  è  sempre  da  ricavarne 
qualche  poco  di  utile.  Così  p.  e.  la  vignetta  a  e.  II,  prova  che  i  fornici  claudiani  alla 
p.  Maggiore  erano  visibili,  forse  per  iscavi,  sino  all'  antico  piano  :  quella  a  e.  VI', 
prova  che  il  supposto  che  gli  intercolunni  del  pronao  del  Pantheon  fossero  chiusi  in 
basso  da  transenne  o  lastroni  di  marmo,  —  come  quelli  del  battistero  lateranense  — 
non  è  bizzaria  originale  del  Ligorio  (Torin.  voi.  XV),  ma  a  lui  ispirata  da  più  antichi 
autori:  quella  a  e.  XI'  mostra  il  fornice  claudiano  al  Nazareno  continuato  da  arena- 
zioni a  destra  ed  a  sinistra:  quella  a  e.  XII  mostra  quale  fosse  il  sito  delle  iscrizioni 
nella  parte  bassa  del  basamento  della  Mole  Adriana,  e  così  di  seguito. 

Il  libro  contiene  pochi  cenni  di  scavi  (e.  XX,  scavi  di  Sisto  IV  iuxta  scholam  grae- 
cam  :  e.  XXIII  all'arco  di  Severo  efcc),  molti  relativi  a  collezioni  epigrafiche  urbane. 

Dal  testo  e  dalle  annotazioni  del  Lelio  si  deduce  che  i  primi  raccoglitori  di  lapidi 
le  tolsero  dai  pavimenti  delle  chiese,  come  i  costruttori  o  restauratori  delle  chiese  le 
avevano  tolte  dai  cimiteri  pagani  e  cristiani,  liberandosi  così  dalla  noia  e  dalla  spesa  di 
ottenerle  per  via  di  scavi.  I  raccoglitori,  come  si  sa  dagli  esempi  più  tardi  dei  Rutìni. 
dei  Cenci,  dei  Cesi,  etc,  preferivano  quei  titoli  ove  era  inciso  il  nome,  vero  o  supposto. 
di  loro  famiglia.  Antonio  Lelio  ci  dà  uno  dei  più  antichi  esempi  di  questa  ricerca  di 
manui  omonimi,  col  toglier  via  dal  pavimento  dei  ss.  Giovanni  e  Paolo  il  titoletto 
di  A.  Laelius  Aper  (e.  XXX').  A  e.  L'  e  LI  dice  che  la  raccolta,  formata  da  Jacopo 
de  Cagnonibus  nel  suo  giardino  a  Spogliacristo,  era  passata  alla  casa  di  Jacopo  Bue- 


202  LEONE  X.    1521 


ceiar ...  in  Trastevere.  A  e.  LVI  e  LVI'  dice  che  l' iscrizione  di  L.  Fenio  Achilleo 
CIL.  17664,  copiata  dal  Mazochio  nella  torre  di  Giovanni  Michiel,  card,  di  s.  Mar- 
cello, era  sparita  con  la  demolizione  della  torre  stessa  :  a  e.  85,  che  una  delle  urne 
raccolte  dal  cardinale  Agennense  nel  suo  giardino  di  s.  Apollinare,  era  finita  in  una 
drogheria  all'  insegna  del  Sole,  a  Campo  di  Fiori  (^). 

Delle  rimanenti  collezioni  antiquarie,  alcune  sono  già  state  descritte  o  ricordate 
negli  anni  precedenti  :  altre  appariscono  la  prima  volta,  e  sono  la  Colocci,  quella  di 
Giovanni  da  Macerata,  e  la  Podocatario. 

Osservo  da  ultimo  che  nella  compilazione  Mazochiana  fatta  «  regionatim  »  si  rico- 
nosce il  concetto  della  pianta-guida  di  Roma  combinata  tra  Raffaele,  Fabio  Calvo,  ed 
Andi-ea  Fulvio.  Se  ne  potrebbe  ricavare  un  elegante  itinerario. 

COLLEZIONE  COLOCCL  Fondatore  della  raccolta  fu  Angelo  Colocci  da  Iesi, 
il  quale  ebbe  in  Roma  due  case  e  due  musei,  uno  in  Parione,  uno  al  fornice  di 
Claudio  al  Nazareno.  Fu  segretario  di  Leone  X  e  di  Clemente  VII,  tesoriere  generale 
di  Paolo  III,  e  vescovo  di  Nocera.  Creato  cavaliere  da  Andrea  Paleologo,  tenuto  in 
grande  considerazione  dai  dotti  contemporanei,  assidui  frequentatori  delle  Aedes  Co- 
lotianae,  e  specialmente  dal  futuro  papa  Marcello  Cervini,  e  da  Paolo  Biondo  Flavio, 
la  sua  impresa  divenne  quella  dell'  accademia  lesina  dei  «  Disposti  » ,  restituita  al 
pristino  splendore  dal  card.  Cibo  nel  1657.  Vedi  l'ediz.  delle  sue  Poesie,  con  notizie 
biografiche,  fatta  dal  Lancellotti  nel  1772,  e  le  Notizie  istoriche  di  Iesi  e  de'  suoi 
uomini  illustri,  stampate  dal  Magnani  nei  tomi  XXX  e  XXXI  degli  Opuscoli  del 
Calogerà.  Nominato  sino  dal  1521  coadiutore  del  vescovato  di  Nocera,  con  futura  suc- 
cessione, e  vescovo  effettivo  nel  1537,  lasciò  molte  opere  a  ricordo  del  suo  governo 
(campanile  a  Nocera,  cappella  di  s.  Pietro  a  Sassoferrato  ecc.).  Tornato  in  Roma 
nel  1545,  morì  tra  i  suoi  tesori  d'  arte  e  di  erudizione  nel  1549. 

I  primi  acquisti  da  lui  fatti  in  Roma  furono  ispirati  da  speculazione  edilizia  in 
occasione  del  tracciamento  e  dell'  apertura  della  nuova  via  Leonina,  o  via  magistralis 
s.  M.*  de  Populo,  della  quale  s'è  parlato  sotto  l'anno  1519.  Il  giorno  13  febbraio  1519 
egli  aveva  comperato  da  Matteo  Bonfini  d'Ancona,  segretario  del  card,  di  s.  Giorgio 
«  quandam  domum  sitam  in  via  publica  s.  M.  de  populo,  cui  a  tribus  lateribus  » 
erano  le  «  bona  ipsius  d.  Angeli,  ab  alio  latere  bona  magistri  Andree  Micinelli 
muratoris,  ante  via  publica  prò  pretio  230  ducatorum  auri  »  (Scritt.  Arch.  Capit. 
tomo  XXI,  e.  168').  Nel  1519  si  parlava  di  dare  il  suo  nome  ad  una  via  da  aprirsi 
attraverso  le  sue  aree  fabbricabili.  Nel  1520  acquistava  nuovi  terreni  enfiteutici  con 
atti  Bucca  (prot.  1254,  e.  110  A.  S.).  Non  so  quanto  fortunata  riescisse  questa  specu- 
lazione: certa  cosa  è  che  nel  1530  si  parla  ancora  di  un  suo  «  solum  vacuum  ad 
edificandum  apud  s.  M.  de  populo  »  quando  la  via  Leonina  era  finita  da  un  pezzo. 
Le  casette  nel  vicino  Borghetto  de'  Pidocchi  (vicolo  del  Borghetto)  furono  da  lui 
vendute  nel  1537. 

Le  iscrizioni  erano  raccolte  nella  sua  casa  in  Parione,  la  quale  serviva  non  solo 
pei  convegni  letterarii,  ma  anche  per  la  trattazione  di  affari  più    gravi,  p.  e.  della 

(')  Gli  aromatarii  si  servivano  delle  urne  cinerarie  per  pestare  le  droghe. 


LEONE   X.    1521  203 


controversia  tra  Leone  X,  Giuliano  e  Lorenzo  de  Medici  da  una  parte,  e  Bonifazio 
Giovacchiuo  dall'  altra,  circa  il  diritto  di  prelazione  su  certe  case  aderenti  al  palazzo 
Madama  (19  maggio  1516,  in  atti  Amanni,  prot.  61,  e.  459  A.  S.).  Della  raccolta 
antiquaria  dà  un  breve  ragguaglio  il  Waelscapple  (al  f.  64'  del  cod.  Beri.  A.  61,  s.). 
«  Molti  anni  sono  "  racconta  Ligorio  Tor.  XV,  53  «  nella  \ia  fiaminia  in  un  sepulchro 
furono  trouate  molte  cose,  et  tra  l' altre  una  tabula  di  marmo,  dove  e  scritta  la  me- 
moria in  versi  di  (Eucharis  Liciniae  lib.)  la  quale  cosa  fu  comprata  da  monsignore 
Angelo  Colotio  uescovo  di  Nocera  et  posta  nella  sua  casa  fra  il  numero  di  trecento 
intitulationi  de  monumenti  :  ma  sendo  morto  esso  monsignore,  come  è  solito  ogni  cosa 
è  stato  da  la  casa  alienato,  et  sin  qui  si  trova  nella  casa  di  Delfini  »  il  che  non  è 
esatto.  La  dispersione  fu  assai  piìi  vasta:  il  n.  46  (CIL,  voi.  VI)  finì  al  Vaticano, 
2270  ai  Tomarozi,  1054  ai  Cesi,  1953  ai  Carpi,  2305  ai  Farnese,  2315  ai  Guicciar- 
dini, 2450  a  villa  Montalto,  2604  ai  Mattai,  1358  a  villa  Carpegna,  112,  511,  1074, 
1311,  1380,  1595,  1640,  2350  perdute,  e  due  ai  Delfini  1523,  1550.  Può  darsi  però 
che  sien  passate  tutte  o  quasi  per  casa  Delfini,  prima  di  andarsene  ciascuna  pel 
verso  loro. 

Il  Fea,  Fasti  XXIX,  dice  che  le  iscrizioni  erano  state  radunate  dal  Colocci  «  nel 
cortile  della  casa  incontro  all'odierno  collegio  Nazareno  "  citando  Ulisse  Aldovrandi  (a 
p.  207  dell'ediz.  Fea),  e  1'  Ubaldini  (vita  Angeli  Colotii,  p.  87).  Ma,  mentre  la  galleria 
lapidaria  «  in  aedibus  Colotianis  «  era  già  famosa  nel  1521,  la  casa  e  il  giardino  di 
Capo  le  Case  furono  sistemati  definitivamente  solo  dopo  il  giorno  19  luglio  del  1531 
con  l'acquisto  del  giardino  di  Antonio  del  Bufalo  de'  Cancellieri  (prot.  81,  e.  139'-141 
in  A.  S.).  Allora  soltanto  vi  potè  essere  trasportato  tutto  il  gruppo  delle  iscrizioni  e 
delle  sculture,  delle  quali  parla  a  lungo  Ulisse  Aldovrandi  alla  p.  284  ediz.  Mauro, 
quando  l'eredità  di  Angelo  era  già  venuta  nelle  mani  del  nipote  Giacomo. 

Caratteristiche  per  queste  nostre  ricerche  sono  le  vicende  del  frammento  coloziano 
dei  Fasti  (CIL.  I,  seconda  ediz.  p.  64,  n.  7).  Il  Ligorio,  il  Panvinio,  il  Grutero,  l'  01- 
stenio.  etc,  lo  videro  nel  cortile  di  casa  Delfini.  «  In  una  lettera  inedita  di  Luca  Olstenio 
al  card.  Antonio  Barberini  in  data  li  6  agosto  1646,  esistente  presso  di  me  (Fea), 
leggo  che  egli  trattava  per  farla  acquistare  a  queir  Emo.  Da  allora  in  poi  se  ne  era 
perduta  la  memoria.  Alla  Fortuna  hujus  diei  si  deve  pure  la  riunione  del  marmo  tro- 
vato l'anno  scorso  1818  per  coperta  di  una  chiavichetta  nella  stessa  casa  (Delfini) 
con  tre  altre  iscrizioni  s . 

Il  Fulvio  così  scriveva  della  raccolta  Colocci  nel  1527:  ^^  nell'orto  del  nobile  et 
dotto  Angelo  Colotio,  unico  amatore  delle  antichità  ...  vedesi  tra  le  reliquie  et  cose 
antiche  la  statua  di  Socrate  la  quale  abbraccia  Alcibiade,  et  la  immagine  di  Giove 
Ammone,  di  Proteo,  et  d'Esculapio:  i  mesi  co  i  lor  segni,  et  con  gli  Iddij  tutelari 
(CIL.  I-,  p.  280),  la  misura  del  piede  romano,  molto  fedelmente  osservata  etc.  -. 
Marliaui  copia  questo  passo  ad  verl)um  nella  ed.  1534,  p.  147,  con  l'aggiunta  del 
gruppo  equestre  (Scyphius  et  Arion  equi,  quos  in  Thessalia,  percussa  terra  tridente, 
Neptunus  eduxit).  L'  Hondio,  p.  43,  distingue  la  raccolta  di  Giacomo  da  quella  di 
Girolamo  Colozio:  e  siccome  il  giardino  al  Nazareno  era  di  Giacomo  (Aldovrandi,  1.  e. 
CIL.  VI  passim),  così  la  raccolta  di  Girolamo  doveva  trovarsi  nella  casa  in  Parione. 


204  LEONE   X.    1521 


Quest'  ultima  conteneva  una  figura  di  Naiade  su  di  un  mostro  marino,  una  Vittoria, 
due  grandi  rilievi,  iscrizioni  e  marmi  diversi.  Ligorio  (Torin.  tomo  V)  riproduce  da 
questa  raccolta  un  elegante  càntaro  marmoreo. 

La  dispersione  dei  tesori  archeologici  del  giardino,  cui  serviva  di  sfondo  il  bel- 
lissimo fornice  claudiano  dell'  acqua  Vergine,  deve  essere  avvenuta  circa  l' anno  1564, 
nel  quale  Ippolita  e  Federigo  Colocci  venderono  le  loro  case  in  rione  Colonna  e  Trevi, 
con  istromento  Reydetti  (protoc.  6195,  e.  272  A.  S.).  Dice  infatti  il  Ferrucci,  ad  Fulv. 
1.  e,  anno  1588:  «  la  casa  del  predetto  sig.  Angelo  Colotio  si  vede  bora  priva  et 
spogliata  affatto  di  tutti  quelli  adornamenti  anticbi:  la  detta  casa  posta  nel  luogo 
detto  à  capo  le  Case,  presso  quella  che  fu  del  sig.  Paolo  del  Bufalo  " . 

GIOVANNI  DA  MACERATA.  Di  costui  sappiamo  soltanto  che  era  medico  di 
professione,  e  che  possedeva  un  terreno  vignato  a  porta  s.  Sebastiano. 

PODOCATHARIO  o  Podocattaro.  Due  prelati  di  questo  nome  fiorirono  in  Roma  al 
tempo  del  Mazochio.  Il  primo  di  nome  Ludovico,  oriundo  da  Nicosia  di  Cipro,  medico  di 
Innocenzo  Vili,  rettore  dell'Università  di  Padova,  vescovo  di  Capaccio  (1483),  segreta- 
rio di  Alessandro  VI,  card,  del  titolo  di  s.  Agata  (1500),  arcivescovo  di  Benevento  (1504), 
morto  in  Roma  a  settantacinque  anni  circa  il  1508,  e  sepolto  nel  nobilissimo  mausoleo 
a  s.  Maria  del  Popolo  (Vedi  Forcella,  tomo  I,  p.  332,  n.  1260,  e  Muntz,  Alex.  VI, 
p.  149,  n.  XXVIII).  Il  secondo  è  Livio,  nipote  del  precedente,  protonotario  apostolico, 
vescovo  di  Nicosia.  La  raccolta  formata  dal  cardinale  nella  sua  casa  alla  Chiavica  di 
s.  Lucia  comprendeva  iscrizioni  (CIL.  VI,  548,  641  ecc.)  e  sculture,  fra  le  quali  un 
gentile  gruppo  delle  Grazie,  con  la  leggenda  di  Batinia  Priscilla  (ivi,  n.  548).  La  xilo- 
grafia del  Mazochio  le  rappresenta  come  se  reggessero  urne  in  sui  fianchi,  ma  Lelio 
Podagroso  ha  cancellato  questi  attributi.  L' ultimo  Podocattaro  a  me  noto,  Pietro  cle- 
rico nicosiense,  vendette  il  palazzo  in  Arenula  a  Costanzo,  Ardicino,  e  Francesco  della 
Porta  nel  1565  (Vedi  prot.  3642,  e.  265). 

1521,  17  luglio.  STATIO  ANNONAE  —  ECCL  •  S  •  M  •  DE  SCHOLA  GRAECA. 
Il  Capitolo  di  s.  Maria  in  Cosmedin  concede  a  una  società  di  scarpellini  e  di  «  effos- 
sores  lapidum  »   di  scavare  dentro  e  sotto  la  chiesa  stessa. 

«  In  presentia  mei  notarij  etc  Constitutis  personaliter  prò  una  parte  Nobilis  Vir 
dominus  lucas  de  Invezatis  Canonicus  S.^®  marie  de  scola  greca  de  urbe  prò  se  ac 
vice  et  nomine  Totius  Capituli  et  Canonicorum  eiusdem  ecclesie  S.'*  marie  de  scola 
greca  absentium,  me  notarlo  ut  publica  persona  presente,  prò  quibus  prefatus  dominus 
lucas  se  et  sua  obligando  promisit  de  rato  etc  Et  prò  alia  parte  Magister  Juljanus 
quondam  bartholomej  de  roscijs  fesulane  Civjtatis,  et  Magister  Julianus  quondam  Jeronimj 
Cecchinj  Castri  Corbinianj  sculptores  seu  scalpellinj  et  magister  antonius  quondam  ma- 
gistri  Johannis  de  riccbis  comensis  lapidum  effossor,  omnes  in  solidum  Sponte  devene- 
runt  ad  huiusmodi  pacta  et  conventiones  Videlicet  quod  prefatj  magistri  omnes  in  so- 
lidum ut  dictum  est  promiserunt  Effodere  subtus  concavitates  seu  voltas  et 
fornices  prefate  ecclesie  S.*®  marie  de  scola  greca,  videlicet  in  loco  eiusdem 
ecclesie  versus  stratam  publicam  in  conspectu  mole  eiusdem  ecclesie  idest  prope  portam 
raagnam  Cortilis  eiusdem  ecclesie  subtus  scalam  magnam,  a  sinistra,  Et  omnia  mar- 
mora,  Tiburtina,  statuas,  metalla   aurum   argentum  Et  cuiuscuraque  alterius  generis 


LEONE    X.    1521  205 


ibidem  invenienda  et  reperienda  Teneantiir  et  debeant  piefati  magistri  supra  extrahere  et 
eitrahi  Facere  siimptibiis  et  erpeasis  ipsorum  magistrorum,  De  quibus  omnibus  supra- 
dictis  et  alijs  in  dicto  loco  effodiendis  et  inveniendis  integra  medietas  et  libera  sit  et 
esse  debeat  dictorum  canonicorum  Et  etiara  cura  pactis  quod  prefatj  magistri  teneantur, 
et  debeant  tempore  effossionis  predicte,  substentare  Trabibus  pilastra  ecclesie 
prefate  ita  et  taliter  quod  nuUum  damnum  et  detrimentum  patiatur  ecclesia  predicta 
ob  dictam  effossuram  fiendam  et  quod  post  perfectam  et  completam  lapidum  et  aliorum 
inveniendorum  elTossionem  et  extractionem,  similiter  Prefatj  magistri  Teneantur  et  de- 
beant suis  sumptibus  et  expensis  refundare  et  stabilire  pilastra  et  loca  alia 
necessaria  effossa,  modo  taliter  quod  dieta  ecclesia  propter  dictam  effossuram  non  patiatur 
aliquod  Detrimentura  et  scissuras,  et  dieta  loca  effossa  replere  similiter  sumptibus  et 
expensis  ipsorum  magistrorum  Et  etiam  cum  pactis  quod  perfectis  hijs  snpra  dictis  vide- 
licet  effossione  lapidum  et  illorum  extractione,  ac  factis,  refundatjs  et  stabilitatis  fun- 
damentis  modo  predicto,  omnes  illj  lapides  ad  usura  murandj  tantum  et  ilij  alij  tantum 
vocati  la  scaglia,  qui  supererunt,  Sint  et  esse  debeant  in  Totum  ipsorum  magistrorum 
ac  etiam  cum  pactis  ut  supra  quod  opera  per  Prefatos  magistros  ut  supra  fienda  non 
debeat  intermittj  et  suspendj  Sed  quando  primum  fuerit  incepta  Continuar]  debeat 
et  ad  eam  contjnuandam  possint  dicti  magistri  per  Prefatos  canonicos  cogi  et  com- 
pellj.  Et  precibus  et  rogatu  dictorum  magistrorum  et  prò  majori  cautela  ipsorum 
Canonicorum,  Constitutus  personaliter  Magister  Jeronjmus  de  bartholomeis  de  rubeis 
fesulane  Civitatis  sculptor  Regionis  S.*'  eustachij  Sponte  et  sciens  fideiubsit  et  fi- 
deiubsionem  fecit  penes  et  apud  dictos  canonicos  et  Capitulum,  me  notario  ut  publica 
persona  ac  prefato  domino  luca  presentibus  et  stipulantibus  ut  supra  ac  se  ut  prin- 
cipalis  et  in  solidura  obligando,  in  omnem  causarum  casum  et  eventum  Tenerj  et 
obligatum  esse  voluit  sicut  ipsi  principales. 

Actum  Rome  in  Regione  S."  eustachij  in  Tinello  domus  d.  francisci  de  mucan- 
tibus  ro:  civis,  Presentibus  hijs  discretis  Viris  videlicet  d.  Christoforo  de  Tozijs  ro: 
Cive  regionis  arenule  et  d.  Biasio  Cozo  nepesino  habitatore  in  urbe  Testibus  etc.  " 
(Not.  de  Berardis,  prot.  200,  e.  83'  in  A.  S.). 

11  Francesco  Mucanzio,  abitante  nel  rione  di  s.  Eustachio,  nel  cui  tinello  fu  sti- 
pulato questo  notevole  contratto,  deve  essere  il  padre  di  Fabio  "  in  romana  curia 
causarum  procurator  »  nel  1541,  e  il  nonno  di  Francesco  che  fu  maestro  delle  ceri- 
monie pontificie  dal  1573  al  1590.  A  Francesco  succedettero  nel  medesimo  ufficio 
Giovanni  Battista  dal  1592  al  1607,  e  Giovan  Paolo  dal  1607  al  1615. 

1521,  8  ottobre.  VIA  SALARIA.  Il  card,  di  Como,  Scaramuccia  Trivulzio,  del 
titolo  di  s.  Ciriaco  in  Thermis,  affitta  a  G.  B.  Policari  «  unam  lapidicinam  predariam 
vulgo  nuncupatam  castelli  lubilei  -'  che  il  card,  teneva  in  locazione  perpetua  dal 
capitolo  vaticano.  La  petraia  doveva  essere  importante,  a  giudicare  dall'  annua  cor- 
risposta di  60  ducati  (A.  S.  C.  Scritt.  Arch.,  tomo  XXXVIII.  e.   163'). 

Ricordo  questa  locazione,  non  perchè  si  tratti  di  petraia  arclieologica,  ma  a  cagione 
dei  danni  che  il  taglio  della  rupe  deve  aver  prodotto  agli  avanzi  di  Fidcne.  e  special- 
mente alle  grotte  sepolcrali  che  fronteggiavano  la  via  Salaria.  In  quest'anno  1521  deve 
essere  morto  quell'Alberto  da  Vercelli  «  pozolanaro  detto  il  Roseio  •»,  altro  devastatore 
di  luoghi  e  monumenti  antichi. 


206  LEONE   X.    1521 


1521,  novembre.  ALVEVS  ET  RIPAE  TIBERIS.  «  Prope  Mariae  Transpontinae 
apud  Angeli  Castellum  »  (l'antica,  distrutta  da  Pio  IV  nel  1554)  si  ritrova  il  cippo 
della  terminazione  del  Tevere  CIL.  VI.  1236  f.  e  forse  anche  1139.  Vedi  Fulvio- 
Ferrucci,  ed  1588,  p.  72'. 

1521,  20  novembre.  MVSEI  CAPITOLINI.  Nella  seduta  del  Consiglio  del  20  no- 
vembre «  D.  Marianus  (Altieri)  primus  conseruator  exposuit  qualiter  preteriti  Conser- 
uatores  prò  fabrica  Cortilis  Palatij  restabant  debitores  magistro  architectori  in  aliqua 
pecuniarum  summa  Quod  sibi  uidere  fere  prouidendura  architectori  prefato  de  eius  mer- 
cede. Commissum  fuit  Capitibus  regionum  Trivij  et  Columne  et  d.  Jacobo  de  Buccabellis 
modum  adveniendarum  pecuniarum  »  (Decretor.  pò.  ro.  Credenzone  I,  tomo  XXXVI, 
p.  109  A.  S.  C).  La  faccenda  tornò  in  Consiglio  il  19  febbraio  dell'anno   seguente: 

«  D.  Marianus  de  Alterijs  exposuit  qualiter  magister  Dominicus  architector  qui 
dilatauit  Cortile  Palatij  uult  residuum  preti]  sui  operis  iam  mensurati  et  habendarum 
pecuniarum  modus  non  extat  nisi  uendatur  officium  Prothonotariatus  Curie  Capitoli] 
Marsilio  de  Barisanis  Decretum  fuit  quod  dictum  officium  uendatur  cum  pactis  quod 
dictus  Marsilius  teneatur  solvere  Johanni  Ardinghello  Mercatori  Fiorentino  ducatos 
tricentos  auri  qui  sunt  prò  satisfaciendo  magistris  Comedie  alias  decrete  et  non  facte 
in  commemoratione  solemnis  diei  statuae  Marmoreae  Sanc.^  D.  N.  positae  in  prima 
aula  palatij  Conseruatorum  ac  etiam  in  satisfaciendo  magistris  architectoribus  in  eoruni 
crediti  residuo  prò  fabrica  supradicta  "  (ivi). 

Nella  seduta  del  29  ottobre  del  1524  si  parla  per  la  terza  volta  del  cortile  e 
della  cisterna. 

«  D.  Marius  Salamonius  exposuit  qualiter  cortile  palatij  Conseruatorum  eget 
complemento  pauimenti  et  cisterna  eget  refectione.  Et  quia  appropinquatur  annus 
sanctus  in  quo  omnes  seu  maior  pars  christianorum  ad  urbem  uenit  ne  uideatur  locus 
ille  imperfectus  et  ita  deformis  quod  cum  fuerint  depositati  ducati  quatringenti  auri 
in  banche  prò  tegmine  Sancte  Marie  Rotunde  restaurando  et  fuerit  inuentus  qui  illud 
cum  centum  ducatis  similibus  restaurabit,  de  parte  residui  dictorum  quadringentorum 
ducatorum  dictum  cortile  compleatur.  Habita  prius  tamen  omni  diligentia  de  pacto 
fiendo  ne  a  populo  romano  in  premissis  in  aliquo  decipiatur  »  (ivi). 

L'ultimo  ricordo  di  questi  lavori  è  del  26  dicembre  1525. 

«  Marcus  Antonius  de  Alterijs  primus  conseruator  exposuit  qualiter  d.  Antonius 
de  Sancta  Cruce  petiit  sibi  uondi  lapides  quadrati  de  peperigno  existentes  in  lovio 
cortilis  Palatii.  Et  quia  dicti  lapides  impediuut  dictum  locum  et  de  eis  nihil  tit 
expedit  quod  prò  insto  pretio  uendantur. 

Decretum  est  quod  magnifici  domini  habeant  aliquem  peritum  et  apetiare  faciant 
dictos  lapides  et  prò  eo   pretio   vendant  "  (ivi,  p.  188  ;  vedi  anche  I,  XV,  p.  148). 

La  statua  di  cui  si  parlava  nella  seduta  del  19  febbraio  1522,  eretta  a  Leone  X 
nella  casa  dei  Conservatori,  è  veramente  la  seconda  della  serie  moderna,  se  si  voglia 
tenere  conto  di  quella  di  Charles  d'Anjou,  stato  più  volte  senatore  di  Roma  tra  gli 
anni  1263  e  1284.  Matteo  Toscano,  senatore  al  tempo  di  Sisto  IV,  ritrovò  questo  in- 
signe monumento  della  scoltura  rinascente  «  obrutum  saxis  fumoque  «  e  lo  collocò  in 
sito  meno  indegno  nel  giugno  del  1481.  L'iscrizione  che  ricorda  questi  fatti,  andata 


LEONE   X.    1521  207 


a  male  sulla  fine  del  secolo  scorso,  tornò  in  luce  l'anno  1875  (Vedi  Archivio  storico 
della  città  e  provincia  di  Roma,  tomo  I,  anno  1875,  p.  48).  Per  ciò  che  spetta  alla 
statua  di  Leone  X,  le  notizie  che  ho  raccolte  su  questo  incidente  della  vita  capitolina 
sono  così  curiose,  e  dipingono  così  bene  la  condizione  degli  uomini  e  delle  cose  nel 
primo  quarto  del  XVI  secolo,  che  domando  al  lettore  il  permesso  di  parlarne  un  po' 
più  a  lungo  che  non  convenga  allo  spirito  di  questo  mio  lavoro.  L' incidente  servirà, 
se  non  altro,  a  romperne  la  monotonia. 

Il  pò.  ro.  aveva  incominciato  a  manifestare  la  propria  gratitudine  a  casa  Medici 
sino  dall'aprile  1515  in  occasione  della  venuta  a  Roma  di  Giuliano  e  della  sua  sposa, 
alla  quale  «  decretum  est  dono  dari  unum  bacile  et  unam  urnam  auream  pretii  mille 
ducatorum  »  (Credenz.  I,  tomo  XXXVI,  e.  6').  Probabilmente  se  ne  sarà  fatto  nulla, 
vista  la  condizione  deplorevole  dell'arca  municipale.  Ciò  non  toglie  che  si  votasse 
con  frasi  di  sapore  classico  l' erezione  di  una  statua  a  Leone  X  «  in  memoria  bene- 
ficiorù  et  immunitatù  receptarù  » .  Tanta  liberalità  di  propositi  doveva  cagionare  gravi 
turbamenti  all'amministrazione.  Nella  seduta  del  10  luglio  1518  il  primo  conservatore 
Paolo  Planca  dichiara,  anche  a  nome  dei  colleghi  Bartolomeo  Beneimbene,  Paluzzo 
Mattei,  e  Giuliano  de  Giovenali  che,  essendo  l'artefice  della  statua  creditore  di  somma 
rilevante  ^  prò  lapidibus  marmoreis  conducendis  ad  urbem  et  prò  parte  operis  "  era 
necessario  trovare  nuove  somme.  Fu  dato  l' incarico  di  trovarle  a  Giuliano  de  Giove- 
nali e  Francesco  Branca,  i  quali  non  devono  essere  stati  molto  felici  nella  riuscita, 
perchè  il  3  agosto  dello  stesso  anno  «  Magister  Dominicus  Joannis  Diani  sculptor  bo- 

noniensis  protestatus  fuit,  prò  ut  infra,  corani  domin(os )  conservatores  per  me  no- 

tarium  infrascriptum,  cuius  protestationis  tener  talis  est  ^ .  Dice  il  documento  che  lo 
sciagurato  artista,  fidandosi  nelle  promesse  dei  magistrati  «  acceperit  faciendum  colos- 
sum  seu  statuam  marmoream  s.  d.  n.  Leonis  decimi  prò  certo  pretio  infra  certuni 
tempus  et  cum  magno  expendio  et  interesse  portato  a  Carrara  marmore  prò  dicto 
opere  »  e  incominciato  e  condotto  innanzi  il  lavoro,  aveva  «  sepissime  «  ma  senza  frutto, 
richiesta  la  rata  parte  di  pagamento,  a  tenore  del  contratto  stipolato  dal  notaro 
G.  B.  Chiesa:  che  questo  stato  di  cose  gli  aveva  impedito  di  concorrere  ad  altri 
lavori,  fra  i  quali  «  certura  opus  a  riho  d.  cardinali  sancte  Marie  in  porticu  Guber- 
natore  dive  Marie  de  Laureto  prò  fabrìca  diete  ecclesie  »  :  che  se  non  ottenesse  soddi- 
sfazione prima  della  sera  dell'  8  (agosto)  se  ne  sarebbe  andato  via  da  Roma,  abban- 
donando «  dictum  Colossum  quod  est  in  domo  D.  Pauli  Buccamatij  in  loco  dicto 
Spoglia  Christo  »  a  tutto  rischio  e  pericolo  dei  conservatori  (Vedi  tomo  XXXllI, 
e.  118'  degli  Scritt.  Arch.  e  prot.  899  del  noi  Antonio  d'Acquasparta). 

Qualche  cosa  fu  fatto  perchè  trovo  che  nell'agosto  del  1520  il  Comune  stava 
nuovamente  nell'  angustia  di  dovere  rimborsare  -  Christophoro  Vagnano  ^lercatori 
ducatos  auri  de  Camera  centum  quos  idem  d.  Christophorus  schiere  promisit  magistio 
Dominico  sculptori  statue  marmoree  conticiende  ad  perpetuam  rei  memoriam  S.  D.  X. 
pape  Leonis  X  prò  bene  gestis  erga  romanum  populum  »  (A.  S.  C.  Credeuz.  I, 
tomo  XXXVI,  e.  81). 

Leone  X  s' ingegnò  da  sua  parte  a  rendere  più  dura  la  situazione  con  ogni  mi- 
gliore intenzione  al  mondo.  Nella  seduta  del  9  genuaro  1520  -  Prosper  de  Aqua^parta 


208  LEONE   X.    1521 


primus  conservator  exposuit  in  Concilio  qualiter  S.  D.  N.  Leo  papa  X  cum  per  multos 
annos  non  sit  factum  festum  Testacei  et  Agonis  intendat  in  presenti  Carnisprivio  illiid 
solemne  fieri  »  e.  65'. 

E  come  non  bastasse  il  carnevale,  si  pensò  a  altre  feste.  Nella  seduta  del 
25  giugno  del  1521   «  primus  Conservator  exposuit  quod  palilie  que  fieri  annuatim 

solebant   in et   exercitium  romanorum   Studentium    iamdiu  pretermisse 

renovari  debere:  tum  etiam  quia   completa  est  statua   marmorea  S.  D.  N.  pape   et 

in  prima  palati]  aula  collocata,  cui  aliqua  collocationis  memoria fieri  debet 

ad  conseruandam  erga  S.  P.  Q.  R.  sue  sanctitatis  beueuolentiam.  Qua  propositione 
audita  ex  S.  C  decretum  extitit  quod  pecunie  portionium  presentibus  portionariis  istius 
trimestris  exponantur  iuxta  uoluntatem  Conservatorum  »  e.  97.  Ma  appena  che  fu 
«  inceptum  opus  Paliliarum  et  comedie  faciende  in  honorem  et  laudem  s.  d.  n.  pape  » 
vennero  a  mancare  i  fondi,  di  maniera  che,  per  salvare  le  apparenze,  i  conservatori 
furono  costretti  a  vendere,  a  prezzo  di  favore,  a  Marsilio  Barisano  l' ufficio  del  Pro- 
tonotariato della  Curia  Capitolina,  a  condizione  che  egli  «  comodasset  Romano  populo 
ante  concessionem  ducatos  trecentos  ".  La  catastrofe  finale  è  registrata  negli  atti 
del  consiglio  del  24  settembre  con  queste  parole:  «  Primus  conseruator  exposuit 
quod  S.  D.  N.  Leo  papa  X  iussit  retardari  opus  Paliliarum.  Decretum  quod  Con- 
seruatores  rationem  sigillatim  de  expositis  pecuniis  publice  reddant  et  quod  omnia 
lignamina  et  cetera  alia  empta  in  loco  apto  conseruari  debeant  »  e.  159. 

Dato  lo  stato  di  cronico  esaurimento  dell'  erario  comunale,  sembra  impossibile 
che  si  sia  pensato  ad  eleggere  un  «  custode  della  statua  »  con  l' enorme  salario  di 
160  ducati  d'  oro.  Nella  seduta  del  4  agosto  del  1524  «  eximius  artium  et  medicine 
doctor  Johannes  Baptista  de  Theodoricis  primus  conseruator  exposuit  qualiter  in  per- 
petuam  rei  meraoriam  fuit  per  senatum  et  Populum  romanum  diuo  Leoni  pape  X  oh 
deperditas  immunitates  et  ab  ipso  eidem  Senatui  Romanoque  populo  restitutas  ac 
etiam  alias  concessas  erecta  in  Palatio  Conseruatorum  in  aula  magna  eiusdem  palatii 
statua  sue  similitudinis  collocata  eorum  impensa  fuerit,  per  fel.  ree.  Leonis  pape  pre- 
dicti  in  custodia  dictae  statuae  deputatus  nobilis  quondam  Franciscus  de  Branca  cum 
salario  centum  et  sexaginta  ducatorum  auri  et  post  ipsius  Francisci  obitum  mag.  d. 
Angelus  Medices  de  Cesis  custodiam  obtinuerit  a  S.  D.  N.  Clemente  papa  VII  di- 
stribuenda  prout  melius  ei  uisum  fuerit.  Que  custodia  per  prefatum  D.  Angelum  in 
sex  partes  diuisa  fuit  videlicet,  in  duobus  custodibus  diete  statue  cum  salario  duca- 
torum triginta  prò  quolibet,  in  fratribus  Araceli  qui  teneantur  in  dieta  aula  die  quo- 
libet  celebrare  duas  missas,  in  monialibus  Turri  Speculi  Et  monialibus  sancti  Cosmati 
que  continuo  orent  omnipotentem  Deum  prò  anima  sue  sanctitatis  cum  salario  triginta 
ducatorum  similium  prò  quolibet  monasterio.  Et  in  una  missa  canendo  dicenda  in  feste 
sancti  Cosmi  ac  Damiani  in  eorum  ecclesia  ducatos  decem  similes.  Que  salariorum 
pecunie  extrahi  debeant  de  fructibus  gabelle  studij  "  (Decretor.  pò.  ro.  Credenz.  1, 
tomo  XXXVI,  e.  159). 

1521,  30  novembre.  TRIOPIVM  HERODIS  ATTICI?  Don  Giovanni  Lunel  abate 
di  s.  Sebastiano  loca  a  Ludovica  de  Senis  certi  terreni  sul  vicolo  che  da  Domine  quo 
vadis  conduce  alla  Caffarella,  col  patto  di  riserva  per  gli  oggetti  di  scavo. 


LEONE   X.    1521  209 


«  In  presentia  mei  notarij  etc.  personaliter  constitutiis  R*^"^  pater  diìus  Ioannes 
liinel  ad  presens  abas  venerabilis  monasterij  sanctorum  Sebastianj  et  fabiani  extra 
et  prope  muros  urbis  ad  Catacumbas  In  emphiteosim  perpetuam  dedit  perspicaci 
mulieri  due  ludovice  filie  naturai)*  viri  nobilis  dfii  petri  pauli  de  senis  ro.  ci.  re- 
gionis  Trivij  absenti  et  prefato  dfio  petro  paulo  prò  ea  videlicet  petias  terrarum 
undecim  plus  vel  minus  ipsius  abatie  positas  extra  portam  appiam  et  contiguas  diete 
abatie  et  monasterìo  Infra  hos  fines  videlicet  quibus  ab  uno  latere  sunt  proprietates 
bona  et  fossatum  magistri  francisci  fabrj  ferrarij  et  bona  bernardini  bona  gratia  ro. 
Ci.  e  reto  alio  fossato  seu  viculo  qui  respondet  dicto  fossato  dicti  magistri  fran- 
cisci quod  fossatum  et  viculura  prefatus  d.  abas  eidem  magistro  francisco  concedit 
usque  ad  viculum  ducentem  versus  bona  dui  virgilij  de  mantaco  posita  dieta 
bona  tam  dicti  magistri  francisci  quam  prefati  bernardinj  et  dnj  virgilij  sub  proprietate 
dicti  monasterij.  ab  alio  sunt  terre  et  bona  ipsius  monasterij  locata  ad  herbas  francisco  de 
lenis  ro.  ci.  ante  est  via  publica  recta  que  tendit  ad  castrum  Albani,  ab 
alio  videlicet  retro  est  viculus  vicinalis  inter  ipsum  conducentem  ex  una  et  prefatum 

d.  virgilium  ex  alia  qui  respondet  In  viculo  qui  tendit  ad  dictum  monaste- 
rium  et  ìmaginem  seu  cappellam  vocatam  domine  quo  vadis.  prefatus 
diìus  petrus  paulus  promisit  eidem  dilo  abati  dictas  terras  Infra  terminum  trium 
annorum  proxime  futurorum  scapsare  et  scapsari  facere  et  ad  optimas  vineas  et  cul- 
turam  reducere  et  dare  medietatem  omnium  monetarum  vaso  rum  et  figu- 
ra rum  cuiuscumque  generis  metalli  tam  aurej  quam  argentei  metalli  eris  plum])i 
et  ferri  ac  lapidum  marmoreorum  tiburtinorum  et  peperinorum  In  effossione  illamm 
fortasse  reperiendorum  Cum  lioc  quod  prefatus  d.  abas  teneatur  solvere  medietatem 
expensarum  In  excavatione  et  eifossione  dictorum  loviorum  (?)  fiendarum  Actum 
Rome  in   Regione  pinee  In   domo    dicti   dui  abatis  "  (Noi  Gualderoni,  prot.   900, 

e.  212  in  A.  S.). 

1521,  1  dicembre.  Circa  le  sette  ore  della  notte  muore  Leone  X,  non  senza  so- 
spetto di  veleno,  in  età  di  quarantasei  anni,  e  fu  sepolto  in  s.  Pietro  assai  mescbi- 
namente.  Il  suo  magnifico  deposito  nel  coro  della  Minerva  è  del  tempo  di  Paolo  III. 

A  questo  geniale  pontefice  possono  riferirsi  molte  altre  memorie  di  persone,  di 
fatti,  di  propositi  risguardanti  meno  direttamente  il  soggetto  di  queste  nostre  ricercbe. 

Nel  volume  grande  di  Giuliano  da  Sangallo,  già  del  barone  di  Gevmiiller,  ora 
del  Museo  Brittannico,  si  trova  la  pianta  chiaroscurata  di  un  palazzo,  óvdinato  da 
Leone  X  nel  primo  anno  del  suo  pontificato.  Doveva  costruirsi  sulla  piazza  Navona. 
che  si  dice  esser  lunga  braccia  385  e  larga  braccia  85,  e  in  parte  suU'  area  del 
palazzo  poi  Madama.  L'ingresso  ne  è  fiancheggiato  da  due  suggesti,  sui  quali  l'archi- 
tetto aveva  ideato  collocare  due  Fiumi  e  due  Castori,  se  tale  è  il  senso  delle 
parole  Marforio  e  chaualo  che  vi  si  leggono  scritte  dappresso.  Dietro  il  palazzo, 
oltre  piazza  Lombarda,  è  segnato  un  giardino  con  fontane  e  loggiati,  e  sul  tìanco 
sinistro  una  cappella  di  s.  Salvatore  (in  Thermis?)  «  con  riceto  perudiro  la  msa  ". 
Una  postilla  autografa,  a  tergo,  dice:  «  1513  adi  p"  di  luglio,  disegni  del  palazo 
del  papa  lione  innavona  di  Roma  ".  Segue  il  motto  GLO-VI-S,  impresa  del  duca 
Giuliano. 


210  LEONE   X.    1521 


In  questo  stesso  volume  si  trovano  studi  intorno  la  fabbrica  di  una  «  chasa  dal 
lato(r)e  Borgia  per  abitazione'  de  la  famiglia  del  papa  »  e  intorno  l'ordinamento  della 
via  Alessandrina  nuova,  la  quale,  dal  mezzo  della  fontana  di  Innocenzo  Vili  sino 
alla  porta  di  mezzo  della  Traspontina  vecchia,  misurava  270  j  canne  di  lunghezza,  e 
palmi  14  di  pendenza  verso  il  Castello. 

Seguono  grandi  piante  del  pian  terreno,  e  del  piano  d'abitazione  del  casino 
della  Magliana  con  l' appunto  autografo  «  Magliana  :  questo  el  bono  » . 

Relativamente  ai  lavori  di  risarcimento  della  via  Appia  nel  territorio  pontino, 
Leone  X  fece  certamente  ricorso  alla  prestazione  obligatoria  d' opera  dei  frontisti,  sotto 
minaccia  di  gravi  taglie  in  caso  di  negligenza  o  di  rifiuto.  Fa  fede  di  ciò  il  seguente 
documento  del  21  decembre  1515,  che  si  trova  nel  prot.  261,  e.  QQ  del  not.  Onofrio 
de  Bosi  in  A.  S. 

«  Constitutus  dominus  Carolus  contugius  potestas  terre  piperni  ac  procurator 
Universitatis  diete  terre  piperni  prout  constare  fecit  quodam  publico  instrumento  penes 
Dominum  Dominicum  deluvenibus  S.™  Domini  nostri  domini  Leonis  pape  X 
super  restauratione  vie  appiè  Comissariumet  Ser  Prosper  de  bellis  Scyn- 
dicus  diete  Universitatis  sponte  Promiserunt  prefato  domino  Comissario  et  mihi  notario 
presentibus  &  que  universitas  diete  terre  piperni  iuxta  preceptum  et  monitionem  alias 
eis  de  mandato  prefati  S.™  D.  N.  et  Comissarii  factam  usque  et  per  totum  mensem 
augusti  proxime  futurum  faciet  et  factum  habebit  tantum  opus  in  restaura- 
tione vie  appiè  predicte  quantum  usque  in  presentem  diem  fecit  universitas 
terracine  et  hoc  sub  pena  et  ad  penam  ducentorum  ducatorum  auri  in  auro  restau- 
rationi  diete  vie  appiè  applicandorum  :  qua  pena  soluta  vel  non  presens  obligatio 
rata  maneat  et  voluerunt  posse  exigi  totiens  quotiens  contrafactum  fuerit  non  obstan- 
tibus  statutis  de  penis  conventionalibus  non  exigendis  etc.  etc. 

«  Actum  Rome  in  reg"®  sancti  Eustachi  in  domo  habitationis  prefati  Domini 
Dominici  ". 

Anche  in  quest'  opera  di  utilità  publica  Leone  X  non  perde  di  vista  gli  inte- 
ressi di  famiglia,  alla  quale  furono  concesse  le  terre  pontine,  rese  accessibili  me- 
diante il  risarcimento  dell' Appia.  Dal  principio  le  ebbe  Giuliano  (^  ma  nel  1518  erano 
passate  in  proprietà  di  Lorenzo  de  Medici  duca  d'Urbino  (vedi  not.  predetto  prot.  261, 
e.  10  A.  S.).  Questa  condizione  di  cose  dette  luogo  a  controversie  e  litigi  ricordati  nei 
documenti  del  tempo.  Valga  per  tutti  il  seguente,  che  si  trova  noi  prot.  capit.  902  del 
notare  Pavoni  (e.  non  numerate)  : 

«  Die  XXVIII  ianuarii  1533.  Cum  fuerit  et  sit  quod  alias  concesse  et  donate 
fiierint  paludes  Pontine  civitatis  Terracine  ab  Vniversitate  eiusdem  et  motu 
proprio  felicis  recordationis  Leonis  pape  decimi  date  concesse  et  confirmate  iuxta  for- 
mam  dicti  motus  proprii,  sub  datum  Rome  apud  sanctum  Petrum  decimonono  kalendas 
Ianuarii  anno  secundo  latius  continere  dicitur  bo.  me.  juliano  de  Medicis  eiusque 
successoribus  a  quo  domino  luliano  dominus  Dominicus  de  Juuenibus  dictas  paludes 
habuit  et  cum  dominus  Angelus  Antonius  Locutia  de  Terracina  quoddam  territorium 


(')  t  marzo  1516. 


LEONE   X.    1521  211 


vulgo  dictum  sancto  Martino  situm  in  palndibus  Pontinis  in  territorio  Terracine  tenuerit 
cumque  idem  Angelus  Antonius  mensibus  elapsis  detentus  esset  in  carceribus  cum 
nonnullis  aliis  hominibus  de  Terracina  causa  et  occasione  prout  in  actis  d.  Francisci 
de  Aspra  notarii  crimiualium  in  Curia  dom.  alme  Vrbis  Gubernatoris  et  prò  dieta 
causa  idem  d.  Angelus  Antonius  condemnatus  fuerit  iniuste  ad  triremes 
et  prò  sua  liberatione  necesse  habuerit  prò  pecunia  inuenienda  uendere  dictum  suum 
territorium  d.  Dominico  de  luuenibus  camere  apostolico  notario  Et  cum  dictus  d. 
Dominicus  uoluerit  eidem  D.  Angelo  Antonio  gratificari  de  retrouendendo  dictum 
territorium  prò  eodem  pretio  quo  sibi  venditum  fuit  videlicet  centum  Scutorum  auri 
de  sole  hodie  retrouendidit  etc.  ». 

Le  leggi  edilizie  di  Leon  X  sono  ricordate  più  volte  nei  verbali  del  Consiglio 
comunale.  Il  primo  conservatore  Mario  Perusco  ne  dette  comunicazione,  la  prima  volta, 
in  seduta  del  2  settembre  1517,  dichiarando  la  bolla  essere  stata  promulgata  «  in 
fauoré  curialiù  edificantiù  i  urbe  ad  eifectii  c^  urbs  roma  augeat  et  nobilitetur  edi- 
ficiis  et  hominibus  » .  Domanda  perciò  che  ne  sien  tratte  copie  in  pergamena  e  distri- 
buite «  nobilibus  et  potentibus  curialibus  ad  effectum  illicie)idi  illorum  animum  ad 
stmctionem  edificiorum  » .  Le  copie  fiu'ono  fatte  da  Antonio  de  Zoccolis,  il  quale  dovette 
attendere  sino  al  maggio  del  1519  il  compenso  per  le  sue  fatiche  e  il  rimborso  delle 
spese  incontrate.  Ma  Leone  X  aveva  1'  animo  propenso  alla  letteratura  piuttosto  che 
air  arte,  e  se  qualche  cosa  fu  fatto  sotto  il  suo  pontificato,  ne  dobbiamo  essere  grati 
piuttosto  all'  impulso  dato  dal  suo  predecessore  che  alla  sua  bolla  del  1517.  Fra  le  opere 
che  maggiormente  interessano  questi  nostri  studii  si  può  ricordare  il  casino  della  villa 
Olgiate  a  p.  Pinciana,  piantato  su  fondamenta  antiche  di  reticolato,  sulle  pareti 
del  quale  Kaffaele  dipinse  le  istorie  di  Alessandro  e  Kossaiie  :  il  bagno  del  card,  di 
Bibbiena  in  Vaticano,  fatto  alla  maniera  antica,  con  un  simulacro  di  Venere  nella  nic- 
chia, e  con  le  istorie  di  Venere  e  Amore  condotte  dallo  stesso  divino  artista  sulle  pareti, 
e  riprodotte  in  maggiore  misura  da  Giulio  Romano  nella  loggia  del  giardino  Mattei  sul 
Palatino  ('):  la  cappella  Chigi  in  s.  Maria  del  Popolo,  nella  quale  finirono  alcuni 
marmi  del  tempio  de'  Castori  (Fea,  Notizie,  p.  6)  :  la  chiesa  di  s.  Maria  in  Domnica 
sul  monte  Celio,  fabbricata  sugli  avanzi  della  Stazione  della  seconda  coorte  de'  Vigili, 
e  risarcita  da  Leone  X  con  materiali  antichi  :  il  palazzo  Caffarelli-Vidoni  eretto 
sulla  linea  dell'  Ecatostylon  nel  1518,  secondo  il  pensiero  di  Lorenzetto,  al  quale  si 
attribuisce  pure  il  cortile-museo  del  cardinale  Andrea  della  Valle  dall'  altra  banda 
della   i.  via  pape  ». 

Al  medesimo  periodo  appartiene  la  casa  di  Giambattista  dall'Aquila  cameriere 
di  Leone  X,  che  i  documenti  del  tempo  dicono  posta  sulla  via  retta  Alessandrina, 
dirimpetto  alla  via  Lucida  e  al  palazzo  di  Piero  Strozzi,  a  confine  con  le  caso  di 
Egidio  Varano  da  Camerino.  Il  dall'Aquila  viveva  ancora  nel  1543  (not.  Anianni, 
prot.  ITO,  e.  174)  ma,  dopo  la  sua  morte,  il  palazzo  venne  nelle  maui  di  Fal)ianu 
del  Monte,  e  nel  1565,  in  quelle  del  banchiere  Girolamo  Ceuli. 


(')  Trasportato  su  tela  nel  1846,  e  vendute  dal  marchese  Campana  a  l'ictruburgo. 


212  LEONE   X.   1521 


Il  Borgo  si  era  abbellito  contemporaneamente  con  le  case  di  Giannantonio  Bat- 
tiferri da  Urbino,  di  Giacomo  da  Brescia,  medico  di  Leone  X,  e  di  Raffaele  da  Urbino, 
intorno  alla  quale  ultima  nulla  ho  da  aggiungere  alle  cose  già  dette  dallo  Gnoli. 
Celebratissimi  fra  tutti  furono  i  palazzi,  Alberini-Cicciaporci  costruito  da  Giulio  Romano 
sui  disegni  di  Bramante,  l'anno  1521,  sulla  linea  estrema  delle  Porticus  Maximae: 
quello  Stati-Cenci-Maccarani  alla  Dogana,  e  quello  dei  Lante  ai  Caprettari,  costruiti 
neir  area  dello  Stagnum  Agrippae.  Questi  eleganti  monumenti  architettonici  dell'  aureo 
secolo  mediceo  si  trovano  intagliati  nella  raccolta  di  A.  Lafreri  coi  titoli  —  Alberi- 
norum  domus,  ob  singularem  Bramantis  architecti  ...  in  ea  disponenda  atq.  distri- 
buenda  diligentia,  ad  posteritatem  reservata  imago  (').  —  Palaci um  Pauli  Stacij  è 
regione  divi  Eustachij  ad  veterum  normam  et  formam  Romae  recens  extructum  {^).  — 
Il  rame  della  casa  di  Raffaele  nel  Borgo  porta  il  titolo  «  Raph.  Urbinat.  ex  lapide 
coctili  Romae  extructum  ». 

Agli  ultimi  anni  del  pontificato  di  Leone  X  spetta  pure  la  costruzione  del  palaz- 
zetto  di  Tommaso  le  Roy  o  Regis  sul  cantone  di  via  de  Baullari,  cui  servono  di  fon- 
damento gli  avanzi  quasi  intatti  di  una  ricca  casa  romana  (Vedi  Bull.  com.  tomo  XXVIII, 
a.  1900,  p.  331-338):  quella  del  palazzo  Ossoli  al  n.  18  della  via  de' Balestrari, 
opera  di  B.  Peruzzi:  quella  della  casa  Buzi,  vicina  alla  piazza  degli  Altieri,  sulla 
facciata  della  quale  il  medesimo  artista  aveva  dipinto  i  dodici  Cesari,  scene  della 
vita  del  divo  Giulio,  e  i  ritratti  di  tutti  i  cardinali  allora  viventi  {^).  Questa  casa 
è  nominata  due  volte  dall' Albertini  :  a  e,  30  «  domus  . . .  Buti . . .  variis  pictmis  et 
statuis  adornata  »  e  a  e.  54  b  «  in  aedibus  Butii  est  vas  porphireticum  cum  puteo 
marmoreo  variis  coloribus  mixto  ». 

Per  quanto  concerne  i  giardini  e  le  ville  aperte  in  terreni  archeologici,  basti 
citare  quelle  del  Fedra,  del  Mattei,  del  Turini  da  Pescia,  e  del  Perrerio. 

La  vigna  di  Tommaso  Inghirami  occupava  parte  del  n  balneum  Imperatoris  »  a  con- 
fine con  quella  di  Pietro  Mellini,  e  fu  venduta  il  22  gennaro  1533  a  Marcello  Cre- 
scenzi.  L'Albertini  vi  osservava  brani  di  antiche  pitture  (vedi  Mittheil.  tomo  IX, 
a.  1894,  p.  15). 

La  villa  Mattei  sarebbe  stata  fondata  tra  gli  avanzi  della  casa  Augustana  e  del 
portico  delle  Danaidi  nell'anno  1515  (Gregorovius,  tomo  VIII,  p.  459);  ma  la  data 
non  è  sicura.  I  Mattei  la  ingrandirono  nel  1561,  acquistando  una  vigna  di  quattro  pezze 
da  Alessandro  Colonna,  e  alcuni  anni  più  tardi,  quella  di  Cristoforo  Stati. 

Baldassarre  è  il  fondatore  della  fortuna  dei  Turini  da  Pescia  in  Roma,  da  lui 
trasmessa  al  fratello  Andrea,  medico  illustre,  al  nipote  Giulio,  al  pronipote  Pietro.  Egli 
aveva  tre  possidenze  principali,  il  palazzo  di  abitazione  nel  r.  di  s.  Eustachio,  già  in  parte 
dei  Leni,  vicino  al  «  Gymnasium  Urbis  »   e  confinante  con  la  casa  di  Paolo  Antonio 


(')  Prima  ed.  di  Claudio  Ducliet:  seconda  di  Heinrich  van  Schoel. 

(*)  Prima  ed.  1549  di  A.  Lafreri:  seconda  di  Pietro  de  Nobili:  terza  di  Paolo  Oraziani. 

(3)  La  serie  dei  dodici  Cesari  fu  molto  alla  moda  nella  prima  metà  del  secolo,  e  fu  più  volte 
intagliata  in  rame.  Le  due  serie  della  mia  raccolta,  delineate  da  Giovanni  Stradano,  furono  rispet- 
tivamente incise,  la  prima  da  Adriano  CoUaert,  la  seconda  da  Crispiano  de  Passe. 


LEONE   X.    1521  213 


Cnsolino  —  la  «  domus  magna  in  r.  Columne  prope  plateam  iti  Mauti  »  acquistata 
da  Cosma  del  Bosco  lorenese,  e  locata  nel  1542  al  cardinale  Theatino  —  e  la  «  vinea 
perpulchra  «  sul  Gianicolo  (y.  Lante)  alla  quale  si  accedeva  dalla  paite  di  porta  Tur- 
rione.  Fu  ingrandita  nel  1538  mediante  l'acquisto  di  altri  terreni  circostanti,  di 
maniera  che,  nel  1561,  occupava  l'intero  spazio  di  monte  tra  le  ville  Odescalchi 
e  Riario.  Un  atto  del  1551  (nel  prot.  6157  del  not.  Rey detto  a  e.  38)  ricorda  il  «  ma- 
gnificus  dns  Julius  filius  ecc."'  ol.  magistri  Andrea  Turini  de  Turinis  de  Piscia,  nepos 
et  heres  test.°  felicis  memorie  R.  P.  dni  Baltassaris  de  Turinis  de  Piscia,  dum  vixit 
secretarli  ap.  ac  Dnus  et  patronus  unius  vinee  et  palatii  siti  in  dieta  vinea  posito 
in  terr.°  Rome  loco  dicto  in  monte  Aureo,  ac  unius  fornacis  prope  dictam  vineam, 
qua  bona  vulgariter  dicuntur  la  vigna  di  M.  Baldassarre  de  Pescia  "  : 
ed  è  appunto  sotto  questo  nome  che  figura,  ed  è  delineata  in  tutti  i  suoi  particolari, 
nelle  piante  o  prospettive  di  Roma  del  cinquecento,  che  hanno  per  base  il  Gianicolo. 

La  «  Domus  rev.  do.  Stephani  Ferreri  pedemontani  car.  Bononien.  apud  equos 
marmoreos  cum  hortulo  et  pulcherrimis  habitationibus  "  nominata  dall'  Albertino  a 
e.  26,  occupava  l'angolo  estremo  occidentale  delle  terme  di  Costantino,  nel  sito  della 
Consulta.  I  Ferrerie  avevano  probabilmente  acquistato  tale  sito  da  un  loro  compa- 
triota, Antonio  da  Vercelli  (vedi  Bull.  com.  tomo  XXIII,  a.  1895,  p.  104).  Da  Gio- 
vanni Stefano,  vescovo  di  Bologna  e  cardinal  dei  ss.  Sergio  e  Bacco,  morto  nel  l.">10, 
ereditò  il  nipote  Bonifacio,  vescovo  di  Porto  e  cardinale  d' Ivrea,  il  quale  ingrandì 
la  villa  quirinale  acquistando  un  attiguo  orto  con  giardino  da  Francesca  figliuola 
del  qd.  Mariano  de  Doxis  della  Palma  (not.  Nicla,  prot.  1373,  e.  136-139  A.  S.). 
Morto  Bonifacio  nel  1543,  la  villa  passò  al  card.  Pier  Francesco,  e  più  tardi  al 
celebre  card.  Guido,  il  quale,  pur  serbando  la  sua  «  domus  solite  residentie  "  nel 
rione  di  Borgo,  si  dilettava  oltre  ogni  dire  di  questo  salubre    recesso  quirinale.    La 

vignetta  32  di  Stefano  du  Perac  mostra   «  i  vestigi  delle  terme  di  Costantino 

qualli  per  essere  molto  minate  non  vi  si  vede  adornamenti  ma  solo  grandissime 
muraglie  et  stantie  massimamente  nel  giardino  del  car.  di  Ver  cello  ■'.  Il 
card.  Guido  aveva  comperata  nel  1578  dal  vescovo  di  Melfi,  Alessandro  Ruffini,  la 
villa  Ruffinella,  per  farne  dono  al  collegio  da  lui  fondato  in  Torino. 

I  verbali  del  Consiglio  comunale  ricordano  altri  lavori  di  carattere  monumen- 
tale. Nel  «  concilium  vel  parlameutum  »  fatto  il  9  novembre  1520,  si  decise  su 
proposta  di  Francesco  Branca,   <*  quod  supplicetur  S.  D.  N.  prò  reparatione   testu- 

dinis   sancte   Marie   Rotunde  et  illius  porte   similiter   prò   restitutione 

monasterii  sancte  agnetis  extraurbem-».  Cosi  pure  nella  seduta  del  23  marzo  1521 
si  convenne  che  fossero  eletti  annualmente  due  cittadini  col  mandato  di  curare  la 
conservazione  delle  mura  della  città,  e  provvedere  a  che  i  danni  del  tempo  non 
divenissero  maggiori,  per  negligenza  degli  uomini. 

Trovo  pure  nelle  mie  schede  conti  di  lavori  fatti  «  in  camera  biblioteee  apo- 
stolico tempore  bone  memorie  domini  Philippi  Beroaldi  eiusdem  bibliothece  tuni  bil)lio- 
thecarii  "  da  maestro  Iacopo  Giana  da  Lugano.  Vi  sono  nominati  Gianiuatteo  Giberti 
vice  bibliotecario,  e  i  custodi  Lorenzo  Parmeni  da  Sangenesio.  e  Romolo  de"  Maiii- 
macinis. 


214  LEONE   X.    1521    —   ADRIANO   VI.    1522 

La  morte  del  geniale  pontefice  e  l' elezione  del  suo  successore  sono  cosi  ricordate 
negli  appunti  del  notare  Nicolao  Credi  (prot.  245  A.  S.  C). 

«  Die  prima  decembris  1531  sanctissimus  domiuus  noster  Leo 
papa  decimus  anno  nono  sui  pontificatus  bora  septima  noctis  inter  dominicam  et 
Lune  dies  ab  hac  luce  migravit. 

Die  Lune  nona  ejusdem  mensis  Decembris  reuerendissimi  domini sancte 
romane  ecclesie  cardinales  incipierunt  obsequie  eiusdem  domini  Leonis,  que  quidem 
obsequia  per  nouem  dies  continuos  durauerunt. 

Die  veneris  vigesima  septima  die  ti  mensis  decembris  prefati  reueren- 
dissimi domini  cardinales  ad  creandum  pontificem  conclavem  intrauerunt. 

Die  iovis  nona  mensis  ianuarij  sequentis  1522  reuerendissimus  dominus 

Marcus  Sancte  Marie  in  Via  Lata  Cardinalis nuncupatus  annunciauit  reuerendis- 

simum  in  Christo  patrem  dominum  Adrianum  tituli  sanctorum  Joannis  et  Pauli 
presbiterum  cardinalem  Dertusensem  nuncupatum  esse  per  eosdem  dominos  Cardinales 
in  eodem  conclaui  electum  et  creatum  in  summum  pontificem  licet  absentem  et  ipsi 
reuerendissimi  cardinales  a  prefato  conclaui  exierunt  ». 


ADRIANO  VI. 

9  gennaio   1522-14  settembre  1523 


Le  miserande  condizioni  di  Roma  e  suo  territorio  in  sede  vacante  di  Leone  X 
sono  più  volte  descritte  e  deplorate  nei  verbali  del  Consiglio.  Il  magistrato  aveva 
da  lottare  contro  la  peste,  contro  la  brutalità  dei  soldati  Corsi,  e  contro  le  irrequie- 
tezze cagionate  dalla  lotta  tra  Renzo  di  Ceri  e  1'  esercito  dei  Fiorentini  e  dei  Sanesi. 

Della  peste  si  discusse  in  seduta  del  22  giugno.  Su  proposta  di  Bernardino 
Sanguigni  primo  conservatore  «  decretum  fuit  quod  adinveniantur  confessores  medici 
et  facchini  ac  etiam  servitores  infirmorum  similiterque  loca  congrua  ad  receptaculum 
infirmorum  et  suspectorum  ».  (Credenz.  I,  tomo  XXXVI,  p.  122).  Il  seguente  para- 
grafo del  verbale  27  luglio  mostra  quale  sorte  fosse  serbata  ai  fuggiaschi  dall'  in- 
fezione. 

«  Cum  multi  nobiles  Romani  propter  epidemie  malum  in  Vrbe  uigentem  ciui- 
tatem  Tiburis  petiere  cum  eorum  familia,  centra  quos  Tiburtini  ausi  fuere  capere 
arma  et  illos  insultare  alta  noce  dicendo  «  Moriantur  Romani  et  forenses  ».  Quia 
omnia  sunt  in  maximum  dedecus  Alme  Vrbis  et  ciuium  romanorum  cum  subditi 
audeant  centra  dominos  talia  gerere  decretum  extitit  quod  puniantur  Tiburtini  » 
(ivi,  p.  125). 

Fu  in  tali  contingenze  che  si  vide  un  greco,  di  nome  Demetrio,  percorrere  le  vie 
della  città  traendosi  dietro  un  toro,  che  egli  pretendeva   avere   ammansito  con  arti 


ADRIANO  VI.    1522  215 


magiche,  e  che  condusse  al  Colosseo  per  sacrificarlo  secondo  il  rito  antico,  affine  di 
placare  i  demonii  avversi  ! 

I  soldati  Corsi,  dal  canto  loro  «  tam  inique  et  dolose  vivebant  quod  quotidie 
per  eos  committerentiir  quam  plurima  furta,  rissa,  et  homicidia  ».  Il  magistrato 
ordinò  che  ogni  caporione  armasse  cento  e  cinquanta  ausiliari  «  ad  evitandum  rissas 
et  scandala  que  quotidie  fiunt  in  urbe  »  e  procedette  pure  contro  i  barcaiuoli  Corsi 
di  Kipa  e  di  Ripetta  i  quali  avevano  fatto  violenza  a  quella  Curia  per  liberare  alcuni 
loro  compagni  carcerati  (ivi,  p.  116,  117).  Ma  la  tranquillità  pubblica  non  tornava  (') 
e  nella  seduta  del  5  maggio  il  predetto  Bernardino  Sanguigni  dimandava  nuove  ri- 
gorose misure  di  repressione  dentro  e  fuori  la  città  contro  i  delinquenti,  qualunque 
fosse  il  loro  stato  sociale.  Allora  si  alzò  «  D.  Comes  Pitiliani  (et)  diiit  prò  se  et 
tota  domo  Ursinorum  curaturum  quod  in  eorum  castris  delinquentes  non  habebunt 
receptum  et  favorem.  —  Item  D.  Aschanius  de  Columna  prò  se  et  tota  sua  domo 
Columnensium.  —  Itera  D.  Stephanus  de  Comitibus.  —  Item  Confalonerius  et  Cancel- 
larius  Prior  capita  regionum,  consiliarii,  et  alii  cives  »   (ivi,  p.  120). 

Si  fece  pure  la  proposta  «  utrum  sint  missuri  Oratores  ad  Principes  Impera- 
torem,  et  Regem  Francie  ad  rogandum  eorum  majestates  quod  sinant  S.  D.  N. 
Adrianum  sextum  ad  Urbem  venire  »  ma  fu  respinta  n  cura  credatur  quod  (papa) 
iam  sit  in  itinere  »  (ivi,  p.  119). 

E  infatti  Adriano  VI  approdava  a  Ostia  il  giorno  28  agosto,  nel  colmo  della 
peste  e  della  malaria,  e  riusciva  poco  dopo  a  rimettere  alquanto  in  ordine  la  cosa 
pubblica. 

Queste  brevi  considerazioni  valgano  a  spiegare  perchè  le  notizie  di  scavi  e  di 
scoperte,  da  me  raccolte  per  il  regno  di  Adriano  VI,  sieno  poche  di  numero,  e  di 
pochissima  considerazione. 

1522,  17  marzo.  R.  XIII  AVENTINVS.  Società  per  iscavi  tra  Girolamo  De 
Rossi  e  Adriana  Sinibaldi. 

«  D.  Hieronimus  de  Rubeis  ciuis  romanus  regionis  Campitelli  et  d.  Hadriana 
de  Sinibaldis  de  regione  Arenule  societatem  inter  se  contraxerunt  de  et  super  la- 
pidicina  seu  petraria  fienda  in  et  sub  uinea  eiusdem  d.  Adriane  posita  in  loco  dicto 
Monte  Aventino  cui  ab  uno  latere  est  uinea  dominorura  de  Santacruce  ab  alio  uero 
ipsius  d.  Hieronimi  ab  alio  vie  publice  »  (Not.  Alfonso  Castellano,  prot.  901  A.  S.  C). 

1522,  21  agosto.  FORVM  TRANSITORIVM.  Francesco  Cavalieri  da  Bergamo, 
avendo  scalzate  le  fondamenta  della  casa  Petrucci  aderente  alla  chiesa  di  s.  ]\r.  in 
Macello  o  degli  Angeli,  s'obbliga  al  risarcimento  dei  danni  (vedi  Ballettino  com. 
tomo  XXIX,  1891,  p.  39). 

«  In  presentia  mei  Notarli  *fc  magister  ])ernardinus  quondam  francisci  de  Ca- 
valerijs  de  Bergamo  habitator  Urbis  in  R""  raontium  sponte  promisit  magnitìco 
viro  d.  Antonio  de  petrutiis  ad  presens  Camere  Urbis  conservatori  presenti  per 
totum  mensem  Novembris  proxime  futurum  eius  sumptibus  et  expensis   reparare   et 

(')  I  briganti  Paternostro  e  Avemaria,  squartati  il  15  luglio,  confessarono  di  avere  uccise  conto- 
sedici  persone. 


216  ADRIANO   VI.   1522 


refiindare  certuni  aagulura  cuiusdam  domus  prefati  d.  Autouii  posite  in  R"®  Cam- 
pitelli  iuxta  ecclesiam  Sancte  marie  dellagnili  sotietatis  textoriim  de  urbe  in  qua 
Ecclesia  dictus  magister  bernardinus  lapidea  tiburtinos  marmoreos  et  albanos  aptos 
ad  sculturam  effodit  ac  omnes  ruinas  si  ve  scissuras  que  in  dieta  domo  nunc  appa- 
rent  reparare  et  aptare  similiter  eius  sumptibus  prò  quibus  obligavit  et  voluìt  re- 
nuntiavit  et  iuravit. 

Actum  in  domo  prefati  d.  antonii  presentibus  luliano  quondam  ser  Andree  de 
viturclano  et  hieronimo  de  coronis  testibus  «  (Not,  G.  B.  de  Coronis,  prot.  646,  e.  82 
in  A.  S.). 

1522,  17  settembre.  In  un  rogito  del  not.  Stefano  de  Amannis  (prot.  66,  e.  138') 
per  vendita  di  suolo  fabbricabile  in  Campomarzio,  si  pattuisce  la  riserva  per  gli 
oggetti  di  scavo. 

1522,  18  settembre.  COLLEZIONE  GVALDER.ONI.  «  In  presentia  etc.  Discretus 
vir  Dns  Savus  de  Perellis  Ro  :  civis  de  R.  montium  ut  procurator  et  legitima  persona 
nobilis  viri  domini  Theodori  de  Gualderonibus  Ro:  Ci:  locavit  discrete  mulieri  Dne 
Elisabete  de  Zora  hispane  presenti  quamdam  ipsius  domini  Theodori  domum  terri- 
neam  cum  sala  cameris  tinello  et  coquina  stabulo  et  discoperto  positam  in  R.  Co- 
lumne  et  contrada  S*'  Mauti  de  urbe  diete  Regionis. 

Insuper  prefata  Dna  Elisabeta  constituit  et  vocavit  se  fidam  et  legalem  deposi- 
tariam  infrascriptorum  bonorum.  Uno  (^)  testa  de  Jane  Una  altra  testa  de 
marmerò    Un    busto    de    Medusa. 

Actum  Rome  in  R"*  Columne  et  suprascripta  Domo  »  (Not.  Bartolomeo  de  Ro- 
tellis,  prot.  1480,  e.  138  in  A.  S.). 

1522,  9  ottobre.  Publico  il  documento  che  segue,  benché  appartenente  alla 
storia  dell'  arte  più  che  all'  archeologia,  nel  dubbio  che  fra  le  scolture  del  testatore 
vi  fossero  originali  antichi. 

«  Eximius  sculptorie  artis  magister  Antonius  H  e  1  i  a  de  Gomene  laicus  territori] 
Hortanensis  Mediolanensis  dioecesis  in  Urbe  commorans,  pestifera  contagione  detentus 
mente  tamen  et  intellectu  sanus,  volens  quemdam  Georgium  de  la  Orte  de  la  Cyma 
laicum  diete  dioecesis  etiam  marmorarium  sculptorem  in  Urbe  habitantem  de  seruitiis 
et  obsequiis  sibi  ab  eodem  Geòrgie  prestitis  in  dieta  contagione  ut  gratum  hominem 
decet  saltem  in  parte  remunerare,  nec  non  venerabilem  virum  dominum  Franciscum 
Calvum  laicum  Comensem  in  Urbe  commorantem  infrascripta  donatione  in  remune- 
rationem  quorundam  ofiìtiorum  ac  nere  beneuolentìe  testimonium.  que  quidem  offitia 
dictus  Franciscus  sibi  antea  ut  asseruit  prestita  sponte  etc  titulo  donationis  Inter  uiuos 
concessit  prefato  Geòrgie  seruitori  benemerito  ducatos  auri  de  Camera  quadringentos. 

Item  magister  Antonius  donauit  et  concessit  prefato  domino  Geòrgie  omnes 
statuas  ex  ere,  marmore,  et  cera  confectas  quas  ipse  donator  in  Urbe  in 
diuersis  locis  se  habere  asseruit. 

Item  omnes  suos  circulos  sive  compassus  et  omnia  alia  instrumenta  ex  qua- 
cumque  materia  facta  ad  artis  scultorie  exercitium  in  Urbe  existentia. 


(1)  Dice  uno  perchè,  prima  di  testa,  era  scritto  capo. 


ADRIANO  VI.    1522-1523  217 


Item  prefatus  magister  Antonius  ex   causa   premissa   concessit   prefato   domino 

Francisco  Calvo in   signum  vere  beneuolentie  unam  statuam  Apolinis 

ex  cera  confectam  in  bancho  heredum  quondam  Augustini  Chisij 
existentem. 

Acta  fiierunt  hec  Rome  prope  et  ante  domum  habitationem  eiusdem  magistri 
Antonij  donatoris  in  platea  siue  strata  Retrobanchos  vulgo  nuncupata  de  regione 
Pontis  sub  die  etc  Presentibus....  Ugone  de  Carpis  sculptore  lignario....  Ego  Anto- 
nius Rogier  clericus  Cameracensis  not.  "  (A.  S.  C.  prot.  900). 

La  peste,  cui  accenna  il  primo  paragrafo  del  documento,  fu  quella  terribile  del 
ventidue.  Nel  prot.  1329  di  Ponziano  de'  Ponziani  a  e.  761  si  descrive  1'  esposizione 
dell' imagi  ne  della  B.  V.  sull' aitar  maggiore  della  chiesa  di  s.  M.  in  portico  «  ob 
pestem  in  urbe  vigentera  «. 

1522,  21  novembre.  FORVM  TRAIANI.  Scavi  per  la  fondazione  della  «  tribuna 
ecclesie  s.  Marie  de  loreto  in  r.^  Montium  »  (Not.  Stefano  de  Amannis,  prot.  66, 
e.  150').  Vedi  le  osservazioni,  ad  a.  1507,  p.  143  e  ad  a.  1521,  p.  207. 

VIA  TRIVMPHALIS  —  VIA  CORNELIA.  Nel  cod.  barber.  XLVIII,  112,  in  prin- 
cipio, si  parla  della  villa  di  Lutio  Rustio  Sacerdote  «  con  un  vago  palazzo  ove  è  bora 
il  giardino  pontificio,  nel  quale  sono  di  presente  alcuni  epitafij  e  pili  de  Gentili,  non 
altronde  qua  trasportati  ma  quivi  ne  tempi  di  Leon  X,  Pio  IV  e  d' altri  ritro- 
vati » .  Fra  questi  sepolti  lungo  la  via  Trionfale  il  cod.  nomina  «  Aurelio  Marcellino, 
Tito  Settimio,  Tettieno  Felice  augustale.  Marco  Camurio,  Ulpio  Egnatio,  Parilo  Cissio, 
Sempronia  Talusia,  Flavia  Salutare,  Aurelia  figlia  di  Lutio,  Reginia  Tituleta,  e  mol- 
tissimi altri  i  cui  epitafij  registrati  parte  ho  appresso  di  me,  parte  sono  nell'Archivio 
di  s.  Pietro...  avanzando  il  centinaio,  i  quali  tutti  epitafii  in  marmo  et  in  pili  sono 
stati  trouati  in  questa  parte  del  Vaticano». 

1523....  marzo.  ARCVS  NOVVS  AD  S.  MARIAE  IN  VIA  LATA.  Domenico  Vecchi 
e  Ippolita  de  Carrariis  (?)  fanno  distruggere  gli  ultimi  avanzi  dell'Arcua  Xovus  dei 
Cataloghi  regionari. 

«  Indictione  X.'"*  mensis  martij  die  mercurij  1522  (corr.  1523)  tempore 
R.*"'  in  Christo  patris  et  diìj  Hadriani  titulj  sanctor:  lohannis  et  Pauli  Presbiteri 
Cardinalis  dertusensis  In  summum  Romanum  Pontificem  elati  anno  primo.  In  presentia 
mei  notarij  Cum  hoc  fuerit  et  sit  prout  infrascripte  partes  asseruerunt  quod  Inter 
domum  quam  in  tertiam  generationem  quondam  georgeus  musa  aromatarius  romanus 
habebat  a  cappellano  Cappelle  seu  altaris  sanctorum  Andree  et  Nicola]  site  in  Ecclesia 
sancte  marie  in  Vialata  de  Urbe  et  domum  Dominici  qd.  Cole  Vecchi]  imbastarij 
Regionis  trivij  quam  detiuet  In  locatiunem  ab  ecclesia  sancti  raarcellj  sitam  in  con- 
spectu  diete  ecclesie  sancte  marie  In  via  lata  extet  quidam  paries  communis  super 
certuni  pilastrum  antiquum  lapidum  tiburtinorum  fundatus  et  erectus 
est  Et  velint  et  Intendant  dìisDominicus  et  diìaHipolita  auia  materna  ac  tutrix  et  admi- 
nistratrii  filiorum  predicti  qd.  georgij  musa  dictos  lapides  in  diete  pilastro 
existentes  extrahi  fa  cere  animo  cum  eis  aliquod  lucrum  faciendi  sponte  .v  conve- 
nerunt  cum  discroto  viro  magistro  Andrea  qd.  Johannis  de  fontana  architectore  mediola- 
nensi  qui  dictos  lapides  extrahere  promisit  modo  et  forma  ac  cum  pactis  iufrascriptis  •  vi- 

28 


218  ADRIANO   VI.    1523 


delicetQuod  prenominati  Dominicus  et  dìia  Hipolita  tutrix  et  administratrix  predictorum 
sponte  concesserunt  eidem  magistro  Andree  presenti  licentiam  dictos  lapides,  exinde 
usque  quo  dicti  lapides  etiam  usque  ad  Centrum  terre  durabunt,  extrahendi  ciim  pactis  et 
conventionibus  infrascriptis  videi,  qiiod  ipse  raagister  Andreas  teneatur  prout  spente 
promisit  et  convenit  eisdera  Dominico  et  d&e  Hipolite  presentibus  dictum  parietem 
et  mm-um  super  dictum  pilastrum  et  lapides  tiburtinos  existentem  ac  de  eo  talem 
curara  habere  quod  aliquo  modo  non  ruat  aut  movimentum  aliquod  patiatur  Et  ultra 
dictos  lapides  extrahere  donec  lapides  grossi  reperientur  omnibus  et  singulis  eiusdem 
magistri  Andree  sumptibus  et  expensis  Et  quod  omnes  lapides  minuti  et  apti  ad 
murandum  qui  in  dieta  cava  et  extractione  lapidum  fienda  reperientur  sint  et  esse 
debeant  eiusdem  magistri  Nicola]  Et  omnes  lapides  grossi  tam  tiburtinj  quam  mar- 
morej  quam  etiam  cuiuscunque  alterius  generis  qui  reperientur  extrahantur  sumptibus 
dicti  magistri  Andree  Et  dicti  lapides  sic  extracti  Inter  eosdem  Dominicum  et  dnam 
Hipolitam  auiam  maternam  tutricen  et  administratricem  predictorum  communiter  di- 
vidantur  videi,  quod  una  pars  dictor.  lapidum  sic  extractorum  sit  et  esse  debeat 
eiusdem  magri  Andree  et  alia  medietas  sit  et  esse  debeat  ipsorum  Dominici  et  filiorum 
et  heredum  quondam  georgij  et  diete  due  Hipolite  eorum  avie  materne  tutricis  et  admi- 
nistratricis  predictorum  Et  hoc  Intelligatur  de  dictis  pilastris  etaliis  lapidibus 
subtus  dictum  parietem  communem  existentibus.  Et  dieta  cava  fiat  et 
lapides  extrahi  debeant  a  latere  domus  ipsius  Dominici  quia  sic  actum.  Et  si  in  effodiendo 
reperientur  alique  figure  seu  statue  marmoree  aut  alii  lapides  cumfiguris 
fogliaminibus  et  alijs  similibus  quod  sint  ipsorum  heredum  et  Dominicj  et 
eorum  expensis  extrahantur  quos  Idem  mgr  Andreas  extrahere  promisit  satisfacto  eidem 
de  convenienti  mercede  diete  extractionis.  Item  quod  omnia  fragmenta  apta  ad  conficien- 
dum  calcem  que  in  dieta  cava  reperientur  sint  et  extrahantur  expensis  ipsius  magri  An- 
dree Item  quod  si  reperientur  plumbum  aut  alterius  generis  metalla  quod  sint  et  extra- 
hantur expensis  eorumdem  Dominicj  et  heredum  Et  hoc  de  existentibus  subtus  dictum 
parietem  tantum  de  aliis  vero  tam  lapidibus  grossis  quam  aliis  reperiendis  extra  et  non 
tangendo  dictum  parietem  et  subtus  illum  extrahantur  expensis  ipsius  magistri  Andree 
et  medietas  sit  ipsius  magistri  Andree  Et  altera  medietas  sit  domini  domus  in  qua 
dicti  tales  lapides  reperientur  Et  casu  quo  effodiendo  reperientur  alique  figure 
vel  pile  aut  alijs  alij  lapides  figurati  seu  fogliati  et  similes  qui  seu 
que  in  aliqua  suj  parte  sint  subtus  dictum  parietem  extendende  etiam  per  directum 
usque  ad  Centrum  terre  quod  similiter  eorum  communibus  expensis  extrahantur  et  Inter 
eosdem  dnam  Hipolitam  prefatam  et  Dominicum  communiter  dividantur  Et  dictam  ca- 
vam  et  extractionem  dictus  magister  Andreas  Incipere  debeat  prout  promisit  hinc  et 
per  totam  futurara  hebdomadam  prò  continuo  dictam  cavam  et  extractionem  lapidum 
prosequi  usque  quo  perdurabunt  lapides  extrahendi  etiam  qui  in  profundum  fuerint. 
Actum  Rome  In  Regione  Trivij  et  in  Sala  domus  proprie  habitationis  predicti  qd. 
georgij  et  nunc  dictorum  suorum  filiorum  presentibus  Jacobo  qd.  Angeli  de  mar- 
chesis  et  magistro  Geòrgie  orobio  mediolanensi  Romano  cive  Regionis  columne  testibus 
ad  predicta  (Not.  Ponziano  Ponziani,  prot.  1329,  e.  710  A.  S.). 

All'esito  di  questi  lavori  pare  che  accenni  il  Fulvio  ed.  Ferrucci,  p.  115  «  vicino 
à  santa  Maria  in  via  Lata  (fu  l'arco)  rovinato  da  Innocentio  ottavo  per  rifare  la  detta 


ADRIANO   VI.    1523  219 


chiesa  à  quella  vicina:  del  quale   poco   fa  noi   havemo  veduto  disotter- 
rare alcuni  marmi  con  trofei  barbari». 

Questo  «  Magister  Andreas  qd.  Johannis  de  fontana  architector  mediolanensis  " 
parmi  esser  quello  stesso  M°  Andrea  de  fontanis  de  Plana  del  comitato  milanese, 
console  dell'  «  Ars  arquitectorum  alme  urbis  »  nell'anno  1520,  la  cui  figliuola  Ber- 
nardina andava  in  isposa,  l'anno  seguente,  a  maestro  Antonio  Regazzone  comasco. 
(Vedi  Bertolotti,  Artisti  Lombardi,  I,  289,  290,  316). 

Madonna  Ippolita  è  forse  ricordata  nel  testamento  di  Ferino  Gennari  da  Cara- 
vaggio come  tutrice  dei  cinque  suoi  figliuoli  (Antonio  de  Carrariis,  e  quattro  sorelle) 
chiamati  eredi  dal  testatore. 

1523,  7  febbraio.  R.  II?  «  Cum  sit  quod  frates  monasterii  sancti  Gregorij  loca- 
verint  domino  Franciso  Thomasii  civi  senensi  nonnulla  vineas  et  loca  ad  fodendum 
puteolanam  et  lapides  ad  certum  tune  expressum  et  nondum  finitum  tempus  ...  et 
non  possit  nec  velit  idem  Franciscus  locationem  predictam  ulterius  continuare,  hinc 
est  quod  dictus  Franciscus  refutavit  locationem  et  ius  fodiendi  »  (Not.  Ludov.  Dam- 
boys,  Script,  archiv.,  tom.  276  in  A.  S.  C). 

1523,  26  marzo.  COLLEZIONI  CAPITOLINE.  Nel  mezzo  di  tante  sciagure, 
il  Consiglio  è  consultato  «  super  libraria  fienda  p  virfi  Nobilem  Dnum  Euangelista 
de  Magdalenis  Lectorè  Palatii  » .  Si  decide  «  q  Dnus  euagelista  faciat  et  facere  debeat 
Librariam  I  masionibs  seu  locis  existetibs  sup  lovio  palati]  et  illius  archivio  »  (De- 
cretor.  pò.  ro.  Credenz.  I,  tomo  XV,  e.  109). 

1523. 29  luglio.  AMPHITEATRVM.  —  HORTI VARIANI.  —  VIA  APPI  A.  Adriano  VI 
fiammingo  concede  licenza  a  Maria  Maddalena  Brugmans  da  Brema,  e  suoi  socii 
«  effodiendi  in  Coliseo,  et  prope  Ecam  S.  Crucis  in  Hierusalem  ac  in  quadam  via 
publica  qua  itur  a  Sancto  Sixto  ad  sanctum  Sebastianum ....  sine  alicuius  etiam  edi- 
ficiorum  publicorum  preiudicio  vel  deterioratione  » .  Le  lettere  patenti  per  ciò  rilasciate 
dal  card.  Arme! lino  intimano  ai  maestri  delle  strade  di  non  opporre  ostacoli  ai  con- 
cessionarii,  per  quanto  concerne  lo  scavo  sull'Appia  —  ed  ai  monaci  di  s.  Croce  per 
quello  del  Sessorio  —  pena  la  scomunica  e  mille  ducati  di  multa.  La  Camera  si  riserva 
la  metà  degli  oggetti  di  scavo  da  rinvenirsi  in  suolo  publico,  il  terzo  di  quelli  da  rin- 
venirsi in  suolo  privato  (Arch.  vat.  Divers.  tomo  LXXIII,  e.  103). 

1523,  14  settembre.  Muore  Adriano  VI,  e  fu  deposto  in  Vaticano,  nello  spazio 
che  separava  gli  avelli  di  Pio  II  e  Pio  III,  la  qual  cosa  die'  luogo  alla  mordace,  ma 
ingiusta,  satira  «  hic  iacet  impius  inter  pios  » .  Il  mausoleo  a  lui  eretto  nella  chiesa 
dell'Anima  è  disegno  di  Baldassarre,  e  opera  di  Michelangelo  da  Siena,  e  di  Nicola 
Tribolo  fiorentino.  Una  carta  del  not.  Apocello  (prot.  419,  e.  119  A.  S.)  ricorda  hi 
donazione  fatta  dal  card.  Enckenvoort  all'  Istituto  Teutonico  della  propria  casa  al 
Pozzo  Bianco  :  «  hanc  autem  donationem  idem  R"^"*  Cardinalis  fecit  prò  dote  Cappelle 
bo.  me.  Adriani  PP.  VI  ». 


220  CLEMENTE   VII.    1523 


CLEMENTE  VII 

i8  novembre   1523-25  settembre  1534. 


1523,  29  novembre.  VIA  SALARIA.  Licenza  di  cavare  nella  propria  vigna  in 
via  Salaria  rilasciata  a  Caterina  albanese,  dimorante  in  Roma,  con  la  riserva  del  sesto 
del  prodotto  alla  Camera  (Arch.  vat.  Divers.  tomo  LXXIV,  e.  43). 

1523,  10  dicembre.  FORVM  HOLITORIVM.  Scavo  di  una  cantina  in  piazza 
Montanara  con  patto  di  riserva  per  le  antichità. 

«  Indict®  xij  Mensis  Decembris  Die  10,  1523.  Discretus  vir  magister  Petrus  qd. 
gabrielis  pandulfi  de  summa  Comitatus  mediolanensis  murator  habitator  urbis  in  regione 
trivi  sponte  promisit  magistro  Giletto  rondello  britono  magistro  balistarum  habitatori 
urbis  in  Regione  arenule  iuxta  campum  florem  presenti  etc.  evacuare  et  evacuar!  facere 
cantinam  domus  ipsius  mag"  giletti  sitam  in  Regione  campitelli  insta  plateam  mon- 
tanariam  prò  pretio  octo  carlenorum  prò  qualibet  canna  Cum  pactis  infrascriptis  vide- 
licet  quod  si  in  dieta  cantina  reperiretur  aurum  argentum  figure  eneo  et  mar- 
moree sint  et  esse  debeant  predicti  magistri  giletti  et  extrahi  debeant  predicti  mag" 
giletti  sumptibus  et  expensis;  marmora  autem,  tiburtini  lapides,  peperigni,  scaglia  et 
aliis  lapides  prò  murando  sint  et  esse  debeant  communes  inter  dictas  partes,  extrahi 
tamen  debeant  sumptibus  ipsius  magistri  petri.  Muri  autem  necessarii  prò  refundatione 
diete  domus  ac  incollatura  diete  cantine  extimari  debeant  iudicio  peritorum  communiter 
eligendorum  «  (Not.  de  Pacificis,  prot.  1189,  e.  136  A.  S.). 

Maestro  Gillet  di  Guillaume  Rendei  Brettone,  della  diocesi  di  Mantes,  salì  in 
alto  stato  nel  primo  quarto  del  secolo.  Possedeva  una  casa  nella  via  retta  di  s.  M.  Mag- 
giore (1516):  altra  nel  rione  di  g.  Eustachio,  contigua  a  quelle  di  Giorgio  Cesarini  e 
di  maestro  Paolo  pittore  (1517):  questa  di  piazza  Montanara  (1518):  e  una  vigna 
fuori  porta  Portese  in  vocabolo  Pozzo  Pantaleo  (1522).  Sua  figlia  Lucrezia  andò  in 
isposa  nel  1521. 

1523.  COLLEZIONE  GORITZ,  il  Giovanni  Angelo  Corizio,  o  Coricio,  dei  lette- 
rati e  degli  artisti  contemporanei,  intorno  al  quale  vedi  Gnoli  :  le  «  Origini  di  maestro 
Pasquino  «  in  Nuova  Antologia,  genn.   1890. 

La  più  antica  memoria  del  giardino-museo  Coriciano  a  s.  Lorenzo  de  Ascesa  si 
trova,  credo,  nel  protocollo  1189  del  not.  Pacifici,  a  e.  90,  ove  è  registrata  la  vendita 
fatta  da  maestro  Marcotto  da  s.  Polo,  barbiere,  a  Giovanni  Coricio  per  Giovanni  Brant 
«  sericorum  argentarius  s.  aurifex  »  di  una  casa  confinante  coi  beni  di  detto  Coricio 
e  con  r  orto  di  s.  Lorenzolo.  Appariscono  tra  i  fideiussori  due  illustri  contemporanei, 
cioè  Giuliano  Leni,  e  Fabio  Vigil.  Nel  1525  il  Brant  seniore  continuava  a  rimbor- 
sare r  amico  per  il  danaro  antistato.  Nel  quale  anno  il  Coricio  stesso  finì  col  donare 
le  sue  case  e  il  suo  diletto  giardino  a  Giovanni  giuniore  e  Enrico  Brant  «  coritiauis 


CLEMENTE    VII.    1523-1525  221 


eius  nepotibus  ».  Vedi  not.  de  Pacificis,  prot.  1183,  e.  64.  Egli  stava  di  casa  in  Parione, 
muro  a  muro  con  1*  avvocato  concistoriale  G.  B.  Casolani  da  Siena. 

Le  iscrizioni  raccolte  nel  giardino  andarono,  in  parte,  a  male,  p.  e.  il  n.  1025, 
e  i  frammenti  arvalici  2030,  2985  e  2037.  L'elogio  del  foro  Augusto,  n.  1271,  passò 
all'antiquario  Cesi:  la  memoria  del  ninfeo  di  Flavio  Filippo  n.  1729  b  a  Giuliano 
Cesarini:  il  n.  2226  ai  Zeri  di  via  Chiavari:  il  n.  2312  ai  Gentili  e  poi  al  Capitolino. 

1523.  COLLEZIONI  CAPITOLINE.  Gli  ambasciatori  veneti,  mandati  a  far  omaggio 
al  nuovo  pontefice  Clemente  VII,  ammirano  sul  Campidoglio  «  un  infinita  quantità  di 
figiu'e  marmoree  e  di  bronzo,  le  più  belle  et  famose  del  mondo  »  particolarmente  la 
Lupa,  e  il  Fanciullo  dalla  Spina.  (Vedi  Alberi  «  Relazioni  »  serie  II,  tomo  III,  p.  108). 
Il  collocamento  dei  bronzi,  all'  epoca  di  questa  visita,  si  può  credere  lo  stesso  descritto 
dal  Fulvio  a  e.  20  e  20'  delle  «  Antiquaria  » . 

1524,  1  marzo.  Esce  in  luce,  Antonio  Biado  editore,  ma  coi  vecchi  tipi  Mazo- 
chiani,  il  RHOMITYPION  di  Antonino  Ponte  da  Cosenza.  Breve  cenno  degli  antiquarii 
urbani  a.  e.  (non  numerate)  35,  36. 

1524,  22  decembre.  Un  magister  Petrus  Pisanus  effossor  lapidum  è  ricor- 
dato *in  A.  S.  C.  (Not.  Simone  Negrelli,  prot.  529).  Egli  faceva  parte  della  banda  di 
Franceschino  da  Monserrato.  Vedi  1520,  20  gennaio. 

1524.  HORTI  Cy^SARIS.  Si  incomincia  a  cavare  nuovamente  il  tufo  nelle  col- 
line di  Monteverde   «  in  loco  dicto  Rosaro  »   ricordato  sotto  l'anno  1521. 

1524.  Si  ricostruisce  dalle  fondamenta  la  chiesa  di  s.  Silvestro  al  Quirinale, 
detta  anche  in  Biberatica,  degli  Arcioni,  o  dei  Caballi,  in  sito  già  occupato  dal  sa- 
cello di  Semone  Sanco,  e  dalla  decuria  dei  sacerdoti  Bidentali  (vedi  Forcella,  tomo  IV, 
p.  35  ;  Bull.  com.  tomo  IX,  a.  1881,  p.  5). 

1524  circa.  CAPITOLIVM?  PORTICVS  MINVCIA?  Maiiiano  (Topogr.  11,  5, 
a.  1544),  descrive  le  «  fundamenta  (Capitolii)  in  ea  parte  (montis)  quae  ad  theatrum 
Marcelli  vergit.  Ad  cuius  radices  prope  aediculam  d.  Andreae  in  Vincis  nuncupatam 
ante  annos  XX  inventa  est  porta  marmorea,  ab  eaque  gradus  ad  ipsam 
arcem  ferentes  ». 

1525,  12  gennaro.  Il  camerlengo  Francesco  Armellini  Medici  concede  «  dilecto  in 
Xpo  Jacobo  Roman  fossori  teuertinor.  aliorumq.  lapidum  marmoreor.  »  licenza  di  scavare 
per  un  anno  dovunque  meglio  gli  piaccia,  purché  non  leda  gli  interessi  de'  privati  -  nec 
aliqua  Ruina  (sic)  presertim  circa  loca  anticaglie  nuncupata  causet  »  e  sommini- 
stri il  terzo  alla  Camera  (A.  S.  V.  Divers.  tomo  LXXIV,  e.  165'). 

1525,  22  febbraio.  THERMAE  AGRIPPAE.  Grandi  scavi  e  tagli  attraverso  le 
terme  agrippiane  «  prò  dilatanda  construenda  et  dirigenda  via  retro  ecclesiam  sancte 
marie  rotunde  qua  itur  ex  dieta  platea  rotunde  per  directum  ad  plateam  vulgariter 
nuncupatam  la  Sciampella  »  (Not.  Amanni,  prot.  73,  e.  21  A.  S.  e  Bull.  coni. 
tomo  XXIX,  a.  1901,  p.  11  sg.). 

1525,  29  marzo.  SECRETA RIVM  SENATVS  —  MVSEI  CAPITOLINI.  ^  lohanues 
Aloysius  primus  Conseruator  exposuit  quod,  inscio  rectore  Ecclesie  Sancte  Martine. 
fuerunt  capte  tabule  marmoree  a  dieta  Ecclesia  et  posite  in  cortili  palati]  Conser- 
uatorum  de  quibus  nulla   fuit   facta   restauratio   prefato    rectori.    Et   quia  Consueuit 


222  CLEMENTE  VII.    1525-1526 


SP-Q:R-  semper  gratus  esse  omnibus,  sibi  uidetur  quod  in  aliquo  recognoscatur  rector 
diete  ecclesie, 

«  Data  fuit  facultas  recognoscendi  rectorem  Marco  Antonio  de  Alterijs,  Hieronymo 
de  lustinis,  et  Petro  de  Melinis  «  (Decret,  pò.  ro.  Credenz.  I,  tomo  XXXV,  e.  177. 
Vedi  Helbig  «  Guide  »   1*  ediz.  voi.  I,  p.  406,  n.  544). 

1525.  THEATRVM  POMPEIANVM.  «  Nos  anno  MDXXV  post  aedem  D.  Mariae 
cognomento  in  Crypta  vidimus  effodi  marmor  cum  inscriptione  VENERIS  VICTRICIS  » 
Marliano  (Topogr.,  lib.  V,  cap.  X,  p.  101,  ed.  1544.  CIL.  VI,  785).  La  chiesa  è  più 
conosciuta  sotto  il  nome  di  s.  Maria  di  Grottapinta. 

1525.  MVRI  VRBIS.  Si  costruisce  la  chiesuola  di  s.  M.  de'  Miracoli  nel  sito 
espresso  nella  pianta  Bufalini.  Vedi  Alveri  II,  41. 

1526,  4  gennaro.  HORTI  SALLVSTIANI.  I  fratelli  Bini,  banchieri,  danno  in 
affitto  a  Alamanno  Alamanni  una  loro  vigna  in  Sallustianis,  con  le  anticaglie  in 
essa  esistenti. 

«  Die  Jovis  4  Januarii  1526  Ind"®  xiiu  Pontif.  Dni  Clementis  pape  septimi 
Anno  tertio.  In  nomine  dni  etc.  Magnificus  vir  dnus  Petrus  Dai  Bernardi  de  Binis 
civis  et  mercator  florentinus  Ko:  cu:  sequens  prò  domino  Johanne  eius  fratre  Pro 
quo  ac  vice  et  nomine  dni  Johannotii  de  Binis  eorum  fratris  germani  licet  absentis 
locavit  honorabili  viro  dno  Alamanno  de  Alamannis  Givi  et  Mercatori  fiorentino 
presenti  Ad  vitam  Ipsius  dni  Alamanni  ac  Durante  eius  vita  tantum  et  duntaxat  et 
non  ultra,  Idest  unam  dicti  Johannotii  de  Binis  vineam  vineatam  et  arbustatam 
septem   petiarum  vel  circa  cum  vascha  vaschali,  tino  domo  et  nonnuUis  massaritiis 

prò  usu  domus  et  vince Antiqualiis  aedificiis  omnibus  et  singulis  sitam  intra 

raoenia  Urbis  ac  Kegione  Tri  vii  et  prope  portam  Salariam  in  loco  nuncu- 
pato  S  al  US  t  io  cui  ab  uno  herent  et  sunt  res  et  bona  heredum  quondam  Seba- 
stiani Thuscanella,  ab  alio  lateribus  bona  heredum  quondam  Sebastiani  Thuscanella, 
ab  alio  lateribus  bona  diii  Sigismundi  del  sordo.  Ante  est  via  publica  vel  si  qui 
cura  responsionibus  annuis  infrascriptis  videlicet  ad  respondendum  Annuatim  fratribus 
et  conventui  Ecclesie  Sanctorum  apostolorum  urbis  Barilia  sex  vini,  et  duas  quartas 
uvarum  et  Ecclesie  Sancti  Blasii  in  monte  cytoro  alia  sei  barilia  vini.  Et 
voluerunt  quod  quicquid  in  effodiendo  seu  scassando  dictam  vineam,  Ipse  dìius  Ala- 
mannus  reperiret  sub  terras  videlicet  lapides  statuas  thesauros,  più m bum 
et  alia  quecunque  sit  omnino  liberum  dicti  d.  Alamanni  et  de  illis  ad  orane 
eius  beneplacitura  libere  disponere  valeat  etc.  etc. 

«  Actura  Kome  in  Dorao  dicti  dni  Petri  Regionis  Pontis  "  (Net.  Mancini, 
prot.  1012  A.  S.). 

Questo  palazzo  Bini  era  dei  più  notevoli  in  Banchi.  Se  ne  parla  nel  prot.  1012 
del  not.  Mancini  a  e.  346,  in  un  atto  dell'  anno  1525  col  quale  Gabriele  del 
qd.  Ditaiuti  Aldobrandis  del  r.  Regola  vende  ai  raagnifici  fratelli  Bini  una  casetta 
in  r.  Ponte  presso  la  via  de  Banchi  e  la  chiesa  di  s.  Orsola  di  rimpetto  al  palazzo 
de'  Bini.  Nel  quale  palazzo  si  trattavano  affari  d' interesse  europeo,  contandosi  fra  i 
clienti  e  debitori  del  Banco  il  re  Cristianissimo  (Not.  Apocello,  prot.  421,  e.  266  A.  S.) 
e  altri  sovrani. 


CLEMENTE   VII.    1526  223 


La  vigna  degli  Orti  Sallustiani  deve  essere  restata  in  possesso  dell'Alamanni 
per  quasi  mezzo  secolo.  Egli  trafficava  ancora  nel  1553  col  cardinale  Tiberio  Crispo 
(Not.  Reydetto,  prot.  6161  e  41  A.  S.)  e  s' indusse  a  fai- testamento  soltanto  nel  1560. 
(Id.  prot.  6183,  e.  347). 

1526,  3  marzo,  ARCVS  TRAIANI?  Avendo  i  maestri  delle  strade  danneggiato 
r  arco  di  Traiano,  nella  r.  dei  Monti,  la  questione  è  portata  davanti  al  Consiglio  del 
pò.  ro.  nella  seduta  del  3  marzo.  «  Fuit  data  custodia  Arcus  Trajani  imperatoris 
Capiti  R"'*  mòtiù  q  sollicitus  esse  dbeat  cura  ne  ulterius  dvastetur  p  magistros 
stratarii  ».  Nella  seduta  del  23  marzo,  tornano  a  discutere  «  super  lapidibù  pepe- 
rignis  amotis  ab  Arcu  trajani  quod  còservatores  curent  omnibus  melioribus  modis 
et  viis  quibus  fieri  possit  quod  destructores  in  esse  pristino  illos  reponant  " .  E  nella 
seduta  del  26,  dopo  riconosciuto  ancora  una  volta  che  l' arco  era  stato  «  i  parte  p 
magistros  stratarii  diruti!  »  si  decreta,  accademicamente  purtroppo,  «  ne  alii  audeat 
antiqtates  urbis  devastare  ».  (Archiv.  stor.  Capit.  credenz.  I,  tomo  I,  e.  149-150, 
tomo  XXXVI,  e.  190-191).  Giova  però  ricordare,  a  onore  di  questi  instancabili  difen- 
sori delle  nostre  antichità  contro  gli  arbitrii,  i  capricci,  e  le  ingordigie  dello  Stato 
che,  fino  dalla  sede  vacante  di  Giulio  II,  i  magistrati  avevano  presentato  ai  cardi- 
nali raccolti  in  conclave  alcuni  capitoli,  tra  i  quali  «  quod  magistri  stratarum 
urbis  nullo  unquam  tempore  possint  prò  ampliandis  seu  noviter  construendis  stratis 
in  urbe  aliquod  gettitum  imponere  sine  consensu  et  interventu  Capitis  regionis 
illius  in  qua  gettitum  imponeretur  ».  (Ivi,  tomo  VI,  e.  6).  Sotto  il  geniale  governo 
di  Leone  X  le  controversie  di  questa  natura  si  componevano  amichevolmente  da  un 
arbitro  o  commissario.  Nel  prot.  299  del  not.  Casolani  in  A.  S.  C.  a  e.  139  si 
ricorda  questo  caso:  «  die  XXX  septembris  1514.  R.  d.  d.  iulianus  cardinalis 
de  Medicis  commissarius  a  s.  d.  n.  Papa  specialiter  deputatus  in  quadam  causa  Ro- 
mana strato  capitoline  inter  nobiles  viros  Johannem  et  Marcellum  de  Frega- 
panibus  et  nonnullos  alios  cives  interesse  habentes,  ei  una,  et  magnificos  d.  Conser- 
vatores  Camere  urbis,  partibus  ex  altera  »  pronuncia  sentenza  di  rinvio  «  in  palatio 
apostolico  in  sala  magna  que  vocatur  sala  pontificum  ». 

Che  cosa  intendevano  denotare  i  Conservatori  col  nome  di  arcus  Traiani? 
Non  r  arco  al  Pantano  di  s.  Basilio  che  sta  ancora  in  piedi,  e  nemmeno  il  fornice 
d'Arcanoe,  o  arcus  (Mi)nerviae,  perchè  le  vignette  di  lacques  du  Cerceau.  di 
Iacopo  Boscolo,  di  Michele  Beatrizet,  di  Girolamo  Cock,  di  Giovanni  Antonio  Desio  etc. 
lo  mostrano  ancora  immune  nella  seconda  metà  del  XVI  secolo.  Avevo  pensato  ai  for- 
nici dell'  istesso  foro  Transitorio  dalla  parte  di  s.  Adriano,  dei  quali  si  ha  una  rimar- 
chevole pianta  al  f.  25  del  codice  Destailleur,  ora  nel  Museo  industriale  di  Berlino 
(A.  376):  ma  osta  il  breve  di  Paolo  V.  citato  dall'Armellini  (Chiese,  p.  147),  col 
quale  si  fa  dono  al  priore  e  ai  frati  «  s.  Adriani  in  foro  boario  lapidum  et  bouoruni 
arcus  Nervaeprope  eorum  ecclesiam  existentis  »  ('). 


Cj  L' arcus  Nervao    por   eccellenza,   quello    aderente  al  tempio  «li  Pallade,    ^tava    aire.-treinità 
opposta  del  foro,  a  m.  120  di  distanza  da  s.  Adriano. 


224  CLEMENTE   VII.    1526 


Non  rimane  che  prendere  V  indicazione  per  quello  che  vale,  e  riferirla  all'  arco 
di  Traiano  a  Spoglia  Cristi,  all'  àipig  TQOTcaiócfoQog  di  Dione  LXVIII,  29,  intorno  al 
quale  si  hanno  parecchi  documenti  del  cinquecento  in  cod.  vatic.  3439,  in  Vacca 
mem.  9,  in  schede  fiorent.  Peruzzi  2076,  e  forse  anche  in  cod.  Berlin,  f.  36.  Nel 
cod.  vat.  al  f.  84  è  riprodotto  uno  dei  rilievi  delle  spalle  interne  dell'arco,  con  una 
delle  candeliere  angolari.  Rappresenta  Decebalo  fatto  prigione,  e  sopra  e  sotto  ha 
due  fascie  di  rappresentanze  secondarie,  come  razzie  d' armenti  etc.  Il  rilievo  del 
cod.  Berlin,  ricorda  una  scaramuccia  di  cavalieri.  Flaminio  Vacca  dice  :  «  intorno  la 
colonna  Traiana  dalla  banda  dove  si  dice  spoglia  Cristi  (furono)  cavate  le  vestigie 
di  un  Arco  trionfale  con  molti  pezzi  d'istorie,  quali  sono  in  casa  del  sig.  Prospero 
Boccapaduli,  a  quel  t(3mpo  maestro  di  strade.  Vi  erano  ancora  Traiano  a  cavallo,  che 
passava  un  fiume,  e  si  trovarono  alcuni  prigioni  simili  a  quelli  che  sono  sopra  1'  arco 
di  Costantino,  della  medesima  maniera  « . 

Per  ciò  che  spetta  alla  testimonianza  di  Salvestro  Peruzzi,  a  me  pare  che  il 
CIL.  VI,  p.  841  ad  n.  966  non  1'  abbia  giustamente  interpretata. 

Peruzzi  afferma  che  i  due  brani  d' iscrizione,  stavano  incisi,  e  erano  stati  letti 
«  nellarco  di  Traiaó  T  foro  «,  edifizio  ben  conosciuto  e  affatto  diverso  dal 
tempio  che  stava  all'  altro  capo  del  foro.  Questo  tempio  era  il  più  gigantesco  di 
Roma  (salvo  quello  del  Sole  venuto  più  tardi),  e  ad  esso  il  CIL.  vorrebbe  attribuire 
una  iscrizione  le  cui  lettere  misuravano  soli  16  centimetri  di  altezza!  Di  più  il  CIL. 
stesso  riconosce  «  eundem  titulum  in  utraque  parte  aedificii  extitisse  " 
ciò  che  non  può  convenire  a  un  tempio.  In  ultimo  luogo  mi  sembra  difììcil  cosa  che 
una  iscrizione  monumentale  di  quella  natura  incominciasse  con  le  sigle  «  ex  s.  e. 
divis  etc.  ». 

L' arco  non  fu  demolito  e  spogliato  per  intero  dal  Boccapaduli  :  e  quando  l' av- 
vocato Bonelli  pose  mano  a  scavarne  nuovamente  il  sito  nell'  ottobre  del  1862,  nel- 
r  area  della  chiesetta  di  s.  Maria  in  Campo  Carleo  (Spoglia  Cristi),  trovò  trentatre 
massi  architettonici  e  figurati  dell'  arco  stesso,  che  gli  scultori  Benzeni  e  Palombini 
stimarono  essere  del  valore  di  scudi  770.  Il  Governo  pontificio  ne  acquistò  la  parte 
migliore  (Vedi  Pellegrini  in  Bull.  Inst.  1863,  p.  78,  e  C.  L.  Visconti  nell'Archivio 
del  Min.  Belle  Arti,  1863,  V,  1,  5).  Nelle  relazioni  di  costui  sono  notevoli  i  brani 
seguenti:  «  11  novembre  1862 sono  stati  scoperti  tre  grandi  massi  di  pepe- 
rino   16  novembre,  la  parte  superiore  di  una  statua  colossale  acefala,  rappre- 
sentante un  barbaro  prigioniero.  È  d' ottima  scultura,  ed  ha  l' abito  e  1'  at- 
teggiamento consueto  di  tali  figure  destinate  a  decorare  gli  archi  di 
trionfo  ». 

1526,  9  maggio.  VIA  TIBERINA.  Notizie  sulle  cave  di  travertino  in  territorio 
di  Piano. 

«  Franciscus  de  Roman  Picconerius  Rome  commorans  promisit  magistro  Bartho- 
lomeo  de  Agoreo  et  Fidrico  de  Bagiis  de  Merco,  ac  Baldassarri  qd.  magistri  Marci 
Viterbiensi  scarpellinis,  cavare  et  carrigare  super  carrozzam  unam  ex  duobus  suis 
predariis  sitis  prope  Castrum  Piani  in  loco  dicto  el  prato  de  la  corte  car- 
rectatas  quingentas  lapidum  travertinarum  grossarum  et  parvarum  aptarum  ad  men- 


CLEMENTE   VII.    1526  225 


suram  dictorum  scarpellinorum ....  prò  pretio  trium  carlenorum  monete  veteris  prò 
qiialibet  carrectata  " . 

1526,  2  ottobre.  TEMPLVM  DIVI  AVGVSTI  —  S  •  MARIA  ANTIQVA.  Primo 
ricordo  di  scavi  nel  sito  di  s.  Maria  Antiqua. 

«  lodictione  XV  raensis  octobris  die  secimda  1526  sedente  Clemente  VII. 

»  In  presentia  mei  not.  Personal  iter  constituta  honesta  miilier  D.  Lucretia  re- 
Iicta  quondam  Nicolai  Collino  de  K"*.  Campi  Martii  que  primo  renunciando  cum 
iuramento  auxilio  Velleiani  S.  C.  Certiorata  <S:  nunc  habet  et  recipit  a  nobili  viro 
D.no  lacobo  de  Mutis  Ro:  Ci:  de  R.ne  Pinee  presente  dante  et  consignante  infra- 
scripta  bona  videlicet  unam  vestem  panni  nigri  duo  frusta  panni  unum  coloris  bisci 
alias  lionati  unam  filzam  corallorum  unum  cocleare  argenti  et  duas  forchettas  etiam 
argenti  que  asserit  esse  sua  et  de  illis  nihil  diminutum  de  quibus  prefata  D.  Lu- 
cretia dictum  D.  lacobum  quietat  liberat  et  absolvit  que  bona  alias  fuerunt  penes 
ipsum  D.  lacobum  depositata  prò  cautela  venerabilis  Ecclesie  S'®.  Marie  libe- 
ratricis  ab  inferno  prò  cava  fionda  per  ipsam  D.  Lucretiam  in  horto 
diete  ecclesie  »  (Not.  de  Rotellis,  prot.  1484,  e.  98,  A.  S.  Vedi  Mittheil.  tomo  IX, 
a.  1894,  p.  31,  e  Bull.  Com.  tomo  XXVIII,  a.  1900,  p.  309). 

1526,  9  ottobre.  DOMVS  TITI  IMP.  —  DOMVS  AVREA?  Patti  per  iscavare 
una  vigna  alle  Sette  Sale,  appartenente  a  Pietro  Valterini,  sarto. 

«  Ind.  XV  mensis  octobris  die  nona  1526. 

In  presentia  mei  not.  Personaliter  constituti  providi  viri  magister  Ants  :  de  marco 
de  bello  magister  christophanus  Ambrosii  della  torre  de  Mediolano  magister  Ambrosius 
Andree  de  casella  Episcopatus  cumensis  Muratores  de  R"®.  Pinee  ipse  et  eorum  qui- 
libet  in  solidum  promiserunt  magistro  petro  Valterini  sartori  prope  plateam  S'®  marie 
supra  minervam  presenti  Cavare  et  cavari  fa  e  ere  in  quadam  ipsius  magistri 
Petri  vinea  posita  intra  menia  Urbis  in  loco  dicto  sette  sale  infra  hos  fìnes 
cui  ab  uno  bona  pelisene  Romane  ab  alio  bona  monasterii  et  fratrum  Ecclesie  Sante 
Crucis  ante  via  et  viculus  vicinalis  vel  si  qui  &  videlicet  in  vinea  veteri  et  antiqua 
ad  electiouem  prefatorum  magistrorum  reservato  Pastinarium  (sic)  vinea  nova  in 
quibus  eis  non  liceat  effodi  facere  cum  pactis  videlicet  quod  scaglie  et  lapides  apte 
ad  murandura  sint  ipsorum  muratorum  item  ligna  fienda  in  dieta  vinea  cavanda  sint 
ipsius  magistri  petri  Item  quod  lapides  tvburtine  et  marmoree  de  scarpello  statue 
metal lum  aurum  argon tum  plumbus  et  omne  aliud  genus  metalli  ac  puteolana 
medietas  illorum  sit  dictorum  magistrorum  altera  medietas  dicti  magistri  petri  quas 
dicti  magistri  teneantur  effodere  eorum  sumptibus  et  expensis  absque  eo  quod  interve- 
niat  prò  eius  portione.  Item  quod  finitis  cavis  dicti  muratores  teneantur  solum  expla- 
nare  eorum  sumptibus  et  dictas  cavas  perficere  bine  et  per  totum  mensem  maii 
excepto  aliquo  casu  fortuito.  Item  predicti  muratores  teneantur  reddere  bonum  coiii- 
putum  de  bonis  reperiendis  in  dictis  cavis  alias  quod  teneantur  ad  duplum  Item  quod 
magister  Petrus  teneatur  eisdem  muratoribus  vendere  lapides  tyburtinos  et  marmora 
prò  pretio  quo  ab  aliis  reperietur  etc.  etc. 

"  Actum  Rome  in  R°.  Pinee  et  apotheca  sutorie  prefati  magistri  Petri  ^  (Xot. 
de    Rotellis,  prot.  1484,  e.   98   A.    S.).    I   tre  artefici  lombardi   Antouio  Belli,    Cri- 

2!» 


226  CLEMENTE   VII.    1526 


stoforo  della  Torre  e  Andrea  Casella  non  appariscono  altrimenti  negli  indici  del 
Bertolotti. 

1526,  17  ottobre.  Muore  maestro  Giovanni  Mazzoletti  Bergamasco,  uno  dei 
più  accaniti  n  effossores  lapidum  »  che  è  quanto  dire,  distruttori  di  monumenti. 

1526.  Scavi  e  demolizioni  «  ad  effectum  dirigendi  et  dilatandi  viam  Tirsi  ".  Noi 
Amanni,  prot.  74,  e.  17  A.  S.  Credo  che  questa  notizia  si  riferisca  al  tratto  di  via 
tra  la  Curia  di  Torre  di  Nona  e  l' albergo  dell'Orso,  perchè  il  tratto  susseguente, 
tra  l'albergo  dell'Orso  e  la  piazza  dell'arcivescovo  di  Nicosia,  già  portava  il  nome 
di  Tenta  (').  Ai  tempi  di  Clemente  VII  non  si  era  ben  sicuri  del  nome  di  quel 
primo  tratto.  In  una  carta  del  1530  (del  not.  Amanni,  prot.  79,  e.  60)  si  descrive 
la  casa  del  cavaliere  Fabrizio  Celio  da  Narni  siccome  posta  in  via  ree ta  iuxta 
flumen  que  tendit  ex  platea  s^'  Celsi  (piazza  di  Ponte)  ad  hospitium 
Tirsi  per  directum.  Un  altro  atto  del  1523  (del  not.  Mancini,  prot.  1013,  e.  192) 
parla  della  vendita  fatta  da  Kinaldo  Petrucci,  oratore  di  Siena  presso  Adriano  VI,  a 
Altabella  Zena,  nobile  veneta,  di  una  sua  casa  in  rione  Ponte  e  via  Sistina, 
presso  la  Curia  di  Torre  di  Nona,  casa  confinante  con  quella  di  Bernardino  Orso 
albergatore.  Ho  trovato  anche  la  denominazione  di  via  pontificum  nel  1488, 
e  di  via  recta  papalis,  ovvero  via  que  d"".  via  del  papa,  nel  1516. 

1526.  RIPAE  TIBERIS.  Sulla  sponda  vicina  a  Corte  Savella,  davanti  la  casa  di 
Tommaso  da  Prato,  si  scopre  il  cippo  terminale  del  Tevere  CIL.  VI,  1237.  Era  un 
macigno  di  sei  piedi  d'  altezza,  e  fu  poco  stante  trasportato  «  in  platea  que  ducit  a 
cloaca  s.  Lucie  ad  curiam  Sabellam  prò  foribus  aedium  quas  inhabitat  lacobus  Pe- 
rusinus  chirurgus  ad  Marie  Montis  Serrate  ». 

1526.  ECCLESIAE  VRBIS.  La  nazione  Sanese  fa  scavare  le  fondamenta  della 
chiesa  di  s.  Caterina  in  via  Giulia.  La  rifece  nel  1760  l'architetto  Paolo  Posi,  e 
fu  in  tale  occasione  che  andarono  perduti  gli  affreschi  di  Timoteo  della  Vite,  sco- 
laro di  Raffaello. 

1526.  COLLEZIONE  STACCOLL  «  Testamentum  magnifici  viri  equitis  aurati 
dni  Hieronymi  de  Staccolis  de  Urbino  ad  presens  Urbis  Brevium  apost.  scriptor  »  (in 
atti  Apocello,  prot.  413,  e.  208  A.  S.).  Lascia,  fra  altri  oggetti  d'arte,  quattro  arazzi 
con  le  istorie  dì  Abramo  alla  chiesa  di  s.  Francesco  di  Urbino,  con  l' obligo  di  non 
alienarli  in  qualsiasi  modo. 

1526.  ALVEVS  ET  RIPAE  TIBERIS.  A  questo  anno  appartiene  la  bolla  di  Cle- 
mente VII  con  la  quale  concede  o  conferma  l' ufficio  di  prefetto  dell'  alveo  e  delle 
sponde  del  Tevere  a  Giovan  Pietro  Caffarelli.  Ne  ho  ritrovata  copia  nel  protocollo  3923 
del  notaro  Cesare  Lotto  Quiatilii,  sotto  la  data  del  4  settembre  1563,  e  sotto  il 
titolo  «  Venditio  et  cessio  offìcij  prefecture  alvei  et  Riparum  tyberjs  facta  per  magn*^""^ 
d.  Prosperum  Caffarellum  filium  et  donatarium  d.  Joanni  petri  in  favorem  d.  Zanobij 
de  montiauto  d.  mattej  sub  die  4  septembris  1563  «. 


(')  Albertino,  p.  29  Schm.  descrive  la  casa  del  card.  Giangiacorao  Sclafenata,  vescovo  di  Parma, 
t  1497,  come  posta  «  apud  tinctam   Tyberis  «. 


CLEMENTE   VII.    1526  227 


Il  documento,  spogliato  di  tutte  le  circonlocuzioni  caratteristiche  del  linguaggio 
della  Curia,  dice  cosi: 

«  Clemens  Episcopus  servus  servorum  Dei  Dilecto  filio  Joannipetro  Capharello  Givi 
Romano  Alvei  et  Riparum  Tiberis  Prefecto  Salutem  et  Aplicam  beìi.  saue  prò  parte 
tua  nobis  nuper  exhibita  petitio  continebat,  quod  dudum  felicis  recordationis  Leo  pp  X 
predecessor  noster  motu  proprio  et  ex  certa  scientia  officium  assignationis  Rippe  et 
Ripette  alme  urbis  nostre  tunc,  per  obitum  quondam  Octaviani  de  castellanis  civis 
Romani  illud  dum  viveret  obtinentis  vacans,  tibi  per  te  quoad  viveres  vel  alium  quem 
ad  id  duceres  deputandum  cum  illius  honoribus  oneribus  salarijs  et  emolumentis  illis 
presertim  que  per  pie  memorie  pium  pp  ij  etiam  predecessorem  nostrum  in  libro 
statutorum  diete  Rippe  reperiebantur  designata,  et  que  omnia  dictiis  leo  predecessor 
serranda  esse  voluit  tenendum  per  quasdam  in  forma  brevis  litteras  concessit  et 
assignavit  teque  ad  huiusmodi  officium  eiusque  liberum  exercitium  honores  onera 
salaria  et  emolumenta  predicta  per  te  iuxta  designationem  eandem  omnino  percipienda 
et  levanda  per  eos  ad  quos  id  spectabat  adraittendum  fere  et  admitti  debere  decrevit 
non  obstante  quod  assignatio  pij  predecessoris  huiusmodi  quo  ad  certa  emolumenta  pre- 
dicta per  abusum  aut  alias  in  observantia  non  esset,  et  deinde  idem  leo  predecessor 
ex  causis  tunc  expressis  mota  et  scientia  similibus  ac  de  apostolico  potestatis  pleni- 
tudine unum  officium  prefecturam  Alvei  et  Riparum  Tiberis  nuncupandum  prò  uno  Ro- 
mana origine  cive  qui  Ripas  Tibeiis  a  ponte  sancte  Marie  usque  ad  ostia 
ab  arboriim  fructicum  et  fructicetorum  ac  alijs  impedimentis  que  in  Rippis  et  Alveo 
predictis  prò  tempore  emergerent  vel  occurrerent  suis  expensis  et  singulis  si  foret 
opus  Annis  repurgare  liberumque  et  liberas  ac  navigiorum  accessibus  et  recessi- 
bus  expeditas  tenere  et  construere  teneretur  per  aliai;  suas  etiam  in  forma  brevis 
litteras  perpetuo  erexit  et  instituit  ipsique  prefecture  prò  illa  prò  tempore  obtinentis 
mercede  et  expensarum  huiusmodi  supportatione  id  totum  quod  ex  singulis  Biremibus 
et  Trireraibus  alijsque  navigijs  persone  que  dictam  ciirara  eatenus  gesserant  ratione 
-purgationis  Ripparum  et  Alvei  huiusmodi  quam  purgationem  Taliatam  nuncupabant 
percepire  eatenus  consueverant  videlicet  duos  Carlenos  ad  rationem  monete  veteris 
prò  intratura  cuiiislibet  Biremis  seu  Triremis  aut  cuiuslibet  alterius  navigij  pariter 
instituit  et  assignavit,  ita  tamen  ut  ultra  dictos  Carlenos  duos  prò  quolibet  uavigio 
exigi  eatenus  solitos  et  in  posterum  exigendos  etiam  pretextu  gravìoris  impense  per 
ipsum  prefectum  in  purgatioue  predicta  subeunde  nihil  ultra  ullo  unquam  tempore 
exigi  posset  Et  nihilominus  dictam  prefecturam  ab  eius  primeva  erectione  huiusmodi 
vacantem  cum  onere  et  emolumentis  predictis  ac  facultate  omnes  et  singulos  tluminis 
cursus  in  dicto  Alveo  dolo  vel  consulto  impedientes  ut  al)  huiusmodi  impedimento- 
rum  prestatione  desisterent  corrigendi  ipsaque  impedimenta  tollendi  aliaque  circa  id 
necessaria  faciendi  tibi  per  te  quoad  vixeris  tenendum  et  exercendum  concessit  cum 
inhibitione  et  decreto  tunc  expressis  prout  in  eisdem  litteris  plenius  continetur.  Quare 
prò  parte  tui  asserentis  te  dilecti  filij  Magistri  Johannis  Jordani  de  Buccabellis  scrip- 
toris  et  familiaris  nostri  affinem  existere  nobis  fuit  humiliter  supplicatuni  ut  eiectioiii 
institutioni  assignationi  et  concessionibus  huiusmodi  prò  illarum  sulisistentia  firniiori 
robur  nostre  approbationis  adijcere  ac  alias  in  promissis  opportune  providere  de  V>eni- 


228  CLEMENTE  VII.    1526 


gnitate  aplica  dignaremur,  Nos  igitur  huiusmodi  supplicationibus  inclinati  erectionem  et 
institiitionera  officij  prefectiire  ac  illi  emolumentoriim  assignationem  et  tam  de  ilio 
quam  de  officio  assignationis  Eippe,  et  Ripette  concessionem  tibi  per  Leonem  prede- 
cessorem  factam  ac  cum  omnibus  et  singiilis  in  eis  contentis  clausulis  singulas  lit- 
reias  huiusmodi  ei  certa  scientia  nostra  auctoritate  aplica  tenore  presentium  appro- 
bamus  confirmaraus  et  innoyamus  ac  piena  roboris  firmitate  subsistere  et  illas  ac 
etiam  statuta  per  tunc  episcopum  feltrensem  tempore  pontifìcatus  recolende  memorie 
pauli  pp  etiam  ij  similiter  predecessoris  nostri  circa  dictum  officium  assignationis 
edita  quorum  omnium  et  singularum  litterarum  tam  Pij,  Pauli  quam  Leonis  prede- 
cassorum  predictorum  tenores  presentibus  haberi  volumus  prò  expressis  et  si  per 
abusum  aut  alias  hactenus  observata  non  fuerint  firmiter  observari  debere  volumus 
et  decernimus  Et  nichilonimus  concessiones  de  dictis  officijs  ad  tuos  filios  successores 
et  lieredes  extendimus  et  ampliamus,  et  insuper  tam  assignationis  Rippe  et  Ripette 
cum  omnibus  et  singulis  honoribus  oneribus  et  emolumentis  etiam  per  dictum  Pium 
predecessorem  in  libro  prosenetarum  huiusmodi  designatis  ac  statutorum  Episcopi 
feltrensis  huiusmodi  obseryatione,  quam  et  prefecture  officia  predicta  cum  onere  quod 
tu  aut  tui  successores  prefati  Alveum  et  Rippas  Tiberis  a  dicto  ponte  sancte  Marie 
usque  ad  ostia  predicta  ab  arborum  arbustorum  fructicum  et  fructicetorum  ac  alijs 
impedientibus  in  Rippis  et  Alveis  predictis  prò  tempore  natis  et  nascituris  ac  alias 
quomodolibet  occurrentibus  tuis  sumptibus  et  annis  singulis  expurgare  liberumque  et 
liberas  ac  navigiorum  accessibus  et  recessibus  expeditas  tenere  et  conservare  ut  pre- 
fertur  et  ultra  ut  Piloti  navigia  huiusmodi  cum  eorum  commoditate  inibì  trahere  ac 
exinde  ad  Rippam  securius  vehere  possint,  ac  navigia  ipsa  a  naufragio  seu  perditione 
preserventur  omnes  pontes  a  ponte  sancte  Mariae  predicte  usque  ad  ostia  huiusmodi 
consistentes  tuis  sumptibus  et  expensis  et  potissime  ponte m  de  Galera  nuncupatum 
sufficientibus  muris  restaurare  et  in  reparatione  ipsius  pontis  de  Galera  Centum  du- 
catos  auri  exponere  ipsosque  pontes  sic  restauratos  manutenere  cum  effectu  debeatis 
et  teneamini  nec  non  cum  emolumento  duorum  Carlenorum  ad  rationem  monete  ve- 
teris  prò  intratura  cuiuslibet  biremis  seu  cuiuslibet  triremis  aut  cuiusvis  alterius 
uavigij  etiam  singulis  annos  exigendo,  ita  ut  nihil  ultra  ullo  unquam  tempore  exigi 
possit,  et  ne  huiusmodi  emolumento  defraudamini  navigia  predicta  absque  nostro 
sigillo  recedere  nequeant  tibi  prò  te  tuisque  fllijs  heredibus  et  successoribus  imper- 
petuum  ut  prefertur  de  novo  eisdem  auctoritate  et  tenore  concedimus  et  assignamus, 
Mandantes  dilecto  filio  moderno  et  prò  tempore  existenti  Castellano  Arcis  nostre 
Ostiensis  ut  sine  nostro  sigillo  non  sinat  aliquod  navigium  exire  vel  recedere.  Preterea 
tibi  tuisque  filiis  heredibus  et  successoribus  prefatis  officium  prefecture  huiusmodi 
prò  tempore  obtinentibus  qui  alium  superiorem  quam  nos  et  prò  tempore  existentem 
Romanum  Pontiftcem  non  recognoscatis  omnes  et  singulas  personas  fluminis  cursum 
in  dicto  Alveo  dolo  vel  consulto  impedientes,  ut  ab  huiusmodi  impedimentorum  pre- 
statione  desisiant  corrigendi  ipsaque  impedimenta  tollendi  nec  non  furta  et  alia  fa- 
cinora  inibi  committentes  capi  faciendi  et  carceribus  mancipandi  ac  condignis  penis 
plectendi  nec  non  omnes  dissentiones  et  discordias  quas  a  dicto  ponte  per  cursum 
Tiberis  usque  ad  ostia  predicta  oriri  contigerit  quarum  cognitio  ad  ipsos  prefectos  prò 


CLEMENTE   VII.    1526  229 


tempore  existentes  et  non  alios  pertinet  decidendi  et  terminandi  nec  non  ad  paiendura 
rei  indicate  cogendi  et  compellendi,  ac  penas  incursa  fisco  Komano  solvi  faciendi 
nec  non  cuicumque  eiecutori  diete  urbis  ut  mandata  nostra  adirapleat  et  eiequatur 
sub  pena  arbitrio  nostro  moderanda  precipiendi  aliaque  in  premissis  et  circa  ea 
necessaria  seu  quomodolibet  oportuna  faciendi,  exercendi,  et  exequendi,  plenara  et 
liberam  prefata  auctoritate  earumdem  presentium  tenorem  facultatem  concedimus  di- 
strictius  inbibentes  dilectis  filijs  francisco  tituli  sancte  Marie  in  Transtiberini  pre- 
sbitero Car."  moderno  et  nostro  Camerario  ac  diete  Camere  presidentibus  et  quibusvis 
alij  personis  cuiuscumque  dignitatis  status  gradus  ordinis  vel  conditionis  existentibus 
ac  quacunque  auctoritate  fungentibus  ne  te  ac  filios  successores  et  heredes  prefatos  super 
dictis  officijs  et  illorum  exercitio  ac  emolumentorum  predictorum  perceptione  aut  alias 
illorum  occasione  directe  vel  indirecte  impedire  perturbare  seu  inquietare  quoquomodo 
presumant,  ac  decernentes  ex  nunc  irritum  et  inane  quicquid  secus  super  liijs  a  quo- 
quam  contigerit  atteraptari,  Quocirca  venerabilibus  fratribus  nostris  Potentinensi  et  Sul- 
monensi  ac  Casertano  episcopis  per  aplica  scripta  mandamus  quatenus  ipsi  vel  duo  aut 
unus  eorum  per  se  vel  alium  seu  alios  presentes  litteras  et  in  eis  contenta  quecunque 
ubi  et  quando  opus  fuerit  ac  quotiens  prò  parte  tua  ac  filiorum  successorum  et  heredum 
predictorum  seu  alicuius  eorum  desuper  fuerint  requisiti  solemniter  publicantes  no- 
bisque  in  premissis  efficacis  defensionis  presidio  assistente  faciant  auctoritate  nostra 
litteras  et  in  eis  contenta  huiusmodi  firraiter  observari  non  permittentes  te  vel  illos 
desuper  per  Camerarium  et  presidentes  prefatos  seu  quoscunque  alios  quomodolibet 
indebite  molestari,  Contradictores  auctoritate  nostra  appellatione  postposita  compe- 
scendo,  Non  obstantibus  quibusvis  Constitutionibus  et  ordinationibus  aplicis  [etc.]. 

Datum  Rome  apud  sanctum  Petrum  Anno  incarnationis  dorainice  Millesimo  quin- 
gentesimo  vigesimo  sexto,  Quinto  decimo  Kalendas  Septembris  Pontificatus  nostri 
Anno  Tertio  ". 

I  prelati  nominati  in  questo  documento  sono  :  il  cardinale  Francesco  Armellini, 
il  quale  ottenne  il  camerlengato  da  Leone  X  nel  1521,  due  mesi  dopo  che  1'  aveva 
ottenuto  il  cardinale  Cibo,  a  condizione  di  pagare  una  regalia  di  35000  ducati,  in 
compenso  di  quelli  già  pagati  dal  Cibo:  Nino  Nini  d'Amelia,  amministratore  del  ve- 
scovato di  Potenza  nel  1526:  e  il  card.  Andrea  della  Valle,  amministratore  del  ve- 
scovato di  Sulmona  dal  1519  al  1529. 

15  febbraio.  ANDREAE  FVLVII  ANTIQVITATES  VRBIS.  Data  del  privilegio  di  6- 
Clemente  VII  a  favore  del  «  dilectus  filiiis  Andreas  Fulvius  antiquarius  Romanus  » 
il  quale  «  librum  de  huius  almae  urbis  antiquitatibus  composuerat...  in  coque  aetatem 
suam  fere  totam  consumpserat.  Nunc  autem  ad  communem  omnium  utilitatem  et 
delectationem  opus  hoc  suum  imprimi  curaverat^.  Il  privilegio,  che  è  con- 
trofirmato dal  Sadoleto,  certitìca  adunque  che  il  prezioso  volume  era  stato  stampato 
prima  del  Sacco,  ed  è  appunto  a  cagione  di  ciò  che  le  copie  originali,  sfuggite  al 
disastro,  sono  divenute  una  rarità  bibliografica.  L'autore  si  era  già  reso  illustre  nel 
mondo  antiquario  con  la  pubblicazione  delle  -  antiquitates  (antiquaria)  Urbis  poeticis 
adstrictae  numeris  (1513)  »  e  delle  -  Illustrium  imagines  "  edite  dal  Mazocchi  nel 
1517,  "  receuil  numismatique   dont   les  gravures,   fort   soigneusement   executées,  de- 


230  CLEMENTE   VII.    1526 


vaient  étre  du  plus  grand  secours  aux  artistes  amenés  à  s'occiiper  de  l'iconographie 
grecque  ou  romaine  (Miintz)  ".  Il  volume  del  1527  contiene  le  seguenti  notizie  intorno 
a  scavi  e  intorno  allo  stato  dei  monumenti  nel  primo  quarto  del  secolo  decimosesto  ('). 

MVRI  VRBIS.  «  È  ancora  in  piede  in  riva  al  Tevere  sotto  il  laniccio  vicino  alla 
porta  Portese  una  torre  da  quella  parte,  ove  le  barche  si  fermano.  Erane  un'altra  à 
riscontro  di  questa  à  lei  somigliante  sotto  l'Aventino  le  quali  (Leone  IV)  fece  edi- 
tìcare  su  la  bocca  di  quel  luogo,  ove  le  barche  si  tirano  in  terra,  acciò  che  i  Corsali 
et  i  Barbari  non  potessero  entrare  à  depredar  Roma  »  p.  5. 

POMERIVM  «  della  qual  cosa  fa  testimonianza  una  pietra  di  Teuerino  poco  fa 
(1509)  canata  vicino  alla  chiavica  di  santa  Lucia  »  (Cippo  di  Claudio  CIL.  1231  : 
Bull.  Cora.,  tomo  XXIV,  a.  1896,  p.  247)  p.  6. 

MVRI  VRBIS  «  la  quale  porta  (chiusa,  inter-aggeres)  à  pochi  da  questo  tempo 
indietro  nota, perche  non  vi  si  poteua  andar  sicuraméte  h oggi,  mercè  di  Clemente  VII 
da  ognuno  può  esser  veduta:  havendo  restituito  lo  antico  Pomerio  et  nettatolo  et 
apertolo  dentro  et  fuor  delle  mura,  tanto  quanto  le  girano  »  p.   11. 

VIA  FLAMINIA  «  veggonsi  ancora  le  reliquie  e  segni  su  la  piazza  di  Sciarra 
(fornice  di  Claudio)  onde  ella  incominciava  et  dinanzi  à  santa  Maria  in  via  Lata  » 
(Arcus  novus)  p.  211. 

HORTI  MAECENATIS.  «  Nel  detto  luogo  poco  fa  si  cavò  un  marmo  nel  quale 
erano  le  infrascritte  lettere  CVRTIA  D  .  L  .  PRAPIS....  (CIL.  VP.  16663.  Gli  editori 
dubitano  della  provenienza  di  questa  lapide,  la  quale  può  essere  stata  suggestionata 
dal  nome  di  un  C.  Maecenas  Helius  che  si  legge  nella  linea  quarta.  La  lapide  è 
passata  per  la  nota  trafila  Colocci-Delfini-Altieri). 

VALLIS  QVIRINI.  «  (Il  Lavacro  di  Agrippina)  fu  rinnovato  et  restaurato  da 
Adriano  imperatore,  ove  era  un  pino  grandissimo  et  una  fonte  abbondantissima  d'acqua, 
et  onde  poco  fa  fu  dissotterrato  un  marmo,  nella  salita  della  prossima  valle  Qui- 
rinale, ove  erano  intagliate   queste  lettere (CIL.  XV^    7247).   Fu   ancora   nella 

valle  Quirinale  il  pozzo  di  Decia  Proba:  il  quale  pozzo  fu  fatto  da  essa  Proba  sotto 
il  tempio  prossimo  di  Santa  Agata,  et  vicino  a  santa  Maria  in  Campo,  ove  à  rin- 
contro sono  scolpite  alcune  lettere,  che  ciò  dimostrano,  à  canto  all'hospedale  degli 
albanesi  »   p.  60,  60'. 

Parlano  della  iscrizione  predetta  (del  Lavacro  di  Agrippina)  il  Sabino,  l'Alber- 
tino, il  Marliano  e  lo  Spon.  Il  Sabino  dice:  «  prope  muros  monasterii  s.  Laurentii  pa- 
nispernae  in  vinea  cura  effoderetur,  reperta  fuerunt  simulachra  marmorea  duo  Bacchi,  et 
ibi  in  loco  quadrato  fons  erat :  in  canalibus  plumbeis  qui  suberant  hoc  scriptum 
erat  —  in  lauacro  Agrippinae  (retro)  imp.  caos.  Trai.  Hadriani  aug.  sub  cur.  Trebelli 
marini,  Martialis  ser.  fecit  —  Lavacrum  Agrippinae  restituit  Hadrianus,  in  quo  multa 
simulacra  reperta,  Apollinis  praesertim».  L'Albertino  determina  il  luogo 


(')  Tolsi,  anni  sono,  gli  estratti  dalle  Antiquitates,  non  sulForiginale  del  Fulvio,  tutto  pieno 
di  sigle  e  cesure,  ma  sulla  traduzione  di  Girolamo  Ferrucci,  che  è  preziosa  per  le  abbondanti  «  ag- 
giuntioni  et  corretioni  n  stampate  dal  Francini  nel  1588.  Domando  venia  al  lettore  se  mi  valgo  del 
lavoro  già  compiuto. 


CLEMENTE   VII.    1526  231 


della  scoperta  con  maggiore  diligenza:  «  Vestigia  (Lavacri)  apiid  ecclesiara  sancti 
Laurentii  panis  pernae  visuntur  apud  thermas  Olympiades  in  ascensu  Viminalis  non 
longe  a  tempio  Sancti  Vi  tal  is  in  quo  loco  fuerunt  reperta  simulacra  duo  Bacchi 
marmorea,  cum  fonte  et  fistulis  plumbeis  cum  hac  inscriptione  etc.  ».  Il  Mar- 
liano,  lo  Spon  e  altri  recenziori  hanno  copiato  o  seguito  il  Fulvio  il  quale,  primo  di 
ogni  altro,  dice  l'iscrizione  incisa  «  in  marmore  »   invece  che   «  in  fistula  plumbea  ».  « 

Il  Dressel  (CIL.  XV.«  7247)  e  l'Huelsen  (Mittheil.  a.  1891,  p.  81)  credono 
l'iscrizione  genuina,  contro  l'opinione  dello  lordan  e  del  Mommsen.  Ammessane  la  sin- 
cerità, convien  credere  che  al  Lavacro  di  Agrippina  appartengano  gli  avanzi  scavati  e 
scoperti  dal  Parker  l'anno  1865  sulla  china  del  Viminale,  che  fronteggia  la  chiesa 
di  Vitale,  nell'orto  già  Stati,  dove  oggi  formano  angolo  le  vie  Genova  e  Nazionale. 
(Vedi  F.  U.  R.  tav.  XVI-XVII  e  Bull.  Inst.  1865,  p.  199). 

n  Si  cavò  in  tempo  di  Clemente  X  nell'orto  de  Signori  Stati  »  dice  Pier  Sante 
Bartoli,  mem.  27  «ove  si  scoperse  gran  parte  delli  bagni  di  Agrippina, 
nelli  quali  fu  trovata  una  statua  di  Venere  di  altezza  da  9  palmi  (m.  2,00)  quasi 
che  intatta,  e  anche  bella  quanto  la  Venere  de  Medici.  Vi  furono  trovate  anche 
stanze  dipinte  ed  altre  lavorate   di   mosaico   con   altre  statue,  busti  e  frammenti  ». 

Negli  scavi  del  1869-1872  si  ritrovarono  belli  figulini,  con  la  data  del  123,  e 
molti  pezzi  di  fregio  fittile  con  spiragli  terminati  da  teste  canine,  i  quali  servivano 
per  dare  esito  e  sfogo  ai  tubi  caloriferi. 

HORTI  SALLVSTIANI.  «  Tra  il  Quirinale  e  il  Viminale  (Pincio),  è  una  valle 
stretta  et  lunga  sotto  à  gli  orti  Salustiani,  che  ha  forma  di  cerchio,  et  da  man 
destra  son  reliquie,  et  vestigio  di  spettacoli,  ove  bora  è  la  vigna  del  Cardinale  laco- 
vaccio,  huomo  certamente  di  molta  integrità  et  di  grande  scienza  »  p.  63.  Il  cardinale 
Domenico  mori  pochi  mesi  dopo  la  pubblicazione  delle  Antiquitates,  nella  grave  età 
di  84  anni  e  fu  sepolto  in  s.  Trifone. 

AEDES  Q.VIRINI  IN  COLLE?  «Il  principale  (tempio  del  Quirinale)  fu  quello 
di  Quirino  i  fondamenti  del  quale,  pochi  anni  indietro  io  vidi  cavare  nella  vigna  del 
cardinale  Genutio  auditore  della  Camera,  ove  sono  molte  tavolette  di  marmo  et  pez- 
zetti di  marmo  del  pavimento  »  p.  63'. 

AEDES  VENERIS  ERYCINAE.  «  Poco  fa  fu  dissotterrato  un  marmo  che  bora  è 
in  casa  di  messer  Agnolo  Colotio,  ove  è  scritto ...»  (CIL.  VI,  122  ;  Bull.  com.  tomo  XVI, 
a.  1888,  p.  11)  p.  64'. 

HORTI  ACILIORVM.  «  Nella  sommità  del  detto  colle  (Pincio)  vicino  alle  mura 
vi  è  una  mezza  macchina,  over  mole,  che  ha  forma  sferica  et  ritonda,  à  guisa  del 
Panteo,  ma  è  molto  minore  et  più  rovinata  »  p.  65  (Vedi  Bull.  com.  tomo  XVIII, 
a.  1891,  p.  132  segg.  ;  e  Itiner.  Einsiedl.  p.  26). 

R.  XIV  TRANSTIBERIM,  «  Questa  regione  in  maggior  parte  è  oggi  habitata 
intorno  alla  porta  Settimiana  et  alla  ripa  del  Tevere  :  l'altra  parte  di  quella  è  in 
maggior  parte  ripiena  d'ortaggi  et  d'arbori,  né  vi  si  habita  perchè  ella  è  molto  infe- 
stata da  i  venti  meridionali,  che  sono  pestilenti  :  et  degli  antichi  ornamenti  non  gli 
resta  hoggi  altro  se  non  alcune  rovine  nel  campo  giudeo»  p.  Gi^'.  Il  campo 
de'  Giudei  stava  fuori  delle  mura  di  Aureliano,    tra   la   via  Campauo-portuense  e  il 


232  CLEMENTE    VII.    1526 


piede  dei  colli  gianicolensi,  nel  sito  della  vigna  Mangani-Bonelli,  oggi  occupata  dalla 
stazione  di  Trastevere.  Non  vi  si  conoscono  rovine  all'infuori  di  quelle  del  santuario 
•  di  Giove  Palmireno. 

ALVEVS  ET  RIPAE  TIBERIS.  Scoperta  del  cippo  CIL.  VI,  1238  «  vicino  al 
ponte  vaticano  »  e  del  n.  1239  e.  «  drizzato  avanti  à  Santa  Maria  Traspontina  "  p.  72'. 

MAVSOLEVM  HADRIANI  «  delle  quali  statue  (del  mausoleo)  noi  ne  habbiamo 
veduti  alcuni  fragmenti  et  capi  essere  stati  cavati  di  sotterra,  quando  Alessandro 
sesto  gli  fece  i  fossi  intorno  molto  profondi  »  p.  75'. 

ARCVS  CAELIMONTANI.  «Nell'arco  vicino  (a  s.  Tommaso  in  Formis)  molto 
frescaméte  sono  state  scoperte  l'infrascritte  lettere  (CIL.  VI,  1384)  ».  Le  lettere 
erano  state  nascoste  sino  allora  da  una  fodera  di  muro  del  tempo  di  Settimio  Severo. 

DOMVS  TITI  IMP,  Ritrovamento  del  Laocoonte  «  in  una  grotta  vicino  alle  Ca- 
poce  »  p.  88'. 

THERMAE  TRAIANAE?  Sopra  le  terme  Titiane,  vicino  à  santo  Martino  in  monte 
furono  già  le  terme  di  Traiano  ove  poco  fa  furono  ritrovate  due  statue  del  fanciullo 
Antinoo  molto  amato  d'Adriano,  statevi  poste  per  comandamento  di  esso  Adriano, 
tale  che  ancora  hoggidì  il  detto  luogo  si  chiama  Adrianello.  Le  predette  statue  furono 
poste  da  Leone  X  nel  Vaticano  »   p.  89  Venuti,  Antichità  di  R.  (voi.  I,  p.  200). 

THERMAE  DiOCLETIANAE.  «  I  principi  che  di  poi  seguitarono  (Diocleziano) 
deposero  le  statue  de'  vecchi  et  de'  nuovi  imperatori,  i  capi  de  quali  et  alcuni  frag- 
menti de'  loro  corpi,  dissotterrati  d'una  muraglia,  che  era  sotterra  in  volta,  conser- 
vatasi in  quel  luogo  dopo  le  rovine  delle  terme,  furono  parte  portati  in  Campidoglio, 
et  parte  mandati  à  Fiorenza  »   p.  90. 

ALVEVS  ET  RIPAE  TIBERIS.  Cippo  CIL.  VI,  1240,  «  trovato  à  ponte  Sisto  (Vati- 
cano), che  bora  è  davanti  alla  casa  di  messer  Vincenzo  Rustici  patritio  romano  »  p.  93'. 

FORVM  TRAIANI?  «  ove  era  un  portico.,  maraviglioso...  i  fragmenti  del  quale 
poco  fa  da  noi  sono  stati  veduti  dissotterrati  sotto  il  Campidoglio  di  pietra  bianchis- 
sima, di  maravigliosa  grandezza  »   p.  108. 

R.  X  PALATIVM.  «  Vedevansi  poco  fa  (presso  a  s.  Andrea  in  Pallara,  cioè  per 
la  presente  salita  di  s.  Bonaventura)  due  porte  di  marmo  fatte  all'antica,  molto  belle 
à  vedere,  che  senza  dubbio  superano  per  materia  et  per  artifìcio  tutte  l'altre  porte 
di  Roma  »  p.  109'. 

ARCVS  THEODOSII.  «  Gli  archi  di  Teodosio,  di  Valentiniano  et  di  Gratiano 
(furono)  non  lontani  dal  ponte  del  Castello;  i  fragmenti  de  quali  poco  fa,  furono  dis- 
sotterrati vicino  alla  chiesa  di  santo  Celso  «   p.  115. 

ARCVS  NOVVS.  L'arco  «  vicino  a  santa  Maria  in  via  Lata,  rovinato  da  Inno- 
ceutio  ottavo  per  rifare  la  detta  chiesa  à  quello  vicina  :  del  quale  poco  fa  noi  hab- 
biamo veduto  disotterrare  alcuni  marmi  con  trofei  barbari  »  p.  115. 

NEPTVNIVM.  «  È  lioggi  in  piede  in  Campo  Martio  in  su  la  piazza  de  preti 
vicino  à  santo  Stefano  de  Trullio,  il  portico  d'Antonino  Pio  del  quale  hoggi  non  si 
vede  ne  principio  ne  fine:  et  dicono  che  pochi  anni  sono,  ne  furono  cavate  molte 
colonne,  et  fattone  calcina  »  p.  132'. 

OBELISCI  «  uno  ne  fu  posto  nel  cerchio  Massimo  di  piedi  centoventi  doi  et  hoggi 
si  vede  nel  mezzo  del  detto  cerchio  à  giacere  et  ricoperto   di  terra  et  occupa  una 


CLEMENTE   VII.    1526  233 


gran  parte  di  esso  spacio  —  (l'obelisco  solare)  si  vede  hoggi  spezzato  in  molte  parti  et 
ricoperto  di  terra  à  pie  del  monte  Accettorio  che  da  noi  poco  fa  è  stato  veduto  scoperto 
con  la  sua  base,  ove  sono  intagliate  le  infrascritte  lettere  (CIL.  VI,  n.  702).  —  Vedesi 
anchora  un'altro  obelisco  spezzato  sul  colle  de  gli  hortuli  negli  horti  Sallustianì,  il 
qual  luogo  è  chiamato  Giralo.  —  Veggonsene  duoi  piccoli,  i  quali  mi  penso  essere 
la  sommità  de'  grandi  che  sono  stati  rotti,  l' uno  è  in  Campidoglio  nell'  orto  d'Araceli, 
l'altro  è  su  la  piazza  di  Santo  Macuto  —  un'altro  ne  è  fuori  delle  mura  tra  '1  tempio 
di  Santa  Croce  in  Gerusalé  et  le  vigne.  —  Un  altro  ne  è  grande  et  bellissimo  vicino 
alla  Via  Appia  nello  Hippodromo  tra  Santo  Bastiano  et  capo  di  bove  spezzato  in  molte 
parti,  ove  ancora  sono  i  segnali  delle  Mete  in  mezzo  al  cerchio,  poste  per 
lo  lungo,  ordinatamente  »   p.  138,  138'. 

SEPVLCRVM  C  •  CESTII  (dopo  riferite  le  iscrizioni  CIL.  VI,  n.  1374,  1375)  «  sono 
alcune  altre  lettere  verso  Testacelo,  che  non  si  possono  leggere  per  la  roccia  et  per  gli 
sterpi  che  vi  sono  intorno  ....  Veggonsi  ancora  hoggi  molte  altre  Piramidi,  overo  Mete, 
molto  minori,  mezze  rovinate,  fuori  della  città  et  massime  lungo  la  strada  Fla- 
minia, la  Salaria,  et  l'Appia  »   p.  143'. 

BIBLIOTHECA  VATICANA.  «  Vedesi  hoggi  la  libreria  edificata,  onero  accre- 
sciuta nel  Vaticano  da  Nicolao  Quinto,  la  quale  sta  aperta  à  chi  vi  vuole  entrare. 
Egli,  fatto  cercare  per  tutto  il  mondo  da  i  suoi  ministri  et  amici,  ritrovò  libri  anti- 
chissimi, et  molti  ne  ritrovò  de'  quali  non  si  haueua  per  1'  addietro  notitia,  . . .  con- 
ciosia  cosa  che  Poggio  Fiorentino  in  quel  tempo  ritrovò  Quintiliano  et  Pediano  Asco- 
nio,  et  similmente  in  quel  tempo  Enoche  Ascolano  ritrovò  Marco  Celio  Apitio  et 
Póponio  Porfirione,  il  quale  commenta  Horatio.  Fu  oltre  à  ciò  portato  di  Spagna  il 
libro  di  Silio  Italico  con  l' imagine  di  Annibale,  il  quale  hoggi  si  ritrova  nella  pre- 
detta libreria  "   p.  154. 

COLLEZIONE  SANTACROCE.  «  Avanti  al  carcere  Tulliano  giace  hoggi  una 
statua  di  marmo  nominata  Marforio ....  Ma  una  statua  molto  simigliante,  senza  capo, 
posta  medesimamente  in  uno  scoglio,  si  vede  dinanzi  alle  case  di  quei  di  Santa  Croce, 
nobilissima  famiglia  Romana»   p.  156'. 

HORREA-EMPORIVM.  «  Leggevasi  poco  tempo  fa  nella  ripa  del  Tevere  sotto  il 
monte  Aventino  una  brieue  scrittura  intagliata  in  un  marmo,  cioè  -  quicquid  usua- 
rium  invehitur  ansariuni  non  debet  " .  Furono  ancora  a  pie'  dell'Aventino  tra  la  riva 
del  Tevere  et  il  monte  Testacelo  CXL  granari  del  popolo  Romano  molto  larghi  et 
lunghi,  come  mostrano  hoggi  le  loro  rovine  nella  vigna  dello  illiiìo  Signore  Giovan 
Giorgio  Cesarino,  et  negli  altri  luoghi  propinqui,  ove  in  questo  anno  (1526)  nella 
vigna  di  Marcello  de'  Capozucchi  patritio  Romano  fu  cavato  un  marmo  con  questa  scrit- 
tura "   CIL.  VI,  236  (ove  la  testimonianza  del  Fulvio  è  ignorata),  p.  159'. 

MAVSOLEVM  AVGVSTI  ET  VICINIA.  «  È  il  detto  edificio  di  forma  sferica  mu- 
rato à  mattonciui  quadrati,  in  guisa  di  una  rete  intorno  intorno,  onde  veggianio  ogni 
giorno  disotterrare  di  molti  marni  i,  tra  i  quali  un  breve  epittaffio  (CIL.  VI-, 
8483). 

Questa  regione  che  si  ristrigne   nel   cantone  del  campo  Martio,  essendo 

come  una  colonia  di  nuovi   Habitatori.  la  maggior   parte   Loml'ardi  et  Schiavoni.    è 

30 


234  CLEMENTE   VII.   1526 


chiamata  quando  Lombardia  et  quando  Schiavouia.  Hassi  cominciato  à  frequentare  il 
detto  luogo  più  del  solito,  per  l' imagine  di  N.  Donna  quando  ha  partorito,  la  quale 
nelle  mura  Yicine  al  Tevere  è  stata  trovata  in  un  luogo  fumoso  et  oscuro  nell'anno 
del  Giubileo  1525  à  di  venti  di  Giugno  »,  p.  171. 

Prendo  occasione  da  questo  ricordo  del  mausoleo  di  Augusto  per  citare  alcuni 
documenti  riferibili  al  medesimo,  già  pubblicati  dal  Cerasoli  (nel  Bull.  Com.  tomo  XXIII, 
a.  1895,  p.  304).  Il  primo  contiene  una  concessione  fatta  da  Martino  V  ai  fratelli 
Gallo  e  Pasquino  Gallo  di  Castel  del  Monte  il  giorno  30  gennaio  1427,  ai  quali 
«  conceditur  ad  xx  annos  Mons  Auste  vulgariter  nuncupatiis  situs  in  urbe  prope 
flumen  Tyberis  ac  viam  publicam  qua  transitur  ad  ecclesiam  beate  Marie  de  populo, 
cum  eius  pratis  ac  plateis  ab  utraque  parte  usque  ad  ecclesiam  s.  Ja- 
cobi,  de  eo  prò  libitu  sua  rum  voluntatum  disponendi  durante  tempore 
predicto  »   (A.  S.  V.  Investiture,  tomo  VII,  p.  141). 

Il  secondo  contiene  una  simile  concessione  fatta  da  Nicolao  V  a  favore  di  quel 
Giuliano  Ser  Eoberti  che  fu  appaltatore  di  cave  e  di  trasporti  sotto  il  suo  pontificato. 

n  Dilecto  filio  luliano  Serroberti  civi  Eomano  Salutem Cum  sicut  accepimus 

tu  prope  Montem  Augustorum  alias  de  Lauste  de  urbe  quasdam  fornaces  prò 
calcina  decoquenda  ac  illis  contiquas  domos  ad  usum  hospitii  sive  taberne  a  solo 
erexeris,  Nos ....  nostra  mera  liberalitate,  solum  predictum  in  quo  fornaces  et  domus 
sive  hospitium  sita  sunt,  et  que  ad  Cameram  urbis  pieno  iure  pertinere  dicuntur,  cum 
omnibus  et  singulis  per  te  inibi  constructis  et  edificatis  sibi  tuisque  heredibus  conce- 
dimus  et  donamus.  Itaque  de  illis  disponere  et  ordinare  libere  et  licite  valeas  non 
obstantibus  legibus  Imperialibus  nec  non  statutis  et  consuetudinibus  diete  urbis.  Da- 
tum  Rome  apud  Sanctum  Petrum  a  mcccclii,  ili  nov.  Februarij  cet  «  (A.  S.  V.  Re- 
gesto 424,  e.  124). 

Il  terzo  documento  del  mercoledì  15  ottobre  1488  contiene  ima  concessione  fatta 
dal  cardinale  Raffaele  Riario  in  nome  di  Innocenzo  XIII  «  dilectis  nobis  in  Christo 
Aurelio  lohannis  petri  et  lohannibaptiste  de  Spiritibus  civibus  Romanis  ....  certi 
hortalitii  inculti  et  putredine  repleti,  prope  Tyberim  apud  haustam  via  media  qua 
itur  ad  Ecclesiam  Beate  Marie  de  populo  »  per  1'  annuo  censo  di  un  fiorino  d'  oro  da 
pagarsi  all'ospedale  di  s.  Giacomo  (A.  S.  V.  Divers.,  tomo  XLIX,  e.  173). 

ISIS  ATHENODORIA?  «  (Il  tempio)  d'Iside  Antenodorica  era  nella  regione  della 
Piscina  Publica  in  testa  della  via  nuova . . .  ove,  pochi  anni  sono,  furono  dissotterrati 
alcuni  marmi  spezzati,  ove  era  scritto,  cioè  intagliato,  l'infrascritte  parole:  «  seculo 
felici  Isias  sacerdos,  Isidi  Salutaris  consecratio  ».  Nell'altro  pezzo  era  scritto  in  questo 
modo  :  «  pontiflcis  votis  annuant  dii  romanae  reipu.  arcanaque  morbis  presidia  annuant 
quorum  nutu.  rom.  imp.  regna  cessere  ».  Il  CIL.  VP,  n.  18  ignora  questa  testimo- 
nianza autorevole  del  Fulvio,  limitandosi  a  citare  il  Feliciano  Veron.  e.  150,  il  cod. 
Semin.  di  Padova  175,  e.  78',  e  il  Marliano  Topogr.  lib.  IV,  e.  70,  ediz.  1544.  E  si 
comprende  che  il  CIL.  abbia  rilegato  tra  le  false  l'iscrizione  data  da  costoro  così: 
«  seculo  felici  phisias  sacerdos  fidi  salutaris  consecralis  » .  Ma  se  si  prenda  in  esame 
il  testo  completo  del  Fulvio  si  riconoscerà  che  la  dedicazione  ad  Iside,  benché  negli- 
gentemente copiata,  appartiene  alla  classe  numerosa  di  quelle  che  furono  dedicate  a 


CLEMENTE   VII.    1526  235 


divinità  peregrine  durante  le  estreme  lotte  tra  i  pagani  e  i  cristiani  che  si  svolsero 
circa  e  dopo  la  metà  del  secolo  IV.  Il  Cod.  di  Padova  conferma  il  sito  del  trova- 
mento  «  Inter  aedem  s.  Xisti  et  thermas  antoniniauas  versus  Circum  maximum  et 
palacium  maius,  ubi  olim  templum  Isidis  in  via  nova ...  in  quadro  marmoreo  lucuUeo 
seu  serpentino  ».  Il  Feliciano,  che  si  vorrebbe  credere  l' autore  dell'  impostura  (CIL.  VI', 
p.  XLII,  col.  11)  tace  del  sito  del  rinvenimento,  ma  dice  che  la  lapide  era  stata 
affissa  «  Rome  inter  Campum  Flore  et  ludeorum  plateam  via  triumphali  ad  angulum 
eminentem  domus  Andree  gentis  Cruce  » . 

MINERVIVM.  tf  Vedesi  ancora  la  forma  di  quello  ne  gli  horti  dei  frati  predicatori 
di  san  Dominico,  il  quale,  abbandonato  et  guasto  già  molti  anni  sono,  non  ha  servito 
ad  altro  che  à  sporchezze  :  et  hoggi  vi  sono  edificate  le  celle  di  essi  frati,  aggiunte 
à  l'antiche  à  spese  di  Clemente  VII  »,  p.  174'. 

PANTHEON  «  tanto  erano  i  gradi  per  gli  quali  si  saliva  al  Panteo  quanti  sono 
quelli  per  gli  quali  hoggi  si  discende  :  del  che  vedemmo  à  questi  anni  la  sperienza, 
essendo  stato  tratto  di  sotterra  dinanzi  à  l'anditodel  tempio  un'arca 
di  pietra  quadrata  tiburtina  (probabilmente  usata  come  avello  nel  cimiterio  locale  di 
s.  Maria  ad  Martyres).  . .  Le  colonne  nel  antiporto  di  esso  tempio  —  che  prima  vi 
s'  era  murato  intorno  et  fattone  diverse  botteguzze  di  trecconi  et  rivenditori  et  altre 
cose  vilissime  —  furono  da  Eugenio  IV  fatte  nettare  et  mondare  et  ridurre  nell'  antico 
splendore  ...  et  à  nostri  tempi  sono  state  levate  via  alcune  casipole  et  portati  via  i 
calcinacci  et  altre  immonditie  eh'  erano  intorno  al  detto  tempio  et  così  ridotto  in 
Isola  et  da  ogni  banda  scoperto  . . .  Sono  dinanzi  à  1'  andito  doi  Lioni  di  pari  gran- 
dezza collocati  ciascuno  sopra  la  sua  basa  tra  doi  vasi  di  porfido»,  p.  177. 

THERMAE  AGRIPPAE  «  tra  '1  Panteo  et  le  case  che  sono  edificate  da  Domi- 
nico Mario  Perusco  procuratore  del  Fisco  (palazzo  dell'Accademia  Ecclesiastica)  si 
vede  ch'egli  ha  gittato  i  fondamenti  per  mezzo  la  lunghezza  (della  sala  di  via  Palom- 
bella). Veggonsi  ancora  in  quel  luogo  i  segni  de  laqueari,  che  volgarmente  si  dice 
stucco,  si  come  nel  Panteo,  et  similmente  gli  capitelli  delle  colonne  che 
poco  fa  per  comandamento  di  Xicolao  quinto  sono  state  portate  nel 
Vaticano  »,  p.  177'. 

SOLIA  THERMARVM.  «  Sono  ancora  alcuni  vasi  di  marmo  nel  cortile  et  piazza 
di  santo  Pietro  et  cosi  dinanzi  à  santo  Salvatore  del  lauro,  dinanzi  à  santx) 
Eustachio,  dinanzi  al  Panteo,  dietro  à  santo  Marco,  dinanzi  à  santo  Pietro  in  Vin- 
cola . .  .  oltre  à  ciò  vi  sono  calici  di  marmo  dinanzi  à  santa  Maria  Maggiore,  dinanzi 
à  Santi  Apostoli,  dinanzi  à  santa  Cecilia  in  Trastevere,  et  infinite  statue  di  marmo 
per  tutta  Roma  trasformate  in  diverse  cose  »,  p.  184.  Per  rispetto  alle  quali  cose 
annota  il  Ferrucci  :  «  Li  vasi  che  scrive  1'  autore  essere  nel  cortile  di  s.  Pietro  bora 
nò  vi  sono  più;  ma  sono  stati  trasferiti  in  altri  luoghi,  solo  vi  si  vede  presso  il  priui) 
portico  il  sepolcro  che  dicono  essere  di  Ottone  III  senza  alcuna  inscrittione.  La  còca 
grade  di  granito  eh'  era  dinazi  s.  Salvatore  del  Lauro,  il  signor  card.  Ferdinado  de 
Medici  la  fece  trasferire  al  suo  giardino  nel  mote  Pincio,  ottenuta  da  signo.  Orsini 
padroni  del  detto  vaso  ....  la  conca  grande  eh'  era  dinanzi  à  s.  Pietro  in  Vincola 
(1'  ebbe  il  medesimo)  » . 


236  CLEMENTE   VII.    1527 


1527,  18  febbraio.  FORVM  TRANSITORIVM.  Scavi  sotto  il  muro  di  confine 
tra  r  orto  Petrucci  e  l' orto  Palmieri,  a  s.  M.  in  Macello. 

«  In  presentia  mei  notarii  &  personaliter  constitutus  magister  franciscus  quondam 
bartholomei  de  florentia  alias  vulgariter  appellatus  magister  galante  marmorarius  de 
R"®  montium  sponte  promisit  Sabbe  de  petrutiis  aromatario  curatori  ventris  quondam 
domini  Antonij  de  petrutiis  et  domine  pauline  eius  uxoria  presentibus  et  mihi  notario 
&  quod  ratione  effossionis  sive  cave  certorum  lapidum  tiburtinorum 
seu  pilastrorum  quos  ipse  eifodit  in  orto  domus  Sabbe  de  palmeriis  et 
fiatrum  sub  certo  pariete  intermedio  inter  domum  sive  ortum  dicti  Sabbe  et  fra- 
trum  de  palmeriis  et  domum  sive  ortum  hereditatis  dicti  quondam  domini  Antonii 
de  petrutiis  situm  in  dieta  R"®  montium  iuxta  suos  fines  &  dieta  doraus  et  lovium 
domus  diete  hereditatis  nuUum  damnum  sive  detrimentum  patietur,  alias  ipse  voluit 
teneri  ad  omnia  damna  que  propter  dictam  effossionem  et  extractionem  lapidum  dieta 
domus  et  venter  predictus  patentur.  Et  precibus  dicti  magistri  galantis  et  prò  eo 
honorabilis  Simon  quondam  petri  de  scotis  florentinus  de  dieta  R"*  montium  sponte 
Imic  obligationi  et  promissioni  accessit  et  se  in  solidum  una  cum  dicto  magistro  ga- 
lante ad  predicta  eidem  ventri  et  eius  curatori  predicto  obligavit  quem  Simonem 
fideiussorem  presentem  dictus  magister  galantes  indemnem  et  a  predictis  relevare 
promisit  prò  quibus  obligaverunt  et  voluerunt  et  ren.  et  iuraverunt  et  dederunt  po- 
testatem  mihi  notario. 

"  Actum  rome  in  R"^®  montium  in  studio  domus  solite  habitationis  quondam  An- 
tonii de  petrutiis  presentibus  presbitero  manno  Jacobi  Cerbi  de  Itri  ik  Simone  quondam 
georgii  de  florentia  fossore  lapidum  testibus  "  (Not.  G.  B.  De  Coronis,  prot.  64(3, 
e.  237  A.  S.). 

I  precedenti  relativi  a  questo  scavo,  fatto  in  sul  confine  tra  la  proprietà  Petrucci 
e  la  chiesa  di  s.  M.  in  Macello,  sono  stati  divulgati  sotto  la  data  del  1522. 

1527,  febbraio.  ECCLESIA  S.  MARCELLI  IN  VIA  LATA.  «  Fratres  ordinis  ser- 
vorum  conventus  s.  Marcelli  de  urbe  »  tengono  consiglio  «  maxime  propter  necessa- 
riam  fabricam  diete  ecclesie  quam  nuperrime,  propter  illius  ruinam  secularem  t  o  t  u  m 
tectum  diete  ecclesie  coUapsum  fuit»  (not.  Amanni,  prot.  74,  e.  276  A.  S.). 

ECCLESIA  S.  AGATHAE  IN  CAPITE  SVBVRRAE.  Un'  altra  carta  dello  stesso 
notare  (ivi,  e.  252)  descrive  la  condizione  della  chiesa  di  s.  Agata  in  capite  Suburrae 
0  de  Caballo.  «  Considerantes  quod  dieta  ecclesia  indigebat  maxima  reparatione,  tam 
in  tectis  vetustate  consumptis,  quam  etiam  in  parietibus  et  navibus  ex  eadem  vetu- 
state  coUapsis,  ac  etiam  in  perticali  anteriori  ipsius  ecclesie  ruinam  minante,  adeo 
quod  ipsa  ecclesia  de  brevi  tunc  ruinari  et  solo  equari  posset  ",  si  fa  fare  un  pre- 
ventivo dai  periti,  i  quali  dichiarano  «  prò  huiusmodi  reparatione  necessariam  esse 
summam  mille  et  centum  quinquaginta  due.  auri  de  camera  «. 

1527,  febbraio.  BIBLIOTHECA  LASCaRIS-RIDOLFL  II  cardinale  Nicolao  Ri- 
doltì  acquista  la  biblioteca  del  negoziante  di  rarità  bibliografiche  Giovanni  Lascaris, 
e  la  colloca  e  ordina  (forse)  nel  palazzo  di  famiglia  in  via  de'  Banchi,  di  prospetto 
alla  via  de'  Coronari,  la  quale  in  un  documento  contemporaneo  è  chiamata  «  via 
clavariorum  que   tendit  ex  platea  Lombarda  ad  palatium  R™'  D.  Cardinalis   de  Ri- 


CLEMENTE   VII.    1527  237 


dultìs  »  (not.  Amanni,  prot.  74,  e.  265).  Deve  notarsi,  però,  che  i  Ridolfi  possedevano 
un'altra  casa,  detta  l'Abbozzata,  nel  Borgo  nuovo  di  s.  Pietro,  non  lontana  dal 
palazzo  di  Roberto  Strozzi,  che  Lorenzo  Ridolfi  acquistò  Tanno  1563,  e  che  dette  in 
affitto  l'anno  1565  al  cardinale  Alessandrino  D.  Michele  Ghislieri. 

BASILICA  AEMILIA.  «  Dovremo  fissare  questa  basilica  al  lato  destro  del  tempio 
di  Antonino  e  Faustina,  ove  la  mette  Lucio  Fauno,  e  indubitatamente  il  Nardini; 
checché  si  dica  il  Marliani  (lib.  II,  cap.  9)  il  quale  vorrebbe  ritrovarvi  il  tempio 
di  Castore  e  Polluce:  ma  conviene  col  Fauno,  che  giorni  prima  del  sacco  di 
Roma  nel  152  7,  vi  si  sono  vedute  cavare  gran  colonne  con  tavole  marmoree  ed 
altre  simili  opere  antiche  «.  Fea,  Framm.  di  Fasti,  p.  XV. 


1527,  6  maggio.  SACCO  DI  ROMA  —  EXCIDIVM  VRBIS.  «  die  6  maij  que 
fuit  In  die  lune  Exercitus  cesaree  maiestatis  Imperatoris  q  fuerunt  In  numero  24  mi- 
liaria  militum  vel  circa  vi  urbem  invaserunt  et  burgum  sti  petri  vi  intrarunt  de 
mane  bora  xj  seu  xij  in  qua  invasione  Interfectus  fuit  Dux  borbone  generalis  capi- 
taneus  dicti  exercitus  Et  eadem  die  bora  xxij  seu  xxiij.  vi  urbem  intrarunt  et  muros 
ascenderunt  Inter  portam  septignanam  et  portam  sti  prancatij  et  totam  urbem  de- 
predarunt  omnesque  cives  prelatos  et  curiales  ac  artifices  et  alios  habitatores  urbis 
capti varunt  et  immensas  talijas  ab  eis  extraxerunt  que  depredatìo  per  dies  otto  con- 
tinuos  duravit  et  deinde  per  mensem  cum  dimidio  vel  circa  in  urbe  commorarunt 
spogliando  cives  et  alios  prelatos  et  Cardinales  omni  frumento  vino  et  alijs  comme- 
stibilibus  ita  quod  in  dieta  urbe  unus  panis  pi-o  uno  ducato  non  reperiebatur  adeo 
quod  fame  ducti  cohacti  fuerunt  ab  urbe  recedere  et  vicinas  terras  et  castra  intrare 
q  eor.  sustentatioii  victus  Ante  eorum  recessum  castrum  sti  angeli  ad  pacta  ceperimt 
et  ppam  Clementem  vij.  ibi  ceperunt  et  sub  eorum  custodia  tenuerunt  deinde  adve- 
niente  mense  septembris  fere  in  fine  mensis  totus  exercitus  predictus  iterù  urbem  re- 
dijt  et  milites  demos  civium  et  aliorum  curialium  et  cardinalium  hospitaverunt  sum- 
ptibus  dnorum  doni  coraedendo  cum  eorum  famulis  et  fere  totas  demos  que  inabi- 
tabant  portis  fenestris  et  omnibus  lignaminibus  spoliarimt  et  multa  alia  nefanda 
fecerunt  »   (Not.  Stefano  Amanni,  prot.  74,  e.  330'  A.  S.). 

Il  sacco  di  Roma  può  interessare  la  storia  degli  scavi  e  dei  musei  sotto  due 
soli  punti  di  vista  :  per  i  danni  arrecati  allora  a  collezioni  d' arte  e  di  antichità,  a 
biblioteche,  e  sopratutto  ad  archivi:  e  pei  nascondimenti  di  oggetti  di  valore,  che 
poi,  di  tempo  in  tempo,  sono  tornati  e  tornano  alla  luce.  Quanto  alle  distruzioni  di 
oggetti  0  collezioni  d'arte  e  di  antichità  io  sono  interamente  d'accordo  col  Giego- 
rovius  nel  ritenere  l'accusa,  che  i  Tedeschi  di  deliberato  proposito  abbiano  infranto  le 
più  belle  statue,  siccome  contradetta  dal  fatto  che  tutte  le  grandi  opere  allora  esi- 
stenti cosi  dell'  antichità  che  del  rinascimento,  si  conservarono  intatte  e  pervennero 
insino  a  noi,  testimoni  i  marmi  del  Belvedere  e  i  bronzi  dei  Conservatori,  e  cento 
altri  capolavori  di  dominio  publico  o  privato. 


238  CLEMENTE   VII.    1527 


Perirono  invece,  o  furono  rubati  o  gettati  nel  fiume,  perchè  non  cadessero  nelle 
mani  dei  rapitori,  infiniti  oggetti  di  valore,  specie  utensili  sacri,  niellati  e  smaltati 
in  metalli  preziosi,  come  pure  il  vasellame  ereditario  delle  grandi  case  patrizie.  Uno 
dei  pochi  oggetti  sfuggiti  al  rubamento  della  chiesa  di  s.  Pietro  fu  il  crocefisso  di 
Leone  IV,  che  il  lib.  pont.  descrive  fatto  di  52  libre  e  mezza  d' argento,  e  posto  a 
sinistra  dell'ingresso  «  Inter  columnas  magnas  ».  La  figura  misurava  m.  1,54  di  al- 
tezza :  opera  preziosissima  che  i  canonici,  più  barbari  dei  Lanzichenecchi  del  Borbone, 
fecero  fondere  nel  1550. 

Pare  anche  certo  che  i  saccheggiatori  di  s.  Pietro  non  abbiano  violato  il  sepolcro 
stesso  dell'apostolo,  né  toccata  la  famosa  croce  d'oro  deposta  da  Costantino  sull'avello 
di  bronzo.  Il  p.  Grisar  ha  parlato  di  questo  argomento  a  p.  29,  n.  40,  del  suo  trat- 
tato sulle  «  Tombe  Apostoliche  di  Roma  » ,  riproducendo  dal  Maj^erhofer  (Historiches 
Jahrbuch,  a.  1891,  p.  751)  un  brano  di  lettera  di  Teodorico  Vafer,  alias  Gescheid, 
con  la  data  del  17  giugno  1528:  «  prophanarunt  omnia  tempia,  et  homines  supra 
aram  divi  Petri  interfecerunt  :  urnam  si  ve  tumbam  in  qua  requiescebant 
ossa  s.  Petri  effregerunt  et  ipsas  reliquias  prophanarunt  » .  Il  p.  Grisar  chiama  lo 
sci-ittore  della  lettera  *  un  tal  Teodorico  Vafer  » ,  ma  esso  era  personaggio  di  qualche 
importanza  in  corte  di  Roma.  Ne  ho  trovato  il  primo  ricordo  in  un  atto  dell' Apo- 
cello,  prot.  404,  in  data  5  luglio  1518,  nel  quale  il  nome  del  Vafer  è  accoppiato, 
curioso  a  dirsi,  con  quello  di  un  Mayerhofer.  Nel  1519  egli  si  firma  «^  clericus  Spi- 
rensis  ».  Apparisce  di  nuovo  nel  1520  a  proposito  di  certi  affari  della  diocesi  di  Worms. 
L'anno  precedente  al  sacco  era  entrato  nello  studio  notarile  dell'Apocello  come  sosti- 
tuto, e  deve  aver  fatto  fortuna,  perchè,  divenuto  scrittore  de'  Brevi,  potè  togliere  in 
affitto  nel  1526  da  Domenico  Boccamazza  la  tenuta  di  s.  Anastasia  nel  territorio 
veientano,  e  occuparsi  anche  di  miniere  di  rame  scoperte  in  Maremma,  Egli  stesso 
dichiara  nel  prot.  414,  e.  102  A.  S.  di  avere  scritte  parecchie  lettere  al  suo  amico 
Conrad  «  de  calamitatibus  nostris  » .  Ma  la  testimonianza  del  Vafer,  per  quanto  con- 
cerne la  profanazione  della  tomba  apostolica,  sembra  contradetta  non  solo  dal  silenzio 
di  tutti  i  contemporanei,  ma  anche  dalla  scoperta  della  croce  d'oro  avvenuta  al  tempo 
di  Clemente  Vili,  della  quale  si  parlerà  sulla  fine  del  secondo  volume. 

Gli  archivii  e  le  biblioteche  ebbero  a  soffrire  danni  irreparabili:  "  fuerunt  et  aliae 
(bibliothecae)  apud  s.  Petrum  in  Vinculis,  ss.  Apostolos,  ac  s.  Sabinam,  sed  in 
direptione  urbis  partim  incendio  absumptae,  partum  direptae  »,  Schrader,  p.  113.  Fra 
gli  archivii  andati  a  male  si  ricordano  quelli  di  s.  Teodoro  (sch.  Terribilini,  Bibl. 
Casanat.),  di  s.  Lorenzo  in  Damaso  (Archiv.  vatic.  «  Stato  temp.  chiese  » ,  tomo  II, 
p.  254),  del  Confalone  (Breve  di  Gregorio  XIII  del  26  aprile  1579  negli  Statuti 
della  Compagnia).  In  un  rogito  del  notaio  Bernardo  Conti  del  1544  (prot.  619, 
e.  313  A.  S.)  si  ricorda  l'atto  originale  del  matrimonio  di  Giovan  Pietro  Caft'arelli 
con  Ersilia  Frangipane  perduto  forse  «  in  notorio  urbis  excidio  in  quo  innumrae- 
rabiles  scripturae  deperditae  fuerunt».  Così  pure,  ricercandosi  nell'anno 
1534,  per  conto  del  card.  Enckenvoort  un  atto  di  donazione  a  favore  dell'ospedale 
Teutonico  dell'Anima  fatto  nel  1518  «  provisores  dicti  hospitalis  dixerunt  scripturas 
diete  donationis  propter  casus  sequutos  direptionis  urbis,  et  inundationis  fluvii  non  re- 


CLEMENTE   VII.    1527  239 


periri  »  (prot.  419,  e.  118  A.  S.).  Ma  se  furono  bruciati  o  dispersi  gli  archivii  no- 
tarili, i  notari  stessi  non  solo  ebbero  salva  la  vita,  ma  fecero  eccellenti  affari,  stipulando 
i  patti  per  le  taglie.  Uno  di  essi,  Domenico  de  Metti,  intitola  una  carta  del  19  maggio, 
di  soli  12  giorni  posteriore  alla  presa  della  città.  «  regnante  gloriosissimo  et  invictis- 
simo  dfio  diio  Karolo  ». 

Non  c'è  dubbio  che  negli  ultimi  giorni  precedenti  al  sacco  i  cittadini  si  af- 
frettassero a  nascondere  nei  sotterranei,  nei  giardini,  nelle  chiaviche,  o  nelle  soffitte 
delle  loro  case  gioie,  danari  e  carte  di  valore  :  ma  non  c'è  dubbio,  al  tempo  stesso, 
che  questi  tentativi  di  salvataggio  ebbero  sorte  non  meno  infelice  di  quella  toccata  al 
buon  piovano  del  Manzoni.  Molti  cittadini  furono  costretti  a  cavar  fuori  dal  nascon- 
diglio i  loro  averi  per  riscattare  la  vita  propria  e  dei  congiunti  :  altri  pochi  perdettero 
vita  e  averi:  altri  preferirono  gettare  ogni  cosa  nel  Tevere  piuttosto  che  vederla 
cadere  nelle  mani  dei  saccheggiatori.  Questo  stato  di  cose  —  che  tanto  giova  a  spie- 
gare la  rarità  estrema  di  scoperte  riferibili  al  sacco  del  27  —  è  illustrato  da  un  docu- 
mento curioso  che  si  trova  nel  prot.  1012  del  not.  Marcantonio  Mancini  a  e.  520,  e 
552  A.  S. 

V'era  in  Roma,  nella  regione  di  Parione  e  nella  contrada  di  s.  Martinello  un  banco 
con  fondaco  di  panni,  drappi,  e  merci  diverse,  appartenente  alla  ditta  Giovanni  Pirovano 
e  Giovanni  Bosio  da  Milano,  i  quali  socii  di  mercatura  «  dum  de  urbis  depopulatione 
successive  facta  dubitarent,  et  certas  summas  pecuniarum  penes  se  repcrirent  in  urbe 
et  fundico  huiusmodi,  illos,  prout  diligentes  Institores  facere  debent,  in  diversis  locis 
et  partibus  seu  foraminibus  domus  et  fundici  occultave(un)t  et  muraver(un)t  " .  Curioso 
a  dirsi:  lo  stratagemma  quasi  puerile  riusci  a  bene.  Segue,  infatti,  il  documento  a 
narrare  come  «  sequuta  postmodum  urbis  depopulatione  et  sacco  per  exercitum  cesa- 
reum  facto  et  omnibus  bonis  ac  rebus  fundici  per  milites  ablatis  et  subtractis  n  e  morto 
di  contagio  il  socio  Giovanni  Pirovano  senza  lasciare  testamento,  Giovanni  Bosio  volle 
che  fosse  fatto  l'inventario  di  quanto  rimaneva  nel  fondaco,  e  che  si  esplorassero  i 
nascondigli  del  danaro  «  Reperte  fuerunt  in  diversis  foraminibus  et  can(tenis?)  ac 
locis  diete  domus  infrascripte  summe  pecuniarum  .  .  .  omissa  prò  penuria  temporis 
numeratione  certarum  aliarum  paucarum  pecuniarum  argentearum  diversi  generis  ac 
certorum  quatrinorum  successive  numerandorum  » .  Furono  ricuperati  : 
ducatorum  aureorum  largorum  in  auro      .     .     .     .     1181 

ducatorum  Turchorum 21 

scutorum  solis 3 

ducatorum  mirandnlinorum 96 

ducatorum  auri  in  auro  de  Camera 393 

ducatorum  auri  de  Juliis  X  prò  ducato  in  tot  Juliis  .       600 
ducatorum  auri  de  Juliis  X  prò  ducato  in  tot  grossis.         70 
Egli  è  evidente  che  se  il  Bosio  avesse  perduta  la  vita  nel  sacco,  come  il  Piro- 
vano  l'aveva  perduta  per  contagio,  il  tesoro  sarebbe  rimasto  dimenticato  chi  sa  quanti 
anni  o  quanti  secoli  nella  casa  di  s.  Martinello. 

Pochissimi,  pertanto,  sono  i  ritrovamenti  riferibili  con  certezza  al  sacco  del  27; 
anzi,  fatta  eccezione  da  quello  dei  settantamila  scudi  nelle  cantine  del  palazzo  Verospi 


240  CLEMENTE   VII.    1527 


al  Corso,  del  quale  parla  il  diarista  Ceeconi  all'anno  1705,  io  non  potrei  ricordarne 
altri.  Il  tesoro  scoperto  il  giorno  10  giugno  1879  nel  pozzo  nero  del  palazzo  Casali 
del  Drago,  in  via  della  Stelletta  n.  23,  formato  in  maggior  parte  di  ducati  e  zecchini 
anteriori  o  contemporanei  al  sacco,  conteneva  per  mala  sorte  due  o  tre  pezzi  di  Paolo  111 
posteriori  a  quell'avvenimento.  (Vedi  Notizie  scavi,  tomo  IV,  a.  1879,  p.  179). 

Ho  ritrovato,  cercando  tra  i  documenti  dell'epoca,  una  bella  memoria  circa  Andrea 
Coner,  l'autore  o  possessore  del  libro  di  ricordi  dell'antico,  oggi  conservato  nel  museo 
Soane  in  Londra,  e  del  quale  ho  fatto  cenno  sotto  l'anno  1513,  a  p.  162.  Si  tratta 
dell'  «  inventaiium  honorum  q.  Andree  Coneri  repertorura  in  eius  hereditate  per  d.  Bla- 
sium  Schwegher  »  (?),  inventario  fatto  durante  il  sacco,  nel  quale  il  Coner  aveva  pro- 
babilmente perduto  la  vita.  Vi  sono  descritti  molti  codici  manoscritti,  e  libri,  fra  i 
quali  uno  greco  slegato  «  conculcatus  pedibus  barbarorum  « . 

La  sorte  di  questo  scienziato  ricorda  quella  del  povero  «  senex  stoicae  probitatis  » 
messer  Marco  Fabio  Calvo  da  Kavenna  il  segretario  filologico  di  Raffaello,  e  l'autore 
dell'  «  Antiquae  urbis  cum  regionibus  simulachrum  » .  Nella  mia  memoria  sulla  pianta 
di  Roma  e  sui  disegni  architettonici  di  Raffaele  (in  Rendiconti  Lincei,  seduta  25  no- 
vembre 1895)  ho  parlato  della  relazione  che  passa  fra  questo  lavoro  e  il  sacco  del  27, 
premettendo  il  seguente  passo  del  Gregorovius  (tomo  Vili,  p.  333):  «  L'Urbinate  si 
faceva  ausiliatore  degli  studii  del  suo  amico  Fulvio,  il  quale  alla  sua  volta  lui  soccor- 
reva coir  aiuto  della  sua  scienza,  e  il  grande  pittore  movendo  in  compagnia  del  grande 
erudito  a  fare  ricerche  per  Roma,  raccoglieva  le  misure  di  alcuni  edificii,  e  faceva  ope- 
rare scavi.  Le  regole  di  Vitruvio  dominavano  a  quella  età  le  teorie  architettoniche . . . 
e  Raffaello  lo  faceva  tradurre  per  suo  uso  in  italiano,  giovandosi  dell'opera  di  Marco 
Fabio  Calvi  da  Raven^na,  che  aveva  già  prima  volgarizzato  gli  scritti  di  Ippocrate. 
Questo  buon  vecchio  del  Calvi  visse  in  mezzo  al  lusso  e  ai  tripudii  di  Roma,  come 
Diogene  redivivo,  senza  provare  bisogni  di  agi:  e  per  la  più  parte  del  tempo  Raffaello 
se  lo  tenne  ospite  in  casa  sua  ».  (Vedi  Calcagnini,  Epist.  VII,  n.  27). 

Una  prova  non  dubbia  della  relazione  intima  fra  il  Calvo  ed  il  Fulvio,  e  le  loro 
opere  topografiche,  risulta  anche  dalla  circostanza  che  «  i  libri  quinque  de  urbis  anti- 
quit.  »,  Romae  1545,  furono  stampati  nell'istessa  officina  di  Marco  Valerio  Dorico  da 
Brescia,  che  aveva  impresso  nel  1532  il  testo  dell'"  Urbis  simulachrum  ». 

L'anno  scelto  per  la  pubblicazione  della  pianta  di  Fabio  Calvo  e  del  testo  di 
Andrea  Fulvio  che  ne  forma,  per  così  dire,  il  cemento,  fu  l'anno  del  sacco.  Il  testo 
comparve  nel  febbraio,  o  poco  dopo  :  le  tavole,  ossia  il  Simulachrum  nell'aprile.  Il  giorno 
6  maggio  gli  imperiali  del  Borbone  penetravano  in  città,  ed  incominciavano  le  loro 
rapine,  i  loro  massacri.  Tra  i  derubati  e  i  massacrati  primeggia  l'autore  della  pianta 
a  regioni.  «  Financo  quel  vecchio  stoico  di  Marco  Fabio  Calvi,  che  un  dì  era  vissuto 
ospite  di  Raffaello,  veniva  trascinato  dalle  bande  fuori  di  Roma,  poiché  non  possedeva 
denaro  da  pagare  la  taglia,  e  miseramente  finiva  in  un  ospedale  (de  liter.  infel., 
p.  81)  ». 

In  tanto  soqquadro  l'edizione  del  Simulachrum,  così  di  fresco  compiuta,  sofferse 
danni  irreparabili,  e  la  copia  della  Vittorio  Emanuele  è  la  sola,  o  una  delle  poche  super- 
stiti. Paragonando  questa  con  quelle  del  1532,  si  vede  che  le  matrici  delle  tavole,  che 


CLEMENTE    VII.    1527  241 


eran  forse  di  bosso,  furono  potute  salvare  :  ma  le  intitolazioni  e  le  note,  stampate  a  ca- 
ratteri mobili,  andarono  a  male,  di  maniera  che  l'edizione  rifatta  a  nuovo  nel  1532 
presenta  grandi  varietà  dall'archetipo  nella  misura  e  distanza  delle  linee,  nella  forma 
di  taluni  caratteri,  e  nella  composizione  dei  nessi. 

La  distruzione  fu  cosi  completa,  e  le  menti  degli  uomini  si  trovarono  così  sopraf- 
fatte dall'orribile  sciagura,  che  nessuno  serbò  memoria  del  lavoro  del  Calvo:  onde 
non  a  torto  l'ambasciatore  di  Mantova  annunziava  al  suo  Duca,  come  pubblicazione 
nuova  e  lungamente  attesa,  la  ristampa  del  1532. 

L'originale  della  biblioteca  Vittorio  Emanuele  porta  il  titolo  :  «  M.  Fabius  Calvus  . 
Antiquae  Urbis  cum  regionibus  Simulachrum  •  Anno  a  partu  Virginis  •  M  •  DXXVII 
mense  aprili  •  Ludovicus  Vicentinus  Romae  impressit:  quod  opus  Ptolemaeo  Egnatio 
forosemproniensi  antea  caelandum  dederat  »  (Biblioteca  Vitt.  Erara.,  coUez.  rom. 
3  G.  21),  mentre  tutte  le  altre  copie  a  me  note  di  questo  lavoro  portano  invece  la  rubrica: 
«  Anno  a  partu  virginis  MDXXXII  mense  aprili,  Valerius  Dorichus  Brixiensis  Romae 
impressit  •  quod  opus  Ptolemaeo  Egnatio  forosemproniensi  antea  caelandum  dederat  " . 

Un  terzo  illustre  artista  e  cultore  delle  antichità,  Baldassarre  di  Giovanni  di  Sal- 
vestro  di  Salvatore  Peruzzi,  ebbe  a  stento  salva  la  vita  in  queste  sciagurate  vicende. 

«  L'anno  1527  nel  crudelissimo  sacco  di  Roma  il  povero  Baldassare  fu  fatto  pri- 
gione dagli  Spagnuoli,  e  non  solamente  perde  ogni  suo  avere,  ma  fu  anco  molto  straziato 
e  tormentato,  perchè  avendo  egli  l'aspetto  grave  nobile  e  grazioso,  lo  credevano  qualche 
gran  prelato  travestito  atto  a  pagare  una  gi'ossissiraa  taglia.  Ma  finalmente  avendo 
trovato  ch'egli  era  un  dipintore,  gli  fece  un  di  loro,  stato  affezionatissimo  di  Borbone, 
fare  il  ritratto  di  quel  scelleratissimo  capitano . . .  Dopo  ciò  Baldassarre  imbarcò  per 
andarsene  a  Porto  Ercole,  e  di  lì  a  Siena,  ma  fu  per  la  strada  di  maniera  svaligiato  e 
spogliato  d'ogni  cosa,  che  se  n'andò  a  Siena  in  camicia  "  (Vasari). 

Nella  carriera  di  questo  artista,  per  rispetto  a  Roma,  a  suoi  monumenti,  alle  sue 
antichità,  conviene  distinguere  due  periodi  :  il  primo  dal  1503  al  1522,  il  secondo  dal 
1530  circa,  al  1536,  anno  della  sua  morte. 

Nel  primo  periodo  egli  guadagnò  così  pronta  fama  nella  bottega  del  padre  del 
Maturino,  dove  era  entrato  come  garzone,  che  ebbe  poco  stante  coraraissioni  di  lavori 
in  s.  Onofrio,  in  s.  Rocco,  e  in  Ostia,  dove  ebbe  campo  di  studiare  a  pieno  agio  gli 
avanzi  di  quella  colonia  (Schede  Uffizi,  418, 539, 639, 640,  641, 2110,  2117),  di  Laurento, 
di  Lavinio  e  di  Ardea  (2071).  Di  ritorno  in  Roma  ottenne  l'amicizia  e  la  protezione  di 
Agostino  Chigi,  mercè  l'aiuto  del  quale  potò  consacrarsi  liberamente  allo  studio  delle 
antichità.  «  Ritornato  Baldassarre  (da  Ostia)  fece  amicizia  strettissima  con  Agostino 
Chigi  sanese ...  onde  potè  con  l'aiuto  di  tanto  uomo  trattenersi  e  studiare  le  cose 
antiche  di  Roma,  massimamente  d'architettura  "  (Vasari). 

11  Frizzoni  (Arte  Italiana  del  Rinascimento,  Milano  1S91),  il  Francis  Bedford 
(Joiirnal  of  the  R.  I.  B.  A.  1902,  p.  164)  e  altri,  parlano  del  gruppo  delle  Grazio  dipinto 
da  Baldassarre  nella  fortezza  d'Ostia  (?)  distaccato  dalla  parete  e  trasportato  nella  casa 
di  Chigi. 

Cosa  certa  è  che  egli  aveva  preparato  un  libro  sulle  antichità  di  Roma  il  quale  doveva 
essere  ampiamente  illustrato  dai  suoi  disegui.  Vasari  dice  che.  alla  sua  morte,  i  niate- 


242  CLEMENTE    Vii.    1527 


riali  per  tale  pubblicazione  vennero  in  possesso  di  Francesco  da  Siena,  scolaro  di  Bal- 
dassarre, che  deve  averli  ceduti  in  tutto  o  in  parte  al  suo  condiscepolo  Serlio.  Ma  le 
parole  di  costui,  nella  prefazione  al  IV  libro  dell'Architettura,  non  pare  abbiano  tale 
significato.  «  Di  tutto  quello  che  voi  troverete  in  questo  libro  che  vi  piaccia,  non  darete 
già  laude  a  me  ma  sì  bene  al  precettore  mio  Baldassarre  Petruccio  da  Siena  :  il  quale 
fu  non  solamente  dottissimo  in  quest'arte ...  ma  fu  ancor  cortese  et  liberale  assai  ; 
insegnandola  a  chi  se  ne  è  dilettato  :  et  massimamente  a  me  che  questo,  quanto  si  sia, 
che  io  so,  tutto  rìconosco  dalla  sua  benignità  » .  Ora  il  libro  quarto  del  Serlio  non 
risguarda  antichità,  ma  sibbene  i  cinque  ordini  dell'architettura,  onde  non  è  affatto  ne- 
cessario credere  che  il  discepolo  abbia  dovuto  ereditare  delle  schede  archeologiche  del 
maestro  per  poterlo  comporre.  Le  schede,  come  è  pur  naturale,  vennero  nelle  mani  di 
Salvestro,  figliuolo  di  Baldassarre,  il  quale  ne  parla  più  volte  nei  suoi  proprii  Ricordi 
dall'antico,  e  dopo  varie  vicende,  finirono  divise  tra  la  Collezione  degli  Uffizi,  e  quella 
dello  scultore  fiorentino  Emilio  Santarelli.  Ora  si  trovano  riunite  negli  Uffizi,  avendo  il 
Santarelli  donata  la  sua  parte  nel  1866.  Di  altre  schede,  disperse  fra  varii  collezionisti 
parlano  le  note  alla  edizione  romana  del  Vasari. 

Il  secondo  periodo  del  soggiorno  in  Roma  di  Baldassarre  va  dall'anno  1530  alla 
sua  morte  avvenuta  il  6  gennaio  1536.  Egli  costruì  molti  edificii  sopra,  dentro,  o  vicino 
antiche  rovine,  togliendo  la  pianta  di  queste  mentre  scavava  le  fondamenta  di  quelli 
(palazzo  Costa  sch.  3574,  p.  Falconieri,  375,  376,  377,  la  Farnesina  dei  Chigi,  365 , 
p.  Massimi  368,  530,  531,  p.  Ossoli,  378,  4350,  p.  a  s.  Biagio  della  Pagnotta  376, 
100',  p.  Strozzi  tra  Campo  di  Fiore  e  piazza  Giudea,  530,  cortile  di  Belvedere,  483', 
569,  576,  130,  p.  di  Ulisse  da  Fano  (>),  p.  dell'arcivescovo  di  Amalfi,  596,  375.  377, 
dell'arcivescovo  d'Aquino,  379,  4348,  4349,  del  card,  di  Capua,  572,  del  conte  di 
Pitigliano  alla  Ciambella,  456,  del  card.  Cesarini,  454  —  chiese  di  s.  Adriano  e  di 
s.  Martina,  625.  s.  Francesco  a  Ripa,  1643,  s.  Giacomo  in  Augusta,  578,  s.  Giovanni 
de*  Fiorentini,  510,  la  Madonna  della  Penna,  380,  s.  Maria  Liberatrice,  593,  642, 
coro  della  Minerva,  527',  s.  Maria  in  Vailicella,  504,  s.  Nicolao  in  Carcere,  478-631, 
s.  Rocco,  391,  393,  394,  senza  tener  conto  del  numeroso  apparato  di  disegni  relativi 
al  palazzo  e  alla  basilica  vaticana).  Nell'occuparsi  di  palazzi,  di  case  e  di  chiese  egli 
non  dimenticava  mai  di  prendere  conto  d'ogni  notevole  oggetto  o  frammento  archeolo- 
gico. La  scheda  1557  ricorda  una  trabeazione  da  lui  vista  in.  s.  Anastasia:  n.  2068 
l'ossuario  di  Gaio  Cesare  in  ss.  Apostoli  :  n.  550'  un  antico  grifone  in  s.  Bartolomeo 
all'isola  :  n.  382,  383,  543  gli  ornati  del  templum  sacrae  Urbis  in  ss.  Cosma  e  Da- 
miano: n.  385  i  sarcofagi  di  s.  Lorenzo  fuori  le  mura:  n.  632  una  base  del  foro  Tran- 
sitorio in  s.  Marco:  n.  642  gli  avanzi  dell' Augustéo  in  s.  Maria  Liberatrice:  n.  105, 
634  un  capitello  corintio  e  un  architrave  dorico  in  s.  Pietro:  n.  411  una  cornice  inta- 
gliata in  ss.  Quattro  Coronati,  e  così  via  discorrendo.  Vedi  gli  Indici  e  Cataloghi  dei 
disegni  di  architettura  degli  Uffizi,  compilati  da  Nerino  Ferri,  p.  XXXVI  e  seg. 


(')  u  Fece  una  facciata  dirimpetto  a  mcsser   Ulisse    da   Fano,  e  similmente  quella  di  messer 
Ulisse,  nella  quale,  le  storie  che  egli  vi  fece  d'Ulisse,  gli  diedero  fama  grandissima  »  (Vasari). 


CLEMENTE   VII.    1527  243 


Le  vessazioni,  le  angherie,  i  rubamenti  degli  Imperiali  durarono  sino  alla  fine 
dell'anno.  Il  seguente  documento,  benché  non  abbia  che  vedere  con  la  storia  degli  scavi 
e  dei  monumenti  di  Roma,  dipinge  così  graficamente  lo  stato  delle  cose  in  quei  tempi 
funesti,  che  non  so  resistere  alla  tentazione  di  divulgarlo,  secondo  l'originale  del  notaro 
Apocello,  nel  cui  protocollo  414,  e.  499  è  rimasto  sino  ad  oggi  nascosto.  Si  tratta  di  un 
corriere  di  gabinetto,  e  dei  casi  miserandi  a  lui  capitati  nel  volersi  recare  da  Firenze 
a  Roma. 

—  Testis  prò  Dionisio  de  Jugurgonibus  — 
Con*"*  D.  Dionysius  de  Jugurgonibus  S.  (sic)  florentinus  ad  docendum  quod  occa- 
sione unius  fascis  litterarum  quem  d.  Petrus  Pomeren  Canonicus  sacrosancte  Capelle 
Regalis  Palacij  Parisiensis  attulit  a  D.  Philippe  frescobaldo  et  D.  Jo:  de  Aqua  eius 
socio  ei  Parisiis  directi  D.  Sebastiano  do  Monteacuto  (in  margine:  et  in  quo  conti- 
nebatur  expeditio  Episcopatus  Trecca  et  Silvaneteìi)  ipse  Dionysius  in  fine  mensis 
Novembris  1527,  urbe  Roma  adhuc  occupata  per  Milites  Cesarianos,  et  papa  adhuc 
ab  illis  detento,  suscepit  iter  versus  urbem,  et  quid  in  ilio  Itinere  Impense  fecit,  et 
quid  perdidit  Induxit  dictum.  d.  petrum  in  testem,  qui  compulsus  ad  Jurandum  de 
veritate  dicenda  Juravit  tactis  etc.  et  examinatus,  dixit,  quod  ipse  appulit  florentiam 
in  fine  Novembris  1527  cum  uno  grandi  fasciculo  litterarum  sibi  Parisijs  dato  a  Phi- 
lippe frescobaldo  et  d.  Jo  :  de  acqua  suo  socio  directo  d.  Sebastiano  de  monteacuto 
et  socijs,  in  quibus  dixerat  contineri  expeditionem  Episcopatus  Treceù  et  Silvaneten, 
quem  quidem  fasciculum  ut  appulit,  statim  dicto  Sebastiano  reddidit;  quibus  litteris 
acceptis  mane  diej  S.  Andree  apostoli  dictus  Dionysius  ex  commissione  et  ordine  dicti 
sebastianj  se  posuit  ad  Iter  versus  urbem  in  societate  Ipsius  testis  et  cuiusdam  Simonis 
piccottj,  et  cum  una  guida  sive  duce  Itineris  Postquam  venerunt  Tudertum,  loquuti 
fuerunt  D.  Marchionj  Salutiar.  prò  habendis  certis  salvis  conductibus  per  quos  tuti 
possent  ire  Romam  a  quo  quidem  Marchione  consilium  acceperunt,  ut  se  in  civitatem 
Castellanam  conferrent  et  Inde  hominem  aliquem  mitterent  cum  litteris  quas  habe- 
bant  a  Christianissimo  Rege  ad  D.  Alarconem.  Ipsi  autem  in  dieta  civitate  Castel- 
lana salvum  conductum  expectarent .  et  Juxta  hoc  consilium  Iverunt  ad  Civitatem 
Castellanam.  Ubi  suo  malo  fato  appulerunt  proprie  ea  bora,  qua  ispani  advenerant 
prò  recipienda  possessione  eiusdem  terre  quam  populus  terre  noluerat  dare,  et  ex  ea 
causa  totus  erat  in  armis  et  ea  de  causa  cum  ipsi  essent  visi,  fuerunt  capti  omnes 
tres  et  .d.  simoni  picotti  fuerunt  dati  certi  ictus  cum  baculo,  et  Ipsi  testi  fuit  sublata 
cappa,  et  ducti  vincti  sicut  latrones  in  palacium  priorum  diete  terre  Civitatis  Castel- 
lane, et  ibi  fuerunt  retenti  tote  eo  die  sine  cibo  et  potu .  tandem  ad  vesperam  tardam  rela- 
xati  conduxerunt  unum,  qui  Iret  Romam,  cognomento  . . .  etuciarium  (?),  qui  Ingressus 
iter  versus  urbem  cum  pluribus  ipsorum  litteris,  posterà  die  aut  altera  ab  illa  redijt 
dicens  se  fuisse  captum  et  spoliatum  a  militibus  hispanicis,  et  cum  eundem  expedi- 
vissent  adhuc  alia  vice  cum  pecunia,  ea  quoque  vice  redijt  dicens  se  spoliatum.  Mise- 
runt  Igitur  tercio  promittendo  ei  duplo  plus,  si  reperiret  rationem,  et  salvus  transirct, 
et  responsum  portaret  ad  litteras  ipsorum  .  et  ipse  proniisit  facere  diligeiitia  et  Ivit, 
et  4.'°  aut  quinto  Inde  die  redijt  cum  respó  et  fuit  ei  satisfactum  luxta  pactum 
factum.  Hic  primus  nuncium  attulit  quod  papa  fuisset  dimissus  et  se  contulissct  ad 


244  CLEMENTE   VII.    1527-1528 


iirbem  veterem,  quo  Intellecto  Ipsi  quoque  ad  urbem  veterem  iter  destinarunt,  et  quia 
Iter  non  erat  valde  securnm,  communicato  Consilio  in  comites  Itineris  ceperunt  secirai 
quattuor  vel  sex  sclopetarios  usque  ad  Ortum  .  et  venit  etiam  cum  eis  d.  lohannes 
mileti  scriptor  brevium  et  due  Guide.  Orto  dimiserunt  sclopetarios  (a  sé  retro) 
acceptos  (?),  et  sumpserunt  alium  ducera  Itineris  peritum  viarum  regionis  illius .  facto 
lara  Itinere  aliquot  railliariorum  Inciderunt  in  sclopetarios  equestres  numero  viginti 
duorum,  a  quibus  capti  fuerunt,  et  ducti  usque  ad  unum  transitum  fluminis  prope 
unum  castellum  cui  nomen  est  Castilio  Tiberina  ditionis  d.  viconj  de  Carnano  .  ubi 
tenuerunt  eos  usque  ad  vesperam.  Circa  vesperam  duxerunt  eos  in  una  turre  vetula 
vicina,  et  ibi  depredati  fuerunt  eos,  et  abstulerunt  sibi  testi  ad  scuta  Trecenta,  et 
simonj  picotti  ad  scuta  quidecim  et  D.  Io  :  scuta  Decem,  et  dionysio  sex  vel  octo  et 
unara  camisiam  Et  circa  mediam  noctem  Imposuerunt  eos  equis,  et  reduxerunt  ipsos 
retro.  Et  quia  ipsi  noluebant,  ne  eos  vellent  ducere  in  aliquem  locum  devium,  et  ibi 
Interticerent,  picotti  nactus  aliquautum  spacii  decidit  ex  equo  et  sectis  vinculis  aufugit 
in  montem .  et  quia  qui  post  illum  ierat  non  poterant  eum  consequi,  forsan  metu  ne 
ille  vicinum  castellum  concitaret  ad  Insequendura  eos,  dimiserunt  Ipsum  quoque  testem 
cum  sua  societate,  qui  sic  dimissi  redierunt  ad  dictam  turrem,  in  qua  manserunt  usque 
ad  diem.  Unde  ubi  illuxit  discesserunt  versus  urbem  veterem  .  ad  quam  civitatem  appu- 
lerunt  die  14  klas  lanuarij .  declarando  quod  ubi  appulit  in  urbem  veterem  revocavit 
expensas  eius  Itineris  ad  calculum  et  repperit  ultra  pecunias  per  predones  ereptas, 
se  consumpsisse  ad  scuta  quinquaginta  prò  sua  parte,  subiungendo  quod  toto  hoc  tem- 
pore Itineris  vix  erat  dies  quo  non  haberetur  parum  de  pluvia,  et  quod  umquam  in 
vita  sua  duriores  dies  habuit,  cum  in  diversorijs  non  solum  non  possent  prò  suis  pecu- 
nijs  habere  ad  comedendum  et  ad  bibendum,  sed  ne  tantum  quidem  ignis  quod  satis 
esset  ad  siccandos  ipsos  a  pluvia  uti  necesse  fuisset ,  supra  quibus  Idem  .d.  Dionysius 
et  prefatus  .d,  I.  mandaverunt  dicto  dionysio  fieri  unum  vel  plura  etc.  Actum  in  domo 
prefati  d.  Auditoris  presentibus  Ioanne  lacobo  buna  (bucca?)  et  philippo  Quintilio  curie 
causarumque  Cam.''^  ap.'^''  notr.  testibus  » . 

1527.  ECCLESIAE  VRBIS.  Clemente  Vili  restaura  e  riduce  in  miglior  forma  la 
chiesa  di  s.  Gregorio  de  Muratori  e  Maestri  di  legname  a  Ripetta.  Che  si  tratti  di 
restauro  e  non  di  prima  costruzione  (vedi  Armellini  330),  è  provato  dalla  data  delle 
iscrizioni  che  ancor  si  leggevano  nel  pavimento  al  tempo  dell'Alveri  (II,  79),  tutte 
anteriori  al  1527.  Queste  iscrizioni,  che  ricordano  artisti  Lombardi  morti  in  Roma,  sono 
rimaste  ignote  al  Bertolotti. 

1528.  AEDES  SATVRNI.  Pirro  Ligorio  ricorda  la  seguente  scoperta  a  e.  290  del 
cod.  paris.  ital.  1129. 

e  Cauandosi  nel  quinto  anno  del  ponteficato  di  papa  Clemente  Settimo  sotto  la 
rupe  Tarpeia  in  capo  del  vico  lugario  furono  trouate  alcune  colonne  di  Tiuertino 
striate  et  stuccate  dell'  ordine  corinthio  non  tigliati  come  sogliono  essere  le  frondi 
dell'acanto,  ma  erano  li  suoi  capitelli  sodi  et  garbatamente  fatti  et  con  esse  furono 
trouate  due  tauole  di  bronzo  scritte  (de  Thermessibus  CIL.  I,  p.  114  e  de  xx  Quaesto- 
ribus,  ivi,  p.  108)  furono  donate  dal  cardinale  Hippolito  de  Medici  al  cardinal  della 
Valle,  e  finalmente sono  uenute  per  Herodita  in  casa  de  Crapanchi  gentilhuomini 


CLEMENTE    VII.    1528  245 


romani ma  approposito  nostro  hauemo  canate  quelle  poche  parole  che  sono  scritte 

nel  fine  della  decima  ottaua  tauola  delle  uenti  questorie,  perchè  dice  esser  fissa  nella 
aede  di  saturno  nel  muro  della  pariete  della  cauca....  in  quel  luogo....  contrasignato 
nella  pianta  ii  ad  aedem  Saturni  in  pariete  intra  caucas  proxime 
ante  hanc  legem.  Così  dunque  questa  tauola  era  nella  aede  di  Saturno  et  questa 
parte  che  in  quell  hora  si  cauò  è  nella  parte  di  dietro  nella  chiesa  di  san  Saluatore 
in  Astatera  sotto  la  Rupe  capitolina.  Questa  fu  la  prima  cognitione  di  esso  tempio. 
Dopo  sotto  del  ponteficato  di  papa  Paulo  quarto,  cauandosi  dall'  altra  parte  della 
suddetta  chiesa  incontro  dell'  Hospedale  di  santa  maria  in  portico,  e  auante  la  chiesa 
di  san  Salvatore  appunto  sotto  il  colle  doue  soprastaua  la  Rocca  capitolina  in  uico  lugario 
furono  trouate  altre  memorie  del  portico  di  esso  tempio  fatto  di  ordine  exastylo  ciò 
è  di  sei  colonne  di  sasso  Tiuertino  stuccate  et  striate  et  corinthie  come  erano  quelle 
ch'erano  nella  parte  di  dentro  del  tempio  tanto  che  quelle  della  parte  di  dentro  et 
quelle  del  portico  dauanto  erano  di  una  misura  di  una  forma  et  di  una  altitudine 
grosse  piedi  quattro  et  alte  piedi  trentaquattro  et  mezzo  eccetto  che  le  colonne  ango- 
lari erano  di  una  ottaua  di  un  piede  di  più  che  le  altre....  et  oltre  alle  dette  me- 
morie di  colonne  rouinate  et  delle  pariete  et  delle  hasi  che  anchora  erano  in  opera 
hauemo  ueduto  quest'altra  memoria  dell'area  di  esso  tempio  che  era  Herario  posta 
in  opera  poco  discosta  al  Pronaon....  che  demonstraua  essere  la  faccia  del  tempio 
incontro  alla  rupe  per  l'angolo  sinistro,  et  il  destro  verso  il  foro  Romano  poi  che  la 
parte  anteriore  uolgeua  uerso  Borea.  (Segue  un  breve  ragguaglio  intorno  al  cippo 
terminale  IL.  VI,  1265),  il  qual  termine  hauemo  ueduto  in  opera  come  Sedette  et 
per  opera  di  M.  Tomasso  Spica  deputato  sopra  dell'antichità  è  stato  fabbricato  in 
quella  parte  vicina.... 

Oltre  alle  memorie  de  fragmenti  che  sono  trouati  di  questo  tempio  delle  colonne 
et  de  muri  hauemo  uedute  alcune  rouine  delle  fenestre  che  hauea  sopra  delli  nicchi 
eh'  erano  intra  le  colonne  et  hauea  i  suoi  lumi  nei  fianchi  " .  (Segue  il  profilo  della 
base  capitello,  architrave,  fregio  e  coruice  «^  li  quali  intagli  erano  fenti  sopra  del 
Tiuertino  stuccati  »). 

In  questo  racconto  del  Ligorio  e'  è  indubbiamente  qualche  cosa  di  vero.  La  les 
Antonia  de  Thermessibus,  incisa  in  lastra  di  bronzo  nell'  anno  u.  e.  683,  è  stata  di 
fatto  "  reperta  Romae  ad  Tarpei  radices  in  Saturni  ruinis  »  e  fu  di  fatto  posseduta 
da  Camillo  Capranica  nella  seconda  metà  del  cinquecento. 

Similmente  la  lei  Cornelia  de  xx  quaestoribus,  di  dieci  anni  anteriore  alla  pre- 
cedente, è  cosi  descritta  nelle  schede  fiorentine  del  Borghini:  -tabula  ahenea  clavis 
olim  parieti  adfixa  reperta  Romae  in  ruinis  aedis  Saturni  ad  Tarpei  mentis  radices  » . 
Anche  il  cippo  terminale  dei  praetores  aerarli  CIL.  VI,  1265  si  dice  trovato  nel  152o 
ad  radices  Capitolini  apud  xenodochium  divae  Mariae  porticus.  ubi  olim  templuiii 
saturni  fuUse  creditur,  in  quo  et  pubblicum  populi  Romani  aerarium  :  —  ad  aedi- 
culam  s.  Salvatoris  in  staterà,  prius  s.  Saturnini  :  —  e  regione  rupis  Tarpoiae  :  —  ad 
aed.  s.  Salvatoris  in  porticu  etc.  «.  Il  Visconti  (Bull.  Com.  1874,  p.  4).  lo  dice,  a 
torto,  scoperto  nel  1556,  scambiando  l'anno  del  suo  collocamento  in  opera,  in  via  di 
s.  Omobono  n.  106,  al  tempo  di  Paolo  IV,  per  quello  del  rinveuimeuto:  ma  dubito 


246  CLEMENTE   VII.    1528-1530 


Ugualmente  della  data  ammessa  dal  CIL.  Dice  infatti  Paolo  IV  che  il  cippo  era  stato 
tf  erectus  an.  sai.  m.  d.  Ivi»  in  quel  sito  preciso,  «ut  antiquufn  locum  indicet  ubi 
NVPER  effossus  fuerat».  Il  «  nuper  »  del  1566  non  potrebbe  mai  riferirsi  a  una  sco- 
perta già  vecchia  di  quarantasei  anni.  Circa  al  sito  della  scoperta  stessa  vedi  Fulvio 
e.  XXI  r.  «  In  reliqua  vero  Capitolii  pte  versus  occasum  praeter  ruinas  et  rupium  cre- 
pidines  nihil  ex  priscis  operibus  nùc  superest.  Mentis  aut(em)  p(ar)s  quae  vergit  al  lybin 
1  faucibus  Capitolii  supra  hospitale  nùc  s.  Mariae  i  porticu  habuit  olim  aedé  Saturni 
et  opis  1  vico  iugario....  ubi  erat  aerariù,  quo  e  foro  in  Capitoliù  ascendebat(ur). 
Extat  adhuc  ibi  parvum  ac  ruinatum  Sacellum  sub  rupe  prupta 
titulo  nùc  S.  Salvatoris  ì  aerarlo  ». 

1529,  10  novembre.  THEATRVM  POMPEIANVM.  Maestro  Vincenzo  da  Pisa 
architetto  pone  lo  fondamenta  delle  case  di  Silvestro  Paluzzi  nella  piazza  detta  Satri 
presso  il  palazzo  del  cardinale  de'  Santi  Quattro  (p.  Pio-liighetti  al  Biscione.  Not.  Ro- 
teili, prot.  1484  e.  non  num.  A.  S.).  Forse  è  stessa,  la  cui  facciata  fu  decorata  nel  1531 

0  1532  da  Baldassare  Peruzzi. 

1530,  8  ottobre.  ALVEVS  ET  RIPAE  TIBERIS.  Strepitosa  inondazione  del  Tevere 
che  riempie  di  melma  strade  e  case,  e  distrugge  molte  pescaie  e  molti  molini  galleg- 
gianti, dai  quali  erano  orlate  le  ripe,  a  partire  dal  ponte  Vaticano  sino  alla  Marmorata. 

1  molini  erano  distinti  ciascuno  dal  proprio  nome,  la  Griffa,  la  Vittoria,  la  Serena 
(Sirena)  etc,  mentre  le  pescaie  portavano  il  nome  del  proprietario,  pescaia  Salviati  alla 
Marmorata,  p.  di  santa  Cecilia  in  ripa  romea,  staffilare  di  s.  Maria  in  Ceriola  etc. 
Nella  seduta  del  Consiglio  Comunale  del  19  ottobre,  il  primo  conservatore  Antonio 
Cavalieri  affermava  che  l'inondazione  «  excessit  signù  positù  tempore  Martini  i  facié 
parietis  s^*  marie  sup  minerba  p  pedes  octo  et  ultra,  omnia  devastando  » .  Il  magi- 
strato aveva  mostrata  a  Clemente  VII  «  urbem  plenam  ceno  fluminis  tam  intus  demos 
q  extra  i  vijs  publicis  »  domandando  soccorsi  per  impedire  il  sopravvenire  della  fame 
e  della  peste.  Quanto  ai  molini,  si  decide  di  riattare  immediatamente  quelli  fuor  d'uso 
«  1  aqua  marane  et  accie  » . 

L'iscrizione  del  tempo  di  Martino  V  (a.  1422)  alla  Minerva  è  riportata  dal 
Celani  in  Bull.  Com.  tomo  XXIII.  a.  1895,  p.  289,  n.  5.  Il  diluvio  di  Clemente  VII 
fu  ricordato  da  moltissime  lapidi,  oggi  per  la  maggior  parte  scomparse.  Ve  ne  erano 
due,  murate  nel  palazzo  Orsini  a  Pasquino  per  cura  del  cardinale  Antonio  del  Monte, 
la  prima  nella  facciata  verso  Agone,  alta  dal  suolo  m.  3,85,  la  seconda  nell'  angolo 
verso  Parione  più  alta  del  Pasquino  stesso.  Quella  posta  in  Castello  dal  prefetto  Guido 
Medici  all'  altezza  di  m.  3,50  dal  suolo,  narrava  come  «  Roma  sereno  tempore  facta 
fuisset  tota  navigabilis  » . 

1530.  A  questa  epoca  appartengono  approssimativamente  due  libri  di  schizzi  dal- 
l' antico,  il  primo,  di  autore  incerto,  nel  museo  Wicar  di  Lille,  il  secondo  di  Jacques 
Androuet  du  Cerceau,  formato  di  più  taccuini  che  si  conservano  nei  Gabinetti  delle 
stampe  di  Monaco,  Parigi,  Berlino,  e  nelle  biblioteche  Destailleur  e  Dutuit  a  Parigi. 

Il  libro  del  museo  Wicar  ò  stato  descritto  dal  Gonse  nella  Gazette  des  Beaux-arts 
1876.  tomo  II,  p.  406;  dal  Geyinuller  nelle  Mémoires  de  la  societé  nationale  des 
antiquaires  de  France,  tomo  XLV,  a.  1884,  p.  243;  dal  Fabriczy  nell'Archivio  Storico 


CLEMENTE    VII.    1530  247 


dell'Arte,  tomo  VI,  a.  1893,  fase.  IT,  etc.  Ne  sono  autori  Bastiano  de  Sangallo  detto 
Aristotile  (1484-1551),  e  Giovanbattista  il  Gobbo  (n.  1496),  i  quali  lo  incominciarono 
circa  il  1520  e  lo  terminarono  circa  dieci  anni  dopo.  Contiene  appunti  di  monumenti 
antichi  di  Roma,  Viterbo,  Benevento  e  Pola,  e  saggi  di  talune  opere  di  Brunellesco, 
di  Bramante,  e  di  Michelangelo. 

Ricordo  a  titolo  di  curiosità  che  il  Wicar,  durante  il  suo  lungo  soggiorno  in 
Roma,  aveva  lo  studio  a  s.  Apollonia  in  Trastevere,  sulla  facciata  del  quale  si  legge- 
vano due  iscrizioni  dettate  dal  Fea,  per  ricordare  le  visite  quivi  fatte  dall'  imperatore 
Francesco  II,  e  da  papa  Pio  VII  (Vedi  cod.  vatic.  9202,  e.  199'). 

L' opera  archeologica  dell'  architetto  francese  Jacques  Androuet  du  Cerceau,  il  quale 
soggiornava  in  Italia  sino  al  1533,  è  stata  ampiamente  illustrata  dal  barone  di  Geymiiller 
nella  sua  opera  magistrale  «  les  Du  Cerceau  "  Paris,  1887,  p.  105  sg.  L'album  a  stampa 
più  utile  ai  nostri  studii  porta  il  titolo:  «  Livre  des  édifices  antiques  romains  contenant 
les  ordonnances  et  desseings  des  plus  signalez  et  principaux  bastiments  qui  se  trou- 
vaient  à  Rome  du  temps  quelle  était  en  sa  plus  grande  fleur  »   s.  1.  1584. 

1530.  Due  importanti  lavori  stradali,  con  demolizioni  e  scavi  relativi,  furono 
condotti  in  città,  nei  mesi  precedenti  alla  inondazione  dell'  8  ottobre  :  quelli  di  via 
dei  Baullari  e  quelli  di  via  Leonina.  La  taxa  jectiti  di  quest'ultima  si  trova  a  e.  159 
del  protocollo  79  di  Stefano  Amanni.  Anche  nel  prot.  78  a  e.  579  si  trovano  notizie 
di  spianamenti  e  di  demolizioni  «  prò  iectitu  vie  leonine  perficiende  usque  ad  plateam 
s"  aloisi  nationis  Gallorum  de  urbe  » .  Un  terzo  atto  dello  stesso  notaro,  a  e.  124,  nomina: 
«  domum  dirutam  a  magistris  stratarum  prope  campum  flore  prò  directione  vie  "  (dei 
Baullari). 

1530.  AEDES  PENATIVM  IN  VELIA.  Data  approssimativa  degli  scavi  fatti  dal 
cardinale  Alessandro  Farnese  nella  discesa  del  Palatino  verso  il  Foro.  Vi  fu  trovato 
il  piedistallo  «  Laribus  publicis  sacrum  »  dedicato  da  Augusto  il  1  gennaio  del- 
l' anno  750  (CIL.  456).  Quivi  pure  deve  essere  stata  cavata  fuori  la  «  basis  magna 
marmorea  litteris  pessimis  «   dedicata  a  Massimiano  da  Settimio  Valenzione  (ivi  1125). 

Ho  ricordato  questi  scavi  a  p.  184,  attribuendoli  all'anno  1518,  ma  dubito  di 
esser  caduto  in  errore. 


INDICI 


1.  TOPOGRAFIA  ANTICA. 

2.  TOPOGRAFIA  MEDIEVALE  E  MODERNA. 

3.  CHIESE. 

4.  MVSEI,  GALLERIE,  BIBLIOTECHE. 

5.  VARIA. 

6.  NOMI. 


1.  TOPOGRAFIA    ANTICA. 


Agger  Servii  148. 

Albanum  Domitiani  154. 

Amphitheatrum  Titi  50,  53,  59,  60,  65,  66,  68, 

71,  83,  105,  215,  219. 
Anastasis  7,  29. 
lAquaeductus   Claudiae  40. 

»  Neroniaaus  30,  49,  164,  168,    232. 

»  Virginis  57,  73,  75,  165. 

Ara  Maxima  84,  122. 
Archibum  Damasi  pp.  85. 
Arcus  Arcadii  cet.  39. 

n       Augusti  ad  pont.  Aemil.  39. 

"       M.  Aurelii  77. 

n       Gordiani  11,  169. 

»       Gratiani  cet.  53,  169,  232. 

n       Novus  88,  217,  232. 

n       di  Portogallo  178. 

"       Septimii  74,  81,  197,  201. 

»       Traiani  223. 
Arx  70. 

Atrium  Vestae  28,  98. 
Aventinus  Mons  215. 

Basilica  Aemilia  93,  94,  165,  237. 

»         Constaiitini  62,  77,  85, 

"         Julia  11,  22,  25,  27,  45,  47,  132,  157. 

"         Junii  Bassi  37,  62,  81. 
Busta  Gallica  141. 


Castra  praetoria  169. 
Catabulum  194. 
Circus  Flaminius  47. 

••'       Maxentii  45. 

«       Maximus  30,  31,  45,  56,  89,  95,  98,  167. 

"       Neronis  199. 
Claudiura  71. 
Cloacae  Urbis  46. 
Coemeteriura  Generosae  o. 
Collis  Hortorum  163,  170. 
Columna  divi  Pii  169. 
Coraitium  60,  02. 
Crypta  Balbi  47. 
Curia  (Senatus)  6,  32,  49,  53,  62,  60,  6B,  105,  221 . 

Domus  Augustana  11. 

«  Aurea  167,  225. 

"  Betitiorum  49. 

"  Calpurniorum  (?)  35. 

"  Cilonis  86. 

n  Lateranorum  41,  49. 

»  Maximi  175. 

n  Pinciana  17. 

n  Severiana  30. 

15  Tiberiana  27. 

»  Titi  imp.  139,  147,  189,  225,  232. 

«  Victiliana  37,  38. 
ad  duas  Domos  52. 


Cannapara  132. 

Capitolinus  mons  160. 

Capitolium  50,  58,  59,  67,  74,  195,  221. 

Capitolium  vetus  169. 


Fidenae  205. 
Fons  Faunoram  63. 
Fornii  Claudii  imp.  134. 
»       Lcntuli  39,  52. 


252 


TOPOGRAFIA    ANTICA 


Forum  Augustura  80,  185. 
«       Boarium  194. 
»       Esquilinum  80. 
»       Holitoriura  139,  220. 
^       Juliura  49,  53,  66,  68,  123. 
«      Nervae  47,  136,  137,  172,  183,  197,  215, 

223,  236. 
n       Romanum  60,  72,  78,  89,  93,  157. 
«       Traianum  46,  49,  89,  125,  134,  143,  170, 

217,  223,  224,  232. 

Gaianum  72. 

Hierusalem  89. 
Horrea  33,  190,  233. 
Horti  Aciliorum  85,  231. 

n     Caesaris  221. 

«     Domitiae  61. 

n     Getae  50. 

»     Lamìani  148,  179,  190, 

r)     Maecenatiani  230. 

»     Pinciorum  89. 

n     Sallustiani  45,  83,  222,  231. 

"     Variani  219. 

Insula  Bolaniana  7. 


Obeliscì  urbis  232,  283. 

Odeum  46,  196. 

Officinae  marmorar.  9,  10,  11,  20,  131. 

Opera  Octaviae  20,  32,  47,  68. 

Opera  Pompeii  94. 

Ostia  (v.  via  Ostiensis). 

Palatium    11,  27,  30,  90,  91,  101,  105,  111,  162, 
165,  172,  176,  179,  184,   200,  232. 
n         Septizonium  57,  200,  201. 
Pantheon  15,  51,  60,  61,  88,  201,  206,  213,  235. 
Pomerium  147,  167,  230. 
Pons       Aelius  53. 

»  Aemilius  24,  47,  195. 

"  Aurelius  75. 

«  Molvius  58,  64,  72. 

»  Neronianus  66. 

Porta      Flaminia  80. 
n         Pinciana  88. 
»         Septimiana  161. 
Porticus  Eventus  Boni  123. 
«        Maximae  162. 
»        Minucia  157,  182,  221. 
'.        Philippi  147,  197. 
»        Pompeianae  36. 

Rostra  150,  167,  197. 


Lacus  Servilius  63. 
Lavacrum  Agrippinae  230. 
Lucus  Furinae  7. 

Macellum  magnum  6,  57,  61,  181. 

Mausoleum  ad  Apost.  Petrum  55,  64,  70,  79,  193. 

»  Augusti  8,  23,  25,  33,  38,  84,  90,  103' 

»  132,  175,  180,  192,  194,  233. 

»  V.  Casa  Tonda  181. 

»  Constantiae  33,  62,  72,  75. 

»  Hadriani  7,  41,  54,  64,  91,  92,  93,  232. 

»  Hélenae  aug.  7. 

»  Metellae  37. 

'»  V.  Monte  del  Grano  27,  40. 

Meta  Burgi  161,  186  seg. 

»     Sudans  168. 
Mica  aurea  5. 
Mithraeum  R.  VII.  99. 
Monumenta  Mariana  33. 
Monumentum  (v.  Sepulcrum). 
Murus  Servii  55. 
Murus  Aureliani  22,  52,  230. 
Murus  Leonis  IV.  34,  91,  93. 


Sacra  Via  85,  98. 
Schola  Bruti  34. 

«      Graeca  7,  87,  95,  125,  145,  180,  204. 
Secretarium  Senatus  33. 
Septa  58,  71,  143,  169. 
Septizonium  57,  200,  201. 
Sepulcrum  Abucciorum  99. 

«  Bibuli  91. 

«  C.  Cestii  233. 

»  famil.  Marcellae  108. 

"  Miniciorum  98,  112. 

n  Nasoniorum  102. 

n  famil.  Neronis  Drusi  99. 

Sallustiorum  99. 
Solarium  83,  136,  169. 
ad  Spem  Veterem  159. 
Stabula  IV  factionum  85,  93,  144,  198. 
Stadium  52,  54,  74,  113. 
Statio  Annonae  204. 

»       Cohortis  IV  vigilum  193. 
»       Rationis  marmor.  81. 

Tabularium  37,  39,  41,  48,  55. 


TOPOGRAFIA   ANTICA 


253 


Templum  divi  Augusti  169,  225. 

»         Castorum  72. 

»         deae  Diae  G6. 

n        divi  Claudii  71. 

«         Dianae  aventin.  63. 

n         Eventus  Boni  33. 

»        Herculis  Victoris  76,  77,  83,  122. 

»        lani  93,  94. 

>»        lovis  0.  M.  (v.  Capìtoliura). 

»         lovis  Palrayreni  112. 

«         Isidis  et  Serapidis  r.  IX.  7,  13,  21,  25, 
34,  54,  59,  67,  165. 

»         Martis  Ultoris  186. 

»         Minervae  34,  54,  59,  235. 

»        Neptuni  153,  232. 

»         divi  Pii  165. 

»         Probi  56. 

»         Quirini  231. 

»         Roraae  et  Veneris  25,  32,  40,  53,  57,  98. 

»         Sacrae  Urbis  56,  68. 

»         Saturni  45,  59,  244,  245. 

«         Solis  16,  18,  39,  51,  60,  61,  107. 

»        Telluris  29. 

«         Veneris  in  Calcarario  39. 

n  «         Erycinae  231. 

»  »         Genetricis  123. 

»  »         etRomae25, 32, 40, 53,57,98. 

«         Vestae  169. 
Theatrum  Balbi  169. 

»  Marcelli  47,  194. 

«  Poinpeii  59,  222,  246. 

Thermae     Agrippae  25,  47,  139,  221,  235. 
»  Alexandri  8. 

n  Antoninianae  4,  7,  24,  60,  62,  68. 

n  Constantini  213. 

"  Diocletiani  62,  70,  74,  84,  136,   168, 

181,  232. 
»  Domitiani  81. 

n  Helenae  aug.  175. 

n  Neronis  146. 

»  Titi  60. 

r>  Traiani  62,  78,  149,  155,  232. 

Tiberis  (alveus  et  ripae)  6,  19,  20,  22,  27,  39, 
49,  57,  6Q,  73,  74,  81,  92,  148,  167,  108,  169, 
194,  195,  206,  226,  227  sg.  230,  2.32,  240. 


Triopiara  Herodis  Attici  165,  200,  208, 
Trullum  ad  s.  Stephani  132. 

VIA  APPiA  4,  14,  84,  18.3,    184,    185,    191,  208, 
210,  219,  246. 

1         Albanum  19,  20. 

»         Circus  Maxentii  62. 

n         Mausoleum  Metellae  37,  59. 

»         Villa  Quintiliorum  98. 
VIA  ARDEATiNA  Praedia  Amarantiana  14. 
VIA  AVRELIA  Palidoro  26. 

VIA    CAMPANA    67. 

VIA    CAMPANO-PORTVE.NSIS    198. 

VIA   COLLATINA    57. 

VIA    CORNELIA    56,    217. 

VIA  FLAMINIA  7,  65,  84,  202. 

»  Domitiorura  monumentum  7. 

»  Piano  26. 

n  Tres  Columnae  65. 

n  Trullus  de  Buccamatiis  65. 

»  Villa  Liviae  25. 

VIA  LATINA   109,   119, 

»  Grottaferrata  33. 

VIA    NOMENTANA    10. 

VIA  osTiENSis  Ostia  8,  18,  20,  25,  26,  48.  49,50. 
52,  53,  68,  69,  70,  95,  144,  148, 
165,  215,  227,  241. 
»  Vicus  Alexandri  20. 

VIA  poRTVEN'sis  Portus  Augusti  20,  48,  54,  69. 

"  Galeria  (Portus)  19. 

VIA  SALARIA  73,  158,  170,  220. 

VIA    SEPTIMIANA    161. 

VIA    SEVERIANA    8. 

VIA    TIBVRTINA    4,    8,    192. 

y^  Tibur  67,  99. 

"  Villa  Hadriani  137,  161. 

VIA  TRivMPHALis  34,  55,  65,  98,  107,  112,  145, 

217. 
VIA  TvscvLANA  Monte  del  Graii'i  27,  40. 

VIA    VEIE.NTANA    72. 

»  Veii  21,  154. 

Via  Nov^a  Antoniniana  235. 
Vicus  lugarius  158. 
Vicus  Tuscus  57,  179,  192. 
Villa  Publica  58,  G7,  71. 


254 


TOPOGRAFIA   MEDIEVALE   E   MODERNA 


2.  TOPOGRAFIA  MEDIEVALE  E  MODERNA. 


l'Abbozzata  237. 

Arco  de'  Toschi  di  Berta  46. 

Arco  de'  Maddaleni  109. 

Belvedere  154  e  seg. 
Borghetto  de'  Pidocchi  202. 
Borgo  vaticano  70,  96,  147,  161. 

iCampo  Giudeo  231. 
Cancellarla  (Cainellaria)  Capitolina  39. 
Capocce  189:  vedi  Domus  Titi. 
Casa  Cecchini  169. 

n      da  Fano  (Lanciarini)  170. 

«      Galli  108,  173. 

"      Mantaco  90. 

n      di  Pomponio  Leto  115. 
Castel  S.  Angelo  64,  75,  91,  92. 
Castel  Giubileo  205. 
La  Ciambella  221. 
Conca  di  s.  Marco  71. 
Corte  Vecchia  78. 


Farnesina  (Chigi)  150,  164. 
La  Fossa  87. 


Monte  Cuculio  117. 

»>  delle  Gioie  73. 

»  Leone  131. 

»  Mario  112. 

»  Pincio  89. 

»  Secco  83. 

n  Secco  al  Circo  95. 

.)  dello  Serpente  31,  32. 

»  Ventoso  50,  67. 

Orto  Comovaglia  153. 
»     Frangipane  89,  95. 
»     Massimi  173. 
V     Nari  123. 
«     Stati  231. 
»     della  Valle  121,  122. 
Ospedale  de'  Boemi  64. 

»  dei  Genovesi  81. 

»  delle  Grazie  63. 

»  degli  Illirici  57. 

»  Lateranense  32,  37. 

n  di  S.  M.  in  Portico  245. 

»  di  S.  Spirito  29,  75,  76. 

n  Teutonico  131. 

»  de'  Transilvani  131. 


Giardino  d'Ascanio  (Chigi)  180. 

"  del  Bufalo  104. 

»  Caraffa  138. 

»  Carpi  139. 

»  Cesarini  133. 

»  Chigi  alle  quattro  Fontane  151,  154. 

»  Colocci  165,  203. 

rt  Gonzaga  78. 

»  Ferrerie  213. 

»  Mattei  211,  212. 

»  Mendicanti  9. 

»  Mercurelli  10. 

»  Muti  a  S.  Vitale  24. 

»  Passionisti  11. 

»  Pincio  5. 
►  Grottaferrata  154. 

Magliana  210. 
Meta  di  Borgo  126. 
Monte  Aventino  73,  78. 


Palazzo  del  card.  Adriano  (Giraud)  93, 94, 186, 188. 

»  Alberini-Cicciaporci  101,  212. 

»  Altemps  4. 

»  Altieri  101. 

'»  Altoviti  163. 

n  dall'Aquila  211. 

»  Arcioni  39. 

»  Argentina  134. 

»  Banca  d'Italia  10. 

»  Barberini  4. 

»  Bini  222. 

»  Branca  171. 

«  Buzi  212. 

V  Caffarelli-Vidoni  211. 

»  Cancelleria  11,  12,  85. 

»  Cancelleria  Nuova  94. 

n  Capranica  106,  132. 

»  Cecchini  107. 

»  Cesarini  134. 

»  Chigi  151,  152. 


TOPOGRAFIA    MEDIEVALE    E    MODERNA 


255 


Palazzo  Chigi  a'  ss.  Apostoli  153. 

n  de'  Conservatori  206  e  seg. 

»  Farnese  198. 

»  di  Firenze  146. 

»  Frangipane  91,  171,  179,  192. 

»  Frontoni  9,  12. 

»  del  Governo  Vecchio  79. 

é  n  Madama  (Medici)  145,  209. 

»  Maddaleni  109. 

»  Maggiore  172,  176. 

,»  di   S.  Marco   (di   Venezia)  71,    72,   58, 
74,  138. 

n  Mattei  24. 

»  Millini  113. 

»  Muti  Papazzurri  63. 

»  Novelli  37. 

n  Odam  9. 

»  Odescalchi  153. 

»  Olgiate  134. 

,»  Orsini  in  Agone  54,  106. 

,n  Orsini  a  Campo  di  Fiori  174,  175. 

j»  Orsini  a  Monte  Giordano  113. 

»  Pio-Orsini  174,  175. 

!»  Ossoli  212. 

"  Pagani-Planca-Incoronati  108. 

»  Piombino-Spada-Giustiui  125. 

y)  Ponziani  196. 

n  Ponzetti  131. 

»  Quirinale  106. 

«  Eegis  212. 

n  Rospigliosi  4. 

«n  Santacroce  118,  119. 

»  Savelli-Orsini  178,  194. 

r)  del  Senatore  197. 

n  Stati-Maccarani  212. 

n  Tebaldeschi  103. 

«  d'Urbino  144,  169. 

n  della  Valle  121. 

r»  Vaticano  74,  210,  211. 

»  Verospi  240. 

Pantano  di  s.  Basilio  121,  123. 

Piazza  de'  Cavalieri  122. 

n  di  s.  Eustachio  5. 

»  del  card,  di  Fermo  106. 

n  de'  Fieschi  131. 

»  Grimana  139. 

»  di  s.  Marco  (Venezia)  4. 

»  Montanara  158. 

»  di  s.  Salvatore  in  Lauro  5 

»  di    Siena  82. 


Platea  Petri  Ludovici  103. 
Porta  8.  Giovanni  140. 

ìì      Maggiore  159. 

»      Pia  124. 

n      Settimiana  161. 
Pozzo  Bianco  131. 

n      delle  Cornacchie  131. 

»      Merlo  131. 
Prati  dell'Arenacela  72. 

»      di  Castello  65,  72,  159,  164. 

n      Monte  del  Lauro  72. 

n     Monte  Secco  72. 

n      prata  Falconi  72. 

Ripa  de'  Macelli  73. 

Sapienza  Capranica  132. 

»         Nardini  79. 
Satri  246. 
Schifanoia  89. 
Scortecchiaria  47. 
Sette  Sale  123  (vedi  Capocce). 

Torre  de'  Conti  29,  38. 
n      del  Merangolo  103. 
«       delle  Milizie  29,  62. 

Via  Alessandrina  66. 

»  Alessandrina  (Borgo)  126. 

"  Appia  —  Ariccia  151,  154. 

"  Appia  —  C.  Gandolfo  154. 

n  Appia  —  Fontana  Vergine  102. 

»  Appia  —  Nemi  122. 

"  Appia  —  Valle  d'Accia  106. 

r)  de'  Banchi  46. 

n  Baullari  247. 

»  di  S.  Celso  5.3. 

«  Colozia  192. 

n  Egidia  192. 

"  di  S.  Eufemia  46. 

»  (Ruga)  Francisca  41. 

"  Frattina  120. 

n  Giulia  (Lungara)  161. 

n  Leonina  (Ripetta)  isO,  192,  194,  202,  247 

»  di  Marforio  90. 

n  Marina  57. 

n  Merulana  40. 

r>  Xomentana  —  Forma  de  Pil'i  1'"'. 

«  dell'Orso  226. 

n  Paolina  53. 

n  de'  Ss.  Quattro  49. 


256 


CHIESE 


Via  Retrobanchos  217. 

»  Tiburtina— Monticelli  135. 

»  Vicolo  de'  Porcari  1  18. 
Valle  Marmorea  184,  200. 
Vigna  Alberini  101. 
■  n      Altieri  102. 

»       Altoviti  164,  199. 

"       di  Baldassarre  (Turini)  213. 

»       Boccacci  139. 

n       Capranica  al  Palatino  105. 
'  »       Caraffa  106. 

"       della  Casa  Professa  174. 
^  »       Ciampolini  106. 

»       Codini  99,  102. 

»       Daniele  Barbaro  89. 

»       Dossi  della  Palma  168. 

»       da  Fano  (Lanciarini)  170. 

«      Fedra  212. 

»       Grimani  138,  139. 

«       Maffei  al  Palatino  111,  200,  201. 

»       Mancini  39. 

»       di  Mantaco  91 . 

"       Mario  Mellini  90. 

»       Massimi  173. 

"       Mazzanti  99. 


Vigna  Novelli  113. 

n  Nussiner-Butirroni  179,  192. 

»  Olgiate  211. 

»  Ottini  109. 

r>  Pichini  123,  125. 

•  »  Pippi  (Giulio  Romano)  181. 
»  Ponti  123. 

»  Porcari  118. 

»  de  Radicibus  123. 

•  »  Santacroce  119. 
»  Spinelli  55,  65. 
»  Stagni  123. 

»  della  Valle  164. 

»  Vittori  9. 

»  Volaterrano  168. 

Villa  Albani  4,  5. 

»  Altieri  10,  102. 

»  Chigi  154. 

»  Giulia  4. 

»  Ludo  visi  125. 

•  »  Madama  5,  146. 

•  "  Medici  146. 

»  Ruffinella  213. 

Zecca  antica  49. 


3.  CHIESE. 


S.  Adriano  5,  6,  32,  53,  242. 

S.  Agata  in  Subura  167,  236. 

S.  Agnese  in  Agone  16. 

S.  Agnese  fuori  le  mura  16,  75,  81,  213. 

S.  Agostino  75,  81. 

S.  Ambrogio  de'  Lombardi  75. 

S.  Ambrogio  della  Massima  147,  197. 

S.  Ambrogio  de  Maxima  17. 

S.  Anastasia  7,  242. 

S.  Anastasio  alle  tre  Fontane  98. 

S.  Andrea  de  Columna  104. 

S.  Andrea  do  Portugallo  141. 

S.  Andrea  in  Lazaria  163. 

S.  Andrea  in  Pallara  105. 

S.  Andrea  in  Vincis  59. 

S.  Andrea  v.  Flaminia  67,  69. 

S.  Angelo  de'  Corridori  92. 

S.  Aniano  75. 

S.  Anna  de'  Falegnami  36. 

S.  Antonio  all'Esquilino  13,  37,  62. 

S.  Antonio  de' Portoghesi  51. 

S.  Apollinare  14,  81. 


Ss.  Apostoli  3,  16,  17,  62,  63,  75,  242. 

S.  Balbina  17,  75,  86. 

S.  Bartolomeo  all'Isola  3,  5,  6,  17,  35,  242. 

S.  Basilio  80,  185. 

S.  Bernardo  della  Compagnia  46. 

S.  Bonosa  81. 

S.  Caterina  delle  Cavallerote  26,  87,  114. 

S.  Caterina  de'  Sanesi  226. 

S.  Cecilia  16,  17,  35,  46. 

Ss.  Celso  e  Giuliano  39,  97. 

S.  Clemente  5,  6. 

Ss.  Cosma  e  Damiano  in  Mica  Aurea  5,  16,  56, 

75,  79. 
Ss.  Cosma  e  Damiano  in  Silice  68,  242. 
S.  Costanza  33,  62,  72,  73,  75. 
S.  Crisogono  7. 
S.  Croce  di  Monte  Mario  133. 
S.  Croce  in  Gerusalemme  4,  16,  89. 

Domine  quo  vadis  209. 


CHIESE 


257 


S.  Eusebio  33.  S.  M. 
S.  Eustachio  8. 

S.  M. 

S.  Francesco  a  Ripa  33,  242.  S.  M. 

S.  M. 

S.  Giacomo  alla  Lungara  17.  S.  M. 

S.  Giacomo  in  Augusta  38,  242.  S.  M. 

S.  Giacomo  in  Settimiana  91.  S.  M. 

S.  Giorgio  in  Velabro  132.  S.  M. 

S.  Giovanni  de'  Fiorentini  194,  242.  S.  M. 

S.  Giovanni  de  Pinea  118.  S.  M. 

Ss.  Giovanni  e  Paolo  4,  17.  S.  M. 

S.  Giovanni  in  Oleo  148.  S.  M. 

S.  Giovannino  99.  S.  M. 

S.  Girolamo  56,  84,  90,  132.  S.  M. 

S.  Gregorio  al  Celio  90,  117,  118,  219  S.  M. 

S.  Gregorio  de'  Muratori  180,  244.  S.  M. 
S.  Lorenzo  fuori  le  mura  8,   16.  30,  33,  61,  242.      S.  M. 

S.  Lorenzo  in  Damaso  94,  238.  S.  M. 

,  S.  Lorenzo  in  Lucina  48,  136,  169.  S.  M. 


sopra  Minerva  17,  34,  54,  106,  110,  117, 

118,  242. 

de'  Miracoli  222. 

di  Monserrato  93,  184. 

di  Monte  Giordano  113,  114. 

in  Monteroni  33,  121. 

de'  Monti  32. 

in  Monticelli  5,  6,  17. 

dell'Orto  159. 

della  Pace  75,  106,  138. 

in  Petrocia  87,  132. 

ad  Pineam  5. 

del  Popolo  7,  32,  75,  79,  167,  204,  211. 

de  Porta  Paradisi  194. 

in  Portico  76,  217. 

in  Publicolis  70. 

in  Trastevere  7. 

in  Vallicella  242. 

in  Via  104. 

in  Via  Lata  3,  217. 


S.  Marcello  4,  194,  236. 

S.  Marco  16,  71,  73,  242. 

S.  Margherita  75,  79. 

S.  Marina  56,  57  (S.  Marinella). 

S.  Martina  221. 

S.  Martino  in  Panerella  32. 

S.  Martino  in  Portica  86,  87. 

S.  Martino  in  Posterula  57. 

S.  Matteo  in  Merulana  12. 

S.  M.  dell'Anima  131,  158,  219. 

S.  M.  Antiqua  5,  225. 

S.  M.  in  Aquiro  77. 

S.  M.  in  Araceli  14,  17,  34,  38,  70,  75,  176. 

S.  M.  in  Campitelli  17,  32. 

S.  M.  in  Cappella  5. 

S.  M.  della  Consolazione  75. 

S.  M.  in  Cosmedin  3,  7,  62,  204. 

S.  M.  in  Domnica  16,  170,  211. 

S.  M.  della  Febre  55. 

S.  M.  de  Gradellis  90. 

S.  M.  delle  Grazie  89,  93. 

S.  M.  di  Grottapinta  222. 

S.  M.  in  Julia  36. 

S.  M.  Liberatrice  169. 

S.  M.  di  Loreto  143,  217. 

S.  M.  in  Macello  183. 

S.  M.  Maggiore  14,  15,  33,  35,  52,  61,  63,   75. 

S.  M.  della  Mano  179. 

S.  M.  ad  Martyres  15. 


Ss.  Nereo  e  Achilleo  75. 
S.  Nicolao  de'  Funari  182. 
S,  Nicolao  degli  Incoronati  109. 
S.  Nicolao  in  Carcere  139,  242. 

S.  Onofrio  50. 

S.  Pacera  41. 

S.  Pancrazio  62. 

S.  Pantaleo  de  Preta  Caroli  46. 

S.  Paolo  17,  35,  73. 

S.  Petronilla  79. 

Ss.  Pietro  e  Marcellino  34. 

S.  Pietro  in  Montorio  75. 

S.  Pietro  Vecchio  7,  16,  18,  40,  50,  55,  63,  65, 
66,  67,  68,  69,  70,  75,  80,  82,  142,  144,  153, 
165,  193,  238,  242. 
•S.  Pietro  in  Vinculis  15,  60,  62,  73,  75,  140,,  150. 

S.  Prisca  63. 
•  S.  Pudenziana  17. 

Ss.  Quaranta  7. 

Ss.  Quattro  Coronati  4,  5,  6,  48,  242. 

Ss.  Quirico  e  Giulitta  75. 

S.  Rocco  132,  242. 

S.  Saba  5,  17,  193. 

S.  Sabina  31,  32. 

S.  Salvatore  delle  Coppelle  S. 

S.  Salvatore  de  pede  pontis  75. 


33 


258 


MUSEI,   GALLERIE,    BIBLIOTECHE 


S.  Salvatore  in  Carnilliano  67. 

S.  Salvatore  (s.  Giovanni)  in  Laterano  3,  4,  7, 

12,  15,  17,  34,  37,  39,  49,  50,  51,  60,  61,  68, 

73,  75,  78,  87,  160, 
S.  Salvatore  in  Primicerio  6. 
S.  Salvatore  in  Staterà  198,  245,  246. 
S.  Salvatore  in  Torrione  58. 
S.  Saturnino  245. 
Ss.  Sergio  e  Bacco  30,  79. 
S.  Silvestro  de  Caballo  220. 
S.  Sisto  in  Piscina  86. 
Spirito  Santo  49. 
S.  Spirito  in  Saxia  50,  75. 
S.  Stefano  del  Cacco  7,  165. 
S.  Stefano  delle  Carrozze  75. 
S.  Stefano  de'  Mori  75,  79. 


S.  Stefano  Rotondo  6,  13,  57,  61,  181. 
S.  Stefano  del  Trullo  132. 
S.  Susanna  75,  79. 

S.  Teodoro  57,  238. 
S.  Tommaso  a'  Cenci  170. 
S.  Tommaso  de'  Vincis  84. 
S.  Tommaso  in  Formis  30. 
S.  Trinità  de'  Monti  89,  163. 

S.  Urbano  in  Campo  Carléo  17,  34. 

S.  Vibiana  3. 
S.  Vitale  75. 
S.  Vito  75,  80. 


4.  MVSEI,  GALLERIE,  BIBLIOTECHE. 


Albacini  101. 

Albani  4,  5. 

Alberini  100. 

Albertonì-Paluzzi  101. 

Alessi  100. 

Alfonso  d'Anagni  102. 

Altieri  101. 

Altoviti  163,  199. 

Angelera  103. 

Ss.  Apostoli  238. 

Aracelitana  (biblioteca)  87. 

Armellini  103. 

Astalli  159  seg. 

Bafia  103. 

Barberini  46. 
•Barbo  (Paolo  II)  65,  71,  7: 

Beheim  88. 

Bellay  100. 

Belli  103. 

Bonifacio  VIIL  36. 
•  Bracciolini  (Poggio)  60. 

Branca  171. 

Brittannico  102,  152,  157. 

Bufalo  de'  Cancellieri  104. 

Buzi  171. 


Caffarelli  105. 

Capitolino  38,  48,  50,  73,  75,  76,  78,  83,  86,  101, 
117, 160, 163, 166,  169, 182,  206,  219,  221,  231. 


115,  138. 


Capodiferro  105. 
Capranica  105,  244,  245. 

♦  Caraffa  105. 
Carpegna  203. 
Carpi  100,  203. 
Cavalieri  176. 
Cecchini  106. 
Cesarini  12,  133,  221. 
Cesi  20.3,  221. 
Chatsworth  96. 
Chigi  84,  150  seg. 

•Ciampolini  106,  181. 
Colocci  165,  202  seg. 

♦  Colonna  35,  51,  60,  61,  82,  98,  107,   110,.   114, 
•Conzaga  78,  126. 

Coricio  (Goritz)  220. 

Delfini  104,  203. 
Dresda  151,  153. 

Elia  216. 
Este  125. 
'  Estouteville  127. 

Farnese  4,  9,  37,  135,  139,  151,  177,  198,  203. 
Frangipane  126,  170. 
Fusconì  da  Norcia  125. 

Galli  62,  107, 
Gasser  194, 


MUSEI,    GALLERIE,    BIBLIOTECHE 


259 


Giustini  124. 
Goritz  220. 
Griffoni  108. 
Grimani  65,  188. 
Gualderoni  189,  216. 

Incoronati  108. 

Jenkins  101. 


Piccardini  114. 
.  Piccolomini  82,  98,  114,  136. 

Pichini  123,  125. 
.  S.  Pietro  in  Vinculis  238. 
»  Pippi  (Giulio  Romano)  199. 

Podocathario  114,  204. 

Ponti  123. 

Pomponiano  115. 

Porcari  100,  115. 


de  Lallis  109. 
Lanciarini  da  Fano  170. 
Lante  111. 
Lascaris-Rodolfi  236. 
Lateranense  10,  60,  61. 
Louvre  61,  94. 
Ludovisi  110. 

Maddaleni  Capodiferro  109. 
Maffei  101,  102,  109,  160. 
Manilio  172. 

di  s.  Marco  (vedi  Barbo). 
Massimi  100,  172. 
Massimi  Camillo  174. 
Mattei  di  Calcarara  16,  124,  203. 
Mattei  di  Trastevere  112. 
Mazarino  175. 
»  Medici  86,  100,  123,  127,  134,  145,  163,  167. 
Medici  Alessandro  9,  146. 
Millini  98,  112. 
Montalto  101,  203. 

Monte  Cavallo  60,  61,  62,  74.  83,  183. 
Musceroni  113. 
Muti  24. 

Nari  123. 
Novelli  113. 

di  s.  Onofrio  50. 
•Orsini  29,  50. 

•Orsini  a  Campo  di  Fiore  174. 
•  Orsini  di  Monte  Giordano  113. 

Paluzzi-Albertoni  101. 
Pamphili  116,  167. 
dei  Monaci  di  s.  Paolo  61. 
Paolo  dell'Orologio  103. 


de  Radicibus  123. 

•  Riario  della  Cancellaria  Nuova  94. 

•  Rossi  166,  176. 
,de  Rossi  G.  B.  102. 

S.  Sabina  238. 

•  Santacroce  118,  233. 
Santorio  143. 

Sassi  177. 
Savelli  178. 
Silvestri  Furialo  9. 
Sinebarbis  120. 
Soderini  103. 
Staccoli  226. 
Stagni  123. 

Tagliazzi  120. 

delle  Terme  Diocleziane  63. 
Tigeti  120. 
Tomai  178. 

Toraarozzi  103,  120,  178,  199,  203. 
Torlonia  178. 
•Traversari  115. 

Urbano  al  Celio  94. 

della  Valle  211,  121,  244. 

Vaticano  4,  61,  92,  94,  101,  133,  137,  139,  140, 

144,  154  e  seg,  176,  203,  217. 
Vaticano  (Biblioteca)  50,  75,  96,  145,  213.  233. 
Verospi  12. 
Vitali  178. 
Vittori  9. 

Zeri  221. 
Zodoni  124. 


260 


VARIA 


NOMI 


5.  VARIA. 

Calcare  22,  24,  40,  47,  50,  51,  63,  89,  110,  122,  101,  105,  110,   117,   123,  137,  138,  139,  163, 

135,  136.  223. 

Commissarli  delle  antichità:  Raffaele  d'Urbino  Malaria  70. 

166  seg.   Mannetti    Latino  Giovenale  201.  Marmorarii  8  seg.  13,  21. 

Spica  Tommaso  245.  ^,  ,.  „         „„„ 

bacco  di  Roma  223  seg. 

Maestri  delle  strade  45,  47,  63,  84,  85,  87,  96,      Tiratorii  di  panni  25. 


6.  NOMI. 


Adriano  VI  pp.  214  seg.  219. 
Agostini  Leonardo  175. 
Alamanni  famiglia  222. 
Alberini  famiglia  91,  100,  125. 
Alessandro  II  pp.  5. 
Alessandro  IV  pp.  33  seg. 
Alessandro  VI  pp.  88  seg. 
Alessi  Paolo  100. 
Alfano  card.  7. 
Altemps  famiglia  122. 
Altemps  Gio.  Angelo  4. 
*  Altieri  famiglia  101. 
Altoviti  famiglia  163. 
Anastasio  card.  6. 
Anastasio  IV  pp.  7. 
Andronet  du  Cerceau  Jacques  246. 
Antonio  da  Gaeta  68. 
Arcioni  famiglia  39. 
Armellini  Francesco  card.  103. 
Astalli  famiglia  159. 
Astalli  Virginia  67. 
Azone  prete  7. 

Barbo  Marco  card.  86. 
«Barbo  Pietro  card.  58,  139. 
Bardi  Donato  45. 
Basso  Girolamo  card.  79. 
Bellievre  Claude  163,  172,  176,  179, 
Bellini  Nicolao  47. 
Benedetto  XII  pp.  38. 
Benzoni  famiglia  160. 
Bini  famiglia  222. 
Boccacci  famiglia  126,  139. 
Boccamazza  famiglia  207. 


Boccapaduli  famiglia  120. 
Bonadies  famiglia  163. 
Bonifacio  VIII  pp.  36  seg. 
Bonifacio  I*X  pp.  41. 
Borghese  Pietro  149,  190. 
•  Bracciolini  Poggio  48,  59,  60. 
Branca  famiglia  141,  171. 
Branca  Giovanni  40. 
Brunellesco  Filippo  45. 
Bufalo  de  Cancellieri  famìglia  104. 

Caetani  famiglia  37. 
Caffarelli  famiglia  105,  226,  238. 
Callisto  II  pp.  7. 
Callisto  III  pp.  63  seg. 
Calvo  Fabio  240. 
di  Cambio  Arnolfo  35. 
Campeggi  Lorenzo  card.  113. 
Capocci  famiglia  147,  189,  190. 
Capocci  Giovanni  6. 
Capodiferro  famiglia  105,  109. 
Capodiferro  Marcello  47. 
Capogalli  Iacopo  46. 
Capranica  famiglia  105,  121,  122,   132. 
*Caradosso  di  Poppa  127. 
Caraffa  Oliviero  card.  70,  106,  138. 
Carillo  Alfonso  card.  48. 
Castelli  Adriano  card.  93,  186. 
Cavalieri  famiglia  173. 
Cavallini  Pietro  35. 
Ceci  Tranquillo  115. 
Cecchini  famiglia  107,  108. 
Celestino  III  pp.  8. 
Cenci  famiglia  126,  135. 
Cesarìni  famiglia  133. 


NOMI 


261 


Cesarinì  Giuliano  12. 

Cesarini  Giuliano  card.  126,  133. 

Chigi  famiglia  159  seg.  174. 

•  Clemente  VII  pp.  155,  220  seg. 
Colocci  famiglia  202  seg. 

•  Colonna  famiglia  107. 

•  Colonna  Prospero  card.  51. 

•  Colonna  Vittoria  134. 
Coner  Andrea  162,  240. 

•  Gonzaga  famiglia  97,  126. 
Cortese  Pietro  Paolo  70. 
Cosciari  famiglia  132. 
Cosma  marmorario  13. 

Delfini  famiglia  135. 

Dondi  Giovanni  dell'Orologio  39. 

Dossi  della  Palma  famiglia  97,  98. 

Enckenvoort  Guglielmo  cad.  131,  219,  238. 

•  Este  famiglia  125. 

•  Este  Ippolito  card.  114. 

-  Estouteville  Guglielmo  card.  81,  85,  127. 
Eugenio  IV  pp.  49  seg. 

Fano  (Lanciarini  da)  160,  170  seg. 

Farnese  Alessandro  card.  198. 

Farnese  famiglia  113. 

Farnese  Odoardo  card.  4. 

Farnese  Ottavio  177. 

Ferrerio  famiglia  23. 

Ferrici  Pietro  card.  86. 

Fieschi  Guglielmo  card.  33. 

Fioravante  degli  Alberti  Ridolfo  54. 

Flavia  Elena  augusta  7. 

de  Foschi  di  Berta  Francesco  4C. 

Frangipani  famiglia  89,  95,  140,  171. 

de  Fredis  famiglia  140. 

Fulvio  Andrea  229  seg. 

Galasso  da  Bologna  67,  69,  72. 
Galimberti  famiglia  132. 
Galli  famiglia  108. 
di  Geremia  Cristoforo  73. 

•  Ghiberti  Lorenzo  35,  46. 
Giovanni  da  Crema  card.  7. 
Giovanni  Vili  pp.  105. 
Giovanni  XXIII  pp.  45. 

•Giulio  II  pp.  79,  137  seg. 
\Giustini  famiglia  124. 
Goritz  (Coricio)  Giovanni  220. 


Gottifredi  famiglia  74. 
Gregorio  IX  pp.  32,  33. 
Gregorio  pittore  6. 
Grimani  Domenico  card.  138. 
Grimani  Marino  card.  139. 
Gualderoni  Teodoro  186,  189. 
Guglielmi  Costanzo  card.  81. 

•Harff  Arnold  von  95. 

lacobacci  famiglia  101. 
Iacopo  da  Pietrasanta  58. 
Iacopo  da  Varese  58. 
Ignazio  Loyola  67. 
Incoronati  famiglia  108. 
Innocenzo  II  pp.  6,  7,  13. 
Innocenzo  III  pp.  29,  30. 
Innocenzo  IV  pp.  34. 
Innocenzo  Vili  pp.  82  seg. 
Isolani  Giacomo  card.  22,  48. 

•  Lanciarini  (da  Fano)  famiglia  160,  170  seg. 
Lante  famiglia  111. 

Lazzaro  Fabrizio  104. 

Leni  famiglia  U9,  150,  192. 
♦Leone  X  pp.  85,  146,  155,  159   seg.  206   seg. 
209  seg. 

Leplat  Raimondo  151. 
•Leto  Pomponio  83. 

Lippi  Giovanni  147. 

Maddaleni  famiglia  105,  109. 

Maffei  famiglia  109. 
,Malatesta  Malatesta  senatore  41. 

Manetti  Giovenale  Latino  201. 

Manganello  scavatore  69. 

Mantaco  famiglia  90,  209. 
•Margani  famiglia  132,  158. 

Margherita  d'Austria  147. 

Martino  V  pp.  46  e  seg. 

Massimi  Camillo  card.  174. 

Massimi  famiglia  172. 
'de'  Medici  Cosimo  48. 
.-•de'  Medici  famiglia  146,   163,  244. 

de'  Medici  Ferdinando  card.  123. 

•  de'  siedici  Lorenzo  il  Magnifico  65. 
Mellini  famiglia  98,  112. 
Mendoza  Pietro  card.  89. 
Michiel  Giovanni  card.  85,  202. 
Mucanzio  famiglia  205. 

•Muffel  Nicol.  59,  60. 


262 


NOMI 


Nardini  Stefano  card.  79. 
Neri  famiglia  132. 
Nicolao  III  pp.  34. 
Nicolao  IV  pp.  53. 
Nicolao  V  pp.  52  e  seg. 
»  Nicoli  Niccolò  50. 
Normanni  famiglia  125,  140. 
Novelli  37. 

Odemondo  abate  5. 

Ognibene  (fra)  Giocondo  da  Verona  64,  96, 164. 
Olgiate  famiglia  134. 
Onorio  III  pp.  31. 
•Orsini  famiglia  114,  115,  175. 

•  Orsini  Francesco  54,  106. 
Orsini  Giordano  card.  29. 
Orsini  Lelio  175. 
Ottone  III  pp.  5. 

Pagno  scavatore  69. 

Palluccelli  Saba  113. 

Palazzi  Albertoni  famiglia  101. 

Pamphili-Porcari  famiglia  116,  117. 

•  Paolo  II  pp.  4,  58,  59,  70  seg.  76. 
Paolo  III  pp.  4. 

Paolo  V  pp.  53. 
♦Paolo  Scultore  67,  69. 
Paolucci  Fabrizio  card.  4. 
Pasquale  I  pp.  3.  : 

Pasquale  II  pp.  3,  5,  6. 
(de)  Pereriis  Guglielmo  106. 
Perotti  Nicolao  69. 

Peruzzi  Baldassarre  241  seg.  « 

Petrolino  pittore  6. 
Picardi  Antonio  47. 
Piccolomini  Francesco  card.  82. 
Pierleoni  famiglia  132,  157. 
Pierleoni  Giovanni  6. 
Pietro  di  Giovanni  da  Varese  55. 
Pietro  (Goputo?)  da  Varese  57,  63,  68,  69. 
Pini  famiglia  157,  161,  162,  184,  186  seg.  190. 
Pio  II  pp.  64  seg. 
Pio  III  pp.  114. 
Pio  VI  pp.  4. 

♦  Pippi  (Giulio  Romano)  181,  ih. 
Pirovano,  Bosio  e  C'  239. 
Pisano  Pietro  card.  6. 
Pizzicolli  Ciriaco  46. 
Podocathario  famiglia  204. 
Platina  Bartolomeo  97,  115. 

•  Pontelli  Braccio  82. 


Porcari  famiglia  111,  115,  118. 
Porcari  Nicola  47. 
Porcari  Stefano  46, 

Raffaele  da  Urbino  166  seg.  176,  195,  211. 

Rangoni  Gabriele  card.  79. 

Rangoni  Ludovico  187. 

Riario  RaflFaele  card.  11,  85,  94,  234. 

Ricci  di  Montepulciano  famiglia  181. 

de  la  Rochetaille  Jean  48. 

Rondel  Gillet  220. 

Rossellino  Bernardo  54. 

«de  Rossi  famiglia  148,  166,  176  seg.  215. 

ide  Rossi  Gabriele  89. 

♦della  Rovere  famiglia  134,  139,  143,  144. 
^della  Rovere  Francesco  card.  73. 

.della  Rovere  Giuliano  card.  81,  82. 
*Ruccellai  Bernardo  162. 
•Ruccellai  Gio.  59,  61. 

Raffini  famiglia  213. 

Rustici  della  Valle  famiglia  121,  122. 

Saladini  famiglia  148. 

Salamoni  famiglia  182. 

Sangallo  famiglia  199,  234. 

Sangallo  Giuliano  180. 
♦Santacroce  famiglia  70,  118. 

Santorio  Fazio  card.  143,  144. 

Sassi  famiglia  177  seg. 

Savelli  famiglia  97,  178,  194. 

Savelli  Luca  34. 

Schiafenati  Giacomo  card.  23,  226. 

Seni  famiglia  208. 

Seni  Francesco  145. 

Serroberti  Giuliano  68,  69,  234. 

Sforza  Ascanio  card.  79. 

Signorili  Nicolao  40. 

Sinibaldi  famiglia  190  seg.  215. 
'  Sisto  IV  pp.  65,  74  seg. 

Spada  Veralli  famiglia  104. 

Spannocchi  Ambrogio  55. 

Spinelli  Nicolao  113. 

Spinelli  Tommaso  55. 

Spiriti  famiglia  234. 

Stati  famiglia  212. 

Straglia  famiglia  160. 

Strozzi  famiglia  162. 

Taschi  famiglia  171. 
Terrebotta  Santuccia  35. 
Thomais  (Tomai)  famiglia  121. 


^: 


NOMI 


263 


Tomarozzi  famiglia  120. 

Trivulzio  Scaramuccia  card.  197,  205. 

Turini  da  Pescia  famiglia  212. 

Urbano  V  pp.  39. 


Vafer  Teodorico  alias  Gescheid.  238. 
Valentini  Nicolao  40. 
della  Valle  Andrea  card.  121,  122,  124. 
della  Valle  famiglia  121. 
Vassalletto  marmorario  13. 


Ermanno  Loescher  &  c?  -  Roma 

(BRETSCHNEIDER    &    REGENBERG) 

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Barbagallo  C.  Le  relazioni  politiche  di  Roma 
con  l'Egitto  dalle  origini  al  50  a.  C.  (Saggio 
sulla  politica  estera  dei  Romani)  1901,  in 
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Beloch  G.  Storia  Greca,  voi.  I:  La  Grecia 
antichissima.  189 1,  in  8*  gr.,  di  pag.  IV- 
147 .     .     L.  5,50 

Bossi  G.  La  guerra  d'Annibale  in  Italia  da  Canne 
al  Metauro.  189 1,  in  4°,  di  pag.  215.  L.  6  — 

Caetani'Lovatelli  E.  Antichi  monumenti  illu- 
strati. .1889,  in  8",  di  pag.  248,  con  16  ta- 
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Ciccotti  E.  Donne  e  golitica  negli  ultimi  anni 
della  repubblica  romana.  1895,  in  8**  gr.,  di 
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Comparetti  D.  Iscrizioni  greche  di  Olimpia  e 
di  Ithaca.  1881,  in  4",  di  pag,  18,  con  2  tav. 
(Dagli  «  Atti  Lincei  »)   .     .     .     .     L.  2  — 

De  Ruggiero  E.  Il  consolato  e  i  poteri  pubblici 
in  Roma.  1900,  in  8"  gr.  di  p.  XI-439.  L.  5  — 

—  Lo  stato  e  il  diritto  di  cittadinanza  roma- 
na. 1877,  in  4",  di  pag.  II.  (Dagli  «Atti 
Lincei  ») L.  i  — 

Desideri  M.  La  Macedonia  dopo  la  battaglia 
di  Pidna.  Studio  stor.-critico.  1901,  in  8°,  di 
pag.  92.     .     ., L.  3  — 

Dito  O.  Notizie  di  storia  antica  per  servire  d'in- 
troduzione alla  storia  dei  Brezzi.  1892,  in  8* 
gr.,  di  pag.  91 L.  1,50 

—  Velia,  Colonia  Focese.  Contributo  per  la 
storia  della  Magna  Grecia.  (Con  epigrafi 
inedite)  1891,  in  8"  gr.,  di  pag.  99.  L.  2,50 

Eroli  G.  Raccolta  generale  delle  iscrizioni  pa- 
gane e  cristiane  esistite  ed  esistenti  nel  Pan- 
theon di  Roma,  proceduta  da  breve  ma  com- 
piuta storia  di  esso  edificio  condotta  fino  a' 
nostri  tempi.  1895,  in  8"  gr.  di  pag.  111-564, 
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Garrucci  R.  Le  monete  dell'Italia  antica.  Rac- 
colta generale.  Parte  I  :  Monete  fuse.  Parte  II  : 
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Gigli  G.  Delle  mercedi  nell'antica  Grecia.  1896, 
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Graeven  H.  Adamo  ed  Eva  sui  cofanetti  d'avorio 
bizantini.  1899,  in  4°  gr.,  di  pag.  25,  con 
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netari più  antichi.  1879,  in  8°gr.,  di  pag.  60, 
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Luebker  F.  Lessico  ragionato  della  antichità 
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te aggiunte  e  correz.  da  C.  A.  Murerò.  1898,  in 
8''gr.,dip.VIII-i544,  con  molte  incis.  L.  12  — 

Maes  C.  Le  terme  di  Agrippa.  Prime  note  ar- 
cheologiche intorpo  ai  recenti  scavi.  Il  Pan- 
theon ripristinato  a  Mausoleo  dei  Re  d'Italia. 
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Marina  G.  Romania  e  Germania.  Studio  sto- 
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Marucchi  O.  Gli  obelischi  egiziani  di  Roma 
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in  16°,  di  pag.  VIII-161,  con  i  pianta.  L.  2  — 

Melucci  P.  La  iscrizione  della  Colonna  di  Foca. 
1900,  in  4°,  di  pag,  88,  con  2  tav.  L.  4  — 

Messedaglia  A.  I  venti,  l'orientazione  geo- 
grafica e  la  navigazione  in  Omero.  1901,  in 
4°  di  p.  196.  (Dagli  «  Atti  Lincei  »)  L.  12  — 

Mommsen  T.  Le  provincie  romane  da  Cesare 
a  Diocleziano.  Trad.  da  E.  De  Ruggiero.  2 
voi.  1887-90,  in  8°gr.,  di  pag.  compless.  649, 
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Oberziner  G.  Le  guerre  di  Augusto  contro  i 
popoli  Alpini.  1900,  in  4",  di  pag.  239,  con 
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tese, L.  Ceci.  1899,  in  4°,  di  p.  49,  con  18  fig. 
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Ermanno  Loescher&c-Roma 

(BRETSCHNEIDER    &    REGENBERG) 

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1901,  in   8°,  pag.   XIV-182.    L.  7,50. 

Elegant  gebunden  L.  10.50 


Voi.  II,  1902,  di  pag.  XV-616.  L.  5. 

contenuto: 
Die  Alterthùmer  nach  ihren  Classen  und  nach 
ihrem  Inhalt.  Epigraphik.  Numismatik.  An- 
tiquitaeten.  Christliche  Alterthuemer. 


Prof.   Ch.    HUELSEN 


BILDER  AUS  DER  GESCHICHTE  DES  KAPITOLS. 

MiT  7  Abbildungen. 
1899,  in  4°,  pag.  31.    L.  1.50 

Prof.  E.   LOEWY 


DIE  NATURWIEDERGABE 

IN  DER  ÀLTEREN  GRIECHISCHEN  KUNST. 

MiT  30  Abbildungen. 
1900,  in  8"  gr.,  pag.  60.   L.  4.50 


GETTY  CENTER  LIBRARY 

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